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LACOMEDIA
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PRIMA EDIZIONE NAFOUT;U«A
napoli
iiTAffanniiTo tipogiafico di oimtpPB aoFFt -
1839
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^. IO
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ALLA ECCELLENZA
DEL CAVALIER
mCBELE SANTANGELO
NELLA SCIENZA AACHE0L06ICA
ED IN OGNI MANIERA DI LETTERE
PERITISSIMO
DI ITALIANE ACCADEMIE E STRANIERE
CONSODALE
CHE LE RELIQUIE DELLE ARTI ANTICHE
I MONUMENTI DELLE NUOVE
RACCOGUE ED ILLUSTRA
UOMO D'ANIMA
INSIGNE PER DOTTRINA E BONTÀ
DI LETTERATI DI ARTISTI PROTEGGITORÉ
QUESTA NOVELLA EDIZIONE
DELLA DIVINA COMEDIA
DA NICCOLÒ TOMMASEO COMENT ATA
GIUSEPPE CIOFPI EDITORE TIPOGRAFO
CHE OGNI CtRA VI POSE
CON GRATO ANIMO E DEVOTO
CONSACRA
PREFAZIONE
Tra le molte e varie edizioni della Dinna Comedia finora
prodotte e che tuttogiorno si van riproducendo nel nostro pae*
se e nello straniero , piacciavi , cortesi lettori^ di bene ac-
cogliere la presente. Il nostro scopo non è unicamente di
moltiplicare le copie di uno dei più classici libri che onorino
r Italia, e che da tanti secoli tien ferma Tanunirazionedei
dotti di tutte le nazioni ; ma di rendere inoltre utile servilo
a' cultori del bello e del sublime della lingua e della poesia
italiana. A tal fine, senza trattenervi con pomposi e vani ra«
gionamenti e preamboli , gioverà piuttosto sottoporvi la con*
dotta che terremo per giungere alla propostaci meta.
I . Premetteremo all' opera la vita di Dante scritta da
Gio. Boccaccio. Tra i molti scrittori della vita di questo sommo
poeta, nessuno, a parer nostro , dee preferirsi al Boccaccio,
si perchè quasi contemporaneo , e si perchè scrittore dell' au-
reo secolo. Quando Firenze, piena di rimorsi e ravveduta
delle ingiuste persecuzioni fatte al venerando padre della liii«
^a e della Poesia italiana , decretò larga pensione ad un
pubblico lettore per illustrare e comentare le opere di qadlo^
iv PREFAZIONE
il Boccaccio fu il primo che di tanto onore fu riputato me-
ritevole, cinquantadue anni circa dalla morte di Dante.
Noi ridurremo quesf operetta alla sua vera lezione riscon-
trandone le migliori stampe ; le apporremo opportune
illustrazioni , e ne rimoderneremo V ortografia : cose tutte
necessarie per renderne più piacevole e facile la lettura ,
nonché V intelligenza ; la quale nondimeno confessiamo es-
sere in qualche luogo non molto chiara : ma ciò deriva
dallo stile del Boccaccio , uso , per servirci delle parole
del eh. Pietro Giordani , a dislogare le ossa e le giun-
tura di nostra lingua^ per darle violentemente le forme
che meno le si confanno dal latino. I lettori non con-
danneranno al certo per questo solo vizio la nostra scelta,
quando esso è ben compensato da mille singolarissimi prcr-
gi : ma se alcun vi sarà tanto contro di noi severo , gli
rammentiamo la regola del dottissimo Cav. Lionardo Sal-
viati, il quale , degli scrittori del miglior secolo favellan-
do , benché in, altro senso , disse : A niun di loro si va
dietro del tutto ^ ma da ciascuno si prende il buono y e
nel non buono si abbandona. Difatti , generalmente par-
lando, quanta e quale non e in questa scrittura la ele-
ganza e grazia dello stile, nonché la purezza e proprietà
delle parole ? Cosi come fu terso e preciso fosse stato egli
avveduto nel compilar questa istoria, e non ci avesse in-
serito tanti sogni e fantasie 1 Ma ricordiamci del suo ge-
nio alle novelle inclinato , e cesseremo di pretendere altro
da lui ; mentre le Osservazioni critiche , che apporremo
in fine della medesima dichiareranno abbastanza gli er-
rori suoi , ed accerteranno meglio T istoria della vita, e ri-
vendicheranno in parte T onore e i costumi del divino Poeta.
2 . Farem quindi seguitare il Credo , che generalmente
Tiene a Dante attribuito , ed altri brevi componimenti pre-
giatissimi e rari.
S. Yerran dopo gli elegantissimi due capitoli^ uno ap-
PREFAZIONE v
parteneote a Iacopo figliuolo di Dante , e V altro a Boso-
De da Gubbio , grande amico ed albergatore di Dante me-
desimo. Questi due poemetti precederanno utilmente la di-
vina comedia , essendone quasi V epitome e V argomento ;
laonde valgono assai a manifestare l'ordine e la struttura
del magnifico Poema.
4. Dopo tutto ciò avrà cominciamento la Tricomedia ,
col comento del eh. N. Tommaseo. Perchè tra tanti cementi
abbiam prescelto questo , fia noto a' lettori allor che lo
leggeranno : quei poi che non hanno tanta pazienza , se ne
persuaderanno leggendo il seguente proemio dell' egregio
cementatore.
5. In fine porremo un ricchissimo dizionario di tutte le
voci e frasi più notabili usate nella Tricomedia , delle favo-
le , delle storie , delle perifrasi , de' nomi propri di persone
e di luoghi , e di tutf altro che si menziona nel poema, con
la rispondente breve precisa e chiara spiegazione, sì che
questo solo dizionario può tener le veci del più copioso co-
mento. Sarà d' altronde questo lavoro prezioso a' trecentisti
ed a tutti quelli che desiderano conoscere le voci usate da
Dante ; poiché possono nel bisogno in un attimo restar sod-
disfatti facendone ricercamento in esso dizionario ; il quale
spiegando loro le varie significazioni della voce in disamina,
e citando i luoghi originali ov' essa si trova , facilita la me-
moria e aiuta T intelletto , specialmente alla gioventù stu-
diosa non ancora tanto provetti nello studio, nella conoscenza
e nel gusto della toscana tersa favella.
Alla compilazione di questo dizionario giovati ci sono
assai gì' indici ricchissimi di Gio. Antonio Volpi dati in luce
dal Cornino^ / 727 , e non abbiam lasciato di frugare il me-
glio de' cementi del Fellutello , del Landino , del Quattro-
mam\ àelFenturi, del P. Cesari, del i?/fl^ib// e di tutti gli
altri più recenti cementatori di Dante riuniti nell' edizione di*
David Passigli e C. , Firenze g838; di tal che si renderà
I
VI PREFAZIONE
superfluo non solo qualunque altro comento , ma la stessa ci-
tata edizione del Passigli e C. ; come si convincerà chiunque
si prenderà V incomodo di farne il confronto.
Difatti in un^ edizione in cui si copiano tutti i coment!
della divina Comedia , evitar non si può V inconveniente
delia prolissità e della ripetizione delle stesse parole e delle
stesse cose ; e ciò produrrà senza meno il disordine e la con-
fusione. Se il comento ha per iscopo la retta intelligenza
del testo , perchè ammassar su la stessa parola e su la stessa
frase lo svariato modo di sentire de' tanti cementatori so-
vente contraditorio , e più sovente copiato V un dall' al-
tro , o solo diverso per la diversità de' vocaboli con cui è
espresso ? A noi seinbra esser miglior condotta , tra le va-
rie e moltiplici opinioni di tanti cementatori scegliere é
presentar quella eh' è conforme a ragione , o che più per-
suade. In ogni specie di quistioni la verità non è che da
un canto, e tra due o più contendenti spinti dall'amor
proprio a sostener la loro opinione , un terzo che venga
a giudicarne a sangue freddo , è difficile che non discerna
il vero dal falso ; ed è raro che un tal giudice resti in
dubbio. In questo modo il comento sarà breve ^ perchè
nulla si ripete ; sarà chiaro , perchè non vi sono contra-
dizioni ; e sarà compiuto , perchè comprende tutto ciò che di
bello e di buono si scrisse da tutti i comentatori si anti-
chi che moderni. Verificandosi il caso del dubbio, se ne
porranno le plausibili opinioni : ed essendo ciò raro, non
discapiterà né Ih chiarezza né la brevità. Or questo ad un
dipresso è ciò che conterrà il prefato dizionario; peroc-
ché volendo noi dare un' edizione della divina Comedia in
cui nulla s' avesse a desiderare , senza sifiEatto lavoro i no-
stri voti non sarebbero compiuti, poiché il comento del sig.
Tommaseo riguarda , per cosi dire , il grande ed il su-
blime della interpetrazione e dell' erudizieni , senza punto
discendere ad un infinito numero di altre particolarità filo-
PREFAZIONE vii
logiche di minor calibro , ma non però meno importanti •
Quanf all' ortografia della divina Gomedia , ci atterremo
a quella datale dal lodato eh. cementatore, nella stampa
di Venezia 1837.
Questo è il piano del nostro lavoro ; il quale se ap-
puntino verrà eseguito , non dubitiamo di affermare che
la nostra edizione non sarà V ultima fra le più accreditate
e di reale vantaggio finora comparse in ItaUa. In qualun-
que modo è da gradire la nostra intenzione di rispondere
al nobile entusiasmo de' dotti italiani^ e di molti stra-
nieri , che con lodevole gara promuovono a più non posso
la gloria ed il progresso dell' illustre nostra favella; la quale
con lo studio de'classici , e massime del loro principe Dante^
s* apprende ; perocché mentre tutti concorrono al grande
scopo , a noi non conviene di starcene con le mani alla
cintola. Noi abbiamo egual diritto e dovere alla nobile impre-
sa^ come figli della stessa madre , l'Italia. Napoli non è punto
inferiore alle altre città italiane pel vanto del risorgimento e
progresso della lingua ; la quale mentre ancor bambina nella
culla vagiva, ebbe qui il primo suo lustro nella corte del
magnanimo Federigo II imperatore e re ; e tutto ciò che
da' più dotti ingegni di quell'aureo secolo in lingua ita-
liana componeasi , in questa regia sede primamente com-
pariva, e siciliano appellavasi. Il confessa lo stesso illu-
stre Dante nel capitolo XII del libro de mlgari eloquerh
tia : del quale alleghiamo il passo originale , e finiamo
questa prefÌEizione : Sed haecfama Trinacriae terrae . . .
videtur tantum in opprobrium italorum principum re-
mansisae. . . . Siquidem illustres heroés Federicvs
Caesar et bene genitua ejus Manfredus . . . corde
nobiles , atque gratiarum dotati y inhaerere tantorum
principum maiestati conati sunt : ila quod eorum temr
pore quidquid excellentes latinorum (h. e. italorum) nite^
baniur , primitiis in tantorum coronatorum aula prodi^
vili PREFAZIONE
6at ; et quia regale eolmm eraf Sicilia , factum est ,
quidquid nostri praedecessores vulgariter proUUerunt,
Sicilianum vocaiur : quod quidem retinemus et tws , nec
posteri fiossi pertmUare valebunt.
!
t
3P1ÌOE3IIIO
DI N, TOMMASEO
A non lungo comento , proemio breve. Son troppi , lo so ^ di questa
sorto lavori: ma io vengo appunto a stringere in poco le cose sparse per
tanti volumi. Non fo che citare : perchè le citazioni dichiarano la lette-
ra, illustrano il concetto^ mostrano onde Dante l'attinse^ o con quali
grandi fantasie la fantasia di lui si rincontrò , e come e' fu creatore imi-
tando. Cito quasi sempre gli antichi, e lui sovente; che nelle Prose e
nelle rime e ne' luoghi simili del Poema si riconoscono gl'intendimenti
SQoi e le forme dello stile. Più frequenti a rammentare mi x:adono la
Bibbia e Virgilio , S. Tommaso e Aristotele. Mi aiuto di fonti inedite:
e preziosissimo mi è un comento di Piero figliuolo di Dante ; dal quale
attingo esposizioni e allusioni nuove , e le già note , ma non certe ,
confermo. Quant' ha di necessario l'Ottimo e gli altri vecchi^ quanto
i moderni ^ rendo in poche parole. Cerco nella prosa antica gli esem-
pi di quelle clie finora parvero licenze poetiche: le cerco nel tosca-
no vivente. £ di tutte queste citazioni escono insegnamenti e consi-
derazioni ed affetti quali nessuna parola di critico può suscitare: si
conosce quello eh' è proprio. all' uomo , quello che al secolo ; quale
^ ({nanta armonia tra l'imaginazione e l'intelletto, la natura e Tarte,
^ dottrina e V amore. Le nuove mie interpretazioni di&ndo in breve
scDza magnificarne la bellezza , ne le contrarie combatto. Prescelgo
le più seitpplici : e solo là dove è forte il dubbio , ne pongo due.
^ lezioni del testo conformo air autorità di più codici e stampe ;
'^ a nessuna. Se circa le lezioni o le interpretazioni mie cadrà
^^ta , potrò sostenerle o correggerle : ma lo spediente del citare
F^emi buono appunto a troncare molte liti ; e la brevità parvemi
^W^ita cosa nello illustrare uno de' più parchi scrittori che onorino
I Italia e la natura umana.
VITA STUDI E COSTUMI
DEL CHIABISSTMO
DANTE ALLIGHIERI
FATTA E COMPILATA
DA M. GIOVANNI BOCCACCIO
BIDOTTA A HIGLIOR LEZIOXB ED ANNOTATA
J^l
»LONE , il cui petto uno umano tempio
di divina sapienza fu riputato , e le cui
sacratissime leggi sono ancora a* presenti
uomini chiara testimonianza dell'antica
giustizia e della sua gra\ ita; era, secondochè
dicono alcuni, spesse volte usato di dire,
ogni Repubblica , siccome noi , andare e
stare su due piedi , de' quali con matura
gravità affermava essere il destro il non
lasciare akun difetto commesso impunito,
el sinistro ogni ben fatto remunerare;
aggittgiiendo che qualunque delle due cose
già dette , per vizio o per negligenza si
sottraeva o meno che bene s'osservava,
senza niun dubbio quella Repubblica ,
chel faceva, conveniva andare scian-
cata , e da quel piede zoppicare. E se
per isciagura si peccasse in amendue ,
quasi certissimo avere quella non potere
^tare in piede in alcun modo. Dalla quale
Uudevole sentenza, e apertissimamente ve-
ra, mossi alcuni cosi egregi come antichi
popoli, alcuna volta di deità, altra vol-
ta di marmorea statua , e sovente di
celebre sepoltura , e tal fiata di trionfalo
arco , e quando di laurea corona o d* altra
spettabile cosa , secondo i meriti prece-
denti , onoravano i valorosi. Le pene
per opposito a* colpevoli date non curo df
raccontare. Per li quali onori e purgazioni
1 Assiria , la Macedonica , la Greca , ed
ultimamente la Romana Repubblica au-
mentate, con r opere le fini della terra»
e con la fama toccarono le stelle ; lo
vestigio delle quali in cosi alti esempli »
non solamente da' successori presenti , e
massimamente da* miei fiorentini , sono
male seguite; ma in tanto s' è disviato da
esse , che ogni premio di virtù possiede
l'ambizione. Perchè , siccom'io e ciascun
altro che con occhio ragionevole vuol
guardare , non senza grandissima afflizioo
i
12
VITA
d' animo possiamo vedere i malvagi e
perversi uomini ai luoghi eccelsi e a' som-
mi offcl e guiderdoni elevare , e i buoni
scacciare deprimere ed abbassare: adequa-
li cose qual fine serbi il giudici© d'Iddio,
coloro il veggiano che il timone governa-
no di questa "nave ; perciocché noi, più
bassa turba, siamo trasportati dal fiotto
della fortuna, ma non dalla colpa partcfici.
E comechè con infinite. ingratitudini e dis-
solute peirdonanze apparenti si potessino le
predette cose verificare, per meno scopri-
re i nostri difetti, e per venire al mio prin-
cipale intento , una sola mi fia assai avere^
raccontata : nò questa fia poca o pìcciola ,
raccontando lo esilio del chiarissimo uomo
Dante Alighieri ; il quale, antico citta-
dino , né d' oscuri parenti nato , quanto
per virtù , e per iscienza e per buone
operazioni meritasse , assai il mostrano e
mostreranno le cose che da lui fatte ap-
paiono ; le quali se in una Repubblica
giusta fossero state operate, niuno dubbio
e' é che a lui non gli avessino altissimi
meriti apparecchiati. Oh scellerato pen-
siero! oh disonesta opera! oh miserabile
esemplo e di futura rovina manifesto ar-
gomento ! in luogo di quelli , ingiusta e
furiosa dannazione, perpetuo sbandimento,
alienazione de* paterni beni^ e se fare si
fosso potuto , maculazione della glorio-
sissima fama, con false colpe ^i fu-
rono donate. Delle quali cose le recenti
orme della sua fuga, e l'ossa nelle altrui
terre sepolte, e la sparta prole per l'altrui
case , alquanto ancora ne fanno chiari.
Se a tutte l'altre iniquità fiorentine fosse
possibile il nascondersi agli occhi d' Iddio
che veggonoil tutto, non doverebbe questa
una bastare a provocare sopra sé la sua
ira ? certo si. Chi in centrano sia esalta-
to, giudico che sia onesto il tacere. Sicché
bene riguardando ciò solamente, ò il pro-
sente mondo del sentiero uscito, dd primo,
del quale di sopra toccai; ma ha del tut-
to nel contrario volti i piedi. Perché assai
(1) Questo periodo, Inn^ soTerchiamente,
e diviso in cinque membri , offre un senso
w «Mvuv UA vu««|tw uiciuuri , uurc un senso •*«, nicriscvusi « ,
troppo confitto. A facilitarne P intelligenxa ar- 1 poste poco sopra.
manifesto appare , che se noi e gli altri
che in simU modo vivono, contro alla
sopra toccata sentenza di Solone, senza
cadere stiamo in piedi , ninna altra cosa
esser di ciò cagione , che o per lunga
usanza la natura delle coso é mutata , co-
me sovente veggiamo avvenire; o e spe-
ciale miracolo, nel quale per li meriti
d* alcun nostro passato, Iddio, contro ad
ogni umano avvedimento , ne sostiene; o
é la sua pazienza , la quale il nostro ri-
conoscimento attende . il quale se a lungo
andare non seguirà, niuno dubiti che la
sua ira , la quale con lento passo procede
alla vendetta, non ci serbi tanto più grave
tormento , che appieno supplisca la sua
tardità. Ma , perciocché impunito ci pa-
iano le mal fatte cose , quelle non sola-
mente dobbiamo fuggire, ma ancora , be-
no adoperando, d' ammendarie ingegnarci ;
conoscendo io me esser di quella medesi-
ma città, avvegnacché picciola parte, della
quale, considerati i meriti la nobiltà e la
viriù , Dante Aughieri fu grandissima :
e per questo , siccome ciascun altro cit-
tadino, a'suoi onori sia in solido obbligato ;
comeché io a tanta cosa non sia sufficiente,
nondimeno secondo la mia picciola facoltà^
quello che essa dovea verso lui magnifi-
camente fare , non avendolo fatto , mi
ingegnerò di fare io , non con istatua o
con egregia sepoltura, delle quali appo noi
é oggi spenta l' usanza , e non bastereh-
bono a ciò le mie forze ; ma con lettere
povere a tanta impresa , di questo e di
queste (1) dirò , acciocché egualmente, o
in tutto 0 in parte , non si possa dire fra
le nazioni strane , verso cotanto Poeta
la sua patria essere stata ingrata. E scri-
verò in istilo assai umile e leggiero .
perocché più alto non me'l presta l'in-
gegno ; e nel nostro fiorentino idioma ,
acciocché da quello che egli usò nella
maggior parte delle sue opere non discor-
di , quelle cose , le quali esso di sé one-
stamente tacette, doé la nobQtà della sua
verta danqoe che le voci, di guetto e di qué-
«(e, riferiscoDsi a ihmU ed a tioòOld ed a viH^,
DI DANTE.
13
oriane , la vita , gli studi , i costumi :
raccogliendo appresso in uno V opere da
lui fatte , nello quali esso si è si chiaro
raiduto a' futuri , che forse non meno
tenebre ehe splendore gli daranno le let-
tele mie , comechè ciò non sia di mio
inteodimento nò di mio volere: contento
sempre in questo e in ciascuna altra cosa,
di ciascuno più savio, là dove io difettosa-
mente parlassi , essere corretto. Il che
acciocché non avvenga, umilmente priego
colui* che lui trasse per cosi alta scala
a veder se, come sappiamo , che al pre-
sente aiuti e guidi i* ingegno mìo e la
mia debole matto.
Firenze , tra 1' altre città italiane più
nobile «secondochè le antiche storie e la
comune opinione de* presenti pare che vo-
gliano dire, ebbe inizio da'romani; la quale
in processo di tempo aumentata, e di popo-
lo e di chiarì uomini piena, non solamente
dttà , ma potente co[ninciò a ciascuno
circostante apparire. Ma quale si fosse o
contraria fortuna o avverso cielo o i
lor meriti a^li alti inizi di mutamento
cagione , ci e incerto; ma certissimo ab-
biamo essa , non dopo molti secoli , da
Attila, crudelissimo re de' Vandali e gene-
rale guastatore quasi di tutta Italia, uccisi
prima e dispersi tutti o la maggior parte
di quelli cittadini che in quella erano , o
per nobiltà di sangue o per qualunque altro
stalo , d* alcuna fama , in cenere la ri-
dusse ed in rovina ; e in cotal maniera
dtre al trecentesimo anno si crede che
dimorasse. Dopo il qual termine, essendo,
Don senza cagione, di Grecia il romano
Imperio in Gallia traslatato,e alla imperia-
ci) Ciò é Mso. Veggasl al proposito il traua-
to di Vineenzo Borghini: Se Finnse fu spia-
nata da Attila e riedifieaUi da Cario Magno,
é^é nella parta % de* suoi Discorsi, p. 251.
(2) Qnest* origine della ftoniglia di Dante
vien sosienata da ciò che leggesi nel canto Xll
deir Inferno , dorè Brunetto Latini , maestro
^ Poeta , predicendogli le persecuzioni che
IHir dovea da fiorentini , gli dice :
Faedan le bestie Fiesolane strame
Di lor modesme , e non tocchin la pianta , .
S' alcuna surge ancor nel lor letame , |
le altezza elevato Cario Magno, allora eie*
mentissimo re de' Franceschi , più fatiche
passate, credo da divino spirito mosso,
alla rediÌQcaziono della disolata città V im-
periale animo dirizzò (1) ; e da quei mede-
simi che prima conditori n erano stati, co-
mechè in piccolo cerchio di mura la ridu-
cesse, in quanto potè, simile a Roma la fé
redificare ed abitare, raccogliendovi nondi»
meno dentro quelle poche reliquie che vi
si trovarono de' discendenti degli antichi
scacciati. Ha intra gli altri novelli abita-
tori , forse ordinatore della redificazione*
partitore delle abitazioni e delle strade,
e datore al nuovo popolo delle leggi op-
portune , secondochò testimonia la famii,
vi venne da Roma un nobilissimo giovane
per ischiatta de' Frangipani, e nominato
da tutti Eliseo; il quale per avventura ,
poiché ebbe la principal cosa, per la quale
venuto v' era , fornita , o dall'amor della
città da lui nuovamente ordinata , o dal
piacere del sito , al quale forse vide nel
futuro il cielo dovere esser favorevole ,
0 da altra cagione che si fosse, tratto,
in quella divenne perpetuo cittadino , e
dietro a sé de figliuoli e de' discendenti
lasciò non piccola né poco laudevole schiat-
ta ; li quali , 1' antico soprannome de' lor
maggiori abbandonato, per soprannome
presono il nome di colui che quivi loro
avea dato cominciamento , e tutti insieme
si chiamarono gii £(i«c» (2). De'quaH di
tempo in tempo, e d' uno in altro discen-
dendo , tra gli altri nacque e visse un ca-
valiere per arme e per senno ragguardevole
e valoroso, il cui nome fu Cacciaguida{3) ,
al quale nella sua giovinezza fu data dal
In cui riviva la sementa santa
Di quei roman , che vi rimaser quando
Fu fatto il nidio di malizia tanu.
(3) Cacciaguida terzavolo del poeta» perde
la vita pugnando contro i musulnlani sotto le
insegne di Corrado di Svevia , come appari-
sce anche dal canto XV del Paradiso , dove
Cacciaguida dice a Dante :
Poi seguitai lo 'roperator Currado ,
Ed ei mi cinse della sua milizia;
Tanto per ben oprar gli venni in grado.
n
VITA
suoi maggiori |>cr isposa una donzèlla nata
degli Aldighieri di Ferrara, cosi per bel-
lezza e per costumi , come per nobiltà di
sangue predata , con la quale più anni
visse^ e generò più figliuoli di lei ; e co-
mechè gli altri nominati si fossero , in
uno . siccome le donne sogliono esser va-
ghe di fare , le piacque di rinnovare il
nome de* suoi passati , e nominollo i4Mt-
ghieri ; comechè il vocabolo poi per d^
trazione di questa lettera D corrotto, ri-
manesse AUighieri (1) : il valore di costui
fu cagione a quelli che discesero di lui,
di lasciare il titolo degli Elisei, e di cogno-
minarsi degli Alighieri , il che ancora dura
infine a questo giorno ; del quale, come-
chè alquanti figliuoli e nipoti, e de' nipoti
figliuoli discendessero, regnante Federigo
secondo Imperadore , uno ne nacque , il
cui nome fu Alighieri , il quale più per
la futura prole, che per sé, doveva esser
diiaro: la cui donna gravida (2) ,non guari
lontana al tempo del partorire, per sogno
vide qual doveva essere il frutto del ventre
suo , comechè ciò non fosse allora da lei
conosciuto , né da altrui , ed oggi per lo
efletto seguito, manifestissimo sia a tutti.
Pareva alla gentil donna , nel suo sonno,
esser sotto ad uno altissimo alloro, so-
pra un verde prato , allato ad una gran-
dissima fonte : e quivi si sentia partorire
un figliuolo, il quale in brevissimo tempo,
nutricandosi solo doli* orbacche che dallo
alloro (*adeano , e delF onde della chiara
fonte, le pareva che divenisse un pastore,
V s' ingegnasse a suo potere d'avere delle
frondi deiralbero, il cui frutto Tavea nudri-
to ; ed a ciò sforzandosi , le parca vederlo
Dietro gli andai Incontro tilt neqoizit
Di quelli legge , il coi popolo usurpa ,
Per col^ del paslor , Tostrt giustizia.
Quivi Al' 10 di quelli gente turpi
DisTilnppato dal mondo MUce
11 cui amor molte iuime deturpa ;
E venni dal martirio a questa pace.
(i) Non Ti è detrazione di lettera alcuna, ma
si muta la D in L, e scrìvesi ÀUighUri; sep-
pure non piaccia far AUghì^ri, con una sola
L ; che piace meglio a molti. Il primo modo
però è più conforme all' etimologia , il secon-
cadere, e nel rilevarsi, non uomo più, ma
un pavone le parca oivenuto. Della qual
cosa, tanta ammirazione le giunse che rup-
pe il sonno ; né guarì di tempo passò , che
il termine debito al ^uo parto venne , e
partorì un fidinolo , il quale di comune
consentimento col padre di lui , per nomo
chiamarono Datile (3) ; e meritamente ,
perciocché ottimamente , sicome si vedrà ,
procedendo, segui al nome Y efletto. Questi
fu quel Dante del quale è il presente ser-
mone. Questi fu quel Dante, che a' nostri
secoli fu concèduto di si)eziale grazia da Idr
dio. Questi fu quel Dante , il qual primo
dovea al ritorno delle Muse sbandite d*Itar
Ha aprir la via. Per costui b chiarezza
del fiorentino idioma è dimostrata. Per
costui ogni bellezza di volgar parlavo
sotto debiti numeri è regolata. Per costui
la morta poesia meritamente si può dire
risuscitata : le quali cose debitamente
guardate , lui ninno altro nome che Dante
potere degnamente avere, e debitamente
avere avuto, dimostreremo.
Nacque questo singolare splendore ita-
lico nella nostra città , vacante il romano
Imperio per la morte di Federigo già det-
to, negli anni della salutifera incarnazione
del Re dell* universo 1265 , sedendo Ur-
bano Papa quarto neUa Cattedra di san Pie-
ro, ricevuto nella patema casa da assai ìvor
ta fortuna: lieta , dico, secondo la qualità
del mondo che allora correa. Ha quale
che ella si fosse , lasciando stare il ragio-
nare della sua infanzia nella quale assai se-
gni apparirono della futura gloria del suo
ingegno ; dico, che dal principio della sua
puerizia, avendo già i primi elementi dello
do più dolce all'orecchio. Tommaseo, con molti
altri valentuomini, scrive; AUighieri ; io con-
servo quest' uso in tutta l* opera , menochè
in quesu scrittura del Boccaccio ove 1* ho la-
sciato come r ho trovato , cioè sempre con
una L , ed una sola volta con due , nel testo
in questo luogo.
(3) Fu questa la madre di Dante . delta
quale non sappiamo altro che il nome : mar
donna Bella,
(3) 11 nome proprio del poeU era Duronfe»
e si disse Dante per accorciativo e vezieg-
giativo.
DI DANTE
15
lettere appresi « non secondo i costumi
deìwbiU odierni si diede alle fanciullesche
l«ci?ie ed a^i ozi , nel gremlK) della ma-
die imingrendo ; ma neUa propria patria
h sua puerizia con istudio continuo diede
aBe liberali arti , ed in quelle mirabilmente
Tenne esperto (1)-E crescendo insieme con
1^ anni T animo e 1* ingegno, non ai lu-
crativi studi , a' quali generalmente cor^
re oggi ciascuno, si dispose, ma da una
hudevole vanezza preso di perpetua fa-
ma t spregiando le transitorie ricchezze ,
liberamente si diede a volere aver piena
noUzia ddle fizioni poetiche e dello artifi-
zioso dimostramento di quelle: nel quale
esercizio famigliarissimo divenne di Vir-
gilio di Orazio di Ovidio e di Stazio e
di ciascuno altro Poeta famoso (2); non
solamente avendo caro il conoscergli, ma
ancora dtamente cantando s'ingegnò d'i-
mitargli, come le sue opere dimostrano ,
delle quali a suo tempo favelleremo. E
avvedendosi le poetiche opere non esser
vane o semplici favole o meraviglie, come
molti estimano , ma sotto sé dolcist^imi
frutti di verità istoriografe e filosofiche
a^er nascosti; per la qual cosa pienamente,
«enza le istorie e la morale e naturale
filosofia « le poetiche intenzioni avere non
si poteano intere; partendo i tempi debi-
tamente , le istorie da sé , e la filoso-
fia sotto diversi dottori , s'argomentò non
senza lungo affanno e studio di inten-
dere. E preso dalla dolcezza di conoscere
3 vero delle cose racchiuse dal cielo ,
ohm' altra più cara , che questa , tro-
vandone in questa vita, lasciando del
lotto ogni altra temporale sollecitudine,
tatto a questa sola si diede. Ed accioc-
ché nessuna parte di filosofia non veduta
da lui rimanesse , nelle profondità altis- 1
fkne della Teologia con arguto ingegno
si messe. Nò fu dalla intenzione rdfetto
lontano; perciocché, non curando né caldo
(1) Dante rimasto senza padre nella sua
fMizia» rieevè tutta laedacaxione daU'amo-
it e diliaeoza della madre.
(?) Ebbe ìd patria a maestro Ser Branetlo
Latini gran filosofo e letterato di quei tempi.
lì gflaf^gnaracen doki e patemi modi co-
né freddo né vigilie nò digiuni nò niuno
altro corporale dìisagio, con assiduo studio
divenne a conoscere della divina essenzia
e delle altre separate intelligenze quello
che per umano ingegno qui se ne può com-
prendere. E cosi come in varie etadi' varie
scienze da lui furono conosciute studiando;
cosi in vari studi sotto vari dottori le
comprese. E^ i primi inizi , siccome di
sopra è dichiarato , prese nella propria
patria , e di quella , siccome a luogo più
fertile di tal cibo , ne andò a Bologna ;
e già vicino alla sua vecchiezza, ne andò
a Parigi , dove con tanta gloria di sé di-
sputando più volte , mostrò V altezza del
suo ingegno , che ancora narrandosi ae
ne maravigliano gli uditori ; e di tanti e
si fatti studi giustamente meritò altissi-
mi titoli : perocché alcuni il cliiamavano
sempre Poeta , alcuni Filosofo , e molti
Teologo , mentre visse. Ma perciocché
tanto è la vittoria più gloriosa al vinci-
tore quanto le forze del vinto sono state
maggiori , giudico esser convenevole di-
mostrare di come fluttuoso e tempestoso
mare costui gittate ora in qua ora in là»
vincendo V onde e i venti parimente coiw
tran , pervenisse al salutevole porto dei
chiarissimi titoli già narrati.
Gli studi sogliono generalmente solitu-
dine e remozione di sollecitudine e tran-
quillità d'animo desiderare, massimamente
gli speculati\i a' quali ii nostro Dante ,
( siccome mostrato è ) , si diede tutto. In
luogo della qual rimozione e quiete , quasi
dallo inizio della sua vita infino all'ulti-
mo della morte , Dante ebbe fierissima
e incomportabile passion d'amore, moglie,
cura familiare e pubblica , esilio e po-
vertà ; r altre lasciando più particolari ,
le quali di necessità queste si traggono
dietro ; le quali , acciocché più appaia
della lor gravezza , particolarmente con-
venevole giudico di spiegare.
me r uom ii etema con le buone opre e con
i' ingegno. Dante studiò anche in Bologna ,
in Padova ed in Parigi ; ed in guest' ultima
città fti specialmente ammirato per sublimità
d'ingegno e di dottrina , come qui appresso
lo stesso Boccaccio dichiara.
IG
VITA
Nel tempo , nel quale la dolcezza del
cielo riveste de' suoi ornamenti la terra,
e tutta per la varietà de' fiori mescolati
tra le verdi frondi la fa ridente , era
usanza nella nostra città e degli uomini
e delle donne , nella loro contrada eia*
scuno indistintamente e in distinte compa-
gnie festeggiare. Per la qual cosa, infra gli
altri per arventura Folco Portinari, uomo
assai onorevole in que* tempi fra' cittaciini,
il primo dì di maggio aveva i circostanti
vicmi raccolti nella propria casa a festeg-
giare , fra' quali era il già nominato Ali-
ghieri ; il quale, ( siccome i fanciulli pic^
coli, spezialmente a luoghi festevoli, so-
gliono li padri seguitare ) Dante , il cui
nono anno non era ancora finito, seguitò;
e quivi mescolato con gli altri della sua
età , de' quali , cosi maschi come fem-
mine , erano molti nella casa del festeg-
giante ; servite le prime mense di ciò che
la sua piccola età poteva operare , pueril-
mente con gli altri si diede a trastullare.
Era infra la turba de' giovinetti una fi-
gliuola del sopraddetto Folco, il cui nome
era BrcE ( comechò egli sempre dal
suo primitivo cioè Beatrice la nominas-
se ] ; la cui età era forse d' otto anni ,
assai leggiadretta , secondo la sua fan-
ciullezza , e ne' suoi atti gentilesca e
piacevole molto , con costumi e con
parole assai più gravi e modeste che il
8U0 piccolo tempo non richiedeva. Ed
oltre a questo, aVea le fattezze del volto
dilicate molto, e ottimamente disposte, e
piene, oltre alla bellezza, di tanta onesta
vaghezza , che quasi una angioletta era
riputata da molti. Costei adunque , tale
quale io la disegno , o forse assai i)iù
bella , apparve in questa festa, non credo
primamente , ma prima possente a inna-
morare, agli occhi del nostro Dante; il qua-
le, ancoraché fanciullo fosse, con tanta af-
fezione la bella immagine di lei ricevette
nel cuore, che da quello giorno innanzi
mai, mentrechè visse , non se ne diparti.
Qualora questa si fosse , niuno il sa , ma
o conformità di complessioni, o di costimrìi,
0 speziale influenza da cielo, che in ciò
operasse i o siccome noi per isperienza
veggiamo nelle feste, per la dolcezza de*
suoni, per la generale allegrezza, per la
dilicatezza de' cibi e de* vini , gli animi
eziandio degli uomini maturi non che de*
giovinetti , ampliarsi e divenire atti a po-
ter leggiermente esser presi da qualunque
cosa che piace ; è certo questo esserne
divenuto , cioè Dante , nella pargoletta
età , fatto d* amore ferventissimo servi-
dore. Ma lasciando stare il ragionare de*
puerili accidenti , dico , che con V età
moltiplicarono l'amorose fiamme, e tanto,
che niuna altra cosa gli era piacere, riposo
0 conforto, se non il veder costei. Per la
qual cosa ogni altro aflare lasciandone, sol-
lecitissimo andava la dovunque credea po-
terla vedere , quasi del viso e degli occhi
di lei dovesse attingere ogni suo bene ed
intera consolazione. Oh insensato giudizio
de^li amanti ! chi altri , che essi stime-
rebbe per aggiugnimento di stipa far mi-
nori le fiamme? Quanti e quali fossero
i pensieri , i sospiri , le lagrime e Taltre
passioni gravissime poi , in più provetta
età, da lui sostenute per questo amore,
egli medesimo lo dimostra in parte nella
sua Vita nuota, e però più distesamente
non curo di raccontarle. Tanto solamen-
te non voglio che non detto trapassi *
cioè , che secondochè egli scrive , e che
per altri , a cui fa noto il suo desio ,
si ragiona, fu onestissimo il suo amore;
nò mai apparve per isguardo, o per parola
oper cenno, alcuno libidinoso appetitone
nello amante nò nella cosa amata : non
picciola meraviglia al mondo presente ,
nel quale è si fuggito ogni onesto piacere,
e abituatosi ad avere prima, la cosa che
piace conformata a la sua lascivia , che
deliberato d'amarla; che in miracolo è
divenuto , siccome cosa rarbsima , chi
amasse altrimenti. Se tanto amore e si
lungo, puote il cibo, i sonni e ciascun'al-
tra quiete impedire, quanto si dee potere
stimare lui essere stato avversario ai
santi studi e allo ingegno? certo non poco;
comechè molti vogliano lui essere stato
incitatore di quello argomento , a ciò
!»rendendo dalle cose leggiadramente nel
iorentino idioma e in riìua, e in laude
DI DANTE
17
deb donna amata ; o acciocché i suoi ar-
éfHÌ e amorosi concetti esprìmesse , già
ùHì da lui ; ma certo io no'l consento se
io Dol vol^i già affermare Tornato par-
lare essere sommissima parte d'ogni scien-
13 , che non è vero.
Come ciascun puote evidentemente ye-
dere e conoscere, niuna cosa è stabile in
questo mondo ; e se niuna ha leggiermen-
te mutamento , la nostra vita è quella.
Un poco di soperchio freddo , o di cal-
do che noi abbiamo , lasciando stare gli
altn accidenti infiniti e possibili, da essere
a non essere , senza difficoltà ci conduce
alla morte : nò da questa, gentilezza (1)
rìcchezza e giovanezza nò altra mon-
dana dignità è privilegiata ; della quale
comune legge la gravità convenne a Dante
prima per Y altrui morte provare , che
per la sua. Era quasi nella fine del suo
ventiquattresimo anno la bellissima Bea-
trice , quando , siccome piacque a colui
che tutto puote, essa, lasciando di questo
mondo l'angosce, n'andò a quella gloria
che i suoi meriti le avevano apparec-
chiata. DeUa qual partenza Dante m tanto
dolore in tanta afflizione in tante lagrime
rimase , che molti de' suoi più congiunti
parenti ed amici niuna fine a quelli cre-
dettero altro che solamente la morte; e
questa stimarono dover essere in breve,
fedendo lui a ninno conforto a niuna
consolazione darsi: i giorni alle notti erano
epiali , e a' giorni le notti , delle quali
niuna si trapassava senza guai senza so-
spiri e s^ìza copiosa quantità di lagrime;
e pareano i suoi occhi duo abbondan-
tissime fontane d'acqua sorgente, in tanto
che più si meravigliavano onde tanto umo-
re ^ avesse che al suo pianto bastasse.
Ma^siccome noi veggiamoper lunga usanza
le passioni venire agevoli a comportare,
e siniilmente le cose diminuire e perire,
addireone che Dante infra alquanti mesi
(i) CffUdif fo dieevad allora la nobOià ,
idsfiwffliiomo, geniOdoma.
^) Essa chiamavasi madonna Gemwia d^
^M«li , la qntle partorì al PoeU più figliuo-
n* DiDle noQ Ai sposo contento come dimo-
**** 4«i il Boccaccio ; ed io sappoogo clie
imparò a ricordarsi , senza lagrime , Bea*
trice esser morta ; e con più diritto giù*
dicio dando alquanto il dolore luogo alla
ragione, a conoscere i pianti e i sospiri nò
alcuna altra cosa poterai rendere la perduta
donna. Per la qual cosa con più pazien-
za s' acconciò a sostenere l'aver perduta
la sua presenza; nò guari di tempo passò
che, dopo le lasciate lagrime, i sospiri , i
quali erano già vicini alla lor fine , co-
minciarono in gran parte a partirsi senza
tornare. Egli era già , si per lo lagrimare
e si per l' afflizione che al cuore sentiva
dentro , e si per non aver di sé alcuna
cura, di fuori divenuto quasi una cosa sat-
vatica a riguardare , magro , barbuto e
quasi tutto trasformato da quello che avanti
esser soleva , in tanto che '1 suo aspetto
non che negH amici ma eziandio in cia-
scun altro chel vedea, a forza di so mette-
va compassione ; comechò egli poco, men-
trechò questa vita cosi lagrimosa durò ,
ad altri , che ad amici , vedere si lascias-
se. Questa compassione , e dubitanza di
peggio , faceva i suoi parenti stare at-
tenti a' suoi conforti; i quali, come al-
quanto le lagrime cessate conobbero, e vi-
dero i cocenti sospiri alquanto dar sosta al-
lo afiaticato petto, con le consolazioni lui»*
gamente perdute cominciarono a riconso-
lare lo sconsolato: il quale, comechò
insino a quell' ora avesse a tutte ostina-
tamente tenute le orecchie chiuse , al-
quanto le cominciò non solamente ad apri-
re, ma ad ascoltar volentieri ciò che
intomo al suo conforto ^ fosse detto.
La qual cosa veggendo i suoi parenti ,
acciocchò del tutto non solamente di do-
lori il traessino , ma il recassino in al-
legrezza , ragionarono insieme di dovergli
dar mo^^ie , acciocchò come la perduta
donna gli era stata di dolor cagione , cosi
di letizia gli fosse la nuovamente acqui-
sUU(2). E trovato una givano, quale air
non per altro elM per la sua diversità del
temperamento e dell'amore e della inclinailone.
U donne amano il passatempo , e vogliono
esser tennte allegre da' lor mariti : Dante sti-
mava meglio la filosoOa e U poeeia. Fu co*
stretto per ciò di abbandonarla.
3
18
VITA
la sua condizione era dicevole , con quel-
le ragioni che più loro parsero induttive,
la loro intenzione gli scoprirono. Ed ac-
ciocché io particolarmente non tocchi ogni
cosa , dopo lunga tenzone , senza mettere
guari di tempo in mezzo, al ragionamento
segui r^irctto^ e fu sposato.
Oh cieche menti , oli tenebrosi intel-
letti , oh argomenti vani di molti mortali!
()uantc sono le riuscite in assai cose con-
trarie a' nostri avvisi , e non senza ragione
le più volte ? chi sarebbe colui , che del
dolce aere d' Italia , per soverchio caldo^
menasse alcuno nelle cocenti arene di Li-
bia a rinfrescarsi? o dell'Isola di Opri,
per riscaldarsi , neUe eteme ombre dei
monti Rodopei ? Qual medico s'ingegnerà
di cacciare V acuta febbre col fuoco , o
il freddo delle midolle dell'ossa col ghiac-
cio o con la neve? certo niuno altro so
non colui il quale con nuova moglie cre-
derà l'amorose tribulazioni mitigare. Non
conoscono quelli , che ciò credon fare ,
la natura d' amore , né quanto ogni altra
passione aggiunga alla sua. Invano si por-
gono aiuti 0 consigli alle sue forze , se
egli ha ferma radice presa nel cuor di
colui che lungamente ha amato. Cosi
come ne'prìncipl ogni picciola resistenza
è giovevole , cosi nel processo , le grandi
sogliono spesse volte esser dannose. Ma
da tornare é al proposito, e conchiudere
al presente che cose sieno che possono
per sé r amorose fatiche fare obbliare.
Che avrà fatto però chi per irarmi d' un
pensiero noioso, mi metterà in mille molto
maggiori e di più noia ? certo niuna altra
cosa , se non che per giunta del male
che mi avrà fatto , mi farà desiderare
di tornare in quello di che mi aveva
tratto. Il che assai spesso veggiamo
addivenire a' più , i quali , o per uscire
o per esser tratti d'alcune fatiche» cie-
camente 0 eglino s'anmiogliano , o sono da
altrui ammogliati; né prima si veggono
d'un viluppo usciti, esser entrati in mille ,
che la pniova, senza potere pentendosi in
dietro tornare, ne ha data sperienza.
Dierono li narenti ed amici moglie a Dant«
perchè le tagriine cessassero di Beatrice.
Non so se per questo , comechè le lagri-
me passassero , anzi forse erano passa-
te, passò r amorosa fiamma , che non lo
credo : ma conceduto che si spegnesse,
nuove cose ed assai poterono più faticose
sopravvenire. Egli usato di vegghiare nei
santi studi, quante volte gli era a grado con
gì' imperadorì con re e con qualunque
altri altissimi principi ragionava : dispu-
tava co' filosofi, e co' piacevoli poeti si di-
lettava ; e r altrui angosce ascoltando ,
mitigava le sue. Ora quanto alla nuova
donna piace è con costoro, e quel tem-
po ch'ella vuole, tolto da cosi celebre com-
pagnia ; gli conviene i femminiH ragiona-
menti ascoltare , e quelli , se non vuoi
crescere il suo dolore, contro al suo pia-
cere , non solamente acconsentire , ma
lodare. Egli costumato , quante volte la
vulgar turba gli rincrescea , di ritirarsi
in alcuna solitaria parte , e quivi specu-
lando vedere quale spirito muove il cielo,
onde venga la vita agli animali che sono
in terra, quali sieno le cagioni delle cose,
0 premeditare alcune invenzioni peregrine,
0 alcune cose comporre , le quali appo li
futuri facessino lui morto vivere per fama:
ora non solamente dalle dolci contempla-
zioni è tolto, quante volte voglia ne viene
alla nuova donna , ma gli conviene essere
accompagnato di compagnia male a cosi
fatte cose disposta. Egli usato lil)eramen-
te di ridere di piangere di cantare o di
sospirare* secondochè le passioni dolci
od amare il pungevano ; ora o egli non
r osa , 0 gli conviene non che delle mag-
giori cose ma d' ogni piccolo sospiro ren-
dere alla donna ragione , mostrando eh' il
messe, donde venne e dove andò; la letizia
cagione dello altrui amore , la tristizia
esser del suo odio stimando. Oh fatica
inestimabile con si sospettoso animale ave-
re a vivere e conversare ed ultimamente
a invecchiare e a morire 1 Io voglio la-
sciare stare la sollecitudine nuova t*
gravissima la qual si conviene avere ,
e i non usati pensieri , e massimamente
nella nostra città , cioè onde vengano i
vestimenti ^i ornamenti le camere piene
di superflue delicateue, le quali le dotine
DI DANTE
10
fi laoDo a credere essere al ben vivere
opfiortune ; onde vengano le serve i servi
Icr outrici le cameriere ; onde vengano i
conviti i doni e i presenti , che far si
caovengano a* |)arenti delle novelle spose,
a quelli che >ogliono che esse credano
da loro esser amate. Ed appresso queste,
altre cose assai prima non conosciu-
ie da* liberi uomini , e venire a cose
che fuggire non si possono. Chi dubita che
la sua donna se sia bella o non bella, non
caggia nel giudicio del vulgo? Se bella sia
reputata , chi dubita che essa subitamente
non abbia mille amadori? de' quali alcuno
con la sua bellezza , altri con la sua no-
biltà , e tale con maravigliose lusinghe ,
e chi con doni , e quale con piacevolezza
infestissimamente combatterà il non sta-
bile animo ? e quel che molti desiderano,
da uno malagevolmente si difende ; ed
alla pudicizia delle donne non bisogna es-
ser presa più che una volta a far divenire
sé infami coi mariti dolorosi in perpe-
tao. Se per isciagura di chi a casa
la si mena , fia sozza , assai veggiamo
chiaro le bellissime spesse volte, e tosto,
rincrescere ; che dunque delle altre pensar
possiamo , se non che non solo esse, ma
ancora (^pi luogo nel quale esse siano cre-
dute trovare, da coloro, a' quali sempre le
conviene aver per loro, è avuto in odio?
Donde poi le loro ire nascono: né alcuna
fiera è più, né tanto crudele quanto la fem-
mina adirata. Né può viver sicuro di sé
chi si commette ad alcuna alla quale paia
con ragione esser corrucciata ; il che a
tutte pare. Che dirò de' k>r costumi? Se
io vorrò mostrare come e quanto sieno essi
tutti contrari alla pace ed al riposo degli
uomini , io entrerei in troppo fungo ser-
mone ; e però uno solo , quasi a tutti
generale , basti averne detto. Esse inuna-
ànano che come suolesi nel bene adope-
■
(1) In quel tempi il governo della repub-
blica fioreotina era ne' priori creali quivi
tia dal 1382. Da principio qoesti iiirono tre,
r poada sei , presi ÌDdistiotamente dalla no-
bHtà e dalla plebe : la loro durata era di
mesi dna. Ed esser doveaoo ascritti ad una
arte , poiclié essendo quello un governo do-
rare ogni minimo seno nella casa rite-
nere , ed in contrario farli cacciare, cosi
stimano se ben fanno non altra sorte esser
la loro che d' un servo, perché a lor paro
esse solamente esser donne , quando male
adoperando non vengano al fine che i fanti
fanno. Ha perché voglio andar particolar-
mente dimostrando quello che i più sanno?
io giudico sia meglio il tacersi, che dispia-
cere parlando alle vaghe donne. Chi non
sa che tutte V altre cose si provano, pri-
machè colui , da cui debbono esser com-
perate , le prenda ? se non la moglie ,
acciocché prima non dispiaccia che sia
menata ; a ciascuno , che la prende , la
conviene avere non tale quale egli la
vorrebbe, ma tale quale la Ibrtuna gliela
concede. E se le cose che dì sopra son
dette , son vere ( che lo sa chi provato
rha), possiamo pensare quanti dolori na-
scondano le camere , le quali di fuori da
chi non ha occhi la cui perspicacia tra-
passa le mura, sono riputati diletti. Certo
io non affermo queste cose a Dante es-
sere avvenute , che non lo so , comechè
vero sia , che queste o simili cose a que-
ste, od altre che ne fossono cagione, egli
una volta partitosi da lei, che per consola-
zione de* suoi affanni gli era stata data,
mai né dove ella fosse volle venire , ne
sofferse che dove egli fosse ella venisse
giammai ; con tutto che di più figliuoli
egli hisieme con lei fosse parente. Né
creda alcuno che io per le sopraddette
parole voglia conchiudere gli uomini non
dover tor moglie: anzi il lodo molto, ma
non a ciascuno. Lascino i filosofanti spo-
sarsi a' ricchi stolti, a* signori, e a' lavora-
tori; essi con la filosofia si dilettino, la qua-
le molto é migliore sposa che alcun' altra»
Natura generale é delle cose temporali
runa Taltra tirarsi di dietro; lafamiliar cura
trasse Dante alla Repubblica (1), nella qua-
mocratico , la sovranità non poteva risedere
che nelle corporazioni degli artigiani. Dante
per poter essere eletto a questa magistratura
ascriver si fece alla sesta arte della città , a
quella dei medici e de' Dirmacisti, e nel 1300
fu egli elevato alla carica di priore.
20
VITA
le tanto k> avvilupparono i vani onori che
a' pubblici ufizi congiunti sono, che senza
guardare donde s' era partito e dove an-
dava , quasi al tutto con abbandonate re-
dini al governo di quella si diede ; e fu-
gli in ciò tanto la fortuna seconda , che
ninna legazione (1) si ascoltava , a ninna
si rispondeva , né ninna legge si fermava,
a niuna si derogava, ninna pace si faceva,
ninna guerra pubblica si prendeva, e, bre-
vemente, niuna deliberazione, la quale al-
cun pondo portasse , si pigliava, se egli in
ciò non dava la sua sentenza. In lui tutta
la pubblica fede , in lui tutta la speranza,
in lui sommariamente le cose divine ed
umane pareano esser fermate. Ida la for-
tuna nemica de'nostrì consigli, e volgitrice
d*ogni umano stato, comechè per alquanti
anni nel colmo della sua rota gloriosa-
mente reggendo il tenesse, assai diversa
fine al principio recò a lui , in lei fidan-
ftesi di soperchio.
Era al tempo di costui la fiorentina cit-
tadinanza in due parti (2) divisa perver-
i»amente , e con le operazioni de' saga-
cissimi ed avveduti principi di quelle ,
ora ciascuna possente assai, in tanto che
alcuna volta V una , alcuna volta l' altra
reggea , oltre al piacer della sottoposta.
A volere ridurre in unita il partito cor-
po delia sua repubblica , pose Dante o-
fOìi suo ingegno , ogni arte , ogni stu-
dio ; mostrando ad ogni cittadino più
i«avio come le gran cose per la discordia
in breve tempo tornano a niente , e le
picciole per la concordia crescono in in-
finito. Ha poiché vide vana essere la sua
fatica , e conobbe gli animi degli uditori
«ìssere ostinati, credendolo giudicio di Dio,
prima propose di lasciare del tutto ogni
pubblico ufizio e viver seco privatamente;
poi dalla dolcezza della gloria tirato , e
dal vano favore popolaresco , ed ancora
per le persuasioni de' maggiori ; credendo
frè, oltre a questo, se tempo gli occorresse.
(1) Molte legazioni egli a nome de'Fioren-
t;ni sostenne ; come ti Senesi , ai Perugini ,
ai Veneziani , ai Genovesi , al marchese di
icTrart.^ ti re di Francia, due al re di Na-
molto più di bene operare per la sua città
se nelle cose pubbliche fosse grande, che
a sé privato e del tutto di quelle rimosso.
Oh stolta vaghezza degli umani splendo-
ri , quanto sono le tue forze maggiori ,
che creder non può chi provato non 1* ha!
il maturo uomo nel seno della filosofia
allevato nutricato e ammaestrato, al quale
erano davanti agli occhi i cadimenti dei
Re antichi e de^ moderni , le desolazioni
de'Regni delle Provincie e delle citta , e i
furiosi impeti della fortuna ninno altro cer-
canti che r alte cose , non si seppe e non
si potò daUa tua dolcezza guardare. Per-
messi dunque Dante a voler seguire gli
onori caduchi e la vana pompa de'pubblici
uffizi; e vedendo che per sé medesimo non
poteva una terza parte tenere , la quale
giustissima la ingiusta delle altre due ab-
battesse , tornandole a unita, con quella
s' accostò , nella quale , secondo il suo
giudizio, era più di ragione e di giustizia,
operando continuamente ciò che salute-
vole alla sua patria e a' suoi cittadini co-
nbscea. Ma gli umani consigli il più delle
volte vengono vinti dalle forze del cielo :
gli odi e le animositadi prese , ancora-
ché senza cagion giusta nati fossero, di
giorno in giorno divenivan maggiori , in
tanto che non senza grandissima confi^
sione de' cittadini più volte si venne al-
l' armi , con intenaimento di por fine alle
lor liti col fuoco e col ferro , si accecati
dall' ira che non vedeano sé con quella
miseramente perire. Ida poiché ciascuna
delle due parti ebbe più volte fatta pruova
delle sue forze , con vicendevoli danni
dell* una e dell' altra ; venuto il tempo
che gli occulti consigli della minacciante
fortuna si dovevano scoprire ; la fama pa-
rimente del vero e del falso rapportatrice
annunziandogli avversari della parte presa
da Dante , di meravigliosi ed astuti con-
sigli essere forti, e di grandissima moltitu-
dine d* armati , si li principi de' collegati
poli , altrettante al re d' Ungheria , ^tiattra
a] papa , ec.
(2; De' guelG e de* ghibellini.
DI DANTE
21
spirentò di Dante che ogni consiglio ogni
avtedimento ed ogni argomento cacciò da
lofo , 86 non cercare con fuga la loro
salate ; co' quali insieme Dante in un mo-
menlo prostrato, dalla sommità del reggi-
iiMito deUa sua città non solamente gittato
in terra si Tide , ma cacciato di quella.
Dopo questa cacciata non molti di , es-
sendo già stato dal popolazzo corso alle
case de' cacciati, e funosamente votate e
rubate ; poiché vittoriosi eUnmo la città
rifonnafta secondo il lor giudicio , furono
tutti i iwìdcìi» de' lor avversari , e con
loro , non come minore ma quasi prin-
cipale. Dante, slcome capitali nimici delia
repoUriica, dannati a perpetuo esilio , e
i loro stabfli beni o in pubblico furon ri-
dotti o alienati a' vincitori.
Questo merito riportò Dante del tenero
amore avuto alla sua patria. Questo me-
rtto riportò Dante dello affanno avuto in
votar tórre via le discordie cittadine. Que-
sto merito riportò Dante dello avere con
ogni sollecitudine cercato il bene la pace e
la tranqniUitàde'suoi cittadinì.Perchè assai
manifestamente appare quanto sieno vóti
di verità i favori de' popoli , e quanta fi-
dama in essi si possa avere : colui nel
^uale peco avanti pareva ogni pubblica
speranza esser posta , ogni affezione cit-
tadina , ogni refugio popolare, subitamen-
te , senza cagione legittima, senza offesa,
senza peccato di quel remore , il quale
perraddietro s'era molte volte udito le
sue lode portare sino alle stelle , è fii-
riosamente mandato in irrevocabile esilio.
QiMrta fu la marmorea statua fattagli ad
eterna memoria della sua virtù: con que-
ste lettere fu il suo nome conscritto tra
quelli de' padri deUa patria, conscritti in
tavole d' oro : con cosi favorevole remore
gK ftiron rendute grazie de* suoi benqfi-
zi. Chi sarà dunque colui che a queste
cose guardando non dica la nostra Re-
pubbnca da (pesto piede andare scian-
catat Oh vana fidanza de' mortali, da
(1) Rei canto XVn del Paradiso finge Dante
eke il sao anteneto Caeciagnlda gli predice
le bvooTaceoglienia che riceYer dovea da Ai-
keiw delU Seaia Signor dLYtroBi, cli*e^
quanti esempli altissimi se' tu continua*
mente ripresa ammonita e gastigata 1 deh
se Camillo , Rutilio , Corioìano , e l'uno
e l'altro Scipione e gli altri antichi va-
lentuomini per la lunghezza del tempo
interposto ti sono delia memoria caduti,
questo recente caso ti faccia con più tem*
perate redini correre ne'tuoi piaceri. Niu*
na cosa ha meno stabilità che la popole*
sca grazia , ninna più pazza speranza ,
ninno più foUe Consilio , che quella
che a crederie conforta nessuno» Levinsi
dunque gli animi al cielo nella cui perp^
tua legge , ne* cui etemi splendori , nella
cui vera bellezza si potrà , senza alcuna
oscurità , conoscere la stabilità di colui
che lui e l'altre cose con ragione muove;
acciocché, sicome in termine fisso lasciane
do le transitorie cose , in lui si fermi
ogni nestaia speranza, se trovare non ci
vogliamo ingannati.
Uscito dunque Dante in cotal maniera
di quella città, della quale egli non sola-
mente n' era cittadino , ma n' erano t
suoi maggiori siati redificatori ; e lascia*
tavi la sua donna insieme con l' altra fa->
miglia male per la piccola età alla fuga
disposta , di lei non si curò , perchè di
sanguinità la sapeva ad alcuno dei prìn*
cipi della parte avversa congiunta; di so
medesimo or qua or là incerto andava
vagando per Toscana. Era alcuna parti-
cella delle sue possessioni dalla donna ,
col titolo delle sue doti , dalla cittadina^
rabbia con fatica stata difesa ; de' frutti
della quale essa isè e li piccoli fi^oli
di lui, assai\sottibnente reggeva; perla
qual cosa , povero , con industria disu-
sata , gli conveniva il sostentamento di so
stesso, procacciare. Oh quanti onesti sde-
gni gli convenne posporre, a lui più duri
che morte a trapassine! promettendogli
la speranza queUi dovere esser brevi ,
e prossima la ritornata : ^i, oltre al suo
stimare , parecchi anni , tornato da Ve-
rona (1), dove nel primo fuggire a mes*
diiama il ^ran Lombairdot
Lo primo tno rìfagio e '1 primo ost^o
Sarà la cortesia del gran Lombardo
Cbe porU insQ la- scala. U santo oeceUa».
'22
VITA
sere Alberto della Scala era di prima ito,
dai quale benignamente era stato ricevuto;
quando col Conte Salvatico in Casentino,
quando col Marchese Morvello (1) inLuni-
giana , quando con quelli della Faggiuola
ne' monti vicino ad Urbino , assai conve-
nevolmente , secondo U tempo e secondo
la loro possibilità , onorevolmente stette.
Quindi poi sen'andò a Bologna, dove poco
stato , sen' andò a Padova , e qui\i da
capo se ne tornò a Verona. Ma poiché
egli vide da ogni parte chiudersi la via
alla ritornata, e più di di in di venir vana
la sua speranza , non solamente Toscana
Hia tutta Italia abbandonata , passati i
monti che quella dividono dalla provincia
di Gallia , come potè, sen* andò a Parigi;
e quivi tutto si diede allo studio della
Teologia e della Filosofia ; ritornando
ancora in sé delle altre scienze ciò che
forse per altri impedimenti avuti sen' era
partito : ed in ciò il tempo studiosamente
spendendo, avvenne che, oltre al suo avvi-
so, Arrigo conte di Luzinborgo(2],con vo-
lontà e mandato di Clemente Papa V , il
^oale allora sedea nella sedia di San Piero,
fa eletto Re de' Romani e appresso co-
ronato Imperadore. Il quale sentendo
Bante della Magna partito presso a Ita-
lia f alla sua Maestà in parte ribelle ; e
già con potentissimo braccio tener Bre-
scia assediata ; avvisando lui per molte
ragioni essere vincitore , prese speranza
con la sua forza e con la sua giustizia,
E presso costai infatti fa Dante ricoverato
nella saa fuga. Di Verona scrisse egli una
lettera a* saoi concittadini cercando d' irapie-
tosirli , la quale principia con le affettuose
parole del Nazzareno : PimUe meu$ , quid
/ee» tiìn ? Ma non volle poi sottoporsi ad una
vile ammenda di colpe non commesse , la
quale da suoi amici che s' interessavano del
sno ritomo , gli era stata proposta come
condizione essenziale del suo richiamo.
(1) Di Verona Dante passò in Lunigiana
pesso il marchese Maroelio o Marcello Ma^
laspina , 'da cui Ita molto onorato e tenuto
caro. Difatti nell' ottobre del 1306 a nome
di questo signore e de* suoi fratelli Franco-
schino e Corradino, andò ambasciadore presso
Antonio vescovo di Luni. De' Malaspina Dante
fa menzione neU'VUI del purg. 118 , 124 e
di potere in Firenze tornare , comcchc a
lui la sentisse contraria. Percliè ripassaU^
r Alpi con molti nemici de' fiorentini ,
e di loro parte congiuntosi , e con am-
bascerie e con lettere s' ingegnarono di
ritrarre V Imperadore dallo assedio di Bre-
scia , acciocché a Firenze il ponesse ,
siccome principal membro de' suoi nimici;
mostrandogli che, superata quella, niuna
fatica gli restava , o piccola , ad avere
libera e spedita la possessione e*l dominio
di tutta Italia. E comecliè a lui e agli altri
a ciò tenenti , venisse fatto il trarloci , non
ebbe però la sua venuta il fine avvisato :
le resistenze furono grandissime e assai
maggiori che da loro avvisate non eranf);
perchè senza avere niuna notevole cosa
operata , 1* Imperadore partitosi quasi di-
sperato , verso Roma drizzò suo cammi-
no. E comcchè in una parte e in altra
più cose facesse , assai n* ordinasse , e
molte di fame proponesse, ogni cosa ruppe
la troppa avacciata morte di lui. Per la
qual morte , ciascuno che a lui general-
mente attendeva , disperatosi , e massi-
mamente Dante , senza andare di suo ri-
tomo più avanti cercando , passate TAlpi
d* Apennino , so ne andò in Romagna ,
là dove r ultimo suo di , che allo suo
fatiche dovea por fine , V aspettava.
Era in quel tempo Signor di Ravenna ,
famosissima ed antica città di Romagna,
un nobil cavaliere il cui nome era Guido
NoteUo da Menta (3) , il quale ne'liberali
seg. Nondimeno nel 1311 lasciò li Malaspi-
na e tomosseue a Verona da Cangrande della
Scala succeduto al suo fratello Alboino , ed
uno de* più valorosi signori di que' tempi. E
fu in questa seconda dimora in Verona, par-
mi , ch'egU scrisse ai Fiorentini la lettera
menzionata nella nota precedente.
(2) Arrigo VII di Luzemburgo. A lui
ricorsero Dante e i capi della parte Bianca ,
e tutti i Ghibellini, affin di persuadere esso
imperatore di domare i Guel6, e cosi restituire
la pace ali* afflitta Italia. Dante però , stan-
do Arrigo accampato presso le mura di Fi-
renze , non volle mettersi in campo contro
la sua patria. Nondimeno Ai questa una no-
vella cagion d' odio contro di lui.
(3) Gt^o da PoUnta Junion signor di Ra-
venna invitò ed accolse presso di lui il no-
DI DANTE
23
studi ammaestralo , sommamente i va-
iolasi uomini onorava , e massimamente
quelli che per iscienza gli altri avanza-
vano. Alle coi orecchie venuto Dante ,
foor d' ogni speranza , essere in Roma-
gna , avendo lungo tempo avanti per
fama conosciuto il suo valore , in tanta
di lai disperazione , si dispose di rice-
verìo e d' onorarlo ; né aspettò da lui di
dò esser richiesto , ma con liberale animo,
ooosideratii quale sia a' valorosi la ver-
gogna del domandare , con profferte gli
ù fé davanti , richiedendo di speciale gra-
zia aDante quellocheegli sapeva cheDante
dovea a hii addomandare , cioè che seco
gli piacesse dover essere. Concorrendo
dunque i due voleri ad uno medesimo
fine e dello addomandato e dello doman-
datore ; e piacendo sommamente a Dante
la liberalità del nobil cavaliere, e dall'altra
parte il bisogno strignendolo, senza aspet-
tare più avanti inviti che 1 primo, se ne
andò a Ravenna, dove onorevolmente dal
signor di quella ricevuto, e con piacevoli
conforti risuscitata la caduta speranza ,
copiosamente le cose opportune donando-
idi, in quella seco per più anni il tenne,
anzi sino all' ultimo della vita di lui.
Non poterono ^i amorosi desiri nò le
dolenti lagrime né la sollecitudine casa-
linza né la lusinghevole gloria de' pub-
blici uiizi né il miserabile esilio né la in-
tollerabile povertà giammai , con le lor
forze, rimuovere il nostro Dante dal prin-
cipale intento , cioè da' sacri studi. Pe-
rocché , siccome si vedrà dove appresso
partitamente dell' opere da lui fatte si fa-
rà menzione, egli nel mezzo di qualun-
que fu più fiera delle cagioni soprad-
dette , ai troverà componendo essersi
stro Poeta nel 1319 , e l' onorò magnifica-
toeoie. Fa maraviglia eome Dante per testi-
moniare a questo generoso suo benefattore
1« propria gratitadine , pon nell'inferno la di
tm figijoola , la bella ed infelice Francesca
éè aimini I Ma dove metter dovea colei che
di morte assai violenta e disperata era pe-
riuf Sappia il lettore clie Vincenzo ÀcciajaoU
èfxthbe volato pagare qualunque grossa som-
ina parche avesse ottenuto V onore di veder
rato da Dante talono da' suol maggiori;
esercitato. E se inimicato da tanti o si
fatti avversari, quanti e quali di sopra
sono stati nominati , egli per forza d'in-
gegno e di perseveranza riusci chiaro qual
noi veggiamo : che si può sperare che
esso fosse divenuto , avendo avuti altret-
tanti aiutatori , o almeno ninno contrario
0 pochissimi , come hanno molti ? certo
io non so , ma se lecito fosse a dire ,
io direi che egli fosse in terra divenuto
uno Iddio.
Abitò dunque Dante in Ravenna, tolta
via ogni speranza del ritornar mai a Fi-
renze , comechè tolto non fosse il disio,
più anni sotto la protezione del grazioso
signore ; e quivi con le dimostrazioni sue
fece più scolari in poesia , e massima»
mente nella volgare ; la quale , secondo
mio giudicio , egli primo fra gli Italici
esaltò e messe in pregio, non meno che la
sua Omero fra'Greci , e Virgilio fra'Latini»
Davanti da costui, comecché per poco spa-
zio d'anni si creda che innanzi trovatalo^
se, ninno fu che sentimento o ardire avesse
del numerodelle sillabe, e, dalla consonanza
delle parti streme in fuori (1), di farla es-
sere strumento d'alcuna artiGciosa materia,
anzi solamente alle cose d'amore con essa
si esercitavano. Costui mostrò con efletto,
con essa ogni altra materia potersi trat^
tare , e glorioso sopra ogni altro fece
il vulgar nostro. Ha poiché la sua ora
venne , segnata a ciascheduno , essendo
egli già nel mezzo, o presso del cinquai>-
tesimo sesto suo anno , infermato , e se-
condo la religione Cristiana , ogni eccl^
siastico Sagramento umilmente e con <&-
vozione ricevuto , e a Dio , per contri-
zione d' ogni cosa commessa da lui contro
al suo piacere , siccome da uomo, ricon-
l' avesse pur cacciato nella più nera bolgia
dell' inferno. Non altrimenti pensava quel si-
gnor di Ravenna. Egli onorò sempre egual-
mente il poeta , ed ultimamente gli affidò
una nobilissima ambasciata presso i Venezi».
ni , r esito infelice della quale tu a Danio
di tanto rammarico , che infermatosi , dopo
poco tempo fini di vita.
(1) Parti ttnme , vai dire U rime , e qoe*
ste comunemente al fanno derivare da rithmo.
Si.
VITA
ciliatosi , del meée di gettembre negli anni
delia salutifera . incaniazione del Nastro
Signore Gesù Cristo 1321 , nel di che
r esaltazione ddla Santa Croce si celebra
dalla Chiesa , non senza grandissimo do-
lore del sopraddetto Guido , e generalmen-
te di tutti gU altri cittadini raregnani, al
8U0 Creatore rendè l' affaticato spirito ;
il quale ninno dubbio è che ricevuto non
fosse nelle braccia della sua nobilissima
Beatrice , con la quale nel cospetto di
colui , che è sommo bene « lasciate le
miserie della presente vita , ora lietissi-
mamente vive in quella « alla cui felicità
fine giammai non s' aspetta.
Fece il magnifico cavaliere il morto
corpo di Dante d*omamenti poetici sopra
a un funebre letto adomare, e quello
fatto portare sopra gli omeri de' suoi cit-
tadini più solenni, infino al luogo de*
Frati Bfinorì in Ravenna, con quello onore
che a si fatto corpo degno stimava , in-
finoaquivi quasi pubblico pianto seguitolo,
in un' arca lapidea, nella quale ancor gia-
ce , il fece porre. E tornato nella casa
dove Dante era prima abitato , secondo
il ravegnano costume , esso medesimo
si a commendazione dell'alta scienza e
della virtù del defunto , e si a consola-
xione de' suoi amici li quali egli aveva
in amarissima vita lasciati, fece uno or-
nato e lungo sermone ; disposto , se lo
stato e la vita gli fosser durati , di si
egregia sepultura onorario , che se mai
alcun altro suo merito non V avesse me-
morevole renduto a' futuri, quella l'avreb-
be fatto.
Questo lodevole proponimento, infra
(i) Morto di U a poco il conte Caldo Jion
potè mandare ad effetto il proponimento di
ergere al poeta la magnifica sepoltara ; ma
fti ciò eseguito dal spoeto Bernardo Bembo ,
j^drs dell' illnstre cardinale di questo co^o-
brieve spazio di tempo fu manifesto ad al«
quanti, li quali in quel tempo erano in |)oe-
sia solennissimi in Romagna, si che cia-
scuno , si per mostrare la sua suifìcienza ,
si per prender testimonianza delia portata
benivolenza da loro al morto Poeta ; si
per accattar la grazia la benevolenza ed
amore del Signore, il quale sapeano ciò
desiderare ; ciascuno per sé fece versi ,
i quali posti per epitafQo alla futura se-
poltura , con debite lodi tacessero la po-
sterità certa chi dentro d'essa giacesse»
ed al magnifico Signore li mandarono ;
il quale, con gran peccato della fortuna,
che non dopo molto tempo gli tolse lo sta-
to , si mori a Bologna. Per la qual cosa
a fare il sepolcro ed a porvi i mandati
versi , si rimase (1) ; i quali versi stati a
me mostrati poi, più tempo appresso, e
veggendo loro non avere avuto luogo per
lo caso già dimostrato; pensando le pre-
senti cose per me scritte , comechè se-
poltura non siano corporale , ma sieno,
siccome quella sarebbe stata , perpetua
conservatrice della di lui memoria, imma-
ginai non essere sconvenevole quelli ag-
giugnere a queste cose. Ha perciocchò
più che quelli, che l'uno di coloro avesse
fatti , che furono più , non si sarebbono
ne' marmi intagliati, cosi solamente quelli
d'uno qui stimai che fossero da scri-
vere : perchè tutti meco esaminatoU , e
per arte e per intendimento più degni
stimai quattordici, fattine da maestro
Giovanni del Virgilio bolognese , allora
famosissimo e gran Poeta, e di Danto
stato singolarissimo amico , li quali son
questi appresso scritti :
me , trovandosi governatore a Ra?enna. Que-
sto moDamento patito dall' ingiurie del tem-
po fìi restaurato nel 1691 dal cardinal Corsi»
e poscia nel 1780 dal cardinal Vaienti , am-
bedue legati in Eomagoa.
DI DANTE
Theologus Dantes nuliius dogmatis expers,
Quod foveat darò Philosophia sinu:
Gloria Musarutriy vulgo gratissimus ancior,
Hic jacet , et fama pulsai utrumque polum :
Qui loca defunctis gladiis y regumque gemellis
Distribuii , loicisy rhetoricisque modis.
Pascua Pieriis demum resonabat avenis :
Atropos heu laetum livida rupit opus.
Huic ingrata tulit tristem Florentia fructum ,
Exilium vati patria cruda suo.
Quem pia Guidonis gremio Ravenna Novelli
Gaudet honorati continuisse Ducis.
Mille irecentenis ter septem Numinis annis,
Ad sua septembris idibus astra redit (i).
2!^
(1) Questi Tersi son quelli che leggonsi nella
^iu di Dante compilata dal Boccaccio, inseri-
u nelle Prose di entrambi stampate in Firenze
p«r Tartini e Franchi 1722. Quelli che inrece
Irggunsi in altra edizione , son questi :
TTicolo^vt Bafii%i nuWtva dognuitis expers,
InclUa fawia eujus universum penetrai orbem;
Danies ÀUgherii , fiorenti genitus urbe ,
Conditar tloquii, lumen, dBcusque Musarum ,
yylnereeaevae neeis stratm, adsydera tendent,
ikmUnicis anntf ter teptem miUe treeeniis
Sfpiemhrit idiìmi, praetenti cla%tdiiur aula.
Jnra Monarekiae, Superai, Flegetonta, lacusqìu
Lustrando cecini , voluerunt fata quousque,
Sed qìsia pan cessU meliorUnu hospita castrit,
Autoremque suum petiit felicior astris ,
iféC claudor Dantes, patriisque extorris ab oris,
(/ve» ^fiuiiC parvi florentia mater amoris,
Arterto però che detti versi son tredici non
Bica <i8at4ordici, come vorrebbe il Boccaccio;
dippiù costituiscono due epitaffi piuttosto che
iiv>, come può agcTolraente convincersi chi pon
ante alle significazioni ben diverse de* primi
sette versi, e de' posteriori sei. Vi é pure qual-
che errore nella quantità delle sillabe , per es.
ael terxo verso , ^fmìtu si fa con la prima
biaga* mentre è breve; nel quarto, decusque
mmar^tm, dove la prima di deeus si Ai lun-
fa essendo breve, e la prima di musarum che
brave» ecc. Nondimeno mi piac-
ciono assai per la bellezza del concetto e forza
dell' espressione , e ne do qui una parafrasi co-
me segue» fatta da me non per ambizione di
gloria , conoscendo esser necessario ben altro
merito per conseguirla; ma per diletto de' me-
no intendenti il latino :
Dantb ; negli alti dooimalf
Teologo profondo ,
Di cai la fama altissima
Tutto ha rimeno il mondo;
Che nella citta nobile
Che da* be' fior s' appella.
Ebbe la culla ; e principe
Della volgar favella ;
Che delle suore aonie
Ornò la nobii cetra
Di carme impareggiabile
Famoso infino all' etra ;
Di morte inesorabile
Cedendo al fiero artiglio»
Levandosi all' Empireo «
Parti di questo esiglio
Di settembre il di quattordici.
Dell' anno della Pace
Ventun del quartodecinio
Secolo ; qui ti giace.
Dblla mia -sorte perfide
Ad onta della legge ,
I dritti e la giustizia
Esposi di chi regge ;
». S".
2o
VITA
Oh ingrata Patria 1 cpial demenza ,
qual trascuraggine ti tenea , quando tu il
tuo carissimo cittadino, il tuo benefattor
precipuo, il tuo unico poeta con crudeltà
disusata mettesti in fuga, e poscia tenuto
t'ha? Se forse per la comun furia del
tempo , mal consigliata ti scusi; perchè
tornata, cessate Tire, la tranquillità dell'ani-
mo, e pentutati del fatto, no 1 revocastiV
Deh , non V incresca con meco , che tifo fi-
^uolo sono, alquanto ragionare; e quello
che giusta indignazione mi fa dire , co-
me d' uomo che t' ammendi desidera , e
non che tu sia punita, piglierai. Parti
^li esser gloriosa di tanti titoli e' di tali,
^ tu quelFuno, del quale non hai vicina
città che del simUe si possa esaltare, tu
abbi voluto da te cacciare? Deh, dimmi,
di quali vittorie, di quali trionfi, di quali
eccellenze , di quali valorosi cittadini se'tu
splendente? Le tue ricchezze, cosa mobile
ed incerta; le tue bellezze, cosa fragile e
caduca; le tue dilicatezze, cosa vituperevole
e femminile, ti fanno nota del falso giudicio
de'popoli , il quale più ad apparenza che
ad esistenza sempre riguarda. Deh, glo-
neraiti tu de' tuoi mercatanti e de' kioi
artefici , di che tu se' piena ? Sciocca-
mente farai. L' ubo fa continuamente
r avarizia , operando il mestier servile ;
l'arte, la quale nobilitata fu un tempo
dagli ingegni in tanto che una seconda
natura la fecero, dalla avarizia medesima
è oggi corrotta, e niente vale. Glorieraiti
tu della viltà e ignavia di coloro li quali,
perciocché di molti loro avoli si ricordano,
vogliono dentro di te la nobiltà del prin-
cipato ottenere j sempre con ruberìe con
tradimenti e con falsità centra quella
operanti ? vanagloria sarà la tua , e* da
coloro, le cui sentenze hanno fondamento
debito e stabile fermezza, schernita. Ahi
Vidi e canui qoal premiasi
L' alma virtù da Dìo ;
Còme le macchie porghinsi ;
E gii qual pena ha il rio.
Ma ora che il mio spirito
Vita mutò migliore ,
Volando sar T empireo
Al sommo ano Fattore ;
misera madre , aprì gli occhi e guarda
con alcuno rimordimento quello che tu
facesti , e vergognati almeno , scndo re-
putata savia, come tu se', d'avere avuta
ne' falli tuoi falsa elezione! Deh se tu da
te non avevi tanto consiglio, perche non
imitavi tu ^i atti di quelle città, le quali
ancora per le loro laudevoli opere sono
famose ? Atene , la quale fu l' uno degli
occhi di Grecia, allora che in quella era la
monarchia del mondo , per iscienza per
eloquenza e per milizia splendida parì-
mente : Argo , ancora pomposa per li
titoli dei suoi Re: Smime (1] , a noi in
perpetuo reverenda per Niccolao suo
Pastore: Pilos, notissima per lo suo Ge-
store: Chios e Colofon , città splendidis-
sime peraddietro, e tutte insieme qualora
più glorìose furono , non si vergognaro-
no , nò dubitarono avere agra quistione
dell' orìgine del divin Poeta Omero ; af-
fermando ciascuna lui di sé averlo tratto ;
e si ciascuna fece con argomenti forte la
sua intenzione , che ancora la qulstion
vive , nò è certo d' onde egli si fosse ,
di che parimente dì cotal cittadino così
l'una come l'altra si glorìa. £ Mantova,
nostra vicina , di quale altra cosa l' è
più alcuna altra fama rìmasa , che d' es-
sere stato Virgilio mantovano? Il cui no-
me hanno ancora in tanta reverenza e si
appo tutti accettevole , che non solamentt'i
ne'pubblici luoghi, ma ancora neprìvati si
vede la sua inunagine effigiata; mostrando
in ciò che non ostante che il padre di
lui fosse lutifigolo, esso di tutti loro sia
stato nobilitatore. E Sulmona d' Ovidio :
Venosa di Orazio : Aquino di Juvenale ,
e altre molte, ciascuna si ^oria del suo,
e di loro sufficienza fanno quistione. Lo
esemplo di queste non t' era vergogna
di seguitare, lo quali non ò verisimile
Misero errante ed esale
Qui mi riposo io pante ,
Firenze fU mia patria,
Di me beo poco amante !
(1) Cioè Jfiru città nella Licia, della quale
fti vescovo S. Niccolò.
DI DANTE
27
sf'nza cagione essere state vaghe a tenere
ili cosi fatti cittadini ; esse conobbero
qiodììo che ta medesima potevi conosce-
re , e puoi y cioè che le loro operazio-
ni perpetue saranno ancora dopo la loro
rovina, ritenitrici eteme del nome loro,
cosi come al presente , e divulgate per
tutto il mondo , le fanno conoscere a
coloro che non le videro mai. Tu sola ,
non so da quale ciechità adombrata, hai
voluto tenere altro cammino; e quasi molto
da te lucente^ di questo splendore non
hai curato.Tu sola, quasi i Cammilli, i Pub-
blicoli, i Torquati, i Fabrizii, i Catoni, i Fa-
bii, gli Scipioni, con le lor magnìfiche ope-
re ti facessero famosa, e in te fossero , a-
vendoti lasciato il tuo antico cittadino Clau-
diano cadere delle mani, non hai avuto del
presente Poeta cura , ma T hai da tescac-
ciato, sbanditolo, privatolo, se tu avessi
potato, del tuo soprannome. Io non posso
fiiggir di vergognarmene , in tuo servizio ;
ma ecco non la fortuna , ma U corso della
natura delle cose è stato al tuo appetito
disonesto favorevole in tanto , quanto
quello che tu volentieri bestialmente avrc-
ài fatto , se nelle mani ti fosse venuto,
doè uccisolo , egli con la sua eterna
l^ge r ha operato. Morto è il tuo Dante
Alighieri in quello esilio che tu ingiusta-
mente, del suo gran valore invidiosa, gli
desti: oh peccato da non ricordare, che
la madre alle virtù di alcun suo figliuolo
porti livore! Ora dunque se' di sollecitu-
dine Iii>era , ora per la morte di lui vivi
ne* tuoi difetti sicura , e puoi alle tue
lunglie e ingiuste persecuzioni por fine.
Egli non ti può far morto , quello che
rivendo non faveva mai fatto: egli giace
sotto altro cielo che sotto il tuo, né più
lièi Asnettare di vederlo giammai, se non
in quel di nel quale tutti i tuoi cittadini
veder potrai , e le lor colpe dal giusto
dudice esaminate e punite. Adunque se
lire gli odi e le nìmicizie cessano per la
oìorte di qualunque, e che muoia come
<i crede; comincia a tornare in te me-
desima , e nel tuo diritto conoscimento ,
comincia a vergognarti d'aver fatto conr
tro la tua antica umanità ; comincia a
volere apparir madre e non più matri-
gna; concedi le tue lagrime al tuo figliuo-
lo ; concedi la materna pietà a colui il
quale tu rifiutasti , anzi cacciasti vivo ,
siccome sospetto; desidera almeno di ria-
verlo morto ; rendi la tua cittadinanza il
tuo seno e la tua grazia alla sua memo-
ria. In verità quantunque tu a lui ingrata
e proterva fossi , egli sempre , come fi-
gliuolo , t' ebbe in reverenza , né mai di
quello onore , che per le sue opere se-
guir ti dovea , volle privarti , come to
Thai della tua cittadinanza privato; sem-
pre fiorentino, quantunque T esilio fosse
lungo, si nominò, e volle esser nomina-
to ; sempre ad ogni altra ti prepose ,
sempre t'amò; che dunque farai, starai
sempre nella tua iniquità ostinata? Sarà
in te meno umanità , che ne' barbari , li
quali troviamo non solamente avere i
corpi de' lor morti raddomandati, ma per
riaverli , virilmente esser disposti a mori-
re? Se tu vuoi che '1 mondo creda te esser
nipote della famosa Troia, e figliuola di
Roma , certo i figliuoli debbon essere a
padri e agli avoli simi^lianti. Priamo nella
sua miseria , non solamente raddomandò
il corpo morto del magnifico Ettore, ma
quello con altrettanto oro ricomperò. I
romani, secondo alcuni credono, feciono
venire da Hintumo l'ossa del primo Sci-
pione, da lui a loro con ragione nella
sua morte vietate. E comechè il fortìs»
Simo e illustre Ettore fosse difesa ,
con la sua forza , de' Troiani, e Scipione
non solamente liberator di Roma, ma di
tutta Italia ; delle quali due cose ninna
forse propriamente si può dire di Dante; -
egli non é però da posporre ; né una
volta fu mai , che V armi non dessino
luogo alla scienza : se tu primieramente,
e là dove sarebbe convenuto , l' esemplo
con le opere delle savie cittadi non imitasti»
t'ammenda al presente, seguendole. Ninna
delle città preidette fu che o vera o fittizia
sepoltura non facesse ad. Omero. E chi
dubita che i mantovani , i quali ancora in
Pietola (1) onorano la povera casa e i campi
(1) Pietola , piccolo borgo lontano due mi-
28
VITA
che furon di Virgilio, non che avere a lui
fatta onorevol sepoltura, se Ottaviano Au-
gusto, il quale da Brandizio a Napoli le sue
ossa aveva trasportate , avesse comandato
quel luogo, dove poste Tavea, voler es-
ser loro pcq)ctua requie. Sulmona niuna
altra cosa pianse lungamente se non che
risola di Ponto tenga incerto il suo O-
vidio : e cosi di Persio Parma si rallegra
tenendolo. Cerca tu dunque di voler esser
del tuo Dante guardiana: raddomandalo;
10 son certo che non ti Ga renduto ; ma
a un'ora ti sarai mostrata pietosa , e gode-
rai, non riavendolo, della tua crudeltà (1).
Ma a clic ti conforto io ? Appena s* io
oreda, che i corpi morti possano alcuna
cosa sentire , die quello di Dante si po-
tesse partir di là , dove è per dovere a
te ritornare ; egli giace con compagnia as-
eai più piacevole e laudevole che quella
che tu gli potessi dare : egli giace in
Ravenna molto più; per età, veneranda
di te ; e comechè la sua vecchiezza al-
quanto la renda disforme , ella fu nella
8ua giovinezza troppo più florida che tu
iion se' ; ella è quasi un general sei)olcro
di santissimi coqn ; e nessuna parte in
essa si calca, dove su per reverendissime
ceneri non si vada. Chi duncfue dovria
desiderare di tornare a te , per dover
giacere fra le tue , lo quali si può cre-
ilere che ancora serbino la rabbia e le
iniquità avute nella vita? E male con-
rordi insieme , si fug^e V una dall'altra ,
iion altrimenti che facessero le fiamme
de' due Tebani ; e comechè Ravenna già
quasi tutta del pietoso sangue di molti
martiri si bagnasse, e oggi con reverenza
•erba le loro reliquie , e similmente i
corpi di molti imperadori magnifici, e di
altri ttooiini chiarissimi e per antichi
avoli 6 I>er opere virtuose, ella si ral-
legra non poco d' essergli da Dio stato ,
iella da MaitoTa : in Ialino Ànda , onde Vir-
ciiio fa detto Andima Poeta. Silio Italico lib.
Vili ?. tt04 :
Mantua mi(tenda eertavit pube Cremonae,
Mantua,Miu$arum domut,aifju€adsyderaeantu
Evttta Àmdn» • . .
oltre le sue* doti , conceduto d'essere in
perpetuo guardiana di cosi fatto tesoro,
coro' è il corpo di colui le cui opere ten-
gono in ammirazione tutto '1 mondo, del
quale tu non ti se' saputa far degna. Ma
certo e' non è tanto l'allegrezza d'averlo,
quanto è l'invidia che ella ti porta, che
tu ti intitoli della sua origine , quasi
sdegnando che là dov'ella sia per l'ultimo
di di lui ricordata , tu allato a lei sia
nominata per lo primo ; e perciò con la
tua ingratitudine ti rimarrai, e Ravenna
si glorii de' tuoi onori tra' futuri.
Cotale , quale di sopra è dimostrato ,
fu a Dante la fine della vita affaticata
da vari studi ; e perciocché assai conve-
nevolmente le sue fiamme e la sua fami-
liar cura e la pubblica sollecitudine ed
il miserabile esilio e la fine di lui mi
pare avere secondo la mia promessa mo-
strato ; giudico sia da pervenire a mo-
strare della statura del corpo , dell'abito
generalmente e de* più notabili modi ser-
vati nella sua vita da lui ; da quelli poi
immediatamente venendo all' opere degne
di nota , compilate da esso nel tempo
suo , infestato da tanta turbine, quanta
di sopra brevemente è dichiarata.
Fu adunque questo nostro Poeta di
mezzana statura ; e poiché alla matura
età fu pervenuto, andò alquanto curvetto,
ed era il suo andar grave e mansueto ,
di onestissimi panni sempre vestito , in
quello abito che era alla sua matura età
convenevole ; il suo volto fu lungo , il
naso aquilino, gli occhi anzi grossi, che
piccioli , le mascelle grandi , e dal lab-
bro dì sotto era quel di sopra avanzato;
il colore era bruno, i capelli, e la bart)a
spossi neri e crespi, e sempre nella fac-
cia malinconico e pensoso. Per la *]ual
cosa avvenne un giorno a Verona , es-
sendo già divulgata per tutto la fama
(1) Nel 1396 Fireme decretò al morto poeta
an eenotafio , ed in seguito più volte recla-^
mò da* ravennati le ceneri di lui. Ma né quella
SI esegui , né questo ebbe mai. Min memoria
la non consenr a di sì illustre cittodino che un
vecchio ritratto io o&a delie partii interna
Idei Uuofflo.
DI DANTE
29
dd\e sue opere , e massimamente quella
parte delia sua Commedia la quale egli
inlilola Infcnio , ed egli conosciuto da
molli uomini e donne , e passando egli
djifanti a una porta dove più donne se-
deyano , una di quelle pianamente , non
però tanto che bene da lui e da chi con
lui era, non fosse udita, disse alle altre
donne : vedete voi colui che va per T In-
ferno e toma, quando a lui piace, e qua
su reca novelle di quelli che là giù sono?
Alla quale una di loro rispose semplice-
mente : m verità tu dèi dire il vero :
non Tedi tu come egli ha la barba cre-
spa e il color bruno per lo caldo e per
lo fumo che è là giù? lo quali parole
€^ udendo dire dietro a sé , e cono-
fta-ndo che da pura credenza delle donne
venivano , piacendogli , e quasi contento
ffae esse in cotali opinioni fossero , sor-
ridendo alquanto passò avanti. Ne* costu-
mi pubblici e domestici mirabilmente fu
composto e ordinato , e in tutti più che niu-
no altro cortese e civile; nel cibo e nel poto
fa modestissimo , si in prenderlo all' ore
ordinate, e si in non trapassare il segno
della necessità , quello prendendo ; né
alcuna golosità ebbe più in uno che in
un altro ; li dilicati lodava , e il più si
pasceva de* grossi ; oltre a modo biasi-
mando coloro ì quali gran parte del loro
.«Uidio pongono in avere le cose elette ,
0 quelle faùre con somma diligenza appa-
recchiare; affermando questi cotali non
mangiare per vivere, ma più tosto vivere
per mangiare. Ninno altro fu più vigir
tante di lui e negli studi e in qualunque
altra sollecitudine che il pugnesse, in tanto
che più volte e la sua donna e la sua
lami^ia se ne dolsero , primachò a' suoi
eoitaini usate dò mettessino in non ca-
ci) Nel eanto n del Purgatorio ri?oUo
D«u a Gaadla celebre cantore M mio tem-
fo , ed a lai molto caro , gii dice :
te BooTa non ti toglie
Il coHMia 0 oso all' amoroso eanto ^
Cke mi solai quotar tutte mie ?o|^ ;
IM dò ti piaedt consolar alquanto
V anima |Hlla , clie con la sua persona ».
ÌLwandn qua,, è aiDumata tanto-
lere. Rare volte , se non domandato ^
parlava, e quelle pensatamente, con voce
convenevole alla materia di che parlava.
Non per tanto cloquentissimo dove si ri-
chiedeva fu , e facondo , con ottima e
pronta prelazione.
Sommamente si dilettò in suoni ed in
canti (1) nella sua giovanezza; e a ciascuno
che a que* tempi era ottimo cantatore e
sonatore, fu amico, ed ebbe sua usanza;
ed assai cose , da q^icsto diletto tirato ,
compose, le quali di piacevole e mae-
strevol nota a questi cotali faceva rive-
stire. Quanto ferventemente esse ad Amore
fosse sottoposto assai chiaro è già dimo«
strato. Questo amoro, è ferma credenz*
di tutti , che fosse movitore di tutto il
suo ingegno a dover prima , imitando ,
divenire dicitore in vulgare ; poi per va-
ghezza di più solennemente mostrare le
sue passioni, e di gloria, sollecitamente
esercitandosi in quella , non solamente
passò ciascun suo contemporaneo, ma iu
tanto La dilucidò e fece bella, che molti
allora , e poi , dietro a sé , n' ha fatti e
farà vaghi d'essere esperti.. Dilettossi si-
milmente d'esser solitario e rimoto dalle
genti , acciocché le suo contemplazioni
non gli fossero interrotte ; e se pure al-
cuna, che molto piaciuta gli fosse, ne gB
veniva , essendo egli tra gente , quan*
ttmque di alcuna cesa fosse egli stato do*
mandato , giammai , insiao a tanto che
fermata o dannata avesse la sua inmiar
ginazione,non avrebbe risposto al.doman->
dante : il che molte volte essendo ^;|i
alla mensa, ed essendo in cammino con
compagni, ed in altre pasti, essendo egli
domandato , gli avvenne. Ne' suoi studi
fu assiduissimo, quanto a quel- tempo die
ad essi si. dispone:. in tanto cbeniuna no^
E dopo attesta che Casella, mosso air invi-
to , lo éontentò , cantando qneitt oantono dit
lui che principia :
» Amor che nella mente mi ftgiona »
Cominciò egli allor si dolcemente ,
Che la.dokòezza ancor dentro, mi aooaab.
30
VITA
vita che s* udisse, di quelli il poteva ri-
muovere. E secondochè alcuni degni di
fede raccontano di questo darsi tutto a
cosa che gli piacesse ; egli essendo una
Tolta , fra Taltre, in Siena, e pervenuto
per accidente a una bottega d'uno spe-
ziale , e quivi statogli recato d' avanti un
libretto promessogli da valentuomini, molto
famoso, né giammai da lui stato veduto,
non avendo per avventura spazio di por-
tarlo in altra parte , sopra la panca che
avanti allo speziale era, si pose col petto,
e messosi il libro davanti, quello cominciò
a leggere e a vedere : e comechè poco
appresso in quella contrada medesima , e
dmanzi da lui, per alcuna general festa
de' sanesi , si cominciasse da' gentiluo-
mini 6 si facesse una grande armeg-
giata , e con quella grandissimi romori
m circostanti , siccome in tali-casi con
iatrumenti vari e con voci applaudenti
suol farsi, ed altre cose assai vi av-
Tenissono di dover tirare altrui a ve-
dere , siccome balli di vaghe donne e
giuochi di molti giovani , mai fu alcuno
die muoverlo di quindi lo vedesse , né
Ileana volta levare gli occhi dal libro ;
anzi, postovisi all'ora di nona, prìmachè
fosse passato vespero tutto l'ebbe ve-
duto, e quasi sommariamente compreso,
e prima di ciò non levossi ; afferman-
do poi ad alcuni , che lo domandarono
come s' era potuto tenere di non riguar^
dare si bella festa che avanti a lui s'era
fttta ; sé niente averne sentito , rispose:
per lo che alla prima meraviglia , non
indebitamente la seconda s* aggiunse ai
domandanti. Fu dunque questo Poeta di
meravigliosa capacità e di memoria fer-
missima e di perspicace intelletto , in
tanto che essendo egli a Parigi, e quivi
(1) Nel principio del canto XXV del Para*
diào dice Dante :
Se mai continga che il poema sacro
Al quale ha posto mano e cielo e terra,
SI che m* ba fatto per più anni macro ,
Vinca la erudeltè » che fuor mi serra
Del bello ovile , oV io dormi' agnello
Nimico a' lopi che gli danno guerra ;
sostenendo in una quistione (de quoUbet)
che in una scuola di Teologi si faceva ,
quattordici quistioni da diversi valentuo-
mini, e di diverse materie, con loro ar-
gomenti , prò e centra , fatti da* propo-
nenti , senza metter tempo in mezzo ,
raccolte , ed ordinatamente , come poste
erano state , recitò. Poi quel medesimo
ordine seguendo , sottilmente solvendo e
rispondendo agli argomenti contrari : la
<iual cosa quasi miracolo da tutti i cip-
costanti fu reputata. D'altissimo ingegno
e di sottile invenzione fu similmente ,
siccome le sue opero troppo più manif^
stano agli intendenti, che non potrebbono
fare le mie lettere. Vaghissimo fu d'onore
e di pompa peravventura più che alla sua
inclita virtù non si saria richiesto. Ma
che? qual vita è tanto umile che dalla dol-
cezza della ^oria non sia tocca?E per qu»*
sta vaghezza, credo, che sopra ogni altno
studio amasse la Poesia, veggendo, comechè
la Filosofia ogni altra trapassa di nobiltà,
la eccellenza di quella con pochi potersi
comunicare, e divenirne per lo mondo &-
mesi : e la Poesia esser più apparente e
dilettevole a ciascuno , e li Poeti raris-
simi. E però sperando per la Poesia alio
inusitato e pomposo onore della coronai
zione dello alloro poter pervenire , tutto
a lei si diede studiando e componendo. E
certo il suo desiderio gli veniva inteap
se in tanto ^i fosse stata la fortuna gra-
ziosa , che egli fosse giammai potuto tor-
nare in Firenze , nella qual sola sopra le
fonti di san Giovanni s' era disposto di
coronare (1) ; acciocché quivi , dove per
lo Battesimo aveva preso il primo nome ,
quivi medesimo , per la coronazione ,
prendesse il secondo. Ma così andò, che
quantunque la sua sufficienza fosse molta,
Con altra voce ornai , con altro vello
Ritornerò poeta : ed in sul fonte
Del mio battesmo prenderò '1 cappello.
E' probabile danqae che da qaesto tratto
del poema avesse il Boccaccio argomentato
quanto asserisce dell' idea avuta da Dante di
coronarsi in Firenie.
DI DANTE
31
e per quella in ogni parte , ove piaciuto
^ fosse , avesse potuto ¥ onore della
borea pigliare , la quale non accresce
sdeaza ma è della acquistata certissimo
Itftiaìonio e ornamento ; pur quella tor-
oiU , che mai non dovea essere , aspet-
laudo 9 altrove pigliare non la volle ; e
ooaì senza il molto desiderato onore si
mori* Ma perciocché spessa c[uistione si
fi tra le genti e che cosa sia la Poesia e
che cosa sia il Poeta, e donde sia questo
nome venuto , e perchè di lauro sieno co-
ronati i Poeti : e da pochi mi pare essere
stato mostrato ; mi piace qui di fare al-
cuna digressione , nella quale io questo
alquanto diclùari, tornando, come più to-
sto potrò, al proposito nostro.
La prima gente ne' primi secoli , co-
mechò rozzissima e inculta fosse, arden-
tttsima fu di conoscere il vero con istu-
dio , siccome noi veggiamo ancora natu-
ralmente desiderare a ciascuno. La quale
vegg^ndo il ciel muoversi con ordinata
l^ge continuo , e le cose terrene avere
certo ordine , e diverse operazioni in di-
vasi tempi, pensarono di necessità dover
esaere alcuna cosa dalla quale tutte queste
cose dipendessono e procedessono, e che
lotte Taltre ordinasse , .siccome superio-
re potenza da nessun' altra potenziata. E
seco questa investigazione diligentemen-
te avuta , s' inunaginarono quella , la
quale divinità o vero deità nominaro-
no , eoo ogni coltivazione con ogni ono-
re e con più che umano servigio es-
ser da venerare ; e però ordinarono , a
riverenza di questa suprema potenza,
ampliasime case ed egr^e , le quali an-
cora stimarono fossero da separare cosi
^ nome, come di forma separate erano,
da queOe che generalmente per di uo-
miiB s' abitano , e le nomirano Tempii.
E sìmiln^nte ordinarono ministri, li quali
fossero sacri e d'ogni altra mondana soUe-
dtQdine remoti, e bolamente a' divini ufizl
ncassero, e per maturità e per abito più
che gli altri uonuni reverendi; li quali ap-
peUttrono Sacerdoti. Ed oltre a questo ,
io rappresentamento della immaginata es-
Mua divina , fecero in varie forme ma-
gnifiche statue , e , a' servigi di quelle ,
vasellamenti d' oro e mense marmoree e
purpurei vestimenti e altri assai apparati
appartenenti a' sacrifici per loro stabiliti*
Ed acciocché a questa cotal potenza tanto
onore quasi tacito non si facesse, parve
loro che con parole d'alto suono essa
fosse da umiliare, e nella loro necessità
renderla propizia ; e cosi , come essi sti-
mavano questa eccedere ciascuna altra
cosa di nobiltà , cosi vollero che , da
lungi ogni altro plebeo e pubblico stile
di parlare , si trovassero parole degne
di ragionare dinanzi alla divinità, con
le quali le si porgessono sacrate lusinghe:
ed oltre a questo , acciocché queste p*»
rote paressero dì avere più di eflBcacia,
vollero che fossero sotto legge di certi
numeri composte, per le quali alcuna
dolcezza si sentisse, ecacciassesi il rio»
crescimento e la nom. £ certo questo
non in vulgar forma, o usitata, ma con
artifiziosa esquisita e nuova forma coik'
venne che si facesse: la qual forma appell»»
rono i Greci Poetes : laonde nacque che
quello che in cotal forma fatto fosse , s'ap-
pellasse PòesUf e quelli che ciò facessero
si chiamassero Poeti. Questa dunque fu la
prima origine dello inclito nome della poe-
sia, e per conseguente de*Poeti; comecché
altri ancora ne assegnino altre ragioni ,
forse buone , ma questa mi piace più«
Questa buona e laudevole intenzione della
rozza età , mosse molti a diverse involu-
zioni, per lo mondo moltiplicate, per
apparare ; e' dove i primi una sola deità
onoravano , mostrarono i seguenti molte
esseme , comecché quella una dicessero
ottenere, oltre ad ogni altra, U principato.
Le quali molti vollero che fossero il Sole
la Luna Saturno Giove e ciascuno degli
altri sette Pianeti , dai lori efifetti pren-
dendo argomento alla loro deità. E da que-
sti vennero a mostrare , ogni cosa utile
agli uomini , quantunque terrena fosse ,
deità essere , siccome il fuoco l' acqua la.
terra e simig^anti . alle quali tutte e versi
e onori e sacrifici ordinarono : e poi sos-
seguentemente cominciarono diversi, in
diversi luoghi , àà con uno ingegno e
32
VITA
chi con un altro , a farsi sopra la mol-
titudine indotta , della sua contrada mag-
0ori, diffiniendo le rozze quistioni non
secondo scritta legge, che non Tavevano
ancora , ma secondo una naturale equità,
della quale più uno che un altro era dot-
to : dando alla lor \ita e a' lor costumi
ordine , dalla natura medesima più illu-
minati : resistendo con le loro corporali
forze alle cose avverse, possibili ad avve-
nire: e chiamarsi Re, e mostrarsi alla ple-
be , e con sen i e con ornamenti non usati
fino a quo' tempi dagli uomini , e a farsi
obbedire , e ultimamente a farsi adorare.
Il che , solo che fosse chi il presumesse,
senza troppa difficoltà awenia ; perocché
a' rozzi popoli , cosi vedendoli , non uo-
mini, ma Iddti parevano. Questi cotali,
non fidandosi tanto dello lor forze , co-
minciarono ad aumentare le religioni , e
con la fede a impaurire i suggetti , e
astrignere con sacramenti alla loro obbe-
dienza quelli li quali non si sarebbon
potuti con forza constrignere. Ed oltre
a (questo , «dierono opera a deificare li lor
padrini loro avoli e i loro maggiori; ac-
ciocché fossero più temuti e avuti in ri-
verenza dal volgo. Le quali cose non
fi poterono comodamente fare senza V u-
iizio de* Poeti ; li qu^U si per ampliar la
lor fama, e si per compiacere a'principi,
e sì per dilettare a' sudditi, e si per per-
suadere a virtuosamente operare a cia-
H^uno , quello che con aperto parlare sa-
rebbe suto della loro intenzione contrario,
con fizioni varie e maestrevoli, male da*
grossi oggi non che a que* tempi intese,
facevano credere quello che i principi
volevano che si credesse ; servando ne*
nuovi Iddìi e negli uomini , li quali degli
Iddii nati fingevano , quello medesimo
stilo che nel vero Iddio solamente, e nel
lusingar lui , avevano i primi 'Usato.
I>a questo si venne ad adeguare i fatti
de forti uomini a quelli de^li Dii, donde
nacque il cantare -con eccelso verso le
battaglie , e gli altri fatti notabili degli uo-
mini , mescolatamente con quelli deglld-
dii; il qual fu ed è oggi iri>ieme con Taltre
cose di sopra dette, ufìzio ed esercizio di |
ciascun Poeta. E perciocché molti non irv-
tendenti credono la Poesia ninna altra cosa
essere che solamente un favoloso parlare :
oltre al promesso mi piace brevemente
quella esser Teologia dimostrare, prima
che io venga a dire perchè di lauro si
coronino i Poeti.
Se noi vorremo por giù gli animi , e
con ragione riguardare , io mi credo
che assai leggiermente potremo vedere
gli antichi Poeti avere imitato , tanto
quanto allo ingegno umano è possibile ,
dello Spirito Santo le vestigio ; il quale,
siccome nella Divina Scrittura veggiamo,
per la bocca di molti i suoi altissimi se-
greti rivelò a' futuri , facendo loro sotto
velame parlare ciò cìie a debito tempo
per opera , senza alcun velo , intendca
di dimostrare. Imperciocché essi, se noi
riguarderemo bene le loro opere, accioc-
ché lo imitatore non paresse diverso dall<>
imitato , sotto coperta d* alcune fizioni ,
quello che stato era , o che fosse a lor
tempo presente , o che desideravano , o
che presumeano che nel futuro dovesse
avvenire, descrissono; perchè, comecché
a uno fine Tuna scrittura e Taltra non ri-
guardasse, ma solo al modo del trattare,
al che più guarda al presente TaninK»
mio , ad amendue si potrebbe dare una
medesima laude , usando di Gregorio le
parole , il quale della Sacra Scrittura
scrive ciò che della poetica facoltà dire
si puote ; cioè che essa in un medesimo
sermone narrando , apre il testo ed il
misterio a quel sottoposto: e cosi a un*
ora coir uno li savi esercita, e con YéWrv
li semplici riconforta , e ha in pubblico
onde li pargoletti nutrichi , e in occulto
serva quello , onde essa le menti de*sublimi
inteiulitori con anmiirazione teitga sospe-
se ; piTcioccliè pare esseme un fiume ,
acciocché cosi io dica, piano e profondo,
nel quale il piccoletto agnello con li piedi
vada , e il grande elefante amplisshna-
inente nuoti. JAa da procedere è al ve-
rificare delle cose proposte.
Intende la Divina Scrittura, la quale
Teologia appelliamo , quando con figura
d'alcuna storia, quando col senso di al-
DI DANTE
33
rvM visione , quando con lo intendimento
di alcun lamento, e in altre maniere as-
sai . mostrarci V alto misterio della In-
cimazione del Verbo Divino, la vita di
quello , le cose occorse nella sua morte,
e la Resurrezione vittoriosa , 1* ammira-
bile Ascenzione , ed ogni altro suo atto,
per lo quale noi ammaestrati possiamo
a quella gloria pervenire , alla quale egli
morendo e resurgendo ci aperse la stra-
da , lungamente stata serrata a noi per
la colpa del primo uomo.- Còsi i Poeti
nelle loro opere , le quali noi chiamiamo
Poesìa , quando con fizioni di vari Iddii,
i[UMido con trasmutazioni d'uomini in
varie forme , e quando con leggiadre per-
suasioni ne dimostrano le ragioni delle
cose , gli effetti delle virtù e de' vizi ,
<*tie fuggir dobbiamo e che seguire , ac-
riocchè venir possiamo , virtuosamente
adofierando , a quel fine , il qtaale essi ,
che il vero Iddio debitamente non cono-
scevano , somma salute credevano. Volle
k> Spirito Santo mostrare nel rubro verdis-
MTOo , nel quale Moisè vide ouasi come
una fiamma ardente Iddio, la Verginità di
colei che più che altra creatura fu pura,
e che doveva essere abitazione e ricetto
del Signore della Natura , non doversi né
per la concezione né per lo parto del Ver-
bo del Padre contaminare. Volle per la
visione, veduta da Nabuccodonosor nella
statua di più metalli abbattuta da una
pietra convertita in monte , mostrare tutte
le preterite età dalla dottrina di Cristo , il
qual fu ed è una viva pietra, doversi som-
mergere, e la Crisitiana Heligione , nata di
questa pietra, divenire una cosa immobile
e perpetua , siccome li monti veggiamo.
Volle nelle lamentazioni di (ieremia lo
eccidio futuro di Gerusalemme dichiarare.
Similmente i nostri Poeti fingendo Sa-
turno aver molti figliuoli, e quelli, fuor-
fhè quattro, divorar tutti, nessuna altra
cosa vollono per tal fìzione farci sentire,
§e non per Saturno il tempo nel quale
ogni cosa si produce ; e come ogni cosa
m esso è prodotta , cosi esso è di tutte
corrompitore, e tutte le riduce a niente.
I quattro suoi figliuoli non divorati da
lui , è r uno Giove , cioè Y elemento del
fuoco; il secondo è Giunone sposa e
sorella di Giove , cioè l'aria mediante la
quale il fuoco quaggiù ne opera i suoi
effetti; il terzo è Nettunno, Dio del mare,
cioè lo elemento dell'acqua ; ed il quartor
ed ultimo è Plutone, Dio dello Inferno,
cioè la terra bassa più che niuno altro
elemento. Similmente fingono i nostri Poeti
Ercole d'uomo in Dio edser trasformato,
Licaone in Lupo , morahnente volendo
mostrarci che virtuosamente adoperando,
come fece Ercole, l'uomo diventa Iddio,
p^r partecipazione in cielo ; e viziosa-
mente adoperando , come Licaone fece,
quantunque paia uomo , nel vero egli si
può dir quella bestia , la quale si com»-
sce da ciascuno per effetto più simile
al suo difetto; siccome Licaone, per rapa-
cità-e per avarizia , le quali al Lupo sono
molto conformi , si finge in Lu|K) esser
mutato. Similmente fingono i nostri Poeti
la bellezza de' campi Elisi , per la quale
intendono la dolcezza del Paradiso ; e la
oscurità di Dite , per la quale prendono
r amaritudine dello Inferno ; acciocché
noi tratti dal piacere dell uno , e dalla
noia dell* altro spaventati , seguitiamo le
virtù , che in Eliso ci meneranno , e i
vizi fuggiamo , che in Dite ci farebbono
trarupare. Io lascio il trattare con più
particolari sposizioni queste cose, peroc-
ché se quanto si converrebbe e potrebbe,
le volessi chiarire, comeché esse più
piacevoli ne divenissero e più facessero
forte il mio argomento , dubito non mi
tirassino più oltre molto che la prìncipal
materia non richiede , e che io non voglio
andare. E certo se più non se ne dicesse
di quello* che è detto, assai si doverria
comprendere la Teologia e la Poesia con-
venirsi , quanto nella forma dell' operare.
Ma nel subbietto , dico quelle non sola-
mente esser diverse molto , ma ancor
avverse in alcuna parte ; perciocché il
subbietto della Teologia è la divina ve-
rità; quello dell'antica Poesia sono gli
Iddìi de' Gentili e gli uomini. Avverse
sono , in quanto la Teologia ninna cosa
presuppone se non vera ; la Poesia no
3&
VITA
presuppone alcune per vere, che sono
falsissime ed erronee e centra la Cri-
stiana Religione. Ha perciocché alcuni
disensati si levano contro a* Poeti, dicen-
do, loro sconce favole, e male a ninna ve-
rità convenevoli , avere composte: e che
in altra forma , che con favole , dove-
vano la loro sufficienza dimostrare, e a'
mondani dare la lor dottrina; voglio anco-
ra alquanto più oltre procedere col pre-
sente ragionamento. Guardino dunque que-
sti cotali le visioni di Daniello , quelle
d* Isaia e quelle di Ezechiello e degli al-
tri del vecchio Testamento » con divina
penna scritte, e da colui mostrate, al quale
non fu principio né sarà fine. Guaràmsi
ancora nel nuovo Testamento le visioni
del Vangelista piene agli intendenti di
mirabil verità ; e se ninna poetica favola
si truovi tanto di lungi dal vero o dal
verisimile , quanto nella corteccia appa-
iano queste in molte parti, concedasi die
sdamente i Poeti abbino detto (avole da
non poter dar diletto né frutto. Senza
dire alcuna cosa alla riprensione che (anno
de' Poeti , in quanto la lor dottrina in fa-
vole o vero sotto favole hanno mostra-
to , mi poteva passare ; conoscendo che
mentre essi mattamente li poeti ripren-
dono , di ciò incautamente caggiono in
biasimare quello Spirito il quale ninna
altra cosa é , che via verità e vita :
ma pure alquanto intendo di soddisfarli.
Manifesta cosa é, ogni cosa , che con
fatica s* acquista , avere alquanto più di
dolcezza che quella che viene senza af-
fanno ; la verità piana , perciocché tosto
compresa con picciole forze, diletta e passa
nella memoria. Adunque , acciocché con
fatica acquistata fosse più grata, e perciò
meglio si conservasse, li Poeti sotto cose
td essa molto contrarie apparenti, la na-
•cosono ; e perciò di favole la fecero più
che di altro coperta , perché la bellezza di
quelle traesse coloro li quali né le dimo-
strazioni filosofiche né le persuasioni ave-
vano potuto a sé trarre. Che dunque dire-
mo de'Poeti? diremo che essi sieno stati
uomini insensati, come li presenti disensati
parlando» e non sadlndo che eglino si
giudicano ? certo no ; anzi furono nelle
loro operazioni di profondissimo sentimen-
to, quanto nel frutto é nascoso , e di
eccdfentissima e di onorata eloquenza nel-
le cortecce e nelle frondi apparenti. Ma
torniamo dove lasciammo. Dico che la
Teologia e la Poesia quasi una cosa si
possano dire , dove un medesimo sia il
suggetto ; anzi dico più che la Teologia
niun' altra cosa é che una Poesia dlddio.
E che altra cosa é che Poetica fizione ,
nella Scrittura, dire Cristo ora esser leone
ed ora agnello ed ora vermine e quan-
do drago e quando pietra e in altre ma-
niere molte , le quali volere tutte rac-
contare sarebbe lunghissimo ? Che altro
suonano le parole del Salvatore nello
Evangelio , se non un sermone dai sensi
alieno ? il qual parlare noi , con più usato
vocabolo , chiamiamo allegoria. Dunque
bene appare non solamente la Poesia es-
ser Teologia , ma ancora la Teologia es-
ser Poesia. E certo se le mie parole me-
ritano poca fede in si gran cosa, io non
me ne turberò , ma credasi ad Aristoti-
le , degnissimo testimonio ad ogni gran
cosa , il quale afferma sé aver trovati i
Poeti essere stati li primi Teologanti. E
questo basti quanto a questa parte , e
torniamo a mostrare perché ai Poeti so-
lamente tra gli scienziati V onore delia
corona dell' alloro conceduta fosse.
Tra r altre nazioni , le quali sopra il
circuito della terra sono molte , li Greci
si crede che sieno quelli ai quali primie-
ramente la Filosona sé co' suoi segreti
apnsse : da* tesori della quale essi tras-
sono la dottrina militare, la vita filosofica
e altre cose assai , per le quali essi oltre
ad ogni altra nazione divennero famosi
e reverendi. Tra 1* altre da loro tratte del
costei tesoro , fu la sentenza di Solone
nel principio posta di questa operetta :
ed acciocché la loro Repubblica , la
quale più che altra allora fioriva j dirit-
ta e andasse e stesse sopra due pie-
di, e le pene a' nocenti , e i meriri a* va-
lorosi magificamente e ordinarono e os-
servarono. Ma intra gli altri meriti stabi-
liti da loro a chi bene operasse , fu que-
DI DANTE
35
«ito principio , di corooare in pubblico
e A pubblico consentimento , di frondi
d'alloro i Poeti, dopo la vittoria delle
kx fatiche , e fjì Imperadorì , li quali
dressono Yittoriosaroente la Repubblica
auineotata ; giudicando che eguale ^oria
si ooDYenisse a cohii per la cui virtù le
cose lunane erano conservate e aumentate,
che a colui da cui le divine erano trattate.
E comecché di questo onore i Greci fos-
sero lì primi inventori , esso poscia tra-
pas6Ò a* Latnii , quando la gloria e l'ar-
mi parìmeote di tutto il mondo dierono
hiogo al Romano nome : ed ancora, alme-
no nelle coronazioni de' Poeti , comechè
rarissimamente avvenga , vi dura. Ma
perchè a tal coronazione più il lauro che
altra fronde detto sia , non dovrà essere
a vedere rlncrescevole.
Sono alcuni li quali credono , percioc-
ché Canno Ikfne amata da Febo e in
lauro convertita , essendo Febo il primo
autore e fautore de* Poeti stato , e simil-
mente trionfatore , per amore a quelle
firondi portato , di quelle le sue cetere
e i trionfi coronati avere: e quinci essere
stato preso esem^do dagli uomini , e per
conseguente essere quello che fu da Febo
prima fatto, cagione di tal coronazione,
e di tali frondi , infino a miesti giorni
a' Poeti e agi* Imperadorì. É certo tale
opinione non mi spiace , né niego cosi
poter easere stato ; ma tuttavia mi muo-
^e altra ragione la quale è questa. Secon-
docehé y(^ion coloro li quali le virtù delle
piante , o vero la loro natura investiga-
rono , il lauro, tra le altre più sue pro-
prietà» n'ha tre lodevoli e notevoli mol-
to : la prima si è , come noi veggiamo ,
che mai non perde verdezza né fronda ;
la seconda » che non si truova mai que-
4o albero essere stato fulminato , il
che di muno altro leggiamo essere av-
Temto ; la terza » che egli é odorifero
molto , come noi veggiamo e sentia-
mo : le quah tre proprietà stimarono gli
antichi inventori di questo onore, conve-
nirsi con le vertudiose opere de' Poeti
e de' vittoriosi Imperatori. E primiera-
meote la perpetua viridità di queste fron-
di dissono dimostrare la fama delle costo-
ro opere , cioè di coloro che di esse si
coronavano o coronerebbono nel futuro,
sempre dovere stare in vita. Appresso
stimarono l' opere di costoro essere state
di tanta potenza , che né 1 fuoco della
invidia , né la folgore della lunghezza
del tempo , la quale ogni cosa consuma,
dovesse mai queste poter fulminare; sic-
come queir albero non si fulminava dalla
celeste folgore. Ed oltre a questo, dicono
che questopere de'già detti, per lunghezza
di tempo mai non dover venire meno pia^
cevoli e graziose a chi le udisse o leg*
gesso , ma sempre dover essere accetta
voli e odorose. Laonde meritamente si
confacea la corona di tali frondi , più
che altra, a cotali uomini, gli edOTetti delle
quali , quanto veder possiamo , erano a
lei conformi ; e perciò non senza ragione
il nostro Dante era ardentissimo deside-
ratore di tale onore , o vero di tale te*
stimonianza di tanta virtù, quale é que-
sta , a coloro li quali degni si fanno di
doversene ornare le tempie. Ha tempo è
da tornare là donde, entrando in questo,
ci dipartimmo.
Fu il nostro Poeta, oltre alle cose
predette, d* animo altiero e sdegnoso mol-
to , tantoché cercandosi per alcuno suo
amico , il quale ad instanza de* suoi prìe-
ghi lo faceva , che egli potesse tornare
in Firenze ( il che egli , oltre ad ogni al-
tra cosa , sommamente desiderava ] ; non
trovandosi a ciò alcun modo con coloro
i quali il governo della Repubblica al-
lora avevano nelle mani , se non uno il
quale era questo ; che egli per certo spa-
zio stesse in prigioni , e dopo quello in
alcuna solennità pubblica rosse miseri-
cordievolmente alla nostra principal Chie-
sa offerto , e per conseguente libero e
fuori d*ogni condannagione peraddietro
fatta di lui : la qual cosa parendogli con-
farsi e usarsi a qualunque é depressi
e infami uomini , e non in altri ; contra
al maggior suo desiderio, meglio elesse
stare in esilio , anzicché per cotal via tot»
nare in casa sua. Oh sdegno laudevole
di magnanimo; quanto virilmente opert^
3G
V i T A
sti , reprimendo lo ardente desio del ri-
tornare per via meno che degna a uomo
nel grembo di ogni santa filosofia nu-
tricato l Molto simigliantemente presunse
di sé , nò gli parve meno valere , se-
condochè i suoi contemporanei rappor-
tano , che ei valesse : la qual cosa, tra le
altre , apparve una volta notabilmente ,
mentrechè egli era con la sua setta nel
colmo del reggimento della. Repubblica.
Perchè , conciofossecosaché per coloro li
quali erano depressi fosse chiamato , me-
diante Papa Bonifazio ottavo , a ridirizzar
lo stato della nostra Città , un fratello o
vero congiunto di Filippo . allora Re di
Francia , il cui nome fu Carlo (1) ; raguna-
rono a un consiglio, per provvedere a que-
sto fatto, tutti i principi della setta, con la
quale esso teneva ; e quivi , tra V altre
cose, provveduto che ambasciata si do-
vesse mandare al Papa , il quale allora
era a Roma , per la qiiale si inducesse
il detto Papa a dovere ostare aliar venuta
del detto Carlo; o vero lui di concordia
della detta setta , la quale reggea , far
venire : e venuto a delioerare chi doves-
se esser principe di cotale legazione, fu
per tutti detto che Dante fosse desso.
Alla quale richiesta , Dante alquanto so-
prastato, disse: Se io vo, chi rimane, e se
io rimango , chi vat quasi esso solo fosse
colui che tra tutti valesse , e per cui tutti
gli altri valessono. Questa parola fu in-
tesa e raccolta, ma quello che di ciò se-
guisse , non tu al presente a proposito ;
e però « passando avanti , il lascio stare.
Oltre a tutte queste cose fu questo va-
lentuomo in tutte le sue avversità fortis-
simo : solo in una cosa , non so se io
mei dica , fu impaziente ed animoso, cioè
in opera appartenente alle parti , perchè
in esUio fu troppo più che alla sua suf-
ficienza non apparteneneva , e che egli
per altrui non voleva , che dì lui si cre-
(1) Carlo di Valois • detto poscia Carìo Masa
Urrà , per essersi! riasciti vani i suoi tentt-
tiw di procararsì il dominio di qaalche stato.
(2) Se è vero che fU animoso ed astioso,
potrà scusarsi facilmente riflettendo eh* egli
fu spogliato d' ogni suo avere e ridotto a
desse. Ed acciocché a qual parte fosse
cosi animoso e pertinace appaia , mi par
che sia da procedere alquanto più oltre
scrìvendo. Io credo che giusta ira dld-
dio permettesse , già è gran tempo, quasi
tutta Toscana , e Lombardia, in due par-
ti dividersi, delle quali , onde cotali nomi
s'avessero non so, ma 1' una si chiamò
e chiama parte Guelfa, e l' altra fu Ghi-
bellina chiamata; e di tanta efficacia e
reverenza fim>no negli stolti animi di mol-
ti questi due nomi , che per difender quel-
lo , che alcuno avesse eletto per suo ,
contro al contrario , non gli era di per-
dere i suoi beni ed ultimamente la vita,
se bisogno fosse stato , malagevole. E
sotto questi titoli , molte volte le città Ita-
liche sostennero di grandissime oppressio-
ni e mutamenti. E tra V altre città la^
nostra, quasi capo deli' un nome e del-'
r altro , secondo il mutamento de' Citta-
dini , in tanto che i maggiori di Dante,
per Guelfi due volte da* Ghibellini furono
cacciati di casa loro : ed egli similmente,
sotto titolo di Guelfo , tenne i freni del-
la Repubblica in Firenze: della quale cac-
ciato, come mostrato è, non da* Ghibel-
lini ma da' Guelfi ; e veggendo sé non
poter ritornare, intanto mutò l'aninK),
che niuno più fiero Ghibellino , ed a'
Guelfi avversario, fu come lui. E quello
di che io più mi vergogno , in servigio
della sua memoria , é che pubblichisHma
cosa è in Romagna , ogni femminella ,
ogni picciolo fanciullo , ragionando di par-
te, e dannando la Ghibellina , lui avrebbe
a tanta insania mosso , che a gittar le
pietre lo avrebbe condotto, non avendo ta-
ciuto (2); e con questa animosità si visse
sino alla morte. Certo io mi vergogno
dovere con alcun difetto macular la fama
di cotanto uomo : ma il cominciato ordi-
ne delle cose in alcuna parte lo rìchit-
de ; perciocché se nelle cose meno che
mendicar nn pane per protrarre U penosa soa
esistenza , ed a provare
' .... Siccome sa di sale
Lo pane altrui , e come à duro calle
Lo scendere e salir per altmi scale.
DI DANTE
37
Uoderoli in lui mi tacerò, io torrò molta
fedeaUe laudevoli già moi»trate. A lui me-
desmo adunque mi scuso, il ouale perav-
TCHlm me scrìvente con isdegnoso oc-
diio da alta parte de) Gelo riguarda. Tra
cotanta virtù, tra cotanta scienza , quan-
ta dimostrato è di sopra essere stata in
questo nurifico Poeta , truovò amplissimo
luogo la lussuria; e non solamente ne'
poTani anni ma ancora ne' maturi; il qual
vizio, comechò naturale e comune e quasi
DeeeMario sia, nel vero non che commen-
dare ma scusare non si può degnamente.
Ila dù sarà tra mortali giusto giudice a
coodennariot non io.
Oh poca fermezza , oh bestiale appe-
tito degli uomini! che cosa non possono
in noi le femmine, se le vogliano? che
eziandio non.volendo possono gran cose :
esse hanno la vaghezza la bellezza ed
il naturale appetito, ed altre cose assai,
continuamente per loro ne' cuori degli uo-
mini proccoranti. E che questo sia vero,
lasciamo stare quello che Giove per Eu-
ropa Ercole per Iole e Paride per Ele-
oa Cacesaere ; perciocché poetiche cose
sono; molti di poco sentimento le direb-
bon favole, ma mostrasi per le cose con-
venevoli ad alcuno , di negare Era an-
cora nel mondo più che una femmina ,
quando il nostro primo padre , lasciato
fl comandamento fattogli dalla propria boc-
ca d'Iddio , s' accostò alle proprie persua-
iìooi di leiT certo no. E David, non ostan-
te elle molte ne avesse , solamente ve-
duta Bersabè , per lei dimentica Iddio ,
il suo regno , sé e la sua onestà , e
adultero prima , e poi omicida divenne.
Che si dee credere che egli avesse fatto
sa ella alcuna cosa avesse comandato ?
£ Salomone , ninno, al cui senno. , dal
fidiool d* Iddio in fuori , aggiunse, non
abbandonò colui che savio Faveva fatto,
e per piacere a una femmina s'Inginoo-
ehiò e adorò Balaam ? Che fece Erode ?
che altri molti da niuna altra cosa tratti,
che dal (nacer lorot Adunque tra tanti
e tah non è scusata , ma accusato con
assai meno curva fronte , che solo può
passare il nostco Poeta. £ qutesto ba&ti
de' suoi costumi più notabili aver rac-
contato.
Compose questo glorioso Poeta più
opere ne' suoi giorni , delle quali ordi-
nata memoria credo che sia convenevole
fare , acciocché né alcuno delle sue si
intitolasse , né a lui fossero perawentura
intitolate le altrui. EgU primieramente ,
duranti ancora le lagrime della sua morta
Beatrice , quasi nel suo ventiseesimo an-
no , compose un suo volumetto, il quale
egli titolò Vita nuova , certe operette ,
siccome sono sonetti , e canzoni , in di-
versi tempi davanti in rima fatti da
lui , maravigliosamente belle , di sopra
ciascuna parUtamente ed ordinatamente
scrìvenda le cagioni che a quel fare l'a-
vevan mosso , e di dietro ponendo le
divisioni delie precedenti opere ; e come-
ché egli d' avere questo libretto fatto ,
negli anni più maturi si vergognasse
molto , nondimeno considerata la sua
età , é egli assai bello e piacevole e
massimamente a'vulgari..
Appresso questacompilazione più anni,
ragguardando egli dalla sommità del gover-
no della Repubblica sopra la quale stava , o
vedendo in grandissima parte, siccome di
si fatti luoghi si vede , qual fosse la vi-
ta degli uomini , e quali fossero gli er-
rori del vulgo , e come fossero pochi t
disvianti da quello, e di quanti onori
degni fossero: e quelli che a quello s'ac-
costassero di quanta confusione ; dan-
nando gli studi di questi cotali , e molto
più li suoi commendando, gli venne nel-
r animo un alto pensiero , per lo quale
a una medesima ora , cioè in una me-
desima opera , propose , mostrando la
sua sufficienza , di mordere con gravis-
sime pene i viziosi , e con grandissimi
premi i virtuosi e i valorosi onorare ,
ed a sé perpetua gloria apparecchiare;
E pefciocchè , come é già dimostrato »
egli aveva ad ogni studia preposta la
Poesia, poetica opera stimò di comporre.
E avendo molto davanti premeditato
quello che far dovesse , nel suo trenta--
cinquesimo anno si cominciò a dare ai
^ mandare ad efletto ciò che avanti pre-
38
VITA
meditato aveva , cioè a volere secondo
i meriti mordere e premiare , secondo
la diversiti della vita degli uomini ; la
quale perciocché conobbe esser di tre ma-
niere , cioè viziosa; o da* vizi partentesi
e andante alla virtù; o virtuosa: quella in
tre libri » da morder la viziosa comin-
ciando , e finendo nel premiare la vir-
tuosa , mirabilmente distese in un vo-
lume , il quale tutto intitolò commedia.
De' quali tre libri egli distinse ciascuno
per canti e i canti per ritmi, siccome chia-
ro si vede ; e quello in rima vulgare com-
pose con tanta arte, con si mirabil ordine,
con si bello , che niuno fu ancora che
giustamente potesse quello in alcuno atto
riprendere. Quanto sottilmente egli in
esso poetasse per tutto, coloro , a quali
è tanlto ingegno prestato da intenderlo ^
il possono vedere. Ma siccome noi vcg-
giamo le gran cose non potersi in breve
tempo comprendere , e per questo co-
noscer dobbiamo cosi alta cosi grande
cosi recogitata impresa ( come fu tutti
gli atti degli uomini e i lor meriti poe-
ticamente volere sotto versi vulgari e ri-
mati racchiudere] non essere stato pos-
sibile in piccolo spazio avere al suo
fine recata , e massimamente da uomo
il quale da molti e vari casi della for-
tuna , pieni d* angoscia e di amaritudine
venenati , sia stato agitato, come è stato
di sopra mostrato, e che fu Dante; per-
chè dall' ora , che di sopra è detta, che
egli a cosi alto lavorio si diede , insino
allo stremo della sua vita , comechè al-
tre opere , come apparirà , non ostante
questa , componesse in questo mezzo ,
gli fu fatica continua. Né fia di super-
chio in parte toccare d' alami accidenti
intorno al principio ed alla fine di quella
avvenuti. Dico che mentre che egli era più
attento al glorioso lavoro , e già della
prima parte di quello , la quale inti-
tola Inferno , aveva composti sette canti,
mirabilmente fingendo , e non mica co-
me Gentile, ma come Cristianissimo poe-
tando! cosa sotto questo titolo mai avanti
non fatta) ; sopravvenne il gravoso acci-
dente della tua cacciata o fuga cte chia-
mar si convenga, por la quale egli e quella
ed ogni altra cosa abbandonata , incerto
di sé medesimo , più anni con diversi
amici e signori andò vagando. Ma come
noi dobbiamo eertissimamente credere, a
quello che Iddio dispone ninna cosa
contraria la fortuna potere operare, alla
quale essa forse vi può porre indugio ,
ma non torla dal debito fine ; avvenne
che alcuno per alcuna sua scrittura, forse
a lui opportuna, cercando fra le cose di
Dante, e in certi forzieri stati fuggiti su-
bitamente in luoghi sagri , nel tempo che
tumultuosamente la ingrata e disordinata
plebe era, più vaga di preda che di giu-
sta vendetta , corsa alla casa di Dante ,
trovò li detti sette canti stati da Dante
composti , li quali con ammirazione , non
sapendo che si fossero, lesse : e piacen-
doli sommamente , e con ingegni sot-
trattili del luogo ove erano , gli portò
ad un nostro cittadino il cui nome fu
Dino di messer Lambertuccio Fresco-
baldi , in que* tempi famosissimo dicitore
in rima in Firenze, e mostroglieli ; i
quali veggendo Dino , uomo di grande
intelletto, non meno di colui che portati
gli aveva , si maravigliò, si per lo belio
pulito ed ornato stile del dire , si per
la profondità del senso , il quale sotto
la nella corteccia delle parole gli pareva
sentire nascoso e si ancora per lo luogo ,
onde tratti gli avea : per le quali cose
agevolmente, insieme con lo apportator
di quelli , gli stimò essere , come era-
no , opera fatta da Dante ; e dolendosi
quella imperfetta essere rimasa , come-
chè essi non potessero presumere a
qual fine fosse il termine suo , seco
deliberarono sentire dove Dante fosse ,
e quello , che trovato avevano , man-
darli ; acciocché , se possitnl fosse , a
tanto principio desse lo immaginato fine.
E sentendo , dopo alcuna investigazione,
lui essere appresso il marchese Ma-
nnello , non a lui , ma al marchese
scrissono il loro desiderio , e mandaro-
no li sette canti ; li quali poiché il mar-
chese , uomo assai intendente , ebbe ve-
duti , e molto seco lodatoli , gli mostrò
DI DANTE
39
m Dante , e domandollo se esso sapea
di coi opera stati fossero ; li quali Dante
rieoooAciuti, subito rispose che sua. Allo-
ra lo pr^ò il marchese, che gli piacesse
di DOD lasciare senza debito une si alto
principio. Certo , disse Dante , io mi
credea nella rovina delle ikiie cose, que-
sti con altri miei libri aver perduti ; e
però al per questa credenza , e si per la
moltitiidme delle altre fatiche fer lo
mìo esilio sopraTrenute , del tutto avea
r alta fantasia, sqira quest' opera presa,
abbandonata ; ma poiché la fortuna ino-
pinatamente me gh ha rìpinti dinanzi ,
e a Toi aggrada, io cercherò di ridurmi
a memoria il primo proposito, e pro-
cederò secondo che mi sia data la gra-
zia. E reassunta, non senza fatica , dopo
alquanto tempo la fantasia lasciata ,
•egui:
Io dico $eguiia9^ j che ai$ai prima, ec.
dove assai manifestamente , chi bene ri-
goarda , può la reassunzione dell' opera
intermessa conoscere. Ricominciata dun-
gae da Dante la magnifica opera , non
mse , seoondocbè molti stimerebbono ,
senza più interromperla, la produsse alla
fine , anzi più volte , secondochò la
graviti de* casi soprawegnenti rìchiedea,
i|uando mesi, quando anni, senza potere
adoperare alcuna cosa, mise in mezzo ;
né tanto si potè avacciare , che prima
non lo sopraggragnesse la morte , che
egli tutta pubblicare la potesse. Egli era
suo costume , qualora sei o otto o più
o meno canti fatti n'aveva, quelli, pri-
nacbè alcun altro ^ vedesse, dovecchò
egli fosse , mandarli a messer Cane della
Scala , il quale egli, oltre ad ogni altro,
aveva in reverenza ; e poichò da lui
eran Tedot!, ne faceva copia a chi la
ne volea ; ed in cosi fatta maniera
avendo egK tutti , fuor che ^ ultimi
tretfid canti, mandati^, e queDi avendo
egli fatti e non ancor mandati , avvenne
che senza avere alcuna memoria di lasciar-
li, si mori. E cercato da quelli che ri-
masono e figliuoli e diaccili più volte e
in più mesi ogni sua scrittura , se alla
sua opera avesse fatto alcuna fine , né
trovandosi per alcun modo i canti resi-
dui; essendone generalmente ogni suo ami-
co corniccioso che Iddio non 1' aveva
almeno al mondo tanto prestato , che
egli '1 picciolo rimanente della sua opera
avesse potuto compire; dal più cercare,
non trovandoli , s'erano disperati rimasi.
Eransi Iacopo e Piero figliuoli di Dante,
de' quali ciascuno era dicitore in rima ,
per persuasione d' alcuni loro amici ,
messi a volere , quanto per loro si po-
tesse , supplire la patema opera, accioo-
chò imperfetta non rimanesse. Quando a
Iacopo , il quale in ciò era più fervente
che V aJtro , apparve una mirabil visio*
ne , la quale non solamente dalla stolta
presunzione il tolse , ma gli mostrò do-
ve fossero li tredici canti li quali alla
divina commedia mancavano , e da loro
non saputi ritrovare.
Raccontava un valentuomo ravegnano,
il cui nome fu Piero Giardino lunga-
mente stato discepolo di Dante , che
dopo l'ottavo mese dalla morte del suo
maestro , era una notte vicino all' ora
che noi chiamiamo mattutino, venuto a
casa sua il predetto Iacopo , e det-
toli so quella notte , poco avanti a quel-
l'ora, avere nel sonno veduto Dante suo
padre vestito di candidissimi vestimenti,
e d'una luce non usata risplendente nel
viso , venire a lui : al quale gli pareva
domandare se egli viveva , e udir da lui
per risposta di si , ma della vera vita ,
non della nostra ; perchò oltre a questo
gli parea dippiù domandare , se egli avea
ancora compiuta la sua opera anzi il suo
passare alla vera vita : e se compiuta lavea
dove fosse quello che vi mancava, da loro
mai non potuto trovare. A questo gli pa-
reva la seconda volta udire per risposta:
si , io la compiè ; e quinci gli parea ,
che lo prendesse per mano , e menasselo
in quella camera , ove era uso di dor-
mire quando in questa vita vivea ; e
toccando una parete di quelle , diceva ,
egU è qui quello che voi tanto avete cerca-
to ; e questa parola detta , a un'ora Dante
kO
VITA
e *l sonno gli pareva che si partissono ;
per la qual cosa affermava sé non esser po-
tuto stare , senza venire a significarli ciò,
che veduto avea , acciocché insieme an-
dassero a cercare nel luogo mostrato a
lui , il quale egli ottimamente avea se-
gnato nella memoria , a vedere se vero
spirito o falsa delusione , questo gli avesse
discgnato.Per la qual cosa, restando ancora
gran pezzo di notte , mossonsi ed insieme
vennero al dimostrato luogo e quivi tro-
varono una stuoia confìtta al muro , la
quale leggiermente levatane , vidono nel
muro una fìnestretta da niuno di loro mai
più veduta né saputa , che la vi fosse ;
ed in quella trovarono alquante scritture
tutte per la umidità del muro muffate e
vicine al corrompersi se guari più state \ì
fussero , e quelle pianamente dalla muffa
purgate leggendole , videro contenere li
tredici canti tanto da loro cercati. Per la
qual cosa lietissimi , quelli riscritti , se-
condo l usanza dello autore , prima gli
mandarono a Messer Cane della Scala ,
e poi alla imperfetta opera li ricongiun-
sero sicome si conveniva. In cotal ma-
niera r opera compilata in molti anni si
vide finita.
Muovono molti, e intra essi molti sa-
vi uomini , generalmente una quistione
cosi fatta , che conciofossecosaché San-
te fosse in iscienza solennissimo uomo>
perché a comporre si grande e si alta
materia , e cosi notabile libro , come é
questa sua Commedia , nel Fiorentino
Idioma si disponesse , perchè non più
tosto in versi latini , come gli altri Poeti
precedenti hanno fatto. A cosi fatta doman-
da rispondere, tra molte ragioni, due tra
le altre principali me ne occcorrono. Delle
quali la prima è per fare utilità più comune
ai suoi cittadini , ed agli altri Italiani ; co-
noscendo , che se metricamente in latino,
come gli altri Poeti precedenti, avesse
scritto, solamente a* litterati avrebbe fatto
utile ; scrivendo in vulgare fece opera
mai più non fatta , e non tolse il non
poter essere inteso da* litterati : e mo-
strando la bellezza del nostro Idioma, e
la sua eccellente arte, in quello ^ di-
letto e intendimento dì sé diede agli idio-
ti , abbandonati peraddietro da ciascuno*
La seconda ragione che a questo il mosse,
fu questa: vedendo egli i liberali studi
del tutto abbandonati , e massimamente
da' Principi e dagli altri grand' uomini ,
a' quali si solcano le poetiche fatiche in-
titolare, e per questo , e le divine opere
di Virgilio e degli altri solenni Poeti , non
solamente essere in poco pregio divenu-
te, ma quasi da più disprezzate ; avendo
egli cominciato , secondo Y altezza della
materia , in questa guisa :
UUima regna canam fluido eanterminamundo,
SpiritUnu quae lata patent ,quae premia eolvunt
Pro meritis cuicumque luii» etc.
il lasciò stare : e immaginando invano
le croste del pane porsi alla bocca di
coloro che ancora il latte sugafio , in
istile atto ammoderni sensi ricominciò la
sua opera e proseguilla in vulgare. Que-
sto libro della Commedia , secondo il ra-
gionare d' alcuno , intitolò egli a tre so-
lennissimi Italiani , secondo la sua tri-
plice divisione , a ciascuno la sua in que*
sta guisa. La prima parte, cioè Inferno»
titolo a Uguccione della Faggiuola, il quale
allora in Toscana era signore di Pisa mi-
rabilmente glorioso. La seconda parte ,
cioè Purgatorio , intitolò al Marche^
Manuello Malespina. La terza parte, cipò
Paradiso^ a Federigo terzo Re di Sicilia.
Alcuni vogliono dire lui averlo titolato
tutto a Messer Cane della Scala ; ma
qua] si sia Tuna di queste due la veri-
tà , niuna cosa altra n' abbiamo , che so-
lamente il volontario ragionare di diver-
si : né egli è si gran fatto che solen-
ne investigazione ne bisogni. Similmente
questo egregio afutore , nella venuta di
Arrigo VII Imperadore , fece un li-
bro in latina prosa , il cui titolo è Jtfb-
narchia , il quale secondo tre quistioni,
le quali in t^sso determina , in tre libri di-
vise; nel primo, loicamente disputando ,
prova che al bene essere del mondo sia
di necessità essere imperio ^ la quale è '
la prima quistione : nel secondo , per ar-
DI DANTE
(1
K^nli {storiografi procedendo , mostra
a di ragione ottenere il titolo deil^ino-
perìo, che è la seconda quistione. Nel ter-
so per argomenti teologici prova Tautorìti
dell* imperio inmiediatamente procedere da
Dio , e non mediante alcun suo Vicario,
come gli cherici pare che vogliano, e que-
lla è la terza quistione. Questo libro più
anni dopo la morte dell'autore fu dan-
nato da Messer Beltramo Cardinale dei
Paggetto , e Legato del Papa nelle parti
di Lombardia , sedente Papa Giovanni
XXIL £ la cagione fu , perciocché Lo-
dovico Duca di Baviera dagli Elettori di
Lamagna eletto Re de' Romani , venendo
per la sua coronazione a Roma, centra
al piacer del dettò Papa Giovanni , es-
sendo in Roma , fece , contro agli ordi-
namenti ecclesiastici , uno Frate Minore,
chiamato FratePietro della Corvara, Papa,
e m(A\ì Cardinali e Vescovi ; e quivi a
questo Papa si fece coronare : e nata poi
in rocdti casi della sua autorità quistione,
egli e i suoi seguaci, trovato questo libro
a dìfensione di quella, e di sé, molti degli
argomenti in esso posti cominciarono ad
usare; per la qual cosa il libro, il quale in-
fino allora appena s' era saputo , divenne
molto famoso. Ha poi, tornatosi il detto
Lodovico in Lamagna , li suoi seguaci, e
massimai|aente li cherici venuti al dichino,
e dispersi, il detto Cardinale, non essendo
chi a dò si opponesse , avendo il detto li-
bro* quello in pubblico, come cose ereti-
che cont^iente, dannò al fuoco , e '1 simi-
giiante si sforzò di fare delle ossa dell'au-
tore ad etema infamia e confusione della
sua memoria , se a ciò non si fosse oppo-
9Ìto mio valoroso e nobileCavaliere Fioren-
tino , il cui nome fu Pino della Tosa, il
quale allora a Bologna , ove ciò si trat-
tava , si trovò , e con luì Messere Ostagio
da Polenta, pdtente ciascuno assai nel
f ospetto del Cardinale di sopra detto. Ol-
tre a ciò compose Dante due E^oghe as-
sai belle , le quali furono intitolate e man-
date da lui per risposta di certi versi
mandatili da maestro Giovanni del Vir-
;!Ìiio , del quale di sopra altre volte ho
(dU) menzione. Compose ancora un co-
mento in prosa, in Fiorentino Idioma, so-
pra tre delle sue canzoni, e distese, comec-
ché egli appaia lui avere intendimento
quando egli cominciò, a cementarle tutte,
benché poi , o per mutamento di pro-
posito , o per mancamento di tempo che
avvenisse, più cementate non sene truo-
vano da lui: e questo intitolò Convivio (1),
assai bella e laudevole operetta. Appresso,
già vicino alla sua morte, compose un li-
bretto in prosa latina , il quale egli intitolò
De vìUgari doquentia , dove in&ndeva di
dar dottrina , a chi imprender la volesse,
di dire in rima; e comecché per lo detto
libretto apparisca lui avere in animo di do-
vere comporre in ciò quattro libri, o che
più non ne facesse , dalla morte soprap-
preso , o che perduti sieno gli altri , più
non appariscono che due solamente. Fece
ancora questo valoroso Poeta molte pistole
prosaiche in latino , delle quali ancora ap-
pariscono assai. Compose molte canzoni di-
stese , sonetti e ballate assai d* amore e
morali , oltre a quelle che nella sua Vita
Nuova appariscono, delle quali cose non
curo di fare speziai menzione al presen-
te. In cosi fatte cose , quali di sopra
sono dimostrate , consumò il chiarissimo
uomo quella parte del suo tempo , la
quale egli agli amorosi sospiri , alle pie-
tose lagrime , atte sollecitudini pubbliche
e private ^ ed a vari fluttuamenti della
iniqua fortuna potè imbolare : opere trop-
po più a Dio , ed agli uomini accette-
voli , che gli 'nganni , le fraudi le men-
zogne le rapine i tradimenti ; le quali la
maggior parte degli uomini usano oggi ,
cercando per diverse vie un medesimo
termine , cioè divenir ricco , quasi in
quello ogni bene ogni onore ogni beati-
tudine stia. Oh menti sciocche I una breve
particella di un' ora , separato dal caduco
corpo lo spirito , tutte queste vitupe-
revoli fatiche annullerrà: e il tempo, nei
quale ogni cosa suole consumarsi, o an-
nullerà prestamente la memoria del ricco,
0 quella per alcuno spazio j con vergo-
(1) Il Convito meritò di esser illostrtto dal-
l'immortale Torquato Tasso.
6
42
VITA
gna di lui , serverà: che del nostro Poeta
certo non avverrà ; anzi , siccome noi veg-
giamo degli strumenti bellici avvenire, che
per usarli diventano più chiari , cosi av-
verrà del suo nome: egli per essere stro-
C'^cciato dal tempo , sempre diverrà più
cente. E però fatichi chi vuol le sue
vanità , e bastigli l' essere lasciato fare ,
senza volere con riprensione da sé mede-
simo non intesa , V altrui virtuoso operare
andar mordendo.
Mostrato è sommariamente qual fosse
1* origine , gli studi , la vita j i costu-
mi, e quali sieno 1* opere state dello
splendido uomo Dante Alighieri Poeta
chiarissimo , e con esso alcuna altra cosa,
facendo trasgressione , secondo che m*ha
conceduto colui che d' ogni grazia è dona-
tore. Ben so, per molti altri meglio j e
più discretamente si saria saputo mo-
strare ; ma chi fa quel che sa più non
1^1 è richiesto. Il mio avere scrìtto ,
come io ho saputo,* non toglie il poter
dire a un altro , che meglio ciò creda
di scrivere , che io non ho fatto ; anzi
forse, se io in parte alcuna ho errato,
dafò materia ad altrui di scrìvere, per dire
il vero del nostro Dante, ove sino a qui
niuno truovo averlo fatto. Ma la mia fatica
ancora non è alla sua fine. Una particella
nel processo promessa di questa operetta
mi resta a dichiarare , Cioè il sogno della
madre del nostro Poeta , quando in lui
era gravida , veduto da lei : del quale io
quanto più brevemente saprò e potrò ,
intendo di dilivrarmi e por fine al ragio-
nare.
Vide la gentildonna nella sua gravidezza
sé a piedi d' uno altissimo alloro , allato
a una chiara fontana , partorire un fi-
gliuolo , il quale di sopra narrai , in breve
tempo pascendosi d' orbacche di quello
alloro cadenti , e delle onde della fonta-
na , divenire un gran pastore , e vago
molto delle frondi di quello alloro, sotto il
quale era ; le quali egli mentre che avere
si sforzava, gli pareva che cadesse; e su-
bitamente non lui , ma di lui un bellis-
simo paone gli pareva vedere: della qual
meraviglia la gentildonna commossa, rup-
pe , senza più avanti di lui vedere * il
dolce sonno.
La divina bontà , la quale ab aetemo ^
siccome presente , previde ogni cosa Ita»
tura, suole da sua benignità propria ìooè*
sa » qualora la natura sua general mi*
nistra e per producere alcuno inusitato ef^
fette intra mortali , di quello con al»
cuna dimostrazione , o in sogno, o in al-
cuna altra maniera farci avveduti; accioc-
ché dalla predimostrazione esemplo preci»
diamo ogni conoscenza consister nel Si»
gnore ddla natura producente ogni cosa ;
la quale predimostrazione , se bene si
riguarda , ne fece nella venuta del Poe-
ta , del quale di sopra tanto é parlato «
nel mondo. Ed a qual persona la potea
egli fare , che con tanta affezione e ve-
duta e servata Y avesse , quanto colai
che della cosa mostrata dovea esser ma-
dre , anzi già era ? certo a ninna ; roo»
strollo dunque a lei , e quello che a lei
mostrasse ci ò già manifesto per la scrit»'
tura di sopra ; ma quello che egli inteiH
desse , con più acuto occhio è da mostra»
re e da vedere. Parve dunque alla don»
na partorire un figliuolo, e certo cosi fece
ella in piccol termine dalla veduta visio-
ne. Ma che vuol significare Taito alloro
sotto il quale lo partorisce, è da vedere*
Opinione é e , d'astrologi e dì molti na-
turali filosofi j per la virtù ed influenza
de' corpi superiori > gli inferiori e pro-
ducersi e nutrìcarsi ; e se potentissima
ragione , da divina grazia illuminata, non
resiste, guidarsi. Per la qual cosa veduto
qual corpo superiore, che più possente nel
grado , eh' è sopra Y Orizzonte , sale in
quell'ora, che alcuno nasce ; secondo quel-
lo cotale corpo più possente, anzi secondo
le sue qualitadi , dicono dei tutto il nato
(lisporsi. Perchè per lo alloro , sotto il
(inalo alla donna parca il nostro Dante
duro al mondo , mi pare che sia da in-
tendere la disposizione dei cielo, la quale
fu nella sua natività , mostrante sé es-
ser tale , che magnanimità ed eloquenza
poetica dimostrava ; le quali due cose
si^ifica r alloro , albero di Febo , e
delle cui frondi i Poeti sono usi di co-
DI DANTE
43
fonarti , come di sopra è di già mo-
strato assai. L* orbacche, dalle quali nu-
trìmeoio prendeva il fanciullo nato , gli
effetti di cosi fatta disposizione di cielo,
«piale è di già dimostrata , proceduta
intendo ; i quali sono i libri poetici e le
loco dottrine ; dai quali libri e dottrine
fa altiMÌmam^te nutricato , cioè ammae-
strato il nostro Dante. U fonte chiarissi-
mo , della cui acqua gli pareva che que-
sti beesse j ninna altra cosa giudico che
sia da intiere, se non l'ubertà della
filosofica dottrina morale e naturale, la
quale siccome dall*ubertà nascosa nel ven-
tre della terra proc^e, cosi e queste
dottrine dalle copiose ragioni dimostra-
tive , che terrena ubertà si possono dire,
preodooo essenza e cagioni ; senza le
quali , cosi come il cibo non può bene
disporre senza bere n^li stomachi di chi
Il prende , cosi non si può alcuna scienza
bene negli intelletti adattare di nessuno,
te da filosofici dimostramenti non è or-
dinata e disposta ; perchè ottimamente
possiamo lui dire , con le chiare onde ,
cioè con la filosofia , disporre nel suo sto-
maco , cioè nel suo intelletto. L' orbac-
die , delle quali si pasce , cioè la Poesia,
h quale, come è già detto , con tutta la
sua sollecitudine studiava. Il divenire su-
bitamente pastore , ne dimostra V eccel-
lenza dd suo ingegno , iqquanto subita-^
mente fu tanto e tale che in breve spazio
di tempo comprese per istudio quello che
opportuno era a divenir pastore , cioè
datore di pastura agli altri ingegni di ciò
bisogDOsL £ siccome ciascuno assai leg-
giermente può comprendere, due maniere
sono di pastori : 1* una sono pastori cor-
porali , r altra spirituali : i corporali pa-
stori SODO di due maniere , delle quali
la prima è quella di coloro che vulgar-
roeote sono chiamati pastori , cioè guar-
datori ddle pecore o de* buoi o di qua-
lun^ie altro animale ; la seconda maniera
SODO i padri deOe famiglie j dalla solle-
citodÌDe de'quali convengono esser pasciute
gnaidate e governate le greggi de' figliuoli
de' servidori e degli altari suggetti di quelli.
Gli fiirìtaali pastori similmente si possono
dire di due maniere , delle quali r una
è quella di coloro li quali pascon l' anime
de* viventi della parola d' Iddio , e questi
sono i prelati i predicatori e saceràoti »
alla cui custodia sono commesse T anime
labili di qualunque sotto il governo a cia-
scuno ordinato dimora : V altra è quella
di coloro li quali d* ottima dottrina o leg-
gendo quello che i passati hanno scritto,
0 scrivendo di nuovo quello che a lor
pare non tanto chiaro mostrato , o om-
messo , informando gli animi e gli 'Mei-
letti degli ascoltanti, e delle genti, li quali
generalmente dottori, in qualunque facultà
si sia j si sono appellati. Di questa maniera
di pastori subitamente , cioè in poco temr
pò « divenne il nostro Poeta. £ che ciò sia
vero , lasciando l' altre opere da lui com-
pilate, ragguardisi la sua Commedia, la
quale con la bellezza e dolcezza del testo
fiasco non solamente gli uomini , ma i
anciuIK e le femmine; e con mirabil soa-
vità de* profondissimi sensi sotto quella
nascosi, poiché alquanto gli ha tenuti so-
spesi, ricrea e pasce li solenni intellettu
Lo sforzarsi d'aver quelle frondi, il frutto
delle quali Tha nutricato, niuna altra
cosa dimostra che Y ardente desiderio a-
vuto da lui, come di sopra si dice, della
corona laurea , la quale per nuli* altro si
desidera se non per dare testimonianza del
fruito; le quali fronde, mentre che egli più
ardentemente desiderava, lui dice che vide
cadere; il quale cadere niuna altra cosa fu
se non quel cadimento che noi faccianoo
tutti , senza levarci, cioè il morire, il quale
(se ben si ricorda ciò che di sopra è detto)
gli avvenne quando più la sua laureazione
desiderava. Seguentemente dice che di
pastore subitamente il vide divenuto un
paone ; per lo qual mutamento assai bene
la sua posterità comprender possiamo :
la quale comechè nelle altre sue opere
stia , sonunamente vive nella sua Com-
media, la quale, secondo il mio giudicio,
ottimamente è conforme al paone , se la
proprietà dell* uno e dell'altro si guar-
deranno. Il paone , tra 1* altre sue pro-
prietà, per quello che m' appaia, n' ha
quattro naturali : la prima si è che egli
kh
VITA
ha ponnn angelica, e in qnella ha cento
u(;chi : la seconda , che egli ha sozzi i
piedi e tacita andatura: la terza si è che
egli ha voce molto orribile a udire : la
quarta ed ultima si è che la carne sua
è odorifera e incorruttibile. Queste quat-
tro cose ha in sé la Commedia del no-
stro Poeta; ma perciocché acconciamente
r ordine posto di quelle non si può segui-
re, come verranno più in concio, or Tuna
or r altra le verrò adattando^ e comin-
cerommi dall' ultima. Dico che il senso
della nostra Commedia è simigliante alla
carne del paone, perciocché esso, o mo-
rale 0 tqologico che tu lo dica , a qual
parte del libro più ti piace , è semplice
e immutabile verità, la quale non sola-
mente non può corruzione ricevere , ma
quanto più si ricerca, maggiore odore
della sua incorruttibile slavità porge a*
riguardanti : e di ciò leggiermente molti
esempli si dimostrebbono se la presente
materia il sostenesse; e però senza por-
ne alcuno , lascio il cercarne agli inten-
denti. Angelica penna dissi che copria
questa carne. Io dico angelica , non per-
chè io sappia , se cosi o altrimenti gli
Angeli ne abbiano alcuna, ma congettu-
rando e immaginando a guisa de' mortali,
credendo che gli Angeli volino , avviso
loro aver penne ; e non sappiendo alcuna
fra questi uccelli più bella né più pelle-
t;rina nò cosi come quella del paone ,
immagino loro così dovere aver fatte ; e
però non quelle da queste , ma queste
da quelle denomino, perchè più nobile
uccello è Y Angelo che il paone ; per le
c|uali penne , onde questo cot\ìo si cuo-
])ro y intendo la bellezza della peregrina
storia che nella superficie della lettera
della Commedia suona, siccome l'essere
disceso in Inferno , e veduto Y abito del
luogo , e le varie condizioni degli abitan-
ti ; esser ito su per la montagna del Pur-
gatorio , udite le lagrime e i lannenti di
coloro , che sperano esser santi ; e quin-
di esser salito in Paradiso , e la ineifdbil
gloria de* Beati veduta. Istoria tanto bella
e pellegrina , quanto mai da alcuno più
in cento canti, sicome alcuni voglion dire
il paone nella coda cento occhi avere :
li quali canti cosi provvedutamente distin-
guono la varietà del trattato opportuno^
come gli occhi distinguono i colori, eia
diversità delle cose obbiette. Dunque ben
è d' angelica penna coperta la carne dei
nostro paone. Sono similmente a questa
paone li piedi sozzi , e Y andatura quie-
ta : le quali cose ottimamente alla Com-
media del nostro autore si confanno; per-
ciocché siccome sopra i piedi pare che.
tutto il corpo si sostenga, cosi prima
pare che sopra il modo del parlare ogni
opera e scrittura si sostenga , e il par-
lar vulgare , nel quale , e sopra il quale
ogni giuntura della Commedia si sostie-
ne, a rispetto dell' alto e maestrevole stile
litterale , che usa ciascun altro Poeta ,
è sozzo , comechè egli sia più che gli
altri belli, a moderni ingegni conforme.
L* andare quieto, significa la umiltà dello
stile , il quale nelle Coinmedie di neces-
sità si richiede , come coloro sanno che
intendono quello che vuol dir Commedia.
Ultimamente dico, che la voce del paone
è orribile, la quale comechè la soavità
delle parole del nostro Poeta sia molta,
quanto alla prima apparenza , senza niuno
fallo , chi bene la midolla dentro riguar-
da , ottimamente a lui si confà. Chi più
orribilmente di lui grida quando con in-
venzione acerbissima morde le colpe de'
viventi , e quelle de' preteriti castiga ?
Qual voce é più orrida che quella del
gastiganU^> , a colui che è disposto a pec-
care ? certo ninna. £gli a un' ora con le
sue dimostrazioni spaventa i buoni e con-
trista i malvagi. Per la qual cosa quanto in
questo adopera , tanto veramente orri-
da voce si può dire avere. Per la qual cosa
e per Y altre di sopra toccato , assai ap-
pare colui che fu , vivendo , pastore ,
dopo la morte esser divenuto paone, sic-
come si può credere essere stato per di-
vina spirazione nel sogno mostrato alla
cara madre. Questa sposizione del sonno
della madre del nostro Poeta , conosco es-
ser assai superficialmente per me fatta »
non fu pensata non che udita ; dLìtinta | e questo per più cagioni. Primierameate
DI DANTE
45
perchè forse la sufBzienza che a tanta
cosa si richiederebbe , non ci era : ap-
presso , posto che stata ci fosse, la prin-
cipile intenzione non lo pativa. Ultima-
nwote quando la sufficienza ci fosse stata,
e li materia Tavesse patito, era ben fatto
da me non esser più detto , che detto si
na, accìocchò ad altrui , più di me suffi-
denle e più vago , alcun luogo io lasciassi
di dire. £ pero quello , che detto n è ,
quanto a me, debbo convenevolmente ba-
stare : e quello che manca, rimanga nella
soilecitaduie di chi segue.
La mia piccioletta barca è pervenuta
al porto , al quale ella dirizzò la prora ,
partendosi dall' opposito lito : e comechè
il pileggìo sia stato Ipiccolo , il mare, il
quale «eir ha solcato nasse e tranquillo ,
nondimeno di ciò che senza impedimento
è venuta , ne sono da render grazie a colui
che felice vento ha prestato alle sue vele.
Al quale con quella umiltà, con quella
devozione , con quella affezione che io
posso maggiore, non quelle, nò cosi gran-
di , come elle si converrieno , ma quelle
eh' io posso rendo, benedicendo in eterno
il suo nome , e'I suo valore. E cosi sia.
Qui finisce la vita di Dani$ scritta da M. Gio. Boccaccio.
OSSERVAZIONI CRITICHE
SD LA VITA
DI DANTE ALLIGHIERI
COMPILATA
BA filOTANNI BOCCACCIO.
D
1 tatti ^ scrittori della vita di Dante
nessuno , se ben si riguarda , è tanto
esatto e diligente , che su le di lui as-
Krzioni possa la nostra fede tranquilla-
neote posare. E di ciò cagione è Tayere
i posteriori copiato da' precedenti, e tut-
ti , come da prima fonte, daj Boccaccio.
K prima di procedere ol^e , uopo è fer-
marci alquanto per dimostrare, quasi pre-
fimioarmente, questa verità ; dalla quale
conosceremo , che la massima parte dei
bui di Dante, sebbene asseriti da molti
ioittorì , non merita maggior fede di quella
Hiead un solo potrà prestarsi , miai è il
boccaccio; venendo poi all' esame de'par-
jicoiarì della istoria da costui compilata,
is alcune parti falsa, in altre alterata ed
B molte difettosa provandola.
IMce il Boccaccio , che Dante quoii
ifiio inizio della $ua vita infimo aJT «(-
^ della morte ebbe fierissima ed incom-
pffiMlepamon <r amore; e spiegando me-
fib r oggetto di tale amore soggiunge
poco dopo : Infra gli altri per avventura
Ajeo Pùrtinariyuomo a$$ai onorevole in
fmtemjri fra'cittadini, il primo dì dimaq^
|M «vera i cireo$tanii vicini raccolti neUa
P'fria casa a fateggiarej fn]^ quali era
U già nominato Alighieri ( padre } ; il
quale Dante^ il cui nono anno non era
ancora finito , seguitò ; e quivi meecolató
con gli altri della iua età , de* quali coA
maschi come femine j erano molti nella
casa dd festeggiante ; servite le prime
mense di ciò che la sua piccola era po-
teva operare j puerilmente con gli àtri
si pose a trastullare. Era infra la turba
de* giovanetti una figliuola dd soprad-
detto Folco j il cui nome era Bice ,
comecché egli sempre dal euo primitivo ^
cioè Beatrice , la nominasse ; la cui età
era forse d' otto anni, assai leggiadretta,
secondo la sua fanciullezza , e nt^ suoi
atti gentilesca e piacevole molto , con co-
stumi e con parole assai piìt gravi e mo-
deste che il suo piccolo tempo non richie-
deva. E più sotto : Costei dunque tale
quale io la disegno o forse assai più bella
apparve in questa festa , non credo pri-
mamente, ma prima possente a innamo-
rare agli occhi del nostro Dante ; U qua-
le, ancoraché fanciullo fosse, con tan-
V affezione la bella imagine di lei rice-
vette nel cuore , che da quel giorno in-
nanzi mai y mentrechè visse , non se ne
dipani. E in seguito : Dante nella par-
hS
OSSEI^YAZIONI
goletta età fatto t amore ferventissimo
iervitorc .... Per la qual cosa ogni
altro affare lasciandone , solleciiissimo
andava là dovunque credea poterla vede-
re , quasi del viso e degli occhi di lei
dovesse attingere ogni suo bene ed intera
consolazione • . • Quanti e quali fossero
t pensieri , t sospiri , le lagrime e V ai-
Ire passioni gravissime poi , in piò prò-
vetta età , da lui sostenute per questo
amore, egli medesimo lo dimostra in parte
nella sua Vita Nuova.
Il primo che si abbia fatto trascinare
dair autorità del Boccaccio su questo
particolare , fu BenvenuiO da Imola , an-
tico cementatore di Dante , quasi de*tem-
pi del Boccaccio ; sicché egli cementando
quei versi del canto XXX del Purgatorio:
Sopra candido vel cinta (P oliva
Donna m' apparve , ec,
«
cosi si spiega : Sed ad pleniorem cogni-
tionem eorum quae dicuntur hic et in ca-
pitulo sequenti de ista Beatrice , volo te
scire quod cum quidam Fulcus Fortuna-
riuSy honorabilis dvis Florentiae de more
faceret celebre convivium kalendis maii,
convocatis vicinis cum dominabui eorum,
Dantes tunc puerulus novem annorum ,
sequutus patrem suum Aldighermm, qui
erat unus de numero convivarum , vidit
a casu inter alias puellae , pueUuiam fr
liam praefati Fulcl, cui nomen erat Bea-
trix, aetatis Vili annorum, mime pul-
fhritudinis , sed majoris honestatis; quae
subito intravit cor ejus , ita quod num-
qnam postea recessit eb eo , donec iUa
rixit, sive ex conformitate complexionis,
et morum , sive ex singulari influentia
roeli. Et cum aetate muttipUcatae con-
tinuo sunt amorosae fiammae: ex quo
Dantes totus deditus UH quocumque iret
jicrgebat , credens in ocutis ejus videre
iummam felicitatem, prò qua lacrymas,
rigilias et infinitas tulit poenas : tamen
hic amor honestissimus semper fuit , ut
nunquam apparuit signum libidinosi ae-
ius in amante vel amata. Hoc autem
fuit ctrtissimum pronosticum et augurium
futuri amoris , quem haìnturui erat ad
Beatricem sacram , ad quam erat pronus
a natura. Ex his potes cognoscere quod
poeta aliqua dicit historice aliqua allego*
rice de Beatrice sua.
Leonardo Aretino , il quale viTCTa ai
tempi del pronipote di Dante , panni il
più accurato scrittore della vita di que-
sto Poeta , non già che molte cose non
avesse preso dall* opera del Boccaccio ;
ma perchè molte ne conobbe false , ed
altre vi aggiunse mancanti. Nondimeno ,
condannando egli il Boccaccio per essersi
troppo occupato in descrivere gli amori
di Dante , par lui non conchiudere al-
trimenti, sebbene con più brevità dicendo:
Fu usante in giovinezza sua con giovani
innamorati, e lui ancora di simile pas-
sione occìipato , non per libidine , ma
per gentilezza di cuore ; e ne* tuoi teneri
anni versi di amore a scrivere cominciò,
come vedere si pub in una sua operetta
vulgare che si chiama Vita Nuova.
Cristoforo Landino, il cui cemento deDa
divina Comedia vide la luce in Firenze nel
Ìk8ì in foglio, dice cosi : Nella sua primsa
età ^innamori) d^una fanciulletta figlimela
di Folco Portinari , chiamata Bice , la
quale egli chiamo sempre per lo tuo intero
e diritto nome. Beatrice.
Alessandro Vellutello nel 154(h pubbli-
cò il suo comento sopra Dante in Vene-
zia , e del Poeta cosi dice : Usò nella ma
gioventù con giovani innamorati , ed egU
ancora di simil passione fu oppresso , $
specialmente per la sua Beatrice , fimo
da teneri anni , come egli stesso afferma
nel trigesimo canto del Purgatorio. E nom
per lascivia , ma per gentilezza e gene*
rosità di animo cominciò a scriver versi
di amore , come si può vedere in quella
sua operetta intitolala Vita Nuova.
Berardiiio Daniello da Lucca che pub-
blicò i suoi comeiiti sopra la Divina co-
media circa il 1560 , cosi paria degli
amori di Dante : Conversò nella sua gio-
ventù con giovani innamorati, ed egU
ancora di simile passione fu oppresso per
la sua Beatrice , ma non per lascivia ,
ma per gentilezza e generosità di animo^
CRITICHE
49
n nostro D. Giuseppe de Cesare , che
dottmieiite compilò la vita di questo som-
BoPòela, stampata in NapoU nel 1811
pe'ti(tt della Stamperìa Reale, cosi degli
■lori di Dante ragiona : Dotato di cuor
9mtibUe e di un umor fnalinconieo e si-
lamofOj doeea esser egli necessariamente
aneoUo negli amorosi lacci , ove non ca-
don facilmente gV insensihiU , i loquaci ,
f ^t aUegri. Narraci in effetto il Boc-
caccio che fin dalla fanciullesca età di anni
noce fu Dante preso da un caldo ma in-
nocente affetto per Beatrice figlia di Folco
hfrtinari , nobil fanciulla fiorentina , e
WUa al di sopra di ogni altra ; la quale
da Imi vista per la prima v<dta in un gran
comeito j gli parve « non figliuola di uo-
eno mùrtale ma di Dio d come enfaiica-
mente e con le fervide espressioni ddCO"
wmn eM stesso ne dice in una delle sue
efcre. ]>OYe è notevole l'ingenuità del no-
stro valentuomo di rìportare all'uopo Tau-
loriti del Boccaccio, mostrando egli in
certo modo di dissentirgli. Non dissimili
iono le opinioni del Costa del Monti del
Foscolo e di altri egregi scrittori , che per
bieviti tralascio.
Dall* esposte parole de*predetti scrittori
agevolmente scorgesi che eglino tutti ad
OD dipresso trascrivono ciò che il Boc-
caccio disse degli amorì di Dante e del-
r oggetto della sua passione; per la qual
cosa facilmente convincesi ciascuno, che,
fiocooie in ciò t raschiar si fecero dal-
r autorità di tanto uomo , non altrimenti
to seguitarono m tutto il resto de'fatti del
sommo Poeta , chi più chi meno ; ed in
assai poche cose non gli assentono , ed
ÌB assai meno si mostran diligenti a ricer-
car la esistema di altre a Dante di mag-
por bude e dal Boccaccio omesse.
Che però desiderando io che (U questo
predpuo splendore della nostra Italia eia-
SCODO sappia quel che degno è di saper-
■ » m* ingegnerò , quanto le mie forze
(I) Doua e assai necessaria dissertazione
Mi titolo di prefaxione premise il can. Biscio-
li allo Proso di Dante e del Boccaccio pubbli-
cali in Fir«go nel 17tt per Tartini e Fran- 1 dissartuione desinilo.
comportano , di rapinare ìq queste 0.<-
servaziùni tutto ciò che da altri uomini
sommi con miglior intendimento e con più
sode ragioni si è detto , non lasciando di
ricercare anch'io altre pniove per vieme-
glio stabilire il vero , ed il falso combatte-
re. £ per procedere ordinatamente , de*
voluti amori di Dante e della sua amata
Beatrice primamente ragiono (1).
Da qua' fonti attinse il Boccaccio che
Dante ebbe incomportabile passion (^amo-
re, egU noi dice, né credo che dire l'a-
vesse potuto, non essendo stato, a dire il
vero, di lui coetaneo : che Dante chiuse
il mortale suo corso nel 1321, ed il Boccac-
cio r apri nel 1313. Aggiungi il lungo esi-
ho di quello , le persecuzioni della fortu-
na, e 1 viaggiare continuo per molte città
d' Italia e persino in Parigi , e pensa se
un uomo agiatamente nato e cresciuto ,
caduto poscia in tanto abisso di sventu-
re , abbia potuto esser si folle da tener
dietro alle amorose passioni infino all'ul-
timo della morte j come vorrebbe il Boc-
caccio. Ma lascio di addurre altre ragio-
ni grandissime in contrario di questa
passione di Dante, e soggiungo soltanto
che un uomo fin dalla tenera età dato
a' buoni studi, nella sua adolescenza com-
battente per la patria , e poco appresso
sedente alia testa della repubblica, amante
singolare della sua città, e maisempre in-
tento a proccurare il bene de* suoi con-
cittadini , non avrebbe certo potuto dive-
nire di amore ferventissimo servitore; poi-
ché passion siffatta e tanto eccessiva ri-
chiede di necessità un cuore privo di
ogni altro affetto più nobile, e deve es-
sere dall'ozio specialmente alimentata. Ma
torniamo a combattere il Boccaccio.
Mentre il Boccaccio descrive il nostro
Poeta per uomo eccessivamente dominato
dalla passion di amore , sostiene di van-
taggio che r oggetto singolare della sua
passione fu Beatrice figlia di Folco Porti-
chi; per la qoal cosa tutto ciò che in eonfà-
tazione degli amorì di Dante e di Beatrice qui
per me si ragiona , è in buona parto da qoeiia
50
OSSERVAZIONI
nari nobile fiorentino, detta quale fanciulla | contento delle sue scritture se di aroorofle
di otto anni egli similmente di nove anni | leggerezze , e di lascivi racconti non le
fanciullo s'innamorò , e si forte fu que-
sto suo amore che mai potò spegnersi
nò per la morte avvenuta di Beatrice ,
nò per l' amore di nuova donna la quale
egli tolse a consorte , nò per la foprav-
vegneiiza de' figli , nò per cariche pub-
bliche , nò per esilio e per isventure. Se 1 minata Éeatrice più volte » non dubitò
un fanciullo di nove anni possa concepire poi di spacciare come reale l'^ore dei
si violenta passione per una fanciuUetta
egualmente di tenera età, ò quistione per
la quale mi riporto al giudizio degli uo-
n\ini assennati. Ma dato che a tale età si
condiva ; a chi piace il bere sempre
giona di vini , e la lingua va dove fl
dente duole. Sicchò da questa sua indi»
nazione di scrivere illuso, e trovato nelle
opere di Dante, e specialmente nella Ftto
lìuova » parole e versi di amore , e och
Poeta e ramata sua Beatrice. Ecco come
nella vita da lui scritta egli dice: Qutmii
e quali fonerò i pemieri , i io$piri j U
lagrime e le altre passioni gravissiwM ,
abbia potuto innamorare.col processo degli \poi in piit provetta età da lui sostenute
anni , e pervenuti amendue a tempo di
matrimonio , egli , che ogni altro a/fare la-
sciandone sollecitissimo andava làdovunque
credta pileria vedere, quasi del viso e degli
occhi di lei dovesse attingere ogni suo bene
ed intera consolazione , perchò non tolse
a consorte colei che assai leggiadretla e
ne' suoi atti gentilesca e piacevole molto,
con costumi e con parole assai ptu gravi
e modeste che il suo piccolo tempo non ri-
chiedeva ? Perchò patire eh* ella andasse
a marito con un cavaliere de* Bardi chia-
mato messer Simone, piuttosto che spo-
sarla egli stesso che l' amava si forte-
mente da fanciullezza ? Quale ostacolo o
sociale riguardo potea impedire un tal ma-
trimonio? Non era Danto ragguardevo-
lissimo sopra d' ogni altro per nobiltà ed
antichità di prozia, discendendo da' pri-
mi fondatori di Firenze, agiato sufilcien-
temente quanto a fortuna, e rispettabi-
lissimo oltre modo per iscienza e costu-
mi? Ma procediamo oltre, e vediamo
che altro dice il Boccaccio di questi amo-
ri di Dante e deir amata sua Beatrice.
Ciascuno le coso del mondo secondo
lo proprie inclinazioni suole interpretare,
ogni suo diletto ponendone dipoi in sUTatta-
mente ragionare. Cosi il nostro Boccac-
cio delle novello amorose fé* suo studio
principale ; di talchò per queste e dive-
nuto famoso in tutto il mondo , come
«attesta il suo capolavoro quasi in tutte le
lingue tradotto. Per la qua! cosa, io credo
che questo valente uomo non era mai \peneterò mentre ella visse :^ e molteitose-
per questo amore ( di Beatrice ) egli me-
desimo lo dimostra ndla sua Vita Nuova.
E nel suo Cemento inedito sopra la di-
vina Comedia^ al canto secondo dello
Inferno, cosi scrive: Fu adunque queUa
donna , secondo la relazione di fede d^
gna di persona la quale la conobbe ^ efis
per consanguinità strettissima a lei ^ fi-
gliuola di un valente uomo, ehiamaio
Folco Ihrtinari , antico cittadino di Fi^
renze: e comecché l'autore (Dante) sem*
pre la nomini Beatrice dal suo primitivo,
ella fu chiamata Bice; ed egli acconeic^
mente il testimonia nel Paradiso là dove
dice :
Ma quella reverenza che ^indonna
Di tutto me, per be e per ice :
e fu di costumi e di onestà laudevole quan»
to donna esser debba e possa : e di bel'
lezza e di leggiadria assai ornata ,efu
fnoglie di un cavaliere de' Bardi chiama^
to messer Simone ; enei ventiquattresimo
anno della sua età pussì^ di questa vita
negli anni di Cristo 1290. Fu questa don-
na maravigliosamente amata dall' autore;
né cominciò questa amore nella provetta
età , ma nella loro fanciullezza ; peroo^
che essendo ella d età ^otto anni, e Cofs^
tore di nove, siccome egli medesimo t^
stimonia nel principio deUa sua Vita Anfo-
ra , prima piacque agli occhi suoi : ed
in quesf amore con maravigliosa onestà
CRITICHE
51
m rima per questo amore ad onor di lei
già compone ; e secondo che egli nella fine
déU 9ua Yiia Nuota scrive , egli ad onor
ài lei a comporre la presente opera ( la
Gooedia) si dispose; e come appare e
fsm ed tu olire parti, assai maraviglio^
mmesUé V onora.
De. questo passo e da riferiti di sopra,
a vede chiaramente che la pruova delio
amore di Dante per Beatrice, il Boccaccio
b ripone nella Vita Nuova : anzi egli nella
ìjita di Dante , dice che il Poeta compose
quasi per Beatrice quell'opera : Egli pri-
mieramentCsdisranti ancora le lagrime del-
la sua morta Beatrice , quasi nel suo ven-
Useenmo anno, cotnpose un stto volumetto
il quale egli titolò Vita Nuova. M$i perchè
taluno può credere che tale amore abbia
saputo il Boccaccio anche per tradizione,
osservo che se cosi fosse stato, non avreb-
be lasciato di scrìverlo; siccome scrisse
nel principio del riferito passo dell' ine-
dito suo comento , avere inteso di ciò
parlare da persona la quale conobbe Bea-
trice , ed era a lei stretta per parentela,
senza dire poi il nome di questa perso-
na. D* altronde se vero fosse stato questo
amore verso Beatrice Portinari, non sa-
rebbero mancate altre persone a raccon-
targlielo , mentre tanto Beatrice quanto
Dante erano due Personaggi distinti , ed
attiravano T attenzione di hitti; oltre che
H sarebbe manifestato po' componimen-
ti che per onor di lei Dante avrebbe par-
ticolannente composto ; li quali non so-
lo avrebber ciò appalesato ai contempo-
ranei, ma pure a' posteri piùrejnoti. Io
dunque senza curarmi di questa voluta re-
Iasione di fede degna che il Boccaccio ap-
pena accerma» e che avremo di qui a poco
più motivi a averla non degna di fede;
tengo per fermo che egli questa sua opi-
fliooe trasse dalla Vita Nuova soltanto,
fiosla le sue replicate confessioni. E però
a ragionare io vengo della Beatrice della
quale si parla ndla Vita Nuova.
^ Dico adunque che la Vita Nuova , la
Comedia ed il Convito di Dante son tre
opere diverse nel subbietto, ma confor-
flri nd fine; e ciascuna riguarda i tre
principali stadi della vita umana; cioè la
Vita Nuova la gioventù , la Comedia la
virilità, e il Convito la vecchiezza. Dico
dippiù che tanto il Convito , che la Vita
Nuova sono opere tutto morali , e questa
specialmente un trattato di amore pura-
mente intellettuale. Che però conchiudo
che la Beatrice di Dante della Vita Nuova
non è da intendere per donna terrena , ma
per cosa tutta spirituale e celeste , quasi
una novella Pandora, come al proposito
ragiona un antico scrittore delia vita di
Dante , Mario Filelfo, che la compilò nel
1^68; forse a petizione di Piero pronipote
di Dante, perciocché questo Piero la de-
dicò a Piero de' Medici e a Tommaso Se-
derini. Ecco le parole del Filelfo: JE^o,egli
dice, ego aeque Beatricem^quamamasae
fingitur Dantes, mulierem unquam fuisst
opinor^ ac fuit Pandora, quam omnium
deorum muntis consequutam esse fabulan-
tur poetae, E volendo meglio provare
questa opinione , seguita : Scripsit , dicit
tUe (il Boccaccio], ad amicam cantiones,
Scripserunt et navalia bella, et castra in
hostes firmarunt, et machinas erexerunt
poetarum carmina, quibus nunquam ad-
fuerunt. Multa solent exereendi ingenii
gratia fieri , quae nullam admisèrc Ubi-
dinem. Hoc verius argumentum,quod cum
uno Dante nemo fuerit incofruptior , et
innoeentior, nemo moderatici , possimus
manifesto conjectari, solius hunc virttUis
et honestati^ amicum extilisse: non enim
qui summum bonum in gloria constituunt
immortali, voluptatespraeficiunt dominas,
quas sequantur, quae ad interitum nos
deducunt. Daltroude chi non sa che i poeti •
non sempre si servono di nomi propri , ma
ora glinventano da sé ed ora gii adattano
a lor piacere ? E il Boccaccio non fece
cosi nel suo Decamerone? E nell'Ameto
e^i stesso non introduce sotto sembiante
di sette bellissime ninfe le tre virtù Teo-
logali e le quattro Cardinali?
Da tutti i luoghi ne'quali parla Dante di
Beatrice , altro non si raccoglie che il suo
^pme, la sua età, la sua morte. Né per-
ciò possiamo conchiudére eh' ella sia stata
donna di questo mondo ì perocché la Vi^
52
OSSERVAZIONI
NuoTa è ana struttura di poetico ingegno
idealmente condotta. Nella quale di Beatri-
ce parlando Dante, e della prima volta che
la vide, cosi dice: A miei occhi apparve
prima la gloriosa donna della mia meti-
le. Dunque donna della mente l'appella,
ie non carnale* In altro luogo la chiama
tua salute e sua beatitudine; in altro luogo
dico eh' essa era desiderata in cielo dagli
angeli j ed altrove soggiunge che in cielo
non era altro difetto che la sua mancan-
za, io che non poteva malamente finire
chi le aveva parlato ; e simiglianti frasi
convenevoli a sovrumana creatura si leg-
gono nella canzone che comincia :
Donne che avete intelletto cT amore.
Dice pure che questa donna è il numero
nove , e dimostra che il numero nove
contiene ogni perfezione , e poi conchiu-
do esser ella un miracolo della Santissima
Trinità : il che dimostra che tal donna
non può essere altro che cosa semplicis-
sima e perfettissima. E meglio di ciò con-
vincono le frasi della divina scrittura che
il ir uopo adatta , come: dire di lei quello
che mai non fu detto d'alcuna; e pre-
gare die V anima di lui vada a vedere la
ijloria di quella benedetta Beatrice. Dip-
\n\ì se Beatrice fu un'innamorata di Dan-
te, dovremmo concludere non altrimenti
di Lucia, la quale egli introduce nel se-
condo canto dell' Inleruo :
Questa chiese Lucia in suo domando,
ma ivi tutti gli spositorì convengono che
per Lucia intende il Poeta la Grazia illu-
minante. E perchè dunque non dire lo
stesso di Beatrice? Tanto più che nel Con-
vito, come se Dante preveduto avesse le
accuse del Boccaccio , con più chiarezza
dice : Par ischiudere ogni falsa opinione da
me, per la quale fosse sospicato lo mio
umore esser per sensibile deleUazione. Ci
può esser dunque bisogno di altra pruova
che la Beatrice di Dante, anche nella Vita
Nuova, non fu mai cosa terrena ?
Un' altra testimonianza io produco a
proposito di questa Beatrice, e la prendo
dal testo di Bosone da Gubbio , amico ed
albergatore di Dante. Egli dunque al v.33
e seguenti del suo capitolo su la Divina
G)media , dopo di avere spiegato cosa sia
la Leonza, il Leone e la Lupa che il Poeta
personifica nella sua Comedia, venendo a
Beatrice la vuole manifestamente allego-
rica, dicendo:
Venne del lustro del superno acume
Una graifia di fede, che si dice
Che *nfonde ìalma come terra /Stime.
E mosse lui con la ragion felice
Per farli ben conoscer quelle fere,
E anche € è l'allegorica Beatrice,
Ma torniamo all'esame della Vita Nuo-
va. Due donne furono il soggetto de' com-
ponimenti di Dante : V una fu Beatrice ,
l'altra non ha veruno preciso nome. Della
prima si parla nella Vita Nuova e nella
Comedia, dell'altra nel Convito. Di (tue-
st' ultima favellando egli dunque nel Con-
vito al capitolo secondo del Trattato a^
condo , narra il suo innamoramento io
questo modo: Cominciando adunque, dico
che la stella di Venere due Aate era ri-
volta in quello suo cerchio che la fa pa-
rere serotina e mattutina , secondo due
dicersi tempi , appresso lo trapassamenio
di quella Beatrice beata, che vice in deh
con gli angeli , e in terra con V anima
mia ; quando queUa gentil donna, cui feci
menzione nella fine della Vita Nuoiva ,
parve primamente accompagnata d^amore
agli occhi miei, e prese luogo alcuno deUa
mia mente. Chi non direbuo che questa
donna sia stata una seconda innamorata
di Dante? Ma l'innamoramento per disgra*
zia dell* umanità prende luogo nel cuore
piuttosto che nella mente I Questa secoiH
da innamorata dunque non era donna ter-
rena, ma ideale; e secondo c^ì spiega nel
capitolo tredici dello stesso Trattato, era
la Filosofia , dicendo : Giudicava bene che
la Filosofia eh' era donna di queeti autori
(cioè di Tullio deir Amicizia, e di Boe-
zio della Consolazione ), di queste scienie,
di qtutti libri t fosse somma cosa: ed im--
CRITICHE
53
marmava lei fatta cofM una donna genr
tUi. E poco dopo : Questa donna fu fi-
9Ìta di Dio, nqina di tutto , nobilissima
e fdieisHma Filosofia. £ nel capitolo se-
dici dello stesso Trattato: Boezio e Tul-
Uè imciarono me nelt amore , cioè nello
etadio di questa donna gewtUissima Filo-
eefm, E poco dopo : Si vuole sapere che
questa donna è la Filosofia; la quale te-
rmmemie è donna, piena di dolcezza, or-
nata di onestate, mòrabile di savere, glo*
rioea di liberiate. E nella fine di detto
capitolo più apertamente: Dico e affermo
du la dtima di cui io m'innamorai, ap-
presso lo primo amore ( cioè dopo Bea-
trice ) futa bellissima e onestissima figlia
deUo imperatore dell' universo, alla quale
Fitaqora pose nome Filosofia. E appresso
od capitolo undici del trattato terzo : Que-
Oa domma è quella donna dello intelletto,
rke Filosofa si chiama. E finalmente que-
sta gentildonna Filosofia vien descrìtta cosi
da Dante quando per la prima volta gli
appanre: Allora vidi che una gentil donna
Al ima finestra mi guardava si pietosa-
mesde, quanto alla vista, che tutta la pie-
là pareva in lei raccolta. Perchè era que-
sta la Filosofia morale, ersi pietosa, e lo
fEoardaya da una finestra, perchè la Fi-
losofia procede dal lume deUa ragione na-
tmJe. Ecco dunque la donna del Convito
di Dante, una donna tutta ideale: perchè
non dire lo stesso di quella della Vita Nuo-
va e della Comedia; mentre Tinnamora-
menlo di lui con essa procede nello stesso
modo ; e sempre che di lei ragiona , fa
«0 di frasi che manifestano chiaramente
li sua allegoria? Veniamo al fatto.
Nel principio della Vita Nuova Dante
toà si esprime : Nove fiate già appresso
•I mio nascimento era tornato %l cielo
èUa htee quasi ad un medesimo punto,
fsento alla sua prima girazione, quando
•i miei occhi apparve la gloriosa donna
édta wUa mente, la quale fu chiamata
ié melH Beatrice , li quali non sapevano
(i) La Sapienza nel più alto e snblime gra-
4i è la Tmogia che rende V nomo beato , e
fiMie; ptrò Dante aUegoricameolt sotto nome
che si chiamare. Ella era in questa vita
già stata tanto , che nel suo tempo il Cielo
stellato era mosso verso la parte d^ Oriente,
delle dodici parti Vuna del grado ; sicché
quasi dal principio del suo anno nono
apparve a me, ed io la vidi quasi al fine
del mio. Ecco dunque descritta la prima
donna della quale avente otto anni, Dante
nel suo nono anno s' innamorò; della quale
henchè a quell'età non si sapesse il nome,
nondimeno fu chiamata da molti Beatrice:
che significa esserle stato un tal nome dato
non dal beneplacito di alcuno, ma dalla na-
tura e dair effetto del subbietto. Or duna
donna di cui nell^ttavo anno non si sa il
nome, e le si adatta quello di Beatrice (1),
come a lei convenevole per la sua natura
ed effetto , pensa tu se questa possa es-
sere donna del mondo. E non si vede chia-
ro che non deesi per donna reale inten-
dere anche a quelle parole dello autore,
ove dice : non figliuola d' uomo mortale
ma di Dio ; ed a quelle altre : ai miei
occhi apparve la gloriosa donna della mia
mente, che vuole significare donna spiritual
le ? Né mi opponga taluno che per donna
della mente dehbasi intendere, che occupa
la mente, o che attira tutti i pensieri di co-
lui cui apparve: giacché della Filosofìa par-
lando nel Convito, nel passo di sopra rife-
rito, Fappella donna del mio intelletto: frasi
tutte e due sinonimo assai. Chi dunque dirà
che Dante nella Vita Nuova intende parlare
di donna terrena ? Chi non conchiude al-
l'opposto che la Vita Nuova è un trat-
tato di amore tutto intellettuale senza me-
scolanza di profano, e che per Beatrice, non
la figlia di Folco Portinari, ma la Teolo-
gia deesi intendere, come tutti gli esposi-
tori nella Divina Comedia intendono?
Suggella tal verità il cemento diFranc. da
Buti a quei versi del xxvii del Purgatorio:
Quando nd vide star pur fermo e duro.
Turbato un poco disse: or vedi, figlio»
Tra Beatrice e te è questo muro.
di Beatrice 1' appella. Notisi che nel princi-
pio della Vita Nuova in Iftiiao chiamala Bea-
titudo.
&&
OSSERVAZIONI
a Questa Beatrice, dice esso Fr. da
u Buti , la quale Fautore finge sé amare
« tanto ardentemente, ed ella lui, come
« detto è nel processo , significa la santa
« Teologia, della quale l'autore s*inna-
« moro infino eh* egli era fanciullo , ov-
« vero garzone: e però fìnge ch'ella fosse
<c giovinetta, perocché puerilmente la stu-
<c diava ed intendea ; e poi finge che la
« detta donna morisse, cioè che cresciu-
te to lo intendimento a lui, sicché già in-
«( tendea le oose grandi , a lui venne meno
« lo desiderio di tale studio: e questo (u
« lo morire e partirsi di questo mondo,
a poiché si parti dalla fantasia sua, oc-
« cupata da' beni ingannevoli del mondo;
<c ma non si che non si sentisse nella men-
UL te sua un grande desidorio di tornare
<c ad essa, ed amarla ferventissimamente,
« ed a lei accostarsi ; ma perché ciò non
ik potea fare , irretito ne' peccati; pensò
ce prima d' arrecarsi in odio i vizi e* pec-
a cati, considerando la lor viltà, e la pena
« che con seco arrecano : appresso di pur-
« garsi con la penitenzia: e poi ritornare
« alla santa Teologia. »
E quelle di Piero figliuolo di Dante a
quei versi del canto XXX del Purgato-
rio , ove il Poeta cosi di lui fa parlar
Beatrice :
SI tosto come in sulla so^ fui
Di mia seconda ctade e mutai vita ,
Questi si tolse a me e diessi altrui.
Quando di carne a spirto era salita ,
E bellezza e virtù cresciuta m'era,
Fu' io a lui mcn cara e men gradita.
E volse i passi suoi per via non vera »
Imagini di ben cercando false,
Che nulla promission rendono interar
Autor , dice Piero , vuU figurare quod
jam diUxU studium Theologiae, et in eo
poitea cessavit, nunc vero reassumere in-
cipit. E |)oco dopo soggiugne. Danles dedit
te ad diversa, scilicet primo ad Theolo-
giam, secundarioad Pueticam. E cemen-
tando queir altra terzina del canto mede-
simo del Purgatorio :
Questi fu tal nella sua Vita Nuova
Virtualmente che ogni abito destro
Fatto averebbe in lui mirabil pruova«
Ipsa neologia substìnuit eum certo tem^
pare (subaudias cum studio paginae ejuM
Veteris Testamenti) et cum debuisset pn>'
cedere ad ea guae sunt novi Testamenti,
et sic ad spiritualia, cessavitj ut in text»
dicitur. Et hoc est quod dicit, quod de car-
ne ascenderat ad spiritum etc.; dedit se aur
tor mundanis, idest poeticis scientiis inftu-
cliuosis, et quae nihil promittunt integrum.
E rimarrà più alcun dubbio con tanta
autenticità di pruove e forza di ragioni»
che la Beatrice di Dante della Vita Nuo-
va è anche la Sapienza e la Teologia »
come quella della Divina Comedia? E non
rimane cosi il Boccaccio privo di ogni sus-
sidio a sostenere il contrario ; noi con-
danna la ragione e il buon senso , ed il
fatto stesso ? Chi m^llo del figlio potea
conoscere la vita del padre t E pure egli
non fa veruna parola di Bice Portinari »
che anzi la Beatrice di Dante dichiara per
allegoria esprimente la Teologia. Aggiungi
a questa autorità quella di Bosone da Gub-
bio di sopra esposta, ed avrai due testi-
moni che meritano più fede del Boccaccio
si per essere più antichi, e si per essere
stati Tuno figlio e l'altro disce^lo e amico
e albergatore di Dante.
L' esposte ragioni credo che siano sof-
ficienti a confutare ^ amori di Dante eoo
Beatrice Portinari ; ma perché il* chiaris-
simo Tiraboschi nella sua Storia della
Letteratura italiana , dà sul proposito una
dubbia sentenza, non, sarà superfluo qui
notare le sue parole. È certo però , c^
dice, Tom. V, Uh. 3, cap* 3, come confessa
il medesimo signor Pelli j che Dante neU€
sue Opere, e nella sua Comedia singo^
larmente , ìm parlato di questo $uo amoft
tu termini cosi enimmatici, e che sembraM>
ipesso gli uni agli altri cosi contrari, ek'è
impossibile V adattarli tutti né al teiuo air
legorico ne al letterale. Dove , con tutta
la reverenza dovuta a tanto uomo, dico
che r adattarli al senso letterale riesce imr
possibile tanto che evitar non si potreb-
CRITICHE
5S
bcTo ddle maniresta contraddizioni , nelle
qiiaS non solo l'ing^o sublime e pene-
tnnle di Dante, ma di chiunqae altro
ancbe di minore iAtendimento fornito, non
sarebbe caduto» Laddove poi adattandoli
airallegorico^ non solo si evitano le con-
fnddizioDÌ , ma si vedrà V autore sempre
eoDseguenté a sé stesso. Del resto, con im-
pugnare gli amori di Dante, non intendesi
dichiararlo scevro di questa passione; nò
forse è falso eh* egli in sua giovinezza ab-
bia avuto qualche affezione per la Bea-
trice Portinarì di lui coetanea: ma questo
sarà un sospetto tanto più strano quanto
meno ha fondamento nello opere di Lui;
né se ne trova orma veruna in altri scrit-
tori IHÙ antichi del Boccaccio, ed al Poeta
più lamilìarì, come di sopra si ò detto.
Non senza ragione Lionardo Aretino a-
▼refabe voluto che il Boccaccio invece di
distendersi tanto in descrivere sUTatte leg-
gerezze , vere o false che siano, avesse più
opportunamente notato quel singolare amor
di patria che fin da tenera età Dante nutrì,
e che poscia cresciuto con gli anni, di tutte
le sventure di lui fugli trista cagione. In-
fatti essendo egli ancor giovine « nella gran-
dissima battaglia di Campaldino (come dice
tuo Aniino) et trovossi combattendo vigo-
rosamente a cavallo nella prima schiera ,
doi^e porto gravissimo pericolo ; perocché
b prima battaglia fu delle schiere equestri,
Gi(M* de cavalieri, nella quale i cavalieri che
erano dalla parte degli Aretini , con tanta
tempesta vinsero e superchiarono la schie-
ra de* cavalieri Fiorentini , che sbarattati
t rotti bisognò fuggire alla schiera pede-
stre. Questa rotta fu quella che fé* per-
^*re la battaglia' agli Aretini , perchè i
Vcrj cavalieri vincitori perseguitando quelli
àie fuggivano , per grande distanza la-
>riaronó addietro la loro pedestre scliic-
n; sicché da quindi innanzi in niun
ho|go interi combatterono, ma i cavalieri
^ e dispersi senza sussidio di pedoni ,
e i pedoni poi dispersi senza sussidio dei
ciTilierì. Ha dalla parte de' Fiorentini
*Wifenne il contrario , che per esser
Tosoiii i lofQ cavalieri alla schiera pede-
^itv , si ferono tutti un corpo , e agevol-
mente vinsero prima f cavalieri e poi i
pedoni. )» E bisogna aggiungere che dopo
questa battaglia tanto funesta a' ghibellini,
neiranno appresso 1290 trovossi non meno
vigorosamente combattendo per la ])atria
contro a' Insani. Ma di questi fatti tanto
gloriosi al Poeta, il Boccaccio non fece mot-
to forse perchè non potendovi innestare ve-
run ragionamento d'amore, non trovava
diletto a favellarne.
Non è poi affatto scusabile la trascu-
raggine del Boccaccio intomo a Bosone
Novello da Gubbio, uno de'più antichi e dei
più grandi amici e protettori di Dante. E
perchè il favellare di tanto uomo toma
di gloria ed onore al nostro Poeta, e perchè
mettiamo qui il Capitolo di lui sulla Divi-
na Comedia, non fia superfluo di toccare
brevemente qualche cosa su la sua vita.
B(MM>ne Novello nacque in (ìubbio nel
1280 da Bosone di Guido d'Alberico della
nobile famiglia de'Raffaelli , o Caffarelli,
e fu il terzo che nella medesima ebbe no-
me Bosone, onde per distinzione fu co-
gnominato Novello. Si crede essere stato
egli discepolo di Dante, almeno nella fan-
ciullezza sua ; forse allorquando il padre
di esso Bosone trovavasi a Pisa, dal 1295,
ad esercitare la carica di capitano del Po-
polo; perocché non fu niente allora a co-
stui malagevole mandare il suo figliuolo
nella vicina Firenze a studiare sotto la
direzione di Dante. 11 quale benché vicino
a quei tempi trovavasi occu[)ato nelle su-
preme cariche della sua patria , nondi-
meno non gli era difFicile togliere oppor-
tunamente qualche ora del giorno per con-
sacrarla alla istituzione di si nobile gio-
vinetto. Comunque però si stia questo
fatto , certo abbiamo lui essere stato po-
scia ritornato in patria, dalla <|uale, es-
sendo il governo di essa in potere de*
guelfl caduto, fu egli insieme co' suoi ger-
mani Cocco e Guido , e con tutti i ghi-
bellini, cacciato fuora ; onde ricoveros-
si in Arezzo , ove ritrovavasi pure Dante
con altri esuli fiorentini , nel Ì90h. Po
questa disgrazia una novella occasione a
Bosone di coltivare l'amicizia di Dante,
quantunque non si sappia per quanto tem-
56
OSSERVAZIONI
pò. Pare nondimeno che nel 1311 era egli
ritornato in Gubbio con tutti ^i espulsi
ghibellini , la fazione de* quali ricuperò il
reggimento della patria ; quantunque per-
dutolo di nuovo, perchè lo riacquistarono
i guelfi rianimati sotto il vicariato deirim»
K;ro , che ivi esercitava Roberto re di
apoìi , nel 1315 Rosone cognominati di
lui fratelli fu costretto ad uscirne di nuovo,
rimanendo confiscate le sue sostanze , ed
il suo palazzo aggregato a quello del Ve-
scovo. Andando cosi esule , e rifuggiatosi
in Arezzo , nel 1316 fu ivi elevato alla
carica di potestà, che nel seguente anno
1317 esercitò pure a Viterbo.
Cessato l' urto delle fazioni , Rosone si
ritirò in Gubbio, ove nel 1318 albergava
nel suo delizioso castello di Colmollaro.
E perchè intomo a quei tempi Dante
dimorava nel celebre monistero di Fonte
Avellana , in territorio di Gubbio ; nel
qual monistero si vuole ch'egli abbia coin*
posto buona parte della sua Opera, e mo-
strasi tuttora la stanza di sua abitazione,
con un mezzo busto della di lui effigie
con questa iscrizione nel piedistallo; non
minimam praeclari oc pene divini operis
fortem compomisse dicitur; Rosone non in-
dugiò ad invitarlo e farlo venire presso di
sé. £ difatti venuto Dante, e* lo ritenne
per buono spazio in sua casa ; ed hassene
pruova nella iscrizione che ancora si legge
nella Torre de* Conti Falcucci: Higman-
8IT Dantes Alegbeeius Poeta , et car-
jiiNA scRiPsiT. Se ne fa pure menzione
nelle lettere dell'Armanni, da L. Allacci,
e da G. M. Crescimbeiii. £ ce ne dà con-
tezza anche lo stesso Dante in un sonetto
inedito tratto dair Archi vioArmanni e pub*
blicato dal Rafiaelli, dal qual sonetto chia*
ro abbiamo che Dante trovavasi se non in
compagnia di Rosone e della sua famiglia^
almeno vicinissimo. Col detto sonetto egli
si congratula della buona riuscita del fi*
gliuolo di Rosone nelle lettere e nelle
scienze, e gU predice che un giorno sarà
la ^oria ed il sostegno dell* abbattuta Ita-
lia. Riporto qui il sonetto stesso, speran-
do di far cosa grata a* lettori amanti della
Poesia itaUaiia; tanto più che dal mede-
1
Simo può apprendersi quale fosse stata in
quei tempi la istituzione della gioventù ;
e può aversi qualche indizio di essere stato
Dante perito della greca favella, il che
gli è da molti contrastato :
Tu che stanzi lo colle ombroso e fresco
Ch*è co lo fiume che non è torrente;
Linci molle lo chiama quella gente
In nome italiano e non tedesco ;
Pònti sera e mattin contento al desco ,
Poiché del car figUuol vedi presento
U frutto che sperasti, e si repente
S' avaccia ne lo stil greco e francesco.
Perchè cima d* ingegno non s' astalla
In questa Italia de dolor ostello ,
Di cui si speri già cotanto frutto.
Gavazzi pur il primo Raffaello ,
Che tra' dotti vedrallo esser redutto ,
Come sopr' acqua si sostien la galla.
Quando precisamente ciò stato si sia, non si
sa, ma credo che prima della gita di Danio
a Ravenna.
Rosone creato nel 1337 Vicario Im-
periale in Pisa da Lodovico di Ravlera,
in preferenza di Castruccio degli Antel-
minelli cognominato Caxlmcane, e nel
1338 fatto senatore in Roma da Rene-
detto XII « carica in quei tempi assai no-
bile e gloriosa , credesi che avesse finito
di vivere nel 1350.
Ilon fu Rosone solo in politica ragguar-
devole, perocché le opere che di lui rima-
sero, lo aimostrano non meno valente nelle
lettere o nella poesia. Compose infatti le
seguenti opere tutte belle e pregevoli non
solo per la scelta degli argomenti, ma an-
cora per la purezza della lingua :
L* Awenturoio CicUiano, romanzo sto-
rico ;
Capitolo sopra tutta la comedia di Dan-
te Alighieri;
Chiose e spiegazioni in terza rima tu
le tre c<uUiche del divino Dante Alighieri;
Epitome 0 compendio della comedia di
Dante Alighieri;
Alcune Rime, consistenti in tre sonetti;
Capitolo detta guerra dtf Cristiani con-
tro i Turchi,
CRITICHE
57
£ tanto basii aver accomiato intorno a
Bosone , mentre chi vorrà aver di lai più
estesa notizia potrà leggerne la erudita me-
moria compilata dal dottissimo D. Gio.Ros-
si, scrittore della Real Biblioteca Borboni-
ca, e ^ autori da lui eitati ; pubblicata
in Napoli pe*tipi della Stamperia Francese
nel 1829.
Dante ebbe altri buonissimi amici, tra'
quali meritano essere ricordati (ruido Ca-
valcanti, filosofo e poeta, Giotto ^ restitu-
tore delia dipintura , Oderigi da Gubbio,
miniatore, Casella, ottimo cantore ,'/>ait/c
da Maiano e Cttio da Pistoia, poeti , ed
Emmanude Giudeo (1) : dippiù , Carlo
Martello figliuolo di Carlo 11 re di Na^
fi) Nella eennata memoria il lodato scrittore
signor Rossi fa pure meniione di Emmanuel
Glodeo » amico di Dante e di Bosone , e rì-
pofta ancora tàcusd sonetti di qaello parte editi
e patte inediti , li spiali credo che non sarà
ioaUle qvi inserire. Uno ha egli estratto da un
codice ddla Real Biblioteca Borbonica so la
bizzarra e inordinata nalura di amore, ed è
qoesto :
XmoT non lesse mai 1* Are Maria ,
Amor non tenne mai legge né fede;
Amor è un cor che no ode né Tede»
E no sa aiai che mesora se sia.
Amor è ona para signoria ,
Cile sol si ferma in Toler ciò che chiede:
Amor tk come pianto che pro?ede ,
E sempre retrase per ogni via.
Amor non lassò mai per Pater nostri,
!fè per incanto suo gentil orgoglio ,
Né per tema di giunte perché giostri.
Amor sa quelle , di che più mi dogUo »
Che no sfattene a cosa eh* io gli mostri.
Ha sempre mi sa dir: pur cosi Yoglio.
Due altri leggonsi ne* codici Barberini , dai
^«all n'ebbe copia il tanto benemerito P. Gio-
Tanni Andrea della Compagnia di Gesù , e Pre-
fetto della Real Biblioteca Borbonica ; in essi
r aatore fk conoscere la instabilità del suo ca-
laiiere politico e morale , «inai si pad aspettafe
da nn Giodeo : eccoli :
E del bon Moyses poco sanare ,
E Juxuria de Hachon preziuso.
Che no ten fede de la zentare en zoso.
Ewsmmmuk Gimdeo a wkesser Bosone
da€MHo.
Gastoso no mi conosco, e nom oda p
Che r esser proprio si é gibelino ,
En Roma so Colones et Ursino ,
E piaiemi so l' ano e 1' altro a loda.
U sm eascona parte golfh goda,
EU Romagna so zo Zapetino:
Mal Zodeo so , e no Saracino »
Ter Ciàstiani no drezo la proda:
la d* ogni leie so ben desiroso
En alcnna parte : Toler oservare
De cristiau lo ber el manzan»
Se Sant Petro e Sant Paulo del' una parte,
Mojrses et Aaron da l' altra stesse ,
Machon e Trivichan zascun volesse,
Ch'eo mi rendesse a volontà ni a parte;
Zascun di lor me ne pregasse en sparte ,
Duro mi pare ch'eo gli ne credesse;
Se non da dir a chi meio mi plazesse ,
Viva chi vinze , eh' eo so di sua parte.
Guelfo ni gibilin , nero ni bianche ,
A chi plaze il color, quel se ne'l porte.
Che ferirò da coda e starò francho.
E mio compar tradimento stia forte ,
Che di voltar may non mi trovo mancho.
Aitar zascon che vinze infin a morte.
E ve n' é un altro con cui Emmanuel Giu-
deo risponde al sonetto di Bosone su la morte
di Dante : riportiamo qui tutti e due.
^ofone o Manosi Giudeo, euendo morto Dante,
Dae lami son di nuovo spenti al mondo ,
In cui virtù e bellezza si vedea :
Piange la mente mia che già rldea
Di quel che di saper toccava '1 fondo.
Pianga la tua dal bel viso iocondo
Di cai tua lingua tanto ben dicea :
Ohimè dolente che pianger dovea
Ogn'uomo che sta dentro a questo toUdo.
E pianga dunque Manoel Giudeo ,
E prima pianga '1 suo proprio danno ,
Poi pian^ '1 mal di questo mondo reo;
Che sotto '1 sol non ita mai peggior anno i
Ma mi conforta che credo che Deo
Dante abbia posto in glorioso scanno.
Rypoffa di Bmwumuel Guideo^
Io che trassi le lagrime dal fondo
Dell'abisso del cor, ch'en su l'envea.
Piango ch'il faoco del duolo m'ardea.
Se non fosser le lagrime in che abondo.
8
l.
&8
OSSERVAZIONI
poli , IT^ucetofie della FaggiwAa , t Ma-
laspina , \ Sealigeri , i toXmOani, i Ma-
ìaXttUi ed altri polenti e nobili signori di
quei tempi : e credo che sia da aggiungere
il Stracco y padre dell'illustre Francesco
Petrarca, sbandito di Firenze nell'anno
1302 , nel quale erane stato esiliato Dan-
te medesimo.
Ebbe nondimeno nemici assai ; né po-
tea andare altrimentì in un governo di-
viso in fazioni : n* ebbe pare qualcuno per
invidia , oual fu Ctcco (f Alcoli j filosofo
e poeta di poca considerazione.
Prima di passar oltre conviene toccar
qualche cosa di Dante padre di fami^ia.
Dice il Boccaccio , che duranti le lagrime
di Dante per la morte di Beatrice, i di
lui parenti per consolarlo alouanto del do-
lore di quella perdita ^ si determinarono
Che la lor piova a norUl profondo
Ardor » che del mi mal fuor mi tithea»
Per DO morir , per tener altra vea ,
A percoter sto forte el nò ha fondo.
Et ben può pianger Chrìstiano et Giudeo »
Et ciaschedan seder in tristo scanno :
Pianto perpetuai m'è fatto reo.
Perch* i' m' accorgo che quel fa'l malanno:
Sconfortomi ben eh' i' veggio che Deo
Per invidia del ben fece qael danno.
Dorè il lettore è pregato di ricordarsi che
1* autore avendo conchiuso il suo sonetto con
questa esecrauda bestemmia : Sconfortomi hen
«e. ri appalesa non pur perfido giudeo , ma
uomo al tutto privo d' ogni sentimento di re-
ligione.
dL questo Manuel Giudeo si hanno pochis-
sime notizie. Come vuole il lodato signor Ros-
si, egli era, d'ho accennato. Giudeo stabilito in
Italia ; e pare che abbia deposto V errore della
«uà Me dann sonetto inedito, pubblicato da
esso signor Rossi , di Rosone da Gubbio , di
risposta ad un altro sonetto di Gino da Pisto-
ia , il quale metteva Manoello nell* inferno in-
sieme con Dante. Eccoli tutti e due :
Cina da PUtoia a 9U$nr Pofone da GukHo.
Messer Bosson , il vostro Hanoello ,
Seguitando 1* error della sua legge ,
Passato é nell' Inferno , e prova quello
Martir che è dato a chi non si corregge.
Non è con tutta la comune gregge ,
Ma con Dame si sta sotto ai cappello,
a dargli moglie. E qui esso Boccaccio non
approvando né punto nò poco questa de-
terminazione, si scaglia acerbamente con-
tro le donne , e vorrebbe quasi del tutto
proscrìtto il matrimonio de'letterati « con-
chiudendo che le donne tra le altre sol-
lecitudini che arrecano a* loro mariti, sono
assolutamente contrarie adi studi. A di-
fendere Dante di questa voluta impruden-
te determinazione , risponde per me il più
voUe lodato Aretino, dicendo che il Boccac-
cio non fi ricorda, che Socrate, Upik no-
bile filosofo che mai fiuH, M$ mogfie o
figliùoU, e uffici mOa rfpMliea déOa sua
dna: e ArUÌMele, cko non n può dirpii^
là di sapienza e di doitrina , Me dke mo-
gli in vari tempi , ed Me figliuoli e ric-
chezze assai. È Marco TViUio, e Catone,
e Varrone e Seneca, latini sommi filosofi.
Del qnal , come nel libro suo si legge ,
Vide coperto Alesso Interminello.
Tra lor non è solano né coruccio ^
Del qual fta pien Alesso, eom'un orso,
E rnggia là , dove vede Castruccio.
E Dante dice: quel da Tiro è morso.
Mostrando Monoello in breve sdmceio .
E l'nom che mnestò il persico nel torso.
Mosone da Gubbio a Cine da Pistoia.
Manoel che mettesti in quello Avello,
Ove Lucifero più che altri reggie ,
Non è del regno di colui , ribello
Che'l mondo te* per riempir sue seggie.
E benché fbsse in quello loco fello ,
Ove il ponete , ma no chi ve'l leggie ,
N' area dipinto il ver vostro pennello
Che lui e Dance coprìa tal laveggie.
Alessi raggi sotto quel capuceio ;
Ma no se doglia se colui è corso ,
Lo qual fece morir messer Guerruccio.
Dante e Manoel compian lor corso
Ove é lor cotto lo medollo e 1 buccio ,
Tanto che giunga lor lo gran soccorso.
L* ultima tenina di questo sonetto, roetten-
doli in luogo , ove è lor eette lo WMdoUo e *i
bueeio. Tanto che gimuga lor lo gran soeeorsot
dà luoffo a sospettare , che secondo le spe>
ranxe di Rosone, Dante e Manoello erano in
Purgatorio, dove quest'ultimo non avrebbe-
potuto essere neppure da amichevole sperans»
allogato, se passato fosse di vUa segidtando'
Vsrror delia sua leggìi^
e II 1 T I e II E
59
ttiifì eUtero mofilie ^ biffici e gorcrni nella
rt^Mdica. Siechè perdonimi il Boccaccio,
i mtfi giudizi umm molto fievoU in questa
fsrfe^ moUo distanti dalla vera opinione.
Vuomu> è animale eitile, secondo piace
a HUf % flosof. La prima congiunzione,
Mia quale multipUcata nasce la città,
e Marito e moglie; né può esser perfetta
àmct questo non sia ; e solo questo amore
è nmtmrale legittimo e permesso.
G>iidaiinato cosi in generale il matrì-
monio di Dante, vuole il Boccaccio ch'egli
abiMa dipoi abbandonata la moglie. Or da
ciò chi non sospetta la essere stata infa-
me? Iniatli esso Boccaccio, dopo aver mi-
nutamente ragionato delle varie cagioni
per le quali le mogli rendono sé inmmi,
e i mariti infelici , afferma che dette ca-
coni o altre a quello somiglianti dierono
luogo a quello abbandono. Non di meno
io credo Ae lei fosse stata innocente, e che
Dante non l'abbandonasse che all'epoca del
di lui esilio , e per sola cagione del men-
Uesimo ; ed ecco come sul proposito Tar
2Ìono: Dante divenne marito verso il 1291,
i^ fa esfliato nel 1302. Ora il Boccaccio af-
ferma che Dante generò più figliuoli , e
benché ne indichi due soli per nome, pure
l'espressione ptù figliuoli persuade che fu-
rono più di due: trovo difatti che il Ti-
raboschi dietro V autorità di sommi scrit-
tori ne numera sei , e sono : Pietro, Ia-
copo , Gabriello , Aligero, Eliseo e Bea-
trice .- ed è in dubbio se furono sette, pe-
riKxhè alcuni vi aggiimgono Francesco,
che altri dicono ossene stato non figlio,
ma fratdio di Dante. Quindi non avrebbe
[Mituto procreare tanti iii^ì se prima del
MIO esiho non fosse vìssuto insieme con
It^i : che non corsero che dieci o undici
anni, dal 1291, epoca dt^ di lui matrimo-
nio, al 1302, epoca del suo esilio. Con-
ferma questa opinione ciò che scrìve lo
stesso Boccaccio in altro luogo della Vita
di Dante ; ove in contraddizione di quanto
a\ea detto di sopra, afferma: Uscito dunr
fu DasUe m eaùU maniera di quella Cit-
tà, della quale egli mm solamente n'era
stato citUtdisw, ma n' eraìw i suoi mag-
gii/ri steUi reUficatori; e lasciatati la sua
donna insieme con V altra famiglia male
per la piccola età alla fuga disposta j di
lei non si curò , perchè di sanguinila la
sapeva ad alcuno de^ principi della parte
avversa congiunta. Dove si vede che Dan-
te anche quando fu esiliato da Firenze ave-
va cura delia moglie egualmente che di
tutta la famiglia, la quale, perchè vi era-
no de* figliuoli di tenera età, seco non tras-
ferì altrove, perchè trasferir non si po-
teva senza pericolo, e perchè la sapeva
ad alcuno de' principi della parte avverta
congiunta. Ecco perchè, mai né dove ella
fosse volle tenire, né sofferse che dote egli
fosse ella venisse.
De' sei o sette figli che ebbe Dante ,
non ci restano memorie che di due soli,
Piero e Iacopo ^ de' quah fu ciascuno , co-
me attesta il Boccaccio , ottimo dicitore
in rima. Dal^onardo Aretino abbiamo che
Piero studiò ìsf legge e divenne valente,
e per propria virtù e per favore della me-
moria del padre si fece grand^uomo, e gua-
dagnò assai , e fermò suo stato a Verona
con assai buone facoltà. Da costui nacque
un figliuolo chiamato Dante , e da questo
Dante nacque Leonardo , il quale attempi
di esso Aretino era vivente , e si mosse
di Verona e andò a Firenze a vedere l.i
patria de*suoi maggiori. 11 detto Piero com-
pose alcune rime ed un comento inedito
su la Divina Comedia , e mori in Trevi^i
nel 1361. Fu amico del Petrarca , come
si raccoglie da alcuni versi di costui a quel-
lo scrìtti, li di lui germano Iacopo non si
mosso mai di Firenze , dove attese allo
studio della Poesia sotto Paolo dell A-
baco, come appare dal seguente sonetto
riportato dal Croscimbeni nella storìa della
Volpar Poesia; quantunque il Tiraboschi
sia di contraria opinione :
Iacopo Alighieri a maestro Paolo delTAbaco
Udendo il ragionar dell' alto ingegno ,
Che rende lume dell'alto intelletto,
Per mio caro maestro vi ho eletto ,
E come a padre a voi ricorro e vegno.
Per un pensier che neìh mente tegno ,
U qual pon poco mi tien in sospetta;.
00
OS&XaVAZIONI
E sempre acceso mi starà nel petto «
S e con vostra fontana io non lo spegno.
Ad unque a tal disio date conforto ,
^n me spirando vostro gran valore,
S i ch*il ver chiaro per voi mi sia scorto.
Dir se amor è pria che gentil core ,
O gentil core pria che Amor fu orto,
O se piuttosto r un dell* altro more.
Iacopo infatti fu valente Poeta , e com-
pose , oltre il capitolo sopra la Divina Co-
media, che seguiterà ijuello sopra accen-
nato di Bosone, infine di queste ossertazify
ni, una Poesia divisa in più capitoli intito-
lata il Dottrinalo, dove trattasi della essenza
e composizione dell' universo , e dellabito
delle nostre virtù ; ed altre rime per quan-
to io sappia finora inedito. 11 signor Ben-
civcnni Pelli nelle sue memorie per la vita
di Dante, con molto studio ed erudizione
formò r albero genealogico di tutti gli a-
sccndenti e discendenti di Dante stesso;
dal quale albero si raccoglie che la di lui
famiglia ebbe origine da Cacciaguida nel
secolo XII , e fini io Ginevra , figlia di
Piero discendente da quel Piero figlio di
Dante stabilito a Verona , di cui si è detto
di sopra, maritata nel 1549 nel conto
Marcantonio Sarego veronese.
Un* altra osservazione è necessaria a
fare , perocché su questo che io verrò a
dire , il Boccaccio non parmi tanto chia-
ro. Èm, die* egli , al tempo di costui la
fonntina cittadinanza in due parti divisa,
cioè runa de' guelfi e 1* altra de ghibellini.
Ala Dante a quale apparteneva? Per quan-
to io sappia, guelfi furono i suoi maggiori,
ed egli ancora fu guelfo, e come guelfo
fu elevato alla carica di Priore , perchè
allora il reggimento di Firenze era tutto
in mano de* guelfi. Ma vedendosi di li a po-
co deposto da si nobile ufficio e calunniato
diestor$ioni e baratterie, e spogliato di tutti
i suoi beni, e condannato ad andar esule e
ramingo , ed a tanto danno non da ghibel-
lini, ma da guelfi essere stato ridotto; mutò
talmente partito , che divenne uno de' più
fieri ghibellini che mai furono a que'tempi.
Nondimeno, se delle risoluzioni che si pren-
dono in tempo di collera e di vendetta non
è da tener conto, sembra che Dante prima
della sua condanna , per seguitare il |>ar-
tito de' suoi maggiori fosse stato guelfo,
e non per propria elezione: ma privo di
ogni odio di parte , ei non pendeva né per
r una né per l' altra : e l' unico suo scopo
era la giustizia ed il pubblico bene; anzi
abborriva talmente nel cuore suo il nome
di parte, che determinato avea nell' animo
di ridurre a unità i suoi concittadini, come
aflermail Boccaccio > nella vita del Poeta,
là dove dice : A volere ridurre in unità
il partito corpo ddla tua repubblica, pose
Dante ogni suo ingegno , ogni arie, ogni
studio ; tnostrando ad ogni einadino pOs
savio come le gran cose per la dùcordia
in breve tempo tornano a niente^ eUpic^
cole per la concordia crescono oW is^mi-
to; ec.
Il Boccaccio non dice con chiarezza qual
fosse lo stato politico di Firenze in quei
tempi, né la precisa cagione della cacciata
diJDante; onde per bene intendere questa
parte della istoria del nostro Poeta, non fia
inutile di fame qui brevemente menzione.
Lo discordie fra la famiglia de* Buondel-
riionti e quella degli Uberti aveano da mol-
ti anni tribolata la città di Firenze, quando
Federico II imperatore volendo accresce-
re le forze sue contro il Papa e le repub-
bliche italiane , diedesi a favorire gli U-
berti e i loro seguaci , d'onde nacque che
i Buondelmonti furono cacciati, e delle due
parti runa seguitò l'imperatore e l'altra
il Pontefice, e Firenze come tutte le al-
tre città di Italia furono miseramente di-
vise in ghibeUim ed in gudfi. Morto Fe-
derico e succedutogli Manfredi suo fi-
gliuolo naturale, i fiorentini , stanchi di
sopportare il giogo straniero , chiamati i
guelfi, elessero di vivere liberamente, di-
rizzando lo leggi contro la potenza dei
grandi tanto per l' addietro favoriti da
Federico ; e da ciò nacquero nuove di-
scordie , cagione di sanguinose guerre fra
cittadini. Né questi disordini cessarono do-
po la morte di Manfredi, perciocché d indi
a non molto essendo rictiiamati i guelfi tt
ì ghibellini , fu creato un Gonfaloniere di
giustizia contro la potenza de' grandi. Ma
e R I T I e UE
61
non tirò a lungo la tranquillità goduta da
Tirenze sotto tal reggimento , perocché fu
eUa bentosto costretta a sentire la rifor-
ma di Giano della Bella, il quale delibe-
nndo che le famiglie , le quali avessero
afillo tra loro de' cavalieri, non potessero
prendere autoriti ne' supremi magistrati,
fomentò gli odi civili, e preparò gli ani-
mi alla divisione de* Cerchi e de' Donati,
la quale fu tosto inasprita da' Neri e dai
BiaDchi, che, stanchi di perseguitarsi in
Pistoia , corsero in Firenze, la quale fe-
cero partecipe ddle loro discordie. Intanto
quei di parte Nera deliberarono di chie-
dere al Papa uno di sangue reale che ve-
niiae a riformare lo stato. I Priori , tra
quali era Dante , tennero questa delibe-
miooe come una congiura contro il vi-
ver libero 9 e confinarono alcuni de' capi
d'aaibedoe le parti , cioè i Neri in Castel
della Pieve , e i Bianchi in Serezzana ,
fra quali fu il celebre Guido Cavalcanti,
tanto tenero amico dell' Allighieri. Ha in-
fermatosi Guido per cagione del cattivo
aere di Serazzana, la parte Bianca fu ri-
chiamata, e gli esuli di parte Nera tanto
per ciò 8* indispettirono , che si rivolsero
a P^pM Bonifacio , e tanto poterono presso
ài lui con le false informazioni , che egli
À determinò di mandare a Firenze Carlo
di Vabis della famiglia reale di Francia,
il quale en. allora in Roma per passare
in Sicilia contro Federico d'Aragona. Ve-
nuto dunque a Firenze in qualità di pa-
ciere , non tardò molto a far conoscere
la sua mala intenzione, perciocché fattosi
campione de' Neri « si die .tutto ad innal-
zarli , ad abbattere i Bianchi , e a trarre
danari da tutti. In questa occasione i prin-
cipi di parte Bianca furono tutti esiliati.
Dante, allora in Roma ambasciatore per
offerire al Papa la concordia de' suoi cit-
tadini , credea di non aver di che temere
di sé. Ha Corso Donati principe de' Neri,
per vendioarsi ddl' esilio sostenuto da lui
poco prima, essendo Dante Priore , lo fece
imputar di estorsioni e di baratterie, e di
molte altre calunnie ; per la qual cosa ei
fu subito condannato^ a 37 gennaio Ì30S
ad una nvdta di 8000 lire* e a due anni
di esilio; e se non pagava la somma im-
posta, si ordinò che ne fossero sequestrati
i beni , come infatti avvenne. A'IO marzo
dello stesso anno si emise altra sentenza
contro Dante e parecchi altri cittadini, con
la quale si prescrisse che eglino, capitando
nelle mani del comune di Firenze, fossero
arsi vivi. Di questa sentenza il Tiraboschi
ne allega copia tratta dal monumento origi-
nale scoverto nell'archivio del comune di
Firenze Tanno 1772.
Da ultimo ci resta a vedere quella parte
delia vita di Dante , nella quale egli si
riguarda come uomo di lettere. Non par-
lerò del preteso sogno avuto dalla madre
di lui mentre erane incinta; sogno che il
Boccaccio, per dare del maraviglioso ad o-
gni cosa, parmi che si diffonde troppoarac-
contarci. Neppure mi fermerò a ragionare
dell'oroscopo che altri dicono averne forma-
to Brunetto Latini. Sif&tte cose, come sa-
viamente riflette il più volte lodato Tirabo-
schi , oggi non ottengono fede si facilmen-
te come ottenevanla a' tempi antichi. Dirò
solo che se da natura dotato non fosse
stato di più che ordinano ingegno, com-
porre non avrebbe potuto quel suo vera-
mente maraviglioso lavoro della divina Co-
media , per lo quale divenne immortale.
Infatti egli, a dirla con le parole del si-
gnor de Cesare nella vita del Poeta, al mio
tempo era in Poesia quel che Giotto era
in Pittura : Leonardo da Vinci e Raffatìr
lo han fatto obbliar Giotto ; il Tasso e lo
Ariosto non han fatto obbliar Dante , né
han potuto in menoma guisa rimuoierio
da queU^ alto seggio di onore , oee ejK
trionfa e trionferà sempre alla testa ài
tutti gli epici italiani ; imperciocché il
bello deUe circostanze e de' tempi sparisce co*
tempi e con le circostanze; il bello assoluto
resiste al rapido corso de* secoli , per ea*
sere fondato su la natura, e indwendenU
affatto daUe umane opinioni. Che però
toccando brevemente l'altre sue opere, mi
fermerò ad esporre i pregi di questo suo
capolavoro ; racco^ndo i giudizi de' più
assennati uomini e sonami critici, in ispe-
ciaHtà del Tiraboschi e del Honti.
I La Vita Hucfea » come mostrato è dì
62
OSSERVAZIONI
fiopra contro Y opinione del Boccaccio e
di tutti quelli , che ingannati dalla sua
autorità y lo seguitarono , è un componi-
mento morale di amore puramente intel-
lettuale. Dove oltre quel che ho detto nel
principio di queste osservazioni, non sar^
inutile allogar qui la confutazione di un
altro errore del Boccaccio là dove dice
che Dante negli anni più maturi si ver-
gognava di aver fatto quest'opera; peroc-
ché ciò vìen contraddetto da Dante stesso,
solennemente approvandola nel principio
del suo Convito , ove cosi dice : « E se
4c nella presente opera, la quale è Convito
« nominata, e vo* che sia, più virilmente
a si trattasse che nella Vita Nuova; non
a intendo però a questa in parte alcuna
« derogare , ma maggiormente giovare
<i per questa quella ; veggendo , siccome
« ragionevolmente, quella fervida e pas-
te sionata , questa temperata e virile.
« Che altro si conviene e dire e 0|)erare
ti a una etade che ad altra; perchè certi
« costumi sono idonei e laudabili a una
<( etade , che sono sconci e biasimevoli
« ad altra ... E in quella dinanzi alla
« entrata di mia gioventude parlai, e in
<( questa dipoi , quella già trapassata. »
Il Convito è pure componimento mora-
le; e racchiude molta dottrina e dà molti
lumi per Tintelligenza della divina Comedia.
11 libro de Monarchia è un trattato po-
litico nel quale l' autore imprese a soste-
nere i diritti imperiali , e scrisse di essi
e deir autorità della Chiesa come poteva
aspettarsi da un Ghibellino che dal con-
trario partito riconosceva il suo esilio e
tutte le sue sventure.
Nel trattato de Vulgati eloquetUia , che
la morte gì' impedì di terminare , si parla
della lingua comune d' Italia » de' suoi vari
dialetti , e della forma e natura de* versi
« componimenti volgari. La traduzione
di questo trattato è del TrisalDO.
Abbiamo poche lettere dirette a diversi
Personaggi , ed una al Pòpolo ed al Gover-
no di Firenze , la quale, per muoverlo a
compassione e farlo riehiamare diJl'esilio,
comincia con le affettuose parole che Gesù
Cristo di98e al popol sua ; JPopnU mmt9.
quid feci h*6t?
Abbiamo pure la traduzione in versi
italianìde*Salmi penìtenziah, del Simbolo
Apostolico , deirÒrazione Domenicale e di
altre simili cose sacre , ed una canzone
in lingua provenzale, ed alcune egloglie.
Quantunque sulla legittimità di queste o-
pere varie siano le opinioni de* dotti ;
ed Apostolo Zeno sia di parere che le
poesie sacre fossero opera o di Antonio
dal Beccaio ferrarese , o di altro poetn
contemporaneo del Petrarca. Per ciò poi
che riguarda il Credo, ed il motivo |)ci
quale Dante il compose , dicesi che aven-
do Dante in vari luoghi della Coraiedia
amaramente censurato i Frati, e nel canto
XI del Paradiso facendo dire a S. Tom-
maso che il peculio ossia il gregge di S.
Domenico è fatto ghiotto di nuoioa vivandaf
cioè di ricchezze ed onori mondani, ed al-
tre cose poco onorevoli alla monastica di-
sciplina, ciò provocò centra di lui un in-
tero monastero di Frati, i quali ddibe-
rati fra loro di accusar Dante, denuncia-
rono al Tribunale della inquisizione che
nella Comedia vi era tanto di eretico che
bisognava farla ardere; e lui dissero simil-
mente che non credeva in Dio, e non os-
servava gli articoli della Fede. Di che
citato, e venuto Dante avanti ali* inquisi-
tore, e da lui trattenuto con varie inter-
rogazioni durate infino, anzi oltre, vespro.
Dante domandò tempo fino all' indomani
{)er presentare in iscrìtto come egli credea
in Dio, ed osservava gli articoli della feile.
E concedutaci tale licenza, vegghiò tutta
la notte, e compose il suo Credo in terza
rima, quale presentato all'inquisitore, e
lettolo , non solo rìmandOi Dante , ma ri-
prese ancora i Frati che ^^to aveano di
accusare un uomo che tanto aggiustata-
mente pensava della Religione , e credea
in Dio. E i frati stessi suoi accusatori ri-
masero compresi di maraviglia in leggendo
quel Credo, considerando come in si poa>
tempo avesse potuto comporro opera si
difficile. Questo fatto però non è asserito
da veruno contemporaneo , ed il Boccac-
cio stesso nulla dice né dell* accusazione
né del Credo: che però ne lascio il giù-
CRITICHE
63
dizio lìbero al lettore, e passo alla Co-
inedìa.
La Comeiia è la descrizione d*una vi-
swae che il Poeta finge di avere avuta
vfrso r anno 1300 dal lunedi santo fino
al A di Fasqna. In questa visione egli
finge di essere stato condotto nell' Infer-
no nel P^atorio e nel Paradiso. Questo
sorprendente componimento , in cui sfol-
^yreggia ad ogni tratto la vivacità delia
fantasia e la sublimità dell' ingegno di
Ilante , è pieno di tanta dottrina j che
eon esso alla mano un buon critico po-
trebbe fissare qual era lo stato dello spirito
umano nelle lettere e nelle scienze in quei
tempi , e misurarne il progresso fino ai
d nostri. In esso si vede la profondità dei
caleoli della Geometria, in esso la Fisica
e r Astronomia, in esso la Storia e la Po-
litica, in esso la Filosofia eia Teologia.
!M questo è tatto ; perocché Dante non
ni contentò di racdùudere le dottrine che
in allora si eonosceano; ma alcune ezian-
dio a suoi tempi del tutto ignote egli
predisse e fissò. E non anticipò egli Topi-
mone del Galilei: che il vino altro non
è $€ non luce del soU mescolata con Vurni"
4o delia vite , quando nel XXV del Pur-
gatorio disse :
E perchè meno ammiri la parola ,
Gnarda 'I eàlùr del Sol che si fa vino
Ginnio affwnor che dalla vite cola f
E prima di Cristeforo Colombo non ripu-
tavasi una solenne fanfaluca la opinione de-
ci! antipodi? Ebbene! ]>ante prevenne ilCo-
iombo: perocché avendo percorso tutte Tln-
femo , r idtima bolgia del quale e^i fin-
ire essere nel centro della terra ; e ap-
pena egli e Virgilio passarono cotesto
centro , montano invece di discendere, e
percorrono il Purgatorio figurato nella re-
gioneopposta.IKppiù arrivati alTaltro emis-
iero scnopfono un nuovo cielo e nuove
eosteBaziom , tra le quali sono da notarsi
quattro stelie ehe Dante dice d* aver ve-
dute nd polo antartico , il quale per la
etevazione dei polo bofeale e a noi invi-
tibOe. Dm secoli dopo di lai qoeste stdle
furono realmente scoverte ! Ma proseguia-
mo coli' elegante e giudizioso Monti a ri-
guardare più indentro queste anunirabile
opera.
Nato Dante in un'eiX)ca in cui l'Italia
era tetta lacerate da intestine discordie ,
e macchiate di orrìbili delitti; egli concepì
allora il disegno di coprire d' infamia gli
scellerati, e vendicare la virtù calpestete
e ridotte alladisperatione. Flagellando dun-
que i cofpevoli, non dimentica di premiare
gr innocenti e virtuosi : eccogli quindi
nella mente, il piano di un poema ove aver
pronto il gast^o de' dritti e il premia
delle azioni onorate ; e perchè questo
premio e questo gastigo non siano pas-
saggieri , egli li va a cercare nel seno
dell'eternità. Ed ecco creare di sua fan*
tasia un Inferno un Purgatorio ed un
Paradiso.
Egli conobbe ch'essendo straniero ne'
regni dell' Eternità , avea di bisogno di
gi^e che lo accompagnassero. Virgilio
gli si ofire il primo , e con lui scende a
visitare le ombre de' trapassati nell'or-
rendo abisso infernale ^ da lui descritto
come una gran voragine partente dalla
superficie e terminante nel centro della
terra , divisa in dieci grandi recinti tetti
concentrici. In queste immensa spira-
le i cerchi vanno diminuendo di gran-
dezza , e le pene aumentando di rigore,
finché si arriva a Lucifero che vi giace
nei fondo. E notisi pure che la spirale
ed il cerchio sono di quelle idee sem-
plicissime con le quali si ottiene facil-
mente l'idea della eternità , perchè il
cerchio non ha né principio né fine.
Scorso r Inferno , i due Poeti s' inca-
minano pel Purgatorio. È queste una
montagna la cui sommità si perde nel
cielo , e che ha in altezza ciò che ha
r Inferno in profondità. Qui i tormenti
vanno diminuendo a misura che si salisce
su, e giunto finalmente afia sonunità im-
mantinente si entra in ^iradiso , e Vir*
gilio, sotto il cui nome il poeto intendea
la Ragione , cede 0 suo posto a Beatrice,
nella quale è figurate la Teologia. Quindi
li Poeto Scompagnato da
6&
OSSERVAZIONI
di spera in spera , di chiarore in chia-
rore , di \irtu in virtù per tutt* i gradi
della felicità e della gloria , fino agli splen-
dori dell* Empireo, ov'^i è presentato
at^trono dell'Eterno.
Strana ed ammirabile Impresa ! Risa-
lire dair ultimo abisso delF Inferno fino
al santuario de*Geli; abbracciare la dop-
pia gerarchia de*mi e delle virtù, Testre-
ma miseria e la suprema beatitudine, il
tempo e Y eternità ; dipingere Y Angelo
e r uomo , l* autore di tutt' i mali e il
Santo de* Santi ; e in mezzo a queste
pitture collocare la storia , le opinioni ,
ì costumi e tutte le colpe de*suoi tempi!
In mezzo a tanti pregi dispiace qualche
durezza di hngua , qualche immagine non
naturale, ed un certo languore in taluni
canti. Ma ricordiamci de* tempi in cui
quest' opera fu composta , ne' quali nes-
suno ancora avea adoperato la poesia né
la lingua italiana alle cose sublimi. Dante
fu il primo che nobilitò Funa e T altra;
e vi riuscì talmente che malgrado le no-
tate imperfezioni, Tltalia si pregerà sem-
pre di studiare ed ammirare in lui le bel-
fezze poetiche e le eleganze e la purezza
della favella, e non potrà mai negargli il
meritato titolo di padre della lingua e della
Poesia italiana.
Appena fu pubblicata la Divina G)me-
dia, 1 primi uomini di quel secolo si die-
dero a cementarla , ed a scrìverne. I
primi furono Iacopo e Pietro figliuoli di
l)ante, e Rosone da Gubbio. L'Abate
Hehus parla di cementi fatU da Accorso
de' Ronfantìni francescano , da Micchino
da Mezzano canonico di Ravenna , e da
un anonimo che scrìveva nel 1334 , e da
altrì dello stesso secolo. Nel 1350 sei dotti
furono da Giovanni Visconti signor di Mi-
lano invitati per iscrìvere un ampio cemen-
to; e di questo, dice il Tiraboscfai, che si
oouserva copia nella biblioteca laurenzia-
na in Firenze. Si crede che de' sei autori
dd sopraddetto cemento , uno fosse il Pe-
trarca ed un altro Iacopo della Lana. Co-
munque ciò sia, bassi un cemento di esso
Iacopo della Lana, che fu più volte mandato
a stampa: cemento che fu pure tradotto in
latino ed ampliato da Alberìgo da Roscia-
te. Nel 1373 con decreto de' 9 di agosto
il Roccaccio fu destmato a spiegar pub-
blicamente la Divina oomedia in Firenze,
con uno stipendio di 100 fiorini Tanoo.
In questa occasione e^i scrisse il suo ce-
mento. Nel 1375 essendo morto il Boc-
caccio, Al nominato a succedergli Anto-
nio Piovano, nel 1381; al quale successe
poscia nel 1401 Filippo Villani, ripataUssi-
mo storìco di quel secolo. Rolo^ inalò
l'esempio di Firenze , e a legger pubblica-
mente Dante destinò Renvenutode'Ram*
baldi da Inoola, che distese un assai stimato
comento nel 1375. Pisa nominò alla lettura
di Dante Francesco di Rartolo da Ruti, nel
1386; e Venezia Gabriello Squarto , e Pia-
cenza Filippo da Reggio. E quantunque ne*
secoli posteriorì cessò alquanto questo en-
tusiasmo per Dante, nondimeno ne* tempi
nostri «i è eccitato con tanta energia che
non solo in Italia pubblicamente si legge,
ma anche ne' paesi oltrementi.
Dove Dante 1' avesse composta , è que-
stione che a noi poco riguarda. Il Boc-
caccio vuole che prima di essere esiliato ne
avea già composto sette canti , ma vi è
chi pretende che T avesse principiata a
Verona, chi a Udine , ec. Il certo è che
essendo andato profugo di città in città>
e in nessuna lungamente fermatosi, ne do-
vette per necessità comporre dove un bra-
no e dove un altro. Quando l'abbia poi com-
piuta , io noi so ; ma è facile che non
molto tempo prima di morire. Non credo
alla visione avuta in sogno da Iacopo, nella
quale Dante gli mostra il luogo dove
erano gli ultimi canti che mancavano alla
Divina Comedia.
Aggiungo per la compiuta intelligenza
di ciò che riguarda questo principe dei
Poeti , che dolenti i fiorentini di non
possedere le ceneri di lui più volte do-
mandate a'ravennati, e sempre in vano;
si determinarono di ergergli almeno un
onorario sepolcro. Difatti nel 1818 desti-
narono alla nobile opera il valente scul-
tore Stefano Ricci , e nel 1819 il monu-
mento fu eretto nella Chiesa di S. Croce
fra le tombe di Michelangelo e di Alfi-
CRITICHE
65
rii. L' opera è di eccellente scultura in
maniio di Carrara : è fatta a guisa di un
piedistallo nella somniità del quale sta se-
dalo il Poeta coronato di piloro, in atto
«-pgitaboDdo , con la mano . sotto la ma-
'•eefla , e col gomito sopra il libro , mo-
^randosene gdoso ; nudo Y omero e il
petto, circondato soltanto dalla cintola in
^ da un laigo pallio. A dritta è scolpita
rilalia in sembianza di bellissima donzella,
che moitiaio a riguardanti. Davanti al pie-
dislallo ed alquanto più bassa sorge un ur-
na, sopra la quale è sdraiata la Poesia che
lo piange in atto di dolorosa pietà. In fondo
^i è questa iscrizione del cniar. Zannoni :
DANTI . ALIGHKRIO
TUSCI
HOHOmiRIUM . TUMULCM
A . HAJOBiaUS.TEE . FRUSTRA. DECRETUM
AKNO . M. DCCC. XIX
niLiaTEm • excitarunt.
E questo è quanto ho creduto giustifi-
care sulla vita del nostro Poeta , non per
far carico al Boccaccio , nò per vilipende-
re r opera di lui, la quale io ho in grande
estimazione , e deve averla chiunque è te-
nero delle pulite e classiche scritture del-
r aureo secolo ; ma unicamente per rac-
certare la verità. Non ho fatto quanto
avrei voluto , ma quanto ho saputo e po-
tuto, e conosco che con tutto ciò io non
son giunto alla meta desiderata; nonper-
tanto son certo che il lettore perdonerà
ciò non solo alla insufiBcienza de miei ta-
lenti , ma ancora alla difficoltà dell'im-
presa ; perocché malgrado la moltiplicità
delle opere de' contemporanei nelle quali
dì Dante si parla ; è da dolere che non
troviamo in alcuna di esse quanto della di
lui vita può desiderarsi ed è necessario sa-
pere, non per mera curiosità , ma per la
retta intelligenza della divina Comedia e
della storia del secolo XIII.
vnra 1WI.LI otsaavAZiom.
ai
CREDO
DI
DANTE ALLIGHIERI.
1 lo scrìssi già d'amor più volte in rime,
Quanto più seppi dolci belle e vaghe,
Ed in pulirle oprai tutte mie lime.
4 Di ciò son fatte lo mie voglie smaghe,
Perch' io conosco avere speso invano
Le mie fatiche ad aspettar mal paghe.
7 Da questo falso amor ormai la mano
A scrìver più di lui io vò rìtrare ,
E ragionar di Dio come Crìstiano,
10 lo credo in Dio Padre, che può fare
Tutte le cose, e da chi tutt'i beni
Procedon sempre di bene operare.
1 3 Delia cui grazia terra e ciel son pieni ,
E da lui furon fatte dal niente
Perfetti buoni lucidi e sereni.
16 £ tutto ciò che s'ode vede e sente
Fece 1 etema sua bontà infinita,
E ciò che si comprende con la mente.
19 E credo eh* e' l'umana carne e vita
Mortai prendesse en la Yergin Santa
Maria, che co suoiprieghi ognor ci aita:
fi E la divina essenza tutta quanta
In Cristo fosse nostro santo e pio,
Siccome Santa Chiesa aperto canta.
25 El qual veracemente e Uomo e Dio,
E unico Figliuol di Dio nato
1. Breve introdozione sino ti verso 9.
4. Sma^on, smarrire ; qui 9ogli$ mmagh^ si-
nifica foglie cessate perché rìconosciote cr-
r»i»te.
Etornalmente Dio di Dio uscio.
28 Non fatto manual, ma'ngenerato
Simile al Padre,e'l Padre ed esso è uno
Con lo Spinto Santo , ed incarnato.
31 Questi, volendo liberar ciascuno,
Fu sulla santa croce crocifisso
Di grazia pieno , e di colpe digiuno.
2k Poi scese al profondo dell' abisso
D'Inferno tenebroso per cavarne
Gli antichi Padrì, ch'ebbero il cor fisso
37 Ad aspettar che Dio prendesse carne
Umana, per lor trar della prigione ,
E per sua passion tutti salvarne.
kO È certo, chi con buona opinione
Perfettamente , e con sincera fede
Crede, è salvato per sua passione.
&3 Chi altramente vacillando crede ,
Eretico e nemico è di sé stesso;
L'anima perde che non se n'avvede.
46 Tolto di croce, e nel sepolcro messo.
Con r anima , e col corpo il terzo di
Da morte suscitò, credei confesso.
h9 E con tutta la carne eh' ebbe qui
Dalla sua Madre Vergin Benedetta ,
Poi in alto in Cielo vivo se ne gì :
52 £conDioPadresiede,equindi aspetta
8. Di luif così abbìani corretto , mentre ia
altra edizione leggesi di lei.
8. Mitrare, per ritrarre: necessità dirima.
Vi, Et, cosi anticamente, per ti.
68
CREDO
Tornar con gloria a giudicar li morti,
E di loro , e de' vivi far vendetta.
55 Dunque a benfar ciaschedun si conforti ,
E Paradiso per ben far aspetti,
Ch'alio grazie di Dio saran consorti:
58 E chi con vizi vive e con difetti ,
Sempre in Inferno speri pene e guai
Insieme co' Demoni maladetti.
61 Alle quai pene rimedio già mai
Non ^i si truova, che son senza fmc
Con pianti stridi ed infiniti lai.
6'» Delle qua' pene V anime tapine
Ci campi e guardi lo Spirito Santo ,
Qual è terza Persona in le Divine.
67 Cosi ò 1 Padre e lo Spirito Santo ,
Come 1 Figliuolo; e runePaltro è eguale,
Solo uno Dio , e sol de* Santi un Santo,
70 Ed ò la v(Ta Ternità cotale
Che è il Padre e'I Figliuol, un solo Dio
Con lo Spirito Santo ciascun vale.
73 Per quellamor e per quel buon desio
Che dal Padre alFigliuol eternai regna,
Procedendo, non fatto, al parer mio.
76 Chi più sottil di dichiarar s'ingegna
Che cosa sia quella Divina Essenza,
Manca la possa a dir cosa si degna.
79 Bastaci solo aver ferma credtMìza
Di quel che ammaestra santa Chiesa,
La qual ci dà di ciò vera sentenza.
82 Io dico, chu'l Battesmo ciascun fresa
Della divina grazia, e monda '1 tutto
85
Quantunque tomi di peccato brutto.
88 £ senza questo ogni possanza è tolta
A chiaschedun d'andar a vita eterna,
Benché in se abbia assai virtù raccolta.
53. A giudicar li morti, E di loro e de'vivi
far vendetta : cioè vendicherà i morti, ossia
i dannali, con punirli nel Fuoco eterno; e ven-
éieherà i vivi, premiandoli e menandoli nella
gloria del Paradiso. Notisi il doppio ed oppo-
sto signiUcato della parola vendetta : mendi-
care il vizio , punirlo, ga.sligarlo; vendicar la
virtù , difenderla, premiarla. Anche i latini Tu-
flérono in questo senso : vindicta Ubertatit, di-
fcca della libertà, Velleio.
83. Fre$a, fregia, adorna; dallalino basso
fre9u$.
91 Lume è tal volta di quella lucerna
Che dallo Spirito Santo in noi risplende,
E con dritto desio si ne governa ;
di Che'l Battesmo aver si forte accende
L* arder in noi , che per la voglia iusta
Nonmen eh averla Tuom insto s'intende.
97 E per purgar la nostra voglia iniusta
El peccar nostro che da Dio ci parte,
La penitenza abbiam per nostra frusta.
100 >ò per nostra possanza, né per arto
Tornar potemo alla divina grazia
Senza Confession da nostra parte.
103 Prima contrizion quella che strazia
Il mal ch'hai fatto , e con propria bocca
Confessai mal che tanto in noi si spazia.
106 E'I satisfar che dietro a lei s'accocca.
Ci fa tornar con le preditte insieme
Aver perdon che con dritto si tocca.
1 09 Da poi chel rio nemico pur ne preme
Le nostre fragil voglio a farci danno,
£ di nostra virtù poco si teme ;
1 12 Acciò che noi fuggiamo! falso inganno
Di questo maladetto e rio nemico
Da cui principio imal tutti quant'hanno;
115 II nostro Signor Dio Padre ed amico
Il Corpo suo eì suo Sangue benigno
AlValtar ci dimostra, com'io dico :
118 DelproprioCorpo, che nel santo Ugno
Di croce fu confìtto, e'I sangue spa^
Per liberarne dal Demòn maligno.
121 E se dal falso il ver io ben comparto.
In forma d'Ostia noi si veggiam Cristo
Qual el produsse la Vergine in parto.
12^ Vero è Dio ed uomo insieme misto
Sotto lo spezie del pane e del vino ,
Por far del Paradiso santo acquisto.
127 Tanto ò santo mirabile e divino
Questo mistero e santo Sacramento,
84. Presa pffregÌA , adorna. Tulli i codici
leggono cosi h f'd' ogni virtù e H presa; a noi
piace meglio scriverlo cosi: e d'ogni virié el
presa , perocché qaell' e 'i presa , renderebbe
non poco oscuro il senso della parole; oscu-
rità che cessa subilo che si legge el prma,
perché el vale t7. come abbiam notato poc'anzi.
99. Frusta, sferza, punizione.
106. .4ceocca. Accoccare, attaccare alla oue-
ca, la quale è quella tacca della freccia in coi
entra la corda dell'arco. Qui vale attaccai»
ioiuuilu.
DI DANTE.
e9
Ch' a dirlo sarla poco il mio latino.
190 Questo ci dà fortezza ed ardimento
Contra la nostra ria tentazione
Si che per lui da noi il nemico è vento.
133 Perchè l'intende hen le orazione
Ch*a lui son fatte benigne e divote,
E che procedon da contrizione ;
136 La possa di ciò fare, e l'altro note ,
L'ore cantar, e dar altrui battesmo,
Solo è dai preti il volger cotai rote.
139 Eperfennczza ancor del Crìstianesmo
AbbiamlaCresma e l'Olio Santo ancora
Per nffermare quel creder medesmo.
ikfà La carne nostra almal pronta tutt'ora
È stimolata da lussuria molto ,
Che a male far ognun sempre rincora.
143 A tal rimedio Dio ci volse il volto.
Ed ordinò fra gli uni il Matrimonio,
Pel qual cotal peccar da noi fia tolto.
ìhS £ cosi ci difendon dal demonio
I sopraddetti sette Sacramenti
Con orazion limosino e digionio.
151 Dieci abbiam da Dio comandamenti:
Lo primo è, che lui sol adoriamo,
Agi' idoli o altri dii non slam credenti.
i5k E*l santo nome di Dio non pigliamo
In van giurando , o in altre simil cose.
Ma solamente lui benediciamo.
157 Terzo sia che ciascuno si riposo
D'ogni fatica un di della semmana ,
Siccome Santa Chiesa aperto pose.
iGO Sopra ogni cosa qui tra noi mondana
A padre e madre noi rendiamo onore,
Perchè da loro abbiam la carne umana.
163 Che tu non furi , né sia rubatore ,
E vivi casto di lussuria a tondo ,
Né di ciò cerchi altrui far disonore ;
166 Ne giàpercosach'egliaspettialmondo,
Falsa testimonianza alcun non faccia,
Perchè col falso il ver si mette al fondo.
169 Che non sian aperte le sue braccia
Ad uccidere altrui in alcun modo ,
Che sarà indegno di veder sua faccia.
tS9. Latino, sostantìTo, vale lingnaggio,
^»oorso qaalaiiqae, e troTtsi osato da vari
vfriuori del miglior secolo. V. la Crusca.
13S. Venia per vinto» necessità di rima.
174. Yodo, voto, privo.
laa. rof, lolle, lo^le.
172 Nò delle colpe sue solverà il nodo
Chi del prossimo suo brama la moglie ,
Perchè sarìa di cantate vodo.
175 V ultimo a tutti è che nostre voglie
Non sian desiderar di tòr V altrui ,
Perchè questo da Dio ci parte e toglie.
178 Acciò che ben attenti tutti nui
Siamo a ubbidire ciò che ci dice ,
Fuggiamo il vizio che ci tol da lui.
181 Prima è superbia, d'ogni mal radice ,
P(*rchè r uom si reputa valer meglio
Del suo vicino, e d'esser più felice.
18S^ Invidiaèquellachefal'uomvermeglio, '
Che s' attrista veggendo 1* altrui bene;
Al nemico di Dio lo rassomeglio.
187 Iraairiratosempreaccrescepene,(de,
Perchè l'accende 'n furiaedin tìamm'ar-
Seguo il mal far, e partesi dal bene.
190 Accidia d'ogni ben nemica guarde.
Che nel mal farsempresue voglie aggira
A disperar è pronta, e a ben far tarde.
193 Avarizia per cui mal si ritira
Il mondo da cattivi e rei contratti ;
£ quel lecito fa, eh' a sé più tira.
196 La gola, che consuma savi e matti.
Con ebbrezza e con mangiar superchio.
Morte apparecchia, edalussuria gli atti.
199 Lussuria , ch'è poi settimal cerchio.
Amistà rompe , e parentado spezza ,
Fa a ragion ed a virtù soverchio.
202 Contro questi peccati abbiam fortezza,
Che son scrittili questo poco inchiostro
Per andar poi dov'è somma allegrezza.
205 Iodico, perentrar dentro al bel chiostro
Dobbiamo fare a Dio preghiere assai ;
La prima è l'orazion del Pater nostro.
208 Dicendo: Padre, che ne' Cieli stai,
Santiticato sia sempre il tuo nome,
E laude e grazia di ciò che ci fai.
211 Adveni il regno tuo, siccome pone
Quest' orazion ; tua volontà si faccia
Siccome in Cielo in terra in unione.
21ih Padre,dà oggi anoi panchecipiao«)ia ,
181. Vermeglio, vermiglio, doé lo fi ar-
rossire per l'altrui bene.
186. RcMomeglio, rassomiglio.
205. Bel chiostnMiAì Paradiso.
SII. Adv9ni, daUledtenial dei Fùlf nomr.
70
CREDO DI DANTE.
E ne perdoni li peccali nostri,
Né cosa noi faccioni , che ti dispiaccia.
217 E che perdoniam tutti, dimostri
KM'mpio in noi per la tua i^ran virtute,
K dal nemico rio o^nun si scltiostri.
220 Divino Padre, pien d'ogni salute,
Amor ci guardi dalla tentazione
Dell' infemal nemico , e sue fcrute.
223 Si che a te facciamo orazione ,
Che nierìtiamtuagrazia,e'l regno vostro
A posseder vegnam con divozione.
226 Preglìiamti , Re dì gloria e Signor no-
Che tu ci guardi da dolor afflitto (stro,
La nostra mente, e sia ateilcor nostro.
229 La Vergin Renedetta qui a diritto
Laudiamo, e benediamo anzi che fine
Aggiunga a quel che è di sopra scrìtto.
215. E ne perdoni: credo meglio leggere
così, che come leggesi iu quasi lotte l* edi-
zioni: C/ie ne pervieni.
233 E lei preghiam ch'alio grazie divine
81 ne conduca con suoi santi prieghi,
E scampi noi dairetemal mine:
385 E tutti quei che del peccir son cioahi
Allumi e scioglia |M^r sua rort««si«i .
E da lacci infornai si ali di«(lt«plii.
238 Avo Regina Vergine Maria ,
Piena di grazia, Iddio sia stmipre teeo.
Sopra ogni donna henedotta f ia ;
2!^1 £ benedetto il frutto, il quale io preco
Che ci guardi da mal , Cristo Gesù ,
E che alla nostra fìn ci tirì seco.
^a Vergine Benedetta , sempre tu
Ora per noi a Dio, che ci perdoni ,
£ che a viver ci dia si ben qua più .
247 Che a nostra fìn Paradiso ri dori.
219. Si scMoitri^ si liberi.
235. Cieghi, cicchi, ueccssità di rìma.
241. PncOf prego.
'tr
CAPITOLO
D I
BOSONE DA GUBBIO
su LÀ DIVINA COMEDI A.
10
13
Perocché fia più fratto e più diletto
k quei che si dilettan di sapere
Dell'alta commedia! vero intelletto;
Intendo in questi versi proferère
Quel che si voglia intender per li nomi
Di quei, che fan la dritta via parere
Di questo autor , che gloriosi pomi
Volse cercar , e gustar si vivendo ,
C3ie sapesse di morti tutti i domi.
Io dico ch'anni trentacinque avendo
L'autor, che sono i mezzi di settanta ,
Da' quali in su si vive poi languendo;
Stando nel mondo,oveciascuna pianta
Di cogitazioni e di rancura
4. Proferen, dal Itlioo profero, dimostro,
ipé««o.
5. hUmder per U nomi: intende Bosone
spiegare il vero senso de* nomi allegorici usati
leUa Di Tina Gomedia.
7. Di queeto autor. Dante; che gloriosi po-
ma «oUe cercar, cioè raccogliere i pomi della
gloria e gustarli nella sua vile; Che eapeue
éi «orfi tute i domi, acciocché avesse sapu-
to i disfatU di tutte le morti.
13. Stando nel mondo ove ciascuna pian-
ta, te. cioè: ogni cosa del mondo ingenera
ÌA noi pensieri ed afflizioni. Rancura , voce
L'appetito vagante nostro pianta :
16 Yedea di Virtù l'alzante altura ,
E desiava di salire in cima.
Che discernea già il bel de la pianura :
19 E cosi volto innanzi, venne prima
Quella leonza , che per lo diletto
E per la creazion buona si stima.
22 E poi, perchè'l saver non lassai pet tu
Ben conducer al fren , il lion fue
La superbia ch'offusca ogn' intelletto.
25 E la lupa,ch'avendo,ognorvuolpiùtf,
Fu l'avarizia che , per mantenere
Uom la sua facoltà, il fa giacer giùe.
28 Queste fur le tre bestie che'l volerà
antica, angoscia,
16. Vedea ec. Dante giunto all' età di 35
anni cominciò a conoscere il bello della virtù,
e desiderò. di possederla.
20. Leonza, nella Leonia Dante personiika
la voluttà del senso carnale. Per lo diUtto e
per la oreaxion buona m stima; la lussuria
a' sensuali pare buona per lo diletto , e per
la riproduzione della specie umana.
28. Queste fur Is tre bestie, ec. Incontro a
Dante si fecero la concupiscenza , la suberbia
e r avarizia , per le quali mutò la risolniione
di andare al monte della virtù.
72
CAPITOLO
Gli fecer pervertir d'andare al m<ȓte ,
Dove virtù se ne solea sedere.
3i Ma perchè rarra,che si prende al fonte
Del nostro Battistèo, ci da un lume
Lo qual ci fa le cose di Dio conte ;
3{p Venne del lustro del superno acume
Una grazia di fede , che si dice
Che 'nfonde Falma come terra fiume :
37 £ mosse lui colla ragion felice
Per farli hen conoscer quelle fiere,
£ anche c'èTallegorica Beatrice.
hO £ la ragion , per cui da lor non pere,
Descrive per Virgilio, e vuol mostrare
Ch'ebbe da'iibri suoi molto savere.
ii^3 Questi li mostra come per mal fare
Si dee ricever pena, e poi agguaglia
La pena al mal come più può adeguare.
46 £ perchèi magisterio più gli vaglia
Con ragion , la ragion si può chiarire,
Mostra come la spada infernal taglia.
h9 £ questo mostra per voler partire
Non già lui da peccato e da far male ;
Ma fame agli uditor cercar desire
52 SI chel buon viver nostro naturale
Non erri, e, se pur erra, che si saccia
34. Venne del lustro ec* Il battesimo dà nn
arra, un diritto per lo acquisto della vita e-
terna ; per ciò f^ Dante illuminato da una gra-
zia di fede, con la quale egli conobbe quei
vizi, e liberato da essi, si avanzò a conoscere
ìv cose celesti. Questa grazia è la Teologia
f4ie Dante personiOca in Beatrice.
40. E la ragion ec. Dante studiando nelle
Apere di Virgilio non solo imparò lo bello stile
che gli fece onore , ma tanti lumi ne acquistò
rhB gli fu agevole conoscere le prave inclina-
Honi dcUa natura umana.
43. Questi U mostra ec. Virgilio mostra a
Dante quali sono le pene proporzionate ai pec-
cati commessi dagli uomini , e per ciò gli mo-
stra l'Inferno.
49. E questo mostra ec. 1 lumi che Dante
riceve da Virgilio per conoscere i difetti de-
ffiì uomini ed il loro gasUgo, quantunque non
tennero Dante lungi dal peccare , non pertan-
to possono essere vantaggiosi agli uditori, che
veggando quali sono le pene date ai peccati,
desiderano tosto di correggersene , o si guar-
dano affatto daJ commetterli.
53. Saccia , sappia.
.M. Fèntere, V. A., pentire.
55. M quésto §e. Conclusione della prima
E pèntere e doler quanto ci vale.
55 in questo la sentenzia par che giaccia
Di questa prima parte, chelo*nferno
Par che comunemente dir si faccia.
58 Poi la seconda parte del quaterne;
Tutto che la ragion ancor lo mena.
Si come dice , per lo foco eterno.
61 Caton lo 'nvia per la gioiosa pena.
Che purga quegli spirti che pentuti
Diventan pria che sia l'ultima cena.
64> £ perchè i lor voler sien bene acuti,
£ liberi di far ciò che lor piace.
Vuol ch*uom per libertà vita rifiuti.
67 £ a questo illumediquel cantogiace.
Mostrando comeuom dee fuggir lentezza
£ tardanza d'aver coli' alma pace.
70 Poscia descrive una bella fortezza
Di poetria : com'un'aquiia venne
Nel pensier suo dalla divina altezza.
73 £ quest'è quella grazia che prevenne.
Come 1 divin voler in noi la 'nfonde.
Che di lei, come un sogno, ci sovvenne;
76 £lla ci scalda, enon conoscemoondc.
Se non che noi rischiara im poco stante
Una donna gentil colle sue onde ;
cantica, cioè deirinfcmo.
58. Poi la seconda ec. Cioè la seconda can-
tica della divina comedia, eh' è il Purgatorio,
lo credo che per quatemo debbasi qui inten-
der la Comedia, e non il complesso delle a-
nimc purganti.
59. Dante percorre il Purgatorio co' lumi
della ragione.
63. Ultima cena» l'ultimo momento della
vita , ovvero 1' ultima comunione del Sacra-
mento Eucaristico de' moribondi.
66. Vuol eh' uom per libertà vita rifmti ;
Catone per amor della libertà privossi di vita,
e Dante [>^t la stessa causa fu esiliato e ri-
colmo di sfenture.
67. Nelle prime bolgie del purgatorio mno
trattenuti coloro che fbrono negligenti ad ab-
bracoiar la penitenza.
70. Poscia descrive ec. Dante finge di esser
egli caduto in sonno, nel quale gli sembrò
che a lui venisse un' aquila che lo portava
per il Purgatorio, ch'ei descrive come una fop>
tezza, ossia come bella ed alta torre. Secondo
Francesco da Buti per l'aquila s'intende la divina
carità. Ma Rosone qui par che la voglia per quel-
la grazia c'ir i Teologi dicono prevenient$.
71. Di poetria, cioè di poetica o poetit.
DI B 0 S ON E
73
*79 E queste quella grazia ooaiutante ,
La qual descrìve il nome di Lucia,
Che fa colla ragion veder si avante.
M Che tien conobbe come si aalla
Su per li gradi della penitenza ,
E come il prete su 'n essi sedia.
85 E fa ira essi quella differenza
Di color di fortezza e di \irtute ,
Che descrive la Chiesa e la credenza.
88 Poi mostra come per aver salute
Si Tuoi tre volte percuoter lo petto,
CoD non voltarsi alle cose vedute.
91 Che per tremodi correuom neldifetto
Di far peccato : o di superba vita ,
O per aver dagli occhi mal diletto,
9V O per aver la carne troppo ardita :
E quinci vengon li sette peccati ,
Che fa d* ognun la spada sua ferita.
97 Non dee aver li vestimenti ornati
79. E ^fwetf* è quella ee. La donna gentile
4ì coi parla Rosone, è Lucia, per la quale
Dante intende la grazia cooperante.
83. Gradi d$Ua penitenza, ossia dei Par-
ga torio.
ai. // prete eu *n etti tedia, 11 portinaio del
Purgatorio è il sacerdote , il quale pel suo sa-
cro carattere ha facoltà di assolvere.
sa. E fa tra e$ti ec. E fa tra essi gradi di
autorità ecclesiastica quella differenza che si
rafvisa: ne* colori di cui fa uso la Chiesa nelle
Me sacre cirimonie ; nella fortezza che ognu-
M dete afere nella Fede; e nelle virtù cri-
«liane, dovere di ogni credente.
88. Ah Moffra ec. E' d' uopo accostarsi al
iaeramento deUa Penitenza di buon grado.
C mei doversi il penileote per tre volte pei^
caocere il petto , intende la confessione orale .
il cMitrizione del cuore, e il proposito della
Hftomà QDÌto alla soddisfazione della peniten*
tt ingionta.
ti. Che per ire modi «e. Da' tre principali
pseca&i mortali Superbia , Invidia e carnale
eaaeapiaeenza Bosone fa derivare gii altri fino
ti BOBiero di setl^.
97. .Yofi dee atter ee, I Testimenti del sa-
cerdote ilehboD essere modesti e senza orna-
■eaio» ai pari che modesto ed umile debhe
eaaara il suo costume e '1 suo portamento :
ialrtti Daota K ha descritti di color di ce-
KTt 0 di terra.
toc. E le due ehiavi ee. Per le due chiavi
iMcadasi F antorità che ha il sacerdote» cioè |
Lo sacerdote ; ma umìlemente
Oda i difetti che li son mostrati.
100 E le due chiavi che tenea latente ,
Mostra V autorità e la discrezione ,
Che luna tolle, e Taltr'ha nella mente.
103 Faccia lo Diocesan comparazione
Tra preteeprete,eDondiacapoinmano,
Se no, gli avviene quel di Salomone.
106 Poi vede chiaro com'i pentuti stano,
E purgasi ciascun dei suo mal fare ,
E per lo suo contrario la pena hano.
109 Ma perch*io voglio alquantodimostrare
Una bella figura che vi mette ;
Ricolgan gli uditori il mio parlare.
112 E perchè ognun la virtù più diletto,
£ i vizi più ci sian abbominati.
Dinanzi al bel purgar d'ognun de* sette,
115 Mostra come li par veder d'avanti,
Qual scolpito, qual udia, qual vedea ,
r apostolica, per la quale scioglie V anima dal
peccato ; e l' altra eh' è nella mente , è la vera
scienza per conoscere i peccati , e distinguer-
li tra loro con saggia prudenza: e Tuna «^
r altra autorità intende nelle due chiavi V una
d'oro e l'altra d'argento.
103. Faccia lo Diocetan ec. Par che Boso-
ne in questi versi dia avvertimento ai dioce-
sani Prelati , onde far paragone e discerni-
mento fra preti loro subordinati , affinchè non
tutti indistintamente si accostino all'altare.
104. E non dia capo in mano ec. Non dia
incompetenti attribuzioni o dignità ecclesiasti-
che agi' immeritevoli , altrimenti gU avverrà
quel che avvenne sotto il regno di Davide pa-
dre di Salomooe, cioè la traslazione dell'arca
della casa di Àbinadah in Gerusalemme, in
occasione della quale essendo in perigUo di
cadere , fu sostenuta da Oza , il quale però fu
morto di un filmine scagliatogli dall'ira di-
vina in punizione della temerità di lui, cioè per
aver voluto sostenere l'Arca , la quale dovea
esser portata in sugli omeri dC sacerdoti.
106. Stano, stanno, per cagion della rima,
come pare hano per hanno , nel v. 108. Poi
vede chiaro come sono pentiti coloro che deb-
honsi ripurgare de' loro peccati, e ciascnao ha
pena contraria alla propria colpa : i superbi
con gravi pesi sa la testa; gl'invidiosi cou
sozzi manti, ec.
115. Moitra come li par veder d^avanHee.
Dante pria di spiegare le purgasioni de' sette
peccati , dichiara d'aver vedute ligure scolpite,
10
7fc
CAPITOLO
E qaal sognando, e cpial pareapereanti:
118 Molte novelle di cui ei sapea
Ch*étbeT l'oirata eccellenza del Mondo,
Perdio*! oontrario di quel vizio fea.
121 E questo mette prìnna che nel fondo
Salga del grembo per forza , che faccia
Correr altrui nell' operar giocondo.
121^ Poscia diretro descrive la traccia
Di que' che per vizio rovinare ,
E questo infrena là, come quel caccia.
127 E perchè Stazio fu fedele e caro,
Dice che i libri suoi colia ragione
La via di questo cammin li mostrare.
1 30 In sommità di questo monte pone
Quel loco dove si crede che Adamo
Vivesse, e fesse poi rofiensione.
133 E per lo bel che viendiramoinramo,
e altre cose aveva udito, vedalo, sognato, e
che alcuna cosa eragli apparsa nel cantar di
quei spirili. Infatti dice di aver veduto fin dalla
porta del Purgatorio intagli di marmo, quindi
il passaggio deli' Arca , nonché la storia e la
gloria di Traiano. Udì la voce della carità
verso il prossimo , la voce di Oreste , e quella
di Caino. Dice di aver veduto due visioni nelle
quali gli apparve Maria Vergine , la moglie di
risistrato, S. Stefano e Lavinia. In sogno poi
gli apparve una donna eh' è V immagine de'
falsi diletti , cioè dell' avarizia della gola e
della lussuria, ce.
118. Molte novella ec. Disvela Dante molte
novelle , cioè molti fatti storici.
119. Orraia, onorata^ V. A.
121. E questo mette prima ec. Dante prima
f he fosse salito dal fondo del grembo del Pur-
gatorio, per virtù di Beairice, cioè in forza
della Teologia, espone ciò che fa correre al-
trui nell' oprar giocondo cioè perfetto.
124. Poteia diretto descrive ec. Quindi de-
scrive l'orme del vizio da molti seguite, i quali
per ciò rovinarono sé stessi.
120. E questo infrena là, come quel cac-
cia. V esposizione de* vizi e delle pene che li
seguono , rafTreiia l' uomo, mentre il vizio solo
io spinge nelle pene e negli affanni.
127. E perché Stazio fu fedele e caro ec.
Siccome Stazio fu fedele a Virgilio , cosi da'
di lui libri apprese egli il poetico stile, e da
questi libri fugli anche mostrata la via del non
perdersi , e di andare al Purgatorio. Avvenne
rio perchè Stazio avea letta la quarta egloga
di Virgilio, nella quale questo insigne Poeta Ur
rendo lieti augurii a Pollione co* versi della
(Sibilla Guinea, profetizzò l'avvento del Re*
Laudando il luogo di fuor de la riva.
Ad Eva lamentando alcun richiamo.
1 36 Poi qui dal lato della selva viva
Sol con quell'atto che raiTetto importa»
Vede allegra seder la Vita attiva.
139 E li d'innanzi dalla prima scorta
Fu lasciato egli; perocché la fede
L;i ragion mostrati va non comporta.
1 /»2 Lo fondamento d*essa oramai vede ;
I sette doni dello Spirto Santo
Lran quel lume, che 'unanzi procede.
145 Eiventiquattrochefaceanquelcanto,
Li lihri della Bibhia erano quelli,
C'hanno suo dichiarezza ciascun manto.
148 E i quattro ch*avien ali più ch'uccelli,
Eran gli Evangelbti, che mostrare
L'esser di Dio da pie fui a' capelli.
denterò y senza comprenderne il vero seoao.
130. In sommità ec. 1 viaggiatori poeti dopo
di aver percorso tutt* i giri ascendono su la
sommità della montagna, su la quale essen*
dovi il paradiso terrestre, si crede che ivi fosse
vissuto Adamo , ed ivi avesse commesso la
trasgressione del comando di Dio.
133. E per lo bel che vien di ramo «e. li
bello che viene di ramo in ramo nel paradiso
terrestre, è appunto quella pace che l'uomo
inutilmente cerca al suo cuore. Entrato quindi
esso poeta , e lasciata la prima riva , loda \m
divina foresta, perchè quivi vivendo nella Gra-
zia ei gode. E sì bella sembrò a' tre poeti, che
dopo di averla lodata , volgono i lor riddami
di dolore contro di Eva , cagione dello scaccia-
mento dell' uomo da quell'amenissirao luogo, e
del danno che per sempre si deplora.
136. Poi qui dal lato ec. Dante dal lato della
selva verdeggiante vede Lia, prima moglie di
Giacobbe, affaticantesi in opere di virtù, per-
cui è in essa personiBcata la Vita attiva.
139. E lì d*innanzi ec. Dante stando per
entrare in Paradiso fu lasciato dalia prima
scorta, Virgilio, il quale avcalo accompagnalo
neir Inferno e nel Purgatorio. In Virgilio è
personificata la ragione naturale , perciò eoo
essa non potendosi inoltrare nel Paradiso , tìm-
gè che Virgilio lo lasciò , e venne a scortarlo
Beatrice, cioè la Teologia.
142. Lo fondamento ec. Dante vede la Cor-
te celeste, innanzi alla quale andavano selle
alberi o candelieri d'oro, che Bosona dict
essere i sette doni dello Spirilo Santo. Pei ven-
tiquattro che cantavano, intende i libri della
Bibbia , nei quali si contiene tutta la chiarez-
za della Feda.
DI B 0 S 0 N E
i >
151 CrìstoeraqaelGrifoneGhevedcacbiaro
Che menava la chiesa santa dietro ,
Che le sue carni Dio ed aom portaro.
154 Eletredonne, chescriveilsuo metro,
Eran quelle teologiche perfette ,
Che non si veggou che per diviii vetro.
157 L'altre eran quattro cardinal dilette,
Che andavano al modo di prudenza,
Ch*è ne' tre tempi , come l'autor mette.
160 Li due che medicar la nostra essenza
Fur Paulo e Luca, e li altri quattro foro
Quei che pistole far ebber potenza.
163 Ei vecchio ch*era dietro a tutti loro
FuMoisè; e cosi ei descrive.
E mettete per questo stretto foro.
ICG Poi dice appresso perchè mal si vive
Per li pastor di quella navicella ;
Come l'opere lor furon lascive.
169 E quella volpe , di cui ei favella ,
Fu Hacometto, che diedeun gran crollo
Al carro, come conta la novella.
173 Poscia lo 'mperio per aquila pollo ;
151. E Ib tre donne che scrive il suo metro
§e. Cioè la Carila , la Speranza e la Fede, che
som* le tre virtù teologiche.
186. Divin vetro, chiama la Fede per mez-
so della quale si veggono quelle virtù.
1-77. Le quattro donne dal lato sinistro ,
crauo le quattro virtù Cardinali , cioè Fortez-
la. Giustizia, Prudenza e Temperanza. Que-
ste doone andavano or più veloci ed or più
leste , secondo consigliavano loro le teologiche
firtù Fede Speranza e Carità.
160. Seguivano appresso S. Luca , che scris-
se gli atti degli Apostoli e l'Evangelo, e S.
Piolo scrittore dell'Epistole. Questi due scrit-
tori apprestarono le medicine alle nostre ani-
ne inlérroe dalle colpe.
168. E mettete per questo stretto foro, cioè
le alla ilbggiasca apparve tanto maestosa la
Corte celeste a Dante » considerate quanto più
«aravigliosa gli sarebbe paruta se apertamen-
te veduta l'avesse. Oppure mettete per questo
Mwffo foro, ponete mente a questo eh' io, cioè
lotone, brevemente vi dico. Ovvero: atten-
dete a godere di questa visione della Corte ce-
leste, di cui è stretto il foro , perchè 1' entrata
è permessa a tutti, abbisognandovi le
buone eoi soccorso della Grazia.
166. Diate e Bosone erano ghibellini , in
coese gneuza seguitavano il partito contrario
al Papa. Quiadi non si faceano sfuggire giam-
■ui veruna occasione senza mordere il Capo
E scrive come bel al bel del mondo ,
Con dare al Papa, si fece un rampollo.
175 Mette poi Eunoè, che mostrai fondo
Per la chiarezza sua di questa fede.
E quinci usci per gire al Ciel rotondo.
178 Quivi la gloria di Dio tutta vede ,
j Come la Teologia ve lo conduce ;
Per pagamento di quel che si crede.
ISl Qui mostra come la luna riluce
Fin di sopra Saturno tutti i Cieli
Chi benguardandochiaramente induce:
18^ E poi il sito di molti candeli
Li fu mostrato, e poi la sonuna altezza,
Poi della Trinità, perchè riveli
187 Ciò che se nepuò scriver per chiarezza,
E ciò che l'intelletto ne comprende.
E qui fa del suo libro la fermezza.
190 Adunque poi, chi bene lui'ntendp.
Che speculando queste cose vede,
E' cosi tutto il dicer suo si prende,
193 Fortificando la cristiana Fede.
vislLile della Chiesa, figurato nella Aavtce/ia.
169. Gli espositori di Dante interpetrano la
volpe per l'eresia, ma Bosone vuole che fosse
significato Maometto. Dante dice di aver ve-
duto quella volpe attaccata al carro trionfan-
te, pel quale s'intende la Chiesa Cattolica.
172. Póllo, cioè ponto, ponelo. Dice qui
Bosone che Costantino imperatore romano ,
simboleggiato nell' aquila , stemma di que-
gr impera lori, a godere del mondo, fece do-
nazione al papa, come se cosi volesse costi-
tuirsi un rampollo, un erede.
175. Mette poi Eunoi ee. Premesse queste
I cose , Dante fa menzione de' due fiumi Lete
ed Eunoè , il primo de* quali fa cadere l'uomo
in dimenticanza de' vizi praticati , il secondo
guida r uomo a ricordarsi delle virtù. Quindi
la chiarezza delle acque del fiume Eunoè mo-
strando a Dante il fondo della nostra Fede ,
uscì egli da quel luogo , cioè dal Purgatorio,
ripurgato de' vizi , per andar al Cielo , che
chiama rotondo per essere sferico , come si
descrive.
179. La Teologia ve lo conduce, Bosone di
sopra ha detto che Beatrice era allegorica,
ora spiega l' allegoria apertamente, dicendo
che Dante fu condotto in Cielo dalla Teologia.
190. Conclusione del Capitolo , eoo dire che
chi bene intende Dante , che veduto avea tali
cose , non solo trarrà profitto di scienza uma-
na, ma fortificberassi ancora nella Fede.
CAPITOLO
DI
IACOPO ALLIGHIERI
1
10
13
0 voi che siete del verace lume
Alquanto illuminati nella mente,
Ch e sommo frutto dell alto volume :
Perchè vostra natura sia possente.
Più nel veder V esser deir Universo ,
lìuardate all' alta commedia presente ,
Ella dimostra il simile e 1 diverso
Deir onesto piacer , e '1 nostro oprare,
£ la cagion che '1 fa o bianco o perso.
Ma perchè più vi debbia dilettare
Della sua intenzion entrar nel senso ,
Com' è divisa in sé vi vo' mostrare.
Tutta la qualità del suo immenso
E vero intendimento si divide
Prima in tre parti senz* altro dispenso.
9. Dante Conv.: perso è color misto dipurjntno
e di nero , ma vince il nero , e da lui ii denomina,
15. Nell'Inferno, Pargatorio , e Paradiso.
19. La parte viziosa fu divisa in nove circoli.
24. Senza merchio , cioè senza marca di
lode > e intende i malvagi ; e di essi parla dal
priticipio del capitolo sino al v. 70 E poi
f-A'a riguardar ec. dello stesso capitolo.
Queste due terzine nell'edizione del de Roma-
uis si leggono aumentate a tre, come segue:
K questa in nove modi fti partida
Sempre di male in peggio sino al fondo
Ove il maggior peccato si rannida.
iloti propria allegoria formato è 'n tondo
Sempre scendendo, e menomando *1 cerchio
Come coDviensi all'ordine del mondo.
Sopra di questi nove per soperchio
Senza trattar di lor fa digressione
Di (j^uei che son nel mondo senza merchio.
16 La prima viziosa dir provide ,
Però che prima e più ci prende e guida;
E già Enea cum Sibilla il vide :
19 E questa in nove modi fu partida, (chio
Sempre scendendo e menomando il cer^
Dove il maggior peccato si rannida.
22 Sovra di questi nove per coperchio.
Senza trattar di lor , fa divisione
Di quei che sono al mondo senza merchio :
25 Poscia nel primo senz*altra ragione,
Che d' ordine di fé mostra dannati
Que* ch'hanno V innocente oflensione.
28 E que'che son più dal voler portati
Di lor disii , che per ragione umana '
Son nel secondo per lei giudicati :
Perchè fare una tale aggiunzione ali* origi-
nale? 11 senso al certo non è oscuro.
25. In questo cerchio tratta 1* autore di A-
cheronte, primo fiume dell'Inferno, e di Ca-
ronte navicellaio di questo fiume.
27. C. IV. Di quelli cioè, che furono vir-
tuosi, ma non battezzati, e non adorarono
debitamente Iddio, e di essi pai la dal venio
70, E poi eh' a riguardar del cap. 111. sino
alla fine. Tra' quali nomina Omero . Orazio ,
Ovidio , e Lucano , ed ancor Virgilio. Del pari
Elettra, Ettore, Enea, Giulio Cesare, Camilla,
Pantesilea «Latino , Lavinia , Rruti>, Lucrezia.
Giulia, Morzia, Cornelia, e Saladino. Simil-
mente Aristotele, Socrate, Platone, Democri-
to, Dioscoride, Orfeo, TuUio, Lino, Seneca,
Euclide , Tolomeo , Ippocratc , Avicenna , Ga-
lieno, ed Avveroè.
30. Secondo circolo, dove sono i lussuriosi,
de' quali parla dal principio del V. cap. sino
77
31 Nel terzo quella colpa ci dispìana
(jbiì \>roprì segni e ha dal gusto inizio,
Da cui o^ì misura sta lontana.
3i E quelle due apposizioni in vizio
Nel quarto fa parer per giusto modo ,
Che rifiutò il buon Roman Fabrizio.
.77 Nel quintol'altre due,che son nel nodo
Del male incontanente , ci fa certi
Con accidioso ed iracondo modo.
«0 £ quei che son dalla malizia sperti
Con lor credenza eretica e fiammace ,
Nel sesto dona lor simili merli.
al TI. Tra' quali nomina Semiramis, Didone,
Cleopatra, Elena, Achille , Paride , Tristano ,
Francesca da Ravenna , e Paolo Malatesta da
Rimini , al quale cìrcolo presiede Minosse.
31. La colpa della gola. In questo terzo cir-
ffik> sono i ^losi, di cai parla dal VI cap.
»Qo al VII , e tra essi nomina Ciacco di Fi-
reoze : al qoale circolo presiede Cerbero.
31. Cioè TaTarìzia, e la prodigalità. Ivi sono
fli avari e i prodighi, de'quali tratta Tantore dal
principio del IV cap. sino al V: Or discendiamo
•mai. ec. al qaale circolo fa signoreggiare Plu-
tone; e in cui tratta de' beni di fortuna.
37. Le contrarietà delia superbia e dell' in-
vìdia. Ivi sono gì' iracondi e gli accidiosi ,
de' qoali tratta dal v. Or discendiamo ornai,
ce del cap. VII sino alla line di esso. Tra'
quali nomina alcuno in generale, nessuno in
i>l>ecie; ma fa menzirtuc di Stige, secondo
tiame dell'Inferno. Similmente in questo quin-
to circolo tratta dei superbi e degli iu>idio-
M. cioè dalla fine del VII circolo sino al prin-
ripio del IX. Tra' quali nomina Filippo Argen-
ti. In questo quinto circolo tratta ancoia l'au-
t'tre degli eretici , descrivendo la città di Dite,
ni^todita da tre furie infernali , Motto , Me-
fxn , e Tesifone. Dal principio dell' undecimo
«-apitolo sino al decimottavo parla del settimo
• ircolo : e perchè quelli i quali in questo circo-
ì't vengono puniti, in tre modi essi peccano,
in tre circoli divide il detto Vii circolo. Del
primo parlò dal principio dell' undecimo cap.
Hoo al decimoterzo ; nel quale finge esser pu-
nite le anime de' violenti contro il prossimo,
rap. duodecimo; tra' quali nomina Alessandro,
Dioolgio, Azzolino, Obizzo d' Este , Attila ,
Pirro , Sesto, Rinier da Corneio, e Rinier Paz-
zo; nel qual primo circolo distingue tutto l'In-
ferno, e tratta del perché gli usurai offendono
Dio, e dice de* centauri, cioè di Chirone, Eolo,
e !<(esso , al qoale circolo propone Minotauro.
Del secondo circolo del settimo circolo parla
^3 Seguendo la bestiai voglia fallace
Nel settimo la pou divisa in tree.
La prima violenza in altrui face :
k6 £ la seconda offende pur a sèe;
La terza verso Dio porge dispregio ,
E con lussuria accompagnata s* èe:
49 Neirottavoconchiudeilgrancollegio
Bella semplice frode che non taglia
Però la carta al fedel privilegio :
52 £ questo in dieci parti cornee vaglia ,
Ruffiani , lusinghieri , e simonia ,
E ehi di far fatture si travaglia,
dal principio del decimoterzo sino al decimo-
quarto capitolo , in cui finge che sono paniti
i violenti contro so medesimi; tre' quali no-
mina Pietro delle Vigne , Lano Sane^ e Ia-
copo di S. Andrea, cittadino Padovano.
Del secondo circolo del settimo circolo par-
lò dal principio del decimoquarto cap. fino al
decimottavo , nel quale finse esser paniti i vio-
lenti contro Dio, e gli usurai, fra' quali no-
mina Capaneo , Brunetto Latini , Prisciano ,
Francesco Accorso , Andrea de' Mozzi , Teg-
ghiaio Aldobrandi, Iacopo Rusticucci , il Conte
Guido signore di Casentino , Ranerio di Stro-
>ingi di Padova , Giovanni Ruiamonli di Fi-
renze; e nel quale tratta delle sette etadi, e
dei cambiamento del Signore di Firenze, e del
terzo fiume infernale, che si chiama Fiegetonte
41. Ivi sono gli eretici, de' quali parla dal
principio del nono capitolo sino all' undecimo:
tra' quali nomina Farinata , Cavalcanti , Fede-
rigo ed Ottaviano Cardinale degli t'baldini.
44. Di questa parla dai principio del XiV
cap. sino al XVi, v. 91. Io lo seguiva, ec,
46. Di questa traila dal principio dei deci-
moterzo capitolo sino al decimoquarto.
47. Di quest' altra parla dal principio del
XIV cap. sino al XVI v. 91: io losegmva, er.
48. S' èe, — Della quale parla dal detto ver
so sino al cap. decimottavo.
49. Cioè il collegio de' semplici fraudolenti,
o sia l'ottavo circolo, e iatcnde che'l divide
in dieci bolgie.
53 e 54. Della prima bolgia, cioè de'RuflTiauì
parla dal principio del cap. decimottavo sino al
V. 100: Già eravamo dove il stretto colie , ec.
Fra quali nomina Venetico ( e non Venedico,
o Venedigo), de Bonis, e Giasone. Della secon-
da bolgia , cioè degli adulatori , parla dal det-
to V. Già eravamo ec. sino alla fine del detto
cap. tra quali nomina Alessio dcgl' Intermi-
nelli de Laca, e Taide meretrice. Della terza,
cioè de* Simoniaci» parla dal principio del de-
78
CAPITOLO
55 Barattieri e ippocrita resta
Ladroni e frodolenti consiglieri ,
Commettitor di scismatica via;
58 Con quei che fanno scandal volonticri,
Falsator d* ogni cosa in fare e in dire,
Figurandoli al modo aspri o leggieri.
61 Nel nono quella frode fa seguire
Che rompe fede,ed in quattro*! diptirte.
La prima si chiama Caina , tradire.
64 Quei che padria tradiscono,o parte,
Nel secondo U mette in Antenora
£ nel terzo chi serve , e fa tal arto.
67 Chiamando Tolomea cotal dimora ,
£d il quarto Giudecca , che riceve
cimonono cap. sino alla fine; tra' qoali Domi-
na Papa Nicola III degli Orsini.
Nella quarta bolgia parla degl' indovini e da-
gii stregoni, dal principio del vigesimo cap. si-
no al Tigesimo primo; tra'qaali nomina Ani-
tìarao, Tiresia, Aronta, Manto, Erifile, Cai-
ronte, Michele Scotto, Gaidone Bonalti, e A-
udente, nella quale bolgia tratta del lago di
Bennco e dell'edificazione di Mantova.
95. Nella quinta parla de'barattierl,dal prin-
cipio del vigesimo primo cap. sino al v. Lag-
giù trovammo , ec. del vigesimo terzo i tra*
quali nomina Bontura di Lucca , Frate Gomi-
ta, Michele Zanche; e sulla quale bolgia met-
te dieci nomi di demoni. Nella sesta parla
degli ippocritl , dal detto verso sino alla fine
«iel detto cap. ; tra' quali nomina i Frati Cata-
lano e Ludovico de Bonis, Anna, e Caifas.
50. Nella settima parla de' ladroni dal prin-
cipio del vigcsimoquarto cap. fino al vigesimo-
sosto , tra' quali nomina Vanni Fucci , Caco ,
Kuoso degli Abati, Puccio, Angelo di Firenze,
4tiiercio e Cianfo. Neil' ottava, cioè de' falsi
ronsiglieri, parla dal principio del vigesimo-
scsto cap. sino al vigesimottavo e vigesimo-
nono v. Così parlammo insino, ee. , tra'qnali
nomina Maometto, Ali, Frate Dulcino , Pier
<1a Medicina , Gurione , Mosca , Beltrano di
B»'rni, e (icrico Belli.
•m). Della nona, cioè de* falsificatori, de'dis-
^pTiiinatori di discordia e di scismi parla dal
principio dui v. Coù parlammo sino al cap.
•il, tra' quali nomina Maestro Grisolino da
Arezzo, Capocchio da Siena, Mirra, Gianni
Schiocchi, Mastro Adamo, Sinone Greco, e
colei che accusò Giuseppe.
<»i. Del nono ed ultimo circolo, cioè de'
fniu;lolenli , e che rompono il vincolo natora-
If", i quali chiamansi traditori , tratta dal prin-
crvio del trcntesimoprimo cap. sino alla fine
dell' Inr^rno , dividendo i detti traditori In
Qualunque trade, ch'il serve ed onora.
70 Queir è il fondo d'ogni vizio greve
Da lui chiamato Inferno , e figurato.
E qui fo punto per parlar più breve.
73 Nella seconda parte fa beatOt
Purgando per salir in fin al sito ,
Che fu al nostro Antico poco a grato.
76 E questo in otto modi ancor sortito
Per un salir in forma d'un bel monte ;
Ma fuor di questo in cinque dipartito.
79 Però che'n cinque cose turba 'Ipontr ,
0 ver la scala da ire a purgarsi ,
Cioè diletto , violenza ed onte :
82 Onde convien di fuor da'sette starsi
quattro parti, Caina, Antenora, Tolomea, d
Giudecca, mettendo con questi ingannatori i
Giganti , dei quali parla dal principio del tren-
tesimoprimo sino al trentesimosecondo cap.;
tra' quali nomina Nembrot, Efialte, Briareo,
Anteo, Tizio, e Tifo.
63. Della Caina parla dal principio del tren-
tesimosecondo cap. sino al v. Poscia vidi, ec..
tra' quali (cioè quei ck* eran là dannati) n<^
mina Camicion de' Pazzi , Alessandro e Na-
poleone de' Conti , Alberto di Firenze , Focac-
cia, e Carlino.
BIS. Dell' Antenora tratta dal detto ▼. Fosria
vidi sino al v. iVot passamm'oltre , e e. del treu-
tesimoterzo cap.; tra' quali nomina Bocca de-
gli Abati di Firenze, Buoso di Duera, Teso-
ro di Beccaria , Giovanni Soldanieri , Ganellu-
ne , Trebaldo , Conte Ugolino , e i' Arciprete
Ruggiero di Pisa.
67. Della Tolomea parla dal detto verso sino
al principio del trentesimo cap. , tra* quali no-
mina F. Alberico, e Branca d' Ori.i.
68. Della Giudecca parla dal detto princi-
pio del cap. irentesimoquarto sino al v. Ma
la notte riturge, ec. 68, tra' quali nomina Lu-
cifero, Giuda Scariota, Bruto e Ca^:!^io. Dal
detto V. sino alla fine dell* Inferno parla del
centro della terra.
73. Cioè nel Purgatorio.
75. Intendi Adamo.
70. Purgatorio, diviso in otto gradi.
78. E questa parte dura dal principio del
Purgatorio sino al decimo capiiiio.
82. Da'sene $tarsi, cioè de' grndi del Pur-
gatorio. Delle dilTerenze di venire alia peni-
tenza pe* piaceri mondani parla dal principio
del Purgatorio sino al cap. ter/o; tra' quali
nomina Casella; e pone Catone, come colui
che sospinge quella tardanza. — l)cllc differen-
ze di venire alla penitenza per negligenza trat-
ta dal principio del terzo cap. ^inu al quinto.
DI IACOPO ALLIGHIERI
79
G)n questi infin al tennioe lor posto
1 Dej^'^ieaiti officiai trovarsi.
85 Nel primo ci dimostra esser disposto
Prima a purgarsi sotto gravi pesi
(/uel superbir,ch*in nois accende tosto.
SS £ propriamente nel secondo ha lesi
L' invidiosi con giusta vendetta ;
Nel terzo 1* iracundi fa palesi.
91 Nel quarto ristorarfacon gran fretta
L'amordelbenescemo; ed cntr'al quinto
dove w>iiiint nel secondo circolo il Re Man-
fredi.—Del terzo circolo parla dal priDcipio
ed qarto sino al sesto cap. v. Ed io : Si-
|Bor, ee.y tra* quali nomioa Iacopo de Fano,
d Conce Buoocoote di Montefellro , Pia da Sie-
M , Benincaso d* Arezzo , Guccio da Petrama-
u, o sia Cione dei Tarlati, Federigo Novello
ée* Conti Guidoni da Casentino, Federico da
Pisa, il Conte Orso, e Pietro della Broccia.
Del qoarto circolo tratta dal suddetto Terso
«no all' ottavo cap. tra' quali nomina Sordello,
Rodolfo Imperatore, Ottachero, il Re Filip-
pw, il Bglio del detto Filippo, Filippo il Bel-
io; il Re Tebaldo di Navarra, Pietro d'Ara-
svila , Arrigo d' Inghilterra , e Guglielmo Mar-
chese di Monferrato.
Del quieto circolo tratta dal principio del-
l' tettavo sino al decimo cap. , tra' quali nomina
Nino giudice di Gallura , e Corrado Malaspina.
8a« Del primo circolo, eh' è tra le porte del
Purgatorio , dove si punisce la superbia, parla
dal priocipio del decimo sino al decimoterzo
tap. tra* quali superbi nomina Omberto di San-
ladore, Odorosio di Agobbio, Prosensano da
>iena. Similmente espone in detti tre cap. che
^i sono state multe storie dipinte; cioè l'an-
Dosziazfone di M. Vergine, l'Arca santa, Da-
«idde , Michele , Traiano , la Vedovella, Luci-
fero, Brìareo, Timbreo, Pallade, Marte, Nem-
brot, Niobe, Sanile, Aracne , Roboamo,
A;ciDeone, Senecario, Tamiri, gli Assiri,
UlrTemo, e Troia.
88. Del secondo circolo , in cui è punita
i' ioridia , tratta dal principio del decimoterzo
sino al decimosesto capitolo; tra' quali nomi-
u Sapia da Siena , Guido del Duca , Ranieri
de'Calbali; ne' quali cap. descrive il corso del-
l' Amo. Similmente dice d' aver inteso dire
» Riunii non habsnU — Io sono Oreste.— Di-
lijite inimieoi vestroi , benefaeite his , qui octo-
rumi vot ( cap. 13. ) Omm$ , ^t invtnerii fM,
vccidei me (cap. 14) (voci di Caino, dette
da Aglauro ). — Io sono Aglauro. — E Gaude,
fui vineit. — E Beati mi$ericorde$ ».
yO. Del terzo circolo, nel quale è punita
Con gran sospiri gli avari saetta :
94 E r appetito nostro ha si distinto
Quel che dlniostra poi nel sesto giro ,
ette *\ vero è quasi da tal forma cinto.
97 Neirinfiamniato e settimo martiro
Ermafrodita, Sodoma , e Gomorra
Cantar dimostra il lor aspro martiro.
100 Poi là di sopra, perch*altri >i corra,
Della felicitA dimostra i segni
A chi la sua scrittura non abborra.
r iracondia , si parla dal v. Noi eravam ove
Itiii non saliva del decimosettimo cap. ; dove
nomina Marco da Venezia , e dove finge che
esso abbia visto in sogno i seguenti atti di
mansuetudine ; cioè la Vergine dire al figlio:
Quid fediti ? Pater tuui , et ego doUntee ec.
Pi si strato dire alla moglie, a Si noe amantee
occidamus etc. S. Stefano dire: Domine, parce
pertequentikui me. d Finge similmente di aver
veduto , per dichiarare generalmente l' ira ,
che Aman voleva far crocifiggere l' intera na-
zione Giudea con Mardocheo. E la regina Ama-
ta , la quale per l' ira da sé stessa disperata-
mente si strangolò.
91. Del quarto circolo , in cui è punita V ac-
cidia , si parla dal suddetto v. sino al v. Co-
ni* io nel quinto giro fui dischiuso del cap.
decimonono nel quale si tratta del-
l' amore osceno , dove finge d' aver intese le
voci « Maria corse. ». E Cesare per soggio-
gare V. 101 ; non nominando altri in questo,
che un certo abbate di S. Zeno da Verona.
92. Del quinto circolo , in cui è punita l'ava-
rizia si parla dal suddetto v. in cui fra gli
avari nomina Adriano del Fiesco , Papa; Ugone
Ciappetta , e Stazio , i quali finge , che nel
giorno cantino le parole che son nel testo: PO'
vero fosti , o buon Fabrizio. Ed esso parlava
ancora , ec. e nella notte cantino Pigmalione,
Mida , Acam , Sara , Eliodoro , Polinestore ,
Grasso , e del pari a Adhaesit pavimento anima
mea ».
95. Del sesto circolo , nel quale è punita la
gola , parla dal suddetto v. sino al v. E già
venuto aU^ ultima tortura del vigesimoquinlo
cap. tra' quali nomina Dante da Forese , Boo-
naggiunta da Lucca , Martino IV Papa, Ubal-
dino dalla Pila , Buonafacio , suo figlio, Mes.
Marchese dei Forlì ; vi trova due alberi ed
ascolta in detti alberi molte voci.
97. Del settimo circolo, nel quale è punita
la lussuria , parla dal soprascritto v. sino al
principio del cap. vigesimottavo ; «• in cui no-
mina Guido Guinicelli, e Arnaldo di Trovciiza,
od ascolta molte voci.
80
CAPITOLO
1 03 Ma ora , per seguire i suoi disegni ,
Dir mi conviene dell'opera divina;
E voi assottigliate i vostri ingegni.
106 La terza parte con alta dottrina
In nove parti figurata prendo ,
Simile al ben che da nove declina.
109 La prima con quella virtù rìsptende,
Che con freddezza d'animo è eccellenza,
Che carità di spirito s* intende.
112 E la seconda ceiestial semenza
Al governo del mondo cura e guarda ,
Secondo il senso della sua sentenza.
115 La terza par che foco d'amor arda :
In la quarta risplende tanta luce ,
Che sapienza al suo rispetto è tarda.
118 La quinta con feroce ardire adduce
Tanta virtù e forza corporale ,
Che solo il militar prende per duce.
121 D*ogni grandezza e d' animo reale
La sesta par che suo parere impn'nti
La mente in lei, che sua >irtiite cale :
124- E la settima par che si contenti
A castitate in sacerdotal manto ,
E ciò dimostran ben suoi argomenti.
127 D'ogni virtute , d'ogni abito santo ,
103. Ma ora ae. Spooe da questo verso sino
alla fine del capitolo » la terza ed altima parte
della Divina Comedia: cioè il Paradiso, di-
L'ottava d'ogni ben par esser madre ,
Per la virtù ch'ella ha in sé cotanto.
130 E la nona conchiude , come padre
Mobile più ciascun moto celeste ,
E questa inchiude sincere e leggiadre.
133 Poscia disopraatuttequanteqiieste
Vede r essenza del Primo Fattore ,
Che r universa macchina riveste.
136 In lei si sceme del nostro colore ,
Per <]imostrar che sola nostra vista
Sensibil può veder il suo amore.
139 Perù vedete ornai quanto si acquisita
Studiando l'alta fantasia profomia.
Della (piai Dante fu comico artista :
H2 Vedete ben come il suo dir si fonda
Nel bene universal per nostro esempio.
Acciocché in noi il mal voler confond.i.
ik& Mettete l' aflezion a tal contemplo ,
Non vi smarrite per lo mal cammino.
Che vi distoglie dall' eterno tempio.
ikS Nel quale fu smarrito peregrino.
Finché dal Ciel non ^'li fu data aita ,
La qual li venne per voler divino
151 Nel mezzodelcammindinostravita.
stinto in nove parli.
122. impnnti , imprima, dall'antico m:
prentare.
INFERNO
DELL' INFERNO.
CANTO PRIMO.
ARGOMENTO.
Si trova imarritó in una ielta : gli tengono ineoniro una lonza, un leone, una
lupa j e gV impediscono eaUre al monte : apparisce Virgilio ; propone per toglierlo
di pericolo^ condurlo a vedere l'Inferno ed il Purgatorio. Dante gli si raccomanda j
e seco f avvia.
Il ponto più poetico è là dote Dante si trova appiè del (5olle vestito del sole di pri
ina?era,.e guarda alla selva.
Nota le terzine 3, 6» 8, 9, 10, 13, 13, 14, 16, 17, 19, 21, 27, 34. 35, 36, 43.
N
3
EL mezio del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura
Che la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
Questa selva selvaggia, e aspra, eibrtc.
Che nel pensier rinnova la paura 1
Tanto è amara che poco è più morte.
Ma per trattar del ben eh* i vi trovai.
Dirò dell* altre cose eh' i* v'ho scorte.
i. Mmtio, Il mexzo della vita ai perfetta'
Menle naiurmti , dice Dante nel Convito , è
l'inno XXXV. Il silmo LXXXIX , 10. Diet
tmnorum nottrorum .... $eptuaginta anni.
Isaias , XXXVIII. Ego dixi: vn dimidio die-
rum meorum vadam ad. portas inferi , che
S. Bernardo interpreta: inferni metu, incipit
de bonis qttantre eonsolaUonem. — Cammin.
Convivio: A>/ nuovo cammino di questa vita.
Anonimo : Cominciò queeta opera a mezzo
ntarzo, — Selva. Convivio: Selva erronea di
ifuesta vita. £ qnasi selva e' figura l' Italia ,
nella volgare Eloquenza. ( 1 , 18. )
2. SiLVAOoiA. Come il eavae caverna» di
Virgilio. — Aspra. Virg. ( Georg., 1.): Aspe-
ra Silva, Lappaeque triiuUque. — Forte. In-
tralciata e difficile a passare. Porg., XXXIII.
Enigma forte. Farad., XXII: Passo forte. Vi-
«tea di fare la via d' Inferno impedita da una
sHrha , è in Virgilio.
6
r non so ben ridir com' i* v* entrai:
Tant'era pien di sonno in su quel punto
Che la verace via abbandonai.
Ma po'ch'i'fui appiè d'un colle giunto.
Là ove terminava quella valle
Che m* avea di paura il cuor compunto ;
Guarda' in alto , e vidi le sue spalle
Vestite *già de' raggi del pianeta
Che mena dritto altrui per ogni calle.
3. Morti. Lib. Reg. : Siecine ieparas, ama-
ra more,
4. Viraci. Conv.: Nella vita umana iono
diveni cammini , deUt quaU uno è veracissi-
mo, e un altro fallacissimo ; e eerti men fal-
laci , e certi men veraci. Insiste ivi a lungo
sulla medesima imagine ( cap.VI ). — Aiban-
noNAi. Egli è Dante dunque che abbandona
la via: Tallegoria dunqne ha senso non soia-
mente politico , ma morale. Purg. , XXX : E
voiee % pasti suoi per via non vera, Immagi"
ni di ben seguendo false. Prov. ( II , 13 ) : Ile-
Itfi^iftmr iter reetum , et ambutant per vias
tenebrosas. Boet. : Ubi oeulos a summae lucie
ve ritate ad inferiora et tenebrosa d^ecerint ,
mox inseitiae nube caligant , pemiciosit tur-
bantur affectibus.
6. Guarda*. Psalm, CXX, 1: Levavi oeu-
los meos in montes , unde veniet auasUium mi*
hi. — Vistiti. Virgil., VI: Lumine vestii Pur^
8k
DELL' INFERNO
7 Alior fu la paura un poco qneta
Che nel lago del cuor m*era durata
La notte eh' i* passai con tanta pietà.
8 E come quei che con lena afiannata
Uscito fuor del pelago aOa riva »
Si volpe all' acqua perigliosa e guata;
9 Cosi r animo mio eh' ancor fuggiva,
Si volse indietro a rimirar lo passo
Che non lasciò giammai persona viva.
10 Poi eh' ebbi riposato il corpo lasso»
Ripresi via per la piaggia diserta ;
Si che'l pie fermo sempre era*l più basso.
11 Ed ecco quasi al cominciar delFerta,
Una lonza lederà e presta molto,
Che di pel maculato era coverta.
puteo. Sotto figara di noovo giorno in ana let-
tera latina presenta Dante il venire d'Enrico
In ItaUa. E nel Gonv. chiama Dio solespiri-
taaie e intelligibile. Eccl. (XXIII. 28): Oeuli
Domini . . . lucidiores iunt super $olem, eireum-
tpicientes omnet vias hominum , et profundum
abysù, Pro?. (VI, 23) : Quia mandatum lu-
cerna Bit , et lex lux , et via vitae increpatio
diseipUnae.
7. Paura. Virg. : Hoc primum in luco no-
va ree oMata timorem Leniit: hic primum A»-
nea* sperare talutem Ausus. — Lago. Così
chiama anco in una canzone quella cavità del
cQora ch'è ricettacolo del sangue , e che l'Har-
vey chiama : sanguinie promptuarium et cister-
na. Il Boccaccio dice che in questa cavità abi-
tano gli spiriti vitali t e di \\ viene il sangue
e il calore che per tutto il corpo si spande.
9. Fuggiva. VirgU. : ilmmiif iticiti... re-
fugit. — Viva. Virgil. : Lucos Stygios , rwgna
invia vivis. S. Joann. : Ego sum via , veri-
tà» , et vita. Ecco perchè smarrita la via ve-
ra , egli entra in una selva amara che poco
è più morte. Prov. (XII, 28): M semita ju-
stitiae vita , t(0r devium. . . deducit ad mortem,
10. Basso. Atto d'uomo che sale , che il
pie che move è sempre più alto fuor nel pri-
mo atto del movere : ma qui significa che»
venendo da male a bene, il desiderio pur sem-
pre riposa alquanto sulla memoria del passato.
11. LsMUmA. Stat. , Th. : Effrenae lynees.
Fiera del genere delle pantere, libidinosa e
leggiera. Or la lussuria , nota il Boccaccio, è
vizio volubile. Per la lonza si può intendere
anco Firenze , leggiera mutatrice d'ordini po-
litici y ed usa , secondo Dante , a giacere con
parte guelCi. Nel Purg. , XI : /^ rabbia fio-
rentina , eh€ » • , ora è putta. — Ccvskta.
12 E non mi si partia d'ionanzi al volto,
Anz' impediva tanto il mio cammino.
Ch* i' fiu per ritornar più volte volto.
13 Tempo era dal principio del mattino,
E1 sol montava in su con quelle stelle
Ch* eran con lui quando Y Amor divino
ih Mosse da prima quelle cose belle :
Si eh' a bene sperar m' era cagione
Di quella fera alla gaietta pelle ,
15 L*ora del tempo, e la dolce stagione :
Ma non al che paura non mi desse
La vista che m* apparve d' un leone.
16 Questi parca che centra me venesse
Con la test' alta e con rabbiosa fame,
SI che parea che Taer ne temeue.
Virg.: JHactiIofae re^mtna lyncis,
13. Dal. Similmente il viaggio d'Enea :
Primi sub lumina soUs, — Stelli. L' ariete.
F. Par. , I,
14. Mosse. Creò. Nelle Rime , dice di Dio:
chi mosse V universo. Creaiione è moto, e mo-
to è creazione ; secondo Platone e san Toma-
so. E il Malebranche dice che sola l'Idea di
Dio può far chiara l'Idea del moto.— Buxb.
Inf. , XVI : Le beUe steUe. Virgil. : Ver ma-
gnus agebat orbis... quum primum fecco la
frase quando . . . da prima) lueem peeudu
hausere. . • hnmissaeque ferae silvie et sydé-
ra eoelo, — Spirar. Sperar di prendere quel-
la fiera ; come più sotto : speranza M'tUtei-
sa. — Alla. Inf. , XVI : Lonza alia velie di-
pinta , per dalla. In quel canto egli alce che
voleva con una corda prender la lonza : la
pelle dunque di lei non poteva con la bellez-
za ispirargli speranza. Bene sperava di pren-
derla. Così spiegano Pietro figliuol di Dante
e il Bocc.
15 L'ORA DSL TEMPO, usa anchc l'Ottimo,
per qael che noi diciam ora.— Stagione. Del-
la incarnazione del Verbo , e dcUa creazione
del mondo. Nella primavera, dice il Boccac-
cio ; le forze si rinnovellano : però spera di
vincere.
16. L'aer. V. S. Padri : Ikirea che non so-
lamente le genti ma eiiandio l'aere così sere-
no onoraue la sua sepoltura. Altrove : Cre-
do che non solamente li tuoi orecchi ma ezian-
dio Varia riceva infezione da quel parla-
re. — Temesse. Amos: Leo rugiet; quis non
timebit7 Anche Boezio pone il leone simbolo
della superbia violenta. Eccl. (XIII. 23): Ve-
natio leonis , onager in eremo : tic et pascua
divitum sunt paupcret.
CANTO I.
b5
17 Ed uba hipa , che di tutte brame
Sembiava carca con la sua magrezza,
£ molte genti fé già viver grame.
18 Questa mi porse tanto di gravezza
Con la paura che uscia di sua vista ,
Ch*i' perdei la speranza dell' altezza.
19 E quale è quei'che volentieri acquista,
E giugno '1 tempo che perder lo face,
Ch'intuttiisuo'pensierpiangees*attrìsta;
20 Tal mi fece la bestia senza pace ,
Che venendomi incontro, a poco a poco
Mi ripingeva là dove '1 sol tace.
21 Mentre eh* i* rovinava in basso loco,
Dinanzi agli occhi mi si fu offerto
Chi per lungo silenzio parea fioco.
22 Quand*i'vidi costui nel gran diserto:
Misererò di me , gridai a lui ,
Qual che tu sii, od ombra , od uomo certo.
23 Risposemi : non uomo, uomo già fui:
17. LvPA. Jerem. : tkreutiU eo« leo desQ-
va : lupus ad vetperam vastamt eot ; pardui
wigitan» Muper eivitatei eorum, OmnU qui
§grusui fuerit ex eis, eapietur, — Moltb. Nel
Forg., XX, chiama l'avarìzia antica lupa.
— Gkamb. Nella Volg. El. dice tatti quasi i
principi del tempo suo segaitatori d* avarìzia.
CM aUro , die' egli nel Gonv., maggiormente
pefieeia e uccide le città , U contrade , la fin-
molari persone , tanto quanto lo nuovo rauna-
meato d'avere^ Seneca cit. daU' (Ht.(Il, 367):
L' avarizia recò povertade ; e molle cose desi-
isrando tutte U cose perde. Eccl. ( XXXI, 6 ):
JAiIfi dati sunt in auro casus.
19. Pbnsibr. Più forte nelle Rime ( i. II ,
BOB. 6) : ilfi pianse ogni pensiero NeUa mente
do^iosa.
20. Pace. Nel Gonv. dimostra le ricchezze
essere d' inqaietadine perpetua cagione. — Ta-
ce. Jerem. : Ncque taceat pupilla ocuU mei.
> irgli. : loca noete silentia late . . . Silentia
luna». Sap. (V , 6): Erravimus a viaverita-
tiSf et justitiae lumen non Iwtit nolns, et sol
inulUgentiae non est ortus nobis. Eccl. (XXI,
il ) : Via peccanlium :. . . in fine Ulorum in-
feri el tenebrae et poenae.
$1. OrFEETO. yìrg,:9Rhiseseoeulis...viden-
iaiH obtulit. — Fioco. O com' ombra: e a quel
modo Virgilio dell' ombre disse : pars tollere
voeem Exiguam. 0 perchè Virgilio e le anti-
che lettere da lungo tempo tacevano-, taceva
lE scienza naturale , che Dante stimava alu-
tatrice alla scienza divina. Gosl io Armanni-
no , guidatrìce d* un viaggio simbolico è la
pofsia in forma d'amica donzcfln, perchè an-
E li parenti miei fnron lombardi ,
E mantovani per patria ambidui.
2^ Nacqui subJulio, ancorché fosse tardi,
E \issi a Roma sotto '1 buono Agusto,
Al tempo degli Dei falsi e bugiardi.
25 Poeta fui , e cantai di quel giusto
Figliuol d'Anchise che venne da Troia
Poiché *i superbo Ilión fu combusto.
26 Ma tu perchè ritomi a tanta noia?
Perchè non sali il dilettoso monte
Ch'è principio e cagion di tutta gioia?
27 Or se* tu quel Virgilio, e quella fonte
Che spande di parlar si largo fitmie?
Risposi lui con vergognosa fronte.
28 Oh degli altri poeti onore e lume,
Yagliamil lungo studio e'I grande amore
Che m'han fatto cercar lo tuo volume.
29 Tu se'Io mio maestro el mio autore;
Tu se* solo coltii da cu* io tolsi.
ticamenie fu più onorata che oggi.
22. DiSBETO. Deserto in una lettera latina
e' chiama l'Italia alla mano de' Guelfi. — Qcal
CHE. Virg.: Oquamte memorem, virgo^nam"
que haud tihi wiltus Mortalis, nec vox homi-
nem sonai. O Dea certe. . . . Si$ felix , no-
strumque leves quaecumque laborem. — Gbeto.
Reale. Virg. : Deùm eertissima proUi»
23. LoHEAEDi. Rammenta il gran Lombata
do , Parad. , XVII. Scaligero , speranza di
Dante e dell'Italia ghibellina. £ ghibelUoa era
gVan parte df Lombardia.
24. JuLio, Formola non osata se non do-
po la dittatura di Cesare : e Virgilio nacqno
prima di quella. Onde dice : ancorché piit
' tardi , e tardi a quel eh' e' meritava , avesse
il titolo di dittatore di Roma. L' Ottimo in-
tende eh' e' nascesse al tempo di G. Cesare^
guati nella fine del suo imperiato.
25. Giusto. Virgil.: Aeneas, quo justiar
alter Nec pietate fuit, £ Dante cita questo ver-
so nella Monarchia. — Venne. Virg. : Troiaa
qui primus ab oris ItaUam . . . venit. — Su-
PBREO. Virg. : Ceciditque superbum llium.
28. Lungo. De' suoi lunghi studii parla e
nel XXV del Par. , e nella lettera a chi gli
oCDriva di tornare per via disonorevole in pa-
trìa.
29. Autore. Gic. (Or., Ili) : Non intelli-
gendi solum sed etiam dicendi maximus aif-
ctor et magister Plato, Virgilio fu maestro ed
autore a Dante, di stile assai più che d'i-
dee. — Stile. N'avea fatto prova nella V.
Nuova , nelle Canioni , nelle Egloghe. Non di-
ce imitai , dice tolsi ; ch'è meno , insieoM ,
òò
DELL' INFERNO
Lo bollo stile che m'ha fatto onore.
30 Vedi la bestia per cu' io mi volsi.
Aiutami da lei , famoso saggio;
Ch'ella mi fa tremar le venere i polsi.
31 A te convien tenere altro' viaggio ,
(Rispose , poi che lagrìmar mi vide)
Se vuoi campar d'esto luogo selvaggio.
32 Che questa bestia per la qual tu gride,
Non lascia altrui passar per la sua via,
Ma tanto lo 'ropedisce che Y uccide.
33 Ed ha natura si malvagia e ria
Che mai non empie la bramosa voglia.
ed è più. Nelle Prose lo cita spessissimo. Mo-
narch. ( p. 16; 33 e seg. : 42 , 45 , 47, 50),
Ma Dante, ben noia il sig. Tissol , neirimi-
tazione stessa è pieno d'ardimcDlo; timido
nelle sue imitazioni è Virgilio (Et. sor Virg.).
30. Polsi. Y. Nuova : Lo tpirito della vi-
ta incominciò a tremar ii fortemente , che ap-
pariva nelii menomi polti . . .
31. Tenere. Virg. : Quove tenetii iter ? —
Altro. Boel.: Tu quoque falsa tuem boiM
prius Incipe colla jugo retrakere : Vera dehinc
animum subierint.
32. Uccide. Boezio, studiato da Dante,
paragona 1* avaro ad un lupo.
33. Ria. Malvagia è meno di ria. Malva-
gio chiama Dante un cammino ( lof. , XXXIV):
ed è voce che s' applicava a tutti gii oggetti
corporei , come il francese mauvais, — Empie.
Prov. (XVII, 16): Nec. avarm impletur pe-
cunia, Boet. : Opetincxpletamreitinguereavct-
ritiam nequeunt, — Fame. Virgil. : Auri sacra
fames, liorat. : Mc^orumque fames,
34. Molti. L'avarizia s' accoppia a molti
vizii — VELTRO. Cane della Scala , chiamato
Catulut , in una profezia di Mich. Scotto ,
notata da G. Vili. ; al qual Cane il P. indi-
risse il Paradiso con lettera , dov'è resa ra-
gione dell' intero poema. Di lui parla nel
XVH del Paradiso , e n'augura cose incredi-
bili a queglino stossi che le vedranno. Poi l'e-
logio di quel canto con le parole di questo
corrisponde a capello. — Morir. Ne' Falli d'E-
nea, testo antico pubblicato dal sig. Gamba,
a p. 83 si legge : Dante profetizza di quel vel-
tro che débbe cacciare la lupa d'Italia , cioè
V avarizia e la simonia.
35. Terra. Par. , XVII. in non curar d'or-
.^enlo né d'affanni. Peltro qui , come argen-
to , sta per ogni jnetallo o ricchezza ; terra
per ogni podere. E forse s' accenna all' astu-
to serpente nemico dell' uomo , che si ciba
di terra secondo la Genesi , cioè di vili beni.
Petr.: Che vi fa ir superbi , oro e terreno. ^~
E dopo 'l pasto ha più fame che pria.
Zk Molti soD gli animali a cui s'ammonì id ;
E più saranno ancora infin che*l Veltro
Verri, che la farà morir di doglia.
35 Questi non ciberà terra né peltro.
Ma sapienza e amore e mtute:
E sua nazion sarà tra Feltro e Feltro*
36 Di queir umile Italia fia salute
Per cui morie la vergine Cammilla ,
Eurialo , Turno , e Niso , di ferute^
37 Questi la caccerà per ogni villa ,
Fin che V avrà rimessa nello 'nfemo
Ma. Salui , amor, vtrliit, sono ! tre fini del-
la poesia secondo V AUighieri ; e poesit, po-
litica , religione , erano nella sua mente lua
cosa. — Amore. Lo Scaligero in lasso • in
delicatezze profase molt' oro : e tanto senti
l'amore che per esso commise un delitto. Ma
qui parla d* amore più alto. — Virtute. ftr. ,
XVI i : Parran f amile della sua vtrtufe. — >
Feltro. Per Feltre cittìi del Friuli è nel IX
del Par. L'altro è Montefeltro in Romagna:
in questo spazio erano i Ghibellini piS ar-
denti. Pietro di Dante e molti altri comenca-
tori descrivono cosi larghi conGni alla nazio-
ne del Veltro ; e nessuno riconosce ne* due
Feltri san Leo e Macerata , come il sig. Tro-
ya desidera. Si noti inoltre che Alessandro
I Novello vescovo di Feltre e principe, contro i
Ghibellini tenne da Padova ; e nn alerò vesco-
vo di Feltra i Ferraresi nella sua città rifug-
giti, que' Fontana congiunti di Dant^, con-
cesse alla vendetta d' nn crudele nemico. Que-
sto nome di Feltro gli rinnovellava molte cru-
deli memorie. Nazione può intendersi e per
luogo di nascita , e per nazione ghibellina-
mente costituita. Io prescelgo il secondo: per-
chè Cane fu capo della lega ghibellina : né
d' uomo già nato nel 1300 , si direbbe che la
sua nascila sarà in tale o tal luogo. Questa,
maniera di segnare geograficamente larshi con-
fini ad uno spazio di terreno, non aispiaca
al P. Cosi si disegna nel Par., IX, il colle do-
ve nacque Eccelino ; e nel X , la città dove
nacque Folchetto.
36. Umile. Virg. : Humilemque videmus Ùa»
liam. La parte d' Italia a cui Dante accenna,
é quasi tutta in pianura ; quella dov Enea
combattè — Vergine. Titolo che le dù soven-
te Virgilio : O decus italiae , virgo'. — Eu-
rialo. Aen. , X. — Turno. Aen., XII. — Fi-
RUTE. Vfrg. : Pulcramque petunt per vulnera
mortem Ob patriam pugnando vulnera pasii.
37. Caccerà'. Qui intende quella che Dante
chiamava ( Vulg. El. ) armorum proìrita$» Nel
CANTO 1.
87
Le oodeViTidia prima dipariilla.
Qnd'io per lo tuo me'penso e dìscemo
Che tu mi segui : ed io sarò tua guida,
E trarrotti di qui per luogo el^rno ;
39 Ov' udirai le disperate strida ,
Vedrai gli antichi spiriti dolenti ,
Che la seconda morte ciascun grida.
%ù E po' vedrai color che son contenti
Nel Tuoco, perchè speran di venire,
Quando che sia, alle beate genti.
U Alle qua' poi se tu vorrai salire ,
Anìaia fia a ciò di me più degna :
Con lei ti lascerò nel mio partire.
Par. , XYII » dica che Cane fa Impresso na-
•ccsdo del forte pianeta di Marte, sì che no-
ubili saranno le opere sue. Cane doveva ctc-
eiare la lupa e battendo gli avari tiranni , e
vjoeaido 1' avarixia co* noDlli esempi. Par. ,
Xni : Le tua magnifctni^ eonotciuU Saran-
no m^om, ti che t tuoi nimici Non ne pò-
trm Un§r U ìingue muie . . . Por lui fia tra-
mimtata moUa genie. Cambiando condizion
fieM • mmdUL DeUa liberalità di Cane toc-
ea a Boccaccio.— 'NviDU. Sap. ( II , 24) :
fcuìrfgq • . • diahoU mori inf rovif tn orbtm fer-
fonuR. Questa terzina d& per certa, cosa che
nel Purgatorio è desiderata incertamente sic-
coflM WMaMi.- Quando ^enà per cui quetta
lUicedm t IfoCate il medesimo modo : 12 Vel-
tro merré* Un anonimo antico della Riccard.
di Firenta ( cod. 1037 e Magliab. ci. I , cod.
47, 49) commenta così: Bawi ehi tiene che
torà uno iatperaiore il quale verrà ad alritar$
a toma.' a per costui garanno cacciati ima'
futmi di t, Chieia , .... e che per questo
iMite sa fie rifarà^
38. Etsbho. Il timor della pena , il dolo-
ra deU'aspiaiione , la speranza del premio ,
m te tre scale per ritornare a virtù. Ecco la
ttare deli' Inferno , del Pnrgatorio e delPa-
M. ÀxTiCBi. Non vedrà solo gli antichi ;
m col desiderio de* più onorevoli e più ono-
42 Che quellolmperador che lassù regna,
Perch'i' fui ribellante alla sua legge ,
Non vuol che'n sua città per me si vegna.
43 In tutte parti impera , e quivi regge;
Quivi è la sua cittade, e l'alto seggio.
O felice colui cu' ivi elegge I*
44 Ed io a lui: poeta, i' ti richieggio
Per quello Iddio che tu non conoscesti,
Acciocch'i' fugga questo male e peggio,
45 Che tu mi meni là dov'or dicesti.
Si ch'i' vegga la porta di san Pietro,
E' color che tu fai cotanto mesti.
46 Allor si mosse; ed io gli tenni dietro.
rati da Dante, Virgilio k> invoglia.'— Sbcon-
DA. Così chiama s. Agostino T Inferno. Apoc.
( IX , 6 ) : Desideràbunt mori , et fugiet more
ab eie.
40. Bbatb. Ps. : Beala gens , evjus eeMo-
minus Deus ejus : populus quem elegit in hae-
reditalem sibi . . . Beati qui hàbitant in domo
tua , Domine.
42. IMPBRADOR. V. S. Padri e Dino : Lo
imperatore del cielo. Ma qui non s'usa senxa
inieniione politica. — Pan. Ottimo : AUa ter-
za non si va per naturale ragione 9 ma per
fede cattolica e cognizione di Dio.
43. iHPBBA. L'impero si stende più del re-
gno: il reggere é più dolce. Psalm. : Domi-
nus regit me : nihil mihi deerit, — Ssceio.
Psalm. : Domintu m eoelo sedes ^jue* Boei. :
Hio seeptrum Dominus tenetf ormsque Aa(f-
nas temperat.
4tf. Porta. Del Pnrgatorio , alla quale sie-
de un augelo con le chiavi di Pietro (Pnrg.,
IX ). he nomina prima dell' Inferno , come
idea molto più coosolanie. Il Rossetti » ram-
mentando che le case di Dante erano a porla
a s. Pietro » vuole che qui a Firenze s'accenni.
46. DiiTRo. Virgilio , il più spirituale de'
poeti profani , quello che più lo ispirava di
religione e d'amore e di soavemeslizia, 4da
lui tolto a guida.
88
DELL* INFERNO
CANTO IL
ARGOMENTO.
Teme non »ia troppo ardito il viaggio: Tirgilio gli raecùnta da ehi fu fnandaiOm
Scese a lui Beatrice j l* amata di Dante , marta da fuari dieci annij e lo pregò
di eoccorrere V amico euo^
La ragione condace 1* uomo fino al pensiero deHa neeessità dellt pena , l' Inferno ; a
della espiazione, il Purgatorio: ma ana guida di?ÌDt gli bisogna perole?arlo alia speranza
del premio , il Paradiso.
In questo canto clie pare si semplice è più poesia che nel primo.
Nota le terzine 1 alla 4; 7, 8, 10, li, 14, IS, 16; 18 tUa 91; S3 aUa S6; 33
aUa 37; 39> 42, 43, 47.
1 Lo giorno se n' andava , e Faer brano
Toglieva gii animai che sono *n terra
Dalle fatiche loro : ed io sol uno
2 M'apparecchiava a «ostener la guerra
SI del cammino e si della piotate,
Che ritrarrà la mente che non erra.
3 OMuse,o alto ingegno, or m'aiutate.
O mente che scrìvesti ciò eh* i'vidi.
Qui si parrà la tua nobilitate.
b lo conÙDciai: poeta, che mi guidi,
I
1. AiriXAT. Virgil. : No9 eroi et terris ont-
fiuriia f ofmitff hahebat . . . Nox erat 'et piaci'
dmm carpebant fesea eoporem CorporapBtttr-
fOf . . . Nox trat af terrai animtUia feua per
owmee . .. Soporaltue habebat. Tra le noie del-
la seWa e i discorsi con Virgilio era passato
quel giorno. — Uno. Aibertano : Quello che
ditpiaee a te uno,
2. M'APPARBCCHiAVA. Virgil.: Parai Stygiam
tonane paludem,
3. MusK. Virgilins : Sit mihi fai audita lo-
qui iit numine vettro AnuierìB. — Ingegno.
L' ingegno è la forza meditante , la mente è
la memoria imaginante. Inf., Ili: I^ «etile
di iudore ancor mi bagna,
4. Fini. Virgil. : Auius «e ereders eoeìo, Ec-
cL (XXXil, SS): NecredaiUviaelaboHoiae.
5. Silvio. Virgil : Silviut , Albanum no-
men» tua poithuma proles; ...Et qui ti no-
mine reddet, SUmuiAeneai. — CoreottibiLb.
Guarda la mia virtù 8' eli' ò possente ,
Prima eh' ali* alto passo tu mi fidi.
5 Tu dici che di Silvio lo parente.
Corruttibile ancora , td inunortala
Secolo andò , e fu sensibilmente.
6 Però se l' avversario d* ogni male
Cortese fu , pensando l' alto efiello ,
Ch' uscir dovea di lui , e1 chi el quale ,
7 Nonpare indegnoaduomo d'intelletto,
Gh'ei fu delI'ahuaRoma e di suo*impero,
Monarchia , pag. 81 : Homo , sì eomidarvCiir
seeundum utramque pariem enoniiaìem , eor-
ruptibilii iit. ^ Secolo. V. Noova: BarHia di
queito acolo, Virgil. (G. I ) : liiifiia ioeeuta*
6. AwKRSAKio. Monarchia , li : Rowummi
populìu cunetii atUtiiantUfUi prò imperio mum*
di praenaìmt : er^o de dtmiio judieio proooo-
imi: — Goanss. Dante chiama Dio nella V.
N. iin della eorte»ia. — Quali. S. Leone
( Serm. I, De Ap. ) : Ditpotito dimniiut ope-
ri maxima eongruebat ut multa regiM uno
confoederarentur imperio, et eiio pervioe km-
bent populoi praedicatio generalie , quoi m-
niui teneret regimen cioiìafù. Di che larga-
mente nel Con?.
7. iNOEGNO. Virgil.: Nee fuUindigwumsu-
perii , bii ianguim nouro Annathiam . . . pin-
gueseere ... — 'Mmo. Egli i teritto : noice-
rà U troiano Canirs della bella ichiatta , ti
fiMii termtnerd lo tinperto coiToesofio , e la
CANTO IL
89
Neir empireo dei per padre eletto.
8 La quale e'iquale, a volerdir lo \ero,
Far stabiliti per lo loco santo
U' siede il successor del maggior Piero.
9 Per questa andata onde gli dai tuvanto.
Intese cose che furon cagione
Di sua \ittoria , e del papale ammanto.
10 Andovvi poi Io vas d* elezione
Per recarne conforto a quella fede ,
Ch' è principio alla\ia di salvazione.
11 Ma io perchè Tenirvi?o chi'l concede?
Io non Ènea , io non Paolo sono,
Me degno a ciò né io nò altri crede.
12 Perchè, se del venire i* m'abbandono,
Temo che la venuta non sia folle.
Se' savio, e*ntendi me*ch*i'non ragiono.
13 E quale è quei che disvuol ciòch*e'volie,
E per nuovi pensier cangia proposti.
Si che dal cominciar tutto si tolte ;
ik Tal mi fec* io in quella oscura costa,
fmma coUb stèlU. Gos) scrive ad Arrigo. —
Pabab. Virg. : Pater Aeneai, romana^ ttir-
^ origo . . • Pater urbis et auctor,
8. PiBmo. G. Cristo dicendo : Tu es Petrtti,
9i super kamcpetram aedijkabo eccUsiam meam .
volse la parola a tutti i successori di lui. in
questo senso ogni ponteGce è un Piero , e l'a-
postolo il wtaggior Piero. 11 Bocc. interpreta:
Piero li wuiggiore, a differenza di molti santi
mommi nominati Pietri,
9. ViiXTO. Virg. , VI : Pauci, quos aequus
mmtarit Jmppiter , aut ardens evexit ad aethe-
ra rtrfitf. IHs geniti , potuere. — Cagione.
Kob già che le cose udite da Enea intorno al-
Tinpero di Cesare (Aon. , VI) fossero causa
étìÌM sua ¥Ìttoria e della dignità pontificia;
ma la dignità pontificia era V ultimo fine dul-
ie cose da Enea allora udite , che lo inanimi-
roBo a sincere i Ruinli. V, il libro Ve Mo-
mmrehia.
10. Vas. S. Paolo (Acta» IX, 1).
il. Ma. Il discorso di Dante è il contrap-
posio di quel d' Enea ( Aen. , VI ) : Si potuit
Mncs areessere eonjugis Orpheus , ec.
12. AiBANiioxo. Ramondo di Tolosa , poe-
ta proTeniale , dice che V tuignuolo s*abban-
éama del cantare. — Folle. Virg. : Nigra vi-
dtre Tartara et insana juvat indulgere labori.
L'indulgere risponde %\i'abbandonarsidi Danivi.
14. CoxsrMAi. Antividi , precorsi , e quasi
coosomai col pensiero le difficoltà dell' impre-
sa. Virg. : Omnia praecepi atque animo nie-
l*erchè, pensando, consumai l'impresa
Che fu nel cominciar cotanto tosta.
15 Se io ho beo la tua parola intesa,
Rispose del magnanimo quell'ombra,
L'anima tua è da viltate offesa.
16 La qual molte fiate l'uomo ingombra ,
Si che d' onrata impresa lo ri voi ve.
Come falso veder bestia quand'ombra.
17 Da questa tema acciocché tu ti solve.
Dirotti perch'i' venni, e quel ch'io 'ntesi
Nel primo pimto che di te mi dolve.
18 r era tra color che son sospesi ;
E donna mi chiamò beata e bella ,
Tal che di comandare i' la richiesi.
19 Lucevangli occhisuoi piùche lastelia,
E cominciommi a dir soave e piana
Con angelica voce, in sua favella:
20 O anima cortese mantovana.
Di cui la fama ancor nel mondo dura.
E durerà quanto '1 moto lontana ,
cum ante peregi. — Tosta. Virg. ; tneeptum
subitum.
15. Magnanimo. Virtù, nota T Ottimo, con-
traria alla pusillanimità da coi Dante era preso.
16. Ombra. Novellino , XXXVl: Pun^ea ra-
sino, credendo che ombrasse.
17. Solve. Virg. : Solvent formidine.
18. Sospesi. Tra il cielo e la terra , tra la
gioia e '1 dolore. Inf. (IV, 15). — Beata. Di-
ce nel Conv. , che , daccbò Beatrice era mor-
ta , e' la riguardava come la sapienza felicis-
sima e suprema.
19. Stella. 0 la stella mattutina, o il so-
le che i Greci cbiamavan ciKro, e i trecenti-
sti stella: e Dame stesso: La bella steUa ciie'l
tempo misura. K stellone <iicesi in Tosca-
na tuttavia un sol cocente. La stella però dis-
se altrove per una stella, o per le stelle: Tur-
bar lo sole ed apparir lastelia. — Piana. A1-
bertano : Tu con piane parole e con soavi mi
vuo' inducere . . . Dante. Rime : Quanto piani
Soavi e dolci ver me si levaro ( gli occhi di
Beatrice ). — Favella. Fiorentina , nota il
Bocc.
20. UoTo. La creazione. V. Inf., L Ari-
stotelcs : Tempus est numerus motus. Platone
afferma il moto non potere avere principio se
non da forza la qual si mova da sé. Cosi >.
Tomaso. — Lontana. O è verbo, come vuole
il Bocc. , e vale : quanto il moto procede a
si prolunga nello spazio e nel tempo: o, me-
glio , é nome , e vale : la cui fama durerà
12
DELL* INFERNO
90
21 L' amico mio, e non della yentara,
Nella diserta piaggia è impedito
Si nel cammin , che volto e per paura :
2-2 E temo che non sia già si smarrito,
Ch* io mi sia tardi al soccorso levata,
Per quel eh* i'ho di lui nel Cielo udito.
2^ Or muovi , e con la tua parola ornata ,
E con cloche è mestieri al suo campstre,
L*niuta si ch'i' ne sia consolata.
'lì r son Beatrice che ti faccio andare:
Vengo di loco ove tornar disio.
Amor mi mosse , che mi fa parlare.
25 Quando sarò dinanzi al signor mio ,
Di te mi loderò sovente a lui.
Tacette allora , e po' comincia' io :
20 O donna di virtù , sola per cui
L* umana spezie eccede ogni contento
Di quel ciel eh* ha minor li cerchi sui;
27 Tanto m'aggrada '1 tuo comandamento
Che l'ubbidir, se già fosse, m* è tardi.
lunga e perenne quanto la creazione di que-
sto universo. Lontan digiuno , per lungo (Par.,
\V , 17 ). £ Fr. da Barb. : Lontam cure, per
lunghe. Anonimo: Lunga nominanxa,
21. Mio. Cornelio: Senonfortunaeiedho-
minibus solere esse amieum. r . Parg. , XXX.
23. Parola. Prov. (XV, 24 ) : SemUa vitae
^'jper erudilum ut decUnet de inferno novis-
simo. — Ornata. V. s. Girolamo : Ornati
parlari.
24. Andare. Questa missione somiglia on
po' a quella di Gintnma nel XII dell'Eneide:
Auctor ego audendi. E di Opi nel!' XI.
26. Donna: G. delie Celle chiama la puri-
tà donna dell* universo. Ruth , IH : Mulierem
te eue virtutis. Nella V. Nuova la chiama don-
na di cortesia. Boezio alla tìlosofia : O om-
nium magistra viriutum . . . virtutum nutrix.
— Contento. Per cose contenute (Par., Il,
^9); e neir Ottimo: Per la scienza delle cose
superne l* uomo sovrasta a quanti enti sono
Sfitto la luna. S. Tom. S. Q. S. A. 2, dimo-
stra la teologia altissima delle scienze.
27. Tardi. Par. , X : Corse e eorrendo gii
parve esser tardo. Albertano: Alla cupidità par
tarda l* avaccianza. Virg. : Tuus, o regina,
quid optes Explorare labor mOii jussa eapes-
sere fas est. E* più cortese nel P. italiano l'of-
ferta.
28. Loco. Vira. : Quis Ol^po Demissam,
lantos voluit te (erre lahoresf — ÀRDi.Virg. :
Ardet ahire.
30. Pacrosr. Armann:no: Figure paurose.
Più non t'è uopo aprirmi 1 tuo talento.
28 Ma dimmi la cagion che non ti guardi
Bello scender quaggiusoin questoGentro
Dall'ampio loco ove tornar tu ardi.
29 Da che tu vuoi saper cotanto addentro»
Dirotti brevemente , mi rispose,
Perch'i' non temo di venir qua entro.
30 Temer si dee di sole quelle cose,
Ch' hanno potenza di fare altrui male ;
Dell' altre no , che non son paurose.
31 r son fatta da Dio, sua mercè, tale
Che la vostra miseria non mi tange,
Nòfiammad'esto'ncendionon m'assale.
32 Donna è gentil nel ciel, che si compiange
Di questo 'mpedimento ov' i'ti mando.
Si che duro giudicio lassù frange.
33 Questa chiese Lucia in suo dimando.
E disse : ora abbisogna il tuo fedele
Di te , ed io a te lo raccomando.
3&> Lucia , nimica di ciascun crudele.
pallide e scure. Vive in Toscana. La semen-
ta é dell' Etica d' Aristot. , lib. III.
31. Fiamma. Isaias: Fiamma non ohruH
te , et quum ambulaveris in igne , non con^
burerii. Psal. : Et si ambulavero inmedio Min*
6rae mortis , non timebo mala. Non è già che
que'del Limbo penino in fiamme, incendio è
qui per V Inferno in genere. Si noti che l' In-
ferno di Dante è simbolo del mondo ; e lo di»
ce nella lett. a Cane : Agit de inferno ist9 .
in quo , peregrinando ut viatores , mervrt tC
demereri possumus.
• 32. Bonna. Nel Convito la ragione è cbit-
mata donna gentile. I più antichi comenlatort,
l'Ottimo, Pietro di Dante, Benvenuto, il Bati
veggono nella donna gentile. In Rachele, in
Lucia , la grazia preveniente , la illuminante,
la cooperante : il Bocc. nella donna gemito
l'orazione, in Lucia la divina bontà, in Bea-
trice la grazia efficace , in Virg. la ragione
cooperante alla grazia. Altri nella gentile ve-
de la divina bontà , la grazia in Lucia. No-
vellino : Come uno giullare si compianse di-
nanzi ad Alessandro d* un cavaliere. — Dune.
Sapient. : Durissimum judicium, — Franab.
Clcer. : Frangere sententiam. Virgil. : Si qua
fata aspera rumpas. Reg. ( 1 , 29 ) : Confro-
gii David viros suos sermonibus. Prov. (XXV,
15 ) : Lingua moUis eonfringit duritiam.
33. Fbdblb. V. Nuova : Amore , aiuta il tu9
fedele.
34. Racbbli. Beatrice che secondo il Con-
vìvio , à la sapienza felicissima e suprema,
CANTO IL
91
Si mosse , e Tenoe al loco dov'i era,
Che mi sédea con 1* antica Rachele.
35 Disse : Beatrice , loda di Dio vera,
Che non soccorri quel che t'amò tanto,
Ch'uscio per te della volgare schiera?
96 Non odi Ui la pietà del suo pianto?
Non redi tu U morte che 1 combatte
So la fiumana ondel mar non ha vanto ?
37 Al mondo non fur mai persone ratte
A far lor prò , ed a fuggir lor danno ,
Com' io , dopo cotai parple fatte ,
38 Venni quaggiù dal mio beato scanno ,
Fidandomi nel tuo parlare onesto ,
Ch' onora te , e quei eh' udito l'hanno.
39 Poscia che m'ebbe ragionato questo,
Gli occhi lucenti lagrimando \olse ;
Perchè mi fece del venir più presto.
hO E venni a te cosi com* ella volse :
siede coD Rachele, simbolo della contempla-
zione (Purg., XXVl ). Ma mia suora Baehel
fliot non ft tmaga Dal iuo miraglio , e siede
tuUo giorno. Beatrice è la scìenia teologica,
Rachele la vita contemplativa ; però seggono
àsìeme. Veggasi il XXXII canto del paradiso.
Kella roaa celeste , in alto , é Maria , sotto
lei , Eva, sott' E?a , Rachele e Beatrice : ma
pi& ga di lor dae , di faccia ad Adamo, Lu-
cia. La Tergine danque era a Lncia più vici-
na. Lucia scende a Beatrice, Beatrice a Vir-
gilio. Ciò vaol dire che per la scala degli
umani stadi! Dante doveva salire alla scienza
religiosa , quindi illuminarsi nel vero supre-
mo , ed avere la grazia.
35. Bbataics. Boccaccio , V. D. : iZ cu» no-
me aro #iety oomeeeKè egli dal $uo primitivo
waait ', cioè Beatrice , la nominaue. Dante ,
V. Noova : La gloriosa donna della mia men-
fa • la fvala fu chiamata da molti Beatrice,
U fmoH non sapevano che si chiamare ( cioè
BOB sapevano qual senso arcano fosse in quel-
la voce; ovvero: non sapevano con quale più
alta m>me chiamarla ). — Loda. Lo studio del-
le cose divine è vera lode di Dio, eh' è il be-
ne dell'intelletto. — Uscio. Conv.: Fatto ami-
co di quosta donna incominciai ad amare li
mgmiiatori della verità , e odiare i nguita-
lori dello errore. In una canzone: S'io pro-
caccio di valore » il fo perché sua cosa in pre-
gio «Mmfi.
36. FicKAXA. Che scendendo dall'isola di
Creta , non isbocca nel mare ma fa nell* in-
ferno i quattro fiunvi ( Inf. XIV ). Non già che
Dante nella selva fosse alla riva di quesu fiu-
mana , ma poco lonuno. Virgil. : TlBiianf ma- |
Dinanzi a quella fiera ti levai
Che del bel monte il corto andar ti tolse.
&1 Dunque che è? perdiè perchè ristai?
Perchè tanta viltà nel cuore alletto?
Perchè ardire e franchezza non hai?
k2 Poscia che tai tre donne benedette
Curan di te nella corte del Cielo ,
E'I mio parlar tanto ben t' impromette.
iSi.3 Quale i fioretti , dal notturno gielo
Chinati e chiusi, poi chelsol grimbianca ,
Si drizzan tutti aperti in loro stelo:
kk Tal mi fec*io di mia virtute stanca:
E tanto buono ardire al cuor mi corse,
Ch' i* cominciai come persona franca:
45 O pietosa colei che mi soccorse !
£ tu cortese , eh* ubbidisti tosto
Alle vere parole che ti porse!
46 Tu m'hai con desiderio il cuor disposto
dia omnia sUvae, Coeytusque sinu labens eir-
cumfluit atro.
37. GoM'io. Se alcuno volesse inoltre vede-
re in quest'allegoria la ragione uni versale che
illuminata da Dio si congiunge alla sapienza
divina e all'umana per salvare un'anima da'
pericoli , e per mostrarle la verità religiosa,
morale , politica ; noi non contraddiremo a
questa interpretazione , purché la si accoppiì
alla prima. Dante amava le allegorie non pur
semplici ma doppie e triplici; e lo dice nel
Convito , e nella lettera a Cane le chiamò
polisensi.
38. Onesto. Leggiadro. Virg., di Bacco : os
honestum. La bellezza e purità dell'ingegno
di Virgilio è posta da Dante , quasi grado
dalla scienza temporale all'eterna. E Virgilio
è invero il poeta de'pii. — UniTO. In senso
simile disse di Beatrice : Ond'è laudato chi
primo la vide.
39. VoLSB. Per nascondere il tarbamento.
O forse» al cielo.
41. Franchbzza. Novellino, VII: J regni
non si tengono per parole , ma per prodezza
e per franchezza. Voleva forza d'animo libero.
42. Trb. Tre le fiere che assalgono Dante,
tre le donne che ne prendono cura. Le fiere
son la lussuria , la superbia , V avarizia ; le
donne, V umile ed alta più che creatura, la
vergine Lucia, e quella Beatrice della quale
nel XXXI del Paradiso è lodata la magnifi-
cenza.
43. Quale i. Sconcordanza apparente , co-
me in Virgil. Quale sopor.
44. Corse. In senso opposto. Virg. : Ttu-
ci'is per dura cucurnì Ossa tremor.
92
DhLV IN F E K N O.
SI al venir , con le parole tue ,
Ch' i* 8oa tornato nel primo proposto.
kl Ór va , che un sol vdere è aamendue.
47. Duca. Duca a guida , maestro ad inse-
goamento , signore a oomaDdo. Virgilio co-
me poeta religioso e filo8ofi^ , come descrittor
dell' iDfema, come cantore della romana mo-
narchia , come amato da Dante , è da lui | ttdn.
Tu duca , tu signore , e tu maestro.
6osl gli dissi : e , poiché mosso fue ,
hS Entrai per lo cammino alto e Silvestro.
scelto a guida.
4B. Alto. Difficile , non erto , come sopra :
allo pano. 0?. ( Met. , ì\): Bmì via dtcU-
fnt funesta nubUa Iojbo ; Ducit ad infamai...
CANTO ni.
93
CANTO III
ARGOMENTO.
Entrano pen la porla infernale : trotano miste agli Angeli che furono né riheUi
a Dio con Lucifero né fedeli j le anime di coloro che wtero senza fama e senxa
tnfamia , t dappoco. Giungono aUe rive d Acheronte dooe le anime panano , da
/^«•,A«#« tfogiUaUj a*iupplizii* Trema la terra: balena una lucej il P. cade.
Canto originale flra le tante imitazioni del poeta latino. Quel che Virgilio stende in
un nggio di splendida poesia. Dante lo raccoglie in mi lampo. 1 mediocri imitatori an«
naci|iiaiio> appannano.
Notabili spezialmente le terzine i, 7, 9, 10, 16» 17, 19, 22, 23, 28, 33, 34, 35,
Sé, 38, 39, 40, 42, 45.
1 Per me si va nella città dolente,
Per me si va neW eterno dolore ,
Per me si va ira la perduta gente.
2 Giustizia mosse 7 mio alto fattore.
Fecemi la divina Potestate ,
La somma Sapienza y e 'l primo Amore.
3 Dinanzi a me non far cose create ^
Se non eteme: ed io eterno duro.
Lasciate ogni speranza, voi cK entrate.
\ Queste parole di colore oscuro
Vid'io scritte al sommo d'una porta;
Perch'io: maestro, il senso lorm e duro*
5 Ed egli a me , come persona accorta :
2. Fkcimi. y. Conv. , XI, 6. — Amore. La
pena è amore , se giusta.
3. Emufi. Gli Angeli, spiega il Boeeac-
rio , pcqoali Al fatto in prima l' inferno :
eterni , non mortali come 1* nomo. — Eterno.
\rverbio. Armannino: efemo qui rimai^^tinQ,
— Lasciate. Stat. : Tanarmie Itmen petti ir-
femeaMte porfot. Virgil : AifeC oiriiaiiua di-
Ha : ted rvoocarv gradum mperatfiie ewjLdere
ad aura», ec.
4. Dvmo. DifBeile. Conv. ; Bmo eommefifo
Qui si convien lasciare ogni sospetto;
Ogni viltà conTÌen che qui sia morta.
6 Noi sem venuti al luogo ov*i't* ho detto
Che tu vedrai le genti dolorose ,
M ... un poco dwro,
6. Morta. Virgil.: Nume ammU opus, M-
nta , mine ptctore firmo. Dice ad Enea la Si-
billa.
6. Dolorose. V. S. P.^iVon muoia eotì do-
loroso,— Ben. Aristot. (HI de An.): J^onui
intelleetus est uUima heatitudo. Convi?io :
/( vero è il bene delVintetUtto, Or Dio è il
sommo Tcro. L' Eulero disse : la cognizione del
eero fondamento aita cognizione del bene.
d'*
DELr INFERNO
Ch* hanno perduto 1 ben dello*nteUetto«
7 E poichò la sua mano alla mia pose
Con lieto volto , ond* io mi confortai,
Hi mise dentro alle segrete cose.
8 Quivi sospiri , pianti , e alti guai
Risonavan per V aer senza stelle ;
Perch' io al cominciar ne lagrìmai.
9 Diverse lingue , orribili favelle »
Parole di dolore , accenti d* ira ,
Voci alte e fioche, e suon di man con die,
10 Facevano un tumulto, il qual s'aggira
Sempre 'n queir aria senza tempo tinta,
Come la rena quaodol turbo spira.
11 E io eh* avea d*error la testa cinta ,
Dissi: maestro, che è quel eh' f odo ?
E die gent' è che par nel duol si vinta?
13 Ed egli a me: questo misero modo
Tengon V anime triste di coloro,
Che visser senza infamia e senza lodo.
13 Mischiate sono a quel cattivo coro
Dc^li angeli, che non furon ribelli
7. CosB. Virgil. : Be$ aUa Urrà $t eaUgin9
mersof.
8. Qum. Virgil.: Hme txaudiri gemittu 9t
$a9va fonane Feròera.— Stillb. Virgil. : Sir
ffM iidere noeUs , Sìm iole dofnoi.
9. Fatbllb. PronoDzie , che It disperazio-
ne rendeva più aspre. — Accbnti. L' uomo
irato soci accentuare più forte. Distingue la
linffua , il discorso , l' accento , la voce.
10. Tinta. Inf. , VII : Aequa Unta, torbi-
da, buia. — Spira. Virgil.: Terrai furarne
perfiant, Lucan. : indtriferam eontorlo pulve-
re fiuòem Jn fUxum vìotonluf 091*1.
11. Che e*. Virgil. : Quae teelerum facieiJ
O virgo , effare : gutòuiva Urgentur poenii ?
Qui it tantu» plangor ad auroif — Vinta.
Virgil. : Eweta dolore.
IS. Sbnza. L' Ottimo : Dite t . Agostino :
non basta aiteneni dal male 9 a non ti fa
lune. — Lodo. Vaie , non gloria , ma ogni
menoma lode. Virg. chiama illaudato Busiride.
13. Angeli. Questa degli Angeli ondeg-
gianti tra Lucifero e Dio è sentenza non ca-
nonica di Clemente Alessandrino (Str. VII):
Miquoi ex Angelie propter ioeordiam humi
etse laptoi , quod nondum perfecte ex Ula in
utramque partem procUvitate , in simplieem
Hlum atque unum expediiaent eehahitum.
14. Propondo. Virgil. : Maneeque profun-
dis — * Alcuna. Si glorìerebbero del veder pa-
reggiati a sé nella pena spiriti menrei di lo-
ro : più , ti glorierebbero d' essere stati men
Né fur fedeli a Dio, ma per sé foro.
ih Cacciarli i del per non esser men belli ;
Né lo profondo inferno gli riceve,
Ch* alcuna gloria i rei avrebber d'elli.
15 Ed io: maestro, che é tanto greve
A lor, che lamentar gli fa si forte?
Rispose: dicerolti molto breve.
16 Questi non hanno speranza di morte,
£ la lor cieca vita é tanto bassa
Che 'nvidiosi son d'ogni altra sorte.
17 Fama di loro il mondo esser non lassa:
Misericordia e giustizia gli sdegna.
Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.
18 Ed io che riguardai, vidi una insegna
Che girando correva tanto ratta
Che a ogni posa mi pareva indegna*
19 E dietro le venia si lunga tratta
Dì gente, ch* io non avrei mai creduto
Che morte tanta n'avesse disfatta.
20 Poscia ch'io v'ebbi alcun rìconoscioto.
Guardai, e vidi l' ombra di colui
rei di loro : più , si glorierebbero d' essere
stati men vili. Alcuna qui non vale mima.
Volere che gli Angeli tiepidi non fossero messi
in Inferno per rispettare V orgoglio degli an-
geli ribelli , è un credere Dio molto cerimo-
nioso con Lucifero e i suoi compagni. Se que-
sto fosse , e' poteva non li cacciare all' Infer-
no. Ma dire che gli angeli morti non sono io
Inferno , acciocché i rei non abbiano a glo-
riarsi della loro iniquità, è idea pib vera t
più conforme alla religione di Dante.
le. Cieca. In senso simile Caecoe fom ,
eaeea arma, Virgil.
18. Indegna. Per indegnata ; e in Toscana
si dice continovo : cerco, egomento , per cer-
cato , igomenlaio. Ovid. : Corda indignantia
pacem.
19. Tratta. Virg. : Longum agmen. — Di-
sfatta. Inf., VI: Tu fotti , prima ch*io di-
tfatto, fatto. Cioè nato, prima ch*io morto*
20. Alcun. Tocco contro gli uomini del suo
tempo. — Colui. Celestino V. che nel 1194
in dicembre rinunziò , dopo cinque mesi e ot-
to giorni al papato , e gli successe Bonifazio»
V amico dei Guelfi (Inf., XXVIl) , da cui tutti
i mali di Dante. Questo (Ul gran rifiuto, il rifiato
di quello che il P. chiamò nel Purg., XIX, gran
manto ; di che 1* Ottimo dice : donde la ehie-
ta di Dio , e *l mondo incorrea in grandi pò-
ricoli. Cosi spiegano Benvenuto , e altri anti.
chi. Il Caro , in una lettera , nomina fra i de-
gni amici della solitudine Celestino. Egli ac-
.^
, t
CANTO III.
95
C3ie fece per yìltate 3 gran rifiuto.
2 i iDcoDtaoente intesi e certo fui,
Ole quest* era la setta dei cattìTi»
A Dio spiacenti ed a* nemici sui.
22 Questi sciaurati che mai non fur tìvì,
Erano ignudi, e stimolati molto
Da mosconi e da vespe, ch'eran ivi.
23 Elle rigavan lor di sangue il volto.
Che , mischiato di lagrime , a* lor piedi
Da fastidiosi vermi era rìcolto.
2i E poi eh' a riguardare oltre mi diedi,
Vidi gente alla riva d'un gran fiume;
Perch* i* dissi: maestro, or mi concedi
23 Chlo sappia qualisono, equal costume
Le fa parer di trapassar si pronte ,
Com' io discemo per lo fioco lume.
20 Ed egli a me : le cose ti fien conte
Quando noi fermerem li nostri passi
Su la trista riviera d* Acheronte.
27 Allor, con gli occhi vergognosi e bassi ,
celiò con terrore il papato : era dunque umil-
ia la sua , DOD viltà. Fu nel 1313 canonizza-
to da Clemeote : ma Dante allora aveva già
scrìtto , se BOD pubbUcato, l' Inferno.
2i. Ikcontanbnti. Quanto veleno in quel-
r tnconlafieiaf e io quel certo! I vili dispiae-
cioDo e tolte le parti. Armannino : V animt
di fwcf Jt pménti , che né bene né male fece-
ro nel wùnidù, ma come eaitivi m/enano lor
vita Miua (nato, — Cattivi. Vili perchè la
servitù (capiiviioi) tali rende i più degli uo-
mini. Boccaccio: /( fante di Binaldo, veggen-
dolo aesaUret come cattivo, niuna cota al
j«o mifo oibi^rò.
SS. Viti. Sap. ( V , 13 ) : Nati eontùiMO de-
mmmm eeetf et wrtutis quidem nuUum ti-
^nmm , voluimut ottendere. Nel Convivio, par-
laado del nobile indegno : Dico questo vìÙmsì-
m9 euere morto, parendo vivo. Perchè vivere
fteW uomo è ragione usare, Sallustio : Horum
vua , monque par est, — Mosconi. Sap. ( XVf,
9j .* Ulo* locuetarum et muscarum occiderunt
morgmt : quia dégni erant ab hujtumodi ex-
ierwùnarù Eccl. (XLIII,9): Syfil quorum non
ut enatmoria: peri$runt quasi quinonfuerint.
Et moti smni quasi non natL
23. RwAVAif. Virgil. : Rigat arma cruore.
-* Vbuii. La lor pigrizia stimolata da inset-
ti ; la viltà simboleggiata ne* vermini. Dame
nemico de* mezzi-uomini , caccia in Inferno co-
storo per indicar con Solone , cbe in certi mo-
r.enli è fona anco all'uom pacifico farsi di
(•arte. B Dante mal ano grado si fece.
i4. Gbntk. VirglL : mine omnis turba ad
Temendo no 1 mio dir gli fuase grave,
Insino al fiume di parlar mi trassi.
28 Ed ecco vei^o noi Tenir per nave
Un vecchio bianco per antico pelo ,
Gridando : guai a voi anime pravel
29 Non isperate mai Teder lo cielo,
r vegno per menarvi all'altra riva
Nelle tenebre eteme, in caldo, e'n gelo.
30 E tu che se* costi , anima viva.
Partiti da cotestt chp son morti.
ìHà poi eh* e* vide eh* i* non mi partiva.
31 Disse : per altre vie, per altri porti.
Verrai a piaggia, non qui, per passare.
Più lieve legno convien che ti porti.
32 E ì duca a hii: Caron,non ti crucciare.
Vuoisi cosi coli dove sipuote
Qò che si vuole: e pili non dimandare.
33 Quinci fur quote le lanose gote
Al nocchier della livida palude
Che'n torno agli occhi a vea di fìamme ruota
ripas effusa ruebat: Matres atque t»ri...Oini;e
viri tanto complérint agmine ripas,
25. Quali. Virgil. : Aeneas , miratus enim,
motìàsque tumuitu , Die , atl , o Virgo , quid
vuU concursus ad amneml Quidve petunt ani-
maeJ
26. Trista. Virgil.: Ailtfftnomaòtitf. Ache-
ronte in greco vale il contrario di salate , di
gioia.
28. Vbcchio, Virgil. : Portitor has horren-
dui aquas et (lumina servai Terribili squalo»
re Charon, cui plurima mmito Canitiet in-
eulta jaeet ; • . Jam senior , sed crudadeovi'
ridisque seneetut,
29. In GALuo E 's GELO. I due suppUzii do-
minanti dell'inferno di Dante.
30. Viva. Virgil. : Novità quos jam inde
ut Stygia prospexit ab unda Psr tacitum ne-
mus ire , pedemque adve9tere ripae. Sic prior
aggreditur dictis atque increpat ultra . . . Um-
brarum hic loeus est , somni noctisque sopo*
rae : Corpora viva nefas stygia vectare cari^
na. Ottimo: E' schifo di passare uomini vioi
per la rimembranza di quello che fece a* de-
monU Ercole e Teseo,
31. Porti. Così si chiama nel Veneto il na-
vicello da passare i fiumi. — Lieve. Le ani-
me buone vanno su un vasello snelletto e leg-
gero alla piaggia del monie del Purgatorio ,
( Purg. II ).
32. Garon. Corone usa sempre Armannino.
— Crucciare. In Virg. la Sibilla a Garuntt:
absitte moveri. — Vuole. Sap. (XII, 18):
Sube»i tibi , quum volueris , potsie.
96
DELL' INFERNO
3V Ma quell'aiiiine, ch'cran lasse e nudo,
Cangiar colore e dibatterò i denti
Ratto che *nteser le parole crude.
35 Bestemmiavano Iddio, e*lor parenti,
f/umana spezie;illuogo,iltempo,e'l seme
Di lor semenza « di lor nascimenti.
36 Poi si ritrasser tutte quante insieme,
Forte piangendo, alla riva malvagia
Ch'attende ciascun uom cheDio non teme.
37 Caron dimenio, con occhi di bragia,
I^ro accennando, tutte le raccoglie:
Batto col remo qualunque s* adagia.
38 Come d' autunno si levan le foglie,
L'una appresso dell'altra infin che'lramo
Rende alla terra tutte le sue spoglie;
30 Similemente il mal seme d* Adamo
Gittansi di quel lito ad una ad una.
Per cenni, come augel per suo richiamo.
40 Cosi sen vanno su per l'onda bruna:
33. QCBTB. Virg. , VI : Rabida ora quié-
runt p . . Tumida ex ira tum corda retidunt.
Proprio de' vecchi, qaando sodo inquieti, é
agitare le gote. Mad. Peflìcari. — Lanose.
Frase dell'Apocalisse. — Livida. Virg.: Va-
da livida. — RuoTB. Virgil. : ironl lumina
fiamma.
35. Seme. Reg. ,l:N$ deleas feman maiim.
BestemmiavaDO la lor prossima e la lontana
generazione, e l' umana natura. Is. (XIV,
22): Perdam Babylonii nomen al germen et
progeniem,
36. BiTEASSBE. Eran venute sparte : nota
il Boccaccio- — Attende. Simile all'oraziano;
Stiraque fata Quae manent culpoi etiam iub
orco.
37. DiMONio. Virg. lo chiama Dio: per Dan-
te , questo come tutti gli altri enti mitologi-
ci, non è che uno spirito diabolico. — Rac-
GOfiLiE. Virg. : Navita ted tristi» nunc hos
mmc aeeipit iUos: Ast alias longe submodos
areal arena . . . Inde alias animas quae per
tuga longa sedebant , Deturbat. — S' adagia.
Indugia. L'usa l'Ar. ( XIV , 116 ).
38. Rende. Gie. (Leg. , II , 37 ): Reddi-
E avanti che sien di là discese.
Anche di qua nuova schiera s' aduna.
&•! Figliuol mio, disse il maestro corti^sc,
Quelli che muoion nell* ira di Dio,
Tutti convegnon qui d' ogni paese.
k^ £ pronti sono al trapassar del rio.
Che la divina giustizia gli sprona
Si che la tema si volge in disio.
bS Quinci non passa mai anima buona:
£ però se Caron di te si lagna;
Ben puoi saper omai che '1 suo dir suona
&.&. Finito questo, la buia campagna
Tremò si forte che dello spavento
La mente di sudore ancor mi bagna.
kò La terra lagrimosa diede vento.
Che balenò una luce vermiglia.
La qual mi vinse ciascun sentimento:
&.G E caddi come luom cui sonno piglia .
tur terrae corpus , ec. Virg. : Quam multa
in silvie autumni (rigore primo Lapea eaduni
(olia.
39. Seme. Isaias , I, 4: Vae... populo
gravi iniquitate , semini nequam. — Aucel.
Virg. : Ad terram gurgite ab aUo Quam wtul-
tae glomeraniur aves , ubi frigidue ommi
Trans ponium frugat et terrie immittU «prtcit.
41. CoNTEGiiOK. Ot. , Met. : Umbraeque rt-
eentes ihseendunt illic eimulaeraque funeta se-
pulcris, Utque (return de tota fiumina Urrà.
Sic omnes animae locus accipit iUe , nte ulti
Ejciguus populo eet. Si rammenti il verso . . .
inferno li rieeve, «
43. Buona. Virgil. : NulH fu ea»l9 teti*-
folum insistere limen.
44. Mente. Inf. ( XI , 3 } : il rammantar-
lo mi fa sudar freddo,
45. Terra. Cic. : Placet stoicie eoe ankeH-
Itti terrae qui frigidi sint, quum fluere eoe-
perint , ventos esse, — I^crimosa. Virg. del-
l' Inferno : lugentes campi. Orazio : BeUum ia-
erimosum. — Ralen^. Forse qui acceDoa al
fulmine ch'esce di terra già noto agli Etru-
schi , al dire di Seneca.
CANTO IV.
97
CANTO IV.
ARGOMENTO.
Si trwa nel primo cerchio j portatovi da una forza superna. Quivi è la pena
de non battezzati : bambini e adulti. Entro a un ricinto di lume dimorano i savii
che non credettero in Cristo. L inferìxo dantesco è un cono rovesciato, diviso in
nove ripiani circolari , come i gradi negli antichi anfiteatri. Nel primo eh" è il
Limbo j non è la pena del senso , ma sola del danno. Taluni bruttati di vizii
Dante non li considera se non come simboli, bene avverte il Boccaccio.
Belle le tenine %, 4, 10, 18, 20, 22, 23, 28; la 35 alla 43; la 50.
1 Rnppeini Talto sonno nella testa
Un ^ve tuono, si ch'io mi riscossi
Come persona che per forza è desta.
2 E rocchio riposato intorno mossi,
Dritto levato, e fiso riguardai ,
Per conoscer lo loco dov' io fossi.
3 Vero è che 'n su la proda mi trovai
Della valle d'ahisso dolorosa
Che tuono accoglie d* infiniti guai.
h Oscura , profonda era, e nebulosa
Tanto, che per ficcar lo viso a fondo,
r non vi discemea veruna cosa.
5 Ordiscendiam quaggiù nel cieco mondo,
Incominciò 'I poeta tutto smorto.
r sarò primo , e tu sarai secondo.
6 Ed io che del color mi fui accorto,
Dissi : come verrò, se tu paventi
Che suolialmio dubbiare esser conforto?
1. Tuovo. Forse U tuono . . . ^infiniti guaif
del ▼. 9.
3. PaoiiA. La ralle è tonda , cinta dal Ga-
aw« e Tm sempre dechinando.
4. Viso. Vista. Oonv. : Non si loiciano ve-
étn wtnza fatica del vi$o.
5. Pmivo. Accenna forse alla descrizione
MriDfefno fatta gii da Virg.
7. PISTA*. Era anch' egli in quest'angoscia;
etsà nei IH dei Porgatorio , pensandovi , ri-
wkam§ twrbatc. — Scnti. GindiehI esser timo-
re. I Latini: ita $mUio, cosi giadlco. Pnrg.:
XXIX : E 'l dolce suon per canto era già
9. Ma cm. Màgit quam. V asa nel XXVHI
dell' Inf. e nel Par. Modo e proTenzale e ita-
liaao. Il mm francese , il ma nostro , sono
M magU. Sallustio ed altri
Immtm di ma. Ottimo .-JTonv'é
7 Ed egli a me: l'angoscia delle genti
Che son qua giù, nel viso mi dipigne
Quella pietà che tu per tema senti.
8 Andiam , che la vìa lunga ne sospigne.
Cosi si mise, e cosi mi fé 'ntrare
Kel primo cerchio che 1' abisso cigno.
9 Quivi , secondo che per ascoltare ,
Non avea pianto, ma che disof^piri,
Che l'aura eterna facevan tremare.
10 £ ciò av venia di duol senza martiri,
Ch'avean leturbe, ch'eranmolteegrandi,
E d'infanti, e di femmine, e di viri.
11 Lo buon maestroame: tu non dimandi
Che spiriti son questi che tu vedi ?
Or vo*chesappiinnanzichepiùandi, (di,
12 Ch'ei nonp^caro:e,s'egli hannomerce-
Non basta, perch'e'non ebber battesmo,
Ch' è porta della fede che tu credi.
pianti , però che *l pianto procede da pena e
da tormento; ma toipirì che seguono a disio.
10. DroL. Dello spirito. — Grandi. Molte
schiere, e ciascuna era grande. — Infanti.
virg. : Matree atque viri . . . pueri tnmiptaa-
que puellae. Altrove : Continuo auditae vo-
ees , vagitus et ingens , Infantumque animoé
ftifies in Umine primo; Quos dulcis vitae ex-
sortes et ab ubere raptos Abstulit atra di$s §t
fùnore mersit acerbo.
11. I>nfANDi. Non rispose alla domanda fatta
da Dante nell'altro canto. Qoi per ricompen-
samelo il buon duca gU spiega la cosa ós^
sé. — Vedi. Virg. , VI : Haec omnis fuam
eemis , inope iiìhumataque turba est. — Ande.
É in autori del sec. XIV e del XV.
12. Mercedi. Meriti. Par. (XXXII, 25).—
Porta. Janua sacrammtorum è detto il bat-
tesimo.
13
98
DELL' INFERNO
13 E , se furon dinanzi al Cristianenno »
Non adorar debitamente Dio ;
* E di questi cotai son io medesmo.
H Per tai difetti , non per altro rio,
Semo perduti; e sol di tanto offesi.
Che senza speme vivemo in disio.
15 Granduolmìpresealcorquandolo*ntesi,
Perocché gente di molto valore
Conobbi, che 'n quel limbo eran sospesi.
16 Dimmi, maestro mio, dimmi, signore,
Comincia* io per volere esser certo
Di quella fede che vince ogni errore:
17 Uscinne mai alcuno, o per suo morto
O per altrui , che poi fosse beato?
E quei che 'intese 1 mio parlar coverto,
18 Rispose: Tera nuovo io questo siato.
Quando ci vidi venire un possente
Con segno di vittoria incoronato.
19 Trasseci Tombra del primo parente ,
D' Abel suo figlio; e quella di Noè;
Di Moisè legista e ubbidiente;
20 Abraam patriarca , e David re;
Israel con suo padre e co*suoi nati,
E con Rachele per cui tanto fé;
13. Debitamente. S. Thom. ( som. 22 ,
90 , 92 , art. 2 ) : Multae sunt iup$r$tiUoni$
Mpeeiu, ut indebitus veri Dti cuUus, — Io. Mori
molti aDDi innanzi la predicazion del Vangelo.
14. Rio. Reità. Pnrg. ( VII , 3 ).
15. DuOL. Per Intendere qoesto passo si
legga il seg. De Monarch. : Nemo , quantum-
eumgu$ moraiihui et intelUctuaUbut virtwtihut
perfectui, ab$qu$ fide ialvari poteit. Hoc ra-
tio humana per te jiutum intueri non potetti
fide autem adjuta, potett. In Virg. , Enea
compiange la sorte de' sospesi insepolti : Mul-
ta putant, tortemque animo tniteratut ini-
quam.
16. Signore. La compassione dello stato di
Vlrg. sentita da Dante, rende ragione di questo
doppio titolo , ch'è ana lode delicata e pietosa.
18. Nuovo. Venuto nel Limbo da meno di
cinquant' anni. Reeent usa in questo senso
Virg. — Possente. S. Agost. , Serm. della
Pass. : Critto , quando andò €lUo Inferno, di-
tcete , tpezzò le porte e U terrami di quelle,
e sciolte tuffi li giutti.
19. PAEEinrB. L' inno della Chiesa : parete
tit protoplatti, — Ubbidiente. Da quando Id-
dio mandò lui scilinguato al re d'Egitto; e
sempre poi.
20. Fé. Vtir, : D'avernongVineretee Sette
r setV anni per Rachel tervUo,
21 E altri molti: e fecegli beati.
E Yo'che sappi che, dinanzi ad essi>
Spiriti umani non eran salvati.
22 Non lasciavam landar perch' e* dicessi;
Ha passavam la selva tuttavia ,
La selva dico di spìriti spessi.
23 Non era lunga ancor la nostra via
Di qua dal sonuno, quand* i* vidi un foco
Clì*emisperio di tenebre vincia.
2&' Di limgi v'eravamo ancora un poco.
Ma non si eh* io non discernessi in parte
Cb*orrevol gente possedea quel loco.
25 O tu ch'onori ogni scienza ed arte.
Questi chi son ch'hanno cotanta orranza
Che dal modo degli altri gli diparte?
26 E quegli a me : lonrata nominanza
Che di lor suona su nella tua vita,
Grazia acquistane! elei, che slgliavama.
27 Intanto voce fu per me udita :
Onorate l'altissimo poeta.
L'ombra sua toma; ch'era dipartita.
28 Poiché la voce fu restata e queta ,
Vidi quattro grand' ombre a noi venire:
Sembianza avevan né trista né lieta.
23. Dicessi. Nel IX ehiudetti per chiud§tt€.
23. Sommo. Non eravamo molto lontani dal
fiume , da cni ci partimmo , eh' era più ìd
alto , se la valle era fonda. E però disse : Or
ditcendiam. — Vini. Non lo vedeva quando
ficcò il Tiso a fondo. , v. 11. — Foco. Virg.,
degli Elisi : Largior hie eampot aethtr etlu»
mine vettit Purpureo. — Vincia. Come salia
nel Petr. per tolea. Le tenebre circoodavaBO
il foro {vineiebant). 0 il foco vinceva le teoo-
bre. Simile imagine , in altro senso , è nella
Sap., XVII, 20: Ipti. . .tibi erant gravior99
tenebrit ; XVIll , 1 : Sanetit aut«m tuie maxi*
ma erat lux,
24. DiscBRNEssi. A taluno che ne vedeva,
o alla forma del nobU etutello. — Possedba.
Stat. : BMtettaque manibut arva,
25. Onori. La filosofia morale e la natura-
le , spiega il Bocc. : la teoria e la pratica ,
r Ottimo. Qui Virg. é come il simbolo della
sapienza umana. Altrimenti , la lode sarebbe
smodau. Ma scienza chiamavasi allora la sUs-
sa poesia : cosi 1* Ottimo.
28. Restata. La voce; queto il suono di
lei. — Ombbb. Son questi i poeti che a Dania
parevano sommi. Omero al suo tempo era no-
to , poiché Armannino , contemporaneo di
Dante , lo eiu. Notissimi gli altri , e Danta H
studiava con cura : quoe , dice di loro , oait-
CANTO IV,
99
i9 Lo baon maestro cominciò a diro :
Mira colui con quella spada in mano,
Che yien dinanzi a' Ire si come sire,
30 Quegli è Omero, poeta sovrano;
L altro è Orazio satiro, che Tiene ;
Ovidio è '1 terzo, e l'ultimo è Lucano.
31 Perocché ciascun meco si conviene
Nel nome che sonò la voce sola ,
Fannomi onore, e di ciò fanno bene.
32 Cosi vidi adunar la bella scuola
Di quel signor dell* altissimo canto ,
Che sovra gli altri com'aquila vola.
33 Da ch^ebberragionato nsiemealquanto,
Volsersi a me con salutevol cenno;
E *l mio maestro sorrise di tanto.
31 E più d'onore ancora assai mi fenno,
Ch' ei si mi fecer della loro schiera ;
Si ch* r fui sesto tra cotanto senno.
tm wMmdo visttars imnfaf. — Ni teista, per-
chè non infelice affatto ; non lieta, poiché sen-
za speranza. Inoltre è propria della sapienza
qoesu temperie d' affetti. Dante è più cortese
a' poeti non cristiani che a'santi non ghibellini.
39. SiBB. In antico velerà signore, onde:
Sim Dio 1
30. Satho. Nel Gout. chiama ulUto nobile
Giovenale: e anco i I^tin, saiymi , scriito-
re di satin. — Ovidio. Lo nomina nella V.
£loqoenia. E nella Mon. p. 44,45. — Ulti-
mo. Più ampolloso, e però più fiacco. Lo no-
Mina nella V. Eloquenza, p. 262, e nella
Monarchia, p. 37 , 4i, 46 , 47, 50.
31. CoMvnifS. Bocc. , IX : M imo , ctoé ,
cA« • lor padri odiavano , tanto ti conveniva-
no.— Sola. Una sebben fossero quattro. Mart.
in aiDph. 3 : Vox divena tonai : poptiforiim
ejt vox famei» una. — BsNB.Non perché ono-
rino ne, ma in me l'arte loro. Cosi Dante
sperava essere onorato poeta nella sua patria;
e credeva non a sé ma all'arte debito que-
st' onore.
32. SMHom. Omero, maestro di Virgilio,
d*Ovidio, di Lucano , e lodato da Orazio ne*
versi. Itcs gtttaie tegumque dmeumque et tri-
fli« Iella Quo icribi potsent numero monstra-
vii Homenà ; ciuti da Pietro figlio di Dante.
Altri potrebbe per quei et^nor intendere Virg.
tmUùmmo foeUa ; ma nel Pnrg., XXil, dice
d'Oawro: ^iicl Greco Che le mine (attor ptÀ
eà'ollro «un.
33. SALuravoL. Per salutante , come awe-
mpole per avreoente., e simili.
35. LcHisna. Rime : DagU oeeM moì pi-
iti Cc^sl n'andammo insino alla lamiera ,
Parlando cose che 1 tacere è bello ,
Si com'era il parlar colà dov'era.
36 Venimmo al pie d'im nobile castello
Sette volte cerchiato d*alte mura ,
Difeso 'ntomo d'un bel fiumicello.
37 Questo passammo come terra dura.
Per sette porte intrai conquesti savi:
Giugnemmo in prato di fresca verdura.
38 Genti v' eran con occhi tardi e gravi,
Di grande autorità ne' lor sembianti ;
Parlavan rado con voci soavi.
39 Traemmoci cosi dall' un de' canti
In luogo aperto, luminoso, e alto»
Si che veder si potén tutti quanti.
&>0 Colà diritto sopra '1 verde smalto.
Mi fur mostrati gli spiriti magni ,
Che di vederli in me stesso m'esadto.
tava WML lumiera. . . — Tacbrx. Cose trop-
po onorevoU a Dante. Parlando co' graftdi »
la coscienza della grandezza non è orgoglio;
co' piccoli è vanità.
36. Nobile. L'usa anche Dino. — Sbttb.
Nelle mura altri vede le sette arti liberali, di
coi Dante nel Gonv.: grammatica , rettorica,
dialettica , aritmetica , musica , geometria ,
astronomia ; altri le tre teologali e le quattro
virtù cardinali : meglio il secondo perchè non
soli scienziati sono là entro.
37. Passammo. Il castello è simbolo del-
l'umana scienza e virtù anco a' pagani acces-
sibile. Passano franchi il fiumicello , perchè
quella difesa è per gl'ignoranti e pe'viii; e i
buoni ingegni e i foni animi v' han l'adito
sempre aperto. Pietro interpreta il fiume per
l'affetto.* e l'affetto de' saggi essendo soUdo e
fermo, e' giungono sicuri al lor fìue,e8ene
fanno non impedimento ma via. Il Bocc. ve-
de nel fiumicello i beni terreni che il saggio
deve spregiare ; belli , ma fugaci com' acqua.
— Ybbduea. Virg.: Dev^nere loco» ìaetoe ef
afM9na vireta Fortunatorum nemorum.
38. Tardi. Purg. , VI: JET nel movor degli
occhi onesta e tarda, fi nel Ili .* La fretta ,
Che gravitate ad ogni atto dismaga. Perchè
la tardità sola potrebb'essere stupidezza , pe-
rò aggiunge gravi, e nel Purg. onesta.
39. Alto. Virg. : Et tumutum capii, «m-^
de ornine» longo ordine pouU Advenot legere
et i>efiiefifiim diicere vuUue.
40. M' BSALTo. Verso citato con ammira»
zione dal Byron.
100
DELL* I N F E R xN O
^1 Ividi Elettra con molti compagni ,
Tra quai conobbi ed Ettore, ed Enea:
Cesare armato con gli occhi grifagni.
.V2 Vidi Cammina , e la Pentesilea
Dair altra parte : e vidi 1 re Latino ,
Che con Lavina sua figlia sedea.
43 Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino;
Lucrezia, lulia, Marzia, e Corniglia :
£ solo, in parte , vidi 1 Saladino.
U. Elettra. Virg. ; Dardanw, Iliaeae
• primus pater urbis et auctor, Electra, ut Graji
perhibent, Atlantide creda. — Compagni. Tro-
iani disceDdenti dì lei , tra' quali Ettore ed
Enea , l'uno difensore di Troia , l'altro porta-
tor deli' impero in Italia. Però da Cesare sal-
ta ad Enea. Elettra , mogUe dì Corito re d'I-
talia , e madre di Dardano re di Troia, é qui
posta forse per indicare che Enea sul Lazio,
aveva quasi diritto d'eredità, come dice nel
libro De 3fonarchia; e con ciò dava un di-
ritto d'eredità fino a Cesare, discendente di
luto. Eleura ebbe Ul diritto da Giove ; e il
P. la nomina nel detto libro con Ettore. —
Cesare. Virg.: NoMcetur pulcra Trojanus ori-
gine Caesar, Jmperium Oceano famam qui
temUnet astris. Da Troe discendono in ona li-
nea Erittonio, Laomedonte , Priamo, Ettore ;
neir altra Assaraco , Capi , Anchise , Enea ,
lulo , ultimo Giulio Cesare, non d'altro reo,
dice Dante , che di non aver avuto il batte-
simo. — Armato. Nella Monarchia : Per duel-
lum Bomanus popului aequisivit imperiutn,
— Grifagni. Come di sparviero, o come d'ti-
fio grifone, dice l'Ottimo. Svetonio dipinge
Cesare eaesiis oeulis, Bocc. : Con due occhi
in testa che parevano d'tin falcon pellegrino.
Negli occhi d' Enrico VII lodato da Dante ,
notano gU storici una particolarità non dissi-
mile.
42. Latino. Dice ira inedito trecentista :
Quinto re d' Italia, dal quale noi italiani siamo
chiamati Latini. — Cammilla. Cantata da Virg.
— Pentesilea alleata a' Troiani: la nomina
neir En. , 1. I. Trecentista inedito: Viddela
J^ntuUea, con le tue care donzelle, tutta af-
focata in battaglia, — Dall' altra. Come av-
Tersi dapprima ai Troiani; e come l'altro cep-
po della schiatta romana. — Rs. Epiteto che
gli dà sovente Virgilio. — Lavina. FerLavi-
ma, anco in prosa. Cosi Tarquino.
43. Bruto. Virgil. : Vis et TarquinÙH re-
ge$ animamque superbam Vltorit Bruti. — Lu-
CRBZU. Di lei Ovidio e Livio, letti da Dan-
te. — Julia. Figlia di Cesare , moglie a Pom-
peo. La rammenta Lucano , 1. VIL E cosi
kh Poi che 'nnaizai un poco più lo ciglia »
Vidi 1 maestro di color che sanno,
Seder tra filosofica famiglia.
!tò Tutti Tammiran, tutti onor gli faimo.
Quivi vid'io Socrate e Platone,
Che*nnanzi agli altri più presso gli stanno.
h6 Democrito che 1 mondo a caso pone ;
Diogenés , Anassagora, e Tale,
Empedoclés, Eraclito, e Zenone.
Marzia , moglie di Catone , della quale nel I
del Parg. — Cormglla. Moglie di Pompeo,
rammentata da Locano , l. Vili : non la ma*
dre de* Gracchi. Corniglia dicevasi nel trecen»
to anche in prosa. Si noti la simmetrìa: a de-
stra Elettra , ceppo della discendenza maschi-
le degU eroi ronuni; a sinistra Latino, ceppo
della discendenza delle romane matrone. E l'olio
e r altro ebber dominio in Italia , e prepara-
rono ai lor nepoti l'impero di Roma. QoesU»
a un dipresso il Rossetti. — Saladitto. SoI-
dano di Babilonia , lodato anco da'crisUaBt
per la soa probità. Solo, perchè d'altra Me,
e perchè solo celebre tra* soldani. NoveUiiio,
XXY : Saladino tusoldano, nobilsMiimo iigno'
re, prode e largo . . • Ordinò una trogua ira
lui e* cristiani; disse di v(Aer vedere i noUri
modi , e , se li piacessero, diverrebbe ernifio-
no. Dante lo nomina nel Conv. come libera-
le ; virtù opposta all'avarizia tanto da Ini de>
testata. Mori nel 1299 , conquistata Gerasa-
Icmme al dominio francese ; e salito al regno,
egli ignoto soldato. Ottimo : Dieesi che teppe
tutte le lingue. Signoreggiò eorrendo gli anni
del Signore IIKO.
44. Sanno. Nel Conv. : coloro che fanno.
Ad Aristotile , dice nel Conv. , che la natura
più aperse li suoi secreti (III , 6).
45. Ammiran. Virgil. : Medium nam plm-
rima turba Uune habet, atque humerit extun-
tem tutpicit altit. In tolte le opere sue , ac-
cenna sempre ad Aristotile. Monarch. , p. 33,
40, 41, 42, 43, «2, 55, 60, 66, 73, 74,
75 . 76 . 79 , 81.
46. Caso. Pone che '1 mondo sorgesse dal
fortuito accozzarsi degli atomi. Dante avrà
attinto questa notizia in Seneca o in Tullio.
— DiOGRNis. Lodato da Seneca. — Anassa-
gora. Maestro di Pericle, facondo, dotto ìd
fisica , credente allo spirito. — Talr. Talete
fondatore della scuola Ionia. Tale si diceva
anco in prosa : e cosi Empedoclés. Ottimo :
Dopo la politica , fu tpeeulatore di naturale
filosofia , e trovatore di naturale astronomia
e dell* ona maggiore ; e antidiue le oteura"
turni dd sole, M\>se che U anime erano tm-
CANTO IV.
101
^7 E ^idi1 buono accoglitor del quale,
Dioscoride dico ; e vidi Orfeo :
Tdiio , e Lino , e Seneca morale.
^8 Euclide geometra, e Tolommeo ;
Ippocrate, Avicenna, e Galieno ;
AVeiTois che*l gran commento feo.
V9 r DOD posso ritrar di tutti appieno,
moriali , e aUribul anime alle cose inanimate.
P^o9e che'l principio di tutte le cote era Va-
efna • • diete che *l mondo avea anima ed era
péemo di dmnonH : di cui favella s, Ag, nel-
r vm De cìT. Dei. Di lai Arìstot. , Top. e
Mi Ub. della Generazione. Di Zenone, Cice-
nme e Seneca ed Aristotele; d'Eaclide, Boe-
lio ; d'Eraclito , Aristotele ; di Democrito ,
il medesimo nella Fisica e nel libro del-
l' Anima.
47. Buono. Valente. Così Virilio : Botiut
Bwriikicn* — Qdalb. Raccoglitore delle qualità
delle coee.Qwile per quaUtà Tasa nel Paradiso.
— OnrBO.Yirgilio anch' egli lo colloca negli Eli-
si.— TCLUo. Lo nomina nel Convivio più vol-
te ; nella MoDarchia , pag. 35 , 38 , 39 , 45,
48. — Liaio. Il poeta sacro , nominato da
Virf. come figlio d'Apollo (Eccl., IV), e po-
sto cenlore negli Elisi ( Aen., VI). Altri leg-
ge Livio, più volte citato da Dante nella Mon.,
e. 34. Xr • 48 , 46 , e Inf. , XXIX. — Ho-
BAi.B.Fer distisgnerlo da Seneca tragico. Cosi
disse qtÈel Bruto che cacciò Tarquino , per
disUngnerio daU' uccisore di Cesare eh' è in
bocca a LocUèro, Inf. , XXXIV. Boccaccio;
Seneca wutraU , maeetro di ffenme.
Perocché si mi cacciai lungo tema
Che molte volte al fatto il dir vien meno.
50 La sesta compagnia in duo si scema.
Per altra via mi mena il savio duca,
Fuor della queta neHaura che trema.
51 E vegno in parte ove non è che luca.
48. Avicenna. Arabo del sec.X. Scrìsse di
medicina , di metaUurgia , dì chimica , di fi-
losofia razionale. Lo nomina nel Gonv. — To-
LOMMBO. Nel Conv. di lui più volte. — Aybe-
Bois. S'osava anco In prosa. Ottimo : ^pttoae
molti lihn d'Aristotele. Fki di noòtttitìmo in-
gegno , piik eh* uomo , ma non confettò Cri'
tto. — CovmNTO. Ad Aristotele. Nel Conv.
lo cita. Fino a Zenone , il P. numera i filo-
sofi teoretici ; da Dioscoride in poi , i savi!
di storia naturale , d' eloquenza e di medici*
na. L' enomerazione non è tanto confasa quan-
to pare.
49. BiTRAR. Ni^rrando dipingere. Conv. :
Lucarw ; quando ritrae come Cesare ... —
Meno. Conv. : La fantasia xim metto talora
aWinteUetto.
50. Sbsta. Di sei. In Arrìghello : tettima
compapUa , compagnia di sette dee. — Trst*
MA. Più sopra : Sospiri Che V aura eterna fit-
cwan tremare. Dall' un lato tremava l' aria
pe' sospiri , dall' altro per la bufèra , di cui
nel canto seguente ; e pel mollo pianto.
51. Luca. Non è cosa che dia lume, né astro,
ned altro. Il Tasso ripete quest'emistichio (X,09).
102
DELL' INFERNO
CANTO
ARGOMENTO.
Scendono al secondo cerchio: irooano Minoeee giudice, e diitribuior delle pene
di Mto V Inferno : che qui V Inferno comincia. In queito cerchio i laecivi con uh
turìrinoio vento che li mena j e minaccia preeipitarii ne^ cerchi di sotto. Dante qui
Irooa F^ncesca da Rimini > e sente la storia del suo misero amore.
La bufera è cosa da maestro. Della namiione amorosa, il passo più profbndo é : O lotto,
QuanH dolci penttar..!
NoU le terzine A, H, 10, 11, 12, 14, 15, 16, 18, 21, 24, 25, 27, 28, 31; U 33
alla 41; la 43 all'ultima.
1 Cosi discesi del cerchio primaio.
Giù nel secondo , che mcn luogo cinghia,
E tanto più dolor che punge a guaio.
2 Stawi Minós orribilmente, e ringhia.
Esamina le colpe nell'entrata;
Giudica , e manda secondo ch'avvinghia.
3 Dico che quando l'anima malnata
Li vien dinanzi, tutta si confessa;
E quel conoscitor delle peccata
& Vede qual luogo d' inferno è da essa ;
Cignesi con la coda tante volte
Quantunque gradi vuol che giù sia messa.
5 Sempre dinanzi a lui ne stanno molte ;
Vanno a vicenda ciascuno al giudizio ;
Dicono , e odono , e poi son giù volte.
2. Minós. Virg. : Nee vero hae ime torte
datae, n'nt judice facies. Quctetitor Minoi ur-
fiofli movet : Ule tilentum Coneiliumque vo-
eatfVitatque et crinùna discit. Anco Virgilio
pone Minós sabiio dopo la sede de' bambini;
lo pone a giudicare gì' ingiustamente condan-
nati alla morte. Ma il suo Minosse è il sag-
gio di Greta : il Minós di Dante è un demo-
nio cbe giudica eon la coda e se la morde per
rabbia (Inf., XXVll); e quante* volte avvol-
ge la coda intorno a sé, tanti cercbi deve
tcendere l' anima condannata.
3. Peccata. Inf. XXIX: Jtftn^f a cuifalUr
non lece.
5. VicBKDA. Una dopo V altra, alla volta
loro. Virg.: Ficuitm Dicemug, cioè dopo la.
6 O tu che vieni al doloroso ospizio.
Disse Minós a me quando mi vide,
Lasciando l'atto di cotanto ufQzio ;
7 Guarda com' entri , e di cui tu ti fide ;
Non t'inganni Tampiezza dell'entrare.
E1 duca mio a lui: perchò pur gride?
8 Non impedir Io suo fatale andare ;
Vuoisi cosi colà dove si puote
Ciò che si vuole ; e più non dimandare.
9 Ora incomincian le dolenti note
A fermisi sentire, or son venuto
Là dove molto pianto mi percuote.
10 r venni in luogo d' ogni luce muto ,
Che mugghia, come fa mar per tempesta
Se da contrari! venti ò combattuto.
— Odono. Dante raccoglie in una le due pit-
ture virgiliane di Minosse e di Radamanio :
Gnosiut haee Rhadamanthue habet duriuima
regna, Caetigatque auditque doloe, tubigiiqu»
fateri,
7. AvpiBZZA. Virg. : Palei airt Janna Di-
ti»; Sed... Matt. ( VII, 13 ): £ala porta,
et tpatiota via, ett quae ducit adperditionem.
8. Fatalb. Voluto da* fati. Virg. : Fatatem
Aeneam.
9. SsNTniK. Virg. .* Bine exaudiri genìitug.
— Pbrguote. L'orecchio e T animo. Virg. :
Verberat . . . auras.
10. Mugghia. Virg. : ^lugire solimi. — Com-
battuto. Horat. : Ltielonlem Icariis pueUbui
Afrieum. V. anco l'En. (X, 356).
CANTO V,
103
11 La bufera infernal che mai non resta,
Mena gli spirti con la sua rapina ,
VoltaTOO e percotendo gli molesta.
12 Quando ^ungon davanti alla mina.
Quivi le strida, ilcompianto,e1 lamento,
Bestemmian quivi la virtù divina.
13 Intesi eh' a cosi fatto tormento
Eran dannati i peccator carnali.
Che la ragion sommettono al talento.
il £ come gli stomei ne portan l'ali
Hel freddo tempo a schiera larga e piena;
Cosi quel fiato gli spiriti mali ,
15 Di qua, di li» di giù, di su ^ mena.
Nulla speranza gli conforta mai ,
Non che di posa , ma di minor pena.
16 B come i gru van cantando lor lai ,
Facendo in aer di sé lunga riga ;
Cosi vid'io venir traendo guai
17 Ombre portate dalla detta briga.
Perch' io dissi: maestro, chison quelle
Geott che 1* aer nero si gastiga?
li. MncA. La molle vita è ponita dal con-
tioao dibattere, che figura la tempesta del-
l' animo , e Voseorità figara la lace delllntel-
ietto appannata. — Rapina. Rapere per tra-
sportare rapidamente è più volte in Virg. Cod-
vivio : La npima del primo mobile. Nel re
( I y M) : hwmUorumtuorum anima rotabitur,
quasi in imp9iu et eireulo fundae,
13. ToKMiirro. Virg. : AUae panduniur ina-
nts Ad «iHlof. — Carnali. Amanti de' beni
tht Orazio dice tempestatie prope ritu Mobi-
lia tt taeea flintantia torte. — Som vbttono.
Virg. : Ammoi $%tbmittere amori, Sap. ( 1, 4}:
ù» eorpor9 nMito peeeatii,
14. Stornbi. Uccelli , dice 1* Ottimo, los-
snriosi, come igni. — Tempo. Crescenzio, I,
6: iVe* Umfi éaldi, — Pibna. 0?id. : PUniut
ajflMH. — Fiato. Per vento forte. Virg.: Hi-
bermi» pttre§bant flatibut Euri.
16. Gnu. MascolÌDO è nel Fior di virtù.
Vifg. : Qvalet tub nybibiu atris Strtfmoniae
4mM §igna grues , atque aethera tranant Cum
sOTMhi. — Lai. Cosi chiama nel IX del Parg.,
il Canio della rondine. Neil' imagine degli stornì
dipinge la folla, in questa delle gru la schie-
ra in lunga fila, dov'è* può facilmente discei^
nere l'nn' ombra dall'altra.
17. Bni6A. Aveva senso più forte d'ora.
nelle T. S. Padri sta per guerra. Par. , XII:
E vimM m campo la tua cimi briga.
18. Favilli. Per noitom , è bello, e vero
ardiaeato. Apoc. : Foriir triMm» §t popuH»
18 La prima di color di cui novelle
Tu vuo* saper , mi disse quegli allotta ,
Fu 'mperadrice di molte favelle.
19 A vizio di lussuria fu si rotta
Che libito fé licito in sua legge.
Per torre il biasmo in che era condotta.
20 EU* è Semiramis, di cui si legge
Che succedette a Nino , e fu sua sposa ;
Tenne la terra che 1 Soldan corregge.
21 L'altra è colei che s'ancise amorosa.
E ruppe fede al cener di Sicheo.
Poi è Cleopatràs lussuriosa.
22 Elena vidi per cui tanto reo
Tempo si volse , e vidi '1 grande Achille
Che con amore al fine combatteo.
23 Vidi Paris , Tristano : e più di mille
Ombre mostrommi, e nominoUe adito,
Ch'amor di nostra vita dipartille.
2i Poscia eh' i* ebbi il mio dottore udito
Nomar le donno antiche e i cavalieri.
Pietà mi vinse, e fui quasi smarrito.
19. Rotta. Modo simile ma men forte in
Albertano: Si ditciolgono a tutti U rat vuti.
— Libito. Detto d* imperatore antico : Quod
libet , licet,
20. Sbmiramìs. Amante del figlio; secondo
Giustino , morta da lai. — Tbnnb. Virg. :
Terrat ditionc tcnebat,,'^ CoEEB«fiB. Petr. .*
L'onorata verga Con la guai Roma e suo' cr^
ronfi correggi,
21. Amorosa. Didone.Aen., I et IV.— Ruppb.
Virg. : Rupere ^m.— Cbicbe. Virg.: Non ter-
vatafidet cinenpromittaSichaeol Trecentista
ined. : Rompea fede alla cenere di SUskeo,
2i. Elbna. Uccisa da nna donna greca per
vendetta del marito uccisole sotto Troia. Tatti
i lassnriosi qui nominati da Dante , morirono
di mala morte. — Grandb. Virg. : Atque ite-
rum ad Trojam magnut mittetur AehiUie, Egli
invitto nelV armi , da amore di Polissena fu
vinto, e morto nello sposarla. VLrg. VI.
23. Paeìs. 11 cavaliere del medio evo amen*
te di Vienna. — Tristano. Amante d' Isoits,
trafitto dal re Marco con dardo avvelenato :
ed ella morì con lui. Dante conginnge la mi-
tologia* col romanzo cavalleresco, «ch'erano»
dopo la Bibbia , le due fonU poetiche doVegli
attinse più largamente. — Dipaetillb. Virg.:
Quigue ob adulterium cacci. Qui colloca solo
i morti per amore lascivo ; perchè gli altri
erede con Tetà convertiti.
24. VmsB. Vite S«- P. : Si ìoiciacH si vm-
eerv oUa pictaic.
10^
DELL' INFERNO
2.> r Gomiociai : poeta , volentieri
Parlerei a que' duo che'nsieme vanno ,
E paion 8Ì al vento esser leggieri.
26 Ed egli a me: vedrai quando saranno
Più presso a noi ; e tu allor gli prega
Perquciramorcheimena,eqnei verranno
27 Si tosto come 1 vento a noi gli piega,
Mossi la voce : o anime affannate ,
Venite a noi parlar , s'altri noi niega.
28 Quali colombe dal disio chiamate ,
Con r ali aperte e ferme al dolce nido
Yolan per l'aer dal voler portate;
29 Cotali uscir della schiera ov'è Dido ,
A noi venendo per Taer maligno :
Si forte fu r affettuoso grido.
30 O animai grazioso e benigno
25. LB6GIBRI. Più forte menati , perchè più
rei; più leggieri inoltre, perchè più ?olonte-
rosi a correre insieme.
26. 1. Perl», Tosa Frane, da Barberino. Dan-
te altrove.
27. Mossi. Volg. Favole d' Esopo : Mosse
un*aUa voce. Virg. : Canttu movere. Parlando,
li avrà pregati per Tamor loro , sebbene noi
dica. — Altri. Uodo antico , per indicare
forza superiore e indeterminata. Inf. , XXVU:
Com* olirvi piacque.
28. CoLOMBB. Virg. : QtialiM tpeìunea su-
kUo eommota eolumba Cui domus et dulces
latebroso in jmmice nidit Fertur in arva vo-
lani , plausumque exterrita pennii Dat tecto
ingentem ; mox aere lapsa quieto , Radit iter
Uquidum , celerei neque commovet alas. Al-
trove : Geminae quum forte columbae Ipsa sub
ora viri eoelo venere volantes . . . Uquiaumque
per aera lapsae Sedibus optatis gemina super
arbore sidunt. — Cuiamatb. Simile a qael di
Virg.: Vocant animum curae. — Dolce. Virg.:
Juvat imbribus actis Progeniem parvam dulces-
que revisere nidos. — Portate. Virg. : Cu-
pidine ferri. Chiamate , indica , la prima mos-
na: portate, la tendenza amorosa del volo:
coir ale ferme, perchè così gli uccelli volano
d'alto in basso.
29. DiDO. Rinomina Didona , o perch' ona
delle più sventurate , o per accennare a qae*
versi di Virg., che gì' ispirarono Tidea del
secondo cerchio : Nie quos durus amor crudeli
tabe peredit . . . ifUer quos Phoenissa reeens a
vmlnere iHdo Errabat $Uva in magna, — Ma-
ligno. Nel senso che Virg. ; sub luce maligna.
30. Animal. Dante, Vulg. E\.: Sweibilis ani-
ma et corpus est animal. Aristotele chiama
l'uomo animai citnle.— Grazioso. Valeva cor-
Che visitando vai per Paer perso
Noi che tignemmol mondo di sanguigno;
31 Se fosse amico il re dell'universo ,
Noi pregheremmo lui per la tua pace.
Po' eh' hai pietà del nosfromalpervecso.
32 Di'quel ch'udire e che parlar ti piace:
Noi udiremo e parleremo a vui
Mentre cliel vento, come fa, si tace*
33 Siede la terra dove nata fui ,
Su la marina dove 1 Po discende
Per aver pace co' seguaci sui.
3&. Amor ch'ai cor gentil ratto s'apprende.
Prese costui della bella persona
Che mi fu tolta, el modo ancor m'ofleode.
35 Amorch'a nullo amato amar perdona.
Mi prese del costui piacer si forte
tese , disposto a ùj cosa grata. — Psaso. Di»
ce Dante nel Conv.; È misto di purpureo e ài
nero ; ma vince il nero , e da lui si demmmU
na, — Sanguigno. Sopra : Che amor é^ fu*-
sta vita dipartine.
31. Rb. Nel Conv. : il signore delfmwMfio.
Monarc. , p. 81 ; Prineipem univerm^ui lìmm
est. Non senza ragione dappertutto lopnacn*
ta come re, principe , imperatore.
32. Tace. Come tace, se ha detto che la bu-
fera non resta mai ? Tace per poco , per dar
agio di parlare a Francesca. Cosi nel cerchio
seguente , percosso da pioggia e da grandine,
i due poeti ne vanno a lor agio.
33. Siede. Conv. ; // suolo deve Roma eie-
(itf.— Fci. Inf., XXUI: Ifui nato... Sovra
il bel fiume. Ravenna sta quasi suU* Adriatico
alla foce del Po, il qual da Torino a Ponte
di Lagoscuro accoglie per via moltissimi con*
fluenti, che soao i seguaci sui,
34. Amor. Dante in uua canzone: Amore e
cor gentil sono una cosa. Gninicelli : Al cor
geiUil ripara sempre Amore Siccome augello i»
fronda alla verdura ; Né fé amore af*si the
gentil core, I^è gentil core, anzi che amor. Na-
tura . . . Che adesso , com* fu 'l sole Sì Costo
fue lo suo splendor lucente, Né fue daoamU
al sole. E prende Amore in gemitiUeza loco
Cosi propriamente , Come eohre in ehiariià
di foco . . . Foco d'Amore a gentil cor s^appren-
de. — Prese. Virg. : Captus amore. Bocc. :
Del piacer della bella giovane era pruo. . . Piik
del piacer di lui s'accese,
35. Perdona. Nel senso del lat. pareewe in
questo di Virg.: Parate, oves nimium procederei
E vale : amore che non rista di far si ehfat-
euno amato ami. 0 nel senso di rimettere .'
amor che rum rimeite ad uUuno amato U de-
CANTO V.
105
Che» come vedi, tocornon m'abbandona.
36 Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi vita ci spense.
Queste parole da lor ci Tur porte.
37 Da eh* io 'ntesi quell'anime oiTeose ,
Chinai 1 viso , e tanto 1 tenni basso.
Fin che 1 poeta mi disse: che pense?
38 Quando risposi , cominciai : o lasso,
Quanti dolci pensier, quanto disio
Uenò costoro al doloroso passo!
39 Po* mi rivolsi a loro, e parlarlo
E cominciai: Francesca , i tuoi martiri
A lagrìmar mi fanno tristo e pio.
iO Ma dimmi: al tempo de*dolci sospiri,
A che e come concedette amore,
Che conosceste i dubbiosi desirì?
ii Ed ella a me : nessun maggior dolore
Che ricordarsi del tempo felice
Nella miseria : e ciò sa 1 tuo dottore.
&>2 Ma s'a conoscer la prima radico
Del nostro amor tu hai cotanto afletto,
Farò come colui che piange e dice.
kZ Noi leggìavamo un giorno,per diletto.
Di Lancillotto, come amor lo strìnse:
Soli eravamo, e senza alcun sospetto.
kk Per più fiate gli occhi ci sospinse
Quella lettura , e scolorocci 'l viso:
Ma solo un punto fu quel che ci vinse.
lii.5 Quando leggemmo il disiato riso
Esser baciato da cotanto amante.
Questi che mai da me non fia diviso ,
h6 La bocca mi baciò tutto tremante.
Mro ^ amare, — Piacer. Benv. d*Imo1a dice
di Paolo : Uomo corpore pulcher et polUus ,
lifriffni inaiti otto qttam labori. Dante , Yalg.
Eloq. : iUud maxima dclecU'.bìU quod per pre-
fìMifStmym objeetum appetUu$ delectat: Koc
mi Venni, — Abbandona. Virg. : Curae non
éptm tn morte relinquunt. Alla divina scena di
Didooe fn Virgilio D^inte ha contrapposta que-
sta beUissinia di Francesca. I due amanti, di-
ce il Boce. , foron posti nella medesima se-
poltnra. Ileg. ( 11 , 1 ) : Saul et Jonathat, ama-
Ìàt8 ... tu vita tua, in morie quoque non $unt
diciti.
96. Caixa. Bolgia dote n puniscono i fra-
tricidi ( iDf. , XXXll ). Gìanciotto marito dì
FraBcesea, sorpresala con Paolo suo fratello,
la occise. Gaido, il nipote di Francesca, ospi-
te di Dante . noe si recò ad offesa questi ver-
si . perchè l'odio dell* uccisore e la pietà de-
fli Qccisi vi suona sì forte. A questo Guido
e riTolta una canzone che si crede di Dante,
e Boo è, soUa morte d'Enrico VII. Ospite di
Goido pare che fosse il P. nel 1313, quando
BOB era per anco signore ; poi dopo il 1318,
quasd* ebbe signoria di Batenna con Ostagio
da PolenU.
38. Quaxdo. Indica che Dante assorto nel-
fafletto , non rispose sull'atto a Virg. — Pen-
siBB. Convivio , LIV : Non tubitamente nasce
mmore , e faui grande e viene perfetto ; ma
vmoU tempo aknno e nutrimento di pensieri,
wuEMdmamente là ove sono pentieri eontrarii
the lo impedùeano.
J9. Cominciai. Pare con queste ripetizioni
▼ogiia mostrare il suo turbamentj, e la dif-
tkoltà ch'ebbe di mover parole. — A lacrhiau.
Fino alle lagrime. Più sopra : pugrie a guajo,
cioè 6oo a farli gnaire. — Tristo. M'ispira-
BO compassioDe e dolore. Nel Canto segucnte:
la pietà dt^duo cognati Che di tristisia tntto
mi confuse. Ottimo : V autore fu molto in amo-
re inviseato : e però volentieri ne parla,
ài. Tempo. Ovid. : Tempore felici. — Dot-
tore. Virgilio accenna forse alle parole di Di»
dono morente: Vixi, ec. , o alla renitenza d*B-
nca a ricordarsi della patria omai distrutta ;
o ad altro passo simile. Altri intende Boezio,
là dove dice: In omni adversitate fortunae,
infelicittimum geniu infortunii est fuiese feU^
cem, E nel Con?, chiama Boezio suo conso-
latore e dottore,
42. Affetto. Virg. : M ii tantut amor
casus cognoscere nostros. — Piagge. Inf.
( XXXIII , 3 ) : Parlare e lagrimar mi vedrà'
insieme»
43. Lancillotto. Degli amori di lui con
Ginevra accenna nel XVI del Paradiso : nei
romanzo il Lancillotto al e. LXVl, se ne nar-
ra a dilungo.
45. Biso. Per 6oce<z. Altrove : Negli oeehi
e nel iuo dolce riso. Nel detto romanzo Ga-
leotto vuole che la regina Ginevra baci Lan-
cillotto l'amante: La reina vede che il cava-
liere non ardisce , e lo prende e lo bacia
avanti Galeotto assai lungamente. Questo ro-
manzo fu da Innocenzo IH proibito nel 1313
(Ducange, diss. VI , st. s. Luigi).
46. Galeotto. Fu mezzano tra Lancillotto
e Ginevra. A noi , dice Francesca , mezzano
fu il libro e l' autore di quello. Nelle vecchie
edizioni il Decamerone s' intitola principe Ga-
leotto: e Galeotto signifìcava mezzano di tur-
pi amori. —Avante. Seguì 'l fatto in Pesa-
ro, Vanno 1288. Dice il Boccaccio che Gian-
ciotto essendo bruttissimo della persona , fa
mandato Paolo a Ravenna , fratel suo a cele-
brare le sponsalizie ; e Francesca ne invaghì;
poi vistasi moglie allo zoppo, n*ebbe diade-
14-
106
DELL' INFERNO
Galeotto fu il libro ,, e chi lo scrisse.
Quel giorno più non Vi leggemmo aTante
VI Mentre che l'uno spirto questo disse,
gDO. Accortosi il marito della tresca , Gnse
di partirsi , e tornò improvriso » e li cobo.
La staoza era serrata d' estro : Paolo si pre-
cipita per iscendere, la falda d'on'arroatara
lo rauieoe sospeso ; la donna apre : il mari-
L'altro piangeva si che di pietate
l' Tenni men cosi com' io morisse,
48 E caddi, come corpo morto cade.
to Brandisce lo stocco ì)er trafiggere Paolo :
ma Francesca interpostasi ricere il primo col-
po: l'amante il secondo.
48. Cave, Onomotopea simile in Orid. :
CoUapso^^ corpore (o(o est.
CANTO VI.
107
CANTO VI
ARGO ]\fE N T 0.
Si riscote ^ e si trova nel terzo cerchio^ de' golosi. Come venutovi? Per quella
forza che in Paradiso lo spinge di pianeta in pianeta. E perchè in questi due
luoghi uno straordinario passaggio, e non più per tutto f Inferno? Perchè, a pas-
sare Acheronte , altra via non v* era che la barca od un volo ; e scendere dalla
mina del secondo cerchio per mezzo alla bufera j non può.
Parla con Ciacco dei mali della patria , con Virgilio della fita faUira. Scende nel cer-
chio degli avari.
Nota le terzine 2 alla 10 ; la 12 alla 15 ; la 25 ; e la 31 alla 34.
1 Al tornar della mente che si chiuse
Dinanzi alla pietà de' duo cognati.
Che di tristizia tutto mi confuse ,
2 Nuovi tormenti e nuovi tormentati
Mi veggio intorno, come ch4* mi mova,
E come chTjini volga , e eh* i' mi guati.
3 l'sono al terzo cerchio della piova
Eterna, maladetta, fredda, e greve:
Regola, e qualità mai non Tè nuova.
1. Chicss. Ad ogni impressione. Pnrg. , III:
La mente mia che prima era ristretta , Lo 'n-
lefàto rallargò . . .
4. RiTBRSA. Vìrg. : Effusa . . , grandine nim-
èt Praeeipitant , , , Ruit aethere tato Turhidut
tmòfr aqua, Sap. ( XVI» 16); Aquis et gran-
dwtbus et pluvHi perseeutionem passi.
5. CsEBBAO, Virg. ; Cerberus haec ingent la-
frolli regna trifauci Personat, adverso recu-
h€m$ immanis in antro» — DivsasA. Diversa
da latte le fiere noie, ed etimologicamente
4i»-cena, perversa dalla specie, mostruosa. Inf.,
X3lXI1I : Uomini diversi D* ogni eostume. Vita
Kuova : Fan diversi ed orribili a vedere. —
Casfixameitti. Pei. : Nemica naturalmente di
pace. Tre gole ha Cerbero ; tre facce Lacife-
ro. ( Inf. , XXXIV). L' Ottimo: SignifUa che
ablna tua giustizia sopra U peccatori delle tre
h Grandine grossa , e acqua tinta , e neve
Per Taer tenebroso si riversa ;
Pule la terra che questo riceve.
5 Cerbero , fiera crudele e diversa ,
Con tre gole caninamente latra
Sovra la gente, che quivi è sommersa.
6 Gliocchihavermigli,labarbaunta edatra
E '1 ventre largo , e unghiate le. mani:
Graffia gli spirti, gli scuoia, ed isquatra.
parti del mondo. E cita Fulgenzio.
6. Unta. Proprio de' golosi. Orazio, d|Cep*
bero : Spiritus teter saniesque manet Ore tri-
lingtti. Seneca ( Hcrc. , v. 784 ) .* Sordidum Sa-
bo caput. — Mani. Cosi Chiama Plin. le zam-
pe anteriori deli' orso (Vili, 36 ). — Scuou.
Somiglia un poco alla descrizione che fa Virg.
d'UD apparecchio di mangiare : Tergora deri-
piunt, eostis , et viscera nudant. Pars in fru-
sta seeant. — Isquatra. Squarta. Come intar-
petrare, per interpretare. Anche Lucano fa le
viscere umane lacerate e ingoiate da Cerbero.
Armannino , degli iracondi : La Gorgona, eo-
storo tranghiottisee e fanne grandi bocconi :
poi per lo sesso U caccia fuori. Sap. (XI, 17)
Per quae peccat quis , per haec ,' et lor^uefwr.
Norma da Dante osservala in parecchi de* suoi
supplizi!.
lOS
DELL* INFERNO
7 Urlar gli fa la pioggia come cani.
DciruD de'lati fanno all'altro schermo;
Yolgonsi spesso i miseri profani.
8 Quando ci scorse Cerbero il gran vermo,
Le bocche aperse e mostrocci le sanno ;
Non avea membro che tenesse fermo.
9 £ 1 duca mio distese le sue spanne ,
Prese la terra , e con piene le pugna
La gittò dentro alle bramose canne.
1 0 Qual è quel cane eh* abbaiando agugna,
£ si racqueta poi che '1 pasto morde ,
Che solo a divorarlo intende e pugna;
1 1 Cotai si fecer quelle facce lorde
Dello demonio Cerbero, che'ntrona
L'anime si ch*esser vorrebber sorde.
1 2 Noi passavam su per Tombre ch'adona
La greve pioggia ; e ponavam le piante
Sopra lor vanità, che par persona.
13 Elle giacén per terra tutte quante,
Fuor ch'una ch'a seder si levò ratto
Ch'ella ci vide passarsi davante.
7. Urlar. Gioele : Vlulate . . . f/iit hihitit vi-
num in dulcedine, — Scuermu. ^el XVll del-
l' Inf. , i dannali per difendersi dalla pioggia
di foco : Di qua ai là soccorrén con le mani.
Quando a' vapori, e quando al ealdo suolo,
— Yolgonsi. Virg. : Fettutn, .. mutét laius
d'un giganie dannato. — Profani. Aveva an-
co senso di scellerati : e ben profani chiama
coloro quorum deus veutcr est. ( Ap. , Pili-
lip. Ili) . Il raangiarli che fa Cerbero e tostar
essi cosi distesi , li rassomiglia al tormento
di Tizio nel VI dell'En.
8. Gran. Virg. : Cerberus . . . ingens. Ov.
( Met., IV ): Tria Cerbervs extulit ora Et tres
tatralus simul edidit. — Vermo. In antico va-
leva'qualunque sia fiera schifosa. Così nel Pul-
ci (IV, 15). Ariosto : Che ai gran Vermoin-
femal mette la briglia. Verino , nei salmi pe-
nitenziali, falsamente attribuiti a Dante, v
Jetto il Demonio. Poi Cerbero co* suoi latrati
é simbolo della rea coscienza , della quale
Isaia: Vermis eort$m non moritur. — Apersr.
Virg.: lUe, fame rabida tria guttnra pandetis.
— Ferko. Virg., di Cerbero: Jiorrere videns
jam colla colubrit.
tf. Terra. Mostra la viltà della fiera, cioè
del Tizio. Qoi meglio s* intende quello del I :
Non ciberà terra, — Gittò. Virg.: Offam Ob-
jieit. Quivi d'una ciambella soporifera. Virg.
é la ragione che vince la fiera vile.
10. Cane. Il Cerbero di Dante non è pro-
prio uu cane, ripeto, è un demoaio, come
H 0. tu che se* per questo 'nfemo tratto»
Mi disse , riconoscimi se sai :
Tu fosti , prima eh* io disfatto» fatto.
15 Ed io a lei : l'angoscia che tu hai
Forse ti tira fuor della mia mente
Si che non par eh' i'ti ve>dessi mai.
16 Ma dimmi chi tu se* chc*n si dolente
Luogo sommesso , e a si fatta pena
Che, s*altra è maggio, nulla òsi spiacente.
17 Ed egli a me: la tua città che piena
D'invidia si che già trabocca il sacco»
Seco mi tenne in la vita serena.
18 Voi cittadini mi chiamaste Ciacco.
Per la dannosa colpa della gola ,
Come tu vedi , alla pioggia mi fiacco.
19 Ed io anima trista non son sola ;
Che tutte queste a simil pena stanno
Per simil colpa: e più non fé parola.
20 Io gli risposi : Ciacco, il tuo aflanno
Mi pesa si eh* a lagrimar m'invita:
Ma dimmi , se tu sai , a che verraniio
Caronte e Minosse sotto forma di fiera. Però
la similitadine regge.
11. Facce. Il Cerbero dantesco non ba cef-
fo di cane : latra caninamente, cioè a modo
di cane. — 'Ntrona. Virg. : Pisnonat, — L'a-
.MMB. Virg. : ingens janitor antro Aet9m%im
latrans exsangues terreat umbras.
12. ÀDONA. Doma: l'usa il ViU. (VI, 80).
— I*BRSONA. Virg.: Tenues sine eorpoTB viias,
14. Disfatto. Bocc. : Hanno sé meduimi
disonestamente disfatti (uccisi).
Itt. Mag€|o. Maggiore (Par., XXVIII, 5KJ};
come peogio jMjr peggiore.
18. Ciacco. Cioè |iurco. Lo nomina in una
novella il Bocc. e loda per piacevoli metti ,
e per gaia eloquenza (1.6): Uno da tutti chia-
mato Ciacco. L'anonimo lo dice : «om (fi eor^
fé , cioè buffone : li quaU piii usano questo vi-
eto che altra gente. Ebbe in sé, secondo buf-
fone . leggiadri costumi , e beUi motti: usò coi»
li valenti uomini, e dispetto it eattivi. E òe-
n$ si conviene a sì eattivo Visio e vile mette-
re sì vile mani0ra di gente , come uomini che
stannò alla mercè d'ogni uomo, e con lium-
ghe e bugie vogliono servire, I mali di Firenze
Dante conosceva originati da' vizii di qoe'
grandi co' quali Ciacco viveva. — Dannosa.
Ucclesiastic. : Propter erapulam multi obia-
runi. Grida anco il Bocc. contro qoe* sooi
concittadini , che trattavano briachi le coso
pubbliche. — Fiacco. Sotto la grandine gros*
sa , e la pioggia che odona.
CANTO VI.
109
SI Lì cittadin ddla città partita ; .
S* alcun v' è giusto; e dimmi la cagione
Perchè r ha tanta discordia assalita.
22 Ed egli a me : dopo lunga tenzone
Verranoo al sangue; o la parte selvaggia
Caccerà l'altra con molta ofTensione,
S Poi appresso convien che questa caggia
Infra tre soli, e che T altra sormonti
Coo la forza di tal che testé piaggia.
ìk Alte terrà lungo tempo le fronti ,
Tenendo l'altra sotto gravi pesi ,
Come che di ciò pianga e che n' adonti.
25 Giusti son duo, ma non vi sono intesi.
Superbia, invìdia , e avarizia sono
Le tre faville eh' hanno i cuori accesi.
S6 Qui pose fine al lacrimabil suono.
Ed io a lui: ancor vo* che m'insegni
£ che di più parlar mi facci dono.
M. Sakgus. Reg. (1,25): Irem ad tan-
5«mtm. — SBLVAG6IA. Parte Bianca così chia-
mal* anco dal Villani , perchè comandata da
Tieri de* Orchi, venuto di Val di Nievole, il
^àal combattè in Gampaldino con Dante nel
1189 ( ViU. , VII. , 131 ) e fin dal 1291 era av-
verso ti Donati nobilissimi (VII, 146). La
casa Cerchi , detta da Benv. rustica e pToter-
tm, venne dalla Pieve d'Acone : nobiltà nuo-
va, e disprezzau da Dante (Par., X). Salwi-
tioo fn anUco cbiamavasi ogni uomo nemico
di civile ogoaglianza: laiualici 1* Ottimo cbia-
nava I tiranni. Forse tra la selva selvaggia
in cai Dante si trova , e la parte selvaggia ,
é analogia. — 0ffe5SI0NB. Dà gran forza il
?. al verbo ojferuiere. Inf. , Y : QuelV anifM
éfèmt. Con questa parola, Dante condanna
pi eccessi de' fiianchi.
23. Soli. Per anni, è in Nemesiano. La
visione fi Goge nel 1300: nel 1302 Dante co'
Bianchi fa soppiantato e sbandito. — Piaggia.
Ora losinga i fiorentini. Carlo di Valois, ;»0r
U fmaU , dice VOii\mo,jìapa Bonifazio avea
wmmdato per eaecian quelli delle casa d'Ara-
gm»a dalla signoria di Sicilia.
24. Alte. Carlo altrove è detto : alto leon ;
r nel primo canto è forse il leone dalia te-
sTaita. Ed era veramente rabbiosa la fame di
qnesto leone di Francia. — Tenendo. Compa-
gni: TtmUi sotto gravi pesi,
£S. Duo. Dante e Guido Cavalcanti amico
ano, richiamato da lui dall'esilio quand'era
priore. Dante volle con ani simili conciliare
le dvili discordie, e non potè. Giusto qui vale
eairn a gissstizia; non santo. Nel Purg., Dante
accenna a aè e al Cavalcanti , in modo simile
27 Farinata e1 Tegghiaio, che fur si degni,
Iacopo Rusticucci , Arrigo, e '1 Mosca,
£ gli altri eh* a ben far poser gl'ingegni.
28 Dimmi ove sono, e fa ch*io gli conosca;
Che gran disio mi stringe di sapere
Se*l elei gli addolcia ,0 lo*nferno giiatto9ca
29 £ quegli: ei son tra Tanime più nere:
Diverse colpe giù qli aggrava al fondo ;
Se tanto scendi, gli potrai vedere.
30 Ma quando tu sarai nel dolce mondo,
Pregoti ch'alia mente altrui mi rechi:
Più non ti dico, e più non ti rispondo.
31 Gii diritti occhi torse allora io biechi.
Guardomm'un poco , e poi chinò la testa:
Cadde con essa a par degli altri cicchi.
32 £ '1 duca disse a me : più non si desia
Di qua dal suon dell'angelica tromba.
Quando verrà lor nimica podestà.
senza dire il suo nome : Ha toUo V uno al-
l' altro Guido La gloria della lingua: efom
è nato Chi Vuno e 1^ altro caccerà di indo, in
una canz. scritta dall* esilio circa il 1304,
paria di tre cittadini men perversi degli altri;
nel Purg. parla di tre vecchi di Romagna ;
rimprovero dell' antica età alla moderna. — Fa-
ville. Inf. , XV : Gente avara , invidiosa •
superba. Villani (VIU, 96): Per U peccata
della superbia, invidia ed avarizia erano par-
titi a setta. E cap. 68: per la superbia, tn-
vidia ed avarisia dt^ nostri cittadini che al-
lora guidavano la terra.
26. Insegni, lo questo senso ha più volle
doeere Virgilio. — Dono. Petr. : E 'n don U
chieggo sua dolce favella.
27. Farinata. Inf., X.— TEGcniAio. Inf.,
XVI. Fa Teggltiaio di due sillabe , che cosi
pronunziavano. Pet. : Ecco Cin da Pistoia ,
Guitton d* Arezzo. — Degni. Li loda non come
peccatori ma come bcneineriii ciiladini. — Ru-
STicccci. Iiif., XVI.— Mosca. Inf., XXVIII.
— Poser ; Apposui cor meum ut scirem sa-
pientiam (Ecclesiastcs. Vili , 16).
30. Dolce. Virg. ; Dulcis vltae. — Rbcui.
Gli uomini non vili Dante fa desiderosi di vi-
vere nella memoria degli uomini (Inf., Xlil,
XV, XVI , e altrove). Ciacco dunque era a
Dante uomo non tanto dispregevole, quauto
il Boec. lo fa. E i discorsi eh' e* gli pone in
bocca , sono di pio cittadino.
31. Ciechi. Nei VII (Inf.). chiama guerci
della mente gli avari. Cicclii inoltre, per la
grandine tenebrosa.
32. Desta. Dal sonno tormentoso in cui
giace quasi a pena della crapula sonnolenta.
110
DELL' INFERNO.
33 Ciascun ritroverà la trista tomba,
Ripiglierà sua carne e sua figura ,
Udirà quel che in eterno rimbomba.
3& Si trapassammo per sozza mistura
Dell'ombre e della pioggia, a passi lenti,
Toccando un poco la vita futura.
35 Perch'i* dissi : maestro , csti tormenti
Cresceranno ei, dopo la gran sentenza,
0 fien minori, o saran si cocenti ?
36 Ed egli a me : ritoma a tua scienza,
— Podestà. Frase biblica. Podetta, per pò-
d$ità, come nel Farad. loddts/arti, encH'uso
cornane Felicita, Trinità,
33. Teista. Se chiude un corpo dannato a
penare ; e se la pena , dopo la risarrezione ,
s' aggrava. «- Quel. Vang. : Ile, maUdicti, in
ignem aetemum.
34. Ombeb. Stat. : Ar umhroi Et caligari-
tes umbrarum exanUne campot. Calca iosieme
le anime e il fango per mostrare la viltà di
qael vizio.
36. Scienza. Aristot. (De Anima): dice che
1* anima in corpo più perfetto meglio conosce;
Che tuo! , quanto la cosa è più perfetta
Più senta 1 bene , e cosi la doglienza.
37 Tuttocchè questa gente maladetta
In vera perfezion giammai non vada»
Di là più che di qua , essere aspetta.
38 Noi aggirammo a tondo quella strada
Parlando più assai chT non ridico.
Venimmo al punto dove si digrada.
39 Quivi trovammo Pluto il gran nemico.
in corpo a cai alcnno organo manchi, man-
co è l'intendere. S. Augnst. : Quum fin nmu
reetio eamis , et honorum gawUum majue erit,
et tormenta majora. Ferfezione non èpe* dan-
nati: pare col corpo saranpiìi perfetti che ten-
za; dunque più miseri.
38. Aggirammo. Dopo parlato con CEioeo,
non andavano per mezzo il cerchio, ma sol-
l'orlo. — Digrada. Nel quarto cerchio.
39. Flcto. Non Plutone , ma il dio delle
ricchezze. — Gran. Perchè 1' avarizia moUé
genti fé viver grame, e fa pertiere la Jpenni-
sa d'ogni alta cosa.
CANTO VII.
Ili
CANTO vn.
ARGOMENTO.
VMa , eom la ritpo$ta di Virgilio , V ira di Plvto , discendono : dico diteenr
ifimo , perchè Pluto ttava sul pendio tra 'l terzo cerchio ed il quarto. Quivi puniti
emidi per vmdia , per tuperbia , o per olirò ; che tra loro si percoUmo o mareiscon
n sopplizio degli ararl e de' prodighi, difficile a dipingere, è reso con rara evidenza.
NoU le terzine 4, 5, 6; la 8 alla 12; 18, 19, 22, 26, 28, 30, 32, 35, 38,40, 42, 43.
1 Pape Satani pape Satan aleppel
Comiociò Pluto con la voce chioccia.
E quel savio gentil che tutto seppe,
3 Disse per confortarnii : nop ti noccia
La tua paura ; che, poder eh egli abbia,
?lon ti terrà lo scender questa roccia.
3 Poi si rivolse a quella enfiata labbia ,
£ disse: taci, maladetto lupo :
0>nsurna dentro te con la tua rabbia.
k Non è senza cagion Vandaro al cupo ;
Vaolfi oeiralto , là dove Michele
Fé la Teodetta del superbo strupo.
1. Pafb. Pietro di Dante, che non lo pote-
va Hicilmente imagìnar di suo capo , e che,
a quanto pare, 1' avrà sentito dal padre, spie-
ga: Pape ezelamaiione Ialina; Satan principe
àtdemìmii; Aleppe, Aleph, in sento timile
alt Ego sum Alpha della terittura. Siccome
éa Joseph Giutejppe, così Aleppe da Aleph.
Adonqne, le parole di Pluto son un atto di
■iravigUt , e un volgersi a Satana , il sno ca-
pM» per chiedere riparo contro l'invasione d'an
«ivo ne* regni della morte. — Tutto. Inf. ,
IV. 9 O tu che onori ogni scienza e arte.
2. TxKRA'. Buti : Lo male amore delle cose
rmtmdane ci tiene t entrata delUa penitenza,
3. ENFIATA. Yirg. : Tumida ex ira, Horat.:
Àmbae tratue hueeas inflet, — Labbia per vi-
so , siccome i latini oi per miltus , è nelle ri-
ne e prose antiche ; e sin nell'Andreini, poe-
u dei secolo XVU. — Lupo. Simbolo dell' ava-
riiia (Porgttorio, XX).
5 Quali dal Tento le gonfiate vele
Caggiono avvolte, poi che Talber fiacca;
Tal cadde a terra la fiera crudele.
6 Cosi scendemmo nella quarta lacca,
Prendendo più della dolente ripa
Che 1 mal dell'universo tutto 'nsacca.
7 Ahi giustizia di Dio , tante qui stipa
Nuove travaglie e pene , quante i*viddil
E perchè nostra colpa si ne scipa?
8 Come fa Fonda là sovra Cariddi ,
Che si frange con quella in cui s'intoppa;
Cosi convien che qui la gente riddi.
4. Cupo. Corrisponde eWAides de' greci, e
e\V Amfa dc'tonchinesi che vai buio; e cosi
chiaman essi l'inferno. — Vuolsi. Ripete la
risposta data a Caronte e. Ili, e a Minosse
e. V. — Strupo. Ter stupro : osato dagli an-
tichi anco in prosa. È fornicazione della crea-
tura il volger la mente ad altri che a Dio.
Altri intende strupo per moltitudine. Ma far
la vendetta d'una moltitudine non ha senso.
Sap. (XIV, 12 ) : Initium... fomieationis est
exquieitio idolorum.
5. GoNTiATB. Virg. : Inflatur earhasus Au-
stro. — Caggiono. Bocc. : il forte albero , rot-
to da'potenti venti , con le vele ravviluppate.
6. Pbxndbndo. Yirg. : Corripiunt spatium
medium.
7. Stipa. Chi altri che te ? Virg. : Mella
stiparU . . . Stipatque earinis . . . argentum. —
Travaglib. è nel Villani.
8. Cabiimm. Virg., I. HI. — Fbangb. Virg..-
113
DELL' INFERNO
9 Qui vìd'io gente più ch'altrove troppa,
E d*una parte e d^altra, con grand urli
Voltando pesi per forza di poppa.
1 0 Pcrcotevansi incontro , e poscia pur lì
Si rivolgea ciascun voltando a retro ,
Gridando: perchè tieni? e: perchè burli?
1 1 Cosi tornavan per lo cerchio tetro
Da ogni mano all'opposito punto.
Gridandosi anche loro ontoso metro.
12 Poi si volgea ciascun quand'era giunto,
Perlo suo mezzo cerchio , all'altra giostra.
Ed io ch'avea lo cor quasi compunto,
13 Dissi: maestro mio, or mi dimostra
Che gente è questa, e se tutti tur cherci
Questi chercuti alla sinistra nostra.
1^ Ed egli a me : tutti quanti tur guerci
Si della mente in la vita primaia.
Che con misura nullo spendio ferci.
15 Assai la voce lor chiaro Vabbaia
Quando vengono a* duo punti del cerchio
Ove colpa contraria gli dispaia.
16 Questi fur cherci che non han coperchio
wifr alto Fraiìgilvr inqìte rinus mindit svn un--
da reduetos. V onde che vengono dal mar lo>
nio con quelle che dal Tirreno sMncontrano e
frangonsi. — Riddi. Ridda . ballo in tondo.
Riddate , usato anche in prosa.
9. Troppa. L' avarizia più che tutu PaUre
testie ha pnda (Purg. , XX). Virg.: Àut qui
divitiii soli incubuen repertis, Neeparlempo-
fuere suit, quae maxima turba est. — Poppa.
Per petto , l'usa nel XII Virg. : Saxum inqen*
viAxmnt altt.Dovevano dunque rotolarlo carponi.
10. PcR M. Fa rima con òurlt , come nel-
r\r. aver de* rima con verde ; e in Dante
(Inf. , XXIX) non ei ha, con oncia. — Burli.
Burlare nell'antico senese valeva gettare. Dico-
no gli avari: perchè tieni quel sasso, e non
lo spingi o lasci ire più presto , tu che sì po-
co sapesti tener le ricchezze? 1 prodighi: per-
chè getti innanzi e non ritieni quel sasso , ta
rtie afferrasti Toro con mano sì ferma TFilo-
sotica è l'idra di mettere alla medesima pena
gli avari e i prodighi , come son anco nel
Purg., \X : cht* la prodigalità non è forse men
dispregevole vizio dell* avarizia e a molti vi-
xii e ministra. Il prodigo per aver che getta-
re romiMcttc le indc^niiii dell' avaro. Nel Con.
rmiprctx^ra ai principi italiani la prodigalità
r ringoidigia, del pari sfacciate.
il. Metro. Inf., XIX: Risposi lui a gne-
Stn melru.
13. SiMSTBA. Gli avaritsinistrt. Sempre a
Filoso al capo , e papi, e cardinali.
In cui usa avarizia il suo soperchio.
17 Ed io : maestro, fra questi cotaU
Dovrelo ben riconoscere alcuni
Che furo immondi di cotesti mali.
18 Ed egli a me : vano pensiero aduni •
La sconoscente vita che i fé sozzi ,
Ad ogni conoscenza or gli fa bruni.
19 In eterno verranno agli duo cozzi:
Questi risurgeranno del sepulcro
Col pugno chiuso, e questi co* crin mozzL
20 Mai dare e mal tener lo mondo pnkro
Ha tolto loro, e posti a questa zuOìu
Qual ella sìa , parole non ci appulcro.
21 Or puoi, lìgliuol, veder la corta ImftL
De* ben che son commessi alla fortuna.
Perchè l'umana gente si rabbufla.
22 Che tutto l' oro che sotto la luna ,
E che già fu, di quest'anime staoclìe
Non poterebbe farne posar una.
23 Maestro , dissi lui , or mi df anche :
Questa Fortuna di che tu mi tocche »
sioistra il peggio.
14. GuE.ic:. Virg. : Jbnt ... la$va,
15. Abbaia. Boet.: Uaee uhi deiatrani.
17. ÀLCCM. Rammentiamo che l'inferaodi
Dante è l'immagine del mondo qual eraa'siiol
tempi , coir' egli dice nella lettera a Cane.—
Mali. Per colpe , ò in Virgilio.
18. Aduni. La memoria è l'atto di fkr iiiv>
nel pensiero il presente e il passato. — Sgd-
KOSGBKTB. Sema eonoicensa alla qaal ae^wr
nasce l'aomo. Inf. , XXVI.
19. Cbiuso. Gli avari col pogno ehtiiao» i
prodighi co* capelli tagliati. Diod. Sic: Sini-
stra digilis eomptesii» tenacilat$m affila ao**
ritiam ti(jnil%eat. Ecc. (IV, 36): Non aU por-
recta man%ts tua ad aceipiendum • «1 md mm^
dum eoUect€u
20. PcLCBO. Il Falci l'osa fuori di fiat
( XVI . 38 ). Qui Tale il cielo it 6iUa «Itllt.
Inf. XVI.
S2. Posaa. lo ona cabsona dice cho le ric-
chezze raccolte Non posson quietar , wus dmm
più cura. Ch*è la òtsfta stnza pace. ìbL, 1.
23. Bbangob. Parola di spregio : onda Vln.
lo rimprovera e mostra che la Fortuna è spin-
to celeste ministro di Dio Qui Dante ritratta
ona sentenza dei Con?, dove diceva Neltaws^
nimento delle riechezze nulla giustisia distri-
butiva rìsplendere » ma tutta iniquità quem
eempre ; sentenza vera , ma disperata se la
idee della Previdenza divina non la rischiarino.
CANTO vn.
113
Che è.cheibenàel mondolia si tra branche?
^ E quegli a me: 0 creature sciocche.
Quanta ignoranza è quella che v'ofTemle!
Or To'che tu mia sentenza ne 'mbocche.
25 Cohii lo cui saver tutto trascende ,
Fece li cieli , e die lor chi conduce,
Si ch'ogni parte ad ogni parte splende,
56 Distribuendo ugualmente la luce ;
Similemente agli splendor mondani
Ordinò general ministra e duce
57 Che permutasse a tempo li ben vani,
Di gente in gente e d'uno in altro sangue
Oltre la difension de' senni umani.
2B pèrch'una gente impera, ealtra langue,
S4. SsHTiHiA. Non vale opinione né giu-
dìiio , ma ragionamento , tome in Virgilio
|MÙ Tulte. — 'Mboccdb. Come bambino.
15. CoxDCCB. Par.(XXVllI , 26 ). — Splbn-
BB. Allo splendore d' ogni cielo risponde nn
lane spirituale ; e da questo diretti , tutti i
rieli rìflettoDO la propria luce a vicenda iu
armonica proporzione. V, Par. ( XXVIH , 26).
jkng. ( De Gir. Dei , V ) : Eas eausas quae
diatntur fortuitae non dicimus nuUas , sed
ìatentBS , coj^im tribuimus velveri Dei vel quo-
fmmlihtt sptn'fìNim voluntati.
26. SrLBiiDoa. Di ricchezza e di gloria. De
Vonarchia ; tiprhìii heram vocahat fortunam,
^am camsam melius et rectiut no$ divinam
ProvidetUiam appellamut, Platone ad ogni
cielo dà anch' egli un motore ; di che Dante
lo loda nel Conr.
t7. Gkntb. Pro?. ( XXVII , 24 ) : Non ...
WMù jugiier potettatem , sed corona tribue-
far in gen^rationem et generationem, Alber-
ttao , I. 45 : Tal fata si perde un regno , e
trmmmtari di genie in gente per la non giusti-
!••• Eeel. ( X y 8 ) : Regnum a gente in gen-
ttm fnNUftrfiir , propter injustltias, — Difbn-
iioa. Id Biodo che il senno umano non se ne
poò Afèsdere, né vietarle 1* impero. In senso
aiailt ma P Ariosto quel terbo ( XXX, 63 ) :
JM ponte Cke Rodomonte ai eavalier difende.
ÌB. Occulto. Lucrezio chiama la Fortuna:
aii «Mica. Virg. : Neseia mens hominum fati
sovttffifa futurae. — Abgdb. Virg.: Latet an-
in kirba.
99. PBBSBavB. Nel senso latino di persegui
jue , che seguiva all' atto del giudizio.
Hata i tre atti di vedere, giudicare, operare
aecoodo la sentenzaT data. — Dbi. Così, dice-
fli nel CoQT. , chiamano i Gentili le intelli.
gaazf celesti ( II, 5 }. E gli Angeli nelle scriu
tara si chiamano Dei. Parad. ; Crtdi coma a
Seguendo Io giudicio di costei
Clied è occulto com* in erba Tangue.
29 Vostro saver non ha contrasto a lei.
Ella provvede , giudica , e persegue
Suo regno, come il loro gli altri Dei.
30 Le sue permutazion non hanno triegue;
Necessità la fa esser veloce;
Si spesso vien chi vicenda consegue.
31 Quest'è colei ch'è tanto posta in croce
Pur da color che le dovrian dar lode.
Dandole biasmo a torto e mala voce.
32 Ma ella s*è beata , e ciò non oda.
Con l'altre prime creature lieta
Yolve sua spera, e beata si gode.
D», parlando delle anime incielo beate. Nel
Parad. ( XXVIII, 41 ), le gerarchie degli Ag-
geli chiama Dee,
30. Necessità. Orazio alla Fortuna: Te sem-
per anteit saeva Nece$sitas ( ma quivi intenda
la morte ). — Vicenda. Son tante che debbon
passare alla volta loro, che poco spazio resta
a ciascheduno da goder la Fortuna. 11 dolore
de' pochi è compensato dal piacere de' molti.
Sap. ( VII, 18 ): Vicissitudinum permulaftoacf.
Ovvero : sì spesso mutano i cieli postura e
influenza in lor giro , onde segue vicenda a
mutazione quaggiù.
31. QuEST'. PJin. :5oIa rum eonviciis eolitur»
La Fontaiue : Et si de quelque échec notrt
faute est suivie ?fous disons injures au sort. —
Grocb. Rusticucci sotto le fiamme cadenti
( Inf., XVI ). Si dice posto in croce : e croca
cbiamavasi ogni dolore, dopo la croce di Gesù«
compendio ed esemplare di tutti gli umani
dolori. Un lamento della Fortuna contro i snoi
detrattori è in Boezio. E dovrebbero , dica
Dante , lodarla come ministra di Dio ; la qoal
si move per norme più alte del senno umano.
32. Odb. Boet. : Non iUa miseros atsdii aut
curai fletus, Ultroque gemitus dura,quos far
cit , ridet. Questi ne fa una tiranna , Dante
una dea, ch'è più poetico. — Spbra. Del mondo.
Migliore imagine che in Pacuvio: Foriìsnam
insanam esse, et eaecam , et brutam perhibeni
philosophi: Saxoque instare eam globoso proa*
dieant volubilem, — Bbata. Dante collegando
le idea astronomiche del sno tempo con la
filosofiche di Platone e le teologiche del cri-
sUanesimo , personifica nella Fortuna la Pre-
videnza. Rappresentazioni simboliche della
Fortuna , dice il Cazzata , avea poste Cane
Scaligero nel suo palazzo. Forse l'idea glicoe
veniva da Dante.
15
lU
DELL' INFERNO
33 Or discendiamo ornai a maggior pietà.
Già ogni stella cado, che saliva
Quando mi mossi: el troppo star si vieta.
34 Noi ricidemmo 1 cerchio all'altra riva
Sovruoa fonte che bolle, e riversa
Per UD fossato che da lei diriva.
35 L*acqua era buia molto più che persa:
E noi, in compagnia dell'onde bige,
Entrammo giù per una via diversa.
36 Una palude fa ch'ha nome Stige ,
Questo tristo ruscel , quando è disceso
Al pie delle maligne piagge grige.
37 E io che di mirar mi stava inteso ,
Vidi genti fangose in quel pantano
Ignudo tutte e con sembiante ofleso.
38 Questi si percotean non pur con mano
Ma con la testa, e col petto , e co' piedi,
33. Cadb. É mezza notte passata. Virg. :
Jam nox humida coelo PraeeipUat, iuadent-
«fica eadentia sidera iomnos, EntraroDo air im-
branìre.
34. Ricidemmo. Passammo per mezzo il
cerchio per gioDgere alla parte opposta. Si
pensi che i danoaU giravano intorno , e che
il mezzo rimaneva vuoto. Virg. : Viam tecat
ad naves . . . Qwtcumque viam $ecat, — Bol-
li. Per Indicare le inquietezze dell' ira , e le
nascoste smanie dell' Invidia , e la viltà del-
l' orgoglio.
35. Buia. Platone dà allo Stige un colore
eifaneum propé. — Divbesa. Moo in diritta
linea dal cerchio che lasciavano.
36. Palude. Virg. : Hine wi Tartarei quae
fert Acherontis ad undat : Turbidus hie coeno
vastàqu$ voragine gurgee Aeituatt atgue om-
ffiem Cocyto eructat arenam ... Stygiamque,,,
paludem, — Maligne. Virg. chiama colles
maUgni , i colli sassosi e sterili.
37. Pantano. Virg. : Turbidut ... eoeno ...
gurges, Ov. ( Met. » IV ) : Styx nelmUu exalat
in$n,
40. Gente. Pietro di Dante, c'insegna che
U palude stigia era da suo padre destinata
non solo agi' iracondi , ma agli accidiosi , a-
Sl* invidiosi , a* superbi. Né Pietro poteva de-
urlo tanto dai versi quanto dalla viya Inter-
prelazione del padre: Il quale nominando gl'i-
racondi adopra la parola acetdiofo, e nel se-
guente canto parla degli orgogliosi quivi en-
tro sepolti, mt degl' invidi non fa chiaro cen-
Troncandosi co'denti a brano a brano.
39 Lo buon maestro disse : figlio, or vedi
L'anime di color cui vinse Tira.
E anche vo'che tu per certo credi
40 Che sotto l'acqua ha gente che sospira:
E fanno pullular quest'acqua al sammo.
Come rocchio ti dice u* che s'aggira.
ki Fitti nel limo dicon: tristi fummo.
Neil' aer dolce che dal sol s'allegra.
Portando dentro accidioso fummo.
k2 Or ci attristiam nella belletta negra.
Questiono si gorgoglian nella strozza»
Che dir noi posson con parola integra.
&>3 Cosi girammo della lorda pozza
Grand' arco tra la ripa secca e '1 mezzo.
Con gli occhi voltiachi del fango ingozza.
hi Yeninmioal pièd'una torre, aidassezzo.
no. D'altra parte noi Tediamo nel Parg. espiarti
.e la superbia e 1' accidia e l' Invidia : Teriti-
mile è dunque che il P. abbia voluto ponerle
anco laggiù nell' Inferno. Certo l' invidia, da
lui rimproverata a' suoi concittadini sovente,
meritava una pena. S' aggiunga che aeeiéim
negli antichi non ha solamente senso d'iner-
zia al bene , ma d' ogni non buona tristexzt.
E il nostro colloca l' invidia accidiosa al di-
sotto, come Aristotele giudica gli accidiosi pia
colpevoli degl' iracondi. Né paia strano eh* e*
ponga t marcire insieme ì tre vizii: poiché
tutti Tengono d'ira, e d'ira son padri. Onde
può dirsi che il quarto cerchio contenga soli
gl'iracondi, ma divisi in più specie. L'idea
della pena par tolta da Virg. : Aliit sub ffur-
gite %>a$to Infectum eluitur icelut, — Pcllulae.
Ondo pota per vena.
41. Fitti. Psal. : Infixus ium in limo prò*
fundi. — Tristi, llor. : Tristes,..irae, — Acci-
dioso. Jerem. : Bequievit in faecibue stitf. Ma
perchè accidia vale anco una certa maliDCooia
maligna, perciò può comprendere anco l' invi-
dia iraconda. — Fummo. K.g. Vili. Albertano:
Lo fummo delVodio sempre si nasconde in petto
del nemico,
42. Nbgea. Virg.: Limus niger, et defor-
«Iti arundo Coeyti , tardaque patus inomusbi^
lis unda. — Inno. Poc'anzi: Metro.
43. Mezzo. 11 fradicio del padule.
44. Dasskzzo. Da ultimo, lat. «e^tor. L'u-
sa anco l'Ariosto (XI, 13). E si diceva anco
in prosa.
CANTO Vili.
115
CANTO Vili.
Ali GOM ENTO.
Flegidt viene a tragittare i due poeti, e li ibarca eolio la dita di Dite : nel
Éragitto , esce dal fango Filippo Argenti , Fiorentino bestialmente iracondo della fa-
wtigUa Adimari, nemica a Dante, eh' egli chiama oltracotaia schiatta che s' indraca
Dietro a chi fugge (Par., XYI] ; ed è maltrallato da Dante, da Virgilio, da tifiti
i compagni. I demonii che fan guardia alle porte , negano accesso al P. vivo.
La scena di F. Argenti , dipinge V anima del P. Noi del sno sdegno noi loderemo ,
» d'alta Tirtù ; e negl' imitatori di lai l'affettazione dell'ira ci par cosa imbecille.
IfoU le tersine 2, 5, 8, 9, 11, 12, 14, 16, 17, 21, 22, 24, 26, 27, 28, 37, 38, 40, 43.
1 rdico, seguitando, ch'assai prima
Che Do'fussimo al pie dell* alta torre,
Gli occhi nostri n'andar suso alla cima
S Per duofiammette che vedemmo porre,
E un'altra, da lungi, render cenno,
Tanto, eh* a pena'l potea 1* occhio torre.
3 Ed iOj rivolto al mar di tutto 1 senno ,
Dissi : questo che dice ? e che risponde
Queiraltrofuoco?echÌ8onque*che*irenno?
k Ed egli a me : su per le ^ucid' onde
Gii scorger puoi quello che s'aspetta.
Sei fummo uei pantan noi ti nasconde.
i. SB6iTrrA3f]M>. Non é, come mole il Boc-
caecio, indizio d' interruzione lunghissima del
laToro, ma vincolo strettissimo dell'un canto
culi' altro. Ar., XVI : Dico, la bella ùtorta ri-
fifUamdo. — Tonai. Neil' Inferno di Virg. :
MÙH fgrrea furrtf ad auras. Una di qna del-
f acqaa per dare il segnale di quanti arriva-
■•• lUM di là dove sono le Farle.
3. Maa. Inf., VII: Che tutto seppe.
5. PisfSB. S'osa ancora in Toscana. — Saetta.
Virg. : iUa volat. . . Non seeus ae nervo per
miJmi impulsa sagiita . . . Slridens , et cele-
res wneognita transiUt umbras.
6. Quella. In quel ponto si dice tuttora. —
Galsoto. L' antica galea non era s) grande :
<|QÌBdi r accrescitivo galeone. Virgilio, di Ca>
8
Corda non pinse mai da sé saetta
Che si corresse via per Y aer snella,
ComTvidi una nave piccioletta
. Venir per Taoqua verso noi in quella,
Sotto *1 governo d'un sol galeoto
Che gridava : or soggiunta, anima fella?
Flegiàs, Flegiàs, tu gridi a voto,
Disse lo mio signore, a questa volta;
Più non ci avrai se non passando il loto.
Quale colui che grande inganno ascolta.
Che gli sia fatto, e poi se ne rknunarca ,
Tal si fé Flegiàs nell'ira accolta.
ronte : Ipse ratem conto subigit , v^isque mi-
nistrat. — Fella. Parla ad ono, poiché cono-
sce che l'altro non era già ombra.
7. FlbqiÀs. Virg. pone nel suo inferno Flf-
giAs, il quale per aver sna figlia Coronide par-
torito d' Apollo Esculapìo, cieco dall'ira, bru-
ciò il tempio del Dio : PhUgycuque miserrimus
omnes Admonet , et magna testatur voce per
umbras: a Diseite justitiam moniti, et non
temnere divos ». Il FlegiÀs di Dante é al so-
lito on demonio. E Flegiàs viene da (lego arde-
re, onde sta bene al barcaiuolo della città ro^
vente.
8. Accolta. Horat .* tram Colligit ac ponit
temere. Virg. : CiMeota. . . Ex longo rabies.
110
DELL' INFERNO
9 Lo duca mio discese nella barca,
£ poi mi fece entrar appresso lui ;
E sol quand'iTui dentro, parve carca.
10 Tosto che 1 duca ed io nel legno fui,
Segando se ne va l'antica prora
Deiracqna più che non suol con altrui.
1 1 Mentre noi corra vam la morta gora,
Dinanzi mi si fece un, pien di fango ,
E disse: chi se*tn che \ieni anzi ora ?
12 Ed io a lui : s* i' vegno , non rimango.
Ma tu chi se*che si se* fatto brutto?
Rispose : vedi che son un che piango.
13 Ed io a lui : con piangere e con lutto,
Spirito maladetto, ti rimani ;
Ch*r ti conosco, ancor sie lordo tutto.
ik Allora stese al legno ambe le mani;
Per che*l maestro accorto lo sospinse
Dicendo : via costà con gli altri cani.
15 Lo collo poi con le braccia mi cinse ;
9. Carca. Perchè corpo vivo la premeva.
Virg.: AccipH alveo Jngentem Aeneatn. Gemuit
sub pondero cymba SvtUis, et tnuUam aceepU
rimota paludem.
10. Fui. La grtmatica materiale insegna :
fummo: ma anche Virg. : Hie iUius arma ,
JBk currui fuit. — Segando. Virg. : Seeat,,.
Aequora. — Antica. Virf;. : Bimosa,
11. Corra VAM. Virg.: Ae(/uora curro, — ^Fan-
l&o. In Stazio, mentre che Laio passa io Stlge
incontra degl' invidiosi. Di là forse il nostro
prese l' idea di questa scena, ch*egìi fa tutta
propria sì come suole. — Anzi. Virg. : Ante
diem. Così dicendo mostra di credere che un
giorno quei vivo verrebbe in inferno davvero.
£ anche perciò Dante risponde cruccioso.
12. Vedi. Non vuol dire il suo nome. Indi-
llo d'uom vite secondo Dante (Inferno. XXXIi);
e d* uom superbo.
13. Ancor. Per ancorché s'usava anco in pro-
sa. L'omissione del che è amata anco dal po-
polo vivente toscano.
14. Ambr. Per rovesciarlo. Era (dice il
Bocc. ) uomo grande e nerboruto e forte» -^
Via. Prov. ( XXII, 24 e 25 ) : ÌV0 ambules cum
viro furioto, Ae forte ditctu semitcu ejus. —
Cani. Propria de* cani la rabbia impotente.
Purg., XIV : Botoli . . . Ringhioti più che wm
chiede tor posta,
15. Collo. Virg. : Colla dard brachia cir-
€um. — Sdegnosa, ila nobil senso in Dante:
▼ale che non degna il male. — Bbnbdbtta.
RamnMnta 1* evangelico : Beatus venter qui te
portavit. — 'N. Tuttora in Toscana si dice es-
sere nel primo, nel terzo figliuolo; essere in
Baciommi'l ^olto,edisse:almasdegD08aj
Benedetta colei che*nte s'incinse.
16 Que' fu al mondo persona orgogliosa:
Bontà non è che sua memoria fregi;
Co«l s'è r ombra sua qui furiosa.
17 Quanti si tengon or lassù gran regi.
Che qui staranno, come porci in brago »
Di sé lasciando orribili dispregi !
18 Ed io : maestro, molto sarei vago
Di vederlo attuffare in questa broda.
Prima che noi uscissimo del lago.
19 Ed egli a me: avanti che la proda
Ti si lasci veder, tu sarà' sazio;
Di tal disio converrà che tu goda.
20 Dopo ciò ix)co, vidi quello strazio
Fardi costui alle fangose genti.
Che Dìo ancor ne lodo e ne ringrazio.
21 Tutti gridavano : a Filippo Argentai
Lo fiorentino spirito bizzarro,
tre, in sette mesi. Lo sdegno piace a Virg.,
perchè melior est ira riiu: quia per triitUiam^
vultus corrigitur animus delinquentis» Ecci.
( Vii, 4 ). Ma il vangelo lia sentenze più miti.
17. Bbago. Prov.: Memoria justi eum lai#-
dibus : et nomen impiorum putrescet. Isalas :
Fedihus conculcabitur corona superbiac. Job:
Superbia,,. Quasi sterquilinium in fine petd^
tur. Eccl., X: Memoriam supeihorum fcrdidit
Deus. Pietro di Dante cita qui i' altro nibiico:
Quasi lutum platearum eomminuam toj.— La-
sciando. Eccl. ( XXIil, 36): Derelinquet in
maledictum mefnoriam egus.
18. Lago Virg.: Stygios innare laens.
19. Goda. Contrario a quel de' Prov. (XXIT,
17 ) : Quum ouiderit inimicus tuus , ne gam-
deas,
20. Lodo. Reprimere Vira insolente è degno
della giustizia del ciclo. A Dante ia pena è
troppo sovente religiosa preghiera. Piange i
lascivi e i golosi ; gì' iniqui contro il prossi-
mo e contro Dio, comeCapaneo , XIV, e Van-
ni Pucci , XXV , non degna che d' ira.
21. Abgenti. Bocc. : Un cavaliere chiama^
t9 M. Filippo Argenti, uom sdegnoso , iraeim'
do e bizzarro più eh* altri. Post. Caet. : Di-
vitis et forti» , qui equum ferris argenii fe^
rari fecit. Ottimo : Di graride vita e di gram^
de bùrbanza , e di molta spesa » e di poca vir»
iute e valore, — Buiarro. Bocc. : Bizzarro,
sfiacevolft, Htroso. Ariosto ( XVI il , 3): Mm
a* tra e bizzarro. — Volgi a. Bocc. : M. Fi-
lippo era rimaso fieramente turbato , e in u
medetimo $i rodea.
CANTO Vili.
in
In sé medesmo si volgea co*denti.
22 Qiiivi'llascìainmo,chepiùnonDenarro.
Ila negli orecchi mi percosse un duolo;
Perch' i* avanti intento V occhio sbarro.
23 El buonmaestrodisse: ornai, figliuolo,
S' appressa la città eh' ha nome Dite ,
Co' gravi cittadin , col grande stuolo.
2S Ed io: maestro, già le suemeschite
Là entro certo nella valle cerno.
Vermiglie, come se di fuoco uscite
25 Fossero.Ed ei midisse: il fuoco eterno
Ch' entro V affuoca, le dimostra rosse,
Come tu vedi , in questo basso 'nferno.
26 Noipnr giugnenmio dentro all'alte fosse
Che vaUan quella terra sconsolata.
Le mora mi parea che ferro fosse.
2^7 Non senza prima far grande aggirata ,
Venimmo in parte dovei! nocchier forte:
Uscite, ci gridò; qui è V entrata.
28 r vidi più di mille in su le porte
Da del piovuti, che stizzosamente
Dicean: chi è costui che senza morte.
Va per lo regno della morta gente?
E 1 savio mio maestro fece segno
tt. Pncofii. Inf. , V. : Molto jnanto mi
ptrtuote. — Duolo. Ar. ( XI , 83 ) : ITn lun-
fo gniOm Un aUo duoì I« ortcchie gli feria.
33. Apfbibba. Virg.: iamguapropinguaòanl
fvrrvt. — DiTB. Virg. : Alta ostia JHtis, . .
Diti» wuMpU smh moenia tmdit. Finora vedem-
Mo i sobborghi dell' Inferno. Ov. , Met. : Sty-
fùim. . . urSnn, . . nigri fera regia JHtis. —
Gkavi. Di dolore. Ar. (XXXI, 88): Ruggiero
Ck^ «ra ferito e sfava ancora grave.
24. Mbschitb. Per moschee ( Tasso , II ,
6). S'usava anco in prosa. Meschite chiama
qaelle d'Inferno; come se le moschee fosser
cosa diabolica. Virg. : Duri sacraria Ditis. —
CiBHO. È in Armannino. Virg. : Cyclopum e-
émetaeaminis Moeniaconsjrido. — Vermiglie.
Virg. : Respieit Aeneas sulnlo et »ub rupe si-
Mtra Jfoama lata videt triplici circumdata
mmn, Quae rapidus flammis ambit torrenti-
kw oflNMf rartorattt PMegethon.
tt. GiooHEMMO. Virg. Tandem trans ftu-
vtwm incolumes vatemque virumque informi
hmo glaucaque exponit in ulva. Fbrbo. Virg.
Ferrea turri». . . Fùria adversa , ingens ^ so-
làdoque adamante columnae. — Fosse. Gen-
tile sconcordanza. NoYellino , XXI : Una grò-
gmiaia che parva cappelli d'acciaio.
Di voler lor parlar segretamente.
30 AUor chiusero un pocoil gran disdegno,
E disser : vien tu solo ; e quei sen vada
Che si ardito entrò per questo regno.
31 Sol si ritorni per la folle strada ;
Pruovi, se sa; che tu qui rimarrai
Che gli bai scorta la buia contrada.
32 Pensa, lettor, s'i' mi disconfortai
Nel suon delle parole maladette;
Ch' r non credetti ritornarci mai.
33 0 caro duca mio , che più di sette
Volte m' hai sicurtà renduta, e tratto
D'alto periglio che ncontra mi stette,
3k Non mi lasciar, diss' io, cosi disfatto.
E se r andar più oltre e' è negato^
Ritroviam 1* orme nostre insieme ratto.
35 E quel signor che 11 m* avea menato.
Mi disse: non temer; che '1 nostro passo
Non ci può torre alcun : da tal n*è dato.
36 Ma qui m' attendi, e lo spirito lasso
Conforta o ciba di speranza buona;
Ch' i' non ti lascerò nel mondo basso.
37 Cosi sen va , e quivi m' abbandona
Lo dolce padre : e io rimango in forse;
28. Da. Trecentista ioed. : Questo che da
cielo v*è mandato. — Piovuti. Borghloi: GH
angeli i quali , piovendo in terra , si trasmu"
tono in diavoli.
30. Regno. Virg. Inania regna.
33. Sette. Nella selva dalle Ocre; poi quan-
do sciolse i suoi dabbi ; poi quando lo prese
per mano all'entrar della porta; poi quando
rispose alle grida di Caronte , di Minós , di
Fiuto , di FlegiÀs; e quando gli rese ragione
deir improvviso pallore all' entrare nel Limbo.
Son più di sette. Ma forse qui sette sta per
numero indeterminato, come ne'Pror. (XXIV,
16 ) : Septies. . . cadet justus et resurget. E
nel Vangelo: iVon solumsepties, sed etseptua'
gies septies.
34. Disfatto. Nella V. Nuovae'si dice d»-
sfatto da amore. — Negato. Virg. .* Fortuna
negarat. . . redUus. — Orme. Virg. : AeU-
gens. . . Littora.
35. Tal. Petr. . . . Ma miraeol non è: da
tal si mtole*
36. Ciba. Virg.: Spes pascis inanes. — Buo-
na. Sap. (Xll , 19) : Bonae spei. Petr. ( s.
193 ) : Jn speranze buone.
37. Sì. Petr.: Ké sì ni no nel cor mi su»-
na intero.
118
DELL* INFERNO
Che si e do nel capo mi tenzona.
38 Udir non potè' quello eh* a lor porse:
Ma ei non stette là con essi goari ,
Che ciascun dentro a pruoya si ricorse.
39 Chiuser le porte que' nostri avrersari
Nelpetto almio signor, chefuor rimase,
E rivolsesi a me con passi rari.
hO Gli occhi alla terra , eleciglia avearase
D* ogni baldanza ; e dicea ne' sospiri :
Chi m' ha negate le dolenti case ?
38. PoESK. Anche oggidì d'un oratore di-
ciamo che porge con grafia ; e non s* applica
solo al gesto.
40. Rasb. Contrario di aggrottaie. Esprìme
e dipinge. Nelle Rime (1. IV. , e. 2 ) : Jft
spoglia d* ogni baldanMa, Vlrg.: From kteta
parum §t dl^jeeto bimma vuUu, — Digxa. Tas-
so : JB co* pemieri suoi parla , e iospira.
41. Pruota. Rocc. Il mulo passò awinii ;
perchè 'l mulolfierv tnms la prova.
42. Suuiuu. Cristo , al dire del Prof. :
ki E a me disse: tu, perch* io m* adiri •
Non sbigottir, ch'io vincerò la pruova ,
Qual eh* alla difension dentro a* aggiri.
&2 Questa lor tracotanza non è nuova;
Che già r usaro a men segreta porta ,
La qual senza serrarne ancor si truova.
43 Sovr' essa vedestù la scrìtta morta.
E già di qua da lei discende l' erta.
Passando per li cerchi senza scorta.
hk Tal , che per lui ne fia la terra aperta.
CofUrioU portai asreat; el vsetes ferrsoseon-
frtgiu Quindi é che il poeta potè passare libe-
ro. La Chiesa nel sabato santo : JSTodie portas
moftif , et §eras pariter Salvator notter di»-
rupit.
43. Scritta. Per me ti ihi. . . -— Morta.
Purg. , I: La morta poesia. . . quella che di-
pinse r Inferno. — Erta. II pendio de'qoai-
tro cerchi che sempre Tanno scendendo. Inf.
VI. Venimmo ai punto dove ii digrada.
CANTO IX.
119
CANTO IX.
ARGOMENTO.
DafUt minacciato dalle Furie : Virgilio lo salva : un inviato del cielo apre
hro le porte di Dite. Entrano e veggono tombe infocate da fiamme spane tra Vuna
$ f oUra j dove penano gli eresiarchi e gV increduli.
Slige é chiamato in Y:rg. Amnis $9verus Eumenidum: però Dante le colloca in pro-
scelto del 6Qine. Le Parie, il venire del messo, le tombe, ogni cosa poetico. Nell'Angelo
é imilato un po' Stazio là dove Mercnrio scende a evocare l'ombra di Laio.
Si ooCioo le terzine 1, 2, 5, 13, 14, 17, 20, 22; la 24 aUa 30; 32, 34, 37, 38, 40, 41, 44.
1 Quel color che viltà di fuor mi pinse
Veggeodo 1 duca mio tornare in volta.
Più tosto dentro il suo nuovo ristrinse.
2 Attento si fermò, com'uom eh* ascolta,
Che rocchio noi potea ihenare a lunga,
Per 1 aer nero e per la nebbia folta.
3 Pare a noi converrà vincer la punga,
Cominciò eì; se non. . . Tal ne s'offerse.
Oh quanto tardaame,ch*altriquigiungal
k r vidi ben si com' ei ricoperse
Lo cominciar con laltro che poi venne,
Che fur parole alle prime diverse.
3. PcNAA. Per pagna , come tfmìgers per
fpaytcre : deve essere stato nell'oso. — Sa non.
Se non sono stato ingannato. . . Ma non è tale
qnella che ci si offerse ad alato, cioè Beatrice.
Tali sospensioni non sono frequenti in Dante ,
par ve n'ha (Inf., XXVIII e Parg. , XXVli).
5. Tknns. Tenere un senso , nell'interpreta-
ziooe d'un testo , è frase scolastica.
6. Conca. L' Inferno di Dante è concavo
qnasJ conca. — Cionca. IV, 14: Sol di tatuo
ifni Che senza speme vivemo in disio,
8. F€i. Dante, così a an dipresso il Ros-
Miti , prende a guida Virgilio , non solo co-
se descrìttor d' un inferno , ma come canto-
re di quell'Enea che fd principio all'impero
di Roma. Or nell' impero ideato da Dante
8
Ma nondimen paura il suo dir dienne,
Perch' i* traeva la parola tronca
Forse a piggior sentenzia ch'e'non tenne.
In questo fondo della trista conca
Discendo mai alcun del primo grado
Che sol per pena ha la speranza cionca?
Questa qucstion fec* io, e quei: di rado
Incontra, mi risposo , che di nui
Faccia 1 cammino alcun per quale Tvado.
Ver è ch*altra fiata quaggiù fui.
Congiurato da quella Eritton cruda
Che richiamava 1* ombre accorpi sui.
( Mon. , Ili), si richiede l'operazione delle me-
rali e intellettuaU virtù, secondo i flosofici
precetti i quali $on mezzo alla felicita di quo-
ita vita. Ecco come si concilia l'opinione del
Rossetti con quelle che fanno Virgilio simholo
della filosofia naturale. — Ceuda. Viveva in
caverne , usava tra le sepolture , e adoprava
a' suoi incantesimi teschi ed ossa. Lucano la
chiama fera, effera , tristis. Fa eh' Erittone ,
maga tessala , lo scongiuri ; perchè Virgilio
era ne' bassi tempi creduto mago ( Ecc. , Vili.
Aen., IV), come lo chiama il Villani, e tuttavia
il volgo di Napoli ; e grande astrologo lo
dice il Boccaccio. — OmnB. Lue: Ad mstS'
deuntibus umbris.
120
DELL' INFERNO
9 Di poco era dì mo la carne nuda ,
Ch'ella mi fece'ntrar dentro a quel muro
Per trame un spirto del cerchiodiGiuda.
10 Queirè'l più basso luogo e'I più oscuro,
E '1 più lontan dal eie! che tutto gira.
B<m so 1 cammin : però ti fa sicuro-
11 Questa palude clie'l gran puzzo spira,
Cinge d'intorno la città dolente
U' non potemo entrar ornai senz*ira.
12 £ altro disse ; ma non V ho a mente :
Perocché Tocchio m'avoa tutto tratto
Ver l'alta torre , alla cima rovente.
13 Ove in un punto vidi dritte ratto
Tre furie infornai di sangue tinte ,
Che membra femminili avéne o atto.
1 ^ E con idre verdissime cran cinte ;
9. Di poco. Cos\ di quel soldato , dì cai
Lucano , era di poco defunto (VI ,788): Tri-
stia non equidem Bircarutn stamina, dixit
Adspexi, taeitae nvoeatus ab aggere ripae,
— Ndda. Virg. : Vita . . . spoliavit . . . Corpus
spoliatum lamine, Ov. : Corpus animae inane,
10. Gira. Par. , !I. Or torniamo ad Eritlo-
De; nome comune di maga , poiché così chia-
ma una maga anche Ovidio (Hrr. Soph.): ma
qui parla della rammentala da Lucano , la qua-
le , per dare risposta a Sesto Pompeo circa al
une della guerra civile , richiomò d'Inferno
lo spirito d' un soldato pompeiano , rimasto
poco fa morto sol campo. Eritlone, al dir di
locano , cercava per le sue operazioni i morti
di poco. Non già che Virgilio fosse da lei scon-
giurato per trarre il soldato pompeiano, il
quale , al dir di Lucano , non era ancora di-
scoso al fondo d' Inferno : ma Dante , soU'ana-
logia delPinvenzioudi Lucanone imagina un'al-
tra per far dire a Virgilio: io sono slato fin laggiù:
t'assicura. Cosi Virgilio fa dire alla Sibilla.'Sed
fRe, qìsum Stcis Hecate praefeeit Avemis, Ipsa
dtémpoenas docuit, psrque omnia duxit.
li. Purzo. Virg.: Saevamque exhalatopOF
ea méfhitim, — Cingb. In Virg. Flegetoote
fiammu ambìt la nera città.
12. Torre. Torre, sentinelle, Tedette^se-
giiali: vera ciltà.
13. Furie. Virg. pone net vestibolo delPIn-
ienio i fèrrei talami delle Euroenidi ; poi le di-
pinge entro alle mura , occupate a straziare i
colpevoli. — Sangue. Virg. : riperetim crinem
vittis innexa eruentis,
14. Idre. Virg.: Tot Erynnii tihilat hydris. —
ViRbisaiuE. Virg.: Virides , . .lacertas. — Ser-
pentelli. Virg.: Caeruleosqueimplexae proeri-
fùbus anguee. Avvinte. Virg.: Tempora vineti.
Serpentelli e ceraste avean per crine,
Onde le fiere tempie eran avvinte.
15 £ quei che ben conobbe le meschine
Della regina deiretemo pianto:
Guarda, mi disse, le feroci Enne.
16 Quest'è Megera dal sinistro canto ;
Quella che piange dal destro è Aletto ;
Tesifone è nel mezzo. £ tacque a tanto.
17 Con lunghie si fendea ciascuna il petto,
Batteansi a palme, e gridavan sì alto
Ch'i' mi strìnsi al poeta per sospetto.
18 Venga Medusal sii faremdi smalto.
Dicevan tutte riguardando in giuso :
Mal non vengiammo in Teseo Tassalto.
19 Volgiti 'ndietro , e tien lo viso chiuso:
Che, se'l Gorgon si mostrae tu'l vedessi,
15. BlEScniNE. Per ferve: è nell'antico fnB-
cese ( r. Dufresnes) : come rarrivo, di ic^ki-
vo che volea dire , venne a significare dappo-
co, malvagio. — Regina. Proserpina, Virg. :
Dnminam Ditis. — Eri.ne. Per Erinni, come
( Inf., \X)Baco ft^r Bacco, e (Purg.,XXXlll)
Naiade per Naiadi, E i Lat. dicevano Brit^
nyes , come ognun sa.
16. Megera. Nominata nel XII deir Eneide.
— Piange. Virg.: Luotifieam AUecio, — Albt-
To. Nominala nel VII. — Tesifone. Vitg. :
Tisiphonetiue sedens , palla sueeincta cmema^
Vestibulum eTtomnis servat noctesquedimqm,
— Tanto. Modo provenzale , e de' vecchi iiA-
liani , per a quel punto,
17. Ungoib. Virg. : Vnguibue ora aofor
faedans et pectora pugnis. — Battbasìsi. Virg .:
Tunsae pectora palmis, — Alto. Stai. : Bum/9'
nidum vocesque manusque. — Sospetto. Par
paura. Armannino : Il Tartaro da cioscufi Ifllo
sia pauroso e pieno di sospetto.
18.VBNGA. Di Medusa, Ov., Met., V.E Mei..
IV : lUe sorores Nocte vocat genitas , gram er
implacabile numen. Carceri» ante foru cÌ4iai-
eoe adamante sedebant : Deque suis atroi f#-
ctebant erinibue angues, Virg. : Tisipkon9 . • •
voeat agmina saeva eororum, — Medusa. Viig.
pone le Gorgoni nel vestibolo dell'Inferno.—
Mal. In senso simile , Virg. .* Jleu maU iwm
Lgbiae solis erratur in agris, — Vekgiamiio.
Rimeant.: Vengianza, — Teseo. Scese io lof^roo
per liberare Proserpina ( Virg. , Aen. , VI ; Ov.»
Met. , VII). Mai facemmo , dicon esse, a nos
vendicare , cioè punire l'ardimento de* vivi.
19. GoROON. Virg. unisce la Gorgone con U
Furie : Gorgoneis AUeeto infecta itnenu. —
Nulla. Pelr. : XM npoio è nulla.
CANTO IX.
131
NoQt nrebbe del tornar mai suso.
20 Co«l disse 'I maestro , ed egli stessi
Mi Tolse, e non si tenne alle mie mani
Che con le sue ancor non mi chiudessi
21 O voi eh* avete grintelletti sani ,
Minte la dottrina che s'asconde
Sotto 1 velame degli versi slrani.
32 E già venia su per le torbid'onde
Uo fracasso d*un suon pien di spavento
Pier coi tremavano amendoe le sponde
23 Noo altrimenti fatto che d'un \ento
Impetuoso per gli avversi ardori ,
Che fier la selva senza alcun rattento;
2fc Gli rami schianta, abbatte; e portai fiorì
Dininzì polveroso va superbo ,
20. Stsssi. Per SBtesso.Stccbetti:IVif(essi.
Goal da ilU venne egU, — Chiudessi. Anco in
pma. Oli. (11,145).
Si. AscoHVB. Conv.: H temo Utterale che ii
iiawearfi foffo U manto di pu$te favole, E
altrove : hUmìdo anche mostrare la vera tenterà-
gm éi ftscUf • che per alcuno vedere rwn ti può
fio non la conto , perch' è nascosa sotto figu»
ra Megorica, — Strani. Il Rosselli qui vede
«a simbolo dell' esilio di Danle, al quale i
Fioreoiini ckiadon le porle, ed Arrigo gliele
«pre. Gli altri comentatori intendono che la
iola filosofia aatarale figurata in Virgilio non
C penetrare i decreti dell'eterna giustizia,
i fona soperaa bisogna che riveli ed apra;
fai la ragione va franca da sé. lo accetterei
e la ialerpretaiione Olosofica e la politica;
aardiè per il messo s'intenda non Arrigo, ma
il feaera an dux chiamato aell' ultimo del
ff^rf • aMtio di Dio. Quanto al chiudere gli
otcki , lo spiegherei , che la ragione deve di-
firarci dal folgere pure uno sguardo ai nemici
M giaslo , qaaado mirano ad incantarci , e
aiiaatarci In cammino. Cecco d' Ascoli mi-
scraawBte si fa beffe di questo passo del no-
ftra 9 Della Acerba sua : Qui non si canta al
modo deUe rane; Qui non si carUa al modo
dei poeta Che fnge immaginando cose strane.
SS. ToaaiD*. Virg. : Turhidus gurges,
1. YaiiTO. Is. (LXVI,15); Quasi turbo
ejue, — AvTBBsi. L'aria scaldau
lo in Tolame , riversa , per equilibrar-
si , le sne più alte colonne sulla più fredda:
qaiadi f gran calori dell' una parte del globo
debbono creare gran venti dall'altra. La frase
MSiglia all' adverso sole di Virgilio.
14. Fioai. Altri legge por fa fuori , perchè
poco gli paiono i fiori dopo i rami : ma i re-
ali il Testo gli KManU , i fiorì gli porta. E
E fa fuggir le fiere e gli pastori, (nerbo
25 Gli occhi mi sciolse e disse: or drizza *1
Del viso sp per quella schiuma antica.
Per indi ove quel fummo è più acerbo.
26 Come le rane innanzi alla nimica
Biscia per l'acqua si dileguan tutte.
Fin ch'alia terra ciascuna s* abbica;
27 Yid'io più di mille anime distrutte
Fuggir cosi dinanzi ad un, eh* al passo
Passava Stige con le piante asciutte.
28 Dal volto rimovea quell'aer grasso ,
Menando la sinistra innanzi spesso ,
£ sol di queirangoscia parea lasso.
29 Ben m'accorsi ch'eglieradelcielmesso,
£ volsimi al maestro; e quei fé segno.
quella lezione é prosaica. E le gradazioni reW
loriche del mend al più son gioco d' umani-
sti. Ar. (XXX, 51 ): Grandine . . . Che spezza
fronde e rami e ^rano e stoppia, — Pastou.
Virg.: 0110 maocima mota Terra tremit, fu»
gere ferae , et mortalia corda Per gentes iit*-
milis etravit pavor; . . QuaUs ubi ad ter ras,
abrupto sidere , nimbus It mare per medium:
miserie» heu ! praescia longe Horrescunt corda
agricoUs : dabit ille ruinas Arboribus , f (ro-
gemque satis ; ruet omnia late ; Antevolarkt
sonitumque ferunt ad Uttora venlt.
25. Nbbio. Risponde Macies oculorum dei
Lai. Virg..'Huc geminas nunc flecte acies.-^~
Antica. Virg. : FÌuctu spumabant caerula ca-
no. — AcERio. Pungente agli occhi. Virg. :
Fumo amaro. .
26. Rane. D'nn serpente che si pasce di
rane , Virg. ( Georg. , III ). — Abbica. S' am-
mucchia. Bica, mucchio di grano, e, nell'uso
toscano , d' escremento. Qui pare che Dante
mirasse al passo di Stazio: Ea^utt ripisrdisce-
dit inane Vulgus , et oecursus dominae parai.
27. DiSTBUTTB. In senso simile ai disfatto
del e. Vili. Rime : Amor . . . Svegliato nel
distrutto core. Altrove : Gli occhi distrutti.
28. Grasso. Virgil. : Crassae paludes. Ho*
ratius : Crassus aer. SUtins : hUerea gslidis
Maia satta aliger umttris Jussa gerens magni
reme'at Jovis ; undique pigrae Ire vetant tm*
bes , il tìirbidus implicat aer . . . Styx indo
novem circumflua campis , Bine objecta «ios
torrefUum incendia cUiudunt. — Sinistra. Ot-
timo : hi quelle parti inferiori V Angelo usa
la sua minore potenza.
29. Masso. F. di Virtù : Conobbe ch'egli era
amico di Dio e suo messo. — iNcmNASSi. Neu-
tro assoluto , è nelle Y. S. Padri , ed altrove.
16
122
deli; inferno
Ch'i' stessi cheto, ed inchinassi ad esso.
30 Ahi quanto mi parea pien di disdegnol
Giunse alla porta, e con una verghetta
L'aperse, che non v'ebbe alcun ritegno.
31 0 cacciati del ciel , gente dispetta ,
Cominciò egli in su lorribil soglia ,
Ond' està oltracotanza in voi s'alletta?
32 Perchè ricalcitrate a quella voglia
A cui non puote '1 fin mai esser mozzo,
E che più volte v' ha cresciuta doglia?
33 Che giova nelle fata dar di cozzo?
Cerbero vostro , se ben vi ricorda ,
Ne porta ancor pelato il mento e'I gozzo.
3& Poi si rivolse per la strada lorda ,
E non fé motto a noi; ma fé sembiante
D'uomo cui altra cura stringa e morda
35 Che quella di colui che gli ò davante.
E noi movemmo i piedi invcr la terra,
Sicuri appresso le parole sante.
36 Dentro v'entrammo senza alcuna guerra
Ed io ch'avea di riguardar disio
La condìzion che tal fortezza serra ,
37 ComTfu'dentro, l'occhio intorno invio.
E veggio ad ogni man grande campagna
30. Vbrgbbtta. Segno di comando. Stazio
fa che Mercario con U verga plachi la furia
di Cerbero.
31. DispBTTA. Virg. : Dupeetui tibi ium. —
Alletta. Àlberlano: L* uomo adiroso alletta
brighe.
32. Ricalcitrate. Act.: Contra itimulum
calcitrare. — Fin. Sap. : Attingit ... a (ine
usque ad finem fortUer.
33. Fata. Boezio , HI : Lo quale modo
quando §i rag guarda nella puritade itetsa
della diinna intelligenza , si chiama provvi-
denza di Dio : ma quando $i riferisce a quelle
cose che move e dispone , cUlora è appellato
dalli antichi fato. — Cerbkro. Virg. , di Te-
seo : Tartareum ille manu eustodem in vincla
petivit IpsiusasoUo regie, traxitque trementem.
34. Morda. Horal. : Uordaces ... soUicitu-
dines. Virg.: Cura remordet. Non parla a'P.
per uscir tosto , come colai che arde tornar
in miglior luogo, inf. ,11.
37. Invio. Forse meno strano del ferve oou-
Piena di duolo e di tormento rio.
38 Si come ad Arli ove '1 Rodano stagDa,
SI com' a Pela , presso del Quaniaro
Ch' Italia chiude e i suoi termini bagna,
39 Fanno i sepolcri tutto 'I loco varo ;
Cosi facevan quivi d* ogni parte ,
Salvo che 1 modo v' era più amaro.
hO Che tra gli avelli fiamme erano sparla.
Per le quali eran si del tutto accesi
Che ferro più non chiede venin* arte.
ki Tutti gli lor coperchi eran sospesi,
£ fuor n'uscivan si duri lamenti
Che ben parean di miseri e d'oflM.
&>2 Ed io : maestro , quai son qaeUe genti
Che seppellite dentro da queir arche»
Si fan sentir con gli sospir dolenti ?
&>3 £d egli a me : qui son gli eresiarcbe
Co' lor seguaci d' ogni setta ; e molto
Più che non credi son le tombe cardie.
V* Simile qui con simile è sepolto ;
£ i monimenti son più e men caldi.
£ poi eh' alla man destra si fu volto»
iSh5 Passammo tra i martiri e gli alti spaldi.
lot. di Virg. — Man. Virg. : AirTam /bh
strantur in omnem Lugentee campi,
38. Abli. In Provenza , dove fu data aal
VII secolo gran battaglia tra Saraclol e Cri-
stiani. — Fola. Neil' Istria, dove sono WÈOtmr
menti romani.
39. Varo. Per vario , come ealzolato , t
simili. Siccome nn luogo dove non è tlciM
cosa si dice uniforme , cosi vario no luogo
distinto di varii oggetii. O intendi vario per
la varietà delle tombe grandi e picciole.
40. Sì del tutto. Inf., XXIX : Si d^auoL
42. Seppelliti. Eccl. (Vili, IO): Vidiim'
pios sepuUos.
43. £resiaecbb. Per eresiarchi anche in
prosa. Flegiàs iracondo e dispreitatore del
cielo , è ben posto per tragittare dalla palude
degli iracondi alla campagna infocata degli
eretici e de' miscredenti. Eresiarchi chiama
gì' increduli tatti.
43. Tra. Le tombe infocate e le mora io-
fucate.
CANTO X.
123
CANTO X.
ARGOMENTO,
Jm «fia tomba trova Farinata degli Vbcrli, e Cavalcante d^ Cavalcanti: Fa*
rinata, capo dei (ihìbellini nella gran rotta di Montaperli del 1260, dove i Ghi-
àctttm fiiciìt co* Senesi e cogli ausiliarii di re Manfredi, sconfissero la guelfa Firenze.
lIofNi la vittoria, gli usciti raccolti in Empoli a parlamento trattavano di ardere
Firemxe e violare le donne, rubare le case : solo Farinata negò. Mori nel 1264,
CavakasUe era padre di Guido , e marito alla figlia di Farinata: Guido, Vamico
a Dasiie j per cui richiamar daUC esilio e' perdette e patria ed averi e pace.
n Bocc. dipinge questo Cavalcante inteso a cercare se frodar iì potesse che Iddio non
HoU le terzine 3, 4, 9; la il alla 20; la 22 alla 28; U 30, 31, 37, 39, 40, 44, 45.
1 Ora sen va per uu secreto calle
Tra 1 muro della terra e gli martiri ,
Lo mio maestro, e io dopo le spalle.
t O vìrtà somma che per gli empii giri
MI toItì, cominciai, com' a te piace,
Parlami e soddisfammi a' miei desirì.
3 La genie che per li sepolcri giace ,
Potrebbesi veder? Già son levati
Tutti i coperchi, e nessun guardia hce.
% Ed egli a me: tutti saran serrati,
Quando di losaflà qui torneranno
Co* corpi che lassù hanno lasciati.
i. SBcasTO. Segregato. Virg. : Secreti e^-
lamt tatles. — Martiri. Finisce il e. prec.
irò < marfirt e gli alti spaldi.
2. TiKTU'. Qui Virg. è simbolo della regio*
■t politica : Dante pensa , così dicendo , a
Fuiaata e a quello che si dirà poi. — Emph.
Ykf . : impia . . . Tartara, — Volti. Scendo^
▼tao sempre girando io tondo ( e. XIV ).
4. Sbrbxti. Non n' avrà a cader altri.
é. CmTBRO. Il ricco del Vang. , epicoreo
^ fitto, sepuUut est in Inferno, — Epiccro.
SccDwlo Dante, Epicuro è in Inferno; e De-
mocrito che *l mondo a caso pone , nel Lim-
bo. Il P. forse intendeva il sistema degli ato»
iril come una semplice spiegazione fisica. Il
fowtto del rosto dice di Uguccione, ch'altri
8
Suo cimitero da questa parte hanno
Con Epicuro tutti i suoi seguaci
Che r anima col corpo morta fanno.
Però alla dimanda che mi faci
Quinci entro soddisfatto sarai tosto,
£ al disio ancor che tu mi taci.
Ed io: buon duca, non tegno nascosto
A te mìo cuor se non per dicer poco :
E tu m' hai non pur mo a ciò disposto.
O Tosco che per la città del foco
Vivo ten vai cosi parlando onesto.
Piacciati di ristare in questo loco.
vaole tanto ammirato da Dante , che Bpieth
reorum aeta sequi maluit, — Fanno. Inf. , 1:
Fai cotanto metti.
6. Taci. Di veder Farinata e Cavalcanti ,
aomioi di Firenze. Virg. indovina i desiderli
e i pensieri di Dante ( Inf., XVI, XXllI ,
XXV ).
7. Mo. Per ora ; modo fiorentino come :
dieerB e tengno , ai quali Dante è conosciuto
per fiorentino da Farinata , non che alla pro^
nunzia ( Inf. , XXVIl ). — Disposto. Quando
gli disse : Non ragiomam di lor , ., Le cote
ti fien eonte . . . ( Inf. , 111 , 17 e 26 } ; e qoan»
do gli fé cenno nel IX , che stesse cketo.
8. Foco. Dante condanna, come la terrena
iaquÌ8Ì2ioac , gli eretici al fuoco , e gli uso*
in
D E LV INFERNO
9 La tua loquela ti fa manifesto
Di quella nobii patria natio
Alla qual forse fui troppo molesto.
1 0 Subitamente questo suono uscio
])' una dell' arche : però m' accosta! ,
Temendo , iin poco più al duca mio.
11 Ed ei mi disse : volgiti : che fai?
Vedi là Farinata che s' è dritto ;
Dalla cintola 'n su tutto *1 vedrai.
12 r avea già 1 mio viso nel suo fìtto,
Ed ei s* ergea col petto e con la fronte
Com' avesse lo nferno in gran dispitto.
13 E r animose man del duca e pronte
Mi pinser tra le sepolture a lui ,
Dicendo : le parole tue sien conte.
;l V Tosto eh' al pie della sua tomba fui ,
Guardonuni un poco , e poi quasi sdegnoso
Mi dimandò: chi fur gli maggior tui?
rai e quelli di Soddoma ( e. XI, XV). One-
sto. Bello e di modestia e d'eleganza. Inf.,
Il : ili dare onesto,
9. Loquela. Nel eoo?, parla del naturale
amore della propria loquela. Il Yang. : Lo-.
0iuela tua manifeMtum te faeit. Il Boccaccio
nella Vita di Dante dice il Poema ecritto in
fiorentino idioma : e nella V. Eloq. Dante
stesso dice essere più nobile la lingua parla-
ta : Quam tine omni regula , nutricem imi-
tantes accipimus ; più nobile perchè prima ad
usarsi , e perchè tatti 1* usano , e perchè na-
turale. Adunque la nobile sua loquela lo di-
mostrava nativo di nobile patria. Bocc. : Fi-
renze eUtà tra le eUtre italiane più nobile, —
Molesto. Nella rotta de' Guelfi , che ne mo-
rirono diecimila. E dice forte per non l' in-
colpare affatto ; e in quel forse ò riposto il
dubbio pensiero di Dante circa Topportunità
delle guerre civili ( Vili., VI , 75 ).
10. L'scio. Is. ( XXIX, 3 e 4 ) : Jaciam con-
tra te aggerem, et monimenta ponam in ob-
tSidUmem tuam. HumUiaheris, ae terra loque-
ris, et de humo audietur eloquium tuum , et
erit quasi pythonis de terra vox tua , et de
humo eloquium tuum mussitabit. — Temendo.
11 Guelfo teme un suon ghibellioo. E il ghi-
bellino Fariuau che a Dante ancor guelfo parla
contro i Guelfi crudeli, è scena di profonda
bellezza.
11. Fabinata. Non credeva l* immortalità:
voluttuoso , intemperante nel vitto.^CiNTOLA.
V. S. Padri : Si scoprisse dalia cintola in su.
12. DispiTTo. L'usa il Pet. ( son. 81 }, e
lAr. (XXX,79J.
15 Io eh' era d' ubbidir disideroso,
Non gliel celai, ma tutto gliele apersi.
Ond' ei levò le ciglia un poco in aoso.
16 Poi disse : fieramente furo avversi
A me ^ e a' miei primi, e a mia parte.
Si che per duo fiate gli dispersi.
17 S'ei fur cacciati , e' tornar d*ogniparte,
Risposi luì , r una e 1* altra fiata.
Ma i vostri non appreser ben quell* arte.
18 Allor surse alla vista scoperchiata
Un*ombra, lungo questa, innno al mento:
Credo che s*era inginocchion levata.
19 D' intorno mi guardò, come talento
Avesse di veder s' altri era meco.
Ma poi che 1 sospicciar fu tuttto spento»
20 Piangendo disse : se per questo cieco
Carcere vai per altezza d* ingegno»
Mio figlio ov* è? e perchè non è teco?
13. Conte. Chiare, cb' e' possa fnteodert:
0 nobili , degne di tal nome. A' contempora-
nei parla Dame, agli antichi Virgilio» e. IH,
V, VI, XII. XIV, XV, XVI. XVII, XVIll,
XIX , XXI. Nel XIII e nel XXII. non co»!.
15. Soso. F. da Barberino : doso. Leva
gli occhi in segno d' amara ricordanza.
16. Avviasi. I maggiori di Dante fkirono
guelfi ; e guelfo era nel 1300 egli stesso. -^
Partb. Ottimo: Queste due parti si tcopririh
no in grande perdizione delle anime e disfai
cimento de* corpi delli uomini , • deHU totm
facuUadi, — Dispersi. Prima , quando Fed^
rieo II destò tumulii in Firenze ; poi , dopo
la roiu di Montaperii ( Pelli, V.» pag. 26).
17. Arte. Di tornare : perchè , cacciati a
pasqua del 1267 al venir di Guidoguerra man-
datovi da Carlo d* Angiò , nessuno ne tornò
per allora ; ma taluni nel febbraio de! 68 .
per Jntercessiuiie del legato apostolico. V, Vil-
lani. Lo sdegno di Farinata move Dante ,.
malgrado la riverenza , ed acerba risposta.
Forse voU'egli rimproverare ai compagni d'esi-
lio , che non sapessero riacquistare la patria.
18. Vista. Per finestra , apertura, Parg. ;
Ad una vista W un gran palazzo, -^VauìtOm
Farinata, come più forte, sovrasta.
20. Piangendo. Nota in questa pittura il
contrapposto dell'ardito Ghibellino col timido
Guelfo. Dante quasi dimentica il Guelfb , seb-
bene di sua parte allora, e padre dell'amico
suo, per pensare alla parola dell'eroe ghibel-
lino. — Cieco. Virg. : Carcere cqeco, — Al-
tezza. Qui l'allegoria traspare. Ottimo.* Jamu-
dui HiMÙaroiio m i^reiiic , amendme amor»-
CANTO X.
1S5
21 Ed io a lai : da me stesso non vegno.
Colui eh' attende là , per qui mi mena ,
Forse cui Guido nostro ebbe a disdegno.
22 Le sue parole , e 1 modo della pena
M'avevan di costui già letto il nome :
Però fu la risposta cosi piena.
23 Di subito drizzato gridò : come
Dicesti: egli ebbe? non \iv' egli ancora ?
Non fere ^i occhi suoi lo dolce lome ?
2V Quando s' accorse d' alcuna dimora
Ch' i' faceva dinanzi alla risposta,
Supin ricadde, e più non parve fuora.
25 Ma queir altro magnanimo a cui posta
Ristato m* era, non mutò aspetto
Kè noosse collo né piegò sua costa *
26 E se, continuando al primo detto ,
Egli han quell'arte, disse, maleappresa,
no f§r amore , amendue seguitarono un vole-
re m governar la repubblica di Firenze, —
Vkuo. Guido, amico di Dante, li Boccaccio
«lice di Gaido : Alquanto tenea della opinione
degli Bfìcurii. Ma forse confuse il padre col
figlio. — Ov' k? Rammenla il divino ; JETaetor
«M fsf? (Ylrg. , Ili.)
21. FoESB. Guido non caro l'eleganza dello
stile e lo auidio degli antichi cosi come Dan-
te « e cel prova la canzone: Donna mi prega.,,
fuazzabaglio peggio che prosaico, sebbene in
alcime bdlate il dire sia di tatù freschezza.
Ugo mai però V arte e lo stadio sono qaanto
là Dante profondi. Allegoricamente intenden-
do ; la filosofia naturale e politica di Virgilio
era religiosa insieme e ghibeUina ; Guido ir-
veii^ooo e guelfo : ma. in cuore aveva i semi
del ghibellinesimo come li aveva già Dante
■el 1300 : però dice forte.
t%. Letto. Dall' opera lo conobbe incredu-
lo , delle parole padre ad aom d' alto ioge-
gBO. Leggere io questo senso usa Arrighetto,
e te greco lego vai dico.
SI. Drizzato. Era ginocchioni. — Ypt*. Si-
vile domanda in Virg. : Vivitne ? — Fire.
I^acret. : Tela di9i, — Dolce. Virg. : Co«lt
jmeèmémm lumen. Eccles. ( XI , 7 ) .* Dulee
Imish al deleetabik est oeuUe vidore eolem, —
LoMB. Per tifma, come addotto per adduito.
Altri astichi rasano ftaor di rima. Non gli
basta dire : f iv egli ? insiste sulla dolcezza
della Tita , il tormentato , il padre.
SS. VuTÒ. Virg.: Nec magie ineepto valium
wkovetur Quam ei dura tilex aut etet
,1 eautee. Non fece mossa né col capo
col corpo , tutto il tempo eh' io discorsi
r altro. Qoeslo pittore dipiigono Dante
' Ciò mi tormenta più che questo letto.
27 Ma non cinquanta volte fia raccesa
La faccia della donna che qui regge,
Che tu saprai quanto queir arte pesa.
28 Deh se tu mai nel dolce mondo regge ,
Dimmi, perchè quel popolo è si empio
Incontr' a' miei, in ciascuna sua legge?
29 Ondloalui:lostrazioe'igrande scempio
Che fece T Arbia colorata ìd rosso ,
Tali orazion fa far nel nostro tempio.
30 Poi ch'ebbe, sospirando,!! caposcosso:
A ciò non fu* io sol, disse: nò certo
Senza cagion sarei con gli altri mosso.
31 Ma fu* io sol , colà dove sofferto
Fu per ciascun di torre via Fiorenza»
Colui che la difesi a viso aperto.
32 Deh se riposi mal vostra semenza ,
ancor meglio che Farinata. Del suo attendere
immobile in un pensiero , parla il Boccaccio.
26. Dbtto. F. sopra , t. 17. — Letto*
Questo motto scolpisce l'uomo ed il secolo.
27. Raccesa. Virg.: Accendit lumina veeper^
— Donna. Virg. : Dominam Ditis, Proserpina
eh' é tutt' uno con la lana nei cielo. — Sa-
prai. Di qui a cinquanta mesi, cioè nel mag*»
gio del 1304, saprai quanto l'arte del ritor-
nare sia difficile e dura. Le pratiche dell' Al-
bertini mandato da Benedetto XI , per f^r ri-
entrare in Firenze gli usciti , tornarono vane.
28. Se. Cosi ; modo frequente in Dante per
conciliar favore al discorso. Virg. : Sic tua
Cgmeae fugiant examinataxoel . , Incipe ete»
— Regge. Bieda ; come veggia da veda. -^
Miei. Da tutti i perdoni concessi a' Ghibelli-
ni , gli liberti erano sempre eccettuati ( Vil-
lani ). Piena d' affetto è questa domanda del-
la crudeltà di Firenze contro il sangue di lui.
29. Ariia. Fiume presso Monta perti nel Se-
nese, dove fa data la battaglia, dopo la qua-
le i Guelfl fiorentini andarono fuorusciti alla
lor TolU co' Guelfi di Pistoia e di Prato. Gli
liberti sottoposero la città a re Manfredi , fin-
ché , vincitore l' Angioino , andarono in ban-
do. -— Obazion. Le deliberazioni pubbliche
si flieevano allora in chiesa. Così Benvenuto
da Imola , e il Machiavelli , 11.
80. Cagion. Esule , perseguitato. Scuse ehe
Dante prepara a sé stesso. — Altei. (Vili.,
VI, S3 ). I Conti Guidi, e i Senesi e i Pisa-
ni , e anco gli liberti.
32. VosTEA. Per riverenza al forte Ghibel-
lino osa sempre il voi; come all'avolo Caccia-
guida (Par., XVI).
1Ì6
DELL* INFERNO.
Fregalo lui, solvetemi quel nodo
Che qui ha inviluppata mia sentenza.
83 Epar che voi veggiate , se ben odo,
Dinanzi, quel che'l tempo seco adduce;
E nel presente tenete altro modo.
3b Noi veggiam, comeqaeich*hamalaluce,
Le cose , disse , che ne son lontano ;
Cotanto ancor ne splende'! sommo Duce.
35 Quando s* appressano oson, tutto è vano
Nostro intelletto; e s'altri non ci apporta,
Nulla sapem di vostro stato umano.
36 Però comprender puoi che tutta morta
Fia nostra conoscenza da quel punto,
Che del futuro fia chiusa la porta.
37 Allor , come di mia colpa compunto ,
Dissi : or direte dunque a quel caduto
Cbe*l suo nato è co' vivi ancor congiunto.
38 £ , s'io fu' dianzi alla risposta muto ,
Fate i saper che '1 fei, perchè pensava
Già neirerror che m'avete soluto.
39 £ già'l maestro mio mi richiamava ;
83. Modo. Il Demonio che sapeva dover na-
acere il Messia , nato eh* e' fa, non lo sa rico-
noscere. S.. Augost. : Fatendum est netetre
moriuoi ^uid egatur dum agUur , ted posiea
v&rum atàdire ab iis qui hine ad eot mortene
do pergunt, Eccl. (1,11): Sed nee eorum qui-
dem f quae poitea futura turU , erti reeorda-
Ito apud eos , qui futuri sunt in novistimo,
34. Luce. Petr: A guisa d'orbo senza lu-
ce. — Duce : Che mena dritto . . .per ogni cal-
U (e. 1).
35. Vano. Eichter : Il morente non vede che
V avvenire e il passato. S. Tomaso nega ai
morti notizia delle cose terrene. — Apporta.
Affert ha in questo senso Virgilio.
36 Chiusa. Virg. : Aperitque futura.
'Si. Compunto. Dell* aver tcouto in ambascia
il cuore del padre.
88. Fate. I. / per <;lt in altri antichi. —
Pbnsava. Quel suo non sapore della sorte di
Guido » e quell'avere udito da Ciacco e da Fa-
rinata profezie del futuro, lo confondevano.
39. AvACCio. Per in f reità s'usa in certi
paesi toscani.
40. Mille. In sola una tomba? Nel canto
iX : Molto Piti che non credi son le tombecar'
che- Molti dunque erano al su* tcni{K> gì' in-
Perch' r pregai lo spirto più avaeck),
Che mi dicesse chi con lui si stava.
U> Dissemi : qui con più di mille faccio.
Qua entro è lo secondo Federico «
£ '1 Cardinale : e degli altri mi taccio •
bl Indi s' ascose . . .Ed io inver Taotico
Poeta volsi i passi , ripensando
A quel parlar che mi parea nemico.
h>2 Égli si mosse: e poi, cosi andando.
Mi disse : perchè se'tu si smarrito?
Ed io li soddisfeci al suo dimando.
1^3 La mente tua conservi quel ch'udito
Hai centra te , mi comandò quel saggio.
£ ora attendi qui: e drizzò '1 dito.
kh Quando sarai dinanzi al dolce raggio
Di quella il cui bell'occhio tutto vede ,
Da lei saprai di tua vita il viaggio.
({.5 Appresso volse a man sinistra il piede.
Lasciammo'l muro, egimmo inver lo mezzo
Per un senticr eh' ad una valle fiede,
&.6 Che'nfìn lassù facea spiacer suo leuo.
creduli. Tanto piii notabile in Dante I* amore
di libertà tanto ardita con fede sì schietta. —
Fbdebico. Coronato dal papa nel 1220, sco-
municato nel 1250 , morì senza paciGcarai al-
la Chiesa. L* Ott. : Seppe latino e greco e «aro-
ctneseo; fu largo, savio; operò d'arme; fn
lussurioso ; soddomita , epicureo ; fece a cith
Senna caporale cittade di Sicilia e di Puglim
un forte e ricco castello. Di lui nel e. Xlll.
— Cardikalb. Ottaviano Ubaldini , il quale
ebbe a dire : se anima è, io 1' ho perduta pe"
ghibellini. Era chiamato per antonomasia il
Cardinale (G. Villani).
43. CoNSEBVi. Pro?.: Conserva , fU mi ,
praecepta patrie tui. -* Dito. Per eccitar l'ai-
tenxionc, e per additare il cielo ov'è Beatrice.
Atto simile nel VII e nel XXIII del Purg.
44. Sarai. Par. , — Occdio. Purg. , VI : Cht
ìmme fia tra'l vero e lo' ntelletto. Cout. : GU
occhi di questa donna sono le tue dimostnh
stoni , le quali scritte negli occhi dell* inteUeh
to innamorano /'anima. Virgilio tutto sa uma-
namente ; Beatrice tutto vede di scienza re-
ligiosa.
46. Lassù. A paragon dell' abisso, erano
tuttavia moit' in aito.
CANTO m.
1S7
CANTO XI
ARGOMENTO.
Bistamu iittn a un upolero portante il nome d» «m papa, Virgilio dichiara
U Hoitùmi deU' infernale città ; e queeto canto , ben dice ÌNeIro di Dante , i la
Moia di tutta la cantica. La città è divita in tre cerchi , e <f uno tn altro ti leen-
d*. Idea conforme al virgiliano : Moenia lata Tidet trìplici circumdata muro.
HoU le terzine 2, 6, 9, 15, 16, 31, 35, 38.
1 In sa restremità d*uD*alta ripa
Che facevan gran pietre rotte in cerchio,
Yeniroino sopra più crudele stipa.
% E quivi per T orribile soperchio.
Dd pQzio che '1 profondo abisso gitta ,
G raccostammo dietro ad un coperchio
3 D un grande avello, ov*io vidi una scritta
Che diceva : Anastagio papa guardo.
Lo QOAI. nASSEFOTINDBLLAYUDRlTTA.
k Lo nostro scender eonvieneesser tardo;
Si che s*aasi un poco prima il senso
Al tristo fiato : e poi non fia riguardo.
!• Ripa. Camminando per mezzo la cam-
ftgaa delle sepollore giungono alla discesa ,
WUR eireolare, dì gran pietre stagliate e sfes-
se , di che dirà nel seguente. — Stipa. Ami-
di tormenti e di tormentati. Inf. , VII;
• • iravagHe e pane ; XXiV : SUipa Di
ì. GriTA. Luer.: /aeems odofesi.— Copbs*
1 coperchi eran tutti levati (Inf., X).
Si. Aha8Ta«io. Papa nel 498. — Form. Dia-
di Tessalonica , tìnto deireresit d'Aca-
cie, che negava la divinità di Gesù. Natale
Alessandro ( Ann. , saee. Y ) dimostra che non
Ite Anastagio papa l'errante, ma sì l'imp. Il
F. Ai ingannato dalla Cron.di Martino Colono.
4. Ausi. Atuan è nel Conv. — Fiato, Htt*
Uhm dies Virgilio per piisso , e anch*egll Ih
écUs esvsms inrernali escir lesso di norit.
6
8
Cosil maestro, ed io : alcun compenso,
Dissi lui, truova, che'i tempo non passi
Perduto. £d egli : vedi ch'a ciò penso.
Figliuol mio, dentro da cotesti sassi.
Cominciò poi a dir, son tre cerchietti «
Di grado in grado, come que' che lassi.
Tutti son pien di spirti maladetti.
Ma perchè poi ti basti pur la vista ,
Intendi come e perchè son costretti.
D*ogni malizia eh* odio in ciel acquista*
Ingiuria è il fine : e ogni fin cotale
0 con forza o con frode altrui contrista.
6. PiiDVTO. Consìglio che spesso ritorna
( Purg. , IH ; Par. , XXYI ).
6. Cbrchibtti. In paragone de* gran cerchi
celesti , e de' cerchi finora percorsi , eh' eran
maggiori. Nel II canto chiama l' Inferno ce»-
fro, e il Cielo ampio loco,
7. Costretti. Stivati per rangastia del
luogo e la moltitudine. Grescens . , il : Stivar
la terra intorno aUa pianta , e quella fortt*
mente eoetringere»
8. AcooisTA. In mal senso. Pet. (son. LXIU):
Bioimo f* oe^uifla. —Ingioria. Parola solen-
ne d'Aristotele (Et. , Vili ), vale ingiustizia
oltraggiosa. — Fimb. Cic. , OlT. : Quum . . •
dicoMia modif, id ett, aut vi, aut fraude
fUU vnjuria . . . tifnifiifiie oltefittitmtim ab ho-
mine : eed fram odio dégna mqjore.
128
DELL' INFERNO
9 Ma, perchè frodeèdeiruompropnomale,
Più spiace a Dio; e però stan di sutto
Gli frodolenti, e più dolor gli assale.
10 DeWiolenti il primo cerchio è tutto.
Ma perchè si fa forza a tre persone,
In tre giorni è distinto e costrutto.
1 1 A Dio, a sé , al prossimo si puone
Far forza : dico in sé , ed in lor cose,
Com* udirai eoo aperta ragione.
12 Morte , per forza , e ferute dogliose
Nel prossimo si danno; e, nei suo avere,
Kuine, inceodii;e toilette dannose :
1 3 Onde omicide, e ciascun che mal fiere ,
Guastatori e predon, tutti tormenta
Lo giron primo per diverse schiere.
i% Puotc uomo avere in sé man violenta,
E ne' suoi heni: e però nel secondo
Giron convien che, senza prò, si penta
9. Male. Per la frode l'aomo abusa della
ragione, a lai propria sopra le bestie, colle
quali ha coniane la violenza. E 1' nomo a fro-
dare non ba tante canseestrinseche quante lo
moTono alla coneapiscenza ud all'ira.
10. CosTRt'TTO. Formato a bella posta in
ispazii concentrici. Nel e. XVIll, parla del
maestro fabbricator dell'Inferno. Nove I cer-
chi d'Inferno; nove i cieli; nove le divisioni
del Purgatorio : all'Empireo risponde il Pa-
radiso terrestre , al Paradiso il centro ove sie>
de Lucifero.
11. Pugne. Per jmò; come m$ne per me,
usato ancora in Toscana. — Cose. Nel e XIX,
dira le cote di Dio. — Ragione. Perra^tona-
mento , noi XXIII del Parg. E si diceva an-
cora in prosa.
12. Nel. Contro. Inf. , XXV : In Dio. . .
superbo. — Danno. Virg.: Dot stragem. — Tol*
LETTE. Pubblici aggravi!. Anco in prosa di-
ctrano il mal tolUito per il mal tolto. '
13. Omicide. Questa terzina corrisponde alla
prec. Omicide a morte: mal pere a ferute {poi'
chò si potrebbe ferir giustamente ) ; guastato-
ri a ruine ( d' edifizii ) ed tncendtt ; predoni
a toilette. Dice dannose per distinguere le gros-
Ho rapine dalle leggiere.
15. VosTEO. Parla a Dante ch'è vivo. —
Fonde. Ariosto ( XI , 43 ) : /( eangue fonde.
'^ Piange. Son colpevoli que' che si pascono
del pensiero delle loro miserie , tanto più se
coi lor falli se le son provocate. — Giocon-
do. Perchè libero di ricchezze eh' egli usava
a peccato. Dante coDdanoa le Ingiurie com*
messe contro sé perché , ogni amore incomin-
15 Qualunque priva sé del vostro mondo,
Biscazza e fonde la 8ua.facultade ,
E piange là dov' esser dee giocondo.
16 Puossi far forza nella Deitade
Col cuornegando ebestemmiandoquella,
E spregiando natura , e sua boutade.
17 £ però lo minor giron suggella
Del segno suo e Soddoma, e Caorsa»
E chi , spregiando Dio , col cuor favelh.
18 La frode ond' ogni coscienza è morsa.
Può l'uomo usare in colui che n lui fida,
Ed in quei che fidanza non imborsa.
19 Questo modo di retro par eh* uccida
Pur lo vincol d' amor, che fa natura :
Onde nel cerchio secondo s' annida
20 Ipocrisia, lusinghe, e chi aflatton.
Falsità, ladroneccio, e simonia,
Ruflìan, baratti, e simile lordura.
ciando da noi , chi non ama sé non poo «ma-
re altrui. E punisce i prodighi co' suicidi, set^
bene i prodighi abbia posti già cogli avari »
perchè qui inicnde di quelli che per prodiga-
nte si ridussero a morire od a vita noo dis-
simile dalla morte.
16. Deitade. Conv. : La eomma deiiaés ,
cioè Iddio. — CuoE. Psalm. : Dixii insipiins
in eorde suo : non est Deus. — Bontaob. Qq»>
sto fa r usuraio. V. più sotto. Conv. :£• òon-
tadi della natura,
17» Minor. Quel di mezzo, quindi pia Krel*
to (Inf., XIV ). — Suggella^ Segna coDuar*
chio di fuoco. Modo biblico. — Caoesa. Po*
ne Soddoma per soddomiti , Gaorsa per gli
usurai , perchè molti ve n* era in Cahors ; e
caorsino, al dir del Boccaccio, valea usuraio»
ed era caorsino V odiato da Dante , GiGvaafii
XXII. Parad., XXVII : Del sangue nostro Cmofi^
sini e Guaschi S'appareeehian di ben. Il Duca»*
gè reca decreti di Filippo l'Ardito contro gli
usorai ^t vtdgariter Caorsini dicuntur.
18. MoESA. Intendi , o che la frode é tal
vizio che le coscienze più dure n' haniio ?►
morso , e €ic. : sua quemque fraus , suus ti-
mor maxime vexat; o che Virgilio voglia rìm»
proverare i contemporanei di Dante come i pia
macchiati di frode. — Imeoesa. Naie. XXIV:
La speranza ringavagna. Del mettere la spe-
ranza in borsa aìmetteriain paniere non corre
gran cosa.
19. Natdea. Armannino: Fra gli uomini ceh
riià,né amistà che da nutura procede, non vota.
20. Lusinghe. Adulatori ( Inf., XVill }.-p
ArrATTumA. Maghi (Inf.» XX). — Falsità.
CANTO XI.
129
21 Per r altro modo queir amor s* obblia ,
Che fa Datura, e quel cb* è poi a^unto
Di ehela fede speziai si crìa*
22 Onde oel cerchio minore, ov'è 1 punto
Dell' univereo in su che Dite siede ,
Qualunque trade , in etemo è consunto.
23 £d io: maestro, assai chiaro procede
La tua ragione, e assai ben distingue
Questo baratro, e\ popò! che1 possiede.
2i Ma dimmi : quei della palude pingue ,
Che meoailvento, e che baitela pioggia.
E che s' ìncontran con sì aspre lingue,
25 Perchè non dentro della città roggia
SoD ei puniti , se Dio gli ha in ira?
E, se non gli ha,perchè sono a tal foggia?
26 Ed egli a me : perchè tanto delira ,
Disae, lo 'ngegno tuo da quel che' suole?
Orrer la mente dove altrove mira?
27 Noo ti rimembra di quelle parole
( lof. , XXIX , XXX )k — Ladronsc-
do ( lof. , Xll }. — SmoNiA ( iDf. , XIX) —
ÌUwfux. ( Inf. , XYIll ]. ^ Baratti ( Inf. ,
\H, XXII).
SI. Fboi. Codt. : QueUé cote che prima non
•offfxmo i loro difeUi» più tono pericolose ,
ptreKè di loro molte fiate prmdere guardia
moH n può : eiceome vedemo nel traditore.
22. MiKORB. Più stretto , perchè 1' ultimo^
I iradi tori , come più rei , sianoo nel più stfet-
to cerchio ; e i soddoraiti e usurai , come più
vd dei cerchio secondo , stanno nel più stret-
ta girone : sì perché più rari , e sì per più
I.— Trarr. L'usa anco neU'Inf., XXXIII.
24. PiNRUR. Di belletta. Virg. : Pirici flu-
u MR2VA. CooY.: Le foglie ehe'l vento fa
ifR.— Battr. Virg. : Verberat imber hu-
25. Ro«€iA. Rossa : nel Par. , VI , rubro;
Bd XIV , rohtio.
27. Tua. Con?. : Dice il mio maestro Ari-
nU primo dell Etica. Più sotto : La
i. — DisposizioN. Parola aristotelica.
Incontinrnza. Arist. , distingue V in-
àcra$ià, la malizia eae^, la be-
stialità fmofes. Può r uomo essere inconti -
Beate di piaceri , d' onori , di ricchezze , di
c^ , di sdegno , può cioè non sapersi nei
BW¥ÌBWDti «addetti moderare : ma il male
dell' iacontiDente non è profonda maUzia. Ec-
eo pcfcké alcuni vizii son puniti e dentro e
Ibori della dantesca città; 1' avarizia fàori ,
destro la simonia; perchè la prima è incon-
tiBtBte deMerìo, P altra è malizia più nera.
I AffirtBtiie dice V iflcoatinenza esser meno
Con le quali la tua Etica pertratta
Le tre disposizion che '1 ciel non vuole ,
28 Incontinenza , malizia , e la matta
Bestialitadet e come incontinenza
MenDio offende, e men biasimo accatta?
29 Se tu riguardi ben questa sentenza ,
£ rechiti alla mente chi son quelli ,
Che su di fuor sostengon penitenza,
30 Tu vedrai ben perchè da questi telli
Sien dipartiti , e perchè men cruciata
La divina giustizia gli martelli.
31 O sol che sani ogni vista turbata ,
Tu mi contenti sì quando tu solvi ^
Che,Don men chesaver,dubbiarm'aggrata
32 Ancora un poco 'ndietro ti revolvi ,
Diss* io, là dove di' eh' usura offende
La divina boutade; e 1 groppo svolvi.
33 Filosofia , mi disse, a chi f attende
Nota , non pure in una sola parte ,
della malizia , perchè di quella Puomo, an-
che neir atto del mal fare , in certa guisa ar-
rossisce 0 si pente ; questa gli è passata in
natura. E però tra V incontinenza e la mali-
zia il P. pone quasi anello queU' incontinen-
za che viene da incredulità ; e collocando gli
eretici tutti a pena. men dura de' frodolenti ,
poi gli scismatici a pena più grave ( Inf. ,
XXVIU ) , mostra com' egli distinguesse V in-
credulità personale dalla incredulità seduttri-
ce e sconvolgitrice de' popoli. Bestialità , se-
condo il greco filosofo , è qualunque vizio
condotto a tale eccesso che par degno di ente
irragionevole , che perverte e degrada P u-
mana dignità: Omnit modum superane vtfio-
sitas et amentia. In questo sistema tutti quan-
ti i peccati posson passare per detti tre gra-
di d' Incontinenza , malizia , bestialità ; e però
Dante a* bestiaU non assegna luogo distinto »
ma questi insieme co'maliziosi colloca dentro
delle mura infocate. Levando a queste distin-
zioni la corteccia scolastica , resta un sucoo
di buona e teologica filosofia. Incontinenza è
la corruzione del volere ; malizia v'aggiunge
la perversione deU' intelletto; bestialità P ope-
razione distruggitrice della social fede e uni-
tà. — Accatta. Alberta no : Accattare odio*
31. Sol. Inf. ,1:0 degli altri poeti . • .
lume, — Solvi. Assolutamente. Crescenzio :
Dubitasi porcKè . . . Solvisi in q%iesto modo.
— AoGRATA. Par. , XXilI : In che i gravi Uh
bor gH sono aggrati.
3S. SvoLvi. inf. , X. Solvetemi quel nodo.
93. Puma. In più d*an luogo. Fisica ed Eti-
ca d' Aristotele.
IT
180
DELL' INFERNO
Come natura lo suo cono prende
3k Dal divino 'ntelletto e da sua arie.
E, se tu bevla tua Fisica note.
Tu troverai non dopo molte carte »
35 Che i*arte vostra quella , quanto puote,
Segue, cornei maestro fai discente:
SI che vostr' arte a Dio quasi è nepote.
36 Da queste due , se tu ti rechi 9 mente
Lo Genesi dal principio, convietie
Prender sua vita e avanzar la gente.
37 E perchè V usuriere altra vìa tiene *
Per se natura e per la sua seguace ,
Dispregia , poi eh* in altro pon la spene.
38 Ma seguimi oramai, chel gir mipiace;
Che i Pesci guizzan su per l'orizzonta ,
E 1 Carro tutto sovra '1 coro giace:
39 E *1 balzo via là oltre si dismonta.
34. Abtb. Arte la potenza, intelletto la sa-
pienza. — Molte. Lio. II.
36. Quella. Aristotel. : Ars ìfiiìtafiir fialu-
ram m quantum potest. — Discente. L'osa
anco nei Convivio. — Nepotb. Tasso: Eiun-
do V arte figliuola della natura , a la natura
di Dio , e arte di euo Dio viene ad euere in 1
eerto modo nipote.
36. Gbnesì. L' accento posa sbU' oli imo co-
me in Semiramkt (lof., V). Geo., II: Potuit
etim in Paradiio ... «I operareiur . , , Jn
eudore vuUue tut weeerit pane. Dalla oatara
trae 11 vitto i* agricoltura; dall'arte, le indu-
strie ed il commercio.
37. PoN . L' Qsaraio offende la natura in sé,
e poi nell* arte seguace di lei, volendo che il
danaro partorisca senza fatiche danarose ru-
bando gli altrui sudori. L' argomento non è
de* più diretti , ma da un certo lato è profon-
do. E U dispregio che Dante dimostra degli
usurai , e la compagnia eh' e' dà loro, prova-
no ciò eh' è confermato daUe memorie del se-
colo , il molto male che faceva a que' tempi
y usura.
38. Sbouiiii. Sono stati fiBora dietro al co-
perchio. — Obizzonta. Alla greca , come Cair
eanta. {Int., XX). Essendo il sole in Ariete»
e air Ariete precedono i Pesci : due ore dun-
que mancavano a giorno. Il carro di Boole
giaceva sopra quella parte donde spira Coro,
vento tra ponente e maestro. Se il Carro che
è in Leone è sopra Coro» dunque il Leone era
già tramontato, e stava per tramontare la Tai^
gine.
39. Via la. Per là: modo usato anco nella
lingua toscana d' oggigiorno. Questa eonelB-
sione somiglia al virgiliano : Hae vice eermo-
num roeeii Aurora qaadrigii Jam wudium ae-
tkerio eunu trajeeerat axem ; Et fore omm
daiwn trahMtnt per talia tempue : Sed eomm
admonuit , bretiterque affata Sibylla ett : Nom
ruit. Aenea ete. Dante passò nella selva died
ore ; entrò nell' Inferno soli' imbrunire ; nel
cerchio degli avari su la mezza notte ; entra
in Dite sull'alba. Virgilio lo sa per calcolo,
non perchè vegga luce. Il primo giorno é com-
pito.
131
CANTO XII.
ARGOMENTO.
Scendono al setiimo cerchio » de* violenti : e 7 primo girone è de* tiolenH in
aUrui. Svila scesa sta a guardia il Minotauro: i violenti sono in un fumé di
sangue hottente. Il Flegetonte in Virgilio non è sangue ma fiamma. Stanno sepolti
altri fino agli occhi , altri al naso , altri con soli i jnedt, secondo i delitti. I Cen-
Unm saettano chi si leva più su del dovere. Il f. parla a Nesso e a Chirone. Nesso
lo porta di là dal fiume , e gli mostra UUun de* dannati.
«
L' idet della roviDa, quella del sangue ehe forse gli venne dalla storia di Tamirl , ac-
•U nel Xll del Parg., e molte espressioni potenti, fan bello il eanto.
Nou le terzine 4, 8, 10, 14; la 17 alla S2; la 24, 25, 28, 94, 35, 37, 42, 44.
1 En Io loco ove a scender la riva (anco,
Venimmo, alpestro; e, per fjuel eh' iv* er*
Tal, eh' ogni vista ne sarebbe schiva.
2 .«Qiial è quella mina, che nel Ganco,
Di qua da Trento, T Adice percosse
O per tremuoto o per sostegno manco,
3 Che da cima del monte onde si mosse,
Al piano è si la roccia discoscesa
Ch* alcuna via darebbe a chi su fosse;
h Coiai di quel burrato era la scesa :
1. QusL. Il Minotanro.
2. NBL FIANCO. Virg. : Imfmlit in latus. La
fovina di Monte Barco presso Rovereto si vede
tottora- L* Adige il qaale allora correva forse
di B, scalzò la montagna nel fianco. Altri in-
mde la rovina della Chiusa presso Rivoli se-
guita nel 1310 ; e lo scoglio allora cadde ap-
pnalo Dell' Adige , e lo percosse. Ma io in-
tendo che l' Adige percotendo il macigno lo
•ealxasse. Tanto più che la rovina di Monte
Bueo ha aleuna via per {scendere, quella del-
la Chiosa DO , almeno adesso. E perchè regga
la siroilitadine col borro infernale , qoalche
▼il ci dev'essere; e V alcuna della terz. seg..
Boa può significare nessuna. — - 0. Virg. : Fé-
ÌBlt mantis saseum de vertice praeeeps Quum
E 'd su la punta della rotta lacca
L' infamia di Greti era distesa,
5 Che fu concetto nella falsa vacca.
E quando vide noi sé stessa morse.
Si come quei cui V ira dentro fiacca*
6 Lo savio mio inver lui gridò : forse
Tu credi che qui sia *1 duca d' Atene,
Che su nel mondo la morte ti porse ?
7 Partiti , bestia : che questi non viene
Ammaestrato dalla tua sorella;
mtl avulsum vento , seu tuHndus imbw Pro-
luU , atU annis iolvit sìiblavsa vetustas.
4. Lacca. China formante col pian sotto-
posto OD bacino. La punta é V estremo più
alto. Come Plato , lo trovano dove si digror
da. Inf., VI. — Infamia. Ovid. (Fast.,I):
AvsnHnae timor atque infamia sUvae. Virg.:
Vsneris monumenia nefandae. — Creti (Vili.,
1,6). Cfsfa dice nel e. XlV. Qoi Crsfi fa il
nomerò più soave. — Distesa. Virg. , di Cer-
bero : Toto^iia ingens extendiiur antro.
5.CoNCBTTO.F.Eccl.,Vl;Aen.,VI.— FuccA.
La forza dell'ira é debolezza. Inf., VII: Con-
imita dentro te con la tua rabbia.
7. SoftiiXA. Arianna ammaestrò Teseo ad
aecidere il Minotauro (Ov,, Met., Vili ).
ià2
DELL* INFERNO
Ma vassi per veder le vostre pene.
8 Qaal è quel toro, che ai shccia io qaeDa
Ch'Ila rìcevnto già 1 colpo mortale,
Che gir non sa, maquae là saltella;
9 Vid' io Io MiooUoro far cotale :
E quegli accorto, gridò : corri al varco.
Mentre die ò'ofuria, èbuoDchetuticale.
10 Cosi prendemmo via giù porlo scarco
Di quelle pietre, che spesso moviensi
Sotto i mie' piedi , per lo nuovo carco.
11 Io già pensando ; equei disse : tu pensi
Forse a questa rovina, eh' è guardata
Da queir ira bestiai eh' i' ora spensi.
12 Or vo' che sappi che V altra fiata
Ch' i' discesi quaggiù nel basso 'nfemo
Questa roccia non era ancor cascata.
13 Ma certo , doco pria , se ben discemo.
Che venisse Colui che la gran preda
Levò a Dite del cerchio superno,
ih Da tutte parti i' alta valle feda
Tremò si eh' i* pensai che l' universo
8. Slaccia. Virg. : QuaÌM mugitut , fugii
quum iaucius aram Tauftu , et ineertam ea>-
eutsit cervice securim,
9. Calb. Virg.: Occupai Acneoi aditum,..
JEvaditque ceUr.
10. Scarco. Scarico chiamasi In Firenze
quel mucchio di sassi e di terra che da varìi
Joughi in ano s'ammonta. — Nuoto. Le om-
bre non movono i corpi. Inf. , Vili : E sol
quand* i* fui dentro , parve carca. Ov. ( Met.,
IV } : ingemuit itmen.
li. Bbstial. L' ira iDContinente è fkior di
Dite; l'ira bestiale dentro, li Minotauro, be-
stia , figura r ira bestiale la qaal si nutre di
carne amena, e di giovane san^e. — Spensi.
Hammentandogli 1* origine soa: al Minotauro
rammenta Teseo , a Plato Michele , ai dia-
voli Teseo.
12. Ancob. Virgilio ci scese poco dopo
morto ( Inf. , IX ) ; e G. C. scese al Limbo
meno secolo poi ( Inf. , IV ).
13. Colui. Quando Cristo mori , terra mota
eit , §t petrae icissae ttml , Et monumenta a-
perta sunt. Il solo girone de' violenti e quel
degli ipocriti sofferse la detta ruioa , quasi a
significare l'odio che il mansueto e candido
agnello dimostrò a questi due sopra tutti i vi-
lli , e le due cause della morte di lui ; ipo-
crisia e violenza. Si dirà come mai Virgilio,
che dopo la morte di G. G. non era sceso lag-
giù , poteva sapere di questo ? Virgilio tvCfo
seppe; gli è U mar di mtQ 'l ifimv* I
Sentisse amor : per lo quale è chi eredi
15 Più volte 1 mondo in caos converso*
Ed in quel punto questa vecchia roccia
Qui e altrove tal fece riverso.
16 Maficcagliocchiavalle;chòs'approccia
La riviera del sangue in la qual bolle
Qual che per violenza in altrui neccia.
17 Oh cieca cupidigia, oh ira folle ,
Che si ci sproni nella vita corta ,
£ neir eterna poi si mal c'immollo 1
18 r vidi un' ampia fossa in arco torta ,
Come quella che tutto' 1 piano abbracdat
Secondo eh' avea detto fa mia scorta.
19 E tra'I pièdella ripa ed essa,in traccia,
Correan Centauri armati di saette
Come solean nel mondo andare a caccia.
20 Vedendoci calar ciascun ristette :
E della schiera tre si dipartirò
Con archi e asticciuole prima elette.
21 E r un gridò da lungi : a qual martiro
Venite voi che scendete la costa?
14. FEnA. Fddità per sozzura s* usava anco
in prosa. — Amor. Opinione d' Empedocle »
che r omogeneità degli atomi fosse amore ; i
quali tendendo col tempo a naov' ordine ài
cose , producono il Caos. Arist. ( Pbja. , l;
De Anima , X ) lo combatte.
15. Caos (Ov., Mei., 1 ). — Altbovb {ìjèL,
XXIII ,,XX1V ). Si notino gì* iati del vetao ,
sonante' mina.
16. A VALLB. In giù. Inf. , XX : Buman a
valU.
17. CiBCA. Lucr.: Cacca cupido, — Folli.
Cic. : Ira imitum intaniae, — Spioni. Virg»
StimuUi haud moUibus trae. La cupidigia mo-
ve i tiranni a rapire , V ira a dare la morte.
18. In arco. Virg.: Curwitui in arvtim.—
Abbbaccia. Molti i tiranni.
19. Ripa. Tra il sasso erto e tagliato inlon-
do e la fossa era un sentiero pel quale i Cen*
tauri correvano saettando. Molti de' sentieri
d'Inferno il P. fa strettissimi (e. X, XXIU).
M Ceniauri fgura ( dice il Bocc.) gii «oaii»
ni dclt arme co' quali i tiranni tengono U «•-
^fiofte contro a' piaceri de* popoli. Virgilio 1Ì
pone alle porte d' Inferno , a posare : sttèm
tamt. Meglio metterli in caccia.
30. Elbttb. Per meglio ferire. Virg. : Ui
celsoi videre ratu . . . Raptoqu§ vokii salo
c^us ipse.
21. Lungi. Virgilio nel luogo stesso : A
proeul • (umilio : Juvenes , quae causa mtk€-
S^ì . . IMta ( Caronte ) quoi jasn Mi m
CASTO XU.
133
Ditel costinci: go non, Y arco Uro.
2S Lo mio maestro disse: la risposta
Farem noi a Chiron costà di presso.
Hai fu la voglia tua sempre si tosta.
SKS Poi mi tentò , e disse : quegli è Nesso ,
Cbe morì per la bella Deianira ,
E fèdi sé la vendetta egli stesso.
Si E quei di mezzo eh* al petto si mira ,
É 1 g;ran Chirone, il quel nudrì Achille :
Qoell' altr^ è Fok) che fu si pien d' ira.
SS D'intorno al fosso vannoamilleamille,
Saettando quale anima si svelle
Del sangue più , che sua colpa sortille.
36 Noi dappressammoaquelle fiere snelle.
ChiroD prese uno strale, e , conia cocca,
Fece la barba indietro alle mascelle.
XT Quando s'ebbe scoperta la gran bocca,
Biase a' compagni: siete voi accorti
Cbeqoeldirietromuoveciò ch*e*tocca?
IB Goisi non soglion fare i pie de* morti.
E1 mio buon duca che gii gli era al petto
Ore le duo nature son consorti.
Ay^ia pfoqMBìi db unda Ptr taeitum nBtnm
ira, p^dmtiqim adverten ripae, Sic prior ag-
$nldùmr àieiit, aique inerepat uUro : QuUquii
m p armatm qui nostra ad flumina tmdit ,
009 qmid oemoi; jam utine et eomprì"
Di. NoTellino , LX : JIft foue tanto di
miao. SI Tolge al maggiore dei ire, al meo
IMoeo. — Mal. Caro a te costa essere tanto
«vecipitoso a volere : come cpiando rolesti Pe-
nìa ( Or. , Met. , IX ). Nesso si Tendicò ,
alla donna la veste intrisa deirtvvele-
sao sangue.
Si. HmA. Pensoso, come dotto. Di Chiro-
▼edi Suz. ( Ach. , 1! ]. — CamoNB. Ott.:
ffi arme a iavio in medicina. — Polo.
b Banina Stazio ( Th., Ili ); e Vlrg. (G., II) ,
m i ftiribondi Centauri : e V epiteto fwtntei
aoaae forte il P. a porre i Centaori saettatori
^rUraanie de* ladri. Altri si lagna che l'aio
#AcàiUe aia messo all'Inferno; ma Virgilio
aackr egli vi mette I Centaari , senza eccet-
aHrGUrone; altri 'l facevano aasonto in cielo.
7alo era di quelli che tentarono il ratto d'Ip-
tadamia ( Ov., MeL, XXII ). In Nesso é fi-
MaCa la evpldlgia violenta , in Polo il tìo-
iMa ftirore. Boezio nomina i Centaari e li
étea domati da Ereole.
Si. CoiPA. È primo caso, lofi^ue quarto. —
Socie non è sempre caw. Yirg. :
29 Rispose : ben è vivo : e si soletto
Mostrargli mi conviea la valle buia.
Necessita 1 e* induce, e non diletto^
30 Tal si parti da cantare alleluia ,
Che ne commise quest* ufficio nuovo.
Non è ladron , né io anima fuia.
31 Ma , per quella virtù per cu' io muovo
Li passi miei per si selvaggia strada,
Danneunde'tuoi, a cui noi siamoapniovo,
32 Cbe ne dimostri là ove si guada ,
E che porti costui in su la groppa ,
Che non è spirto che per 1* aer vada.
33 Chiron si volse in su la destra poppa ,
E disse a Nesso : toma , e si gli guida :
E fa causar , s* altra schiera v' intonpa.
34 Noi ci movemmo con la scorta uda
Lungo la proda del boUor vermi^io
Ove i bolliti facéno alte strida.
35 r vidi gente sotto infino al ci^io:
E '1 gran Centauro disse: £i son tiranni.
Che diér nel sangue e nell'aver di piglio.
36 Quivi si piangon gli spietati danni.
Laborem sortiti. La Bibbia: Sortitui sum ani-
fiumi bonatn,
26. Fkcb. Per parlare più libero.
28. Petto. Non gli arrivava più sa : tanto
Chirone era grande. — Natubb. Lucr. chiama
i Centaari duplici natura, et corpore bino» —
Consorti. Stephen.: Coneortes, quorum (nei
contigui lunf.
29. Induce. Per escir de* mali morali, era
necessaria la meditazione delle cose immoi^
tali. Parg. , I : Non e* era altra via Che questa,.
30. Alliluia. Apoc. : Aìidivi quasi voeem,,>
aquarum muUarum . . . dicentium alleluia. —
Nuovo. La filosofia naturale e politica non ta
mai posta finora cosi direttamente come grado
alla diTina. — Fuia. Ladra ; da /Ur. Nicc. Sol-
danieri chiama la fina, la volpe. Altri intende
fiiia per nera.
31. SxLVAGGU. Ogni male , ogni errote
Dante figura nell'idea della selva.— Pauovo:
iVopa. Ci stia accosto e ci guidi, Voce viva,
dicono , In Lombardia. Da prope i Lat. fae»*
van propitius.
33. Poppa. Boce., parlando d' nomo (Tea.,
II! ) ; Si volse in su la poppa manca. — Iv-
toppa. Perché , D* intorno al fosso vafmo a
nUUe a mille. Intoppare col quarto caso vite
io Toscana.
36. ALBSSANDno. Nel CoQv. , è lodato par
la liberalità, non per aiuti. Disiraase Tebe;,
m
DELL' INFERNO
Quiv* ò Alessandro , e Dionisio fero
Che fé Cicilia aver dolorosi anni:
37 E quella fronte eh' ha 1 pel cosi nero
% Azzolino: e queir altro cu è biondo,
È Obizzo daEsti il qual, per vero,
38 Fu spento dal figliastro su nel mondo.
Allor mi volsi al poeta, e quei disse:
Questi ti fia or primo, ed io secondo.
39 Poco più oltre, 1 Centauro s'affisse
SovT* una gente che 'nfino alla gola
Parca che di quel bulicame uscisse.
40 Mostrocci un'ombra dall' un canto sola.
Dicendo: colui fesse in grembo a Dio
Lo cuor che 'n su Tamigi ancor si cola.
uccise i prigioni d! Persia , e Menandro ,
Efestione, GalHstene , Clito. Altri totende
Alessandro di Fera atrocissimo , che vestirà
di peUi gli aomioi per farli maogiare a' suoi
c«ni. Alessandro il Macedone, contro cui de-
clama Lucano , molto studiato dal nostro P.
lo chiama f$Ux praedo. Di Dionisio il P. tro-
vava menzione in s. Agostino e in Boezio. Due
sono i Dionisii ; e due gli Alessandri. Celebri
i sospetti tirannici di Dionisio , e la One di
lui. — Cicilia. Per SiciUa dice il Boccaccio
sempre.
XT. AZZ0LI50. Ezzelino di Romano morto
nel 1160 , al quale accenna nel IX del Par.,
non avea fuor del sangue se non la fronte ,
segno di efferata tirannide. Azzolino lo chia-
mano anco le Cento Nov. — Esti. Soffocato
dal Gglio , guelfo rabbioso , crudele, rapace.
Costui fece lega con Cario d' Angiò nella con-
quista di Napoli ; onde fu compUce alla rovi*
na aveva. Fu fatto , dice il Bocc. . per la chie-
sa marchese della Marca d' Ancona : nella qua-
le fece un gran tesoro , e con quello , e con
r aiuto de' suoi amici, occupò la città di Fer-
rara , e cacciò di quella la famiglia de' Vin-
ciguerra con altri seguaci di parte imperiale.
Ma perchè tal delitto pare incredibile, Dante
lo chiama figliastro , e dice per vero , perché
ne correva incerta la voce. BtH per Ette è in
G. Villani.
38. Mondo. Dante vuol indicare , che la vi-
ta del corpo gli fa tofta dal figlio , quella del-
l'anima e* se la tolse da sé. Onde nell'inf., I:
La eeconda morte. «^ Volsi. Dante aborriva
negli Estensi il seme guelfo : e per^ volgesi
a Virgilio in atto d' Ironica maraviglia. Dove
tratUsi di delitti, Virgilio non parla; lascia
dire i dannali.
30. S' AFFISSA* Perii fermò f è nel XXXIII.
kl Po' vidi genti che di fioor del rfa^ '
Tenean la testa , e ancor tallo 1 casso;
E di costoro assai ricoDobb' k>*
hi Cosi a più a più si facea baw>
Quel sangue , si , ohe coprìa par li piedi:
E quivi fu del foaso il nostro passo»
43 Si come to da questa parte vedi
Lo bulicame che sempre si scema.
Disse 1 Centauro , voglio che tu credi
a Che da quest' altr* a piùapiùgiùpcema
Lo fondo suo, infin eh' ei si raggioiige .
Ove la tirannia convien che geoia»
65 La divina giustizia di qua punge
Quell'Attila che fu flagello in terra»
del Pnrg. — Gsntb. Fin qui i tiranni ; ora
vengono gli omicidi , men fitti nel sangue. —
BuLiGAMB. Cosi dicevasi nn' acqua termale a
Viterbo ( inf. , XIV ).
40. Sola. Per 1' enormità del delitto. Nei
IV , fa solo il Saladino per la singolarità dalr
r uomo. — Fbssb. Nel 1270 Guido di Mott-
forte, vicario di Carlo d* Angiò » in Viterbo,
nell' atto dell* elevazione dell' Ostia , uccise di
una stoccata nel cuore Arrigo figliuol di Eie-
cardo conte di Corno vaglia {divoto e huongkh
vine , dice il Bocc. ; semplice e mannulo •
angelico , dice V Ott. ) » per vendicare suo psr
dre cbe nella battaglia d* Evegham , il 19w,
combattendo contro Enrico 111 , fratel di Ric-
cardo , fu ucciso e il cadavere strascinato nd
fango. Cosi fece Guido ad Arrigo: ucciso (di«
cesi con assenso di Carlo d' Angiò ) lo stra-
scinò fuor di chiesa. 11 cuore di luì tu por-
tato a Londra , e posto in un calice d' oro in
man d'una statua sul Tamigi : nella veste d«lla
statua è scritto: Cor gladio sciuum do cui M»>
ianguineus tum ( Vili. , VII , 40 ). — Cola.
Cola sangue , e grida vendetta ; come il saor
gue d' Abele nella Genesi.
42. Passo. Nesso lo prende in groppa. Vir-
gilio a guado , o per l* aria. Nesso anco nel
mondo fece V uffizio di portare. Ovid. : iVaa-
tu$ adit f memhriiiiue vcdem icilta^ua vadi^
rum. Nel sangue basso giacciono i rei di fla-
rite» d'estorsioni.
44. Prema. Quanto il fondo èpi& gi&, tanta
U sangue è pia alto.
45 Piero. Epirota ; assalitore prima de^So»
mani , poi de' Greci ; o il Neottolemo iùfesla
a'Troiani ( Vlrg. , II, III), il quale foce soa
donna Andromaca , sebbene sposo ad Ermlo-
ne ( Isidor. , Etym. , X, IV , citato da an
contemporaneo di Dante). Però doppiameala
CANTO XU.
185
Pirro , e Sesto : ed in eterno munge
fc6 La lagrime , che col boiler disserra,
A Binìer da Cometo, a Rinier Pazzo,
TìHcsio e tiranno. — Sisto. Figliaol di Tar-
qidDio ; o il figliaol di Pompeo. Lacan. : Pro-
te mSgma parmUe . . . PoUuit aequareoi ftoti-
km finta triumphoi. Di lai Orazio. — MuN-
a. Preme a forza. Parg. , Xlll : Psr ^It oc-
éki fm di $raive dolor munto. Il sangue bol-
lale allarca qaasi il varco alle lagrime : il
pào le strilla (Inf., XXXII ).
Che fecero alle strade tanta guerra.
VI Poi si rivolse, e ripassossil guazzo.
46 GoKNiTO. Assassino alla spiagffia marit-
tima di Roma. ~ Pazzo. De'Pazri di Valdar-
no , famiglia nominala anco nel XIÒUI del-
l'Inferno. D'accordo con Federigo lle'rnba-
Ta i preiati di Roma , circa il 1228 ; ond'eb-
be scomnnica, è contro lui e'saoi flaron da-
te leggi in Firenze , Da Attila a Sesto, tiran-
ni ; da Sesto a' Einieri , predatori.
186
DfiLL' INFERNO
CANTO xni.
ARGOMENTO.
Nel secondo girone de* violenti penano i emeidi j tratformati in aspri tronchi
sensQnli , come U corpo di Polidoro in Virgilio. Le Arpie li divorano > come in
Virg. r avoltoio divora il cuore di Tizio, E le Arpie da Yirg. son poste sulla «o-
glia (f Inferno. Il P. trova il celebre Pier delle Vigne , secretario di Federigo II.
Poi rincontrano anime nude inseguite da nere cagfU che vanno per lacerarli^ e sono
t prodighi che disperati si uccisero o si lasciaron morire , prodighi bestiali no»
cfie isìcontinenti.
Canto pieno di vita e di varietà, perchè storico la miglior parte.
Rota le terzine 1, 2, 5, 8» 9, 12, 14, 16, 19, 22; la 24 alla 27; 31; U 33 alte 48.
1 Non era ancor di là Nesso arrivato
guando noi ci mettemmo |>er un bosco
de da nessun sentiero era segnato.
2 Non frondi verdi ma di color fosco,
Non rami schietti ma nodosi e 'nvolti;
Non pomi v*cran ma stecchi con tosco.
3 Non han si aspri sterpi né si folti
Quelle Cere selvagge che 'n odio hanno.
Tra Cecina e Corneto, i luoghi colti.
k Quivi le brutte Arpie lor nido fanno
Che cacciar delle Strofade i Troiani
Con tristo annunzio di futuro danno.
1. LÀ. Dal guado sanguigno.
3. ScniBTTi. Poliz.: L* abeto schietto e ten-
ta nocchi. — Pomi. Per frotte in geocrc , ò
nel e. XVI. — Steccui. Virgilio, del cespu-
glio di Polidoro : Dentit hastilìbus horruia,
3. CoRSEETO. Fra gli stati del Papa e la
Toscana. Fino a' dì nostri fu luogo palustre.
4. Bbdttb. Virg. : Obicen(U»»,volvcres,'—
Strofasi ( Aen. , Hi). — Annunzio. Ibiiis Ita-
liam , portusque tnlrora licehit : Sed non ante
datam eingetii moenibus urbem , Quam voi
diro fames . . . Àmhesat euhigat maUs abeume'
n tneriKU.
tt. Lati. Virg. : Magnie ^tmliiifiZ clanyori-
hus aUu. — UiiANi. Virg.: Virginei volucrum
DuUttf. — Aetmu. Virg. : Pedibus,, .uneit,,.
Vtìcasque mamtt, — Vesiuib. Virg. ; Faedis-
9ima ventrie Proìuviee, — Lamenti. Virg. :
Vom Mrum dira inter odorsm.^'^jmAm, Lu-
8
Ale hanno late, e colli e visi umani.
Piò con artigli, e pennuto '1 gran ventre.
Fanno lamenti in su gli alberi strani.
E1 buon maestro: prima che più entre,
Sappi che se' nel secondo girone,
Mi cominciò a dire: e sarai mentre
Che tu verrai neirorribil sabbioDe.
Però riguarda bene ; e si vedrai
Cose, che torrien fede al mio sermoiie.
r sentia d*ogni parte tragger guai,
E non vedéa persona che 1 facesse:
Perch' io tutto smarrito m* arrestai.
cano le chiama cani volanti. Nel 300 sapeva-
no la greca etimologia della voce ; e V Anoni-
mo ined. che la dichiara , dice : Li oùn e H
peccati sono prefigurati per li tiranni e per
U fere.
6. Mentri. Finché. Par., XVil: Mssiftre
che tomi,
7. ToRRiBN. Più sotto : S'egli avesee poSm^
to creder prima , ee. I suicidi sono incaree-'
rati in un tronco , perchè , avendo gittata vm
la spoglia mortale , non meritano riaverla. Chi
si priva della vita sensitiva , avrà solala Te-
getante. S. Bernardo : Homo absque grati» ,
est ut arhor ntvestri* ferens fruetum , guibmg
pord infemales, ^'Harpyiae pascuntur, Danto
conosceva questo passo, perchè suo figlio
lo cita.
8. Arrestai. Virg., VI: Constitit Àeneas,
strepUumque e^erritus hausit.
CANTO XIU.
181
9 I* credo cb'ei credette ch'io credesse.
Che tante Yod uscisser tra que' broDchi
l)a gente che per noi si nascondesse.
10 Però disse 1 maestro: se tu tronchi
Qualche fraschetta d* una d*este piante,
Li pensier t^h'hai si faran tutti monchi.
11 Alior porsi la mano un poco avante
E colsi un ramuscei da un gran pruno,
£1 tronco suo gridò: perchè mi schiante?
12 Da che fatto fu poi di sangue bruno,
Ricominciò a gridar; perchè mi scerpi^
Non hai tu spirto di piotate alcuno?
13 Uomini fummo» ed or sem fatti sterpi.
Beo dovrebb* esser la tua man più pia
Se state fossim' anime di serpi.
1^ Come d' un stizzo verde eh' arso sia
Dall' un de*capi , che dall' altro geme ,
E cigola per vento che va via ;
15 Cosi di quella scheggia usciva insieme
Parole e sangue: ondT lasciai la cima
Cadere, e stetti come T uom che teme.
9. CmBiBssB. Sacchetti: Jo ovsìh. Ariosto,
ÌX : r eredao , a «risciò , e endw ondo il va-
ro. Peir. : Cndo ben eke tu ondi.
10. Pkascutta. Virg. : LuUum convelU-
n vimMu
11. SghuxtbT Virg. : Gimitui lacrymabi-
Ut iwut Audiimr tumulo , et vox reddita fertur
ad auree: Quid miterum. Aenea, lacerai?
12. Bacno. Virg. : l^am ftioe prima iolo
ntptìi radieibue athos VelUtur , huic atro U-
'piemiur eanguine guttae , Et terram tabo ma-
cmiamt, — Spirto. Bocc. : Se in lui fia tpiri-
te di pietà alcuno,
13. Uomini. Virg. : Aut eruor hie de itipi-
te weanai, — Fu. Virg. : Farce piat tcelerare
L — Sbbpi. S. Loc : Genimina vipe-
14. CoMs. Questa similitadine accenna un
passo di Aristot. (Meteor).
15. ScHB€6u. Virg.: AteretàUeriutsequù
tur de eortice eanguie. — Comb. Modo che
ranmenta i Tirgiiiaoi: eimilii tenenti, implo-
ramMi, lakorantù
Ift- Rima. Per parola , come nel e. VII me-
tro per grido. Altri intende del I. lU dell'£-
tO. Chuvi. Vetr. : Del mio cor » donna ,
tuma • Vailra chiane Avete tn mano. Par.:
A cui, come Ma morte , La porta del pia-
«ar MMiiii» diisemi. Aprivo il cuor di lui al
valere t al disvolere. — Soavi. Int , XIX:
16 S* egli avesse potuto creder prima»
Rispose 1 savio mio» anima lesa,
Ciò eh' ha veduto pur con la mia rima;
17 Non averebbe in te la man distesa :
Ma la cosa incredibile mi fece
Indurlo ad ovra » eh' a me stesso pesa.
18 Ma dilli chi tu fosti , si chen vece
D* alcuna ammenda tua fama rinfreschi
Nel mondo su, dove tornar gli lece.
19 E '1 tronco: si col dolce dir m'adeschi
Ch*i' non posso tacere: e voi non gravi
Perch'io un poco a ragionar m'inveschi.
20 r son colui che tenni ambo le chiavi
Del cuor di Federigo, e che le volsi,
Serrando e disserrando, si soavi
21 Che dal segretosuoquasi ogni uomtolsi.
Fede portai al glorioso uilizio,
Tanto eh' i' ne perdei i sonni e i polsi.
22 La meretrice che mai dair ospizio
Di Cesare non torse gli occhi putti»
Morte comune e delle corti vizio.
Soavemente tpose U earco. Ottimo per la vir-
tù, e matiimamente per lo tuo beUo dittare,
fu tanto eccellente eomigliere appo Vimp. Fe-
derigo , che per euo operamento e eontigUo
tolo, quaei tutte le cote ch'erano per lo im-
pero $i governavano.
21. PuDBi. Prima la pace, poscia la vita.
Inf., I: Fa tremar le vene e i polsi.
22. Hbretbicb. Invidia. Seneca: Sìmulista
mundi conditor potuit Deus » Odium atque re-
gnum. — Putti. Questo passo aiuta a spiegare
io etnlpo del e. Vii. L* invidia diabolica, ca-
gione de' nostri mali , è stupro tentato contro
Dio. — MoBTB. L'invidia , meretrice e morte
comune » nel primo dell' Inf. , move dagli
abissi la lupa (avarizia) » la quale impedisce
ed uccide. Lo accusarono i cortigiani dell'a-
vere tradito il secreto alla chiesa di Roma.
Ottimo : jR»r lo contiglio di costui V imp. eb-
be sospetto Enrico tuo primogenito , t7 quale
élU aivea fatto re d^la Magna , e temendo che
non traditte la corona , lo mandò preso in
Puglia » nel quale luogo U detto Enrico alla
tua vita impote fine , onde lo imp. molto ad-
dolorò, ticcome eUi mottra in quella che co-
mincia: Misericordia pii patria... E eredeti
che per quetto trovaste cagione sopra 'I detto
Fiero » che lui medesimo a istanza del paj a
alette fatta una lettera eofStro a quella che
lo toip. ovea fatta alU principi crittiani.
18
\38
D E L U INFERNO
23 Infiammò contra me gli animi tutti;
E gV inriammati infiammar si Augusto
Che i lieti onor tornàro in tristi lutti.
ìi V animo mio per disdegnoso gusto,
Credendo col morir fuggir disdegno,
Ingiusto fece me contra me giusto.
25 Per le nuove radici d* esto legno
Vi giuro che giammai non ruppi fede
Al mio signor che fu d' onor si degno.
26 E se di voi alcun nel mondo riede.
Conforti la memoria mia, che giace
Ancor del colpo che*nvidia le diede.
27 Un poco attese, e poi: da ch'ei si tace,
Disse 1 poeta a me, non perder V ora,
Ma parla, e chiedi a lui se più ti piace.
28 Ond' io a lui : dimandai tu ancora
Di quel che credi eh' a me soddisfaccia:
Ch* i* non potrei : tanta pietà m' accora.
29 Però ricominciò : se V uom ti faccia
Liberamente ciò che 'I tuo dir pregf ,
23. INFUMMAR. L' accasarono oltracciò d'a-
varizia e d' ambiiione : onde Federigo lo fe-
ce accecare e chiadere in carcere , dove nel
1249 s' accise , dando del capo nel maro. Del
resto se vere non erano qaelle accuse , era ben
vero che Pietro aveva condotto Federigo a in-
flerìre contro Enrico suo figlio, e carcerando-
lo condarlo al saicidio ; onde il padre prestò
facile credenza alle cortigiane calunnie. Di
Pier delle Vigne son le lettere scrìtte in nome
d 1 Federigo ; abbiamo suoi versi italiani, me-
diocri , citati da Dante ; abbiamo aa' invet-
tiva contro il papa in rima latina. Era di Ca-
paa. Né a lui deve imputarsi il libro : De tri-
bui impottofibui, — ToknIro. In una cani,
siciliana citata da Dante : Voitro orgoglian
dunque e vostra altetta . . . f omino in òocmi-
sa. V. S. Padrì : Iljnanto di Gùdiana futor-
nato in grande letista.
24. DisDBGNoso. Horat. : Fastidiota trietii
aegrimonia, — Giusto. Per l' amaro piacere che
Ispira la soddisfazione d' un fiero disdegno,
a fine di liberarmi dal peso dell' Ira che mi
aggravava , fui ingiusto e violento contro me
stesso eh' ero pure innocente delle appostemi
colpe. Virg.: Siòt letumlmontespeperere manu.
25. Nuoti. Correvano cinquanta anni da
che Piero era morto. — Legno. Giura per la
nuova veste , come per la proprìa sua vita.—
Onor. Pure il P. lo caccia tra gl'increduli
nelle fiamme. Federico era degno d'onore ^o-
me amico delle lettere, com'uomo di valore
e di senno p e ghibellino ardente : ma Dante
Spirito incarcerato, ancor ti piaccia
30 Di dime come V anima si lega
In questi nocchi: e dinne, se ta puoi,
S' alcuna mai da lai membra si spi^.
31 Allor soffiò lo tronco, forte; e poi
Si converti quel vento in cotal voce: .
Brevemente sarà risposto a voi.
32 Quando si parte \ anima feroce
Dal corpo ond ella stessa s'è disvelta,
Minòs la manda alla settima foce.
33 Cade in lasciva, enon V è parte scelta;
Mala dove fortuna la balestra,
Quivi germoglia, come gran di spelta.
3b Surge in vermena , ed in pianta suveslra.
L* Arpie, nascendo poi delle sue foglie.
Fanno dolore , e al dolor finestra.
35 G>meraltre, verrem per nostre spoglie;
Ha non però eh' alcuna sen rivesta :
Che non ègiustoaverciòch'uom si togjlie.
36 Qui le strascineremo : e per la mesta
doveva dannare le empietà di lui, e la
risponderne col nemico di tutta Europa , Il
Soldano. Caetar amor lègum , di lai dioe?a-
no gli nomini del suo tempo. E nel Coorifio
lo chiama 1' ultimo imp. de' Romani , petoM
tali non gli parevano né Ridolfo , né AMfo,
né Alberto : e Arrigo VII non era ancora. Lo
loda poi come (oico e c^erieo grand$,
27. Osa. Modo antico , e de' Oraci. AroM^
nino : in que* fuochi ttanno per gronde of«.
S9. Uom. Non ombra. Inf. , l: Od omkm
od uomo, — LiBKRAMENTK. Gott HlMrala voc-
iente. Virg. : TeUu* Omnia Uberiue, tmUopo-
teenfa, ferebat. Novellino , XIX: Delta grtak-
de libertà e cortesia del re giowine.
31. Brkvkvbntb. Delle proprie sventata
s'Invesca a ragionare; del soppiiilo» breva.
3S. FnocB. Crudele in sé. Vlrg.: Imimm
€ue peroii Prtriecere animas, — Foca. Virg. :
Faueibus Orci. Ogni cerchio è come bocca cha
inghiotte e divora, dirà nel XXXI.
83. ScKLTA. GIttaron la vita quasi a caaa;
a caso germogliano nella pena. — GiOMoaiiA.
Adagio. Però chiama nuove le soa radici, ia
spelta mette di molti germogli.
34. SiLVBSTBA. Virg. : Hic confxmm finm
texit Telorum seges, et jaeulis inermni meetìe.
— FiNisiVà Virg. : Ingentcffi lato dedU Ira
fenestram.
35. Comi. Risponde alla seconda donaada:
Dinne ec.
36. Mbsta. Vlrg. , de' suicidi ; Proximm
d9mde teneni momti loca. — Appbsi. Ifoa di-
e A NT O XIII.
139
Selva saranno ì nosttì corpi appesi ,
Ciascuno ai pnin dell'ombra sua moiesia.
37 Noi eravamo ancora al tronco attesi
Credendo ch'altro ne volesse dire ;
Quando noi fummo d'un roroor sorpresi.
38 Similemenie a colui che venire
Sente 1 porco e la caccia alla sua posta.
Ch'ode le bestie , e le .frasche stormire.
99 Ed ecco duo, dalla sinistra costa
Nudi e graffiati, fuggendo si forte ,
Che della selva rompiéno ogni rosta.
W QueldiDanzi:oraaccorri,accorri,MorteI
E r altro a coi pareva tardar troppo,
Gridava: Lane, si non furo accorte
k\ Le gambe tue alle giostre del Toppo.
E poiché forse gli fallia la lena ,
Di sé e d'un cespuglio fé un groppo.
%2 Dìrietro a loro era la selva piena
Di nere cagne , bramose , e correnti
Come veltri ch'uscisser di catena.
ce casa a religione contraria , perchè qnella
loip— ■tene è una specie d'anione. Solo ìd-
teiMe che questa singolar congiauzione farà
piò grave il tormento : giacebè al dire di s.
AgoMiDO, citato dall'Ottimo, è bisogno del-
l'anima eoatlaovo ricongiungersi al corpo. E
qui VOUìm» chiama Dante alio douon a Km-
io eattolUo , non iolatnente di perfetta fede.
Ma granéiiiimo maestro di tutte teierae, mai*
timamemtt éi teologia e di filosofia, — M oli-
STA. Anima molesta al corpo da cai si divelse.
38. SmuuuNTB. L' usa anco nei Convivio.
39. SimsTBA. Tengon sempre a sinistra
( e. XIV ). — Gbappiati. Soffrono il sopplizio
d* Atteone ( Ov. , Met. , IH ) , il quale , secon-
do Pietro di Dante , era on prodigo che nella
caccia consDmò r aver suo , onde Ai detto che
i saoi proprii cani lo lacerarono. — Rosta.
BMUpendo i rami e le frasche, I prodighi da-
va* lannento ai suicidi.
40. IfoaTi. Inf. ,1: La neonda morte eia-
§rida. E più i suicidi. Apoc. : Dandero-
iMon. All' incontro i suicidi di Virg. :
velUnt aetkere in alto Nmne ei paupe-
et dmot perferre laboret ì — Lano. Gio-
vala senese. Alla battaglia della pieve del
Toppo, in qua d'Arezzo, dove i Senesi furo-
OD fiati dagli Aretini il 1288, anziché vivere
nella niseria , frutto di sua prodigalità , si
cacdò tra* nemici a morire. Era della brigata
ifodereccia , di coi Inf. , XXIX. — Accoetk.
iaf. XXllV : Poru a me P accorto patto.
41. GiofTU. Goal le chiama perchè qol si
kS In quel che s' appiattò mìset lì denti ;
E , quel dilacerato a brano a brano.
Poi sen portar quelle membra dolenti.
kk Presemi allor la mia scorta per mano ,
E menommi al cespuglio che piangea
Per le rotture sanguinenti , in vano.
45 0 Iacopo , dicea, da sant' Andrea ,
Che t' è giovato di me fare schermo?
Che colpa ho io della tua vita rea ?
46 Quando 'I maestro fu sovr esso fermo ,
Disse : chi fusti che per tante punte
Soffii col sangue doloroso sermo?
47 E quegli a noi : o anime che giunte
Siete a veder lo strazio disonesto ,
Ch' ha le mie frondi si da me disgiunte,
48 Raccoglietele al pie del tristo cesto.
r fui della città che nel Battista
Cangiò! primo padrone: ond'e' per questo
49 Sempre con l'arte sua la farà trista.
E se non fosse che'n sul passo d'Arno
tratta di correre , e in qnella battaglia trat-
tavasi di fuggire ; e Lano noi volle. Quest' h
roDia dipinge il prodigo spensierato pure in
mezzo a* tormenti. — Pallia. G. Vili.: Fallito
U lignaggio di Carlomagno,
42. Veltri. . Paragona le cagne a* veltri
perchè cagne non erano ma mostri infernali.
Così Cerbero al cane. In queste cagne taluno
vede la povertà , la vergogna , le cure che in-
calzano il prodigo.
43. Ebano. Laceravano insieme il cespuglio.
45. Iacopo. Padovano prodigo : per vedere
nn bel foco fece ardere la sua villa ; gittava
I denari nel fiume ( Boce.).
46. Sebho. Per sermone : anco in prosa :
come Plato e Cato, Questi è Rocco de' Moz-
zi , il quel forse , dice 1' A. , visse in Fran-
cia dove la forca ha nome gibet ; altri dice
Lotto degli Agli, fiorentino che venuto in po-
vertà die per danari falsa sentenza , onde per
vergogna mori.
47. Animb. Le crede ombre ambedue , come
Alberigo nel XXXI II. — Disonesto. Virg. :
Truneas inhonesto mUnere naret.
48. Citta. Marte non più patrono di Firen-
ze , sdegnato ne la flagella ; e peggio sarebbe
se al Ponte Vecchio non se ne vedesse ancora
la statua smozzicata : fatta levare dal fiume
dove giacque gran tempo; e levatala , pcrch(^
Firenze in qoegli anni toccò molte sconfitte.
49. Vista. Discorso superstizioso posto in
bacca a nn dannato, e tutto allegorico. Vuol dire
che Firenze * smessi gli usi guerrieri , non
IM
DELL- INFERNO
Rimane ancor di lui alcuna vista,
50 Quei cittadin che poi la rifondarne
Sovra'! cencr che d'Attila rimase,
aveva più pace; datasi al traffico de' suoi Go-
rini portanti riroagine del Battista. Di ciò si
lagnano altri contemporanei di Dante. E a
qacsto passo dà lace quello del Par. ( XYI ,
16 e seg. ). K. Vili. ( 1 . 42, 60; II, 1; IH, 1 ).
50. RiPONDARNo. Totila danneggiò Firenze,
ma non la distrusse : così la storia. Garloroa-
Avrebber fatto lavorare indarno.
51 r fé' giabetto a me delie mie case.
gno , secondo llirolosa tradiiione , la riedifi-
cò. — iNnAmNo. Psalm. : iVtit Domùmi aMr
peavwii dommm , wi vanum loòoratanml qui
atdifieant eam,
5i. GiUBSTTO. Post. Gaet.: (rmèeftiMi , mr-
rit Pariiiii , uH hominei nnpendunUtr.
141
CANTO XIV.
ARG OMENTO.
n Uno gifOM è un' ignuda campagna n» cui fiane fuoco : i vioUnti conito
Dio slan iupimi , • «toltiti contro natura corrono » t «tolanl» contro natura e arte,
nedomo rannicchiati. 1 ioddomiti tono i jHti ; meno , i diifrcjiatori di Dio e gli
umrai: % iupini ricecono tutta la fiamma , A rannicchiaH, mono; i correnti u
fie schormiicono meglio , ma durano la fatica del corto. Tra i tapini e* trota Cch
panco. Camminando tra la telva e t arena » giungono là dooe ddla idoa esce un
fiumicMo rouo , i cui margini ion di pietra. Di qui prendo occarione a parlare
do' fmmi infornali.
flou le tenioe 1, 3, 4, 6, 7, 8, 10, il, 18, 14, 16, 17; la 19 aHa %% ; f7, 86, 37, 38, 39.
1 Poldiò la carità del natio loco
Mi strinse , raunai le fronde sparte ,
E rendete a colai eh* era già roco.
3 Indi Teoimmo al fine, onde si parte
Lo secondo giron dal terzo , e dove
Si vede di giustizia orrìbii arte.
3 A ben manifestar le cose nuove ,
Dico che arrivanuno ad una landa
Che dal suo letto oeni pianta rimuove.
k La dolorosa selva T è ghirlanda
Intorno , cornei fosso tristo ad essa.
Quivi fermammo i piedi a randa a randa.
1. Cauta. Gie. : Bitriae earitat Conv. :
Tanto io prepria cariCil ne tn^nfia.—» Strin-
«. Rovellìoo, XV: V amare dd^ tuoi ciitadi-
m cAf gridavano mercè, U «trùi^Mi. — ÌUnio.
Dei furiare e del piaogere per le rotture san-
4. Essa. Il fosso olreolare del Tiolenti ciiir
gè la selva cireolare dei suicidi; la seWa cinge
Tarcoa degli empii, de* soddomiti, e degli osur
rai.—4^KBiiAifB0.1fel senso del v.77,del e. III.
Ho» già che »' arrestassero , ma canmloaiido
si ccoaero tra la selva e l' arena , meUendo
adagio adagio i passi in quel limite aogustow
— Eahda. Nella lingua viva, sinonimo di ra-
e anco di appoco appoco.
a. Spazio. L' usa nel Ulti del ^g. Uà
5 Lo spazzo era una rena arida e spessa.
Non a altra foggia fatta che colei
Che fu da' piò di Caton già soppressa.
6 Oh vendetta di Dio , quanto tu dei
Esser temuta da ciascun che legge
Ciò che fu manifesto agli occhi mìei !
7 D* anime nude vidi molte gregge ,
Che piangean tutte assai miseramente;
E parea posta lor diversa legge.
8 Supin giaceva in terra alcuna gente,
Alcuna si sedea tutta raccolta ,
£ altra andava continuamente.
tpazio , cerne totosi o da soteito. — > Oom.
Di cosa parlando , ha ef^empi varii anco in
prosa, lii più comune. — Soppibssa. Cal-
cata. Accenna al viaggio di Catone per le are-
ne della Libia. Lucano ( lib. IX ) : Kcultintii
in oampos tterìlee. . . Qua nmiue Jttan sf
fama tn fontUmi undae. . . ingrediar$ prir
mmque gradut tn puhere ponam . . • Atet
omna soUim, iiòef^tia eisalìi Aeokam rahìom
toCtt esDoreet arena.
e. Oh Virg. : jDimìIs jiMtiIsBei moniti , ei
non ftmnsiB dtooi.
7. MiSBRAMKNTB. Bocc. ; JfiMroinenls ptoii>
gè la eua ritneia. V. Nuova : Pian^eano ae-
eoi fietoeamente.
8. Sima (c. XVU).— Ansava (c.XV,XV1).
142
D E L L' INFERNO.
9 Quella che giva intorno, era più molta.
E quella men che giaceva d tormento;
Ma più al duolo avea la lingua sciolta.
10 Sovra tutto 1 sabbion d*un cader lento
Piovén dì fuoco dilatate falde.
Come di neve in alpe senza vento.
11 Quali Alessandro in quelle parti calde
D' India vide sopra lo suo stuolo
Fiamme cadere infìno a terre salde ;
12 Perch* e* provvide a scalpitar lo suolo
Con le sue schiere , perciocché '1 vapore
Me' si stingueva mentre eh' era solo ;
13 Tale scendeva 1* etemale ardore,
Onde la rena s' accendea com* esca
Sotto focile , a doppiar lo dolore.
1^ Senza riposo mai era la tresca
Delle misere mani , or quindi or quinci
Iscotendo da so l'arsura fresca.
15 r cominciai : maestro , tu che vinci
Tutte le cose fuor che i dimon duri
Oh' all'entrar della portaincontra uscinci,
16 Chi è quel grande che non parche curi
Lo 'ncendio, e giace dispettoso e torto,
SI che la pioggia non par che 1 maturi?
17 E quel medesmo che si fue accorto
Ch' f dimandava il mio duca di lui ,
10. Fuoco. Bestemmiatori , soddomiti , n-
sorai son paniti di fàoco perchè folmini piov-
vero sol duprezzatore di Dio,'Lacifero;ftao-
ro sopra Gomorra ; e dell' asara on antico :
Ct ignii mvaUse9ni , tic usura.
11. QuAU. Alberto Maffoo citato da Ben-
venuto d' Imola : AdmiitìUem impreuionem
teribit Ahxctnder ad Arittotelem in epùtola
de mirabiiibui ìndiae , dieent quemadmodum
nivis nubes ignitae dò coelo eadòbatu, quas
^p$e miHiibut caìeare praécepU efc.
IS. Stinguita. Anco in prosa.
14. Tkbsca. I*er agitam^ gtudiarti, hae-
sempi ant.
15. Vinci. Premette questa lode per sapere
fhi sia quel superbo simile ai demonii che
gli si opposero all' entrata di Dite.
16. ToBTo. Torfo nei viso , o torto nella
postura. Meglio il primo. Stephen. : T<nvu$
a torto adsfùctu, — Matuki. Aeerbi si dico-
no gli orgogliosi: acerbo è contrario di ma-
turo , a la pioggia ammollisce le fhitta ca-
dendo.
17. OpiL. Dante , in una canzone , di Fi-
renze dice , che la divorano Gapaneo , Cras-
so, Aglaora» ei«é rempletà, l'availiia, fio-
Grido : quale i' fu' vivo, tal son morto.
18 Se Giove stanchi il suo fabbro da cui
Crucciato prese la folgore acuta
Onde Fullimo di percosso fui;
19 O s'egli stanchi gli altri a ìnata a mata
In Mongibello alla fucina negra ,
Gridando : buon Vulcano, aiuta , aiuta;
20 Si com'è' fece alla pugna di Flegra;
E me saetti di tutta sua forza »
Non ne potrebbe aver vendetta allegra.
21 Allora '1 duca mio parlò di forza
Tanto , eh' i' non l' avea si forte udito :
O Capaneo, in ciò che non s' aromom
22 La tua superbia, se' tu pia punito.
Nullo martirio, fuor che la tua rabbia.
Sarebbe al tuo furor dolor compilo.
23 Poi si rivolse a me con miglior labbia.
Dicendo : quel fu l' un de' sette regi
Ch'a8siscrTebe:edebbe,eparch'egliabbia
2k Dio in disdegno , e poco par chiel pregi
Ma, com'i' dissi lui, li suoi dispetti
Sono al suo petto assai debiti fregi.
25 Ormiviendietro,eguardacheDoometti
Ancor li piedi nella rena arsiccia;
Ma sempre al bosco gli ritieni stretti.
26 Tacendo divenimmo là 've sfaccia
vidia. Gapaneo è donqoe on simbolo dd di-
spregio di Dio.
18. Fui. Sut. ( Th. ). Cadde folminato da
Giove.
19. Altoi. Ciclopi. Yirg. (Aeo., Tifi).—
Buon. Titolo non di bontà ma di valoie: Tosa
altrove.
20. FoRXA. Novellino , LXV : li dislUÌ0éi
tutta mia forza.
21. Forte. Più the a Pioto; perché Vem-
pietà è peggior cosa dell' avarizia: e Virgilio
è il poeta dcpii.
23. Labbia. Per «iio , nella V. Noova. -«
AssisBo. Assediarono. Anco nella prosa d'al-
lora.
24. Disdegno. Stat. : 5iiperilm confemplor.
— Fregi. L' infimia e la pena ; degni orna-
menti a soa rabbia. Virg. : ìion viMbUa p^
feo Begna meif /alti.
26. DivBNiiuio. S'osa in Toscana. Virg.:
Deoenefe loco». . . — Raccapriccia. Per la
memoria de' tiranni ( e. Xll ). Era orribile a
vedere qoel saogoe tra il fosco della selva ^
il rosso del foco, il gialliccio della reaa. Hoa
r avef a prima vedoto qoesto roscello : donqao
da Capaneo a ^ai?i ara non breve lo spatio.
CANTO XIV.
U3
Fuor della seWa uo picciol fiumicillo
Lo cai rossore ancor mi raccapriccia.
i7 Quale del Bulicame esce '1 ruscello
Che parton poi tra lor le peccatrici »
Tal per la rena giù seu giva quello.
98 Lo fondo suo e ambo le pendici
Fati' eran pietra , e i margini dallato :
Perch' i' m'accorsi che'l passo era liei.
S9 Tra tutto Valtroch'io Vbo dimostrato,
Poscia che noi entrammo per la porta
Lo cui sogliare a nessuno è serrato,
30 Cosa non fu dagli tuoi occhi scorta
Notabile, com' è 1 presente rio
die sopra so tutte fiammelle ammorta.
31 Queste parole fùr del duca mio :
Pofehè 1 pregai che mi kurgissel pasto
17. Bducamv. Laghetto d' aeqaa bollente
e twatoeia due migUa lontao da Viterbo, dei
qiA «idva on rnscello. Le roeretrìci quivi
•bilittli» fofse perchè qae' bagni eranofjreqaen-
tati, dividevano tra loro nn rigagnolo di quel-
la acqia , da servirsene agli usi loro. SimiU-
ìrnUm diegna del soggetto.
98. PnnmA. Aneo nel bulicame di Viterlio
le sponde erano impietrite : e così fa V Elsa
m Toscana (Purg., XXX). in Tivoli r Anie
M. -^ Uci. Per a. Qine\ e quaei ^ieesi voi-
gannente in Toscana. Ì*%€i0 % $ i*J>f ^^Y*
M. SocLUEB. Per ioglia: anco in prosa.
— Sbbbato. Da che Cristo vi scese ( Inf. ,
lU » Vili ).
30. Ammoeta. e nel Cresc. ( li , 27 ) , e
■rtle E. di Dante. E Albertano: La ioetu of-
fè€mM «Rmoftara.
ti. Pasto. La meUf. del eibo applicau alle
cMoaeense deUa mente torna lireqnentissima
■d Poema. E V ha Plat. pih volte.
SS. ìkkWi. Ne parlano Ovid. e Isidoro ( X ,
U )• Virg. .- Crela Jowf maqwi, mMo jocaC
tninifl fmd9» — Guasto. Lat : Fot Caini • Non
ha M le cento città delle quali Virg., Ili.
— UtfTA. Posta quasi nel meizo dei mondo
aliar eonoscinto. — Sotto. Anna qu9 perhi"
h€M, tUo 9ub fvff /Wtre Saecula: iie placida
fajwloe tf» poca r^gibat (Virg. : Vili.) Casto.
( Of • , Mot., I ). Per puro ; latinismo noto,
■ft forte accenna a quel di Giovenale : Ondo
pméitéUam Saimmo f$ge moraiam in ferrif.
Vifff. (Aen. , VI ), promette riooovellata sot-
r Aagwlo la felicità di Saturno: e però Dante
lo noBiaa quasi primo sinii>olo delia monar-
dtfa da tè vagheggiata.
SS. HoWTAOMA. Virg. : Mant Uamti «ò» ,
al fenili annninla naicraa. Greta origino dei
Di cui largito m' aveva 1 disio.
32 In mezzo'l mar siede un paese guasto,
Diss* egli allora, che s'appella Creta,
Sotto 1 cui rege fu già 1 mondo casto.
33 Una montagna v* è che già fu lieta
D* acque e di fronde, che si chiamò Ida:
Ora è diserta, come cosa vieta.
Zk Rea la scelse già per cuna fida
Del suo figliuolo: e per celarlo meglio.
Quando piangea, vi facea far le grida.
35Dentrodalmontestadrittoungranveglio,
Che tien volte le spalle inver Damiata,
E Roma guarda si come suo speglio*
36 La sua testa è di fio oro formata,
E puro argento son le bracciae 1 petto ;
Poi ò di rame infino alla forcata.
Troiani , vale a dire dell' impero romano. E
il vecchio guarda a Roma. 11 P. chiama quel*
r isola cosa vieta , per indicare Y antichità
tenebrosa de' primi secoli. — Lista. Gnriior
ColUi /hmdtÒMf (orli. Virg. : Humut , dtifei-
^fua tfU^ne Uuta. — > Fuohbb. Virg. : Idatum»
que iMimis.
Rea. Virg. : JERno mofar euUrix CyheU Co-
rybantiaqwi atra. — Fida. Virg : Mine fida
tUenHa aacrii.
35. Diritto. Il mondo. Lo fii diritto per
indicare la serie nou interrotta delle umane
cose. ^ Damiata. GreU è io retta linea tra
Damiata d* Egitto e Roma. NoU il CosU ac-
cennarsi alla monarchia egizia e al romano
impero. I più intendono l'antica idolatrica ci-
viltà , e per Roma il centro del nuovo uni*
verso. Par., XXXII : Che m Critto venuto «6-
berUvm.
36. Aegbnto. Ov. ( Met. ]: PMtquam, Sa-
tamo lanaòroja in Tartara miuo , Sub Jove
mundui erat : euhiU argentea protei, — Ra-
me. Daniele del sogno di Nabucodònosor : Bt
ecce. . . it€Uua...grandii. . Mabat centra te,.».
Hujue stoftioa caput ex auro opthno , , .pe-
etui, • . de argento, , , venter ex aere, . . lì-
biae, • . ferreae , pedum, . ,pan„, fèrrea, ...
^fuoatfnm oy(em fictUit, In questa statua Da-
niele vedeva gì* imperii del mondo antico. Dan-
te vnol forse rappresentare e le epoche del
mondo morale e civile; e le varie nature de-
gli uomini santi , booni , men buoni , eatti-
vi, pessimi , e vili. Gongiongendo l'idea bi-
blica con la tradizione mitologica delle quat-
tro età del mondo , da Ov. descritte , congo-
gna rimagine simi^olica dell'umana vita e
fbrs' anco , siccome vuole il Costa , del pro-
gresso de* governi monarchici. Questo canto
ik%
DEL L' INFERNO
:n Da indi in giuao è lotto ferro eletto,
Salvo che 'I destro piede è terra cotta :
E sta'n 6U quel più che*Q8uraltro, eretto.
38 Ciascuna parte , fuor cheroro , è rotta
\y una fessura che lagrime goccia ,
Le quali accolte foran quella grotta.
30 Lor corso in questa valle si diroccia ;
Fanno Acheronte, Stige, e Flegetonta;
Poi sen va giù per questa stretta doccia
f^ Insin là ove più non si dismonta.
Fanno Oocito: e qual sia quello stagno.
Tu '1 vederai ; però qui non si conta.
41 Ed io a lui : se '1 presente rigagno
Si deriva cosi dal nostro mondo.
Perchè ci appar pure a ouesto vivagno?
42 Ed eglia me:tu sai chel luogo ò tondo,
E tutto che tu sii venuto molto
dimostra m^o d' ogni altro con qiiali Bni
accoppiasse Dante nel suo poema la mitologia
eon la storica verità. E' rlgaardava quella co-
me simbolo della verità stessa , come depo-
sito delle antichissime tradizioni del genere
umano. E si compiaeea in quegli autori prin-
cipalmente , poeti 0 filosofi , che dalla favola
facevano trasparire le sembianze del vero.
37. Terra. Gioveo. , s. XIII : Nona a9tat
agiXur , pttjoraquB Boetida ferri Temporibui ;
Vttoriim seeiart non tnvemì tpi a NoiMn , eC a
nullo potuti fiofwfa wmaUo. Qui cade notare
quello che dice del P. il Bocc. Familiarim^
mo dtoefine di Virgilio , d' Orano, <f Ovidio,
di Staxio e di ciateun aUro po9ta famo$o,
38. Rotta. La fessura indica la perduta in-
tegrità dell' umana innocenza. — Lagrime.
Bello presentare i vizii e i peccati come un
rivo di lagrime , le quali corrono a tormentare
i dannati; come dire che il delitto è pena a sé
stesso. Boet.: improbii nequiUa ipsa tuppUeium
est, — Quella. Dell' Ida.
39. Corso. Per Acheronte tragittano le ani-
me, passano cioè per quel fiume di lagrime
che da' lor vizii deriva : Stige è tormento agli
iracondi e ad alui; Flegetonte a'Iiranni. Esce
della selva , e traversa P arena, e va in fon-
do air abisso P acqua che tà Oocito. Com'è,
si dirà, eha la lagrime accolta facciano quat-
tro fiumi» ono de'qiiaU ha colate sanguigno? |
Pure a sinistra giù calando al fondo,
kS Non se'ancor per tutto'l cerchio vòlto.
Perchè se cosa n' apparisce nuova.
Non dee addur maraviglia al tuo volto.
kk Ed io ancor: maestro, ove si truova
Flegetonte e Letéo? che dell' un taci,
E r altro di' che si fa d' està piova.
i5 In tutte tue question certo mi piaci ,
Rispose : ma 1 boiler dell' acqua rossa
Dovea ben solver Tuna che tu faci.
k& Lete vedrai: ma fuor di questa fossa,
Là ove vanno l' anime a lavarsi ,
Quando la colpa pentuta è rimossa.
VI Poi disse: ornai è tempo da scostarsi
Dal bosco. Fa che diretro a me yegpid*
Li margini fan via che non son arsì ,
ii^ E sopra loro ogni vapor si spegne.
Forse la natura del girone è tale da
sanguigna l'acqua che per esso discorre. Ma
di questo non di ragione il P. Quello che ta*
Inno potrebbe forse affermare si è chedi que-
sto fiume il quale viene' dalla terra, gli foaae
ispirata V idea da qaeir Eridano che scande
neir Eliso , e che Virgilio dipinge.
40. La. Al centro. V. Inf. , XXXIV.
41. Si deriva. Crescenz. (1. Vl).:£epìo.
4)é tiÈÈ'wC id^gioim. W ne derivino e scolino» —
ViTAGim: Inf. , XXilI. Orlo di girone. Mei
Par. , IX , vivagno è per orlo di veste.
43. Sinistra. Dante volge sempre a mas
manca : talché , quando sarè in fondo all' a-
bisso , avrà percorsa , scendendo , tutta It
circonferenza del mondo infernale. La fonM
dell' Inferno , nota il Boccaccio , é in Daaie
un cono diritto, la cui punta è nel centro dalla
terra , la bocca alla superficie : e si scenda
quasi per iscala a chiocciola.
44. Letéo. L* usa Armannino per Lete, —
Piova. Delle lagrime che piovono dal gras
vecchio. Pet. : Fiooommi amare lagrime dmi
wto,
45. Rossa. Flegetonte. Virg.:fTafliifliMi ««»-
bit torreniibui. • . PMegetkon.
46. UvARSi. ( Pnrg. , XXXllI ).
47. Fan. Modo virgiliano. — Arsi. Sagli
argini il fuoco che cade è vinto dal ruaodla
cba corre.
ivi
CANTO XV.
ARGOMENTO.
Sieetmé f eialazioiU éi^tapori spengono mi lum$ , e gyMi idgnaiam$ni$ ietta
palude oif era SoddowM , cort da* vapori del ruscello i amwMrxata sm margini la
famma che cade ; onde i P, camminano illesi. E aUonianaUsi gran imito daUa
seha de' euieidi j Jt trotano non più tra* dispregiatori di Dio , ma tra' molenH con-
irò mahura. Quivi incontra Brunetto ; e parlano di Firenze , e delle sventure al F,
desHnate. Vàe ivi molli dotti famosi , trista qualificazione dei dotti di gueUa età.
Jb» Rrusuito si fugge per raggiungere la sua schiera , poiché sono in varie schiere
msetii dasmaU dtvisi , secondo le varie maniere di peccare contro natimi , dice il
f/Uo di Dame.
Mou le terzine 3; la 5 tilt 18; U 19, 30; U 96 tlli 29; It SI, 34^ 99, 40, 41.
1 Ora oeo porta Fun de'duri margini ;
E 1 rummo del ruscel di sopra aduggia
SI che dal fuoco salva Facqua e gliargini.
2QQaleiFiiin!nÌDghitraGuziaDteeBru^a,
Temeodol iioUo che inver lor 8*av venta,
Fanno loachermo perchè '1 mar si fuggia;
3 E male i Padotan lungo la Brenta,
Pier difender lor ville e lor castelli,
Anu che Chiarentana il caldo senta ;
4 A tale immagine eran fatti quelli.
Tatto che né si alti né al grossi,
Qual che si fosse, lo maestro feUi.
1. Dimi. Indorati dall'acqua (eJ[IT].
1. GozjANTi. Villa lontana cinque leghe
4a Bragee. Bniggia la chiama anco il Vili.
¥111. M).
3. CmàMJonàXÉu Parte dell'Alpe ove nasce
la Brenta , e dove le molte nevi risolnte dal
caldo ftnno gonfiare detto fiume sì che Miua
fK argim , dice l' Anon., offmderMs messo
ti contado di Padova» Nel 1300 Dante fa in
qnesla cita.
4w Mabstio. Artefice, voce dell' oso. Inf. , 1
XXX : A cinger Im guai ohe fosse U Maestro I
5 Già eravam datici sdva rimossi
Tanto eh' i* non avrei risto dov*era.
Perch'io 'ndietro rivolto mi fossi ;
6 Quando incontrammo d'anime una schiera
Che venia lungo l'argine: e ciascuna
Ci riguardava come suol da sera
7 Guardar Fun Feltro sotto nnova luna,
E si ver noi aguzzavan le ciglia^
Come Tecchio sartor fa nella cruna.
8 Cosi adocchiato da cotal famiglia ,
Fu' conosciuto da un che mi prese
Per lo lembo, e gridò: qual maraviglia?
Aon so. Inf. , III ( della porU disperala ) :
Feeemi la dwina Potestate.
0. Sera. Virg.: ibant obecuri sola sub no-
de per mn^roni... QMole per mctrfam hmam
sub bice «taluna Est iter,,, Apiovit^e per
iMiiftraai O&fcimm, guakm primo qus surgo-
re wksnse Aut videt aut vidisse putat per nu-
bila Imiaai.
8. Famiglia. G. IV: tUosofta famiglia,'^
Lbbbo. L' argine er* aito, se somigliava a qne'
del Belgio e del Padovano.
19
H6
DELL' INFERNO
9 Ed io, qaandol suo braccio a me dislese,
Ficcai gli occhi per lo cotto aspettò.
Si che 1 viso abbruciato non difese
10 La conoscenza soa al mio *nteUetto ;
E. chinando la roano alla soa faccia.
Risposi: siete voi qui, ser Brunetto ?
11 E quegli: oDgliuol mio, non tidispiaccia
Se Brunetto Latini un poco teco
Ritoma in dietro, elasciaandar latracela.
12 lo dissi lui: quanto posso yen preco:
E, se volete che con voi m' asseggia,
Faról, se piace a costui; che vo Seco.
1 3 O figliuol, disse, qual di questa grigia
9* arresta punto, giace poi oenf anni
Senza arrostarsi qaandol fuoco U feggia.
H Però va oltre : i'ti verrò a'panni ;
E poi rigiugnerò la mia roasnada
Che va piangendo i suoi eterni danni.
15 r non osava scender della strada
Per andar par di lui ; ma'l capo chino
Tenea, com* uom che riverente vada.
16 Ei cominciò : qual fortuna, o destino.
Anzi r ultimo di, quaggiù ti mena ?
£ chi è questi che mostrai cammìoo?
17 Lassù di sopra in la vita serena ,
Rispos* io lui, mi smarrì' in una ralle
Avanti che V età mia fosse piena.
18 Pur iermattina le volsi le spalle ;
Questi m* apparve ritornando in quella:
E rìducemi a ca per questo calle.
19 Ed egli a me : se tu segui tua stella ,
Non puoi fallire a glorioso porto.
Se ben m'accorsi nella vita bella*
90 E s i' noD fossi A per tempo morto.
9. Gotto. Yu^. : CUbas^me... eoqmainuUth
ri$ solibmi a$$tai, — Dirant. Vietò. Novali. :
Atta diftÉO tolto jMMi M cuof tkt rnmio
' 10. Brunetto. Maestro di Dante, diee l' a-
DOD., ÌQ certa porta di ieUnia morale^ al dir
del Boccaccio , nella flo$ofia naturale : nato
nel 1220, visse guelfo , e fo da Firenze esi-
liato, chi dice per follo di scrittura pobblica
eh' e' Doo ToUe eoneggere poi , chi per fallo
maggiore. Antorevola eiltadioo, gioviale, mo-
desto : mondano lo chiama Giov» Villani, ma
^ran filosofo e fommo maestro ti» reflofiea e
in digroisare % Fiotentini, a farti scorti in ben
parlare e saper reggere la ttpubbUea. Filippo
lo dice iracondo. Il P. lo colloca Ira i sod-
domiti, sebbene dod sia del Latini l' infame
Pataffio : oè si pnò credere che il P* lo calon-
nii, egli che gli si mostra si rispettosamente
affezionato. Mondano del resto si chiama il
Latini stesso nel ano Tesoretlo. Andò amba-
sciatore ad Alfonso re di Castigtfa perchè re-
primesse Manfredi. Moil nel ItM , nel 1260
esale in Francia, nel 1269 rìpatriò.
11. In dibtro. Virg. : Juvat usque morari
Et eonferre graditm, et veniendi aiseere eam*
»as, — Traccia. La Ala de'saol. G. XII :tfi
traccia Correan Centauri,
12. Plico. Nel XXVIU , preoo per pre-
ghiera,
13. AaaosTAMi. Sventolarsi: Arsì con ma-
no riparo dal fbeo , loTlievo al tormento. I
soddomiii camminano sempre, a gastlgo del-
r antica molleiza.
14. Paicni. Non a flanco, perch'era più bas-
fio — Masnada. Non aveva mal senso. Novolf.,
XX ; La matnada d' un cavaliere.
16. Qual. Virg.: 8ed te ijm 9ivum
age, fare «ieiittm .iCfnlarmC... ili» mo/mUm dà-
t^m? cu» quae U fortuna faUgai ^ Ut ihilm
$ine sole domos, loca turbida, adiresJ In Dania
fortuna non vale caio (e. Vllj. — Mostra. Vlr-
gil.: Monstrante viam.
17. SiRBNA. Contrapposto de* regni boi.—
Vallb* Jer., 11: 0tiomodo dicis.,. poet Bau'
Um non awJbulavi T vide trias tua$ in conoal-
le, setio^ fwd ^aofrit. -- PmiA. Nacque nel
di 14 di maggio nel 1268, si smarrì nel Mar-
zo del 1300: non aveva danqaed5 anni interi.
18. Pvm. Da nn giorno e mezio si trovava
In Inferno. — Questi. Nod nomina VlrgHIo
né al Cavalcanti né a Bnmatto ; né ai ire del
canto seguente ; si per non ripetere aenpre •
e si per non deviar l'atleniiona io iaeene asti*-
nee al ano tema. Bea Virgilio si nomion a
Ulissa, e Dante lo nomina a Stazio , perchè
ne aveva in qna' luoghi special ragione. —
Apparve. Indica che gli é ito morto : e a
qualche modo risponde alla domanda : ehi è
qiftffCtt.. — Ca. Per caaa .* vive in TMcrm
ed altrove. E dimostra che non pur morale
ma politico era lo scopo di questo viaggio.
10. Sbgui. L' Impulso cbe ti vien dalla alal-
ia la qual potè sni tuo nascere. Petr. : ifoi»
mio voler ma mia steUa seguendo. Par., mi.
Nacque entrando il ^ole in Gemini, che, dice
I* Anonimo, fecondo ^ astrologhi, è tignifloar
tare di scrittura e di scientia, E il Boccae-
ciò : Nella sua infanxia , assai segni appari'
rana della fitturu gloria del suo ingegno: tfnl
principio della puerisia.,, non teeondo i eo-
ttumi de' nobili odierni si diede alle fonemi"
ÌMohe laseMe e agli osti,
10. Tiicpo. Non già che morisse giovane ,
e A K T O XV
147
Vf ggendo 1 cielo a te cosi benigno,
Dato fc' avrei ail* opera conforto.
SI ila quello ingrato popolo maligno
Che discese di Fiesole ab antico.
E tiene ancor del monte e del macigno,
23 Ti si farà, per tuo ben far, nimico.
Ed è ragion : che tra gli lazzi sorbi
Si disoonvien fruttare ai dolce fico.
23 Vecchia fama nel mondo li chiama orbi:
Gente avara, invidiosa, e superba:
Da* lor costumi fa che tu ti forbi.
24 La tua fortuna tanto onor ti serba
Che r BDa parte e l' altra avranno baie
Di te. Ma lungi fia dal befico Y erba.
25 Faccian le b^tie fiesolane strame
Di lor medesme; e non toochin la pianta,
ma tanto non visse da potere sfatar Dante nel-
Vaptrm sna letteraria e politica: e il P. vuol
4ar a capire che Bronetto avrebbe peosato con
Iri. -*fiBiaeR0 (Porg., XXX. 37 ).
SL CiTBLLo. Piacoue, dice il Boisetti , al
P. Borrt io bocca ad on Guelfo là coBéaniM
àtf Gnelfi. Bronetto era, nota lo Stroccbi, di
foe* die provocarono la discesa di Carlo di
Valois di coi tanto si dooie il P. — Incka-
TO. ViU. (VI, 80) : La rablria delio filtrato e
jmwrio pòpolo di Ftnnze. — Fibsoli. Distia-
goe tra 1 Fiorentini , discesi da Fiesole, dis-
iano €atlliBa , a popolare la città , dove po-
chi erao restati della colonia romana ; 11 di-
atiogoe, dico, dal poro seme romano. — Mom-
TB. Nella y. Eloq. biasima le montanine e
TutHemÈÈ loqoele; nel XVidelPar., grida con-
tffo VU viUan d* A^giion, di quel da Signa,
SS. Beh. Pel priorato. — Lasii. Laszo per
mearbo, in Cresc. ( 11,6). Pet.: Gentil pianta
w arido terreno Bar che et dùcofitttrioa.
23. OoBi. FioremiDi ciechi: il proverbio vive
imiora : fin dacché i Pisani, conquistata Ma<
lorica, offrendo a Firenze due porte di bron-
co o dna coloBoe, questa scelse le colonne ,
ed erano annerite dal fhoco : ma, perchè rin-
vitate » i Fiorentini non se ne avvidero se
■ao tardi. Altri vuole che qui s'accenni alla
ccctlà di Fircoie quando apersero le porte a
Totila, che poi lu distrasse. VU. <U , 1): /
#iofOiilìm iik|latwediitt, ejperò furono chiama-
U eiechi . credettero alle sue false lutinghe...
e mieonln nella eiuà. 11 Pecoroue (1. 11 ) :
ibkotkeigliati eredeUero alle tue folte lufin-
fke» e però furono eempre detti fiorentini eie-
dà. aò fti nel 440.
S4. Paeti. Bianchi e Neri. Dall' accogUen-
zt amta od offerta o sperate nelle corti de'
S* alcuna surge ancor nel lor letame,
26 In cui riviva la sementa santa
Di quei Roman che vi rimaser quando
Fu fattoi nidio di malizia tanta.
27 Se fosse pieno tutto*! mio dimando ,
Risposi lui,.voi non sareste ancora
Dell* umana natura posto in bando.
28 Cheinkmentem!òritta,edorm!accuora,
La cara buona immagine paterna
Di voi, quando nel. mondo ad ora ad ora
29 Vi 'nscigoavate come Tuom s'eterna.
E quant'io Tabbo in grado, mentr*io vivo
Gonvìen che nella mia lin^pia si scema.
30 Ciò che narrate di mio corso, scrivo,
£ serboh) a chiosar con altro testo
A donna che 1 saprà, s'a lei arrivo.
signori romagnooli , lombardi o toscani e' de-
duceva r angario. — Fame. Ma nel XYl del
Par. , egU« l'infelioe» ha flinie della ingrata
"^a patria. -«- Bocce. Nel verso seg. li chia-
ma bettie»
25. STMàin. 81 ammontino e inpotridisca-
no insieme qoasi paglia da pecore.
26. Roman. Dante si stimava doppiamente
cornano, come discendente della nobil fami-
glia Frangipani. 1 pregiudizii d'astrologia e
di Dobiltà Delle mani di lui s' accoppiano ai
scotimenti più pori di pregiodizio e piùalti:
sebbene questo delle schiatte, che in Dante
é pregiudizio , in sé sia principio verissimo.
Nel Gonv. chiama Firenze helUtiima e famo-
eiteima figlia di Roma. 11 Vili. (IV, 6) no-
ta perchè i Fiorentini $on eempre in iecitma
e parti e dieieieni fra loro : I Fiorentini ton
oggi etratti di due popoli eoei dècersi di eo-
elumi e di natura , e sempre stati nemiei per
antieop sieeom' era U popolo ¥omano e queUo
d^Fiesolani, l Romani chiama il P. nel Gonv.,
«tmoienfi di Dio.
27. Bando. Considera la morte come un
bando, il bando come una morte.
28. Fitta. Virg. : Haerent tnib» ptff ore
fmltuSf Verhafoe. — UiiiAGiim. virg. : Atque
Animmm patriae etrinxit jnetaiis imago. —
OiA. Vedendola si deturpou. Nei Porg., XUìì,
a Forese : £a faccia tua ch'io lagrinud già
morta ^ Mi dà di pianger ma non minorvo-
gUa . . . Veggendola sì torta . . .
30. Corso. S. Paul. : Coneummem cursum
meum, — Scrivo, lof., 11: 0 mente che seri-
vesti , ec. — Chiosar. Frase troppo scolasti-
ca , ma Dante ne ha spesso. — Tosto. Quel
di FarinaU (e. X). — Saprà. C.X: Da lei
saprai di tufa vita ti viaggio.
148
DELL' INFERNO
3 1 Tanto Togl' io che vi da manifesto,
Pur che mia coscienza non mi gam,
C3ì'aUa Fortona, come vuol, son presto.
32 Nonènuovaagliorecchimiei fole arra.
Però giri Fortuna la sua ruota,
Come le piace, e 1 rillan la sua marra.
33 Lo mio maestro allora in sa la gota
Destpli si volse *ndietro, e rlgaardommi;
Poi disse j bene ascolta chi la nota.
3k Né per tanto di men parlando Tommi
Con ser Brunetto, e dimando chi sono
Li suoi compagni più noti e più sonuni.
36 Ed eglia me: saper d'alcuno è buono.
Degli altri fia laudabile il Ucerci ;
Che '1 tempo saria corto a tanto suono.
36 In somma sappi che tutti far cherci,
£ letterati grandi e di gran fama,
32.-ÀmRA. La sanil da Farinata : Coma la
caparra si dà In 8es;D0 del debito , tosi b
prediiiooe è quasi arra dell' anenin.—ViL-
LAN. La Fortuna i' rispetto , percbè da Virgi-
lio so esaere previdenti e immotabfU gli or-
dini di lei ( Inf. , VII ) ; e i ViUaoi da Fievo-
le , non U coro.
38. Destba. Parte più Aosta. Il P. ha sem-
pre rigoardo a queste allusioni. — 'Nnnrao.
Lo precedeva sempre ( Inf. , IV , XXXiy^. So-
lamente nel sangoe de* tiraanl , Il Gentaoro
ta innanzi. — >Nota. Pet. : 17 eomB tntsnla-
fneMe Mcolto e nota La km$a titofiacMte •»-
ne mio. Dante avet a notato le parole di Vir-
gilio nel VI canto e nel X. Vlrg. , l : S^pe-
ramda amnii fortuna fenndo ut.
Si» Min. Simile al vlrg. ÌVm wUnm intona.
He la lode di Virgilio, né le triste prediilo-
ni storbaroBO il mio desiderio di sapere. —
Piò. Nel trecento le particelle Intensive ac-
eoppiavansi anco a'soperlatlvi.
35. Suono. Inf. , VI : Fo$$ fm at loeWiMi*
M owmiy.
36. Lbbgi. Vive in Toscana per tmdkio. Al-
bertano : ih poetato ii Uroia,
Jl, PniSLiAN. Lo pone forse a simbolo de^
pedagoghi che In tal genere di peccati han
mala ttmo. ~ Acconto. FlorenUno » figlio dei
celebre gioreconsoUo del medesioM) nome ,
professore anch' egli valenle: mori nel 1290.
D' un medesmo peccato al mondo lerci.
37 Priscian sen va conquella turi» grama,
E Francesco d'Accorso anco: e, vedervi,
S' avessi avuto di tal tigna brama,
38 Colui potei, che dal servo de* servi
Fu trasmutato d* Amo in Bacchiglione,
Ove lasciò li mal protesi nervi.
39 Di più direi : mal venir, e 1 sermone
Più lungo esser non può, però ch'i*Teggio
Là surger nuovo fummo dal sabbione.
%0 Gentevienconlaqualeessernondeggio.
Sleti raccomandato '1 mio Tesoro,
Nelqualei'Viyo ancora:epiù noncheggio,
(1 Poi si rivolse ; e parve di coloro
Che corrono a Veronal drappo verde
Per la campagna : e parve di costoro
(2 Quegli che vince, e non colui cheperde.
— Tmna. Aneo la tigna è prorito.
88. Colui. Andrea de'MoiiI vescovo di fi*
reme , Il qoale per questo villo Pbl traifcrtle
al vescovado di Viceosa , dove mori gottaao.
— Snvo. Cosi s' Intitola il papa lottora. —
Nnvi. Lasciar le ossa , tirare le caola par
morire , son fì^sl comonl. Il P. nomina 1 Mr>
vi per allodere al vliio.
sn. Fumo. Per l'arena mossa dallo scalpi-
tare d' altr* anime. K. come , nel Parg.« XVI»
Marco si congedi da Dante.
40. TisoEo. Allora che non avevaa la alam-
pa , alla fhma d'on" opera era più blsomi
della cara de' benevoli per non perire. Dal
Tesoretto non parla , come cosa minore. Ma
qoesto é l' abbozxo d'un viaggio simile aqwl-
lo di Dante. Il Tesoro è un'enciclopedia dM
eoo tempo scriua dopo il Tesoretto; il tasto
f^ncesa é Inedito ; lo tradosse Bono Gian^
ni. Lo stile poetico di Bnmetto è nella Volf .
El. biasimato da Dente.
41. RiTOLSs. Parlando guardava al P. On
si volga per partire, e raggiungete li aoa
schiera: non si rivolge giàindietro.— Daa»-
»o. Dante l'avrà veduta , essendo in Verona,
coleste corsa , che si (ìiceva la prima dome-
nica di qoareslma da nomini ignudi. Carni
co spettacolo vedere il secretarlo della repub-
blica fiorentina correre come al pollo.
■<• :
ih9
CANTO XVI.
ARGOMENTO.
IVoMbno km§o t argme , e giungono tà iùoe ti fdnltva T aequa roaa eaden
wA etnhio di ioUo : rincontrano un* aura tehieras che, al dire di Pietro di Dante,
wm rea di peccato contro natura » ma in altra maniera eeereitato : coeafrebabile;
M md frèmo girane abUam frieie del pari le nhiere ditiee eeeondo la colpa, cioè
molenU neUm «ira j neW avere , e auatiini. Noi non abbiamo della reità dt^pen^
, fd nraimentoli notizia. R Biagioli vuol le echitre diviee eeeondo le irofe^
i.- primi i letterati j t politici poi : coA V Ottimo. Dante parìa a tre onAre fi^
• grida contro Firenze. Foi giunge alla cateratta del fiume, e Virgilio
ìm coma di cui Dante era cinto per chiamare Gerione.
Mola le tmlne 1» %, 4, 6» 9, 11, 18, 13, 16, 18, 10; la SI alla 18; la 80, 84; la 37
aOa 40{ 81, 44, 48.
5 Alle lor grida il mio dottor a' atteee.
Volse 1 viso ter me, e : ora aspetta ,
Disse : a costor si vuole esser cortese.
6 E se non fosse il fuoco che saetta
' La natura del luogo , i' dicerei
Che meglio stesse a te ch'a lor la fretta*
7 Ricominciar, come noi ristemmo, ei
L*anUco verso : e ouaodoanoifur giunti,
Fenno una ruota di sé tutti e trei.
8 Qual solcano i campion far nudi e unti,
Avvisando lor presa e lor vantaggio ,
Prima che sien tra lor battuti e puod;
4. iRGEHSsl Le fiamme aprivan la piaga, poi
la bruciavano. Quanta poesia in questo ve^
so l — Poa. iDf. , XXXIU : Dolor eke'l cor mi
preme Già pur pentando,
8. 8^ ATTESI. Par. , UH : BaUeeerei a noi.
8. Natuba. Virg.: Natum loci.
7. Ei« Verso che nessuno oserebbe a'dl w^
stri. 1 secoli mediocri , così come i corrotti,
hanno il loro pudore. -* Viaso. Per suono più
0 meno articolato , s' usa tuttora in Tosear
8. PuAVA. Io senso politico , non in mora* na. — Taii. Come duoì. per due , anco in
le : die a costoro non s' addiceva notare la prosa.
pravia de'ccecomi. Par., IX: Affo prava 8. GAMffiaa. La lotta a* tempi di Dante eia
UaUeo . . . usau in Fcaaeia ; in Ualia , Tictaia da' pa*
era in loco ove s'udial rimbombo
IMr aofjoa che cadea neU* altro giro.
Simile a (nel, che l'amie fanno, rombo;
i Quando tre ombre insième si partirò
Comodo d' una torma che passava
Sotto la pioggia dell' aspro martire.
3 YènieD ver noi : e ciascuna gridava :
Sostati tu che all' abito ne sembri
Baserò alcun di nostra terra prava.
k Aimè , che piaghe vidi ne'Ior membri
Recenti eveccnie, dalle fiamme incenso!
Aacorroenduol.pur chTme nerimembri.
t. 6mo. De" fkodelenti , P ottavo di tutto
r Metao , delia ciuà di Dite il secondo. ~
AsHm. Vira, paragona il rombo delle api al
Borroofio dell'onde del mare.— Rombo. Tra-
apeaitione in Dante rarissima , simile al Pe-
ir. : Dd forir facile tnaoiui Ctaipo feaipié.
Ma qui eeprìme il cupo e confueo rumore* li
lamiiiij poi cresce. V. i. 81.
S. Taa. S(/ddomiU aoa dotti, ma nomini di
150
DELL' INFERNO
9 Così, rotando, ciascuna il visaggio
Drizzava a me, si che^pcuntnrìo il collo
Faceva a* pie continii'o viag:gio.
10 E se miseria d'osto loco soUo
Rende in dispetto noi e nostri preghi,
Cominciò Tuno.el trìstoaspettoe brollo;
11 La fama nostra il tuo animo pieghi
A dime chi tu se' che i vivi piedi
Cosi sicuro per lo 'nfemo freghi.
12 Questi, Verme di cui pestar mi vedi»
Tutto che nudo e dipelato vada.
Fu di grado maggior che tu non credi.
13 Nepote fu ddla buona Gualdrada :
pi. «^ Unti. Virg. : Exfeent pairim oUo la-
òetife paiaéttfos. — Battoti. Dal cesto. —
PvMTi. Dall' arme (Afln.,V).
9. Visaggio. Vite in Toscana. Qoeaia pit-
tara risponde a on passo del Gonvir. , XXV:
Atto lib$ro è tpMndo una pfffona va «ofenfté-
ri ad alcMna parte , eh$ ii moHra n$l funere
volto lo viio in queUo atto tfortato: e qìuin-
d9 eoniro a voglim «i va innon guardart nMa
parte ove $i va. Qui Dante dice •- Giravano io
toDdo , e mi volgevaDo ad ogni momento le
spalle ; ma il tìso era sempre vo^to a me ;
sicché nella giravolta toreevano ii collo per
rigoardarmi. £ giravano , perchè la lor pena
è jion istare mai fermi ; se no , giacereobe-
ro cent'anni immobili sotto il fuoco , come i
dispregiatori di Dìo: onde , non potendo cam-
TDinare innanzi per parlar col P. , si ferma-
no , è pur si movono. Si movono in tondo
perché 1* orlo del cerchio era vicino , né avreb-
bero potuto segoitar Dante a longo , andan-
do diritto.
10. SoLLo. Goatrario di pigiato ; cedevole.
Mal fermo é l' andare sa un'alta arena. —
Baollo. Scorticato dalle scottature. Inf. ,
\XX1V : La Èchiena ttimamta deiiapetta uua
hruUa,
li. PiioHi. In questo senso , fireqaente in
Virgilio. — Freghi. Era vivo , e calcava pie
rat terreno » molto più , poi , andando sol
duro margine. Le differenze tra l'essere di cor-
po vivo e d' ombra , le vedemmo nel 111 e
neir Vili e nel XII dell' uremo , o 4e vedre-
mo sovente.
11. Pestai. : T^rere vtttifia.
13. GVALimADA. Figlia di Beilincion Berti;
nominato nel XY e nel XVI del Far. Ottone
IV sul principio del secolo Xlil venato in Fi-
renze , in una festa data nella Cattedrale, la
motteggiò di Teleria baciare: quella rispose;
né e^i né altri il flvebbo che eoo marito non
Guidoguerra ebbe nome : ed in sua \ìta
Fece col senno assai e con la spada,
li. Ualtro ch'appresso me la rena trita ,
E Tcg^hiaio AMobrandi, la cui voce
Nel mondo su dovrebbe esser gradita.
15 Ed io che posto son con loro in croco,
Iacopo Rusticucci fui : e certo
La fiera moglie più eh altro mi nuoce,
16 S* r fussi stato dal fuoco coverto,
Gittato mi sarei tra lor di sotto:
E credo che 1 dottor T avria sofferto.
17 Ha, perch* i* mi sarei bruciato e cotto.
Vinse paura la mia buona voglia
fbsse ; onde Ottone ne lece sthM » e la a»
rito al eonta 0«ido ; uno de' suoi baroli , di
coi nacque Buggeri , e di lui Galdoguerf^
Ottone gli diede In signoria il Casentino.. «
Guido. Dall'opere, dice l'Anonimo, ebbe
soprannome di Guerra. Con quattrocento de*
Guelfi usciti di Flieoie fece compiuta la giHi
battaglia dell' Angioino contro Manfredi , e ri-
levò in Firense parte guellk , che «ci 1907
potè rientrarci. Esole con Guidogoerra era U
padre di Dante. — Senno. Ariosto: M aemio
a con la lancia. Tasso: Molto egU oprò cai
fafmo a eon la mano,
14. ToeenAio. Degli Adimari « funigUa oo-
mica al P. Teggbiaio aconsigliò la baiiaglia
contro I Senesi e gii usciti ghibellini , wm non
fu ascoltato , e ne seguì la gran rotta di Moo-
taperti. Farinata , Il ghibellino vlndlore • t
Teggiiiaio , il guelfo costante , sono ombedoe
dal P. con encomio ramnwatati. Un antico
nota che la noglie volesse osar egli In mtoéo
da natola vietato ; e che aunco della rltro-
«le della uoalie e' torcesse a indegni aaaori;
ond'ella on di coltolo , si diede a gridare , ni
^Moco I I vicini accorrono : Iacopo esce ; ed
ella rimanda la gente dicendo : il ftoeco é
già spento. — Gradita. Perché voce di pace.
15. Gooci. Cosi chiamasi ogni specie di
dolore. Pet. : Amor eho m* ha Ugato a Kanmi
«n croce. -^ Iacopo. De* Cavalcanti , ricco e
valente caraliere.
16. Sotto. Scendendo dell* argine , eh* en
pib alto. V. e. prec. — Sofpbrto. Sebbeo
guelfi , e colpevoli.
17. Cotto. 11 primo indica limpression del-
la fiamma; T altro dell' ardore. G. XV: Coito
agpttto. V. s. Girolamo : Pfè puola racomo on*
darà foprs lo òroeta , ek§ le tue pianie man
ti enoeiano. — Ghiotto. Ar. ( XXIX, 61 ) :
Cofè gUpiaequ» il déUoato volto f Cofi tiaveMia
iwMmantvMnte ghiotto.
CANTO XVI.
Vii
V abbracciar mi facea ghiotto,
linciai: non dispetto ma doglia,
. oondizion dentro mi fisse
) tardi tutta si dispoglia,
•he questo mio Signor mi disse
r le quali io mi pensai
voi siete, tal gente venisse.
bra terra sono. E sempre mai,
i Toi e gii onorati nomi
ioli ritrassi e ascoltai,
lo felc , e vo pei dolci pomi
a me per lo \erace duca.
I centro pria convien ch'i'tomi.
gainente l'anima conduca
ira tue, rispose quegli allora ,
ima tua dopo te luca ;
ift e valor, di* se dimora
itm citta, si come suole ;
utto se n' è gito fuora.
^irlmoBorsiere, il qual si duole
«r poco, e va là coi compagni ,
crucia con le hue parole.
KUA. 11 vostro stato m'addolora,
B ci penserò con dolore. Le due
m 9 dispoglia , non stanno insi»*
ifrtlo non frequente nei nostro.
ui« virtù, è modo biblico.
Quanto più modesta, e tanto più
lodatore e d' alti lodati, la lode.
Politica. Dante nel 1300 era goel-
■MI si sarebbe dimostro qui, se
non avebsero meritata la stima
ghibellino. — Ritbassi. Rappre>
Mieri a me stesso per imitarla.
parlato a Ciacco, nel VI, di Tefp-
ànsUcncci.
Amara è la colpa ; selva amara
ihc morte. — Pomi. Frutti in ge-
: Le voma desiderate dall' aiwma
ron da le. — ProveslìI ( Inf., 1,
Tomi. Cada. La meditazione del
ndervi col pensiero per vederne
d evitara di cadervi con l'opera.
7CA. Virg. : Dum ipiritus hos re-
ioril frase é nelle Rime di Dante
. ). — LcGA. Par., XII: La glo-
ama luca,
isiA. In antico comprendeva ogni
Bma ed interna gentileizt. Pnrg.,
; pQue eh' Adiee a Ai inibii SoUa
ieiia trovarti, — Valoi. Dante lo
onv.,p. 215 }: Fotenxa di nafnni.
iiLHO. Cosi scrive anco il Boecao-
25 La gente nuova e i subiti guadagni
Orgoglio, e di9mlsura han generata,
Fiorenza, In te ; al che tu già ten piagni.
26 Cosi gridai con la faccia levata :
E i tre che ciò inteser per risposta,
Guatar Tun l'altro, come al ver si guata.
27 Se l' altre volte si poco ti costa ,
Risposer tutti, il soddisfare altrui.
Felice te, che si parli a tua posta*
28 Però se campi d' osti luogni bui,
E torni a riveder le belle stelle,
Quando ti gioverà dicere : i fui ;
29 Fa che di noi alla gente favelle.
Indi nipper la ruota ; e a fuggirsi
Ale sembiaron le lor gambe snelle,
30 Un amnun non aaria potuto dirsi
Tosto cosi, com* ei furo spariti ;
Perchè al maesiro parve di partirsi.
31 Io lo seguiva. E poco eravam iti ,
Chel suon dell'acqua n*era si vìdno
Che per pariar, saremmo appena uditi
32 Comequelfiumechliapropriocammino.
ciò che in una novella lo chiama gentile eorti-
giano. Par eh* a* morisse vecchissimo verso
il 1300.
25. Nuova. Del contado, saliti a grande stalo
In Firenze. In questo seniio dicevano 1 Latini
homo novut, — GcAnAGM. Co' viaggi e con
l'usare: cosi 1* OUino. Nel Gonv. elu Lnc,
il qoal fa le romane diseorclie ingenerala dal-
la viliaiima tra le cose, la rìcchena.
26. Levata. Verso Firenie, in atto d'Ira,
di dolore, d'amore. ^ Guata. Virg.: (Mob-
ttupuere eiUntee Conversique oeuloe inlfr ee
olfua ora la iwòofil.
27. Soooisfau. Alle domande. Lodano l'ar-
dita sincerità del P., ma non gliela predicono
sempre così fortunata. ^
28. BuL. Virg.: Loca turgida. -^Giovbba.
Vlrg.; Et haee oUtnmeminitiejuvakit, Tasso:
Quando ti gioverà narrare aitriU Jje novità
vadMla, a dtre : io fui. Languido.
29. Rupran. Non più girano Intorno ) V.
tari. 9 ;.
80. Ammsn. Inf., XXIV: Né Oektoeto mai
né l ii seriue. Iperbolico.
82. Vbso. Monteveso sopra il Genovese :
lai. Faanltia. Quivi I' Apennìuo comineia ; la
sinistra d'Apennino guarda a levanla, e V
acque che da manca Kendooo , mettono nel-
P Adriatico. Del Po a di Monteveso, Solino,
conoMiolo dal nostro.
152
DELL* INFERNO
Prima da moote Teso iover temile.
Dalla ainistra cosla d* ApeoniM,
38 Che si chlaina AoQuaeheta amo avaote
Che si diTallì giù nelbaMO letto,
Ea Forlì di quel ooiiie è Taeante ;
94 Rimbomba là aovra aan Benedetto
Ddllalpe, per cadere ad mia scesa
Dove dovrìa per mille esser ricetto;
85 Cosi giù d'una ripa discosoesa
Trovammo risonar quell'acqua tinta.
Si che*n poca ora avria Torecchia offesa.
36 lo aireva una eorda intomo einta;
E con essa pensai alcuna volta
Prender la lonza alla pelle dipinta.
37 Poscia che Tebbi tutta da me sciolta »
SI cornei duca m*ayeva comandato ,
Porsila a lui aggroppata e ravrolta.
38 Ood* ei si volse inver lo destro lato ,
£ alquanto di lungi dalla sponda
La gittò giuso in ouell'alto burrato.
39 E pur Gonvien cne novità risponda ,
33. Lbtto. Pianara di romagoa.— Yacan-
TI. Frase non bella ; e rammenta V altra del
Parg. » Y: La^'l voeabol tuo dioinia vano.
Sopra Forlì perde qnel nome , e si chiama
Kuntone dall' impeto. Siccome il Bero Mon-
tone più alto si chiama Aeqoachata , così Fle-
getonte che più sa é stagno » giù precipita
con rimbombo.
34. BmviDiTTO. Badia* — Bkbtto. Molti
Arati potrebbero ▼iTerei , o molti nomini ; e
pochi ci agaaiiano. Il Rossetti pansando che
Arrigo VII in questi luoghi Ai combattuto dai
Guelfi , spiega che da qaelU rape , secondo
fi desiderio del P. , sarebbero dovati preci-
pitar mille Guelfi. Troppo crudele. Né se que-
sto pensafa , direbbe tkeito,
35. Tinta. Rossa ( Inf. , XIY ). Nd YI :
Acqua Unta a neve.
36. Gobba. Significa la mortificaiione con
citi Dante sperò vincere la lussoria, aecoudo
il vangelico Sint lumbi V9Mn proeoincft; e si-
gnifica la buona fode per cui aperò trarre a
ile i Fiorentini ', e ora spera patteggiare con
la lor f^de sì che non gli possa fìir male.
Alla Imona fede s' oppone la lh>de , della
qual dice il P. ( e. XI ) » che redde il vin-
colo d' amore» IH ch9 la foio spastoi jì aria.
Questo poi della corda è simbolo moltipllce:
coda Dante» di Pietro d'Aragona: D* a^fii vm-
lor portò amia la corda. A ciò s'aggiunga
che Danto come laniario dcT liraneeacanl, nel
giovedì santo avrà forse avnto Indosso quei*
ì* abito e quel cordone (F. Pelli). Altri per la
Dicea fra me mede8mo,al noovio ecmo
Che*l maestro con l'oc^chio si seoomfei.
U> Ahi quanto cauti gli uomimeoterdeniio
Presso a color che non veggoo por Fvpn
Ila per entro i pensier miran col ieoiiD!
kì Ei disse a me: tosto verri dì sópra
Ciò chTattendo,e che'l tuo pensier aogpi;
Tosto convien eh* al tuo viso si scuopn.
kH Sempre a quel verch'hafacda di meniogi
Del'uom chiuder le labbra quant*«i puole»
Però che senra colpa fa vergognai :
43 Ma qui tacer noi posso; e per le noia
Di questa commedia , lettor, ti gioia ,
Snelle non sien di lunga grasia volo,
kk Ch*i vidi per quelPaer groaso e
Venir notando una figura in auto «
Meravigliosa ad ogni cuor sicuro ,
VS SI come toma colui che va gioe^
Talora a solver incora eh' aggram
O scoglio, o altro che nel mare è ctiii
i6 Che*nsusi stende; eda pie A nttnppa
corda Intende la fortezza , contrarla inai
e alla lussuria e alla frode. — Dmirra
( Inf., I ). Virg.: Pfcfoegae voluofV.
97. Amuoppata. Il P. credeva che akoia
di laggiù, ae l'avesse ad aggroppa» aalaada.
tè, LuNoi. Che la corda non deiae In qnakha
masso. Novellino, LXI: Jlfottodt Wnnfiéa Baie.
89. Sicokda. Yirg. : Quantmm aata pomaef
ooniì ff roota la^uenfiim. Seguiva con roecUa
la corda per vedere ae Gerìona aallva : a fas-
ta quel seano, perchè 'l suon dall'acqua avn^
be flitta inutile ogni chiamata. Poi , al ea»»
vengono alla frode i taciti cenai.
49. Facua. B. Giamboni, trad. del Taaaaa
di Brunetto, e contemporaneo di Dania : Mm
vartlode ha moU9 voUe faceta di inafunfnOi
Altrove : SpeiM vo{f« la verità ha facdm éé
kugia,,. Tei verità dei dire che ti tia am>
éma ; dba altrimafift ti sarebbe riputata par
bugia. Albertano ( l, XXVllI ) : ^etm «olia
la verità tien faccia di bugia. Taaso : M flà
direi s ma il ver di faleo ha faeda.
43. YoTi. Inf., XX: Se IHotilaeei,
prender frutto Di tua IcEione.
44. NoTAKUo. Yirg., di Dedalo:
Antoi. Ma qui nuotava nell' aria grossa , a»*
me io grave acqua. «* Sicuro. B. Glaasbook
La eiourté è non dubitar deUe eoee cha ae»
jpravuef Inolio.
45. Cnuso. Naacoso. Yirg.:
dtmi eenvatUbm umbrae.
46. Aattuappa. Nel senso di rettrtn^afi^
viva in Toscana rattrappire..
1»3
CANTO XVII.
ARGOMENTO.
, Saliia la fiera , Virgilio scende dair argine a parìaHe : Dante ^ per t orio di
fiH cerchio » odo che non è tocco dal fuoco (aUrimewti il fuoco cadrebbe nel cer»
Aio aflavo ) , va guardando gli usurai che , seduti e rannicchiati , s* ai^Uano con
li mumi a rinfrescarsi alla meglio. Riconosce taluno all' arme del casato dipinta
«cfTS alia tasca : ma non parla con loro , come a troppo spregevole razza. Toma
m VirpUo ; salgono in groppa a Gerione , il quale , notando per l aria , li scende
alt oilavo cerchio ; e, depostili , si dilegua, sdegnoso deU insolita soma, egli che
portare se non frodolenti par suoi.
dola de' meo lodati » ma pieno di poesia.
Hou le teriine 1 alia 9; 11; la 15 alla 19; la 23, 24, 25, 27, inaino alla flne.
1 Ecco la fiera con la coda agazza ,
Chepasaai monti, e rompe muri ed armi:
Seco colei che tutto *l mondo appuzza.
9 81 eomiDciò lo mio duca a parlarmi;
E mccemioUe che venisse a proda
Vicino al fio de* passeggiati marmi.
1. Ecco. Si badi ai lirici cominciamentì dei
«• Ut UI,1V, Vii, X, XV.— Fibra. Apocal.:
Beetia» qmae aseetidU de abyuo. ^od è senza
faUndioieDlo questo salir della frode dal fon-
^» e pel Tano. — Hompb. La frode dei ca-
volki ruppe le mora di Troia ; il dardo insi-
ttoao di Paride ruppe 1' armi d' Acliille : così
Halro di Dante. Orazio , dell' oro : Bbt me-
éim ire sateUUes , Et perrutnpere amat saxa.
— Aptozza. Inf. , Xi. La frode ond'ogni co-
aOMua è monom
1. MAmMi. Gli argini /al(iaranptc(ra(c.XlV).
9. FnosA. Virg. colloca sulle soglie d* In-
Gerione : Forma tricorporis umbrae.
che tra' violenti in altrui pone i Ceu-
ri « tra' suicidi le Arpie , e quasi passag-
p» dall'alto inferno a Dite , Flegi4s ; dagli
cnlici ai violenti , il Minotauro ; da'violcnli
a* flrodoieati colloca Geriooe ; sia perchè quel
triplice corpo gli simboleggi le forme varie
dalla frode ; sia perchè , vinto Gerione , Er-
cole venne in Italia ( Aen. , Vili ), e fu no-
verato tra i padri dell* italica cifilià : onde
siccon' Ercole è simbolo della forza , così 1'
aliro vicn posto ad imagi ne della frode. Pie-
tro di Dante nel triplice corpo intende i tre
3 E quella sozza immagine di froda
Sen venne, e arrivò la testa e 1 busto;
Ma *n su la riva non trasse la coda.
h La faccia sua era faccia d*uom giusto,
Tanto benigna avea di fuor la pelle;
£ d*un serpente tutto Taltro fusto.
modi di fh)dare : in parole, come adulatori,
rufl3ani, seminatori di scisma e di scandalo;
in cose , eome falsiflcatori , simoniaci , ipo-
criti , maghi ; in opere, come barattieri , la-
dri, traditori. L'Ottimo dice che i tre corpi
di Gerione erano tre fratelli , che 1' uno lo-
singava , l' altro rapiva , il terzo feri?a ; e ciò
risponde alla faccia benigna • al busto ser-
pentino, alla coda velenosa. Dante non gli dà
giè tre corpi. — Arrivò. Attivo, secondo l' eti-
mologia.
4. Sbrpbntb. Gen. : Serpent . . . eallidior
eunetit animantibtis terrae. La frode ispira sul
primo fiducia , ha forma di giustizia ; poi vie-
ne agi' inganni, fhsto di serpe ; vibra in ulti-
mo il colpo , nella coda il veleno ; e ha co-
da aguzza , perchè acuto al male è il frodo-
lento ; ba branche pelose , perchè bestiai co*
sa è la frode : i nodi figurano gì' intrighi; le
rotelle i raggiri. Ariosto, della frode (XIV ,
87 ) : Avea piaeevol viso , aòtCo onesto. Un u-
mU volger d* occhi» un andar grave» Un par-
lar sì benigno e si modesto Che parsa Crabriel
che diceste : ave. JBra brutta e deforme in Itit*
lo ti re<(o.
SO
lai
DELL INFERNO
5 Duo branche avea piloso infio l'agcelle;
Lo dosso, e 'I petto ed aroenduo la coste
Dipinte avea di nodi e di rotelle.
6 Con più color sommesse e soprapposte
Non fer ma'in drappo Tartari né Turchi,
Né fur lai tele per Aragne imposte.
7 Come talvolta stanno a riva i burchi
Che parte sono in acqua e parte in terra ;
E come là tra li Tiideschi lurchi
8 Lobevero s'assetta a far sua guerra;
Cosi la fiera pessima si stava
Su Torlo che di pietra il sabbion serra.
9 Nel vano tutta sua coda guizzava
Torcendo 'n su la venenosa forca ,
Ch'a guisa di scorpion la punta armava.
10 |x> duca disse: or convien che si torca
La' nostra via un poco infino a quella
Bestia malvagia che colà si corca.
11 Però scendemmo alla destra mammella,
5. Filose. Anco in prosa. — Ikfin. Pnrg.,
XXXII : /rutti (e fiaiU9. — Nodi. Yirg. poDe
nel suo Inferno coloro quihui •.. fraui innexa
eUen ti. — Rotelle. Ar. : Dutriir • . . Tutto tpar-
io di fnacekie e di roUÌJU,
6. Aragne. (Ov., MeU, TU; e Porg. ,
XII). Beo torna l' imaglne delle tele ad espri-
mere i tramali inganni , le ordite insidie , le
tessute frodi. E ben tornano le sommesse, il
fondo, e le soprapposte, H ricamo» per in-
dicar la doppiezia del frodolento. — Imposte.
Poste sai telaio.
7. LuRcui. Divoratori immondi. Tacito di-
ce i Germani dediti $omno eiboque. In lat.
lureonei vale ghiottoni. Dante accenna fora' an-
co ai cento Tedeschi , i quali manda U da Man-
fredi a soccorso de' fiorentini usciti , ftaron
da questi , pe' lor fini » empiati di cibo e di
vino e devoti a certa morte. Forse accenna
agl'imp. tedeschi i quali volevano tenere Tita-
lia e non la soccorrere ; e non istavano come
suol dirsi , né qua né là. Qui del resto si ve-
de come la sola necessità lo movesse ad in-
vocare Tarmi straniare; quella, dico, ch'egli
stimava necessità.
8. Bevbro. Cosi anco in prosa il castoro,
il quale colla coda intorbida Tonde, e piglia
i pesci , dice Pietro di Dante, lo non entro
mallevadore del fatto. — Pessima. Frase del-
la Genesi. — Oelo. 11 qual serra il sabbione
con pietra. 11 cerchio de' violenti era cinto
d' un orlo di pietra : se no , Dante non sareb-
be potuto scendere illeso dalle fiamme cadenti.
9. Vano. Perchè sulla riva non trasse la
coda : significa la vauilà ed instabilità delU
E dieci passi femmo in su lo stremo
Per ben cessar la rena e la fianuncUa.
12 E , quando noi a lei venuti seme ,
Poco più oltre veggio in su la rena
Gente seder propinqua al luogo scemo.
13 Quivi! maestro: acciocché tutta piena
Esperienza d*esto giron porti ,
Mi disse, or va, e vedi la lor mena.
H Li tuoi ragionamenti sien là corti.
Mentre che torni, parlerò con questa •
Che ne conceda i suoi omeri forti.
15 Cosi ancor, su per la strema testa
Di quel settimo cerchio^ tutto solo
Andai ove sedea la gente mesta.
16 Per gli occhi fuori scoppiava lordoolo;
Di qua di là soccorrén eoo le mani
Quandoa' vapori, equandoal caldosoolo.
17 Non dtrimenti fan di state i cani
Or ed ceffo or col pie, quando toaBiorsi
frode. — Forca. La coda biforcuta : onde di-
ce che la forca velenosa armava la punta.
Pier. Valer. : Mei in ore habei , tn occ«lCo M-
dae ipieulum : ita KonUnei qui Ungma btmf
diwuur, latwier feriunt. — Sconnon. Par*;
gat. : Freddo animaU Che fon la coda ftf^
euote la gmUe*
11. Dbstea. Fin qui avevan sempra svol-
tato a sinistra : ma ora scendono a deUra par
per andare alla bestia. Poi , per iseendeia la
via delT Inferno , ripiglian sempre da
manca. — Mamvella. Per parte; come
nel senso simile ; e nel XII , daifm
Cessae. Per cantare, nel Par. (XXy/35) •
nel Gonv. Novellino , VI : Cessar kriga a Iu-
re ed a me. — Rena. S' a vantano alcuni patii
nell'orlo di pietra verso il preclpiiia^ par
bene allontanarsi dalla fiamma, e dalla rcM
che sotto la fiamma s'aeeendea com' ceca.
12. Scemo. A quel che ha detto poe' aaii
orlo estremo. Gli usurai stanno ultimi de^ vio-
lenti, e contigui alla frode.
13. Mena. Il dimenarsi eh' e* Oinoo. laf.*
XXIV : Serpenti, e diti diversa mona. In tea-
so afllne v. Bsrl.: La pulzella per cai ifii
ero stato in cosi male mene,
14. Mentee (Inf. , XIII , A ).
15. Testa. Quel ch'ha chiamato orio, «-
Solo. L' usura è vizio più moderno che antico*
10, Soccorrén. Si soccorre e a chi pati-
sce, e al suo patimento. Petrarca : Soccorri
alla mia guerra.
17. Cam. Ariosto: Simil battaglia fa la
mosca audace Conlfa'i mastin nel polvermo
amasio, O nd wmc dinanzi o nd segumcCt
CANTO XVFr.
15o
0 da puki, 0 da mosche, o da tafani*
18 Poi elle Del viso a certi gli òcchi porsi
Ne* quali il doloroso fuoco casca,
NoD ne coDohbi alcun: ma T m'accorsi
i9 Qie dal collo aciascun pendea una tasca
Ch* atea certo colore e certo segno:
E quindi par che'l loro occhio si pasca.
90 È com*io riguardando tra lor vegno,
Ib udì borsa gialla vidi azzurro,
Che di lione avea faccia e contegno.
SI Poi procedendodi mio sguardo il curro,
YidiDe un'altra più che sangue rossa ,
Mostnre un'oca bianca più che burro.
i2 E un che d'una scrofa azzurra e grossa
Segnato avea lo suo sacchetto bianco,
Hi disfte: che fai tu in questa fossa?
S3 Or te no va. E perchè se' vivo anco,
Sappi che 'I mio vicin Vitaliano
Sederi qui dal mio sinistro fianco.
Vwm éi tfM§ $ PaUro pttn dimosto : N^-
&9eehi il fmkg$ e fi«I grifo nundaet , Vo-
\ Antonio f gU tta $»mf>n aeeoito. E qnàl
tmmr fa apoMO ti dente ateiìitto : Mfa un tratto
«fc'ifli arrivi, pagail tutto. Evidente ma longo.
IS. PoBSi. Dà agli occhi le qualilà della
tèrza visiva : però dice inviare , gettare , fic-
care f porgere l' occhio , e più sotto il curro
Mio tgnardo. Petr. : Ove gii oeeki frima
pam. Fa che tengano il viso basso a goarda-
n la tasca ; sia perché Dante voglia mostra-
li dì BOB aver mal avoto commercio contale
sJa perchè come gli avari : La teofM^
viia che i fé eozzi. Ad ogni eonoseen-
MaargjU fa hruni,
19. Tasca. Poi lo chiama sacchetto : non
4k% ae pieno ; forse a più scherno e tormen-
te^ meglio è fiirlo vuoto. E la tasca portava
ì amie dal casato : ingegnoso partito per dar
a conoacere qae' dannati sema ludgo discor-
se. — Pasca. Virg. : Animum pietura pateit
Eecl. , IV: Ifee satianturoculitjuidi'
Trecentista inedito : Poieendo lo suo
IO di quelle dipinture, Evang.: Ubi. .. the-
«Bnci finif p ibi est et cor tuum.
SO. CoxTBfiNO. Atteggiamento. Inf. , IX :
MsuAra femwùmU avéno e atto. Arme de*Gian-
igliaeci , fiorentini.
21. Cuamo. S'osava anco in prosa. L'oca
é nraie degl' Ubriachi , nobili di Firenze ,
Qiorai ( Maiispini ).
tt. Scbofa. Degli Scrovignl. D'atta Scro-
vigii ai dice nel ISOfi innamorato in Padova
DiBlt. — Gaosf A. Per pregna : dkesi anea-
2&> Con questi Fiorentin son, Padovano.
Spesse fiate m'intruonah gli orecchi
Gridando: vegna il cavalier sovrano
25 Che recherà la tasca co' tre becchi !
Quindi storse la bocca, e di fuor trasse.
La lingua , come bue che'l naso lecchi.
26 Ed io, temendo no'l più star crucciasse
Lui che di poco star m' avea ammonito.
Tornami indietro dall' anime lasse.
27 Trovai lo duca mio ch'era Salito
Già SU la groppa dei fiero animale,
£ disse a me : or sie forte e ardito.
28 Ornai si scende per si fatte scale.
Monta dinanzi; ch'i* voglio esser meazo,
Si che la coda non possa far male.
29 Qual è colui ch'ha si presso '1 riprezzo
Della quartana^ch'hagiàrunghiesmorte,
E triema tutto, pur guardando il rezzo,
30 Tal divenn' io alle parole pòrte :
ra. — Fai. Ta che non se' né usuraio né dan-
nalo. Simile alla domanda di Caronte, di Fle-
giès , de' diavoli. Lo conosce vivo all' andar
libero fra' tormenti. — Fossa) c. XXIII , 41)
23. Vitaliano. Del Dente suo vicino, cioè
concittadino , di Padova. Pet. : Pianga Pisto-
ia e % cittadin perversi Che perduV hanno li
dolce vicino. — Sinistro. Dunque più reo.
24. Sovrano. In fatto d'usura. Inf., XXIIs
Barattier fu non picciol ma sovrano. Gio.
Buiamente fiorentino , ancor vivo nel 1300,
che poi morì poverissimo. Aveva per insegna
in campo giallo tre hocchi neri : e l'atto che
segue , è in ispregio de' fiorentini usurai , ed
è appropriato alla viltà di tale peccato.
2fi. SToaSB. Is. , LVIl : Super quem lusi-
siti? Super quem dilatastis os, et ejydstis Itti*
guam ?
26. Lassi. Dal dimenarsi e dalfàoco(terz. 16).
27. FORTB. Reg. (11, 10): Etto virfortis.
28. ScALB. Gerione , Anteo (Inf., XXXI),
Lucifero (XXXIV). — Mezzo, Lat. medius ;
tra Vuomo e la frode si pone la fciefisa.—
Possa. Ombsso Va te ; come nel e. 1,1: La
diritta via era smarrita , si sott* intende : da me.
29. RiPRBZio. V. S. Padri : Sentire riptei-
so di febbre. Pet. : j^uol ha già i nervi e i
polsi e i pensier egri. Cui domestica febbre as-
salir deve. — Rbxxo. Nod vorrebbe partirsi
dal sole , e al vedere pur l' ombra , trema.
30. MiNACCB. Non sempre ostile. Minae di-
cevano i Latini le voci con che il bifolco spin*
Seva i bovi al lavoro. — Sbrvo. Similitudine
i padrone con servo è nel e. XXIX.
156
DELL* INFERNO.
Ma vergogna mi fér le sue mioacce,
Che 'nnanzi a buon signor fa servo forte.
31 r m' assettai in su quelle spaliacce :
Si volli dir ( ma la voce non venne
Com' r credetti ): fa che tu m*abbracce.
32 Ma esso ch'altra volta mi sovvenne
Ad altro forte, tosto ch'io montai
Con le braccia m'avvinse e mi sostenne.
33 E disse: Gerion, muoviti omai:
Le ruote larghe, e lo scender sia poco.
Pensa la nuova soma che tu hai.
H Come la navicella esce di loco
In dietro in dietro, si quindi si tolse ,
E poi eh' al tutto si senti a giuoco ,
35 Là 'v' era '1 petto la coda rivolse ;
E quella tesa, com'anguilla, mosse;
E con le branche l'aere a sé raccolse.
36 Maggior paura non credo che fosse
Quando Fetonte abbandonò gli freni,
Per chel ciel,come pare ancorasi cosse;
37 Nò quando Icaro misero le reni
Senti spennar per la scaldata cera ,
Gridando'l padre a lui: mala via tieni ;
38 Che fu la mia quando vidi eh' i*era
31. Spallaccb. Virg. : Tergo eontueta loca-
vii Membra. — Vbnm. Virg. : ... Nee vox aut
verba sequuntur. Inceplw clamor frustralur
hiantcs.
32. Forti. Ad altro difficile passo. Così
diciamo: qui ita'l forte. Lo soccorse dall' ava-
rizia 4 ed or dalla frode.
33. Ruote. Come sogliono gli uccelli spe-
cialmente di rapina. Virg. gli dice , scenda
lento ed obbliquo , per non iscuotere troppo
il F. vivo. Conv.: Meglio tarebbe voi, come
rondine , volar basso, che , come nibbio , altis-
sime rote fare sopra cose vilistime,
34. Navicella. Rammenta i burchi (terz.7).
— A Giuoco. Da potersi movere libero. Vola-
re a giuoco nota la Cr. , degli uccelli di ra-
pina quando si spaziano lasciati liberi dal
cacciatore.
35. Tesa. Come fii l'accello dell'ala. —
Raccolse. Come natando.
36. Fosse, in Fetonte. Ot., Met., II: Men-
tis inops , gelida furmidin» lora remisit, —
Pare. Apparisce nella vii lattea ( Ov. , Mei.;
Par. , XIV ).
37. Misero. Il verso soona caduta. — Re-
ni. Ovid. : MoUU odoratas pennamm vineula
cerai. 7a6iienifU eerae : nudos quatit ili» la*
eerios,
39. Vinta. Per il mota deirtnimale, sen-
Neir aer d'ogni parte, e vidi spenta
Ogni veduta, fuor che della Cera.
39 Ella sen va notando lenta lenta ,
Ruota e discende: ma non me n'accorgo.
Se non eh' al viso e disotto mi venta.
&0 l'sentia già dalla man destra il gorgo
Far sotto noi un orribile stroscio :
Perchè con gli occhi ingiù la testa sporgo*
(^1 Allor fu' io più tìmido allo scoscio ;
Però eh' i' vidi fuochi e senti' pianti ,
Ond' io tremando tutto mi raccoscio.
(^2 E udi' poi , che non 1* udia davanti.
Lo scendere e '1 girar per li gran mali
Che s'appressavan da diversi canti.
hZ Comei falcon ch'ò stato assai su Tali»
Che^ senza veder logoro o uccello ^
Fa dire al falconiere : oimò tu cali !
hk Discende lasso, onde si muove snella
Per cento ruote, e da lungi si pone
Dal suo maestro , disdegnoso e fello ;
4-5 Cosi ne pose al fondo Gerione
A piede a piò della stagliata rocca :
E discarcate le nostre persone,
!^6 Si dileguò, come da corda cocca.
te vento al viso ; pel moto dello scendere, lo
sente disotto ( tcrz. 33 ).
40. Destra. Scesero dal margine destro:
il fiume donque restava a sinistra. Per aver-
lo ora a destra , convien che le rote che fi
Gerione scendendo si tengano vicine al fio»
me. — Gorgo. Di Flegctonte. Virg. '■ Gurga
Aestuat, — Sporgo. Passa da senlia a sporgo;
come alle terzine 20 , 21 da vegno a viéL
Passaggi frequenti in Virgilio.
41. Scoscio. Per guardare giù s'eri piega-
to e quasi scosciato.
42. Scendere. Dal suono appressantesl ,
sentiva di scendere; dal variare del suono ,
sentiva di girare con larghe ruote e lente.—-
Apprbssatan ( e. Vili, 23 ).
43. Logoro. Fatto di cuoio e di penne per
richiamare il falcone , o dirizzarlo alla preda.
Lo nomina nel Purgatorio in traslato. Gerio-
ne scende sdegnoso come falcone che cala
senza preda.
44. Maestro. Frane. : mallre. — Fello.
Irato ( Far. , IV ). Peir. ( Tr. Am. ) : Tanto ed
suo amante più turbata e fella,
45. A PIEDE. Ripetuto indica prossimità pia
stretta , come a lato a lato ; e simili. La ra-
pe era ritta sì che pareva stagliata.
46. Cocca. Per saetta, Virgilio la chiaOM
onmdtf.
157
CANTO xvin.
ARGOMENTO.
Siamo alPcUavo eerehio, diviso in fo$iit e $u ciateun fosso un ponte: i fossi
girano in tondo , V uno inehiude V altro , come i tre gironi de' violenti , A che la
dseima bolgia è ptò angusta di tutte. Nel mezzo della decima j cioè di tutte, s'apre
il pozzo che ingoia i traditori. Le dieci bolge sono pe' frodolenti : nella prima i se-
éutcri di donne per propria libidine o per altrui. Tra* ruffiani trovano un Bologne^
se , tra* seduttori a propria libidine , trovan Giasone. I seduttori si rincontrano
co' ruffiani , quasi per farli arrotsire a vicenda delle loro turpitudini e delle frusta-
te che pigliano. NeW eàtra bolgia gli adtUatori tuffati in istereo.
Nota le tenìoelaUa 6; la 9, 10, 12, 13, 16, 21, 22, 27, 28, 31, 32; la 35 alla
40; U 42, 43, 44.
1 Luogo è in inferno, detto Malabolge,
Tutto di pietra e di color ferrigno
Come la cerchia che d' intorno 1 volge.
2 Nel dritto mezzo del campo maligno
Vaneg^ un pozzo assai largo e prorondo,
Di cui suo luogo conterrà l'ordigno.
3 Quel cinghio cherimane,adunque è tondo,
Tra 1 pozzo e*l pie dell'alta ripa dura ;
E ha distinto in dieci Talli il fondo.
1. Malbbolgb. I diaToli chiamerà poi Ma-
lebranche. Bolgia , arnese simile a bisaccia ;
cosi ebiama il loogo Che*l mal deU' universo
fttCfo 'ntaeea { Inf. , VII ) , dove giacciono i
frodatori di chi fidanza non imbona ( Inf. ,
XI ). — Ferrigno. Virg. , di Caronte : Ferru-
fmea ... cymba, Ar. » XI. Ferrigna scorsa.—^
CiacHiA. Il muro di masso dal quale scese,
poruto da Gcrione. Cerehie dicevansl le ma-
la di Firenze. — Volge. Come girare , è at-
tifo e neutro assolato.
2. Dritto. Come bel mezzo. — Maligno.
lof. , VII : àlftligne piagge. Il pozzo è come
Il colatoio de' dieci fossi; sentina d* Inferno.
--Vaneggia (terz. 2tf ). — Luogo ( Inf. XXXI).
— Ordigno. La strottara. Gaido : V ordigno
del mondo.
3. CiNcnio. il terreno che cinge il pozzo.
5
6
Quale, dove per guardia delle mura
Più e più fossi cingon li castelli ,
La parte dov' e* son rende figura ;
Tale immagine quivi facean quelli:
E com' a tai fortezze, da lor sogli
Alla ripa di fuor« son ponticelli.
Cosi da imo della roccia scogli
Movén , che ricidean gli argini e i fossi ,
iDfino al pozzo che i tronca e raccògli.
r ottavo cerchio , tra il pozzo e la rocca sta-
gliala ( e. XVil ), è tondo e diviso da dieci
valli , argini, soverchiati ciascano da an ponte.
4 Figura. Conv.: Tutto euopre la neve , e
rende una figura in ogni parte.
5. Sogli. Per soglie (frane. teuHs ) , anco
in prosa.
6. Imo. C. XXIX ( terz. 13 ): Ad imo; per
al fondo. — Movén. Inf. , XXIII : Un tasto
che daUa gran cerehia Si move» e varca tutti
i vallon feri. Ecco il senso : Qaal figura ren-
de, presenta , il terreno dove più fossi cingo»
no an castello , e sopra que' fossi son ponti-
celli, che movono dalla parte della fortezza ;
così in Malebolge dalla rape che cinge l'ot-
tavo cerchio , si partono scogli che quasi pon-
ti aecavalcian le bolge , e le tagliano a tra-
verso, e mettono al pozzo, il qual pare troii-
158
DELL 1 N 1 E K N 0
7 In questo luogo, dalla schieoa scossi
Di Gerion, trovammoci : e' 1 poeta
Tenne a sinistra, ed io dietro mi mossi.
8 Alla man destra vidi nuova pietà.
Nuovo tormento, e nuovi frustatori,
Di che la prima bolgia era repleta.
0 Nel fondo erano igoudi i peccatori.
Dal mezzo io qua ci veniao versoi volto,
Di là con noi, ma con passi maggiori.
10 Come i Roman, per V esercito molto,
L'anno del giubbileo , su per lo ponte
Hanno a passar la gente modo tolto,
1 1 Che dall* un lato tutti hanno la fronte
Versoi castello, e vanno a santo Pietro,
Dair altra sponda vanno verso 1 monte.
12 Di qua di là su per lo sasso tetro
Vidi dimon cornuti con gran ferzo.
Che li battean crudelmente di retro.
cadi e raccoglierli, poiché tatti ad esso con-
vergono, come r asse d' una mota raccoglie i
raggi, e quasi li tronca. I fossi e i ponti tatti
pendono verso il pozzo, onde gli argini van-
no scemando in altezza. — Raccògli. Li rac-
coglie. Aecólo per accoglilo (Purg. , XIV) ; e
cole anco in prosa per coglile,
7. Luooo (e. XVII). Scossi. Esprime il di-
spetto eon coi li posò. Virg.; Exeusnis hunUt
da un cavallo. — Sinistra. Solita direzione
de* due P.; perché scendon sempre a maggio-
ri tormenti e reità. Anche Virgilio pone l'In-
ferno a sinistra dello Eliso. I frodatori stan-
no chinsi in bolge , come rei di più chiuso
delitto.
8. PiBTA. Pietà con terrore. Pet.: Di pietà
e di paura emorto. Frustatori. Virg.: Bine
•xattdiri genùtue, et satva tonare Verbera,^
Rrplsta (Par., XII).
10. EsBRCiTO. Virg.: Corvorum,,, exerei-
tue, — PoNTB. Di Castel s. Angelo ; Tanno
1300, qnando Dante fu a Roma, ambasciato-
re della repubblica a Bonifazio» questo papa,
primo istitutore del giubileo . fece dividere
il ponte per lo lungo si che la gente dall'un
lato andasse verso Castel s. Angelo a s. Pie-
tro , dall' altro verso il monte Giordano a s.
Paolo senza intopparti : e v* erano guardie ,
dice l'Ottimo , clie additavano il passo. Così
neli' Inferno, dai mezzo della larghezza della
bolgia fino alla sponda venivano volti al P. ;
dall' altro mezzo sino all' argine del secondo
fosso andavano in là. Altri pel monte intende
il Gianicolo. — Tolto. Tor modo per preii-
den epediente, anco in prosa. I
13 Ahi come facon lor levar le berze
Alle prime percosse I E già nesauoo
Le secoode aspettava né le tene.
ih Mentr io andava, gli occhi miei io uno
Faro scontrati ; ed io si tosto dissi :
Già di veder costui non son digiaoo.
15 Perciò a figurarlo gU occhi affissi ;
E1 dolce duca meco si ristette,
Ed assenti eh' alquanto indietro gissi.
16 E quel frustato celar si credette
Bassando '1 viso : ma poco gli vabe,
Ch* io dissi: tu che rocchio a terra sette,
17 Se le fazion che porti non sob fabe,
Yenedico se* tu Caccianimico.
Ma chi ti mena a si pungenti salse?
18 Ed egli a me: mal volentier lo dico;
Ma sforzami la tua chiara favella
Che mi fa sovvenir del mondo aoUco.
12. Sasso. La bolgia era tutta pietra flerz. 1).
Saxum per parte di monte è in Virgilio. — >
Cornuti. Siamo alla pena del leoocioio. ^
Fbrze. Per isferxe^ anco iu prosa.
13. Berzb. Parte della gamba dal ginocchio
al pie. Alzar le gambe, dicesi tuttora per fm§*
gire. Altri 6erza per pustola.
14. Scontrati. Sempre gli occhi hanao vi-
ta e quasi anima propria. — Digiuno. CoiI
dirà la vista fasta; e gli occKi inebbriaH (laT,
XXIX ) e fascere gli occhi (Inf., XVll). Ario-
sto : Vorrebbe dell* impresa esser digiuno . . •
JVessuno Di far festa a Ruggier restò digimno»
Itf. FiouRARLO. Raffigurare vien certo da
figurare. — Indietro. Questi dannati gli te-
ni?an di faccia, e correvano (terz. 9).
16. Cblar si: I viziosi più vili fuggono ogni
conoscenza. — Gbttb (c. XVII, t. 21).
17. Faiion. Fattezze. Virg. : 5ic oro /brt>
bat. Novellino, Vili : Era di nobil fazimù ,
e stava con pietosa faccia, — Salsb. Cosi art
chiamata un' angusta valle circondata di grìga
coste senz'alberi fàor di porta s. Manunalo
in Bologna , dove si punivano i malfattori ,
si frustavano i ruffiani e simil gente, si get-
tavano i corpi scomunirati. Ed era proverbili
infame quel nome. E tuttodì i contadini chia-
mano quel luogo le Sars», Parlando ad ira Bo-
lognese , Dante gli rammenta i supplizii del
luogo natio ; egli ch'era stato a studiare a Bo-
logna. E però il dannato dice cAiaro la sua
favella , che gli ridesta le memorie della pa*
tria , e con questa dolcezza lo muove a dire
quel che avrebbe celato.
18. Sforzami. Simile nel e. XXIV, 45.
CANTO XVIII.
159
dì colui che la Ghisola bella
Ufi a far la voglia del marchese^
che suoni la sconcia novella.
ìOD pur io qui piango, Bolognese ;
■* è questo luogo tanto pieno
inle lingue non son ora apprese
ìker iippa tra Savona e 'i Reno,
di ciò vuoi fede o testimonio,
U a mente il nostro avaro seno.
«1 parlando il percosse un demonio
sua scuriada, e disse : via,
MI I qui non son femmine da conio.
■t raggiunsi con la scorta mia.
a eon pochi passi divenimmo
OBO scoglio della ripa uscia.
sai leggeramente quel salimmo ;
Iti a destra sopra la sua scheggia,
adle cerchio eteme ci partinuno.
nodo noi fummo là dov'ei vaneggia
tic per dar passo agli sferzati,
ISOLA. Sorella di Venedico ; egli la
a lenrire alle voglie d'Obizzo da Este,
I Ferrara. Pare che Taria corresse di
•ce ; ma Dante , in odio de* Guelfi
aatevcrantemente V afferma. E la gael-
|M è da lui detta madre di ruffiani
; flModa perché avara.-— Novella. B.
il; Non credere di leggieri le novelle.
MK Lo falsa nwella totto vien meno,
oLoaicisB. Modo simile nel e. XVIl:
Ili Piorentin §on , Padovorut, — Ap-
i irate. Brunetto : Ben affruo
trfA. I Bolognesi, e i Veneti, per affer-
m tonti dicono : s\ pò. — Reno. Fiu-
fvali è Bologna. — Avaao. Juv. :
Major avaritiae paiuii tmui. Auon.:
• in fuaifo teno delV avariiia. L'Otti-
I dw la ruffianeria ivi germogliò per
», cioè r università popolata di gioven-
liuice e corrotta.
cuaiADA. fiuti : Colla quale $i baite
Ì9 ewero li faneiulU, — Conio. Da
are a danaro. Nei XXX , conio per
li. G. XII, 44 : Si raggiunge Ove... —
liMteggiaron finora 1' alto muro a sini-
•ffdaiido a destra ; ori trovano un pon-
U parte dal mnro , e accavalcia il fos-
lalgotto , e si partono dalla stagliata
tgma cerehia, non caduca come quel-
città di Firenze.
csB«aiA. fiutava un frammento, una
Lo duca disse : attienti, e fa che feggia
26 Lo viso in te di quest'altri malnati,
A' quali ancor non vedesti la faccia.
Perocché son con noi insieme andati*
27 Dal vecchioponteguardavamlatraccia
Che venia verso noi dall'altra banda,
E chela forza similmente scaccia.
28 II buon maestro senza mia dimanda
Mi disse : guarda quel grande che viene
E per dolor non par lagrima spanda.
29 Quanto aspetto reale ancor ritiene !
Quelli è lason che per cuore e per senno
Li Golchi del monton privati fene.
30 Elio passò per risola di Leooo
Poi che r armte fenmiine spietate
Tutti li noiaschi loro a morte dienno.
31 Ivi con segni e con parole ornate
IssiBle ingannò la giovinetta
Che prima tutte T altre avea'ngannate
32 Lasciolla quivi gravida e soletta*
lista , per così dire , della rape a servire dì
ponte sul fosso : e di sotto era vuota per dar
passo agli sferzati. — ErsaNS. Inf. (I, 38 ):
Luogo etemo.
25. Attibnti. Fermati. V. S. Padri : Io wm
mi pouo attenere eh* io non mi levi. — Fjm*
fiiA. L'aspetto loro venga diritto a te. Inf. ,
X : Semier eh' ad una vcUle fiede.
26. Faccia (terz. 9). Per vederli si ferman
sol ponte , e volgono il viso in dirittura op-
posta a quella da cui son venuti luogo U
rupe.
27. Vecchio. Inf.» XII : Vecchia roccia,'^
Traccu. Fila (e. Xll» terz. 19).
28. DiKANOA. Gliel mostra perch'efa un
antico. Virg. gl'insegna sempre i chiari uo-
mini de* secoli più remoti. — Par. G. XIV :
La pioggia non par ehe*l maturi.
29. Iason (Ov., Met. ). Petr. ( Tr. Àm, ):
QuelV è laton, e quelValtra è Hedea Ch'Amor
e lui fenili per tante ville.
30. LsNNO ( lleroid.). — ArnoiTS. Perchè
uccisero uomini ; spietate, perchè padri e UM-
riti : per vendetta delFessere que* di Lenno gia«
ciuii con le donne de* vinti nemiici. — Dum*
NO. Virg. Dal... leto.
31. Sbgni. Petr.: Con parole e eon tmni
fui legato. — Ornatb. Inf., 11 : la fifa pa-
rola omatm. — 'NaANicArB. Salvando il pa-
dre Toante.
32. Vbndstta. Pena del tradimento UUo
da Giasone a Medea.
160
DELL* INFERNO
Tal colpa a tal martiro Ini condanna :
E anche di Medea si fa vendetta.
33 Con lui sen va chi da tal parte inganna.
E questo basti della prima valle.
Sapere, e di color che 'n sé assanna.
34 Già eravam là 've lo stretto calle
Con r argine secondo s*incrocìcchia,
E fa di quello ad un altr' arco spalle.
33 Quindi sentimmo gente che si nicchia
Neir altra bolgia, e checol muso sbuffa,
E sé medesma con le palme picchia.
36 Le ripe eran grommate d' una muffa,
Per r alito di giù che vi s* appasta ,
Che con gli occhi e col naso iacea zuffa.
37 Lo fondo è cupo si che non ci basta
Luogo a veder senza montare al dosso.
Dell' arco ove lo scoglio più sovrasta.
38 Quivi venimmo ; e quindi giù nel fosso
Vidi gente attuffatta in uno sterco
33. Parte. Sedacendo. I seduttori dall' nn
Uto , i mezzani d' amore dall' altro. — As-
sanna. Inf. , XXXI : Divora,
34. Galli. Il ponte sul fosso s'incrocic-
chia coli' argine , perchè il medesimo scoglio
sempre traversa gli argini tutti, diviso come
in tanti archi ( terz. 6. ). E l'argine è spalla
all' altr' arco dei fosso seguente.
35. Nicchia. Nicchiani è dolersi di cosa a
coi s' abbia ripugnanza. Erano nello sterco ,
e però sbuffavano , atto di chi sente gran
pazzo. — Altra. Colloca 1 seduttori vicino
agli adulatori « perchè adulari ( dice il Gri-
sost. ) eif seductorum* Plutarch. : Adulator
voluptatum minitUr. Onde la frase comune :
lenocinio delle parole. Nella prima bolgia Gia-
sone che seduce con ornate parole , neil' altra
Taide che lusinga l' amante sedotto. E nota la
gradazion della pena : il ruffiano men reo del
seduttore ingrato ; questi men dell' adulatore
malvagio. Non tutti , nota Pietro di Dante ,
qui sono gli adulatori , ma que' che lusinga-
rono il male.
36. Alito. Virg. : Talis sete halitta atris
Faueibus effundens supera ad eonvexa fere-
bat, — Zuffa. Dicesi : urtar l' odorato , of-
fendere la vista , percoter l'udito. S. Gre^fo-
rio pone in Inferno , faetor irUolerabUis , fla-
gella caedentium , horrida vitto daemonum.
In queste parole è come il germe del canto.
37. Dosso. D' uno scoglio , Virg; Dortum
immane, (Conveniva salire nel più allo del pon-
te, perchè per poco che il raggio visuale si
fvsse scostalo dalla perpendicolare , sarebbe
Che dagli uman privati parea mosso.
39 E mentre ch'io laggiù con l'occhio ceico.
Vidi un col capo si di merda lordo
Che non parea s' era laico o cheroo.
M Quei misgridò: perchè se'tu al'ogordo
Dì riguardar più me che gli altri bnittit
Ed io a lui: perchè se ben ricordo
kì Già t*ho veduto co' capelli asciutti ;
E se' Alessio Interminei da Lucca :
Però f adocchio più che gli altri tutti.
42 Ed egli allor battendosi la zucca :
Qua giù m' hanno sommerso le lusinglia
Ond* i' non ebbi mai la lingua stucca.
43 Appresso ciò lo duca: fa che piaghe,
Mi disse un poco'l viso più avante,
SI che la faccia ben con gli occhi attin^
ik Dì quella sozza scapigliata fante
Che là si graffia con l' unghie merdose.
Ed or s'accoscia, «dora è inpiedestante*
ito a ferire no 'l fondo ma Tana o l'altra
sponda del fosso. SigniGca forse che per he»
ne osservare certi vizii e' bisogna allontanar-
sene ; l'adulazione segnatamente, capa insie-
me e schifosa.
38. Privati. Per cent: dicesi tuttavia.
39» Lordo. Quintil. : Omnia verha ima Uh
eie optima: etiam tordida dicuntur prtìfm§,'^
Parsa. Appariva. C. 11: Qui ti parrà la tttm
nobilitate, — Cherco. Questo forse perchè
r Anielminelli era cavaliere , un che di mei*
zo tra cherico e laico.
40. 'Ngordo. Ar. ( XXX , 26 ) : Di veder fa
pugna ingordo. — Brutti ? Sudici. G. Vili:
Chi fa' che ti te' fatto brutto ?
41. iNTERUiNEi. 0 Antelminelli , illustre
famiglia, di cui nacque Casiruccio.
42. Zucca. Per dispregio. L'Ottimo la no-
ta come voce lucchese: ora di tutta Italia.
43. Attingue. Fr. lacop.: Patta U del tui-
lo stellato, Ed attinge allo tperare,
44. Fante. Persona di condizione bassa,
Furg. , \i : E tallo in Campagnatieo ogni
fante. Ar. , XXUl : A farti moglie J* un po-
vero fante. — Unghie. Altro segno di dolore.
Virg.: Vnnuibut ora soror foedans etpectora
pugnit. — Merdose. Eccles. ( IX . 10 ): Oin-
nit tnulier , , . furnicaria , quati tterwa m
ria conculcabitur, Joei : Coinpulruerunt . . •
in ttercore tuo. Prov., XII: Putredo in ont-
btit ejut (juae confutione ret ditjnat gerii. La
fu scapigliala per contrapposto ai roeretricU
ornamcQti. — Cu. Atti d' inquieta e di sfac-
ciata.
CANTO xvni.
161
i5 Taida è , la puttana che rispose
Grandi appo te T-^Anzi meravigliose.
Al dnido suo quaodo disse: ao io grazie k6 E quioci sieo le nostre viste sazie.
41. Taida. Non la greea Ciniosa, ma Tai-
de éell' Eooaeo di Terenzio, li P. qui prese
oao slMgUo. Trasone in Terenzio domanda al
iMiaghiero Gnatone : Magnai vero gratia*
Offra Tkaii miki ? E Gnatone : Ingentn. —
Aim tu , laeta esf t — Non tam ip$o qmidem
demo • quam ote te datum éste. Porse Dante
anè inieao che le losinghe yenissero da Tai-
da , e Gnatone le riferisse ; e ponendo lei
mH' Inferno avrà volato indicare che adnla-
è Tizio meretricio. Montaigne: il n'en
qm entpoiionme foia k$ prineei 9iia la
flaUerie ... ni maquerélage tipropn et ti or-
dinaire è eorrompn la ehaiteté det femmes ,
que de Ut paUn et entretenir de Uun lou-
I 46. SAzn. Eccl. ( 1,8 ) : Non eatmatmr oeu-
lu$ irieu, ( Or si noti : nella prima bolgia un
antico e nn moderno , Caccianemico e Giaso-
ne ; nella seconda nn moderno e nn antico ,
Alessio e Taide. Il canto è del genere comi-
co» bellezze dal classico antico diverse, ma
classiche )•
162
DELL' INFERNO
CANTO XIX.
ARGOMENTO.
Nella terza % iimoniaei. La pietra è piena di fori ^ Mti Ì uguale larghézxa,
da eofUenere il corpo d'un uomo. Dalla bocca del foro epuniano i piedi , e pmU
delle gambe d' un dannato , ardenti di fiamme ; da che $i deduce che V intero re*
cinto è infiammato. Quando giunge un dannato nuovo , quel eh eece co piedi dd
foro , tn casca dentro^ e l ospite recente rimane a dimenare infuora le gambe. ÀI
vedere uno degV infornati guizzare e ardere più degli altri , t( P. <* invoglia di Hr
pere chi sia. Virg. lo porta di peso fin giù neUa bolgia. E* parla a papa NteeA
Terzo , e gli rimprovera il suo peccato. Fai Yirg, lo porta stU ponte della bólfi^
seguente.
Nota le terziDe 1 . 4, 5; It 7 alla 11 ; la 90 , 22 ; la 24 alla 27 ; la 30 ; la 33 alla
36; la 38, 40, 41, 42.
1 0 Simon mago , o miseri seguaci
Che le cose di Dio, che di bontà te
Deono essere spose , e voi rapaci
2 Per oro e per argento adulterate ;
Or convien che per voi suoni la tromba,
Perocché nella terza bolgia state.
3 Già eravamo alla seguente tomba
Montati , dello scoglio in quella parte
Ch* appunto sovra'l mezzo fosso piomba.
1. Simon. Simonia, definisce Pietro di Dan-
te , studiosa cupidiias emendi vel vendendi ali-
quid spirituale. Simone chiese a s. Pietro gli
fosse comaoicato il dooo di fare miracoli ,
promettendo danaro in cambio , onde sdegna-
to l'Apostolo (Act. fVlll) : Fseunia tua teeum
sit in perditionem : quoniam donum Dei exi-
stimasti pecunia possideri. Da coloro che per
danaro mercanteggiano l'onor delle donne, e
per lucro lusingano , si passa a coloro che
per danaro vendono le cose di Dio che di bon-
tà devon essere spose, e fanno strazio della
sposa di Cristo , la Chiesa , e nel profanato
nome di lei , Futtaneggian coi re. Questo pas-
saggio è per sé solo una satira amara. — Bon*
TATI. Vengono dalla bontà di Dio , coH'uma-
k O somma Sapienza , quant*è Farle
Che mostri in cielo , in terra , e nel mal nMHid»
E quanto giusto tua virtù compartel
5 r vidi per le coste e per lo fondo
Piena la pietra livida di fori
D'un largo tutti; e ciascuno era tondo»
6 Non miparén meno ampi né nia(;gioii«
Chequeicheson nelmio bel sanGiovanai
Fatti per luogo de*battezzatori.
na bontà dovrebbero andare congionte.
2. AocLTiRÀTS. S. Thom. :
procurat quod EccUsia quae sst sponea Ckfi^
sti , de alOs aravida sit quam de spanto» —
Tromba. Modo d' Isaia.
3. Tomba. Eccles.: Vidi impios sep^ASes:
qui etiam quum adhue vivennt , in loco
età erant. — Mezzo. Nel mezio del
Virg. : Medio . . . ponto.
4. Comparti ! Nel VII inorridisce alla _
degli avari : qui conosce sapiente la pesa et'
simoniaci.
5. Livida. C. XVHI ,\: Di eolor fsrrigtm.
l fori erano e dai lati della bolgia , e sol piali
6. QuBi. Che si vedevano ( dice 1' Adoo. )»
tu eerti battessatori nella chissà maggiore il
e AJ« TO XIX.
163
7 L' an degli quali /ancor non è molfanni^
Rupp io per un che dentro v'annegava.
£ questo sia suggel ch'ogni uomo sganni.
8 Fuor delia bocca a ciascun soperchiava
Duo peccator li piedi, e delle gambe
Infino al grosso , e l' altro dentro stava.
9 Le piante erano accese a tutti intrambe;
Perchè si forte guizzavan le giunte
Che spezzate averian ritorte e strambe.
10 Qaal suole il fiammeggiardellecose unte
Muoversi pur su per l' estrema buccia ,
Tal era li da' calcagni alle punte.
11 Chi è colui, maestro, che si cruccia
GolzzaDdo più che gli altri suoi consorti,
Siss'io» e cui più rossa fiamma succia ?
12 Ed egli a me: se tu vuoi eh' i' ti porti
Laggiù per quella ripa che più giace,
Da lui saprai di sé e de' suoi torti.
13 Ed io : tanto m'è bel quanto a te piace.
Tu se' signore : e sai eh' i' non mi parto
Dal tuo volere ; e sai quel che si tace.
14 Allor venimmo in su l'argine quarto;
Volgemmo, e discendemmoamano stanca
Laggiù nel fondo foracchiato earto.
15 E'I buon maestro ancor dalla sua anca
Non mi dipose, si mi giunse al rotto
Di quei che si piangeva con la zanca.
16 0 qual che se' che 1 di su tien di sotto.
Anima trista, come pai commessa,
CominciaMo a dir, se puoi, (a motto.
11. Pib. Come papa , di tatti più reo. —
Succia? Ne assorbie ogni amore. Virg.: Lam-
bire fiamma eomas , e f circum tempora pasci,
Um mti mezzo del tempio, fatti perchè vis'tie- 1 12. Giaci. Dov'è più dolce il pendio, pe-
no i fnU eh» battezzano , acciocché etieno 1 rò la base più larga. Virg. r Terrasque jacory-
t. Gio^ di Firtnze , che tono di tale amptex-
M dU MI garzone v'entra. Sono ( dice il Lao-
) quattro pozzetti intomo alla fonte , pò-
JMÉ fr$uo air acqua , e postano molti in un
iiMfw attendere a battezzare ( giacché i bat-
tenni allora si facevano tatti nel scbato san-
to ). Kel 1626 ui lavacro fu demolito. — Bbl.
Il qsel battistero pendevano l'elmo e la spa-
4a del vescovo d'Arezzo, morto alla battaglia
di Compaldino , dove il P. combattè forte-
ti sm s. Giovanni gli destava la me-
li* om gloriosa giornata. E le armi
( ■MUangorato trofeo ) vi stettero appese
m a Cosimo III ( Pelli , p. 96 ).
7. AifHi. Donque verso il 1300. — Rupp*.
forse di legno. — - AirNieAYA. Scherza a-
eo^n f ci cadde , pare , a capo all' ingiù.
IM 1 forse venne a Dante V idea di questa
Mfia iofemale. — Sganni. Qoest' atto all'esu-
le ava stato forse apposto ad audace empie-
tà. Però qaì ne parla. E dice tuggel, perchè '1
tee. Altra volta Virgilio lo porterà per salvar-
lo da' diavoli punitori della baratteria. —
Torti. Peccati. Petr. : Ove piangiamo U no-
etra e V altrui torto.
13. Bbl. Mi par bello, m'aggrada. Ingoe-
sto senso abbella nei Paradiso e nel Purgato-
rio provenzalmente abelis, — Tacs ( Inf., X,
6; e XVI, 43 ).
14. QuAiTO. Scesero il ponte della bolgia
terza ; perchè da ogni bolgia il muro che è a
manca verso la roccia, è più aito. — Stan-
ca. Sinistra : anco io prosa. — Arto ( Par.,
XXVlIi, 11 ). Stretto è il fondo della bolgia
e perchè il pendio delle muraglie tale lo ren-
de , e perchè de' simoniaci non ve n'ha mol-
tissimi , e perchè stando ne' fori del fondo e
delle coste , tengono meno spazio degli altri
dannati. Nel Purg. artezza per ittrettezza.
terre a distinguere il vero testimo- 1 15. Anca. Tenendolo alzato lo reggeva quasi
iliMIUeo
•l AcciSB. Per assomigliare i simoniaci a
wtHien che peccarono contro Dio e agli osa-
riL SUboo capoTolti , ad indizio della per-
degU animi loro, volti alla terra; e
sola 9 la sola apparenza , volgesi
. Cori nel Purgatorio gli avari giaccion
Così nell'Inferno gli avari vanno
; e gli osnrai stanno a terra raccolti:
iliai nel sasso a cercar quasi V oro
r
•1
ekm mt noati si chiode. — Intbambs. Anco
col fianco. — Diposi. Per depote, comune al-
lora , come ora dittrutto per destrutto, — Rot-
to. Foro (Purg. , IX). — SI. Sin che. Più sot-
to : Sì man portò. — Pianobta. Ogni segno
di dolore agli antichi era pianto. Da piango.
— Zanca. Gamba. Viveva anco nel 500. Ora
in Toscana dicono cianca. Virgilio lo traspor-
ta , perchè 1' asprezza del cammino , il pen*
dio rovinoso , i fori , la fiamma , erano in-
ciampi al passo d' un tìvo.
16. GoMMissA. Fitta sì che combaci col
la pnm. — Giunti. Giantore, collo de pie- I foro. Che '( palo, dice l'Ott., v'è il più tottite
0. FÉld: CcrU U giunte, U pie largo ec. — Idt iotto, Ciéscens.: Si commetta nella fetr
inmnm. Legame d' attorti ramuscelli. — | aura.
Legasi d'erbe intrecciate.
16%
DELL* INFERNO.
17 Io stava eome 1 frate che confessa
Lo perfido assassìn, che, poi eh* è fitto,
Ricniama lui, perchè la morte cessa.
18 Ed eì cridò: se' tu già costi rittoj
Se* tu gii costt ritto, Bonifazio "f
Di parecchi anni mi menti lo scritto.
19 Se* tu si tosto di quell* aver sazio
Perlo qual non temesti torre a'nganno
La bella donna, odi poi fame strazio?
20 Tal mi fec'io qua'son color che stanno
Per non intender ciò eh* è lor risposto.
Quasi scornati; e risponder non sanno.
21 Allor Virgilio disse: dilli tosto:
Non son colui, non son colui che credi.
Ed io risposi com* a me fu imposto.
22 Per che lo spirto tutti storse i piedi:
Poi sospirando e con voce di pianto,
Mi disse: dunque che a me richiedi?
23 Se di saper ch'io sia ti cai cotanto
Che tu abbi però la ripa scorsa,
Sappi ch*io fui vestito del gran manto.
2i> E veramente fui fìgliuol dell* orsa,
Cupido si per avanzar gli orsatU,
Che su r avere e qui me misi in borsa.
25 Di sott* al capo mio son gli altri tratti»
Che precedetter me simoneggiando,
Per la fessura della pietra piatti.
26 Laggiù cascherò io altresì, quando
Verrà colui eh* io credea che tu fossi
Allor eh' i* feci 1 subito dimando.
27 Ha più è 1 tempo già che i pie mi eossi
E eh' io son stato cosi sottosopra »
Ch*ei non starà piantato co* pie rossL
28 Che dopo lui verrà di più laid*opra,
Di ver ponente un pastor senza legge»
Tal, che convien che lui e me ricuopra.
29 Nuovo lason sarà, di cui si legge
Ne* Maccabei. E come a quel fu molle
17. ASSASS15. Ch9 pwr pecunia uccise uofno:
cosi r Ottimo. Ben paragoni chi occide prez-
zolato a chi prezzolato consacra. Auamnui
plantetur capite deonwn , ita quod moriatur.
Gli antichi decreti di Firenze. QaesU pena
chiamavano prop<ig§inare. — Cbssa. Qoand'è
già a capo in giù, e stan per buttargli la ter-
ra , e soiTocarìo , e' richiama il tnie, per con-
fessarsi di qualche altro peccato; e cosi ces-
sa , difTerisce la morte. Il Monti fa morte pri-
mo caso : men bello.
18. Bonifazio? Nicolò ITI si crede d*aver
vicino e già dannato Bonifazio VILI. Quando
Dante questo scriveva , Bonifazio era morto
di poco. — Scritto. Il volume del fàturo in 1
cui leggono, secondo Dante, i dannati ( inf.. |
X). Bonifazio doveva seder ponteflce ott' an-
ni e più : ed era stato coronato nel 1294. Il
viaggio di Dante è nel 1300 : onde eran corsi
sei anni e due mesi.
19. 'Nganno. Ingannando Celestino V ; e
inducendolo a rifiutare il papato. — Bella.
S. Paolo , della Chiesa .* Non habentem ma-
evlam aut rugam, — Strazìu? L'Ott.: NuUo
maggiore strazio puote uomo fare della sua
donna che tottometterla per moneta a ehi iKà
ne dà, Monarth. : Matrem proiltftiunf , /ra-
tres expeltunt (de' preti malvagi ). Indegne fu-
rono le tresche politiche di Bonifazio con la
Francia.
21. Colui. Ripete la risposta, come fb la
domanda: Se* tu ec.
22. Storse. Per vergogna d' avere parlato,
a>J aUri che a chi egli credea complice ano.
•i:i. Manto. Parg., (IX: r^^a'lgran manto.
24. Orsa. Nicolò III eletto nel dicembre dd
1377 , regnò due anni e otto mesi : era de-
gli Orsini , chiamati anticamente fiH urei. Il
Petrarca in una canzone gioca ss questo e»*
gnome. — Borsa. Ecco altra ragione di qi^
sto modo di pena. 1 fori somigliano alle bor-
se , a' simoniaci si care ( V, Inf. , XI ). Il
simile degli usurai , ma con meno tormeUa.
25. Tratti. Tirati giù da forz« murflriee.
— Piatti. Appiattati. AlberUno : PiatH trur
dimenti. Ariosto : Nel fodero lasciando il br»r
do piatto»
27. Più. Dalla morte di Xicolò a quella di
Bonifazio vent'aoni; da Bonifazio a Clemente,
undici — Sottosopra. Ar., XXIX : Sauaptm
te ne^na con la cavalla. —
28. Doro. Non subito dopo. Tra Bonifazie
e Clemente V venne Benedetto XI buon papa,
intento a rappaciare le toscane discordie. Mori
il ventisette luglio 1304. — Pomc^cts. Gm-
scogna eh' è al ponente di Roma. Par., XXVII:
Del sangue noUro Caonini e Guaschi 9mp-
parecrhian di 6fre. — Leggb. F^potsmnsalft
gè chiama il Petr. i Tedet»cbi.
29. Iason. Sommo sacerdote per fafOfa
d' Antioco usurpatore ; il quale avuto il
180 promesso da Giasone in mercede, lo
se dal sacerdozio. Mach. (l. Il):
Jaton . . . tummum eacerdotium . . . promittcm
ei talenta ... ex redditibut. SìmìI ptlto par
facesse Clemente a Filippo : favorisse l'elczioR
sua , ed egli trasferirebbe in Avignone la m*
de. — Molli. Un postillalure antico : vr^
mitit regi Franeiae quietjuid , ut esset p^ipm.
Altri smentiscono questa voce.
CANTO XIX.
Suo re, cosi fia lui chi Francia regge.
30 Io non so 8*1* mi fui qui troppo foUe ,
W r pur risposi lui a questo metro :
Deh or mi di' : quanto tesoro volle
31 Nostro signore in prima da san Pietro,
Che ponesse le chiavi in sua balia \
Certo non chiese se non : viemmi dietro.
32 >'è Pier né gli altri chiesero a Mattia
Oro o argento , quando fu sortito
Nel luogo che perdo \ anima ria.
33 Però ti sta; che tu se* ben punito.
E guarda ben la mal tolta moneta
Ch*e88er ti fece centra Carlo ardito.
3!h £ se non fosse eh' ancor lo mi vieta
La reverenzia delle somme chiavi
Che tu tenesti nella vita lieta ,
35 r userei parole ancor più gravi :
Che la vostra avarizia il mondo attrista
Calcando i buoni e sollevando i pravi.
36 Di voi pastor s'accorse evangelista,
Quando colei che siede sovra Tacque
Puttaneggiar co* regi a lui fu vista ;
37 Quella che con le sette teste nacque,
E dalle diece corna ebbe argomento ,
Fin che vìrtute al suo marito piacque.
38 Fatto V* avete Dio doro e d'argento ;
' 30. Potui. A contendere con mi dannato.
Hsimo. Più sotto: CanXana eoXai note*
— Di'. NoTcllino , LX : Rispot9 : or mi di^ ,
come , p9rdirò io ?— Tesoro. Is. : Dato tibi
tktiOMfwn»
31. GmAVi. MaUb. : Tibi daho elaves re-
§m eoelorum... quodeumqw tolverit ce. —
Dmrno. nati. : Seqwn me. In lotto il canto
spirano il dispetto , lo scherno: e abondaoo
le aUnsiooi bibliche per combattere gli avver-
tarii con le proprie loro armi. Ma ilP. toflie
e^l stesso fede alle sue parole col soverchia-
iMote ampUficare i difetti di quel Papi , col
quali era adiralo perchè non favorirono i
Ghibellini. .
33. Hattia. Eletto in vece di Giada. Act.:
Candii iort mpar Mathiam. Gita nella Monar-
diie onesto passo.
33. GciRDA. Ironico. Ad. : Pecunia tua te-
emm sif in perditionem. Or che tu pure se' in
borsa , or custodisci il mal tolto danaro ,
arato da Procida i er far contro all' Angioino
(ood' e' scrisse lettere a' congiurati con Pro-
cida , ma non le bollò con bolla papale ): o
pìatloslo il danaro che tu accumulasti onde
ti Tenne baldanza di volerti imparentare per
▼ia d'un nipote con la casa d' Angiò ; e ri-
fiatalo . le divenusti nemico , lo strìngesti a
rinunziare la dignità senatoria di Roma , il
ficariato di Toscana. Nicolò iU ingrandì i suoi
eungionii. ? l fece da Ridolfo imp. donare la Ro-
magna e Bologna. Voleva, dicesi» fare due regni
della Toscana e della Lombardia , per darli
a due suoi nipoti. Per lo rifiuto di Carlo d'An-
no , il qual disse non volersi imparentar con
on prete , e forse per l'oro di Procida , as-
eeail con iscritto a' diritti di Gostanza d'Ara-
flooa sul regno di Sicilia (Vili., VII, 94).
34. RITBBBN2IA. S. Lco: DigrUtasetiamin
haende non delicU, Monarch. : Illa ra-
• ^a* a A A .^ A *
«frvMfta /reCvf quam piuspUui debet patri ,
piu$ fikmi mairi , pi^ ùi Christum , pius in
eccl9$iam » ptof in pagtor$m , ptui in omnn
ehristianam religionem profiteniei. — Lieta.
Inf. , VU .' Nell'aer dolce che dal eoi t* aUegra.
35. Userei. Virg. : HU voeibui usa est. —
Attrista. Prov. : Conturbai domum guam ,
qui seetaiur avariiiam. — Calcanoo. Boel.:
Perversi residenl eelso lUores tolio, sanctaque
calcanl Injusta vice colla noeentes. Nel Con?,
e' si lagna , che per amore delle ricchezze i
buoni siano in dispello letali , e U malvagi
onorati ed escUlati.
36. S' ACCORSE. Vi scorse e giudicò profe-
tando. Inf. , XV: Non puoi faUire aglorioào
porto , Se ben m' accorsi, — Vangelista. Ven-
ne un de* sette Angeli che avevano le sette cop-
pe , e parlò a me dicendo : vieni. Io ti mo-
ttrerò la dannasione della gran meretrieeche
siede sulV acque molte , con la quale fornica-
rono i re della terra ^ e s'inebriarono coloro
eh* abitan la terra del vino della prostituzio-
ne sua. E mi rapì , in ispirilo , nel deserto.
E vidi una donna sedente sopra una bestia
di rosso colore , piena di nomi di bestemmia,
avente sette capi e dieci coma: e la donna
era vestita di porpora e color di cocco, e inr
dorata d* oro . . . E in fronte aveva scritto un
nome di mistero : Babilonia la grande, ma-
dre delle fornicazioni e delle abominazioni
della terra . . . Poi disse a me : l* acque che
Iti vedesti dove la meretrice siede, sono ipo-
poli e le genti e le lingue (che scorron com'a-
eque ). Apoc, XVll. — A lui. Virg.: Mi^t ...viea.
37. Quella. U P. fa loti'un corpo e della
gran meretrice e della gran bestia ; e Bossoet
nota che i due simboli esprimono sola una
cosa. Però dice colei, e poi quella. Del resto
grinterpetri nella bestia figurano d' ordinarlo
li peccato. — Argomento. Vale forma e mo-
do di governare, nel senso antico di qoesto
vocabolo. — Uarito. Al papa. Questo passo
è imitato dal Petr. ( Ep., XIX , 10).
'fiS. Dio. Osea , Vili : Argenlum suum et
166
DELL' INFERNO
E che altro è da voi alUdoIatre ,
Se non ch'egli uno, e voi n'orate cento?
39 Ahi CostantiD, di quanto mal fu matre,
Non la tua conversion , ma quella dote
Che da te prese il primo ricco patre !
40 E mentr ' io gli cantava cotai note,
O ira 0 coscienzia che '1 mordesse,
Forte spingava con ambo le piote.
ki V credo ben eh* al mio duca piacesse,
Con si contenta labbia sempre attese
Lo suon delle parole vere espresse.
aurum tumm feeirvnt tiH idoìa. Uo s. padre:
Avaritia est idolorum iervitut, S. Thom. : Si-
moniacut Deum idoUUram faeit , affknni
oMtrum idolo avaritia». Psalm.f Simulaera gen-
tàtm argetUum eC aurum, — Idolateb. Pro*
fste per profeta , ne" Gr. di s. Girol. -— Gin-
To? Nomerò indefloito.Alaoo, citato dall'Oli. :
Vavariiia è quella per la quale la pecunia è
adorata ìmIV anima da' mortali.
39. Mateb. L'osa anco l'Ar., e In antico
era par della prosa. — Dotb. Ben dice dote
poicbè disse marito.
40. SpniGAVA. Goizzava , tirava qoasi cal-
ci. — PioTB. Per piante , in Faiio (IV , 4),
t l'osano nel Piemonte.
41. EsPRBSSB. Non anunezzate maschiette,
&2 Però con ambo le braccia mi prese
E poi che tutto su mi s'ebbe al petto.
Rimontò per la via onde discese.
43 Nò si stancò d'avermi a sé ristretto ,
Si men portò sovra '1 colmo dell' arco
Chedal quarto al quinto argine è traget io.
44 Quivi soavemente spose il carco
Soave per Io scoglio sconcio ed erto
Che sarebbe alle capre duro varco.
45 Indi un altro vcdlon mi fu scoverfto.
e qoasi spreraote dal fondo dell' anima. Vìr-
gilio nemico dell' avarizia , e cantore dell' o-
nor d' Italia si compiace nello sdegno di VmMe.
42. Pbrò. Qoasi in segno d'affetto.
43. SI. Sin che. C. XXIX , 10: 51 fu par-
tito. — Colmo. Portarlo fin oltre il bisogno è
indizio d'affetto.
44. SoAVBMBKTB. NoTcllino , LX : Portm-
Iona in braccio molto soavemente. Petr. : JVo-
oa la schiera sua soavemente. — Sposb. De*
pose. Porg. , XX. Sponesti 'I . . . portato. —
SoAVB. Ovid. : Dttlca • . • onus.
45. Indi. Di là. — Vallom. Più grande ,
perchè di falsi profeti , maghi, indoYinl, sire-
goni era abondanxa a qae* tempi.
167
CANTO XX.
ARGOMENTO.
NMa gnaria gU auguri , i $criUeai , i venefici, gV indtmini. Hanno il eolio e
li tuta volli per forza dalla parie detta eehiena , onde cammiiutno a ritroeo , e
fuaréano dietro a sé , -perchè vollero veder troppo davante: roveeciamenio non eenxa
dolore. Altrimenli , troppi^ leggera eatibbe la pena.
V aradizione qai tiene il principal lao^ : la poesia qaa e là , come laee sprigionata
da BOTole acqaose » lampeggia. Stndiisi V eTidenza e semplicità dello stile.
Nou le terzine 3 , 8 , 10, 1ÌS, 16 » 17, 18 , 43.
1 Di naoTa pena mi cooYien far versi
E dar materia al ventesimo canto
Della prima canzon eh' è de* sommersi.
S r era già disposto tutto quanto
A riguardar nello scoperto fondo ,
Che si bagnava d' angoscioso pianto.
3 £ vidi gente per lo vallon tondo
Venir • tacendo e lagrimando, al passo
Che fanno le letane in questo mondo.
k Come'l viso mi scese in lor più basso ,
Mirabilmente apparve esser travolto
Ciascun dal mento e*l principio del casso
8
Che dalle reni era tornato 1 volto ;
E indietro venir li convenia.
Perchò '1 veder dinanzi era lor tolto.
Forse per forza già di parlasia ,
9i travolse cosi alcun del tutto :
Ha io noi vidi, né credo che sia.
Se Dio ti lasci , lettor, prender frutto
Di tua lezione , or pensa per te stesso
Com' i* potea tener lo viso asciutto
Quando la nostra immagine da presso
Vidi si torta che '1 pianto degli occhi
Le natiche bagnava per lo fesso.
1. Gauioic. Altrove la dice cantica. Nel
eercfaio degl' inetti indolenti il P. trova un solo
■odemo ; tralascivi, più antichi che moderni ;
tra' golosi , un moderno solo , e così ira gì' i-
raeoodi ; tra gV incredoli , cinque moderni ;
tra' violenti , moderni sei , quattro antichi : |
tra' soicidi , quattro moderni ; tra gli empii ,
tti aotico; tra* soddomiti , un antico, moder-
ai sette ; tra gli usurai , quattro moderni ; tra'
ruffiani , on moderno ; tra* seduttori , un an-
tico ; tra gli adulatori , un moderno e un an-
tico; tra' simoniaci , tre papi. Da che, vedia-
mo altre bolge essere destinate a sfogo de* suoi
piò caldi affetti , altre a mostra di storica e
morale dottrina. I^ quarta bolgia ha molti
dannati antichissimi , ed è piena di mitologica
; che a raccoglierne tanta in quel
tempo , bisognavano stndii non volgari ; e ad
esporla si chiaramente , rara fermezza d' in-
gegno.
2. ScovBRTo. Si scopriva a me stante nel
colmo dell' arco.
3. Al. Cosi diciamo: a pano lanto.— La-
TANE. Per lUanie ( Vili. , Il , 13 ) cioè proces-
sioni , perchè a queste cantavansi le litanie.
4. ScBSB. Inf., IV: Ficcarlo vita a fondo,
5. Tornato. Pone gì' indovini più sotto de
simoniaci , perchè qui la frode fatu al vero
è più grave: il simoniaco vende le cose di
Dio: l'indovino s'arroga un attributo dì Dio.
6. Parlasu. Per paraitfta. è nel Crescenzio.
17. Viso. Petr. : Non avrai ietnpre ii uiio
aeeiutto.
168
D E L L' INFERNO
9 Certo i'piangea, poggiato a un de* rocchi
Del duro scoglio, si che la mia scorta
Mi disse: ancor se*tu degli altri sciocchi?
10 Qui TÌvo la pietà quand* è ben morta.
Chi è più scellerato di colui
Ch* al giudicio divin passion porta ?
11 Drizza la testa, drizza, e vedi a cui
S' aperse agli occhi de' Teban la terra ;
Perchè gridavan tutti: dove mi,
12 Anfiarao? perchè lasci la guerra?
E non restò di minare a valle
Fino a Minòs che ciascheduno afferra.
13 Mira eh* ha fatto petto delle spalle. |
Perchè volle veder troppo davante»
Dirietro guarda, e fa ritroso calle.
ih Vedi Tiresia che mutò sembiante
Quando di maschio feoomina divenne ,
Cangiandosi le membra tutte quante.
15 E , prima , poi ribatter le con\ enne
9. Sciocchi ? Inf. , VII : O cnaiure tctòe>
che. Petr. : Non errar con gli tcioechi ; Aie
parlar, dice , o creder a lor modo.
10. Vive. Qoi è pietà non aver pietà , per-
chè scellerata cusa è portare le amane pas-
sioni neir esame dei divini giudizii. Inf. ,
XXXIU: E cortesia fu Itti eseer ttillano. Par.,
VI: Per non perder pietà si fs spietato,*- Cic,
( Cat. ) : Qwie potest esse in tanti sceleris im-
manitate punienda , erudelitas ?. . . Vtrum is
clemens ac misericors : an inhumanissimus et
crudeHisifnus esse tfideaturf mitii vero impor*
iunus ae ferreus qui non dolorem tuutn et
crueiatum dolore nocentie ei eruciatu tenive-
rit, Eccl. ( XII • 13 ) : Quii miserelntur incan-
tatori a ierpente percussol L'ottimo accenna
t simii passo di Giob.
11. Drizza. E' piangeva poggialo a un de'
massi. — Tbban. Anfiarao, uno de' sette che
assediarono Tebe ( an altro ne rincontram-
mo nel XIV ): era indovino. V. la Teb. di
Staz. — Bui. Par. ( XXX, 28): ittui. Staz. fa
dirgli da piatone : Quo limite praeeeps Non
licito per inane ruisJ ( Vili , 84 e 85 ).
12. Lasci. I nemici gli rinfacciavano con
ischerno la sua renitenza del venire alla guer-
ra. E' non voleva ; la moglie lo tradì. — Af-
VMRA (Inf. , V).
13. DiRiBTBO. Michaeas : Nox vohit prò
vitione erit et ten^rae . . . prò divinatione.
14. TiRBsiA. SUzio (Theb.) , e Ov. (Met.,
Ili ). — Membra. Col sesso cambiò e viso e
seno e cute e pelo. Ovid. ( Met. ) : Nam duo
magnorum viridi coeuntia titva Corpora str-
ptntum baeuU viokmerai ictu; . . U^e^iii viro
Li duo serpenti avvolti con la verga.
Che riavesse le maschili penne*
16 Aronta è quei ch*al ventregli 8 atterga,
Che, ne*monti di Luni dove ronca
Lo Carrarese che di sotto alberga ,
17 Ebbe tra bianchi marmi la spelonca
Per sua dimora , onde a guardar le stelle
E 1 mar non gli era la veduta tronca.
18 E quella , che ricuopre le manunelle
Che tu non vedi, con le trecce sciolte,
E ha di là ogni pilosa pelle»
19 Manto fu che cercò per terre molte,
Poscia si pose là dove nacqu' io :
Onde un poco mi piace che m* «scolte.
20 Poscia cbe*l padre suo di vita uscio,
E venne ser vr la città di Baco ,
Questa gran tempo per lo mondo gio.
21 Suso in Italia bella giace un laco,
Appiè dell'alpe che serra Lamagoa
faetui (mifahUel) foemina, septem Bgeraimh
tumnos». . Bereuuit anguUme isdem Forma
prior rediit,
15 Pbxnb. Per pelo , Tosa ftaor di rioM il
Petrarca.
Itt. Abonta. Come poscia Caìeemia. Lmbb.
( Phars. » 1) , Tuscos . .. Foftt ; ptormm ^
maximue aovo Arrune ineotmt du9rtù$ MOt-
nia léUnae , Fulminie edoetus motue ec. — d*4V-
TCBGA. Avendo ambedue il capo a rovescio,
Aronte che andava dietro a Tiresia voltafl
le spalle al ventre di quello. — Honga. Qei
in genere per coltivare. Inf. , XXVI : Dom
vendommia od ara. Roncare per rum§an dt
cevasi in luUa fin dal 762 (Marat., Moa.
rfonant. Fund. ). Tanto sono antiche la origi-
ni di nostra lingua.
17. Spelonca. Luni deserta. — Tbonca*
Non è senz' ironia ; come più su il : dove rm.
19. Manto. Viene ai sortilegi. Applica al-
la Manto di Tiresia quel che Virgilio dice di^
la luliana. Aen. (X , 198): Oenus... Fof^
dieae Mantus et Tuid /Usui amnis, Q^'inii-
ros matrisque dedit libi, Mantua ^ nomtn ;
Mantua dives avis , sied non genus oivum6ìiì
unum' Onde il P. : GUuomini., .che,,, tra*
no sparti S'aceoleero. — Ascoltb. Questa nar-
razione è forse posta in omaggio alla patria
del P. ; forse a pompa di cognizioni mitolo^
giche , storiche , geograCche.
20. Padbb. Tiresia. — Sebva. Poiché Te-
seo uccise Creonte.— Baco. Per Bacco; co-
me Brine per Brinni (Inf., IX).
21. Sebba. Divide T Italia da Germania.
Inf. , IX ; Quamaro Ch* Italia chiude, — Th
e A M T 0 XX.
169
Sorra Tiralli, ed ha nome Benaco,
9 Per mille fonti ^ credo, e più si bagna,
Tra Garda e vai Camonica . Pennino,
Deir acqua che nel detto lago stagna*
B Luogo è nel mezzo, la dove 'I trentino
Pastore, e quel di Brescia, e'I veronese
Seonar poria , se fesse quel cammino.
% Siede Peschiera, bello e forte arnese,
Da fronteggiar Bresciani eBergamaschi,
Onde la riva intomo più discese.
5 ivi convien che tutto quanto caschi
Qò clie*D grembo aBenaco star non può;
E faaai fiume giù pe'verdi paschi.
6 Tosto che 1 acqua a correr mette co,
Non più Benaco ma Mincio si chiama
Fino a Governo, dove cade in Po.
7 Non molto ha corso che tniova una lama
Nella qual si distende , e la impaluda ;
kui. V%T Tirolo ( Vili. , XII , 84).— B«ifA-
u Tiif . lo nomina ( Georg. , II ).
Si ^gna. Pennino si bagna dell' a-
I... Cioè mille fonti che poi fanno il lago
dall'Alpi pannine che Anno on trian-
la con Ganla e Valcamonica, posta alia ri-
•ccidentale del Garda.
13. Mazzo. Là dove il fiome Tignalga sboc-
■rl lago. La sinistra è diocesi di Trento, la
Un di Brescia , il lago tatto di Verona. An-
e l'Alberti (Italia) pone il detto conOne
pnsao. Altri per il luogo nel mezzo inten-
rboletta nel lago. -^ SE«NAa. I tre vesco-
poUcbbero esercitare insieme le loro fbn-
■I te moTessero tutti e tre Ano all' ultimo
line delle diocesi loro.
ÌIL Abxisi. Là dove la riva scende , è Pe-
tea. j^weee da armete ; qui io senso di
ca. Nella V. di s. Antonio , arnese dicesi
■ooastero. Tasso : Gasa • bello e fori» ar-
• As fronUggìare i regni di Sorta. — Fron-
muMm Far fronte. Peschiera era allora di
noBS: qoeslo cenno è forse dato per far
a gfota agli Scaligeri, il sito di Peschie-
Ita aampre stato teatro di geste importan-
(Joar. de l'armée , t. Il , p. 300).
IL Paschi. Georg. : Et quaUm infelix ami'
Mmijmo eampum , BuemUem niveos ker-
ì peimime eyenos.
0. Goviaxo. Oggi Govemolo. Castello po-
ni conaocote del Mincio col Po.
7. Lava. In Toscana son tuttora poderi
i Imm o vaUoni.
B. Passando. In un poema ined. del seco-
etfanoqoarto , della fondaiione di Gora si
e : FfMie Coraee oi^'vo a quuto monte.
E suol di state talora esser grama.
28 Quindi passando la vergine cruda
Vide terra nel mezzo del pantano
Senza cultura e d*abitanti nuda.
29 Li , per fuggire ogni consorzio umano.
Ristette co* suoi servi a far su' arti;
E visse» e vi lasciò suo corpo vano.
30 Gli uomini poi, che'ntornoeranosparti,
S* accolsero a quel luogo eh' era forte
Per lo pantan ch'avea da tutte parti.
31 F£r la città sovra queir ossa morte;
E per colei che 1 luogo prima elesse,.
Mantova V appellar senz altra sorte.
38 Già f Ar le genti sue dentro più spesso
Prima che la mattia da Gasalodl
Da Pinamonte inganno ricevesse.
33 Però V assenno ; che se tu mai odi
Originar la mia terra altrimenti ,
A)t ehs fuggì daUa tebana guerra ...E vedu-
to il eonUtmo che lo terra. E come è vago e
verdeggiafUe ognora, Fermom quivi e vi pian-
tò la terra; E la eineedimura. — Vbrgini:.
Poi s'unì al flume Tosco , dice Virg. ; per-
ché città etrusca era Mantova. Virg. .* Aepera
virgo. — Cruda. Non tocca. Grescenz. ( II ,
15 ) : Jl crudo campo sia tre o quattro voUe
arato. Staz. la dice innuba e Ubatriee di san-
gue, — Nuda. Cesare dice, nudare Uttora per
isguandr di soldati. Isaias , ( XXIV , 1 ) : r«r-
ram . . • mudabit . . . et disperget habitato-
res nut.
29. Aan. Arte valeva magia. Novellino ,
XXI : Gittaro loro incantamenti e fecero loro
arti. Stat. ( IV , 464-66 ) : Omnes Tsr ciroum
acta fyrat , sacri de more parentis , Semine-
ces hbras , et adhuc spirantia reddit Viscera.
30. Da. Virg.: ^liòae de nomine, dieti Albani.
31. Sorti. Gli antichi per dare il nome
alle città , solean trarre le sorli , e consulta-
re gli auguri.
32. Casalodi. Conti guelfi ; s' erano insi-
gnoriti di Mantova il 1272 : il ghibellino Pi-
namonte de* Bonacossi , nobile, conoscendo
quanto i nobili fossero odiati , persuase al
conte Alberto de' Casalodi rilegasse per alcun
tempo i gentiluomini stioi aderenti eh' erao
più forti. Questi lo fece. Pinamonte col popò-
io uccise gii altri nobili tutti , e si fece si-
gnore. Dante ghibellino, non loda il tradi-
mento; ma chiama stolto il Guelfo tradito.
V. Mur. , R. Ital. , t. XX (Hist. Mant. ). ^
RiCBTBSSB. Questa frase è nelle prose di D.
Armannino : Àr tirannia forza ricevevano.
33. Odi. Ar. (XIII, eS) : E se n' udite mai
22
170
DELL' INFERNO
La yerità nulla menzogna frodi.
3h Ed io: maestro, i tuoi ragionamenti
Mi son si certi e prendon si mia fede
Che gli altri mi sarien carboni spenti.
35 Ma dimmi della gente che procede.
Se tu ne vedi alcun degno di nota ;
Che solo a ciò la mia mente rifiede.
36 Allor mi disse: quel che dalla gota
Porge la barba in su le spalle brune,
Fu , quando Grecia fu di maschi vota
37 SI ch'appena rimaser per le cune,
Augure ; e diede 1 punto con Calcanti
In Aulide a tagliar la prima fune.
38 Eurìpilo ebbe nome: e cosil canta
L'alta mia tragedia in alcun loco.
Ben lo sa' tu che la sai tutta quanta.
far altri Sfridi , Direte a ehi U fa ekemaln'è
istrtUto, Qaanto più nobile in Dante I — Fro-
di. Questo racconto può conciliarsi con le cose
dette Dell'Eneide : l' avviso dei P. cade sopra
altre origini eh* e' teneva per false. Per es., da
Tarcone toscano.
34. Carboni. Siccome nel salmo CXIX , 4,
i carboni dinotano lingue potenti al nuocere;
così nel nostro i carboni spenti dinotano pa-
rola impotente.
35. RiPiBDB. Torna a ferire, t mirare Porg.,
Wl : La gente, che siui auida vede Pure a
quel ben ferire ond^ elV è ghiotla.
36. Quel. Viene agi' indovini. — Vota. Tatti
aU' assedio di Troia.
37. Calcanta. Virg. ( Il , 114 ). — Aulide.
Aen. (IV, 426). — FcNB. Virg.: Torto$que
incidere funee. Per talpare,
38. Canta. Aen. , II : Eurypylum seitaium
oraeula Phoebi Mittimue. — Tragsdìa. L' E-
neide. Commedia chiama la propria come poe-
sia più dimessa , al soo credere. — Alcun.
Per un . come più giù alcuna volta,
39. Poco. Esile , modo vivo in Toscana.
— MicnsLi. Indovino a' tempi di Federico
li , maestro in negromanzia al dir del Boc-
caccio. II SQO nome è celebre ancora in Iseo-
zia. A>cva , dicono , tanli spiriti al suo co-
mando che non sapeva a che lavoro occuparli.
iD Qua notte gli fecero un argine che porta-
va ancora il suo nome, li mise da ultimo a
far delle funi con sola rena: e ci lavorano
ancora. Michele era tra' negromauti uno de'(>iù
39 Queir altro che ne'Ganchi è cori poeo»
Michele scotto fu, che veramente
Delle magiche frode seppe il giuoco.
kO Vedi Guido Bonatti ; vedi Asdente
Ch* avere inteso al cuoio e allo spago
Ora vorrebbe, ma tardi si pente.
41 Vedi le triste che lasciaron V ago.
La spuola , e 'I fuso , e feoerti indorine;
Fecer malie con erbe e con Inuiffo.
hi Ma vienneomai , chegiè tiene Icooline
D' amenduo gli emìsperi , o tocca Tonda
Sotto Sibiiia, Caino e le spine.
i3 E già iernotte fu la luna tonda.
Ben ten dee ricordar, che non ti
Alcuna volta per la selva fonda.
kk Si mi parlava ; e andavamo iotroefOB
ionoeni e buoni. Tradusse io lat. Il llb.#À'
rist. degli animali.
40. Guroo. Indovino di Forlì, Il «(intocoi
le sue arti favorì le imprese di Guido di Ita
tefeltro ; cooperò , dicesi . alla vlitorta » é
cui oell' Inf, , XXVII. Abbiamo di lai m U
bro soli* astrologia giudiciarìa. •» Ai
Onv. : Asdenie , il coli ofatò di Fanmm»
41. Bill. Le maghe adoperavano ad li
tesimi erbe od imagioi ( Virg., Ecl., Vili]
Hor. ( Sat.p I, S)iLanea et efflgiee enu» d
Cam Ci rea . . . Herbae , ot^tta i/noanteHm iim
He Vineula.
43. Confini. La luna è per tramoolaiv di
nostro emisfero , e tocca 1' opposto , cM 1
mare sotto Siviglia di Spagna , oecldamil
rispetto all' Italia. La luna invisibile tà da
P. toccava l'occidente: dunque il dì cUnav
Iai P. , e nasceva nel nostro emisfero. Bee
passati due giorni. — Onda. Virg. : Si me
det in unda*. — Caino. Credeva il vol§9 I
macchie della luna esser Caino che iMab
una forcata di spine ( Par. , II ).
43. NocQui. Ti guidò innanzi che il tal
sorgesse. — Fonda. Virg.; SaUueque nyiÀa
di. Creso. ( X, 33 ) : Stepa fonda. Bocci; ; M
diiiime selve.
44. Introcqui. Intanto , inter hoe. Asili
voce fiorentina , usata dal volg. di IM
Dante la condanna nella Volg. Eloq. DI m
si vede che il suo poema non è scritto Mi
lingua detta da lui cortigiana.
171
CANTO XXI.
ARGOMENTO.
Netta {«Ma i baraitierij miro un lago di p$e$ bctten^e. Il P. vede venire
pcrtaio da «m demonio un magiitrato lucchese. Comieo tuUo U canto : la fessura ,
farzaiià» il diavolo gobbo, l'anziano non di Lucca, di §• Zita, t ironia di Emm-
turo j le enlee parole de* demonii graffiatari , la similitudine de* cuòchi, la bugia del
pnqioslo , la pittura del doppio terrore di Dante , que* nomi diabolici » la trombet-
ta, emd cosa dimostra che Dante eui barattieri voile versare lo scherno, e sprezzare
cofi f accusa de* suoi nemici , che come barattiere lo cacciavano da Firenze.
Hota le terxine 4 alla 10; la 12; la 14 aUa 19; U 23» 24, 31, 32 , 34, M, 38 39,
40, 44, 46.
i Coni di ponte in ponte , altro parlando
Chela mia commedia cantar non cura ,
Venimmo: e tenevamo 1 colmo quando
i Ristemmo per veder 1* altra fessura
IN Malabolge, e gli altri pianti vani:
E Tidila mirabilmente oscura.
i Quale oen*arzanà de* Viniziani
Bolle r inverno la tenace pece
A rimpalmar li legni lor non sani
Che navicar non ponno; e'n quella vece,
Chi fa suo legno nuovo, e chi ristoppa
Le coste a quel che più viaggi fece,
1. PoMTB. Dal ponte eh* é sopra la qaarta
e qoel della qainla. — CohubdIa. Loo-
Tmti sono que* versi d* Omero in cui
\mtnìm diseom delta vita domestica d'
VMtm 9 rmeeonto eh* è una tpecie di comme-
dm ém cm ti dipingono eostumi ( trad. di £.
n^aldo). — ^Tbnbvaiio. Virg. : Titta tenebam,
2. FassumA. Valle, fossa, buco, la chiama.
— MimABiuainni. Y,Huoy si MaravigUosamen-
te trisu,
3. ArxahìL yoee Yeoeta. Questa similiiu-
djop accemia forse alla politica veneta, tutta
bwatterie.
4. CosTS. Virgilio le chiama laterum com-
f^fss-
9. RisTOPFA. Per fattoppn: il Redi.
5 Chi ribatte da proda, e chi da poppa ,
Altri fa remi, e altri volge sartOj
Chi terzeruolo ed artimon rintoppa ;
6 Tal, non per foco ma per divina arte,
Bollia laggiuso una pegola spessa ,
Che *nviscava la ripa d' ogni parte.
7 r vedea lei , ma non vedeva in essa
Ma che le bolle che 'I boiler levava,
E sgonfiar tutta, e riseder compressa.
8 Mentr* io laggiù fisamente mirava,
Lo duca mio« dicendo : guarda! guarda!
Mi trasse a sé del luogo dov'io stava.
6. AaTB. Wirg.: Divina PùHadis arte. —
Pboola. Perchè questo è vizio contagioso; o
perchè la mente del barattiere -è in continuo
fermento di frode : in calliditate et dueptione
buUit , cosi Pietro di Dante. Dicesi tuiuvia
aver le roani impeciate o sporche chi riceve
o piglia mal guadagnato danaro. Ma rid«a
del tormento e' l'avrà forse attinta dal virgilia-
no : Pbt piee torrentes atrague voragine ripas,
7. Vedeva. Le tenebre figurano l'arti sa-
crale de' barattieri. V Anon. così la definisce:
QuéUa frode per ta ifuats V uomo inganna e
baratta la rep, , e la sua patria in comune ,
o in particutaritade» — Ma chs ( f nC , IV .
9 ). — aiSBDsa. Virg. : Qua vi maria oHa
tumeteant.., Rursusque in teipsa residatU.
172
DELL INFERNO
9 Allor mi volsi come V uom cui tarda
Di veder quel che gli coDvien fuggire,
E cui paura subita sgagjiarda,
10 Che, per veder, non indugiai partire:
E vidi dietro a noi un diavol nero
Correndo su per lo scoglio venire.
1 1 Alìi quant*egli era nell* aspetto fiero I
E quanto mi parca neir atto acerbo,
Con r ale aperte, e sovra i pie leggero !
12 L'omero suo eh* era acuto e superbo,
Carcava un peccatorcon ambo l'anche.
Ed ei tenea de* pie ghermito il nerbo.
13 Del nostro ponte, disse, 0 Malebranche,
Ecco un dc^li anzian di santa Zita:
Mettetel sotto, eh' i* tomo per anche
V* A quella terra che n' è ben fornita.
OgniuomVèbarattierfuorcheBuonturo.
Del no per II danar vi si fa ita.
1 5 Laggiùl buttò, e per lo scoglio duro
Si volse : e mai non fu mastino sciolto
9. SÒAGLiARDA.Ov.: Ftres iubirakU ip$e timor.
11. AcBRBO. Ar., XXX: E ti dtmof Ira li nei
vi$o acerbo.
12. Superbo. Virg.: Tìlmrque iupwìmm:
Era un diavolo gobbo , aceiocchè meglio vi
slessero insellati i rei cli'e*porUva.
13. Anzian. Dice l* Adoq. che In questo
canto si tratta dei barattieri in libera rep. ;
nel seguente di que*che vivono in corte de'
principi. OtC: Anziano è un uffizio per Ucit-
tadi, mauimamente di Toscana ...il quale ha
speziale cura del governo deUa eiitade^ e che
ella sia bene rHta per fa' rettori forestieri , e
eh* ella non sia appressata da' potenti. 11 Bull
dice essere on Martino Bottai; e l'Anon. dice
che nel 12^ era in carica, e mori all' improv-
viso. — Zita. Vergine lucchese , patrona del-
la città, venerata in a. Frediano. — Psr. Ar. :
ì\ìrtame via non ti vedea mai stanco Un veo-
càio, e ritornar stwMre per anco.
11. Barattibr. Cosi dieevasi chi vendesse
altrui degli atti del proprio uffizio, e truffasse
ad ogni modo ndlepubDllche cose. Pietro di
Dante distingue le Mratterìe che si fanno giMt-
cando, giudicando, amministrando. — Buontu-
HO. Ironia. Qui non accenna al tradimento da
costui commesso nel 131 5, quando fece sorpren-
dere i Lucchesi da' Pisani; e già il canto era
scritto prima di quel tradimento: se no. Dante
V avrebbe piuttosto che nella pece cacciato
nel ghiaccio. Il Loecbesinl qui vuole sinteoda
un Buonturo poverissimo, e dalla povertà tolto
al pericolo d'efoerobaiattiere (Giom. diPiM,
Con tanta fretta a seguitar Io furo.
16 Quei s'attuflò, e tornò su convolto :
Maidemonchedel ponte aveancoverchlo
Gridar: qui non ha luogo il santo Volto:
17 QuisinuotaaltrimenUchenel Sercbio.
Però se tu non vuoi de*nostri graffi.
Non far sopra la pegola sovercnio.
18 Poi r addentar con più di cento raffi ;
Disser: coverto convieo cbe qui balli ;
SI che, se puoi, nascosamente accaffi.
1 9 Non altrimenti i cuochi a'ior vaastlli
Fanno attuffare in mezzo la caldaia
La carne con gli undn, perdiè dod galli.
20 Lo buon maestro : acciocché non si paia
Che tu ci sii, mi disse, giù t'acquata
Dopounoschcggiochealcun scberrooHiaia
21 E per nultoffension cb*a me tit fatti.
Non temer tu ; ch'i'ho le cose conte »
Perch' altra volta fui a tal baratta.
22 Poscia passò di là dal co del ponte :
t. XIX, p. 216). Meglio la prima. Todi di W,
Mur. (R. It., X); Mussato (III, D.
15. Duro. C. XIX: Che aorattt «Ut copra
duro varco. — Furo. Ladro ; 4 ndla V. di
s. Girolamo.
16. GoxYOLTo. L'usa rott.-»ToLTO. L'ef»
figie del Redentore, alla qualt I laoi Lioehe-
si si curvano come tu fai nella poaa. 11 Tolto
santo è tuttavia venerato in •. Martino di Loc-
ca ; e credevasi opera d'angelo. Hel Poenaliii
prof liti Tuseiae (lib. I), on Lttcebeae giva:
Psr faeiem sanctam, pereorpm ti eMpm
17. Sbrchio. Fiume vlcuw a Locca.
18. AccAm. Naacocamcnto iqU , al
facesti in vita. L' osa il Sacch.
19. Cuochi. ArmaoBlao, de* bugiardi o je-
minatori di scandali : Ttsifant eC
gli fa rivolgere sottosopra oogU fjmmii fittot-
ni. Come cuochi per cuocere
ncUa grande caldaia quando Mio:
non ,/lfiafio dì voltargli. — Vamumm» far «r
vi. È nella V. di s.Margh. — aAiiJ.firf«i>
leggi. È nel Roti.
30. Dopo. Dietro. Virg. : AmC caracca kit-
has. Novellino , XLVII: Sra dopo la panie.
— H AIA. (Par., XVII, 47). Scoglio ch'abbia
per te qualche schermo ; o : t' acquatta , ri
che tu t' abbia qualche schermo.
31. Altra. G. IX , 9. Scendendo al cer
chio di Giuda passò pure per quello diTka-
rattieri.
122. Co. Passato il # quinto poata » gtoaii
sull'argine sesto.
CANTO XXI.
173
E com' ei giunse in so la ripa serta.
Ucstier gli fu d'aver sicura fronte.
iJ Con quel furore econ quella tempesta,
Ch* escono i cani addosso al poverello
Che di subito chiede ove s' arresta ;
'ì\ Usciron quei di sotto*] ponticello,
E volser centra lui tutti i roncìgli :
Ma ei gridò : nessun di voi sia fello.
j5 Innanzi che l'undn vostro mi pigli.
Traggasi avanti V un di voi che m' oda ;
E poi di ronciglianni si consigli.
2G Tatti gridavan : vada Malacoda.
Perch'un 8imosse,e glialtristetter fermi:
Evenne a lui, dicendo: che^i approda?
27 Credi tu, Malacoda, qui vedermi
Esser venuto, disse 1 mio maestro,
Securo giada tutti i vostri schermi,
28 Senza voler divino e fato destro ?
Lasciami andar : che nel Cièlp è voluto
ChTmostri altrui questo camoAi silvestre.
29 Allor gli fu Torgoglio si caduto.
Che si lasciò cascar V uncino a* piedi ,
E disse agli altri : ornai non sia feruto.
30 Elduca mio a me : o to che siedi
Tra gli scheggion delpontequattoquatto,
Sicuramente ornai a me ti riedi.
31 Perch'i*mi mossi e a lui venni ratto.
E i diavoli si fecer tutti avanti.
Sì eh' io temetti non tenesser patto.
32 E cosi vid' io già tener li fanti
Ch'uscivan patteggiati di Caprona,
Veggendo sé tra nemici cotanti.
33 Tm' accostai con tutta la persona
Lungolmio duca, e nontorcevagli occiìi
Dalla sembianza lor ch era non buona.
3& Ei chinavangli raffi, e: vuoichT'ltocchi,
Diceva Tun con Taltro, in sid groppone?
E rìspondean : si, fa che gliele accocchi.
35 Ma quel demonio che tenca sermone
Col duca mio, si volse tutto presto,
E disse : posa, posa, Scarmiglione.
36 Poi disse a noi:piùoltreandarperquesto
Scoglio non si potrà, perocché giace
Tutto spezzato al fondo l'arco sesto.
37 E se l'andare avanti pur vi piace.
Andatevene su per questa grotta :
Presso è un altro scoglio che via face.
38 ler, più oltre cinqu'ore che quest'otta,
36. Halacoba. Il nome è presagio che la
cosa dovetaescire a mal fine. Gli. Per et;
eone nel X del Porg. — Approda ? Che gU
sarà nud a fnno, a prode, il ptiiare pertal-
fanl da' diavoli ? Ovvero : c^ gU fa v$mr9
^mospAf Fìir. (XXI, 19): Fammi nota La
ctfion dba t^^^ni$o mi Vaeeosta. Approdare nel
«easo di giovare è nelle Cron. pistoiesi.
37. ScHBaiii. Dt quanto opporreste per
isclwnnirvi dal darmi il passo.
SB. Setcsa. Virg. : Haud equidem «ina mat-
te, taor, «ifif fiuffitne divùm , ec. — DasTao?
Propiiio : in Virgilio più volte. — Voluto.
Ini:, V: Vuolii coti co/d. ~ SiLTisrao. An-
cte qui tUvutro per orrido ; e lo dice nella
bolgia de* rei di delitto civile. NeUaVolg. Eloq.
^liaUngaa i modi silvestri dagli urbani. La voce
mkta era solenae simbolo a Ini.
SO. Caduto. Boce. : SubiìamtiMB lo adeguo
aatfvCo. Liv.: ira eaàU,
31. Tbhbssbr. Ar. , XXIX. : Ma penta poi
a wom fenart ti patto. Petr. : Twnr fedi. Quan-
do disse : Non na fwruto,
33. Pattsmuti. L* usa in simil modo G.
ViUani.— Capiona. Castel de* Pisani sull'Ar-
no. 0iioiido , dice l' AnoD. , la fenderono a
patii , M<«e la pinone § tmtte U cote da*£iie-
chm f da' /torenftiii » It cori aro a vedere :
onde perch* ellimo oioeano già fa^ di molti
maU a parte guelfa , temerono il furore della
minuta gente. Nel 1389 in agosto i Lucchesi
osteggiarono e con li cavalieri e pedoni di Fi>
renze e della campagna di Toscana : ed es-
sendo sopra a Caprone li fanti, com'ò detto,
si renderono. Dante, a quanto pare, era pre-
sente.
33. Tutta. Inf., X: ifaccotfat, Temendo,
un poco più al duca mio, — Lungo. V. Nuo-
va (p. 70) : Vidi lungo me uomini aUi quali,.,
35. Scarmiglione. Quasi cupido di scarmi-
gliare, e scompigliare persone e cose.
36. Scoglio. Nella dirittura del ponte da
cui venite , non potete proseguire , perchè il
sesto ponte in questa linea è rotto: ma pote-
te andare per argine e troverete un ponte in-
tero da cui passare. Qui il diavolo mente
(XXIII , 46). E Virgilio che rutto »a, ch*era
stato fino in fondo all' Inferno , gli crede.
37. Grotta. 1 massi dell'argine erano ca-
vernosi. Nel I del Purg., grolla cjiiama le io-
fersali.
38. Ibr. Se agli anni 1366 corsi dalla mor-
te di G. C. al momento in cui parla Malaco-
da , s'aggiungano i 33 della viu di Cristo ,
e i pochi mesi dell'anno 34, nel qualee'morl,
s' avranno 1399 compiuti , e i pochi mesi sono
al roano del 1300. — Otta. Vive nel eon-
udodi Firenze. Quell'ora era la prima del gior-
IW
DEL L- INPERNO
Mille dugcnlo con ecasanta sei
Anni compier, clieqni la via fu rotta.
39 Y mando verso là dì qii^ti miei
A riguardar s'alcun se ne sciorina ;
Gite con lor, ctivrioii saranno rei.
kO Tratti avanti, Aticiiiiio. eCalcabrina.
Cominciò egli a dire, e lu, Cagnaziu:
E B^rbnriccia puidi la decina.
41 Liliicocco veiinn oltre.e Dragìiignaizo,
Cirjutto saomilo. elìratOacane,
E Farfarello, e Rubicante pazzo.
42 Ctircste inltjnio lu bollenti pane.
Coslor sien salvi insino all'altro echeggio
Che tulio 'ntero va wvra le tane.
no , pG.C.inDrl nella sesta. — Botta. Uali.,
XSVII i Harc. . XV : ftlro» trùiaa tvnt . . .
£l faeta hora ittta. La visiunc donque eo-
intnciB nel venerdì santo, e l'«ra )n cui Dante
ern Ira'baraitieri , é la prima dcldl. L'Anan.:
/uni f J. eon/iiiBiori. nocnoieiuli li tuoi di-
ftUi il dttin vantnlì Manta, per akuna ammtn-
ila macini 'r<iM(ii Imanu opera,
3U. Sgiobin*. La roba tulfata si «ciurlno :
c'»l gì' immersi nrlla pere, a collieto !ic at
levano all' aria. —Rei. Fuc-aoii : JVuiua Ji
fui ria fallo.
40. Alichino. Pronto ■ chinar l'ali per yn^
lar snils p«ce cuntro i dannali ; ciii fa nel caule
«eguenlc. — dcKJiiio. Dal colore del viso.
— IÌAHI4B1CCU. Da bario, l'iù straiii nami
di diatoli adopra nell'Adamo l' Andreinì .- Ar'
n>pat , Huspicanu , Uniloso . Lurcooe, ch'i pre-
so da' Teilesclii lurchl [laf., Wll).
41. Liticocco. Da Libia; ne'cui deserii el
credeva abitassero molli demonii : come «et-
roceo 4a Siria. — Dragbighaiio. Da drago.
— Chiatto. Da ehirot greco, porco, cos) fu
•ieuo auto nel meilio evo.- onde il P. lo feee
xannato. Ar. { \\ì Ij, SU): Al (lualttucia Ho-
gii puri* una iiiiiiiii come a porco. — Pak-
CAHBLLo. Forse iJt fvrfiire, o ilnl tedesca t'ur^
/iiUen , quasi furfante { V. Ducauge , Forfal-
Iium). — Rdiicantb- Uà rubar. Simile al Ca-
b'Dazto. Il Rossetti *ede in Malebraucbc un
Manno Branca , poiestà di Firenie nel I30J,
i|uando il Card, da Prato tenne indarno a ri-
conciliare i Neri co'BUnchi. e quelli alava-
no alieDdendD 1" esito a Trespiano. Vede in
■ irtffiacane un HaiTacani. allora priore. Le al-
ire coagetlure bi.uo antor più cuntorte.
*ì. 1?j,xs. Dalla ùacosiU della pece. Bqc;
43 Onie! maestro, chcèquelch'i'vcggio?
Disg'io. Deh senza scorta andiamci soli.
Se tu sa' ir; cli'i'. per me non la cheggio.
44 Se tu ^c'sl accorto come suoli.
Non vedi tu cli'u' dit^ri^nan lì dpoti ,
£ con le ciglia ne minacciali duoli?
45 Là e^li a me : non vo'che tu paventi;
Lasciali dij^rignar pure a lor senno,
Ch' e' fanno ciò per li lessi dolenti.
46 Per l'argine sinistro volta dienno :
Ma prima avea ciascun la lingua stretta
tk>'denti verso lor duca, per cenno.
47 £d egli avea del cui fatto trombetta.
Ittviirata in f omoroia pone. — Salti, irontat
raec'i mandai Ione ; che tatiro lehtg^ non era
intero. Questi dìatoli somigliano un po' a
Uelìstofele.
40. Sinistvo. Fra I» festa bolK>a e la tt^
lima. — Stuitta. Vedeiiilo che Virj^ilio erv-
de Illa raeoiu([na , essi in atto dì belh , giut-
diudii Garbariccia , meltoii Tuori un poco la
iRria, e la striDgon co'denti. Alto non dt*
iiiile nel e. .^IV. Fa sempre vili ì rei dì col-
I a coi sia ini-emivo il danaro.
47. TaonaKTTA. Heiru di Danle : Vi oH»n-
dal IVTjia tnotei el oclua Aonim laliitm. Si
txr.u$alur latia dietrt, ut fioda , «ojiUMt h».
ducerà aii^id ttirtuotvm per atiqiàam indt-
cenlem r*;ini»enla(JDneni , ul ait Thomat m
primo IKiiltTiorum, Bello in igucslo canto k
multe similitudini. Sembra quasi che, dopo
sraggiata nel XX orudiiiune profana, e nei
XìX doltrioa sacra e poetico sdegno, in iid»
sii due voglia riposare la propria meulct de'
lettori con iuiagini che ben s'eddicooo «1 U-
lulo del poema, All'aiidiia del secondo canta
abbiamo cosi veduta snccedcre la belleua del
no ; e alle eDumeraiiont drl quarto la grali-
* poesia del segnenie; e alla disputa sulla
orluna il Turur dell' Argenti , e n questo U
innta dell' Angelo , e le scene del Farinata
del Cavalcanti ; e dopo la scolastica ptMi-
une del e. XI e le enumeraiiuni del Xil.il
nto dCsaieìdi; e dopo la descriiioue de*
lini d'Inferno, la scena con UrnneUoeeoi
t Fiorentini ; e ianenii alla tromba che sno-
I pc' simoniaci , la hceta lappresentaiiuM
ihile
, d'Alessio, di laide- VarieUi mi*
[ pensata ; se ioavvettiia , più
L
J
CANTO XXU.
ARGOMENTO.
I^aiMO co' demonii tungn l'argine, t vedono i barattieri ballonzolar niHa pe-
m Natarreie i afferrato dal rampino d" un diavolo : e racconta di due Santi
vleini IMI. // retto dtt canto è eomico quasi tulio; con cinque timililudini belle.
Sti n ha t atiro canta: nel primo due. una ntl itcondo , tre nel terzo , quattro
M< minio , una ntl tetto . nrl netlimo due , due nrll' ottavo ; net nona tre , imÌ
duodteiiai due , tre nel deeimoterzo , due nel dtcimoquarto , quallm nel quintod»-
cimo . nel ^ettodeeimo quattro , otto ntl decimoirttimo , due nel decimotlatio , tei
net dieiannoventno , ntl vìgttimo una. Altre delle timililudini danteiche nono ad
dtuttrare il concetto , altre a pompa d" erudizione milolagica o 'lorica , altre ac-
ceimano a falli eontempuranti , alire alC uomo itUtriore , altre imitate da antichi.
1 I" vidi giè cavalier muover campo.
E comincidn: slormo, e far lor inustm,
E tal Tolta partir per loro scampo.
ì Corridor \idi pir la terra vostra,
O AretÌDi ; 0 vidi gir gualdane .
1. Stomìo. Combiiltimenlo. Vjll. (I, 12}:
JbniMa Cniua tua moglie allo ilomio di'
9neL Circa i|iieMi «di di guerra l'AnuDlmo
fili Vttetiu. — Ho9TkA. HasstgDa.
%. Vo«TaA. Questo dell' iposirors improf-
irtM è modo rìuiiiliare • Virg. : Farvoqui pò-
ttmltm Fabrieium T vel It luleo. Serrane, te-
mtUat t Accenoi qui ror»e alle trequeoit teor-
nri* cbe Tacevano i PinrcniiDi in i|a«l d'Arei-
ni,* qDfsIt • rfncoDlro: onil« pui ladii>r«ila
ll>tMiina del 1309. Il poatlll. del codice Caci.:
Tim^ tir Metto . quia antif uìIim Ma civUat
qaando crai in flora, dattal te muUit tpeela-
fti» «al Itdit: «l etiam fuerunt mutloi pur-
timUtUie 1 teditionti in itla : «t ttantet nt
yaril M tonifiuri jvvettiulu. — Guii.ntNC, Bu-
ll : Caealtal* It i/uali >j fanno nel tarmo de'
tunàti a rubar» a ardere e pigliare prigiOHi.
M. Vlllaol ; Tennero otluctntQ eavaiieri alfe
fronliert di FuUtariui. e raffreimvano alqitan-
M I* laro ijualàlant. Vcge^. : in guatdana va
&KHdo mvanJa. Ualispiui .- Ciin Tiiuiii di
Ferir torneamenli o correr giostra,
SQuando cor» trombe, eqii»mlr> concampane
Con tambuii , e con cenni dì castella ,
EcoR cose nostrali, e couislriiae;
k N^ già . con si diversa cenoamidla,
finii in gualdaaa giucando. — Fsua. No'cl-
lino , LX: l/n torneamenlo laici a voi fedire.
BuLi : Glutini i '/uaiiJa l'uno catiaJtera curra
contro r altra culi' atte braccate con farro di
Ire punta , dove non ii eerea vittoria la non
detto teovallurc : « in guado è differente dal
lurneomanto duna ti eantbatta a /ino iti morta.
G. Villani : Ftcttene gran fatte a bette gioitre.
3. Campane- Ai carrocci era appesa per io
più una campana. 1 lioieotini l'avevano- Vili.
( VI . Ti): Ponevaii in tu uno cotlcKo di le-
gname in tu ut iiarro . e al luono di quetta
li quidava fotte. — Taurcbi. L'esp. de' Stimi
traduce in lynpanit et piuKenii; nel tambu-
ro e uel salterò. Qui nota il Buii : Prtmluivi
cammino con luont di tamburelli . di eon'i .
di naeeate. Sacchetti: Già irom'ee trombet-
Itnt Svagliont a nuccAerini fer li nemici cor-
ni a lam6ufelli. — laTBANB. Intendo Tur» usi
rrancesi e tedeschi , cb' egli arri iroppu ve-
duti in lUlia.
4. UivEtSA { Inf. . VI , a ). — Cesnawsi lA.
1
4
176
DELL' INFERNO
. Cavalier vidi muover né pedoni.
Né nave a segno di terra o di stelh.
5 Noi andàvam con li dieci demoni.
Ah fiera compagnia I Ma nella chiesa
Cessanti, e in taverna co* ghiottoni.
6 Pure alla pegola era la mia intesa
Per veder della bolgia ogni contegno,
E della gente eh* entro v' era incesa.
7 Come i delfini quando fanno segno
A' marinar con l'arco della schiena
Che s' argomentin di campar lor legno ;
8 Talor cosi ad alleggiar la pena
Mostrava alcun de* peccatori 1 dosso,
E nascondeva in men che non balena.
9 E com* air orlo dell'acqua d'un fosso
Stan li ranocchi pur col muso fuori ,
SI che celano i piedi e l' altro grosso ;
10 SI stavan d'ogni parte i peccatori :
Ma come s'appressava Barbariccia ,
Cosi si rltraean sotto i bollori.
11 lo vidi, ed anche'lcuormi s'accaprìccia
Uno aspettar cosi com* egli incontra
Buti : Strumento musico che si tuona eolla
bocca, Tav. Rit. : E fa sonare trombe e cen-
namelle; e fa sonare le campane a martello,
Sari, da s. Cooc. : Cennamelle e salterii fan-
no soave melodia, — Segno. Taitod) Delle
navi molti ordini si danno asuon di campana.
5. Chiesa. Proverbio che traduce in certo
inndo quello de* Salmi : Cum sancto sanctus
crii , ec. Più sotto , altro proverbio triviale:
Tra male gatte, ec. Poi: Grattarmila tigna.
Comico ogni cosa.
fi. Contegno ( Inf. , II, 26).
7. Segno. Virg. : Aeriae dant iigna grues,
— Arco. Virg.: Delphinum similes^ qui . . .
Carpathium Libycumque seeant , luduntque
per undas. Buon. ( Fiera ) : Come di pioggia
son segno i delfini. Altrove: E'I saper ben far
arco della schiena, *
9. Ranoccoi ( Inf. , XXXII ). — Gaosso
( Inf. , XIX, 8}. Paragona il balzar de' dan-
nali a quel dei delfini ; il loro mettere fuori
'1 rapo , allo star de' ranocchi.
11. Uno. Ciampolo. Dice l'Anonimo : Ba-
stardo (l'iina vile persona, e prodiga, — Spic-
cia. Boti: Salta sotto V aequa,
12. Aeronciguò. Inviluppò coli' uncino. —
Lqntra. Leggiera molto. Ar. ( XXX , 5 ) :
Perchè sa nuotar com^unajontra , Entra nel
fiume,
13. Eletti ( e. XXI , 39 ).
14. RuBiCANTS. Vtr ro$9§ffgittnte , osa VOV-
limo qnesta fo€« ( I. II, p. 529 ). E perché
Ch* una rana rimane e V altra spiccia.
12 E GraiDàcan che gli era più di centra.
Gli arroncigliò le*mpegolate chiome.
E trassel su , che mi parvo una lontra.
13 l'sapea già di tutti quanti*! nome ,
SI li notai quando furono eletti ;
E poi che si chiamare , attesi come.
ìk ORubicante , fa che tu gli metti
Gli unghioni addosso si che tu lo scuoi ,
Gridavan tutti insieme i maladetti.
15 Ed io : maestro mio , fa, se tu puoi .
Che tu sappi chi è lo sciagurato
Venuto a man degli avversarli suoi.
16 Lo duca mio gli s'accostò allato,
Domandollo ond'c* fosse; e quei risp. *'
rfui del regno di Navarra nato.
17 Mia madre a servod'unsignormipose.
Che m' avea generato d'un ribaldo
Distruggitor di sé e di sue cose.
18 Poi fu' famiglia del buon re Tebaldo.
Quivi mi misi a far baratteria ;
Di chT rendo ragione in questo caldo.
quelli di pelo rosso si reputano cattivi , però
forse Dante avrà dato ad un diavolo cotesto
nome. — Scuoi. S. Bernard. : Clamabit due*
mon ad daemonem : dilacera, veloeiter tpo"
lia detrahe»
Itf . Man. Ar. , IX : Venuti in man degli
avversarti loro,
16. Domandollo. Novellino , IV : Doman-
dollo dove andava; Vili : Domandoti onde
se\ — Navarra. JNavarresi, dice TAnun..
abbondano in questo vizio,
17. Signor. Barone del re Tebaldo , dice
il Landino. — Ribaldo. Uomo devoto a si-
gnore; e perchè costoro eran anco devoti al
delitto , però ribaldo prese col tempo mal
senso. Cosi fiunnacfiere ( F.Dafresne).---CosB.
C. XI : In sé, ed in lor cose.
18. Famiglia. Così chiamavansi i servi:
anche un solo. Pbaedr. , UI : Aesapui, domi-
ni familia. Murator. ( Inscrlpt. , p. 1600 .
n.** 4 ) : Libertorum et familiae,^~ Tbbaliio.
Nun gìÀ quel che mori nel 1253 , potea va-
lente , citato da Dante nella Volg. Eloquenia ;
ma il figlio di lui e di Margherita di Borbo-
ne , nato nel 1240. Fo re a tredici anni .
prese con s. Luigi la croce per eombatlere
sotto Tunisi , vide Luigi morire , e di lui ab-
biamo su questo caso una lettera eh' è nel
VI del Martenne : mori poco dopo egli fles-
so Il 4 settembre dell' anno meaesiroo , e lu
segui di li a poco Isabella , sua moglie , od
1255 ; e, nota il JoiovUle , figliuola di s.
CANTO XXII.
177
19 E Ciriatto a od di bocca ascia
D*ogDi parte una saona come a porco ,
Gli te sentir come i' una sdrucia.
20 Tra male gatte era venato 1 sorco:
Ma Barbarìccia il chiase con le braccia ,
E disse: state 'n là, mentr'io lo *nforco.
21 E al maestro mio Tolse la faccia:
Dimanda, disse» ancor, se più disii
Saper da lui , prima ch'altri 1 disCaccia.
22 Lo daca : dunque or di* degli altri ni.
G)nosci tu alcun che sia latino,
Sotto la pece? E quegli : i* mi partii ,
23 Poco è, da un che fu di là vicino.
Cosi Tosa' io ancor con lui coverto,
Ch' i' non temerei unghia nò uncino !
24 E Libicocco: troppo avem sofferto,
Disse; e presegli 'I braccio col runciglio,
SI che stracciando ne portò un lacerto.
25 Draghignazzoanch*eì volle dardi piglio
Giù dalle gambe : onde 1 decurìo loro
Si volse 'ntomo intomo con mal piglio.
26 Quand'elli un poco rappaciati foro,
A hd eh' ancor mirava sua ferita,
Dimandò 1 duca mio senza dimoro :
27 Chi fu colui da cui mala partita
Dr che facesti per venire a proda ?
Ed ei rispose : fu frate Gomita,
28 Quel di Gallura ,- vasel d* ogni froda .
Ch'ebbe i nemici di suo donno in mano,
E fé lor si, che ciascun se ne loda :
29 Donar si tolse, e lasciógli di piano,
SI com'è* dice. E negli altri ufficii anche
Barattier fu non picciol ma sovrano.
30 Usa con esso donno Michel Zanche
Di Logodoro : e a dir di Sardigna
Le lingue lor non si sentono stanche.
31 O me ! vedete 1* altro che digrigna,
r direi anche; ma i'temo ch*elIo
Non s'apparecchi a grattarmi la tigna.
32 Eì gran proposto, volto a Farfarello
Che stralunava gli occhi per ferire,
Disse: fatti 'n costà, malvagio uccello.
33 Se voi volete vedere o udire.
Ricominciò lo spaurato appresso,
Toschi 0 Lombardi, i ne farò venire:
34 MastienleMalebranche unpocoincesso.
Lafgi. Rtttebeaf trovatore fllastre pianse la
morte di in! , e nella canzone gli dà il tito-
lo di baoDO , di prode , di generoso , di a-
mico ai minori ; lodi che Dante avrà leUe ,
e gli arranno ispirato amore di signor tanto
raro. Gli successe Enrico III. detto il Gros-
so , il quale nel 1274 sposò Bianca , figliuo-
la di Roberto di Napoli , fratel di Luigi. Quel
Tebaldo ehe morì nel 1253 Ai conte di Sciam-
pagna ; e la casa di lui tuttodì mostrasi in
Ay. Grazioso poeta, primo ad alternar le ri-
me mascoline con le femioine: amò Bianca ma-
die di Luigi IX ; ebbe tre mogli : tra queste
Galtnide della casa d*Absburgo.
19. PoAco Ar.: Ch*ha gli occhi e % denti
fi»r €om€ di porco; e XVII, 30: Mostra le
mmm p§or come fa *l porco. Si notino gli at-
ti da' diavoli : Graffiacene lo leva col graffio ,
libieaote è chiamato per adugnarlo , Giriate
tQ PtssaDoa.
SO. Somco. Per sorcio , come etro da ce-
nom ^ 'Nromco. Con le braccia Purgat., Vili :
Nel latto ch$ 'l Montone Con tutti e quattro i
pie copri «d inforca.
3S. Latmo. Italiano ( Purg. , Xlll ; Inf. ,
XXVll ).
tt. Dicvuo. Deeorione cbe guida la deci-
Bi ( e. XXI ) ; come sermo ( XlII, 46 ). L'usa
•oeja ^OtUmo . nel VI del Parad. , pag. 127.
5». Biaoao. L'ha g. VilJani.
27. Partita ( terz. 22, 23 ).— Gomita.
Sardo, vicario e fattore di Nino.
28. Vasel. Ariosto : Di tutti i vizii il va-
so. Vita di 8. Girolamo : Vasello d* ineffabili
virtù. Isaias ( XXXII , 7 ) : Fraudulenti va$a
pessima iunt, — Do!>mo. Titolo alla maniera
sarda. Nino de' Visconti , amico di Dante ,
signore del giudicato di Gallura. — Fa. Cor-
rotto per oro. Nino lo fece impiccare. Virgi-
lio pone tra' suoi dannati coloro che nae t?e-
riti dominorum faUerc dextras.
29. Piano De plano , modo giudiciale, cioè
senza lungo processo. De plano dicono gli
Spagouoli. Un antico : lerusaUm avuta di pia-
no ( facilmente ).
30. Usa. Conversa. Lat.: Eo utitur famiUa-
rissime. — Zancbb. Sardo : ainiscalco della
madre d' Enzo , il figliuolo di Federico II.
Enzo nel 1238 sposò Adelasia marchesa di
Massa erede delle giudicature di Gallura e di
Logodoro in Sardegna. Federico , padre di lui»
conquistò poi tutta l' isola , ed Enzo fu coro-
nato re : nel 1240 fd prigione de' Bolognesi ,
mori nel 1272. — Zanche. Jf. Zanche , di-
ce l' Anon., per $ue rivenderie in tante ncchez"
10 divenne che , dietro alla morte di AdeUuia
moglie d* Eneo , divenne signore della eofatìo-
da , cioè del giudicato di Logodoro.
84. Stibn ... in csaso. Per cenino : ha
esempi anco di prosa.
23
178
DELL' INFERNO
Si che non teman delle lor vendette:
Ed io seggendo in questo laogo stesso,
35 Per un eh' io so*, ne farò venir sette.
Quando sufolerò, com'è nostr'uso
Di fare allor che fuori alcun si mette.
36 Cagnazzo a cotal motto levò *ì muso,
CroUandoI capo, e disse : odi malizia
Gh' egli ha pensato per gittarsi giuso !
37 Ond'ei eh' a vea lacciuoli a gran divizia ,
Rispose: malizioso son io troppo,
Quando procuro a'miei maggior tristizial
38 Alichin non si tenne, e di rintoppo
Agli altri, disse a lui : se tu ti cali,
l'uon ti verrò dietro di galoppo ;
39 Ma batterò sovra la pece l'ali.
Lascisi 1 colle, e sia la ripa scudo ;
A veder se tu sol più di noi vali.
iSi.O O tu che leggi, udirai nuovo ludo.
Ciascun dall* altra costa gli occhi volse;
Quel prima, eh' a ciò fare era più crudo.
kì Lo Navarrese ben suo tèmpo colse:
Fermò le piante a terra, e in un punto
Saltò , e dal proposto lor si sciolse.
Wì Dì che ciascun di colpo fu compunto,
Ma quei più che cagion fu del difetto:
Però bi mosse, e gridò: tu se' giunto.
hZ Ma poco valse» che l'ale al sospetto
Non poterò avanzar. Quegli andò sotto^
E quei drizzò, volando, suso il petto.
kk Non altrimenti l'anitra di botto ,
Quando'l falcon s'appressa, giù s'attufla ^
£d ei ritorna su crucciato e rotto.
k^ Irato Calcabrina della bufla »
Volando, dietro gli tenne, invanito
Che quei campasse per aver la zuffa;
kù £ come 1 barattier fu disparito «
Cosi volse gli artigli ai suo compagno ;
E fu con lui sovra '1 fosso ghermito.
VI Ma l'altro fu bene sparvier grifagno
Ad artigliar ben lui : e amendue
Cadder nel mezzo del bollente stagno.
b8 Lo caldo schermidor subito fue:
Ma però di levarsi era niente;
SI aveano inviscate l'ale sue.
k9 Barbariccia con gli altri suoi dolente,
Quattro ne fé volar dall'altra costa
Con tutti i raffi : e assai prestamente
50 Di qua di là discesero alla posta ;
Porser gli uncini verso gl'impaniati
Ch'eran già cotti dentro dalla crosta.
51 E noi lasciammo lor cosi 'mpacciati.
35. SUPOLBRÒ. Bagia del barauiere: tutti
ìd questa bolgia bugiardi. Quand* uno , di-
C egli , mette il capo fuor daUa pece per re-
frigerio , e vede che noe e* è diavoli a guar-
dia , infoia per invitare i compagni.
36. Malizia. Trecentista ined. : La maUMÌa
che Dido avea puntata,
37. Lacciuoli. V. S. Girol. : OrdmatMtol
contro lui intidie e laociuoU. — Troppo. I-
ronia.
38. Rintoppo. Àr. ( XXVIII , 66 ) : lini
ritpote di rimando.
39. GoLLS. La cima dell' argine ( e. XXIII,
Itf ) : Collo d$lla ripa dura. Imaginate il la-
go di pece in mezzo alla bolgia sì che riman-
gano due margini di qua e di là al passag-
gio de' diavoU ; imaginate che ai due lati si
alzino due alti orli di pietra; la sommità di
dascon rilioTo chiamate eoUo ; Il pendio chia-
mate ripa ; e intenderete , come U ripa fac-
cia scado e nasconda i diavoli ai dannati , e
i dannati a quelli.
40. Occhi. Scese dalla eresta dell'argine,
e si Yoltò In là. — Crudo. Cagnazzo.
41. CoLSB. Virg.: Arr^pio umport. Sacchet-
ti : CoUc Umpo, — Pbriiò. Atto di chi vuole
spiccare nn saito. Ariosto : jB dmrivr pwiUo ,
punta t pie alla rena. — Proposto. Si libcfè
dall' ioteozioDe ch'avevano di scuoiarlo. fr^
posto qui vale proposito , non , come sopca,
preposto.
42. Compunto. Di dolore e di sdegno.—
QuBi, Alichioo.
43. AVANZAR. Virg.: PisdUrns timor aéém
alas. L'ali d'Alighioo non furon più proaie
della paura diCiampolo.
45. Quii. Ciampolo. I malvagi si volgone
TuDu contro l'altro , quando non hanim fili
deboli da danneggiare.
46. Sovra. In aria.
47. Grifagno. Lo sparviero di nido diM-
vasi nidiace; quando spiegava l'alia ranJa-
go ; adulto, grifagno. Ar.: Come gpmrmtr
' che nel piede grifagno Tenga la preda e fi*
per fame pasto.
48. ScoBRMiDOR. Ar. (XXIX, 47, 48 ): Ct^
don nell* acqua, e vanno al fondo tiuifwe.»*
V acqua li fece dittaccare in fretta. — > Ni
tb (c. IX, 19).
49. Altra. Fa I quattro diavoli andare
l' altra parte per rendere verisimile in qiNlli
scompiglio la sua fuga.
60. Posta. Termine di cacciagione:
I assegnato dal capocaccia.
179
CANTO XXIIL
ARGOMÉNTO.
Sinteeiolano ndla bolgia degV ipocriti , e trovano due frati bolognesi , coperti
^ ^VP^ ^* pi^^"''^ dorate di fuori j e Caifasso e gli altri nemici di Gesti j croce-
fui per Una con pali j e su i lor corpi passare gì* ipocriti gravi. L oro, de* me-
<aib*j jiMi fino , U piombo più vile , indicano le belle apparenze e la profonda rei-
<<ì. A ptula imagine potè Dante essere indotto dalla falsa etimologia che allora
f^eva i ipocrita , da hypo e cl^sos.
Nou le taRine 1 , 2 , 4; It 6 alla 10; la 12 , 13; la 14 alla 24; la 26 alla SO; U
3S» 34, 36, 37, 38, 40, 41, 42, 48.
1 Taciti, 8oli« e senza compagnia
ITandaTam l*iin dinanzi e 1* altro dopo
Come i firaii minor vanno per via.
ì V<^ era io 8u la favola d'Isopo
Lo odo pensier, per la presente rissa ,
Dov'ei parlò della rana e del topo.
3 Che pia non si pareggia mo ed issa
Che ran con V altro fa, se ben s'accoppia
Principio e flne con la mente fissa.
i.
Sou. Aggiunge senxa compagnia , per
-i« aM fina eompeignia dalia quale s'
Iterati. — Frati. Dimessi, raccolti in
1. Favola. Una rana , per annegare on to*
pt» te lo legò al piede , dicendo lo condar-
lajifca di là dal fosso : on nibbio scende e li
aflibedoe. — Isopo. Esopo : anco io
3. Mo. Da modo.— -Issa. Da hae ipsa hora
( e. XXTII , 7 ; Pnrg. , XXIV, 19 ). V uno
looibordo, r altro toscano.
4. ScoFKA. Buon. ( Fiera) : Quello a quello
k E come Tun pensier dell'altro scoppia,
Cosi nacque di quello un altro poi ,
Che la prima paura mi fé doppia.
5 r pensava cosi: questi per noi
Sono scherniti, e con danno e con beffa
Si fatta ch'assai credo che lor nói.
6 Se r ira sovra '1 malvoler s' aggueffa,
£i ne verranno dietro più crudeli.
Che cane a quella levre ch'egli acceffa.
Peiitiet succede , e vxsco aW altro fossi , E
V altro alV altro.
8. Pbr. La voglia che Dante mostrò di par-
lare a Giaropolo , fa occasione alla rissa. —
NÓI. Notare per dispiacere, era in aso.
6. S' AGGDBFFA. Nel proprìo vale aggiange-
re filo a filo, come si n ponendo il filo dal
gomito alla mano,o innaspando. Qai per ag-
giungere: come se l'ira s'avvolgesse e s'ag-
gomitolasse col malnato talento. — Acceffa.
Prende col ceffo , o sta sopra col ceffo, i nel
Dittamondo.
180
DELL' INFERMO.
7 Già mi senUa tatto arricciar li peli
Della paura, e staTa indietro intento;
Quando Tdissi: maestro, se non celi
8 Te e me tostamente, l'ho pavento
Di Malebranche.Noi gli avem già dietro;
l*gl' immagino si che già gli sento.
9 E quei: 8*io fossi di piombato vetro,
L' immagine di fuor tua non trarrei
Più tosto a me, che quella dentro impetro.
10 Pur mo venieno i tuoi pensier tra i miei
Con simile atto e con simile faccia,
Si che d' entrambi un sol consiglio fei.
11 S* egli è che si la destra costa giaccia
Che noi possiam nell'altra bolgia scenderoj
Noi fuggirem Y immaginata caccia.
12 Già non compiodi tal consiglio rendere,
Ch* i' gli vidi venir con V ale tese ,
Non molto lungi, per volerne prendere.
13 Lo duca mio di subito mi prese ,
Come la madre eh* al remore è desta
E vede presso a so le fiamme accese ,
1&-Che prendel figlio,efugge,e nons*arresta,
7. Aauccum. Virg. : Stetirwntque eomae.
Ar. : Ogni pelo arrieeiotti E scolorotii al Sa-
racino il viso, Bocc. : Quasi tutH i capelli ad-
dosso mi sento arrieeiare • • . Tutti i peli gVin-
eomineiarono ad arrieeiare addosso,
6. Pavbnto. Paura , voce del tempo. —
Sbnto. Questi versi dipingono l' nomo.
9. Fossi. Come specchio. Pro?. ( XXVII ,
19 ) : Quomodo in aquis retplendent vuUus
prospieientium, eie eorda hominum mani festa
sunt prudentibus, — Tsaerbi. Riflessa. Virg.:
Mille trahens varios adverso sole eolores. Quin-
di ritrarre, — Impetro. Ottengo , spiega il
Buti ; mt può intendersi : formo distinta ,
così come in pietra. Purg. , XIV : Lo 'nfendt-
mento tuo aecamo, Petr. : Cristallo o vetro
Non mostrò mai di fere Nascosto altro colore.
Che V alma sconsolata altrui non mostri Più
chiari i pensier nostri ... Che fiso Li tenni nel
bel viso ( gli occhi ) Per iscolpirlo imaginanr
do , in parte.
10. Atto. Questa personiflcazione segue la
figura dello specchio. — Consiglio. Delibe-
razione. Virg. : Consilia in melius referet,
11. Giaccia. Penda in modo che noi pos-
siamo sdrucciolar sul declivio. Inf. , XIX :
iQuella ripa che piUi giace. — Caccu. Accenna
alia similitudine della lepre.
12. Rbnoerb. Virg.: Responsa...reddere,
13. FiAMMB. Ar. (XVI , 88) : Qual è colui
che prima ode il tumulto^ E delle sacre sfiuiUe
Avendo più di lui die di 8Ò cura.
Tanto cne solo una camicia veatt;
15 E giù dal collo della ripa dura
Supin si diede alla pendente roccia
Che r un de' lati ali altra bolgia tura.
16 Non corsemai si tostoacquaperdoccia
A volger ruota di mulin terragno,
Quand* ella più verso le pale approccia ,
17 Come '1 maestro mio per qua vivagno
Portandosene me sovra 1 suo petto ,
Come suo figlio e non come compagno.
18 Appena furo ì pie suoi giunti afletto
Del fondo giù , cuci giunsero in aalooUe
Sovresso noi : ma non gli era sospetto :
19 Che r alta Provvidenza che far volle
Porre nùnistri della fossa quinta »
Poder di partirs'indi a tutti tolle.
20 Laggiù trovammo una gente dij^ta
Che giva intomo assai con lenti passi
Piangendo, e nel sembiante stancaevinti
21 Egli avean cappe con cappucci bassi
Diimzi agli occhi , fatte detta taglia
U batter spesso , Che vegga ti foeo a mmsn
altro occulto, Ch' a sé , che ptià ^ loceo . •
gli è più presso...
15. Collo. Stat.: Colla Aimam. — Dcsa.
Inf., XXI: Scoglio duro.— Dibds. Virg.: St/octii
dedit aequor in altum ... Dat sese flumo. —
Pbndbntb. Virg.: Scopulispendeniibus.'^Tìy
SA. Ch'é il sinistro argine della bolgia sesta.
Turare in Toscana non dicesi solameots del
chiudere soprapponendo.
17. Vivagno (c. XIV, t. 41).— Fmuo. Tor-
na questo titolo spesso.
18. Lbtto. Piano (Purg., XII, 5 ). — Gii.
Vi. (Purg., XIII. 3).
10. PoRBB. Ogni cosa è compartito ìmmt
tabilmente dall'alta giusUiia. S. A^Nt.: Dèe-
bolus vult plerumque nocere et non potest »
quia poteslas ejus est sub potestate, — Meo*
STRI. Armannino, nel suo Inferno; MbriHiH sa*
pra gli tormenti,
20. Dipinta. Come il colore dipioto cela fl
vero , cosi l' ipocrita fa. L' Evangelo: ^uiet
deaUfatus. — Giva. Anon.: Aeeiocehè la fatt
ca del peso sia loro continua, sen^jtre tteums
in movimento. Un supplizio infernate delto
cappe pesanti , è descritto dal Passav. setta
Specchio. — Stanca. Si raffronti la tarditi
di questi co' versi ritraenti la precipiterolt
scesa.
21. (Bologna. Avean cappe lunghe e larghe
nel cappuccio : però queste degl' ipocriti do-
J
CANTO XXIIL
181
Che per li monaci in Cotogna fassi.
S Di fuor dorate non al ch*egli abbaglia,
Ma dentro tutte piombo j e gravi tanto
Che Federigo le mettea di paglia.
33 O in eterno faticoso manto I
Noi ci volgemmo ancor pure a man manca
Con loro insieme, intential tristo pianto.
tt Ma per lo peso quella gente stanca
Venia si pian che noi eravam nuovi
iìi compagnia ad ogni muover d' anca.
B Perch'io al duca mio : fa che tu truovi
Alcun eh* al tatto o al nome si conosca ;
E |fi occhi, A andando, intomo muovi.
2B E un che 'ntese la parola losca ,
Dirietro a noi gridò : tenete i piedi
Voi die correte si per Y aura fosca.
2f7 Forse ch'avrai damequelchetuchiedi.
Onde 1 duca si volse, e disse: aspetta ;
E poi secondo il suo passo procedi.
Itistetti,e vidi duo mostrar gran fretta
Deir animo, col viso, d' esser meco ;
fef an essere tanto piò gravi. AmanDlno: Quinr
a tono gli fM ineapimeeiaUf eK$ loro faUUà
coprìroiio eogì mgannwoU fiìanUlli.
ti. DomATB. Branetto : V* Ka taluno am-
mtnOato Com$ rame dorato, Barberioo : Non
lieo ioUo tpecie d* onestate Con finta cappa
eoprir fattuaU. V evangelo : Similee... tepul-
éhrie dleaUbatii quae a forieparent,.. epeeioia,
mtue vero piena fimf... omni ipurcitia.,, At-
Undlte a faitis propketis qui veniunt in vestir
menUM ovmm, intrineeeui, • • eunt lupi rapa-
tei. — Eeu. Impersonale : elegante. — Fa-
MUSO. Secondo, Tincredaio: nona'Paterini,
ciiin' altri mole, ma a* rei di lesa maestà, co-
me accenna Pietro di Dante. L' Oit.: A eerti
malfattori. Le cappe di Federigo eran piom-
bo ; e con esse posti al fdoco , si struggeva-
■0 ì miseri in lungo tormento.
23. Puri. Sempre a manca: cosi gionto al
Ibodo , avrà corso tutto a tondo r Inferno
(XIV, 49).
sa. Nomi. Petr.: Mentre eh' Svolga gU oe-
old m ogni parte S^Cne vedessi aktun di chiara
fmma O per antiche o per moderne carte, —
SI. Inf. , X: Si mosse : • poi, cosi andando ,
Jff disse u.
85. Pabola. La pronunzity e le frasi: fa
«àt tv... fi andando,
29. Bnwo. Come ipocriti tristi e irati alla
vista d* un priTilegiato da* loro tormenti. —
*lf sa. Inf., XVi: Gnoldr Vun V altro , come
mi ver si guata.
Ma tardavate 1 carco, e la via stretta.
29Quandofùr giunti,assaicon l'oochiobieoo
Mi riroiraron senza far parola ;
Poi si volsero *n so , e oicean seco :
30 Costui par vivo air atto della gola.
£ s*ei son morti , per qud privilegio
Vanno scoverti della grave stola t
31 Poi disser me: o Tosco eh' al collegio
DegI' ipocriti tristi se' venuto ,
Dir chi tu se' non avere in dispreeìo.
32 Ed io a loro : i*fui nato e cresciuto
Sovra 1 bel 6ume d' Amo alla gran villa:
E son col corpo eh' i' ho sempre avuto.
33 Ma voi chi siete a cui tanto distilla ,
Quant' i' veggio dolor giù per le guance?
E che pena è in voi che si sfavilla ?
3i!^ E l'un rispose a me : le cappe ranco
Son di piombo A grosse, che li pesi
Fan cosi cigolar lelor Ulance.
35 Frati Godenti fummo, e bolognesi ;
Io Catalano e costui Loderingo
dO. Gola. SI vedeva il moto dell' alitate.
F. Purg. (li , 07). — Stola ? In anUeo era
lunga veste ed intera.
31. Ma. G. I: Rieposi UH, •* Gollbaio. DI-
cevasi d'ogni coUezion di persone. Anonimo:
Dante fu nel lor collegio ( de* lasciri ). — Tri-
sti. Evang.: Hypoeritae tristes.
32. Nato. Gonv.: Fiorensa nella quale nato
e nutrito fui fino al colmo della mia iTÌfa.—
Gkan. Gonv.: Della heUissima e famosissima
figlia di Roma, Fiorenza. — Villa (Inf., 1).
33. Distilla. Petr.: Convien ehe*l duol per
gli occhi si distille,.. Lagrime che il dolor di-
stilla Ar ^It oce^t miei. . , — Pena. Non sa
che la cappa sia piombo. Lo sente al v. 101.
34. Pesi. Abbiam le simiUtudini de* firati ,
deUa rana, del cane, dello specchio, della ma-
dre, del mulino , de' frati ai Gologna, delle
cappe di Federigo, de' pesi delle bilance. La
più lunga é quella della madre : ed é la più
affettuosa. Quesu fiera anima neUe scene d'a-
more più Togliosamente si posa.
35. Frati. Siamo a' frati di nuovo. Napo-
leone Catalani e Loderingo o Loterieo degli
Andalòy o, come l'Ott., de* Garbonesi ; di Bo-
logna, di quell'ordine cavalleresco di s. Ma-
ria che istituito da Urbano IV e dal detto Lo-
deringo, per combattere gì' infedeli, ebbe so-
prannome de' Godenti. Di sotto hianeo e di so-
pra nero portavano • viveansi con loro nuh
gli , dice 1' Ottimo. Caulaoo era guelfo, Pai-
tro ghibellino; e però i Fiorentini nel luglio
182
DELL' INFERNO
Nomati, e da tua terra insieme presi
36 Come suole esser tolto unoom solingo,
Per conservar sua pace. E fummo tali ,
Ch' ancor si pare intorno dai Gardingo.
37. r cominciai; o frati, i vostri mali...
Ma più non dissi , ch'agli ocelli mi corse
Un , crocifisso in terra -con tre pali.
38 Quando mi vide, tutto si distorse
Soffiando nella barba co' sospiri:
£ 1 frate Catalan eh' a ciò s' accorse,
39 Mi disse : quei confitto che tu miri,
Consigliò i Farisei che convenia
Porre un uom per lo popolo a' martiri.
h-0 Attraversato e nudo è per la via,
Come tu vedi ; ed è mestier eh' e* senta
Qualunque passa com'ei pesa pria.
41 £ a tal modo il suocero si stenta
In questa fossa, e gli altri dal concilio
del 1260 , gli diedero il governo di sé , in-
vece d' un solo potestà com' era oso ; spe-
randoli , come frati e solitarii, rappacificatori
delle ire.
36. Tolto. Scelto. lof. , XVII : Hanno a
pcusar la gente modo toUo, — Solingo. Con-
templativo; lootano da amore di parti. — Tali
Nel 1265 , Loderiogo cercava fare i Ghibel-
lini maggiori , onde l' altro lo cacciò con la
parte ghibellina , della quale gli liberti eran
rapi , e arsero le lor case poste nella con-
trada del Gardingo, là dove è il san Firenze
oggidì.
37. Mali. Non si sa se intenda : mi mao-
vono a pietà , o : sono ben meritati : o mali
per colpe. La sospensione è ad arte. — Corse.
l pensieri gli vengono in forma d^aomo, gli
oggetti gli corrono all' occhio , egli invia e
scende l' occhio agli oggetti. Vivo ogni cosa,
tutta la natura è iu animata armonia con l'a-
nima sua.
38. DisTORSB. Pensando che un vivo gli do-
veva col peso suo passar sopra. F. verso
120. 0 per vergogna che la sua ipocrisia sia
palese.
W. UoM. Joh. ( XI , 50 ): ExpedU . . .ut
unus moriaiur homo prò populo, et non tota
gene pereat.
40. Qualunque. Come per portare in sé
fatta r ipocrisia dell' inferno. Ipocriti cam-
minano sopra ipocriti , e li calpestano, is.
( LI , 23): PoiiùtU ut terram corpus tuum..»
tfuasi viam transeuntibue.
M. Suocero. Anna. — Stenta. Da sten-
dere : però ben s' applica ai crocefissi diste-
si. In senso simile ha distentare Virg. — • Fos-
Che fa per li Giudei mala sementa,
k2 Allor ifid' io maravigliar Virgilk)
Sovra colui eh' iara disteso in croce
Tanto vilmente nell'etemo esilio.
(•3 Poscia drizzò al frate cotal voce:
Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci
S' alla man destra giace alcuna fooe
hh Onde noi amenduo possiamo oaciiei.
Senza constringer degli angeli n^
Che vegnan d' esto fondo a dipartirci*
h& Rispose adunque : più cheta nonaperi
S'appressa unsassochedaliagrancerchia
Si muove, e varca tutti i vaUon ferì,
hG Salvo che questo erotto e noi coperchia*
Montar potrete su per la mina ,
Che giace incestale nel fondo soperchia.
VI Lo duca stette un poco a testa china ,
Poi disse : mal contava la bisogna
SA. Sap. ( X , 13 ) : Sapientia . . . dnem
dit. . • cum Uh in foveam. — Concilio Col-
legerufU. . . PofUifiees et Pharisaei conei-
Uum. — Sementa. Inf. ( XXIII , t. 36): Ck$
fu 'i mal seme della gente totca.
42. Virgilio. La ragione umana stupisca
ripensando alla maledizione del deicidio. Nal
terzo deli' En. è una sentenza simile a qodla
di Caifis: C7fitim prò multis dabitur eamtU
Quando Virgilio sceso scongiurato da Eritto>
ne , Caifìisso non era per anche dannato. —
Esilio. Horal.: Aetemum Extilium.
43. VocB. Per discorso : é in Virg. — • Fa>
CE. Uscita per andare alla bolgia seitima.
44. CosTRiNfiER. Coi ripetere V annomio
di nostra missione divina. Conveniva loro tor-
nare a sinistra. — Angeli. Tali anco la seris-
tura li chiama. E son diavoli dunque anch^
quivi. E in pgni bolgia.
45. Appressa ( e. XXVIII, t. 43). — Vaa*
CA (XVIII. 5, 6). A guisa di ponte. Non è qa»>
sto il solo, ma ò il più vicino. — Feri. Virg.:
JlfoiUef^a feri.
46. Ódesto... ruina. Nella morte di G. C.
non crollò solo il ponte , ma tutto V argino
minò. Lo scarico delle pietre rovinate venoa
al fondo , e vi fece un rialzo , quasi scala
a salire. Cotesto illustra il passo del e. XII.
47. Contava. Quando disse : Preuo è use
altro scoglio che via face. Tutti i ponticelli
son rotti : onde non potevano i due P. avere
altra via che lo sdrucciolar dall' uno argina
e lo arrampicarsi per l'altro. Que'diavoli fin-
gevano di rispettare il volere divino nel viag*
gio de' due ; ma meditavano , da barattieri ,
qualche frode secreta. Però la bugia ; però gii
CANTO XXIII.
18S
IO i peccator di là uncina.
nte : i' udì' ^ dire a Bologna
rolTÌzii assai, tra i quali udi'
è bugiardo, epadredimeniogna.
li, e il volare dietro ai fìiggiti per
GÓil la malizia toroa loro io fer-
ii afreane ai diavoli della porta di
OLDi. Malacoda, veone a parlare a
n alle mani oo nocino (XXI , 26):
• Per udii : anco in prosa. «^ Bo-
■pre amaro alla guelfa città. Ott.:
m &a isettola 9 udk predicare inper-
whpw U vitti del diavolo. — Bu-
1^.: Non est ventai meo: qumrn
s^pooittin, ex proprOe lofuUur ,
49 Appresso 1 duca a gran passi sen gi
Turbato Un poco d'ira nel sembiante :
Ond' io dagr incarcati mi parti'
50 Dietro alle poste delle care piante.
^tiìd mendax ett , et pater nu$, Albertano :
Lo diavolo è bugiardo e padre di mentogna.
49. Gran. Per ira dell' inganno , che a' sa-
Tii e a' leali dispiace : e per lasciare gì' ipo-
criti. Vnole indicare quale astuzia sia ne'na-
rattierl , poiché il senno di Virg. n' è illuso.
Ck>sì risponde a coloro che di naratteria lui.
Dante, tacciavano.
ttO. Posti. Petr.: L'orme tmpreifc dàWa-
mate piante.
i6k
CANTO XXIV
ARGOMENTO.
Al tufiani di Virgilio tbigottiiee il P. , A ptr affetto^ e A per Umùre di mio.
ìf inganni e pericoli : ma Virg. ei rasserena pensando che la menzogna di Molar
coda aveva amUo » dice T Anon. , corta coda : e Dante si rasserena con lui. S'ar*'
rampicano sulla ratina dclV argine destro per giungere sulla settima bolgia. Mom^
fono il ponte ; per meglio vedere , scendono suU* argine ottavo : vedono i ladri tot"
mesUati da serpi. In questo canto dipinge i ladri di cose saere, dice F Anon.; nH
seguente gli altri. Qui son feriti da serpi , cadono in cenare , e tornano in forma
umana : là si trasformano k %iomini in serpi , di serpi in uomini.
Nota le teifioe 1, 3, 4, 8, 9» 10, 13» 16, 17, 18, 20, 22, 26, 28; la 31 alla 35;
la 39, 40, 42, 44, 45, 49, 50.
!2
3
In quella parte del gioTÌnetto anno
Chel sole i crìn gotto T Aquario tempra;
E già le notti al mezzo di sen vanno,
Quando la brina in su la terra assempra
L' immagine di sua sorella bianca.
Ma poco dura alla sua penna tempra;
Lo villaneilo a cui la roba manca.
Si leva, e guarda j e vede la campagna
Biancheggiartutta.ond'ei si batte Tanca;
i. Giovinetto. Petr. : /n ^'ovanti fgwa
ìneomineiani ti mondo a vutir d* erba . . .
Bin^ovanites V anno. Macrob. ( Salarn. ) :
Sol in aUUudinem suam %U in robur nvertitur
juvwtutit. Entra io Aquario il di 21 di Reo-
naio. — GaiN. Virgil. : Aethsria tum forte
plaga erimiu$ Apollo. Il calore del sole é dal-
l'Aquario temperato, e le notti invernali sce-
mano e s* avviano ad essere la metà del gior-
no, cioè dodici ore. Nota il Poggiali che nel
calcolo di Dante rispetto allo allungare del
giorni , de?' essere entrato lo sbaglio della
giunta che facevasi all' anno , di sette giorni
circa , prima della correiiooe gregoriana. La
similitudine è troppo dotta , non assai evi-
dente ; pur bella.
2. AssBMPKA. Nel Conv. asemplo per esem-
6
Ritoma a casa , e qua e là si lagna
Come '1 tapin che non sa che si faccia ;
Poiriede, e la speranza ringavagna,
Yeggendol mondo aver cangiata '
In poco d' ora; e prende suo vincastro ,
E fuor le pecorelle a pascer caccia.
Cosi mi fece sbigottir lo mastro
Quand* i' gli vidi si turbar la fronte ;
E cosi tosto al mal gitmse Io *mpiastro.
pto. Qui aisefiiprtife vale esemplare, eopèisn,
voce del tempo; e signiBca : quando la bri-
na par neve. Prosegue il traslato dell' aiiaw
prore In modo contorto , e dà alla brina et^-
piatrice una penna , e alla penna una tempia.
Non è però senza poesia r imagine della ter-
ra scritta di neve o di brina. — Soablla.
La brina sorella alla neve e per la somigliali-
xa, e per la simile causa che la produce. —
Poco. Lncan. : Non duraturas^ ecnspeeto sole
pruinae.
4. RiNGAVAANA. Inf. , XI: Futansa ...imr
borsa.
'6. 'Mpiastro. Un pò* materiale , eomerh^
gttvagna ed aseempra. Petr.: ÀlCiSalkhedo»
gUe fiero impi<istro.
CANTO XXIV.
185
7 Checome noi venimmo al guastoponte,
Lo duca a me si volse con quel piglio
Dolce, ch'io vidi in prima appiè del monte.
8 Le braccia aperse dopo alcun consiglio
Eletto seco , riguardando prima
Ben la mina ; e diedemi di piglio.
9 E come quei che adopera ed istima ,
Che sempre par che nnanzisiproweggia,
Cosi , levando me su ver la cima ( già ,
10 D'un ronchione,avvisava un'altra scheg-
Dicendo : sovra quella poi t'aggrappa ;
Ma tenta pria s'è tal eh' ella ti reggia.
11 Non era via da vestito di cappa ;
Che noi a pena, ei lieve ed io sospinto,
Potavam su montar di chiappa in chiappa .
12 E , se non fosse che da quel precinto ,
Più che dall' altro , era la costa corta ,
Non so di lui , ma io sarei ben vinto.
13 Ma perchè Malebolge inver la porta
Del bassissimo pozzo tutta pende ,
Lo sito di ciascuna valle porta
ìk Che l'una costa surge e l'altra scende.
Noi pur venioomo in fine in su la punta
7. Guasto. Diroccato. — Piglio. Nel III del
Purgatorio , Virgilio si torba e si rasserena.
8. Sico. Tra sé.
9. Adopera. Opera insieme e pensa. Senso
dell' oso antico. Altrove dice stimativa per fa-
coltà di raziocinare. Sap. (Vili , S): Defu-
fri$ autimaU — Pbovveggia. Novell., VII:
Salomon» ri provvide di sottoporre ed ordina'
te sì lo reame,
10. Ro?iCHiONE (XXVI, 15). — Avvisava.
Noiava coir occhio. Novellino , XX : Avvisò
mn coperchio d* uno nappo d* oriento,
11. Chiappa. Virg : Prensantemque uneis
wsambu» capita aspera montis.
12. Precinto. L'argine della settima bolgia
è più basso, quindi più facile a salire dell'ar-
fine già lasciato: perchè le bolge pendono tutte
irerso il centro , quindi sceman d' altezza.
13..ÌIALER0LGB (C. XVUl). — PORTA. Cosl
chiama Virg. V apertura d' un antro.
14. L'UNA. L'argine a manca dal lato del-
la periferia è più alto ; quello a destra dal
lato del centro , più basso. — Scende. Virg.
io senso simile : Se subdueere coUes Incipiunt,
La differenza d' altezza non deve esser pic-
cola » se il pozzo é bassissimo. — Scoscende.
Dov è l' ultima pietra che nel terremoto si
scoscese. Sono alla Gne della rovina : resta
<la salir fino al ponte.
16. Spoltre. Spoltronirsi è dell'oso tatto-
Onde r ultima pietra si scoscende.
15 La lena m'era delpolmonsi munta
Quando fui su» chT non potea più oltre;
Anzi m' assisi nella prima giunta.
16 Omai convien che tu cosl ti spoltre.
Disse 1 maestro: che seggendo in piuma.
In fama non si vien , né sotto coltre.
17 Senza la qual chi sua vita consuma ,
Cotal vestigio in terra di sé lascia
Qual fummoin aere od inacqua la schiuma.
18 E però leva su: vinci 1* ambascia
G)n r animo che vince ogni battaglia
Se col suo grave corpo non s* accascia.
19 Più lunga scala convien che si saglia ;
Non basta da costoro esser partito:
Se tu m' intendi , or fa si che ti vaglia.
20 Levami allor , mostrandomi fornito
Meglio di lena eh' i' non mi sentia ,
E dissi : va ; eh' i' son forte e ardito.
21 Su per lo scoglio prendemmo la vìa ,
Ch'era Tonchioso, stretto, e malagevole.
Ed erto più assai che quel di pria.
22 Parlando andava per non parer fievole ;
ra. — Coltre. Petr.: La gola e*l sonno e Vo-
xiose piume. Tasso : Non sotto V ombra in
piaggia molle , Tra fonti , e fior, tra ninfe,
e tra rirtne ; Ma in cima all'erto e faticoso
eolle Della virtù riposto è il nostro bene. Chi
non gela , e non sttda, e non s* estolle Dalle
vie del piacer , là non perviene. Ognun qni
Tede accennarsi al primo dell' Inferno.
17. Schiuma. Sap. (II, 3): Transibit via
nostra tanquam vestigium nubis , et sieut ne^
buia dissoìvetur ; V , 15 r Tanquam spuma
graciUs quae a procella dispergitur : et tan-
quam fumus qui a vento, diffusa est,
18. Leva. Med. sopra V Alb. della Croce:
Leva iu, — Animo. Qai per forza di cuore ,
alla lat. (Parg., XVI, terz. 26). — Accascia.
Horat : Corpus onustum Estemis vitiis , ani-
mum quoque praegravat una. La Bibbia: Cor-
pus,,, quod corrumpitur , aggravat animam,
10. Costoro. Non basta , dice V Anonimo,
lasciar 11 male, convien giungere al bene. II
P. esce a stento de' barattieri , a stento de-
gl'ipocriti : l'allusione è ben chiara.
So. Forte. Parole dettegli da Virgilio
nel e. XVII.
31. Erto. Lo scarico delle pietre rotolate
dal tremoto , dà via men darà che 1* argine,
tutto scoglio.
22. Voce. Di Vanni. — Fosso. Bolgia set-
tima.
21
186
DELL' INFERNO
Onde una voce uscio deU* altro fosso,
A parole formar disconvenevole.
23 I^Ion soche disse, ancor che sovra! dosso
Fossi delFarco già che varca quivi:
Ma chi parlava , ad ira parea mosso.
2& Io era volto in giù ; ma gli occhi vivi
Non potean ire al fondo per l'oscuro:
Perch' r : maestro , fa che tu arrivi
25 DaU*altro cinghio ; e dismontiam lo mu ro :
Che com' i' odo quinci , e non intendo ,
Ck>sl giù veggio e niente aSìguro.
26 Altra risposta , disse , non ti rendo
Se non lo for : che la dimanda onesta
Si dee seguir con Y opera tacendo.
2T Noi discendemmo 1 ponte dalla testa
Ove s' aggiunge con Y ottava ripa :
E poi mi fu la bolgia manifesta.
28 E vidivi entro terribile stipa
Di serpenti , e di si diversa mena
Che la memoria il sangue ancor mi scipa.
23. Dosso. Conv. :/n tuWarco of}V9rdouo
dì questo cercM'o.—- Varca. Inf., XXIII: Varca
tutti i vallon feri. — Ira. Più sotto , Vanni
griderà: TogU, Dio; e Caco: Oo* è l* acerbof
24. Vivi. G. XXIX , 18 : Fa la mia ^ta
pie viva.
25. Altro. Più basso ( t. 13 ) ; che poi
chiamerà ottava ripa. — Muro. Il ponte sì
leva più alto deU' argine ; onde per andare
dal ponte all'argine sì scende : e la scesa dai
ponte air argine non dev* essere tanto corta ;
se non vedendo naUa dal ponte, dall'argine
la bolgia gli sì fa manifesta.
26. Seguir. Sentenza simile in Cic. ( De Am.).
28. Mena. Specie; o , nel senso del vìrg.
aymen , eh' esprime il dimenar de* serpenti.
E bene le serpi striscianti son pena dei vile
delitto : e come le serpi tra loro , così s' of-
fendono ladri con ladri. — Scipa. Me lo dis-
sipa , e mei fa tornare al cuore; effetto della
paura , al dir del Boti. Forse creando il suo
Inferno , Dante aveva al pensiero Y Eccl.
( XXXIX, 35 , 36 ) : Ijuit, grando , fames ,
0| mon , omnia haee ad vitidictam creata
nuU : Bettiarum dentes , et scorpii , et ser-
pentes , et rhomphaea vindieant in extermi-
tùum impios ; XL ( 9 , 10 ] : Mors , ianguis»
eonteutto , et riwmphaea, et oppreeeionet , fa-
mes , et contritio , et flagella : Super iniquos
creata sunt haee omnia,
29. Libia. Ov. ( Met. , IV ) la Domina pei
molti berpcoU. Vìrg. , Lue. ed altri. — Rb-
«NA. ier. ( IX , Al ) : lìabo Jermalem m acer-
29 Più non si vanti Libia con sua rena.
Che se chelidri, iacoli e faree
Produce, e ceneri con anfesibena»
30 Nò tante pestilenzie nò si ree
Mostrò giammai con tutta l'Etiopia,
Nò con ciò che di sopra al mar Rosso ee.
31 Tra questa cruda e tristissima copia
Correvan genti nude e spaventate.
Senza sperar pertugio o elitropia.
32 Con serpi le man dietro avean legate ;
Quelle ficca van per le ren la coda
E'I capo; ed eran dinanzi aggroppate.
33 Ed ecco ad un eh* era da nostra proda.
S'avventò un serpente, che *1 trafisse
Là dove 'i collo alle spalle s* annoda.
ih Ne O si tosto mai nò I si scrisse
Coro*ei s'accese, e arse; e cener tutto
Convenne che cascando divenisse.
35 E poi che fu a terra si dii^trutto.
La cener si raccolse ; e per sé stessa
vos arenae , et eubilia draconum, — Cheli-
dri. Lucan..* fluc Libycae morles ... fro^it^M
via fumante Cheìydri: Et semper recto laptU"
ruM lirmte Cenchris ... Et gravis in genùnnm
turgenè caput amphisbaena ... Jaculique valw
cres t Et eonlentus iter cauda suleare pkareae.
Il chelidro , anfibio ; il iaculo si lancia dagli
alberi contro l' uomo ; il cenerò , di vario co-
lore ; Tanfesibena crpdevasi a^ere un altro
capo là dove gli altri han la coda ; il farea
va ritto , con sola la coda strisciando ii suolo.
30. Pestilenzie. Lue. : Hat inier pettm
duro cato milite ... Sed majora parant Xtlf-
caa spectacula patei. — Ciò. Uivinameute imi-
tato dall' Ar. : Quanto Velenoso erra pw Im
calda sabbia. — Sopra. In Egitto.
31. Pertugio. Ove salvarsi , come solera-
no io vita. — Elitropia. Pietra , dice il fi-
glio di Dante , verdo russa o persa , che ba-
gnata net sugo della cicoria quam dicimme
mirasoUm , rende invisibile obi la porta. Era
credenza comune a qoe' tempi. E ognuii sa la
nov. di Calandrino. Jer. ( Vili • 17 ) ; Eem
ego mittam vobis serpentes regulos, quibus lum
ef( incanlatio; et mvrdebunt vos, ait Dominui.
32. Legate. A pena dell' averne fatto maluso.
33. Proda. Dalla parte dell'argine uv'eram
noi. — Trafisse. Lucan. : Aulum , Torta
caput retro Dipsas calcata momoniit.
3f. Cener. Pena condegna ai la loro viltà.
Quanto tormentosa debb' essere questa disso-
luzione frequente , per accorgersmi , basta
pensare alla morte.
CANTO XXIV.
187
Tn qnel mcdesmo ritornò di butto.
30 Cosi per Ji gran savii si confessa
Ciìc la Fenice muore e poi rinasce
Qaandoal cinquecentesimo annoappressa.
ZI Erba né biada in sua vita non pasce ,
Ma sol d' incenso lacrime e d' amomo:
E nardo e mirra son V ultime fasce.
38 E quale è quei che cadere non sa corno ,
Per forza di deroon eh' a terra il tira,
O d* altra oppilazion che lega Fuomo,
39 Quando si iieva , che 'ntorno si mira,
Tutto smarrito dalla grande angoscia
Ch* egli ha sofferta , e guardando sospira:
VO Tal era '1 peccator levato poscia.
O giustizia di Dio quanto è severa ,
Che cetai colpi per vendetta crosciai
kì Lo duca il domandò poi chi egli era:
Perch'ei rispose: i* piovvi di Toscana,
Poco tempo è , in questa gola fera,
36. Savii. Cresc. (II, 18): Gli antichi sa-
«ti. -^ Confessa. S' insegna , si professa ;
modo de' trecentisti, e de' Latini. — Fenicb.
(>rjd. , XV : Vna est , quae reparet , seque
ffsa rtseminet , ales. Assyrii Pfioeniea vocant:
non fruge , nec herbis Sed ihuris lacrymis ,
et succo vivit amomi, Haec ubi quinqftesuoé
eompUììit saecula vUae , JUcis in ramis tremu-
la€V€ cacuminae palmae, Unguibus et pondo
mdum siH eonstruit ore. Quo simul ac casicu
et nardi lenis arislas , Quassaque cum fulva
tubtravit einnama myrrha; Se super imponit
fmitque in odoribus aevum. Inde ferunt , to-
tidem qui vivere debeat annos, corpore de pa-
trio farvum Phoenica renasci.
37. Pasci. Attivo. Virg. : Florem depasta.
— » Fasce. Accenna alla vita novella a cui la
Feoice rinasce.
38. Coso. Quomodo : anco in prosa , e vi-
ve io qualche dialetto. — Oppilazion. Nel
ventricolo del cervello , dice V Anon. Rinser-
rauiento delle vie degli spiriti vitali , o per
opera diabolica come negli ossessi , o naia-
ralBKDte come negli apoplettici , epilettici e
simile. — Lega. Frase solenne trattandosi di
magia o d'altra forza straordinaria.
M). Vendetta. Bibl. : ATihi vindieta : ego
ntribmam , ec. — Cboscia. Bocc. : Ai colpi
dm di fuor fortuna croscia.
41. Piovvi. Ar. : (XVI, 86): R demonio
dtd del è' piovut* oggi. — Gola. Virg. : Fau-
ut... Avtrni.
42. UuL. Figliaol d' adulterio. — Bestia.
S. Grfg. : Qui se ex humana rationenon fem-
ptntf , fiactsff MI m butiUalifr vivat. Ecco
42 Vita bestiai mi piacque e non umana.
Si comeamul ch*i fui. Son Vanni Pucci.
Bestia ; e Pistoia mi fu degna tana.
43 Ed io al duca: dilli che non mucci«
E dimanda qual colpa quaggiù Ipinae;
Ch'iolvidiuomgiàdisangueedi corrucci.
44 E 1 peccator che intese, non s' intìnse;
Ma drizzò verso me l'animo e1 volto,
E di trista vergogna si dipinse.
45 Poi disse: più mi duolche tu m*hai colto
Nella miseria dove tu mi vedi.
Che quand'io fui dell'altra vita tolto.
46 r non posso negar quel che tu chiedi.
In giù son messo tanto , perch' i* fui
Ladro alla sagrestia de'belli arredi:
47 E falsamente già fu apposto altrui;
Ma perchè di tal vista tu non godi.
Se mai sarai di fuor de'luoghi bui ,
48 Apri gli orecchi al mio annunzio, e odi:
come bestialità ha largo senso.
43. Mccci. Fugga. Vive in alcane parti di
Toscana. Albertano : Mueeiar la contenzione,
— San6€K. Psalm. CXXXI : Viri Sanguinum.
Eccl. , XXXIV : Jlomo sanguinis. Reg. ( Il ,
16} : Ftr sanguinum , et vir Belial. Dante stu-
pisce trovarlo fra' ladri : credeva fosse tra
gl'iracondi o tra* violenti. Alf. (Merope): Uo-
mo di corrucci e sangue.
44. Trista. C'è la vergogna Che fa Pwom
di perdon talvolta degno (Purg. , V ). — Di-
pinse. Petr. : Di pietà dipinto. Tasso : E di
trista vergogna acceso e muto ... E di palli-
da morte h dipinse. Bocc. : Dipinse il suo cati-
dido viso , per vergogna , di bella rossezza.
Eccl. ( V , 17): Super furem,. . est confusio,
et poenitentia.
45. Colto. Ottimo : Il furto.. . eh* elU feoe
alla sagrestia de' belli arnesi di Mess. s. Ia-
copo di Pistoia, il quale ha pit^ belli arnesi
d'oro, e d' argento, e di pietre preziose, che
uomo sappia , in calici , fornimenti, orna-
menti nobili , e di grandissimo valore ...E
quello furto . . . falsamente fu apposto a tali»
che non v'avevano colpa; e questo fu per la
potenza de' Cancellieri , de' quali costui era.
L'innocente imputato era Vanni della Nona,
che mori sol patibolo. Pucci era di parte Ne-
ra. Il cavalier Ciampi dimostra, che Vanni
tentò il farlo ma noi potè consumare.
48. Dimagra (ViU. , Vili , 44). Gli abitami
son come il succo della vita civile. -- Poi.
Per occasione de' Neri usciti di Pistoia. —
Gbnti. Per gli esilii. — Modi. Costami, reg-
gimenti. Un GaDcellieri , ricco mercante di Pi*
188
DEL L' INFERNO
Pistoia in pria di Negri si dimagra;
Poi Firenze rìnnuova genti e modi.
49 Traggo Marte vapor di vai di Magra,
Ch* è di torbidi nuvoli involuto;
E con tempesta impetuosa ed agra
stoia , ebbe dae mogji , e Tona cbiamaU
Bianca : i fiali di lei furono detti Bianchi ;
Meri quelli dell'altra. Ne nacquero varie fa-
miglie, si nimicarono, e straziarono la città.
Coir esigilo portarono questa peste in Firen-
ze : dove eran potenti i Cerchi e I Donati ,
gaelfi e questi e quelli : I Donati tennero da'
Neri , i Cerchi da' Bianchi ; onde I Guelfi fio-
rentini divisi in due sette. Nel maggio del
1300 i Bianchi da Pistoia , aiuutl da que'di
Firenze , cacciano di Pistoia i Neri ; nel no-
vembre i Bianchi di Firenze son eacdati da'
Neri. Nel detto anno il Marchese Moroello
Malaspina uscì di vai di Magra a capitanare
• Neri di Pistoia, e ruppe i Bianchi in Campo
Piceno ; onde i Bianchi di Firenze anch' eglino
debilitati n'andarono in bando: e Dante con
loro. Questi è Moroello figliuol di Manfredi ,
che nel 1310 giurò co' Fiorentini ubbidienza a
Clemente : diverso da quello che nel 1311 an-
dò ambasciatore d'Arrigo in Brescia. Questo
amico d' Arrigo era il quarto Moroello a cui
Dante voleva intitolato il suo Purgatorio. 11
50 Sopra campo Picen fia combattuto :
Ood*ei repente spezzerà la nebbia.
Si ch'ogni Bianco né sarà forato.
51 £ detto rho perchè doler ten debbia.
vapore di Val di Magra nel 1313 combatteva
per Lucca contro Pistoia. Questo Moroello era
marito di Alagia de'Ffeschi (Purg. , XIX),
e March, di Giovagallo. Nel 1300 entrò in Fi-
renze con Corso Donati » quando furono sae-
cheagiate le case de' Bianchi , e quella di Dan-
te distrutta.
49. Vapor. Forse cosi lo chiama perchè, dke
il Villani, apparve a quel tempo una meteora
annunziatrice di pubblici guai (VII, 4S).
50. Combattuto. Da* Bianchi, quasi da venti
contrarli. — Ei. Il vapore , cioè Moroello. —
SpiziBEi. Virg. : Torquet aquosam hiemm,
et eo€lo cava nubila rumpit. Plutarco negU
Apotemmi : AmUbal ad amicoi : notm» vSi$
praedixi montanam iUam nébulam Mnèff»
aUquando in noi §mi$iuram?
51. Dolse. Dante a quel tempo era guelfo:
né poteva conoscere il vero senso dei vati-
cinio di Vanni ; il qual già prevede che il P.
sarà un giorno de' Bianchi, e si dorrà della
loro scontitte.
CANTO XXV,
ARGOMENTO.
Sioflio cmeoni tra ladH : $ a mostran quanto fmt hro inirimeca la malizia,
le HTfi •' immtduimano in eiii : e lofi nudi acciocché per tutto ponan riceeere le
trafttmn ; e in continuo terrore di e$$er puniti ; e corrono eenxa poterti involare ai
moni deÙa coecienxa , figurata ne'eerpi. Le mani, A pronte al furto ^ qui ton le»
gaie : e eieeome in tante guiee ei traeformarono per fuggire atta pena » coA qui ii
— ' — t uomini in eerpi e a vicenda*
Kote le tmioe 8 , 8» 7, 8, 11, il, 15; U 17 alla 81; U 84 alla 47; la 49, 60.
Al fine delle sae parole, n ladro
Le mani aliò con arobedoo le fiche,
Gridando: togli. Dio; ch*ate le squadro*
Da indi in qua mi tur le serpi amiche ;
Perch'ona gli s'avvolse allora al collo »
CoDie dicesse : i' non vo' che più diche:
i. Aliò. Novellioo , LVIII : Fdce la fica
muaei tfObio aW occhio, dieendoH «tOomf.—
To«u. Dice 6. Vili, che sulla rocca di Car-
sriguaDo era una torre molralta con due
braccia di marmo che facevano le fiche a Fi-
fente. — Squadro. È più che fo : misuro ,
afaademo. Sfogatosi contro Dante , si sfoga
castro Dio , e mostra il bestiale eh' egli era.
Atto degno di sacrilego.
% Samn. S. Gipr. : Mtmtcìif cfiiiim lolsnfer
mnipU faUens, oceutiU aeeettwut terpii, Go-
BM la aerpe, così il ladro, dice TAnon., son
oeaild deli' uomo nascosti. L' Anon. e Pietro
di Dante qoi fanno una distinzione di ladri,
cbe non può essere tutta di loro Diotasia : ve
a* ba, dicon essi, che rubano d'elezione al-
'rana cosa, l'altre non toccano, come ii Puc-
ci : questi al mordere del serpente , cadono
in cenere, poi toman nomini. V'ha di ladri
ebe ban aempre l'animo al ftorto, ma sempre
noi tentano , e questi divengono mezzo tra
QomiBi e serpi, dopo morsi da quelli : ve n'ha
che rubano non sempre , ma colto il momen-
E un* altra alle braccia ; e rilegollo,
Ribadendo sé stessa si dinanzi.
Che non potea con esse dare un crollo.
Ah Pistoia, nstoia, che non stanzi
D* incenerarti, si che più non duri,
Poi che 'n mal far lo seme tuo avanzi ?
to , e questi d' uomini si fauno serpi , di se^
pi uomini : finch' C son ladri , lasciano l' u-
mana forma, poi la riprendono. Altre distin-
zioni pongono i comeotatori de' ladri compii*
ci , e mezzo pentiti : ma troppo sottili. Gerto
la diflTerenza della pena anppone differenza di
colpa. — Amichi. Sempre severo agli insul-
utori di Dio ( e. XIY ), e a tutti i rei di de-
litto religioso ( X , XIX , XXYll. )
3. BaACciA. Ariosto : Che ìeaare le hraeda,
t pt«dt • '1 eoUo GU vede ti we non può dO"
re un erotto, — RuADBNno. Gli si fa quasi
anello alle braccia , gli si avvolga dietro , poi
no altro giro dinanzi. L* imagine e l' idea del
tormento è tolu forse da Yirg. :' Corrìptunl ,
sviritque ligant ingentilnu ; al jam Bii me-
aium amplcxi, bit cotto sqìtamea circum Ter-
ga dati, tuperant capite ei cervieibut allii.
lUe simili manilnu tendit diveUere nodos. —
CnoLLo. Petr. : Né pouo dal bel nodo ornai
dar erotto.
4. iNCEiiBEAmTi. Che non subilisci di la*
cenerartl come il ladro tuo citudino , poiché
190
DELL INFERNO
5 Per tutti i cerchi delio 'nferno oscnri
Spirto non vidi in Dio tanto superbo;
Non quel che cadde a Tebe giù de* muri.
6 £i si fuggi , che non parlò più verbo.
Ed io vidi un Centauro pien di rabbia
Venir gridando : ov' è, ov' è V acerbo?
7 Maremma non cred'io che tante n*abbìa
Quante bisce egH avea su per la groppa
Infino ove fDmincia nostra labbia.
8 Sopra le spalle dietro dalla coppa,
Con r ale aperte gli giaceva ud draco:
E quello affuoca qualunque s' intoppa,
9 Lo mio maestro disse: quegli è Gico
Che sotto '1 sasso di monte Aventino
Di sangue fece spesse volte laco.
10 Non va co'suo'fratei per un cammino,
avanti in mal fare I soldati di CatilìDa , ri»
fbggiti nell'agro tao detonali ta esci(Salla-
ftiió ). Simili imprecazioni Dell' lof. , ÙXIll;
e Purg. , IlV.
5. In. Tasso : ImpugnerwMi in fé f arm9
di Giuda. — QUBL. ( iDf. , XIV , 16 ).
6. Ybrbo. Ar. ( XXX , 48 ) : Non vuolfiù
dell'accordo intender verbo. -— Centauro.
Aeo.yVHI: Semifer. Centauro veramente non
era. — Acerbo. Pucci , il doro , il morda*
ce. Neil' Inf. « XY , chiama i Neri Uutxi tor-
N ; e di Capaneo : la pioggia non par che *l
maturi.
7. Harbmm A. Padolt di Toscana , nomina-
ti neir Inf. , XXIX ; e Parg. » V. — I^abbia.
Come centaaro , il di dietro aveva di cavallo.
8. Affuoca. Caco era figliaol di Yalcano,
e si difese da Ercole riempiendo la caverna
di fiamme e di turno. Yirg. , Vili : iUrof ore
9omens ignes.
y. Cago. Virg. : lamprimum ìùjìì tuepen-
tam Kane adspice rupem . . . Hic ipelunca
fuit . . . SemUiominii Caci facies quam dira
ttnebat , Solit inaceessam radiit ; eemperque
recenti Caede tepebai humus. — Aventino.
Tirg. : Lustrai Aventini montem. Of.i'Cacus
Aìjentinae seelus atque infamia silvae. Ne par-
lano Ovidio ne' Fasti , e Boezio , letti da Dan-
te. — Lago. Ar. : Che del lor sangue oggi
f iranno un lago.
10. Fratbi. Cenuari ( Inf. , XII , 19). —
DSL. Ne rubò Caco otto capi. — Grande.
Yirg.: Aleides oderai , taurosque hoc Victor
agebat ingentes; vaUemque boves amnemque
tenebant.
11. Bisce. Non rette» perverse: bieco da
eètiquus. Bieco in Dante é contrario di giusto,
poiclié Dalla MoD. defiaitce la giustizia : ila-
Perlo furar frodolente ch'ei fece
Del grande armento, ch'egli ebbe a vieioo.
11 Onde cessar le sue opere biece
Sotto la mazza d' £rcole , che forse
Gliene die cento , e non senti le ctieee*
12 Mentre che si parlava , ed ei trascorse*
£ tre spiriti venner sotto noi .
De'quai né io né '1 duca mio s* aee orse
13 Se non quando grìdér : chi siete voi t
Perchè nostra novella si ristette ;
E intendemmo pure ad essi voi.
H r non gli conoscea: ma e seguelle
Come suol seguitar per alcun caso*
Che Tun nomare ali* altro convenetle,
15 Dicendo : Cianfa dove fia rimaso?
Perch* io , acciocché Iduca stesse attento.
eftUMlo »h$ regula, oUiquum fctne inde dfi-
ciens. Ar. (XXIX, 12): Atto bieco flo stopfo>.—
Mazza. Virgilio lo fa morire strozzato ; Ofi-
dio sotto la clava. — Dibce. Reg. ( I, M ):
Psrfodiam eum lancea in terra semel , ci ai-
cundo opus non erit. Caco, e Vanni Foeci mfm
d'ire e di sangue, da' violenti il P. li caeeia
ne' ladri. Avrà forse trovata qualche analuglR
tra il nemico de' Bianchi, e il nemica di qmèr
l'Alcide, che venne in lulia ospite del padfs
di Fallante , dell' alleato d' Enea , conghnto
anch'esso ai destini dell' italico impero. Tas-
to più che Ovidio , citato da an inedito lis-
centista, accenna come taluni de* segnaci d'B^
cole rimasero ad abitare dov*è oggi Aoms»
partendosi Ercole , poich* ebbe morto Csss.
Il Rossetti vede in Caco quel Giovanni ffSMi
di Roberto re di Napoli , guelfo ardito , cImi
Caesarem continuis contumelOs vexahii «Ì
scopulum Aventini mentis ( così il Masialo )}
e mori alla battaglia di Montecatini.
12. TRAtcoasB. Virg., di Caco: FksgitÙktt
ocior Euro. E l' idea del drago che affoca, gli
sarà venuta dal virgiliano, Atros ore vommi
ignes. — Sotto. I due P. erao sull'arglaa»
13. Novella. Per discor$o è nel Boccaccls|
come favellare da fabula. — Pure. Soltasie»
Erano fiorentini; e non di vii gente; però DssIS
li guarda sì attento.
14. Sbcdette. Per seguì: ènei IX del f9t
radiso. — Coicvbnettb. Era d* uso aitnsi
per convenskc ; e venetle e veniue f%t
venm.
15. CiAiCFA. Donati, della famìglia delts sw*
glie di Dante : forse rubò ne'pubblici iifizii...^
Dove. S' era mutato nel serpe a sci piedi.^
Posi. Ovid.: Digiiwiue siUnUia suadot. iav. :
J>igito eompesce labellum.
CANTO XXV.
191
Mi poti '1 dito 8Q dal mento al naso.
16 de ta ge'or, lettore, a creder lento
Ciò ch'io dirò • non sarà maraviglia ;
Che ioche 1 vidi , appena il mi consento.
17 Gom'i ' tenea levate in lor le ciglia ,
E uo serpente con sei pie si lancia-
Dinanzi ali* uno, e tutto a lui s' appiglia.
18 Co' pie di mezzo gli avvinse la pancia,
E eoo gli anterior le braccia prese :
Poi gli addentò e Tuna e l'altra guancia.
19 Gli diretani alle cosce distese ,
E miseli la coda tr' amendue ;
E dietro per le ren su la ritese.
90 EUera abbarbicata mai non Aie
Ad alber si, come Torribil fiera '
£ér r altrui membra avviticchiò le suo.
a Pòi s*appiccàr, come di calda cera
Fossero stati; e mischiar lor colore ;
Né r 00 nò r altro già parea quei eh* era;
9S G>me procede innanzi dall' ardore.
Per lo papiro suso, un color bruno
Che none nero ancora , e 'I bianco muore.
23 Gli altri duo riguardavano ; eciaicuno
16. GoifSiaTO. Nel senso di emiere. Danfc
( 1. IT, CSM. 2 ): il suo oiftiio tjiova A
«OfiMRlir dò ek§ par maravigUa. Ed é bello
riporre la Me in an sentimento, in on con-
siBso dell'anima al ?ero.
17. LsvATC. Inarcate : non leTati in alto gli
•ecki , se coloro eran giù nella valle. — - £.
virgiliano coniane al trecento: Si bra-
fort9 remtstl , Atque iUum in pra$e€pi
rapii alveut amni. — Uno. Agnolo Brn-
■aUciclii , famiglia del grande arcbiteito. —
ArvMUA. Virg.: Corpora... $$rp€n$ ampUxus...
laijpfecal.
48. AMHtNTÒ. Tanto era grande da abbrac-
riargK col morso entrambe le gote. Significa,
dice il Blagioll, cbe i ladri si assaltano e guer-
reggian tra loro.
1KI. Eixnu. Horat.: Aretiui, atqu9 hedera
procura ad$tringiiwr iUxt Lenfif adhairmu bra'
tkm. Ar.: Né così 9tntUim9fit$ tlUrapnm/t Pian-
ta m9^imiofno abbaHneaio ^ abbia. Annannino,
degi' iaridiosi : Di corpo tfca loro un mro itr-
pmi9 , U quaU ti rivolgt loro intomo in$ino
aiirn ho€aa : quivi morde loro gU occhia e poi
la Imgma, a poi ritoma al cuore ; $ queUo gU
pamm tal forte agagìio.
SS. Pambo. Posto sopra al lame on foglio,
prinn eha prenda ftooco e s'abbronxi , non é
mk BOTO ni bianco. Altri per lo papiro inteo-
fìridava : o me Agnel , come ti muti !
Vedi che già non se* nò duo nò uno.
2i Già eran li duo capi un divenuti ,
Quando n'apparver duo figure miste
In una faccia, ov'eran duo perduti.
25 Férsi le braccia duo di quattro liste :
Le cosceconle gambe^ilventrceUcasso
Divenner membra che non fùr mai viste.
26 Ogni primaio aspetto ivi era casso.
Due e nessun l'immagine perversa
Parea : e tal sen già con lento passo.
27 Come 1 ramarro sotto la gran fersa
Dei di canicular, cangiando siepe,
Folgore par , se la \ ia attraversa ;
28 Cosi parea, venendo verso T epe
Degli altri due, un serpentello acceso,
Livido e nero come gran di pepe.
29 E quella parte donde prima ò preso
Nostro ahmento, all' un di lor trafi^^se :
Poi cadde giuso innanzi lui disteso.
30 Lo trafìtto il mirò, ma nulla disse;
Anzi co' piò fermati - badiuliava
Pur come sonno o febbre 1' assalisse.
de col Crescenzio queir erba bianca cbe simcs
tcra per lucignolo in lanipanc od in lacerna,
ed era ana specie di giunco spugnosa e pom-
sa (VI. 93). Anon.: Come il papero d'una can-
dela: quello che dinanzi alla fiamma viene
oscurando.
23. O Me. O ma , ellissi di ho me mise-
ro l — Agnil. Agnello, nome vero, per ui^no-
lo, Agnolello.
24. Perduti. Inf., IH : JMluta gente.
27. Fersa. Tuttora in Toscana : la sferza
del sole. — Di. Grescenz. (II. 20): Del mese
di luglio, o dinanzi a*dì canicuìari. — Siepe.
Virg.: Nunc virides etiam occultant $pineta la-
certos, — Folgore. Ar.: Va con più fretta
che non va*l ramarro. Quando il del arde ,
a traversar la via.
28. Acesso. Armannino : A nuocere più
aceed.
29. Preso. 11 bellico. Dottrina , ch'era in
Avicenna, e in Egidio Roniitano, della forma*
zione del corpo dell'uomo. Tas<o (IX, 68 ) :
Pòi fiere Albin là *ve premier e' aji prende IS'ostro
alimento. Ariosto: Là dove Valimento prima
Piglia il bambin, vel ventre ancor serrato. —
Un. nuoso degli Abbati, dice Pietro di Dame.
30. Sbadigliava. In Lnc, IX, è descritto
tua avvelenamento sonnifero di serpente.
192
I> E L L' I N F E R N 0
31 Egli ilserpente , e quei lui rignardaya;
L* un per la piaga, é V altro per la bocca
Furomavan K)rte;e1fnniiii08'iiicoDtraYa«
32 Taccia Lucano ornai là dorè tocca
Del misero Sabello, e di Nasidio,
E^tteoda a udir quel eh' or si scocca :
33 Taccia di Cadmo e d* Aretnsa Ovidio:
Che se quello in serpentecquellainfonte
Converte poetando, i'non lo invidio
3&- Che duo nature mai a fronte a fronte
Non transmutò, si ch*amendue le forme
A cambiar lor materie fosser pronte.
35 Insieme sì riiiposero a tai norme ,
Che 'l serpente la coda in forca fesse,
E 1 feruto ristrinse insieme l'orme.
36 Le gambe con le cosce seco stesse
S' appiccar si , che 'n poco la giuntura
Non iacea segno alcun che si paresse.
37 Toglìea la coda fessa la figura
Che si perdeva là: e la sua pelle
Si facea molle, e quella dì là dura.
31. Fummavàn. Forse ad indicare la cali-
ffi ne in che s' avvolgono i ladri. S* erano dice
i' Anonimo , attossicati a vicenda.
32. Sabbllo. Lue, IX : ilftiert^tie tu erure
SaMli SepM sUHt exiguut, quem fixo dente te-
naeem ec. Parla dell* esercito di Catone dei
deserti di Libia : quivi mori anco Nasidio :
IS'atidium Mani cultorem torridui agri Per-
cttifii Prester : iUi rubar igneus ora Suecen-
dit , ienditque eutem. Sabello mori sfatto, Na-
sidio enfiato. — Scocca. Purg. : Scocca L'arco
del dir. Qui esprìme la novità della cosa, che
deve pungere con gli strali d'ammirazione.
Par. , i ; Ariosto ( XXX , 69 ). Il pernierò
ha differente Tutto da quel che fuor la lin-
gua icocca.
33. Cadmo ( Met. , 111). -- Aretusa (Met.,
V ). Pone la sua pittura più alto che quelle
di Lucano e d' Ovidio. A ragione. Ovidio e
Lucano , die' egli, mutan le forme : io muto
la materia insieme e la forma.
34. Nature. Pietro di Dante : AaturaUter
fieri non potett ut forma mutetur in aliud
eorpui , nam aliter quantiias verteretur in
iubstantiam , quod Aristotelet negata ubi di-
cU quod tota tubttantia est iusceptibilis con-
trariorum secundum sa.
35. Risposero. Corrisposero. Virg. : Dictis
retpondent celerà niatris. — Orme. Piedi.
Virg. : Vestigia primi Albapedis. cannai.: E
eoi veitigii ianti eaUhi le iteUe.
38 rvidl entrar le braccia per l'ascelle ;
E i duo pie della fiera ch'eran corti.
Tanto alluDgar,anaDdoaccofeiavan quelle.
39 Poscia li pie dirietro insieme attorti ,
Diventaron lo membro che Tuom ceh:
E 1 misero del suo n'avea duo porti*
U) Mentre chel fummo l'uno e l'altro vela
Di color nuovo, e genera *ì pel suso
Per runa parte, e dall' altra iidipda;
41 L*un si levò, e l'altro cadde giuso;
Non torcendo però le lucerne empie,
Sotto le quai ciascun cambiava muso.
42Quel ch'era dritto, il trasse'nver letempie;
E di troppa materia che 'n là venne.
Uscir gli orecchi delle gote scempie.
43 Ciò che non corse indietro e si ritenne,
Di quel soverchio fé naso alla faccia,
E le labbra ingrossòquantoconvenne.
44 Quel che giaceva, ilmusoinnanii caccia;
E gli orecchi ritira per la testa,
Come face le corna la lumaccia.
36. Appiccar. Questa trasformaiione dà a
pensare che tutti i serpenti della vaUe sien
ladri ; e a vicenda si trasmutino.
37. ToGLiEA. Virg. : Sumere formai, — Per-
deva. De* piedi. Lue. I^ravnte /S^iim.— Do-
ra. Dora la pelle dell' nomo mutato in serpe.
Ovid. : Durataeque cuti $qìàama$ inereecere
ientit,
38. Vivi. Pittare difficile e nuova e di ma-
ravigliosa evidenza. La bellezza sta tutta nelle
particolarità , che gì* ingegni forti aroano, ma
le sanno scegliere : i mediocri le ammontano,
e fanno confusione e frastaglio. Le beUezn
di Dante stanno nell* insistere sopra un'Idea
e cercare la poesia nel fondo di quella , stan-
no nel riguardare il vero da vicino , e coglier-
lo nelle sue pieghe.
40. Color. Il fumo , emanazione dell' tim
e dell'altra natura, dà il colore del serpeal-
l'uomo , dell'uomo al serpe. Ovid. : Nigraque
caeruleii variari corpora guttii,
41. Caddb. Ovid. : Vt xerpem , in longam
tenditur alvum. — Lucerne. Per occW , è nel
Burchiello, e nell'uso toscano d'oggidì. Van-
gelo : Lucerna eorporis lui est oculus Cmu.
Gli occhi rimanevan ferini nel novelPaomo.
umani nel serpe.
42. Scempie. Che prima erano scempie ,
senz'orecchi.
44. Lumaccia. Lumaca. É in Giovanni Villani.
CANTO XXV.
193
45 E la lingua ch'aveva unita e presta,
Prima a parlar, si fende; o la forcuta
Kell* altro si richiude: e 1 fummo resta.
k6 L'anima ch'era fiera divenuta,
Si fugge sufolando per la valle :
E Taltro dietro a lui parlando sputa.
47 Poscia gli volse le novelle spalle ;
E disse all'altro: i* vo*che Buoso corra,
Com'ho fattio, carpon per questo calle.
48 Co5Ì vid'io la settima zavorra
45. Fuma. Bifbrcote credevansi le lingae
de* serpi. Ovid. (IX, 65): Cumqué fero movi
Imgmam itriàore hituleam,
45. Ftgge. Ovid.: Junetoque volumineter-
muC; Ìk>nee in apponti nemom tubiere late-
im. •— Sufolando. 11 fischio è de' ladri: di-
ce Pieiro di Daote.
47. Altro. Puccio Sciancato. — Broso. II
BOfello serpente. ArmanoiDo, de' golosi : D'o-
ra m ora mutano loro forma: ora paiono porci,
or Impi , or draghi, per divorare parati,
48. Zavorra. Arena , perché per lavorra
fi mette anco rena. — NovitX. Nelle Rime :
Cam di* ifOffi non può ritrarre Ber loro altez-
M9 $ per loro eteer nove . . ; e i. IV. (e. 1 ) :
VdiU a ragionar eh' è nel mio core; Ch' fnol
wo dtrt aUrvi, lè mi par novo» — Fior. Al-
cm poco (XXXIY, 9); S'hai fior d'ingegno,
-~ AnotRA. Erra , oon è ferma e precisa al
■olilo: l'osa Fazio. 0: abhorrisce i fiori del
dire. O: si stende ( da borra , cosa soverchia
Mutare e trasmutare: e qui mi scusi
La novità, se fior la lingua abborra.
49 E awegna che gli occhi miei confusi
Fossero alquanto , e l'animo smagato;
Non poter quei fuggirsi tanto chiusi
50 Ch*ionon scorgessi ben Puccio sciancalo;
Ed era quei che sol, de'tre compagni
Che venner prima, non era mutato.
51 L'altro era quel che tu, Gaville, piagni.
e dappoco) , più che non converrebbe. Il pri-
mo pare il più vero.
40. Smagato ( Porg. , III , 4). Smarrito.
Smagare per ditperdere vive in Toscana. -—
Chiusi. Per nateotti ; altrove parlar chiuso.
Chiuso per coperto s'osavaanco in prosa (Ott.,
U,442).
80. Puccio. De'Galigai.— Trr ( F.ten. 12).
51. L'ALTRO. Che feri Baoso , e toroò uo-
mo, è FrancescoGuerciooGaelfo Cavalcante,
ucciso In Gavine, Castel di Val d'Amo; il quale
pianse non la sua morte, ma per la sua morte,
da che per vendetta di lui molti furono uccisi
di quegli abitanti. Tre de' fiorentini ladri appo-
riscon da prima: Agnolo, Buoso, Puccio: Agno-
lo domanda ov' e Cianfa : Cianfa, In forma di
serpe a sei piedi, viene e s'incorpora a lui. Buo-
so , assalito da no serpentello ch^ è Guercio
Cavalcante , si trasforma in serpe ; Guercio
in nomo. 11 solo che non muti , gli é Puccio.
25
19fc
DELL' INFERNO
CANTO XXVI
ARGOMENTO.
Rimontano dall' argine al ponte , poUkè la teita del ponte fa un rialzo eul-
r argine y e giungono sopra la nona bolgia , di que' che la frode eeercitarono m e#-
te di guerra. Vanno ravvolti in una fiamma che $i move con low ; a iignipemre ,
dice Pietro , che i tristi consigli son faville S incendio. Vengono in una fiansma w-
sieme Ulisse e Diomede ; Uniti a mal fare quando tolsero il Palladio di Troia ,
quand entrarono notturni nd campo nemico , e uccisero Datone per via. Vliue nar-
ra il modo e il il luogo della sua fine.
Nota le terzine 1, 2» 4; la 0, tUt 15; la 19, 20, 25, Tt, 29, 30, 32, SS, U,
40, 41, 43, 45, 47.
1 Godi, Firenze, poi che se'si grande
Che per mare e per terra batti Tali,
E per lo 'nferao il tuo nome si spande*
2 Tra gli ladron trovai cinque cotaU
Tuoi cittadini, onde mi vien vergogna ,
E tu in grande onranza non ne sali.
3 Ma se presso al mattin del ver si sogna,
Tu sentirai di qua da picciol tempo
Di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna.
1. Ali. Ar. (XYIII, 87): Di Gnfon eeU-
bre il nome Per tutta la città batter UpemM,
£oiuo: Volito vivo perora virUm. L'elogio era
vero , quindi più amara 1* ironia.
2. Sali. Cic. (Orat.): Propter quem aseen-
dit in tasUum honorem eloguentia.
8. Sogna. (Par. > IX): Era ed è opinione
del volgo. Ovid. (Her. XIX): Sub Auroram...
Somma quo cerni tempore vera solent. Dante
sognava continovo la pena delia parte nemi-
tt. -—SBNnRAi. Accenna forse alla rafna mi-
cidiale del Ponte alla Carraia , ali* incendio
di milleseitecento case , alle discordie de'Bian-
chi e de' Neri avvenute nel 1304. E forse ac-
cenna ammali avvenire più terribili ancora. —
Prato. Sua vicinissima , e oppressa già da
Firenze.
4. Pbr tempo. Troppo presto. Petr. : Il del
HI* aspetta: a voi parrà per tempo. —Coli'.
k E se già fosse, non saria per tempo*
Cosi fo8s*ei , da che pure esser dee !
Che più mi graverà com*più m'attempo.
5 Noi ci partimmo : e su per le acdee
Che n'avean fatte i borni a scender pria.
Rimontò '1 duca mio , e trasse mee.
6 E , proseguendo la solinga via
Tra le schegge e trabocchi dello scoglio,
Lo pie senza la man non si spedta.
Per come, nel Petr. Purgat. X]t, Ca dire ad
on* anima: Quando sarò io tìBto A veder la M»-
detta ..ì Più larda è la pena , dice Val. Mass.,
• pia grave piomba. Onde prega sia prooia
perchè più leggera. Is. (I, 14); Jer. ( VI, li).*
Laboravi eustinens. — Attempo. Buonarroti :
Come più m'attempo, Petr. : Questa speram-
sa . . . Or vies^ mancando , e troppo in lai
m'attempo,
5. Scalee. Altra volta ha chiamate soàU le
prominenze dello scoglio. — Boeni. Fr. : ^or-
nes. Que* sassi o mattoni che sporgon dal mo-
ro t> per addentellalo o per difendere ndle
strade la muraglia dall'urto de^ carri o cosa
simile. Qui vale i rocchi sporgenti tra P ar-
gine e il ponte.
6. Schegge. Parti minori de' rocchi.*- MAH.
Parg. : IV : E piedi e man voleva il sssol éi
sotto.
CANTO XXVI.
195
7 Allor mi dolsi , e ora mi ridoglio «
Quando drizzo lamento a ciò ch'io vidi,
£ più lo*ngegno aflreoo ch'i*noo soglio,
8 Perchè non corra che virtù noi guidi:
Sì che se stella buona o miglior cosa
M'ha dato *1 ben , ch'iostessonolm'invidt.
9 Quante, il villan eh al poggio si riposa,
Nel tempo che colui che'l mondo schiara
La faccia sua a noi tien meno ascosa,
10 Come la mosca cede alla zanzara ,
Vede lucciole giù per la vallea
Forse colà dove vendemmia od ara;
11 IM tante fiamme tutta risplendea
L* ottava bolgia, si com'io m'accorsi
Tosto che fui là 've 1 fondo parea.
12 £ qoal cohiiche si vengiò con gli orsi,
7 Afpreno. Questo verso e* è indizio della
natora di Dante: ingegno ardito, ma frenato
dal tesso del dovere , caldo tavolta di febbre
soperba , ma sdegnoso de' volpini accorgi-
menti : si compiace nell'ira , nell'odio , nel-
la vendetta : ma le villane significazioni della
rabbia impotente non loda. Breve ed arguta)
nel dire , oon bugiardo, nemico degli ipocri-
ti , aperto ai sapienti , come specchio , che
tende Vimagine delle cose di fuori. Sorride
sdegnoso alle amane follie , ama talvolta di-
pingere le bassezze dei tristi ; ma beo presto
8' innalza , e piange fin sai meritati aolorì.
Docile all' autorità de' grandi, riverente all'au-
torità della Chiesa; si scusa fin d'atti appa-
rentemente audaci , ma usati a fin di bene ;
l'adulazione gli è in odio ; la cosunza nelle
avversità gli desta maraviglia fin ne' malvagi,
^oando provocatrice non sia. Ogni vero che
te ftceia di menzogna egli evita : negli stu-
pii 8' affìinna e suda ; quasi scultore modella
t intaglia e pulisce le opere sue. Negli amorì
inviscato : da ogni avarizia aborrente , e an-
cor più da ogni invidia. Amante della lode ,
fi loda da sé ; ma i proprii falli confessa , e
degli amici suoi. Sdegna i beni della sorte ,
e Al dolore di lunga mano s'apparecchia. Ama
conoscere nuovi uomini e nuove cose , ma le
prime eonsoetudini gli son care , e le prime
amicizie. Tutto ciò eh' è alto e gentile nei-
fnmana natora , riconosce , e lo venera do-
va ehe sia , e ad nomini tali ubbidisce, e te-
me i rimproveri loro. Ama la gravità nella vo-
ce , negli sguardi , negli atti : teme che il
tempo non gli passi perduto.
8. Stilla, inf. (XV, 19). — Miglior. Gra-
fia di Dio. — Invidi. Noi tolga a me stesso.
¥ir§. : JiRM...ssnsc(iii /nvìdn imp9num,.*h^
Videi carro d' Elia al dipartire.
Quando i cavalli al cielo erti Icvòrsi ,
13 Che noi potea si con gli occhi seguire
Che vedess' altro che la fiamma sola
SI come nuvoletta, in su salire;
ik Tal si movea ciascuna per la gola
Dal fosso: che nessuna mostra il furto ;
£ ogni fiamma un peccatore invola.
15 r stava sovra '1 ponte a Veder surto;
Si che s'r non avessi un ronchion preso.
Caduto sarei giù senza esser urto.
16 £'1 duca che mi vide tanto atteso,
Disse: dentro da7uochi son gli spirti.
Ciascun si fascia di quel ch'egli è inceso*
17 Maestro mio, risposi, per udirti
Son io più certo: ma già m'era avviso
vidit fortuna mihi. Eccl. ( XIV, 6 ) . Qui iibi
invidet, nihil esl iUo nequius,
9. Colui. Purg., XXilI: La suora di colui
(B*l tol mostrai).
10. Cede. Di state. Virg. : Averto csdmit
Cani» oecidit astro, — Lucciole. Di loro
(Arìst., Meteor., 11).
11. Fiamme. S. lac. dice la mala lingua
infiammala a gshenna. Psalm.: Sagittae pò-
tsniis acutae, cum carbonibtu detolatoriii. -^
Risplendea. Virg.: Crebrii coUucent ignibui
agri. -*- LA. Sul ponte. Altre volte si collo-
ca sulla cima del ponte per meglio vedere.
12. Orsi. I fanciulli che gridavano ad Eli-
seo: Ascende, calve, furono sbranati dagli orsi.
Come piacciono a Dante gli esempi di pena e
vendetta 1 —Carro (Reg. IV, 2). — Levar-
si. E nel XXXIU dell' Inferno.
13. Seguire. Crescenzio (I, 5): Che gli oc-
chi non possono seguire. Ar.: Che cogli ocdhi
Ruggier lo segue appena. Virg. : Quantum
ade posient ocuU servare 8equentum,.,0cuUM'
que sequuùtur Fulveream nubem. — Salire.
Reg..* NikU videbat nisi ignem ascendere.
14. Furto. L* Anon. : Siccome per agucUi
imbotarono altrui U dttadi e gli uomini r a
qui da queste fiamme sono imbolati ellino.
Aguato e furto sono pari , salvo che il furto
è di piccole cose, e Vacuato di grandi.
15. Urto. Per «fiato, coma trovo per Iro-
«0(0, ed altre migliaia.
16. Fuochi. Is. (V, 24): Sieut devorat sti-
pulam lingua ignis, et color ftammae exurii :
eie radix eorum quasi faviUa erit.
17. AvYiso. Lai. : fisum mihi trai. Cre-
séenx. È veduto a noi convenevole cosa. Ar.
(XI, 11): E le fu avviso emr poMfa owow
196
DELL' INFERNO
Che cosi fosse ; e gii voleva dirti:
18 Chi è 'd quel fuoco che vieo si diviso
Di sopra, che par surger della pira
Ov'Etcócle col fratel fu mise?
19 Risposemi: là entro si martira
Ulisse e Diomede: e cosi insieme
Alla vendetta corron, com'all'ira.
20 E dentro dalla lor fiamma si geme
L* aguato del cavai che fé la porta
Ond* usci de'Romaniì gentil seme.
21 Piangevisi entro l'arte perchè morta
Deidamia ancor si duol d' Achille;
E del Palladio pena vi si porta.
22 S' ei posson dentro da quelle faville
Parlar, diss*io, maestro, assai ten prego
E rìprego, che '1 priego vaglia mille,
23 Che non mi facci dell* attender niego ,
18. Pira. Stai. (XII, 30): Ecc9 Uerumfra'
trii primot ut eonUgit artui lanit edax , in-
muere rogi, et novus advwa hustU PeUitur,
exundant diviso vertiee fiamma: Lac; Scin-
ditur in partes, geminoque eaeumine gurgit ,
Thebanos imitata rogos, — Miso ? Per metto,
è in Pier deUe Vigne.
19. Vendetta. Pena (Par., VI, 3o).— Iea.
Virg. li dipinge frodolenti e feroci (li, 163).
Dice che tmpttfs... Tydidet,,. tctUrumque in-
vmtor Ulyxetf trucidarono i custodi del Pal-
ladio : e nella noltarna invasione del campo
nemico Tydidtt multa vattabat caede cruen-
tut. Ulisse poi tramò la rovina di Palamede.
20. Geme. Attivo. Virg.: Catum gemit, —
Aguato. Virg.: DoU fabricator Epeot, — Ga-
yal. Virg. : fa scendere dal cavallo il cftro
UUttt. — Porta. Per far passare il cavallo
in Troia. Virg. : Dividimut murot et moetiia
pandimus urbis. Di questa purla della ciltÀ
vinta esce Enea fondatore della reggia latina.
€osl l'Ottimo. Un anonimo inedito: Ar 9tieUa
rottura dell» mura per la quale era metto lo
cavallo dentro , entromo in Troia. Il mede-
simo: IH giretto eavallo , e^' eUi futte fatto
per inganno di Diomede e di UUue » • c^
Enea wcisse di Troia per quella rottura del
muro, per la quale fu messo il detto cavallo,
in tre ritmi ne fa menxione Dante nel e. XXVI
della prima cantica... Di qnesti fatti parlan
Ditti e Darete, citati da Pietro di Dante; ma
quelli aflerraano i Greci entrali nella cittì a
tradimento d'Antenore e d'Enea per la porta
die aveva ad insegna un cavallo. Questo con-
traddice troppo alle tradizioni virgiliane sulle
quali è fondato il sistema politico deli' Alli-
ghieri.
Fin che la fiaomia cornuta qua vegna.
Vedi che del desio ver lei mi piego.
ik Ed egli a me : la tua preghiera è degna
Di molta lode ; ed io fero i* accetto.
Ha fa che la tua lingua si sostegna :
25 Lascia parlare a me ; eh' i*ho concetto
Ciò che tu vuoi : eh' e' sarebbero schivi,
Perch' ei fùr greci, forse del tuo detto.
26 Poiché la fiamma fu venuta quivi
Ove parve al mio duca tempo e loco,
In questa forma lui parlare audivi :
27 0 voi che siete duo dentroaun foooo,
S' ì' meritai di voi mentre ch'io vissi,
S' i* meritai di voi assai o poco
28 Quando nel mondo glialti versi scrissi,
Non vi movete; ma V un di voi dica
Dove per lijd perduto a morir gissi.
21. Ancor. Tuttoché morta. Deidamia sei
Purgatorio dice il P. esser posta tra quelli
del Limbo. E ognun sa che Achille scoperto
ili Sciro da Ulisse fu tolto agli uffizii donne-
schi e all'amore di Deidamia. In questo In-
ganno non entrò Diomede. Ma le parole del
P. dimostrano, com' egli stimasse in tutto in-
giusta la guerra de' Greci. E lo dice TAnoni-
mo che prima di ridomandare la rapita Ele-
na, i Greci avevano assaliti i Troiani, epn-
fono Etiona tiroeehia di Priamo: dunque mm
ebbero li Greci giusta ragione di guerra^ e per
conseguente ogni inganno fu abominevole e
degno di pena.
22. Faville. Vampe sfavillanti. Claod.CBell.
Get. ) : Rapidit ambutta favillit.
23. NiBGO. Bocc. ( Fil. ) : Ten prego Nam
voler fare a questa grazia niego.
24. Lodi. Voler parlare a uomini tali, e sen-
tir della fine d'Ulisse. Virg.: Quos bonue Ae-
neas , haud aspemanda precantet , Pre^equi-
tur venia. — Sostkgna. Per a* ot latina : era
giÀ della prosa.
25. GoNCBTTO. Petr. (Tr. Am. ).* JTr avms
già tacendo inteto. — Schivi. E come Greci
superbi , e come nemici della città da cui
sorse l' impero che il Ghibellino vagheggia.
26. Audivi. Dante da Maiano: Auditto. Pnrg.,
XII : ^tvt ; per andai.
27. Mbritai. Non sempre Virgilio parla
odiosamente di loro: e ad ogni modo 11 rete
immortali : però dice : auai o poco,
28. Alti. Inf. , XX: Alta mia tragedia.-^
Gissi. Impersonalmente. Virg. : Ventum m
montes. Inf. , I : /n sua città per me si ve-
gna. Ditti fa Ulisse morto per man di Tei**
gono; Plinio e Solino lo Duino fbndaior di
e A N T 0 XXVL
197
29 Lo maggior corno della fiamma antica
Cominciò a crollarsi mormorando»
Par come qoelia cai vento afiatica.
30 Indi t la cima qaa e là menando ,
Come fosse la tingaa che parlasse,
Gittò voce di foorì , e disse : quando
31 Mi diparti' da Circe, che sottrasse
Me più d' OD anno là presso a Gaeta,
Prima che si Enea la nominasse;
3S Né dolcezza di figlio , nò la pietà
Del vecchio padre, nel debito amore
Lo aaal dovea Penelope far lieta ,
33 Vincer poter dentro da me V ardore
Lisbona: sa questa tradizione appoggia la sua
fiaxioiie ilP. Eqaesta glie occasione asfog-
glaie scienza geografica , e a comentare pue-
Ueameote il passo di s. Agostino citalo dal
igliool 800 : NinUs abturdum est ut dicatur
Kaminn 9X hoc in iUam partent, O-
vmfMmUau traje^a , navigare ae per-
potuiue ( GiT. Dei , XVI ).
9. ]lA6«ioa. Ulisse era il più reo difh>-
de e fl più celebre. — Antica. Eran dannati
da duemila anni , dice V Ottimo. — Affati-
ca. Virg. : £x9rcet.
30. GiiTÒ. L' Anonimo reputa questa par-
lala degna della facondia d'Ulisse , accenna-
la nel XIII delle Met. Darete , tradotto da
OD treeeoUsta , dice di lui : Ulixes fue ricco
tv « e /ke ...aovto e Mottile , e fue il più bello
pariadore , che V uomo tapeue. Diomedes fue
à§Uo , ifrandc a formato , orgoglioso, e amo-
li. SomASSB. A' miei alti destini. Cosi
»loto è nella Sap. ( VI , 8 ) : Non tubtror
kttptrefmam etgusquam Deus. Di Circe, Virg.
Mi VII. — Enea. Virg.: Tu quoque littori-
km «Offrii, Aen^a nutrix , Aetemam moriens
famksm , Cajeta, dedisti : Et nune servai ho-
«00 mdtm tuus; ossaque nomcn ... Signat.
3S. DoLCBZJTA. Virg. : iV«o dulces natot ,
Vtmerig nee proemia norie» Nomina prima il
fglio , indi il padre, ultima la moglie; come
Tifff.: Ascanium , patremque mcum , juxta-
fm Cnusam. -— Pista. Virg. : Miserere pa-
fiatìi Longaevi. Petr., Il: AKstringea soldi
fi piHa. — Nfc. Tasso ( Vili , 6) : iVé va-
fkiaa del regno , né pietade Del vecchio gè-
mior. Cic. ( ParUt. , XXll) : Justitia erga Deus
nUgio, nga parentes pietas nominatur, —
teaiTo. Come a moglie fedele. Ovid. : 7rei
awMif imbeUes numero: sin$ viribus uxor Laer-
Utfm smux Telemaehusque puer.
33. EivBRTO. HoraU: Qui moru hominum
•I urto. — Vixii. Eccl. , I :
Ch' i' ebbi a divenir del mondo esperto,
E degli vizii umani, e del valore.
Sb Ma misi me per V alto mare aperto
Solcon un legno , e con quella compagna
Picciola, dalla qual non fui deserto.
35 L'un lito e T altro vidi infin la Spagna,
Fin nel Marrocco; e l'isola de* Sardi,
E Taltre che quel mare intorno bagna.
36 Io e' compagni eravam vecchi e tardi,
Quando venimmo a quella foce stretta ,
Ov'Ercole segnò li suoi riguardi,
37 Acciocché Tuom più oltre non sì metta.
Dalla man destra mi lasciai Sibilla,
Ut seirem pruderUiam aique doctrinam , er-
roresque , et stuUitiam. Eccl. XXXIX : /» ter^
ram alienigenarum gentiumpertransiet: bona
•..et mala in hominibus tentcM. — Valore.
Coov. : Valore è potenzia di natura , ovvero
bontà da queUa data,
34. Apbrto. Virg. : Mago ... aperto ...
Aequor in altum. — Compagna. Per compa-
gnia , è nel XXIU del Parg. , e nell' Ar.
( XVIIl , 89 ) , e nel Petr. , IV. — Deserto.
Per abbandonato , è nel XV del Paradiso.
35. Un. L'oceano e' 1 Mediterraneo. — Al-
tbe. Sicilia , Corsica^ Maiorica. Mano mano
chi avanza, il poema arricchisce d'allusioni
erudite. Di geografia sino ad ora non abbia m
trovato che cenni : nel Purg. vedremo pom-
pa di geografiche notizie e di tìsiche : il Pa-
radiso sarà quasi tutto teologia : ciò non so-
lo perchè così richiedeva l'argomento , ma
perchè con gli stadii dell'esilio cresceva la
dottrina, e l'amor di mostrarla, a rimprove-
ro della patria ingrata , e ad onore.
36. Tardi. Virg. : Tarda gelu . . . seneetus.
— Foca. Stretto di Gibilterra. Pietro di Dante:
Procedendo venit ad Gades insulcu sUvestres
ultra Hispaniam in occidente , a qmbus ma-
re illud dicitur Gaditanum, ubi primo ab
Oceano mari limen aperitur , Baeticae prò-
vinciae dirimentis Europam ab Africa ...Un
posuU Hercules columnas, significantes ibi es-
se finem terrae habUabUis, Le due coloi^
ne sono i monti Abila in Africa , Galpe in
Europa. — Riguardi. Così detti in Romagna,
nota il Perticari , i termini che dividono i
campi , 0 pali o colonne, lungo la via. Soli-
no : Colpe et Abylamontibtu, quos dicunt co-
lumnas BercuHs. Ariosto: La meta che post
Ai primi naviganti Ercole.
37. SiBiLiA. Siviglia. L'ha il Villani. —
Setta. Cauta in Africa sullo stretto di Gibil-
terra. Cosi la chiama anco l'Ariosto.
n»
DELL' INFERNO.
Dall'altra già m'avea lasciata Setta.
38 O frati, dissi, che percento milia
Perìgli siete giunti all'occidente;
A questa tanto picciola vigilia
39 De' vostri sensi , eh* è del rimanente,
Non vogliate negar l'esperienza.
Diretro al sol, del mondo senza gente.
kO Considerate la vostra semenza.
Fatti non foste a viver come bruti ,
Ma per seguir virtute e conoscenza.
hi Li miei compagni fec' io si acuti.
Con quest' orazion picciola , al cammino.
Ch'appena poscia gii avrei riteouti.
k2 E volta nostra poppa nel mattino ,
De* remi facemmo ale al folle volo,
Sempre acquistando del lato mancino.
38. Milia. Cornane allora. — ViaaiA. La
vita è breve vigilia accanto al sonno della
morte. Virg. : O tocU ( neque entm ignari su-
mus ante malorum) . . . Bsr varUn caius, per
tot discrimina rerum, Tendimus in JLoImm...
JDurate , et vostnet reìna servate secundis.
39. Rimanente. Che vi rimane. Lat. : Re-
liqui est, ^ DiRETEO. Qaasì al di U donde il
sole tramonta. Ovvero : segaeodo il corso del
sole cbe va d'oriente a occidente. — Senza.
Cosi pensa Agost. (CD., XVI). F. Por., 1.
40. Fatti. Voce biblica. ^ Bruti. Conv.:
E non si parte dall^ uso detta ragione chi non
ragiona U fUie della sua vita ? — Ggnoscbn-
za. Per tciensa, è nel Convivio.
41. Acuti. Aeuere per invogliare , io Vir-
gilio.
42. Nel. Verso levante. Virg. : Ore omnes
vertae in Zephyrum. — Volo. Tasso. (XV,
26): Ei p€Utò le colonne, e per l* aperto Ma-
re spiegò de'remiilvolo audace. Horat.: Etru-
sea praeter et volale Uttora, Virg. : Velorum
pandimus alas. Propert.: CmUenis remiget alis.
Virg. : Pelagogue volarnw, E T inverso del
remigio alarum volat. — Acquistando. Purg.,
IV : Pur su al monte dietro a me acquista,^-^
Manqno. Da ostro.
43. Altro. Antartico. — Vibsa. lo. — Suo-
lo del mare. Virg.: Subtrakitu€qu$ solum. Là
&3 Tutte le stelle già dell* altro polo
Yedea la notte, e'I nostro tanto baflso «
Che non surgeva, fuor dei marin suolo.
U Cinque volte racceso , e tante catto.
Lo lume era di sotto dalla luna ,
Poi ch'entrati eravam nellalto passo,
&5 Quando n'apparve una montagna, bruna
Per la distanzia; e parvemi alta tanto
Quanto veduta non n'aveva alcuna.
(^6 NoiciallegranuDO, etosto tornò iopianlo:
Che dalla nuova terra un turbo nacque,
E percosse del legno il primo canto.
VI Tre volte il fé girar con tutte 1* aoqoa ;
Alla quarta levar la poppa in suso ,
E la prora ire in giù,com*altrui piaoqoi:
hS Infin che 1 mar fu sopra noi richioao.
geografia , qnt come nel Purgatorio era qnari
inevitabile per dar a conoscere la diversità dal-
le circostante e della dtvisioDe del tempo nal-
la quale finge il P. di ritrovarsi là giù ub^
Antipodi. E a disporre a quella nuova acMR
l'imaginazion del letture, mira forse il P. eaa
questa parlata d'Ulisse.
44. Racceso. Inf. , X. — Sotto. QnaBds te
luna è dal sole illuminata di sotto , daUapv-
te che guarda la terra, allora é visibile r mI.
Eraoo cinque mesi dal nostro partire da Gadat.
45. Appaevb. Virg. : Quarto terra die fri-
mum se attoUere tandem Visa , opartis ft^
cui montes, ac volvere fumum. Altri inteMB
d' una montagna deli' Atlantico , di cui Ptela*
ne e i geografi aaticbi ; altri , e meglio»
quella ove Dante colloca il Purgatorio.—
NA. Virg. : Obseuros eoUes kumilcmque
mus JtaUam. Purg. , l: Sul Uto Óis$rt9 Qm
mai non vide navicar su* cieque Uom ek§ M
ritornar sia poscia esperio.
46 Canto. Virg. : Ingens a vorOoe pmÈm
hi puppim ferit; . . ast iilam ter fluttm itir
dem Torquet agens circum , et rapidus «aril
aequore vortex.
47. Altrui. A Dio : Purg. , 1 : Com*aiamt
piacque ( ali* angelo ).
48. EicBruso. Vtrg. : Spumanttm
sub V9rtice torsU.
199
CANTO xxvn.
ARGOMENTO.
Ito a parìar e& P. il conte Guido di MonieféUro ; poiché dopo i frodo^
(tufortmo r ingegno in cose temporali y vengono , dice l' Anon, , qw^ che
0 m eaere. Dante gli espone lo stato della Romagna , al principio del
Gmdo , non si credendo di parlare ad un vivo j gli confessa il consiglio
^atmaio. H canto è pieno di memorie contemporanee , e bellissimo. La
\e segue alla morte del conte insegna come si possa innestare la poesia
u Quanto ita giusta la domanda di Guido se i Romagnuoli avessero pace
$§l vede chi rammenta le discordie che agitarono Romagna per tutta la
sido 9 delle quali fu egli stesso gran parie,
tmine 1» 4, 6, 9, 13, 15, 18, 20, », 27, 29, 32, 33, 36, 37, 41, 42, 44.
dritta in su la fiamma, e queta, 1 3
dir più ; e già da noi sen già,
eeozia del dolco poeta.
liin'altra,che dietro a lei venia,
volger gli occhi alla sua cima
odAiso suon che fuor n'uscia.
k. Kel parlare si dimenava. — Qdb-
Fiamma quievit. — LicmxiA. V.
feri. 7.
L Guido • uomo , dice il Boccac-
MMfilt ammaestrato nei liberali
', ftatorosi uomini onorava, Ghibel-
b6 nel 1276 i Fiorentini e i For-
» Bologna , e Tinse : nel 1277 sgo-
iitini e i Forlivesi ftaomsciti: eb-
■tle le forze da' legtfU del papa ;
12 dislrusse le armi ( francesi le
farUno lY , francese anch' egli ,
Illa ad assediare Forlì : nel 1285
ilal di Ca prona ( Inf., XXI). Per-
t Faenza, s'umilia ad Onorio elie
cooBni in Piemonte, e tiene doe
I ostaggio : nel 1289 è chiamato
1m 9 ristora le forte di lei , ed
iaa: é scomunicato da papa Nico-
1205 la pace tra Pisa e Firenze
itlo che Guido ne fosse espulso ,
Cornei bue cicilian che mugghiò prima
Col pianto di colui , e ciò fu dritto ,
Che r avea temperato eoo sua lima ,
Mugghiava con la voce dell' afflitto
Si che , con tutto eh* e'fosse di rame,
Pure el pareva dal dolor trafitto ;
lo condnsie a cercare la grazia di Bonifazio
Vili , la cui mercè, potette rientrare in Forlì.
Nel 1297 si rese frate minore.
3. Bui. Perillo costrusse un toro di rame
e doBoUo a Falarìde , vi facesse morire i con-
dannati , sottoponendovi Gamma viva : Fala-
rìde vi cacciò Perillo per primo. E dice cbe
fa dritto, perchè , giusta Ovid., neque ... I«x
aequior ulta , Quam necis arUfees arte fte-
Tire tiMi. Dante lesse questo fatto in Vai.
Mass. • in Orosio ,^ nei Tristi , in Plinio
( XXXIV , 8 ). -- 'Ampuato. Petr. : X' ar-
mi tamprofa ih MongibeUo. — Lika. Per e-
gni stramento fabbrile.
4. Mir«fiHUVA. Cland.: Primus inexpertum^
Siculo cogente tgranno , Sensit opta , doctiil-
qu§ smtm mugvce juvmicum. Come PeriUo
nell'abuso dell' arte propria trovò sua pena,
cosi è de'oonsiglieri di fh)de. — £l. Booc. :
Fsreh'el passasse.
200
UELU INFERNO
5 Cosi , per non aver via né forame ,
Dal principio del fuoco in suo linguaggio
Si convertivan le parole grame:
6 Ma poscia eh' cbber colto lor viaggio
Su per la punta , dandole quel guizro
Che dato avea la lingua in lor passaggio,
7 Udimmo dire : o tu , a cui io drizzo
La voce , che parlavi mo lombardo ,
Dicendo : issa ten va, più noik t'aizzo;
8 Perch* i* sia giunto forse alquanto tardo
Non t' incresca restare a parlar meco.
Vedi che non incresce a me ; e ardo.
9 Se tu pur mo in questo mondo cieco
Caduto se' di quella dolce terra
Latina , onde mia colpa tutta reco ;
lODimmise i Romagnuoli hanpaceoguerra:
Ch' ì* fui de' monti là intra Urbino
£ 'i giogo di che Tever si disserra.
5. Principio. Nel Parg. chiama principio
la cima d' un roooie.
7. Issa ( XXIII , 3 ). Va , più non ti
stiroolo a dire. Modi lombardi. Or come Vir-
gilio parlava lombardo a dae Greci 7 Forse
perchè i suoi genitori ftiron lombardi (Inf. »
1 ) ? 0 forse per lombardo intende iitùianoj
(Parg., XVl, 16,42).
10. DissERBA. Ariosto : GtUceiardo al cor-
so sì disserra. Disserrarsi dice il Sacchetti de>
gli asini. Montefeltro , città , è posta tra Ur
bino e le sorgenti del Tevere.
11. Tbntò (inf., XXII, 23).— Latino. Non
greco come qne' del e. precedente.
14. Ravenna. Detto che il cuore de* tiranni
di Romagna è sempre In guerre fraterne, no-
mina i Polentani. Quand' e' scriveva , non ave-
va con Guido legame alcuno; né il P. era
uomo da perdonargli quella sua politica incer-
ta e cupida , né la cacciata eh' e' fecero de-
gli Anastagi e dei Traversari lodati da Dante
( Purg. , XIV). Ma i Polentani anch' essi per
opera di Martino IV perdettero la signoria ,
e nel 1290 la riebbero , e un arcivescovo do-
po cinqu' anni li ricacciava , poi nel 1300 e'
tenevano Cervia , non che Ravenna. L' arme
loro era un' aquila metto bianca in campo az-
zurro, mezzo Mit in campo d'oro : aveva-
no il nome da Z^lanis^ Diodol castello pros-
bimo a Rrettinoro. Del léato guardanao ai
modi la ti cova; ncopre co^'J.vfapnm, al ve*
de che Dante li voleva distinti da .quA* delle
branche verdi , da' Mastini che ftcevano da'
<ieiifì succhio , e dal leoneei incostante. Poi
tiranno non ha sempre mal senso , e il Vil-
lani chiama tiranno Castruccio da lui pur lo- 1
11 Io era in giuso ancora attento e chiiu>
Quando '1 mio duca mi tentò di costa,
Dicendo : parla tu ; questi è latino*
12 Ed io ch* avea già pronta la risposta,
Senza ndugio a parlare incominciai :
O anima che se* laggiù nascosta ,
13 Romagna tua non è , e non fu mai
Senza guerra ne' cuor de' suoi tiranni ;
Ma palese nessuna or ven lasciai.
ti Ravenna sta come stat' è molti anni.
L'aquila da Polenta la si cova
Si che Cervia ricuopre co' suoi vanni.
15 La terra , che fé già la lunga pniova,
E di Franceschi sanguinoso mucchio ,
Sotto le branche verdi si ritruova. (chfe,
16 E '1 Mastin vecchio e'I nuovo da Yermo
Che fecer di Montagna il mal governo •
Là dove soglioo fan de'denti succhio.
dato. Con un Rernardino da Polenta , godi»»
combattè contr'Àrezzo in Campaldino il P. nel
1289. Da lui forse avrà sentito più per nit
nuto la storia di Francesca. — Gnru.
Lontana dodici miglia.
15. Terra. Forlì , che sostenne V aaaeAi
d' un anno contro i Rolognesi e la Chiesa» f
sotto gli Ordelaffl successori di Mainardo»^
avevan per arme un leoncino verde , dri an-
20 in su d' oro , in giù con tre liste veril t
tre d'oro. — MrccBio. Virg. : Smper.,m€m^
fusae stragii acervum ... Jngentet ilumlomai
iinquis acervos. Ecco come facesse Guido au»
gè degli assedienti francesi. Entravan t^ìtm
da una porta della città ; egli ( tale era fl
patto) esci va dell'altra co' suoi : i soldati fkria-
cesi , convitati a lauta cena , Guido tomaie
li trucidò , tranne venti.
16. Mastin. I due Malatesta. Il veoekio mi
1296 combattè co' Guelfi contro i Ghibelliiri»
li cacciò con istragi. Incarcerò Montagna, c»>
veliere della famiglia riminese de* Pareitatl ;
ri gli diede la morte. Malatestino suo l^lN
il mastin nuovo di cui nacquero il nmànè
di Francesca', e Paolo e Pandolfo , e MalaK»
stino il traditore, cicco da un occhio (Inf. t
XXVUI). Quesu famiglia signoreggiò glia
parte della Marca, e fu detta da YerraccUe»
da un castello che Rimini donò a Malatesta .
padre del Veechio Mastino. Questi nel IfZi
co' Bolognesi, Parmigiani, Modanesl, Reggia-
ni, Ferraresi, aconfisse qoe'di Forlì e di F»i^
za ; neir 88 fta cacciato di Biminl : q«MI •
aiutato dal papa , ricuperò lo alato. -^ Li*
In Rimini e altre terre suddite.
CANTO XXVll.
201
atta dì Lamone e di Santeroo
se U leoDcel dal nido bianco
ala parte dalla state al yerno.
idli a cai il Savio bagna il fianco,
Hn'ella aie' tra'l piano e'I monte,
anoia ai yive e stato franco,
chi se* ti prego che ne conte,
«er doro più eh' altri sia stato,
mie tuo nel mondo tegna fronte,
shelfuoco alquantoebbe rugghiato
lo suo, l'aguta punta mosse
di là ; e poi die cotal fiato:
credessi che mia risposta fosse
Nit che mai tornasse al mondo j
fiamma staria senza più scosse,
■ereiocchè giammai di questo fondo
tornò alcun, s' i'odo il vero;
emt d* infamia ti rispondo.
oom d'arme, e poi fu'cordigliero,
Rum. Faenza , presso il fiame La-
tela presso il Santeroo.— Leoncil.
leoneei e nido per ispregio. 11 lio-
w» bianco era 1' arme di Maioardo
Saaioana , sopraoDominato il Dia-
I Airbo, nemico de' pastori di santa
idfb io Toscana, ghibellino in Ro-
ma lo fa an trecentista ; nobile ,
I, andace al dire di Benvenuto Imo-
I Yarii tempi signore d' Imola , di
Faenza, di Forlì, di Ravenna; nel
Mtlè contr* Arezzo ; mori in Imola
vara moglie una fiorentina de' To-
liglia nominata da Dante (Par., XVI).
èva -co' Gaelfi di Firenze contro gli
. 1S89 alla battaglia di Campaldi-
lonbattè Dante istesso. Boono e sa-
ie di guerra lo chiama il Villani
. 31). Nella guerra fra Azzo VII!
Bologua, dal 1295 al 1299 combattè
$0*8001 Faentini; nel 1297 aiutò a
Mia. Nel 1289 co' suoi Romagnooli
Ila guerra ad Arezzo (Mur., IX, p.834;
XVilI,p. 299).— Parti. Voce stori-
di partito. In Toscana ch'è a mezzodì,
Romagna eh' è a tramontana, ghi-
Ila parte dall'una stagione all'altra.
LLA. Cesena. — Piano. Sempre il
k libero della valle. Nel 1301 Uguc-
lale in Cesena con altri due grandi
di voglie tiranniche, fu cacciato di
(Scip. Cbiaram., I. XI).
u. lo.
SMUTO. D'ira e vergogna. — Dift,
Mir.
Credendomi, si cinto, fare ammenda ,
£ certo li creder mio veniva intero
2k Senon fosse*! gran preteacuimalprenda,
Che mi rimise nelle prime colpe :
E come e quare, voglio che m'intenda.
25 Mentre ch'ioformafui d'ossa edipolpe,
Che la madre mi die, l' opere mie
Non furon leonine ma di volpe.
26 Gli accorgimenti, e le coperte vie
r seppi tutte; e si menai lor arte
Ch*al Gne della terra il suono uscio.
27 Quando mi vidi giunto in quella parte
Di mia età dove ciascun dovrebbe
Calar le vele e raccoglier le sarte ;
28 Ciòchepriamipiacevaallorm'increbbe:
E pentuto e confesso mi rendei.
Ahi miser lasso ! e giovato sarebbe.
29 Lo principe de* nuovi farisei.
Avendo guerra presso a Laterano,
22. Senza. Ciò prova che nessuno al mon-
do sapeva la colpa appostagli dal P.
24. Prbti. Bonifazio Vili. — Qdam. L' ha
in prosa il Sacch.
25. VoLPB. Una satira francese del 1270 :
la Volpe coronata , è diretta contro i fnii ,
e segnatamente contro i cordt^Ueri a cui Gui-
do appartenne. Cic. : Fraug vulpteulae • «tt
leonis videtur. Albertano : La frode è iiecomé
di volpo, la forza siccome di Uone. Dante non
poteva amare in Guido, benché ghibellino, la
strage flrodolenta de' Francesi in Faenza , ed
altre arti d' astuzia rea. Poi l' essersi lui ri-
conciliato a Bonifazio faceva dimenticare ai
P. que' fatti ove Guido Ai lione , non volpe.
La Cron. Estense (Murat., XV, 377), chiama
volpe queir Uguccione ch'altri mole tanto am-
mirato da Dante.
2<k FniB. Psal. : In ofnnom torram exhit
tonuM eorum , Dino: Il ìmon Guido da Mon-
tefeliro, la cui graziosa fama volò per tutto
il mondo.
27. EtI. Presso ai settantaquattro. — Sae-
TB. Questa metafora usa nel Conv., parlando
di Guido : Certo il cavaUer Laneialotto non
voUe entrare colle vele alte, né il nohilietimo
nostro latino Guido Montefeltrano. Bene que-
sti nobiU ealaron le vele delle mondane ope-
raitont. Senec.: Indpiamus in senectute vela
colUgere . . . /ii freto viximue , moriamur in
porto.
28. CoNnsso. Anco in prosa. — Riimn.
Conv.: A religione si renderò.
29. Farisei. (Matth.. XXiiI]: Super eatìm-
dram Mousi eedermU Seribae, et /'narifoii...
26
202
DELL' INFERNO.
E non con Saracin ne con Giudei,
30 Che ciascun suo nimico era cristiano,
E nessuno era stato a vincere Acri,
Né mercatante in terra di Soldano ;
31 Ne sommo ufficio nò ordini sacri
Guardò in se, né in me quel capestro
Che solca far li suoi cinti più mncri.
32 Ma come Costantin cliiese Silvestro
Dentro Siratti a guarir della lebbre,
Cosi mi chiese questi per maestro
33 A guarir della sua superba febbre.
Domandommi consiglio : ed io tacetti
Perché le suo parole parvero febbre.
3V E poi mi disse: tuo cuor non sospetti.
Quaecunniue dixerint vofris, fervale, et /aetCe,
secundum opera vero eorum nolite facere. —
Laterano. Coi Colonnesi eh' avevano lor caso
presso quella basilica. Fin dal 1290 i Colon-
na erano troppo grandi nello stato romano :
Bonifazio li temeva. Nicolò IV, papa, ubbidi-
va ad essi ; e a un di loro concedeva gli ono-
ri del trionfo, e il titolo imperialo di Cesare
(Chron. Parm.}. Il Petr. di lui : Fuìminabat
Hlc de terris,., et dictis minacibus intonobat,
i Colonna rubarono non so che tesoro del pa-
pa; end' egli depose i due cardinali della fa-
miglia: e atterrò le lor case, e bandi loro la
rroce addosso, e diceva ch'e'tenevan trattato
etiti Federigo re di Sicilia. Ed eglino negaro-
no a Bonifazio ubbidienza, e s'appellarono al
futuro concilio.
30. Acri. Rinnegala la fede , non era stato
co' Saraceni a combattere là dove settantami-
la cristiani caddero uccisi. Nel 1291 il solda-
no di Babilonia con grand* oste attorniò la cit-
tà difesa indarno dai valorosi Templarii, la
vinse , la saccheggiò tutta : scssantamila fu-
rono tra morti o presi. Il commercio Horen-
tino n'ebbe gran rotta , perch'Acri , dice il
Villani, era un elemento del mondo (VII»
1i5). — Mercatante,. A portar arme o vet-
tovaglia agl'infedeli.
31. Sacri. A religioso ^ dice P Ottimo, étti-
terdettn ogni atto laicale, non che di guerra,
— Capestro. Cordone. Par. , XI, di s. Fran
«•esco: V umile capestro, — Magri. Per le asti-
nenze i frati che lo cingevano. Nel Paradiso
rimprovera più volte la carnale lautezza a
costoro.
32. Costantin. Dittam: Il magno Costan-
tin eh* essendo w fermo Alla sua lebbra non
trovava ingegno Quando Silvestro a Dio fedele
e fermo. Partito da Siratti e giunto a lui. Sol
roi battesmo gli tolse ogni vermo. — Siratti.
Anco in prosa : ora Monto sani* Oreste. ^
Finor t* assolvo: e tu m'insegna fare
Siccom' io Penestrìno in terra getti.
35 Lo ciel poss' io serrare e disserrare ,
Como tu sai. Però son duo le chiavi.
Che M mio antecessor non ebbe care.
3G Allor mi pinser gli argomenti gravi
Là've'l tacer mi fu avviso il peggio:
£ dissi : padre, da che tu mi lavi
37 Di quel peccato ov'io mo cader deggio:
Lunga promessa con V attender corto.
Ti farà trionfar nell' alto seggio.
38 Francesco venne poi, com4' fu' morto.
Per mo : ma un de' neri Cherubini
Gli disse : noi portar, non mi far torto.
Maestro. Per medico : è nel Villani. Qai hi
doppio senso.
33. Febbre. Ambr.: Febris nostra irtÈCunr
dia est, — Ebbre. Tibull.: £6ria verba.
34. Cuor. Is. (VII, '»): Cor luum n« for-
mule.t. — Sospetti. 5o5pcf(o per tema (c.XXUI).
— Penestrìno. Preneste , oggidì Palestrioa.
Vili. , Vili: Balestrino. Da gran tempo il papa
r assediava.
35. Coi A VI. Evang.: Tibi dabo elave$, -^
Antecessor. Celestino (Inf., III).
37. Promessa. D'assoluzione, se s'arren-
dono. Resero la fortezza ; e il papa li cae-
ciò. — Attender. Molto promettere , poco
attendere. Attendere in questo senso, anco in
prosa. — Corto. Bocc: Corta fede. Nessuno
storico appone a Guido l* iniquo cunsigliu.
Certo è clic il papa, Kngeudo perdonare ai Co-
lonna, li trasse a sé, fece spianare il lor te-
muto castello, e riedilìcare Preneste in piano^
certo è che fu tempo in cui (ìuido si rìcoD —
iiliò a Booiriizio. Ma colui non aveva bisogni:»
dei consigli del frate. Forse Dante su qotlr-'
che rumore di fama o sulla possibilità dell0
cosa fondò V invenzione poetica. Nel Con?*
d'altra parte c'ioda con magnifiche parole gli
ultimi annidi (juido:e il Convivio pare scritto
nel 1308. O questo cinto era già composto,
ed egli lo volle nel Convivio espiare ; o plot-
tosto, già scritto il Ccmvivio, qualche nuova
voce e le ire nuove gli avranno ispirato la
poetica accusa.
38. Per. V. S. Padri : Li santi Angeli era-
no venuti per Vantma sua, Petr.: Al por già
di questa spoiflii Venga per me, — CncRC-
BiNi. Così l'orso li rliiania p<'r opposizione il
serafico padre. Anoii.: Un demonio che fu dtir
l'ordine de' cherubini, tanto i)hì presso all'im-
peratore del regno dolorosi) , quanto i c/tem-
bini Mono più presso a Dn.
CANTO XXVIl.
203
30 Venir se ne dee giù tra'roiei meschini,
Perchè diede *1 consiglio frodolente
Dal quale in qua stato gli sono a*crini.
40 Ch*assolver non si può chi non si pente,
Né pentere e volere insieme puossi ,
Per la contraddizion che noi consente.
hi Ome dolente l come mi riscossi
Quando mi prese dicendomi : forse
Tti non pensavi eh' io loico fossi.
42 A Minós mi portò : e quegli attorse
Otto volte la coda al dosso duro;
39. Meschini (c. IX}.
40. VoLiRB. Greg.: Neque «ntm unquam
eomxmunt culpa op9ris et npnhmtibiUtas
t9rék : mam hcmm et mahn quii timul eue
wm p9f«ff •
41. O ■■ BOLBiiTB 1 L'usa il Boccaccio ed
•Uri. — Loico. li VilUni.
4SL Otto. Lo danoa all' ottava bolgia ; e
tf «orde la coda irato aoch'egli di tale reità.
£ poi che per gran rabbia la si morse ,
43 Disse: questi è de* rei del fuoco furo.
Perch' io , là dove vedi , son perduto ;
£ , si vestito andando , mi rancure.
44 Quand'egli ebbel suo dir cosi compiuto
La fiamma dolorando si^artio,
Torcendo e dibattendoci corno aguto.
45 Noi passammo oltre, ed ioe*l duca mio,
Su per lo scoglio, infìno in su l'altr' arco
Che cuopre 'i fosso in che sì paga il fio
46Aqueichescommettendoacquistan carco.
43. DissB. Non basta attorcere la coda; con-
vien che accenni la bolgia. — Furo. C. XXVI:
E ogni fiamma un peccatore invola. — Ran-
CURO. Rancura per dolora è nel Purgatorio ,
e in Dante da Melano.
45. Scoglio. Dell'argine.
46. ScoMiiBTTBNDo. Dìsaneodo gli animi.
— Carco. Diciamo: carico di coscienza, pe-
so soli' anima.
20k
DELL INFERNO
CANTO xxvm,
ARGOMENTO.
Pai caviglieri fMMenti patia a eohro eh$ o per camigUo o per opere H
frode diviiero le città , le famiglie , • popoU , i regni. In pena delle eeieem ope-
rale s un diavolo gli taglia (f un fendente , pti o meno eecondo U delitto. CoA fah
ceri , compiono il giro della bolgia ; e prima che tornino alle nkirn del Heneb
punitore , le piaghe eon riianate^ e al nuofoo t<iglio riaprono. Coti ne^Proo.: 86m-
per jurgia quiaierìt malo» » anselas aatem crudelU mittetur cootra eum. Queete
rinnofoeUamento di pena , eimbolo del continovo esacerbare che fanno gli ieligakri
le ferite dell odio j somiglia un poco al supplizio di Vanni Fued.
Mota le tenine, 1, 9; la 6 alla 11; la 13, 14» 15; la 18 alla 23 ; la 25 »
30 , 32 ; la 34 aUa 37 ; U 39 aUa 43 ; la 47.
1 Chi porta mai pur eoo parole sciolte
Dicer del sangue e delle piaghe appieno;
Ch' i' ora Tidi , per narrar più volte?
2 Ogni lingua per certo venia meno ,
Per lo nostro sermone e per la mente,
Ch'hanno a tanto comprender poco seno.
3 Se s'adunasse ancor tutta la gente
1. Sciolti. In prosa. Lai. : Voce soluta ...
Grande al tempo di Dante e in tatti i secoli
fa il numero de' pertorbatori malragi.
2. Ogni. Virg. : Non, mihi «i Unguae con-
tum itnl, oraqtts eentum , Ferrea vox , omnss
seelerum eomprehondere formai , Omnia poe-
narum pereurrmt nomina , poesim. — Mbno.
Y. S. Girolamo : Ogni mortale lingua verrei-
he meno in raccontare. — Sino. Nella lettera
a Cane : Multa per intelleetum videmus, quìr
bue iigna voealia detunt.
3. PoETUNATA. Soggetta lUe vicende della
Fortana. L' Ottimo : BBroeekèjnù a caso, che
per ragione è stata menata. Fortunale ha in
questo senso il Boccaccio.
4. Troiani. I soldati di Tomo Tinti da B-
Che gii in su la fortunata terra *
Di Puglia fu del suo sangue dolente
Per li Troiani, e perla lunga gnerai
Che dell' anella fé si alte spoglie ,
Come Livio scrìve che non erra;
Con quella che sentio di colpi doglie
Per contrastare a Ruberto Guiscardo;
y in ea parte ÀpuUae quas dieitur
renilo. Qoeste parole di Pietro di Daala
gODo la difficoltà geografica , e tolgono la ar
cessità di leggere Romani. — Gubbea. U
quindici inni. — Anilla. Con?. : Qmtmis,
per la guerra d^ Annibale, avendo ponènti tas-
ti cittadini , c^ tre moggia <f aneUa tu ^/W-
ea erano portate, % Romani volevamo «lèflH
donare la terra. — Spoglie. Qmloaqas és
preda guerriera così si nomina. — Litio. Di-
ce che ftarono dimidium super trss weéfit,
e soggionge : fama tenuit , quae propior et
ro est , haud plus fuiste modio (Il • dee.!).
5. RuBBETO. Normanno . nel 1070 cirea •
Tinse i Saraceni , e sconfisse i Pugliesi ; e
scacciò di Sicilia e di Puglia Alessio iapoa-
CANTO XXVIII.
233
E r altra il cui ossame ancor s'accoglie
6 A Ceperan là dorè fa bugiardo
Ciascun Pugliese; e là da Tagliacozzo
Ove senz'arme vinse il vecchio Alardo;
7 Equalforato suo membro,equal mozzo
Mostrasse, d' agguagliar sarebbe nulla
Il modo della nona bolgia sozzo.
8 Già veggia, per mezzul perdere o luUa,
Com' i* vidi un, cosi non si pertugia,
Rotto dal mento inGn dove si trulla.
9 Tra le gambe pendevan le minugia :
La corata pareva, e 1 tristo sacco
Che merda fa di quel che si trangugia.
10 Mentre che tutto in lui veder m'attacco,
iìoairdommi e con le man s'aperse il petto,
Dìeendo: or vedi come i' mi dilacco.
lift greto nel 1081 : prese Roma nel 1084,
4m Arrigo IV tene? a assediato Gregorio VII,
lift. — Ahcor. Trentacinqu* anni dopo la
nutM, trovavano ancora in arando le ossa dei
motti in quella battaglia di Ceperano , eh' è
fHf eonfini della campagna di Roma ; dove
la terza schiera ch'era de'Pogliesì mancò di
fMle a Manfredi e abbandonò il campo, onde
Cario d'Angiò vinse il regno. Nel 1265. F.
6. Yill. ( VII , 0 ) , e il III del Porgatorio
di Ilante.
6. Ta«lucozzo. Castello dell' Abruzzo ul-
teriore dove Carlo d' Angiò combattè Corra-
diao nipote di Manfredi , venuto di Germa-
nia a ruM^otere il regno. Alardo di Yalleri ,
cavalieie francese , consigliò Carlo che con
dee leni de' suoi aveva combattuto e perdu-
to 9 di correre coli' altro terzo sul nemico sban-
dalo al bottino : quindi la vittoria, che Alar-
do vinse col senno e non colla spada. Nell'a-
rAo del 1968. Lo nomina il Novell. , IX.
TiU. ( VII , 86 , 27 ).
8. YnMU. La botte a Bergamo tutUviadi-
«issa. — MuzuL. Tavola del fondo nel
— LuLLA. Tavola laterale. — Un.
in una canzone è a Dante il sim-
della discordia: dice che JVacomeKo cie-
§9 Avoni JFifVfif6.
9. Sacco. L'intestino maggiore. Maometto
) il eorno morale e politico della sua na-
eon indigeste dottrine convertite in ma-
di corruzione.
10. Attacco. Yirg. : OUuiuqite Miervt de-
èl MIO.
ti. Ali. Seguace e genero di lui: fece una
da aè; aegulta in Persia specialmente.
AH, Ben forte, piange : Maometto, guerrie-
!• , si lacCTa , per pompa di cosunsa» e per
11 Vedi come storpiato è Maometto.
Dinanzi a me sen va piangendo Ali,
Fesso nel volto dal mento al ciulTetto.
12 £ tutti gli altri che ta vedi qui ,
Seminator di scandalo e di scisma
FAr, vivi: e però son fessi cosi.
1 3 Un diavolo è qua dietro, che n'accisma
Si crudelmente^ al taglio della spada
Rimettendo ciascun di questa lìsma
ik Quando avem volta la dolente strada ;
Perocché le ferite son richiuse
Prima eh' altri dinanzi li rivada.
15 Ma tu chi se'che'n su lo scoglio muse,
Forse per indugiar d* ire alla pena
Ch' è giudicata in su le tue accuse?
16NÒ mortel giimse ancor né colpa! mena.
più Aera pena.
12. SiMiNATOR. Dino: Snntnalofìdiseoit-
daU. Prov. ( VI , 14 ) : Jurgia tmninat. E 15
19 : Sex timi , qwu odU Daminui, ti Bipti-
mum d9i$ttaiwr anima ejus, Oeulot ntòb'met .
Unguam iMndaeem , manut efj^ndmtei imna-
xium sangwnmn , Cor machinafi» eogitatio-
nei peuinuu , ped»i veloees ad eumndum in
maìwn , Frofenntem mendacia , tettem fai-
laeem , et ewn , om tenUnat inter fratres di-
teordiat. Il P. ebbe in pensiero queste parole
costruendo l' Inferno. Le mani pronte al san-
gue troveremo anco in questo canto , co' se-
minatori di scandali; i mentitori e i testimo-
ni! Dilsi nel seg. ; i pensieri di triste macchi-
nazioni sono nei e. XXVI.— Scisma. Per di-
icordia poliUea è nel Vili. ( IV , 6 ).
13. Distro. Si rammenti che la bolgia é
circolare. — Accisma. Divide , spiega il Buti.
Greco tehixo. — CauniLMBNTB. Virg. : La-
eemm erudeUier ora. — Spada. Prov. (XXII,
6): Arma et gladiiin viaperveni. Vs.: Lin-
gua eorum gladiue acuttu. S. Hier. : Qui ri-
xam et diteordiam ex fraterno eorde provocai
ionguinem eUcit. — Rimittbndo. Diciamo
tuttora: mettere a fU di spada.— Risma. Qui
per turba : ha altri esempi. Il diavolo li to-
glie qnui una risma di fogli del gran volu-
me infernale. Eccl. ( XXVI , V ]: Qui tram-
greditur a iuHitia ad peecatum , Deus para-
pU eum ad rhomphaeàm,
14. Richiusi. Pena simile a quella di Ti-
zio. Virg. : Immortale jecur tondent, faeeun-
daque poenie Vieeera ••• nec fiorii requiee da-
tur uUa renatii,
15. GiuniCATA. Gonv. : ^'udìcafore del tuo
figHmoh a morte. — Accusi. Crimen nel la-
tino vale e colpa ed ocenia.
2^.0
D E L L' I K F E 11 N O
Uispos^e*! mio maestro, a tormentarlo ,
Ma, per dar lui esperienza piena,
17 A me che morto son convien menarlo
l^er lo 'nfemo quaggiù di giro in giro :
E quest è ver cosi com* i* ti parlo.
18 l^ù rùr di cento che quando Tudiro ,
S' arrestaron nel fosso a riguardarmi ,
Per maraviglia obliando '1 roartiro.
19 Or di a fra Dolcin dunque che s'armi,
Tu che forse vedrai il sole in breve
( S'egli non vuol qui tosto seguitarmi ),
20 Sì dì vivanda , che stretta di neve
Non rechi la vittoria al Noarese ,
Ch' altrimenti acquistar non saria lieve.
21 Poiché r un piò per pirsene sospese,
Maometto mi disse està parola;
Indi a partirsi in terra lo distese.
22 Un altro che forata avea la gola,
E tronco'l naso infm sotto le ciglia,
K non avea ma eh* un orecchia sola;
18. Maraviglia. In Virg. é uo quadro si-
mile : Lì videre virum fulgtntiaque arma per
umbras. . .
19. Tosto. Corsero setr anni da questo
vaticinio di Maometto alla morte di Dol-
«'ino , che fu dalla neve assediato , né l'a-
vrebbero vinto altrimenti. Maometto difende un
seminatore di scisma par suo. Fu eremita ed
eretico novarese, e predicò comuni le mogli,
V simili cose : fece tremila seguaci e per due
anni si resse, iìnchè stretto tra' monti del
Vercellese , e dall'alta neve impeditogli ru-
bare le vettovaglie, fu da que'di Novara, e
da tolti i Lombardi accorsi quasi crociati,
preso; e nel 1301 con altri de' suoi , e con la
sua Margherita arso vivo. Altri de' seguaci mo-
rirono di fame o di freddo , altri affogati, al-
tri di ferro , o d' altre crudeli pene , le quali
forse avran data al P. l'idea del canto. lo-
uanzi di giustiziarlo , fu , con alcuni pochi ,
tratto su un carro per le vie con bracieri da
arroventar le tanaglie , e strappa van loro le
«arni ; e , s(rappatele , le gettavan sul fuoco:
<^ pure ned egli , né la bella e ricca Marghe-
rita, ned altri vollero ritrattarsi. Conviene dì-
re che il male si fosse ampliato, se l'Ano-
nimo vide in Padova ardere ventidue villani
l>er simile fallo (Vili., Vili, 84).
21. Indi. Virg. : in verbo vestigia fonti.
22. Altro. Passa agli autori di divisioni
)»olitiche. Virg. : Pùpulataque tempora raptii
Auribui, al truncas inhonesto vulnere naret,
23. Canna. Peccò specialmente io parola:
però nella gola è ferito.
23 Restato a riguardar per maraviglia
Congli altri, innanzi agli altri aprila canna
Ch'era di fuor d'ogni parte vermiglia,
2^ £ disse: o tu cui colpa non condanna,
Tu cui già vidi su in terra latina.
Se troppa somiglianza non m* inganna ;
25 Rimembriti di Pier da Medicina
Se mai tomi a veder lo dolce piano
Che da Vercello a Marcabò dichiot.
26 E fa sapere a' duo miglior di Fano,
A messer Guido ed anche ad Angiolello,
Che, se V antiveder qui non è vano,
27 Gittati saran fuor di lor vasello,
£ mazzerati presso alla Cattolica
Per tradimento d' un tiranno fello.
28 Tra 1* isola di Cipri e dì Maiolica
Non vide mai si gran fallo Nettuno,
Non da pirati, non da gente argolica.
29 Quel traditor che vede pur con i*uno,
E tien la terra, che tal è qui meco
25. Pise. Dal P. conosciuto : sparse odii tia
Guido da Polenta e Malatestino di Rimiai
Era di chiara famiglia de' Cattaui , di Medici»
na nel Bolognese : fnordt(or lo chiama il ^
gliu di Dante.— Dolce. Virg. : Duiee$
La Lombardia che dal distretto di Vercelli]
duecento e più miglia s'abbassa Gno a
cabò , castello ora distrutto , non lontaa di
Ravenna.
26. Duo. Angiolello di Cagnano e Guido del
Cassero , da Malatestino , fratel di Giaaciel*
to , il marito di Francesca da Rimioi , invi»
tati a stringere non so che parentela; e ar*
vistisi a lui per mare , e' li fece soromergei»
presso la Cattolica, borgo tra Rimini e Faao»
oggi misera terra.
27. Vasello. Nave (Purg. , li, 14).
28. Cipri. L'usa in prosa il Boccaccia.
Quest'è la più orientale isola del Mediterra-
neo. — Maiolica. La maggiore delle Baleari,
è la più all'occidente. ^ Fallo. Per ddUte
ha molti esempi. — Nettuno. Per mari. Pifc
volte in Virg. — Aegolica. 1 Greci dipiofi
Virg. traditori. Ott. : jlfo{(t a crud^U* moli so-
no elati fatti , e ii fanno nel mare MedUtt'
raneo per corsari di divene generazioni e Imip
gu€ : e per Greci ^ e per Latini , e CrìMtiemi
e per Saraeini.
29. TRAniTOR. Malatestini. F. canto prece-
dente. -^ Uno. Diciamo non aver uno , cioè
quattrino o simile: non ne far una di bene.
— Tien. Virg. : Regna icnct. Rimini che C»
rione vorrebbe non avere mai vista. — Digio-
No. Ar. : Vorrebbe deU* tmprtio fuer digimm»
CANTO XXVIII.
207
Vorrebbe di vedere esser digiuno,
30 Farà venirgli a parlamento seco:
Poi fnrà si, ch*al vento di Focara
Non farà lor mestier voto né preco.
31 Ed io a lui : dimostrami e dichiara ,
Se vuoi eh* i' porti su di te novella,
Chi è colui dalla veduta amara.
32 Allor pose la mano alla mascella
D'ansuo compagno, e la bocca gli aperse
Gridando: questi è desso, e non favella.
33 Questi, scacciato, il dubitarsommerse
In Cesare , affermando che '1 fornito
Sempre con danno l' attender sofferse.
3^ O quanto mi pareva sbigottito ,
Con la lingua tagliata nella strozza ,
Curio eh' a dicer fu cosi ardito 1
Varrone : Jejunis oculis. L'osa in prosa il Boc-
caccio.
30. Focara. Monte della Cattolica. Foce di
venti impetuosi.
31. Novella. Racconta il Boccaccio che
au donna di Verona in vedendo passare
1' AHighieri per via disse ad altre compagne:
Vtd9i9 eoM che va nelV Inferno , 0 toma
^imando gii piace , e quassù reca novelle di
coloro che iaggià sono. K un' altra rispose :
Jfon vedi tu eom* egli ha la barba crespa e
«I colon ònino per lo caldo e per lo fumo
<h*è laggiù^ Di che egli si compiacque e sor-
rise. — Amara. Dicesi anco della persona
die solTre. Uo antico : O donna afflitta , a-
mara ed infelice, Reg. ( 1 , 30 ) : Amara erat
assima uniuseujusque viri super filiis suis.
33. Scacciato. Da Roma. Lucano gli fa di-
re: FtlUmur e patriis laribus, — Dubitar.
Loc. : Dubiaeque in praelia menti Urguentes
addunt stimulot. — Fornito. Dino: Si for-
niste e apparecchiassesi alla difesa. Lue: Dum
trepidarU nullo firmatae robore partes , Tolle
mofOf : Htnper nocuit differre paratie. Pària-
hor atque metus pretto majore petuntur. Dante
per affrettare Arrigo a venire in Toscana gli
rammeota questo verso : Tanto la passion gli
ficea velo,
34. Sbigottito. Eccl. ( V , 17 ) : Suturra-
tori • • . odium , et inimicitia , et eontume-
Uà, -— Lingua. Lue. : Audax t7efialì camita-
twr Curio lingua, — Ardito ! Lue. ; Vox quon-
dam populi . libertatemtiue tueri Ausus.
35. Mozza. Peccò di consiglio e di mano.
Virg. : Lacerum ... ora, manusque amb(u, —
MoNciiBRiN. Novellino, LUI: Trasse fuori
uno mo moncherino , che avea meno V una
MMiAo. — Fosca, Virg. nella pittura del mu-
tilato Deifobo ; aggiunge quasi fondo al qua-
35 Ed unch avea runa e Taltra man mozza.
Levando i moncherin per i*aura fosca
Si che '1 sangue facea la faccia sozza ,
36 Gridò: ricorderatti anche del Mosca ,
Che dissi, lasso: capo ha cosa fatta:
Che fu '1 mal seme della gente tosca.
37£d logli aggiunsi: e morte di tua schiatta!
Perch'egli accumulando duol con duolo ,
Sen glo come persona trista e matta .
38 Ma io rimasi a riguardar lo stuolo ,
E vidi cosa eh* i* avrei paura ,
Senza più pruova , di contarla solo :
39 Se non che conscienzia m' assicura ,
La buona compagnia che luom francheg-
Sotto r osbergo dei sentirsi pura. ( già
iO r vidi certo, ed ancor par ch'ioi veggia,
dro : per umbrcu, — Sozza. Virgilio : Foeda-
vit vultus.
36. Mosca. Lamberti , ai parenti ed amici
degli Ainrdei adunatisi nelle case degli liberti
a deliberare la vendetta del torto ricevuto da
uno de' Buondelmonti ( che sdegnò la fanciulla
degli Amidci per isposare altra de' Donati )
disse, incurandoli a vendetta di sangue: cosa
fatta capo ha : cioè : opera non lasciata a
mezzo ha più agevole un termine. Da questo
consiglio vennero le discordie di Firenze , le
fazioni guelfa e ghibellina, le sventure di tutta
Toscana. Ott. : Per la cui morte nacque . . .
quella divisione d* animi , che non pare che
mai debbia finire; d' onde innumerabili morti,
e fedite, e ruberie, e arsioni , 0 presure, e
esilii , e povertadi , e tnome , e avoUerii , e
altri mali sono seguiti tn Toscana : . . t
Lamberti , uomini e femmine , ne hanno sof-
ferta pena chi di morte , chi d* esilio , di di-
struzione di beni . . .
38. Ma. Nel senso virgiliano di copula , non
di ritrattazione. — Paura. Per tema , è nei
trecentisti; ma non imitabile.
39. Conscienzia. Questa protesta non sok>
tende a scusare la singolarità della cosa ; ma,
trattandosi d' uomo famoso e ammirato da
Dante , tende a mostrare eh* egli a nessuno
perdona se turbatore della pubblica pace. —
Osbergo. Anco in prosa. Horat. : Biemurus
aheneus esto, ^il conscire sibi, S. Bem.: Fof'
titudo tua fiducia fidelis conscientiae. Y. S.
Padri : La rocca delta buona coscienxia, B.
Giamboni : Nulla cosa fa V uomo pauroso se
non la coscienza della biasimevole vita. Nelhi
Mon. , 8' arma della lorica della fede per an-
nunziare il vero e difenderlo ( pag. 55 ),
40. Vidi. Viene , dice l' Anon. , a qne'cho
commisero discordia tra stretti congiunti. —
208
D E L U INFERNO
Un busto senza capo andar , si come
Aodavan gli altri della trista greggia.
j^l E'i capo tronco tenea per le chiome
Pesol con mano a guisa di lanterna:
E quei mirava noi, e diceva : o me !
42 Di sé faceva a sé stesso lucerna ;
Ed eran due in uno, e uno in due.
Com'esser può, quei sa che si governa.
US Quando diritto appiè del ponte fue,
Levo 1 braccio alto con tutta la testa
Per appressarne le parole sue:
hk Che furo: or vedi la pena molesta
Un. Bertrando y troratore illastre, di cai molte
serveniesi conservansi ueUa YaticaDa e nella
LaareDziana. Goaacone di patria , ardente agli
amori ed agU odii. Visse alla fine del XI l se-
colo , e fb ceppo deUa famigUa d'Haatefort:
onorò in gioventù la duchessa di Sassonia *
figUa d' Enrico 11 , msdre d' Ottone lY ; ebbe
in custodia ed amò grandemente il fratello
di lei Enrico , detto il re giovane , perchè
coronato in giorane età ; tenne per esso il
casteUo d' Altaforte in Goascogna ; V incitò a
mover gaerra al fratello Riccardo conte del
Fbiiù e di Gnienna , indi al padre stesso ; e
poiché morte gli rapi il ano diletto , lo pianse
ne' versi , e di cuore. Assediato da Enrico 11
in Altaforte , fb preso , e perdonato per amore
del figlio. Mori monaco cistcrciense.
41. Pbsol. PèsoUme , per penzolonB , è nel
Vili. In un dramma bretone , s. TrifBna con-
dannata a morte esclama: R dì del giudixio
i' mi pntente^ a G» C. e<m in mano il mio
eapo , ed egli lo farà vedere a' miei condan-
natori, e U maledirà,
42. Lucerna. Degli occhi del capo ch'ave-
va tra mano, faceva quasi lume a' passi del
tronco —Può. S. Agost., nota il Lombardi, di-
mostra V abilità dell' anima ad informare cor-
pi separati, con l'esperienza de' polipi.
43. Tutta. Bocc: Portò U letto con tutto
Jf. Torello. — Tista. In una canzone di Bre-
tagna che dipinge l'inferno: Vi taglieranno
la testa e trifirete : ee la getteranno i demonii
t uno con V altro ; e vivrete.
44. Yxoi. Bibbia : Atiendile et videte ei ett
dolor... sicut dolor meue.
45. Quelli. Per ^luegli : anco in prosa. —
Giovanni. Giovanni Senzaterra, figlio d'Enri-
co II d'Inghilterra e ribelle al padre; come
rUMlli gli furono i suoi due fratelli Riccardo
Cor di leone, ed Enrico il Giovane il quale
morì nel 11S3 ; ed in Martel , città di Fran-
cia, mostrasi tuttavia la casa dovegli morì.
Bertrando veramente eccitò questo giovane più
Tu che, spirando vai veggendo i morti :
Vedi s* alcuna è grande come questa.
45 E perchè tu di me novella porti»
Sappi ch*i son Bertram dal Bornio, quelli
Che diedi al re Giovanni i ma' conforti.
(•6 r feci 1 padre e i figli in sé mbelli.
Achitòfel non fé più d* Absalone
E di David co' malvagi pungelli.
47 Perch' i* parti* cosi giunte persone,
Partito porto il mio cerebro, lasso,
Dalsuo principio ch'è'n questo troncone.
48 Cosi 8 osserva in me lo contrappasso.
che gli altri alla guerra : onde taluno vorreb-
be leggere : che diedi al re giovane , o eh* al
re giovane diedi i ma* conforti. Ma se il ICo-
velUno chiama Enrico II il re giovane, U YilL
e l' Ott. lo chiaman Giovanni ; e la coofetio*
ne commessa dal Vili, poteva sfuggire anco
a Dante. Col più de* codici scrivo Giovamm.
Mori ribelle anco questi.
46. RuBBLLi. Da hellum : di qnaloiiqM
guerra può dirsi etimologicamente che 1' em
nemico contro l'altro è ribelle. — Acbito-
FÉL ( Reg. , li , 16 ). Consigliò ad Assalonne
violare le concubine del padre e combatterlo.
Vinto Assalonne, Achitòfel s'impiccò.
47. Parti'. Prov.: Homo pervenni euediai
Utes, et verbosus eevarat principes. — Pmai —
cipio. li principio ael cerveUo Aristotele cAh-
altri poneva nella midolla spinale. — ^TaoNGom..
Virg.: ingeni,., trìtneui d'un corpo senza capa—
48. Osserva. La legge del taglione, da cmi^-
tra-patior antipepontùs, voce del tempo. QneM^
legge in tutti quasi i supplizii di Dante s'oac*
serva. Quante memorie in questo canto !D'aM-
tichi Torno, Annibale, Maometto, Ali, Caria-
ne, Achitofello; di moderni la rotta di M^-
fredi , la rotta di Corredino , Fra Dolcino #
Piero Cattaui, il Mosca, Bertrando; gU sciaari
religiosi e i politici, Firenze e la Romagnaa
ì\ regno di Napoli, il Piemonte e l'iaghiliertt.
e la Francia, e l'Oriente ; e le divisioni di-
gli imperi e de'regni e delle rep.; e cittidiiia
principi e cortigiani e frati ; e un de'sooi ca-
noscenti, e uno degli uomini da lui ammirtttt,
e posto fra' tre fondatori della moderna pe^
sia, là nel Volg. Eloquio, dove egli» Dante»
nominasi cantore della rettitudine , Gino dii-
r amore, Bertrando dell'armi. Questa variala
di memorie aggiunge alla fantasia penne a vi*
ta, fa la poesia veramente europea. Questa i»
parzialità di biasimare gli amati è apaciaK
mente a' di nostri esemplare. Che gli QomM
si voglion tutti d'un colore e d'un peno, •
vermi o Dii.
209
CANTO XXIX.
ARGOMENTO.
Tra' ieminaiùri di $eandali trova un ino parmte : poi 'giunge aUa decima
bolgia y dote sono puniti i faUifieatori d ogni genere , con fetide piaghe , marciu-
me , icabbia : perchè j dice Pietro di Dante , ogni falsità procede ab anxietate cor-
rapti iotellectus^ ut aegritudo corporalis a corrupto humore corporeo. Tre falsità
digiingue : in cose , in aiti , in parole» Della prima son rei i falsarli di moneta ,
tìriffolino e Capocchio ; della seconda chi contraffece sé stesso , come Gianni
' ' e Mirra ; della terza i menzogneri e calunniatori , come la moglie di Fu-
Ufaim e Siwmok Distinzione data dal figlio di Dante,
Nou le terzine 1, 3; la 6 alla 12; la 15, 16, 17, 20; la 22 alla 26; la 28, 29, 33,
41, 42,43, 46.
8
Là molta gente e le diverse piaghe
ÀTean le luci mie si inebriate
6be dello stare a piangere eran vaghe.
Ma Virgilio mi disse: che pur guate?
Perchè la vista tua pur si sofTolge
Laggiù , tra Tombre triste smozzicate?
Tu DOD hai fatto si air altre bolge.
Pensa , se tu annoverar le credi ,
Che miglia ventiduo la vaUe volge.
1» Molta. La nona bolgia , s' é detto, era
fiii gremiu delle altre. — Inbbriatb. Frase
«cU'oso vivente toscano. Is. (X\Xl\ , 7). ìm-
bnakUmr terra eorum sanguina. — Vaghk.
Clalr.: L§ luH mie di pianger vaghe. Piange
a •* t4Nrmeoti , e alla cagione di quelli , Je
discordie cìtìIì , delle qaali anch' egli fu
Tittiaa.
2. SoyroLGK. Si forma, a' attacca. Lat. hae-
nL Far. (XXIll , 44) : Uberià che si soffolce
às fuM arche .. . L'usa l'Ar. (XIV, 50;
XXTU, 84).
4. Gli. Ne* pleniluni i , la luna a sera è sul-
rorizioDte, a mezianotte nello lenit , il mez-
6
E già la luna e sotto i nostri piedi :
Lo tempo è poco omai che n'è concesso ;
E altro è da veder che tu non vedi.
Se tu avessi, rispos' io appresso.
Atteso alla cagion perch' i* guardava ,
Forse m'avresti ancor lo star dimesso.
Parte sen già (ed io retro gli andava)
Lo duca , già facendo la risposta ,
E soggiungendo : dentro a quella cava
xodl seguente al nadir , cioè per 1* appunto
sotto i piedi di chi è posto nel mezzo della
terra. Ha già detto che la notte precedente
la luna era tonda (Inf., XX): dunque sei ore
lontano dal dì : dunque il sole era a mezzo-
dì e venti minuti : calcola TOtt. — Poco. Fi-
no a sera.
5. Dmsso. Concesso. Lat. dimittere,
6. Parte. Modo antico , e pur della pro-
sa, per intanto, Petr.: E parte ad or ad or
ti votge a tergo. Bocc. ( Vili , 1) : Parte che
lo scolare questo diceva , la donna piangeva
continuo.
27
210
DELL' INFERNO
7 Dov* i' teneva gli occhi si a posta»
Credo uno spirto dei mìo sangue pianga
La colpa , che laggiù cotanto costa.
8 Allor disse 1 maestro : non si franga
Lo tuo pensier da qui 'nnanzi sovr' ello|:
Attendi ad altro ; ed ei là si rimanga.
9 Ch' i'vidi lui appiè del ponticello
Mostrarti , e minacciar forte col dito;
E udi' *1 nominar Gerì del Bello.
10 Tu eri allor sì del tutto impedito
Sovra colui che già tenne Altaforte ,
Che non guardasti in là , si fu partito.
11 Qduca mio , la violenta morte
Che non gli è vendicata ancor, diss' io.
Per alcun che dell'onta sia consorte,
12 Fece lui disdegnoso; ondo sen gio
Senza parlarmi, si com' io stimo.
Ed in ciò m*ha e' fatto a sé più pio.
13 Cosi parlammo insino al luogo primo
8. Franga. Gic. (AU.,'lib. 12): Frangi
misericordia, Reg. ( 11 , 11 : Non té frangat
irta res. — Rimanga. Come nel e. Vili.
9. Gerì. Zio cugino di Dante, fratello di
Clone Allighieri. K. Pelli ( p. 32 , 33 , 34;.
Virg.ne parla com'aoroo che non conosceva chi
e* fosse. Questi Ai ucciso da un do' Sacchetti.
10. Colui (c. XXVUI, 40).
11 Ancor. La vendetta era allora tenuta de-
bito sacro. Cron. Veli. : VilluteUo (moribon-
do per ferita rice?uta ) lasciò cinquecento fio-
rini a chi facesse la sua vendetta. Dante: Che
beli* onor s'acquista in far vendetta. Non cre-
do però che il P. qui si mostri sitibondo di
sangue nemico , egli che nel XII dell' Infer-
no punisce la vendetta di Guido contro un
cugino deir uccisor di suo padre ; egU che i
Sacchetti nomina nel Par. senza gravarli, co-
me sopr' altri fa, d'alcun' onta; egli che il
Sroprio cugino caccia in Inferno, come scan-
aloso : ed era , dice 1' Anonimo , anche fal-
sario , che non credo. Anzi , soggiunge l' Ano-
nimo stesso f vuole il poeta biasimare la rab-
bia di vendetta che lo perseguita fin nell' in-
ferno. Certo è cheGeri fa vendicato trentan-
ni dopo la morte da un suo figlio occisordi
un Sacchetti. — Consorte. Ovidio : Consor-
tes... ^^generisque necisque,
12. Io. Disillabo. Petr.: Ch' accolga il mio
spirto ultimo in pace, — Pio. Il contrasto fra
1.1 pietà e la giu>tizia della condanna, èqui
^grandemente poetico , come in Brunetto , in
Farinata , in Francesca , nei tre Fiorentini.
i'A, .Vostra. Yirg. : MonstratUur ... cam-
pi. Dante uemico di tutte falsità > pone 1 falsi
Cho: deUo scoglio, l'altra valle mostra.
Se più lume vi fosse, tutto ad imo.
ih Quando noi fummo in sul'ultima chiostra
Di Halebolge, si che i suoi conversi
Potean parere alla veduta nostra;
15 Lamenti saettaron me diversi ,
Che di pietà ferrati avean gli strali;
Ond*io gli orecchi con le man copersi. ^
16 Qual dolor fora se degli spedali
Di Yaldichiana, trai luglio e 1 settembre,
E di Maremma e di Sardigna i mali
17 Fossero in una fossa tutti insembre ;
Tal era quivi, e tal puzzo n'usciva
Qual suole uscir delle marcite membre.
18 Noi discendemmo insù l'ultima riva
Del lungo scoglio, pur da man sinistra:
E allor fu la mia vista più viva
19 Giù ver lo fondo, dove la ministra
Dell'alto Sire, infallibil giustizia,
sotto l'ipocrisia e sotto il furto. La distrilw-
zione delle pene non è gran fatto teologica ,
ma onora T animo del P. Secondo la viltà dal-
la colpa e' ne giudica la gravità.
14. Chiostra. Petr. : Di bei colU ombfmm
chiostra. Ma qui lo prende anco in senso di
monastero ; e prende conversi in senso di Iwh
smutati e di frati. Allusione forse maligna*
Purff. : Al chiostro Nel quale è Cristo a6ola...
15. Strali. Più ardire e più squisitetza é
nella frase delle Rime : Guai Che di tritfòùi
saettavan foco. Cino : Saetta ferrata di pte*
cerB, Lucret. : Telis perfixa pavoris. Parad-,-
1 : Strali />* ammirazione, Petr. ( 1 ^ SM ) :
Una saetta di pietade ha presa E qumei e
quindi lor punge ed assale. Petr. (Tr. Cosi.):
in fredda onestate erano estinti Li dorali IMÌ
strali accesi in fiamma D^ amorosa belMe,
e in piacer Itnlt.
16. VALnicHiANA. Ora non più Insalabra:
com' li tuttodì la maremma tra Pisa e Sieia.
— Sardigna. Anco in prosa ; dove , dice la
Anon. , f t genera questa pestileniia per U venr
ti che traggono da Gntiino,
17. Insembrr. Da simul ; come aemlran
da simulare. — Pezzo. Anon. : Sieeomé M
hanno avuta la mente e l'operazione eui loMt
e malsana in falsificare , così la giuslixits M
Dio gli punisce , che gli fa essere corrtM ^
sangue e nella carne , e nelle mper/tiMladì.
18. DiscBNDBMMO. Dal ponte boU' argine »
come nel e. XXIV.
19. Sire. iNcl 300: Sire Dio. — Falsatm*
Non tutti dunque gii alchimisti : ma i soli
falsarli. Lo dimosira a luoghi 1' Anun. , tei-
CANTO XXIX.
211
Panisce i falsator, che qui registra.
20 Non credo ch'a veder maggior tristizia
Fosse in Egina il popoi tutto infermo,
Quando fu l*aer si pien di malizia
21 Che gli animali inGno al piccioi vermo,
Cascaron tutti ; e poi le genti antiche,
Secondo che i poeti hanno per fermo,
22 Si ristorar di seme di formiche ;
Ch* era a veder |)er quella oscura valle
Languir gli spirti , per diverso hichc.
23Qualsovra*l ventre,e qual sovrale spalle
L'uo deir altro giacea, e qual carpone
Si trasmutava per lo tristo calle.
ih Passo passo andavam senza sermone,
Guardandlo, e ascoltando gli ammalati
Che non potevan levar le lor persone.
25 Io vidi duo sedere a se appoggiati ,
Come a scaldar s'appoggia tegghia a teggliia,
Dal capo a pie di schianze maculati.
la a. Tommaso ( Qoaest. LXXVIII , art. 1 )
che dice r alchimia lecita , e potersi vendere
per booDO il metallo che 8e ne trae. 11 qaal
passo della Somma è commentalo anco da
Pietro di Dante : Ma non solo con alchimia
U fyò faUar le monete : puotesi eziandio eom-
«altare fmliaeia in coniarle , e batterle . . .
éi mm9r§ tega che non è V usato ordirle : la
fuoii è pmbbUea fraudolen%ia : imperocché ,
gkcome moifra ti filosofo nel V. dell* Etica ,
la moneta fu trovata per comune utile e ben
éiflì mommi: e perciò ehi commette in quella
pimde , mette disordine e ingiustizia di quello
fli fiMile fine ella fu diretta e ordinata. Due
apedt adimqoe di falsatori son qui paniti;
^pe'cbe AdsaDO con alchimia , e que'chesce-
■ano U lega. Certo il P. ebbe qni r occhio
al passo toccato dell' Etica , e considerò la
ftlsilieaxioiie come perturbatrice del sociale
ceanaereio» però la gravò di tal pena. — Qui.
Hai mondo li scrive nel libro de' dannati,
ll^già li punisce: i4ber scriptus proferetur, ec.
SO. E«ucA. (Or., Met. , VII). Egina giacque
con Giove : onde Giunone mandò la peste nel-
fiaela.— Malizia. Dell'aria, Tosa il Crescenz.
tS. BiSToalR. Ov. , VII : Tu nùhi da ci-
wms ei mania mcenia reple. — Fosmicbb. On-
f popoli ftaron detti JHirmùfom*. Dante avrà
la peste cosa storica ; però soggiun- 1
il
2G E non vidi giammai menare stregghia
A ragazzo aspettato da signorso ,
Né a colui che mal volentier vegghia,
27 Come ciascun menava spesso il morso
Del r unghie sovra sé, per la gran rabbia
Bel pizzicor che non ha più soccorso.
28 £ si traevan giù l'unghie la scabbia ,
Come coltel di scardova le scaglie ,
O d'altro pesce che più larghe l'abbia.
29 O tu che con le dita ti dismaglie,
Cominciò '1 duca mio a un di loro,
£ che fai d'esse talvolta tanaglie;
30 Dimmi s' alcun Latino è tra costoro
Che son quinc'entro ; se l'unghia ti basti
£ternalmente a cotesto lavoro.
31 Latin sem noi che tu vedi si guasti
Qui ambodue, rispose l'un piangendo:
Ma tu chi se'che di noi dimandasti ?
32 £ 1 duca disse: i'sono un che discendo
00 , mconao eh$ i poeti , per indicare che
RSlo era fhrola. — Biche. Corone di grano
mamomì^to: qoindi ogni cosa ammucchiata.
CmI ai apiega VaMriearn del e. IX.
SI. CABrosiB. Come dato alle cose terrestri.
^TAAtauTATA. L' ha 11 Boccaeelo, e I Toscani I
dicono tuttodì tramutarsi. Gli alchimisti per
troppo trattare il mercurio e sostanze simili ,
al dir d'Avicenna, e d'altri, diventavano pa-
ralitici (1. II, tr. 11, e. 47).
25. Sé. L'uno all'altro, o schiena a petto,
0 petto a schiena, o in modo consimile. La
similitudine é degna del luogo , rammenta i
fornelli ed il ftioco degli alchimisti. Montai-
gne : Si faut'il savoir reldeher la eorde à tou"
te sorte de tons , et le plus aigu est celui qui
vient le moine souvent en jeu . . . Les plus
grande mattres, et Xénophon et Platon, on les
voit souvent se reldeher à celle basse fapon et
populaire de dire et de traiter les choses, la sou-
tenant de gràees qui ne leur manquenijamais,
26. SiGNoaso. Suo signore. I napoletani tut-
tora : mogliema , potrete. Come servo fk^tto-
loso , perché aspettato o perché sonnolento »
striglia a furia , e così costoro si grattono :
simbolo dello smanioso adoprarsi che fecero
in cose di che non dovevano mai essere sod-
disfatti. Buon. (Fiera): Rinvolto nella scab-
bia , Con tanta fretta si rade e si eortica ,
Ch* io non vidi giammai H presta stregghia
Menar da servo che 'l signor solleciti*
27. Morso. Virg. : Fibula mordet.
28. ScAROovA. Pesce di larghe squamme.
29. Tanaglii. Con l'ogne si smaglia, si
leva le croste quasi ammagliate , poi le strap-
pa . e con esse la carne marcia. Buonarr. (Pie- i
ra ) : Che fa dell: ugne petHni da Uno,
30. Basti. Vive in Toscana. 6. Vili. (IX»
59 ) : Ber oUo (A bastò la ruberia.
32. Balzo. Rappresenta i gironi come bal-
ze degradanti d'un monte.
2ii
UELL' INFERNO
Con questo vivo giù di balzo io balzo »
E di mostrar l'imerno a lui iutendo.
33 A Uor si ruppe Io comun rincalzo ;
E tremando ciascuno a me si volse ^
Con altri che i' udiron di rimbalzo.
:)/i. Lo buon maestro a me tutto s'accolse
Dicendo : di'a lor ciò che tu vuoli.
Ed io incominciai, poscia ch*ei volse.
35 Se la vostra memoria non s'imboli
Nel primo mondo dall' umane menti.
Ma s'ella viva sotto molti soli:
36 Ditemi chi vo'siete, e di che genti.
La vostra sconcia e fastidiosa pena
Di palesarvi a me non vi spaventi.
37 r fui d'Arezzo: e Albero da Siena,
Rispose l'un , mi fé mettere al fuoco.
Ha quel perch'io mori', qui non mi mena.
38 Ver è ch'io dissi a lui, pisiriandoagiuoco,
r mi saprei levar per 1* aere a volo.
E quei ch'aveo vaghezza e senno poco ,
39 Volle eh' i' gli mostrassi l'arte: e solo
Perch' i' noi feci Dedalo , mi fece
Ardere a tal che l' avea per figliuolo.
ii^O Ma nell' ultima bolgia delle diece
Me per 1' alchimia che nel mondo usai ,
Dannò Minós a cui fallir non lece.
hi Ed io dissi al poeta : or fu giammai
Gente si vana come la sanese ?
Certo non la francesca si d'assai.
k2 Onde l' altro lebbroso che m' intese.
Rispose al detto mio: tranne lo Stricca
Che seppe far le temperate speso ;
li^3 £ Niccolò che la costuma ricca
Del garofano prima discoperse
Neil' orto dove tal seme s' appicca :
^ii^ E tranne la brigata in che disperae
Gacciad'Ascian la vigna elagranfrondat
E l' abbagliato il suo senno profTerse.
k& Ma perchè sappi chi si ti seconda
Centra i Sanesi , aguzza ver me l'occhio
SI che la faccia mia ben ti risponda.
k6 SI vedrai ch'i'son l'ombra diCapoccbio»
Che falsai li metalli con alchimia.
E ten dee ricordar, se ben t' adocchio,
VI Gom' i' fui di natura buona scinùa*
33. Tremando. Di vergogna d'essere sco-
perti falsarli ; o meglio , per non si poter reg-
gere ritti. Il Ramaziini dice d'aver vedalo an
alchimista tremulum . . . anhelosum , piiltdum.
— Rimbalzo. Da vicini che V avevano adito.
Frase viva in Toscana.
34. VuoLi. Novell., IV : Ch$ moU tu efc'to
ti doniJ
35. Soli. Anni. E' nel e. VI.
37. r. Griffolino. — Albero. Altri Alberto.
Ottimo: Era molto vago di cotali truffe, ed
avevavi consumato del iuo , e però avea po-
co eenno; e a questo Grilfolino . , . avea dati
danari , e rivoltali , e di ciò venne al cruc-
cio.— Mena. C. XXVIli: Né eolpa*l mena..,
a tormentarlo»
38. LevAR. Vlrg. : Se.,. tuetuUi aìis.
39. Dedalo (Inf., XVII). — Tal. L'inqui-
sitore de' Paterini in Firenze , senese , il qaal
teneva che Albero fosse suo figliuolo , lo fe-
ce arder come 'scongiurator di demonii, ed
eretico. Altri dicono , cosi l' Anon., che 'l fé
ardere al vescovo di Siena, ch'era suo padre.
40. Lece. Che condannando, non s'ingan-
na come quel vescovo. Qui non lece vaie non
può , come ne'Lat. spesso.
41. Francesca. Ferisce con la gaelfa Siena
qae' Francesi che a' Guelfi toscani soccorsero.
— D' ASSAI. Livio: I^on fu sì ricca valle co-
m* Anzio d* assai.
42. Altro. Appoggiato a Grifollino. — ^Trak-
NE. Ironia , come qaella di Baonturo (XXI,
14 ). — Stricca. Senese prodigo , aooio di
corte, ordinatore, dice il Post. Gaiasin. » det
la brigata , di cai più sotto.
43. Niccolò. Salimbeni o Bonsignori di
Siena ; trovò modo di arrostire i fagiani de
prunis earyophyllorum ( Pietro di Dante). — di-
STUMA. L' hanno i Fior, di s. Frane, ed II
Novellino. — Orto. Scherza sai iraslato dal
garofano. — Appicca. Ott. : Dove Colt coilii-
mi ^appiccano bene, per gola e ghiottoruim
44. Brigata. Detta godereccia. Ricchi
vani senesi che , venduta ogni lor cosa»
sero insieme duecentomila ducati , e li
parono in venti mesi. Abbiamo ventldM •»-
netti di Folgore da Geminiano a Nieetlèa^
pra questa brigata, e Io chiama fiora deM
senese città. — Disperse. Cie. : BmawiBii
desperdere, — Caccia. Un de^prodigbl, chTRTii
vigne e boschi in Asciano, castello ■cnan.—
Fronda. Virg. : Ver . . • frondi miohmì»
ver utile stlvtf.— Abbagliato. Altro della bri*
gau , ma povero , dice V Anonimo : sarà alala
forse ammesso per la piacevolezaa dal mneiL
45. Aguzia. Lat.: Aeuutu liimtfMi. — Ri-
sponda. Quasi interrogata dall'occhio attilla.
46. Capocchio.^ Fiorentino : studiò fliMO-
fia naturale con Dante ; fu arso vivo In Sèeaa
come Alchimista; quindi avverso t' Sanasi.
213
CANTO XXX
^p«»
ARGOMENTO.
Siamo iuHama neUa decima ; deWei di folto. Qmvi , dict V Amim. j han pena
% umti UUti : la vieta daUe tenebre , se più lume yì fosse ; f orecchio da* lamenti
tk* hanno tirali di pietà ferrati ; t odorato dal puzzo dette marcite membre ; ti
Urtfo daUa prettione dMuno tuU' altro, qua! sovra 1 ventre, e qaal sovra le spal-
le ; «I silfio daUa tele rabbiota. Qui trova il P. Mirra e Gianni Schicchi che
ùommo dietro f ombre e le mordono , ed altri forte fanno U medetimo dietro a Io-
ro : frena M. Adamo e Sinone che ti ttiUaneggiemo e ti percotono.
Nou la terzine 6; la 8 alla 11; la 17, 19; la 21 alU 24; la fiO, 28 , 29; la 31 alla
43; la 45, alla fine.
Nel tempo che Giunone era crucciata ,
Per Sonelè, centra '1 sangue tebano.
Come mostrò una e altra fiata ;
Atamante divenne tanto insano
Che veggendo la moglie co' duo figli
Andar carcata da ciascuna mano,
Gridò: tendiam le reti, si eh* io pigli
La Uooessa e i lioncini al varco l
E poi distese i dispietati artigli
1. SMMELk. D'Ermione e Cadmo re tebano,
icqua ino moglie d'Atamante, e Semelé, i'a-
da Giove: quindi la gelosia di Giunone,
• P odio contr'lDo specialmente, che, morta So-
nale , allevò Bacco nato di lei e di Giove.
Ovid. (Met., ili).— Futa. Nella morte di Se-
■Hiè, e poi.
3.Gmnò. Ov. (Met.,lV): Proiòius A$olidet me-
dia fmrihmidtu tn aula Clamat: Io, comifet! hit
W9iia pamdite tilvit : Hie modo eum gemina
ma mt mihi prole Uama. Uttiue ferae^ ie^m-
tmr 99tiigia eonjugit ameni : Deque ùnu ma-
arii ridenUm §t parva Learchum Braehia ten-
éemum rapii , et bi$ Urqu$ p$r aurat More
fOCol fundas.
4. PiRCOéttLO. Ovid. (IV, 617-29) : Rigi-
6
Prendendo l' un eh' avea nome Learco;
£ roteilo, e percosselo ad un sasso:
E quella s' annegò con Paltro incareo.
E quando la Fortuna volse in basso
L' altezza deTroian che tutto ardiva,
Si che*nsieme col regno il re fu casso ;
Ecuba trista, misera, e cattiva,
Poscia che vide Polisena morta,
E del suo Polidoro io su la riva
doglia infamia boxo DitemU oaa feroce : tum
denique concita mator..^ExulMlat ; pateitque
fugit male tana capHUs, Teque femu parvum
nudii, Melicerta, tocerfii... Seque euper pon»
tum , nullo tardata timore , ifillil , omuque
tuum,
6. Basso. Tirg.: Potiquam ret Aeiae Fria-
mique evertere gentem hnmeritam vitnm tu-
perii eedditque iuperbum lUum. — Akbita.
Accenna a Laomedonte e a Paride.— Gasso.
Priamo , marito d' Ecoba , ucciso da Pirro
(Aen., 11).
6. MisiaA. Bocc: Ed ella mitera e eatUva.
Annannino : Rubare % poveri eattivegìi. -— Po-
ussBMA (Uet., XIII). — PoLmoRo (Aen., 111).
su
DELL' INFERNO
7 Del mar si fu U dolorosa accorta.
Forsennata latrò si come cane:
Tnrtto dolor le fé la mente torta.
8 Ma né di Tebe furie nò troiane
Si vider mai in alcun tanto crude , ( ne,
Non punger bestie, non che membra uma-
9 Quant io vidi du' ombre smorte e nude
Che mordendo correvan di quel modo
Fali^ificnndo se in altrui forma.
Come l'altro che'n làsen va sostenne,
15 Per guadagnar la donna della torma
Falsificare in se Buoso Donati,
Testando, e dando al testamento nomu
16 E poi che i duo rabbiosi fùr passati ,
Sovra i quali i*avea rocchio tenuto,
Rivolsìlo a guardar gli altri roaloati.
Che '1 porco quando delporcii si schiude. ^7 V vidi un , fatto a guisa di liuto
oJ^ !
lOL'una giunse a Capocchio: ed ifi sul nod
Del collo Tassaiinò, si che tirando,
Grattar gli fece il ventre al fondo sodo.
11 ET Aretin che rimase tremando ,
Mi disse: quel folletto è Gianni Schicchi,
E va rabbioso altrui cosi conciando.
12 Oh , diss' io lui , se Taltronon ti Gechi
Li denti addosso , non ti sia fatica
A dir chi è , pria che di qui si spicchi.
13 Ed egli a me^ queir è l'anima antica
Dì Mirra schierata , che divenne
Al padre, fuor del dritto amore , amica.
ik Questa a peccar con esso cosi venne,
7. Mar. Ov. pCIII, 526) : Atpieit ejeetum
Polydori in littore corpus, — Cane. Ov.: Per-
(iùiit infelix hominis post omnia formam ,
Extemasqus novo latratu t$rruit aurai.,. La-
travU canata loqui, — Torta. Volgarmente
dar la volta, Virg.: Mens,,, laeva.
8. Furie. Cosi chiama Atamante , Ino ed
Ecuba, forse accennando a Tlsifone da coi venne
il ftaror d' Atamante.
9. Mordendo. Caco corre affocando I dan-
nati : nn diavolo sta per passarli a fil di spa-
da : qni 1' ombre mordono. I contraffattori di
persone mordono, i falsatori di cose giaccio-
no marcidi; i menxogoeri a tradimento e a
calunnia, febbricitami ; i falsatori di moneta,
idropici : per indicare, dice Pietro, la voglia
insaziabile e il sozzo affetto.
10 Capocchio (c. XXIX, ten. 40). — Grat-
tar. Par che accenni alle sekianzs, che costo-
ro si stavan sempre grattando.
11. Aretin. Griffolino (e. XXIX ). — Schic-
chi. Altri lo dice Cavalcanti ; la (limìglia del-
l' amico di Dante. E 1 Donati gli erano affini.
13. Altro. Mirra.
13. Mirra. Nella lettera ad Arrigo chiama
Firenze Mirro scellerata ed wnpia , la quàk
s' infiamma nel fuoco degli abbracciamenti del
padre,
14. FoRKA ( Ov. , X ). Mirra Msifica sé
in altri; lo Sehicchi altri In sé.
15. Buoso. Mori senz' erede ; altri dice, sof-
Pur ch'egli avesse avuta ranguinait
Tronca dal lato che Tuomo ha forciilo.
18 La grave idropisia che si dispaia
Le membra con Tomor che mai conv«H(
Che '1 viso non risponde alla ventraia ,
19 Faceva lui tener le labbra aperte.
Come r etico fa che per la sete
L*un versoi mento e l'altro in su riveli!
20 O voi, che senza alcuna pena saele«
£ non so io perchè , nel mondo greeo .
Dis8*egli a noi, guardate, e attendete
21 Alla miseria del maestro Adamo*
Io ebbi vivo assai di quel eh' i' volli;
focato da Gianni. Qaesti si finse moribuad
in sua vece , testò , fece erede Simone Hi
nati , nipote di Buoso, in luogo d'altro t il
sarebbe toccata l'eredità; e lasciò par lc§M
a sé stesso una bella cavalla, il chespiacqi
air erede , ma non la negò per non al ••
prire. —Torma. Armento di cavalli : è ia IFfai
Altri dice: una mula.
17. Forcuto. Ar. ( XVIII, 83 ) : JRufi
dove lo stomaco è forcuto. Era si seceo i
viso , si grosso del ventre , che a taglM
di sotto le cosce , sarebbe parso mi nàte
la testa , il manico ; il ventre , la casaa.
18. Omor. Umore : è nel Conv. HoreL
Aquosus albo Corpore lafigtior. — C.ontsm
Assimila. O: rivolge in luoghi dove noo di
vrebbe : cosi il dott. Cioni. L' Ottimo eira
corrispondenza traT incomodo umor delTIdn
pico, e la dannosa materia del falsario.
19. Srti. Orai, paragona l' avaro all' Mia
pico. Conv. : Le riechezxe promettono di Hn\
ogni sete e apportare saiiamento ; ma tu ìm
di sasiamcnto e di refrigerio , donno e raeMM
fele di febrieante , tnfoiimMe.
20. Sbnza. Lo disse Virg. ( e. XXIX ).-
Attenditi. Jerem. : Àttendite et vùkui a
est dolor,., sieut dolor meus.
21. Adamo. Bresciano. A ricbiesta deTedMd
di Romena castello del Casentino , falsò II
moneta: Ai bruciato in Firenze. — Braso.
Para imitato dalla paral>ola dell* EpoloM.
CANTO XXX.
215
Bora, lasso, on gocciol d*acqaa bramo.
22 Li niscellelti che de* verdi colli
Del Caseotin discendon giuso in Amo,
Facendo i lor canali e freddi e molli,
33 Sempre mi stanno innanzi,enon indamo:
Che r immagine lor via più m'asciuga,
Chelmaleond'io nei volto mi discarno.
ik La rìgida giustizia che mi fruga.
Traggo cagion del luogo ov*i*peccai
A metter più gli miei sospiri in fuga.
25 Ivi è Romena , là dov' io falsai
La l6ga suggellata del Battista ;
Perch'io il corpo suso arso lasciai.
26 Ma s' r vedessi qui Y anima trista
Di Guido, o d'Alessandro, o di lor frate,
Per fonte Branda non darei la vista.
^ Dentro e' è i' una già, se l' arrabbiate
Ombre che vanno intorno , dicon vero.
ti, CASiirmf. Nel pian di Casentino gaer-
^ggiò la prima volta il P. contr* Arezio nel
1380 ( Vili. , VII , e. 131 ) ; poi tornò nel-
l' esilio a dimorare co' conti di Romena: e
dopo la infelice spedizione contro Firenze ,
irato della lor dappocaggine , gli lasciò. —
^Kium. Ffiqidui per fresco , in Virgilio.
^. iBniANZi. Virg.: Pùllas, Evander.in ipsis
^mma «mi oculi$. — Asciuga. Tasso (Xlii,
^ ) : 5^ akwn giammai tra frondeggianti rive
'Wo tfide Uagnar liquido argento ... Che Vim-
^^o^ÒHé tor geUda e molle L'asciuga e seal'
^» 9 nel pensier ribolle. Stazio fa dire ad on
J^ra: Heu duleee visure poloe, solemquere-
^^aiMi Ei virides terras et puros fontibus am-
^. Siniil pensiero è nel Filebo di Platone.
^>ceaccio , della donna lasciata ignuda al sole
(•eeote : Vedeva Amo , U qual porgendole
éttidmo deUe su* aeque, non iseemava la se-
ti, wus 1* accresceva. Vedeva ancora in più
kigki hoeehi , ed ombre , e caia , la quali
latti JMMdMnlt V erano angoscia , diside-
S4» Fruga. Mi ricerca le vene tormentando-
mi ia a^a. lo cui nuova sete ... frugava è nel
Pars* — Fu«A. Qoaai fuggente alle dolci acque
del CaientiDo. Petr. : Ite , caldi eospiri , al
fndio con.
SS. Lb«a. Il fioria d'oro dall'una parte
aveva Irimgine di a. Giofaoni, dall'altra un
giglio.
26. Frate. Agbinolfo, terzo de*conti di Ro-
iDCfla. Con Guido il P. aveva combattuto per
rientrare In Firenze: poi la sua dappocaggine
gli avrà reso itii«igine dì tradimento. Que' di
AoBeBa eran cugini ai conti di Porciano che
Ma che mi vai, ch'ho le membra legate?
28 S' r fossi pur di tanto ancor leggero
Ch*i*potessi in cent'anni andare un'oncia,
r sarei messo già per lo sentiero
29 Cercando lui tra questa gente sconcia,
Con tutto eh* ella volge undici miglia,
E.men d*un mezzo di traverso non ciba.
30 r son per lor tra sì fatta famiglia,
Ei m'indussero a battere i fiorini
Ch' avevan tre carati di mondiglia.
31 Ed io a lui : chi son li duo tapini
Che fuman come man bagnata il verno,
Giacendo stretti a' tuoi destri confini?
32 Qui gli trovai (e poi volta non dierno)
Rispose, quando piovvi in questo greppo:
E non credo che deano in sempiterno.
33 L una è la falsa ch'accusò Giuseppe,
L' altro è'I falso Sinon greco da Troia.
il P. nel XIV del Pnrg. chiamerà bestie im-
monde. — Fonti Branda. Limpida fonte df
Siena, a cui tutta la città va per acqua.
27. Una. Guido. Anon.: Questi conti e simiU
potenti attendono molto al fabbricare falso per
difetto di moneta : peroccK elli non temono
li comuni d* intomo. — Lbgatb ? Dall'idrope.
39. Undici. Undici miglia ha la decima bol-
gia , ventidue la nona (XXIX. 3): di qui de-
duce l'Anon. che l'ottava n'ha quarantaquattro,
la settima ottantotto , e tutto Malabolge eia-
quemilleseicentotrentadue. 11 giro della terra
è ventiquattromila circa. Ad ogni bolgia sce-
ma lo spazio , cresce il delitto ; onde il nu-
mero de' colpevoli è meno. Nota che ne' sette
cerchi precedenti a Malabolge la misura non
raddoppia : che allora il Limbo avrebbe più
di due milioni di miglia : ma quivi il decli-
vio é più forte, e più gente ci cape. — Non
CI HA. Rima con sconcia» come per li con
merli (Purg., XX).
30. Tre. 11 fiorin di Firenze era di venti-
quattro carati d' oro. Adamo ne mettea tre
di rame.
31. Distri. S' erano a destra di lui , nota
l'Anon., eran più presso al pozzo: dunque più
rei : perchè falsare il vero a calunnia e a tra-
dimento, è delle filsità la più nera. Falsarti
di vero, di metalli, di persona, di cosa.
32. Greppo. Ciglione della fossa , cb' è il
pozzo infernale. L'ottimo definisce il greppo:
Vaso rotto dalle latora. — Sbmpitbrxo. Virg :
Sedei, aetemumque sednbit, infelix Theseas.
33. GiusBPPO. S'usa io prosa nella Med.
Alb. Cr. (Genesi, XXIX). — Falsa. Favole
d' Esopo: La falsa volpe* Ant. da Ferrara :
210
DELL' INFERNO
Per febbre acuta gittan tanto leppo.
3!h E r un di lor che si recò a noia
Forse d* esser nomato si oscuro.
Col pugno gli percosse 1* epa croia.
35 Quella sonò come fosse un tamburo.
£ mastro Adamo gli percosse! volto
Col braccio suo che non parve men duro;
:^ Dicendo a lui : ancor che mi sia tolto
Lo muover, per lemembra che son gravi;
Uo io il braccio a tal mestier disciolto.
;n Ond' ei rispose: quando tu andavi
Al fuoco, non Y avei tu cosi presto :
Ma si e più V avei quando coniavi.
38 E ridropico: tu di' ver di questo;
Ha tu non fosti si ver testimonio
La Ve del ver fosti a Troia richiesto.
39 S* i' dissi falso, e tu falsasti '1 conio,
Disse Sinone: e son qui per un fallo:
E tu per più ch'alcun altro dimenio.
40 Ricorditi, spergiuro , del cavallo,
Rispose quei , ch'aveva enfiata Tepa:
E sieti reo che tutto 1 mondo sallo.
&1 A te sia rea la sete onde ti crepa ,
Disse*! Greco, la lingua; e Facqua marcia,
Chel ventre innanzi gli occhi ti s' assiepa.
Fallo Erode. In una canzone , il P. chiama
Sinone il falso Gneo , e dice , da lui , cioè
dalla traditrice menzogna, divorata Firenze. —
Da. Che dal tradimento di Troia ha saa ftma.
() accenna al detto di Priamo : fiottar erii
(A.en., Il, 149). Li fa febbricitanti a simbo-
leggiare il delirio e il vaniloquio derristi; e
li dipinge che fbmano ftimo puzzolente , co-
me di unto che bruci , a indicare la fh>de che
li annebbiò.
34. Croia. In Romagna croio Tale tuttavia
infermo e povero, 0 dura, siccome d'idropico.
37. Presto. Andava al tùoco con le mani
legate.
38. Ver. Priamo in Virgilio a Sinone (II,
149 ) : Mihique haec edistere vera rogami.
39. Pie'. Cosi i simoniaci disse più rei de-
gì* idolatri , perchè adorano idoli senza nu-
mero ( Inf. , XIX). — Altro. Gli dà del de-
monio a M. Adamo.
40. SPBR6ICR0. Virg. : l%r;urt^e arfe Sì-
notiti. Peggio , die* egli , spergiurare che fal-
S9je il metallo. — Enfuta. Virg. : Feta ar-
k'2 Allora il monetier: cosi si squarcia
La bocca tua per dir mal, come suole.
Che s* i* ho sete , e umor mi rinfarcia ,
kì Tu hai l'arsura , e*l capo che ti duole:
E per leccar lo specchio di Narcisso,
Mon vorresti a 'nvitar molte parole.
kk Ad ascoltarli er*io dèi tutto fisso;
Quando 1 maestro mi disse: or pur mira.
Che per poco è eh* io teco non mi risao!
&5 Quand* io '1 senti' a me parlar eoo ira»
Volsimi verso lui con tal vergogna
Ch* ancor per la menooria mi si gira.
i6 E quale è quei che suo dannaggio sognat
Che sognando disidera sognare, ( goa;
SI che quel ch'è , come non fosse, ago-
VI Tal mi fec'io, non potendo parlare;
Che disiava scusarmi, e scusava
He tuttavia , e noi mi credea fare*
k8 Maggior difetto men vergogna lava.
Disse 1 maestro, che *1 tuo non è stalo :^
Però d* ogni tristizia ti disgrava.
1^9 E fa ragion eh' i* ti sia sempre allato ^
Se più awien che fortuna t' acco^
Dove sien genti in simigliante piato.
50 Che voler ciò udire è bassa voglia*
mie. — Rio. E ti sia amaro a pensare
tutto il mondo per Virg. e per la Ikma
sa il tuo delitto.
41. AssrsPA. Ti fìi quasi siepe agli
ly idropico 0 di donna gravida i Toscaai
cono : ha la pancia agli occhi.
42. Suole. Dicesti male de' Greci tuoi s
si ( Virg. , II ).
43. Duoli. Per febbre. Il falsatore di
neta non l' ha : ed è men reo. — Na
Anco in prosa. A un Greco rammenta tàw
greca; al brutto dannalo uno specchio,
viltà delle ingiurie dipinge la viltà delle co
45. Gira. Bocc. : Gli farebbe i\ fatta
gogna, che , eempre ch'egli alcuna donna
deue , gli ti girerebbe per lo capo.
47. Scusava. Col turbamento. Purg. ,
Del color conspeno Che fa V uom di
talvolta degno.
48. Lava. S. Ambr. : Pudore culpa
SO. Bassa. Prov. ( XX , 3 ) : Bonorut
mini , qui eeparat te a contentianibui :
I outem ttuUi miteentur contumeliit.
2i7
CANTO XXXI.
ARGOMENTO.
fS^iungono al nono ed ultimo cerchio. Sino al quinto i punita V incontinenza ;
^^•Mto e nel settimo la malizia ; la bestialità nelC ottavo e nel nono. Da' lascivi
^^T^sctmdi , gf incontinenti ; i maliziosi, dagli eretici agli usurai ; in Malebolge,
i Httùi/t , ^f^t cioè che il vizio trassero a tale eccesso da indurre Vumana natura
^ *i«lo incivile e ferino. La bestialità porta qucui sempre la frode , cioè il lrist(»
^ iMa ragione e dell* arte : ond i che in Malebolge e nel pozzo penano i frodo-
*^^ : in Malebolge la frode contro chi non si fida ; nel pozzo i tradimenti , che
!^poiio t7 vincolo e di natura e di fede. E perchè nelle più gravi reità più prò-
f^HJio i r orgoglio , però stanno a guardia del pozzo i giganti.
^^ NoU le terxioe 3 alla 7 ; U il alla 14 ; la 16 , 30 , 21 , 22, 25 ; la 27 alla
•^.35,44, 46, 47, 48.
30; la
Una medesma lingua pria mi morse
Sì che ini tiose V una e V altra guancia ;
1 poi la medicina mi riporse.
(mì od* io che soleva la lancia
D'Achille e del suo padre esser cagione
Prima di trista, e poi di buona mancia,
Hoi demmo '1 dosso al misero vallone
Sa per la ripa che'l cinge d'intorno,
Mtrtversaodo senza alcun sermone.
i> MoMB. Lintjua che morde non ò iraslato
Mtabiie. Hot.: Mordear opprobrUs fatsis, mu*
Umpie eolores ? Petr. : Mi sani il cor colsi
«*••/ «orsa.
'• Lancia. Ov.: Vulnus in if erculeo quae
Jl'J^'^daM fecérat hoile , Vulneris auxilium
^ot kasla filili. — Mancia. Valeva dono
'^ oliere. 0?id.: Opusque meae bis iensit Ter
^, Dbhmo. Virg.; Terga ... dare. — Ripa.
'^^^00 l'ultim* argine della decima bolgia,
^ ^■'^versano lo spazio tra la bolgia ed il pozzo.
k Quivi eramen che notte e men chegiomo.
Si che 1 viso m'andava innanzi poco.
Ma io senti* sona re un alto corno
5 Tanto ch'avrebbe ogni tuon fatto fioco ,
Che , contra sé la sua via seguitando.
Dirizzò gii occhi miei tutti ad un loco.
6 Dopo la dolorosa rotta, quando
Carlo Magno perde la santa gesta.
Non sonò si terribilmente Orlando.
4. CoBNO. NembroUe , come cacciatore (Gè-
nes. , X ) , ha '1 corno , il cui suono guida fra
le tenebre i due P. E l'ba forse per annun-
ziare a Lucifero i nuovi dannati , come le due
fiamniette di Dite (Inf., Vili).
5. Sé. Riguardo il corno , teguiiando s'u-
nisce al miei. Modo contorto.-^ Seguitando.
Seguitavano ad andare all'incontro di quella,
parte onde il suouo veniva a noi.
0. Rotta. Di Roncisvalle , quando Carlo
volle cacciare i Mori di Spagna. Orlando era
nel retroguardo dell* oste di Carlo che lona-
28
218
DELL' INFERNO
7 Poco portai in là alta la testa.
Che mi parve veder molte alte torri ;
Oiid* io : maestro, di' che terra è questa?
8 Ed egli a me : perù che tu trascorri
Per le tenebre troppo dalla lungi ,
Avvien che poi nei maginare aborri.
9 Tu vedrà' ben , se tu là ti congiungi ,
Quanto '1 senso s* inganna di lontano :
Però alquanto più te stesso pungi.
10 Poi caramente mi prose per mano
E disse: pria che no' siam più avanti,
Acciò che 1 fatto men ti paia strano,
11 Snppi che non son torri ma giganti:
E son nel pozzo intorno dalla ripa,
Dairumbilico in giuso, tutti quanti.
12 Come quando la nebbia si dissipa,
va di SpagDa: il Saracino Marsilio, inlesosi
con Gano traditore , li assalse. Orlando suo-
nò il corno per chiedere aiuto: e fu sentilo
otto leghe loulano. Carlo voleva tornare: Ga-
no lo dissuase. Orlando suonò tanto , dicela
cronaca, eh' e' ne scoppiò. Treniamiia Cristia-
ni perirono. — Gesta. Petr. ( Tr. Fam. ) ; /(
buon dure Goffrido Che fé l'impresa ianta,
7. TouRi. Prov. ( IX, 18); Ignorami quod
ibi sint gigantes , et in profundis inferni con-
vivae cjus. Ne parla la Gen. : Quid aliud, di-
re Tullio citato da Pietro di Dante ; quid
aliud est gigantum modo bellore cum Diis ,
guam naiurae repugnare ? L' Ott. : Questi gi-
ganti hanno a significare quelle persone le
quali, per propria industria , potenzia e se-
guito, vogliono nel mondo operare oltre il ter-
mine umano, . . Li poeti. . . mettonU combat-
titori con li Dei ; il quale detto ha a signifi-
care , che colali abili sono contro a Dio, non
solo in disordinare loro medesimi , ma ezian-
dio in mettere disordine tra le creature. Con
dò forse il P. intendeva che principio de' tra-
dimenti morali e politici è lo smisurato or-
goglio e l'irreligioso guelfismo di certi uomi-
ni del suo tempo. Nella Volg. Lloq. là dove
parla della confusione delle lingue e' nomina
i giganti come ribelli al celeste impero. Fi-
lippo il Bello nel Purgatorio , ben nota il Ros-
setti , é tìgurato in un drudo gigante. Lucife-
ro è nel centro della terra, madre de' giganti,
ehe stannogli iniorno come angeli innanzi a
Dio. Ben sono collocati costoro fra i traditori
e i frodolenti; tanto più che Virg. : Hic gè-
nus antiquum terrae , Titania pubes. Fulmi-
ne drjecii , fundo volvuntur in imo. Narra il
d'Uerbeiot , che i giganti , posti intorno a
00 gran fosso , forniscono agli Arabi ricca
Lo sguardo a poco a poco raiBgara
Ciò che cela '1 vapor che 1* aere stipa;
13 Cosi forando Y aer grossa e scura,
Più e più appressando inver la sponda ,
Fuggémi errore , e giugnémi paura.
ìk Perocché, come in su la cerchia tonda
Montereggion di torri si corona;
Cosi la proda che 1 pozzo circonda,
15 Torreggia van di mezza la persona
Gli orribili giganti cui minaccia
Giove del cielo ancora quando tuona*
16 Ed io scorgeva già d' alcun la faccia ,
Lespalie,e'l petto, edelventre gran parte,
E per le coste giù ambo le braccia.
17 Natura certo, quando lasciò 1* arte
Disi falti animali, assai fé bene,
materia di favole. In certi paesi d' loghilt
ra s'imagina che l'aiània di chi non sia
primo , di due che sun morti , condotta
cimitero , rimauga ad attingere V acqua
un gran pozzo pel gigante Asdrim , sin
che nuov' anima condannata al medesima
voro non venga.
8. Aborri. Erri dal vero ( inf. ,XXV,
Lai. : A vero abhorrere.
9. CoNGicNGi. Disgiunto per allonta^
usa nel Conv. : Lo viso disgiunto nulla
10. Caramente. Per rincorarlo e lo
l'amarezza del rimprovero fatto. SiroiL^aiMf
Hi del Purgatorio.
11. Pozzo. Apocal. : Puteum abysti,
12. Stipa. Virg. : In nubem cogitur €ur,
13. Forando. Coli* acume del vedere. IParg.,
X : Disviticchia Col viso. — Fuggémi. Virg,
Fugit . . . dolor. — Giugnémi. V. Nuova: ife
giunse un sì forte smarrimento,
14. Montereggion. Castello §an$s9 , cAf
nel circuito delle sue mura ha quasi ad ogni
cinquanta braccia una torre , non avendon»
in mezzo per lo castello alcuna ( Anon. ). —
Corona. Virg. , de' soldati : Rara murotei^-
xere corona.
15. ToRREGGiAVAN. Tasso : Tra' merli t7fii-
naccioso Argante Torreggia , e discoperto é
di lontano, -— Giganti ( Inf. , XIV ). — Gio-
ve. Intende il vero Dio ; come nel VI d«l
Purg. il sommo Giove e Gesù. Boce.: Git^
che ancor li spaventa tonando , A memoria
del fulmine che in Flegra Li colse ( Inf. XIT)*
Is. (XIV ,9} : Infemus subter conturbatus est In
occursum^ adventustui,suscitavit tUngigasUtl*
16. Giù. Eran legati.
17. Animali. Così chiama anche 1* ooDO ,
(Inf., V).
4*
'9iato
1/èrtf
CANTO XXXI.
219
Per tor cotali esecutori a Marte.
i8 E 6* ella d' elefanti e di balene
Non si pente , chi guarda sottilmente,
Più giusta e più discreta la ne tiene :
19 Che dove Y argomento della mente
S* aggiunge al mal volere e alla possa,
Nessun riparo vi può far la gente.
50 La faccia sua mi parea lunga e grossa,
Come la pina di san Pietro a Roma :
E a sua proporzione eran T altr' ossa.
51 SI che la ripa , eh' era perizoma
Dal mezzo in giù ne mostrava ben tanto
IN sopra , che di giungere alla chioma
SS Tre Frison s' averian dato mal vanto;
Pfcrocch* i* ne vedea trenta gran palmi (to.
Dal luogo ingiù. dov'uom s'affibbiai man-
23 Rafd mai amech zabì almi.
Cominciò a gridar la fiera bocca
Cui noD si convenien più dolci salmi.
Si £ 1 duca mio ver lui : anima sciocca,
Tieoti col corno e con quel ti disfoga
Qoand* ira o altra passion ti tocca.
ft Cercati al collo , e troverai la soga
Che 1 tien legato , o anima confusa:
E vedi lui che '1 gran petto ti doga.
^ 18. DOTS. Arìst. ( Polii. , 1 ) : Sieut homo,
*Ì9itp€rfi€tui virtute, est oplimut animalium,
aie ri ftf Hparatus a lege et justitia, est pes-
aìmiif omnium , quum habeat arma rationis
fforyoM^nfo deUa mente).
50. Pria. Di bronzo : era an tempo sulla
Viole Adriana; oggi nella scala dell'apside di
iruMoie.
51. PiBizoMA. Cintura. Voce greca usata
iella Geo., 111. Sovrastanno come torri, ma
leagoDo i piedi nel gbiaccio di Cociio.
^X Fkison. Gli uomini di Frisia sogliono
altissimi,
t. Rafml, Parole senza senso : lo dirà
fhgilio ; e lo nota l' Anon. : onde è vano
spiegarlo come siriache od arabiche. — Salmi.
Ahre volte note, metro, rima.
S(. Tocca. Lucr. ; Tangitur ira,
M. ffBMUOTTO. S. Aug. (C. D., XIV, 4);
.» X. — CoTO (Par., HI, 9). Da cogito:
fUiraeotante, — Un. Gen. : Erat,., terra
«HiMif.. . Confusum est labium universae
t. La Genesi non dice che quel della tor-
n J&a&t pensiero di Nembrollo.
ì. Maimio. Nembrotto, nota l'Anon. , na-
naturalmente; Efialte era di razza mo-
». Mabstbo. Artefice ( e. XVII ).
26 Poi disse a me: egli <;tesso s'accusa.
Questi è Nembrotto per lo cui mal cotu
Pure un linguaggio nel mondo non s'usa.
27 Lasciamlo stare, e non parliamoa voto;
Che cosi è a lui ciascun linguaggio
Come 1 suo ad altrui , ch*a nullo è noto*
28 Facemmo adunque più lungo viaggio,
Volti a sinistra: e al trar d*un balestro,
Trovammo l'altro assai più fiero e maggio*
29 A cinger lui qunl che fosse il maestro
Non so io dir. Ma oi teiiea succinto
Dinanzi l'altro e dietro 'i braccio destro
30 D* una c^itena, che 1 teneva avvinto
Dal collo in giù , si che 'n su lo scoperto
Si ravvolgeva infino al giro quinto.
31 Questo superbo voli' essere sperto
Di sua potenza centra '1 sommo Giove,
Disse'l mio duca;ond'egliha cotalmerto.
32 Fialte ha nome. £ fece le gran pruove
Quando i giganti Ter paura a i Dei.
Le braccia eh' ei menò, fiamma i non muove.
33 Ed io a lui: s'esser puote , i' vorrei
Che dello smisurato Briareo
Esperienza avesser ^li occhi miei.
3k Ond'ei rispose : tii vedrai Anteo
30. Avvinto. Psalm. : Ad aUigandos regts
eorum in eompedibus, et nobiles eorum in ma*
nieis ferreis. — Scoperto. Nella parte del corpo
che gli esciva del pozzo , la catena faceva
ben cinque giri.
31. Spbrto. Oio ed Efìalte , figli di Netta-
no da Ifimedia , moglie d' Aloeo , tìgliaol della
Terra; di nov'anni eran alti nove braccia,
grossi nove palmi: nella guerra de' Giganti pe-
rirono saettati da Apollo. Virg. : Hic et Aloi'
das geminos , immania , vidi , Corpora, i/ui
manibus magnum rescindere eoelum Àggresri,
superisque Jovem detrudere regnis, — Sommo.
Virg.: Jove summo, — Mibto. Ricompensa.
Vili. ( 1. IX) : i? questi sono i meriti de' tiranni.
32. PiALTB. Da Efialte , come pillola da
epistola — PBDOVB. Addossar monti a monti,
dice Igino , per giungere al cielo. Virg. : Ter
sunt conati imponere Petio Ossam SciUeet , at-
qu9 Ossae frondosum involvere Olympum.
33. Bbiabbo. Virg. lo colloca nell'Inferno:
Et centumgeminus Brìiireus, Aen. ( X , K65 ) :
Aegeon qualis, eentum cui brachia dicuntCen-
tenasque manta, quinquaginta orièus ignem
Beetoribuequearriue , Jovis quum fulmina con-
tra Tot paribus streperet eiypeis, tot stringe-
nf ansai. SUt., 11 : /Mmanius Briareus.
84. Aktbo. Lo nomina nel Conv. Questo
220
« E il.' INFERNO.
Presso di qui, che parla , ed è disciolto;
Che ne porrà nel fondo d'ogni reo.
85 Quel che tu vuoit veder , più là ò molto,
Ed è legato , e btto come questo ;
Salvo che più feroce par nel volto*
36 Non fu tremuoto già tanto rubesto
Glie scotesse una torre cosi forte
Come Fialte a scuotersi fu presto.
37 Allor temetti più che mai la morte:
E non v'era mestier più che la dotta
S'i' non avessi vistele ritorte.
38 Noi procedemmo più avanti allotta,
E venimmo ad Anteo che ben cinqu'aile,
Senza la testa, uscia fuor della grotta*
39 0 tu che nella fortunata valle
Che fece Scipion di gloria eroda
Quand' Annibàl co' suoi diede le spalle,
&0 Recasti già mille lion per preda;
E che se fossi stato air alta guerra
De' tuoi fratelli, ancor par ch*e'si creda
M Ch'avrebber vinto i figli della terra';
Mettine giuso, e non ten venga schifo.
Dove Cocito la freddura serra*
Il 2 Non ci far ire a Tizio né a Tifo.
Questi può dar di quel che qui si brama:
Però ti china, e non torcer lo grifo.
^3 Ancor ti può nel mondo render fama;
Ch* ei vive, e lunga vita ancora aspetta
Se innanzi tempo grazia a ^è noi chiama.
f^i Cosi disse '1 maestro: e qu^li in fretta
passo accenna ti versi di Lue. (¥,898). An-
teo Doo fu de* Giganti che assaltarono il cielo,
ma figlio anch' egli della Terra, visse nemi-
co d'ogni Yita civile: però spento da Ercole.
Ciò conferma il fine poUtico del P. in questa
imagine de* Giganti. Singolare etimologia di
Anteo davano nel 300 : contrario a Dio, —
Parla. Non come Nembrotlo. — Disciolto.
Per passare al fondo i dannali ; e per minor
pena. — Reo. Reità. Nel Parg. usa rio sostan-
tivamente.
38. Fatto. Il P. lo credeva di cento brac-
cia, come Virgilio lo dipinge: il maestro lo
toglie d'errore. Le cento braccia eran simbolo
di sua forza. — Quisra Fialte. — Fbbocb.
Lue: Briareutque ferox,
36. Rubesto (Pnrg. , V , 42 ). — Torre
(terz. 7). Fialte si scuote per gelosia del sen-
tire altri più feroci di lui , e per mostrare sua
forza, benché legato.
37. Dotta. Paura: anco in prosa; come
dotto per dubhio, Sapienlia (XI , 20): Non to-
lum laeiura poterat . . . extemUnare , ted et
aspectus per timorem ocoidere,
38. Alle. Jlfinira franeetca , dice V Anon.
( attfie ) : corrisponde a due braccia : il brac-
cio é tre palmi ; dunque trenta palmi , come
disse più sopra. La favola gli dk braccia
quaranta. — Grotta. Accenna forse agli an-
tri dove Anteo visse. Lue. : Nondum post gè-
nitos telliu effeta giganias, TerribUem Xtòy-
eit partum eoneepU in antris ... Haee ilU tpe-
lunea domus,
39. Fortunata. Nel senso del e. XXYIII,
t. 3. — Valle. Lue. : Inde petit iumulae ,
exetasque undique rupee , Antaei quae regna
voeat non vana vetuuas. — Scipion. Lue. :
Sed majora dedit cognomina coUibut iitii ,
I\mmm qtd Latiit revoeavit ab artibut Ko-
item^ Scipio: nam teda lÀhyca feOtiri fatta
Haec fuit: enìveterie eemis vestigia vaUL-^
Gloria. Scipione scrivendo al senato: yiasi
tutta l' Africa , disse : non ne riportai ckt la
gloria. Lue. pone il regno d'Anteo preatatt
dove Annibale fu sconfitto. Non così Plio* (T,
1 ), né Solino (Polit. , 27). Loda Anteo» p«
farlo più faiite. Cosi Pompeo loda Erittooe ma
IX di Lucano. — Annibal. Ar. (XVIII, Si):
Africa, in te pare a costui non nacque, Mi^
che d' Anteo ti vanti e d* AnnibaUe,
40. Lion. Lue: Latuisse sub alta ilupafi»
runt , epulas raptos habuisse leones, — Par.
Lue: Coeloque pepercU Quodnon PKUgrttét
Antaeum sustulU arvis. Dice par eh* e* si ereés
per moderare 1' esagerazion di Lucano : ni
intanto lusinga l' orgoglio del mostro.
41. Figli. Yirg. : lUam Terra parens, fW
irritata Deorum . . . ProgenuU, — Cogito ( taf*,
e. XIV e XXXIV ). Rime: E V aequa morUd
converte in vetro Per la freddura che di fuor
la serra,
42. Tizio. Gigante , di cui Virg. nel VL
Lue. lo nomina con Tisifone , per dire che
Anteo era più forte di loro. In queste imb-
zione é una memoria lusinghiera ad Anlee.
— • Tiro. Virg. e Ovid.: Tiphoeus ; Locaa.:
Typhon,
43. Fama. Ugo da s. Vittore: Spiritm t»
perbiae amor propriae laudis, 1 giganti sta
simbolo della superbia , e però torreggiala
sopra Lucifero. Virg. lo loda , perchè il n^
perho, dice un antico, solo per lode s'aumiM^.
44. Quegli. Non parla , come superbo eh'
egli é. — Ercole. I Centauri , le Arpie , Ge-
rione , Caco , Anteo , furon tutti domati da
Ercole , simbolo della forza civile. E nn tre-
centiste inedito aveva già indovinate l'idee
del Vico : È da notan e da §ap9r§ €h$ frn-
CANTO XXXI.
2ìt
un dbiese , e prese 9 daca mio*
Erede senti già grande stretta.
fgfBo quando prender si sentio ,
t me: fatti 'n qua si ch*io ti prenda,
ee si eh' un fascio er egli ed io.
Oli pare a riguardar la Cariseoda
» 1 chinato , quand* un nuvoi vada
fmmm» si ched ella incontro penda ;
ip< fMtiehB non tottenn$ un uomo tolo
m flMffw ÈreoU ; eht , come dice s. Ago-
H XflU ìih. De cìy. Dei molli fumo
ha /Wmo MamaH Sreole,,, Può $xian-
M èk§ quitto nome Ercole era oppro-
9§U uomini molto forti , It quali in
i I» vkfà ... pattavano iutti gli oUrt.
mm U re d* Egitto tono chiamati Fa-
• li re di Roma tono chiamali C$ta-
§ffo U Gnei li tavH uomini tono ehia-
taso^ 9 eotk appo loro gli «ommi forft
il «ratio chiamati MrcoU .>. Reputava-
ifM lì aniicki che queUi tingulari uo-
; ptaU tingulari fatti faecano , come
ftrv oolU fiere talvatiehe , debellare e
« li firaffiiit , e coUe ictenite illuminar
mnJQ » fottono Ercole . . • Seneca ...
l none d^ Ercole chiamando a Dio, di-
tti éomaf ore delle fiere talvatiehe , e pa-
m M mondo , pon minte q^àoggiuMO
Vt Tal parve Anteo a me die stava atbada
Di vederlo chinare: e fu tal ora
Ch' i^'avrei volut' ir per altra strada.
&8 Ma lievemente al fondo che divora
Lucifero con Giuda , ci posò :
T^lè si chinato U fece dimora ,
49 E come albero in nave si levò.
tfi ferra » te oletma hettia , conitiròa i popo-
li ; e colle tue toitte t aòòótfì. — Stretta.
Lac. : Cofifertiere manut , et multo Itrachia
nexu. CoUadiu gravilmt fruttra tentata la-
certit,
45. Fascio. Nel XVII , fra Gerione e Dtnie
s' interpone Virg. Eceo i passaggi di tatto V
Inferno : Flegilis , Nesso , Gerione » Anteo.
46. Gamsbnda. Torre di Bologna , detta
oggidì Torremoua, tanto pendente che a chi
sta sotto parrebbe In Yeder passare una nu-
Yola di contro , che non la nuvola ma la ter-
ra si moya. Così fa la luna quando le nuii
le movono incontro. L' Anon. la dice chinatu
per difetto de' fondamenti.
48. DnroRA. — Ps. : iVe^tie àbiorheai me
profundum : ncque urgeat tuper me puteut ot
ftitim. ProY. ( 1 , 12 ) : Deglutiamo eum ti-
cui infemut viventem, et integrum, quoti de-
tcendentem in iocttm.— Giuda. (XXXIV.^IO*
222
DELL* INFERNO
CANTO XXXII.
ARGOMENTO.
Scende nel pozzo , diviso in quattro giri concentrici e iempre declivi : né là
diviiione è indicata da limite , ma dalla varietà della pena. La prima parte , d^
tr€LdUori de* proprii parenti , è detta Caina , dal fratricida ; e stanno fitti nel gUaiC'
do infino al cdlo : il qual ghiaccio è del fiume Cocito , di cui Virgilio GocyUisqoB
8inu labens circumvenit atro. E perchè il tradimento non cova che in anime freè'
de y però Cocito si ghiaccia loro d' intomo. La seconda parte è de' traditori if«Bf
patria , detta Antcnora , da Antenore che tradì la città di Troia all' esercito gnce.
Son fitti nel ghiaccio ma con più freddo.
Nota le terzine 1, 8, 4, 6, 7, 8, 10, il, 12; la 14 alle 10; U 21 alU 37; la 3»;
la 32 alla 38; la 42, 43, 44.
1 S* r avessi le rime e aspre e chiocce
Come si converrebbe al tristo buco
Sovra '1 qual pontan tutte Y altre rocce,
2 r premerei di mio concetto il suco
Più pienamente. Ma perch' i* non V abbo,
Non senza tema a dicer mi conduco,
3 Che non è *mpresa da pigliare a gabbo
Descriver fondo a tutto 1* universo ,
Né dà lingua chechiami mamma e babbo.
1. GmoccB. Pet. : Rime oipre e fioche far
soavi a chiare. Inf. , VII. : Fiuto con la voce
chioccia. Le rime di questo canto, le più son
aspre di consonanti. — Pontan. S* appoggia-
no come a centro, e decbinano Terso quello.
2. Pienamente. Conv. , 4tt.* Di questo di-
cerò piÀ pienamente. — Abbo. Per ho, è nelle
V. S. Padri.
3. Fondo. Secondo Tolomeo , la terra era
centro dell' universo. Nel Ck>nv. dice li terra
centro del cielo.
4. Anfionb ( Oy., Yirg. ). SUt., X: Àm-
phionis arees Et mentita diu Theltani faJMa
muri. Questo ceDDO dimoslrt come il P. si
(• Ma quelle donne aiutino 1 mio verso
Cb' aiutaro Anfione a chiuder Tebe ,
SI che dal fatto il dir non sia diverso.
5 Oh sovra tutte mal creata plebe
Che stai nel loco onde parlare è duro ,
Me foste state qui pecore o zebe !
6 Come noi fummo ì^iìi nel pozzo scuro
Sotto i piò del gigante . assai più basii ,
Ed io mirava ancora all' alto muro ,
stimasse non solo 1* edificatore della città da*
lente, ma il cantore politico ancora , il iéi-
datore de' civili costumi. Aveva letto io Ora-
liu ; Dictus et Amphion Thebanae eonditer
arcis , Saxa movere sono tettudinis . . . Fml
haec sapientia quondam : Pubtica privatis sit
cernere , sacra profanis, V ultimo Terso WSr
gnatamente conviene allo scopo della Comat-
dia. — Fatto. Ini*. , IV : ili fatto il dir tìem
meno.
tt. Me*. 6. C. del suo traditore ( Matth. »
XXVI , 29 ) : Vae . . . homwi ilUl . . Monem
erat et h natus non fuisset,
6. Bassi. V'era dooque pendio anco ItggHi.
CANTO XXXII
833
T Dicere udlmmì : guarda come passi !
Fa sì che tu non calchi con le piante
Le teste de' fratei miseri lassi.
8 Perch* i* mi volsi , e vidimi davante
E sotto i piedi un lago che, per gelo,
Avea di vetro e non d' acqua sembiante.
9 Non fece al corso suo si grosso velo
Di verno la Danoia in Ostericch ,
Né 'I Tanài là sotto '1 freddo cielo ,
10 Com' era quivi. Che se Tahernicch
Vi fosse su caduto , o Pietra pana ,
Non avria pur dair orlo fatto cricch,
11 E come a gracidar si sta la rana
Col muso fuor dell'acqua, quando sogna
Di spigolar sovente la villana;
12 Livide insin là dove appar vergogna,
Eran 1* ombre dolenti nella ghiaccia,
Meiteodo i denti in nota di cicogna.
DOgDUoa io giù tonea volta la faccia. (sto
Hi bocca il freddo, edagli occhi'l cuor tri-
Tn lor testimonianza si procaccia.
tt QaaDd'io ebbi d'intorno alquanto visto,
7. FftATKi. Lo crede un danaato ; come al-
(itìe più volle.
8. Volsi. Is. (XV, 16 ): Ad infemum de-
M«rù... Qui te viderint , ad te incUnabun-
tm, — Lago. Ps. : Quando taeecu . . . atsimi-
khor deseendentibui in laeum . . . Aestifnatut
itn eum discendentibus in laeum.
9. Danoia. Danubio , nominato da Virgilio
i proposito de* geli vernali ( Georg. , IH ). —
Omaiccn. 11 Vili. (Vi, 29): Osterìeeo per
iwfna. — Tanai. Virgil..: HyperbonoM già-
tm Tanaimtfue nivalem,
10. TABERNiccn. Monte altissimo di Schia-
VMÉÉ. — PiBTRAPANA. lo Toscana. — Orlo.
Tilf. : Undaque jnm tergo ferrato* suitinet
fVÒM. L' orlo é la parte più debole.
il. Sogna. Quel che fa con piacere il dì.
iS. Vbkgogna. Fino agli occhi , 1 quali so-
M^dice Aristotele, sede della vergogna. Pe-
ir* r Che vergogna con man dagli occhi for-
!•. — Cicogna. Ov. ( Met. , Vi , 97 ) : Cre-
9ifmmt§ €ieonia rottro. Bocc. : Sentì *l pianto
I M enmtlo che Rinaldo faceva , U qualepa-
rmm diventato una cicogna,
13. Gic. Per non essere conosciuti, e perché
raggoflùtolati dal freddo. — Bocca. Evang.:
lil» mii fleius et ttridor dentium, — Tra. Da
iltrt cagioni , dice l' Anon., potrebbe venire
I ifBBiU) e '1 pianto : 1' anione di questi due
■diiii attesta la duplicità insieme e V unità
Iella pena.
Yolsimi a* piedi, e vidi due ai stretti
Che*l pel dei capo aveino insieme misto.
15 Ditemi voi che si stringete i petti,
DissMo, chi siete? E quei piegar li colli;
£ poi eh' ebber li visi a me eretti ,
IGGliocchilor eh* eran pria pur dentro molli
Gocciar su per le labbra: e'I gelo strinse
Le lagrime tra essi ; e riserrolli.
17 Con legno legno spranga mai non cinse
Forte cosi. Ond* ei come duo becchi
Cozzare insieme: tanta ira gU vinse.
18Ed un ch*avea perduti ambo gli orecchi
Per la freddura , pur col viso in giue
Di'^se : perchè cotanto in noi ti specchi?
19 S^ vu<;i saper chi son cotesti due,
Ln valle onde Bisenzio si didiina,
Del padre loro Alberto e di lor fue.
20 D* un corpo uscirò. £ tutta la Caina
Potrai cercare, e non troverai ombra
Do^na più d' esser fìtta in gelatina.
21 Non quegli a cui fu rotto il petto e l'ombra
Con ciso un colpo per la man d' Artù ;
14. Misto. A due che s* odiarono la pros-
simità è orribil pena: pena orribile , stare af-
frontati il traditore al tradito. 1 conti Ales-
sandro e Napoleone , figli prepotenti ed avidi
del conte Alberto di Magnana , nel cui teni-
toro ha un fiume chiamato Bisenzio : li quali
insieme moUistimi tradimenti e* usarono , e
V uno uccise con tradimento l' altro ( Anoni-
mo ). I conti Alberti , non so quali, combat-
terono co' GuelK di Firenze contr* Arezzo nel
1288 (Vili. , VII, 120).
15. Eretti. Per guardare il P. forz'è che
torcano il collo da banda.
16. Gocciai. Lacrime di dolore e vergogna.
Erano tanto accosti labbro a labbro cbè la
lacrima caduta tra mezzo gl'inviscò e inchio-
dò insieme. Questo è più che il virg. : tlirioh
que impexis induruit horrida bariis,
17. Ira. Peir. : Alessandro l'ira vinse. Vir-
gilio pone in Inferno coloro quibue invisi frtf
tres,
18. Freddura. Conv. : Per la freddura di
Saturno. — Specchi ? 11 dannato lo vede pur
col viso in giù , perchè il ghiaccio riflette la
imagine come vetro.
19. Valle. Faliorona.
20. Gelatina. Ter gelo : V osa il Pulci ,
( XXIl . 104 ).
21. Quegli. Mordredo. Ott. : Figliuolo del
re Artik ... ti quale procurando con tradimen.
io gittare il padre del regno ... fu fi agra^
3S\
DELL INFERNO
Non Focj!Ccia;non quotili che mlngombra
52 Col capo ?l eh' i* non veggi'oltre più,
E fu nomato Sassol Mascheroni.
Se tosco se', ben sai ornai chi e' fu.
23 E perchè non mi metti in più sermoni,
Sappi eh* i' fui il Camicion de' Pazzi ;
E aspetto Carlin che mi scagioni.
2k- Poscia vid' io mille visi cagnazzi
Fotti per freddo ; onde mi vien riprezzo,
E verrà sempre, de' gelati guazzi.
25 E mentre eh' andavamo inver lo mezzo
Al quale ogni gravezza si rauna ,
Ed io tremava nell'eterno rezzo;
26 Se voler fu o destino o fortuna ,
Non so ; ma passeggiando tra le teste ,
Forte percossi *l pie nel viso ad una.
27 Piangendo mi sgridò: perchè mi peste?
Se tu non vieni a crescer la vendetta
Di Mont' Aperti, perchè mi moleste?
28 Ed io : maestro mio , or qui m*a«petta,
Si eh' l'esca d'un dubbio per costui.
tMnte ftdUo dal padn (T una lancia , eh$ il
pauò di parte in parte» — Rotto. Virg. :
Thoraea iimul cum pectore rumpit, — Ombka.
La storia di Lancellotto ( I. Ili , e. 162) di-
ce che dair apertara della lancia passò per
la piaga oo raggio di sole, n\ che il feritore
io vide. — Focaccia. De' GanceUieri di Pi-
stoia : uccise lo zio ( Vili. , Vili , 37 , 38).
Pietro dice che il padre.
22. Sassol. Tutore d' un suo nipote , per
redare que* beni » l' uccise : fU decapitato in
Firenze.
23. Pazzi. Di Valdamo; uccise un suo pa-
rente , Ubertino. — Carlin. Dopo che i Fio-
rentini usciti, tra' quali era Dante, tornarono
dalla Lastra scornati nel 1302 , Carlino tradì
ai Neri il castello di Piano Tre Vigne , che
per gli usciti tencTa: poi lo rivendette a* Bian-
chi , dopo molte perdite da lor fatte per ria-
verlo. 11 delitto di Carlino doveva far parere
men grave il suo; che Carlino tradì la patria,
e molti amici e parenti eh' erano nel castel-
lo seco.
24. Poscu. Dalla Calna passa *neir ÀBta-
nora. I primi son lividi , i secondi quasi neri
di freddo. Tradire la patria è più chei con-
giunti, eie. : Ckari iunt Uberi , propinai ,
famiUares ; $ed omnee omnium ekaritatee pa-
tria una complexa est.
25. Gravezza. Fisica, perchè tutti i pesi
tirano al centro : morale , perchè giù si pu-
nisfiono i peccati più gravi.
Poi mi farai quantuque vorrai fretta.
29 Lo duca stette. Ed io dissi a colui
Che bestemmiava duramente aneora:
Qual se'tu che così rampogni altrui?
30 Or tu chi se' che vai per TAntenora
Percotendo, rispose, altrui legete
SI che se vivo fossi, troppo fora ?
31 Vivo soD io : e caro esser ti puole.
Fu mia risposta, se domandi fama,
Ch*i* metta 1 nome tuo tra l'altre note.
32 Ed egli a me : del contrario ho iobrama.
Levati quinci , e non mi dar più lagna ,
Che mai sai lusingar per questa lama*
33 Allor lo presi per la cuticagna ,
E dissi : e' converrà che tu ti nomi ,
0 che capei qui su non ti rimagna.
ii' Ond'egli a me: perchè tu mi dischioiiii«
Nò ti dirò ch'i* sia ; nò mostrerolti ,
Se mille fiate in sul capo mi tomi.
35 Vavea già i capelli in mano avvolti;
E tratti glien avea più d'una ciocca •
26. VoLBR. Non sa se , nell* fra de^ tiadll^
ri , avesse cacciato una pedata a colai. TìmN»
era istantanea l'ira in Dante. Inf. , X¥: QtÉ
fortuna , o dettino . . T
27. Moitt'Apeeti. Bocca degli Abati
vere in patria i perduti onori , alla béttarfh
di Montaperti tagliò la mano a Iacopo d^M»
zi che portava lo stendardo , e fu eanat III
quattromila de'Guelfl suoi fossero
( Vili. . VI , 76 ). Dante , guelfo nel 1300,
pre ghibellino giusto, punisce il vile deHMi
29. DuaAMiNTS. N. T. : Dure blatphi
80. Antbnora. La nomina l'Ariosto,!
Dando ai traditori. Del tradimento d'
parla Livio e Ditti e Darete. Le parole
goe di Virg. : Àntenor . . . mediis etopaot
tns, avranno dato al P. libertà d'atleseiitil
detto di Livio , senza credere di a
però a quanto disse di Sinone a dal
nel XXVI, 6 nel. XXX.
32. Lagna. Per cagion di lamento, P
Guittone.
33. Cuticagna. Tra il collo e la miea;
P ombra stava col viso in giù. Ar. , XV:
fo intanto per la cuticagna Va dotta mmmp^
sopra le ciglia Cercando.
34. MosTBBaoLTi. Pur con nn eemio.
33. Latrando. Specie di ablativo asaaMlk
Modo simile nel Petr.: Quando i peneier étM ,
tetsea *n rime. Amor alzando il mio Mileacii.
— Raccolti. Per non esser veduto. Dante Mlt
nei 1265 avrà potato conoscerlo da bambina.
CANTO XXXII.
SS5
LAtraodo lai con gli occhi in giù raccolti,
36 Quando un altro gridò: che ha'tuBocca?
Non ti basta sonar con le mascelle
Se tu non latri? qual dia\ol ti tocca?
37 Ornai, diss'io , non vo*che tu favelle,
Malvagio traditor; ch'alia tu* onta
r porterò di te vere novelle.
38 Va YÌa , rÌ8pose:e ciòchetu vuoiconta,
Ma non tacer, se tu di qua entr' eschi ,
Di que'cb' ebb*or cosi la lingua pronta.
39 Ei piange qui V argento de' Franceschi.
rvidi, potrai dir, quel da Duera
Li dove i peccatori stanno freschi
U) Se fossi dimandalo , altri chi Vera,
Tu hai dallato queidi Beccherìa ,
Di cui segò Fiorenza la gorgiera.
il Gianni de* Soldanier credo che sia
Più là con Ganellone, e Tribaklcllo
3f. Abgsnto. Parlando di Francesi , forse
eoiiirafli lì loro argent. — Dueba ( Malispini,
e 178 }. Buoso di Dovara cremonese ; qaaodo
ptrtt dell'armi di Carlo d'Aogiò vennero per
RiSMr rollio, egli che polena ìmpedirnele,
mm si mosse : onde Cremona e la sua parte
(Ubellint perirono. L'accusano di venal tra-
toenlo. Certo , e' ritenne per sé 1* oro man-
4il»f lì da Manfredi per assoldar gente e gaer-
riit 11 passo. Fu prode guerriero : mori tapino.
40. Altri. Non potè rispanniare a sé, ora
Ivgfsee agli altri V infamia. — Beccheria.
Abai« da Vallombrosa nel Fiorentino , e ge-
■nrit dell' ordine ; trattò pei Ghibellini usciti
tmu^ i Goelfi di Firenze duv* era legato
dil PRpm: gli fu tagliata la testa. Altri lo vuole
ÌHOCCBie. 1 Beccaria eran famiglia pavese po-
tale ; e Bel 1290, si fecero signori della pa-
uii (Vili., VI, 65).
41. GiAMifi. Fiorentino anch' egli : e sono
■dTiafenio del P. moltissimi i Fiorentini , pe'
fstli priRCipalmente , e poi pe' Toscani , era
iMt» rinfemo suo. Farinata , Cavalcanti , il
caidioRle Ubaldini , Ciacco , l' Argenti , Rinier
Frzio y OR SRÌcida , Guidoguerra » Tegghiaio,
Batckacci , il Borsiere , Francesco d' Accor-
m^ BOBsignor Mozzi , Brunetto , un Giantì-
ffiiafn , OR Ubriachi , un Buiamooti , il Mo-
•CR , Gerì del Bello , Gianni Schicchi , Masche-
, Bocca • il Pazzi , questo Soldanieri coi
ladri della settima bolgia.Questo Gianni
Indi i Ghibellini e li fece cacciar di Firenze
J^riRStR lor capo , e Ai capo del gOTarno
Ch*aprl Faenza quando si dormia.
42 Noi eravam oartiti già da elio,
Ch*i'vidi duo ghiacciati in una buca
Si che Tun capo all'altro era cappello.
43 E come 1 pan per fame si manduca
Cosi '1 sovran li denti all'altro pose
Là 've'l cervel s'aggiunge con fa nuca.
44 Non altrimenti Tideo si rose
Le tempie a Menalippo per disdegno,
Che quei faceva 1 teschio e Taltre cose.
45 O tu che mostri per si bestiai segno,
Odio sovra colui che tu ti mangi,
Dimmil perchè, diss'io : per tal convegno,
46 Che se tu a ragion di lui ti piangi,
Sappiendo chi voi siete e la sua pecca,
Nel mondo suso ancor io te ne cangi ;
47 Se quella con eh' i' parlo non si secca*
novello. — Li. Dunque più reo. — Ganbllo-
NE. Gano di Maganza in Germania, celebre
nelle favole cavalleresche , cognato di Carlo
Magno : lo tradì a Koncisvalle. — Tribaldsl-
LO. 0 Tebaldo de' Zambrosi , faentino ; Untosi
pazzo per dar men sospetto , aperse una
notte la città a' Bolognesi nel 1280, special-
mente per odio de* Lambertazzi ricoYerati ìr
Faenza. Fn creato nobile di Bologna , ed eb-
be altri privilegi! : mori dae anni dopo in bat-
taglia.
42. Eixo. Vive nel Valdarno.— Dvd. Ugo-
lino e r arcivescovo Raggeri ; il primo tradì
la patria, Taltro la patria in prima serven-
do a* disegni d'Ugolino, poscia lui stesso che
dell'arcivescovo si fidava. Però son posti quasi
sull' orlo della seconda sfera , accanto alla ter-
za: come Carlino fra i traditori de* congiunti
e que' della patria. — Buca. Non era piano il
ghiaccio : faceva buche e rialzi.
44. Tinse. Saettato nella battaglia di Tebe
da Menalippo , poiché questi fu ucciso da Ca-
paneo , si fece portare il teschio , e lo si ro-
se ( SUt. , Vili ). Petr. : V ira Tideo a tal rab-
Ifia $onrint9 , Che morendo e* ai roie MenaUp'
po> — CosB. Cervello , capelli, cotenna.
45. CoMYie.NO. Patto : dal barbaro Ut. con-
venium. Convegno in questo seRSO ha di molti
esempi.
46. Cangi. Oggidì ricandnare.
47. Sbcca. Par morte* 0; se aibasuria*
gegQO.
29
226
DELL' INFSBNO
CANTO xxxin.
ARGOMENTO.
Ugolino gli narra della iua morte. BaUa verità viene al canio la ma/firn
bellezza. Un fatto contemporaneo , collegato aUe vicende della patria sua , dèi
quali aneh* egli era vittima , iepirò degnamente il P. L altra parte del canto mm
è men bella. Il diavolo che s* incarna nel traditore la cui anima cade viva wm
ali Inferno , è alta invenzione fondata sulle seguenti sentenze citate da A'dr» à'
Dante. Ps. : Descendant in ioferoum ifUentes. S. Paul. : Tradere hujitmiodi Si*
tanae. S. Joan. : Noinen habes , quod Tivas , et mortuus es. Act. : Anania , cor
tentavit Satanas cor tuam . • ? Evang. : Quum diabolus jam mìsisset io eor il
traderet eum. Decret. : Peccato moritor anima , disjungitur a Deo , et jangitir
diabolo.
La bocca sollevò dal fiero pasto
Quel peccator, forbendola a' capelli
Del capo ch'egli avea di retro guasto;
Poi cominciò : tu vuoi ch'i* rinnovelli
Disperato dolor che '1 cuor mi preme
Già pur pensando , pria eh' i' ne favelli.
1. Pasto. L'imagiDe veoM a Dante dalla de-
scriiione rammeDlata di Stazio. — Piccatok.
Ugolino della Gberardesca, Pisano guelfo, d'ac-
cordo con V arciTeseovo Ruggieri cacciò a tra-
dimento di Pisa , Nino de' visconti di Gallare
Ogihiolo d'una sua figlia , che se n'era fatto
signore , e posasi in luogo di lui. Abbiamo una
canzone che dipinge il malo stato di Pisa sot-
to il suo reggimento.
8. RimidViLLi. Virg. : Jmfandum,.,jub$s re-
novan dolonm. — Disperato. Morirono , di-
ce l'Anon. , tfi cinque giorni: e vedendoti il
eonte morire domandò un frate per eonfeetoro,
e non li fu conceduto, E una mattina con U
Ma se le mie parole esser den aeme
Che frutti infamia al Iraditor chT néo.
Parlare e lagrìroar mi vedrà* insieme.
r non so chi tu sic, nò per che modo
Venuto se* quaggiù : ma Fiorentino
Mi sembri veramente, quandT t'odo*
fgUuoti e con li nepoti ne fu trailo
3. Traditok. L' arcivescovo per ira di «•>
derlo cresciuto in orgoglio , co* GnalanA » i
Sismondi , i Lanfranchi , tre delle nagglir
case di Pisa , alzato il vessillo della ci
con popolo venne alle case del conienti
dora zaffa, presolo con dae figlie doei
nel 1288 » uccisogli un altro nipote e ftmà
la moglie e la restante famiglia , li cmm
nella torre de' GuaUndi . e per farU nwrin
di fame fece inchiodar l' uscio , e giilait li
cMvi in Amo. — Paelaeb. ( Inf., V ). Mr^
In guisa d' uom che parla e ploro.
4. FioaBNTi.NO. Dunque nemico di Pisa*
1
Nota le terzine 1, 3, 4, 7; la 9 alla M; la 28, 31, 33, 34, 35, 38, 39; la 4t$ h
H alla 49, eoo l'ultima. • ^
CANTO XXXIIT.
227
5 To de* saper eh* i' fu* 1 conte Ugolino,
£ questi Y arcivescoTO Ruggeri.
Or ti dirò perch' i* son tal vicino.
6 Che per 1* effetto de' suo* ma' pensieri,
Fidandomi di lui io fossi preso
£ poscia morto, dir non è mestieri.
7 Però quel che non puoi avere inteso,
Cioè come la morte mia fu cruda ,
Udirai; e saprai s* e* m' ha offeso.
8 Breve pertugio dentro dalla muda
La qual per me ha '1 titol della fame,
E n che conviene ancor ch'altri si chiuda,
9 M' avea mostrato per lo suo forame
Più lune già , quand* i' feci '1 mal sonno
Che del futuro mi squarciò '1 velame.
10 Questi pareva a me maestro e donno,
Cacciando'l lupo e i lupicini al monte
Perchè i Pisan veder Lucca non ponno.
11 Con Gdgriè magre, studiose, e conte,
Giialaiidi,coii Sismondi, e con Lanfranchi,
9* avea messi dinanzi dalla fronte.
12 Io picciol corso mi pareano stanchi
8. RuG«BKi. Il Troya Torrebbe che Gaido
di Muntefeltro , non V arcivescovo , fosse il
reo principale della morie del conte. — Vi-
colo. Petr. : Al ngno de* Franchi aspro vicino,
«. Ma'. ( Vili. , VII , J20 , 127 ). L' accu-
aafaso d'avere per oro ceduto a Firenze ed
a Locca le castella della Vemia, di Ripafrat-
tt • d* Aseiaoo. Fio dal 1284 nella battaglia
éeUa Meloria dove la guelfa Genova abbattè
ftm ghibellÌBa (tutte e due fulmioate del pari
Il fjaeato canto ) , Ugolino nel forte della mi-
jckia ftaggl col terzo delle forze pisane, non
per viltà, dm per indebolire la patria inno-
vo da dominarla sicuro. Virgilio nel suo in-
»: Fan^idtt hie auro fotriam, dommiim-
fùUntom hnpotuU,
7. Orvaao. Cacciato Nino di Gallura , Ugo-
, per pretesto da nulla, uccise il nipote
'arcivescovo : di 11 la vendetta.
S» Bbivb. Per piccolo : frequente a' Latini.
•«• MoBiA. Goal chiamavasi quella torre , det-
ta poi della teme : narra 1' Ouimo , il Butl,
il Boccaccio. — Altai. Annunzia sventure.
•. Lina. DalF agosto al marzo. — Squaaciò.
Jifmiiqm9 fiOwru ( Virg. ).
fé. Maistbo. Guida e signore. Fest. : Ma-
ptÈ&r fifpuU, eujui traf in populum fummo
^itatlat. hr,: E di tua legffc ogni mautro e
émmo. — Lcpo. Nel lupo è figurato egli stes-
sa « oe'lupicim i figliuoli e i nipoti. 11 sogno |
Lo padre e i figli ; e con l' agute scane
Mi parea lor Teder fender li fianchi.
13 Quando fui desto innanzi la dimane ,
Pianger senti' fra' '1 sonno i miei figliuoli,
Ch*eran con meco , e dimandar del pane.
ìk Ben se* crudel se tu già non ti auoli
Pensando ciò ch'ai mio cuor s'annunziai^a.
E se non piangi , di che pianger suoli ?
15 Già eràm desti , e 1* ora s' appressava
Che *1 cibo ne soleva essere addotto:
E per suo sogno ciascun dubitava.
16 jEd io senti' chiavar l'uscio di sotto
All'orribile torre. Ood'io guardai
Nel viso a'miei figliuoi, senza far motto,
17 r non piangeva : si dentro impietrai.
Piangevan elli : ed Anselmuccio mio
Disse: tu guardi si! Padre , che hai?
18 Però non lacrimai né rispos' io
Tutto quel giorno ; nò la notte appresso,
Infin che Y altro sol nel mondo uscio. -
19 Com' un poco di raggio si fu messo
Nel doloroso carcere, ed io scorsi
del lupo era augurio di Ame , e , dice T Ot-
timo , simbolo della tirannide di luì , come
di Licaone in Ovidio. — Monti. S. Giuliano
tra Pisa e Lucca. Lo cacciano verso Locca
per rinfacciargli le castella tradite a Locca
e a Firenze.
il. Cagmb. Simbolo di nemico inseguente.
Jer. ( XV , 3 ) : Gladium ad oecitioncm , 9t
eanct ad lacerandum, — Maoub. Slraboleg^
già la fame. — Conte. Conoscenti di tal cac*
eia , e di lei studiose. Cosi lapulo diciamo
uom cbe sa o vuol far mostra di sapere.
14. Piansi. Più potente del virg. : Quii ,
iaUa {andò ... Temipcret a iocfymti r
itt. Addotto. G. Vili. : AdduMa la vivan- '
da dirotte.
16. Chiavar. Incbiodare , come nel Purg.
( Vili , t. ult. ) e in F. Giordano. — Uscio.
La porta maggiore. Eglino, a quel cbe pare,
eran nel plano di sopra. — Guaadai. S' ac-
corse cbe avevano deliberalo farli morire di
(kme.
17. DiNTRO. Rag. ( I , S5 ) : Bmarhmm
$tt cor cJM» intrimceus , et faetui est quoH
laptt. — Ansbuiuccio. Un nipote. St. Pia.
( Mur. , R. 1. , XXIV , (KNS ). — Hai r Non
a' erano accorti del vero. 11 1^. non accenna
l'istante del loro aceorgersl: alleniio anblinie.
10. Mio. La mia imagina , il mio aqualla-
ra. Ha doppio senso.
228
DELL' INFERNO
Per quattro visi il mio aspetto stesso;
20 Arabo le mani per dolor mi morsi :
Ed ei pensando eh' i* 1 fessi per voglia
Di manicar, di subito levórsi,
21 E disser : padre , assai ci fia nnen doglia
Se lu mangi di noi. Tu ne vestisti
Questo misere carni, e tu le spoglia.
22 Quetàmi allor per non farli più tristi :
Quel di e V altro stemmo tutti muli.
Ahi dura terra , perchè non V apristi ?
23 Poscia che fummo al quarto di venuti,
Gnddo mi si gittò disteso a* piedi
Dicendo : padre mio, che non m* aiuti?
2V Quivi mori. E come tu mi vedi.
Vili' io cascar li tre ad uno ad uno
20. Maxtcar. Qaesta voce e* condanna co-
me plebea liorentioa nella V. Eloq. Segno v
che luito il poema è scriUo in volgar Gorcn-
tino : il poema che tanti citano come model-
lo df'l dire cortigiano.
21. Vestisti. Parole eh* anco i nepoti po-
teYan volgere al padre del padre loro, il tra-
slato, nota an critico, vela l'orribile dell'idea.
22. Tkrra. Yirg.: Aut qua9jam tatù ima
dehùeat Terra miki ?
23. Gaddo. Un de' figli.
24. Ybdi. Cosi disperato , alTamato , lan-
guente » cosi intirizzito di debolezza e di or-
rore.
25. Brancolar. Per conoscere s'eran vivr,
o per moto d' nom vicino a morire. — Chia-
mai. Yirg. : Ruitqìief implorans nomine Tur-
num. — PoTfc. Ariosto. : Ma potè la pietà
più eh* il timore. Il dolore mi tenne in vita,
la fame mi spense. La fame , secondo Gale-
no ( lY , De sanit. taenda ) dissecca : il do-
lore concentra gli umori. E an sentimento mo-
rale combaue sovente un sentimento corporeo
e lo fa raen cocente. Buti : Dopo gH otto dh
ne furono cavati, e portati, inviluppati nelle
ituore, al luogo delti frati minori a s. Fran-
cesco , e totterrati nel monumento eh* è allato
agli scaglioni , a montare in chiesa alla par-
te del chiostro, co* ferri a gamba : H quali
ferri vid* io cavati dal ditto monumento,
26. Forti. L* arcivescovo non fa motto ,
nò atto di dolore : silenzio sublime. Ugolino
fu ftroce nomo; e ferì nel braccio di pugnale
un nepote perchè gli consigliava provvedesse
di vettovaglie la città : sospettando non que-
gli tderisae a' suoi nemici : questo nepote fii
da lui maritato a una figlia del conte Guido
di Caprona ( Tronci , Ann. Pis. 1287 ) : onde
non fu di ^e' che perirono nella torre. Que-
Tra *1 quinto di ei sesto. Ond i' mi diedi
25 (jià cieco a brancolar sovra ciaaeooo.
E tre di gli chiamai poich* e* fur morti.
Poscia più che 1 dolor potè 'I digiuno.
2G Quand'ebbe detto ciò,con gli occhi torti
Riprese \ teschio misero co' denti.
Che furo all'osso, come d'un can, forti.
27 Ahi IHsa , vituperio disile genti
Del bel paese là dove'! fi suona;
Poi che i vicini a te punir son lenti»
28 Muovasi la Capraia e la Gorgona,
£ faccia n siepe ad Amo in su la foce ,
Sì eh' e^'li annieghi in te ogni persooa.
29 Che , se '1 conte Ugolino aveva voce
D* aver tradita te delle castella»
sta pittura fu stoltamente derìsa da Cecco d*
Ascoli conoscente del P. : IS'on veggo il eonie
che per ira ed osto Tien forte V arciveMcoro
Ruggiero , Prendendo del suo ceffo il fiero jMsCa.
27. Pisa. E pure era Pisa devota ad irri-
go : tanto grave su tutti i peccati cada l'in
di Dante. Nel 1313 , erano al soldo di Pisa
mille , tra Tedeschi , Brabanzoni , Fiamnia-
ghi ( ViU. , IX , 53 ) ; e per durar ghibelli-
na , chiamò a sé Vgnccione che la rfggcae,
invocati indamo aliri principi. — Là. Di
questo là altri deduce che Dante quando idi-
veva il presente canto fos.^ fuori d'Italia:
ma il là ai trecentisti era riempitivo fieqaah
te. — 51. Nel Conv. chiama ritaliffoo vo^
re del sì. E nella V. E. ( 1 . IH } dice chaU
s\ pronunziano coloro che tengono la parti
orientale da' genovesi confini , i usi no a fMl
promontorio d'Italia dal quale comincia il ma
del mare Adriatico e la Sicilia. Anco aèUa
V. Nuova distingue le lingue d' oc , di
del sì. — Vicini. Firenze e Lucca.
28. Capraia. Isolette del Tirreno di
a Pisa , lontane venti miglia dalla foca del-
l'Arno. — Siepe. Terribile idea, venutagli fw-
se dalla favola di Dolo mobile sopra V oada
( Ov. , Met. }. Qui nota il Buti una contiaA-
dizione dell'odio. Per aver Pisa fatti pofee
quattro innocenti , Dante vorrebbe aflacali
tutti gì* innocenti di Pisa. Esecrabile vot» .
massmie dopo la battaglia della Meloria : e-
secrabile in uomo nemico e straniero , bob
che in Bianco e Toscano. Appunto per cor-
rere alla sconfitta della Meloria, uscirooodel-
la foce d' Amo le pisane galee , gridanda :
battaglia , battaglia !
29. Voce. Ariosto: Ed ha voce CAernMi
gli cerca invan la vita torre. ~- Ta abita.
Dante che i traditori punisce» bob poteva cei-
é A N T 0 xxxm.
939
Hoù dovei ta i figliuoi porro a tal croce*
30 Innocenti Tacca 1' età novella
(Kovella Tebe!) Uguccione, e 'i Brigofa,
E gli altri duo che! canto suso appella.
31 Noi passamm' oltre, là 've la gelata
Ruvidamente un' altra gente fascia ,
Non volta in giù, ma tutta riversata.
32 Lo pianto stesso 11 pianger non lascia;
£1 duolchetruova'nsu gli occhi rintoppo,
Si volve in entro a far crescer Tambascia.
33 Che le lagrime prime fanno groppo ;
E si come visiere di cristallo ,
Riempion sotto '1 ciglio tutto 1 coppo.
3k E avvegna che, si come d'un callo ,
Per la freddura ciascun sentimento
Cessato avesse del mio viso stallo ;
to perdonare a Ugnccione che nel 1314 ebbe
Locca a tradimento ( Vili. , iX , 59 ; Mar. ,
Chr. Estens. , XV , p. 370 ; ivi , p. 574 ; e
IMM XIX , p. 1079 ).
30. Tsbe! Pisa» nota Pietro di Dante, fa
lÉidata da' Tebani , Tenatl dalla ellenica Pisa.
Va qnl il ?• allade insieme ai tragici casi di
Tdbe t agli odii fraterni. — Uguccione. Fi-
'^ool d* Ugolino. — Brigata. Nino il nipote.
— Duo. 11 Troja crede poter dimostrare con
na doconento» che de* nipoti del conte alcu-
no aveva moglie. Ha Dante nel 1288 era in
^ di Tcntilrè anni e ben doveva sapere il
vero del fiitto: né snol per capriccio mentire
alla storia ; né parlando a contemporanei ,
f avrebbe osato. Anco il Vili, attcsta , che li
f§limM e i nipoti . . . erano (jiovani garzoni ed
Smoeenti. Riman dunque a vedere se il nipote
d' Ugolino che aveva moglie fosse uo altro fi-
gtittol di fratello non di figliuolo. Del resto
età novella può intendersi per inesperta dello
pobblicbe cose. Ma non di meno atta alVarmr.
31. Oltre. Alla terza regione. laTolomea
dove gelano, dice Pietro, quo* che tradirono
■ mensa , come frate Alberigo , o come Tolo-
meo capitano nel campo di lerico, genero di
Simone Maccabeo il quale a Simone e a Ma-
tatia di lui figlio imbandì gran convito, e da
anBtti nascosti li fece trafiggere. Altri pone
in questa regione que* che tradirono i bene-
fattori, come Tolomeo re d Egitto , uccisor
di Pompeo: ma l'opinione del tiglio di Dante
iv»a è da sprezzare : e paò conciliarsi con l'al-
tra , ponendo in questa regione coloro che tro|>-
fié si fidano. — Rhirsata. Ar. (XXX, 66;:
Stordito in terra si rivena,
3:2. Entbo. Seneca : Premo gemitn$ m$os et
imttortui i^of rtnlei lacrimai ^go.
35 Già mi parea sentirò alquanto Tento:
Perch'i' : maestro mio, questo chi muove*/
Non è quag^uso ogni vapore spento 1
36 Ond' egli a me : avaccio sarai dove
Di ciò ti farà Y occhio la risposta ,
Veggendo la cagion che *l Gato piove,
37 È un de' tristi della fredda crosta
Gridò a noi : o anime crudeli
Tanto, che data v'è l' ultima poàta ,
38 Levatomi dal viso i duri veli, [pregna.
Si eh' i' sfoghi '1 dolor , che '1 cuor m'im-
Un poco pria che 1 pianto si raggeli.
39 Perch' io a lui: se vuoi ch'i' ti sovvegna,
Dimmi chi fosti : e s' i* non ti disbrigo ,
Al fondo della ghiaccia ir mi convegno.
M Rispose adunque: i'son frate Alberigo;
33. Visiere. Trasparenti. — Coppo. Cavità
convessa di faori. Berni : Il coppo delV el-
metto.
34. Cessato. Cessato stallo , cioè lasciata
la sede dei mio viso incallito per freddo. Ces-
sare per lasciare ha esempi parecchi. Stalla
per soggiorno è nelle V. Santi Padri.
35. Vapore. Il vento viene dal cadere d'u-
na colonna d'aria che cresciata si rovescia
sull'altre. In qaesto gioco la fisica antica fa-
ceva entrare più direttamente i vapori (Ar. ,
Met. , il). Dice il P.: se qui non è sole, non
dovrebb' essere né vapore uè vento.
36. Cagion. Virg. : Qwu tantum aeeend§-
fit ignem Causa, —Piove. 11 vento fatto dal-
l' ale di Lucifero , viene dair alto; tanto egli
è smisurato ( e. }|XXIV).
37. Crosta. Virg. : Concreseunt ... in (ln-
ftitfie crustae. — Posta. Inf. , XXll: Discese-
ro alla posta.
39. CoNVEONA. E' doveva andar fino al cen-
tro : onde 1* imprecaziooe é ingannevole. L*onK
bra credendolo un dannato delia Tolomea , gli
dà fede, il P. crede lecite con uu traditore le
restrizioni mentali.
40. Alberigo. Da Manfredi di Faenza; frate
godente astutissimo: Per guanciata ricevuta da
Manfredo suo parente , prese ad odiarlo a mor-
te: ma fingendo di rappaci fiearsi , lo invitò a
cena ; e dopo mangiato , alle parole di lui :
vrngan le frutte, mctrono gli sgherri, ed uc-
cidono hU col figliuolo Albergketto che s'era
ref agiato sotto la cappa d^ Alberigo, L'Ottimo
dico che tradì due volte a quel modo. — Or-
to. Fruite del mal orto è proverbio toscano.
— Per. Volgarmente dicono ; pan per fo-
caccia,
1
S90
DELL' IMrERIfO
r son quel delle frutte del mal orto •
Che qui riprendo dattero per figo.
!$-i Ohi dissi lui, or se' tu ancor morto ?
Ed egli a me : come 1 mio corpo stea
Nei mondo su , nulla scienzia porto.
hi Cotal vantaggio ha questa Tolommea.
Che spesse volte l' anima ci cade
Innanzi eh' Atropós mossa le dea.
k3 E perchè tu più volontier mi rade
Le 'nvetriate lagrime dal volto ,
Sappi che tosto che 1* anima trade,
kk Come fec* io , il corpo suo T è tolto
Da un dimenio , che poscia il governa
Mentre che 1 tempo suo tutto sia volto.
^5 Ella ruina in si fatta cistoma.
E forse pare ancor lo corpo suso
Deir ombra che di qua dietro mi verna.
46 Tu l dei saper se tu vien pur mo giuso ,
Egli è ser Branca d^Oria : e son più anni
Poscia passati eh' ei fu si racchiuso.
41. Stia. Alberigo era Tiro.
43. Tkadb. L'OU. lo dice in prosa.
44. GoYSENA. Virg.: SpirUus ho$ ngii ar-
tut. — Tkmpo. Modo biblico*
45. Ella. L' anima. ^Cistbrna (XXXI, 32).
46. Oeu. Cecise a tradimento Michel Zan-
che suocero suo , per occapara il giudicato di
Logodoro in Sardegna. Nel 1308 insieme con
Opicino Spinola signoreggiò Genova , tenendo-
ne i Fiescbi in bando: i quali rientrarono con
Arrigo pacificati ai Doria : e morto Arrigo ,
cacciarono i Doris in esilfo. Branca d'Oria é
nominato nella LVIII delle Cento Nov.
47. Panni. Comico, per far più terribile
r ironia.
48. Fosso (e. XXI, 13; XXII, 30).—
Giunto. L'anima del traditore, appena pen-
sato il tradimento , precipita nell' Inferno. El-
la lo pensa.* un demonio lo compie.
40. Prossimano. Cugino o nepute.
00. CoRTBsiA. A traditore bene sta esser
'il
1^7 I* credo, disa' io hii, che tu
CheBranca d*Oria non mori oo qi
E inansia,e bee, e dornie.e verte
&8 Nel fosso su, diss* ei, di Malebi
Là dove bolle la tenace pece.
Non era giunto ancora Michel Zi
iii'9 Che questi lasciò 4 diavolo io si
Nel corpo suo , e d'un suo proaaii
Che 1 tradimento insieme eoa ini
50 Ma distendi oramai in qua ki
Aprimi gli occhi. Ed io non gliele
E cortesia fu lui esser villano.
51 Ahi Genovesi , uomini divorai
F ogni costume , e pien d'ogni mi
Perchè non siete voi del mondo i
52 Che col peggiore spirto di Roa
Trovai un tal di voi, che per aQ*<
In anima in Cocito già si bagni ,
53 Ed in corpo par vivo ancor di i
deluso. Poi aprirgli gli oechi era fli li
gli II tormento delle lagrime che tan
ro a congelarsi. Alleviare il doloft d
dice r Ouimo , è far contro alla divisi
lia. Inf. , XX : Qui vive la pietà
morta. Ar. : Gli è teeo eortuia
51. Genovesi. A Geuova fu
rio d'Arrigo Uguccione, e condannòt <
non pochi nemici all' impero ( Femih
Quivi stette in6no al 1312.— Divbbm. ^
da ogni buon costume : dt-verto. — C
Ecco la seconda imprecazione di qati
to infernale. Virg. : Vane Ùgue, fn
animi élate superOt , I<iequidquam ftth
tasti lubricìte arles; Nee fraus te tnaaii
perjeret.
52. PiGOioaE. Alberigo. — Tal. '
scriveva il P. , Branca d' Oria era m
gnor! di Genova. Ghibellino: poi di
Guelfi.
ASI
CANTO XXXIV.
ARGOMENTO.
Jk fomio ci pozzo gw^ehe tradirono la divina o T imperiai patata: la regiO'
u » da Giuda è chiamata Giodecca. Il P. itimava la potestà imperatoria imaginc
Mi dMma. Fanno scala dei peli di Lacifero , ed escono aU opposto emisfero.
NoU le terzine 1 alla 5; U 7 ; la 9 aUa 22 ; la Ì4 alla 27 ; la 89 , 80 , 39 ; la 41
iHi 41 » con r ultima.
1 Vexilla regie prodeunt inferni
Verso dì noi : però dinann mira ,
Oiiae 1 maestro mio, se tu '1 discemi.
1 Come quando una grossa nebbia spira,
O quando l' emisperio nostro annotta ,
Par da lungi un mulin che 1 i^ento gira,
3 Veder mi parve un tal dificlo allotta.
hn per lo vento mi ristrinsi retro
Al duca mio; che non v'era altra grotta.
i Gii era (e con paura il metto in metro)
Li dove r ombre tutte eran coverte,
S Iraaparean come festuca in vetro.
S Altre stanno a giacere, altre stanno erte;
Quella col capo, e quella con le piante :
§• Vmiìlla. Abbiamo ona cani, di Dante
qaale on verso è italiano , ano proven-
, BBO latino. Questo è il primo verso
(liaMM roUima voce) d'nn Inno della chie-
la alte croce , cantato nella settimana santa.
Q F. die appunto di qae' giorni si trova in
IntaM , r applica qoasi ironicamente alle ale
di Lociléro , il nemico del figlio di Dio. Dice
fndmmi ; come altrove: l'oMiresM ìa eUtà.
iSk paragonino questi stendardi con qne* della
cWeaa ( Purg. , XXIX ).
2. Spou. Vento nebbioso.
a. DiFicio. Inedito della Magliab. : Fenno
fèn UH grandiuimo dipeio di Ugnarne ; al
fmmtt fuouHo nome cavallo di Pallade. Difieio
pftr macchina bellica ( Vili. . 1. IX, e. 112).—
GaoTTA. Non v'era più scogli, come lassù
( XXI , 137 ).
4. Tutti. Con tutto il corpo. Più grave 11 ,
Altra, com'arco, il volto a* piedi inverte.
Quando noi fummo fatti tanto avante
Ch'ai mio maestro piacque di mostrarmi
La creatura ch'ebbe il bel sembiante,
Dinanzi mi si tolse, e fé restarmi :
Ecco Dite, dicendo, ed ecco il loco
Ove convien che di fortezza t'armi.
Com' r divenni allor gelato e fioco>
Noi dimandar, lettor; eh* i' non lo scrivo.
Però eh' ogni parlar sarebbe poco.
r non mori' e non rimasi vivo ;
Pensaoramai per te.s'hai fior d* ingegno,
Qual io divenni , d' uno e d' altro privo.
10 Lo'mperador del doloroso regno
8
9
delitto, più grave la pena.
6. BnL. Ezech. : In deUciit paroditi Dei
fuitli : omnit lapis pretiotus aperimenlumtuum.
Pier Lombardo ( 1. 11 , d. 6 ) , dice che in cielo
non era angelo maggior di Lucifero.
7. Dite. Nome di Plutone , da Virgilio usa-
to più volte. Un gentile , non ha , secondo
Dante , a chiamarlo Lucifero. — Asmi. Isaias
( LI , 9 ) : Induere fortitudinem, Ov. : Segue
armat et inttruit ira» Somma paura nel cen-
tro infernale; come gioia suprema nell* altis-
simo cielo.
9. Pensa. Provava lo spasimo della dlsao-
luiione e tutta la forza della vitalità. Si noti
la gradazione della paura ne' canti 1, li. 111,
Vili, IX, xiii, XVII, XXI, xxm, xxxi.
iO. 'MPBRAnoa. Nel e. 1 , chiamò Dio guelr
lo im^eradoreke lassù regna. \ìT$.:Siygio regL
ass
DEL L' INFERNO
Da mezzolpettoDscia fuordellaghiaccia,
E più con UD gigante i'mi convegno
11 Che i giganti non fancon le sue braccia.
Vedi oggimai quant* e^ser dee quel tutto
Ch' a cosi fatta parte si confacela.
12 Sei fu si bel com' egli è ora brutto,
E contra *l suo fattore alzò Je ciglia,
Ben dee da lui procedere ogni lutto.
j 'i O quanto parve a me gran maraviglia
Quando vidi tre facce alla sua testa !
I/una dinanzi , e quella era vermiglia:
HL'altreerar\ducches*aggiungénoaquesta
Sovresso '1 mezzo di ciascuoa spalla ,
E si giungéno al luogo della cresta :
15 E la destra parca tra bianca e gialla ;
J.a sinistra a vedere era tal , quali
Vrngon di là ove il Nilo s'avvalla.
1G Sotto ciascuna uscivaii duo grand' ali.
11. TcTTO. Se un braccio é più grande d'
un gigante , ancor più che un gigante d' un
nomo; tutto i\ corpo viene ad essere mille e
più braccia ( XXXI . v. fi8, 66, 113 ).
12. Bbl. Is. (XIV, 11 e 15): Deiraeta$it
ad inferot superila {lui ... Ad infernum detra-
ficns , in profundum laei — Alzò. V. ^ Pa-
dri : Ardiice contro ai molti bencfizii alzare gli
tìcehi, Laer. : Morlalet tollere eontra Est oeu-
/os ovittf , primuique obrittere contra. — Let-
to. Creatura sì ingrati ben dev'essere read'
ogni umano vizio e dolore.
13. Trb. Chi ci vede le tre parti delmon-
rio: la nera l'Africa, la bianca e gialla 1' Asia,
li vermiglia 1* Europa. Pietro di Dante ci vede
ia nera ignoranza, l'impotenza livida, l'odio
Ardente, opposti alla potenza, alla sapienza,
all'amore divino. L'Anonimo aggiunge che
d'ignoranza, d'ira e d'impotenza fece prova
nella sua ribellione Lucifero ; e che que' tre
mali a lui finno più prossimo l'uomo: come
i tre beni contrarii lo fanno più prossimo a
IMo. II Rossetti vede nelle facce il simbolo
dt'llp tre fiere e delle tre furie : Roma capo
de* Guelfi , dall'insegna vermiglia ; Firenze ,
.«if de de* Neri ; Francia dallo stemma de' gigli
bianchi e de' gialli. Interpetrazione ingegnosa,
e conciliabile coli' antica. Ma che in Lucifero
sia adombralo Clemente papa, io non credo,
s(*bbcne i protestanti del secolo deciroosesto
in Saianno figurassero il papa, e lo dipinge»»
.«•ero co' colori di Dante. Toglievan eglino que-
site imagini dal P. : non egli da setta alcuna.
15. Avvalla. L'Fiiupia. Ar. ( XV , 64 ) :
Veder vuoU ov§ t'atvalU, M quanlQ U Nilo
entri ne' salti flutti.
Quanto si conveniva a tant'uccello:
Vele di mar non vid'io mai cotali.
17 Non avén penne, ma di vispistrello
Era lor modo : e quelle svolazzava
Si che tre venti si movén da olio.
18 Quindi Cocito tutto s'aggelava.
Con sei occhi piangeva , e per tre monti
Gocciava *1 pianto e sanguinosa bava.
19 Da ogni bocca dirompea co' denti
Un peccatore, a guisa di maciulla ;
Si che tre ne facea così dolenti.
20 A quel dinanzi il mordere era nulla
Verso '1 graffìar, che tal volta la schiena
Rimanea della pelle tutta brulla.
21 Queiranima lassù ch*ha maggior pena,
Disse I maestro , è Giuda Scarìotto,
Che'l capo ha dentro, efuorlegamberoeoa.
22 Deglialtriduoch'hanno*icapo di sotto,
16. Ali. Sci ne dà il P. ai serafini; e Lq-
cifcro era de' serafini.
17. Penne. Andreini, de' diavoli : Viperin*
è '/ capei f io iguardo bieco. Gravida di et-
stemmie ognor la bocca , E betlemmkmdotkQC»
ca Sulfureo nembo , schifa lava e foco. So»
d' aquila le man , di capra il piede , X* ^
di vipistrello, — Svolazzava. In Toscana di-
cono attivamente : tremar le ali. — Vkvil
Virg.: Ventosas(iue addidit alas.
18. Qt'iNDi. li vento , sì forte da ftirsi Mi-
tire alla incallita faccia di Dante , gelava U
fiume, il tradimento, e ogni colpa è pena t
sé stessa : e il vento delle passioni sebbM
provenga da ardire soverchio, gela da uUiaia
le anime. Siccome, dice Pietro di Dante» ili
ventilare dell' ali dello spirito di Dio che il
aggira su 1' acque , spiran ordine e amon «
così fredda invidia dall'ali del nemico di Ditb
Dice la Bibbia : Ihabolus, qui seducebal 9m^
mtsttis est in stagnum ignis et sulphìsrì$. Al
nostro piacque cacciarlo in istagno gelalo «
perchè ncU' idea del calore è troppa vita. -•
Sanguinosa. Del sangue de' rei maciallali.
Virgil. : Mixtum spumis vomit ore emomai.
Itt. Tre. Apoc, \VI : l'idi de ore drm9^
ni$ , et de ore bestiae , et de ore pseudopr^^
pketact spiritus tres immundos*
20. Dinanzi. Nella bocca vermiglia : Gin*
da , il qual riceve altri baci da quelli cba
diede a Cristo.
31. Lassù. Tant'alio è Lucifero che sab-
bene esca solo con mezzo il petto , a guari
dargli la bocca , Virg. dice lassù,
22. Sotto. Fuor della bocca spenzoUnt.-^
Motto. Come uom fermo.
CANTO 1
S33
Qaei dia pende dal nero ceffo è Bnito :
Vedi come ri storce» e non fa motto ;
23 E Filtro è Cassio, che par si membruto
Ila la notte risorge , e oramai
Éda partir: che tutto a^ém veduto*
SI Com'a lui piacque, ilcoUogliaTTinghiai,
Eddprese di tempo e luogo poste:
E quando Pale foro aperte assai,
S Appigiiò sé alle vellute coste :
Di vello in vello giù discese poscia,
Tra 1 folto pelo e le gelate croste.
SS Quando noi fummo là dove la coscia
SI volge appunto in sulgrosso dell'anche,
Lo duca con fatica e con angoscia
ZT Volse la testa ov' egli avea le zanche,
B aggrappossi al pel, come uomche sale:
SI die in inferno i' credea tornar anche.
Attienti ben: che per cotalì scale.
Disse*! maestro ansando com*uom lasso,
Con\iensi dipartir da tanto male.
B. Altio. Nella bocca a destra. — Mbm-
»• Cicerone rammenta: L. CaaUadipem,
l'aTrà (brse confaso con G. Cassio, oc-
ciiMe df Cesare. -*• Nottb. Virgilio fa dire
rila Sibilla : Bfox ruit , Aenea ; not fendo
Iwtimmt Aerot.
sa. ATTncGiiui. Trecentista inedito nella
Laareu. : Era fi srauo che nuUo f awnbhe
paUrto mnin$hian. — Assai. Lento è il Tento
M* ale. Virgilio s' apposta in modo chemen-
irt Loeifero le sollefa e le abbassa, e' possa
Nsaiere per le coste di lai.
HL Vkllctb. Virg.: yUlosaque $aetie Pseto-
na. Le setole di tanto animale dovevano esse-
!C aodt quasi scale a Virgilio.
li. AnoosciA. Virg. : Sufteraegue evadere
ti anfvs» Hoc opiM , hie labor est. Si capo-
rolge con fatica, perchè nel punto ove la forza
«aifipeu è massima.
17. Zancbb. Gambe: oggidì cianche; come
la «Mlfo» tappo. Nota Pietro, che questo si-
^Hka doversi porre sotto i piedi gli abiti
ti par escire dal male.
98. ScALB« Inf., XVil: Ornai si scende per
è fttie scale.
9È. ÙtLLO. Lucifero dal bellico in su è nel-
*«B0 emisfero, giù neiraliro. La metà di so-
ira, mezza è faori del ghiaccio , mezza nel
rlitaacio; la metà di sotto, mezza circondata
l«tl» scoglio , mezza (le gambe cioè ) guizza
B aria. Virgilio esce dello scoglio attiguo
I|0 cosce di Lucifero , e mette Dante a se-
mf soirorlo. Poi fa un picciol salto, dai velli
ri mostro al luogo ov'è Dante.
29 Pd nsd flior per lo forò d' an sasso,
E pose me in sn r orlo a sedere :
Appresso ponea meP accorto passo.
30 I* levai gli occhi ; e ctedettt vedere
Locifero com' f l' avea hsciato.
E vidili le gambe in sa tenere.
31 E ^ io divenni allora trava^to.
La gente grossa il pensi, che non vede
Qoal era il punto chTavea passato.
32 Levati su, disse 1 maestro^ in piede.
La via è lunga, o'I cammino è malvagio:
E Ria il sole a mezza torta riede.
33 Non era camminata di palagio
Là V eravam ; ma naturai bureUa
Ch* avea mal suolo e di lume disagio.
3i Prima eh' Tdell* Abisso mi divella.
Maestro mio, dissMo quando fu' dritto,
A trarmi d' erro un poco mi favella.
35 Ov' è la ghiaccia? e questi com'è fìtto
SI sottosopra ? e come 'n sì poc* ora
30. Lbvai. S*lmagini sempre Lucifero tanto
grande che da ogni lato sovrasta al riguar-
dante come montagna.
31.^ao9SA. V. Nuova: Bsrsona grossa.
32. Lunga. Devon trascorrere tutto il se-
midiametro della terra. Il centro dista dalla
superficie, dice Pietro, tremillednecentoquindici
miglia; e quello è '1 punto più lontano del cielo:
è però più conveniente a Lucifero. Non si cre-
da però che tanto cammino, sia misurato dal
P. 86 non in modo simbolico. — Maltaoio.
L'usa l'Ar. (XXIX, 71). ^ Tirza. Il tempo,
del viaggio è V equinozio , quando il giorno
ha ora dodici. Essendo esso giorno diviso iu
terza» sesta, nona, vespro; mezza terza è un
ottavo di giorno. Neil* altro emisfero sorgeva
la notte ; in questo dunque doveva essera
mezza terza.
33. BumELLA. Da huro, buio : come da fu-
ro, fuio. Valeva prigione; e tuttora una via
di Firenze non molto serena ha questo nome.
Buri per prigioni è nell'Ottimo.
34. DrvBLLA. Per dipartirsi, è in Virgilio.
35. GmAcciA? Salendo su su, e' doveva non
più veder che lo scoglio il qual fasciava li»
cosce a Lucifero. — Fitto. Sta capovolto nel
mezzo, perchè la forza centripeta vel sostiene.
Dice Brunetto , il maestro di Dante: che se
si potesse cavare un pozzo che forasse il cen-
tro della terra , ed un grave vi si gettasse ,
questo non cadrebbe dair altro foro del pozzo,
ina rimarrebbe nel centro. Tale idea è pur
nell'Anonimo, tolta dall' Almag. dì Tolomeo.--
11A.NB. F. lerz. 33.
30
23»
DELL' IMFERIfO
Da sera a mane ha fatto il sol tragitto?
36 Ed egli a me: tu inimagini ancora
D esser di là dal centro, oV i' mi presi
Al pel del vermo reo che 1 «londo fora.
3T Di là fosti cotanto quant* io scesi :
Quando mi volsi, tu passasti il punto
Al qual si traggon d'ogni parte i pesi.
38 E se* or sotto 1' emisperio giunto
Ched è opposto a quel che la gran secca
Coverchia, e sotto '1 cui colmo consunto
39 Fu Puom che nacquce visse senza pecca.
Tu hai i piedi io su picciola sp<!ra
Che r altra faccia fa della Giudccca.
kO Qui è da man quando di là è sera :
E qxìc^U che no fo scala col pelo ,
Fitr è ancora si come prim* era.
41 Da qu<sta parto cadde giù dal cielo :
E la terra che pria di qua si sporse ,
:)t). Vermo. Apoc, XlUDmcn niaffiìiu^ uftis,
habem capita $9ptem, et cornun dectm... Ora-
vo iìXe magnut, serpens anlv/uui i/u» vocalur
diabolui el iatarias, 1/ Andreini con comico
ordire chiama i diavoli gran Sanguisuffhe in-
féme. GuiUone : Il fero vermo, 11 sotnmo sa-
tjcrbo è nell'imo dell'universo. — Fora. Sim-
»ul<'ggia il vizio indotto nell'umani Datura dal-
ia prima istigazione diabolica.
38. Quel. L'emisfero nostro, che circonda
la terra. Secca. Gen. ;i, 10); Vocavit,.,ari'
dam terram, — Colmo. Gerusalemme, è se-
condo Dante, il più alto punto del meridiano
terrestre. — Consunto. ¥cr ucciso. Ilcg. ( 11, 11):
lUum consumit gladtus. Virg. : .ibsumere ferro,
Armannino ; Furono da quegli morti e con-
sumati.
39. i'RCCA. Trecentista inedito della Lau*
renz. : in suo tradimento non ha pecca. —
Picciola. Il P. credeva i paesi antipodi ina-
bitati, tranne il monte del Purgatorio, coperto
dall'acque. Questa piccola spera contrapposta
nlla Giudccca è la base del monte. Onde pic-
cola è pur la Giudccca, perchè con la gravità
del delitto scema lo spazio della pena , cioè
il numero de'dannati.
40. Man. Par., i: Fatto av9a di là mane
e di qua sera. Qui l'Ottimo cita PAlmag. di
Tolomeo.
il. Cadde. Is. : Infemut subter eoniurha-
tus est in oceursum adventuM tui, Quomodo
r.ecidisti de coelo, Lucifer. .? E (LI, 9,10);
hreussitii superbum , vulnerasti draeonem ?
Aumquid non tu siccasti mare , aquam aòysft
vehementis mare? Job. : Circmmdidi iliud .. ?
Per paura di lui fé del mar velo;
42 E venne all' emisperio nostro : e forse
Per fuggir lui , lasciò qui il luogo voto
Quella chiappar di qua, e su ricorse.
k3 Luogo è laggiù da Belzebù rimoto
Tanto , quanto la tombii si distende;
Che non per vista , ma per suono è noto
&>4 D* un ru scellotto che qiiiv i «lisceude
Per la buca d' un sasso, eh' egli ha roso
Col corso ch'egli avvolge, e poco pende.
kò Lo duca ed io per quel cammino ascoso
Entrammo a ritornar nel chiaro mondo.
E senza cura averd' alcun riposo
1^6 Salimmo su, ci primo, ed io secondo;
Tanto eh' i' vidi delle cose bello ,
Che porta 'I ciel. per un pertugio tondo :
VI £ quindi uscimmo a riveder le stelle.
terminis meis. Cadde col capo all' iniriii , e vi
rimase in eterno. Prima deila sua caduta, Pe-
misfero opposto al nostro era terra : ma per
error di Lucifero, la terra si rovesciò tolta
dall' altro lato , e le acque ne presero il luo-
go. E quella parte di terra eh' era più pret»
so al centro, s'alzò e fece il monte del Pur-
gatorio , e lasciò vuoto il luogo da cai pts-
sano i due P. (Inf., XXVI, 45; Purg., II).
42. QusLLA. Dal centro alia base del mon-
te del Purgatorio ò tanta altezza quanta dal
centro alla base del Golgota. Armannino: limi-
ti sono a una grande grotta , onde si pana
per volere andare a quello chiaro Eliso,..
4'). Luogo. Qui parla Dante. Quant* è fon-
da la tomba de' morti dannati , tanto è lon-
ga la via ebe da Belzebub ( cosi è chiamalo
Lucifero, Malt., XII), mette all' opposto emi-
sfero.
4-i. Roso. Lete rhc scorre dal monte, e fi-
gura i peccati veniali. — Avvolgs. Avvolge-
re un corso in senso di avvolgersi per, conte
in Virgilio: Tot volvere caius,
46. Belle. Stelle (Inf.. e. XVI). — Pokta.
Nel suo corso: secondo l'astronomia tolemai-
ca. Sen. ; Postquam est ad o ras Taenari vtw^
fttfit , et nitor Ptrcussit oculos lucis,
47. Uscimmo. A mezza terza si misero in
via : appiè del Purgatorio saranno all'alba.
Ventiquattr* ore spesero dalla selva alla Gin-
decca : altrettante spendono dalla Giudecca
alle falde della montagna: e ci arrivano, dì-
re P Anonimo, nell' ascende ule del segno di
Gemioi , sotto cui nacque il Poeta.
PURGATORIO
■^
DEL PURGATORIO.
CANTO PRIMO.
f !
ÀRG OMENTO.
E$ee atta luce ; rineùnira Catone , che domanda ragione di lor cammino , e
gii indirizza al monle doee lo ^fòrUo umano $i purga* Virgilio lata al P. H vi*o
Minto della fuliggine d Inferno , e (o wrona i un ramo di giunco. La prima soglia
^el Pwrgatorio contiene coloro che differirono penitenza , o per troppo eon^iacersi
mille cose temporali , o per inerzia ; coloro che furon morti di morte viùenta , e si
irono alt ultimo»
Già lo stila si fti più sereno : già le allusioni geograficbe, astronomicfae , più freqiM^ntr.
JU noralisU dà laogo il ciutdioo adirato.
Noia le tenioe 1, I, 4, 5, 7, 8, 9; la 11 alla 14; la 17 alla 34; la SG alla 3i; \o
^ ; la 38 alla 41 ; le olUme dae.
1 Per correr miglior acqua alza le vele
Ornai la navicella del mio 'ngegno,
Che lascia dietro a sé mar si crudele:
3 £ canterò di quel secondo regno
1. Alia. La contemplazione del male pn-
Dito lo conduce all'espiazione: che il Ballao-
ebe ( i. fV , p. 122 ) dice essere do^a al-
UBCote cristiano ; l' espiazione lo condurrà
fino alla gioia de' giusti. — Naticblla. Nel
Con? ÌTÌo la stessa figura : Lo tempo chiama
f dimanda la mia nave «fctre di porto : per-
thè , diriszato t artimone della rajfione aW
Ora dU mio duiderio , enlfO inp^go con
uporomMa di dola cammino • e m satuteoolo
porlo e laudabile. Virgil. ( Qeor. , II , 41 ) :
Ptiagoque volami da vetapatonti. Quintllian.:
rktm^tamut véla ventii, et oram tohentUnte
Um prteemur.
2. SBcoxno. Altri penerà 11 Purgatorio sul
Li^ao. Isidoro nell' opposto emisfero , ap-
liiiiitu là do? 'è il paradiso terrestre. Gregono
Ore r umano spìrito si porga
E di salire al ciel diventa degna.
3 Ha qui la morta poesia risurga»
O sante Muse , poi che vostro ^ooo,
nelle Decretali , ciuto da Pietro df Dante :
Jfoee otta, tdeit maifidM, guati intra eotlum
et tfi/emum sita est ... Ut valde honorum a*
nimae ad eoelum evolant , et valde malormm
anima abystum Cernie defcendsfil , ita animasr
medioeritor honorum locum medium temnt ,
gwi dieitur et est loem Purgatorii,
3. MOKTA. Inf. . Vili : Scritta morta. —
VosTUO. Boat. : Veffer , Camoeiiae , vester
in arduoe ToUor Soòinot. — GALLionA. Per
CalUope , è in Virg. ed in altri. Virg. : Fog;
o Calliope , preeor * odipìrole eantnft. Sieo^
Udes Mtuae , pavto majora eanamus. Più Ke*>
to , ben dice H Gingueoé ( Hisl. litt. d' li. ,
IX ) , e più sereno si Ai in questa canti^ lo
stile • più fresche le iroagini. Si paragoni qur
st* entrata al XUU deU' lattne.
f>:W
DEL PCRffATORlO
K (|ui Calliopea alquantu Mirga
h Segiiitandul mìo canto con quel suono
J)i cui le Piche misere sentirò
Lm colpo , tal che disperar perdono.
5 Dolce color d' orientai zalTiro ,
(]he s' accoglieva nei sereno aspetto
Dell' aer puro infine al primo giro,
0 Agli occhi miei ricominciò diletto
Tosto ched i' usci' fuor dell* aura morta
Che m* avea contristati gli occhi e 1 petto.
7 Lo bel pianeta , eh' ad amar cooforta,
Faceva tutto rider V oriente,
4. Piche. Ov. ( Mei , V ). Figlie di Picrio
Macedone ; perchè gareggiarono con le Muse,
mutate in gazze : Ùue venit : et tali commìt-
lunt praelia voce: Detinile indoctum vana
dulcedine vulgus Fallere : uobiscum , si qua
est fiducia vobis , Thespiadet certate Deae ...
Mu$a refert : dedimus summam certaminii uni
... CaUioVB quacruloi praetentat pollice chor-
das ... Ibimus in pocnat; et, qua vocat ira,
secuemur , Rident Emathides , spemuntque
fniriacia verta ... Ihimque volunt piangi : per
hrucliia mota Uvatae Aere pendehant nemorum
ronvicia picae. Nomina qui le Piche non solo
per accennare alla forza veDilicairice del suo
canto, ma e per pregare che nulla sia in quel-
lo di profano e iogiurìoso ai veri Celesti.
5. AccoGLiBVA. Altri avrebbe deUo span-
ileva : ma nell* immensità il Nostro vede 1'
unità. — Giro. Della luna : Quel del eh* ha
minor li cerchi ftit ( Inferno , li).
0. Aura. Virg. : Superatque evadere ad au-
ras, — Petto. Bocc. ; Le miserie degl'infe-
lici amori , raccontate , non che a voi don-
ne , ma a me , hanno già contristati gli oc-
chi e '/ petto.
7. Conforta. Conv. ( 1 , 12 ): Confortare
l amore eh* io porto al ... Alberta uo : IVon è
rosa che più conforti ad amare che la virtù.
IVtr. : Già fiammeggiava V amorosa stella Per
V oriente. — Velando. Di luce. Nei Paradi-
so più volte. — Pks€I. Segno inoanzi all' A-
rieic. Doveva dunque tra poco sorgere il sole.
8. (^'ATTRo. Le virtù cardinali, dice Pietro;
r \o dichiara il P. stesso nel canto XXX. —
Prima. Di Adamo e da Eva che abitarono il
paradiso terrestre. Verso il polo antartico sod
«juattro «telle nella costellazione del Centauro,
dette la Croce del sud. Dante da Marco Polo
ch'era stato di là della linea equinoziale e del
tropico e di Capricorno, e tornatone nel 1295,
poteva averne contezza. E le tre stelle di cui
dira nel e. Vili, potrebbero esser le tre Alfe
Velando i Pesci eh' erano in sua scoria.
8 r mi volsi a man destra , e posi mente
AH altro polo, e vidi quattro stelle
Non viste mai fuor ch*alla prima gente.
9 Goder pareva '1 ciel di lor Gammelle.
0 set tentrional vedovo sito
Poi che privato se* di mirar quelle !
10 Com' io dal loro sguardo fui partito,
Un poco me volgendo all'altro polo
Là onde '1 Carro già era sparito,
11 Vidi presso di me un veglio solo,
Degno di tanta reverenza in vista
delle costellazioni delP Erìdano , della Nave «
del pesce d'Oro, che si trovano in oppostilo-
ne alle quattro del Centauro , e doTevaoo t^
sere appunto la sera nel sito occupato dalle
quattro al mattino. Ma le quattro dette em
già note e scritte nel catalogo di Tolomeo:
onde in tale interpretazione la prima jmii
sarebbero i primi osservatori del cielo che t^
li le videro, Arabi, Fenicii, Caldei, ed Egisll.
Da una lettera del Fracastoro sappiamo che
le quattro stelle si veggon da Meroe e da opd
luogo che non sia più di quartordicl a qiijo*
dici gradi in qua dalla linea oquinoiiale. Io
per me credo potersi la spiegazione asirooo-
mica collegare con P allegorica, ch'é noto oso
di Dante. Un comentatore inedito osserva qui,
che le quattro virtù cardinali erano il relega
gio dell'umanità innanzi a Cristo, le tre te^
logali poi.
9. Sito. Pietro qui cita Aristotele ( II. De
coelo et roundo) : Jerra est fixa et stahiU», af
est cum mari cent rum eoeZt, et coelum eiremm
eam volvitur. Ex eujus raoolutione
sunt duo poli firmi : unus imminens
nostrae detectae a mari , qui noster poku
citur septenirionalis et arcticus , cui
est Ursa major, quam vulgo vocant C%
(V. terz. seg. ). Alius dicitur meridionati$ et
antarctieus qui nunquam videtur. GodvìtIo :
Questi due poli, Vuno manifesto, quaei a tssftB
la terra discoverta» cioè questo settetUriomak:
l'altro è queui a tutta la discoperta Urta ce-
lato , cioè la meridionale. Virg. : flie
nohis semper sublimis : at iUum Sub
Styz atra videt, Manesque profundis
11. Viglio. Catone simbolo della virtù, diee
Pietro, e dell'onestà. Lo pone in principto M
Purgatorio accennando ai virg. : SeenCoefM
pio%, his dantem jura Catonem* Lac« : Sfrnm
cui crediderim Superoi arcana daiuroe ••• «mh
gis, quam sanclo , vera, Catonif Sen. e La.
cilio: Catanem emrtim exemplar vintapimitìt
CANTO I.
ì;j»
Che più non dee a padre alcun fisliuflo.
là Lunga la barba e di |K31 bi meo mista
Portava a* suoicapegli t:i^)i^lianto,
De' quai cadeva al petto doppia li^ta.
13 Li raggi delle c|iiattro luci santo
Fregiavan sì la 8uh faccia di lume
ChMo 1 vedea, conjc'l sf>l fosse davante.
1^ Chi siete voi elio cuntra'l cieco fiume,
Fuggito avete la prigioni* eterna,
Oìss' ei, movendo queir oneste piume?
15 Chi v*ha guidati ? o chi vi fu lucerna
l-scendo fuor della proCoiìda notte
Che sempre nera fa In valle inforna'?
16 Son le leggi d' Abi<i.so così rotte?
0 ò mutato in ciel nuovo consiglio,
Che dannati venitit allo mie grotte?
17 Lo duca mio allor mi (iiè di piglio,
£ con parole e con mani e con cenni ,
Reverenti mi fé le gambe e 'I ciglio.
18 Poscia rispose Ini : da me non venni ;
Donna scese dal ciel, per li cui preghi
Della mia compagnia costui sovvenni.
19 Ma da eh e tuo voler clic più si spieghi
Di nostra condizion, coin'eirè vera,
Hkii Dee$ dedUte, Di Catone, vHi s. Ag. ( C.
D. , I , 23 ). L'n antico comentatorc inedito
( Hbl. Laorenz. , Plut. XG. della Gaddiaaea
api. e9d* 115 ) dice : Tutta questa cantica è
MNmffii t» eoitumi; e però parla qui di Ca-
irn» come tt uomo costumato e virtuoto , pe-
noekè Cato fu padre di costumi, e massima-
Mula 4tU» tririù cardiuati. Queste smodate
lodi della virtù di Catone danno a conoscere
l'^pfnkMia del tempo, e dichiarano Videa del
F. Nel CoDV. egli dice : Che nullo uomo ter-
mi» pia d§gno fu di seguitare Iddio, di lui.
^iflio lo chiama : ma e' morì di cinquant'an-
ai. — Solo. Simbolo di rara virtù o di raro
oritfitlo (Inf., IV, XIl).
iS. Lista. Meo bello TAr.: / crini ha hian-
M, t èiofieo la mascella di folta barba che al
13. QvATTfto. Cic. (Off.)» ripone l'onestà in
^«Uio ollxli. E Pietro di Dante li nomerà a
»«o Hiodo: CoffitaUonit , eomitaiis , magnani-
■wfgfit, moderaiionii, — Faccia. Eccl., Vlil :
Sttpimtia hominis lucei in vuUu ejus.
14. FicxB. Il ruscello del e. XXXIII. --
Picm 7 Inf. • 111 : Quinci fur quete le lanose
$tt9 M noeehier. Petr.: Le penne usale Mutai
p$r Campo e la mia prHna labbia,
15. Sbm pKB. \ irg.: l/mòroi Brebi noci$mque
pfofundam. ^ieti rimai ... noclem.
Esser non puote 1 mio Gh*a te si nieghi.
20 Questi non vide mai 1* ultima sera ,
Ma per In sua follia le fu sì presso
Che molto poro tempo a volger era.
21 SI com* ì' dissi , fu' mandato ad esso
Per lui campare, e non c'era altra vìa
Che questa per la quale i*mi son messo.
22 Mostrai' ho lui tutta la gente ria,
Ed ora ntendo mostrar quegli spirti ,
Che purgan sé sotto la tua balia.
23 Com' i' r ho tratto saria lungo a dirti.
Dell* nlto scendo virtù che m' aiuta
Conducerlo a vederli e a udirli.
2V Or ti pinccia gradir la sua venuta ;
Libertà va cercando eh* è sì cara,
Come sa chi per lei vita rifiuta.
25 Tu '1 sai, che non ti fu per lei amara
In litica la morte , ove lasciasti
La veste eh' al ^ran di sarà si chiara.
26 Non son glieditti eterni per noi guaiti,
Che questi vive, e Minós me non leu'a ;
Ma son del cerchio ove songli occhi coisti
27 Di Marzia tua, clie'n vista ancor ti pre;L;a,
0 santo petto, che per tua la togni;
10. Grotte ? Scogli (Inf., XXXlV).
17. Piglio (Inf., IX). E' gii chiude gli oc-
chi con le mani alla vista deUa Gorgone.
20. Sera. 1/ Ar. , d' Knoc e d' Elia r Che
non han visto ancor V ultima sera. Andreini,
deir Inf.: Veterna setti.— Presso. Paal. (Cor.,
1 , 10) : Stimulus ... mortis peccatum.
21. Questa. Il timore.
21. Cara. Se la libertà politica a te fta si
cara , or quanto più la morale ? Cosi spiega
il coment, del cod. Caet. Ma qui si vede più
che altrove, come nella mente di Dante si con-
fondessero le due libertà. Qui non loda il
suicidio : ma non lo condanna , ed è male. Né
Catone , morto , poteva giovare alla libertà,
quanto a>rebbe potuto vivo.
25. Chiara. Non di gloria celeste, ma di
quella luce che , secondo Dante , è dovuta an-
co alle virtù naturali, della qual luce è sim-
bolo il lame delle quattro stelle che gli illu-
strano il viso. O forse lo fa salvo con Rifeo e
con Traiano. Ma lo direbbe più chiaro.
26. Lega. Virg. : Tardaque paha tnama'
biUs unda Alligai.
27. Mabzia. Per comando di Catone, e suo
malgrado, andò moglie d' Ortensio , il qaale»
di coDcordia con Catone, ripudiò la sua co-
me sterile. Di Marzia ebbe prole: morì : ed
I ella , resigli i Ainebri onori, tornò pregando
S(0
DEL PURGATORIO
Per lo nio amore adunque a noi ti piega.
38 Lasciane andar per li tao* sette regni.
Grazie riporterò di te a lei.
Se d* esser mentovato laggiù d^L
29 Marzia piacque tanto agli occhi miei
Mentre eh' i* fui di là, diss* egli allora»
Che quante grazie \oUe da me fei.
30 Or che di là dal mal fiume dimora.
Più muover non mi può per quella legge
Qic fatta fu, quando me n*usci* fiiora.
31 Ha se donna del cìei ti muove e regge
Come tu di*, non e' è me^^tier lusinga;
Basititi ben che per lei mi riche^e.
32 Va dunque , e fa che tu costui ricinga
D'un giunco schietto, e che gli lavi '1 viso
Si eh* ogni sucidume quindi stinga;
33 Clie non si converria rocchio sorpriso
D' alcuna nebbia andar davanti al primo
Ministro , eh* è di quei di Paradiso.
3!^ Questa isoletta, intorno ad imo ad imo
Laggiù, colà dove la batte londa ,
Porta de giunchi sovra! molle limo.
Catone la ripigliasse. Loe. (II, 311-3): I>a foe-
dera Priici Illibata tori: da tantum fiotnen
tf*ane Cwrmubii : liceat tumulo scripsìsie, Ca-
tonii Martia (lof.. IV. — ) Sa>'to. Epiteto di
Lucano. Conv. : O Maeratittimo petto di Ca-
tone , chi pnsumerà di la parlare? Certo mag-
ffiormente parlare dt te non ti fmò, che tacere:
€ leguirare Jeronimo, quando nel proemio del-
la Bibbia , là dove di Aiolo Cocca , dice che
meglio e tacere che poco dire.
28. Tco*. L' inferno a Dante é l'orrore na-
turale del vizio ; il Porgaiorio 1* amor natu-
rale della virtù ; il Paradiso 1* amor sopran-
naturale del bene sopra natura. Però nell'in-
ferao ha duca Virgilio ; e chiama di Catone
i regni del Purgatorio , e sola Beatrice gli é
a guida ne! cielo. 1 tre personaggi sono in
pana frimbolica ognun sei vede ; non è Vir-
gilio r andante d' Àlessi , né Catone il anici-
dà , ne hpatrice la moglie di Simone. — Set-
ti. Off si puniscono i sette peccati.
29. OccBi. Judic, XIV: liane mihi aeeipe
fuia placuìt oculie mets. Jerem., XXVii: Ei,
«fui pLtw.uit in oeulis mei$.
30. Fiume. Acheronte ( Inf., Ili ) Uscì. Cu-
stode ali* entrata del Purgatorio. Si noti che
( atone non è guida alle anime , né tocca pu-
re le falde del monte: é dopo la morte di
Cristo (che prima Purgatorio non v'era, ma
i non dannati scendevano al limbo) dastinato
ad invitar la anime a correrà verso i' espia-
35 Nuir altra pianta che AM)eg9e fronda
O indurasse , vi puote aver vita »
Però che alle percosse non seoooda.
36 Poscia non sia di qua vostra reddita»
Lo sol vi mostrerà che sorge ornai.
Prendete 1 monte a più lieve salita.
37 Cosi spari, ed io su mi levai
Senza parlare , e tutto mi ritrassi
Al duca mio , e gli occhi a lui drizai.
38 Ei cominciò: Ggliuol, segui i miei passi.
Yolgiamci indietro, che di qua dichiol
Questa pianura a' suo' termini bassi.
39 L'alba vinceva l'ora mattutina.
Che Tuggia 'nnanzi , si che di lontano
Conobbi il tremolar della marina.
kO Noi andavam per lo solingo piano
Com'uom che toma alla smarrita stradi»
Che *n(ìno ad essa li pare ire in vano.
&•! Quando noi fummo dove la rugiada
Pugna col sole, e, per essere in parte
0?e adorezza , poco si dirada ;
42 Ambo le mani in su Terbetta sparlo
zione. La virtù naturale di lui non é nenot
ma incitamento al ben fare.
31. Lusinga. Secrete lusinghe chiamava n
antico le preci miste di lode.
32. Giunco. L' umiltà semplice e paziente,
dice Pietro. Rammenta il ramo che in Virgi-
lio la Sibilla fa cogliere ad Enea per passa-
re gli Elisi. — Schietto. Inf. , XUI : Nem
rami tehietti ma nodoii e 'nvolti, — SnMiA.
Contrario di tinga. Ila un esempio nella la-
pubbliche antiche, ma non chiaro assai.
33. SoRPRiso. Lo dicono 1 Napoletani: t
gli antichi Toscani prito, mi$o » coniimat^—
Pkimo. V, e. IX.
34. Limo. Virg: Limoioque palta obdwMi
patena junco,
35. Fionda. Non è foglia. — Indurassi*
G. Cavalcami : Quando con vento • con fm--^
me contende , jlssat più ti difende La
canna . . . Che dura querce , che non ai
fende. ^
39. Ora. Quello che gli antichi chDl
no mattutino, avanzava di quasi tre ora il
nascer del sole. — Tremolar. Virg. SpUndt/t
(remiilo sub iumtne ponCvs.
41. Parte. Conv. (l. Vili) : BiofiiMCvoiaé
non solafnente a porre la cosa in parte
sia meno utile, ma eziandio in parte ove
ugualmente utile, — Adorbiia. Buti : È
bra. De reno.
CANTO I.
Ut
Soavemente 1 mio maestro pose;
OiMf io che Ali accorto di su' arte,
43 Porsi ver lui le guance lagrimose ;
Quivi mi feci tutto discoverto
Quel color che l' inferno mi nascose.
kh Venimmo poi in sul lite diserto
43. Lageuiosb. DijpeniteDxa. — Discoybe-
to. In Virg., prima di scendere all' Eliso, E*
Dea: Corfm fvetnft ^ar^tt aqua. Stat. :
Edili ad Stifent , infemaqu§ nubUa vtdiu
DiicmiU , 9€ pM$ afflatibuM ora fermai —
Goton. Di virtù e d'innoceou.
Che mai non vide navicar su' acque
Uom che di ritornar sia poscia esperto.
45. Quivi mi dnse si com^altrui piacque;
0 maraviglia ! che qual egli scelse
L'umile pianta , cotal si rinacque
46 Subitamente là onde la svelse.
41. UoH (Inf., XXVI).
4tt. UmLB. Virg.: HumUttfm myriscM. —
Punta. Aen., VI : Frimo amUo^ non deficit
aUer, I meni di penilensa sono , dica il Pog-
giali, oYvil sonpra.
31
ìk%
DEL PURGATORIO
CANTO II.
ARGOMENTO.
Appare un Angelo che conduce $u leggiera barchetta le anime nuove a purgar»
<t. Il P, riconosce Casella: questi gli canta. Le anime si arrestano alla dolcezza
del canto : ma Catone sgridando le spinge al monte.
Qui cominciano le apparizioni degli Angeli ; e si badi alle varie pittare che il P. ne
fa; si badi ai varii modi di raflìgarare gli oggetti che vengono da grande distanza. Inf. IV,
V, Vili, IX, XII, XV, XVII, XXI, XXIil, XXVI, XXXI, XXXIV. E sempre d'ora in poi
6i ponga mente a qnest' arte di varietà. Poi s' osservi neir Inferno il gradnar delle tenebra
e del gelo e del foco ; nel Purgatorio il graduar della luce ; nel Paradiso dello splendore e
deir armonia.
Nota le terzine 2, 4; la 6 alla 9; la 11 alla 16; la 18, 19, 23, 24; la 26 alla 30 ;
la 33, 37, 38, 42; le ultime tre.
1 Già era 1 sole all' orizzonte giunto,
1. Già. Qui giova recare la materiale ma
evidente dichiarazione di Pietro ; Contideria-
mo il cielo iUeóme due scodelle che copronsi
V una con l* altra , e in mezzo di loro sia so-
spesa una pallottola di terra, e sia questa la
nostra terra con V acque: e la mei za concavi-
tà, V una cioè delle due scodelle , sarà V emi-
sfero della detta pallottola , cioè della terra
nostra; V altra scodella, cioè V altra mezza
eoncamtà, sarà t altro emisfero delV altra metà
della pallottola steua. Or s'imagini un circolo
per lo mezzo deU'una delle due scodelle , cioè
da settentrione a mezzogiorno : e sotto il col-
mo di detto cerchio , cioè nel più alto punto
della pallottola, Gerusalemme. Nel punto op-
posto della terra è U monte del Purgatorio :
or se in Gerusalemme era la prim' ora del
giorno , nel monte doveva essere un* ora di not-
te , il sole in Ariele, la notte in Libra, E
come il sole nell' equinozio sorge alla foce del
Gange , il qual corre di contro al moto del
sole, onde Lucano cantò : Ganges, toto qui
•Gius in orbe Ostia nascenti contraria tollero
Lo cui roeridian cerchio coverchia
Phoebo Audet , et adversnm floctns impellit
in Eurom;cofi per contrario la nott0 mcm^
va in Libra , poiché il P. disse neU* altro cts^
to , che neW oriente si velavano i Pesci ( M^
V oriente di laggiii che a noi è V occidente},
ciò mostra essere già patsate du* ore , poidà
ciascun segno dello zodiaco inchiude au* ore.
iBRUSALÉM. Ezech. , V : Ista est Jerusakm,
in medio gentium ... et in cireuiiu ejus tar^
ras. Ecco la costruzione del luogo ove et tra-
sporta il P. Escono neir emisfero australe !■
nn* isola circondata dall'Oceano, uel cui mei-
zo é un monte antipodo a Gerusalemme : II
monte ha forma di cono tronco alla cima ,
ed ha iutorno intorno undici ripiani a' quali
si sale per via malagevole. Per più chiarella
citiamo anco il p. Lombardi : Ogni punto M
nostro emisfero ha il suo proprio orizzonue
il suo meridiano, il quale è un arco càejMa*
fondo per lo zenit del luogo , e pel punto éA
cielo dove il sole ad esso luogo fa il mextoik^
va a terminare da ambe le parti alVorizsost-
te del medesimo luogo. Onde ciascun orixao»*
CANTO n.
S43
lenisalém col suo più alto punto ;
2 £ la notte, ch'opposita a luì cerchia,
Useia dì Gange fuor con Io bilance
Che le caggion di man quando soverchia;
3 Si che le bianche e le vermiglie guance,
I^ dov* i* era , della bella Aurora
Per troppa etate divenìvan rance :
4 Noi eravam lunghesso 1 mare ancora
Come gente che pensa suo cammino,
Che va col cuore e co) corpo dimora.
5 Ed ecco, qual su '1 presso del mattino,
Per li grossi vapor Marte rosseggia
Giù nel ponente sovra 1 suol marino ;
6 Colai m'apparve, s' i* ancor lo veggia,
Un lume per lo mar venir si ratto
Chel muover suo nessun voi arpa reggia;
7 Dal qual com' i' un poco ebbi ritratto
L'occhio per dimandar Io duca mìo ,
Rividil più lucente e maggior fatto.
t§ non ha pernio meridiano che qttello il qtm-
k col suo più alto punto copre esso luogo :
tkehè dire V orizzonie di Gerusalemme è il
medesimo che dire V orizzonte ti cui cerchio
meridiano eopre col suo punto più alto Geru-
taUmme. Ma perchè Gerusalemme è antipo-
de al Purgatorio , però se il sole cade a Gè-
rrnsalemme , al Purgatorio spunta. Dice il Poe-
ti : la notte uscia di Gange , perchè seCbDdo
la geugratìt de'suoi tempi (Rog. Bacon, Opus
majius , disi. iV } , 1' orizzonte orientale di
Gerusalemme credevasi on meridiano deli' In-
die orientali , distante , dice Solino , dalla
Kalcstlna, quanto n'è distante la Francia. Ma
le distanze dagli antichi date a' meridiani dei
tapgbi soD troppo maggiori delle reali. Dante
fa due meridiani del Gange e deli'lbero di-
•Umi per gradi centottanta , e fa il merìdia-
DO di Genisalemme equidistante da quei due:
doppio errore , anco secondo la geografia to-
lemaica.
1. CsBcniA. 11 sole era a queir orizzonte,
il cai meridiano é Gerusalemme , onde la not-
te era in Gange , ed era con Libra opposta
«d Ariete. — Bilance. Dall' equinozio, quan-
àa luce il segno dt-lla Libra , le notti comin-
amo a crescere , però 1' uguaglianza tra il
A e la notte é finita : e dacché '1 sole è in
Ariela , fino alla Vergine , crescono i di. —
tfOTUcaiA. Cresce. Se T Ariete discende, la
Libra ascende, é dunque giorno fatto, e l'o-
rìaote è già rancio ( Arist. , Met. ).
3. Bianche. Orid. : U% soUt aer ... breve
poti Umpuè fqmfwcffi f oKf ab tcftc. — Rax- I
8 Poi d*ogni parte ad esso m* apparto
Un non sapea che bianco , e di sotto
A poco a poco un altro a lui n' uscio.
9 Lo mio maestro ancor non fece motto
Mentre che i primi bianchi apparser ali;
AUor che ben conobbe '1 galeotto ,
10 Gridò: fa, fa che le ginocchia cali :
Ecco Tangel di Dio , piega le mani.
Oma* vedrai di si fatti ufficiali.
11 Vedi che sdegna gli argomenti umani.
Si che remo non vuol né altro velo
Che r ale sue , tra liti si lontani.
12 Vedi come \ ha dritte verso 'i cielol,
Trattando \ aere con V eteme penne
Che non si mutan come mortai pelo.
13 Poi , come più e più verso noi venne
L* uccel divino , più chiaro appariva;
Perchè l' occhio da presso noi sostenne;
ik Ma china' 'i giuso. Equeisen venneariva
CB. Boccacc. : V aurora già di vermiglia co-
minciava a divenir rancia, V Ariosto nomi-
na le chiome gialle dell' Aurora.
5. Presso. Sostantivo. In Toscana totlora
sui pressi di , vale nei luoghi vtctnt.— Maa-
TB. Cunv. : Marte diuecca e arde le cose ,
perchè Usuo calore è simile a quello del foco;
e questo è quello perch'esso appare affocato
di calore , quando più e quando meno , s^'
condo la spessezza e rarità da' vapori che 'l
seguono , li quali per loro medesimi molte vol-
te sfaccendano, siccome nel primo della Me-
teora { & Arisiot. ) è determinato, — Suol.
inf. , XXVl : Marin suolo. Marte , sul mare,
dove più sono i vapori; di mattina, quando
e' non son diradati dal sole ; e a ponente de-
ve pe' detti vapori rosseggiar più che mai.
6. S' r Così poss' io tornare a vederlo dopo
la morte ! £ non vada dannato.
9. Galbotto. Il Varchi traduce il medioo
et nautae di Seueca: al medico ed al galeotto,
12. Tbattando. Ar. ; Tratta f aure a vo-
lo. Tasso : Venia seotendo con P eteme piu-
me La caligine densa,
13. Vbnnb. Nel Gonv. dipinge l' apparenia
contraria : Come ehi guarda eoi viso per una
retta linea , che prima vede le cose chiara-
ramente ; poi , procedendo , meno le vede
chiare ; poi più ottre dubita ; pot , massima»
mente oùre procedendo, lo viso disgiunto nulf
la vede. — Uccbl. Mercurio detto da Stazio .*
volticer Tegeaticui ; impiger alee ( Silv. , 1 ;
Tbeb., 1).
14. yASiiJ.0. loftmu (XXYIII, V. 79}.—
CANTO II.
2k!S
Perchè T ombra sorrìse e si ritrasse,
Ed io, seguendo lei, oltre mi pinsi.
29 Soavemente disse eh' i' posasse ;
Allor conobbi chi era ; e pregai
Che per parlarmi un poco s* arrestasse.
30 Risposemi : cosi com' i* Tamai
Nel mortai corpo, cosi t* amo sciolta:
Però m^arresto. Ma tu perchè vai?
31 Casella mio, per tornare altra volta
Là dove i'son , fo io questo viaggio,
Dis9*ìo: m*a te come tanta ora è tolta?
32 Ed qzli a me: nessun m*è fatto oltragino
Se quei che leva e quando e cui li piace.
Più volte m'ha negato esto passaggio;
83 Che di giusto voler lo suo si face.
Veramente da tre mesi egli ha tolto
Chi ha voluto entrar con tutta pace.
Zk Ond*io che era alla marina volto ,
Dove r acqua di Tevere s'insala,
Benignamciitc fu'da lui ricolto
§k le ombre de* non reprobi ora palpabili, or
io: le ombre de'daiinaiì, palpabili sempre. —
Fimi. Cume ia Virgilio , delle visioni delle
ombre più volte : Ter eonatus ibi collo dare
kmekia cireum; Ter frustra eomjtrensamanut
il^tgii imago. Par levibus ventis, volucrique si-
wdUìma somno.
31. Casella. 11 Crescimbeni dice aver tro-
vila nella Vaticana nna ballata del secolo XIII,
il cui titolo è Lemmo da Pistoia , e Casella
4ift/« il mono. Dice il Bucc. che Dante som-
mie $i dilettò in suoni ed in canti nella
giacinexza , e ciascuno che a que* tempi
ctiimo cantatore e sonatore, fu suo ami-
0ù , ed ebbe tua usanza : ed assai cose , da
fVMfo diletto tirato, compose, lequaU di pia-
etKole e maestrevol nota a questi colali fa-
moa nvestire. Ott. : Fu finissimo cantatore ;
• fià inlofiò delle parole dell* A. — Ora. To
siT morto da an pezzo; or come non prima
d* ora vieni a purgarti ? Il P. imagina che le
aaiaie non dannate s'adunino alla foce del
Tevere , come le dannate ad Acheronte ; che
1' Angelo , fecondo i meriti di ciascuna « le
ungiui ; appunto cume in Virgilio Caronte :
Wwme kóe nune accipit ilios ; Ait alios longe
antioCoa artei arena. Per la foce del Tevere
r intende la chiesa cattolica.
S3. Tu. Il giubileo cominciò dal natale
iSUO: ti 25 di marzo eran dunque tre mesi.
-» Pack. Da tre mesi che dura il giubileo del
1300, il perdono è agevolato.
37. PsBSoiiA. Corpo. Bocc: Non solo Ta-
35 A quella foce oVegli ha dritta l'ala:
Perocché sempre quivi si rico^lie
Qual verso d* Acheronte non si cala.
36 Ed io: se nuova le^e non ti toglie
Memoria o uso all' amoroso canto
Cho mi solca quetar tutte mìe voglie,
37 Di ciò ti piaccia consolare alquanto
L'anima mia che, con la sua persona
Venendo qui, è aiTannata tanto.
38 Amor che nella mente mi raguma^
Cominciò egli allor si dolcemente
Che la dolcezza ancor dentro mi suona.
39 Lo mio maestro ed io, e quella gente
Ch' eran con lui parevan sì contenti
Com'a nessun toccasse altro la mente.
t^O Noi eravam tutti fissi e attenti
Alle sue note: ed ecco *l veglio onesto
Gridando: che è ciò , spiriti lenti?
41 Qual negligenzia, quale stare èqtiesto?
Correte al monte a spogliarvi lo scoj^lio
vere ci rvheranru) , ma et torranno oltre dò
le persone.
38. Amor, Canz. di Dante commentata da
lai nel Conv. — Mrnte. Intellettuale molto»
era 1' amor del P.: Amor che nella mente la
sentia. S'era svegliato nel distrutto core. Nclki
detta canz. è cantata quasi cosa siiprannatu-
rale la bellezza della sua Beatrice : ma qni
dice che nella mente Amore gli ragiona: al-
trove sei sente ragionare nel cuore* — Conni-
CIÒ. Bucc: Cominciarono a cantare con tama
dolcezza. — Suona. Petr.: Le parole Vive
ch* ancor mi suonan nella mente E*l cantar
che nell'anima si sente.
40. Grioanbo. L41C., di Catone : Durae vi^
tutis amator,
41. Negligenza. Di fbor dalle mora che
cingono la montagna sono punite cinque spe-
cie di negligenti, punite in quanto non vanno
a purgarsi e indugiauo la gioia eterna. Esodo
coloro che per vanità differirono il bene; co-
loro che per mera negligenza; coloro che fu-
rono per forza uccisi, e peccatori infino a qnel
punto , ed in quel punto pentiti ; coloro che
operarono virtù , ma mondane; coloro che da
Dio furon distolti per signorie temporali. —
Scoglio. Da spolium. Seoglio dei serpente disse
r Ar. ( XVII , 12 ). Crescenzio {\ , Z): Le
avellane manifestano la loro maturitade quan-
do da* loro seogU si partono, S. Paul. ( Col. ,
III): Expoliantu vo$ vetnrem homkMm ciim
aeciòttt suif.
SA6
DEL PURGATORIO
Gh' esser non lascia a toì Dio maDiresto.
42 Come quando, cogliendo biada o loglio,
Gli colombi adonatt alla pastora,
Qaeti, senza mostrar rosato orgoglio,
43 Se cosa appare ood'egli abbian paura,
Subitamente lasciano star 1* esca
42. GoLOBii- Nel Par.» XXV , altra com-
parazione simile.
44. Sa. Petr.: Che non $aof)$ti vada § pur
ii parU, ¥• NaoYa : Camt colui ehc non sa
por qual via pigli il tuo eammino, ohe vuoU
andare a non §a ondo ti vada. Ott.: Si può
Perch' assaliti son da maggior cura;
44 Cosi \id*io quella masnada fresca
Lasciare 1 canto, e gire 'nver la costa
Com*uom cbe Ta né sa dove riesca.
45 Nò la nostra partita fu men tosta.
rieogUort per tento tropologico di quetH dm
eapUoU : che te V uomo ti vuole parfiiv dal
peccato , e di quello fare peniienza per meri-
tare vita etema , in prima conviene ett&m
umile . • . jpot conviene ettere toUeeiio ... •
Uuciare la diUttazione corporale*
ivr
CANTO ni.
ARGOMENTO.
S avariano al monte. Dante che vede V ombra ma , wm di VbrgiKo , eegnata
ii Cùntro al iole , ii turba temendosi abbandonato. Qtusto gioco iàUa luce e ddC
<mtra ritornerà frequente in tutta la cantica. Rincontrano anime , che additan loro
b itrada ; fra queste Manfredi re , morto nel 1265 aUa battaglia di Beneoento »
^^a da Ùìario (f Angiò.
Do1<;i e potenti son le parole del re ghibellino, amato da Dante, e lodato nella Volgi-
'c Eloqoenxa. Bello 11 cenno di Costanza sna figlia , e sempre soaYO 1* accennar del Poeta
*ne donne: Francesca , Goaldrada, Clemenza, Nella , Pìccarda.
_ N'ou le terzine 1 alla 8; la 10 ; la 12 alla 16 ; la 17 alia 20 ; la 29 , 23 , 34 , 26 ,
^7,18, 30, 31, 34; la 36 alla 4», con la 47.
1 ATregnacIiò la subitana fuga
Dispergesse color per la campagna,
Rivolti al moDte ove ragion ne fruga,
r mi ristrìnsi alla fida compagna.
E come sare' io senza lui corso ?
Chi m' avrìa tratto su per la montagna?
3 Eì mi parea da sé stesso rimorso.
0 dignitosa coscicnzia e netta ,
Conùe V è picciol fallo amaro morso !
1. Rii«ioif. Per dritto o giustizia è frequente
■al Convivio. Qui ?ool forse intendere iosie-
ine , che all' espiazione del fallo la stessa ra-
gfioM amana ci guida. Quindi sceglie a guida
Tlfffillo. — - Fruga. lof. , XXX : La Hgida
fwtfùia che mi fruga. Ricerca gì* Intimi del-
le anime nostre e le martoria con dolore.
2. CoKFACNA. Per compagnia ( Inf., XXVI).
Adco in prosa (Vili. , XII , 8).
3. Di«NrTosA. Dalla dignità ?ien purezza.
— MoBSo I Tasso ( X , 59 } ; CA' ero al cor
pieciot fallo amaro morso, Petr. : Vergogna
sébi di me : die a cor gentile Basta ben tan-
^ : ed altro tp^'on non volti. Ott. : Il fallo
k Quando li piedi suoi lasciar la fretta ,
Che r onestade ad ogni atto dismaga.
La mente mia che prima era ristretta,
5 Lo 'ntento rallargò si come vaga;
E diedi 1 viso mio incontra *1 poggio
Che 'nverso 1*ciel , più alto, sidislaga.
6 Lo sol che dietro fiammemava roggio.
Rotto m' era dinanzi , alla figura
Ch'aveva in me de*suoiraggi l'appoggio.
d'uno uomo saggio è troppo pti^ da biasimare
che di un uomo folle,
4. Onbstadb. C. VI: B nel mover degli oc-
chi onesta e tarda ! — Ristretta. Inf. , Vi:
La mefUe che ti chiuse Dinanzi alla pietà.
5. Dnni. Eccles. ( Vili , 9 ) : Dedt cor
meum ( per ossenrare ) in eunetis overibus ,
quae pùnt sub sole. — Dislaga. Si leva dai
gran lago marino. Par., XXVI:' Nel morUe che
si Uva più dalV onda,
6. Roggio. Nelle iscrizioni del Gmtero tro-
vasi robio. Il sole al nascere e al tramontare
è più rosso che mai. — Alla. Seconda (a...
L'ombra aveva la figura del corpo mio.
ii8
DEL PURGATORIO
7 r mi volsi dallato , con paura
D* essere abbandonato , quando f vidi
Solo dinanzi a me la terra oscura.
8 E 1 nùo conforto : perchè pur diffidi ?
A dir mi cominciò tutto rivolto:
Non credi tu me teco e eh* io ti guidi?
0 Yespero è già colà dov' è sepolto
Lo corpo dentro al quale io facev*ombra.
Napoli rha ; e da Brandizio è tolto.
10 Ora se innanzi a me nulla s'adombra,
Noci ti maravigliar più che de' cieli,
Che Tuno all'altro raggio non imgombra.
11 A sofferir tormenti, e caldi, e geli.
Simili corpi la virtù dispone,
Che^ come fa, non vuol ch'a noi si sveli.
12 Matto è chi spera che nostra ragione
Possa trascorrer la 'nOnita via,
Qie tiene una sustanzia in tre persone.
13 State contenti, umana gente, al quia:
Che se potuto aveste veder tutto,
Mestier non era partorir Maria.
H E disiar vedeste senza frutto
9. Vbspibo. Qui, come nel XV, vespero è
il resto del dì dopo nona. Nel e. XV , dice
che in Italia è meizanotte quando in Purga-
torio restano tre ore di giorno: perchè ne'pri.
mi d' aprile in equinozio il sole aU'ltalia do-
veva nascere nov'ore prima ehe nel monte del
Purgatorio. Onde se al punto nel quale ora
«iaroo» in Purgatorio erano due ore di giorno
( perchè già disse nel c%nto precedente che
il sole aveva cacciato II Capricorno dall* alto
del cielo ) ; se quivi erano dne ore circa di
giorno, in Pargatorio dovevano essere undici
«4 rea, cioè un'ora prima di notte. — Bran-
dizio. Per Brinditi ( Brandusium ) anco io
prosa ( G. V. , 1 , 12 ). L*epita6o di Virg. :
ManiMa me ^entMC ; Calabri rapuere ; Unet
mmc Parth«nope.
10. Incombba* Il raggio passa Ubero di
cielo in cielo , copie quelli che sop traspa-
renU ( Par., XXXU ).
li. SoFFBUB. Teoria di Platone accennata
(la Virg., VI, adottata dfi alcuni dCP^drì. S.
Tom. (coni. Gent.) dice che la pena corporea
non Terrà se pop dopo risorti i corpi.
13. Via. Is., LV: Aofi...eo<7t(a(iones mta»
eo^iiationu veflrae, na^iM xiat vutrtu wat
mtas Arist. ( Phys. > UI ) : ìnfmium non t$^
fitrtramibiU.
13. Stati. Star cofìUnto a . . . frase del
Convivio. — Qiu. S. Paul.: yon plut iaptn
Tai che sarebbe lor disio quotato.
Ch' etemalmente è dato lor per lutto.
15 i*dico d'Aristotele e di Plato ,
E di molti altri. E qui chinò la fronle»
E più non disse, e rimase turbato.
16 Noi divenimmo in tantoappièdelmoote:
Quivi trovammo la roccia si erta
Che 'ndarno vi sarien le gambe pronte.
17 Tra Lerici e Turbla , la più diserta ,
La più romita via è una scaia.
Verso di quella, agevole e aperta.
18 Or chi sa da qual man la costa cala»
Disse '1 maestro miofermandol passo,
SI che possa salir chi va seoz* ala?
19 E mentre che, tenendo *1 viso btiao,
Esaminava del cammin la mente.
Ed io mirava suso intomo al saMO,
20 Da man sinistra m'appari oot goole
D' anime che movieno i pie ver noi,
E non parevan, si venivan lente.
21 Leva , dissi al maestro , gli occhi Uni;
Ecco di qua chi ne darà consiglio
qìiam oporiet. Secondo Aristotele la dimostra
zione propter quod è a priori; l'altra ^iMè
a potteriori, — Mestier. Se l' uomo sapeaM
ogni cosa , né i filosofi anUchi sarebbero al
Limbo , né Adamo avrebbe peccato , e gli «»-
mini sarebbero tieut DU ( Gen., Ili ). Nelli
cose teologiche insegna Dante a somaieHi
l'intelletto : ma quanto a*morali ragionaoMiCl
e* dice che sogliono dare de9id§rio di
Vorigin$ loro,
15. Plato. Se tali ingegni non vldeio
tera la verità , or come il volgo? — Moftfu
Intende anco sé: però si turba.
17. Turbìa. Terre a due capi dalla
di Genova , piene di monti scoscesi ; 1*
9 levante verso Savzana , 1* altra il poo
vicino a Monaco. Ottimo .* La pmUmam»
è molto ditforme alU deUttazioni nmftiw.
18. Or. Nella domanda si vedePi
t^via conturbato. Più volte nel Purgatorio Tlv
gtlio rimane incerto del cammino; perehèal*
l' espiazione la ragion sola può avriara ; mm
sempre guidar certamente ( e. KII . XXII )•
— Gala. Virg.: Qua »§ niWtieen coUai ili*
eipiunU
19. Mentb. Ariosto ( XVIII, 31 ) : Col jm*
rier discorra Dove . . .
20. Gente, i Lat. : Gtnt hamitmm. -^
Lente. Simbolo dell' antica lenteixa. Font
tutti scomunicati come Manfredi*
>• •
CANTO III.
249
Se io da te mcdcslno aver noi pooi.
22 Guardommi allora , e con libero pìglio
Rispose: andiaininoinlà, ch*eì vegnon pia-
£ tu ferma la speme , dolce figlio, (no.
23 Ancora era quel popol di lontano,
r dico dopo i nostri mille passi,
Quaniun buon gittatortrarria conmano,
2{^ Quando si strinser tutti a'duri massi
Dell'alta ripa, e stetter fermi e stretti
Com'a guardar, chi va, dubbiando stassi
25 O ben finiti , o già spiriti eletti,
Mrgilio incominciò, ]>ur quella pace
Ch*ì' credo che per voi tutti s'aspetti,
26 Ditene dove la montagna giace,
SI che possìbil sia 1* andare insuso;
Chelpenlcr tempo achipiù sapiùspiace.
27 Come le pecorelle escon del chiuso
Ad una , a due , a tre ; e T altre stanno
Timidette atterrando rocchio e Imuso;
28 E ciò che fa la prima^ e Taltre fanno,
Addossandosi a lei , s* ella s' arresta,
Semplici equete,elo *mperchè nonsanno;
29 Si vid* io muovere a venir la testa
SS. Libero. Serenato. •— Ferii a. Con-
folta.
SS. Popoi. Heg., II : Et ecce populus mul-
tn vtmeèat per iter detn'um. — Trarria Ario-
sto : Fattisi appresto al nudo scoglio , qitanto
f^fria gagliarda man gettar un sano. Evan-
gel.: Qwsntum jaet%Ls est lapidii, \ ir %ì\,: In-
tra jaeium teU progressut uterque,
55. Gli. Fio d' ora. — Pack. Questo Terso
éieklRfa quel dell' Inf., V : Pregheremmo lui
fer lo tua pace,
56. GiACB. Inf., XiX : Quella ripa che pia
^€9, C XJLXli : La.,, eotta giaccia. — Tem-
>o. Seneca : HU pretiositu tempore . . , Re-
ìiqma a noòii oliena $unt : tempus tantum no-
fiwmm est*
17. Goflx. Il Tasso cita qaesti Tersi con
lode grande. Inelegante ipa non senza vita é
%u ornile comparazione nel Bertola : Sicco-
m« m notte iberrut Pria che V ovU sia sc^tu-
>o, 5f il dubbio giorno tcema. Ali* uscio ap^
P^kgfia ti fiMMo Gregge che impazientasi : E
|K», rami quandi apri. S'urtane t*affollan,
premumtit t'^gne belante e i capri,
S8. Fa. G>nT. (l. II) : Se una pecora ti
gettasse da una ripa di mille paui, tutte V al-
^rt la atkdrebbono dietro : en ttna pec&ra per
^kwma cagione, al pausare d'una strada, talta,
^^tte 1^ altre taltono! esiandio nnUa veggendo
Di quella mandria fortunata allotta.
Pudica in faccia e neil* andare onesta.
30 Come color dinanzi vider rotta
La luce in terra dal mio destro canto,
Si ohe r ombr* era da me alla grotta ,
31 Restaro,e trassersèindietroalquanto.
E tutti gli altri che venieno appresso.
Non sappiendo'l perchè, fero altrettanto,
32 Senza vostra dimanda i* vi confesso.
Che questi è corpo uman che voi vedete.
Perchè 1 lume del sole in terra è fesso.
33 Non vi maravigliate ; ma credete
Che non senza virtù che dal ciel vegna.
Cerchi di soverchiar questa parete.
3^ Cosi 1 maestro; e quella genie degna:
Tornate , disse: intrate innanzi dunque,
Co* dossi delle man facendo insegna.
35 E un di loro incominciò : chiunque
Tu se' , cosi andando volgi 'i viso ;
Pon mente se di làmi vedesti unque.
3G r mi volsi ver lui , e guarda' '1 fiso.
Biondo era, e bello, e di gentile aspetto:
Ma r un de* cigli un colpo ave' diviso.
da taltare. B fne vidi già molte in uno posso
taltare per una che dentro vi solfò, forte cre-
dendo taltare un muro , non ottante che *l pa-
store piangendo e gridando , colle braccia e col
petto dinnansi ti parava,
29. Tbstà. I primi. — Manuru. Ott.: Dio
non vuole se non della sua mandria. — Pu-
dica. Delicato ed alto* elogio a Manfredi ch'ò
della mandria : ma di Ini forse non vero.
30. Rotta. Più sotto : *L lume del sole in
terra è (etto, — Destro. Nel nostro emisfero
chi è Yoito a levante ha 1' ombra dal lato si-
nistro ; nelP altro dai destro. — Grotta. Per
rupe. Il sole gli era a manca , la rape a de-
stra; l'ombra dunque verso la rape.
32. Confesso. Per affermo. Inf., XXIV: Psr
li gran tavii ti confetta,
33 Soverchiar. S'xt^.i Hoc superate ju-
gum, — Parete. Nei Salmi , muro sta per
ostacolo qualunque sia.
34. Tornate. Con noi. -^ Insegna. Purg.,
XXII : L usanza fu lì nottra integna,
35. Così, inf., XXill : E gli occhi, ti an-
dando, intorno muovi. — Unque. Manfredi
mori neir anno in cui Dante nacque: ma Man-
fredi quando gli f| la domanda non l'aveva
peranco guardato bene; e il viso di Dante
mostrava maggiore età della vera.
250
DEL PURGATORIO
37 Quando i* mi fui umilmente disdetto
D* averlo visto mai, ei disse: or vedi.
E mostrommi un.! piaga a sommo*! petto.
38 Poi disse sorrìdendo : i'son Manfredi
Nipote dì Gostanza imperadrice.
Ofid' i* ti priego che quando tu riedi ,
39 Vadi a mia bella figlia , genitrice
Deir onor di Cicilia o d' Aragona •
E dichi a lei il ver , s* altro si dice.
kO Poscia eh' i' ebbi rotta la persona
Di duo punte mortali, i' mi rendei
Piangendo aQuei che volentierperdona.
41 Orribil fiiron li peccQti miei ;
Ma la Bontà *nfinita ha ^i gran braccia
37. Disdetto. Diidire in antico valeva non
sf»lo ritraUare il già detto , ma par negare.— ^
Mostrommi. Virg.: CrudeUt nati monetran-
tem wlnera , eernit. Fa ferito e morto a Ge-
pcrano (Inf.. XXVUI).
38. Gostanza. Per Cottanza , anco il Bocc.
Figlia di Ruggieri re di Sicilia , moglie del-
l' imp. Arrigo VI , il padre di Federigo II, a
cui fu Manfredi figlinolo illegittimo. E però,
dice un' antica postilla , e* non nomina l' il-
legittimo padre, ma si Costtoza.
30. Figlia. Altra Costanza , moglie di D.
Pietro re d'Aragona e madre a Federigo re di
Sicilia, e a Iacopo re d'Aragona. Pietro d'Ara-
gona marito di lei liberò la Sicilia da* Francesi
nel 1282. Onde T onor di Sicilia e d' Aragona
non sono i due figli de' quali dirà male nel
VII ; ma la conquista di Pietro marito di lei:
ed ella generò quell'onore, dandone occasio-
ne al marho. S* altri intendesse genitrice in
■onso proprio de' due re , converrebbe inter-
pretarla come ironia • cbe in questo discorso
di Manfredi non parmi abbia luogo.
40. Rendei. Inf. , XXVII : Feniuto e con-
fesso mi rendei,
41. Orriiil. Fa dissoluto , e ambizioso, e
dicesi uccidesse il padre Federigo, e Corra-
do fratello (G. Vili., VI, VII): ma non è di-
mostrato. — Prende. Is. ( LV, 7 ) : Derelin-
qstat impius vtam iiiam, et vtr iniquìu eugi'
tationes suas , ef revertatur ad Dominutn, ei
miitrelntur ^us , et ad Deum nostrum: quo-
niam muUus est ad ignoscendum. Grisost. ci-
tato dt Pietro : Pietas Dei nunquam spemit
poeniteniem. Nel Con?, nomina le traccia di
Dio. Il Monti, guastando: Ed ha si larghe
broccia Che tutto prende ciò che a Ui si voh-
ve. Petr. : Quelle pietoH hraeeia, in eh' io mi
fido , vegggio aperte ancora. Montaigne ; Il
n* MI rien si aite , si doux , et si favorahle ,
Che prende ciò che ai rivc^ve a lai.
ì2 Se il pastor di Cosenza, eh* alU eaec
Di me fu meaao per Cleroenle alloim •
Avesse 'n Dio beo letta questi faoelt,
h^ V ossa del corpo mio sarieno aneon
In co del ponte presso a Beneveolo
Sotto la guardia della grave mora.
kh Or le bagna la pioggiaerouovel vani*
Di fuor dal regno, quasi luni^ 1 Varie
Ove le trasmutò a lume spento.
45 Per lor maladizion.sl non si perdo
Che non possa tornar Tetcmo amora
Mentre che la speranza haOor del vaid
46 Ver è che quale in contumacia
que la loi divine . . . Elle naus tend s§t kr§
et nous repoit en son giron , pour ftSUm
ords, et bourheux que nous soifons,
42. Clemente. Quarto : che ricevè triaiA
mente in Roma Carlo d' Angiò , vincitor <
Manfredi. Vili. ( VII , 9 ) : iVrehè Mmmfm
era scomunicato , non volle U re Corto O
fosse recato m luogo sacro , ma appiè é
ponte di Benevento fu seppellito , • sapm
sua fossa per ciascuno dell* oste fu gittaim ai
pietra , onde si fece una grande mora éi
Ma per alcun si disse che poi per
del papa , il vescovo di Cosenza il
quella sepoltura e mandoUo fuori del fMj
perch* era terra della Chiesa : e fu stpfmM
lungo il fiume del Verde a' confini dét Bsfi
e di Campagna. L' Ott. aggiunge cIm Q I
gato lo fece diseppellire per aderapiere fl sfc
ramento fitto di cacciarlo dal Regno, «- Wàt
CIA. Simile figura nel e. IX dei Par. Baicfe
Nolo mortem impii , sed ut oonoerfafar. ••
vivai.
44. Or. Virg.: Nunc me fimetuihaUifm
santque in littore venti, — VBaaK. Tra la FI
glia e la Marca : mette nel Tronto , aoa ìm
tano da Ascoli. ^ Spento. Cosi poruvaai
i corpi scomunicali.
45. Perde. Impersonale : non retto di a
fi
more. — Tornar. Il Maestro delle
tato da Pietro: Interdum qui foras
intus est. -- Fior. Punto.— Verde. Ro
Dr ogni mia speme il verde è spmUo.
CXLIV : Voluntatem timentium •# ,~
depreeationem eorum exaudiet , et tatoat /d
cteC eos. Chrys.: l^funquam oremH ^tmjteiaéi
negai.
46. Quale. Virg., VI : Nee ripm ébk
horrendas . . . TYansportare prius, qumme
dibus ossa qmerùnt. Cenium errant
voUranfgue ^ec Itìtorv ctrewii .* rum
CANTO III.
251
Di santa Chiesa, ancor ch*al fin si penta;
Star li convien da questa ripa in fuore
&7 Per ogni tempo ch'egli estate, trenta,
In sua presunzion, se tal decreto
Più corto per buon prieghi non diventa.
itagna 9Xoptaia retinuU. — Gbibsa.
Se con i papi aererò» sempre rispettoso alia
Chiesa.
47. Tbkpo. Petr. Lomb.: Qwtm nos ipso$
omsMìfmif , tunp temptM amUtimm, Per qoa-
taota giorni d* indocilità stettero quaranta
an^ gli Ebrei nel deserto. — Trenta. Go-
•irnuo intricato : star fuori trenta volte il
k8 Vedi ora mai se tu mi puoi far lieto
Revelando alla mia buona Gostanza
Come m'haWisto, e anco esto divieto.
49 Che qui per quei di là molto s'avanza.
tempo eh* egli è stato In soa presunzione. <—
Buon ( c. IV , 133 ).
48. Gostanza. La figlia di Manfredi: una
sorella di lui fu moglie a Corrado Malaspioa
l'antico eh' e* nomina^ nel e. Vili. E i Ma-
laspint erano lontani parenti di Dante: onde
questi avrebbe^uti vincoli d' affinità con la
casa di SveviaT^jdetta casa viveva.
>be^^uti vi
^ia^^||^ett
^
^
352
DEL PURGATORIO
CANTO
IV.
ARGOMENTO.
Salgono per via malagevole. Virgilio spiega perchè il sole lo ferisca da manca,
mentre che, se fosse nel nostro emisfero , lo ferirebbe a diritta. Non poetica espth
sizione y ma notabile per le vinte difjicoUà dello stile. Trova delle anime che oipel*
tano di purgarsi , petcK hanno , per pigrizia , differita la conversione infino ai-
V estremo : onde tanto aspettano , quanto vissero impenitenti.
Le aridità fliosofiche e geografiche sono compensate dalla pittura dell' erta e àe pigri
sedenti. E' movono Dante al sorriso : la prima volta eli' e' rida. L' altra sarà alle parete ài
Stazio: Tono sorriso di sdegno, l'altro d'affetto; le due ale di Dante. Nel Purgatorie lo
passioni decrescono : s' innalzan gli affetti.
Nota le terzine 6, 7, 9, il, 12, 17, 18, 19, 21, 24, 30, 31; la 33 alla 36; la 18
alla 44, con l'uliima.
Quando per dilettanze ovver per doglie 1 2 Par eh' a nulla potenzia più intenda
^Ka nlmiiia virtiN nActra AAtinnrAnHa P. niiAcfrk A Annfpo niiallA nrrrxr ^lio i*M
Che alcuna virtù nostra comprenda,
U anima bene ad essa si raccoglie.
1. Quando. Quando 1' anima si concentra
jn alcuna soa potenza o virtù (le due voci
nella lingua scolastica sonano il medesimo )
occupata da diletto o da dolore pare non in-
tender più ad altra virtù o potenza soa.
2. Intenda. Conv. ( 1 , 11 ) : Dirizzano sì
lo loro animo a quelle, che ad altro non in-
tendono. — Erroe. Di Platone , confutato da
Arist. ( 11 e 111 De Anima ). Averroe lo rin-
novò. Dicevano che in noi sono tre anime ,
r intellettira nel cerebro,1a nutritiva o vege-
tativa nel polmone , la sensitiva * nel cuore :
la prima infusa nel feto per farlo crescere , la
terza nel feto organizzato per farlo sentire ,
la seconda nel feto ricino a nascere. Se, di-
fi questo è centra quello crror che creda
Ch* un' anima sovr* altra in noi a* accendi*
ce Aristotele , 1' anima nel corpo si poaepv
forma , com' è , gli è impossibile cIm ia la
corpo sieno più anime differenti d'essenza. 9i
l'uomo dall'anima vegetativa ha 1» TÌta,dtl'
la sensitiva il sentimento . dalla ratloiiak C
essere umano , la non è più un ente solo. Si*
Tomaso ( il quale ne ragiona pure sella S •
2 , q. 77 ) , nel il , con. Geni. , dice ebel*
anima non si riferisce a parte alcuni del cl^
pò. L'ottavo concilio (can. XI): Apparsi fsst
dam in tantum impietatis venisse , ut hsm'
netti duas animas habere imipudsnter dopso'
tizent. Credevano anco i Manicbei cbe oltn
all'anima razionale fosse 4a sensitiva , da col
gli atti della ooncapiscenza venissero.
CANTO IV.
2S3
3 E però , quando s' ode cosa o vede
Che tenga Torte a sé i' anima vòlta, (do.
Vassene'l tempo, eTuom non se n'awe-
k Ch* altra potenzia è quella che rascolta ,
E altra è quella eh' ha Y anima intera :
Questa è quasi legata, e quella ò sciolta.
5 Di ciò ebb' io esperienzia Tera
Udendo quello spirto, e ammirando
Che ben cinquanta gradi salito era
6 Lo 8ole,ed io non m'era accorto, quando
Venimmo doTe queir anime ad una
Grìdaro a noi: qui è vostro dimando.
7 Maggiore aperta molte volte impruna
Con una forcatella di sue spine
L*uom della villa quando Tuva imbruna,
8 Che non era la calla onde saline
Lo duca mio ed io appresso, soli,
Come da noi la schiera si partine.
9 Vassi in Sanhx) e discendesi in Noli,
3. Attevb. Questo seg^u) ; narra il Boccac-
cio , al poeta quando estend* et/li in Siena ,
Miaio^ Tfcato un libro e non avendo spazio
M portarlo altrove , iopra la panca $i pose
fol petto ; e benché in quetta contrada , per
fétta pubblica si facette armeggiata e rumori
um ittrumenti e con voci e balli di vaghe don-
ne 9 giochi di giovani , mai non ti mosee ,
«1 levò gli occhi dal libro , e ([uivi ttette da
nona a vespro , finché tutto non V ebbe per-
carso.
4. Ascolta. La cosa. Ci bada. — Sciolta.
IfOD SODO tant' anime , ma potenze deU' ani-
■a. Quella del vedere o dell* adire è legata
a tale o tal senso , all' occhio o all' orecchio:
la potenza dell' anima intera , l'umana ragio-
■e è libera , non ha organo in cui risieda.
5. Salito. Nel grado eqainozialc di tre ore.
Ogni ora ne corre quindici.
6. Accorto. Molto astratto solerà essere
IlMMe ne* suoi pensieri. V. Nuova : ilfentrs to
lovo , volsi gli occhi , e vidi lungo me
i ... f , secondo che mi fu detto poi ,
ti mnno stati già alquanto, ansi che io me
•' acenrgessi. — Ad ctsa. Insieme. Par. , XII:
Jd mna militaro, — Dimando. La cosa che
«ol domandate. Bocc. : Sensa la sua diman-
éetéi qm partisse. Ar. ( XXX , 76 ) : £ nuo-
nm U mrrecò del suo desire.
7. Sran. ProT. ( X , 19 ) : Iter pigrorum
fwtM tapet spinarum.
9. Sasciso. Nel ducato d'Urbino. — Noli.
Città tra Finale e Savona nel Genovese to ;
■KfUo fa katto. -^ Bismabitota. Hoota altis-
Montasi su Bismantova in caciimo
Conessoipiè;maquiconviench'uomvo!i;
10 Dico con r alesnelle e con le piume
Del gran disio, diretro a quel condotto
Che speranza mi dava e facea lume.
11 T<ioi salavam per entro 1 sasso rotto,
E d*ogni lato ne stringea lo stremo,
E piedi e man voleva il suol di sotto.
12 Quando noi fummo in su Torio supremo
Dell' alta ripa alla scoverta piaggia. '
Maestro mio, diss'io, che via faremo 1
13 Ed egli a me : nessun tuo passo caggìa
Pur su al monte dietro a me acquista
Fin che n'appaia alcuna scorta saggia.
ih Lo sommo er alto che vinceala vista,
E la costa superba più assai
Che da mezzo quadrante al centro lista.
15 Io era lasso, quando incominciai:
0 dolce padre, volgiti e rimira
Simo nel Reggiano. — Cacuvb. L' osa i' Ar.
( XXIX , 3» ).
10. Condotto. Guida. Alberta no: La tema
di Dio é condotto ad aver parte della gloria,
Conv.'( II , 11 ) : Questi adulteri, al cui con-
dotto vanno U ciechi .. . -* Lume. Reg. ( 11,
22 ) : IVi lucerna mea,
11. Salatam. Come ponavam ( |i4., VI }.
Un santo Padre : InSìtavem et asperam fecit
nobis viam virtutis longa consuetudo peccan-
di. Un antico comentatore inedito : A dimo-
strare che la via della virtù é stretta a chi
nuovamente la comincia a seguitare.
13. Gaggia. Un amico ineiiilo : Cioè torni
addietro : perocché chi nuovamente si dà a
virtù , non debba subito ritornare adreto nei
vizii.
14. Superba. Virg.: lìburque superbum,-^
Lista. La costa facea colla perpendicolare un
angolo minore di gradi quarantacinque. Si tiri
sopra un'orizzontale una perpendicolare : tra
le due linee un arco : e dal mezzo dell'arco
una linea all' angolo delle due prime. L' an-
golo della linea di mezzo coir orizzontale sarà
di gradi quarantacinque : ma se si tiri un
altra linea più alta di quella cbo si parte dal
mezzo del cerchio , questa farà coli' orizzon-
tale un angolo maggiore » e sarà più rìpida
alla salita.
15. Lasso. Antico inedito : .4 dimostrare
che ciascuno , quando si dà virtù di nuovo ,
fof(o s^allassa : se Virgilio , cioè la ragione
vora 9 non conforta ed aiuta ciascuno.
^':a
DtL PURGATORIO
Com* i* rimango sol se dod ristai.
16 0 fi^ìuol, disse, inGn quivi ti tira»
Additandomi ud balzo poco in sue,
Che da quel lato il po^o tutto gira.
17 SI mi spronaron le parole sue
Ch' i* mi sforzai, carpando appresso lui ,
Tanto che '1 cinghio sotto i pie mi fue.
18 A seder ci ponemmo ivi amendui
Vòlti a levante , ond'eravam saliti,
Ch*e' suole a riguardar giovare altrui.
19 Gli occhi prima drizzai a'bassi liti,
Poscia gli alzai al sole; ed ammirava
C\\k*. da sinistra n* eravam feriti.
!20 Ben s'avvide 'J poeta che io stava
Stupido tutto al carro della luce,
Onde tra noi ed aquilone intrava.
21 Ond' egli a me : se Castore e Polluce
Fos»ero n compagnia di quello specchio
16. Sus. L'ba il Novellino, XLIIl ; e si
usa in Toscana.
17. Tanto. Amico inedito * La ragion9 ti
allarga a ehi nuovamente è dato a virtù , ae-
do ette non paia lè aspra la ina della virtù,
18. GioTAM. Fatu la fatica dello studio e
della virtù , giova poi rignardare la via per-
corsa. Virg.: Haee oUm memimeee juvafnt,
19. i0Bi, Guardò a qnell* oriente che per
il nostro emisfero è occidente. L'ombra del
corpo suo gU cadeva a sinistra. Così Lucano
degli Arabi venuti ad aiuUre Pompeo : igno-
tum vobis , Arabes , venisiii in orbem , Um-
hras mirati nemorum non ire nmslros. In Eu-
ropa e in tatti i paesi di qua del tropico di
Cancro , chi è volto a levante vede 1' ombra
alla dastra.
30. Noi. 11 Purgatorio antipodo a Cerasa-
lemme posto di qua del tropico del Cancro:
e in Gerasalerome il sole nasce tra noi e an-
atro , punto contrario ali* aquilone.
SI. SPBCcnm. Il sole é spacchio della luce
che dalle intelligenze riceve , e couduce il suo
lume or sotto or sopra al nostro emisfero. li
senso intero è : se il sole che illumina di su
Giove e Saturno, di giù Venere e Mercurio e
la Lana e l'orientai mondo, fosse in Gemini
cioè nel gingno , sarebbe ancora più lonnuio
da te, sempre verso sinistra.
2S. EuBiccBio. Altri spiega per fosfe^tan-
te : Pietro di Dante dice che ni^ecAto in To-
scana valeva rota dentata di molino , e spiega
la rota dello lodiaco. Le Orse contigue al no-
stro polo artico son più vicine a' Gemini che
air Ariete, dove 11 sole era allora (iof., 1 ):
Che su e giù del suo hime conduce ,
22 Tu vedresti'l zodiaco rubecchio
Ancora ali* Orse più stretto rotare.
Se non uscisse fuor del cammin vecchio.
23 Come ciò sia, sei vuoi poter pensare.
Dentro raccolto imagina Sion
Con questo monte io su la terra stare
24 Si ch'amendue hanno un solo orixon
E diversi emisperi : onde la strada
Che, mal, non seppe carreggiar Felon.
25 Vedrai com'a costui convien che vada
Dall'un, quando a colui dall'altro fianco,
Se lo ntellettu tuo ben chiaro bada.
26 Certo, maestro mio, diss'io, unquanoo
Non vid* io chiaro si com*io disceruo
Là dove mio ingegno parca manco,
27 Che1 iue/.zo cerchio del moto superno.
Che si chiama equatore in alcunarie.
onde se fossa stato in Gemini , ed esso soli
e la porzione del lodiaco da lui tocca sarebbe
più prossima all'Orse.
33. Sion. U monte del Purgatorio è per-
pendicolarmente opposto ammonta di Sion »
eh' è , secondo Dante nel mezzo delia
abitabile , onde i due monti hanno ea
diversi , e un solo orizzonte ; e quel cbe
noi è oriente , nel monte del Pnrgatorio è
cideote , e al contrario.
S4. OaizoM. Ar. (XiXh ti): DeWorÌM^m
all' estreme sponde, Così'l Petrar.
Stbada. L' Eclittica i> Di Fetonte ( Ovid,, 119
Inf. , XVll ).
25. GosTVi. X' emisfero. Di cose loaoii
r usa il Boccaccio ed altri. Slmile pittora è
primo delle Georg.
27. Mazzo Circulus Mediut, Tra i dna pali
e r equatore. Tra i poli e l'equatoae il Iropian
estivo, e il tropico iemale: il sole gira oUh
quamente per lo zodiaco; qoaod*é ai dna ti»*
pici fo state 0 verno: quando tocca l'aqnaiafe,
e lo tocca in due parti, i giorni sono ngMli
alle notti. Quella regione del cielo eh* è ftal
tropici , Dante la chiama estate; qoalla cbi
tra i due poli, verno: onde in tutta la spera, dlee
l'Ottimo, è una state e due verni. — Bova»
TOBS. Nel messo del moto celeste è «m af^
ehio imaginario che va da oriente m
e si chiama equatore , perchè , qmem^ ti
i ivi, i giorni allora tono ugitaU oUa
Allora è Veguinosio, che segue n»l $e§mo
V Ariete e della Libra. Udreolo dalf agunioia
i sempre tra il sole cioè maisofiomo , al
verno cioè tramontana* Dì Id dai fircoio sfiri»
CANTO IV.
253
E che sempre riman irai sole e'I verno,
28 Per la ragion che di'« quinci si parte
Verso aeitentrion, qoaodo gli Ebrei
Vedevan lui venw) la calda parte.
29 Ma a'a te piace, volentier saprei
Quaotoavemo ad andar: chelpoggiosale
Più che salir non posson gli occhi miei.
30 Ed egli a meiquesta montagna è tale
Che sempre al cominciar disotto ègrave;
E quanto uom più ya su, e men fa male.
31 P^ quand'eila ti parrà soave
Tanto chel su andar ti fia le^^iero
Come a seconda giù Y andar per nave,
32 Allor sarai al fin d*esto sentiero:
Quivi di riposar Y aflànno aspetta.
Più non rispondo; e questo so per vero.
33 E com* egli ebbe sua parola detta.
Una voce di presso sonò: forse
Che di sedere in prima avrai distretta.
3i Al suon di lei ciascun di noi si torse,
E vedemmo a mancina un gran petrone
Del qual né io ned ei prima s* accorse.
««siale non lono aìntanii , di qua ài. Di là
dai àreolo tquinoiiaU fi tiende nn eireolo ;
€k'è ià dove il soU a lungo risplende nel eie-
It , t ss chiama $oUtisio : e quel eireolo è il
ffiyiso éeiio del Cancro, U tfvpieo del Capri-
MfiN» è quello dov'U sole pii^ declina da noi,
9 i di son pia eorti. La Libia e V Arabia ion
pmlB ira il detto circolo equinoziale o equa-
fÌMV, • U tropico detto del Cancro, Noieiamo
«I di fua: e però riguardando verso il nostro
mimit vmUarn sempre a destra V ombra del
99tfo nMtfo, Non così que* d'Arabia e di Li-
èim 9 tmasaknamente allorché *l sole è nei tro-
ppo d§l Cancro. Così Pietro di Dante. 11 Pur-
Morfo • Gentsalemroe son danqoe ogualnieote
«Unti dall' equatore, e l'equatore riman sem-
fit tra la parte ove il sole venendo fi la stale,
a fwUa ove 11 sole trovandosi fa 1* Inverno.
ÌB. QuDca. Nel Pargatorio. — Ebrbi!. Sul
■aale Sion r hanno verso austro , In Purga-
laria a tramontana. La parte australe è la
cÉMa al popoli posti fra 11 tropleo del Gan
• a il polo artico. Ott.: Quando U popolo
^hdrmn andava d* Egitto in terra diprvmes-
p a vedea il sole verso la state , e lo e-
MVfo settentrione : verso , si tolU qui
eonlra , avvero dall'altra parte.
9. Sale. Sopra ; Vineea la vista.
SO. MsM. Albertano Mussato , in una ora-
slOM inedita : E così fatta di questi gradi si
è te nafiira » che quale ben posa U pUdc Uh
35 Là ci traemmo: ed ivi eran persone
Che si stavano all'ombra dietro al sasso,
Come fuomper negghienzaastar si pone.
36 £ tin di lor che mi sembrava lasso,
Sedeva e abbracciava le ginocchia.
Tenendo 'I viso giù tra esse basso.
37 0 dolce signor mio, diss*io , adocchia
Colui che mostra sé più negligente
Che se pigrizia fosse sua sirocchia.
38 Allor si volse a noi e pose mente.
Movendo *l viso pur su per la coscia,
E disse : va su tu che se* valente.
39 Conobbi allor chi era:equeirango^ia
Che m'avacciava un poco ancor la lena,
Non m' impedì Y andare a lui; e poscia
hO Ch'a luifu' giunto, alzòla testa appena.
Dicendo : hai ben veduto come 1 sole
Dair omero sinistro il carro mena ?
hi Gli atti suoi pigri e le corte parole
Hosson le labbra mie un poco a riso ;
Poi cominciai .-Belacqua, a me non duole
42 Di te ornai : ma dimmi perchè assiso
pr'uno , può tutti agevolissimamente sormon-
tare,
32. Più. La mia naturale scienza non va
più oltre.
35. PiRSONB. Altra specie di negligenti, t
quali, offuscati di riceheisa mondana , indu-
giarono il virtuosamente vivere insino aU* ulti-
m* ora ( Antico ined. ).
36. ABiRAcciAVA. Prov. ( VI , 10 ) : Ani-
Ittiiim domUes, paukUumdormitabis;paululum
conseres manus ut dormias, Prov. ( XIX, 24):
Abacondit piger manum suam sub ascella,
37. PiGRizu. Anco nel Convivio la condan-
na (I, 1) : Alti loro piedi si pongono tutti quel-
li che per pigrizia si sono stati , che non so-
no degni di piili colà sedere, — Siroccuia. Prov.
(VII., 4): Die sapientiae: soror mea es, Alber-
tano .- DC alla sapienza : mia suora,
40. Hai. 1 pigri si ridono delle core dei
wggi-
41. Poco. Antieo Inedito: ConeioitoeoioeA^
non fosse tuo atto : ma per dimostrare che tal
gente è di poco prezzo, — Bblacqua. Dice un
antico postili. : FUit opHmus magister chita-
rarum et Uutorum ; et pigrissimus homo in
operikuM mundi eieut im operibus animae, —
Duoli. Or che ti so salvo. Purgai., Yill : Nin
gentil , quanto mi piacque Quando tt vidi non
euer tra* rei I
42. QuiniTTA. Per qui, nel Purgat., XVII.
MMiMta è nei Uppl. QeMhm nel Par., Vili.
956
DEL PURGATORIO
Quirìtta u( t attendi tu ìsoorta ?
O pur k) modo osato t*ha* rìpriso?
&3 Ed ei: frate, l*aiidare in su che porta?
Che non mi lascerebbe ire a' martiri
L' U9cier di Dio che siede'n su ìa porta.
hh Prima convien chetanto'lciel m'aggiri
Di fuor da essa , quanto fece invita,
Perch* io 'ndugiai al fin li buon sospiri ;
44. Tanto. Decretali : Quanto tempore te
peccare nòtti , tanto te humiUa Deo. — Ag-
giri. Giri iDtorno a me. Se il P. tenesse il
sistema pitagorico o copernicano, potremmo
intendere meglio : mi porti con sé ne' spoì
i;iri. — Buon. G. XXllI : Del Imon dolor eh* a
Dio ne rimarita.
45. GRABiTAt Job., IX .* Bgeeaiorei Dnu
non awiU. Is. : Quum muUipticaveritit ora-
ti(jn$m , non exawliam : mamii entm veOrae
sanguine flenae sunt. Eccl. (XXXIV. 23): Do-
na iniquorvfn non frohai AUietimui! %V^\
45 Se orazione in prima non m' aita
Che surga su di cor che n grazia viva •
L'altra che vai che'n eie! non è gradita?
h6 E già '1 poeta innanzi mi saliva
E dicea: vieni ornai. Vedi eh' è tocco
Meridian dal sole : e dalla riva
VI Copre la notte già col pie Marocco.
21 : Oratio humiliantie ee nubee penHrabiL
46. Gli. Imaginepiù gigantesca del virf.t
Nox ruU , et futcis teUurem amplectiiwr em.
Ov. (Met., 11): Dum loquor; Hesperio poeiim
in littore metae Uùmida nov tetigit. Petr. ;
Perchè s* attuili in mezzo V onde B lotti f>
epagna dietro atte tue tpaUe, B (tramum t
Marocco e le Colonne. — MBnmuN. Quivi «v»
zodì , danque a Gernsalemme meixtnotle.'t
crepuscolo not(nroo a Marocco ch'é aUMel»
dente della parte merìodionale della terra il '
tabjle , doTe regnò , dice Pietro, il re Iart>a.
»T
CANTO V.
ARGOMENTO.
S incontrano in altri negligenti a pentirsi, e morti di morte tioUnta : gli par ^
k ut Fanese , un Monlefeltrano j una donna di Siena. Un demonio fa noicero
imftita neWaria per ietraziare il corpo di Buoneonte , poiché non potè etraxiare
/o ^Ug toltogli dalC Angelo buono, e uscito nel nome di Maria che lo fece ealvo.
Qimio $i voglia permettere al diatolo guesta puerile vendetta , ei vedrà la pittura
eetm di rara evidenza e franchezza.
Il eanto tatto spira soave e sereDt roalioconìa: ed è de' più belli dell' intero poenM.
Nou le terzine 1; la 2 alla 6; la 8» 9, 10, 13, 14, 15, 17; la 19 alla 22; la 28
MU 28; la 30 alla 35; U 38 alla fine.
Io era già da cpiell'ombre partito
Es^uitava Torme del mìo duca,
Quando diretro a me, drizzando '1 dito,
Una gridò : ve* che non par che luca
Lo raggio da sinistra a quel di sotto,
E come vivo par che si conduca.
Gli occhi rivolsi al siion di questo motto,
E fidile guardar per maravislia
Pur me , pur me , e'I lume eh* era rotto.
2. &i3(isTBA. Se Tolti a levante , avevano il
iole a sinistra (e. ili , terz. 31) , ora ripiglian-
^ il eanmino devono averlo alla destra, e a
aiiiitra l'ombra del corpo di Dante. 8i noti
la varietà de' modi a dir la medesima cosa.
*• Sotto. Salivano. Dante che seguitava Vir-
gilio, rimaneva più basso.
4. PucBfe. In questo discorso è Tanimo del
P. ^cro ed espresso.
i. ToMB. Conv. (II, 2): Quello amore il
Hmft etnea ancora la rocca della mia mente,
r^ indicare ebe le ricchezze nulla possono
folla virtù, dice una canz.: Nàia diritta torre
Fa piegar rivo che da lungi corre. Ar.(XXX,48^:
Qmai torri ai venti o scogli aW onde furo. Tre
ftùDÌlitndini ha questo canto. E il Purgatorio
m ha men dell' Inferno d' assai.
6. RAiiPOLLA. far.: Kasceaguisa dì ram-
k Perchè I* animo tuo Unto s' impigfia ,
Disse*! maestro, che 1* andare allenti ?
Che ti fa ciò che quivi si pispiglia?
5 Vien dietro a me, e lascia dir le genti.
Sta come torre ferma che non crolla
Giammai la cima per soffiar de* venti.
6 Chesempreruomoiocuipensierrampoila
Sovra pensier, da sè^dihinga il segno,
Perchè la foga l*on dell'altro insolìa.
fiollOt Appiè del vero il duhhioi ed i natura
Che al sommo pinge noi,,. Par sentenza con-
traria a questa. Ma altro si è il dubbio che
nasce dal vero, e al vero move; altro è l'in-
gombrarsi del pensiero sopra pensiero che to-
glie la forza del fare. La metafora del rampollo
sta meglio nel Paradiso che qui; e qai discor-
da dall'altra del se^ito e della foga, — Dilunga.
Dilungando sé dal segno , dilunga il segno da
sé. — Segno. Pturilms intentus minor est ad
ringula sensus. — Un. Pensiero. — Insolla.
SoUo, tofieef quindi molle (Monti, Prop., voi.
IH, parte 1, p. 175). La nostra mente, abban-
donandosi a molti pensieri che si urtino In
guisa che l'uno rallenti il corso dell'altro, ar-
riva tardi al segno principale a cui corre.
Montaigne : Vàmequi n* a foint de but éta-
Mi, $e perd.
33
236
DEL PURGATORIO
7 Che potc\*io ridir se non ; i'vegno ?
Dissilo alquanto del color consperso,
Che fa Tuom diperdon talvolta degno.
8 E' ntanto per la costa da traverso
Venivan genti innanzi a noi un poco,
Cantando Mùerere a verso a verso.
9 Quando s* accorser eh' i* non dava loco
Per lo mio corpo al trapassar de* raggi,
Mutar lor canto in un oh lungo e roco.
10 £ duo di loro in forma di messaggi
Corsero *ncontra noi, e dimandarne:
Di vostra condizion fatene saggi.
11 £'1 mio maestro: voi potete andarne
E ritrarre a color che vi mandare
Che '1 corpo di costui è vera carne.
12 Se per veder la sua ombra restaro,
Com* io avviso , assai è lor risposto.
Facciangli onore; ed esser può lor caro.
13 Vapori accesi non vid' io si tosto
Di prima notte mai fender sereno,
Né , sol calando , nuvole d'agosto,
1 k. Che color non toma^er suso in meno:
E giunti là con gli altri a noi dìdr volta
Come schiera che corre senza freno.
•15 Quelita gente che preme a noi, è molta,
E vengonti a pregar, disse M poeta :
Però pur va , ed in andando ascolta.
7. Talvolta. Perchè y'ha pure una trista
vergogna ( Inf. XXìV ). Arrossisce più volle
(Inf.. XXX).
S. Traverso. Di contro a noi. — Verso. A
vicenda. Si notino i canti de' piirgaDii , che
son frequentissimi, e dispongono 1' animo aUc
celc>ti armonie.
9. Oh. Ariosto (XVIII, 78): E con qmWoh
che d* allegrezza dire Si suoU , ìucominciò...
10. Saggi. Saggio da sapio. Fate clie sappiam
£hi voi siate.
11. Ritrarre. Per dire (Inf. , H, 2).
13. Vapori. Georg. ( i, dM):Saepe etiam
stellas , veuto impendente, videbti Praecipites
coelo labi, voctisque per umbram Flammarum
lougos a teì-go albeseere tractus. Arist. ( Me-
teor. ) distingue i vapori che, daUa terra sa-
liti nella seconda regione dell' aria , ivi gela-
no; altri si risolvoDo io vento, altri s'alzano
al cerchio del fuoco , e dal movimenlo s* ac-
rendono. — Nuvole. Né vapori accesi fendon
%\ tosto le DQVolo estive sol calar del sole ,
quando i lampi son più Tìsibili e spessi. L'
Ottimo intende che le nuvole fendano il se-
reno : Le nuvole, die per la calura dell* aere
discendono alla terra quasi cacciale dal detto
16 0 anima che vai per esser lieta
Con quelle membra con le quai nascesti,
Venian gridando, un poco*l passo queta.
17 Guarda s' alcun di noi unque vedesti,
SI che di lui di là novella porti.
Deh perchè vai? deh perchè non t'arresti?
18 No' fummo già tutti per forza morti,
E peccatori infino all' ultim' ora:
Quivi lume del ciel ne fece accorti
19 Si che, pentendo e perdonando, fuori
Di vita uscimmo a Dio pacificati,
Che del disio di so veder n'accora.
20 Ed io : perchè ne' vostri visi guati.
Non riconosco alcun : ma s' a voi piace
Cosa eh' i' possa , spiriti bennati,
21 Voi dite; ed io fnrò, per quella pacow*
Che dietro a' piedi di si fatta guida.
Di mondo in mondo cercar mi si face.
2'2 £ uno incominciò : ciascun si fida
Del beneficio tuo senza giurarlo.
Pur che 'I voler nonpossa non rìcida:
23 Ond'io che solo innanzi agli altri parl^:^,
Ti prego , se mai vedi quel paese
Che siede tra Romagna e quel di Carl^»,
2k Che tu mi sie de' tuoi prieghi
In Fano sì che ben per me s' adori,
Perch' i' possa purgar Io gravi offese.
calore. Is. ( LX , 8 ) : Qui sunt isti , qm
nubes volanti
li. Corre. Per desiderio d* invocare li
ghiera d'un vivo.
15. Preme. Con calca , eoo fretta. — Vi*
Esempio di sollecitudine a quelL'anime pigi**
19. Pentendo. Pentér per penlirsi ( Iit »
XXVIi ). — Perdonando. Chiedendo perfi-
no. — A Dio. Petr. : Col cor ver me fo/ik
calo e umile, — Accora. Conv. : Il sommoit'
siderio di ciascuna cosa , e prima daUa eft
tura dato , è lo ritornare al suo prnicifia;
e perocché Iddio è principio delle noetre mi-
me „, eua anima massimamenU desid$Ta tSK*
nare a quello,
21. Per. Giura.
22. Nonpossa . Albertano (1. 45 ) : £• mm^
giustizia. Cosi noncuranza. Porche ta pena
tornare al mondo , e pregare in modo cflieaet.
23. Paese. La Marca : tra la RomagM •
il regno di Carlo H di Napoli.
24. Adori. Sacchetti : Adoraws dùuHUÌ •
f. Giovanni, Bocc. : ( HI , 10 ): Foeni àift-
nocchione a guisa che adorar voleiae. Oli. ,
( II , 175 ) : Sempre ha bisogno d'adoran. —
OrrBii. Per peccati (Pnrg., XXVI).
CANTO V.
iZ9
25 Quindi fu* io; ma li profondi fori
Ond' usci 1 sangue in sul quale io sedea
Fatti mi furo in grembo agli Antenori,
26 Là dov'io più sicuro esser credea.
Quel da Esti '1 fé far, che m' avea in ira
Assai più là che dritto non volea.
27 Ma s' i' fossi fuggito inver la Mira
Quand'i' fu' sovraggiunto ad Oriaco,
Ancor sarei di là dove si spira.
SS Corsi al palude, elecannuccee'ibraco
H* impigliar si ch'io caddi; e 11 vid' io
Uelle mie vene farsi in terralaco.
S9 Poi disse un altro : deh se quel disio
Si compia che ti traggo all'alto monte,
Con buona pietate aiuta'! mio.
30 rfui di Montefeltro, i'son Buonconte:
tiiovauna o altri non ha di me cura ,
I. Sedba. Comento ined.: Piglia il tangue
ptr t anima , perchè mancando il sangue par
th§ wutnehi la vita. Yirg.: Una eademque via
animutqìie sequuntur. Undantique a-
diffundit in arma cruore. Levit., XVII:
camtf in sanguine est. Bonfrerio , al
IZ della Gen. : Anima camis seu animaUs ,
bl tangÈiine sedem hahet » seu uhicumqìie san-
fmk tir , ibi est anima et operatur, — Antb-
ROU. lof., XXXII. Padova fondata da Ante-
Mire ( Aeoeid. I. ) M. Iacopo del Cassero di
Fono, il quale fu eletto podestà di Bologna,
■I tmnpo di' essi Bolognesi aìievano briga col
■sfcAasa Azzo Terzo da Este ; ed elessero
HtM Jf. Iacopo, sapendo lui essere nimico del
tei* 9ittrchese. Il qual marchese il fece ta-
fUmn a pezzi , sappiendo che al tempo della
podutaria esso Jlf. Iacopo aveva molto
ito ti detto marchese. Comento inedito
Laarenziana di Firenze (PI. 90, Gadd.
np. cod. 3U). Qufsto Iacopo combattè contro
inno co* Fiorentini guelfi nel 1288 ( Vili. ,
ni p 120 } : e fu ucciso quand' anda?a pode-
iCà éì Milano. 11 fatto si è che Azzo III am-
kiva la signorìa di Bologna , e si guadagna-
va io Bologna stessa fautori. I quali furono
par giusto sospetto cacciati , e chiamato la-
eap> a potestà; Il qual Iacopo iocrudell con-
ila i fautori d' Azzo , e spacciò che questo
àBBO era giaciuto colla madrigna , eh* era fi-
gliaala di lavandaia , scellerato e codardo :
saia gli assassini d' Azzo Io seguivano sem-
pn. Sempre nemico agli Estensi il presago P.
St. LÀ. Virg., XII: Ulterius ne tende odiis,
97. OaiACo. Tra Venezia e Padova.
S8. pAJLt'DB. Mascol. anco nel Crese. f 1.
W ). — Laco. lAf., XXY : Di sangue fece
Perch*io vo tra costor con bassa fronte.
31 £d io a lui : qual forza o qual ventura
Ti traviò si fuor di Campaldino
Che non si seppe mai tua sepoltura ?
32 Oh , rispos'egli, appiè del Casenthio
Traversa un' acqua eh' ha nome l' Archiano ,
Che sovra l'Ermo nasce in Apennino.
33 Là 've 1 vocabol suo diventa vano
Arriva' io forato nella gola,
Fuggendo a piede e sanguinando '1 piano.
34' Quivi perdei la vista e la parola:
Nel nome di Maria fmii; e quivi
Caddi, e rimase la mia carne sola.
35 Fdirò 'I vero, e tu 1 ridi'tra i vivi :
L'angeldiDiomiprese, e quel d'inferno
Gridava: o tu dal ciel, perchè mi privi?
36 Tu te ne porti di costui V eterno
fpetie volte loco.
29. Disse. Il P. cammina tra loro : quei
che gli parla Io segue un poco , poi lo lascia
ire : ed un altro sottentra. Perchè rammen-
tiamo che la schiera purgante viene di con-
tro ai due pellegrini. — Buona. É anco una
trista pietà.
30. Fui. Dice : fui di Montefeltro , come
vivo ; e son Buonconte , perchè la persona
rimane. Neil' Inf. dice : /' fu' l conte Ugoli-
no , perchè all'altro mondo nessuno è conte.
— Buonconte. Figlio del conte Guido di Mon-
tefeltro ( di cui nell' Inf., XXVII), valorosa
pesona, perì nella sconiitta ch'ebbero gli Are-
tini da' Fiorentini non lontano da Poppi, nel
pian di Campaldino , la mattina del dì li di
giugno del 1289, dove combattè Dante stesso
( Hacchiavelli ; Leon. Aretino ). Dice il Vil-
lani che i due eserciti s'affrontarono più or-
dinatamente che mai s' affrontasse battaglia in
Italia ( VII , 131 ). — Giovanna. Sua mo-
glie. — Bassa. Perchè destinato a più lungo
Indugio. Come Marcello in Virg. : Sed front
laeta parum et dejecto lumina vuUu.
32. Erko. di Camaldoli.
33. Vocabol. Per nome proprio s* usa toi-
tora in Toscana , e dicesi per esempio : Po*
dere di vocabolo Póggiolino. — Vako. Perché
mette In Amo. Frase non imitabile.
34. Parola. Virg.: Pariterque loquentis Vo-
eem animamque rapit , trajecto gutture : ai
iUe Fronte ferit terram. Bocc. ( VII , 4 ) :
Perde la vista e la parola, e in breve egli si
morì. — Sola ( Inf., IX ). Di me la carne
nuda.
36. Eteriio. Petr.: Tu te ne vai col mio
mortai nd corno. — Altro. Del corpo.
S6»
DEL PURGATORIO
Per una lagrìmetta che 'I mi toglie: 1
Ma io farò dell'altro altro governo,
37 Ben sai come nelFaer 8Ì raccoglie
Queir umido vapor che in acqua riedo
Tosto che sale dove *1 freddo il coglie.
38 Giunsequelmalvolerchepurmalchiede
Con lo 'ntelletto, e mosse 1 lumoe'i vento,
Per la virtù che sua natura diede.
39 Indi la valle, come '\ di fu spento,
Da Pratomagno al gran giogo coperse |
Di nebbia, e 1 ciel di sopra fece intento
M Sichelpregnoaereinacquasioonverse.
La pioggia cadde, e a' fossati venne
Di lei ciò che la terra non sofferse.
ki £ come ai rivi grandi si convenne ,
37. Vapor. La pioggia , «econdo Arist. , è
vapor amido , che , coodeosato dal freddo ,
c«de.
38. MossB. Aogost. ( Gif. D., XVIII ) :
Spargere altiui quatUbei aquoi difficile daemo-
nibu» non e$L . . •( aerem fntìando morbi-
dum reddere .,. — Viari}. Aogust. ( Civ. D.,
Vili } : Omnie transfomuttio eorporalium re-
rum quae fieri potett per aUptamnirtutem ra-
Uonalem , per daemonmn fièri potest, E Alb.
Magno l' attesta : De potenHa daemonum. 11
demonio , dice Dante , é on malvagio volere
che non altro cerca che '1 male col sottile in-
lelietto. r. s. Tomaso ( Som. %. 3. qu, 108,
110. — DiEDB. A loi.
39. PaATOMAGNO. Ors PratQvecchio; divide
il Val d' Arno dal Casentino. — Giogq. Apen-
irino. — CiBL. S. Pet. ( Bpist. } : in ino aere
caliginoso , 911011 kì eareeré nmi damnones ,
et erunt usque ad d(§m judicH^ «- Intbnto.
Teso di nnbi spesse. Virg. ( V > 20 1 : In nti-
hem eogitur aer. 6.» 1 .* Òbienia denteiUur
noete tenebrae, Hor. ( Bp. » XIII ) : J^mpe-
etai coeium contrae. Pei,: V aere §ravato,
e V importuna nebbia Compreita intomo dai
tabbioii venti » Toeto eotivieii ehe ei converta
in pioggia. Tasso : Mn (a tcAttm infernale
Vèr Io fiume real tanto veloce
Si minò che nulla la ritenne.
f^2 Lo corpo mio gelato in su la foce
Trovò l'Archian rubesto:e quel sospinse
NeirArno e sciolse al mio petto la croce
M CV i* fei di me quando *l dolor mi vinse;
Voltommi per le ripe e per lo fondo ,
Poi di sua preda mi coperse e cinse.
kh Deh quando tu sarai tornato al mondo
E riposato della lunga via ,
Seguitò 1 terzo spinto al secondo »
Vi Ricorditi di me che son la Pia.
Siena mi fé, disfecemi Maremma :
Salsi colui che innanellata pria ,
k6 Disposando, m'avea con la suagenmia.
che MI quel eonflUto La tirannide $ua eader
vedea, SendoU ciò permetto, in mifiiomeiifa
L* aria in nubi raccolte , e moete il veeito,
40. SoFPBBSB. Perché declive.
42. RcBBSTO ( Inf., XXXI ).
43. Me. Delle braccia.
45. Pia. Moglie di Nello della Pietra, che
la accise , dlcesi , per gelosia , quaod'eia
rettore in Maremma , dov' aveva qd castello.
Ella senese, de'ToIomei. Il cemento inadttu
citato sopra , dice : de* Salimbeni. Sogginage:
La fhce un <ft ^tlar a terra dalla torre • m-
dendo ella tu una finettra. Di ciò grand'edio
fk-a le due flimiglie , dice il Post. Gaet. Del-
la sua morte piange forse an sonetto di yQ^
ciò Piacenti. Il Tommasi nella Su di Slcai
««ole che Nello la facesse gittare dal mn»
per isposarsi alla contessa Margherita di Saa-
uQora : e la sposò , e n'ebbe on fidio Bn-
duciro, morto nel 1300. La morte della III
tu nel 1295. Ott. : Per alcuni falli cke in-
vò in lei , li la uecite ; e teppelo fare 1) tf-
gretamente , che non ei téppe. Però dice: Jof-
it colta.
46. Disposando. È nelle V. 8. Padri 1 •
nella V. Nuova , e nel Gonv. 01. 2).
tei
CANTO VI.
ARGOMENTO.
Moli aniuM lo pregano, preghi e faccia pregare per loro. Espone un dubbio a
Virgilio iMa efficacia della preghiera. Salgrmo un poco : rincontra Sordello, man^
Uvano , poeta , uom fatnoeo del eecolo XI IL Al nome di Mantova guesli abbrac-
e(A Virgilio, dal quale atto trae Dante occatione a gridare contro gli odii cimli
£ Italia, E in lui pure è alla pietà tfi)'.<fo V odio , perchè ne$$uno uomo , per allo
che eia j è franco in tutto dal ùzio de' tempi.
Qaetto apitolo, dice Pietro, è pulenim, elarum, faeUe, abequ» aUegoria. BeUo : ma
pd bello d* issai il precedente.
Nota le terzine 8» 12, 15, 17; la 19 alla 97; U 29, 30, 96, 37, 39; U 41 alla 46; la
48 eoo lo altime.
Quando si parte *1 gioco della zara ,
Colui che perde si riman dolente ,
Ripetendo le volte , e tristo impara :
Con r altro se ne va tutta la gente ;
Qual va dinanzi e qual dirietro il prende
E qual da lato gli si reca a mente.
Einons*arresta, equestoequello'ntende:
A cui porge la man, più non fa prossa ;
E cosi dalla calca si oifende.
i. Zaka. Gioeo di dadi. Onde oxxardo.
5. Ambtui. Beoincasa di Laterina , giadice
del distretto d* ÀDtino. Ghino era d'Asinalun-
ga del Senese ; e perché Benineasa , asses-
sore a Siena , stntensiò a morte Tacco firatel
di Ghino , e Turrinu da Turrita nipote di Ghi-
■0 , assassini, ifiiesti andò a Boom dofe Be-
irincasa ora auditore , gli tagliò '1 capo , e M
portò seeo. Ghino era nobile , e generoso, ini-
mioo de' conti di Santafiora , e co* suoi assas-
liai teneva tolta Toscana in riguardo. Di lui
parla in una no?, il Bocc. — ^Alteo. Goccio dei
Tarlati di Pietramala , che, avend' ordinato
■na cavalcau por la Urrà di Latorina contra
ceitoni di BoscoU quiri dimoraoti, e nemici
Tal era io in quella turba spessa.
Volgendo a loro e qua e là la faccia;
E promettendo , mi sciogliea da essa.
Quivi era TAretin che dalle braccia
Fiere di Ghin di Tacco ebbe la morto,
E r altro eh* annegò correndo 'n caccia*
Quivi pregava con le mani sporte
Federigo Novello, e quel da Pisa
Che fé parer lo buon Marzucco forte.
a loi. i detti Boseoli eoo gente fiorentina oe-
culiaroenle V assalsero , e inseguirono tanto
che affogò in Amo. — Cjlccia, Dino : ifeifv
•fi cocfia.
6b PnooAVA. \irg, : Stabant oftmtss primi
tfmuwHtUn €Mnum, Tend^bantque mamu,
ripae ultifiorii amon. — Fbbirigo» Figliuola
del conte Goido NotcIIo , il quale Federi^r»
Al morto da ano de* Boscoli, combatteod'egK
co' Tarlati (Gomeoto inedito della Laarenz.). —
Mamiucc». Degli Scornazzani o Scornigiani
di Pisa : oceisogli un figliuolo di nume Fari-
nata , da Boezio di Capraoico, Marzucco già
reso de' frati minori , con ahri frati » ne as-
compagnò cantando V esequie , e quanti trovò
«63
DEL PURGATORIO
7 Vidi coni* Orso, e Taiìiina divisa
Dìl corpo suo per astio o per inveggia,
Come dicea , non per colpa comniisa;
8 IMer dalla Broccia dico; equi proveggia,
Mentr'è di qua, la donna di Brabante,
SI che però non sia di peggior greggia,
9 Gonne libero fui da tutte quante
Queirombrecliepregàrpurch'altripreghì
Si che 8*a\acci 1 lor divenir sante,
10 lo cominciai: e' par che tu mi nìeghi,
0 luce mia, espresso in alcun testo
Che decreto dei cielo orazion pieghi:
11 E questa gente prega pur di questo.
Sarebbe dunque loro speme vana ?
O non m' è 1 detto tuo ben manifesto?
12 Ed egli a me: la mia scrittura èpiana;
E la speranza di costor non falla ,
Se ben si cuarda con la mente sana.
13 Che cima di giudicio non s' avvalla
Perchè foco d' amor compia in un punto
Ciò che dee soddisfar chi qui s* astalla.
ik £ là dov' io fermai cotesto punto
Non s' ammendava , per pregar, difetto,
Perchè '1 prego da Dio era disjiiunto.
15 Veramente a co&l allo sospetto
testimoni! al fatto perdonò virilmente , con-
gedandoli con nobili parole e con forti lacri-
me. 11 Postili. Caet. narra altrimenti : che il
conte Ugolino fece decapitare Federigo per
astio , e ordinò nessuno gli desse sepoltura :
ma '1 padre venne di notte al conte : e gli
disse senza pianto : signore , consenti che
quel misero sia seppellito. E Ugolino, ammi-
rando tanta costanza , consenti.
7. Orso. Ucciso a tradimento da' snoi con-
5orti e parenti de* conti Alberti. Altri lo fa
figliuolo del conte Napoleone da Cerbaia , e
morto dal conte Alberto da Hangona suo zio.
— iNTEGGiA. Invidia. Come seggia da iedeat.
8. Broccia. Barone di Francia , segretario
e consigliere di Filippo l'Ardilo , impiccato
a istanza della regina Maria figlia del duca
di Brabante , per invidia di lei e de* cortigia-
ni. La regina l' accusò d' avere attentato alla
tua castità. Altri vuole ch'egli accusasse BiU-
ria d' avere avvelenato il figliastro.
10. Testo. Aen.» VI : Astine foia DeAm
fieeti sperare precando. Quando PaiJnuro chie-
da passare lo Stige innanii tempo.
13. Cima. I giureconsulti : Ajmsx juris. Ben
nota r Ottimo che l' orazione è causa seconda,
Non ti fermar, se quella noi ti dice
Che lume fia tra *1 vero e lo 'ntelletto:
16 Non so se 'ntendi; i' dico di Beatrice.
Tu la vedrai di sopra in su la vetta
Di questo monte, ridente e felice. (U,
17 Ed io '.buon duca, andiamoamaggiorfrei-
Chè ^ià non m'aifatico come dianzi ;
£ vedi ornai che '1 poggio T ombra getta.
18 Noi anderem conquesto giornoinnaozi.
Rispose, quanto più potremo ornai;
Ma '1 fatto è d'altra forma chenon stand.
19 Prima che sii lassù , tornar vedrai
Colui che già si copre della costa.
Sì che i suo' raggi tu romper non Cai.
20 Ma vedi là un* anima che a posta
Sola soletta verso noi riguarda;
Quella ne 'nsegnerà la via più tosta.
21 Venimmo a lei : o anima lombarda.
Come ti stavi altera e disdegnosa
E nel mover degli occhi onesta e tard^B.1
32 Ella non ci diceva alcuna cosa.
Ma lasciavano gir, solo guardando
A guisa di leon quando si posa.
23 Pur Virgilio si trasse a lei , pregan&fl
Che ne mostrasse la miglior salita:
la quale non toglie gli eflTelti finali della
sa prima.
14. Disgiunto. La grazia, dice Pietro,
aiutava ne' Pagani la ragione cosi come io mot*
15. Veramente. Per ma: lat. veruu%tam0*
Conv., 1, l'usa. — Quella. Ott.: LaqmMi(Hii
è più teologica , eke naturali. — 'NTBLLim
Beatrice è chianiata nelle Rime: Nobile irnii^
Utio, Conv.: Negli occhi di quella donna cM
nelle sue dimostrazioni , dimora la verità*
17. Getta. Virg.; Majoretque cadufU aUk
de montibus umbrae. Salgono il muuie dalk
parte orientale (e. IV, 11) : dunque voliaada
verso ponente dovevano avere l' ombra M
monte da lato loro.
18. Stanzi. Pensi, stabilisci col
(Inf., XXV, 10).
20. A posta. Quasi aspettandoci, apypilM
doci.
21. Altiaa. Petr. : Ed tndotma amprw
ancor m: aggrada Che in vitta vada «Uam •
disdegnosa Non s%tperba o ritrosa ... Pliaia •
de' leoni : Neo Uwùs intusntur oquU» , <>9**^
que simili modo volunt. Cosi Solino. -— Taa*
AA 1 Petr. : L aito flnofitMlo , uhmIì e fartfa.
CANTO VI.
S6S
E quella non rispose al suo dimando,
S4 Ma di nostro paese e della vita
C* ineliiese: e *1 dolce duca incominciava:
Mantova ... £ l'ombra tutta in sé romita
35 Surse ver lui del loco ove pria stava,
Dicendo: o Mantovano , io son Sordello,
Della tua terra.El'un l'altro abbracciava.
126 Ahi serva Italia, di dolore ostello,
Nave senza nocchiero in gran tempesta.
Non donna di Provincie , ma bordeilol
27 Queir anima gentil fu cosi presta.
Sol per lo dolce suon della sua terra,
54. Romita. Pelr. : In sé raccolta e st ro-
mUa.
55. SoRDKLLO. Dil Mautovano , d' un ca-
tlHlo eh' ha nome Goiio ; yentil cattano : fu
awmmte omo della persona , e grande ama-
tore* Ma molto et fu scaltro e falso verso le
dotam e verso i baroni , da cui elli stava. E
l'tMfcfS in madonna Cunizza sorore di ser
Eceetmo e de ser Alberico da Romano eh* era
fliof liéra del eonte de s. Bonifacio. E per vo-
iiiJiiCg de ser Eecelino elli involò madonna
Cmàzza, e menolla via (Un comentatore ine-
dko). Altri narra il fatto alirimenti. Ma fu
certamente valoroso poeta provenzale ; e rime
di loi si conservano nel God. Vatic. (52, 32,
r. 1S5). La sua canzone in morte di Biacas-
so f vigorosa poesia , fu stampata da G. Per-
tfeari ; ed è canzone politica al modo di cer-
ta iBvettive di Dante. Fa scritta ngl 1189 :
■olle fivole di lai si raccontano : le più cer-
ti Botizje di lui trasse da* suoi versi Claudio
FAvid , dotto delle cose italiane , come di
paiffte. Benvenuto lo dice nobilis et prudens
mSm et eiirta(ts ; altri lo dice eccellente in
priiUea.
96, Ahi. Ar. ( XVil , 76 ) : O d*ogni vizio
f^Hém MnCtno, Dormi t Italia imbriaca; e non
ti pe»a , Ch* ora di questa gente ora di quel-
Im t Che già terva ti fu , sei fatta ancella ?
— OtTXLLO. 11 Petr. , di Roma: Albergo di
Mot» — Nave. Monarch. : Oh genus huma-
HMn* ^iMiiilti procellis atque jacturis quantis-
fW naufrc^is agitari te necesse est , dum ,
Mina nmltorum capitum factum , in diversa
eojMfM I — Bordello ! Post. Gaet. : Quia ibi
eoneurnifit omiics nationes barbarae, et atiae
... dùnittunt et ponunt in Italias omnes pau-
p9ftmie$ et miserias. Quiavendunt Italicossi-
eeU 9enditur caro humana in posiribulo, Jer.
( Tbr. • 1 ) : Facta est quasi vidua domina
gtmtimm : princeps provinciarum facta est sub
tritmtc.
2V. CsBCA. CMt.: la |»nma(proTincia)cAe
Di fare al cittadin suo quivi festa:
28 Ed ora in te non stanno senza guerra
Li vivi tuoi, e r un T altro si rode
Di quei eh' un muro ed una fossa serra.
29 Cerca , misera , intorno dalle prode
Le tue marine , e poi li guarda in seno,
S' alcuna parte in te di pace gode.
30 Che vai perchè ti racconciasse '1 freno
Giustiniano, se la sella è vota?
Senz* esso fora la vergogna meno.
31 Ahi gente che dovresti esser devota
E lasciar seder Cesar nella sella,
ha capo in sul mare di Vinegia , li é RomO'
gna , nella quale si è Ravenna : fuori n' é
parte ( in esìlio ). Poscia quelli , che rimase-
ro dentro , si sono insieme cacciati e morti a
Rimino sotto la tirannica signoria de* Mala-
testi. Pòi si è la Marca anconitana , e Pesa-
ro , cacciati più parte. Fanno quello medesi-
mo Sinigaglia ; simile Ancona ; più che più.
Fermo ; il simigliante le Grotte : quello stes-
so Fabbriano e Pesaro , morti insieme. Poscia
si ò Puglia , la quale si è sotto la tirannia
della casa di Francia ; la quale signoria la
rode , e tiene in mala ventura ; e tiene quel-
la stanza tutta in fino a Otranto ... Poscia
*i è terra di Roma , e Roma ; le quali con-
trade tra per parte ^ e per nimistade sono tur
te in mala ventura. lascia si è Toscana , Pi-
sa , Fortovenere , la riviera di Genova , e tie-
ne fino al principio di Provenza; le quali stan-
ze stanno tutte universalmente in tribolazione.
In fra terra , si è Lombardia , nella quale
similemente sono discordie , e brighe e tiran-
nie : lo simile è nella Marca trivigiana infu-
no a Vinegia. — Seno. In fra terra. — Go-
de. Lacr. : Tranquilla pace fruatur.
30. Racconciasse. Compilando i codici ,
e dalle leggi traendo il troppo e *l vano. —
Sbixa. Conv. .* Quasi dire si può dello impe-
radore ... eh* egli sia il cavalcatore dell* uma-
na volontà : lo qual cavallo, come vada sen-
za il cavalcatore per lo campo assai è mani-
festo ; e spezialmente nella misera Italia. —
Vota ? G. XVI : Le leggi son : ma chi pon
mano ad sue ?
31. Gente. Ai preti. Mon. : Ut ftagitia sui
exsequi poesint , matrem prostituunt , fratres
expelluni, et denique judicem habere noLunt.
— Cesar. Qui Pietro cita il virg. ; Regemque
dedit , qui foedere certo Et premere , eC laxas
seiret dare jussus habenas. Quel jussus dove-
va molto piacere al P. — Ciò. Qui Pietro ae-
cenna ad an passo di Boezio e re\ang. : Red-
diUe ... fuoa tutu Coeiarii , Caesari : t quel
S6fc
D^L PURGATORIO
Se bene intendi ciò che Dio ti nota 1
32 Guarda com* està fiera è fatta fella,
Per non esser corretta dagli sproni ,
Poi che ponesti mano alla predella.
33 0 Alberto tedesco eh* abbandoni
Costei eh' è fatta indomita e selvaggia ,
E dovresti inforcar li suoi arcioni ,
Zh Giusto giudizio dalle stelle caggia
Sovra *1 tuo sangue, e sia novo e aperto,
Tal che'l tuo succcssor temenza n*aggia.
3o Ch* avete tu e 'i tuo padre sofferto,
Per cupidigia di costi distretti ,
Che *1 giardin dello *mperio sia diserto.
36 Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippcschi, uom senza cura.
Color già tristi , e costor con sospetti.
37 Vien', crude! , vieni, e vedi la pressura
deli' Apostolo : Subditi utote ec. , passi che
Dante conciliava con le libertà manicipali , e
lo dice nella Monarcbit chiaramente. Siccome
il cielo , dice Pietro , è retto da an solo mo-
tore, cosi dev'essere il mondo da un princi-
pe : ma tale principato nop doveva distrugge-
re , anzi assodare le italiane repubbliche: yon
sic inteUitjendum est ut ab iUo uno prodire
possi nt municipia et leges municipales. Passo
notabile , e senza il quale sono enimma gli
scritti e la vita di Dante. Del n^unicipio trat-
ta nella Monarch. , a pag. 17, 19, 20,21,
^2 , 23 . 24 , 28.
32. Fella. (Inf. XVII). -*- Predella. La
porte della briglia che va alla guancia del
oiivallo sopra il morso , per la quale suol pi-
gliare il cavallo chi noi pavalca , o per con-
durlo , 0 per arrestarlo. Or i Guelfì avevano
preso per la predella il cavallo, e volevano
f;osl guidarlo , non permettendo che il cava-
liere montasse. Tratt. , U. Camper. Gav.: Lo
pigUa per la predella del freno • a ragguarda-
lo negli occhi ,.. Ed a volere ben guardare
il cavallo negli occhi , megUo che per altra
parte , e* mì piglia per la guancia.
34. (Uggia. Alberto Tu morto dal suo nipo-
te nel 1308. 1| P. qui gli angora la morte
seguita già , e ne trae augurio di spavento al
suo successore , o non ancora eletto , od elet-
to di poco. Questo canto dunque fa scritto
ua il 1308 e il 1309. AU)erto figlio di Hq-
dolfo gli successe nel 1298: ma solo nel 1303
Bonifazio gli diede la boU^ d' imperatore ,
poich' ebbe bisogno di lol. Vai non volle Te-
nirein Italia, ma ne voleva P omaggio, pan-
te noi numera né anco fi|^ gì' imperatori ro-
(nani. Nel 1^03 inrase |a BpejfnU (Par., XU).
De* tuoi gentili , e cura lor magagne;
E vedrai Santafiorcom* è sicuri.
38 Vieni a veder la tua Roma che piatgoe
Vedova, sola, e di e notte chiama :
Cesare mioj perchò non m'accompagnéf
39 Vieni a veder la gente quanto a* ama.
E se nulla di noi pietà ti move ,
A vergognar ti vien deUa tua fama.
kO E, se licito m' è, o sommo Giove
Che fosti 'n terra per noi crucifisao ,
Son li giusti occhi tuoi rivolti altrove!?
iì O è preparazion che nell' abisso
Del tuo consiglio fai , per alcun bene
In tutto dair accorger nostro scisso ?
k2 Che le terre d' Italia tutte piene
Son di tiranni, e un ]ilarcel diventa
Ogni villan che parteggiando viene.
35. Avete. Da sessant' anni gV tmperatari
germanici non erano calati in Italia qnnii
Arrigo ci venne. *- PAntB. Rodolfo bob pai
scese in Italia : Praeteritorum Caetarum »
fortuniis admonitui, dice il Fatarci (Ser. Aniit
li, 107). — Cupidigia. Vili. (VII, 149): »
dolfo sempre inieee ad aeerai cara suo stala •
11*9 noria in Àlemagna , lasciando le imftwi
d' Italia , per accrescere terra e podere eC fr
gliuoli — Distretti. Uv. : Ristretta danHa
t confini deW Africa,
3G. Montecchi. Famiglie nobili ghibellitt
di Verona, t— Monaldi. Famiglie ghibelltai
D' Orvieto. — Costor. I Veronesi opprcsii
da* Guelfi. Pietro pone i Cappelletti in Cremooi. .
37. Pressura* L' osa negli Isolani anco il
Bembo (1. 1). — Santafior. Contea nel S(a^
se : i quali conti erano ricebi in Maremmi :
ma il paese tatto infestato di ladrociniL
38. Piagne. Jer. (Thr., I) : Pioram plora-
vit in fiocca , et lacrimae ejue in max^
ejus: non est qui consoletur eam ex omnttai
diarie fjut, — Vedova. Barucb (V, 12): Kem$
gaudeat super me viduam et deiolatam: a «R^
tis derelicta $um propter peccata fUomm
meorum.
40. Soaxo. Virg. : love iummo. Petrarca
cbiama DiX) , vivo Giove ("Sen. 268) ; Eteme
Giove, 133.
41. Arisso. Ps. : ludieia tua aUfUMi mssUu.
42. Tiranni. Anco la democrazia , iota
Pietro paò tornare in tirannide. — Maicbl-
Vincitore de* Cartaginesi e de' Galli. Virg.:il^-
spice ut iniigttis tpolii$ Marcellut opimii. 0
forse inteqde il nemico di Cesare , come di-
ce : Ogni villano si reputa forte per contra-
I Stare air imperio. Ott. : Jfarcalto ... ovaa Ifln-
CANTO VI.
985
kS Fiorenza mia , ben puoi esser contenta
Di questa digression che non ti tocca ,
Mercè del popol tuo che si argomenta.
MMoltihangiustizìaincor, matardi scocca,
Per non venir senza consiglio all' arco;
Ma '1 popol tuo rha in sommo della bocca.
K Molti rifiutan lo comune incarco ;
Ma 1 popol tuo sollecito risponde
Senza chiamare, e grida: i' mi sobbarco.
i6 Or ti fa lieta, che tu hai ben onde :
Tu ricca, tu con pace, tu con senno.
S*i' dico ver, Tefietto noi nasconde.
47 Atene e Lacedemona, che fenno
io r oiitfiio tn/tommofo etmiro a CstonB » o^
eoniimovo ti Uvava in eontiglio a din con-
a^a Uàf 9, . .Upiù voU$ dieea eontra n»-
^am§ 9 giuiHzia.
43. MiA.CoDT.: ^ì misera, miiera patria
I E dice , che ogni qnalvolu pensa cose
• governo di suti riguardino , e' fMange
lei. Dalie cose toscane vedera il P. di-
^ere le lombarde , e lo dice nella lettera
ad Enrico VIL— Tuo. Molti fiorentini scris-
aaro contro Firenze: e il Boccaccio la insol-
tt e le rimprovera i suoi peccati. — Aaoombn-
TA. Argomenta sì sottilmente, sì giostamen-
te. Tatta argomenti , non opere » ò la tua sa-
liMllt. I
L'antiche leggi, e furon si civili.
Fecero al viver bene un picciol cenno
48 Verso di te, che fai tanto sottili
Provvedimenti eh' a mezzo novembre
Non giunge quel che tu d'ottobre fili.
49 Quante volte, del tempo che rimembra,
Leggi , moneta e ufficii e costume
Hai tu mutato, e rinnovato membro?
50 E . se ben ti ricorda e vedi lume.
Vedrai te simigliante a quella 'nferma
Che non può trovar posa in su le piumo
51 Ma con dar vòlta suo dolorescherma.
44. Bocca. Eeel., IV : NoU eitodii «ne tfi
Ungua tua , al tniiàltf el remittm tn opari^
tuis,
45. SoBBAnco. Barca , peso da portare :
dunque iMareare , sottomettersi al carico pub-
blico.
48. NoTBBBRB. Versi citati da G. Villani.
49. MsMBBB? L* usa in prosa Guidotto da
Bologna.
60. LuvB. Vive in Toscana. F. Gaidotto :
Tu tolo V9di {urna. — Tbovar. Jer. ( Thr. ,
I )•* Ifee invenit repMm.
51. I^AR. Bocc. ; Dar taU vqU9 per lo
Uno.
3(
266
BEL PURGATORIO
CANTO vn.
ARGOMENTO.
Trofìa in una vatte ripoBii qat^ eh* indugiarono penitenza ; perchè tfriatà id
regno e dalle dignità della terra. Li eoUoca in luogo fiorente com' uomini di betta
fama. Comincia il canto dallo tvelaui che fa VirgUio a Sordello. La dichiarazùme
che dà Virgilio della iua pena nel Limbo , illustra il quarto dell'Inferno ed U ter:»
del Purgatorio, Il non poter le anime salire al monte quando il iole è alt occaeo,
iimbdeggia il iole della grazia neceuario ad ogni opera buona , e aW eepiaziom
deir opere ree.
Gli accenni politici in questo cinto abbracciano latta Enropa.
Nota le terzine 1, 4, 5, 6, 9, 12, 14, Ho; la 18 alla 22; la 24 alU 28; la 80, SI, »,
sino airaltima.
1 Posciachè Taccoglienze oneste e liete
Furo iterate tre e quattro volte,
Sordel si trasse e disse : voi chi siete ?
2 Prima ch'a questo monte fosser vòlte
L* anime degne di salire a Dio
Fur r ossa mie per Ottavian sepolte.
3 r son Virgilio: e per null*altro rio
Lo ciel perdei che per non aver fé :
Cosi rispose allora il duca mio.
h Qual è colui che cosa innanzi a sé
Subita vede ond' ei si maraviglia,
Che crede e no, dicendo ; eli' è, non è;
2. Prima. Virgilio morì nelV anno quaran-
tadue d' Augasto , innanzi che Cristo nasces-
se : e innanzi Cristo l'anime de' purganti an-
davano al limbo. — Sbpoltb. Donat.: Tranr
ilata justu Augutti , Vir^lu oua , NeapoUm
faen . . .
3. Rio. Sost. ( Inr, IV , 14 ).—Flt. Mae-
stro delle sentenze ( I. IH , dist. 25 ) : Sine
fide mediatori» nuUum hominem vel ante vel
poit Christ^ cuiventum fuiite foloiim, tanclo-
mai oueloriunaf con(«sia(i»r.
5 Tal parve quegli : e poi chinò le ciglii;
E umilmente ritornò vèr lui,
£ abbracciollo ove 1 minor s'appiglia.
6 O gloria de* Latin, disse, per cui
Mostrò ciò che potea la lingua nostra!
0 pregio eterno del luogo ond* io fui ,
7 Qual merito o qual grazia mi ti mosM?
S* i* son d' udir le due parole degfx> ,
Dimmisevien*d'inferno, ediqualchiosln.
8 Per tutti i cerchi del dolente regno.
Rispose lui, son io di qua venuto.
Virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno.
5. Minor. Alle ginocchia ( Stazio , XXI )•
Pnrg.: Già ti chinava ad abbracciar U pklH
Al mio dottor. Ar. : E V abbraeeiava ooi 1
magaior $* abbraeciat. Altrove : Grifon , «a*
dendo 'l re fatto benigno , Vennegli per gSt'
tar le braccia al collo : Lasciò la epadm e
V animo maligno , E iotto V anche 9d ìumU
abbracciollo.
G. Nostra. Latini chiama gì' Italiani pNÉ
volte ( Inf., XXVII ; Purg., XIII ).
CANTO VII.
SC7
9 NoD per far, ma per non fare ho perduto
Di veder V alto Sol che tu disirì,
E che fu tardi per me conosciuto.
10 Luogo è laggiù non tristo da martiri ,
Ma di tenebre solo, ove i lamenti
Non suonan come guai, ma son sospiri.
il Quivi sto io co'parvoli innocenti,
Dai denti morsi della morte avente
Che fosser dell'umana colpa esenti.
13 Quivi sto io con quei che le tre sante
Virtù non si vestirò, e senza vizio
Conobber l'altre e seguir tutte quante.
IS Ma se tu sai e puoi, alcuno indizio
Dà noi^ perchè venir possiam più tosto
Là dove 1 purgatorio ha dritto inizio.
14 Rispose: luogo certo non e' è posto:
Licito m'è andar suso ed intorno.
Per quanto ir posso, a guida mi t'accosto.
15 Ma vedi già come dichina '1 giorno,
E andar su di notte non si puote :
Però è buon pensar di bel soggiorno.
16 Anime sono a destra qua remote:
Se mi consenti, i* ti merrò ad esse,
E non senza diletto ti Gen note.
17 Com'è ciò? fu risposto: chi volesse
Salir di notte, fora egli impedito
jy altrui ? 0 non sarria che non potesse?
10. Tbnbbrb. La luce che Dante vede nel
IT dell' inf., e il luogo laminoso è pe' soli
nfrlli illustri e booni : non già per gii altri.
^SoSFUi. Inf. IV, 25).
11. Dbnti. Petr.: Gli ejfremt morsi Di quella
cà'to con tutto il mondo aspetto. Mai non
iS.Tui. Fede, speranza, carità. Paul. (Roro.,
n ) : Gemtee quae Ugem non habent , natU"
fwiSter §a quae legie tunt, faeiunt. S. Tom. ,
Uff Biostrt non potersi «?ere speranza né ca-
rila senza fede.
iJ. Noi. Parg., XXXI: Fa' noi grazia. —
Damo. Brunetto : Dritta madre ptr vera.
14. Gbito. Yirg.: NulU eerta domue: hh
«il hakitamui antuii.
f7. Sauua. Sarrà pertoZtrdè nelCrescen-
jte « e nel GavaleaDti.
18. Dito. Joan. : Digito seribehat in terra,
19. TkHBBiA. Jo. ( XII. 55 ) : Ambulate
émm ìiueem habetis , ut non vo» tenebrae eon^
pnÀmdani. Is. (Vili, 22) : Ecce tribulatio
«f Unebrae ... et caligo persequene, et non
f9iBTit ovotofH de anguetia $ua.
SO. Goioio. Boei.: Ckuutim ruerH diem.
18 E 1 buon Sordello in terra fregò 1 dito,
Dicendo : vedi, sola questa riga
Non varcheresti dopo 1 sol partito.
19 Non però eh* altra cosa desse briga
Che la notturna tenebra, ad ir suso;
Quella col non poter la voglia intriga.
20 Ben si porla con lei tornare in giuso
£ passeggiar la costa intorno errando
Mentre che l'orizzonte il di tien chiuso.
21 Alloral mio signor, quasi ammirando.
Menane, disse, dunque là Ve dici
Ch'aversi può diletto dimorando.
22 Poco allungati e' eravam di liei
Quando m'accorsi che 1 monte era scemo
A guisa che i valloni sceman quici.
23 Colà, disse quell'ombra, n'anderemo
Dove la costa face di sé grembo,
£ quivi '1 novo giorno attendereoK).
2<h Tra erto e piano er'un sentiero sghembo.
Che ne condusse in fìanco della lacca
Là ove più eh a mezzo muore il lembo.
26 Oro e argento fine e cocco e biacca»
Indico legno lucido e sereno.
Fresco smeraldo in \ ora che si fiacca «
26 Dall'erba e dalli fiordentroa quel seno
Posti, ciascun sana di color vinto
Come dal suo maggiore è vinto '1 meno.
28. Allungati. V. S. Girolamo : Non al-
lungare il tu* aiuto da me. — Liei. É faor
di rima nel Pataffio; e il Bocc: QuicietUro.
— ScBMO. Nel seno del monte era cavata una
valle.
24. Lacca. Cavità. Il sentiero era acclive.— -
Limbo. Dove ravvallamento e men fondo, il
lembo della cavità è più che della metà piò
basso che nelle altre parti. Esso lembo quasi
finisce e muore nel luogo ove ravvallamento co-
mincia: onde con tre passi si scende nella valle»
come dirà nellVIU. L' amenità del luogo, dice
l' Ottimo, è data a pena, per pungere via più
il desiderio di questi che già fbrono negligeniì.
35. Oro. Qui Pietro cita ilvirg.: Degenere
loeos laetoe, et amoena vireta. — Cocco. Plin.
(IX,41): Coeeum GcUatiae rutene granum. — Izf-
pico. Virg.: Sola india nigfum Fert ebenum.
Nasce anco in Etiopia. — Sereno. Plin. cosi lo
dipinge: Ifigri eplendoris, oc, vel tine arte, prò-
tmtif jueuniU. — Fiacca. Rompe ; perchè nel
punto delle rottura è più vivo. Inf., Yl\: L'ai-
ber fiacca. OtI. » li, 055) : lemeraldo tiene il
prineipeuo di tutte le pietre verdi: a nulle gem-
me 0 9rb9 WMggion «trlu i a.
268
DEL PURGATORIO
27 Non avea per natura ivi dipinto.
Ma (li soavità di mille odori
Vi facca un incognito indistinto.
28 Salve, Regina/in sul verde e 'n su* Oori
Quivi seder, cantando, anime vidi
Che per la valle non parén di fuori.
Ì9 Prima che '1 poco sole ornai s* annidi,
Cominciò '1 Mantovan che ci avea vòlti ,
Tra color non vogliat^h' io vi guidi.
30 Da questo balzo megno gli atti e i v<|(ti
Conoscerete voi di tutti quanti,
Che nella lama giù tra essi accolti.
31 Colui che più sied*alto e fa sembianti
27. DiPiXTO. Virg. : MolUa UUeola pingit
vaccinia caUKa. — Indistinto. Sost. È Del-
l' Ariosto.
28. Cantando. Virg. fa i suoi betti; lae
tum,., Pueana ean«nCef. Dante dA loro la Sol-
ve. Regina : che nell' uffizio si recita a com-
pieta, e Siam già sulla sera, ki quella prece
si nomina l'esilio, e la valle di lagrime. —
Ville. 11 lembo della valle ancor alto le na-
scondeva : e* comincia a vederle Udore il lem-
bo muore.
^. Soli. Qui Pietro cita il virg.: folMii^ua
SMim , tua sidera, noruni.
30. Balzo. Per contemplare taU nomini ,
dice Pietro, conviene elevarsi. Virg. (VI, 752):
AcUumque, unaque SUryllam, Conventut trahit
in mediot turbamque ionaniem; Et tumulum
eapU, unde omnes longo ordine possii Àdvena
legete et venientum dùcere vuUui. Petr. ( Tr.
Am.}: Ascendemmo in luogo aprico.— -Lama.
U basso della lacca (Inf.» XX).
31. Alto. Come imperatore romano , dice
rAnonimo. Parrà più basso Guglielmo marche-
se. — Bocca. 1 più negligenti, e ipiù lontani
da espiazione, non cantano*
32. Ridolfo. Fondatore della casa d'Austria.
Fu eletto Imperatore nel 1273, morì nel 1290.
Vili. (VII , 54): 5» aveste voluto panare in
ItaUa , tenta contratto »' ara tignare. Do-
veva, aggiunge l'Ottimo, liberare Terra Santa,
e noi fece. — Ricrea. CIc. ( Prov. Cons., 3 ) :
Jla vexata ett , vix ut te pottU diuturna pace
reereare. Ricrea per ricreerà; come rieorca
per rieoreherà ( Purgatorio, VII!» 45).
33. Conporta. Perché valoroso.
34. Ottachbro. Genero di Rodolfo, figlinolo
d'un altro Ottachero. Questo figliuolo dominò
la Boemia, la Stlria, l'Illirla. Re di Boemia
dove corre l' Albia o Albis , od Elba di cui
Lucano : Fùnda ab extremo ftaioot Aquilane
Sucvos Albit ... Questo fiume raccoglie io sé
D' aver oeglotto ciò cho far dovei,
E che DOD move bocca agli altrui canti,
32 Ridolfo imperador fu, che pelea
Sanar le piaghe eh* hanno Italia morta.
Si che tardi per altri si ricrea.
33 L* altro che nella vista lui conforti
Resse la terra dove V acqua nasce ,
Che molta in Albia e Albia in mar ne porta.
3&> Ottachero ebbe nome: e nelle fasee
Fu meglio assai che Viocislao suo figlio
Barbuto, cui lussuria ed ozio pasce.
35 E quel nasetto che stretto a consiglio
Par con colui ch'ha &1 benigno aspetto,
tutti gli altri della Boemia , non che la Mol-
dava ; che Mulda si dice in latino , e ia to-
desco Multatp: e si porta all'Oceano. Otta-
chero invitò Ridolfo alle Imprese d'ilalla e di
Terra sanu. E (dice l'OU.) offerte tè , 9 me
uente, e danari.,. Fu,,, tignare largo # Uèen*
le, e valentittimo in arme. R re Ridolfo, fti
occupare U detto regno,., li corte sopra, o/I-
dono battaglia eampettra nel ITTI , dem—
Ridolfo ueeite ... Ottachero, — Vincislao. 01*
timo : Del quale rimate , . . Vineitlao
Simo topra gli altri uomini: ma non /W «fi
fu eecletiattico mantueto ed umile, e poco «m
rimatene uno fanciullo» nome anche Fmastea^
e in eotiui finirò i re di Rttemia deUa tckiaito
<f Ottachero, A' pie di Venceslao fa gittata la
corona di Polonia e d' Ungheria, ed egli lina
si lasciò cadere alla parola di Boninizio VU(
r altra pose in capo al giovane suo figlinolo :
ma Bonifaxio gliela tolse e la diede alla fr
glia della bella Clomeoza Maria mhia A
Napoli.
35. Nasetto. Filippo IH , l' ardito , éi
naso piccolo. — Benigno. Guglielmo re <ll
Navarro figliuolo dei re Tebaldo e san-
cero del re Filippo il Bello. — Fu««Baao.
Nella guerra di Filippo III di Francia tea
Pietro III d' Aragona. Ruggieri d' Oria , a»
miraglio di Pietro, entrò in Catalogna, scar
fisse la flotta francese: onde Filippo, non po-
tendo più trarre vittovaglie all'esercito di Fer^
rara , lasciò l' impresa; e multi de* tooi ai^
riron di fame : egli di dolore mori in Fer*
pignano. Anù fu questo FUippo re di Francia»
il quale motee la guerra contro a Fiero d'À'
ragona, però che la Chieta di Roma nel liftt
pHvò il detto Piero della dignitade dei pt^
pria regno , però che avea occupata SieìKa
conceduta nel 1262 per papa Urbano al if
Carlo vecchio ... e concedette U detta regnt
d'Aragona a Cario, figliuolo dei detto re Ft-
CANTO VII.
269
Hori fug2(^ndo, e disfiorando 1 giglio.
96 Guardate là come si batte 1 petto.
L* altro vedete ch*ha fatto alla guancia
Della sua palma, sospirando, letto.
37 Padre e suocero son del mal di Francia:
Sanno la vita sua viziata e lorda,
E quindi viene *1 duol che si li lancia.
SBQoelcheparsimembnitoeche s'accorda,
àntando , con colui dal maschio naso,
V ogni valor portò cinta la corda.
E se re dopo lui fosse rimaso
Ufp9. Al gwiU aequistan il re Filippo evi
(Ufi della barùnia , • cavalieri frane etehi si
MMw; • p€r grazia del re di JUaiorica tenen-
do U eammino del lago della marina, venne
die muedio di Girona ; e quiivi , abbondata
^rmiiiuta per la corruzione deUa aria.,, co-
^WUù, infermo, ti detto re Filippo, per gra-
ppi 9meceduta dal re Piero, ii partì, e..,mo-
i • Ferpignano ( OUimo }.
M. ixTRO. 11 saocero di Filippo, Gaglielmo.
S7. Mal. Filippo il Bello MontfiQCon: /{ é-
WH wMUaHf jusqu' à l* excé», dur et impito-
^Me à $u eujets. Pendant le coure de eon
4§tmt fi y cut plus d'impóte, de taxes, et
U maiidtM , 91M dane tout Ut ragna prece-
iMlk Qotndo DtDle scriveva queste cose, Fi-
ippo era vivo: morì nel 1314. — Lancia. A1-
mn Cr»: Colui ti quale eglino lanciarono
iMifiieront ).
SB. MsMBRUTO. Pietro III d' Aragona, prò-
iìMÌibo, dice il figlio di Dante. Nello ttem-
um nfwm Aragonae aggiunto al Rationarium
ìtmforum del Petavio, chiamasi magnue. Ott.:
fie $nm$o del corpo , e forte d' animo e di
Vi. — S' ACCORDA. Ott. : Sì come etti fu-
éiieordi in prima vita per via d'occupa-
éMi re§no di Sicilia ... co A qui purgan-
t» toro ncgligenia divenuta per occupazione
» fatto ft arme ... per amore e' accordano, e
Uùweio: Salve, Regina, mater misericordiae ,
te, duleedo et spes nostra salve ... Piero
f Arm§ona ... fu valente etperto in fatti d*ar-
■0 -. f recò soUo la tua tignoria più genti
é mUmtM regno occupato dai Saracini verto
s J|pMia.— Naso. Carlo il Vecchio di Puglia,
MU di Provenza. Ott.: Avea grande naso,
W è mgno di molta ditcrezione. — Corda.
Pfetv.» XXXI. * Aecinxit fortitudine lumbot tuos.
J^» ZI: BrU justitia cingulum lumborum ejus;
t fàm einetorium renum ejut,
Wè. Retro. Alfonso d'Aragona suo prìmoge-
9 rimile al padre in bontà. Regno in Ara-
poco; gli successe Giacopo secon-
logMito, e Fedeiigo l'altro liracdio ebbe la
Lo giovinetto che retro a lui siede,
Bene andava il valor di vaso in vaso.
kO Che non si puote dir deiraltre redo:
Giacopo e Federigo hanno i reami;
Del retaggio miglior nessun possiede.
hi Rade volte risurge per li rami
L* umana probitate : e questo vuole
Quei che la dà, perchè da lui si chiamL
i2 Anco al nasuto vanno mie parole ,
Non men ch*aIFaltroPier checon lui canta.
Onde Puglia e Provenza già si duole.
Sicilia. Onde dice rimato, cioè pib langamen-
te vissuto. Vili. (VII , 101). L' Ottimo dice
d' Alfonso : Morì giovanetto , pieno di buona
stificansa ( 0 scienza ) , onoratore di voUest-
tt uofittm , liberale e virtuoto amatore di gieh
ttizia , e magnanimo in volere acquietare.
Guerreggiò contro Carlo d* Angiò per difesa
della Sicilia. — Vaso. Jer. ( XLVllI, 11 ) :
FertiUt fuit Moab ab adoleseentia tua , et r^
quievit in faecibut mii: neo trantfutut ett de
vate tft V€Lt,
40. Giacopo (Vili., X, 44; XI, 73). L'Ott.: il
secondo fu donno Iacopo, il quale dopo ia
morte del padre nel 1285, fatto donno Anfip-
so re d* Aragona, fu fatto re di Sicilia, U
quale fece grande guerra contro a* „, sue ce»-
tori del re Carlo; finalmente ti pacificò cotk
la Chieta e co* detti tuccettori, e *l tuo fratello
ritenne la Sicilia contr'alla Chiesa ed a quek-
li della casa di Puglia, non ottante la detta
pace e parentado contratto per lo fratello con
la detta ctua ; la qual guerra a interpolati ten^
pi ha dato moUo ditpendio aUa eata di Puglia
e U Siciliani hanno tostenute doglie e dannu
Nel 1299, Alfoiùo per istigazione di Boniùb*
zio s'armava contro Federigo re di Sicilia
fratel suo; nel 1300 Io vinceva • ma indarno^
in navale battaglia. — Rbtaggio. Cic, OS.:
Optima ... hereditat a patribut traditur Itò»-
rit, omnique patrimonio praettantior, gloria
virtutit rerumque gettarum: cui dedecori ette.
nefat et impium judicandum ett.
41. Rami. Traslato preso dall* albero gene»-
logico. — DÀ. S. Jacob.: Omne d€Uum optimutA,
Se i figli di buon padre fosser buoni, diremiDo
la bontà venire dal sangue, a Dio non la chie-
deremmo. Nel Conv.: Più volte aUi malvagi cfee
alU buoni pervengono U retaggi . . • Così
fotte piaciuto a Dio che quello che domanda
U Provenzale fotte ttofo, che chi non è reda
della bontà, perdette il retaggio dello avere.
Eccl. (XXIII, 35 ): Non tradent filii ejut rch
dice», et rami 9«f non dabunt fructum»
42. Nasuto. D" Angiò. ^PAHOLiSap. (VI,
«0
DEL PURGATORIO
fc3 Tan^ è del seme suo mÌDor la pianta ,
Quanto, più che Beatrice e Margherita,
Costanza di marito ancor si vanta.
hk' Vedete il re dalla semplice vita
Seder là solo, Arrigo d'Inghilterra;
10 ): Ad voi ... regu twU hi termann met\
ut diseatittapUntiam. — Duolb. OU.: Sono tali
discendenti { di Carlo l ) , che te ne duole o-
gni terra oÙramontarM e cUràimontana a loro
suddUa»
43. Gostanza. CU.: Goftanga..M vanta anr
Cora d' avere marito , con tutto eh* eUi tia
morto, per U Rgliuoìi che di lui ebbe, rispetto I
di queUi che ael re Carlo e di etta donna ri- 1
mastro. Figliuola di Manfredi ( Parg., Ili ),
moglie a Pietro III, d' Aragona, vivente anco-
ra nel 1300; Margherita e Beatrice, figliuole
di Carlo il Zoppo, oepoti del Tecchio Cario ,
mogli di Giaco pò e di Federigo. Altri inten-
de, Beatrice moglie di Carlo d' Angiò, e Mar-
gherita, di Luigi IX di Francia: perchè, dico-
no, le mogli di Giacopo e di Federigo si chia-
mavano Bianca ed Eleonora , non Beatrice e
Margherita (Glanoettasio, St.di Nap., l.XXII).
A questa Interpretazione favorisce Y ancor:
come dire: Gostanza eh' è ancor viva; e le
altre son morte.
44. SxMPLici. Arrigo III , figUnol di Rie-
Questi ha ne*rami suoi migliore uscita.
h& Quel che più basso tra costor s'atterra,
(juardando'nsuso, èGuglielmo marchese,
Per cui Alessandria e la sua guerra
k6 Fa pianger Monferrato e 1 Gaoavesa
cardo : Fu eemplice ... e di buona fede, e di
poco valore. — Solo. Perchè rari i sempUcL
L' Ott. : Arrigo . . , fu coronato r§ né
1278 ... di lui nacque U buono re Adoeaéè ,
ti quale vivea al tempo che V A, eomtfmets
questa opera ; il quale fece in stia vUa é^ Mfa
e grandi cose. Però dice migliore uscita. Lodi
Eduardo anco il Vili. — Uscita. Yirg.: MaMt
ad coelum ramis felicibus arbos.
45. GuGLiBLMO. Di Monferrato. Con gli Asti*
giani e co* Pavesi aveva guastate le terrt M>
lessandria, e il Novarese, e quel di M ilM»yf
quel di Piacenza. In Alessandria nel i9M 8i>
bitamente levandosi a romore i cittadini , ft
preso; e, chiuso in gabbia di ferro, dopo dM#
sette mesi morì. Il figliuol suo foggi in fflf*
venia a Invocare la vendetta straniem. li
non gli successe nella signoria.
46. PiAifGBn. Sì perchè sono privati ésU^
no signore , e si perchè sono venuH $Ht§ 9
governo di straniero erede ( Ott. }• Ma
intendasi della guerra che per lai
Jr
^71
CANTO vra.
ARGOMENTO.
M pregano : giungon du* Angeli e U difèndono dal eerpente t Inferno.
0 nella vaUe , conotee Nino gindieo , amico ino, $ Corrado JKiIaipìfia,
mot buoni ospiti.
irle dell' esilio si alternano alle speranie e alle YiaioDi del eielo. E già I prinrf
t0 spirano in modo celeste la malineonia dell' esilio. Tatta la cantica è serena
nte speranze : e non mai l' animo di Dante fti si paro e si nobile. Neil' Inferno
lo intorbidano ; negli aitimi del Pargatorlo il quadro s' annera ; nel Paradiso
f abbattimento d'an' anima disperata dfogni gioia terrena: la mente non il
irla.
tersine 1 alla 13; la 15 aUa 32; U 34 alla 41 ; U 44 e U 45.
*ora che volge il disio
iti e 'ntenerisce '1 core
lian detto a' dolci amici addio,
novo peregrin d*amore
9 ode squilla di lontano
1 giorno pianger che si more :
»*oconiincìai a render vano
) a mirare una dell'alme
I r ascoltar chiedea con mano.
3i' ha a fare lango riaggio, e ha
Ielle amate cose recente. — Pun-
ra : Le $teUe ti mostravano di
lJae$ano giudieàn che piange»-
ma quando il dì si doìe Di lui
l Terno) che pano passo addietro
racerano. C. V: La 've *l voeabol
vano (cfssa). — Surta. Sedevano
SS). — Mano. Or.: Voce flnofiw-
B eomprtssit. Virg.: Significatque
3§no eimMl ineipU ore.
I. Come 8' accenna oe* Salmi.
6
Ella giunse e levò ambo le palme.
Ficcando gli occhi verso V oriente ,
Come dicesse a Dio : d'altro non cdme:
Te luds ame sì devotamente
Le usci di bocca e con si dolci note
Che fece me a me uscir di mente.
E Taltre poi dolcemente e devote
Seguitar lei per tutto l'inno intero.
Avendo ^ occhi alle superne rote.
r
S. Lae. , 1: Orisfit e» alio. Lattant.: Ortent
eimUie Dea eeneetur , quia ipse Uumnie fim$
et iUustrettor est rerum.
5. Tk. Inno della compieta , a difendere
l'anima dalle tentasioai notturne. Pregane»
perchè prega a qaell* ora la Chiesa , e pregan
per r anime restate nel mondo : Hoetemque
noetrum eompriiiif. Vedremo venire l'antico av-
▼ersario stmoolo della tentasìone , che il P.
dofeva f incero porgendosi in virtù ; e sim*
bolo del nule die le anime parganU doveva-
no in lor viti svitare » o non sempre voUenk
272
DEL PURGATORIO
7 Aguzza qui, lettor, ben gUocchial vero;
Che 1 velo è ora beo tanto sottile
Certo , che*l trapassar dentro è leggiero.
8 r vidi quello esercito gentile
Tacito iiopcia riguardare in sue.
Quasi appettando, pallido e umile.
9 E \idi uscir dell' alto e scender giuo
Du' angeli con due spade affocate ,
Tronche e private delle punte sue.
10 Verdi come foglielte pur mo nate
Erano in veste, che da verdi penne
Percosse traean dietro e ventilate.
11 L' un poco sovra noi a star si venne ,
E l altro scese nell* opposta sponda,
SI che la gente in mezzo si contenne.
1 2 Ben discerneva in lor la testa bionda ,
Ma nelle facce f occhio si smania.
Come virtù eh' a troppo si confonda.
7. Velo. Pietro : Dal velo iotiiU più facil
menu ti vede , però talvolta n omette di guar^
tlar fiso. O meglio : quando il velo è traspa-
rente , ci si passa attraverso , come se DuUa
fusse , e si squarcia. Ama ì\ P. celare sotto
UrmQ simboliche il sao concetto. Si rammenti
il IX dell' luf. Nella V. Nuova: A più aprire
Ut intenzione di quetta canzone si eonverrebis
usare di più minute dtvtttoni : ma tuttavia
rJii non è di tanto ingegno che per queste che
5on fatte la po$ia intendere , a me non di-
%piace »e la mi Uueia tiare : che eerto io temo
tU avere a troppi comumeofo ti nio tnfefidì-
mento. Altrove: iVé t poeti padano coti tensa
ragione , né quelli che rimano devono par-
Lare coti, non avendo alcuno ragionamento in-
tero di quello che dicono : perocché gran ver-
gogna tarebbe a colui che rimaue cosa eotto
vetta di figura di colore rettorieo: a, doman-
dato , non tapette denudare le tue fiarota da
cotal vetta in guisa che avessero verace inten-
iiimento. Non però che alla profondità del
concetto e' non volesse conciliare la leggia-
dria delle forme. Dice in ona cani. (IV, 1):
Canzone , io credo che saranno radi Color
che tua ragione intendan bene : Tanto lor
parli faticata e forte. Ma se per avventura
egli addiviene Che tu dinnansi da persone
vadi Che non ti paion d^ essa bene accorte »
Ij, prego allora che tu ti eonforte E dica ...
I\mete mente almen compio Son bella. Conv.
(1,2): Intendo mostrare la vota lanlfiua
di quella , che por alcuno vedere non si può,
s' io non la conto , perché nascosa sotto fi'
gura «i* allegoria , e questo non solawtmte darà
diletto buono a vedere $ ma sottile ammao-
13 Ambo vegnon del grembo di Maria,
Disse Sordello, a guardia della valle.
Per lo serpente che verrà via via.
ìi Ond' io che non sapeva perqual calle ,«
Mi volsi 'ntorno . e stretto m' accostai
Tutto gelato a lo fidate spalle.
15 £ Sordclioanche: ora avvalliamo omaj
Tra legrandiombre;e parleremoad esse «
Grazioso fia lor vedervi assai.
16 Soli tre passi credo eh' io scendere,
£ fui di sotto; e vidi un che mirava
Pur me, come conoscer mi volesse.
17 Temp era già che 1* aer s'anneravi,
Ma non si che tra gli occhi suoi e* miei
Non dichiarasse ciò che pria serrava.
18 Yér me si fece , ed io vèr lui mi Tei.
Giudice Nin eentil, quanto mi piacqus
Quando ti vidi non esser tra' rei !
ttramento, e a eo^ parlare e a coti tat»
dere V altrui scritture.
S.Tacito. Par pregando. MaCt., XVII, citils
da Pietro : Hoc . . . geniu non egieitur ma
per orattonam.— Sui. Ps.: Levavi oculoe msm
in montes , unde veniet auxilium mtAi.
9. Affocate. D* amore. L' apostolo, clMto
da Pietro : induite vos armaturam DÓiinmih
tute, ut postitis stare adversut insidias dùA^
li. La spada fiammante d* un Gherabinu diAih
de, secondo la Gen. , 1' entrata del parate
terrestre. ^ Tronche. Perchè possiamo Am^
lo, non vincerlo. O, dice BenTenuto, percjiéll
giustizia è temperata dalla misericordia.
10. Verdi. Di speranza. G. Ili:
jLa Ila fior del verde.
11. Mezzo. Is., citato da Pietro: 5iiptr w^
ros tuos, Jerutalem , conttitui custodm^ E p^
custodi, s. Bernardo intende gli Angeli,
da' due iati per difendere da' due eccessi.
i%. Bionda. Simbolo , dice Pietro , di
fetta virtù. Ott. : Li biondi capelli,
dono da buona complessione. — Troppo. AriiU
Mxcellentia sentatorum eorrumpit sentsts. It
faccia » come parte più nobUe , splenda? a pft
forte.
13. Maria. In Christo , dice Pietro , sMi*
^iiult sumus remedia cofitm daemonei. Marti
è nel più aito de' cieli ( Par., XXXI ). — Vuu
Or ora.
17. Temp*. Virg.: Bunc ubi via mallo. ••
eognovit in umbra. — Sieeava. Alimi
chiuso per celalo.
18. Nix. De* Visconti di Pisa , pria» mi
rito a Beatrice» figlinola d' Obizzo d'Esla;
deefmo^arto giadice di Gallura in Sardsgtt:
CANTO \1IL
873
19 Nullo bd salutar t^a noi si tacque.
Poi dimandò .* quant* è che tu venisti
Apniè del monte per le lontane acque ?
9D Oh, dissi lui , per entro i luoghi tristi
Venni stamane: e sono in prima vita,
Ancor che Taltra , si andando , acquisti.
91 E come fu la mia risposta udita,
Bordello ed egli indietro si raccolse
Come gente di subito smarrita.
32 L*uno aVirgilio, e l'altro a un si volse
Che sedea li, gridando: su, Currado ,
Vieni a veder che Dio per grazia volse.
23 Poi vòlto a me: per quel singoiar grado
Che tu dei a Colui che si nasconde
lo suo primo perchè, che non glie guado;
2i Quando sarai di là dalle larghe onde,
Di* a Giovanna mia che per me chiami
Là dove agi' innocenti si risponde.
25 Non credo che la sua madre più m' ami
capo de'Ga£lfi, nipote del conte Ugolino. Vili.
( VII , 120 ) : ;Ve( 1298 fu cacciato di Pisa,
9 andouene in Maremma; quivi fece grande
fvtrra contro i Pisani : e guerreggiando mo-
fl. Da tre anni adunque aspettava in Purga-
tofio. QnaDti de' suoi conoscenti rincojiira il
Tm pur ne* primi canti ! Tant* alla idea della
atnezfone della virtù gli sedeva ncll' animo.
^■esio Nino combattè contro Arezzo co'Fio-
IWIÌdI guelfi a Campaldino nel 1289: e quivi
iNte r avrà conosciuto il P. — Rei l Sape-
va » dice il Post. Caet. , che Nino avea mos-
ti più volte guerra alla patria. Ott. : Bello
M corpo , e magnanimo,
19. L02ITAKI. Dal Tevere. Più sotto : Lar-
ffca onde.
93. Grido. Bingraziamento , gratitudine.
Btjec. : Cotal grado ha chi tigna pettina, —
^u Fer vi: Inf. XXIII; Pfon gli era tospet-
fa. -^ Guado. Profondi sono i giudizii di Dio.
Vado biblico.
14. GiOTiXNA. Figlia di Nino , poi moglie
a Riccardo da Clamino : e non Gherardo da
CiBdoo lodato nel Purg. , XVI. Ma forse nel
1300 non era ancor moglie, e P Ott., la dice
piccola.
ift. Madrb. Beatrice d' Estc , moglie di Ni-
ipa , poi maritatasi nel 1300 a Galeazzo Vi-
amtl di Milano figliuol 4i Matteo : sorella
di Ano Vili. — Biacche. I Siracusani , quei
dr Argo f le donne romane vestivano bianco
ài aejmo di lutto. A' tempi di Dante eran
iineSi le bende , la vesta nera. Bocc; Guar-
éfB 99m$ m cotoi donna ttan beng lo bonda
Poscia che trasmutò le bianche bende
Le qua^convien che «misera, ancor brami.
26 Per lei assai di lieve si comprende
Quanto in femmina foco d*amor dura
Se l'occhio 0 1 tatto spesso noi raccende.
27 Non le farà si bella sepoltura
La vipera che i Meìanesi accampa ,
Com* avria fatto il gallo di Gallura.
28 Cosi dicea segnato della stampa
Nel suo aspetto, di quel dritto zelo
Che misuratamente in core avvampa.
28Gliocchimiei ghiotti andavanpure al etelo
Pur là dove le stelle son più tarde
Si come rota più presso allo stelo.
30 £1 ducamio:figliuol,chelassùgaarde?
Ed io a lui: a quelle tre facelle
Dì che*l polo di qua tutto quanto arde.
31 Ed egli a me: le quattro chiare stelle
Che vedevi stamau, son di là basse;
bianche e % panni nori (Lab. Ara. ). — Brami.
Era meo giovane di cioqo'aDDÌ.
26. Amor. Ov.: Sueeeuore novo vindtur om'
nis amor.
27. Vipera, Arme de' Visconti. Verri (Disi,
de tit. et ins.): àfajoret nostri, publieo decreto^
sanxerunt ne castra mediolanensium locaren-
tur nisi vipereo signo ante in aliqua arbore
constituto, — Mklakbsi. Anco in prosa (Gre-
se. II , 157). — Gallo. Arme di Nino , giu-
dice di Gallura. Dice il P. che meglio sareb-
be a Beatrice scolpire sulla sua sepoltura il
gallo che la vipera , iodizio della sua biga-
mia : cosa dagU antichi avuta in dispregio.
Rammenta quei di Lue: Liceat tumulo leri-
psisse : Catonis Mania, OU. : Furon cacciati
( i Visconti ) di Melano per quelli della Tor-
re; cusai disagi sofferse questa donna col suo
marito, sì che più volte bramasse lo stato del
vedovado di prima, V. Corio , parte li.
28. MisuRATAMBNTB. Non ìsdcgno lo move,
ma diritto amore della moglie immemore , e
pietà de' suoi mali.
29. Tarde. Vicino a tramontana , perchè i
cerchio da girare è più piccolo. Il P. non ave-
va veduto mai il polo antartico , dove le stel-
le , come nel nostro, fanno in ventiquattro ore
un giro più corto dell' altre.
90. Ter. Virtù teologali : fede , sperania ,
carità.
31. Quattro. Virtù cardinali. Prima vede
le quattro virtù morali ed umane; poi le Ire
virtù della grazia ( e. I, 23 ). Ott.: Dove tra
tu loia eonoMmsa dì vjhrtt^ morale^ ora è vo-
35
Kk
DEL PURGATORIO
E queste son salite ov* eran quelle.
38 Coin*ei parlava , e Sordello a sèi trasse
Dicendo : vedi là il nostr' avversare.
£ drizzò '1 dito perchè in là guatasse.
33 Da quella parte onde non ha riparo
La picciola vallea , era una biscia,
For^ qual diede ad Eva il cibo amaro.
3k Tra l'erba e i fior venia la mala striscia,
Volgendo ad or ad or la testa , el dosso
Leccando come bestia che si liscia.
35 Io noi vidi , e però dicer noi posso,
Come mosser gli astor celestiali ;
Ma vidi bene e V uno e V altro mosso.
36 Sentendo fender V aere alle verdi ali ,
Fuggio'l serpente, e gli angeli diér vòlta.
Suso alle poste rivolando iguali.
37 L' ombra che s' era al giudice raccolta
Quando chiamò , per tutto quello assalto
Punto non fu da me guardare sciolta.
nuto totto il governo delle tre virtù teologi-
che, — Salite. Oli. : Quando egli vscì dello
Inferno , . . Venw era nella parte orientale ,
che precedea il sole , e il Carro era a tramon-
tana: ora dov*era il Carro , sono queste tre
stelle; sì eh* è passato uno dì artificiale,
32. Av^-BRSARo. Come varo per vario (Inf.,
IX ) S. Petr. : Adversariui tester diabolus ...
circuii , quaerens quem devoret. Cui resistite
fortts in fide. Anco questa è aDtifona della
compieta.
33. Riparo. Il monte aTTallandosi , dove-
va nella parte opposta a quella donde scese-
ro i P. , lasciare la saa caviti senza sponda
o rialzo. Il demonio viene da quella parte per-
ché la tentazione coglie P nomo là dov' egli
è disarmato. — Biscia. (Gen. » III ). — Ama-
ro. Gen. ; Mulieri dixit Deus : muUiplicabo
aerumncu tuas,
34. Striscia. Il serpente. Il Lippi chiama
striscia la spada (e. XXXVII). — Liscia. Per
esprimere la dolcezza delle lusinghe che fa
il malvagio al malvagio , e il malvagio a sé
stesso.
35. Astor. Indica la prestezza e la forza.
36. Posti. Inf. , XXI : Dì qua di là di-
scesero alla posta, — Iguali. Igualemente è
nel Conv. e nel Parad. Vlrg. : Se paribue per
voelum sustulit alis.
37. L'ombra. Currado. — Sciolta. Nel e.
IV , dice le potenze dell' anima sciolte dall'
attenzione o legate.
38. Lucerna. La grazia. Parg. XXII: Qual
tote 0 quai eaifuMe Ti stwebrann ..? ^ Ci-
38 Se la lucerna che ti mena in alto
Trovi nel tuo arbitrio tanta cera,
Quant'ò mestiere inaino al sommo smalto,
39 Cominciò ella ( se novella veri
Di Valdimagra o di parte vicina
Sai) dilla a me che già grande là era.
kO Chiamato fui Currado Malaspina:
Non son V antico, ma di lui discesi.
A' miei portai V amor che qui raflìna.
ki Oh, diss' io lui, perii vostri paesi
Giammai non fui : ma dove si dimora
Per tutta Europa, ch'ei non siaa paleaS
Vi La fama che la vostra casa onora
Grida i signori e grida la contrada,
Si che ne sa chi non vi fu ancora.
k^ Ed io vi giuro , s* io di sopra vada.
Che vostra gente onrata non si sfregia
Del pregio della borsa e della spada.
kh Uso e natura si la privilegia
RA. Merito , valore , in te» — Smalto. Di
Bori ( e. XXVllI ).
40. Antico. Marito a Costanza sorella del
re Manfredi privilegiato da Ottone imperato-
re. Il secondo Corrado che qui rincontriamo
è fìgliuol di Federico , figliaol di Corrado t
antico. — Amor. Ebbe dalla moglie io dota.
nna città ed un castello in Sardegna : lei mor-
ta , comunicò a' suoi agnati ogni cosa. Oli.:
Indugiai V opere meritorie della salute per gunt'
reggiare ed acquistare amici,
41. Paesi. In Lunigiana andaron esuli a
Guido r amico di Dante , e i Cerchi , e Ba-
schiera Tosinghi , e Uguccione , ed i Boia-
parte. — Fui. Ci andò nel 1306 , quando i
Malaspina erano march, di tutta la Val dilll-
gra. Franceschino , ospite di lui, è uomoo*
scuro : più noto Marcello , marito di Alacia»
la quale , nipote d' Adriano papa , è nomni-
ta nel XIX del Porg. Un Malaspina tra il Mt.
XII e il XIII fu poeta provenzale assai nolo:'
tanto più dunque onorevole a Dante dovafi
essere quella famiglia.
43. Sopra. Al sommo smalto. — BoiSà*
La virtù contraria all' avarizia è sempre oaa-
rata da Dante , non per vili cupidigie , M
perchè dall' avarizia e' deduceva tutte le ni-
serìe del mondo ( Inf., 1,7). Osservate cka
la moglie d' Alboino della Scala era Malaspi-
na : onde si trovano congiunti tra loro di san-
gue i due ospiti del P.
44. Uso. Uorat. : Doetrina sed vim iirom
vel intitam, Rectique cuUus p^elor^ fiiaranl.
CANTX) Vili.
275
Che , perchè 1 capo reo Io mondo torca,
Sola va dritta e'I mal cammin dispregia.
ki Ed ^i: or va; chel sol non si ricorca
Sette volte nel letto che 1 Montone
G)n tutti equattro i pie copre ed inforca,
45. RicoBCA. Tramontando. In Ariete il so-
le dimora come negli altri segoi , trenta dK
— Infosca. Pietro : L' Ariete ha dieiaueite
sHlU, parte delle quali fuueonde eome fa
il vero amU qitando giace. Nomina 1* Ariete
46 Che cotesta oorteae ppinione
Ti fia chiavata in mezzo della testa
Con maggior chiovi che d'altrui sermone
VI Se corso di giudicio non s* arresta.
come il segno dorè '1 sole era allora. Nob
passeranno self anni.
46. Chiovi. Petr. : ^ to trarci eon ioidi
chiotti /ito.
276
DEL PURGATORIO
C A N T 0 IX.
ARGOMENTO.
Sogna cP essere ia un^aqmla rapito in allo ; e Lucia , dormendo , lo pofk
dawmv vicino alle porte del Purgatorio; dovi' e* i' umilia contrito ad un Angelo ée
gli apre : ed entrana fra i canti delle anime congratulanti. Comincia da tre otti*
sioni mitologiche e scandalose : la concubina di Titone » ti ratto di Ganimede , e
gli amori d' AchiUe ; ena neUa fine s' innalza a cristiana poaia ; ed egli medssir
mo se n' awede , e lo dice nella terzina 24. Altri sogni vedremo ed altre visim
nel Purgatorio di Danto , monda fra il mortale e il ditino , come la visione è tm
lo spirituale e il corporeo.
Nota le teraipt i allt 5; la 7, 8 , 10, 11 , 12 ; Ta 15 alla IS ; la 2C^ alla 33 ; U »
alU 38; la 32 aTU tt; la 38, 39^ 42, 43, 44, con le olUme di».
La GODGuMna di Titone antico
Già 8' imhiancaTa al balzo d' oriente
Fuor delle braccia del suo dolce amico»
Dì gemme la sua fronte era lucente,
Poste 'n figura del freddo animale
Che con la coda percuote la gente.
1. TiT02fB. Ylrg.: lUhom sroeeum Unqtt&M
Aurora cubiU ... Phaeboa ImtrednU lampade
Sorras. Ovid.: Jam super oeeanum venti a
ssnioTB marito ... Aurora ... Jamgue fugatu-
ra Tiihom eonjuge noetem. Come sorgeva
r aurora, s'era ancor noiie ? S'imbiancava ap-
pena il balzo , il lembo d* oriente : la notte
cadeva , ma non ci si vedeva per anco.
2. FiGUiA. Il P. entrò al suo viaggio di
marzo; quand' il sole è in Ariete è tenda la
luna : stette qoattro giorni in Inferno. La lu-
Ba in cinque corre due segni dello zodiaco:
dunque la Iosa al principio del viaggio era
io Libra opposta all'Ariete: ora è nel Sagit-
tario, segno opposto allo Scorpione, dove
Basca l'aurora» Cosi Pietro. — Fmddo. Virg.:
Frigidui ..• anguis. Gli animali velenosi chia- 1
mavansi freddi. É nello Scorpione il sole si- 1
3 Eh notte de* passi con che sala
Fatti avea duo nel hiogo ov'eravamo^
E 'I terzo già chinava infuso Tale ;
k Quandlocho meco avea dìqueld^AdaOKS
Vinto dal sonno in su Torba inchinai
Là 've già tutti e cinque sedevaoMK
no alla fin di novembre. Ott. : il segm é
Seorpio seendsa S9pra il nostro onstonte ; e
notte era in opposito di noi ... Storpio emtSr
Uto sopra quello enUsperio , s) eh» tutta Fir*
gìne , che fu ascendente a quello net
pio della notte, era passata; la guati
a scendere due ore e tre quarti,
3. CiUNAVA. Yirg. : Ruit ... nox. La
secondo Macrob., tre ore e mezzo sala; atM^
tante discende. In luogo antipodo a CtriM
lemme l'aurora deve inconyaciar a blaaekg-
giare prima che in paese d'Italia.
4. Adamo. Perchè, nota Pietro, il eorpa
dorme, no V anima. — Vinto. Un aotieo (T.
B. Chiara, e. 3): Vinta dal sonno. La aed^
sima frase è io Albertano. -— Cinque. DaMe,
Virgilio , Nino , Corrado , SordeUo.
CANTO IX.
ri'
NeFT ora che comincia i tristi lai
i^ rondinella presso alla mattina,
Torse a memoria de' suoi primi goai^
^ E che la mente noatra , pellegrina
Più dalla carne, e men da'pensier presa.
Alle sue vision quasi è divina ,
"^ ki sogno mi parea veder sospesa
Un'aquila nel ciel eoo penne d oro ,
Con Tale aperte ed a calare intesa.
8 Ed esser mi parea là dove fòro
Abbandonati i suoi da Ganimede
Quando fu ratto al sommo concistoro.
I Fra me pensava : forse questa fiede
Por qui per uso, e forse d'altro loco
Disdegna di portarne suso in piede.
10 Poi mi parea che, più rotata un pocov
Tenibil come folgor discendesse ,
E me rapisse susoinfino al foi^o.
11 Ivi pareva eb' ella ed io ardesse ;
E al lo 'ncendio immagiaato cosso
Che convenne che 1 sonno si rompesse»
13 Koo altrimenti Achille si riscosse^
•• Oka. Tra raddormentarsi et segnar»
torre lotenrallo; e se questo non fosse, e*non
iMeriverebbe di nuovo V ora :.e ciò es8endo>
if iBOStra cosi' che quand" egli s' addormentò
tra ancor notte. — Guai ( Ot. , Mek , Yl).
ntaiela Di il P. mutata in rondine» non^Piroe-
Ipa , com* altrf ( e. XYIl. 7 ).
f. DnriNA. Altri intende dtomatriea, perchè
cali' alba » secondo Ov. , Somnia quo aer-
ai •.. «era tolefif. Pietro intende divina, non
altro ; e cita Arfst. (De Ànima},, il quale al-
l' anima dK tre potenze ; vivere , sentire, in-
ere ; onde la chiama animale diviooi E
Socrate » il qpale diceva i doversi pen-
la mattina , mangiare la sera, lo starei
|V la prima interpretazione:- non già che non
mia a«lorevole la seconda. Pelr..*- Che con
la iaguca amtca di Titone Sùoldt^iogm con-
fmi torva U velo.
K Gaxuudb. Ov. ( Met. , X ). — Batto.
fhf .X. J^plì Ganymeéie konoret ... ^utulU
lAto MiM padiòtii JMi armiger tiocif .
•C FBDB. Arriva. Inf.,X: Swii9reh'aòuna
tplli Ma. — Pinna. Ritti; illesi. Par indica-
li» la aisposixiòna elevata dèli! anima che sa-
li a Dio.
10, Fogo. Sfera del fbco , sopra qyieUa del-
l'aria, e sotto la luna ( Par., 1).
ift. AamasB. Arde la luce dilla graiia nel
iva, e lo infiamma. — Cossi (Infèrno, XYl).
il. Aculuu Stau ( AchilL» 11: Qmm
Gli occhi svegliati rivolgendo in giro,
E non sappiendo là dove si fosse,
13 Quando la madre da Chirone a Schifo
Trafugò lui dormendo iir le sue braccia
Là onde poi li Greci' il dipartirò ;
14 Che mi scossMo si come dalla faccia
Mi fuggii sonno; e diventai smorto
Comefa Tuomehe spaventato agghiaccia.
15 Dallato m'era solo il mio conforto;
E *1 sole er*alto già più che due ore ,
&'i< viso m* era alla marina torto.
16 Non aver tema , disse 1 mio signore:
Fatti sicur, ohe noi siamo a buon punto:
Non stringer, ma rallarga ogni vigore;
IT lu se' omai al purgatorio giunto.
Vedi là'l balzo che 1 chiude d' intorno:
Vedi r entrata là 've par disgiunto.
Ift Dianai nell'alba che precede 81* giorno,
Quando 1* anima tua dentro dcrmia
Sopra li fiorì onde laggiù è adorno ,
19 Venne- una donna e disse : i' son Lucia.
Lasciatemi pigliar costui che dorme:
pueri tremefneta quiei^ oeuliqtie jaeentii In--
fueum temen diem: stup9t aere primo, Qucls
Locat qui ffuetutf uln Mio»? omnia ven»
Aique ignota fridèt, dubitatquo agnoeeen md-
Crem.
13. DonHBimo. Per dormanle. Ar. (Xl,68)
Che la Uudò euWitola dormendo. Rime di
Dante : MHadonna atwo^ in un drappo, dor^
mondoé
DuK. S'addormenta sull'alba» sogna al-
r aurora» si desta a dolore di sole. — Ma-
bina. Non- poteva vedere che cielo ed acqua:
cotesto gli accresceva la tema.
16. Siena. È nei Petr« (son. Ui ); e nel*
V Ariosto^
19. Luciib. Pfetro- per essa iatende te- ma*
tematica che lo innalza al principio dell' azi<^
ne virtuosa :• e per matematica intende , se-
condo r origine , la scienza appresa {manta-
no ). Ma questa Interpretazione si può conci-
liare con 1- altra del 11 dell' Inferno dieendo,
che Lucia è la grazi» iUunilnante anoo per
via d' umane dottrine : é quasi l* anello tra-
Virgilio sciema meramente umana , e Beatri-
ce sapienza divina. Ed infetti la donna gen-
tile , Maria , imagine della clemenza super-
na , manda Lneia ,. la scienia superna , ad
aiatare il P. fedele suo , il teologo Dante ,
come r enitafio lo chiama : Lucia nemica di
ogni crudele ( perché la scienza altissima pio»
ga gii animi a civiltà, t a maosoetadine ) ^
278
DEL PURGATORIO
Si r agevolerò per la sua via.
20 Sordel rimase e l' altre gentil forme:
Ella ti tolse, e, come '1 di fu chiaro,
Sen venne suso , ed io per le sue orme.
21 Qui ti posò : e pria mi dimostraro
Gli occhi suoi belli quell'entrata aperta,
Poi ella e '1 sonno ad una se n* andare.
22 A guisa d*uom cheindubbio si raccerta,
E che muti 'n conforto sua paura
Poi che la verità gli è discoverta,
23 Mi cambiai io. E come senza cura
Videmi '1 duca mio, su per lo balzo
Si mosse, ed io diretro invér V altura.
2i Lettor, tu vedi ben com* io innalzo
La mia materia : e però con più arte
Non ti maravigliar s' io la rincalzo.
25Noici appressammo, ed eravamo in parte
Che là dove pareami in prima un rotto ,
Pur com' un fesso che muro diparte^
26 Vidi una porta, e tre gradi disotto,
Per gire ad essa , di color diversi.
Ed un portier eh* ancor non facea motto.
27 E come rocchio più e più v' apersi.
racconiaDda il P. a Beatrice , la somma sa-
pienza , la qoal siede con Rachele , la con-
iemplaztone dell' altissimo vero. Adanqae Vir-
gilio , Lucia , Beatrice sono i tre gradi dell'
umano sapere secondo Dante : puramente uma-
no , umano e divino , e rivelato. 11 primo lo
conduce per l' Inf. , il secondo lo mette alle
porte del Purg. , il terzo lo fi spaziare nei
deli. 11 primo gì' insegna la pena del male ,
fi secondo gliene dà pentimento e gliene mo-
stra il rimedio , solo il terzo lo innamora ed
illustra del bene. Non prima che Lucia lo por-
tasse, nota Pietro, e* poteva pentirsi e darsi
nel petto. L* Ott. cita Isidoro : Né alcuno si
fmot$ da $è correggere , ma ammendato da
Dio, Salmi : Non è deW uomo la via sua.
20. Forme. L* anima , in senso scolastico,
è forma del corpo : lo si sapeva anco prima
di Clemente V che l' aflPermò nel concilio di
Vienna. Petr. ( II , 88 ) : Forma par non fu
mai dal dì che Adamo Aperse gli occhi . . .
— Tolsi. Pietro qui cita il salm. : Assum-
peit m9 de apàs muUii ... Bl eduxit me in
latitudinem,
31. Andabo. Yirg. : Nox Aenean fomn«f-
que retiquii, Ott.: lucia , nel tempo che VA,
nulla operava . ina ti levò , • dtdiuse al luo-
go dove H peccati si riconoscono , e mottrò
a VirgUio, moè aito fogi^m, Vwtraia M
Yidil seder sopra 1 grado soprano
Tal nella faccia eh' io non lo soffeni:
28 E una spada nuda aveva in mano
Che rifletteva i raggi si vèr noi
Ch* io dirizzava spesso il viso in vaso:
29 Ditel costinci , che volete voi ?
Cominciò egli a dire: ov'ò la scorti T
Guardate che 1 venir su non vi nòL
30 Donna del ciel di queste cose aeeoiti,
Rispose 1 mio maestro a lui, pordiinri
Ne disse : andate là; quivi è la porla.
31 Ed ella i passi vostri in bene aTami,
Ricominciò 1 cortese portinaio:
Venite dunque a' nostri gradi innainL
32 Là ne venimmo : e lo scaglioo piìiMio
Bianco marmo era si pulito e terso
Ch*iomi specchiava in esso quale f pab.
33 Era 1 secondo tinto più che peno
D' una petrina ruvida e arsiccia»
Crepata per lo lungo e per travaw*
3h Lo terzo che di sopra s'ammasaiacii»
Porfido mi parea si fiammeggiante
Come sangue che fuor di vena apiocta.
Purgatorio , che è la contrinonB dal CMft,
$ poi la emendaiione,
29. Costinci. Fare ... istinc et eomprim
gressum. Dice Caronte in Virg. — SconxA?
Pare che ad ogni anima bisogni la scodi #
un Angelo.
30. PoiTA. Questa è la porta dopo la ^
le è libero il passo al cielo. Però ci pooe li
chiavi date as. Pietro HB^nì eoeiomm (lUftdLt
XVl , 19 ).
32. Primaio. Tre parti ha la peniteniarli
confessione del labbro, la contrizione dileaih
re » la soddisfazione dell'opera. — Tiasa.
Conviea rammentarsi il peccato , Tederae li
gravità , confessarlo candidamente , e laiaiip
per pentimento. Simile idea è in ona orail^
ne ined. di un Mussato; il quale dipingcaif
la scala per cui T anime salgono al cielo, p^
ne per primo grado la sagacità , per sceoua
la prudenza , poi la scienza , la sapiean fl
supremo.
33. Secondo. La contrizione che roapr
(conterit) la durezza del cuore, e quasi aaà
fìioco lo fa screpolare. — Tinto. Copo laf^
III: ilrta sensa tempo tinta, -^GaiFATA, Joek
Scindite corda «esfra, et non vestìmanla «a-
«tma.— TEATiaso. Cresc. (11,4): Tagliala pm
lo lungo e per traverso,
34. Taazo. Rossore del pactato» o plattaala
CANTO IX.
% Sopra questo teneva aonbo le piante
L* aiigel di Dio, sedendo in "^u la soglia
Che IBI senibiava pietra di diamante.
36 Per li tre gradi su di buona voglia
Mi trasse 1 duca mio, dicendo: chiedi
Ufnilemente che '1 serrarne scioglia.
37 Divoto mi gittai ai santi piedi ;
Misericordia chiesi che m* aprisse :
Ha pria nel petto tre fiate mi diedi.
38 Sette P nella fronte mi descrisse
Col punton della spada, e: fa che lavi,
Quando se* dentro, queste piaghe, disse.
i9 Cenere o terra che secca si cavi
D* un color fora col suo vestimento :
E di sotto da quei trasse due«.chiavi.
tO L* una era d'oro e l'altra era d'argento;
Pria con la bianca e poscia con la gialla
soddlsfaiiooe. E le vive opere avvivano, dice
l'Ou., l'tDima.
35. Angbl. Imagine dei sacerdoti, che TAp.
appunto chiama angeli. E Malachia: Labia sa-
€9rdotis euttodiunt tcientiam ... quia Angelus
Domini ... est. — Sembiava. L' ha il Petrar-
ca.— Diamante. Fermezza. Ev.: Tu es PétruSt
€i tuper hanc petram aedipcaho eccUsiam
fMam, et portae inferi fior> praevaìehunt ad-
v§nu$ eam.
36. Scioglia. Matth. : Quodcumque solveris
nqter terram ...
37. Tkb. Simbolo della Trinità.
38. Descrisse. Gli ridusse a memoria i sette
feeeati: di quasi tutti egli era, cosi come o-
fai Domo, a qualche modo colpevole. Inf.,
Il : O mente che scrivesti ciò eh' i' vidi. —
Si^A. L'autorevole riprensione. — Lavi. Ab-
biUD qai la contrizione, la confessione, e la
peniteoia necessaria a purgare il peccato.
30. Cenere. Umiltà. Eccl. (X, 9): Quid su-
ptfhii, terra et cinis ? Neil' inno della Chiesa:
Cor eontritum quasi cinis. Sempre nella Bibbia
la eeoere é simbolo di penitenza. La terra
appena ca?a(a ha color più sbiadito. — Chia-
Ti. Chrysost. : Clavis aperitionis est sermo
carrmtionis, quae increpando culpam detegit.
Le chiavi, dicon altri, sono il discernimento
« l'aatorità d'ammettere o di rigettare. Nelle
aoticbe pitture, una delle chiavi di Pietro é
d'argento, l'altra d'oro ( Maestro Sent. , l.
Vf, disi. 18). S. Ambr.: Lo Signore vuole esser
ipsale la balia d'assolvere e di legare: e per-
mise l'uno e Valtro con pari condizione.
40. Bianca. La scienza dei peccato. — Por-
ta. E chiusa perchè conviene con preghiera
cliiedere V entrata alla grazia.
Fece alla porta si eh* io fai contento.
ki Quantunque l'una d'este chiavi falla.
Che non si volga dritta per la toppa,
Diss'eglia noi, non s'apre questa calla.
k2 Più cara è l'una, ma l'altra vuol troppa
D' arte e d* ingegno avanti che disserri.
Perch'eli' è quella che '1 nodo disgroppa.
h3 Da Pier le tengo; e dissemi ch'io erri
Anzi ad aprir eh* a tenerla serrata.
Pur che la gente a' piedi mi s' atterri.
a Poi plnse r uscio alla parte sacrata.
Dicendo: intrate. Ma facciovi accorti
Che di fuor torna chi dietro si guata.
k^ £ quando fùr ne' cardini distorti
Gli spigoli di quella regge sacra
Che di metallo son sonanti e forti,
ìG Non ruggio si né si mostrò si aera
42. Cara. V aatorità, preziosa pel sangoe
di Cristo che l'ha comperata. — Artb. S. Ao-
gast. : Qui confiteri vult peccata , ut inveniat
gratiam , quaerat sacerdotem scientem ligare
et solvere. ..ne ambo in foveam cadant. Olt.:
'L prete vuole aver molta discrezione , e con-
siderare la condizione e stato , eiade e matu-
rezza del peccatore, in considerare la quaUtth-
de del peccato, e le circustanzie... altrimenti
male andrebbe la deliberazione della peniten-
za, che si dee ingiungere.
44. Torna. S. Lue. : Nemo mittens manum
suam ad'aratrum, et respiciens retro, aptus
est regno Dei. Boet. : Heu , noctis prope ter-
minos Orpheus Eurydicem suam Vidit, per-
didit, occidit. Vos haec fàbula respicit. Qui-
cumque in superum diem JHentem ducere quae-
ritis. Nam qui Tartareum in specus Victui
lumina fUxerU...
45. Cardini. Prov. (XXYI, 14} : Sicut ostium
vertitur in cardine suo. Virgìl. : Tum demum
horissono stridentes cardine sacrae Panduntur
portae.^ Spìgoli. Punte di ferro che posane
in terra sulle quali si regge l' uscio , e si gira
la porta per aprirsi, perchè dice il Landino,
le gran porte nun si collegano a gangheri con
le bandelle, ma per bandelle hanno certi pon-
toni , e per gangheri un concavo sul quale
detti pontoni entrano, e sa questi si bilica la
porta in modo che s' apra e serri. — Rrggb.
Porta. É nel Vili, e in altri.
46. RuGGfo. Dicevasi d' ogni forte e allo
saono. Nel Par. : Ruggeran sì questi cerchi
superni. Qui stride irruginita la porta , perché
potfct . . . electi. ( Mat., XX ). Altri dice ,
perchè pesante Ott. : Fue grande romore, a
moiiroiii mollo agra ; a dare ad intendere »
PEL PURGATORIO
Iqooo
tuono.
4 |Uk M peceaf ore »
coti invi-
.. aceioc-
fìl«niaaì di fiaori,
B «sfiMe operfo. —
itEoma or» costodito
Sf0|^ ritornaDdo da
ftù » per pagare i aol-
s'oppose. Lue. (1. Ili):
MÒif pereuisa jMtfa6tm(
.<^OTHi«MMfo paHMfiMK (empto
^ST " ta^ ^^f^ Tiuf9ia ionat , inaino
^^ rrr AaCatwritrtdoffv /bmoi. L'atto di
^««^ »M pv colpeTole t Dante ; poiché
4M^.teM« Mia tep- ffl^ ^^ strumento a
jl^^Ht t ìMero Tolntb da Dio. — Macaa.
^ « IXIV : fMoia ... di m^^n » dimfl^a.
hS Tale immagine appanto mi rendea
Ciò eh' io udiva, qual prender si suole
Quando a cantar con organi si stea,
ft-9 Ch'or si or no s'intendon le parole.
Ott. : Ha tratti pondi d* òn> quattromUleem-
tovtfOieinque, e d^argmto p^oo mano ek€ no-
v$c9tkto migliaia,
47. Tuono. Psal. : Introite portoè «jiif m
confusione , atria yus in hywnis. — Ì^^mum.
All' entrare d' un' anima cantano Te Dmm ,
per lodare i Santi e gli Angeli e Dio creatore
e redentore della salate d'uno spirito; all'usci-
re dell' anima verso il cielo cantano : Giona
m e^BceUùft* nella valle: Salve Aerina ;veno
sera: Te hiei$ ante ; nello scendere a riva:
In exitu brael ; al venire di Beatrice : FM
epofoa; al venire di Cristo : BenadictMi ^
venii. Poi gli Angeli all' entrare di ciaseoo
giro canuno al P. parole rtccomamUtrìci di
alcuna virtù.
SBl
CANTO X.
ÀRGOMESTO,
0 nel wifM emhio de t uperM : teggfmù eiempi t nmtBd itdpiti nel
mpmvi , cwrvi $oUo gran $as9i , $on forzati a conlemjpIaWt j • a do*
00 orgoglio»
m d confessa saperbo» contro sé medesimo predica in questo canto; dorè l'ima-
late con amore, e le scultore veramente scolpite. Le imitazioni virgiliane co*
tindare : si fa più sacro il canto , e più puro. Gli esempi son tratti dai nuovo
» testamento , e da una volger tradizione de' secoli bassi : una donna , e due re.
insegna ai re 1* umiltà ; mostra venuta dall' umiltà la pace del mondo,
terzine 2 alla 9; la li alla 16; la 18 ; la 20 alla 24 ; la 20 alla 29 ; U 31
fj, 38; la 40, alla fine.
no dentro al soglio della porta
I amor dell* anime disusa
parer dritta la via torta,
> la sentii esser richiusa.
B88Ì gli ocelli vòlti ad essa ,
stata al fallo degna scusa ?
ram per una pietra fessa
r poiché ( nel e. XIV , 44 ) , e
u E il Pctr. ( son. 41 ). — So-
JTlil ).— Amor ( F. e. XVIII ),
Ila divisione delle pene. — Dist-
) due sensi : la porta la quale
ISO del malo amore de' beni ter-
dirà nel e. XVIl ) ; o la porta la
isata per colpa del malo amore:
le all' aprirsi. Boti : Lo moto
ose mondane ci iien$ la entrata
a. — Dritta. Ott. : Fa estimare
nan t>ert.
» (e. IX, 46 ). --Richiusa. Già
mmlna a virtù. — Vólti. Ram-
ia di Lot e la fìivola d'Euridice.
I. Come faciavam, sapavftm. —
ca i disaè;!' del primo roii>ere a
Che si moVéva d' una e d'altra parte
SI come r onda che fugge e s* appressa.
Qui si convien usare un poco d*arte.
Cominciò 1 duca mio , in accostarsi
Or quinci or quindi al lato che si parte.
E ciò fece li nostri passi scarsi
Tanto, che pria lo stremo della luna
penitenza , e del dover fuggire a ogni passo
gli estremi. Agost. : Stracca i la via che ne
mena a tita etema. Ott. : È tutta oftposita
alla via , che vogliono U superbi , li quali
la vogliono larga... e che ogni uomo dea loro
luogo ... e levi loro dinanzi qualunque cota
pare impedire , o ritardare il loro volere. —
ApmssA. Al lido.
4. Parte. Svolu. Ott. : Secondo che il sas-
so eed$ , fi vuole prendere il cammino. V ur
miliade è opposita della superbia . e psrò que-
sto seguire in accostarsi, non è altro, che es-
sere umile,
5. ScarIi. C. XX : Aliti lenti • scarsi ( pic-
coli ). — RioiimsB. A ponente. La «esla ora
del giorno. Scema la luna perchù lontana due
begni dal tempo di saa picirezza. Era piena
3G
282
DEL PURGATORIO
Rigiunse al letto suo per rìcorcarsi,
G Che noi fossimo fuor di quella cruna.
Ma quando fummo liberi e aperti
Su dove '1 monte indietro si rauna,
7 io stancato e amendue incerti
Di nostra via ristemmo su 'n un piano
Solinso più che strade per diserti.
8 Dalla sua sponda ove confina il vano,
A' piò deir alta ripa che pur sale
Misurrebhe in tre volte un corpo umano.
9 £ (|uanto rocchio mio potea trar d'ale
Or dal sinistro e or dal destro fianco.
Questa cornice mi parca cotale.
10 Lassù non eran mossi i pie nostri anco,
Quand' io conobbi, quella ripa intomo.
Che dritto di salita aveva manco,
11 Esser di marmo candido , e adomo
D* intagli si che non pur Policreto,
Ma la natura gli averebbe scemo.
12 L^angel che venne in terra col decreto
Della molt* anni lagrimata paca
Ch' aperse il ciel dal suo lungo divieto
13 Dinanzi a noi pareva si verace
( Inf. , XX ) quando il P. entrò nella selva.
Siam dunque al giorno quinto dal plenilunio:
e la lana doveva tramontare quattr'ore dopo
fi nascer del sole. Più di due ore passarono
quando il P. si destò (e. IX , 15 ). Dunque
a fare la salita spesero poco men di due ore.
— Letto. Nell'altro emisfero dispare.
6. Cruna. Via lunga e angusta. — Inbis-
TRo. Lasciando un ripiano.
8. Sponoa. La superbia , come colpa più
grave , sta più lontana dalla cima del mon-
te. — MisuRRBBBB. Bocc. : Soffermi,
9. Alb. Petr. : Poi itendindo la %>i»ta quanV
io hoito , Rimirando oua V occhio oUrn non
varca.
10. Dbitto. La roccia perpendicolare da cui
non si poteva salire. Fr^se contorta. Conv.(Ii,
3 ) : Airaa ma avcrt manco di fortezza.
11. PoLicRBTo. Di Sidone. Ne parla Cic.
( Khet. , Il ) ; e V. Mass. lo loda per le ima-
gini sue degli Dei. Le sculture rappresentanti
umiltà pone ritte sul monte : le simboleggian-
ti superbia , sul suolo , che le calpesti chi
passa. — Gli. Per vi (e. XII 1 , 3 ).
12. L* ANGBL. ( S. Lue. , I ). Esempi d' n-
miltà atti a sviare dal vizio contrario. S.Greg.:
Sicut ineerUivum elaiionis est retpeetiu dete-
riori$,Ua cautela kumilitaiis e$t eonsideratio
meliorù. — Vbnnb. Mìmmum eH Angelue . . .
Ott. : La tomma superbia fu quella di Luci-
Quivi intagliato in un atto soave.
Che non seminava immagine che tace.
ik Giurato si saria ch* ei dicesse : Ave ;
Perchè quivi era immaginata quella
Ch* ad aprir Talto amor volse la chiave.
15 Ed avea in atto impressa està favella:
Ecce aneilla Dei, si propriamente
Come figura in cera si sujggella.
16 Non tener pure ad un luogo la meote.
Disse '1 dolce maestro, che m* avea
Da quella parte onde 1 core ha la genie.
17 Perch' io mi mossi col viso, e vedea
Diretro da Maria , per quella costa
Onde m' era colui che mi movea»
18 Un' altra storia nella roccia impolla:
Perch'io varcai Virgilio, e Temmi pcMO,
Acciocché fosse agli occhi miei dìspoilk
19 Era intagliato II nel marmo steuo
Lo carro e i buoi traendo l' arca laMa,
Perchè si teme ufficio non coQnmeaio.
20 Dinanzi parca gente, e tutta quanta
Partita in sette cori, a* duo miei ieott
Facea dicer V un: no, T altro: ai cmèl
fero ; la ta^nma umilUade fu quella di CrMi»
'— Lagbimata. in senso simile ha /ltfìVii|i
14. Ave. Ar. : E parea Gabrid ckt éim'
te ave,
15. ÀrrctLLÀ. Queste parole nelle RiaM af*
plica il P. all'amore ed all'anima propria:
Amor, iignor verace; Ecco V ancella it»:p
che ti piace.
16. CoBB. Manea. Arist. (De Pari. aniaMll*
19. TBABNno. Per traenti. Nelle aime: 9
esto cuore ardendo , per ardente, — AiCA*
Quando Davide, che secondo la carM ftiai-
tecessore di Cristo, la trasportò daCarìatiariB
a Gerusalemme ( Reg. , 11 , li)* — Umas^
Oza toccò r arca e mori.
20. Sbttb. (Reg., 11). L*Ott. tradica:
Bagunò David tutti U eletti d^lsdrael tf0^
mila , e con loro andò per rimenare ^•^
di Dio ... £ puotero V arca di Dio topy^
carro nuovo ... // re David , e tutto Mw
toUazzavano dinanzi in tutti ttrumenU la^
roti tn calare , chitarre , tamburi, cemèeMt
e tiitri. E poich'eUi pervennero oITofta, Om
ttete la mane ali' arca di Dio , e Criawiit
perchè U buoi recalcitravano , ed inekmaetf^
quella. Iddio indegnato è eontra Oia,efe^
coue quello ... ti quale i morto iti allato ér
l*arca. E temette David il Signore guaito A
dicendo : Come entrerà a me C arca di IM
E non volle volgere l' arca del Sigmn
CANTO X.
283
21 Similemente al fumo degV incensi,
Che V era immaginato, e gli occhi e1 naso
E al si e al no discordi fensi.
22 LI precedeva al benedetto vaso,
Trescando alzato , V umile salmista,
E più e men che re era 'n quel caso.
23 Di contra effigiata ad una vista
D* un gran palazzo Micol ammirava
SI come donna dispettosa e trista.
eUtà di David , ma la fece ridurre nella ca-
«a dì Obed-Edon Ghitteo ; e stette Varca del
SignoTB in quella casa di Obed-Edon Ghitteo
tre mesi ...E disse David : io andrò , e ri-
«iMierò Torca con la benidizione deUa casa
mia ...Ed erano con David sette cori ...E
David toccava gli organi^ e saltava con tutte
ì$ forze dinanzi al Signore, David aveva ai-
tatù WM Ephod di lino. E David , e tutta
ks caia d* Isdrael condueevano V area del te-
MtammUo del Signore in cantare f ed in suono
di tromba. E conciofossecosaché V arca del Si-
^mon fosse entrata nella città di David , Mi-
eoi figliuola di Saul riguardò per la finestra,
vide David re cantando ,., e ballante innanzi
al Signore , 0 dispregiollo nel cuore suo . . .
E tomossi David per benedicere la casa sua.
Bd 9i$cita Micol figliuola di Saul incontro a
Damd ,.diue : oh come fu oggi glorioso il re
dt Udrael , discoprendosi alle serve de* servi
tuoi ... IHsse David a Micol: se Dio m* aiu-
ti , frive il Signore , eh* io sollazzerò dinanzi
^ Signore , il quale elesse me in re ...e co-
musndommi , eh* io fossi duca sopra il popolo
di Dio di bdrael. lo giucherò , e farommi pia
mU eh' io non sono fatto, e sarò umile e bas-
m metti occhi miei; e parrò glorioso con quel-
Ì$ ancelle , delle quali tu hai parlato.
%i. Sì. Tasso , XVI : Manca il parlar; di
vico altro non chiedi : Nò manca questo an-
cor, m agli occhi credi. — Fbnsi. Si fecero
(P*r. , VII).
Si. Più. OU. : Più che re (in quanto in
wmtùMterìo di queW arca di Dio) , e meno che
9% (in quanto che , come buffone , sonava e
cmsUttva e ballava).
S3. Vista. Finestra ( Inf. , X ).
S5. pRiNCB. Tradizione volgare di cai parla
VM> storico , citato da Pietro (De geslis Ro-
■uomm ). E il Novell. , LXIX : Qui conta
icUa gran giustizia di Traiano imperatore...
Andando un giorno colla sua grande cavai-
ifris contr* a* suoi nemici , ur^ femmina ve-
dala li si fece dinanzi , e preselo per la staf I
fc t e disse : messer , fammi diritto di quelli I
ek§ a torto m* hanno morto il mio figliuolo. 1
£ lo imperatore disse ...Ed ella disse: se iu\
2/i Io mossi i pie del loco dov' io stava,
Per avvisar da presso un' altra storia
Che di retro a Micól mi biancheggiava.
25 Quiv' era storiata 1* alta gloria
Del roman prince Io cui gran valore
Mosse Gregorio alla sua gran vittoria;
26 r dico di Traiano imperadore:
E una vedovella gli er' al freno
Di lagrime atteggiata e di dolore.
non tornii Ed elU rispose ...E dopo non
molto tempo dopo la sua morte , venne il B.
Grigoro papa : e , trovando la sua giustizia,
andò alla statua sua. E con lagrime V onorò
di gran lode » e fecelo diseppellire. Trovaro che
tutto era tornato alla terra , salvo le oua e
la lingua. E ciò dimostrava com* era stato
niustissimo uomo , e giustamente avea parlato.
E santo Grigoro orò per lui a Dio. È dicesi,
per evidente miracolo , che per li preghi di
questo santo papa V anima di questo impera^
tore fu liberata dalle pene dell' Inf. Di ciò nel
XX del Par. — Valore. Non pur guerriero.
—Vittoria. Il Baronio ( t. Vili, an. 601) ed
il Bellarmino (II, De Purg., c.8 ) dicono fa-
volosa la storia narrata da Paolo Diacono (V.
Greg. , 1. II, e. 44 ) , dall' Eucologio de* Gre-
ci ( cap. 66 ) , da s. Tom. ( Suppl. quaesL
73 , art. 5 , ad s. ). Dione Cassio , e SiGli-
no , attribuiscono ad Adriano 1' azione detta:
ma la tradizione volgare la dona a Traiano.
Ott. : Anno della nativitate di Cristo DLXXXI,
Gregorio dottore,., tedi papa anni tredici...
Aprendosi il monimento nel quale era suto
seppellito ... Traiano, e trovandosi la sua te-
sta , con la lingua così intera e così vermi-
glia , come era essuta>^in prima vita ... cono-
sciuto per divina rivelazione del detto papa
Gregorio , che questo era in Traiano per la
somma giustizia eh* era essuta in lui ; 0 ve-
dendo , come pagano era dannato, con vigi-
lie , digiuni ed orazioni , impetrò dalla mise-
ricordia di Dio , che l* anima del detto Tra-
iano , esente dcUlo Inferno , volendo fare pe-
nitenza e riconoscere Dio, fu restituita al cor-
po mortale , nel quale ... con li sussidii del
beato Gregorio , meritò l* etema vita. Ma il
detto Gregorio eleggendo di volere anzi qui,
che in Purgatorio, mondarsi di quello che avea
chiesto sì fatto dono , tutto il rimanente della
sua vita languì in letto d* ogni generazione
d' infermitadi , le quali con somma pazienza
comportò , sempre laudando Iddio. Poi l' Ott.
cita Paolo Orosio , rammentando come Tra-
iano facesse restare la persecuiione dt 'cristia-
ni: e le sue molte virtù.
281
DEL PURGATORIO
27 Dintorno a lui parea calcato e piena
Di cavalieri, e V aguglie nell' oro
Sovr* essi in vista, ai vento si movieDO.
28 La miserella infra tutti costoro
Parea dicer: signor, fammi vendetta (ro.
Del mio figliuol ch*ò morto, ond*io m*acco-
29 Ed egli a lei rispondere: ora aspetta
Tanto eh' io torni. E quella: signor mio
( Come persona in cui dolor s' ailretta ),
30 Se tu non torni? Ed ei : chi fia dov* io,
La ti farà. Ed ella: Y altrui bene
A te che fìa, se 1 tuo metti in obblio?
31 Ond' egli: or ti conforta, che conviene
Gh' i' solva il mio dovere anzi eh' i'mova:
(iinstizia vuole, e pietà mi riticK».
32 Colui che mai non vide cosa nuova,.
Produsse esto visibile parlare.
Novello a noi perchè qui non si trova*
33 Mentr*io mi diiettava di guardare
L' immagini di tante umilitadi,
E per lo fabbro loro a veder care:
3&> Ecco di qua, ma fanno i passi radi,.
Mormorava 'I poeta, molle j:enli:
Questi ne'nvieranno agli alti pradi.
35 Gli occhi miei ch'a mirar eraro intendi
Per veder novitadi onde son voghi,
Volgendosi vèr lui non furon lenti.
36 Non vo* però , lettor, che tu ti smaghi
Di buon proponimento, per udire
Come Dio \uol che ì debito si paghi.
37 Non attender la forma de> martire:
32. Nuova. Aug. ( C. D. , XXII, 22): Ad
opus novum , sempiternum adhibet Deus con-
ntium»
a3. Umilitadi. Anco in pros» ( V. S. Pa-
dri). Nell'amiUà si compiace tanto, anco per-
chè questa era virtù principale della sua don-
na. Lo dice nelle Eime sovente.
36. Smaghi. Bocc. : La quale (onestà ) non
che i ragionamenii sollazzevoli, ma il terrore
della morte non credo che potesse smagare. —
Paghi. Teme che le pene si gravi deir espia-
zione non facciano parere la virtù troppo dura.
37. Gran. InC. , Vl:£a gran semenza. Ve-
nite benedicti ; ite maledictu Alla peggio alla
peggio , il tormento dell' espiazione non du-
teià più del mondo.
39. Tbrìia. Pietro cita il salm. : Conquas-
satit capita in terra muttorum.
40.SoTTo.Er.: Qui $$ exaltat, humiUabitur,
Pensa la succession; pensa ch'a
Oltre la gran sentenzia, non può ire.
38 Io cominciai: maestro, quel ch'io veggS
Mover vèr noi, non mi sembian personna
£ non so che: si nel veder vaneggio.
39 Ed egli a me*, la grave condizione
Di lor tormento a terra li rannicchia
Siche \ mie* occhi pria n'ebher tenzoi^c
40 Ma guarda fiso li, e disviticchia
Col viso quel che vien sotto a quei sassf j
Già scorger puoi come ciascun sipìccbii.
kì 0 superbi CristiaD,. miseri lassi.
Che de la vista della mente iafermt
Fidanza avete ne* ritrosi passi,
h^ Non v'accorgete voi che noi siam venpi
Nati a formar V angelica farfalla
Che vola alla giustizia senza schemUt
kS Si che r animo vostro in alto gallat
Poi siele quasi entomata in difetto.
Si come verme in cui formazion falli.
k% Come, per sostentar solaio o tetto,
Per mensola tal* volta una figura
Si vede giunger le ^Mnocchia al petto,
ko La qual fa del non ver vera rancura
Nascere a chi la vede; cosi fatti
Vid* io color quando posi ben cura.
40 Ver è che più e meno eran contratti
Secondo ch'avean più e meno addosso.
E qual più pazienzia avea negli atti,
VI Piangendo parea dicer: più. non poséo*.
41. Lassi. IHf. , XXXir : ^hifeì mtam W
Petr. : Ite superbi e miseri Crisiiam. — V'
TROsi. Credete avanzare, e retrocedete per li
viltà dell'orgoglio.
42. Vervi. Ps. : Ego autem tum vermit*
Negli antichi monumenti per rappresentare f
anima non solo s* incontra una fancialla ala-
ta, ma sovente la stessa farfalla (BaoDarr<ff»
Osservai, sopra alconi frammenti di vasi).
— ScuERMi ? Par. , XXIX : Ba em niiUa «
nasconde.
43. Entomata. C Arrst. , De An. , Il )•
Entoma , nota il Sahiui , doveva dire. Ma an*
tornati usò il Redi ; e nei Dufresoe iroviMM
enioma , entomatis.
44. Mensola. (Vitniv. , 1. I ).
45. Rancura. Inf. , XXVIl: RomcMranifSt
dolerti.
CANTO XI.
ARGOMENTO.
Tra U anime d^ MAoeròì trova un conU $ene$e, e Odengo da Gubbio, mima'
in eilibre» ma vinto già da Franco Bolognese, Da qui prende occasione a gridare
I minità della gloria mondana. Conosce da ullimo un altro Senese, a cui gì* in-
Ufi al pentirti fino alV estremo del vivere furono perdonati in grazia d un' opera
twtmosa , dell e$$er$i umiliato a chiedere aiuto per far bene ad altrui. Tanto potere
alta beneficenza it A, e tanto duro parevagli il chiedere: e da ullimò lo con-
» accennammo a simili umiliazioni del proprio eèiglio.
Canto non forte d* invenzione , ma di' concetto e di 8tUe«
Ilota le terzine 1 alla 5; la 9, 10, 11^ 13, 14» 16, 19, 20, 21, 25, 26, 29, 31; la 34-
(1^ 37; la 39, 40; le olthne tre.
l O Padre nostre che ne* cieli star.
Non cireonscritto , ma per più amora
Ch' ai primi efTetti di lassù tu hai,
ì Laudato sia 1 tuo nome e 1 tuo valore
Da ogni creatura, com' è degno
D» render grazie al tuo dolce vapore^
X Vegna vèr noi la pace del tuo regno;
Gbè noi ad essa non potem da noi.
S'dla non \ien, con tutto nostfa'ngegnov
t. Painue (Hatth., V). Preghiera- convenien^
H a purgar la superbia , poiché si conosce in*
«ta V altezza di Dio, a lui si reca ogni glo-
ria;. U suo regno, non V nmano s' invoca; e^
aio .che più pesa all' orgoglio, si perdona ogni
•Una. E la. sovrana delle preghiere ben s'ap*
propria al massimo de' peccati. — Gibcon-
liSiTTO. ^g- (Jli» 9 ) : Coeli coelorum te 00-
p09 nomW^unt. — Effetti. I cieli e le in*
iglligenze Iq^ li reggono. Effetti ^v creature
Ufi Coav. AVfst. ( De coelo et muodo ), eitaio
4tiy OU. . dice che il luogo dev'essere prò-
pofsiooato al locato.
% YALOftB. Arnaldo ntl' XXVI , parlando
;>
6
Come del soo-veler gH amiceli tuoi
Fan sacrificio a te, cantando osanna,
Cosi facciano gli uomini de' suoi.
Dà oggi a noi la cotidiaiia manna,
Senza la qual per questo aspro diserta
A retpo' va chi più di gir s* aflanna.
E come noi lo mal ch*avem sofferto
Perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
Benigno, e non' guardare alnostromerto.
della divina Tlìrtils la chiama tfalom. — Vaposb^
Sap. ( VII, 25 ) : Sapientick vapor eiC virtuii^
Ihi, et emanatio.
3. PoTBM. Inf., XXIV: Non pofa più oltre.
4« Osanna. Ap.: Clamabunt, dioentes: Ho-
tanna.
tt» Manna. Di carila. Ambr. : Pamk viiae
aeiemae qui futeit animam nottram. Neces*
saria alle aoiroe preganti ed alle vifenii ne'
corpi, Sap. , XVI : PUratum panem da eo§k>
praettUiiti tUit. Matth., IV: Non in tota pane:
vivit homo, ied tu- owuù verbo quod prooeéi^
da Off jPai.
286
DEL PURGATORIO
7 Kostra virtù che di leggier s* adona
Non spermeDtar con T antico avversaro;
Ma libera da lui che si la sprona.
8 Quest'ultima preghiera, signor caro,
Già non si fa per noi, che non bisogna;
Ma per color che dietro a noi restaro.
9 Cosi a sé e noi buona ramogna (do.
Quell'ombre orando, andavan sotto 1 pon-
Simìle a quel che tal volta si sogna,
10 Disparmente angosciate, tutte a tondo,
E lasse su per la prima cornice.
Purgando le caligini del mondo.
11 Sé di là sempre ben per noi si dice,
Di qua che dire e far per lor si puote
Da quei eh' hanno al voler buona radice?
12 Ben si dee loro atar lavar le note
Che portar quinci , si che mondi e lievi
Possano uscire alle stellate ruote.
13 Deh se giustizia e pietà vi disgrevi
Tosto, si che possiate mover 1' ala
Che secondo '1 disio vostro vi levi,
H Mostrate da qual mano invér la scala
Si va pili corto : e se e' è più d' un varco.
Quel ne 'nsegnate che men erto cala.
15 Che questi che vien meco, per lo'ncarco
Della carne d' Adamo onde si veste.
Al montar su,contra sua voglia, è parco.
16 Le lor parole che renderò a queste
Che dette avea colui cu' io seguiva
Non fur da cui venisser manifeste;
7. Ado.na. Doma. É nella G. di Dio. — Sper-
MENTAR ( Gresc, II, 8). Lo dicono tuttora
io Toscana. — Lui. S. Jo. Cbrys., in Matth.
VI , dice che male è lo stesso che diavolo,
S. Petr. ( Ep. ) : Advertariui diabolus,
8. Ultima. Del non indarre in tentazione.
9. Ramogna. Buona via (Buti).
10. DisPARMEN^ìK. Secondo la più o men
superhia (e. X, 40). — Caligini. S. Ag. nel
salm* 101: Vidit fumum superhiae iimilem,
ascendentem, tumetcentetn, vanueentem.
13. GirsTiziA. Bibbia: Jutti eitjudieulhi...
Misericordia tua ... piena est terra,
■ 14. Cala. C. Ili : Da q^al man la cotta
cala.
21. Madri. Eecl. ( XL , 1 ) : Occupano ma-
gna creata est omnilnu hominibus , et jugum
grave super filios Adam , a die eaitus de ven-
tre matris eorum , usque in diem eepuUurae,
in matrem omnium, Boet. : Quid genus et prò-
atot strepUis ? Si primordia vettra Auctorem-
17 Ma fu detto: a man destra per la riva
Con noi venite, e troverete *1 passo
Possibile a salir persona viva.
18 £ s'io non fossi impedito dal sasso
Che la cer\'ice mia suberba doma.
Onde portar convienmi 1 viso basso;
19 Cotesti eh' ancor vive e non si uoma
Guarderò' io, per veder s* io 1 cooosoo,
E per farlo pietoso a questa soma*
20 r fui latino e nato d' un gran Tosco:
GuigUelmo Aldobrandeschi fu mio padie:
Non so se 1 nome suo giammai fu vowo.
21 L* antico sangue e I* opere leg^adis
De* miei maggior mi ter si arrogante.
Che, non pensando alla comune madie,
22 Ogni uomo ebbi n dispetto, tanto avaolo
Ch' io ne mori*, come i Sanesi sanno,
£ sallo in Campagnatico ogni fante.
23 Fsono Omberto. £nonpure ame danno
Superbia fé, che tutti i miei consorti
Ila ella tratti seco nel malaimo.
2ì £ qui con\ ien eh' io questo peso porti
Per lei, tanto cir a Dio si soddisfaccia.
Poi cir i' noi fei tra* vivi, qui tra* morti.
25 Ascoltando chinai in giù la faccia:
£ un di lor, non questi che parlava^
Si torse sotto 1 peso che lo 'mpaccia;
26 E videmi, e conobbemi, e chiamava,
Tenendo gli occhi con fatica fisi
A me che tutto chin con loro andava.
que Deum speetes^ Nullus degener emtat. Wx*i
Tutti tornate alla gran madre antica,
22. Campagnatico. In Maremma. IScohI
nemici cavalcavano intorno alla sua rocca; egli
esce ed è morto. Ott. : Li conti da Santa fft
re ehhono , ed hanno , ed arantut quasi seftt
pre guerra con li Sanesi; e la cagione è, |M^
che li Conti vogliono mantenere loro gitif^
dizione , e li Sanesi la vogliono sciamptarf r
come in generale delle comunanze itaìicht è
tocco sopra questo , capitolo sesto Pargatorii
... Li conti da Santa Fiore hanno più gmm
fatte con li Sanesi , e per impotenza sano tMaA
vinti con onta e con danno. Li nomina asl
VI. — Fanti. Uomo. Così maropos chiana
gli nomini Omero ( articolatamente parlanti).
23. Ombirto. O Uberto. Questi insoperèl-
sce di nobiltà , Oderigi d* ingegno , ProfCi-
zano di signoria. Il primo è arrogama , il as-
condo vanagloria , il terzo presonzione: cosi
1' Ottimo.
CANTO XI.
287
27 Oh, diss* io lui, non se* tu Oderìsi,
L* onor d' Agobbio e Y onor di queir arte
Gh* alluminare è chiamata in Parisi?
S8 Frate, diss' egli, più ridon le carte
Che pennelleggia Franco Bolognese.
L'onore è tutto or suo, e mio in parte.
20 Ben non sare' io stato si cortese
Mentre eh* i* vissi, per lo gran disio
Deir eccellenzia ove mio core intese.
9d Di tal superbia qui si paga *1 fio.
E ancor non sarei qui, se non fosse
Che possendo peccar, mi volsi a Dio.
31 O vana gloria dell* umane posse !
Com' poco verde in su la cima dura,
Se non non è giunto dall' etati grosse!
S7. Odsrisi. Oderico della scaola di Cima-
Ime , miniatore , o , come i Francesi dicono,
mntumineur, — Agobbio. Gubbio ( Vili. IX ,
46 ). — Artb. Dante conosceva Òderigi , e
le arti del disegno amava. Nella V. Nuova rac-
eoBU eofM un giorno e*ditegnaue un angelo
àofta terte tavolette.
28. RiooN. Hor. ( IV , 11 ) : Ridet argento
éomue, — Franco. Da lui, dice il Malvasia,
ebbe Bologna il retaggio della buona pittura.
Nel Museo Malvezzi è qualch' avanzo di lui
( Lanzi , p. Y ).
29. Egcsllenzia. Ott. : Superbia non è al-
tro cké un amore disordinato d* eccellenza.
31. Vana. Ott. : Vanagloria , secondo Ago-
gi, , è uno giudieio falso d* uomini , che sti-
wusno $è essere ottimi , e vogliono parere ot-
timi. Boet. , Il : Quid o superbi colla mortali
fugo Frustra levare gestiunt ..? Mortalis aura
motmnis ... Jam vos secunda mors manet. Lo
stesso : Quam multos elarissimos suis tempo-
ribus viros scrìptorum inops delevit oblivio !
0iiaiii9iiam quid ipsa scripta profieiant , quae
mun tmii auctoribus premit hngior atque ob-
Mura vetustasJ Vos autem immortaUtatem vo-
Uf propagare videmini , quum futuri famam
ttmporis cogitatis. Lo stesso: Gloria ... quam
fattax taepe , quam turpis estì Conv. (1. Il):
Mooeìo giudica la popolare gloria vana, per-
ete la vede senza discrezione.
32. GiMABUi. Giovanni. Fiorentino , morì
Bd 1300. L' Ottimo : JFVi pintore molto nobi-
U ..• fi arrogante e sì sdegnoso che se per al-
turno gU fosse a sua opera posto aUuno di'
fUio, o egli da sé l* avesse veduto ... imman-
immmie quella cosa disertava, fosse cara quan-
to m wkesso. — Campo. Conv. : Ferisce nel
pttto aU» false opinioni , quelle per terra ver-
sando, aodocehi la verace per ^ptesta eoa vt^
32 Credette Cimabue nella pintura
Tener lo campo; ed ora haGiotto il grido,
SI che la fama di colui oscura.
33 Cosi ha tolte V uno ali altro Guido
La gloria della lingua: e forse è nato
Chi r uno e V altro caccerà di nido.
Zh None il mondan romore altro ch*un fiato
Di vento, ch*orvien quinci e or vien quindi,
£ muta nome perchè muta lato.
35 Che fama avrai tu più se vecchia scindi
Da te la carne, che se fossi morto
Innanzi che lasciassi il pappo e 1 dindi,
36 Pria che passinmille anni? ch*è più corto
Spazio air eterno, eh' un mover di ciglia
Al cerchio che più tardi in cielo è torto.
fona tenga lo campo delle menti. Nel daomo
di Firenze 1* epitano di Cimabue dice : Cm»-
didit ut Cimabos pieturae castra tenere: Certe
sic tenuit ; nunc tenet astra poli. — Giotto.
Discepolo di Cimabue , morì nel 1336. Vasa-
ri : Fu Giotto coetaneo ed amico grandissimo
di Dante ; e il ritrasse nel palagio del pode-
stà di Firenze. Benvenuto e il Baldinucci vo-
gliono che Giotto alcune cose dipingesse a
Napoli col pensiero di Dante^ Il pensiero avrà
dato , non il disegno. Ott. : Fu, ed è Giotto
in tra li pintori , che li uomini conoscono U
più sommo , ed i della medesima città di Fi-
renze , e le tue opere il testimoniano a Aomo,
a Napoli , a Vinegia, a Padova, e inpiiìipaP'
ti del mondo,
33. Guido. Il Cavalcanti e il Gninicelli, no-
minati più volte nella V. Eloq. 11 Cavalcan-
ti , lo dice nella V. Nuova , fu il suo più te-
nero amico. — Forse. Parìa di sé ; o d' uno
scrittore in genere. Ott. : Fu M. G. Gtitnis-
zeUi ... U primo che innovò lo stile del din
in rima ... (e. XXVI ). E G. Cavalcanti ti
può dire, che fosse il primo che le sue can-
zoni fortificasse con filosofiche prove. — Na-
to. Conv. ( I , 13 ) : Questo sarà luce nuova
e sole nuovo, il quale surgerà là dove V usato
tramonterà e darà luce a coloro che sono in
tenebre e in oscurità per lo usato sole che a
loro non luce.
35. Dindi. Danaro. Voce infantile.
36. Hill*. Psal. : Mille anni ante oeulos
tuos, tanquam dies hestema quae praeteriU.
Eccl. ( XVIIl ,8): JSumerus dierum hominum
ut muUum , eentum anni. Quasi gutta aquae
marie deputati tunt et sieut caleulus arenae,
tic exigui armi in dieaevi. — Etsrno. Grcg.;
VUeteunt temporalia quum eontiderantur ae-
tema. — Giagbio. Del cielo tteUato d* occt-
188
DEL PURGATOaiO
3T Cohi! che del cammiD si poco piglia
Dinanzi a me, Toscana sodò tutta,
Ed ora a pena in Siena sen pispiglia,
38 Ond* era sire quando fu distrutta
La rabbia fiorentina, che superba
Fu a quel tempo, A eoìn* ora è putta.
30 La vostra nominanza è color a erba
Che viene e va: e mei la discolora
Per cui eir esce della terra acerba.
AD Ed io a lui: lo tuo ver dir m' incuora
Buona umiltà, e gran tumor m' appiani.
Ma chi è quei di cui tu parlavi ora?
U. Quegli e, rispose, Provonzan Salvani:
Ed è qui perchè fu presuntuoso
dente in oriente che $eorn in cetif ' anni uno
grado ( CoDV. H , 6 ). Onde per V inlera ri-
soluzione gli bisognano 36,000 anni. Mon-
taigne : Le plus et le moine en la nótre ( da-
róe ) M noìÀS la comparone à V eternile , ou
encore à la àuree dee montagnee , dee riviè-
ree , det étoilu , dee arhree , et méme d'au"
cune animaùx, n'esl pae moine ridicule, Boet.:
Si ad aeternitatie infinita epatia pertractee ,
guid habee, quod de lui nominis diulumUate
laeteris ? Uniue etenim mora momenti , si de-
eem millibueeonferaturanniet quoniam utrum-
ijue epatium dejinitum eet , minimam lieet ,
habet tamen ali^uam proportionem. At hic ipso
nun^erue annorum , guantumlibet muUiplex,
ad interminabilem diutumitatem ne comparari
(ptidem poteet»
37. Sonò. Celebrò : latinÌ9nio.
38. Sire. General d'armi valoroso e baon
cittadino : così il Malavolti e 1 Tommasi. Ma
ii Malaspina e il Villani dicono che a'Sanesi
spiaceva la signoria di Provenz. Salvani (Mah,
106 ) , e che e' fi^ signore e guidatore dell' o-
sie (G. V., VU, 31). —Distrutta. Da'Se-
jiesi in Moniaperti nel 1260. — Putta. Ve-
nale e fiacca.
39. Ehua. Is. : Erit floe deeidene gloriae
cxuUatipnii, E (XL, 6) : Omnie caro foenum,
et omnie gloria ejut quasi floe agri. J^xeicca-
tum est foenum et ceeidit flos , quia epiritue
Domini eu^avit in eo ,., Verbumautem Do^
tnifu nojtn manel in aeternum» — Discoto-
KA. Cant. ( 1 , 5 ) : Decolorami me eoi-
40. Tumor. Stazio 1' ha nel senso d' orgo-
glio. Lattant. ( D. Ins. , IH ) : Superbum tu'
m4)rem eubirahere.
41. Salvani. Valente in armi e in consi-
glio , dice il Post. Caet. Dopo la battaglia
fleir Arbia venne su quel di Firenze con gran-
d* esprciio, e fu pel 1270, o nel 1269, vinto
A recar Siena tutta aUe sue mani
k2 Ito è cosi, e va senza riposo «
Poi che oìori. Cotal moneta rmfe
A soddisfar chi è di là tropp* oso.
&3 Ed io : se quello spirito eh* attende.
Pria che si penta, air orlo della vita.
Laggiù dimora, e quassù non ascende^
kk Se buona orazion lui non aita
Prima che passi tempo quanto
Come fu la venuta a lui largita?
&5 Quando vivea più glorioso, disie»
Liber^nnente nel campo di Siena,
Ogni vergogna deposta, 8* affisse.
i6 Egli, per trar T amico suo di pena
in Colle di Val d' Elba dal vicario di €arlt ,
capitano de' Fiorentini. Erano con Gian Ba*
roaldo , vicario , Francesi e Fiorenlioi ; eoa
Provenzano i Sanesi e altri Gliibellini. Un
chiesa è in Siena che chiamasi della Hadot-
na di Provenzano.
43. Laggu^. Nell'antipurgatorio (IV, UO).
43. Campo. Così chiamano i Senesi la piaz-
za. — Affisse. C. XXV: Che non e* affigge.
Ma vaeei aUa via tua.
46. Amco. Stese in terra un tappeto , e fi
mise a chieder limosina per l' amico detto Vi-
gna , prigione di Carlo d' Angiò , al cai ri-
scatto occorrefano diecimila fiorini ( Vili. ,
Vii , 31 ). Questo Vigna aveva combattuto per
giovare Corradino , ed cusegnogli , dice l' Ot-
timo , brieve termine a pagare , o a morirti
Quelli ne ecrisse a M. Provenzano, I>icesi,
che M. Prov. fece porre uno desco , eueo9Ì
uno tappeto , nel campo di Siena , e puos§-
visi etuo a eedere in quello abito , che rickie-
dea la bisogna ; domandava alli Saneti ver-
gognosamente , che lo doveisono aiutare . . .
non sforzando alcuno, ma umilmente doman-
dando aiuto ... sicché , anzicchè */ termine spi-
raste, fu ricomperato l'amico ... Un ( cbÌ4^
mature ^ dice che il tremare intende che indth
cesse la detta vergogna. Un altro dice , che
il tremare si puote in lui allora dire , che stel-
le in abito di potere essere morto lievemenle
.,, da' nemici suoi , de' quali in Siena afoea
allora copiosamente. Un altro dice , che per
tn^rre il detto amico di pena , elli mise sé e
*l comune di Siena a molti pericoli ; cioè che
guatava d'avere prigione il malitcalco del det-
to re , o altro barone per camparlo , cioè per
scambiarlo ; per la quale cosa elli si mise •
questa condizione , dond' elli mor\ ; eh' edi
mosse i Sanesi , e *l conte Guido Sovello , e
li Ghibellini di Toscana , e la masnada uSi-
CANTO XI.
289
Che sostenea Della prigion di Carlo ,
Si condusse a tremar per ogni \ eoa.
hi Più non dirò ; e scoro so che parlo :
sca e fpo^fitfola o venin ad oite a Colte eon
mUiequaitrocento eavaUi , e pedoni da otto
nula dicendo : noi eommavenmo M, CHan B9-
Toaldi MaUsealeo del re, e H Franceschi a
nUnia hattagUa , ed aremolt tuffi prest; ed
in contrario ««fine > ck eUi vi /"t» tconfUto ;
e la tua testa fonata in tu vna asta di lan-
eia , omini 1209. Dictti , che anzi venisse a
^uuta tconfitta, eUi ti tolte da ognitupwbia.
47. Vicini. Fiorentini. Per concittadino V
Ma poco tempo andrà che i tuoi vicini
Fu ranno sì ehe tu potrai chiosarlo.
48 Quesi' opera gli tobe quei confini.
asa il Petr. ( s. 71 ) : Pianga Pittoia e i cit-
tadini perverti Che perduV hanno sì dolce vt-
cino, — Chiosailo. Proverai la povertà , e
saprai quanto costa mendicare un soccorso ,
e quanto merito se n' abbia facendolo ad alto
fine. Par. , XVII : Tu proverai sì come sa di
sede Lo pane aUrui.
48. CoNnm. L' aspettare laggiù prima di
fenire a porgarai. Un atto magnanimo gli val-
se per penitenza negli occhi di Dio.
290
DEL PURGATORIO
c A N T 0 xn.
ARGOMENTO.
Seguono a girare il monte , e U po^ contempla le teuìtwre del euolo ,
presentanti esempi di tupeHna pumta. Tre canti e' dona aUa euperbia , e canti' etm
grida , e n confessa superbo. Pia morale cke non si creda è lo scopo ddla Comr
media. Giungono al varco dove si sale aW altro giro , e trovano un Angelo j ck»
mostra la via , e col baUer dell' ale , gli rade un P dalia fironU , U peccato Mi
superbia j eh* egli ha nel giro presente espiato.
V Angelo , la salita » le seoltare , ogni cosa è poesia.
Nou le terzine 1 alla 7 ; la 9 alla 13; la 16; la SO alla 24; la 88, 89, 80; la n
39; la 42 fino all'ultima.
1 Di pari, come buoi che vanno a giogo,
M' andava io con queir anima carca
Fin che '1 sofferse il dolce pedagogo.
2 Ma quando disse: lascia lui e varca,
Che qui è buon con la vela e co' remi.
Quantunque puòciascQn,pinger sua barca.
3 Dritto, si coro* andar vuoisi, rifémi
Con la persona , avvegna che i pensieri
Mi rimanessero e chinati e scemi.
1. Buoi. C. XXVII : Io come eapra, — Io.
PuDi?a intanto sé della propria superbia. —
Pedagogo. Era quasi fanciullo sotto maestro;
e più volte si paragona a fanciullo ( Inf. ,
XXilI ; Purg. , XXVll). — Carca. L'idea di
questo supplizio e di quello degl' invidi e dei
famelici sarà stata forse al P. confermata, se
non originata , dal seg. di Baruc ( Il , 17 ,
18 ) : Non moriui , ^t tufU in infèrno . . .
dabunt honorem ... Domino : sed anima , quae
trittis est super magnitudine mali , et ineedit
curva et infirma , et oeuU deficientet , et ani-
ma esuriens dat tibi gloriam.
h V m' era mosso, e s^guia volentieri
Del mio maestro i passi, e ameodiie
Già mostravan com'eravam leggieri ;
5 Quando mi disse: volgi gli ocbhi iogpBi:
Buon ti sarà, per alleggiar la via,
Veder lo letto delle piante tue.
6 Come, perchè di lor memoria aia,
Sovr' a* sepolti le tombe terragne
Portan segnato quel eh* egli era pria;
8. Rimi. I Lat. : Fe(ù, remis^ue tonimis
re. Ov.: Remoque moveveloque eorùiMi.fi'
tr. .- Uti la vela e *t remo Di eeroar la wa
morte.
3. Rifémi. Anco in prosa , fewd par psk
mi. — ScBMi. C. XI : Chran tumor m'apfimL
5. Via. Virg. : Viam sermone l/svabit. Qeit
sti esempi dimostran le pene par nel «aàia
serbate a' superbi. — Letto. Dova i pie f^
sano. C. VII : Ha fatto aUa guamma Dm
sua palma ... letto,
6. Egli. U sepolto. Bella motailoB di et-
strutto.
CANTO XII.
291
7 Onde D molte volte se ne piagne
Per la nnntura della rimemDranza »
Che 8010 a' pii dà delle calcagno:
8 SI Tid' io 11, ma di miglior sembianza
Secondo Y artificio, figurato ( za .
Quanto, per via , di fuor dal monte avan-
9 Yedea colui che fu nobil creato
Più eh' altra creatura giù dal cielo»
Folgoreggiando, scender da un lato.
10 Vedeva Brìareo fitto dal telo
Celestiale giacer dall' altra parte,
Grave alla terra per lo mortai gelo.
11 Yedea Timbreo, vedea Pallade e Marte
Armati ancora intorno al padre loro
Mirar le membra de' giganti sparte.
13 Vedea Nembrotteappièdelgranlavoro
Quasi smarrito, e riguardar le genti
Cbe'n Sennaàr con lui superbi foro.
13 O Niobe, con che occm dolenti
7. Calcaonb. Sprona l' anime pie , non le
dve. Pesante , ma non improprio traslato.
8. Sbcondo. Migliore quanto ad arte. —
Pbb. Lo spazio dove si va , tra il masso ed
Q vano.
9. Piò. ( c. XXXIV). — Folgoreggiando.
8. Lue. ( X, 18) : Videbam tatanam ... de
00flo eodanlam.
18. BniAmBO. Simbolo mitologico di Luci-
fero. Stat. f 11 : Non aìiier ( Cr^tieae ti fot
art cndtn thkgra») ArnuUum immentui Bria-
fmt sfrtit aetùra eontra. Bine Phoehi pha-
fiffot , hène torvae BaUadit anguet. Inde Pn-
ktìmmiam praefixa etupide pinum, ifarits...
— Prrro. Virg. : Figite me, — Tblo. Virg.:
TÈoqu9 hwUum hoc detrude cafut iub tarla-
fa telo. — Gravb. Horat. : Injecta momtrit
IWro doUt gm$ (Inf.,XXXI). — Gblo. Virg.:
iMMé folmmiur frigore meinbra.
il. TiMimBO. ( Inf., XIV). Virg. (Georg.,
IT) : Tk^branu Apollo.
18. NsMJMOTTB (Genes.> X, 8; Inf., XXXI,
^). Alterna gii esempi profani ai sacri per
^iawstfare che in ogni credenza ebbero gli
aoadol MhnoU a virtù e freni al vizio. Così
i^Gind.» IX, è adoprata a insegnamento la
^ola. Così nel lib. a Teodoro, il Grisost.
{0^ ad eaemi^o ima storia biblica ed una
11. Niobi. PigHia di TanUlo e d'ana pleiade,
borile d'Anflone tebano, superba de'saoi quat^
^^tdiei figli saetuti da Apollo e da Diana.
^. (Met., VI): ConMtitii utque oeuloi ctf-
^iifi^ìl aka Muperboi . . . QìMeriie nune^ Ao-
^ qmam nortra niptrte eoiisaiii.
yedev*io te segnata in su la strada
Tra sette e sette tuoi figliuoli spenti!
11^ 0 Saul , come'n su la propria spada
Quivi parevi morto in Grelboe,
Che poi non senti pioggia né rugiadal
15 0 folle Aragne, si vedeva io te
Già mezza ragna , trista in su gli stracci
Dell'opera che mal per te si fé.
16 0 Roboàm, già non par che minacci
Quivi il tuo segno ; ma pien di spavento
Nel porta un carro prima ch'altrii cacci.
17 Mostrava ancor lo duro pavimento
G)me Almeone a sua madre fé caro
Parer lo sventurato adornamento.
18 Mostrava come i figli si gittaro
Sovra Sennacherìb dentro dal tempio •
E come morto lui quivi lasciare.
19 Mostrava la ruina e 1 crudo scempio
Che fé Tamiri quando disse a Ciro :
14. Su LA. Reg.: Arripuit,,, Saul gladium,
et irrtdt tuper eum, — Gblboè. Dove fbggi.
Reg. ( 11. I ): Montee Gelboe , nee tot , n^c
pUwia veniant tuper vot, Petr. : OimU otsai
può dolerti il fiero monte.
15. Abagnb ( Met.y VI ). Superba contro
Minerva.
16. RoBOAH ( Reg.» Ili, 12 ). Non volle al-
leggerire al popolo le gravezze imposte da
Salomone suo padre: Digitut meut grottior
dono patrie mei ... pater meut ceeidit vot flO'
gelUtf ego awtem eaedam vot scorpionUmt.
11 popolo lapidò il ministro di lui : Roboamo
fuggi. — Sbgno. Statua. In Virg. e in altri.
17. Madrb. Enfile invaghita d'un monile
superbo, palesò ad Argia il nascondiglio del
marito Anfiarao ricusante d' ire alla guerra di
Tebe. Stat., 11 : Tu infauttot , donante mari-
to , OnuUta Argjia gèrit. Onde Almeone* suo
figliuolo la uccise. Petr. ( Tr. Am. ): V ava-
ra moglie d^Anfiarao.
Ì8. Sbnnachbrib. Assirio (Paralip. ; Reg.»
IV, 19 ). Sotto Gerusalemme l' esercito di lui
fu sconfitto. Torna a Nini ve, e i figli T ucci-
dono. Is. ( XXXVll, 38 } : Quum adorava in
tempio Netroeh deum tuum , Adramelech et
Sarutar /Utt tjut pereutterunt eum gladio :
effugieruntque tn terram Ararat , et regnavU
Azarhaddon (Uiut ejut prò eo.
19. Tamibi. Regina degli Sciti sconfisse i
suoi duecentomila soldati , prese Giro al pas-
so dell'Arasse , e immersogli il teschio in un
vaso di sangue» disse: Satia te tanguine quem
tititH ( Justin.» 1, 8 ). — Cuo. Re de' Medi e
de* Persi.
292
DEL PURGATORIO
Sangoa sitisti , ed io di sangue tempio.
20 Mostrava come in rotta si (uggirò
Gli Assiri poiché fu morto Oloferne;
Q E anche le reliquie del martire.
^ 1 Vedeva Troia in cenere e m caverne.
0 Uión, come te basso e vile
Mostrava il segno che li si disceme l
22 Qual di pennel fu maestro e di stile
Che ritraesse Tombre e i tratti ch'ivi
Mirar farieno uno 'ngegno sottile ?
23 Morti ti morti, e i vivi parén vivi*
Non vide me' di me chi videi vero,
Quantio ealcai finché chinato givi.
^k Or superbite, e via col viso altiero,
FigHuoU d'Eva ; e non chinate 1 volto
Si che veggtate il vostro mal sentiero.
25 Più era già per noi del monte vólto»
E del cammin del sole assai più speso
Che non stimava Y anhno non sciolto.
26 Quando colui che sempreinnanzi atteso
Andava, cominciò: drizza la testa.
Non è più tempo da gir si sospeso.
27 Vedi colà un angei che s' appresta
Per venir verso noi : vedi che torna
20. Oloferne. I Giadei oseirono allora di
Betulia , a tracidare il superbo esercito sgo-
minato (Judith, 21, XII).
21. ludN. AcD.» Ili: C9CidU^e tupwbum
Ilium, et omnii humo fumat Ifeptunia Tro-
ia. Inf., XXX ; Valttsxa cfoTroicn cKe tutt9
urdiva.
22. Ombrb. Non tutte le figure erano futa*
gliate nel marmo; altre solo segnate nella su-
perficie con righe, al modo che s'incide nel
rame. Allora solo può l'ombreggianeuto arer
luogo. — Mirar. Ammirare.
23. Chinato. Però stanno le sculture sul
suolo , perchè si chinino a riguardarle. —
Gm. Come audivi ( Inf., XXVI ).
24. Età. La nomina , come più vana ( Geo.
III).
25. Sciolto. D'attenzione (Parg», IV» 1 ).
Petr. ( Tr. Am. ): Troppo ttaih^un pentiiro
alle eoi9 diverse; E*l tempo 9h*è hrevimmo,
leti fot.
26. Sospeso. Par. » XX : Jri ««Mittrar le*-
speso.
27. Angel. Gli Angeli, diee Pietro» seno i
giudirii della coscieira. —Ancella. Ora. Era
già mezzodì. Or. ( Met.» II ) : htngtre eqwot
Titan veloeiiui imperai Borii Juua deae ce-
terei peragunt, C. XXII : B ffiàU quattro an-
csUe itan (M ^'ome Atioff adiktro.
Dal servigio del di l'ancella sesta.
28 Di riverenza gli atti e 1 viso adorna,
SI chei diletti lo 'nviarci 'nsuao.
Pensa che questo di mai non raggiorna.
29 r era ben del suo anunonir uso
Pur di non perder tempo; si che 'a quelbi
Materia non potea parianni chioso»
30 A noi venia la creatura bella
Bianco vestita, e nella feccia <niale
Par tremolando mattutina stella.
31 Le braccia aperse, e indi aperse l'aia:
Disse: venite; qui son presso i gradi:
E agevolemente omai si sale.
32 A questo annunzio vengon motto II&
O gente umana per volar su nata.
Perchè a poco vento cosi eadi?
33 Menocci ove la roccia era tarlata:
Quivi mi batteo V ali per la fronte;
Poi mi promise sicura T andata.
34 Come a man destra, per salire al moola
Dove siede la chiesa che soggioga*
La ben guidata sopra Rubaconte*
35 Si rompe del montar l' ardita foga
Per le scalèe che si fero ad eiade
28. Adorxa. Petr.: E di laerimw onmite i
viso adoma...— I. A lui. E* l' usa altre folls»
— RAG6I0RNA. Se ora nonespìir ooopoolpik
20. Tempo (e. III). Coav.: Tutte Ummtm
brighe, se 6tn« venùno a cercare U loro piint
cipU, procedono quasi dal non eonostore Cw0
del tempo. Sen. : U tempo solo è nostro»
SO. BuMCO. £v.: £ra<...afpec<ifti eiugmaà
ftdgur, et vestimentum ejw stcul nix.
- 31. Agbtolsminte. C. IX: 51 Ta^eoeM
per la sua via,
32. Radi. Maub., XXII : Araei...eleefì.
34. Chiesa. Di s. Hiniato a moate. — Gci>
BATA. Firenze. Simile ironia nel VI. — Rciir
coNTB. Ponte sa Arno fabbricato da Rabacoa^
te da Mandello milanese, potestà di Fiicaii
nel 1237 (Vili., ili, 27}. Ora Fonie alll
Grazie.
3$, QoADKENo. Dice TAdod. cbeaeUSN,
per molte baratterie fa deposto e carcenla
y. MoDfioftto da Caserta podestà di Fiiiaiii
e cbe H. Niccola Acciaiuoli, allora priore, eli
consenso di Raldo d' Aguglione (di coi Mi
XVI del Paradiso ), mandò pel libro della ce-
rnerà del comune, e ne trasse no foglio deit
toccavasi un fitto ingiusto del quale egli ett
complice. Il cbe fu confessato da M. Moale*
rito ; onde tutti e tre furono condannati. dU
, E$i$mÌQ un li r Durante de' CàennonM di'
CANTO XII.
S9^
Cir era sicuro 1 quaderno e la doga;
36 Cosi s' allenta la ripa che cade
Quivi beo ratta dall' altro girone :
Ma quinci e quindi l'alta pietra rade.
SI Noi Tolgend' ivi Je nostre persone,
j}ealt pavperis tpiritu voci
Cantaron si che noi dirla sermone*
3B Ahi quanto son direrse quelle foci
Dall'infernali ! che quivi per canti
S'entra; e laggiù per lamenti feroci.
99 Già montaTam so per gli scaglion santi,
Ed esser mi parea troppo più lieve
Che per lo pian non mi parea davanti.
IO Ond' io: maestra, &\ qual cosa greve
Levata s* è da me , che nulla quasi
Per me fatica andando si riceve?
[ hi Rispose: quando i P che son rimasi
Ancor nel volto tuo presso che stinti,
Saranno, come Tun, del tutto rasi ;
h/ì Fien li tuo' pie dal bwm voler si vinti
Che non pur non fatica sentiranno
Ma fia difetto loro esser su pinti^
W Alter fec' io come color che vanna
Con cosa in capo non da lor saputa,
Se non che i cenni attrai sospicciar fonno;
kk Perchè la mano ad accertar s'aiuta , '
E cerca, e trova, e quell'ufficio adempie
Che non si può fornir per la veduta»
ho E con te dita deHa destra scempie
Trovai por sei le lettere che 'neise
Quel dalle chiavi a me sovra le tempie*
(6 A che guardando M mio duca sorrise.
• camnUng9 delia somem M taU del
di Rnnx$, tra$se, . . una doga dello
r» appHeando a tè tutto il iole ovvero pe^
ft che di detto avansamenio perveniva.
ffte. (XVI,i05>): Qwgi eh^ arroeean per lo
16. Badb. Qui la via é stretta, Mn come
a t. Miniato. Virg.» V: kUer navemque Gj^ne
m^pmloeqme ioft^emtee Badit iUr kumm mie-
• •
Jl. Piitpajlis (Malih., V). La povertà dello
ip^lfn inteode Pietro, è eontfaria airioTìdia:
lifcliè coloro che nolla troppo desideraao »
pfcndoo cura del bea comoDe. Ambr., I (De
Dora, in moD. ) : Beote inteUigefUwr pam^
perei ipkiim , humUu. «^ Yoa. Angeliche <>
dalle anime porganti.
38. Laiunti (Inf.,r Uf^ V).
39. Pian ( e. I, IX ).
40. KicBviBr? Inf., XX: Ingmmo riceveste,
41. Stinti. Privi dt colore o spenti. La 8u>
perbia é foiHff d'ogni peccato, e quella tolta,
gli altri quasi sen vanno. E nel P. la super-
bia era viiio dominante, e fo dice (e. XI).
42. DiLBTTO ( e. XXVI ).
43. Allob. Beha similitudine , ma più lunga
che in Dante non sogliano. Tutte belle Le si^
militudini di questo canto.
45. QusL(c. IX, 89).
39»
DEL PURGATORIO
CANTO xni-
ARGOMENTO.
Nella seconda ecmice gVinvidioti stanno appoggiati al litido masso j cùperti
di vii cUieio , veggendosi V un con V altro , perchè sentano la necessità del
sofferirsi ; chiusi gli occhi da un fUo di ferro j gli occhi accecati già daU ti
Voci passan per V aria confortanti ad amare , e rartmen^ano le dolci paroU ckf
Maria éUsse nelle nozze di Cana j e [amore i Oreste a Pilade , e il prtceMo
gelieo t amare U nemico.
La mitologia s* intromette sempre al vero , perchè la mitologia è a Dante simbolo, •
stigio di storia. E totti gli esempi celebri di qualunque natara siano, fanno per loft
celebri. Lo dice nel XVll del Paradiso.
NoU le teriine 3, 4, 6; la 9 alU 13; k 15, 16, 17, SO, 21 ; la S4 alla S7; la
33, 31, 39, 41, 43, 45, 49, 51.
Noi eravamo al sommo della scala
Ove secondameote si risega
Lo monte che, salendo, altrui dismala.
Ivi cosi una cornice lega
D* intomo il poggio, come la primaia;
Se non che V arco suo più tosto piega.
1. Sbcorbambnti ( ConT. , 1 , 8 ). — Sa-
LS1CD0. A salirlo. Virg.: Uritque vidèido. Petr.
( son. 6 ) : Acerbo frutto che le piaghe oHriM,
Guitando, affligaé. . . *- Dishala. Un antico:
DiinuUa , cioè aùvizia. Dismatare per oinee-
n la malattia f è nel L. Cur. mal.
S. Lega. Per circonda. Cosi in Virg. , tmi-
cire. — PniHAU ( e. X , 7 ). li secondo ripia-
no circolare dev'essere minore del primo, se
il monte si restringe salendo. Nell'Inferno i
cercbi primi son più largbi cbe gli aitimi: e
il simile nel Pnrgatorio , perché i peccati più
gra?i sono più rari , e più rari gli oomini
pari di viiio.
Ombra non ^i è, né segno che siptits
Par si la ripa e par si la via schtettt ^
Con livido color della petraia.
Se qui per dimandar gente s'aspetti»
Ragionava il poeta , i* temo forse
Che troppo avrà d' indugio nostra eletti.
3. Ombma. Altre imagini erao doaqaa a 1^
nee ombreggiate, altre a rilievo. — Gli. ItÌ»
— Sneifo. Porse e* figarava i bassirilievl éHt
Purgatorio , come qne' di Luca della Bobbiib
colorati. Sap. ( XV , 4 ) Utnkra pkturae . • .
effigici tculpta per varioe eotoree. — ScmmA*
Essendo gì' invidi ciechi , sentono , ma asa
haa bisogno di Tedere gli esempi del beassi
lor male contrario.
4. PoRSB. Con la ragione prevede cbe |ffa>
▼idi non debbono come i superbi girare; par-
che l'invidia ha astio dell' andare altrui . ma
non va. — Elktta. Da qual parte s' ha a val-
gers. L' usa 1' Ariosto ( XIX , 92 ).
CANTO xni.
205
5 Poi fisamente al sole gli occhi porse;
Fece del destro lato al mover centro,
E la sinistra parte di sé torse.
6 O dolce lume a cui fidanza i* entro
Per lo novo canmiin, tu ne conduci,
Dicea, come condor si vuol quinc*entro.
7 Tu scaldi '1 mondo , tu sovr esso luci :
S* altra cagione in contrario non pronta,
Esser den sempre li tuo' raggi duci.
8 Quanto di qua per un migliaio si conta,
Tanto di là eravam noi già iti
Con poco tempo, perla voglia pronta.
9 E verso noi volar furon sentiti.
Non però visti, spiriti, parlando
Alla mensa d* amor cortesi inviti.
10 La prima voce che passò volando
Finiim non habent; altamente disse,
E dietro a noi i* andò reiterando.
11 E prima che del tutto non s' udisse
Per allungarsi, un' altra : i' sono Oreste,
Passò gridando, ed anche non s affisse.
5. Soli. Non avendo Dante pro?«to V invi-
èia, Virigilio, ossia la ragione che lo condu-
ce , sì volge al sole perchè gli scorga il cam-
nino, vale a dire la scienza speculativa. Virg.:
Jtttktrii tp9etan$ orienlia toUt Lumina. Il sole
gU stava a destra , passato il mezzodì ( e.
Xll , S7 ). — PORSB. Inf. , Xli : Con gli oc-
chi m pà la tuta sporgo, — Cintro. Volse
donqne a destra ; come sempre fare. Nell'in-
lémo sempre a sinistra. Nota questi modi va-
rii eo'qnali dipinge Tatto dell'andare ( Inf. , \).
6. UoLCB. Inf. , X : Lo dolo* lomt. — £n-
no. G»OY. ( l. X ) ; Enlrarc n»l nuovo eam-
7. Pbohta. Per tpingén è nelle Rime , per
ioOaetfains è nel Boccaccio. Se grazia sopian-
nauirale non ci stimoli , la naturale ragione
dev'essere nostra guida. Villani: &ti profilavo
féà volontà eho ftmuKia,
8. MiaLUio. Dissillabo , come nel Petr.:
FiMoiOm •— Con. Altrove : Con fieeìol tempo,
-^ fSR. Perché vogliosi d* avanzare.
9. SnuTi. Forse angelici. Non si veggono,
pmkè gì' invidi già son ciechi. -** Mensa.
Tkaililo familiare al P.
iO.. Vi/ruM, Voci consigliantl benefica cari-
tà. S. Aog. : JPtntmU invidi quantum bonum
9U tharHag , quao nne labore nottra aliena
bona noMira faeU ( e. XXII ).
11. OusTS. Altri intende qui rammentata
l'invidia d'Oreste, sposo ad Ermione figlino-
la di Menelao : la quale presagli da Pirro ,
che diede Andromaca ad Eleao, Oraste occi-
120h, dlsslo, padre, che voci son queste?
£ com' io dimandai , ecco la terza
Dicendo : amate da cui male aveste.
13Lo buon maestro: questo cinghio sferza
La colpa della 'nvidia : e però sono
Tratte da amor le corde della forza.
11^ Lo fren vuol esser del contrario suono.
Credo che V udirai , per mio avviso.
Prima che giunghi al passo del perdono.
15 Ma ficca gli occhi per V aer ben fiso,
£ vedrai gente innanzi a noi sedersi,
E ciascun è lungo la grotta assiso.
16 Allora più che prima gli occhi apersi:
Guardami innanzi, e vidi ombre con manti
Al color della pietra non diversi.
17 E poi che fummo un poco più avanti
Udì* gridar : Maria, ora per noi :
Gridar : Michele e Pietro e tutti i santi*
18 Non credo che per terra vada ancoi
Uomo si duro che non fosse punto
Per compassion di quel eh* i' vidi poi.
se Eleno, come nell'En. , HI. Ma meglio in*
tendesi dell' amicizia d' Oreste a Pilade ; la
quale amicizia accomunando i beni è diretta-
mente contrarla all' invidia. E a così Intende-
re ci cousiglia il vedere che gli altri due e-
sempi son tutti d' amore , e il P. dire tra bre-
ve : Tratte da amor le eorde della ferzo. Gli
esempi d'invidia vengono nel seguente.
12. Amate. Paul, ad Rom. : Nulli malum
prò malo reddentet. Lue. , VI : Diligile ini-
micos vettroi, bene facile hie qui oderwnt voe
... Si diUgitit eoe qui vos diligunt , quae vo-
bi$ eet gratia ..? Erit mereet vestra multa,
Matth. ( V , 44 ) : Diligite inimieos vestros,
13. Sfbrxa. Per incitarli a carità sono sfor-^
iati con esempi d' amore ; per ritrarli da in-
vidia son frenati con esempi del vizio e dei
suoi danni: Aglauro e Caino (e. XiV, v.47).
— Fbrza. Traslato alquanto contorto.
14. Suono. Freno e snono , metafore dis-
parate. — Avviso. Con la ragione lo induce.
Perchè ciò che spetta ai vizii e alla loro na-
tura, alla ragione è accessibile. — Perdono.
Dove 1' Aogelo ti raderà nn altro P. dalla
fronte.
15. Grotta. Rape ( Inf. , XXI, 38).
16. CoLoa. Livido : come d' invMl. Ov. ,
Mot. : Nee lapie albue erat : sua mene infe-
cerai Ulam ... Ballar in ore sedet,
17. Maria. Le litanie de' santi.
18. Ancoi. Per oggi ; Pha nel e. XX , 24;
XXXm , 3% : Da hoc hodie. Vive nel Titolok
I Proveoiali <wm.
296
D£L PIRGATOEIO
19 Che quando fai si presso di lor giunto,
Che gli atti loro a me yenivan certi,
Per gli occhi fui di grave dolor monto.
20 Di vii cilicio mi parean coperti ;
E Tun sofferia I*altro con la spalla,
E tutti dalla ripa eran aofiertì.
21 Cosi li ciechi a cui la roba falla.
Stanno a' perdoni a chieder lor bisogna;
E r uno '1 capo sovra l'altro avvalla,
22 Perchè *n idtrui pietà tosto si pogna
Non pur per lo sonar delle parole
Ma per la vista , che non meno agogna.
23 E come agli orbi non approda 1 sole.
Cosi all' ombre di ch'io parlava ora
Luce del ciel di sé largir non vuole.
ih' Ch' a tutti un fìl di ferro il ciglio {ora
E cuce , si com'a sparvier selvaggio
8i fa, però che queto non dimora.
25 A me pareva andando fare oltraggio,
Vedendo altrui , non essendo veduto :
Perch' i' mi volsi al mio consiglio saggio.
26 Ben sapev* ei che volea dir lo muto,
E però non attese mia dimanda,
Ma disse: parla, e sii breve e arguto.
27 Virgilio mi venia da cpieUa banda
19. Certi. Da uno. — Mumro. Inf. , XII:
Munge Le lagrime»
20. CiLicip. Qirol. citato da Pietro: Qui
peccator est (ut v^iòidm) •( ctii remordet eonr
scientia , cilicio renei aeeùiìgat. Il cilicio^di-
pìDge i pungoli continovi deir invidia.— SoF-
f EBiA. Al contrario di quel che ffnno nel mon-
do gr invidi , che si ^ttano a terra l' no l'al-
tro , e soppiantano.
21. Falla. Manca.
22. Agogna. Soffre qoasi agonia» Similitu-
dine alc^uanto langa.
23. AppRopA. Arriva, MeUf. lolt6 daUa
nave ambedue. V Qtt. interpreta : giova.
24. FiL. Chi vQol purgarsi dall* invidia ien-
Ka chiusi gli occhi alle cose terrene. E la pe-
na indica inoUfa la cecità dell'invidia. S.Greg.:
Mene invida eum da alieno hono affligiturp
de medio ludi obscuraiur, Pa. : Oheeunntur
oeuU eorum ne videant, ef dortum eammitm-
per incurva, Giob , degl' invidi : Air dùm tn-
current tenebrai. Invidia da non vid$Q. Bocc.
GU occhi m* ha aperto dui' inieUeUo^ i quaU
misera invidia m*av§va tarrofi. — Sparvoa.
Per addomesticarli. Chiabrera : Qwd giovane
sparvier, se rendt il giorno fiuon pacctolori
Della comiee onde cader si puote ,
Perchè da nulla sponda s'inghirlanda.
28 Dair altra parte m'eran le devote
Ombre, che per Torribile costura
Premevan si che bagnavan le gote.
29 Volsimi a loro «ero gente sicura,
Incominciai, di veder l'alto lume
Che 1 disio vostro solo ha in sua coriv
30 Se tosto grazia risolva le schiume
Di vostra coscienza, si che chiaro
Per essa scenda della mente il fimne.
31 Ditemi , che mi fia grazioso e caro ,
S' anima è qui tra voi che sia latina :
E forse a lei sarà buon s' T Y apparo.
32 0 frate mio , ciascuna è cittadina
D* una vera città : ma tu vuoi dire
Che vivesse in Italia peregrina.
33 Questo mi parve per risposta udire
Più innanzi alquanto che là dov'io stava.
Ond* io mi feci ancor più là sentire.
Sk Tra l'altre vidi un'ombra ch'aspettava
In vista : e se volesse alcun dir, come.
IjO mento a guisa d'orbo in su levava.
35 Spirto , diss' io, che per salir ti dome,
Se tu se* qu^ che mi rispondesti ,
alle fasciate eigUa , Volge tuperbo gli oesU.
25. Consiglio. Per consigliere , é nel ViK
lani e nelle St. pistol.
36r. SapeV. (Inf. , XVI).— Mirro. CXXh
Con viso che tacendo dicea : tad. — Aiav-
To. Spesso il P. iodi la brevità : e nella Volg.
El. la garmlitA come visiocoodanna (i,iQ.
27. iHomaLAUDA. Inf. , XXXI : JÌNiCffSf>
giom di torri si corona.
38. Costura. Del fil di ferro.
29. Alto. C. VII : L'alio eoi che im
30. FicMB. Il vero nell* anima poim
poro , irriguo , a sonante.
31. Camo. Più che granoso* — - Boov. Hi
recherà novella lassù.
32. CiTTAnniA. Med. Alb. Croet r Ini^
eiitadina di Urusakm. V. Naova: Bmftm
delie cittadine di vita eterna. Paci. ( Wgk* ^
II » 18 ) : Jam man ... hosfiies,ei grftsimi
eed ... eivsf sanelorum. Peir. : Sfieio fSNttf
che queUe fnemòra reggi Dentro oUa fiM'ysi
regrinando alberga Vn Signor ..• ( p. II » (.
2)1 Mi nota piUlegrina. Son. 71 : Vemim
beau Cittadine del cielo. Son. 88: Acatj^
mortale E ciltadifia dal celeste regmo.
9tf. Lnotto. Patria.
CANTO xnr
2D7
Fammili conto o per luogo o per nome.
6 r fui senese, rispose : e con questi
Altri rimondo qui la vita ria ,
Lagrìmando a Colui che sé ne presti.
7 Savia non fui, avvegna che Sepia
Fossi chiamata : e fui degli altrui danni
Più lieta assai che di ventura mia.
B E perchè tu non creda eh* i* t* inganni,
Odi se fui compio ti dico folle.
Già discendendo Tarco de' mie' anni,
18 Erano i cittadin miei presso a Colle
Io campo giunti co' loro avversari ;
Ed io pregava Dio di quel eh' e' volle.
U> Rotti fur quivi, e vólti ncf^li amari
Passi di fuga : e veggendo la caccia,
Letizia presi ad ogni altra dispari ,
A Tanto ch'i' leva' 'n su l' ardita faccia
Gridando a Dio : omai più non ti temo :
Come fé il merlo per poca bonaccia.
k9 Pace volli con Dio in su lo stremo
Della mia vita : e ancor non sarebbe
Lo mio dover per penìtenzia scemo ,
4-3 Se ciò non fossic ch'a'mcmoria m ebb<^
Pier Pettinagno in sue sante orazioni,
A cui di me per cantate increbbe.
ih Ma tu chi se che nostre condizioni
Vai dimandando, e porti gli occhi sciolti,
SI com* io credo, e spirando ragioni ?
k'S Gli occhi, diss1o,mi nono ancor qui tolti.
Ma picciol tempo ; che poch' è 1' otfesa
Fatte, per esser con invidia vòlti.
kd Troppa è più la paura ond' è sospesa
L' anima mia del tormento di sotto,
Che già lo'ncarco di laggiù mi pesa.
VI Ed ella a me: chi t'ha dunque condotto
Quassù tra noi, se giù ritornar credi?
Ed io: costui eh' è meco, e non fa motto.
hS E vivo sono: e però mi richiedi,
Spirito eletto, se tu vuoi eh* i' mova
Di là per te ancor li morta' piedi.
k9 0 questi è a udir si cosa nova,
Rispose, che gran segno è che Dio t'ami:
Però col prego tuo talor mi giova.
50 £ cheggioti per quel che tu più brami,
SS. Paisn. Par., I: O divina virtù, nmi
i pT$sti Tanto ...
S7. Sapìa. De*Provenzani, gentildonna: al-
iri la dice moglie a Gino di Pigezzo: visse
Bonfioau a Colle, ove, rotti i Sanesi da*Fio-
rtratiai, ella che odiava ì suoi, ne gioì. Ott.:
Ar mden tali in una forra , e dice che pre-
|d UàiOf che i Sanesi fossero seonfUti ... OA
pumte volte in questa provincia di Toscana
POimU prieghi sono stati fatti per mali citta-
éksL Di quesu sconfitta nel e. XI. Scherza
Mi nome, come sa quello di Cane nel prim')
ddl'Ioferno, e di Giovanna e Felice nel Pa-
radiso. Tra ì nomi e le cose gli antichi tro-
vavano alcuna armonia. Cosi nel Vang. Petrus
• piira. Cosi nel lib. di Ruth, Noemi Vuol
tesi cbiaraare col nome di Maria, perciiè
pieM di grandi amarezze. Bembo ( parlando
ék yattor Fausto). Let.V., 11, 1.3: Omesse-
f9 T$ttor mio, e veramente ora e Vittore, e
AmUo» 6 fortunato , e felice.
M. Abco. Conv. ( 1. Ili): JFÌno al eolmo
litia mia vita ( ai setiantacinque anni ). Al-
tfove: Procede la nostra viia cui immagine
^ mna • fnontando e discendendo, Petr.; Giun-
to al loco Ove scende la %nta ohe alfin cade,
Bocc: Passato è l'arco de* miei anni,
89. Colle. Presso Volterra.
41. Usilo. Cbiamansi in Lombardia gior-
ni della merla i tre ultimi di gennaio : e son
freddi , dice la Civoia . per punire la merlo
che, sentendo una volta a que'dl mitigalo il
freddo, si vantò di non più temere gennaio.
Questo notano il Vellutello e il Daniello. Ott.:
Dicesi favolosamente, che il merlo al tempo
della neve sta molto stretto, e come vedepur^
to di buono tempo dice: non ti temo, domi-
ne, ch'uscito son del verno,
43. Pier. Terziario eremiu da Campi , nel
Chianti, lontano sette miglia da Siena. Nel
1328 si ripigliò la fesu di lui per alcun tem-
po intermessa ( Tommasi , p. II, p. 238). Ott.:
In Siena al tempo dell* A, fece molti miracvH
in sanare infermi , e in vedere molte revela-
xioni; al quale la detta donna in vita faeea
visitazioni ed elemosine , e pregavalo che per
lei pregasse. Dicesi , che Piero Pettinagno fu
fiorentino per nazione. — Incrbbbe. Danto
( Rime ): È m* incresce di me sì malamente
Ch'altrettanto di doglia Mi reca la pietà quan-
to il martiro. Pregando, la fece dall'antipur-
gatorio passare nel Purg. : CM cima di giù-
dicio non f avvalla turche foco d'amor com-
pia in un punto Ciò che dee soddisfar chi qui
s'astaUa (e. VI).
44. Condizioni. Antico inedito : Le tue con-
dizioni e li tuoi fatti io seppi e cognobbi^ —
Sciolti. Ott. ; PtrocelU *l tuo favellare è éi-
ritto a colui f cui eUi dirizza. — Spirando.
Sente il respiro dall' aria commossa.
46. Sotto ( e. XI XII ).
50. RiNFAwi. Cb* io non son dannata.
38
298
DEL PURGATORIO
Se mai calchi la terra di Toscana»
Gli* a' miei propinqui tu ben mi rinlami.
51 Tu li vedrai tra quella gente vana
51. Vana ( Inf., XX1X,41).— Talamonb.
Per a?ere il porto di Talamone comprato nel
1303 dai monaci di Montamiata per novecento
fiorini , castello al fine della Maremma , si
credono già nomini di mare. L'Ott. : Psrocchè
U porto è profondo, a ianbbe di grande utih,
M fotte ootcolo da gonU , U Sanati o* hanno
eontumata molta montta in rifarlo più volte,
e mettervi abitanti : poco giova, perocché l'aere
Che spera in Talamone; e perderigli
Più di speranza, eh* a trovar la Diana.
52 Ma più vi metteranno gli ammiragli.
inferma non vi Uuda muUipUcare gente. —
PsRDiRAGu. Ci perderà. — Diana. Credevano
anticamente vi fosse an fiome sotterra^ e molti
cavarono indarno. Anco ai tempi di Dante
( Toromasì» p. I, p. 53).
52. Metteranno. Più vi rìmettertnao co-
loro che saranno mandati ammiragli del nao-
vo porto.
299
CANTO
XIV-
ARGOMENTO.
Ugo da S. Vittore, posto in cielo da Dante , e citato da Pietro figliuol di lui^
dic9 : Suberbia aufert mihi Deum, invidia proximum, ira me ìpsam. Alla superbia
dà il P. Ire canti j all'invidia due e mezzo j uno e mezzo aWira. Qui trot>a due
Ramagnuoli illustri , e parla loro dei vizii delle toscane rep.^ ed essi rammentano
a lui il declinare delle nobili schiatte di Romagna.
Qai si vede più chiaro che altrove come la libertà volata da Dante fosse una demo-
crazia aristocratica , difesa e vendicata al bisogno dalla lontana monarchia. Non mai come
qui la geografia è si poetica. La politica alla morale s' innestano con arte rara. Poesia vera
la fine.
Nota le terzine 1, 2, 3, 5, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 16; la 19 alla 23; la 25, 29, 35, 37,
38, 39; la 41 alla 46; le due ultime.
I
Chi è costui che 1 nostro monte cerchia
Pria che morte gli abbia dato il volo,
E apre ^li occhi a sua voglia e coperchia?
Noti so chi sia; ma so eh ci non è solo.
Dimandai tu che più gli t'avvicini,
£ dolcemente, si che parli, acculo.
Cosi due spirti, Tuno all'altro chini
Ragionavan di me ivi a man dritta :
Poi (er li visi, per dirmi, supini ;
1. Nostro. Parla Rinicri ad un altro Ro-
^agn^olo, volen$ demonstrare ( dice il Cud.
^«ei. ) qttod in Romandiola maxime regnabat
invidia.
2. Solo. ( e. HI , 47 ) : Costui eh' è meco ,
• flou fa motto, — Acc(^L0. Cóle, per eogliele
^ nel Sacch.; còmi per coglimi nella Tancia.
3. Supini, (c. Xlli, 103) : Lo mento a guisa
^* orbo in su levava»
E disse Fano: o anima che fitta
Nel corpo ancora, inver lo ciel ten vai,
Per carità ne consola, e ne ditta
Onde vieni e chi se': che tu ne fai
Tanto maravigliar della tua grazia
Quanto vuol cosa che non fu più mai.
£d io: per mezza Toscana si spazia
Un fìumicel che nasce in Falterona,
£ cento miglia di corso noi sazia.
4. Uno. Guido.— Ditta. Di'. Petr. (e. 28):
Colui che dtl mio mal meco ragiona Mi la-
scia in dubbio, sì confuto ditta.
6. Spazia. Otl. : Perocché non va a diris-
ta linea. — Faltbrosa. Monte dell* Apen-
nino presso Romagna , dove avevano signoria
i comi Guidi. — Cinto. G. Vili. ( 1 , 43 },
dice il corso dell'Amo essere di ^azio di mi.
glia cenioveoti.
SGO
DEL PURGATORIO
7 Di sovr' esso rech* io questa persona.
Dirvi eh' i* sia , saria parlare indarno;
Che '1 nome mio ancor molto non suona.
8 Se ben lo 'ntendimento tuo accaruo
Con lo 'ntelletto (allora mi rispose
Quei che prima dicea) tu parli d' Amo.
9 £ r altro disse a lui : perchè nascose
Questi '1 vocabol di quella riviera
Pur cora'uom fa dell' orribili cose?
10 £ r ombra che di ciò dimandata era,
Si sdebitò cosi : non so ; ma degno
Ben è che '1 nome di tal valle pera.
1 1 Che dal principio suo (dov*è si pregno
L' alpestre monte ond'è tronco Pelerò,
Che*n pochi luoghi passa oltra quel segno)
12 Infin là 've si rende per ristoro
Di quel che 1 cicl della marina asciuga,
7. Sova». Inferi» , XXllli l fui naiQeen-
sciuto Sovra 'l bel pum$ d* Amo, Quando ei
scriveva V Inferao non anco gli odii e i dis-
pregi erano cosi Aeri. Qui non nomina Firen-
ze ; come PoUoice in Istazio donwndalo chi
fosse non nomina il padre. Così nella leu. ad
Enrico VII , e' non la nomina se non dopo a-
vcrla con mille titoli di vltaperio indicata. —
Peusona. Conv. (U3 ): A«i eotpMo dt^ qua-
li non iolamente mia penona inviiio , ma di
«anor pugio ù fsc9 ogni optta ... — Suona.
Vetr.: Volentier taprei Chi (« m ... V esser
mio , gli risposi, non soiCena Tanto conosci-
lor, efiè così lung§ Di poca fammagran lu-
ce non vene.
8. AccARNO. II Petrarca disse ineamafe
ed pensiero V Immagine d* un i>el viso.
10. Sdebitò. Àr. ( XIX, 108 ) : £ st doman-
da l' un eoo V altro il nome, È tal debito to-
sto ti ragguaglia, — Peba. Frase bibl.: Pt-
Ttìot nomen ejus.
11. pRBGxo. Eminente. Dice 11 Ferra rio del-
l'A pennino: £'xcelfii« maxime interagrum Par-
mcnsem et Luccnsem. ( Lex geogr. )• — Mon-
te. L' Apeoniuo tagUa \ Italia : dì là sgor-
{,'ano molli fiumi: e* divide Lombardia da To-
scana , va fino io Calabria. — Pbloro. Pro-
moniorio di Sicilia ora tronco dall'Apennino,
M faciente un tempo eoa lai tutto un mente,
«) Dando la Sicilia era attaccata air Italia (Virg.
Ili , 414-7 : Haee loca , vr quondam ... Vie-
filuisse ftruni , quum profenus «cra^tie teUue
l'eia foret, — Oltra. Nella Campania 1* A-
pennino é piò alto. Lue. : Umhr9»it mediam
qua eoUibui Apenninus Erigit Italiam, nullo
ii>ta vertice teUuiAUiusHUummU^fropriuequ^
«ccaisir Olympo. Mont inter femtfias mediut
Ond' hanno i Gami ciò che va OOD Imo >
18 Virtù cosi per ninùca si fuga
Da tutti come biscia, o per sveotan
Del luogo 0 per mal uso che li (f%igu
ik Ond' hanno si mutata lor naturm
GH alritatcM' della misera valle
Gie par che Circe gli avesse in putori*
15 Tra brutti porci più degni di galle
Che d' altro cibo fatto in umano uio;
Dirizza prima il suo povero calle.
16 Botoli trova poi venendo giuso»
Ringhiosi più che non chiede ìoi poM»
E a lor disdegnosa torce '1 muso. (Ot
17 Vassi caggendo; e quanto ella più 'ngm-
Tanto più trova di can farsi lupi
La maiadetta e sventurata fossa.
18 Discesa poi per più pelaghi cupi.
te porrigit rnndeti In/amì Superiqu^
colletque eoeroet . . • Coda Siculo eatMff f^
loro.
13. La. Fino al mare dove Amo si iciit
per rRomare V aequa »alita dal mare In v»
pore. — Ono*. I fiumi hanno dal cielo le a*
eque loro. £ vuol dire: dalla sorgente aHt
foce d*Amo non è virtù. Dirà poi nel e. XTI
che tra 1 Po e r Apennioo e 1 Reno e1
re , non è bene alcuno. Le due pittare
grafiche e politiche si rincontrano.
13. LcoGo. Cfc. ( Leg. , Agr. ) : Non à
fiaranttcr hominibut meres tam a iftrpt
rìM ae teminit quam ex iit rebus quae ak i§
neUura loci et a vitae eontuetudine manJA'
tantur, quikut aUmur et vtvinitia. Carwafi
m'enfai fraudulenti et mendacet, non MMie
ted natura loci ... ad ttudium, /allaiMn»et*
co^anlttf.
14. CiRCF. ( Inf. , XXVI ).
15. Ponci. I contr Guidi di Romeni , 4a>
nominati di Porciano : dati alla Tenere , diet
Pietro. E (tose in genere tutto U Caaiélln»
Boet.: Foedit immundisque libidimbm mmmT'
ijiturf tordidae tuis voluptale deltnthif.
16. Botoli. Aretini che latrano a* vietai •
ma senza forza. Boet. : Ferox atqu§ tafviii
linguam litigiit exercet ? cani comporaraL
17. Lupi. Avari Fiorentini. In una eanaon^
la chiama lupa rapace. Boet. : Avmrititi fef-
uet , aiionarum opum moleniut eff|KorT fafi
timilem dixerit.
18. Volpi. Pisani , pieni di maliztoee Cin-
tele. Boet.: Imidiator occuUit ntfnipm$$§ frmt
dibut gaudetf VulpeeuUt exaequeiur. Il mt>
desìmo ; Qui , prcòitaie deserta • i^omo ctn
detierU i qtium tu divinam eon^'oncm tre»
CANTO XIV.
301
TroTa le volpi si piene di froda
Che non temono ingegno che le occupi.
19 Né lascerò di dir pcrch' altri m' oda.
£ buon sarà costui s* ancor s' ammenla
IN ciò che vero spirto mi disnoda.
20 Tveggio tuo nipote che diventa
Caeciator di quei kipi in su la riva
Bel fiero fiume, e tutti gli sgomenta.
21 \eùAe la carne loto essendo viva :
Pòscia gli aneìde come antica belva:
■olti di vita e sé di pregio priva.
S Sanguinoso esco della trBta selva»
Lasciala tal che di qui a milV anni
Nello slat^prìmaio non sirinselva»
O Com' air annunzio de' futuri danni
Si turba 1 viso di colui eh' ascolta
Da qualche parte il periglio F assamii;
Il G>s! vid' io r altr' anima clie vdlta
SUv:a a udir, turbarsi e farsi trista
Poi eh* ebbe la parola a se raccolta.
JB. Lo dir dell'una, e dell' altra la vista
Mi fé voglioso di saper lor nomi;
E dìauuìda ne fet con prieghi mista»
26 Perchè h) spirto che di pria parlómi,
Ricominciò: tu vuoi eh' io mi deduca
Nel fare a te ciò che tu far non vuómi.
27 Ma da che Dio in te vuol che traluca
Tanta sua grazia, non ti sarò scarso.
Però sappi eh* io son Guido del Duca.
28 Fu '1 sangue mio d' invidia si riarso
Che se veduto avessi uom farsi lieto,
Visto m' avresti di livore sparso»
29 ]>i mie semenza cotal paglia mieto.
0 gente umana , perché poni '1 core
La 'v' é meslier di consorto divieto?
30 Questi éRinier, quest'él pregio e l'onore
Della casa da Calbolir ove nullo
Fatto s' è roda poi del suo valore.
31 E non pur lo suo sangue è fatto brullo
Tra 11 Po e 1 monte e la marina e '1 Rertf>
Del ben richiesto al vero e al trastullo;
32 Che dentro a questi termini é ripieno
Dì venenosi sterpi, si che tardi
Per coltivare omai verrebbe? meno.
33 Ov' è 1 buon Lizio, e Arrigo l^Ianardi,
Pier Traversaro e Guido di Carpigna ?
«n tmmpoimt, vertaiur in hMtam. Nella l«l-
Iwi ad Enrico VII volpe è chiamata Firenze.
— • Occkvu Sorprenda- Virg. : Aieenlem Oeeu-
Hmtm E pnr« Pisa eoo Arezzo erano città ghi-
MUnt. Ma ai falli non ai nomi badava il P.
flCcl 1J09 Arezzo guidata^ da Ugneeione si la-
fedò^ sconfiggere da. Firenae ( ViU., VIU^119 }.
19. Ai^TM. Gnido parla a Rinleri da Cai-
Mi; • ora sta per dire d' na sno nipote in-
^«0 . Fnlcieri dir Calboli .
IO. KiPOTi. Rettor di Firenze, nel iao4al
MMo della tspubione de' Bianchi ;vioario> di
Bnbcrlo poi ; nel 1311^ esiUò di nnovo U P.
Cairotto da' Neri feee carcerare ed nccidere
yveechl Bianchi.*— Fiito» Altrove chiama sei-
nggiM la* parte di Vieri.
si. QuALCHB. Ascolta che H periglio- da qnal-
Aa parte 1* aacannik Petr.^: J^asr^^taceioden-
ttm tm smi$a d* uom eht ofcoiCt Novella oke
éi tmkito V decora. Com* icom- ek$ fetne... Fu-
mmo Moie, e frema arni la tromba Smt^ndo
0à éeitf aiiri aneor fwl' pr9m§.
94. A&TE'. Rioieri. — RagcoiiTa. Intesa^ e
Paradiso;. £e nuove noU hatuM ri-
18. Rmbio. Aibertano: L*mmdia , eoUn
la pofla con seco r orde. S. Gregor« : lìi-
vidiae faeibui.
n. MniTOw Pro?., XXU: Qui «cmtnaC ini-
fmm, «def Mia. IMoi. CXXV: Qiié le-
«tmanltn tutfr^mif, in caniftafo'one oiefenf . Gal.
( VI , 8 ) : Qwu ... «tmifiaveril komo , haec et
melet. Bccl. VII : Non scmtncf mala in tui-
ei» injuuitiae, et non metee ea in septuplum,
— CoNsotTO. La fmizione de' beni mondani
sminoisce b*'è divisa in compagnia , e se non
vuoisi divisa , conviene a tutti -vietarne il pos-
sesso.. Ecco in questo verso mostrata la ne-
. eessiià eh' é ali» tirannide del sistema de' di-
vidi e de'privilegii*, e la bruttezza di questo
sistema, r. il e. seg. Lue, I: Nulla fideiro'
^m zoettf , omnieque poteitae knpatiem con-
«oriti «rir» Conv. (k IV ) : La partlode ne* vi-
zioti e co^'ofie dr invidia , e invidia e tagione
dvmal giudicio^
ao. RiNun* Da^ ForlV, avolo- di Fnlcieri. Di
lui il Novellino; XL.
31. Brullo. Nudo ( Inf. , XXXIV, 20 ). —
Po. Romagna confinata dal Po, dal Reno, dal'
l'Adriatico e dall' Apeonino. — Trastullo.
Petr. : Fidi Virgilio ; e pormi ùfUomo avesee
Compagni d'aito ingegno e da troituUo.
32. Stupì. Rammenta la selva selvaggia.
33« Liaio. Da Vatbona ,. lodato dai Bocc.
(V, 4 ) pet cavaliere assai da bene. L' Cu.:
, Cavaliere eorteee , per fare un deeinare in
Forili mezza la eotera del zendado vondi eee-
tanta /tohm. Annunziatogli che un suo trìslo^
figliuolo era morto, rispose: già lo sapevo^
dUenti ch'egli è sepol&o* -* Uàvamdu Dii
302
DEL PURGATORIO
0»Roroagiuioli tornati io bastardi I
3k Quando io Bologna un Fabbro si ralligna,
Quando n Faenza un Bernardin di Fosco,
Verga gentil di picciola gramigna?
35 Non ti maravigliar s*io piango, Tosco,
Quando rimembro con Guido da Prata
Ugolin d' Azzo che vivette nosco ,
36 Federigo Tignoso e sua brigata ,
La casa Traversara e gli Anastagi
£ V una gente e V altra è diretata ;
37 Le donne e i cavalier, gli afTanni e gli agi
Che ne 'nvogliava amore e cortesia
Là dove i cor son fatti si malvagi.
38 O Breltinoro che non fuggi via
Bretiinoro o di Faenza, cavalien fieno di
cortesia ...volentieri mise tavola, donò robe
€ cavalli t pregiò li valentuomini, e iua vita
tutta fu data a larghezza ed a bello vivere
( r Ott. ). Morto Guido del Duca , quegli che
parla, Arrigo fece tagliare a pezzi la paoca
dove 8ole\a sedere con 'lui» percb' altri non
vi sedesse: che diceva non potere trovare
uomo d'ugual probità. — Pier. Di Ravenna:
sposò una sua liglia a Stefano re d'Ungheria:
l'u di Ravenna cacciato da que* di Polenta. Uo<
11)0 splendido. — GiiDO i>i Cahp. Di Monte-
feltro , \ issuto verso la metà del XIU seco-
lo, cortese e ghibellino; finiiglia posseditrice
di castella feudalmente obbligate all'imperio.
Amò per amore, dice TOtt., un Guido di
Carpigna genero d' l'gucrioue , nel 1308 capi-
tano del popolo fiorentino. Non doveva come
guelfo essere molto amato da Dante : quindi
forse la esclamazione contro i tornati m ba-
stardi,
34. Fabbro. De' Lambertaizi : che acquistò
quasi assoluta potenza in Bologna. — Ber-
nardin. Lavoratore di terra in Faenza, acqui-
siò tale autorità , che gli antichi uomini lo
visitavano per \ edere le sue onorcvolezze e
udir di sua bocca leggiadri motti.
35. Prata. fastello tra Faenza e Forlì.
Guido fu uomo liberale. — Dgclut. Degli
Vbaldini, famiglia toscana, nobile e cortigia-
na. Ambedue di basso luogo nati, pur per
virtù si nobilitarono, e furun parte delle pub-
bliche cose.
36. Tignoso. Di Montefeltro: di^e Pietro,
di Rimini. L'Ott. : Sua vita fu in Brettinoro
(come Guido di Carpiyna): il pia fuggk la
r,tià quanto potette , ticcome nemica de' gen-
tili ìiomini; e quando in lei stette^ la sua
tavola fu corte bandita. — Traversara. Di
Ka^coua. — A:<astaci. Illustri Ravennati con-
Poiché gita se n*èU tua famiglia
E molta gente per non esser ria ?
39 Ben fa Bagnacaval che non rìfiglia;
E mal fa Castrocaro , e peggio Conio,
Che di figliar tai conti più s'impiglia.
kO Ben faranno i Pagan quandoldamoMO
Lor sen gira ; ma non ^^etò che puro
Giammai rimanga d'essi testimaoio.
il O Ugolin de Fantolin, sicuro
É il nome tuo da che più non s'aspetta
Chi far lo* possa tralignando oscuro.
42 Ma va via, Tosco, omai;ch*ormi diletti
Troppo di pianger più che di parlare:
SI m* ha vostra ragion la mente stretti.
frtunti di parenUdo a q«e*di PoleaU. Ott.:
Per loro cortesia erano molto amati da*getilé^
li e dal popolo, quelli da Polenta , ocempeitmi
della repubblica, come sospetti o kmoid, U
cacciarono fuori di Faenza. — Dirktata. L' wm
il VilU (Vili, 64).
38. Brbttinoro. Patria di Goldo. Oli »
sclama contro le castella. — Fuggi. EmiM»
ta quel dell' Inf.: Muovasi la Capraia. -^fa-
MiGMA. Dall'esilio dispersa. Ott. Intr* altak-
tre laudabili costume de* nobili di Brwttime^s
era il convivere , e che non voleano che «^
mo vendereccio vi teneste ostello ; ma um
colonna di pietra era in mezzo il easte^
alla quale, come entrava dentro il forestitn,
era menato, e ad una delle campaneU» 99tt
venia mettere il eavallo e cappello; o eom
la fronte li dava, così era met^ato aUa mms
per lo gentile uomo , al quale era attrikmtB
quella campanella , ed onorato secondo mo
grado. La quale colonna e campanella (un-
no trovate per torre materia di standolo ist'
fr* alli detti gentili; che ciascuno prima cont-
va a menarsi a casa il forestiere, siccowu
oggi quasi si fugge.
39. Bagnacaval. Parla dei Malabocca, nl-
tìroi della qnal famiglia erano Lodovico e Ca-
terina moglie a Guido signor di Ravenna o*
splte del P. Ma non di lei, de' maschi di quel-
la casa intende la sentenza di Dante. — Rf
FIGLIA. Sap. ( ili , 13 ) : MaUdicta ereatum
tu rum : quoniam felix est sterilis. — Castbo-
CARO...C0MO. Avevano i loro conti. Ott.*T»fh
e tre furono abitazione di cortesia « di onori.
40. Demo.mo. Magbinardo Pagani signore
d* Imola di Faenza soprannoroiiMto il Diav^
lo : i figli erano men rei del padre ( ioL •
XXVIi ).
41. Ugomn. Virtaoso Faentino.
43. Ragion. HagioDamento ( e. XXII )' Di-
CANTO XIV.
3(0
Noi sapavam che queir anime care
Ci sentivano andar : però tacendo
Faccvan noi del cammin confidare.
^4 Pei fummo fatti soli procedendo,
Folgore par^'e quando Y aer fonde,
Voce che giunse di centra dicendo:
a Anciderammi qualunque m'apprendo.
E fuggia come tuon che si dilegua
Se subito la nuvola scoscende.
46 Come da lei l'udir nostro ebbe tregua.
Ed ecco l'altra con si gran fracasso
Che somigliò tonar che tosto segua :
47 Io sono Aglauro , che divenni sasso.
et votiva , perch' e Dante e Riaieri diedero
doBMidando occasione ai suoi dolorosi pen-
•feri. — Stbbtta. Virg. ( IX , 294 ) : Atqut
jKiCriae itrinxit pietatii imago.
Poi. Poiché. — Folgobb. QuaUterex-
venlii per nuhila fultMn Aeterit im-
fmUi fofuitt mundique fragor9 Emicuit, rupit-
qm 4iam ... ( Lue. ).
4i. AivcioSEAMHi. Caino nella Geo. ( IV ,
14 ) : Owmis ... qui inventrU mé^ oecidetme.
— > AwftBNDB. Per prende è nel Borghini e nel
«7. Aglaubo ( Ov., Met. II ). Infidiò gli
nwri di Mercurio con Erse sorella sua.
48. Camo. Ps. : In camo et fraeno maxil-
In #onfm eonstringe, qui non approximant
ma le. C. XIII ( lerz. 14 ) : Lo fren vuol ei-
ifr ed cmUrario suono. Ar. ( XXX , 71 ) : Se
éi 9éf$9§na un duro fren non era. Monarch.
( pag. 81 ) : Bas eonelutiones humana cupi-
flmttrgartt , nisi hominee ianquam equi
èmaùHiate vagarue$, in eamo et fraeno
lur in via.
Amo. Eccl. ( IX, Ì2 ):Sieut pi$c€$ ea-
ìmr hamo...fie oapìuntur hominet %h tem-
E allor per istringermi al poeta
Indietro feci e non innanzi 'I passo.
48 Già era Taura d*ogni parte quota ;
Ed ei mi disse : quel fu il duro Camo
Che dovriaruomtenerdentroasua meta.
49 Ma voi prendete l'esca si che l'amo
Dell'antico avversario a sé vi tira ;
E però poco vai freno o richiamo.
50 Chiamavi 'l cielo e 'ntomo vi si gira
Mostrandovi le sue bellezze eterne ,
E l'occhio vostro pure a terra mira :
51 Onde vi batte Chi tutto discerne.
pore malo. — Richiamo. Alla virtù : freno al
vizio. L'uso de' beni terreni fa cupidi ed in-
vidi.
50. Mira. Ib. ( XL, 25): Levate in eaoee^
tum oeulos vettrot, et videie, quis creavit haee:
qui educii in numero mUitiam eorum. Petr.
( Ep. ): Extensam habet Deu$ dexteram suam
ad largienda spiritualia. Sed non est qui aspi-
ciat. Omnes enim ad sinistram respiciunt , u$
temporalia reeipiant. S. Aog. : Belluat ÙBsm
prostratas fecit in fame, pastum quaerentn
de terra : te homo in duo$ pedes erexit, tuctn^
faciem sursum ascendere voluit. Non discoih
det cor tuum a faeie tua. S. Paul. : Quae sur-
sum sunt t sopite. Tasso : Né miri il del che
a sé ne inoiia e chiama. Petr. (e. 39 ): Or
ti solleva a più beata speme Mirando il eiel
che ti si volve intomo Immortai ed adomo.
Boet. : /{empiette coeli spatium , et aliquando
desinile vilia mirari. Ovid. : Os homini stt-
blime dedit eoelumque fumi Ju$$it» Arist. ( Do
pari. an. ) : Sohis aninvalium omnium erectm
est homo, qfsomam-ejui-nùtufrùeuque substan-
tia divina $$$.
51. ToTfo. Boet.: Judioit' euneta cementis.
30i
DEL PURGATORIO
CANTO XY-
ABGOMENTd
Il sole piega aìl'oeeato : irotano l Angelo , ealgono men ardua ioUla , perdki
più tuomo i'avansa nel bene , e men fatica egli dura. Sono nel girone de∈
e , andando , Virg. tpiega , eome il bene vero doè lo spirituale , da più gaétOe ,
più contenta ciascuno. Viseussione lucidissima, e fatta poetica dM'amoet ••• A
P. in visione contempla esempi di mansuetudine e misericordia : le dolci panie is
Maria dette al figlio smarrito nel tempio; la rispoeta di Pisistrato indiato apt
mre chi aveva baciata sua figlia; la preghiera di santo Stefano pe* tuoi «eeòon:
fin esempio profano in mezzo a due sacri, e tutte le mioni son poesia «iw. Ei^
trono nel fumo ch*è pena agli ardori dell'ira.
Nota le terzine 1, 3. 5, 6; la 10 alla 13; la 17, 19, 23, 21, 25; la 28 allt li;
la 36 , 37 , 39 , 40, 41 , 43 , 44 eoo l^oltime tre.
1 Quanto , tra laltimar delfora terza
E 1 principio del di , par della spera
Che sempre a guisa di fanciullo scherza,
2 Tanto pareva gii invér la sera
Essere al sol del suo corso rìmaso
Vespero là , e qui mezza notte era.
3 E 1 raggi ne ferìan per mezzo 'I naso.
Perchè per noi girato era si '1 monte
Che già diritti andavamo invór T occaso;
i. Quanto. Qaanto tratto della sfera cele-
ste corre tra l'ora terza compiata e il nascer
del sole, cioè quarantacinque gradi ( poiché
il soie corre quindici gradi per ora ) » tanto
rimaneva in Purgatorio a percorrere al sole.
— ScuBRZA. Il raggio del sole sempre tre-
mola: che degli altri pianeti non è. Virg. :
Xremulum ... lumen,
2. Vespero. A vespero , mancano ire ore a
sera. In Italia in quel punto era mezzanotte,
a Gerasalemme tre ore del mattino. Qui mo-
stra il P. di credere che l'Italia fosse occi-
dentale a Gerusalemme gradi qotrtntacinqae,
h Quand* io senti* a me gravar la fronte
Allo splendore assai più che di prima,
E stupor m' eran le cose non conte.
5 Ond* io levai le mani invér la cima
Delle mie ciglia ^ e fecemi '1 solecchi»
Che del soverchio visibile lima.
6 Come quando dall'acqua o dallo specd'v
Salta lo raggio ali* opposita parte,
Salendo su per lo modo parecchio
ed è venticinque. Ma Dante co* geografi àt
suoi tempi pone tra l'ibero , Uume della Spi'
gna ( canto XXVll ), e Gerusalemme, pm
novanta : e da questo errore procede che • o-
sendo veramente l'Italia in mezzo tra Pll^
stina e la Spagna, e' doveva porre tra Iialii
e Palestina gradi quarantacinque.
4. Priiu. Trecentista inedito rJtfi^iion à»
non era stato di prima .
tt. Solecchio. Per arnese che difenda dal
sole, r usa G. Vili .
6. Come. A intendere questo passo notita»
col Torelli che la legge della riHassione della
CANTO XV.
305
7 A quel che 8cen(1e; e tanto si diparte
Dal cader della pietra, io igual tratta,
Si come mostra esperienza e arte;
8 Cosi mi parve da luce rifratta
Iti dinanzi a me esser percosso :
Perdi* a fuggir la mia vista fu ratta.
9 Che è quel, dolce padre, a che non posso
Schermar lo viso tanto che mi vaglia,
Disagio, e pare invér noi esser mosso ?
10 Non ti maravigliar s* ancor t* abbaglia
La famiglia del cielo, a me rispose:
Messo èche viene ad invitar eh uom saglia.
li Tosto sarà ch*a veder queste cose
Non ti fia grave, ma fieti diletto.
Quanto natura a sentir ti dispose
11 Poi giunti fummo all'angel benedetto.
Con lieta voce disse: Intrate quinci
Ad un scalèo vie men chegli altri eretto.
13 Noi montavamo gii partiti linci;
fta già dimostra negli specchi piani , con-
cavi e convessi, neUa prima prop. della Ca-
toUrlca d'Euclide; che la perpendicolare fa chia-
niau il cader della pUlra da Alberto M. nel
libro delle caase e proprietà degli elementi,
celebre allora ; che rifratta sta qui per rt/les-
$a , distinzione agli antichi non nota , poiché
il deviare in genere de' raggi fu espresso col
greco voeabolo ànapUutaì spezzarsi. Onde si
•pieghi: come quando un raggio di luce , dal-
Y acqua o dallo specchio , rimbalza all' oppo-
sta parte , risalendo con V isiessa legge con
eoi scese, facendo cioè l'angolo di riflessio-
ae ugnale all' angolo d' incidenza , e' tanto si
•eosta dalla perpendicolare salendo , quauto
fé D* è scostato scendendo , scorso eh' egli
abbia io salire un tratto uguale (vale a dire
che se il raggio scende dall'altezza d'un mi-
elio, e salga riflesso , altrettanto le estremità
di loì saranno d' una e d' altra parte ugual-
BWDle distanti dalla perpendicolare ) , secon-
doehè dimostra 1' esperienza ottenuta con ar-
to ; al medesimo modo mi parve essere per-
cosso in volto da una luce riflessa : riflessa
dall'Angelo a terra, dalla terra a me. Poiché
Daote non guardava direttamente V ÀD^elu :
JM 8' era fatto parasole della mano alle ci-
glia.— Parbccuio. Pari. Anco in prosa.
7. CAi»ia. Alberto dice che gli Etiopi han-
no doe esuti ardenti , perchè il sole pa^sa
doe volte ti caso della pietra (perpendicolar-
mente) sopra il lor capo. E certo la pietra
cade sempre perpendicolare alla terra. — Arte.
Catottrica. Aristot. : l'esperienza è la tcienia
MU 99i$ f l'arte la scienza delle cagioni.
E Beati m%$eri€ùirie$ fae
Cantato retro, e: godi tu che vinci.
H Lo mio maestro ed io , soli amendue.
Suso andavamo ; ed io pensava andando
Prode acquistar nelle parole sue
15 E dirizzami a lui si dimandando:
Che volle dirlo spirto di Romagna,
E divieto e consorto menzionando?
IGPerch' egli a me: di sua maggior magagna
Conosce ì danno: e però non s' ammiri
Se ne riprende , perchè men sen piagna.
17 Perchè s' appuntano i vostri desiri
Dove per compagnia parte si scema»
Invidia move il mantaco a' sospiri.
18 Ma se Y amor della spera suprema
Torcesse 'nsuso 'I desiderio vostro.
Non vi sarebbe al petto quella tema.
19 Che per quanti si dice più li no|lro,
Tanto possiede più di ben cidàcuau,
9. Vaglia. A vedere.
li. Quanto. La naturai disposizione è mi-
sura anco a' doni celesti.
12. Scalèo. ( Par. , XXI , 10 ).
13. Linci. Lai. illinc, — Beati. ( Matlh.,
V ). S. Ambr. e. V in VI Lue. : Qui sunm
donai , non quaerit alienum , come 1* invido
fa. — Goni. Matth. , ih. : Gaudete et esulta-
te , quoniam merces vestra copiosa est in coelis.
Godi che tu vinci salendo l' insidia, e gli
altri ignobili affetti.
14. Proob. Utile (e. XXI).
1». Dir. ( e. XIV , 29 ).
16. Maggior. L' invidia. — Men. Meno si
pecchi d' invidia , e sia quindi minore la pe-
na e '1 pianto.
17. Appuntano. Mirano , appoggiansi. —
Compagnia, intende i beni materiali , dall* a-
varizia agognati più eh' altri. L'idea dell'ava-
rizia toma sotto mille forme a presentarcisi
nel poema. 1 beni dell'ingegno e dell'animo,
sebbene umanamente adoprati , pur soffrono
compagnia. — Invioia. Boet. : Vestrae . . .
divitiae , niti eomminutae , in pluree , tran-
tire non possunt. Quod quum factum est, pau-
peres neeesse e$t faciant, quos relinquunt, —
Mantaco. Guittone : Coi mantachi di super-
na enfiati,
18. Spbra. V. fine del canto precedente.
— Sarbbbb. Esset vobit. Non avreste.
19. Pi(j. Boet. : Omne bonum in commu-
ne dedere , vlt pttleriia eluceicat, Sen. : Nul-
lius rei possesiio jueunda e$t sine socio. S.
Aogust. ( C. D. , XV ) : Nullo fU minor acce-
dente ieu permanente , poseeseio bonitatis y
39
'^06
DEL PURGATORIO
E pili di caritate arde in quel chiostro.
tìO Io son d'esser contento più digiuno,
J)iss'io, che 80 mi fossi pria taciuto,
E più di dubbio nella mente aduno.
u I Com* esser puote eh' un ben distributo
I più posseditor faccia più ricchi
Di sé , che se da pochi è posseduto ?
22 Ed egli a me : però che tu rificchi
La mente pure alle cose terrene ,
Di vera luce tenebre dispicchi.
23 Quello 'nfioito ed ineffabil bene
Che lassù è, cosi corre ad amore
Com* a lucido corpo raggio viene.
2^ Tanto si dà quanto trova d' ardore:
SI che qnantunque carità si atende ,
Cresce sovr' essa l' etemo valore.
25 E quanta gente più lassù s' intende,
Più V è da bene amare e più vi s'ama,
E come specchio Tuno all'altro rende.
26 E se la mia ragion non ti disfama.
Vedrai Beatrice: ed ella pienamente
Ti torrà questa e ciascun* altra brama.
27 Procaccia pur che tosto sieno spente,
Come son già le due, le cinque piaghe
quam tani^laiiui quanto eweordiut individva
uociorum potsidet earitat. Non hab^t <Unique
istam potsesiionwi qui «atto nolvorit habere
commumm, fC tanto eam npaneC ampUonvì
quanto antpUus ibi potuti U amare eontorlem.
S. Greg. : Qui facint iiividiu9 careredeside
rat , iUam heredilatem ayp9tat quamnutMrut
possidentivm auijescat. Mcdil. Alb. Cr. : //
regno celeste è $ì grondo e tpazioeo , che per
moltitudine di beali non si dividerà, — Chio-
stro. C. XXVl : Nel quale è Cristo abate del
coUegia»
20. Digiuno. lof. , XVlll : Di veder eoetui
non son digiuno. Esser digiuno d* e$Hr con-
tento , modo alquanio cuoiorto. — Aduno.
luf. , VII : Vano peiìsiero aduni.
21. DiSTUiBUTo. Fuor di rima (Par., 11,23;.
22. Luce. llor. : iVon fumum ex fulgore ,
sed ex fumo dare lucem. Boet. , 1 : Dimotis
fallacium affectionum tenebrie , spUndorem
verae lucie vostis agnoscere. — Dispicchi.
Spiccar tenebre dulia luce , non è bel modo.
24. DÀ. C. Xlli : Sé nepresti, — Ardore.
rar. , XI V : La tua chiarena seguila V ardo-
re. Viii V uomo ama , e più Dio gii si dà.
25. S' INTENDE. Ama. Frase tniica.— Ren-
de. Coov. : Li tanti non hanno tra loro in-
Viùia , perocché dOicuno aggiunge il fine del
suo detidtrio , il quai Uetidmo é collu tiatu-
Che si rlchiudoQ par esser dolente.
28 Com' io voleva dicer : tu m' appaghe,
Vidimi giunto io su i' altro girone;
SI che tacer mi fer le luci vaghe.
29 Ivi mi parve in una visione
Estatica di subito esser tratto,
E vedere in un tempio più persone,
30 E una donna in su l'entrar, eoo atto
Dolce di madre dicer: Ggliuol oiio.
Perchè hai tu cosi verso noi fattoT
31 Ecco dolenti lo tuo padre ed io
Ti cereavamo. E come qui si tacque.
Ciò che pareva prima dispario.
32 Indi m' apparve un'altra con quelPacqoe
Giù per le gote, che 1 dolor distilla
Quando di gran dispetto io altrui nacqoe ;
33 E dir: se tu se* sire della villa
Del cui nome ne*Dei fu tanta lite»
E onde ogni scienxia dtsfavilla,
34 Vendica te di quelle braccia ardite
Ch'abbracciar nostra ii^lia, o Pisiatiito.
E t signor mi parca benigno e mite
35 Risponder lei con viso temperato:
Che farem noi a chi mal ne desira
ni della bontà mitmato.
26. Disfama. ( terz. 20 ). — Bkatmc&
La scienza rivelata.
27. Dolente. Col pentimento si toglie 1
peccato.
28. Appagoe. La ragione arriva a bmsU*»
re che il bene dai pid posseduto e più graa>
de. — Vagiie. Parg. , X : Gli ooehi wM ai*
a mirar erano intenti Fer veder npvitoéi an-
cia firn vaghi,
29. Visione. Qoi scaltare non soao, perrW
'1 fumo torrebbe la vista. — Pbbsonb. 1 dot*
tori , il popolo.
30. PKBGUfc. Lue. , li : fili . quid ftiM
nobit sic ? Ecce pater tuut , ef ogo dolmlm
quaerehamus te.
32. Acque. Psalm. CXVlll(i3e): BxHm
aquantm deduxerunt oculi mti, Jer. (IX , IQ:
Pidpebrae nottrae defluant aqmt. Tbr. ( I »
16 j : Oculut mout deducens aquas. Petr.: £••
i^nfne ... Che *l dolor distilla Per gli accAi...
Le tritt' onde del pianto ...
33. Lite. Tra Minerva e Nettuno ( Or. »
Met. ). — Oni>b. D' Alene. Ov. : In geemt •-
pibusque ... viventem, Cic. : Omnium bona-
rum artium inventricu Aiiienat»
34. PisisTBÀTO. Valerio M. ( I. V, i ). Dol-
ce parlatore e facondo lo chiama Plut. in So-
lone.
CANTO XV.
307
Se quei che ci ama è per noi condaoDato'?
36 Poi vidi genti accese in foco d*ira
Con pietre un giovinetto ancider, forte
Gridando a sé pur : mirtira, rnartira.
37 E lui vedea chinarsi per la morte
Che r aggravava già invér la terra ;
Ma degli occhi facea sempre al ciel porte,
3B Orando all' alto Sire in tanta gut^rra,
Che perdonasse a*su)i persecutori,
Con quello aspetto che pietà disserra.
39 Quando T anima mia tornò di fuori
Alle cose che son fuor di lei vere,
Io riconobbi i miei non falsi errori.
40 Lo duca mio, che mi potea vedere
Far si com'uom che dal sonno si slega,
Disse: che hai, che non ti puoi tenere?
M Ma sovvenuto più che mezza lega
Velando gli occhi e con le gambe avvolte
A guisa di cui vino o sonno piega ?
hi 0 dolce padre mio, se tu m* f scolte,
rti dirò, diss* io, ciò che m' apparve
36. Accise. Virg., XII: Furiit aecemui,
ef ira Terribilis,
37. Aggravava. Ov. .* Oeulos jam morte
ftavatos, — PoRTB. Str^Do modo, ma polente.
38. Orando. Act. , VII : Ne statuas iUis hoc
peceatum. — Disserra. Mostra aperto. Noa è
forse imitabile.
39. Tornò. lDf.,YI: Altornar della mente che
ù chiuse Dinanzi alla pietà, — Errori. Visio-
ne era la sua , ma mostrava cose vere e mo-
ralmeote e sloricameote.
40. Slega. Bocc. (Lab.): La virtù fantor
ttiea la quale il sonno lega,
41. Velando. Cogli occhi velati. — Avvol-
ti. Senza poter dare sciolto e fraoco un passo.
42. Tolte. Così diciamo : perder la mano,
mezza la vita: l'uso cioè di quella parte.
43. Larve. Virg. è de' saggi che non ve$-
gon pur Vopra Ma per entro i pentier miran
col senno (lor. , XVI ). — Cogitazion. L'usa
Albertano : e l'usavano in prosa fin nel seco-
lo XV (Buonaccorso , Orazioni ).
44. Scusi. Remare per tfcmam, nella V.S,
Quando le gambe mi furon si tolte.
1^.3 Ed ei: se tu avessi cento larve
Sovra la faccia, non mi sarien chiuse
Le tue cogitazion quantunque parve.
k^ Ciò che vedesti fu perchè non scuse
D' aprir lo core all' acque della pace,
Che dall'eterno fonte son difluse.
k^ Non dimandai: che hai, per quel che face
Chi guarda pur con l'occhio che non vede
Quando disanimato il corpo giace;
&6 Ma dimandai per darti forza al piede.
Cosi frugar conviene i pigri lenti
Ad usar lor vigilia quando riede.
VI Noi andavam per lo vespero attenti
Oltre quanto potea l'occhio allungarsi,
Contra i raggi seròtini e lucenti.
48 Ed ecco a poco a poco un fummo farsi
Verso di noi, come la notte oscuro;
Né da quello era loco da eansarsì.
49 Questo ne tolse gli occhi e Faer puro.
Girolamo. — Acque: Frase del Vang. s. Gio-
vanni.
45. Occhio. Del corpo. -— Disamuato
QuinL (Deci.): ii' corpi, t quali il crudel fuo-
co disaminò.
46. Frugar. C. Ili : Al monte ave ragioni
ne fruga. — Pigri. Simile , quasi , pleonasmo
é in Albertano. Per freddo si fanno pigri e
lenti. — Vigilia. A scuoter del sonno uomo
appena svegliato , giova parlargli. — Riede.
L'ora dello slare desti.
47. Per. In principio: I raggi ne ferian per
mexxo 'l naso.
48. Fdmxo. Job., XVII: Caligavit ah indi-
gn€Uione oculus meus. Psalm.: Turbatus est
a furare oculus meus. Del fuoco dell'ira esce
fumo; e toglie il vedere dell'ira gli effetti. Ca-
ton : Ira animum impedit ne possit cernere
verum. — Cansarsi. Is. (XIV, 31): Ab aqui-
lone . . . fumus veniet , ef non est qui effuget
agmen «jur.
49. Aer. Virg. : Eripiunt. . . nubes coelum-
que diemque Teuerorum §x ocuIìm.
308
DEL PURGATORIO
CANTO XVI.
ARGOMENTO.
Vanno pel fumo : ieniono cantare Agnas Dei. GC iracondi H raccomandano al
Mamueto. Rincontrano un uom di corte , ma probo , che $i lamenta de'tempi nmr
tati. Il P. gliene domanda la causa, e finge di credere sia T influenza degù osirL
Marco gV insegna eh* ella è il mal governo temporuh de' papi. Piange la dMta
Lombardia : loda tre vecchi magnanimi , e va.
La filosoBa, la politica, la religione» tengono il più di qaesto canto: il principio a la
fine son poesia. Le allosioni ad Aristotele e agli astori ecclesiastici son parecchie : ed è
qui il germe del libro della Monarchia. L' accotUrti e il partirsi di Marco rammeota fl «al-
loqnio di Brunetto nel XV dell' Inferno.
Nota le terzine S alla 7; U 12, 17, 20, 24, 26, 9(9, 30, 31, 38, 40, 41 ; la a.
alla fine.
1 Buio d'inferoo, e di notte privata
D'ogni pianeta sotto pover cielo,
Quant* esser può di du?oI tenebrata,
2 Non fece al tìso mai sì grosso velo
Come quel fummo eh* ivi ci coperse.
Né a sentir di così aspro pelo.
3 Che rocchio stare aperto non sofferse:
Onde la scorta mia saputa e fida
Hi s' accostò e 1* omero m' offerse.
h Si come cieco va dietro a sua guida
Per non smarrirsi e per dod dardi cozso
In cosa che '1 molesti o forse aucida,
1. PoTsa. Tasso : Né rimaner aW orba rwt-
t§ aleuna, Sotto povero eiet , Imee di luna.
Ar, , XV: Pover di sole.
2. Gaosso, Inf. , XXXI : L' aet grossa e
eeura. — Aspao. Inf., IX: Fummo ... aesfèe.
3. ScoarA. La ragione ci guida tia 1 ftamo
8
M* andava io per V aere amaro e sono,
Ascoltando 1 mio duca die diceva
Pur: guarda che da me tu non siemoiiD.
r sentia voci, e ciaS)cuna pareva
Pregar per pace e per misericordia
L* agnel di Dio che le peccata leva.
Pure agnus Dei eran le loro esordia.
Una parola era in tutti e un modo.
Sì che parca tra esse ogni concordia.
Quei sono spirti, maestro, cb' f oM
Di8s*io:edeglia nne: tuveroapmidi:
E d'iracondia van solvendo 1 nodo.
dell* ira , e d'ogni tenebroso affètto.
5. ÀMAao. Tirg., Aen.: f^imoque..*
6. AeNiL. Jo., I: Agnus Dei ... mi tetti
jieeeaftim mundi. Queste parole appliia H P«
profanamente altrove ad Enrico.
j
CANTO XVI.
309
9 Or tu chi se* che *1 nostro fummo fendi ,
E di noi parli pur come se tue
Partissi ancor Io tempo per calendi?
10 Così per una voce detto fue ;
Onde 1 maestro mio disse: rispondi;
E dimanda se quinci si va sue.
11 Ed io: 0 creatura che ti mondi
Per tornar bella a Colui che ti fece,
IlaravigUa udirai se mi secondi,
12 r ti seguiterò quanto mi lece,
Rispose: e se veder fummo non lascia,
L' udir ci terrà giunti in quella vece.
13 Allora incominciai : con quella fascia
Che la morte dissolve mcn vo suso:
E venni qui per la 'nfcrnale ambascia.
Ifc E se Dio m'ha in sua grazia richiuso
Tanto eh* e' vuol eh' io veggia la sua corte
Per modo tutto fuor del moderno uso ,
15 Non mi celar chi fosti anzi la morte ,
Ha dilmi; e dimmi spiovo bene al varco;
E lue parole fien le nostre scorte.
16 Lombardo fui, e fui chiamato Marco,
Del mondo seppi, e quel valore amai
Al quale ha or ciascun disteso l'arco.
17 . per montar su , dirittamente vai.
t. FmDi.Tirg.: Fìndit ...arra. — CìOBNi»?
haco in prosa; Crescenz. (Il, 13) : Come
m oiMtn nel tempo , non nelV eternità,
II.-C0LCI Albertano: Colui che *l fece, Ec-
èL (VII, 3i): mUge eum , qui te fecit; X,
li: Ah eo , t/ui fecit illum, receetit corijus,
IS. Lbcb. Non più là del fumo.
Ifi. Marco. Uom di corte e probissimo lo
Mma Pietro. NotcIUdo , XLIV : Fue moUo
M mnie, » eavio molto ... più che uom di tuo
Mrtitro. Altri io fa nobile veneziano , amico
il P. , caro ai signori di Lombardia, però
ledo Lombardo. 11 Bocc. lo fa di ca Lom-
bardi di Yioegia. L'Ott.: Quoii tutto età che
pmdagnava, dispensava in /imottne ... Usò
■ Strigi, ed in fino eh* egli ebbe delle sue co-
m, fis pregiato in arme ed in eortetia ; poi
f^ifpoggiò a* maggiori di tè, ed onoratamen-
Ef «icM , e morì. — Abco. Rammenta le paro-
la di Guglielmo Boraiere ingiuriose ai nobili
Iti tempo Doovo ( Inf., *SV1 ).
17. Su. Nel cielo ( terz. 14 ).
18. Laoo. Caro ( £n., IX , 4K54 ) : ifi ft
liyo Ber fede a tutto ciò ...
19. Sciapio. Guido nel XIV gli disse . . .
PijmIIo ... dd ben ... rtp^no ... di ... sterpi. —
ìniTBicìi^. Gonv. (1, 10 ) : Manifestare la
'imeeputa HMCMia.
Cosi rispose ; e soggiunse: io ti prego
Che per me preghi quando su sarai.
18 Ed io a lui : per fede mi ti lego
Di far ciò che mi chiedi. Ma io scoppio
Dentro a un dubbio s' i' non me ne spiedo*
19 Prima era scempio, e ora ò fatto doppio
Nella sentenzia tua, che mi fa certo
Qui e altrove quello 0?* io V accoppio.
20 Lo mondo è ben cosi tutto diserto
D* o^ni virtute, come tu mi suone,
E di malizia gravido e coverto.
21 Ma prego che m' additi la cagione,
Sì ch*io la vegga e ch'io la mostri altrui;
Che nel cielo uno, ed un quaggiù la pone.
22 Alto sospir che duolo strinse in bui,
Mise fuor prima; e poi cominciò: frate,
Lo mondo è cieco, e tu vien* ben da lui.
23 Voi che vivete, ogni cagion recate
Pur suso al cielo, sì come se tutto
Movesse seco di necessitate:
24 Se così fosse, in voi fora distrutto
Libero arbitrio, e non fora giustizia
Per ben letizia e per male aver lutto.
25 Lo cielo i vostri movimenti inizia :
Non dico tutti; ma, posto ch'io 1 dica,
20. Coverto. Eccl. , XXXVII : Cooperire
aridam malitia, et dolotUate.
21. Cielo. Lo credevano gli Aristotelici.
22. Cieco. Latt., VII: Nulla est humana ta-
pientia , ti per te cui notionem veri tcientiam-
que nitatur,
23.RBCATE.Tasso(c.ll.):5uffo a Macon recar
mi giova II miracol dell* opra, Eunapio Pur-
firion eUot èie Ploniinon ... ànéferen, — Cielo*
S. Tom. ( contra Gentes , 1. HI ) : Corpora
eoelettia non tutu caussa voluntatum nostro-
rum sive nottrarum electionum. Da' cieli, dice
nella Som. (Il, 3, qu. lltt ) , non viene ue-
cessità , ma moto. La volontà , dice Arist.
nel III dell' Anima , è nell' intelligenza del-
r.aoima stessa.
24. GiDSTizu. Tertnll. (cont. Marc. , U) :
Nee btnii r^e mali jure mercet pentaretur et
qui aut bonut aut malut necetsitate fuittet
inveniut t non voluntate. Boot. (V, 2): Ettne
ulta nostri arbitrii libertast . . Est , inquit.
Hfeque amm fuerit uUa rationalis natura, quia
eidem Ubertas adsit arbitrii.
2tt. Inizia. Le inflaenze celesti, dice Dante,
non tolgono la libertà : hanno un potere però
sall'CMere amano. Augna t.:5l«Uafiiiptrc4>r-
jponilia habmt influere, non super voUmiatem
AominiNii.— Tutti. Ve n'Iia cbe vendilo dall'a-
^10
DEL PC R G AT 0 11 1 O
Lume v' è dato a |)ene e a malizia,
26 £ libero voler, che, se fatica
Nelle prime battaglie del ciel dura,
Poi vÌQce tutto ae be.Q si notrica.
27 A maggior forza e a miglior nalura
Liberi soggiacete; e quella cria ( cura*
La mente in voi, chel ciel non ha in sua
28 Però se 1 mondo presente disvia.
In voi è la cagione, in voi si cheggia;
Ed io te ne sarò or vera spia^
biio pravo, r— Luiib. L'ippetlto, cosi Pietro
di Dante, il primo moto estrinseco viene dalla
t'ostellazione, la volontà dalla ragione; e viene
all'atto inedianie il libero .arbitiio. L'appeiito
vien da natura.
26. Battaglie. Vita N.; Questu hatUglia
j( di pensieri ) ck'i'aveca meco, — Vince. L'au-
lico : Sapiem d^minabitur astra. — I^otbica.
Com' esercizio della liberti.
Ì7. Maggiob. L'anima nostra è nosaa dagli
Angeli ; la volontà da Dio: cosi Pietro. Angust.
(Civ. D., V}: lUi quiiine Dei voluniale decer-
ftdre opinantur eidera, quid agamue, vel quid
Ioni h(U>eamus, vel ifialorumpaliamur, aoau-
ribus hominum repeUendi «uni.
28. Spia. L' usa in buon senso il Vili.
(VII, 74). Ar. (XVII, 66): Ni fin l'altr'ien aver
ne potè spia. Lo prova da' remoti.
29. Esce. ( K. e. XX\; 8. Tornii, Sum., 2.
2., qu. 90). — Pbiva. Jcr. (l , 5) ; Prius-
quam te formarem in utero , {fiovi te. Pur
peli' idea , e nel dire : facciamo V uomo ad
immagine e simigliania nostra , parole del
P. recate nel Conv. S. Agost., trad. dall' Ot-
t.: Anima. . . . è sustanzia . . » , da Dio
fatta spirituale , non della natura di Dio ;
ma di nuUo enata , in bene ed in male con-
vertibile.
30. Nulla. Opinioiie perìptteUca , contra-
ria alla platonica delle idee innate. — Lieto.
Vulg. El.: Deus totum sii gaudium. Par. ,
VII : Ma nostra vita , senza mesfo , spira
La somma beninanza e Cinnamora Di sé ti
che poi sempre la disira. Conv.: /( «ommo
desiderio di ciascuna cosa e prima daUa na-
tura dato f è lo ritornare al suo principio :
e perocché Iddio è principio delle nostre ani-
me , e fattore di quelle simili a sé , , , essa
anima massimamente desidera tornare a quel-
lo. Altrove: L'anima nostra, incontanente
che nel nuovo e mai non fatto cammino di
qitesta vita entra , dirissa gU occhi al ter-
mine del suo sommo bene : e però qualunque
cosa vede , che paia avere in sé aieun bene,
cTtde che m C9»o, — Fattom. Mon., ili ;
29 Esce di mano a lui che la vagheggia
Prima che sia, a gpisa di fanciulla
Che piangendo e ridendo pargoleggia*
30 L' anima semplicetta che sa nulla ,
Salvo che« mossa da lieto Fattore ,
Yolenticr toma a ciò che la trastulla.
31 Di piccioi bene in pria sente sapore :
Quivi s' inganna, e dietro ad esso corre
Se guida o fren non torce '1 suo amore.
32 Onde £od venne legge per Creo porre*
Jus in rebus nihil est aUud quam eimilitsuU
divinée voluntatis. Unde fU quod qmequid
Dei voluntati non conventi , jus esse uom
possit, — Torna. La tendenza al bene due
toglie libertà.
31. PiccioL. Come languida imagine dal
beoe sommo. Conv.: Perché la sua eonoseenxu
prima é imperfetta , i piccioli beni ie pmeme
grandi, e però di quelli comincia priwus a
desiderare. Onde vedemo U parvoli desidemn
massimamente un pomo; e poi più olire ff^
cedendo , desiderare uno uccellino ; epos pia
oltre desiderare più bello vestimento , • poiM
cavallo , e poi una donna , e poi rieekeua
non grande, e poi più. E ciò incontra , pet'
che in nuUa di queste cose trova quello che
va cercando ; e credelo trovare più olfnf Al-
trove : Quando dalla punta (della piramide)
ver la base si procede , maggiori appariseom
li desiderabUi : e quesV é la rosone perekè'^
acquistando, li desiderii umani si fanmofìà
amici V uuo appresso V altro.
32. Legge. Monarch.: Est lex regula et
rectiva vitae. Arist. a Nicomaco ; Mortalium
voluntates, propur blandM adolescentias et
lectationes indigeni directivo. Conv.: A yi^
Jezione deW umana vita V imperiale autóriU
fU trovata ... I.' equità per le due ragieei
si può perdere , o per non sapere quale ette
si sia, over non voler quella seguitare, heé
trovata fu la ragione scritta. E della ragion
scNtta era custode , secondo il P. , l' impa-
ratore. Goov.: J^ che altro intende medicast
l* una e V altra ragione canonica je civile ,
tanto q^ianto a riparare alla cupidità che,
raunando ricchezze, creice? — Hbgb. Coo?.:
Questo amore ha mestiere di rettore per le
sua soperehievole operazione , nel diletto mae-
simamente del gusto e del tatto. — Cjttabì^
Nel Conv. pone , con s. Agost., la vita ditisi
in due citta, dei ben vivere e del malvagio.
— ToBEB. 11 più alto punto, come guida l
segnale. Conv.: Siccome peregrino che vapf
una via per la quale mai non fu ; che ofti
caia che cto lungi vtdt , crede c4# lia 1* ek
CANTO XVL
9ff
Con\enne rege aver che dìscernesse
Della vera cittade almen la torre.
33 Le leggi sonrma chi pon mano ad esse?
Nullo ; però che 1 pastor che precede
Ruminar può, ma Don ha l'unghie fesse.
ik Perchè la gente, che sua guida vede
Pure a quel ben ferire ond' eli' è ghiotta ^
Di quel si pasee e più oltre non chiedo.
S&. Beo puoi veder che la mala condotta
.È la cagion ehe 'I monde ha fatto reo^
E non natura ehe'n voi sia corrotta,
38 Seleva Roma ehe 1 buen mondo feo,
Shie soli aver» che Tuna e l* altra strada
Facéfl vedere, e del monde e di Deo.
TI LìinValtroha spento, edègiunta la spada
Col pasturale : e l' uno e l' altro insieme
Per viva forza mal convien che vada :
38 Però che ghmti V un l'altro non teme.
Se noD mi credi, pon mente alla spiga ;
Ch' ogni erba si conosce per lo seme.
39 in svi paese eh' Adice e Po riga
Solca valore e cortesia trovarsi
Prima ehe Federigo avesse briga r
. U) Or può sicuramente iodi passarsi
Per qualunque leseiasser per vergogna
Di ragionar ce'bueni o d'appressarsi.
k 1 Ben Ven tre vecchi ancera incui rampogna
L'antica età le nuova e par lor tardo,
Che Dio a miglior vUa li rìpogna :
Vi Currado da Palazzo', e 'Ibuon Gherardo,
Ì9f§9r 0 non trovando 9iò ttfer» ,. dirizza G»
mwdinxa aW altra ; e coti di ecua in casa ,
tornio 9h€ l'albergo vÌBue ; coti V anima no-
• • • YwamentB coti quetio eammino si
par errors come le strade della terra :
9Ì€tome da una eitià a un* alita di ne-
è un^ ottima e diriuietima via , » un
•ffra che tempre te ne dilunga , e molle al-
t99 fual meno allungandoti e qual meno ep-
frmiondoMi;- coA nella vita umana tono dir
wirH cammini dèlli quali uno è veracissimo e
fmliro fallaoissimo, e certi men fallaci e eerti
wiam voraci,
S3. Fbssb. Per diseeroere e partire il bene
•piritoale dal temporale » il maggiore dal
aeee. Agli Ebrei era vietato mangiare d'ani-
■ali ehe non avessero V anghie fesse , come
force 0 camello. Lev.,. XI; Deut., XIV. Sai-
( Proleg. 19 ) : Fissa ungula ad mo-
y. fuminatio ad sapientiam pertinet. Se-
questo saoso varrebbe i il papa ha la
iolliiiia buona , i costumi dod ha : digerisce
Il pieeetto e lo mastica , ma dod l' adempie.
Altri iotende : non ha le due facoltà dipar-
tile t la spirituale e V umana, lo mi tengo
•Dt prima interpretazione cb' è in Pietro di
nenie.
31. GuroA. Leone papa a Lodoì40o impe-
ratole : A'of siincompeienter aliquid ègimus,
Ot in suKditos juetae Ugis tranUtem non ob-
mrvavimuSf vestro volumus emendarijudicio»
Quoniam si noe qui aliena debemus corrigere
ftctata pejora eommittimue , certe non veri-
feiM diseipuU , sed quod dotentee dietmui ,
mnmus prò» eoéteris ertorii ma^ri ( Par.»
IXiXJ.
3&. Condotta. Greg., ne* Decreti: Scire
fiottati debent quod si perversa unquam pò-
tferiiif , tot maptibui digni sunt quod ad sub-
dUm perdtlionù «jcemp/a transmilUini* Inf*,
SIX : La vostra mvarizia if mondo attrista.
36. Soli. Monarch.^ Quaestio pendens , in-
ter duo luminaria magna versalur,romanum
scilicet pontifieem et romanum prineipem . . .
Rfgimen spirituale et temporale . . . sunt remo^
dia centra infirmitatem peccati. E nella let>
tera ad Arrigo,, lo paragopft' ad un sole. Al
papa , dice altrove , la scienza rivelata ; al-
rimfU'Po r l'umana filosofia. Opus fuitliomint't
duplici directivo ,. seoundum duplicem fincmi
scilicet sutnmo porUifiee qui seoundum revelar
ta , humcknum genus perdueeret ad vitam ao^
temam ; et imperatore r qui r secundum piti-
losoj^ca documerUa , genus humanum ad tetn-
poralem felicitatem dirigerei. — Dfio. L'usa il
Pelr. (Tr. Am,^lV).
37. Spada. Ott. : Si dice di papa Bonifa-
zia che si coronò r e cinte la spada, e fecesi
egli stesso imperadore. Un antico decreto , ci-
tato da Pietro : Non sibi imperator pontifica-
tum arripiai,. nee pontifex nomen imperatorie.
38. Sbms. Maith», VII: A fruclibus eorum
eognoseetis eoe. Innocemio 111» in una de-
cret. : Quod agitur a praelatis, [aeile trahi'-
tur a subditis in exemplum^, juxta quod Deus
ait Molisi in Levitieo : Quum sacerdos, qui
ett unctus , peccaverit , faciens delinquere pò-
pulum,
39. Po. La Lombardia ,. la Venezia , parto
di Romagna , il Tirolo italiano. — Valore.
Inf. ,. XVI: Cortesia e valor, di* se dimora
Nella nostra città. — FvDUuao. Secondo. —
Briga. De** Guelfi.
40» BcoNk Noa ¥e D'è'più.
41. Trb. Ezecbk ». XXV : Si fuerint tra viri
isti m medio e^us • . . ipsi ^tMltlta sua libe-
rakmni animai suas. — Rampogna. Sap., IV:
Condomnat^^.^justus nwrtuui vivos ìmptof.
42. CuRBADo^ Gentiluomo di Brescia. Ott. :
Portò tf^ sua vita moUo onori, dUittoai tii>
319
DEL PURGATORIO
E Guido da caste!, che me' si noma
Francescamente il semplice Lombardo.
43 Di' oggimai che la chiesa di Roma,
Per confondere in sé duo reggimenti,
Cade nel fango, e sé brutta e la soma.
hk O Marco mio,dis8*io, bene argomenti.
E or discerno perchè dal retaggio
Li figli di Levi furono, esenti.
45 Maqual Gherardoèquelchetu per saggio
Di' eh' è rimaso della gente spenta
In rimproverio del secol selvaggio?
bella famiglia, ed in vita polita , in governa-
menti di eittadi , dove acquistò moUo pregio
e fama, — Ghbrarik). Da Camino , di Tre-
vigi. Accolto da Cane a Verona, do?e forse
Dante V avrà conosciuto ( Novellino , XYI ).
Conv.: Chi sarà o$o di dire che Gherardo da Ca-
mino foise vUe uomof E ehi non parlerà meco,
dicendo queUo ettere itato noUle ? Ott. : Si
dUettò non in una, ma in tutte cose di valo-
re. — Guido. Di Reggio in Lombardia: di lai
nel Conv. — Fràncbscambntb. In francese :
rasa il Bembo (Asol. , 1). — Lom bardo. Lom-
bardi in Francia cbiama?ano gl'italiani ; ed é [
tuttora io Parigi la rw dee Lombarde, 11 Bocc.
fa dire a dae Francesi , di Toscani parlan-
do : Questi Lombardi cani, Ott. : Psr Fran-
cia di suo valore e cortesia fu tanta fama 9
che per eccellenza li valenti uomini il chia-
mano il semplice Lombardo, ..Studiò in ono-
rare li valenti uomini , che passavano ... a
molti ne rimise in cavalli ed armi, che di
46 O tuo parlar m'inganna, oe'mi tenta,
Rispose a me ; che, parlandomi tosco,
Par che del buon Gherardo nulla senta.
VI Per altro soprannome i' noi conosco,
S* io noi togliessi da sua figlia Gaia.
Dio sia con voi> che più non vegno vosco:
48 Vedi r albór che per lo fummo raia
Giibiancheggiare:eme convieo partirmi
(L'angelo è ivi) prima eh' egli paia.
49 Così parlò, e più non volle udinni,
#Wiffieta erano passetti di qua; onarevolmu4t
consumate loro facoltadi, tornavano mene ad
arnesi che a loro non si eonvenia ; a tutti die-
de , sema speranza di merito, eavaUi, armi^
danari,
43. Soiu. Petr. : La soma détte ehiatieéd
manto.
45. RiM PBOVEBio. L'osa Albertano. — Sn»
VA6GI0 ? Sempre selvaggio vale tneiotif , cm^
trario alle norme di baon governo. OtU: Cb
vive viziosamente.
46. Tosco. In Toscana Gherardo era cogito
47. Gau. Figlia di loi. L* OU.: ìhmsm S.
tate reggimento eirea le delettaziani
ch'era notorio il suo nome per tutta halie»
Non sai se sia biasimo 0 lode.
48. Albòb. Conv. : Di loro (stelle) appem
sce quello albore il quale noi chiamiawie Gè-
lassia. — Raia. Raggia ( Par., XV, iV; XXIX,
46). — Mb. Per a me , come (ut per a tm
( Inf., 1 }.
3ti
CANTO xvn.
ARGOMENTO,
■la in viiione aempli d'ira punita. Sempre queete Diftont $on iittinie
I ; fa bellezza della vtrlù , la pena del vizio : ambedue eoneiderazioni
l pentimento. Ma prima si ferma U P. neUa bellezza deUa viriti ,poÌF>
Ite propriamente viene ali* animo V orrore del male. Nel giro della «u-
na Maria , poi Lucifero; dell* invidia , prima Maria, poi Caino: del'
M Maria , poi Amano. Sempre il primo etempio Maria. Nel giro ddla
cuUure ; deWinvidi^j voci; deUira, vieioni. Or entrano neU* accidia.
lega come l amore q troppo di picciol bene, o poco di bene grande j ca-
si ; come in ogni ente bruto o ragionevole j e amore.
tonine 1,2,3, 6, 7, 9, 10, 12, 14, 19, 17, 20, 24, 29, 31, 34, 85
I, lettor, se mai neir alpe
abbia por la qual vedessi
neoti che per pelle talpe;
laodoi vapori umidi e spessi
cominciansi, la spera
Mleroente entra per essi;
ut immagine leggiera
rea veder com'io rividi
I pria, che già nel corcare era.
te* snoi viaggi nelVAlpe son varii
«M (iDf., Xll, XVI» XVlll ed al-
1^. Credettero gli antichi coperto
>la r occhio della talpa (Arist. ,
9): ora si crede quella pellicola
m cornea. — Talpe. Singolare,
' aMoipi.
Per raggio , è nelle R. antiche
lnHH» ) e ne iroso toscano.
fi. Traduce alla lettera V idea
Con*. Tanto era Gtta la nebbia
Sì pareggiando i miei compassi fidi
I>el mio maestro, usci' fuor di tal nube
A' raggi morti già nei ìmssì lidi.
0 immaginativa, che ne rube
Talvolta si di fuor eh* uom non s'accorge
Perchè d'intorno suonin mille tube,
Chi move te se 1 senso non ti porge?
Moveti lume che nel ciel s' informa,
Per sé o per voler che giù lo scorge.
del monte, e tanto debile Ivi entro la laee.
4. PAUBoeuNDO. Virg.: SequUur..,non pai-
iibut aeqtM. — Fidi. G. ili : Fida compagna,
G. Vili: FìdaiB tpaUe. ^ Monn (e. XV). Il
sole eadente non illaminava che il monte.
Parg., Vili : Il giorno ... eke «t fnotv.
5. Rum. Alle cose di fuori (e. IV, 2).
6. Sft. Per natarale inflasso de* cieli. — Vo.
LBB. Le imagioi , dica, vengono alla mente •
dal senso o da pio.
M
Zik'
DEL PUBGAXORIO
7 Deirempiczza di lei che mutò forma
Neiruccel che a cantar più si diletta,
Neil* immagine mia apparve l'orma:
8 E qui fu la mia mente si ristretta
Dentro da sé, che dì fuor non Tenia
Cosa che fosse ancor da lei recetta.
9 Poi piovve dentro all' alta fantasia
Un crocifisso dispettoso e fiero
nella sua vista; e cotal si morìa.
10 Intorno ad esso era Igrande Assuero,
Ester sua sposa, e il giusto Mardocheo,
Che fu al dire e al far così intero.
li E come questa immagine rompeo
Sé per sé stessa, a guisa d'una bulla
Cui manca Y acqua sotto qual si feo ;
12 Surse in mia visione una fanciulla
Piangendo forte, e diceva : o regina,
Perchè per ira hai voluto esser nulla ?
13 Accisa t'hai per non peder Lavina :
Or m'haiperduta.Iosono essa, che lutto,
Madre, alla tua pria ch'ail* altrui ruiaa.
7. LEi.(Ov»4feC.,VItC.IX).Fik>met8 violata
da Teseo suo cognato, aeeide il figlio di kii,
e glielo di • mangiare; notasi ioosignaolo.
Altri metano in usignuolo Progne » Filomela
in rondine : ma Probo ( ad TI Ed. Virg. ) ,
Libanio (Exc. graee. soph.,Narr. 12), Strabone
(Nat. Com. myth., VII, 10) faBDO maUU in
usignuolo Filomela non Progne.
8. Ristretta. Purg., Ili : La mnUe mia
che % prima era ristntta. Lo 'ntanlo raUargò.
9. Alta. V. Nuova : Fmì fart$ la fanlatia
eh^ mi TPOilfv questa donna. Par. , XXXIil :
AU* alta fantasia qui mancò posta, Ar., XIV:
Or V alta fantasia , eh' un pemitr solo Non
wiol ch'io segua, — CROcrnsso , Amano.
10. AssuRAO (Lib. Esther, VII).
li. Sotto. Senza rarticolo. Ha od esempio
Dejl' Ameto.
12. SuRSB. Apparve V orma : poi, piovve :
oi, turse. — Fanciulla. Lavinia, piangente
a morto d'Amala saa madre, impiceaiasi per
ira delle viiiorie d'Enea. Dame nella lettera
f d Arrigo , di Firenze parlando : Questa è
quell'Amata impaziente, la quaU, rifiutato il
fatato matrimonio, non temi di pr9nd€re quello
genero il quale i fati negavano; ma fnalmmu»
a battaglia il chtamò; ed alla fine mal ardita ,
pagando il delnto, con un laccio s'impiccò, —
Nulla? Sen.: Quid est mor», nifi non eita ?
Non però che il P. credesM V anima mortale
col corpo: ma una pagana è che parla.
13. Lavina. La uomioa, Inf., IV. — Essa.
E
li Come si frange 9 Mioo ote di batto
Nova luce percote 1 viso chiuso.
Che fratto guizza pria che muoia taUo ^
15 Cosi r immaginar mio cadde gioso
Tosto che 1 lume il volto mi peroosae
Maggiore assai che quel ch'è nostr^iw..
16 r mi volgea per vedere ov 'io touidf
Quand' una voce disse: qui si roooU
Che da ogni altro intento mi rimosia.
17 E fece la mia voglia tanto prooU
Di riguardar chi era che parlava.
Che mai non posa se non si raffironli*
18 Ha eome al sol che nostra vista gnu*
E per soverchio sua 6gura vda.
Cosi la mia virtù quivi mancava.
19 Questi è divino spirito che ne la
Via d'andar su ne drizza senza pregOi
E col suo hime sé medesmo cela.
20 Si fa eon noi come Tuom si fa aego;
Che quale aspetta prego e 1* uopo veilb
Malignamente gii si mette al d^*
Ego ip$a. CooT. (I, 3): H mio tcfitio efte Mi
commenfo dtra ii può.,, euo per si ate jMi
in parte un poco duro, — Lutto. Ep. MB»:
Senza piangere e eenza luffara.— PauulM
prima Amata ehe Tarno , da AoMta
gii morto (Aeo,, XII).
i4. Guizza. Virg. dice del sonno
eianie, ehe sirpit (II, 269). Dante del som
troncato, che ^lizia. Simile comparaslona li
XXVI, Par.
17. RArnoNTA. Coir oggetto del quali tfl^
foglia. Petr.: E indamo viv4,B mooéatKH
mai non ti raffronta,
IB. Vbla. Di simili comparazioni» ledr^i
nel Par. parecchie.
20. SItGo. L' uomo per far cosa grata a ili
non aspetta. Sego per teeo osa io una cMik
— Nego. Albertano : Tarmine a tormitm 9t
giungere a colui che prega , i a acuiti kmm»
di negare. Più bella la sentenza di DaBia;ii.
e lolla da Sen. ( Ben. , Il , 1 ) : 7orda«4l
noLmtit ett : ^t distuHt diu , nolmi. dai*
(1,8): Puottti la pronta liberatUà «a m
cose notaro: la prima i dare a motti; latt
conda i dare utiu cose; la tena i tmsmtlh
tere dowiamdato il dono , dare qméUo • • • 1
dowìando i non virtik ata mereatmntki : f^
rocchi quello ricevitore compera , tutto càs tf
datort non venda. Burchi , diet Stoma*
cht nulla cosa pia cara ti compera ekt
la dove i preghi si spendono. Dante in ■
Cinz. : D' ogni mercè par messo al ntf^a.
CANTO XVII.
ali
sordiamo a Unto invito il piede ;
iam di salir prìa che s'abbui :
non si porla se 1 di non riede.
disse *l mio duca; ed io eoa lui
mo ì nostri passi ad una scala.
di*io al primo grado fui,
mi presso quasi un mover d'ala
fini nel volto, e dir: betui
che son senz*ira mala!
m sopra noi tanto levati
dI ra^ che la notte segue,
itelle appparivan da più lati.
tu mia perchè si ti dileguo ?
alesso aicea, che mi sentirà
I delle gambe posta in tregue.
raramo ove più non saliva
laa» ed eravamo adissi
16 nave ch'alia piaggia arriva.
« attesi un poco s'io udissi
Dosa nel novo girone;
ivolsi al mio maestro e dissi:
» mio padre, di' quale ofiEaosione
u{e. vn,i7).
Y. Mattb. • V : Beatifacifiei, qwh
M ìfocabuntur. — Mala I Dice
Kffla dalla buooa. E a Dio dirà
Fa doU9 t ira tua n$l tuo Hgre
ifOieimini , el noUt$ p$ecar€,
li. Gli aitimi raggi non percao-
■ , ma r aria.
i. L'accidia è difetto d'amore» d'
llccitadine.
aALi. Tra r aomo e il beoe , il
lima. Dio e 1* uomo. Amore a Dao-
M attrazione de* corpi ( Par. , 1 ).
ima Ari6t. Però dico : ly '/ mi .
lei filosofo. CoDV. (1. HI, e. 3).
• th9 eioicuna cosa ha 'l suo tpe"
. Altrove : DeUa divina bontà in
ta • infusa dal principio dslla no-
EÌom f nasce un rampollo che li
ormén, cioè appetito d'animo
». L' appetitivo , che ba la liber-
gnlda. — Malb. Cattivo. Cavalca;
I. Ott. ( Il , ìHO ) : V amore poco
é§ dalla accidia ; e t amore del
I éitordinalo tiene U tue radici nel
!• IttHiiirta , gola , ed avarizia ;
HeeoU beni amare si possono quan-
ìria d* aoare d' essi , o quanto alla
o guanto aWuso. Nel primo mo- 1
miro, mi secondo U goloso, o lus- \
Si porga qui nel giro dove seme?
Se i pie si stanno, non stea tuo sermone.
29 Ed egli a me : 1' amor del bene, scemo
Di suo dover, quiritta si ristora ;
Qui si ribatte '1 mal tardato remo.
30 Ma perchè più aperto intendi ancora,
Volgi la mente a me, e prenderai
Alcun buon frutto di nostra dimora*
31 Ne creator né creatura mai.
Cominciò ei , Ggliuol , fu senza amore
O naturale o d* animo: e tu '1 saL
32 Lo naturai fa sempre senza errore;
Ma Taltro puoto errar per male obbietto,
O per troppo o per poco di vigore.
33 Mentre ch'egli è nel primo ben diretto,
E ne* secondi sé stesso misura,
Esser non può eagion di mal diletto.
Sh Ma quando al mal sitorce,oconpiù cura
O con men che non dee corre nel bene».
Contrai Fattore adovra sua fattura, (ne
33 Quinci comprender puoi ch'esser convie*
Amor sementa in voi d' ogni virtute
furioso. V amore eh' è disoriitìato , p€fr>9eh*
i amore di male , pars che si possa distitS'
guere in amore del proprio male , ed in amo-
re deH* altrui male: ma perocché ninno armi
a proprio male , in quanto elli è male • ma
in quanto elli stima che quello sia bene dd
eorvo , però è solamente d* altrui male : ha
radice neUi tre vizii , cioè superbia, ira , in-
vidia, Dioersilicansi questi vizii: per questo,
eh* è nel peccato della superbia., i amore dei
proprio bene con altrui male ; ama il supet^
bo la esaltazione di sé, e V abbassamento del
prossimo; ma nel peccato deWira, e dell'ita
vidia è amore dell* altrui male sh certamenSe»
Ma in questo paiono diversificarsi questi due
visii , ira ed invidia , perocché nel peccato
deW ira V amore dell'altrui male pare che no*
sea del male altrui. Colui che si adira contro
alcuno, però li vuole male, perocché da lui
male ricevette ... Nel peccato deUa invidia ,
l'amore delT altrui male tMSce da propria ma-
lizia cioè dalla superbia ... lo invidioso , a
questo vuole male altrui , perchè non siino
pari a lui: Onde il peccato della invidia co-
munica a materia col peccato dell'ira ; ma
V origine riceve dal peccato della superbia .,.
Superbia , tra , invidia , rvfidofio l'amore di-
sordinato verso il prossimo ... ttiistifta, gola,
avarizia , accidia, rendono disordinato anuh
re a sé , e verso sé*
34. Pii), il troppo «more di pieciol bene è gola
316
DEL PURGATORIO
E d'ogni operazioD che merta pene.
36 Or perchè mai non può dalla salute
An)or del suo subbietto volger viso ,
Dair odio proprio sod le cose tute.
37 E perchè 'ntender non si può diviso
Né per sé stante alcun esser, dal primo.
Da quello odiare ogni afletto è deciso.
38 Resta, se procedendo bene stimo ,
Che*l mal che s'ama è del prossimo: ed esso
Amor nasce in tre modi in vostro limo.
39 È chi per esser suo vicin soppresso
Spera eccellenza; e sol per questo brama
Cael sia di sua grandezza in basso messo
hO E chi potere, grazia , onore e fama
Teme di perder perch' altri sormonti ;
Onde s'attrista , si chel contrario ama.
41 Ed è chi per ingiuria par ch'adonti,
Si che si fa della vendetta ghiotto:
o lossnria o avarìzia. L'amor del malerìgaarda
• il male proprio o altrui. Il proprio nessano
può mai Tolerlo. 11 male altrui é radice di
superbia, d' in?idia, d' ira. La superbia é amor
del ben proprio con male altrui: l'ira, amore
dell* altrui male, per male che da altri a noi
venga o si creda venire : l' invidia è amore
dell'altrui male senza occasione di male pro-
prio , e senza speranza di proprio bene. —
Mbn. Se è men del dovere, allora è accidia.
35. CoBTviBNE. Conv. (I, 1): Quella fervida
e pcusionata, questa temperata e virile essere
conviene.
36. SuBBiBTTO. Di colui che ama : voce sco-
lastica. L' uomo non può non amare sé stesso.
Boei.: Haee sui caritas non ex animali mo-
tione, sed ex naturali tntenlùme procedit. De-
dit enim providentia creatit a se rebus hane
vel maximam manendi cautsam , ut quoad
possunt, naturaUter manere denVierenl Conv.:
Ogni animale tieome elio è nato , sì razio-
nale come bruto, sé medesimo ama, e teme e
fugge quelle cose che a lui sono contrarie , e
quelle odia. Cavale, Sp. Cr., VII: Siamo te-
ntai d'amare più l'anima nosCra che V altrui;
piti dobbiamo amare l'anima d* altrui che U
corpo nostro; più il corpo d'altrui, che le cose
nostre,
37. Deciso. Reciso. Simile a quel del e. TI:
Bene.,, dall'accorger nostro scisso. L'uomo non
può odiare Dio sua cagione : può dire eh* e'
non esiste : può bestemmiarlo attribuendogli
umani difetti: odiarlo non può come Dio.
E tal convien che*! male altrui improDti ^
h2 Questo triforme amor quaggiù di sott9
Si piange. Or vo'che tu dell*alfaro intende.
Che corre al ben con ordine corrotto.
ft3 Ciascun confusamenteoDbeDeappraod^
Nel qual si quoti V animo, e denra.
Perchè di giunger lui ciascuo cooteiida.
kk Se lento amore in lui veder vi tira ,
O a lui acquistar, questa cornice
Dopo giusto pentér ve ne martira.
45 Altro ben è che non fa Tuom feUce *
Non è felicità, non è la buona
Essenzia, d*ogni ben frutto e radice.
46 L*amor ch'ad esso troppo s'abbaadooa*
Di sovra noi si piange per tre cerchi.
Ma come tripartito si ragiona,
hi lacciolo, acciocché tuper te neoeroU.
..•
38. PRocBDBifiK). Conv. (II, 1): Km
vuole che ordinatamente si proceda maKmm^
stra conoseenta, doè procedendo da qmattù dbe
conoscemo megUo in quello ehc9on9»t§m9 mn
così bene. — Limo (Gen., 1).
39. ViciN. Prossimo. Basso. — ^Iiir.,XZX: Ift
Fortuna volse in basso VaUe%%a éf
40. Fama. Conv. (1, 11): VmoidU
torre a lui che dico, onore e fama.,,
41. Ingiuria. Ingiustizia. Virg.,111 :
que injuria caedis. — Impbonti. Selioipftei
in mente, poi l'imprima negli alti wmek %wà
mondo di fuori.
42. Sotto. Superbia, invidia, ira. Om—
Cantic: Ordinavit in me ehatitatasa. Cimjfk
cura 0 con men che non deve.
43. Apprbndb. Nel senso d'afpremka ni
canto seguente. — Ciascun. Boel., Ili;
diverso tramite mortales..,comamimr
Est enim menttfrus hominum veri borni
raliter inserta cupiditas, — Contbnbb. Ctaf.?
Ciascuna cosa, si come ogni grave al
alla perfesion sua corUende.
44. Vbder. a conoscerlo o ad
Cornice. Girone (e. X, 27).
45. Frutto. Principio e fine; alft e4«^
ga (Apoc).
46. Trb. Gola, avarìzia, laBswia. DifM-
sta divisione, vedi Toro. (I, % qaatil. i%*
ar. 2). — Cbrchi. Conv.: Sioeewm mmifif
quello che detto è, puote vedere ehi ha mm
ingegno , al quale è bello un poco M
Uueiare*
817
CANTO xvra.
ARGOMENTO.
Spiega come ogni atto ielt anima è amore ; come la colpa i amore abuioto ;
eome , sebbene il motivo d amare venga di fuori , pur f anima abbia merito e d^
merito per lo libero arbitrio. Veggono passare correndo gli tuscidiosi che cantano jnr».
«M esempi di zelo soUeeito^ poi d accidia colpevole. Maria e Cesare , gli Ebrei nel
deserto , e i Troiani in Sicilia. Prima sempre Maria. Un fatto profano, uno sa*
ero. Cesare accanlo a Maria , perchè padre della civile unità.
Il e. XVII e il XYIII del Pargatorio corrispondono air XI dell'Inferno, doTe é posta
li diTisione e la ragion delle pene.
Nou le tersine 1, 2, 4, 7, 9, 10, 13, 16, 18, 37, 29, 31, 34, 35 , 39 , 41 , 43,
45, 48.
Posto avea fine al suo ragionamento
L' alto dottore, e attento guardava
Nella mia vista s' io parea contento.
Ed io cui nuova sete ancor frugava,
Di fuor taceva, e dentro dicea : forse
Lo troppo dimandar ch'io fo, li grava.
Ma quel padre verace che s'accorse
Ik\ timido voler che non s'apriva ,
Parlando di parlare ardir mi porse.
2. Frugava. Di sete parlando, Tosa nel-
l*lar., XXX. — Grava. Come neir Inf., HI,
• altrove.
M. Ardir. Come Beatrice nel Par., XVII.
4. Porti. Proponga e dichiari.
5. DOLCB. inf., XV : La cara buona «m-
mmgime patema. — àmorr ( e. XVII ). —
Bvoifo. Nella Mon. dice che Amore accresce
« dilacida la giustizia. — Gontraro. Petr.:
M ben veloce ed al eoniraro tardo. Conv. ( I,
9 ) - i\iriando con lode o con eontraro ( bia-
dino ),
6. CiicBi. Che credono ogni amore lode-
Ond* io : maestro, il mio veder's' avviva
SI nel tuo lume eh' i' discerno chiaro
Quanto la tua ragion porti o descriva.
Però ti prego, dolce padre caro,
Che mi dimostri Amore a cui riduci
Ogni buono operare e '1 suo eontraro.
Drizza , disse , vèr me V acute luci
Dello 'ntelletto ; e fieti manifesto
L* error de' ciechi che si fanno duci*
vole cosa terz. 12 ). Matth. ( XV , 14 } :
Caeei suni , et duees eaeeorum. Conv. ( I :
12 ) : Quaiunque era lo guidatore è eieeo ,
conviene che esso e quello anche cieco, che
a lui s^ appoggia , vengano a mal fine. Però
è scritto aie il cieco al cieco faranno guidom
e così cadranno amendue neUu fasta. . , Ap'
presso di questa guida, U ciechi soprannoteii^
cÀa «ofio quasi infiniti, colla mano sulla spalla
a questi mentitori sono caduti nella fossa dette
falsa opinione , della quale eseire non sanneu
DeW abito di questa luce discretiva , massi"
mamenu le popolari persone sono oHnste.
318
DEL PCRGATOUIO
7 L' animo eh' e creato ad amar presto ,
Ad ogni cosa è mobile che piace.
Tosto che dal piacere in atto è desto.
8 Vostra apprensiva da esser verace
Trapge intenzk)ne,e d«ntro a voi laspiega.
Si che r animo ad essa volpar face.
9 £ se rivolto, in vèr di lei si piega ,
Quel piegare è amor ; quello è natura,
Che per piacer di no>X) in voi si lega.
10 Poi come'l foco movesi in altura
Per la sua forma eh' è nata a salire
Là dove più in sua materia dura ;
11 Cosi r animo preso entra in disire,
Ch' è moto spiritale; e mai n^n posa
Fin che la cosa amata il fa gioire.
12 Or ti puoto appacer quant* è nascosa
7. Atto. Il piacere In atto desta la po-
tenza d'amore.
8. Apprbksita. La fiKoUà d' appreodere ,
di comprender gli oggetti , vede la realità
digli oggetti esterni e intende ad amore la
volontà spiegando himagine dentro a noi ,
cioè svolgendole per mostrarla degaa d'af-
fetto. — INTENZIONE. Varchi [ErcoU ):N$Ua
virtù fanUutiea $i serbano U tmaptiu , ovvero
rimiUtudini delU case ( esteme dell'esser ve-
race ) ; U quaU t piotofi chiamano ora spe-
zie, oro intenziom.
9. Rn'OLTO. L'animo. — Avoa. Con?.:
Vsrocchè il tuo etiere ( dell' anima ) éi^p^nde
da Dio . • . naturalmmìte doma e vmole a
Vio «Mira unita ... E perocché neUe honladi
diUa natura e della n^ione ti morfro la di-
tina vena, naturalmente V anima umana con
guelU per via tpirituaU ti unitct tanto più
tatto e più forte quanto quelle appaUmo più
perfette: lo quale apparimenio è fatto m-
cando che la eonoteenza ddl^anima è chiara
o impedita, E questo unire i quello che noi di-
cerno amore, —Lega. Yirgil.: ÓevincUu amort.
10. Altura. Vulg. £1.: 4'norM atcentio.
— Forma. Forma chiamavano gli anUchi
qnella che dà l' essere a ciascuna cosa : onde
la forma del fboco ò ciò che lo costitaisce
fuoco. — Salire. Non sapevano gli antichi
la gravità dell' aria maggiore che quella della
fiamma , e però tenevano il ftaoco nato a sem-
Sre salire ( Par., I ). — LÀ. Sotto la luna
ove credevano la spera del foco. G. IX ; E
pu ravitte tato infino al /oeo. Con?.: il Aioco
atcende alla circonferenta di topra , lungo
% cielo delia luna , e vero tempre tate aqud-
lo. Tasso ; Comt w fuoco olcitffpsrnKifia-
tura^
La Teritade alia gente ch*av\era
Ciascuno amore io sé laudabil cosa.
13 Perocché forse appar la sua maten
Sempr*esser buona: ma non ciascun segpa
£ buono ancor che buona sia la cera,
H Le tue parole e*l mio seguace ingegno,
Rispos'io lui , m* hanno amor discoverto:
Ma ciò m' ha fatto di dubbiar più pregno.
15 Che s' amore è di fuore a noi oiS;rto»
E r aninrK) non va con altro piede.
Se dritto o torto va, non è suo merlo.
16 Ed egli a tne : quanto ragion qui vede«
Dir ti poss* io : da indi in là , t aspetta
Pure a Beatrice* ch*é opra di fede.
17 Ogni forma sustanzìal che setta
É da materia, ied è con lei ooita.
li. Preso. Legalo étX piacere (ten.f)»^
SriRiTALB. Non locale » come del foca ( Mii
10).
12. AvTSRA* Afferma per vero » ateeicf^
13. Mrtera. Anco in prosa. — Bijosa* tt
bene è materia dell* amore : sempre dmqv
la materia é buona , perchè in ogni mala di
8* ami sempre è alcun bene reale • iinagiii
lo , cagion dell' amore : na il troppo aaoM
che a picciol bene si porta , o U poco ehi 4
grande , sono quasi un brutto sigillo imprar
so in buona cera. Ogni amore, dice Pieliv
è buono in potenza ; non ogni , In atto. GB
aristotelici chiamano materia il genere dcMi
cose , determinabile da varie differenze « a»
me la materia prima ò determinabile da pA
forme. La cera appunto è la materia deterai>
nabile; Il segno o la figura ch*ella prende I
la forma determinante. E siccome la cera a
buona o non cattiva , può essere impretea 4
mal segno, cosi 11 naturale amore noA trim
io se può piegare a mal fine. — Sboso. Goi^
(1,8): VutiUtà tigilla la memoria deWitt
magine del bene.
14. Seguace. L' usa a questo modo Vliff
— Pregno. Il dubbio è fecondo di veiL
15. Fdorb. Da esser verace ( tent« 8). ••
Va. Trae intenzione di 11.
16. Vede. Con?. ( Il , 3 ) : Quella fsNleali
Pumafìa ragione ne veds, — Febe (Par.,¥.)
17. Forma. Forma sostanziale , setta » dl>
▼Isa dalla materia , e unita a lei » è le ap^
rito. — Setta. Somiglia a quello del pM
Da quello odiare ogni affetto è de etto. Gaat-:
I moeitort de* cieU tono eottanxe tepamttM
mofarìff , cioè intelligente, — I'XITA. L' aal^
ma al corpo. — Specifica. Un antico fllos^
Minto da rieiro ; Natura an wmmrmmfm
CANTO XVIII.
H9
Specifica Yirtude ha in sé colletta;
) La qaal senza operar non è sentita^
Ròsi dimostra ma' che per effetto,
Come per Terdr frondi in pianta vita.^
I Pero là onde vegna lo ntelletto
JDdle prime notizie, nopo noasape^
S dé^prìmi appetibili rafletto*
) Che sooe in loì r si come stadio in ape
K far lo mele, E questa prima coglia
MerU^ di lode o dr biasmo non cape»
lOr perchè aqnestaognl altra siraccoglia
bmala ir* è la virtà che consiglia^
E deir assenso de* tener la soglia.
i Quest*" è 1 principio là onde si piglia
CSigion di meritare in voi , secondo
Cbe buoni o rei amori accoglie e viglia.
■I kifmrman$ tpecifem differtniia fjwi§ in-
MS mmpUi dùtinctionem tpeem. Bomini m(
%Mg9n 9 rationari ; cani odoralia , a^pHimi
Md. Ai primi moli Don pensiamo , e
t% W «ceorgiamo , se non operanda, met-
to nostra polenta in atto.
Iti TCTBLLBrro. Per int9Uigenxa ^ come:
•IIII0 ck* aveu 'ntelletto et amore, — Pain.
MW* tt principio di contraddizione e altri si-
fli Maioml. L' nomo non sa donde Tengano ,
Bffdiè non da' sensi : ma i sensi gU danno
isiaioan ad esame : questo dubbio è pare in
. Tmì. — Sapb. Anco in pross. — Pmuii.
r amort di sé » del bene in genere, e
ftroMo. Dell' api parlando , IT usa ?ir^
SI. Eacgoglia. Acciocché questo- primo
vai desiderio e intelligenza sia qnui contro
i «§BÌ altro vostro Tolere o sapere acquisi'
t , aiete innata la ragione , da cui viene il
ft«i» arbitrio ; sicché tutti sieno non men
M frioio eonformi a natura. ^ V ^ Lati-
'U 9obi$» ^- Consiglia^ La ragione
lo la libertà deve moderare i motr di'
U libero arbitrio crea la bontà o la
nalvagiti delle azioni.
M. Viglia. Vaglia , sceglie. Dep. Deeam.
Hgltore è allm eoia che vagliare ,9 tifa con
étn tUmwntnti ed in altri modi; eKe quando
i irono è battuto in $uW aia , e n'è lewita
r«n jfonke a rattreUi la jHtglia , § vi riman-
fmto okima tpigho di grano , a haeeogli di
fasM aotoflCtcM, • aUrieota*$9mi nocivi, che
i ton$$iati non han ben potuto trebbiare, né
f^H&n i rattregU, egli hanno arte come gra-
ngia piatto o di ginestre, o di alcune erbe ...
f li vamno leggermente fregando eopra la mai-
%ap 9p ^^^^ éUono , l* aiat», affi^arondo-
23 Cofor che ragionando andare al fonda,
S'accorser d' està innata liberta te :
Però moralità lasciaro al mondo.
ì% Onde poniam che di neces<)ilate
Surga ogniamor che dentroa voi sfaccendo;
Di ritenerlo è^ in voi la potestate.
25 La nobile virtù Beatrice intende
Per lo libero arbitrio : e però guarda
Che Pabbi a mente s'a parlar ten prende^
26 La hma, quasi a mez2a notte, larda
Facea le stelle a noi parer più rade ,
Fatta eom' un secchion che tutto arda:
27 E correa centra t cicl per quelle strade
ChelsoleinfiammaaliorchequeldaRoma
Tra*^ Sardi e' Corsi il vede quando cade.
28" £ qqeiy ombra gentil: per cui si noma
gli dai granv. Del Ubero arb., s; Tomk ( 9nm.,
II , a , qu. 83 ).
23. MoealitI-. Lfrscienza moralr inutile se
non fosse la libertà.
24. Fonia». Conv. : OhdeponetnòehB pou»-
biU foese. — Nxcbsitatb ( e XVI ). Con-
trario a quel di Cic. ( Nat. D. ) : Hinc tiobie
exeistit primum illa fatalie necestita» . . . ut,
quidquid aecidatt id ex aetema veritate, cei<^
garumque continuation9 fiuxiete dieoltt.
25. BBATucE.L»teologiaw Par. , e. ¥ : Jlo*
maggior don ...
26. Taboa. Novera ancor mezza* notte. Tar-
da la luna , perché siamo alla quinta notte
del viaggio , cominciato a luns' piena ( Int ,
XXr » 43 )• Tre nell' Inferno , una nell' anti-
purgatorio » un' altra fln qui. La luna calanAs
aoroe dopo caduto il sole, sempre un'ora psb
tardi. Stanotte dunque doveva sorgere verao
le cinque ora di notte ; verso , cM , raezsa
■otte. — &Ai>B. Coprendole di sua luce. -—
SBCCBioNk La luna calante di cinque notti è*
quasi una sfera troncata ^ tonda nel fondo /
tronca alla cima , come un secchione.
27. CoRBBA. Moto periodico della lana di
occidente in levante , contrario alla quotidia-
na rivoluzione del cielo stellato da' levante a
ponente , di cui nel Conv. — « StIiadb; La not-
te cbe 11 P. si smarrì , il sole era- in^ Ariete,
la luna in- Libra : in cinque giorni , dopo U
opposizione, si accostò di due segni al soler
I ed é ift Sagittario , dove quando il sole si
trova , chi é a Roma la vede tramonUre te»
Corsica e Sardegna . che sono all' occidenti»
di Romav 11 cod. Caet. dice che Dante » quanr
do fu in Roma , lo vide cogli occhi suol.
28. Gentil. Inf. » VII : Savio yanftL^Pn-
TOLA. In Pietola nacque Virgilio. Per Virg. ,
I dica il P., è più calvbro un villaggio cbe un-'
320
DEL PURGATORIO
Pietola più che villa mantovana ,
Del mio carcar disposto avea la soma.
29 Perch^io che la ragione aperta e piana
Sovra le mie questioni avea ricolta,
Stava com' uom che sonnolento vana.
30 Ma questa sonnolenza mi fu tolta
Subitamente da gente che dopo
Le nostre spalle a noi era già vAIta.
31 E quale Ismene già vide ed Asopo
Lungo di so , di notte furia e calca,
Pdr che i Teban di Bacco avesser uopo;
32 Tale per quel giron suo passo falca ,
Per quel eh* io vidi, di color^ venendo ,
Cui buon volere e giusto amor cavalca.
33 Tosto fur sovra noi, perchè correndo
Si movea tutta quella turba magna ;
£ duo dinanzi gridavan piangendo.
34 Maria corse con fretta alla montagna:
E Cesare per soggiogare Ilerda
Punse Marsilia e poi corse in Ispagna.
35 Ratto ratto, che *l tempo non si perda
Per poco amor, gridavan gUaltri appresso:
illastre città. «- Disposto. Per deposto ènti
Malasp. e nel Bocc. Mi avevi sollevato dai
peso del dobbio. 0, intendendo dùpotto Del-
l'ovvio senso: aveva disposto in modo il vero
che r ÌDlel letto non potesse portarlo.
29. SoNNOLBMO. É nel giro dell' accidia.
Prov. , XIX : Pigredo immUtU ioporem,
31. ISMBNO. Fiumi di Beoxia (Stat. , Tb.).
Correvano con faci accese in gran folla , chia-
mando Bacco a'varii suoi nomi, specialmente
nelle pubbliche necessità. — Yma. Virg.: il»-
diit EurotoM,
32. Talb. Calca è il caso retto sottinteso.
— Falca. Esprime con frase del tempo nn
passo del cavallo , non dissimile del galop-
po. — Buon. La bontà dell'amore e la gia-
stizia sono le qualità contrarie della invidia.
— Cavalca. Insiste sul traslato di falean :
ma non è molto imitabile.
33. Magna. Ap. : Vidi twrbam fnagnam,
34. Mabia. S. Lue. ( 1 , 39 ) : Bxturgem
... Maria ... abiit in montala eum festina-
itone, — ILBRDA. Lerida ( Caes. , Com. , 1).
— Pdnsb. La lasciò assediata da Bruto. Anon.:
Punse Ferofia e Mantova ... che ancora ne
sentono. — Ispagna. Vinse Afranio , Petreio,
e un figliuol di Pompeo ( Lucano ).
35. Studio. Caso retto.
36. RicoMPiB. Cr. ( i , 7 ) : QueUo che la
tanna non chiude , sì ricompia la eiepe alta
di pntni,
37. Boflio. Mento. Anco in prosa. *— Pira-
Che studio di ben far grazia rimreida.
36 O gente in cui farroro acoto adeno
Ricompie forse negligenza e 'nàafjkf
Da voi per tiepidezza in l>en far mem^
S7Questi che vive (e certo io odo ▼ i ha^
Vuole andar su pur che 1 aol oe riloca:
Però ne dite ond* è presso fl perCogio.
38 Vwrole furoo queste del mio diiea:
E nn di quegli spirti disse: vieoi
Diretro a noi , che troverai la buca.
39 Noi Siam di voglia a moverci d pieri
Che ristar non potem : però perdona
Se villania nostra giustizia tieni.
U) r fui abate in san Zeno a Verona
Sotto lo 'mperio del buon BarlMuxMSB
Di cui dolente ancor Melan ragionai
ki E tale ha già l' un pie dentro la totm
Che tosto piangerà quel monistefOt
E tristo fia d' avervi avuta possa.
ft>2 Perchè suo figlio, mal del corpo inleio
E dalla mente peggio, e che mal nacqui
Ha posto in luogo di suo pastor vero.
CHE. SI tosto come.
40. ÀBATB. Gherardo li ( Biancolini , RM.
stor. delle eh. di Ver., v. I ). L'accidia, di-
ce Pietro , tra claustrali é frequente. — Zi-
no. Famosa abazia di Verona. — Bvox.Flr
che ghibellino , o perchè morì crociato. Re-
tro lo chiama : magnus inprobitate, sedftf-
vus cornei natione. Fu amico de' tornei, ddli
cacce, liberale. Morì nel 1190 nell'Asia, «•
dando al conquisto di Terra Santa. Se !■»
qui non intende per ironia , abbiamo ia ■
monosillabo fìilmmato da Dante il più illmai
fatto della storia italiana , la lega lombare.
— Mblan. Anco in prosa. ( Novell. , XXI)*
DistratU nel marzo del 1163 ( G. Vili. V. fl^
41. Talb. Alberto della Scala, già vecckii.
signor di Verona , morì nel 1301. — Pus-
gbrì. Per averci intruso l' abate nn suo i*
gliuol naturale. Inf. , XXVI : Piangevisi eein
l* arte pefchè morta Deidamia (tncor H éed
d: AchiUe.
42. Figlio. Giuseppe. Morì nel 1309 , ed
era abate dal 1202. Ebbe un figlio naturali,
Bartolomeo , abate anch'esso dal 321 al 336,
poi vescovo di Verona , ammazzato da Canr.
— CoBPo. Zoppo e quasi stolto. Levit. , XXi:
Homo ... qui habuerit maeulam non ofm^
pance Deo suo , Nec accedei ad fiiifiis(fria>
e;tt« A* fuerii caecua, ti claudue ... — Mbxti-
Lat. : Integer mentis. Virg. : Aew, •— Sco.
Del monastero.
v#^
CANTO XVIII.
821
(3 Io non 90 9e più disse o a' ci si tncque;
Tani* era già di là da noi trascorso :
Ha questo intesi, e ritener mi piacque.
44 E quei che m'era ad ogni uopo soccorsj,
Disse : Tolgiii in qua ; vedine due
Air accidia venir dando di morso.
45 Diretro a tutti dicén : prima lue
Morta la gente a cui il mar s* aporse,
Che vedesse Giordan le rode sue.
k6 E quella che 1* afianno non sofTerse
44. Moaso. Traslalo frequente nel P.» ma
BOB sempre bello.
45. Diasrao. Come più negligente. Però
raauneolano 1' esempio a accidia più colpe-
vole. — MoaTA. Namer. , XIV : Vtttra ca-
éamm jatibvmt in toUÈudine : FUU tutti e-
fwM vofi il» destrfo munii XL, Trtnne Caleb
e IGIetaè. Fa. : Man ... fugit: Jordanu con-
isl rstroftum. — Rbob. Gen., XII :
Fino alla (ine col flglluol d' Anchiso.
So stessa a vita senza gloria oflerso.
47 Poi quando Tur da noi tanto diviso
Queirombre, che veder più non potersi»
Novo pensier dentro da me si mise,
48 Del qual più altri nacquero e diversi .
E tanto d* uno in altro vaneggiai
Che gli occhi per vaghezza ricopersi,
49 E *I pensamento in sogno trasmutai.
Dio arava promesso al seme d' Abramo la Ca«
nanea.
46. QvBLLA. Gente ( Aen. , Y ). Rimase in
Sicilia. — GLoaiA. Yirg. : Ingloriug . . . ae<
48. VifiHBZzA. Di pensare. I tre aitimi versi
esprimono mirabilmente il languido vaneggia-
re di obi s* addormenta.
322
DEL PURGATORIO
CANTO XIX.
ARGOMENTO.
I tre vizii carnali , avarizia , gda , lufturia , vengono piU itigli eeierni c0i^
iamenHj che dalL* interna malizia , dalla guai vengon piuttosto la superbia , t mr
vidia , e guelV ira che mena al delitto. La superbia , V invidia , T ira amoiit i
moie altrui : V accidia non cura il bene altrui ned il proprio. L avarizia , to f^
la > la lussuria cerca il falso ben proprio. Ecco perchè l accidia stia quasi
saggio tra gli uni e gli altri: e corrisponde ai dannati che vissero senza ti
6 senza lode.
Nou le terzine 3 tlla 6 ; la 9, 10 , li, 13, 14, 16, 17, 20, SI, 22 , 24, Sft , H,
35» 36, 39, 40, 42, 43, 45, 48.
Neirora che non puoi calor diurno
Inticpidar più 1 freddo della luna
Yinto da Terra e talor da Saturno;
Quando i georoanti lor maggior fortuna
Yeggiono in oriente innanzi all'alba
Surger per via che poco le sta bruna.
1. Ora. Uilima della Dotte , che ogni ca-
lore del dì precedente è finito. — Tikba. Na-
turalmente fredda. Bocc. , Y : Il ealdo del dì
esser vinto dalla fretchexza della notte. Dice
da Terra , trattandolo come pianeta ai modo
<he dicesi da Giove» da Venere. — Saturno.
l'ianeta frigido , dice Pietro: ben s' addice al
giro degli avari in cai entrano. Ott.: Questa
aurora si i qìieUa^del terzo dk, che VA. stette
uét Purgatorio,
2. Gbomanti. Divinavano per figure dise-
gnate sulla terra, e chiamavano fortuna ma-
jor quella disposizione di sei stelle che vede-
ri nella fine deir Aquario e nel principio de'
Pesci. Qui tuo! dire che essendo il sole in
Ariete , eran gili sulP orizzonte abati tutto
Aquario, e parte de' Pesci i i quii iegal pre-
3 Mi venne in sogno una fenunina balbi»
Con gli occhi guerci e sovra i pie dislorll.
Con le man monche, e di colore scialbi.
h lo la mirava : e come 1 sol conforti
Le fredde membra che la notte aggraUt
Cosi lo sguardo mio le facea scorta
cedon V Ariete , e vengono poco innanzi il wt
scer del sole. Vengono dunque per via dn
poco sta bruna , perchè sarli illuminata éi
giorno vicino. In tale ora disse già al e. D
che la mente ... Alle sue vision quasi è dmsm-
3. Balba. Simbolo de' tre vizii: balka,ÌS
gola; guerci, \i lussuria; monche, l' stali'
zia. — Scialba. Cresc. (1. X): SctathanS
smalto. 1)8 exalbare. Proverb. , VII: Et esiS
oècurrit UH mulier omatu meretricio, pnt
parata ad eapiendas animoM : ^armla » il ft*
ga , Quietis impatiens.
4. Mirava. L' uomo col guardara i M
terreni , se li fa parer belli , di vili cbe ss»
no. ^Scorta. Agile. M. \ii\. (Vili, 28):
Masnadieri scorti e dutri.
CANTO XIX.
323
5 La lingat, e poscia tolta la drizzava
In poco d'ora ; e lo smarrito volto,
G>fne amor vuol, cosi le colorava.
8 Poi ch'^Favea il parlar cosi disciolto,
ComlDciava a cantar si che con pena
Da lei avrei mio intento rivolto.
7 Io son, cantava, io son dolce sirena
Che i marinari in mezzo 1 mar dismago:
Tanto son di piacere a sentir piena.
8 Io trassi Ulisse del suo cammin vago
Al canto mio. £ qual meco s'ausa,
Rado sen parte, si tutto l'appago.
9 Aneor non era sua bocca richiusa
Quando una donna apparve santa, e presta,
Lunghesso me, per far colei confusa.
10 O Virgilio. Virgilio, chi è questa ?
Fieramente dicea : ed ei veniva
Con gli occhi fitti pure in quella onesta.
11 L' altra prendeva, e dinanzi l'apriva
Fendendo i drappi,e mostravami '1 ventre:
Quel mi svegliò colpuzzoche n'usciva, (tre
13 Io volsigliocchi; e'I buon Virgilio: almeii
Voci t'ho messe, dicea: surgi e vieni.
'R'oviam T aperto per lo qual tu entro.
13 Su mi levai: e tutti eran già pieni
5. AMom. Petr.: H paUordi viola e d'amor
iimio.
0. liiTVNTO. AtlenzioDe. C. ili : La mente...
MA^*nitnto rallargò,
7. Dolci. Boet. : Ahite.,. o seirenett usqtie
m 9xUium dulees. — Dismago ( Inferno, XXV).
9. Ulisse. Ma Ulisse , dice la favola , si
tchenoì da qael canto. Altri vuole che la Si-
rena a bello studio dica menzogna: altri che
per sireot s' intenda anco (lirce che lo sol-
traflse alla gloria ( Inf. , XXVI , 31 ). — Vago.
NoD sai se intenda : Ulisse vago del suo cam-
nriao: o: trassi Ulisse dal suo vagante Cam-
■ilio. Io prescelgo il secondo.
9. Donna. 1/ intellettuale virtù , dice Pie-
Ito ; la ragione , r Ottimo.
li. Apriva. Ezech., XVI: Nudaho ignomi-
idam tuam coram ei$ , et videlmnt omnem
tmrpiiudinem tuam. Boet. : Si . . . Lynceit
gcmUi Aomifies utererUur . . . nonne introepe-
etìfe meeetibui . . . pìiUerrimum corpus* tur-
ftiiimMm videretur? — Usciva. Di loro ( dei
taieiriosi ) esce una orribile ffutxa , , , che
corrompe il tito d* ogni lato e V occhio turba.
AnnaiiDino. Virgilio prende la sudicia , e a
Dante la mostra : basta a ciò la ragione. L'
effetto conosciuto del male sveglit rumane
coeciciizi.
Dell' alto di i giron dSTsaero monte;
E andavam col sol novo alle reni.
ik Seguendo lui portava la mia fronte
Come colui che 1* ha di pensier caroa
Che fa di sé un mezzo arco di ponte
15 Quand' io udi*: venite, qui ai varca ,
Parlare in modo soave e benigno*
Qual non si sente in questamortal maroa.
16 Con r ale aporte, che parén di cigno»
Yolseci in su colui che si parlonne
Tra i due pareti del duro macigno.
17 Mosse le penne poi e ventilonne,
Qui lugent affermando esser beati,
Ch'avrandi consolar 1* anime donne*
18 Che hai che pure invér la terra guati?
La guida mia incominciò a dirmi.
Poco amendue dall' angel sormontati
19 £ io: con tanta sospension fa irmi
Novella vision eh* a sé mi piega
Si ch'io non posso dal pensier partirmi.
20 Vedesti disse, quella antica strega
Che sola sovra noi ornai si piagne?
Vedesti come l' uom da lei si slega?
21 Bastiti: e batti a terra le calcagne.
Gli occhi rivolgi al logoro che gira
13. PiKNi. Par., ÌX:Al tolehe la riempie.
— Rbni. Proseguivano da levante a ponente:
se dunque il sol cadente ieri fu loro dinanzi
( XV , 3 ) , il nascente dietro.
15. Marca. Nel XXVI , chiama marche le
regioni de' purganti. Ott. : Paese fra termini
scritti.
16. VoLSBci. Tenendole verso la scala.
17. Ventilonnb. Come nel XVII , 23. Cosi
gli cancella un P dalla fronte. — Lugbkt.
Matth. , V : Quoniam ipsi consolabuntur. E
Lue. , VI. — Consolar. Nelle Rime : E di
ogni consolar V animo spoglia. L'accidia non
è solo inerzia; è non curanza del bene: poi-
ché per essa l'anima non piange del mal pro-
prio ad altrui , né di cosa alcuna mai prende
cura. Accidia è cura appunto dolorosa. Nel
XII : Beali pauperu , nel XV , misericordes,
nel XVil , pacifici.
20. Striga. La concupiscenza de' beni ter-
reni. E' la personifica nella Sirena : e nella V.
Nuova dimostra lecito a' poeti personificare le
cose inanimale e gli affetti. Antica la chia-
ma : e amica lupa dirà l'avarizia nel XX. —
Sola. In lei tutti i tre vizii : lussuria , ava-
rizia, gola.
21. Batti. Va franco. — Loooao. ( Inf. ,
XVH ). Pwg. , XIV , 60 : Chiamavi '( cielp.
32(
DEL PURGATORIO
Lo rege eterno'con le ròte magne.
22 Quale il falcon che prima a' pie si mira,
Indi si volge al grido, e si protende
Per lo disio del pasto che là il tira;
23 Tal mi Tee' io : e tal, quanto si fende
La roccia per dar via a chi va suso,
N* andai infìno ove 1 cerchiar si prende.
^ Com' io nel quinto giro fui dichiuso,
Vidi gente per esso che piangea
Giacendo a terra tutta vòlta in giuso.
25 Adhaesit pavimento anima mea:
Scntia dir lor con si alti sospiri
Che la parola appena s' intendea.
26 O eletti di Dio , li cui solTriri
£ giustizia e speranza fa men duri,
Drizzate noi verso gli alti salirì.
27 Se voi venite dal giacer sicuri,
E volete trovar la via più tosto.
Le vostre destre sien sempre di furi.
28 Cosi pregò '1 [Kteta, e si risposto
Poco dinanzi a noi ne fu: perch* io
Nel parlare avvisai V altro nascosto.
29 E volsi gli occhi agli occhi al signor mio;
Ond'egii m'assenti con lieto cenno
Ciò che chiedea la vista del disio.
30 Poi ch'io potei (jì me fare a mio senno,
Trassimi sovra quella creatura
Le cui parole pria notar mi fenno ,
e 'fUomo fri si gira Mostrandoti le sue heìUz-
ze eterne , E V occhio voitro pure a terra mira.
22. Pifc. Allo d'animale che s'apparecchi a
correre impetuoso.
23. Tal. C. Xll : Dritto , Sì eom§ andar
vuoisi , rifémi , Con la penona, — Cbrcbiak.
Ove Don ai sale , ma si va io tondo lungo il
nionle.
24. DicHicso. Inf. , XXX : *L porco quan-
do del porcil si schiude.
25. Adhaesit. ( Psaim. CXVIH ). Segue :
Vivìfica tn» secundum verbum luum.
20. SovFRiRi. Come gli abbracciari del Bocc.
f i din nelle Rime di Dante. Petr. : l vostri
dipartir. L' idea del fallo comme:»so ci Ta men
dura la pena che veggiam giusta ; e men du-
ra la fa la speranza.
27. SicuBi. Virg. y X : Securus amorum.
— Furi. Abbiate il monte a man manca. Per
Juon ; Vo e r ti si scambiano neil* antica lin-
gua. Vui , allura , e simili.
28. Nascosto. Dalle sue parole comprese
che i' essere Dante ancor tìto art ali' «oina
31 Dicendo: spirto, in cui pianger miion
Quel scnza'l quale a Dio tornar non puoss,
Sosta un poco per me tua maggior cura.
32 Chi fosti , e perchè vólti avete i éom
Al su, mi di' ; e se vuoi chTt* impeiri
Cosa di lèond*io vivendo mossi.
33 Ed egli a me: perchè i nostri direM
Rivolga '1 ciclo a sé, saprai: ma primi
Scias guod ego fui tuceeuor Iktri.
3ì Intra Siestri e Chiaveri s* adima
Una Gumana bella; e del suo nome
Lo titol del mio sangue fa sua cioia.
35 Un mese e poco più prova' io come
Pesa 'Igran mantoachi dai fangol guarii,
Che piuma sembram tutte Taltre some.
36 La mia conversione omè I fu tarda :
Ma come fatto fui roman pastore
Cosi scopersi la vita bugiarda.
37 Vidi che 11 non si quotava 1 cote.
Ne più salir potési in quella vita:
Perchè di questa in me s' accese «moiSt
38 lino a quel punto misera e partita
Da Dio anima fui, del tutto avara:
Or, come vedi, qui ne son punita. *
30 Quel ch'avarizia fa, qui si dichiari
ili purgazion delle anime converse ;
E nulla pena il monte ha più amara.
ho Si come V occhio nostro non s*ad«is
nascosto ; poiché quella lo credeva air itol
anima destinata a più alto tormento.
30. Notar. Assoluto. Cosi diciamo Mieli*
ne , senz' altro.
31. Cura. Del Cielo.
33. Scias. Questo latino sta qui per la li-
ma ; e non isconviene a ponteiice.
34. Siestri. Sestri e Chiavari . nel Gas-
Tesato a le> «lille. — AniMA. L'usa il Frani
( IV , 17 ). — Fiumana. U Lavagno. — Ti-
tol. Adriano Y , Ottobaono de' Fiesclu,fa-
pa nel 1270 , già ben vecchio , trentaaait
giorni vissutoci. — Cima. Soprannome aggiM>
tu il nume di Fieschi.
35. Pesa, llierun. : Non est facils stan ia
loco Pelli et papatem teture cathedram repttist
tium cum Christo. liam non sanctorum fiUs
qui tenent locum sanciorum, sed qui
rum exercent operatiofiem,
37. QuKTAVA. inf., I: Bestia senta
40. Aderse. Adergere è in Albertanb. —
Merse. e in Armannino ed in altri. Ma dei*
non ^ acqua , o cosa ad ac^nt aoaigliaaii»
CANTO XIX.
325
In alto, Gsso alle cose terrene,
G)si giustizia qui a terra il morse.
41 Come avarizia spense a ciascun bene
Lo nostro amore, onde operar perdési,
Cosi giustizia qui stretti ne tiene
42 Ne piedi e nelle man legati e presi:
E quanto fia piacer del giusto Sire
Tanto staremo immobili e distesi.
hS Io m' era inginocchiato e volea dire;
Ha com' i' cominciai, ed e* s'accorse,
Solo ascoltando, del mio riverire:
kk Qual cagion, disse, in giùoosi ti torse?
Ed io a lui: per vostra dignità te
Mia coscienza dritta mi rimorse.
fntrytrv Don cade. Se non che forse la liogiia
antica gli avrà dalo senso più largo. Jer. (II,
97 ) : Verterunt ad me i$rgum » et non fa-
41. Opbrar. Non seppimo operare il bene.
— PxMDÉsi. Si perde: comepaWómt, e. XiY;
fiteif e. XXIX , e simili.
44. RiBORSB. Dritta e Timone son dae tra-
alati ebe non convengono insieme.
45. CoNSBRTo. Neil' Apoc. ( XIX , 10 ) in-
ginocchi a ndosi Giov. aU' Angelo , questi lo
▼teca : Vide , ne feceris : eomervus tuta $um,
#f fratrum tuorum. Oli. : La prelazione ec-
cUÌmattiea si è intomo alti sagramenti, e pe-
rò non ha 'luogo in Purgatorio.
46. l^uBBìfT, A' Saducei domandanti se sa-
rà matrimonio nelV altra vita , G. C. rispon-
de : Ifeque nubent . neque nubentur ( Marc. ,
XU ; Mait. . XXli ). Le umane innguaglian-
le » loteude il P. , sono di \k dileguate.
47. Stanza. Bocc. : Pur temendo non la
trt^fpa starna gli fosse cagione di volgere l'
a^mio diletto in tristizia , m levò ! — Qual.
Tersioa 31 : Quel sema 'l quale a Dio tornar
45 Drizza le gambe elevati au, frati;.
Rispose: non errar: conservo sono
Teco e con gli altri ad una potestate.
iù So mai quel santo evangelico suoik)
Che dice neque nubent intendesti,
Ben puoi veder perch'io cosi ragiono.
47 Vattene ornai: non vo'che più t'arresti;
Che la tua stanza mio pianger disagia,
Col qual maturo ciò che tu dicesti.
k8 Nipote ho io di là, ch'ha nume Alagi3,
Buona da sé, pur che la nostra casa
Non faccia lei per esemplo malvagia :
k9 £ questa sola m* è di là rimasa.
non puosii. '
48. Alagia. Moglie di Moroello Malaspina,
figliuol di Manfredi , il qual Manfredi era ft-
gliuol di Corrado Malaspina l'antico (vedi e.
Vili). Non a questo Malaspina intendeva Daor
te dedicare il Purg. , cbè questi teneva dai
Guelfi. Egli loda la moglie che visse lunga-
mente dal marito lontana : non da ciò segue
eh' egli amasse il marito. Il quale favorì il
card, del Fiesco , contrario a Franceschino ,
V amico di Dante. E i Fieschi«ono da Dante
chiamati malvagi. — Esemplo. Juven. : Et
eiHus nos Corrumpunt vitiorum exempla do-
mestica. — Malvagia. Casa guelfa. Un del
Fiesco nel i2^ venne a Firenze vicario ge-
nerale deir imp. Rodolfo , abitò in casa Mot-
zi , condannò la città ricusante il giuramento
air imperio , in scssantamila marchi d'argen-
to : ma come di famiglia guelfa, era sospet-
to agli stessi GbibeUini. Tornò scornato tu
Germania a Rodolfo.
49. Sola. Di me degna , e che possa pre -
gare degnameote per me.
asw
D E L Ptt(B l&/AiT'QJ( I 0
C A N T O -XX.
t' i
I .
^1
ARGOMENTO.
Sente cantare esempi di povertà e di generosità, poi d* avarizia punita. JWf
ad Ugo Capeto, il guai maledice alla sua progenie. Poi trema il monte , e Mi
del monte cantano : Gloria ; perchè un' anima ha finita la sua pena , e $aU «
cielo : C anima, vedremo, di Stazio. U ora innanzi gli esempi del bene premier
o del male punito saranno cantati dalV anime stesse. Ci avviciniamo al eielù. I
gui pure il primo esempio è Maria , poi un profano, uno sacro : poi quattro meri
e quattro profani , simbolo della doppia indole del poema.
NoU le terzine 2, 3, 4, 0» 7 » 8 » 15, 23, 25; la 27 alla 30; la 82, 39, 40, 4Ì, 43;
44, 45, 47, 48, 50.
1 Contra miglior voler voler mal pugna :
Onde contrai piacer mio, per piacerli ,
Trassi dell'acqua non sazia la spugna,
2 Mossimi ; e '1 duca mio rimosse per li
Lochi spediti pur lungo la roccia,
Come si va per muro stretto a* merli.
3 Che la gente che fonde a goccia a goccia
Per gli occhii mal che tuttofi mondo occupa ,
Dall'altra parte in fuor troppo 8*approccia.
i^ Maledetta sia tu antica lupa
Gie più che tutte Taltre bestie hai preda
Per la tua fame senza fine cupa !
1. SPUG5A. Avrei più domandato, potendo.
Spugna diciam tattavia chi raccoglie ogni sor^
te di notizie buone e triste , avido di sapere.
2. Stretto. Avverbio. Lungo i merli del-
la città e delle rocche correva una stretta via.
3. FoNOB. Inf., XI: Fonde la iua facultade.
4. Più. Eccl. , X : Avaro ... nihil est tee-
Uitìtis ... Ifihil est iniquius, quam amare pe-
eumiam ... E nel V , trad. dall' Ott. : /n/ir-
mitade pessima , la quale io vidi sotto il so-
te ; eioi le ricehszxe conservate in male del
loro tignore. — Fini. Sen.:L'ovorM;ta fem-
8
0 ciel nel cui girar par che si credi
Le condizion di quaggiù trasmiiUist»
Quando verrà per cui questa disoedrt
Noi andavam co* passi lenti e scani;
Ed io attento all' ombre eh* io aeolìi
IMetosamente piangere e lagnarsi.
E per ventura udi*: dolce Maria,
Dinanzi a noi chiamar cosi nel pianto
Come fa donua che 'n partorir sia.
E seguitar: povera fosti tanto
Quanto veder si può per quelPoapizto
Ove sponesti '1 tuo portato santo.
pre crssee. Allora ama t avaro più h msent'
ehene quando elU non puote ptà looorsrf ia
acquistare ricchezze.
5. CiBL. C. XVI : Ogni eagùm raooft Hr
suso al cielo. Forse accenna alla sten cki
volge la Fortuna ( Inf. , Vi! ).
7. Partorir. Is. , XIII : TonÙHMt, età^
lores tenebunt , quasi parturisns , doUkmà $
XLII : Sieut parturiens loquar. Jer. , IV : f(h
eem ... qu€ui parturientis audivi , an§mUss
US jDuerperae,
8. Spohbsti. S. Lue. , U : Aftril fk^m
.•l
r .
OANTa XX.
\
sn
9 S^ontementeinte»i: obooo Fabbriiio,
Con povertà volesti anzi r^irtute
Che gran ricchezza posseder con vIzio«
10 Queste parole m'eran si piaciute
Ch* io mi trassi oltre per aver contezza
Di quello spirto onde parén venute.
11 Esso parlava ancor della larghezza
Che fece Nicolao alle pulcelle,
Per condurre ad onor lor giovinezza.
12 O anima che tanto ben favelle,
Dimmi chi fosti, dissi; e perchè sola
Tu queste degne lode rinnovelle.
13 Non fia senza mercè la tua parola,
S' io ritorno a compier lo cammin corto
a quella vita eh' ai termine vola.
•••
14 Ed egli : io ti dirò , non per conforto
Ch'i* attenda di là, ma perchè tanta
Grazia in te luce prima che^sie morto.
15 r fui radice della mala pianta
Che la terra cristiana tutta aduggia
SI che buon frutto rado se ne schianta.
16 Ma se Doagio, Guanto, Lilla e Bruggia
Potesser, tosto ne saria vendetta:
Ed io la cheggio a Lui che tutto giuggb.
17 Chiamato fui di là Ugo Ciapetta.
Di me son nati i Filippi e i Luigi
Per cui novellamente è Francia retta.
18 Figliuul fui d'un beccaio di Parigi ,
Quando li regi antichi Tenner meno.
Tutti, fuor eh' un renduto in panni bigi.
ti fawM ettm tnoolvif» el reeltna-
«f fiM» w prauepio , quia non erat in ei$
Umu in diversorio. Sporre per deporre. Inf.
( XIX » 44 ) : Spote il earco,
9. Fabbrizio. Veget. , IV ( De re mitit. ).
Sprazzo r oro corrattore di Pirro. — Con.
Proverb. , XV • Meliia est parum eum timore
wnmi , quam thesauri magni ; XVI : Meliut
parum eum justitia , quam multi fruetue
iniquitate, Monarch. : Nonne Fabricius
nobis dedit exemplum avaritiae resi-
, ^uffi pauper exsistent , prò fide qua
mp- Unebatur , grande auri pondui deritU ,
il dtrùum , verba iibi convenientia fundens,
dfpexit et refutavit ? Godt. : E ehi dirà che
foue Mfua divina tpirazione Fabbrixio , in-
ftniiap quoti moltitudine d* oro rifiutare, per
non volere abbandonare tua patria J
il. Labgbbzza. Fin qui la povertà in Ma-
ria , la temperanza in Fabrizio : ora la gene-
rosità in Nicolò vescovo di Mira , il qual do-
tò tre fancinlle , acciocché non corressero po-
rieolo d' inramia.
13. CoMPiÈB. Da compiere , come pentér,
— CoBTO. Uif. , XXXI : Ei vive, e lunga vi-
ta ancora aspetta,
14. Non. Da'saoi discendenti e' non atten-
derà conforto di preci.
15. Pianta. I Capeti regnano tattavia in
Praacia , Spagna e Napoli. I Guelfi a Mode-
■a e a Branswich, e.nnramo loro in Inghil-
terra.
10. Doagio. Donay. Lat. Duaoum. — Guan-
to. Vili. ( Vili , 32 ) : Compitilo ti trattato ,
ranrferofi Guanto che è delle più forti terre
ed wsondo. Prima che venire in Italia , Carlo
avere mossa contro il eonte di Fiandra guer-
ra malragia , e a nome di Filippo il Bello ,
•ceapaie nel 1S99 parecchie terre e città. Ott.:
il re Filippo andò ad otte in Fiandra, e pre-
te ... Bruggia e LUla , ed altre terre ... an-
ni D. 1296. Poi nel 1300 il eonte di Fiandra
con due suoi figliuoli vennero alle comando-
menta del detto re , e quelli gU mite in pr^
gione , e tolte loro tutto il contado di Fian-
dra : poi nel 1302 ... teguì la vendetta . . .
Ettendo li Fiamminghi rtiòeUalt dal re Fdtp-
po , avendoci il re mandata grandiuima eo-
valleria , li Fiamminghi li sconfissero , ed ue-
ciserne più di seicento catMiltert , infra quali
fu morto il eonte d* Artese , cugino del redi
Francia , de* discendenti del detto Ugo. E po-
co appreuo Papa Bonifazio scomunicò U de^
to re per cagione del vescovo di Palme : per
la qual cosa indegnato , ti detto re contro il
papa , fece eerto trattato con li Colonneti di
Roma , allora nimici e ribelU della Chiesa ;
onde nel 1303 del mete di tettembre Sciarra
della Colonna con la forza del detto re, pre-
te m Alagna il detto papa , il quale didobo-
re, morì dì undeci d' ottobre anno predetto,
17. Nati. Ugo Magno di Normandia ven-
ne a Parigi , e V arricchì : fu duca di Fran-
cia, conte parigino , padre del re Ugo Capelo.
Dalla morte di Enrico I , nel 10(M) , tuUi i
re di Francia furono o Filippi o Luigi. —
NovBLLAjiBNTB. I Capeti soQ la terza dina*
stia che comincia con Ugo : spenti i Carlo-
Tingi.
18. Bbccaio. Altri nega l' origino d' Ugo.
Altri intende che suo padre Ruberto duca di
Aqoitania facesse di molta gente macello. Me-
glio il Vili. ( IV , 3 ) ; Ugo Ciapetta, ,.. fah-
lito il lignaggio di Cario M,, fu re di Fran-
eia nelli anni di Critto 987. l^eslo Ugo Ai
dmea d' Orlient , e |»er alcuno ti scrive cAe
fmrono tempre i tuoi antichi duchi , e di gran-
d§ lignaggio . , : ma p9r li più ti din 9k$
828
DEL PURGATORIO
19 Trovami stretto nelle mani il freoo
D«l governo del regno, e tanta possa
Di novo acquisto, e si d'amici pieno
20 Ch'alia corona vedova promossa
La testa di nodo figlio fu, dal quale
Cominciar di costor le sacrate ossa.
21 Mentre che la gran dote provenzale
*/ padre fue uno grande , 0 Hoeo horgat di
Parigi , itratto di nazioM di bucoierif o vero
mercatante di be$tie , ma per la iua grande
ricchezza , e potenza , vacato U ducato di
Orlient , a rimasane una donna, $\ l'ebbe per
moglie , onde nacque il detto Ugo Ciapetta ,
il quale fu molto tavio , e ponente . . . , e
regnò veuV anni. Iacopo della Lana : La casa
ili questi FUippi e Luigi e Carli che tono og-
gi , non tono della dritta cnta , ma tono di-
tcesi d'uno beccare di Parigi. Anco Fraocesco
da Carrara nel suo poema lo dice. — Regi.
Durati Ire secoli circa. — Bigi. L'Olt. inten-
de Rodolfo , U quale per tanta vita d' uomo
religioto fu fatto arciveteovo di Remso. Que-
sta è r interpretaiione più vera : poiché fen-
duto era voce propria per indicare la vita re-
ligiosa. Inf. , XXVil : E penttUo e confetto
mi rendei. Ugo Ciapetta, diceTOtt. , fumol
to avaro ; e per pecunia che ricevette da Gil-
berto monaco ... ragunò vescovi contro a Ri-
dolfo della cata di Carlo M. , arcivescovo di
Memt , e fecelo tporre della dignitade, a fé-
cene arcivescovo il detto Gilberto. Anon.: Ren-
dè tè con due tuoi figUuoli neW ordine di Ce-
stello.
20. Vedova. Per morte di Lodovico V. —
Sacrate. Qui non vale maledette come vuole
r Anonimo. — Ossa. Luigi fu per primo in-
coronato e unto re.
21. Dote. Di Raimondo Berlinghierì IH ,
conte di Provenza, che accrebbe l'eredità del
reame di Francia col dominio della Provenza
toccato a Carlo d'Angiò, marito a una figliuo-
li! di lui , e tolse a quei re ogni rossor di
mal Tare. Vergogna qui non vale ignominia
della vile origine : perchè già Ugo Capcto a-
veva moglie la sorella d' Ottone imperatore ;
e prima di s. Luigi , primo ad imparentarsi
con Provenza , erano stati otto re già congiun-
ti alle prime case d'Europa. Altri intende che
qui s' accenni a Filippo II , che negli stati
di Raimondo , conte non di Provenza ma di
Tolosa , incorse per vincere gli Albìgesi ; e
dopo diciasette anni , Alfonso fratello di Lui-
gi IX e di Carlo d'Angiò sposò la figlinola
di Raimondo e n* ebbe in dote totU gli stati
tuoi ( Petav. , Rat. temp. , p, 1 , L 9 , e.
Al sangue mio non tohela vergogna,
Poco valea , ma pur non facea male.
22 Li cominciò con forza e con menzogoi
La sua rapina ; e poscia per ammendi
Ponti e Normandia prese e Goascogni.
23 Carlo venne in Italia « e per ammeodi
Vittima fé di Curradino : e poi
4 ). Questa era in vero gran dote ; diee 6.
ViU. ( VI , 92 ) , che Raimonda tra ti mar
gior conte del mondo , e avea tolto di tè ftei-
lordici conti. Se non che la Provenza non eit
allora divisa dal Rodano: onde anco di Udii
Rodano gli stati di Raimondo eran dote pio-
venzale ( Giovanni Villani; Pietro VaL^Cos.
Ilist. Alb., 14). Filippo lì fa re nel IIM.
Carlo fu sposo a Beatrice nel 1245. Dal IIV
comincia V invasione della Provenza che tote
a que' re ogni pudore ; quella del 1Ì45 »«•
pazione non può chiamarsi , come quella i
Ponihieu , di Normandia , di Guascogna.
22. Menzogna. Sotto colore di estirpar r
eresia. — Ponti. La cont. di Ponthien atlli
bassa Picardia. La Normandia fu da Pìl^Pp
li tolta a Giovanni d' Inghilterra primi «
la Provenza , ma poi più volte ritolta , eif-
gnatamente al tempo di Enrico 111 , che »•
pravvisse a Filippo li. Filippo mori nel ISA
Arrigo nel 73 ( PeUv. , p. I , l. 8 , e. »;
I. IX , e. 4 : Luca di Linda , Descr. dd m^t
do , l. V ). La Francia aveva promesso lea-
dere quelle provincie : ma non attenne.
23. CcRRADiNo. Ucciso nel 1268 dopo li
battaglia di Tagliacuzzo ( Inf. , XXVIII) «m
molti baroni. — Tommaso. SospeUava. •••
Tomaso d* Aquino , andando nel concilia tì
Lione , fosse eletto ponteGce ; e lo fece tm-
lenare da un medico. Ott. : VuoU t JLjm
dare ad intendere , che il veleno eoii/MM
che fu dato a santo Tommano d^ AqusM$'
ond' elli morì alla Badia alla Foia* md «r
gno , fosse di comandamento del f» Corii •••
sì perchè clli era della cata ^^-^ff***^ • ^r
non erano bene del detto re , ttperehéuém-
to santo Tommaso pii)i vivamente ''«^••JJ
preso d' alcuno fallo : onde uno eanaXmreem
re , credendogliene compiacere , diue «I «^
tanto Tommato , che dovea venire a corte t^
Roma in quello tempo , ettendo y^«*dù«2
ealdo , se a lui piacerebbe di portare fsw ••*
freschi confetti del regno ; quelU aeeUtè It
prof erta , e ricevette V attotsieato prustntf . •
che in brieve nel viaggio morì. Ar. : Teit^
un altro Carlo che a' conforti Del kuon pi-
fior , foco in Italia ha meteo; E tu du$f0fe
battaglie ha due re morti •••
CANTO XX.
839
Bipiiiie al eiel Tommaso per ammenda.
KTempo veggio non molto dopo aocoi,
Che traggeonaltroCarlo fuor di Francia,
Vei far conoscer meglio e sé e i suoi.
ì Senz'arme n*e8ce, e solo con la lancia
GoD la qual giosfaiGiuda; e quella ponta
Si eh* a Fiorenza fa scoppiar la pancia.
) Quindi non terra ma peccato ed onta
Guadagnerà , per sé tanto più grave
Quanto più lieve simil danno conta.
97 L'altro che già usci preso di nave,
Veggio vender sua figlia , e patteggiarne
sa. Ancoi. Carlo di Talois fratello di Fi-
8 pò venne io lulia nel 1301 ( ViU. , Vili ,
)• Il P. parla nell' aprile del 1300. Ott. :
?ÌNMlo...a riehieita di papa Bonifazio Vili,
iiaeMne padano in Toieana , il primo giorno
éi ftootmòrt con gua eavalUria giunse in Fi-
fMM ; per lo cui comando Corso Donati ca-
mmÈi»n, con U tuoi seguaci chiamati pane
■m » tornò in Fìrenx» cinque dì appresso ,
9 foi giitò deUa signoria V altra parte ,.. Poi
mi 1^2 a di 4 d* aprile U detto Carlo altra
ricevuto , condannò e cacciò fuori di
la dttta parte bianca.
Amb. ( Vili. Vili , 48 ) : Con più conti
e con ìMH) cavalieri franceschi in
compagnia. Bonifliiio lo forni di denaro
fòrze. — Giuda. Vill.:*£ promise di con-
ia città in pacifico e buono stato ....
MsmmUanenU per lui, e per tua gente fu fatto
U mwtradio. Gli è an Craelfo che paria. —
BeorriAm. Traendone cittadini» oro, sangae.
▼fcf., VI: Neu patria» vaUdas in viscera ver-
vires,
S Tbeha. Vili. ( Vili ,49): Si disse per
M. Cario venne in Toscana per pacia-
ffV» • latciolla in guerra; e andonne in dei-
Hb per far guerra, e reconne ontosa pace ...
M lomè in Francia, tcemata, e consumata
aMi ftfife con poco onore. Ebbe nome di Sen-
as ferro.
17. Usci. Prima di Carlo di Vaiola nel
Ì98S. — Pusq. Carlo Novello, il Ciotto o
taf pò, di Poglit, figlio di Cario d'Angiò ,
mjrt$o nei 1283 ( Vili., VII , 84 ) da Rag.
§m d' Oria con sessanta galee , qaand' era
yiteefpe di Taranto. Ed era Roggeri l'ammi-
it^io di Iacopo d'Aragona. Fa condotto t
■mina co*saoi baroni; qaesti furono tatti
WÈHU. Ott.: Muovendo l'armata tua di I^a-
paUpor pattare in SieiUa ... f et mt^tta preuo
ài Napoli fu tconfUto e preto da Roggeri ....
UtH di prigione del mete di novembre, anno
Come fanno i coraar ddl'altre achiave.
28 O avarizia, che puoi tu più farne,
Poi ch'hai il sangue mio a te al tratto
Che non ai cura della propria carne?
29 Perchè menpaia il mal futuro e'i fatto.
Veggio in Alagna entrar lo fiordaliso
E nel vicario suo Cristo esser catto.
30 Yeggiolo un'altra volta esser deriso ,
Veggio rinnovellar l'aceto e1 fele,
E tra vivi ladroni essere anciso.
31 Veggio*! novo Pilato si crudele
Che ciò noi sazia , ma senza decreto
1288 , promettendo di cedere U tuo podere sul
reame di Ragona a don Jacopo per lo re FAip-
pò , col conttntimonto del papa. Nel e. Vii.
lo disse peggiore del padre, Cerio Primo
d' Angiò. VendeUe ad Azzo d' Este , già ree-
Ohio , la figlia in consorte ; e n' ebbe cbi dice
100,000 ducati , chi 30,000 fior. , cbi ttO^OOO.
Nel Par., XIX, dice il P. di lui, che nelji-
bro della giastizia la saa virtù sarà segnata
con un I , la malragità con un'emme, perchè
ana sola virtù ebbe , e migliaia di vizii.
Qaest' Azzo Vili fu guelfo di razza , ma nel
1299 per sui mumentaoei interessi stretto alla
fazion ghibellina. Fa Beatrice la figlia, e il
matrimonio segai dopo il 1300.
28. Che. Aen., Ili: Quid non mortalia
pectora cogit ? — Cabnb ? Eccl., X: Hic ....
et animam tuam venalem habet: quoniamin
vita tua projecit intima tua, Is., LVHI : Car-
n$m tuam ne detpexorit,
29. Min. Inf., XXXU: B atpttto CafUn che
mi tcagioni, — Alagna. Per Anagni ( Vili.,
VIII, 63). — FioABALiso. Dice 11 Vili. (Vili,
63) che quando Sciarra della Colonna per
ordine di Filippo il Bello entrò in Anagni a
prendere Bonifazio, nel settembre del 1303,
entrò .„con tre insegne del re di Francia, —
Catto. Per preso , è in Fazio.
30. Dbriso. Specialmente dal Nogaret, in-
riato di Filippo. — Anxiso. Morì di dolore
addì 12 ottobre.
31. Pilato. Uccisore del Tlcario di Cristo. —
Dbcrbto. Fleury ( A. Eccl., 1. XCI ) narra co-
me Filippo il Bello inviasse ai suoi officia li
per tutto 11 regno lettere secreto per prende-
re in una notte i Templari! tutti, e furoa
pred nel!' ottobre del 1307 : e il maestro g^
nerale dell'ordine era nella casa del tempio
di Parigi.— Cupide. Filippo, avaro spoglia-
tore de* negozianti italiani , araro dlstrattor
de* Templari de' coi mobili il terzo o dae terzi
per fé ritenne. Ott.: CUmente V f^ee pigliare
42
330
DEL PURGATORIO
Porta nel tempio le oupide vele.
82 0 signor mio^ quando sarò io lieto
A veder la vendetta che nascosa
Fa dolce Y ira tua nei tuo segreto ?
33 Ciò oh* lo dicea di queir unica sposa
Dello Spirito santo , e che ti fece
Verso me volger per alcuna chiosa,
^k- Tanl'è di^l>(»^to a tutte nostre prece
Quanto 1 dì dura: ma quando s* annotta
Contraria buon prendeino in quella vece.
'.5 Noi ripetiauì Pigmalionc allotta,
<]!ui traditore e ladro o patricida
Fece la voglia sua dell' oro ghiotta ;
'Mi £ la miseria dell' avaro Mida ,
Clic segui alla sua dimanda ingorda
Per la qual sempre convien che si rida.
o7 Del folle Acàm ciascun poi si ricorda
l]ome furò le spoglie , si che 1* ira
Di Giosuè qui par eh' ancor lo morda.
28 Indi occusiam col marito SaGra ;
Lodiamo i calci eh* ebbe Eliodoro :
Ed in infamia tutto '1 monte gira
39 Poiinnestór eh' aucise PoUdoro.
nel 1307 per tutta la Cristianitade i [rieri
delV ordùic del Tempio , per certi errori di
fòde ed altri peccati; ed arreitare loro pos-
Mfssiuni e chiede. Ma prima e' era voluto ohe
Vìlippo avesse cominciata la persecuzione sen-
za L'assenso di lui.
M. InA. Psalm.: Deus judex , justus , for-
tis , et patiens : numquid irascitur per singfA-
los diesi Altrove noo è così sofTereote; Quot
sant dies servi (ut? quando facies de persequen-
tibus me judicium? ( Ps. CXVlll ). Apocal. :
EgtUta o cielo: e voi santi apostoli esultate,
e profeti, perché Dio giudicherà sopra lei il
'jiudizio vostro, — Seureto ? Desidera la pe-
na dogli empi acciocché mulino , e dod pali-
:icano i buoni. Eccl., XXXV: Gentibus reddet
\Hiid,ctam , donec ... sceptra iniquorum con-
tniulet. Is., 1 : Heu, consolabor super hosti-
bus meis , et vindicabor de inimicii meif .
:^3. Ciò. Risponde all'allra domanda, v.
35. — Sposa. Alaria. Spiritut obun^rabit te,
Vtuca meo.
3i. Annotta. Cantano la Ul>eralitli di gior-
no, l'avarizia di notte: coli' alba l'amore
deila virtù , colle tenebre Torror del male.
35. PiGMALioxE ( Aen., I, 346 ). — Patri-
cida. Uccise il cognato: delitto, dice Pie-
tro , che la legge Pompcia punisce eoa la pe-
na dil parricidio, lo ioed. tot. della Maglia-
UltimameQte ci ai grida : o Craaso ,
Dicci , che 1 sai. éL che sapore è^l'oio.
M Talor parliam hin alto e faltro bano
Secondo Taffezion eh* a dir ci sprona
Ora a maggiore ed ora a minor poiìio.
41 Però al ben che 'ì di ci si ragiona
Dianzi non er* io sol , ma qui da praiao»
T^on alzava la voce altra persona.
42 Noi eravam partiti già da esso ,
E brigavam di soverchiar la strada
Tanto quanto al poter n era permeééo «
43 Quand* io senti', come cosa che cada «
Tremar lo monte: onde mi prese un gelo
Qual prender suol colui ch'a morte vada •
44 Certo non si scotea si forte Deio
l^ia che Latona in lei facesse 1 nido
A parturir li due occhi del cielo.
45 i^oi cominciò da tutte parti un grido ,
Tal che 1 maestro invòr di me si feo.
Dicendo: non dubbiar mentr'io ti guido.
46 Gloria in excelsis , tutti , Deo
Dicean, per quel eh* io da vicin compresi
Onde 'ntender lo grido si potéo*
becch. : Ladro e traditore e parricida. Miri
nel regno di Tiro.
30. MioA. Ov. (Mct., XI): E/fice, quieqmà
Corpore contigero, fulvum vertatur in aumm...
Divesque , miserque Effugere optai opes : et «
quae modo voverat , odit.
37. AcÀu (Josue , VII). Lapidato , perché
tolse della preda di Gerico , sacra a Dio.
38. Marito. Anania (Act.,V.) — Calci (Htc-
cab. , Il , 3).
39. POLINNBSTÓR ( Acu., HI, 49). — CaAtM.
Avarissimo : spogliò il tempio di Gerosolimi:
fu preso da' Parli contro a quali andava pct
sete di ricchezza, e per orgoglio; e fusoglì off
bollente in bocca , dicevano : Aurum sitità :
aurum bibe. Lucati. : Assyriat Latio macui^
vii sanguine Carras. Petr.: E vidi Ciro pi^ é
sangue avaro Che Crasso d'oro,
40. PAbso. Tempo di musica più o
reloce.
42. Partiti, luf. (XXXII. 42) : Noi
partiti già da elio. — Brigavab. Antico io»*
dito : Brigati di campate oa . . . — SoTV-
cmAR. Superarla , quasi ostacolo al bene pr»*
messo.
44. Dblo. Virg. (HI, 23). Asteria motiU
in isola.— Nido. Ov. (Mei. , VI): Exiguamt^-
dem pariturue terra negavit. Latoua chiesa Oi
asilo all' isola errante : in lei partorì ; e per
e A W T O X%.
331
^7 Noi ci restammo immobili e sospesi
Gjme i pastor che prima udir quel canto.
Fin che 1 tremar cessò, ed ei compiei.
kS Poi ripigliammo nostro cammin santo,
Gtiardando lombre che giacén p<ìr terra
Tornate già in su V usato pianto.
M Nulla ignoranza mai con tanta guerra
melilo dell' ospixk) , risola più noD si scos-
se. — Occhi. Ov. (Mei., IV, 228) : Mundi o-
euhu , il sole. Nido e occhio melafore discor-
danti.
47. SospBBi. V. S. Padri: Stando tutti so-
ip99i , $ olttfnfi aUa tua dottrina. — Pastor.
Mi f(* desideroso di sapere ,
Se la memoria mia in ciò non erra ,
50 Quanta parémi allor pensando avere
Né per la fretta dimandare er* oso ,
Nò per me li potea cosa vedere.
51 Cosi m* andava timido e penso^.
S. Lqc. Il : Pastores erant in regioni eadem ^
vigilantes . . . cum Angelo multitudo miUtiae
coelestis . . . diceìitium : Gloria.
49. GuBRRA. Sap. , XIV : In magno vHen-
tes in scientiae bello.
339
DEL PURGATORIO
CANTO XXI.
ARGOMENTO.
S* abboccano con Stazio poeta. Quuti dichiara come il IrefMre M monte wm
abbia le solite cause terrene, ma sia s<^annaturale indizio J^ un' anima libera.
Stazio conosce Virg. : tenera accoglienza , indicante e V amore che aveva IkaUs 4
Virg. e la riverenza eh' e* teneva dovuta agV ingegni.
Il some di poeta stimt più durevole e più onorando di tolti. Questi è li più bdlt .
del cinto, meo pieno degli litri. Anco rippirizione di Stazio è poetica molto. Le alhùiNl
mitologiche abondano , perchè colloquio di piogani. La fine del canto rammenta il deeimoaoit*
Nou le terzine 1 alia 5 ; la 8 , 13 » 14; la 20 alla 23; li 32, 35 , 36, 37, 45.
1 La sete naturai che mai non sazia
Se non con V acqua onde la femminetta
Samaritana dimandò la grazia,
2 Mi travagliava ; e pungémi la fretta
Per la *mpacciata via dietro al mio duca;
£ condolémi alla giusta vendetta.
1. Natural. Arist., Metaph.: Omneshomi-
fie« natuira sctre duiderant. Questo passo è il
coniiociameoto di più d'un trattato del secolo
XIV. Ma la scienza umana non ci sazia, dice
il P., se la grazia divina non vi si aggiun-
ga.— Samaritana. L'Ott, traduce il passo
di Giov. : Vna femmina venne di Sammaria
per prendere acqua alla fontana , e Gesù le
disse: Donna, dammi bere .,, La femmina
*hsse: come mi chiedi tu bere, che se* Giudeo,
e io Samaritana J.. Gesù le rispose , e diue:
Se tu conoscesti il dono di Dio, e ehi è colui
che ti chiede bere , tu li domanderesti ch'elU
ti desse aequa di vita. Ed infra la femmina
disse: Signore, dammi quest'acqua, ch'io
non abbia sete , e che non mi sia mestiere
venir più qua a eavare aequa , ec. S. Aog.:
Qui ìfiberil de fluvio Paradisi, restai ut in eo
siiis hujus mundi extincta sit, E nel Gonv. :
^iceoiiia dice ti filosofo nel prituripio della
prima fiosofia , tulli ^It uomM fMluroimafi-
3 Ed ecco , si come ne scrive Loca
Che Cristo apparve a' duo ch'erano*oiil
Già surto fuor della sepulcral huca,
k Ciapparveun'ombra.Edietroanoiveoiif
Dappiè guardando la turba che giace :
Né ci addemmo di lei, si parlò pria ,
te desiderano di sapere. La ragione di àe
puote essere , che ciascuna cosa da proviàKir
sia di propria natura impinta , è ineUnsMb
alla sua perfezione : ofuie , acctoce^é la
sa i l* ultima perfezione deUa nostr*
nella quale sta la nostra ultima felicità,
al suo desiderio siamo soggetti ... Coloro cAf
sanno, porgono della loro buona ricehexta etti
veri poveri ; e sono quasi fonte vivo deUaem
acqua si refrigera la naturai sete che di stpsa
è nominata. Altrove ; È tuilyraia desideris
dell' uomo di volere saper le cose occuUs.
Munarch. : Aquam nostri ingenti ad luiiliwi
poculum haurietues. Per l'acqua d«*lla Sama-
ritana i teologi intendono la grazia divina.
3. Duo. Giacomo e Giovanni che lodavaia
in Gerosolima ( s. Lue. , XXIV ; s. Marc ,
XVI).
4. Ombra. Stazio, clUto più volti di DttM
nelle sae prose.
^
CANTO XXI.
333
5 Dicendo : frati miei, Dio yì dea pace.
Noi ci volgemmo sabito; e Virgilio
Rendè loi'l cenno eh' a ciò si conface.
6 Poi cominciò : nel beato concilio
Ti ponga in pace la verace corte
Che me rilega neir etemo esilio.
7 Comet diss'egli (e parte andavam forte) ,
Se voi sieteombre che Dio su non degni,
Chi v'ha per la saa scala tanto scorte ?
8 E'I dottor mio : se ta riguardi i segni
Che questi porta e che Tangel profila ,
Ben vedrai che co'buon conviench'ei regni.
9 Ma perchè lei che di e notte fila
Non gli avea tratta ancora la conocchia
Che Cleto impone a ciascuno e compila,
10 L'anima sua eh' è tua e mia sirocchia,
Venendo su non potea venir sola;
Però eh* al nostro modo non adocchia.
1 1 Ond' io fui tratto fuor dell' ampia gola
D'inferno, per mostrargli; e mostreroUi
Oltre quanto 1 potrà menar mia scuola.
13 Ma dinne se tu sai, perchè lai crolli
Die dianzi '1 monte, e perchè tutti ad una
5. YoLGBMMo. Eeg. ( I, 24): Clamavit
poit tergum Saul, dÌ9int : Domine, mi rex.
£t TMMXH Saul poti 10.
e. Concaio. Così lo cbitma ( Par., IXYI,
40 ). Psalm. (I, 6 ) : ConeiUum jiMfoniiii.—
Coan. Giadictnte. Come tUro?e.
7. Pabtb. Inumo. Inf. (XXIX, tt): Par-
te Mfi già ( ed io retro gli andava) Lo du-
ca, — Degni. Yirg. .* Neo deut hune mema,
età n$e dignata cubili ett,
9. Lei. Per quella: comune in Toscana. An-
dreini: Che signori noi tiamt che lor $on
j«fTt. Molti esempi n* ha lo stil comico. —
TiATTA. Filato il pennecchio. Il qaal s'Im-
pone alla rocca , e poi , perchè stia , lo si
tUinge intorno ed aggira ; che dice compilare.
il. Gola. La più alta parte del rentre
della terra , il più ampio giro di tatti. —
ScroLA. C. XVIII: Quanto ragion fui vede,
MXr ti posato ...
iS. Moixi? Bagnati dal mare.
iS. Dik. Bocc. : Oh quanto coiai domanda
diede per lo mio desio I — Digiona G. XV :
Mo san d* esser contento pii^ dittino.
14. ReligTonb. Virg.: ReUigio .,AoH*
15. Libero ( e. XXVUl ) Yirg. : Nube» ex-
cmsit Olympus. — Sé. Cagione del tremare
son r anime che il cielo riceve in sé Tenendo
da fé di lor libero moto. OTTerb » che ilcie-
ParYor gridare infino a' aaòi pie molli?
13 SI mi die dimandando per la cruna
Del mio disio, che por con la speranza
Si fece la mia sete meo digiuna.
ik Quei cominciò: cosa non è che ganza
Ordine senta la relielooe
Della montagna, o che sia fuor d'usanza.
15 Libero è qui da ogni alterazione:
Di quel che 1 cielo in sé da sé riceve
Esserci puote, e non d'altro, cagione;
16Perchènonpioggia,nongrando,nooneve,
Non rugiada, non brina più su cada
Che la scaletta de tre gradi breve.
17 Nuvole spesse non paion né rade.
Né corruscar né figlia dì Taumante,
Che di là cangia sovente contrade.
18 Secco vapor non sarge più arante
Ch'ai sommo dei tre gradi eh' io pariai
Dov'ha 'I vicario di Kelro le piante.
19 Trema forse più giù poco od assai ;
Ha per vento che 'n terra si nasconda.
Non so come, quassù non trenoòmai.
20 Treoiaci quando alcuna anima monda
Io riceve in sé , spontaneo ; non come materia
che sorga dal basso. Ott.: La cagione di ciò
che paia lassù essere moto, non è,., da strano
in strano, ma da sé in sé ; perocché il cielo
la cosa sua, e non strana in $è riceve; Vani-
ma dal cielo discende , mandata e creata da
Dio; e il cielo in sé la riceve, ritornante a
colui che la creò,
16. Pioggia. Dal ciel della luna al centro
della terra son qoattro regioni, al dire di
Pietro, /[laida , fredda , fredda e calda, il sen
della terra. La pioggia scende dalla regione
calda e fredda , la grandine dalla fredda. —
Nbvb. Omero , Od. : iVoti neve né verno for-
te, ni mai pioggia , ma sempre (f un zefiro
dolce spirante V aure daW Oceano mandate, —
SCALBTTA ( e. IX, 26 ).
17. Radb. La nabe rada è vapore acqueo,
dice Pietro. — Figlia. Or.: Thaumantias
Iris. — LÀ. Nel vostro mondo si vede or da
questa parte or da quella , sempre opposta al
sole. Ivi r Ottimo cita Aristotele e Beda.
18. Sbcco. Arist. (1- H» ^ Bfet.) distingue
V amido vapore dal secco: dall'umido la piog.
già , la neve, la grandine, la rugiada, la brina:
dal secco , il vento : vento , se il vapore è
sottile; se più forte, tremuoto. Cosi credevano.
^^ Pibtbo. Inf., 1 : La porta di san Pietro.
SO. Sboohaa. Tieo dietro (e. XVlj.
334
DEL PURGATORIO
Si sente sì che surga o che si mova
Per salir su : e tal grido seconda.
91 Della mondìzia il sol voler fa prova,
Che tutta libera a mutar convento
L'alma sorprende, e di voler le giova.
'29 Prima vuol ben ; ma non lascia*! talento,
Che divina giustizia centra voglia,
Come fu al peccar, pone ai tormento.
S3 Ed io che son giaciuto a questa doglia
Cinquecento anni e più ; pur mo sentii
Libera volontà di miglior soglia.
Itk Però sentisti '1 tremoto, e li pii
Spiriti per Io monte render lode
À quel Signor, che tosto su gì' invii.
25 Cosi gli disse : e perocché si gode
Tanto del ber quante grande la sete,
Non saprei dir quant' e* mi fece prode.
96 £ '1 savio duca: ornai veggio la rete
Che qui v' impiglia, e come si scalappia ,
Perchè ci treoia , e di che congaudcte.
n Vuol. Vorrebbe salire ; me contro ina
voglia è da Dio condanoata a volere la pena.
Il desiderio dell' espiazione combaue col de-
tiderio del gaudio : come io vita peccando il
desiderio del male combatte con 1* amore del
bene. E siccome il male vinse di là, di qua
▼ince il dolore. G. XXllI: Che quella vogUa
all' albero ci mena Che «laiiò Critto Ueto o
dire EU.
i3. Fiù. Dal 06 circa che Staiio morì
( Fabr., B. lai. ) al 1300 scorsero milledue
cent' anni. Stette tra i prodighi cinquecento ,
tra gli accidiosi quattrocento e più: il resto
ne* cerchi di sotto ( e. XXII, 31 ). — Soglia.
Virg.; JLtman ofympt.
S4. Invìi. Nel Gloria è fi motto; Quitol-
Ut peccata m%mdi , tniserere nobù,
25. PaoDB. Per prò , nelle V. S. Padri ed
altrove. Gonv. ( I, 6 ) : Bettie alU quali la
rcmUme fa poco prode.
i7. Gappia. Bocc. (1 , 1) : CotH ti eappia
nelt animo. Altri: Nel mio giudieio cape. Sia
•uutenuto nelle tue parole perchè . . .
38. Buon. Ott.: Nel cui tempo fu tatuo ri-
fuso t che eanaue di neuno uomo ^ sparse.
C*u«tf» tnsifio da piccolo fu di chiaro ingegno
di cavalleria^ e studioso in lettere; umile fu,
liberale ed onorifico, dispregiatore di pecunia;
nuUo <A fu che non donasse . . ; fu pietoso e
rmerieofìHoeo perdonatore a quelli , eh* avea-
no giurato ^ ucciderlo.
2y. DcEA. Lue; O . . . magmu vatum la*
27 Ora chi fosti piacciati eh' io sappia ;^
E perchè tanti secoli giaciuto
Qui se* , nelle parole tue mi eappia.
28 Nel tempo che 1 buon Tito eoo H
Del sommo rege vendicò le fora
Ond* usci sangue per Giuda vendulo,
29 Col nome che più dura e più onora
Er' io di là , rispose quello spirto ,
Famoso assai , ma non con fede
30 Tanto fu dolce mio vocale spirto
Che tolosano a so mi trasse Roma ,
Dove mortai le tempie ornar di mirto.
31 Stazio la gente ancor di là mi nom^*
Cantai diTehe, e poidelgrandeAcbiUo;
Ha caddi 'n via con la seconda sooml.
32 ÀI mio arder fur seme le faville
Che mi scaldar della divina fiamom
Onde sono allumati più di mille.
33 Dell* Eneida dico , la qual mamma
Fumuìi , e fummi nutrice poetando :
òofi omnia fato Sripis, ctpopuUeéonmemar'
talibus aevum.
30. Tolosano. Era di Napoli (St., Sylf. >
111, 5). Ma Placido Lattanzio comentatoifA
Stazio lo fa tolosano : In GaUia ceUbertim
doeuit rhetoricam; sed postea veniens Jlow— ^
ad poetriam se transtulit. Confuse Staiio F^
pinio , con on altro Stazio : errore fino a' tot*
pi dello Scaligero quasi comune ( Hot. k
Eir. chr.). Bocc. (Aro. Vis., V ) : Steui9 M
Tolosa, Né le Selve di Stazio al tempo M
Dante eran note. — Mirto. Non coma poila
amoroso; ma come roen nobile. Virg. : Mi «alt
o laurif carpam , et te, proxima «lyrte.
Gonv. Io chiama dolce poeta.
31. Tbbb. Giovenale che nominerà pot,
co di Stazio , dice, V 111: Curritur ad
jucundam , et Carmen amica» Thebaidog^
tam quum fedi satùu Vrbem , Fnnmaii
diem: tanta dulcedine captos AflUit ilU
mos. Stat. : O mihi bissenos multum ^'^M>
per annos Thebaiì — Soma. Nella volg. no^
Humerum nimio gravatum cespitare momt0
$it. Albertano. È da schifare lo carico eotto li
quale nella via vieni meno. Sentenxa di S^
Deca donde avrà tolto la frase il P.
32. Divina. St.: DivinamAcneida. — Miua*
Inf., 1: Degli altri poeti . . . lume.
33. ENsmA. Anco nel Gonv. ( 1 , 3). —
DaAJiMA. Stat. : Vive precor, nectudivinam
Aerieida tenta,, Sed longe sequere, et vestigio
semper adora. Questo che Stazio dice di té
CANTO xm.
« f
185
Senz* essa non fermai peso di dramma.
3A £ per esser vivuto di là quando
Visse Virgilio , assentirei un sole
PIÙ ch'io non deggio, al mio uscir di bando.
35 Volser Virgilio a me queste parole
Con iriso che tacendo dicea : taci :
fila non può tutto la virtù che vuole.
96 Che riso e pianto sod tanto seguaci
Alla passion da che ciascun si spicca ,
Che men seguoo yoler ne' più veraci.
37 Io pur sorrisi come Tuornch'ammicca:
Perchè 1 ombra si tacque, eriguardommi
Negli occhi ove 1 sembiante più si ficca.
98 E , se tanto lavoro in bene assommi ,
Disse , perchè la faccia tua testeso
Un lampeggiar d'un riso dimostrommi?
99 Or son io d'una parte e d'altra preso:
V una mi fa tacer, V altra scongiura
ChT dica; ond'io sospiro e sono inteso.
intendasi detto di Dante stesso. Altri dirà che
a questo modo , la poesia di Dante apparisce
qoasi QD ceniune dei modi virgiliaoi : ma
duimqae atteutamente lesse il Bocc., il Petr.,
l'Ariosto , sa bene come di rimembranze la-
tine e dantesche sia tatto contesto il loro
stile, senza che sempre ne perda l'originalità
del concetto. Non duoqoe in soli dae o tre
pesai , come il Monti voleva , ma in innu-
merabili Dante ha imitato Vìrg.
S4. SoLB. Anno (Inf., VI, 23).
38. Dicea. Ov.: Nutusque meos , tmlluingua
ìoqmacem ... Verha ittpertiUis stna voce loquen-
ffa dieam. — Vcolb. Petr.: E chi disc$me è
vmPo da ehi vuole.
36. Sbgcaci. Petr. (Tr. Am.); E so come in
i«» punto ti dilegua , E poi ti sparge per le
guance il tangue , Se paura o vergogna awien
dU 'I tegua.
XT. AiUficcA. Varchi ( Ere. ): Solemo . . ,,
fmtndo volemo etsere intesi con cenni ienza
jHtfiare , chiudere un ochio; il che ti chiama
far adocchio , ovvero far V occhioUnOf ec. (che
i Let. dicevano nictare ) , cioè accennare co-
gU occhi; il che leggiadramente diciamo noi
mon una voce sola ammiccare. E ammiccare
&0 Di*1 mio maestro, e non aver paura,
Mi disse» di parlar ; ma parla e digli
Quel rh'e' dimanda con cotanta cura.
41 Ond' io : forse che tu ti maravigli,
Antico spirto , del rider eh' io fei :
Ma più d' ammirazion vo' che ti pigli.
42, Questi che guida in alto gli occhi miei
È quel Virgilio dal qual tu togliesti
Forte a cantar degli uomini e de' Dei.
k3 Se cagione altra ai mio rider credesti.
Lasciala per non vera , ed esser credi
Quelle parole che di lui dicesti.
4& Già si chinava ad abbracciar li piedi
AI mio dottor, ma ei gli disse: frate,
Non far: che tu se'ombra,e ombra vedi.
45 Ed ei surgendo : or puoi la quantitate
Comprender dell'amor ch*a te mi scalda,
Quanto dismento nostra vanitate
46 Trattando V ombre come cosa salda.
non é sorridere ; ma sorridendo per cenno si
può ammiccare con gli occhi. — Ficca. Conv.:
V anima dimostrasi negli occhi tanto mani-
festa , che- conoscer si può la presente sua
passione chi bene la mira. Plin. : In oculit
animus inhabitat. Sembianti sono le somi-
glianze dogli atti esterni con T affetto del-
l' animo.
39. ScoMGiCRA ( tcrz. 38).
44. CuiNAVA. Stazio ama in Virg. il suo
convertitore alla fede ( e. XXII ). Gli si pe»-
doni l'affetto.
4IS. QuANTrTATB. Cottv. (I , A): La fama
diUUa lo bene e lo male, olire la vera quan-
tità. — Vanitate. Inf. , VI : Lor vanità ,
che par persona. Tra ombre non ha luogo la
legge da Dante posta nel Cody. ( 1, 2 ); Vil-
lania fa chi loda o ehi biasima dinanzi ai
Vito alcuno, perchè né consentire né negare
puote lo così estimato senza cadere in colpa
di lodarti o di biasimarsi. Salva qui la via
della debita correzione ... e salva la via del
debito onorare e magniRcare , la quale pat-
tare non si può senza fare menzione delle o-
pere virtuose o deUe dignitadi viriuosamtnie
acquistate.
ftll. PURGATORIO
CANTO xxn.
ARGOMENTO.
Enirano al ^£ro oo* è punita la gola. Stazio dichiara che fum per oKoarim
ma per prodigàliia itette egli nel Pierg. einquecetU* anni e pia: perchè, iiceomef^d-
V Inferno ( e. VII)^ qui pure, i iueiàizii conirarii stanno insieme e quasi alle pna;
filosofica iosa. Narra poi come le parole deUa qtuirta egloga di Virgilio gli dessm
il eoneeHo di secol migliorej e qudla profezia vedess* egli avverata ne* cristiani. He
perchè non professò il cristianesimo pubblicamente, la sua tepidezza fu punita fut-
trocenf anni e pia nd cerchio degt invidiosi, eh* è il quarto.
NoU le tarsine t aUt 9; U 15, 17» 33, 94, S&, 31, 33; U 36 alU 39; te 41 liw
tir olUma.
3
Già era Y angel dietro a noi rimase,
L' ansel che n' ayea vólti al sesto giroj
Avendomi dal viso un colpo raso.
É: quei eh* hanno a giustizia lor disiro
Detto n* avea , beati ; e le sue voci
Con sitiunt senz* altro ciò fornirò.
i. Gli. Per non ripetere la medesima de-
icrizione « valica acconciamente il paeso del-
l'Angelo con qoesto già. — Colpo. Un P de-
•crìlto eoi ptmfofi detta spada (e. IX ).
2. Beati. ( Loc. , VI). BsoH qui esuriunt,
e( sUiunt justiHam. ( Matth. , V. ) L' OU. :
Qussta t^eatitudins ... eomsponds in contra-
rio oli' avarixia ; peroeeki V avaro desidera
m sé ciò eh* è d^ atirui; ed U aiusto mtote eke
a ciascuno sia attrUmHo queUo ohe alm si
dee. lof. , XIX : La ... avarizia il mondo of-
trieta Calcando i Imoni e sollevando i pravi.
S contrarie alla sete ( Pnrg. , XX ) e alla fa-
me ( Inf. y 1 ) dell' oro , è la sete e la fame
del giusto. — Voci. D'nn solo. Virg.: Juno,..
hi$ vocibus usa est. — Sitwnt. Intende for
Si f ke qni nell' esclre dell' avariala fi canti:
Ed io più lieve che per l' altre fod
M'andava si che senza alcun labore
Seguiva in su gli spiriti veloci.
Quando Virgilio cominciò: amore
Acceso da virtù sempre altro accese *
Pur che la fiamma sua paresse foore.
Beati qui sitiunt justitiam , e nelTeseir dd*
la gola: Beati qui esuriuntjusUtiam. C. XXT,
( t. 51 ) : Beali cui alluma TmUo di grasm
che l'amor del giusto Nel petto lor troppe di-
sir fwn fuma. Come dire : beati ehi non ben
sete dell' oro. E poi : beati cbi non ben fr-
me dei cibi corporei. Questa interpreti rtsM
parmi la meno assurda «però non m'apMfa.
EsurUndo sempre quant è giusto ( e. xilV).
3. LmvB (e. IX). — Foa ( c.Xll). — La-
Boai. É in Brunetto (Tesoretto, IV). — Vn-
Loci. C. XXI : Andavam forte.
4. VimTij. Cic. (De Am. ) : NikU art ...
amabUius etrfula: nihil ^ quod weagis
ad diligendum: qmppe quum propier
tem et prokitatem eot etiam , quos
vidmus f quodam modo dmgamMS.
CANTO XXII.
837
5 Onde dall'ora che tra noi discese
Nel limbo dello 'nfemo Giovenale,
Che la tua afTezion mi fé palese,
6 Mia benvoglienza inverso te fu quale
Più strinse mai di non vista persona ;
SI ch'or miparran corte queste scale.
7 Ma dimmi, e come amico mi perdona
Se troppa sicurtà m'allarga il freno,
E come amico omai meco ragiona.
8 Come poteo trovar dentro ai tuo seno
Luogo avarizia tra cotanto senno
Di quanto per tua cura fosti pieno?
9 Queste parole Stazio mover fcnno
Un poco a riso pria ; poscia rispose :
Ogni tuo dird' amor m' è caro cenno.
iO Veramente più volte appaion cose
Che danno a dubitar falsa matéra
Per le vere cagion che son nascose.
11 La tua dimanda tuo creder m' avvera
Esser eh' io fossi avaro in Y altra \ita,
Forse per quella cerchia dov'io era.
12 Or sappi eh' avarizia fu partita
Troppo da me; e questa dismisura
Migliaia di lunari hanno punita.
13 K se non fosse ch'io drizzai mia cura
Quand' io intesi là ove tu chiarnu
Crucciato quasi 'ali' umana natura :
5. Giovenale. Lodatore di Stazio ( sai.
Vn). Morì trentadae anni dopo Staz., nel
1S8 di Cristo.
6. Strinsi. Inf., XIV: Canìd...JHi itrtfwe.
8. Seno. Inf.. XVIII: Il nostro avaro se-
me. — Cuba. Per istudio lungo e virtuoso.
9. Amor. Si guardi aUa dolcezza cortese
di questo dialogo.
il. Avvera. C. XVllI : AUa gente eh' av-
V§ra Ciascuno amore in sé laudabil cosa.
12. Partita. Albertano ; Partite lo male
da wn, V. S. Girol.: Da loro si parte ogni tri-
jfitta della separazione. — Lunari. Il periodo
Inoare è di giorni venlinove e mezzo circa.
13. Chiame. Gridi ( e. VI ). Quid non mor-
laKa peetora eogis..J ( Aen., Ili ). I prodighi
bau fame d'oro per poi vomitarlo ( Arisi. ,
£l., IV , 1 ). Son costretti Uli uomini a to-
gliere r altrui roba.
14. Perche. Per quid non dirigis, a tra-
darlo in barbaro latino.
15. Ali. Dà l'ala agli occhi nel e. X. Ma
r ili della mano dilatata , non ao se sia mo-
do imitabile. — Mali. Per colpe, in Virg.
16. Scemi ( inferno, VII ). — IfiNOBANiA.
14 <c Perchè non reggi tu, o sacra fame
Deir oro, V appetito de' mortali ? »
Voltando sentirei le giostre grame*
15 Allor m'accorsi che troppo aprir 1" ali
Potén le mani a spendere, e pentémi
Cosi di qael come degli altri mali.
16 Quanti risurgeran coi crini scemi
Per r ignoranza che di questa pecca
Toglie 1 pentér vivendo e negli estremi!
17 E sappi che la colpa che rimbecca
Per dritta opposizione alcun peccato,
Con esso insieme qui suo verde secca.
18 Però s'io son tra quella gente stato
Che piange l'avarizia, per purgarmi.
Per lo contrario suo m'è incontrato.
19 Or quando tu cantasti le crude armi
Della doppia tristizia di Giocasta,
^Disse 'I cantor de' bucolici carmi,
20 Per quel che Clio U con teco tasta
Non par che ti facesse ancor fedele
Ln fé senza la qual ben far non basta.
21 So cosi ò, (jimI snie o quai candele
Ti stcnebraron >ì che tu drizzasti
Poscia direiro al pescator le vele ?
22 ^ Ed 02li a Ini : tu prima m' inviasti
Verso Parnaso a ber nelle sue grotte
£ primo appresso a Dio m'alluminasti.
Colpevole ; e di quella che ... offende f Infer-
no , Vii ).
17. Secca. Spesso nella Bibbia la pena d<'l
peccato è dipinta come V ina/idir della pianta.
18. Incontrato. Inf., XXI: Com'egli in-
contra Ch'una rana rimane...
19. Armi. Virg.: Arma ... cano. — Doppia
( St., XI ). 1 due figli , tristezza alla madre.
Ovid.: NatCt dolor malris. — Bucolici. Fa
contrasto cogli errori della Tebaide; e accen-
na forse all'oraziano: Infoile atque facetum
Virgilio annuerunt gaudentes rure Camoenae.
20. Clio. Stazio la invoca (X , 624).— Ta-
sta. Ov.: Praetentat pollice chordas. — Fa.
Ap. (Heb., XI, 6) : Sine fide . .. impostibile
est piacere Deo,
21. Candele. Psalm. CXVIU: Lucerna pe-
dibus meis verbum tuum , et lumen semiiis
mais. Qual diarno lume o notturno , più o meo
vivo ? — Pescatoh. Et.: Faciam voi . . , fisca-
tor$t hominum.
22. Grotte (c. XIII, 15). — Apfrbsso. A
seguir Dio. Ovvero; primo dopo Dio. Meglio
il primo. — Allumimasti. Alluminare anc«
nel Conv.
DEL PURGATORIO
t3 Faoosti eome quei che va di notte.
Che porta il lume dieiro, e sé non giova,
Ma dopo sé fa le persone dotte :
9k Quando dicesU : secol si rinnova ;
Torna giustizia e primo tempo umano;
£ progenie discende dal ciel nova
25 Per te poeta fui , per te cristiano.
Ma perche veggi me* ciò eh* io disegno ,
A colorar distenderò la mano.
26 (jià era il mondo tutto quanto pregno
Della vera credenza , seminata
Per li messaggi dell' eterno regno.
2t7 E la parola tua sopra toccata
Si consonava a' novi predicanti ;
Ond' io a visitarli presi usata.
^ Vennermi poi parendo tanto santi ,
Che quando Domizian li perseguette
Senza mio lagrimar non fur lor pianti.
29 E mentre che di là per me si stette
Io gli sovvenni , e lor dritti costumi
Fer dispregiare a me tutt' altre sette.
23. Lume. Aagast. (Conf.): Donumhale-
bant ad lumen , et ad ea quae Uluminant fa
ciem: et ipsa facies qua illuminata cernebam
non illuminabatur. M. Polo , più antico di
Dante : Sì corno quel che porta la lumiera La
notte quando pasta per la via , Alluma assai
più gente della spera. Che sé medesmo. — Dot-
te. Da doceo: non vale solo dottrina scien-
tifica.
24. Secol. Bqc. , IV. Magnus ab integro
saeclorum ncucìtur ordo : Jam redit et Virgo,
redeunt Saturnia regna ; Jam nova progenies
eoelo dimittitur alto, Virgilio V intese di Pol-
lione ; ma vuoisi che a Pollione egli applicasse
profezia che guardava al Redentore aspettato
(Nat. Alex., Uist. eccl., saec. I; diss. l;Demai-
8tre , Soirées ctc. ). Questi versi applica Dante
nella lettera ad Arrigo alla ristorazion dell'im-
perio. L' impero era a lui redenzione nuova.
E rivolge ad Arrigo le parole che Giovanni vol-
geva a Gesù : sei tu il promesso ?
25. Per. Ripete in un verso miglioro i tre
della t. 22. — Colorar. Dirò più chiaro.
26. Seminata. Metafora nel Vang. frequen-
te. — Regno. Marc. : Appropinquavit re-
gnum Dei,
27. Parola ( terz. 24].— Usata. Usanza»
nelle V. S. Padri.
28. Domizian. Nerone morì Panno 68, né
fu la di lui persecuzione così feroce come quel-
la di Domiziano, il qual mori nel 96, anno
della morte di Stazio.
29. Stbiti. Inf. , I : Pn* ma fi V9gna. —
30 E pria ch*io condocessi i Greci n'finm^
Di Tebe , poetando ebb* io batteamo ;
Ma per paura chiu9o cristiao fórni ,
31 Lungamente mostrando paganesmo.
E questa tiepideiza il quarto cerchio
Cerchiar mi fé piùchclquartocentesaica
32 Tu dunque che levato hai'l coperei
Cile m* ascondeva quanto bene io dico ^
Mentre che del salire avém soverchio^
33 Dimmi dov' è Terenzio nostro aoti<
Cecilie e Plauto e Varrò, se lo sai:
Dimmi se son dannati, ed in .qual
3& Costoro e Persio ed io e altri ai^sai.
Rispose 1 duca mio, siam con quelGr^<3o
Che le Muse lattar più eh* altro mai,
35 Nel primo cinghio del carcere cie<^<y.
Spesse fiate ragioniam del monte
Ch' ha le nutrici nostre sempre seco.
36 Euripide v' è nosco e Anacreonte,
Simonide, Agatone, e altri piùe
Greci che già di lauro ornar la fronte.
Sette (Par., Ili). Setta dirà l'ordine ditti-
la Chiara.
30. Conducessi. 11 poeta, narrando, fi.—
Fiumi. Ismeno e Asopo (St.. IX). — BatH-
suo. Forse lo fa salvo , perch' e* dipinge eoa
orrore l'empietà di Gapaneo, della quale lof.
XIV, Ift , e XXV . 5 ; Teb. , X , 937. -
FOmi. Il verso esprime timidità.
31. Quarto ( e. XVII, 44 ).-— CBNTBtao.
Quattrocento anni.
32. Coperchio. Che mi hai rivelato il ve-
ro. O piuttosto che mi hai fatto parlare del-
le cose che to Don sapevi , dimmi quel eha
tu sai. Preghiera ripetuta più volte ( Inf.,
XXVIII ; Purg., XIV ). — Soverchio. Ci avaa-
za strada. Inf., XIX: Fuor della bocca a é^
seun soperchiava />* un peccator li piedi,
33. Terenzio. Hor. ( Ep., II, 1 ): AmIm
ad exemplar Siculi properare Epieharmi; firn'
cere CaecilitAS gravitate^ Terentiut art$. Di
Cecilio poteva avere il P. contezza anco di
Quintiliano citato dall' Ott., e cosi di Varraw
( Quint., X ). — Nostro. Petr.: E spero ch'tl
por giù di questa spoglia Venga per m» eas
quelUi gente nostra, — Vico. Chiama l'Iof. ,
buia contrada , VIII ; e il Purg., marca, C
VII : D' inferno, e di qual chiostra,
34. Greco. Omero. — Lattar. Par. XXIII:
Quelle lingue Che Polinnia con le suore /In»
Del latte lor dolcissimo più pingue,
35. Primo ( Inf., IV, 30 ). ~ Simpri. Sim-
bolico , come tutta in Dante la mitologia.
86. EmiiFiDB. Lo cita Boeiio.— ÀNACUOih
CANTO XXII-
1 Quivi si feggion delle genti tue:
Antigone, Deifile ed Argia,
Ed Ismene 8l trista come fùe.
38 Yedesi quella che mostrò Langia:
Evvi la figlia di Tiresia, e Teti,
E con le suore sue Deidamia.
39 Tacevansi amendue già li poeti ,
Di nuovo attenti a riguardare intorno,
Liberi dal salire e da' pareti.
JU> E già le quattro ancelle eran del giorno
Rimase addietro; e la quinta era al temo,
Drizzando pure in su V ardente corno;
hi Quando*lmioduca:iocredochallostremo
Le destre spalle volger ci convegna ,
Girando il monte come far solemo.
kfi Cosi r usanza fu 11 nostra insegna;
E prendemmo la via con men sospetto
Per r assentir di queir anima degna.
k3 Elli givan dinanti, ad io soletto
Diretro, ed ascoltava i lor sermoni
Ch* a poetar mi davano intelletto.
kh Ha tosto ruppe le dolci ragioni
Un alber che trovammo in mezza strada
Con pomi a odorar soavi e buoni.
45 E come abete in alto si disgrada
Di ramo in ramo, cosi quello in ginso,
Cred' io perchè persona su non vada.
k6 Dal lato onde*l cam min nostro era chiuso,
Cadea dall'alta roccia un liquor chiaro
E si spandeva per le foglie suso.
VI Li due poeti all' alber s* appressare;
E una voce per entro le fronde
Gridò: di questo cibo avrete caro.
hS Poi disse : più pensava Maria onde
Fosser le nozze orrevoli ed intere.
Ch'alia sua bocca, ch'or per voi risponde.
. Komioato da Orazio. Altri Antifonte , tra-
gieo , di cui tocca Aristot. Petr. ( Tr. Am.):
Amaenonte , che rimesse Avea tue mute sol
# Amore in porto, — Simonidb. Gic. ne par-
la a Val. Massimo. — Agaton'b. Ne parla
Arist. Scrisse un dramma : // Fiore.
37. Dbifilb. Moglie a Tideo, Argia a Po-
linice , tiglie d' Adrasto ( Tb., II). — Ismene
(Th., X). FigUa di Edipo e di Giocasta :
■egli occhi di lei s' uccise la madre. Dante
aveva letto anco la tragedia di Sen. : e Pietro
U cita. Stat. : Stridemem pectore plagam
iMiana eollajna super, lacrimit<iue , eomisque
Sieeabai plangene. Tutte le nominate son can-
tate da Staz. Però dice lue.
38. Langìa (Th., IV). Issile, figlia di
Toaote, nutrice d' Arcbemoro , chiesta da A-
drasto e dai compagni , mostrasse una fonte,
lasciò '1 finciullo datole io custodia in un
prato , e additò a quelli Langia. V. Stat.,
IV. Arcbemoro fu divorato da un serpe. —
Pmlia. Dafne pastorella , di cui Diodoro Sic.
( lY. 6 ). Un Istoriade figlia di Tiresia nomi-
■• Pausania. Non è Manto dunque , di cui
Mll'lDf., XX. — TlTi. Personaggi dell'Achil-
le. — DsTDAiffA ( Inf. , XXVI).
S9. Pabsti. Della scala. Mascolino come
r Lai. L'ha pure 1' Ar. ( xn, 10 ).
40. Axcbllb. Par., XXX, 7: La ehiariai-
ma mnceUa Del sol. — Tbmo. Al govenfo del
41.— GoBNo. Punta del timone. Meli' equino-
jrio sola la sesta ora conduce il sole a mei-
B0 del corso. La quinta dunque doveva salire.
41. Stbbmo. Voltare la destra spalla all'or-
lo dal monte, cioè svoltare a destra. — Db-
0TBB ( XIX, 81 ): U voiif9 diflfi tUn mib-
pre di furi.
42. Insegna (c. Ili ). — Assbntib. A cai
l'istinto del cielo additava la via.
43. Soletto. Indica la solitudine degli
studiosi veri. — Dirbtbo. Bella modestia da
contrapporre al IV dell' Inferno. — Intellet-
to. Ps. CXVUI, 130: Deelaratio sermonum
tuorum iUuminat: et intellecium dat pamm-
lis, God. Caet. : Dantes bene inteUexit amboi
ittos P., et multa didieit ab iptit,
44. Ragioni. Per ragionamenti: Saranno ra-
di Color che tua ragione intendon berke. Dan-
te in una canz. — Alber. Sesto giro. — Buo-
ni. Accenna alla Gen., II : Omne lignumpul-
ekrum vitu, et ad vescendum suave.
45. DiSGBADA. L' usa il Grcscemio ( II ,
23). — Giuso. August., in Job: Quicquid est
pulchritudinis, est in iUa arbore quae a coelo
eapit alimentum. — Su. Per render le frutta
inaccessibili.
46. Lato. Del monte. — Gadba. Virg. :
Ecce supereUio clivosi tramitis undam BUciif
illa cadent raueum per levia murmur Sassa
cietf scatebrisque arentia temperai arva. —
Suso. Non iscendeva a irrigar gli assetati.
47. Gabo. Par.vV: Avresti Di pia tootrt...
earizia.
48. Mabia. Jo. , II: Vinum non kahefU.
Gitalo già nel e. XIII. Ott. traduce : fWrtNi#
fatte le nozse io Cena Galileae; e la madn
di G. C, v'era , e 6esà e li suoi ditetpcU
furono appellati aUé nasse ; e quando U «t«o
fallì , la madre disse : Vino non hanno. M
Gesù disse: O femmina^ che fa quuto a ti* •
a me? — Onde. Non aeeioeehè, ma di €h$. — !■•
TEBE. Gompinte.— RispoNDB. Mediatrice a Die.
340
DEL PUH (J A TORIO
49 E le Romane antiche per lor bere
(]ontente furon d' acqua ; e Daniello
Dispregiò cibo e acquistò savere.
50 Lo secol primo, quant'oro, fu bello:
Fé saporose eoo fame le gbiande,
49. RoM AHI. Val. Mas. (II, 1 ) ; Bomanit
feminii uiu$ vini fmt i^notui , nt tu aìimiod
dedseus prolabenntur. Dice antieh$ perché poi
8' avTeziaroDO. — Contbntb. Ot. : Conienti-
<7tf0 eiòti. — DanTbllo. Dan., I, pasceTasi di
legami nella casa del re. — Saybkb. Dan.,
J : Puent ..• his dedit Deus $ei9ntiam, el di-
tciplinam m omm libro , $t iopiwUam; Da-
nieli.., inteUignUiam omnium vitionum.
50. Paino. Ov. ( Met. ) : ContetUiqw eibit,
nullo cogente enatii, — Oao. Aurea quae
perhibeni ... fkere Saeeula, — Ghundb. Foct-
li ,„sokbanf Jtjunia iotvere glande. Boet. : |
E róltnre con f^ete ojzni ruscello.
51 Mole e locuste furon le vivande
Che ntidriro 1 Battista nel diserto ;
Perclf egli è glorioso e tanto grande
52 Quanto per 1* Evangelio v* è aperto.
Somnof dabat kerha ialuhru , Batum quoqe$
ìubricut amnis. V. Virg. (Georg., I). — Net-
tabe. Ov. : Fluminajam laeHe, jam flumim
nectarit ibant.
Kl. LocusTB. Marc, l : Locuttas ei md SU'
ve$tr9 edebat, — Grandb. Matth. ( XI, 11 ) :
Non turrexii tnler natos muUerum major /.
Baptiita. Si paragoni il XXn dell' Inferno col
XXII del Purgatorio e col XXU del ParadiM;
e si noti differenza mirabile di itile, di ■»•
di , d' imagini , di concetti , d'affetti. B tea
facciasi degli altri canti, se piace.
CANTO XXIIL
ARGOMENTO.
Rinecnira anime dimagrate di fame , che penano alla vista d'un àlbero con
ècili frutta , annaffiato da un' aequa pura. Riconosce Forese , che parla deUa sua
wMglie buona , e vitupera i fiorentini costumi. La pittura delle anime , bella ; e
t' tjieofilro di Forese , poetico. Ovunque egli parla de' conoscenti suoi, qviti la poo'
9ia gli sgorga dal cuore più viva : Brunetto , Guido , Casella , Buonconte , Fare'
Me , Aino. Jl tocco contro te donne di Firenze , ì* non credo ferisca la moglie di
Dante, Essere soletta in ben fare , non suona già che foss unica. Anzi codesta pò*
fera esure preghiera alla moglie , pregasse anch' ella pel P, allorehè sarà morto.
Tinj. in questo colloquio non parla ; siccome né al Capeto né al papa.
Nota le terzine i, 4,6,7, 8» 10, il, 12, 14» 15, 16, 18, 1», 2», 29, 30,
31, 34, 36, 38, 39, 40.
1 Meotre che gli occhi per U fronda verde
Ficcava io cosi, come far suole
Chi dietro airuccellin sua vita perde,
3 Lo più che padre mi dicea: figliole,
Vienne oramai, chèi tempo che c*è posto,
Più utilmente compartir si vuole.
3 lo volsi 'I \Ì8o e 'I passo non meo tosto,
Appresso a' savii che parlavan sie
Obe V andar mi tacén di nullo costo.
1. Io. Disslllabo : come altrove. — Pnu>B.
OU. : Che p^r ferirli li vanno agguatando tra
foglie • fogtìe. Il verso dipinge col soono la
tcmiità di quel perditempo , e dimostra la
aevira anima del P.
S. Più. Non mai così dolce titolo: e a
proposito di non perdere 11 tempo. — Fiouo-
LI. SI diceva anco In prosa, come domine. —
CnLMBHTB. Sen. : La parola tua non sia
0 eonsoU o ammautri o comandi
o ammomsea.
6
Ed ecco piangere e cantar s*udre: ,
Labia mea , Domine , per modo
Tal che diletto e doglia parturie.
O dolce padre , che è qnel eh* i* odo?
Comincia* io ; ed egli : ombre che vanno
Forse di lor dover solvendo il nodo.
SI come i peregrìn pensosi fanno ,
Giungendo per canunin gente non nota ,
Che si volgono ad essa , e non ristanno;
3. Costo. P. Sjr.: Comes faeusìdus m via
fn vhiemlo eet. C. XXII: ÀicoUaiva i hr
Sirmoni Ch' a poetar nd davano tntelletto,
4. Lamia. PMtlm. L: Domine, tahia mea
aperiss ( te , non la gola) : et os tneum an-
mtntiabit taudsm tuam. — Diletto. Del suo»
no e delia devoxione. — Doglia. Della me-
stizia. — Pibtubìb* AlberUno i ftsrturiseM
peeeato.
6. Nodo. C. XIV : Ar fede mi (i lego.
6. Pbhsosi. Ott.: Ar la forza detta asti-
nenxa ... pensosi, ti digiuno rende Vaninto
ocfeiao alh sue eure , e la saioUessa dà so*
pare atti membri. — GiuneBiiDO. Nota te ii-
mUitodlnl di qneato canto.
SIS
DEL PURGATORIO
7 Cosi , diretro a noi più tosto mota ,
Venendo e trapassando, ci ammirava
D' anime turba tacita e devota.
8 Negli occhi era ciascuna oscura e cava,
Pallida nella faccia , e tanto scema
Che dall'ossa la pelle s'informava.
9 Non credo che cosi a buccia strema
Erisittón si fusse fatto secco
Per digiunar quando più n ebbe t<'ma.
10 Io dicea fra me stesso pensando: ecco
La gente che perde Gerusalemme
Quando Maria nel figlio die di becco.
11 Parén l'occhiaie anella senza gemme:
Chi nei viso degli uomini legge omo
Bène avria quivi conosciuto T emme.
12 Chi crederebbe che Y odor d*un pomo
Si governasse generando brama ,
£ quel d'un* acqua, non sappiendo comò?
13 Già era in ammirar che si gli affama ,
T. Mota. L' osa altrove per mossa, — Ta-
cita. Or caniano , or tacciono; come nel XX,
40. Quante cose in tre versi I
8. Cava. Pittura della fame. Ov. ( Met. ) :
Cava lumina : pallor in ore : Labro ineana
situ : scabra^ nMjgine fauces : Dura eutii ,
per quam spectari viscera postent. Ossa sub
incurvii exstabant arida lumbis, Horat. : Os-
sa, pelle amicla, lurida. Il Munti, guastan-
do al solito : il cut la pelle Informasi dal-
l' ossa 9 e i lerci denti Fann* orribile siepe al-
le mascelle. Virg. : Vix ossibus haerent. Je-
rem. ( Thr. , IV ): Denigrata est super carbo-
nes facies eorum , et non iunt cogniti ... adr
haesit cutis eorum ossibus : aruit , et facto
est quasi Ugnum. Idem ( Orat.) : Pellis nostra,
quasi cUbantiS exusta est a fade tempestatum
famii.
9. Erisittón. Per voracità mandataeli da Ce-
rere dispregiata da lui , vendette la figlia: E*
risichtonis ora profani Aceipiunt ... fyse iuos
artus lacero divellere morsu Coepit, — Tua.
Quando il digiuno gli faceva più paura, cioè
più lo sentiva : o quando più temeva la ma-
grezza famelica.
10. Ecco. Tali erano per fame gli Ebrei
( Joseph , VII , 15 ) , quando la madre , qua-
si fiera , die di becco nel figlio. <— Pbedè. Può
■vere due sensi : o minò , o vide in mano al
Mmico. 11 secondo è più semplice.
11. Emmb. Strano ; ma scolpisce.
12. Pomo. Ar.: Più di quelli maero Cke
$tan bramando in Purgatorio il pomo. Inf. »
XXX : Li ruscelletti ... ili sfanno infiaASt..*
Che l' immagin9 lor . . . m'oicimga* — Sa»-
Per la cagione ancor non manifeafeB
Di lor magrezza e di lor trista squaou.
ih Ed ecco del profondo della testa
Yolsea me gì i occh i un*ombra e guardòfim,
Poi gridò forte : qual grazia m* è questa)
15 Mai non 1' avrei riconosciuto al viso;
Ma nella voce sua mi fu palese
Ciò che r aspetto in sé avea conquiso.
16 Questa favilla tutta mi raccese
Mia conoscenza alla catnbiata labbia,
E ravvisai la faccia di Forese.
17 Deh non contendere airasciuttascabUa,
Che mi scolora, pregava , la pelle,
Né a difetto di carne eh* io abbia ;
18 Ma dimmi'l ver di te^ e chi son quelle
Due anime che là ti fanno scorta ?
Non rimaner che tu non mi favelle.
19 La faccia tua ch*io lagrimai gii nnoita
Mi di di pianger mo non minor dog^a,
piBNDO. I due gerundii , appliotti a due a^-
gciti diversi , non suonano bene ; ma a tali
minuzie non si ferma il P.
13. In. Horat.: Nescio quid mediiam mh
garum ; toius in iUis.
14. QcAL. Brunetto , nell' Inf., XV: Qmà
maraviglia ?
15. VocB. Quanto affetto in codesto rim^
scer la voce I — Conquiso. Buti : Guaito, M»
sperse le antiche bembianze , e mutata I» al»
tre. Petr. : Nesiun vi riconobbi : e m éUm
V* era Di mia notizia , avea cangiato mM
Per morto o per prigion crudele e fera. M:
Le sue parols e *l ragionor antico Seo^affUS
q^^el che 'l viso mi celava,
16. Raccese. Altrove dalla luce trae
fora a indicare la memoria e'I pensiero^
FoRBSB. Fratellp di Corso Donati ,
affine e amico di Dante. ^
17. CoNTBNoBBB. Negare tal grazia. O Ib^
tendere la mente. C. XYill .* Di giunget Uà
ciascun contonde. Simil preghiera nel Sfl
dell' Inf. Buonarroti : S V alte porto il etti ai»
gU contea. — Scabbia. Più sopra : Sqmms^
La pelle dal digiuno increspa e irmfiiKiaii
Ott. : Rognaccia , che 't digiuno e muKtlà
eaccia fuori , come appare nelU prafìMÌ*
18. Ybb. L'aveva riconosciuto: ma cMill
novelle del come sia egli qui.
19. Faccia. Inf., XV : Jlf aeeiiora La... ìm^
na immagine patema Di voi; XVI: H^ 4^
tpetto ma dogUa, La ooitra condin&n Jn^
tro mi /Sua. —Torta. Par., XUl: Che /WM
come spade aU$ SeritHìro M fUMCir tfti U
diritti volti.
CANTO xxin.
843
Rlspoft' io lui . reggendola si torta.
SO Però ini di*, per Dio, che si vi sfoglia :
Non mi far dir menti* io mi maraviglio;
Che mal può dir chiè pien d'altra voglia.^
21 Ed egli a me : dell'eterno consiglio
Cade virtù nell' acqua e nella pianta
Rimasa addietro , ond*io si misottiglio.
22 Tutta està gente che piangendo canta
Per seguitar la gola oltre misura,
In fame e in sete qui si rifa santa.
St3 Di bere e di mangiar n* accende cura
L'odor ch*esce del pomo, e dello sprazzo
Che ai distende su per la verdura.
24 E non pure una volta questo spazzo
Girando si rinfresca nostra pena.
Iodico pena , e dovrei dir sollazzo ;
S5 Che quella voglia ali* albero ci mena
Che menò Cristo lieto a dire EU
Quando ne liberò con la sua vena.
96 Ed io a lui : Forese , da quel di
Nel qual mutasti mondo a miglior vita
Cinqu* anni non son vòlti infìno a qui.
20. Spoglia. Più sopra: Buccia itrema, —
Dnu Questa ripetizione , perchè non cercata
con arte, non dispiace. — Maraviglio. Petr.:
Bra Jè j^Uno U cor di maraviglie Ch* io ttava
— M V uom ch$ non può dire , E tace e guar-
ém fur eh* altri 'l consigiie.
IS. SoTf^GLio. Ott.: La viita acuisce il
étmderio, il desiderio diuecca le membra.
tS. Spkaizo. Job ( XIV, 9): Odorem
24. Spaiio. Inf., XIV: Lo spasso era una
25. Gusto. Siccome la ragione regolava
te Cristo gli appetiti, così nell'anime che
Mirgano il fallo.— Elì. Ev.: BU EUlamoia-
MMÀom. Soffriva, ma pativa tuttavia volon-
tario.— Vena. Di sangae.
y. RiM AftiTA. Il peccato è adulterio ( Inf.,
TSX), stupro ( Inf., VU), divorzio. Nel Conv.
4ie0 che l'anima in vecchiaia a Dio ti rima-
Htm 9 Contemplando la fine eh' ella aspetta.
Oli.; B queste cose sa bene V A. per la con-
ymasione eontimioa , eh' elU aveva col detto
: ed esso A. fu quegli che , per amore
aiO€va in lui e familiaritade , lo indusse
eonfeuione : e* eonfessossi a DìOp anzi
tmUimo fine.
S8. Ancora? Qui par che vaglia a quesV
mm p fi pretto. — Laggiù. Inf. , XV : Lassù
M iopra. Trmpo. G. UI : Star li convi»n da
fiMHa ripa in fuort fin' opU fampo eh' egli
è 9tQt9, ffWUO.
27 Se prima fu la possa in te finita
Di peccar più, che sorvenisse 1* ora
Del buon dolor eh' a Dio ne rimarita,
28 Come se' tu quassù venuto ancora?
Io ti credea trovar laggiù di sotto»
Dove tempo per tempo si ristora.
29 Ed egli a me : si tosto m* ha condotto
A ber lo dolce assenzio de' martiri
La Nella mia col suo pianger dirotto.
30 Con suo* prieghi devoti e con sospiri
Tratto m' ha della costa ove s'aspetta j
£ liberato m' ha degli altri giri.
31 Tant' è a Dio più cara e più diletta
La vedovella mia , che tanto amai,
Quanto in bene operare è più soletta.
32 Che la Barbagia di Sardigna assai
Nelle femmine sue è più pudica
Che la Barbagia dov' io la lasciai.
33 0 dolce frate, che vuoi tu ch'io dioi?
Tempo futuro m' è già nel cospetto,
Cui non sarà quest' ora molto antica,
3^ Nel qual sarà in pergamo interdetto
Tosto ( c. VI ). — Nella. Scorcio di Gio-
vanna: onestissima 9 dice il Com. Caet., a
sobria, E lui morto, conservò la vedovanza,
e fece del bene per V anima del marito.
30. Sospiri. Torna all' idea del pianger
dirotto. Solo ne*luoghi dove l'affetto lo chie-
de e' si lascia andare a qualche ripelizione^ a
ben parca. — Giri. Altre colpe aveva forse a
espiare.
31. Cara. Diletta è più. Anco qui Vabon-
danza dell* affetto. — Soletta. Ott.: Com-
menda molto questa donna , in quanto in cof>-
sorteria di così rei uomini , come sono li Do-
nati, ha sua vita contenuta con tanta eoiii-
tade ...e mondezza .
32. Barbagia. La parte più incolta e mon-
tuosa di Sardegna cosi si chiamava : e quan-
do i Genovesi tolsero l'isola agl'infedeli, non
mai soggiogarono la Barbagia salva tica, dove
le donne vanno vestite in modo da mostrare
ogni parte inonesta. Iacopo della Lana sog-
giange che in Francia e nel Piemonte le don-
ne portavano le mammelle aperte. In Alema-
gna ed in altri luoghi entrano donne ignude
ne' bagni ed in letto con uomini a loro non
pertinenti.
33. Antica. Par., XVII: Questo tempo cAta-
meranno antico.
34. Interdetto. Ott. : Nel 1351 , essendo
vescovo uno M. Agnolo Acciaioli. Ma l'inlcr^
dizione al pergamo dev'essere stata anco a*
lampi di Oaote.
su
DEL PURGATORIO
Alle Bracciate donne fiorentine
L'andar mostrando con le poppe il petto.
35 Quai barbare far mai, quai Saracino
Cui bisofìnnsse, per farle ir coverte,
O spiritali 0 altre discipline?
36 Ma se le svergognate fosser certe
Di quel che*l elei veloce loro ammanna,
Già per urlare avrian le bocche aperte:
37 Che se Tantiveder qui non m'inganna,
Prima fien triste che le guance impeli
Colui che mo si consola con nanna.
38 Deh frate, or fa che più non mi ti celi
Vedi che non pur io ma questa gente
Tutta rimira là dove *i sol veli.
39 Perch' io a lui : se ti riduci a mente
Quai fosti meco e quale iotecofui.
Ancor fia grave il memorar presente.
35. SiiAGUfB. OU.: £§ Barbare , U quali
Il iono partii$ da* notfrt eoMtumi, e h Sara-
cine , che sono eoH date alla lunuria , che
dovunque la volontà giugne, quivi per V Alcora-
no di Maometto ti dee soddisfare alla lussu-
ria, — ÀLTas. L'Ott. dice che bisognerà non
solamente il eomar^damento del diocesano,
ma ancora che il Comune faccia tua legge
proibitiva.
30. Ammanna. Val preparare , anzi allesti-
re» Ott.: Ar li peccati di quelle femmine di-
leggiate ^ e delli loro mariti che a ciò assen-
tono , Iddio manderà loro guerra, e le divi-
sioni nella eittade, e il cacciare de* cittadini,
l* uccisioni decloro mariti, fratelU, padri, fi-
gliuoli, 9 il disfacimento da' loro beni, e li
esilii , e vituperosi avoUerH, e li avvenimenti
de* signori della Magna e di Francia , P ar-
tura 9 e le colie, e V altre tempeste da cielo
e da terra, Is., Ili : Pro eo , quod elevatae
tunt filiae Sion, et anibulaveruni extento col-
lo ,„ Decalvabit Dominut verticem filiarum
Sion ... /n die illa auferet Dominm .... Tor-
fuet , et monilia „• Et moerebwni, atque lu-
gebunt portae ejut,
97. Incanna. Inf., XXYIII: CK9, m lan-
kO Di quella vita mi volse co<%tul
Che mi va innanzi, Taltrier quando tondi
Vi si mostrò la suora di colui
^1 (E 1 sol mostrai]. Costui per la profonda
Notte menato m'ha da' veri morti
Con questa vera carne che *1 seconda.
&2 Indi m' han tratto su li suoi conforti
Salendo e rigirando la montagna
Che drizza voi che '1 mondo fece torti.
iS Tanto dice di farmi sua compagna
Ch* io sarò là dove fia Beatrice:
Quivi convien che senza lui rimala.
kh Virgilio è questi che cosi mi dice
E additalo): e quest'altro è qucUombn
er cui scosse dianzi ogni pendice
!h5 Lo vustro regno che da se la sgombra.
1.^
tiveder qìti non è vano. — Nanna. L'Olt. ci-
ta qaesU canzone d'allora: ^'annn , nasme
fante, che la mamma è ita nelValpe.
38. Fratb. Ripete il tìtolo di fratello. —
Veli. Coir ombra.
39. Ridici. Far., XXXI: Visione ol{tf«...
Itidurlasi alla mente. — Fui. Ott.: IhlVahittt
mio leggiadro , e delti altieri e laicali costumi
ch* io aveva. Il P. anch' egli confessa la loi
vita profana. — Memorar. L* osa T Ott. ia
prosa ( tomo 111, p. 640 ).
40. Vita. D' errore. Lo confessa nel e. L
IX, XXX. — Tonda. Inf. XX ; E già ienst-
te fu la luna tonda. Oli.: Adì 14 di' morso.-
Colui. Petr. ; Or, dimmi, se colui *n pm*^
guide (E mostrai il duca lor). RamroeMaH
modo ( Reg., II, 12 ) : In ocuUt Solis hwjm.
41. Veri. C. XXX : l^'ioeto de' morii. ^
Seconda. Segae. C. XVI : MaravigUa vUni
se mi secondi.
43. Compagna. Compagnia (e. III). — BU-
TRicE. Ott. ; Dove la fede vale , la sperwse
accende, la caritade fa ascendm H ivptf**
gradi,
44. Ombra. Non la nomina: cbè poco i0-
poriava a Forese di Stuio.
3i5
CANTO XXIV.
10
ARGOMENTO.
AiHa di Piccarda sortila dì Forese con dolci parole ; tocca della Pargoletta,
amata da lui ; tocca di quel che fa bella la poesia, cioè la verità dell* affetto. Poi
dei mali di Firenze e della morte di Corso. Le memorie del cuore, dell'ingegno,
ddla rita politica si accoppiano in questo canto, un de* più belli di tutto il poema.
Trvwino un albero , quid trapiantato da quello che costò tanto ad Eva : e sotto
f albero la fame dell* anime si fa più viva. Gridano allora esempi d'intemperanza
pitmiia j un profano, uno sacro, i Centauri , e i soldati di Gedeone rifiutati alla
maravigliosa battaglia.
KoU li terzine 1 alla 10; la 12, 13, IK; la if alla 30; la 32; la 34 aUa 41; la 43 alta
4i;U 48, 49, 50.
1 Uè '1 dir Fandar, uè randarlui più lento
Facea ; ma ragionando andavam forte
81 come nave piota da buon vento.
3 ET ombre che parean cose rimorte,
Per le fosse degli occhi ammirazione
Traén di me , di mio vivere accorte.
3 Ed io continuando '1 mio sermone
Dissi : ella sen va su forse più tarda
Che non farebbe , per altrui cagione.
i. Il fc. Ar. (XXX, 3i): Non , per andar, di
tornar lasciando. Non di segitir , per ragia-
mar, la v%a. — FoàXB. Bocc. : Andando fort$.
S. RiMORTE. Di doppia morte.
3. Tarda. 1/ andar forte a doì , è lardo
ali* aniiDa desiderante il cielo , e leggera.
4. PiCGABDA. Donati , sorella di Forese e di
Corto , tigliuola di Simone , bellissima. Fat-
ta monaca di s. Chiara , perchè Corso l'ave-
va promessa a un della Tosa , fu tratta a for-
za di eoiiTcQto da lui , veoulo a eie da Bo-
6
Ma dimmi , se tu sai , dovè Piccarda
Dimmi s' io veggio da notar persona
Tra questa gente che si mi riguarda.
La mia sorella, che tra bella e buona
Non so qual fosse più, trionfa lieta
Neir alto olimpo già di sua corona.
Si disse prima; e poi : qui non si vieta
Di nominar ciascun da eh' è si munta
Nostra sembianza via per la dieta.
logna , dov' era podestà , è data moglie : na
ella infermò sull'atto, e mori ( Cionacei , V.
della B. emiliana , p. IV , e. 1 ). — Notar.
lof.f XX: Se tu ne vedi alcun degno di noia.
5. Tra. Novellino, LXVU; Quale era me-
glio , tra che gli uomini avessero due moglie
0 le mogli due mariti. Petr.: Chi , tra bella
e onesta , Non so qual fosse più, — Olimpo.
Virg.: Insuetum miratur limen olympi.
6. Munta. Inf. , XXV: Ogni primato aspet-
to ivi era easso.
4V
3Mi
DEL PURGATORIO
T Questi (e mostròcol ditoìèBuonagiunta ,
BuonagìunU da Lucca. E quelUa faccia
Di là da lui, più che V altre trapunta,
8 Ebbe la santa Chiesa in le sue braccia :
Dal Torso fu ; e purga per digiuno
L' anguille di Bolsena e la vernaccia.
9 Molti altri mi nomò ad uno ad uno ;
E nel nomar parén tutti contenti ,
Sì eh* io però non vidi un atto bruno.
10 Vidi per fame a vóto usar li denti
Ubaldin dalla Pila, e Bonifazio
7. BuoNAGiUNTA. Degli Urbicciani , rima-
tore mediocre : ma a qoando a qoando ele-
gante. Abbiamo un sonetto di lui al Caval-
canti , amico del nostro. Fa nomo di valo-
re , dice r Adod. Dante nella Volg. El., XIV,
lo nomina come negletto di stile. — Trapun-
ti. Le inaguaglianze dell' arida pelle rende-
vano imagine di trapunto.
8. BiACCU. lof., XIX : Non temesti torre
a 'nganno La bella donna ... — Torso. Ve-
scovo , 0 , com' altri dice , tesoriere, a Toars,
nacque n^lla Brie; fd papa col nome di Mar-
tino IV dal 1280 all' 84 , buon uomo , ami-
co alla casa di Francia di molto : faceva mo-
rire , dicesi , le anguille del lago di Bolsena
hi Toscana nel vin bianco , e le condiva con
spezie : mangiava sempre , e pieno di cibo
sclamava : Bone DeuM , quanta mala patimur
prò ecclesia Dei I Morto che f u , gli scrisse-
ro questepitaGo: Gaudint anguUlae quia mor-
tuus hi e jacet iUe Qui . quasi morte reas ,
excoriabat eas, Jacopo della Lana : E dopo
* lui sono seguiti pastori , cardinali , vescovi ,
abati , ed altri minori prelati e chierici » i
quali in quella facoltà vincerebbero la mitra
al detto papa Martino. Ott.: Fu uomo guer^
fesco , e molla guerra fece fare contra gli av-
versari della Chiesa. Nel costui tempo si ru-
bello Sicilia dal re Carlo ; nel costui tempo
paisò Filippo re di Francia in Catalogna con-
tro lo re Piero cT Aragona . . . Questi sco-
municò il Pùleologo di Costantinopoli e li Gre-
ci, perchè non ubbidivano alla Chiesa.
9. Contenti. Ter amore di fama. Ciacco,
il goloso, neirinf.: Pregoti ch'alia mente al-
trui mi rechi.
.10. VÓTO. Ov. ( Met. ) : Oraque vana mo-
vet, dtntemque in dente fatigat; Exereetque
cibo dclusum guttur inani. Ar. ( X , 15 } :
Sonar fa spesio il dente asciutto. Virg.: Jam
jamque tenet, similisque tenenti inerepuit ma^
lis , moffn^ttc elusus inani est. — Uraldin.
Degli Ubaldini. La Pila, luogo nel Fiorentino.
Che pasturò col rocco molte genti.
1 1 Vidi Riesser Marchese eh* ebbe sptao
Già di bere a Forlì con men secchezia,
£ si fu tal che non si senti sazio.
1 2 Ma come fa chi guarda e poi fa prezza
Più d'un che d* altro, fé io a qiiH An Lucca
Che più parea di me voler conti*zza.
13 £i mormorava: e non so che Geniocca
Sentiva io là 'v' ei sentia la piaga
Della giustizia che si gli pilucca.
ih O anima, diss* io, che par* si Ttgi
Fratello del cardinale cacciato In Inferno (e
X ). Una medaglia di questo Ubaldino fta tro-
vata tra le rovine di Monte Accianico, castello
di qnella famiglia , signor» già del Mosello
( Brocchi , Diss. del Mug., p. 53 ). — Boxh
FAZIO. Arcivescovo di Ravenna: molti aoticiii
lo fanno 6gliaolo del detto Ubaldino; allri
genovese de'Fiescbi, perchè vescovo raven-
nate ta dal 1273 al 94 nn Bonifazio di La-
vagna ( Amadisias, Ant. Rav. chronotaz., t.
Ili, p. 67 ).— Rocco. 0 rocchetto, eolla di
prelati ; ma qoi secondo il Buk , ncco vaia
il pastorale de* vescovi ; e il Post. Gass. dica
che il pastorale dell* arcivescovo di Ravenna
ha nn peizo in cima fatto a guisa del rocca
degli scacchi , cioè della torre. E Beov. di
Imola: Quum celeri pastora habtni otryai
pastoralem retortam» hie (arch. raveMM)
habet totam virgam rectam , tt tu smmwsùah
rotundam ad modum eaUuU sive rocchi; cita
come il bordone de' pellegrini. E dice che pa-
sturò , cioè resse molte genti con la tarp
detta, accennando air evangelico: Pasmem»
meas,
11. Mabcbksb. Nome di persona, e Ai dr
Rigogliosi cav. di Forlì, gran bevitora: dal-
togli dal cantiniere, che la città lo biasiBatt
di sempre bere: e ta rispondi, soggloMit
eh' i' ho seiiipre sete.
12. Contezza. Per le Rime di Dante»
già vivo Bonagiunta. Ott.: Mostra Vai
che avea a Bonagiunta , ptH^ che agli
perocché si dilettò in una medessma
vulgare.
13. Gkntccca. La Parj^iletta, nobile te>
ciuUa, amata da Dante fonie nel lSf4. Tit
le sue Rime abbia m questi versi : Chi JiMr*
derà giammai senza paura NegUoocki wmÈB
bella pargoletta J L'Oit. qui vede Alagta di
cai nel XIX. — Pilucca. Pilucear9 è sUccaf*
dal grappolo granello a granello d' ove « te-
che non rimanga che il nodo raspo.
CANTO XXIV.
847
Di parlar meco, fa si ch'io t'intenda,
E te e me coi tuo parlare appaga.
15 Femmina è nata,e non porta ancor benda,
Cominciò ei, che ti farà piacere
La mia città, comech*uomla riprenda.
16 Tu te n andrai con questo antivedere.
Se nel mio mormorar prendesti errore,
Uichiareranti ancor le cose vere.
17 Ma dP 8' io veggio qui colui che fuorc
Trasse le nuove rime, cominciando :
Donne ch'avete intelletto (T amore,
18 Ed io a lui: i' mi son un che quando
Amore spira, noto; e a quel modo
Che detta dentro , vo significando.
19 O frate , issa vegg io, diss'egli, il nodo
Che 'I Notaio e Guittone e me ritenne
Di qua dal dolce stil nuovo eh' i* odo.
50 Io veggio ben come le vostre peone
Diretro al dittator sen vanno strette,
Che delle nostre certo non avvenne.
51 E qual più a gradire oltre si mette.
Non \e<le più dall'uno ali* altro stilo.
15. Benda. Le maritate e le vedove porta-
vano beode. — UoM. Dante ( Inf., XXI ). 0
fofse in generale la fama de* Lucchesi non
ira boona : e a gran torto , cred' io.
. 17. MuoVb. Virg. : PoUio et ip$e faeit nova
^mrwdna, — Donne, Canzone recata nella V.
nuova. — Intelletto, EccL (IV, %i): In-
UUictum juttitiae,
18. Amoeb. Nella Y. Naova e' condanna
coloro che rimano sopra altra materia che
MBoroaa ; eonciottiaehè colai modo di parlare
fesM dal prineipio trovato per dire et amore.
Molò poi sentenza. — Modo. Post. Caet. :
Ffcyloeoplta meliui loifuitur de amore, quam
man pkyloeaptus, — Detta. Petr. : Coita che
é§t mio mal meco ragiona , Mi kucia in dub-
kiOf ek confuto ditta,
19. Nodo. Il Costanzo, in ana lettera sa
fuetto passo : Amore è qìiegH che fa volare,
man eìu correre : e tenz' etto , è U volere em-
pire i fogli , un empirli di stoppa. — Notaio.
Iacopo da Lentlno ; visse circa il 1280. Ab-
biamo sue rime , assai disadorne. Conv. ( I,
10 ) : Queeta grandeaa do io a queeto ami-
tQ (U volgare italiano) in qiuinto quello, eUi,
éi iontade avea in podere e occulto, io lo fo
mnere H» atto e potere nella tua propria ope-
ra tiont , che è manifettare come porta tenten-
s««i. t'ii P. provenz. : Cantar non puote quaei
VaUre H dal cor non move il canto, ^Guit*
E quasi contentato si tacette.
22 Come gli augei che vernan versoi Nilo,
Alcuna volta di lor fanno schiera,
Poi volao più in fretta e vanno in filo;
23 Cosi tutta la gente che li era,
Volgendo 1 viso raflrettò suo passo,
£ per magrezza e per voler leggiera.
2^ £ come Tuom che di trottare è lasso.
Lascia andar li compagni, e si passeggia
Fin che si sfoghi Y aflbllar del casso;
25 Si lasciò trapassar la santa greggia
Forese , e dietro meco sen veniva ,
Dicendo : quando fìa eh* i ' ti riveggia T
26 Non so,risDos1o lui, quanfio mi viva;
Ma già non na '1 tornar mio tanto tosto
Ch' io non sia col voler prima alla riva«
27 Però che 1 luogo u' fui a viver posto
Di giorno in giorno più di ben si spolpa
E a trista ruina par disposto. [colpa
28 Or va , diss* ei : che quei che più n* ha
Vegg io a coda d* una bestia tratto
Verso la valle ove mai non si scolpa.
tonb. D* Arezzo , più elegante di Buona-
giunta ma pur mediocre. Nacque nel 1250:
di 34 anni si fece de' frati gaudenti : fu buon
cittadino.
20. VosTas. Parla o al solo Dante, e in
plurale , per riverenza ; o di lui insieme e
di Guido e di Gino.
21. Gradire. Andare, ^nidior. — Oltre.
Pietro di Dante qui reca un passo d' antico
che dice : Oportet priutanimat quam Unguae
fieri eruditat.
22. AuGBi. Gru. F. similitudine tratta da
loro nel V deirinf.—FiLO.( Par., XVIII, 25 ).
24. Affollar. Ansare, Da folUt, mantice.
26. Tornar. G. II : Per tornare altra volta
Là dov' t' ton , fo io questo viaggio, — Riva .
Altrimenti pensava quando scrisse Tlof., XXXI:
Ch* ei vive . e lunga vita ancora tpetta Se in-
nanti tempo gratia a ti noi chiama,
27. Spolpa. Inf. , XXIV : Fittoia t , . di
Negri ei dimagra,
28. Quei. Corso Donati : Fu, dice il Vili.,
il pia savio , li piUi valente cavaliere , il più
bello parlatore e meglio pratico, e di maggior
nominanza , di grande ardire ed imprete che
a tuo tempo fotte in Italia .,, Fu belio della
pertona e di graziato aspetto : ma molto fu
mondano : e in tuo tempo fece fare in Firen-
ze motte commutazioni e scandali, per avere
stato e signoria ... La sua fit^ fu grondo, no*
848
DEL PURGATORIO
29 La bestia ad ogni paaso ya jhù ratto,
Crescendo sempre, innn ch'ella'l percote,
E lascia 1 corpo vilmente disfatto.
30 Non hanno molto a volger quelle ruote
(K drizzò gli occhi al ciel),ch'a te fia chiaro
CIÒ che*l mio dir più dichiarar non puote.
:)! Tu ti rimani ornai; che *1 tempo è caro
In questo regno, si ch'io perdo troppo
Venendo teco si a paro a paro.
32 Qual esce alcuna volta di galoppo
Lo cavalicr di schiera che cavalchi ,
£ va per farsi onor del primo intoppo ;
33 Tal si parti da noi con maggior vaichi :
Ed io rimasi in via con esso i due
Che fùr del mondo si gran malìscalchi.
3 V E quando innanzi a noi si entrato fue
Che g^i occhi miei si fero a lui seguaci
Come la mente alle parole sue ,
35 Parvermi i rami gravidi e vivaci
D' un altro pomo, e non molto lontani
Per esser pure allora vólto in làci.
vita nella nostra città. Impedì talvolta il cor-
so della giustizia : congiurò con Bonifazio
Vili e con Uguccione, del quale odeglioao
suo figlio aveva sposata la 6glia nel 1304.
Nel 1289 fu potestà di Pisa : e combattè a
Campaldino eoo cittadino valore , ambizioso
di bella morte : nel 1290 sventò la guerra
(iestinata contro Pisa da* suoi Fiorentini. Tor-
nò nel 1302 vincitore con Carlo di Valois,
esiliò i Bianchi, e fu si potente che il popolo
n' ebbe sospetto. Fu citato , condannato ; le
case assalite. E* si difese co' suoi ; abbando-
nalo dei promessi soccorsi da l'guccione, fug-
gir ma inseguito da' soldati catalani, cadde,
o si gittò da cavallo; e rimasogli il pie nella
!>tafra, tanto ne fu strascinato, che i nemici
Io sopraggiunsero, spogliarono e uccisero pres-
so a 8. Salvi, il di 6 d'ottobre 1308.— -Scolpa.
Par. , XX : Dallo *nfemo . u' non ti ritde Giam-
mai a Imon volar.
30. Molto. Sett' anni , sette mesi , venti
li). — DicuiARAR. Mai noi nomina; come suo
affitte.
31. Paro. Petr. : A paro a paro Coi nobiU
poeti già cantando.
3%. QvAL. Ar. ( XVIII, 15): Come buon
corridor ck* ultimo la$sa Le moti$ , 9 giunge
e innanzi a tutti pana,
33. Valchi. rateare é nelPAr. ( XY , 40 ).
Qui t;a(co vale passo che si varca saltando. —
Malìscalchi. Maoiscalco era goTamatora deUa
36 Vidi gente sott' esso alzar le mani ,
£ gridar non so che verso ie fronde
Quasi bramosi fantolini e vani
37 Che pregano, el pregato dod risponde;
Ma per fare esser ben lor voglia acuti ,
Tion alto lor disio e noi nasconde.
38 Poi si parti si come ricreduta :
E noi venimmo al grande arbore, ad esso
Clio tanti prieghi e lagrime rifiuta.
39 Trapassate oltre senza farvi presso:
Le^no è più su che fu morso da Eva;
E questa pianta si levò da esso.
kO Si tra le frasche non so chi diceva :
Perchè Virgilio e Stazio ed io ristretti
Oltre andavam dal lato che si leva.
ki Ricordivi , dicea , de'maladetti
Ne' nuvoli formati , che satolli
Teseo combatter co' doppi petti ;
42 E degli Ebrei ch'ai ber si mostrar moSt
Perchè non ebbe Gedeon compagni
Quando invér Madian discese i colli.
corte e dell'esercito: qui vale dignità io p^
nere , come altrove le voci : duca , tigntn ,
maeffro, tmperac^ore.
34. Seguaci. Virg.: Quantum ade» • «^
sene oculi servare sequentum.
35. Pomo. Non lo vede vara prima perch'eli
sullo svoltar della via lungo il colle.
36. Alzar. Ov.: Tibi, Tantale, nuUasDt
prenduntur aquae : quaeque imminet , efnft
arbos. Armannino pone neir Inferno i gulofi:
Affamati stanno come lupi: di brama partk
muoiano: di fame le mani stendono.
37. Acuta. Inf. , XXVI: Li miei compagm
fec* io Si acuti , Con quesV orazion picdoìa t
al cammino.
40. KisTRBTTi. La strada era angusta , T
albero in mezzo.
41. Satolli. Ov. (Met. , XII ) : Ardet: tt
ebrietas geminata libidine regnat. De*Centaori
Virg. ( Aen. , II ) : Bacchus et ad culpem
causas dedit : Ule furentes Centauros lete Ì^
muit . . . Virgilio li chiama nubigenas; eO*
vidio li fa nascere dalla nube e da IssioM.
Tentarono rapire a Piritoo la sposa. Horal.
( I , 18 } : At ne quis modici transUiat IM^
fiera liberi , Centaurea monet cum LapiAè
rixa tuper mero Debellata ... Di loro , ad*
l'Inf., XII.
42. Molli. Giudici, VII: Diese Iddio a^
deone : quelli che con la mano e con la U^
§ua lam^traimo l' ocgtia , m§tt9rai da una
CANTO XXIV.
(3 SI accostati ali* un de' due vivagni,
Passammo udendo colpe della gola
Seguite già da miseri guadagni.
44 Poi rallargati perla strada sola,
Ben mille passi e più ci portar oltre,
Contemplando ciascun senza parola.
45 Che andate pensando si voi sol tre?
Subita voce disse : ond' io mi scossi
Come fan bestie spaventate e poltre,
46 Drizzai la testa per veder chi fossi:
E giammai non si videro in fornace
Vetri o metalli si lucenti e rossi
kl Com' i* vidi un che dicea : s* a voi piace
Montare in su, qui si convieo dar vòlta:
parte ; e coloro che beranno ginoeehione sa-
ranno dall' altra . . . Furono quelli che con
la mano si gittarono V acqua alla bocca . uo-
mini trecento; tutta V altra moltitudine bevve
yinocchione. E disse Iddio a Gedeone : In tre-
cmUo uomini che lambiron P acqua con la lin-
gua ffi libererò , e darò Madian nella mano
ima : V altra moltittàdine tutta si ritornò nel
paese suo, — Non bbbb. Altri legge : no i
colie. Superflao.
43. Vivagni. Orlo di strada ( Inf. , XIV ).
44. ^QLA. Deserta, de. ( Dif. ) : loeit solii.
Quinci 61 va chi vuole andar per pace*
kS V aspetto suo m' avea la vista tolta:
Perch* io mi volsi indietro a* miei dottori
Com'uom che va secondo eh' egli ascolta.
49 £ quale annunziatrice degli albóri
L' aura di maggio movesi e olezza
Tutta impregnata dall' erba e da* fìorì;
50 Tal mi senti* un vento dar per mezza
La fronte ; e ben senti' mover la piuma
Che fé sentir d* ambrosia l' orezza.
51 £ senti' dir : beati cui alluma
Tanto di grazia che l' amor del gusto
Nel petto lor troppo disir non fuma,
52 £surl(endo sempre quant' è giusto.
45. Poltre. Ar. ( XXIII , 90 ) : La bestia
eh* era sonnacchiosa e poltra. Lo stesso ( sat.
IV ) : Le poltre membra. Qui poltre vale che
coDdacevaosi leotamente , onde la scossa é
più forte. Inf. , Il : Com» falso «ecitr butia
guatici' ombra.
50. Ambrosia. Virg. ( Georg. » IV ) : Amr
brosiae . . . odorem.
51. Fuma. lof. , VIII : Accidioso fummo»
52. Giusto. Matth. , V : Beati qui esuriunt,
9t sitiunt juititiam.
»,
SM
DEL l^GBGATORIO
CANTO XXV.
ARGOMENTO.
Domanda eom$ panano patir di magrezza corpi che non hanno òifofit à
cibo. Stazio dichiara la natura del corpo senziente nella vita terrestre, e la nàtzn
di quello che pena nei^ altra vita. Ariaa e$poiizione , ma sparsa di lumi poelki
con espressioni potenti, e con fUoiofia qua e là più vera che sul primo non pan»
Salgono alt ultimo giro^ della lussuria. Canti ai preghiera : gridi che dicono estm»
pi di purità, 0 di lascivia punita. Callisto e Maria.
Dieci in questo canto le similitodini : beile le più, e naore qoasi lotte : molti tniliii
trdimentosi, ma noD tutti felici.
Nota le terzine i ; la 3 aUa 6; la 8, 9, 13, 19, 20, 24, 25, 26; la 28 alla 34; la 38 alla 4I.
1 Ora era onde 1 salir non yolea storpio ,
Che 1 sole avea lo cerchio di merigge
Lasciato al tauro, e la notte allo Scorpio.
2 Perchè, come fa l*uom che non s'affigge,
Ha vassi alla via sua.checchègliappaiaj
Sedi bisogno stimolo il trafigge ;
3 Cosi entrammo noi per la callaia,
Uno innanzi altro, prendendo la scala
Che per artezza i salitor dispaia.
i. Storpio. Impedimento , od Indugio : è
nel Vili, e nel Petr. — Solb. Il viaggio è nel
principio d' aprile , quando il sole è ne' primi
gradi d* Ariete. Or se il Toro , segno che vien
dopo 1* Ariete è nel mezzo del cielo , dunque
soti passate due ore dopo mezzogiorno, e siamo
air ora ottava ; poiché il trascorrere di ciascun
segno del zodiaco per un punto Osso porta
due ore. Or se il sole è in Ariete , la notte
è in Libra ( e« II ) , e se il Toro occupa il
k E quale il cicognin che leva V ab
Per voglia di volare, e non s' attenti
D* abbandonar lo nido, e giù la cala;
5 Tal era io con voglia accesa e spelili
Di dimandar, venendo infino all' atto
Che fa colui eh' dicer s'argomenta.
6 Non lasciò per 1* andar che fesse nllo
Lo dolce padre mio, ma dleae: scocca
L'arco del dir che 'nfino al ferro bai tnHi
mezzo del cielo , dalla parte opposla V oca»
perà lo Scorpione, che segue alla Libia, c^
me il Toro all'Ariete.
6. Anco. Jer. , IX : Exlendirumt lìn§mm
suam quasi areum. — Famao. Il ferro è la fSÈr
ta dello strale ; or quando l' arco sia par «*
sere scoccato , la parte ferrata dello strale ^
tocca il sommo dell' arco. Virg. : Jfomliil
jam tangent aequit , Laevj aciam farri, et
atra nsrvQqu9 popiUom.
CANTO XXV.
851
T Allor sicuramente appriì la bocca
£ cominciai : come si può far magro
Là dove V uopo di nudrir non tocca?
8 So t* ammontassi come Meleagro
Si consumò al consumar d'un tizzo,
, T^OD fora, disse, questo a te si agro:
9 E se pensassi come al vostro guizzo
Guizza dentro allo specchio vostra imago,
Ciò che par duro ti parrebbe vizzo.
10 Ha perchè dentro a tuo voler t*adage,
8. MxLiAGHO. Figlio d'Oeneo, re di Cali-
donit ( Met:, YIII ). Uccise il cinghiale man-
dato per ira di Diana, e ne donò ad Atalanta
la lesta. Gli zi! di lai u* ebber ira , presero
H capo; ed egli li accise. Onde Altea la ma-
dre di lai pose al fuoco il tizzo fatato dalle
Picche col qaale doveva spegnersi la saa vi-
ta : tiizo eh' ella aveva già ritirato per pietà
M figlinolo.
9. SraccBio. Il corpo è come imagine dello
spirito, e specchio di lui. Di questo tocca
■el e. Ili , e Virg. si confessò insufficiente a
■piegare la cosa. — Imagb. S. Thom. : Si ni-
fromiifitef virtute daemonum spiriiut alUgant
ima§inibu$, multo strietius divina virtute spi-
Htm corporeo aeri alligantur,
10. ÀDAGS. Nel vero profondo. — Stazio.
▼irg. poeta razionale commette la spiegazio-
se • Stazio poeta più delle cose fisiche che
delle intellettuali. Altri dice che SUzio cristia-
no meglio poteva conoscere la cosa : altri ,
eie Virg. credendo le anime tornare alle stel-
le e dalle stelle venire, non poteva, come er-
riate , insegnargli il vero.^PiAGB. La mente
saaa vede il vero: Terrore è piaga.
il. Vendetta. La pena posta dall' Eterno
al corpi dannati o purganti.
IS. RiciTE. Virg..' Cape dieta.
13. Sangite. Oit. : Cominciasi htaxio dalla
iwffWirBitaw Mia creatura , e procede per
lirtti il svot atti ... acciocché compiutamente
moHri , onde procede la magrezza nel corvo
«■•Olio, e per conseguente il termine della
vita* B dando il modo delia ingeneraxione .
«fpon'nd come la magrezza , della quale trat-
§a qui, puote apparire: perocché questo <ì
««Nt/tilerd , che virtudi rimangono nell'ani-
■MI , delle quali si poua alcuna simiglianza
fn% 9 ed im quali , e come V anima partita
ésl carpo opera. Dove é da intendere, cke
9§9omdo il Filosofo, al quale s'appoggia VA.,
m aan^tie riceve perfetta generazione di sé nel
essere ; e cotale sangue non solamente s* in-
imeni , acdoech* «iit «io maMria di nulrtmeii-
Ecco qui Stazio ; ed io lui chiamo e prego
Che sia or sanator delle tue piago.
11 Se la vendetta eterna gli dislego.
Rispose Stazio, là dove tu sie.
Discolpe me non potert' io far Diego.
12 Poi cominciò: se le parole mie,
Figlio, la mente tua guarda e riceve.
Lume ti fieno al come che tu die.
13 Sangue perfetto che mai non si bevo
Dall' assetate vene, si rimane
to, ma esiandio per essere materia d* ingenc-
razione. E però essendo tanto del savigue, che
poxsa nutricare V uomo , ne ingenerò la na-
tura tanto piii the ne avanzaise perla genC"
razione... Questo sanque nel cuore dell* uomo,
così come in quello della femmina , riceve di'
sposiiione , secondo la quale é la materia di
tutti li membri , passiva della parte della fem"
mina , e attiva della parte dell' uomo ; e ^ne-
sto é f perocché qttesto cotale sangue si dispo'
ne principalmente nel cuore , perocché nel
cuore principalmente é Vanima. Siccome Vani-
ma per la sua virtude contiene tutto il corpo^
tiecome il principe contiene la cittade ; eoiè
i7 cuore colla sua virtude contiene tutti li mem-
bri : onde il sangue riceve dal cuore la po-
tenza in tutti li membri ... Questo sangue si
manda per le vene alla concavitade delia ma-
(riea • alla quale si getta lo sperma , lo qua-
le dalla matrice ricevuto ed attratto , siccome
il ferro dalla calamita, si conserva. Vico : La
sostanza nervea spermale chiamavano sangue,
come la frase poetica lo dimostra : sangui-
ne cretus per generato , e con ^*tis(o senso
ancora , perché tale sostanza é il fiore del
sangue (v. S. Thom., Som. 2, 3, qu. 118).
Cresc. (II, 8) : Benché lo sperma manifesto eia
operatore, il quale, siccome artefice , muove e
forma il parto , nondimeno , perchè il sangue
mestruo é tratto in nutrimento del parto. Conv,:
Quando V umano seme cade nel suo recetta-
colo , cioè nella matrice , porta seco la virtù
dell* anima generativa , e la virtù del cielo ,
e la virtù degU elementi legata, cioè la com'
plessione matura , e dispone la materia alla
virtù formativa... prepara gU ordini alla vir-
tù celestiale che produce della potenzia del
seme t anima in vita : la quale, incontanen-
te prodotta , riceve daUa virtù del motore del
delo lo intelletto possibile ... AiicAé Iddio ve*
de apparechiata la sua creatura a ricevere del
tuo beneficio, tanto largamente in quella ne
mette , quanto apparecchiata è a ricevere.'^
PiuPBTTO. Pitagora diee il teme umano esse-
DEL PURGATORIO
Quasi alimento che di mensa leye.
Ik Prende nel cuore a tutte membra umane
Yirtute inf ormativa , come quello
Qì* a farsi quelle per le vene véne.
15 Ancor digesto scende ov*è più bello
Tacer che dire : e quindi poseia geme
Sovr* altrui sangue in naturai vasello.
IG Ivi s' accoglie V uno e V altro irisime ,
L* un disposto a patire e V altro a fare,
re la Bchiama del sangae più para; Demo-
crito , sostanza munta da tatto il corpo; E-
picuro , an estratto dell' anima e dei corpo;
Aristotele » con Dante , an escremento del-
r alimento del sangue.
14. Cuore. Come la mente dell* artcfìce in-
forma in sé lo strumento innanzi di farlo.
Cosi Pietro, e soggiunge: Però dice il Filo-
sofo che la forma della cosa per azione del-
l' agente si trae dalla potenza della materia;
e l'uomo fa Vuomo, V ulivo l'ulivo, e V ar-
tefice dà al coltello la forma che aveva in
animo , del coltello ; e l* immagine del coltel-
lo gli riman tuttavia neUa mente. Cosi nella
generazione scende un cerV idolo che regola e
conduce la forma e la specie simile al gene-
ratore ; sebbene Avicenna' dica che l'agente
inferiore , trasmuta la materia e così la pre^
para alla nuova forma , la quale vien mini-
strata da una separata intelligenza , eh' è
piena di forme, secondo che le virtù inferiori
hanno più o men bene disposta a ciò la ma-
teria, — Informativa. Come l'ovo dalla gal-
lina , dice il Post. Caet.
15. Ancor. Poi. — Tacer. Post. Caet. :
Scilicet ad testiculos.
16. Luogo. Il cuore.
IT. Operare. Arist. ( II, Gener. an., cap.
I, 6): Animaliumsanguinepraeditorum cor lit
primo, — Coagulando. Col sangue mestruo:
r agente col paziente : cosi Pietro : e Aristo-
teli' nel lib. della gsneraziune dice che il se-
me del maschio è l'agente, della femmina
il paziente. Sap. (VII, 1 ): Sum quidem, et
cqo nìortalis homo „. et in ventre malris /!•
yuratus sum caro, Decem meniium tempore
toagulatus sum in sanguine , ex semine ho-
minis ... Et ego natus accepi communem ae-
rem, — Constare, (ili antichi : Coagulatio est
eonstantia quaedam humidi ... coagulare est
facere ut liquida constent, Ott.: Coagulando e
meglio digestendo , ficco ma fa il presame il
latu , ed induce nella parte di quello sangue
più puro , ed imprime la forma* di quello
«wmbro , nel quale quello cotale sangue fatto
spenno ara c$suto pnntipalmsnt^ generato , e
Per lo perfetto ìnogo onde s! preme.
17 £ giunto lui , comincia ad operare
Coagulando prima ; e poi avviva
Ciò che per sua materia fé constare.
18 Anima fatta la yirtute attiva,
Qual d*una pianta, in tanto differente
Che questo n via, e quella è già a riva,
19 Tant* ovra poi che già si move e sente,
Come fungo marino: e iv' imprende
nel quale primamente è T anima : e però pri-
ma gev^ra il cuore , «ecorulo la mente dH Fi-
losofo ; poi vuole il Filosofo che, generate H
cuore . immantanente se ne produca l'ammé,
e il cuore già animato; poi per virtude dd-
l' anima produce li altri organi e membri, of^
rondo nelle parti della materia a lui piùpret
Simone,
18. Attiva. Del seme paterno. Ariit. ( II,
Gener. , 3 ) : Non simul animai /ii §i knm.
Combattuto da s. Tom. ( I» p. 9, iiS.ait.
2 , ad. 2 ). Alcuni antichi ammettono cha ì
anima vegetativa , prima nel feto , cessi il
prodursi dell' anima sensitiva , e qaeita al*
r entrare della intellettiva : sebbene tltn ìii^
tori affermassero che sola l'anima intellaltiia
sia in tutti i tempi avvivatrice del feto.S.Taa.
cosi dice : Anima praeexistit in embryom: s
principio quidem nutritiva , postmoémm eatm
sensitiva , et tandem intellectiva. DiemU •»*
dam quod supra animam vegetabiUm fMM pft
mo inerat, supervenit alia anima qua9§st
tiva supra illam, iterum alia qucLe est «
va. Et sic sunt in homine tres animai,
una est in potentia ad aliam: quodsmpmi
batum est. Et ideo alii dicunt quodiUa
anima quae primo fuit vegetativa fonfiait
postmodum per isetionem virtutis qua» iff ia
semine , perdueitur ad hoc et ipsa eadem p
intelleetwa , non quidem per virtutsm oettsm
seminis , sed per virtulem superioris ajCRlit
scilicet Dei , do foris illustrantis. Sed hoc $ttn
non potesl. Dante non dice che l* anima a»
siiiva dimenìi ÌDiollcuiva;.dice che ono spiriM
nuovo venga spiralo da Ui«|Ìlr infondere l'ia-
■ tclleilo.—PiANFA. L'anima {ì\ Poeta la dàaBcbr
alle piante; accrcsciiiva o vegetativa nella piaa*
ta è perleita, nell'uomo no; nella pianta e arili,
cioè a line , uoo può peifeiciunarai più oitn.
Nel Conv. dice che l'anima delle piante è pi-
tenza vegetativa , delle bestie vegetativa e scr
sitiva. dell'uomo vegetativa e sensitiva e n-
zionale.
19. Fungo. Si stimavano i funghi mariti
mossi da anima più che vc^'etativa; e i n»-
derni perù li chiamano piantc-aniffltlì o zae-
CANTO XXV.
35^
Ad organar le pone ond* è semente.
SO Or si piega, fi^iuolo, or si distende
La virtù eh* è dal cuor del generante
Doto natura i tutte membra intende.
21 Ila come d'animai divegna fante
Non vedi tu ancor : quest'è tal punto
Che più savio di te già fece errante,
SI che per sua dottrina fé disgiunto
Dall* anima il possibile intelletto
lìti. Il fungo marÌDO , spiegano gli antichi fo-
mentatori, è simile ad ostrica. — Posse. Nelle
parti del seme paterno son varie virtù desti-
nate a formare i varii organi. Ma di queste
posse ona sola è II germe. Ott. ; È come una
affrica dì tnurs » eh» ha seniimento , e movi-
«tufo non proctuho; perocché non nfèota co-
m§ gU altri jMueì, ma ha movimcnio di diìa-
tarn • di strigneni , come il lombrico. Ma
poi P anima, o la virtù deW animar eh* è nel
emore* dilata U membra edistrigne: e ffueito
fa, ateiocché le potenze dell'anima ahUiano
fli or^ni SMOt ; delle quali potenze essa aui
«MI ii è teme e fondamento.
1D..IXTBXDB. Ott. : La virtù, che procede
4ai cuore del ijenerante; si spande xo/ua tutti
fMORlt li membri ; e dal cuore procede , nel
yiofa, come nel primo fondamento dell' ani-
«a, è la virtù generativa di tutti i membri.
li* AxiMAL. ConT.: Siccome levando V ul-
timo canto del pentagono , rimane quadran-
gcto; cosi levando f ultima potenza deli ani-
mo , ^oè ìa ragione, non rimane più uomo,
«M oo$a con aniwM sensitiva solamente, cioè
mmkoale Imlo.La similitudine è tolta da Arist.
( Da An.» II , 3 ). — Fantb. Uomo ( e. \1, 22).
no fori.
n. Possibile. Arist. ( HI , De An. ) , e
▲verroe , combattuti da s. Agost., da s. Tom.
e da Scoto. DilTcrisce 1* intelletto dal senso,
il perpetuo dal corruttibile. I fantasmi sono
•U'ÌDteUetlo come i colori alla vista. Or
Averroe dice che l'anima nostra intelligente
Don a' unisce al corpo come forma, e che
r intelletto possibile è cosa separata da noi.
E Aristotele lo dice insieme distinto dall' es-
aer nostro e congiunto ; e dice che noi per
•860 operiamo e intendiamo. Averroe faceva
distioio il possibile intelletto dall' anima ,
perché 4 diceV egli , non è forma del corpo,
ciò elle non é né corpo né virtù corporale.
Diceva ionoUre : T intelletto riceve in sé tut-
to lo forme materiali; ora il continente de-
Y osaere diverso dalla natura del cuntenuto.
Né r intelletto possibile si può attribuire a
parte veruna del corpo , poKhè non é aito
Perchè da lui non vide organo' assunto.
23 Apri alla veriti che Tiene il petto;
E sappi che si tosto come al feto
L'articolar del cerebro ò porfetro.
24 Lo Motor primo a lui si volge liotr)
Sovra tanta arte di natura , e spira
Spirito nuoYO di virtù repleto,
25 Che ciò che trova attivo, quivi tira
In sua sostanzia e fassi un' alma sola
del corpo ; né l' intendere è operazione d'or,
gano corporeo nessuno. S. Tom. ( coni, ^en-
les , 1. II ), confuta siffatti argomenti. ^«
rinloUetto possibile, die' egli, fosse separa-
to dall'anima, l'uomo non intenderebbe nu
sarebbe inteso da cotesto separato intelletto.
E r intelletto possibile é già noli' uomo fin
dal principio; senza che, inanellerebbe la
capacità dell' intendere , la ragione. Non e
dunque l' intelletto possibile un che comune
a tutti gli uomini che furono o sono, e sa-
ranno , come Averroe vuole nel terzo deirAn:-
ma. E r intelletto v unito al corpo come for-
ma , poiché sempre una forma dev* esteta
unita con la materia. Ne riparla poi nelU
Somma , e dice ohe l' anima è la fonna n-
hcnziale del C(»rpo. Intelletto possibile era la
facoltà d'intendere, facoltà dagli antichi nega-
ta air intelletto agente. Scoto ( in IV , disi.
45, qu. 1 ) : Nullus intellectus intelUgit . ntii
intellectus potsihilis, quia agens non intelUitii.
L'intelletto agente traeva dulie materiali, h*
spirituali specie; il possibile le intendeva, b
lo chiamavano possibile per potersi infonderò
negli uomini tutti. — Organo. S'è \eduta
r obiezione d' Averroe , e la risposta di saa
Tomaso.
23. CzasaRO. S. Agost. pone V anima ra-
zionale non nel cerebro ma nel sangue, e
nel cuore.
24. MoTOR. Par. . ! : Colui che tutto mo-
ve. — LiKTO. l'crrhè vtdit... guod esset bonum
(Gen., I ). Ps. CHI: Lnetahitur Dominus in
operibus suis. Nel XVI dice: L* anima... mos-
sa da lieto Fattore. — Spira. Cic. ( Tusc. ):
Hitmanìss animus excerptus ex mente divina.
Sap. ( XV, 11 ): iiispiravit illi animam, quae
operatmr , et qui insufjlavit et spiritum a-
talem,
25. ATTiTa. L' anima sensitiva ha luogo ,
dice Pietro , nella prima massa carnosa la
qoal -comincia ad aver vita: quindi si fprma
il core, il fegato, il cerebro: e , organiiza-
to r embrione . l' anima razionale é infusa
da Dio , e d'animale Tegetante diventa ani-
I mal ragionevole. — Sola. L' intellettiva , la
35b
DEL PURGATO R.IO
Che vive e senle, e sé in gè rigira.
26 E perchè meno ammiri la parola ,
(uiarda 1 caJor del sol che si fa vino,
(liunto air umor che dalla vite cola.
2V E quando Lachesis non ha più lino,
Sdvef i dalla carne , ed in virtute
Seco ne porta e V amano e *l divino.
2d L'altre potenzio tutte quaute mute;
Memoria , intelligenzia e volontade,
In atto , molto più che prima , acute.
29 Seiiza restarsi , per sé stessa cade
Mirabilmente air uria delle rive :
Quivi conosce prima le sue strade.
30 Tosto che luogo il la circonscrive,
La virtù formativa raggia intorno
Cobi e quanto nelle membra vive.
31 E come Y aere , quand'è ben p'iorno.
Per l' altrui raggio che 'n sé si riflette,
Di diversi color fì mostra adorno;
32 Cosi r aer vicin quivi ^i metto
vegetativa , e la sensitiva. Lo spirito intelli-
gente tira a sé l' anima sensitiva. — Rigira.
Hoot. ( 1. Ili ): in temet reditura meat. Ott.:
Dfulla vertude senritìva è refleasiva iopra iè
tuedesima ; perocché è virtù offitsa ad organo.
Sola la virtù, che re/lette sé sopra sé medesima
e la virtù che non é legata da organo, eh' é
soto lo intelletto: onde dice il Filosofo, nel
cap. XXX dell'Anima, che lo intelletto ... ha
ragione d'intendere e ragione d'inteso; onde
in sua opera é principio e fine, E così pare,
ch'egli si abbia a modo d'uno giro,, .quando
uno medesimo é il principio e la fine, secondo
la sentenza di coloro eh9 pongono nel compo-
sUn una sola forma,
26. Vino. Redi : Sì bel sangue é un raggio
acceso Di quel sol che in del vedete, Empc-
dotte siiniò che le piante fossero figlie della
terra , e i lor frutti nascessero di fuoco ed
acqua. Ateneo ( lib. Il ) cita Euripide , lad-
dove dice che un de' cavalli del sole opera la
maturila delle ove. Il Galileo ( Magalotti, V
It'it. scieoiif. } credeva che il vino fosse un
compo^>to d'umore e di luce. Or come il sole
coir umor delia vite si fa vino , cosi , dice
Stazio , lo spirito coli' anima sensitiva si fa
intelligenza. Ott. : Così fa la virtù dell* ani-
ma intellettiva , di convertire la potenza ve-
getaftilé e la sensitiva , e unirle a si,
27. Lacbesìs. Cloto è nominata nel e. XXI;
Atropòs Dell' Inf. , XXXUI. Ott.: Cioè quan-
do l'umido radicale è tutto consumato, —
PofiTA. Così Arisi. (De Anima). La firtù sen-
iiti\a e l'intplligfnte.
In quella forma ehe in lui suggella
Virtualmente 1* alma che ristette.
33 E simigUante poi alla fiammella
Che segue l foco là *vunque si moti,
Sepue allo spirto sua forma novella.
*^k , Però che quindi ha poscia sua panila.
E chiamata ombra : e quindi orfana poi
Ciascun sentire infino alla veduta.
35 Quindi parliamo e quindi ridiam noi ,
Quindi facciam le lagrime e i sospiri
Che per lo monte aver sentiti puoi.
36 Secondo che ci afiiggon li disirì
E \i\ì altri alTetti, 1' ombra si figura:
E questa é la cagion di che tu miri.
37 E già venuto all' ultima tortura
S* era per noi , e vòlto alla man destra;
Ed eravamo attenti ad altra cura.
38 Quivi la ripa fiamma in fuor balestrai
E la cornice spira fiato in su<o
Che la rellette , e via da lei sequestra.
28. Memoria. Cic. ( Rctt. , II ) : V
ligenza vede il presente, la memoria il
to. Le potenze sensitive son qaasi ammonale
perchè mancano gli organi dopo la morte: le
spirituali più vive perchè , dice V Ott. ,
sono impedite da alcuna virtù naturale o
siti va.
29. Rive. Ad Acheronte o in rifa del Te-
vere ( e. II ).
31. Fior NO. Da pluvia.
32. Suggella. S. Thom. : Batiuntur per me-
dum alligationis, — Virtcalmentb. Non p^*
eh' abbia in se cotai forma, ma p«rch'ha vir-
tù d'operare. Cosi pensarono i Padri spgaKi
delle idee platoniche , Origene , Cleroenti:
s. Agostino ne dubita (C. D. , X\I, e. 10).
33. Fiammella. Il Maestro delle Seni.: Si
viventis hominis corporeus spirUus (enehifi*
carpare, cur non post mortem etiam corpen^
igne lenea/ur? Virg. : Igneus est ollis vigerti
coelestis origo Seminibus, Veggasi tutto il piS*
so del VI . 730-745.
36. Afviggon. Prov. , XXII : Configet ees,
qui confixerunt animam fjus. Dell' anima e
dello stato suo fuor del corpo. V, s. Toni.i
2 2. qu. 89.
38. Ripa. La falda del monte. — Fiamma-
Per punire il fuoco d' ignobili alTeiii: Dom-
ne . , . ure renes meos , et cor meum. E* ct^
struisce al Paradiso terrestre quella siepe ài
fiamme che imagina s. Isidoro ( Etym. , Hi
v. e. 3) : Septus est undique rumpkaea fé»-
ma , ila ut ejus cum coelo pene jungatur i*;
cen</iic«yi. Il vento viene di sotto d»l giro dei
CANTO xxir.
3!»
39 Ond' ir oe ooDveoia dal lato schiuso
Ad uno ad uno : ed io temeva 1 foco
Quinci , e quindi temeva il cader giuso.
hO Lo duca mio dicea : per questo loco
Si vuol tenere agli occhi stretto 1 freno;
Però cb* errar potrebbesi per poco.
41 Summa$ Dtu* clementiae, nel seno
l)elgrand*ardore allora udi* cantando,
Che di volger mi fé caler non meno.
42 £ vidi spirti \ìer la fiamma andando:
Perch'io guardava a loro e a'niiei passi,
Com|)artendo la vista a quando a quando.
43 Appresso 1 Cnecb*a queir inno Tassi,
golofti : forev «d indicare che il dìgioDo re>
prime le fiamme del malo amore.
39. Quinci. Virg. , XIl : Atque hine vasta
foha » hine ardua nwenia cìngunt.
40. Fbbho. EccL , IX : Averte faeiem tuam
m wmUere eompta,
41. ^MMÀB, Iddo della Chiesa : Quo carde
jNiro iordibm Te peffruamur largius, Qui lum-
Gridavano altoc tii^tm non cognoeeo:
Indi rìcominciavan V inno bassi.
44 FinitolOt anche gridavano: al bo9eo
Corse Duna, ed Elice caccionoe
Che di Venere avea sentito 1 to90o.
45 Indi al cantar tornavano: indi donne
Gridavano e mariti che fur casti,
Come virtute e matrimonio imponne.
46 E qu 'Sto modo credo che lor basti
l'er tutto! tempo che 1 Fuoco gli abbrucia.
Con tal cura conviene e con tai pasti
47 Che la piaga da sezzo si ricucia.
6oj, jeeur morhidum Aduret igni eongrue.
43. VmvM, Parole di Maria ( Lue., I ]. —
Bassi. L* ìddo era ornile prego, a Dio; gli •-
seropi, forte rimprovero a sé.
44. DUNA (Met., II). Cacciò Caltfslo vio-
lala da Giove; poi mutala nella cosiellazione
dell* Orsa, detta £iice. Qui reca esempi di stu-
pro : nel seguente di colpa contro natura.
I •
356
DEL PURGATORIO
CANTO XXVI
ARGOMENTO.
S* incontrano i Soddomiti coi luuuriosi in donna, e ii baciano, e canianù fK
uni Gomorra, gli altri Pasifae : un fatto di storia profana, uno di sacra, /mi
il P. a Guido Guinicelli e ad Arnaldo Daniello poeti da lui veneraii : àrmàk
riifonde in provenzale.
Una C8DZ. abbiamo dì Dante nella quale od Torso è italiano , ono proTenzale, un la-
tino. Le imagioi vive di questo c^nto; il sole, la (ianima, rincontro dell'anime, le mena-
rie poetiche, le quattro similitudini (non conto quella dei figli d'issifile un po' stentata)
fanno contrasto con la seyerità dell'antecedente, e rammentano in parte il bellissimo
.to WIV. Questo canto risponde al XV e al XVI dell' Inferno.
Nota le terzine 1, 2, 4; la 10 alla 17; la 20, 21, 23, 24, 25; la 33 alla 36; la
45, 48.
4
1 Mentre che si per Torlo uno innanzi altro
Ce n'andavamo, spesso il buon maestro
Diceva: guarda; giovi ch'io ti gcaltro,
2 Feriami '1 sole in su Tornerò destro.
Che già, raggiando, tutto T occidente
Mutava in bianco aspetto di cilestro.
3 Ed io facea con T ombra più rovente
Parer la fiamma : e pure a tanto indizio
Vidi molt*ombn; andando poner mente.
Questa fu la ca gioii che diede inizio
Loro a parlar di me: e comiiuiàrsi
A dir : colui non par corpo iìttizio.
1. Scali Bo. Inf., XX: T'oifenno. L'usa
M Tetr., e. 10.
2. Ombro. Il sole era più basso. — Dbstbo.
Salito, prese a man destra: il sole lo ferisce
a destra, dunque l'ombra del corpo cadeva
sulle fiamme \icine. Quindi la maraviglia- —
CiLKSTBO. Bocc: La luce il cui splendore la
tiode fwjtje, avea già V ottavo cielo d'axMur-
8
Poi verso me , quanto potevan farsi,
Certi si feroD , sempre con riguardo
Di non uscir dove non fossero arsi.
O tu che vai , non per esser più tardo,
Ma forse reverente , agli altri dopo,
Rispondi a me che'n seteedin focoardo*
Né solo a me la tua risposta è uopo;
Che tutti questi u' hanno maggior sete
Che d' acqua fredda Indo o Etiopo.
Dinne com* è che fai di te parete
Al sol, come se tu non fossi ancora
Di morte entrato dentro dalla rete ?
rino in color cilestro mutato tutto.
3. Mente. Nuovo modo d'indicare ch'egli
era corpo mortale.
5. RiGUABDO. Soffrono , ma voglion la pena.
7. Indo. Ar. ( XIII, 65 ): Che maggior uo-
po Di refrigerio ha V Indo o l' Eliopo.
8. EsiB ? Nota i varii modi di dipinger te
morte.
CANTO XXTI.
357
9 SI mi parlava un d* essi: ed io mi fora
Già maiiirosto s' io non fossi atteso
Ad altra novità eh* apparse allora.
1 3 Che per lo mezzo del cammino acceso
Venne ^ente col viso incontro a questa ,
La qiiai mi fece a rimirar sospeso.
11 Li vep:i;io d' ogni parte farsi presta
Ciascun' ombra, e baciarsi una con una,
Senza restar, contente a brieve festa.
12 Cosi per entro loro schiera bruna
S* ammusa V una con V altra formica ,
Forse a spiar lor via e lor fortuna.
13 Tosto che parton l'accoglienza amica,
Prima che ì primo passo 11 trascorra ,
Sopragi^ridar ciascuna s' affatica ;
14- La nova gente: Soddoma e Gomorra.
£ r altra : nella vacca entrò Pasife
Perchè 1 torello a sua lussuria corra.
15 Poi come gru ch'alle montagne Rife
Volasser parte, e parte invcr V arene ,
Queste del gel , quelle del sole schife;
1j6 L' una izenle sen va, l'altra sen viene,
£ tiirnai) lacrimando a' primi canti
£ al Ibridar che più lor ti conviene.
17 £ raccostarsi a me come davanti ,
£ssi medesmi che m' avean pregato ,
Attenti ad ascoltar ne' kor sembianti.
10. Lfcr)5TR0. Neil* Inf. , XVIII , le due
sdiiere de'rufliani e dei sedoltori s'ÌDContrano.
12. Bruna. Virg. : /( nigrum campis agmen,
— Fortuna. La preda.
13. SoPRAGGRiDAR. Gridano a chi più paò.
14. Nova. Questa è la schiera di chi peccò
contro natura , l'altra della naturale lussuria.
— Soddoma ( Geo. , XVlU ). — Pasìfb ( K.
iDf. , e. Xll ). Anco in prosa.
15. Gru. Cantano , come i gru van eantan-
do lor lai i Inf. , V ). — Rifb. Rifee. Lue:
MUùpaeai hue solve nives. Anco Virgilio le no-
mina. — Volasser. Pone cosa che doo è. —
Améke. Inf. , XXI Y : Più non $i vanii Libia
•OH tua rena,
16. Canti. Cantano la prece, e gridan gli
«■empi ( e. XXV, terz. 41, 43 ).
17. Sembianti. Inf. , XXIII : Mostrar gran
fhUa DelC animo , col viso , d* esser meco,
18. Grato. Per grado , come aggrata per
aggrada ( Inf. , XI ).
19. Mature. Non son morto né tecchio né
giovane. Alquanto stentato.
20. MoRTAL. Susi. Come {' elenio per Vani^
( e. V ).
18 Io che duo volte avea visto lorjgrato.
Incominciai : o aniaie sicure
D*aver quando che sia di pace stato ,
19 Non son rimase acerbe nò mature
Le membra mie di là, ma son qui meco
Gol sangue suo e con le sue giunture*
20 Quinci su vo per non esser più cieco.
Donna è di sopra che m'acquista grazia,
Perchè i mortai pei vostro mondo reco.
21 Ma se la vostra maggior voglia sazia
Tosto divegna , si che 'Iciel v'alberghi
Che pien d'amore e più ampio si spazia »
22 ])itemi acciocché ancor carte ne verghi.
Che siete voi , e chi è quella turba
Che se ne va diretro a* vostri terghi ?
23 Non altrimenti stupido si turba
Lo montanaro e rimirando ammuta
Quando rozzo e salvatico s' inurba,
24 Che ciascun ombra fece in sua panila.
Ma poiché furon di stupore scarche ,
Lo qual negli alti cor tosto s' attuta :
25 Beato te che delle nostre marche ,
Ricominciò colei che pria ne chiese ,
Per viver meglio esperienza im barche !
26 La gente che non vien con noi, oflise
Di ciò , perchè già Cesar trionfando
Regina centra sé chiamar s* intese.
21. Amorb. L' empireo ( Gony. , tr. H, e.
4 ). Par. , XXVII : Luce ed amor d*un eer-
ehio lui comprende, — Ampio. Inf., II: />o/-
l* ampio loco ove (ornar tu ardi,
23. Inurba. Per entrare in città V osa il
Pulci ( XXV, 299 ). Fiera: StrabiUdrn ragat-
xon villani Non più slati a città,
24. Paruta. L' usano Bart. di s. Gone. ed
il Caro. — ScARCHB. Buonarroti: F$ delle ei-
glia , Carico di stupor , non pieeiol arco.—
Attuta. Uor. ( £p. , 1,6): Nil admirari
prope ree est una Numici, Solaque quae positi
facere et servare beatum.
25. Marchb. Regioni. — Imbarcde: L'espe-
rienza è viatico e merce.
26. Offbsb. Peccò. Y. S. Padri : Chièdeva
perdono, vedendo eh' avea molto offeso,'^
Cbsar. Gantavano : GtUUas Caesar tubegit ,
Nieomedee Caetarem: Ecce Canarnune triumr
phut... SuetoD. (pul., 49 ): Octavius,,, quidam,
vaUludine mentis Uberiui dieax, convenne
maxima quum ihtmpejum regem appellaeset
ipsam reginam salutavit. Questo motteggio
Dante trasporta al trionfo, dove, nota l' Anon.,
Ucito ero di dir9 ai dioii/blon o^iit viUmnia
356
DEL PUB6AT0KI0
27 Però si partoD, Soddoma gridando,
Rimproveraudo a se , com* hai udito :
£ aiutaD 1* arsura vergogoaodo.
28 Nostro peccato fu ermafrodito :
Ma perchè non servammo umana legge ,
Seguendo come t)estie l'appetito ,
29 In obbrobrio di noi per noi si legge ,
Quando partiamci , il nome di colei
Cbesimbestiò ueirimbestiate schegge. 1
30 Or sai nostri atti, e di che fummo rei.
Se forse a nome vuoi saper chi senio ,
Tempo non è da dire , e non saprei.
31 Faretti ben di me >olere scemo.
Son Guido Guinicelli: e già mi purgo ,
Per ben dolermi prima eh allo stremo»
32 Quali nella tristizia di Licurgo
Si Ter duo figli a riveder la madre,
Tal mi fec* io , ma non a tanto insurgo,
33 Quand* i* udi*nomar se stesso il padre
Mio e degli altri miei miglior che mai
Rime d* amore usar dolci e leggiadre.
34^ E senza udire e dir fensoso andai
Lunga fiata rimirando lui ;
Né per lo foco in là più m* appressai.
35 Poiché di riguardar pasciuto fui ,
Tutto m* offersi pronto al suo servìgio
Con r affermar che fa credere altniL
36 Ed egli a me : tu lasci tal vestigio ,
Per quel ch*io odo, in me, e tanto chiaro
Che Lete noi può torre né far bigio.
37 Ma se le tue parole or ver giuraro,
Dimmi che é cagion perchè dimostri
Nel dire e nel guardar d* avermi caiot
38 Ed io a lui : li dolci detti vostri ,
Che , quanto durerà V uso moderno,
Faranno cari ancora i loro inchiostri.
39 0 frate , disse , questi ch'io ti soemo
Col dito (e additò uno spirto innanzi)
Fu miglior fabbro del parlar materno.
t^O Versi d' amore e prose di romanzi
Soverchiò tutti. E lascia dir gli stolti
Che quel di Lemosl credon eh* avanzi.
a dinotare la libertade del popolo , e ruma-
nitade del trionfatore.
28. EaMAFBODiTO. Di maschiu con femmi-
DB : ma con iuiemperanza dcgtia più di bestia
che d* nomo ; onde sono simboleggiati in Pa*
sifae ( Ed. VI). — SgrvaihiOv Albert»: La
Uijge fiatvrale servare* Godv., IX: Vuole este-
re evidente ragione che partire faccia Vuomo
da quello che per gli altri è stato servato
lungamente, — Bbstib. Ps. : Homo , ^tium
t#à Sonore estet , non iutellexit : comparatus
est jumentis iiuipientihus.
29. Leggb. Dice. Come nell'Inf. , X.
30. Tempo. De' Soddumiii , nel XV del-
1 Inf. : Che 'l tempo saria corto a tanto mono.
31. GiiiK). Bolognese , gbibellino esule
nel 1268: uomo retto, e valente in isclenza:
Uè' primi a pulire lo stile italiano. Lasciò
quasi una scola poetica , che durò poco in
Bologna. Lo nomina il P. nel Conv. : Quel
fwbile Guido Guinicelli, E nella Vulg. El. :
Mlaximus ille Guido. 00.: Disse leggiadra-
mente in rima nel tempo della più fiorita vi-
ta dell' A. Pelr. ( Tr. Am. ) : Ecco i due Gui-
di che già faro in prezzo.
32. TaisTiziA. Toante ed Eumenio figli di
Giasone ed' Issilile, nella tristizia di Licurgo
trace per la morte del iìglio divorato da un
5«rpeute ( perchè Issilìle V aveva mal custo-
dito , e. XXII ). Voleva uccìderla , quando i
figli la riconobbero e liberarono. Stat., IX :
iir tela manusque Irruerunt matremque avi-
dii €ompUxiJbui ambo DiripiwU ftetifff , al-
temaque pectora mutant. Ma Dante soggiaa*
gè , non tanto essere stato 1* tm|>elo in Va
della gioia, che non saltò tra le fiamme a|P
amplessi.
33. Padrb. Così padre è detto Virgilio.—
MiEf. Italiani. Padre per lo stile, non già pH
la lingua: e vel provi la lode che segue d'Ai>
naido provenzale: dalla qual si deduce cki
Dante i provenzali anteponeva agi* ItaliaM
poeti, non però il provenzale allMtalitW
idioma. Conv. (I, 10 ) : Massime dal difut
dere lui da' molti suoi accusatori li quali ^
spregiano esso , e commendano gli altri, mì^
simamente quello di Ungua (T oco dicendo cVé
più bello e migliore quello che quuto ,
lendosiinciò dalla verità, Cheperquwto
mento la gran bontà del volgare di si ev
35. Affebmah. Giurando ( teri. 37).
36. Lbtb. Quando lo passerò par saliftal
cielo ( e. XXXIII ).
39. QuBsti. Arnaldo Daniello. Ne parla Bilil
Volg. El., e cosi di Gerardo. La poesia pit*
venzale era ai nostri familiarissima : gli Al*
bigesi la diffusero in Italia ; e anche prtai
n'avevamo notizia. Ruggieri I nel 1180 |É^
lava francese ; e nel secolo XIII franeefe é
parlava alle piccole corti della Marea TtÈ&
giana. — - Matebno. Latino chiamavaosi cf
iuliano e il provenzale linguaggio, geneUit
riguardati qui come un solo.
40. Prose. Tasso ( v. Ili , p. 107 ) : ly
manzi non si scrivevano inverei ma inpnm^
Mon sempre.
CANTO XXVI.
3W
4i A voce più eh* al ver drizzan li volti;
E così ferman sua opinione
Prima eh' arto o ragion per lor s'ascolti.
42 Co^ì Ter molti antichi di Guittone.
Di grido in grido pur lui dando pregio,
Fin che Tha vinto! ver con più persone.
i3 Or se tu hai si ampio privilegio
Che licito ti sia 1* andare al chiostro
Nel quale è Cristo abate del collegio,
54 Fàgli per me un dir di paternostro,
Quanto bisogna a noi di questo mondo
Ove poter peccar non è più nostro.
45 Poi , forse per dar luogo altrui, secondo,
Che presso avea , disparve per lo fuoco,
42. GuiTTO!ns. Pctr. ( Tr. d' Am. , IV ) ;
GftiUon it Arezzo , Che di non esser primo
par eh' ira agyia . . . Fra tutti il primo Ar^
naldo DanUUo , Gran maestro d* amor , eh*
aUa $ua terra Anco fa onor col dir polito e
Mio. Grido. Conv. (I, li ) : Quelli eh' è vie-
to del lume della discrezione , sempre va nel
suo gnidicio secondo il grido o diritto o falso,
43. Abate. Per capo in genere, ha esempi
•niichi : ma qai vai proprio abate di frati :
ed è traslato non nobile. — Collegio. V. S.
Girci. : Tutto U collegio de* fedeli.
44. Paternostro. Nel e. XI , abbiam ve-
dalo Je anime cantare qaest' orazione , adat-
tata anco ai porga mi , tranne le ultime pa-
role : et ne noe ... — Nostro. Vlrg. : Non
natirwm inter vos tantas eomponere lites.
47. LiBBRAMBNTB. Coitesemcnle. Libertà
Come perVacqua il pesce andando al fondo,
46 Io mi feci al mostrato innanzi un poco
E dissi eh* al suo nome il mio desire
Apparecchiava grazioso loco .
V7 Èi cominciò liberamente a dire :
Tan m' abellis vostre cortes deman
CKieu non me puesc nim voti a vos cobrire,
4.8 Jeu iui Amautz che piar e vai cantan,
Consiros vei la passada follor
E vei jauzen lo joi qu* esper denan.
k9 Àra$ vos prec, per aquella valor ( na,
Que usguidaal somsensfreich esens cal^
Sovegna vos atenprar ma dolor.
50 Poi s* ascose nel fuoco che gli affina ,
per liberalità è nel Convivio. — Tiy. Tanto
m* abbella ( piace , Par. , XXVI ) vostro cor-
tese dimando , cb' i' non mi posso né mi vo-
glio a voi coprire. Io sono Arnaldo che ploro
e vo cantando : pensoso i' veggo la passata
follìa ; e veggo gaudente la gioia che spero
dinanzi (a me ). Ora vi prego per quel Va-
lore che vi guida al sommo senza freddo e
senza caldo: sovvengavi d'atiemprar mio do-
lore. In un' opera d* Arnaldo è an verso che
comincia : T sono Arnaldo che . . . Freddo
I e caldo s' oppone al caldo e al gelo d'infei^
no ( lof. , IH ; Parg. , III ). Seguiamo la le-
zione data dal sig. Raynoaard (Joum. des
Sav. , Fév. , 1830 ).
50. Affina. G. Vili: ìÌ' miei por(at tamor
che qui raffina, Petr. ( II , e. 7 ) : Oro che
nel fuoco affina.
sto
DEL PUB6 ATORI O
CANTO xxvn.
ARGOMENTO.
Cade U iole : il P. pana per le fiamme a purgare la luuuria ; cosi come «r-
db curvo con Oderigi per espiar la euperbia , due vizii non alieni da lui. Dtfi
altri ii purgò per la vista , per V udita degli esempi , e per contemplazione , ep^r
pentimento. La notte riposano ; e* vede in fogno Lia , giovane e bella, che coglit
fiori , la inta attiva che deve seguire alC espiazione , ed è passo alla contemplativa:
guasi anello tra il Purgatorio e il cielo , tra Virgilio e Beatrice. Beatrice mmt
Virg,^ è mossa da Lucia , Lucia dalla Vergine. Lucia lo porta al Purg.: mei m»-
no gli apparisce Lia ; Matelda lo guida a Beatrice , Beatrice alla Vergine.
NoU le terzine 2 , 3 , 5, 6» 9; U 10 alla 15; la 17, 18, 19; la 21 alla 24; la fi.
27 , 30 , 31 , 33 , 34, 35 , 37 , 38 , 39 , 41, 43 , 45 , 47.
1 Sì come quando i primi raggi vibra
Là dove 1 suo Fattore il sangue sparse.
Cadendo Ibcro sotto V alia libra ,
2 £ 'n r onde in Gange da nona riarse,
Si stava il sole : onde '1 giorno sen giva
Quando Tangel di Dio lieto ci apparse.
1. Quando. Il sole nel Parg. tramontava,
in Gerasalemme nasceva. Quando il sole in
Ariete nasce a Gerasalemme, è ora di nona
sul Gange, Game d' Oriente. — Vibra. Boet.;
SMto vibratia lumine Phoebus. Altri legge :
E 'n Vende il Gange, e spiega: La Libra è
oppositi aU' Ariete; la quale si trova al me-
ridiano della Spagna , il cui fiume Ibero ( no-
«inalo da Staz.,I) scorre in quel tempo sot-
to di lei. Nel tempo stesso cade , scorre il
(iange nell'onde del mare, ardenti perchè scal-
date dal sole: a ora di nona sul mezzodì.
L' Ariete dalla Libra è distante una quarta
di cerchio. Io leggo : E *n i' onde in Gange
t spiego : Il sole staya in Purg. per tramon-
tare , come quando vibra i primi raggi in
Gerusalemme, e i raggi suoi vibra in Gan-
ge : le cui onde son dall'ora di nona riarse.
Allora il verso Cadendo ... sarebbe come una
parentesi , e cadere varrebbe trovarsi, senso
Hsitatissimo delia voce. — Ibbro. Soitn. :i-
3 Fuor della fiamma stava in tu la riva
E cantava : beati mundo corde ,
In voce assai più che la nostra viva.
k Poscia: più non si va se pria non morde,
Anime sante , il foco. Entrate in esio»
Ed al cantar di là non siate sorde.
berus amnii totae Hispanae nomen
2. Gange. Lue: Qua eoUtur Ganges. tota fM
solus in orbe OsHa nascenti contraria somn
Phoebo Audet ... — RYabsb. Ott. : Qmm
dica : ogni dì il Sole lo riarde una voila fSf
la sua prosiimitade. Il periodo è troppo iat*-
luto , e la erudizione geografica troppo. —
Quando. SuU* imbrunire eh' è l'ora della ìm-
suria , dice Pietro , l'Angelo, la eoseieiaa,
e Virg. , la ragione , lo guidano alla vittoria*
Ps. ; Probasti cor meum , et visitasti
igne me examinasti,
3. Riva, li resto della strada era 6ai
( XXV , 38). — Bbati, In questo giro s'a-
cquista r ultima mondezza dei cuore. —Th
VA. Caro epiteto. Nella voce è il meglio dfla
vita. Respiro , anima , spirito erano in aritf*
co sinonimi.
4. MoBDB. Metaf. , al P. frequente. MoH
Pietro che il P. fu molto impaccialo io vili»
di lussuria. — Cantar. Venite ( t. SO ).
CANTO XXVII.
361
5 Sì disse come noi gli fummo presso:
Perch' io divemii tal quando lo 'ntesi
Quale è colui che nella fossa è messo.
6 In su le man commesse mi protesi -
Guardando*! fuoco e immaginando forte
Umani corpi già veduti accesi.
7 Yolsersi verso me le buone scorte ;
£ Virgilio mi disse: figliuol mio ,
Qui puote esser tormentOj ma non morte.
8 Ricordati , ricordati ... E se io
Sovr* esso Gerion ti guidai salvo ,
Che farò or che son più presso a Dio ?
9 Credi per certo che se dentro all'alvo
Di questa fiamma stessi ben mill'anni^
Kon ti potrebbe far d' un capei calvo.
10 E se tu credi forse eh' io t' inganni,
Fatti vèr lei , e fatti far credenza
Con le tue mani al lembo de* tuoi panni.
Jl Pon giù ornai , pon giù ogni temenza :
Volgiti 'n qua , e vieni oltre sicuro.
Ed io pur fermo e centra coscienza.
12 Quando mi vide starpurfermoeduro,
Turbato un poco disse : or vedi , figlio :
Tra Beatrice e te è questo muro.
13 Come al nome di Tisbe aperse 1 ciglio
Piramo in su la morte , e riguardulla ,
8. Mbsso. Per essere propagginato ( Inf.,
XIX , 16 ). Pctr. ( Tr. , Am. ) : Avea color
it Mom tratto d* una toniba»
6.MAN.UDadeUepiù belle terzine del poema.
8. GbkIon. ( Inf., XYII, 33 ). Se li salvai
dalla frode pe&simo de' mostri, e per l'aria
BBOtaodo ; come non ora ?
9. Alvo. Eccl., XV : Ventris inferi. Par.
( XII, 10 ) : Ael cuor deWuna delle luci,
10. Panni. PodIo nel faoco : non brucerà.
11. PoN. Lai.: Ponemetum. — GoscKenza.
dia mi diceva d' obbedire. Conv. (I, 3): Coa-
fro a coscienxa parla. Poi o con concordia o
#00 discordia di coscienza.
13. DcRO. Se poeta moderno osasse no Ter-
so al semplice , il sinedrio poetico si stracce-
rebbe le Testi ; gridando bestemmia. — Bka-
TBics. Sap., I : Aon ... eapientia ... habitabit
m cvrpore tubdito peccatis. — Meno. Petr. :
JWi lo fpi^a t la man qual muro è messo ?
13. Tmm. Ot. (Met., IV): Ad nomen
nisòct ocuioj jam morte gravatoi Pyramus
tU , %3isaque recondidit illa. V Olt. : Il sanr
misto de' due amanti bagnò il frutto del
"o , che tfi/ifio a quel tempo era bianco.
14. Solla ( lof., XVI , 10 )• Morbida. ^
RiUiroLLA. C. V.: Anittr fooipoUa Sooroffn-
Allor che 1 gel0o diventò vermiglio ;
ih Cosi , la mia durezza fatta solla ,
Hi volsi al savio duca udendo il nome
Che nella mente sempre mi rampolla.
15 Ond' ei crollò la testa e disse : corno
Volemci star di qua? Indi sorrise,
Come al fanciul si fa ch'è vinto al ponn*.
16 Poi dentro al foco innanzi mi si mise ,
Pregando Stazio che venisse retro ,
Che pria per lunga strada ci divise*
17 Com'io fui dentro, in un bogliente vetro
Gittate mi sarei per rinfrescarmi ;
Tant' era ivi lo 'ncendio senza metro.
18 Lo dolce padre mio, per confortarmi.
Pur di Beatrice ragionando andava ,
Dicendo: gli'occhi suoi già veder parmi.
19 Guidavaci una voce che cantava
Di là : e noi attenti pure a lei
Venimmo fuor là ove si montava.
20 Venite , benedicti putrii mei ,
Sonò dentro a un lume che li era ,
Tal che mi vinse e guardar noi potei.
21 Lo sol senva, soggiunse, e vienlasera:
Non V* arrestate , ma studiate il passo
Mentre che V occidente non s* annera.
22 Dritta salia la via per entro 1 sasso
tier. Rampolla, yerdeggia, rinasce, frnltifica.
15. SoaaiSB. Modesta confessione dell'im-
perfezione propria. Son più nel poema i tratti
di modestia che d'orgoglio. — Pomb. Per po-
mo neir Ar. e nel Buonarroti.
16. DiviSB (e. XXVI , 6); Oitt che vai...
agli altri dopo. Son presso alla scienza divi-
na: la scienza umana lo vuole presso a sé
più che mai.
17. Vetro. Il fuoco cancella il settimo P. —
Mktro. Ariost. : Forza che passa ogni metro.
La voce greca signiGca appunto misura.
19. Guidavaci. Is., L: Ambulate in lumina
ignis vestri , et in flammis quas suecendistis.
— \esìmmo, Transivimus per ignem. et aquam»
20. Venite. Le voci degli Angeli son tutte
parole di Cristo. Con queste G. C. chiamerà
nel giudizio gli eletti alla gloria. — Vinsb.
Par., IV : Che, vinta mia virtù ... Mi perdH
con gli occhi chini. Prima vedea alcuna par-
te degli Angeli : quest' ultimo è tutto luce ;
che già Siam presso al cielo.
21. Studiate. S' usa tuttora in Toscana.
Gr. ipèudo. — Annera. Di notte non si sale
(e. VII, 17).
22. Parte. Verso oriente. — Lasso. Or.
M sole naaoc&ta diiae : efw rfteenfw .
W
302
DEL PURGATORIO
Verso tal parte eh' io toglieva i raggi
Dinanzi a me dei sol eh* era già lasso.
23 £ di pochi scaglion levammo i saggi,
Che'l sol corcar,per l'ombra diesispeose,
Sentimmo dietro ed io e li miei saggi.
2V £ pria che'n tutte le sue parti immense
Fosse orizzonte fatto d* uno aspetto ,
E notte avesse tutte sue dispense ,
25 Ciascun di noi d* un grado fece letto ;
(^.hò la natura del monte ci aiTranse
La possa del salir ^ più che *1 diletto.
2() Quali si fanno ruminando manse
Le capre , state rapide e proterve
Sopra le cime prima che sien pranse ,
27 Tacite ali ombra, mentre che 1 sol ferve,
(luardate dal pastor che'n su la verga
Pofigiato s* è , e lor poggiato serve;
28 E quale il roand fian che fuori alberga,
Lungo 'i peculio suo quoto pernotta ,
(junrdando perchè fiera non lo sporga ;
iI9 Tali eravamo tutti e tre allotta ,
Io come capra ed ei come pastori ,
23. Levammo. Buti: Dì pochi avemmo
esperienzia , eioò pochi ne montammo. — Cor-
car. Neatro. — Spense. Dell' ombra ; non é
forse proprio, ma non dispiace. — Sentimmo.
Ci accorgemmo. È frequente in Virgilio.
24. Dispense. Si stendesse a tutte le parti
del cielo alle quali ella dev' essere dispensa-
ta. Nel Conv. (I, 3), chiama Dio dispensa-
tore dell'universo. Modo a noi strano alquanto.
25. Letto. C. Vili: Ch' ha fatto alla guan-
cia Della sua palma ... letto. — Diletto. Sa-
livano con diletto ; ma la legge posta di non
salire di noue vietava ir più oltre. C. XII:
Fien li tuo' pie dal buon voler sì vinti Che.,,
Fia diletto loro esser su pinti.
26. Cime. Virg. : Non ego vos posthae, vi-
ridi projectus in antro , Dumosa pendere prò-
cui de rupe videbo, — Franse. Latinismo.
Hor. : Pransus non avide. Par., XXV : Il cibo
che lassù ti prande,
27. Serve. Guardandole. Le regge , ma per
ben loro. Quest'emistichio pare in servigio del-
la rima, ma indica come i due P. posavano 11
per amore di Dante.
28. ManurTan. Di pecore. Nella prima si-
militudine riguarda sé, nell'altra i due P.
29. Capra. Sarebbe ridicolo oggidì : ma
rammentiamo l'asino d'Omero, e gli asini
della Bibbia.
30. Fuori. Li stalla era angusta : al ve-
deva una strisciolina del cielo. — Solere.
Farad. ( XVIII, VI ): La tua $$mbiamMa
Fasciati quinci e quindi dalla grotta.
30 Poco potea parer li del di fuori :
Ma per quel poco vedev' io le iteile
Di lor solere e più chiare e maggiori.
31 Sì ruminando e si mirando in quelle,
Mi prese '1 sonno, il sonno che sovente
Anzi che 1 fatto sia sa le novelle.
32 Neir ora , credo , che dell' oriente
Prima raggiò nel monte Citerea
Che di foco d'amor par sempre ardente,
33 Giovane e bella in sogno mi parea
Donna vedere andar per una landa
Cogliendo fiorì ; e cantando dicea :
34 S'ippia qualunque '1 mio nome dimanda
Ch* i* mi son Lia , e vo movendo *ntomo
Le belle mani a farmi una ghirlanda.
35 Per piacermi allo specchio qui m'adorno;
Ma mia suora Rachel mai non sismaga
Dal suo ammiraglio, esiede tutto giorno*
36 Eir è de* suoi begli occhi veder vagì
Com' io dell' adornarmi con le mani :
Lei lo vedere , e me T ovrare appagL
est^a gU altri e V ultimo ioUre. S. Ba8Q.(HoB.
de Par. terr.) : Loeum ... quiobtiiug calato*
dinem nulla tenebreseit caligine, quipptftm
exorientium siderum splendor tliymtnaf , tf
undique suo lumine circumfundii,
31. Ruminando. Si paragoni coH'addoroN»
tarsi del e. XVIU. — Sa. C. IX: B €k§k
mente •.. Quasi è divina,
32. Ora. Venere, quand'è perigeo» film
talvolta due ore prima dd sole. «- Pmha>
L' Ott. intende che ilP. accenni la primi vi^
ta che Venere apparve ad Adamo e ad Hi
sul monte delle delizie. Non panni.
33. Bella. La Lia della Genesi eoo è bil-
ia. Qui Lia dunque è simbolo. — Paria* B
sogno è la contemplazione della Tiriù. — >Fli*
RI. Opere, dice Pietro, apparecchiate i iv
frutto, delle più belle.
34. Mi. Bocc. : Io mi son giovan^Ua, alt*
lontieri M* allegro e canto. — Lia. Pietro: It
viriìk morali tono ordinate alla ftUcUà
vita attiva: Lia simboleggia la vita <
della primitiva Chiesa ; RacheU la vita
templativa; Malelda la vita attiva détta G
novella. Alla vita attiva convien arritart^
da vizii. — (>u IRLANDA. Premio del ben fkit.
35. Ammiraglio. Specchio. Gnittone: M
mondo miragli. — Siede. Rammenta quel da
di Marta è narrato nel Vangelo.
36. Occui. Gli occhi di Rachele sono la a»
templazione che si rillette in sé sicssa.-VKDBRK*
KeiConr.ydicela vita contemplativa piò nubilt.
CANTO XXVII.
3C3
37 E già per gli splendori anteculani
Che tanto ai peregrin surgon più j.t iti
Quanto tornando albergan men lontani ,
38 Le tenebre fuggian da tutti i lati,
E *i sonno mio con esse: ord*io levami ,
Vergendo i gran maestri già levali.
39 Quel dolce pome che per tanti rami
Cercando va la cura de mortali ,
Oggi porrà in pace le tue fami.
40 Virgilio inverso me queste cotali
Parole osò : e mai non furo strenne
Che fosser di piacere a queste iguali.
hi Tanto voler sovra voler mi \onne
Deir esser su eh* ad ogni passo poi
Al volo mio sentia crescer le penne.
43 Come la scala tutta sotto noi
Fa corsale fummo in sul grado superno,
37. LoNTAKi. Più presto rivedranno la patria.
GoBtrapposto al novo peregrin del e. Vili.
39. PoxB. Albero dei bene e del vero, che
Ja tanU beni varialo solletica gli animi uroa-
■i. Inf., XVI : Lascio lo feU, a vo*pti dol-
n pomi. Boet. , HI : Hunc ... diverso tramile
WkortaUs ... conaniur adipisci. Est enim in
wtmUHnu hominum veri boni naturaUier tn-
mria eupiditas. lì simile è in Egidio, dice
Y Ott.» mH regimine principum. — Cerca noo.
SoUeiieaodo. Più comune rtcercare.-^CuRA. K
aaiore sollecito. — Fami. Tatti gli appetiti tuoi.
40. Stmxnkb. Mancia del principio dell'anno:
o aieglio ricompensa in genere. Bati: Cioè
BMmrt, cioè annunsiasioni,.. fatte la mattina,
41. Pbkkb. C. IV : Con V ale snelle e con
l§ wimwM Del gran disio.
4S. SopniNO. Un comentatore fa il Paradiso
ttmslre confinante al cerchio della luna. Ugo
da f* Tittore: Faradisut in parte orientali
f§rhtf $ise loeus eminentissimus ut non aquae
éUuoU iU pertingwe potuissent. S. Tomaso lo
pone anch' egli nell* oriente a man destra, per-
chè la destra è la parte più nobile secondo
Arift. (Ili, De coelo et mundo ). Cosi spie-
gUamo perchè nel Parg. ì poeti salgano sem-
fva a destra , neirinferno sempre discendano
a BMUica. Aggiunge s. Tom. che dalla nostra
dimora lo dividono ostacoli di mari o di monti
o d* altra terra deserta. — Fiqcò. La ragione
tà ì* ultimo suo podere.
43. DiscBR!«o. Ne' Decreti : Fide» non ha-
lai fnenlum cui ratio praebet experimentum,
tèi ratio deficit , fides suppUt.
44. AaTB. Petr. ( Tr. Mor. , II ) : Questi
/br tteo mi$*'ngegni • mie arti. Ingegno nato-
rala , arta acqalaiU. » ruciaa. Eccl. : ReU'
In me ficcò Virgilio gli occhi suoi ,
43 E disse : il temperai foco e l' eterno
Veduto hai, figlio; e se* venuto in parte
Ov* io per me più oltre non discerno.
kh Tratto tlio qui con ingegno e con arte.
Lo tuo piacere ornai prendi per duce:
Fuor se' dell'erte vie, fuor se' dell'arte.
Vi Vedi là il sol che in fronte ti riluce :
Vedi r erbetta, i fiori e gli arbuscelii
Che quella terra sol da sé produce.
46 Mentre che vegnan lieti gli occhi belli
Che lagrimando a te venir mi fenno,
Seder ti puoi e puoi andar tra elli.
17 Non aspettar mio dir più ne mio cenno:
Libero, dritto, sano è tuo arbitrio ;
£ fallo fora non fare a suo senno.
48 Perch'io te sopra te corono e mitrio.
quii eum in manu eontHU sui. L*uoro paro è
libero: alta dottrina.
45. Sol. Rammenta il I dell' Inf. — Frox-
TB. Se il sole al iramuoto era loro alle spalle
sì che r ombra di Dante gli veniva dinanzi ,
al nascere gli doveva rilucece io fronte. Ar.:
Vedete il sol che vi riluce in fronte, — Terra.
Genes. : Dixitque Deus : ecce dedi vobis om"
nem herbam afferentem semen super terram, et
universa Ugna quae liabent in semetipsii semen-
lem generis sui,..Plantav€rat,..Dominus,„ pa*
radisum voluptatis. C. XXyifl: Color. , . Ch§
l'alta fffro senta séme gitta. Virg. : IpsaquB
tellus Omnia liberius, nullo poscente, ferebat.
46. Occhi. lof. , lì: GU occhi lucenti la-
grimando volse. — Elu, I fiori e gli arbu-
scelii. Il reggente ò alquanto lontano.
47. Dir. Virg. omai più non parla. Ma lo
rassegna a Beatrice, poscia dispare. — Cenno.
C. l : E con parole e con mani e con cenni ^
Reverenti mi fs le gambe e 'l ciglio. — Arbi-
trio. L'Qomo purgato da* \izii entra in istato
simile al Paradiso. Ott.: V arbitrio è sano.,,
quando elli è remosso dalle pcusioni ... quan-
do non va a sinistra per le vie monda-
ne ,. . quando elli ubbidisce alla ragione. La
dirittura riguarda l'intendere, la sanità il vo-
lere , la libertà la potenza del veramente vo-
lere. Un sacro autoie : Cor ubi gratia est, si-
milatur paradiso terrestri , habendo amoenita-
lem , foeeunditatem et securitatem. — - Fallo.
Chi vede il bene , e noi fa, pecca.
48. MiTRio. Ott. : Te sopra te fo rettore , a
pastore. Corona , autorità temporale ; mltria»
spirituale. Conv., IH: Neil* uscita dell'anima
del peccato essa è fatta santa e libera in sua
pode9tad§.
364
DEL PURGATORIO
CANTO xxvm
ARGOMENTO.
Seha ameniitima* Vede una donna che eanta cogliendo fiori, Maielda; U
quale gli spiega donde e$ca V aura che moììe la verzura , e dome V acqua UmfUé
che la irriga , poiché lastii non han luogo vapori. V aura dal mover del eide ;
i' acqua da fontana perenne, come i fiumi del paradiso terrestre, là neUa Gmnsi.
L aria move le piante, la pianta sparge neW aria la sua potenza fecondairieé, ék$
portata nel nostro emisfero, vi genera nuove piante senza seme palese. R seme «itt
di lassù.
La dottrina fisica non è baona, ma d poesia : merito che a molte ipotesi minctf.
Nota le terzine 1 alla 12; la 14 alU 17 ; la 19 ; U 21 aUa S5; U 33, 36, 97, Hi
40, 42, 43, 44, 49.
1 Vago già di cercar dentro e d'intorno
La divina foresta spessa e viva
Ch'agli occhi tennperava il novo giorno,
2 Senza più aspettar lasciai la riva,
Prendendo la campagna lento lento
Su per lo suol che d*ogni parte oliva.
3 Un* aura dolce senza mutamento
1. Foresta. Vir., VI: DBvenwe locot lae-
(US , et amoena vireta Fortunatorum nemorurn,
S. Agost. ( De Gcn., Vili, 1 ) descrive il pa-
radiso terrestre : fructuoiis nemoribus opaca-
tuni. — Spessa. La spessezza talvolta nuoce
alla vita.
2. Oliva. Bocc. : Di roie, di fiori itaran-
cif e d* altri odori tutta oUva.
3. Senza. Ar. : Una dolce aura che- ti par
rh» vaghi A un modo tempre, e dot suoetit
non falli , Facea i) V aria tremolar d'intorno
iUe non potea noiar ealor del giorno. — Ave-
kì:. a molti de' moderni P. nobilisfimi, qae-
Avere in sé , mi feria pet la fronte
Non di più colpo che soave vento ;
Per cui le fronde tremolando proott
Tutte quante piegavano alla parte
U* la prim'ombra gitta il santo monte:
Non però dal lor esser dritto sparte
Tanto che gli augelletU per le cimo
sta fr^se parrebbe prosaica. — Fkua. FHt.:
V aura serena che tra verdi fronde ìbfwft'
rondo a ferir nel volto viemme, — FìKWil*
Perchè veniva dall' oriente , ove il P. era voli*
( e. XXVIl, 45 ). — Soave. Pelr. ; Bdef§t
lati ed a* soavi venti.
4. Fbonde. In qaesto canto lotta la ic»
plicità e la freschezza d'an idillio. — Teew-
LANDÒ. Virg. : Incertai xephyriM motantikm
utnbras. Ov.: TVemuCoeve eactimùia palmm
5. Esser. Frase alquanto contorta : pt
semplice. — - Arte. Non così naturala coai
il resto.
CANTO XXVIII.
3G5
Lasciasser d'operare ogni lor arte.
5 Ma con piena letizia V óre prime
Cantando riceveano intra le foglio
Che tenevan bordone alle sue rime ,
7 Tal qual di ramo in ramo 8i raccoglie
Perla pineta in sul litodi Chiassi
Qoand' Eolo scirocco fuor discioglìe.
8 Già m' aveano trasportato i lenti passi
Dentro all' antica selva tanto ch'io
Hon potea rivedere ond' io m* entrassi.
9 Ed ecco più andar mi tolse un rio
Che nvèr sinistra con sue picciolo onde
Piegava Torba che*n sua ripa uscio.
10 Tutte Tacque che son di qua più monde
Parrieno avere in se mistura alcuna
Verso di quella che nulla nasconde ,
11 Avvegna che si mova bruna bruna
Sotto ì ombra perpetua che mai
6. Óbb. Per aure ( Petr., 143 ). — Ricbvea-
IK>. Virg. : Auras Accipiunt. Sap., VII : Na-
fHt aeeepi eommunem aerem. — Bordone.
Allegri : E fa bordone alla zampogna mia.
Bordone è la più grossa canna della piva
di tooDO più grave. Ar. : E poi eh* a salutar
im nuova luce Pei verdi rami incominciar gli
augelli. Buon.: E d' acque Sorgenti e mormo-
fatili eh§ *di cetre Servor^ sonore ai canti de-
fli augelli, — Sub. Ponete loro , e vedrete
quanto ceni idioiismi sieno più nobili della
gramintica. — Rimb. Rima per parole disse
■eli' lof., XIU. Qui per canto. Carmen degli
uccelli disse Virgilio.
7. Eaccoclie. Virg. ( Aen., X ) : Ceu fia-
mma prima Quum deprensa fremunt silvis.—
GaiASSi. Classe vicino a Ravenna. — Discio-
€ium f Aen., I).
S. Trasportato. C. XXIII: Ben mille passi
e piA ei portar oltre. — Entrassi. Per fotti
entralo. Altra sgrammaticatura , comoda mol-
lo, lof., XV : Già eravam dalla selva rimossi
Tornio eh* ^ non avrei vitto dov'era. Perch'io
*ndi$tro rivolto mi fossi»
9. Rio. Ov. ( Met. , V ] : SUva coronai ,
0fmat, cingerà latus omne, tuitque Frondi-
', ut velo , Phoeheot tuhmovet ignee. Frigo-
dani rami , Tgriot humus humida (lores,
uum ver est, — Sinistra. Questo è Le-
te che toglie la memoria del peccato: però
!• pone a sinistra.
10. MoNDB. Cresc. ( 1. 5 ) : ile^e copìoie
# wumde.
11. PbrpbtSa. Tasso: Ma tutta insieme
pai fra verdi sponde In profondo canal l'ac-
qua f aduna, E sotto t'ombra di perpeuic
Raggiar non lascia sole ivi né luna.
12 Co' pie ristetti e con gli occhi passai
Di là dal fiumicello per mirare
La gran variazion de' freschi mai.
13 E là m'apparve si com' egli appare
Subitamente cosa che disvia
Per maraviglia tutt' altro pensare,
i% Una donna soletta che si già
Cantando ed iscegliendo fior da fiore,
Ond' era pinta tutta la sua via.
15 Deh beila donna eh' a' raggi d' amore
Ti scaldi, s' i' vo' credere a' sembianti
Che soglion esser testimon del core,
16 Yegnati voglia di trarreti avanti,
Diss' io a lei, verso questa riviera.
Tanto eh* i' possa intender che tu canti.
17 Tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo che perdette
fronde , Mormorando seti va gelida e hrumu
Stat. : Undas , . . Secreta nutrii Lar^gia sub
umbra, kr, : E la fogUa co* rami in modo
è mista Che *l sol non v* $ntra , non che mi-
nor vista,
12. Mai. Maio, bel ramo grande , che ai
primi di maggio i contadini mettevano agli
usci delle lor vaghe.
14. Donna. Matilde , cont. vissuta neirxi
sec. MagDÌficentissima la dice Pietro, e pro-
bissima. Molte chiese costrusse , molte libe-
ralità fece : e questo indica che la vita atti-
va dev' essere magnifìcente. Però fa eh' essa
donna tragga Dame per V acqua di Lete , e
colga fiori , e con la sua bellezza lo prepari
alla bellezza di Beatrice , dell' alta cuoiem-
plazione. Altri intende per Matelda , mollo
devota alla Chiesa, l'amore di essa Chiesa,
il quale dispone Dante a vederne in questa
selva il trionfo. Il P. la dice infatti calda dei
raggi d' amore , e fa il suo canto simile al
canto d'innamorata. Ma l'idea dell' amore, e
della devozione alla Chiesa , e della vita at-
tiva piacevole perchè vita d'amore , e della
liberalità di Matilde, virtù contraria al vizio
della femmina sciolta, possono inon simbo-
lo solo congiungersl , se non erro.
17. Peosupina. Ov. (Met., Y ): Quo dum
Proserpina luco Liidit , et aut violas , aut
candida lUia carpii, — Madre. Et matrem,
et comites , sed matrem saepius , ore Clamai:
et, ut summa vestem laniarat ci ora , Col-
ledi flores tunicis eecidere remisnt. Tantaque
timplicitai pueriUbus adfuit annis : floao quo-
que virgineum movitjactura dolorem, — > Pu-
I MATiBA. Virg. : Hie ver pìtrpurmsm^ variot
306
DEL PURGATORIO
La madre lei ed ella priiHaYera.
18 Come sì volge con le piante strette
A terra e intra sé donna che balli,
E piede innanzi piede a pena mette;
1 9 Yolsesi 'n su' vermigli ed in sa* gialli
Fioretti verso me non altrimenti
Che vergine che gli occhi onesti avvalli:
20 E fece i prieghi miei esser contenti
SI appressando sé che 1 dolce suono
Veniva a me co' suoi intendimenti.
21 Tosto che fu là dove Y erbe sono
Bagnate già dall'onde del bel fiume.
Di levar gli occhi suoi mi fece dono.
22 Non credo che splendesse tanto lume
Sotto le ciglia a Venere trafitta
Dal figlio fuor di tutto suo costume.
23 Ella ridea dall' altra riva dritta,
Traendo più color con le sue mani,
Che r alta terra senza seme gitta.
24 Tre passi ci facea 'I fiume lontani:
Ma Ellesponto là 've passò Serse
( Ancora Treno a tutti orgogli umani }
25 Più odio da Leandro non sofferse
Per mareggiare intra Sesto e Abido,
hie humida eireum FìmdU humus flons • • .
Bocc. ( Fiamm. ) : Coiì ornata levatami, qual
Froterpina allora che Plutone la rapi alla
moctri , cotale me ne andava per la nuova
primavera cantando.
18. PiBDB. Bocc. : Piede innanzi piede ve-
netidotene.
19. Avvalli. G. XIII : E V uno e 'l capo
eopra V altro avvalla,
20. iNTiNDTMBirri. Concetti. In Montaigne
entendement per pensiero. Bocc. : Queste pa-
role pensando , e non potendo di esse eom'
prendere né intendimento ni frutto alcuno.
22. TiNERB. Amante d* Adone. 0?. ( Met.,
X, 125) ; Namque pharetratus dum dai puer
oscula matri, Inscius extanti destrinxit arundi'
ne peetui. Lassa manu natum Dea reppuUt.
23. Color. Ot. ( Fast., IV ): Faerant ilHc,
quot habst natura , eolores : Pictaque dissi-
mili flore nitebat humus, Prop. : Quos itim-
mittit humus formosa eolores.
24. Serse. Lnc.: Talee fama eanit tumidum
super aequora Xersen Construxisse vias. La
rotta di Serse è par narrata da P. Orosio: III,
doTe r avrA ietta il P.
25. Sisto. Lucan., II : Buropamque Asiae
Sexton^e admovit Abydo ( Y. Oy. . Her.
XVU).
Che quel da me perchè allor non s'aperte.
26 Voi siete nuovi ; e forse perch' io rido,
Connnciò ella, in questo luogo eletto
Air umana natura per suo nido,
27 Maravigliando tienvi alcun sospetto:
Ma luce rende il salmo Delectasti
Che puote disnebbiar vostro intelletto.
28 E tu che se' dinanzi e mi pregasti.
Di' s' altro vuoi udir; ch'io venni presta
Ad ogni tua question tanto che basti.
29 L' acqua, diss' io, e'I suon della foresta
Impugnan dentro a me novella fede
Di cosa eh* io udi' contraria a questa.
30 Ond' ella: T dicerò come procede
Per sua cagion ciò eh* ammirar ti face
E purgherò la nebbia che li fìede.
31 Lo sommo Ben che solo esso a sé piace.
Fece Tuom buono a bene; e questo loco
Diede per arra a lui d* eterna pace.
32 Per sua diflalta qui dimorò poro:
Per sua diflblta in pianto ed in affanno
Cambiò onesto riso e dolce giuoco.
33 Perchè 1 turbar che sotto da sé famo
L* esalazion dell* acqua e della terra,
27. Delectasti, Ps. XCI : DeUeìasH me,
Domine, in factura tua, et in operihuswm-
nuum tuarum exuUabo. Matelda sorride di
gioia celeste.
28. Basti. Conv.: Vumano dendtrioèwd-
surato in questa vita a queUa scimmia die
qui aver si può : e quel punto non passa se
non per errore , ti quale i fuori di natureàt
inteniione. E nrl Convifio stesso, con l' Ec-
clesiastico : PiUt alte cose di te non donsÈSt
derai, e più forti cose di te non cercherai:
ma quelle cose che Dio ti comandò, pensa*
29. Udì'. Stazio (XXl, 16) gli disse ebe
sol monte non cade né pioggia ned altro , e
vapore non sorge.
30. FiEOB. C. XXY : Sanator delle tuepSàge,
31. Esso. Lat. : ìpse sihi. — Piaci. Omnia
proptsr semetipsum operatus est Domiwm,
Perchè il sommo bene non paò far cosa ebe
bene non sia.
32. Poco. Dall'alba al mezzodì (Par., XXH;
Gen. , Ili ). — Giuoco. Per gioia. Nel Pir.
sovente. Petr. : Ass(U dolor con breve gioco,
33. Yahtno. Gli antichi ignorando la gr»ri-
ih deir aria ,. causa che i Tepori più leggieri
salgano in alto , credettero che natnralmeau
estendessero verso il soie.
•■^
CANTO XXVIII.
387
Che qutniopotsoa dietro al caler vanno,
3I> Air uomo non facesse alcuna guerra ,
Questo monte salio vèr lo ciel tanto;
E libero è da iodi ove si serra.
35 Or perchè in circuito tutto quanto
V aer si volge con la prima vòlta ,
Se non gli ò rotto il cerchio d'alcun canto,
36 In questa altezza che tutta è disciolta
Neil' aer vivo, tal moto percote,
E fa sonar la selva, perca è folta.
37 £ la percossa pianta tanto puote,
Che della sua viriute 1 aura impregna;
E quella poi , girando intorno , scote.
38 E r alta terra , secondo eh' è degna
Per sé o per suo ciel . concepe e Gglia
Di diverse virtù di\crse legna.
39 Non parrebbe di là poi maraviglia,
Udito questo , quando alcuna pianta
Senza seme palese vi s* appiglia.
^JkO E saper dei che la campagna santa
Ove tu se' , d* ogni aemenia è piana;
E frutto ha ioaò chedilànoosischianta*
&>1 L' acqua che vedi non suiige di vena
Che ristori vapor che gel converta,
Come fiume eh* acquisU o perde len^
&2 Ma esce di fontana salda e certa
Che tanto del voler di Dio riprende
Quantella versa da due parti aperta.
&>3 Da questa parte con virtù discende
Che toglie altrui memoria del peccato;
Dall' altra, d' ogni ben fatto la rende.
kk Quinci Lete , cosi dall'altro lato
Elifioò si chiama ; e non adopra
Se quinci e quindi pria non è gustato.
k>^ A tutt* altri sapori esto è di sopra:
£ avvegna eh* assai possa esser sazia
La sete tua, perch'io più non ti scuopra,
JhG Darotti un corollario ancor per grazia:
Né credo che 1 mio dir ti sia men caro
Se oltre promission teco si spazia.
34. Salìo. Piet. Lorob. ( Sent., l. II, dist.
17), dice il Paradiso terrestre Laogo interja-
ctnfi ipatio vei mani vel terrae a ngionUnu
fma$ incolunt homines secnlum, et in aUo
§Umm. — Serra. La porta del e. IX.
85. Circuito. La terra , secondo l'astrono-
■la d'allora, è ferma; l'aria si gira col
primo mobile , e con tatti i cieli di sotto da
oriente a ponente. Il primo mobile in venti-
qmttro ore si volge intomo alla terra. Al-
beri. Magn. : ConcavUoi a coelo lunari divi-
diiur in trti regiones. Infima §tt ealida et
kuwiida , proDter vaporee eUvatoi ab aqua,
^jui $unt eaUai et humidi propter refLexionem
<oltff. Media , frigida et hunuda propter frigi-
éoM stellai. Superior ealida et ficca» quae
propinqtUor eoelo , et quasi molu divino mo-
vetur, iiem propter tnciniiatem ignis. Pere rio
( in Gen., Ili , 9, S ): Alexander de HaUs ait
paraditum esse in aere quieto et tranquillo,
flit superior est kine nostrali aere inquieto ae
tmf^lento: et loeum paradisi eis$ ubi finis
c«c et temUnus exhalationum et vaporum. —
Rotto. V aria si move da oriente a occiden-
te » se i Tepori che fanao il vento , non gli
diano altro moto : e allora gira col primo
mobile sola quella parte di cerchio d'aria che
aoo è rotta da impeto estranio.
se. Vivo. Non turbato da* vapori.
38. Alta. L' abiuta da noi. — CnL. Cli-
ma. — Concepì. Tasso: Cupidamente eUa
e9nc9pe e figlia, — Diysisb. Secondo il saolo.
39. S* APPIGLU. Creso. ( Il , 2 } : Il seme
1* appiglia,
40. Sbiiinxa. Non gittata dall'arte, ma
naturalmente cresciuta. Piena d' ogni sorta di
piante; e molte, tali che non crescono nel
nostro emisfero. Questo verso non contraddi-
ce al 69 : Che V cUta terra swza urne gitta,
41. Ristori. C. XIV .* La 've si rende per
ristoro Di quel che il ciel della marina asciu-
ga. — Vapor. Aug. ( XV , Civ. D. ) : In sum-
mitate tali nontuntnubes, venti, nee imbres^
nec aer grossus. Aristot. ( llet. ) : Omnis aqua
origincm dudt a mari , et per nubes aseendit
usque ad regionem aquae, — Gil. (I. V:
Ben sai come neU* aer si raeeogUe QùelL* umi-
do vapor che in aequa riede Tosto ch9 sale
dove*l freddo il eogUe.'^CoKrnMTA. In piog-
gia. Rime : £* aequa morta si converte in
vetro.
42. Fontana. Gen., II. iVofi...pliierat Domi-
nui Deus super terram • • . Sed fons ascem/«-
hat e terra, irrigane ^itnioirsam tuperficiem
terrae.
44. Adopra. Per rammenUre il ben fatto ,
e renderlo meritorio, conviene scordare II
male commesso , espiandolo.
45. Sopra. C. XXXIII: Lo dolce b$r e&e
mai non m* avria sazio. D* Ettnoè.
46. Corollario. Roez. del VareU : Ti da-
rò io eowM un corollario, ovv9ro ytutifa.^*
Promissioii. Promise: t die9rò com procede
Ciò eh* ammirar ti face.
'«*.
368
DEL PURGATORIO
hi Quelli eh* anticamente poetare
L* ^ deir oro e suo stato felice,
Forse in Parnaso osto loco sognare.
48 Qui fu innocente i* umana radice;
Qui primavera sempre ed ogni frutto ;
Nettare è questo di che ciascun dice.
&>9 Io mi rivolsi addietro allora tuUo
A' miei poeti , e vidi che con ri»
Udito avevan V ultimo costrutto.
50 Poi alla bella donna tomai '1 viso.
47. SooNARo. Pers.: In bicipiti somniaue
Ainuuto. Or., I: Aunaprima tata est aeUu,
B«ei., trad. dall' Oli. : O felice moUo la pri-
ma etadel...
48. Radicb. Pier Lombardo e altri teologi
dissero il Paradiso terrestre simbolo delia
Chiesa : però tinge il P. che quivi apparisca
la Chiesa co' simboli di quel eh' ella crede ed
opera. — PaiHAvpA. Ov. (Mei.): far §rat
aetemum , plaeidique tepentibut auris Jfble^
hant Zephyri natos eine semine flores. Da gue-
st'uliiroe parole arra Dante trattata la tua
teoria suUa vegetazione senza seme palese.—
NETTARI. Ov. : FUitnina jam lactis , jmm
flumina neetaris ibant.
49. Riso. Vedeudo la veriii nascosa nelle
Avole loro.
CANTO XXIX.
ARGOMENTO.
Va con Matilda lungo il fiume : vede una luce , ode una melodia , ecco teUe
candelabri , t ielle eacramenti ; ventiquattro seniori , i libri detta Bibbia ; quattro
animali , i Vangelisti ; un carro , la Chiesa ; tirato da un grifone , Getk ; alla
dutra del carro, le virtù teologiche, a manca le cardinali; dietro al carro, s. Lur
ca€t. Paolo; poscia i quattro dottori, ultimo s. Bernardo. Co A ii prepara il trionfo
di Beatrice , la sapienza eh* è lume tra la verità e l'intelletto. Le ^Mttro donne e
le tre, le vidimo stelle nel I e nelV Vili di questa eantica: i. Bernardo lo incon-
treremo in Paradiso: quel che avverrà del carro , vedremo piti sotto.
Nota h terzine 1,2; la 6 alla 9 ; la li , 12 , 13 , 15 , 17 , 18 ; la 28 alU 28 ; U
31; 38. 40, 41, 43, 48, 50.
1 Cantando come donna innamorata ,
Continuò col fin di sue parole :
Beati quorum teda sunt peccata ;
3 £ come ninfe che si givan sole
Per le salvatiche ombre, disiando
Qua! di fuggir , qual di veder lo sole ;
3 Allor si mosse contrai fiume, andando
Su per la riva , ed io pari di lei ,
Picciol passo con picciol seguitando.
h Non eran cento tra* suoi passi e' miei
Quando le ripe igualmente dier vòlta
Per modo eh* al levante mi rendei.
1. Bmati, Secondo salmo penitenziale: Bea-
ti , quorum rmnisiae tunt iniquUates : et quo*
rum teeta tunt peccata. Tutti i canti degli Ali-
ali cominciano da Beati,
2. NiNPi. Virg. ( Ecl. II ) : Et fugH ad
eaUees. Otc. : Quelle de^ monti veggiono voten^
5 Né anche fu cosi nostra Tia molta
Quando la donna mia a me si torse
Dicendo : frate mio , guarda e ascolta.
6 Ed ecco un lustro subito trascorse
Da tutte parti per la gran foresta ,
Tal che ai balenar mi mise in forse.
7 Ma perchò'l balenar, come vien, resta»
E Quel durando più e più splendeva ,
Nei mio pensar dicea: che cosa è questa^
8 E una melodia dolce correva
Per r aer luminoso: onde buon zelo
Mi fé riprender V ardimento d' Eva ,
tieri il Sole , quella deila selve U fuggono.
4. Cinto. Cinquanta per uno. — Iocalio»-
Ti. Rimanendo parallele. — Lbvanti. Cam-
minava glA prima in quella dirittura ( XXVII,
45; XXTIII, 3 ). Soli i pochi passi flitUeoK
Matelda contro il fiume ne V avevano tolto.
V7
STO
DEL PURGATORIO
9 Che là dove ubbidia la terra e 1 cielo ,
Femmina sola e pur testé formata
Non sofferse di star sotto alcun velo.
10 Sotto '1 qual se divota fosse stata,
Avrei quelle iDeffabil'i delizie
Sentite prima e poi lunga fiata.
11 Mentr'io m'andava tra tante primizie
Dell' eterno piacer tutto sospeso
£ desioso ancora a più letizie ,
12 Dinanzi a noi tal quale uà foco acceso
Ci si fé r aer sotto i verdi rami,
£ '1 dolce suon per canto era già inteso.
13 0 sacrosante vergitii, se fami ,
Freddi o vigilie mai per voi soffersi , -
Cagion mi sprona ch'io mercè vi chiami.
V* Or convien eh* Elicona per me versi,
9. Velo. Ott. : Il velo si pone in segno d*
onestade , e d* ubbidienza, e professione,
10. Poi. Dal nascere alla morte sarei stato
anch' io colassù.
11. Primizie. Quel iaogo era dato alp no-
mo per arra d* eterna pace ( XXVIII, 31 ). —
A. Ps. : Desiderai cervus ad fontes,
12. Foco. Vedrà il corpo e le membra del-
la Chie^a militante.
13. Vergini. Le invocò nel li e nel XXXII
dell' Inf. , e nel I del Purg. — Fami. Per la
dolcezza della gloria, die' egli nella Vulg. El.,
e' dimenticava ogni disagio e l' esilio. Bocc.
( V. D. ): Non curando uè caldo né freddo
né vigilie né digiuni, né niuno altro disagio,
con casiduo studio venne a conoscere della di-
vina essenzia quello c/te per umano ingegno se
ne può comprendere . . . Nel cibo e nel poto
fu modestissimo . . . Niuno altro fu più vi-
yilanie di lìd e negli studii e in qualunque al-
tra sollecitudine il pungesse,
li. Urania. La contemplazione delle cose ce-
lesti. — Aiuti. A mettere in versi , cose forti
pur solo a pensare. Conv. : Più ampi sono li
termini dell* ingegno a pensare che a parlare.
Il pensier nostro è vincente del parlare,
15. Alberi. I candelabri sono i sett' ordi-
ni del chiericato: prete» diacono , suddiaco-
no , accolito y esorcista, lettore, ostiario. Altri
intende le sette chiese dell' Apocal., IV: Ss-
ptem lampades ardentes ante thronum. Del
candelabro dell'arca mosaica, vedi Es.,. XXVI.
Zacb., iV : Et ecce c(\ndelabrum...et sepiem
lucernae ejus super illud, Pe' candelabri altri
intende i sette beni dello Spirito. Altri i sa-
cramenti : ed io sto per questi. Oltre alle
spiegazioni suddette Pietro propone i sette
E Urania m' aiuti col suo coro
Forti cose a pensar , mettere in versi.
15 Poco più oltre sette alberi d* oro
Falsava nel parere il lungo tratto
Del mezzo eh' era ancor fra noi e loro«
16 Ma quando i* fui si presso di lor fatto
Che lobbietto comim che 'I senso inganna
Non perHea per distanza alcun suo atto,
17 La virtù ch'aragiondiscorsoamnuinoi,
SI com' egli eran candelabri apprese
E nelle voci del cantare osanna.
18 Di sopra fiammeggiava il bello ameie
Più chiaro assai che luna per sereno
Di mezza notte nel suo mezzo mese.
19 Io mi rivolsi d* ammirazion pieno
Al buon Virgilio ; ed esso mi rispose
doni dello Spirito Santo : sapienza, iateUel-
to , consiglio, fortezza , scienza , pietà, lino-
re di Dio. — Falsava. Parevano falsameile
essere alberi , ed erano candelabri.
16. CoMCN. Noi sbagliamo nel preoden
una cosa per 1' altra , perchè del lontano 9%-
getto vediamo ciò ch'egli ha comune eoo altn
e non più : ma vedendo poi gli atti , le piiti-
colari qualità , riconosciamo allora il vai*»
Qui l'obbietto comune era la somiglianza in
un albero e un candelabro. Ar. ( l. Il , Di
An. ) : Sensibilium aliud est uniuseujwMfie
proprium sensus , aliud conimune cunctit. IVt*
prium id sensibile dico.,, circa quod errar fi'
ri nequit. Communio sunt haec: motuM,
numerus , figura , et magnitudo, TaUia
que nullius sunt propria sensus , sed o
communia sunt.
17. Virtù. L' estimativa , come la chlMS
nel Par., che apprendendo la verità delle et*
se esterne , prepara alla ragione la matflrii
del discorrere , cioè del dedurre e del gloii-
care. — Canoelabri. Giov., nel I dell'Apoc..
vede sette candelabri d'oro, e, nel IV, tetti
lampane risplendeiiii al divin trono. Dalli
unisce le lampane ai candelabri : tanto pM
che gì' interpreti dicono i due simboli •igai-
tìcare il medesimo. Dame, nota il Costa, ia^
landò le visioni di s. Giovanni , vede la Ggi-
ra la storia deUa Chiesa. — O.sijv.yt. OtcìMa
cantano gli Angeli in una cauz. giovaDÌleM
P., accompagnando al ciclo l'anima di Bn*
trice.
18. Arnese. In senso simile, il Tasso.-*
Mezzo. C. \IV; Bsr meiza Toscana...
19. Stupor. La ragion naturale ooo iatct'
de il corso delie cose divine » per sola sé.
CANTO XXIX.
5TÌ
Con rista cnrcn di stupor non meno. I
20 Indi rendei 1* aspetto alV alte cose ,
Che si rooviéno incontro a noi si tardi
Che foran \inte da novelle spose.
21 Là dofina mi sgridò: perchè pur ardi
SI neir affetto delle vive luci ,
E ciò che vien diretro a lor non guardi?
22 Genti vid'io allor com'a lor duci
Venire appresso vestite di bianco ;
E tal candor giamniai di qua non fóci.
23 L'acqua splendeva dal sinistro fianco,
E rendea a me la mia sinistra costa ,
S*io riguardava in lei, come specchioanco.
2b Quand* io dalla mia riva ebbi tal posta
Che solo il fiume mi facea distante ,
Per veder meglio a' passi diedi sosta.
25 E vidi le fiammelle andare avante ,
Lasciando dietro a se f aer dipinto:
E di tratti pennelli avean sembiante.
26 Di eh' egli sopra rimanea distinto
Di sette liste , tutte in quei colori
Onde fa V arco il sole e Delia il cinto.
30. Sposb. Oneste e tarde , e meste del
iMciare la casa maierna.
53. Anco. Sempre cosi monda , come nel
e. xxvm.
54. Posta. Cresc. (1. V ): La qual posta
è acconcitsima.
25. Pennelli. Come pennellate tratte nel-
V immenso del cielo , cosi V Otl. Il Monti in-
tende pennelli per banderuole. Men poetico.
E il frani non è, allora , sì proprio. Tasso
( Vili , 32 ] : Qucui aureo tratto di pennel^ si
sUnde. Questo è il lume dalle prime chiese
diffoso nel mondo ; e i frutti dello Spirito
saoto. Ezech., I : Facies eorum , et pennae
Borum exteniae detuper.
26. Cinto. Alone.
27. Stendali. Ezech., I: Sub firmamento,.,
fennae éorum reclae alterìus ad alterum; X:
SUvantia cherubim alas suas, exaitata sunt
a Urrà coram me. — Dieci. 1 sette doni del-
lo Spirito , 0 1 sacramenti , brillano nello
tpccio dei dieci comandamenti della legge
mosaica, li compiono, danno più facile il
mezzo di compierli ; perchè Cristo venne non
totwre sed a4limplere.
28. VENTiorATTRo. I libri dell' Antico Te-
stamento: così s. Girolp interpreta il IV del-
l' Apoc: Super thronos viginti quatuor senio-
ree sedentes. Per ridurli a ventiquattro con-
fici! faradi tutti i profeti maggiori un Ubro^
27 Questi stendali dietro erati maggiori
Che la mia vista; e, quanto amioavTiso,
Dieci passi distavan quei di fuori
28 Sotto cosi bel €iel com' io diviso,
Ventiquattro seniori a due a due
Coronati venian di fiordaliso.
29 Tutti cantavjan : benedetta tiie
Nelle Gglre d* Adamo ; e benedetto
Sieno in eterno le bellezze tue I
30 Poscia cheiGorieraltrefresche erbette
A rimpetto di me dall' altra sponda
Libere Tur de quelle genti elette «
31 SI come luco luce in ciel seconda ,
Vennero appresso lor quattro animali
Coronato ciacun di verde fronda.
32 Ognuno era pennuto di sei ali ,
Le penne piene d'occhi: e gli occhi d* Argo
Se fosser vivi sarebber cotali.
33 A descriver lor' forma più non spargo
Rime , lettor ; eh* altra spesa mi strigoe
Tanto che*n questa non posso esser largo.
34 Ma leggi £zechiel che li dipigne
e un de* minori. — Fiordaliso. Para dottrina.
29. Benedette. Ott.: Cantavano la Ave
Maria. Cant., Il: Sicut lilium inter spinas ,
tic amica mea inter fUias, Cantano Maria per-
chè mezzo di rendenzione ; e perchè i libri
santi son pieni di simboli Gguranti Maria.
Altri intende che cantino a Beatrice : e in*
vero a Beatrice diranno le parole ch'altri vol-
ge a Maria : Veni tponta,
31. Quattro. Evangelisti: Matteo T nomo,
Marco il Icone , Luca il bae, Giovanni l'aqui-
la. — Vkrdb. D' etema vita.
32. Sei. Leggi: mosaica, profetica, evan-
gelica, apostolica, canonica, naturale. Cos i
Pietro. — OccBi. Dinanzi e di dietro : veggen-
ti l'avvenire e 'l passato. Le ali mostrano la
prontezza al bene; gli occhi la vigilanza, (a
mente , e 1' amore. Ezech., 1 : Totum corpuf
oculis plenum in eireuitu ipsarum quatuor,..
Unumquodqueduabìualis velabat corpus suum;
X : Et omne eorpìis earum , et colla, et mch
fiuf, et pennae, et circuii, piena erant octi-
lis in circuUu quatuor rotarum.
34. £zBCHiEL. £z., I: Fidi» ef ecce renhm
turbinis veniebat ab Aquilone , et nubes ma-
gna , et ignis involnens , et splendor in circuii
tu ejus : et de medio ejus quasi species eie-
etri. Et in medio ejus similUudo quatuor ani-
malium,.,et hie aspectus eorum, similitmào
hominii in /lif . Quatwor facies uni , et ^mi-
372
DEL PURGATORIO
Come li vide dalla fredda parte
Venir con vento e con nube e con igne.
35 E quai li troverai nelle sue carte
Tali eran quivi ; salvo eh' alle penne
Giovanni è meco , e da lui si diparte.
80 Lo spazio dentro a lor quattro contenne
Un carro in su due ruote trionfale.
Ch'ai collo d' un grifon tirato venne.
37 Ed esso tendea su T una e V altr' ale
Tra la mezzana e le tre e tre liste ,
Si eh' a nulla , fendendo , facea male.
38 Tanto salivan che non eran viste:
Le membra d'oro avea quant'era uccello»
fuor j>ennae uni . . . JunctaeqtM erant pennae
eorum alteritu ad alterum. Non revertehantur,
quutn Incedereni.,. Haeo erat viiio ditcurrens
in medio animalium : splendor ignis , et de
iffne fulgor egrediens.
35. Giovanni. Àp. , IV : Et qìiatuor ani-
fnalia singula eorum habebant alas »enas: et
in cireuitu , et intus , piena tunt oeulis. Le
quattr' ale d'Ezecliiele, così gì' interpreli, in-
dicano le qaattro età corse Gno allora ; le sei
di Giovanni le sei eU , passate le quali , il
Kedcntore appari.
36. Carro. Chiesa nniversale. Ps. : Currui
Dei decem millibus multipUx, — Due. I due
Testamenti : a destra 11 noovo: e di là le vir-
tù teologiche; a manca le cardinali. Ezecb.»!:
Qwtmque aspicerem ammalia , apparuit rota
una tuper terram juxta animalia, habent
quatuor facies. Et aspectus rotarum^ et opus
earum quasi Visio maris ... Quumque ambula-
rent animalia , ambulabant pariter et rotae
juxta ea ; X : Quum elevarent cherubim alas
SUOI , ut exaltarentur de terra , non reside-
hant rotae , ted et iptae juxta erant* — Gri-
fon. Cristo. La parte d' aquila, il divino;
di Icone, l'umano. F. Giordano: I grifoni so-
no fatti dinanzi a modo d* agugÙa , e di
dietro coms leoni: e sono fortissimi, Apoc, V:
Vicit leo de tribù Juda,
37. Mezzana. Ps. XCIl: Indutus est Dominus
fortitudinem. Chi per le liste intende i sacra-
menti, qui vede l'Eucaristia. — Tu. Aveva
tre liste di luce da una parte e tre dall'al-
tra : sotto di sé quella di mezzo : e con le
•U Don le toccava , tanto 1' ale eran alte. Se
per le liste s'intendano I doni dello Spirito,
in mezzo potrebbesi porre la sapienza, o la
fortezza.
38. Salitan. G. C, come Dio , • si toglie
al vedere dell' uomo. — Oro. Come 1* arca.
Cant., Y: DiUctw meus candidi*! e( ruòtetin-
E bianche V altre di vermiglio miste.
39 Non che Roma di carro cosi bello
Rallegrasse Africano , ovvero Augusto,
Ma quel del sol saria pover con elio:
iO Quel del sol che, sviando, fu combusto
Per r orazion della terra devota
Quando fu Giove arcanamente giusto.
41 Tre donne in giro dalla destra rota
Yenien danzando : l* una tanto rossa
Ch' ha pena fora dentro al foco nota.
k^ L*altr' era come se le carni e l ossa
Fossero state di smeraldo fatte :
La terza parca neve testé mossa.
dus. Ott. ; Come toro ò più prezioso ^ogm
metallo, così la parte ... c/i' avea a ropff»-
sentare la divinitade ... più preziosa , eh§ U
parte eh' avea a significare V umanitads ..* Ls
parti , in che denotava V umanitadt • aram
bianche, cioè verginissime ... e ... misU di mt*
miglio, cioè di caritade. Il fuoco è otiriMl»
allo Spirito Santo , c^ è amore.
39. Africano. Ott.: Il carro diScipian§:A
quale fu ricchissimo , sì per la vittoria MNh
ta della nemicistima Cartagine, e potmttimi
mo imperio ... e crudelissimo duca Annihék;
sì per la smisurata preda , sì per la (i6erUitfi
delU presi cittadini e compagni , li quali Stt
pione trasse delle miserissime carceri a eatmn
d'Affrica. — Augusto. Curules triumphos ffM
egit : Dalmaticum , Actiacum , AlexandriHSsm
( Svet., XXll). Virg., Vili : At Cassar, tri-
plici invectus Romana triumpho Mocnia. VOir
timo cita il vi di P. Orosio : Anni7$A*..
vincitore del Levante tornando , octavo ite
Januariiy nella cittade di Roma entrò eontn
triunfi,,. Quanto questo avanzasse tutti Udl^
tri, si può considerare per la ecceUensa daflt
opere d' Ottaviano; e perocché fu mòlimafa
aUa dignitade imperiale di comune camanli
mento di tutti li Romani, a' quaU era soUù*
posto tutto il mondo.
40. Sviando. Di Fetonte tocca neiriof.,
XVII ; Purg., IV ; Par., XVII. Del carro del
sole, Ov., trad. dall'Ott. : Lo carro era dton
la piegatura della somma ruota era (foro,
l'ordine dei fazzuoli d' arimto , U crisoliti e
gemme poste second' ordine per U gioghi fon-
devano chiari lumi,
41. Tre. Le virtù teologiche della nuova
legge. Fides, spes , charitas ... major horw^
est charitas (Cor., I, C. 13 ).
42. Mossa. Scesa. In altro senso l'Ar..
XVI li : Candido più che neve ancor
mos$a»
CANTO XXIX.
373
&3 Ed or parevan dalla bianca tratto ,
Or dalla rossa : e del canto di questa
L* altre toglién i' andare e tarde e ratte.
hk Dalia sinistra quattro facean festa
In porpora vestite , dietro al modo
jy una di lor eh' avea tre occhi in testa.
ho Appresso tutto '\ pertrattato nodo
Vidi duo vecchi in abito dispari,
Ha pari in atto ed onestato e sodo.
46 L' on si mostrava alcun de' famigliari
Di quel sommo Ippocràte , che Natura
Agli animali fé eh* eli' ha più cari.
VI Mostrava l'altro la contraria cura
Con una spada lucida e acuta ,
43. CAifTO. S. Greg. : Quantum amamui ,
tantum de ipe praetumimus. V amore gaida
Illa fede , la fede accende V amore.
44. Quattro. Le cardinali. — Porpora.
Simbolo d'amore, e di dignità. — Occhi. Se*
nee. : Si prudens es( animus tuuM , tribus tem-
parUnu ditpent$tur : praesentia ordina , et
f^imra prae^de, et praeterita reeordare. Un
amico : Judico prudentem , prius et nune ,
po§tq%»e videniem. La Chiesa ha in sé le virtù
cardinali e le teologiche; la verità della ra-
gione e la rivelata.
45. Nodo. Gruppo, direbber ora. Intorno
al carro. — Duo. Loca e Paolo, Loca scrittore
degli Atti, Paolo, delle Epistole. Scrissero
poi; però vengon dopo.
46. Ippocratb. PauL (CoL, IV): Lucat
wmiieue.
47. Contraria. Misericordia e gioatizia ;
amore a scienza.
48. Quattro. Dottori. S. Gregorio , delle
cote morali ; s. Agostino , delle dispute dom-
maUche; s. Ambrogio , del predicare ; a. Gi-
Tal che di qua dal rio mi fé paura.
i8 Poi vidi quattro in umile paruta,
E diretro da tutti un veglio solo
Venir dormendo con la faccia arguta.
49 E questi sette col primato stuolo
Erano abituati , ma di gigli
D' intorno al capo non facevan brolo ,
50 Anzi di rose e d* altri fior vermigli:
Giurato avria poco lontano aspetto
Che tutti ardesser di sopra da cigli.
51 E quando 1 carro a me fu rimpetto,
Un tuon s' udio: e quelle genti degne
Parvero aver 1* andar più interdetto ,
52 Fermandos* ivi con le prime insegne.
rolamo , della storia. Ezech., X .* Et ìndi, ei
ecce quatuor rotae juxta cherubim ... $peeid$
autem rotarum erat quasi Visio lapidis ehr^
soliti, — Solo. Bernardo , contemplante. Altri
UB* quattro vede gli autori delle lettere cano-
niche : Giacomo , Pietro , Giovanni, Giuda:
nel vecchio , Giovanni. Così Giovanni entra-
rel^be in tre luoghi. Troppo. E l'umile aspet-
to meglio si conviene a' Dottori. E Bernardo
è chiamato sene nel Par.» XXXI ; e come con-
templante lodato.
49. Stuolo. Vestiti come i seniori. Par.
( XXXI , 20 ) : Vestito con le genti gloriose,'^
Brolo. Giardino. Così chiama una corona di
fiori; come chiamò primavera i fiori da Pro-
serpina colti ( e. XXVIII ). Virg. : Vmbrata...
tempora quereu.
50. VBRXiaLi. D'amore.
51. TuoN. Così nell' Àp. , cit. dall' OU. :
Voce di grande tuono quasi tromba,
52. Insigne. Così nelle processioni» primi
si fermano i gonfaloni.
37»
DEL PURGATORIO
CANTO XXX.
ARGOMENTO.
Tutti 9i fermano, Salomone invita Beatrice, la sapienza, a venirt. EUa timi
tra gli Angeli in Itelo trionfo. Virg. dispare : l umana sapienza dà luogo aW ••
tema. Rimproveri di Beatrice agli errori di Dante. I canti angelici lo eonmÀamK
e piange. Qui piucchè mai si conosce la parte simbolica e la parte storica delk
visione, la morale e la politica, la divina e V umana. Vedremo d€Me note eom§ i
semi della visione già fossero nella V. Nuova, e nelle poesie giovanili.
Questo XXX è forse il primo canto del poema ideato da Dante : poi la tela gli ai
allargando in si mirabile modo.. .
Vedi le terzine 1, 3, 5 ; la 8 alla 13; te ift alla 19 ; lA 25 alla 33 ; la 36, 40, 41,
43, 45, 47.
1 Quando 1 settentrion del primo cielo ,
Che né occaso mai seppe né òrto
Né d* altra nebbia, che di colpa , velo ,
2 E che faceva II ciascuno accorto
Di suo dover, come 1 più basso face
Qual timon gira per venire a porto ,
1. Settentrion. I sette candelabri parago-
nati dal P. alle sette stelle dell' orsa maggio-
re. Vennero dalle fredde parti, dice Ezechie-
le. — Cielo. Empireo onde discesero. — ur-
to. Perchè sempre immobile, o, come dice
altrove, sempre quieto. — Velo. La culpa no-
stra sola ci vela quella beatitudine.
2. Dover. I doni dello Spirito santo , o i
sacramenti, additano all'uomo la via del be-
ne, e vel confermano. — Basso. L* orsa mag-
giore, segno a* naviganti.
3. Gente. I ventiquattro sì volgono al car-
ro: i libri del vecchio Testamento conferma-
no il nuovo. Cosi il vecchio del XIV. dell' in-
ferno si volge a Roma siccome a suo specchio.
Fermo s' affìsse , la gente verace
Venuta prima tra '1 grifone ed esso
Al carro volse sé come a sua pace.
E un di loro , quasi da ciel messo ,
Veni , sponsa , de Libano , cantando
Gridò tre \oIte, e tutti gli altri appresso.
4. U?L Salomone innamorato della sapiens
(Sap., XI), come il P. di Beatrice : quasi is-
viato a nome di tutti. Cent., IV : Tota fià'
chra et , amica mea , et macula nom ut is
fa. Veni de Libano, tponta mea , vem é$ ik
ÌHino , veni , coronaberù ... d« eMiihm Is^
num , de montibus pardorum. Veni è qui i^
plicato tre volte. — Libaho, Altezza della vìf
tu. In una canz. composta , vivente Beatfkit
è detto che il cielo a sé la chiama, la da»
manda a Dio : E ciascun santo né fnds
mercede, E quivi pure dice che coloro dM
scenderanno all'Inferno dopo vedutala, diras-
no : l' vidi la speranza de' beati.
CANTO XXX.
375
5 Qaale ì beati al novissimo bando
Sorgeran presti, ognun di sua caverna,
La rivestita carne alleviando ;
6 Colali in su la divina basterna
Si levar cento ad vocem tanti senti
Ministri emessagger di vita eterna.
7 Tutti dicean : benediclus qui venis ,
£ tior gittando di sopra e dintorno ,
Manibus o date lilia plenis.
8 lo vidi già nel cominciar del giorno
La parte orientai tutta rosata ,
£ r altro ciel di bel sereno adorno;
9 E la faccia del sol nascere ombrata,
SI cbe per temperanza di vapori
L'occhio lo sostenca lunga fiata.
5. Alleviando. Tasso: Quel corpo in cui
già Vìue alma $ì degna , Lo qual con esia
ancor lucido e leve E immoìrtal fatto , riunir
si deve.
6. Basterna. Carro simile al pilentum eh*
art proprio delle matrone ( Servio ). L* asa
Faiio ( Ditt. , I, 27 ). Basterna , dice Pie-
tro t carro decurato di panni , secondo Ugac-
flione. Voce gallica. Sopra una basterna an-
davano , dice la cronaca , Clotilde e Clodoveo.
7. Bbnedictus, Cosi cantavano gli Ebrei a
Gesù entrante in Gerusalemme ( Matth. , XXI).
Oo&i forse i santi al Grirone , simbolo di Ge-
gfl. Altri intende detto al P. , al quale un An-
gelo disse già : Venite , benedicti patrit met
( XXVII , 20 ). — JklAMBUS. Virg. ( VI, 8a4)t
Airpttreof ipargam floret,
9. Temperanza. Cresc. ( I. X ) : Distempe-
tanxa del caldo e del sole. Ott. : Moitra che
dia iia velata • . . occiò che V occhio , cioè
émUlletlo umano, possa, mediante la mistica
e f^rativa scrittura , sofferire li raggi.
10. Fiori. Cant. : Fulcite me floribus. In
ooa canz. di Dante è l' imagine d'una nuvo-
letta eoo angeli intorno a Beatrice. Vita Nuo-
va : Io immaginava di guardare verso il cie-
lo f e parevami di vedere moltitudine d' an-
geli li quali tornassero in suso , ed avessero
dinnanzi da loro una nuvoletta hianchissima;
e pareami che questi angeli cant<usero glorio-
wamesUe. Canz. detta : E vedea che parean
pioggia di manna , Gli Angeli che tornavan
tmso in cielo; Ed una nuvoletta avean da-
vastU, Dopo la qual gridavan tutti Osan^
«a. — Angelicub. In un'altra canz. : D'un'An-
fata che in cielo è coronata ... Che mi par
di fséd^r lo cielo aprire, E gli Angeli di Dio
quaggiù vmire, Per volerne portar l'anima
sansa Di questa in cui onor (aerò si canta.
10 Cosi dentro una nuvola di fiori ,
Che dalle mani angeliche saliva
£ ricadeva giù dentro e di fuori ,
11 Sovra candido vel, cinta d'oliva ,
Donna m* apparve sotto verde manto ,
Vestita di color di fiamma viva.
12 E lo spirito mio , che già cotanto
Tempo era stato che alla sua presenza
Nun era di stupor tremando affranto,
13 Senza degli occhi aver più conoscenza,
Per occulta virtù che da lei mosse
D' antico amor senti la gran j)otenza.
ik Tosto che nella vista mt percosse
L* alta virtù che già m* avea trafitto
Prima eh' io fuor di piierizia fosse,
•
11. Vel. V. Nuova : Pareami che donne
coprissero la sua testa con un bianco velo.
E in una canz. : Vidi voi donna portare Ghi^
landetta in fior gentile. Sopra voi vidi volare
AngioUl d* amore umile. — Verde. Alano , ^
della Teologia : Claudit eam vestis auro per-
fusa refulgens, — Fiamma. In un sogno vid*
egli , giovanissimo , Beatrice avvolta in un
drappo sanguigno ; e Amore cbe la portava
per r alto. E all' età di ott' anni , racconta
nella Vita Nuova , com' ella gli apparisse v^
stila di rubicondo colore, umile ed onesta ...
nella guisa che alla sua giovinetta età si
convema. Altrove: Mi pareva vedere questa
gloriosa Beatrice con quelle vesti sanguègne
colle quali apparve prima ^gli occhi miei ; e
pareami giovinetta in simile età , a quella m
cAe prima la vidi. Il verde manto , il bianco
velo, la rossa veste sono imagine delle tre
virtù : onde in Beatrice vedremo cbiaramente
Ognrata la virtù insieme e la scienza.
12. Affranto. V. Nuova : In quel punSo
( che prima vide Beatrice ) lo spirito della vi-
ta il qual dimora nella segretissima camera
del cuore cominciò a tremarsi fortemente, cho
appariva nelli menomi polsi visibilmente. JSi
pareva sentire un mirabile tremore cominciar
nel mio petto dalla sinistra parte : e disten-
dersi sì di subito per tutte le parti del mio
corpo ... Bocc! GU spiriti miei, li quali spo-
ventati tutti, treman nel vostro cospetto.
13. Conoscenza. Il velo la copriva. —
SentI. Una sua canz. comincia : Io sento ei
d*amor la gran potenza.
14. Vista. Delle suo forme. — Fuor. V.
Nuova : Quasi dal principio del suo anno no-
no apparve a me: ed io la %ndi quasi al ^
ne del mio. E questo medesimo dice con pe-
rifrasi aslronomict , coma suole nella D. Com-
/
37«
DEL PURGATORIO
15 Volsimi alla sinistra col rispilto
Col quale il faDtolln corre alla inamma
Quand'ha paura, o quando egli è adlilto,
16 Ver dicere a Virgilio: meo che dramma
I)i sangue m* è rimasa che doq tremi;
Conosco i segni deir antica fiamma.
17 Ma Virgilio n' avea lasciati scemi
Di so , Virgilio dolcissimo padre ,
Virgilio , a cui per mia salute diómi.
18 Né quantunque perdéo l'antica madre
Valse tilU; guance nette di rugiada
Clie lagrìinaudo non tornassero adre.
10 Dante , |>ercliè Virgilio se no vada,
Non piangere anco, non piangere ancora.
Che pian.L(T ti convien per altra spada.
media. Onde i giri scientifici erano in lai vez-
zo antico, e quasi necessità dell'ingegno
suo. — PUERIZIA. Ch' è fino ai (;[uattordicì an-
ni. L'austerità degli amori e la dolcezza dei
teneri afTetti per tempo incominciarono a Dan-
te. Ma perché nelle anime profonde la gioia
stessa è nutrita dal pianto , quasi fiori da ri-
vo corrente ; e perchè nel dolore doveva esse-
re sublimata quell'anima, noi vediamo quan-
to fosse in codesto amore d' arcana e religio-
sa mestizia. Se ne legga la Vita Nuova ; si
per vedere a quanta dignità ed evidenza e
franchezza avesse quest'uomo, prima che la
poesia, elevata la prosa italiana; s) perchè
gli uomini rari , quando parlano de' secreti
dell'anima propria, sempre sono d'attenzio-
ne degnissimi. E già fin dal trecento l'Italia
aveva un esempio di quelle Confessioni o Me-
nuorie che al presente c'inondano.
15. RispiTTO. Come detpUto nel Petr. Qui
vale modo di riguardare ( re$picio j e di con-
tenersi , non già riverenza. Vale tutt' al più
umile alTetto.
16. Segni. Virg. ( IV, 23 ] : Agno$co veteris
vestigia flammae,
17. Scemi. Inf. , IV: La setta compagnia
in duo $i scema. — DoLCissiflo. Sempre lo
chiamò dolce padre : ora che lo perde , dol-
cissimo,
18. Madbb ( e. I. ). Né le delizie da Eva
perdute m'impedirono che le guance già da
Virg. purgate d' ogni mondana fuliggine non
s' iruorbidasser di pianto. — àdrb. Ott. :
Quand'uomo piange ... abbuia ... nel viso.
19. Dante. Duranfè'è il nome intero. So-
gna Fr. Bandino, gramm. aretino, che vede
alcuna cosa di Dio nei nome di Dante : dans
theos ( FoDS memorabilium univ., pari. Vj. —
Ancora. Ripete; come poi : J^en lon» fren jon
20 Quasi ammiraglio clie'n poppa edioprort
Viene a veder la gente che ministra
Per gli alti legni , ed a ben far la 'neon;
21 In su la sponda del carro sinistra
(Quando mi volsi al suon del nome mio,
Che di necessità qui si registra ),
22 Vidi la donna che pria in* appario
Velata sotto l'angelica festa
Drizzar gli occhi vór me di qua dal rio.
23 Tutto che'l vel che le scendea di testa
Cerchiato dalla fronde di Minerva,
Non hi lasciasse parer manifesta,
2i Realmente neir atto ancor proterra
Continilò , come colui che dice
E '1 più caldo parlar dietro riserva :
Beatrice, — Spada. La Chiesa : Doloris fb-
dttif. Ott..* Tu hai altro asofferire, che esm-
re abbandonato dalla ragion jUosojica,
21. Si^riSTBA. Perchè non puro (e. XIVHI,
9 ). Ott. : In $uUa sinistra , cioè m $ul tf#-
chio Testamento, ch'i iolamenie a quéUaw
ta attiva inteso. — Necessità. Con?. (I,
2 ) : Non it concede per li rettorici , aìiwm
di sé medesimo sanxa necestaria cagUnmptih
lare. E intra V altre necessarie cagioni , èt§
tono piò manifeste ... V altra è quando fsr
ragionare di tè , grandissima utilità n§ segm
altrui per via di dottrina, E qtiesta foféaai
motte Agottino nelle Conf, a parlare éi di
che , per lo procetto deUa sua vita lo
fu di màio in buono , e di buono tu
re , e di migliore in ottimo , ne diede
pio e dottrina , la quale per più véro
monio ricevere non si poteva. Ott. : Com
che la donna il chiamasse per tunno^ per
cagioni : (* una , perchè certa fosse la
na , in tra tante , alla quale diriszava U m$
termone ; V altra , perocché come piii odiar
i citte nello umano parlare il nomorf la pevws
na per lo proprio nome , in ciò che pia ft^
feiione si mostra ; cosi più pugne il ripfmtir
vo, quando la persona ripresa daUa rifrmr
dente è nomata,
22. Occhi. Attraverso il velo : Uni' eran p«-
senti.
23. Minerva. Lat. : Fronde Minervae.
24. f ROTERVAy Conv. : Eita fUoso/ia pano
a me ... fiera, che non mi ridea , in quaote
le tue persuasioni ancora non intendea ; e
disdegnosa, che non mi volgea V occhio, cisè
ch*io non potea vedere le sue dimostrasiem.
E di tutto questo U difetto era dai mio ia-
to. — Riserva. Consiglio eh' e' dà a' dicitari
nel Conv. tratto dal 11 de' Ratt. di CicertM.
CANTO XXX.
S7T
25 GQ«rd8niiben:beD8on,beD80DBeatrìee.
Come degnasti d'accedere al monte?
Non sapéi tu che qui è V uom felice ?
26 Gli occhi mi cadder giù nel chiarofonte:
Ha veggendomi in esso io trassi airerba;
Tanta vergogna mi gravò la fronte I
27 Cosi la madre al figlio par superba
Com' ella parve a me, perchè d'amaro
Senti 'I saper della pietate acerba.
28 Ella si tacque, e gli angeli cantaro
Di subito : in te , Domine , speravi ;
Ma oMre pedes meos non passare.
29 SI come neve tra le vive travi
Per lo dosso d'Italia si congela
Soffiata e stretta dalli venti Schiavi ,
30 Poi liquefatta in sé stessa trapela,
Pur che la terra che perde ombra spiri ,
SI che par fuoco fonderla candela;
31 Cosi fui senza lagrime e sospiri
Anzi 'I cantar dique'che notan sempre
Dietro alle note degli eterni giri.
32 Ma poiché *ntesi nelle dolci tempre
S5. BiR. Boet. (1. I ) : Tum vero totii in
fm tMftnla luminibui, fune iUe u, at(, gyi
noetro' qwmdam laete nutritui ..J Atquitalia
eonimleramui arma, quae nisi prius abjecii-
Mf , mvicta te firmitate tuerentur. J^oscis-ne
m9 ? Quid tacet ? pudore an ttupore tUuisti ?
maUam pudore; sed te , ut video , ttupor op-
pnetii, Quumque me non modo tacitum sed
dMfiMm pronue mutumque viditset. — Bea-
xaiGi. T. N.; Fu chiamata da molti Beatrir
«• « li filali non tapevano che ti chiamare.
95. YBG«BNDOifi. Virg. : Me in Utiore vidi.
S7. Madbb. Bibbia: Quem ,•. diUgit Domi-
mu$ eaetigat, V Ecclesiaslico : Chi ama lo fi-
$Uitùl suo , continuo il flagella , acciò che ul-
tmarsente s* allegri,
88. Ansili. Per essi inteDde Pietro i bno-
■i pensieri. — /iir. Ps. XXX: Odisti observan-
im vamtates , supervaeue. Ego autem in Do-
mino speravi: exultabo , et laetabor in mi-
sericordia tua, Quoniam retpexisti /lumtttlo-
ftm meam ... nec conclusisii me in manibut
inimici: statuisti in loco spatioio pedes meos.
Poi seguono cose inopportane allo stato di
Dtote : però qui gli Angeli interrompono il
canto. E rispondono cantando, per lui che
non può dire.
S9. Nbvb. V. Nuova: Siccome ialora vede-
rne cadere l'acqua mischiata di bella neve,
enei mi parve vedere le loro parole mischiate
di sospin. — Travi. Virg. C VI, 181 ) : Fraxi-
neaeque Irato. Ov. ( Met., Vili, 13o ): Silva
Lor compatire a me, più che se detto
Avesser: donna, perche si lo stempre?—
33 Lo gel chem'era*ntornoalcuorristrettOy
Spirito ed acqua fessi , e con angoscia
Per la bocca eper gli occhi usci dei petto.
34 Ella pur ferma in su la destra coscia
Del carro stando , alle sustanzie pie
Volse le sue parole cosi poscia :
35 Voi vigilate neir etemo die ,
Sì che notte nò sonno a voi non fura
Passo che faccia 'I secol per sue vie.
36 Onde la mia risposta è con più cura
Che m' intenda colui che di là piagne ,
Perchè sia colpa e duol d*una misura.
37 Non pur per ovra delle rote magne
Che drizzan ciascun seme ad alcun fine
Secondo che le stelle son compagne ;
38 Ma per larghezza di grazie divine ,
Che si alti vapori hanno a lor piova
Che nostre viste là non van vicine ,
39 Questi fu tal nella sua vita nuova
Virtiialmente , eh* ogni abito destro
frequens trabibtis, — Dosso. Apennini. — 9cbu-
VI. Che all' Italia vengono di Sebiavonia.
30. Terra. L'Africa: della quale alcune
regioni tra i due tropici sono nel mezzodì
sottoposte perpendicolarmente al sole ; onda
i corpi non gettan ombra. — Spiri. Vento che
di lì viene all' Italia caldo.
31. Notan. Come solfeggiare da lol/a, che
son le note del canto , cosi qui notare per
canto, Platone sentiva l'armonia delle sfere
rotanti: il P. fa che alle sfere armonizzino i
canti degli Angeli. — Dietro. Inf. , XXllI :
Distro alle poste delle care piante,
33. CoMPATiEB. M' invitavano con quel sal-
mo a speranza.
34. Ferma. Si volse un istante a sinistra
per parlare al P.: poi tornò a destra; e par-
la agli Angeli, sempre ferma da questa par-
te , lungo tutto il discorso. Oti. : AUa parte
diritta del carro, cioè in sul nuovo Testar
mento,
37. CoMPAGMB. Ott. : L* tn/fuenfa de* pia-
neti è temperata o mutata da quelUt delle
stelle.
39. Nuova. Così chiama la gioventù, qui
e nel libro che ha questo titolo. Inf. , XXXlIlc
Età novella. Par., XVII: iVoveUa e(d. — Di-
stro. Fausto. In Virg. più volte. — Prova.
Ciò. ( Tusc., Ili ) : Sunt . . . ingeniis nostris
semina innata virtutum : quae si adoleseere
liceret , ipsa nas ad beatam vitam natura par-
dtic^rsf.
h8
n»
DEL PURGATORIO
Fatto averebbe in loi mirabil prova.
JU) Ha tanto più maligno e più Silvestro
Si fa 1 terreo col mal seme e non colto,
Qiiant*eg1ì ha piùdibuonvigorterrestro.
fcl Alcun tempo'l sostenni col mio volto:
Mostrando gli occhi giovinetti a lui ,
Meco '1 menava in dritta parte vòlto.
h2 SI tosto come in su la soglia fui
Di mia seconda etade e mutai vita ,
Questi si tolse a me e diessi altrui.
43 Quando di carne a spirto era salita,
E bellezza e virtù cresciuta m*era,
Fu' io a lui men cara e men gradita.
kk E volse i passi suoi per via non vera,
Immagini di ben seguendo false
40. Silvestro. Si noti il frequente oso di
parole che destino i' idea di telva, — Quan-
ta. S. Aag. ( De som. booO ) : Sicut ignis quan-
to magis Ugna naeejnit in majorem flammam
erigitur , ita malui homo quanto magii ratio-
n§fn audierit , iemper in majoretn malitiam
excUatur. Codt. : Se questo { V appetito del-
l'animo ) non è bene culto , sottenuto diritto
per buona consuetudine , poco vale la semen-
ta ; e meglio sarebbe non essere seminato, E
però vuole t . Agostino , e ancora Aristotele
nel II dell* Elica, che Vuomo s'ausi a ben
fare e ... acciocché questo taUo per buona con-
suetudine induri ... iiechè possa fruttificare e
del suo frutto uscire la dolcezza deUa umana
felicità.
41. GiOTiNETTi. Bocc. ( V. D. ): Era B, as-
sai leggiadretta secondo V usanza fanciullesca,
e ne' suoi atti gentile , e piacevole molto, con
costumi e con parole casaipiù gravi e mode-
ste che'l suo piccolo tempo non richiedeva.. *
In una canx. il P. : Sua beltà piove fiammel-
le di fuoco Animate d' un spirito gentile Ch'è
creatore d* ogni pensiero buono ; E rompon.,.
€l' innati vixii che fanno altrui vile. In altra:
Chi veder vuol la salute . Faccia che gli oc-
chi d' està donna miri,
42. Soglia. Conv. ( 1. I ) : iiU' entrata di
mia gioveutute. — Seconda. Nel Conv. divide
la vita in adolescenza, gioventù, senettù ,
Che nulla promission rendono intera.
65 Né r impetrare spirazion mi valse,
Con le quali ed in sogno e altrimenti
Lo rivocai : si poco a lui ne calse.
66 Tanto giù cadde che tutti argomenti
Alla salute sua eran già corti
Fuor che mostrargli le perdute genti.
VI Per questo visitai 1* uscio de morti
E a colui che 1' ha quassù condotto
Li prieghi miei , piangendo furon porti.
hS L* alto fato di Dio sarebbe rotto
Se Lete si passasse , e tal vivanda
Fosse gustata senza alcuno scotto
49 Di pentimento che lacrime spanda
senio. E della prima : Nullo duhita , ma eie-
scun savio Raccorda, ch'ella dura infine al
venticinqìiesimo anno. Beatrice mori nel XIH
( Bocc, V. D. ). — Altrui. S'invaghì didoa-
na gentile che mostrava pietà del suo ltB|a
dolore (Vita Nuova). E poi d'altre donae.
43. Salita. Il dì 9 ottobre 1290. —Caia.
Qai Beatrice parla come donna , e come sia-
bolo de' sacri studii , e d* ogni virtù. Jer.» II:
Numquid non istud factum est Obi , qmia eh
reliquisti Dominum Deum tuum eo témpen,
quo ducebat te per viam ?
44. Via. Is., LXV : Graditur in ma em
bona post cogitationes suas. — Intsra. BaH.
( III , 8 ): NU^il ... dubium est, quin ha» ai
beatitudinem viae deviae quaedam ami, MI
perducere quemquam eo valeant, ad qmàm
perducturas esse promittant. Più sotto : Qmm
nee praettare , quae polUcentur bona posneii
45. Sogno. Qaesti sogni in lai freqiMMi
(V. Naova) gli avranno ispiraU l'idea dd
poema.
47. Uscio. Sap. XVI : Portai «lorfii. —
Piangendo ( Inf./ II, 39 ).
48. Fato ( Inf., IX ). — Vivahda. Il fm-
dono. — Scotto. Per scottamento intende II
Tasso ( t. XII , p. 330 ). Altri teoffo qaei
tanto che si paga da ciascuo corameosale. 1^
sto col Tasso.
370
CANTO XXXI,
ARGOMENTO.
E* confèsia i proprii falli : rimproverato di nuow y confetta pti chiarox dòp*
pÙL umiliazione , neeettaria alla gioia di tanto tpettacolo. matelda lo patta di là
da Lete ; lo tuffa neW aequa tutto : ond* egli obblia il mal commetto. Le quattro
wriù naturali danzando gli pattane il braccio tul capo : lo menano di faccia al
Grifone e a Beatrice: le tre virtit crittiane la pregano gli ti sveli. Il velo ti toglie.
Canto toUo morale ; De a polìtica lo tofceresti, senza falsare V idea del P. È grandezza
Tei* presentar sé cooftiso e confesso in tanta gioia della terra e del cielo.
Kou le terzine 1, 2, 3, 6, 7, 9, 11. 14, 15, 17, 18, 19, 22, 23, 24, 26, 28;
U 30 alla 37 ; la 39 aUa 42; la 45 e la 48.
i O tu che 8e*di là dal fiume sacro
Solgendo suo parlare a me per punta ,
e pur per taglio m' era parut' acro ,
S Ricominciò , seguenda senza cunta ),
Di'* di* se questo ò vero. A tanta accusa
Tua confessioDconvieneessercongiunta.
3 Era la mia virtù tanto confusa
Che la Toce si mosse e pria si spense
Che dagli organi suoi fosse dischiusa.
k Poco sofferse , poi disse : che pense?
Rispondi a me ; che le memorie triste
Io te non sono ancor dall* acqua offense.
i. Taglio. Qoando parlava agli Angeli. V.
e. precedente.
2. Di*. La filoso6a del pari costringe Boe-
zio a confessare i sooi falli. Bello vedere
qoesti dae sapienti iofeiici che dal dolore
traggono cagione di umiltÀ virtuosa e di la-
crime sante. — Conviene. Jer. ( IH , 13 ) :
Setto iniquUatem tuam , quia tu Dominum
Ihum tuum praevarieata et.
3. Voci. Virg.: Yoqì faueilme kateii*
5 Confusione e paura insieme miste
Mi pinsero un tal ti fuor della bocpa
Al quale intender fu mestier le viste.
6 Come balestro frange, quando scocca,
Da troppa tesa la sua corda e Y arco ,
E con men foga V asta il segno tocca ;
7 SI scoppia* io sott' esso grave carco ,
Fuori sgorgando lagrime e sospiri ;
E la voce allentò per lo suo varco.
8 Ond' eli* a me: per entro i miei disiri
Che ti menavano ad amar lo bene ,
Di là dal qual non è a che s* aspiri ,
4. Pbnsb? Simili parole Virgilio al P. nel
V deir lof., in occasione ben altra.
6. Frange. Neutro. Come rompere. Da ar-
co rotto la freccia esce via con men foga.
7. Lagrime. Virg. : Laeriman$qu9 gemene-
que ; Et via vix tandem voci laxata dolore
est. Di sospiri grandissimi ed angosciosi , e
di pentimenti parla pare nella V. Naova quan-
do e' rista dall'amare la donna che sì gli pit*
eque dopo moria Beetrìee.
880
DEL PURGATORIO
9 Qaai fosse attraversate o qaai catene |
Trovasti , perchè del passare ionanzi
Dovessiti cosi spogliar la spene ?
10 E quali agevolezze o quali avanzi
Nella fronte degli altri si mostraro
Perchè dovessi lor passeggiare anzi ?
11 Dopo la tratta d' un sospiro amaro
A pena ebbi la voce che rispose ,
£ le labbra a fatica la formare.
12 Piangendo dissi : le presenti cose
Col falso lor piacer volser miei passi
Tosto che 1 vostro viso si nascose.
13 Ed ella : se tacessi o se negassi
Ciò che confessi , non fora men nota
La colpa tua : da tal giudice sassi.
ih Ma quando scoppia dalla propria gota
L' accusa del peccato , in nostra corte
Rivolge sé contrari taglio la ruota.
15 Tuttavia, perchè me' vergogna porte
Del tuo errore, e perchè altra volta
Udendo le Sirene sie più forte ,
16 Pon gìùlseme del piangere, edascolta:
SI udirai come in contraria parte
Mover doveati mia carne sepolta.
17 Mai non t appresentò natura od arie
9. FossK. Petr.: E te tornando aW amoro-
ga vita Per farvi al bel de$io volger le tpaUe,
Trovaste per la via fossati o poggi; Fu per
mostrar quanVè spinoso calle ... Onde al ve-
ro valor convien ch*uom pog^,
10. Atanzi. Per uCtit , in Bocc. (X, 8 ) ;
Qua* meriti, quali avanzi avrebbon fatto Li-
sippo non curar di perdere i suoi parentif,, —
Anzi ? Passtre e ripassare dinanzi a loro.
11. A PENA. Boet. : Tum ego coUecto in vi-
res animo ...
12. Dissi. Mostra la neeessiU del confes-
sare in parola 1' opera mala.
14. Corte. Di giustizia. — Ruota. Se la
pietra da arrotare o dar il filo a'ferri si vol-
ge contro la schiena del coltello , 1* aguzza ;
se contro il taglio , lo guasta.
15. Sirene ( e. XIX ). Boet. : Seirtnes usque
in exitium dutces,
16. Sene. Ps. : Seminani in lacrimis. Fi-
lemone , tradotto dal Navagero : Dolor, ut
ipsa fructui arhor, sic lacrimas habet.
17. Mai. Dice in «na canzone di lei viven-
te : Che non può mal finir ehi Le ha parlato.
In questo verso é H germe dell' intera Gom-
roedia. — Terra. Par. ( XXV , 42 ) : /n ter-
ra è terra il mio corpo,
18. FalUo. Mancò. Inf., XIU: FMa lal$na.
Piacer, quanto le belle membra in eh* io
Rinchiusa fui , e che son terra sparte.
18 E se 1 sommo piacer si ti tallio
Per la mia morte , qual cosa mortale
Dovea poi trarre te nel suo disio?
19 Ben ti dovevi per lo primo strale
Delle cose fallaci levar suso
Diretro a me che non era più tale.
20 Non ti dovea gravar le penne io giuso
Ad aspettar più colpi o pargoletta
0 altra vanita con si breve uso.
21 Nuovo augelletto due o tre aspetta;
Ma dinanzi dagli occhi de' pennuti
Rete si spiega indamo o si saetta.
22 Quale i fanciulli vergognando muti
Con gli occhi a terra stannosi ascoltando,
£ sé riconoscendo e rìpentuti ;
23 Tal mi stav* io. Ed ella disse: quando
Per udir se* dolente, alza la barba ,
E prenderai più doglia riguardando.
2i Con men di resistenza si dibarba
Robusto Cerro ovvero a nostral vento
Ovvero a quel della terra d' larba,
25 Ch*io nonlevaial suocomando il menlo.
E quando per la barba il viso chiese ,
19. Strale. Percosso dal primo dolore n-
nuto in te dalla conoscenza delle moodw
fallacie, dovevi levarti a Dio, dietro a OM.
20. Pargoletta. Non la Lucchese eh' ci
conobbe ben dopo il 1300, ma altra. Una SM
canz. comincia : t mi $on pargoleUm , àitfl
6 nova. — Uso. Petr. : Breve eogno, V Ott>
dice : Che né quella giovine , la ^maU cK
nelle ane Rime chiamò pargoletta , né qmSk
Lis^tia , né quelV altra montanina , ni f«iBi
né' ifueW altra li dovevano gravare le p9nm$éir
le ale in giù, tanto eh* elli fosse ferito da we»
ftmtie, o quasi simile strale.
21. Pennuti. Pro?., 1: Frustra ... juitar
rete ante ocutos pennatorum. Psalm. CXVIll,
110 : Posuerunt pecoatores laquemm wàkU P&>
CXXllI : Ànima nostra sicut pas»er erepta eU
de laqueo venantium, Eccl. (VII, 27): Jl«b>
lem ... /allieta venatorum est. Jer. ( Tbr.,Illf
52 ): Venatione ceperunt me quasi amm, iti-
miei mei gratis.
24.NosTRAL.Borea.— lARBA.GetQlia(Aea.,nO*
25. Barba. Kiroprovcra a lui non più ■»*
vo augello , e già maturo le quasi puerili M*
lìe. Juv.: Quaedam cum prima reseeentur en-
mina barba. Virg. : Libertas : quae,wtt
tamen respexit inertem , Candidior poiffMMi
lofM^lt ^afkl 9adebat*
CANTO XXXI.
S81
Ben conobbi 1 yelen deH' argomento.
26 E come la mia faccia si distese ,
Posarsi quelle belle creature
Sa loro aspersion l'occhio comprese*
97 E le mie luci ancor poco sicure
Yider Beatrice vòlta in su la fiera
Ch* è sola una persona in duo nature.
28 Sotto suo Telo e oltre la riviera
Verde parearoi più so stessa antica
Vincer, che l'altre qui qnand'ella e* era.
29 Di pentir A mi punse ivi Tortica
Che di tutf altre cose qual mi torse
Più nel suo amor , più mi si fé nimica.
80 Tanta riconoscenza il cor mi morse
Ch' io caddi vinto: e quale allora fémmi
Salsi colei che la cagion mi porse.
81 Poiquandoil cor virtù difuorrendemmi,
La donna eh' io avea trovata sola ,
Sopra me vidi; e dicea: tiemmi, tienuni.
S5. AsmsToN. Perchè meglio vegga le cose
che seguono, cessano gli Angeli da gettar fiori.
XT. VÒLTA. La teologia , dice Pietro , dal
miovo Testaménto in poi : Speculatur divini-
tolam et humanitatem Chriiti. — Su. Ell'era
sol carr* , il Grifone tirava il carro. E con-
fessiamo che r alto non è degno gran cosa
del Cristo liberatore.
58. Vblo. (XXIX, 9). — Antica. Vivente.
59. OUTICA. Bocc. : Ortica d* amon* Me-
tafbra non beliissima , ma simile ai triboli
da coi venne il comunissimo tribolazione, Jer.
( XXXI , SI } : Confunu sum , et erubui , quo"
miam muHnuiopproorium adoùteeniiae meae,.,
Suiht9 ti6t tpeeulam,pon9 tibi amarittidinu.
80. RicoNoSCBMZA. Vili. (VI, 89): /ptc-
mNoH ti rieonotcono, V. S. Padri : La tribù-
lostone fa V uomo rieunoseere tè tnedesimo.
E fino ai tempi di Bossuet ( Disc, sur Thist.
Bn. ) sa recontuiflre valeva pentini. Profondi
degania t
31. Sola. Matelda. C. XXVIII: Una donna
•oiaua.
32. Fichi. Fatto il proponimento del bene,
e pentito del male , può V uomo dimenticare
il passato. — Spola. Fatta a guisa di bar-
chetta , che nel tessere scorre molto da una
banda all' altra dell' ordito , a stendervi per
entro la trama che seco porta.
83. Me. Ps. L ! Afperge* ma hyttopo , al
mmndabor : lavabit nu , et tupér nioem deal-
habar, Audiiui meo daVie gaudium , et laeti-
tiam : et exultabunt cesa humitiata, A che
risponde il fine della cantica : Rifatto t» co-
UN piotila aomUs. Questa aniifopa eantasi le
32 Tratto in*avea nel Game ìnfino a gola
E tirandosi me dietro , sen giva
Sovresso l'acqua , lieve come spola.
33 Quando fui presso alla beata riva ,
Aspergei me si dolcemente udissi
Chlonol so rimembrar,non ch'io loscriva.
31^ La bella donna nelle braccia aprissi ,
Abbracciommi la testa e mi sommerse ,
Ove convenne ch'io l'acqua inghiottissi*
35 Indi mi tolse e bagnato m' offerse
Uentro alla danza delle quattro belle :
E ciascuna col braccio mi coperse.
36 Noisemquininfe,enelciel8emostdle.
Pria che Beatrice discendesse al mondo
Fummo ordinate a lei per sue ancelle.
37 Menremtiagli occhisuoi:ma nel giocondo
Lume ch*ò dentro aguzzeran li tuoi
Le tre di là che miran più profondo.
38 Cosi cantando cominciaro: e poi
domeniche, mentre il sacerdote asperge il po>
polo d' acqua benedetta.
34. Tksta. Per togliere la memoria del ma-
le. — Acqua. Vedi i lavacri comandati nell'
Esodo.
35. Bbllk ( XXIX > 44 ). Le virtù cardi-
nali sono , dice s. Tom. , infuse in noi quan-
do sono veramente efficaci: Quum dietaevit'
tutee moralee aequititae non ordinent noe m
finem ultimum ex ee. Qui slam ninfe , infu-
sioni ; nel cielo , stelle , essente , principi!.
Salomone nella Sap. (VII! , 7) : Sofrnalafem...
et prudentiam doeet , et juttiHam , et virtù-
tem ( la fortessa ) , quibug utUiui nihU est in
vita hominibui
36. N12IPS ( Purg. , I , Vili ). Ninfe nelU
selva beata , umanamente operate ; stelle nel
cielo , infuse da Dio ( Aug. in Ep.). Gli atti
delle virtù sono in via , la virtù è nella pa-
tria : quivi il premio di lei : qui in opera ,'
là in mercede ; qui in officio , là in fine. —
Pma. Prima che la rivelazione venisse , le
virtù naturali erano ancelle mandate a prepa-
rarle la via, tenevano il luogo delle virtù teo-
logali. Sapient. (VII, 29):J;il ... kaecipe^
ciotior iole , et euper omnem diepoeitionem
ttellarum, luci comparata inveniturprior. ìièr
to G. C, le dette virtù condussero gli uo-
mini dall' idolatria a contemplare i nuovi mi»
steri. Intendi ancora che le quattro virtù vdi-
ramente ftirono aoeelle alla vera Beatriea , a*
mata da Dante.
87. Trb. Teologali, a destra del carpo
(XXIX, 41).
sa. Mmiui. Qtf atU di Virtù mencDo alla
DEL PURGATORIO
Ai petto del grifoo seco menarmi
Ove Reatrìce vòlta stava a noi.
39 Disser: fa che le viste non rispiarroi.
Posto f avem dinanzi agli smeraldi
Ond'amor già ti trasse le sue armi*
40 Mille disiri più che fiamma caldi
Strinsermi gli occhi agli occhi rilucenti
Che pur sovra '1 grifone stavan saldi.
ki Come in lospecchio il8ol,nonal(rimenti
La doppia fiera dentro vi raggiava
Or con uni or con altri reggimenti.
42 Pensa, lettor, s'io mi maravigliava
Quando vedea la cosa in sé star queta
E neir idolo suo si trasmutava.
43 Mentre che piena di stupore e lieta
Lanima mia gustava di quel cibo
Che, saziando di se, di sé asseta,
cognizione della verità rivelata. — Vòlta.
GuHrdava al grifone (t. 27).
39. RispiARMi. Aguzza liogegno e raflétto.
— Smeraldi. Piin. : NuUius eolorit adipeetui
jucufìdior est. Disse sopra: Giocondo lutne, 0
perchè gli occhi di lei erano d' un azzurro
chiaro. Ott. : Li ìiccelli grifoni li mat$riaU
uneraldi guatano, IttMraìdo ... renda imma-
gine a modo di tpecehio. — Armi. Dante (Ri-
me ): Lo fin piacer di queWadomo viio Com-
pose il dardo che gli occhi laneiaro Dentro
dello mio cor. Altrove: DegU occhi suoi...
Escono spirti d'amor» infiammati Che foran
gli occhi a quel che allor gii guati E pauan
fi che *l cor ciascun ritrova.
41. Spkcchio. Sap. ( VH, 26) : Speculum
sine macula Dei majestatis , et tiiui^o bonita-
tis Ulius. — Altri. 6. C. è f edato dalla teo-
logia , or Dio , or uomo e Dio. — Rrcgimbn-
Ti. Conv.: Gli atti, che reggimenti e porta-
menti soglion euere chiamati. Sap. (VII, 24):
Omnibus ... mobilihui mobiUor est sapientia.
42. Idolo. Negli occhi dov' era i' iinagine
di G. G. varie si facevano le forme di lai;
perchè vario per debolezza è ramano inge-
gno : e non può tatta in uno sguardo com-
prender la verità di cosa nessuna ; e perchè
in G. G. si paò considerare ora la divina ora
1' umana natura. Ott. : Se noi ponemo uno
specchio dal destro della cosa specchiata ,
l'idolo parrà m altro modo che ehi lo poneS'
se dal sinistro. Idolo è detto da Eidos forma.
43. Asseta. Gregor. ( Hom. XVI ) , de' be-
ni dello spirito : Saturitas appetOum parit.
44. Tribo. Per tribù. L'usa l'Ott. più volte.
Qui vale grado. — Danzando. Accompagnava-
n% coUa danza il loro anfellca te8|ii»ro«an-
kk So dimostrando del più alto tribo
Negli atti, laltre tre si fero avanti
Danzando al loro angelico caribo.
45 Volgi, Beatrice, volgi gli occhi aaiti,
Era la sua canzone, al tuo fedele
Che per vederti ha mossi passi tanti.
46 Per grazia fa noi grazia che disvela
A lui la bocca tua, si che discema
La seconda bellezza che tu cele.
VI O isplendor di viva luce eterna.
Chi pallido si fece sotto Ibmbra
Si di Parnaso o bevve in sua cistenit
kS Chenonparesseaverla mente ingombra
Tentando a render te qual tu paresti
Là dove armonizzando il ciel t*adombia,
49 Quando nell'aere aperto ti solvesti?
to. — Caribo. Graiia , garbo. Da cdrit. A
Genova , dicon tuttora gaibo , e garibo per
garbo ; e da garibo garbo , come da carie»
carco. Bocc. ( Amet. , 43 ) : Operato ita d^
gno caribo ( ringraziamento ) A così alti ef-
[etti. Beovenuto spiega : canto,
45. Volgi. Tasso : Volgi , dtcea , deh «il»
gi , U cavaliero , A me quegU occhi osiée
beata bei, — Fbdblb ( iof., II ). Fedele d'a-
more e di desiderio, se non d'opera.
46. Grazia. Non aveva Dante alcon meri*
to. — Bocca. Per mso , come os ai Latiai.
Poi , gli occhi e' li vedeva già : non restali
che il viso. La seconda bellezza è la bocca,
e dice nel Conv. che gli occhi e la b«cca li
natura massimamente adoma, — Cblb» Ott:
JLt integumenti e mistiche figure, lì velo è fa
flfimbolico ; e vale che l' uomo errante bm
vede la verità rivelata cosi chiaro come l'as'
mo pentito.
47. IspLBNDOR. La sapienza daSalooMaii
detta ( VII, 26 ) : Candor... lucie aetemes.1
nel Conv., della sapienza divina: JBfaaécaa-
dorè dell'eterna luce, specchio sen%m maesbie
della virtù di Dio. — Cisterna. Pers.: Set
fonte labra prolui CabalUno,
48. Paresti. Non ò parola che arrivi tOs
bellezza delie cose divine. — ARMoiazzABia.
Conv. : L* armonia dell' occhio, — Cibi. ^^
Angeli del cielo t' adumbraviMio in novols ^
fiori e di canti ( XXX , 31 ) : Notan semft^
Dietro alle note degk etemi giri. Nel Csa^*
parla dell'armonia delle sfere» e per esse fa'
tende le scienze. Or Beatrice è la sdenu ^
vina; e tutte armonizzano intomo a lei.
49. Solvesti ? Virg. : 5etndtl H mib0, ti
in aethera purgai ofertnai.
CANTO XXXII.
ARGOMENTO.
Si mote il carro e la santa $ehiera a man destra. Vengono ad un albero al'
tìitimo , ignudo : il grifone lega all' albero il carro ; onde quelb rinverde e s* in-
fora. Cantano : il P. s* addormenta : si desta : tede Beatrice seduta appiè del"
{ albero , e le sette donne co* candelabri in mano , intomo di lei. Scende un' aqui-
la dair albero al carro , e lo ferisce : viene una volpe , e Beatrice la fuga : ri'
JMufe r aquila j e dona al carro delle sue penne : esce un drago , e strappa del
fmio dd carro: U penne lo coprono: e' caccia sette tests cornute: sopra vi siede
meretrice e un gigante.
Nota la terzine 1, 2; la 4 alla il; la 14; la 18 alla 23; la 26 , 28, 30 , 31 ; la 37,
alla fine.
1 Tanto eran gli occhi miei fissi e attenti
A disbramarsi la decenne sete
Che gli altri sensi m'eran tutti spenti.
1 Ed essi quinci e quindi avén parete
IN non caler : cosi lo santo riso
A sé traéli con Y antica rete.
3 Quando per forza mi fu vólto 1 viso
Vèr la sinistra mia da quelle dee ,
Perch'io udia da loro un : troppo fiso.
h E la disposizion eh' ha veder ée
Negli occhi pur testé dal sol percossi,
Senza la vista alquanto esser mi fée.
i. Dbcekhi. Dal 1290 al 1300.
t. Do. Alla destra del carro stavano le
U€ virtù teologali , che lo avvertono di mi-
wsn la cose ch'ora verranno. La mente che
lffi»ppo e fuor di terapo a' affisa nella rivela*
litie , ne rimane abbagliata.
5. Sbhsibilk. Per cosa visibile; modo sco-
Ualico. Arist. ( Deli'An., II ) ; Zi ssnsi mor-
Icfi ricevono grande lenone dal soperchio.
6. Disno. Prima ai move la rota del nuovo
5 Ma poiché al poco il viso riformossi
(Io dico al poco , per rispetto al molto
Sensìbile onde a forza mi riiiossi )
6 Vidi in sul braccio destro ébser rivolto
Lo glorioso esercito , e tornarsi
Col sole e con le sette fiamme al volto.
7 Come sotto li scudi per salvarsi
Yolgesi schiera ^ e so gira col segno
Prima che possa tutta in se mutarsi ;
8 Quella milizia del celeste regno
Che precedeva , tutta trapassonne
Pria che piegasse '1 carro il primo legno.
TefUmemo.— TOBiVAisi. Volgersi. C. XX Vili:
Alla bella donma tomai 'l viso. — Som. Il
carro veniva ainora vtrao ponente. Dante cam-
minò verso oriente ( XXVII, AH ) : ora il car-
ro si volge» e verso oriente a' indiriisaDo
loto.
7. Skgko. Per bandiera : in Virg . •ovcnie.
8. Pria. Alla Chiesa precedono la Regge e
i profeti , eoa milixia. — LwrNO. Il timone
piegasse il carro.
9Bh
DEL PURGATORIO
9 Indi alle rote sì tornar le donne ,
E 1 grifon mosse il benedetto carco
Sì che però nulla penna crollonne.
10 La bella donna che mi trasse al varco
E Stazio ed io seguitavam la rota
Che fé r orbita sua con minore arco.
11 SI passeggiando 1* alta selva , vota,
Colpa di quella eh* al serpente crese,
Temprava i passi in angelica nota.
12 Forse in tre voli tanto spazio prese
Disfrenata saetta , quanto eràmo
Rimossi quando Beatrice scese.
13 Io senti* mormorare a tutti : Adamo !
Poi cerchiare una pianta dispogliata
9. Rote ( XXIX. 41 ).
10. DO!«T«A ( XXXI , 93 ). Matelda , la vir-
tu attiva ; Stazio , la 61osofia naturale e mo-
rale. — MiivoRB. Il DQovo Testamento : la de-
stra ruota. A destra volgwasi il carro, dunque
la rotaia della destra doveva esser minore.
11. Alta. Virg. , XII ; Nemora alta. —
Crese. Per credette s* osa in Romagna e in
Toscana ( Gen., III ).
13. Mormorare. Con dolore. — Pianta.
Simbolo dell'obbedienza dovuta alla rivelata
verità. Altri la intende per V imp. romano ,
spettante di diritto , dice AUighieri , al po-
polo romano ( Mou., II; Conv., IV, 4-5); e
stabilito per la sede della cattolica Chiesa
i Inf., II ). E lo fa altissimo a qnesto fine, e
nella voluta da Dio unità ed universalità d'es-
so imp. a ftro della Chiesa colloca la miste-
riosa cagione del divieto ad Adamo fatto di
non cogliere da quest'albero frutti (c.XXXlII,
24). Ecco perchè da quell'albero venga l'a-
quila a stracciare il carro e ad impennarlo ,
e perchè il carro sia quivi legato , e il gigan-
te ne lo stacchi traendo la sede in Francia.
L'idea del doppio simbolo forse gli venne
dall' albero che sognò Nabucco , figurante il
suo regno ( Dan. , IV ). — Fronda. Anco i
fiori hanno fronda.
14. Dilata. Ezech., XXXI : Eratque pul-
eherrimus . . ,in dilatatione arbuitorum tuo-
rum ... Cedri non fueryni alHoret ilio in pa-
radiio Dei ... Aemulatatunt $um omnia Ugna
voluptatit, quae mraniin paradiio DeL — Su.
Ha suo nutrimento dai cielo, e pel cielo è
fatu ... ( e. XXII ). Indi. Georg. ( lì, 1S2 ):
Atu quo$ oceano propior gerii Mia lueoi,
Extremi finui orbit ; ulri avrà ìmeere ium-
mum Ilfèont kaud uUae jactu potmire iagit-
ta$ ? — Altezza. Daniel: Ecce Ofrhor m ma-
(do t9rra9 , e( aUi^udQ Qtn muta ••• Et prò-
Dì fiori e d*altra fronda in ciascoo ramo*
1& La chioma sua che tanto ai dilata
Più quanto più è su , fora dagl'Indi
Ne* boschi lor, per altezza , ammintt.
15 Beato se\ grifon , che non disdndi
Col becco d' esto legno dolce al guslo.
Poscia che mal si torse 1 ventre quindi*
16 Cosi d* intorno ali* arbore robusto
Gridaron gli altri ; e V animai binalo :
SI si conserva il seme d*ogni giusto*
17 E vòlto al temo eli* egli avea tirato ,
Trasselo al pie della vedova frasca ,
U quel di lei a lei lasciò legato.
18 Conoe le nostre piante , quando caaei
eeritat fjui eontingens ooelum.
15. Beato. Ap. : Factut obedietn u»fm§ ed
moriem. Altri intende: beato Gesù che noi
toccò r impero , ma dice : reddite ... quae tmd
Caesarii , Caesari ( Hatth., XXII ). Meglio il
Biagioli: beato te che non imiti I loci SB^
cessori che rompono di quest' albero delfte-
pero. — Torse. MfaU torquetur , frase eia»
gelica. E qui varrebbe: mangiato eh* ebbe di
questo legno , il ventre umano n'ebbe aee^
bo dolore. Altri intende: di qui venne che a
male si torse rumano appetito.
16. Binato ( XXIX , 36 ). Ott. : Una aalt
saecula , V altra quando prete carne. Ps.: £s
utero ante luciferum genui te, — Ssm. Noa
toccando il poter sacro il profano , giottiiii
si conserva. L'ubbidienza che gli aatichi
espositori nell* albero simboleggiano debiu a
Dio , e r ubbidienza all' impero ordinalo da
Dio; si congiungono i due simboli in OOP.
17. Legato. Cristo lega la Chiesa militai-
te all'albero dell'obbedienza eh' è quel detti
scienza. Congiunge la Chiesa all'impero , noa
li confonde. Letteralmente: lasciò legato alla
pianta quel carro ch'era di lei, la ChìMi
ch'era figlia d'obbedienza. Ovvero : lo lefè
a lei co' rami di lei : legò la Chiesa all' ob-
bedienza de' divini decreti co* divini decreti.
Il Costa : Legò a Roma imperatrice del mteu'
do quel eh* era di lei , destinato per lei, li
Chiesa novella. Io intendo : alle pianta ( al-
l'ubbidienza spirituale e temporale, ubiùdieBia
a Dio ed all'impero) legò il carro» inqoaa-
t' era di lei , in quanto la potestà epiritoali
dev'essere legata all'impero. Quel dt Iti tit»
duce il Quae tunt Caeearis... quae euni DeL
18. Casca. L'Ariete segue a' Pesci : eqaaa-
do il sole è in Ariete abbiam primavera.—
Lasca. È pesce lucentissimo. Cristo r^enlo-
re fece rifiorire l' albero del^ scieaia»
CANTO XXXII.
3»
liiii la gran luce mischiata con quella
Che raggia dietro alla celeste lasca ,
19 Turgide fansi , e poi si rinnovella
Di suo color ciascuna pria che 1 sole
Giunga li suoi corsier sott* altra stella;
20 Hen che di rose e più che di viole
Colore aprendo , s' innovò la pianta
Che prima avea le ramerà si sole.
31 Io non lo *ntesi , ne quaggiù si canta
L' inno che quella gente allor cantaro,
Né la notte soffersi tutta quanta.
SS S'io potessi ritrar come assonnare
Gli occni spietati , udendo di Siringa ,
Gli occhi a cui purvegghiarcostòslcaro.
S3 Come pintor che con esemplo pinga ,
Disegnerei com* io m'addormentai :
Ha qual vuol sìa cherassonnHrbenfìnga.
9h Però trascorro a quando mi svegliai,
E dico eh un splendor mi squarciò*! velo
Del sonno e un chiamar: surgi, che fai?
Quali , a veder de* Coretti del melo
Che del suo pomo gli angeli fa ghiotti ,
19. Giunga. Passi ad altro segno. Or.:
Jlm^trs f VUOI Titan veloeibut imperai Horù,
50. Ross. Uuita ramaoità all' obbedienza
evangelica , ODÌta la Cbiesa all'impero, T ob-
bedienza è feconda» l' Impero fiorisce. Il co*
lore de' detti fiori è colore di sangne chiaro,
qoale usci dal costato di Cristo (S. Bern.,
1. I, De Pas. Dom., e. 41): Impieite latms
mptrturam, quia nee iUa earet ro$a quamtfis
àta tmbrìthea tU jnvpter mixturam aquae,-^
ImoTò. Appena la Chiesa fa legata all'albe-
ra della scienza da Cristo, quello Sol$, dice
ITOu., cAe tutto allumina f -e che aoffnieota
Mkiìi e invitibile dà esfere f fruttare.
51. Cantaas. TU). (IV, 4): Dieef pia
furia.
SS. SpiKTATi. A' danni d* Io. — Siringa.
Ov. ( Mei., I ) : Naiae una fuU. Nymphae
Sjffinga vocabant, Mercario addormenta il vi-
gtle Argo narrandogli di Siringa. — Caio.
Mercurio l'uccise.
S3. EitHPLO. Con modello sotto agli oc-
elli.— AnnoBMBNTAi. Forse figura la pace del-
la fede ubbidiente a Ilio e all'imperiai pò-
teaU.
S5. Quali (Marc, IX). MaUb., XVII :ììs-
Minuf Jesut Petrum, et Jaeobum , et Joan-
mtm ... et dueU illot in montem exeehum ...
Ei trantfiguratuM est ante eoe. Et reeplenduU
ikmi eoi ... Et ... apparuerunt iUi$ ifoysei, ei
EUae. Gonv. (Il, 1 ) : Quando Cristo «odo lo
£ perpetiie nozze fa nel cielo ,
26 Pietro e Giovanni e Iacopo condotti,
£ vinti , ritomaro alla parola ,
Dalla qual furon maggior sonni rotti ;
27 £ videro scemata loro scuola
Cosi di Moisè come d' £1fa ,
E al maestro suo cangiata stola ;
28 Tal toma' io ; e vidi quella pia
Sovra me starsi che conducikrìce
Fu de' mie' passi lungo 'I fiume pria.
29 £ tutto In dubbio dissi: ove Beatrice?
Ed ella : vedi lei sotto la fronda
Nuova sedersi in su la sua radice.
30 Vedi la compagnia che la circonda.
Gli altri dopo '1 grifon sen vanno suso
Con più dolce canzone e più profonda.
31 E se fu più lo suo parlar difìTuso
Non so ; perocchò già negli occhi m*era
Quella eh ad altro *ntenderm'avea chiuso.
32 Sola sedeasi io su la terra vera ,
Come guardia lasciata 11 del plaustro
Che legar vidi alla biforme fiera.
monte per trasfigurani , che delU dodeei
apostoli ne menò seco ti tre, — Milo. Cant.,
II: Sieut malus inter Ugna eUvarum, eie di'
lectus meuf . Fiori di ini sono i miracoli; po-
mo, la gloria nel cielo.
56. Parola. Alle voci : SRe eti EUme mmi
diUetus , caddero ; alle voci : Smrgito , eC fio-
Illa timere, ritornarono In sé. ^ Sonni. La
parola dì G. G. ruppe il sonno di morte: Non
est.,» mortuapuella , eed dormit (Matth., IX).
Lasar^s amieue nosier dormit : s»d vado ut
a eomno excUem eum ( Jo., XI ).
57. Scuola. Eran sei: realan quattro. «—
Stola. Veste ( Inf., XXIIl, 80 ). Qui sU per
corpo ; ed è modo biblico.
28. Pia. Matelda la viu atUva , sU ritta
sopra lui desto appena : e riprende , per
r unione delle due iibbidienze , potere sugli
uomini.
i9. Fronda. Sing. Virg. (Ecl. I): FroMia
euper viridi.— Ramcb. La scienza rivelaU sia-
de sulle radici deli'obbedienia.
30. Vanno. Simile saliu nel XXIU del
Par. Ezech. ( XI, 22 ): Ekvavermt eherMm
«lof tuas , ef folae eum mi . • • JSC omììmnC
floria Domini de mtdio etoilolif •••
32. Vbua. Più vera madre che tutte la ter-
re abiute da noi. U suolo ove posa la verità
rJyelau è il più fènno. Jer., li : Yimam •!•-
efam , omn$ feme» v§rum» -« Guauìia. La
scienaa goarda la Gbiasa.
49
r t K G A T O 11 1 O
< ^ ^
-<i. jtfs MBtt lUJDOllO
; ^'Vuiitft «f «iViustro.
^.*.»^ v».*^. A*» *^f»«*> e romano.
T>^ . 4 ,.«fr ^cA jmimìu che mal vive,
•«.p. M»i*» ^iA^iariù; e<|ttelcbe vedi,
^«Mrik ^ A.a «;iw to scrive.
, 4V. Sitt^cni «i io che tutto a'piedi
:« >«fe .jMuaiiiiwDMti era devoto,
«iVjCi^ ^ ^iitiMxhi ov*ella voUe diedi.
v^ j4.v^' uui con si veloce moto
^j jL ^«tft» nube qiiando piove
iu {Utfi cuotiiie che più ci è remoto »
> Citt W vidi calar Tuccel di Giove
Ar L'ttbov giù rompendo della scorza ,
.Va che de fiori e delle foglie nove.
:X IXMU Ctadelibri (e. I, XXIX ).
ii. SuvASO. Conv.: Selva erronea di questa
%ti'ji. Tu ma sempre all'iinagioe morale della sei-
>4. — Cns. Eph., Il: Civee eanctorum. Dal
chiamar Roma il Cielo , si vegga che alta idea
iik :»cdesse in mente di Homa.
£&. Scan'B. Le persecuzioni della Chiesa.
iìlC. : Qm ii dimottra la finale eagione di que-
Uià Offra, f ctoé VuUle eomime dei morlaU.
db. PiBOi. I piedi del comando, somiglia-
n» alla ^moecAia dtUa menu. — Diedi, C. HI:
Diedi 'i viso mio.
37. Foco. Stai.: Igne Jome, ìapsisque cita-
tior aifris.-^&PBSSA. Condensata: dove l' elet-
tricità scoppia più veemente. — ^Ruioto. Arisi.
(Het. • H)v e s. Tom. (nelcom. a qncl luo-
ì;o ) , e Seneca ( Qa. o. , U, 14) , tengono i
l'ulroini non cadere se non quando le nuvole
s'alzino pr^ao la sfera del faoco, si ch'esso
fuoco in lor s'imprigioni. Non dice già che i
fiitmimi cadano qnando piove; ma quando
sta per piovere ; qnando le nuvole pregne di
pioggia s'alzano fin lassù.
38. UccBL. Virg.: Jouii alee, Ezech., XVII:
Aq^la grandi» magnarum alarum, hngo wMn-
brorum ducCv, piena plumù . . . verni ad Li-
hanum , et iulii medullam cedri, Swnmita-
tetn frondium avuUit , et trantportavit eam
in lerrom Chanaam, in urbe negotialorum
potuU Ulam, Neil' aquila si figurano le dieci
persecuzioni della Chiesa sotto gl'imperatori
romani. «- Giù* Rammentiamo l'immensa ai-
tozza dell* albero. — Scorza. Le persecu*
zioni offesero a 1' ubbidienza spirituale e
la temporale ; e oocquero all' impero stesso.
L'Utt.: L'uccello , , , lo lmp9rio; .. l'albero,..
39 E ferie 1 carro di tutta sua forza ;
Ond'ei piegò come nave in fortuna,
Vinta dall'onde, or da poca:ia or da orza.
kO Poscia vidi avventarsi nella cuna
Del trionfai veicolo una volpe
Glie d'ogni pasto buon parca digiuna.
kì Ma riprendendo lei di laide colpe
La donna mia la volse in tanta futa
Quanto sofTerson Tossa senza polpe.
^2 Poscia per indi ond'era pria venuta
L'aguglia vidi scender giù neirarca
Dol carro, e lasciar lei di so pennuta.
43 E qual esce di cor che si rammarcat
Tal voce usci del ciclo e cotal disse:
Oh navicella mia, com'mal se*carca!
kh Poi parve a me che la terra s'aprisse
Tr*ambo le ruote, e vidi uscirne uo drago
Che per lo carro su la coda fìsse.
Le dilizie mondane ; , . la eeorza ... la pia
ferma parte.
39. Vinta. Virg. : JVavem . . . Fìcif Memi.
'40. Volpe. L'eresia. Ps. ; Ikirtee vuipwm
eninC. August., in ps. LXXX: Vulpes, insiiiioti*s
maximaeque hawreticos fraudolentot signifìCWL
Un chiosatore : Vulpes , idest dolosi sciusma-
liei. Cristo chiamò volpe Hrode.
41. Futa. Vegezio: ^"on della battaglia ma
delia futa. La montagna <rh'è sulla via da Fi-
renze a Bologna vuoisi detta della futa per la
fuga ivi seguita de' Ghibellini. — Ossa. L'c^
rore è leggero e futile. Ott. : La divina SerU-
tura quest'eretica pravitade , , . appcUesando,
lo tuo iozzistimo peccato discaccia . . . dsUa
Chiesa , nella quale s'era gittata , per imbo-
lare l'anime de' fedeli.
42. Arca. Da doppio senso : e di sacra cu-
stodia , e di custodia di danari. — Pennuta.
Donazione di Costantino (Inf., XIX). Ricrbei-
za , vana qual piuma. Ott. : Lo Imperio do-
po la persecuzione ed assalti fatti nella Chiesa,
entro lascia nella Chiesa l'eresia deUi suoi
adornamenti.
43. Voce. Kzech. : Quum perei vox super
firmamentum quod erat super caput eorum.
Una voce nell'Apoc. esce dal cielo, voce di
rammarico , appunto nella visione della {emi-
na fornicante co* re.
44. Drago. Il demonio. Ap. , XII : Ed eo-
co il grande drago rosso, che ha sette testt e
dieci coma : e la coda sua traeva la tersa
parte deUe stelle del cielo, e misclo in terra.
Altri nel drago vede Maometto, altri Foiio:
non parmi.
e ANTO XXXII.
387
lA E come vespa che ritraege Tago,
A fc traendo la coda maligDa,
Trasse del fondo, e cissen vago vago.
h% Quel che rimase, come di gramigna
Vivace terra, della piuma oflerla
(Forse con intenzion casta e benigna] ,
M Si ricoperse; e fanne ricoperta
EVuna e 1 altra rota esterno in tanto
Che pvù tiene un sospir la bocca aperta.
kS Trasformato cosi *l dificio santo>
Mise fuor teste per le parti sue ,
Tre sovra*! temo, euna in ciascun canto.
W Le prime eran cornute come bue; yte,
Ma lequattro un sol corno avean per fron-
Simile mostro in vista mai non fue.
50 Sicura, quasi rocca in alto monte.
Seder sovresso una puttana sciolta
M* apparve con le ciglia intorno pronte.
51 E come perchè non li fosse tolta.
Vidi di costa a lei dritto un giganti^
E baciavansi insieme alcuna volta«
52 Ma perchè l'occhio cupido e vagaift^
A me rivolse, quel feroce drudo
La flagellò dal capo insin le piante.
53 Poi di sospetto pieno e d* ira crudo
Discìolsel mostro, etrassel perla selva,
Tanto che sol di lei mi fece scudo
5& Alla puttana e alla nova belva.
45. Ago. In senso simile l'ha 11 Machia-
velli.
46. Casta. Tlrtoosa. Inf., XIV: Sotto 'l cui
99g9 fu già *l mondo casto. C anco per contrap-
posto alia meretrice.
48. Tbb. Sette peccati mortali: i bicorni
sono l'afarizia , la superbia , l'invidia, che
feriscono doppiamente. Iacopo della Lana dice,
la superbia, l'invidia. Tira; il Costa, super-
bia, ira, avarizia. Ha neirinf. , VI, dice
Dante : superbia , invìdia ed avarizia sono Le
in favilLe eh' hanno i cuori accesi. E chiama
( Ini. , XV ) ì Fiorentini gents avara, invidio-
aa« 9 superba. L'invidia, dic'egli co' Padri,
tUmolò la superbia di Lucifero ( Par. , IX) ,
e dal superbo ed invidioso Lacifero dice fon-
data Firenze , della quale esciva il maledetto
danaro che ha fatto lupo il pastore: e all' a-
varixia nel I dell'Inf. e* dà isiigatrice l'invi-
dia, la qnal dipartì dall'Inf. la lupa. Perchè
l'avaro è inrido , e l'invido è una sorta d'a-
mo , e un superbo vigliacco. Ott. : Tre fte-
ste] sopra U temone ... significano litreprin-
eòfiiU vixii che pii^ offendono Vanima , e pe-
fo Èono in suUa principale parte del carro. S
f9rò dice , che eiaseuna avea dm coma» che
sono sei; a denotare ^ ehv sano contro a* nei
comandamenti : e VaUre quattro signipeemo
li altri quattro peccati mortali , che sonotif-
ca li beni corporali, lussuria, gola, avari-
zia , ed accidia. B però dice, che datcwno
avea uno solo corno per teeta ; a dtnotaire
che sono contro ù^^tattro comandamenH del-
la legge.
80. PvTTAif A. I pastori malvagi ed awL La
ricchezze chiama nel Convivio fblse meretrici.
Jer. , II : Ftlii.. • ìfempheos et Thaphnes con-
stupraverunt te usque ad vertieem • • ; lU :
Fornicata es cum amatoribus mvlttf « • • Front
mulieris meretrieis faeta est libi , tiolttittf en»-
bescere ; V: Saturavi eoe , ef motehati fimi,
et in domo meretrieie Uuenriabaniut»
81. Giganti. Re di Vrancia: volati gover-
nar Bonifazio ; ricosante intera servita. E vo-
leva in vece d'Arrigo VII essere re de' Roma-
ni. L'Ott. intende pel drudo, Boniflizio stesso.
62. Flagkllò. Martirio dlBonifluio. L*Ot-
timo intende che il dnido Bonifazio per ave-
re la Chiesa guardato a Dante , la strascina**
se lontano , geloso ch'eli' avesse guardato ad
un uom buono. Ma l'interprattsione comune •
più ovvia.
388
DEL PURGATORIO
CANTO XXXIIL
ARGOMENTO.
Beatrice annunzia Vawento di ehi libererà la Chieea e l'Italia dal giogo din
iriiti e de' vizii tiranni. Giwngono ad Eunoè : Stazio e Dante ne beano : ond'ei n
$enle rinnovellato»
Si noti varietà nel Pnrgatorlo più grande che nell'inferno e nel Paradiso. La prima in
dairesilfo, mitigau in questi anni da vicina speranza , meglio lo dispone a dipingere laftp^
ranza delle anime dolenti ed elette. Si guardi varietà mirabile tra il 1 canto e II XXXUl *
il II e il XXXn, il III e U XXX, e cosi '1 resto.
NoU le terzine 1, 2» 8; la 5 alU 15; la 13, 20, 23; la 26 alia 31 ; k 34 , M, H,
39, 44, 45, 48.
1 Deut, venerunt gentee , alternando
Or tre or quattro dolce salmodia ,
Le donne incomiociaro lagrimaodo.
2 E Beatrice sospirosa e pia
Quelle ascoltava al fatta che poco
Più alla croce si cambiò Maria.
3 Ma poiché Y altre vergini diér loco
A lei di dir , levata dritta In pie
Rispose colorata come fuoco :
1. Dbus. Applica allo stato della Chiesa le
querele del salmo ani mali del popolo eletto,
e alla traslazione delta sede in Francia. Pie-
tro: Fera prop^Ctca proeuntis statttt accia-
tiae, — Trk. Le tre a destra , a manca le
quattro. Ps. : Deu$ , venwuni gtnies in Aoe-
rtdilatem tuam , potuerurU Jeru$at$m in pò-
morum cuttodiam. Poiu$runt mortieina $$rvO'
rum tuorum , eseas volatilibui coeU : carnet
Sanctorum tuorum hestiii ferrae. Bffuderunt
sanguinem eorum tamquam a^iuam ineircui-
tu Jerusalem : et non erat , qui sepeUtet. Fa-
tti sumus opprohrium viciniM noti rti : tuòtan-
natio p et iUutio bis qui in circuitu nottrotunt,
Usquequo, Domine, irascerii injRnem: aceen-
ditur velut ignii ^elus (ma? Éffundc tram
Uam in ^enfaf , qua$ te non nooerw^: ettn
6
Modicum , et non vidèbitii me ,
Et iterum , sorelle mie dilette ,
Modieum , et voi vidèbitii me.
Poi le si mise innanzi tutte e sette :
E dopo sé , solo accennando , mosse
Me e la donna e 1 savio che ristette.
Cosi sen giva : e non credo d^e fosse
Lo decimo suo passo in terra posto* (si;
Quando con gliocchi gii occhi mi peràoi*
regna , quae nomen tuum non inooeamnmL
Quia comederunt Jacob, et locum eju»
veniftl . . . Ad)u%)a not , Deui $at»tari$
et libera nos . . , Ne forte dicant m
ubi est Deus eorumJ
3. Fuoco. D' amore.
4. Modici M, Jo., XVI : Modieum , ei
videhitit me , et tìemm modieum , et viéMt
me. Amen ... dico vobis : quia plorabitit , ^
flebitis vos f mundut ... gaudebit : tHM a«ÌNBi
eontrìttabimini t sed tristitia vettra vtrlifvris
^audium. Parole di C. agli ApostoU, aiaW-
zianti la sua resurrezione e la loro. Dante sft-
ra tra breve il ritorno della sede in Italiift
dell'onore perduto ; e che la scienza difiai
ravvierà gli spirili erranti.
5. Savio, btazio ( XXX, 17 ).
CANTO XXXIII.
389
7 E con tranquillo aspetto : vien' più tosto ,
Mi disse , tanto che s' io parlo teco ,
Ad ascoltarmi tu sie ben disposto.
8 SI com* io fui , com* io doveva, Beco*
Dissemi : frate , perchè non t* attenti
A dimandare ornai , venendo meco ?
9 Come a color che troppo reverenti
Dinanzi a* suo' maggior parlando sono ,
Che non traggon la voce Tiva a* denti,
10 Avvenne a me, che senza intero suono
Incominciai : madonna , mia bisogna
Voi conoscete, e ciò ch'ad essa è buono.
11 Ed ella a me: da tema e da vergogna
Voglio che tu ornai ti disviluppe ,
SI che non parli più com*uom che sogna.
12 Sappi che'l vaso che il serpenteruppe
Fu e non ò. Ma chi n* ha colpa creda
Che vendetta di Dio non teme suppe.
11. DisTiLUPPB. iDf., II : Da qu$sta Cerna...
tu ti iolve,
12. Vaso ( e. XXXII, 45 ). Fc. Apoc., XVII:
Bmia, quam vidiiti, fuU et non ést. — Sup-
PB. Era costume GoreotÌDO, V uccisore msD-
giare o focaccia o zuppa di pane con vino
salta sepoltura deli* ucciso nel termine di otto
o nove di; e credere espiata la colpa e non
più dover essere acciso. Ma Dio non teme
inciampi alla pena. Bocc: Questa u$anxa
arrecò Carlo dì Francia; che quand'egli pre-
$e Corradino con gli altri baroni della Ma-
pui , e fece tagliar loro la testa in Napoli ; e
foi dice che feciono fare le zuppe; e mangia-
rmde sopra que' corpi morti Carlo cogli altri
§eun baroni , dicendo che mai non se ne fa-
fv66e vendetta. Ma siccome le colpe di Carlo
fkmHì punite , così , dice Dante , saranno le
■nove. Iacopo della Lana trae la superstizio-
ne di Grecia : il Post. Cass. la dice vivente
a' soof tempi. Benvenuto : Et hoe fecerunt
enulti famosi Fiorentini, sieut dom, Cursius
M^onatus,
13. Rida. Verrà imperatore degno dell' I-
talia.
14. Stelle. Pietro intende una vera con-
£iDZion di pianeti, e colloca la risnrrczion
II' lulia nel 1344 , o ne\ 45. Scriveva egli
Bel 1140. -~ Sicuro. Bibbia : Stellae manen
tm i* ardine , et cursu suo adversus SUaram
fmgnaverunt.
•> 15. Un. Apoc. : Numerus etus sereenti se-
waffinta seas : alla qoal cifra gr interpreti dan
ararlo senso. Qui il numero di Dante é D\V,
ebe trasposto DVX , dà du». Questo non é
13 Non sarà tutto tempo senza roda
L* aguglia che lasciò le penne al carro,
Perchè divenne mostro, e poscia preda.
ik Ch*io veggio certamente, e però '1 narro,
A dame tempo già stelle propinque ,
• Sicuro d* ogn' intoppo e d' ogni sbarro ;
15 Nel quale uncinquecentodiece e cinque.
Messo di Dio , anciderà la fuia
E quel gigante che con lei delinque.
16 E forse che la mia narrazion buia
Qual Temi e Sfinge, men ti persuade ,
Perch* a lor modo lo 'ntelletto attuia.
17 Ma tosto fien li fatti le Naiàde
Che solveranno questo enigma forte
Senza danno di pecore e di biade.
18 Tu nota , e si come da me son pòrte
Queste parole , si le 'nsegna a* vivi
l>el viver eh* è un correre alla morte.
Arrigo , già morto , ma Cane capitano della
lega ghibellina ( Par., XVII ). Cane, è vero.
Tu capitano nel 1318, non prima : ma chi
dice a noi che dopo il 1318 non abbia il P.
ritoccata la Cantica? Ove sono le prove? Tor-
se perchè promette che il duce ucciderà quel
gigante? Ma nel gigante non è figurato sol-
tanto Filippo il Bello. — Ancidbrà. Inf., I; La
farà morir di doglia. — Fuia. Ladra. C. XX:
Che più che tutte V altre bestie hai preda, ln(.
( XII, 30 ) : Anima fuia.
16. Temi. Ov. ( Met. , I ) : Fatidicamque
Themin : quae tune oracla tenebat. A lei van-
no Deucalione e Pirra: ella dà loro oscuro
responso. — Attui a. Non n' è chiaro il senso
ma certo è simile a intorbida , confonde.
17. NaijÌob. Ovid. (Mei., VII): Carmina
Naiades noH intelleeta priorum Solvunt inge-
nue ; et praeoi^tata jacebat Immemor amba-
gum vates obseura suarum Scilicet alma The-
mie non talia linquit inulta. Protinus Àoniis
immittitur altera Thebis Psstis ; et exitio mul-
ti pecorumque suoque, Rurigenae pavere feram.
Dice Ovidio che le Naiadi davano oracoli, di
che Temi irata mandò contro Tebe una belva
che si pasceva di bestiame e di messi. Ma
sebbene abbiansi esempi di ninfe rendenti o-
racoli (Paus., Beot. ), pur meglio lesse l'Ein-
sio ; Laìades soloerat , cioè il figliuolo di Laio
Edipo. Dice Naiàde, non perchè V alpha gre-
co sia comune , ma perchè , non sapendo
forse Dante dividere la voce Naiades , e fare
d'ai due brevi, dovette per legge del metro
leggere : Carmina Naiades. — FoRTB. (ianz. •
Janio lor parli faticosa e forte.
S90
DEL PURGATORIO
19 Ed hagqi a iriente quancio ta le scrÌTi,
Dì non celar qual hai vi^ta la pianta
Ch' è or due volte dirubata quivi, (ta,
20 Qualunque ruba quella o quella schiaii*
Con bestemmia di fatto offende Dio
Che solo air uso suo la creò santa.
21 P(T morder quella, in pena e in disio
Cioquomii* anni e più i' anima prima
Bramò colui clie ì morso in sé punio.
32 Dorme lo 'ngegno tuo se non istima,
Per singular cagione essere eccelsa
Lei tanto , e si travolta nella cima.
33 E se stati non fossero acqua d' Elsa
Li pensler vani intorno alla tua mente,
E 1 piacer loro un Piramo alla gelsa ,
^\ Per tante circostanzio solamente
La giustizia di Dio nello 'nterdetto
Conosceresti , e V alber , moralmente.
25 Ma perchHo veggio te nello 'ntellelto
Fatto di pietra ed in peccato tinto ,
SI che t'abbaglia il lume del miodetto» (to
26Yoglioanche,e8e nonscrìtto, almendipin-
Che 'i te ne porti dentro a te, per quello
i9. DOE. Dall' aquila, nelle persecozioni ;
dal gigante che sciolse il carro alla pianta
legato : altri dice , dal drago.
20. Ruba. Gol quarto caso. Bocc, 43 : It»-
hofido ciaicuno,
21. Clnqcbhil'. Tra i 930 di soa vita , e
qoe* che attese G. C. nel Limbo. La vita gli
è pena , come dice la Genesi • e gli fu pena
nel Limbo il desio. Inf. ( IV • 14 ) : 5efi2a
Mwme vtvemo in ditio. — Faiif a. Adamo. CSo-
d lo chiama ( Par., XXVI, 28; V. EL, I, 6;.
22. Cagione. Per mostrare eh' è all'uso di
Dio.— Eccelsa (XXXII, 14). Merito del-
l' obbedire. L'Ott. : Da $i fugg$ le mani d$lU
ditubhidienii. — Tratolta. Se non si vegga,
dicono , il 6ne dei comando , V obbedienza é
più meritoria.
23. Elsa. Mette In Arno tra Pisa e Firen-
ze. Copre d* un tartaro petrigno le cose che
VI s'immergono (Targ. Tozz., Viag. in Tose.,
i. V ). — PiBAMo. Piacer favoloso ( e. XXVII,
13 ). Il peccato le ha indurata la niente e in-
sozzata r anima.
24. 'Nterdetto. Nel divieto di mangiare
dell* albero del bene e del male conosceresti
la divina giustizia. Poi : conoseecesti perchè
Dio interdicesse ai re turbare la Chiesa.—
Moralmente. Un de' sensi ne' quali si posso-
no intendere le scritture è, dice Dante nel
Oqiiv. ( II» i ) li ifMo morale , cAevìeiif m-
Che si reca '1 Jt>ordoD di palma cinto.
27 Cd io : si come cera da suggello
Che la figura impressa noo trai^routa ,
Segnato è or da toì lo niio cervello.
28 Ma perchè tanto soYra mia vedati
Vostra parola disiata vola
Che più la perde quanto più s'aiuta T
29 Perchè conoscili, disse, quella sctioh
Ch*hai seguitata; e veggio sua dotttuu
Come può seguitarla mia parola ;
30 E veggi , vostra via dalla divina
Distar cotanto , quanto si discorda
Da terra 'I ciel che più alto festirau
31 Ond' io risposi lei : non mi ricorda
Ch' io straniassi me giammft da voi,
Nò henne cuscienzia che rimorda.
32 E se tu ricordar non te ne puoi ,
Sorridendo rispose , or ti rammenta
Siccome di Letéo bcesti ancoi.
33 E se dal fummo foco s* argomenta ,
Cotosta obblivion chiaro conchiude
Colpa nella tua voglia altrove attenta.
3\ Veramente oramai saranno nude
nanti V allegoricom
26. Scritto. Lo scritto é più chl#io ch«
il dipinto. C. II : Airea beato jìv iscriili^—
Palma. V. Nuova : Chiamann palmigH m
quanto vanno oUraman, là ondi moU» ee^
ti recano la palma. Nel Par. paragona II SM
viaggio a peregrinazione devota. Alnens»
die' ella , reca agli uomini un saggio di òl
che vedesti.
30. Distai. la. (LV , 9) : 2fon...eofìMb-
net meae , co^ifatìotiei ve$tra$ , mtqmt mm
vettrae , via$ mea$ » dieit Homtmis. Ornimi^
cut exaUantur eoeli a ferra , rie exaUm»a$imÈ
viae meae a mie vettrie, et eogitatiomn «ma
a eogitatUmibut vestrit. Dante : Vide qmo4 M»
tum praeeederet eapientia $tultitiam ^iHMtfMl
differt lux a tenebrie. G. XXVII , dica V1i|b**
Se' venuto in parie Ov* io per me pia eSte
non diseemo, — Ciel. Primo mobile.
31. Straniassi. ÀlberUno (I« 25) : £o Mi-
lo Urania da te lo debitore.
32. Letéo. Armannino : Questo è fmm0 A
^tiaie dagli autori si eMama Letéo^ éeilmetà
aequa ehi bere n* è degno , dimentioetre fli/b
queUo che nel mondo teppe : e tma pnwmfit'
ma qui ii muta.
33. Foco. Dalla causa V effetto.
34. Nude. V. Nuova: Denudare he wm pm-
Tole da total vetta. Ecclea. » IV : DenudakU
abuonta tua iUU
CANTO XXXIII.
3'Jl
ÌjQ mie parole quanto converrasBi
Qu«^le scovrire alla tua vista rude.
35 K più corrusco e con più lenti passi
Teneva 1 sole il cerchio di merigge ,
Che qua e là , come eli aspetti , fassi ;
36 Quando s* affisser ( si come s' afiìggc
Chi va dinanzi a schiera per iscorta ,
8e trova novitate in sue vestigge) ,
37 Lesette donne al fìn d'un'ombra smorta,
Qual sotto foglie verdi e rami nigri
Sovra suoi freddi rivi V Alpe porta.
38 Dinanzi ad esse EUfratos e Tigri
Y^er mi parve uscir d* una fontana,
£ quasi amici dipartirsi pigri.
39 0 luce, 0 gloria della gente umana ,
Che acqua è questa che qui sì dispiega
Da un principio , e se da sé lontana ?
kO Per cotal prego detto mi fu: prega
Mafalda che j ti dica. E qui rispose,
Come fa chi da colpa si dislega ,
U Lj bella donna: questo e altre cose
Dette li son per me ; e son sicura
Che i* acqua di Letéo non gliel nascose.
35. Piò. Per l' altezza. — Lenti. Perchè sol
Meriggio r ombre meo varie. Par. (XXIII, 4):
Lm finga Sotto la quaU il sol mottra m$n fnt-
te.— Fassi. Ogni luogo ha meridiano diverso.
17. DoTiKE. Portami i candelabri. Quivi ri-
mangono , come modeste , neir ombra , eh' è
Mwma . per contrapposto alla luce delle cose
cireosUntt. — Nigri. Virg.: Nigra„.abiete,
38. TiGBi. Lucan. : Quaque caput rapido
iMi eum TigritU magnui Jguphra(er...SimiIe
ìb Ovidio. La Gen. , II , dice che il fiume ir-
flganle il Paradiso terrestre dividitur in qua-
capita. Nomen uni: Phiion,,. Etnomen
m Èteundi Gehon ... Nomen vero flumini$
ii» Tigri» .., Fluviui autBm quartus , ipse
•si Jihiphratet. Ma alcuni interpreti fanno i
dna primi derivare dall' Eufrate e dal Tigri
( Pwerios , in Gen. , 1. Ili, de Par. ,1,2).
Forse , per il Geon ed il Fison mise Lete ed
SoDoé. — Amici. L' acqua d' Ano agli Areti-
oi iiMdegnosa torce 'l mueo ( e. XIV ). Inf. ,
V« : '£ ih) discende Per aver pace. Nel GonT. ,
dalle piante non bene trasposte : Vivono qua-
$i triste , siceome cose disgiurUe dal loro a-
mica,
39. Luce. C. TI : Lume fa fra 'i vero Io 'ntol-
i>2 E Beatrice : forse maggior cura .
Ch<* spesse Tolte la memoria priva ,
Fatto ha la mente sua no'^li occhi osctira.
WZ Ma vedi Eiinoè cb(^ là deriva :
Menalo ad esso , e come tu se* usa ,
La tramortita sua virtù ravviva.
kk Com' anima gentil che non fa scasa.
Ma fa sua voglia della voglia altrui ,
Tosto com'è per segno fuor dischiusa;
it5 Cosi , poi che da essa preso fui ,
La bella donna mossesi , e a Stazio
Donnescamente disse : vien' con luL
k% S' io avessi , lettor, più lungo spazio
Da scrivere , io pur cantere* in parte
Lo dolce ber che mai non m'avrìa sazio.
VI Ma perchè piene son tutte le carte
Ordite a questa cantica seconda ,
Non mi lascia più ir lo fren dell* arte.
48 Io ritornai dalla santissim*onda
Rifatto si come piante novelle
Rinnuvellate di novella fronda ,
k9 Puro , e disposto a salire alle stilile.
UUo. Inf. , II : Per cui V umana spezie ecce-
de ogni eonfenCo.
40. Matelda. Qai finalmente dice il nome.
— Colpa. C. XXVIII : Venni pruta Ad ogni
tua question,..
41. Dbttb (XXVIII, 41).
43. EiìNOÈ. Eù, e nóos, Conv. ( 1 , 4 ) : La
prima mente , la quale li Greci dicono Pro-
tonoe. Eiiano ritrae da Teoporopo , che in non
80 qaal terra favolosa era il fiume del dolo-'
re, dove attingovasi il pianto; il fiume del
piacere che ridonava il vigor giovanile.
45. DoNNBSCAMENTB. Bocc. : Donnescam^nr
te dicendo. Con signorile linguaggio. — Vibn*.
Anco Stazio ne bee.
48. NoYBLLB. Bz. , XXXVI : Effundam su-
per vos aquam mundam , et mundabimini
oò omnibus inquinamentis vestris. Dabo vobis
cor novum, et spiritum novum ponam in me-
dio vestri.
49. Stbllb. Una notte e nn giorno in Inf. :
una notte e nn giorno dal centro air altro e-
misfero. In Purg. quattro giorni. 11 primo al
e. II; il secondo al IX; il terzo ai XIX; il
quarto al XXVII. Al mezzogiorno è alla fon-
I tana, aarà in Paradiso col nuovo sole*
PARADISO
**
% .
DEL PARADISO
C A i\ T 0 P U I i\l 0
ARGOMENTO.
Sorge il $ole : Beatrice in lui guarda , Danie in Beatrice ; e* innalzano alla
efera del foco. Ella gli epiega com* e' posta vincere la gravità propria ^ e salire ,
perchè tratto verso il suo principio, a cui lo porta invicihUe amere. Amore i, per
Dante , ogni affetto , ogni istinto , V attrazione de* corpi. E quetto rammenta la bella
dottrina del e. XYIII del Purgatorio.
Parte del primo canto d comcntata dal P. stesso nella lett. a Cane, ma in modo scola- ^
stico e pedantesco. Pare dimostra come ogni inTenzione ed espressione sua fosse ponderata»
6 riTolta ad un fine: sebbene assnrdo sarebbe imaginare che egli a tatte qnelle cose pensasse
innanzi di comporre , o neli' atto.
Nota le terzine 1, 3, 6, 7, 8, 10; la 12 aUa 16; U 17, 18, 20, 21, 23, 24, 26, 27, 31,
35, 38, 30, 45, 46, 47.
1 La gloria di colui che tutto move
Per l'universo penetra ; e risplcnde
In una parte più , e meno altrove.
1. Gloria (Ez., XL1V); Ez. , XLIII: Ha-
pUta erat gloria Domini domus, — Move. Jo. :
Omnia per iptum faeta sunt. S. Angnst.: Qui
totum movet , nec ipse movetur. Dottrina di
». Tom. altresì. Boet. : Stalnlisque manens
das euncta moveri. — Penetra. Dante nella let-
tera a Caoc : Ptrhetrat qtuintum ad euentiam ,
ntplendet qtiantum ad esse. Conv. ( III, 14):
il primo agente pinge la sua virtù in cose per
fnodo di diretto raggio , e m . cose per modo
di splendore rinverberato : onde nelle irUelligen-
se rag'jia la divina luce senza mezzo ^ neli* al-
tre ti ripercuote da queste intelUgenze prima
illuminale. Dante : Patet quod ratio manife-
stai, diìÀnum (umen, idesX divinam (omfotam,
2 Nel ciel che più deUa sua luce prende »
Fa' io : e vidi cose che ridire
Nò sa nò può qual di lassù discende.
sapientiam al prudenOam nspUndsm vbique.
Augnst.: Deus ineoelo Xotus est, in terra to-
tus , ubique fotta. Is. : Coelum sedes mea ,
(terra autem seabeUum pedum meorum. — Più
Ps. : Coelietìarrant gloriam iD>et...Èccl. • XLII:
Gloria Domini plenum est opus ejus. Jcrcm.:
Coelum et terram ego impleo. Ps. : Quo ibo
a spiritu tuot et quo a facie tua fugiam^ Si
ascenderò in coelum ^ tu iÙio es: sidescende-
ro in infemum , ades. Sap. : Spiritus Domini
replevit orbem terrarum. Lacan. : Juppiter est,
quodcumque videe , quoeumque movetur. pa-
recchie di queste citazioni sono recate da Dan-
te stesso, nella lettera a Cane.
I 2. Giù., Empireo. Tropologicamente» dicG
396
DEL PARADISO
3 Perchè appreSdando sé al 5ao disire ,
Nostro intelletto si profonda tanto
Che retro la memoria non può ire
h Veramente , quant* io del regno santo
Nella mia mente potei far tesoro ,
Sarà ora materia del mio canto.
5 O buono Apollo , ali* ultimo lavoro
Fammi del tuo valor sì fatto vaso ,
Come dimandi a dar V amato alloro.
G Infine a qui T un giogo di Parnaso
Assai mi fu : ma or con amendue
M' è uopo entrar neir aringo rimase.
7 Entra nel petto mio , e spira tiìe ,
Si come quando Marsia traesti
Della vagina delle membra sue.
8 O divina irirtù , se mi ti presti ,
Pietro, il Paradiso è tostato de*Tirtoosi che
SODO in gioia ed in fama.— Fc*. Ov.: Felices
anitnoi . ^iit&ia haee eognotcBre primii Inque
domoi superai scander$ cura fuitì Citato da
Pietro. E poi : Admoven ocuUi distantia side-
ra nostris , Aetheraque ingenio supposuere suo,
— Sa. S. Barn. : Nee oeulus wUt , nec auris
fiudivit , nee in cor hominis (ueendit quae
praeparavit Deus his qui diUgunt eutn. Paul.
( Cor. , XII ) : Audivit arcana verta , quae
non licet homini loqui.
3. Perche. Cbrys.: JfuUa de DeointelUgi-
mus quae loqui non vaUmus. — Disirb. Porg.»
XXIV : Tien alto lor disio. Desideriutn chiama
Catullo la donna amata. Lettera a Cane: De-
siderium suum , quod est Deus,,JnteUecius hu-
fnanus in hae vita , yropter connaturalitatem
et affinitatem quam habet ad substantiam in-
tellectualem separatam, quando elevatur, in
tantum elevatur ^ ut memoria post reditum
deficiat , propter trascendisse humanum mo^
dum, — Intblletto. Rime: Amor,,, Muove co-
se di lei meco sovente Che V intelletto sovr* es-
se distia.,. E* mi convien lassare in pria S' i*
vo cantar ciò eh' t* odo di lei, Ciò che lo mi'
intelletto non comprende , E di quel che i* in-
tende Gran parte , perché dirlo non saprei.
Dame , a Can Grande : MuUa per intellectum
vìdemus , quibus signa vocalia desunt quod
satis Piato insinuat in suis Ubris per assum-
ptiotiem metaphorismorum,
4. Veramemb. Pure. Come Parg. , VI. —
Mente. Memoria ( Inf., II, 3 ).'-Te80Ro. Al-
bert. ( 1 , 50 } : Tesauri del tuo sapere.
3. Apollo. Pietro per Apoiline intende la
^iriù iotelleitiva delle cose celesti. Apollo e
le muse in Dante son simboli. — Lavoro. Virg.
{ Aen. . X ) : Extremum hunc , Arethusa, mihi
concede <a6orpm.— Vaso. Inf. , 11 : Vas d* eie-
Tanto che l' ombra del beato regno
Segnata nel mio capo , io manifesti ;
9 Venir vedràmi al tuo dilotto legno
E coronarmi allor di quelle foglie
Che la matéra e tu mi farai degno.
10 SI rade volte , padre , se ne coglie
Per trionfare o Cesare o poeta
(Colpa e vergogna dell' umane voglie),
11 Che partorir letizia in su la lieta
Delfica deità dovria la fronda
Peneia , quando alcun di sé asseta.
12 Poca favilla gran fiamma seconda.
Forse diretro a me con miglior voci
Si pregherà perchè Cirra risponda.
13 Surge a* mortali per diverse foci
La lucerna del mondo : ma da quella
Itone.— Amato. Da te per amore di Daftie.
Ovid. : Habehunt Te coma , te citharae , te
nostrae^ laure, pharetrae. Come ai richiede
per dare l' alloro. Il Petrarca, ad Apollo dd
lauro : L' amate ekiom» biantU,
6. Giogo. Ot. : Mone ibi vertieibus p§titmr-
duus astra duobus , Nomine Pùmasus , sum$-
ratque caeumine nubu, Lac. : Pamanuqm
jugo„,desertus utroque, Stat. : Cirrkaea òteor
m Interfusa jugo stagna. Virg. : Aiiidita fiMf
Helicona , Deae , cantusque movete, ElicoM
e Citerone , Clrra e Nisa , sono i dae giooU.
Parnaso, dice Pietro, è 1* universale dottm:
r un giogo la scienza, l'altro la sapienza. S.
Agost. ( L. de doct. chr. ) distingue la aciei-
za umana e la sapienza di Dio. Con Bacco ni
Citerone stavano, dice Probo (al III . Georg.,
43 ), le muse, invocate da Dante sìnort. Oia
chiama ad ApoUo.
7. Marsia (Ot., Met.,VI}. GUndotti audaci.
Nel I del Purg. rammenta le piche. Senpit
la vendetta accanto alla gloria.
8. Viaiù. Virg.: Ardens evexit ad attkmm
virtus.
10. Padre. Titolo di tutti gU Dei, dice
Servio. — Cesare. Petr. . Onor d* imptratmi
e di poeti,
11. Delfica. Horat. ; ApolUne DalpJbotfc-
ti'^nei. — Peneia (Ov., Met., I).
12. Poca. Albertano ( I, 55 ) : Di piccota
favilla nasce gran fuoco, e piccolo tncoMÌn-
ciamento ingenera gran fatti. — Seco.nda. Patr.:
Ed un gran vecchio il secondava appreno.—
Cirra. Sul giogo sacro ad ApoUioe * Nisa Mi
giogo eh' è sacro a Bacco.
13. Foci. Ond'esce il sole. — LrcBmxA.
Virg., IV : Phoebea, . . lampade. — (Quattro.
li sole nell'Ariete, al tempo dell' equinozio •
uasce alla foce del Gaoge : eoini nel priMo
CANTO I.
397
Qie quattro cerchi giugno con tre croci,
14- Ohi migUor corso, econ migliore stella
Esce congiunta , e la mondana cera
Più a suo modo tempera e suggella.
15 Fatto avea di là mane e di qua sera
Tal foce quasi ; e tutto era là bianco
Quello emisperio , e Taltra parte nera:
16 Quando Beatrice in sul sinistro fianco
Vi£ rivolta , e riguardar nel sole.
Aouila si non gli s' affisse unquanco.
17 E si come secondo raggio suole
Uscir del primo , e risalire insuso,
Pur come peregrin che tornar vuole.
18 Cosi dellatto suo, per gli occhi infuso
Neil* immagine mia , il mio si fece ,
E fiissi gli occhi al sole oltre a nostr uso.
19 Molto è lìcito là, che qui non lece
Alla nostra virtù, mercè del loco
grido dell'Ariete, dove i qaattro clrcoU si
rincoDtrano , 1' orizzonte , qael del zodiaco ,
r equatore ; e il coloro degli eqoinozii taglian-
do r equatore , fo una croce : il zodiaco , ta-
gUaodo l'equatore medesimo , un'altra: To-
rizzoDte collo zodiaco , la terza. L' Anon. :
lÀ quaU quattro circuii $*inter$eeano in uno
punto , cioè nel principio deW Ariete , quando
è in Oriente che tocca l orizxon. Quivi, dice
Pietro , il sole ba la sua maggiore efficacia.
Il Post. Caet. per le tre croci intende le vir-
tù teologiche , perchè la croce è il segno
della fede; pe' quattro circoli , le virtù car-
dinali , e il sole di giustizia che le illumina.
14. Miglior corso. Perchè rende uguale i^
giorno a tutti gli abitatori della terra. —
Stilla. L'Ariete prossimo all'equatore. Conv.
( li , 4 ) : Le ttelle $ono più ftiene di virtù
quando $ono più presio a questo cerchio. Poi
nella primavera è più viva la vita. Inf., I :
E *l eoi montava in iu con quelle stelle . . .
Conv. : Altrimenti è disposta la terra nel prin-
cipio della primavera *a ricerere in sé la tn-
fvrmazion» dell* erbe e delU fiori; è altrimen-
ti lo verno, Pelr. : Alla stagion che *l freddo
perde E le stelle migliori aequistan forza. —
MODO. Con la vivifica natura sua. — Tempera.
Dispone ed informa.
15. Mane. Sol monte sorgeva il sole : alla
terra abitata cadeva.
16. Beatrici. Quella il cui nobile amore
gì' innalzò l'anima al cielo, al cielo gli è
gaida. Ecco ragione perchè Beatrice era siro-
b<'lo della scienza divina : perchè veramente
«Ila a Dio lo innalzò. 1 cieli , nota il Bia- 1
gioii , sono le varie scienze per cui sempre
Fatto per propio deirumana spece.
20 Fnol soffersi molto, nasi poco
Ch'io noi vedessi sfavillar d'intorno
Qaal ferro che bollente esce del foco.
21 E di subito parve giorno a giorno
Essere aggiunto, come Quei che puote
Avesse 1 ciel d* un' altro sole adorno.
22 Beatrice tutta neireterne rote
Fissa con gli occhi stava; ed io, in lei
Le luci fisse, di lassù remote,
23 Nel suo aspetto tal dentro mi fei
Qual si fé Glauco nel gustar dell* orba
Che '1 fé consorto in mar degli altri dei.
2h Trasumanar, significar per veròa
Non si porla: però Tesemplo basti
À cui esperienza grazia serba.
25 S'io era sol di me quel che creasti
Novellamente, Amor che 1 ciel governi,
più alto si monta. Dante nel Ck)nY,: Per cielo
intendo la scienxa , e per deli le sciente, —
Sinistro. Il Purgatorio è antipode a Gerasa-
lemme. Questa , posta di qua dal 'tropico di
Cancro ; onde il monte dev' essere di là del
tropico di Capricorno: e come di qua sorge
il sole a destra, di \k deve a manca. — A-
OuiLA. Agost., dell'aquila, XXXVl, In Jo.:
Qui firme contemplatus fuerit ( solem }, fUius
agnoscitur : it octe palpitaverit , tamquam
adulterinut aò ungue dimittitur,
17. Secondo. Come raggio riflesso segue al
diretto e risale; così vedendola io guardare
alto , alto guardai. — Pbrbgrin. Bella imagfne
e affèttnosa nella bocca d' un esule.
18. Occhi. La scienza di Dio guarda in al-
to, l'oomo in lei, e s'innalza. La scienza
sacra , dice Agost. , perficit inteUectum , et
dirigit affectum.
19. Licito. August. : In hac carne viven-
tibus et inextimcLbiU virtute crescentibus con-
templationis actione, potest aetema Dei eia-
ritas videri, — Loco. Paradiso terrestre.
21. Giorno. Entra nella sfera del fuoco per
salire alla luna.
23. Tal. August. : Quum fueris taìis ut nil
prorsuifi terrenorum te delectet , mi Ai crede
eodem momento eC pimelo temporis videbis
quod cupis, — Glauco ( Ov. , Met. , XIU, 31).
Pescatore : al vedere che i pesci presi, al toc>
car dell'erba , saltavano in mare , mangiò di
quell'erba , e diventò dio marino.
24. Ve UBA. lacopone : Di Dio le sante ver-
ba. — ^ Grazia. Primo caso.
25. Sol. Paul. (II , Cor. , 12 ). Sivein cor-
pore , nescio , sive extra corpus , nescio. Deus
i93
DEL PARADISO
Tu 1 sai che col tao lume mi levasti.
26 Quando la rota che tu sempiterni
Desiderato, a sé mi fece atteso
CoaTarmonia che temperi e discerni;
27 Parvemi tanto allor del cielo acceso
Dalla fiamma del sol, chepìoggia.efiume
Lago non fece mai tanto disteso.
28 La novità del suono e 1 grande lume,
Di lor c-agion m'accesero un disio
Mai non sentito di cotanto acume.
29 Ond^ella che vedea me si com* io ,
Ad acquetarmi Tanimo commosso.
Pria ch'io a dimandar, la bocca aprio.
30 E corniciò : tu stesso ti fai grosso
Col falso immaginar, si che non vedi
Ciò che vedresti se l'avessi scosso.
31 Tu non se'in terra sì come tu credi;
Ma folgore fuggendo *1 proprio sito
Non corse, come tu ch'ad esso riedi.
32 S'io fui del prinx) dubbio disvestito
Per le sorrìse parolette brevi,
Dentro a un nuovo più fui irretito.
33 E dissi: già contento requìevi
Dì grande ammirazion; ma ora ammiro
Com'io trascenda questi corpi lievi.
31' Ond'ella appresso d'un pio sospiro
Gli occhi drizzò vèr me con quel sembiante
Che madre fa sopra fìgliuoi deliro;
35 E cominciò : le cose tutte quante
Hann* ordine tra loro; e questo è forma
Che l'universo a Dio fa simigliante.
36 Qui veggion V alte creature Torma
Dell' eterno valore , il quale è fine
AI quale è fatta la toccata norma.
37 Neil' ordine eh' io dico sono accline
Tutte nature , per diverse sorti
Più al principio loro e men vicine.
38 Ondo si movono a diversi porti
Per lo gran mar dell* essere; e ciascuna
Con istinto a lei dato che la porti.
self. — NovELiAHEWTE ( Purg. , XXV , 24 ).
L'anima ragionevole infusa nel feto umano gìh
formato , la chiama spirito fiiiovo. — gover-
ni. ' Boet : O qui perpetua mundum ratione
guhemas , Terrarum caelique $ator, qui lem-
pu$ ab aevo Ire jubes.
26. Desiderato. Iddio , secondo Aristote-
le , move come amato e desiderato. E Plato-
ne dice che i cicli si movono sempre cercan-
do l'anima del mondo , e desideran trovarla
perchè non è in luogo determinato , ma spar-
sa per tutto ; la qual anima è Dio. Nel Conv.
dice che T empireo è cielo immobile e luogo {
di Dio ; onde il primo mobile ch'é sotto , si
movo velocissimo , per lo fervenllssimo appe-
tito che ha ciascuna parte di questo di unir-
si a ciascuna parte di quello. — Temperi.
L'armonia è varietà e proporzione di parti ;
onde conviene che si disccrnano , cioè com-
partano ; e si temperino , cioè si moderino a
legge certa. Platone , e Cic. (Somn. Scip. ,
ap. Macr. ,1.1) pongono l'armonia delle sfe-
re. E il simile Orfeo. Arist. (Decoelo et mnn-
do ) nega codesti suoni de' cieli. Aggiungeva
Platone che le Muse contemprano l'armonia
mandata da^'li astri.
28. Acume. Turg. , XXIV: Voglia acuta»
30. Scosso. Boet. : Tune me ditcusét lique-
runt nocte tenebroe.
31. Sito. La sfera del fuoco. Arist. : Btt
terra tanquam mundi centrum in medio om-
nium , circa quam aqua, circa aquam aer, circa
aRrem ignis , illic purut et non turtidw, lu-
nae attingem. — Corse. L' elevazione della
scienza è volo dell'anima.— Riedi. Tomi al cielo
donde, creata da Dio , scese l'anima tua.
32. Irretito. Prov. , VII : Irretivit mm
multis iermonibus.
34. FiGLiuoL. Prov. , I : Vsquequo , par-
vuli , diUgitis infantiam .. ? Codv. ( 1 , 4 ) :
La maggior parte degli uomini vivono sacoii-
do sento e non tecondo ragione, a guisa di
pargoli : e questi eotali non conoscono le co-
se se non semplicemente di fuori , e la loro
bontcuie la quale a debito fine è ordinata no»
veggiono f perch* hanno chiusi gli occhi deiU
ragione , li quali possono vedere quello,
35. Cose. Tutte le cose hanno un line : del-
l' uomo , è Dio. Però 1' uomo tende a salire.
— Forma. Dà unità e vita al mondo.
36. Alte. Terz. 40 : Ch'hanno intelletto t
amore, — Orma. Segno. — Fine. Bibbia: Omnia
propter semetipsum opératus est JJofninvs, —
Norma. Boez., a Dio : Mundummente gerentt
sitrilique imagine formane.
37. Ordine. Conv. ( I, 10^- La differente
delle cose in quanto sono ad alcuno fine or-
dinate, — Accline. Horat. ( II, sat. 2 ) : i^'
elinis falsis animus, — Principio. Dio.
38. Porti. Di più o meno profonda qaiete
e letizia. — Mar. Si paragoni questo passo
al VI dell' En.: Principio coelum , ae terrai*
camposque liquentes, Lucentemque globum
LunaCf Titaniaque astra, Spiritus intus alU;
totamque infusa per artus Mene agitai mo-
tel» , et magno se corpore imtcal.
CANTO L
30D
Questi ne porla 1 fuoco invér la luna;
i De' cor mortali è permotore ;
Questi la terra in sé stringe e aduna»
0 Nò pur le creature che aon fuore
D* iotelligenzia , quest'arco saetta ,
Ma quelle eh* hanno intelletto e amore.
tki La pro\idenzia che cotanto assetta ,
Del suo lume fa 1 ciel sempre quieto
Nelqual si volgequel ch'ha maggior fretta .
1^2 Ed ora il , coro* a sito decreto ,
Cen porta la virtù di quella corda
Che, ciò che scocca, drizza in segno lieto.
^3 Vero è che, come forma non s'accorda
Molte fiate alla 'ntenzion dell'arte ,
39. Fuoco. Lo credeTSDo impooderabile ,
e eh' ei leiuiesse alla sua sfera lassù (Parg.,
XVIU). — LuxA. Conv. : Ogni cosa ha il
suo speciale amore. Come le corpora semplici
hanno amore naturato in sé al luogo projmo.
E però il fuoco ascende alla circonferenza di
sopra t lungo il cielo della luna, È in Aristo-
tele. — Pbbmotorb. Di vita corporea , che
viene dal cuore. — Aduna. Il Poat. Cass. :
Conglutinat in globum et penduto sustinet.
Per forza di gravità.
40. Arco. D' amore. Nel Conv. parla del-
l' amor delle piante al suolo in cui nacquero.
41. QcIfETo. Boet. : Tu euncta superno Du-
ds ab exemplo, pulcrum pulcerrimus ipse
èhmdum mente gerens . , » Tu requies tran-
tjuiUa piis; te „. finis, Frineipium, vector,
dux , semita » terminus ... Conv. : Il cielo im*
wtobiU t luogo di quella somma Ihità che tè
gola compiutamente vede.— Fretta. 11 primo
nobile. CoDV.: il quale psrlosuo ferventittimo
Perch' a risponder la materia è sorda ,
kh Cosi da questo corso si diparte
Talor la creatura , eh* ha podere
Di piegar , così pinti , in altra parte
45 (E si come veder si può cadere
Fuoco di nube) se l'impeto primo
A terra è torto da falso piacere.
46 Non dèi più ammirar, se bene stimo ,
Lo tuo salir , se non come d' un rivo
Se d' alto monte scende gioso ad imo.
47 Maraviglia sarebbe in te , se , privo
D* impedimento , giù ti fossi assiso ,
Com' a terra quieto fuoco vivo.
48 Quinci rivolse iovér lo ciclo il viso.
appetito d* essere congiunto col divinissimv
cielo e quieto , in quello st rivolve con tatUo
desiderio, che la sua celerità è quasi iuom-
prensibile ; e dell' Empireo : Pongono li Cat-
tolici esso estere immobile per avere in sé ,
secondo ciatcuua parte , ciò che la tua mate»
ria vuole.
42. LI. Air Empireo.
43. FoBMA. Conv. (II» 1): impossibile i> tu
forma venir» te- la materia , cioè lo suo :iO'j-
getto, non è prima disposta ed apparecchiata:
e la forma aelV arca ventre, se la materia ,
cioè lo legno non è prima disposto ed appa-
recchiato.
44. Podere. Il libero arbitrio non toglie la
grazia, né questa quello.
45. ToBTO. Purg., XII : O gente umana per
volar tu nata. Perché a poco vmto cosi cadi?
47. Impedimento. La gravità, Figuratomcri'
te la coiptf.
400
DEL PARADISO
CANTO n.
ARGOMENTO.
Salgono nella luna. Dante che nel Cònv. aveva detto le macchie di quella ve*
nire dà maggiore o minor densità , per la quale la luce i più o meno tivamenU
riflessa , qui combatte la propria opinione di prima. Se la demità , dine Beairi*
ce , fosse cagione del lume , tutte le stelle avrebbero la stessa virtù i influmxa ;
differirebbero solo nel grado. Più: o le parti rade attraversano tutto il corpo iMia-
re , e allora il sole nelC ecclissi ci darebbe per mezzo : o t( rado i a strati eoi
denso j e allora la luce delle parti più rade sarà più languida , matthia wm sor
rà mai. La cagione vera , secondo Dante , di quelle macchie ^ i la virtù che dal
primo mobile si diffonde ne* cieU sottoposti , e neUa luna è meno che m altrL
Arìdo il canto : por
Nota le terzine i, 3, 4,6, 7, 8; la 10 alU 16; la 18, 19, i6, 9%, 97, 38,
43 alla 48.
89; la
1 O voi che siete io piccioletta barca ,
Desiderosi d' ascoltar , seguiti
Dietro al mio legno che cantando varca,
2 Tornate a riv^er li vostri liti :
Non vi mettete in pelago , che forse ,
Perdendo me , rimarreste smarriti.
1. Barca. Con metafora simile. ch*è diVirg.,
comincia il Purg. : ma nel Purgatorio l'inge-
gno del P. è piccola nave, e qui a chi lo se-
gue in piccola nave e' dà sdegnoso consiglio.
Ott. : A volere perfettamente intendere la pre-
dente commedia abbisognano molte setenset im-
perocché VA, usa molti argomenti, esempli e
conebttioni,
2. Pblago. Conv. (I, 9 ) : Lo pelago del
trattato delle cantoni, V Ott. : Al mio . . . la-
gno il quale poetixxando valiea il profondo e
3L*acqua ch'io prendo,giammainon si conei
Minerva spira , e conducemi Apollo,
£ nuove Muse mi dimostran 1* órse.
k Voi altri pochi che drizzaste 1 collo
Per tempo al pan degli angeli, del qoalo
Vivesi qui , ma non sen vieo satollo ;
largo mare deW Universo.
3. XrovE. Molte visioni dell' loferno e dal
Purgatorio correvano allora, poche del Para-
diso. Lncr. : Avia Pieridum peragro loca iwl-
iius ante Trita solo. Minerva quasi aura gli
spira , Apollo guida la nave , le Muse gli no-
strano il segno. Il Cod. Cass. legge , nae$
mute^ ('ioè le nove scienze. Virg. : Jwvat trt
jiif/ij qua nulla priorvm Castaliam molU de^
vertitur orlnta clivo.
4. Pocai. Dice s. Tom. ( conu gmt. ) che
CANTO II.
40Ì
& Moller potete ben per l' alto sale
Vostro naYigio , servando mio solco
Dinanzi ali* acqua che ritorna eguale.
6 Que* gloriosi che passaro a Coleo,
Non s' ammiraron , come voi farete j
Quando lason vider fatto bifolco.
7 La concreata e perpetua sete
Del deiforme regno , con portava
Veloci quasi come 'I eie! vedete»
8 Beatrice in suso, ed io in lei guardava:
E forse in tanto in quanto un quadrel posa
E vola e dalla noce si dischiava ,
9 Giunto mi vidi ove mirabil coda
Mi torse *1 viso a sé. E però quella
Cui non potea mia ovra essere ascosa ,
10 Vòlta vèr me si lieta come bella.
Drizza la mente in Dio grata , mi disse,
Che D'ha congiunti con la prima stella
a pochi è data la cognizione profonda delle
cosa divine. Conv.: Oh beati que* pochi che
ft^fOfio a quella mema ove il pane degli an-
§eU ti mangia ! • miseri quelli che con lepe-
con kammt^ comune cibo ! — Pan. Jo. : Ego
smn pomi viiae. — Satollo. Ps. XVI: Satia-
hot quum apparuit gloria tua. Conv.: La
gpecìùaxiane m questa vita perfettamente lo
9U0 wo avere non può ; il quale avere è Id-
dio eh' è iommo intelligibile ; se non ts quan-
to considera lui e mira lui per li suoi effetti.
5. Sale. Horat. ( Ep., dU. ) : Alto ... salo.
^Irg. (I, 35 ) : Spumas salis aere ruebant. —
DiHAXii. Innanzi che l'acqua fitorni ugaa-
le. — Eguali. Sap. (V, 10 ) : Tanquam na-
vii, quae pertransit fluctuantem aquam: cujus
fwim praeterierit , non est vestigium 'invenire,
iMfiia semitam carinae ilUus in fluctibus.
6. Iason ( Inferno, XVIII ). — Bifolco.
Seminare i denti del serpe , ed arare ( Het.,
VII, 100). Horat.: Ignota tauris iUigaturum
/Mfa ... Jatonem.
7. Sbtb. Par., XXI; La sete naturai (del
▼ero mipemo ). Parg. ( XXXI , 43 ) : Cibo,
Ch9, saziando di sé, di sé asseta. — Deì'fqbme.
Quasi informato da Dio.— Cibl. Stellato ; che
lo ventiqaatlr'ore compie l'immenso suo giro.
8. Bbatbicb. L'idea del farla guida alle
cose celesti è chiaro espressa in un versq
delle rime giovanili ; Onde la nostra fede è
mmtata: Ptrò fu tal dall'Eterno ordinata.—
Tastto. Centoquarantottomille cinquecento-
trenta miglia lontan dalia terra, così Pietro:
Pgnl miglio di quattromila cubiti.
10. Stblla. Così chiama la luna. Cle.
( Somn. Selp., ap, Macrob., I, 21): Sicui
11 PareVa a me che nube ne coprisse
Lucida , spessa , solida e pulita , .
Quasi adamante che Io sol ferisse.
12 Per entro sé V eterna margherita
Ne ricevette , cooi' acqua recepe
Raggio di luce , pe^nanendo unita.
13 S* io era corpo, e qui non si concepe
Com' una dimensione altra patio ,
Ch'esser convien se corpo in corpo repe;
ih Accender ne dovria più il disio
Di veder quella essenzia in che si vede
Come nostra natura e Dio s* unio.
15 Lì si vedrà ciò che tenem pei* fede ,
Non dimostrato ; ma fia perse noto ,
A guisa del ver primo che l' uom crede.
16 Io risposi : madonna , sì devoto
Quant esser posso più , ringrazio Lui
Lo qual dal mortai mondo m'ha rimoto.
aetheris et aeris , ita dtvtnonim et eadueorum
Luna confinium est.
11. NuBB. Al cielo de' Calmucchi conduce
una via tutta d'oro su un alto monte ; e so-
pra il monte è una nube di iaspide dove sie-
de lo spirito dell'aria : e appiè del monta
son molte volpi che divorano le anime ree»
venenli verso il beato soggiorno. Sotto la via
aurea è una via argentea che mena U dove
nasce il sole , e dov' abita un altro spirito ;
e sotto ancora , è una strada di rame che
mette al soggiorno di trentatrò sniriti benefi-
ci all'uomo. Lì presso è il Paradiso de' bam-
bini e delle anime mediocremente buone. Al-
le falde del monte è la via dell' Inferno. Conv.
( II, 4 ) : Ed è V ordine del sito questo , che
il primo ^lo che numerano è quello dov* è
la Luna, lo secondo è quello dov' è Mereuriop
lo terzo è quello dov* è Venere , lo quarto i
quello dov* è il Sole , lo quinto è quello dov*i
IKarte, lo sesto è quello dov* è Giove, lo set-
timo è quello dov* è Saturno, lottavo è quel-
lo deUe stelle , lo nono è quello che non è
sensibile, se non per questo movimento eh* è
detto di sopra , lo quale chiamano molti cri-
stallino.
12. Etbbka. Incorruttibile, secondo i Pe
rlpatetici. — Bicbvbttb. La luna , dice Pie-
tro , è sette volte minor della terra.
13. S'IO. Parla condizionalmente, perché
non sa se sia salito col corpo. — Rbpb. S'in-
sinua. Dottrina di Aristot. ( Meuf., lY).
15. Vbdbì. S. Angost.: Hic eredimus, il-
ìie mdebimus — Vbb. Assiomi di senso comu-
ne, dai Greci dette comuni notizie; principia
demonstrationii da Arist. ( Potter. ).
SI
402
DLL PARADISO
17 Ma ditemi , che son li segni bui
Di questo corpo , che laggiuso ìd terra
Fan di Gain favoleggiare altrui ?
18 Ella sorrise alquanto, e poi: s'egli erra
L' opinion , mi disse, de* mortali
Dove chiave di senso non disserra ;
19 Certo non ti dovrien punger li strali
D' ammirazione ornai: poi dietro a* sensi
Vedi che la ragione ha corte V ali.
20 Ma dimmi quel che tu da te ne pensi.
Ed io: ciò che n'appar quassù diverso ,
Credo cliel fanno i corpi rari e densi.
21 Ed ella: "certo assai vedrai sommerso
Nel falso il creder tuo , se bene ascolti
L* argomentar eh' io gli farò avverso.
22 La spera ottava vi dimostra molti
Lumi, li quali nel quale e nel quanto
Notar si posson di diversi volti.
23 So raro e denso ciò facesser tanto ,
Una sola virtù sarebbe in tutti ,
Più e men distributa ; ed altrettanto.
26. Virtù diverse esser convegnon frutti
Di principii formali. Equeijuorch'uoo,
Seguiteheuo a tua ragion distrutti.
2o Ancor, se raro fosse di quel bruno
17. Gain ( Inf., XX, 42). Della luna, Arisi.
(De coelo et mundo, li ).
i'iì. Strali. Ogni impressione profondj è
con questo tropo dipinta. Lzcch., V : jltsero
su'jiuas (aiììii pesiimaìi in eos.
20. Credo. Opinione esposta nel Conv.
( li, 14 ) il quale fu duuque scritto innanzi
il poema. Ivi dice , le macchie della luna non
essere altro che rarità del suo corpo alla qua-
le non possou'j terminare i raggi del sole , e
ri{)crcuotersi così come nelle altre parti. —
Dlnsi. Secondo Dante, i corpi solidi riperco-
tono meglio la luce.
22. Ottava. Delle stelle fisse. Questa, di-
re l'ietro, può dirsi il quinto elemento , di-
hiinto dagli altri per naturai proprietà.- Qu.v
J.E. Luce. — Quanto. Mole (Tolomeo, Alniag.,
VI, cap. 1},
23. Virtù. Se dalla maggiore o minor den-
sità Teoisse la differenza , le influenze dei
pianeti differirebbero di grado , ma non di
natura. Or diflViriscono ^ e lo dicono Alboma-
/ar e Tolomeo.
24. Formali. La materia prima era, se-
condo gli scolastici , in tatti i corpi la me-
desima : la forma sostanziale costituita le
Tarie specie e virtù de' corpi. Or se dalla
densità veniise il divario, nasolo sarebbe il 1
Cagion, che tu dimandi; od oltreio parto
Fora di sua materia si digiuno
26 Esto pianeta ; o si come comparte
Lo grassoeilmagrouncorpo,coslquesto
Nel suo volume cangerebbe carte.
27 Se 1 primo fosse , fora manifesto
Neir eclisse del sol , per trasparere
Lo lume, come in altro raro , ingesto.
28 Questo non è : però è da vedere
Deiraltro. E s'egli avvien ch'ioraitro cassi.
Falsificato lia lo tuo parere.
29 S'egli è che questo raro non trapassi,
£sser conviene un termine da onde
Lo suo contrario più passar non lassi;
30 £ indi r altrui raggio si rifonde
Così come color torna per vetro
Lo qual diretro a sé piombo nasconde.
31 Or dirai tu eh' el si dimostra tetro
Quivi lo raggio più che in altre parti.
Per esser il ri fratto più a retro.
32 Da questa instanzia può diliberarti
Esperienza , se giammai la provi ,
Ch' esser suol fonte a* rivi di vosti^artu
33 Tre specchi prenderai; ediie rimovi
Da te d un mudo, e l'altro, più rimosso,
principio formai*». Quest'uno, sfcoudo l'Oit,
è non la materia pritna, ma Dio. — Hagios.
l'er ragionami fio { Furg., XXII ).
25. Oltre. O sarebbe bacato qui e li da
parte a parte ; o avrebbe strati di denso •
strati di rado ; come io corpo d* aniniale è
il grasso ed il mugro.
120. Caute. Traslato frequente io Danls:
qui DOD iiioliu opportuno.
'SI. Sol. La luna frapponendosi ira 'I soli
e la terra , se in alcun luu^o fosse rada da
pane a pai le, ci passerebbe la luce.
2t>. Onde. Il denso della luna s'opporrà il
P^-'^ggio ilei lume.
30. Altrui. D* altro corpo Incido.
.11. Tetro. Dirai che dove il raro è jàk
fondo , e il denso però più lontano , qaifi j|
raggio riflesso é più pallido e pare macchia.—
KiFRATTo. Per riflesso ( Purg., XV }. £ awt
la rille!= sione ó una specie di rifrazione.
32. Instanzia. Dicchi nelle acuuie il re-
plicare alla risposta. — Ann. Arisi. Jic#,
nelUi Metuf., che dal scii:,n hu^o: ta mctìnjria,
e da molle memorie l' esp.'ncHza , « da mal"
ie esperinze l' arie ( Ta^^o . Dial. XCl ; Fici-
no, tom. IV. p. 7 ). In queaiio vorw ^ luuj
il p'iucipij bacuDiu.!'.'.
CANTO lU
Wò
Tr' ambo li priioi gli occhi tuoi ritrovi.
34 Rivolto ad essi, fa che dopo il du^so
Ti steauolumecheitrespecchi accenda.
E torni a to da tutti ripercosso.
3& Benché nel quanto tanto non si stenda
La vista più lontana , Il vedrai
Comeconvien che igualmente ri^^plenda.
36 Or come ai colpi disili caldi rai
Della neve rìman nudo il suggctto
E dat colore e dal freddo pTimat ;
97 Cosi rimase le nello intellello ,
Voglio inrormar di luce si vivace
Che ti tremolerà nel suo aspetto.
38 Dentro dal cid della divina pace
SA gira un corpo nella cui virtut«
; macchia
34. UcimA. lUuDui. Virg.
SS. Qtarto. La luce è nwd
•M è.
36. Sdggbtio. La materia.
37. Cosi' Hoet., I : Dimotii faUaeium af-
fictUnuim ttaebrù , iplartdonm vcrae lueii
fatti* agnaicm.
88. CiBL. Empireo t qaìelq d'ogni itinvi.
■DHUa , e quielu per beaiitudrnc. Ciiav. ( Il ,
3 }: JW numn-o ìt'àeU t dil itto dittrtaman-
U è mMìIo da molli , awignaché la verità
aUiMwu tia irvuata. Ariutiltle emUut, ti-
. gmtaikda lolmt^U V antica groiit^xa dagli
■Mrelvyi, cha fouiro pure oito culi, dclli
fMoli lo «jlrnHo « tht cuntenu» luUo , fout
YmUo dira* la aitila futa tono, eioi la tftra
ottava; a cha di /uuri d' tuo non fotta ailr»
■faiMM. Tolomta , aeeoTgtndoti elta Voltava
taira ti movta pir più tnauiminh , tifjjendo
H cfrehifl tuo partire dat dritto ctmkio cha
iwrfji iHiio da oritnta in cecidgnii , coilrelia
da prìncipi di (dotofa eh» di n«c»it[à vuole
tM auM« prìmo nmplicutimo , purM un al-
tnt eitt^ ttttrt fuori dttlo Utllau , ti quaW
fèttttt qvtUa nvaluiiant da anima m occi-
tifile, là ^uala dia cAe (■ compiB guati tn
vttUiquatlTu ori... — Coapti. Primu mubile. —
GoxTBNTO (IdL, li, 20). Da lui viene ogni
Tiitb a quanta in lui ai contiene , e cielu e
tam. Questa teoria r tccenna nel I dello
HMaf. d'Arisiol., e pib chiaro lo Alb. Mignu
( De minerilibus , I. II, ir. IH, ftp- 3 ).
SV. CiiL. Ottavo , delle «Ielle lisse. — Va
MTtl. Canili.; Qiiam tidara miiUa . . . ^urli-
«oj /idtninum uident amorti, — tisNB. La
Virtù del uonu cielo. — Essiim. Cieli : e em-
pi contenuii in que' cieli. Codt. ( il , 3 } :
Sono novi ti iteti mobili : lo itlo dt'ijiialt i^
Maw/wto I deierminoie tteondo ehtpir iin' ar-
L' esser dì tutto suo contento giace.
:ì9 Lo ciel seguonta eh' ha tante veduto.
Queir eaaer parie per diverse essenze ,
Uà lui di-tinte , e dii lui contenute.
VO (ìli altri (:\Tott per \arie diifercnze
L» ilistinziun i^liu da dentro da eè hanno
Dispongono a lor fini e lor semenze.
kl Questi organi del mondo cosi winno.
Come tu vedi ornai dì grado in Kra<lo ,
Che di <:u prendono , e di sotto Unno.
k^ Riguarda benea me si com'io vado
Per questo loco al ver che tu disiri ,
SI elle poi sappi sol tener lo guado.
'f3 Lo moto e la virtù de' santi giri.
Come dal fabbro l' arte del martello ,
re che ri c^i'amo prDfpeII<t>a arùiMri'ea t gta-
metrica, j«uiiilmenl« e rosJutuuol menti è
ì:eduto , a par altri aptriinsa lentibiìi.
40. GiBOH. Sclte cieli. Conv. [Il, 4]: Ogni
,:ìelo dcitina la propria influenta a fina a cut
/ri ordinata , a ai timi di nature ehi in ti
cantitne. Degli Angeli motori de- cicli , V.
rom. ( Sum., 2. 2. qu. lOA ].
41. Organi (Arisi-, De eoelo et niuiido ,
II ). L'etere dove questi divini corpi percur-
runo l'ordinato laro novimeoto. — Fakno.
LEitera a Cane : Oinnit et'ieniia ei ciriui pro-
cedil a primo ; «I iniellijenlio» in/eriorci r».
cipiunC fuori a radiatUi , el raddanl radrot
■upenoru ad luum inferiui , ad modum ipe-
culirrum.
42. Guido. Porg. , VII): Colui cha il na-
tconda Lo tuo primo pircJiJ , ehi non irli è
43. Giai. Cieli. Santi perchè la loro virtù,
spira dagli Angeli. Coov.: 1 moviiori de* cieM
lono foflonse up..ral« dti maieria , eioi tn-
leltigett:e , ehi la volgar genie ehiama ange-
li ... E fanno la loro operaiiorta connotural*
ad sui , d'ai lo movim«nlo d<l Inro cfilo ...
Quelli fflouilori motiutiD io lo inle ridendo la
eirvalniione di qiul loggetto proprio elit eia-
leuno moiif : e la forma nobiliiiimi del cielo
eh' ha in té principio di quitta natura patti-
va yira , toccata da virtù molriee, die q»'-
Ito intende. £ dico , laccala non corporal-
mente , ma per ionio di oirtà , che ti diritta
in fuelio. £ fi vuol «apere che li raggi di
eiaieiM cielo tono la t)ia per la quali ditcen-
di la loro virtù in quitta cole di quaggiù. —
Fabho. Simile Imagiite nel Cuor. ( II, 13).'
It fuoco a U martello tono codioni effcietUi del
ceùelto , ai'vejiMcM mairimamenle é ■l/'ub.
bro. — HOTOB., iBf-, VII ; J^k* I* cillt, l dii
lor ehi condvta.
kOh
DEL PARADISO
Da* beati motor convien che spiri.
kk> E 'i ciel cui tanti lumi fanno bello ,
Dalla mente profonda che lui volve
Prende Y iroage , e fassene suggello.
i^5 E come l' alma dentro a vostra poWe
Per differenti membra , e conformate
A diverse potenzio , si risolve ;
46 Cosi r intelligenzia , sua bontate
Multiplicata per le stelle spiega ,
Girando sé sovra sua unitate.
44. Ciel Delle stelle fisse. — Mente. An-
gelica. ^ Suggello. Riceve la fona e la ini-
prime nei cieli di sotto. Boet. : Tu triplicit
mediam naturae euneta moventem Connectens
animam , per eontona membra retolvU; Quae
quum tecta duot motum glomeravit in orbes.
In semet reditura meat^ mentemffue profun-
dam. Circuit , 9t iimili eonveriit imagine coe-
lum. Agli Angeli del terzo cielo dice in una
canz. : Il ciel che segue lo vostro valore.
45. Polve. Gen. : PuUis es. — Conforma-
te. Idonee. — Potenzie. Vista, udito, ec. —
Risolve. Boet. : Per consona membra resolvis.
La virtù spirata dall' Angelo , quasi anima
del mondo, si risolve, si spiega, si svolve,
ti comparte per le varie nature , come 1* ani-
ma umana per le varie parti del corpo.
46. Intelligenzia. Angelica, motrice del-
l' ottavo cielo. Girando. Boet. : In stmet ro- 1
VI yirtji diversa fa diversa lega
Gdl prezioso corpo eh* eli' arviva ,
Nel qual, si come vita in voi, si lega.
\8 Per la natura lieta onde deriva ,
La virtù mista per lo corpo luco
Come letizia per pupilla viva.
t^9 Da essa vien ciò che da luce a luce
Par diflerente , non da denso e raro :
Essa è formai principio che produce,
30 Conforme asuabonta.loturboe'l chiaro^
ditura meat ( Fiat., Tim. ). F. Reoat. Yai-
lin., note al III De consol. pbil.
47. PrezYoso. Chiamò margherita la Iona.
48. Lieta. Angelica. Purg. , XVI : Mossa
da lieto fattore. lof., VII : Con V altre prime
creature Itela Volve sua spera , e beata si go-
de. Baruch ( ìì\, 34 ) : Stellae . . . dedermU
lumen in custodOs suis , et laetatae sum.
Mista. Dell'influenza del cielo stellato e della
propria natura.
49. Formal. La virtù, più o men forte,
infusa ne' pianeti qua e là , li fa più o mei
lucidi. La ragione è falsa : superfluo il no-
tarlo. L' Ottimo, domanda perchè la luna ha
sola queste macchie, e non altri pianeti?
Perchè, risponde, ella è 1' ultimo , e la vir-
tù de* cieli v' opera con meno vigore ; la qia-
le diversità si fa cagione alla terra deUa cor
razione e della generazione de' corpi.
^^0^»
MS
CANTO m.
ARGOMENTO.
Nella luna le anime di coloro che non interamente adempirono i voti a Dio
falU. Piccarda e Costanza, una fiorentina parente del P.. e una tteva imperatrice.
Caoio d* argenteo nitore; e se lo paragoni al terxo dell' Inf. e al terzo del Pnrg. Tedrai
mirabile varietà d'ingegno, d'animo, di stile, di lingua. Qaasi sempre ad arida discussio-
ne tcienlifica succede nel nostro una vena abondante di poesia. E la stesta discussione
scientiOea , o tosto o tardi gli sì converte in poetica 6amma. Vedete nel canto precedente,
quella macchina quasi epica de' beati motori gì' ispira sulla fine del canto cinque o sei ter-
zine che sono delle più notabili fra le dantesche.
NoU le terzine 1 alla 9; la 12, 13 , 14, 16; la 20 alla 23; la 27, 29, 30, 31, 30,
37 ; la 40, alla fine.
1 Qiielsol chepria d'amormi scaldai petto,
IM beila verità ra* avea scoverto ,
Provando e riprovaDdo, il dolce aspetto.
2 Ed io, per confessar corretto e certo
Me stesso tanto quanto si convenne ,
Levai lo capo a proflerer più erto.
3 Ma visione apparve , che ritenne
A sé me tanto stretto, por vedersi,
Che dì mia conPession non mi sovvenoe»
k Quali per vetri trasparenti e tersi
Ovver per acque nitide e tranquille ,
Non si profonde che i fondi sien persi ,
1. BiPBovANBO. L' error mio.
4. NiTU>B. Ov. ( Het., Ili ) : Font trai il-
UmÌM , nilidis argentetàs undi». Di questa ri*
flessione ( Arist., Il, De An. ). — Pbesi. Di
vìsu.
5. Visi. Prov.« XXVII : Quomodo in aguit
rupUndent vuUus protpicientium , ito eorda
kominum mamfetta tunt prud9ntibu$. Altro
giro ha 1* imagme in Dante : pure rammenta
questa di S:iloTnone. — rosTiLLB. Linee o ci-
fra miuute : «ini per lineaiuenti ne' quali si
legge ( luf., X ) il nume della persona t la
8
Toman de' nostri visi le postille
Debili si , che perla in bianca fronte
Non vien men tosto alle nostre pupille;
Tali vid'io più facce a parlar pronte :
Perch* io dentro ali error contrario corsi
Aquelch*accesearoortra l'uomo el fonte.
Subito , si com* io di lor m* accorsi ,
Quelle stimando specchiati sembianti ,
Per veder di cui fosser^ gli occhi torsi :
E nulla vidi , e rìtorsili avanti
Dritti nel lume della dolce guida ,
Che sorridendo ardea negli occhi santi.
si riconosce. Bocc. usa poitUle in senso simi-
le , ma oscuramente. — Pbbla. Tancia: Boe-
cuna rubinoia Ch' a pofvi gu coral , non ti
vodrMé,
6. Tali. Le Di tanto tenni, e poco lucenti,
ad indillo di merito men segnalato e men al*
io. — Amob. Mei. :. AurtCaryne inemdit , et
ardBt ... Atque oculo$ idtm , qm d«etpi( , ì»*
otfol e/rtor. CnduU, pUd frustra nmulacrQ
fugaeim eaptat 7 Narciso crede l' imagine, va-
ro : Dante il vero , imagioe.
^OG
DEL PARADISO
9 Non ti maravigliar perch* io sorrida ,
Mi disse , appresso il tuo pueril coto ;
Poi sopra 1 vero ancor lo piò non Oda ,
10 Ma te rivnlve , come suole , a vóto.
Vere sustnnzie son ciò che tu vedi ,
Qui rilegate per manco di voto.
11 Però parla con esse , e odi , e credi
Che la verace luce che le appaga ,
Da sé non lascia lor torcer li piedi.
12. £d io air ombra che parca più vaga
Di ragionar , drizzami , e cominciai
Quasicom'uom cui troppa voglia smaga;
13 O ben creato spirito che a' rai
Di vita eterna la dolcezza senti
Che non gustata non s'intende mai ,
Ib Grazioso mi fia se mi contenti
Del nome tuo e delta vostra sorte.
Ond' ella pronta e con occhi rìdenti ;
15 La nostra carità non serra porte.
A giusta voglia , se non come quella
Che vuol simile a sé tutta sua corte.
16 Io fui nel mondo vergine sorella ;
E se la mente tua l)en mi riguarda ,
Non mi ti celerà Tesser più bella :
17 Ma riconoscerai eh' io'son Piccarda ,
Che posta qui con questi altri beati ,
Beata son nella spera più tarda.
18 Li nostri afletti , che solo inflammati
Son nel piacer dello Spirito santo ,
Letizian del suo ordine formati.
19 £ questa sorte che par giù cotanto ,
9. Coto ( lof., XXXI , 2A ). Pensiero.
10. Voto. Nella lana pone le vergini che
non osservarono il voto. Freddo pianeta è la
luna , ed hi limpida lace , e Diana era casta.
Virg. : Catta ... Lucma,
15. Qi'BLLA. La divina carità. Boet. : Tfu
[nutra tunt in iHo poftìad «pei prtcesqu^ ;
quae , quum recfae funi , vntfjicactt esse non
pouurU. Ps.: Depneationem eomm exaudiét,
et ialvoi faciet eoi,
17. Piccarda. Figlia di Simone Donati
( Porg., XXIV). L*Anon. : Funne tratta pérM-
Corso per forza ; onde elli ne ricevette danno,
vergogna ed onta a satisfare alla ingiunta
penitenza» che sì eceelUntemente quasi tihrone
stette in camicia, ^- Tarda. Più vicina alla
terra , jt , come rota più prtuo olio ttelo
(Purg.,vm,2«).
18. Formati. Hanno forma dall' ordina in
che lo Spirito santo li pose. Caot. : Onttno-
vie in me chariiaUw^
Però n* è data , perchè fur negletti
Li nostri voti , e vóti in alcun c.»rto.
20 Ond* io a lei : ne' mirabili aspetti
Vostri risplende non so che divino
Che vi trasmuta da' primi concetti.
21 Però non fui a rimembrar festino :
Ma or m' aiuta ciò che tu mi dici ^
Si che raffigurar m* è più latino.
22 Ma dimmi : voi che siete qui felici ,
Desiderate voi più alto loco
Per più vedere e per più farvi amici?
23 Conquell'altr ombrepria sorriseunpcco,
Da indi mi rispose tanto lieta
Ch' arder parea d' amor nel primo foco :
^k Frate , la nostra volontà quieta
Virtù di carità , che fa volerne
Solqnelch'avemo» e d'altro non ci asseta.
25 Se disiassimo esser più superne ,
Foran discordi li nostri disiri
Dal voler di Colui che qui ne cerne :
26 Che vedrai non capere in questi giri ,
S* essere in ca ritate è qui necesse ,
E se la sua natura ben rimiri.
27 Anzi è formale ad esto beato esse
Tenersi dentro alla divina voglia ,
Perch' una fansi nostro voglie stesse.
28 SI che , come noi sem di soglia in soglia
Per questo regno, a tutto il regno piace.
Como allo Re che a suo voler ne invogfia.
29 E la sua volontade è nostra pace :
Ella è quel mare al qual tutto si move
19. Voti. Giochi che Dante non eerta twm
fugge, lof. (I, 12): Piik vo/i« votto.
20. Concetti. Dal concfttu che di ?oi ave
va chi già vi conobbe. Concetto e sendnmou
qui son tutt*uno. Dante idealista.
21. Festino. FeiCtiuire é nell^irg., XXXIII;
e l'hain prosa il Bocc. — Latino. LatinsW
qxti dicevano i Lat. per dire cbiaramenta , •
Dante nel Conv. ( II, 3 ) : ^ più latinammm
veder la sostanza. Vili. (XI , 20 ) : Assai sm
latino di dare audienza (facile ). JLattno al-
lora valera italiano; e parlare per immota
valeva latino,
22. Vedere. Iddio. ^ Amici t Tra'tailL
0: per far voi stessi amici a Dio più inttai.
26. Natura. La carità è nel volere(8. Thim-,
2. 2. 9., art. 1).
VJ, Formale. Essenziale : voce tcoltslio-
— Voglia. Così Tom. ( cont. gent. ); s. A|t-
stlno.
29. Mah. Par. , ì: Si movono a dkn
CANTO IH.
407
Ciò ch'ella cria o che natura face.
30 Chiaro mi fu allor com' ogni dove
Id cielo è paradiso , etti la grazia
Del sommo Ben d'un modo non vi piove.
31 Ha si com'egli avvien s' un cibo sazia
E d'un altro rimane ancor la gola ,
Che quel si chiere^ e di quel si ringrazia;
32 Cosi fcc' io con atto e con parola
Per apprender da lei qual fu la tela
Oode non trasse insino al co la spola.
33 Perfetta vita ed alto merto inciela
Donna più su , mi disse, alla cui norma
Nel vostro mondo giù si veste e vela,
34 Perchè 'nfìno al morir sivegghiedorma
Con quello Sposo , eh' ogni voto accetta
Che cantato a suo piacer conforma.
35 Dal mondo , per seguirla , giovinetta
Foggimi , e nel su' abito mi chiusi ,
E promisi la via della sua setta.
^Ui Uomini poi a mal più che a bene usi,
Fuor mi rapiron della dolce chiostra.
Dio lo si sa qua! poi mia > ita fusi.
porti Per lo gran mar deWes$ere. Questo TaoDo
Je creaiure nel tenipu: ina roliitno lor tìneé Dio.
30. Paradiso. Joao. : Deus eharitas e$t ,
ei qui maml in charilaU , in Dto manti , al
Afiit in 90,
39. Tkla. Che non fin) di tess(>re. Qaal voto
lASciò ella incompiuto. Traslato dicevole a don-
na.—Co (Inf., XX, 26; XXI, 22; Purg., 111,43).
33. Donna. S. Chiara.
35. Setta. Petr. ( Tr. F., II ) : Temiitocie
e Ttf^o con quttta setta. Convivio ( 1 , 11 ) :
Citu€una di queste reitadi ha sì gran setta ,
che pochi tono quelli che sono da esse Uberi,
36. Mal. 1 Donali avevano soprannome di
MtUé-fammi (Vili., Vili, 38 ). — Dio. Rodol-
fo da Tossignano (Hist. seraph. rei., I, 138):
Cmnus frater .,, assumpto seeum Farinata «i-
corio famoso et aliis duodecim perdìtissimis
s^eaphantis , admotisque parietibus scalis , in-
grtuus est septa monasterii; eaptamque per
vim sororem , ad fraternam domum seeum
«iUttxit ; et sucris discessis vestibus , munda-
fMS indutam , ad uvptins coegit. Antequam
spanta Christicumviro couveiìiret, anttimayi-
n«m cruci furi virginitatem suam sponso Chrtsto
t'^mmendavit, Mox totum corpus ejus lepra
p§n%utum fuit ... Post aliquot dies eum palma
vùrginitatis migravit ad Dominum. Dante non
vuole accertare il miracolo ; però dice: Dio
Ja« Olt. : Li suoi fratelli l" aveano promessa di
Jan per moglie ad uno gentile uomo di Fira ri-
37 E quest'altro splendor che ti si mostra
Dalla mia destra parte, e che s* accendo
Di tutto il lume della spera nostra ,
38 Ciò eh' io dico di me, di se intende.
Sorella fu : e cosi le fu tolta
Di capo r ombra delle sacre bende.
39 Ma poi che pur al mondo fu rivolta
Centra suo grado e centra buona usanza,
Mon fu dal vel del cor giammai disciolta.
40 Quest' è la luce della gran Gostanza,
Che del secondo vento di Soave
Generò 1 terzo e 1* ultima possanza.
41 Cosi parlommi j e poi cominciò : Ave,
Maria , cantando: e cantando vauio ,
Come per acqua cupa cosa grave.
42 La \ista mia che tanto la seguio
Quanto possibil fu , poi che la perse ,
Yoisesi al segno di maggior disio ;
43 Ed a Beatrice tutta si converse :
Ma quella folgorò nello mio sguardo
SI che da prima il viso noi solTerse.
44 E ciò mi fece a dimjLudar più tardo.
ze , nome Rossellino della Tosa , la qual co-
sa ptivenuia alla notizia dei dello, Ji. Corso
( eh tra al reggimento deUa città di Bologna),
ogni cosa abbandonata, ne venne al.,.nu}-
nitterio , e quindi per forza ( contro al volie-
re della Piccarda, e delie suore e badessa)..,
la trasse ... e la diede al detto marito : la
quale imsnantanente infermò , e finì li suoi
dì,.. E dicesi , che la detta infermità e mor^
te corporale le concedette Colui, eh* è datore
di tutte le grazie, in ciò etaudiendo li suoi
devoti preyUi.
38. boRELLA. Monaca. V. terz. 16.
3U.VEL. C. IV: V affezion del vel Gostanza
tentéc.
40. Gostanza. Figliuola di Ruggieri redi
Puglia e Sicilia , sorella a Guglieiuo. Moriu
lui senza figli , occupò il regno un baromi
Tancredi , il quale non obbediva alia Chiesa.
Onde per 1* arcivéscovo di Palermo fu tolta
dal monastero di Palermo nel 1192, e data
moglie ad Knrico , figliuolo di Federico Bar-
bai ussa. Ne nacque Federico li. — Vento.
Alti ove paragona al vento la (giuria del mon-
do ( Purg., XI) Jatd.: Qui iti/Iatur superbia,
vento pascìtur. Virg. (Xi, 345} : Flatusque
remìttat { l'orgoglio ). Il Parenti icgf^e vari-
lo. — Ultima. Couv. : Federico di Soave ulti-
ma imp. dclU Romani.
43. FoLuoRò. lauto niù vivo del lame di
qne' beati era il lume di Beatrice.
MS
DEL PARADISO
CANTO IV
ARGOMENTO.
Beatrice confuta f errore plaiomeó : V anime tornare alle Bielle dote abitwumm fri*
mia : dice eola l* influenza dagli astri venire. Poi scioglie un dubbio : perchè eefuùu
monache forzate non coneentirono al fnale , abbiano ad avere minor merito in fàc-
cia a Dio. Risponde : non consentirono al male ; ma non lo ripararono , tonuurioj
allorché potevano , al chiostro.
Arìdo é il canto , ma le tenine ani dabbio ne Talgon doe. Neil' iof. trattò i Tiiii ai
politicamente considerati , nel Pnrg. i difetti eonaiderati moralmente , nel Pamd. le vìrti
considerate metafisicamente e teologicamente. Tntte le più alte questioni degli omaai dealili
son qoi toccate : e pnre in qnesto canto parla della libertà , del motivo dell' operare ,
inflaenza , dell' orìgine dell' anime , della proYida forza dei dabbio.
Nota le terzine 2 » 4 , 6 , 12 , 26 , 28 , 29 ; la 39 alla 45 , con la 47.
1 Intra dao cibi distanti » e moventi
D* un modo, prima si morria di fame
Che liber*uomo Van recasse a' denti.
2 Si si starebt>e un agno intra duo brame
Di Gerì lupi , igualmente temendo ;
SI si starebbe un cane intra due dame.
3 Perchè, s'io mi tacea, me non riprendo
Ì Dalli miei dubbi d' un modo sospinto),
^oich' era necessario ; De commendo.
1. Moventi. Ognuno qui rammenta l'asi-
no di fiondano. Pone la questione medesima
t. Tom. ( prima secondae , q. 53, art. 6 ), e
la risiolTe con dire cbe in an cibo dovrebbe
l' nomo alla fine trovare ona condizione che
lo movesse più forte. B codesto avvien sem-
pre. Montaigne avverte il medesima. Leibni-
zio cbitma ragion tuf/icisnts la forza cbe
meve. j
k Io mi tacea; ma 1 mio disir di|Niito
M* era nel viso, e il dimandar eoo elio
Più caldo assai che per parlar diatinlo.
5 Féssi Beatrice , qual fé Daniello ,
Nabuccodonosór levando d* ira ,
Che r avea fatto ingiustamente fello :
6 E disse: io veggio ben come ti tira
Uno ed altro disio , si che tua cura
So stessa lega si che fuor non spira.
2. BEAMt. Ov. ( Met., V ) : Tigris «f , ov-
ditis divena vaUe duorum Exuimìdata f&m$
rnuytltòut armentOTum , Neseii «ero potiaf
mal ; et mere ardst ìUrogus,
5. DàmYbllo. Spiegò a Nabnccodonoser fl
sogno da lai medesimo dimenticato , di cai
nel XIV dell' Inf. , cbe gli altri indovini ••!
poterono spiegare» onde il re montò per li
ftirie. — Fello. Irato. Inf. XYII : DisUgmie
j
CANTO IV.
409
7 Tu argomenti: se '1 buon voler dura ,
La violenza altrui per qual ragione
Di meritar mi scema la misura?
8 Ancor di dubitar ti dà cagione
Parer tornarsi i' anime alle stelle ,
Secondo la sentenzia di Platone.
9 Queste son le quistion che nel tuo velie
Puntano igualemente. £ però pria
Tratterò quella che più ha di felle.
10 De* serafin colui che più s* india ,
Moisò , Samnelio , e quel Giovanni ,
Qual prender vogli , io dico> non Maria,
1 1 Non hanno in altro cielo i loro scanni
Che quegli spirti che mu t' apparirò , .
Né hanno air esser lor più o meno anni :
i± Ma tutti fanno bello il primo giro,
E difTerentemente han dolce vita
Per sentir più e men 1* eterno spiro.
.13 Qui si mostraron , non perchè sortita
Sia questa spera lor, ma per far segno
Della spiriiiial , eh' ha men salita.
i% Cosi parlar conviensialvostroingegno;
Perocché solo da sensato apprende
Ciò che fa poscia d' intelletto degno.
15 Per questo la Scrittura condiscende
e félU. Dan., H : M$x in furore , et in ira
magna praeeepit , ut perirent omnes sapientes
Baèylonis.Sapienies interficebantur: quaereban-
tnrque Daniel , et $oexi ejut, ut perirent . . .
introdue me in compectu regii , et eoluiioneM
règi narrato ... Putasne vere potei mihi indi-
«rare eomnium quod vidi , et interpretationem
gju$ ? .. Tunc rex ... ceeidit in faciem suam,
€t Danielem adoravit,
7. Volse. Come oelle roooache dette.
K. Platonb. Kel Timeo. Che le anime fos-
sero create prima de* corpi e abitaDti le stel-
le , e di \\ scendessero in terra, e dopo mor-
te risalissero al cielo per dimorarvi più o
meno lungamente , secondo i meriti quaggiù
coDiratti, 8. Agost. ( C. Dei, XIll, 19 ) ; Pro-
clo ( V, Comm. Tim. ).
9. Vbllm* Sostantivo. Modo scolastico: e
1* osa nella ìlonarch. — Fbllb. Che dirà poi
vteno ( terz. 22 ).
10. Giovanni. L* Evangelista o il Battista.—
Habia. Più alta. Altri intende , che non Ma-
ria stessa sia esclusa dal numero (e. XXXIU).
11. CrsLo. Non sono dispersi per li piane-
ti » né tornano dopo certi anni alla terra.
Conv. (Il, 4 } : Qu/eeto luogo è di spiriti bea-
ti , secondo cke la s. Chieia vuole, che non
pila dire meniogna.
A vostra facultate ; e piedi e mano
Attribufece a Dio , e altro intende.
16 E santa Chiesa con aspetto umano
Gabriele e Michel vi rappresenta ,
E r altro che Tobia rifece sano.
17 Quel cheTimeodell'animeargomenta,
Non è simile a ciò che qui si vede ,
Perocché come dice par che senta.
18 Bice che l'alma alla sua stella rìede.
Credendo quella quindi esser decisa
Quando natura per forma la diede.
19 E forse sua sentenza è d' altra guisa
Che la voce non suona: ed esser puote
Con intenzion da non esser derìsa.
20 S* egl' intende tornare a queste rote
L'onor dell' inlluenza e 'I biasmo , forse
in alcun vero suo arco percote.
21 Questo principio , male inteso , torse
(ìià tutto il mondo quasi, si che Giove ,
Mercurio e Marte a nominar trascorse.
22 L" altra dubitazion che ti commove
Ha men velen; però che sua malizia
Non ti potriii menar da me altrove.
23 Parere ingiusta la nostra giustizia
Negli occhi de* mortali , è argomento
13. Sortita. Inf. , Xll : Sangue . . . c^
stia colpa sortale. — Salita. Sono men alti
in merito.
14. Sbnsato. Sensibile. Gli aristotelici:
Nihil est in intellecto quin prius fuerit in
sensu. Cosi s. Tom. — Apprende. Purg.,
XVHI : Vostra apprensiva da euer verace
Tragge intenzione.
16. Altro. Raffaello.
17. Senta. Giudichi. Con?, (fi, 4 ] : Ari-
stotile pare ciò sentire,
18. Decisa. Staccala. — Forma. Al corpo.
Gic. : Qui reete curriculum vitae confecerit^
ad Ulud astrum quo cum aptus fuit , rever-
titur. Platone e altri vollero che le anime
procedessero dalle stelle, e fossero nubili più
0 meno secondo la nobiltà della stella. Ansi.
(I, De An. ) combatte Platone.
20. Influenza. Le anime create da Dio
hanno influsso dagli astri.
21. Nominar. Adorando. Non è questa la
ragione dell' idolatria : ma il P. la crede. Qui
r Oli. cita un libro De sacrificiis deorum.
22. Me. Non é contraria a* dogmi teolo-
gici.
23. Nostra. Celeste. — Fede ( s. Agost. ).
L'apparente ingiustizia de* giudizi diu'ui è
argomento a più credere non già a dubitare.
52
410
DEL PAilAJ)lSO
Di fede , e non d* eretica nequizia»
ik Ma perchè puote vostro accorgimento
Ben penetrare a questa ventate ;
Come disiri , ti farò contento.
25 Se violenza è quando quel che paté
Neente conferisce a quel che sforza ,
Non fur quest' alme per essa scusate.
26 Chèvolontà, senon vuol, non s ammorza;
Ma fa come natura face in foco
Se mille volte violenza il terza.
27 Perchè , s* ella si piega assai o poco ,
Segue la forza. E così queste fero ,
Potendo ritornare al santo loco.
28 Se fosse stato il lor volere intero ,
Come tenne Lorenzo in su la grada,
E fece Muzio alla sua man severo ;
29 Così le avria ripinte per la strada
Ond' eran tratte , come furo sciolte.
Ma così salda voglia è troppo rada.
30 E per queste parole , se ricolte
L* hai come dèi , è T argomento casso
Che t' avria fatto noia ancor più volte.
31 Ma or ti s* attraversa un altro passo
Dinanzi agli occhi, tal che per te stesso
Non n' usciresti , pria saresti lasso.
32' Io t* ho per certo nella mente messo
Ch* alma beata non porla mentire»
S. Pnnl. : Fides ... argumentum non apparen-
(iiim. Le apparenti ingiustizie ci fanno inten-
dere r incertezza del nostro vedere , e la ne-
cessità d'una vita futura, ove a tutti sia reso
secondo il merito.
25. Se. Arist. nell'Etica III, distingue il
volere pieno dal misto d'altrui volontà. Così
s. Tom. Il primo: Quae peTnwtum aguntur,
mixia sunt» et magis voUtntaria quam invo-
luntaria. L'altro: Quod per metum agitur^
in se consideTatum , non est voluntarium ad
evUandum malum quod timetur, S. Gregor.:
Ad id quod agitur per metum , voluntas ti-
mentis aliquid con feri. Sebbene chi patisce ,
^ice un altro antico, non conferisce operan-
do , conferisce volendo patire , non ricusan-
do la forza. — Paté. Fuor di rima (e. XX,
11 )• — Scusate. Son colpevoli perchè, sof-
frendo la forza , non 1* hanno respinta.
26. ToRZA. Da torceat , torza ; come da
(orda, forza.
28. Muzio. Scevolà. Ne parlano Valerio
Mass., Seneca, s. Agostino, e Dante nel Con-
vivio.
29. Sciolte. Libere di (ornare.
Però che sempre al primo Vero è prcMO*
33 E poi potesti da Piccarda udire
Che r afiezion del vel Gostanza tenue ;
Si eh' ella par qui meco contraddire.
3^ Molte fiate già , frate , addivenne
Che, per fuggir perìglio , contr' a grato
Si fé ai quel che far non si convenne :
35 Come Almeone che, di ciò pregato
Dal padre suo, la propria madre spense.
Per non perder pietà si fé spietato.
36 A questo punto voglio che tu pense
Che la forza al voler si mischia; e fauno
Si che scusar non si posson le offemie.
37 Voglia assoluta non consente al danno;
Ma conséntevi in tanto in quanto teme»
Se si ritrae , cadere in più affanno.
38 Però quando Piccarda quello spreoie«
Della voglia assoluta intende , ed io
Dell altra : sì che ver diciamo insieme.
39 Cotal fu r ondeggiar del santo rio
Ch*usci del fonte ond* ogni ver derifi:
Tal pose in pace uno e altro disio
^0 O amanza del primo amante, o Dift ,
Diss* io appresso, il cui parlar m'iooada
E scalda , si che più e più m' avviva ;
^1 Non è r afTczion mia tanto profonda
Che basti a render voi grazia per grazia:
32. Mentire (c. HI, 11; Thom.,
Gent. , IV).
33. Tenne ( e. IH, 39 ).— Ella. Piccarda
per contraddire a Beatrice, la quale ha dei>
to che queste anime consentirono in parte
alla forza.
34. Grato. Per grado { Purg., XXVI, 18).
Him. ant.: A servir contro grato.
35. Pista. Inf., XXVI : La pieia Del «ae-
chio padre, Ott.: Pietade , dice Tullio, è «m
virtù per la quale amiamo il padre e la ws^
dre. — Spietato. Ov., ( Met. ) : Facto pèm
et seéleratus eodem. Uccise la madre a do-
manda del padre Anfiarao. D'Anfiarao, Itd»,
XX ; d' Erifile , Purg. , XII.
37. Assoluta. Frase d' Arist. (Ili, EtL).
Non consente assolutamente al peccato :
in quanto teme.
39. Fonte. Boel. : FeUx, qmi potmt
Fontem visere lucìdum,
40. Primo. Inf. ( III, 2 ): Primo Asnort.^
Diva. La teologia si cbiaroaTa divinità (Bocc).
— Inonda. L' acque e il calore son doni del
cielo , e recano in terra la vita.
(k ^
CANTO IV.
Ul
Ma Quei che vede cpuote, a ciò risponda.
h% lo veggio ben che giammai non si sazia
Nostro intelletto, se*l Ver non lo illustra
Di fuor dal qua! nessun vero si spazia.
43 Posasi in esso come fera in lustra ,
Tosto che giunto Tha. Egiugncrpuollo:
Se non , ciascun disio sarebbe frustra.
!A Nasce per quello , a guisa di rampollo,
Appiè del vero il dubbio : ed è natura
Ch*al sommo pinge noi di collo in collo.
43. PuoLLO. Ott.: Contro li seetlici eh$ ne-
$amo qMito , e gli stoici. Post. Cael. : Qui
dìMètHU ^uod nulla verità» potsrat seiri . . .
AliUr f qmequid homo dmdsraret inquirendo
wnfaNtw » nset frustra. — Non. Ar. ( X, 49):
Si «01» 9 «et morta. •— Fmustba. Salviati : E
•OH fur nsUa fine e net titoU, ma per entro
i' optrs ancora pareva lor bella cosa il me-
scolarvi alcuna volta qualche parola in gram-
44.QUBIX0. Desìo. — Rampollo. Boet.: Una
ésMaiionc succisa, innumerabiles alias, vslut
kgdmo capita, succrescant. Più bella rimagi-
■0 del P. — Dubbio. Conv. ( 1 , 2 ) : Levare
wn dmkòio che quivi sorge» — Collo. Cod.
Caei. : Ut tma vcritate m aliam movet nos
ad seimium. Cod. Cass. : De grada in gra-
45 Questo m' invita , questo m' assicura ,
Con riverenza , donna, a dimandarvi
D* un' altra verità che m' è oscura.
46 lo vo saper se l'uom può soddisfarvi
A' voti manchi , si con altri beni
Ch* alla vostra stadera non sien parvi.
VI Beatrice mi guardò con gli occhi pieni
Di faville d' amor , con si divini ,
Che, vinta mia virtù, diedi le reni,
hS E quasi mi perdei con gli occhi ciiini.
dum. Collo per cima ( Inf. , XXIII , 15 ).
Conv. : Vedere si puote che Vuno desiderabile
sta dinanzi aW altro agli occhi della nostra
anima, per modo quasi piramidale , che il
minimo li cuopre prima tutti , ed è tjuasi
punta deU* ultimo desiderakUe eh' è IHo, quasi
base di tutti*
46. VosTBA. Sopra disse Beatrice : nostra
giustizia , perchè tolti gli eletti giudicano con
Dio. Matth., XIX: Sedebitis etvos ...judican-
tss. — Parvi. Che i beo! fatti compensino il
voto mancato.
47. Divini. Canz. : Chi veder vuol la sa^
Iute , Faceta che gli occhi d* està donna mi-
ri, — Vinta. Conv. : Diventano sì ruagianli,
che vincono V armonia dell' occhio. — Dibdu
Conv. ( 11, 2 ) : Dare indietro U volto.
412
DEL PARADISO
CANTO
V.
ARGOMENTO.
Beatrice dimostra la eantità del voto , come potto etretto fra V uomo o Bk ;
potersi la materia del voto mutare , ma dm)tre la cosa sostituita essere maggicn mi
merito della omessa , acciocché non possa tenorsi con Dio turpe traffico di ctmoéitL
Salgono nel pianeta di Mercurio ; dove si mostrano al P. gue* che operarono firn-
gegno al bene.
Poetica la seconda parte del canto : eridenta la prima , a chi conosce gli osi dalli li»-
gna antica , i quali se a taluno paiono oscari oggidì , non è colpa di Dante. La safiriià
della dottrina circa il volo , dimostra di qoal soru cristianesimo fosse il suo : severo mI-
r amore del pari che nello sdegno. Abbiamo già in ciuque canti sei esposizioni domoMlichr.
Nota le terzine 1, 2, 4, 8, 9, li, 20, 22; la 24 aUa 36; la 40, 44, 45, 4«.
1 S* io ti fiammeggio nel caldo d* amore
Di là dal modo ctie 'n terra si vede,
Si che degli occhi tuoi vinco '1 valore;
2 Non ti maravigliar: che ciò procede
Da perfetto veder, che, come apprende,
Cosi nel bene appreso move*l piede.
1. FiAMMBGGio. Ad ogni salire cresce bel-
lezza al viso ed allo sguardo della scienza
divina. E questi gradi sono con potente ac-
corgimento e varietà disegnati nelle parole
del Nostro. Conv. : B$atriee figura la divina
scienxa risplendènte di tutta la luce del iuo
tuqgetto , il quale è Dio . . . Nella faccia di
cottei appaiono cose che mostrano de* piaceri
ili paradiso , cioè negli occhi e nel riso, E
gui si conviene sapere che gli occhi della set-
pienza sono le sue dimostrazioni, colle 'quali
si vede la verità certissimamente ; e *l suo riso
sono le sue persuasioni nelle quali si dimostra
la luce interiore della sapienza sotto alcuno
velamento : e in queste due cose si sente quel
piacere altissimo di beatitudine, il quale è
massimo bene in paradiso. — Modo. Petr.:
Fiammeggiando oltre lor modo»
2. AppRENiiK. Intende. Più l'intelligenza
Io veggio ben si come già risplende
Nello intelletto tuo Y eterna luce ,
Che, vista, sola sempre amore accende.
£ 8* altra cosa vostro amor seduce ,
Non è se non di quella alcun vestij^io
Mal conosciuto , che quivi traloce.
del bene s* innalza , più s* infiamma V
re. — PiBDB. L'amore, a Dante, é quel che
noi chiamiamo progresso,
3. Luce. Et. : Ego sum lux. C. IV , 42 :
Io veggio ben che giammai non si sosia Uè-
stro intelletto , se *l Ver non lo intesero Di /Wr
dal qual nessun vero si spazia. •— Sbmpii*
Conv. : Siccome U divino amore è tutto eterne*
così conviene che sia etemo lo suo oggetto éi
necessità, sicché eteme cose sieno qusUe eh'e-
gli ama. Gli altri amori di vero men alio,
si spengono.
4. Tra LUCE. Per modo di splendore rtMef-
bcraio; dice nel Convivio. Arist. (Ili, De SmA
dice che l'anima mai non erra nel tendere al
bene , ma ne* gradi del bene. Buonarroti : i
me in un modo» ad altri in altro, e altrove.
Riluce, e più o men sereno o teno.
CANTO V.
US
5 Tu YQoi saper se con altro servigio
Per manco voto si può render tanto
Che r anima sicuri di litigio.
6 SI cominciò Beatrice questo canto ;
E si comuom che suo parlar non spezza,
Contmuò cosi *1 processo santo :
7 LomaggiordoncheDiopersualarghezza
Fésse creando , e alla sua bontate
Più conformato,cquelch*eipiùapprezza,
8 Fu della volontà la libertate ,
Di che le creature intelligenti ,
E tutte e sole , furo e son dotate.
9 Or ti parrà , se tu quinci argomenti,
L* alto valor del voto , s'è si fatto
Che Dio consenta quando tu consenti.
10 Che nel fermar tra Dio e l'uomo il patto ,
Vittima fassi di questo tesoro ,
Tal qual io dico ; e fassi col suo atto.
1 1 Dunque, che render puossi per ristoro?
Se credi bene usar quei ch'hai oiTerto,
6. Litigio. Il debito innanzi alla giustizia
divina è qaasi litigio tra il male e il bene,
tra i buoni spirili e i tristi.
6. S). Terzina alquanto Inutile.
7. BoifTÀTB. La libertà è dono di miseri-
cordia : la potestà di peccare è insieme il mo-
do di ben meritare ; la possibilità del dolore
è la possibilità della gioia. — Apprszzà. La
libertà Ai l' uomo simile a Dio.
8. LiBnTÀTB. Mon.: Baec iibertcu . . . eil
WMximum donum humanae naturae a Deo
coUatum. Per iptum hic felieiiamur ut homi-
Mtf, atiU «f da, K. Boez. (Y, 2), e s. Tom.
(eoDt. gent., et secunda secundae), e il Mae-
stro deUe sentenze (1. IV, dist. 38).
9. Consenta. S* è cosa lodevole. C. Ili :
QueUo Sposo , cV ogni voto accetta Che cari-
taU a tuo piacer conforma.
10. Patto. Qui Pietro cita la legge civile,
la quii dice ; Sieut initio Ubera poteetae eif
comrahendi rei non, ita renuntiare obligationi
constUutae non poteste invito adversario. -«-Te-
«oso. Della libertà. — Atto. Libero.
il. Render. Il profeta: Vovete, einddiU
Domino. Eccl., V: Si quid vovitti Deo» ne
moreris reddere : disvliret enim ai mfidelii , et
slutta promiiiio : età quocumquB voveris, red-
de .' Multoque meliut est non vovere , quam
poit votum promista non reddere. — Ristoeo?>
lo compenso della cosa liberamente olTeru.
Pnrg. , XIV : té 've ti rende per riitoro. Il
fiume che si rende al mare. — Tolletto. inf.,
XI : Toilette dannose. Maltuletwn o malatol-
ia,. ruberia ne* contratti od altrimenti ( Bio-
Di mal tolletto vuoi far buon lavoro.
12 Tu se* ornai del maggior punto certo.
Ma perchè santa Chiesa in ciò dispensa.
Che par centra lo ver ch'io tho scoverto;
1 3 Convienti ancorsedere un poco a mensa ,
Perocché 1 cibo rigido eh* ai preso
Richiede ancora aiuto a tua dispensa.
ìk Apri la mente a quel eh* io ti paleso,
E fermalvi entro: che non fa scienza ,
Senza lo ritenere , avere inteso.
15 Due cose si convegnono all' essenza
Di questo sacrificio : T una è quella
Di che si fa , T altra è la convenenza.
16 Quest' ultima giammai non si cancella
Se non servata : ed intomo di lei
Si preciso di sopra si favella.
17 Però necessità fu agli Ebrei
Pur i' oflerere , ancor che alcuna offerta
Si permutasse , come saper dèi,
18 L' altra che per materia t* ò aperta ,
rator., diss. LXVIl, Ant. it. ). — Boon. Boi-
lean : Qui veut rendre à Dieu ce qu* il a prie
au monde. Chi, per esempio dà a buon ma-
trimonio la castità sacrata a Dio, gli è, dice
Dante , un ladro che spende in opere pie la
cosa rubata.
12. Maggior. La convenenza. Il patto é in-
violabile : la materia jpuò mutare.
13. Ancor. C. X: òr ti riman, lettor, to
vra'l tuo banco. — Dispensa. La digestione
dispensa il cibo per varli canali.
14. Scienza. Detto di Cassiodoro. E Sen.:
Ifiiitiif eif si pauca sapientiae praeeepta te-
neat, et illa in promptu tint, quam ti multa
ditceret, et non habeas ad manum. Albertano
( I, 50 ) : Più tìiol fare prode te tu ritieni in
memoria pochi comandamenti di tapere , td
avergli in pronto e in uso, che se tu impari
molto, e non tenessi a mente niente.
15. Quella. La materia , V oggetto del vo-
to.— Convenenza. Per patto, anco in prosa.
16. Servata. 11 patto bisogna adempirlo.
17. £brki ( Ex., XX). Ex., XXXIV: Pri
mitiat frugum terrae tuae offeres in domo ...
Dei lui. E Lev. I . II , IH , IV . V , VI. Poi
commutavano 1' oflfcrta del primogenito con
offerta d' animali , o un agnello con due tor-
tore o due colombe. I voti spontanei ( Lev.,
ult. ) talvolta potevansi permutare , altra no:
talora la cosa sostituita doveva eccedere la
promessa del quinto.
18. Aperta. Con?, {l, i%): La sentenxia
del filosofo aperta neW ottavo e nel nono del-
r inesca.
4H
DEL PARADISO
Pootc bene esser tal che non si falla
Se con altra materia si converta.
19 Ma non trasmuti carco alla sua spalla'
Per suo arbitrio alcun, senza la volta
E delia chiave bianca e della gialla.
20 Ed ogni permutanza credi stolta
Se la cosa dimessa in la sorpresa ,
Come 1 quattro nel sei, non è raccolta.
21 Però qualunque cosa tanto pesa
Per suo valor, che tragga ogni bilancia ,
Soddisfar non si può con altra spesa.
22 Non prendanoimortali il voto a ciancia;
Siate fedeli , ed a ciò far non bieci
Come fu lepte alla sua prima mancia.
23 Cui piì!^ si convenia dicer : mal feci.
Che, serrando, far peggio. £ cosi stolto
Ritrovar puoi lo gran duca de* Greci:
2^ Onde pianse Ifigenia il suo bel volto,
£ fé pianger di sé e i folli e i savi
Ch' udir parlar di cosi fatto colto.
25 Siate, Cristiani, a movervi più gravi:
Non siate come penna ad ogni vento ;
19. CuiATlE. Parg. {ì%, 40 ] : L'una era
d* oro e l'altra era d* argento. Di questa pò-
tesU della Chiesa , Tom. ( 2. 2. qu. 88 ).
20. SoRFRGSA. Presa poi. Cosi iorvemr«
vale talvolla venir poi,
21. PpsA. Il voto d( castiU non ha pari.
Uomo ( cita r Otl. } dignùsima creaturarufn.
— Tragga^ Faccia tracollare.
22. Ciancia, iof* , ^XXU : Non è 'mprua
da pigliare a gabbo, — BiEci. Guardate at-
tento. — Ibptb ( Gfud. , XI ). il voto se poD
cade in bene , è nullo ; e se quello che ere-
devasi hcoe , riesce a male , nullo del pari,
rietro : Per prima offerta a Dio se vinceue
gli Ammoniti . Jefte promise colui che prifno
gli $i faceste incontro al ritorno. Fu prima
la figlia. TJrjn. : Quidam pptrttm, ut Tertul'
lianus , Ambrosius, Procopius,et s, Thomas,
cement peccasse hic Jephte, — Mancia. Vit-
toria oiicnuta.
24. Ifigenia. Ne tocca Virg. , Il , e |nf.,
XX. Agamennone aveva volalo a Diana quel
che di più bello egli aveva ( Kurip. , iph. in
Taur. , I , 2 ). Però pianse Itigenia la sua
bellezza , cagione di morte , o piange la Gne
acerba (iella sua giovenilc bellezza. — Colto.
Per ci4/(o sostantivo , come cullo per culto
«i.Ve Itilo.
25. Vento. Paul. (Eph.,lV, 14 );iVun.. .
circumferamur ... vento doptrinae, Eccl. (V,
11 ): S'on veìitiles te in omnem ventum , et
non eas in omnem viam» — Lavi. Oy. (Fast.):
E non crediate ch* ogni acqna vi la^i.
26 Avete '1 vecchio e 'I nuovo Testameolo,
E 1 pastor della Chiesa che vi gnida:
Questo vi basti a Tostro salvamento.
27 Se mala cupidigia altro vi grida ,
Uomini siate e non pecore matte ,
SI ohe 1 Giudeo tra voi di voi non rìda.
28 Non fate come agnel che lascia il latte
Della sua madre , e semplice e lascivo
Seco medesmo a suo piacer combatte.
29 Cosi Beatrice a me com' io scrìvo :
Poi si rivolse tutta distante
A quella parte ove '1 mondo è più vi\o.
30 Lo suo tacere e 1 tramutar sembiante
Poser silenzio al ipio cupido ingegno
Che già nuove quistioni avea davante.
31 E si come saetta che nel segno
Percote pria che sia la corda qoeta ,
Cosi corremmo nel secondo regno.
32 Quivi la donna mia vìd' io sì lieta ,
Come nel lume di quel ciel si mise ,
Che più lucente se ne fé *l pianeta.
Ah ntmttim faetles, qui,,,erimina emedii fb-
mtnea toUi posse putetis aqua !
26. YpccBio. Monarch. : Omnis divinala
4uorum testamentorum gremio cofittiiatiir.—
Pastor. Sempre distingue il P. U temporalB
dair ecclesiastica potesti.
27. Pacoaa. Conv. (1,2): QuuU tona
da ehiafnare pecore e non uomini ( gli ov
mini senza discrezione ). — H|da. Del veder
v| si tristi e s) atolidi ; e sì servi alla lede-
rà della legge.
28. Lascivo. Ov. ( Mei. , VII ; 32t ) : Ex-
silit agnus Lascivitque fuga ; XI li, 7^: A*
nero Cueivior haedo, Prov. , VII : Quam a-
gnus laseiviens. Uomo che abbandona V aoli-
rità della Chiesa e de' libri santi , è agacli
che lascia il latte. Così Dante ; e Dante «•
più forte ingegno che Lutero e Calvino. —
Combatte. Nuoce a sé.
29. Vivo. Chi dice : all'oriente. Chi: all'
insù dove il cielo più ferve e più a* amea
NelV aìUo di mo ( e. XXIll , 38). Chi: verta
la parte equinoziale , di cui nel Conv. : 0aaft-
to il cielo è più presso al cielo equatore, U»-
to è pia mobile perchè ha più wutvitnmdo •
più vita.
31. QuETjv. C. I : /a guanto un quaird
posa I? vola ... — Cqbremmo. Arist. ( Phys.»
IV ; I et U De coelu et mando ) , dice i cidi
continui senza intervallo. — Secondo. Doft
la Lana , Mercurio ( Conv. , Il , 4 ).
CANTO V.
415
33 E se la steUa si cambiò e rise ,
Qual mi Tee' io che pur di mia natura
Trasmutabile son per tutte guise !
34^ Come in peschiera ch*è tranquilla e pura
Traggono i pesci a ciò che vieo di fuori
Per modo che lo stimin lor pastura ;
35 Si vid* io ben più di mille splendori
Trarsi ^er noi ; ed in ciascun s* udia :
Ecco chi crescerà li nostri amori.
36 E si come ciascuno a noi venia ,
Vedeasi \ ombra piena di letizia
Nel folgór chiaro che di lei uscia.
* 37 Pensa, lettor, se quel che qui s' inizia
Non procedesse , come tu avresti
Di più savere angosciosa carizia :
38 £ per te vederai come da questi
M* era 'n disio d' udir lor condizioni ,
SI come agli occhi mi Tur manifesti.
39 O bene nato , a cui veder li troni
Del trionfo eternai concede grazia ,
Prima che la milizia s* abbandoni ,
&0 Del lume che per tulto il ciel si spazia
33. Stilla. iDlrasmatabile , dice Àrìst. ,
( De coelo et mando). — Risi. Codv. : E cAe
è ridere te non una eorruicazion$ della diUi'
tazi<m$ dell' anima , cioè un lume apparente
tli /uori eeeondo $ta dentro ? — Trasmuta-
BiLB. Cinz. : Che fiuésta bella donna ehé tu
jomH > Bà tratformata in tanto la tua vita
Cke n*hai paura ; fi $*è fatta viU.
35. Sflbicdobi. Gli oominl eloquenti ed at-
tivi «1 bene. Poiché Mercario era dio della
Aloqacnza e de' commercii ingegnosi. Ilorai.:
JUteuri, faeunde. — Amori. A ogoi speiia-
colo dfi grazia divina , cresce in ciascuno bea-
titudiiie. Nel Coov. dice : eko $U atti di Bea-
trice , per la loro eoavità a per la loro mi-
imra fanno amore disvegliare. Gli gioveremo
parlando ; quindi 1* amor nostro in noi cre-
scerà.
36. Ombra. Anima. In Yirg. sempre.
37. Fensa. Terzina aiquaqto debole.— Ca-
micia. Carestia , bisogno , desiderio. Pnrg. :
IH aunto cibo avrete caro»
38. Tf Hor. : Hoc erat in voHi»
39. Troni ( XXVIII , 35). — MaiziA. Job:
eil vtla hommii iipcr terrom.
Noi seme accesi : e però se dosiì
Da noi chiarirti , a tuo piacer ti sazia.
&1 Cosi da un di quelli spirti pii
Detto mi fu ; e da Beatrice : di' di'
Sicuramente , e credi come a dii.
h^ Io veegio ben si come tu t' annidi
Nel proprio lume,echedagli occhili traggi,
Perch'ei corrusca si come tu ridi.
h'S Ma non so chi tu se', né perchè aggi,
Anima degna , il grado della spera
Che si vela a' mortai con gli altrui raggi.
hi Questo diss' io diritto alla lumiera
Che pria m* avea parlato: ond' ella féssi
Lucente più assai di quel eh' eli' era.
US Si come '1 sol che si cela egli stessi
Per troppa luce quandoi caldo ha rose
Le temperanze de* vapori spessi ;
&6 Per più letizia si mi si nascose
Dentro al suo raggio la figura santa :
E cosi chiusa chiusa mi rispose
VI Nel modo che'l seguente canto canta.
40. Chiarirti. Ben risponde al traslato del
lume. Vedi quante imaginl ed espressioni po-
tenti tragge il P. da questa imagine sola.
41. Dii. C. Ili: Credi Che la verace luce
che U appaga , Da tè non lateia lor torcer
li piedi; IV: Ch'alma beata non paria men-
tire, Boet. : Divinitatem adoptos , deot Reri
timiU rationc necaue etf. Omnit igitur bear
tue , Dout. V. il passo della Mon. > recato
alla terz. 8.
42. Traggi. Guardando in Dio, bevi il suo
.lume , e gU occhi ne splendono.
43. Non. Inf. (XXXIII, 4) : Pnon so eki
tu sia y ni per che modo, •— Vela. Per la vi-
cinanza del sole. Codt. : Più va velata de^ rag-
gi del iole ehs nuli' altra tteìla.
44. Lumiera. Sopra : n>{endort.-*LucBiiTR
( III , 23 ).
45. Stessi. L'usa Guittone.— Temperan-
ze. Purg. , XXX : E la faccia del eoi wueere
ombrata , Sì che per temperanMa di vapori
V occhio lo iottenea,
46. Chiusa. Tasso (XI, 13 ) : M nel prò-
fondo dr ftioi rai ei
416
DEL PARADISO
CANTO
VI.
ARGOMENTO.
Parla Giusliniatu), e canta la storia delV Impero da Enea a Cesare, a Tibe-
rio , a Tito , a Carlomagno , ai falsi Ghibellini , che combattendo per F aquila ,
per se combattono. Queste il primo tocco che rincontriamo diretto da Dante cmaro
la parte propria in generale : ma già nelV Inf, aveva condannati que' di Romena
all' infamia. Parla poi di Romeo; eh' i uno de'piii cari episodii del poema.
Sempre ove si tratti di virtù derelitta , d' immeritata porertA , le parole del P. acqui-
stano UD suono di forte dolcezza , goal non ha la poesia degli antiehi. E lotto il canto é
poesia : e i movimenti di queir aquila per tanta parte di mondo tengono della romaaa
grandezza.
Nota le terzine 1 , 2 , 7 , 11 , 14, 17, 18, 19; U 31 alla 24; la 30, 31, 82, 31.
36 , 37 , 39, 40; la 42 , alla fine.
1 Posciachè Costantin l* aquila volse
Contra '1 corso del ciel , che la seguio
Dietro all' antico che Lavina tolse ;
S Cento e cenf anni e più Tuccel di Dio
Nello stremo d' Europa si ritenne
Vicino a* monti de* quai prima uscio.
3 E sotto r ombra delle sacre penne
Governò ì mondo li di mano in mano :
E si, cangiando, in su la mia pervenne.
1. Contra. Il soleva d* oriente in occiden-
te ; r aquila viene con Enea d' oriente in oc-
cideute anch' essa ; poi d' occidente in oriente
con Costantino. Il cielo segui quasi il volo
dell' aquila quando venne in Italia col Troia-
uo. Imagine poetica ed alta che esprime i de*
stfni dell'uomo fatale. Virg. : Faiaiem Aenean,
2. ECROPA. Bisanzio. — Monti. Della Troa-
de. Altri intende i monti di Creta , donde
esci 4' aquila , uccello di Giove , uccello di
Dio. Orosio pone la distruzione di Troia in*
nanzi la fondazione di Ruma 332 anni ; dn
llonia fondata a Cristo 700. I dugent*anDÌ che
il P. accenna passarono da Costantino a Giu-
li niano; dal 330 che fu posta la sede in Bi-
& Cesare fui , e son GiustìnTano .
Che per voler del primo amorch'ioseolo,
D'entro alle leggi trassi iltroppoelvaoo.
5 E prima eh' io all' opra fosai attento ,
Una natura in Cristo es^ser, dod pMe,
Credeva ; e di tal fede era contràto.
6 Ma il benedetto Asabito , che fae
Sommo pastore , alia fede sincera
Mi dirizzò con le parole sue.
Sanzio al 552 che Narsete consomò la disfti-
U de' Goti.
3. Ombra. Ps. XYI : Sub umbra alaguu
tUarum protege me.
4. Fui. Ora conservo sono ( Porg., XIX. )•
— Pbimo. Tanto erano allora venerate le tegfi
romane. — Vano. Diecimila libri ridussero io
poco; ma mutilandoli, anziché compilandoli.
5. Una. Dì puro nomo. Eresia eoiichiaoa,
da lui tenuta per istigazione della moglie
Teodora.
6. Agabito. Papa. Venne a Costantinopoli,
I disputò con Giustiniano il quale lo tnioacria-
va ; ma e' rispose costante» e vinse ( Anastak.»
Bibl. ; Paul. Diac. ).
CANTO VI.
4i7
T Io gli credetti: e ciò che eoo dir era
Veggio ora chiaro si come ta vedi
O^ni contraddiziono e falsa e vera.
8 Tosto che con la Chiesa niossi i piedi ,
A Dio per grazia piacque di spirarmi
L'alto lavoro , e tutto in lui mi diedi.
9 E al mio Bellisar commendai 1' armi ,
Cui la destra del cici fu si congiunta
Che segno fu eh* io dovessi posarmi.
10 Or qui alla quistì'on prima s'appunta
La mia risposta : ma la condizione
Mi striale a seguitare alcuna giunta ;
1 1 Perche tu veggi con quanta ragione
Si move contra 1 sacrosanto segno
E chil s'appropria e chi a lui s'oppone.
7. Ogni. Arisi. ( Categ., X ) : In itatanU-
ae pratttTitU affirmatio aut negatio véra
mi vél fcdta neeesse sif.
8. PiKDi. Ps. CXVIU : Ab omrU via mala
prokibui pedei meos. — Lavoro. Del codice.
V. Bbllisar. Soggiogò la Persia » la Giu-
dea , r Africa ; combattè sotto Roma i Goti;
prese Totila ( Vili. , II , 6 ).
10. Prima. Chi se*. -- Condizionb ( e. V ,
43 ). Giastiniano toccò nei principio dell'agni-
ìm i ora ripiglia, p(*r ragionare dei destini del
flenere aroano. Questo canto è un embrione
di storia universale al modo di Bossuet.
11. SsGNO. Aquila. Nella lettera ad Enrico
VII .* Sueessson di Cetare a d* Augusto, i gio-
ghi Mi* Apmnino varcando , i venaraòt/i te-
gmi dèi Tarpeo riportoiti, — Appropria. I
Ghibellini.
12. RBVBRENrA. Monarch. : Quidam non
mlmm singuiaret hominet, ted al paputì, ajtU
•tftt tunt ad prineipari ; quidam ad tubjiei
aiqu€ minittrare : et taìibui non iolum regi
eat expedient , ted et juttum , aliamat ad hoc
eogantur. Il Vico ( Un. jur. prine. , n. 162 ):
Uie eerte iUud guaeras eur romani unice
ommibut nationitnn testimonium majorum gen-
iimm jurit perhibeant. Quia mira BommU ma-
§nanimitat, Bomae eondendaein potentiuimi
Stkrutcorum regni eonfinioquod univertomari
infero adfretum uegue iiculum nom§n dabat:
•C tnfar innumerae , minutai quidem sed for-
tiff'fffn^ optimaiium reip. ; et invicta gentit
romamae fortiludo advema tertniutem forit ;
#1 aerit romanorum AiCrum Quirttium )nrit
tuitodià advereui tyrannidem et plebìs Uber-
taum f domi ( in qua eaeterot rerump. opti-
m/ùtu $uperat$e argumentoeu quod romanat
g^ntm owmes subegerit: unde aat feìidtas con-
joquuia Mdarrartim oHnejwre gtmUmm^ n&m-
12 Vedi quanta virtù l' ha fatto degno
Di reverenza. E cominciò dalFora
Che Fallante mori per dargh regno.
13 Tu sai ch*eTcce in Alba sua dimora
Per trecent' anni ed oltre , infino al fino
Che tre a tre pugnar per lui ancora.
\k Sai quel che fé dal mal delle Sabine
Al dolor di Lucrezia , in sette regi ,
Vincendo 'ntorno le genti vicine.
15 Sai quel che fé portato dagli egregi
Romani incontroaBrenno,incontroa Pirro,
Incontro a^li altri principi e collegi.
16 Onde Torquato, eQuinziochedal cirro
Negletto fu nomato , e Decii e Fabt
Ebber la fama che volentier mirro.
pe per jutta beila vietue romano imperio uni-
verna paruerit) ; eae oceationet praettitere ut
romani patns praeter eaeterot nationet jus
gentium majorum , teu jut privo tae violentiae
ex quo resp. primum ortae , in iUa quae nu-
per memoravimut vioUntiae imitamenta con-
versum dilìgetitmime cuttodierint : et vini do-
mi ademtam , forix jure gentium proiatam ,
quod definire possis jut violentine publieae ,
in quo ttat omnis juttitia beUorum, iidem Ro-
mani in omnibus ferme bellit tumma tancti-
tate tervarint. — Pallantb ( Aen. , X).
13. Alba. Fondata da Aseanio. Molte delle
cose qai toccate , trasse , dice Pietro » il P.
dalla prima deca di Livio. Trasse il resto ila
Floro e da Val. Massimo , e da Virg. — Trb.
OrazH.
14. Regi. Codv. : Roma fu eotto ai re, en-
me totto a tutori, in edueattione della tua
puerizia, Bpoi fu neUn repubblica nella ma
maggiore adoletcema , finché dalla tutoria fu
emancipata da Bruto , primo eonioto , infino
a Celare primo Frineipe sommo . . . Ciò non
poteva essere te non per special fine da Di'*
inteso in tanta celestiale infusione,
15. Pirro, fipirota. — Collbgi. Per colle-
ghi , come pio^e per piaghe ( Parg. , XXV ,
10 ) ; e biece per bieche ( lof. , XXV , li ).
0 collegi per confederazioni guerriere. Una
lettera di Federico II, ai principi cristiani con
tro il papa , comincia : Prineipes et coUegae.
16. Torquato. Torquato e Fabrizio, e Cu-
rio , e Decip , e Quinzio Cincinnato , e Ca-
millo , e' li nomina nel Con?, come da Dio
destinati a far grande la sede dell* imperio
futuro: Chi dirà di Torquato giudicatore del
iuo figliuolo a wwrte per amore del pubblico
bene senza divino aiutorio ciò avere MoffertoJ —
GniRO. Ginoinno ineolio. Fa povero; dittatore
53
^18
DEL PARADISO
n Esso atterrò Y orgoglio degli Arabi
Che diretro ad Annibale passero
L alpestre rocce , Po , di che tu labi.
18 Sott* esso giovanetti trì'onfaro
Scipione e Pompeo : ed a quel colle
Sotto 1 qual tu nascesti, parve amaro.
19 Poi pressoaltompochetutto'lciel volle
Ridur lo mondo a suo modo sereno ,
Cesare per voler di Roma il tolle'.
20 E quel che fé da Varo insino al Reno,
Isara vide ed Era , e vide Senna ,
Ed ogni valle onde ^1 Rodano è pieno.
vinse il nemico , il sestodecimo dì depose il
comando ( Ltv. , III > 26 }. Con?. : Chi dirà
di Quinto Cincinnato » fatto dittatore , e tolto
dalV aratro , dopo il tèmpo dell' ufficio , spon-
taneamente quello rifiutando , allo arare e^
sere tornato , tenza divina istigazione ? —
Dbcii. Nominali da Virg. Tre. Padre e iigliuo-
lo e nepole combattendo l'ano contro i Gal-
li , r altro contro gli Etruschi, 1' ultimo con-
tro Pirro , si dedicarono agU dei iorerni per
ottenere vittoria. Gonv. : Chi dirà dei Decii
ch9 posero la loro tnta per la patria ? Mo-
narch. : P, Deeius princept in ea familia con-
sul , quum sa devoveret ex equo admisso in
mediam aeiem Latinorum irruebat , num aU-
quid de voluptatibue suis cogitabai?,. Quod
quidem factum nisi etsetjure laudatum, non
fuiuet imitatus quarto eonsulatu tuo dUu$ ;
neque porro exeo natu$, eum Pyrrho bellum
gerens consuleo eecidiuetin praelio, seque..,
tertiam victoriam reip. tribuisset. Lue. , Il :
ihvotum hostiles Deeium pressere catervae.
E Uh. VI : Vidi Deeiot , natumque , patrem-
que. — FabI. Aeo. : Quo feuum rapiiit , Fa-
biif Tu maximus ilU es, Unus qui nobiscun-
dando restituii rem, Ov. ne' Fasti nomina i
Fabii; e Pietro lo ciu. — Mirro. Conservo
ed onoro. La mirra odorifera e conservatrice
de' corpi. Simile all' imbalsamare, incensare.
17. Arabi. Cosi chiama i Cartaginesi d'o-
« rigine arabica ( Leone Afric. ) Ma gli Arahi
veramente sun popoli d' Asia. — Labi. Apo-
atrofe , come in Ov. ( Met. , V ): Dextra sed
Ausonio munue est subjecta ^loro . Laeva ,
Pùchyne . tibi ... É nei claasici latini fre-
quente.
18. CoLLB. Pompeo fu distroggitor di Fie-
sole e fuudu Firenze. Qui l'Ott. cita Sallustio.
Itt. Mouo. Boet.; O felix hominum genus,
Si vestros animos amor. Quo coelmm regilur,
regat ! Altrove : Et , quo eoelum r9gi$ immen-
jtum , Firma stabiUs foedeie terras, Bossuet
( Uist., p. HI; e. 1 ) : Dieu qui acati résolu
21 Quel che fé poi ch'egliuscldiRaveon^
E saltò 'I Ruhicon , fu di tal volo
Che noi seguitei la lingua né penna.
22 In vèr la Spagna rivolse lo stuolo ,
Poi vèr Durazzo ; e Farsaglia percosse ,
Si che al Nil caldo si senti del duolo.
23 Antandro e Simoenta, onde si mosfe,
Rivide , e là dov' Ettore si cuba ;
E mal per Tolommeo poi si riscosse.
24 Da onde venne folgorando a Giuba :
Poi si rivolse nel vostro occidente ,
Dove sentia la pompeiana tuba.
de ratsembler dans le mime tempi U ptupls
nottoeau de toutes les nations , a premtéremani
réuni les terree et les mere sous ce mime em-
pire. Dell' unità di govcrnu necessaria , secon-
do il P. , air umana felicità. V. Monarchia ,
p. 11 . 12 , 13 , 14 . 15, 17 , 18 , IV , 1$,
21 , 22 alla 28 ed. ven. Voleva la monarckii
ma non la tirannide , e lo dice hen chiaro.
Conv. : lìfella sua venuta ( di G. C.) non sé-
lamente il cielo , ma la terra convmùva es-
sere in ottima disposizione, — Tollk. Coairt
la Gallia.
20. Varo. CooGo della Gallia. — Rno.
Non distante dal coulìu della Francia. — I-
SARA. Mette nel Rodano. — Era. Lai. Arar.
Mette nel Rodane anch' esso. — Rodano, la
Turena.
21. Egli. Il segno. — Ravenna. Tornandu
di Francia substitit a Ravenna ( bueldo. ). ~
RnaicoN. Tra Ravenna e Rimini ; coAliiie an-
tico della Gallia Cisalpina. Lue. : Ut notae
fulsere a'/uiiue, Romatiaque signa,
22. Spagna. Coatro i* armi quivi iridate
da Pompeo , sotto i legati Petreiu , Afraoio,
Yarrone ( Suetun. ). — Durazzo. Jo Macedo-
nia ; dove Cesare fu assediato da' Pompeia-
ni. — Nil. e per la morte di Poapeu in
Egitto , e per la guerra che Cesare poi vi
portò.
23. ANTANnRo. Città marittima della Frì-
gia minure. Virg., ili: Ciassem .„ Antmmrp
et PUrygiae molimur montibut tda; — Siao-
BifTA. Lo nomina Virgilio più volte (I, 111).^
Cuba. Lue. ( IX , 9Vd ) fe che Cesare inse-
guendo Pompeo approdasse alla Frigia e
scendesse a vedere la dove fu Troia. E per-
ché l'aquila di li si parti cun Enea, però di-
ce : rivide. — Mal. Tolse a Tolome<^l regno:
diedelo a Cleopatra ( Suel., XXXV ).
24. Giuba. Dopo la battaglia Farsaliea.
Leniulo, Scipione , Catone si ritirano presso
a Giuba. — Vostro. La Spagna occidentale
alla vostra luiia , settentrionale all'Africa.—
CANTO VI.
419
25 Di quel che fé col baialo seguente
Bruto con Cassio nello 'nferoo latra ,
E Modona e Perugia fu dolente.
26 Piangene ancor la trista Cleopatra ,
Che fuggendogli innanzi, dal colubro
La morte prese subitanea ed atra.
27 Con costui corse insino al lite rubro ;
Con costui pose *1 mondo in tanta pace
Che fu serrato a Giano il suo delubro.
28 Ma ciò che 1 segno che parlar mi face
Fatto avea prima , e poi era fatturo,
Per lo regno mortai cn a lui soggiace ,
29 Diventa in apparenza poco e scuro
Se in roano al terzo Cesare si mira
Con occhio chiaro e con aflctto puro.
30 Che la viva Giustizia che mi spira,
GH concedette, in mano a quel ch'io dico,
Gloria di far vendetta alla sua ira.
31 Or qui t'ammira io ciò ch'io ti replico.
Poscia con Tito a far vendetta corse
Della vendetta del peccato antico.
32 E quando 1 dente longobardo morse
La santa Chiesa , sotto alle sue ali
Carlo Magno vincendo la soccorse.
33 Omai puoi giudicar di que' cotali
Ch' io accusai di sopra , e de' ior falli
Che son cagion di tutti i vostri mali.
^k L' uno ai pubblico segno i gigli gialli
Oppone; eraltroappropriaquelloaparte:
SI eh' è forte a veder qual più si falli.
35 Faccian gli Ghibeilin , faccian Ior arte
Sott' altro segno; che mal se^^e quello
Sempre chi la giustizia e lui diparte.
36 E non V abbatta esto Carlo novello
Co' GuelG suoi ; ma tema degli artigli
Ch' a più alto leon trasser lo vello.
Tuba. Presso Monda, dove Tinse Labieno e
I due figli di Puinpeo, Gaio e Sesto. Qatvi
fin) l« goerrra civile durata qoaltr'aDni.
S5. Baiulo. Augusto. Onde venne bailo, —
Latba. Non colla voce perché Bruto in In-
ferno non fa moto , cosa che a stoico ben
s' addice : ma col fatto , essendo laggiù pu-
niti dell'aver duralo in resistere all' imperia-
le potenza , e del suicidio con che la guerra
ebbe fine ( Inf., XXXiV ).— Modona. Augu-
sto vi combattè contro M. Antonio. — Peru-
gia. Contro L. Antonio fratello di Marco,
sissediato in Perugia e preso. — Dolente.
Lue. : Péruiina famet Mutinaeque kiborts,
26. Colubro. Ilorat., I : ÀMperas Tractan
MfveiMej , t4( atrum Corpon comkiberBt vene-
num ; Deliberata morte ferocior,
it. Rubro. Virgilio ne parla. — Costui.
Augusto, morto Antonio, occupò tutto l'E-
leitio insino al mar Rosso. — Pagi. Bossuet:
Fotti Vunivert vit en paix tous ta puittance;
•I /. C. vieni au monde. — Giano. Lucan. :
Ferrea belligeri competeat limina Jani, Virg.:
Claudentur belli poriae. Della pace qual era
ne' desideri di Dante , V. Monarchia , pag.
10, 23, 24, 25, 27, 83, ed. ven. -dello
Zeita.
28. Poi. Dopo il terio Cesare. — Fatturo
Come futuro , venturo , noécituro , duraturo.
l/usa un trecentista nella traduzione iiied.
della Monarch. — Rbot<o. Di tutta la terra,
contrapposto all'immortale del cielo (Moa.,11).
29. Terzo. Tiberio. Sotto il preside di lui,
Pilato , mori Gesù Cristo.
30. Ira. Puni in sé la colpa de' primi pa-
renti. — Vendetta. Per peno. Aibertan.
( I, 44 ) : Non dee lo giudice dubitare di far
vendetta : che , non facendo vendetta , porta
pena.
31. Vendetta. Tito punì gli Ebrei operatori
del delitto, il quale espiò la colpa d'Adamo.
32. Carlo. Stefano papa era già ricorso a
Pipino. Neil' 800 fu Carlo eletto imp. ; ma
fin dalyr93 papa Adriano gli diede imperiali
e quasi ( se prestasi fede alle parole di qual-
che Storico } spirituali diritti, eligendi pon-
tijicem , el ordinandi apostolicam tedem , di-
gnitatem quoque prineipatus ( Chr. Sigeb. ).
33. Sopra ( terz. 11).
34. Gialli. Carlo II, re di Puglia, della
casa dì Francia. — Altro. Ghibellini e Guel-
fi non guardano che gli utili di parte loro.
36. Novello. Carlo II, di Valois , figlio
dell'Angioino. — Leon. Paul. ( Ueb., IX ):
Obturaverunt ora leonum. Eccl. , IV : Noli
eae ticut leo ... opprìmene subjer4os tibi. Jer.,
II: Super eum rugierunt leones , et de^ierunf
vocem $uam , posuerunt terram ejus in eoli-
tudinem ... Devoravit gladius vester prophetas
vestro» , quasi leo viutator; iV: Ascendit leo
de cubiU tuo, et praedo gentiurnse levavit...
Civitatee twie vastabuntur; L: Quasi leo a-
icendet de superbia Jordanis ad puLchriitàdi-
nem robustam. Ez. XIX: Quare mater tua
leaena inter leonee cubavit , in medio Uuncu-
lorum enutrivil calulos suot'ì Et eduxii unum
de leunculis iuis , et leo fuctut est , et didtcit
capere praedam , hominemque comedtre. Et
audierunt de eo gentes, et non abtque vuL
neribus suis ceperunt eum ... Tulii u:iuin à«
leunculis suis , leonem coiutituit eum. Qui m
eedfbat inter leone$ , et faetus est ito , al di-
k20
DEL PARADISO
37 Molte fiate gii maoser li figli
Per la colpa del paare. E dod si creda
Che Dio trasmuti V armi per suoi gigli.
38 Questa (>iccioia stella si correda
De* buoni spirti che son staH attivi
Perchè onore e fama gli succeda.
39 E quando li desiri poggian quivi
Si disviando , pur convien che i raggi
Del vero amore in su poggin roen vivi.
40 Ma nel commensurar de' nostri gaggi
Col merlo è parte di nostra letìzia
Percliè non li vedém minor né maggi.
kì Quinci addolcisce la viva Giustizia
In noi r afTetto , sì che non si puote
Torcer giammai ad alcuna nequizia»
k2 Diverse voci fanno dolci note:
Co^ii diversi scanni in nostra vita
dicit prawiam eap9r$ , et homine$ devorare :
Didicit vidvas faeen, et eivitates eorum in
desertum adduetre , et detolata est terra , et
plenitudo ejus, a voce rugitue Hlius, Et con-
vene mnt ad versus eum gentes undique de prò-
vineiis . ,. Et miserunt eum in caveam. E
XXXU : Leoni gentium assimilatus es, Cbil-
derico, dice la cronaca, vide in sogno leoni,
poi lupi, poi altri animali più vili, simbolo
della sua discendenza , la cui prima genera-
zione doveva essere valida e forte.
38. Questa. Risponde alla seconda doman-
da ( e. XV , 43 ). — PiccioLA. Cosi chiama
Mercurio nel Conv. ( II, 14 ). — Attivi. A ben
del comune. — Gti. Loro. Conv.: Li cui prin-
cipi usano il suo tempo,
39. DisvìANno. Cbt desidera la gloria mon-
dana non poggia più alto.
40. Gaggi. Fremii.— Maggi. Per maggiori
( Inf., VI ).
41. Quinci. Però. Come hine in Virg.
43. RoAiÉo. Di Villanova , o Villenenve ,
ramo dei conti di Barcellona e dei re d'Ara-
gona, stabilito in Provenza dall' XI secolo.
Tornando dal pellegrinaggio di s. Giacomo
di Galizia ai fece ammiDìstratore delle cose
Rendoo dolce armonia tra qoeide rote.
k3 E dentro alla presente margherita
Luce la luce di Romèo , di cui
Fu r opra grande e beila mal gradita.
ik Ma i Provenzali che fór centra lui ,
Non hanno riso. £ però mal cammina
Qual si fa danno del ben fare altrui.
45 Quattro figlie ebbe, e ciascuna reioa,
Ramondo Berlinghieri; e ciò gli fece
Romèo , persona umile e peregrina.
46 £ poi il mosser le parole bieco
A dimandar ragione a questo giusto «
Che gli assegnò sette e cinque per diece.
47 Indi partissi povero e vetusto.
E se'l mondo sapesse il cuor ch*egii ebbe
Mendicando sua vita a frusto a frusto .
48 Assai lo loda , e più lo loderebbe.
di Berengario: regolò le spese del colile»
racqutstò le perdute rcndjte, e crebbe i fritti.
Aveva nn migliaio di rendita : quando la
lasciò possedeva già molti beni e castella.
Una delle figliuole di Raimondo Beren^Hria
fa moglie a Carlo d' Angiò ; le altre a Laigi
IX , ad Arrigo re d' Inghilterra , a db fratel-
lo di lai cbe fu re de' Romani ( Yill. , VI,
92). Romèo, dicon altri, era tuttora in fìire-
re 1' anno 1245. quando Raimondo morì , e
fu da lui nominato un degli amministratori
della Provenza; e come tutore, maritò Bea-
trice la quarta figliuola a Carlo d' Angiò. Ro-
mèo è soprannome : cbe così chiasavaiisi i
pellegrini. V. Nuova: Chiamami Bowiéi tu
ijuaHlo vanno a Roma,
44. Riso. Carlo d' Angiò fece molti seca-
tenti , sì cbe desideravano il dolce reggioMa-
to di Berlinghieri.
46. Ragiomb. Dell' amministraiione soa.—
Assegnò. Ora direbbesi rassegnò. Gli mostrò
tutto il raccolto tesoro ; e con gli abiti stesai
e il palafreno con ch'era venuto , se nepa^
ti. — DiBCB (Inf.. XXV , il).
47. Vbtcsto. Per vecchio, è aaeo nella
prosa antica.
421
CANTO VII.
ARGOMENTO.
Dùpaiono i beati cantando. Beatrice epiega come giueta foeee per la colpa dèi-
I* «omo la crocifieiione di Crieto a fine di ridonare aW uomo la perduta dignità la
guaio nella libertà consiste , dono dato alle creature j create immediatamente da Dio.
Gli Angeli e Vuomo son liberi ed immortali ; i delie il corpo umaiu^ creati da Dio
immediatamente , anch' essi sono immortali , non liberi. Or V uomo per il peccato
aòufè della sua libertà e fece laida V itnagine di Dio in sé. Né poteva riparare per
sé S(do al fallo ; perocché non poteva umiliarsi tanto quanto aveva Adamo nel suo
orgoglio inteso salire. Dunque a Dio conveniva o perdonare o punire. Perdonò in-
sisme per colmo di bontà infinita j e punì : punì /' umanità in G. Cristo , in lui
la salvò.
KoU te Unine S , a , 6 , 16 , 18 , 20 ; la 22 tlU 28 ; la 32, 33 » 36 , 38 , 47 , 48.
Osanna sanctus Deus sabaoth ,
Supcrillustrans daritate /uà
Felices ignee horum malahólh.
Cosi volgendosi alla nota sua
Fu viso a me cantare essa sustanza
Sopra la qual doppio lume s' addua.
i. Sàmàòtb, viva il santo Dio degli eser
cili , illostraite colla sua chiarezza i baati
spirili locanti di questi regni celesti. Tirino:
Osanna era formila d* aeclamoitona ( com.
io Hat., XXI }. Anco in ebreo sabaoth e mat-
àmoth (eh* è la vera voce iodicanle regni,
plor. di malàaoth ) , han 1* accento suU' ulti-
ma. G. Vili. : L* onnipoterUe Iddio Sabaoth.
%. VoLGKKnosi. Gira co' cieli. Ma qnl s* in-
Icode del salire dell' anima verso l'altre com-
jMgne. — Nota. Cantava e move vasi. Porg. ,
XXXII : Temprava i passi in angelica nota. —
bsA. Giustiniano. Chiama sostanze gli spi-
riti , porche gli accidenti in loro possono
Ed essa e l'altre mossero a sua dan^a
E , quasi velocissime faville ,
Mi si velar di subita distanza.
lo dubitava , e dicea : dille « dille,
Fra me, dille , diceva alla mia donna
Che mi disseta con le dolci stille :
meno. — Doppio. C. V , 44 : Féssi Lucente
pità assai di <iuel eh* eli* era. — AonuA. Ad-
dua da due, come addoppia da doppio, ih-
dnart osa Dante io una canz. ; e Fazio. Al-
tri intende il doppio lume delle leggi e del
regno, o, delle leggi e dell'armi. Giustin. ,
nelle Istituz. : Imperaloriam majettatem non
solum armis decoratam, sed eliam UgUms
oportet esse armatam.
3. Favillk. Matth. : Justi fulgebunt si-
cut eoi.
4. Stillb. 11 traslato della séte è più volta
nel ffo0tro ( Purg., XX , XXili; Par. , XI ).
422
DEL PARADISO
5 Ma quella reverenza che s'indonna
Di tutto me pur per B e per ICE,
Mi richlniva come Y uom ch'assonna.
6 Poco soflerse me cotal Beatrice;
£ cominciò . raggiandomi d' un riso
Tal che nel fuoco fa ria V uom felice:
7 Secondo mio infallibile avviso ,
Come giusta vendetta giustamente
Punita fosse t* hai in pcn^icr miso.
8 Ma io ti solverò tosto la mente
£ tu ascolta ; che le mie parole
Di gran sentenzia ti faran presente.
9 Per non soffrire alla virtù che vuole (eque
Freno a suo prode, quell'uom che non na-
Dannando so dannò tutta sua prole :
10 Onde l'umana spezie inferma giacque
Giù per secoli molti in grande errore,
Fin ch'ai Verbo di J)io di scender piacque
11 UMa natura, che dal suo Fattore
S* era allungata , unio a sé in persona
Con l'atto sol del suo eterno Amore.
12 Or drizzai viso a quel che si ragiona:
Questa natura al suo Fattore unita ,
Qual fu creata, fu sincera e buona;
8. fìicK. Scorcio di Beatrice. Basta , par
che dica il P., il solo nome , accorcialo di
lei , per comprendermi di riverenza. — Ri-
cuiNATA. Purg., XXV : E tfuale il cicognin
che leva V ala Per voglia di volare , e non
i' attenta />' abbandonar lo nido , e giù la
cala. La similitudine del cicognino é più
poetica e più Tera cbe questa del sonno. Al-
trove un timore simile ( Porg. , XX, 49;
XWIII ,9;. — Assonna. Petr. : Cavitate ae-
rexa Istga la lingua mUrui . gli tptrli invola»
C. Sofferse. Purg. , XXXI : l\ico sofferse,
jxn disse. — Cotal. Ch'io stessi tale, in tale
^(ato.. .Latinismo spedilo; non molto evidente,
ina non oscuro. — Fuoco. Si rammenti il
XXVIl de) Purgatorio.
7. Inip ALLIBILE. La scìcoza illominata dal-
la fede è inrallibile. — Punita. La crocifis-
. ...ne di G. C. per mano di Tito (VI. 31).—
Iliso ( Inf., XXVI, 18 ).
H. Solverò. Dal nodo del dubbio. — Sen-
tenzia. Per intera dottrina. Inf., VII : Mia
serttenza ne'mbocche,
9. Soffrire. Purg. , XXIX: Non sofferse di
star sotto alcun velo. — ViRTb. Cosi chiama
\« Yolontà (Purg., XXI , 35; e in una caitz).
A(iamo per non soITrire freno alla sua votun-
u , eh' era pure util suo , peccò. . . — Iom.
13 Ma per sé stessa pur fu ella sbandita
Di paradiso; perocché si torse
Da vìa di verità e da sua vita.
1&- La pena dunque che la croce porse
S' alla natura assunta si misura ,
Nulla gianunai si giustamente morse:
15 £ cosi nulla fu di tanta ingiura ,
Guardando alla persona che soflerse.
In che era contratta tal natura.
16 Però d'un atto uscir cose diverse;
Clì'a Dio ed a'Giudei piacque una morte:
Per lei tremò la terra e '1 ciel s'aperse.
17 Non ti dee oramai parer più forte
Quando si dice che giusta vendetta
Poscia vetigiata fu da giusta corte.
18 Ma io ve;j;gi*or la tua mente ristretta
Di pensier iti pensier dentro ad un nodo
Del qual con gran desio solver s'aspetta.
19 Tu dici: ben disccrno ciò eh* io odo;
Ma perchè Dio volesse me occulto
A nostra redenzion pur questo modo.
20 Questo decreto, Trate, sta sepolto
Agli occhi di ciascuno il cui ingegno
Nella fiamma d*amor non è adulto.
V. Eloq. (I, 6): Vir sine maire.
10. Spezie. Bibbia : In omnibus kis jmtM
verunt. — Inferma. Nota , iilosi»tica espitt-
sione ; non dice malata , ma inferuta.
11. U'. Nel mondo. — Natlha. Umana. —
L-nìo. In unità di persona. — Sol. Sema ope-
ra d'uomo. — Amore. Er. : SpirOus sanctm
siijierveniet in te, et virtus Altimmi obi»
brabil libi.
12. Viso. Par., III: i? «• lamtntBtmahm
mi riguarda.
13. Tir. Sol per sua colpa. — Vu. io.*
\1V : Jì(jn sum via , et verità» , et vilù.
14. Nati HA. Umana, a^^unla dal Verbo.—
Nulla. Niuna.
15. Ingii:ra. Inj^nsCizia. Rig^aardo all*t»'
roo la crocifissione fti giustissima : rigiiaréi
alla persona divina, delitto orribile.
16. Aperse. All'uomo.
17. Forte. Purg. , XXXIII .• £mgnm f^
te, — Vbngiata ( lur. , IX , 18;. — Ovari.
Giudizio.
18. Ristretta (Purg., Ili ). — KoDo{lrf.
X, XI , e altrove ).
20. Amor. SI rbe non sa quel che
Tamore. PuuI. : Prvpter nimiam chariii
$uam » qua diìexit nus.
CANTO VII.
&23
21 Veramente, però ch'a questo segno
Molto si mira e poco si discerne,
Dirò perchè tal modo fu più degno.
22 La divina Bontà , che da sé speme
Ogni livore, ardendo in sé sfavilla
Si che dispiega le bellezze eterne.
23 Ciò che da lei senza mozzo distilla
Non ha poi Gne; perchè non si move
La sua imprenta quand'olia siirilla.
2t^ Ciò che da essa senza mezzo piove
Libero è lutto, perchè non soggiace
Alla Tirtute delle cose nuove.
25 Più rè conforme e però più le piace;
Che l'ardor santo, ch'opni cosa roggia,
Nella più simigliante è più vivace.
26 Di tutte queste cose s*avvanta^gia
L*umana creatura; e s*una manca.
Di sua nobilita convien che caggia.
27 Solo il peccato è quel che la disfranca
E falla dissimile al sommo Bene;
Perchè del lume suo poco s'imbianca :
28 Ed in sua diunità mai non riviene,
Se non riempie dove colpa >òta
21. Vbbahente. Verum de' Lai. Come nel I
canto.
22. LiToiE. Boet. : Quem non extemae pe-
fmlemni fingere cautae Uattriae fluitantis
opus , verum insita sutnmi Forma boni, Uvo-
n careni : f ii euncta superno Ducìs ab exemplo.
23. Mirro. Senza coocorso di cause secon-
de. — DisTaLA. Come da fonte nelle intelli-
genze. -^ IJIPHENTA. Ps. : Signatum est super
noi lumen vuUus tui , Domine. Eccl. , HI :
ihdiei, quod omnia opera , quae fecit Deus,
f$rsevertnt in perpetuum,
24. LiBEao. Paul. : Ubi ., , spiritus Domi-
ni f ibi libertas. — Nuove. Nuovi congiungi-
menti di cause secondarie , cagioni di corru-
lione nel mondo. Conv. : Nelle intelligenze ra-
gionevoli la divina luce risplende sema mezso,
neltaltre si riflette da queste intelligenze, pri-
ma illumitiate.
23.Co.\ FORME. AugQst. : Homo est imago Dei:
€i tpfa nostra ratio imago dicitur quae ani-
mae est , tanquamsigillum , impressa, Conv.:
Quanto la cosa è pia divina, è più di Dio sonU-
gèiante. — Raggia. Attivo; come «1 ?. 17. — Si-
■IGLIANTB. Conv.: La bontà di Dìo è ricevuta
'Oiirimenti dalle sostanzie separate , cioè dagU
^Èngeti . e altrimenti dall'antma umana»., e al-
trinciti dalle miniere. .. e altrimenti dalla ter-
ra. In una canz. : Awor che mai tua virila
dal cielo Come il sol lo splendore , CAe là
Centra mal dilettar con giuste pene.
29 Vostra natura quando peccò tota
Nel seme suo da queste dignitadi.
Come di paradiso, fu remota;
30 Nò ricovrar poteasi, se tu badi
Ben sottilmente, per alcuna via
Senza passar per un di questi guadi ,
31 0 che Dio solo per sua cortesia
Dimesso avesse, o che Tuom per se isso
Avesse soddisfatto a sua follia.
32 Ficca mo rocchio per entro l'abisso
Dell'eterno consiglio, quanto puoi
Al mio parlar distrettamente fisso.
33 Non potoa luonio ne* termini suoi
Mai soddisfar, per non potere ir giuso
Con umiltate obbedi'endo poi,
3V Quanto disubbidendo intese ir suso:
£ questa è la ragion perchè luom fue
Da poter soddisfar per sé dischiuso.
3 j Dunque a Dio convenia con le vie sue
Riparar Tuomo a sua intera vita,
Dico con runa ovvercon ambedue.
30 Ma perchè l'opra tanto ò più gradita
s'apprende piti lo suo valore Dove pia nobil-
tà suo raggio trova.
26. Co!»E. Creazione immediata , immorta-
lità , somiglianza con Dio , amore di Dio iu
lei , liberta.
27. Disfranca. Pani. : Quum . . . servi es-
seiis peccati . /iteri fuistis jutiitiae. Aogust.
( C. D. , levili ) : Prima servautis eaussa , pec-
catum nos ducit ad non esse. Boti. : Ubi ocu-
tos a summae luce veritatis, ad inferiora, et
tenebrosa drjecertnt , mox inscitiae nube cati-
gant , pemtciosis turbantur ajjectibus , quibus
accedendo eonsentiendoque , quam invexere si*
U, adjuvant servitutem, et sunt quodam mo-
do propria liberiate captivae.
•28. VOTA. 1 muralisti: Non remittitur pee-
catum nisi restituatur ablatum. La colpa e un
vuoto , la soddisfaziune lu conioic.
29. IJL'KSTS. y. terz. 27.
30. KicovRAR. Ricuperare.
31. Isso. Stesso. Onde gli antichi : isso
fatto per subito,
33. lEHMiM. Di mero uomo, d'ente Unito.
— boDDiSFAH. Ap. (tphes. ) : Eramus .,. fi-
lli tm0. — - Obbboibndo. in Alberuno.
34. la. Gen. , IH ; Eritis sicut Dii. — di-
schiuso. Escluso.
3d. Vie. Ps. XXIV: Universae viae Domi-
ni , misericordia , et veritas. Psalm. CXVIII:
Omnes viae Itiaa veritoi. Is. ( LY » 8 ) : Ne-
kih
DEL PARADISO
Dciroperantc, quanto più appresenta
Della bonU do! cuore ond*é uscita,
37 La divina Bontà, che'lmondoiTTìprenta,
Di proceder per tutte le pue vie
A rilevarvi puso fu contenta:
36 Né tra rultima notte e *2 primo die
Si alto e al magnifteo processo
O per Tuno o per l'altro fue o fic:
39 Che più largo fu Dio a dar sé stesso,
In far Tuom sufiìciente a rilevarsi,
Che s'egli avesse sol da se dimesso.
40 E tutti gli altri modi erano scarsi
Alla giustizia, se '1 fìglinol di Dio
Non fosse umiliato ad incarnarsL
VI Or, per empierti bene ogni disio ,
Ritorno a dichiarare in alcun loco
Perchè tu veggi li cosi com'io.
tó Tu dici: ioveggìo l'aere, io veggiol foco,
L'acqua e la terra e tutte lor misture
Venire a corruzione e durar poco;
\3 E questa cose pur (ut creature:
fjue viae fjmtrae , tiae «leoa. — AmsDim. Ce-
rne fece. Ps. LXXXHI : JuHitia et pax o$eu-
iatne tunt.
:n. TuTT«. Poteva , dic« \go«t. ( 1 , De
Trin. ) , redimerci tn aliro rondo.
àS. Uno. Per ruomo e per Dio. 0 meglio:
Per la bontà e la giustiiia.
40. UbilUto. Paul. : Bumiliamt 9efmi'
ipsum,
41. Ehpibrti. laf. , I : J^mpte la ... 90-
gUa. Peir. ( Tr. ) : Ma per empir la tua qìq-
venil coglia , Virò di noi « . . Loco. I T«ral
67 e seg.
44. Sincero. Tasso: Nella parte ddeiel la
pila iinc£ra, Aristotele pone i cieli incornit-
libili. Daot«> nella lettera a Cane : Vt patet
de coelo et elemet^tit , quorum quifUtn Ulud
lucorrvpUbUe , iUa vero eomtptibUia «uni. —
Intero. Seoia concorso di cause seconde.
45. Cubata. Pietro : Creata $uru , natura
maturata mediante.
Perchè, se ciò cfa*ho detto è stato vero,
Esser dovrian da corruzion sicure.
kh Gli angeli, frate, e 1 paese sìncero
Nei qual tu se'dir si posson creati
SI come sono in loro essere intero:
&5 Ma gli elementi che tu hai nomati
E quelle cose che di lor si fanno
Da creata virtù sono informati.
4G Creata fu la materia eh egli hanno.
Creata fu la virtù informante
In queste stelle che 'ntorno a lor vann».
kl L^anima d'ogni bruto e delle piante
Di complession potenziata tira
Lo raggio e '1 moto delle luci sante.
tó Ma nostra vita, senza mezzo, spira
La somma Benìnanza e Tinnamora
Di sé si che poi sempre la distra.
49 E quinci puoi argomentare ancora
Vostra resurrezion, se tu ripensi
Come Fumana carne féssi allora
50 She U primi parenti intrambo fensL
46. Loa. Gli «kmenti ^eUi.
47. CoMPLissioN. Conv.: Lepioiifa ...lai*
no amore a certo luogo teconao eàt !•€••'
pUuione richiede. — LcGi. Le stelle tptcafca
do e movendosi tirano dalla maieria tiesoH
tare cbe nella sna complessione è potcniiii
a ciò , tirano , dico , e ridacono in atto risi-
ma de'bmti animali e delle piante ; raaiai
sensitiva , e l'anima vegetativa.
48. Vita. L'anima nmana èispifkta da Dii
senza interpostevi esose seconde.— Sbvpiì>
Aogost. (Gonf. , 1 ) : Feeitti noe, ikmme, ai
te et inquietum est cor nottrum, domec refiit
•CHI in te. Parg. , XVI: Etce di marno a kà...
L* anima . . ; XXV .' Lo Motor primo ... 4**
ra Spirito nuoto.
49. RBsraHEZiOH. La carne Doatra CRtn
Immediatamente da Dio (Gen. , II ) noe pai
non risorgere. La sua corruzione non pai ti-
rare lungamente ( Gregor. , Ilomel. ).
1^25
CANTO
Vili.
ARGOMENTO.
Salgono in Venere e veggon P ombre dei già presi d'amore, ConoueilP. Carlo
Martello amato da lui. Belli i vern che questo Carlo pronunzia : e sempre
r amore e l* amicizia ispirano altamente il Nostro. Tocca della gretta indole di te
Roberto degenere dalla larghezza del padre: e di qui passa a spiegare perche così
tado ai padri somiglino i figli. Dice che la proeidenza di Dio regge le influenza
degli astri , che Dio fece luomo alla società, che varii sono i sociali uffizii, va-
rie dunque dehbon essere le facoltà , che le influenze celesti non guardano a razza;
ma che gli uomini per seguire la legge deU eredità , vU^no la natura e »* escono
gente inetta ali uffizio a cui non ncUura ma fortuna li spinge.
IfoU le terzine 5 allt 19; U 33, 25, 26, 30, 33, 35, 89, 43, 43, 49.
1 Solca creder lo mondo in suo pendo
Che la bella Gprìgna il folle amore
Raggiasse, vòlta nel terzo epiciclo.
1. Ciprigna. Ov. : Festa dies Veneri, tota
peteberritna Cypro Venerat. — Folli. Distin-
gaevaao , dice Pietro , la Venere pura , ino-
pie d'Aochìse , dalla impudica di Volcano.
^- Raggussb. Codv. : Li raggi dà doseuno
cielo sono la via per la quale diseende la lo-
to viriik in queste cose di quaggiiH. — Epici-
clo. Cosi chiamano nel sistema Tolemaico i
piccoli cerchi ne' quali ciascun pianeta, tran-
ne il sole , di proprio moto s'aggira d'occi-
deote in oriente , mentre che il primo mobi-
le li porta d'oriente in occidente : e perchè
Venere è il terzo pianeta, perciò dice terzo epi-
ciclo. Con?.: In tul douo di questo cerchio
l dell'equatore ) nei eiélo di Venere è una epe-
2 Perchè non pure a lei faceano onore
Di sacrificii e di votivo grido
Le genti antiche neir antico errore;
retta che per tè medesima in esso cielo ti vol-
ge, lo quale cerchio gH astrologi chiamano
epiciclo; e ticcome la grande tpera due poli
volge» coti questa piccola; e coti ha quetta
piccola lo cerchio equatore : e coti è più no-
bile quanto è più presso di quella. E in tul-
Vareo ower dosso di questo cerchio , è fusa la
lucentitsima stella di Venere. V epiciclo nel
quale è fitta la stella, i uno cielo per ti, ov-
vero spera ; e non ha una essenta con queUo
che 'i porta , avvegnaché sia più connaturale
ad esso che agli aUri ; • eon etto è chianut-
10 uno cielo , e denominansi Vfeno • fcAff
àeUa stella.
54
Via
DEL PARADISO
3 Ma Dione onoravano, e Cupido;
Questa per madre sua, questo perfiglio;
E dicean ch*ei sedette in gremboaDido.
h E da costei ond'io principio piglio.
Pigliavano 1 vocabol della stella ( glio.
Che 1 sol vagheggia or da coppaordaci-
5 Io non m'accorsi del salire in ella.
Ma d*esserv' entro mi fece assai fede
La donna mia ch'io vidi far più bella.
6 E come in fiamma favilla sì vede,
E come in voce voce si discerne,
Quando una è ferma, e l'altra va e riede;
7 Vid'io in essa luce altro lucerne
Moversi in giro, più e men correnti
Al modo, credo, di lor viste eterne.
8 Di fredda nube non disceser venti,
O visibili 0 no, tanto festini
Che non paressero impediti e lenti
9 A chi avesse quei lumi divini
Veduto a noi venir, lasciando '1 giro
3. DiONB. La oomina Staiio , I. — Adora-
TANO. CoDV. ( II , 5 ) : Chiamaln Plato idee,
ck'è tanto dir» ([uanto foriM e natun univer-
salù E i gentili le chiamano dei e dee, avve-
gnaché non coi\ /Uoso/lcafiMfite intendessero
qvtlle come Ptaio : e adoravano loro imagini,
e facevano loro grandieeimi templi. '«— Dino.
Virg. , I : Helore toto. Baerei^ eltnftnfum
premio fovet tntct'a Dido Insidat quantut mi-
ierae deui, Codt.: Perchè gU antichi s'accor-
$ono che quel cielo ero quaggiù cagione d^a-
more, diuono Amore eeeere figliuolo di Ver^re,
4. Coppa. La sera si chiama Espero , la
mattina Lucifero : qaaod'è perigea precede il
sole, quand'é apogea si leva e tramonta dopo
il levare e tramontar d'esso sole. Conv.(lI,2):
La tteUa di Venere due fiate era rivolta in
quello tuo cerchio che la fa parere terotina e
mattutina secondo i due aiverei temjn,
5. Ella. Ameto: Ad eUa. — Bella. Per-
ché più in alto.
8. Venti. Arist. ( Met. ) dice che i vapori
caldi e secchi montando all'estremo deUa ter*
za regione dell'aria , percossi da fredde nuvo-
le , commovono l'aria : e indi il vento. Lue.
( 1 , 15 ) : Qualiter exprestum ventie per nu-
bila fulmen Aetheris impulii eonitu . . . E Ze-
none voleva il fulmine fiamma accesa da nu-
bi stropicciate da' venti. — Visibili. Per vapori.
9. Cominciato. Tutti i cieli si movono col
n^no cielo a coi preseggono eli angeli più
alti ( Gonv., Il , 6). Di il comìDcia ogni in-
ferior movimento.
Pria cominciato in gli alti seraCoi.
10 E dietro a quei che più 'nnanzi apparirò
Sonava Onuiimi, al che unque poi
Di riudir non fui senza disiro.
1 1 Indi si fece l'un più presso a noi
E, solo, incomincio: tutti sem presti
Al tuo piacer, perchè di noi ti gioi.
12 Noi ci volgiam coi principi celesti
D'un giro , d' un girare e d' una sete ,
A'quali tu nel mondo già dicesti:
13 Fot che intendendo il terzo del monte:
E sem si pien' d*amor, che per piacerai
Non fìa men dolce un poco di quiete.
ìk Poscia che gli occhi miei si furo ofleiti
Alla mia donna reverenti, ed essa
Fatti li avea di sé contenti e certi,
15 Rivolgersi alla luce che promessa
Tanto s* avea, e : di', che se* tu? lue
La voce mia di grande afletto impressa.
IG E quanta e quale vid'io lei Tar piàe
11. Un Carlo Martello , morto nel IM,
primogenito di Carlo il Ciotto re di Napelli
signor di ProTenza , morto nel 1309 ( TS.,
Vili , 108). Bocc. : in costui regtiò «oiliM-
lexsa e auai innamoramento.
12. Principi. Principati , iotelligeaie m^
licbe. Conv. ( II , 2 ) .' Certe inUUi$enu,m'
vero per più usato modo volemo dire «afA
U quaU sono alla revoluiione del cielo di f«*
nere siccome movitori di quelU. Nel ftr.
(XXVIIl , 33) , dopo gli Angeli poMgli A^
cangeli, dopo gli Arcangeli i Principati. Q»
sti hanno dunque il terzo pianeta. Nel Ci»
▼ivio pone motori di Venere i Troqi ( II, 7|.
Qui corregge a suo modo l' errore. — Gna-
Circolare. — Giuabi. Eterno ed ugoale tmt
pre. — Sete. Amore che spinge tatti i cieli a
moversi sotto il mobile primo» e tutte li
a vivere in Dio.
13. Intendendo. Arist. (II » Het. ; I,
coelo et mnn. ). IVinfe le inteUigente
i cieU. Qoest'è ilptlmo verso della prìaiai
zone del Convivio. E nel Convivio sleaso: la
fortna nohiUssima del cielo , chekaisisèprìit
eipio di questa natura passiva , firn, Ivcfr
fa da virtù motrice che questo infonde : f di-
co foceofa non corporalmente , wea per aS*
di virtù la quale si dirisxa in quella, Bfm
sti movitori sono quelli aUi quaUs^intenkà
parlare, ed a cui io fo mia dotnamda.
16. Quanta. Virg. , Il : QuaUsque «tfm
Coeiicotis et quanta solete — Fab. V, IS : li
dt far più bùia»
• CANTO Vili.
427
Per allegrezza nuova che s accrebbe,
Quandlo parlai, airallegrczze suel
17 Cosi fatta, mi disse: il inoDdo m*ebbe
Giù poco tempo. E se più fosse stato.
Molto sarà di mal che non sarebbe.
18 La mia letizia mi ti tien celato
Che mi raggia dintorno e mi nasconde ,
Quasi animai di sua seta fasciato.
19 Assai m'amasti, ed avesti bene onde.
Che s* io fossi giù stato , io ti mostrava
Di mìo amor più oltre che le fronde.
20 Quella sinistra riva che si lava
Di Rodano, poich*è misto con Sorga,
Per suo signore a tempo m'aspettava;
17. Cosi FATTA. Bella qaal vedi. — Sarbb-
. Ott. : Io avrei compatte le cose di Sicilia
eofi guelle d^ Aragona per modo , che sarebbe
toUa la guerra , la quale continuo VaffUgge.
18. AifiMAL. Filugello nel bozzolo.
19. Amasti. Forse lo conobbe quand'andò
ambasciatore a Napoli al re suo padre, o quan-
do Carlo Martello attese in Firenze per venti
giorni il riloruo di esso suo padre di Fran-
cia (Vili., vili, 13). Post. Caet. : Iste Ca-
rolla venit Florentiam juvenculus , et redibat
é9 eartetUnu, et fuU bene receptut , et tune
COMMI magnam amieitiam cum Dante*
io. Riva. Doveva socceoere nel governo di
qaella parte di Provenza cb' era de' re di Na>
poli , che comprende Avignone , ArU , Mar-
silia ed Aii , ed altre città : ed La. per con-
IIm a sinistra il Rodano» a destro l'altra par-
te della Provenza suddita al re ()i Francia.
— A TIMPO. Morto Carlo il Zoppo.
. SI. QuiL. Doveva anco saccedere al regno
di Paglia. — Corno. Punta. Virg. : Cornua...
miUnnarum. — Ausonìa. Più volte in Virgi-
lio. — Ihbobga. Come ingiardinare e incattel-
teff di Gio. Villani. — Bari. In Paglia. —
Gabta. In Terra di Lavoro. La nom'lna Virg.,
TII. Dal Mediterraneo Gaeta, dall'Adriatico
Bari. — Catona. In Calabria ( Vili., VII, 65;
Q^ivi i Guelfi fiorentini vennero a prestare an
tempo soccorsi a Carlo d'Angiò. — Tronto.
Dtir Apennino va neir Adriatico. — Vkrde.
Onesto Verde è il Liri, o Garigliano , che pas-
ta per Sora e Ceparano , e sbocca nel Medi-
terraneo.
n. Tbrba. Ungheria. Come figlio di Ma-
ria figlia a Stefano V , e sorella a Ladislao
IV re d'Ungheria, morto senza eredi nel 1290.
S3. Trinacria. Ov.^ V: Vasta giganteit in-
futa 9$t ùuula memòrie Trinaerit; et magnit
mÈÌJ99tmm molikmt urga Attherm» aunm ipt-
21 E quel corno d'Ausonia che a imborga
Di Bari, di Gaeta e di Catona,
Da onde Tronto eVerde in mare scorga.
22 Fulgeaini già in fronte la corona
Di quella terra che '1 Danubio riga
Poi che le ripe tedesche abbandona.
23 E la bella Trinacria che calica.
Tra Pachino e Pelerò , sopra 1 golfo
Che riceve da Euro maggior brip:a.
2&' Non per Tifeo ma per nascente solfo,
Attesi avrebbe li suo' regi ancora ,
Nati per me di Carlo e di Ridolfo ,
25 Se mala signoria , che sempre accora
Li popoli suggetti, non avesse
rare Typhoea tedes. Ifititue ille quidem, pu-
gnatque returgere saepe: Dextra ted Aueonin
manui est eubjecta Peloro: Laeva, Pùchyne,
Ubi : Lilybaeo crura premuntur : Degravat
Aethna caput : tub qìsa resupinus arenca Eje-
etat flammamque fero vomit ore Typjkoeus. Poi-
ché Carlo Martello mori innanzi al padre, si
intruse nel regno di NapoU Roberto , esclu-
dendone i figli di Carlo Martello. — Calica.
Aen. (Ili, 572-3 ): Atram prorumpit ad ae-
thera nubem , Turirine fumantem piceo, — Tra.
Dal lato orientale, tra Siracusa e Messina. —
Golfo. Di Catania.^-MACGioa. Che da altro
vento.
24. Solfo. Le cai miniere giusta il P. spi-
rano il fumo e il ftaoco dell' Etna. Virg. po-
ne sotto 1' Etna Encelado , non Tifeo. — An-
cora. Il regno di Puglia, cioè il regno di Na-
poli e di Sicilia , fu da Urbano IV concesso
a Carlo d' Angiò , avo di Carlo Martello , per
lui e suoi discendeiiti inritio in quarta gene-
razione ( Vili. VI, 90 ); la qual finiva nei ne-
poti di Carlo Martello. Però dice che la Sici-
lia avrebbe attesi ancora i suoi re legittimi
nati da esso Carlo Martello. Il quale ebbe fi-
gli Carlo Umberto fVill., IX, 175) che re-
gnò dopo lui In Ungheria, e Clemenza di cui
nel e. seg. S' intenda per Carlo e Rodolfo ,
Carlo d' Angiò avolo del Martello , e Rodolfo
I imperatore d'Austria, la cui figlia fu mo-
glie a Carlo Martello nel 1291. Cosi nel san-
gue di Carlo Martello s* univa il sangue ghi-
bellino ed il guelfo; e per questa unione del-
la casa di Francia con la imperiale , Dante
l'amò forse d'amore più vivo.
25. Accora. Affligga ed irriu.— Palermo.
Qui ebbe principio il gran Vespro in cui fu-
rono morii de* Francesi in Sicilia più di quat-
tromila, e Pietro d'Aragona fu signore del-
l' isola , cKlasoiie l'Angioino ( Vili., VII , 59).
UB
DBL FARAD I^SO
Mono Pifcfo a gridar : mora , mora.
j6 E s« nio frale qiiHlo antivedesse ,
L* avara povertà di Catalogna
Bià ftiw^rtt. percbè non gli offendesse.
in Che miàiìnìtr provveder bisogna
f^ lui (> per altrui, si eh* a sua barca,
OMrtcìt « pili di carco non si pogna .
S^ Li :M* natura , che di larga , parca
JMtfCt^e. avria mestier di tal milizia
Che non curasse di mettere in arca.
j9 Pnocch' io credo che V alta letizia
Che 1 tuo parlar m' infonde, signor mio,
Or' ogni ben si termina e s* inizia
30 Per te si veggia , come la vegg' io ,
Cir4ta m* è più. E anche questo ho caro,
IVrchò 1 disccrni rimirando in Dio. .
$1 Fatto m' hai lieto , e cosi mi fa chiaro.
Poiché parlando a dubitar m' hai mosso
Come uscir può di dolce seme, amaro.
Si Questo io a lui, ed egli a me: s'ioposho
Mostrarti un vero , a quel che tu dimane i
Terrai 1 viso, come tieni 1 dosso.
Il Vespro fili Del 1282; nel 1295 ( anno cbo
morì Cario Martello ) , per tratuto fra Cari»
il Zoppo e Iacopo d' Aragooa , torno la Siri-
iia agli Aogioini : ma i SiciliaDÌ s' opposero :
conobbero re Federigo d'Aragona fratello di la-
cupo, né Roberto potè più riavere quel regno.
26. Frate. Roberto. — Antivedesse. Pri-
ma d* essere re. Sali i trono nel 1308. — Ca-
TALooNA. Quando fa in CaUlogoa ostaggio pel
padre, Roberto si fece amici molti poveri ca-
ulani che poi condusse nel regno : e impigua-
rono dell'avere de* popoli. — Gli. Nonnoces-
se a lui, accorando i popoli.
27. Bahca. L' avarizia sua non s' aggravi
con l'altrui.
28. Parca. Il parco Roberto era figlinolo
di generoso padre. — Discese. Is. , LVl : in
viatn tuam declinaverunt unusquitque ad a-
vnritiam. Suo padre fu Carlo 11 il Zuppo.
Parco, io mal senso, è nel Purg. : Al mon-
tar su , oontra $ua voglia , è parco, Cic. :
Largum, benefieum, (tòera^m, liae $unt re-
giae laudes. — Arca. Juven. : ^ManCum /erra-
to ditt9t ah arca Sacculus . . . Sempre contro
r avarizia scocca i suui dardi il P. ( Inf.» 1,
VI , va . xvii , xviu . XIX , xxi , xxii ,
XXIII, XXIV, XXV , XXX; Purg., XIV, XIX,
XX, XXII , XXXIl; Parad., VI, IX, XIU ,
XVIII, XXIV, XXYII, XXIX).
29. Termina. Apoc; Ego mai .. . prtnet-
pium 9i Iiai9*
33 Lo Ben che tutto 1 regno che tu scatjiii
Volge e contenta, fa esser virtute
Sua prowedenza in questi corpi grandi.
Sk E non pur le nature , provvedute
SoD, nella mente ch'è da sé perfetta.
Ma esse insieme con la lor salute.
35 Perchè quantunque questo arco saetta.
Disposto cade a provveduto fine
Si come cocca in suo segno diretta.
36 Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine
Producerebbo si li suoi efletti
Che non sarebbero arti ma mine.
37 £ ciò esser non può , se gì' intelletti
Chemovon queste stelle, non son manchi,
E mancol Primo, che non gli ha perfetti.
38 Vuo'tu chequesto verpiii tis'imbianclii?
Ed io: non già. Perchè impossibii veggio
Che la natura, in quel eh' è uopo, stanchi.
390nd' egli ancora ? or di', sarebbe il peggio
Per l'uomo in terra, se non fosse civc?
Si , rispos io : e qui ragion non che^^giu.
40 £ può egli esser , se giù non si vive
31. Amaro. Terz. 28: La sua natura, che
di larga, parca Discete.
33. Volge. Per m«zzo delle angelicbe intel
ligenze. — Contenta. Nel Gonv. spiega coim
il moto delle sfere inferiori é l'amore del pri-
mo mobile. — Provvbdbnza. Fa che la sua
providenza diventi virtù che influisca da' pia-
neti nelle cose del mondo. — Corpi. Cheim
primono nelle cose mortali , cobn in cera .
varie potenze e virtù. Deut. , IV : Solem , $t
lunatn , eC omnia astra eoeli . . • ertami . . .
Deus . . . tn ministerium eunctis gentibut.
34. Nature. I cieli provedono non solò al-
le varie nature delle cose , ma alla loro dorata.
35. Perchè. Onde tutte le influeiiie di quas-
sù , son disposte a line già prò veduto da Dw>.
Boet. : Ne qiùd in regno proìtidentiae HeeiU
temeritati.
87. Intelletti. Angelici (v. 109). — Pai-
■o. Dio. Così lo chiama nella lettera a Ca-
ne. — Perfetti. Participio.
38. iMRiANCHi? Inf., Il: 'L solsVimbÙM'
ea. — Stanchi. Neot. pas. V, verso 10:i. Il«-
narch. ; Quum Deus et natura in fiactiaams
non deRciat.
39. CiVB ? L' osa nel Purg. , XXXII. Arìst.
chiama l'uomo animale civile poUtieàn lòem.
Uidor. ( Or. , XV , 2 ) : Ctutloa eit Aoflunaiii
mulltlttdo, soeietatis vineulo adunaia,
40. Maestro. Arist. nell* Etica e nella Po-
Ut. Nel CooY. lo chiama : mofilro dnW urna-
CANTO Vili.
kì»
Diversamente per diversi uffici ?
No, se il maestro vostro ben vi scrive.
h\ Sì venne <Ieducendo insino a quicì
Poscia conchiuse : dunque esser diverse
Convien de* vostri effetti le radici.
42 Perch' un nasce Solone, ed altro Serse;
Altro Melchisedéch , ed altro quello
Che volando per 1' aere il figlio perse.
43 La circular natura eh' è suggello
Alla cera mortai , fa ben su' arte.
Ma non distingue l'un dalfaltro ostello.
Uk Quinci addivien eh' Esaù si diparte^
Per seme da Jacob ; e vien Quirino
Da si vii padre che si rende a Marte.
45 Natura generata il suo cammino
na ragione. Post. Caet. : Vt komo poiset ci-
véliUr vivere , fuit expediens divenitae homi'
nwn et artium,
41. Diverse. I varii offizii chieggono va-
ria facolMi. y. V. 93.
42. SoLpNE. Lcgislator di rep. o tiranno
aeoza legge. — Mblcuisedéch. (Gen. , \1V).
43. Natura. La virtù de* cieli circoboti ,
che come sigillo imprime ne' corpi mortali
influenze varie , fa bene V uffizio suo , ma
non distingue casa di re da casa di povero,
corpo di duca da corpo di mendico ; nel po-
vero infonde regi spiriti , servili nel re.
44. Esaù ( Gen. , XXV ). Greg. ( Hom. X.
io £v. ) ; Quum uno tempore tUrumque (Ja-
cob et Esaù ) mater fuderit, non unautrius-
^e vilae qualitas fuit, Uog. Bacon. (Op. maj.}:
Singula puncta terrae tunt centra divertorum
horizontum , ad quae coni diversorum pyra-
midum virtutum coeleitium veniunt , ut pot-
imi producere herbas diversarum speeierum in
eadem particeUa terrae minima et gemellos in
tadem matrice divertificare in eomplexione
•I moribus ... — Quirino. Romolo. — Ren-
ai. Attribuisce. Virg. : Marte gravii.
45. Generata. Il generato sarebbe simile
al genitore , se la providenza non dispones-
bc altrimenti per 1* ordine della locietà. —
Simil farebbe sempre a' generanti
Se non vincesse il provveder divino.
i6 t Or quel che t'era dietro, t* è davanti.
Ma perchè sappi che di te mi giova ,
Un corollario voglio che t' ammanti.
VI Sempre natura , se fortuna trova
Discorde a sé , com* ogni altra semento
Fuor di sua reglon , fa mala prova.
48 £ se il mondo laggiù ponesse mentu
Al fondamento che natura pone,
Seguendo lui , avria buona la gente,
49 Ha voi torcete alla religì'oDe
Tal che fu nato a cingersi la spada ;
£ fate re di tal eh* è da sermone.
50 Onde la traccia vostra èfuordi strada.
Vincesse. Hier. ( cont. Rnf. ) : Non in temi-
nibui $ed in voluntate natcentit , eautea vi-
tiorum eet atque virtutum ( Porg. , VII ).
46. Datanti. ( y. 96 ). — Ammanti. Pie-
tro : CoroUarium ambitus orationie» Però di-
ce ammanti ( Purg., XXVill).
47. Fortuna. L' inielUgenza permutatrice
de* boni del mondo (Inf. , VII ). Natura e for-
tuna chiama il Bocc. le due ministre del mon-
do. — RkoYon. Stalo. — Prova. Conv. : Le
piante hanno amore a certo luogo più mani-
festamente secondo che la complessione richie-
de : e però vedemo certe piante lungo V acque
quasi piantarsi , e eerte sopra i luoghi delle
montagne , e eerre nelle piagge e a pie dei
monti ; le quali se si trasmutano o muoiono
del tutto , 0 vivono quasi triste siccome cote
disgiunte dal loro amico,
48. FoNOAMBNTO. ludolc di ciascQDo.
49. Sermone. Grand' odio aveva Dante a
Roberto, sostegno perpetuo de' Guelfi e de' pa-
pi , che inviò a Roma il fratel suo perchè
contrastasse all' entrau d'Enrico VII. É Tara-
mente Roberto scrisse sacri sermoni. E a Ve-
nezia» nella biblioteca di s. Gio. e Paolo m
ne conservavan parecchi : per capitoli di fra-
ti, per sacre solennità; tra gli altri, ono io
lode della gaelfe Bologna.
CANTO IX.
«31
7 Deh metti al mio volertosto compenso,
Beato spirto, dissi ; e fammi prova
Ch*io possa in te rifletter quelch*i' penso!
8 Onde la luce che m'era ancor nuova ,
Del suo profondo ond'ella pria cantava
Seguette , come a cui di ben far giova :
9 In quella parte della terra prava
ftalica , che siede intra Rialto
E le fontane di Brenta e di Piava ,
10 Si leva un colle, e non surge molt*alto,
Là onde scese già una facella
Che fece alla contrada grande assalto.
11 D*una radice nacqui e io ed ella :
Cunizza fui chiamata. £ qui refulgo
' Perchè mi vinse il lume d'està stella.
12 Ma lietamente a me medestna indulgo
La cagion di mia sorte , e non mi noin ;
Che forse parria forte al vostro vulgo.
7. Piova. Mostrami c\^t in vedi qoello ch'Io
penso.
8. Cantava. Osanna (Vili, 10).
tf. Parte. Marca Trivigiana. — Prava (Inf.,
XVI) chiamò la Toscana terra prava, — Rial-
to. Auun. : Anticamente Vlnegia ii chiamò
iltollo.' Brenta. Fiami che scendono dal-
l' Alpi che partono lulia da Germania, e meU
toDO nel golfo di Venezia.
10. Colle. Dov'è 11 caste! di Romano. —
Facella. Una fiaccola sognò Eenba incinta
di Paride; e così sognò, dice Pietro, la ma-
dre d'Ezzelino terzo. Di lai, Inf. , XII.
11. CcNizzA. Post. Caet. : Pkiit magna me-
nirix. Anon.: fisse amorosamente in vestire,
€Qnto , e giuoco , ma non in alcuna disone'
Mad$,„ eonseMÌ. Io credo al primo.
13. Gioia. Folchetto di Marsiglia. L'Ott. :
#W dictìore tn rima di cose leggiadre ... eke
fmrono e saranno per fama grasiose al mondo,
datut «Ut avrà lunga nominanza, — Muoia.
SI spegna.
14. Incinqua. Passerà cinque secoli. Dav.:
Imemquavanii i magistrati ( quintupUcari ).
E nelle postille nota: Ornerò^ Dante, e tutti
• grandi formano nomi delle cose. — Vedi.
Virg. ( VI, 807 ) : Et dubitamtis adhue vir-
iwtom estendere factis ?.. ; X , 469 : Hoc vir-
iutis opus, — Altra. Del nome. S* oppone ,
BM in apparenza , a qael che disse (. Pnrg. ,
XI )^Relinqua. Petr. (Tr.): Virtù relinque.
16. Adige ( K. Pnrg. , XVI). U Marca Tri-
vigiana, allora allargata» stendevasi in questi
confini. Quindi più chiara la ragione del no-
minar Feltre a proposito d'un ignora dime*
raote sull'Adige ( inf., I ).— Battuta. Ot
13 IK questa Inculenta e cara gioia
Del nostro cielo, che più m'è propinqua.
Grande fama rimase, e pria che muoia,
14 Questo centesim anno ancor s*incìnqua.
Vedi se Tar si dee V uomo eccellente
SI ch'altra vita la prima relinqua.
15 E ciò non pensa la turba presente
Che Taglìamento e Adice richiude;
Né per esser battuta ancor si pente.
16 liik tosto fia che Padova al palude
Cangerà 1* acqua che Vicenza bagna ,
Per esser al dover le genti crude.
17 E dove Silo e Cagnan s* accompagna
Tal signoreggia e va con la test' alta,
Che già per lui carpir si h la ragna*
18 Piangerà Feltro ancora la diifalta
Dell'empio suo pastor, che sarà sconcia
Si, che per sìmil non s'entrò in Malta.
Erzelino e da Alberigo sao fratello, e dagli
altri tiranni della Marca. Jpr. , lì : Frustra
percussi fiUos vestros , discipUiiam non rece-
perunt,
16. Padota. I Padorani vinti da Cane (Vili.,
IX, 62 ). Di qua del Bacchiglione , là dove
impaluda , sarà tinta in rosso. Predice la rotta
che Iacopo di Carrara ebhe dallo Scaligero
ne* borghi di Vicenza il di 17 settembre 1314,
Altra rotu cbhero nel 1318 (ViU., IX, 87).
Forse della seconda intende il P.
n. Sii.1. In Trevigi. — Tal. Riccardo da
Camino. — Ragna. Tramarono d' ncciderlo ,
e Ita nel 1312 mentre giuocava agli scacchi
( Mnssat. , VI ). Il macchinatore tu nn Aui-
nasi de' Calzoni trivigiano. L'OU. Io fancciso
da Cane per mano ì uno viUano eoi trattalo
di eerti gentiluomini del paese. Il Bocc. dice,
che a tavola , per mano di un pazzo di
cni si valsero i signori a lui confinanti per
torgli là signoria. IlMurat. nella nota al Mnss.
(e. VI , nib. 10 ) vuole la congiura tramata
.dai Ghibellini , e lo Oi ucciso con un ronco
da nu contadino ; e V uccisore fatto in pezzi
dalle guardie: o da' congiurati. Ma Dante, io
credo, non credeva complice lo Scaligero.
18. DiPFALTA. Mancamento di fede. — Pa-
STOR. GiuUano. Novello di Piacenza uomo
guelfo ( altri dice Gaza di Luscia feltrino ).
Rifuggiti in Feltre tredici Ferraresi guerreg*
gianti col papa , il vescovo allora signore df
Feltre, li prese e diede al govemator di Fer-
rara par re Roberto » M. Pfaio della Tosa , che
li fece morire. II Tescovo mori nel 13S0 in
esilio. AI dir dell'Anoo. , fis tornio haiiuto cof%
9a€M fimi a tmm, 9k9 99mmoiminhaio
CANTO IX.
W3
31 Ad un occaso quasi e ad un Arto
Buggeaaiede^ e la terra ond' io fui,
Che fé del sanguesuo già caldo il porto.
38 Folco mi disse quella gente a cui
Fu noto il nome mio : e questo cielo
Di me a' imprenta , com' io fé* di lui.
33 Che più non arse la figlia di Belo,
Rolando ed a Sicheo ed a Creusa,
hi me , infin che si convenne al pelo;
Zk Nò quella Rodopea che delusa
Fu da D^ofoonte , né Alcide
Quando Iole nel core ebbe richiusa.
35 Non però qui si pente , ma si ride ,
Non della colpa eh* a mente non torna,
Ma del valore eh' ordinò e provvide.
36 Qui si rimira nell arte eh' adoma
snU coble , serventesi , td altri diri pnr rima;
fu fholto onoralo dal re Rivcardo d* I ighilter-
ra , e dal eoni9 Ramondo di Tolosa , e da
Barale di Uanilia, nella cui corte converta-
«0. J^ hello del corpo , omafo paiìadort . cor-
fMt donatore > ed in amare acceto ', ma co-
fano • savio ; amò per amore Adalagia mo-
f Im di Barale euo signore ; e per rieoprini ,
fàeea se§no d* amare Laura di s. Giulia , e
Bettima di Ponieven , iirocchie di Barale ( in
riè r imUava il Nostro : di che reggasi la
ViU Noova ) , ma più si copriva verso La*i-
f» p di che Barale H diede cangio : ma morta
la Wfoglit di Barale , doglia maravigliosa ne
frmtt e rendè sé con la sua. moglie e due suoi
figliuoli neU' ordine di Cestella ; poi fu fatto
abate di Toronello , e poi vescovo di Marti-
ha , di' onde cacciò molti eretici. Fu caro a
Biccardo d* iughilterra e ad Alfonso IX. — .
Ebao. a Ponciiic. In Ispagna; sbocca nel Me-
diterraneo in Catalogna. Lo nomina Virgilio.
-^ M.4CRA. A Levante. ConGne tra la Tosca-
na e il Genovese. Marsiglia è in mezzo tra
Magra ed Kbro. — Cobto. La Magra scorre
per diritto canale.
31. Bi'OGiA. Bagia. in Barbaria. Marsiglia
e Bugia sono sotto al meridiano medesimo
quasi : diflerisre di longitudine d' un grado
circa. — TiKRA. Marsiglia assediata da Bru-
to , quando Cesare andava in Ispagna , s*in-
tangaÌDÒ ( Caes. , B. , 1. II ). Lue. , III :
Cruor altus in undis, Spumai. . . Fu sangue
0parao per la libertà.
39. Noto. Ar. : Chi lo conosce Rabican V
appella. Forse con ciò vuol dire cbe Folco »
noo Folchetto, era il nome suo vero. — Cii-
I.O. Yanara ai abbella della mia Inee.
Cotanto efletto ; i^ dlscernosi 1 bene
Perch* al mondo di su quel di giù torna.
37 Ma perchè le tue voglie tutte piene
Ten porti, che aon nate in quasta spera.
Procedere ancor oltre mi conviene.
38 Tu vuoi saper chi è'n questa lumiera
Che qui appresso me cosi scintilla
Come raggio di sole io acqua mera.
39 Or sappi che li entro si tranquilla
Raab : eid a nostr' ordine congiunta,
Di lui nel sommo grado sì sigilla.
^ODa questo cielo in cui Tombra s* appunta
Che il vostro mondo face, pria ch'altr'alma
Del trionfo di Cristo , fu assunta.
hi Ben si convenne lei lasciar per palma
In alcun cielo , dell'alta vittoria
33. Belo. Didone. Aen. » I : Genitor tum
Belus ... — Chkusa. Accenna di Creusa an-
co nella Monarch. — Mi. Arai d' Adalagia.
L' Ott. intende che Folco amò maritate , a
vergini , e vedove , e gentìH , e popMesche. -*
Pelo. Giovanile. Tib. : ffec amare decebit ,
Dicere nec cano blanditias capite.
34. Rodopea. Fillide. Rodope monte di tra-
cia. Ov. ( Ber. II ) : Hospita , Dsmophoon ,
tua te Rhodopeia Phyllis. £gii promise tor-
nare : mancò : ella mori sospesa ad un albe-
ro. Qui Pietro cita Virgil. ( Ed. , V. ) : Phyt-
lidis ignee. — Alcide. ( Ov. , Her. IX ).
35. Torna. Spenta in Lete ( Pnrg. , XXViU.
43). — Valobe. Divino ( Purg. , XI , 2 }.•*-
Ordinò. Cant. : Ordinavit in me charitatem-
36. Adorna. Il mondo con tanto efretto d'
amore, e lo dirige a degno fine: onde il mon-
do di giù corrisponda a quello di su : le in*
fluenze superne fanno simile al ciolo la terra-
Conv. : Discendere la virtù d' una cosa in al-
tra , non è altro che ridurre i/uella m sua
similitudine. — Torna. L' amore profano lo
convertirono in tem|M> a Dio. Altri intende: il
mondo di su gira ( toume) il mondo di sotto.
39. Raab ( Jos. , lì ). Meretrice di Geri-
co : salvò le spie di Giosuè , ond' e' la tolse
a morte nel sacco ; ed ella credette al Dio
vero. La loda s. Paolo ( Uebr. , XI ). — Si-
gilla. Sopra: Questo cielo di me s'impronta.
40. Ombra. L' ombra della terra piramida-
le , finisce nel cielo di Venere ( Tbolom. ,
Alroag. ). — TrYo.npo. Così chiama le anina
salve in Cristo (e. XXIU, 7).
4t. Per palma. Segno di vittoria. — Pal-
ma. Confitte in croce. Act. , XX: Eceletiam
Dei , quam aequieMi iangmine wo.
55
43%.
DEL PARADISO
Ch'esso acquistò cod luna e raltra palma.
42 Pereti' ella favorò la prima gloria
Di losuè in su la terra saota.
Che poco tocca al papaia memoria.
43 La tua città che di colui è pianta
Che pria volse le spalle al suo Fattore,
E di cui è la *nvidia tanto pianta,
44 Produce e spande il maledetto fiore
6h* ha disviate le pecore e gli agni,
Perocché fatto ha lupo del pastore.
42. Prima. L'espugnazione di Crerico.
43. Colui. Invidioso e superbo. Nel X del
1' Inf. la chiamò nobil patria,
44. FioBB. Fiorino gigliato. Di qui si vede
quanta potenza sui costumi d' Italia avesse
)a Toscana d' aUora. Armannino nella Fiorita
dice : Di que$to , la Toscana d* ogni male n*
è cagione per la sua malizia , la quale il dia-
volo entro vi lasciò , la quale li ha fatti per
lo mondo più grasiosi alle genti che nuW al-
tra nasione , per la loro malixia , e non per
tuMiira. — Lupo. Parola sa^ra nel P. a dino-
Ur r avarizia. Inf. , XIX : Vostra a%>ar%3ivak H
mondo atfn'sia.
45. DicasTALi. Libri delle leggi ecclesia-
stiche. Bonifazio ai cinque che v'erano com-
pilati nel 1834, aggiunse il sesto. Monarch.:
Swni quoe decretalistae volunt , theologiae et
phUosophioB eujusUbet expertes , tuis deere-
taUkus n qwu profecto venerandas existimo ,
tota intentione , omnia de illorum praevalen-
tia sperantei, imferatori derogant, — Vivagni.
A' margini de* libri , unti dal grande svolger-
li: 0 meglio: alembi de'fini panoi che portano.
45 Per questo Tevangelico e i dottor magni
Son derelitti , e solo a' decretali
Si stadia si che pare alor vivagni*
^6 A questo intende il papa e i cardinali.
Non vanno i lor pensieri a Nazarette ,
Là dove Gabriello aperse Tali.
VI Ma Vaticano, e l' altre parti eletta
Di Roma che son state cimitero
Alla milizia che Pietro seguette»
^8 Tosto libere Gen dell' adultero.
C. XXI : Copinoti de" manti lor gli palafrem,
46. Cardinali. Màledietos li chiama nn an-
tico comentatore. Nei 1314, scrìsse Dante nna
lettera latina a' cardinali : ma indarno. —
Ali. Matth. : Missus est Asn,gelus Gabriel . • .
ad frir^finem.
48. Tosto. Altri intende la grande riforma,
adombrata nel I dell' Inf. ; altri la traslaiione
della sede in Francia : io sto al primo. —
Adultìro. Inf. , XIX : Le cose di Dio . . .
Per oro . , , adulterate, Jer. , IX : Omnee advl-
feri sunt , eoeiue praevaricatorum. Ogni beM
torto a male é prostituzion di belleua. Bnck.,
XVI : Judieabo te judieiis adutteratum^ eief-
fundentium sanguinem..;\X: In friapatnm
vestrorum vo$ polluimini, et poet offenéieém
eorum fomieamini» Conv. ( 1,9 ) : Ar amI-
vagia disusanza del mondo hanno UuoiaUsh
leaerafuro a coloro che l* hanno fatta di dm-
na meretrice : e questi nobili tono prine^*
òarom » eavaliwL E Bonifàiio era , seeoado
Dante , doppiamente adultero con la CMesa
poiché ne aveva cacciato lo sposo teiittìao
. Celestino. ,
435
CANTO X.
ARGOMENTO.
Sono nel iole : qmvi le anime de* dotH in iiiudii divini. Beatrice ^i paHa di
f . Tomaso d i4^tno , e gli mostra altri teologi e filosofi del suo tempo ed antichi:
dH suo tempo Alberto Magno , I*ier Lombardo , Riccardo da s. Vittore , Sigieri ;
e piì^ anttchi Graziano , Reda , Isidoro, Roesio , Orosió , Dionigi P Areopagita ,
Salomone. Da un verso che qui getta sul re degli Ebrei , e da un edtro sull* ordi-
rne domenicano , coglierà occasione a due lunghe digressioni ne* canti che seguono.
La mcUeria politica occupa ormai meno spazio; il cwnre fa lìiogo eUC intelletto ; le
eUaxioni , i ragionamenti scientifici soprabbondano.
Li prima parte del capto è forse lunghetta.
Por belle le tenioe 2, 3, 5, 6, 7, 10; la i% alla 17; la 19 alla S3; la 85 alla 38;
la 81, 83, 34, 43, 44, 48, 47, 49.
Guardando ael suo Figlio con T Amore
Che r uno e 1* altro eternalmente spira,
Lo primo ed inefTabile Valore ,
Quanto per mente o per occhio si gira
Con tant* ordine fé, ch'esser non puote
Senza gustar di lui , chi ciò rimira.
1. FifiLio. Jo., I: Omnia per iptum faeta
%. GiiA. Inf. , XXX : Bsr la memoria mi
si gira. Boet.: Omnium generatio rerum, eun-
ttusgue mutabilium naturarum progressus, et
^dguid aliquo movetur modo , eausas , or-
éinem, formas ex divinae meniti ttabiUtate
sottitur, — Senza. Conoscere ed amare Iddio.
Psalm.: Gustate, et videte, quoniam tuavù
est Dominui, Boet., Ili: Retpieite coeli epa-
tlmm , firmitudinem, eeteritatem, et aliquan-
éo detffitie vilia mtrarì. Lattant. : fiemo est
enim lom rudù . tam ferie moribue qui non
oeulos *HOi in eoetum tollens famedi nesciat
eujue Dei providentia regatur, hoc omne quod
etmifMr, alitiuam lamen esse inieUigat ex ipsa
rerum magnitudine , modi dispositions , con-
3 Leva dunque , lettore , all'alte rote
Meco la vista , dritto a quella parte
Dove r un moto air altro si percote.
&- £ li comincia a vagheggiar nell* arte
Di quel maestro che dentro a sé Y ama
Tanto che mai da lei rocchio non parte.
stantia, utilitate , pulcriludme. temperafume,
nee poste fieri quin id quod mirabUi ratione
eonttat , consUio majore aliquo sii instruetum.
3. Mico. S' alzano al sole , che era allora
in Ariete. Al capi d' Ariete e di Libra sono
ponti dove il zodiaco s'incrocicchia coli* equa-
tore. Le stelle Ksse si movono in circoli pa-
ralleli all'equatore, il sole e i pianeti in cir-
coli paralleli al zodìaco : però dice che il mo-
to delle stelle fisse orta quasi e s* incontra
nel moto de* pianeti e del sole.
4. Mabstro Honarch. : Natura est in men-
te primi motorie qui Deus est; in eoelo tam-
quam in organo , 9110 mediante , similUudo
bonitatis aetemae in fiuitantem materiam
explieatur. Coelum est organum artis divinae
quam naturam eommuniter appettant.
kas
DEL FARAD I^SO
Mosso Palenno a gridar : mora , mora.
26 £ 86 mio frate questo antivedesse,
V avara povertà di Catalogna
Già fuggirla, perchè non gli oflendesse.
27 Che veramente provveder bisogna
Per lui 0 per altrui, si eh* a sua barca,
Carica, più di carco non si pogna.
28 La sua natura, che di larga, parca
Discese , avria mestier di tal milìzia
Che non curasse di mettere in arca.
29 Perocch* io credo che V alta letizia
Che *] tuo parlar m' infonde, signor mio,
Ov' ogni ben si termina e s* inizia
30 Per te si veggia , come la vegg io ,
Grata m* è più. £ anche questo ho caro,
Perchè 1 disccrni rimirando in Dio. .
31 Fatto m' hai lieto , e cosi mi fa chiaro,
Poiché parlando a dubitar m* hai mosso
Come uscir può di dolce seme, amaro.
32 Questo io a lui, ed egli ame: s'io posso
Mostrarti un vero , a quel che tu dimand i
Terrai 1 viso, come tieni 1 dosso.
Il Vespro fìi Del 1282 ; nel 1295 ( sodo che
morì Carlo Martello ) , per tratuto fra Carlo
il Stoppo e Iacopo d' Aragona , torno la Sici-
lia agli Angioini : ma i Siciliani s' opposero :
conobbero re Federigo d'Aragona fratello di la-
copo, né Roberto potè più riavere quel regno.
26. Frate. Roberto. — Antivedesse. Pri-
ma d' essere re. Sali '1 trono nel 1308. — Ca-
talogna. Quando fa in Catalogna ostaggio pel
padre , Roberto si fece amici molti poveri ca-
talani che poi condusse nel regno : e impigua-
rono dell'avere de* popoli.— Gli. Nonnoces-
se a lui, accorando i popoli.
27. Barca. L' avarizia saa non a' aggravi
con l'altrui.
28. Parca, il parco Roberto era figliuolo
di geoeroso padre. — Discese. Is., LVl : in
viam iuam declinavBrunt unuiquisque ad a-
varitiam. Suo padre fu Carlo 11 il Zuppo.
Parco f io mal senso, è nel Purg. : Al mon-
tar su , oonlra tua voglia , è parco, Cic. :
Largum, benefieum, Uberaìetn, Aae sunt re-
giae laudes. — Arca. Juveo. : Quantum ferra-
ta dittBt ab area Saccului . . . Sempre contro
r avarizia scocca i suoi dardi il P. ( Inf., i,
VI , VII . XVII , XVIU , XIX, XXI , XXII ,
XXUI , XXIV , XXV , XXX ; Purg., XIV , XIX ,
XX , XXII , XXXIl ; Farad. , VI , IX » XIU ,
XVUI , XXIV , XXYII , XXIX ).
29. Termina. Apoc; Ego nm ». . princi-
pium U Iiai9*
33 Lo Ben che tutto 1 regno che tu scanili
Volge e contenta, fa esser viriate
Sua provvedenza in questi corpi grandi.
Sk E Don pur le nature , provvedute
SoD, nella mente ch'è da sé perfetta,
Ma esse insieme con la lor salute.
35 Perchè quantunque questo arco saetta,
Disposto cade a provveduto fìnc
Si come cocca in suo segno diretta.
36 Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine
Producerebbo si li suoi effetti
Che non sarebbero arti ma mine.
37 £ ciò esser non può, se gì' intelletti
Che movon queste stelle, non son manchi,
E manco'l Primo, che non gli ha perfetti.
38 Vuo'tu chcquesto verpiù tis'imbianchi?
Ed io: non già. Perchè impossibil veggio
Che la natura, in quel eh' è uopo, stanchi.
390nd'egli ancora • or di', sarebbe ilpe^io
Per r uomo in terra , se non fosse cì\v1
Si , rispos' io : e qui ragion non cheggiu.
40 £ può egli esser , se giù non si vive
31. Amaro. Terz. 28: La tua natura, che
di larga f parca Discete,
33. Volge. Per mezzo delle angeliche intel
ligenze. — Contenta. Nel Conv. spiega cene
il moto delle sfere inferiori è l'amore del pri-
mo mobile. — Provvedenza. Fa che la sua
provideoza diventi virtù che influisca da' pia-
neti nelle cose del mondo. — Cobfi. Che im-
primono nelle cose mortali , come in cera .
varie potenze e virtù. Deut. , IV : Soiem , 9t
lunam , et omnia astra eoeli . . . ertomi . . .
Deut . . . tn ministerium cunctit gentibus.
34. Nature. 1 cieli provedono non solò al-
le varie nature delle cose , ma alla loro dorala.
35. Perchè. Onde tutte le influenze di quas-
sù , son disposte a line già proveduio da Dio,
Boet. : Ne quid in regno proìridentiae Ueeat
t$m9ritati.
87. Intelletti. Angelici (v. 109). — Pbi-
■0. Dio. Così lo chiama nella lettera a Ci-
ne. — Perfetti. Participio.
38. Imbianchi? Inf. , 11: 'L tolgVimbian'
ea. — Stanchi. Neut. pas. F. verso 10:i. Il«-
narch. : Quum Deut et natura tn tieetifarns
non deficiat,
39. CiVB r L' osa nel Purg. , XXXIL Arist.
chiama Poomo animale civile poUtieòn zòon,
Uidor. ( Or. , XV , 2 ) : Ctoìlos eit Aomtniiii
muUUudo , toeietatit vineulo adunata.
40. Maestro. Arist. nell'Etica e nella Po-
Ut, Nel CoQY. io chiama: mautro dtU* urna-
CANTO Vili.
439
Diversamente per diversi uffici ?
No, se il maestro vostro ben vi scrive.
i^l Si venne «icducendo insino a quici
Poscia concbiuse : dunque esser diverse
Convien de* vostri cfTetti le radici.
42 Perch' un nasce Solone, ed altro Serse; .
Altro Melchisedécb , ed altro quello
Cbe volando per l' aere il figlio perse.
43 La circular natura eh* è suggello
Alla cera mortai , fa ben su' arte.
Ma non distingue f un dalf altro ostello.
44 Quinci addivien cb' Esaù si diparte^
Per seme da Jacob ; e vicn Quirino
Da si vii padre che si rende a Marte.
45 Natura generata il suo cammino
ragione. Post. Caet. : Vt homo potset ci-
vélàm' vivere , fuit expediens divenitas homi-
mmm «t arltum.
41. PiTEBSE. I varii offizii chieg^oo va-
ria facoKà. V. T. 93.
42. SoLONi. Legislator di rep. o tiranno
seoza legge. — Mblcuisedécd. (Geo., XIV).
43. Natuba. La virtù de' cieli circolanti ,
che come sigillo imprime ne' corpi mortali
infkienze varie , fa bene V uffizio suo , ma
non distingue casa di re da casa di povero,
corpo di duca da corpo di mendico ; nel po-
vero infonde regi spiriti , servili nel re.
44. Esaù ( Geo. , XXV ). Greg. ( Hom. X,
io £v. ) : Quum uno tempore tUrumque (Ja-
cob et Esaù ) mater fuderit, non unautriut-
M# vii<u qualitas fuil. Rog. Bacon. (Op. maj.}:
Simgula puncta terrae tunt centra divenorum
Aònz«n(tim , ad quae coni diversorum pyra-
miHmm virtutum coelestium veniunt , ut pot-
produeere herbas diversarum speeierum in
particola terrae minima et gemellai in
matrice diversificare in eomplexione
m wwribu» ... — QoiBiNo. Romolo. — Rbn-
JK. Attribuisce. Virg. : Marte gravii»
48. Gbnbbata. Il generato sarebbe simile
al genitore , se la providcnza non dispones-
se altrimenti per 1* ordine della società. —
Simil farebbe sempre a' generanti
Se non vincesse il provveder divino.
46 t Or quel che t'era dietro, t* è davanti.
Ma perchè sappi che di te mi giova ,
Un corollario voglio che t' ammanti.
47 Sempre natura , so fortuna trova
Discorde a sé , com* ogni altra semento
Fuor di sua reglon , fa mala prova.
48 £ se il mondo laggiù ponesse ment<j
Al fondamento che natura pone,
Seguendo lui , avria buona la gente.
^9 Ma voi torcete alla religione
Tal che fu nato a cìngersi la spada ;
£ fate re di tal eh' è da sermone.
50 Onde la traccia vostra èfuordi strada .
Vincesse. Hier. ( cont. Rof. ) : Non in temi-
nibut sed in voluntate natewiit , eauna vi'
tiòrum eet atque virtutum ( Porg. , VII ).
46. Davanti. ( t. 96 ). » Ammanti. Pie-
tro : CoroUarium amlntus orationit. Però di-
ce ammanti ( Purg., XXVUI).
47. FoBTCMA. L' inieUigenza permutatrice
de* beni del mondo ( Inf. , VII ). Natura e for-
tuna cliiaina il Bocc. le due ministre del mon-
do. — RegYon. Stato. — Pbova. Coov. : Le
piante hanno amore a eerto luogo più mani-
festamente secondo che la complessione richie-
de : e però vedemo eerte piante lungo V acque
quasi piantarsi , e eerte sopra i luoghi delle
montagne , e eerte nelle piagge e a pie dei
monti ; le quali se si. trasmutano o muoiono
del tutto , 0 vivono quasi triste siccome cose
disgiunte dal loro amico.
48. FoNOAMENTO. Indole di ciascuno.
49. Sbbmonb. Grand' odio aveva Dante a
Roberto, sostegno perpetuo de' Guelfi e de' pe-
pi , che inviò a Roma il ffatel suo perchè
contrastasse all' entrate d'Enrico VII. É vera-
mente Roberto scrisse sacri sermoni. E a Ve-
nezia, nella biblioteca di s. Gio. e Paolo se
ne conservavan parecchi : per capitoli di fra-
ti, per sacre solennità; tra gli altri, nno io
lode della goelfe Bologna.
430
DEL PARADISO
t '
f.
CANTO IX.
f
ARGOMENTO.
Gli paria Cunizxa , sorella dd tiranno EzzelifM ; donna (f amore; e prtike
1$ wmUure della Marea Tritigiana $ di Padowi , e i delitti di Feltre; come Ut-
vMnza fredice le eoterehierie di Roberto. Pài parla Folchetio, di Manigtia^ oai»-
roio poeta , che fini monaco ; e gli accenna Raab la meretrice infedde, Mita per
fin atto d* amore: poiché solo amore della nuofxi legge , e pietà de* due in $na eam
nascosti potevano scusare tale atto che in altro stato di cose direbbesi tradimetii».
Da Baao, occasione alla prima vittoria di Giosuè in Terra santa j passa UP.alk
noncuranza in eh* hanno i cristiani gueUa terra , e aU avarizia de* papi.
Bellissimo canto.
Nou le tenine 1 tilt S9; la 32 alla 36; la 38 alla 44, e le ultime due.
1 Dappoiché Cario tuo, bella Clemcoza,
M' ebbe chiarito, mi narrò gì' ingaoni
Che ricever dovea la sua semenza.
3 Ma disse : taci, e lascia volger gii anni.
Si ch'io non posso, dir se non che pianto
Giusto verrà dirietro aWostri danni.
3 E già la vita di quel lame santo
Rivolta 8 era al sol che la riempie ,
Come a quel ben ch'a ogni cosa è tanto.
1. Clbminza. Moglie di Carlo , figlioola di
Alberto d* Austria : mori di dolore per la per-
dita del marito. Altri intende la figliuola di
Carlo , moglie di Luigi X , re di Francia. —
4:hi ABITO. Come uteir può di dolce seme ,
nniaro. — Inganni. Roberto fratel di Carlo
Martello doveva intrudersi nel regno di Napoli
e di Sicilia, ed escluderne il figlio di Carlo.
Ciò fu nel 1309.
2.. VoLGiB. Ylrg. : foìieentibui annif • —
k Ahi anime ingannate , e fattore empie
Che da si fatto ben torcete i cuori
Drizzando in vanità le vostre tempiel
5 Ed ecco un altro di quegli splendori
Yér.me si fece, e *1 suo voler piacermi
Significava nel chiarir di fuori.
6 Gli occhi di Beatrice , ch*eran fermi
Sovra me , come pria, di caro assenso
Al mio disio certificato férmi.
Pianto. I danni a voi fatti saranno dolore ai
nemici vostri. Dice vostri perchè GleoMUi
aveva anch' essa diritti a quel trono.
3. Tanto. Riempie ogni cosa di sé, qm*-
lo nella cosa ne cape.
4. Vaniti. Psalm. II: Te ifuid dOiptisve'
nitatem , et quaeritit ' mendadum T Psataa-
CXVIII : Averte oculot meos ne vidsont «a-
nifalem.
6. Pria (YIII, 14).
CANTO IX.
431
7 Deh metti al mio volertosto compenso,
Beato spirto, dissi ; e fammi prova
Ch*io possa in te rifletter quel ch*i' penso!
8 Onde la luce che m'era ancor nuova ,
Del suo profondo ond'ella pria cantava
Segiiette , come a cui di ben far giova :
9 In quella parte della terra prava
Italica , che siede intra Rialto
E le fontane di Brenta e di Piava ,
10 Si leva un colle, e non surge mol t'aito.
Là onde scese già una facella
Che fece alla contrada grande assalto.
11 D*una radice nacqui e io ed ella :
Cunizza fui chiamata. £ qui refuigo
' Perchè mi vinse il lume d'està stella.
12 Ma lietamente a me medesma indulgo
La cagion di mia sorte , e non mi noin ;
Che forse parria forte al vostro vulgo.
7. Pbota. Mostrami e}^e ta vedi qoello ch*lo
peoso.
8. Cantava. Osanna (Vili, 10).
V. Parte. Marca Trivìgiana.— PR4VA(Inf.,
XVI) chiamò la Toscana ferra prava, — Rial-
to. AuoD. : Anticamente Vinegia si ^chiamò
itiolfo.— Brenta. Piami che scendono dal-
r Alpi che partono Italia da Germania, e met-
tono nel golfo di Venezia.
10. Colli. Dov* è il Castel di Romano. —
Fagblla. Una fiaccola sognò Ecoba incinta
di Paride; e cosi sognò, dice Pietro, la ma-
dre d'Ezzelino terzo. Di lui, Inf. , XII.
il. Cunizza. Post. Caet. : Fùit magna ma-
fUfic. Anon.: Visse amoro$amente in vettin,
«fMlo , 9 giuoco , ma non in alcuna dison9-
$imi§,,. eons9M\. Io credo al primo.
13. Gioia. Folchetto di Marsiglia. L'OU. :
#W dtctiore tn rima di cose leggiadre ... che
fmwono 9 saranno per fama grasiose al mondo,
domt eUi avrà lunga nominanza. — Muoia.
Si spegna.
14. Incinqua. Passerà cinque secoli. Dav.:
Imeinquavansi i magistrati ( quintuipìicari ),
E nelle postille nota: Omero, Dante, etuiti
i grandi formano nomi delle cose. — Vkdi.
Virg. ( VI, 807 ) : Et dubitamus adhue vir-
iwiem estendere faetis ?.. ; X , 409 : Hoc vir-
tytis opus. — Alti a. Del nome. S* oppone ,
ma in apparenza , a quel che disse (. Purg. ,
XI )— Rklinqua. Petr. (Tr.): Virtù relinque.
IB. Adicb ( r. Purg. , XVI ). La Marca Tri-
vigiana, allora allargata, stendevasi io questi
eonfloi. Quindi più chiara la ragione del Do-
minar Poltre a proposito d'on ignoro dimo-
rante suir Adige ( inf. , I ). — Battuta. Dt
13 Di questa Inculenta e cara gioia
Del nostro cielo, che più m'òpropinqua.
Grande fama rimase, e pria che muoia,
lik Questo centesira*anno ancor s'incinqua.
Vedi se far si dee V uomo eccellente
SI ch'altra vita la prima relinqua.
15 E ciò non pensa la turba presente
Che Tagliamento e Adice richiude;
Né per esser battuta ancor si pente.
16 laa tosto fia che Padova al palude
Cangerà l'acqua che Vicenza bagna ,
Per esser al dover le genti crude.
17 E dove Silo e Cagnan s' accompagna
Tal signoreggia e va con la test* alta,
Che già per lui carpir si fa la ragna.
18 Piangeri Feltro ancora la diflalta
Deir empio suo pastor , che sarà sconcia
Sì, che per simil non s'entrò in Malta.
Ezzelino e da Alberigo suo fratello, e dagli
altri tiranni della Marca. Jer. , Il : Frustra
percussi fiUos vettros , discipUnam non rece-
pemnt,
16. Padova. I Padovani vinti da Cane (Vili.,
IX, «2 ). Di qua del Bacchìglione , là dove
impaluda , sarà tinta in rosso. Predice la rotta
che Iacopo di Carrara ebbe dallo Scaligero
ne* borghi di Vicenza il di 17 settembre 1314,
Altra rotu ebbero nel 1318 ( Vili. , IX, 87 ).
Forse della seconda intende il P.
17. SiUK. In Trevigi. — Tal. Riccardo da
Camino. — Raona. Tramarono d' neciderlo ,
e fta nel 1312 mentre gioocava agli scacchi
( Mnssat. , VI ). Il macchinatore fa on Atti-
Desi de' Calzoni trivigiano. L'Ott. Io fa ucciso
da Cane per mano S uno viUano eoi trattato
di eerti gentiluomini del paese, lì Boee. dice,
che a tavola , per mano di un pazzo di
cui si valsero i signori a lui confinami per
torgli là signoria. Il Morat. nella nota al Mass.
( e. VI , rub. 10 ) vuole la congiura tramata
.dai Ghibellini , e lo fa, ucciso con un ronco
da un contadino ; e V uccisore fitto in pezzi
dalle guardie: o da' congiurati. Ma Dante, io
credo, non credeva complice lo ScaUgero.
18. DiPFALTA. Mancamento di fede. — Pa-
SToa. Giuliano. Novello di Piacenza uomo
guelfo ( altri dice Gaza di Loscia feltrino ).
Rifàggiti in Feltra tredici Ferraresi goerreg-
gianti col papa, il vescovo allora signore df
Feltre, li prese e diede al govemator di Fer-
rara par re Roberto , M. Pino della Tosa, che
li fece morire. II vescovo mori nel 1320 in
esilio. Al dir delI'AnoD. , /W tonfo àolfvfo eoi
9Q€M fimi M firn, 9k»09mUoimi»o9miQ
432
DEL PARADISO
19 Troppo sarebbe larga la bigoncia
Che ricevesse '1 sangue ferrarese ,
E stanco chi'l pesasse ad oncia ad oncia,
20 Che donerà questo prete cortese
Per mostrarsi di parte. E cotai doni
Conformi fieno al viver del paese.
21 Su sono specchi , voi dìcete Troni,
Onde rifulge a noi Dio giudicante;
SI che questi parlar ne paion buoni.
22 Qui si tacette , e feccmì sembiante
Che fosse ad altro vòlta , per la rota
In che si mise , com* era davante.
23 L' altra letizia che m* era già nota ,
Preclara cosa mi si fece in vista ,
Qual fin balascio in che lo sol percota.
2^ Per letiziar lassù fulgor s* acquista ,
SI come riso qui : ma giù s'abbuia
L'ombra di fuor come la mente è trista.
il tanguB , le inUriora ne mandò per la t^e-
so'ofia. Ottetto . , . fu moUo gwlfo , 9d ave-
va giurisdizione netto spirUuàìe e nel tempo-
fxile. Tra' Ferraresi erano due dei Fontana ,
parenti di Dante ; e un priore. Tormentati ,
palesarono altri amici , e ne fu morti trenta.
I loro fautori uscirono e feeero parte col ti-
tolo di Fontanesi. L'Anoo. : Il vescovo di Fel-
tro tutta la tua giurisdizione , che avea citile
e spirituale, eondutte adetsere sotto la tiran-
nia di quelli da Cammino , e la cittade di
Feltro ; però che ripugnando con loro , e tem-
pre operando male , Jtf. Riccardo il fece uc-
cidere ; per la cui morte tanta paura ebbero
li elettori , che a voluntade di M. Riccardo il
seguente , e U altri seguenti vescovi furono e-
letti. — Malta. Torre sul lago di Bolsena ,
detto anco Marta, dove i papi cbiude?ano i
cberici tristi per grave delitto: e quivi mori-
vano. Celestino fuggilo da Monte Cassino ,
do\' era sotto custodia dell' Abate , V Abate
fu da Bonifazio Vili chiuso in Malta , dove
pochi d\ visse ( Pipin. , Cbr. , e. 39 ). Malta
dunque rammentava a Dante il delitto d' od
suo nemico.
21. Su. Neil' empireo dove vedrà i nove co-
ri (e. XXVin). Troni. Cosi chiamati, dice
s. Greg. , perchè Dio vi siede. Terzo ordine
degli Angeli, pe'quali Dio giudica i suoi giu-
dizi! ; e in quelli splende come in isfiecchi ,
la giustizia divina. Ps. ì\ : Sedisti super thro-
uum qui judicas juttitiam, — Buoni. Reg.
( II , 15): Videntur nùhi sermones tui boni, et
justi.
23. Altri. Folcbetto.
25, Inluia. Simile iiV intonare, ingolfare .
23 Dio vede tutto ; e tuo vedor s* inluia,
Diss'io , beato spirto , si che nulla
Voglia di sé a te puote esser fuia.
26 Dunque la voce tua che '1 ciel tmtuDa
Sempre col canto di que* fochi piì»
Che di sei ale fannosì cuculia ,
27 Perchè non soddisface a* miei disili
Già non attendere' io tua dimanda
S*io m'intuassi come tu t*immii.
28La maggior valle, inchePacquasi spanda.
Incominciare allor le sue parole ,
Fuor di quel marchela terra inghirlanda,
29 Tra discordanti lìti centra *1 sole
Tanto sen va che fa meridiano
Là dove Y orizzonte pria far suole
HO Di quella valle fu io littorano
Tra Ebro e Macra, che per cammio corto
Lo Genovese parto dal Toscano.
ed esprime T unione intima. Più sotto, ten.
27 : Jntuare , inmiare ; e. XXII : tntere. —
Sé. Dio. ^ Fuu. Oscura ( Inf. , XU » 30 ).
Lat. furva,
26. Trastulla. In senso serio. Pnrg. , XIT:
Del ben richiesto al vero e al tnudfOo.—
Fochi. Serafini. Seraph vale ardente. — Sn
( Ezech.). Is., VI: Vidi Dominum sedentemsm-
per solium excelsum . . . Seraphim f ta^nl sm-
per illud : sex alae uni , et sex aìa§ alteri :
duabus velabant faciem ejus , et duahm vela-
bant pedet ejut , et duàbut volabant. Et el«-
mabant alter ad alterum , et dicebant : san-
ctut , sanctus, sanctus . . . Dan. , IH : Q^i
intueris abyssos , et sedes super ehtirytHm.
28. Maggior. Dall'Oceano che circondala
terra imagiiia il F. diffondersi Tacque nelle
valli e formare i mari , de' quali il Medite^
raneo , a sua stima , è il maggiore.
29. Liti. D'Europa e d'Africa discordaati
per fede , per costumi , per armi. Virg. : Ut-
torà littoribut contraria. — Coxtra. Da occi-
dente in oriente, daUo stretto di Gibiltcrn
dove il Mediterraneo comincia , verso Falesth
na ov' ha termine. — Meridiano. Il cerchio
che serve di meridiano alluna estremità del
Mediterraneo, è orizzonte airalira. Qoesudi-
stanza tra Palestina e 1' occidente della Spa-
gna pone il P. (Inf.. XX, 42; Purg., XXVII).
30. Littorano. Pctr. pone Folcbetto od
Trionfo d' amore , e dice : che a Marnglia il
nome ha dato Ed a Genova tolto. Figlio di
un ricco mercante di Genova, nacque in Mat*
sigila (Nosiradamo). Di Marsiglia lo fa Dia-
te stesso nella Vul. Eloq. ( II, 6) Ott. . Si-
guia li nobili uomini; e . . . trovò in proct»
j
CANTO IX.
133
31 Ad un occaso quasi e ad nn Arto
Buggeaaiede^ e la terra ond' io fui,
Che te del sanguesuo già caldo il porto.
3S Folco mi disse quella gente a cui
Fa noto il nome mio : e questo cielo
Di me 8* impronta , com' io fé' di lui.
33 Che più non arse la figlia di Belo,
Noiando ed a Sicheo ed a Creusa,
Ui me , infin che si convenne al pelo;
Zk Né quella Rodopea che delusa
Fu da D^ofoonte , né Alcide
Quando Iole nel core ebbe richiusa.
35 Non però qui si pente , ma si ride ,
Non della colpa eh* a mente non torna,
Ma del valore eh' ordinò e provvide.
36 Qui si rimira nell arte eh* adorna
gnU coble , serventesi , «d altri diri pnr rima;
/b nwlto onorato dal re Bìccardo d* / ighilter'
wn f e dal conto Ramondo di Tolosa , e da
Baralo di Marsilia, nella cui corte converta-
«a. JFh Mio dei corpo, ornati) parladore, cor-
t9$e donoCorv , od in amare acceso ', ma co-
f%no % Mowio ; amò per amore Adalagia tno-
$lMé di BmraU suo signore ; e per ricoprirsi ,
faetm m§no d' amare Laura di $. Giulia , e
BtWma di Fontwen , tirocchie di BaraU ( in
eie r imiti va il Nostro : di che reggasi la
Vita Muova ) , fiia piik si copriva verso La^-
ta » dt eho Barale li diede congio : ma morta
la moliti di Baralo , doglia maravigliosa ne
fftm, f ronde tè con la tua moglie e due suoi
figliuoli nelV ordine di Cestella ; poi fu fatto
abate di Toronello , a poi vescovo di Marsi-
lia t d* onde cacciò molti eretici. Fu caro a
Biccardo d' Inghilterra e ad Alfonso IX. —
Esao. A Pononic. In Ispagna; sbocca nel Me-
diterraneo in Catalogna. Lo nomina Virgilio.
— MiCRA. A Levante. ConGne tra la Tosca-
na 0 il Genovese. Marsiglia è in mezzo tra
Magra ed Ebro. — Couto. La Magra acorre
|ier diritto canale.
31. BuGGEA. fiagia,in Barbarla. Marsiglia
e Bogia sono sotto al meridiano medesimo
quasi : diflerisre di longitudine d* un grado
circa. — Terra. Marsiglia assediata da Bru-
to , quando Cesare andava in Ispagna, s'in-
sanguinò ( Caes. , B. , I. II). Lue, III:
Cruor altus in undis, Spumat, , . Fu sangue
«parso per la liberti.
39. Noto. Ar. : Chi lo conosce Babican l
appolla. Forse con ciò vuol dire che Folco ,
noD Folchetto, era II nome suo vero.^ Cu-
lo. Yaufra §1 abbellt della mia lact.
Cotanto efletto ; o discernosì *I bene
Perch* al mondo di su quel di giù torna.
37 Ma perchè le tue voglie tutte piene
Ten porti, che aon nate in questa spera.
Procedere ancor oltre mi conviene.
38 Tu vuoi saper chi è'n questa lumiera
Chequi appresso me cosi scintilla
Come raggio di sole in acqua mera.
39 Or sappi che là entro si tranquilla
Raab : ed a nostr* ordine congiunta,
Di lui nel sommo grado si sigilla.
kODa questo cielo in cui Tombra s'appunta
Che il vostromondo face. pria ch'aUr'aima
Del trionfo di Cristo , fu assunta.
hi Ben si convenne lei lasciar per palma
In alcun cielo , dell* alta vittoria
S3. Belo. Bidone. Aen. , I : Geniior tum
Belus ... — Crsusa. Accenna di Creusa an-
co nella Monarch. — Me. Arai d' Adalagia.
L* Ott. intende che Folco ornò maritate , e
vergini , a vedove , e gentili , e popaiuche. -—
Pelo. Giovanile. Tib. : Aec amare decebit ,
Dicere nec cano blandiiias capite.
34. Rodopea. Fillide. Rodope monte di tra-
cia. Ov. ( Her. II ) : Hospita , Demopkoon ,
tua te Bhodopeia Phyìlis. Egli promise tor-
nare : mancò : ella mori sospesa ad un albe-
ro. Qui Pietro cita Virgil. (£cl., V. ) : phyt-
lidis ignee. — Alcide. ( Ov. , Her. IX ).
35. Torna. Spenta in Lete ( Purg. , XXVUI»
43). — Valore. Divino ( Purg. , XI , 2 ).-^
Ordinò. Cant. : Ordinavit in me charitatem-
36. Adorna. Il mondo con tanto effetto d*
amore, e lo dirige a degno line: onde il mon-
do di giù corrisponda a quello di su : le In-
fluenze superne fanno simile al cielo la terra-
Conv. : Disrendere la virtù d' una cosa in al-
tra , non è altro che ridurre tfuella in sua
similitudine. — Torna. L' amore profano lo
convertirono in tempo a Dio. Altri intende: il
mondo di su gira (toume) il mondo di sotto.
39. Raab ( Jos. , lì ). Meretrice di Geri-
co : salvò le spie di Giosuè , ond' e' la tolsa
a morte nel sacco ; ed ella credette al Dio
vero. La loda s. Paolo ( Uebr. , XI ). — Si-
gilla. Sopra: Questo cielo di me s* imprt^nta,
40. 0.¥BRA. L' ombra della terra piramida-
le , finisce nel cielo di Venere ( Tholom. ,
Alroag. ). — TrYonfo. Cosi cbiama le anina
salve in Cristo (e. XXIII, 7).
4t. Per palma. Segno di rlttoria. — Pal-
ma. Confitte in croce. Act. » XX: JEcaifitom
Dei t qaam ae^nìiMC tangwMe ano.
55
43Ì
DEL PARADISO
Ch'esso acquistò eoo luna e l'altra palma.
42 Perch* ella favorò )a prima gloria
Di losuè in sa la terra santa»
Che poco tocca al papilla memoria.
43 La tua città che di colui è pianta
Che pria volse le spalle al suo Fattore,
E di cui è la *n\idìa tanto pianta,
44 Produce e spande il maledetto fiore
€h' ha disviate le pecore e gli agni,
Perocché fatto ha lupo del pastore.
42. Prima. L' espugnazione di Gerico.
43. Colui. Invidioso e superbo. Nel X del
]* ]nf. la chiamò nobil patria,
44. FiOBB. Fiorino gigliato. Di qui si Tede
quanla potenza sui costumi d' Italia avesse
la Toscana d' allora. Arroannino nella Fiorita
dice : Di queito , la Toscana d* ogni male n'
è cagione per la sua maUzia , la quale il dia-
volo entro vi Uuciò , la quale li ha fatti per
lo mondo più grazioti aÙe genti che nutt* al-
tra nazione , per la loro malizia , e non per
fiolwra. — Lupo. Parola sacra nel P. a dino-
Ur 1' arariiia. Inf. , XIX : Vostra avarizia U
mondo atcnila.
45. DicaiTALi. Libri delle leggi ecclesia-
stiche. Bonifazio ai cinque che v'erano com-
pilati nel 1234, aggiunse 11 sesto. Monarch.:
Sunt quoi decretalistae volunf , theologiae et
phUosophiao cvjuslibet expertes , sua deera*
taUìius ^ qmaz profeeto venerandiu existimo ,
tota intentione , omnia de illorum praevalen-
tia sperantee, imperatori derogant, — Vivagni.
A' margini de* libri , unti dal grande svolger-
li: 0 meglio: alembi de'fini paimi che portano.
ho Per questo Tevaogelico e i dottor magni
Soo derelitti , e solo a* decretali
Si stadia si che pare a'Ior vivagni.
h6 A questo intende il papa e i cardinaK.
Noo vanno i lor pensieri a Nazarene .
Là dove Gabrielk) aperse l'ali.
V! Ha VaUcano, e l' altre parti eletta
Di Roma che son state cimitero
Alla milìzia che Pietro seguette*
4-8 Tosto libere fien dell' adultero.
• .
C. XXI: Coprofi de* manti lor gH palafr
46. Carinnali. Mtaledietos li chiama an at-
tico comentatore. Nel 1314, scrisse Dante «m
lettera latina a' cardinali : ma indamo. ^
Ali. Hatth. : Miaus est At^elmt Gabriel . • .
ad ffirginem.
48. Tosto. Altri intende la grande rifórma»
addrobrau nel I dell' Inf. ; altri la traalazieM
delia sede in Francia : io sto ni prfaBO. —
AnuLTÉEO. Inf. , XIX : Le cose di Diù
Per oro , . . adulterate, Jer., IX: Omnat
Ieri eunt , eoetue praevarieaiorum, OfnÌ
torto a male è prostituzion di bellesMu
XVI.* iudieabo te judiciii aduUormntm^ mtf'
fundentium sanguinem . . ; XX: li% via pmtnm
veetrorum vot poUuimini, et poti offemàkétÈ
eorum forrUcamini. Conv. ( 1,9 ) : IW «i^
vagia disusanza del mondo hammo ìntmtsÈmlÈ
letteratura a coloro che V hanno fatta di
na meretrice : e questi nobili $ono
baroni , cavallari. E Bonifazio era /
Dante , doppiamente adultero con la
poiché ne aveva cacciato lo sposa legitiàM
Celestino.
U5
CANTO X.
ARGOMENTO.
Sono nU soh : fuM le anime à^ dM in iitmdii divini. Beatrice gli pavia di
«. Tomaio <f Aquino , e gii mostra altri teologi e filosofi del suo tempo ed antichi:
M tuo tempo Alberto Magno , Fier Lombardo , Riccardo da s. Vittore , Sigieri ;
§ pift antichi Graziano , Reda , Isidoro, Boezio , Orosio , Dionigi V Areopagita ,
SeJomone. Da un verso che qui getta sul re degli Ebrei , e da un (Utro eult ardi-
•• domenicano , coglierà occasiotM a due lunghe digressioni ne" canti che seguono.
ha materia politica occupa ormai meno spazio; il cuore fa luogo alC intMetto ; le
eUetxioni , i ragionamenti scientifici soprabbondano*
Lft ^roa parte del etiito è forse lunghetti.
Por belle le terxine 2, 3, 5, 6. 7, 10; la 19 alla 17; la 19 alla 99; la 95 alla 9§;
la Bt, SS, 34, 43, 44, 45, 47, 49.
Guardando oel suo Figlio con 1* Amore
Che Tuno e T altro eternalmente spira,
Lo primo ed ineffabile Valore ,
Quanto per mente o per occhio si gira
Gin tant* ordine fé, eh* esser non puote
Senza gustar di lui , chi ciò rimira.
i. Fifiuo. Jo., I: Omnia per ipsum faeta
9. Già A. Inf. » XXX : Per la memoria mi
ti gira. Boet.: Omnium generatio rerum, eun-
€tmsque mutabitium naturarum progrestus, et
fuidquid aliquo movetur modo , eauios , or-
éimem, formai ex divinae mentis stabiùtate
gottitur, — Skiiza. Conoscere ed amare Iddio.
Pialm. : (ruttate , et videte , quoniam tuavis
99t Dominue. Boet., HI: Retpieite coeti spa-
Hmm, firmiiudinem, eeleritcUem, et aUquan-
do domite mtia nùrari. Lattant. : Nemo est
«mm tam rudit , tam ferie moribus qui non
•ewtot MHOM in coetum tolUnt tametn neseiat
€Ujue Dei providentia regatur, hoc omne quod
€emitur^ aUquam tamen esse intelligat ex ipsa
rormm magnitudine , motti dispositione , con-
3 Leva dunque , lettore , all'alte rote
Meco la vista, dritto a quella parte
Dove r un moto ali* altro si percote.
h £ li comincia a vaghe^ìar nell' arte
Di quel maestro che dentro a sé Y ama
Tanto che mai da lei rocchio non parte.
stantia, utHitate , puleritudine, temperationet
nee poste fieri quin id quod mirabili rationg
eomtat , eontHio majore aliquo tit inttruetum*
3. Mkco. S' alzano al sole , che era allora
in Ariete. Ai capi d' Ariete e di Libra sono
ponti dove il zodiaco a' inerocicchia coli* equa-
tore. Le stelle fisse si movono in circoli pa-
ralleli all'equatore, il sole e i pianeti in cir-
coli paralleli al zodiaco : però dice che il mo-
to delle strile Asse urta quasi e s' Incontra
nel moto de* pianeti e del sole.
4. Mabstro Monarch. : Natura est in man-
(f primi moioris qui Deus est; in costo tam-
quam in organo , quo mediante , timititudo
bonitatis aetemae in fiuitantem materiam
exptieatur. Coelum est organum ariti divinae
quam naturam commuiultr appettani.
1^36
DEL PARADISO
5 Vedi come da iodi si dirama ^
L' obblìquo cerchio die I pianeti porta
Per soddisfare al mondo che li chiama.
6 E se la strada lor non fosse tórta ,
Molta virtù nel ciel sarebbe invano ,
E quasi ogni potenzia quaggiù morta.
7 E se dal dritto più o men lontano
Fosse 'I partire, assai sarebbe manco
E giù e su deir ordine mondano.
tt. Indi. Dal circolo dell' equatore si parte
il zodiaco , il cai piano taglia obliquamente
il plano dell' equatore a gradi 23 , minuti 3
Anon. : Il circulo obliquo è uno eireuU> nella
spera che interseca ti circulo equinoziale . . .
e i' una metade stta china veno settentrione,
V altra verso meriggio : H quale è efUamato
zodìaco. Arisi. ( De corr» et gener. ) lo chia-
ma circolo obliquo. — Cbecuio. Pietro : Il
moto universale del nono cielo eh' è il primo
mobile va da oriente a occidente in ventiquat-
tro ore , s* incontra col moto del circolo dello
zodiaco che corre d* occidente in oriente , in
giorni trenta e sei ore. E V incontro è mas-
simo quando lo zodiaco si volge nel circolo
dell'equatore che dieesi equinoziale, Nello zo-
diaco sono i sette pianeti , e nel messo il so-
le nella linea che dicesi ecclittica. Lo qual
moto contrario è ordinato da Dio perchè tan'
ta è la celerità del primo mobile , che se i
pianeti non avessero moto contrario , all' ot-
tava spera , la macchina del mondo n' ari-
drebbe disciolta, — Chiama. InToca la loro
influenza. Arist. ( De gener. ) : Secundum ac-
eessum et recsssum solis in circulo obliquo
fiunt generationes in rebus inferioribus.
6. TÓRTA. Le orbite de' pianeti s' interse-
cano , perchè il circolo dello zodiaco corre
Abliquo al circolo equinoziale. Se questo non
fosse, non avremmo la state e il verno, né
generazione seguirebbe quaggiù. — Invano.
TuUi i pianeti influirebbero sui medesimi punii
sempre. Conv. : Lo cielo cristallino , o pri-
mo mobile , ordina col suo movimento la quo-
tidiana revoluzìone di tutti gli aUri , per la
quale ogni dì tutti quelli ricevono quagyià la
virtù di tutte le loro parti. Che se la rivolu-
zione di questo non ordinasse ciò , poco di
loro virtù quaggiù verrebbe , o di loro vista.
Onde ponemo che possibile fosse , questo no-
no cielo non movere, la tersa parte del cielo
sarebbe ancora non veduta in cUucun luogo
della terra celato a , , , Di vero non sarebbe
quaggiù generazione , novità d'animale odi
piante: noUe non sarebbe né dì, né settima-
na né mese né anno : ma tutto i' universo
sarebbe diiordinalo , e il movioi«n(o degli al-
8 Or ti riman, lettor, sovra 1 tuo banco,
Dietro pensando a ciò che si preliba ,
Stesser vuoi lieto assai prima che stanco.
0 Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba.
Che a sé ritorce tutta la mia cura
Quella materia ond' io son fatto scriba.
10 Lo ministro maggior della natura ,
Chedel valor del cielo il mondo impronta
E col suo lume il tempo ne misura ,
tri ( cieli ) sarebbe indamo, Arist. (Metaph.).
Hotus diumus est caussa continuitatis seiUeet
generationis : secundus autem motus qui ptr
zodiacum^ est catissa diversitatii qiMM tsCM-
cundum generationem et corruptionem.
7. Lontano. Se il piano dell* orbita del
sole e de' pianeti facesse col piano dell' o^
bita delle stelle fisse un angolo maggiore o
minore di quello che fa , sarebbe turbalo
l'ordine e in cielo ed in terra. Anoo.: Staffi
accedesse di sopra alle stelle /iue , tuCla k
cose di sotto per frigiditade morrebbono , e it
discendesse al circulo lunare , per la caldezza
arderebbono. Arist. ( De geo. et cor. ) dice
V apogeo e il perigeo necessario alle vile ter-
rene. E II simile in Alberto Magno. — Pai-
TiEB. Conv. ( II , 3 ) : Tolomeo aceorgmideei
che l* ottava spera si movea per pn^ ioompi
ti , veggendo il cerchio suo parivre dal dritte
cerchio che volge tutto da oriente is^ aemdttUe,^
8. Preliba. Non è che un saggio. — Lo-
to. Anon. : Dice il Filosofo : tutti U uowùm
naturalmente disiderano di sapere; e piaisde
V uomo acquista la cosa eh'elli disidem, ha
dilettazione,
9. <:iBA. Jer. ( XV , 16 ) : /At7efifi siml ff^
mones tui , et comedi eos , et factum est mi-
hi verbum tuum in gaudium, Conv. , l: Vo-
lendo loro apparecchiare , intendo fare un gè-
tierale convito di ciò ch'io ho loro mostrate:
e di quello pane eh' è mestieri a così fatta vi-
vanda , senza lo quale da loro non poirekhe
essere mangiata a questo convito . . . £* me
ragione e V altra i dura sapere a coloro che
a questa cena sono convitati; li puUi priege
lutti che , se il convito non fosse tanto sptisr
dido quanto conviene alla sua grida , che me
al mio volere ma alla mia facultate imputi-
no ogni difetto , perocché la mia vogUa di
compiuta e cara liberalità è ([ui seguace, E
I. IX : Quando a così nobile convito per U
sue vivande , a così onorevole per li suoi con-
vitati, si pone pane di biado , e non di fru-
mento . . . Couv. ( I , 13 ) : Ì*«ifi;>o è d' im-
tendere a ministrare le vivande, £ simile mc-
taf. uel Tr. ( lì, 1 } e altrove spcssj.
10. Maggior, Più puteate tra i jpinieli.
J
CANTO X.
i37
11 Con quelh parte cbe 8u si rammenta
G>Dgìunto , si girava per le spire
lo che più tosto ogui ora s' apparesenta .
12 Ed io era con lui : ma del salire
Npnm*accors*io,senoncom*uom s*accorge
Anzi 1 primo pensier , del suo venire.
13 E Beatrice, quella che si scorge
Di bene in meglio si subitamente
Che Tatto suo per tempo non si sporgo,
Ik QaaùV esser convenia da sé lucente !
Quel ch'era dentro al sol dov io entrami,
NoD per color, ma per lume parvente,
15 Perch'io lo'ngegQOe rarteeTuso chiami,
SI noi direi che mai s'immaginasse :
Ma creder puos^i e di veder si brami.
16 E se lo fantasie nostre son basse
A tanta altezza , non è maraviglia ;
Che sovral sol non fu occhio ch'andasse.
17 Taf era quivi la quarta famiglia
Dell'alto Padre, che sempre la sazia,
Mostrando come spira e come Gglia.
Man. Gapdla : U ioh è principe | n dtlla
natura, Conr. : Il teU difcendtndo lo raggio
Muo quaggiù reduce U cote a tua timilitudine
di Umm. Nelle Rime : Con U bei raggi infon-
de • Vita 9 virtò quaggiuto Nella materia ,
Mieem^ é diepotta, — Tbmpo. Canz. : Label-
la eiéUa che '( tempo mitura, Ambrogio : Il
9ùU è oeekio del mondo , bellezza del cielo ,
mitura de* tempi , vtrlù e vigore di tutte le
eoM nateenti.
li. Parte. Ariete. — Gibava. Era allora
ia mezzo a quello spazio del cielo dove ad
ogni grado della sua rivoluzione anticipa il
BAScere , e presentasi sul nostro orizzonte.
Posta la terra immobile, il sole da uo tropi-
co air altro dovrà muoversi per una spirale,
e le spire per cui viene dal tropico del Ca-
prieorou a quello del Cancro s' ÌDcrociccbiano
con quelle per cui viene dal Cancro al tropi-
co di Capric(»rnu : e lo indicò dove disse:
t*iftii moto aW altro ti percote. Or venendo dal
Capricorno al Cancro, il sole nasce ogni gior-
no più presto , il giorno s' allunga. — Spire.
<»radi. Ogni si/uo ha ircula gradi. Anoo. :
Mostra eh,' era infra la quinta ora del dì , •
ventiquatro mintiti; petochi la mattina ti le-
va Aries, ed ora era ascendente Cancro.
12. Con. Nel sole. — Anzi. S. Tom. ( Ad-
dìi, ad pan. Ili, Sum. IX, 8i ) e altri vo-
gliono isiaiiianeo il moversi de* corpi beali/
13. Mgumo. rroprio ttcila sapienza celeste.
— :3iBirAìicNT£. La livoluziune e istantanea.
18 E Beatrice cominciò : ringrazia.
Ringrazia il Sol degli angeli, ch'a questo
Seosibil t*ha levato per sua grazia.
19 Cuor dì mortai non fu mai si digesto
A divozione , e a rendersi a Dio
Con tutto 1 suo gradir cotanto presto,
20 Com* a quelle parole mi fec' lo :
E si tutto *l mio amore in lui si mise.
Che Beatrice eclissò nell* obblio.
21 Non le dispiacque , ma si se ne ri90 ,
Che lo splendor degli occhi suoi ridenti
Mia mente unita in più cose divise.
22 lo vidi più fulgor vivi e vincenti
Far di noi centro e di sé far corona ,
Più dolci in voce che 'n vista lucenti.
23 Cosi cinger la figlia di Latona
Vedem talvolta quando T aere è pregno,
Si che ritenga il 61 che fa la zona.
24 Nella corte del ciel , dond* io rivegno,
Si trovan molte gioie caro e belle
Tanto, che non si posson trar del regno.
10. Fantasie. Conv. : A noKro intelletto
per difetto della fantctsia non puote a certe
cose salire, però ella vien meno talora aW in-
telletto, — SovBA. Non vide mai lume più
grande.
17. Quarta. Dottori teologi. Dan. , XII :
Qui . . . docti fuerint , fulgebunt quoti epUn-
dor firmamenti: et qui adjustitiam erudiunt
multos . quasi stellae in perpetuas aetemita-
tes. Febo era il dio della scienza. Aaon.: Du-
se Doroteo , che *l Sole ,.. è significatore . . .
di spirito , e di sapienza , e d* intelletto , ed
acquietamento di fede,
18. Sol. Conv. : Nullo sensibile m tutto 't
mondo, è più degno di farsi essempio di Dio,
che *l Sole , lo quale di sensibile hsee sé prima
e poi tutte le corpora oelestiali e elementari
allumina ; coxì Iddio tè prima con luce intel-
lettuale allumina, e poi le oelestiali, e le al-
tre intelligibiU. — Sk.xsibil. l*ur^., XXX: /Vr
rispetto al molto Sensibile onde a forza mi ri-
motti,
19. Digesto. Disposto.
21. Rise. Di gioia, iu vedermi già volto a
Dio.
22. Vincenti. Conv. : Cerfi eor;pi sono tan-
to vincetUi nella purità del diafano , che di-
ventano ti raggianti che vincono l* armonia
dell* occhio,
23. Pbegno. Se il vapor non è denso as«ai«
non riQeue, — Fil. Di luco.— Zona. L* alone.
ha»
DEL PARADISO
25 E 1 canto di qae' lami era di quelle.
Chi noo 8* impenna sì che lassù ?olì,
Dal muto aspetti quindi le novelle.
26 Poi , si cantando , quegli ardenti soli
Si fùr girati intomo a noi tre volte,
Come stelle vicine a' fermi poli ;
27 Donne mi parver non da ballo sciolte,
Ha che s' arrestìn tacite ascoltando
Fin che le nuove note hanno ricolte.
88 E dentro all'un senti*cominciar: quando
Lo raggio della grazia , onde sfaccendo
Verace amore, e che poi cresce amando,
29 Multiplicato in te tanto risplende
Che ti conduce su per quella scala
V , senza risafir , nessun di89ende ;
30 Qual ti negasse '1 vin della sua &ala
Per la tua sete , in libertà non fora
Se non com' acque ch*al marnon si cala.
31 Tu vuoi saper di quai piante s'infiora
Questa ghirianda che 'ntomo vagheggia
La bella donna eh' al ciel t' avvalora.
32 Io fui degli agni della santa greggia
Che Domenico mena per cammino
U' ben s* impingua se non si vaneggia.
26. ?ou. Vicine ma sempre agualmente
distanti.
27. Ballo, questa similitadine torna più
volte. — Ricolti. Bocc. : Il famigUan qui-
tta parola ricoUe*
28. Un. Sole. S. Tomaso.
29. S&^zA. Purg., II : Pbt tornare altra
volta Là dov' i $on , fo io quetto viaggio.
30. Si. C. I : MaravigUa iarebbé in t» , te,
privo D* impedimento , giù ti foni auiio ,
Cam' a terra quieto fuMo vivo,
32. Yanbgoia. Se non si gonfia , s* ingras-
sa. F. e. Xi, 9.
33. Frate. Domenicano. — Alibeto. Ma-
gno. Filohuro e teologo insigne. Nacque in I-
svcYia , visse a lungo in Colonia , detta Co-
togna anco dal Vili. (Y, 1 ). Fu maestro in
Parigi nel 1261; rinunziò per amor degli stu-
dii al vescovado di Ratisbona: morì nel 1282.
Anomino : Alcuno crede eh* elli iapetse di cia-
scuna scienza (tetta ed tfiHctCo. — Tommas.
Molli e i più grandi de' qui nomiuatt teologi
sono italiani : e parecchi maestri nella univer-
tiità di Parigi.
35. GrazYan. Di Chiusi, monaeo. Visse nel
Ili secolo. Pietro : Composuit deeretum ad
utrumque forum eanonicum et civile respiciens,
36. PiKTEo. Lombardo. Maestro delle sen-
tenza : chiaro per quattro libri di teologia
33 Questi che m' è a destra più vicino.
Frate e maestro fummi : ed esso Alberto
£ di Cotogna , ed io Tommas d'Aquino.
Zk Se iu di tutti gli altri esser vuoi ceHo,
Diretro al mio parlar teu vieo*col viso
Girando su per lo beato serto.
35 Queir altro fiammeggiare esce del riso
Di Grazian , che l' uno e 1* altro foio
Aiutò si che piace in paradiso*
36 L'altro ch'appresso adoma il noatroeofo.
Quel Pietro fu che con la poverella
Offerse a santa Chiesa il suo teaoro.
37 La quinta luce eh' è tra noi più bella.
Spira di tale amor che tutto *l mondo
Laggiù n' ha gola di saper novella.
38 Entro v* è V alta Ince u' si profonda
Saver fu messo , che, se '1 vero è vero,
A veder tanto non surse'l secondo.
39 Appresso vedi *1 lume di quel ceao
Che giuso in carne più addentro vide
L'angelica natura e *l ministero.
40 Nell'altra piccioletta luce ride
Queir avvocato de* templi cristiani ,
Del c&i latino Agostin si provvide.
oomentati in tante università. Naeqoe in Kt-
vara, fu professore, e fescoro di Parigi.—
Tbsobo. Nel proemio: Coptenfat oKfMìrf di
penuria et tenuitate nostra eum pmwpenwàu
in gazopkylacium Domini mittere ( Marc., XII;
Lue., XXI ).
37. Quinta. Salomone. V. c. XIIL—Avoa.
L'autor della Cantica e della Saptcva. —
Gola. Nel Con?, disse : occhi galotL — Sa-
per. Questionavano se fosse salvo o dannato.
38. SuBSB. Reg. , 111 : Dedi litri eortofitm,
et intelligens , in tantum , ut nuttus ante te
similis tui fuerit , nec post te surreetunss lil.
39. Cero. Dionigi Areopagita , dlscepol»
di 8. Paolo. Ma il libro Da coelesti Marardbia
non ai sa certo se sia di lui.
40. QuELL*. Altri intende Paolo Orosio .
che scrisse sette libri d'apologia dedicati ad
Agostino. Questi ne parla ( nel lib. De rolia-
fie antmue ) : Religiosus juvenis • • . Ciim
presbyter noster Orosius , vigil ttijemo , pa-
ratus eloquio , flagrane studio , utile vas in
domo Domini esse desiderane ad refelkndme
falsas pemiciosasque doctrinae . . . Piccoietta
è la sua luce , percbè di scrittore meo chia-
ro. S. Agostino per mezzo di Giuliano Carta-
ginese invitò Orosio a scrivere un' opera , e
questi la scrisse: e Agostino gli fece rinvilo
perché delle calamità e de' delitti del mondo
CANTO X.
439
41 Or se tu r occhio della mente trani
Di luce in luce dietro alle mìe lode ,
Già dell' ottava con sete rimani.
42 Per vedere ogni ben dentro vi gode
L* anima santa che 1 mondo fallace
Fa manifesto a chi di lei ben ode.
43 Lo corpo ond'ella fu cacciata , ^iace
Giuso in Cieldauro ; ed essa da martire
E da esilio venne a questa pace.
44 Vedi oltre fiammeggiarl' ardentespiro
D'Isidoro, di Beda, e di Riccardo
Che a considerar fu più che viro.
45 Questiondeameritorna il tuo riguardo,
]fe il lume d*uno spirto , che 'n pensieri
Doo ebbe spazio di parlare nel libro della Cit-
!<!.—- Latino. Per ragionafnerUo ( e. XII , 48).
Pietro Intende qai s. Ambrogio convertitore di
s. Agostino.
41. Tbahi. TrwM, ùs , passare a nnoto.
Pid ardito cbe il eurro dello sguardo ( Infera
no . XVII ).
4S. Anima* Boet. scrisse De consolatione
phùù$ophia9 ; e Dante nel Con?, lo chiama
soo cimsolftore e dottore : e anco nella Mo-
narcbia lo rammenta; e rese io versi i con-
cetti di Ini più volte. Fa senatore romano ;
mori per iigiastisia dì Teodorico in carcere.
43. CnuiAuao. S. Pietro in Pavia. Le sue
ceneri sono lo ama marmorea davanti all' al-
iar maggiore.
44. IsiDOBO. VeaeoTo di Siviglia : scrisse le
KlUnologie ed altre cose: mori nel 636 — Bboa.
n Venerabile , inglese : scrisse omelie, e una
sùrla eeelesiastlca , on martirologio , e co-
nMMi alla Bibbia : morì nel 735. — Riccar-
1K>. Da •• Tlttore, firaiieeaa» teologo, fratel-
lo di Ugo da a. Vittore; scrisse della Trini-
tà» a vn libro Ih eontcmplatiane , citato da
Diate nella lettera a Cane. Perciò forse lo
diiafliè pie di$ vin. Mal, Alessandro , dice
Gravi a morire gli parve esser tardo.
k6 Essa è la luce eterna dì Sigieri ,
Che leggendo nel vico degli Strami,
Sillogizzò invidiosi veri.
VI Indi , come orologio che ne chiami
Nell'ora che la sposa di Dio surge
A mattinar lo sposo, perchè l'ami ,
kS Che r una parte e 1* altra tira ed urge
Tin Un sonando con si dolce nota
Che'l ben disposto spirto d'amor turge;
k9 Cosi vid' io la gloriosa ruota
Moversi, e render voce a voce, in tempra
Ed in dolcezza eh* esser non può nota
50 Se DOQ colà dove 1 gioir s'insempra*
di lui : Vir pietate 9t eruditione eontfneuu» ,
thelogiae mytUcae peritissimut, — Viro (Inf.,
IV. 11).
45. Riguardo. Gaido Gind.: Con gli ritar-
di dtgli occhi fidenti,
46. Si«iBBi. Insegnò logica a Parigi. Na-
cque nel Brabante:fa nel 1180 abate di s. Dio-
nigi : leggeva in rue Fouarre , della Paglia ,
presso alla pfazia HFaubert , a destra dell' J7d-
teld^ville. Quivi era Ponfrersità; e gli sco-
lari sedevano sulla paglia (SaintFoii, Essai
hist. sur Paris). Anon.: É uno luogo mAi-
Hgi dove si legge loiea, $ vendeviti lo itrame
de* eavalli, Sigieri fa nomo di scienza e nom
di stato. Molle delle riforme operate da Lai-
gi il Grosso son debite a' suoi consigli , co-
me liberare i servi, francare i comuni, far
pubblica l' amministrazione della giostiiia.
47. OaoLooio. Scoperta rinnovata nel se-
colo XIV, nel qaal troviamo descritti varii
cronometri. Già dal IX secolo abbiam l'oro-
logio di Pacifico arcidiacono di Verena. Qai
parla dello svegliarino » dove Pana molla ti-
ra r anteriore e spinge la posteriore contra la
campana per dare il saono.
khÙ
DEL PARADISO
CANTO
XI.
ARGOMENTO.
5. Tomaio qui tesse le lodi di s. Francesco : poi s. BoMteniura , francescano,
dmL le lodi di $. Domenico. In questi due fondatori vedem il P. due rifwwsahri
della Chieta , V uno per sapienza , V altro per carità. Non lodava égli U fuerra
da que* di s. Domwkco mossa agli eretici col ferro e col fuoco , ma A la guerra
agli errori mossa con la parola. Più calde però e più poetiche son le lodi iaie e
Francesco. L amore ddla povertà ci è dipinto con tenerezza, come amore di den-
na : e veramente u V avarizia è Utpa , la povertà dev' essere legittima qMia.
Ball* odio dell* avarizia trae questo cantico le sue più alte bellezze.
Nota le terzine 2,3,4,6, IO , 15 ; la 18 alU 24 ; la 26 , SS , 30 , 91 ,
36 , 38 , 42 , 43.
1 O insensata cura de' mortali «
Quanto 6on difettivi sillogismi
Quei cbe ti fanno in basso batter V ali !
2 Chi dietro a' iura , e chi ad aforisini
Beo giva, e chi seguendo sacerdoi io,
E chi regnar per f4»rEa e per sofismi;
1. 0. Bamaienta il locreziano : 0 tniseras
hominum mentis ! o peclora catca ! Qualibus
m tenebris tifa; , quantisque periclit., ? e 1'
O curas honùnum ! o quantum est in rebus
inane ! di Persio.
2. lURA. Giure è nello Scisma del Davao-
lati. ^ ÀFOBiSMi. S. Uier. : Konne vobis vt-
dentuT in vanitaie sensus ingreii qui diebus
ae noctibus in dialectica torquentur , qui phy-
sieos perscrutator oculos trans coelum levat ,
qui divina per fas et fiefas quaerit , qui adu-
latur regikus , qui haereditates ei opes coutjtc-
9at ? — Sacku>ozio. Lucroso.
3. BuBARK. Ott. : Molti sono lì modi del
rubare : quelli sono maggiori rubatori , che
con più forte braccio rubano . . . Tutti li ti-
3 E chi rubare , r» chi civil negocio ;
Chi nel diletto della carne inTollo
SafTuticaTa, e chi sì dava alT olio,
h Quand* io, da tutte queste cose aeklto.
Con Beatrice m* era suso io cieb
Cotanto gtoriosamoote icoolto.
ranni sono in questo •ufnero.— -Kaaot». Ar
post. : Implicai se negotiis saeeularibue Coav.,
I : La cura famigliare e civile eom>enenekMm'
te a sé tiene degli uomini U maggior iiiiMffi,
sé che in ozio di speculazione essere nanpee-
sono,
4. Sciolto. Boet. : Nos desuper irriénms,
viùssima rerum quaeque rapientu , eecun fo>
tius furiosi tumultus, coque vallo mimiti , fw
grassanti stuliitiae adspirare fas non eU. «->
bKATaiCB. Sap. , VU : Optavi, et daSus est
miAt sensus . . . el venit in me spirìim samèen-
tiae : Et praeposui iUam regnis ci Hdiius :
et diviiias nihil esH du€i in eomparati^ne Ù-
Uus.
CANTO XI.
kkì
5 Poi che eiascQDo fu tomaio oe lo
Punto del cerchio io che avanti s'era,
Fermo si come a candellier candelo ;
6 Ed io senti* dentro a quella lumiera
Che pria m' avea parlato « sorridendo
Incominciar, facendosi più mera :
7 Cosi com' io del suo raggio m' accendo,
Si riguardando nella luce eterna,
Li tuo'pensieri, onde cagioni, apprendo.
8 Tu dubbii, ed hai \oIer che si ricerna
In sì aperta e sì distesa lingua
Lo dicer mio, eh* al tuo sentir si stema,
9 Ove dinanzi dissi : u* ben i ' impingua ;
£ là u' dissi : non surse 'l secondo.
E qui ò uopo che ben si distingua.
10 La Provvidenza che governa il mondo
Con quel consiglio nel quale ogni aspetto
Creato è vinto pria che vada al fondo,
11 Perocché andasse vèr lo suo diletto
La sposa di Colui eh* ad alte grida
Disposò lei col sangue benedetto ,
i% In sé sicura , e anche a lui più fida,
Due princìpi ordinò in suo fasore
Che quinci e quindi le fosser per guida.
7. Gaoiovi. L' nomo è eausa a sé dì pen-
sieri. In questa frase è la doUrioa dell' al-
teozione e della liberU.
9. iMmtGUA. ( X , 33 ). — SvBSS ( X , 38).
— DiBTiHGCA. In che senso io dissi Salomo-
ne alUssiino de* Teggenti ( e. XUl ).
10. TniTO. ( s. Thom., I, qo. 13, art., 7).
11. PiBoccHÈ. Per aeeioechè. Nel Codv.
ceeiocekè io senso di perocché. Il senso prò-
ndacno dell' ad e del ptr spiega tale pronti-
sciita. — GiinA. ETaog. : Crueifige , cruci-
f§9. Matth. , XXVII : Ciamofu voce tna^na...
éwMt qNriliiiii. Act. , XX : Eceluiam . . .
ci9igmmnU «on^titne tuo,
13. Uh. S. Francesco là santo popolare ,
•d è tiUUTia. Da Giotto a' dì nostri, inoome-
nbili le pittore che rappresenuno la soa vi-
ta : Giotto dipinge con amore s. Francesco :
Gioltino più tardi quando 1* lulia comincia a
cadere , dipinge Cosuntino • Silvestro ( lof.
XIX , XXVII ). — Cherubica. Post. Ant. :
5frapfcim ardififaf tn amon Dei , Cherubini
14. PniNDi. C. IV : Quel Gtovonm, Qual
prender vagli . . .
10. Tupuio. Piomlcello vicino ad Assisi.
«— Acqua. Chiassi. -— Collb. Homitorio di
•• UlMldo nel territorio d' Agobbio. — Fn-
TftB. D' olivi e di viti. A ostro di Ptrogia.
13 L* un fu tutto serafico in ardore,
L' altro per sapienza in terra fue
Di cherubica luce uno splendore.
ik Dell' un dirò , perocché d* amendue
Si dice l'un pregiando, qual ch*uom prende
Perch* ad un fine fùr l' opere sue.
15 Intra Tu pino e 1* acqua che discende
Del colle eletto dal beato Ubaldo,
Fertile costa d' alto monte pende,
16 Onde Perugia sente freddo e caldo
Da Porta Sole; e dirietro le piange
Per greve giogo Nocera con Gualdo.
17 Di quella costa là dov'ella frange
Più sua rattezza, nacque al mondo un sole,
Come fa questo tal volta di Gange.
18 Però chi d' esso loco fa parole
Non dica Ascesi , che direbbe corto,
Ma Oriente , se proprio dir vuole.
19 Non era ancor molto lontan dall* 6rto,
Ch* e* cominciò a far sentir la terra
Della sua gran virtute alcun conforto.
20 Che per tal donna giovinetto in guerra
Del padre corse, a[ cui , com' alla morte,
La porta del piacer nessun disserra:
10. Perugia. Lontan da Assisi dodici mi-
glia. — FninDo. Per il vento borea che di
là spira. — Caldo. Per il riflesso del sole.
— Gualdo. Suddite a Roberto di Napoli, e
oppresse d' imposte. Il Post. Cass. intende i
men bene , che la costa dov' è Gaaldo e No-
cera come sterile , fìi piangere quella città ,
al paragone della fertile dirimpetto.
17. Fransi. Parg. , XII : Si rompe nel «on-
tar V ardita foga Per le ecalee. — Solb. S.
Tom. , nella vita di s. Francesco : Quaei eoi
oriene in mundo B. F\ranciteui frita , doelfir
na , et ndraculis claruit. — Tal volta. Nei
solstizio estivo che il sole nasce dalla parte
delle foci del Gange , cioè dall' Indie orien-
tali ; e a noi snol essere più lucente.
18. Ascesi. Per Jsttri ( Vili. , IX , 103 ).
— OrYintr. Cristo è ebiamato : Orien» es
alto. Cosi chiunque si fa simile a lui. S. Bo-
navent. applica a Francesco le parole della
Apoc. : ridi alterum Angelum ascendentem
ab ortu eolie , hahentem eignum Dei «tot. E
in nna vita antica di a. Francesco , egli è
comparato al sole oriente ( C. Vadd. , Ann.
Min. , 1244 ).
20. Donka. Povertà. Gant. , Vili : Aquae
multae non potueruni eitinguere eAartfofem...
Si dederit homo omnem fnèffaittiatit domue
iuae prò diltetione , quaei nikU diepteieM
56
U2
DEL PARADISO
2 1 E dinanzi alla sua spiritai corte
Et eoram patn le si fece unito :
Poscia di di in di V amò più forte.
22 Questa , privata del primo marito»
Mille e cent* anni e più dispetta e scura
Fino a costui si stette senza invito.
2S Né valse udir che la trovò sicura
Con Amiclate al snon della sua voce
Colui eh' a tutto *ì mondo fé paura.
26. Nò valse esser costante nò feroce
SI che , dove Maria rimase giuso,
Elia con Cristo salse in su la croce.
25 Ma perch'io non proceda troppo chiuso,
Francesco e povertà per questi amanti
Prendi oramai nel mio parlar diflìiso.
26 La lor concordia e i lorlietisembianti.
Amore e maraviglia e dolce sguardo ,
Faceano esser cagion de'pensier santi;
27 Tanto che 1 venerabile Bernardo
som. — Padeb. Lo battè e carcerò per aver
largito a* poveri eerto danaro. — Hortb. La
povertA sembra amara al più come morte.—
Porta. Ar. ( XIII , (M) ) : i? cM mtglio apra
a cortuia le porte.
21. Spieital. iD fiiccia al vescovo d'Assisi
rìnonziò solenoemente al retaggio paterno.
22. Primo. 6. C. L'Anonimo cita e tra-
duce qui s. Bernardo : Di mu queste cote
avea in Cielo etema ahbondanta , mapoter-
tade non m fi truovava ; ma abbondava e
sopra abbondava in terra ([ueeta isptiie , e
V uomo non eognoiceva il valore d*etsa, li fi-
gliuolo di Dio , ditiderando quB$ta , ditce$e
in terra , aceto eh* egli la pigUaue per $è , e
a noi per la sua esHmasione la faccia essere
preziosa. Lue, IV : Evangelisare pauperibus
misit me , . , Beati pauperes . . . , VI : V<u
vobis divitibus. — Dispbtta. Fino al 1207.
Quando Francesco la abbracciò.
23. Colui. Cesare dì notte picchia alla por-
ta di povero pescatore tranquillo fra le incur-
sioni oemiche. Lncan. ( V , 619-29 ) : liaee
Caeear bis terque manu quauantia teetum
Lèmina commovit : molU eonsurgit Amyelas,
Quem dabat alga, tKoro, Quis nam mea nau-
fragus , inquit , Tecta petit ? aut quem no-
stra» Fortuna eoegit Auxilium sperare casosi
Sic fatus , ah alto . . . Seeurus . . . O wJtae
tuta faeultas pauperis , angustique lares ! o
munsfa nondum inidleeta De^m I Conv. : Di-
ce U savio : Se vóto camminatore entrasse nel
cammésso , dinnansi a* ladroni canterebbe. E
ciò tmod din Lucano nei quinHoUbro, quan-
Si scalzò prima , e dietro a tanta pace
Corse, e correndo gli parve esser tardo.
28 0 ignota ricchezza! o ben verace!
Scalzasi Egidio e scalzasi Silvestro
Dietro allo sposo: si la sposa place.
29 Indi sen va quel padre e quel maestro
Con la sua donna , e con quella famiglia
Che già legava l'umile capestro.
30 Né gli gravò viltà di cuor le ciglia
Per esser fi'di Pietro Bemardone ,
Né per parer dispetto a maraviglia.
31 Ma regalmente sua dura intenzione
Ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
Primo sigillo a sua religione.
32 Poi che la gente poverella crd>be
Dietro a costui la cui mirabii vita
Meglio in gloria del ciel si canterebbe ;
33 Di seconda corona redimita
Fu per Onorio dairetemo spiro
do commenda la povertà di sicuratuus ,
do , , , E quello dice Lucano quando ritrm
come Cesare di notte alla casetta del pesce-
tore ÀmicUu venne per passare ti man i*
driano,
26. Loi. De'due sposi: la povertà e saa
Fracesco. — Listi, Convivio : Ben lo mhmo
li miseri mercanti che per lo «ondo vatms,
che le foglie che 'l vento fa meeiare li fa He-
mare qwmdo ricchesse portano; e qmmtide
senx* esse sono, pieni di sicurtà emmtmndo e
ragionando fanno loro cammmo pia anno.
27. Bhnaioo. Da Cbiaravalle.— Scauò.
Come gli Apostoli (Lue, XXII, SS).
28. EfiiDio. Correvano già al tempo di Dan-
te leggende della vita di s. Francesco e dr
suoi. L'Ott. le rammenta.
30. GaAvò. Purg. , XXX : Tonfa otryofM
flit gravò la frotUe l ^ Fi*. Per /l^lio. Ì il
BruDcHo ed in Guido. Quindi i cogoomi io-
rentini : Firidolfi» Figiovanoi. s. Domeaiee
in quella vece era nobile. — MAnAvrauA.
Spesso ne* profeti annonzianti la omiUasioac
d* Israele è detto : Eritis m sftiportm.
31. iMMocBNzio. Terso. Nel 1214.
32. PovBKBLLA. Fioretti del glorioio pott-
rsUo di Cristo, wicsser s, Franeeseo : cosi
s' intitola il noto libro del secolo XIV.— Un-
OLIO. La cantavano i frati in coro. Francciee
fu canonizzato nel 1228.
83. Onobio. Terzo. Il qoal vide in tono
i destini dell' ordine di s. Francesco. — Aa-
CHiMANDRiTA. Nella Monarchia dico t. Pietro
arehmaiHirita nostro*
i
CANTO XI.
U3
La santa voglia d'csto archimandrita.
3& E poi che , per la sete del martiro,
Nella presenza del soldan superba
Predicò Cristo e gli altri che *1 seguirò ;
35 E per trovare a conversione acerba
Troppo la gente, epernonstare indarno,
Reddissi al frutto dell'Italie* erba.
36 Nel crudo sasso intra Tevere ed Arno
Da Cristo prese Vultimo sigillo
Che le sue membra du*anni portarne.
37 Quando a Colui cha tanto ben sortillo,
Piacque di trarlo suso alla mercede
Che gli acquistò nel suo farsi pusillo;
38 Ai frati suoi , si com* a giuste erede ,
Raccomandò la sua donna più cara,
E comandò che ramassero a fede.
39 E del suo grembo V anima preclara
Mover si volle , tornando al suo regno ;
Ed al suo corpo non volle altra bara.
U) Pensa oramai qual fu colui che degno
Collega fu a mantener la barca
34. SoLDAK. D* Egitto. — Altri. C. IX: Al-
ia milizia eiie Pietro seguette.
36. Sasso. Vernia , nel Casentino. — Sigil-
I.O. U primo dal Fapa.
37. SoBTiLLO. Attivo. Vìrg. : Sortitique vi-
ccf. Petr.: A st alla gratia il del iorlilla, Sip.
(Vy 5]: Inter Sanctoi 8or$ illorum eet. — Pu-
sillo. Frase evangelica.
38. Ebbdi. Per eredi. Anco in prosa. — A-
■AiSBEO. ScQ.: RipotcUisiimamente sverebbero
jfU uomini, M queste due parole fossero leva-
te 9ia: mio e tuo. — A. Novellino , XXX:
L* aecogUeue a grandiseimo amore. 11 Notaio:
Jt serve a fé . . . V*amo a buon cuore.
30. Sco. Della povertà. — Tornando. Ec-
ci. p XII : Spiritus redeat ad Deum , qui de-
dU fOnÈm. — Altra. Alcuna pompa. Cosi di-
ciamo: wm volle aUrimenii, Francesco si vol-
le seppellito nel laogo dove ginstizlavansi
i rei.
40. GoLLBGA. Domenico ( terz. 13).
41. Carca. Segue la figure della iMrca.
42. Ma. Tomaso biasima i Domeoicaoi ,
Di Pietro in alto mar per drillo segno.
&1 £ questi fu il nostro patriarca.
Perchè qual segue lui com'ei comanda ,
Discerner puoi che buona merce carca.
Vi , Ma '1 suo peculio di nuova vivanda
£ fatto ghiotto, si eh* esser non puote
Che per diversi salti non si spanda.
kZ £ quanto le sue pecore , rimote
E vagabonde più da esso vanno j
Più tornano airovil di latte vote.
kh> Ben son di quelle che temono '1 danno,
E stringonsi al pastor: ma son si poche
Che le cappe fornisce poco panno.
VS Or se le mie parole non son fioche.
Se la tua aud^'enza è stata attenta ,
Se ciò eh* ho detto alla mente rivoche ,
k6 In parte fia la tua voglia contenta ;
Perchè vedrai la pianta onde si scheggia ,
E vedrai 1 cor^^er che argomenta
VI ir ben s'impingua se non si vaneggia.
s. Bonaventura i Francescani; perché da' vi-
cini e conscii il biasimo è più credibile. Ma
Tomaso loda Francesco , e Bonaven^. Dome-
nico , perchè la loda degli estranei è più mo-
desta. — Nuova. Francesco e Domenico vie-
tarono che i suoi ricevessero vescovadi. —
Salti. Virg.: iVemomm jam olaudite saltus;
Si qua forte ferant oeulis sese obvia nostris
Errabunda bovis vestigia . . .
43. Pbcorb. Nota parabola del Vang. Jer.,
XXIII : Dispersistis gregem m$um » el s^ee^
stis eos » et non visUastis eos.
44. Panno. Si attacca al traslato delle pe-
core, dei lor velli.
46. ScBBOGiA. Da cai s! traggono noe le-
gne intere , ma inutili schegge. — CoRBeaim.
l Domenicani cingevansi di coreggia ( Con-
stitut. domin., 1560); i Francescani di eor-
da; però cordiglieri (Inf., XXVII).
47. iMPirtGUÀ. Modo Bibl.: Anima, quae
benedieii, impinguabOur.'^ Yàmb^oìà, Apott.:
Seienfta tn/laf.
tu
DEL PARADISO
CANTO XII.
ARGOMENTO.
Alla ghirlanda de' dodici primi dottori , $ aggiunge un* altra t altri dodici , dn
gira cantando intomo a quali. lira essi Bonaventura francescano , il guai tene
le lodi di s. Domenico : belle , ftia men poetiche di quelle del mansueto td t mioeiio
poverello (f Assisi, L introduzione del discorso di Bonaventura ripete in modo wm
acconcio quella del discorso di Tomaso : mala descrizione topografica della patria
è qui forse più viva. La stessa riprovazione delle colpe presenti degli ordini de-
generati non è A calda né forte. Ed è giustizia che a Francesco sia tocca la loie
pia bella.
Nel principio del ctnto qaelle aecamniate eomparazioDi nonson forse eTideoU; ma spki-
dono di poesia : la fine a me pare laogaida.
Nota le terzine 1 alla 5 ; la 7 alla 11 ; la 13 , 14 , 10 , 17 » 21 , 25 , S8 ,
41 . 43.
1 SI tosto come l'ultima parola
La benedetta fiamma per dir tolse,
A rotar cominciò la santa mola.
2 £ nel suo giro tutta non si volse
Prima ch'un*altra d'un cerchio la chiuse,
£ moto a moto e canto a canto colse :
3 Canto che tanto vince nostre muse ,
Nostre sirene, in quelle dolci tube ,
Quanto primo splendor quel che rifuse.
1. Tolsi. Tolse a dire: è modo cornane—
Mola. Dipinge il giro , non già la lentezza.
Conv.: Non a modo di ruota, fna di mola
( cioè orizzontalmente ). La chiamò già glo-
riosa ruota , beato serto , corona , ghirlanda.
2. Chiusb. La rota de' Francescani , cinge
quella de' Domenicani, perchè più antica. Co-
si Pietro.
3. Nostri. La dolcezza della voce e della
parola mortale. — Musi. In senso simile osa-
vano i Latini anco in prosa. — Rifusi. Ri-
flettè. Par. (II, 30): l'altrui raggio si rifonde.
Come si volgon per tenera nube
Du' archi paralleli e concolori
Quando Giunone a sua ancella labe.
Nascendo di quel d*entro quel di fuori,
A guisa del parlar di quella vaga
Ch' Amor consunse come sol vapori;
E fanno qui la gente esser presaga
Per lo patto che Dio con Noè posi^
Del mondo che giammai più non §*allagi;
4. TiNiRA. Tenue, rogladosa. — Axcmujl.
Ot. : Hfuntia Junonis varios induia eotorm
I Coneipit iris aquas. Yirg. , IV : Ergo iriSt
eroeeis per coelum roscida pennis . . .
5. Nascinoo. Riflesso ; com* eco. — Vaca.
Vagante. Di Eco , K. Ovid. ( Met. , III ): te
tenuant vigiUs corpus miserabiU eufoi.
6. Fanno. I detti archi baleni. Noi. Gei.,
IX : Statuam pactum meum vobiseum ... Àr^
eum tneum ponamin nubibus. et erit signmm
I' foederis . . . Et non erunt ultra aquas diÌMcìà
ad delsndam universam carnali.
CANTO XIL
445
7 Cosi di quello sempiterne rose
VolgeaDsi circa noi le duo ghirlande ;
E si Testrema all' intima rispose.
8 Poiché *1 tripudio e 1* altra festa grande
SI del cantare e si del fiammeggiarsi
Luce con luce gaudiose e blande
9 Insieme a punto e a voler quetarsi,
Pur come gli occhi ch'ai piacer che imove
Conviene insieme ciiiudcre e levarsi.
10 Del cuor dell'una delle luci nuove
Si mosse voce che 1* ago alla stella
Parer mi fece in volgermi al suo dove.
11 E cominciò : l'amor che mi fa bella,
Mi traggo a ragionar dell'altro duca
Per cui del mio si ben ci si favella.
12 Degno è che^dov'èl'un, laltro s'induca;
SI che com'elli ad una militare,
Cosi la gloria loro insieme luca.
13 L'esercito di Cristo che si caro
Costò a riarmar, dietro alla 'nsegna
SI movea tardo, sospeccioso e raro :
14 Quando lo'mperadorchesempreregna,
8. FkAMHBGGiABSi. Parg. , XV : Come ipee-
ékio Ptmo aU'altro rende,
9, VoLBM. Per concorde volere. — • I. Per li
flof., VII, V. 53).
10. Una. S.Bona?entara.— Ago. Calamitato.
CIÒ dimostra comune a qae* tempi l' oso della
bossola. Il Guinicelli ne parla.
11. Alto. Domenico.
IS. Induca. Gonv. , GXII: SHndueono a
uiin ciò eAe din intendo eerte intelligenze.
18. 'NsBGNA. La croce. Anon.: À questo ti
evmfà iiuello eh* è teritto nella leggenda di $,
DommUco : dove dice che un frate minore che
fmùUo tempo era italo compagno di s. Fran-
Mteo , disse alli frati dell* ordine de'predica-
tori, che intino a tanto che B. Domenico a
Moma per la conformazione del su* orditie ap-
po ti papa toprastava , una notte orando vi-
é» m spirito Cristo in aere con tre laneie in
marno , erollandole eontra il mondo , per li
tw «isM , iuperkia , eoneupiscenxa , ed avari-
MiBf ne^quaU era compreso, volendolo disfare.
M ^tMite, a' preghi della madre, perdonò,
afeirindo^U la detta tua madre due campioni
(osò furono a. Domenico e t. Ftaneeseo ) alia
jpmrfosione d* asfo , ad a rimeitfrlo eotto sìsa
gigmoria.
14. RxoNA. Bibbia: Jla^tim ftmm regnum
ommium taeculorum, Sap. , III : Rognabit Do-
meinut . . . tn perpetuum. Dan*, III: tUgnum
aSfUf . . . aemjnlamvm.
15. Raccomi. EaYYide*
Provvide alla milizia ch*era in forse ,
Per sola grazia , non per esser degna ;
15 E, com*è detto, a sua sposa soccorse
Con duo campioni, al cui fare,alcui dire
Lo popol disviate si raccorse.
16 In quella parte ove surge ad aprire
Zef&ro dolce le novelle fronde
Di che si vede Europa rivestire ,
17 Non molto lungi al pcrcoter dell* onde,
Dietro alle quali per la* lunga foga
Lo sol talvolta ad ogni uom si nasconde,
18 Siedo la fortunata Callaroga,
Sotto la protezion del grande scudo ,
In che soggiace il leone e soggioga.
19 Dentro vi nacque l' amoroso drudo
Della fede cristiana , il santo atleta
Benigno a' suoi ed a' nimici crudo.
20 E come, fu creata , fu repleta
Si la sua mente di viva virtute ,
Che nella madre lei fece profeta.
21 Poiché le sponsalizie fur compiute
ÀI sacro fonte intra lui e la fede,
16. ApnmB. Lacr.: Et reterata viget geni-
talis aura Favoni, — Zbfpiro. Ov. : Emittet
Zephyros . . . \esper , et occiduo quae littora
Sole tepescunt , Proxima sunt, Zephyro,
17. Nox. Non lontano dal lido deirOceanu.
— LuKGA. Perchè '1 giorno di state è più
lungo. — Talvolta. Nel solstizio estivo. —
Ogni. Nota Pietro: Posilo quod aliqui non
ettent deorsum,
18. Callaboga. Cosi chiania?ano ( V. Bau-
drand , Lei. geogr. ) la Calagurit de* Lat. È
la moderna Calahorra, — Scrno. Arme del
re di Gastiglia , dove s' inqnartano due castel-
li e due leoni , da nna banda il leone sopra
il castello, dall'altra sotto. — Soggioga. Per
sovrasta. Porgat. , Xil: La chiesa che soggio-
ga. La ben guidata,
19. Druoo. Da treu tedesco , che vai fede-
le : e cbiamaron drudi ì Tassalli. Nel Conv.
così chiama gli amatori della filosofia e dm-
deria. lacopone usa in senso devoto : e drudo
valeva gentile. ^ Atlkta. Palei , XX VII : IH
Dio nel mondo atleta, — CnuDo. NelUnquisi-
zione affidala da prima ai vescovi , gueirreg-
giò gli Albigesi , spalleggiato da Innocenzio
III, da Raimondo eonte di Tolosa, da Simo-
ne di Monforte , e da altri.
SO. Profkta. La madre sognò partorire mi
cane bianco e nero eoa fiaccola In bocca, sion-
bolo deir abito di Domeoieo , e dello xelo.
21. Mutua. S. Domenico promise sé stessa
alla liedo , la fede a M fila alena.
4M
DEL PARADISO
IT 8i dotir di motaa salate ;
22 La donna che per lui l'asseoso diede
Vide nel sonno il mirabile frutto
Ch' uscir doTca di lui e delle rede.
23 E perchè fosse quale era in costrutto,
Quinci si mosse spirito a nomarlo
Del possessivo di cui era tutto.
24 Domenico fu detto. E io ne parlo
Si come dell* agricola che Cristo
Elesse air orto suo per aiutarlo.
25 Ben parve messo e famigliar diQristo,
Chò'l primo amor che n lui fu manifesto
Fu al primo consiglio che die Cristo.
26 Spesse fiate fu tacito e desto
Trovato in terra dalla sua nutrice ,
52. Donna. La madrina che promette in no-
ne del battezzato. — Vidb. Gli sognò una stella
in fronte e una alla naca, quasi lume deiro-
riente e dell' occidente.
53. Costrutto. Nella costrnzìone del sno
nome. — Possbssivo. Yossio ( Gram. lat. ) :
Po$t9Stiva jtml quae pottettionem aut proprie-
tatrnn aUquam ngnificant : ut regias a rei ,
patrius a pater. — £ba. Dominieus, da Do-
minta.* si costruisse e concordasse il nome
con l'operi.
24. Agricola. Eccl. , VII : Ruttieationem
cnatam ab AUisiimo. Rammeota le parole
deir Evang. — Aiutarlo. Lui , Cristo.
25. Primo. Matth., XIX : Si vù perfectui
•«te , vade, vende ^ quae habee , et da pau-
peribus. Vendè giovanetto i libri , e quanto
aveva , e diede a* poveri ; morendo disse: c^
nel mio ordina mdurrà poueaioni temporali,
eia makdelto, — Cristo. Quando rima con
Crtfto » altra rima non trova che il nome suo
stesso.
26. Qubsto. a patire povertà ed a pregare.
27. Giovanna. In ebreo vale grasUota, gra-
dita»
28. Ostiensi. Enrico di Susa card, di Ostia,
comentatore delle Decretali nel sec. XUl. —
Tabdbo. Illustre medico fiorentino : qui Pie-
tro cita il proverbio : dai Galenus opee. Mori
•ttuagenarìo nel 1206 , in Bologna : scrisse
cementi , parte editi , sugli antichi libri ; e
li leggeva in Bologna con lode grande. Si
feee per la cura d' un papa dare ogni dì cen-
to monete d' oro. Era degli Alderottì. Dante
lo nomina nel Conv. Altri intende un Taddeo
Popoli giureconsulto bolognese contemporaneo
di Dante , e gran canonista. Ciò s' accorde-
rebbe meglio con tutto il contesto.
29. Vigna. Is*: Finca . . . domue hnel ut.
Come dicesse : io son venuto a questo.
27 Oh padre suo veramente Felice!
Oh madre sua veramente Giovanna !
Se*nterpretata vai come si dice.
28 Non per lo mondo, per cui mo s'aflanna
Diretro ad Ostiense ed a Taddeo ,
Ma per amor della verace manna ,
29 In picciol tempo gran dottor si leo.
Tal che si mise a circuir la vigna
Che tosto imbianca se 1 vignaio è reo.
30 E alla sedia che fu già benigna
Più a' poveri giusti ( non per lei ,
Hn per colui che siede e che traligna ).
31 Non dispensare o due o tre per tei ,
Non la fortuna di primo vacante «
E altrove più volte. Jer., Il: -Ego.,. piangavi
te vineam electam , omne semen verum : quo-
modo ergo conversa ee mihi in pravum vinta
aliena ?
30. Bbnigna. Ubertino da Casale nel llbr*
De potentia papae , citato da Pietro , dieeta:
Ut papa tit papa , vere debet habere quod
Petrus habuit, Greg. tradotto dall' Ott.: Xoi
dovemo misericordiosamente a tutti dare U
nostri beni esteriori .... Chi non dà per le
pecore a kti commesse la substanzia sua, e»
me darà per queste l* anima sua ? — Vosi.
Non è colpa dell' autorità . ma de' papi noa
degni.
31. Sei. Dispensa di rubar sei , e dar tie
ad usi pii. Conv. : ^t malnati ^ eke dmrtO'
te vedove e pupilli , che rapite alU wum pos-
senti , che furate ed occupate le altrm rofio-
ni ; e dt queUe corredate conviti, donate eo-
vaUi ed armi , robe e danari, portotM la wà
rabiìi vestimenta, edifieate U $nirabsU edifiai,
e credetevi larghezza fare l B che è quAe,
altro fare che levare il drappo d*in tuXteir
tare , e coprire il ladro e la sua mmia t -*
Vacante. Benefizio: al che si desideri la oMMta
altrui. — Paupshvm. Monarcb. : JMiournM tt
muerunt , et vana meditati sunt in rumosmss
prineipaium . . . Nee miseret eoe pasipemm
Chritti , quibus non solum defraudatio fif ta
«ceiaitaftim provenUbue, quin immo polriaia*
nia ipsa quotidie rapiuntur, et depopukMsr
oùcUiiae ; dum , simmUnndo justitiam, anca*
torem justitiae non admittunt, Quum naepta*
peribus 9 quorum patrimonia sunt eecleeiae f^
euUatee , inde subvematur . . • JMala jpoMNa
fimi » quum scLnetae eecletiae eubeiantia éif-
/liMt , dum prqprietatu propinquorum tuefwm
exaugeantur.
CANTO Xll.
hVI
Non ieeimoi fuae iunt pa^mm Dei,
32 Addimandò; ma contrai mondo errante
Licenzia di combatter per lo seme
Del qoal ti fascian ventiquattro piante.
33 Poi con dottrina e con volere insieme
Con r ufficio apostolico si mosse ,
Quasi torrente eh' alta vena preme :
34 E negli sterpi eretici percosse
L'impeto suo più divamente quivi
Dov.e le resistenze eran più grosse.
35 Di lui si fecer poi diversi rivi
Onde r orto cattolico si riga »
Si che i suoi arbuscelli stan più ybfi.
96 Se tal fu l'una ruota della biga
In che la santa Chiesa si difese,
E Tinse in campo la sua civil brìga.
97 Ben ti dovrebbe assai esser palese
£•* eccellenzia dell'altra, di cui Tomma
Dinanzi al mio venir fu si cortese.
Ma Forbita che fé la parte somma
Di sua circonferenza , è derelitta ,
SI oh' è It muffa dov'era la gromma.
9%. SiMi. Fede. — Pianti. G. X , 31 : Dì
pionfi f infiora Queita ghirlanda.
83. ToauKTB. Virg. : Rapidui montano fu-
tornm . . . Praecipitetqu$ trahit tilvas,
84. Snapi. Intese alla lettera l'evangelico:
Omvnii arhor , qtiae non facit fruetum bonum,
99eid§tw , §t in ignem nUtUtur,
9B. RiVL. Segnaci suoi. Mori nel 1221. ^
Ama. Eecl. : Rigabo hofimm, . ^planiationum,
15. Ruga. Guerra. Poif»» XVI : Fritna che
Fèitrigo avetif briga,
17. Altra. Nel canto prec. om la metafo-
ra della barca ; qui del carro; così nel XXXII
M POrg. parlando del earro , dice : Oh na-
38. Somma. Il solco impresso dalla parte
Bà alta della ruota , dod è più seguito. —
OFVA. Proverbio : Buon vi fa gruma, $ tri-
tio vìn fa muffa.
39. GiTTA. Vulg. Eloq. : Anteriora pogtB"
fiora putanfff . Por le calcagna ove Francesco
i piedi.
40. AacA. Hattb. , XIII: CoUigitB primum
miMmia , §t aUigate ea tu fatcieuloi ad eom-
èmrmdum , tritieum aultim eongr$gat$in hor-
womm meiim. Quando i frati cattivi saranno
■el giudiiio separati de' pil.
41. Poeuo. Metafora frequente nel N.
41. Gaaal. Frate Ubertino da Gasale serìs-
m PtolofmMn de potinUa papa$ » e gU si di-
itrò soTercbiamente severo. Nel 1316 in
89 La sna famiglia che si mosse dritta
Co' piedi alle su* orme , è tanto vòlta
Che quel dinanzi a quel dirietro gitta.
i^O E tosto s'avvedrà della ricolta
Della mala coltura quando il loglio
Si lagnerà che Tarca gli sia tolta.
41 Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio
Nostro volume ancor troveria carta
U' leggerebbe: i* mi son quel ch'i' soglio.
h2 Ma non fia da Casal né d'Acquasparta»
Là onde vegnon tali alla scrittura
Ch' uno la fugge , e altro la coarta*
43 Io son la vita di Buonaventura
])a Bagnoregio, che ne' grandi uffld
Sempre posposi la sinistra cura*
44 Illuminato ed Agostin son quici,
Che fur de' primi scalzi poverelli
Che nel capestro a Dio si fero amici.
45 Ugo di Sanvittore è qui con elU ,
E Pietro Mangiadore, e Pietro Ispano,
Lo qual giù luce in dodici libelli :
46 Natan profeta , e 1 metropolitano
Genova si foca capo degli lelanti , e promos-
se quasi UDO scisma neir ordine ( Vaadiog. ,
Ann. MM. ). — Acquasparta. Il card, di que-
sto titolo , nel 1302 veniTa in Firenze a por-
tare , anziché pace , discordia. Fu generale
de' Francescani nel 1287 , e permise il rilas-
samento deirordine.
43. Bonaventura. Card, e dott. di s. Chie-
sa , generale de* Francescani , per ben dieciot-
to anni lettore neiruniv. di Parigi. Nacque
nel 1221 : morì d*anni cinqaantatrè. — Ba-
GNORBGio. Bagnorea , in quel d'Orvieto. — Si-
nistra. Delle cose mondane. Delira nella Bib-
bia ha senso sempre nobile (Ps. »XV; Marc.,
X ). Nota TAuon.: Che ... è M/o e lauda-
bile U lodarti qui ( in cielo ]•
44. Agostin. De' primi segnaci di France-
sco : pii frati e scrittori teologici. ^ Amici.
Sap. , VII : Partieipufaetituniamieitiae DH.
4tf. Ugo. Teologo dlpri : poi dottore in Pa-
rigi. Scrisse de' Sacramenti : morì circa il
1138. — Mangi adori. Gomestore , lombardo
scrisse d'istoria eccl. e di teologia: seppel-
lito in Parigi dove ita precetterà. — Ispamo.
Lesse a Bologna : scrisse dodici libri di logi-
ca» e altri di teologia. — Liiuxi. Per liiri
(ConY., II, S).
46. Natan. Correttore di DaYlde. — ■ Cbi-
•osTOMo. ArcivescoYO di Costantinopoli : per
voler riformare il clero , fti amato dal popo-
lo, odiato da' grandi , e morto ia aiiuo* —
MS
DEL PARADISO
CrìsofitoiDO, ed AobcIiihi, equd DoDato
Ch* aiU prim' arte degnò poner mano.
&7 Rabano è qui : e lucemi da lato
n Calairrese abaie GioYacchino,
spirito pioietico dotato.
\2CSiuio. Di CaBtorbery , arcivescoYO , nato
ìa Honnaiidia , gran teologo. Morì Del 1109.
O meglio 8. Anselmo italiano. — Donato.
Giamatico : maestro di s. Girolamo. — Prim*.
Così chiama la Gramatica anche il Bocc. Pri-
ma delle sette liberali.
47. Babako. Secondo V Ott. , fk'atello di
Beda , scirisse De f^roprietatibui rtrum , e d'
astronomia. Second' altri : Mauro tedesco :
che scrìsse tomenti alla Bibbia , e fa il pri-
mo teologo de' suoi tempi , monaco a Falda;
stadio a Toars sotto Alenino , morì ueir 856
arcivescovo di Magonza. — Lato. Fatto il
giro ritoma al suo vicino. — Galavrksb.
Calavra scrive il Vili. ( ili , 4 ). Nacque in
un borgo presso Cosenza » morì nel 1202. —
Abatb. Cisterciense , in un monastero da sé
fondato. Di lui correvano molte profezie , una
tra r altre che annunziava la nascita dell' An-
ticristo nel 1260. Un'opera di lui fu danna-
ta dal concilio iV lateranense. Ammetteva in
kS Ad inveggiar cotanto paladino
Mi mosse la 'nfiammata cortesia
Di fra Tommaso e 1 discreto latino;
49 E mosse meco questa compagnia.
Dio quattro persone : ma poi si sottopose alla
Chiesa : e Onorio III lo disse cattolico. Mon-
taigne : Ce livn de Joachim abbé ealabroit,
qui prédUait totu les papet futurs « levn nomt
et formes. Lo cita Armannino nelle sue Fio-
rita.
48. iNTBGOua. Inveggia per invidia (Purg.,
VI ^7). Buti: hiveggiare , cioè manifestare
e lodare : ed è parlar lombardo. Ma qui cre-
do valga emulare, perchè l'emulazione è una
nobile invidia. Così l'Ott. — Paladino. Della
fede. — Cortesia. In lodare Francesco. —
Discreto. Chiaro , distinto. Passav. , VII :
Ordinata e dieereta dottrina. Conv., II : La
parte razionale ha eu* occhio col quaU ap-
prende la differenza delle cote , in quanto fo-
no ad alcuno fine ordinate : e q%tesV è ta di-
icrezione, — Latino. Per parlare in genere
Montaigne ( III , 9 ) : Envert Uquel la m-
geue mème perdrait $on latin.
419
CANTO XTIT.
ARGOMENTO.
Danze e canti , ma espn**^ in nuo^a inattìera. Domenico »piega come Sfilo-
mone foise U primo in $apere : cioè conu re. Più alti di lui furono Adamo t Cri-
itto , Mìccome quelli in cui Dio immediatamente operò, non per mezzo delle inflmn-
Z€ celesti le quali tono viviaime nd primo mobile , ma di sfera in sfera indcho-
Uicomo ; e la nuiteria tnortaU ad esse resiste. Questa discussione riesce alquanto
inopportuna a proposilo del re Salnmone. Meglio , a proposito di questo re , tocca
della vanità di molti studii scolastici ; della vanità degli eretici in volere intendere
a capriccio le sacre parole ; della vanità de* credenti in fare dannato chi forse è
salro.
Lt prime terzine del eunto sfMi le più vite.
^oU lt terzine tf, 7, 10, 13, 18, 19, 21, 23,24, 33> 38, 40,41; la 44. alla fine.
1 ImmapiDi, chi bene intender ci:pe
Quel eh* io or vidi ( e ritcgna V iniage,
Mentre eh' io dico , come lerma rupe)
9 Quindici stelle , che in diverse plage
Lo cielo avvivan di tanto sereno
Che soverchia dell'aere ogni compage;
3 Immagini , quel carro a cui il seno
Basta del nostro cielo e notte e giorno.
Si ch'ai volger del temo non vien meno^
i. lkvA«iNi. Due son le corone di Gamme:
nna s* aggira in contrario dell* altra.
2. Quindici. Stelle fisse di prima grandez-
za . poi le sette dell' orsa minore, poi le due
rlie lerminan l'orsa maggiore.
3. SB.fo. Che mai non tramonta dal nostro
emhteTo.
4. Bocca, ffell* orsa minore le stelle han
forma di corno, il cui principio è vicino al-
l'estremità dell'asse, sul quale il primo mo-
bile gira.
4 Immagini, la bocca di quel aorno
Che si comincia in punta dello stelo
A cui la prima ruota va d'intorno
5 Aver fatto di sé duo segni in cielo,
Qual fece la %liuola di Minói
Allora che senti di morte il gelo,
6 E r un nelFaltro aver li raggi suoi,
E amenduo girarsi per maniera
Che Tutto andasse al prima e l'altro al poi:
8. Sbgm. Corone. — Mixiti. Per J/inojtse.
Anco in prosa , anticamente. Arianna. Ov.
(Fast.): Baecho ptaeuisse eoronam Ex Anud
naso siders ... Morendo Tei , Bacco mutò in
istelle la sua corona , eh* è presso tramon-
tana.
0. Tx. Facciano dne cerchi concentrici e
girino Tuno innanzi, l'altro indietro. — TniMi
Conv.: n tempo è mimaro di movimento, se-
condo prima e poi,
57
430
DEL PARADISO
7 Ed avrà quasi Tombra della vera
(Costellazione, e della doppia danza
Che circulava il punto dov' io era.
8 Poich*ò tanto di là da nostra usanza
Quanto di là dal mover della Chiana
Si movel ciel che tutti gli altri avanza.
9 Li si cantò non Bacco, non Peana,
Ma tre persone in divina natura,
Ed in una sustanzia essa , o 1* umana.
10 Compiè! cantare 0*1 volgersua misura;
£ attesersi a noi quei santi lumi ,
Felicitando sé di cura in cura.
11 Ruppe! silenzio ne' concordi numi
Poscia la luce in che mirabil vita
Del poverel di Dio narrata fumi ;
12 E disse : quando Tuna paglia è trita,
Quando la sua semenza è già riposta,
A batter Taltra dolce amor m'invita.
13 Tu credi che nel petto onde la costa
Si trasse per formar la bella guancia
Il coi palato a tutto 1 mondo costa,
H Ed in quel che forato dalla lancia,
E poscia e prima tanto soddisfece
Che d' ogni colpa vince la bilancia,
15 Quantunque alla natura umana lece
8. Chiana. Leotissimo. — Gibl. La Dona
spera.
M, Peana, lo Bacche, io Pùean. Virg. ,
VI : Vucente$ , laetumque ehoro Paeana ea-
nentes, — Scstanzia. Fersuna. L' usa Bona-
giunta. Paolo , del Verbo; Qui esi figura sub-
stantiae ejut, E per ipostasi fu dello to-
starna,
10. Attbsbrsi. Inf., XVI : AUelor grida,,,
tatuse. — Cura. Ogni nuovo peDbiero è ad
essi nuova felicità.
11. NcJii. Oli.: I\irUcipanti deila deitade,
C. V: Credi come a dii, — Luce. Tomaso. —
In. C. X, 28: E dentro alVun senti' comin-
ciar, — Fluì. Purg. , XXll : Fumi per
tni fui.
Ì2. Una. C. X , 32 : Uben s^impingua.-—
Trita. Spiegare il vero è quasi liberar dalla
paglia il grano che sarà nutrimenlo.^ALTRA.
C. X , 38 : lifon surse*l secondo,
13. Betto. D' Adamo. — Costa. Inf. ,
XXIX : La colpa , che laggiù cotanto coAa,
14. Quel. Gesù. — Prima. Di morire.
15. Valor. C. X : Lo primo ed ineffalile
Valore.
16. Ben. Salomone. Altrove Io chiama amor,
vita.
17. Tondo. Coglier nel segno , nei mezzo
Aver di lume , luUo fosse infuso
Da quel Valor che Tuno e T altro fece.
16 £ però ammiri ciò ch*io dissi suso
Quando narrai che non ebbe secondo
Lo ben che nella quinta luce è chioso.
17 Ora aprigliocchi aquel ch'io ti rispondo;
E vedrai il tuo credere e*l mio dire
Nel verp farsi come centro in tondo.
18 Ciò che non muore, eciò che può morire.
Non è se non splendor di quella idea
Che partorisce, amando, il nostro Sin.
19 Che quella viva Luce che si mea
Dal suo Lucente , che non si disnna
Da lui, nò dairAmor che 'n lors'Intra,
20 Per sua bontà te il suo raggiare adusa,
Quasi specchiato, in nove sussiateue^
Eternalmente rimanendosi una.
21 Quindi discende all' ultime potente
Giù d'atto in atto , tanto divenendo
Che più non fa che bre\i contingenie.
22 E queste contingenze esser intendo
Le cose generate, che produce
Con seme e senza seme il ciel moTcndo.
23 La cera di costoro e chi la duce
Non sta d'un modo : e però sotto 'Isepa
del cerchio a coi mira U bersaglio.
18. Muori. Lo spirito. — Idia.Co^ eUi-
mano i teologi il Verbo. Aogoat. .- ite m
Deo , nihii aliud est quam ejus ataanlM. Qri
Pietro di Dante rigetta le idee di Platant.
Boet. ; Cuneta superno Jhteis ab 9UW^„.
19. Lice. Del Verbo.
20. BoNTATB. Gratuita. — Aduxa. Io.,!:
Omnia par ip%um facta smni. — Novi. Cicli.
GU chiama alla scolastica tusMisienie, perché
stanno da sé, non« come le qoalitA, abbila-
gnanii di hostanza.
21. Brevi. Creature cornittibilissime.
22. SE3IK. Con seme, animali e m'aotc;
senza , certi insetti , Tunghi * e simili ; che
falsamente credevaosi nascere senza acat
( Purg., XXVIII ). — Movendo. Dio rimaacn-
do neli' esser suo , move ogni cosa , fctaia
le brevi contingenze terrene ,, inlerveneiida a
ciò il moto degli astri.
23. Cera. La materia di che si compoagM
le cose generate. — Dlcb. Figura. Virg,;
Ducent de marmare vuUus, Le intelllgcui
motrici de* cieli son sempre a un modo» wm
hanno il medesimo moto. — Idbalr. Ofii
cosa é splendore d* idea divina ( ten. 18 J.
Cunv.: La divina bontà in tutte (a co*« ^
scende; altrimenti euere non pofnUono: anu
CANTO Xill.
!^òi
Ideale poi più e men traluce.
24 0»d*egli avvien eh uninedesimolcp;no,
Secondo spezie, meglio e peggio frutta ;
E voi nascete con diverso ingegno.
25 Se foifse appunto la cera dedutta ,
E fosse il cielo in sua virtù suprema^
La luce del suggel parrebbe tutta.
S6 Ma la natura la dà sempre^scema ,
Similemente operando all' artista
Ch*ha l'abito dell'arte e manche trema.
97 Però se 1 caldo Amor la chiara vista
Della prima virtù dispone e segna,
Tutta la perfezion quivi s'acquista.
88 G>8i fu fatta già la terra degna
IN tutta r animai perfezione :
Cosi fu fatta la Vergine pregna.
S9 Sì ch'io commendo tua opinione :
Che r umana natura mai non fue
avvipuieekè qu$$ta bontà ti move da iempU-
riM$imo prineijnOf divinamente ii riceve, te*
tondo jMÀ • meno delle eoie ricevute. Onde è
teritto nel libro deUe Cagioni: la prima honià
wutnda le tue hontadi topra le cote con un
ditcemimento. Veramente ciascuna cosa riceve
da quetto dÌMcemimento secondo il modo della
tua virtik e del suo essere.
24. Uk. Bae alberi della medesima specie
han fratto diverso. — Lbgno. Per pianta :
nel Genesi. - Incigno. L'anime tatte uguali;
la differeou viene dagli organi corporei. Conv.:
Noi veggiamo molti uomini tanto vili e diti
batta eanditione , che quoti non pare etsere
aUro eh$ butie ; e coA è da porre e da cre-
dere ftrwìamenie che tia alcuno ionio nobile
e diià aUa condtstona, che quati non sia altro
eke Angelo : altrimenti , non si continuerebbe
r umana tpetie, V, e. Vili.
S5. Sb. Se 1* influenze celesti fossero dap-
pertutto nel più alto punto , e la materia per
lo appunto cogl lessero , le creature sarebbero
perfette. — Suprema. Non d' alio in allo di-
56. La. La luce. — Scema. Io una Cani. :
Mi ^fan pianela... Con li bei raggi infonde
Fifa f virtù quaggituo Nella materia , ti co-
m'è ditpotta, — Artista. Che non può tutto
eseguir ciò che sente. La man che trema son
gli elementi mondani che non rispondono alla
floperna virtù.
57. Amob. Se lo spirito e il verbo di Dio
dispongono la materia e la imprimono imme-
diatamente, come in Adamo e in Gesù. —
Pbbfbiion. Deut. , XXXII: FerfeUa $wM
afra.
Né fia qual fu in quelle due persone.
30 Or s' io non procedessi avanti piùe,
Dunque come costui fu senza pare?
Comincierehher le parole tue.
31 Ma perchèpaia henquelche non pare ,
Pensa chi era , e la cagion che 1 mosse.
Quando fu detto chiedi^ a dimandare.
32 Non ho parlato si che tu non posse
Ben veder eh' ei fu re che chiese senno ,
Acciocché re sufficiente fosse :
33 Non per saper lo numero in che enno
Li motor di quassù , o se neeette
Con contingente mai neeette fenno :
Zk Non ti est dare primum tnotum ette ,
0 se del mezzo cerchio far si puote
Triangol, si eh* un retto non avesse.
35 Onde se ciò eh* io dissi e questo note,
Regal prudenza e quel vedere impari
28. Terra. In Adamo. Gen. : Formavit,,,
hominem de limo terrae, — Pregna. Lue, T:
Spiritus,.. tuperveniet in te, et virtus AUit-
timi obumbrabit tibi,
31. CmBm. Reg. (Ili, 3): FottuUitquodvit.
32. Senno. Reg. : Begnare' feeisti servum
luum... ego aMfem sum ptter,,, ignorane,,. Da-
bis,-, servo tuo cor docile, ut populum tuun
judicare pottit. Conv. : Se ben ti mira, dalla
prudenia vengono i buoni consigli,,. E que-
sto è quel dono che Salomone, veggendoti al
governo del popolo essere posto^ chise a Dio,
Eccl.y V. Pf accessi omnet sapitnlliat qui fue'
rant ante me in Jerutalem,
33. Motor. DeUe sfere {V, Conv., II, 5),
che sono inieiligenze spirituali. Arisi. (I, De
coelo et muodo) li dice tanti, quanti i moti
del cielo. Platone, quante le specie delle cose.
— Necesse, Arist. nega che contingeoie con
necessario facciano necessario ; Platone l' af-
ferma. Verità necesMria con contingente non
può dar conseguenza necessaria , perchè con-
cliMìo sequitur semper debUiorem partem,
34. Esse, Se il mondo aia eterno, come
vuole Arist., cioè se bisogni porre un moto
che non venga da altro moto : no , perchè
repugnat in caussit procettut m tn/Cmìum. —
Cerchio. Qui Pietro cita Euclide. Se in no
semicerchio si possa iscrivere triangolo , no
lato del quale sia il diametro del cerchio ,
senza che formi un angolo retto: cosa impos-
sibile. E con questo vuol dire : Salomone non
chiese a Dio sapienza astronomica , logica ,
metaBsica, geometrica; ma pur politica.
35. Impari. Senza pari. Purg. (XIII» 40|:
Lttitia ... d' ogni altra ditparù 0 tof^Uendo
U2
DEL PARADISO
In cho Io strai di mia 'ntenzionpercuote:
36 E, se al iurse drizzi gli occhi chiari,
Vedrai aver solamente rispetto
Ai regi che son molti, e i buon son rari.
37 Con questa distinzioD prendi*! miodetto:
E-cosl puote star con quel che credi
Del primo padre e del nostro Diletto.
38 E questo ti Qa semprepiomboa' piedi,
Per farti mover lento, com'uom lasso,
E al si e al no che tu non vedi.
39 Che quegli è tra gli stolti bene abbasso
Che senza distinzione afferma o niega
Cosi neirut), come nell* altro passo.
&0 Perch* egl'incontra chepiù voltepiega
L* opinion corrente in falsa parte,
E poi r affetto lo 'ntelletto lega.
hi Vie più che 'ndamo da riva si parte
( Perchè non torna tal qual ei si move ) ,
Chi pesca per lo vero , e non ha Y arte.
•
&>2 E di ciò sono al mondo aper te prove
Parmenide , Melisso , Brisso , e molti
Li quali andavano e non sapón dove.
&i3 Si fé Sabellio ed Arrio , e quegli stolti
Che furon come spade alle Scritture
In render tdrti li diritti volti.
hA Né sien le genti ancor troppo sicure
A giudicar , si come quei che stima
Le biade in campo priachesien mature.
Ul Ch*rho veduto tuttol verno prima
II prun mostrarsi rigido e feroce,
Poscia portarla rosa in su la cima.
1^6 E legno vidi già dritto e veloce
Correr lo mar per tutto suo cammino ;
Perire al fine all' entrar della foce.
47 Non creda monna Berta e ser Martino,
Per vedere un furare, altro offerére ,
Vederli dentro al consiglio divino :
hS Chequel può surgere, equel puòcadere.
Te: se noti le cose dette imparerai essere
regal prudeoia qoel vedere del quale io dissi:
À. veder..,
36. SuRSB. Non dice noe^iie : dice tune ,
quando fu re. — Regi. Reg., Ili: D$di (tfrt...
(jloriam , ut wmo fuerii timUii tm in regibui
cuncUi.
37. DiSTiNZioN. Montaigne : Distinguo , 9$t
le plus univenel tMmbn d$ ma logique, —
Diletto. G. C. Cant. : Dileetui tiiaiit.
39. Ln. ai si e al no. Gic. ( Acad., IV ):
JSihil eft lurptuf ^tuim cogniiioni ei peree-
ptioni, affeetionem approhationemque prMCur-
rete,
40. Lega. La passione impedisce. Purg. ,
XVlU : Natura Ch% per piacer di novo in voi
si lega.
41. Qual. Torna carico d'errore. Monarch.:
Facilius et perfectius veniunt ad habitum phi-
losophicae verUaiis qui nikil nunquam audi-
verunt, quam qui audiverunt per tempora ,
et faltis opinionibui imbuti sunt. Propter quod
Galenus inquit talee duplici tempore indigere
ad scientiam aequirendam.
42. Parxbkuik. D' Elea , scolare a Seno-
fane , maestro a Zenone. — Meli9<;o. Di Sa-
roo : diceva tutte le cose venire da una , in
una redire. Confutati da Arist. (I, Phys.).—
Brisso. Cercava la quadratura del ciriMto.
Confutati da Arist. (1. I • Post, anal., 9). —
Dove. Coov.: Siccome dice il fdotofo net pri-
mo deW fit. , e TMio in quello del tvm
dtf beni; mal tragge al segno quegli che mi
vede.
43. Sabellio. Del terzo secolo: condaoMto
nel conc. d' Alessandria per errore circa la
Trinità. Di loro, s. Tom. (IV, Cont. Geot.).—
Arrio. Negava il Verbo consustanziale al Pa-
dre : condannato nel conc. di Nicea , nel
32tf. — Spade. Mutilavano la Bibbia , e na
falsavano il senso. — Volti. Cresceaz. , II ,
disse diversi volti degli astri. C XXiX , 30:
Quando è posposta La divina SeriMiira #
quando è tórta.
44. Giudicar. Dannate le anime; come molli
dicono di Salomone.
46. Foce. Conv. (1 , 3): layno portato a
diversi porti e foci e lift...
47. Martino. Nome de'più comonl. Onde
Conv. (I, S): Suole dire Martino : non «aM
dalla mia mente lo dono che mi fece Giooan'
ni. — Vederli. Boet.: De hoc, fuem tujw
stissimum et aequi servantissimum jpvfof, •»•
nt(i icteiìCi prot'fdendae diioersum
i
ft33
CANTO XIY.
ARGOMENTO.
Beatrice domanda a nome del P. , e Salomone risponde circa la resurrezione
de' corpi , se questi accresceranno la luce delle anime. Dice che li. Nuoci spiriti gli
appaiono : e in quella gioia di luce , guardando la sua donna , e' si trova nel pia-
emnlm oamo i<i$su , e non av^a ancora guuruuiu a jocu
r aspetto vinse in lui ogni passata bellezza : perchè più
dt cieli cresce , ma ancor più che de cieli , quella della
perchè più si sale e più la bellezza
stia donna.
Nota la terzine 4 ; la 7 alla 14 ; la 18 , 10, 20; la 22 alla 25; la 28 alla 35 ; la 37
alia 43; la penaltiina.
1 DaIcentroalcerchio,esldalcerchioalcen-
Moresi Tacqua ìd un ritondo vaso, (tro
Secondo ch% percossa fuori o dentro.
ì Nella mia mente fé subito easo
Questo ch'io dico , si come si tacque
La gloriosa \ita di Tommaso,
3 Per la similitudine che nacque
Del suo parlare e di quel di Beatrice»
A cui si cominciar dopo lui piacque :
h A costui fa mestieri ( e noi vi dice
Né con la voce nò pensando ancora )
D'un altro vero andare alla radice.
5 Ditegli se la luce onde s' infiora
Vostra sustanzia , rimarrà con voi
Etemalmente , si com' ella è ora.
1. Dal. La voce di s. Tomaso veone dal
eerebio al ceDtru ; di Beatrice, dal ceotro al
cerchio , com' aequa in vaso rotondo, percosso
di fuori , si move dal cerchio al centro ; e in
contrario , se percossa di dentro.
2. Caso. Mi cadde in menta. Caso per mi-
ihila i nel Frezii (Il , 13).
4. PB!f8A!VD0. C. XY .* JCroii fifUo
Al eh€ prima cAa ftnft , U p9nsi$r
8
9
6 E se rimane , dite come, poi
Che sarete visibili rifatti.
Esser potrà ch'ai veder non vi nói.
7 Come da più letizia pinti e tratti
Alla fiata quei che vani!o a ruota,
Levan la voce e rallegrano gli atti ;
Cosi air orazion pronta e devota
Li santi cerchi mostrar nuova gioia
Nel torneare e nella mira nota.
Qual si lamenta perchè qui si muoia
Per viver colassù , non vide quive
Lo refrigerio dell'eterna ploia.
10 Quell'uno e due e tre chesempre vive,
E regna sempre in tre e due ed uno ,
Non circonscritto, e tutto circonscrivo ,
8. Mira. V ha In pron il Boccaccio.
10. Dus. Natura umana e divina. — Cir-
CONSCRIVB. Conv.: And^ di eostn ( deUa na-
tura universale ) è Umùaiore colui che da
nulla è limiiato , cioè la prima bontà eh' è
Iddio, eh§ solo óoUa imfiniia eapaeità V infir
nito eomprtndo. Piir|ti. » Xi: M cieli stai^
Non drconserUto.
k^w
DEL PARADISO.
11 Tre volle era cantato da ciascuno
Di quegli spirti con tal melodia
Ch* ad ogni raerto sapia giusto muno.
12 Ed io udii nella luce più dia
Del minor cerchio una voce modesta ,
forse qua! fu dell' angelo a Maria*
13 Risponder : quanto fia lunga la festa
Di paradiso , tanto il nostro amore
Si raggerà d' intorno cotal vesta.
ih La sua chiarezza seguita l'ardore;
V arder la visione : e quella è tanta
Quant' ha di grazia sovra suo valore.
15 Come la carne gloriosa e santa
Fia rivestita, la nostra persona
Più grata fia per esser tutta quanta.
16 Perchè s'accrescerà ciò che ne dona
Di gratuito lume il sommo Bene,
l^ume ch*a lui veder ne condiziona.
17 Onde la vision crescer conviene.
Crescer l ardor che dì quella s'accende,
Crescer lo raggio che da esso viene.
18 Ma si come carbon tUe fiamma rende
E per vivo candor quella ^soverchia
Sì che la sua parvenza si difende ;
19 Cosi questo fulgor che già ne cerchia
Fia vinto in apparenza dalla carne
Che tutto di la terra ricoperchia. ^
20 Ne potrà tanta luce afTaticarnc ;
Che gli organi del corpo saran forti
A tutto ciò che potrà dilettarne.
21 Tanto mi parver subiti e accorti
11. McNO. Lat. mimiit. L'ha il Sacchetti.
12. Dia. Lucr. ( 1 . 23): Diai in luminù
orat, •• Minor. Più prossimo a Dante. Parla
Salomone.
14. ARDORE. Deir affetto. ~ Visione. Della
mente. - Suo. Umano.
15. Grata. A Dio ( lof.. VI). Tutta. I Pe-
ripatetici fanno 1* uomo anima e corpo ; i Pla-
tonici , anima sola.
18. Carrox. Ezech., I. A»p€etu$ eorum quasi
carbonnm ignis ardéruium,
19. Fulgor. Tom. (Som.): Corpora gloriosa
tuiU fulginiia. Di efò nel libro I delle Sen-
tenze (dist. 49, cap. 2). Evang.: Justi fulge-
bunt stcul ioL Agost. fa i corpi risorti diafani
come vetro ; dice che in potere dell* nomo
sarÀ farsi visibile od invisibile.
21. SuRiTi. Pronti. É in Albertano. —
iXHR. Dicono tuttora in Toscana per amen.
22. Mahìir. In grave senso Tosa nelPorg.,
E l'uno e l'altro coro a dicer amme.
Che t>en mostrar disio de corpi mortir
22 Forse non pur per lor, ma per le mamme,
Per li padri e per gli altri che fùr carri
Anzi che fosser sempiterne liamme.
23 Ed ecco intorno di chiarezza pari
Nascere un lustro sopra quel che v'era.
A guisa d* orizzonte che rischiari.
2ih £ si come al salir di prima sera
Comincian per Io ciei nuove parvenze.
Si che la vista pare e non par vera ;
25 Parvemi 11 novelle sussistenze
Cominciare a vedere , e fare un giro
Di fuor dall'altre due circonferenze.
26 O vero sfavillar del santo Spiro!
Come si fece subito e candente
Agli occhi miei che vinti noi soflrtro!
27 Ma Beatrice si bella e ridente
Mi si mostrò, che tra l'altre vedute
Si vuol lasciar che non seguir la mente.
28 Quindi ripreser gli occhi miei tiriate
A rilevarsi ; e vidimi translato
Sol con mia donna a più alta salute.
29 Ben m' accors'io eh i'era più levato
Per r adbcato riso della stella
Che mi parea più roggio che 1* usalo.
30 Con tutto 1 cuore e con quella favella
Ch* è una in tutti, a Dio feci olocauslo
Qual conveniasi alla grazia novella.
31 E non er'anco del mio petto esautto
L' ardor del sagriQcio , eh' io conobbi
XXI. — Padri. Allora li Hredraono, SaUe k
pene pargatrici; e li rivedranno eoi corpo loto;
e gli affetti naturali al soprannauirale unar
no congiunti.
23. Pari. A quella dei vedati fioort: Bt
poi Yien crescendo, sicché l* occhio noi soffre. '
24. Salir. lof. , XXXIV : jlfa la notte rt-
iurgs, — Parvbnjb. Di stelle. Risponde ai
greco PÀINOMBSBN*
25. Sussistenze. Nel e. XIII, SO , thimm
le sostanze.
26. Spiro ! Dice nel Conv. gli aogetl e I
Cieli esser luce riflessa da Dio.
28. Quindi. Dal guardare in BeatrlM , la
scienza divina , gli occhi abbagliati rianaa
virtù. — Salute. Nel e. XXU, 42 , cblaaa
Iddio uUima saUite, Nel Convivio cbiania Bea-
trice donna della salufe.
29. Affocato. Conv.: Marie part afon^
di calore, quando più e quando meno.
r.
CANTO XIV.
^55
Esso lltaro stato accetto e fausto.
32 Che con tanto Iucom , e tanto robbi
M'apparverosplcndor dentro a*duo raggi,
Gì* io dissi : o Eliós che si gli addobbi ?
33 Come, distinta da minori in maggi
Ì4imi , biancheggia tra i poli del mondo
Galassia , si che fa dubbiar ben saggi ;
34^ Sì costellati facén net profondo
Marte que*raggi il venerabil segno
Che fan giunture di quadranti in tondo.
35 Qui vince la memoria mia Io ngegno,
Che 'n quella croce lampeggiava Cristo:
SI eh' io non so trovare esemplo degno.
36 Ma chiprendesua crocee segueCristo,
Ancor mi scuserà di quei eh' io lasso
Veggendo in queli'albór balenar Cristo.
37 Di corno in corno, e tra la cimaci basso
Si movén lumi, scintillando forte
3S. LucoBi. É nelle rime antlche.—RoBBi.
Aoon. , di Marte : Per la vieinitade che ha
ad ioU, € ito» qualitade ignea ferventiaima,
9md$ aeewìde li uomini ad ira e zuffa. — Duo.
Formanti una croce. — Eliós. In ebreo, vale
•ootifo. I Greci cosi dissero il sole.
33. Mami. C. XV : 7 minori e i grandi Di
S natta vita. — Galassia. Via lattea. —
AML La favola dice la via lattea traccia
di Fetonte : il volgo via di s. Iacopo.
Ovld.: Eit via tublimii , coelo manifeeta
aerifio : Laetea nomen habel ; candore nota*
hiUi ip$o. Hae iter est Superis ad magni teda
Tananai. Conv. (II, 15): Li Pitagorici ditiero
che 'l $oU alcuna fiata errò nella tua wa, e
aru il luogo per lo quale pauò , e rimasetfi
^uilt appartnza di artura.,. Altri diuero, gic-
come fu$ Anassagora e Democrito , che ciò
tra lume di sole ripercosso in parte,,. Quello
che Arist, si diceste, non si può bene sape-
re di ciò; perchè la sua sentenra non si tro-
va cotale nelV una translazione come neWah
tra : e credo che fosse V errore de* translatori.
Che nella nuova par dicere che ciò sia un ra-
psnamento di vapori, sotto le stelle,., e que-
sta ragione non pare vera. Nella vecchia, dice
che Iti Galassia non è altro che moltitudine
di stelle fisse in quella parte , tanto picciolo
che dìàUmjuere di quaggiù non le paterno, ma
di loro apparisce quello albóre il quale noi
dUamiamo Galassia, E puote essere che il
cielo in quella è più spesso ; è però ritiene e
ripresenta quello lume. E questa opinione pare
avere con Aristotele , Avicenna e Tolommeo,
F. Arist. ( Meteor. , II ). L' OlUmo ciu li U-
Nel congiungersi insieme e nel trapasso. '^
38 Cosi si vesgion qui diritte e tórte,
Veloci e tarde, rinnovando vista,
Le minuzie de* corpi lunghe e corte
39 Moversi per lo raggio onde si lista
Tal volta l'ombra , che per sua difesa
La gente con ingegno ed arte acquista.
40 E come giga ed arpa in tempra , tesa
Di molte corde , fan dolce tintinno
A tal da cui la nota non è ntesa ;
kì Cosi da'ltuni che 11 m^apparinno
S'accogliea per la croce una melode
Che mi rapiva senza intender Tinno.
42 Ben m'accors* io ch'ell'era d'alte lode;
Perocch'a me venia: riturgi e vinci ,
Com' a colui che non intende e ode.
43 io m'innamorava tanto quinci ,
Che *nGno a 11 non fu alcuna cosa
bro De proprittatibut rerum: Che Galassia è
uno eirculo... per figura e per bellezza più
candido di tutti gli altri, passante per mezzo
il cielo, e comineiante da orierUe infino a set-
tentrione per Canoro e Capricorno,
34. SI. Di lami più o meno grandi secondo
il merito. -— Giunturb (Arist., De anima. \).
Due diametri di circolo intersecantisi fanno
una croce. La croce di Marte prendeva tutto
il pianeta. — Tondo. Circolo. Petr. ( Tr. Fa-
ma , IH ) : Di triàngoli , londt , e forme
quadre.
35. ViNCB. Quel eh' io rammento , noi sa-
prei dire.
36. CnocB. Vessillo di gloria giasU.^Cai-
STO. Che gli aveva ispirati. Matth. , XVI :
ToUat crucem suam , et sequatur me,
38. MiifcziB. GorpicciuoU notanti in no
raggio solare ch'entra in istanza oscura » o
non chiarissima.
41. AccoGUBA. Purg., I: Dolce color.,. S'ac-
coglieva nel sereno aspetto Dell' aer puro. —
Mblodb. Gr., jrsLos, opis. L'osa ftior di rima
( e. XXIV , 38).
42. LoDB. Jer. , XXX : Egredietur de eie
laus , voxque ludentium, — Risdbgi. Nelle
preci della Chiesa : Jfortem nostram morien-
do destruxit, et vitamreturgendo reparavit...
Dux vilae mortuvs, regnat vivus ... Scimue
Christum surrexisse a mortuis vere : tu nobis,
Victor rex, miserere... Regnavit a Ugno Deue.
Anon. : Leva su , e vinci ti mondo e le tu»
battaglie.
43. Viwci. Da vineio: e vineulum vico fona
da vincus. Mnco è in CreK. (Il» 23).
VS6
DEL FARAD ISO«
Cbe mi legasse eoo si dolci ^ìdci.
&fc Forse la mìa parola par tropp* osa
Posponendo 1 piacer deglioccni belli
Ne* quai mirando mio disio ha posa.
&5 Ma chi s* avvede che i vivi suggelli
D' ogni bellezza più fanno più suso
44. Mirando. Id una caoz.: Chi veder tmol
la ialute. Faccia che gli occhi d* 9ita danna
45. Suggelli. Gli occhi portanti T impronta
d* ogni divina bellezza. In una canz. : /^r
esemplo di lei btltà ti prova. Altrove : Cute
apvariicon nello tuo atiteUo Che mottrande'
E ch*io non m* era 11 rirolto a quelli,
46 Escusarpuorfmidiquel ch'io m'accuso
Per iscusarmi , e vedermi dir vero :
Che *J piacer santo non è qtil dischiuso;
47 Perchè si fa, montando, più sincero.
piacer di paradieo^ Dico negli occhi t nel ava
dolce rito Che le tfi reca Amor come a avo
loco,
46. DiscBivso. Escluso ( e. VII ). 11 crt-
scere della bellezza di Beatrice <^ detto nel
canto seguente, v. 32.
457
CANTO
XV.
A R a 0 M E .V T 0.
Cacciaguìda gli parla : gli narra la ma progenie ; e % be' tempi della non
peranche corrotta Firenze. Questo canto e il seg. tono insieme genealogia é>me$ti'
ca , t civile epopea, L uomo ed il cittadino , la famiglia ed il secolo , vi stanno
dipinti.
Forse la prima parte del canto è nrien piena : e nel Farad, aaeor più che Bfl Parg.
poasiam notare qua e là cena larghezza che nell' Inf. non è. Perché troppe cose a?eva egli
iieir Inferno a dire , e il dolore più lo incalzava, e lo sdegno. Nella pittura dell' antica Fi-
renze la seroplicilù dello stile fa bella armonia di contrasto con la severità soliu del P. La
satira qna e là sparsa in mezzo a tanta dolcezza, pare men bella.
Nota le terzine i, 3, 4, 5» 7, 8; la 11 alia 16; la 19, 21, 23« 24, 25, 26; la 31 ,
alla line.
1 Denìima volonlade in cui sì liqua
Sempre l'amor che drillamenle spira,
Come cupidità fa oeir iniqua ,
3 Silenzio pose a quella dolce lira ,
E fece quietar le sante corde
Che la destra del cielo allenta e tira.
3 Come saranno a' giusti prieghi sorde
Quelle sustanze che per darmi voglia
Ch'io le pregassi, a tacer fùr concorde!
4 Ben è che senza termino si doglia
Chi per amor di cosa che non duri
Eterualmente , queir amor si spoglia.
1. LiouA. Lat. Uquet , si palesa. Bello co-
minciare da amore il canto dove canta de'pro-
«ii morti in giusta battaglia.
2. Lira. Li paragnnò a giga o ad arpa di
molte corde. — Destra. La poUnxa di Dio
i V Ott. ).
4. Spoglia. Dispogliar» di dolore ( disse
oell'Inf., \VI).
ff. </UALB. Virg. : Coeto ceu taepe refxa
Tran$€urrunt erinemque volantia ndera du-
cuia, Siat. : Laptisque eitatior astris. Lue, ,
8
Qnaìo per II seren tranquilli e puri
])iscorre ad ora ad or subito fo^tco.
Movendo gli occhi che stavan sicuri,
E pare stella che tramuti loco.
Se non che dalla parte onde s' accende
Nulla sen perde , ed esso dura poco;
Tale dal corno che'n destro si stende ,
Al piò di quella croce . corse un astro
Della costellazìoD che 11 risplende.
Nò si parti la gemma dal suo nastro.
Ma perla lista radiai trascorse
Che parve fuoco dietro ad alabastro.
X : Quam toUt aethereo lampas decurrere sul-
co , Materiaque carene , atque ardens aere
solo,
6. Nulla. Stelle noi sono ; e perche la
stella non cade , e perchè quel foco è fug-
gevole.
7. Corno. Cresceni. (li , 29): Corni dile-
guo , a modo di era ea fatti.
8. Fuoco. Sap. , III : Futgebunt jutti , et
tamquam sctntitlae tu arutidiiieto ducurranf.
S8
i^
DEL PARADISO
9 SI pia r ombra d*ÀncIiise si porse
^Se fede merta nostra maggior musa )
Quando in Elisio del figliuol s*accorse.
10 0 sanguis me%u ! o super infusa
Gratia Dei ! sicut Ubi, cui
Bisunquam coelijanua reclusa ?
1 1 Cosi quel lume : ond*io m'attcsia lui ;
Poscia rivolsi alla mia donna il viso,
E quinci e quindi stupefatto fui.
1 2 Che dentro agli occhi suoi ardeva un riso
Tal, ch*io pensai co'miei toccar lo fondo
Della mia grazia e del mio paradiso.
13 Indi a udire e a veder giocondo
Giunse Io spirto al suo principio cose
Ch' io non intesi , si.parlò profondo.
ih Ne per elezion mi si nascose,
Ma per necessità ; che '1 suo concetto
Al segno de*mortai si soprappose.
15 E quando farco dell* ardente affetto
Fu si sfocato che *I parlar discese
Invér lo segno del nostro intelletto ;
16 La prima cosa che per me s'intese,
Benedetto sie tu , fu, Trino ed Uno,
Che nel mio seme se' tanto cortese.
17 E seguitò : grato e lontan digiuno,
Tratto leggendo nel maggior volume
U* non si muta mai bianco né bruno,
18 Soluto hai, figlio .dentro a questo lume
In ch'io ti parlo , mercè di colei
Ch'alPalto volo ti vestì le piume.
«
9. Pi A. Bisillabo, come nel e. I.~ Porse.
Virg. : In ad contpeetum cari genitorit et ora,
Alacrit palmoM utratque tetendit ; Effusa^que
genis laerimae ... — Musa. Per cui Mostrò
ciò che potea la lingua nostra \ (Parg. VII).
10. Sanguis. Parole che in Virg. Anchise
volge a Cesare. Parla latino per indicare il
tempo ÌD cjie Cacciagaida vìsse. 0 forse per
iodizio di digoiiÀ. Cosi nella V. Nuova, Amore
gli parla latino : Ego dominus tuus, — Bis,
Ora , e dopo la morte. C. X, 29: U' senza
risalir, nessun discende» A s. Paolo fa aperto
Il cielo ; ma qui pirli degli uomini del suo
tempo.
12. Pbnsai. V. Nuova : EgU mi parve al-
lora vedere tutti li termini della beatitudine.
13. Giocondo. Di luce e d'armonìa.
14. Soprapposb. Volò più alto ( Purg. ,
XXXIII).
15. Arco. Avea già detto fe^no.
17. Grato. Virg. (VI, 687-8: ) Venisti ian-
dem , tuaque spedata parenti Kìctc iter du-
19 Tu credi che a me tuo pensier mei
I)a Quel eh* è primo , cosi come raia
Deir un , se si conosce, il cinque e'Isei.
20 E però eh* io mi sia , e perch'io paia
Più gaudioso a te non mi dimandi.
Che alcun altro , in questa turba gaia.
21 Tu credi*lvero,cheimiuorieigrandi.
Di questa vita miran nello speglio
In che prima che pensi, il pensier pandi.
22 Ma perchèlsacroamorein che io veglio
Con perpetua vista e che m'asseta
Di dolce disiar s* adempia meglio;
23 La voce tua sicura , balda e heta
Suoui la volontà, suoni '1 desio
A che la mia risposta è già decreta.
2i Fmi volsi a Beatrice: e quella udio
Pria ch*io parlassi ; e arrisemi un cenno
Che fece crescer Tale al voler mio.
25 Poi cominciai cosi : Tafletto e 1 senno,
Come la prima Egualità v'apparse.
D'un peso per ciascun di voi si fenno.
26 Perocché al sol che v'allumò e arse
Col caldo e con la luce , en si iguaii
Che tutte simiglianze sono scarse.
27 Ma voglia e argomento ne* mortali,
Per la cagion eh* a voi è manifesta.
Diversamente son pennuti in ali.
28 Ond io che son mortai^ mi sento iiiqueita
Disaguaglianza ; e però pon ringrazio
Se non col cuore , alla paterna festa.
rum pietM I — Lontan. Per lungo teme al-
lungare per allontanare. - Digiuno. P«r d*-
siderio ( Petr. , son. 197 ). — Magaiob. La
prescienza di Dio. — Bruno. Né più si scrive
né meno di qael eh' è scrìtto ab eterno.
18. Soluto. Ov.: Ifjunia.,, Soli>erai, Bocc.:
Solver il digiuno di veder lei, — Piumb. BoeL :
Sunt.., pennae volucres mUn, Quae cttMcott*
scedant poli : Quas sibi quum veùx mmks ài-
duit , Terras perosa despicit.
19. Mbi. lof. , XXIll: Peritano i tuaipm'
sier tra i miei. — Primo. Codv. (II , 4) : i«
prima mente, la quale i Greci ekiasnano IVo-
tofioa. Lett. a Cane : Principio , sem ptime •
videlicet Deo,
23. Decreta. C. I : Sito decreto.
25. Senno. L'intelletto è ne* beati ogoak
al volere , perete' e* sono in Dio , duve tolto
s' agguaglia.
27. Argomento. Inf., XXXI : L'ar^omemie
della mente S'aggiunge al mal voUr9 e olle
poMa.— Manifesta. In Dio.
e A N T O XV.
iSO
29 Ben si^pplico io a te, vivo topazio
Che quest'I gioia preziosa iDgctnmi ,
Perchè mi facci del tuo norpe sazio.
30 O fronda mia in che io compiacemmi
Pure aspettando , io fui la tua radice.
Cotal principio , rispondendo , femmi.
31 Poscia mi disse : quel da cui si dice
Tua cognazione, e che cent anni e piue
Girato ha *1 monte in la prima cornice,
32 Mio figlio fu , e tuo bisavo fue.
Ben si convien che la lunga fatica
Tu gli raccorci con l'opere tue.
33 Fiorenza , dentro dalla cerchia antica
Ond* ella toglie ancora e terza e nona,
S9. Topazio. Chiamò il pianeta di Mer-
curio, margherita (e. VI). Anoo. : Gemma in-
fra r altre tnaygior$,,» Riceve in tè la ehia-
ressa di tutte V altre... Dicesiehe a colui che'l
porta , non può nuocere nemico.
30. Compiacemmi. Matth.: Bic est fiUus tneus
diìrrtus, in quo mihi complacui.
31. CoGNAZìONB. AUighieri. — Monte. Co'
superbi ( Parg. , X, XI). Visse aita fine del
XII secolo. E sé medesimo destìoa alla pena
delia superbia il P.
33. Cerchia. Dal Duomo a Badia prende-
vano le prime mura della ritta. E a' suon
dell'ore di Badia la città prendeva misura
del lavoro e del tempo. Benvenuto : Abbatta
fnonasterU s. Benedieti , ubi certiut et ardi-
natiut puUabantur horae, quam in aliqua alia
Mcclesia eivitatit. Della Firenze d' allora V.
Vili. (VI , 70). ^ SobrYa. Vili. : I cittadini
di Firenze vivevano tobrU e di grosse vivan-
de , e con piccole spese , e di molti eostunù.
34. Corona. Come regine. — Contigiatb.
AnoD. : Come femmine mondane. Contigie ,
calze suolate col cacio , stampate intorno
al pie , dice il Boti. Ma vale per ogni orna-
mento.— Più. Ov. ( Rem. ): Auferimur cultu:
gemmis auroque teguntur Omnia : pars mi-
nima est ipta puella sui, Conv. : GU ador-
namenti delV aszimare e deUe vestimenia la
fanno più annumerare ch€ essa medesima :
onde ehi vuol bene giudicare di una donna ,
guardi quella quando solo sua naturai bellexsa
ti sta con lei , da tutto accidentale adorna-
ménto discompagnata, V, Vili. ( X, 152 ).
35. FuQGiAN. Non si maritafano ionaozi
tempo , nò con dote si roYinosa : non era ac-
corciato il tempo , la dote ingrossata. Ou. :
Oggi te maritano nella culla... Ora sono tali
( le dote ) f che se ne va una con tutto quella
«Jbe ha il padre p e s$ rimam vedova, toma
Si stava in pace sobria e pudica.
39k Non avea catenella , non corona,
Non donne contigiate, non cintura
Che fosse a veder più che la persona.
35 Non faceva nascendo ancor paura
La figlia al padre ; che 1 tempo e la doto
Non fuggìan quinci e quindi la misura.
36 Non avea case di famiglia vAte;
Non v' era giunto ancor Sardanapalo
A mostrar ciò che *n camera si punte.
37 Non era vinto ancora Montemalo
Dal vostro Uccellatoio, che, com'è vinto
Nel montar su , cosi sarà nel calo.
38 Bellincion Berti vidMo andar cinto
spogliando la casa del marito con ciò ch'elli
aveva ; si che prima fa povero il padre , poi
fa povero il marito,
96. VOTE. A pompa. Anon. : Tale che non
avrà figliuoli , fa palagio di re. — Sardana-
palo. Jnv. : Et venere , et eoenis , et piuma
Snrdanapali (Jostin., I, 3). Petr., a Roma:
Per le camere tue fanciulli e vecchi Vanno
trescando. Ott. : Dice P. Orosio^ l, l: Il se%-
zaio re appo quelli di Siria fu Sardanapnlo,
uomo corrotto più che femmina. — Camera
In detizie, ed in voluttà.
37. UccBLLATOio. Sovrssta a Firenze come
Mnntemario a Roma, che allora dicevasi Mon-
temalo. La via cbq da Viterbo va a Ruma
per Moniemarìo , era forse la più battuta a'
tempi di Dante: e come da quel monte si
veggono gli ediiizii di Roma , così da Bolo-
gna , venendo, dall' Uccellatolo , si vede Fio-
renza. Le grandi fabbriche di Roma, traone
le antiche rovine sod più moderne che le Fio-
rentine, Vili. ( XI , 93): Intorno alla città
sei miglia , avea ^ù d' abituri riechi e no-
bili , che recandoli insieme due Firenze avreb-
bono fatte. Uccellatoio si pronunzia come Teg*
ghiaio ( Inf. , VI , 37 ). — Calo. Purg. ,
XXIV : A trista mina par disposto. Ott. : Le
quali edificazioni ( in contado ) sono cagio-
ne di grande rovina in tempo di guerra e in
tempo di pace; imperò che prima nello edi'
fieio consumano ismisurate facuUadi ; poinelr
lo abitare si circa la propria famiglia, fi cir-
ca U amici... richieggono molte spese ;venon'
do la guerra , per conservare quelle , doman-
dano per guernimento e guardie molta pecu-
nia , ed a molti fu cagione di presura » o di
morte; finalmente attre^ggono dalla lungi Uni-
mici col fuoco 9 col ferro.
38. Berti. Nobile famiglia. Ravignani pa-
dn di Gualdrada ( lui., XVI , 13;, la qnala
*.•
^60
DEL PARADISO
Di cuoio e d' osso, e venir dallo specchio
La donna sua senzai viso dipinto.
39 E vidi quel de* Nerli equel del Vecchio
Esìger contenti alla pelle scoverta,
E le sue donne al fuso ed al pennecchio.
40 Oh fortunatel e ciascuna era certa
Della sua sepoltura ; ed ancor nulla
Era per Francia nel letto deserta.
hi L* una vegghiava a studio della culla
E consolando usava ì idioma
Che pria li padri e le madri trastulla.
&2 1/ a lira , traendo alla rocca la chioma,
Favoleggiava con la sua famiglia
De Troiani e di Fiesole e di Roma.
h^ Saria tenuta allor tal maraviglia
Una Cianghella , un Lapo Salterello,
(Jual or saria Cincinnato e Corniglia.
hk A cosi riposato, a cosi hello
si maritò ne*Gaidl , onde i Gnidi redaron da'
nérti. — Cuoio. Casacca di cuoio , bottoni
d'osso; n: cinlara di caoio, fibbia d'osso.
89. Nerli. Nobili case. Nerli e Vecchietti.
— Pelle. Senza drappo. Ott.: Ed tra tpe-
sial grazia e grande eofa.— Fuso. Ott. : Oggi
non vuole /ilars la fanU, nùn che la donna.
40. Frància. A mercantare vi andavano i
Fiorentini , e in Inghilterra , e in più lonta-
ni paesi : e Filippo il Bello ne fece morire
moUissimi.
41. Culla. Ott.: Oggi per$è è la eamerie-
fa, pir $è la balia, per $è la fante, O'Connell
parlando al popolo scoizese nel settembre del
1835 diceva : Più d'una madre irlandese, cul-
lando mi $eno il faneiuUo addormentato al
canto delle patrie canzoni , lo interromperà
per alternare ai eoiKt d* Irlanda i canti di
Scozia, e Vinno di fallace; e tra il sonno
del figlio innalzerà una preghiera per chiamare
U benedizioni del cielo sul popolo generoso che
stese amica la mano aW inanda ne* giorni
del suo dolore,
43. CuNGHELXA. Della Tosa: cugina a Rosso
ed a Pino, di parte Nera. Maritata in un Ali-
dosi imolese. Vedova , ai diede a lassarìa.
AnoD.: AiWanCe senta alcuna fronte, o... abito
e atto pertinente a condizione di donna. Pie-
tro : Una delle piik superbe donne del mondo,
— Lapo. Giareconsnlto fiorentino , maledico
e nemico ai P., cultor delia zaizera e del ve-
stire. Anon. : Di tanti vezzi in vestire e in
mangiare , in ravalU e famigli, che infra nullo
termine di sua condizione et contenne: il quale
morì poi ribello della sua patria, Pietro lo
chiama diffamalo e superbo. Nel marzo del-
Viver di cittadini, a cosi fida
Cittadinanza , a cosi dolce ostello
45 Maria mi die, chiamata in alte grida ;
£ nelPantico vostro battisteo
Insieme fui cristiano e Cacciaguida.
46 Moronto fu mio frate , ed Eliseo :
Mia donna venne a me di Val di Pado;
E quindi*! soprannome tuo si feo.
47 Poi seguitai lo 'mperador Currado :
Edei mi cinse della sua milizia ;
Tanto per bene oprar gli venni in grado.
48 Dietro gli andai incontro alla nequizia
Di quella legge il cui popolo usurpa.
Per colpa del pastor , vostra giustizia.
49 Quivi fu'io da quella gente turpa
Disviluppato dal mondo fallace.
Il cui amor molt* anime deturpa ;
50 £ venni dal martirio a questa pace.
1302 fa condannato cOu Dante ad essere bra-
ciato vivo. Fa priore con Ini. Guastò Figtioe:
poi con altri esuli n*andò verso Genova. Au-
tore di versi. — Cormglia. per Corndim.
Anco nel IV dell' Inf. Figlia di Scipione , fi-
spose alla matrona capuana cbe le additava
i propri! ornamenti : i miei vezzi sono i mkl
figU. Donna eloquente e magnanima. Alni:
Cornelia, moglie di Pompeo, di coi tante lodi
in Lucano, Vili.
M, Chiamata. Da mia madre. Purg. , XX:
Udì: dolce Maria,,, chiamar.,. Come fa donna
ehe*n partorir sia, — Battisteo. lì'ù uno M
taf» Giavanni ( Inf. , XIX , 6 }. Iksiisb. Col
battesimo si dà il nome.
46. MoaoKTO ( Pelli, V. Dante ). — Tal.
Ferrara. Cacciaguida era degli Elise! ftoùgUa
ghibellina ( ViU. , VI ). Gli Aldighierì tnm
gnein. Gli Elisei avevano terre e in eoatada
e iq Firenze. Degli Aldigliieri ve n'era aaeo
a Parma : un Paolo AUighieri panniglaQa III
reltor di Bologna nel 1328 ( Murat., R. It^
t. XVIII , p. ItfS e 330 ). Nella piazieiu di
a. Margherita era una torre che ni della fa-
miglia di Dante. — Soprannomi. AldigbierL
47. Currado. Terzo. Nel 1148 andò eoa
Luigi di Francia , con Tedeschi , Francesi ,
ed Inglesi , e altri molti oltremare: toraalo,
morì. Fu questa la seconda crociata , e fa
predicata da s. Bernardo. - Cinsi. Il fece ca-
valiere per sue vQlenzie, dice TOtt.
48. Colpa ( e. IX). ^ Giustizia. Ciè chr
a voi giustamente si deve , a voi Cristiaol.
Modo biblico.
50. Pace. Beatrice nella V. Nuova: Io
a vedere il principio delU paca.
i
461
CANTO XVI.
ARGOMENTO.
Cacciaguida ragiona ancora della propria famiglia e delV antica Firenze. De*
fiora i nuoti cittadini venutile dal contado. Qui si ditnostrano le poliliche opimo*
ni di Dante circa la civile uguaglianza. Le ptù grandi famiglie dcUa città son qui
rammwkUe ; e molte di loro , a tempi di Dante , o senza erede , o potere , o in
esilio , 0 macchiate d infamia. Spira da gmste memorie una profonda tristezza*
Il tocco deUe città che muoiono come gli uomini , è tanto più profondo , guanto
mMo parole più semplice. Molti si nominano congiunti al P. di sangue , parecchi
de' mai nemici.
V eDomerazione proeede con ischietiezza di storia , con epica dignità, con impeto lirico.
HoU le terzine 1 , 8 ; la tt alla 12 ; la 14, 15, 16 , 20 ; la 22 alU 30 ; U 32, 34 ,
35» 97 , 40 , 41 ; la 43 alla 48 , coli' nltime dne.
1 O poca nostra nobiltà di sangue,
Se ^oiiar di te la ^ente fai
(>iaggiù dove Tafletto nostro langue,
S Mird)!! cosa non mi sarà mai ;
Che là dove appetito non si torce>
Dico nel cielo, io me ne gloriai.
i. NobiltI. Jqt.: NobiUttu sola est atque
uniea virtus. Boet., ili : Quam sit inane ,
fmam futile nohilitatis nomen , quis non vi-
«Mrt? Nobiltà di sangue è anco nel Bocc,
Er distingaerla da ogni altra sorte di no-
U.
3. Appoii. Boet.: Si quid est nobilitate ho-
•«fii, ié ette arbUror tolum , ut imfotita no-
èili^ neeettitudo videatur, ne a majorwm vtr-
tmte éegtntrent. — Force. Per forbiei ( Ario-
sto , XV , 8ò }.
3 Ben se' tu manto che tosto raccorce,
Sì che se non s appon di die in die.
Lo tempo va d' intorno con le force«
k Dal voi , che prìma Roma sofferie.
In che la sua famiglia ben persevra,
Rlcominciaron le parole mie.
4. Roma. Parlando a Cesare, perché Omnia
Costar eroi. Lacan.: Ifamque omnet voeet ,
per quat jam tempore tanto Mbntimur domi-
mi, haec primum reperit aetas. Fazio , I ;
Colui a cut U roman prima Voi disse, O forse
intende di qualunque sia fonnola d* adulazio-
ne , nsitata da Roma serva. — Bbn. I Ro-
mani , dice Pietro, padan oggi nel singolare
ad nomo qaalanqae : a i Napoletani tuttora
osano il fu.
il
i
4G2
DEL PARADISO
5 Onde Beatrice ch'era un poco scevra,
Ridendo parve quella che tossio
Al primo fallo scritto di Ginevra.
6 lo cominciai: voi siete'l padre mio;
Voi mi date a parlar tutta haldezza ;
Voi mi levate si ch'i' son più eh' io.
7 Per tanti rivi s* empie d' allegrezza
La mente mia, che di se fa letizia,
Perchè può sostener che non si spezza.
8 Ditemi dunque, cara mia primìzia,
Quai son gli nostri antichi, e quaifiìr gli anni
Che si segnare in vostra puerizia ?
9 Ditemi dell' ovil di san Giovanni ,
Quant'era allora ; e chi eran le genti
Tra esso degne di più alti scanni ?
10 Come s'avviva allo spirar de' venti
Carbone in fiamma, cosi vidi quella
Luce risplendere a'miei blandimenti.
11 £ come agli occhi miei si fé più bella,
5. Scevra. Discosta. In questo colloqaio la
teologia non ha parto. — bidbndo. Dell'usar
queste formole in cielo , e del rispettare nel-
i' avo suo la nobiltà della schiatta : però nel
canto seguente ritoma al (u. — Ginrvra.
Nella Tavola Rotonda sì narra come la came-
riera della regina , dama di Malehault , s' ac-
corgesse del fallo di lei con Lancillotto
( Inf., V ) , cioè dell' essersi lasciata bacia-
re. Ma quella tossì per approvarli : Beatrice
al «contrario.
9. Giovanni. Patrono di Firenze.
11. MoDRRNA. Parla latino: connine alla
i;ente non rozza nel secolo XII.
12. AvB, Incarnazione ( Purg. , X ).
13. Suo. Il leone è veramente la casa del
sole. Anon.: Leone ( secondo alcuni ) era a-
scendtnte nella nativitade di M. Caceiagui-
da. — FTatb. Che nel 1300 fa duocentosei
anni. — Fuoco. Marte. — Pianta. Piedi.
Marte compie il suo giro in seicentottantasci
giorni , ore 22 , min. 29. Vitruvio gli dk sei
ccntottantatrè giorni circa ( IX , 4 ). Ma gli
Àrabi e i Peripatetici del 1300 credevano il
giro dì Marte compiersi in circa due anni ( V.
Conv. ). E il Cod. Cass. dice nato Cacciaguida
nel 1106- Mori dunque d'anni quarantuuo.'Se
adottiamo il giro minore, convien leggere
trenta fiate , e porre la nascita di Cacciaguida
nel 1190. L'ottimo conU 1160.
li. Antichi. Anon. ant. : Ottaviano li cui
antichi furono di VeUetn, 11 Vili, dice di
Dante : Onorevole anHeo cittadino di Porta
s. I^'f ro. — Sesto. Era divisa la città in sei
parti. Segno di antica nobiltà gli era aver
Cosi con voce più dolce e soave .
Ma non con questa moderna Ti velia.
12 Dissemi : da quel di ch«* fu detto : Are,
AI parto in che min mndrech'èor santa,
S'alleviò di me ond' era grave.
13 Al suo leon cinquecento cinquanta
E tre fiato venne qiie<»to fuoco
A rinfiammarsi sotto la sua pianta.
Ith Gli antichi miei ed io nacqui nel loco
Dove si trova pria l'ultimo sesto
Da quel che corre il vostro annual uiuoco.
15 Ihsti desinici maggiori udirne questo:
Chi ei si furo , e onde venner quivi,
Più è tacer , che ragionare, onesto.
16 Tutti color eh* a quel tempo er^n ivi.
Da potere arnie tra Marte e*l Battista ,
Erano *l quinto di quei che son vivi.
17 Ma la cittadinanza che or mista
Di Campi e di Ccrtaldo e di Fì^hioe,
casa neir antica cerchia di Firenie : poirkè
le famìglie venute poi di fuori sj femant
ne' borghi, n all'estremo della città* ìBoaa-
delmonti in Borgo s. Apostolo , perrbé ve»
vano da Montebuoni ; gli Albizzi ìnBorfOS-
Piero, i Cerchi a Porta s. Piero, perete va-
nivan da .\cone. — CoaaB. Nel palio ài t.
Giovanni nel giugno, i cavalli venivaoo Ina
porta s. Piero ; e in certi palli veognao OM^
tavia. Le case di Dante erano allato all'i
trionfale.
15. Onesto ( Inf. , XV , 25 ). Ifoo
parlare di Roma origine della ma (irhialia ,
e di Firenze { Vili.. I . 38 ;. lof., IV : f^
landa cose che *l lacere è bello , Sì con* •!•
il parlar colà dov* era. Qoesi' atto di moda-
stia dopo le cose dette della sua aobillà, aaa
è Strano in uomo che tanto si loda , ajial
chiede scusa del rammentare nel Purg. • Xllt
il proprio nome. 0 forse perch'egli cic4cf»
discendere da' Frangipani in Rnma. nonfaUe
rammentare per tacere del tradimento fkt •
Frangipani ordirono a Corradino, dandola ìi
mano a Carlo d' Angiò che 1* accise.
16. Tra. Tra la statua di Marte sai tm-
tevecchio ( Inf. , XIII ; e il batistero éi •-
Giovanni ( lof., XIX }: poiché, dice. ilTOt
( IV, 13 ): Olir* Arno non eradeUn eitiàmt
tiea; e il batistero rimaneva addoseù fli>
mura dell' aniica città ( Bon^h. , Orig. di
Fir. ). — Quinto. Nel 1300 Fireoze fìM«
da settantamila anime ; nel 1200 , qMilif
dicimila : ma non v' eran, dice il P.»
di contado.
17. Cam»i. I Muiingbi TeniTta da
CANTO XVI.
463
Pare vedeasi nell ultimo artista.
18 0 quanto fora meglio esser \icine
Quelle genti ch'io dico , ed al Galluzzo
E a Tredpiano aver vostro confin^N
19 Che averle dentro , e sostener lo puzzo
Del \illan d'Agu^lion, di quel da Signa,
Che già per barattcre ha l'occhio aguzzo!
20 Se la gente eh' al mondo più traligna
Non fosse stata a Cesare noverca,
Ma, come madre asuofigliuol, benigna,
21 Tal fatto ò Fiorentino , e cambia e merca ,
i Reoa e i Boccaccio da Certaldo , i Serri-
stori da Figline. Ott.: Li uomini del conta-
do ,.. li quaU p$r U guem e diifaeimenti
9mm$ro ad abitarB lungo la eiitade , erano
per si , non meicolati ( si coma non degni )
in tra li cittadini , né erano tratti agli ono-
ri, però che con poca fede e cim poco amore
vi vennero ; e però abitavano nel iesto ultima'
wmnte edificato , chiamalo Oltrarno.
18. ViciNB. Non cit(adilu^. — Gallvxxo.
Lontano tre miglia de Firenze. — Twupia-
ao. Cinque miglia.
19. Pujxo. Volg. Eloq.: Morum habitum-
fM diformitate praeeunctii foetere, — Villan.
Baldo. Priore nel 1311. Fulminò contro Dante
quattro o cinque sentenze. — Agvglion. Ca-
•fello in Val di Pisa ^ Signa. Bonifazio , o
Faxio , giudice de' Mori Ubaldini.
SO. GiiiTB. Preti. — Noverca. Petrarca :
OMomiii eif mea Roma noverca. Purg., VI :
Ahi gente ehe dovresti . . . Lasciar seder Ce-
aor netta sella. Madrigna a sé dice Federigo
II 9 io ona lettera la corte di Roma. — Ma-
BBB. Della Chiesa parlando, dice nella Mon.:
Illa nroeranrta freius» quam pttis fUut debet
patri, quam pius filius matri, Ou.: Roma.,.
come pkotrigna gli ha trattati ( gì' imp. } ; e
lo imperio , che di lei ed in lei nacque , ha
oaeciat'o di sé; laonde gì* imp. essendo assenti
dalla sedia imperiale , non creano li censori,
mon li prefetti delle pHfvincie , non li legati,
non li difensori delle cittadi , non li avvocati
• procuratori del fisco , non li altri offixiali
por U quali H purgassono le provincie delti
rei e contagiosi uomini , e per lo quale im-
perio la monarchia del mondo s^ ordinasse e
disponesse , tè che guerre non fossono , e da-
steue contento in fra li suoi termini.
31. SiMiroNTi. Castello in Val d' Elsa , da
' feonero i Pitti. Firenze nel 1202 lo di-
BUnase. Ln Tillano di s. Donato tradì a' Fio-
reaiini la rocca di Simifonte , allora ribelle,
a patto eh' egli e i suoi discendenti Tobscro
«itudini di Firenze , e con certe imiiMUiilÀ.
Che si sarebbe vólto a Simifonti
Là dove andava l'avolo alla cerca.
22 Sariesi Montemurlo ancor de* G)nti :
Sariensi i Cerchi nel pivier d'Acone.
E forse in Valdi;zrieve i Buondelroonti.
23 Sempre la confusion delle persone
Principio fu del mal della cittade,
Come del corpo il cibo che s* appone.
24 E cieco toro più avaccio cade
Che cieco agnello: e molte >olte tagha
Più e meg;lio una che le cinque spade.
Ott.: n quale easteUofu con moUo dispendio
di guerra acquistato e disfatto per li Fioren-
tini ; onde U uomini della corUrada in pareo
vennero ad abitare la eiitade, che non so-
rebbono venuti , se la sedia di Roma avesse
avuto in pace il suo imp., però che i Fioren-
tini non avrebbono mosso guerra contro lo
imperio.
22. MoMTBMUBLo. Nel 1208 i conti Gnidi
signori di quel castello micino a Pistoia ,
noi potendo difendere da* Pistoiesi , lo ven-
derono al comune di Firenze ( Vili. V ,
31 ) per cinquemila Gorini. Se Firenze , diet
il P. , non fosse voluta ingrandirai , ma teno-
re in rispetto ì vicini , Montemurlo sarebbe
de' Conti, né per cagione di quel castello ch*è
prossimo ai contini pistoiesi , tante discordia
sarebbero. — Aconb. Bieca e popolosa pieve
tra Lucca e Pistoia. I Cerchi pel castello di
Montecroce nella pieve d' Acone, ebbero con
Firenze assai guerre. Nel 11&3 i Fiorentini pre-
sero e disfecero detto castello , onde i Cerchi
vennero in Firenze ; e poi menarono parie
Bianca. — Valoigbibvb. Dal iìume Greve che
mette nell' Arno. — Buonubliionti. Ott. : Per
la guerra che fecero li Fiorentini contro a* no-
bili del paese» ne vennero alla cittade.
23. Sbkprb. Tom. ( De Beg. Princ. ) : Bm-
traneorum conversatio corrumpit civium ma-
ree. Arist. ( Polit. ): Più giova che il popolo
lavori ne* campi, che non sempre dimori nella
città. Davanzali : Quindi si può argumenta-
re , vedendo i paesi rossi e salvatici , per la
venuta de' forattieri perdere la loro beata semr
plicitade , e acquistare lumi e splendori di
nuove arti , scienxe e costumi , ma con essi
misera servitù, guerra desolazioni, e ritoma-
re alla piimaia salvatichessa dopo lungo giro
di secoli. — Cibo. Arist. dal P. eiuio nel
Conv. dice che l'alterazione precede sempre
alla corruzione ( Phys. , VII , 2 ; Macr. ,
Sat., II ).
24. CiBco, S«p., VI : Melior est sapientia
quam vires. - L'ma. ne* Prov. , al conUario
&6fr
DEL PARADISO
25 Se tu riptiardi Ldni ed Urbisagfia
G>ine 800 ite, e come se ne vanno
Diretro adesse Chiosi e Sinìgaglia;
26 Udir come le schiatte si dishnoo
Non ti parrà noova cosa né forte.
Poscia chele cittadi termine hanno.
27 Le vostre cose tutte hanno lor morte,
Si come voi : ma celasi in alcuna
Che dura molto, e le vite son corte.
28 E come'l volger del ciel della luna
Coopre e discuopre i liti senza posa.
Cosi fa di Fiorenza* la fortuna.
29 Perchè non dee parer mirabil cosa
Ciò eh* io dirò degli alti Fiorentini
Onde la fama nel tempo è nascosa.
30 Io vidi gli Ughi e vidi i Catelliiii,
Filippi, Greci, Ormanni e Alberichi,
Già nel calare, illustri cittadini :
( XXIV , 1 ) : Erit toZuf uhi multa eomilia
jtmr. Ma il »isleoia politico di Dame era
meno amico a libertà qiial ofpgi s' ìiiieDde ,
che molti non credano. E pensava dovere tn-
tellectu vigentet alus maiuraliUr prineipari,
Nel dispregiare le moUilndini mal governate,
il P. DOD inteodeva però spregiare in latto il
senno de* più , ch'anzi nel Conv. ( I, 9 ) di-
ce : Vuole 9st9r€ evidenti ragione che partire
faccia l'uomo da quello ehe per gU altri è
itato Miralo lungamente,
25. Urbisaglia. Castello del Maceratese :
anticamente città , Urbe Salvia : la nomina
Plinio. - Chiusi. Era sede de* principi etru-
schi. Un' enumeraiione simile di città cadute
é in Ov. ( Met., XV ).
27. Morte. Vetr. : Se*l viver voitro non
fotse si 6rcv6 Totto vedreete in polve ritor-
narle. Bussuet ( Dise. hist.. Ili, eh. 1 ):
Si U$ hommee apprennent à te modèrer en
voyant mourir let rois , comfnen plu$ eeroni
Ut frappèt en voyant mourir let royaumet
mémet ; et où peuton recevoir une pUit beUe
lefon de la vanite det grandeurt humainet ?
28. Luna. Flusso ( Tolomeo, Alroag. ;0U
timo ), — Liti. Aen. , XI: Qualit ubi alterno
procurrent gurgite pontut. Nuno ruU ad tir-
ras , tcopulotque tuperjaeit tindam... iVuiic...
Saxa , fugit , Uttutque vado labent reUnquit.
30. Ugoi. Da loro una chiesa in Firenze
fu nominata s. Maria Ughi , e il poggio vi-
cino a Firenze Mont'l'ghi.— Catbllim. Spenti
all'età dell' Anon., e similmente i Fiiipui. —
<ìREci. Da loro si nomina in Firenze il borgo
' de' Greci. Al tempo dell' Ott. abiiavan Bolo-
gna. — Ormaknk Poi chiamali Forabosco-
Si E vidi cosi grandi ernne antichi.
Con quel della Sannella,qafil dell' Area^
E Soldanierì e Ardinghi e Bostichi.
32 Sovra la porta ch'ai presente è cara
Di nuova fellonia, di tanto peto
Che tosto fia iattura della barra,
33 Erano ì Ravignani, ood' è disoeao
Il conte Guido , e qualunque del Domo
Dell' alto Bellincione ha poscia preso.
3th Quella della Pressa sapeva già coma.
Regger si vuole ; ed avea Galigaio
Dorata in casa sua gii Telsa e1 pome.
33 Grande era già la colonna dei vaio :
Sacchetti , Giuochi , Fifanti e Banieci
£ iìalit, e quei ch'arrossan per lo staio.
36 Lo ceppo di che nacquero i Calbied
Era già grande ; e già erano tratti
Alle curule Sizii ed Arrigucci.
li : grande famiglia. -» Alibrichi. Da loto la
chiesa s. Maria Alberichi : spenti nel me^
lo XIII.
31. Grandi. DI potere — Sajikblla. Bi-
caduti nel sec. XIV. — Arca. Anogaatli ; a
nel see. XIV , pochi e imposaenii. — SoiM»
KiBRi. Esuli come ghibellini iof., XXXIL —
Aroincbi. Nel sec. XIV, io baaso siattt •
pochi. R cosi de' Bostichi.
32. Sovra. 1 Ravignani abitavano arili
poru 5. Piero ( Vili., IV, 10 ) : panò ^hìì
casa a Bellincion Berti , poi a' conti GmI •
poi la comprarono i Cerchi Neri ( III, S;
VII. 117) i e però Dante li chiama ralloni. chi
divisero la ciuà in Bianchi e Neri. Ben?M«la
chiama i Cerchi rustici molto e pfotcrri. *
Barca. Simile metafora nei e. VUl.Acccaaa
agli esili! che ne seguirono.
33. Nona. BerU , o Guidi Berti ( Vii. ,
III. 2 ).
34. PoMS. Della spada. Proprio de* caia-
lieri. Nel sec. XIV i Galigai eran baaai.
35. Colonna. I Pitti , o Pigli. Ama Iva
fa : scudo rosbO con entro coIodor di
Sacchetti. Nemici ali* A. e superbì»
( Inf., XXIX ). — Giuochi Decadoti in
secolo, e ghibellini. — Fifanti. Decadali, a
ghibellini. — Barccci. Anon. : Pimù di Ht
chesze 6 di leggiadrie : oggi tono pocAi m a»^
mero, e tenza ttato d* onore: § soiia^AMk*
ni. — Galu. Al tempo di Daale cadalL*
Staio. Da un de' loro falsato con trarw aaa
doga (Purg. , XII, 35). Chiaramooiaiì , •
Chermoutesi : caddero quando i Cercki Biìa-
chi tùTon cacciati.
36. Calfucci. Questi , i Donati a gli ìkté-
CANTO xvr.
465
S7 O qoali vidi quei che «oo dif fatti
Per lor superbia ! E le palle dell' oro
Fiorian Fiorenza in tutti suoi gran fatti»
38 Cosi facèti li padri di coloro
Che, sempre che la vostra chiesa vaca,
Si fanno grassi stando a consistoro.
39 L' oltracolata schiatta che s* indraca
Bietroachi fogge , e achi mostra'! dente
Ovver la borsa, com* agnel si placa ,
(0 Già venia su , ma di pìcdola gente ;
Si die non piacque ad (Ibertin Donato
Che 1 suocero il (aoesse br parente.
%1 Già era '1 Caponsacco nel mercato
Disceso giù da Fiesole, e già era
Buon cittadino Giuda ed infangato.
kSt Io dirò cosa incredibile e vera :
Nel picciol cerchio s'entrava per porta
Che hi nomava da quei della Fera.
Hai , eran tolti d' nn ceppo. I Donali spen-
sero poscia i Calfticcì ghibellioi. — GuauLS.
Primi Mfizii , qnal era a Roma la sedia co-
mie. .» Siili. Quasi spemi nel soc. XIV. —
Anieucci. Cadali ; ed esali nel 1302.
97. Qcu. Gli Abati. Altri dice gli Uberti.
— Palli. Lamberti ( Inf., XXVIll ). Ebbero
poi le palle i Foraboschi ed i Medici.
38. Vaca. Della Tosa, Visdomioi, Allotti,
patrooi e fondatori del irescovado , tatti del
nMdesimo ceppo. Se la sedia vacava , eglino
•BministravaDo , e nel vescovado roangiava-
■0 e dormivaBO fino alla eleiione nuova.
40. Dow ATO. Bellinciooe maritò una figliuola
ad Ubertino , aobilissimo ; onde gli spiacque
ohe l'altra fosse data ad odo Adlmari. La fa-
■liglia Donati si spense nel 1620 (Pelli).
41. CAroHSACGO. Ghibellini, esuli al tempo
di Dante. Una Caponsacco fu moglie di Fol-
co • BMdre di Beatrice ( Rie, Chiese fiorent.,
TIII, p. SSl ). — BfaacATo. Presso la bocce
n mercato vecchio , ia pib nobile parte della
cItU (Vili. , VUl , 71 ). — Giuda. Guidi :
italio animo, dice i' Oti., ghibelUni, e moUo
mktanati d* onors e di ricehezs$ $ di persone.
Cacciati co' Cerchi. — lifFAitOATo. Bassi In
Ottore, e pochi in numero : ghibellini disde-
gnosi.
41. PamA. Porta Pemzia : da una privata
Amiglia denominavasi una porta : tanto la fa-
miglia era «rande , e il pericolo di tirannide
e di discordia lontano. Ott.: Chi enderMe,
eko ^nalit della Fera fouono onftcAt? Io dico
eh*§Ui Mono si anItcAt, che una porta delpri"
me torokio della ciUade fu dinominata da
loro; li quali vennero tè maiio^ che di loro
ki Ciascun che della bella indegna porta
Dei gran barone ilcal nomee'l cui pregio
La Mata di Tommaso riconforta,
hk Da 6890 ebbe milizia e privilegio ;
Avvegna che col popol si rauni
Oggi colai che la fascia col fregio.
45 Già eran Goatterotti ed Importuni :
E ancor saria Borgo più quieto,
Se di naovi vidn fosser digìnoi.
M ^ casa di che nacque il vostro fleto ,
Per lo giusto disdegno che v* ha morti
E posto fine al vostro viver lieto,
VI Era onorala , essa e suoi conaorti »
0 Buondelmonte, quanto mal fuggisti
Le nozze siie per gli altrui conforti !
i8 Molti sarebber Ceti che son tristi.
Se Dio t* avesse conceduto ad Ema
La prima volta eh' a città venisti.
non fu memoria^
43. Ciascun. Pulci , della Bella , Ganga-
laudi , Nerli , Giandonati , nell' arme loro in-
quartavano quella del conte Ugo , del quale
tottod) si (h commemorarione alla badìa di
Firenze nel giorno di s. Tomaso ; in decem-
bre. Ugo mori in Toscana, vicario d' Ottone
III. Quelle (hmiglie ebbero da Ugo militari
onori e privilegii : ma a' tempi di Darne Gia-
no della Bella tenne dal popolo contro i no-
bili ; e quesU fascia l'arme d'Ugo con un
fregio d*oro: queU'arme fu doghe bianche
e vermiglie.
48. GuALTiaoTTi... Impoetuni. lo borgo
8. Apostolo ( Villani, IV, 13 ). Eran già gran-
di ghibellini, e ora caduti. — Vicin. Buondel-
monti.
46. Casa. Amidei. Ora sbanditi ( Vili. .
VI,07).L' Ott. dice:! Donati. -^Flbto. L'usa
lacopone ( IV , 8 ). *• Giusto. Booudelmonie
non isposò come doveva, nna Amidei : fu mor-
to da quelli ; onde le parti ghibellina e guel-
fa ( Vili., V, 38 ).
47. CoNSouTi. Gli Amidei ed i Gherardini.
L' Ott.: gli Uccellini. — Conforti ! Dalla
madre di queUa Donati , a cui si sposò nel
i2itt.
48. TaiSTi. Anon.: La rieehiuima e nobi-
liisima città per la dioieione delle parti è et-
euta vedovata molte volte d^ onori, di eiltadini.
e di iue facuUadi , ripiena di vitupera . di
pionii, e di povertà, e di eacetamatiit.-^EMA.
Fiume che si passa venendo da Montebooni*
a Firsaie : dove entrarono i Bnoodeiroonii
nel 1138. Ma qui paria a lui insieme e al pri-
aw di sua ratta ebt scese la Firentc. 0 forse
S9
46C
BEL PARADISO
hQ Ma conveniasi a questa pietra scema
Che guarda il ponte, che Fioreiaa fesse
Vittima nella sua pace postrema.
SO Con queste genti, e con altre con esso
Vid' io Fiorensa io si latto riposo
questo Boondèlmoiiie , causa di Unti mali ,
nacque nella eoe terre.
49. ScBHA. CU.: Sceaio... j^rh bm^ sfa-
re ck$ f§ee fiflir acqua d^Arno qitando Upon^
te vecchio cadde , anm 1178 o di V$ di no-
t?em6re, e /Vi ripofto per lì ciroiuianH di Se
mifontc ( Inf., XIII ). M ponte vecchio Baon*
delmonte fu oeclso ( Vili. , Y, 38 ) : quasi
Yittima offerta a Marie nell'ultima pace della
Che non avea cagione onde piangesse.
51 Con queste genti vid*io glorioso
E giusto il popol suo, tanto che 1 giglio
Non era ad asta mai posto a ritroso ,
52 Né per division fatto vermiglio.
città , al cominciare dell' orribile gaena.
80. Eiposo. Otu: Won auma oouCo biiogno
di /bnitieri rutori.
81. Giglio. I Gaelfi di Firenie presero per
insegna il giglio rosso , in scado bianco ; a
dlflisrenza de* Ghibellini che lo mantcnoero
bianco. U porlo a ritroso, dico l'Ott., era per
Titoperio di sconfitta.
M7
CANTÒ XVII.
mmt
ARGOMENTO.
Questo tanto , fieno delle eveniure e delle tperanxe di DeLnie , rammeiUa il
iato dfW Eneide , la dove Anchite pronunzia ad Enea i suoi futuri destini. Ma
in Enea erano i destini di Roma : e qui le angosce e i sogni d*un povero citta-
dino. Pure nel nostro è poesia ptù profonda^ perchè piU vera. E le speranze e'po^^
wiva in colui che il segno Cesareo portava per arme: e il suo dire percoteva le ptVi
alte cime; e neU' eternità, non nel tempo cominciava già egli ù porre le sue più
forti speranze.
Nota le terzine 1 alla 9; la 11 , 12; U 14 alla 33; la 35 alla 45, con V ultima.
Qual \enDe a Clìmenè per accertarsi
Di ciò eh* aveva incontro a sé udito ,
Quel ch'tncor fa li padri a figli scarsi ;
Taf era io , e tale era sentito
E da Beatrice e dalla santa lampa
Che pria per me avea mutato sito.
Perchè mia donna : mandafuor la vampa
Del tuo disio , mi disse ; si eh* eli* esca
Segnata hene dell' intema stampa.
1. Qual. Fetonte va a Climene, madre sua»
ber sapere se fipafo gli dicesse vero negando
mi esser Gglio d'Apollo (Ot., Met., 1, 744).
* ScAMi. In concedere. Pnrg. , XIV : Non
ti sarò scarso.
%. Sentito. Inf., lY: Quella pista che tu
m§r twìa sm^. — Sito f e. X?» 7 ).
3. Donna. Beatrice lo consiglia a conosceil
le vicende di soa viu : per Beatrice giimgi
egli à saperle. Elman vero adonqoe il verso
dell* Inf., X : JDa M ioprai...Coov. : Ht «mi
Non perchè nostra conoscenza cresca
Per tuo parlare , ma perchè t'ausi
A dir la sete , si che l'uom ti mesca.
O cara pianta mia che si t* insusi
Che, come v^gion le terrene menti
Non capere in trìangol due ottusi.
Cosi vedi le cose contingenti
Anzi che sieno in sé, mirando *1 Punto
A cui tutti li tempi son presenti ;
donna intendo snmprt ffMlla luce vfrfHoitMi'
nm» fUosofia, U cui raggi fanno ijtori rinfron-
twe, e fruttifiears la verace degù uownni no-
5. PuMTA. C. XV: fé fui la Iva radice.^
Ottusi. I tre angoli d' un triangolo aon sem-
pie ugnali a dae retti : or se l'ottaso è mag-
glore del retto , non possono io on triangolo
capire due ottusi.
6. Pusbnti. Boet.: Quae sint , quae fms-
fini , veniantqm Uno mentis ctrntl in ietu.
^€8
DEL PARA D I S 0.
7 Mentre eh' io eri a Vinilio eoogiunto
Su per lo monte chel* aiunieeara,
E discendendo nel nuondo defunto,
8 Dette mi fùr di mia vita futura
Parole gravi ; avvegna ch*io mi senta
Ben tetragono ai colpi di ventura.
9 Perchè la voglia mia saria contenta
D' intender qual fortuna mi s' appressa ;
Che saetta previsa vien più lenta.
1 0 Cosi diss'io a quella luce stessa
Che pria m*avea parlato ; e come volle
Beatrice , fu la mia voglia confessa.
11 Né per ambage in che la gente folle
Già 8* invescava pria che fosse anciso
i; agnel di Dio, che le peccata tolle,
l!2 Ma per chiare parole e con preciso
Latin rispose queil' amor paterno,
Chiuso e parvente del suo propio riso:
13 La cootingena cbe ftaor del quaderno
7. Su. Intese predire di sé nell' Inf. , X ,
XV; Porg., vili, XI, XXiV.— Cura. Pnrg.,
XXV : Con tal cura eoiwwins... Che la piaga..,
fi riweia. — I>ipmiT0. Inf.» Vili» 29: Morta
^ent«. Porg.» XXIU : Véri marti.
8. Tbtbagoiio. Figura a forma di dado ,
che io qaelanque lato cada , posa sempre in
pieno. Arist. ( Eth., I ) : Virtuotui fortuna»
frotpera» fC advonas fertukiqué ommnopm-
dinier , ut houm» tetragomu. Porg. , Y : Sta
come torre ferma.
9. iMTBiinBa. Virg., VI : Te Ina foia doecko,
— Prbvisa. Al.: Nam pracmia ménui laedcrc
tela $oUmt, S. Greg. ha seoieoza simile. Al-
bertano: Mono fa dainno ciò eh* è provveduto
dilMUNUt.
11. Abbasb. Virg. (VI , 9S-100) : Cumaca
Sibylla Borrondoi cauU ambagu , antroquc
rcmugit, Ob$eurù vera ifitM»ÌMfw.— Pbja. Jo.,
XII: iViMM prinecpi hugus mundi tjieicturf
£ con lai i filisi oracoli. E aoco prima» di
quel di Delfo, Cic. dicere: nihil pouit ette
conUmpHu». — Aanbl. Jo.» I : Agnui Dei,,,
qui toUU peccata «hmmìì.
19. Latim. Fer tw^toiiars (e. XII).
13. CoMTmGBiiiA. Le oosa non neeessarie
«he non hao luogo se non se nel mondo» si
Teggono in Dio. G. XXXII » 18 : Dcuiro ol-
l'atnptcìsa di fnsffo ncniie Coniai jNmfo Man
pMoCe over liCo.
14. SraccBU. Pwg. t XXXI : Cofiie tu (e
specchio il eoi ... la doppia fera dcmtro
vi raggiava ( negli occhi ). — Navb. La
na?e é Tedou dall' occhio, bm l'occhio non
obbliga il cono di lei. Inagiae siayie li
Della vostra materia non si stende.
Tutta è dipìnta nel cospetto etemo.
ik Necessità però quindi non prende
Se non come dal viso in che si specchia
Nave che per corrente giù discende.
15 Da indi , si come viene ad orecchia
Dolce armonia da organo , mi viene
A vista 1 tempo che ti s'apparecchia*
16 Qual si parti Ippolito d'Atene
Per la spietata e perfida noverca.
Tal di Fiorenza partir ti conviene.
17 Questo si vuole e qii osto già si cera ,
E tosto verrà btto a chi ciò pensa
Là dove Cristo tutto di si merca.
18 La colpa seguirà U parte olfensa.
In grido , come suol: ma la vendiftta
Fia testimonio al ver che la di> pensa.
19 Tu lascerai ogni cosa diletta
Più caramente : e questo è quello strab
Boexio , V : SicuH voe guum pariier
lare in terra hominem , te oriA ... èokm «i»
detie... hoc voluntanum^ illud,..
judieati». Ita igitur cuneta dmpìciom
intuitue, quaUiatcm rerum miiitme
Qai Pietro ciu Origene , Ugo da sT Vltlen ,
s. Agostino ( G. D., XV ) , il Maestro
sentenie (li, 83).
16. Indi. Dal cospetto di Dio. —
Anco il dolore , se da Dio • è dolce. Od, :
Per ra/f«fionf... che coetui ha a Damie. Uè
dolce eh* elU eia corretto onst usi
fnondOf che nello etemale.
16. iprouTo ( Ot., Mei. ). —
Fedra. lof. » XV.' Ti sì farà, per tm
(or, mmtco. In nn son. del Bone. pMa f A-
ighieri: #ìorffMa glorioea cèbi per wmàm^
Ansi matrigna, a me pietoio /giìo.— Fjàma.
Cacciato il % gennaio laos. OtL : F^elr d^
re... ch'elii foste richiesto dalla parta ifemm.
d'alcuna grande e disonesta ceea; e perektK
non voUe assentire ^ sì lo géudicarano mt
«lieo.
17. La. Da BoniAzio. — MincA. Per li*
nenie.
18. Colpa. Etcì.» XIH.-Amilìt decepieaetk
ituuper, et argtntur. Si darà la coIm airep*
presso; ma la pena Tenaladal vero, dirà dov* i
il vero fallo. Accenna alle sventure della gadli
Firenze. Ovvero : I vinti saran chìMBatl ne-
mici a Dio ; ma Die punirà ben altri clM i
vinti.
19. Lascsmai. Ott.: il vkuaea opermre^ si
folftieo reggere , e 'I hene essmite, la wsmiset
i AiMiaiii U porgati # U aatfei, e firfce me
CANTO XVII.
m;9
Che r gno dell'eiilio [iria saetta.
90 Ta proTerai ti come sa di sale
Lo pane alUni , e com'è duro calle
Lo' scendere e'I salir per T altrui scale.
Si B quel che più ti graverà le spalle,
Sarà la compagnia raìalTagla e scempia
GoQ la qual la cadrai in questa yalle.
foieuUaàL Jer., XII : DnéUqid domum «Man»
éimM koindUat^m m$am • • • Butoru «wM
Ì9m9hH MNit nftitam aieam « oonetifeaoemnl
pmt9m mmm. •— Cakahuits. Ovid.: iVò-
fiM, fMi lol mM cara réUqm ... Della ma-
gàt BOB parla; bm né maBco de* figli; né fi
tlkaiio dimostra eh' egli odiasse la moglie
od i figli. Eli' era sì eongiaou de' Donali ;
ma con elM dolci parola noo ?ediam noiram-
maBtata Plccarda sorella di Corsoi Danio noo
la Boarioò per la stessa ragiona* che non osò
prooonsiare nella cantica li ano
Ebbe di Id molti figli : altri
In tenera età , parecchi sopra?visso-
tigU di gran tempo. PìeUo comentó il ano
fisama. Iacopo ne diede il sonto in tersine:
BBa figlinola là monaca in Rafenna ; e la
VBp. di Firense le inriò sossidii per man del
Boccaccio. Nel 1381 era a Rareona anche
Piatto, segno alle angherie del card, del Pog-
rto. Danio medesimo raccolse in RsTenna
figlia allora di 18 anni circa. Nel 1344
trofiamo aui aegnati da Pietro di Danio, eoi
^1 fendo alconi de'sooi beni di Firenie e
contado : nna ?illa è comprata da un
FsfUnarl, forse a commemorazione di Bice. Pie-
no Hi dotto di latino e di greco ; e la me-
BMrin» sa non l'ingegno, gli sarà sUta fè-
ooBdata dal consorzio del padre.
BB. Tu. Anon.: Ptieslo è mmaro a chiofo
uno. Pro?., XXm : Quando M§d9ri$ , «1 eo-
BWios emn principe , d9U90mi§r aU§nd$, qma§
Opnasfln nmf onle faeUm tmam ... sì f amen
Mas è» pofaftoce animam fnam... ne defuto-
ffw 4s eiiit tdm , tn ^o ssl panii mandoeii.
Soci., XXìXiimproperiumforwfrmafioniMnon
wmdiu; XL: MettM sjf... mort, quam indir
fsre. CooT. (1 , 3) : Né altri contro a me avria
lM§io, né io soffèrto awU ptna ingnutanun-
le; pena, dteo, d'Mtiio e di poosrtd. Bnokè
fk pioet i« de* ctìfodini dtUa b^Uiuima e fa-
wtotimma figlia di Boma^ Ftormita , di fsf*
fflimi /Wofi del no doUitsimo itno. Hr te
parti quoii imce oiie ^noii fueiCn linfiM si
sesnde , pwtpino quoii mendieondo sono on-
èsto • mostrando eonim mia voglia la jfiagé
Mia fortuna eh» mtolo ingimtamonto m pio»
^o molle voHo estere impoCala. V§rammUo
io sono stato Ugno sema osto e Sinsa f o-
.22 Chetuttaingrata,tuttamattaedempia,
Si farà contra te : ma poco appressa
Ella , non tu, n* avrà rossa la tempia.
23 Di soa besitialitate il suo processo
Farà la prova , si eh' a te mi boDo
Averti latta parte porte stesso.
ik Lo primo tuo rifugio e 1 primo ostello
vomo, portano a dhorsi porti e /bei e lifidal
«enf o f eceo e/be vapora (a dolorosa povortà :
e sono mio appariio agli oeeki di mtM eho
forss p§r aUnma fama in altra forma mi avoa*
no immaginato ; nei coipeffo df" quali non
joiamenf e mia porsona inoUio , ma di minor
prsgio si fso ogns opera si già faita, coms qutUa
.eks fosse a fare* ,
iu GBATmul. Eecl. , yill : Cum eutdaeo
non eoi MI eia , ne forte graoei mala »m in
te : ipso enim seeundum vohmiatem snam oe^
dit , et «tmtii eum stnUitia ilUue pertes • ^^
GoHPAoniA. Degli esnU ebe saran teeo. —
Valu. aammenu la valle del I dell' inf., o
dei XV: Mi smarri'in una valle.
^8. Rossa. Di sangue.
83. PnocBsso. Conv. (1,2): Lo processo
della sua vita, lo quale fu di malo in (mono.
Vieri de'Cerehi de'Bianchi, cadde a mal fine.
E i Bianchi tentarono invano nel giugno del
1304 tornare in Firenze per fona d'armi. De'
consiglieri di qaella spedisiona, al dire dei*
l'Aretino, Ut Dante : bm forse e* non isietto
alla batuglia , che fti BMlemente guidata dal
conte Alessandro di Bomena • da ini caedato
in Inf., XXX. L'Anon.:£a vooieofa dioenne
quando elli sé oppose , e^ parte ^tonen...
non riekiodeise H amici ilvemo digonte, mo-
iCfondo le ragioni del piccolo frutto; ondo
poif «eniifa la siale , non trovarono T amicO
eom' elli ero dispoHo il verno: onde molto odio
ed ira ne portarono a Dante ; di e^ elli fi
pani da loro,,, B ,„ eUi ne fitrono morti e
diserti in pia parti groesawmtte, sH quando
eUi vennero alla eittade con li BomagnmoU ,
tè o Piano , li m piti luoghi , e • Pistoia ed
altrove,"^ PAnTi. Inf., XV: Che |r inmi porle e
l'olirà avranno fame IH le. Ma hmgifadal
becco l'erba. Dapprima e' sperava d'essere
invocete da aini>e le parti : oa nitimo si vide
ridotto a forsi parte da aé. Non conosceva
in ani primo i' iofólice che «olessedire follo-
ne politica.
S4. Pmmo. Otiimo: Signori, ovvero tiranni^
della Scala, Reggeva allora Verona Bertolo-
BMo della Scala , morto nel maggio del 1804,
ch'aveva per insegna mi* aqnNa sovra scala,
prima assai che Arrigo foeesaa Gan Glande
0 Alboino, viearii dell'Impero. D'Alboino
470
DEL PAKAt^lSO
Sarà la cortesia del gran Lombardo
Qie n su h scala porta il santo uccello;
25 Ch* avri in te si benigno riguardo,
Òie del fare e del chieder tra voi due
Fia primo quelchetraglialtri è pKi tardo.
2G Con lui vedrai colui cbeimpressofue,
Nascendo , sì da questa stella torte
Che notabili fien l' opere sue.
27 Non se ne sono ancor le genti accorte
Per la novella età , che pur nov* anni
Son queste ruote intorno di lui torte.
28 Ma pria che 1 <iuasco l' alto Arrigo in-
Parran faville della sua virtute ( gannì
In non curar d'argento né d' affanni.
nel Gonv. è pailato con spregio; eiaiiKasco-
nosceoza, perché Cane e Bartolomeo ftirono
benefattori al P. : né , durante la signoria
d'Alboino con Cane, vige' egli in Verona. Al-
1h>ìqo muri Dell* ottobre o nel decerobre del
1311 (Zagata, Storia, par.!).— Santo. C. VI :
V uccei di Dio. £ quivi dice che all' aquila
soggiace il regno mortale. In Cane vedev'egli
un successore di Cesare, cioè d'Enea, un mini-
stro di Dio. Virg.yXI: Aceijfiur.,,$ac§r atei ,..
25. Fabb. Ott.: Sewea tul libro de* Bene-
/icit.. .: Gnuiotitiimi tono li benefUii oppa-
recehiaii , e tfca agevolmeniB «t fanno veno
altrui, ne'pioU nulla dimoronsa- tnferotefie ,
se non por la itorgogna del rieevenie. Il libro
di Seneca era neUe mani frequente a Barto-
lomeo , dice r Ott. Conv. (1,9) t Jcetoe-
ché nel dono na pronta liberalità e che eeea
CI poeta in etto notare . . . conviene ettere lo
dono non domandato. Perchè ti caro eotta
quello che si priega , non intendo (imi ragiO'
nana. Più sotto l' avarìzia pone Dante contra-
ria ad ogni nobiltà d'animo.
M. Colui. Cane fratello d'Alboino e di Bar-
tolomeo, ligliuoli d'Alberto. — Stella. Marte.
. 27. RiroTB* Non di Marte , ma le celesti.
Nel 1300 aveva Cane nov' anni ( Rerum it. ,
t. Vii! , Chr. Ver. ).
28. Guasco. Clemente V , di Guascogna ,
ingannò Arrigo VII ; e dopo coronatolo, gli fe-
ce contro. Ciò fa nel 1310. Anon. : Vabban»
donò del tutto il detto papa , perchè li devo-
ti deUa Chiesa non T ubbiéioano, — Favilli.
Fin dal 1308 Cane a istania di Dante mandò
aiuti a' Bianchi sotto il comando di Scarpet-
U degli Ordelaffi ( Gio. della Corte , t. II ,
1. 10 ). Forse il P. combattè contro 1 Guel-
fi ; ma , vinto , si riftagiò in Lunigiana , do-
ve lo troviamo neiranno medesimo. Aiutò pò-
9cU i Ghibellini di Brescia ( Ferreto, 1. IX).
nel marzo dal 1312 ebbe Vicenza. Si nostro
29 Le sue ndagnificenze conosciute
Saranno ancora, siche i suol nimici
Non ne potran tener le lingue mute.
30 A lui t! aspetta , e a'suoi benefici.
Per lui fia trasmutata molta gente ,
Cambiando condizion ricchi e mendid.
31 £ porteràne scrìtto nella mente
Di lui , ma noi dirai. — E disse cose
Incredibili a quei che fia presente.
33 Poi giunse: figlio, queste son le chiose
Di quel che ti fu detta. Ecco V insidie
Che dietro a pochi giri son nascose.
33 Non vo* però ch* a'tuoi Ticini ìnfkiir ,
Poscia che s* infutura la tua vita
crudele nella guerra di Padova , prode fai t*
te. Fa per consiglio d'L'goccione della Fa^
gioia eletto capo della gran lega ghibefliaa in
Italia. Aiutò, ma invano , Uguccione aleaiea
tornarsene in Lunigiana. Accompagnò tùetn
Cremona Arrigo VÌI , ed in Miiant) léce gran
prove di regia magnificenza. Benvenuto di W:
Fra* tiranni fu riputato aetai prode • pruàm
le ; e fu veemente tignare di maramgÙùee at^
dtrf, franco m battaglia, e forte per grandi
vittorie, — AafiBNTo. V. Inf. { I • 35 }.
29. MAGNiriCKN». Sin da fanciullo ai dh
mostrò spreizatore della riccbetia. Il padre la
condusse a vedere un tesom ; ed egli ietoiti
palimi miiuBiC tuper eum. Nel ano palaaia*-
rano stanze per gli uomini di sapete, di ala-
to , di guerra , con motti appropriati a cia-
scuna condizione : e quivi eran acni par un-
ti , e gli agi tuui del vivere ; e auoai e e§mL.
Quel che si narra dei motti pungenti dal F«
rivoltigli , dimostra più 1* acerbo nutra di
Dante che la miseria di Cane. Quando
le dette novelle sien vere.
30. ASPBTTA. Purg. ( XVIil , 16 ): P
ta Pure a Beatrice. — BbneficI. Nella M.
a Cane : Urget me rei familiarie anguetia •••
Vidi benefìeia timul et tetigi. — Cammaioo*
L'n ant. post.: MutabU eurialet «utios D. Bei^
tholomaei fratrie* Ma più largo concettu è qoilr
lo di Dante.
31. Cosi. Lettera a Cane : Audita ukiqm
magnolia vettra vidi , , , Et quemadmodmm
priut dietofum tuepieabar exeeteum , sic po"
jCen'wi fcuta exeeteita eognovi.
3S. CniosB. Inf. , XV : Saròoio a ekioeee
eon altro tetto. — Giri. Di sole.
38. Viciifi. CiUadini ( Purg. , XI , 47 ). —
INVUTCIA. L*Anon.: ifori in eeiUo a Maieetr
na , doof aUa eua tepoUura ebbe liwyiaia
onore a nullo faUo pia da Ottamamo Ceem
in qua.
e A N t Ò XVIL
471
Via più là che 1 punir di lor perfidie.
34 Poi che tacendo si mostrò spedita
L* anima santa di metter la trama
In quella tela eh* io le porsi ordita ;
35 Io cominciai come colui che brama ,
Dubitando , consiglio da persona
Che vede e vuol dirittamente, ed ama:
36 Ben veggio, padre mio, slcomesprona
Lo tempo verso me , per colpo darmi
Tal ch'è più grave a chi più s'abbandona.
37PwchèdiproYvedenzaè buon ch'io m*ar-
81 ehe,8e luogo m*ò tolto più caro, (mi
Io non perdessi gli altri per miei carmi.
88 Giù per lo mondo senza fine amaro »
E per lo monte del cui bel cacume
Gli oechi della mia donna mi levare ,
SO E poscia per lo ciel di lume in lume
Ho io appreso quel che , s* io ridico ,
A 0)olti uà savor di forte agrume.
IO E s* io al vero son timido amico.
Temo di perder vita tra coloro
Cbo questo tempo chiameranno antico.
S8. OccBi (ci).
SO. A6MU1U. Aagast. : Bsceata el vitia ma-
Aì^tfan deftemuf ad utHitat9m unitenaUtn,
40. VsEO. ProY. Vili: r«rì(al«m mBditahi-
tHr ^«ffiir mettili , et lalria mea (felei faòmifur
Mipvm. — Timido. Chrysost. : Noliu timere
0Of qui eorpttt oceidunt , ne forte propter ti-
Wkorem wioriis Ubere diealte quod auditti». Is.
XL : JKsMlf a in fortUudiM voemm tuam , qui
i»oii|eiiiae JtrueaUm : earolla , noli timere.
4S. Altkoi. Da sa permessa , o non lava-
ta , povendo.
43. Rimossa. Virg. , XII : Sine me haea
kaud moUia fatu Sublatii aperire dotis, —
Tutta. Is. , LVIII : Clama, ne ceieee, quaii
i\ La luce in che rideva il mio tesoro
Ch' io trovai li , si fé prima corrusca.
Quale a raggio di sole specchio d' oro.
k^ Indi rispose : coscienza fusca
O della propria o dell'altrui vergogna
Pur sentirà la tua parola brusca.
th3 Ma nondimen , rimossa ogni menzogna >
Tutta tua vision fa manifesta ;
E lascia pur grattar dov' è la rogna.
kh Che se la voce tua sarà molesta
Nel primo gusto , vital nutrimento
Lascerà poi quando sarà digesta.
k& Questo tuo grido farà come vento
Che le più alte cime più percuote.
E ciò non fa d' onor poco argomento.
th6 Però ti son mostrate in queste ruote,
Nel monte , e nella valle dolorosa,
Pur r anime che son di (ama note.
VI Che lanimo di quel eh' ode , non posa,
Nò ferma fede per esemplo eh' baia
La sua radice incognita e nascosa,
48 Né per altro argomento che non paia,
tuba exalta voeem tuam , et armuntia pvpu
lo meo seelera eorum. — Rogna. Basso, ma
acconcio.
44. Gusto. Boet. Degtutata ... mordeant ,
tnfenui ... reoepta duleeseant, Ezech. , III :
Comedi iUud ( vulumen ) ; et factum eie in
ore meo eieut mei dulee.
47. Esemplo. Dccrel. ; Exempla praesentia
eatfere noe praemonent in futurum, Sen. ( £p.
89 ) 2 imtruenda ut vita exempUe illuelribu$.
^ Baia. Abbia (Inr...XXI). Negli esecni)li
oscuri DÒ i razionali argumenii possono tanto
SOfflì animi. Jer. , VI ; 5rafe tuper vias , et
miete, et interrogate de semitie antiqui$, (juuc
tic via bona , et ambulate in tu.
vti
DEL 'PARA DI so
CANTO XVIII.
À R G 0 IH E y T 0.
Caeeiaguida gli addita altri otto ipòriii che eombatlirotiù per tausa Mute; mi
dell' eto medio , e eifkque princifn o re. Pòi salgono a Gioiee : quivi U emime m
atteggiano in modo da dingnare kttore e parole intere j e si eompongot^ àa «IhM
tfi forma Sun aquila. L aquila gli rammenta Boma , e Jkma i papi. R eaetb
fniice con lirica audacia , e con poteente ironia. Nofoe eimiliiudini ha U emtto; e
tutte nuof>e : e una tra t altre , dedotta dal sentimento 4eW umana per/èfliMdé : n-
militudine proprio cristiana , *^ ^ale per dieci d Omero.
Questo è tra'caoti della terxa cantica na de* più belli. E il passaggio dalla croce al-
l'aquila, dalla famiglia all'impero è poesia vera.
Nota le terzine 1 , 2 , 3 ; la 5 alla 8 ; U 12, 14 , 15 , 17, 19 , 20 , SS; U 25 ali
29 ; U 31 alla 36 ; la 38 ; la 41 » alla fine. .
1 Già si godeva solo del suo verbo
Qtiello spirto beato ; ed io gustava
Lo mio , temprando*! dolce con l'acerbo.
2 C quella donna eh* a Dìo mi menava,
Disse : muta pensier. Pensa eh* io sono
Presso a Colui eh' ogni torto disgrava.
3 r mi rivolsi all' amoroso suono
Del mio conforto ; e quale io allor vidi
Negli occhi santi amor, qui l'abbandono.
^ Non perch' io pur del mio parlar diffidi,
Ma per la mente , che non può reddire.
Sovra sé tanto , s'altri non la guidi.
i. Taaio. Concetto. Arìst. : Coneepius men-
tis inierior , etiam antequam per voeem desi"
gnatwr, proprie fierìmm dicitur.
2. DisfiaAVA. Ap. ( Bom., XII) : Utibi vtn-
dieta : ego retribuam.
3. Suoico. Inf. , \l: Qui pose fine al la-
eriwsahU suono.
4. llBNTi. Memoria (larenio^ II, 3).—
8
Tanto poss'io di quel punto ridire ,
Che , rimirando lei , lo mio affetto
Libero fu da ogni altro disire.
Fin che 1 piacere eterno , che
Raggiava in Beatrice , dal bel viso
Mi contentava col secondo aspetto,
Vincendo me col lume d'un sorrìso f
Ella mi disse : volgiti e ascolta ;
Che non pur ne' miei occhi è paradiso.
Come si vede qui alcuna volta
L'affetto nella vista, s'ello è tanto
Che da lui sia tutta l'anima tolta ;
Altm. Dio. Inf. XXVI : Compatirmi piasqm
6. Fin CHS. Intanto che. Inf. (XIX ,17):
Fin ehe ffirtute al suo tnarito piacque. —
coNDo. Lame riflesso.
7. Pus. Non nella scienia divina
è felicità , ma negli esempi do'giaflli (
Cast. ].
CANTO xvin.
473
9 Cosi nel fiammeggiar del fulgor santo
A eh' io mi volai , conobbi la voglia
In lai di ragionarmi ancora alquanto.
10 E cominciò : in questa quinta soglia
Beir albero che vive della cima ,
E frutta sempre, e mai non perde foglia,
li Spiriti son beali, che giù, prima
Che venissero al ciel , fùr di gran voce ,
81 eh* ogni musa ne sarebbe opima.
13 Però mira ne' corni della croce :
Quel eh' io or nomerò , 11 farà l' atto
Che fa in nube il suo fuoco veloce,
13 Io vidi per la croce un liyne tratto
Dal nomar losuè , com' ei si feo ;
Né mi fu noto il dir prima che 1 fatto.
ik E al nome dell' alto Maccabeo
Vidi moversi un altro roteando ;
E letiiia era forza del palèo.
15 C^ per Carlo Magno e per Orlando
Due ne sc^ lo mio attento sguardo,
Com' occhio segue suo falcon volando.
16 Poscia trasse Guglielmo e Rinoardo
E '1 duca Gottifredi la mia vista
Per quella croce, e Ruberto Guiscardo.
10. SooLU. Virg. chiama tabulata gli or-
dini Tarli de'rami ( Georg. , 11 , 361 ) : 0 N.
li chiama soglia , traslalo più atrano. —
ALUao. Il ParadiaO' che fhe di Cristo. —
Pbsdb. Ezech. , XLVII : Non da/luet foUum
€X eo , €t non defieiét fmttui iju$,
13. Sì. SI loalo com'egli » Gacciagnida lo
aominò.
14. Maccabeo. Giada , figlinolo di Mau-
Uà , liberatore del sao popolo da Antioco
tiraolio. — PaUo. Virg. ( VII , 378^ ) : Ceti
quondmn torto volitanM mb verbnt turbo,.,
m§ a€tui .Aaàffia Curvati! fortut ipaiu» . . .
Dami amimoi plaga§. Simile comparazione ìd
TibuUo.
10. Caelo. Ott. : CMamaio daUa China
emuro i Longobardi , 9r9tiei » a porncutori M
Jfùfa f detta Ubertade d*ttaUa . . . CombiUtè
per la fed$ in Calavria con i Saraoini pattati
4^Àffrita ptr occupare lo impèrio di Roma ,
ollortt ahoandonato datti vUittimi impcradori,
16. GiiALiBUio. CoDte d'Orlnga in Proven-
pa » figliuolo al conte di Narbona. •— Rimoai-
». Cognato di Guglielmo , dice Pietro. E l'A*
: Con li Samcini venuti d* Affrica • • . r
imamente eoi re Tedaldo , ffcero ^mn-
éiuime battaglie per la fede critiiana ... il
detto conte &UgUelmo , a Bettrando tue na-
pete loiciaiQ ti conioflo d^Orie^ga, jnraia oètto
17 Indi tra Y altre luci mota e mista
Mostrommi l'alma che m*avea parlato
Qual era tra i cantor del cielo artista.
18 Io mi rivolsi dal mio destro iato
Per vedere in Beatrice il mio dovere,
O per parole o per atto , segnato.
19 £ vidi le sue luci tanto mere.
Tanto gioconde, che la sua sembianza
Vinceva gli altri e 1* ultimo solere.
20 E come , per sentir più dilettanza,
Bene operando Fuom di giorno in giorno
S'accorge che la sua virtude avanza;
21 SI m'accors*io che 1 mio girare intomo
Col cielo 'nsieme avea cresciuto V arco.
Yeggendo quel miracolo più adorno.
22 E quale è il trasmutare, in picciol varco
Di tempo, in bianca donna quando'l volto
Suo si discai'chi di vergogna il carco;
23 Tal fu negli occhi mi^ quando fui vólto '
Per lo candor della temprata stella
Sesta, che dentro a sé m'avea ricolto.
24 lo vidi in quella giovial facella
Lo sfavillar dell' amor che 11 era
Segnare agli occhi miei nostra favella.
di monaco. ..edi chiamato s. Golgi jelmo del
Diserto. — GoTuraim. Di Bagliooe , conqui-
stò Gerusalemme , e regnò circa il 1090. —
RiruaTO. Di lui. Inf. ( XXVIH , tf). Sulla
metà del secolo XI , venne in Italia di Nor-
maudia , in aiuto de* fratelli. Unfredo re di
Puglia e Roggeri re di Sicilia : liberò la Si-
cilia da' Mori , e Gregorio VII aaaediato in Ca-
stel a. Angelo da Arrigo III.
17. Mota. L'usa nel Porg. , XXni. -~ Can-
Ton. Si mise anch'agli a cantare.
19. Miai. Salomone , della Sap. ( VII, 10 J:
IVopofui prò luce hahere tUam : quoniamine'
xtinguibite ett lumen iUiut. — SoLimi. Parg.
XXVU : Di lor tolere . . . maggiori.
21. Aaco. Salendo , cresce la circonferania
de* cieli. — Mimacolo. Cosi la chiama nella
V. Nuova ; e nel Conv. dice eh* ella fli cre-
dibili col suo aapetto i miracoli. Cani. : Di-
venne tpirital bettexza grande , Che per lo
cielo epande Luce d* amor che gU angeli sa-
ltila , B lo kìUUeuo loro atto a fofliia Face
maratrigliar : tanto è gemile.
SS. Gabco. Sordello: DeWonia deteargan»
SS. CAMnoa. Conv. : ^tova intra tutte le
ffaUa ÒMifiaa ai mostra e guati argentata. —
TBHPaATA. Lucano' , eiuto da Pietro non so
perchè: Sub Jove temperietf et fwfifiiam tuf'
eiéee em. Conv. : Jfuooa Ira dm éM raim-
60
47^
DEL PARABISO
à5 E come augelli sarti di riviera,
Quasi congratulaDdo a lor pasture ,
Fanno di so or tonda or lunga schiera;
26 SI dentro a' lumi santi creature
Volitando cantavano , e facénsi
Or D , or I , or L in sue figure.
27 Prima cantando a sua nota moviénsi:
Poi , diventando l un di questi segni,
Un poco s'arrestavano , e tacénsi:
28 O diva pegaséa che gì* ingegni
Fai gloriosi , e rendili longevi,
Ed essi teco le cittadi e i regni,
29 Illustrami di te , si eh' io rilevi
Le lor figure com' io V ho concette:
Paia tua possa in questi versi brevi.
30 Moslràrsi dunque cinque volte sette
Vocali € consonanti : ed io notai
Le parli si come mi parver dette :
31 JHligitejuitUiam , primai
Fur verbo e nome di tutto 1 dipinto;
QuijudicalU terram , fùr sezzai.
32 Poscia neir M del vocabol quinto
Rimasero ordinate ; si che Giovo
Pareva argento li d' oro distinto.
gnanti aUa iua hnona tempwansa , tteeome
quello di Marte e 9ti«tto di Saturno : ondt
Tolomeo dice , che Giove è nella di tempe-
rata eomplemone in mezzo deUa freddura di
Saturno e del calore di Marte.
24. Giovi AL. Lo dicevano in questo senso
anco in prosa. L' Ott. trae dal libro De prth
prieUUibus rerum le influenze di Giove beni"
volo e bene temperato ... onde li antichi die-
Hro , che la cagione della felieitade era nel
eirculo di Giove ... Solfo Giove sono onori ,
ricchezze e vestimenti ... significa sapienza e
ragione , ed è veridico. Però pone il P. in
Giu?e le anime giuste.
26. Volitando. Volito, osa l'Ott. in prosa.
— Or. Prime sillabe di diligite,
37. Nota. G. VII : Volgendosi alla nota
sua. — S' AERBBTAVAiio. Per lasciar vedere
la lettera.
28. Pbgasba. Tutte le Muse diconsi pega*
see : qui dunque invoca la musa in genere ,
ovvero Calliope chiamata nel 1 del Purgato-
rio. » Regni. Ben rammenta la gloria che
dair ingegno viene ai regni ed al popoli ; qui
dove parla dei re.
29. Paia^ lof. , li : O menle ... Qui si
parrà la tua nobilitate.
30. Gi!fQLs. Xrentacioqie lettere sono in
33 E vidi scendere altre luci dove
Era 1 oolmo dell' M , e li quetarsi
Cantando, credo, il Ben ch'asè le more*
3k Poi come nel percuoter da' ciocchi arsi
SurgODO innumerabili faville.
Onde gli stolti sogliono agurarsi;
35 Risurger parver quindi più di mille
Luci , e salir quali assai e qua' poco.
Si come 'I sol che Y accende , sortille.
30 E, quietata ciascuna in suo loco,
f^ testa e 'I collo d' un' aquila vidi
Rappresentare a quel diitinto foco
37 Quei che dipinge 11 , non ha chi 1 gokR»
Ma esso guida ; e da lui si rammeoli
Quella virtù eh' è forma per li nidL
38 L' altra beatitudo che contenta
Pareva in prima d'ingigliarsi ali*
Con poco moto seguitò la 'mpreota.
39 O dolce stella, quali e quante geo
Mi dimostraron che nostra giustizia
Effetto sia del ciel che tu ingemme!
iO Perch'io prego la Mente in cheslniai
Tuo moto e tua virtute , che rimiri.
Ond'eacel fummo che'l tuo raggio viiit*
DiUgite juititiam , qwi judiaoKt Wrmm. Di>
role della Sap, 1.
32. Quinto. Terram. — AaasHTO. La drii-
mò nel Gonv. stella argentcUa*
33. Bbn. La giostiiia divina.
34. AouKAasi. Fortuna. Agura na il ?f|-
lani.
35. SoETiLLi. G. XI: CoMtk^atmmokm
sortillo.
36. Aquila. Nel pianeta di Giove e'icanM
l' aquila , uccello di Giove, simbolo Mia !■>
periate giustiiia. ^ Distinto. Nel ▼. 96 di-
ce che neir emme Giofe pareva argento #*
stinto d' oro.
37. GuioA. Boet. z Ts . . . dux. — Rasmb!I*
TA. Si riconosce , si rammeaia da Ini disct*
sa quella virtù eh' é forma , dante vigori a
quanto si produce o si genera. C. I: QmtSI9
è forma Che i* universo a Dio fa sJmigliawÈt»
38. Bbatitudo. Per beati. Come gimisM
per giovani. -^ SaouiTÒ. Que'che posavan sai-
r emme , presero furroa d'aquila, quasi in*
pressi di quella.
39. NosTUA. Nel e. IV, SO , disse toraare
alle ruote celesti r onore dell' Infloema ed II
biasimo. Albuiiiazar : Da Giove re éeUm tth
ra viene ai re t influenza della ^'«teista.
40. Mbntb. Dio. — RiHimi. Boti. : O jtm
CANTO XVIII.
ATS
M Si eh* un* altra fiata ornai s'adiri
Del comperare e vender dentro al tempio
Che si murò di segni e di martiri.
kS O milizia del ciel , cu* io contemplo ,
Adora per color che sono in terra
Tutti sviati dietro al malo esemplo.
(^3 tiià si solea con le spade far guerra :
Ma or si fa to^ndo or qui or quivi
ffMMfiof rupC9 terrof , QuUgwM nrum foeden
n9cti$, — Esci. Di Roma. Parg. XVI : La ma-
la eamdoUa • . .*L mondo ha fatto reo.
41. S'AiMmi(Jo.9 II].— Vbndbr. Cassiodor.:
Jfigotiatom abominalrilu iunt qui juttitiam
D$i not^ cotuidaronfef.— Siaai. Miracoli. Voce
42. ADotA. Eteeh. , XLVI : JngndUwr . • .
«I méorM. — SvTati. Parg., XVI : La gente,
eh$ $ua guida vede Pur a quei ben fenre . . .
quel ii paeee.
49. Gu. A Roma. — ToaLiiiiDO. Per aoa-
Lo pan ch'I pio Padre a ne<;sun serra.
54 Ma tu che sol per cancellare scrivi ,
Pensa che Pietro e Paolo , che morirò
Per la vigna che guasti , ancor son vivi.
45 Ben puoi tu dire : i' ho fermo il disiro
Si a colui che volle viver solo ,
E che per salti fu tratto a martìro ,
46 Ch'io non conosco il PescatornèPoIo.
temi. — Pan. Ailer . • . Aifiam noflfum ^no-
tidianum da , , ,
44. Tu. E' si volge al papa allora vivente,
Clemeote V. *— Scbivi. Gli aoaterai per cas-
cellarU a prezzo. — Vigna. Jer. , li : JBgo...
plantatn te vineam eleetam . . . eonvena et
mihi in pravurn . . 7-» Vivi. Oli. : Il rinm-
nereranno delle tue opere.
45. Colui. Ne' fiorini di Firenze era rima-
gine^ del Batisu. G. IX : Il maladetto fiore.
— Salti ( MaUh. , XIV ; Marc. , Vi. )
46. Polo. Per Paolo; tattora a Venezia.
476
DEL PARADISO*
CANTO XIX.
ARGOMENTO.
Bvria V aquila ardente , come foae una iola persona : poetica imàgim M-
V unità del volere nel cuore de* buoni. E ecioalie un antico dubbio di Dante, ek*i
il dubbio $u cui iutli $* aggirano gli umani deetini. V uomo che non erode im (r.
C. perrhi noi conosce , e pure adempie le leggi di natura , andrà egli ealvato f
L aquila risponde , con poetiche imagini, che C uomo non può penetrare t seermi
di Dio. Boi conchiude con un bd pano deW Evangelo. L uccello comincia con la
teologia , e finisce in satira.
Nota le teriioe 1, S, 4; la 6 alla 9 ; la 13 alla 15 ; la 17, 18, 91, SS, t7; b il
alU 34 ; la 36, 87, 38, 40, 42, 43 , 45, colle oltime tre.
1 Parea dinanzi a me con 1* ale aperte
La bella image che nel dolce firui.
Liete facevanl* anime conserte.
2 Parea ciascuna rubinetto in coi
Raggio di sole ardesse si acceso
Che ne' miei occhi rifrangesse luì.
3 E quel che mi convien ritrar testeso,
Non portò voce mainèscrisse inchiostro,
Né fu per fantasia giammai compreso.
h Ch'io vidi e anche udi' parlar lo rostro,
E sonar nella voce ed io e mio
Quand' era nel concetto noi e nostro,
5 E cominciò : per esser giusto e pio,
Son io qui esaltato a quella gloria
Che non si lascia vincere a disio.
1. Ih AGB. ( Porg. , XXV , 9 ). L' osa 1' Ar.
( XUI , 29 ). ~ Fruì, Come altrove patte ,
velie , etti , t simili. — Goiisbrtb. A forma
d' aquila ( e. XVlll , 36 ).
2. Lui. Il sole.
4. Nostro. Porg. , XV : Che per quatui H
dice pie lì nostro , Tonio possiede piik di ben
eiateuno.
tt. Disio. La Chiesa : j^e omnem deside-
6 Ed in terra lasciai la mia memoria
Si fatta , che le genti 11 malvage
Commendan lei, manonseguoDltateria.
7 Cosi un sol caler di nnolte brago
Si fa sentir , come di molti amori
Usciva solo un suou di quella image.
8 Ond' io, appresso : o perpetui fiori
Deli' eterna letizia, che pur uno
Sentir mi fate tutti i voaUì odori ;
9 Solvetemi spirando , il gran dioono
Che lungamente m'ha tenuto in nune,
Non trovandoli in terra cibo alcooo.
10 Ben so io che, se io cielo altro reaaie
La divina giustizia fa suo specchio,
li vostro non apprende con velame.
rium tuperant. 0?vero : che col solo dcsM^
rio non si ha ma eoa le opere. E «turtnii
tal senso sarebbe eonquieiare ; come in Hat,
XI : Regnum eoelorum vim patiiur , et viUi
rapiwU illud. Io intendo al primo dmnÌo.
6. Lii. La memoria.
9. Spibando. Segoe il traslato de' fiori.
10. So. La giustizia si specchia ae'Tr
I ( e. IX , SI ). onde rlAilge a tuta i beaU .
i
CANTO XIX«
4T7
1 1 dapeCe come attento iom'apparecchio
Ad ascoltar : sapete qoale è quello
Dubbio che m'è dìgiun cotanto vecchio.
12 Quasi falcone eh* esce di cappello,
Move la testa, e con l'ale s'applaude,
Yodia mostrando e facendosi bello ;
18 Yid'io farsi quel segno che di laude
Della divina grazia era contesto,
GoD canti quai si sa chi lassù gaude.
ih Pòi cominciò: Colui che volse il sesto
Allo stremo del mondo e dentro ad esso
Dbtinse tanto occulto e manifesto,
15 Noo potéo suo valersi fare impresso
fu lutto Y universo , che 'I suo Verbo
Non rimanesse in infinito eccesso.
16 E ciò fa certo , che 'I primo superbo
Che fo la somma d' ogni creatura,
Per non aspettar lume j cadde acerbo.
17 E quinci appar ch'ogni minor natura
É corto ricettacolo a quel Bene
Ch*è senza fine , e sé in sé misura.
18 Dunque nostra veduta , che conviene
E«er alcun de'raggi della Mente
Di che tutte le cose son ripiene.
Dio (iodicaiila: ma i re posti in GÌo?e, veg-
fMM anch'essi apertissima essa ginsiiiia ;
fireliè i minori e i grandi di qaesU vita mi-
nno tatti nel medesimo specchio ( e. XV ).
M ai re .placche agli altri s' addice conoscere
la eaaa dell' eterna giostida. — Spicchio. La
aaptasa é chiamata : Sp$euhm tm§ maetUa
JW wmutatii ( Sap. , VII ).
iS. Falgohi. Bocc. : Non aifHflMfifi ch§
/Wiim meiio di eappelio pìaudsndomi . . .
Mm iUtrimmii U faUon* , tratto di eappMo,
M ftfé tulio , a tovra sé toma.
II. Lauhi. Inf., II: Boatrieo, loda di Dio
«ars. — Si. Parg. , V : SalH eoìm. — Chi.
Soia un beato poò intenderne la dolceiia.
14. Sisto. Sap.: Omnia ìii meniura. .. dt-
afwmiitU. Anon.: Iddio , eko ... U tuo eom-
pmM$o volto ... alla ritondiià dèi mondo. Si-
■Ola Idea in Milton ( VII, S34 ). Eccl., XUil:
GpfooU eotlum in drcmiu gloriat tua$.
ÌA. Eccesso. In boon aenso. Lett. a Cane:
Qmomadmodmm jfriut dietorum tutpieabar
, aie potlertus /bela wetttiva eo-
16. Sumao. Isaia , LI : Btnuttittituptr-
èmm . vulntruiH draeontm ? « Lumi. Gli
••geli anch'essi ebbero on tempo di prova ;
LMCifero non voUe aspettare che la prova
teiaae, per conoKcre ii vero delie reUzioni
19 Noo può di sua natura esser possente
Tanto che'l suo principio non discema
Molto di li da quel eh' egli è parvente.
20 Però nella giustizia sempiterna
La vista che riceve il vostro mondo,
Com' occhio per lo mare, entro s'interna.
21 Ghe,benchòdallaprodaveggiail fondo,
In pelago ix>l vede ; e nondimeno
Egli è, ma cela lui l'esser profondo.
22 Lume non è , se non vien dal sereno
Che non si turba mai , anzi è tenèbra
Od ombra della carne o suo veneno.
23 Assai t'ò mo aperta la latebra
Che f ascondeva la Giustizia viva
Di che facéi quistion cotanto crebra.
24 Che tu dicevi : un uom nasce alla riva
Dell' Indo , e quivi non è chi ragioni
Di Cristo , né chi legga , né chi scrìva ;
25 E tutti suoi voleri e atti , buoni
Sono , quanto ragione umana vede.
Senza peccato in vita od in sermoni.
26 Muore non battezzato e senza fede:
Ov'è questa giustizia che'l condanna i
Ov' è la colpa sua, sed ei non crede f
tra là creatura ed il creatore. Lo dice nella
y. El. ( 1. I , e. 2 ).
17. MmoR. Creau. — Costo. Marc, XIII:
Do dio ... vtl hora nomo teit , ntqut angeH
in eotlo, fiefiM FtUut. — Finb. Confine. — >
MisumA. Conv. ( II , 4 ) .* QueUa iomma dtità
eko ti iota eofli|»fttlamenl0 vede,
18. RipiBNS. Jer., XXIII : Numquld non
eoelmm , el terram eoo tmp(eo..?yirg.( Ecl.
Ili ) : Jovit omnia piena.
19. PaiNCiPio. Non vegga Dio in molto mi-
nor lace di quello ch'egli è.
SO. Ricavi. Concessagli da Dio.
S3. SiRSNO. Al. : Ptrpetuum ntdla turba-
tum nube serenum. — OifiaA. D' ignoranza
che ci venga dall' esser noi nella carne con-
fitti , 0 culpa che ci venca daU' obbedire alla
carne , e sperar cosi d' elevarci. Sap.: Corpi»
^liod eorrumjritur, aggravai animam, et ter-
rena ni^aòtlalto dspréiiiil seiuiftii muUa eogi-
taniem.
34. INBO. Parte , a qae'tempi • più remota
da Roma. Pnò r Indiano salvarsi. Dice s.
Pietro negli Atti. ^%.
se. Battizzato. Jo., VI: Niti qmt^ena-
tut fuerit ex aqua , et Spiritu taneto » non
potett tnlroirs in regnmm ihi. Quod naium
atl ox eamo , «aro esl: el quod natum §tt
$a tpirUu, tpirim ut.
»8
DEI PARADISO.
ti. Or tu chise'che vuoi sedere a scranna
Per giudicar da lungi mille miglia
Con la veduta corta d'una spanna t
S8 Certo a colui che meco s assottiglia ,
Se la Scrittura sovra voi non fosse,
Da dubitar sarebbe a maraviglia.
29 0 terreni animali , o menti grosse !
La prima Volontà eh* è i)er so buona,
l)u sè,ch'è sommo ben, mainonsimosse.
tv; Cotanto ègiusto, quantoaleiconsuona.
Nullo creato bene a sé la tira ;
Ma essa , radiando , lui cagiona*
3) Quale sovresso il nido si rigira
Poi ch'ha pasciuti la cicogna i figli ,
£ come quel eh' è pasto , la rimira;
:]2 Cotal si fece ( e si levai li cigli )
La benedetta immagine , che l' ali
Movea sospinta da tanti consigli.
33 Roteando cantava e dicea : quali
Son le mie note a te che non le 'ntendi,
Tal è il giudicio etemo a voi mortali.
27. Cm. Apost.: Arwina v&ba.,* non Ueet
homini loqui. Eccl. , XVill : Quii.,, invétti-
gìiìnt magnalia ejus ? Conv.: Oh ttoUiuime 6
vilitiime bestiuole , che presutnel$ condro la
noitra fede parlare, e volete iaperep tappando
e filando , ctò c/m iddio con tanta prwUnxa
ha ordinato !
28. Mbco. Chi s' assotUglii a guardare in
me che sodo imagioe della divioa giostixia.
C. XXVIII, 21 ; intorno da mio rassottiglia.
Ott.: Se la Scrittura non fos^e sopra voi, al-
lora sarebbe da dutntare e da maravigliare
di quella giustizia : ma la Scrittura U Pi di-
thiara..,
29. Priva. Is., LXV ; Anteguam eìanMnt,
ego exaudiam : adhuo iUis loquinlUntt , ego
audiam,
SO. RaoTando. C. XIII: Ciò che non muo-
re ^ e ciò che può morire, Non i gè non splen-
dor di queUa idea , , ..
32. Cotal. Simile costniUo nell' Inf. ,
XXIX : Barte sen già (ed io dieiro gU anda-
va) Lo duca,
33. iNTBNDi. C. XVIII , 33 1 Cantando , cre-
do , li i^ffi ch*a sé le move*
34. Poi. Poiché ( Parg. . X , i ).
35. Mai. Maestro delle aent. ( 1. III, dist.
25 ). — Chiavassb. Pr. Jacop. : Chiavato m
questa croca. Similmente il Sacchetti. Chiodo
da clopus,
36. CusTO. Matt. , VI! : /Vbn omms , qui
imt,., Domine, Domine, ttifraòìl in regnmm
eesUrum:sed qui faeit voluntatem FiatHe mei.
34 Poi si quotare que' lucenti incendi
Dello Spirito santo , ancor nel tegop
Che fé i Romani al mondo revereodi ;
35 Esso ricominciò : a questo regno
Non sali mai chi non credette in Griffo
Né pria né poi che'l si chiavasse al legpio.
36 Ha vedi : molti gridan : Cristo, CrìsM
Che saranno in giudicio assai fnen jarsyt
A lui, che tal che non conobbe Crialo.
37 E tai Cristian dannerà Y Etìope
Quando si partiranno i duo coUeglt «
L' uno in etemo ricco e V altro inope*
38 Che potran dir li Persi ai vostri regi
Com' e' vedranno quel volume apeito
Nel qual si scrivon tutti suoi dispragit
39 LI si vedrà tra T opere d* Alberto
Quella che tosto moverà la penna •
Perché 1 regno di Praga sia deseitob
(hO Li si vedrà il duol che sopra Senna
Induce , falseggiando la moneta ,
Quel che morrà di colpo di cotenna.
37. EtTópb. Mattb. , Vili : MMU mk
te, . . venient, et recumbent eum AkreJiem^»
in regno coelorum : FUii autem regni ^jicìm^'
tur in tenebras. — Coi.LSct (Malth. , XXV).
38. Rbgi. Peggiori dcgl' idolatri. Seìome-
ne : Quoniam quum essetis minietri repd #
Uus , non reetejudie(utis...Ugemjuetitime^^
VoLCMi. Jo. (Ap., XX): Libri averti m
etjudicati sunt mortui. Evang.: NihU,..
tum, quod non revelabitur. Oli.:
l'opere loro li Afri t con quelle dot principe «At
dee essere governo del mondo tutto, e '
quello più sosse delle loro , potra%
verare , e dir^: 0 prineipe,,, U quak eri
minato dalle divine ed umane (affit
r inchiruuti a ai vituperosi peecaH , dbt et
piò a basso che noi infedeU e ciechi di Imi
di grazia ?
3». Albiato ( Parg. , VI. SS ). Csinrpè h
Boemia nel 1303 , morto Veaeeslao ; a lajli^
de al daca di Gblarenia, suo geoero.«
SA, Sol gran volarne che ha delio.
40. iNDuca. Filippo U Bello fece
moneta falsa, e con essa pagò Ptaefciteai*
soldato contro f Fiamminghi , dopo la ratta
di Cambra^. Da' tempi di lai , cioè dal ISM
ebbe nomo il Bontauchange a Parigi. M
1291 Filippo sotto specie di pooire l'oavat
fa prendere tutti gì' luliani ch'erano in
Francia, e li ruba. Cacciò di Frància |i
Ebrei : e come che desse primo a Farifi m
parlamento stabile , primo consolidò <|m1 è^
minio d'usflau monarchia che Mlaa In taa>
CANTO XIX.
(79
41 LI si Todrà la superbia eh' asseta ,
Che fa lo scotto e 1* Inghilese lolle ,
Si che non può soffrir dentro a sua meta.
42 Vedrassi ia lussuria el viver molle
Di quel di Spagna, e di quel di Buemme
Che mai valor non conobbe né volle.
43 Vedrassi al Ciotto di Gerusalemme
Segnata con un I la sua boutade,
Quando 1 contrario segnerà un' emme.
44 Vedrassi l' avarizia e la viltado
Di quel che guarda T isola del fuoco
ti parieoU i suoi successori. Morì andando a
caccia « ferito da od cignale che diede nel
floo cavallo ( Vili. , IX , 66 }. ^ Cotbnica.
In Romagna dlcesl il porco: e forse cosi si
diceva in Toscana.
41. AssBTA. ly impero. — Scotto. Edoar-
do I d* IngbUlerra e Roberto re di Scoila era-
w> allora in goerra: uno voleva occopare la
Scozia , V altro negava ogni soggezione. —
IiioHU.BSB.Cosi si pronunzia in Toscana (Con v.,
1 , 7>. — Mbta. Purg. , XIV: /( duro eamo
ChB dovria V uom twer dentro a stia meta,
49. Spagna. Alfonso per la coi mollezza
Ita la Spagna infettau da'Saracini. — Bùbm-
■B. Yenceslao. Pnrg. ( VII , 34 ) : Cui lustu-
Ho ad ozio pasce. Il suo regno andò a' sac-
cessori esterni , Alberto in prima, poscia En-
rico Imperatore. Buemme scrive anco il Vili.
(IX» 67). Ar. XXVIII: PeUegrin Boemme.
43. Ciotto. Zoppo. Carlo re di Gerasalem-
■M Aglio di Carlo re di Foglia. Combattè I
OUbellini. nel VII del Purg. lo dice peggio-
W9 del padre , nel XX venditor della figlia.
COBV. : Beata la terra lo cui ree nobile, e U
md primeipi man lo tuo tempo a bisogno, non
a iMMirio. Ponetevi mente voi che le verghe
d§i nggimmui d'haUa prese avete; e dico a
voi Cario e Federigo , e voi altri principi e
Urwmi: e guardate chi allato vi siede per
consiglio, MegUo sarebbe voi come rondine vo-
lar baiso , che come nibbio altimmo rote fan-
Tt f opra le cose viUssime. Fa dissoluto , cor-
ruttore di vergini , pien di vizii ; ma fu li-
berale ( e. VIU» 38). E questo è il numero
buo cbe segnerà la bontà di ini fra migliaia
di vizii. L*Ott. intende cbe la bontà dello Zop-
po sarà com* uno , e quella del tuo nemico il
Boldairo di Genisalemme, per mille. Non
panni.
44. QoBL. Federigo figlio di Pier d'Arago-
BB , e dopo lui , re di Sicilia , dov'è Tinfoca-
to monte Etna. Piero fu largo e magnanimo;
qp/telU «ile ed avaro. — Guabda. Non regge
guarda : guarda il suo domlDio non l'an*
Dove Anchise fini la lunga etade.
45 £ a dare ad intender quanto è poco»
La 8ua scrittura Gen lettere mozzo
Che noteranno molto in parvo loco*
k6 E parranno a ciascun V opere sozze
Del barba e del fra tei, che tanto egregia
Nazione e due corone han fatte bozze»
Vt E quel di Portogallo e di Norvegia
LI si conosceranno ; e quel di Rascia
Che male aggiustò'! conio di Vioegia.
hS 0 beata Ungheria se non si lascia
Sila • come già il padre. Vulg. Eloq. : Raeka,
[aeha I guùìmim porsonat tuba Federici T • ,
Quid aUorum magnaiiitm fiòioa? Niei veniu
eamipces , venite avariiiae sectatores. Fu Fe-
derigo a dispetto di Bonifazio e degli Angioi-
ni, re di Sicilia : e però Dante In sol primo
l'amò f e bene sperava di lui. Diede aiuti ad
Enrico VII ; ma dopo la morte di questo ,
mutò. — AifCHisB. ( Aen. , III , 708 ).
45. Intbnimir. Cavalca ( Spec. , or. VII ]:
Cristo disse tre volte pasci , per dare ad tn-
tendere che , ,, — Poco. D'auimo. Inf. , XX,
Ne* fianchi i così poco. — Mozzb. Abbrevia-
ture.
46. Barbai Iacopo re di Bfaiorica e Mino-
rica , fratello di Piero. Si lasciò torre dal fra-
tello risola f cbe poi gliela rese per grazia. —
Fratel. Re d'Aragona. Iacopo fratello di Fe-
derigo abbandonò la Sicilia conquistata dal
padre. — Nazionb. Nascita. -^ Bozzb. Bozzo,
becco : qui aggettivamente , infame.
47. PoBTOOALLO. Dionisio l'Agricola , ava-
ro e mercante: regnò dal 1279 al 1325. —
Norvegia. Anon. : Si come le sue isole sono
ad ultimo estremo dalla terra , così la sua
vita è tfi wCrtmo di razionabilitade e di dvi-
Utade. — Rascia. Parte della Scbiavonla : cbe
falsifica i ducati veneti. — Malb. Inf. , IX :
Mal non vengiammo «ii Teseo VatsaUo, Ott.:
Avendo uno figliuolo , e d'esso tre nipoti , jver
paura che non gU togUessero U regno , U man-
dò in Costantinopoli allo impt $uo oognato ;
e scrissegli , il coma ti dite , ch*egU cercava-
no sua morte , e che gU ttnosse in pregione.
E eos\ fece , tarUo che per orribilitade del car-
cere il padre de* tre perde guati la veduta ; li
due ti lervtoaiio , ed il terzo fu rimandato
allo avolo. Fhtalmente U padre uccise Vuno
die* due suoi figliuoli , e con Valtro si fuggì di
carcere e tornò in Rascia , e prese il padre,
di cui tÀ. parla , e fottio morire tn prigione.
Alt e* poco reset il regno ; che da* tuoi figliuoli
rietvttte il cambio.
48. llALHBN ABI I JùiOD. : Riprtndt lo fos-
kSO
DEL PARADISO
Più malmenare! e beata Navarro
Se a* armaste del monte che la fascia!
49 E creder deeciaacun che già, per arra
%a.*.tUa ddU n d*Ungh9ria , fMfoft m fi-
no a Andrioi ; la cut wta imperò <t Unghiri
lodarono , « la morto ptani ero , che retpetti-
vamoni9 oUt aUri ora pitk ctoile e poUtiea. E
poro dU$ : ee U Ungh»ri et poitùno oomorva-
re in quoiia eho iono , boati loro • • 1 — Mon-
te. Pireneo. Nei 1284 GiovanDa figlia di En-
rico I di Navarra , ed ultima di quella casa,
moglie di Filippo il Bello : ma fin che fisse
gOTeniò la Navarra da sé egregiamenfe. Mori
nel 1304 , e le soccesse Luigi ultimo suo fi-
gUo , che nel 1307 si fece eoronar re: t, mo^
Di questo , Nicos la e Famagosta
Per lalor bestia si lamenti e garra«
50 Che dal fianco deU* altre non si scosta.
to , il padre, fti primo a dirsi re di Fran-
cia e Navarra.
49. Arra. Segno alla Navarra del dm] go-
verno francese che l'attende sin il mal gover
no de* Francesi là in Cipro. E codm già Ci-
pro è vicino a moversi , così si mova Navar-
ra. — Nigosìa. Il re di Cipro ha per insegna
un leone , il qual segue le tracce degli altri
re bestie. Era re allora di Cipro Arrigo II .
de' Losignani » dissoluto e credulo ; aweleit>
tor del fratello. Ott. : Continuo Ha toffs ìt
Mjnaeee dei ioldano.
kSi
CANTO
XX ;
ARGO ME N T 0.
Le antme cantano etcMCtma da »h, dolcitnente ; jm Mie ingiemé per lo eolio
deìt aquila. Questo principio j e la iimilUudine eh' 4 fa de' canH minori e vani
otr apparir ddle itelle , è cosa di cielo. L occhio ddV aquila è compotto di sei
amirne: la pupilla è Datide; pOs basso nel ciglio è Traiano , piis su Ezechia,
poi Cogtaniino , poi Guglielmo , e IRifeo. L aquila spiega come due pagani si tro*
Tino in gloria ; e dice eh* ei divennero cristiani : l' uno per sua umanità tratto
dall' inferno per le preci di fapa Gregorio , afpnehè acquistasse merito di salute ;
r altro per sua giustizia illuminato in vita da Dio. Questa invenzione fondata
tuli opinione sparsa nel tolgo ai tempi ieWautore, tempera la severa dottrina dei-
r altro canto.
Nota le terzine 1, 2, 4, 5. 7, 8, 1f. 13, 15, 17; la ^0 alla 23; la 25 alla 29; U 32,
39, 35, 37; la 40 alla 43; la 45, 46, 43, 49.
1 Quando colai che tuttol mondo alluma,
Dell' emisperio nostro ai discende,
E 1 giorno d* ogni parte si eonsiuna;
S Lo eie) che sol di lui prima a' accende,
Subitamente si rifl panrente
Per molto luci in che una risplende.
3 E queat* atto del ciel mi venne a mente
Come 1 segno dei mondo e de' suoi duci
Nel benedetto rostro fu tacente.
% CiiL. La nona sfera.— Paetihti. L'o-
M nel Codyìtìo pia Tolte. — Una. Cobv. :
£o iole , iè prima 9 e poi tutte U corpora ee-
imtiali e «(«manlalt aUmmina. Seneca dice al-
cuni antichi aTsr fatto la stelle totte attioga-
rc II lame dal sole ( Qaaest. oat. , VII ).
3. MoNpo. Poiché odo dev' esaere l' impe-
ratote , e gli altri tatti Ticarii di lai.
i Però che tutte quelle vive luci,
Vie più lucendo , cominciaron canti
Da mia memoria labili e caduci«
5 0 dolce Amor che di riso t' ammanti.
Quanto parevi ardente in quo' favilli
Ch' aveano spirto sol di pensier santi !
6 Poscia che i cari e lucidi lapilli
Ond' io vidi 'ngemmato il sesto lume
Poser silenzio agli angelici squilli,
5. Ajioa. Divino. — Favilu. Favillo e
favilla • come briciolo e briciola. Meglio che
/latiti da flars. Brutta voce: a poi l'ardere
de' flailll non s' è mai visto.
6. Lapilli. DI dodici pietre preiiose , V.
r Apoc. — Sisto. Giove. — SgvaLi. Tace
eiascan' anima , e parla T aquila , cioè tutu
insieme In una armonia,
61
182
DEL PARADISO
7 Udir mi parve od mormorar di fiume
Che scende chiaro giù di pietra in pietra
Mostrando Y ubertà del suo cacume.
8 E come suono al collo della cetra
Prende sua forma , e si come al pertugio
Della sampogna vento che penetra;
9 Cosi , rimosso d' aspettare indugio,
Quel mormorar dell* aquila salissi
Su per lo collo , come fosse bugio.
10 Fccesi voce quivi , e quindi uscissi
Per lo suo becco in forma di parole,
Quali aspettava 1 cuore ov' io le scrissi.
11 La parte in me che vede e paté il sole
Neiraguglie mortali , incominciommi»
Or fisamente riguardar si vuole.
1 2 Perchè deTuochi ond' io figura fommi ,
Quelli onde Tocchio in testa mi scintilla,
Di tutti i loro gradi son li sommi.
13 Colui che luce in mezzo per pupilla,
Fu il cantor dello Spirito santo,
Che r arca traslatò di villa in villa,
li. Ora conosce 1 merto del suo cantoj
7. FiuHK. Vi>|^. ( G. , I ) : Ecce gup^reiUo
cUvoii tramitis undam BHciif ilia e€Ld$n$ raw
€um ptT l9via murmur Saxa eùt, se(U$bri$-
f uè arerUia tmnp$rat arva.
8. Collo. Maoico. — Vento. Il fiato del
sonatore prende forma d* acato o gra?e dal
diiodere o aprire i pertugi.
9. Salissi. Qqì V imagine fisica fa bella
armonia col simbolo morale: ed è prova della
potenza d* amore cl|' era nel!' anima del P. ,
tuttoché inacerbita o indebolita dall' odio.
li. Fate. C. i: RiguardarMltoU* Aquila
$ì non yU «* affitS9 unquaneo.
12. Occhio. La vede in profilo, cod no solo
occhio dunque. In profilo era V aquila delle
insegne imperiali, r. lo stemma degli Sca-
ligeri nella Serù d* aneddoti , n. II , e. 6.
13. PuNLLA. Come più nobile ( Parg. X).
— SpmiTo. Eeg. , I : Dinetus «iC ^riiui
Domini a die iUa in David, — AacA. ( Reg.
11 , 6 ). — Villa. Città ( laf. , I» 87).
14. OiA. Conosce il merito del sao canto,
o quanto lo spirito che lo consigliava , 1* a-
masse ; lo conosce pel premio che corrispon-
de a quel merito. Eatn in affetto per etsen
«tmcUo, Lat. : In amore eue. V. N. : Lo cui
nome fu sempre in grandisiima rivertnta di
questa Beatrice» Altri legge eletto , ed inten-
de : il merito del canto in quanto fu ispira-
to , non in quanto ha delle umane passioni
ed affetti. C. VI : Jlfa nel commenturar dei
In quanto efletto fu de! aoo consiglio.
Per lo remunerar ch*è altrettanto.
15 De'cinque che mi fan cerchio per ciglio»
Colui che più al becco mi s* accosta.
La vedoYclIa consolò del figlio.
16 Ora conosce quanto caro costa
Non seguir Cristo , per l' esperienza
Di questa dolce vita e dell' opposta.
17 E quel che segue in la circonfereosa
Dì che ragiono , per l'arco superno,
Morte indugiò per vera penitenza.
18 Ora conosce che 1 giudìcio eterno
Non si trasmuta perchè degno praoo
Fa crastino laggiù dell' odierno.
19 L*altro che segue , con le leggi e meco.
Sotto buona 'ntenzion che fé mal tn^
Per cedere al pastor sì fece greco.
20 Ora conosce come 1 mal dedotto
Dal suo bene operar , non gli ò nocifo,
Ayvegoa che sìa 1 mondo indi distratto.
21 E quel che vedi nell' arco declivo.
Guglielmo fu , cui quella terra plora
noitfi gaggi Col merto è parte di nostm kh
tizia Forche non ti vedém minor né maggi
15. Pbr. a modo di ciglio. — Colui, ifaii-
no ( Purg. , X ). Di lui Pietro : De ^n/^as
ubi erat non definitive , ad eorpme nukà:
et , poenitentia aeta , tanatue est,
16. Opposta. Patita in Inferno.
17. Anco. La parte piCi alta del ciglto.^
HoRTB. Ezechia ( Is. , XXXVIII ; Beg. , IT,
20 ) indugiò di quìndici anni la morte. —
Vera. Disse Ezechia : Reeogitaho Hki ... M-
noi meos in amaritudine animae meae. lVk~
eruitti animam meam , %a non perirei ^ ff^
j ecisti post tergum ... omnia peoeaea «aa.
18. DsoKo. Aececto a Dio. L'immoubWià
de* divini decreti non é tolta dalla preghìn
che ottiene dilazione od affrellameBio di e^
sa: poiché già la preghiera era antifedaia,
e l'effetto di quella prestahllfio. AagQft.(Ci
D. , XXII, 93): Deus ... poteet ad opusist
tmm , non nooum ted sempitemum adkikm
eontilium. Purg. , VI : Chi eitna di gmàefe
non s^ avvolta Btreké foco d'amor eompiaie
un punto ...
19. Altro. Costantino. — Buo!Ca. (latt
XIX ). Monarch. : O fetieem poputum .«• l>
nunquam sua ipso intentio ipeum fiffettieed*
— Gedbri. Per cedere a papa SiWettrt 9ut
ma , se n*andò a Costantinopoli ( e. Vi).
20. Indi. Inde. Virg. in simile tenso.
21. GcGLiEUao. Secondo. Ra di Sìciliif
CANTO XX.
tsa
hp liange Giflii e Federigo vivo.
Ora coDoaca ^«hdo s' iDoamora
Lo ciel di giufto rege : ed al sembiante
Del suo fulgóre il mi vedere ancora.
Chi crederebbe ^ù nel mondo errante
Che Rifeo troiano m questo tondo
Foaae la quinta delle luci sante ?
ih' Ora tonosce assai di quel chel monda
Veder non può della divina grazia,
Ben^ò soa vista non discema il fondo%
S5 Qual lodoletta che 'n aere si spazia.
Prima cantando > e poi tace contenta
Ddl' ultima dolcezza che la sazia ;
26 Tal mi sembiò Timago della ^mprenta
Dell'eterno piacere, al cui disio
Ciascuna cosa, quale ell'è , diventa*
TI E avvegna cb*io fossi al dubbiar mio
li, quasi vetro allo color che 1 veste,
Tempo aspettar tacendo non patio.
S8 Ma della bocca: che cose son queste?
Hi pinse con la forza del suo peso:
Perch* io di corruscar vidi gran feste»
detto il buon re ; saocero d' Bnrico di Svevla;
padre di Go starna , la qual geoerò di Arri-
^ y Federico 11. Adod. : Fu ... giusto a m-
piontoolty afflava lì tudditi, e fafiaalt tfi tati*
fu pae9, che ti potta stimare H viven sieir
Uano d* allora esssrs un vivere del Paradiso
tffTMfo. Era ItfreraltMtffio a tutti » e propor-
tianatore d^ benefUii a varrò ; a tefiaa ^yai (a
rff ola • eke se un uomo di corte cattivo o mal
porlanla tfi stia corla vefita > ara tmfnafifa-
n^nte eonoseiuto per U fiiaatcri dai tv, a prov-
veduto di doni e di rohe , perehi avesse ca-
gione di partirti. Se era eonoseenie , sì si
partia ; h non , cortesemente U era dato co-
msiato. Se era virtuoso , ai It ara aifniifnafiCa
éonaio ; ma continuo il tendano a speranxa
éi maggiore dono, in sua corte si trovava d*
ogni gente perfezione: buoni dicitori in rima,
od acaallafUtaftffit cantatori » a persone d' ogni
iotiaxf 0 m'rltiofo ed onesto^ Nel lltttt scomu-
nicato , nel 77 ai ricoDCiliò con la Chiesa.
— GAtLo. Il Stoppo ( e. XIX ) > il qaal guer-
reggiava la Sicilia per averla , e Federigo d'
Aragona , re di Sicilia , bratto ed avaro.
23. Rino. Yirg. ( 11 , 426 ) : Justissimus
unus Qui fuit in Jeticnf , ef servantissimus
ttoqui. Mori per la patria. Poae in cielo Ri-
feo non Enea , percJiè d' Enea non poteva di-
re cb' e* non sufferisse il puizo pagano. —
Tondo. Ciglio.
24. F«M»o. Augast. ( aerm. 38 , De verb.
9^ poi appros«> ccn rocchio più acceso
Lo benedetto aegoami rispose,
Per non tenermi in ammirar sospeso:
30 Io veggio c^e tu credi queste cose
Perch'io le dico, ma non vedi come:
SI che, se soncredtile, sono ascose.
31 Fai come quei che la cosa per nome
Apprende ben, ma la sua quidditate
Veder non puote s altri non la preme.
33 Regnum codorum vìolenzia paté
Da caldo amore e da viva speranza.
Che vince la divina volontate ;
33 Nona guisa cheluomoairuornsovranza,
Ha vince lei perchè vuole esser vinla ;
E, vinta, vince con sua beninanza.
3b La prima vita del ciglio e la quinta
Ti b maravigliar perchè ne vedi
La regìon degli angeli dipinta.
35 De*corpi suoi non uscir, come credi,
Gentili ma cristiani, in ferma fede
Quel de'p^ssuri, e quel de^passi piedi.
36 Che luna dallo 'nfemo,u* non si riede
Dom. ): ^{n^ra aUquantuUim mante Ùeum,
magna hea$iÌudo est i tomprehondere omnino,
impossibile»
26. Imaoo. L' aquila è da Pietro cbiamata
integrale judicium justitiae. Ed è una improo-
ta , un segno del divino beneplacito , cb' è
giustlifa.
27. YiTAO. Petr. : Cristallo o vetro Non mo-
strò mai di foTe Nascosto altro colore Che l'air
ma sconsolata aUrui non mostri Pia chiari i
pensier nostri, — Vbstb. Petr. : Vestisse d'un
color conforme. — Patìo. Il mio dubbio non
sofferse indugio.
31. QuinniTATt. Quel che la cosa è , l*as-
sema. S. Tom. distingue la quiddità delle co-
se dalle condizioni materiali di quelle ( 11.3,
qu. 95 ). — Promb. L'usa Lor. de Medici.
32. RsoiWM, M att. , XI : Vim patitur , et
violenti rapiunt illud. Cioè i virtuosi impren-
dendo ardue cose , e sopportando le avverse,
e dai pericolosi diletti astenendosi.
33. SoTBANZA. Sopravanaa (e. XXUI, 12).
34. Prima. Traiano e Rifeo.
36. Fbob. Jo. : Quis ut qui vicit mundum
nisi qui credit quod Christus est lUius Dei ? —
Passi. L'usa un Aoon. trecentista nella trad.
della Monarchia^ Credettero , Traiano in Cri-
sto nato , Rifeo in Cristo venturo. — PiKbi.
Ps. : Fodeninf ffionui meas et pedes meos.
36. 'Nfbrno. Di Traiano e simili dice s.
Tom. ( Snppl. , qu. 73 , art. 5 ade ); De
kto
DEL PARABISO.
Giammai a bnott Toler, tomo alTossa;
E ciò di Tiva speme Ita aiaraade:
37 Di Tiya speme, che mise soa possa
Ne prìeghi fatti a Dio per soscitarla ,
Si che potesse saa yopia esser mossa.
38 L* anima gloriosa onde si parla,
Tornata nella carne, in che fu poco,
Credette in Lni che poteva ajutarla.
39 £ credendo, s'accese in tanto fuoco
Di vero amor, ch'alia morte seconda
Fu degna di venire a qpesto giuoco.
40 L'altra ( per grazia che da si profonda
Fontana stilla, che mai creatura
Non pinse l'occhio insino aUaprìm'onda)
hi Tutto suo amor laggiù pose a drittura.
Perchè, digraziaingrazia,Iddiogliaper8e
L* occhio alla nostra redenzion futura.
42 Onde credette in quella; e non sofferse
Da indi '1 puzzo più del paganesmo;
E riprendeane le genti perverBO.
43 Quelle tre donne gli far per battesmo
omnibus taWms dici oporiet quod non $nm$
in inferno /inalàer deputati»
37. Mossa. La voglia di Traiano potesse
moversi a hene : non come in Inferno, dove
mai ranima non si maove a buon volere.
38. Poco. Tanto da meritare salute.
39. Giuoco. Per gioia somma. C. XXXII :
Quat è quelVangel che con tanto giuoco . •?
40. Altra. Rifeo. — Pinsi. Porg. , Vili :
Colui che si nasconde Lo tuo primo perchè ,
che non gli è guado,
41. Drittuba. L'osa fn una eanz. Un ined.
della Magliabeccbiana : Cntutissimo, doè ope-
ratore di virtù : del quale dice Virg, che solo
era fra* Troiani che osservava tutta dirittura,
K iptesta è la cagione che mosse Dante a far
menatone di Un^^ Apbrsi. Dion. (Dellier.):
Che tu vedesti dalla destra ruota.
Dinanzi al battezzar più d un inillnsi
44 O predestinazioo, quanto rimota
E la radice tua da quegli aspetti
Che la prima eagion non veggion foli t
45 E voi, mortali, tenetevi stretti
A giudicar: che noi che Dio vederne.
Non conosciamo ancor tutti gli eletti.
46 Ed ènne dolce cosi fatto scemo;
Perchòl ben nostro in questo beo s'afltaa:
Che quel che vuole Iddio, e noi voleflM.
47 Cosi da quella immagine divina.
Per farmi chiara la mia corta vista « *
Data mi fu soave m^icina.
48 E come a buon cantor buon citariita
Fa seguitar lo guizzo della corda.
In che più di piacer lo canto acquista;
49 Si, mentre che parlò, mi ai fìoorda
Ch* io vidi le due luci benedette.
Pur come batter d'occhi ai concorda,
50 Con le parole muover le fiammette.
Multi gentHes perangéhs redueti sunt odDmm.
4^ Tei. Fede, Speranza , Carità (Pm.
XXIX , 41 }. — MuxBSM o. Rifeo viste itti
anni ionanzi 6. C. istilntor del K^n^t^
44. 0. Qol Pietro e l'Ou. citano a. Piol»
(Rom. , Eph.), s. Tom. e s. il^ailoo. — I^
TA ! L'osa nei e. VII.
45. Tutti. Deus cui soli cogmitms est m-
merus eleòtorum in superna felidtau locmiwi
4e. VoLBM o. Conoscano per conpsetaaso ad
Conv. (II, 1).
47. Divina. DipinU da Dio (e. XVIII, 3f7].
48. GiTxaiSTA. Conv. ( I , lì): U mai ce-
terista biasima la eetera*
49. DuB. Traiano, Rlfeo. — CosccoiAA. Va-
narc. : Concordia, uniformit mofm
voluntatum.
M5
CANTO XXÌ.
I
^mmmmH^
A R G O M ÈN T 0.
Guarda in Beatrice , e sale in Saturno. Ella non sorride quiti , perchè l uo-
mo non poirebbe sostenere la dolcezza delt alto sorriso ; e gli spiriti per la ragione
islessa non cantano. YeS egli una scala simile a quella di Giacobbe , simboleg-
K* nte l" altezza del contemplare j e per essa l* anime de santi eremili. S. Pier
miano gli parla, e risponde circa la predestinazione; domanda alquanto far-
xaia in questo luogo , ma tiratavi dal P. per poter toccare di quesV alto dogma ^
si che nessuna sublimità della fede foss^ esclusa dal suo Paradiso. Dalla semplicità
dofjU antichi monaci gli s* apre facile via a maledire le pompe de* nuovi prelati.
Piena di ▼]!« lirica è la fine del canto , e di mistiea altezza il principio.
NoU le terzine 2, 4, 5, 8, 10^ 11, 13, 14, 16, 31, 24; la 33 alla 3G,' la 39, 40;
la 4S fino ali' nltima.
a
8
Cià eran gli occhi miei rifissi al volto
Della mia donoa, e Vaoimo con essi;
E da ogni altro intento s'era tolto.
Ed ella non ridea; ma: 8*io ridessi^
Mi eominciòy la ti faresti quale
Fa Semole quando di cenar fessi.
Che la bellezza mia f che per le scale
I>ell'eterno palazzo più s'accende,
Com* hai veduto, quanto più si ssJe) ,
S. SainU ( Or. , Met. , III , 294 ).
4. FaoMDA. Ramoscello. Bocc. (Ninf. , 89):
CoIm due frondi , E d'eue una ghirlanda si
/beeva. — Sgosgindb. Porg. , Xll : Cofne tuon
ohe. . . Subito la nuvola seoieende,
5. Settimo. Satarno, pianeta freddo, che,
al dire di Tolomeo, fa V nomo malinconico ,
DODCorante del vestire , né d' altro ornamen-
to. Però Ti colloca gli eremiti. Da questo pia-
■eta, secondo Macrob. ( Som. Se., I, 12) la
virtù contemplatifa discende. — Lioiiit ^atnr-
4 Se non si temperasse, tanto splende.
Che 1 tuo mortai podere al suo fulgore
Sarebbe fronda che tuono scoscenoe.
5 Noi sem levati al settimo splendore
Che sotto 1 petto del lione ardente
Raggia mo misto giù del suo valore.
6 Ficca dirietroagli occhi tuoi la mente,
E fa di quelli specchio alla figura
Che'n questo specchio ti sari parvente.
no era allora nel grado otto , minati quaran-
tasei del Leone i il sole in Ariete in princi-
pio. -— Ardbntb. Ott. : Leo è di natura eoi*
da e secca; ed era nett ottavo grado. -^ Va-
LOBi« Conv.: Valore è quasi potensa di na*
tura , ovvero bontà da queUa dola.
6. SPBCcnio. Specchio, dice il sole ( Purg.,
IV, 21 ). V. Arist. ( li , De An. ).<^Spbcqbio.
Petr. : Di viva nsve , in ch'io mi spscekie e
torgot
&86
DEL PARADISO
7 Qaal sapesse qaal era la pastan
Del viso mio neir aspetto beato
Quand* io mi trasmutai ad altra cara,
8 Conoscerebbe quanto m' era a grato
Ubbidire alla mia celeste scorta ,
Contrappcsando Y un con 1* altro lato.
9 Dentro al cristallo che *l vocabol porta,
Cerchiando il mondo, del suocarcduce,
Sotto cui giacque ogni malizia morta ,
10 Di color d'oro in che raggio traluce,
Vid* io uno scalèo eretto in suso
Tanto che noi seguiva la mia luce.
11 Vidi anche per li gradi scender giuso
Tanti splendor.ch' i'pensai eh* ogni lume
Che par nel ciel, quindi fosse diffuso.
12 E come per lo naturai costume
Le polo insieme al cominciar del giorno
Si moYono a scaldar le fredde piume ,
13 Poi altre vanno via senza ritorno ,
Altre rivolgon sé onde son mosse ,
E altre roteando fan soggiorno ;
1& Tal modo parve a me che quivi fosse
In quello sfavillar che 'nsieme venne ,
Si come in certo grado si percosse.
15 E quel che presso più ci si ritenne ,
Si fé si chiaro eh' io dicea pensando :
Io veggio beo V amor che tu m'accenno.
16 Ma quella ond'io aspetto il come e'I quando
Del dire e del tacer, si sta : ond'io
Centra 1 disio fo ben s' i' non dimando.
17 Perch' ella che vedeva il tacer mio
Nel veder di Colui che tutto vede,
[i disse: solvi iltoo caldo disio.
7. Aspetto. Di Beatrice.
8. ALTRO. Se tanto era il piaeer di veder-
le. e s' io pur r ubbidii con ugual piacere
per vedere altre cose, or pensa la gioia di
tale spettacolo.
9. Cristallo. V. 18 : 5pecc^to. — Suo. Del
Biondo* — Morta. Int. , XiV : Sotto *i cut re-
^e già fu *l mondo casto.
10. Oro. Taoto preziosa è la vita contem-
plativa. — Scalèo. Gradi del contemplare* In
Marte pone per iscala la croce, segno di mar-
tirio; in Giove l'aquila, segno d' impero. —
Luca. Occhio. P. t Orbo iWMa lu€9. Inf. ,Xt
Quoi cV Ka moto luc9,
11. LOMR. Degli astri»
12. Poli. Lat. eumùc. ^ PRtoni. Simili*
tttdine conveniente a Saturno , non ai beati
che ardono in Dio*
18 Ed io incominciai : la mia mercede
Non mi Ca degno della tua risposta ;
Ma per colei che '1 chieder mi concede*
19 Vita beata che ti stai nascosta
Dentro alla tua letizia , fammi nota
La cagion che si presso mi t* accosta:
20 E di* perchè si tace in questa mota
La dolce sinfonia di paradiso
Che giù per Y altre suona si divota.
21 Tu hai r udir mortai si come 1 viso »
Rispose a me : però qui non si canta «
Per quel che Beatrice non ha riso.
22 Giù per li gradi della scala saola
Discesi tanto , sol per farti festa
Col dire e con la luce che mi ammanta.
23 Nò più amor mi fece esser più presta;
Che più e tanto amor quinci su ferve,
Si come 1 fiammeggiar ti manifesta.
24* Ma r alta carità che ci fa serve
Pronteal Consiglio che'! mondo governa.
Sorteggia qui , si come tu osserve.
25 Io veggio ben, diss' io , sacra lucerna,
Come libero amore in questa corte
Basta a seguir la provvidenza eterna.
26 Ma questue quel ch'a cerner mi par forte:
Perchè predestinata fosti sola
A questo ufficio ^ra le tue consorte.
27 Non venni prima all' ultima parola.
Che del suo mezzo fece il lume centro,
Girando sé come veloce mola.
28 Poi rispose Y amor che v'era denlro:
Luce divina sovra me a* appunta •
Penetrando per questa onaio m'mvenlro.
14. Pbrcossb. Gianse a certo grado ddk
acala.
16. Stji. TaciU.
18. Mrrcbdr. Uerito. Inf., IV: $* taliteR*
no «itrcedt.
19. Nascosta. C. V: IVr più letitia ^m
$i nascoie Dentro al iuo raggio la figura mrH»
20. Taci. Anco perchè gU eremiti tadlant
33. FiAMHtcoiAa. C. XIV: Lammthimm'
Ma iégmta V ardor9 ; L* aréor la «tmì ona.
34. SoRTBAGiA. M' elegge a parlarti. Serli.
nel senso virgiliano, non è casoale.
26. Consorti. Per contorti p eone
per ftfi^iit ( e. XXIII }.
27. CiitTRO. Purg., XIII.* Fect M
lato ol mowr ctnfro. — Mola ( e. XII , i )•
2S. lifVimtRO. Nel eoi veotrt io son ekéa*
so. Non bello.
CANTO XXL
487
SO La cui virtù col mio veder congionta
Hi leva sovra me tanto eh' io veggio
La somma Esseozia della quale è munta.
30QuÌDCÌvlenrallegrezzaoDd*iofiammeggio:
Perch'alia vista mia, quant*ella è chiara,
La chiarità della fiamma pareggio.
31 Ma quell'alma nel elei che più si schiara,
Quelserafinche'nDiopiùrocchiohafisso,
Alla dimanda tua non soddisfarà.
32 Perocché si s* innoltra neir abisso
Dell' etemo statato quel che chiedi ,
Che da ogni creata vista è scisso.
33 E al mondo mortai , quando tu riedi,
Questo rapporta , s) che non presumma
A tanto segno più mover li piedi.
3h La mente che qui luce, in terra fumma.
Onde riguarda , come può laggiùe
Quel che non punte, perchèi ciel Tassumma
85 SI mi prescrisser le parole sue,
Cb* io lasciai la quistione, e mi ritrassi
A dimandarla umilmente chi fue.
86 Tra duo liti d* Italia surgon sassi
19. Munta. Da cui scende essa lace. Al-
tra metafora dod gentile. G. XX: Groìrìa che
da ȓ profonda Fontana itilla.
30. Vista. Di Dio.
31. Sqdpisfaea. Come podétta ( Inf., VI ).
I>eIIa predesUnaiione, s. Tom. ( Coni. Gent. );
il att. , XXIV ; Agost. ( Hom. in festo s. Jac.
CI Pbil. ).
32. Scisso. Aog. ( sop. Jo. ): Quan Dati
aUquoi pftMdesftnaviC , aliqtun improbavit ?
non 9itdan rationem, niii gtiod Dtutvolìut,
Pnrg. , VI : Beno In tutto daW accorger no-
Biro letMo.
34. PiACBÈ. Gaarda se io terra si può ve-
dere, quel ebe non pnossi in cielo. Inf. (XXXII.
31 ): Pìnthè tu mi ditehiomi , Né ti dirò. . .
33. PuscEissBR. Restrinsero 11 mio colera.
Petr. : L'onorata fronda che preecrive L'ira
dtl del.
30. Liti. Tra *ì Tirreno e l'Adriatico. —
ftAsai. Apenninj. In qaesto senso osa saxum
Virg.— Patiia. Qoanta poesia in questo verso
al semplice ! — Tcovi. Cbe si formano nella
seeooda ragione dell' aria ( Arist. , Meteor. ).
37. Gatbia. Gigante desìi Apennini. Nel
ducato d* Urbino tra Gubbio ( ove dimurò
Pante ) e la Pergola. — Ermo. S. Croce del-
la Villana. — Latria. Culto a Dio: dulia al-
la creatura.
38. Terzo. Parlò gU due volte (t. 21, 28).
bBRMO ( lof. , XUl, 46 ).
SE non molto distanti alla tua patria)
Tanto che i tuoni assai suonan più bassi,
37 E fanno un gibbo che si chiama Catria,
Disotto al quale è consecrato un ermo
Che suol esser disposto a sola latria.
38 G)8l ricominciommi il terzo sermo ;
E poi continuando disse : quivi
Al servigio di Dio mi fei si fermo ,
39 Che pur con cibi di liquor d' ulivi
Lievemente passava e caldi e geli
Contento ne' pensier contemplativi.
kO Render solca quel chiostro a questi cieli
Fertilemente ; ed ora è fatto vano ,
SI che tosto convien che si riveli.
&1 In quel loco fu* io Pier Damiano:
E Pietro Peccator fui nella casa
Di nostra Donna in sul lito addano.
43 Poca vita mortai m* era rimasa
Quando fui chiesto e trattoaquel cappello
Che pur di male in peggio si travasa.
&3 Venne Cephas , e venne il gran vasello
Dello Spirito santo , magri e scalzi,
40. Vano. Di bene. G. X: U' ben «' tmpm*
gua se non si vaneggia.
41. Peccator. Petrarca (V. solit.,tr. Ili,
1. 1 , e. 17 ) : Pstrus nune oeeurrit ille qui
Damiani eognomen habet : quamvis et de hoc
ipso , et de vita rebusqìie viri hujus agentiurn
discordatio muUa iit,.,Quum exactius verum
quaerens , usque ad coenobium ubi is fioruit
misitsem qui mihi eomperta omnia reportarent
religiosorum loci illius assertione didici , /uti-
se eum primo quidem soUtarium , inde altiut
eveetum , do munì uUro ad soUtudinem redOi'
se. — Adriano. Per adrioltoa: ha nel Conv.
Pietro degli Onesti » detto il Peccatore , mori
d* anni ottanta nel 1119 , e fondò il mona-
stero di s. Maria del Porto presso Ravenna:
Pier Damiano mori nel 1080 : e , giovane ,
era entrato al monastero di Fonte Avillano,
dove r esule P. soggiornò qualche tempo: di
che rimane a memoria un'effigie di lui. Pare
che alcuni confondessero al tempo di Dante
Pier Damiano con Piero Peccatore , s' egli
qui discende a siffatta awertenia.
42. Tratto. Quasi di fona. — Cappello.
Di cardinale. Ott. : Ber digrUtade di eappeUo
non mutò abito d' animo , ni velo di vesti-
mento , e di lui si leggono laudabili opere.
43. Cephas. Jo. , II : IW vocaberis Cephas:
quod interpretatur Mr«f. — Vaseu.0. S. Pao«
lo. Vai eieetionis ( Inf. » II. )
hSS
DEL PARADISO
Prendendo il cibo di qualunque ostello.
hk Or voglion quinci e quindi chi rincalzi
Li moderni pastori , e chi gli meni,
Tanto 8on gravi ; e chi dirietro gli alzi.
45 Copron de' manti lor gli palafreni,
SI che duo bestie van sott' una pelle.
O pazienzia che tanto sostieni !
Ai. RuccALzi. Regga quando vanno.
4IS. Bbstib. Bestia arrabbiata chiamò Fede-
rigo la corte di Roma. — Pbllb. S. Bem. :
In itinere incedunt nitidi et omaH , etreiim-
amidi varietatibue , tanquam fponia proee*
den$ de thalamo mo.
46 A questa voce vid* io più fianuneUe
Di grado in grado scendere e girarsi;
Ed ogni giro le facea più belle.
47 Dintorno a questa Tennero, e fermarsi;
E fero un grido di' si alto suono
Che non potrebbe qui assomidiarsi.
48 Né io lo 'ntesi : si mi vinse il tuono.
46. Gbado. Della scala.
47. Questa. Il Damiano.
48. Tuono. Ott. (t. II, p. 923 ):
no , perocché 'fu voce divina . non intelligi-
bile a uomo, Cootro i tristi usi de^ chierici,
V. Gregorio Nazianzeno ( Orat. XXZII }.
489
CANTO XXIL
A H G O M K \ T O.
H tanto grido lo onorila , ma non lo fa cadere tramortito, poich* egli è nella
regùm della vita. S. Benedetto gli parla: Dante desidera vederlo , tanto ne ama
ì^imagine. Meritamente , jmchè Benedetto fu autore ali* Italia di doppia civiltà.
Quindi prende oceoiione a dannare % nuoti frati corrotti, E tutto il Paradiso è
fieno iT anatemi contro % frati. Poi tale al cielo stellato , net Gemini j ino segno
natale^ segno di scienza: e questo gli rammenta il dolce luogo nel guale egli na-
cque. Di lì guarda in giù le sette spere ^ e la piccola terra: poi torna cogli occhi
atta danna sua.
Cinto tìto di poesia vera.
Noia le prime sei terzine ; la 8, 10, 11, 12, 14 : la 1G alla 20 ; la 22 alla 20 ; la
28. 30; la 33 alU 37; la 39, 40; U 42 alla 45; la 48 , 50 , 51.
1 Oppresso di stupore , alla mia guida
Mi yol^i come parvol che ricorre
Smopre colà dove più si conGda.
S" E quella, come madre che soccorro
Subito al figlio pallido e anelo
Con la sua voce che *l suol ben disporre ,
3 Mi disse : non sai tu che tu se' n cielo?
1. OrFmisso. Boct. (1,2): r« ... stupor
tipfressit, — Fabvol. Simile comparazione è
nel Porg. , XXVll, parlando del suo Virgilio.
Virgilio ( (à già notato ) è il simbi»lo dell' i-
•piraxione pagana ; llpairice della cristiana.
S. Mainìb. Altra rom^raziaue usata par-
lando di Yirg. nell' Inf. , XXIII. — Anilo.
L' osa- il Poliz. ( l . 1)5). I due epiteti dipin-
gono : e si noti come Dame sia scarso d* e-
piteli , come il Petrarca paia uno scolaro al
»no paragone. Nel principio del canto T affet-
to , alla sesta terzina una sentenza , alla ot-
tava una pittura , alla undecima un concetto
gentile ; poi storia, poi di nuovo affetto, poi
Mtira , e allustoai bibliche , e ceuni astroao-
E non sai tu che*l cielo è tutto santo,
E ciò che ci si fa , vien da buon zelo?
Come t* avrebbe trasmutatoli canto
Ed io rìdendo : mo pensar lo puoi )
^oscia che '1 $;rido t* ha mosso cotanto ?
Nel qu >1 se *ójte8o avessi i prioghi suui ,
Già ti sarebbe noia la vendetta
1
mici ; poi alla trentesima terza una pittura ,
e alla trentesimaottava un volo llriòo, cuna
vera ed alia moralità di poesia nella fine. In
centocinquanta versi quanti generi , e quanti
ingegni !
4. Canto ( c. XXI . 2; e. XXlll , 16). Il
grido potè con la lui za ; ma il suono V avreb-
be vinto di dolcezza : e la dolcezza è più po-
tente sugli animi della forza. Dante , il fiero
ingegno di Dante , con questo cenno lo dice.
5. QuAL. Grido. — VsnniTTA. Pena ( e.
VI ). Parla con tanto sigira severità della
Chiesa profanata dagli scifidall , perchè se-
condo i principii della sna Monarcb.': sueces»
sor i^tri non aequivalst divinas austoritati,
62
MO
DEL PARADISO
La qaal vedrai innanzi che tu miioi.
6 La spada di quassù non ta^ia in fretta
Né tardo , ma cite al piacer di itului
Che desiando o temendo l'aspetta.
7 Ma rivolgili omai inverso altrui ;
Ch* assai illustri spiriti vedrai «
Se , com' io dico, la \i<ta reduì.
8 Com^ a lei piacque , gli occhi dirizzai ,
E vidi cento sperule che 'nsieme
Più s^ abbellì van con mutili r;ii.
9 lo stava come quei che ^u sé repreme
La punta del disio, e non s* attenta
Del dimandar , si del irop|)o si teme.
10 E la maggiore e la più lucalenta
Di quelle margherite, innanzi fessi
Per far di sé la mia voglia contenta.
1 1 Poi dentro a lei udì* : se tu vedessi
Coni* io, la carità che tra noi arde.
Li tuoi concetti sarebbero espressi.
12 Ma perchè tu aspettando non tarde
Air alto fine, io ti farò risposta
Pure al pensier di che si ti riguardo.
13 Quel monte a cui Cassino è nella costa,
Fu frequentato già in su la cima
Dalla gente ingannata e inai disposta.
totltm in operaHofiB naìuraè martalu. Jer. ,
XI : DomtiM 5a6aol4 , qui judieas junU , et
ffoba» renés , el eorda , videum uUioutm luam
ex «ti. — Muoi. Forse predice la inurie di
Bonifaxio ( Porg. , XX ); u meglio il viuciior
della lopa. Oli. : Tulio dì , chi guata con la
mente tana , si vede di ^ueete vet^tle e yiu'
Btixie di Dio,
6. Spada. Sap. , XII : Cum tranquiUitate
jwUeoi. Kccl. , V : iilltsitimif est ... paiiene
redditor, V. Mass. ; Cerfo gradu ad vindietam
eui divina procedit ira , tardiiatemifue suppti-
eu gravitate eompefual. Simili sentenze boiio
io 8. G. Grisost. , e iu Seneca. — Ma cub
( lof. , IV , 9 ).
7. EsDui. Eeducii recooducl; come /et per
/bei,
tt. RspRBHB. Reprime : come nel e. |V ,
ipreme per eeyrime, — Punta. C. i : Dteio
Mai non tentilo di cotanto acume. — Trop-
Fo. Dell* eccedere , e divenire molesto.
10. MAGeiotB. Post. Caet. : 5. Benedietus,
^iM non luAbuit parem in religione. Aoon. :
Fu prima eremita , pai eirea U anni del Si-
gnore tt30 fdt/Scò U ... monitterio ( di Monie
Cassino ) ... Fa natio di Norcia , e etudiò a
ttoma. — 1IAB6HBBITB. Chiaiuò (e. VI) mar*-
Iberila U piaoait Mercurio.
H Ed io son quel che su vi portai prima
Lo nome di Colui che *o terra addudiìe
La verità che tanto ci sublima ;
15 E tanta grazia sovra me rilusse
Ch* io ritrassi le ville circonstanti
Dall' empio eulte che '1 mondo seduftse.
16 Questi altri fuochi, tutti contemplanti
Uomini furo, accesi di quel caldo
Che fa nascere i fiori e i frutti santi.
17 Qui è Maccario, qui è Romoaldo ;
Qui son h fra ti miei che dentro a' chiostri
Fermar li piedi e tennero *1 cuor saldot
18 Ed io a lui : l aiTetto che dimostri
Meco parlando , e la buona sembianza
Ch'iove^fzioenotointuUi gli ardor vostri
19 Cosi m'ha dilatata mia fidanza
Come 1 sol fa la rosa quando aperta
Tanto divien quant* dia ha di possaua.
20 Però ti prego, e tu, padre, m'accerta
S* io posso prender tanta grazia ch'io
Ti veggia con immagine scoverta.
21 Ond'egli : frate , il tuo aito disio
S* adempierà in su V ultima spera
Ove s*adempion tutti gli altri e 1 mio.
22 Ivi è perfetta, matura ed intera
12. FiKb. Salire a Dio.
13. Cima. V era il tempio d' Apollo t è
Diana. S. Benedetto eresse una chiesa in oneit
dei ss. Batista e Martioo » non la cìmm» mft
sulla costa del mttnte. S. Gregor. : Mhme fet
tria mitUa in altum $e eubriyene ... C/'ftt fi^
tuititiimum fanuw fuit . . . eircumt^m&^em i»
euUu daemonuin luci sueerevenuU. Ife» «o#
Dei perveniene contrivit' idolum , emkmrUi^
ratti, tuccidit lueoe ... eC commormmum eèh
cumifuaque multitudin«m ynMaUiouimne emaJ*
nua ad fidem vocabat.
16. Caldo. C. XXXIII : V amore Hr k
cui ealdo neW eteuim jioce Caeì é
questo fiore,
17. Maccario. Eremita del Y secolo.
saudrino, rettore di cinquemila noaaci: srfii'
se le regule niuuastiche. — Homoaldo. Fee*
datore dell* urdiue camaldolese; vUaesdi»-
colo X • nacque a Havenua. Di Ivi nane ».
Pier Damiano. — Cuor. Moa soli i piadit
com' ora faiiuo.
18. AmDur. C. V: Più di miiU sflmkn
Trani ver noi.
20. ScoviRTA. Del lane che li cela.
21. Ultima, (e. XXII, 12). Dove son Ioaii
beati. Qui gli si mostrano sotto forma dà luatm»
22. 30LA* In quella sper» è itnmuiàls
CANTO XXII.
Wì
Ciasctirui disKanza ; in quella sola
È ogni parte là dove sempr' era :
23 Perchè non è in liiogoe non s* impola.
E nostra scala infino ad essa varca :
linde C06Ì dal viso ti s'invola.
SSk Infin lassù la vide il patriarca
lacob isporger la supeiìna parte
Quando gli apparve d*angeK si carca.
S5 Ma per salirla mo nissiin diparte
Sa terra i piedi ; e la regola mia
Rimasa è giù per danno delle carte^
96 Le mura che solcano esser hadia ,
Fatte sono spelonche ; e le cocolle,
• Sacca son piene di farina ria.
97 Ma grave usura tanto non sì tolte
Ointra 1 piacer diDio^qiiantoquelfrutte
Che (a il cuor dr' monaci sì folle.
98 Che qua ntumiue in OvU^n guarda » tutto
£ della gente che per JHo dimanda »
Vìm Lvoao. 11 mAta è mntaxfone di tao^rf^:
cfù file non è in luogo non «i paò dun«|ue
movere. Gonv. ( II, 4 ), dell' uliWno cielo: Ed
•sso fiOA è in ìuogQ , ma fotrmalg fu $olo nella
ftrima metile • • . CioMcuno eiela di ioUo dal
ariMtaUino ka du$ voli fermi » in qwanto aie;
• Iv mono ffU ha férmi e fini e non mutabiii
secondo alcuno riepetto — Scala. Di perfezìoi-
•• MMiastica. — Viso (e. lY, 4).
S4. lACOB. Gen., XXVIIl: Viditque tueam-
fili eeedam eiantem euper lermam, et coeumefi
•IMw tanfone eoelum, — Anosli. ▲seesdenll
• élcaadeotl : e coeì dica Pietro , dovrebbe
tea gli aomlni religiosi da? vero » e I prioci*
fA della Chiesa: ascendere a Dio per la pre-
glllara» per la misericordia sceadere agli ao-
■liBI.
M. DAinfo. Gli è vn batter via carta a
iraacriverla. Nessuno V adempie.
M. SntLONCHB. Dice Gesù Cristo ai Yendi-
tori Bel tempio ( Maith., XXI ): Feciflts Ulom
M^luneam latronum, Jer., VII: Numqmidtr^
pi» Mpelunea Uurofiutn facia eit domui tfia.
in yma invocatum e$l nomei» meum in ocuUt
«efirù?
S7. Usua A. Alessandro III , rimprovera ai
■Kinaci ed egh abaii cisterciensi l'usura. S.
Bcm.: FacuUatB» eccletiarum pahiwumia iuni
pmuperum : et eavnlega mente eie iurripitur
fwieyu^ eibi ménuir i et diepeneatore» , uitra
eneltim ec veiiitum , tuteipnmt, Pietro di Dan-
sa i|tti cita sentenza simile di s. AgostiDo.
SM. GuABDA. ^«llsa spenderli a' suoi usine'
ccasarii. L'UU. riia s. Giruleroo : Ciò che han*
na U eheriei , è de* poveri • • . Airfe di eagritfi-
Non di parante, nò d'altfnpm brutto,
29 La carne de* mortali ò tanto blanda,
Che.giù non basta buon eominciamento
llal nascer della quercia al farlaghiand;i.
30 Kiorcominciò senz*oreespii/a argento^
Ed io con orazione e con digiuno,
£ Francesco umilmente il suo convento.
SI E ae guardi al princtpio di ciascuno ,
Poscia riguardi là'dov' è trascorso.
Tu vederai drl bianco fatto bruno.
32 Veramente Giordani vòlto retrorso
Più fik, e *i mar fuggir, <|u:mffo Dio volse;
Mirabile a veder, che qui 1 soccorso*.
33 Cosi mi disse, e indi si ricolse
Al suo collegio ; cf 'I collegio ai strinse ;
Pòi come turbo in su tutto a* aceolsc
3fc La dolce donna dietro a ìor mi piuse ,
Con un sol cenno, su por qiieMe scala ;
Si sua virtù la mia natura vinae..
gio è , la eo$a de' poteri non (farla a' powri*
K a. Bem. , pur eitato dairOtt. : Gridana U
nudi , yridano li affamati , e lamentanei de'
eheriei , dicendo : A noi , che miteralrilmente
appeniamo per fame e per freddo , ohe ffiova-
no tante vette da mutare , ite*e in sulle per- '
tiche^ a piegate nelle catte J Etti 4 noeiro quel-
lo che voi ependete»
Ì9. Blanda. Monarth. : 5»dal»f ftuetihue
Maiuiae cupùÈitatie, — Basta. Non dura il be-
ne dal primo seme allo svolger di quello.
SO. Pila. Act. , III : >4f^enltlm , ef aurum
non art miAi. Questo disse- facendo il primo
miracolo onde comiaciò la sua cbiesa. — U-
■iLiniirTi (e. XI).
32. ViaAiiiNTB.Ma.— GioaiiAN.Ps. CXIII:
'Mare vidit , et fugi$ .* Jordanie convereme eei
retrortum ( Joa. , III ). Qael Dio cbe fece con-
tro le leggi naturali ri«Mcsi il mare , e riiro-
cedere il Lume , ben potrà con minore mira-
colo , per adempimento delle leggi morali
porre riparo allo scaodaW della Chiesa^ —
Soccoaso. Mon. : JIIUìim etf propotitum cum
persegui , et eub pio ftleiifio Salvatori» nostri
exepeetare rationem. Ott. : Non dice- il modo
( del soccorso ) ; alcuno diee , vendicando ; al-
cuna dico-, eon migliori pastori! ooi^ggéndo,
33. HicoLSi ( V. 29).
34. Scala. Ascende contemplando al segno =
de' Gemiul sotto il qoale egli nacque. Inf. ,
XV : à^ Itt segui tua stella , Non puoi fallire
a glorioso porto. — Natura. L'umanità per sé
sola nou sale age? olmenie per l'ardue contem-
plazioni.
1^92
DBL PARADISO
35 Né mai quagf^ù dove si monta e cala.
Naturalmente fu si ratto moto
Ch* a^ua^iar si potesse alla mia ala.
3G S* io torni mai, lettore, a quel devoto
Trionfo perle quale io piango spesso
Le mie peccata, e 1 petto mi percuoto ;
37 Tu non avresti in tanto tratto e messo
^ Nel fuoco il dito, in quantoiovidi'lsegno
Che segue '1 tauro e fui dentro da esso.
38 Oh gloriose stelle, oh lume pregno
Di gran virtù, dal quale io riconosco
' Tutto ( qual che si sia ) il mio ingegno i
39 Con voi nasceva e s* ascondeva vosco
Quegli eh' è padre d' ogni mortai vita,
Quand' io senti' da prima Taer tosco.
40 E poi quando mi fu grazia largita
D* entrar nell'alta rupta che vi gira.
La vostra regìon mi fu sortita.
41 A voi divotamente ora sospira
L* anima mia, per acquistar virtute
Al passo forte che a sé la tira.
42 Tu se' si presso ali* ultima salute.
Cominciò Beatrice, che tu dèi
Aver le luci tue chiare e acute.
. 43 E però prima che tu più t' iulei,
Rjqiira in giuso, e- vedi quanto mondo
38r Trsgno. Albumaitr: In quo Mereurim
0tt firmatvi , disponit hominem ad Uiteratu-
Tarn et teienliam.
39. Padre. Àrist. : Sol et homo generata
httminem, £d egli lo chiama il maggiore mi-
nistro della natura , che tempera e soggella
la cera mondana. — Asa. Petrarca : Dal mio
. natio dolcer.fier tosco»
41. Passò. Di dipingere il sommo de' deli.
43. iNLBi. C. IX , 25 : Inluiare. — Vedi.
Elevato dalla scienza di Dio, le cose del mon-
do gli paiono vili. Laean. : Postqtuim te lu-
fnina vero Implevit . • . vaga miratur et astra
Fixa polis , vidit , quanta sub noete jaceret
Nostra dies , risitque tui ludibria trunei
45. Sorrisi. Sen. : Punctum ut in quo'bel'
latis , in quo bella disponUis,
47. Ombra, (c. 11).
48. Nato. Ov. ( Met. ) : Hgperione nate. —
Maia. Virg.: Maja genitum demittit ab alto,
• — iDYoNB. Madre di Venere. Virg. : Dionaei,.
Caesari». Nomina Maia, Dione» Iperìone, il
padre e le madri.
49. Giove. Tra Marte e Satoroo temperando
Tardoro dell'uno, la freddezza dell'altro. È
idea di Marx. Capella. — Dove. Or più or men
distanti dal sole ; or dinanzi , ora dietro.
Sotto II piedi già esser ti fei. (condo
44 SI che'l tuo cuor, quantunque pud, gio-
S' appresenti alla turba trioofantc
Cile lieta vien per questo etera tondo.
45 Col viso ritornai per tutte quante
Le sette spere , e Tidi queste globo
Tal ch*io sorrisi del suo tII sembiante.
46 E quel consiglio per migliore approbo
Che P ha per meno ; e chi ad altro pensi,
Chiaihar si puote veramente probo.
47 Vidi la figlia di Latena, incensa.
Senza queir ombra che mi fu cagioM
Perchè già la credetti rara e densa.
48 L* aspetto del teo nate, Iperiona,
Quivi sostenni ; e vidi com' ai mova
Circa e vicino a lui Maia e Dione.
49 Quindi m'apparve il teropererdHsiofe
Trai padre e *l figlio, equindi miiiiGiiiMO
Il variar che fanno di lor dove*
50 E tutti e sette mi si dimostrare
Quanto son grandi e quanto aon velodi
E come sono in distante riparo.
51 L' aiuola che ci fa tanto feroci,
Volgendom* lo con gli etemi geonidH,
Tutta m' apparve da' colli alle foci.
52 Poscia rivolsi gli occhi agli occhi befi.
50. RiPAHO. Loogo di dimora : psicbè f^
parare valeva soggiornare.
tfl. Aiuola. Mon. : In areoia wmrimlkMm B^
bere eum pace vivatur. Boat. :
ambitmm ... od coeit ipattiisi ,
obtinere rationem : id est , ut
globi magnitudinem conferaiur t mI^
prorsns hahere judieetur. . • Tix
inhabitandi cum hominihue area
— VoLOBNDOM*. Tanto si gira che ne veda an*
bidue gli emisreri ; e la soa vista già cMan
ne disceme ogni parte. Dante , aaoaeda fa-
stronomia del soo tempo, era in Gaaiiitt
il sole in Ariete ; il sole allora era daafM
pressoché al meridiano d' Italia , tra ora dh
stante dal meridiano di Gerosaknuna (e
XXVII, 29). — ETsaKi. IncornittibUi (Si
XU ). — Foci. LI dov^ f fiumi sboceaaa ai
panto roeu alio del suolo. Foce ftt doaqet i^
portano contrasto con eolie. Noe conia Eif-
giero neir Ar. : Lì sotto rimaner ooii
cima , Ed abbaeearsi in guisa efco tioe ,
Dov*é piano il terren e doveeorgu.
... pennae volìteres mt'At, Quae
dant poU : Quas eibi quum velo»
Ter ras perosa deepieit, Aerie
globmm , ftubteque poet terpem eMif.
193
CANTO xxni
ARGOMENTO.
Setmàon^ Cnfio e Maria co' beati , dalTaUo. Danti è già farit a toitenen il
$orri$o éHla nta domna : ma pereh* e* po$$a vedere il trionfo di Crieto , CtUton ri"
trae neWempireo : « Gabriello scende in forma di fiamma a coronare Maria ; e
cantando ti gira. Maria §ale anehella con l'Angelo eke la inghirìav^. I beati ri-
mumgono.
Canto d'eterea bellezza : s) cbe nesauno è più bello ; né » dopo la Bibbia » é più aha
poesia • uè più semplice. Delle dieci similitodioi le più sod nuove e divine. NoUsi flreqnen-
ta di sirnilitudioi tratte dagli occellì , ch'ò nel Farad. , e di similitadiDi tratte dall* affetto
filiale e materno ch'ò in tutto il poema» e di tratte dal sogno. E si paragoni questo al trion-
td del Purgatorio.
Nou le prime sei terzine ; la 8 alla 11 ; la 13 alla 17 ; la 19 alla S) ; la Ì4 alla 45.
1 Come r aafrello intra V amate fronde
Posato al nido de suoi dolci nati.
La notte che le cose ci nasconde,
S Glie per veder gli aspetti desiati
E per trovar lo cibo onde IL pasca.
In che i gravi labor gli sono aggrati,
S, Previene 1 tempo in su l*aperta frasca,
.£ con ardente aiìetto il soie aspetta,
Fiso guanlando pur che l'alba nasca ;
• 4 Cosi la donna mia si stiva eretta
E attenta, rivolta invérla plaga
Sotto la quale il sol mostra meo fretta.
i. FacNDB. Tirg. , degli uccelli : iiUer $e
feiiii ttrtpilant ; juwit imbrUnu actie^ Froge-
miem porvom dufet «gue teoiiere nidos. — Dolci.
Vfr§.: Nee ••• Dulcet... tuitoi. — Nasconob.
.Virg.: Rebui futx abitulit atra eotorem.
1. Gbavi.Adco. Virg., VI: Graves..,labor$s.
— Lasob. L'usa nel Purg. (XXII., 3). — Ag-
•BATi. Agtjratare è Dell' Inf., Xi.
4. Mbn. Bfezzo del cielo. Purg. (XXXiiI ,
SS ) : Con piik lenti paui Teneva'l i o/e ti eer-
^lio di merigge. E perchè Gerusalemme è nel
Mazzo della terra, il P. imagioava il seggio
de'beati , le Gerusalemme celeste , soprastare
a perpendicolo alla terrena.
1 5 SI che veggendola io sospesa e vaga ,
Fecimi quale è quei che disiando
Altro vorria, e sperando 8*appaga.
6 Ma poco fu tra uno ed altro quando «
Del mio attender , dico, e del vedere
Lo ciel venir più e più rischiarando.
T E Beatrice disse: ecco le schiero
Del trionfo di Cristo ; e tutto il frutto
Ricolto del girar di queste spere.
8 Pareami che 1 suo viso ardesse tutto ;
E gli occhi avea di letizia si pieni
Che passar mi convien senza costrutto.
5. SospBSA. Aspettando con desiderio.— -Air
TBO. Oltre quel cb'è.
6. Quando. G. XIX : Ogni ubi ed ogni quan-
do. Sostantivare gli avverbii, i verbi, gli ag-
gettivi, ò gran comodo delia lingua.
7. TaìONPO. Inf. , IV : Con segno di vitto-
ria ineoronatoi Trasseei V ombra.». E altri
moUi : e feeegli beati Fbutto. Del tuo
viaggio.
8. PiBNi. C. IV: JMi guardò eon gli oeeki
pieni Di faville d'amor.— Costbotto. Senza
dirlo in parole. D'ora innanzi queste reticenze
verranno frequenti.
kSk
DBL PARADISO
9" Quale ne' plenilanli sereni
Trìvi» ride tra le ninfe eteme
Che dipingonol ciel per tiittl i seni;
10 Yid' io sopra migliaia di lucerne
Un sol che tutte quante le accendea «
Come fa'! nostro le viste superne.
11 E per la viva luce trasparea
La lucente sostanzia tanto chiara
Nel viso mio , che non la sostenoa.
12 O Beatrice , dolce guida e cara \
Ella mi disse : quel che ti sobranza
É virtù da cui nulla si ripara,
13 Quivi è la sapienza e la possanza
Ch'apri le strade irai cielo e h terra ,
Onde fu già si lunga disianza.
1( Come fuoco di nube si disserra
Per dilatarsi , si che non vi cape,
E fuor di sua natura in giù s' atterra ;
15 Cosi la mente mia tra quelle dape»
Fatta più grande, di sé stessa uscio ;
E che si fftsse , rimembrar non sape.
16 Apri gli occhi e riguarda qtial son io.
Tu hai vedute cose che possente
9. TrivTa. Virg., XI, eo%\ chfamti Diana.
— NiRPB. Porg., XXXI : JVot tm yiit «tti/b,
9 flit ciel Mino itelle.
10. LucBRirB. G. I : £<i he§ma del mim"
do. — Visn. C. li: Lo del eeguente ch'ha
tante vedute»
11. SusTANiiA. L'omanftàdi G. CCome il
corpo traloea nella luce dell* aDim«, F.c.XIV.
12. Dolci. Petr. : Tn dolci e cari nomi
hai 'fi te raeeaUi...Caro9 dolce, alto èfatieoio
poggio. — - SoBaANiA. G. XX: Sovfunxn.
13. Apal. Porg. , X : Della moW anni la-
grimaia pace Ck' ap^no U del dal euo lungo
dideto... Quella Ck'ad e^^ Caào anwr uolee
la chiave*
14. Giò. G. I : Come veder «t può cadere
JWoeo di nube,,. Ott.: ilei vapore eeeeo nella
mnola H genera fuoco , lo g^le perck*è di
pia rara forma occupa pia luogo , e conviene
per fona uecin della detta nuvola , per fona
dico, in quanto la nuvola , perch* è fredda ,
etrigne ; lo quale fuoco per la detta fona cade
a terra , però che tale nuvola veno la terra
è più dehole : lo qucUe moto è cantra la na-
iuta del fòco che tende in $u,
15. Dapb. S. Ambr. : Dapet eupemae oh-
einet.^SAPB. L'08t oel Porg., XVIII.
la. Biso. Già pool più alio seniire delle
cose divine.
18. Q«Ano. Porg., Vili: Arr quel eingeUtr
Se* fatto a sostener lo riso mio.
17 Io era come quei che si risenta
Di vbYone obblìta, e che s'Ingegna
Indarno di ridnriasi alia mente ;
18 Quand'io udì* questa profferta , degna
Di tanto grado, che mai non si afingua
Del libro che'l preterito rassegna.
19 Se mo sonasser tutte quelle lingoa
Che Potinnia con le suore fero
Del latte lor dolcissimo più pingue •
20 Per aiutarmi ; al millesmo dlel vero
Non si verria cantando il santo riso •
E qiianto il santo aspetto boea naro.
91 E cosi , figurando il paradiao,
Convien saltar k) sagrato poema ,
Com'uom che trova suo canMEiiin ittkè»
S2 Ma chi pensasse il ponderoso tanu •
E l'omero mortai che se necarca.
Noi biasmerebbe ae sott' etfo tram.
23 Non è Dileggio da picdola barca
Quel che fendendo va T ardita profa.
Né da nocchier ch'a sé medesmo parok
3A Perchè la faccia mia si t' innamora,
grado Che tu dèi a Colmi,.. <— Llaao. Uh:
5tcon<fo che ei trova I9el Ukro della isan...
E sé*l libro non erra,
19. PolinnTa. La nomina Oraila ( I» 1 )•
Oli.: FoUnnia i proprio quella^ a evi è eMfi-
buita la uìemoria. — Latti. Parg . , Xlll :
Che le Mue% lattar più ch*aUro mai.
21, Saltah. Altrove : Salta lapmma^mea
lo scrivo.
S3. PaBoaio. Boce. (Flloe., TII): Saii-
dtiro nave correr lungo piteggio con aente pia-
jperp. Ant. oomoi. : ìntentitium èa eneéia en^
rie. Marco Sanfito contemporaiieo di Dean
( L II , p. IV , e. 5 ) : Traneen
dicH marie, quae pericuUe quati
reni, E cap. 14 : Propier aqu/aruuk
oportet ire utque ad medium paripi ,
fuartam venti detuper a egroca , fin -
traneitue parigium nuncupatue , eirua q
genti quinquagiuta milUaria oeHimaimr^tmii
quidam quingenti milliaria traneitmm eeu pà'
rigium foro auermnt eupradietum. He* PM
aol. ( ed. Fior. , iai6 , v. 1, p. 401 ) èpe-
reggia. Da pereggio il veneto avrà ratto ptf^
gio , il toscano pUeggio. — PaoaA. RaMan
( Garg. , L V ): Moie pUte ouUre me /braf»
le mon eequie entn cee goufree ei quae md
plaisante. — Parca. Si risiMmi.
!I4. PiacalE. Simile nel e. XXXI. — fina*
nino. Beradteo In gr. vale gieudéma.
CANTO XXllL
495
Che tu non ti riyolfQ al bel giardino
Che sotto i raggi di Cristo 8*in6ora?
95 Quivi è la rosa in che*l Verbo divino
Carne ai fece : quivi son li gigli
Al cui odor si prese 1 buon cammino.
26 Cosi Beatrice : ed io ch*a'8uoi consigli
Tutto era pronto , ancora mi rendei
Alla battaglia de' debili cigli.
37 Come , a raggio di sol che puro mei
Per fratta nube, gii prato di Cori
Vider, coperti d* ombra, gli occhi miei;
28 Yid*io cosi più turbe di splendori
Fulgurati di su di raggi ardenti.
Senza veder principio diTulgori.
29 O benigna Virtù che si gliniprenti*
Su t'esaltasti per largirmi loco
Agli occhi, II, che non eran possenti.
30 li nome del bel fior ch'ioscmpre invoco
E oiane e sera, tutto mi ristrinse
L'animo ad avvisar lo maggior Tuco.
31 E come ambo le luci mi dipinse
Il quale e '1 quanto della viva Stella
Che lassù vince, come quaggiù vinse*
S5. &OSA. Mistica , li chiama la Chiesa.
«— Gmu. Apoftioli. Gani. : Ego fUu eam]^ ,
•f Ulmm «OMvaiitMflH. Sieut lUium int§r i^mat
Beel. • XXXIX .* Ftorf floru , qua$i Ulium,
et daU odanm, — Passa. Caui. : CummuM
•A odortm «m^nsfilonim tuorum.
16. BAjTAauA. Inf. , 11 : SoiUMrlaguer-
«• ... D§1 cammino,
27. Cova. Vede i beali illamioati da Cri-
ale, aoa Cristo, salilo più in allo; come l' uo-
BBO che sta all'umbra vede un prato irraggia-
sa da no raggio di sole che rompa la nuvola.
39. InpaaifTi. Del lume tuo. — Possenti.
▲ rifoardac» te preseuie , il tuo trionfo.
30. Fioa. Maria. — RisraiNsa. Furg., Ili:
Mm wrnmto mia clu prima aro ritirslta , Lon-
Umio foUatgò.
Si. QuAXTO. C. II: Lumi, liquali n§l qua-
Ì$ 9 nel liuanto ... — Vinse. Qui vince il iu-
aa , come già vinse in ? irtù.
IS. FjicBLLA. Gabriele. Gira s^ ratto che
pare cerchio di fiamma. Nel secolo XVI in Pa-
rigi Al visu una Testa dove gli Angeli scen-
ilavano a coronare non la Vergine ma la re-
giaa di Francia. Questa scena dipinge la uà-
aioae ancor più che il secolo.
3S.NnsB. Tas.: In laono allato a cui Banbbo
roea Qual jnù dolce i quaggiù» Fetr. : Ogni
miio umile Fora unotdegito alialo a quel ch'io
èlica.
33 Per entro il cielo scese una facella
Formata ìd cerchio a guisa di corona »
E cinsela, e girossi intorno ad ella.
33 Qualunque melodia più dolce suona
Quaggiù, e più a sé Tanima tira,
Parrebbe nube che squarciata tuona»
34 Comparata al sonar di quella lira
Onde si coronava il bel zaffiro
Del'quale il elei più chiaro sinzaffira.
35 Io sono amore angelico che giro
L'alta letizia che spira del ventre
Che fu albergo del nostro disiro.
36 E gireromnii. Donna del ciel, mentre
Che seguirai tuo Figlio, e farai dia
Più la spera suprema, peréhò gli entro.
37 Cosi la circulata melodia
Si sigillava: e tutti gli altri lumi
Facén sonar lo nome di Maria.
38 Lo real manto di tutti i volumi
Del mondo, che più ferve e più s*aTVÌTa
Nell'alito di Dio e ne'costumi,
39 Avea sovra di noi Tinterna riva
Tanto distante che. la sua parvenza
34. Liaa. Cosi chiamò ( e. XV ) il canto dei
giusti militi nel pianeu di Marte. — ZArFiao.
Purg. , l: Dolce color iPoriental zaffiro. Che
i*aeeogtieva nel ureno aspetto Deltaer puro.
3tf . Disiro. Gen. , XLIX : Deeiderium co^
lium aeitmorum.
36. HBNTaa. Finché. Inf. ( XIII , 6 ) : 5<i-
rat «lenire Che tu verrai ... — Dia ( e. XIV,
12 ) : Nella luce più dia, — Entrb. Perchè qui*
vi ta sei, e però la fai dia. Ovvero, inteso
perchè in sensu di iebbene, e enfre per prima
persona , si spieghi : sebbene io entri nella
spera suprema , girerò nondimeno intorno a
te eternamente, lo m'attengo al primo.
37. Sigillava. Gonchiudeva. lo senso si-
mile è altrove.
38. Manto. Nodo cielo eh' è sotto l'empi-
reo. CoDv. (II, 3, 4 ) : Questo è il sovrana
edifieio del mondo, nel quale tutto U mondo
s'inchiude , e di fuori dal quale nulla è. —
Volumi. Cieli : i quali egli move , mosso da
da Dio. Volume , da volgere , e da rinoof^tfa
le sfere soggetta. Virg. : Volumina eaudae.
Dice nel Conv. , che il primo BM>bile , coma
più prossimo all'empireo ,.e più divino degli
altri ( e. XXVII , 37 ). — FaavB. D'amore e di
lume.
39. AraA. Il primo mobile è ( cosi nel Coav.)
Cristallino , cioè tutto fnupafsnfi. Sola duo-
qiM la disunza può celare qoivi gU oggetti»
(96
DEL PARADISO
Là dov' r era, ancor non m'appariva,
40 Però non ebber gli occhi miei potenza
Di seguitar la coronata fiamma,
Che 81 levò appresso sua semenza.
41 E come fantolin che ' nvér la mamma
Tende le braccia, noi che 1 tatte prese,
PerFanimo che'nnndi fuor s'infiamma;
42 Ciascun di quei candori in su si stese
Con la sua cima, si che l'alto afletlo
Ch'egli aveano a Maria, mi fu palese.
43 Indi rimaser 11 nel mio cospetto»
Regina eoAi cantando si dolce
non l'opaeltà del mezzo. — * Irtiriia. La par-
te coDcaYt è pia vicina al P. — Rita. Qaasi
fosse no mare di luce e di vita. Ma fina con
manto non istà.
40. Levò. Verso la spera suprema (t. 36).
^- ^M izfZA. O. Cristo. Beda ( in Lue. , XI):
Camtm . . . materna traxit ex carne.
41. Fuor. Simile nel e. XVII.
43. Regina. Coeli laetare, aUeluia. Anti-
fona del tempo pasquale.
44. Ubirta. di premio. — Seminar. Paul.
( Gal. , VI ) : Quae . . • eemìnavent homo^ hace
Bt metet. Eccl. , VII : Fili, non leminas ma-
la in nUcii if^MiUiae , et non metes ea in tr-
pfufiitiiii.— BOBOLGB ! Femm. di huMeue ( Po-
lii., 1, 93 ) : Le tre On, eké*n cima son bo-
beUe 9 Fùecon d^aa^broiia i fior. Altri inten-
Che mai da me non si parti 1 diletto.
44 O quanta e l'ubcrtà che si soflblcc
In queirarche ricchissime che foro
A seminar quaggiù buone bobolce!
45 Quivi si vive, e gode del tesoro
Che s'acquistò piangendo neiresilio
Di Babilonia, ove si lasciò Toro.
46 Quivi trionfa, sotto l'alto Filio
Di Dio e di Maria, di sua vittoria,
E con l'antico e col nuovo concilio.
47 Colui che tien le chiavi di tal gloria.
de bobolea per misura di terra , come liiM-
ea nel Crescenzio ; e spiega: furono buooe terre
ad essere seminate. I notai enti chi chiama-
vano bubulea il iogero: cosi U Muratori. Ma
le arche che divengono terre, parali pie stia-
no delle arche che coUivan la terra seminanda
il grano in esse raccolto. Ott. : #«nmo . • .
buoni bifolchi; onde» ucondo il Katiffllfi, fi-
colgono per ogni uno cento : teminarono m la-
crime , f nco^ono in allegretto, BifoUi , ptr
bifolchi il Petr. Esech. , XXXVl : Armbiwmd ,
et aceiirietii eementem*
4tf. Babilonia. Ps. : Super flumina Balf-
Umitf iUic tedimui et flevimut: quum f«co^
daremur Sion.
46^ Antico. Innanzi G: C.
47. GoLCi. Pietro.
J
*w
CANTO
ARGOMENTO.
S. Pietro interroga il P. della sua fede ; egli la definisee con Paolo ; spiega la
^•fimzione ; soggiunge che la fede gii viene dal vecchio e dal nuovo Testamento ;
eh' §gii erede a qut* libri perchè confermati dai miracoli ; che se il cristianesimo fu
propagato senza miracoli , questo de* miracoli *tutti sarebbe rattissimo. Professata che-
4fli Me la fede nella Trinità , s. Pietro lo cinse della sua luce a coronare la schiet-
ia fede di lui, E se uomini quali Dante , Tomaso , Agostino , credono % cristiani
im'ff tri , bello è sitare con loro^ ed aver contro sé i filosofi poveretti del secolo andato.
Nou le terzine 2 alla tf ; la 7 alla 10 ; la 12 , 13 , 14 , il, 18, 20 , 22 , 25 , 26 ,
37 , 30, 32 ; la 36 alla 41 ; la 47 , alla fine.
1 O sodalizio eletto alta gran cena
Del benedetto Agnello, il quel vi ciba
Si che la vostra voglia è sempre piena,
3 Se per grazia di Dio questi preliba
Di quel che cade della vostra mensa ,
Anziché morte tempo gli prcscriba;
1. Sodalizio. Compagni di mensa. Catall.:
JFìmUmùm vere dulee sodalitium, — Agnello.
A0nu» Dei, Apoc. : Beati , qui ad eoenam
mftiarum Agni vacati sunt, Ev. : Edatis, et
MOlw super mensam meam in regno meo, —
Ta»A, C, JX: Le tue voglie tutte piene Ten
porti,
2. Ss. Poiché. Petr. : Cerchiamo il del, se
4pù nuUa ne piace, — Qubsti. 11 P. — Mbn-
Aà. Mattb. , XV : Et cateUi edunt de micie,
qmae eadunt de mensa dominorum suorum :
dice la Cananea (Marc. , VII). Conv. : lo che
non seggo alla beata mensa , ma fuggito dal-
ia pastura del volgo, ai piedi di coloro che
seggono ricolgo di quello che da loro cade; e
t:imoseo la misera vita di quelli che addietro
io ho lasciati , per la dolcezza ch'io sento m
^elio che a poco a poco ricolgo , mitericor-
devolmente mosto ... per li miseri alcuna co-
Ponete mente alla sua voglia immensa
£ roratelo alquanto. Voi bevete (pensa.
Sempre del Fonte onde vien quel ch*ei
Co<l Beatrice: e quelle anime liete
Si fero spere sopra fissi poli ,
Fiammando forte a guisa di comete.
fa ho riservata. Poi : AUi loro piedi si pongo-
no tìitti quelli che per pigrizia si sono stati ,
ohe non sono degni di tanto vedere, — Prs-
SCEIBA. Finisca il sao tempo , e lo lanci nel-
l'eternità. C. XXI : Sì mi irescrisser le parole
sue, Petr. : L'onorata fronda che prescrive L'i-
ra del del quando il gran Giove tuona.
3. Immensa. Oy. ( Uet. , XIII ) : SUùque
immensa. Queste parole di espressione mate-
rialmente forte • son rade nel Nostro. — Fon-
te. Jo. , IV: Qui ... biberit ex aqua , quam
ego daho et , non sitiet in aetemum. Gustato
eh* egli ha il cibo dategli bere : il bere , come
più sottile, e meno materiale, è cosa più al-
ta. — Pensa. Desiderando.
4. Spbee. Girano Intorno al P. e a Beatri-
ce , come nel e. XIII , 7. — Comete. Qui Pie
tro cita le definizioni che àk della cometa
Arist. Virg. : affare eomafae.
63
ìM
DEL PARADISO
^ E come cerchi in tempra d' oriuoli
Si ftiran fil che '1 primo a chi pon mente
Quieto pare, e l'ultimo che voli ;
6 Cosi quelle carole , differente-
Mente danzaodoi della sua ricchezza
Mi si facean stimar veloci e lente*
7 Di quella Ch'io notai di più bellezza
Vid'io uscire un fuoco si felice
Che nullo vi lasciò di più chiarezza.
8 E tre Hate intorno di Beatrice
Si volse con un canto tanto divo
Che la mia fantasia noi mi ridice.
0 Però salta la penna e non lo scrivo :
Che l'immaginar nostro a cotai pieghe,
Non che *l parlare, è troppo color vivo.
10 0 santa suora mia , che si ne preghe
Devota , per lo tuo ardente affetto
Da quella bella spera mi disleghe.
H, Oriuoli. Dell* oriuolo altra siroilitodioe
nel e. X. — Voli. Quante imagini varie gli
purta ad esprimere le idee splriiaali, il mo-
to de* corpi ! Ed in vero il moto é la parte
spirituale della natnra visibile.
6. Carolb. Dame eoo salti. — DiFraatzi-
TB-. Neirinf., VI: con tn goU canina'
mente latra, la voce ò rotta In simile modo. Ar.
( .XXVIU , 41 ) : Ancor eh' egli conosca che di-
retta-Bf ini» a tua Maestà danno ii faccia, —
Lbntc. La frase , non in tatto evidente , va-
le: dalla velocità o lentezza mi si facevano
siimare più ricche o meno in grazia ed in
gloria. Le più veloci erano le più ricche. C.
Vili: Moversi tu ^l'V» jn^ e men correnti Al
modOt credo p di tortfiitc eterne; XXI II, 44:
Arche ricchissime.
7. Quella. Carola. — Filici. Epiteto di
paradiso. — Più. Inf. , II : Maggior Piero.
8. Volsi ( e. XXIII ). Gabriele Intorno a
Maria ; Pietro il fondatore della Chiesa Intor-
no alla Teologìa» la sapienza delle cose di
Dio. — Fantasia. La fintasia è parte di me-
moria , anzi è memoria più viva , congianta
or al desiderio or alla speranza.
9. PiBOHi. Preso da' pittori. Non v'è sfd-
matura di colore si delicato ad esprimere tan-
ta spirituale soavità. Rime : E 'i parlar no-
stro ehe non ha valore Di rilrar tutto ciò che
pmote Amore ... — Parlari ( e. XXXIII ).
10. Suora. Nella gloria. Cosi chiama s.
Pietro Beatrice. — Appetto. Verso il P. —
DisLB«BB. Mostra la dolcezza dello stare con
gli altri compagni. G. XIY : Che wU legatee
con sì dolci vinci.
11 Poscia fermato , il fuoco benedetto
Alla mia donna dirizzò lo spiro.
Che favellò cosi com' io- v' ho detto.
12 Ed ella : o luce etema del gran viro
A cui nostro Signor lasciò le chiari
Che portò giù di questo gaudio miro,
13 Tenta costui de' punti lievi e gravi »
Come ti piac^, intomo della tede
Per la qual tu su per lo mare andavi.
ii S* egli ama bene e bene spera e crede.
Non t* è occulto, perchè 'I viso hai quiii
Dove ogni cosa dipinta si vede.
15 Ma perchè questo regno ha latto dfì
Per la verace fede , a gloriarla ,
Di lei parlare è buon eh' a lui arrivi.
16 SI come il baccellier scanna e noii paih
Fin che'l maestro la quistionproMae
' Per appi^varla , non per tenmnana;
li. Snao. SI paragoni II parlare delle
me divine con quel della fianuna iafèiiala
(Inf.. XXVII).
12. Viro. Più eh' nomo ( Inf. , IT ). —
Chuvi. C. XXIII: Tien te chiavi di CalfU-
Ha, Matth., XVI: Tibidabo clavee repii tee-
(orum. — Portò. C. XXI II: Ch* mirile mtr
de tra 'l cielo e la terra.
13. LiRvi. Accessori!. — La. MalUi., XIT:
Domine , . ,jube me ad te venire emper ofm
, . . Ambulabat super ugtsam » ut vessiret ed
Jesum.
14. Vbdb. Petr. : Nel voUo di Emilie tutte
vede f Vedi '< mio amore.
15. Civi. L' usa nel e. Vili , e mal Pwg.,
XXXII. Poiché la vera fede popola tlTaraà-
so, è buono che a Ini venga occaslooe di tcav-
ne parola , a gloria di lei. Io «fneito taais
arrivare varrebbe avvenire al moda fraMan*
Ovvero: è buono che tu gli i'accosli a
lame. Meglio il primo. Se fossa il
direbbe: a ben parlare. Ma nel pr^
arrivare non ha esempi eh' io sappia. Dict-
vano si arrivar bene o male , per
ma non impersonalmente cosi conM é
Non è questo però il solo modo e
da unico esempio; né il solo franceaiama ip
parente, che si rincontri nel predo iialiaai
antico.
16. Bacccllisr. Primo grado nell'aiiiw-
sita : e ben conviensi a Dante noviaio ad le-
gno di Dio. — Aa«A. Di risposta. — Arsa»-
VARLA. Il maestro pone la questiona chcfie-
It dil^a ^ ma non la risohe.
CANTO XXIV.
499
17 Cosi m* armava 'io d* ogni ragione
Mentre eh' ella dicea, per esser presto
A tal querente e a tal professione.
18 Di*, buon cristiano, fatti manifesto:
Fede che è? Ond' io levai la fronte
In quella luce onde spirava questo.
19 Poi mi volsi a Beatrice : e quella pronte
Sembianze fémmi perchè io spandessi
L* acqua di fuor del mio interno fonte.
SO La grazia che mi dà ch*io mi confessi ,
Comincia* io , dall* alto primipilo^
Faccia li miei concetti essere espressi.
21 E seguitai : come 1 verace stilo
Ne scrisse^ padre, del tuo caro frate
Che mise Roma teco nel buon filo :
52 Fede è sustanzia di cose sperate
E argomento delle non parventi.
E questa pare a me sua quidditate.
53 Allora udii : dirittamente senti ,
Se bene intendi perchè la ripose
Tra le austanze , e poi tra gli argomenti.
9k Ed io appresso : le profonde cose
Che mi largbcon qui la lor parvenza ,
Agli occhi di laggiù son sì nascose
S5 Che l' esser loro v' è in sola credenza,
Sovra la qaal si fonda Talta spene :
E però di sustanza prende intenza.
16 E da questa credenza ci conviene
Sillogizzar senz* aver altra vista :
t^rò intensa d' argomento tiene.
17. QcniNTB. Onde ehntn per ehUdtn.
19. Volsi (XXI, 1).
20. Prìhipilo. Condottier d' ana squadra.
— Bspatssi. Inf. , XIX : BaroU v$n espresse,
21. Fkatb. Paolo.
22. Fimi. Ap. ( Heb. , XI ) : Est . , , fides
Mf§remdafum sStbstantia rerum, argumerUum
non appar«fi(nim. ^^ Svstanzu. Fa essere
le cose operate come esistenti già. — Arco*
SBirro. Dimostrazione.— Pahvbnti. Delle Tu-
tvrt . — QimmTATB ( XX, 31 ).
25. iNTBiiZA. Intenzione, senso. R. Aot.:
Ma . . . Che Itane interna d' orgogliosa genie
( diba titolo di superba ).
26. Vista. Sema prova positiva dei 4ivi-
wà nrisieri.
28. Spir6«. V. 54 : Onde spirava questo. —
Ahorb. C. XIX : Di molti amori Usciva solo
mn snofi. — Trascorsa. Scorrere per esami-
nare , é comune.
29. Borsa. Credi ta a questa definizione?
La iotcDdi? L' liai tua ?^ Tonda. Intera.—
27 Allora udii: se Quantunque s'acquistst
Giù per dottrina , fosse cosi'nteso,
Non v'avria luogo ingegno di sofista.
28 Cosi spirò da queir amore acceso ;
Indi soggiunse : assai bene è trasco^^a
D* està moneta già la lega e 1 peso.
29 Ma dimmi se tu lliaì nella tua borsa .
Ed io : si, r ho si lucida e si tonda ,
Che nel suo conio nulla mi sMnforsa.
30 Appresso usci della luce profonda
Che 11 splendeva : questa cara gioia
Sovra la quale ogni virtù si fonda ,
31 Onde ti venne? ed io : la targa ploia
Dello Spirito santo eh' è diflusa
In su le vecchie e 'n su le nuove cuoia,
32 É sillogismo che la mi ha conchiusa
Acutamente , sì che 'n verso d*eUa
Ogni dimostrazion mi pare ottusa.
33 Io udi' poi : 1* antica e la novella
Proposizione che si ti conchiude ,
Perchè V hai tu per divina favella ?
Zk Ed io: la prova che 1 ver mi dischiude
Son r opere seguite , a che natura
Non scaldò ferro mai né battè ancude.
35 Risposto fummi : di' , chi ti assicura
Che queir opere fosser ? Quel medesmo
Che vuol provarsi ; non altri 1 ti giura.
36 Se *1 mondo si rivolse al cristianesmo,
Diss'io , senza miracoli , quest' uno
É tal che gli altri non sono'l centesmo«
Iktorsa. Petr.: Ogni mio stato inforsa.
30. Gioia. Fede. — Ogni. Apost. : Sine fi'
d« . . . impossibile est piacere Deo, Marc. , cap.
alt. : Qui crediderit, et baptiiaius fuerit , sai-
vuf erit,
31. Ploia. L'asa nel e. XlV, 9. — Cuoia.
Pergamene del nuovo Testamento e del vec-
chio. G. VI : Avete *l vecchio e 'l nuovo Testa-
mento . . . (guelfo vi basti.
32. Ella. La fede mi è più forte d* ogni
amano sillogismo. — Ottusa. S' oppone ad
acutamente, inf.» XX: / tuoi ragionamenti
Mi son sì certi e prendon sa mia fede Che gli
attri mi sarien carboni spsnti.
33. Proposi xiozfB. Legge. Segue la mela*
fora del sillogismo che ha due proposixiooi
ad una consegueoza. Poi rammenta 1 piani
della proposizione.
34. Opbrb. Miracoli.
35. FossBR ? Fossero veramente miracoK.
86. Se. August. ( C. D. , XXI , 7 ; XXii,
5 ) : 5i per apottolos ut eie erederetur ... tifo
500
DEL PARADISO.
37 Che tu entrasti povero e digiuno
In campo a seminar la buona pianta
Che fu già vite , ed ora è fatta pruno.
38 Finito questo , V alta corte santa
Risonò per le spere un Dio lodiamo
Nella nirlode che lassù si canta.
30 £ quel baron che si di ramo in ramo,
E'^aminando , già tratto m*avea ,
Che air ultime (ronde appressavamo,
40 Ricominciò : la grazia che donnea
Con la tua mente, la bocca t'aperse
Insino a qui , com' aprir si dovea:
hi SI ch'io approvo ciò che fuori emerse.
Ma or conviene esprimer quel che credi,
£ onde alla credenza tua s' offerse.
42 O santo Padre, o Spirito che vedi
Ciò che credesti si che tu vincesti
tniracula facta non eredunt hoc nobU unum
grande miraculum tufficit , quod ea tetrarum
orbis tin$ uUis miraculitendidit, Bossaet (Di-
sc, sor l' Uist. OD. , par. II , e. 20 ) : Si ce
* monde a vu det miracU$^ Dieu $*e$t mèle vi-
siblement dans cet ouwrage: et t*il se pouvait
faire qu" il n' en eùt pcu vu , ne seraitee
pat un nouveau miracle plus grand et plus
incroyable que eeux qu* on ne veut pat eroi-
re , d' avoir converti le monde sane miraelee,
d' avoir fait entrer tant d* ignoranti dans des
myttires si hauts , d" avoir inspiré à tant de
savants une humble soumission , et d' avoir
persuade tant de ckoses ineroyables à des in-
crédules ? Mais le miracle des miracles , fi j'e
puis parler de la sorte , e* est qu" avec la foi
des mystères , les vertus les plus éminentes se
sont répandues par toute la terre.
37. Povero. G. XXI : Venne Cephas ... —
Vite. C. XIII : La vigna che tosto imbianca
se 'l vignaio è reo,
38. Dio. Te Deum ( Parg. , IX }. — Me-
roDE. ( e. XIV . 41 ).
39. Baron. Bocc. , 60 : Baron messer i.
Antonio.
40. Donnea. Coirispondenza d* amore tra
la grazia e lo spìrito. Io questa voce é latta
la soavità della caotica ( e. XXVII , 30). S.
Dionigi : Avenos et resiUentes a se amatorie
sequitur. Prov. ; Deliciae meae , esse cum /(-
liis hominum. — Aperse. Fa grazia , doo
inerito tuo , che t* infuse la fede.
41. Onde. Per qual via.
42. Giovani. Entrò prima di Giovanni che
pur r aveva preceduto al sepolcro di Cristo.
Monarcb., Ili : Dicit Joannes Pétrum introi-
vitse iubUo quum verni , in monumtntum vi- !
Vèr lo sepolcro più giovani piedi ,
hZ Comincia io, tu vuoi eh' io manifeiti
La forma qui del pronto creder mio ;
E anche la cagion di lui chiedesti.
h^k E io rispondo : credo in uno Dio
Solo ed eterno, che tutto 'J eie! move ,
Non moto, con amore e con disio.
^5 Ed a tal creder non ho io pur prove
Fisiche e metafìsiche ; ma daimi
Anche la verità che quinci piove.
^6 Per Moisè , per profeti, e per salmi ;
Per r evangelio, e per voi che scrìveste
Poiché r ardente spirto vi fece almi.
47 E credo in tre Persone eterne; e queste
Credo una essenza si una e si trina
Che sofferà congiunto iutU et ette,
k% Della profonda condizioD divina
dens alium cfttctpulum ctmctonfem ad ottmm.
Jo. , XX : Currebant ... duo iimul, et Hke-
lius discipulus praecueurrit citius Petra, etm-
nit primus ad monumentum. Et quum ssim-
clinasset , vidit posila Unteamma . non tamm
introivit. Venit ergo Simon Petrus sequenseim,
et introivit in monumentum. Ambros. : Fiidà
factus est Petrus , postquam fidém se perdtdàr
se deflevit. — Vedi. C. II : lÀ si vedrà ciò
cke ienem per fede. A conforto dei retori ,
vindici del buon gusto , che temono come et-
litto obbrobrioso la ripetizione delle parole,
noterò , che in questo canto le voci crtdm
e credenza son ripetute ondici volle, grsM
due , bellezza due , benedetto due , spiro tre,
fonte tre , cose tre , 6er»e tre , caro , buomo,
amore, mente, alto due. — Crbobsti. Quan-
do dicesti : Deus Christus » fUius Dei vivL
43. Cagion. L' accennò nel v. 91. Ora di-
chiara vìa meglio.
44. Moto. Per mofso ( Parg. , XXIII ).
Boet. : Siabìlisque manens das euneta moeiri.
S. Tom. ( Cont. Gent. , I ) : Omnis moti* a
principio immobili. — Disio. 11 primo mobi-
le è mosso da Dio ; e gli altri cieli deside-
rano unirsi al moto del primo mobile , per»
corrono armonizzando con quello ( Cobt. ,
II y 4 ). C I : La rota che tu sempiterni De-
siderato ; XXXUI ; L* amor cke muove il sek
e l' altre stelle.
45. Dalmi. Tal credere. — Pioti. V. 91:
Ploia.
46. Voi. Apostoli. — Aliii. Fast.: Alwm.
sanctus , sive pulcher. Alla lettere, dante ci-
ta. Virg. , XI : Alma ... LaUnùa virgo.
48. Sigilla. lof. , XiX : Smggel eh' ogni w-
mo sganni»
CANTO XXXV.
50i
Ch'io tocco mo , la mente mi sigilla
Più volte l'evaogelica dottrina.
^9 Questue '1 principio, quest'è la favilla
Che si dilata in fiamma poi vivace,
E come stella in cielo, in me scintilla.
50 Cornei signor ch'ascolta quel che piace,
19. PuiNciPio. August. ( in Ps. CXVIII ,
serm. lo ) : Jpsa fide qua credit , tanatur ut
intelligat ampliora ... Nitiessent aiiqua quae
inietti fjen non pottumut , nisi ante eredamus.
Da indi abbraccia il servo, gratulando
Per la novella , tosto eh' el si tace;
51 Cosi benedicendomi cantando ,
Tre volte cinse me , si com'io tacqui,
L' apostolico lume , al cui comando
52 l'avea detto : si nel dir gli piacqui.
intelUgetis.
tfi. Cinse. Con corona di lace , come Ga-
briello Maria ( XXlll , 32).
52. Piacqui. Nella disputa del Sacramento,
propheta non dicent : nisi eredideritii , non \ Raffaello tra i teologi colloca Dante.
S03
DEL PARADISO.
CANTO XXV.
ARGOMENTO.
Viene t. Iacopo e lo interroga della $peranza. Beatticé risponde per lui,^
grande è nelV anima sua la speranza : e cerio era forte non tnen che la fede. Pai
Dante dà la definizione di questa rtrlù : dice che le parole del salmo e della jm-
stola di s. Iacopo gli sono cagione a sperare , eh* egli spera la resurrezione ài
corpi , e la vita immortale. Poi viene s, Giovanni , e gli rivela , sè^ eonu tutti,
essere morto , non già rapito colla salma terrena. Il lume eh* esce dei ire apostoli,
delle tre virtis, gli toglie la vista deU^ alta donna.
I
Il canto iDComincia da on' aifettaosa ioYOcaxione alla patria. L' amore » il dolori , U
religione, la memoria delle cose passate, la coscienia della dignità propria, fanno InqMf
'versi soave armonia.
Nou le prime quattro terzine; la 7, 9; la 14 alla 19; la 22, 23, 26, 27, 28, 33. 34,
35; la 37 aUa 40; U 42, 43, 46.
1 Se mai contioga che'i poema sacro
Al quale ha posto mano e cielo e terra,
SI che m'ha fatto per più. anni macro,
i. CisLO. Tratta le divine cose e le umane
per grazia celeste e per umana arte. — Ma-
aio. Juv.: Ut dignus venias hederit, et ima-
fine maera. Era già famoso il poema di Dante.
2. Bello» C. XW : A eot\ ripotalo , a cosi
bello Viver di cittadini. lof., XXlIi : Sovrani
bel fiume d" Amo alta gran viltà. In una can-
zone : O montanina mia canton, tu vai. Forte
ftedrai Fiorenza ta mia terra Che fuor di tè
mi terra , Vota d* amore e nuda di pietate.
Se dentro V entri, va dicendo : Ornai Non vi
può fare il mio signor piò guerra. Desiderava
egli ardentemente rivedere la patria, ma per
vie vergognose entrare sdegnava. Celebre è la
lettera latina da lui scritta ad un vecchio
Fiarentina che gii proponeva il ritorno a pat-
2 Vinca la crudeltà che fuor mi ferra
Del bello ovile ov' io dormii agnello
Nimico a* lupi che gli danno guerra ;
to volesse nmllìarsi col cero in mano a na
chiesa, e chiedere perdonanza. Conv. (1,3):
Del suo dolcissimo teno, nelquale nato a nmtrUe
fui, Ano al colmo delia mia vita, • nei
con buona pace di* quella desidero con
il cuore di riposare l* animo stanco, a
fiora to tempo che m* è dato. — àMsasJtM»
Eccl. , XIIl : Si eommumcabit Utpue agme eìt
quando, tic peccator justo. Is. , XI: Aalila-
bit lupus cum agno , et pardut cum kmeéo nr
cuhabit : vitulut , et leo, et ovit simul mar*'
buniur. Ecco qoi le tre fiere di cui nel pria»
Id. , LXV : Lupus et agnus pascentur simd.
Jer. , XI : Ego quoti agnut ... af non eogm-
vi , quia eogitaverunt tuper me Consilia.
CANTO XXV.
503
3 Con altra voce ornai, con altro vello
Ritornerò poeta , ed in sul fonte
Del mio battesmo prenderò '1 cappello.
k Perocché nella fede che fa conte
L* anime a Dio , quiv* entra* io; e poi
Pietro per lei si mi girò la (ronte.
5 Indi si mosse uo lume verso noi
Di quella schiera ond' usci la primizia
Che lasciò Cristo de* vicari i suoi.
6 E la mia donna piena di letizia
Mi disse : mira, mira; ecco il barone
Per cui laggiù si visita Galizia.
7 Si come quando '1 colombo si pone
Presso al compagno, l'uno e l'altro pande.
Girando e mormorando, V affezione;
3. Voce. E chioma, mutate dal tempo. O?-
▼ero : DOD più Qomo di parte , ma amato poe-
ta. — Vello; Petr. : Pettinando al tuo vte-
càio i bianchi «fUt Or le andrò dtefro ornai
CPU olirò pHo, — Poita. Approvato nella fe-
de , Tool essere anco nella poesia : cosi Pie-
tro. — Mio. Inf. , XIX : Mio M ian Giovanni.
llOB nel Campidoglio o in simile laogo pro-
fano , ma in chiesa e' sarà coronato. — Cap-
rsLLO. Per corona ( Bocc, ■. I ). L* Ott. dice
che ai maestri in segno di veneraiioDe , da-
vasi noa berretta. E il Bocc. nella V. D.: ^e-
f«fi^ per la poeita aUo intuitalo e pompofo
onore della coronazione detto aUoro poler ve-
nire , cullo o lei ft diede , ttudiando e comr
ponendo : e certo il tuo detiderio gli veniva
intero te .,, egU fotte giammai poMo tornare
in Firenze, netta qwU tela topra le fonti di
a. Giovanni t* era ditpotto di coronarti : ac-
ciocché quivi , dove per lo baltetiino aveva
preto il primo nome • quivi wìcdetimo per la
coronazione orendette tt tecondo. La memo-
ria del fonte battesimale era cosa a qae* tempi
meritameote sacra. Compagni : Sopra quetto
eacralo fonte , onde traette ti Mmf o hattetitno,
gimrau. Papa Loremo de^ Medici coronò so-
teDDemente d' alloro la tUtna del P. e Mar-
«ilió Ficino ne disse le lodi. Alto lodatore ;
ma coronatore non degno : e qnttt' onore là
■noY' onta all' esale citudino. Nel 1381 Glo-
▼anai di Virgilio lo invitaTa nella gnelOi Bo-
logna a prendere la corona d'alloro ; ed egli
rifiaUTa aspettando essere incoronato soli' Ar-
ac. Abbiamo gli esametri di GloTanni , e la
riaposu di Dante : Nonne triumfkaltt meUm
pexaire eapittot. Et, patriae, reitam ti guanr
do , abteondeu eanot Fronde tmh incerta . . .
Qumm mundi eircumflua eorpora cantu, Àttrir
eoimeque meo , «fini infera regna poltònnt ,
Devineire eaput hedtra lanro^ne juvabit.
8 Cosi vid* 10 r un dall* altro grande
Principe glorioso essere accolto ,
Laudando il cibo che lassù si prande.
9 Ma poi che 1 gratular ai fu assolto ,
Tacito coram me ciascun s* affisse .
Ignito si che vinceva il mio volto.
10 Ridendo allora Beatrice disse :
Inclita vita per cui la larghezza
Della nostra basilica si scrisse ,
11 Fa risonar la speme in Questa altezza .
Tu sai che tante Gate la nguri.
Quante Gesù a' tre fé più chiarezza.
12 Leva la testa , e fa che t* assicuri :
Chèciòchevienquassùdalmortal mondo,
Convien eh' a' nostri raggi si maturi.
4. CoNTB. S. Greg. ( in Eieeh. , I , hom.
3 ) : PBr fidem a Beo eognoteimur,
6. Babonv. Un autore del medio evo: Vi-
rot fortet qui poztea vulgo barones appettati.
7. Pandi ( e. XV ).
8. PaAKDB ( e. XXIV , 1 ): Atta gran cena.
9. Assolto. Lat. afriolvo , finire. — Coaj jr .
G. XI : Coram patre.
10. Larghezza. S. Jac: Si quiz . . . ve-
ttrum indiget tapientia , pottulet a Deo , qui
dat omnibut affluenter , et non improperat ,
et dabitur ci. Fottulet autem in fide nihil hae-
titant : qui antm defilai , timilit ezt fiuctui
marie , ^t a vento movetur . . . Omne dal ih»
opltmiim , et omne donum perfeetum de tur-
tum ezt , deteendent a Batre luminum. Altri
legge oUe^rexsa.— Basilica. Il cielo è Chiesa
vera e trionfante. L' epistola qnl citata , altri
la ToglioQO di Giacomo figlio di Alfeo il mag-
giore, percbè primo chiamato da G. C. e cu-
gino di lai : il Yenerato in Galizia. Altri del
minore , figlio di Zebedeo.
11. Altezza. Dorè ogni speranza ò com**
pinta. — Tre ( Pnrg., XXXII ). Alconi inter-
preti pensano che eleggendo tra gli altri Pie«
tro , Giacomo , Gioranoi a far loro più chia-
ra manifestazione della propria divinità (Mat-
th., XVU ), «'volesse in loro figurare le tre
virtù , fede , speranza , ed amore : le quali
nelle epistole di ciaschedano più notabilmente
si predicano. Netta elezione dei tre ( coȓ nel
Convivio ) ti può inlendere che atte zeeretizzi-
ma eoee noi dovemo avere poca compagnia,
V Ottimo spiega : Tti la figuH tanto più chia-
ra di nullo che ne zerivette, quanto Crizto pm
chiaro ti moztrò a te, a Piero, e a Oiovanm.
19. Rami. Convien mirar fiso nelle tre virt^
per salire all' empireo. Altri : le anime che
qui salgono , eon forti a sostenere i nostri
splendori.
tsoi.
DEL PARADISO
IH Questo conforto del faoco secondo
Mi venne: ond' io levai gli occhi a'monti
Che gFincurvaron pria col troppo pondo.
1 ^ Poiché per grazia vuol che tu t' affronti
Lo nostro imperadore , anzi la morte,
Neir aula più secreta co' suoi conti,
lo Si che, veduto il ver di questa corte,
La speme che laggiù bene innamora
In te ed in altrui di ciò conforte;
10 Di quel che eli* è , e come se ne nfiora
La mente tua : e di' onde a te venne.
Cosi seguio '1 secondo lume ancora.
17 £ quella pia che guidò le penne
Delle mie ali a cosi alto volo.
Alla risposta così mi prevenne :
18 La chiesa militante alcun Ogliuolo
Non ha con più speranza , com* e scritto
Nel Sol che raggia tutto nostro stuolo.
19 Però gli è conceduto che d' Egitto
Vegna in Gerusalemme per vedere.
Anzi che '1 militar gli sia prescritto.
!20 (jli altri duo punti, che non per sapere
Son dimandali , ma perch* ei rapporti
13. Levai. Ps. CXX : Lwavi oeulos tneoi
in montes . unde veniet aìixiUum miki. Il passo
4Ìel salmo LXXXVl : Fundamenta ejus in mon-
iibus sanctìs , dagl'interpreti intendesi deUa
Chiesa, fondata sulle virtù degli Apostoli e d'al-
tri santi. E spesso nella Bibbia monte significa
eminenza simbolica (Ezech., XXXVl ). — Pon-
do. Furg. , XV: Sentf a me gravar la fronte
Allo splendore,
14. Conti. Nel Conv. ( II , 6 ) chiama Dio
sonatore celestiale.
15. Ver. Conv. ( II , 6 ) : La verità non
videro delle creature spirituali, — Bene. A
diritto. Purg. , X : '£ mal amor, — Di. Con
la tua visione.
17. Pia. Bisillabo ( e. I ).^Pbnnb. C. XV.
Colei C/i' all' alto volo ti vestì le piume. —
Prevenni. Bello è questo rispondere di Bea-
trice per attestar la speranza del P.
19. Gerusalemme. Aug. ( C. D., XVIII ):
Jerusalem mystice dicitur Visio paeis , et finis
noslrorum honorum. Ps. : Tibi reddetur votum
sn Jerusalem. — Militar. Job. , VII : MilUia
est vita hominis super lerram. — Prescritto.
C XXIV : JHorte tempo gli preseriba.
20. Non. Non già che san Giacomo avesse
bisogno di sapere i pensieri di Dante: e' ve-
deva ogni cosa in Diu. Ma la prima doman-
da s' egli abbia speranza , è la più rilevante ;
n come e il perche si concbiudein quell'olla. |
Quanto questa Tirtù t è io piacere,
21 A lai lasc* io: che non gli saran forti
Né di iattanzia. Ed elli a ciò risponda;
£ la grazia di Dio ciò gli comporti.
22 Come discente eh' a dottor seconda
Pronto e Kbentejn quel ch*egli è esperto.
Perchè la sua bontà si disasconda :
23 Speme , diss' io , è uno attender certo
Della gloria futura , il qual produce
Grazia divina e precedente merto.
24 Da molte stelle mi vien questa luce:
Ma quei la distillò nel mio cor pria.
Che fu sommo cantor del sommo Duce.
25 Sperino in te , nella sua teodia
Dice , color che sanno 1 nome tuo.
£ chi noi sa s* egli ha la fede mia 1
26 Tu mi stillasti, con lo stillar suo.
Nella pistola poi ; si eh' io son piecto.
Ed in altrui vostra pioggia repluo.
27 Mentr* io diceva , dentro al vivo seno
Di quello incendio tremolava un lampo
Subito e spesso a guisa di baleiio.
28 Indi spirò : l'amore ond* io avvampo
21. Forti. Non gli sarà così difficile im
il perchè egli in Dio speri : come dire s'egli
abbia questa virtù. Cosa che V nomo nvo ^
sapere per l'appunto; e , sapendo, non deM
affermare.
22. Discinte. Nel conv. ( li , i }. — Bmt*
TÀ. In ubbidire e in sapere.
23. Spbmb. Il maestro delle seDleuefflI,
dist< 26 ): Spes est eerta exspeetaiio fmturee
beatitudinis , veniens ex Dei gratta al profce-
dentibus meritis,
24. Stille ( e. XXIV ). Della verìU: Sat-
ina stella in cielo , in me sciniiUa. Dan. , 5U1:
Fulgebunt . . . qui ad jusHtiam erueUeuu «a^
tos, quasi steUae in perpeiuas aacantiialtt.—
Sommo. G. XX : Cantor deUo Spirito fault.
25. Spirino. Ps.: Sperent in te, fmimem-
runt nomen tuum. — Tbodia. Ode » canto ii
lode di Dio. Altre parole de' Salmi , qui cita
r Ott. ; invitanti a speranza. — Fisi. CM
crede in Dio , non può non sperare.
26. Suo. Ripetesti ii detto di Davide. Jac*
I : Beatus vir , qui sufferi tentationeeii , fm^
niam quum probatus fuerU , accipiet eor*Hmm
vitae f quam repromistt Deus diùgentikme aa.
E il salmo 1 : Beatus vir, qui non oMt im
Consilio impiorum ... Fructum euum dabU ia
tempore suo. Et folium ejus non deflimet.
2S. Campo. Segue la meta ri* ra dei fflilitaie*
CANTO XXV.
505
Ancor Ter la Tìrtù che mi seguctte
Infin la palma ed air uscir del campo ,
29 Vuol ch'io respiri a te, che ti dilette
Di lei : ed emmi a grato che tu diche
Quello che la speranza ti promette.
SO Ed io: le nuove e le Scritture antiche
Pongono il segno, ed esso lo m* addita ,
Dell'anime che Dio s*ha fatte amiche.
31 Dice Isaia , che ciascuna vestita
Nella sua terra fia di doppia vesta.
E la sua terra è questa dolce vita.
SS E 1 tuo fratello assai vìe più dìgesta ,
Là dove tratta delle bianche stole ,
Qvesta rivelazion ci manifesta.
33 E prima , e presso 1 fin d' cste parole,
Sperent in te di sopra noi s*udi ;
A che risposer tutte le carole.
3h Poscia tra esse un lume si schiari.
Si che, sei cancro avesse un tal cristallo,
Linvemo avrebbe un mese d' un sol di.
35 E come surge e va ed entra in ballo
Vergiue lieta , sol per farne onore
99. RsspiRi. Spiri di nuovo , riparli.
SO. Nuove. Il nuovo Testamento , ed il vee-
cbio mi pongono il segno a cui tenda la spe-
ranza dell' anime amiche a Dio : ed esso se-
gno mi addita quello che la speranza promet-
ta, cioè la beatitudine piena del corpo e del-
Taoima. Altri pone tra parentesi: ed esso ( Ia-
copo disse } lo mi addita ( mostrami questo
aegno } : a che poscia il P. risponde. Ma è
troppo contorto costrutto.
ai. Doppia. Is. , LXI : M ferro iua dupli-
€ia fouidebuni , lattaia umjpitwna erti eù .
Prov. : OmnM ... domutiei 9ju$ vestiti gunt
émplieibue. Gioia del corpo e daJl* anima.
aa. Fbatbllo. Jo. (Ap. , VII): Stantee
mnte tkronum, et in eontpeetu Agni, amieti
Mótie albit.
aa. SpsRBfiT ( Ps. IX ).
a4. Lui». S. Giovanni. — Cancro. Una
Mio dodici costellazioni dello zodiaco. —
CniSTALLO. Quando nel Terno il sole è nel
Capricorno ( opposto al Cancro ) , al cader del
aote spunta il Cancro in oriente, al tramon-
tare del Cancro rinasce il sole. Onde se nel
Cancro fosse una stella A lucida come 1* a-
■ina di Giovanni, la notte avrebbe il suo sole,
a totto il mese che il sole è in Capricorno
aarebbe un sol di. E cosi dicasi di qualunque
altro segno ; che se fosse lucente al par del
aule , lucerebbe la notte si come il sole ; e
sarebbe tutto V anno un sol di. — DI. Da mez-
so dicembre a mezzo gennaio.
Alla novizta , non per alcun fallo ;
36 Cosi vid*io lo schiarato splendore
Venire a' due che si volgeano a ruota ,
Qual conveniasi al loro ardente amore.
37 Misesi U nel canto e nella nota ;
E la mia donna in lor tenne V aspetto ,
Pur come sposa tacita ed immota.
38 Questi è colui che giacque sopra'l petto
Del nostro Pellicano : e questi fue
D'in su la croce al grande ufficio eletto.
39 La donna mia cosi : né però pii&e
Mosser la vista sua di stare attenta,
Poscia che prima , alle parole sue.
40 Quale è colui che adocchia e s argo»
Dì veder ecclissar lo soleun poco, (menta
Che , per veder, non, vedente diventa;
kì Tal mi fec*io a quell* ultimo fuoco ,
Mentre che detto fu : perchè t*abba.trli
Per Veder cosa che qtiì non ha loco ?
42 In terra è terra il mio corpo, e saragli
Tanto con gli altri, che*l numero nostro
G)n r etemo proposito s' agguagli.
35. Notizia. Sposa. — Fallo. Di vanità.
36. Schiarato ( v. 100 ). — Ruota. Cin-
gendo e quasi incoronando Beatrice. — Dub.
Pietro e Giacomo. — Qual. Ha detto che il
più 0 men rapido volgere è segno della bea-
titudine.
37. Canto. Anco i due Apostoli dunque
cantarono Sperent, — Nota. Aria. — Tbnnk.
in queste virtù è tutta la scienza divina.
38. Giacqui. Jo., XIII: Erat . . . recum-
lene . . . tn tinu Je$u , quem diUgebat Je$ut.
-^ Pellicano. Quest' uccello ria i suoi pulcini
morsi dalla serpe col sangue proprio : e per-
ciò s* apre il petto col rostro. E l'imagine è
degl' interpreti sacri applicata a Gesù Cristo
che ci riebbe col sangue.— Ufvicio. Di figlio.
Jo. , XIX : Quum vidùtet . . . Jesus matretn,
et discipulum stamem , quem diUgehai , didt
matti suae . Afulter, ecce fUius tuus. Deind9
dieit discipulo , Ecce molar tua. Et ex iUa
hora accepit eam disciputus m sua,
39. Né. Parlando , li guardava sempre feo
( V. ili ).
42. Tbkea. Petr. : Spirito ignudo sono . . •
Quei ehe tu cerchi , è terra da molV anni.
Dalle parole di Gio. , XXI : sic eum voto
manere donec veniam. Alcuni dedussero cbo
Giovanni dovrebbe rimaner vivo in corpo , fino
al di del giadizio. Il P. smente la falsa cre-
denza. Le parole del Vangelo valgono che
Giovanni non doveva morir di marUrìo. —
Saragli. Vi sarà. — Altbi. Corpi.— Numero.
64»
506
DEL PARADISO.
Vi Con le due stole nel beato chiostro
Son le due luci sole che salirò.
E questo apporterai nel mondo vostro.
kk A questa voce V infiammato giro
Si quietò , con esso il dolce mischio
(]he si facea del suon nel trino spiro ;
45 SI come , per cessar fatica o rischio ,
Che sia pieno il nomerò degli eletti , e il
mondo abbia lìnp. Ap. , VI : Donee complean-
tur ronsfervi eorum , et fratrtt eorum.
43. Stole. Kccl. , XLV: induit 9um itolam
gloriae. Sola Maria ron Gesù son qui in ani-
ma e corpo. Di Maria dubita S.Girolamo ;e
pili di Giovanni : e dice che nella tomba di
lui non si uovo se non manna.— Salirò (c.
1X111 , 2» 30 , 40 ).
Li remi • pria oeU' aeqaa ripercossi ,
Tutti si posano al sonar d*un fischio.
h6 Ahi quanto nella mente mi commossi
Quando mi volsi per veder Beatrice,
Per non poter vederla , bench' io fossi
VI Presso di lei e nel mondo felice 1
44. TaiNO. De' tre apostoli.
45. SI COMI. G. XII : Itmemm a jnmt9 • •
volar gu9tàni. •— Gbssaa. Inf. , XYII : Cm-
iar la rma.
46. Non. GioTanni l' abbaglia : la sopreaa
rìvelaiiona gli toglie la vista fin della scica-
la divina , eh' é dichiaraiioDe della Teità ri-
valata.
507
CANTO XXVL
ARGOMENTO.
Rimane abbagliato : e intanto Giovanni l' esamina circa T amor» di Dio. Ei
•a adduce argomenti filoBofici , e autorità di scritture. Il sommo bene dev* essere a*
malo al sommo. E che Dio sia tale , gliel dicono Aristotele , Mosi , s. Giovanni.
Questo e auanto alla mente : ma quanto agli stimoli dell affetto ^ Dio merita amo*
ve , perche creatore del mondo , e nottro ; liberatore a prezzo di sangue , datore di
eiema vita. Ih Dio ama il P. tutti gli uomini tanto pixt quanto più da Dio sono amati.
A tal professione tutto il cielo e Beatrice , cantano tre volte Santo: e torna al P.
la vista. Adamo gli parla del suo peccato , del quanto visse e quando , della Un-
gua da sé creata j del quanto abitò il sacro monte.
Nota le terzine 1,2,4» 6, 9, 14, 16, 20. 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 29, 30,
Si, 33, 35, 37, 38, 39, 41, 43, 44, 46, 47.
1 Mentr* io dubbiava per lo viso spento ,
Della fulgida Oamma che k> spense
Usci uno spiro che mi fece attento;
% Dicendo : intanto die tu ti risensa
Delia vista che hai in me consunta,
Ben è che ragionando ia compenso.
S Comincia dun(}ue , e di* ove s* appunta
L' anima tua : e fa ragion che sia
La vista in te smarrita e non defunta*
k Perchè la donna che per questa dia
Regì'on ti conduce, lia nello. sguardo.
La virtù cb' ebbe la man d' Anania.
«
i. Spiro. ( c. XXT , 28).
2. CoMPBNSB. Iiif. , XL: Alcun «ompeiuo...
truova , che '( tempo non passi Perduto.
3. Appunta. Che è qucUu che più ama. A-
nore è appoggio all' anima umana.
4. Ananìa. ( Act. , IX ). Ridiede la vista
• s. Paolo abbarbagjiato dalla visione.
5. E. Qual più piace a lei , losto o tardo.
— Porte. Tetr^ ( 1 , 3 ) ; Aperta la via per
gli eeehi al con.
5 Io dissi : al suo piacdre e tosto e tardo
Yegna rimedio agli occhi, che fùr porte
Quand'olia entrò col fuoco ond'io sempr ar-
6 Lo ben che fa contenta questa corte, (do.
Alfa ed omega è di quanta scrittura
Mi legge amore o lievemente o forte*
7 Quella medesma voce cbe paura
Tolta m' avea del «ubitaabbarbaglio,
Di ragionare ancor mi mise in cura ;
8 £ disse : certo a più angusto vaglio
Ti conviene schiarar : dicer convienti
Chi drizzò l'arco tuo a tal bersaglio.
0. Alfa. Modo dell* Apocalisse. Lett. a Ca-
ne : Quum Deus sii alpha et omega , idett
principium el fink. -* LsGGB. Aletafora fami-
liare al P. Dio ò priocipio e Une dì quanti
amori , piccoli o grandi, si svolgono in me.
7. Voci. Di Giovanni.
8. Vaglio. Devi passare per esame più stret-
to e severo. Vagliare per esaminare asasi tut-
tavia.
508
DEL PARADISO.
9 Ed io : per filosofici argomenti ,
E per autorità che quinci scende ,
Cotale amorconvienchenmes'iniprenti.
10 Chè'ibene, inquantoben,comes'iutende
Cosi accende amore; e tianto maggio
Quanto più di boutade in sé comprende.
1 1 Dunque all'Essenza oy'è tanto vantaggio
Che ciascun ben che fuor di lei si trova,
Altro non è che di suo lume un raggio,
12 Più che in altra convien che si mova
La mente, amando, di ciascun che cerne
Lo vero in che si fonda questa prova.
13 Tal vero allo 'ntelletto mio sterne
Colui che mi dimostra il primo Amore
Di tutte le sustanzie sempiterne.
1 iik Sternel la voce del verace Autore
Che dice a Moisè , di sé parlando:
Io li farò vedere ogni valore.
15 Stérnilmi tu ancora, incominciando
L*dlto preconio, che grida l'arcano
Di qui, laggiù, sovra ad ogni uitro bando.
9. QoiNCi. Dal cielo. — Amor. La cariti,
* dice Paolo , è pleoiiudioe della legge. E lo
ripete il Grisosi. E V Oit. cita la Sapienza .
!' Ecclesiast. e i seg. Gio. , XV .' Quuto è il
€omandamerUo mio , che voi vi amiate, Taolo
( 1 , Cor. , e. iV ) : Cresciamo in caritade ;
XIV: Seguitate caritade; XVI ; Oyni voure
opere si facciano in caritade. Fil., I : io vi
prego , Hie la vostra caritade piti e piti ab-
bondi, Coloss. , 111 .' Sopra tulle le coie ab-
biate caritade. S. Agost. : Guata alti doni
della Chiesa, e nullo ne troverai più eccellen-
te della caritade .,, La caritade è U primo
bene dell anima ... Caritade è luogo di lume,
E Gio. (I Ep. , e. il ) : Chi ama il suo fra-
te , sta in lume ; V am,ore del mondo accie-
ca , ma V amore di Dio allumina ... Carita-
de è luogo di seeuritade e di gaudio. Dio è
caritade ... Chi dimora in caritade , in Dio
dimora,
10. BoNTABK. e. VII : L'opra tanto eptù
gradita DelC operante , quanto più appresenta
Della bontà del cuore ond" i uscita,
il. Raggio. Jo. : Omnia per ipsum faeta
sunt,
i2. Mota. Porg. , XVIII : Quel piegare i
amor. ^ Vebo. Della eccellenza di Dio sopra
«^gni cosa.
i3. Stbbnb. Appiana. L' osa nel e. XI, 8.
— ('OLDi. Platone nel Gonv. Di qui concbiu-
^0 , come cosa chiarissima , 1' amore degli
16 Ed io udii : per intelletto umano
E per autoritade a lui concorde.
De* tuoi amori a Dio guarda 1 sovrane.
17 Ma di* ancor se tu senti altre corde
Tirarti verso lui, si che tu suono
Con quanti denti questo amor ti morde.
18 Non fu latente la santa intenzione
Dell'aquila di Cristo, anzi m'accorsi
Ove menar volea mia professione.
19 Però ricominciai: tutti quei morù
Che posson far lo cuor volgerà Dio.
Alla mia cantate sou concorsi.
20 Che Tessei e del mondo, e ressor lue.
La morte eh' el sdftenne percIT io Tifi,
E quel che spera ogni fede! com'io,
21 Con la predetta conoscenza viva,
' Tratto m'hanno del mar dell'amor lorCe,
E dei dirillo m* han posto alla riva.
22 Le frondi onde s'infronda tutto i'oite
Deir ortolano eterno , am'io cotanto
Quanto da lui a lor di bene è pòrto.
Dei essere di tatti antichissimo ed aogiiste.
Il Post. Caet. intende d'Aristotele che diiee:
Unus est princeps, E nella Fisica e nella Ut-
talisica Aristotele pone uno iddio. E Bel li-
bro De caussis, e' pone Iddio come cesee n*
prema , cioè sommo bene.
14. Valohb. Ex. , XXXIII : Oirtii^ «lilf
gloriam tuam.,.Ostendam omne bonumtékim
iff. Pbbcomo. Evaog. : /n principi* etmi
verbum ... Vita erat lux hominum, — AlCA*
NO. Della incarnazione , il qual ci fk meglie
cunoscere la natura di Dio , ed è il accrtie
del cielo rivelato alla terra. Apocel. (I, ft):
Dilexit nos, et lavit nos aveecatie ... mim»>
guine suo ... Ego sum alpha , et ofmega, «—
Bando. Fracco cbiamavasi il i^anditore.
16. Guabda. Serba.
17. SuoNB. Purg. , XVI; Com9 tu mi eumte,
18. Aquila. August. ( Tr. in Jo. , XllV):
Aquila tpse est Joannes , subUmiusm praeéi-
cator,
19. Concorsi. Conv. (I, 13): Essere a que-
sta amistà concorte tutte le cagioni fenerutir
ve e accrescitive dell'amistà,
20. Mio. Ps. : Gloria , et honor^ eonmùsH
eum. — QuBL. il cielo ( e. XXV J.
21. Conoscenza. Di ragione e d'antorilA.
22. Frondi. Vedremo negli aitimi canti il
mistico tìore. — Obtolano. G. C. risorto ap-
parve in tal forma. — (Quanto (Parg., XV ;.
Simile nel Conv.
CANTO XXVI.
S09
23 Si com'io tacqui, ud dolcissimo canto
Risonò per lo cielo; e la mia donna
Dicea con gli altri: Santo, Santo, Santo.
ik E come ai lume acuto si disonna ,
Per lo spirto visivo, che ricorre
Allo splendor che va di gonna in gonna ;
55 E lo svegliato ciò che vede, abborre ;
SI nescia è la sua subita vigilia ,
Fin che la stimativa noi soccorre ;
56 Cosi degli occhi miei ogni quisquilia
Fugò Beatrice col raggio de* suoi
Che rifulgeva più di mille milia.
97 Onde me* che dinanzi vidi poi ^
£ quasi stupefatto dimandai
D*un quarto lume eh' io vidi con noi.
98 E la mia donna: dentro da que'rai
Vagheggia il suo Fattor l'anima prima
Che la prima Virtù creasse mai.
99 Come la fronda che flette la cima
Nel transito del vento, e poi si leva
Per la propria virtù che la sublima,
30 Fec'io, in tanto in quanto ella diceva,
Stupendo: e poi mi rifece sicuro
Un disio di parlare ond' io ardeva.
93. Santo. Grido dell' Ap., IV. Is., VI :
CUiwuUfanl aU$r ad alterum , el dicebant :
Smmetut , Sanctus , Saneius , Domine Dnu
9Sì9reUuum , pUna $$t omnis terra gloria ejus.
34. CoMB. Simile comparazione nel Purg.,
XVII, 14. Qoi V Oit. cita il V De proprietà-
iikui rerum, cap. 4. — Si. Impersonale, come
€• XXIII : Quivi si vive. '— Visivo. V. Nuo-
va : Xi deboletti spiriti del viso, — Gonna. Le
toolche 0 membrane del rocchio (Plinio XI. 37).
15. Abkgrrb. Ne fugge la vista. — Mkscia.
L' osa il fiocc. ( Filoc. ).
M. Quisquilia. Rammenta il Purg., I, quan-
do la rugiada lo purga dalla fuliggine. Qui
noova puritìcazione lo fa degno di visione più
■lu.
S7. MB'. Meglio ( Inf. . I ).
28. Anima. Adamo prima tra Taoime ama-
ne. Non parla di spiriti.
SO. Flri TB. Paolo Aquilano : Se lo tuo ca-
po flettendo <' abbassa.
31. Pomo. C. XV : O froìvda mia. ~ Solo.
Eva è pai te di lui. — Nuro. Ciascuna donna
è figlia d'Adamo , e aposa a un lìglio di lui.
33. CovKRTo. Di drappo , l'agita in modo
rba fi coiioscuoo i suoi movimenti. Ovvero:
l'animale iuur delle membra , qua*>i attraverso I
«I ìu\o1l«.i(> , fa trasparire i suoi sensi. I
31 E cominciai: o pomo che, maturo»
Solo prodotto fosti; o padre antico
A cui ciascuna sposa è figlia e naro ,
32 Devoto quanto posso a te supplico
Perchè mi parli. Tu vedi mia voglia ,
E per udirti tosto , non la dico.
33 Talvolta un animai coverto broglia »
SI che l'aiTetto convien che si paia
Per lo seguir che face a lui la'nvoglia :
34 E simihnente l' anima primata
Hi facea trasparer per la coverta
Quant' ella a compiacermi venia gaia.
35 Indi spirò: senz'essermi profferta
Da te, la voglia tua discerno meglio
Che tu qualunque cosa V è più certa.
36 Perch' io la veggio nel verace Speglio ,
Che fa di sé parégli Taltre cose ,
E nulla face lui dì so pareglio.
37 Tu vuoi udir quant'è che Dio mi pose
Nell'eceelso giardina ove costei
A cosi lunga scala ti dispose;
38 E quanto fu diletto agli occhi miei ,
E la propria cagion del gran, disdegno ,
E l' idioma ch'usai e ch'i' feL
34. PrimaIa. Pnrg., XZXIII : L* anima pri-
ma, D' Adamo e delle cose io questi versi
toccate ( V, Thom. , Som. 2. 2. q. 90, 94
ad 102).
36. Speglio. Cosi chiama il sole (Parg.,
IV ) e Dio ( Par.. XV). — Parkglio. Dio in
ogni cosa riflette sua imagine : non riflette
io sé r imagine di cosa alcuna. Conv. : Si
prima allumina, e poi le creature. Molte si-
militudini trae dal sole, perchè, dice nel Conv.,
nullo sensibile è più degno di farsi assempro
di Dio che *l sole. Lettera a Cane : Omnis es-
sentia et virtus proeedit a prima, et tnlefZt-
^enitaa inferiores rectptunt quasi a radiante.
37. Ove. Paradiso terrestre (Purg., XXXUI).
— Scala. C. X: 5tt perqueÙa scala U', sen-
za risalir , nusun discende,
38. Fd. Quanto durò quel diletto del Para-
diso tenestre. — Propria. Vera. — Fri. Ben
dice : prima uiai , poscia fei. Usò il linguag-
gio da Dio rivelatogli io poche radicali parole
contenenti le sommità del vero; face il restan-
te , da quelle poche per analogia derivando
la lingua intera e i nomi di tutte le cose.
Geo., II: Adduxit ea ad Adam, ut videret ,
Vvtd vocaret ea: omne.,. quod vocavU Adam
animae viventis, ipsum est nomen ejus. Tratta
di ciò oel I della Yulg. Eloq.
510
DEL PARADISO
39 Or figliuolmio, non il gustar del legno
Fu per sé la cagion di tanto esilio ,
Ma solamente il trapassar del segno*
kO Quindi, onde mosse tua donna Virgilio,
Quattromila trecento e due volumi
l3i sol desiderai questo concilio.
41 £ vidi lui tornare a tutti i lumi
Della sua strada novecento trenta
Fiate , mentre eh* io ia terra fuoìi.
42 La lingua eh' io parlai , fu tutta spenta
Innanzi che all'ovra inconsumabile
Fosse la gente dj Nembrotte attenta.
43 Che nullo edotto mai razionabile
( Per lo piacere umao , che rinnovella
39. Lbgno. Geo., H : De tigno ... fci'en-
tiae boni» et mali neeomedat, — Trapassar.
Disubbidire.
40. Onde. Nel limbo ( Inf., IV ). — Mosse
( Inf. , II, 17 ). — VoLCMi. Dalla creazione
alla morte di G. C. 5232 anni. Tolti i 930
che Adamo visse , restano 4302. S'aggiunga-
no i 1266 da Cristo a Dante , e sono 6500
(Inf. , XXI ). Ovid. (Il, 70): Amdua rapi-
tur vertigine coeLum ; Sideraque alta trahit ,
eelerique volumine tnrquet, — Concilio. Purg.,
XXI : Nel beato eonciiio,
41. Lui. Sole. — Lumi. Segni del zodiaco*
— Mentre ( Gpu. , V ).
42. Inconsumabile. Da non mai finire. Fino
alla gran torre. Gen. , XI : Erat . . . terra
labii unius. Nella Vn^lg. Eloq. dice che da Ada-
IQO a Babele fu sempre un linguaggio. Ma non
fa contro al presente, il linguaggio andò nelle
piccole cose mutandosi; la fabbricazion della
torre che deve essece lungamente durata fu
spazio assai lungo per corrompere V intero
linguaggio. E chi sa che il P. non intendesse
in sensfo simbolico Nembrotte e la torre? Nel-
r Inf. , XXXI, ne parla nel proprio.
43. Nullo. L'umapo volere cangia, e con
esso gli elTriti dell'amana ragione. — RazÌo-
]f ABILE. Couv., Ili: Irrazionabite. — Seguen-
do. Il corpo dciraomo sente, com'ogni cosa,
gl'influssi celesti. — Durabile. C. XV: Le
«oslfft cote tutte hanno lor morte , 5i come
90Ì . . •
44. Abbblla. Piace. Inf., XIX: Tanto m* è
bel quanto a te piace, Purg. ( XXVI , 47 }.
Conv. ( 1 , 5 ) ; il latino è perpetuo e non
corruttibile , ti volgare è non istabile e corrul-
ii/'tU. (Inde vedemo nelle città d' Italia , te
bene volemo agguardare a' emanane' anni ,
Seguendo 1 eielo } sempre fb darakile.
kk Opera naturale è , eh* uom favella.
Ma così o cosi , natura lascia
Poi fare a voi secondo che v'abhella.
65 Pria eh* io scendessi ali* infernale amba-
£/ s'appellava in terra il sommo Bene (scia.
Onde vien la letizia che mi fascia.
66 Eli si chiamò poi : e ciò conviene ;
Che Tuso de* mortali è come fronda
la ramo , che sen va , ed altra viene.
VI Nel monte che sì leva più dall'onda
Fu* io , con vita pura e disonesta ,
Dalla prim' ora a quella eh* è seconda ^
h& Cornei sol muta quadra, all'ora
molet vocaboli euere eptnti § naH a
onde , se'l piccolo tempo co^ trasmmta ,
più traemuta lo maggiore. Sì eh* i9 die« cfte
te coloro che $i partirò di questa vi$a già tom
miWanni, tornarono alle loro eittadi, in-
derebbero la loro cittade essere oeeuptitada gem-
te strana per la lingua da loro diMcordmsn^
45. Ambascia ( Inf., XXIV ). ~ Et. S. In-
doro ( Etym. , VII , i ) : Primum apuà Bh
hraeos Dei nomen SI dicitur » ieewiémm ••*
men Eloi est. Altri legge / cioè Jehooak , m-
me santo , e solo al labbro de' saceréaU
permesso. Altri Un , eome Daaie lo chia-
ma nella lettera a Cane, t coma a. Miiiiaa
dice cbe gli antichi chiamassero Dio ( Seat
io Dyon., De div. nom., IV ). Anco i filesaA
pagani Uno o V Uno chiaroavaoo Iddio. M
e. XIX , 43 , ns6 già la lettera I per dira «m.
E questa lettera può tasto signiAcara «■•
quanto Jekovah : però ci parrebbe laiJBai flk
vera: se non che nella Valg. E\oq, (I, 4)JQ
die' egli essere in prima stato il nooie dì Dia.
46. Eu. Il medesimo che Eloi. 6. Crina
gridò sulla croce Eli secondo Matteo, XXTII;.
Eloi, secondo Marc, XV.— FaoimA. HaciL
( Poet. ): Ut silvae foUis pronos muteiuir à^
annos. Prima cadunt : ita verborum «thif «a*
ferir aelof . . . Multa renasesntur, qmae jmk
cecidere , cadentque, Quae nune timi m kt^
fiore , vocabula , fi voUt usus . . .
47. Lbva. Altiesimo ( lof. , XXVi : P«|..
IV. — Pura. Tra innocente e colpevole.
48. Sksta. Vi stolte circa seti' ore. CiA
Pietro Comestore al e. XXIV della Stor.
Gen. Da oriente a nvezzodl dov* è 1* ora
è un quadrante di circolo , o quadro. L*
settima è secondo alla sesta ; la segna, ih
cundus da sequur.
su
CANTO XXVII.
ARGOMENTO.
Pietro tuona t tfaft^la coniro gV indegni pastori : e a quel dolore tutto il cielo
ti vela di mesto colore. Il P. frattanto gira co* Gemini e col cielo stellato. La dot-
€ixxa del mirare in Beatrice lo porta nel cielo mobile , dove non è ne luogo , né
misura umana di tempo. E dalla bellezza deiV alte cose piglia occasione di nuovo
o danuare la cupidigia che di là ci distoglie ; e delia cupidigia umana riversa
la colpa sui pessimi esempi e suU* incuria di chi governa.
CtDto di alta poesia, ma iraconda: tì si mesce il cielo e rinferno: la eontemplazlont
• la passione; un ideale qnal non pose a sé moi arte umana, e le triste realtà della vita.
Nota It terzine 1 alla 4; la 6 alla 12 ; la 14 alla 21 ; la 23 aUa 31 ; la 33 aUa 43 ;
la 45 con le ultime.
AI Padre, al Figlio , allo Spirito santo
Cominciò , gloria , tutto '1 paradiso ;
Si che m' inebbriaTa il dolce canto.
Ciò eh' io vedeva , mi sembrava un riso
Deir universo ; perchè mia ebbrezza
Entrava per l' udire e per lo viso.
O gioia l 0 ineffabile aUef^rezza l
O vita intera d* amore e di pace !
O f senza brama , sicura ricchezza !
Dinanzi agli occhi miei le quattro face
Stavano accese: e quella che pria venne
Incominciò a farsi più vivace.
9. Eiso. Escbilo : Jtito infinito del cielo.
3. Sbnxa. Peir., del Paradiso: N^piàii bru-
ne bramar più lic«. Nel Conv. dice che
si desiderio non può stare eolla beatitudine ,
mcciocehè { perciocché ) la beatitudine na per-
fetta cota, 9 U desiderio tia cosa difettosa.
4. QuATTBo. Pietro , Giovanni , Giacomo ,
Adamo. ~ Pria. Pietro.
0. Pinne. Marte imbiancasse, e rosseggiasse
Ciofe. La mansuetudine di Pietro tramutasi
io ira . eh' è iodegnazione pietosa del male.
6. PaovTBOBNZA. Aoco in prosa ( Conv., I,
8 ). Tutto il cielo era intento alla Indegoazio-
ne del santo : e Dio lo voleva. Sublime prin-
cipio.
7. Trascolobo. Ott : Dopo questo vigerimo
MMttimo canto tA. intende aUisterttarii della
8
E tal nella sembfanza sua divenne
Qual diverrebbe Giove , s' egli e Marta
Fossero augelli e cambiassersi penne.
La Provvedcnza che quivi comparto
Vice e ufficio , nel beato coro
Silenzio posto avea da ogni parte.
Quand* io udì' : se io mi trascoloro •
Non ti maravigliar ; che , dicend'io ,
Vedrai trascolorar tutti costoro.
Quegli eh' usurpa in terra il luogo mio
Il luogo mio , il luo^o mio , che vaca
Nella presenza dei Figliuoi di Dio ,
divina eorte, ed al yiardiVio del primo ama-
re; e però in questo eapitolo qu<ui riepUoga
e nsceotjli» la bassezza mondana . nella quaU
ii ficca V occhio mortale , e poi sale sopra il
firmamento,
8. Mio. Jer. ( VI! , 4-11 ) : Templum D&i
mini, templum Domini, templum Domini est...
Ego , ego sum : ego vidi , dieii Dominus. —
Vaca. Decret. : Non habent Bstri haeredita-
tem. Anon.: Dirizza... la $ua indignazione ...
cantra Bonifazio ... ti quale per ingantto , •
per simonia fu eletto in papa nel 1294 ... M
dice , che lo detto luogo , cioè papale sedia ,
vaca nel cospetto di Dio ... ehi la sleziona
non fu fatta giuridica , ni per dispensasione
tntervimia legittima.
51S
DEL PARADISO
9 Fatto ha del cimiterio mio cloaca
Del sangue e della puzza; oode1 perverso
Che cadde di quassù y laggiù si placa.
10 Di quel color che, per lo sole avverso,
Nube dipinge da sera e da mane ,
Vid* io allora tutto '1 ciel cosperso.
11 E come donna onesta che permane
Di sé sicura , e per \ altrui fallanza
Pure ascoltando timida si fané ;
12 Cosi Beatrice trasmutò sembianza.
E tale eclissi credo che 'n ciel fue
Quando pati la suprema Possanza.
13 Poi procedetler le parole sue
Con voce tanto da sé trasmutata
Che la sembianza non si mutò piùe :
Ib Non fu la sposa di Cristo allevata
Del sangue mio , di quel di Cleto
Per essere ad acquisto d'oro usata.
15 Ma per acquisto d' esto viver lieto
9. Sangue. Iniquamente versato.
10. AWKRSO. Virg. : AdvBrto iole.
la. Trasmutò. Dan., Ili: Repletui est fu-
tx»fe , cf ofpeeCiii ... iUiu» immutatut est.
13. Ttàm. Così moto voce come colore: di
sdegno.
14. Lm. Di Volterra.— -Cleto. Di Roma.
16. Sisto. Romano: papa Dell* anno 128. —
Pio. D'Aqailea, nell'anno 154. — Callisto.
Romano , anno 218. — Urbano. Di Roma ,
anno 231.
16. Destra. Guelfi e Ghibellini: altri dalla
Chiesa dannati , altri amici.
18. Sigillo. Nelle bolle. ~ Disvatillo.
D'ira. L'usa il Petr.
19. Vesta. Monarch. : Corvorum plumU
epertifOoei aUnu in gnge Domini gejaetant. —
Lun. Garalca ( Spec., e. Vii ) : Poiché sono
fatti pnUui, li dimmuieano ciò che in prima
r^igioiam$nte avevano pensato, e sono come
aani e lupi affamati sopra U popolo di Dio :
f però si può oggi dire santo quel prelato ,
fognamo che non dea U suo , pure se non to-
glie e rapisce V altrui. Contro a questi cotaU
jpastori , dice Iddio per U profeta: Guai a*pa-
aiori ohe pascono sé medesimiì Cioè che non
attsmdono ad essere utiU a pascere gU sudditi
msoi, ma pure ad emipire la borsa. Una satira
d' Adalberone è flunosa contro i vizii del cle-
ro. — GuGiT Ps. XLIII: Exwrgef quare ob-
dormiSp Dowììm T Machab. : Quousque non
fads judieimm , ti tindicas..7
20. Sanaub. Delle grazie di Dia, fatte ve-
■ali. ^ CAOBSim. Giovanni XXIi» eletto il
IM. -* ChrAioiu elemento V. Qaeno canto
E Sisto , e Fio, Callisto, od Urbano
Sparser lo sangue dopo molto fleto.
16 Non fu nostra intenzion ch*ha destra ma-
De*nostri successor, parte sedesse, ( do
Parte, dall'altra, del popò! cristiano.
17 Né che le chiavi che mi fùr coacesse»
Divenisser segnacolo in vessillo
Che eontra i battezzati combattesse.
18 Né eh' io fossi figura di sigillo
A* privilegii venduti e mendaci,
Ond' io sovente arrosso e disfavillo.
19 Io vesta di pastor lupi rapaci
Si veggion di quassù per tutti i
O difesa di Dio , perchè pur fàiici*.
20 Del sangue nostro Caorsini e Guaschi
S'apparecchian di bere. O buon principio,
A che vii iìne convien che tu caschi !
21 Ha l'alta Provvidenza che con Sdpia
Difese a Roma la gloria dei mondo.
fa donqae scritto dopo II 1316.-»
Ezech. , XXXIV : Fili hominis , prophetm às
pastorihus Israel : propheta , et diets posteri-
bus : Haee dteit Dominus ... Vae pastorém
Israel , qui pascebant semetipsos : nomit fff*
ges a pastoribus pascuntur7 Lae eomedebaUs^
et lanis operiebamini, et quod eratsum ent,
occidebatis : gregem autem moum non paseO'
batis ... Propterea pastores audite verhmm De-
mini ... Ecce ego ipse super pastores nqmirmm
gregem meum de manu eorum , et cessare f^
ciam eos, ut ultra non pascant gregem, nso-
pascant ampUus pastores semetipsos : et tibo-
rabo gregem msum de ore eorum , et non erit
ultra eis in eseam ... Ecce ego ipse ihmii—
oves meas , et visitabo eas.
21. Scipio. Portò la guerra in Africa , eli*
berò dall'armi d'AnoìMe Italia. Della pie-
videoza per coi Roma fu grande disse e. TI,
e Inf. , II , e Monarchia. Codv. : Non pose
Iddio ie mani quando por la guorra di Jiw'
baie , avendo perduti tanti cittadini cks tte
moggia d* anelli in Africa erano portate • li
Romani vollero abbandonare la terra ^ se qua'
lo benedetto Scipione giovane non atesse mh
presa la sua andata in Africa per lm sm
franchezza? — Soccorra. Come tmrria pet
saUria ( Purg. , VII ). ~ Tosto. Accenna a
Can Grande. Altri intende di Castmcdo , |M-
bellino possente» il quale invocò Lodovica il
Bavero , gli corse incontro e lo accompagiè.
e n' ebbe titoli e patrimonio. Ma Cane fa gii
lodato da Dante ; ed era più forte; a pie alM
nome , a più alto titolo aTeva.
i
CANTO XXVIII.
613
Soccorra tosto , si com* io concìpio.
3S E tu figliuola che con lo mortai pondo
Ancor giù tornerai , aprì la bocca,
E non nasconder quel ch'io non nascondo.
23 Siccome di vapor gelati Gocca
In giuso r acr nostro , quando '1 corno
Della capra del ciel col sol si tocca ;
2V In su \id' io cosi T etera adorno
Farsi , e fioccar di vapor trionfanti
Che fatto avean con noi quivi soggiorno.
25 Lo viso mio seguiva i suo' sembianti ;
£ segui , fin che ì mezzo , per lo molto,
(ìli tolse '1 trapassar del più avanti.
26 Onde la donna che mi vide asi^ollo
Dell* attendere in su , mi disse: adima
22. Nascondbi. Jer. . L : Levate tignum ,
praBdieate, «I noHte celare.
23. Fiocca. Att. come piovere. Bellincioni:
JK eorbi Vaer fiocca: Bocc. (Am., 94 ); Vae-
re non altramente pieno di piume miravano,
che allora che la nutrice di Giove tiene Apol-
lo, $i vegga fioccare la bianca neve. — Capra.
Capricci Bo. Da mezzo dicembre a mezzo gen-
naio.
24. Soggiorno. Dopo salito G. C. e Maria
(iXllI. 42).
25. Mezzo. Aria o acqna o altro trasparen-
te lr« r occhio e 1* oggetto. — Dbl. Come
inf. ( III , 42 ) : Al trapastar del rio.
26. Assolto. Altrove edotta [ Parg. , iV).
' — Volto. Girano col primo mobile.
27. Dall*. Dal primo guardare eh' e' fece
in giù ( e. XXIU , 18 ) a qaesto ponto , il
liegDo di Gemini era passato dal meridiano
«U* occidente ; erano cioè corse sei ore , e il
F. s' era mosso per un intero quadrante. £i
BOD conta i climi se noo per 1' emisfero no-
alro, U quale solo e' credeva abitato e all'o-
riente , e all' occidente del nostro emisfero
•' fissa i termini d' essi climi. Or la declina-
zione del principio di Gemini dall' eclittica è
di gradi 20 , 2 ; e Mer^e città d' Etiopia pres-
>o la quale facevano gli antichi passare il pri-
mo clima credevasi ai tempi del P. posta a
gradi 20, 31 di latitudine boreale. Or se il
segno circolare del primo clima di qua dal-
l' equatore è a 20 gradi circa di latitudine
boreale , e se il tropico di Cancro é a gradi
2.1» min. 28 della medesima latitudine, dun-
t\v.o il circolar giro de' Gemini , che precede
a\ Cancro, a un dipresso combacia coli' arco
del primo clima. E il P. riguarda due volte
la' terra per misurare lo spazio di tempo ch'ei
Il viso , e guarda come in se* vólto.
27 Dair ora eh' io avea guardato pririi.i
Io vidi mosso me per tutto Y arco
Clic fa dal mezzo al fine il primo cliirt;!.
28 SI eh* io vedea di là da Gade il varrò
Folle d' Ulisse ; e di qua presso, il lit»
Nel qual si feee Europa dolce carco.
29 £ più mi fora discovcrto il sito
Di questa aiuola; ma 1 sol procedea
Sotto i miei piedi, un sQgno e piti, partito.
30 La mente innamorata che donnea
Con la mia donna sempre, di ridure
Ad essa gli occhi più che mai ardea.
31 £ se natura o arte fé pasture
Da pigliare occhi , per aver la meiitc.
stette in Gemini.) — Clima. Isidoro pon sctit*
climi ; altri , quattro. I èlimi , oice Pinru ,
son linee stese d'oriente in occidente che fau-
no variare il temperameote degU animali egli
umani costumi. Ecco nel figliuolo di Dante il
sistema di Montesquieu. L'Arabia segue egli,
è nel primo clima , Roma* nel quinto, nel se-
sto la Lombardia , la Germania nel settimo.
L' Ott. spiega come ciascuna de' sette climi
ha vario numero di gradigli primo 15, il set-
timo 48.
28. Vedrà. K'si trova, girando co' Gemini
perpendicolarmente sull'orizzonte occidentale
del nostro emisfero, che secondo la soa scien-
za ( Purg. , XXVll ) è il lido occidental della
Spagna di là da Cadice. Vedeva dunque il
pelago follemente tentato da Ulisse ( Inf. ,
XXVI , 35 ) chiamat;> altrove da lui folle vo-
lo. Di là vedeva oltre a Cadice; di qua | e iut*
dalla parte orientale del nostro emisfero, ve-
deva il lido Fenicio ; dove Europa fu rapita
da Giove mutato in toro. — Lito. (Ov., Met..
Il, 843). Fulgenzio citato dall' Ottimo spiega
storicamente la favola. Petr. : Or vedi inne-
me l' uno e V altro polo , Le stelle vaghe,
29. Sotto. Le stelle fisse aon sopra il so-
le. — Un. Egli era ae' Gemini , il sole io A-
ricte ; v'era il Toro di mezzo. Doveva dun-
que una parte orientale dell' emisfero terre-
stre esser priva del sole.
30. Donnea. Vagheggia amorosa. — Hinv-
RE. Ritrare disse iu una canz. per ritrarre.
Da riducere , come dire da dietre. C. XXI 1 :
La vista redui. -^ Piv. SvogliaU deii'Kitima
terra.
31. Pasture. C. XXII; La pattun Dtlvi-
so mio ueW aspeiio. — Aver. Possedere. AL:
Kos AmaryltiM habet.
5H
DEL PARADISO
In carne umana o nelle sue pinture;
32 Tutte adunate , parrebber niente
Vèr lo piacer divin che mi rifube
Quando mi volsi al suo viso ridente.
33 E la virtù che lo sguardo m' indulse,
Del bel nido di Leda mi divelse
£ nel ciel velocissimo m' impulse.
3&. Le parti sue vivissime ed eccelse
Si uniiormi son eh' io non so diro
Qua! Beatrice per luogo mi scelse.
35 Ma ella che vedeva U mio disire,
Incominciò ridendo tanto lieta
Che Dio parca nel suo volto gioire:
36 La natura del moto che quieta
Il mezzo, e tutto l'altro intorno move,
Quinci comincia come da sua metu.
37 E questo cielo non ha altro dove
(^lie la mente divina, in che s'accende
L*amor che'l volge e la virtù eh ei piove.
82. Tutti. Le scienze latte nulla sono ap>
petto ali* eterna.
33. Lbda. Madre di Castore e di Polluce
( Parg.» IV ). — - CiBL. Nono: invisibile e
Irasparente. Arìst. (II , De coelo et mundo )
lo dice de* cieli il velocissimo , eoroe più lon-
tano dall'asse. Gonv. ( tr. il, 4) : Fuori di
tutti queiti 9 U eattoìiei ci pongono lo eÌ9lo
empireo, eh'é a din cielo di fiamma, ovvero
luminoso : e pongono euo eieere immobile, per
avere in si, tecondo eiaeeuna parte , ciò che
la iua materia vuole, E questo è cagione al
primo mobile per avere velocissimo movimen-
to : che per lo ferventittimo appetito che eia-
eeuna parte di quello nono cielo , che è im-
ffiei^ofo a quello, di eeeere congiunta con cia-
scuna parte di quello nono eieh divinierimo,
in quello n rivolve con tanto detiderio, che
la sua velocità è quasi ineomprensibile.
34. Vivissime. C. XXII1:Lo real manto.,,
che... piik s^ avviva Neil* alito di Dio. — Uni-
l'ORMi. Conv., II: FUoiofia , che di necessità
vuole un primo mobile ecmpliciisimo, — Lue
Go* Si determina un luogo dalla differenza
ch'è tra gli spazi! vicini.
36. Moto. Nel moto circolare il mezzo sta
fermo: qui il mezzo è la terra. QcTbtq. Conv.
(Il, 4 ): Nono ciclo diviniitimo, cielo quie-
to... Quieto e pacifico è lo luogo di quella
somma deità che sétola compiutamente vede. —
Quiffa. Dal primo mobile. Arist. citato dal-
V Ott.: Natura i di moto e di 7«i'ef«.— Meta.
OlUe cui non può Ire. Meta per aiCremo. Ov.
(Met., Ili ) Sol ex aequo meta distabat utraque.
37. Dova. G. XXIX : Ogni ubi. — Mbmtb.
38Luce ed amord*uncercliio lui comprende.
Siccome questo gli altri ; e quel precinto
Colui che 'l cinge solamente intende.
39 Non è suo moto per altro distinto.
Ma gli altri son misurati da queilo
Si come diece da mezzo e da quinto.
kO E come 1 tempo tenga io cotal testo *
Le sue radici, e negli altri le fronde.
Ornai a te puot* esser manifesto*
ili O cupidigia che i mortali affonde.
Si sotto te , che nesstmo ha podere
Di ritrar gli occhi fuor delle tue onde!
42 Ben fiorisce negli uomini 1 volere.
Ma la pioggia continiia converte
In bozzacchioni le susine vere.
43 Fede ed innocenzia son reperte
Solo ne* pargoletti ; poi ciascuna
Pria Tugge , che le guance sien coperte.
44 Tuie balbuzìendo ancor, digiuna.
Il primo mobile, spirito movente la mateiia
soggetta : e' si move per amor dell'Empérea
eh' è Dio.
38. Luca. L'Empireo è luce ed amore.—
Pbbcinto. Cerchio ( Inf., XXIV, 12). — Ix-
tbndb. Gli Angeli , intendendo movono gli al-
tri cieli : Dio solo intende 1' Empireo. Kel
Conv. disse che i cieli sono scienze.
39. Moto. Il moto dell'Empireo non è mi-
surato da altro moto , poiché U distinzioaa
suppone misura. Il più rapido di tutti deve
misurarli tutti. E gira in ventiquattro ore.
40. Tbmpo. Arist. ( Fis. ): Il tempo non è
altro che numero di movimento. Quivi, dice
Pietro, il tempo è unito, continovo, fermo. E
il moto de' pianeti, misuratore del tempo alla
terra, è fronda in quelli, neir Empireo radi-
ce. L' Ott. cita Arist., Delle cause: Il aelo è
elemento quinto, dalli altri eletncnii diihnio.
Non è Ueve, non grave. Ed è in quiete e aie-
bile, U cui moto ò revolubile sopra il mezse,
cioè sopra P asse intra due poli. Ed è finite
quanto a distendimento di luogo : ma i scmr
pitemo quanto al moto, ElU è mosso conti-
nuamente dal motore della infinita potcnsa ,
cioè da Dio,
42. SusiNB. Is.: Expectavi, ut facete ucas,
et fecit labruscas ?
43. EuGGB. Ovid. : Coepisti melius , fMiai
desinis: ultima primis Cedunt : dissimilcs kic
vir et Ulepuer. — Coperte. Virg. : Prima gè-
nas veslibat fiore juventa.
44. Digiuna. Astiueole iu sul primo , licci-
zioso dipoi. — LuM. ScDza riguardo a'digia-
ni dalla Chiesa impusii.
CANTO XXVIII.
S15
Che poi divora con la lingua sciolta
Qualunque cibo per qualunque luna.
45 E tal balbuzìendo ama ed ascolta
La madre sua, che , con loquela intera,
Disia poi di vederla sepolta.
46 Cosi si fa la pelle bianca , nenij
Nel primo aspetto , della bella figlia
Dì quel eh* apporta mane e lascia sera.
47 Tu , perchè non ti facci maraviglia,'
46. AsPKTTo. Prima età , iooanzi che le
goaoce sien coperte di barba. — Figlia. La
viu amana, figlia del sole, eh* è padre d*ogni
mortai viia { XXII, 89) divien aera di bian-
ca, par coir andare del tempo. Sol et komo
^ittaniffif hommem,
47. Non. Cony. : E la intiero haUa che
senza meno aletmo alla tua governatone è
rima$a. Is., XIII: Terra ...erit quoti damula
.fm§tent, et quoti ovit: et non erti , 9«m coa-
Sreset.
48. Gbiwaio. Di doe sillabe come Parg.
( XJII, 8; XIV, 22 ). — Svbbni. Non cada nel
fcrno. Non ostante il bissesto, innanzi la cor-
rezione gregoriana , ogni secolo doTeta ere-
Sappi che'n terra non è chi governi:
Onde si svia V umana famiglia.
hS Ma prima che gennaio tutto si sverni,
Per la centesma eh* è laggiù negletta,
Ruggeran si questi cerchi superni,
k9 Che la fortuna che tanto s aspetta,
Le poppe volgerà u* son le prore,
SI che la classe correrà diretta:
50 E vero frutto verrà dopo'l fiore.
scer d' on giorno: onde in capo a 4500 anni
il gennaio dofOTa escir dell'inferno, ed es-
sere primavera. Pone alla yendetu lontanis-
simo termine, per modo di dire, come il Pe-
tr. (I, Tr. Am. ) : Fiati ooio piana Anzi mil'
e anni. — RuGGBBAN. Nel volgere dan forte
soono. Par. (1,26): Con l'armonia che tem-
peri, E allora sooneranno più forte per {sde-
gno e vendetU. Parg., IX: Non ruggio li ...
Tarpeia.
49. FoATVNA. Tempesta (Parg., XXXII, 39).
— PoPFB. Farà agli oominl matar via.
50. Vbao. Buono , non acerbo né mezze.
K. verso 126.
516
DEL PARADISO.
CANTO XXVIII.
ARGOMENTO.
Riguarda in Reairiee ; poi ri rivolge, e vede un punto di luce ineffabile. Dio:
e intomo a lui nove cerchi , le angeliche gerarchie ; le più prossime, più Imitai
e pia rapide al volgere : meno , le più lontane; al contrario de* cieli. Reairiee gH
dà ragione di tal differenza. De' corpi , die' ella , il più vasto è da Dio men (o»>
fatto , però corre più rapido : come quei degli angelici spiriti eh' è più protnmù al
punto. Ma i cieli san simbolo delle angeliche gerarchie : e per tal modo f intero
universo diventa emblema di cose spirituali.
Alta poesia è in questo canto: ma forse non lacidamenle espresso così come aoole.
Nota le terzine 1, 2, 3; la 6, alla il; la 13, 14, 18, 23,24, 26, 27, 30,31,31;
la 36 alla 39; la 43, 45.
1 Poscia che, contro alla vita presente
De* miseri mortali, aperse il vero
Quella che *mparadisa la mia mente;
2 Come in ispecchio fiamma di doppiero
Vede colui che se D*ai]uma dietro,
Prima che Tahbia in vista od in pensierOi
H E sé rivolve per veder se il vetro
Li dice '1 vero, e vede ch*el s'accorda
Con esso, come nota con suo metro;
k^ Cosi la mia memoria si ricorda
Ch'io feci, riguardando ne'begli occhi
Onde a pigliarmi fece Amor la corda.
2. Comi. Simile comparazione in s. Ago*
stino.
3. Nota. Il canto al verso.
4. CoBDA. Corde d'amore (e. XXVI ). Petr. :
yostr*oeehi , donna , fui Ugaro, Ma il traslaio
non è assai gentile.
6. Volumi. Cielo. Nel e. XXIII , chiamò vo-
lumi ì cieli.
6. Punto. Prima di trature degli Angeli ,
5 E com* io mi rivolsi, e furon tocchi
Li miei da ciò che pare in quel volume.
Quantunque nel suo giro ben s'adocchi;
6 Un punto vidi che raggiava lume
Acuto si che 1 viso eh egli affuoca
Chiuder conviensi per io forte acuflae.
7 E quale stella par quinci più poca.
Parrebbe luna locata con esso.
Come stella con stella si colloca*
8 Forse cotanto, quanto pare appresso
Alo cinger la luce che *l dipigne
Quandoi vapor che1 porta più è spesso.
vede un simbolo della deità negli oecki a Bea*
trice.
7. Poca. Inf. , XX: N^ fianchi è cesi p9e9.
8. Alo. Halo, alone cerchio colorato tks
cinge il sole o la Iona. Quando il vapore 4
più denso , il panto da coi traspare il piane-
ta è più pìccolo. Ezech. , I : Velut aspetSwm
mrcus quum fuerit in nube in die plutUu : kie
eroi arptctus tplendoris per symm.
CANTO XXVIII.
» I
M7
9 Distante intorno al ponto mi cerchio
Si girava si ratto che*avria vinto (d'igne
Quel moto che più tosto il mondo cigne.
10 E questo era d*un altro circuncioto ,
E quel dal terzo, e 1 terzopoi dal quarto.
Dal quinto*! quarto, e poi dal sesto ilquìn-
11 Sopra seguiva il settimo, si sparto (to.
Già di larghezza , che '1 messo di luno
Intero, a contenerlo sarebbe arto.
12 Cosi f ottavo el nono: e ciascheduno
Più tardo si movea, secondo eh' era
In numero distante più dall'uno.
IS E quello avea la fiamma più sincera
Cui men distava la favilla pura:
Credo, però che più di lei s'invera.
ih La donna mia che mi vedeva in cura
Forte sospeso, disse: da quel punto
Depende il cielo e tutta la natura.
ISMira quel cerchio chepiùf;liè congiunto,
E sappi che'l suo movere è si tosto
Per Taflòcato amore ond'egli è punto.
' •• Moto. Del primo mobile in ventiqoat*
Ifo ore. L'Ott. Dello spiegare le gerarchle,
«^ineDe al libro Db proprietatibus e lascia il
Maestro delle sentenze (1. II , d. 9). In eia-
•eana gerarchia egli distingue Tordlne , il sa-
at , l'operare : primi i Serafini , poiché più
idi d'amore ; e dopo l'amore la sapienza ne'
Cherabini ; e poi il giudizio ne' Troni ; poi le
Dominazioni , che insegnano , secondo Grego-
rio , r arte del dominare a bene; poi le Vir-
tù , operatrici di miracolo : poi le Potestà che
reprimono i maligni spiriti ; poi i Principati
che ammaestrano gli nomini a rispettare l'ao-
lorità di ciascuno nel grado suo ; poi gli Ar-
cangeli , messaggi di Dio ; poi gli Angeli ,
messaggi minori. L'Ott. ella pure Isidoro : e
dice che i tre primi ordini mirano specialmen-
te nel padre , i tre poi nel Figliuolo , gli ul-
timi nello Spirito.
10. CiRcuNciNTo. Conv. : Airfa la ehietn
fé prime creature per tre gerarchie , eh'è adi-
re tre principati ganti ovvero divini , e da-
e^una gerarchia ha tre ordini : eiechè nove or-
dini di creature epirituaU la Chiesa tione e af-
ferma. Lo primo è quello degli Angeli, loee-
eondo degli Arcangeli , lo tgrxo delU Troni :
• queeti tre ordini fanno la prima gerarchia:
non prima quanto a nohiUà^ non a cteaeio-
«e • che più iono Maitre noUli, e tutte furono
ineieme create: ma prime quanto a noeti o sa-
tire a loro altezta. Poi sono le Dominationi^
oppresso le VtrtuU , poi U Principati . e que-
iti fanno la seconda gerarchia, Soj^ra qiiesti
16 Ed io a lei: se *ì mondo fosse posto
Con Tordine ch*io veggio in quelle ruote,
Sazio m'avrebbe ciò che m'è proposto.
17 Ma nel mondo sensibile si puote
Veder le vòlte tanto più divine,
Quantfelle son dal centro più remote.
18 Onde, se *1 mio disio dee aver fine
In questo miro ed angelico tempio
Che sok) amore e luce ha per confine ,
19 Udir conviemmi ancor come l'esemplo
E l'esemplare non vanno d'un modo;
Che io per me indarno a ciò contemplo.
20 Se li tuoi diti non sono a tal nodo
Sufiic'jenti non è maraviglia.
Tanto per non tentare è fatto sodo.
21 Cosi la donna mia; poi disse: piglia
Quel eh' io ti dicerò, se vuoi saziarti;
Ed intorno da esso t'assottiglia.
22 Li cerchi corporei sono ampi ed arti
Secondo il più e 'I men della virtute
Che si distende per tutte lor parti.
sono le Potettati e li Cherubini e sopra tutti
sono li Serafini , e questi fanno la terza y<-
rarehia.
12. Uno. L'otto è più distante dall'uno che
il sette , il nove che l'otto.
13. Cui. Da cui. Dicevano , e dicesi tutta-
via , ma più rado : distante a, lontano a. —
Invbia Più sotto : Nel Vero in che si queta
ogni intelletto.
14. Cura. Purg. : Di ragiotMr •.. mi mise
in cura. — Dbpbnob. Arist. (Met. , Xil):Ex
tali principio dependet eoelum et natura.
16. Amorb. Come il primo mobile è mos-
so da amor dell'Empireo ( Conv. ).
16. Sb- Nel mondo la sfera più vicina si mo-
ve più lenta; e qui all'incontro più ratta.
17. DiviNB. Conv. (Il , ff) : Vita più divi-
na. Più piene di moto impresso da pio. -r
Cbntbo. La terra.
18. Tbmplo. Dan. , III : Jn tei^^ sanct'o,
gloriae tuae, ^ Solo ( e. XXVI( , 3$ ).
19. EsBMPLO. Le sfere de'^^eli sono esenv
pio , imagine di Dio esempljM'^ suprèmo , in-
torno a cui girano le iotflljgenze , e più le
più prossime a lui. Boat : Cuncta etij^mo Dm-
eis eìk exemplo, pulcru^ p^errUnue ipso Mun^
dum monte gerens , ^t^ilìque imagine formane,
— CoNTBMPLo. N^i Con. ( Il , 6 ) .- Vsa con,-
4emplare col d\,
to, Nooa. Metaf. frequenti n^l nostro (Iqf.^
X • e altrove),
2), i:oB«oRÌu. De* cieU (e. Il , 41 )•
518
DEL PARADISO
23 Maggior bontà vuol far maggior salute;
Maggior salute maggior corpo cape,
S'egli ha le parti ugualmente compiute.
2&. Dunque costui che tf^tto quanto rape
L'alto universo seco, corrisponde
Al cerchio che più ama e che più sape.
25 Perchè, se tu alla virtù circondo
La tua misura, non alla parvenza
Delle sustanzie che tappaion tonde,
26 Tu vederai mirabil convenenza
Di maggio a più e di minore a meno,
In ciascun cielo, a sua intelligenza.
27 Come rimane splendido e sereno
L*emisperio deli' aere, quando soflia
Borea da quella guancia ond'è più leno,
28 Perchè si purga e risolve la roflìa
Che pria turbava , si che 1 ciel ne ride
Con le bellezze d ogni sua parroflla ;
29 Cosi fec io poi che mi provvide
23. Maggior. Più è buona la cosa , più fa
del bene : e no corpo più è grande e più ( se
imperfeUo non sia ) è buono e forte.
24. Costui. Nodo cielo. — Cbrchio. De'
Serafini.
25l. Misura. Tu de?i misurare li cerchi dal-
la virtù , non dalla grandezza.
26. GoNVBNiNZA. Il più piccolo cerchio in-
torno al punto , ch*è Dio , corrisponde al più
grande intorno alla terra. Cosi via via : Noi
et vogliam co* pnnctpt eeUtti D'un giro, d* un
girare ( e. Vili , 12 ). Onde ì Serafini gover-
nano il primo mobile ; i Cherubini lo stellato;
j Troni Saturno ; le Domazloni Giove ; le Virtù
Marte ; 1 Pnncipati Venere ; gli Arcangeli Mer-
curio ; gli Angeli la Lana. E Arìst. diede an-
ch' egli a ciascun cielo un' intelligenza motri-
•e. £ Dante nel Con?, fa corrispondere a cia-
scun cielo una scienza.
27. CoMB. Boet. : Tane me diseusta lique-
funt nocte tenebrae , Luminibunpie prior rediit
vigor : Vt quum praeeipiti glomerantur tidera
Coro , /Vimòoftsftie poìut f Calti imbribus , Sol
latet, QC nondum eoelo venientibut attris, De-
fuper tn terram nox funditur. Hane si Threi-
fio BoreoM emiaug ab antro Verberet, et ciati-
ium reseret di9m, Emieat, et iuhito vibratui
lumine Pfioebut, Mirantei oeulos radUt ferit,
Horat. : AUna ut obteuro deterget nubUa eoe-
la Saepe Notui, — Guancu. I dodici venti si
riducono r quattro. Borea ne caccia tre ; or
da piena la bocca , or da una or dall'altra guan-
cia. Dalla sinistra caccia aquilone , dalla de-
stra un vento più mite. — Lbno. Ì nel Bocc.
Tra aquilona e levante più lene che tra aqi|i-
La doona mia del suo risponder chiaro,
E come stella in cielo^ il ver si vide.
30 E poi che le parole sue ristaro,
NoQ altrimeoti ferro disfavilla
Che bolle, come i cerchi sfavillare.
31 Lo'nceodiolor st?guiva ogni scintilli :
Ed eran tante che*l numero loro
Più chel doppiar degli scacchi s immilli.
32 lo sentiva osannar di coro in coro
Al punto fisso che gli tiene airtifri.
E terrà sempre , nel qual sempre foro.
33 E quella che vedeva i pensier dabi
Nella mia mente , disse : i cerchi primi
Thanno mostrato i Serafi e i Cheriibi.
3^ Cosi veloci seguono i suoi vimi«
Per somigliarsi al punto quanto poono ;
E posson , quanto a veder son sublimi.
35Quegli altri amor che d*intorno gli voom.
Si chiaman Troni del divino aspetto.
Ione e ponente. Virg. (XII . 365^67 ) : Mn-
lui Edoni Boreae quum epiritue alto initMl
Aegaeo . . . Qua venti incubtiere, f»$am éuà
nubila eoelo.
28. RoPFU. Boti : Der^à ài voforH iMi
Roffia viene a dire dispetta coaa : onde nf*
fieno. L* etimologia non è da accettare; aa
la definizione si. — Farroffia. Comitifa. t
nel Pataffio e nel Bocc. ( Teseide , VII» il4|.
Che Dante imaginasse le stelle come wm
schiera, cel dice il e. XXIU : IVtoki ridMtm
le ninfe eteme Che dipingono^ eiU.
29. Stblla. C. XXIV : Come eteUm m aria,
tu me eeintiUa.
30. Ferro. C. I : Qual ferro che Mbnli
^eice dei /beo.
31. Scintilla. Ogni scintilla girava Inccr-
chio ancor essa, e diveniva altro giro. — !■"
MILLA. Dan., VII : MilUa millium «nniUra'
bant ei. L' Indiano ( raccontano } inventar
delli scacchi, presentato ch'ebbe il nuovo già*
co al re della Persia e ofTertogli cbiedesaa a
talento, ed avrebbe, chiese un chicco di gia-
no duplicato, e sempre moltiplicato perlaM
volte quanti erano scacchi nella tcaeckim.
Il qual numero è di venti cifre.
32. Ubi. Predestinato ab eterno 4 il Inagi
da Dio a ciascun ente.
33. Primi. Più prossimi al ponto.
34. ViMi. Per legami ( e. XXIX. IS ). tf
legami d' amore , V, verso 44» 45. — So»
oliarsi. Jo, ( Ep. I, 3 ) : Siwùlee at
quoniam videbimus eum eieuti est.
3ff. Amor. Cosi chiama gli Angeli ,
I Beati ( e. XIX, 7 ). — Von.no. Vanow. Fraa
CANTO XXVIII.
519
Perchè *1 primo temaro ierminonno.
36 E dèi saper che tutti hanno diletto
Quanto la sua veduta si profonda
Nel vero in che si queta ogni intelletto.
37 Quinci si può veider come si fonda
L' esser beato nell'atto che vede ,
Non in quel ch'ama, che poscia seconda.
38 E del vedere è misura mercede ,
Che grazia partorisce e buona voglia*
Cosi di grado in grado si procede.
39 L* altro teraaro che cosi germoglia
In questa primavera sempiterna ,
Che notturno ariete non dispoglia,
kO Perpetiialemente osanna sverna
Con tre melode , che suonano in tree
Ordini di letizia onde s* intema.
^1 In essa gerarchia son le tre dee :
Prima Dominazioni, e poi Yirtudi ;
cese vont, — Troni. Cosi detti dalla sobli-
mila ( Dion. Caet., Hier., e. 7. ). — Aspet-
to. C. iX: Su tono ipeccM, voi dietU Troni,
Omde rifulge a noi Dio giudicante, — Tbrmi-
Momco. TermlDarono, terminomo. DesineDie
Qsitaie al sao tempo.
36. QuBTA. CoDT.; il vero nelqual it queta
l' anima nostra ( Parg., IV ). Plotino dice che
unti gì* intelletti s'aniscono in Dio come raggi
nel sole ( Tasso XIV, 9 ).
37. \ede. Codv., I : La ici$nxa i VuUima
fwrfeiione della nottra anima» nella quaU età
tu noura ultima felicità. ^kuA^ Era questio-
ne scolutica ( Martioez al IV , dei Maestro
delie seni. , dist. 49, qaest. 2) : in quo eonr
fltHal beatitudo formalii , an in visione an in
amore, S. Tom. la pone nel vedere. Scoto in
amare. — Skconda. Segae al vedere l'amare.
38. Mbrcbdb. Merito creato dalla omaoa
volontà e dalla grazia. L'usa in questo senso
(Inf.. IV, 12).— Grado. G. XX : Di grazia in
gratia. Iddio gU apcree VoecMn,,,
39. Notturno. Neil' autunno, l'Ariete oppo-
sto al sole , eh' è in Libra , gira sol nostro
emisfero di notte.
40. PBRPBTttALBMBim. È lu Albertano.
Nel CoDv. (I, 11) usa parpeinaif. — Svbrn a.
Svernare, cantare degli uccelli all' uscire del
verno. — Interna. Così nel e. IX , 14 , in-
cinQua-
41. J>rb. Io. , X : nioi i|tstf deos , ad
cmoj termo Dei factue eet. Chiamò dea la
fortuna voigitrice della sua ruota nell'alto
L' ordine ter/o di Podestadi ée.
ki Poscia ne*duo penultimi tripudi
Principati ed Arcangeli si girano :
L' ultimo è tutto d'angelici ludi.
hZ Questi ordini di su tutti rimirano,
E di giù vincon ; si che verso Dio
Tutti tirali sono e tutti tirano.
hk E Dionisio con tanto disio
A contemplar questi ordini si mise,
Che li nomò e distinse com*io.
&-5 Ha Gregorio da lui poi si divise :
Onde si tosto come gli occhi aperse
In questo ciel, di sé medesmo rise.
&6 E se tanto segreto ver proflTerse
Mortale in terra, non voglio ch'ammiri ;
Che chi 1 vide quassù, gliel discoverse ,
Vt Con altro assai del ver di questi giri.
( Inf. , VII ).
42. Argangili. Conv. (II, 6); Coneto«fta-
ekè la maestà divina sia in tre persone the
hanno una sostanza , di loro si puote tripU-
cemente contemplare,
43. Su. A Dio lendooo e attraggono a sé gli
aTtri cieli. Simbolo dell' attrazione neutooia-
na : dicono alcuni , oell' aoimi/azioDe so-
verchi.
45. Grvoorio. Magno. Pose in luogo de'
Troni le Potestà, e i Troni in luogo de'Prin-
cipati, I Principati in laogo delle Domina*
zioni, le Dominazioni nel luogo delle Potestà.
Assegnò poi alle varie gerarchie uffizi! varii:
disse, per esempio , che gli Arcangeli promo-
von la fede ; t Dionisio: che rivelano le pro-
fezie. Tomaso però è con Gregofìo (2. 9. q.
1 108 , a. 5).
I 46. Chi. Paolo a cui s. Dionisio Areopa-
gita fa diticepolo.
47. Assai. C X: Fià addentro vide Von-
geUea natura. Delle gerarchie angeliche K.
s. Tom. (Som. 2. 2. quaest. 108, 110). Conv.
(II, 3) : Avvegnaché quelU cose per rispetto
detta verità assai poco sapere si possano ,
rUo tanto che t «mafia ragione ne vede ,
ptA dJdsitaJtioms che il molto e il certo delle
cose delle quaU si giudica per lo senso, Codt.
(II, 5) : intelligense le quaU la volgare gento
chiamano angeli. E di queste creature sicco-
me detti cieli» diversi diversamente hanno sen-
tito, avvegnaché la verità sia trovala. V- an*
co il cap. 6.
sao
DEL PARADISO
i
CANTO XXIX.
ARGOMENTO.
Beatrice dichiara qttando e come f osterò gli Angeli creati ; fuori dei limili
dello spazio e del tempo , con un puro atto : ed insieme con loro , i cieli ck e do-
vevano volgere , quan mezzo tra l angelica dignità e la materia terrena. Caddero
taluni tra gli Angeli e scesero più prossimi alla materia: gli altri furono premiali
di gloria uguale al merito di ciascuno, £* non hanno memoria , perchè veggono w
Dio continuamente ogni cosa, Innumerahili sono: e in ciascuno. Dio opera tnmoio
differente , secondo V intelligenza e la carila di cia»cuno. Ciascuno di quegli t'umi-
mcrabili è un intero universo. L alla contemplazione e interrotta dai biasimi dipre-
dicanti S allora , e F inno diviene commedia.
Nou le terzine 1 alla 4; la 6 alla 10; la 12, 17, 19, 27, 29, 31, 33, 36. 40, 41.
46, 47, 48.
3
Quando amboduo li figli di Latona ,
Coperti del Montone e della Libra,
Fanno dell' orizzonte insieme zona.
Quant'èdal punto che il zenit inlibra,
Infin che V uno e l' altro da quel cinto,
Cambiando T emisperio , si dilibra ;
Tanto, col volto di riso dipinto ,
Si tacque Beatrice, riguardando
Fiso nel punto che m' aveva vinto.
h
1. Figli (c. XX). Il sole e la lana, in due
segni del zodiaco opposti come 1* Ariele e li
Libra , sono nel medesimo orizzonte 1' ano
uir altro di faccia.
2. Punto. Il punto in che il sole e la luna
sono nel medesimo orizzonte qulisi bilanciali
dallo zenit , è un istante menomo ; or un
isiauie Beatrice guardò; poi si voUe. — Cin-
to. Orizzontale. Poc'anzi V ha cbiautaia zona,
— Cambiando. L' uno sale al nostro, l' altro
scende al sottoposto emisfero. — Dilibba.
Contrario di inlibra , si squilibra , si sbi-
lancia.
4. Ubi ( c. XXVIIl. 32 ). Questo verso è un
germe del sistema Mallebrancbiano.
5. SiMs-i^fFo. Porche iTcuaSc ad sxlra. Ot-
Poi cominciò : io dico, non dimando
Quel che tu vuoi udir ; perch* ioriio\i»lo
Ove s'appunta ogni ubi ed ogni quando.
5Non per avere a sé di bene acquisto! dorè
(Ch'esser non può), ma perche suo spleo-
Potesse rìsplendendo dir : subsisto ,
G In sua eternità, dì tempo fuore, (eque
Fuor d'ogni altro comprender, come i fMft-
S* aperse in novi amor l'eterno Amore.
vero : perchè la creatura splendore dell' ito
divina (e. Xlli ) sentisse d" essere , e ne i«t-
desse onore a Dio. Ovvero : percbé Dio fossa
sostanza , sostegno delle cose create. Meglio
il secondo. C. XIII: H suo raggiare adttm*
Quasi ipeeehiato , in nove suuistenze. S. lo*.
( 11, Cont. gent., q. 45 ) presso POtùBo:
Nulla cosa moue iddio nella produiiont i^
creatun, se non la sua hontadc , la qual \^
eomunican con V altre cose , secondo uno ow»^
d' asiinUg nazione ad esso.
6. GoMPRfiNDEB. Fuor d' o^i spazio. Il
tempo e lo spazio cominciano colla rreitÌMe
del mondo. — Novi. Contrappi>»to all' clern*
C. Xlll : IS'ove sussistenze. — Amor. Cosi «k*
\ ma gli Angeli ( XXVI li . -Vó ,.
CANTO XXIX.
521
7 Né prima qua^ torpeote si giacque :
Che oè prima nò poscia procedette
Lo discorrer di Dio sovra quest' acque.
8 Forma e materia congiunte e purette
Uscirò ad atto che non avea fallo,
Come d'arco tricorde tre saette.
9 Eccome in vetro, in ambra od in cristallo
Raggio risplende , si che dal venire
All'esser tutto non è intervallo;
10 Cosi *\ triforme effetto, dal suo Sire,
Neil' esser suo raggiò insieme tutto,
Senza distinzion, nelF esordire.
1 1 Concreato fu ordine e costrutto
Alle susta nzie : e quelle furon cima
Nel mondo in che puro atto fu produtto.
IS Pura potenzia tenne la parte ima :
Nel mezzo, strinse potenzia con atto
Tal vime che giammai non si divima.
7. Nfe. La creazione è fuori dì tempo ; non
poò donque dirsi che Dio nolla facesse innanzi
qoella. — Discorrbb. Principio della crea-
alone. Qen. , I : ^trtCìii Dei ferebatur iuper
8. FoiMA. Gli Aristotelici pongon la forma
eosa sostanziale, che, nnita alla materia pri-
ma, costituisce le varie specie de' corpi. —
Matibia. Prima , comune a tutti i corpi ,
•oggetto di tutte leiorme. — Congiuntb. Alla
fórma , ma pure prette : l' oro , preito oro ;
1* argento , puro argento ; e via discorrendo,
•eoza mistura seguita per corruzion d'eie-
senti. — Atto. Coi fiat. — Fallo. Gen. ,
I : Vidit ... quod euet bonum. — Tas. Gli
ABgeli , la rorma deli' altre cose , e la loro
Materia. Altri intende : gli Angeli forme pu-
le; la materia sola, che son gli elementi ;
la forma congiunta con la materia. Meglio il
primo.
9. €oMB. Fa istantanea la creazione in-
aerà.
li. Puao. Gli Angeli , puro atto , non pas-
sivo , agenti sul mondo.
12. Potenzia. Passiva : sotto la luna. —
IIkxzo. Ne' cieli ehé di n» prendono e di sotto
fa/mno ( e. Il » 41 ). Ott. : Atto puro , cioè
che non è in potmta a divenire altra cosa ;
• ftrò sono incorruttibili : pura potenza, cioè
che sempre è acconcia a trasmutaiione , e
jMfd continuo genera nuova forma ^ e cor-
rompe la precedente : potenza con atto , ctoé
anpo umano con la sua anima ... eU cielo
eolia tua inteUigenMa,
13. iBRONiMo. Epist. ad tit.: 5^ mUlia
nondum nostri temporis complentur annorum;
13 leronìmo vi scrisse limgo tratto
De* secoli degli angeli creati
Anzi che laltro mondo fosse fatto.
ih Ma questo "vero è scritto in molti lati
Dagli scrittor dello Spirito santo :
E tu lo vederai se ben ne guati.
15 Ed anche la ragione il vede alquanto,
Che non concederebbe che i motori
Senza sua perfezion fosser cotanto.
16 Or sai tu dove e quando questi amori
Furon creati, e come ; si che spenti
Nel tuo disio già son tre ardori.
17 Né giugneriesi , numerando > al venti
SI tosto, come degli angeli parte
Turbò 1 suggetto de' vostri elenienti.
18 L* altra rimase, e cominciò quest'arte
Che tu discerni, con tanto diletto
Che mai da circiiir non si diparte.
et quantas prius aetemitates , quanta tempo-
ra , quantas quoque saeculorum origines fuisse
arbitrandum , in quibus Angeli , Throni , Do-
minationes caeteriqtie ordines Deo seroierunt
abtque temporum vicissitudinibus atque men-
suris ? S. August.: Quarta die facto suntsy^
dera , et jam Angeli erant. Opinione d' Ori-
gene, Basilio, Damasceno, e altri dottori
greci , rigettata da s. Tom. ( I , qu. 61 , a.
3 ). Dice che se gli Angeli son parte dell'u-
niverso , dovevano dunque esser creati con
esso.
14. ScaiTToa. Davide cantor dello Spirito
tanto ( e. XX ). — Vbdbeai. EccL, XVIIl :
Qui vivit in aetemum , creavtì omnia itmul.
IK. HoToai. Gli Angeli non avessero cosa
alcuna da movere, da infonderci loro virtù.
16. DoYB. Nell'alto del mondo ( v. 32-3).
— Quando. Di tempo fkiore. — Com. A oa
tratto.
17. Venti. Questo pronto peccare degli
Angeli è creduto da s. Tom. ( 1 , 63 , a. 6 ).
— Elementi. Apoc: Braco magnus ... eau-
da . > > trahebat tertiam partemstellarum eoeìi
( Inf., XXXIV , 41 ). La terra è suggetto dei
quattro elementi : aria , fuoco , acqua , e ter-
ra. Gli angeli mali , al dire de' Padri , sono
nell' aria inferiore , « la turbano soventi vol-
te ; e turban la terra, che stanno nel centro
di quella.
18. L'altba. Gli angeli pnrì. Conv. (II, 5):
AUa speculazione di certe ( sostanze separata)
le^e la cireulasione del cielo, ck*è del mon-
do governo : il quale è quasi una ordinata ci-
viliiade , intesa nella speculazione delU mo-
tori. — ARTI. Di movere i cieli. Auco gli
66
522
DEL PARADISO
19 Principio del cader Ih 1 maladetto
Superbir di colui che tu cedesti
Da tutti i pesi del mondo costretto.
20 Quelli che vedi qui, furon modesti
A riconoscer sé della Bontate
Che gn avea fatti a tanto intenderpresti.
21 Perchè le visto lor furo esaltate
Con grazia illuminante e con lor morto,
Sì ch'hanno piena e ferma volontate.
22 £ non voglio che dubhi , ma sie certo
Che ricever la grazia è meriterò
Secondo che Tafletto l'è aperto.
23 Ornai d* intorno a questo concistoro
Puoi contemplare assai, se le pdix)le
Mie son rìcolte, senz'altro aiutoro.
^k Ma perchè 'n terra perle vostre scuole
Si leg^ che l'angelica natura
É tal che 'ntende esi ricorda e vuole ;
25 Ancor dirò, perchè tu veggi pura
La verità, che faigsiù si confonde
Equivocando in sì fatta lettura.
26 Queste sustanzie , poiché fùr gioconde
Angeli prima di essere degnati «ìln somma
comprensione di Dio, sostennero loro prova
( Maestro delle sent., 1. Il , d. 4 ; s. Thom.
I , 62, art. 8 ).
19. Pesi. Inf. , XXXIV : A punto Al qual
ft traggon d* ogni parie % pui.
20. Modesti ( s. Thon^., 2. 2 » q. 161 »
art. 4 ).
21. Mebto. Alla illaminante segai la con-
samante , fratto de* meriti loro.
22. Mbbitobo. Come nel e. IX , v. nU. :
adultero. S. Tom. ( 1 , 62 , art. 2 ) dice che
r Angelo ebbe grazia innanzi che fosse bealo.
Ma Dante aggiunge: il merito sta Dell'apri re
r affetto alla grazia che viene.
25. LiTTUBA. Dottrina : così detta dal leg-
gere 0 insegnar nelle scaole.
27. Non. Pnrg., XXX: Voi vigilate neWe
temo die, S. Tom. ( I , q. 55 , a. 2 } dice
che r Angelo non intende per ispecie eh' egli
tragga dalle cose, ma per ispecie o idee a
Ini proprie; e non intende componendo e di-
videndo e raziocinando per discorso cosi come
r uomo ( r. anco q. 58» a. 5 ; e q. 54 , a.
4 ). Agostino dà agli Angeli la memoria» ma
per modo di dire. — Diviso. Arist. ( De me-
moria ) tradotto da nn antico : Rammentar»
non 4 altro che ridueere nella femiatia le epe-
sia iHit6tii che la memoria ha per lo patsato
tempo ripoite,
28. Lag«i6. Alb. Magno domanda utrum
Della faccia di Dio, non volser rìso
Da essa, da cui nulla si nasconde.
27 Però non hanno vedere interciso
Da nuovo obbietto ; e però non
Rimomorar per concetto diviso.
28 Si che laggiù non dormendo ai sogna ,
Credendo, e non credendo dicer vero:
Ma nelluno è più colpa e più vergogni.
29 Voi non andate giù per un sentiero
Filosofando : tanto vi trasporta
L' amor delK apparenza e1 suo pensiero.
30 Ed ancor questo quassù si comporti
Con men disdegno, che quando è posposta
La divina Scrittura o quando è tòrta.
31 Non vi si pensa quanto sangue costa
Seminarla nel mondo, e quanto piace
Chi umilmente con essa s'accosta.
32 Per apparer ciascun s' ingegna , e Cm6
Sue invenzioni ; e quelle son trascorse
Da* predicanti, e*l vangelio si tace.
33 Un dice che la luna si ritorse
NeUa passion di Cristo, e s* interpose,
MMìt angelii memoria. Chi la negava , e cM
la dieeva differente dal la memoria «lelTMa».
L'nna e 1* altra opinione condanna il ?. : aa
più la prima. — Colpa ( s. Thom. , 1 , 1 1
qn. 78, a. 4). Quanto il movimiento del ^
cato è più proprio alla volontà , tanto il pec-
cato è più grave degli altri peccati pari M
quello. Un antico ; QuelH è pi^ dieeràim&to.
che pia conosce U peccato , e falla , ehe la
ignorante,
29. Apparenza. Del parere ingegnosi. Fr.
Barberino .* £d un parla a piaeore ooW aUro*
eoi perchè vìwle apparere,
30. ScBiTTUSA. e. XIII : Furon towee epaée
alle Scritture In render tòrti li diritti viUu
31. Sbminarla. Purg., XXII : Cndfiua,
seminata Per li messaggi delt etemo regno.
32. Trascorse. Discorse, trattate. C. XIIT.
Bene è trascorsa D' està nùmeta già la tege
e *l peso, — Predicanti. S. Agottìao e s.
Girolamo movono lo atesso lameolo. Hier. :
Adducto svpercUio , grandia varòa trutìmamr
tee , inter mulierculae de eaerie Itltt rts phUe-
tophantur.
33. Luna. La pasqua de* Giade! cadeva ari
di del plenilunio , essendo il sole in Aricit.
G. C. morì il dì seguente alla pasqua : la la-
na dunque era piena e al sole opposta : do-
veva dunque retrocedere di sei segni , cioè di
qoatiordici di e meno , per interporsà tra il
sole e la terra. Ma questa cagione avrHbU
CANTO XXIX.
523
Permeile 1 lume del sol giù non si porse .
Si" Ed altri che la luco 8t nat»cose
Da sé: però agl'lspaui o agl'Indi,
Come a' Giudei, tale eclissi rispase.
35 Non ha Firenze tanti La pi e Hindi
Quante si fatte favole per anno
In pergamo si gridan quinci e quindi.
3Q SI che le pecorelle che non sanno,
Toman dal pasco pasciute di vento»
E non le scusa non veder lor danno.
STNon disse Cristo al suo primo convento:
Andate e predicate al mondo ciance ;
Ma diede lor verace fondamento.
38 E quel tanta sonò nelle sue guanbe,
SI ch'a pugnar per accender la fede
DeU* evangelio fero scudi e lance.
39. Qra si va con n\otti e con iscede
A predicare; e pur che ben si rida^
Gonfia '1 cappuccio, e più non si riciiii^de.
V^ Ma tale uccel nel becchetto s'unnida
prodotto una perniale eclissi : ond* altri dice
die ì{ BoJe di^ sé si nascose , e fùroo tenebre
so tutta la terra. Altri legge : E mente ... e
il che IXante corregga l'errore de* predicanti
• si faccia colpevole di quelle interpretai iooi
scientifiche da lui condannale. £ lo prova il
dire eh' e' fa : quinci ^quindi. Sacrobosc: De-
fo quod d§ ipta obscuriHate muUae fuerunt o-
ffmionet, AUqui dieunl quod ijua obscuriia^
fWtC «X mferpoitttone aUcujut eometae . . . Afèi
éinmi quod Ma ecUpfit fuit in Jeruialem vir-
tuU BUiropiae . . . Àjlii dieunt quod iUa fuit
imUrfotUionie Yenwi» et Mfifeufii, qui vadumt
HK^r eum sole.
34. Ispani. La Giudjea, secondo Dante» è
QMssa tra l'India e la Spagna.
35. Lapi. Da Iflcopo. Nomi comuni in Fi-
leoxe. K. l'ind. del Vili.
3d. Vinto. Jer. , XXl^ : Omnei paHoree
|»os pascei ventut.
37. Convinto. Apostolico (e. XXII ). Il con-
tento di s. Francesco. E nella Bibbia é fre-
quente in questo senso.-— Via ace. Marc.»
XVI : Praedieaie EvangeUuwL
38. Tant(x. Solo. — Sub. Loro. — Pugn^b.
Ap. ( Ueb. . \I ) : Qui per pdém vicerunt re-
$na . . . furtes (adi funi in belio.
39. IscBOK. Cu ant. post. : VerbiM. truffato'
i^iii. — GoNFU. D' orgoglio. — Cappuccio. U-
Mto allora da lutti, anco da' preti. Da' frati no.
40. UccKi.. Non la colomba , per cui Spi-
ritu sancto tn*pirati , loquuii tunt Dei honù-
{ Fetr. , li , i) , ma il diavolo. — Bue-
Che, se 1 vulgo il vedesse, vederebbe
La perdonanza di che si confida.
% i Fer cui taDta stoltezza ìd terra crebbe
Che seosa prova d'alctin testimonio
Ad ogni promission si converrebbe.
Vìtìk questo ingrassa il porco sant'Antonio,
Ed altri assai che son peggio che porci»
Pagando di moneta senza conio.
O Ma perchò sem digressi assai, ritorci
Gli occhi oramai verso la dritta strada »
Si che la via col tempo si raccorci.
Xh Questa natura si oltre s' ingrada
In numero, che mai non fu loquela
Né concetto mortai che tanto vada.
ki E se tu guardi quel che si rivela
Per Daniel, vedrai clie 'n sue migliaia
Determinato numero sì cela.
1^6 La prima Luce che tutta la raia.
Per tanti modi in essa si ricepe
Quanti son gli splend^ori a ohe s'appaia.
CBBTTO. Varchi ( St. , IX ) : StrUeia doppia
del medèiimo panno che il cappuccio , cke Da
iino in terra , e ti ripiega in tulla tpaUa de-
etra y a 6ena tpeeeo ti avvolge al collo , . . •
intomo alla tetta.
41. Ogni. Senza fede duella sante scritture,,
si crede ad ogni indulgenza da costoro pro-
messa.
42. KnTQnio, Era allora in gran culto la
ehieaa di s. AiiM>dìo di Vienna. S. A^Qtonio K-
bate si dipingeva col porco a' piedi , simbolo
del vinto demonio. I venditori d'indulgenze
fùcoa condannati dal conc. di Trento ( sess.
21» art. 9). — Pbggio* Un ant.: Bjutie, e<i
uomini pegyio che bestie^ , ch$ per itchifare fa-
tica ti fanno eromti e frati. — Mo.neja. Pec-
donanze non vere.
44. Natuba. Aiigelica. Terz. 24 : Vange^
lica natura.
45. Daniel. Dan., VII : mUia fnUlium mi-
nàtrabant ci, et decet mlUet centena nuUto.
cutittebant ei . . . Conv. : Questo noifro Saf-
vafore colla tua bocca ditte che 'l Padre gli
potea dare moUe Ifigìoni d'angeli . . . Perché
tnanifetto è a noi quelle crtaCure ettere in lun-
ghittimo numero :. perocché la tua tpotaete^
cretaria t, Chieta . . . dice » crede „ e predica
qufilU creature quati innumerabiU » a paride
per tre gerarchie, cioè principati tanti, ov-
vero etteri divini : e.cicLtcuua gerarchia ha tre
ordini ; ticché nove ordini di enature tpiri-
tuali la Chieta tiene e afferma. — Cbla. Non
è deiermioato quei nomerò , ma indica no ou-
52V
BEL PARADISO
kl Onde , però eh* all' atto che concepe
Segue r affetto, d* amor la dolcezza
Diversamente in essa ferve e tepe.
hS Vedi r eccelso ornai e la larghezza
mero senza fine.
47. Segue. G. XW : Onde la vittori crescer
conviene. Crescer Vardor che di quella s'ac-
cende, V, e. XXVIIl.
48. Speculi. Vul. Eloq., I : JUud fidgen-
tissimum speculum in quo cuncti ( Angeli )
reprauentantur pulcherrimi atque avidissimi
speculantur. Lettera a Cane : Omnie essentia
et virtut procedit a primo ( La prima Luce
Dell* eterno Valor, poscia che tanti
Speculi fatti s'ha, in che si spezza,
k9 Uno manendo in sé come davanti.
che tutta la raia ) : ei intelUgeniiae inferiorts
recipiunt quasi a radiante, et reddunt radies
superiores ad suum inferius ad modum spent-
lorum. G. XllI : il suo raggiare aduna, Quìioi
specchiato, in nove sussistenze, EtemalmmiH
rimanendon una,
49. Manendo. Sap., VII: In s$ p§rmmnt
omnia innovat.
52d
CANTO XXX.
ARGOMENTO.
Alt apparire della luce delV empireo, in cui Dante è portato , la luce degli
Angeli pare più languida , la bellezza di Beatrice cresce in ineffabile modo. Un
lampo lo ferisce ; e lo dispone a vedere un fiume di luce. Le due rive dipinte di
mirabili fiori : e del fiume escivan faville , e si posavan su fiori , e nelf onde fiam-
manti cantando scendevano. E* guarda nelC acque ; e , fatto più acuto al vedere ,
vede il fiume cambiarsi in forma di cerchio , e sopra il cielo empireo mille gradi
e più , disponi in forma di rosa , e il mii^imo grado più ampio del sole ; e per
r ampia sublimità t occhio correva chiarissimo , e la prendeva tutta, VeS egli un
seggio vuoto : il seggio Ì Arrigo,
Qaesto di tatto forse il poema é il canto piC^ alto.
Nou le tenioe 1 , 3 ; la 6 alla 9; la il , 14 , 15, 17 ; la 19 alla 23 ; la 28 , 30 ,
31 , 32 ; 35 ; la 37 , alla fioe.
1 Forse gemila miglia di lontano
Ci ferve Torà sesta » e questo mondo
China già \ ombra quasi al letto piano,
2 Quando'! mezzo del cielo a noi profondo
Comincia a farsi tal eh* alcuna stella
Perde I parere infino a questo fondo :
3 E come vien la chiarissima ancella
Del sol pili oltre, così 1 eie! si chiude
Di vbta in vista, infino alla più bella.
1. Lontano. Da Doi abitanti la terra. —
Sbsta. Siccome la lace del non ancora ve-
duto sole Ci impallidire le stelle, cosi , dice
il P., la DOD fedota gloria di Dio toglieva a'
miei occhi la luce degli Angeli. Aoon. : la
lerro tutta $ifu,.. ventùfuattiromita di miglia,,,
ed U SoU la gira tutta m ventiquattro ore,.,
• cosi il Sole ogni ora cireuùee U veniiquat'
ÉTÉSimo , che è mills miglia. Adunque, quan-
do r ora sesta é , e* e* è di lungi snnùia mi-
glia, ed è segno che siamo nel principio della
prima ora,,, del dì. Seimila miglia é il qaarto
del corso diurno. — China. Il globo nostro
china 1' ombra sna a forma di cono in linea
I fc Non altrimenti '1 trionfo che lude
Sempre d'intorno al punto che mi vinse.
Parendo inchiuso da quel ch'egli inchiude,
5 A poco a poco al mio veder si stinse :
Perchè tornar con gli occhi a Beatrice
Nulla vedere ed amor mi costrinse.
6 Se quanto infino a qui di lei si dice
Fosse conchiuso tutto in una loda.
Poco sarebbe a fornir questa vice.
orizzontale, poiché il sole sta per sorgere sai-
l'orizzonte.
3. Pboponik). Che sta sopra noi. Virg.
( Egl. IV ) : Coelumque profundum. — Al-
cuna. SqU primo albeggiare non latte spari-
scono, ma le minori.
3. Ancblla.' L' aurora. •» Chiudi. Parg. ,
XXVII : E notte avuse tutte sue dispense, —
Vista. Stella. Nel e. 11, 39, le chiama vedute,
4. Inchiddb. Dio eonlinet omnia (Sap., I).
5. Stinsi. Conuario dell' ilcceffuiil tumina
Vssper ( Virg. ). ^
t. Vici. A compiere Toffiiio che a me spetta,
di dire di lei. *
596
DEL PARADISO.
7 La beUeza^ eh' io Tidi, si trasmoóa
Non pqr di là da noi, ma certo io credo
Che solo il suo Fattor tutta la goda.
8 Uà questo p^sso vinto mi concedo
Più che giammai da punto di suo tema
Soprato fosse comico o tragedo.
9 Che cpme sole il viso che più trema,
Cosi lo rimembrar del dolce riso
La mente mia da sé medesma scema,
10 Dal primo giorno eh io vidil suo viso
In questa vita, insino a questa vista
Non è 'l seguire ai mio cantar preciso..
11 Ma or convien chel mio. seguir desiata
Pi^ dietro a sua bellezza poetando,
Come air ultimo suo ciascuno artista.
12 Cotal . qual io la fascio a maggior bando
Che quel della mia tuba, che deduce
L* ardila sua materia terminando ,
13 Con atto e voce di spedito duce
Ricominciò : noi semo usciti fuore
Del maj^gior corpo al eie! eh'^ pura luce.
h Luceiutellettual piena d* amuro ,
7. Bbilizia. Per ess# intende la sapienza
delle cose divinef che nel Codv. chiama eter-
nale imperatrice dell' universo» E fin nella Y.
Nuova racconMi com* e* pregasse che la sua
anima se ne possa gire a, vedere la gloria
della sua donna. Nelle Rime : CA' io diverrei
beato, Ui guardando, A $uita d* angel che di
9ua natura. Statuto tu in tùtura, D^vien beato,
sol vedendo Iddio,
9. Tbbm A. Convivio : Queete cote che paio:
no nel euo aspetto^, eoverehiano lo 'nteUetto
nottro. B dioo conif quetio tovmthiare è fat-
to : eh' è fatto per lo modo eh9 eoverchia il
iole lo fragile viso, non che lo $ano e forte,
10. Paeciso. C. XXIl^ : Convien eal/iar lo,
tagrato poema Com'uom che trotta euo cam-
min reciso, Petr. : M* hanno la via sì d* alio,
amor precisa.
11. Ultimo. Ogni arte ha an confine.
12. TuEA. Inf., XIX : Or convien che per,
voi suoni la tromba, — DBDOcn. Oy. : Ab ori-
gine mundi Ad meo. perpetumn de^citei lemr
|>ora Carmen.
13. MAGGioa. Primo mobile. Oit. : Corpo.
primo, per natura semplicissimo, poco di corpo
avente, però che sottHissimp, primo firmamento
del mondo ; per quantitade grandissimo , per
gualitade lucido, per figurazione sperico, per
ampiezza contenente le creature visibili ed in-
visibiUf — Chl. Empireo r eh' è crisf^ilino ,
secondo Isidoro. *
^or di vera ben pien di letoia ,
Letizia che trascende comi dolzore.
15 Qui vederai V una e l'altra mìliiia
Di paradiso ; e i' una in quegli aspatki
Che tu vedrai all' ultima giustizia.
16 Come subito lampo che diseeiti
Gli spiriti visivi, si che priva
QeU* atto l' occhio di più forti
17 Cosi mi circonfulse luce viva,
E lasciommi fasciato di tal velo
Del suo fulgor, che nulla m' appariva.
18 Sempre TAmorchequietiiquesto deh»,
Accoglie in se con si fatta salute.
Per far disposto a sua fiamma il caodeb.
19 Non fùr pif^ tosto dentro a me veouta
Queste parole brievi, ch'io compresi
Me sormontar di sopra a mia virtate.
90 E di no^velh vista mi raccesa.
Tale che nulla luce è tanto mera
Che gli occhi iniei non sì fosser difesi.
21 E vidi li^me in forma di riviera
Fiuyido di fulgori, intra duo r^ve
14. Tbascimdb. Apost. : Bus Dm ^
exiuperat omnem sensum*
15. Una. Gli angeli, e gli oomiai. Gliaa-
minl nell' imagine di qae' corpi che
^annodopoil dì 4el giudizio. Is., XLV:
meae tetenderùnt coelos, ^t tMfmi
rum mjOLndavi.
16. FoBTk Altra luce più viva noi fllaai-
^à rocchio abbagliato dal lanipo.
18. Amor. Jo. (Ep. , (, 4) : Htnt
4i(. Dtmasc: Divina virtus inempfft
manifestius operatur : subest ens^m ti
msnti dtvtnoe. — Salute. Per saluto: è aella
Rime.^CANDBLQ^. Per preparare gli aoiiMtfl
alla gloria , preparargli con la luce vì?a alla
Gamma d'amore. Bo^t.: Lumina tius, «arfa-
lium rerum nube caligantia , tergàmme,
20. DiPKsi. Pelr.: Si aì^eta Yiela, ekeim-
cofUnji; *l sol pur si d^fend§*
31. RiviBRA. Dan.,YU: l^roptia 9» /te»
flioa ignis : rotM ejus ignis aceensus. Flmmm
igneus , rapidusi^ue egrediebatur a fm '
Ps.: A/iuae.,, quae super coelos eunt ,
nomen DominiJ Ajioc., XXII : OsUmdU
flwvium aquae vitae , spUndtdum
orystallum , proi^edentem de sede Dei, Opéaiia
d'Origene. S. Ambros. ( de saoctis ): Cim-
tas Dei dia Jerusalem , non meatu alàeefid
fiuvii terrestris , sed ex fonte vitae procoéms,
qui est S. S, -^ Fluvido. Per fkùdo , casa
continovu. — PaiXAvaaA. lu (|ue»lo wernse è
CANTO XXX.
527
Dipinte di mirabil primaYera.
SS Di tal fiumana iisoian favilla* vive
É d' ogni parte si metteati ne* fiori
Quasi mbin rh^oro circonscrive.
S3 Pòi « come inebbriate dagli odori,
ftìprofondaVan sé nel miro gurge ;
E s' una entrava, un altra n uscia fuori.
9k L* altodisiochemot' infiamma ed urge
D* aver notitia di ciò che tu vei,
t*anto mi piace più quanto più turge.
55 Ha di quest'acqua convieo che tu bei
Prima che tanta sete in te si sazi.
Cosi mi disse il sol degli occhi miei.
56 Anche soggiunse: il fiume e li topazi
Ch*entranoed escono, e1 rìder delPerbe,
Son di lor vero ombrìferi prefazl.
27 Non cho da sé sien queste cose acerbe;
Ma è difetto dalla parte tua.
Che non hai viste ancor tanto superbe,
t Non è fantin che s) subito rua
Col volto verso il latte, se si svegli
Molto tardato dalF usanza sua ;
Bel Purg., UVni. Apoc., kXt , presso ira
tot.: Bd io vidi novello cielo e no^Ma I0r-
rai 9 il primo ete/o e la prima terra te na
amia , . , Ed io , GioaniU , vidi ^erutalem »
là MfUa tittade deeeendente del Cielo novel-
tpoea
12. ttcani. iDcastoDato in oro.
13. GvBCi. ^ror^o per fiume io Tlrg. e nel
PMT. ( 8. 191 ).
14. TvaaB. C, X: D^ amor turge»
15. Bbi. Rammenta V Baooè del Parg.,
XXVIII.
16. TopAzt. Cosi chiamò Gacciagoida ( e.
XV ). Diodor. Sic: Topatim lapis , vitro it-
«n'Itf , colore aureo, A poca!., I , presso no
aat.: Mi menò in ispirito in una grande mon*
Mmgna e alta e mi mostrò ierusalem ta santa
CtCUMJe... il euo lume era come pietra diiaf-
prò , t come ia*pe e erntàllo, — Loa. DÌ ciò
che son feraroeiUe. — OMBRiraai. Adombrano
e Din pregumare. Frase affettata ed impro-
pria. Oli.: Lo fiume è U lume divino e la glo-
ria di Paradiso: le icinftUe, fi Angioìi; li
tapazii • li cori beati»
17. ACBBBB. Dare ad intendersi. Porg., XXV:
Ciò che par duro H parrebbe visxo, — Su-
VSBBB. Alte. Pvrg., IV : Costa superba»
18. EuA. L' osa laf., XX. Non sempre qoe-
Éo verbo significa predf»t(or«. Virg., X : Versi,
e apparecchiata a Dio ricevere , come
I ttdofMisia per tuo mariio.
29 Come fec* io, per far migliorì spegli
Ancor degli occhi , chinandomi all'onda
Che si deriva perchè vi s' immegli.
30 E si come di lei bevve la gronda
Delle palpebre mie , cosi mi parve »
Di sua lunghezza , divenuta tonda*
31 Poi come gente stata sotto larve,
Che (Mire altro òhe prima se si sveste
La sembianza non sua in che disparve ;
38 Cosi mi si cambiare in maggior feste
Li fiori e le Eaville, si ch'io vidi
Ambo le cotti del ciel manifeste.
33 0 isplendor di l3io per cu'io vidi^
L* alto triionfo dei regno verace.
Dammi virtù a dir com' io lo vidi.
, Zk Lume è lassù , che visibile face
Lo Creatore a quella éreatura
Che solo in lui Vedere ha la sua pace.
35 E si distende in circuiar figura,
Irt tanto che la sua circonferenza
Sarebbe al sol troppo larga cintura.
36 Passi di raggio tutta sua parvenza ,
rétroiiuie fuenfai.
19. Spègli. Per veder meglio. C. XXI : B
fa di quelli ( occhi ) ipeceAto alla figura»
90. Gbouda. Il coppo del ciglio ( lof.,
XXXIII ). «— To!niA. La lunghezia 6gora il
diffondersi di Dio nelle creature ; la roton-
dità il ritornare delle cose io Dio come in
fine perfetta. Idea svolta dal Vico.
31. Labvb. Maschere (Parg., XV ). — Di-
SPABVB. Parve altra da quei ch'ara.
31. Ambo ( terr. 15 ).
83. 0. Pnrg. , XXXI : 0 isplendor di viva
luce etema. Nel fiume si figoi ila graiia il-
luminante. — Vidi. Ripete , perch' è voce
sacra , com' indicano i derivati : veggente ,
t^'one, providenza.
84. Pacb. S. Aogust. : Feeisti noe ad te ,
et tnftfteium est cor nostrum donee requie-
scat m le. Qui l' Anoo. ci • . s. Ambrogio.
Boat.: Eie erit vobis requies laborum,
38. Sol. Pietro. Il sole è otto volte mag-
gior della terra. Apoc. trad. da no ant. :
La cittade ( di Dio J era in quadro , e sua
lunghezza era tale come larghezza ; e nùturò
la cittade siodici mila ttadii ... e mtmrò li
muri di centoquarantaquattro eubiti ; e la
fattura del muro era di pietra di iaspit.
36. RAfioio. Di Dio , riflesso nel primo mo-
bile (Conv., II, 4) e di là in tutti i cieli
(e. Il, 41).
528
DEL PARADISO
Reflesso al sommo del mobile primo
Che prende quindi vivere e potenza.
37 E come clivo in acqua di rào imo
Si specchia , quasi per vedersi adorno
Quante nelPerbe e ne' fioretti opimo;
38 Si. soprastando al lumeintomoiotomo,
Vidi specchiarsi in più di mille soglie
Quanto di noi lassù fatto ha ritomo.
39 E se l'infimo grado in sé raccoglie
Sì grande lume, quanta èia larghezza
Di questa rosa neirestreme foglie !
40 La vista mia nell'ampio e nell'altezza
Non si smarriva , ma tutto prendeva
Il ouanto e'I quale di quella allegrezza.
hi Presso e lontano 11 né pon né leva ;
Che dove Dio senza mezzo governa ,
38. SofiLnr Gradi ( e. Ili, 28; XVIII, 9).
— Quanto. Gli spiriti beati. Eccl., XII : Re-
vertatur pulvit ... et iffiritui ndeat ad Dgum.
89. Si. Soo più di milla gradini , e V io-
fimo è più largo del sole : or pensa gli altri.
E questi gradi si spandono in forma di rosa.
Nella rosa mistica il Verbo si fece carne.
GoDT. ( II , 4 )! Questa è qu§Ua magnificBMa
deUa quale paria U Salmista quando diee a
Dio : levata è la magnifieensa tua sopra t
eteli. — EsTRf MB. Eiec. : XLl : XoltiM erot
templum ir^ superioribui.
40. Pbbndbva. Inf. , VIII : '£ potea Voe-
ehio torre. — Quanto. Altrove : Jl quale e
*l Quanto della viva steUa.
41. PoN. Né vicinanza rischiara, né lonta-
nanza abbaia gli oggetti. — Marzo. C. VII:
Ma nostra vita , seikza mezzo , spira. Imme-
diatamente. Conv. ( II , 4 ): Xo notu> cielo lo
quale chiamano molti cristallino » cioè diafa-
no , ovvero tutto trasparerite»
42. Giallo. Il circolar lame ch'era nel roez-
xo e nel fondo de' gradi ascendenti, come il
giallo nella rosa.
43. Quanto. Apoc. , VII : Vidi turham ma-
gnam , quam dinumerare nemo poterat , ex
omnibus gentibus, et tribubus, et popuUs, et
Unguis : $tanles ante tkronum . . . atnicti sto-
là albis. Baruch , III : O Israel, quam magna
est domus Dei , et ingens locus potsessionis
ejus ! Magnus est , et non habet fnem : excel-
stM, et immensus,
44. Scanni. Evang. : M domo Patris mei
fnansiones muUae suru, — Poca. S. Thom. :
Soli Deo cognUus est numtrus eleciorum.
45. Sbggio. In una leggenda del medio e? o
si narra coon an povero conta^oo il qoal
La legge naturai nulla rileva.
VI Nel giallo della rosa sempiterna ,
Cne si dilata , rìgrada , e rìdole
Odor di lode al sol che sempre verna,
i|i<3 Qual è colui che tace e dicer vuole,
Mi trasse Beatrice , e disse: mira
Quanto è1 convento delle bianche stole!
44 Vedi nostra città quant' ella gira !
Vedi li nostri scanni si ripieni
Che poca gente ornai ci si disira !
45 Io quel gran seggio a che tu gliocchi tieni
Per la corona che già v*è su posta ,
Prima che tu a queste nozze ceni.
46 Sederà 1* alma che fia giù agosta ,
Dell* alto Arrigo, ch'a drizzare Italia
Verrà, io prima eh* ella sia disposta.
doveva per tirannia del signore essere fra tit
giorni impiccato, andasse in viiiooe airit>
femo. E in una notte diventasse canoto. E vi-
de i poveri meno tormentati de* ricchi ; e i re
sedere sopra sedie infocate , rinvolti di por-
pora che toccata bruciava : e i signori eraao
ancor pia tormentati , ed erano sedie vaote
col nome de' dannati veotari. Una ne vidi, di-
ceva il villano, segnata d'an nome. Quale t
domandò quegli. Il tuo. — Ceni. Ap. , XIX:
Ad coetham rvuptiarum Agni vocali.
46. Fia. Enrico VII , fu creato imperatora
nel novembre del 1308 : nel 1311 coronato a
Milano : combattè in Roma per aver la coro-
na : dopo assaltata Brescia ed altre cttià ,
fh in Toscana a domare la guelfa Firenze •
dove il P. con acerba lettera lo invitava. Ma
Dante non lo segui. Quaranta giorni spese in
vani apparecchi. E dopo invano tentata la
vittoria , si pensò di proscrivere i resìstcmi.
Mite di natura , pur commise non poche Et-
foci e ; e ricevè danari da que' che ambivaaa
il governo delle italiane città; concesse liccaia
dibattere moneta falsa, cagionò grandi mali
in Toscana. Mori nell'agosto dei 1313 a Boea*
convento , avvelenato , dicono , da un frale ad-
l'ostia : altri nega. Il Villani ne tace. E saie
forse calunnia. A lui Dante scriveva codm a
santissimo trionfatore e singoiar signore; per
divina providenza re de* Romani , e seaipra
Augusto. Lo vide non si sa dove , e gli bacie
i piedi , attesta il Mussato. L* Ott. dice d'A^
rigo : Uomo di bwma coidenia , oaloroto ài
anne , largo e cortese , pietoso • dolce . • . JK
consentimmUo di papa Clemente ... /W efaCltài
re de' Romani , ed o Roma venne , e /k e»
nmolo per due cordmoli ... poi Ti ~
CANTO XXX.
&S»
VI La cieca copidigia che v ammalia ,
Simili fatti V ha al fantolino
Ohe muor di fame e caccia Tia la balia.
Ve E fia prefetto nel foro divino
Allora tal che palese e coverto
«Ul tutto il detto papa , perché li devoti del-
la Chiega non Vubbidivano. — Agosta. Infer-
no ( 1 , 34 ) : Aguito. Quindi il mese d' a-
^osio.
47. McoR. L'Italia, die' egli , ha bisogno
4'aniU, e par si lacera con le sae mani.
48. Tal. Clemente V. Aveva cooperato al-
Non anderà con lui per un cammino.
1^9 Ma poco poi sari da Dio sofferto
Nel santo ufficio ; ch*el sarà detruso
Là dove Simon mago è per suo merCo,
50 £ farà quel d' Alagna esser più giuso.
l'elezione d'Arrigo, mandati quattro cardinali ,
ad accompagnarlo in Italia: poi gli fé contro
{Iter italieum).
49. Poco. Fa papa dal giagno del 1305 al
febbraio del 1314. — LÀ (Inf., XIX, 26}.
50. Quel. Bonifazio.
C7
S39
DEL PARADISO
CANTO XXXI.
ARGOMENTO.
Narra il Boccaccio, che gli ultimi canti della Commedia furono , aito mtn
dopo morto il P., rinvenuti per visione eh' ebbe un discepolo di lui, il ^tMltemii
a Iacopo, figliuol di Dante, e disse come V esule gli si fosse mostro in candida m»'f ,
splendente , e gli avesse additati i fogli nascosti dietro una stuoia entro una f^e-
stretta a* cut nessuno aveva posto mente, E certo non so che di rivelazione è i«i
questi ultimi canti; come d* anima che già sta per sabre alle cose descritte, « U
indovina nel profondo dell* anima. Né verso umano salì mai più aUo, Gli AnjtH
volano tra i beati spiriti e Dio : vien Bernardo, ultima guida ; e gli mostra Bea*
trice, nel sublime suo seggio. E' la prega : ed ella gli arride da immensa dtstansa.
Quindi e*guarda a Maria.
Nota le terzine 1 tilt 18 ; la 20 alla 29; la 31 , 33 , 35, 36, 37 ; la 39, aUa te.
1 In forma dunque di candida rosa
Mi si mostrava la milizia santa ,
Che nd suo sangue Cristo fece sposa.
2 Ma r altra che \olando vedo e canta
La gloria di Colui che X innamora ,
E la bontà che la fece cotanta ;
3 Si come schiera d' api che s' infiora
Una fiata, ed una si ritorna
Là dove suo lavoro s'insapora,
1. DuNQUB. Si Doti la semplicità dei co-
miociaraenti e si paragoni alla boria della
moderna poesia. — Candida. Apoc, yW'.Àmicti
siolis af6ù. — Rosa ( XXX, 39 ).— Milizia.
Degli uomini beati (e. XXX.)— Sposa. Apost.:
Acquisiva in sanguine suo.
2.ALTBA. Gli angeli. ^Cotanta. Virg.: Qui
te talem genuire parentes,
3. Afi. Virg., I : Qualis apes aestate nova
per ftorea tura Exercet sub sole labor. — In-
•APOBA. Converso in miele.
4. Risalita. Rammenta il e. pree. — LÀ*
Goethe : Come le intelUgenze eetetti ascen-
dono e discendono , e sporgami V auree ice-
I k Nel gran fior discendeva che's' adorot
Di tante foglie , e quindi risaliva
Là dove il suo amor sempre soggiorna*
5 Le facce tutte avean di fiamma viva,
E r ali d* oro , e V altro tanto biioco
Che nulla neve a quel termine arriva.
6 Quando scendean nel fiordi banco in banco,
Porge van della pace e dell* ardore
Ch'egli acquistavan ventilando il fianco*
cAie , e sovr* àXi spiranti benedisiùne .
di cielo in terra , e tutto penetrano e
nioiamente risuonano per contro ti SmUo.
5. Fiamma. Pietro: li rosso è amore; feto
sapienza incorruttibile siccom' oro ; il èìooco
innocenza ; e i tre colori fifurano la Trwàà»
— L' ALTRO. Per il resto. Ila eseoipi in pio-
sa , del tempo. — Nivi. Daniel , VII : fe>
stimentum «ju$ candidum quasi nix.
6. Banco. G. Ili: Di soglia in sogUa. Hat
è però bella metafora , parlando d' on Boia.
— Pack. Fiamma e pace : io Dio solo è qot-
sta tnblimo concordia.
CANTO XXXI.
S31
7 Né lo 'oterporsi tra 1 disopra e *l fiore
Di tanta plenitudine volante,
Impediva la vista e lo splendore:
8 Che la luce divina è penetrante
Per r universo , secondo eh' è degno,
Si che nulla le puote essere ostante.
9 Questo sicuro e gaudioso regno,
Frequente in gente antica ed in novella,
Viso ed amore avea tutto ad un segno.
10 O trina Luce che in unica Stella
Scintillando a lor vista , sì gli appaizn,
(ìuarda quaggiuso alla nostra procella.
11 Se i barbari venendo da tal plaga
Che chiascun giorno d* Elice si cuopra,
Rotante col suo figlio ond' ella è va^a ,
12 Veggendo Roma e l'ardua su* opra
Stupefacenti , quando Laterano
Alle cose mortali andò di sopra;
13 Io che era al divino dall' umano,
Ed air etemo dal tempo venuto,
E di Fiorenza in popol giusto e sano,
ik Dì che stupor doveva esser compiuto!
Corto , tra esso e 1 gaudio , mi facea
8. Pknbtbantb. C. \ : La gloria di colui
cfce ludo move Per V univeno penetra , e ri-
splende hi una parte pia , e meno altrove.
tt. Antica. La vecchia e la nuova legge.
10. Stilla. Essenza di lame. — Procel-
la. Boet. : O jam mieeras respiee terrai, Quit-
qitit return foedera nectis, Operie tanti pars
non vili» Uomines , ^uatimur fortunae salo.
Bapidoi rector comprime fi^ctui , Et , quo
coeium regie immensum. Firma ttabiles foe-
iUre ferrai.
11. Cuopra. Sulle regioni settentrìonaU ro-
ta sempre 1' orsa maggioro , che » per le fa-
vole, è la ninfa Callisto od Elice ( Ov., Fast.
II, 156; e Mei., Vili): e il figlio è Boote od
Arturo. Lucan. : Ifoete sopora, Parrhasis obli
quos Heliee quum verteret axes. Ov. : Ncc se-
quar aut Helicen^aut, qua Tyro» utitur, Arclon.
12. Ardua. Per alta : spesso in Virg. —
l.ATBRAiiio. Gli ediGzii di Roma superano tutti
i monumeoti dell' arte. Ott. : Il palagio a La-
terano ...fu il palagio di Nerone imperadore;
M quale dicB Martino diacono, card, , nella
sua Cronica , che la larghezza a 'l componi-
mento e V adornamento fatto d' oro e d' a-
riento e di gemme e d' avorio , in brieve ser-
mone non si puote comprendere. Ammian.
( IVI , 10 ) ! Jovis Tarpeji delubra , quantum
terrenie divina , praecellunt. Virg. : Tecla vi-
dent, qua$ nune Romana potentia 9oelo A$-
quojrit.
Libito non udire e starmi muto.
15 E quasi peregrin che si ricrea
Nel tempio del suo voto , Tiguardan<lr»«
E spera già ridir com'ello stea;
10 Si per ia viva luce passeggiando,
Menava io gli occhi per li gradi
Mo su, mo giù , e mo ricirculando.
17 E vedea visi a carità suadi,
D* altrui lume fregiati e del suo riso,
Ed atti ornati di tutte onestadi.
i8 La forma general di paradiso
(ìià tutta lo mio sguardo avea compresa,'
In nulla parte ancor fermato fiso,
19 E volgeami con voglia riaccesa
Per dimandar la mia donna di cjse
Di che la mente mia era sospesa.
•20 Uno intendeva ed altro mi rispose;
Credca veder Beatrice , e vidi un sene
Vestito con le genti gloriose.
21 DifTuso era per gli occhi e per le gene
Di benigna letizia , in atto pio,
Qaale a tenero padre si conviene.
22 Ed : ella ov è ? di subito di^is'io.
14. Compiuto I Compiei per tn^I^r, in Virg.
ed in altri.
16. Passeggiando, lof. , IX: L* occhio in-
torno invio; XVll: Frocsdendo di mio eguar-
do il curro.
17. Suadi. Virg.: àfalesuada. ^ Ornati.
Poir. : E di doppia pietade ornata il ciglio...
E di lagrime oneste il viso adorna. — Oni-
stadi. Otl. .* A differenza del riso di qua giù,
nel quale è poca onutade , quando hanno al-
cuna allegrezza.
18. Forma. Ott. : Sì di figura , come di
gloria.
20. Risposi. Inf. , XVl : Convien che no-
vità risponda. ..al nuovo cenno. — Crbdra.
Per iscienza nun possiamo veder Dio , ma per
grairia e contemplazione amorosa. Bernardo ,
tigura della contemplazione , e amoroso di
Maria, gì' impetra dalla Vergine veder quella
cose che con la lettura delle sacre carte non
li raggiungono. Bernardo consacrò la crociata
del 1147 guidata dall' imp. Corrado 11, dove
Cacciaguida mori ( e. XY ). — Srni. Fnor di
rima ( v. 94 ). E comunemente seniore; e nel
Conv. senio e seuetta. — Con. Come. Porg.
( XXIX , 49 ) : Col primaio stuolo Erano abu
tUati.
21. Pippuso. Si paragoni qatsta pittura a
quella di Catone ( Purg. , 1 ) , § di Caronti
( lof. , ai ).
&32
DEL PARADISO
Ond' egli : a terminar lo tuo disiro ,
Mosse Beatrice me del luogo mio.
23 £ se riguardi su oel terzo giro
Del sommo grado , tu la rivedrai
Nel trono che suoi morti le sortirò.
2% Senza risponder , gli occhi su levai,
£ vidi lei che si facea corona
Uiflettendo da sé gli eterni rai.
25 Da quella reg'ion che più su tuona
Occhio mortale alcun tanto non dista»
Qualunque in mare più giù s'abbandona,
'liì Quanto II da Beatrice la mia visti:
Ma nulla mi facea ; che sua effige
Non discendeva a me per mezzo misti.
27 0 donna in cui la mia speranza vige ,
E che soffristi per la mia salute
In inferno lasciar le tue vestige,
28 Di tante cose, quante i'ho vedute,
Dal tuo podere, e dalla tua bontate
Riconosco la grazia e la virtute.
29 Tu m* hai di servo tratto a libertate
Per tutte quelle vie, per tult' i modi
Che di ciò fare avean la potestate.
30 La tua magniGcenza in me custodi,
SI che l'anima mia che fatt'hai sana.
Piacente a te dai corpo si disnodi.
31 Cosi orai : e quella si lontana
Come parea, sorrise e riguardommi;
Poi si tornò all' eterna fontana.
1 3*2 E 1 santo sene : acclocchò ta «Asoami
Perfettamente , disse , il tuo cammioo;
A che prego ed amor santo mandommi:
33 Vola con gli occhi per questo giardino;
Che veder lai t'acuirà lo sguarào
Più a monUr per lo raggio dÌTino.
3Ì. E la regina del cielo , ond' io ardo
Tutto d'amore, ne farà ogni grazia;
Perocch* i' sono il suo fedel Bernardo.
35 Quale è colui che forse di Croazia
Viene a veder la Veronica nostra.
Che per l' antica fama non si sazia,
3G Ma dice nel pensier,fin che si mostra:
Signor mio Gesù Cristo , Dio verace,
Or fu si fatta la sembianza vostra?
37 Tale era io mirando la vivace
Carità di colui che 'n questo mondo
Contemplando gustò di quella pace.
38Figliuol di grazia,questo esser giocondo.
Cominciò egli , non ti sarà noto
Tenendo gli occhi pur quaggiuso al fondo.
39 Ma guarda i cerchi fino al più remuto»
Tanto che veggi seder la regina
Cui questo regno è suddito e devoto.
kO Io levai gli occhi ; e come da mattioa
La parte orientai dell' orizzonte
Soverchia quella dove 1 sol declina,
1^1 Cosi, quasi di valle andando a monto
Con gli occhi, vidi parte nello stremo
23. Del. Contando dall'alto.
26. Nulla. Non oocevami la distanza. C.
XXX : Che dove Dio $enza mezzo governa ,
La legge naturai nulla rileva.
27. Soffristi ( lof. , Il ).
29. LiBBRTATK. Purg. , I : Libertà va eer-
eando. — Tutt' i. Purg. , XXX: Tutti argo-
menti Alla salute sua eran già eorti Fuor che
mostrargli le perdute genti.
30. Sana. Is. , LVII : Vias ejus vidi : et
tanavi eum , et reduxi eum , et reddidi eon-
solationes ipti, Jer. , Iti : Convertimini ... al
eanabo avertiones vestrat»
31. Fontana. Proci.: Deus aetemitatit font.
C. XX : Grazia che da $ì profonda Fontana
stilla ...
32. Assommi. L'asa nel Parg. , XXI. —
Pbigo. Di Beatrice. — Mandommi. Beatrice
mosse me, ed ella fa mossa da amore (Inf.,
II).
33. GiAioiNO ( e. XXIII ).
35. CmoAJriA. Antico : Gente salvatiea e sco-
stumata , nella riviera del mare Adriatico, —
Nostra. In Roma, in Italia. Da veni, icom.
y. Nuova : QuelV immagine benedetta la ((uaU
G. C. lasciò a noi per esemplo della beotòst^
ma sua figura. V. il son. del Petr. : Movan
U veeehiarel ... — Fama. Dell' antichità e u*
nerabilttà dell' imagine.
38. Esser. S. Bern.: Co^oiccri DeumetH
vita aetema , beatitudo perfecta , summa «•-
luptas. Oculus non vidit , nec auris auiàU^
nec in cor hominis ascenda , quanta eariiM,
quanta tuavitas et jucundittu mancai in «•-
bis in illa visione. Ad quam recolendam,itir
spiciendam ut recordor ejus , ea deUetor» eam
contemplor , intueor quid sii Deus tu seipee,
quid in angelis , quid in sanetis , quid in
turis. Jn seipso incomprehensibiìis , quia
cipium et finis , prineipium fine fine. Di ^
forse il P. avrà presa l' idea di rare Ber•i^
do sna gaida all' altissime gioie.
40. SoTiRCHiA. Di luce.
41. Fronte. Un de' punti più alti del ce^
chio splendeva più che tutta l' immensa ci^
conferenxa.
e A N T O XXXI.
S33
Vincor di lume tutta T altra fronte.
k2 E come quivi ove s* aspetta il temo
Che mal guidò Fetonte, più s* ìnnamma,
E quinci e quindi il lume si fa scemo;
&3 Cosi quella pacifica oriaiìamma
Nel mezzo s* avvivava, e d'oì^ni parte
Per igual modo allentava la fiamma.
hh Eii a quei mezzo , con le penne sparte
Vid*io più di mille angeli festanti ,
Ciascun distinto e di fulgore e d' art^.
42. Mal. Purg. , IV : Ch9 , mal , non tep-
pe carreggiar Fe(on,
43. Oriafìamm A. Guerriera insegna , comu-
ne già a molti popoli : che i Reali di Francia
dicono portila da on angelo al Gglioolo di
Costantino , ed invitta. Così Fleury ( t. XV):
ìm Roi Philippe vint à S.t-Denit , prendre t'
étendard nommé Voriflamme , suivant la coi2-
lume des roti tei prédéeesteur» quand ile al-
laient à la guerre : ear on étaii persuade que
45 Vidi quivi a'ior giuochi ed a'Ior canti
Ridere una beUezza , che letizia
Era negli occhi a tutti gli altri santi.
46 £ s' io avessi in dir tanta divizia
Quanta ad immaginar , non ardirei
Lo minimo tentar di sua delizia.
47 Bernardo, come vide gli occhi miei
Nel caldo suo caler fissi ed attenti ,
Li suoi con tanto alletto volse a lei
48 Che i miei di rimirar fé più ardenti.
la VU0 de eet étendard avait souveni mie «fi
(uUe les ennemii. La chiama pacitica per op>
porla all' altra militare , per dire che Maria^
vince per forza d'amore. — Mezzo. Dì beali.
44. Arti. Nel movere.
46. ISIX.IGINAR. Petr. : Mio ben non eipe
in intelletto umano,
47. Caldo . .. calor. Int. , I : S^.Uya sel-
vaggia.
Wk
DEL PARADISO.
CANTO XXXIL
ARGOMENTO.
La roga ha due parti : a destra i credenti in Cristo tenuto , a manca i or-
denti in Cristo lienturo. Tra questi e quelli. Maria; sotto Maria donne ebree. Mia
parte de' credenti in Cristo venuto, il Batista; e sotto lui, i padri d* ordini rtti-
giosi. Dalla metà in giìt della rosa , di qua e di là ^ le anime de bambini circem-
citi 0 battezzati , o morti innanzi T una e l altra istituzione , ma salvi per fedi
eh' ebbero i genitori nel Cristo : grazia , dice il P^, gratuita, non casuale, tiurà-
vestigabile ali* uomo. Accanto a Maria dall' un lato Adamo, Pietro dal !^ altro; ac-
canto a Pietro Giovanni , accanto ad Adamo 3Iosè. Di contro ad Adamo Anna :
di contro ad essa , Lucia, Beatrice di faccia a Rachele , ma dalla parte dei cn-
dtnti nel Cristo venuto.
Nola le terzine 2, 3, 4, 6, 8» 9, 11, 12, IC, 19, 21, 22, 24, 25; U 30 alla 37; U
40. 45, 49, 50.
1 A(Tetto al suo piacer quel contemplante
J.ibero ufficio di dottore assunse ,
E cominciò queste parole sante :
2 La piaga die Maria richiuse ed unse,
Quella di' e tanto bella da' suoi piedi
É colei che i' aperse e che la punse.
1. ArrsTTo. Fiso nella Vergine , piacer
suo; pieno dell' affetto di lei. — Libero. Spon-
taneo. — Santi. Finirà il canto con dire: E
eominciò quetta santa orazione. Non bada alle
ripetizioni , lo scolare inesperto 1
2. Richiusi. S. Aug. ( serra. XVIII , De
«anctis ) : Illa pereustit , ista sanavit. Petr.:
Amor con tal dolneiza m* unge e punge. —
Bella. C. XIII : La bella guancia il cui po-
tato a tutto *l mondo costa. — Piedi. «Nelle
rappresentazioni del paradiso che si facevano
ne' vecchi drammi francesi , erano le figure 1
disposte una sotto l'altra cosi : accanto a Dio .
la misericordia e la giustizia , sotto la giu-
stizia la verità, sotto la misericordia la pace.
— Golii. Eva. — Pcnsi. S' oppone ad urue.
Ed è forse antitesi alquanto minuta. Ma pure
ha un senso. Il peccato è non solamente pia.
ga , ma piaga irritata.
3 Neir ordine che fanno i terzi sedi
Siede Rachel di sotto da costei
Con Beatrice , si come tu vedi.
h Sarra , Rebecca , ludit , e colei
Che fu bisava al cantor che, per doglia
Del fallo , disse miserere mei ,
3. TiRZi. Primo Maria , teeondo Eva. -^
Sedi. Seggio viene da sedia, e 1* usano molti
antichi. V. Bar. , Liv., P. Orosio. — RaciiIì
( Inf., II ; Purg., XXVII ). Lt contempUzioit
siede di faccia alta scienza divina, rnatiMl
semicircolo dell' antico, l'altra del noovo le*
stimonio. Quello che Innanzi Cristo dìTinavasi
per contemplazione , or dichiarasi per iseicB*
za. — Beatrici. Nelle rime gioviBili cffU
1' aveva già posta Nel del delt unkiUà, imfé
Maria. E nella V. Nuova: stonare solfo la*»-
iegna di quella regina benedetta Maria , lo c«i
nome fu in grandiuima riverenza di qutSts
Beatrice beata. Sap., IX : Da mifU stdimm
tuarum assistricem sapientiam. — Vibi. Il «if-
glliano : Cemis ut . . ,
4. Sarra. Madri de' patriarchi ebrei , cre-
denti in Cristo venturo. — Colii. Eoi, biia-
va di Davide (Ruth, IV). —MisERERi. SaiaoL.
CANTO XXXII.
535
5 Puoi tu veder cosi di soglia in soglia
Giù digradar, com'io ch*a proprio nome
Vo per la rosa giù di foglia in foglia.
6 E dal settimo grado in giù , si come
Insino ad esso , succedono Ebree ,
Dirimendo del fior tutte le chiome.
7 Perchè , secondo lo sguardo che fée
La fede in Cristo, questo sono il muro
A che si parton le sacre scalee.
8 Da questa parte onde '1 fiore è maturo
Di tutte le sue foglie , sono assisi
Quei che credettero in Cristo venturo.
9 Dall' altra parte onde sono intercisi
Di vóto i semicircoli , si stanno
Quei eh* a Cristo venuto ebber li visi.
10 E come quinci il glorioso scanno
Della Donna del cielo e gli altri scanni
Di f otto lui cotanta cerna fanno ;
1 1 Cosi di contra quel del gran Giovanni,
Che, sempre santo, il diserto e*l martire
SofTerse , e poi 1* inferno da due anni.
12 E sotto lui cosi cerner sortirò
Francesco , Benedetto e Agostino,
E gii altri sin quaggiù di giro in giro.
5. Soglia. Siccome la soglia è grado ad
entrare p ad uscir della porta, così pon gai
taglia per grado.
6. Giù. Sotto Maria, di nazIoDO ebrea, son
V Ebree : hanno a diritta e a manca i vissoti
innanzi G. C. , di faccia a loro sodo i vissuti
dopo lai.— DiMMBHDo. Separando. Latinismo
eh' altri esempi a me noti non ha. Golamella:
Omnem modum agri in temijugera dirimere.
— Cniom. Virg. (G., IV) : Sera comantem
Nareissum,
7. FÉB. Secondo che rignardavano gli oo-
tnini a Cristo Tenuto o a Cristo venturo, 8o>
DO distinti ; e la distinzione è fatta visibile
da questa parete di dooDe posta tra mezzo ,
che separa insieme ed noisce. Tra il vecchio
e il nuovo testamento le doDoe sod vincolo,
vincolo di maternità, di aspettazione, d'amore.
è, Pabtb. Sioistra alla Vergine. — Hatubo.
Anco questo traslato non è de* più propri!.
Plinio coDirappone il fiore alla maturità. Ep.
( y , 9 ) : tn flore primo iantae indoli juve-
m* exttinetut est , tumma coneequuimrut ti tn>
tutet ejua maturauent. Pur meno improprio
dare al fiore la maturità, che congiungere in-
sieme le imagini : flore , ettinto, tommo,
9. I?rTBBcisi. Interrotti. Il vuoto taglia la
•ootiouità. — VAto. Aspettando r anime che
dovranno occuparli.
13 Or mira V alto provveder disvino :
Che r uno e 1* altro aspetto della fede
Igualmento empierà questo giardino.
ìk E sappi che dal grado in giù, che fiede
A mezzo *1 tratto le due discrezioni.
Per nullo proprio merito si siede ,
15 Ma per Taltnii, con certe condizioni:
Che tutti questi sono spirti assolti
Prima eh' avesser vere elezioni.
16 Ben te ne puoi accorger per li volti.
Ed anche per le voci puerili ,
Se tu li guardi bene e se gli ascolti.
17 Or dubbi tu , e dubitando sili.
Ma io ti solverò forjte legame
In che ti stringon li pensier sottili.
18 Dentro all'ampiezza di questo reame
Casual punto non puote aver sito ,
Se non come trif^tizia o sete o fame.
19 Che per eterna legge è stabilito
Quantunque vedi , si che giustamente
Ci si risponde dall' anello al dito.
20 E però questa festinata gente
A > era vita , non è tine causa ,
Intra sé , qui più e meno eccellente.
11. Contra. Di faccia alla santa tra le
donne, siede il santo tra gli uomini, pudro
di anime a Dio conquistate. Sotto lui i fon-
datori d'ordini religiosi , vengon di contro
alle madri giudee , come padri d'anime an-
ch' essi. — Gran. Lue. : Major inter nato»
mulierum ... Joanne Baplitta. — Sempre. Fin
nel ventre materno. — Due. Morì in agosto, e
G. C. in aprile due anni poi : stette dunque
nel Limbo da venti mesi a ventuno.
13. Protvedir ( s. Tbom. , 1 , 13 ; Cont*
gent., Ili , q. 163).
14. Grado. DaUa metà in giù della rosa,
e dalla pane de' preceduti a Cristo , e dalU
parte de'succedutigU, sono i barobini salvati
osservata la condizione della circoncisione io
prima, del battesimo poi.
15. Altrui. Inf. , IV: Uteinne mai alcuno,
o per tuo meno O per aUrui , che poi fou$
beato J — Assolti. Sciolti dai corpo. Virg.:
restie itlo torpore solvo» C. XXYIl: AttoUo
Dell* attendere in su,
19. Eterna. Paolo ( Epbes., 1 ), trad. dal-
l'Ott. : Elette noi ... anzi V ordinazione dei
mondo.
20. Festinata. FùHnare osa nel Purg. ,
XXXIII. — l^iTEA. Qua! più qoal meo alu i«
gloria. Dan., VII : Diversae inter #••
596
DEL PARADISO
'Zi Lo r^e per cui questo regno pausa
In tanto amore ed in tanto diletto ,
Che nulla volontade è di più ausa ,
32 Le menti tutte nel suo lieto aspetto
Creando , a suo piacer di grazia dota
Diversamente : e qui basti V efletto.
23 E ciò espresso e chiaro vi si nota
Nella Scrittura santa , in que*gemeUi
Che nella madre ebber Tira commota.
2^ Però , secondo il color de* capelli ,
Di cotal graziai altissimo lume
Degnamente convien che s* incappelli.
25 Dunque, senza mercédi ior costume
Locati son per gradi diflerenti ,
Sol diflerendo nel primiero acume.
36 Bastava U ne' secoli recenti ,
Con r innocenza , per aver salute ,
Solamente la fedo de* parenti.
27 Poiché le prime etadi Tur compiute,
Convenne a* maschi, airinuocenli penne,
21. PàcsA. Sempre It bettitodine e la sa-
pienza il P. rappresenta con imagini di quie-
te.— Nulla. La Chiesa: Bona quae omne
deiiderium superant. — Acsa. L' usa an tre-
centista in una trad. ined. della Monarchia.
C'. XIV : La mia parola par tropp'osa.
22. Lieto. Purg. , XVI : Mossa da lièto
FattorB. — Effetto. Non cerchiamo la ragio-
ne de' gratuiti suoi doni inaccessibile a noi.
Pietro Lombardo ( IH , dist. 32 ) : Electorum
aUos magis, alios minus dilexit ab aelemo.
r. Paolo (Cor., I, 2).
23. Gemelli ( Gen., XXV; Ap., ad Rom.,
IX; Malach., 1; s. Thom., 1, q. 23, e. III).
Pier Lomb. ( I dist^ 41 ) , di Giacobbe par-
lando e d'Esaù: Non fuit prò meritis eorum
quae lune hahehant , quoniam nee ipti existè-
hani , nee propter futura merita quae praevi-
éeret. Questa seconda parte si può negare :
ma a difendere Dante , basta la prima della
predestinazione gratuita , per la quale tfd uno
é concesso il battesimo , ad altro no. V. Au-
^ust. , De dono perseverantiae , lib. IX. —
CoimoTA. AltroTe mota ( Purg. , XXIU ).
24. Capelli. Ott. : Secondo che Dio vuole
largire la sua grazia , sì fa diversità , cosi in
lume , come in iscanno ...Li quali colori de-
notano le compUseioni delVuomo, e per con-
eeguente la inckinazione del iuo animo. Ac-
cenna al colore vario de' capelli d' Esaù e di
Giacobbe. V uomo nasce con la disposizione
a tale o tal altro color de' capelli: cosi , di-
«e Dante, è la grazia; e secondo la grazia ,
Yìtna la gloria. 11 costrutto è: secondo il co-
Per circoncidere, acquistar virtute.
28 Ma poichè'l tempo della graiia veonei
Senza battesmo perfetto di Cristo
Tale innocenza laggiù si ritenne.
29 Riguarda omai nella faccia ch'i Cristo
Più 8* assomiglia : che la sua chiiiezza
Sola ti può disporre a veder Cristo.
30 Io vidi sovra lei tanta allegrezza
Piover , portata nelle menti sante
Create a trasvolar per quella altezza.
31 Che quantunque io avea visto davaote.
Di tanta ammirazion non mi sospese.
Ne mi mostrò di Dio tanto sembiante.
32 E queir amor che primo lì discese,
Ciìntando Ave Maria gratta plma «
Dinanzi a lei le sue ale distese.
33 Rispose alla divina cantilena
Da tutte parti la beata corte,
SI eh* ogni vista sen* fé più serena.
3b O santo padre che per me comporta
lore de' capelli , Il lame della grazia
che degnamente s'incappelli , ai fàccia cap-
pello , ghirlanda agli spiriti.
25. MEack. Merito di loro virtù. — AcvMs.
Ch' ebbero dalla grazia gratuita a veder Dio.
26. Rbgsnti. NeU'età prima del moodo.—
Fide. Nel Messia , sempre oecessarìa a sate*
te ( Par. , XIX , 35 ; Tbom. , 111 . q. 71 . a.
4, e q. 52 a. 7 ; Pier Lombardo , III. 19 ).
27. PoiGHfe (Thom., pars HI, q. 71, a.
2 ). — Maschi ( s. Thom., I, 2 , q. SI , a.
5 i.-' Penne. L'aU dell'anima. OfTcro: la
mascotti penne dell' Inf. . XX. — CitcancnB-
RE. Gen. , XVll : Cireumeidetmr ex vakù aai*
ne maseuUnum ... MascuUa , eujue ffmeffdìi
caro drcumeisa non fuerit , delekUwr mniwm
iìla de papulo suo.
28. Baitesmo. Et.: Nin quii rtiiafatfW-
rit ex aqua, et Spiritu eaneto, non peteei
introire in regnum Dei, — Pbepetto. Eia ia»>
perfetto battesimo il circoncidere (,Tli(Mii.,IU»
q. 67, a. 3 ). — Laggiù. Nel Limbo.
29. Faccia. Maria. — Assohiolu. IN kwa.
C. VII : Ckè V ardor santo , eh* ogni eeea rag-
gia f Nella piik timigUante è pia vivace.
30. Piover. Petr.: Tania negU oedbìki...
Air che Amore dolcezea e grazia fiova. -^
Menti. Angeliche.
31. Sospese. C. XX : Tenermi imatnwmrar
sotpuo, — Sembiante. Conv. , CXV : Qummie
la cosa è più divina, è più di Dio eiaùgiiamit,
32. Paino. Gabriele ( XXIll , 35 ).
33. EisposE. Sefuitandu la saluiaiioot aa*
gelica.
CANTO XXXII.
537
L* esser quaggiù , lasciando'! dolce loco
Nel qual tu siedi per eterna sorte,
35 Qual è quell'angel che con tantogiaoco
Guarda negli occhi la nostra regina »
Innamorato si che par di fuoco?
36 Cosi ricorsi ancora alla dottrina
Di colui eh* abbelliva di Maria ,
Come del sol la stella mattutina.
37 Ed egli a me : baldezza e leggiadria ,
Quanta esser puote in angelo ed in alma,
Tutta è in lui : e si volem che sia.
38 Perch'egli è quegli che portò la palma
Giuso aliarla, quando 1 fìgliuol di Dio
Carcar si volle della nostra salma.
39 Ma Viene omai con gli occhi , si com'io
Andrò parlando ; e nota i gran patricl
Di questo imperio giustissimo e pio.
iO Quei duo che seggon lassù più felici
Per esser propinquissimi ad Augusta^
Son d* està rosa quasi due radici.
41 Colui che da sinistra le s* aggiusta,
È 1 padre per lo cui ardito gusto
L* umana specie tanto amaro gusta.
42 Dal destro vedi quel padre vetusto
Di santa Chiesa a cui Cristo le chiavi
Raccomandò di questo fior venusto.
35. Giuoco. Gioia. G. XX: Fenirg a questo
giuoco.
37. Saldezza. Ardenza d' amore e bellez-
za di moti. — VoLBM. G. Ili, 27: Una fanti
nostn voglie nette.
38. Palma. Sa latte le donne. Benedieta,,.
tM wliuUeribue.
39. PATEict. Gome ufUeU per uffizii,
40. Augusta. Hegina del cielo, madre del
re. — Radici. Adamo e s. Pietro, padri del-
l'amaoitÀ creala da Dio, e ricreata da G. C.
41. Aggiusta. Da juxta^ — AharcG. XIII:
Il cui palato a tutto *l mondo eotta.
42. Desteo. La redenzione più nobile della
creazione. — Chiavi. Matth. , XVI : libi da-
ho elavet regni eoelorum. Ma le chiavi d* un
fiore , non è bel modo.
43. Quei. Gio?. Apostolo. — Geavi. Nel-
r Apocalisse. — Acquistò. Act. , XX: EecU-
jiom Dei , quam acquitivit tanguine tuo, C.
XI : La tpota di Colui eh* ad aliè grida Di-
Bpotò lei col tangue benedetto.
44. Lungo. Accanto ad Adamo da stnistrt
Mia Vergine. — Manna ( Ez. , XYl ). —
Biteosa. Mosè : Bopulut durae eervieie.
45. CoNTEO. A manca^ di Giov. Batista. —
FioLU. Maria. Virg. : Latonat toeiium ptr-
43 E quei che vide tntt' i tempi gravi,
Pria che morisse , della bella sposa
Che s' acquistò con la lancia e co* chiavi,
Vk Siede lungh*es8o : e lungo Taltro posa
Quel duca »otto cui visse di manna
La gente ingrata , mobile e ritrosa.
45 Di contro a Pietro vedi sedere Anna,
Tanto contenta di mirar sua figlia
Che non move occhio, per cantare otanna,
46 £ contro al maggior padre di famiglia
Siede Lucia, che mosse la tua donna
Quando chinavi a ruinar le ciglia.
47 Ma perchè'! tempo fugge che t'assonna;
Qui farem punto, come buon sartore
Che com*^li ha del panno, fa la gonna.
48 E drizzeremogli occhi al primoAmore,
SI che, guardando verso lui, penetri,
Quant* è possibii , per lo suo uilgore.
49 Veramente ( ne lorse tu t* arretri
Movendo Tale tue» credendo oltrarti]
Orando , grazia convien che s' impetri ;
50 Grazia da quella che puote aiutarti.
E tu mi seguirai con 1* affezione.
Si che dal dicer mio lo cuor non parti.
51 E cominciò questa santa orazione.
tentoni gaudia peetut, Conv. (II, 6): Maria ^
femmina veramente, e figlia di Giovaechino e
d' Anna. — Pbr. Canta , in lei fisa ( e. XXV ).
46. Contro. Rimpetto ad Adamo, a destra
del Batista. — Lucìa ( Inf. , II , 33 ). Sim-
bolo della grazia che illamina ( Porg. , IX).
— RciNAR ( Inf. , 1 , 21 ). In Virg. ( Aen.,
XI ) per salvare Camilla Diana manda Opi :
Veloeem interea tuperit in tedibut Optm, U-
nam ex virginibut tociit tacraque caterva ,
Compellabat , et hat trittit Latonia vocet Ore
dabat : graditur bellum ad crudele Camilla ,
O virgo . . . Cara mihi ante aliat : ncque é-
nim novut itte Dianae Venit amor , tubitaqu9
animum dulcedine movit ... Verum age, quan-
doquidem fatit urgetur aeerbit » Labere, Nym-
pha , polo , finesque invite Latinot ... DudU:
at illa Isvet coeli delapsa per aurat.
47. Assonna. Nell'alta visione. — Sartori.
Più similitudini trae dal sartore ( Inr., XV ).
49. Ni. Latinismo , acciocché non ; usato
da Albertano. Ma, perchè, credendo penetrare
nella luce divina, tn,per orgoglio, non ri-
troceda , convien pregare per fartene degno.
50. Quella. La Vergine. — Parti ( Is. )•
Marc, r VII : AipuJvf hic labOt me honùroi^
cor auiem eorum Umg§ a m§ mt.
68
338
DEL PARADISO
CANTO XXXIIL
ÀRÓOMENTO.
Bernardo f¥>gà ta Vergine, Hvéli al P. Vulf&na ìoerttà, e gli fueUi k
triplice visióne fruttifera di salute, È'riguarda , e tede un* iinagine delia trim
unità di Dio , e detla divina umanità di Gesà. Troppe volte parrà foru , e a
ragione , eh' e' si confessi impoteMe a descrittte A alte cose : ma e t aUezsa H
quel eh* e dice , e l* altezza con ta quale egli esprime la propria imp^enza^ «w
cose sovrane ; né fnai pih altamente da umana poesia fu panato di Dio. Col ■!••
desimo verso finiscono le tre cantiche : verso éhe canta f Amore , doi Dio e Timm-
nità , Beattióe e Id scienza ; il moto , cioè la cfeazùme e t universo ; U sole •
le stelle , cioè la luce e timmtnsità , il soggiorno degli Angeli e dilla
speranza.
NoU la lenine 1 élla 4; la 6^ 7, 8. 10, 12, 13, 15, 17» 18; U SO alU i«; la
27, 29; la 32 alla 36; la ^ alla 42; la 44, alla fine.
1 Vergine madre, figlia del tuo Figlio ,
Umile ed alta più che creatura ,
Termine fìsso d*etemo consiglio;
S Tu se' colei che T umana natura
Nobilitasti , si che 1 suo Fattore
Non disdegnò di farsi sua fattura.
3 Nel ventre tuo si raccese V amore
Per lo cui caldo nell* eterna pace
Cosi è germinato questo fiore.
4 Qui se'a noi meridiana face
Di cantate ; e giuso intra i mortali
Se* di speranza fontana vivace.
•
1. Figlia. La Chiesa: Genuisti qui te feeit.
Bime antiche : Ss* madre di ehi tu se* figlia.
Petr.: Tre dolci e carinomi ha* *n te raccolti.
Madre» figliuola e sposa ^ Vcrgins gloriosa.,*
Dei tuo parto gentil figliuola e madre. —
Tbrhinb. Virg. : Et sic fata Jovis poscunt , |
hic terminus haeret. Non coDveofiva appresta-
re la rendeDziooe né subito dopo il Tallo, né
alla Goe de* secoli. Prov. : Dominus pousdit
me in tniCio viarum suarum ... Ab aetemo
0rdinata tum.
2. Tu. K. la Cam. del Petr. a Maria.
3. Raccbsb. intiepidito per il fallo d'Adamo.
4. SpiaAifXA. La Chiesa : Spu nostra.
5. Vali. Aen. (Xli, 8IIÌ-V2): Quidguid
Sìi0§ animis , sive arte , vat9S*
8
Donna, se* tanto grande e tanto tdi
Che qua! vuol grazia e a te non ricoiff ,
Sua disianza vuol volar senz'ali.
La tua benignità non pur soccorre
A chi dimanda « ma molte fiate
Liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia , in te pietate «
In te magnificenza ; in le s'aduna
Quantunque in creatura è di boalata.
Or questi che dall'infima keuna
Dell' universo infin qui ha vedale
Le vite spiritali ad una ad una.
6. BizfiGNiTÀ. Olt.: Liberalitadt ... per b
affetto , diciamo benignitade , • par la e§ilKSs
beneBcenza. Alb. (I, 6 ) : Maggior uam m
la benignità del dare che non sana la /iiaal-
tà. — Dimanda. Petr.: Ben sempre rispose, W
la chiamò con fede. — LiuaAiniiiTi. Càa li-
beralitè. Liheraiità e Ubertà eraao aniif a—
te promiscui. Arist. neir Etica dica che lftt>
ralità vera è dare dod chiesto. Tatto, TU:
B con la graxia i preghi altrui
7. Magnificbnxa. Si noli couMlah
za di molte parole doni maestà a qnesta pit*
ce. — Di. Virg. : Qmdquid ... jiMfiifl» fmmÈr
tere eurae.
8. Lacuna ( Inf., XXXIV ). Lacerna és p-
lo dissa Lacraito: a Yirf. : M
CANTO XXXlll.
539
9 Supplica a te per grazia di virtute
Taqto che possa con gli occhi levarsi
Più alto Terso Y ultima salute ;
1^ Ed io che mai per mio veder non arsi
Più ch'Io fo per lo suo , tutti i miei prìcgki
Ti porgo, e prego che non sieno scarsi,
1 i Perchè tu ogni nube gli disleghi
Di sua mortalità co* prieghi tuoi,
Si che 1 sommo Piacer gii si dispieghi.
i2 Ancor ti prego. Regina che puoi
Ciò che tu TuoU, che conservi sani
Dopo tanto yfe&ev gli affetti suoi.
13 Vinca tua guardia i movimenti umani.
Vedi Beatrice con quanti beati
Per li miei prieghi ti chiudon le mani.
ifc Gli occhi da Dio diletti e venerati.
Fissi neH' orator ne dimostrare
Quanto i devoti prieghi le son gratk
15 Indi all' etemo Lume si drizzare,
Nel qiial^non si de^ creder cbes* in vii
Per creatura V occhio tanto chiaro.
16 Ed io che al Fine di tutti i disii
l«re lacuna^. Jereoi. ( Thr«, .Ul ) : k^ocani
fiiHiMn luum ... de lacu noutisimo. Lago usa
la Bibbia per cavi^ profonditi^ Di qai fprte
sarà venato al P. l'iflea di finire i' lÀferao in
■o lago di ghiaccio. Daniel» VI : La^nm ka-
mmrn* — Vitb. pannate, purganti, beate.
9. LiVAa&i. S. Tom. ( I , q. 12 , a. 5 ) ,
presso I' Ott., dice cAt ogni co$a che, n Uva
sopra ma tmivro • fa Insogno eh$ sin. dupor
fla per aUuna ditj^zùmt ioprannatumU» —
Ultima. Apoc. : PÌrineifnum et /ipis.
10. Più. Maub., XIX: DiUgn. proaimum
atcMf tnptum. Questa legge è perfetta su 'o
cielo. — Pasco. S. Bern- cit. dall' Ott. ( li »
177 ): L* orazione, che cpn paterno jnonm in-
doUisee , mi dà fidanza (f impptrarB tutte, (a
flme donuind^.
11. DiSLBGui. Lai. : SoZiM^rs iMiiem. Ma dù-
Ugare non è bel traslato. Cbe Tuoniti legato
al corpo non possa, ve^cc. Dio , 4i ^^ s« l'onit
13. Sani. Juv. : Metu $af^,
14. OsAToa. Barnarclo.
15. Invìi. Inf. , IX : J^' occhio wilama in^
010. — CHiAao. C. VI : Con ocfikio chiaro «.
aM» affetto purp.
16. Finii. Mi si quetò il deslderiQ, rivolto
ad un solo oggetto.» e cerio d'essere soddis-
fallo di quello.
18. Piò. Sincera. Nel e. Vili chiamò sin-
fiffo paese il cielo. Palladio : Sincero latte^^
VsBA. Jo. : Erat lux vera qua§ iUatynat ft-
hominem.
M' appropinquava , si com' io doveva,
V ardor del desiderio in me finii.
17 Bernardo m* accennava (je sorrideva )
Perch' io guardassi in suso : ma io era
Già per me stesso tal qual ei voleva.
18 Che la mia vista venendo sincera,
E più e più entrava per lo raggio
Dell* alta Luce che da sé è vera.
19 Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
Che *l parlar nostro, eh* a tal vista cede,
E cede la memoria a tanto oltraggio.
20 Qual è colui che somniando vede,
Che dopo'l sonno la passione impressa
Rimane, e l'altro alla mente non riede;
21 Cotal sòn k> : che quasi tulta cessa
Mia visione , e ancor mi distilla
Nel cuor lo dolce che nacque da essa,
22 Cosi la neve al sol si dissigilk;
Cosi al vento nelle foglie levi
Si perdea laaentenzia di Sibilla.
23 0 somma Luce che tanto ti lievi
Da' concetti mortali , alla mia mente
19. 1IA6GIQ, A Firenze ò una via detta Via
Maggio , forse dji maggiore ; e alcuni poderi
cosi si dtiamano. — Memoria. Adst. ( 111 ,
De an. ) , presso V Ott. , dice che ^i memo-
ria ... é fondata in organo corporale .., elo
intelletto éviriiLipirituale^ ... £ così ti con-
chiude • che la memoria ppr tua natura noiK
i. Mo/H^uUe a potfire ritenere tai spfizie intel-
ligihiU.t pcr& che la mrtù quanto è pii^ con-
giunta co: corpi , tanto è meno soffiaeiìte alle^
astratte cote. — Oltraosio. Da oltre. Ecces-
so d'alteua. Petr. (tx. ) : Patso qui cose glo-
riose^ e magne CV io vidi e dir non oso.
20. Altro. V imagìne del sogno svanisce:
lUH.V. impressione, di piacere q d* aCTanno ri*
mane.
S^2. Dissigilla.. Il ghiaccio la tiene stretta,
qpasi sigillo. Metafora non niolto acconcia.
Meglio si spiegherà se si badi air origine di.
sigillo eh; è signum- H sigillo, segna e dà forr
ma. alla. cosa. La neve al sole perde s^ta/or-
m^^ — SiiiLLA. Aen. ( III., 443-41) ) : Rupe
s^b ima ^ta oafìit , foliisque notqs et nomi-
na fondai. Quaecumqu^.in foliis de^cripsit
carmina virgo , Digerii in num^rum , atque
antro esclusa relinquit : Illa manent immota,
loeis, ncque, ab ofdine cedunt. Verum eadem,
verso tenuis quum, cardine ventus ImpuUt , e$
teneras turbavit janua fronde^ . . .
93. RvRiSTA, G. I :. 0. divina virtù, semi
ti, presti Tanto che t ombra d^l beato regt^Q
Sognaia nel mio capa» to, manifetii.
540
DEL PARADISO*
Ripresta un poco di qael cbe parevi»
24 E fa la lingua mia tanto posaente
Ch' una favilla sol della tua gloria
Possa lasciare alla futura gente.
25 Chè,per tornare alquantoamiamemoria
E per sonare un poco in questi versi,
Più si conceperà di tua vittoria.
26 Io credo , per 1* acume eh* io soffersi
Del vivo raggio, eh* io sarei smarrito
Se gli occhi miei da luì fossero avversi.
27 £ mi ricorda eh' io fui più ardito^
Per questo a sostener, tanto ch'io giunsi
L* aspetto mio col Valore inGnito.
28 O abbondante grazia ond'io presunsi
Ficcar lo viso per la Luce eterna
Tanto che la veduta vi consunsi l
29 Nel suo profondo vidi che s' interna
Legato con amore in un volume
25. CoxcbpbaI . C. II : Cono9p9. — Vit-
toria. Come tu vinci ogni imagine umana.
G. X : Fulgor ... vinemdù
26. Avviasi. Loc, IX: Tf^mo miUBm ma-
fiiim $uam ad arairum , et ruficien» refrp ,
aptus est regno Dei. Più si guarda nella lace
mortale , e più 1' occhio indebolisce : più in
Dio , e più rinforza. Avverti nel senso virg.
averti tenuere faeem,
27. Per. Per questa ragione, cbe più mi-
rando , e meglio si vede. — Giunsi. Inf. ,
XVIII : La faccia ben con gii eechi aiiinghe.
28. Pbr. V. tt3 : Entrava per lo raggio.
Dipinge la luce profondissima. — Consunsi !
Compii. Inf. ( II, 14 ) : Pensando , consumai
l'impresa. Altri intende : comechè avvalorato
a vedere , pur tanto mi profondai , che la vi-
sta si smarrì.
29. Vidi. Il mondo è quasi comento della
divinità. — Amore. Boet. : Hane rerum seriem
ligat Terras, ac pelague regens, Et eoelo tm*
peritans amor . . . Strin^iaique ligans irresoluto
Shìpàa nexu. — Volume. Delle immutabili
idee. Altri : Si vede trino ed ano ( internare
come nelXXVIII, 40) ciò che per l' universo
tfi mostra fattura del Verbo. Meglio il primo.
SO. Costume. Proprietà , modo d' operare.
Questo senso ha talvolta il mos ne' Lat. Virg.,
X : Turbinis atri More furent. — Lume. Bar-
lume.
31. Nodo. D'amore profondo, d'eterne idee.
Forma universale , perchè Dio è forma infor-
mante tutte creature.
32. Letargo. Pietro lo definisce : oppru-
mìo eerebri cum oblivione in somnio. V intel-
ligenza materiale» Pietro la paragona ai filisi
Ciò che per 1* anivterso si squaderna^
30 SusUozia ed accidente e lor costume»
Tutti conflati insieme per tal modo
Cbe ciò ch*io dico è un semplice lume.
3i La forma uoiversal di questo nodo
Credo eh' io vidi , perchò più di krigo,
Dicendo questo, mi sento eh' io godo.
32 Un punto solo m' è maggior letargo
Che venticinque secoli alla 'mpresa
Chefe Nettunoanmiirarrombra
33 Cosi la mente mia tutta sospesa
Blirava fissa » immobile e attenta »
£ sempre di mirar faceasi accesa.
3<h A quella Luce cotal si diventa
Che volgersi da lei per altro aspetto
È impossibil che mai si consenta.
35 Perocchèl beo ch*ò del volere obbìetto.
Tutto s* accoglie in lei; e fuor di quella
sogni. — Argo. Lue. i Vt .Pegaia§a fmiù
ret quum Phasidos undas, Cyanmtt $eUm
tit in aequora eautes. Un punto nella Mia vi-
sione mi par più lontano dalla meouirla e dal
dire umano, che non s*io dovessi nsrvtrt Is
geste degli eroi di Coleo , oscnrt per
chlià di domila cinqueeent'anni. Rai
che nel e. II , e' dice : Que' gloriati ckt
Saro a Coleo, Non #* ammiraron , eoaM «•»
farete , Qtiando iason vider faUo UfoUm, I
invero da Dante agli Argonauti sono S5S9,
se da G. C. a Roma fondata se ne conlina
750 . e da Roma a Troia distmlU 431 • e da
Troia agli Argonauti 42 ( PeUv. • p. Il • I. li*
e. 9). V Ott. : Uno punto, eh' è deUtsttsem
fa para' i'iina cTun' ora^ U farebkt maggiort
dimenticanza , o maggiore impedimento, che
I non sarebbono etsuti venticinque tecoU . . . •
Nettuno a rimirare la nave i Argo, E te im
così poco di tempo , come è uno punto , ti ri-
coglie pia d* ammirazione in Cielo , che in dm
mila cinqtseeento anni in terra ; eAtorp ap-
pare , coma è impostibile a notificaHe tu p&tr
siero , e in detto , e ti» teritta. Noo mi par
questo il senso vero.
33. Accrsa. Jo. , XIV : Qui,.. diHgit me,
diligetur a Aif re meo , et ego diligam ««« t
et manifutabo ei meiptum. Greg. (Uobb. XX^I.
in Evang. ): Augent spiritales delieiae demde-
rium in mente , dum tatiani.
35. PiFBTTivo. G. V •* E sr altra cosa ve^
ttro amor seduce , Non è se non di quella et-
cun vestigio Mal conosciuto, che quivi Croia*
ce. Conv. (l , 6) : Ptrfetta conotccma e nea
difettiva.
CANTO XXXIIL
541
É difettivo ciò eh' è 11 perfetto.
36 Ornai sarà più corta mia raven,a
Pure a quel ch*io ricordo, che d'infante
Che bagni ancor la lingua alla mammella.
37 Nonperchèpiùch'unsemplicesembiaote
Fosse nel vivo Lume eh' io mirava «
Che tal è sempre qual era davante ;
38 Ha per la vista che s* avvalorava
In me, guardando , una sola parvenxa ,
Mutaodom'io j a me si travagliava.
39 Nella profonda e chiara sussistenza
Dell' alto Lume , parvemi tre giri
Di tre colori e d'una contenenza :
kO E l'un dall'altro, come iri da iri,
Parea reflesso : e 1 terzo parea fuoco
Che quinci e quindi igualmente si spiri.
M O quanto è corto! dire e come fioco
Al mio concetto! E questo a quel ch'i'vidi
È tanto che non basta a dicer poco.
42 O Luce eterna che sola in te sidi.
Sola t'intendi ; e da te*intelletta ,
37. Tal. G. XXIX : Uno wumtndo in iè co-
me datante . . . Lt Chiesa : hnmotus in Ce
pormanMM,
38. Travagliava. Alterava. Travagliatori
cìiiaiiiavaDsi i presUdigiUlori.
39. GiBi. Agosl. ( G. D. ) narra ohe Merca-
rio Trismeglsto dipingeva Dio come ana sfera,
che ha dappertutto il eentro , e la clrconre-
reoxa in luogo oessano. — Colori. Persone di-
stinte , ma ugnali, — Gomtkhbmza. Anco in
prosa.
40. V KN. Il figlio dal padre. Lumon de
lumine: Lumen et splendor patrie. C. XUl :
Che tfuella viva luce che eì mea Bai euo iu-
eente , che non si dieu$ia Dakdpni dàW Amor
che *n lor e' intrea. — Spiri. G. X : Guardan-
do nel eua Finito con V Amore Che V uno e
l* altro eternaimeute epira , 1*0 primo ed inef-
fahiU Valore. Questo è contro l'eresia de' Gre-
ci , che dicono lo Spirito santo procedere so-
lamente dal Padre.
41. Corto. Bocc: Ogni parlare sarebbe car-
io e poco. Campanella : Le parole non arri-
vano a dir t cedenza delle cose : né tutte le
€oee note hanno la lor propria voce ; • le igno-
te , nulla. — E. Petr. (I, 67 ) : Era ben forte
la nemica mia ; E lei vid' io ferita . . •
43. SiDi. Altrove : Uno manendo in i4. Dio
é sostanza a sé stesso. Conv. : La prima bon-
tà ch'è iddio , che solo colla inpnila capo-]
E intendente te , ami e arridi !
43 Quella circulazion che si concetta
Pareva in te , come limie reflesso,
Dafdi occhi miei alquanto circonspetta ,
hk Dentro da so del suo colore istesso
Mi parve pinta della nostra effige :
Perchè 1 mio viso in lei tutto era messo.
(5 Qual è il geometra che tutto s' affige
Per misurar lo cerchio , e non ritrova ,
Pensando, quel principio ond*egli indige;
fc6 Tale era ¥o a quella vista nuova :
Veder voleva come si convenne
L'imago al cerchio, e come vi s' indova.
VI Ha non eran da ciò le proprie penne:
Se non che la mia mente fu percossa
Ite un fulgore in che sua vo^ia venne.
48 All' alta fantasia qui mancò possa.
Ha già volgeva il mio disiro e'I velie ,
SI come ruota eh* igualmente è mossa ,
49 L*Amor che muoveilsole e l'altre stelle.
cita tn/inifo comprende. ^'Iktmllwit A, Petr.:
Parole itUellette da noi ioU,
43. Circulazion. Tre giri.— Rrvlisso. Co-
me iri da iri.
44. Svo. Divinità di G. C. . Id quod fitti
permaneii , ei quod non fvoC , aimnipnl.—
pRRCHfc. Onde.
45. Misurar. Gonv. : H eerehio per lo su^ar-
co è impoieibile a q%tadrare perfettamente :
però è impouibile a mieurare appunto. — Prin-
cipio. Proporzione Ira il diametro e la cir-
conrerenza.
40. L'Imago. L'umana alla natura divina. —
Indoya. Come immiare, e simili. A quel modo
èrumanitÀ nella divinità.
47. Voglia. V oggetto del suo volere. Parg.,
IV : Qui è vostro dimando. Conosce T anione
deir umana alla divina natura ; • ia ^uesU
visiono Unisce.
48. Fantasia. La visione delle cose celesti
spegne e rende inutile U faotasia , che fa luo-
go al poro intelletto. — Vrllk. Desiderio, di-
ce Pietro , da parte dell'oggetto , veÀU da parte
di lui. 11 suo valere era sazio » si volgeva in
libera pace. Lett. a Cane: tnvenio principio
seu primo , videlicet Deo , nihil est quod ul-
terius quaeratur , quum sU Alpha et Omega,
idest principium et finis,
49. Amor. Jo.: Deus coniai Mi.
FINE.
DIZIONARIO
cai 8VII«A
Lt FRASI I TUTTE LB PIÙ DIFFICILI BHUDIZIONI
DELLA DIVINA COMMEDIA
» 1
DANTE ALLZOBZERI
DIVISO IN TUE PARTI.
■ ■ ■ ■
PARTE PRIMA
^BSTA. PBIMA PARTB COMPRENDE LA. SPIEGA DI TUTTE LE TOCI , E MODI DI DIRE
USATI DA DANTE ALLIGHIERI NELLA DiVINA CoMMEDtA, E CON CIÒ SI VENGONO A
DICHIARARE NON POCHI LUOGHI OSCURI CHE IN ESSA 8* INCONTRANO , RISGUARDANTI,
PER LO PIÒ LE SCIENZE , O ARTI LIBERALI.
lo qaeste e nelle parti segaenti , le lettere la. sìgniQeano Inferno ; Pg. Pargatorio ; Par.
Buradiio; ▼. vtdi. Il primo numero dinota il canto ; gli altri , dopo i qaali si mette il
ponto , dinotano il verso dei canto.
A -per è. In. 2, 68. 7. 118.
A' -per ài. Pg. 3. lU. 6. Ut.
Ab antico - anticamente , Junghissimi tem-
pi avanti. In. 15, 62.
Abbaglia - Di fuor dorate $oti , sicch*egli
abbaglia, cioè, abbagliano. In. 23, 6^.
il verbo singolare in vece del plurale,
quando non fosse una elissi che si do-
vesse supplir cosi: quella doratura , o
quel color d'oro abbaglia.
Abbaiare - per dimostrar gridando. In.
7. M.
Abbandonare - per lasciare una impresa
dillìcile. Par. 18 , 9. Abbandonani a
che che sia, per darsi in preda. Pg.
17, 136. Abbandonarsi diche che sia,
ritirarsi, diffìdarsi. In. 2, 3V, Abban-
donani in mare, per cacciarsi nel più
profondo di esso. Par. 31, 75.
Abbarbaglio -abbagliamento. Par. 26, 20.
Abbarbicarsi - radicarsi , appigliarci. In.
25. 58.
Abbeìlare - piacere. Par. 26 , 132. Di
qu(*sta voce vedi il Varchi nell'Ercola-
no,png. 63. e il dottissimo abate Anton-
Maria Salviiii , a carte 153. della 2.
centuria de suoi Discorsi Accademici.
Abbellire - per divenir bello. Par. 32, 107.
Abbicarsi -ammucchiarsi. In. 9, 78.
Abbo - per ò, in rima. In. 32, 5. fuor
di rima. Io. 15, 86.
Abborrare e aberrare - errare , smarrirsi,
diviare dal dritto sentiero o discorso.
In. 25, IH. 31. 2^.
Abborrire - per paventare. Par. 26 , 73.
Abbuiarsi - divenir notte. Pg. 17. 62. e
per oscurarsi sempIicemente.Par.9, 71.
Abituati col primalo stuolo -cioè, vestiti
alla stessa foggia e del color medesi-
mo che i primi. Pg. 29 , Itó. co^l ,
Vestito colle genti gloriose. Par. 31, 60.
A brano a brano -a pezzo a pezzo. In.
13, 128.
Accanare -toglier per forza. In. 21,54-.
Accapricciarsi - sbigottirsi. In. 22, 31.
Accarnare lo 'ntendimento - ben penetrare
r intenzione di chi che sia. Pg. 1^ , 22.
Accasciarsi - aggravarsi delle membra ,
divenir pigro. In. 2ik, 5^.
Accattare - per acquistare. In. 11, 84.
Accedere - accostarsi , voce latina. Pg.
30, n.
AccelTare - prender col ceffo ; e dicesi
delle bestie. In. 23, 18.
Accendere - C un' anima som' altra in
noi a' accenda, cioè , nasca, e comin-
ci a vivere. Pg. i, 6.
Accidente - termine de* loici ; e significa
ciò che vien retto dalla sostanza e per
sé stesso non può stare. Par. 33, 88.
Accismare - fendere , tagliare in due par-
ti. In. 28, 37.
69
5^6
DIZIONARIO
Accline - piegate ed inchinate. Par. 1 ,
109. qui è metafora.
Accoccare, attaccare. In. 21, 102.
Accoccarla - far qualche beffa o dispiace-
re a chi che sia. In. 21, 102.
Accogliere- per condurre o cogliere. In.
30 , H6. Accogliersi a chi che sia ,
per raccogliersi , ristrignersi. Par. 22
99. per accostarsi bene. In. 29, 100.'
Accoi;litore - raccoglitore. In. 4, 139.
Acculo -per accoglilo, accogU hii. Pg.
U , 6. Cosi il Burchiello nel 3. so-
netto della 2. parte disse iólo per to-
glilo. V. il Varchi nell'Ercolano , a
carie 17G.
Accompiiune - per accompagni, in rima.
Pg. 6, IH.
Accorare e accuorare - cagionar doglia ec-
cessiva e di cuore. In. 13 , 8i. e per
incoraggire, dare animo. Par. 8, 73.
Accorgimento - giudizio , astuzia , acu-
tezza d' ingegno. In. 27 , 76. Par.
4, 70.
Accorto - per pratico , esperto Pg. 9, 88.
Accosciarsi- In. 18, 132. v. Raccosciarsi.
Accostarsi con che che sia - cioè , a che
che sia. Par. 29, 93.
Accrescere - per aggiugnere. Par. 8, fc7.
Acerbo - per colui che non possiede an-
cora la grazia confirmante. Par. 19 ,
kS, per oscuro e diilicile da intendersi
Par. 30 , 79.
Acerbo a conversione - cioè, duro al con-
vertirsi, ritroso. Par. 11, 103.
A che - a quale indizio. In. 5, 119. A
che, da cui. Pg. 15 , 25.
A ciancia - a beffe. Par. 5, 6%,
A ciò s'accorse -di ciò. In. 23, IH.
Acqua - per lagrime. Pg. 30 , 98. Cosi
Properzio , nobil poeta latino , nella
k. elegia del 3. libro :
Siccine eam incomlis viditti fiere eapU"
' lis / ^
lUiui ex oculis mfdta cadtbat aqua !
Il medesimo chiamò pure il sudore
con questo nome , nella elegia 18. del
2. libro, giusta la numerazione delio
Scalitzero ;
Quae si forte aliquid vultu mihi dura
negttrat ,
Frigida de tota fronte cadebat aqua,
'y. Acque > Rugiada,
Acquattarsi - chinarsi bene per non eisser
veduto. In. 21, 59.
Acque -per lagrime. Pg. 15, 94. Exitus
aquarum deduxerunt ocul* mei , dicesi
nel salmo 118 vers. 136.
Acque - per creature , o massa Inrorme
dell'universo. Par. 29, 21. Spiritus
Domini ferebalur super qì^ims , legge-
si nel 1. capo del Genesi.
Acquistar carco -per aggravar la coscien-
za. In. 27. 136.
Acquistare su al monte - avanzarsi oelii
salita del monte. Pg. 4, 38.
Aera - per isdegnosa, crucciata, in rima.
Pg. 9, 136.
Acro - acre, pungente, in rima. Pg. 31 3.
Acume - per fervore e stimolo di deside-
rio. Par. 1, 84. Acume primiero, per
la prima grazia comunicata da Dio al*
Tuomo. Par. 32, 75.
Acuto - per intenso. Pg. 24. 110. AenU
al cammino, cioè, molto voglioso dì
viaggiare. In. 26, 121.
Adagiarsi- per istare a bada, trattenerti,
operar lentamente e con freddezza, lo.
3, 111.
Adagiarsi dentro - per appagar pienamen-
te la curiosità di sapere. Pg. 25. 28.
Ad alto- in alto, nel luogo di ^opra. lu.
17, 95.
Adamante -diamante. Par. 2, 33.
Ad asta - in asta , in gonfalone. Par.
16, 153.
Addare - accorgersi , avvedersi. Af dèi-
demmo. Pg. 21 , 12. quando non sia
sincope , in vece di avvedemmo.
Addentare - per afferrare, come si (a eoi
denti. In. 21, 52.
Additalo -cioè, l'additai. Pg. 23, 131.
Addolciare - addolcire, e far contento, b.
6, 84.
Adduarsi - raddoppiarsi. Par. 7, 6.
Adergersi - drizzarsi , sollevarsi. Pg. 19,
118.
Adescare - allettare , quasi con esca. k.
13 , 55.
Ad esso - per intomo ad esso. Pg. 8, IL
Ad eUde - in età. Pg. 12 , 104.
BELLE PAROLE E FRASf.
ar
idkaesit palmento anima mea - detto del
salmo 118. vers. 25. L'anima mia
•* attaccò al pavimento. Pg. 19, 73,
Mimare -abbassare. Par. 27, 77.
kdiroarsi- scendere ad imo , abbasso. Pg.
19 , 100.
M imo - fino al fondo. In. 29, 39. Par.
1, 138.
Ad imo ad imo - bene abbasso, nel pro-
fondo. Pg. 1, 100.
Adivenire -avvenire. Par. fc, 100. 8, 130.
Adocchiare- guardar fiso , attentamente
In. 15. 22. 18, 123. 29, 138. Pg. k
.109. Par. 25, 118. 28, 15. per ve-
dere semplicemente. Pg. 21, 30.
Adombrare - per coprire , o far tetto.
Pg. 31, IW.
Adonare - abbassare , deprimere , fiacca-
re. In. 6. 3.V. Adonarsi. Pg. 11, 19.
Adontare - per chiamarsi offeso , pigliar
onta , sdegnarsi , crucciarsi. In. 6, 72
Pg. 17, 121.
Adoperare - per operare. In. 2^, 25.
Adoprare - per operare , produrre l' effet-
to suo. Pg. 28, 131.
Adorare - per pregar Dio. Pg. 5, 71. Par.
18, 125.
Adorezzare - essere ombra o rezzo. Pg*
1, 123.
Adornamento - ornamento. Pg. 12, 51.
Adorno - per adornato Par. 1, 63.
Adovrare - adoprare. Pg. 17, 102.
Adro - atro , nero, in rima Pg. 30, 54-.
Aduggia re - adombrare con denso vapore.
111. 15 , 2. e per togliere i rn;:L!Ì del
sole , a guisa delle piante fronzute.
Pg. 20, kk. ma qui e metaroM.
Adulterare-per corrompere, sporcare. In.
19 , i^.
Adultero- cioè , adulterio, in rima. Cosi
chiama Dante il pontificato di Bonifa-
zio \m. ottenuto con arti non buone.
Par. 9, li2.
Ad una t^ cioè, ad una iroce. Pg. b, 17.
21 , 35. Ad una. per insieme. Pg. 9,
63. Par. 12, 35.
Adunar pensiero - pensare. In. 7, 52.
Ad voeem tanti lents- alla voce d' un vec-
chio si riguardevole. Pjj. 30, 17.
ker o aere - in genere femminino* In.
31, 37.
Aere amaro - per nebbia pungente. Pg.
16 , 13.
A fede -con fede. Par. 11, Hi.
Affaticare - per agitare. Lat. faiigare. In.
26, 87.
Affatturare - nuocere a chi che sia con
malie. In 11 , 58.
Affermare - V affermar che fa credere al*
imi, cioè, il giuramento. Pg. 26,105.
Affetto - avere affetto a conoscere, esser
curioso di sapere, tolto da Virgilio che
disse nel 2. deli'Eneida, v. 10.: Sed,
si tantus amor casus cognoscere no-
stros ec. In. 5, 125.
Affetto - addietlivo, per pieno d'affezione.
Par. 32 , 1.
AfIìge - con una sola g, per la rima. Par.
33 , 133.
Affiggere - per pugnerò. Pg. 25 , 106.
Affiggersi -jper trattenersi, fermarsi, col-
locarsi. Pg. 11 , 135. 13. 33. 25, k.
33 , 106. per affissarsi, applicar forte.
Par 33 , 133.
Affigurare - discernero la figura. In 2i ,
75.
Affinare -per purgare. Pg. 26, U8. Af-
foiarsì. per divenir più perfetto. Par.
^u , 1«57.
Affisso - fermato. Pg. 17 , 77.
Affollare - T affollar del casso , chiama
Dante il batter frequente del cuore e
del polmone ; le quali viscere stanno
nel casso , cioè nel busto che da me-
dici s' appella torace. Pg. 2i , 72.
Affranger la possa- debilitare. Pg. 27, 74.
Affranto - infievolito. Pg. 30 , 36.
Affrontarsi con chi che sia - per abboc-
carsi. Par. 25 , 40.
Affuocare-infocare. In. 8, 74. Par. 28.17.
A fidanza - colla fiducia. Pg. 13 , 16.
Aforismo - sentenza, massima, e detto as^
solutamente , s* intende di quelli d'Ip-
pocrate, principe de' medici. Par. 11,4.
A fronte a fronte - l'uno rimpetto all'ai*
tro. In. 25 , 100.
A frusto a frusto - a pezzo a pezzo. Par.
6, 141.
Agevolare - per aiutare. Pg. 9 , 57.
Agevolemente - agevolmente. Pg. 12, 93.
Agevolezza - per attrattiva, e maniera dol-
co. Pg, 31 , 28.
5i8
DIZIONARIO
Aggi - per abbi. Pg. 33, 55. Par. 5, 127.
Aggia - per abbia. Pg. 6 , 102.
Aggirata - nome verbale, giro , circuito.
In. 8 , 79.
Aggiungéno - aggiungevano. In 3k , 40.
Aggiungersi - per unirsi, congiungersi. In.
32 , 129.
Aggiustar male il conio - per fakiGcar la
moneta. Par. 19 , likl.
Aggiustarsi a chi che sia - per sedergli
allato. Par. 32 , 121.
Aggrappare - afferrare, abbracciare strel-
tameikte. In. 16, 134. Aggrapparti,
attaccarsi bene colle mani, in 24, 29.
34, 80.
Aggratare - piacere, dilettare. In. 11, 93.
Aggrato * per grato, gradito. Par. 23, 6.
Aggrava -in vece di aggravano. In. 6, 86.
Cosi ancora fra' Greci gli Attici diceva-
no tà paudia trecei/in vece di trecousi.
Agguagliare - cke*l numero nostro Coli* e-
temo proposito s agguagli, cioè , che 'i
numero de* beati s'adempia secondo i
decreti di Dio. Par. 25, 126.
Aggueffare - congiugnere. In. 23, IG.
A Giudice - cioè, al Giudice. Pg. 8, 109,
A giuoco- da scherzo. In. 29, 112.
A giuoco r sentirsi a giuoco, cioè, acco-
modato , in punto, in. 17 , 102.
Agno - agnello. Par. 4, 4. 9, 131.10,
94. Lat. agnus.
Agnus dei -Agnello di Dio. Pg. 16, 19.
Ago- per aculeo 0 pungolo di vespa. Pg.
32, 133.
Ago - V ago si volge alla stella, cioè, alia
tramontana, nel bossolo marinaresco,
per cagione della calamita. Par. 12, 29.
Agognare - desiderare ardentemente. In.
26 , 9. 30 , 138. Pg. 13, 66. qui piut-
tosto chiedere,
Agosta alma- cioè, augusta, imperiale.
Par. 30, 136.
A gran divizia - in gran copia. In. 22,109.
A gnito - a grado, in piacere. Par. 21^ 22.
Agricola - agricoltore. Par. 12, 71. è voce
latina.
Agro- per acerbo, fiero. In. 24, 147. per
difficile ad intendersi. Pg. 25|, 24.
Agrume - nome generico d' alcuni erbaggi
di sapor forte ed acuto ; come cipolle,
agli , porri e simili. Par. 17, 117.
Aguato - insidia. In. S6, 59.
Aguglia - per aquila. Pg. 10, 80. 32, 125,
33, 38. Par. t20, 32. Aguglia di Cristo,
chiamar Dante s. Giovanni Evangelista,
perchè intese più che gli altri, de* (fi-
vini misteri^ Par. 26 , 53.
Agugnare- bramare con troppa aviditi,
come sogliono i cani affamati. In. 6,28.
A guida - cioè ,• per guida. Pg. 7 , 42.
Agurarsi - augurarsi , gli stolli soriano
agurarsi , quando nel percuoter decite-
chi arsi Surgono innumerabili fttiUe;
perchè allora dicono : lo vorrei avere
tanti beTiorin d'oro, quante sobo queste
faville, e altre inezie simili. Par. 18,
102.
Aguto - acuto. In. 27, 59, 132. 33, 35.
Aguzzar le ciglia - atto di chi ristrigne It
pupilla dell' occhio per vedere più esat-
tamente. In. 15, 20. Aguzzar C ceekie.
In. 29, 134.
Aguzzo occhio -per cupida, avido. Par.
16, 57.
Aia - per abbia, in rima. In. 21, 60. Par.
17, no.
A inganno - ingannevolmente. In. 19, SS^
Aiuola - per lo globo terrestre. Par. W,
86. Aiuola che ci fa tanto feroci, cioè,
la terra che da noi posseduta io qual-
che picciola sua parte, ci fa insoleali
e superbi ; la quale se si potesse ve-
dere dal cielo stellato, parrebbe un'aiuo-
la , 0 piccola aia. Par. 22 , 151. ma
qui è necessario leggere T annotaiioaa
degli Accademici della Crusca.
Aiutare -Atti/a mi da lei, cioè , cootra di
lei. In. 1, 89. M'aiuti mettere^ snou
la particella a. Pg. 29, 41.
Aiutar r arsura - cioè , accrescerla. Ty
26 , 81. forse della voce francese c^ia-
ter 0 ajouter.
Aiuterò - aiuto. Lat. adjutorium. Par. Ì9,
69.
Aizzare - irritare , stimolare ; e ai dici
propriamente de* cani , quando ai ecci»
tano a mordere altrui. In. 27, SI.
Al - per dal. Pg. 20 , 126.
Ala - fece crescer i ale al voler mia. he.
15 , 72.
Alber - voce accorciata da albero. la. 7,
14. Pg. 22, 131 , 139. e alIroTt.
DELLE PAROLE E FRASL
5»»
Albero chetate della dma , chiama Dante
il Paradiso , perchè Tiene avvivato dal-
r essere sovrano , eh' è Dio ; al con-
trario degli altri alberi che traggono il
sago vitale e il nutrimento dalla radice.
Par- 18, 29.
Albóre - candore che apparisce in cielo
sul far del giorno. Pg. 16 , ik± Al-
bóri. Pg. 2b, 145. Albóre, per candore
semplicemente. Par. \k, 108.
Alchimia - arte di trasmutare e di falsare
i metalU. In. 29, 119, 137.
Al dassezzo - ultimamente. In. 7, 130.
Ale -in numero singolare, per ala. Pg.
29, 109.
Aleppe - lo stesso che aleph , prima let-
tera deir alfabeto degli Ebrei , qui si-
gni6ca dolore e confusione. In. 7, 1.
Alfa ed omega- cosi chiamasi Dio nell'Apo-
calisse di s. Giovanni ; cioè , principio
e fine di tutte le cose : come di quelle
due lettere , l' una comincia 1' alfabe-
to de* Greci , e Y altra il termina. Par.
2(>, 17.
Alito -per spiramento. Par. 23, 114.
Alla -nome d'una misura d'Inghilterra,
eh' è due braccia alla Fiorentina. In.
31 , 113.
Alla fiata - qualche Tolta. Par. U, 20.
Alla pelle dipinta - cioè , dalla pelle di-
pinta. In. 16, 108.
Alleggiare - alleggerire , render leggiero.
In. 22, 22. Pg. 12 , U.
Alleluia - voce ebraica che significa lodar
Dio , ed allegrezza. In^ 12 , 88.
Allentare - per allentarsi. Pg. 31 , 21,
detto della fiamma che a poco a poco
perda il vigore. Par. 31 , 129. v. Ath
vivant.
Allentarsi • i' allenia la ripa, cioè, si ren-
de più facile a salire. Pg. 12, 106.
Allettare - per dare albergo. In. 2, 122.
9, 93.
Alleviare - alleggerire. Pg. 30 , 15. Alle-
viami, per partorire. Par. 16 , 36.
AllotU - allora. In. 5 , 53. 31 , 112. 34,
7. Pg. 3 . 86. 20 , 103. 27 , 85.
Allumare - illuminare. Pg. 21, 96. 24,
151. Par. 15, 76. 20. 1. 28, 5.
Alluminare •iUumioare. Pg. SS, 66.
Alluminare - per miniare; e in questo si-
gnificato è voce francese. Pg. 11, 81.
Allungarsi - per discostarsi. Pg. 13, 32.
Par. 7 32.
Almi -In. '31, 67. v. Rafel.
Almo - per santo e divino. Par. 24, 138.
Alpe - per montagna altissima. In. 14,30.
Al su- air in su. Pg. 19, 95.
Alterazione - per mutazione accidentale di
qualche cosa. Pg. 21 , 43. è termine
de* filosofi.
Alto - per nobile. Par. 16^ 86. Aliouni'^
verso, per li cidi. Par. 28, 71.
Alto terrà le fronti - cioè, alte. In. 6, 70.
Altro - che altro è da voi all'idolatre! cioè,
qual altra diflereiiza I In. 19, 113.
Altura - altezza. Pg. 9 , 69. 18, 28.
A lui fu vista - cioè , da lui. In. 19, 108.
Alvo della fiamma •» cioè , seno , mezzo.
Pg. 27 , 25. V. Cuor della luce.
A mancina -a man sinistra. Pg. 4. 101.
A man manca- a man sinistra. In. 23, 68.
A mano stanca*a mano sinistra. In. 19^ 41 .
Amanza - per donna amata. Par. 4, 118.
Amara veduta - cioè , infelice , e cagiono
di male estremo. In. 28, 93.
Ambage in che la gente folle Già s'tnre-
scava, chiama Dante gli oracoli della
Gentilità , profferiti con parole oscure
e dubbiose. Par. 17, 31.
Ambascia - difficultà di respirare cagio-
nata da stanchezza. In. 24, 52. per
affanno estremo. In. 33, 96. Pg. 16,
39. Par. 26, 133.
Ambodue - amendue. In. 29, 92.
Ambedue - amendue. Par. 29, 1.
Ambrosia - per erba 0 composizione di
soavissimo odore. Pg. 24, 150.
Amech-ln. 31, 67. v. Bafel.
Àmendui- amendue, in rima. In. 1 , 69.
Amenduo - ambedue. In. 17^ 14.
Amica - divenne Al padre , fiior del dritto
amore , amica, cioè , divenne concu-*
bina der padre suo. In. 30, 39.
Ammaliare - offendere con malie, e figu*
ratamente , guastare, corrompere. Par.
30 , 139. V. anchel Varchi neirErcp-
Udo , a e. 190.
Aoimanoare^ippareechiare. Pg. SS, i07«
S9, 49.
sso
D I Z I O N A a I o
Ammantare - por cuoprire. Par. 8, 138.
per vestire semplicemente. Par. 21 ,
66.
Ammantarsi di riso -per vestirsi di chia-
rissima luce. Par. 20 , 13.
Ammassicciarsi-ammassarsi, stivarsi. Pg.
9, 100.
Amme-perammen, in rima. Par. lb.62.
Ammen - amen, voce ebraica , colla quale
chiudonsi dalla chiesa cattolica tutte le
orazioni che a Dio si fanno ; e vuol
dire ♦ cosi avvenga , cosi sia ; e , qual-
che volta, in verità. Un ammen non sa-
rta potuto dirsi, per dimostrare somma
velocità, in. 16 , 88.
Ammenda - correzione del fallo. In. 13,
53. Pg. 20 , 65 , 67, 69. Fare ammen-
da j correggersi , e soddisfare per le
sue colpe. In. 27 , 68.
A mmentarsi- ricordarsi, tenero a memo-
ria. Pg. ih, 56. 25, 22.
Ami»»iccare-accennar cogli occhi. Pg. 21,
109. V. il Varchi nell' Krcolano , a car-
te 86.
Ammiraglio - capitano d' armata navale.
Pg. 13 , 154.
Ammiraglio - per ispccchio; dal mirarvisi
dentro : come i Francesi dicono le mi-
roir, Pg. 27 , 105.
Ammogliarsi - per congiugnersi carnal-
mente, detto di bestie, tu. 1, 100. ma
qui è allegoria.
Amntortare - ammorzare , spegnere. In.
U , 90.
Ammorzarsi - detto della volontà. Par. ì,
76.
Amniusnrsi' scontrarsi muso con muso.
Pu. 26, 35.
AmtiiUtare- perder la favella , divenir mu-
to. Pg. 20 , 68.
Amouìo - arbuscello orientale che produ-
' ce droga preziosa. In. 24 > 110.
Amor che nella monte mi ragiona - que-
sto è il principio^d' una delio tre can-
zoni di Dante , sposte da lui medesimo
nel suo Convivio. Pg. 2 , 112.
Amor d'animo- per l'appetito. Pg. 17, 93.
Amor del bene , scemo di suo dover -
cioè , i' accidia. Pg. 17 , 85.
Amore - amor che drìtiamenie spira , chia-
ma Dante la vera carità. Par. 15 , 3.
Amor che muove 7 sole e C altre stelle.
cioè , il sommo Iddio. Par. 33 « iÙ.
AmorCf per la concordia che , secondo
alcuni filosoG , molte volte fa cagione
che il mondo ritornasse nel primiero
caos. In. 12 , 42. t. Sentir amori.
Amore, per lo Spirito Santo. Par. 13,
57. per 1* arcangelo Gabbriello. Par.
32 , 94. per anima beata. Par. 21 ,
82. Amore acceso , per anima beata.
Par. 24 , 82. Amore angelico, per an-
gelo. Par. 23 , 103.
Amor e natura -per amor naturale, fg,
18, 26.
Amori - per anime elette , accese di ca-
rità. Par. -19 , 20. per cori d' angeli.
Par. 28 , 103. per creature , ao^i
principalmente. Par. 29, 46. Amornmh
vi , chiama forse Dante le creature ,
ovvero Tatto medesimo del creare. Par.
29 , 18.
Amoroso -«' anciie amorosa, cioè, s'am-
mazzò per amore. In. 5, 61. Cosi Vir-
gilio j parlando della dea Venere ap-
parsa ad Enea suo figliuolo, nel 1. li-
bro al verso 318. : Namgue humeris di
more habilem suspenderat arcum Fc-
natrix. e Tibullo nella 1. elegia del 1*
libro : Ipse s^ram teneras maturo to»-
pore vites Busticus,
A muta a muta - a vicenda. In. 14 , 55.
Anca - r osso eh' è tra '1 fianco e la co*
scia. In. 19 , 43. 21 , 35. 23, 72.24,
9. 34 , 77.
Ancella chiarissima del sole - 1 aurora o
r alba. Par- 30 , 7.
Ancella sesta del di - 1* ora sesta. FìKir
no. i poeti , che 1' ore siano ancelle drl
sole. Pg. 12 , 81. £ già le quattro m-
celle eran del giorno Rimase addiètro^
Pg. 22 , 118. Cosi Ovidio nel 2. ddlf
Trasformazioni, al verso 118.: Jui^
gere equosTitanvelocibus imperai Herit*
Anche - colla negativa, per quello che i
Latini dicono nondum, Pg. 30, 56.
Anche - in luogo d' altri. In. 21 , 39.
Ancidere - uccidere. In. 5, 61. Pg. 1^
133. 15, 107. è voce poetica.
Anciso - ucciso. Par, 17 , 32.
DELLE PAROLE E FRASL
5S1
Anco- ancora , per quello che i Latini
dicono eUamnum, In. 17, 67. e colla
negativa , per nondum. Pg. 10 , 28.
Aoooi-oggi, ma è voce lombarda. Pg.
13 , 52. 20 . 70. 33 , 96.
Ancora - per cosi tosto. Pg. 23 , 82.
Ancor sie- ancorché sii. In. 8. 39.
Ancude • incudine. Par. 2i , 102.
Andare -per avanzarsi. Par. 29, 132. iln-
.dare oMa fudice del vtro. Par. ìk , 12.
Andare a ruotat per fare il ballo ton-
do. Par. ìk , 20. Andar di sopra, per
avanzare, vincer d'eccellenza. Par. 31,
36. Andar in filo, cioè , in riga. Pg.
a> j 66. Andar l* uno al primo y e Val-
tro al poij dotto di due cerchi di per-
sone , che girino l'uno al contrario del-
l' altro. Par. 13 , 18. Andar per pace^
cioè, per aver pace. Pg. 24, 141.
Andi • per vadi. In. 4 , 33. oggi è disu-
sato.
Anelo - anelante , ansante. Par. 22 , 5.
Anfesibena - serpente di due teste, in.
21 , 87.
Angelica farfalla, chiama Danto \* anima
dell' uomo , perchè a guisa del verme
da seta esce dalla prigione del corpo
e quasi mettendo le penne sen vola a
presentarsi al divin tribunale.. Pg. 10
125.
AngtU neri, chiama Dante i demoni. In.
23. 131.
Angelo d* Inferno - per demonio. Pg. 5 ,
104.
Anguinaia • parte del corpo tra la coscia
e1 ventre. In. 30, 50.
Animali che Natura à più cari - cioè gli
uomini. Pg. 29, 138.
Animai perfezione - cioè, propria dell'ani-
ma. Par. 13, 83.
Anima prima - cioè. Adamo. Par. 26. 83.
Animo -per volontà Pgi 17, 93.
Animo non sciolto - cioè , occupato e fis-
so a contemplare qualche cosa. Ps.
12, 75. ^
Annegare - per annegarsi. In. 19 , 20.
Pg. 6. 15.
Annerarsi - divenir nero oscurarsi. Pg.
8, 49. 27, 63.
Amni di nostra salute Ì106. eirconseritti
perSO'J. rivoluzioni della Hella di Mar^
te , che compie il suo *yiro in due an-
ni. Par. 16, 37.
Annottare - per imbrunirsi la notte. In.
34, 5.
Annottarsi - venir notte. P.::. 20, 101.
Annual giuoco , chiama Dante il palio
che si corre in Firenze ogn'anno il
giorno di s. Giovanni. Far. 16, 42.
Annunziatrice - Pg. 24 , 145.
Annunzio -per invito. Pg. 12, 94.
Ansare - respirare con fatica. In. 34, 83.
Antelucani splendori • quel chiarore che
si fa in cielo poco prima che nasca il
sole ; Y albóre , lalba. Pg. 27 , 101).
antelucani è voce latina.
Anteriore - per quello che sta dinanzi.
In. 25 , 53.
Anzi - per innanzi , avanti. In. 8 , 33.
15 , 9. Pg. 16, 43. 27. 93. Par. 14,
66. 24, 6. 25. 41, 57, 29. 39.
Anzi -davanti, detto di luogo. Pg. 31, 30.
Anzi - piuttosto. Pg. 9, 128.
Anziani - nome di magistrato in alcune
città. In. 21 , 38.
A paro a paro -del pari, Pg. 24, 93.
A peggio - a stato peggiore. Pg. 10, 110.
Aperta - per apertura. Pg. 4, 19.
Aperto - per apertura. Pg. 19, 36.
Aperto - per noto , manifesto , spiegato.
Pg. 22, 154. Par. 5, 52.
A piede a pie - in forza di superlativo.
In. 17, 134.
A piedi De* suo' comandamenti era devo-
to - cioè , riverente e inchinato come
stanno i servi a' piedi del padron loro
Pg. 32, 106.
A posta-fissamente. In. 29, 19. Pg. 6, 58.
A posta di chi che sia - a requisizione ,
a riguardo d'alcuno. In. 10. 73..
Appaiarsi - per congiugnersi. Par. 29,
138.
Apparare • imparare. Pg. 13 , 93.
Apparerò - apparire , esser noto. Pg. 18,
34. per far bella mostra di sé. Par.
29, 94.
Apparinno - apparvero. Par. 14, 121.
Apparto - appari , apparve. Pg. 2, 22. •
molte simili terminazioni.
Apparsione - apparizione. Pg* 31. 78»
553
DIZIONAftlO
Appastarsi - attaccarsi a guisa di pasta.
Io. 18. 107.
Appellare- nominare. In. 33, 90. è voce
latina in sua origine , ma da gran] tem-
po falla nostra.
Appetibile - per l*oggetto che s* appetisce.
Pg. 18, 57.
Appiattarsi - nascondersi. Io. 13, 127.
Appiccarsi - per attaccarsi insieme, in.
25, GÌ. detto del seme che s* appiglia
al terreno , e germoglia. In. 29, 129.
Appigliarsi - per attaccarsi. In, 25 , 5i.
È abbraccioUo ove 'l minor i* appiglia,
cioè , sotto le braccia , in segno di
riverenza, come solevano gV inferiori
colle persone di grado. Pg. 7, 15. cosi
spiegano i cementatori.
Apporre altrui falsamente qualche delit-
to - In. 2i^, 139.
Apporre cibo - metter cibo sopra cibo.
Par. 16, 69.
Apportare - per riferire, ragguagliare. In.
10, 104.
Apprendere - per incontrare , o prender
semplicemente. Pg. 14 , 133.
Apprensiva - facoltà dell' animo , che ap-
prende gli oggetti. Pg. 18, 22.
Appreseiìtare - per rappresentare. Par.
7, 107.
Appresentarsi - per comparire , nascere.
detto del sole. Par. 10, 33.
Appreso - non $ono apprese , cioè , non
anno appreso , imparato. In. 18 , 60.
Gli spositori spiegano, apparecchiate.
Appressare - accostare. In. 23, 129. per
appressarsi. Par. 24, 117.
Appresso - per dopo. in. 3, 113. 9, 105.
23, 145. 29, 13. Par. 1, 100. e al-
trove.
Apprubo -coir accento acuto sulla secon-
da ; in rima, approvo. Par. 22, 136.
Approcciare - per accostarsi. In. 23, 48.
Approcciarsi - appressarsi , avvicinarsi.
in. 12, 46. Pg. 20, 9.
Approdare- per appre83ar8Ì. Pg. 13, 67.
Approdare- per essere a prò , piacere.
in. 21 , 78.
Appropinquarsi - avvicinarsi. Par. 33, 47.
Appropriare a parte - far divenir privata
Appulcrare - abbellire , dare ommieiite*
In. 7, 60.
Appuntarsi - per tendere t che che aia,
come ad ultimo iine. Par. 26, 7. per
fermarsi. Pg. 15, 49. Par. 6, 28. par
arrivare coli' estrema punta. Par. 9,
118. Y. Venere , neir ladice delle Sto-
rie, per terminarsi. Par* 29, 12. psr
pontare. Par. 21 , 83.
Appunto - per appuntino , esattameeto.
Par. 13, 73. per in quel punto Me-
desimo. Par. 12, 25.
Appuzzare - apportar puzzo. Io. 17, 3.
Aprii) • in rima, aperse. Par. 1, 87.
Aprir la piaga - Par. 32, 6.
Aprirsi - per diffondersi , comunicars.
Par. 29, 18.
Aprir troppo Tali a spendere • Kìala-
cquare. Pg. 22, 43.
A pruova-a gara. In. 8, 114.
A pruovo - parola lombarda ; e vale a^-
presio. in. 12 , 93.
A quando a quando - otta per TÌeeoda ;
quando in qua, quando io là. Pg.iS,
126.
Aquila - insegna de* Romani. Par. 6, 1.
A randa a randa - rasente rasente ; cioè,
appresso in maniera , che più non si
poteva. In. 14, 12.
Arbucello - picciolo albero. Pg. 27, 134.
Arca del Signore traslalata dal re Danàài
di città tn città. Par 20 , 39.
Arcanamente - Quando fu Giace arcoMr
mente giunto, cioè , nella segretezza e
nei mistcrio del suo consiizlio. Pg. 29.
120.
Arche ricchiisime , chiama Dante gii ap-
postoli. Par. 23. 131.
Archimandrita - per fondatore d^ordioe re-
ligioso. Par. 11 , 99. è voce greca.
Arcioni - per sella da cavalcare Pg. € «
99. qui è metafora.
Arco - la ruota Che fé r orbita nm ooa so-
nore arco , cioè , la ruota destra , if
pra la quale il carro si voltava. Pg. &
29.
Arco - Già discendendo C arto démitinr
ni, cioè , cominciando io ad invecchii*
re. Pg. 13, 114.
una cosa di ragion pubblica. Par. 6, 101. | Arco - metaforicamente , per opiniais *
DELLE PAROLE E FRASL
551^
sentenza di rilosoFo. In altìtn vero «vo
arco percuote. Par, 4 , 60. per la di-
ifina provvidenza che drizza tutte le
cosealoro fini. Par. 8, 103. per amore.
Par. 26, ^.k.
Arco deir ardente afletto - Par. 15 , k3.
Arco dell' esilio . Par. 17 , 57.
Ardente 'per desideroso. Par. 31 . 142.
Ardere - per <le8iderare ardentemente. In.
2 , Sk. Par. 27 , 90. 33 , 28. Cosi
Virgilio nel 1. dell'Eneida, verso 580. :
Rumpere nubem Ardebani,
Ardere - ardeva un riso dentro agli oc-
chi. Par. 15 , 34..
Ardore - per gran desiderio. In. 26, 97.
Par. 29. kS.
Ardori - per anime beate. Par. 22 , 54>.
Aniuo - per eccelso. Par. 31 , ^k. Lat.
arduus,
A retro - addietro. Par. 2, 93.
Argomentare - per discorrere e delibera-
re in consiglio pubblico. Pg. 6, 129.
Argomentarsi - per ingegnarsi , procaccia-
re. In. 22, 21. per deliberarsi. Par.
25, 118. per prepararsi. Pg. 25, 15.
Argomento - per fìgurazione, o dimostra-
zione , come spiega il Vellutello. in.
19, 110« per discorso. In. 31, 55. per
aiuto , mezzo. Pg. 2 , 31. per medi-
cina , rimedio. Pg. 30 , 136. per ser
gno , indizio. Par. &• , 68. 17 , 135.
per ingegno. Par. 15,, 79.
Arguta faccia - pronta , vivace , e con oc-
chi penetranti. Pg. 29, ìhk.
A rimpetto - di rimpetto. Pg. 29, 89, 151.
Aringo - giostra , battaglia, impresa dif-
ficile. Par. 1 , 18.
A ritroso -a rovescio. Par. 10, 153.
Armarsi - per prepararsi a sostenere una
disputa. Par, 2Ì , 46. Armarsi dt prò-
vedenza. Par. 17. ÌÙÌ. Anna rsi di vi-
vanda, provvedersi di vettovaglia. In.
28 , 55.
Armonizzare- rendere armonia. Pg. 31 ,
H4.
Arnese - ornamento , o strumento. In. 20,
70. per nobile suppellettile. Pg. 29 ,
52.
Arnia - alveare, cassetta in cui le pec*
chic fabbricano il mele. In. 16 , 3.
Arra - caparra? . parte M pn^amento r!i«
si dà innanzi per sicurtà del contntlo
stabilito. Pg. 28 , 93. e figuratamente,
dimostrazione d'accidenti futuri. In.
15 , 94. per annunzio di doversi ar-
mare. P^r. 19-, 145.
Arredo - suppellettile. In. 24 , 138.
Arrestarsi- fermarsi. In. 15. 38.
Arretrarsi - tirarsi indietro. Par. 32. 145.
Arridere - per mostrarsi benigno. Par.
33 , 126. è voce latina.
Arridere un cenno - cioè , accennar sor-
ridendo. Par. 15 , 71.
Arrivare - per accostare alla riva. In.
17, 8.
Arrivare - è buono e* a /tw arrivi di lei
parlare, cioè, farai bene a cominciare
a parlargli di essa. Par. 24 . 45.
Arroncii^liare - pigliare col ronciglio. Io.
22 , 35. V. Ronciglio.
Arrossare - arrossire. Par. 27 , 54.
Arrostarsi -volgersi in qua e'n U , scher^
mendosi colle braccia e coir altre mem-
bra. In. 15 , 39.
Arsiccio - riarso dal sole o dal fuoco. Io.
14 , 74.
Arie prima , chiama Dante la graoMitica ,
perchè suole impararsi avanti dell'ai*
tre. Par. 12. 138.
Artezza - strettezza, angustia di sito. Pg.
25, 9.
Articolare - T articolar del cerebro, cioè,
la struttura de* supi organi. Pg. 25 ,
69.
Artigli - per le mani d*on furioso. In.
30, 9.
Artigliare - prendere coli' artiglio. In. 22.
140.
Artimone - la maggior vela e' abbia la-
nave. In. 21 , 15.
Artista - artefice , artigiano. Par. 13, 77.
16 , 51. 30 , 33. per cantore eccel-
lente. Par. 18 , 51.
Arto - angusto , stretto , malagevole. In.
19 , 42. Px. 27 . 132. Par. 28, 33.
64. Lat. arctw.
.Arzanà - luogo dove si fabbricano i na-
vili e ogni strumento da guerra nava-
le. In, 21 , 7. ogg più comunemente-
' arsenale.
70
55/^
DIZIONARIO
Ascella - parte concava del corpo , dove
si congiugne il braccio colla spalla. In.
17 . 13. 25 , 112.
Asciolto - per distrigato , spedito. Par.
27 , 76.
A senno di chi che sia -a suo piacere.
In, 21 , i9h.
A servo -porre a servo , cioè , acconcia-
re per servitore. In. 22 , 49.
A sommo *1 petto - Pg. 3 , 111.
Asperges me - m* aspergerai , mi spruzze-
rai, principio d*un versetto del salmo
Miserere. Pg. 31 , 98.
Aspettare - I* aspetta a Beatrice , cioè ,
aspetta d'esser pervenuto a Beatrice.
Pg. 18 , 47. Aspettarsi a chi che sia.
Par. 17 , 88.
Aspetto - nome, Vuno e V altro aspetio
della fede , cioè , il credere de' santi
che furono avanti la venuta di Cristo,
e di quelli che furono dopo. Par. 32,3S.
Aspetto secondo - cioè , dopo quello di
Dio. Par. 18 . 18.
Assaggiare - gustare , prender saggio. Pg.
2 , 54.
Assannare - per afferrare. Pp. 14, 69. per
afferrare co* denti. In. 30 , 29. figu-
ratamente , per costrignere , rinserra-
re. In. 18 , 99.
Assassino - il tormento degli assassini an-
ticamente era T esser propagginati ,
cioè fitti col capo in terra. In. 19, 50.
Assederò - sedere appresso. In. 15 , 35.
Lat. assidere,
Assemprare -sembrare , somigliare. In.
24 , 4.
Assennare-avvertire, aggiugner senno. In.
20 , 97.
Assetare -figuratamente, per eccitar de-
siderio , invaghire. Pg. 31 , 129. Par.
1 , 33, 3 , 72. per indurre gran brama
di signoreggiare. Par. 19, 121. Asse-
tare di dolce disiar. Par. 15 , 65.
Assettare - per ordinare , disporre. Par.
1, 121.
Assettarsi - comporsi, aggiustarsi. In. 17,
22, 91.
Assidere -per assediare. In. 14, 69.
Assieparsi- per farsi siepe , e impedire il
prospetto. In. 30 , 123.
Assolto -per finito, terminato. Par. 25,
25. per sciolto, scevro. Spirto assolto ^
cioè • anima separata. Par. 32 , 44.
Assomniare - ridurre a buon termine. Pg.
21, 112. Par. 31, 94.
Assonnare - per addormentarsi. Pg. 32 ,
64. Par. 7. 15. per addormentare. A
tempo fugge , che f assonna j cioè , 1
tempo del tuo lungo sogno o visìooe
è quasi finito. Par. 32 , 139. queata
luogo non è stato inteso dagli esposi-
tori.
Assonnare - 1 assonnare , per 1' atto stesso
dell'addormentarsi. Pg. 32 , 69.
Assottigliarsi -per aguzzar V ingegno. Par.
19 , 82. 28 . 63.
Assumere -per accogliere , ricevere ia
sé. Par. 21 , 102. Assumer libero «/^
ciò di dottore , cominciar di buona vo*
glia ad insegnare. Par. 32 , 2«
Astallarsi - fermarsi e soggiornare io oa
luogo. Pg. 6 , 39.
Asticciuola - picciola asta , freccia, quello
. che i Latini dicono jactdum , ktutHe.
In. 12 , 60.
Astio - odio segreto , maligniti d* animo.
Pg. 6 , 20.
Astori celestiali, chiama Dante gli angeli.
Pg. 8 , 104.
A tanto - intanto. In. 9. 48.
Atare - aitare , aiutare. Pg. 11 • 34. A"
tar lavare , aiutare a lavare , ivi*
A te mi scalda - cioè , verso di te. Pg.
21 , 134.
A tempo - al suo tempo. Par. 8 , 60.
Atleta -per combattitore. Par. 12,56.
Attaccarsi in vedere - guardare attentis-
simamente. In. 28 , 28.
Atteggiato - dipinto o scolpito con atti a
gesti ch'esprimano al vivo gli affetti.
Pg. 10 , 78. atteggiata di paure e éo-
glie , chiama '1 Poliziano Europa, nella
106. delle sue Stanze.
Attemparsi - invecchiare. In. 26 , 12.
Attendere - per isperare. In. 9Ù6 , 67 ,
per indugiare. In. 28 , 99. Attemim
in su , guardare in alto. Par. 27, 77.
Attendersi - per attendere o aspettare.
In. 16 , 13. per guardare atteniamet-
te. Par. 13 , 29. 15 , 31.
DELLE PAROLE E FRA3L
553
Attenersi - per soffermarsi , fermarsi al-
quanto. 1d. 18, 75.
Attentarsi • arrischiarsi , osare. Pg. 25 ,
11. 33, 23. AnenUgni dd dimandare.
esser oso di chiedere. Par. 22 , 26.
Attergarsi al ventre a chi che sia - op-
porre il dosso al ventre. In. 20 , 46.
Atterrare-per chinare a terra. Pg. 3^ 81.
Atterrarsi - per giacere , prostrarsi. Pg.
7 ^ 133. 9 • 129. per scendere abbas-
so. Par. 23 , i2.
Atteso -per attento, inteso , intento. In.
13. 109. 26^ 46. Pg. 12, 76. Par.
1 . 77.
Attingere cogli occhi - per discernere. In.
18, 129. è voce latina.
Attìnghe-per attinghi, in rima. In. 18,
129.
Atto -per cielo che agisce ed imprime la
sua virtù nelle cose inferiori. Par. 13,
62. per effetto. Par. 20 , 7.
Atto che concepe - cioè , l' intendere , il
concepire. Par. 29 , 139.
ilf(o di piti, forti obbietti , chiama Dante
il vedere che facciamo d'alcune cose
che molto feriscono la vbta nostra. Par.
30 , 48.
Atto puro , chiama Dante le intelligenze
che agiscono nelle cose inferiori , senza
patire. Par. 29 , 33.
Attoscare - attossicare , e render misero.
In. 6 , 84.
Attuffare - immergere. In. 18, 113.
Attutare - offuscare, e mettere il cervello
a partito. Pg. 33, 48. voce disusata.
Attutarsi - quietarsi , scemarsi. Pg. 26 ,
72. V. il Varchi nell* Ercolano , a car-
te 96.
Avacciare - affrettare. Pg. 4 > 116. 6^ 27.
Avaccio - tosto , in fretta. In. 10, 116.
33 . 106. Par. 16 , 70.
A valle - al basso , nella valle. In. 12 ,
46. 20 , 35.
Avante - avanti, in rima. In. 5 , 138. 34
16. Pg. 7 , 32. 21 , 52. 29, 73.
Avante - per fuori di misura. Pg. 11 , 64>
Avanzare - per preferire , distinguere so-
pra gli altri. In. 4 , 78. innalzare a
grado maggiore. In. 19 , 71. portare
innanzi. In. 23, 12.
Avanzare a chi che sia -cioè, prevenir-
lo. In. 22 , 128.
Avanzo -guadagno. Pg. 31 , 28.
Avarizia descritta eotto figura di una don-
na. Pg. 19 , 7 , e segg.
Audienza-per l'udire. Par. 11 , 134.
Audivi -voce latina, udii. In. 26, 78.
Ave ' voce latina. Dio ti salvi , principio
della Salutazione Angelica. Pg. 10, 40.
Ave , Maria - Dio ti salvi , Maria. Par.
3, 121. 16, 34.
Ave , Maria , gratia piena - Dio ti salvi.
Maria , piena di grazia. Par. 32 , 95.
Ave' -aveva. Pjg. 3, 108.
Avei-per avevi. In. 30, 110.
Avello - sepolcro. In. 9, 118. 11, 7.
Avém - abbiamo. In. 23 , 23. 28 , 40.
34, 69. Nel poema di Dante leggonsi
molte simili terminazioni in altri verbi.
Avemo - abbiamo. Par. 3 , 72.
Avén • aveano. In. 34 , 49.
Avéno - aveano. In. 9 , 39.
Avere - per essere , quivi non avea pian-
to. In. 4 , 26. Non aveaeaee. Par. 13,
106. e in luoghi altri assai. Cosi il Pe-
trarca nella canzone 31. : Neil* isole fa"
mose di Fortuna Due fonti à.
Avere acquisto di bene a sé - acquistar
bene a sé. Par. 29 , 13. Aver elezion
vera^ esser pervenuto ad età in cui si
possa meritare, eleggendo il bene , e
rifiutando il male. Par. 32 , 45. Ave-
re a vicino, cioè , vicino. In. 25 , 30.
Aver grazie, ringraziare. In. 18 , 134.
Avere il desiro a giìsstizia, cioè , desi-
derarla. Pg. 22 ^ 4. Avere il viso a che
che sia, guardare , attendere. Par. 32,
27. ma qui figuratamente. Avere in di-
spregio, per ricuperare. In. 23 , 93.
Avere in grado, gradire- I«r. 15 , 86.
Aver manco, per esser privo. Pg. 10,
30. Aver per meno^ cioè , stimar po-
chissimo. Par. 22 , 137.
Augello - Qual diverrebbe Giove s* egli e
marte Fossero augelli, e eambiassersi
penne, cioè , se H pianeta di Giove ri-
splendente d'un bel candore, s'infuo-
casse e divenisse vermiglio come 11 pia-
neta di Marte , cambiando con hii co-
lore. Par. 27 , 14.
556
DIZIONARIO
Augusta - per la Beata Vergine. Par. 32,
119.
A vicino - Avere a vicino. In. 25 , 30.
A vizio ' cioè , al vizio, lo. 5 , 55.
Aula -per sala imperiale. Par. 25 , k%
è voce latina.
A volere - cioè , ad una medesima e co-
mune volontà. Par. 12 , 25.
A voto - vanamente , indarno. In. 31, 79,
Pg. 2^ , 28. Par. 3 , 28.
Aura - per aria. In. &•, 27. Pg. 14, 142.
Ausarsi -avvezzarsi. In. 11 j 11. Pg. 19,
23. Par. 17 , 11.
Auso -oso, ardito, nulla volontade è di
più awa, sottintendi , desiderare. Par.
32 , 63.
Autor verace j chiama Dante Iddio. Par.
26, ko.
Avvallare - piegare , inchinare , abbassa-
re. Pg. J3 . 63. 28 , 57. per scende-
re in valle. Pg. 8 , 43.
Avvallarsi -piegarsi, torcersi abbasso. P^.
6 , 37. per scendere in valle. In. 34,
45.
Avvalorarsi - acquistar valore^ Par. 33 ,
112.
Avvantaggiarsi - per esser privilegiato.
Par. 7 , 76.
Avvantaggio - per eccesso col quale una
cosa sopravanza l* altra. Par. 26, 31.
Avvegnaché - benché. P^. 3 , 1. 12 , 8.
13 , 109. Par. 16. 131. 17 , 23. 20.
60, 79.
Avverare - affermar per vero. Pg. 18 ,
35. per dar colore di verità. Pg. 22, •*)! .
Avversato- per avversario, in rima. Pg.
8 , 95. 11 , 20.
Avverso -opposto. In. 9. 68. Par. 27,
28. per rivolto in altra parte. Par.33,78.
Avverso - per centra, in forza d' avver-
bio. Par. 2 . 63.
Avvinghiare -cignere intorno. In. 5, 6.
34 , 70.
Avvisare -per riguardar bene, cooside^
rare , discemere , osservare. In. 16 ,
23. Pg. 10 , 71. Par. 23 , 90. per ri-
conoscervi. Pg. 19 , 84.
Avviso - per parere , sentimeato. Pg. 13 ,
4h 29 , 80. Par. 7 , 19.
Avviso -m' era avviso ^ io mi peBiaya ,
stimava. In. 26 , 50. JUt fu avviso,
stimai. In. 27 , 107.
Avviticchiare • cignere intorno , come lo
viti Canno gli olmi. In. 25 , 60.
Avvivare il cielo di sereno - cioè illtuni-
narlo. Par. 13 , 5.
Avvivarsi - per prender vita. Par. 23 ,
113. detto di fiamma che acqui^^ti mag-
gior vigore. Par. 31, 128. v. AUetUm.
B
Babbo r padre, ma è voce de* piccioli fan-
ciulli , e ancor balbettanti. In. 82. 9.
Baccelliere - grado nelle scuole de frati*
inferiore a quel del maestro. Par. 2k,
46.
Baco -per Bacco, in rima. In. 20, 59.
V. il Varchi nell* Ercolano, a carte 191.
e il Salvini nella 2. parte de'Discorn
Accademici , a carte 505. e 506.
Badare - per attendere , considerare. P|«
4 , 75.
Badia - monistero. Par. 22 , 76.
Baiulo - per gonfaloniere , il qual titolo
dà il nostro poeta all' imperadore Ot-
taviano Augusto. Par. 6 , 73.
Baiaselo - sorta di pietra preziosa. Par.
9 . 69.
Balbutire - parlar balbo , come fanno t
bambini. Par. 27 , 130 , 133. è voce
latina.
Baldezza -coraggio, baldanza. Par. 16,
17. 32 , 109.
Baldo - baldanzoso , franco. Par. 15 , 67.
Balenare - mi mise in forse di InUinartp
. cioè mi fecondi ibita re o temere cboÌM-
lenasse. Pg. 29 , 18.
Bab^strare - per avventare , gettare , sca-
gliare. Lat. jaculari. In. 13 , 96. Pg.
25 , 112.
Balestro - balestra , arco. io. 31 , 83*
Pg. 31 . 16.
Balia - arbitrio , custodia , governo , p^
desta. In. 19 , 92. Pg. 1 , 66.
Balzo - rupe , luogo alto e scosceso.
11 , 115.
Balzo di oriente , chiama Dante la patti
orientale dell'orizzonte, 0Qd'#sce ì'^
rora e l ^ie. P|^. 9 » 2.
DELLE PAROLE E FRÀSL
557
Banco - per ordine di sedie. Par. 31 , IG.
per sedia sulla quale si studia. Par.
10 , 22.
Bando - per denunzi amento fatto a chiara
voce. Pg. 30, 13. Par. 26 , 45. per
encomio , preconio. Par. 30 , 3k.
Baratta • contrasto , zuffa, o per lo luogo
dove si puniscono i barattieri. In.21,63.
Barattare - per far mercato d' uffici e di
cariche ; o \ender la giustizia. Par.
16 , 57.
Baratteria - per traffico d* uffici e di ca-
riche. In. 22 , 53.
Barattiere- truffatone , mariuolo. In. 21,
41. 22, 87.
Baratto - baratteria , mariuoleria , ingan-
no sottile. In. 11, 60.
Barba -per zio. Par. 19, 137.
Barba -alza la barba ; in vece di dire ,
alza il viso^ per far vergognare un adul-
to de* suoi errori , più convenienti a
fanciullo, che ad uomo fatto. Pg. 31,68.
Barbagia - propriamente , luogo montuoso
in Sardigna , dove gli uomini e le don-
ne vanno pressoché ignudi, ma pren-
desi ancora per chiasso o bordello.
Pg. 23 , 94 , 96.
Barca - figuratamente » per regno o stato.
Par. 8 , 80.
Barone -per illustre personaggio, con tal
nome chiama il Poeta s. Pietro. Par.
24 , 115. Barone per cui ti visita Ga-
lizia , chiama Dante l'apostolo s. Ia-
copo maggiore , il cui sacrato corpo
riposa in Cnmpo<itella città di Galizia.
Par. 25 , 17. Il gran barone ec. v.
Uf^o conte di Lueimborgo , nell' Indice
d«rlle Storie.
Basilica - per beata corte e reggia del Pa-
radiito. Par. 25 , 30.
Ba^so - per chi parla o canta con Yoce
bassa. Pg. 25 , 129.
Bas^o - mettere in ba$so^ cioè , abbassare.
Pg. 17 , 117.
Bastardo - per tralignante. Pg. 14 , 99.
Bastare - badi l effetto, sottintendi , senza
VfUer cercar la cagione. Par. 32 , 66.
Basterna - spezie di carro. Pg. 30 , 16.
Baiisteo - luogo dove si battezza. Par. 15^
134.
Battéo - battè. Pg. 12 , 98.
Battersi a palme -^ cioè, colle mani aper-
te , in segno di gran corruccio e do-
lore. In. 9, 50.
Battesmo - battesimo. Pg. 22 , 89. Par.
20 , 127. ed in altri luoghi.
Battezzatore - chi battezza. In. 19 , 18.
Beali con $itio - cioè , come, spigano gli
spositori; beati giù esuriunt et eitiunt
justitiam; beati coloro che anno fame a
sete della giustizia, detto di Cristo nel
Vangelo di s. Matteo, al capo 5. verso
6. Pg. 22, 5.
Beati mitericordei - beati i miserìcordio«
si, detto di nostro signore in s. Mat-
teo , al capo 5. verso 7. Pg. 15, 38.
Beati mundo corde - beati i mondi di cuo-
re, detto del Signore in s. Matteo, al
capo 5. verso 8. Pg. 27, 8.
Beati pacifici 'detto del Signore in s. ÌSaU
teo , al capo 5. verso 9. Pg. 17, 68,
Beati pauperes spiritu - beati i poveri di
spirito, detto del Signore in s. Matteo,
al capo 5. verso 3. Pg..l2^ HO.
Beati gui lugent - beati coloro che pian-
gono detto di Cristo in s. Matteo, al
capo 5. verso 5. Pg. 19, 50.
Beati guorum teda sunt peccata - beati
coloro , i peccati de' quali sono coper-
ti ; cioè , colla veste della penitenza
e della carità , questo è il primo ver-
setto del salmo 31, cb'è il secondo da'
sette penitenziali. Pg. 29, 3.
Beatitudo - per numero d' anime beate,
come dicesi nobiltà , per numero di no-
bili ; e gioventià, per numero di gio-
vani. Par. 18, 112.
Becchetto - per fascia di cappuccio. Par.
29 > 118.
Becco - pronunziato colf e aperta, dar di
becco in che che sia, mangiarselo. Pg.
23, 30.
Belletta - posatura che fa Y acqua torbi-
da poltiglia, fango. In. 7, 124.
Bello - per caro. In. 19 , 37.
Bello - bella vita , chiamano i dannati
quella che vissero qui nel mondo, in
paragone della infelicissima che mena-
no giù negli Abissi : tanto più , ehm
dimorando eteroamwUi nella Yotonli
&o8
DIZIONARIO
di far male , bramano sempre , ma
senza frutto , di poter soddisfare i loro
disordinati appetiti, come su nel mondo
facevano. In. 15, 57.
Beilo- è btUo, per ìstàbene. In. k^ 10ft>.
Pg. 25, i3. Fta hello, cioè, sarà buona
e lodevol cosa. Par. 17, 68.
Bel salutare - per quelle parole di cor-
tesia, che si'usano ne*saluti. Pg. 8, 55.
Ben creato - per beato , eletto da Dio
air etema gloria. Par. 3, 37.
Bene - per benefizio. Pg. 10 , 89. per
anima beata. Par. 13, 48.
Bene - Iddio fece V uomo a bene , cioè ,
atto a bene operare ; ovvero perchè
arrivasse al possedimento del sommo
bene. Pg. 28, 92.
Bene ascolta chi la nota - cioè, allora è
utile r udire una sentenza morale ,
quando si manda alla memoria per va-
lersene in pratica. In. 15, 99.
Bene che $è in $è misura , chiamasi da
Dante Iddio eh* essendo infinito , può
solamente da sé stesso esser misurato.
Par. 19. 51.
Benedietue qui vems - benedetto tu che
vieni, parole delle turbe di Gerusalem-
me , che festeggiavano la venuta del
Signore in quella città. Pg. 30, 19.
Bene nato - felice, avventuroso. Par. 5.
115.
Ben fatto - per buona operazione. Lat.
benefaetum. Pg. 28, 129.
Ben finito - per colui che muore in grazia
di Dio. Pg. 3, 78.
Benifìzio - benefizio. Par. 17, 83.
Beninanza- benignità, bontà. Par. 7, 1&3.
20, 99. voce disusata.
Ben punito - cioè, giustamente gastigato.
In. 19, 97.
Ben richiesto al vero e al trastullo - cioè,
r onesto e il dilettevole. Pg. H, 93.
Benvoglienza - benevolenza. Pg. 22, 16.
Berza - parte della gamba dal ginocchio al
piede, letar le berze, affrettarsi a cor-
rere. In. 18, 37. Alcuni per berze in-
tendono vesciche o bolle che levansi
nella pelle a forza di battiture. Lat.
vibìcest puUulae.
Betiaglio - scopo , yerso coi A Urano le
frecce. Par. 26 , 2ii^. qui è metaiora.
Bettemmia di fatto, chiama Dante il it-
crilegio, il violare cosa a Dio sacrata*
Pg. 33, 59.
Bestia - per uomo bestiale. In. 24, 126.
Par. 19. IM.
Bestiai itade e bestialitate - bestialità. In.
11, 83. Par. 17. 67.
Severo - castoro, animai noto, da eoi si
cava il muschio : e vive in acqua ed io
terra; perciò da* Greci chiamato am-
eiion zoon. Era detto dagli antichi
atìni, castor , fiber ; e da questa s^
conda voce corrotta pare che sia de-
rivata la voce bevero. In. 17, 22.
Bianche bende , usavano di portare le
donne vedove a' tempi di Dante. Pg.
8, n.
Bianco - i primi bianchi , cioè il prioo
candore. Pg. 2, 26.
Bianco - vestita - in veste bianca. Pg.
12, 89.
Bica - monticello di terra ; e figuratamea-
te, mucchio di qualsivoglia cosa. In.
29, 66.
Bieco - per bieche , in rima. Io. 25, 31.
Par. 6, 136.
Bieci - per coloro che fanno yoto teme-
rarìamente. Par. 5 , 65.
Bieco - per malvagio , pravo. In. 25 ,
31.
Biforme - di due forme o nature. Pg.
32 , 96.
Biga - per carro di due mote. Par. 12,
106. Presso gli antichi Latini òt^ e
bigae significava carro o carretta tirata
da due eavalli; siccome quadriga e ^la-
drigae significava carro o carretta tirata
da quattro cavalli accoppiati in filo.
Bigio - color simile al cinerizio. In. 7 ,
101|i>. Far bigio, per oscurare, disco-
lorare. Pg. 26 , 108.
Bigoncia - vaso di legno senza coverchìa
ad uso principalmente di som^f*iir
Tuva premuta al tempo della yemkstt'
mia. Par. 9 , 55.
Binato animale , chiama Dante il grìCo-
no , per lo quale intende Gesù Crìsta
il quale nacque due volte : una elet-
namente , dal seno dei Padre ; Tattia
DELLE PAROLE £ FRASI.
559
nel tempo , dalla Beata Vergioe. Pg.
32 , 47.
Biscazzare - giucarai il suo avere. In. 11,
U.
Bisogna - faccenda , affare , cosa. In. 33,
ÌM. per ciò che fa dì mestieri , bi-
sogno. Pg. 13 , 62. 33 , 29.
Bizzarro - stizzoso , forte iracondo. In.
8, 62.
Blandimento - lusinga, carezza. Par.
16, 30.
Blando - per dilìcato , lusinghevole. Par.
22 , 85. per piacevole , affabile. Par.
12, 24. Lat. blandui.
Bobòlce-per bifolche, seminatrici. Par.
23 , 132.
Bogliente- bollente, che bolle. Pg. 27, 49.
Bollor vermiglio - per sangue bollente. In.
12, 101.
Bontà - per suflQcienza , valore. Par.
25, 66.
Bordello - postribolo , dove stanno le me-
retrici , cosi chiama Dante l' Italia , ai
suoi tempi estremamente corrotta. Pg.
6 , 78. V. r Ercolaoo del Varchi , a
carte 293.
Bordone - recavasi il bordone cinto di
palma da' pellegrini eh' erano stati ai
luoghi santi di l^alestina ; per dino-
tare che venivano da quelle contrade.
Pg- 33 , 78.
Bordone- tener fronfoiM^ sostenec la mu-
sica con quella voce che si chiama te-
nore. Pg. 28 , 18.
Borni - quelle pietre che sogliono avanzar
fuori d* alcun muro che. si lascia im-
perfetto. In. 26 , 14.
Borsa - pregio della bona , chiama Dante
la liberalità e la magnificenza. Pg. 8,
129. V. Spada.
Borsa - per luogo concavo. Io. 19, 72.
Botolo- spezie di can picciolo e vile. Pg.
14 , 46. qui è metafora.
Bozzacchione - per susina vizza e vana.
Par. 27, 126.
Bozzo - per vituperato , ma bozxù è pro-
priamente colui a cui la moglie Ca fallo,
Par. 19 ,138.
Braco e brago - pantano. P^. 5 , 82. In.
8, 50.
Bragia -fuoco senza fiamma, che resta
delle legno abbruciate. In. 3 , 109.
Brama -dtttf brame di fieri l^pij cioè,
due lupi fieri e bramosi. Par. 4,4.
Branca - propriamente zampa dinanzi col-
r unghie ; o piede d* uccello di rapina.
In. 17, 13. ma figuratamente^ aver tra
branche, cioè in sua balia, disse Dante.
In. 7 , 69.
Brancolare - andare al tasto. In. 33, 73,
Breve - in forza d'avverbio , brevemente,
in poche parole. In. 3, 45.
Briga - per noia , fastidio. In. 5 , 49.
Brigare- procacciare, ingegnarsi. Pg. 20,
125.
Broda - oer acqua imbrattata di fango. In.
8 , 5o.
Brogliare - sollevarsi e commuoversi. Par,
26 , 97.
Brollo - spogliato , scorticato. In. 16, 30.
Brolp - per ghirlanda. Pg. 29 , 147.
Bronco -tronco, sterpo grosso. In. 13, 26.
Brullo - scorzato , ignudo. Io. 34 , 60.
Pg. 14 , 91. V. Brollo.
Bruna bruna - molto adombratlT. Pg.
28, 31.
Bruno - atto bruno, cioè , dispettoso , e
dimostrante noia esdegno.Pg. 24,27.
Brusca parola - aspra , disgustosa. Par.
17, 126.
Bruttare - sporcare. Pg. 16 , 129.
Brutto, - per lordo di fango. In. 8 , 35.
per disonesto. Par. 22 , 84.
Buca- per buco. In; 34 , 131.
Buca sepulcrale- sepolcro. Pg. 21 , 9.
Buccia - superfizie , scorza , pelle, lo.
19 , 99.
Buccia itrema , pelle arida , che tocca
rossa. Pg. 23, 25.
Bucolici carmi - cioè , versi pastorali , e
trattanti di cose che a' bifolchi s'appar-
tengono. Pg. 22 , 57.
Bufèra - aria gravemente commossa , o
sia turbine con pioggia e neve. Io,
5 31.
Buffa -per baia , vaniti. In. 7, 61. per
ischerzo. in. 22 , 133.
Bugiare - dir bugie. Pg. 18 , 109.
Bugio - bucato , forato. Par. 20 , 27.
Buio " oscuro , tenebroso. In. 3, 130.
S60
DIZIONARIO
Sui iegm , per mscchid del coqx) lu-
nare. Par. 2, 49.
Bulicame- propriamente acqua bollente,
che surge dalla terra. In. 12 , 117 ,
128. ma qui sangue bollente , e In.
14, 79. qui s'intendono i bagni caldi
del Pian di Viterbo.
Bulla - bolla o rigonfiamento d* acqua.
Pg. 17 , 32.
Buono - per vero. Par. 9, 63.
Buono - e buono , cioè , sta bene. In.
12 , 27. 15 , 103. Pg. 7 , 45. 12 ,
5 , 14. 18 . 93. e in altri luoghi.
Burchio - barca da remo coperta. In.
17, 19.
Burella - per luogo scuro , ove non si veda
lume di sole. In. 34, 98.
Burlare - per buiare che in ling«ia are-
tina vuol dir gettare. In. 7 , 30. cosi
Cristoforo Landino : ma ^li Accademici
della Crusca nel Vocabolario spiegano,
dispregiare ; che quanto al concetto
viene «d essere il medesimo , perchè
lo scialaquatore , mentre getta il suo
avere , mostra di non farne conto.
Burraio - luogo scosceso e profondo. In.
12 , 10. 16 , 114.
Burro ' butirro. In. 17, 63.
Ca- per casa , voce lombarda. In. 15 ,
54. V. l'abate Anton -Maria Salvini
nella 2. parte de' suoi eruditissimi Di-
scorsi Accademici, a carte 504.
Cacciare-per dar fretta. In 4, 146.
Cacume - sommità, cima. Pg. 4, 26. Par.
17, 113. 20, 21, è voce latina.
Cadere - detto di fiume che si scarica in
mare. Pg. 27, 3.
Caduci -per caduchi, in rima. Par. 20. 12.
Caggia - cada. In. 6, 67. Par. 7, 78.
Cagionare - per produrre. Par. 11, 21.
Cagione al mio rider -cioè, del mio ri-
dere. Pg. 21 , 127. M* era cagione a
sperar bene. In. 1 , 41. Ca'jitme per-
chè la credetti, Cìoì:, di crederla. Par.
22, 140.
Cagnazzo - per brutto e deforme. In. 32,
70.
Calcagno - calcagni. Pg. 12, 21.19^ 61.
Calendi o calende - il primo giorno di cia-
scun mese, e si prendono per iioen
medesimi. Pg. 16, 27.
Calere- curarci, aver premura. Pg. 25 ,
123. 32, 5.
Caligare - per mandar nebbia e fummo :
come fa la Cicilia per lo monta £toa.
Par. 8, 67.
Calla - calle , via stretU. Pg. 4 , 2i.
9, 123.
Callaia-passo, valico, apertura. Pg. 25, 7.
Calme - mi cale. Pg. 8, 12.
Calo - per abbassamento , depressione ,
mina. Par. 15, 111.
Calore-per oggetto amato. Par. 31 , 140.
Camminata -per sala dove si passegj^. In.
34. 97.
Cammino - per cammini, verbo, io rioM.
Per. 8. 106.
Camo - freno. Pg. 14 , 143. e voce la-
tina.
Campare - per fuggire , liberarsi dal p^
ricolo , scampare. In. 1 , 93. % US.
16, 82.
Campare - per salvare. In. 39, 21.
Cainpioni-per lottatori antichi. In. 16, 22.
Campo - per piazza. Pg. 11, 134.
Cancellare -.. scrivere solo per canesttMre,
detto di chi scriva censure contra per-
sone ricche, le quali poi- debbano spen-
der molto per farle annullare. Par. 18,
130.
Cancro - uno de' segni dello zodiaco, sei
Cancro avesse un tal cristallo, il ttrm
avrebbe un mese d un sol di, cioè: Se
nella co«;tellazione del Cancro fosse uaa
stella di quello splendore eh* era 1* a-
nima di s. ftiovanni Evangelista, corno
fìnge d' averla veduta il noi»tro Poeta;
tutto quel mese che il sole sta in Ca-
pricorno, sarebbe un giorno solo, cioè
non verrebbe mai notte, perchè quando
il sole è in Capricorno, la notte sem-
pre leva il Cancro : e cosi il giorao
farebbe lume il sole, e la notte quelli
stella lucidissima. Par. 25, 101. ma
questi luoghi di Dante, che abbisogna-
no di si lunga spiegazione , pare che
non debbano imitarsi.
LELLE PAROLE £ FRASI.
561
Candelabro • candelliere. Pg. 29, 50.
Candelo - candela. Par. 11 • 15. 30, S&>.
Candente - per rilacente. Par. ik, TI.
Candori - per anime beate. Par. 23, 124.
Cangiar carte nel suo volume - cioè, mu-
tar faccia, variare aspetto. Par. 2, 78.
Cangiar Vaequa^ per intorbidarla col
sangue sparso. Par. 9, VI.
Cangiare - per rimonerare, ricompensare.
In. 32, 138.
Cani - per genti mabate , canaglia. In.
8, 42.
Caniculari di • giorni di state , quando
sorge in cielo la costellazione detta da*
Latini canicula , e da' Greci frocùon
Io. 25, 80.
Caninamente- a foggia di cane. In. 6, 14.
Cannuccia -diminutivo di canna. Pg.5, 82.
Cansare - scansare, dar luogo. In. 12,99.
I^nsarsi - per ischermirsi. Pg. 15, 144.
Cantica - numero determinato di canti o
lib>i di poema. Pg. 33, 140.
Cantilena - canzone. Par. 32, 97.
Canto - per banda , lato , parte. In. 26,
138. Par. 3 , 57.
Cantor dello Spirito Santo - Par. 20, 38.
Cantar che per doglia Del fallo diete:
Misererò mei. Par. 32. 11. CatUoreom-
mo del eommo Duce. Par. 25, 72. ne*
suddetti tre modi circoscrìvesi dal Poeta
il re Bavidde.
Canzone^ chiama Dante ciascuna delle
tre cantiche del suo poema , che in
più canti si dividono. In, 20, 3.
Cape - capisce , acquista. Pg. 18 , 60.
Capere - per essere eontenuto. Par. 3 ,
76. 23, 41.
Capestro - fune , corda. Io. 27 , 92. Par.
11, 87. 12, 132.
(^po à cosa fatta - detto di Mosca degli
liberti , passato in proverbio , per di-
notare ehe dopo il fatto ogni cosa s'ag-
giusta , e ad ogni disordine fi trova ri-
medio. In. 28 , 107.
Cappa di monaco - Par. 11 , 132.
Cappello-per corona di lauro dovuta a'poe-
ti. Par. 25 , 9.
Cappello cardinalizio - Par. 91 , 125.
Cappello del falcone - Par. 19 , 84.
Cappia - mi eappia nelle Ute paiole , cioè ,
io intenda per le tue parole. Pg. 21, 81.
Capra del cielo -cioè, il Capricorno, uno
de' segni dello zodiaco. Par. 27 , 69.
Carato- la ventiquattresima parte. dèllon-
cia ; e dicesi propriamente dell'oro. In.
30, 90.
Carcare - caricare. Pg. 18 , 84.
Carcare - per portare il carico. In. 21, 35.
Carcalo - caricato. In. 30 , 6.
Carco >- peso, carico. In. 12, 30. Carco
di vergogna , cioè , ingombramento.
Par. 18 , 66. Acquistar carco, per ag-
gravar la coscienza. In. 27, 136.
Carcossi il Figliuol di Dio della nostra
salma-quando prese carne umana. Par.
32, 114.
Caribo -sorta di ballo. Pg. 31 , 132.
Carizia - carestia. Par. 5 , 111.
Carmi - versi. Lat. carmina. Par. 17, 111.
Caro -per carestia. Pg. 22 , 141.
Caro -per pieno di carità. Pg. 14 , 127.
per prezioso. Pg. 9 , 124. 24 , 91.
Carole- per balli , e geote che danzi. Par.
24 , 16. 25 , 99.
Carpare - andar carpone , cioè , colle ma-
ni in terra. Pg. 4 , 50.
Carpire - per pigliar colla rete. Par. "9, 51.
Carpone - avverbio , cioè colle mani in
terra , a guisa di quadrupede. Io. 25,
141. 29 , 68.
Carreggiare - per guidare il carro , o pas-
sar col carro. Pff. 4 , 72.
Carro - nome di celeste costellazione, v.
la Parte Seconda delle Storie.
Carta - per frate d' ordine religioso ; stan-
do sulla metafora del volume. Par.
12, 122.
Carta - la regola mia Rimaea è gii$ per
danno dtUe carte , cioè , non è d'al-
cuna utilità , e ad altro non sei*ve ,
che a consumar la carta dove si sci i-
ve. Par. 22 , 75.
Casa di nostra Donna - cioè ,• chiesa di
Maria Vergine. Par. 21 , 122.
Case - per casa. In. 13, 151.
Cassare - annullare , distruggere. Par.
2, 83.
Casso - sustantivo ; e significa busto , la-
race, parte concava del corpo, cir-
condata dalle coitole, lo. 12» 122.
71
882
DIZIONARIO
20, la. 25. 7*. Pg. 24. 72.
Ca^so - addieUivo ; e significa aoDieotato,
aDDulìato , estinto , spento , cancella-
to. In. 25 , 76. 26 ,130. 30 , 15.
Par. h . 89.
Casta intenzione - cioè , retta. Pg. 32 ,
138.
Casual |ninto-per minima cosa che suc-
ceda a caso. Par. 32 ^ 53.
Catenella - sorta d' ornamento donnesco.
Par. 15 , 100.
Catto - preso. Pg. 20 . 87. Lat. eaptus.
Cava - per grotta. In. 29 ,18.
Cavalcare - metaforicamente, per istimo-
lare , spronare. Pg. 18 , 96.
Ceffo - muso. In. 17 , 50.
Celestiale - celeste. Pg. 8 , 10%. Par.
4 , 39.
Cenerò - sorta di serpente molto vdeoo-
so. In. 24 , 87. I testi di Dante, an-
che quello degli Accademici della Cru-
sca , in questo luogo sono corrotti ,
e leggono eenirt in vece di ceneri.
Cennamella - sorta di strumento musico
che si suona colla bocca. In. 22, 10.
Cenno -per ogni segnale. Pg. 22, 27.
CefUtiim' anno , chiama il Poeta il MCCC.
dalla natività del Signore. Par. 9. 40.
Centeima o cenimma^ chiama Dante
quel poco più di lunghezza eh' era ai
suoi tempi nell'anno comune sopra il
vero solare ; la qual maggior lunghez-
za , secondo alcuni « in cento anni im-
portava un giorno. Par. 27, 143.
Centesmo - per centinaio d* anni« Pg. 22,
93. per la centesima parte. Par.
24, 108.
Centomilia - In. 26, 112.
Cera - per materia. Par. 13 , 67. 73.
Cera mondana - chiama Dante la terra,
o tutta la regione sottolunare, rispetto
a' raggi del sole; stando sulla metafora
del suggellare. Par. 1 , 41.
Cera mortale - per li corpi elementari.
Par. 8 , 128.
Cerasta -spezie di serpente cornuto, molto
velenoso. In. 9 . 41.
Cercare • per esaminare con istudio. Lat.
scrutari , vetiigare. In. 1 , 84.
Cerchia - cerchio , circolo, o serraglio
rotondo. In. 18, 3. 72. 23. 134.
31 , 40. Pg. 22 , 33. Par. 15 , 97.
Cerchiare - andare attorno , girare , €ir>
còndare. Pg. 2,4. 14 , 1. 19, 69.
32 , 38. Par. 21 , 26.
Cerchiétto - picciolo cerchb. In. 11, 17.
Cerchio che più ama , e che più sape-
cioè , il coro de' Serafini , che sono i
più vicini a Dio. Par. 28 , 72.
Cerchio di merigge - cioè , il meridiana,
uno de' maggiori della sfera. Clu fd
e là , conia gli aepetti , fa$n; cioè, chs
si cangia e varia secondo le diverse
abitazioni degli uomini sopra la terra,
che riguardano il corso del sole;esei>
condo i diversi orizzonti. Pg. 33, 105.
Cerebro - cervello. In. 28 , 140. Pz. 25,
69.
Cerna - per separazione , dìvisiooe. Fv.
32, 30.
Cernere •*• discemere, vedere» lo. 8, 71.
Par. 21 , 76. 26 , 35.
Cernere - per iscerre , distinguere . s»>
parare. Par. 3 , 75. 32 , 34. quìMo-
dimeno potrebbesi anche inteodoe,
diicemere , «edere.
Cero - cereo , torcia grande ; e figontt-
mente , uomo di grandiasioio iogqpM
e dottrina. Par. 10, 115.
Cerro -sorta d'albero. Pg. 31 , 71.
Certi - per alcuni. Pg. 26 , 14.
Certificato - per certo. Par. 9 , 18.
Certo - per vero , reale. Io. 1 , 66.
Cervice - parte deretana del capo , cot-
finante evi collo. Pg. 11 , 53.
Cesare - per ogn' imperadore. Par. 1, S9.
Cessare - per ischivare. In. 17 , 33. hi.
25, 133. per uscir di mente. Pv.SS,
61.
Cessare stallo - per dipartirsi , molali
stanza. In. 33 , 102.
Cesso - itare in ee$$o^ cioè , cessare. la.
22, 100.
Cesto - pianta di frutice o d' erba : bì
più propriamente quella pianta cbes»>
pra una radice produce molti genMh
gli. In. 13 , 142.
Che -per dove, nella quale. Io. 1,4.
I per quando. In. 32 , 125. per di cka,
I deUe quali. Par. 1 , 27.
DELLE PAROLE E FRASI.
S83
Che - questa partieella qualche volta noo
' non par la*
8k. e io altri
ai esprìme/ E per dolor non par la*
érima ipanda. Io. 18 , ^
luoghi.
Che che - quabiroglia cosa che. Pg.
SS, 5.
Ched - che ; quando segue vocale. Io. 7,
84. SI , 138 , 34. 113. Pg. 1 , 17.
ma ciò non s'osserva sempre.
Cheggia - per cerchi , vert>o. Pg. 16, 83.
Ghesgio - chiedo. Io. 15 , 120. Par. 8 ,
Cbelidro - sorta di serpente acquatico. In.
S4 , 86.
Ch* el sostenne - cioò , ch'egli sostenne.
Par. 26 , 59.
Cherco - cberico « uomo di chiesa. In.
7, 38. 46. 15, 106. 18, 117.
Chereuto - che à la cherìca. In. 7 , 39.
Chi- in vece di persona che. In. 1, 63.
Chiamare - per gridare, dai latino etama"
r$. Pg. 22 , 38.
Chiamare - per riconoscere , o chiedere.
Pg. 7 , 123. per aver bisogno. Par.
10, 15.
Chiamar mercè - dimandar guiderdone.
Pg. 29 , 39.
Chiappa-per cosacomoda a potersi chiap-
pare. In. 24 , 33.
Chiarire * per cavar di dubbio. Par. 9 ,
2. per rilucere. Par. 9 , 15.
Chiarità - chiarezza. Par. 21 , 90.
Chiaro - per manifesto , noto. Par. 22 ,
146. Far chiaro , per isoienre , scio*
gliere un dubbio, rar. o, 91,
Chiaro - per chiaramente , in forza d'av-
verbio. In. 11 , 67.
Chiavare* per senior con chiave. In.
33 j 46. per inchiodare. Pg. 8 , 137.
Par. 19. 105.
Chiave bianca e gialla -le due chiavi
del sommo pontefice , 1* una d'argento,
l'altra d' oro; simbolo della sua suprema
potestà e giurisdizione ecclesiastica:
quella d* argento significa la dottrina
o scienza; e quella d'avo, f auto-
rità. Pg. 9 , 117 • « aegg. Par. 5 , à7.
Chiave di eenso - 1' aiuto de' sensi a co-
ooaeer le cose. Par. 9 , 54.
Chiavo • per chiodo. Par. 32 , 129.
Chi eran ' le genti - cioè , quali. Par.
16,26.
Ghiere -chiede. Par. 3;, 93.
Chinare • quato mondo China aia T om-
bra qucui al letto piano , ciò succede
poco prima che levi il sole ; perchè
allora V ombra che surge la sera , e
di mezza notte è altissima , viene a
chinarsi , e quasi ad appianarsi affat-
to. Par. 30 , 2.
Chinato d* una torre - per quella parte ,
verso dove pende essa. torre. In. 31,
137.
Chioccio - rauco , e che imita il suon
della voce della chioccia. In. 7 , 2.
32, 1.
Chioma - per li rami d' un albero spo*
ghati di frondi. Pg. 32 , 40.
Chioma della rocca - il lino o la lana che
si fila. Par. 15 , 124.
Chiome del fiore -cioè, foglie , là ne(a(a
Par. 32 , 18.
Chiosa - spiegazione. Pg. 20 , 99. Par.
17 , 94.
Chiosare - spiegare col mezzo di chiosa
0 cemento. In. 15 > 89. Pg. 11, 1^1.
Chiostra -per vallone o bolgia dell'in-
ferno. In. 29, 40. Pg. 7, 21. Cosi
il Petrarca nel sonetto 159.: Per qui-
tta di bei colli ombroea ehioitra,
Chiovo - chiodo, Pg. 8, 138.
Chiudere - per chiudersi. Par. 12 , 27.
Chiudere • n* ehime la mente , cioè , si
smarrì , lasciò di esercitare le sue fut^
ziooi. In. 6, 1.
Chiuder le mani a chi che sia - per pre-
garlo a man giunte. Par- 33 , 39.
Chiudessi - per chiudesse , in rima. In.
9, 60.
Chiusa chiusa -benissimo serrata, in forza
di superlativo. Par. 5 , 138. cosi , bnn'
na bruna , quatto quatto ; ed altre ma-
niere simili.
Chiuso • per occulto. In. 25 » 147. Pg.
22 , 90. per oscuro , coperto. Pg. 12.
87. Par. 11 , 73.
Chiuso ad altro intendere - cioè , occu-
pato in maniera che altro non possa
intendere. Pg. 32 , 93.
Ci à-in rima con oncia. Io. 30 , 87.
sci
DIZIONARIO
«.*iacco - porco , in lingua fiorentina. In.
6 , 52.
Cibare - per pascersi* In. 1 , 103. Altri
spiegcino , pascere : ma pare a noi ma-
lamente ; perchè dicendosi » Questi
non ciberà terra né peltro ; questi non
può essere che caso retto , nel nu-
mero singolare.
Cibi di liquor d' ulivi - sottintendi , con-
diti. Par. 21. 115.
Cicognino - figli uol picciolo della cicogna,
Lat. ciconiae putlus. Pg. 25 , 10.
Cieco fiume - cioè , occulto , che passa
per luoghi bui, Pg. 1 , ft>0.
Cielo , chiama Dante V anima eh' è so-
stanza spirituale. Pg. 21 , kk.
Ciclo primo j chiama Dante l'Empireo.
Pc, 30 . 1. Cielo eh* è pura luce , lo
slesso. Par. 30, 39. Cielo della pace
divina , lo stesso. Par, 2 , 112. Sem-
pre quieto. Par. 1, 122.
Cielo stellato -Par. 2. 115.
Ciel velocissimo , chiama Dante il primo
mobile , secondo il sistema di Tolom-
meo , allora comunemente ricevuto.
Par. 27 99.
Cigli - per ciglia. Par. 19 , 9k.
Ciglio - dicesi la stella di Venere vagheg-
giare U sole da ciglio , quando ella
comparisce in cielo la mattina , in-
nanzi di esso. Par. 8 , 12.
Cigner - per cerchio. Far. 28 , 23.
Cigolare - quello stridere e soffiare che
fa il tizzon verde , quando è posto
sul fuoco. In. 13 , 42. per lo stridere
delle bilance. In. 23 , 102.
Cilestro colore • proprio del cielo ; eh* è
un azzurro alquanto men carico. Pc.
26.6,
Cima - per fraschetta , ramuscello. In.
13, U.
Cima -per dignità, splendore. Pg. 19,
102.
Cima dell* albero del Paradiso • è lo stesso
Dio. Par. 18 , 29.
Cima nel mondo - sono le sostanze incor-
poree , 0 vogliamo dire intelligenze.
Par. 29. 32.
Cimiterio di s, Pietro , chiama Dante la
città di Roma , oTe il grande apo-
stelo fu seppellito. Par. 27 , 23.
Cinghiare -cignere, fasciare , comprende*
re. In. 5, 2.
Cinghio - per balzo di montagna. Pg. 4,
51. per cerchio, o luogo in giro. Io.
18, 7. Pg. 13, 37. 22, 103. perrifi
intorno^ che serra. In. 24, 73.
Cinquecentesimo anno- In. 24, 108.
Cinquecento diece e cinque - intride ì
Poeta per questi numeri ( il prìmodflT
quali vien segnato appresso i Roman
colla lettera D , il secondo colla let-
tera X , e il terzo colla lettera V ) ,
intende , dico> la parola DV^X, che si-
gnifica capitano , condottiere d'esercir
io ; forse Arrigo VI. imperadore. Pg.
33 , 43.
Cinto di Delia - quel cerchietto di colori
diversi , che apparisce intomo alla Inn
quando l'aria è turbata. Pg. 29, 78.
Cintura Che fosse a veder più che la pei^
sona- cioè, che più tirasse a sé roc-
chio de' riguardanti per la sua prezio-
sità , che non faceva la donna , ÌDlor>
no a cui era. Par. 15 , 101. imitato
forse da quel d'Ovidio, al verso 313.
de' suoi Rimedi d' Amore :
Auferimur euUu: gemmis auroque teguntf.
Omnia , pars minima est ipsa pudla mi.
Ciocca di capelli -In. 32» 104. v. af-
fetto.
Ciocco -ceppo da ardere. Par. 18, 100.
Cionco - mozzo , tronco. In. 9 > 18.
Ciotto - per zoppo. Par. 19, 127. il Ctoè-
to di Gerusalemme, y. Carlo IL re H
Puglia e di Gerusalemme, nella parto
seconda delle Storie.
Circa - per intorno. Par. 12, 20. 22, lU.
Circondar la misura a che che sia -per
misurare. Par. 28, 73.
Circonfulse - risplendette attorno. P^* 30«
49.
Circonscritto -terminato , contenuto, tp
11, 2. Par. 14, 30.
Circonscrivere - terminare. Pg. 25 , H.
per legare attorniare. Par. 30, 66.
Circonspetto - guardato bene attorno. Ptf*
33, 129.
Circuire - per attorniare , stare attorM<
Par. 12, 86. 29, 54. ò yoce latioi.
DELLE PAROLE £ FfLVSL
565
Circolare - andare intorno. Par. 13, 21.
Circular natura - per la sostanza de* corpi
celesti. Par. 8. 127.
Circulata melodia • canto di chi si gira in-
torno. Par. 23, 109.
Circulazione-giro, cerchio. Par. 33, 127.
Circiinciiito - circondato. Par. 28, 28.
Cirro negletto - per cai)ello rabbudato e
mal pettinato. Par. 0, 46. dalia voce
latina cirrus.
Ci^^terna - per luogo profondissimo. In.
33. 133.
Citarista - sonator di cetra. Par. 20, ìk^.
Citerna-cisterna, fonte, pozzo. Pg. 31, 141.
Cive - per cittadino, in rima. Pg. 32, 101.
Par. 8, 116. Lat. civis.
Cive - por animale politico , che vive in
cittaiiiiiaiiza come fanno gli uomini. Par.
8. 116.
Ciiitretto - ciocca di capegli, eh* è sopra la
fronte. In. 28. 33.
Civi - cilladini, far civi , per salvar gli
uomini. V tarli cittadini del regno eter-
no. Par. 24. 43.
Ctot7ì, chiama il Poeta nostro , alla fog-
gia de* Latini , Atene e Sparta ; cioè ,
Sovernate con ottime leggi, e nemiche
ella prepotenza e della tirannide. Pg.
6, 140.
Classe - per armata navale. Lat. elastit.
Par. 27, 147. qui Gguratamente.
Claustro-chiostro, serraglio, steccato. Pg.
32, 97. Lat. daustrum.
Clima - spazio di terra e di cielo, conte-
nuto da due circoli paralleli, tanto lon-
tani fra di loro, che il maggior di dei-
r uno avanzi quel dell'altro d'una mez-
z' ora , questi climi sono molti. Clima
primo, di qua dall'equatore, verso il
tropico del Cancro. Par. 27, 81.
Clivo - per riva di fiume, posta a pendio.
Par. 30, 109. Lat. elitus.
Co - per capo, termine, ma è parola lom-
barda. In. 20 , 76. 21 , 64. Pg. 3 ,
128. Par. 3, 96.
Coagulare- quagliare, rapprendere, nella
maniera che del latte si fa il formag-
gio. Pg. 25, 50.
Coartare - per troppo ristrigoere. Par. 12^
126. Lat. eoarctare.
Cocca - tacca della freccia , nella quale
entra la corda deli* arco. In. 12 , 77.
17, 136. Par. 8. 103.
Cocco - grana colla quale si tingono i pan-
ni in vermiglio. Pg. 7, 73.
Cocolla - abito di monaco. Par. 22. 77.
Cogliere - per unire ed accordare. Par.
12, 6.
Cogliere suo viaggio - cioè , ritrovare il
dritto cammino. In. 27, 16.
Cola - per cole, riverisce. In. 12, 120.
Colei - per quella, riferito alla rena o sab-
bia. In. 14, 14.
Collegi duo-per le due grandissime schie-
re, una de^li eletti, l'altra de' reprobi,
nel giorno fìnale. Par. 19, 110.
Collegio - per popolo che si governi a re-
pubblica. Par. 6, 45.
Colletto - raccolto. Pg. 18, 51. Lat. col-
lectus.
Collo - per colle, in rima. Par. 4, 132.
Collo -Jmzare il collo a che che sia ,
alzare gli occhi verso qualche cosa, e
cominciare a contemplarla. Par. 2, 10.
Colloca - coir accento acuto sulla secon-
da sillaba , in grazia della rima. Par.
28, 21.
Collo della cetra - cioè , manico dove si
congegnano i bischeri o legnetti a'quali
s' attaccano le corde. In quella parte
dello strumento viene a darsi forma
al suono , colle dita del sonatore. Par.
20, 22.
Colmo - per meridiano ; cioè , punto dove
il sole arriva nel mezzogiorno. In. 34,
114.
Colonna del vaio • arme de* Billi j fami-
glia nobile fiorentina. Par. 16 , 103.
V. Fato.
Colorato - colorito, infiammato, Pg. 33, 9.
Colorato in rosso -In. 10, 86. Cosi il
Petrarca nella canzone 5.: E Unto in
rosio il mar di S<Uamina.
Colore - per fiore colorito. Pg, 28 , 68.
Cosi Properzio nella 2 elegia del 1 libro:
Aspiee quos iummittit humus formoia eo-
Unts.
Colore Che fa 1* Qom di perdon talvolta
degno • intendi l' onesto rossore, la Ter-
gogna. Pg. 5^ SO.
ÌS66
DIZIONARIO
Coloro Che qaeflto tempo diiameranno
antico - cioè , la posteriti.Par. 17,
119.
Colpa - per accusa » o sinistra opinione
che scabbia di chi che sia. Par. 17. 52.
Colpa di quella - cioè, per colpa di quella.
Pg. 32 , 32.
Colpo - per piaga. Pg. 22, 3.
Colto - coir o stretto , per colto , sacrifi-
zio, in rima. Par. 5 , 72. fuor di ri-
ma. Par. 22. ^5.
Colubro - coir accento acuto sulla secon*
da sillaba, in grazia della rima , per
serpente , aspide. Par. 6, 77, Lat. co-
Colui che mai non vide coda nuova - cioè,
Iddio , il quale fino da* secoli etemi
ebbe in mente 1* esemplare di tutte le
cose. Pg. 10, 9^.
Com - per come ; benché seguiti conso-
nante, in grazia del verso. In. 26, 12.
Pg. 11, 92. 32, 129. Par. 22 , IW.
Cosi il Petrarca nel sonetto 229. :
Corni perde ageioolmente in un matti"
no ec.
Combattéo -per combattè. In. 5, 66.
Combattere alcuno * per assaltarlo. Pg.
24, 123.
Combusto- abbruciato. In. 1 , 75. Pg.
29 , 118. Lat. combuitus.
Come - per quando , in quella che. Pg.
15, 82. Par. 26, U2. 30, 7. per se-
condo che. Par. 32 , 141. per tosto
che. Par. 12, 58. 15, 74.
Come - 1( come , per la quistione. Pg.
25 , 36. Il come e 7 quando Del dire
e del tacer, cioè, la maniera e1 tempo
del parlare e del silenzio. Par. 21, 46.
Comechè - per ovunaue. In. 6 , 5 . 6.
Come pria - per subito che. Lat. iimul
ac. Par. 9 , 17.
Comiociarsi- per cominciare. Pg. 26,11.
Commedia - coli' acuto sulla penultima sil-
laba, per lo poema di Dante. In. 16,
128. 21 , 2. V. r Ercolano del Var-
chi , a carte 275. Perchè Dante cosi
chiami questo suo poema , v. sotto ,
alla voce Tragedia.
Commendare - per consegnare, raccoman-
dare. Par. 6 , 25.
Gommeosarare - paragonare ona cosa col»
l' altra , bilanciare. Par. 6 , 118.
Commettere - mani commette^ cioè, dita
d' ambe le mani , intrecciate insknie.
Pg. 27 , 16.
Commisa - per commessa , io rima. I^
6 , 21. e voce latina.
Commoto - conunosso. Par. 32 , 00. Lai
eommofiM.
Comò - per come, in rima. In. 24 , 113.
Pg. 23 , 36.
Corfipage - per densità. Par. 13 , 6. Lai.
compages.
Compagna - per compagnia. In. 26, 101.
Pg. 3 , 4. 23 , 127.
Compartire vice e uGcio - distribuire i
ministeri. Par. 27 , 16.
Compatire ad alcuno - Pg. 30 , 95.
Compenso - per modo , maniera , mezu.
In. 11 , 13. Metter compemo^ pet Ur
tollare , soddisfare. Par. 9 , 19.
Compiacemmi - mi compiacqui, in rima.
Par. 15 , 88.
Compiangersi - per aver pieti. Io. 2, 94.
Compianto - sustantivo, pianto di molti in*
sieme , condoglienza. In. 5 , Sk
Compier - coir acuto sulFultima, compire.
Pg. 20 , 38. e per si compirono, b.
21 , 114.
Compìési - per compiessi o si compiè, io
rima. Pg. 20 , 141. v. U Varchi nel-
r Ercolano , a carte 206.
Compilare - per ordinare. Pg. 21 . 27.
Compio - compi. In. 23 , 34.
Comportare - per concedere. Par. 25. €3.
per soflerìre , sostenere. Par. 32, 100.
Compugnere il cuor di paura • In. 1, IS.
Con amore - cioè , per forza d' amore.
Par. 33 , 86.
Conca - per valle. In. 9 , 16.
Concedere • per confessare. Par. 90, 21.
Concedette - concesse. In. 5 , 119.
Concepe - concepisce, in rima, fu» 2 .
37. 29 , 139. fuor di rima. Pg. 28 .
• 113.
Conceperi - concepirà. Par. 33 , 75-
Concetto - per isMnagine. Par. 3 > 60.
Concetto ditiso - chiama Dante il pessiafo
deir uomo , che va e toma , e s ia-
terrompe. Par. 29 , 81.
DELLE PAROLE E FRASL
567
Concetto mortale • iuteodimento umano.
Par. 33 , 68.
Concilio - per coropagnia di molti. Par.
26, 120.
Concilio antico e nuovo- i santi del vec-
chio e del nuovo Testamento. Par. 23,
138.
Concipio- immagino, concepisco. Par. 27,
63. è voce latina.
Concolore - d* un medesimo colore. Par.
12, 11. Lat. coficolor.
Concorde - per concordi , in rima. Par.
15, 9.
Concreato -insieme creato. Par. 29, 31.
Concreata sete , per desiderio innato.
Par. 2 , 19.
Condizionare - per abilitare, render atto.
Par. ih, kS.
Condolémi-io mi condoleva. Pe. 21 6.
Conducere - condurre. Pg. 1 , 69. è voce
latina.
(>>nducitrice - donna che conduce. Pg.
32, 83.
Condurre -per muovere, come fa V ani-
ma le membra del corpo. In. 16, 6h,
Dum tpirùui hot reget arhUj disse Vir-
gilio.
Conesso i due - co*dne. Pg. ih, 96. Comìso
'l iòUe mischio, col dolce mischio. Par.
25, 131. Conesso i fiit co' piedi. Pg.
h , 27. Cernesse «n eolpo^ con un colpo.
In. 32 , 62.
Confesso - per chi à fatta la confessione
de suoi peccati. In. 27, 83. pi^r con-
fessato. Par. 17 , 30.
Confidar del cammino - cioè « di non fal-
lare la strada. Pff. ih, 129.
Confitto - per crocifisso. In. 23 , 115.
Conflato - per mescolato insieme , e ri-
dotto a formare una sola cosa. Par,
33 , 89. Lat. confiaius.
Conformato - per conforme. Par. 2 , I3(k.
Confortar la memoria di chi che sia -
cioè , ristorare la buona fama che al-
cuno abbia perduta non per sia colpa.
In. 13^ 77. V. Riconfortare.
Conforti - per consigli , esoitaiioui. In.
28 , 135.
Congaudete - cioò , godete d' accordo. P^.
21 , 78.
Congiungnersi a'qualche luogo - per avvì-
cinarvisi bene. In 31 , 25.
Congiurare - per iscongiurare. In. 9, 23.
Congratulando a lor pasture - cioè , ralle-
grandosi insieme de' lor pascoli. Par.
18, n.
Coniare -batter moneta. In. 30, ili.
Conio -per quel ferro nel quale è inta-
gliata la ngura che à da imprimersi
nella moneta. In. 30, 115. Par. 19,
1^1. 24 , 87. 29 , 126.
Conio - femmine da conio , cioè , diso-
neste , da corrompere con pecunia. In.
18 , 66. y. sopra , Com.
Con meco - In. 33 , 39. Il Petrarca pa-
rimente, nel sonetto 28. : C ilmornon
venga sempre Bagionando con meco^
ed io con lut.
Conoscitore - che conosce. In. 5 , 9.
Conquiso - ridotto a mal termine , quasi
estinto. Pg. 23 , hi.
Consegue vicenda - cioè , patisce muta-
zione di stato. In. 7, 90.
Consentire a sé stesso -per credere a se
stesso. In. 25 , 48.
Conserto - per intrecciato, inserito. Par.
19, 3.
Conservo - compagno nel servire. Pg. 19,
134.
Consiglio - per consigliere. Pg. 13 , 75.
per Tolontà. Par. 19, 96. 20, 41.
Consiglio - il primo consiglio efie die Cri-
sto , fu quello della povertà. Par. 12 ,
75.
Consiglio che*l mondo governa- la divina
provvidenza. Par. 21 , 71.
Consisterò - per adunanza di soggetti no-
bili. Par. 16, 114. per lo collegio de-
gli angeli. Par. 29, 67. .
Consonare - per accordarsi. Pg. 22, 80.
Consorte * per compagno e condannato
alla medesima pena. In. 19, 32. per
congiunto. In. 12, 84.
Consorte - per consorti, in genere fem-
minino, in rima. Par. 21, 78.
Consorti' - per diiceodenti da uno stesso
ceppo. Pg. 11, 69*
Consorto - per compasno, consorte, par-
tecipe dello stesso bene. Par. 1 $ 69.
Là V è mssUcr M contorfo, o divieto.
508
DIZIONARIO
l)arla de* beni di fortuna , ne* quali o
bisogna aver compagno, e cosi posse-
derne meno ; o è necessario che molti
ne i-estino aflatto senza, e cosi ne pa-
tiscano divieto. Pg. ìk , 87. 15 , ^5.
A tal proposito cosi divinamente Boe-
zio , nella prosa 5. del 2. libro de Con-
solatione Philosophiae : 0 igilur an-
§usta$ inopesque divitias , quas nec ha-
bere totas pluribus licet , et ad quem*
libet sine ceterorum paupertate non ve-
niunt !
Consperso - sparso. Pg. 5 , 20.
Consumare-per finire, compire. In. 2, &>!.
(^onsunsi - consumai. Par. 33 , 84.
Consunto - per consumato. Lu. 11, 66.
Par. 26 , 5. per morto , ucciso. In.
34, IH. Lat. consumius.
Consuonare -per accordarsi. Par. 19, 88.
Contare - per riputare. Pg. 20 , 78.
Contastare - contrastare. In 28 , 14.
Con teco • Pg. 22 , 58. v. Con meco.
Contegno- per condizione, qualità. In. 22,
17.
Contemplante- che contempla. Par. 32, 1.
t^ontemplare a che che sia - Par. 28 , 57;
Contendere - per attendere j por mente.
Pg. 23 , W.
Contentato - contento. Pg. 24 , 63.
Contente a breve festa • cioè , di breve
festa. Pg. 26 , 33. v. Contento alla
pelle.
Contento -per conteoato. In. 2, 77. Par.
2, 114.
Contento - per lieto. In. 19 , 122. Altri
spiegano , attento.
Contento «Ila pelle -cioè, della pelle. Par.
15 , 116.
Contezza -notizia. Pg. 20 , 29. 24, 36.
Conti - per li santi del Cielo. Par. 25, 42.
Contigiato - ornato di oontigia. Contigie
erano calze solate col cuoio , stampate
intomo al pie , ma prendevasi questa
voce per ogni maniera di leggiadro or-
namento. Par. 15 , 101.
Continenza -per misura. Par. 33 , 117.
Continga - avvenga. Par. 25 , 1. Lai. con-
tinuai.
Contingente - por cosa che non aia nnoes-
aahamente , ma che possa essere e non
essere. Par. 13 , 99. 17 , 16.
Contingenza - per cosa che duri picciol
tempo. Par. 13, 63. 64. per le cose
contingenti , cioè che non esistono per
necessità. Par. 17 , 37.
Continuare al primo detto - cioè , aggiu-
gnere altre parole alle già dette. In.
10 . 76.
Conto - cognito , certo, chiaro, illustre,
manifesto , noto. In. 3, 76. 10, 39.
21, 62, 33.31. Pg. 2, 56. 13,103.
15, 12. Par. 25, 10.
Contraddir con alcuno - cioè, ad alcuno.
Par. 4, 99.
Contraddizione - per due proposizioni con-
traddittorie , una delle quali bisogna per
necessità che sia vera , V altra fabm.
Par, 6, 21.
Contra *1 corso del ciel - verso V oriente.
Par. 6, 2. Contro 7 «ole , verso Torieo-
te. Par. 9, 85.
Contrappasso -la pena del taglione; cioè,
quando il gastigo è in tutto simile al
delitto. Oculum prò oculo , dentempn
dente , animam prò afiima , legge^
nella divina scrittura. In. 28, 142.
Contrappcsare - adeguar eoo peso , bilan-
ciare. Par. 21 , 24.
Contraro -contrario, in rima. Pg. 18, 15.
Contrarre - per unire a so. Par. 7 , 45.
Contro a grato - di mala voglia, contrai
proprio piacere. Par. 4 , 101.
Gontnmacia-tnorire in cof/Uumacia dimoia
chi0ia 9 cioè , scomunicato. Pg. 3> 136.
Con tutto che -benché. In. 27 , 11.
Convegno • per condizione « patto. In. S,
135.
Convegnon essere-è necessario che riaoo.
Par. 2 , 70.
Conviene - convengono. Par. 5 , 43.
Convenenza - convenienza* Par. 88^76.
per patto. Par. 5 , 45.
Conveoette r convenne , in rima. In. 25,
42,
Convenien - convenivano. In. 31 , 69.
Convenire • per adonarsi. In. 3 , 123.
Convenirsi -per aliarsi , esser confDroe.
In. 4 , 91. 34 , 30. per congiogoeni.
Pg. 5 , 121. per accordarsi , ooadi-
scendere, dar piena fede. Par. 26» 1S3*
I
DELLE PAROLE £ FRASL
S(i9
3.1 , 137.
Convento - adunanza , congregazione. Pg.
21 , 62. Par. 30 , 129. Lat. eonvenlm.
Convento primo dì Cristo - cioè , gli apo-
stoli. Par. 29 , 109.
Conversi - per abitatori d* una chiostra o
bolgia, allude a' conversi de' frati, per
aver detto chiostra. In. 29 , &1.
Convertire - per digerire. In. 30 , 53.
Convien esser diverse - cioè , che siano
diverse. Par. 8 , 123.
Convolto - imbrattato, sporcato. In. 21,
&6. Cosi spiegano gli Accademici della
Crusca nel Vocabolario.
Coperchiare - coprire. In. 23, 136. Pg.
Xh » o.
Coperchio piloso - perii capelli. In. 7, 46.
i^oppa - per la parte di dietro del capo.
In. 25 , 22. Lat. occiput. Dicesi la stella
di Venere vagheggiare il sole da cop-
pa , quando la sera sL vede rilucere
dopo ch'egli è tramontato. Par. 8 , 12.
Coppo -per lo concavo del ciglio. In. 33,
Coprir le guance - per metter la barba.
Par. 27 , 129. Virgilio disse in questo
senso , neir 8. dell' Eneida , al verso
160. : Tum mihi prima genas vestìbai
fiore juvenlas ; e Lucrezio prima di lui
aveva scritto , al verso 886. del 5. li-
bro della Natura delle Cose : Tum de-
nwm pueris aevo fiorente juventas Oc'
^ cipit , el moUi vestii lanugine malas*
Coram me- voci latine, alla presenza mia.
Par. 25 ,26.
Coram patre - voci latine , al cospetto del
padre. Par. 11 , 62.
Corata - polmone. In. 28 , %6.
Corcare - coricare , era il sole nel corca-
re, cioè , nel tramontare. Pg. 17 , 9.
Corcarsi - coricarsi , mettersi a giacere.
^In. 17, 30.
Cordigliero - cioè , frate zoccolante di
». Francesco, i quali frati vanno cinti
a traverso con una còrda. In. 27 , 67.
I Francesi chiamano cordeliers tutti i
religiosi francescani.
Cornice -per girone di montagna. Pg. 17,
131. Par. 15, 93.
Comi della croce - cioè » punte de' suoi
Iati. Par. 18 , 9k.
Corno - per polo. Par. 13 , 10. per pun-
ta 0 lato di che che sia. Par. 14 , 109.
come la Puglia è detta dal Poeta nostro.
corno d^ Ausonia» Par. 8, 61. v. Cor-
ni della Croce.
Corollario - conclusione che da' flIosoG e
da matematici si ricava oltre le prin-
cipali. Pg. 28 , 136. Par. 8 , 138.
Corona - per ghirianda , ornamento fem-
minile. Par. 15 , 100.
Corpo maggiore , chiama Dante il primo
mobile eh* è il cielo più vasto di tutti
gli altri. Par. 30 , 39.
Corporai - corporali. Par. 28, 64.
Corravàm - correvamo. In. 8, 31,
Corredarsi - fornirsi , adornarsi. Par. 6,
112.
Correggere- per' reggere , governare. Io.
5,l60.
Corrente dell'acqua -acqua che corre ve-
locemente. Par. 17 , 42. «
Correre il drappo verde - cioè, correre il
palio per ottenere il drappo verde pro-
posto in premio a chi vince. In. 15,
122.
Correre in guerra di chi che sia-incontrar
l'inimicizia di qualcuno. Par. 11 , 59.
Corridore -per chi fa correrie. In. ^, 4.
Corruccio - cruccio , sdegno , stizza , wom
di corrucci, cioè, sdegnoso, collerico.
In. 24 , 129.
Corruscare -lampeggiare, folgorare. Pìz;.
21 , 50, per risplendere. Par. 5 , 126.
20 , 84. è voce latina.
Corrusco - splendido. Pg. 33, 103. Par.
17 , 122. Lat. coruscus.
Corte- per foro , luogo dove si rende ra-
gione. Par. 7 , 51.
Cortese - detto per ironia. Par. 9 , 58.
Corto - per inefficace. Pg. 30 , 137.
Corto - per brevemente , in forza d* avver-
bio. Pg. 11 , 41. per po(:o , in forza
pure d* avverbio. Par. 11 , 53.
Corto a che che sia - cioè , non sufficien-
te a giiìgnerti. Par. 33 , 106 , 121.
Coscia del carro •cioè , sponda. Pg. 30,
100.
8oscienza fusea 4i vargogna - Par. 17 ,
194.
7»
570
DIZIONARIO
Cosi come - in vece di lesto che. Par.
k, 85.
Così 0 cosi -in questa o in queli'alira
guisa. Par. 26 , 131.
Cosperso - sparso. Par. 27 , 30.
Costa - per salita o banda. In. 12 , 62.
13 , 115. Costa dei monte. Pg. 2« 131.
Par. 11,&5. Coste detta nave. In. 21,
12.
Costellato - congiunto in costellazione.
Par. 14 , 100.
Costinci - ditostà'. In. 12 , 63. Pg. 9, 83.
Costo - per fatica. Pg. 23 , 9.
Costrutto - per una ])arte del ragionamen-
to. Pg. 28 , 147 , per utilità, prò. Par.
23, 24.
Co^rutto - per fabbricato insieme. Par.
29 , 31.
Costui e colui - detto di persone indefini-
te. Pg. 4 ^ 73. 74.
Costai -dimostrativo di cielo. Par. 28, 70.
Costuma - per costume. In. 29 , 127.
Costume - per maniera gentile ed umana.
In. 33 , 152 , per qualità. Par. 33 ,
88 , per vita buona. Par. 32 , 73.
Costura-cucitura chefa costola. Pg.13,83.
Cotai - cotali. Par. 24 , 26.
Cotal - per cosi. Pg. 32 , 128.
Cotale- per in tal guisa, similmente. In.
12 , 25 , qui à forza d* avverbio.
Cotanto - per tanto perfetto ed eccellente.
Par. 31, 6.
Cotenna - la pelle del porco , e figurata-
mente , por lo porco cinghiale. Par.
19, 120. ^
Cotesti -accusativo mascolino , del nume-
ro del meno. Lat. iste. Pg. 11^ 55.
Ceto 0 quoto - pensiero , dal latino cogito.
In. 31 , 77. Par. 3 , 26. voce disusata.
Coverchiare «coprire. In. 34 , 114. Pg.
2,2.
Coverta - per coperta o cosa che cuopre.
Par. 26, 101.
Coverto - coperto. Par. Sjft , 97 , 29 , 2.
30 , 143.
Cozzo - urto , incontro impetuoso. In. 7 .
55. Dar di cozzo, cozzare , urtare. In.
9. 97. Pg. 16, 11.
Crastioo - del giorno di dimani , ò voce
latina , far crostino dell* odierno , per
impetrare a forza d' opzioni , che la
morte si difierisca , e dove ogfii dovea
succedere , avvenga dimani. Par. 20,
54.
Creature alte , chiama il Poeta nostro le
intelligenze celesti , ovvero 1* anime de-
gli eletti ; o pure gì* ingej^ni più sottili
e più illuminati. Par. 1 , 106.
Creature prime - le intelligenze celesti.
In. 7 , 93.
Crebro - frequente. Par, 19. 69. Lat. ere-
ber.
Credesse -per credessi , in rima. In. 13,
23.
Crescere- accrescere. In. 9, 90.
Creso -per credette, in rima. Pg. 32, 32.
Criare- creare. Pg. 16 , 80. Par. 3, 87.
Co^l qualche volta il Petrarca.
Crìcch - il suono del ghiaccio e del vetro
quando si spezza. In. 32 , 30.
Crine -«fare a crini, stare appresso di chi
che sia , per aiTorrarlo opportunamente
ne' capelli. In. 27, 117.
Cristallo - per anima beata risplendentis-
sima. Par. 25 , 101. per pianeta. Par.
21 .25.
Croce - per qualsivoglia tormento. In. 16,
43. 33 . 87.
Croce • porre a croce , per far morire di
fame. In. 33 , 87. Porre in croce , per
is villaneggia re , bestefnmiare. In. 7 ,
91. e per gastigare, cruciare. In. 16,
43.
Croio - duro , simile al cuoio bagnalo e
poi rasciutto. In. 30 , 102.
CroUonne - crollò, in rima. Pg. 32. 27.
Crosciare - mandar giù d*a)to con violen-
za , come si fa ddlo sferzate, lo.i^i
120.
Crucciarsi - sdegnarsi. In. 3 , 94.
Crucciato-sommamenle sdegnalo. In.30,i.
Crucifisso - crocifìsso. Pg. 6 , 1 19.
Crudo - per severo. In. 20 , ^2.
Crudo al dovere - per ingiusto. Par. 9.,
48.
Cruna - picciol foro dell* ago. In. 15, SI*
per via stretta , a sonn<:lianza delli
cruna dell* ago. Pg. 10 , IG.
Cruna - dare ai alcuno per la cruna id,
suo ditto, vale , farsi incontra al v»
DELLE PAROLE E FRASL
871
desiderio. Pg. 21 , 37. v. anche il
. Varchi nell' Ercolano , a carte 87.
Cubarsi - per giacersi nella sepoltura. Par.
6 , 68. Lat. cubare.
Cuculia - per cocolla , veste. Par. 9, 78.
Cui distava - cioè , dai quale. Par. 28 ,
38.
Cuota - dimoranza. Lat. cunctatio. Pg.
Cuoia vecchie e nuove - per te divine
scritture si dell' antico Testamento ,
come del nuovo , solite scriversi un
tempo nelle carte pergamene che son
cuoia , cioè pelli d' animali. Par. 2h,
93.
Cuor della luce - cioè , centro di essa.
Par. 12 , 28.
Cuore - per coraggio , valore. In. 18, 86.
Cupa fame - cioè » profonda , insaziabile.
Pg. 20 . 12.
Cupe - per desidera. Lat. cupU. Par.
Cura - per ardente carità , o atto di essa.
Par. 13 , 30.
Cura - per curiosità , e gran desiderio di
sapere. Par. 28 , W. e in altri luoghi.
Cura - avere in cura^ cioè, curare, prez-
zare. Pg. 13 , 87.
Curare - per purgare , nettare. Par. 17,
20.
Curro - legno ritondo e non molto lungo,
il qual si mette sotto pietre o altre co-
se gravi , per farle muovere agevol-
mente, e per metafora , il curro delio
fguardo^ cioè , l'andare , il procedere
delia vista. In. 17 , 61.
Curule 0 curuli , si chiamavano presso
gli antichi Romani le sedie de* primi
magistrati. Par. 16 , 108. .
Custodi - per custodisci. Par. 31 , 88. è
voce latina.
Cuticagna- collottola, parte di dietro del
capo , vicina al collo. In. 82 , 97.
D
B - lettera formata nel pianeta di Giove
dagli spiriti beati. Par. 18 , 78.
' Da che - per dopo che , poiché. In. k ,
97. Pg. ik , 118. per giacché. In. %
85. 13 , 79. Pg. 1 . 55.
Da Ciel piovuti - dal Cielo. In. 8 , 83.
Da ciò non erano le proprie penne - cioè,
atte a ciò, buone, suUicienti. Par. 33,
139.
Da due anni - cioè , intorno a due anni.
Par. 32. 33.
Da essa - degno di essa. In. 5, 10. Cosi
il Petrarca nel sonetto 293.: Dio, per
adomarne il Cielo , La sì rttoUe : e
cosa era da lui.
Da imo - dal fondo. In. 18 , 16.
Da indi - poscia. Par. 3 , 68. 20 , 125.
Dalla lungi - da lontano. In. 31 , 23.
Dalle reni - dalla parte delle reni. In. 20,
13.
Dalli fior - da' fiori. Pg. 7 , 76.
Dalmi - mei dà. Par. 24 , 184.
Dal principio del mattino -Lat. primo
mane , éummo mane. In. 1 , 37.
Dama - daino , animale. Par. 4 , 6. qui
con una sola m , per la rima.
Da mane - da mattina. Lat. mane. Par.
27 . 29.
Da mattina -Lat. mane. Par. 31, 118.
Da me non venni - cioè , di mio capric-
cio. Pg. 1 , 52.
Dannaggio - danno. In. 30 , 136.
Dà noi - dacci , dà a noi. Pg. 7 , 38.
Da ogni parte ad esso - cioè , da ogni
lato intorno ad esso. Pg. 2 , 22.
Da onde - donde. Par. 6 , 70.
Dape - per cibi. Par. 23, 43. Lat. dapet.
Da prima - nel principio. In. 1 . 40. Par.
. 3. 129.
Dare - per concedere. Par. 24 , 58. per
esser dato. Par. 1 , 15. pur vulcere
Pg. 3 , 14. 32 , lOS.
Dar delle calcagno - per i.^pronare , sli-
molare. Pg. 12, 21.
Dar di cozzo - cozzare. In. 9 , 97. Pg.
16, 11.
Dar di piglio in che che sia - rapire ,
metter le mani violentemente. In. 12,
105.
Dare il dosso- voltar le spalle. In. 31.
7. Lat. dare terga.
Dare il punto • termine proprio degli a-
strologhi, quando dimostrano Fora pro-
pizia da far qualche oosa. In 10, 110.
b7i
DIZIONARIO
i)dr guerra ' muover guerra. Par. 25, 6.
Dar le reni - volger le spalle. Par« 4, 141.
Dar materia a dubitare - cioò , di dubi-
tare. Pg. 22 , 29.
Dar paura - impaurire. Io. 1 , 44.
Darsi mal vanto -appena vantarsi. In. 31,
64.
Darsi nel petto - percuotersi il petto. Pg.
9 , Ili.
Dar volta a chi che sia - per venir verso
di lui. Pg. 5, 41.
Da sera - Lat. vesperi. In. 15, 18. Par.
27 , 29. V. Da mattina , Da mane.
Dassezzo - piaga dassezzo, cioè , ultima
in ordine. Pg. 25 , 139. Al dastezzo.
ultimamente. In 7 , 130.
Da tal parte - per in tal modo. In. 18,
97.
Dattero - frutto della palma, dattero per
figo , maniera proverbiale , simile a
qUell' altra più trita , pan per focaccia.
e significa esser gastigato secondo i
suoi meriti , patir la pena del taglione.
In. 33 , 121.
Da tutte parti - da tutte le parti. In. 12,
40. Pg. 2 , 55.
Davante - per davanti , avverbio di luo-
go, io rima. In. 6 , 39. Par. 5 , 90.
per innanzi , prima , avverbio di tem-
po, pure in rima. Par. 9 , 66. 32 ,
91. 33, 111.
Davanti - avanti, avverbio di tempo. Par.
29, 145.
Dea - per dia , verbo. In. 33 , 126. Pg.
21, 13.
Deano - diano. In. 30, 96.
Debbia - debba. In. 24 , 151.
Debile immagine • cioò , tenue , poco e-
spressa. Par. 3, 14.
Debilemente - debolmente. Pg. 17 , 6.
Decenne - di dieci anni. Pg. 32, 2 Lat.
decennis.
Deciso - per rimosso , allontanato. Pg.
17, 111. per tolto, separato, partito.
Par. 4, 53.
Declivo - che scende o declina. Par. 20,
61.
Decretali - v. la Parte seconda delle Storie.
Decreto - per detonnioato . prefisso. Par.
1, 124. 15, 69.
Decurio - decurione , caporale di dieci,
uomini. In. 22, 74. è voce latina.
Dedurre - per passar di cosa in cosa. Par.
30, 35.
Dedursi- per disporsi, ridursi. Pg. 14,77.
Dedutto - per proveniente , procedente ,
disceso. Par. 20^ 58.
Dedutto - cera dedutta^ cioè , menata, e
fatta molle. Par. 13 , 73. qui ò me
tafora.
Dee - per intelligenze eelesti. P^r. 28 .
121.
Defunto-* per tolto via aflatto, perdalo.
Par. 26, 9,
Defunto mondo, chiama Dante 1* Inferno.
Par. 17, '21.
Deggio - debbo. In. 15, 118. 27, 109.
Degli - Sanza conttringer degli angeli ntri ,
cioè, alcuno degli angeli neri. In. 2},
131.
Degli caldi rai- Par. 2, 106. Degli mali.
In. 19. 19. Degli versi. In. 9, 63. per
de caldi, de* quali, de' versi.
Degnare - per giudicar degno , dicevole.
Pg. 30, 74.
Degno- per conveniente, giusto. Pa. Il,
5. tar. 12, 34. ^
Degno a ciò - degno di dò. In. 1, 122.
2, 33.
Dei - per angeli, intelligenze. In. 7, 87^
Deiforme regno - la beatitudine di rita
etema, di cui Dio ò forma. Par. 2,20.
Delectasti me. Domine, in factura taa-SI-
gnore , tu m' ài dilettato neUa tua fot-
tura, narole del salmo 91. al verso 5.
Pg. 2oj oO.
Delinquere- peccare. Pg. 33, 45. èvoeo
latina.
Deliro - delirante , che vaneggia. P^. 1,
102.
Della paura - cioè , per la paura. Io. 23,
20. cosi , dello invento , per lo spa-
vento. In. 3 , 131. e molte altre na-
niere simih*.
Del suo lume - conduce del tuo /«ma, doi,
il suo lume. Pg. 4 , 63.
Del ver si sogna - doò, si sogna a Vero.
In. 26, 7.
Delubro -per tempio. Par. 6, 81. Lat
UéMrum.
DELLE PAROLE E FA ASI.
••Mt
o73
Den- debbono. In. 33. 7. Pg. 13 , il.
Denno - debbono. In. 16 , 118.
Dente " metter li denti in chi che Aia. In.
13 , 127. Pórre li denti a che che «la.
1d. 32 , 128.
IT entro alle leggi -cioè, fuor del corpo
delle leggi civili. Par. 6 , 12.
Dentro da esso - Par. 22» 111. Dentro
dal del. Par. 2 . 112. Dentro dalla
rete. Pg. 26 , 2^. Dentro dal ìpionte.
In. U , 103. Dentro dal tempio. Ps.
12 , 53. Dentro da me. In. 26 , 97.
Demmo da quelV arche. In. 9 , 125.
Dentro da tè. Pg. 17,23. Par. 2, 119.
33 , 130.
Deo-Dio. in rinaa. Pg. 16. 108*
Deono "^ debbono. In. 19» 3.
Dependero - dipendere. Par. 28, 42.
Derelitto -abbandonato* tralasciato. Par.
9. 13i. 12. 113.
Derivarsi - per ispaudersi e scorrere. Par.
30. 87.
Deserto -per abbandonalo. Io. 26, 102.
Par. 15. 120.
Desirare - desiderare* Pg* 15 , lOilh. 17,
128.
Destra del Cielo - per mano di Dio. Par.
15, 6.
Destro abito - cioè, virtuoso. Pg. 30, 116.
Determinato numero si cela - cioè , non
apparisce termine di numero , perchè
i soggetti sono innumerabili. Par. 29,
135.
Detruso - cacciato abbasso. Par. 30, 146.
Lat. delrusHi.
Deturpare - bruttare , macchiare. Par.
15, IW.
Deui . veneruni gentee^Dìo, vennero le
genti, principio del salmo 78. dove il
Profeta predice gli strapazzi che dovea
ricevere la Chiesa , e 1 tempio del Si-
gjDore da' suoi nemici. Pg. 33, 1.
Dia - per divina. Par. 23, 107. 26. 10.
Dia lìice, per vivissima e risplendentis-
sima. Par. ìk, 34^.
Dianzi- avanti , poco prima. Pa. 9 » 52.
91, 35.
Dibarbare - avellere dalle radicL Pg. 31,
70.
Di botto - iQ un attimo. In, 93, 130.
Di butto -di botto, d'improvviso, tosto.
in rima. In. 24. 105. Pg. 17. 40.
Dicén - dicevano. Pts. 18. 133.
Dicere - diro. Li. 10 , 20. 16 . 17. 28,
2. 102. 32. 6 , 19. Pg. 8, 103. 10 ,
60. 25, 15. 28, 88. 30. 46. Par. 5,
67. 11, i4. 14, 62. 26 , 23. 28,
62. 29, 83. 30. 127. 32, 150. 33.
123. è voce latina.
Dicerólti - tei dirò. In. 3 , 45. v. V Er-
colano del Varchi , a carte 211.
Dicessi - per dicesse , in rima. hi. 4, 6V.
Diche -per dichi , io rima. In. 25, 6.
Par. 25. 86.
Di che -per de' quali. In. 18, 24.
Di che - in luogo di perchè. Pg. 29, 76.
Dichiarare ' per discoprire. Pg. 8. 51.
Dichiareraulti - tei dichiareranno. Pg. 24,
48. V. anche V Ercolano del Varchi !
a carte 208.
Dichinare - scendere abbasso. In. 28. 75
Pg. 1, 113. 7, 43.
Dlchinarsi - lo stesso che dechinare, lo
32. 56.
Dici - di', dal verbo dicere o dire. In.
2. 13. Pg. 7. 62. Par. 7. 55.
Di ciò • per in ciò. In 4. 93.
Di colpo - tostamente , immantinente. In.
22. 124.
Di centra - dirimpetto. In. 22 , 34. Pìt.
10. 67. 14, 132. Par. 32 . 31.
DI contro - è lo stesso che di centra. Par.
• 32. 133.
Di costa - allato, al fianco. Pg. 32, 152.
Di die in die - di gionio in gionio. Par.
16, 8.
Die - di , giorno, in rima. Pg. 30, 103.
Par. 16, 8. /Vìnto die , chiama Dante
il principio del mondo. Par. 7, 112.
Die - per di' , dici, in rima. Pg. 25. 36.
Diece -dieci. Pg. 29, 81. Diece men mi-
turato da mezzo e da quinto , perchè
il cinque è la metà del dieci ; e cin-
que volte due fanno dieci. Par. 27
117.
Diemì-mi diedi, in rima. Pg. 30, 51.
V. il Varchi Dell' Ercolano ,» a cart»
206.
Dieone- per ne diede, mi diede, io rima.
In. 9, 13.
nu
DIZIONARIO
Dienno- diedero. In. 18. 90. 21. 186. | Dignitoso • che i dignità e ripaUzioM.
Dierno - diedero, in rima. In. 30, 9k. 1 Pg. 3, 8.
Dieta - per sobnetà, digiuno. Pg. 24, 18.
Difendere - per contendere , togliere , al^
lontanare. In#15, 27. Cosi Orazio nel-
ì*oda 17. del 1. libro : Defendit aesta-
lem eapeUiSt per mantenere. Par. 27,
62.
DIfensione- per custodia, guardia. In. 8,
123. per difesa , schermo , riparo. In.
7, 81.
Difesa - per vendetta. Par. 27, 57.
Difettivo - difeltuoso. Par. 11 , 2. 33 ,
105.
IXffalta - difetto , colpa , peccato. Pg. 28,
94, 95. Par. 9, 52.
DffTerente-mente - questa è parola divisa
in due parti , Tuna in fine d'un verso,
l'altra in principio del seguente. Par.
24, 16.
Diffuso di letizia -pieno di gioia che tra-
sparisca di fuori. Par. 31, 61.
Dificio - edificio , macchina , ordigno. In.
34, 7. Pg. 32, 142. qui per carro.
Di forza • con veemenza e calore. In. 14.
59.
Di fuori - il di fHori. Pg. 27, 88.
Di furi - cioè , di fuori, in rima. Pg. 19.
81.
Di galoppo - per velocemente. In. 22 ,
114.
Digesto - per ordinato , distinto. Par. 25,
94.
Digesto a divozione - per compunto , ri-
dotto alla pietà. Par. 10, 55.
Digiuno - sustantivo, per dubbio , curio-
sità di sapere. Par. 19. 33.
Digiuno - io/ver« il JUgiuno^ per appagare
la voglia. Par. 15, 49. v. il Petrarca
nel sonetto 197.
Digiuno - addiettivo, per esente. Par. 16.
135. Digiuno (f esser cmUeiUo , cioè ,
lontano assai dall* esser pago. Pg. 15,
58. Dietimo di vedere^ che non à ve-
duto, in. 28, 87. Non $on digiuno di
vtdtT coiiui. cioè , il vidi altra volta.
In. 18 . 43. DigiuAo di tua materia ,
cioè , raro ch*ò contrario al denso; pro-
venendo la rarità di un corpo da acar*
tazza di materia. Par. 2 , 75.
Digradare - scendere di grado io grado.
Io. 6, 114. Par. 32, 14. per andana
strignendo , quasi in figura conica. Pg.
22, 133. Fifttula , cui semper deerueU
arundinis ardo ; disse Tibullo nella 5.
elegia del 2. libro, parlando della san-
pogna , composta di sette canoe di lun-
ghezza diseguale , come si veggono le
canne de' moderni organi, ciò potrebbe-
si dire , digradare.
Digrosso - colui eh* è uscito alquanto fuor
di cammino , che à fatto digressiooe.
Par. 29, 127. Lat. digresuu.
Digrignare i denti - mostrare i denti fre-
mendo , come fa il cane. In. 21 , 131,
134. 22, 91.
Dilaccare- per guastare, stracciare. la.
28, 30.
Dilacerare - fare in pezzi. In. 13 , 128. è
voce latina.
Di là da nostra usanza- oltre a nostro
uso. Par. 13, 22.
Di là da quello eh* egli è parveote-cinè.
diverso da quello chei pare. Par.
19, 57.
Di largo - largamente. Par. 33. 92.
Dilatar la fidanza - accrescere il coraggioi.
Par. 22. 55.
Dilettanza - diletto. Pg. 4. 1. Par. 18. 58.
Dilettar malo - diletto peccaminoso, hr.
7, 84.
Dilettoso - dilettevole. In, 1, 77.
Dilibrarsi - uscire di bilico , tracollare.
Par. 29, 6.
Di lieve - agevolmente , facilmente. Fr.
8, 76.
DiligiU juttitiam , ^t judieatii temm.
Amate la giustizia , voi che giodietlc
la terra. Con queste parole comiocia
il libro della Sapienza, che s* annofe-
ra tra quelli delle divine scrittore : e
queste parole finge Dante che fossero
formate nel pianeta di Giove datt* or-
dinanza deir anime beate. Par. 18.
91, 93.
Dilmi « dimmelo. Pg. 16, 44.
Di lungi - Lat. procul. In. 4. 70.
I Dimagrarsi - per ifminairn. h. 24, lU.
DELLE PAROLE E FRASI.
575
Dimandai <i' un lume - cioò , che lume
fosse. Par. 26, 80.
Dimandar per Dio - mendicare , chieder
la limosina per amordi Dio. Par. 22,
83.
Dimando - nome, per dimanda, richiesta ,
preghiera. In. 2, 97. 10, 126. 15, 79.
19 , 78. Pg. 6, 69, per cosa dimandata.
Pg- fc, 18.
Kmane - per lo principio del giorno. In.
33, 37.
Di men-meno. Io, 15, 100.
Dimensione- per corpo il quale à lun-
ghezza , larghezza e profondità, colle
quali tre misure occupa spazio in cui
non può stare insieme naturalmente un
altro corpo. Par. 2, 38.
Dimesso- per condonato, rilasciato. Par.
5. 59.
Dltneltcre - per concedere. In. 29 , 15.
per rimettere , perdonare. Par. 7, 92.
117.
Di mezzo 1 ciel - dal mezzo del cielo. Pg.
2, 57.
IMmon-per demoni. In. ìk,ki. 18, 35.
Dimoni • per demoni. In. 22, 13.
Dimooio - demonio. In. 3, 109. 30, 117.
33, 131.
Dimoro - nome, per dimora. In. 22, 78.
Dimostrato - cioè, conosciuto per via d'ar-
gomentodimostrativo che produce scien-
za, non già opinione. Par. 2 , kk.
Dinanzi - per prima, avanti. In. k , 62.
10, 98. Par. 26, 79. Dinanzi al Cri-
itianesmo. In. k, 37, e in altri luoghi,
per poco avanti. Par. 11, 25.
Dinanzi - non mi $i parità dinanzi al
f>oUo, non cessava di starmi davanti.
In. 1. 31^.
Dindi - parola colla quale i fanciulli chia-
mano i danari. Pg. 11, 105.
Di parte -per fazionario, partigiano. Par.
9 ,59.
Dipartire - per rompere. Pg. 9 , 75. per
separare. Par. 6 , 105.
Dipartirsi da chi che sia * per essergli dis-
somigliante. Par. 8, 130.
Dipelare - levare il pelo. In. 25 , 120.
Dipelato- pela to, prìvo di pelo. In. 16, 35.
Di piano - liberamente. In* 22 , 85.
Dipignere- volto dipinto di riso. Par. 29, 7.
Dipinio di primavera , cioò , smaltato
d*erbe e di fiori. Par. 30, 63. Dipi-
gnern di maratiglia. Pg. 2 , 82. Di-
pinla genie, chiama Dante gì* ipocriti,
la bontà de' quali tutta consiste nellap-
parenza. In, 33 , 58.
Dipigner le luci - per affacciarsi agli oc-
chi , e figurarvi dentro la propria im-
magine» Par. 23 , 91, v. Idolo.
Di poco- da poco tempo in qua. In. 9, 25.
Diporre -deporre. In. 19 , kk. Pg. 18, 84.
Di presso - d' appresso. In. 12 , 65,
Di prima -prima. Pg. 15, 11.
Di qua entro -fuor di qua. Lat. hinc. In.
32, 113.
Di que*-per di quello. In. 32, 114.
Di quel modo -in quel modo. In. 30, 26.
Diramarsi - per diffondersi , stendersi da
più parti. Par. 10 , 13.
Di ramo in ramo -figuratamente, cioè ,
di punto in punto , d' articolo in arti-
colo. Par. 24 , 115.
Dlretano - ohe sta di dietro. In. 25 , 55.
Diretato - per tralignante , che non ere-
dita la virtù de' suoi antenati. Lat. de-
gener. Pg. U, 108.
Diretro - dietro. In. 14 , 140. Pg. 4 , 29.
Par. 1 , 35.
Diretro -t( diretro ^ cioè, la parte dere-
tana del corpo, il dosso. Pg« 19, 97,
Diretto -• per dritto , bene incamminato.
Par. 27 , 147.
Dirietro-per dietro. In. 13, 124, 23,
77, 25, 115. Pg. 6, 5. Par. 9, 6.
Il, 47. 12, 117. 21, 16, 132, per
indietro. In. 20 , 39.
Di rimbalzo -non dirittamente, ma quasi
di riflesso , traslato da coloro che giuo-
cano al nallone. In^ 29 , 99.
Dirimere - aividere , distinguere. Par. 32,
|8. è voce latina.
Di rintoppo- oppostamente, allo'ncontru.
In. 32 , 112.
Dirivare - derivare. In. 7 , 102.
Dirizzami -mi dirizzai. Pg. 15 , 43.
Dirla sete- per manifestarla. Par. 17, 12.
Dirocciarsi - diflbodersi , cadendo di mon«
te in valle , e dicesi dell' acque. Ih.
14 , 115.
576
D I Z I 0 N A a 1 O
Dirompere- frangere , romper eoo violen-
xa. In. 9k , 55.
Dirubare- rubare , spogliare. Pg. 33, 57.
J)isagguagUaDza - disparità. Par. 15 , 83.
JMsagiare - apportare incomodo» Pg» 19,
HO.
Disagio-per penuria, mancamente. In.3&,
99.
Disanimato - senz* anima. Pg. 15, 135.
J)isascondere - per manirestare.Par.25.66.
Disbramare-adempier le brame. Pg. 32, 2.
Disbrigare - levar la briga , V impedimen-
to. In. 33 , 116.
Discarcare - per deporre dalle spalle. In.
17 , 135.
Discarcarsi il carco di vergogna - lascia*
re di vergognarsi. Par. 18 , 66.
Discamarsi - dimagrarsi. In. 30 , 69.
Disceda - per si parta, in rima. Pg. 20.
15. ò voce latina.
Discente * discepolo, scolare , che impa**
ra. In. 11 , 10^. Par. 25 , 64. Lat.
diicens,
JHscernere - |H^r uiuriicare. In. 1 , 112.
Discettare - per disgregare, disunire. Par.
30 , 46.
i)ischiavarsi - per iscoccare, detto d'uno
strale. Par. 2 , 24.
Dischiomare - svellere i capelli > levar le
chiome. In. 32 , 100.
Dischiudere - per disciogliere. Pg. 31 ,
9. per aprire , svelare. Par. 24, 100.
per escludere , dichiarare incapace.
Par. 7 , 102.
Dischiuso * per aperto , esposto , mani*
festo. Pg. 33 , 132. Par. 14 , 138.
per colui eh' è arrivato in luogo aper*
to. Pg. 19 , 70.
Discindere - per distaccare , svellere , co*
me frutta d' alberi. Pg. 32 , 43. è \ o*
ce latina.
Disciplina - per correzione. Pg. 23, 105.
Così qualche volta 1' Ariosto.
Discolorare - levare il colore. Pg. 11 ,
116.
Disconfortarsi - perdere il cora^io , av*
vilirsi. In. 8 , 94.
DisconveneTole - per mal atto , inabile.
In. 24 . 66.
Discoprife - per inventare. In. 29 , 128.
Diacordanti liti o lidi - cioè , abiUti da
gente di religione diversa. Par. 9, 85.
Discordarsi * per esser distante. Pg. 33,
89.
Discosceso * dirupato. In. 12 ,8. 16 ,
103.
Discoverse - discoperse. Par. 28 » 138.
Discoverto - discoperto. Par. 27 , 85.
Discrezione - per luogo separato da m
altro. Par. 32, 41.
Discrivere - descrivere. Pg. 29 , 97.
Disdire - per negare. Pg. 3 , 109.
Diserto - sustantivo, deserto , solilodiae,
luogo disabitato-. In. 1 , 64. Pg. tt ,
152. Par. 32 , 32.
Diserto - addietUvo, deserto , abbandoiia-
to , solitario. In. 1 , 29. Pg. 1, 130.
6 , 105.
Diserto - per ispogliato. Pg. 16 , 58.
Disfamare - levar la fame , satollare. Pg.
15 , 76.
Disfatto -per abbandonato d'ogni iocco^
so e guida. In. 8 , 100.
Disfavìllare - sfavillare , fiammeggiare.
Par. 28 , 89. per ardere di vergogna.
Par. 27 , 54. per uscire con ispieoda*
re. Pg. 15 , 99.
Disfiorare il giglio - guastare la sua bel-
lezza. Pg. 7, 105. qui uietaforìcamea-
te , per macchiare la gloria della ca-
rena di Francia , l' armi della qoalo
sono i gigli.
Disfrancare - privar di libertà « far di li-
bero servo. Par. 7 , 79. Il Vocabola-
rio della Crusca spiega , torre la fraar
chezza , la forza ; infiebolire.
Disfrenata saetta - sciolta dalla corda del-
l' arco, scagliata per ì aria. Pg. 32. 35.
Disgiunto - disunito , separato , rotto.
Pg. 9 , 51.
Disgravare - per alleggerire. Par. 18. 6.
Disgravarsi f alleggerirsi, sgombrarsi, la.
30 , 144.
Disgrevare - per isgravare , alleggerire.
Pg. 11 , 37.
Disìante " disioso , desideroso. Par. 5,81.
Disianza - disio , desiderio. Par. 22, 65.
23 . 39. 33 , 15.
Disiare - desiderare. Pg. 7 . 86. , Ptf.
4, 72. 7, 144, 90» 132.
DELLE PAROLE E FRASL
bài
Disigillasi la neve al sole • cioè, si strag-
gè. Par. 33, 6i.
Disioso a più letizie * cioè , di più leti-
zie. Pg. 29, 33.
Disire -desiderio. Pg. 18 , 31. per og-
getto desiderato. Par. 1,7.
Disiri - nel numero del più , da disire o
disiro. Pg. 31 , 22.
Disiro- desiderio. Pg. 22 , k. Par. 8,
30. 31 , 65. 33, Ìi3, Aver fermo il
disiro a chi che sia , cioè , desiderar
lui solo ardentemente. Par. 18 , 133.
Disiro nostro - per Gesù Crìste. Par. 23,
105.
Dislagarsi - stendersi o dilatarsi a guisa
di lago o di fiume che innondi. P;;.
3 , 15.
Dislegare - per dispieeare. Pg. 25 ^ 31 .
Dislegare ogni nube di mortalità - cioè .
sgombrare ogn' ignoranza cagionata al-
l'anima dal corpo. Par. 33 , 31.
Dislegarsi da colpa -giustificarsi, discol-
parsi , far sua scusa. I^. 33 , 120.
Dismagare - disviare , trar dal dritto sen-
tiero. Pg. 3 , 11. 19 ,. 20. ma questa
voce nel primo luogo da altri viene
spiegata altrimenti.
Dìsmagliare - rompere e disunir le ma-
glie ; scrostare , levar la crosta. In.
29, 85.
Dismalare - liberare dal male , iniarire.
Pg. 13 , 3.
Dismentare - dimenticare, Pg. 21 , 135.
voce disusata.
Dismisura - per superfloità , lusso smo-
derato , scialacquo , eccesso. In. 16,
7k. Pjg. 22 , 35.
Disnebbiare - sgombrar dalla nebbia. Pk.
28.81. *
Disnodare -per rivelare. Pg. Ib , 57,
Disnodarsi dal corpo - uscire di esso ,
morendo. Par. 31, 90.
Disonnarsi - svegliarsi. Par. 26 , 70.
Di sopra - 1( diiopra , la parte superio-
re , come soffitto. Par. 31 , 19.
Dispaiare - disunire , disgiugnere. In. 7,
io. per iscompagnare due che vadano
a paio. Pg. 25 , 9. per levar la pro-
porzione e la forma. In. 30 , 52.
Disparì • per dissimile. Pg. 29 , 134.
Dispari ad ogni altra - cioè , smisurata,
eccessiva. Pg. 13 , 120.
Dispario • disparve. Pg. 15, 93.
Disparito - dileguato. In. 22, 136.
Disparmente - disegualmente. Pg. 11 , 28.
Dispensa - per luogo da occupare , stanza
o parte. Pg. 27 , 72. per distribuzio-
ne , digestione. Par. 5, 39.
Dispensare o due o tre per sei - rendere
una picciola parte di tutto il mal tol-
to. Par. 12, 91.
Dispensar la vendetta - per apparec-
chiarla. Par. 17, 5i. Cosi spiega il
Landino.
Dispetto - addiettivo , per disprezzato ,
mal accetto , o dispettoso. In. 9, 91.
Par, 11 , 65, 90.
Dispiccare - spiccare , trarre , cavare.
Pg. 15 , 6&
Dbpiegare-per rivelare. Par. 33, 33.
Dispiegarsi - per diffondersi. Pg. 33. 1 16.
Dispitto - sustantivo , dispetto , in rima.
In. 10 , 36.
Dispogliare • per levare le frondi agli al-
beri , come fa l'autunno. Par. 28, 117.
per iscancellar dalla mente qualche
impressione. In. 16 , 5i.
Disposare - sposare. Pg. 5 , 136. Par.
11 , 33.
Disposto - per assegnato. Pg. 20 , 100.
Disposto agli occhi - agevole , comodo a
vedersi. Pg. 10 , 5^
Dispregio -avere in dispregio , per isde-
gnare. In. 23 , 93.
Disserrare la porta del piacere - cioè .
accettare di buon grado. Par. 11,60.
Dlsserarsi - per isprigionarsi , sciogliersi.
Par. 23 , hO.
Dissi lui - cioè , a lui. In. 7 , 67.
Dissimile - coli' accento acuto sulla penul-
tima sillaba. Par. 7 , 80.
Distanti alla tua patria - cioè , dalla tua
patria. Par. 21 , 107.
Distender V arco - per allentarlo , centra-
no di tendere. Pg. 16 , 48.
Dutesa lingua - per favellare aperto , co-
pioso e piano. Par. 11 , 23.
Disteso lago - cioè , largo , spazioso. Par.
1, 81.
Distillare - io dolce distilla nd cmre.
73
jprt
DIZIONARIO
Par. 33 , 62. Co^i Lucrezio nel k. li-
bro , al verso 1052. : Hinc tUae pri-
mum VenerU dulcedinis in cor Stilla-
ffU guUa.
Distorto - torto , contrario di diritto. Pg.
9, 133. 19, 8.
(Distretta - nome sustantiyo verbale, stret-
ta • Decessile. Pg. k , 99.
Distrettamente - per attentissimamente.
Par. 7 . 96.
Distretto - addiettivo , per oppresso , an-
gustiato. Pg. 6 , lOV.
Distributo - distribuito. Pg. 15 . 61. Par.
2 . 69.
Distrutto - per dannato. In. 9 , 79.
Di su - 1( di su , cioè , la parte superiore
del corpo. In. 19. h&.
Di subito - subitamente. Pg. 8 » 63. Par.
1 , 61. 31 , 6^.
Disvellere - distaccar con yiolenza. In.
13 . 95.
Disvestito -spogliato , sgombro. Par. 1 ,
Disviare - per uscir del dritto sentiero.
Par. 6 , 116.
Dlsviluppare dal mondo -per uccidere.
Par. 15 , 1^6.
Disviticchiare - per isvìluppare e distin-
guer bene coir occhio. Pg. 10 , 118.
Disunarsi - disunirsi. Par. 13 , 56.
Disvolere- lasciar di volere ciò che s*è
voluto. In. 2, 37.
Di tanto- Unto. In. 4 , ki. 30, 82. per
intanto. In. k . 99.
Dito - Se li tnoi diti non iono a tal nodo
Sufficienti , cioè , se il tuo raziocinio
non è valevole a sciorre tal diffìcoltà.
Par. 28 , 58.
Dittare -per narrare. Pg. H, 12.
Dittatore - per colui che detta. Pg. 24 ,
59.
Divallarsi - scendere in valle. In. 16, 98.
Divellere - per dipartire. Par. 27, 98. è
voce latina.
Divellersi - per dipartirsi. In. 34 , 100.
Divenire-per arrivare, riuscire a qualche
luogo. In. 14, 76. 18, 68. Pg. 3, 46,
Par. 13, 62.
Di ver ponente - dalle parti occidentali.
In. 19, 83.
Diverse allo prime - cioè dalle prime, la.
9, 12.
Diversi d*ogni costume -cioè, lontani da
ogni virtù e umanità. In. 33. 151.
Diverso - per istrano , deforme, mostruo-
so , di nuova foggia. In. 6, 13. 22 ,
10.
Diverso - non divino al colar della pie-
tra , cioè, simile , non differente. Fg.
13, 48.
Dividersi - per discordar d' opinione. Par.
28, 133.
Di\imarsi-per dislegarsi, sciogliersi. Par.
29. 36.
Divino -per velocissimo, rapidissioM). Par.
28, 50.
Divisare -per descrivere esattamente. Pg.
29. 82.
Divizia - per abbondanza, copia. Par. 31.
136. A gran divixia , in gran copia.
In. 22, 109.
Divo - per divino. Par. 24. 23.
Diurno - addiettivo, del di, apparteoeiito
al di. Pg, 19, 1. Lat. diurmu. dalla
qual voce è derivata poi la parola
giorno.
Doccia - canale, In. 14, 117. S3, 46.
Doga - per intrisela di legno, delle qioK
si compone lo staio o altra misura.
Pg. 12, 105.
Dogare - fasciare a somiglianza <fi doga
0 lista. In. 31, 75.
Doglienza - dolore, male. In. 6, 108.
Dolce - per dolcezza. Par. 33. 63.
Dolorare - avere e sentir dolore. Io. 27.
131.
Dolve - per dolse, in rima. In. 2. 51.
Dolzore - dolcezza^ Par. 30, 42.
Dome - per domi.afDiggi. purghi, io rima,
Pg. 13, 103.
Domine , labia mea aperiet - Signore ,
aprirai le mie labbra, detto del salmo
50. al verso 17. Pg. 23, 11.
Donna • per signora, padrona. Pg. 19.
51. Donna diprovineie^ chiama Daale
l'antica Italia. Pg. 6, 78.
Donna amata da s. Francesco d'Assìsi-ii-
tesa per la povertà. Par. 11, 58.
Donna e* avea tre occhi in testa • ìnteM
dal Poeta per la prudenza cha coaÀ-
DELLE PAROLE E FRASI.
m
dera le cose passate, presenti e future.
Pg. 29, 132.
Donna che dà per altri Va$fen$o, chia-
ma Dante la comare che tiene a bat-
tesimo. Par. 12, 64.
Donna del Cielo - per la Beata Vergine.
Par. 23. 106.
Donna della torma, chiama il Poeta una
bellissima cavalla ; quasi signora del-
r armento. In. 30, Ì3.
Donna di virtù - cioè , virtuosa. In. 2 ,
76. preso forse dalla divina scrittura
che parlando di Ruth, al capo 3, ver-
so 11, del suo libro, cosi dice : Scit
fflitm omnit populus qui habitat iiUra
portai urbis meae,te mulieremetsevir'
tutii.
Donna è gentil nel Ciel - intende il Poeta
la grazia preveniente. In. 2, 9ì.
Donneare - per fare alFamore , figurata-
mente. Par. 24, 1 18. 27, 88. Nel pri-
mo luogo il Vocabolario della Crusca
spiega , signoreggiare ; non sappiamo
quanto bene.
Donne e' avete intelletto d^ amore - questo
è il principio d'una canzone amorosa
del nostro Poeta. Pg. 24, 51.
Donnescamente - in signoril modo. Pg.
33. 135.
Donne tre - significanti la fede , la spe-
ranza e la cariti, vedute da Dante nel
Paradiso terrestre. Par. 20, 127.
Donno - per signore. In. 22, 83. 33, 28.
Donno - titolo di persona, il latino barba-
ro dice, domnut» In. 22, 88.
Doppiare - raddoppiare. Par. 28 , 93.
Doppiero - torcia di cera. Par. 28, 4.
Dcfp( petti^ chiama Dante quelli de* Cen-
tauri che sono mezzo uomini, e mezzo
eavalli. Pg. 24, 123.
Dosso della mano - la parte di sopra di
essa mano, opposta alla palma. Pg. 3,
102.
Do*io d Italia , chiama Dante il monte
Apennino. P2. 30, 86.
Dotar di salute mutua • per obbligarsi a
salvar V un l' altro scambievolmente.
Par. 12. 63.
Dotta - sustantivo, cioè, paura, forse dal
latino Mfitatio. Io 31, 110.
Dotto - per accorto, cauto. Pg. 22, 69.
Dottore - per maestro, guida. In. 5, 70.
16, 13. 48. Pg. 18. 2. 24 , 143. Par. '
25, 64. 32. 2.
Dove - per luogo. Par. 3 . 88. 12 , 30.
22, 147. 27, 109.
Dovrien - dovrebbero. Par. 2, 55.
Draco - per drago, o serpente con gambe,
in rima. In. 25, 23.
Drago ' figura di Maometto e del suo sci-
sma. Pg. 32, 131.
Dritto - »* è dritto , cioè , s' è rizzato -in
pie. In. 10, 32.
Dritto - addiettivo, per giusto, retto. Ps.
19. 132.
Dritto, chiama Dante quel punto dove lo
zodiaco s'incrocicchia coli' equatore.
Par. 10, 19.
Dritto di saliU- dritta salita. Pg. 10. 30.
Drittura-per giustizia. Par. 20, 121.
Drizzami - mi drizzai. Par. 3, 35.
Drudo - questa voce per lo più significa
amatore disonesto, vago, damo. In. 18,
134 Pg. 32, 155.
Drudo amoroso della fede cristiana, cioè
grande amatore di es<;a, chiamasi dal
Poeta nostro, s. Domenico. Par. 12 ,
55. Sopra la voce drudo è da vedersi
il dottissimo Salvini, a carte 184. della
2. centuria de suoi Discorsi Accade-
mici.
Du' - per dove. Par. 10, 96. 11 . 139.
12, 123. 15. 51.
Du* angeli - due angeli. Pg. 8, 26.
I>ubbiare - per dubitare. In. 11, 93. Pe.
3, 72. 18. 42. Par. 11, 22. 14. 99.
20, 79. 29, 64. 32. 49. per trovarsi
confuso. Par. 26. 1.
Dubbiare - per temere. In. 4 , 18. Pf^.
20. 135. Co<«i Virgilio nel 2. della
Georgica, al verso 433. ; Et du^tant
homines serere , atque impendrre cu-
ram !
Dubbiosi deliri - per amore non ben co-
nosciuto. In. 5 , 120.
Dubi - per dubbiosi , in rima. Par. 28 ,
97.
Duca • per guida , duce. In. 2, 140. 16,
62. Par. 32, 131. e in altrì luoghi.
Duca • per fondatore d* ordina religi^iso.
L60
DIZIONARIO
Par. 12 , 32. qai dee intendersi il pa-
triarca s. Domenico.
Duce - per guida , scorta. Pg. 13 , 21.
18 , 18. per capitano. Par. 30 , 37.
Ducere - per tirare , assottigliare , come
Fi fa il ferro , la cera , la pasta. Par.
13 , 67. è voce latina. Cosi Tibullo
nella 3. elegia del 1. libro : Nee en-
ies Immiti fatxìu duxerat arte fabcr.
Duce , Sotto cui giacque ogni malizia moT'
la , chiama Dante Saturno , sotto il
cui' regno fiorirono gli anni dell oro.
Par. 21 , 26.
D* un modo - egualmente. Par. ky % 8.
D'un peso - di peso eguale. Par. 15, 75.
Duro - per difficile , o spiacevole. In. 1 ,
k. 3 , 12.
E
E - congiunzione, per altresì , anche. In.
30, 126. per cosi , relati\o di come.
In. 25 , 50. Pg. 8 , 94. per tanto ,
relativo di quanto. Pg. k , 90.
F - per egli. In. 3 , 90. 25 , 40. Pg. 16,
136. e in altri luoghi : per eglino. In.
10 , 49. e in altri luoghi.
Ebbre parole - cioè , stolte , convenienti
ad ubbriaco. In. 27 , 99.
Ebbrezza - ubbriachezza. Par. 27 , 5, qui
figuratamente.
Eccelso - sustantivo , per altezza. Par.
29, 142.
Eclissare nell* obblio - uscire afbtto della
. memoria di chi che sia. Par. 10, 60.
£e - verbo , per è, in rima. In. 24, 90.
Pg. 32 , 10. Par. 28 , 123. fuor di
rima. In. 30 , 79.
Effige - effigie , figura , immagine. Par.
31 , 77. 33 , 131.
Effigiato - figurato , scolpito. Pg. 10, 67.
Egli - particella riempitiva. In. 23 , 64.
Pg. 28 , 37. e in altri luoghi.
Egli - per eglino. Par. 7 , 130. 23, 126.
31 , 18.
Egualità prima - cioè , Iddio in cui tutto
è perfettamente eguale. Par. 15 , 74.
Ei-per a lui, gli. In. 10, 113. Pg.
12 83.
Ei-ptr e^o. lo. 4, 34.6, 104.16,
19. ma qui altri testi leggono ^<i , vo-
ce latina che significa cime. Pg. 27,
86.
Ei - per loro , in quarto caso plunif .
In. 5, 78. 18, 18.
EI - per egli , esso. In. 27 . 12. Pg. i,
51. 17, 117. Par. 2 , 91. 28,8.
30, 146.
Elelta - sustantivo , elezione, scelta, par-
tito da prendersi. Pg. 13, 12. qad
che i Latini dicono optio.
Eletto - per iscelto , principale. Io. li.
109. Par. 9 , 139.
EH - parola ebraica , significante Dio mi».
Pg. 23 , 74.
Entropia - sorta di pietra che , secondo
alcuni , portata addosso , à virtù di
render l'uomo invisibile. Io. 24, n.
Ella - per lei. Par. 8 , 13. 23 , 96. 2i,
95.
Elli -per egli. Pg. 19 , 86. Pair. 25,61
Eili - per eglino. Par. 12 , 35.
Elli - per loro , in rima. In. 3 , 42. I^.
27 , 138. Par. 12 , 133. e in iltrì
luoghi.
Elio - per egli , esso. In. 18 , 88. Pkr.
18 , 23. 31 , 45.
Elio - per lui , in sesto caso. Io. 29, il.
32, 124. 34, 51. Pg.29, 117. Fv.
4, 11.
Elsa e pome della spada dorato - iose-
gna de' cavalieri. Par. 16 , lOi.
Emergere - per uscire. Par. 24 , 121.
è voce latina.
Emisperio - quella mezza parte di cielo,
che si vede dagli abitatori della terra;
0 la metà del cielo abbracciante h tir-
ra, terminata dall' orizzonte. Io. 4, 9L
34, 5, 112. Par. 1, 45. 20, 2.
Emisperio dell' aere - Par. 28 , 80.
Emispero - emisperio. Pg. 4 , 71.
Emme o M - una delle lettere deU* alfa-
beto. Pg. 23 , 33. Par. 18 , US. Mi
numeri romani significa wMle. Par. 19.
129.
Emmi - mi è. Par. 25 , 86.
Empiezza - empietà, scclleragsioe atroce.
Pg. 17 , 19.
En - per sono , terza persooa plorale*
Pg. 16 , 121. Ftf . 15 , TI.
DELLE PAROLE £ FRìVSI.
581
Ènne - ci è , è a noi. Par. 90 , 136.
Enno- per sono , terza persona plurale,
in rima. Par. 13 , 97.
Entoniata - vermicelli , insetti. Pg. 10 ,
128. dal greco ià éntoma. Dante à po-
sposto r articolo che dovea premettersi.
Entrerai -m'entrai. Par. 10, 41.
Entrare innanzi - precedere. Pg. 24, 100.
Entro - per entri , in rima. Pg. 19, 36.
Par. 23 , 108. e simili mutazioni molte.
Epa - pancia. In. 25 , 82. 30 , 102, 119.
Epiciclo , vien chiamato dagli astrologhi
seguaci del sistema di Toiommco quel
picciol cerchio o picciola sfera che ,
secondo essi , descrivono i pianeti col
moto del corpo loro , movendolo e gi-
randolo per la circonferenza d* essa.
Par. 8 , 3. Sopra questa parola sono
da vedersi i comentatori.
E più e più - Lat. tnapti atqw magis.
Par. 33 . 53. Cosi il Petrarca nella
canzone 9. :
La stanca tecchitrella peregrina
Raddoppia i poeti , e più e pi%$ t* af-
fretta.
Equatore - Pg. 4 , 80. v. Mezzo eerehio.
Equivocare - per pigliare abbaglio. Par.
29 , 75.
Eràm - eravamo. In. 33 , 43.
Eràmo - eravamo. Pg. 32, 35.
Erha , chiama Dante la messe spirìtnale
che raccoglie un predicatore. Par. 11,
105. ,
Eroda -erede, in rima. Io. 31, 116.
Par. 11 , 112.
Eresia - intesa dal nostro Poeta per la
volpe. Pg. 32^ 119.
Eresiarche - in rima • per eresiarcbi ;
cioè , seminatori di eresie , principi
degli eretici. In. 9 , 127.
Eretto - alzato. In. 32 , 45. Lat. ere-
ctus , per erto , scosceso. Pg. 15 , 36.
Ermafrodito - propriamente è colui che à
r uno e r altro sesso. Dante chiama
ermafrodito il peccato centra natura ,
dove il uiascbk) viene in eerto modo
a cangiarsi in femmina , ovvero in-
tende le disordinate maniere d'oaare
r atto venereo naturale. Pg. 96 , 82.
Ermo - auatantiYo » eremo , folitodioe. i
Pg. 5 , 96. Par. 21 , HO.
Erro - nome , errore. In. 34 , 102.
Errore -per quistione diffìcile, da cui
si prenda occasione d* errare. In. 10.
114.
Errore - io e* avea (f error la testa cìn-
ta , cine , che non comprendeva bene
le cagioni di quel eh' io udiva. In.
3, 31.
Erta - sustantivo , luogo per lo quale
s' ascende. In. 1 , 31.
Esaltare - per montare in superbia , o
aver compiacenza. In. 4 , 120.
Esaminar del cammino - cipè , conside-
rar seco medesimo il cammino. Ptr.
3, 56.
Esausto - per ismorzato , svanito. Par.
14 , 91.
Esemplare- per mondo intelligibile di cui
è come una copia il sensibile. Par.
28, 56.
Esemplo - esempio , somiglianza addotta
per pruova. Par. 1 , 71.
Esemplo - per pittura originale, che vien
ricopiata. Pg. 32, 67. per mondo
sensibile , il quale è copia del mondo
esemplare, cioè intelligibile. Par.
28. 55.
Esercito - per folla di popolo , gran tur-
ba. In. 18 , 28. Pg. 8 , 22.
Esordia - esordi , cominciamenti. Pg.
16 , 19.
Esordire - principiare. Par. 29 , 30. Lat.
exordiri.
Esperto - per provato , ingegnato. Pg.
1 , 132.
Espresso - per espressamente , a chiare
note. Pg. 6, 29.
Esse - voce latina , V essere. Par. 3 , 79.
Esaere -nome, per vita, durata. Par.
4 , 33. Eteer giocondo , per lo stato
de' beati. Par. 31 , 112.
Essere - verbo sostantivo. E che aUro è
da ffoi aie idoUUre I cioè , quale altra
cosa distingue voi dagl* idolatri I In.
1», 113,
Essere - non i moU* aiuti , non sono an-
cora molti anni passati. In. 19 , 19.
Essere - per darsi , troYanri. Pg. 17» 1 15,
118 , 121.
S82
DIZIONARIO
IBssere a grato - piacere , essere accetto.
Par, 25 , 86.
Essere buono a chi che sfa* per giova-
re , essere di profitto. Pg. 13, 93. e
forse in altri luoghi.
Essere con alcuno r per accordarsi , e
sentire con lui neir opinione roedesi-
ma. Pg. 29 , 105.
Essere in cura - cioè , curioso , sollecito.
Par. 28 , kO.
Essere in disio a chi che sia- cioè , de-
siderarsi da chi che sia. Par. 5, 113.
Essere in forse - per temer molto , e dif-
fidare di sé stesso. Par. 12 , il.
Essere in piacere -per esser caro. Par.
25. 60.
Essere per guida - servire di scorta. Par.
11 . 36.
Essere per sé - in significato di starsi
neutrale ; cioè , quando contendono due
tra di loro , non appigliarsi né ali* uno
né air altro partito. In. 3 , 39,
Esser nulla - per morire. Pg. 17 , 36.
Eiìtatico - visione e$tatica , cioè , estasi ,
elevazione di mente. Pg. 15 , 86.
EsU - per €it. latino , in rima. Par. 2k,
ni.
Esto - questo. In. 1 , 93. 2 , 93. 6 ,
103. 9 , 93. 13 , 29 , 73. U , 132.
P)^. 18 , 68. 28 , 133 , 141 , e in al-
tri luoghi.
Estrema ghirlanda - cioè , quella di fuo-
ri j che un' altra ne contenga dentro
di sé. Par. 12, 21.
Esurire - voce latina, che significa appe-
tire con fame grande, Pg. 24 , lo4.
Etati gro$*e , chiama Dante i secoli bar-
bari , ne' quali sogliono perdersi le belle
arti. Pg. 11 , 93. v. Grouo.
Etera - etere , cielo. Par. 22^ 132. Lat.
aeiher.
Etere - cielo. Par. 27, 70. Uii. aether,
ed è parola di greca orìgine.
Eternale - eterno. In. 14 , 37. Par. 5 ,
116.
Eternalmente - eternamente , in eterno,
lu. 29 , 90. Pg. 3 , 42. Par. 10, 2.
13 , 60. 14 , 15. 15 . 12.
Etemo duro - cioè , eternamente. In.
3,8.
Eterno piacere - per h divina toIobIì.
Par. 20 , 77.
Etica - scienza morale o sia de* costu-
mi , in greco ètici In. 11 . 80.
Etico - che à la febbre etica , cioè abi-
tuale. In. 30 , 56.
Etsi - voce latina , significante bmM.
Par. 3 , 89.
E via col viso altiero - sottintendi ,
date. Pg. 12 , 70.
Fabbro del parlar materno - cioè , com-
positore in lingua del suo paese. Pg.
26, 117.
Faccia - per facciata o pagina di scrit-
tura. Pg. 3 , 126.
Face - per faci , facelle , in rima. Plr.
27, 10.
Face - verbo , per fa , in rima. In. 1 .
56. 10, 9. 21^ 111. Par. 3, 87.
fuor di rima. In. 25 , 132. Pg. 7 ,
68, Par. 4, 77.
Facci - per facevi. Par. 19 , 69.
Facella formata in cerchio - intesa per
r angelo Gabbrielio. Par. 23 , 94.
Facon -facevano. Pg. 16 , 108. 23, 9.
Par. 14 , 100,
Facéno - facevano. In. 12, 102, e simili
altre mutazioni.
Facénsi - facevaiisi Par. 18, 77.
Faci - per fai, in rima. In. 10. 16. 14,
135.
Falcare suo passo- torcersi, girando . a
guisa di falce. Pg. 18, 94.
Falconiere - chi à cura di falconi, o chi
li tiene in pugno a caccia. In. 17 ,
129.
Falda - materia pieghevole, dilatata in fi-
gura piana, falda di fuoco. Id. 14, 29.
Fallanza - (allo. Par. 27, 32.
Fallare -per mancare. Pg. 13, 61.
Fallarsi - per fallare , peccare. Pìir. 6 .
102.
Fallire - per mancare. Pg. 31, 52.
Fallire - Non puoi fallire a glo¥%'»$o porU,
cioè, converrà che tu giunga a gloria-
80 porto. In. 15, 56.
Fallo -per difoito. Par. 29, 23.
DELLE PAROLE E FRASL
58S
Falsare - corrompere la sincerità di che
che sia. Io. 29, 137.
Falsare - falsava nel parere, cioè, faceva
apparire, faceva vedere falsamente Pg.
29, h%.
Falsatore - falsario, che corrompe la sin-
cerità di alcuna cosa. In. 29, 57.
Falseggiar la moneta*batter moneta falsa.
Par. 19, 119.
Falsificare - per dimostrar falso. Par.
2. 8V.
Famiglia • ester famiglia^ cioè, uno de* fa-
migliari. In. 22, 52.
Famiglia - per compagnia. In. 30 , 88 ,
per popolo , cittadinanza. Par. 16, 11.
Famiglia dvl Cielo - per gli angeli. Pg.
15, 20.
Famiglia rilosoHca - per istuolo e setta di
filo-ofi che abbiano abbracciato le dot-
trine d' alcun grande autore. In. k ,
132. Cosi M. Tullio nel. 2 libro de
Divinationt : Magnus loeus , phUoso-
phiaeque proprius , a Platone^ Arish»-
tele, Theophrasto, totaque Peripateiko-
rum familia , traetatus uberrime, E
I>erciò il Petrarca, nel 3. capitolo del
Trionfo della Fama , chiama Zenone
Cittico, t{ padre degli Stoici.
Fané -per fa, in rima. Par. 27, 33.
Fante - per bambino , o embrione nelFu-
lero. Pg. 25, 61.
Fantino - bambino di latte. Par. 30, 82.
Fantolino - barobino , picciolo fanciullo.
Pg. 2i, 108. Par. 23, 121. 30,140.
Far calle- per camminare. In. 20, 39.
Far caso nella mente - cadere in mente,
venire a mente. Par. H, 4.'
Far certificato • cioè certo, sicuro, Par.
9, 18.
Far colorato -per colorare. In. 10, 86.
Far centra - per nuocere. Par. 6 , 130.
Far credenza - per assicurare. Pe. 27, 29.
Far dire a chi che sia - cioè, dar cagio-
ne di dire. lo. 17, 129.
Far dono di che che sia - In. 6, 78.
Faro - per nuocere. Par. 31, 77. per ope-
rare, agire ; contrario di patire. Par.
2, 123, U. 134.
Fare - Che C anima ed corpo moria fanno,
cioè, tengono che morto il corpo, sia
morta Tanima ancora.In.10,15. L'Ario-
sto nello stesso significato, al canto 20,
stanza 42. :
Aon concedo però, che qui Medea
Ogni femmina sia, come tu fai ;
cioè, come tu stimi o pensi.
Fare -per descrivere, rappresentare. In.
1, 135.
Faréa- sorta di serpente. In. 24, 8C.
Fare accorto - avvisare. Pg. 9, 131.
Fare assalto - per assalire. Par. 9 , 30.
Fare impresso - imprimere. Par. 19 , 43.
Fare insegna - per accennare. Pg. 3 , 102.
Farfalla angelica -Pg. 10, 125. v. An-
gelica farfalla,
Farieno • farebbero. Pg. 12 , 66.
Far la barba indietro -cioè, tirarla o vol-
gerla indietro. In. 12 , 78.
Far letizia di sé - per ispanderla fuori di
sé, non potendola tutta contenere. Par.
16 , 20.
Far male -per nuocere. In. 2 , 89. Pg.
29, 111. ^
Far motto - parlare. In. 19 ,48. 33 ,
48. 34 , 66. Pg. 2 , 25. 9 , 78. 13,
141. e in altri luoghi.
Far nulla - per non impedire in verun mo-
do. Par. 31 , 77.
Far più chiarezza- per disvelare più chia-
ramente. Par. 25 , 33.
Far principio - principiare. Par. 15 , 90.
Far privato - per privare. Io. 18 , 87.
Far pruova a chi che sia - per assicu-
rarlo. Par. 9 , 20.
Far punto - per terminare. Par. 32, 140.
Far ragione -far conto , stimare, imma-
ginarsi. In. 30 , 145. Par. 26 , 8.
Far scemo volere - per appagare la cu-
riosità , far scemo il desiderio. Pg. 26,
Far sembiante - per accennare , significar
colla faccia. Par. 9 . 64.
Farsi bello -detto di falcone che si riz-
za 6 pavoneggia. Par. 19 , 36.
Farsi nel vero - cioè , accordarsi colia
medesima verità. Par. 13 , 51.
Farsi verso di chi che sia - appressarsi
ad alcuno. Pg. 15 , 142.
Far soggiorno - per dimorare in un lot-
go. Par. 21 , 39.
58fc
DIZIONARIO
Far sue iovenzìoni-per trovar nooTe cose
o maoiere. Par. 29 , 94.
Fascia -per corpo mortale. Pg. 16, 37.
Fasciati dalla grotta - cioè , rinchiusi in-
torno da essa grotta. Pg. 27 , 87.
Fata • nel numero del più , per fat[, o de-
stini. In 9 , 97. è voce latina.
Fato di Dio -cioè, decreto, provvidenza,
ordinazione divina. Pg. 30, 142.
Fatti - per successi , effetti. Pg. 33 , 49.
Fatto presso -cioò, avvicinato. Pg. 29,
46.
Fattore lieto - cioè , Iddio felicissimo e
sommo bene. Pg. 16 , 89.
Fatturo - per colui che à a fare qualche
cosa. Lat. facturus. Par. 6 , 83.
Favella della mente è una in tutti - cioè,
i pensamenti , i concetti dell' animo si
formano in tutti nella stessa maniera;
benché i parlari che gli esprimono al
di fuori , siano differenti secondo le
diverse nazioni. Par. 14, 89.
Favelle - Fu imperadhce di moUe faveUe ,
parla di Semiramide che signoreggiò
molte nazioni le quali parlavano varie
lingue ; ovvero , fu regina di Babillo-
nia dove prima furono confusi i Unguag^
gi. In. 5 , 54.
Favilla •* tolta , Gguratamente, per segnale.
Pg. 23 , 46.
Favilla di gloria» per una minima descri*
zione di essa. Par. 33 . 71*
Favillo - splendore. Par. 20, 14.
Favoleggiare di che sia • raccontar favole,
o storie milito con favole. Par. 2 , 51.
15 . 125.
Favorare <• favorire. Par. 9. 124.
Fausto - prospero , felice. Par. 14 , 93.
Lat. /btMiiM»
Fazione -per aria di viso o fattezza* In.
18 , 49.
Fé - per fede. Pg. 7 , 8.
Fé -verbo, fei, feci. Pg. 11, 72.24,
35. Par. 9 , 96 , per fece. In 4, 60.
e in altri luoghi.
Febbre superba- per ardente desideri j di
signoreggiare. In. 27 , 97.
Fede - fa$ar% $ fermar fed$ , cioè , crede-
re fermamente. Par. 17 , 140.
f^do -brutto, laido. Lat; fotdui. lo. 12, M>.
Fee - per fece , in rima. Pg. 32 , 12. Par.
32 , 19.
Feggere - fiedere , ferire. In. 15 . S9. 18,
75. qui • stare incontro a dirittura.
Fei-feci. Pg. 1, 87, 8, 52.
Fele- per miseria. In. 16. 61.
Felicitare - render felice. Par. 13, 90.
Felle - fele , in rinu, quiaioné eh$ piki
di felle , cioè di veleno, di falsiti. Pìv.
4, 27.
Fello - per malvagio , di mal animo , cru-
dele , aspro , severo. la 11 , 88, 21,
72. 28 . 81. per ritroso. In 17,13i,
per restio. Pg. 6, 94.
Femmi - per mi feci. Pg. 31 , 89. per
mi fece. Par. 15 , 90.
Fene-per fece, in rima. In. 18, 87.
Fenno - fecero. In. 4 , 100. 8 , 9 , 16, 21.
Pff. 6, 139, 19 , 90, 22. 25,27.
137, Par. 13, 99. 15, 75.
Fensi-per facevansi, o si fecero, io ri-
ma. Pg. 10. 63. Par. 7. 148
Feo- per fece , in rima. Io. k , 144. Pì|.
16, 106, 17, 33. Par. 12. 85.
Fé privati - doè , privò. In. 18 , 87,
Ferci - ci fecero, (n. 7 , 42.
Férmalvi - coir accento acuto aolla priai
sillaba, iérmavelo. Par. 5, 41.
Fermar fede* creder fermamente. Ptf.
17 , 140.
Fermi - per mi fecero. Par. 9 , 18.
Fermo - nome , atert per fermo, credere
con costanza. In. 29, 63.
Fermo-per vigoroso. In 5, 83. Lat. fnm».
Fero - per fecero , in rima. Par. 4 , 86.
Feroce - per insolente , bizzarro , super-
bo. Par. 22, 151.
Feroce pruno - per ispido , selvimoi «*
rido. Par. 13 , 134.
Feron • fecero. Pg. 26 , 14.
Ferrato» guarnito di ferro. In. 29.44.
Ferrigno - che à o tien del ferro, lo. 18. 1
Fer^a - per forza e caler gagliardo det «h
le , in rima. In. 25, 79.
Fertilemeiite ^ fertilmente. Par. 21. 119.
Fervere -per tramandar caler graode,
cuocere, Pg. 27. 79. è voce latioa.
Ferule - per ferite. In. 1 , 108. 11. SI.
Feruto . ferito. Ip. 21, 87.^4. 150. ft
m.
SELLE PAROLE E FRÀSL
oH5
Ferza - gfcrza , flagello. Io. 18 , 35. Pg.
13 , 39. Par. 18 , Vi.
Fesse - tagliò , divise » dal verbo fende-
re. In. 12 , 119.
Fesse - per facesse. Par. 5 , 20. 23, i^5.
Fessi - per facessi. In. 33 , 59.
Fesso - sustantìYO , per fessura , apertu-
ra. Pg. 9, 75.
Festa - per allegrezza , giubbilo , o spet-
tacolo allegro. Pg. 30 , 65. Par. 20,
84.
Festante - giubbilante. Par. 31, 131.
Festa paterna - accogiieliza da padre. Par.
15 , 84.
Festinare - per aflrettarsi. Pg. 33 , 90.
è voce latina
Festinato a vera vita - pargoletto che a-
vanti di poter meritare , muore e si
salva. Par. 32 , 58.
Festino - addiettivo , per celere ^ impe-
tuoso. Par. 8 , 23. per pronto , pre-
sto. Par. 3 , 61. Lat. fatimu.
Festuca - fuscellino di legno o di paglia,
picciolo stecco. In. 34 , 12. è voce la-
tina.
Feto - per embrione nell' utero. Lat. foe-
iut. Pg. 25 , 68.
Ff -figliuolo» figlio. Par. 11,89. Il dot-
tissimo monsignor Giusto Fontanini ,
a carte 271. del suo Atninta difuo ,
aflerma che questa voce non è toscana
accorciata, ma piuttosto intera friula-
na. Ma qualche autore fiorentino con-
traddice a questa opinione, v. /tota.
Fiaccare - per ispeizare. Pg. 7 , 75. per
minare , andare abbasso con impeto.
Io. 7 , 14.
Fiala - sorta di vaso di vetro j corpac-
ciuto , e eoo collo stretto ; guastada,
carafla. Lat. phiala. Negan il vin del-
ia $ua fiala a chi che sia , è, meta-
foricamente , non voler apparare la cu-
riosità d'alcuno. Par. 16 , 88.
Fiamma coronata - per la Beata Vergi-
^ ne. Par. 23 , 119.
Fiammare - fianameggìare. Par. 24 , 12.
Fiammeggiare - risplendere a guisa di
fiamma. Par. 5, 1. 10 , 103. 21, 69.
oo.
Fiauuneggiani hice eoo luce • eioè , ri-
Splendere una luce a gara e a vista
deir altra. Par. 12 , 23.
Fiammella - fiammetta. Par. 21 , 136.
Fiamme sempiterne - per apime beate.
Par. 14 , 66.
Fiamnt^tta - picciola fiamma. Par. 20 ,
148.
Fiata - volta. In. 30, 3. JLnit^a fiata, per
buono spazio di tempo. Pg. 26, lUl.
29 , 30. 30 , 27.
Fica, dicesi quell'atto che colle mani
si fa in dispregio altrui , messo il di-
to grosso tra 1* indice e 1 medio. Io.
25, 2. V. anche il Varchi neUErco-
lano , a carte 100.
Ficcar lo viso per che che sia - guatarvi
ben entro. Par. 33 , 83.
Fidare - per assicurare. Par. 3 , 27. per
esporre con fidanza. In. 2 , 12.
Fie - per fia , sarà , io rima. Par. 7 ,
114.
Fiedere - per dividere. Par. 32 , 40.
Fiedere - per ferire , percuotere , com-
battere. Pg. 9 , 25. per nuocere sem-
plicemente. Pg. 28, 90.
Tiedere-fitde ad-tina voUe, cioè, va a
riuscire , sbocca. In 10 , 135.
Fien - verbo, per saranno. In. 3 , 76.
Par. 19 , 134.
Fieno -verbo, per saranno. Pg. 13, 133.
25 , 36. Par. 9 , 60.
Fier - verbo, lo stesso che fien , saran-
no. Pg. 7, 48. se però il testo è sa-
no.
Fier -verbo, per ferisce. In. 9 , 69.
Fiere - verbo, per ferisce. In. 10 , 69.
11 , 37.
Fleti -ti sarà, ti fia. Pg. 15, 32. 18,
17. V. r Ercolano del Varchi , a car-
te 209.
Fievole -di poca lena. In. 24. 64.
Figlia del Sole , chiama Dante V umana
spezie , perch* egli aiuta a generarla.
Par. 27 , 137.
Figliastro- figliuolo della moglie, ma d'al-
tro marito ; x> del marito , ma d* al-
tra moglie. Lat. j^nti^iMis* In. 12,
112. Vogliono alcuni* che Danto pren-
da qui aueata voce io sigoifiitio di
cattilo wliuolo.
74
^86
DIZIONARIO
Fijili della Terra - sono i Giganti , se-,
condo le favole. In. 31 , 121.
Figliuoi - figliuoli. In. 33 . 48 , 87.
Figliuol di grazia - per diletto da Dio.
Par. 31 . 112.
Figliuole - in «caso vocativo, posto in ve-
ce di figliuolo, in rima , del latino fi-
Itole. Pg. 23 , 4.
Figo - fico, in rima. In. 33, 120. è vo-
ce lombarda.
Fifzuiare - per discerner bene. In. 18 ,
W. piT descrivere. Par. 23 , 61.
Filio - figliuolo. Par. 23 , 136. Lai. fi-
Utu.
Filo - mettere nel buon filo, rassettare ,
ordinare , ridurre a stato migliore.
Par. 24 , 63.
Filo che fa la zona , chiama Dante quel
cerchio che si vede intorno al disco
lunare ne' tempi umidi e nuvolosi ; il
quale viene a formarsi per la rifles-
isione de' raggi. Par. 10 , 69.
Filosofare - indagare le cagioni delle CO7
se , come fanno i filosofi. Par. 29 ,
86.
Filosofica famiglia - In. 4 , 132. v. Fa-
miglia fUoiofica.
Fine di tutti i disti - cioè , la visione d*
Iddio. Par. 33 . 46.
Finestra - per esito , uscita. In. 13 , 102.
Finito , - per morto. Pg. 3, 73.
Fio - vai feudo, pagare il fio , cioè , le
pene; in quella guisa che i feudatari
pagano tributo al signore del feudo ,
in segno di vassallaggio. In. 27 , 135.
Fioccare di vapor gelati - mandar giuso
la neve dal cielo Par. 27 , 67.
Fioccare di vapor trionfanti - detto del-
l' etere , nel quale finge il Poeta d'
aver veduti gli spiriti beati a migliaia
volare in alto, come la neve d' inverno
fiocca abbasso. Par. 27 , 71.
Fioco • per chi à la voce cosi tenue ,
che appena si può udire. In. 1 , 63.
34 , 22. Par. Il , 133. 33 , 121.
Fioco - far fioco ^ per oscurare ed aflb»
gare il suono di che che sia con uno
strepito maggiore. In. 31 , 13.
Fioco lume - detto , figuratamente , per
barlume 0 lume debole* Uu 3^ 75.
Fiordaliso • giglio , dal france^c fieur ie
li8. Pg. 29 , 84. per li gigli d' oro ,
insegna dei regno di Francia. Pg. 20,
86.
Fiore - detto per similitudine. Par. 31,
10. y. Rosa.
Fiore - per giardino , figuratamente. Par.
32 , 126. per la Beata Vergine. P^r.
23 , 88. ner lo convento de beati.
Par. 83, 9. per lo giglio , impronta
del fiorino battuto da* Fiorentiiii. Pir.
9 , 130.
Fiore - chiome del fi/are^ cioè , foglie ti
pelala. Par. 32, 18.
Fiore - avverbio , per punto , niente ,
qualche picciola cosa. In. 25 , iàV.
Pg. 3 , 135. Fior if ingepio, pooto
d' ingegno. In. 34 , 26. v. il Varciù
neir Ercolano , a carte 96.
Fiorìn d' oro - inteso per a. Giovanni Ba-
tista , impronta del fiorino battuto òa'
Fiorentini. Par. 18 , 134.
Ftort perpetui delt eterna Inizia , chit-
ma Dante 1* anime de' beali. Par. 19,
22.
Fiorire - per render florido- Par. 16 ,
111. qui è metafora.
Fiotto - gonfiamento di mare, oedeg-
giamento , marèa. Lat. fludui. lo.
15, 5.
Fisamente - con attenzione. Pg. 13 , 13.
Fisico pruove - cioè , fisiche , tratte dal-
la scienza naturale. Par. 24 • 134.
Fiso - intento , attento. Pg. 11 , 77.
32 , 9. V. Un troppo fiào.
Fiso guardare - Par. 23 , 9.
Fittizio corpo - aereo , apparente , vaoD.
Pg. 26 , 12.
FiUo-cioè, trafiUo. Pg. 12, 28.
Fiumana • fiumo grasso , allagazione di
molte acque. Pg. 19 , 101.
Fiumana-ki fiumana ove l mar n§nà tan-
to ^ intende qui Dante i* impero dele
umane concupiscenze che agitano e
mettono in tempesta il cuore di qosli
che si danno loro in preda; e vinai-
no lo stesso mare » di strepito e é
furore. In. 2, 108. codl spiegano i €^
mentatori. Si potrebbe anche intevtae
la forza del catti\o ooslume , e 4'
DELLE PABOLE E FRASL
587
malvagi esempli , che da sani* Agosti-
no vien detta , flumen mofis humani.
Fiumana - detta per aimilitudine. Par.
30, 64.
Fiume della mente ^ par che chiami Dan-
te le voglie che nascono in essa ; co-
me spiega il Vellutello. Pg. 13 , 90.
Fleto - pianto. Lat. flettu. Par 16 , 136.
27 , 45.
Flettere - piegare. Lat. fkctere. Par. 26,
85.
Foce -per entrata. Pg. 12, 112. peri-
stretto di mare. Io. 26 , 107. per la
parte donde nasce il sole. Par. 1, 37.
per un de cerchi dell* Inferno. In. 13,
96. per uscita. In. 23 , 129.
Foci - bocche de' fiumi che mettono io
mare. Par. 22, 153.
Focile - picciolo strumento d* acciaio ,
col quale si batte la pietra per trar-
ne il fuoco. In. 14 , 39.
Foco maggiore - per la Beata Vergine,
la cui perfetta caritè superò quella di
tutti gli altri santi. Par. 23 , 90.
Foga- impeto , furia. Pg. 5, 18. 31, 18.
per corso velocissimo. Par. 12 , 50.
Foga ardita del montare - salita ripida e
malagevole. Pg. 12, 103.
Foggia -modo , guisa. In. il, 75.
Fólgore - in genere femminino , per fui*
mine. In. 14, 53.
Folgoreggiare - per istrìsciar cadendo , a
guisa di fulmine. Pg. 12, 27.
Folle strada - cioè , follemente intrapresa.
In. 8. 91.
Folletto - propriamente è nome degli spi-
riti maU che vanno per V aria , ma
Dante 11 prende per anima dannala. In.
30, 32.
Fondere - spandere. Pg. 90, 7. per iscia-
lacquare. In. li, 44. Lat. fiindere.
Fondo - per folto, profondo. In. 20, 129
per kiogo basso. Par. 30, 6.
Feniaita eterna , chiamasi dal Poeta no-
stre , Iddio. Par. 31, 93.
Fontana vivace di speranza - Par. 33, 12.
cosi chiama Dante la Beata Vergine.
Fora - nome, nel numero del pili , per
fori, buchi 0 piaghe Pg. 21, 83.
Fora - verbo , per sarebbe. In. 32, 90.
Pg. 9 , 116. Mi fora , mi sarei. Pi'.
26, 25.
Foracchiato - pieno di fori. In. 19 , 42.
Forare il mondo -Vffmo reo che*l mon-
do fora, chiama Dante Lucifero eh' e-
gli finge esser piantato nel centro della,
terra , con mezza la persona nel no-
stro emisperio , e mezza nell' altro emi-
sperio opposto. In. 34, 108.
Forar V aere grossa e scura - cioè, tagliar
la nebbia col moto della persona. In.
31, 37.
Forbire - nettare , purgare . pulire. In.
15, 69.
Forcata - per quella parte dal corpo do-
ve termina il busto, e comincian le co-
sce. In. 14, 108.
Forcatella - picciola forcata che è quan-
to si può prendere con una forca. Pe.
4, 20.
Force- per forbici. Par. 16, 9.
Forcuto - diviso in due a guisa di forca.
In. 25, 134.
Forma - per anima. Pg. 9, 58.
Forma d' ossa e di polpe - l'anima umana
eh* è forma del corpo. In. 27, 73.
Forma universale - idea generale. Par.
33, 91.
Formare - per istruire , ammaestrare; se-
condo il Landino. Pg. 10 , 125. ma
questa spiegazione pare alquanto for-
zata.
Formativa virtù - che forma , che di fi-
gura. Pg. 25, 89.
Formato del suo ordine - nato nel suo
grado, cosi il Landino. Par. 3, 54.
Formazione - per la virtù formativa che
ammettevano le scuole antiche. Pg. 10,
129.
Fornito - 17 fomiio Sempre con danno
f attender eofferu , cioè , non bisogna
frapporre indugio all'esecuzione delle
cose già preparate. In. 28, 98. tolto
da quel di Lucuno , nel 1. libro della
Farsaglia , al verso 281 . : Semper no-
cuil differre parati*.
Foro - verbo , per furono , in rima. In.
3, 39. 22, 76. Pg. 12, 36. Par. 23,
131. 28, 96.
Foro-Timo a VaUro foro, cioè, lagiu<
ZSÒ
DIZIONARIO
risdizione secolare i e 1* ecclefiiastica.
Par. 10, 104.
Foro divino - cioè • giarisdizioDe eccle-
siastica. Par. 30, 1&2.
Forse - per intorno « in circa. Par. 30, 1.
Forsennato - uscito del senno. In. 30. 20.
Forte - avverbio , per gravemente. Par.
26, 18.
Forte - per aspro , difiScile , malagevole ,
arduo ; quello che i Greci dicono ca-
Upós. In. 1, 5. Par. 22, 123. per diffi-
cile da intendersi o da spiegarsi, oscu-
ro , intrigato. Pg. 29, 42. 33, 50. Par.
6, 102. 7, 49. 9, 36. 16, 77. 21, 76.
25, 61.
Forte obbietto - per molto sensibile. Par.
30 , 48.
Fortuna -sua descrizione. In. 7, 68, e
segg. Cicerone; riferendo le opinioni
, degli antichi filosofi intorno alla natu-
ra delle cose , nelle sue Quistioni Ac-
cademiche a ìf . Varrone , scrìve che
coloro insegnavano non esser altro la
Fortuna , che Dio medesimo : Eam-
dem (vim) Forlunam appellante quod
effieiai multa impraviia haec, nec opi-
nata nobii propter obieuritaiem , t^nio-
rationemque cautsarum. Ma Dante la fa
creatura, e una delle intelligenze celesti.
Fortuna - per tempesta di mare. Pg. 32,
116.
Fortuna maggiore - v. nella Parte terza
de' Nomi propri.
Fossa - per l' Inferno. In. 14 , 136. 17 ,
66. per una delle bolge dell' Inferno.
In. 23, 56.
Fossato - fosso , canale. Io. 7, 102. Pg.
5, 119.
Fosse - verbo , per fosse stato. In. 27 ,
70. per fossi, in rima. Pg. 17, 46,
30. 42. per fossero. In. 8, 78. 29; 39.
Fossi - verbo , per fosse. Pg. 24 , 136.
Fra*l sonno- cioè , sognando. In. 33, 38.
Francescamente - io lingua o alla manie-
ra francese. Pg. 16, 12^.
Francheggiare - incoraggire , assicurare.
In. 28, 116.
Franco - ardito , coraggioso. In. 2, 132.
per libero. In. 27, 54.
Franger la rattezza - detto d* uq monte ,
laddove comincia ad esser meo erto.
Par. 11 , 49.
Frangerai - per intenerirsi. In. 29, 22.
Frasca - ramo d' albero con foglie. In.
13, 114. Pg. 24, 118. Par. 23, 7.
Frasca vedova - per arbore sterile e seo-
za foglie. Pg. 32, 50.
Fraschetta - ramuscello fromnito. Io. 13,
29.
Frate - per fratello. Par. 7, 58. 24, 0-
Fratei - fratelli. In. 32, 21.
Frati - per compagni, amici, fratelli. In.
26, 112.
Fratto -franto, rotto. Pg. 17, 42. Par.
23.. 80.
Fredda parte - per lo aettentnooe. Pg.
29, 101.
Freddura - freddo. Io. 31, 123. 32, 53.
33, 101.
Fregare i piedi per qualche luogo -cioè
camminarvi. In. 16, 33.
Fregiar di lume - per illuminare. Pg.
1, 38.
Fresco - per venuto di nuovo « soprggian-
to di fresco. In. 14, 42. Pg. 2. 130.
Fretta - andare a fretta , cioè , in fretti
Pg. 6, 49, /{ del che à maggior /fit-
ta , cioè il primo mobile die girasi
tutto in ore 24. da levante in ponen-
te , e seco rapisce i cieli infenorì ,
secondo il sistema di Tolonmeo* Par.
1, 123.
Froda - nome , per frode. In. 17 , 7. 20,
117. S^, 82. Pg. 14, 53.
Frodare- per involgere, oscurare. In. 2D.
99.
Frodolente - ingannevole. Io. 25 , 29. 37,
116.
Frodolento - fraudolento. Io. 11,27.
Fronda - per discendente , uno de' posteri;
stando sulla metafora dell' albero o del
ceppo. Par. 15, 88.
Fronda grande - per bosco. Io. 99 , 131.
Fronde - nel numero del più. L» frmà
onde s' infronda tuUo /' orto Delt OneU-
no etemo j chiama Dante le ranoneiai
creatore , o l' anime de* beati. Par. 2S.
64.
Fronde di Minerva, chiama Dante l'ulivo,
. arboresacro a quella De«, Pg« 80» M.
DELLE PAROLE E FRASI.
589
Fronte • per parte davanti di che che sia.
Par. 31 , 123.
Fronte - tener frùnte , per comparire ^ la^
sciarsi vedere. .In. 27 , 57*
Fronteggiare - essere a fronte , o su' con-
fini. In. 20 , 71. .
Frugare - per pugnerò e gastigare. In. 30,
70. per ispignere , stinìolare. Pg« 3 ,
3. U , 39. 15 , 137. 18 . 4.
Frui - per fruire, gioire. Par. 19 , 3. voce
latina.
Frustatore - chi frusta , cioè percuote con
verghe. In. 18 , 23.
Frustra - indarno , voce latina. Par. k ,
129.
Fruttare -far frutto. In. 15, 66.
Frutte- nome, per frutti. In. 33, 119.
Frutto-per rendita di monistero. Par. 32,
80.
Fu'- per fui , In. 33 , 13. 34 , 101. Pg.
1, 61. 13, 55. Par. 1 , 6. 18, 67.
21, 121.
Fu - gii fu caduto V orgoglio , gli cadde
r orgoglio. In. 21 , 85.
Fuci - per fu • io rima. Pg. 29 , 66. v.
il Varchi neir Ercolaoo , a carte 206.
Fue - per fu , io rima. In. 3 , 141 , 25,
58. 28 , 127. 32 , 57. Pg. 15 , 38.
22, 111. Par. 11,38. 21 , 105. fuor
di rima. In. 14 , 49.
Fuga - mettere in fuga i ioepiri , cioè ,
sospirare con aflanoo maggiore. Io. 30,
72.
«
Fuggémi - mi fug^. In. 31 , 39.
Fuggia-per fugga, in rima. Io. 15, 6.
Fugglo - fuggi. Pg. 8 , 107.
Fuggir la misura - cioè , passare i giusti
termini , eccedere. Par. 15 , 105.
Fuio- per furo , cioè ladro , assassino. In.
12 , 90. Pg. 33, 44. per oscuro. Piar.
9 , 75.
Fui volto - per mi volsi. In. 1 , 36. e si-
mili maniere di dire.
Fulgere - rilucere. Par. 8 , 64. è voce la-
tina.
Fulgóre -splendore. Par. Ò , 70. 14 , 55.
21, li. 23, 84. 30, 51. 81, 132.
32 , 144. 33 , 141. Ut. fulgor.
Fulgóre - per anima beata. Par. 10 , 64.
18, 25. 20, 66.
Fulgurato- risplendente, o gettato a guisa
di raggio. Par. 23, 83.
Fui vido- fulgido, risplendente. Par. 30, 62.
Fumare - per tramandar vapore. Pg. 24,
153. qui è metafora.
Fumi- per mi fu , in rima. Par. 13 , 33.
per mi fui , in rima. Pg. 22 , 90. Par.
20, 123.
Fummare - per essere ignorante. Par. 21,
100.
Fummo - per qualsivoglia macchia o ap-
pannamento. Par. 18 , 120. qui è me-
tafora.
Fungo marino - coagulazione di schiuma
d' acqua marina , che si fa in mare ;
e muoveSi e sente ( come alcuni voglio-
no ) , ma non à membra formate. Pir.
25 56.
Fuochi pii Che di sei ale fannosi cuculi-
la - per li Serafini ; secondo la visione
del profeta Isaia. Pnr. 9 , 77.
Fuoco - per anima beata. Par. 20. 34. 22.
46. 25 , 37. per lo pianeta di Marte!
Par. 16 , 38.
Fuor - per eccetto , salvo. Par. 9 , 84.
Fuor d'ogni comprendere -cioè , sopra le
forze d' ogn' intelletto. Par. 29, 17.
Fu queta la paura -cioè, s'acquetò. In.
1 , 19.
Furare - rubare. Lat. fitrari. In. 25 , 29.
Pg. 20, 110.
Furi - avverbio , per fuori , in rima. P"?.
19 , 81.
Furo - ladro. In. 21 , 45. Lat. far. per
chiunque invola e nasconde. In. 27 ,
127.
Fusco - fosco f in rima. Par. 17 , 124.
Lat. fuscus.
Fusi - per si fu , in rima. Par. 3 , 108.
V. anche il Varchi nell* Ercolano , a
carte 207.
Fusto - per corporatura. Io. 17 , 12.
FttU-fuga. Pg. 32 , 122.
G
Gabbo - pigliare a gabbo , cioè , a giuoco,
in ischerzo. In. '32, 7.
Gafflio - per ricompeosa , premio. Par. 6,
590
DIZIONARIO
(ìaietto - diminutivo di gaio , piacevole ,
di bello aspetto ; gaietta pelle, per mac-
chiata , e di vari colori. In. 1, ^2.
Gaio - allegro , festoso, ilare, pronto, com-
piacente , volonteroso. Par. 15 , 60.
26, 102.
Galassia - la Via Lattea , cioè quel cer-
chio biancheggiante che apparisce in
cielo , fatto forse da un gruppo di mi-
nutissime stelle. Par. li , §9. è voce
di greca origine.
Galeoto -coD un t solo, in rima. Io. 8, IT.
Gallare - per galleggiare ; e metaforica-
mente , star di sopra come fanno i su-
ferbi. Pg. 10 , 127. per uscire a galla,
n. 21 . 57.
Galle -per ghiande , cibo di porci. Pg. ik,
kd.
Garra-per garrisca, mormori. Par. 19,
IW.
Garrire -per isgridare. Purché mia co-
scienza non mi gorra , cioè , non mi
rimorda. In. 15 , 92.
Gaude-gode. Par. 19 , 39. Lat. gaudet.
Gaudioso - pieno di gioia o gaudio. Par.
12 , 2fc. 15 , 59. 31 . 25.
Gelata - verbale sustantivo , gielo , ghiac-
cio. Io. 33 , 91.
Gelatina - brodo rappreso , nel quale sia
stata cotta carne viscosa , e infusovi
poi aceto 0 vino. In. 32 , 60. ma qui
per similitudine.
Gelsa - per gelso albero Pg. 33 , 69.
Gelso - albero noto , che altri menti si
dice moro. Pg. 27 , 39.
Gemere - per deplorare. In. 26 , 58. per
gocciolare. Pg. 25 , kt^. per mandar
fuori fummo sottile. In. 13, M.
Gemma - per cosa risplendente. Par. 15,
22.
Gemme , chiama Dante le stelle. Pg. 9,
k. e le anime beate, ^r. 18, 115.
Gena - guancia. Par. 31 ,61. è voce la-
tina.
Generante - che genera. Pg. 25 , 59.
Genitrice dell* onor di Cicilia - Pg. 3 ,
115, V., €o§iansa , nella parte seconda
delle Storie.
Grn$$ e* al mondo pOt traligna , chiama
Danto i prelati do* tempi suoi. Par. 16, 58.
Gentili - per nobili, signori. Pg. 6, 110.
Geomante - che indovina per geomaoxia,
cioè per quella spezie di divinazione
che si fa con certe linee segnate sai
terreno ; della quale sono da vedersi
gli spositori del Poeta. Pg. 19 « k.
Geometra - studioso di geometria, la qua-
le è una scienza che versa intomo al-
la quantità continua. Par. 33 , 133.
Gerarchia - per ordine d* aogeU diviso io
tre cori. Par. 28 121.
Germogliare- propriamente, mandar fuo-
ri rampolli e giovani ramicelU, ma 6-
guratamente. Par. 28. 115.
Gesta -per grandMmpresa. In. 31, 17.
Gestare - voce latina ; e vale portare ,
condurre. Pg. 25 , 51.
Gettare 1' occhio a terra - per abbassar-
lo. In. 18 , hS.
Ghermire - pigliar colle branche , ed è
proprio degli animali rapaci. In. 21,
36. 22 , 138.
Ghiaccia - nome, per ghiaccio. In. 32 ,
35. 33, 117. 34, 29, 103.
Ghiacciato - agghiacciato. In. 32 , 123.
Ghiotto- per curioso. Pg. 8 , 85. per de-
sideroso. In. 16 , 51. Ghiotto itUa
vendeUa. Pg. 17 , 122.
Ghiottone - mangione o bevitore. Io. 22,
15.
Giacén - giacevano. In. 6 , 37, f^. 20,
1V3.
Giacere - detto d* una riva o montagna
che penda e dia comodo a chi vuol
calare o montare. In. 19, 35. P|^. 3, 76.
Giardin delb 'mpeno , chiama Dante l'I*
Ulia. Pg. 6, 105.
Giardino - per le schiere de* beati. Pir.
23 , 71. per k> Paradiso. Par. 31 .
97. 33 , 39.
Gibbo - sustantivo, per un rialto di rooa-
tagna. Par. 21 , 109.
Giga - per istruQiento musicale di corda.
Par. 14 , 118.
Gigli -per gli apostoli. Par. 23, 74.
Gigli gialli 0 d^ oro - insegMi dd rep»
di Francia. Par. 6 , 110.
Gi|;lio - insegna della repubblica 6om-
fina. Par. 16 , 152.
Gio-andò. Ih. 20, 60.
DELLE PAROLE E FRASL
591
Giocondo a udire e a vedere - cioè , di-
lettevole. Par. 15 , 37.
Giocondo deìla faccia di Dio - cioè , bea-
to per la visione di esso. Par. 29, 76.
Gioì - per gioisci, in rima. Par. 8 , 33.
Gioia -per unione di molte gemme. Par.
15 , 86.
Gioia del Cielo - per anima beata che ,
come una gemma o pietra preziosa , lo
adorna. Par. 9 , 37.
Giostre grame ' cioè infelici, chiama Dan-
te gli scontri de' prodighi e degli ava-
ri , descritti da lui nel canto 7. dell' In-
ferno. Pg. 22 , 42.
Giovare - mi giova di te , cioè , io prendo
piacere della tua persoim , mi sei gra-
to. Par. 8 , 137,
Giovare - col quarto caso. Pg. 22 , 68.
per dilettare. In. 16 , Sk.
(filare - per circondare. Par. 23 , 103.
25 , 12.
(firarsi per mente o per occhio - cioè ,
intendersi o vedersi. Par. 10, &•
(firi-per anni. Par. 17, 96.
(ìirone - giro grande , strada rotonda e
ampia. In. 11, 30. 13, 17. Pg. 12,
107. 15, 83. per cielo. Par. 2, 118.
(ìiro^ primo - per lo ciel della Luna, se-
condo r antico sistema di Tolommeo.
Pg. 1 . 15.
Girsi - per morirsi. Pg. ìk , 119.
iVìs^ì ' 6 andò. In. 26 , 8k.
(jittare - quel dinanzi a quel dirietro- far
contrario cammino al cammino di chi
che sia. Par. 12 , 117.
Gittatore - chi gitta o scaglia di lontano
Pg. 3 , 69.
(jìù - cioè , neirinfemo. Par. 9 , 71.
Giubbetto - forche , patibolo , dalla pa^
rola francese gibel. In. 13 , 151.
Giubbileo - V anno del giuhbileo , cioè di
plenaria indulgenza , che una volta si
dorea celebrare in Renna ogni cento
anni : ma poi questo spazio si è ridot-
to a cinquanta , e Gnalmente a venti-
cinque. In. 18 , 29.
(uudicante - che giudica. Par. 9 , 62.
Giue - già t in rima. In. 32 , 53. Pg. 8,
25. 12 . 13.
Giù e su - T. 5u giit.
Giuggiare - giudicare. Pg. 20, 48, è vo-
ce messa in disuso.
Giugnémi - mi giugnè , mi giunse. In. 31,
39.
Giugnere - per far giugnere. In. 19 , 44.
copi il Petrarca nel sonetto 138: Ciun-
to m* à Amor fra belle e crude braccia,
per aggiugnere. Par. 17 , 94. per con*
giugnere. Par. 33, 80.
Givi - andai. Pg. 12 , 69.
Giungono - giungevano. In. 34 , 42.
Giunta - per commessura o articolo del
corpo. In. 19, 26.
Giunto - per unito , congiunto. In. 28 ,
139.
Giuoco - per allegrezza , letizia. Par. 20,
117. 32 , 103.
Giuso - per giù , in rima. In. 9 , 53 ,
33 , 136. Par. 30^ 148. fuor di rima.
In. 14 , 109. 16 . 114. Par. 1 , 138.
10, 116. 27, 68. 33, 11.
Giustizia - per dovere. Pg. 18 , 117. per
cosa dovuta. Par. 15 , 144.
Giustizia ultima - il giorno del giudizio
finale. Par. 30 , 45.
Gli -per loro. Par. 6, 114. 29. 66. v.
il Varchi nell' Ercolano , a carte 175.
dove nega potersi ciò dire.
Gli - avverbio di luogo . ivi. In. 23, 54.
Pg. 8 , 69. 13 , 7. Par. 25. 124. v.
Saragli.
Gliela - per glieli. In. 33 , 149. per glie-
lo. In. 10 , 44, cosi sempre il Boccac-
cio.
Gloria Che non si lascia vincere a diuo ,
chiama Dante l'eterna beatitudine, ot-
tenuta la quale , non resta che più de-
siderare. Par. 19 , 14.
Gloria in excelsis Deo - Gloria a Dio ne'
luoghi eccelsi , o nelle creature eccel-
se, principio deirinno degli Angeli , nel-
la nascita di nostro signor Gesù Cri-
sto. Pg. 20 , 136.
Gloriare • per dar gloria. Par. 24 , 44.
Gocciolo-nome, pieciola goccia. In. 30,63.
Gola - infino a gola^ cioè , infine alla go-
la. Pg. 31 , 94.
Gola - alto della gola , chiama Dante la
respirazione a cui serve l*>^rA 'ct»-
ria che sta nella gola. In. 23, 88.
593
DIZIONARIO
Gola - per appetito . (ame. Par, 3. 93. Orando - grandine. Pg. 21 , U. è yoee
Gola - aver gola , per desiderare. Par 10, latina, v. Beatiiudo.
ili. Gran prete - per lo sommo pontefice. la.
Gola - per fosso spalancato. In. 2<t, 183. 27 , 70.
Gola del fono. In. 26 , 40. 1 Grasso-per grosso , vaporoso, caligiiioio,
Gonfiare-pergonfiarsi.invanire. Par* 29, denso. In. 9, 82.
117. Grato - sostantivo , per pìacl(re , grado ,
Gonna - veste , per lo più di donna. Par. desiderio. Pg. 26 , 52. Par. k , IW.
.32, 141. per membrana deirocchio. Gratulare - per rallegrarsi. Par, 24, 1(9.
Par. 26, 72. Usò la stessa metafora Ci^ 25 , 25. Lat. gratulari.
cerone nel 2. libro de Natura Deorum: Gravare- per dar noia. Pg. 18 , 6.
Natura oculos membranU tenuissimie ve- Gravar le ciglia - per avvilire , privar di
etifoit et iep$U. coraggio. Par. 11 , 88. In questo si*
(ìora - canale per lo quale si cava 1* a- gniGcato parimente disse Propenio nel»
equa de* fiumi ; morta gora , cioè, a- la 1. elegia del 1. libro : dejicere hth
equa stagnante e pantanosa. In. 8, 31. mina*
Gorgiera - per gola. In. 32, 120. Gravar le penne in gioso -per far cadere a
«Gorgo - per fiumicello dove Tacqua trovao- terra cosa che voli. Pg. 31, 58. qui r
do intoppo , si rigiri per iscorrer poi metafora; e significa richiamare un inge-
liberamente. In. 17, 118, gno elevato dalle sublimi contemplaiio»
Gorgogliare - per mormorare in gola pa- ni , a pensieri bassi e volgari,
role che non si distinguono da chi a- Grave - per misero , infelice. In. 8 , 69,
scolta. In. 7 , 125. per difficile. Par. 24 , 37. per gravido.
(n)U- per bocca. Pg. 31. 40. Par. 16, 36.
(jovernare - per conciar malamente , fare Grazia illuminante - significata col nona
strazio. Pg. 23 , 35. di Lucia. In. 2 , 97.
Governo «per istrazio , scempio. Pg, 5 , Grazia perfioiente - significata col nome C
108. Beatrice. In. 8, 103.
Gozzo • per gola. In. 9 • 99. Grazia preveniente "In. 2 , 94.
Gracidare - far la voce della rana, I#at. Grazioso - per caro , che di piacere. Fr.
coaxare. In. 32, 31. 8 , 45. 13 , 91, Par. 3 , 40.
Grada • per graticola. Par. 4 , 83. Grazioso - di tre sillabe. Pg. 13 , 91.
Gradire - in forza di nome , per buon ge> Greppo • sommità di terra, cigliare di te*
nio , volontà. Par. 10 , 57. sa. In. 30 . 95.
Grado«perriconosoenxa, gratitudine. Pg. Greve «per grave. In. 3, 43.
8 , 67. Par. 23 , 53. Grìdare-per chiamare o chieder con grida.
Graffio -strumento di ferro auncioato, for^ In. 1 , 117. per pubblicare ad alta looe.
se dal greco grafion. In. 21 , 50, ma Pg. 8 , 125. Par. 26 , 44.
qui pare che debba prendersi per lo Gride «verbo , per gridi , io rima. Io. 1,
graffiare. 1 94.
Gramigna -erba notissima , figuntanaeiH Grifagno « aggiunto di sparviere. Io. %
te , per ischiatta vile, Pg. 14 , 102.
Gramo - mesto , tapino , infelice. In. 1 ,
51. 15, 109. 20, 81. 30^ 59. Pg.
22 , 42. Parole grame , atte a destar
compassione. In. 27, 15.
Grande lume <- in vece di gran lume* Par.
1 , 82.
Gran di - per lo giorno dell'universale giu-
dizio. Pg. 1. 75.
139.
Grifagno occhio - lucido e rispleodentp co*
me quello dello sparviere o del ffrifooe.
In. 4 . 123.
Grifo - per muso semplicemente. In, 3i.
126.
Grifone • animale alato , di quattro piedi;
aquila la parte dinanzi , e lione qjeftì
di dietro. Dante sotto la figuri di <pio<
DELLE PAROLE E FRASL
593
Bt« animale intende Gesù Cristo , capo
della Chiesa , il quale à una sola per-
sona 0 ipòstasi , e due nature : la di-
vina , intesa per V aquila ; e 1* umana ,
intesa per lo lione. Pg. 29 , 108 , 30,
8. e in altri luoghi.
Grigio - color nero , dentro cui sia mesco-
lato bianco; e dicesi per lo più di pelo
e di penne. In. 7 , 108.
Gromma - crosta che fa il vino dentro la
botte ; che da'Lombardi chiamasi grip'
pela. Dof) era la gromma , om è la
muffa; proverbio che significa : Dov'era
il bene , ora è il male. Par. 13 , iti.
11 Daniello da Lucca spiega questo luo-
go in altra maniera.
Grommato - impiastrato » incrostato da
gromma. In. 18, 106.
Gonda - per V estrema parte delle palpe*
bre. Par. 30 , 88.
Groppone- groppa , parte del corpo vici-
na alle natiche. In. 21 , 101.
Grosse resistenze -cioè , gagliarde. Par.
12 , 102.
Grosso -per istupido , sciocco. Par. 1 ,
88. 19 , 85. etati grane , cioè , secoli
barbari , ne' quali non si coltivano le
beir arti. Pg. 11 , 93. M. Boileau De-
spreaux , poeta francese di chiarissima
fama , usò una simile espressione nel
1 , canto della sua Arte Poetica , al
"terso 117 :
Villon $ùt le premier, dane cee iiéeles groe*
$ien ,
DébrouiUer Vari eonfiu de noe vieux ro-
maneien.
Gente grona , cioè, d* igporanti, gTidio-
ti , In. 84 , 92.
Grotta - per ooata del monte. Pg. 13 , 45.
Gru - i gru uccelli. In. 5 , 46. lor pas-
saggio descritto. Pg. 24 , 64.
Guadagno misero- per danno. Pg. 24 ,
129. Cori il Petrarca nel eap. 4. del
Trionfo d'Amore: Edannoeo gnadagno,
td util danno.
Guadare - passare il guado eh' è quei Inogo
. del fiume , ove Facqua è poco profonda.
In. 12 , 94.
Guado • per apertura, passo, transito. Pg.
8. 69. Par. 2, 126. 7, 90.
Guai - alti stridi e lamenti. In. 3 , 22,.
Traggerguai, guaire, lamentarsi ad al
ta e pietosa voce. In. 13 , 22.
Guaio - pugnere a guaio , cioè , fino a far
mandare altissimi guai e lamenti. In.
5. 3.
Gualdana-truppa di gente armala. In. 22, 5.
Guance - per bocca. Par. 29 , 112.
Guancia bella - per una bella donna , qual
fu Eva , madre comune. Par. 13 , 38.
Alluse forse V Ariosto a questa frase di
Dante > là nel canto 28. nella novella
della Fiammetta , dove cosi scrive :
E quante ne vedean di heUa guancia ,
Tromvan tuUe a* preghi lor corteei.
Guardare • per considerare, avere rispetto.
In. 27 , 92. per custodire , serbare.
Dtf* tuoi amori a Dio guardaci iowano,
cioè , tu dei serbare a Dio il massimo
de' tuoi anK>ri , e amarlo sopra tutte
le cose. Par. 26 , 48. per reggere ,
governare. Pg. 27 , 80. Par. 19, 131.
Guardia - per custodia « protezione , as-
sistenza. Par. 33 , 37.
Guari -molto. In. 8, 113.
Guastatore - chi dà il guasto aUe campa-
gne, lì). 11 , 38.
Guasto - addiettivo , oer saccheggiato e
deserto. In. 14 , 94.
Guatare -guardare, cercar coU'occbio. In.
1, 24. 29, 4. Pg. 5, 58. Par. 29 ,
42.
Guatasse * per guatassi , in rima. Pg. 8,
96.
Guazzo - luogo pieno d'acqua o di sangue,
che molto fondo non abbia. In. 12 ,
189.32,72.
Guercio della mente - cioè , stolto. In. 7,
40. Cosi il Petrarca nel sonetto 221. :
Per fi^gir queet ingegni iordi e loichi.
Guerra - per angoscia e travaglio. In. 2^, 4.
Guidato* per governata. Pg. 12 , 102,
Guizzare - per muoversi semplicemente.
Pg. as » S6.
Guizzo - per movimento. In. 27 , 17. Pg.
25 2b.
Guizzo della corda - cioè , croUamento ,
tremito. Par. 20 , 143.
Gurge-per fiume. Par.30,68.Lat.firr9es.
75
594
DIZIONARIO
H
Hui - oiiDÒ. Pg. 16, 64.
I - lettera , ne* numeri roinaiii ngnifica
ano. Par. 19, 128. formaU nel piane-
ta di Giove dagli spiriti beati. Par.
18, 78.
Iaculo - aorta di serpente velenosiasimo.
In. ìk, 8G. V. Lucano nel 9. libro del-
la Faraaglia , in più luoghi.
laltaotìa - >ana^loria. Par. 25, 62.
Iattura - per danno , eccidio , naufragio.
Par. 16, 96.
Idea - per forma inlelligibile ed etempla-
re delle cose. Par. 13, &3.
Ideale segno • impressione d'una qualche
idea particolare. Par. 13, 69.
Idioma Che pria li padri e le madri tra-
stulla* cioè , Quelle parole scilinguate
che si dicono a bambini in vezzeggian-
doli. Par. 15, 122. Tibullo parimente,
nella 5 , elegia del 2. libro :
Aite taedtbU atwn parvo advigHar$ ne-
Balbuque cum pu$ro dicere vmòa eenem.
Idolo • per immaginetta che si veda nella
pupilla dell' ocdiio. Pg. 31. 126. Pres-
so i Greci quella parie dell' occhio ,
nella quale s'osserva sempre dipinta
r immagine , dìiamavasi eore^ per ana-
logia ; significando per altro quella vo-
ce , fanoMa o tergime. Similmente i
Latini la chiamarono pujnllat come a
dire parta p^fa, fanciulletta ; e ciò per
la picciolezza ddle figure che ivi s'os-
servano impresse.
Idra 0 idre - serpente acquatico. In. 9, hO.
Igne - fuoco, in rima. Pg. 29, 102. Par.
28 , 25. Lat. t^nii. .
Ignito - infiammato. Par. 25 , 27. Lat.
ipiiiui
Iguale - eguale. Pg. 8, 108. 15, 20. 27,
120. Par. 15, 77. 31 , 129.
Igualmente- egualmente. Pg. 29, 11. Par.
», 5. 26. 32, 39. 33, 120. lU.
Il chi - cioè, la sostanza. In. 2, 16.
Illuiarsi - entrare, penetrare in hn. F^.
9, 73.
11 quale - cioè, la qualltii. In. 2, 18.
Imase - immagine. Pg. 25, 26. Par. S ,
13!2. 13, 2. 19, 2. 21.
Imago - immagine. In. 20, 123.
Imago deUamprenia DeW ettrmo piatm;
chiama Dante l'aquila formata dalTa-
nime beate, cb*ei finge d' aver vedttta
nel pianeta di Giove. Par. 20, 76.
Imbarcare esperienza • per acquistar pe-
rìzia. Pg. 26, 75. Questo e molti al-
tri simili modi di dire sono fenati, e
usati dal Poeta nostro per servire alla
difiicoltà della rima.; e perdo pare
che non debbano imitarsi. Imkaràm ,
per imbarchi, in rima. ivi.
Imbestiarsi - divenir bestia, operar dabe-
sUa. Pg. 26, 87. v. Aui/s , neUa Ptele
seconda delle Storie.
Imbestiato - che i preso fonna di bestia.
Pg. 26 , 87.
Imbiancare- per seccarsi, detto d'on
vigna. Par. 12 , 87.
Imbiancare il vero -per Iscoprìrlo, e tv-
lo disceroer meguo. Par. 8 , IIS.
Imbiancarsi -per bianche^re. Pg. i, 1
Imbiancarsi del lume-per esterne riscUi-
rato. Par. 7 , 81.
Imboccare - per apprendere. In. 7, 79.
Imbolare - involare , rapire. In. 29, 103.
Imborgarsi - per empiersi di twrghi e di
terre murate. Par. 8 , 61.
Imborsare - mettere in borsa , e figon*
tamente, accoglaave. in. li , Sé. v.
Imbarcare.
Imbrunare - ^immìo ('«m tflièrMMi,cioi,
quando comincia a maturare , e dive-
nir nera. Pg. ^ , 21. Questo iabn-
narsi dell'uva , da' Latini era detto ii-
efre. Properzio nella 2. elegia dd 4.
libro :
iVìfiw mhi tariai Utmtibm mcm ramnif.
Immaginativa - fantasia , una deRe po-
tenze dell' anima , in quanto è. eoa-
giunta al corpo : dove si foriMns le
immagini raccolte dagli oggetti semi-
bili. Pg, 17 , 13.
Immaginato - per iscoipito. Ps. 10,
41, 62.
DELLE PAROLE t FRASL
595
Immagine - per immaginativa. Pg. 17,
7 , 21. Par. 1 , 55.
Immegliarsi - dlTeoir migliore. Par. 30 ,
87.
immiarsi • penetrare in me. Par. 9,81.*
V. Intumti.
IromiUaréi -multiplicarsi eccessivamente.
crescere a migliaia. Par. 28 , 93. v.
Scaechù
Immollare • immergere , ioioppare. In.
12 , 51.
Imo - basso , inferiore. Lat. imus. Ad
imo 9 imo al fondo. In. 29, 39. Par.
1 , 138. 29 , Sk. 30 , 109. Da imo ,
<lal fondo. In. 18 , 16.
Impacciata via - cioè , intrigata , ingom-
braU. Pg. 21, 5.
Impaludare -far divenir palude. In. 20,
80.
Impaniato- invischiato. In. 22, IM.
Imparadisare -beatificare, mettere in Pa*
ndiso. Par. 28 , 3.
Incielare • coprir di pelo. Pg. 23 , 110.
Impennarsi - per metter I* ali o le pen-
ne. Par. 10 , Ik.
Imperare e reggere - Jii latta parti im-
Ììtra , e quivi regge , • cioè , in tutte
* altre parti stende il potere del suo
dominio; ma quivi propriamente fa
sua residenza , e tien sua corte. In.
1, 127.
Imperché - lo 'inpertM , cioè , la cagio-
ne. Pg. 3 , 84.
Impietrate - per divenir doro a guisa di
pietra. In. 33 , M.
Impigliare - intrigare. Pg. 5 , 83.
Impigliarsi • arrestarsi in qualche impe-
dimento , intrigarsi. Pg. 5 , 10. per
prenderti briga. Pg. 14. 117.
Impelarsi - per girarsi intomo a* poli. Il
cielo empireo flou i* iwnpola , cioè, non
si ruota intomo a poli , come fanno
f^i altri cieK inferiori; m» sempre sta
queto. Par. 22 , 67.
Impenno - con doppia « , in grazia della
rìma. Pg. SS , 135.
Imporre * per collocare. Pg. 10 , 52.
impor Hle , per ordirle. In. 17 , 18.
Importo - per assegnato , prescritto. Pj.
23, 5.
Impregnare - per infonder qualità e virtù.
Pg. 28, 110. per ingombrare, riempie-
re. In. 33, 113.
Imprendere a fare -cioè, accingersi. Pg.
25;' 56.
Impronta • impronto, figura. Par. 7, 69.
18. 114. 20, 76.
Improntare • imprimere , sigillare , dar
figura. Par. 7. 109. 10 , 29. 28, 85.
26, 27.
Imprentarsi - imprimersi, ricever forma.
Par. 9, 96.
Impresa Che fe Nettunno ammirar I* om-
bra d' Argo - Par. 33 , 95. intende il
Poeta per queste parole la spedizione
degli Argonauti in Coleo per l'acquisto
del vello dell' oro. È da Todersi sopra
questo luogo la nota degli Accademici
della Crusca , i quali oltimamenle Fan-
no inteso e spiegato. Io aggiugnerù che
pare dal nostro Poeta essere stato imi-
tato Catullo il quale nel suo leggiadro
poema sopra le Nozze di Peleo e di
Teti , parlando deHa medesima impre-
sa degli Argonauti, così scrìve al ver-
so 12. :
Quae simtil ae ro$iro venioiwm prouMt
aequor.
Tortaque remigio ijmmi$ ineanuit unia ,
Emerser9 feri eandeiUi e gwrgitm vultui ,
Aequoreae momtrum Nereideg admirantez.
Impresso-eMsr0 impreao da qualche iteUat
cioè , partecipare delle sue influenze.
Par. 17, 76.
Impresso di grande affeUo - cioè , inve-
sUto. Par. 8, 45.
Impromettere- promeUere. In. 2, 186.
Improntare - per mettere avanti, effigian-
do. Pg. 17, 123.
Imprunare - per chiudere con proni o spi-
ne. Pg. 4, 19.
Impulse - cioè, spinse. P<ir. 27, 90.
In - per centra , tuperho tu Dio. in.
25. 14.
In andando -per andando. Pg. 5, 45. e
altri modi simili.
Io basso - abbasso. Par. 11, S.
Incappellare - forse detto per ineoHMNK
re, come spiega il Oamelloti Par.
33,72.
£96
DIZIONARIO
locarcato - aggravato di carico. In. S3 ,
IW.
Incarco - carico , peso. In. 30 , 18. Pg.
6, 1S3.
Incendi dello Spirito Santo - per anime
beate , ardenti di carità. Par. 19 ,
100.
Incendio -per anima beata. Par. 85,80.
liicenerarsi-risoWersi in cenere. In.85, 11.
Incenso-addiettivo» per acceso, illuminato.
Par. 82, 189.
Inceso - acceso. In. 32, 18. 86, 48.
Inceso - piaghe ineege daUe fiamme, cioè,
fatte a forza di fuoco, come la cottura
del cauterio. In. 16, 11.
Inchiedere- per interrogare. Pg. 6 , 71.
Inchinare -per inchinarsi, coricarsi. Pg.
9, il.
Inchinare ad alcuno - per salutarlo inchi-
nandosi. In. 9. 87.
Inchiudere - per contenere dentro di so.
Par. 30, 12.
Incielare - porre in cielo. Par. 3, 97.
Incignerai in alcuno - per ingravidarsi d'al-
cuno. In. 8, V&,
Incinquarsi - per raddoppiarsi cinque vol-
te. QueiU) ceMestWafmo ancor t* ineif^
qua^ cioè , si roultiplica fino a divenire
cinquecentesimo. Par. 9. fcO.
Inconsumabile ovra -che non può ridursi
a compimento , cosi chiamasi da Dante
la Torre di Babeiie , di cui le^ga^i la
Scrittura Sacra nel libro del Genesi.
Par. 26 , 125.
Incontanente - immantinente. Lat. eonii"
nuo. In. 3 , 61.
Incontrare -per accadere , intervenire. In.
9, 20. 82, 32. Pg. 22, 5fc.
Incontro - particella , per centra. Par. 17,
2. 28 , 1.
In costruito - in effetto. Par. 12 , 67.
Incrocicchiarsi - congiugnersi o attraver-
sarsi in figura di croce. In. 18 , 101.
Incuorare - per dar animo , far coraggio.
Pg. 30 , 60. per mettere in cuorerPg.
11 , 118. V. il Varchi nell*£rcolano,
a carte 81.
Indegno -j)er isconvenevole , indecente.
In. a , 19.
Indiaf^'a<^<^os^fsì ^ unirsi t DiO| e fruir* |
ne ; o farsi partecipe delU sua beati-
tudine , e divenir simile a lui. Par. k,
88.
Indico legno -Pg. 7, 7fc. v. Legno itH^.
Indige- coir accento acuto sulla aeiOB4a
sillaba , in rima , cioè , à bisogno. Lat
indiget. Par. 33 , 135.
In Dio - per centra Dio. In. 85 ^ 14.
In Dio - per, nella Sacra Scrittori, rife-
lata da Dio. Pg. 3 , 136.
Indistinto - per confusione , meseolaiBa.
Pg. 7 , 81.
Indonnarsi-insignorirsi, impadronirsL Par.
7, 13.
Indovarsi - accooKxlarsi in luogo. Par. 33,
138.
Indracarsi-per istizureo incroddirecoiiie
un drago. Par. 16, 115.
Indugio - rimotio indugio , senza dimoffa.
Par. 80 , 85.
Indulgere - perdonare. Par. 9 , S4. pif
concedere , donare. Par. 37 , 97. è vo-
ce latina.
Indurre - per introdurre. Par. 13 • 31.
Indurre duolo sopra d'alcuno - per addo-
lorarlo. Par. 19, 119.
Inebriato dagli odori - Par. 30 , 67.
in entro - verso al di dentro, in. 33 , 9S.
infante - bambino che non aa pariate. la.
k . 30. Par. 33 . 107.
Infernal - per infernali. In. 9 ^ 38.
Iiifema valle - cioè , V Inferno. Pg. 1 , 45.
Inferno-per quel luogo dove stavano Tam-
me de' Santi Padri prima della molto
di Cristo. Par. 33 , 33.
Infiato - enfiato, in. 30, 119.
Infin la palma - cioè , infino alla palBii«
Par. 85 . 84.
Infin r ascelle- cioè , infino all'ascelle. la.
17 , 13.
Infiorar di luce-per illuminare. Par. 14.13.
Infiorarsi - empiersi o adomarsi di fiofi
Par. 10, 91. per discender ne* fiori,
e posar su quelli ; od esprimerne la
sostanza , come fanno le api. Par. 31.
7. e figuratamente , per abbellirsi, fu»
85, 46.
Inforcare - prender colla forca. In. SB, W.
per serrare , quasi con forca. Pg. 8 »
135.
DELLE PAROLE E FRASI.
597
Inforcare gli arcioni • stare a cavallo; chia-
mandosi foreaia, per simililudine, quella
parte del corpo , dove cominciano le
cosce. Pg. 6, 99.
Informante -che informa , che dà forma.
Par. 7 . 137.
Informar di luce - Gguratamente , per dar
chiara notizia di che che sia. Par. 3,
110.
Informarsi - per pigliar forma o figura. Pg.
17 . 17. 28 . a*.
Informativa virtu-cioò, facoltà che forma,
che dà figura. Pg. 25, ki.
Inforsare -mettere in forse. Par. 24^ 87.
Infrondarsi - vestirsi o adomarsi di fron-
de. Par. 26 , 64.
In fuore da questa ripa - cioè , fuori di
questa ripa. Pg. 3 , 138.
Inftiturarsi- stendersi nei futuro. Par. 17,
98.
Ingemmare - adomar di gemme. Par. 15,
86. 20 , 17. per fregiar di luce , co-
me fanno i pianeti e le stelle il cielo.
Par. 18, 117.
Ingesto - addiettivo, messo, insinuato. Par.
2 ^ 81. Lat. ifigestui.
Inghirlandare -per attorniare, drcondar
d' orlo 0 di sponda ; abbracciare , con-
tenere. Pg. 13 j 81. Par. 9 , 8k.
Ingigliarsi - per rappresentar quasi un gi-
glio. Par. 18 , 113.
Inginocchione - Lat. flemis gmSnUf in ^e-
fnua. In. 10, 5fc.
Ingiura • per ingiuria, in rima. Par. 7, h3.
In gli - negli. Par. 8 , 27. qui , tra sii.
Ingombro - per ingombrato. Pg. 31 , 142.
Ingozzare- inghiottire. In. 7, 129.
Ingradarsi - per innoitrarsi. Par. 29 , 130.
Ingrassare il porco - per nutrire sente vi-
ziosa e disutile. Par. 29 , 124.
In grembo a Dio - cioè , nel sacro tem-
pio. In. 12, 119.
In grido -cioè, per fama. Par. 17, 53,
Iniziare - cominciare , dar principio. Pg.
16 . 73. Par. 5 , 109. 8 , 87. 18, 118.
Inizio - principio. Lat. ùUimm. Pg. 7, 39.
26 , 10.
In la - per nella. In. 6 , 51. 7 , 41. 12,
47. 13, 97. 15, 82. Par. 20, 49.
In le-per nelie. Pg. 9 , 38. 22 , 5.
nlearsi - per entrare in lei. Par. 22 , 127.
nlibrare- tenere in bilancia, sicché la Un-
guella d' essa non esca fuori ; aggiustar
bilanciando. Par. 29, 4.
n lo -per nello. Pg. 31 , 121.
nnaneUare - per mettere in dito 1* anello.
Pg. 5, 135.
nnanzi dall'ardore - innanzi F ardore. In.
25 , 64.
nnebbriare-per empiere di dolcezza. Par.
27 ,3.
nnebriare le luci - per empiere gli occhi
di lagrime. In. 29 , 2.
nnovarsi - rinnovarsi. Pg. 32 , 59.
nópe - povero , coir accento acuto sulla
seconda sillaba, in rima. Par. 19 , 111.
Lat. tfiops.
n parte - per in disparte. Io. 4 , 129.
n poco - cioè , in poco tempo. In. 25 ,
107.
n pria- in prima. In. 24 , 143. Pg. 16,
91. 17 . 9.
n quella - in quel mezzo . in quel punto.
In. 8. 16. 12. 22. lo , 53.
nsaiarsi - detto d* un fiume che sbocca
nel mare dove di dolce diventa salso.
Pg.»2 , 101.
nsano- pazzo , mentecatto. Lat. insanus.
Io. 30, 4.
nsaporarsi - divenir saporito , acquistar
sapore. Par. 31 , 9.
n so - centra sé. In. 28. 136. v. sopra.
In.
nsegna- per segno , indizio. Pg. 22. 124.
nsembre - insieme , in rima. In. 29. 49.
nsemprarsi - per durar sempre. Pdr. 10..
148.
nsiiìo - dal capo ùuin le pianti, Pg. 32.
156.
nsollare - per render vano , annientare.
Pg. 5. 18.
nstanzia- per insistenza e perseveranza
nelFargomentare. Par. 2. 94.
nsurgere a tanto - per arrivare tant oltre.
Pg. 26 , 96.
musarsi - portarsi in suso , poggiare. Par.
17, 13, voce poco leggiadra.
tanto - cioè , in tanto tempo. Pg. 32,
140.
tanto -cfoèy tanto ^ sempUcemente.
598
DIZIONARIO
Par. 30 , lOfc.
In tanto , in quanto - cioè , in tanto tem-
DO , in quanto. Par. 2 , 23. 23 , 109.
26, 88.
In te , Damine $f travi - in te • Sisnore,
ò sperato , principio del salmo 30. Pg.
30. 83.
Integra - intera , in rinaa. In. 7» 126.
Intelletti che muovono le stelle - cioè, i*in-
telllgenze , gli angeli. Par. 8 , 109.
Intelletto - per Tatto dell* intendere. Pg.
18 , 55.
Intelletto - uomo dtnlMdto , cioè , uomo
savio» che giudica dirittamente, lo. 2,
19.
Intelletto- addiettivo » per inteso. Par. 33,
125.
loldletto primo -cioè .'Iddio. Par. 8, 111.
Intelligenza -per angelico spirito che in-
tendendo muove i cieli. Par. 28, 78.
Intende - per intendi , in rima. Pg. 17»
125.
Intendente sé - che intende sé stesso. Par.
33 , 126.
Intendere-per attendere. Pg. 32, 93. Par.
9, 136.
Intendimento - per concetto. Pg. 26,60.
Intento - sostantivo , per attenzione. Pg.
17. kS , per intenzione , pensiero, di-
segno. Pg.. 3 , 13. 19 , 18.
Intento - addiettivo , per disposto , appa-
recchiato. Pg. 5. 117.
Intenza - per vece , o forza. Par. 24, 75,
78.
Intenzione - per movimento dell' animo ,
0 spezie formata in esso. Pg. 18 , 23.
Interciso - disgiunto , spezzato. Par. 29,
79. per distinto , variato. Par. 32, 25.
Interdetto - sustantivo , divieto » proihi-
lione. Pg. 33, 71.
Interdetto - addiettivo , vietato , proibito.
Pg. 23 , 100. 29 , 153.
Internarsi • per farsi temo » trino , distin-
guersi in tre ; come spiega ottioMmen-
te , a nostro parere , il Vellutelk). Par.
28, 120.
Intero - per buono ed incontaminato. Pg.
17 • 30. Orazio parimente disse nel-
l'oda 22. del 1. libro : Integer viiae,
iederiitqìu purui.
Intero -vantM ùUero U eni$rwiio,4iakf
non andava fallito. Io. 27, 60.
Intesa - sustantivo , per ioteodlmeQto, ap-
plicazione. In. 22, 16.
Inteso - per coopaciuto, ascoltato» stimato.
In. 6, 73.
Inteso - per iotento, addiettiro. Pg. 9, 2L
Inteso di mirare- intento a Biinre. Io. 7,
109.
Intiepidare • intiepidire » render ttepido ,
scemare il calore. Pg. 19, 2.
Intopparsi - per avvenirsi, riseoBlnm. Io.
Intoppo - per lo aeontrarai col ■amieo.
Pg. 2tk, 96.
Intorno - intorno dalla ripa , doè , alla
ripa. Io. 31, 32. IiUomodalU fni$^
intorno alle prode. Pg. 6, 85. Mamo
da «fio, intomo ad esso. Par« 28, €3.
e simili altre maniere,
lofcra - fra, tra. Par. 9, 26. 12, «2. 23,
1. 30, 62. 33, 11.
Intrambe • amendue. In. 19, 25, è tea-
minino.
Intrambo - amendue. Par. 7, lU. qà è
mascolino.
Intrearsi - unirai io tre. Par. IS. 57.
Intrigare - awiloppare. Pg. 7, 57.
Introcque - vocabolo messo io ditwo .
pare formato dal latino inier h^ ; e
significa intanto.in queito meulrr. Dante
il tolse dal 1. verso delle terzine, io-
titolate Pataffio, di Brunetto Latiai too
maestro, v. la 2. centuria de' DiscorM
Accademici dell* abate Salvini, a carte
71, e r Ercolano del Varchi, a carte
332. III. 20, 130.
Intronare - ass(u*dare, od offender rodtb
con eraiìde strepito, come fanno itnooi.
In. 6, 32. 17, 71 ; v. U Varchi nri-
r Ercolano, a carte 61.
Intuarsi -entrare, penetrare in te. Par.
9, 81. V. Immiani.
Invaia - nome , in rima , ioTidia. Pfe*
6,20.
Inveggiare-invidiare, portare invidia. Pv.
12, U2.
Inventrarsi - per interaarn. o star diiofa
come in ventre. Par. 21, 8i.
Iiiver - verso , particeiia. Pg. 9, 69.
DELLE PAROLE E FRASL
599
Inverarsi - assomi^rsi al vero. Par.
28, 39.
Inverso di che che sia • cioè , in para-
gone. Par. 24, 95.
Invertere - chinare» curvare. In. 3fc, 15.
è voce latina.
Invescarsi -per invilupparsi , intrigarsi.
Par. 17, 32.
Invescarsi a ragionare - cioè , innoltrar-
si, aUungarsi. In. 13, 57.
Inviar roc<£io atfetenio lunie-Par.33, hh.
Invidia «descrìtta. In. 13, 64 » e se^.
Invidiosi veri -cioè , verità che partori-
scono invidia e odio. Par. 10 , 138. se-
condo quel di Tereuiio nell'Andria: 06-
iequium amiet»$ , veritoi odium pariL
In vista - cioè , in aenbiante ; come pa-
reva. Pg. 13 , 101 , e in molti altri
luoghi.
Invoglia - nome , per tela grossa da in-
volgere. Par. 26 , 99.
Involuto • involto 9 avviluppato. In. 24,
146.
Inurbarsi -per venir di campagna in cit-
tà. Pg. 26 , 69.
Inzaffirarsi - per ornarsi di zaflDri. Par.
23, 102.
Io e Mio sonava nella voce , Quand* era
nel concetto Noi e Nostro - cioè , la
figura dell* aoutla composta nel piane-
ta di Giove da molti spiriti beati, par-
lando diceva Io e Milo ^ ^piando nel
suo concetto intendeva Noi a NoHro,
perchè una sola di quell'anime parla-
va per tutte. Par. 19 , 11.
Ira - avere in ira , odiare , abbonire.
In. 11 , 74.
Ire retro - seguitare , tener dietro. Par.
1 , 9. è latino.
Irretito - inviluppato , intrigilo. Lai. ir-
retitui. Par. 1 » 96.
Isceda - Par. 29 , 115. ▼• Seiia.
Isplendore - splendore. Pg. 81 , 139. Par.
30, 97.
Isporgere - per Istendere. Pìir. 22 , 71.
Isquatrare - per ésquartare » lare in bra-
ni. In. 6, 18.
Issa -vocabolo roraagmiob , die tignil-
cà ora al frmtiU^ In. 13 » 7. Ì7 ,
21. Pg. 24 , S& I
Isso - stesso , in rima. Par. 7 , 92. Lat.
ip$e.
Ita -per si, particella affermativa. In.
21 , 42. è voce latina.
Iterare - replicare. Pg. 7 , 2. è voce la-
tina,
lube - comanda. Lat. luief , per la rima.
Par. 12, 12.
Ivi elegge - cioè , a tal luogo , a tal com-
pagda. In 1 , 129.
lura - per gli studi delie leggi , è voce
latina. Par. 11 , 4.
L - lettera formata nel pianeta di Giove
dagli spiriti beati. Par. 18 , 78.
La - articolo , aggiunto a nome proprio
di femmina, la GMiola. In. 18 , 55.
La NeUa. Pg. 23 , 87. la AnlMilsa.
In. 4 , 124. la Pia. Pg. 5 , 133.
La - per ella. Par. 2 , 140.
Là - avverbio , più là , cioè , più in là.
In. 31 , t03. M , 122. Pg. 5 , 78.
e in altri luoghi.
La bella donna - per la santa chiesa. In.
19, 57.
Labbia - per viso » faccia » ceffo . aspet-
to. In. 7 , 7. 14, 67. 19» 122. 25,
21. Pg. 23, 47.
Labi - per discendi » mini. Par. 6 , 51»
Lat. laberii.
Labile e caduco dalla memoria - cioè ,
che non si può tènere a mente. Par.
20, 12.
Labore - fatica. I^ 22 , 8. Par. 23, 6.
è voce latina.
Lacca - per ripa , riva. In. 7 ^ 16. 12,
11. Pg. 7, 71.
Lacerto • parte del braccio dal gomito al-
la mano : prendesi ancora per carne
moscoloBa. In. 22 » 72. Lat Uuortui.
Laci - m veee di là , in rima. Pg. 24 ,
105.
Lace -per Iago, in rinaa. Im 20» 61.
25, ^. Pg.5,84.
Lacrimabile - lagrimevole. Io. 6 , 76.
iMcmaimima 4eltwmo$no ^ ckiana Da»»
te rWemo. Par. 83, 22.
GOO
DIZIONARIO
Ladro alla sagrestia * cioè , della sagre-
stia. In. 24 , 138.
laggiù - per lo luogo di laggiù. Pg.
9 , 54.
Laggiùe- per laggiù , io rima. Par. SI ,
101.
Laggiuso - laggiù. Par. 2 , SO.
J.dgna - nome , afflizione , pena , trava-
glio, In. 32 , 95.
Lago del cuore - concavità , seno del
cuore. In. 1 . 20.
Lagrimare - per deplorare. Pg. 23 , 55.
per dimandar con lagrime. Pg. 13 ,
108.
Lagrimato - per desiderato con lagrime.
Pg. 10 , 35.
Lagrime d' incepso- cioè , gocciole. In.
24 . 110.
Lai - lamenti , voci dolorose e compas-
sionevoli. In, 5 , 46. Pg. 9 , 13.
Lama - per vallone , pianura , campagna.
In. 20 . 79. 32 , 96. Pg. 7 , 90.
La maggior valle in che Y acqua si span-
da ec. - cioè , il mare Mediterraneo.
Par. 9 , 82.
La mi à conchiusa * cioè , me 1* à con-
cliìusa , dimostrata. Par. 24 , 94.
Lampa -per anima beata risplendentis-
sima. Par. 17 , &.
lancia Con la guai gioitrò Giuda , chia-
ma Dante il tradimento. Pg. 20 , 73.
Lanciare - per ferire . passare il cuore,
quasi con lancia. Pff. 7 , Ili.
Landa - pianura , prateria. In. 14 « 8.
Pg. 27 , 98.
Languire - per esser debole , infermo ,
disordinato. Par. Ifl , 3.
Lanoso - per coperto di profonda barba.
In. 8, 97.
Lapillo -per gemma, pietra preziosa, e
figuratamente per anima beata. Par.
20 . 16. è voce latina.
Larghezza • per larga e copiosa limosina.
Pg. 20, 31. per liberalità. Par. 5, 19.
Largire - concedere , donare. In. 14 , 92.
. Par. 23 , 86. 24 , 71. Largir di tè ,
cioè , comunicar sé stesso* Pg. 13 ,
69. Lat. largiri.
Largito- per concesso , donato. Pg. 11 ,
m Par. 22, 118.
Lar^o -sustantivo , per larghezza. In. 19 ,
15.
Larva - per masdiera. Pg. 15 , 127. P^.
30 , 91.
La^oa - sorta di pesce. Dadte la pone per
li Pesci , uno de* dodici segni dello zo-
diaco. Pg. Si, 54.
Lasso - per infelice. In. 17 , 78.
Lasso * esclamazione di dolore , misera
me , infelice me. In. 28 , 140. e in al-
tri luoghi molti. 11 Petrarca n'è pieno.
Latebra r coll'accento acuto sulla secon-
da sillaba , per nascondiglio , io rima.
Par. 19\ 67. è voce latina.
Latente - celato , nascosto. Par. 26 . 58 ,
è vooe latina.
Latino -per ragionamento. Par. 12, lU.
Latino - per facile . chiaro , agevole , (òr-
se contrario di barbaro , strano. Pftr.
3 , 63. Noi Lombardi in questo sigsi*
ficato diciamo ladin.
Latin preciso - parlar latino proprio e ti*
gnificante , senz*alcuna oscuriti o atra*
nezza. Par. 17, 35.
Lato - sustantivo', per parte. Par. 21. 24.
per luogo 0 passo di libro. I^r. 29 .
40.
Lato - addiettivo , largo. In. 18, 13. Lai.
latui.
Latrare • per dolersi con grìdL Par. 6 ,
74.
Latria -r culto e servitù del vero e som-
mo Dio. Par. 21 , IH. ma qui in
grazia della rima si porta raoeeoUra-
cuto sulla prima sillaba, è voce greca.
Latte dolcissimo delle Muse - figorataom-
te , per vena poetica , facilità di com-
porre in versi. Par. 23 , 57.
Laude - nel numero del più « io riosa ,
per lodatori. Par. 19 , 37.
La virtù e* a ragion discorso ammanaa -
la potenza intellettiva dell* anima « o
r estimativa. Pg. 29 , 49. v. Ammam-
nare.
V Avversario d' ogni male -r Iddio , um*
ma bontà. In. 2 , 16.
Là 'vunque - là ovunque. Pg. 25 • 98.
Lazzo - di sapore aspro e attringeMe,
Io. 15 , 65. Sopra questa voce . e ia-
tomo a ciò che con easa volte aspo*
DELLE PAROLE E FRASL
«01
mer Dante , è da vedere il discono
84. della 1. centuria del dottìfisimo a-
bate Anton-Maria Salvinì.
Lebbre - per lebbra. In. 27 , 95.
Le bianche e le vermiglie guance - in
questo luogo il secondo U soprabbon^
da ; non dovendosi intender altro che
le guance dell'Aurora prima bianche,
e poi vermiglie. Pg. 2,7.
Lega ^ per eongiugnìmento. Par. S, 139.
Lega - per qualità e mistura di metallo.
Par. 2ih , 84. ma qui figuratamente.
Lega suggellata « per metallo coniato ,
o moneta. In. 30 , 74.
I^a - p^ numero di miglia. I^gr 15, 121.
Legame - per difficoltà. Par. 32 , 50.
Legare ^£ q^ di lei a lei kucib legar
Pi, cioè , leffò il carro alla pianta con
un ramo della atessa pianta. Pg. 32,
51.
Legarsi per tede ad alcuno - cioò , pro-
mettere in parola d'uomo da bene. Pg.
16, 52.
Leggeramente * leggermente. In. 18,70.
Leggere - per dire ad alta voce. Pg. 25,
85. per ispiegare pubblicamente qual-
che scienza ùA arte. Par. 10 , 137.
Leggiavamo - leggevamo. In. 5 , 127.
Leggiero* per facile. Pg. 8 , 21. 17, 7.
L^ìsta - per legislatore. In. k , 57. ,
Legno - primo legno dei carro , cioè , il
timone. Pg. 32 , 24.
Legno diletto d* Apollo - cioè , l'alloro.
Par. 1 , 25.
Legno indico - forse una sorta di legno
straniero , di cui servonsi i tintori per
colorire i panni ; o deesi intender l' e-
bano. Pg. 7 , 74. I cementatori ma-
lamento intendono l'azzurro oltramari-
no ; perchè questo colore si cava del
lapislazzuli.
Lei - per colei. Pg. 17 , 19. 21 , 25.
Lei - riferito a cosa inanimata. Pg. 5, 120.
Lembo « propriamente, estremità della ve-
.ste. In. 15, 24. Pg. 27, 30. per con-
tavità di vallone. Pg. 7 , 72. cosi il
Landino.
Lena - respirazione, respiro. In. 1 » 22.
Pg. 4, 116. Lena <M fH>(moiie. Io. 24,
Leno -per fiacco, debole, mite, in ri-
ma. Par. 28 , 81. dal latino lenit.
Lento lento - pian piano , a bell'agio. In.
17, 115. Pg. 28, 5.
Leone - per questo animale viene intesa
dal Poeta nostro la superi)ia eJ'ambi-
zione , 0 sia il desiderio degli onori.
In. 1 . 45.
Leone - arme del regno di Castiglia. Par.
12 , 54. V. Caftiglia , nella Parte se-
conda delle Storie.
Leonino - di leone. In. 27 , 75.
Leppo - coir e stretta , fiamma che s'ap.
prende in materie untuose ^ onde poi
n'esce fetore. In. 30 , 99. Lat , nidor.
Lercio - lordo , sporco. In. 15 , 108.
Leso - offeso. Lat. laems. In. 13 , 47.
Lesso • addiettivo, lessato , bollito. In. 21 .
135.
Letane - processioni o supplicazioni che si
fanno tra' Cristiani , nelle quali si can-
tano le litanie , cioè le preci. In. 20, 9.
Letargo -per obUivione, dimenticanza.
Par. 33 , 94.
Letizia - per anima beata. Par. 9 , 67. i)er
lume. Par. 21 , 56. 26 , 135.
Letiziare - aver letizia , gioire , giubbila-
re. Par. 3, 54. 9, 70.
Lettere mozzQ -per abbreviature , cifre.
Par. 19, 134.
Letto - per suolo ; fondo. In. 14 , 9. £el-
io delle piante , pei suolo che si cal-
pesta. Pg. 12, 15.
Letto piano-per superfizie piana. Par. 30 ,3.
Levimi - levaimi , mi levai. In. 24 , 58.
Pg. 27 . 113.
Levare -per imbarcare. Pg. 2, 95.
Levare -per togliere. Par. 30, 121. v.
Porre.
Levarsi-per innalzarsiallontanandosi.Par.
ja , 67.
Levarsi - per andare in alto, detto di bal-
zo di montagna. Pg. 24 , 120. Levarsi
e eorgere , detto d* un colle. Par. 9 ,
. 28. In simil guisa il Petrarca nel s*>-
netto 10. attribuì alla colonna ilcam-
. mino\ cioè l'andare in suso; la qual
forma di dire molto bella e poetica ,
non à gran tempo , a torto fu ripresa.
Anzi la colonna si dice in Wnguà gra-
76
602
DIZIONARIO
ca chion ; e Varino Canierte nel suo
Lessico ne deduce rorìgine àpo tou cAte-
tfi cai àniinai éit up^oi iàìYaniare e te-
vani in alto ; ora questo è il cammi-
nare delle colonne.
Leve " per levi , in rima. Pg. SB , 89.
Lavorsi - levaronsi , io rima. Io. S6, 36.
33, 60.
Lerre -lepre. In. 23, 18.
Lezzo » puzzo. In. 10 , 136.
Li - articolo , (t parenti » per i parenti.
In. 1, 68. e somigliantemente , in molti
altri luoghi.
Li* per loro. In. 20 ^ U.
LI - avverbio^ per allora. Pg. 20 , 6fc.
Libello - libro picciolo , libretto. Lat. ti-
beUui. Par. 12 , 135.
Libeote-che opera tolentieri. Lat. libmg.
Par. 25 , 65.
Liberamente - per liberalmente , con libo*
raliti. Par. 33 , 18.
Libero è qui da ógni alterazione - cioò,
qui non a luogo Falterazione. Pg.21,<h3.
Libito - ciò che piace. Lat. quoa Utnium
$$t. In. 5 • 56. Mi faeea tittito , cioò,
mi rendeva caro. Par. 31 , U.
Ltbrv che 7 prHerilo rauegna , chiama
Dante la memoria. Par. 23 » 54.
Liei - per lì , là , in rima* In. H , 8k.
Pg. 7 , 6*.
Licito - lecito. In. 5 , 56. Pg. 6 ,. 118.
7, ki. 26, 128. Par. 1, 55.
Lieto • per felice » beato. Par. 1 , 126.
Lieto d* acque e di fronde -cioò, vago,
ameno per le fonti e por gli alberi.
In. i% , 97.
Lieve - per facfle o men faticoso. In. 28,
60. Pg. 1 . 106. Par. 24 , 37.
Lievemente - per facilmente , senza noia.
Par. 21 , 116. per aoavemeate. Par.
26, 18.
Lievi - levi , dal verbo l$eù. Par. 33, 67.
Limbo - luogp d'Inferno , ore molti teolo-
gi tengono che stiano l'anime de' bam-
bini morti senza battesimo , e quivi pa-
tiscano solamente la pena del danno.
D^te^ ripone in questo luogo anche i
Gentili ch'esercitarono gli ufflct delle
virtù. In. 4, 45. lÀmbQédio'nfèfnQ.
P|. fa , 14.
Limo- fango. In. 7 , 121. figuratamela
te , per carne unfiana ; essendo slsta
formato Adamo del fango. Pg. 17, 114.
Lat. Kmm.
Linci - avverbio , di quivi. Pg. 15 , 37.
Lingua -per palato. Par. 27 , 131.
Liquare - per manifestare , scoprire, ht.
15 1.
Liquor d'ulivi - olio. Par. 21, 115.
Lira-per l'angelo GabbrieUocaiitaBle.Bu!.
23, 100.
Lista - striscia , linea , rigo , o lungo pea-
zo di che che sia. In. 25, 73. h.
4, 42.
Lista radiale - cioò, linea dei raiBne. P^.
15 , 23.
Listare - segnare o fregiar di lista. Fu;
14 , 115.
Litare - sacrificare. Par. 14, 93. ò voce,
latina.
Littorano-nato in lido o spiaggia dina*
re. Par. 9 , 88.
Locato - per situato , oolloc«to« Par. tt ,
20. 32 , 74.
Locusta • cavalletta , spezie d* insello wh
Ussimo. Pg. 22 , 151.
Loda -nome , per lode. In. 2^ 108. P||.
20, 36. Par. 10, 122. 30, 17.
Lodo- nome » per lode , in rima. In. 3,
36.
Lodoletta - picciola lodola. I^. 20 , 73.
Loglio - U logtio Si lagnerà eketmea fU
eia ioUa , perchò non sarà liposlo mi
granai , ma piuttosto abbrucialo. Far.
12 , 119.
I/f oro - sustanlivo , per iatnuiMBlo bl-
to di cuoio e di penne , a modo dTw^
la , con che si richiama il bJcoae dil-
la sua caccia , girandolo e gridando, b.
17 , 128. e figuratamente , per lo cie-
lo , colla vista del quale Iddio lira t
so le persone ; tolta la mataiDra U
falconiere. Pg. 19 , 62.
Lolco - logico , dialettico , che
ta bene. In. 27 , 123.
lM>me^per lume, in rima. la. 10, n.
Longevo - di lunga vita. Lai. lummeem
Par. 18 . 83. '
Loatanare * per aÌiooliiiare.Sg. SS^llT.
perdurare» steodersi io luogo. la. 2,11.
DELLE PAROLE E FRASL
603
Lontano - avverbio. Io. 10, 101.
Lontra - animai rapace che vive ne' la-
^i , e 8i ciba di pesci. In. 22 , 36.
Lonza - pantera , sorta d' animai salvati-
co che i la pelle di vari colori. In.
1 , 32. 16 , 108. per essa intende il
nostro Poeta V appetito de* piaceri di-
sonesti.
Loquela intera - cioè . favella spedita co-
m' è quella degli adulti. Par. 27 , 13i.
Loto -fango. In. 8, 21, Lat. lutum.
Luce • per occhi , vista. Par. 21 , 30.
per stella. Par. 2, 145. per beato spi-
nto. Par. 6 . 128. 20 , 1(6.
Luce ed amore - per lo cielo Empireo «
dove la beatitudine consiste io vedere
ed amar Dio. Par. 27, 112.
Incelile , chiama Dante il Padre Etemo.
Par. 13 , 56.
Lucerna - per luce. Par. 8 , 19.
Lucerna - intesa per la grazia prevenien-
te. Pg. 8 , 112.
iMcerna del mondo , chiama Dante il so-
le. Par. 1 , 38. v. il Salvici , a carte
183. della 2. centuria de* suoi Discor-
si Accademici.
Lucerna sacra -per anima beata. Par.
21 , 73.
Lucerne - per occhi. Io. 85 , 122. per
anime beate. Par. 23 , 28.
Luce viva - per la divina Sapienztt il Fi-
gliuolo di Dio. Par. 13 , 55.
Luci - per occhi. Par. 22 , 126.
Lucido - per diafano , trasparente. Pg.
15 • 69.
Lucore «* splendore. Par, li , 9i.
Luculento - lucido , risplendente. Par. 9.
37. 22 , 28. è voce latina.
Loderò • per dar aegoi di grande allegrez-
za. Par. 30 , 10. è voce latina.
Lodo • nome » cioè , giuoco. Lat. tochii.
Io. 22 • 118. per ballo « danza , coro,
ftr. 28 . 126.
Lui - detto di qualche azione ; come del
dire. Pg. 2( , 1 . detto del giardino ce-
leste. Par. 31 , 98.
Lui - per a lui: ener vittam lui. In. 83,
150. Ri^poBi lui. In. 1 , 81.
Lai • per colui. Par. 2 , 47.
Lulla - parte dei fondo della botte , che I
sta di qua e di là dal mezzule. In. 28,
22. V. Mezzule.
Lnmaccia - lumaca. In. 25, 132.
Lume - per anima beata. Par. 23 , HO.
25, 13. e in altri luoghi.
Lume - per scienza. Par. 13 , hk.
Lume altissimo della grazia divina - Par.
32 , 71.
Lume di gloria , col quale i beati sono
resi capaci della visione di Dio - Par.
U, », hS.
Lume di totto dalla luna , chiama Dante
la faccia di quel pianeta , che riguar-
da verso la terra • quando il sole la
illumina. In. 26, 131.
Lume d* un sorriso • Par. 18 » 19.
Lumi della strada del solo - i segni dello
zodiaco , per 1* eclittica del quale il
sole cammina. Par. 26 , 121.
Lumiera - lume , splendore. In. 4, 103.
Par. 5, 130. 9, 112. 11, 16.
Luna - per mese , o tempo delFanno. Par.
27, 132.P<itt lune, cioè , molte appari-
zioni della luna in più mesi. In. 33 ,
26.
Lunari - per mesi. Pg. 22 , 36.
Lunga - In. 9 , 5. v. Menare a lunga.
Lunghesso * accanto , accosto , rasente.
Pg. 2 , 10. 19, 27.
Lungi al percuotere - cioè , lontano dal
percuotere. Par. 12, 49.
Lungo - particella , lo stesso che lunghes-
so , rasente. Lat. ncundum , propter.
in. 15 , 7. Par. 32 , 130.
Lupa -per questo animale sommamente
ingordo , vuol significare il no!«tro Poe-
ta ravarizia. Ii|. 1, 49. « in altri luo-
ghi.
Lupicini - lupi giovinetti. In. 83, 29.
Lorco - goloso , bevitore. Lat. lureo. In.
17 , 21.
Lastra - per covile di fiera. Par. h , 127.
Lat. Itftitniiii.
Lustro - sustantivo , per lume , splendo-
re. Pg. 29, 16. Par. U, 68.
Luttare - per querelarsi piangendo. Pg.
17 , 38. Lat. luaen.
Lutto - per istato degno di cotipaaaione.
Io. 13, 69.
ak
DIZIONARIO
M
M - lettera , ne* numeri romani signiGca
miUe^ Par. 19 , 129. formata nel pia-
neta di Giòve dagli spiriti beati. Par.
18 ,9i.
Ha' -mali , cattivi. In. 28, 135. 33, 16.
Ma che - se non , salvo , eccetto , fuor-
ché. In. li', 26. 21 .20.28 , 66. Pg.
18 . 53. Par. 22 , 17.
Macigno - sorta di pietra durissima. In.
15, 63.
Maciulla - strumento di legno per dirom-
pere e nettare il lino. In. 34 , 56.
Macro - magro in rima. In. 27 , 93. Par.
25 , 3, per ispogliato , svaligiato. Pg.
9, 138.
Maculato -fatto a macchie , dipinto a mac-
chie. In. 1, 33. 29t 75. è voce latina*
Madre • nella madre , cioè neirutero ma-
terno. Par. 32 , 69.
Madre comune - per la terra. Pg. 11 , 63.
Magagna - menda , vizio , difetto, in, 33,
152. Pg. 6 , 110. 15 , 46.
Maggio - per maggiore. In. 6 , 48. 31 ,
84. Par. 6 . 120. 14 , 97. 26 , 29.
28, 77. 33, 55.
Maggiore - per primo. Par. 32 # 136.
Maginare - immaginare , fingersi colla fan-
tasia. In. 31 , 24.
Magno- grande. Lat. magnui. In. 4 , 119.
Pg. 18 , 98. 19 , 63. Par. 9, 133.
Mal - In. 31 , 67. v. Rafel,
Maio - sorta d'albero alpino, ma preso dal
Poeta nostro per qualunque pianta. Pg.
28, 36.
Maladizione- maledizione. Pg. 3, 133.
Malaoth - parola ebraica , che significa re-
^t , o de regni. Par. 7, 3.
Malcreato - per malnato , infelice, sciagu-
rato, in. 32, 13.
Male - per malo , cattivo. Pg. 17 , 95.
Male - avverbio, cioè, eoo danno. In. 9,
54. Pg. 4, 72.
Mal governo - cioè > scempio, uccisione.
In. 27. 47.
Malignamente - cioè, con discoriesia. Pg.
17, 60.
Maligno aere - cioè , tempestoso In. 5, 86.
Maligno campo - cioè , brutto , spavente-
vole; ov\ero sterile, in. 18, 4.
Maligno terrcno-cioè, sterile. Pg. 30. 1 18»
Jlklalisealco- per uomo moko prinrip.nie .
segnalato e famoso. Pg. 24, 99.
Malizia - per qualità nociva dell'aere, lo.
29, 60. Parimente VirgUio, nell'eglo-
ga 7, al verso 57 , cosi cantò : Arti
ager : vitio moriem sitit airi» ke9b§.
Mal mondo -per lo 'nfema. Io. 19, 11.
Malnato - per infelice. Io. 30, 48.
Mal per Tolommeo - cioè, eoo danno à
Tolomraeo. Par. 6. 69.
Mal toilette - mal tolto. Par. 5, 33.
Malvagio cammino - cioè, aspro, dilGcile.
In. 34, 95.
Mal volere , chiama Drùì» il Deomio.
Pg. 5, 112.
Mamma - voce finciiillesca, che signi6ei
madre. In. 32 , 9. Pg. 21 . 97. Par.
14, 64. 23, €21.
Mammella - a//a destra mammella, àsè,
a man ritta, in. 17, 31.
Manchi voti - cioè , noo adempiti. Far.
4, 137. 5, 14.
Mancia - per iscontro di geote che ci sa-
luti, e ci paghi il buon giorno con tim-
pani ed altri strumenti odusicali. Par.
5, 66. Mancia irUta e bwma , per
incontro cattivo e fortunato. Io. 31,6.
Mancino - sinistro. In. 20, 126. i4 ma»r
eina^ cioè, a man sinistra, a banda àr
nistra. Pg. 4, 101.
Manco - sustantivo, mancanza , roofiiieo-
to. Par. 3, 30.
Manco - addiettivo, per mancante. In. 13,
6, per imperfetto, difettuoso. Par. 9,
110. Ili.
Mandria - per brigata. Pg. 3 , 86. (M
dagli antichi latini chiamavasi gnx
un'intera compagnia di comiei.
Mandriano - custode delia maodra , P'
store. Pg. 27, 82.
Manducare - mangiare. In. 39 , 127. è
voce latini.
Mane - mattina. In. 84, 105. Far. U U*
23, 89. è voce latina.
Mane - da mane o da mcM, di mattìB*
In. 34, 118.
Manere - rimanere^ durare. Par» 29, lU.
è voce latina.
BELLE tAftOLE E FflASI.
10&
Manibus o datelitia p/enti-orsù vìa, da-
te gigli a man piene. Pg. 30,21. pa-
role tolte dal 6. libro deli' £neida di
Virgilio, al verso 884. ma trasportate
ad altro proposito.
Manicare - mangiare. In. 3S , GO,
Manifesto - per manifestato. Pg. 26, 26.
Manna verace - per la sapienza celeste.
Par. 12 , Hk.
Mano - per banda ^ parte. In. 7 , 32. 9,
110.
Manso - per quoto , mansoeto. Pg. 27 ,
76. V. la 2. centuria de' Discorsi Ac-
cademici deH' ab. Anton*Maria Salvini,
a carte 122^
Mantaco - mantice , strumento co) quale
si soffia nel fuoco. Pg« 15 , 51. ma
qui prendesi figuratamente per lo poi-
mone che , a guisa di mantice , nella
inspirazione si dilata e si gonfia , e nella
r(*«piraziafìe si ristrìgne e appassisce.
Manto nate di $utti i volumi del mon-
do , chiama Dante il primo mobile che.
a guisa di mantello , cuopre tutti gli
altri cieli inferiori. Par. 23 , 112«
Maravigliare ^ per isiupirst , maravigliar-
si. Pg. 28 , 79.
Maravigliose grazie - ringraziamenti sopra
ogni credere, mj/enle^, come disse Te-
renzio neir Éutiuco. In. 18 , 13o«
Marca - per paese , provincia , contrada*
Pg. 19 . 45. 26 , 73.
Mare - t( gran mar dell' estere , cioè , 1*
ampiezza immensa delle narture create.
Par. 1 . 113.
Mareggiare - ondeggiare. Pg. 28 , 74.
Maremma - campagna vicina al mare. In.
25 , 19. e accenna spezialmente quella
di Pisa in Toscana.
Margherita - per lo corpo risplendente del
pianeta di Mercuria. Par. 6 , 127. '
Margherita etema - chiama Dante il cor-
po illuminate e biancheggiante deUa
luna. Par. 2 , 34.
Margherite - per anime beate. Par. 2S ,
29. Poco innanzi avea detto iperule.
Marito primo della povertà - detto dal
Poeta il Salvator nostro; il secondo noi
fa 8. Francesco d' Aasiai. Par. il» 64.
Marra - ^trument» ruatico da radere il I
terreno* In. 15 , 96.
Martellare - percuotere con martello : e
figuratamente , tormentare. In. 11, 90.
Martirare - cruciare , tormentare. In. 26,
55. Pg. 15 , 108. 17 , 132.
Maschio naso • cioè , grande , virile , ben
formalo. Pg. 7, 113- L'uomo po.ir-
nito d' un tal naso era detto da' Gre-
ci grupói.
Masnada - per brigata , compagnia di gen-*
le. In. 15 , 41. Pg. 2 , 130.
Masso - sasso grandissimo , radicato in
terra. Pg. 3 , 70.
Mastino - cane grosso da guardia. In. 21,
44< per tiranno crudele. In. 27 , 46.
Mastro - maestro. In. 24 , 16.
Hatera - per materia , in rima. Pg. 18,
37. 22 , 29. fuor di rima. Par. 1,27.
Matre - per madre, in rima. In. 19, 115.
Mattia - permattezza, stoltezza. In.20,9S.
Mattinare - far la mattinata , cioè canta-
re e sonare in sul mattino , innanzi le
finestre dell' amata o dei vago, e figu-
ratamente , dire e cantar mattutino.
Par. 10 , 141.
Maturare -per fiaccare, affievolire, levar
l'orgoglio di t^sta. In. 14, 48.
Maturo - fiore maturo di tutte le $ue foglie,
per ordine di beati già pieno e com-
piuto. Par. 32, 22.
Mazzerare - gittare alcune in mare in un
sacco legata, con una pietra grande ;
ovvero legate le mani e i piedi , con
un gran aasso al collo. In. 28, 80.
Me - di$$er me , cioè , dissenni » dissero
a me. In. 23^ 91.
Me • pronome soprabbondante. Pg^ 16 ,
143.
Me' - per meglio e migliore. In^ 1, 112.
2, 36. 14, 36. 32, 15. Pg. 12, 68. 16,
125. 22, 74. Par. 26, 79.
Me' -per più. Pg. 31, 43.
Meare - per trascorrere, passare. Par.
15, 55. 23, 79. è voce latina.
Hearsi - per procedere r derivare. Par.
13, 55.
Mee -^ me, in rima. In. 26, 15.
Melo • r arbere che fa le mele. Lat. ma^
(ta, pomus. Melo Che del $uo pomo gli
angeli fa ghiotti ^ cbiama Dante Gesù
606
DIZIONARIO
Cristo e la sua gloria. Par. 33, T3.
Meloda - melodia, musica. Par. 28, 119.
Melode -meloda, melodia. Par. ik, 122.
21^, lU.
Membro - membri, membra, in rima. Io.
29, 51. Pg. 6, U7.V. il Salvini nella
2. centuria de* Discorsi Accademici, a
carte 258.
Membruto-di buona corporatura, di gros-
se membra. In. 3fc, 67. Pg. 7, 112.
Memorare - ricordare. Pg. 23, 117. ò vo-
ce latina.
Mena - nome, per condizione. In. 17, 39.
21^, 83.
Menare - Che Vecchio noi potea tncnare
a lunga, cioè, che la vista non gli po«
tea far discernere le cose lontano. In.
9, 5. Menai leir arte^ cioè , esercitai.
In. 27, 77.
Menare ^i occhi - per andar guardando
attorno. Par. 31, 47.
Meno - avverbio, per non. Par. 16, 11.
Menrenti • cioè, meoerenti, ti meneremo,
ti condurremo. Pg. 31, 109.
Mensola -sostegno di trave o cornice ch'e-
sce dalla dirittura del piano ov*è aOls-
aa. Pg. 10, 131.
Mente -per anima umana. Par. 32, 64.
per memoria. In. 3, 132.
Mente Di che tutte le cose son ripiene,
cioè, il sommo Dio che tutto riempie
colla sua immensità. Par. 19, 53.
Mente in che s' inizia il moto die* cieli e
delle atdie- cioè. Iddio, primo motore
d' ogni creata natura. Par. 18, 118.
Mente torta - cioè , offesa da furore. In.
30. 21.
Mentire - per ingannare. In. 19, 54.
Menti sante • cioè, gli angeli , le intelli-
genze celesti. Par. 32, 89*
Mentre che - finché , fino a tanto che.
In. 5, 96. 13, 18. 17, U. 33. 132.
Pg. 20, 61. 23, 1. 27, 63. Pftr. 23.
106. », 122.
Menzionare - br menzione, nominare. Pg.
15, 45.
Meraviglioso - maraviglioso. In. 16 , 132.
Mercè - per merito. Par. SS , 73.
Mercede -per merito. In. 4, 34. Par.
21, 52. 28, 112.
Mergere - per affondare » deprimere. Pg.
19 , 190. è voce laUna.
Meridiano • il Mar Mediterraneo Tento
te» va , cioè tanto si stende , che fa
meridiano Li dove T orizzonte pria far
tuole. Par. 9 , 86. Per intendere qoe-
sto luogo del Poeta nostro , eooviea
sapere che quelli che abitano presso
lo Stretto di Gibilterra , dove comincia
il mare Mediterraneo , anno il loip
orizzonte a Gerusalenmne • intorno a
cinquemila miglia lontano da esso Stret-
to ; eh' è quasi una quarta parte et
tolta la circonferenza della terra. Chi
dunque s'avanzerà dallo Stretto di Gi-
bilterra fino alle spiagge di Palestioa
dov* è Gerusalemme , fin dove quasi
arriva il Mediterraneo « verri ad arere
il meridiano dove prima avea V orìz-
tonte.
Meridiano - marì^Mna face , fiaccola ri-
splendente come il sole di wa^mogkt^
no. Vat. 33 , 10. qui è metafora.
Meridiano cerchio - uno de' maggiori cir-
coli delia stara armillare , clie la di-
vide in due parti eguali , ed è agaà*
mente distante dall'oriente e daBT oc-
cidente. Al qoal circolo quando è ar-
rivato il sole , U mezzogiorno a tolti
coloro che anno uno stesso orizzonte.
Ma come sono innumerabili gii oriz-
zonti , cosi parimente i merìduiBi. I^.
2, 2.
Merùiiano è tocco dal sole - cioè , è mez-
zogiorno. Pg. 4 , 138. V. Meridiane
cerchio*
Merigge - meriggio , mezzogiorae. Lat.
m^ridiee. Cerchio di ai^mgfe. Pg. 25.
2. 33 , 104. V. Meridiano eerdùe.
Meritare di chi che sia - per beneficare.
I^t. mereri , benemereri de edifoo. la.
26,80, 81.
Meritoro - per meritorio , in rima. Par.
29, 65.
Mero- per lucido , netto , puro , lispisa-
dente. Par. Il , 18. 18, 55.2S«60
30 , 59. Acqua mera , cioè , tepiéi
non mescolata di fèccia. Pkir. 9 « 114
Merrò - menerò , condurrò. Pg. 7 . 4T
Mertare - meritare. Pg. 17» 105. ai , M
DELLE PAROLE E FRASI.
6or
Merto- per merito. Par. 25 , 69é
Herto - per castigo. In. 81 , 93.
Mescere ad aicuoo - per darli bere. Pkr.
17, 12. alla foggia de' Latini.
Meschine -per ancdie. In. 9, 43.
Meschini - forse schiavi. In. 27. 115.
Mesciuta -per torre o campanile. In.
8, 70.
Messo da Cielo -angelo mandato dal Ge-
lo. Pa. SO , 10.
Messo di Dio - cioè » mandato da Dio.
Pg. 33 , kk.
Mestiere - per bisogno. In. 21 , 66. 23 ,
119. 31, 110. Meitier non era pano-
rir Maria , cioè , che partorisse. Pg.
3, 39.
Mestieri - mestiere , bisogno ^ ciò che à
mestieri, dò eh' è necessario. In. 2, 68.
Mestiero - mestiere , bisogno, è meitie-
roy si richiede. Pg. 8, Ili.
Meta - per confini. Pg. . ìk , ìkh.
Metafiiice pruove - cioè , tratte dalla me-
tafisica* scienza nobilissima che si dice
ancora frima filoio^. Par. 21 , 134.
Metro - per misura. Pg. 27 , 51. A que-
sto metro, in questa maniera. In. 19,
89. per le parole che si cantano. Par.
28, 9.
Metro ontoso - per grido con beffe e con
parole ingiuriose. In. 7 , 33.
Metropolitano - Tescovo della principal
chiesa d* una provincia , il quale ab-
bia sotto di se altri vescovi suffraga-
nei. Par. 12 » 136.
Metter co o capo - dar principio. In. 20,
76.
Metter compenso - per aatoUare» aoddi-
sfare. Par. 9 , 19.
Mettere il viso in che che aia • doò ,
guardare alcuna cosa. Par. 33 , 19S.
Mettere in arca -^ per accunuilar pecunia.
Par. 8 , 84.
Mettere in cura • per soUedtare* Par. 26,
21.
Mettere in fuga i sospiri «In. 30 , 72.
V. Fuga.
Mettere innanzi ^ per portar la vivanda
in tavola ; e figuratamente , proporre
alcuna materia o quistione <tai studiare.
Par. 10 , 25.
Mettersi - ti wìettemmo jm un hotco , cioè,
e* incanuninammo. In. 13 , 2. Cosi il
Petrarca , nel cap. 1. del Trionfo dì
Amore : Vago d^ udir notselle , atra mi
miti. Mettersi oltre a fare che che sia,
per avanzarsi in qualche cosa. Pg. 24,
Mettersi nel canto e nella nota * porsi a
cantare insieme cogli altri. Par. 25 ,
109.
Metter voci - gridare. Pg. 19 , 35. alla
maniera de* Latini. Properzio , nella
7. elegia del 4. libro : Sfirantesquc
amimoi et toeem mini.
Mezza terza • per Torà mattutina. In. 34,
96.
Mezzo - per aria , acqua , o altro corpo
trasparente , interposto tra 1' ometto
visibile e 1' occhio. Par. 31 ^ 78. Il
mezzo ,' per lo mollo , Gli tolse 7 tra-
passar M più atMuii ; cioè , la quan-
tità deH* aria interposta tra V oggetto e
la vista , vale a dire la molta distan-
za , impedì essa vista , che non po-
tesse più innoltrarsi. Par. 27 , 74.
Mezzo - eoH* e stretto , per bagnato d* a-
cqua , molle , putrido. In. 7 , 1*28.
Mezzo cerchiò dd moto ftfpsnio , chiama
Dante l'equatore, o sia il circolo equi»
oozlale che è posto in mezzo aj tro-
pico del Cancro , e al tropico del Ca-
pricorno ; fuor deT quali cancelli noti
esce il sofe » girando per lo zodiaco.
Pg. 4 . 79.
Mezzodì - per r equinozio , cioè quelbr
stagione che pareggia il di colle notti;
il che accade due volte 1* anno , una
in principio di primavera , 1* altea in
principio d* autunno. In. 24 , 3.
Mezzule - la parie di mezzo del fondo di-
nanzi della boUe. In. 28 . 22.
Mffia-miglia. Par. 26,78.
Milizia - per insegna di casato nobile.
Par. 16 , 180.
Mifizia - eigncr mtlMi , cioè , annarca-
valiere. Par. 15, 140.
MUizia-r«Nia ctaUra miUziei A' Jb-
rwHio , cioè , gP angeli e T anime dei
beati. Più*. 80 , 43. 81 , 9 , 4.
MQiiia elw Pietro aqpiette - 1 satiHmar-
fM
DIZIONARIO
tiri della chiesa primitiva. Wr. 9« ikU
Ifilizia santa , fatta sposa da Cristo nei
sangue suo - cioè, la compagnia de'bea-
ti , che trionfa in Qelo » dopo uver
militato qiiaggiù in ternu Par* 31. 2.
Blillesmo - por millesio^Oi io rimi* Par.
20, 129.
llillesmo del vero- la miliesima parte delb
. verità. Par. 23 , SS.
Ministrare - eseguire i comandi , esoreitar
qualche ministero. Pg, 30 , SO.
Ministro maggior della Natura ^ cioò • il
sole che a una grandissima parte qella
generazion delle cose. Par. 10 , 28.
M' insegni * per insegnami. Io. $^7, 101.
Minugia - budelle , intestini. In. 28 , 2S.
Minuzie de' corpi r-que' minutissimi corpi-
celli che si veggono muoversi con somma
velocità ne' raggi del sole. Par. ik, 114.
Miracolo » per donpa di bellezza maravi-
diosa , qual era Beatrice, Par. 18. 63.
Cosi ii Petrarca della sua Inaura già
morta , nel sonetto 268.; L'alto e novo
miraeoi e d'ai nostri Apparw al fnQn-
do , e $tar seco non volse ec.
Mirare - per ammirare , maravigliarsi, Pgp
12 , 66. ^ , m.
Miro ^ maravislioso , pirabile. Par, 2^ ,
36 , ì^, S3. 30 , 68. è voce latina.
Miro -noia mira , cioò , canto mirabile.
Par. ik , 2fc.
Mirra - lagrima o gomma d' un albero che
nasco in AnJ>i|i » molto prezioso. In.
24, 111.
Mirrare - ugnerò con mirra che impedi-
sce la cornijKione ; e figuratamente ,
conservare , e consacrare air io^morta-
lità. Par. 6» ^. V. il Varchi neir Er-
colano , a car^e 190. Non mancano spo-
sitori che spieghino mirro per miro ,
io grazia della rima.
Miscliio - sustantivo , per mescugUo • odOr
scolanza. Par* ^ , 131.
Mùerere - abbi misericordia » principio del
salmo SO, e nrendesi per tutto il sal-
mo. Pg. S , w. Cosi , Miser$re mei ,
abbi misericordia di me. Par*. 32 , 12.'
Miicrere di me - abbi compasaionp di me.
In. 1 . 65. Usarono i poeti toscani , e
doche i prosatori qual'phe Yplta t di spar?
ger ne* loro componimenti %'oci laim.
Il Petrarca nella canzone alla Beata Ver>
gina : Miserare dun cor eonirùo . «■»-
' /e , e nel sonetto 292- : Or ab expcrto
vottr§ frodi intendo. Il Boccaccio pure,
nella novella di Martellino : Domina .
fallo triito. T. Sub Julia.
Miso - messo , posto . collocato, io rima.
In. 26 . ih. Par. 7 . 21.
Misture - per corpi misti , formati dagS
elementi. Par. 7^ (25.
Misuratamente - con misura ed ordine.
Pg. 8, 8^.
Misurrebbe - misurerebbe. Pg. 10 , 2^.
Mi(riare- mettere in capo la mitra ve»c<i-
vile. ma figuratamente , coocadeie mi-
periorità. F^ 27 , 142.
Mo - ora , testé , poco avanti. Lat. «««/a.
In. 10. 21. 23, 7,28. 27, 20.25.
109. 33 , 136. Pg. 8 , 28. 21 , 61
23 , 56 , IH. Par. 4 , 32. 7 , %.
12, 82. J9, 67. 21, 15. 22. 11.
73. 23 , 55. 24 , U3. 30 . 70. 31. i8.
Mobile primo r cielo superiore, chemv^
vendosi , trae seco e gira tutte le sla>
fé ìpreriori d*oriente in occidente, fi-
no alio stesso punto, nello spazio d'o-
re ventiquattro ; secondo il sistema di
Tolommeo, Par. 30 , 107.
Modicum , et non videbitis me ; et itenem
modicum , et inos videbìiin me - cioè •
passerà un poco di tempo , e oonini
vedrete ; e passerà un altro poco di
tempo , e voi mi vedrete , parole di
Gesù Cristo nel Vangelo dj s. Giovaa*
ni , al cap. 16. Pg. 33 , 10.
Modo - per condizione , foggia , qualità.
In. 28 , 21. 3t^ , 50. por volontà, cea-
no , comando. Pg. 29 , 131.
Modo - tenere alcun modo , cioè , u^ar di
fare che che sia. \n. 3 , 3ì.
Mola - macina da mulino. Par. 21 • 81.
è voce latina.
Mola - per ruota o corona di persone che
danzino. Par. 12 , 3,
Molle - per facile e coadiscendeote. lo.
19. 86.
Moncherini - estrosità delle bracia , ti*
gliate via le mani. In. 28 , 104.
If onco - senza mano , o cop roano sto^
DELLE PAROLE E FRASL
60<i
piata, figaratameote , /biW numeo , per
isvanire, dileguarsi. In. 13, 30.
Jimdt, cbiama Dante i tre regni spiri-
tuali da lui descritti. Pg. 5 , 63.
ìlondigjia - feccia , parte inutile che si le-
Ta dalle cose le quali si purgano. In.
30, 90.
Mondizia -purità. Pg. 21, 61.
Mondo -^^<<o niondo , per rcmisperio no-
stro. Par. 30 , 2. per lo Purgatorio.
Pg. 26, 131.
Mondo amaro senza fine- i' Inferno. Par.
17 , 112.
Mondo defunto, chiama Dante T Inferno.
Par. 17 , 21.
Mondo felice - per lo Cielo ch'è Tabitazio-
ne de* beati. Par. 25 , 139.
Mondo pulcro - il Cielo , il Paradiso. In.
7 , 58. ▼. Fulcro.
Mondo senza gente • cioò , disabitato. In.
26, 117,
Moneta - figuratamente , per la fede. Par.
2b, 84.
Moneta senza conio - per indulgenze fal-
se e senza autorità. Par. 29 , 126.
Monetiere - chi falsifica la moneta. In. 30,
iìh.
Mònimento • per sepolcro. In. 9, 131.
Monistero - monasterio. Pg. 18 , 122.
Montar per io raggio divino - ascendere
a contemplar la Divinità. Par. 31, 99.
MonU che $% leva ptò dalConda , chiama
Dante il monte del Purgatorio, ch'egli fin-
ge superare tutti gli altri in altezza.
Par. 26 , 199.
Monte del Purgatorio -Par. 15 , 93, 17,
113 , 137.
MonH , chiama Dante gli apostoli. Par.
25, 38.
Mora • nome , per monte di sassi. Pg.
3 , 129.
Moralità-per dottrina morale. Vg. 18, 69.
Mordere- per tormentare abbruciando. Pg.
27 , 10.
Mordere - Con quanti denti qunto amor
ti morde , cioiè , quanti motivi à l'amo-
re che t'infiamma. Par. 26 , 51.
Morire - muore U lembo , cioè , termina,
sparisce , lascia d' esser lembo. Pg*
*T, 72.
Morisse - per morissi , in rima. In. 5 ,
Ul.
Mormorare - per parlar coperto , o fra'
denti. Pg. 2h' , k7. per nominar sotte
voce. Pg. 32 , 37.
Morso - sustantive , per istimolo. Par.
26, 55.
Morso deli' unghie • per lo grattare. Io.
29 , 79.
Morta'- per mortali. Pg. 13 , ìkk.
Mortai - mortali. Par. 5 , 129. 15 , k2.
Mortale -t7 mortale, sottintendi » corpo.
Pg. 26 , 60.
Morta poesia - che tratta del regno dei
morti ; cioè , dell' inferno : e perciò
tetra , malinconica , il Petrarca nel
sonetto 16 : Tacito vo ; che le parole
morte Farian pianger la gente , ovve-
ro , abbandonata , tralasciata per lun-
ghissimo tempo ; colpa de' Barbari
che innondarono l'Italia negli ultimi
anni dell' imperio romano , e distrus-
sero tutte le belle arti , ma la prima
spiegazione ci sembra la vera. Pg.
1, 7.
Morta scritta - cioè , lettere di colore o-
scuro e funebre. In. 8, 127.
Morti veri , chiama Dante i dannati* Pg.
23 , 122.
Mossa neve - cioè , neve caduta da cie-
lo. Pg. 29 , 126.
Mosson -mossero. Pg. fc, 122.
Mosterrà - mostrerà. Pg. 1 , 107.
Mosterrolti - tei mostrerò. In. 32, 101.
Mota -per mossa , partieipio. Pg. 23 ,
19. è voce latina.
Moto - participio , per mosso. Par. 18 ,
(9. 3A , 132. è voce latina.
Moto che più tosto il mondo cigno - cioè,
il primo mobile velocissimo. Par.
28, 27.
Motore -che muove. Pg. 25, 70.
Motori beati - le intelligenze che muovono
i cieli. Par. 2 , 129.
Motto - per detto breve e faceto. Par.
29, 115. per le parole semplicemCL-
te. Pg. 5 , 7. V. Far motto*
Movéo - movevano. In. 18 , 17. Zh ,
51. Par. Ik , 110. e simili termioa-
aioni molte.
77
610
DIZIONARIO
Moveodo-per movendosi. Par. 13, 66.
Moviéno - movevano. Pg. 3 , 59. 10 ,
81. 29, 59.
Moviéosi - per movevaosi • in rima. In.
12 , 29. Par. 18 , 79.
Movimento umano - per malvagia iocli-
nazione , reo appetito. Par. 33, 37.
Mozzo* -per disgiunto, scompagnato. Pg.
16 , 15. per tolto. In. 9 , 95.
Mucciare - per trafugarsi , fuggirsi. In.
24 , 127,
Muda * è propriamente quel luogo oscuro
dove si rinchiudono gli sparvieri ed
altri uccelli di rapina , perchè mutino
le penne ; ma Dante usurpa questa
voce .in significato di prigione» In. 33,
22. £ simile quel del Petrarca nel
cap. ^. del Trionfo d' Amore :
In coli tenehroML e stretta gabbia
Rinchiuii fummo ^ ove le pevme ueate
Mutai per ttmpo , ^ la mia prima
labbia.
Mulo - per bastardo. In. 24, 125.
Mungere - munger la Una del polmone ,
per levare il respiro, affannare , fiac-
care. In. 24 , 43. Munger le lagrime,
trarre il pianto dagli occhi. In. 12 ,
135. Mungere per gli occhi, per ecci»
tare a piagnere. Pg. 13, 57. Munger
via la sembianza per la dtt-ta , disfi-
gurare a forza di soverchio digiimo.
Pg. 24. 17.
Muno - dono, in rima. Lat munue. Par.
14. 33.
Munto di che che sia - per tolto, estratto.
Pur. 21, 87.
Muovere - per muoversi di luogo, dipar^
tirsi, mettersi in cammino. In. 2, 07.
18 . 17. Pg. 10 , 92. 19 , 96. Par.
7, 7.
Muovere il piede nel bene appreso-cioè,
avanzarsi più e più nella cognizione del
bene. Par. 5, 6.
Muovere i piedi colla Chiesa - cioè, sen-
tire come sentono i Cattolici , essere
ortodosso. Par. 6, 22.
Muover la penna -per dar materia e ca-
gione di scrivere. Par. 19, 116.
Murare- fabbricare: Tempio Che si mu-
ro di Signi t di martiri, chiama Dan-
te la Chiesa che fu stabilita con insi-
gni miracoli, e col sangue sparso de'
martiri. Par. 18, 123.
Muro - per coaa interposta» che separi ,
ed impedisca il transito. Pg. 27, 3C.
Par. 32 , 20. il Petrarca parimente ,
nel sonetto 43. :
Tra la spiga elaman guai muto è wusse!
cioè quale impedimento ? quale osti-
colo?
Musare - stare oziosamente , a guisa di
stupido o trasognato. In. 28 , 43. v.
però il Varchi neir Ercolaoo , a carte
67. deir edizion fiorentina.
Mutamento - mutazione. Pg. 28, 7.
Mutarsi in sé - per voltarsi , detto di
schiera che marci. Pg. 32, 21.
Muto - nome, aspettar le nottUe dal mute,
cioè bramare che ^i siano spiegate
quelle cose che per la loro sublimiti
non si possono spiegare. Par. 10.75.
Muto -mute potenzie^ chiama Dante quefie
deir anima vegetativa e sensitiva, do-
po la morte dell' uomo ; che allora noi
si riducono all' atto. Pg. 25, 82.
Muto d*02ni luce -cioè, oscurìssimo, per
quella figura che da* Greci è cbiani-
ta caiachresis, cioè abusione. Io. 5. %•
N
Nanna - voce della balie quando collao-
do t bambini , procurano d'addoruieo*
targii. Pg. 23, 111.
Nardo • pianta indiana odorifera, lo. U,
111.
Nasetto - per uomo di picciol na^. K
7, 103.
Nastro - per continuazione di raggio , fi-
guratamente. Par. 15, 22.
Nasuto - ben fornito di naso. Pft. 7 .
124. ^
Nato - per figliuolo , alla maniera de'Li-
tini. In. 4. 59. 10, 111. Par.».
142. e per uccellino di uido. hr*
23, 2.
Nato - per natio. In. 22 , 48.
Navicare - navigare. In. 21 , 10. Pto. l
131. ^
Ne - particella riempitiva o enclitica ^
DELLE PAROLE E FRASL
611
me dicevano i Greci • per le vene ta-
ne , cioò , va 0 ne va. Pg. 25 , h2.
e cosi io altri luoghi, v. il Varchi nel-
rÉrcolano , a carte 193.
Nebuloso - coverto di nebbia , caliginoso.
Lat. fUbuloeui. lo. &, 10.
Necesse - per necessiti. Par. 13 , 98, 99.
per necessario. Par. 3 , 77. è voce la-
tioa.
Necessità fa esser veloce la Fortuna - di-
pendendo anche gli accidenti che pa-
iono a noi fortuiti , dalla indeclinabile
provvidenza di Dio. In. 7 , 89. M.
rullio , nelle sue Quistioni Accademi-
che a M. Varrone, scrive che gli an-
tichi filosofanti chiamavano qualche vol-
ta Dio col nome di Necessità : Quam
( tim , idest Deum) interdum Necessi-
Neque nubent • e non si aromoglieranno
detto di Gesù Cristo nel Vangelo di
8. Matteo , al capo 22. vers. 30. per
dare ad intendere che in Paradiso non
vi saranno più né mariti né mosii. Pc.
19 , 137.
Nequizia • malvagità. Par. k , 69. 15 ,
li^2. per desiderio ingiusto , e discor-
dante dalla divina volontà. Par. 6, 123.
Nerbo - nervo , o vigore. In. 21 , 36.
Nerbo del viso - vigore o forza degli oc-
chi. In. 9 . 73.
Nervi mal protesi - per parte del corpo
vergognosa , male usata, in. 15, iìk.
Cosi Orazio » neir oda 12. degli Epodi:
Cujus in indomito eonstantiar injuine
nervus.
I Quatn nova collibus arbor inhaeret.
tatem appellant , quia nihil aliter es- 1 Nescio - per ignorante , che non sa. Lat.
$e possU , atque ab ea constitutum iU :
tnler quasi fatalem et immutabilemcon'
tinuationem ordirne eempitemi.
Necessitato - per necessario , ingiunto di
necessità , cioè eoo obbligo indispen-
sabile. Par. 5 , k9.
Ned - scrivesi in vece di né particella ne-
gativa , quando seguita vocale. Pg. k,
102.
Ne' Dei - cioè , fra gli Del. Pg. 15 , 98.
Necnte - niente. Par. k , Ik.
Né fiamma non m' assale - questa doppia
negativa maggiormente niega. In. 2 .
93. Cosi VirgUio , nell' egloga 5. : Nul-
la neque amnem lÀbavii quadrupee ,
nee graminie attigit herbam.
^*e^ghieoz» - pigrizia , trascuraggine , o-
ziositó. Pg. k , 105.
Negligere - trascurare. Pg. 7 , 92 , è vo-
ce latina.
N»»20 - mettersi al neao , disporsi a nega-
re. Pg. 17 . 60.
Ne la - per nella , in rima. Pg. 17 , 55.
Nella chiesa Co* santi , e io taverna coi
ghiottoni - maniera di proverbio , che
dinota doversi T uomo savio accomoda-
re a'iuo^t a* tempi • e alle circostan-
ze, lo. 23 , U.
Nella madre - cioò , Dell' olerò materno.
Par. 32 , 69.
Ne la- per nello , io rima. Piar. 11, IS.
nescius. Par. 26 , Ik.
Nicchiarsi - dolersi e rammaricarsi con
voce sommessa , alla guisa che fanno
le donno quando cominciano a sentire
i dolori del parto. In. 18 , 103.
Nidio - nido. In. 15 , 78.
Nido - fare il nido , per alloggiare. Pg.
20, 131.
Nido -per luogo proprio d* anima beata.
Par. 18 , 111.
Nido di Leda -per lo segno de* Gemini.
Par. 27 , 98. v. Leda , nella Parte
Seconda delle Storie.
Niego - far niego , per negare. In. 26 ,
67. Pg. 25 , 33. V. Nego.
Niente - di levarsi era niente , cioè , in
vano tentavano di levarsL In. ^ ,
lb3.
Nigri - per negri , in rima. Pg. 33 , HO.
è voce latina.
Nitido - netto , purgato. Lat. nitidue. Par.
3, 11.
No* -noi. Pg. 5, 52.
Nobilita - nobiltà. Par. 7 » 78. Lat. tu»-
bilUas.
NobiUtate-Dobiltate. Io. 2, 9.
Nocchio - nodo. lo. 13 , 89.
Noce -per quella parte della balestra ,
dove s* appicca la corda quaado si ca-
rica. Par. 2 , ik.
Nedo -per diffieoltà. Pg. SI, 55. Par.
612
DIZIONARIO
28 , 58. per misterio » o visiooe mi-
sterìosa. Pg. 29 , 133. per la maccbina
del mondo. Par. 33 , 91.
Noiare - annoiare , rincrescere » dispia-
cere , 'dar molestia, e a'adopra col
terzo e col quarto caso. In. 23, 15.
Pg. 9 . 87. Par. 9 , 35 , 98. li, 18.
Noi vi dice - non vel dice. Par. 14 , 10.
Temendo no *l mio dir gli fu$$e gra-
ve , cioè , che 1 mio dire grave non
gli fosse. In. 3 , 80. 17 » 76.
Nomare - nominare. In. 5, 71. 25,42.
80 , 101. Pg. 11 . 55. 21 . 91. ih ,
26. Par. 18 , 35. 28 , 132.
Nomato - Dominalo. In. 23 , 105. 32 ,
65. Par. 6 , W. 7 , 133.
Nome- Col nome che più dura , e più o-
nora , cioè , eoi titolo di poeta. Pg.
21 , 85.
Nominanza - nome , fama. In. k , 76.
Pg. 11 . 115.
Nominare a dito - cioè , additando. In.
5, 68.
Non - particella soprabbondante. Ib. 30^,
2fc.
Non altri il ti eiura - cioè , niuno tei
giura. Par. 2Ì , 105.
Non buono - per cattivo. In» 21 , 99.
Cosi Catullo , earm. XI. ; Pàuca nun-
tiate meae fuellae Non bona dieta, *
Non credi tu me teco ? - cioè , me esser |
teco ? Pg. 3 , 24.
Non decimai quae iunt paupentm Dei -
non le decime che sono de' poveri di
Dio. Par. 12 , 93.
Non guardasti in li , si fa partito- cioè,
appena guardasti in li , eh* ei si partii
In. 29 , 30.
Non n* usciresti , pria saresti lasso - sot-
tintendi , che. Par. k , 93.
Non possa - in forza di nome , cioè, di-
fetto di potere. Pg. 5 , 66.
Non poterne ad essa - sottintendi , arri-
vare. Pg. 11 , 8.
Non puote esser senza gustare - cioè ,
non può non gustare ; è forza che gu-
sti. Par. 10 , 5.
Non sarria , che non poteaee- cioè , po-
trebbe; Pg. 7 , 51. y
Non , $i 9$t don rriawm tiodMi «m -| Noi
cioè , non dimandò a Dio Salomeoe ,
se convegna concedersi o darsi che d
sia il primo moto , o pure se i mori-
menii procedano da una serie d* infiuile
cagioni. Par. 13 , 100.
Nosco - in compagnia nostra , dal Ma»
nobiicum. Pg. 22 , 106.
Nostra Donna - cioè , nostra Signora ; per
la Beata Vergine. Par. 21 , 123.
Nostra labbia - per aspetto o figura uat-
na. In. 25 , 21.
Nostrale- domestico , all'usam del no-
stro paese. In. ^ , 9.
Nota- per accento r suono , voce , grido.
In. 5 , 25^ 32 , 36. per ricordo scritto.
In. 20 , 104. 32 , 93.
Notare - per accennare , significare. f%,
6 , 93. per cantaro secondo lo noie inh
sicali. Pg. 30, 92.
Note -per macchie. P^. 11 , 34. per pi-
role o rime. In. 16, 127.
Note - verbo , per noti, in rima, h M,
101. Par. 13 , 103.
Noto di fama - cioè , per fama. Par. 17,
138.
Notricare • nutrire. P^r» 16> , 78.
Notte uUima - per la fine dei mondo. Ptf.
7. 112.
Novella - per ragionamento. In. 25 , 38.
Novellamente - per aggiorni nostri • o ne-
gli ultimi tempi. Pg. 20 , 51.
Noverca - madrigna , è voce latina. Par.
16 , 59. qui , figuratamente , contraria,
avversa come sogliono essere le maAri»
goe ai figliastri.
Novissimo -per ultimo, alla maniera deXa>
tini. Pg. 30 , 13.
Novizia -per isposa. Par. 35 , 105.
Nozze - per V eterna beatitudine. Par. 90,
135.
Nube - nuvola. Lat. nuòe^. Par. 12 . 10.
Nube di mortaltti - cioè , impedimento die
il corpo mortale cagiona ali* anima ioh
mortale. Par. 33 , 31.
Nuca -la spinai midolla eh' è come un pro-
cesso del cervello, secondo i professori
di notomia. Io. 32 , 129.
Nude parole -chiare , tacili ad easere i^
tese. Pg. 33, 100.
per wÀ, in rima. Iiir 9 » 90.
DELLE PAROLE E FRASI.
6ia
Nulla - per niuoa« Io. 5 , kh.
Nulla -particella; Nulla iarebbe del tornar
mai iiMo, cioè , non ritorneresti mai di
sopra. In. 9, 57. Sarebbe nulla d'ag-
guagliare , cioè , non potrebbe in al-
cuna maniera. In. 28 , 20.
Nullo • per niuno. In. 5 , 103. 7 , 42, 14,
65. 31 , 81. 33 , 123. Pg. 8 , 55. 23 .
9. Par. 15 , 119. 19 , 89. 24 . 21. 80.
59. 31, 15, 54. 32, 42, 63. Lat. nullue.
Numi* per anime beate. Par* 13, 31.
Nuocere in altrui - cioè , ad altrui. In.
12, 48.
NuùTte cose , chiama Dante le creatore ,
avendo riguardo all' eternità del Crea-
tore. Par. 7 , 72. In Daniello , al 7.
capo , chiamasi Dio , Antiquus dierum.
Nuovo -per disusato e strano. In. 18, 22,
per giunto di fresco , e perciò inesper-
to , mal pratico. Pg. 28 , 76. per igno-
to. Par. 9 , 22. per insolito , maravi-
glioso. Pur. 33 , 136.
Nuovo augelletto - per quello che non à
messe ancora le peone interamente.
Pg. 31, 61.
Nuovo di compagnia - per chi à dqovo
compagno. Io, 23, 71.
Nuro - per onora , io rima. LaL wurue.
Par. 26, 93.
0
O - esc1ama2ionedi maraviglia. Pg. 5, 27.
Obbediendo - obbedendo. Par. 7, 99.
Obbietto - oggetto. Par. 33, 103.
Obbietta comune, chiama Dante il desi-
derio di sapere, comune a tutti gli no-
mini , cosi spiega il Vellutello. Pg.
29. 47.
Obblieo - obbKquo , contrario di retto.
Par. 10, ìk. V. Zodiaco , oella Parte
Secooda delle Storie.
Occaso - occidente. Pg. 30, 2.
Occhi - per vista, togliere gli occhi , per
impedire il vedere. Pg. 15^ 145.
Occhiaia - cassa dell* occhio , sito dove
sta riposto. Pg. 23, 31.
Occhi del cielo, chiama Dante Apollo e
Diaoa, cioè il iole e la luoa. Pg. 30.
132.
Occhi della mente - cioè, l* intelletto. Pg.
33, 126.
Occhio * sovra*! sol non fu occhio e' andas^
8^, cioè , che vedesse mai cosa più ri-
splendente del sole. Par. 10, 48.
Occhio deli* aquila - circooscrilto. Par.
20, 31.
Occupa - con* accento acuto sulla secooda
sillaba, in rima. Pg. 20. 8.
Occupare -per vincere, Pg. 14, 54.
Odio proprio - cioè, di sé stesso. P<r.
17, 108. ^
Odor di lode - quasi sacriGzio ; tolta la
metafora dall* incenso che si abbrucia
ne' sacrifizi. Par. 30, 126.
Offensa - per colpa , peccalo. Par. 4 ,
OfTense-per offese, participio, in rima.
In. 5, 109.
Offensione - offesa, danno, scempio. In.
6, 66. 21, 61. per peccato. PJ,^ 17, 82.
Offenso - offeso. Pg. 31 , 12. Par. 17 .
52. Lat. offemw.
Offerer^- offerire, sacrificare , dar culto
a Dio. Par. 5, 50. 13. 140.
Offerirsi dinanzi agli occhi - cioè , pre-
sentarsi. In. 1, 62.
Offese di ciò - peccò in ciò. Pg. 26, 76.
Offeso sembiante - cioè , cruccioso. In.
7, 111.
Oggimai - omai. In. 34 , 32. Pg. 16 ,
127.
O lasso -oimè. Io. 5, 112.
Olezzare - mandar odore. Pg. 24 , 146.
Olimpo - per lo Cielo. Pg. 24, 15.
Olire - mandar odore. Lat. okre. Pg.
28, 6.
Olivo - per segno di pace. Pg. 2 , 70.
Oltracotanza - per arroganza insoffribile.
In. 9, 93.
Oltracotato - per arrogante , di superbia
intollerabile. Par. 16, 115.
Oltraggio -per eccesso, avanzamento fuor
di misura. Par. 33, 57.
Oltrarsi - ioottrarsL Par. 32 , 146.
Oltre - cioè , da uoa superficie all' altra
opposta. Par. 2 , 74.
Ombra-per aoima aemplicemeote, Pg. 13,
7, per aoima beata. Par. 5 , 107. per
anima daooata , o demoBio» Fur. 9 ,
611
DIZIONARIO
72. pe? immagine. Par. 1 , 23. per ri-
paro di ietto o d'imposte. Par. ìk, 116»
Ombra - romper lombra , disse Dante d'a-
no che feri un altro si fattamente , che
il sole passò per l'apertura della fidrì-
ta , e venne a cancellare Tombra del
corpo. In. 32 , 61. La prim^ombra che
gittano i monii ^ si è quella della mat-
tina verso la parte occidentale. Pg. 28,
12. Terra che perde ombra, chiama Dan-
te quella eh' ò situata sotto il circolo
equinoziale , dove non è ombra > o al-
meno picciolissima , perchè i raggi del
sole sono ad essa terra quasi perpen-
dicolari. Pg. 30 , 89.
Ombra della carne - per la ignoranza uma-
na , contratta dal primo peccato. Par.
19 , 66.
Ombra della nave Argo , ammirata da
Nettuno - Par. 33 , 96.
Ombrare - per farsi paura di cosa vana,
e conviene principalmente a' cavalli. In.
2, hS.
Ombrato - adombrato , coperto d'ombra.
Pg. 30 , 25.
Ombrìfero - che fa ombra. Lai. umbrifer.
Par. 30 , 78 » qui è metafora:
O me - oimè t in rima. In. 28 , 123.
Omè - oimò , fuor di rima. In. 21 , 127.
22 . 91 , 25 , 68. Pg. 19 , 106.
Omega - l'ultima lettera dell'alfabeto de*
, Greci. Par. 26 , 17. v. Alfa.
Òmero - coll'accento acuto sulla prima sil-
laba, spalla. Lai. humerue. in 17 , 42.
Pg , 16 , 9.
Omicide - per omicidi. In. 11. 37.
OMO leggesi nel viso degli uomini -
perchè le due tempie fanno le due gam-
be laterali dell' Jf , e il naso quella di
mezzo ; eli occhi poi fanno i due 0.
Pg. 23 , 32. Queste sono di quelle cose
che la poesia abborrìsce , non essen-
do capaci d' alcuno ornamento, t. Ora-
zio neir Arte Poetica , al verso 149.
Omore - per umore. In. 30, 53. cosi sem-
pre il volgarìziator manuscritto di Pal-
ladio.
Oncia -per minimo spazio di cammino ;
^oè , quanto è lungo il dito grosso del-
' la mano. In. 3o , 83.
Onda - per mare. Par. 26, 139.
Onde - particella , per di cui. lu. 2 , 25«
32 , 14. Pg. 21 , 2. in luogo di per
cui , o in cui. Pg. 25 , 1. in sigiiiB-
cato di perchè. Pg. 6, 136. Par, 8,
55.
Ondeggiar del tanto rio , chiama Dan-
te le parole di Beatrice , che aveaoa
sciolte le sue quistioni ; chiamando poi
fonie essa Beatrice. Par. 4 . 115.
Onestato - pien d'onesti. Pg. 29 , f ^.
Onesto parlando -cioè , onestamente, gen-
tilmente. In. 10 , 23.
Onranza - onoranza , onore , riputazione.
In. 26 , 6.
Onrata impresa - cioè , onorata , onesta.
In. 2 , 47.
Onrato - onorato , degno d' onore, le. 4.
76. Pg. 8 , 128.
Onta - ingiuria , ali onta , cioè , a dispet-
to. In. 32 , 110.
Ontoso - ingiurioso. In. 7 , 33.
Operare ogni arte - cioè . adoperare , «-
sare ogni arte. Pg. 28 , 15.
Opere a che Natura Non scaldò ferro
mai , né battè ancude - cioè , i ntra-
coli operati dalla divina onnipotenu .
che oltrepassano le ristrette forze della
Natura. Par. 24. 101.
Opimo - abbondevele , fornito a doTìzij.
adorno. Lat. opimui. Par. 18, 33.
30 . 111.
Oppilazione - per morbo caduco , o li-
tro accidente che nasca da ragunanza
d'umori per li quali vengano aduppi-
larsi e serrarci le vie d^U spiriti, la.
24, 114. ^
Opposito - avverso , posto tlTiocootro.
Lat. oppositu$. Pg. 2 , 4.
Oppressura - oppressione. Pg. 6 , 109.
Opra per fabbrica. Par. 31 , S5.
Ora - nome , per tempo , stagione. Pg.
2 , 93. Perder Vora, cioè il tempo,
r occasione , l' opportunità. In 13 , 88.
Freico emeraUo in T or» eh» at /toccf.
cioè, allora quando viene spezzalo. Pg.
7, 75.
Ora prima - per le sei prime ore del gior
no, cosi ora seconda^ per In sei fecoflidi.
Par. 26, 141.
' DELLE PAROLE E FRASI.
61$
Orare - per adorare. ìu. 19 , lli^.
Oratore - per chi priega. Par. 33 « Ihl.
Orazione -per semplice dimaDda. Par. ik,
22.
Orbita - segno che lascia in terra la ruota
dei carro. Pg. 32 , 30. Par. 12 , 112, è
Toce latina.
Ordigno - per artifizio , o cosa fatta con
artifizio. In. 18 , 6.
Orezza - per venticello , auretta. Pg. 2b,
ISO.
Organare - organizzare , formare gli or-
gani del corpo dell' animale. Pg. 25 ,
57, 101.
Organi del mondo ^ chiama Dante le crea-
ture superiori ed inferiori , maneggiate
dalla divina provvidenza. Par. 2, 121.
A . il Salvini , a carte 99. della 2. cen-
turia de* suoi Discorsi Accademici.
Oriafìamma- fiamma d'oro. Par. 31, 127.
Sopra questa parola è da vedeni la
nota degli Accademici della Crusca.
Oriente- circonscritto. Par. 31, 12b.
Originare - dedurre l' origine. In. 20 , 98.
Orivolo^rumento che misura Y ore. Lat.
horologium. Par. 24 , 13.
Orìzzon - in rima , orizzonte. Pg. k , 70.
Orizzonta - per orizzonte , in rima. In.
11 . 113. V. OrizzonU.
Orizzonte - uno de* maggiori cerchi della
sfera armillare , il quale separa Temi-
sperio superiore dall'inferiore, prenda
si ancora per quella circonferenza che
termina d* ogni parte la nostra vista.
Par. 29, 3. 31, 119.
Orma - per segno impresso nella fantasia.
Pg. 17 , 21.
Orme - per piedi. In. 23, 105. Nello stes-
sa significato usarono di dire i poeti
latini, vestigia . Catullo, in quella ele-
gia dote introduce a parlare la Chio-
ma di Berenice , divenuta una delle
celesti costellazioni , cosi dice :
Sed quamquam me noete prtmuni vesti'
già Div4m,
e fu imitato dal Sanaszaro nell'egloga
* 5, dell'Arcadia, dove piange la morte
d' Androgeo :
E eoi vestigi janti
Calchi U stelk sminli.
Orranza - onoranza, onore, in 4- , 74>.
Orrevole - onorevole* magnifico, splendi^
do. In. 4, 72. Pg. 22, U3.
Orribil - per orribili. Pg. 3, 121.
Orsatto - orsacchio , picciolo orso. Lat.
ursae cattdus. In. 19, 71.
Ortica - r ortica dd pentere , cioè . lo
stimolo del pentimento. Pg. 31, 85.
Ortp •* per oriente. Pg. 30, 2, per nasci^
mento d'uomo. Par. li, 55.
Orto cattolico - cioè, la sunta chiesa cat^*
tolica. Par. 12, 104.
Orto dell' Ortolano eterno « per l' univer^
so. Par. 26, 64.
Ortolano etemo " Iddio, stando sulla me-
Ufora dell' orto. Par. 26, 65.
Orza - quella corda che si lega nel capo
dell' antenna del navilio , da man sini«
stra , da orza , da man sinistra. Pg,
31, 117. V. Pòggia.
0 sanguis meus , o super infusa Gra»
tia Dei ! sicìU tibi , cui Bis unquam
Coeli janua reelusa ! - cioè : 0 sangue
mio, 0 grazia di Dio sopra infusa ! a
chi mai fu due volte disserrata la por-
ta del Cielo, siccome a te? Parole di
messer Cacciaguida al nostro Poeta.
Par. 15. 28.
Osanna - parola ebraica, che significa fa
salvi. Pg. 11, 11. 29, 51. Par. 8,29.
28, 118. 32, 135.
Osannare - cantare osanna. Par. 28, 94.
Osanna^ sanctus Deus sabaoth. Superillu*
strani daritate tua, Felices ignes horum
malaòth : cioè : Salva , ti prego , o
santo Dio degli eserciti, illustrando di
sopra colla tua chiarezza, i felici fuo-
chi, cioè i beati spiriti di questi re^
eni. Par. 7, 1.
Osbergo- usbergo, corazza. In. 28 ^. 117.
Oscuro - posto avverbialmente, essere no^ .
malo oscuro, cioè, io maniera dispre-»
gevole. In. 30, 101.
Oso - per audace, superbo. Pg. 11, 126.
Par. 14, 130.
Ospizio - per palagio, corte di gran prin-
cipe. In. 13,64.
Ossame-gran mucchi d* ossa. In. 28, 15.
Ostanlp - per cosa che osti, e impedisca
a vedere. Par. 31, 24.
C26
DIZIONARIO
Ostello - alber^^o, magione. Pg. 6 , 76.
Par. 15, 132. 21, 129, per lo corpo
umano , albergo deir aoìma. Par. 6 ,
129.
Otta «nome, ora. In. 21, 112.
Ottuso - rintuzzato opposto d* acutOi per
poco ingegnoso. Par. 2&>, 96.
Ottuso • due angoli ottusi , cioè maggiori
deir angolo retto, non possono stare in
un triangolo. Par. 17, 15.
Ov' è più bello Tacer , che dire - inten-
de il Poeta le membra spettanti alla
generazione , che onestamente non si
possono nominare col proprio lor no-
me. Pg. 25 , 43.
Ove s* appunta ogni ubi e ogni quando-
cioè , Iddio , il quale tuttoché sia im-
menso ed eterno , è nondimeno il fon-
te d' ogni luogo e d' ogni tempo. Par.
29, 12.
Ovra- opera , azione. In. 13 , 51. 16 ,
59. Par. 2 , 27. 7 , 106. per fabbri-
ca. Par. 26 , 125. per mezzo , forza,
virtù. Pg. 30 , 109.
Ovrare - operare. Pg. 25,55.27, 108.
PaciGcato - per riconciliato. Pg. 5 , 56.
J^dre , vien chiamato Apollo dal Poeta
nostro , alla foggia de* Latini. Par. 1,
28.
Padre maggior di famiglia - cioè. Adamo,
Par. 32 , 136. v. Maggiore.
Paese • Del bel paese là dove 7 si suona.
cioè , r Italia dove per affermare si
usa la particella «i , a differenza d* al-
tre napsioni. In. 33. 80.
Paese sincero , chiama Dante i cieli. Par-
7, 130.
Paganesmo - Paganesimo , profana religio*
ne de* Pagani. Par. 20 , 125.
Pdgha-metaforicamente, per dubbio. Par.
13, 34.
Pai -palo. In. 19, 47.
PaU - per uno degli strumenti del muli-
no ; cosi detto dalla forma. In. 23 , 48.
Paladino . chiama Dante a. Domenico ;
cioè « forte campione della chiesa cat-
tolica. Par. 12 , 142,
Palafreno- cavallo. Par. 21 . 138.
Palèo-strumento col quale giuocano i fan-
ciulli , facendolo girare con una sfer-
za. Par. 18, 42,
Le Palle dell' oro - insegna forse di timi-
glia nobile fiorentina. Par. 16 , 110.
I cementatori passano questo luogo
sotto silenzio.
Palma - per segno di vittoria. Par. 9 ,
121.
Palma - Le palme , cioè le mani, del Sal-
vatore , conficcate alla croce , otten-
nero la gran vittoria sopra 'I Demonio
e 1 peccato. Par. 9 . 123.
Palude - in genere mascolino. Pg. S , 8S«
Par. 9, 46.
Pana o pania * per pegola , pece* Io. 21.
124.
Pandere - manifestare. Par. 15 » 63. 25,
20. è voce latina.
Pane - per li sacramenti di chiesa saota,
Par. 18 , 129.
Pane degli angeli - per la contomplasioas
delle cose divine , Par. 2 , 11,
Panno • venire a* panni , per camminari
appresso chi che sia. In. 15 , 40.
Pape - voce latina , significaute ammira-
zione. In. 7 . 1.
Papiro - per carta ; cosi detta , perchè an-
ticamente si faceva d' una pianta ed-
ziana del medesimo nome. In. 25 , &.
Pappo- voce puerile , che significa ftiis*
Pg. 11 , 105.
Par - in luogo di pari , verbo. Pg. 24, 40.
Paralleli archi - cioè , egualmente distanti
in ogni lor punto. Par. 12, 11.
Parcere - perdonare , rispiarmare. Par.
23 , 69. è voce latina.
Parco air andar su -cioè , pigro. Pg. 11,
45.
Paro - nome , in rima . per pari. Par. 13,
89.
Parecchio - per pari , simile. Pg. 15 , 18.
è voce disusata.
Pareggiare -per agguagliare. Par. 21,90.
Pareggiare i suoi passi con quelli d'al-
cun altro-Pg. 17 , IO.
Pareggiarsi - accordarsi , convenirsi , ag-
guagliarsi. In. 23 , 7.
ParegUo -« que* raggi cbo si regiooo iM^
DELLE PAROLE E i liASL
617
DO 0 \iciiio a) sole, per li quali ci
sembra talvolta d veder più soli , dal
greco parélios. Par. 26, 107, 108. So-
pra questa voce , nel significato che
Dante la prende , ò da vedere la nota
degli Accademici della Crusca.
Parémi-pareami. Pg. 20, 148.
Parén - parevano. In. 19 , 16. Pg. 7,
84.. 12 , 67. 19 , 46. 20 , 30.
Parente - per genitore e genitrice. Lat.
parens. In. 1 , 68. 2 , 13. 4 , 55. Par.
32 , 78. Cosi il Petrarca ndla canto-
ne , Italia mia :
Non è questa la patria in ch*io mi fido^
Che copre luno e Valtrxf mio parente l
Parenti primi -cioè, Adamo ed Eva , pri-
mi autori dell'umao genere. Par. 7,
148.
Parere - verbo , per apparire , darsi a ve-
dere. In. 18. 117. 26,33.28, «6.
29 , 42. 33 , 134. Pg. 7 , 84. 16 .
144. 21 , 49 22, 12. 24, 103. Par.
5 , 25. 9 , 135. 13 , 75. 17 , 83. 18.
87. 19 . 1. 21 , 33. 30, 6. e in altri
luoghi : per essere illustre. Par. 17 ,
142.
Parersi -per apparire, vedersi. Pg. 13.
7. Par. 26 , 98. Qui $i parrà la tua
nobilitate; cioè , qui sì darà a conosce-
re. In. 2 . 9.
Parete - mascolino. Pg. 19, 48.
Parete-per balzo di montagna. Pg. 3, 99.
Parete - aver parete di non calere , cioè,
avere tal non curanza d'altri oggetti,
che r attenzione resti assorta tutta in
un solo. Pg« 32, 4.
Pargoleggiare -far atti da bambino. Pg.
16 , 87.
Pargoletta - per oovinetta , di cui altri sia
innamorato. Pg. 31 , 59.
Pari di lei-cioè. a paro con lei. Pg. 29, 8.
Parlari • per parole. Par. 9 , 63.
Parlasia - risoluzione di nervi , che ca-
giona storcimento d* alcuna parte del
corpo , dal greco pardlusis. In. 20 , 16.
Parlumi - con una sola m , in grazia della
rima. Pg. 14 , 76.
Parola integra - cioè> bene espressa , ben
formata. In. 7 , 126.
Parole sciolte -cioè, slegate dal metro, I
com* è la prosa. In. 28 , 1.
.Parrà - parerà. In. 2 , 9.
Parrieno - parrebbero. Pg. 28 , 29.
Parroffia-per parte e coadunazione di che
che sia. Par. 28 , 84. è voce disusata.
Parte ove 'l mondo è più vivo , chiama
Dante 1* oriente donde cominciano i ri-
volgimenti delle sfere celesti. Altri in-
tendono la parte equinoziale. Par. 5, 87.
Parte - quella parte che su si rammenta,
cioè , r Ariete , il primo de' segni dei-
Io zodiaco ; col quale il sole era con-
giunto Quando il nostro Poeta intrapre-
se il suo viaggio per li tre mondi. Par.
10, 31.
Parte - per fazione. In. 27 , 51. Fani
parte per sé stesso , cioè , allontanarsi
dalle fazioni , e vivere a sé e da sé.
Par. 17 , 69.
Parteggiare - prender parte , entrare in
fazione. Pg. 6 , 126.
Partine - per parli , in rima. Pg. 4. 24.
Parilo - parti . in rima. In. 27. 131.
Partire - per separare . disgiugnere. Par.
32, 150. per diitribuire , compartire.
Par. 2. 116.
Partito - participio . diviso , separato. In.
28 , 140. Pg. 19 . 112.
Partito - per allontannto. Par. 27 . 87.
Partito - per diviso in due fazioni. In.
6, 61.
Parturie - partorì , in rima. Pg. 23^ 12.
Parturire - partorire. Pg. 20 , 132.
Parve - per apparve. In. 10 , 72.
Parvemi tre giri - sottintendi , di vedere,
ovvero , m' apparvero tre giri , il sin-
golare per lo plurale. Par. 33 , 116.
Parvente- per visibile , c'apparisce. Par.
10 , 42. 17 . 36. 19 . 57. 21 . 18.
24 . 65. // cielo si rifa parvente Per molle
luci , cioè , il cielo che di giorno si
vede coli' unica luce del sole, venuta
la sera , torna a vedersi col mezzo di
molte stelle. Par. 20 , 5.
Parvenza - apparenza , veduta. Par. 14,
54. 23. 116. 24, 71. 28, 74. 30.
106. 33 . 113.
Parvenze - per le stelle che appariscono
di prima sera. Par. 14 , 71. Similmen-
te i Greci dicono id faisiómma.
78
C18
DIZIONARIO
Parto - picciolo. Lat. partus. Pg, 15 ,
129. Par. k . 138. 19 , 135.
Parvolo - fanciulUno , bambino. Pg, 7 ,
31. Par. 2-2 , 2. Lai. parmlus.
Paruta - apparenza , sembianza. Pg. 25.
100: 26 , 70. 29 , lk2.
Pasciuto dì vento - cioè , di cose inutili
e di nluna sostanza. Par. 29 , 107.
Pasco - pascolo , ma figuratamente, chie-
sa , 0 benefìzio ecclesiastico. Par. 27,
56.
Passeggiar anzi - per fare all'amore ; pas-
sando sovente i vagheggini dayanti al-
le case delle innamorate loro. Pg. 31,
30.
Passeggiare colla vista - discorrer coir ce-
duo d*una in altra cosa. Par. 31, 46.
Passeggiati marmi - cioè , sopra i quali
si è passeggiato. In. 17 , 6.
Passion - di due sillabe. Pg. 21 , 107.
Passo - per colui che à patito. Lat. pas-
tus. Par. 20 . 105.
Passuro - chi dee una ^volta patire. Lat.
passurut. Par. 20 , 105.
Pasti - per esempi di virtù , co* quali si
pasce la mente ; dicono gli espositori:
ma noi intendiamo , figuratamente , la
dieta prescritta dal medico a chi sia
ferito, per guarir della piaga. Pg.25,
138.
Pesto - per pasciuto. Lat. pa$tus. Far.
19, 93.
Pastura - pascolo. Pg. 2 , 125. U, 42.
Par. 18, 74. 21, 19.
Pasturalo - per pastorale , baston vesco-
vile. Pg. 16, 110.
Pasturare - figuratamente , per tener cu-
ra d' anime. Pg. 24 , 30.
Pasture da pigliar occhi - cioè , cose bel-
le che traggono a sé gli occhi , come
rcsca gli uccelli. Par. 27. 91.
Paté - per patisce. Par. 4 , 73. 20. 31 .
94.
Paternostro - fare ad alcuno un dir di
paternostro , cioè , recitarlo in su/Tra-
gio dell* anima di quel tale. J*g. 26 ,
130.
Patio " pati » sofferse , sostenne , in ri-
ma. Par. 2, 38. 20. 81.
PdLti-«-p«r padre» iarima. In* 19,117,
Patricida - per chiunque amoiazza perso-
na a so congiunta di sangue. Pg. SO,
104.
Patrici delt imperio giusiissimo , chiama
Dante i santi e i beati. Par. 32, 116.
Patteggiato - di cui si è tenuto patto, ti
è convenuto. In. 21 , 95.
Pavento - nome , spavento , gran timo-
re. In. 23 , 22.
Pauroso - per terrìbile e spaventoso, la.
2 , 90. Cosi tra^Latini Orazio nell' o-
da 5. de* suoi eiK>di: Formidolasae dum
laient $ilvis ferule , cioè , le bestie sal-
vatiche che mettono altrui paura.
Pausare - posare , tranquillarsi. Par. 32,
61.
Pecca - colpa , peccato. Io. 32 , 137. 34,
115. Pg. 22 , 47.
Peccata - peccati. In. 5 , 9* Pg. 16,18.
Par. 17 , 33. 22 , 108. è voce Uti-
na ; dicesi però in Italiano a quella
foggia che si dice carra , iacea . fh
ia , ginocchia , membra ed altre 5iaiili\
voci ; per carri ^ $aechi , fiui , jràor-
chi , membri ec.
Peccatrice - per femmina di mondo, m^
retrìce. In. 14 , 80.
Peculio - per mandra , greg^ , bestiamf .
Pg. 27 , 83. Par. 11 , 124.
Pedagogo - per guida , conduttore. Lat.
paedagogw. Pg. 12 , 3.
Pede$ meo* - i miei piedi , nel quarto ca-
so . cosi termina il versetto 9 del sal-
mo 30 , che principia:. in tt , Domi-
ne , sperati* Pg. 30 , 64.
Pelago -per larghezza d* acque. Pg. Il,
52. Lat. pelagus.
Pelle scoverta - cioè , liscia , senza |^
lo , di essa vestivansi anticameote g^
uomini savi e d'animo nioderatiK Par*
15, 116.
Pellegrina dalla carne- sciolta dalia pai-
sioni corporee. Pg. 9 , 16.
Pellicano - uccello in Egitto , che di vili
col proprio sangue a* figliuoli morti .
secondo alcuni , con questo nome chit*
ma Dante il Redentor nostro. Par. A
113.
Pelo - per cosa ruvida , cho oOcnda ^
occhi. Pg. 16, 6.
DELLE PAROLE E FRASL
619
Pelo • figuratamente , per età. Par. 9 , 1 Pcnsc - per pensi, in rima. In. 5 , HI.
99» Pensieri chinati e acemi - per orgoglio
fiaccato e depresso. Pg. 12, 9.
Peltro • per ogni metallo ; e conseguen-
temente , per la pecunia. Questi non
ciberà iena né peltro , Ma sapienza ,
cioè , questi non appagherà il suo ap-
petito coi possedere molto paese , e
gran tesoro ; ma colla sapienza ec. In.
1 , 103. 11 Petrarca parimente con-
giunse queste due cose nel Trionfo del-
la Divinità: Che vi fa ir superbi , oro
§ terreno ; e fra' Latini Orazio , nell*
Arte Poetica al verso 421. : Vives a-
grii , dives positis infoenore nummis.
Alla stessa guisa che Dante disse pel-
tro per danaro , dicevano i Latini aes;
e i Greci àrgurios^ imitati oggidì dai
Francesi che in questo signihcato di-
éono argeni.
Pendice - rupe, fianco di monte, o spon-
da. In. ìk, 82. Pg. 23, 132.
Penetra • coli* accento acuto sulla seconda
sillaba, in grazia della rima. Par. 20 ,
"ìk. cosi penéhi. Par. 32 , IW.
Penetri - in rima. Par. 32 , IM. v. A-
nétra.
Penitenza -per supplicio, gastigodel fallo.
In. 11. 87.
Penne - figuratamente , per intelletto. Par.
33, 139.
Penne innocenti - detto figuratamente, per
r ali della innocenza, colle quali si vola
al Cielo. Par. 32, 80. Altri spiegano
altrimenti.
Penne maschili - per membra, dice il Vo*
eabolario della Crusca. In. SO , 45.
Volle forse Dante esprimere la ruvi-
Pensieri vani - stupidi è ottusi ; chiamati
dal nostro Poeta, per enigma , acqua
dElsa. Pg. 83, 68. v. Elsa, nella Parte
seconda delle Storie.
Pentémi • mi pentei o pentii. Pg. 22, hk.
Pentendo-per pentendosi. Pg. 3, 55.
Pentere - pentirsi. In. 27 , 119.
Pentere - in forza di nome , il pentirsi,
il pentimento. Pg. 17 , 132. 22 , h».
31, 85.
Penluto - pentito. In. 26, 83. C(Apa pen-
tuta, cioè, cancellata colla penitenza.
In. 14, 138.
Per - mantovani per patria, cioè, di pa-
tria. In. 1. 69. Non vuoi che*n sua
città per me si vegna, cioè, che io ven-
ga in sua città. In. 1, 126. P^r crea-
tura, cioè, da creatura. Par. 33, 45.
Pregar per pace , cioè , di pace. Pg.
16, 17.
Ver -per circoncidere , cioè , per mezzo
della circoncisione. Par. 32 , 81. Pmt
sonare, cioè , perchè suoni. Par. 33 ,
74. Per tornare , cioè , perchè torni.
Par. 33, 73. Per trionfare o Cesare o
poeta, acciocché trionfi o cesare o poe-
ta. Par. 1, 29. r
Per acche - tornare per ancM.cìót^ per
pigliarne altri. In. 21, 39!HL' Ariosto
parimente, in fine del canto 34 :
Pùrtarne via wm si tedea mai stanco
Un vecchio^ e ritcmar tempre per unco.
Per ben dolermi -cioè, perch'io mi son
ben dcAuto. Pg. 26, 93.
Perchè - in vece di benché. In. 32, 100.
dezza del pelo e della barba ; più prò*
pria deiruomo , che della donna, v.l 1% 8, 131. Par. 20. 53 , 122. e in
Piume. altri luoghi molto frequentemente.
Pennecchio - quella quantità di lino o di
lana, che si mette in sulla conocchia;
per filarla. Par. 15, 117.
Penneìleggiarc - lavorar col pennello» di»
pignere, miniare. Pg. 11, 88.
Pennuto - per uccello già cresckrto , e
che abbia messe tutte le penne. Pgi
31, 61
Pennuto in ali diversamente - per disc*
guaio, e d'attività diversa. Par. 15, 81,
Perchè - in vece di per la qual cosa.
Lat. quamobrem , quapropier. In. 2 ,
41. 7, 63. 82. Pg. 22, 153. Par. 16.
21 . 17, «5. 29 , 99. e in molti altri
luoghi.
Perchè - in forza di nome , lo perchè
primo, la prima cagione. Pg. 8 , 69.
Percuotere - quella parte Dove t un moto
ali* altro si percuote, cioè, f equatore ,
0 circolo equinoziale, uno* de'ùiaggiori
C20
DIZIONARIO
circoli della sfera armillare , che la
divide in due parti eguali , aettentrìo-
nale e meridionale ; nel quale si fa la
.maggior ripercussione di due contrari
moti : di quello del primo mobile che
nello spazio d* ore ventiquattro volge-
si tutto d* oriente in occidente , e di
quello del sole e degli altri pianeti j
che di corso lor proprio, in differenti
spazi di tempo volgousi d* occidente in
oriente, e tutto ciò secondo il sistema
di Tolommeo , comunemente abbrac-
ciato ne* tempi di Dante. Par. 10, 9.
Perde' - perdetti. In. 13, 63.
Perdere di speranza - per farla perdere
altrui. Pg. 13, 152.
Pcrdési- coir accento acuto sulla seconda
sillaba, in gcazia della rima, cioè , si
}>erdette , ovvero , si perde. Pg. 19,
122.
Perdesi operare - cioè , guastasi il valo-
re deir opere. Pg. 19. 122.
Perdonanza- per indulgenza. Par. 29 ,
120.
Perdonare - per rispiarmare , e render
esente. In. 5, 103.
Perdono - per indulgenza concessa dal
sommo pontefice a chi visita chiese.
Pg. 13, 62.
Perduto -per trasformato. In. 25, 72.
Perentro - dentro. Pg. 22, HO. 26, 34.
27, 64. 31, 22. Par. 23. 94.
Perfetto - in vece di perfezionato. Par.
8, Hi. Lat. perfectui.
Pergamo - pulpito , luogo dove si predi-
ca. Par. 29, 105.
Pericle - cioè , pericolo , in rima. Lat.
peridum. Ptriclo del mondo , chiama
Dante que* tempi infelici , ne' quali si
adoravano gli Dei falsi e bugiardi. Par.
8, 1.
Per' indi - per quel luogo. In. 9, 75. Pc.
32. 124.
Per iscritto parea beato • quasi la sua
beatitudine si leggesse scritta nel suo
volto. Pg. 2, 44.
Perizoma - voce greca, perizoma, propria-
mente, veste che ricuopre le parti ver-
gognose. In. 31 • 61. ma qui per si-
militudine.
Per lui gissi - cioè , egli aodò. |q. 26 ,
84. V. sopra,. JRsr.
Permanere - cioè, rimanere, dorare. P^r
2, 36. 27, 31. è voce latina.
Per me -cioè, da me. In. 4, 79.Ar«r
H Stette di là , cioè , io stetti di ii
Pg. 22, 85.
Permutanza - permutazione. Par. 5, 58.
Permutazioni - per vicende. In. 7, 88.
Per narrar più volte - ancorach' io le nar-
rassi più volte. In. 28j 3.
Pernottare -consumar la notte. Lat. 0«r-
noctare. Pg. 27 » 83.
Però - in luogo di per questa cagione.
In. 19 , 68. Pg. 6 . 24. e in altri
luoghi.
Perocché - in vece di perchè , acciocché.
Par. 11, 31.
Perpetualemente - perpetaamente. Par
28 , 118.
Per poco- cioè, da poco tempo in qui.
In. 16, 71. per facilmente, di leg-
gieri. Pg. 25 , 120.
Per poco è - poco manca. In. 30 , 133,
Per punta - Pg. Hi , 2. v. PutUa.
Perse - verbo , cioè . perdette , in iwm.
Par. 3, 125. 8, 126.
Perseguette - perseguitò , in rima. h.
22 , 83. '
Perseguir suo regno - cioè , continuare
il suo dominio , e T esercizio dì sua
giurisdizione. In. 7 » 86.
Persevra - persevera , contìnua, io linia.
Par. 16, 11.
Perso - nome • è un colore misto di pur-
pureo e di nero ; ma vince il nen.
In. 5 . 89. 7 , 103. Pg. 9 , 97. P^.
3. 12.
Persona - per corpo. In. 6 , 36. Pk. 1
110. 3: 118. *
Per taglio -Pg. 31 . 3. v. Taglio.
Pertrattare - disputare. Lat. ptrtraeUn.
In. 11 , 80.
Pertrattato nodo -cioè, misterìo di ciìfl
è ragionato. Pg. 29 , 133.
Pertugiare- foracchiare, aprire. Io.tt,
23.
Pertugio - buco , picciola apertura, la.
24.93. 34, 138. Pg. iS; IH.I^
tuffio della eampogtMt buco dotocili
D£LLH PAROLE E FiUSl.
621
dita del sonatore ^if ne a darsi forma
al suono. Par. 20 , 23.
Ptr verba - con parole , sono voci lati-
ne. Par. 1 , 70.
Pen'erso - pessimo. In. 5 , 93. per tra-
sGgurato. In. 25 , 77.
Pesare - per dolere. In. 13 , 51. ' e al-
trove.
Pescar per lo vero - cioè , usar dili-
genza per trovare la verità. Par. 13,
123.
Piesol o peaolo - avverbio . che significa
penzolone, pendente. In. 28 , 122.
Petraia - massa di pietre. Pg. 13 , 9.
Petrina -pietra. Pg. 9 r 98.
Petrone - pietra grande. Pg. S- , 101.
Pe' verdi paschi - per li verdi paschi. In.
20 , 75.'
Piacente • che piace , eh' è in grazia.
Par. 31 , 90.
Piacere - verbo , per soddisfare. Par. 9,
U.
Piage - piaghe , in rima. Pg. 25 , 30.
Piaggia -per lido o riva. In. 3 » 92. Pg.
2 , 50. e in altri luoghi.
Piaggiare - per istar di mezzo , non pi-
gliar partito , non risolversi , operar
lentamente ; tolta la metafora da'noc-
chieri che per paura delle tempeste
vanno costeggiando , e non s* arrischia-
no d'avanzarsi nell* alto mare. In. 6,
69. In questo significato disse Proper-
zio nella 2. elegia del 3. libro :
ÀUer remus aqtias , alter tibi radat arenai:
Tutus eris.
Pianeta - stella errante. Lo bel pianeta
e* ad amar conforta , cioè la stella di
Venere , che dicesi inchinare gli animi
a* piaceri amorosi. Pg. i. 19.
Piangere -per dar qualsivoglia segno di
dolore. In. 19 , 45.
Piino-per mansueto ed affabile. In. 2, 56.
Pianta - per piede o zampa d' animale ,
pianta del Leone celeste. Par. 16, 39.
Pianta - per antenato , progenitore. Par.
17, 13.
Pianta- per ischiatta , famiglia. Pg. SO,
i3.
Plknte - per anime de' Fedeli già beate.
Par. 12 , 96.
Piato - litigio. In. 30 , >47.
Piatto - addiettivo , appiattato » nascosto.
In. 19 , 75.
Picchiare - battere , percuotere. In. 18,
105. per tormentare. Pg. ÌO , 120.
Picciol corso - cioè , breve. In. 33 , 34.
Piche- V. questa voce nella Parte secon-
da delle Storie.
Piedi dell' anima - sono gli affetti. Pe.
18, W.
Piedi di Cristo passuri e passi - per pas-
sione di Cristo creduta innanzi che
seguisse , e dopo che fu seguita. Par.
20, 105.
Pieghe delle vesti - s'esprimono da' pit-
tori con colori oscuri. Par. 24 , 26.
Pien-per pieni. In. 33 , 152.
Pieno - per pago. In. 15 , 79. Par. 9 ,
109.
Pieno - età piena , cioè . matura , per-
fetta. In. 15 , 51. Piena volontate ,
cioè , libera. Par. 29 » 63, Portar piene
le voglie , j)er saziare il suo desiderio.
Par. 9. 109.
Pietà - coir accento acuto sull* e , ango-
scia, strettezza di cuore. In. 1 , 21.
2 , 106. 7 , 97. 18, 22. per pietà ,
compassione. In. 26 , 94.
Pietra scema - per base da cui sia tolta
via la statua. Par. 16 , 145.
Piggiore - peggiore. In. 9, 15.
Pigliar poco del cammino - andar molto
lentamente. Pg. 11 , 109. v. Pren-
dere,
Piglio - dar di piglio , pigliar con prestez-
za , rapire. In. 12, 105. Pg. 1, 49.
Piglio - per un certo modo di guardare.
In. 22 , 75. 24 , 20. Pg. 3 , 64.
Piloso- peloso. In. 7 , 47. 17 , 13. 20^
54. Lat. piloeut.
Piluccare - detto figuratamente, per con-
sumare a poco a poco. Pg. 24 , 39.
Pina - per cupola di tempio , fatta a si-
militudine del frutto del pino. In. 31,
59.
Pineta - selva di pini. Pg. 28 » 20. Lat.
pinetum.
Pingere - per ispignere. In. 8 , 13. 24 ,
128. 27, 106. Pg. 9, 130. 12, 6.
24 , 3. Par. k, 132. Pinger t oteAi»
1622
DIZIONARIO
a che che sia , innoltrarsi colla vista
a discernere che ohe sia. Par. 20 ,
120. cosi fingere il viso. In. 18, 127.
PìDgersi oltre - cioè , spingersi. Pg. S ,
Pinghe - per spinghi , in rima. In. 18,
127.
Pingue - per pingui , in rima. Par. S3 >
57.
Pinto - per dipinto. Pg. 28, 42. Par. 33,
131.
Pinto - per spinto. Par. 1 , 132.
Pintore - pittore , dipintore. Pg. 32, 67.
Pintura - pittura , dipintura. Pg. 11,94.
Par. 27 , 93.
Pioggia - figuratamente , per dottrina.
Par. 23 , 78. per malvagi appetiti che
guastano i buoni propositi. Par. '27 ,
125.
Piombare - per sovrastare a perpendicolo,
a piombo. In. 19, 9.
Piombo « figuratamente , per maturità di
consiglio. Par. 13 , 112.
Piorno aere - pieno di nuvoli acquosi. Pg.
25. 91.
Piota - pianta del piede. In. 19 , 120.
Piova - nome , pioggia. In. 6, 7. 14, 132.
Pg. 30 , 113.
Piovén - piovevano. In. 14 , 29.
Piovere nella fantasia - cader nella imma-
ginazione. Pg. 17, 25.
Piovvi - prima persona singolare del tem-
po passato dell'indicativo del verbo pio-
vere. In. 24 , 122. 30 , 95. in questi
luoghi significa , caddi d*alto , precipr*
tai nell'abbso.
Pira - quella catasta di legna , dove an**
tieatnente si ponevano ad abbruciare
i cadaveri. Lat.. fojus , pyra. In. 26,
33.
Pirati - corsari. Lat. piratue. In. 28, 64.
Pispigliare - bisbigliare , favellare con vo-
ce molto sommessa. Pg. S , 12. 11 ,
111.
Fistola - coli* accento acuto sulla prima sil-
laba, lettera. Lat. $pi$idU. Par. 25 ,
77.
Più - cioè , per più tempo. Iti. 6 , 21.
Più di mille milla -^1 là da mille miglia.
Par. 26 , 78.
Piùe - più , in rima. Pg. 22 , 107. Par.
6, 14. 8, 46. 13, 88.15, 92.25.
115. pef maggiormeute. Par. 27,39.
Più e più - Lat. magis atque magii, Pg.
29 , 20.
Piviere - contenuto della giurìsdizioo dei-
la pieve la quale è una chiesa parroc-
chiale che à sotto di sé priorie e ret-
torie. Par. 16, 65.
Piume - per li peli della barba. I^. 1 ,
42. V. Penne.
Più oltre , che le fronde - cioè , i fiori
altresì e i fratti. Par. 8 , 57 , ma qui
è metafora.
Più pruova - maggior praova. Io. 28,
Più sommo -In. 15, 102. È notabile ia
questo luogo il comparativo agginolo
al superlativo, che gli dà maggior tòrta.
Più tosto - cioè , con maggior prontezza,
Eiù tostamente. Lat. ciiiu» , celerim.
g. 13 , 6. 33 , 19.
Plaga - per clima , o regione. Par. 31 .
31. per sito di cielo , plagm SbCI» la
quale il svi mostra men freua^ doè. It
regióne' meridiana , dove pare che i so-
le proceda più lentamente , benché dà
non sia vero. Par. 23 , 11. è voce la-
tina.
Plage - in rima , regioni , o siti del «do.
Par. 13 . 4.
Plaustro * carro. Lat, plnmirum. Pg. 31.
93.
Plenilunio - tempo in che la lima è pie-
na. Par. 23 , 25.
Plenitudine- per moltitudine, folla di jn*iits.
Par. 31 , 20.
Floia - in rima , pioggia ; e per sifflilitii-
dine , grazia , dono. Par. 14 , 27. 2^.
91. voce antica , dicono gli Accademi-
ci della Crusca nel loro Vocabolano:
ma secondo il parere deHertiditiiijp»
monsignor Giusto Fontanini , a cirti
271. del suo Amiti ta l)ife9o , è vmi
IHuIana ; e ne rende ivi la ragieoe.v*
sopra , JV.
Plorafe - piagnere. Par. M ^ M. è ted
latina.
Po* che - PoMiè. Ifi. 5, 93.
Poco - per abbietto . mì^ier* , tilt a U-
DELLE PAROLE E FRASI.
623
pino. Par. 19 , 133. per picciolo. In.
28 , 6. Par. 1 . 3i^. 28 , 19.
Poco • E totito « che non basta a dieer
poco, cioè , perchè bisognerebbe dirlo
pochissimo. Par. 38 , 123.
Poco ne* fianchi - cioè , stretto. In. 20,
115. Cosi forse Terenzio nelfEnnuco,
alla scena 3. dell'atto 2. :
Haud imilii virgo estvirginum noiUa-
rum , quM matres student.
Dimisiii humerù ejtie, nindoptctore, tU
gracilae sient.
Poco sole • per picciola parte del giorno,
che rimanga. Pg. 7, 85.
Podere -* per potere , forze. In. 7, 5.
Pg. 17 , 118. 20 , 126. Par. 1 , 131.
21, 11. 27, 122. 31, 83.
Podestà - per potestà , potere , forza, va-
lore, coir accento acuto sulla seconda
sillaba , in rima. In* 6. 96. <
Poetare -fare il poeta, in. 25. 99. Par.
30 , 32. Poetaro Cetà delCoro , cioè, fin-
sero e favoleggiarono ne* lor poemi l'e-
tà dell'oro. Pg. 28 , 139.
Poggia - nome , quella corda che si le<;a
all'un de* capi della nteuna , da man de-
stra, da poggia, da man destra. Pg.
32, 117.
Posffiare - andare in suso , innalzarsi. Par.
T 115.
Poggiato - per appoggiato. In. 20 , 25.
Pg. 27. , 81.
Fogna - per ponga , in rima. Pg. 13 , ^k^.
Par. 8, 81.
Pognam che - ponghiamo che , supposto
che. Pg. 18 , 70.
Poi - per poiché , posciachè. Pg. 10 , 1,
128. H , 130. 15 , 3i. Par. 2 . 56.
I, 27.
Pota -sorta d'uccello , altrimenti detto mu-
lacchia , cornacchia. Par. 21 , 35.
Poieggio - passaggio , cammino. Par. 23,
67.
Póltro - per pigro. Pg. 2& , 135.
PoIto - per corpo mortale , che dee risol-
versi in polvere. Par.. 2 , 133.
PoWeroso - asperso di poUero. in. 9. 71.
Pome - per pomo. Pg. 27 , 45. figurata-
mente , per bene e Micilà somma. Pg.
27, 115.
Pome della spada - cioè , pomo. Par. 16,
102.
Pomi - per frutti di consolazione. In.
16 , 61.
Pomo che maturo solo prodotto fu - Par.
26 , 91. V. Adamo, nella Parte secon-
da dello Storie.
Ponavàm - ponevamo. In. 6 , 35.
Ponderoso - grave, pesante. Par. 23, 64.
Pondo - peso. Lat. pondu$. Par. 25 , 89.
37,64.
Poner mano allarte - Par. 12 , 138.
Pontare- spingere e aggravare in manie-
ra , che tutto lo sforzo o aggravamen-
to si riduca in un punto. In. 32, 3.
Par. 4 , 26.
Póppa - per mammella , per forza di pop-
pa , cioè , spignendo col petto. In. 7,
27. In nUla destra poppa , cioè, a man
ritta. In. 12, 97. v. Mammella.
Porco - il porco e la caccia , cioè , il
porco o il cinghiale cacciato. In, 13,
113. Simil figura di parlare usò Vir-
gilio nel 2. della Georgica , al verso
192. : Poterti libamui et auro , cioè,
paterii aureis.
Por cura - osservare , attendere. Pg. 10,
135. *
Porger della pace e dell* ardore • cioè , co^
muniear pace ed ardore. Par. 31, 17.
Porgere - per mandare , gettare. Par.
29. 99.
Porgere il passo a chi che sia - per an-
dar verso d*alcQno, In. 34 , 87.
Porger gli occhi a ebe che sia - cioè, guar-
dar qualche cosa. Pg. 13 , 13. nrgsr
gli occhi nel viso a qualcuno , cipè ,
guardarlo bene in (accia. In. 17 , 53.
Porger gravezza - attristare , o render gra-
ve e meno atto al salire. I9. 1, 53*
Porger parole - per favellare . ragionare.
In. 2 , 133. Pg. 35 . 52.
Porgersi- per farsi incontra. Par. 15 ,
25.
Poria - potrebbe. In. 28 . 1. Pg. 7 , 58.
17,63. Par. 1 , 71. 4 . «5.
Por menttt-attendt^re , osservare. Par. S,
142. 24 , 7 . 14.
Porr» r per dar vantaggio. Par. 30 , 121.
V. Letare.
^•2'*
DIZIONARIO
Porre - f ofif U moindò e ca$o , cioè, in-
segna che '1 inondo sia fatto a caso; il
suppone fatto a caso. In. k , 136. In
questo significato adoperavano bene
spesso i filòsofi greci il loro verbo titemi
che corrisponde al nostro porre. Basti
per molti che si potrebbero addurre,
Porfirio nella sua Introduzione alle Ca-
tegorie d'Aristotile , a cap. 2, testo
'òO/diee, Ciò ckè paidifnezzo tra gli
estremi ( cioè tra il genere generalim-
mo . e la spezie $peziali8$ima ) , chia"
mano spezie e generi subalterni ; e pon-
gono che ciascuno di loro sia genere e
spezie . ma relativamente ad altra e ad
altra cosa.
Porre a croce -in croce. ▼. Croce.
Porre ad asta a ritroso - cioè , voltar sos-
sopra rinsegne de' nemici vinti in bat-
taglia. Par. 16 » 153.
Porre a servo - ¥• ^ servo.
Porre gl'ingegni a ben fare • darsi all'ope-
re virtuose , dalle quali tragga giova-
mento la repubblica. In. 6, 81.
Pirro in trejjue - p<*r riposare , o aflBe-
volire. Pg. 17 , 75.
Porre tutto il suo amore a drittura • cioè,
innamorarsi dell' operar giustamente.
Par. 20, 121.
Portare - per avere alcuna proprietà. In.
2^, 39.
Portare - per importare. Pg. k , 127. per
produrre. Pg. 1 , 102. 33 . IH. per
annunziare. Par. 19 , 8. per esser ca-
gione. Par. 28 , 24.
Portar delf insegna -cioè , portar Tinse*
gua. Par. 16 , 127.
Portare esperienza * per informarsi. In.
17, 38.
Portar fede - per esser fedele. In. 13 ,
62.
portamo • portarono , in rinata. Par, 11,
108.
Purtar passione a che che sia - cioè, do-
lersi di ohe sia. Io. 20. 30.
Portar scienza -per sapere. In. 33, 123.
Portar vergogna - cioè , yergogoarsi. Pg.
31. 43.
poruto o sustantivp , per parlo. Pg. 90,
ih.
Porteràne - ne porterai. Par. 17 , 91*
Portiere - portinaio , usciere. Pg. 9. 78.
Porto - per termine a cui tende ogni coti.
Par. 1 , 112.
Porto - participio da porgo. In. 17 , 88.
Par. 26 , 66. per disteso. Lai. porf
ctus. In. 25, 117. cosi spiega il Lut-
dino.
Posa - nome , quiete. In. 3 , 54. Pg. 6,
150.
Posar fede - creder fermamente. Par. 17,
139.
Posasse -per posassi, in rima. Pg.S. 85.
Possa - per potenza , facoltà , fona. Pg.
17 , 75. 25 , 57. Par. 33 , 142,
Posse - per possi , in rima. Par. 13, 94.
Posseditore • chi possiede. Pg. 15 , 62.
Possendo - potendo. Pg. 11 . 90.
Possessivo - possessivo nome si è qqaUo
che dinota possessione , come « patrt
paternus , a domino I>omÌDÌcus ^ «^
mare del possessivo. Par. 12 . 68. v.
s. Domenico, nella Parte seconda.
Possibile a salir persona - cijè , da etf er .
salito da persona. Pg. 11 , 51.
Possibile intelletto - P(^. 25 . 65. di es»
è da ve<iere Aristotile nel 3. libro del-
rAiiima. Insegnano i filosofi , che tali
intelletto stiasi da sé medesimo, e ooa
si vaglia , neir operare , d'akuo orga-
no corporale.
Posta - luogo dove si posa , o agnato.
In. 22, 148. per quel sito ove ù mei-
tono i ca(!ciatori , aspettando le fietc
al varco. In. 13 , 113. per oceasioaa^
In. 34 , 71. per orma , vestigio, pe-
data. In. 23 , 148. per sito , ììMfsp.
In. 33, 111. Pg. 8, 108. 29,70.
Posta - parlare a sua posta , cioè , isli-
cemente esprimere i concetti dell*aa^
mo. In. 16 , 81. A questo proposilt
Orazio nell'epistola 4. del 1. libro:
Quid voveatdulci nutricula majus aìumm,
Quam sapere, et faripossit quat senM^
Postilla - per immagine della cosa spe^
chiata. Par. 3 , 13.
Postremo -p ultiaig. Lat. postrtsmu. Pir.
16 , 147.
Potav&m - potevamo. In. 24 , 33.
Potei - per potevi. In. 15 , 1 12.
DELLE PAROLE E FRASL
625
Potém - possiamo. Pg. 11. 8. 18 » 116.
Potemo - possiamo. 1d. 9 , 33.
Potén ' per potevano. Io. 4 , 117. Pg.
15, UO.
Potenze - per gli dementi , e per le co-
se di essi composte. Par. 13 , 61.
Potenzia con atto - è stretta ne' corpi ce-
lesti , i quali sono potenza , rispetto
alle intelligenze che li muovono ; e so-
no al/o, rispetto alla parte elementare
del mondo , nella quale influiscono.
Par. a9, 35.
fiÀenzia ffura « chiama .Dante la parte
elementare del mondo, che ubbidisce
alle influenze celesti. Par. 29 , 34.
Potenziato - che à yirtù potenziale}. Par.
7 , IM). Y. sopra tótenze e Potenzia.
Pòtéo - potè. Pg. 22 , 22. Par. 19, 43.
Potere arme - cioò , poterle portare , es-
. ser atto a portarle. Par. 16 . 47.
Poterebbe - potrebbe. In. 7 , 66.
Piitési- potevasi, Pg. 19, HO.
Povero cielo - per annuvolato , e privo
de' suoi ornamenti che sono le stelle
in tempo di notte. Pg. 16 , 2.
Povertà - intesa per la donna amata da
s. Francesco d'Assisi. Par. 11 , 58 ,
113.
Pozza - piscina , o luogo pieno d* acqua
stagnante. In. 7, 127.
Praodere - per mangiare a pranzo , è vo-
ce latina. Par. 25 , 24. qui figurata-
mente.
Pranso - per satollo , jiasciuto. Lat. jmm-
§u$. Pg. 27 , 78. X
Pravo - iniquo , malvagio. Lat. mrafms.
In. 3, 84. 16, 9. Par. 9, 25.
Prece - per preci , preghiere , in rima.
Pg. 20 , 100.
Precinto - sustantivo , cerchio che aerra.
In. 24 , 34.
Precinto - addiettivo , compreso , conte-
nuto. Par. 27 , 113. potrebbe però
spiegarsi anche in forza di sustantivo.
Preciso - per tolto , vietato. Par. 30, 30.
Preciso latino - Par. 17 , 34. v. Latino.
Preclaro - per chiarissimo , rìsplendentis-
•imo. Lat. praeelarus. hr. 9 , 68. 11,
115.
Proco - nome , prego , pr^iera , in ri-
ma. In. 28 , 90. Par. 20 , 53.
Proco - verbo , prego , in rima. In. 15,
34.
Preconio - per Evangelio. Par. 26 , 44.
Predella - per quella parte della briglia,
dove si tien la mano quando si cavai*
ca. Pg. 6, 96.
Predestinazione occultissima - Par. 20 ,
130.
Predicante - per predicatore. Pg. 22, 80.
Par. 29 , 96. oggi questa parola pre-
dicante significa i ministri degli Eretici.
Predone - ladrone. Lat. praedo. In. Il,
38.
Prefazio - per saggio di qualche cosa. Par.
30 , 78.
Prefetto nel foro divino -per la sommo
pontefice. Par. 30 , 142.
Pregno - per abbondante d'acque. Pg. 14,
31. per pieno. Pg. 18 , 42. detto fi-
guratamente. Pg. 22. 76.
Pregno aere - per nuvoloso, piovoso. Par.
10, 68.
Pregno di gran virtù. Par. 22 , 112.
Prelibare - gustare , assaggiare. Par. 24,
4. e figuratamente , trattar con bre-
vità , in compendio. Par. 10 , 23. Lat.
pradihare.
Premere - per isprem^re. Pg. 25 , 48.
Premere a chi che sia - per istrignersi a
lui. Pg. 5 , 43.
Prendemo - prendiamo. Pg. 20, 102.
Prender del nome - pigliare il nome. Par.
16, 99.
Prendere « per comprendere. Par. 30 ,
119.
Prendere <- gran duol mi prese al cor. In.
4 , 43. A cui mal prenda^ è maniera
d'imprecazione. In. 27, 70.
Prendere il monte - cioè , cominciare a
salirlo. Pg. 1 , 108, così ^prender la
icala. Pg. 25 , 8. Prender t acqua ,
per mettersi in mare. Par. 2,7. Pren-
der la campagna , cioè , avanzarsi per
essa camminando. Pg. 28 , 5. Prender
più della ripa. In. 7 , 17.
Prender grazia - per esserne fatto degno.
Par. 22 , 59.
Prender il cerchiare «per incominciare
una strada in giro. Pg. 19 , 69.
79
t>26
D I Z I 0 xN A R I O
Prender in.magire - per imprimere alcu-
na cosa nella fantasia. Pg. 9 , HS.
Prendersi - per appigliarsi , aggrapparsi.
In. 34 , 107.
Prescriba - prescriva , determini , prefi-
nìsca , in rima. Par. 24 , 6.
Prescrìtto - per terminato. Par. 45 , 57.
Presente - per regalo , dono. Par. 7, 24.
Pressa - nome , per calca , urgenza Pg.
6,8. ^
Presso del mattino - avvicinandosi il mat-
tino. Pg. 2 , 13.
P)resso di qui - vicino a questo luogo. In.
31 , 101.
Prestare - per concedere , donare. Lat.
pracslare. Fg. 13 , 108.
Presti • per presta , imperativo. Par. 1 ,
22.
Presto - per pronto , apparecrhiato. Pg.
18, 19.28, 83. Par. 8, 32. 24,50.
29 , CO.
Presto del venire - pronto ai venire. In.
2, 117.
Pre>unsi - presumetti , in rima. Par. 33,
82.
Presunzione - per ostinazione , contuma*
eia. Pg. 3, 140.
Previso - preveduto. Lai. praevisus. Par.
17, 27.
Prezza - per prezzo , far prezza , cioè ,
prezzare, lare stima , far conto. Pg.
24 , 34.
Primaio - primo. In. 5, 1. 7, 41. Pg.
9 , 94. 13 , 5. 14, 66. Par. 2, 108.
18, 91. 26, 100. per primiero , pri-
stino. In. 25 , 76.
Prima Luce - cioè , Iddio. Par. 29, 136.
cosi , prima Virtù. Par. 26 , 84.
Primavera - per li fiori che nascono in
tale stagione. Pg. 28, 51.
Primavera sempiterna - il Paradiso. Par.
28 , 116.
Prima volta - Pg. 28 , 104. v. Volta
jìrima.
Primi - 1 miei primi , cioè , i miei pro-
genitori , i miei maggiori. In. 10, 47.
PrimipUo , appresso gli antichi Romani
si chiamava il condottiere di 400. sol-
dati nella prima squadra ; ed era capo
di legione , con questo nome chiamasi
dal nostro Poeta s. Pietro apostolo,
capo della Chiesa. Par. 24 , 59.
Primizia - per antenato , o radice deHi
schiatta. Par. 16 , 22.
Primizia de* vicari di Cristo - cioè . s.
Pietro. Par. 25 , 14.
Primo - Quel eh' è primo , cioè , iikHo.
Par. 15, 56.
Primo Amore - cioè , Iddio , lo Spinto
Santo. In. 3 , 6. Par. 6, 11. 32.
142.
Primo a^ctto - per faccia , o sup^rfìiie
del corpo. Par. 27 , 137. qui figura-
tamente.
Primo giro - per lo cielo empìreo. Par.
4 , 34. per lo cielo della Luna U
quale vien chiamata da Marco Tullio
nel sogno di Scipione : Ultima cotto,
citima terris, Pg. 1 , 15.
Primo mobile - accennato. Par. 13 . Si.
circonscritto. Par. 2 , 113. 28 , 70.
Primo mondo - cioè , prìstino , n«pelto
a' morti. In. 29 , 104.
Primo vero - per li principi delle «den-
ze , che non abbisognano d' etser di-
mostrati , ma sono per sé noti. Pir.
2, 45.
Prince - principe. Pg. 10 , 74.
Principi celesti - Par. 8 , 34. v. /Vt«f.-
pati , nella Parte seconda.
Principio - per cognizione da cui nn'altra
dipenda. Par. 33, 135.
Principio alla \ia- cioè, della via. In. 2.
30.
Principio del cervio , chiama fonte Dante
la midolla spinale , eh' è della stessa
sostanza col medesimo , ed è quasi un
suo processo , quando non si ròkmt
intendere il cuore. In. 28 . 141.
Privare - per togliere. Pg. 33 , 125.
Privato - sustantivo , cesso , agiaroeola,
luogo dove suoWJeporsi il soverchio pe-
so del ventre. In. 18 , 11%.
Pri>ilegij:re- conceder privilegio. Pt. 8,
130. V f> ìè ^
Probità te - bontà. Lat. nrubitat. ftr. 7,
122.
Probo - buono. Lat. prolmi. Par. 22. 138.
Procedere - p«»r camnìinnr lentamente. In.
20, 103. 23, 81.
DELLE PAROLE E FRASI.
627
Processo • per esito d' afTaro. Par. 17 ,
67. per maniera di procedere. Par. 7,
113. per seguitameDto di parlare. Par.
5, 18.
Proda -lido, orlo, riva. In. 4, 7. 8, 55.
12, 101. 17.5. 22, 80.24,97.31,
42. Pg. 6, 85. Par. 19, 61. per prora
di nave. In. 21, 13.
Prode - sustantivo , per prò , utilità , gio-
. vamento. Pg. 15, 42. Par. 7, 26. Far
prode , per giovare. Pg. 21 , 75.
Producerebbe- produrrebbe. Par. 8, 107.
Produtto - prodotto. Par. 29, 33.
Profferere - proferire. Par. 3 , 6.
Profferire - per far vedere , disvelare ,
scuoprire , manifestare. In. 29 , 132.
Par. 28, 136.
Profferto - per manifestato con parole. Par.
26, 103.
Proffiiare - per ornare 1 estrenoità di che
che sia. Pg. 21 , 23. cosi 1* antico Co-
mentatore.
Profonda canzone - cioè , di concetti al-
tissimi. Pg. 32 , 90.
Profonde cose - altissime , sublimi , e vin-
centi la capacità dell* intender nostro.
Par. 24 , 70.
Profondo -per centro. Par. 9, 23.
Profondo - per altissimo. Par. 30 , 4.
Profondo - avverbio , mirar profondo ,
cioè , veder bene addentro. Pg. 31 ,
111.
promere • per manifestare , è voce latina.
Par. 20, 93.
Promessione - promissione. Par. 29, 123.
Promettere- prome$$a tanto s' avea , cioè,
s' era offerta al mio piacere con tanta
cortesia. Par. 8 , 43.
Promissione - promessa. Pg. 90, 132.
Promotore - che promuove* Lat. promo-
tor. Par. 1 , 116.
Prontare - importunare. I^. 13 , 30.
Prope - presso , è voce Mina. Par. 19 ,
107.
Propinquissimo - vicinissimo* Par* 32 ,
119.
Propinquo - vicino. In. 17 , 36. Pg. 33,
41. Par. 9, 38. ò voce latina.
Proposizione antica e novella - cioè, V an-
tico e1 nuovo Teslamento. Par. 84, 98.
Proposta - per proponimento. In. 2, 38.
Proposto - per proposito , proponimento.
In. 2 , 138.
Proposto - per proposito , caposquadra ,
capitano, In. 22 , 94 , 123.
Proprio- /atto per propno, acciocché fosso
' proprio. Par. 1 , 57.
Prossimano - prossimo , congiunto. In.
33, 146.
Protendersi - per allungar le memfira ,
scontorcendosi. Pg. 27 , 16. per allun-
garsi semplicemente , farsi avanti. Pg.
19 , 65.
Protervo -per altiero, Pg. .30, 70.
Proteso - per disteso , in significato osce-
no , quello che i Latini dicono arre-
ctus. In. 15, 114.
Provedenza - provvidenza. Par. 8 , 99.
17 , 109. 27 , 16.
Provveder difino - divina provvidenza.
Par. 8 , 135.
Provvedere del suo risponder chiaro-cioè,
dar chiara ed evidente rbposta. Par.
28, 85.
Pruno - virgulto pieno di spine. In. 13 ,
32. Par. 13, 134. 24, 111. ma qui
figuratamente.
Pruova- far prwma , per. allignare. Pg.
30, 117. Far mala pruova , per male
allignare. Par. 8 , 141.
Pubblico segno - per V aquila • insegna
dell' imperio romano. Par. 6 , 100.
Pugna - nome , nel numero del più , per
pugni. In. 6 , 26.
Pulcdla- zitella, donzella. Ps. 20 , 32.
Pulcro - beUo, Lat. pdcìur. Ip. 7 , 58.
Pullulare - fer gonfiarsi in bolle , detto
dell'acqua. In. 7, 119.
Punga- per pugna o battaglia , o contra-
sto . in rima. In. 9 , 7.
Pungelli - stimoli ; e figuratamente , cat-
tivi consigli. In. 28, 138.
Pungémi - pungevami. Pg. 21 , 4.
Pungere - per travagliare, malmenare. Pg.
18, 102.
Punger sé stesso - per eccitarsi al cam-
mino. In. 31 , 27.
Punta - per puntura. In. 13 , 137-
Punta - per punta , cioè , a dirittura ,
direttamente ; ma in senso figurato.
G23
DIZIONARIO
Pg. 31 , 2. y. TojiUo.
Punta del desio - per desiderio molto ac-
ceso. Par. 22, 26.
Punto • per articolo. Par. ìk , 37. per
momento di tempo. Par. 33 , 9k. per
proposizione o massima. Pg. 6 , 40.
Punto - V. sopra . Dare U jmnto.
Punto - participio da pongo, punio i amo-
m, cioè , stimolato. Par. 28 , Vi.
Punto A cui tutti li tempi son jpresenti*
cioè , r etemiti. Par. 17 , 18.
Punto Al qoal si traggon d*ogDÌ parte i
pesi - cioè , il centro della terra, verso
cui si portano i corpi. In. 34, ItO.
Punto che l zenù inlibm , chiama Dante
quel momento in cui il sole e la luna
vengono a fasciarsi dell* orizzonte ,
stando l' un d* essi per tramontare ,
r altro per levare ; e sono egualmente
distanti dal zenit , cioè dal punto ver-
ticale , il quale fa allora con essi un
triangolo isoscele , cioè die i due laii
eguali. Par. 29, &-.
Punto fisso -per Iddio. Par. 28 , 95.
Puntone della spada - per punta di essa
spada. Pg. 9, 113.
PuoUo - a può. Par. h , 128.
Puóne - per può, in rinaa. In. 11 , 31.
Pur e pure -per solamente. In. 11 , 20,
56. 31 , 78. Pg. 5 , 112. 7 , 79. 10,
46. Par. 17 , 138. 18 , 21. 27 , 33.
e in altri luo^ molti»
Puretto - puro , schietto ; che anche pret-
to si dice. Par. 29 » 22.
Por li -in rima , per pur H ; cioè , tut-
tavia in quel luogo* In. 7, 28.
Pusillo - per mnile , abbietto. Latfmijt-
lui. Par. 11 , ili.
Putire - spirar mal odore , mandar poz-
zo. In. 6 , 12.
Putta - per meretrice , o donna svergo-
gnata e vilissima, che a tatti si ven-
de e prostitoisce. Pg. li , 114. qoi
figuratamente.
Puttaneggiare - per usar modi e procede-
re di puttana. In. 19, 108.
Putto addietti\o , puttanesco. I0. 13, 65.
Q
Qua'- per quali. In. i , 121. 19,
Par. 18 , 104.
Qoademo - libro di conti. Pg, 12. lOS.
e figuratamente , per confine , canec^
li. Par. 17 , 37.
Qoadra - per qoarta parte di cielo, tm.
26 , 142.
Quadrante - è la quarta parte di qoelo
strumento che gli astrologhi chiama»
astrolabio 'A qoale è fatto a gm'sa d'i»
tagliere , la coi circonferenza dividen
in 360. gradi ; roaiccbè il quadrante
ne e interra 90. Pg. 4 , 42.
Quadratura del cerchio - cioè , ridozioae
di e^so cerchio in figura quadrata, ah
sicché Taia 0 superazie del quadralo
9ia di grandezza afiàtto ^uale a qaA-^
la del cerchio ; cosa da' geometri pia
volte cercata , ma non mai finora tro-
vata , e forse impossibfle a trovata.
Par. 39 , 184.
Quadralo -per saetta, freccia, slrak.
Par. 2, SS.
Quaggiuso - quaggiù. In. 2 , 8S. Par. M,
Qual - per chi , chiunque , qualunque ;
0 colui che , gu^li che. In. 12 , 74.
Pg. 19 , 23. Par. 1 , 6. 10,88. 11,
122. 14, 25.21, 19. 33,14.
Qual che - chionque sia che. In. 8, 12S.
per qualunque. In. 12 , 48. 15, IL
19, 46.
Qualche - da qualche oaru , perda qoa-
lunque parte. Pg. 14 , 69.
Qual che si sia - qualooqoe e'aiaia.Pv.
22 , 114.
Qual c*uom prende- doè , quahinqae ì'w^
mo prenda. Par. 11 , 41.
Quale- per come , qualmente , in oodh
fiiisa appunto che. In. 2, 137. 18, Id
g. 30 , 13. 31 , 64. Par. 25 , 106.
Qoale -per qualità. In. 2, 18. 4 , 139.
Par. 2, 65. 23, 92. 30, 120.
Quale - per lucente. Par. 8 , 46.
Qual vuol sia - sia qualsivoglia.^. 32, 69.
Quando-per giacché. Lat. fnniìdo , m»-
dofuiim. Ffe. 81 , 67. ftr, 19, 8i
DELLE PAROLE E FÌLVSL
629
13 , 3& , 35. per tempo. Par. S3| 16«
29 , 12.
Quando che sia -in alcun tempo , una
volta. Lat. olim , aliquando. In. 1 ,
120. Pg. 26 , ih.
Quandunque - ogni volta che. Lat. quo^
Uescumque. Pg. 9, 121. Par. 28 ^ 15.
Quanto - per grande. Par. 8 , 46^
Quanto - per quantità. Par. 2 , 65, 103.
23 , 92. 30 , 120.
Quanto di noi lassù fatto è ritomo - cioè,
quante sono V anime degli uomini, che
dopo la morte de' corpi sono ritornate
in Cielo* Par. 30 , 114.
Quantunque - per quanto , quanto mai ,
in forza dì nome , ma è indecliaabile.
In. 32, 84. Pg. 12. 6. 15,71.30,
52. Par. 8 , 103. 13 , 43. 22 , 130.
24 , 79. 32 , 56 , 91. 33, 21. yian-
tunque gradi , per quanti gradi* In.
5, 12.
Quantunque la Chiesa guarda - cioè , tut-
Quella parte donde prima è preso Nostro
alimento , chiama Dante fi bellico ,
per lo quale il fanciullo nel ventre ma-
terno si nutrisce. In. 25 , 85.
Quelli -* per quegli , In caso retto singo-
lare. In. 18 , 86. 28, 134. Pg. 13,
104.
Quello - p€fr quegli. Par. 8 , 125.
Quel mar che la terra inghirlanda -cioè,
r Oceano. Par. 9 , 84.
Quercia ^ Dal nascer della guercia al far
la ghianda , cioè , dal principio al
compimento di qualche impresa. Par.
22 , o7.
Quefente - per M ejaLiina ed interroga.
Lat. qriaerens , quaesitor. Par. 24, 51.
Questi - dimostrativo di bestia. In. 1, 46.
Questi - dimostrativo di cosa inanimata.
Par. 1, 115, 116. 117.
QuetAmi « mi quotai. In. 33 , 64.
Quetare - per appagare , render conten-
to. Par. 30 , 52.
te le rendite ecclesiastiche e de' mo- 1 Quotare il passo - per soffermarsi. Pg.
nisteri , custodite dalla Chiesa. Par.
22, 82.
Quantunque perdéo V antica madre • cioè,
tutte le delizie del terrestre Paradiso,
perdute da Eva. Pg. 30 , 52.
Quare - perchè , è voce latina, in. 97,
72.
Quarta famiglia DeHV alto Padre , chia-
ma Dante una porzione de' beati spi-
riti , posta da lui nella quarta sfera,
anzi nello stesso corpo del Sole. Par.
10 , 49.
Quatto quatto - più quattamente e nasco-
stamente che si pud. In. 21 , 89.
Que' - per quedi , nominativo singolare
di persona. In. 8 , 46. Par. 32, 127.
e in caso obbliquo. In. 32 , 114.
Quei - per quello , m secondo caso. In.
19 , 45. in terzo caso. Pg. 3 , 120.
Par. 17 , 93. in caso accaBativo. In.
2 , 104.
Quei - dimostrativo di cosa IrragioDeTole.
Par. 19 , 93.
Quel che in etemo rimbomba - cioè , ¥
ultima sentenza di Cristo contri i re-
probi , che dirà : Andate « maledetti,
nel fuoco etomot In. 6, 99.
5, \8.
Quia - state conienti al quia , cioè , po-
nete freno alla soverchia curiosità , né
vogliate che vi si renda ragione di
Juelle cose che non potete intendere,
g. 3 , 37.
Quid - qui , in rima. Pg. 7, 66. Par.
8, 121. 12, 130.
Quià'tate - essenza o definizion della cosa,
termine delle scuole di filoso6a e teo-
logia. Par. 20 , 92. 24 , 66.
Quinc' entro - qui , in questo luogo* In.
29 . 89. Pg. 13 , 18.
Quirltta - qoi appunto appunto. Pg. 4 ,
125. 17 , 86/
Quisquilia degli occhi - cioè , cispa , ion
mondizia , e voce latina. Par. w, 76.
Quistione - per dimanda , interrogazione.
Par. 6 , 28.
Quive - quivi , in rima. Par. 14 , 26.
Quivi - per qui , in questo luogo. Pg. 33,
57. per altro questa voce quivi più
comunemente appresso gB ottimi scrit-
tori significa m, in quel luogo.
QaM - per in quel puntq. Pg. & , 54.
Quoto 0 ceto- pensiero^ Torse dal latino
I cogito. Far. 3 , 26.
630
DIZIONARIO
R
Rabbuffarsi - per mettersi in iscompiglio.
e pigliarsi molti fastidi. In. 7, 63.
Raccapricciare - mettere un tale orrore ,
sicché s'arriccino i peli. In. \h ^ 78.
Raccendere - accender di nuovo. Pg. 8,
78 , qui è metafora.
Raccendere la conoscenza - cioè , rinno-
varia , suscitarla. Pg. 23 , iC.
Raccendersi di vista novella - per ripren-
dere e riacquistar nuovo lume e vigore
agli occhi. Par. 30 , 58.
Raccertarsi - certificarsi , accertarsi di
nuovo. Pg. 9 , 64.
Racceso- di nuovo acceso. In. 26, 130.
Raccogli - per raccoglie , in rima« In.
18 , 18.
Raccogliere la parola - per intendere il
parlare. Pg. 14, 72.
Raccolto - per contenuto. Par. 5 , 60.
Raccolto a chi che sia - per avvicinato»
Pg. 8 , 109.
Raccorce - per raccorci , ti raccorci , in
rima. Par. 16 » 7.
Raccorciare - abbreviare. Par. 15 , 96.
Raccorciar la via - per affrettarsi al cam-
mino. Par. 29 , 129.
Raccorse - per raccolse , in rima. Par.
12. 45.
Raccosciarsi - ristrignersi nelle cosce , ab-
bassandosi. In. 17 , 123.
Raccostarsi - per accostarsi di nuovo. Pg.
26 , 49. per accostarsi semplicemente.
In. 11 . 6.
Racquefafsi - tornar queto. In. 6 , 29.
Rada -nome, rara. Par. 4, 87.
Rade - per radi , verbo , in rima. In. 33,
127.
Radere - le ciglia avea rase 0' ogni bal-
danza , cioè, umili, dimesse. In. 8,
118.
Radiale lista -cioè, del raggio, o pieoa
di raggi. Par. 15, 23.
Radiare • tramandare il raggio. Par. 19,
90. è voce latina.
Radice umana - per li primi uomim. Pg.
28, 142.
Rado - in forza d* avverbio , per rade o
rare volte. Lat. raro. Pg. 19\ 24. 20,
45. e in altri luoghi.
Rafel mai amach zalÀ almi - parole che
nulla significano , poste dal Poeta in
bocca di Nembrotto per dinotare la
confusione delle lingue cagionata per
di lui colpa. In. 31 , 67.
Raffinare - per divenir più fioo. Pg. 8 ,
120.
Raffio - strumento di ferro oocioato. Io.
21 , 52 , 100. 22 , 147.
Raffrettare - affrettar di nuovo. Pg. 24 ,
68.
Raffrontarsi - per incontrare , e (arsi a
fronte delf oggetto bramato. Pg. 17, 51.
Ragazzo - per famiglio di stalla. In. 29.
77. V. il Boccaccio nella novella del
conte d*Ànguersa.
Raggiare - per diffonder raggi , rìsplende-
re. Pg. 25, 89. 26, 5. 27, 93. 28.
33. 31, 122. 32, 54. Par. 8. 53. 13
58. 18, 17. 21, 15. 28. 16.perillQ-
minare , illustrare co* raggi. Par. 7 ,
17, 74. 25, 54. e forse in altri luo-
ghi , per infondere a forza di raggi e
di lume. Par. 8 , 3. per uscire eoo
quella velocità, che esce il raggio. Hr.
29 , 29. Si raggerà dùUomo eUal te-
sta , cioè , si tesserà a forza di raggi.
14, 39.
Ra^gielare - di nuovo congelare. Io. 33,
114.
Raggiornare - Carsi giorno di nuovo. Pz.
12, 84.
Raggiugnersi - congiugnersi di nuovo, lo.
18 , 67.
Ragionare - per argomentare o conclude-
re. Pg. 17 , 138.
Ragionarsi - per conehludersi ragionando.
Pg. 17 , 138.
Ragione - per conto o interesse. Pg. 14,
126. per ragionamento. Pg. 22, 130.
Far ragione, per immaginarsi. In. 30»
145.
Ragna - per ragno. Pg. 12, 44. per soffia
di rete. Par. 9, 51. qui figuratamente.
Raiare-per isfavUlare» risplendere, illu-
minare, raggiare. Pg. 16, 142. Par. 29,
136. per brsi manifesto. Par. 15, 56.
Rallargare • allai|;ar di nuovo. Pg. 3, 13.
DELLE PAROLE E FRASI.
631
per allargare o dilatare semplicemente.
Pg. 9 , W.
Rallignarsi - per metter nuove radici , al-
lignare di nuoYo ; e figuratamente, per
divenir di plebeo gentile a forza di vir-
tuose operazioni. Pg. ih, 100.
Ramarro - serpentello noto, di color ver-
de 0 bigio 0 vario , con quattro piedi.
Lat. lacertus. In. 25 , 79.
Rammarca - rammarica , affligge, in rima.
In. 8. 23. Pg. 32, 127.
Rammentare - per riconoscere. Par. 18,
Ito.
Rammentarsi - ridursi a memoria. Pg.
33 , 95.
Ramogna - continuazione del viaggio. Pg.
11 , 25. è voce antica , e da non
usarsi.
Ramerà - rami. Pg. 32 , 60.
Rampognare - svillanesaare , riprendere
acerbamente* In. 32 , 87. Pg. 16 ,
121.
Rampollare - per germogliare. Pg. 5, 16.
. ma qui figuratamente*
Rampollare nella mente - per nascervi ,
produrvisi. Pg. 27 , tó.
Rancio • per dorato. In. 23 , 100.
Rancio colore - quello della melarancia
matura , che i Latini dicevano croeeus.
IPg. 2 , 9. Cristoforo Landino male spie-
ga questa parola.
Rancura - rancore , dolore , compassione,
in rima. Pg. 10 , 133. è voce proven-
zale. V. rÈrcolano del Varchi, a car-
te 65.
Rancurarsi - dolersi amaramente , attri-
starsi. In. 27 , 129. è verbo proven-
zale. V. Rancwra.
Rannicchlare-ristrìngere tutto in nn grun-
po , a guisa di nicchio. Pg. 10 , 110.
Rape- verbo , rapisce, in rima. Lat. ra-
pii. Par. 28, 70.
Rappaciare • pacificare» acquetare. In. 22.
70.
Rappresentare a quel foco - cioè, da quel
foco. Par. 18 , 108.
Rassegnare il preterito - cioè , conserva-
re e mettere in ordine le passate co-
se ; il che è ufficio della memoria.
Par. 23 , 54^ Y. Libro.
Rattento - rattenimento , cosa che ralfre*
na. In. 9 , 69.
Rattezza - per ripidezza e difficile salita
di montagna. Par. 11 , 50*
Ratto - addiettivo , frettoloso , veloce. In.
2, 109. Par. 22, ÌOk.
Ratto - participio, rapito. Pg. 9, 24. Lat.
raptus*
Ratto - avverbio , subitamente , tostamen-
te. In. 3 , 102. 6 , 38. 8 , 102. 9 ,
37. Pg. 18 , 103 , e in altri luoghi.
Rattrapparsi - per rannicchiarsi e racco-
gliersi. In. i6, 136
Raunare - ragunare , raccogliere. In. 14,
2 , 32 . 74.
Raunarsi - ragunarsi. Pg. 10. 18.
Razionabile affetto - cioè deìruomo eh' ò
animai ragionevole. Par. 26 , 127.
Realmente - cioè , in maniera ed atto re-
gale. Pg. 30 . 70.
Reame - per ordine e stato di beati. Par.
19, 2j.
Recare - per portare. Pg. 33 , 78*
Recara alle mente - ridurre alla memo-
ria. In. 6 , 89.
Recar la cagione a chi che sia - per in-
colpare. Pg. 16, 67.
Recarsi a* denti - cioè , mettersi in bocca
per mangiare. Par. 4. 3.
Recarsi a mente alcuna cosa * per ricor-
darsene. In. 18 , 63. Rtcani a rwt^
U a chi che sia. Pg. 6 , 6.
Recarsi a noia • per i^egnarsi. In. 30 ,
100.
Recepe - riceve , in rima. Lat. recepii.
Par. 2. 35.
Recettacolo - ricetto , luogo dove si può
ricoverare. Par. 19. 50.
Recetto - ricevuto, ammesso. Lat. recepius.
Pg. 17 , 24.
Reda - discendente , erede. Pg. 7 , 118.
18 , 135. 33 , 37. Par. 12 , 66.
Reddire - ritornare. Lat. redire. Par. 18,
11.
Reddissi - ritornossi. Par. 11, lOo.
Reddita - ritorno , in rima. Pg. !♦ 10(1.
Redimito - coronato. Par. 11, 97. è vo-
ce latina.
Reflesso - addiettivo o participio da rt-
Oettere. Par. 33, 119, 128.
mi
D I 2 I O N A n 1 O
deflettere -ritorcere. Pg. 25, 11*. Lat.
reflecUre.
Reflettere in alcuno ciò che si pensa - cioè
comunicargli il suo pensiero. Par.9t 21.
Refulgere ^ risplendere. Par. 9, 32. è vo-
ce latina.
Hecalmente - con animo regio e signorile.
Par. 11, 91.
Kege - re. Pg. 16. 95. 19. 63,
Regge ^ per porta. Pg. 9, 134.
Re{2ge - verbo, per ritorni, riedi, in rima*
In. 10, 82,
Re^'uia - verbo , per regga , in rima. In.
2i. 30.
Re^^imento - per modo e maniera. Pg.
31, 123.
hegina Coeli -* Regina del Cielo , prìnci-
pio d' un* antifona che canta la Chiesa
nel tempo pasquale , in lode di nostra
Donna. Par. 23, 128.
Rt'gione - per teneno. Par, 8, 1&-1,
Regione che più su tuona - cioè , la più
suprema regione dell* aria , ove si pos*
sano generare i tuoni. Par. 31. 73,
Rfsno mortale- per Timperio del mondo
ottenuto da' Romani. Par. 6, 84.
Regno santo - per il Paradiso. Par. 1 ,
10. cosi reg̥^ beato. Par. 1, 23, e ra-
ffio verace. Par. 30, 96.
Regnum Coelorum vfolenzìa paté -Il re-
gno de* Cieli patisce for^a ; cioè , s' a-
cquista con fona, detto di Cristo pel
Vangelo di s. Matteo , al capo 11.
verso 12. Par. 20, 94.
Reiterare «- far più Tolte I4 stessa cosq, Pg.
13, 30.
Religione della montagna «- cioè , monte
santo e pieno di religione. Pg. %1, 41*
elinquere • lasciare do|
42. è voce latina.
le. M.
di sé.
Par. 9,
Remoto - per volto In altra parte. Par*
1. 66.
Remunerare - lo remunerare , cioè , il
premio. Par. 20, 42.
Ren - reni. In. 25, 57,
Rena - sabbia , arena. In, 14, 13.
Rendéle^le rendetti , (eresi. In, 14,3,
Rendere - per esprimere alcuna <?osa in
iscrittura. Pg. 31, 143.
J\endere - per attribuire pome fidinolo.
Par. 8. 133.
Rendere in dispetto - cioè , far ooioao »
mal gradito. In. 16, 29.
Rendere intera la promissione • mantener
ciò che si promette. Pg. 30, 132.
Render fertilemente - produrre in abbon-
danza. Par. 21, 118.
Render T aspetto a che che sia - tornare
a guardarlo. P^. 29, 58.
Rendersi Alla battaglia de debili cigli •
per metter di nuovo eli occhi a cimea-
to , guardando cosa d eccessivo splen-
dore, che possa abbagliarli. Par. 23, 77.
Render voi - per rendere a voi. Par. 4,
122.
H«^nduto in panni bigi - cioè , lattosi mo»
naco. Pg. 20, 54.
Reni - dar le reni , per volger le spaDr,
Par. 4, 141.
Reo - sustantivo , per male o g^atigo. b.
30, 190. 31, 102.
Repente - tosto , in un tratto. In. 21,
149. è voce latina.
Repere - per penetrare , insinuarsi. Par,
% 39. è ?Dce latina.
Reperte sono ^ pioò , si trovano. Fv.
27, 127.
Repleta - rìpieqa , in rima. In. 18, 24.
Pg. 25, 72. è voce latina.
Replico - coir accento acute sulla seconda
sillaba, in grazia della rima. Air 6, 91.
Replqo ^ coir accento aci|to sulla penntr
tim« , ripiovo , toriK) a piovere. Par.
25, 78. qui figuralameote , è voce la-
tina.
Reqqievi Di grande ammirazion - cessa
dal grande stupore. Par. i, 97. fv-
ymevi è voce latina.
Respirare ad alcuno -per parlargli é
nuovo, Par. ^, 85.
Restare - per cessare* In, 25, 135. Par.
28, 88. per fermarsi o soQermarsi. Io.
10, 24. 34 , 19. Pg. 20 , 139. per
fermarsi maravigliando. Pg. 5, 34.
Retaggio - eredità. ^ 7. 120. 16, 131.
Reticenza - figura réttorica. In. 9. 8.
Retro - dietro. In. 7, 29. 11 , 55. 18.
36. 29, IQ. 34. 8. Pg. 7, 116. 37.
47. è vece latina.
Retro ire- seguitare, teper dieIro.Par.li'i
DELLE PAROLE E FRASL
033
Retrorso - indietro , in rima. Laf. reiror-
$utn. Par. 22, DI.
Retto - per angolo retto, il quale \iene
a formarsi quando una linea cade n
perpendicolo sopra un'altra. Par. 13,
102.
Reverendo - degno di riverenza, temuto,
ri^pettato. Par. 19, 102.
Reverente - riverente. Pg. 26, 17.
Rezzo - ombra sul muro o per terra. In.
17, 87. 32, 75.
Riacceso- accesso di nuovo. Par. 31, 55.
Riarmare - fornir di nuove armi , armar
di nuovo. Par. 12, 38.
Riarso - diseccato per troppo calore adu-
sto. Pg. 27, k.
Riarso d'invidia -diseccato , rouMmto da
quHla passione. Pg. 14-, 82. Orazio,
nell'epistola 2, del 1. libro.
Invidus alUrius macrescit rebus opimis,
ci Sanazzaro, neir egloga 0. dell Ar-
cadia.
L' invidia, figliuol mio, iè ttessa macera,
E $i dilegua come agnel per fascino.
Ribadire - ritorcere la punta del chiodo ,
e ribatterla inverso*! suo capo nella ma-
teria confitta. Dante figuratamente il
disse di una serpe. In. 25, 8.
Ribellante - ribelle. In. 1, 125.
Ribelli - \)0T discordanti , avversar!. In.
28, 130.
Ricepe - riceve , in rima. Lat. recipil.
Par. 29, 137.
Rjcemere - per dichiarar meglio. Par.
11, 22.
Richesge - in rima , \ìct riclicggi , sog-
giuntivo. Pg. 1, 93.
Richiamo - per allettamento da far cade-
re gli uccelli alla reto o al vischio.
In. 3. 117.
Richiedere - la rischiesi di comandare ,
cioè , le dissi che comandasse. Jn.
2, 54.
Richinare - chinar di nuovo. Par. 7, 15.
Richiudere la piaga - per chiuderla sem-
plicemente. Par. 32. k,
Bicidere- tagliare: e figuratamente, per
traversare. In. 7, lÒO.
Ricidere il volere - cioè , renderlo vano.
Pg. 5, 66.
Ricignere - cignere intorno. Pg. 1 , 94.
Ricirculare - girare intorno. Par. 31,48.
Ricogliere - raccogliere. Pg. 18, 86. Par.
23, 21.
Ricogliere - per osservare attentamente o
intender bene. Par. 4, 88.
Ricopliersi - per ritirarsi. Par. 22, 97.
Ricolta - messe , raccolta. Par. 12. 118.
Ricolto - participio , raccolto. In. 3, 09.
Pg. 2. 102. iM?r accollo, Par. 18, 09
per appreso , compreso , b^ne inteso.
Par. 4, 88. 10, 81. 29, 09.
Ricominciò diletto agli occhi miei - cioè
a dar diletto. Pg. 1. 10.
Ricompiere - compier di nuovo. Pg. 18,
107. di questi e somiglianti verbi com-
posti V. r Ercolano dei Varchi , a
carte 71.
Riconfortare il nome - per rinfrescare e
rinnovare la memoria. Par. 10, 129.
Ricorcarsi - tornarsi a coricare. Pg. 8.
133. 10, 15.
Ricordare - per ricordarsi. In. 18, 120.
per sovvenire, tornare in memoria.
In. 20. 1-28. Pg. 17, 1. 33, 91. Mi si
ricorda , mi sovviene. Par. 20 , 145.
Ricorderati - ti ricorderai. In. 28, 100.
Ricorrere - per correr di nuovo, o indie-
tro. In. 8, 114. Par. 20, 71.
Ricreduto - chiarito , sgannato. Pg. 24 ,
1 12.
Ricucire la piaga - cioè, risaldarla, ram-
maruinnrla. P^'. 25, 139.
Riddare - menar la ridda , cioè aggirarsi
come coloro che ballano in ballo ton-
do. In. 7, 24.
Ridere - fuuratamente , faceta rider l o-
ricnie, Pg. 1, 20. Il del ne ride, cioè
se n abbellisce. Par. 28. 83. Vidi ra-
dere una bellezza , cioè , risplendere.
Par. 31, 134. Il rider dell erbe. Par.
30. 77. Ridon le carte , cioè dilettano
colla varietà e bellezza de' colori. Pg.
11 , 82. Orazio parimente , nelf oda
XI. del 4. libro : Ridet argento domu$.
Ridire - narrare. Par. 31 , 4o.
Ridole - rende odore. Lat. redolet. Par.
30. 125.
Ridolersi - tornare a dolersi. In. 20, 19.
Riducvrlil^i - ridur*ela. Par. 23. 51.
80
tI3^
DIZIONARIO
Ridure yer ridurre, io rima. Par. 27, 89.
Ridui- per riduci , in rima. Par. 22, 21.
Riede - ritorna. Lat. redit. In. 13, 76.
Pg. 15. 138.
Rledi - ritomi. Lat. redii. Id. 21 , 90.
Pg. 3, lU.
Rietro - dietro, in. 12, 81.
Rirare - far di nuovo , rifar fano , per
restituire la sanità. Par. h , 48. Ri-
far sicuro , per restituire il coraggio.
Par. 26, 89. Rifarai parvente , tornare
ad apparire. Par. 20, 5. Rifarsi sanlo^
purgarsi da ogni colpa. Pg. 23, 66.
Rifémi - mi rifeci. Pg. 12 , 7.
Rifìecare- ficcar di nuovo. Pg. 15, 6k.
Rifisso -fisso di nuovo. Par. 21 , 1.
Rifigliare - riprodurre , germogliare. Pg.
ih, 115.
Rifondamo- per rifondarono , in rima . In.
13 , U8. V. rErcolano del Varchi , a
earte 253.
Rifondere - per mandar fuori di sé cosa
simile a sé ; come lo splendore rifon-
de altro splendore. Par. 12, 9.
Rifondersi - per tornare addietro , detto
del raggio. Par. 2 , 88.
Riformarsi - per ristorarsi , rifarsi , pren-
der nuova forza. Pg. 32, 13.
Rifrangere il raggio - Par. 19 , 6. v. Ri-
fratta*
Rifratta , chiamasi la luce quando si
torce dal suo dritto cammino, incon-
trando diverso mezzo ; come allorché
passa dall'aria nell'acqua , o dall'acqua
nciraria. Pg. 15 , 22.
Rifratto - addiettivo da rifrangere , detto
del lume. Par. 2. 93.
Rifulgere- risplendere. Lat. re/ìi/jere. Par.
9 , 62. 26 , 78. 27 , 95.
RSgagno-picciol rivo , ruscelletto. In. Ih^
121.
Rigirare sé in sé - qualità propria dell'a-
nima , doé , muoversi da sé stessa ,
riflettere sopra le proprie operazioni.
Pg. 25 , 75.
Rìgistrare - registrare. Pg. 30 , 63.
Rigìugnere - tornare a giugpere Pg. 10,
15.
Rigradare - digradare , distinguersi per
gradì. Par. 30 , 125.
Riguardarsi di che che sia - guarda
Lat. eavere. Par. 23 , 36.
Riguardo -per avviso « segno. In. 2S,
108. per lo riguardare. Par. 10, 131
Riguardo - aver benigno riguwrio t» atm-
' no , cioè , riguardarlo eoo occhio à
cortesia. Par. 17 , 73.
Rilt^are- per confinare in qualche loo^).
Pg. 21 j 18. Lat. relegare.
Rilegato - per confinato. Lat. relegaim.
Par; 3, 30.
Rilevare -per cavare e raccoglier lapi-
rola dalla tessitara de'oaiatteri. Par.
18 , 85.
Rima - per parola semplicemeole ; o per
componimento poetico « anche in ver-
si latini. In. lo , 48.
Rimaritare - per riconciliare , ricoagiu-
gnere. Pg. 23, 81.
Rimase aringo- cioè , impresa difficile cbe
resta a couipirsi. Par. 1 , 18.
Rimbalzo - il risaltare di aoasivc^ co-
sa che ritrovi intoppo. In. 29 , 99. y.
Di rimbalzo.
Rimbeccare • per opporai dirittamerite ,
detto degli estremi viziosi. Pg. 22. 49.
Rime -per canti d'uccelletti. Pg. 28, 18.
Rimembro - rimembri , ricordi , io rima.
Pg. 6 , IW,
Rimemorare - rammemorarsi , ridursi a
memoria. Par. 29 , 81.
Rimondare - per nettare , pidire , par-
gare. Pg. 13 , 107.
Rimontare - montar di nuovo. In. 19, 126.
Rimorto • più che morto. I^. 2i , i.
Rimpalmare i legni o le navi - cioè, ria-
peciare , ugner di nuovo coUa pegoii.
In. 21 , 9.
Rimproverio - rimprovero , aspra rìpra-
sione , Pg. 16 , 135.
Rincalzare - per fortificare , stabilire. I^
9 , 72. per mettere attorno soste^,
0 per far largo a chi passa , teneado
indietro la turba ; che TibuUo , Delh
5. elegia del 1. libro , disse
viam. Par. 21 , 130.
Rincalzo - per appoggio e puntello, b.
29 , 97.
Rincominciare -cooiiDciar di nuovo. Par.
16 , 12.
DELLE PAROLE E FRASI.
C35
Rioramarc - render la fama. Pg. 13, 150.
Riofarciare - per riempire. Jn. 30 , 126.
Rinfiammarsi - per accendersi di nuovo.
Par. 16 , 39.
Ringavagnare - rifugliare. In. 2& , 12. è
voce da non invaghirsene.
Ringhiare - digrignare i denti , mostran-
do di Yoler mordere , dicesi propria-
mente de' cani ; ma si trasferisce an-
che agli uomini adirati. In. 5, k. Lat.
ringi , usato da Terenzio e da Orazio.
Ringhioso - che ringhia. Pg. ìk , kl. Y.
Ringhiare.
Ringraziare a che che sia - cioè , di che
che sia. Par. 15 , 83.
Rinnovellare - per eangiarsi di tratto in
tratto. Par. 26 , 128.
Rinselvarsi - per tornar selva di nuovo.
Pg. 14 , 66.
Rintoppare - ricucire , rappezzare , rac-
conciare. In. 21 , 15.
Rintoppo - impedimento. In. 33 , 95.
Rinverdire -per far verde di nuovo. Pg.
18, 105.
Rio - per delitto , reità , scelleraggine. In.
h ♦ kO. Pg. 7 , 7. V. Reo.
Rio • addiettivo , scellerato. In. 22 , 6k.
Riparar T uomo a sua vita - restituirlo a
sua salute , riscattarlo , redimerlo. Par.
7 , ÌOk.
Riparo -per chiusura. Pg. 8 , 97.
Riparo de pianeti- cioè, rìtomamento al
principio del loro moto ; come spiega
' alcuno de* comentatorì. Par. 22 , 15Ò.
Ripensare - pensar di nuovo » o ben con-
siderare. Par. 7 , Ìk6.
Ripentuto - per ripentito. Pg. 31 , 66.
Ki|>etere - per ruminare colla mente. Pg.
6, 3.
Ripieno - è ripieno , cioè ogni cosa è ri-
piena. Pg. ik , 9h.
Ripiì^nere - spìgnere indietro. In. 1, 60.
per ispigner cosa al luogo dond'ella è
tolta. Pj?. 20 , 69.
Ripinto - ri«pinto. Par. h , 85.
Piipogna -riponga , in rima. Pg. 16, 123.
Hiporgere - porger di nuovo. In. 31 , 3.
Riposato vivere -cioè, quieto , tranquil-
lo. Par. 15 , 130.
Ripregare - di nuovo pregare. In. 26, 66.
Ripreme - reprime. Par. 22 , 25.
Riprender via • mettersi di nuovo in caii-
mino. In. 1 , 29.
Riprender virtù - cioè , ripigliar vigore.
Par. U , 82.
Riprestare -ridonare, di nuovo concede-
re. Par. 33, 69.
Riprezzo - per Io freddo e sbigottimento
che apporta la febbre. In. 17 , 85. 32,
71.
Ripriso-per ripigliato, in rima. Pg. i, 126.
Riprofondare - di nuovo sommergere nel
profondo. Par. 30, 68.
Riprovare-per provare con argomenti nuo-
vi. Par. 3 , 3.
Risalire -di nuovo salire. Par. 1 , 50.
Scala ir tanza risalir , neisun diteti^
de , chiama Dante il Paradiso dov'egli
finge d' essere andato ancor vivo ; e
dopo d' essere calato in terra , dovervi
ritornare già morto. Par. 10 , 87.
Rischiarare - per rischiararsi. Par. H,
69. 23 , 18.
Risedere - per fermarsi , essere intento.
In. 20 , 105. per isgonfiarsi , ricader
giuso. In. 21 , 21.
Risegare -tagliare , segare , dividere , se-
parare. Pg. 13, 2.
Risensarsi -ripigliare il senso. Par. 26 , k.
Risentirsi - per isvegliarsi , o accorgersi.
Par. 23 , W.
Risma - per ordine di gente o setta. In.
28, 39.
Riiso -per bocca ridente. In. 5 , 133. ptT
lume. Par. 17 , 36.
Riiio - ardeva un rito dentro agli occhi.
Par. 15 , 34. Riso affocato , per lume
dì color di fuoco. Par. ìk , 86. Riso
dfW universo, per allegrezza e gloria
grandissima. Par. 27 , 4. v. Ridere.
Rispiannare -risparmiare, rispiarmar le
viste, lasciar di guardare , quello che
i Latini dissero parcere oculis. Pg. 31.
115.
Rispitto - rispetto , timor filiale , in rima.
Pg. 30, 43. v. il Salvini , a carte 257.
della 2. centuria de suoi Discorsi Ac-
cademici.
Rispondere* per corrispondere. In. .16 .
115. 30, 54. Par. i , 129. 4 , 123.
G3G
DIZIONARIO
Rispondere- per poter esser veduto. Par.
29 , 102. La faccia mia ben ti rispon-
da , cioè . ti si lasci ben vedere. In.
29, 135.
Risponderò per alcuno -difenderlo , farsi
suo avvocato. Pg. 22 , ìkk.
Risponder lei -cioè , a lei. Pg. 15, 103.
Risponderei dall' anello al dito - maniera
proverbialo elio dinota cosa fatta con
provvidenza , o non a caso. Par. 32 ,
57.
Rispose lui- Pg. 1 , 52. Risposi lui , cioè,
a lui- In. 1 , 81. 19 , 89. e simili ma-
' niere.
Rissarsi con alcuno -adirarsi centra d'esso.
In. 30 , 132.
Ristare -fermarsi. In. 2,121. 12. 58.
16. 19. 20, 86. 21, k. Pg. 4, 4^5.
18. 116. 23 , 18.
Ristarsi -per non partirsi. Pg. 33, 15.
Ristoppare- turar di nuovo le fessure colla
stoppa. Id. 21 , 11.
Risurgere- risorgere. Pg. 7, 121.
Ritendere - per tendere , distendere. In.
25 , 57.
Ritorcersi - per tornar addietro. Par. 29,
97.
Ritornarci - per ritornarne. In. 8 , 96.
Ritorta - fune. In. 19 , 27.
Ritrarre -per descrivere, trattare. In. 2.
6. 'i- , 145. per imprimere nella memo-
ria. In. 16 , 60. perrilerire. Pg. 5, 32.
Ritrosi passi -per le operazioni viziose,
colle quali l'uomo si discosta da Dio.
Par. 10. 123.
Ritroso calle - cammino air indietro. Lat.
iter praeposterum. In. 20, 39.
Ritto -dritto in piedi. In. 19, 52.
Riva - essere a riva, cioè al suo termine
di perfezione. Pg. 25, 54. Luna delle
rive : o quella d' Acheronte , dove van-
no i dannati , secondo l' antiche favo-
le ; 0 quella d* Ostia Tiberina . donde
si partono , secondo il Poeta nostro ,
r anime che vanno a purgarsi. Pg.
25, 86.
Rivada -cioè, torni ad andare. In. 28, 42.
Riva del mare - per lido. In. 30, 18.
Bita intema , chiamasi da Dante la cir-
conferenza concava del primo mobile.
Par. 23, 115.
Rìudirc-udir di nuovo. Par. 8, 30.
Rivenire - di nuovo venire , ritornare.
Par. 7, 82. 10, 70.
Riverire -tinrcnre, cioè , la riverenzi.
Pg. 19, 129.
Riverso - il riversare . il minare, lo.
12, 45.
Rivertere - per rivoltare. In. 30 , 57.
Riviera - per fiume. In. 3, 78. V.:, 14,
26. Par. 30 , 61 , per rivo. P-. 28.
47. per stagno. In. 12 , 47.
Rivivere - tornare a vivere. Io. 15, 76.
Rivoche - per rivochì, in rima. Par. 11 ,
135.
Rivolvere - rivolgere. In. 11, 94. Pg.3,
123. Par. 3, 28. 28, 7.
Riuscire in qualche luogo -|>er arrivani.
Pj:. 2, 132.
Robbi - rossi, in rima. Par. Ifc, 94.
Rocca -per rupe. In. 17, 134.
Rocchio -pezzo di sasso, di Ggura quasi
cilindrica. Lat. saxum teres. In. 20,
25. 26, 17.
Roccia - rupe o ripa scoscesa , balzo di
montagna. In. 7, 6. 12 , 8 , 36. 18.
16. 23. 44. 32, 3. Pg. 3, 47. Ì2,
137. Par. 6, 51.
Rocco - per pasturale d'arcivescovo, fatto
in cima come un rocco di sacchu Pn.
24, 30.
Roflìa - densità di vapori umidi. Par. 28,
82. voce disusata.
Roggio - rosso , infuocato- Io. 11 , 73.
?g. 3. 16. Par. 14, 87.
Rombo - il remore e suono che tanno le
api, le vespe, i calabroni, e anche gli
uccelli, con 1' ali. In. 16, 3.
Romito in sé - cioè, raccolto io sé stesso.
Pg. 6, 72.
Rompóo - ruppe, in rimi. Pg. 17, 31.
Rompiéno - rompevano. In. 13 , 117.
Roncare - nettare i campi dall' erbe iou-
li!i. In. 20, 47.
Ronchione - ronchio grande, lo. 24 , 28.
26, 44. V. Rocchio,
Ronchioso - aspro, scabroso , quasi pici
di rocchi. In. 24, 62.
Roncigliare - pigliar con ronciglio. In. SI,
75. V. Ronciglio.
DELLE PAROLE E FRASI.
637
Ronciglio - ferro adanco a guisa d' uncino.
In. 2), 71.
Rorare- per inaffiaré. Par. 24, 8, è vo-
ce latina.
Rosa - per la Beata Vergine. Par. 23, 73.
Rosa , chiama Danto il gran circolo do'
beati , eh* ei finire d* aver veduto in
Paradiso. Par. 30, 117, 124. 31, 1.
Rosato - di color comic di rosa. Pì:. 30,23.
Uose - per aninie beato. Par. 12. 19.
Rosta -per raniuscello con frasche. In.
13. 117.
Rotanti.'- che ruota, che gira. Par. 31,33.
Rotare - aggirare a guisa di ruota. In.
30, 11.
Rotato - aggirato a guisa di ruota. Pg.
9, 28.
Roteare - volgersi in giro , o danzare a
guisa di ruota. Par. 18, 41. 19 , 97.
21, 39.
Rotella - per piccioja ruota o cerchio. In.
17, 15.
Rotto- sustantivo , per rottura, foro. In.
19, 44. Pg. 9. 74.
Rotto -addiettivo, per dedito, inchinato
assai. In. 5, 55. per malconcio. In. 22,
132.
Rovente - affuocato , infuocato, o del co-
lore del fuoco, forse dal latino rubens,
, In. 9, 36. Pg. 26, 7.
Rubecchio - rosseggiante. Pg. 4, 64^
Rubesto - per feroce. Pg. 5 , 125. per
ispaventevole , tremendo. In. 3t, 106.
Rubinetto - picciolo rubino. Pai;. 19, 4.
Rubro lito - cioè, mar Rosso, vicino al-
l' Arabia. Par. 6 , 79.
Rude - rozzo, in rima. P3. 33, 102. Lat.
rudis*
Ruere - per correre in troppa fretta. Par.
30, 82. è voce latina.
Ruggero - per fare strepito in volgendo-
si. Par. 27, 144. Il Vocabolario della
Crusca mette questo esempio sotto il
verbo ruggire.
Rugghiare- per mormoreggiare.In.27, 58.
Ruggio - ruggì. Pg. 9. 136.
Rugiada * per lagrime. Pg. 30 , 53. v.
Acqua.
Rui - per cadi, io rima. Io. 20, 33. y.
Ruer$.
Ruina , chiama forse Dante quella rot-
tura la quale ei finge che fosse fatta
infino al centro della terra , quando
gli angeli ribelli giù dal Cielo precipi-
tarono. In. 5 y 34. Altri spiegano al-
trimenti.
Ruminare - per bene esaminare. Pg, 16,
99.
Runciglio -In. 22, 71. v. Ronciglio.
Ruota - per corpo rotondo di pianeta. Par.
21, 58. cosi Tibullo, nella 9. elegia
del 1. libro :
Dum rota Luciferi provocei orla dicm .
per lo giro de* cieli, i quali continua-
mente rivolgendosi in sé stessi j pare
che bramino Dio , e cerchino , a lor
modo, di fruirlo come tutte T altre crea-
ture. Par. 1, 76.
Ruota - andare a ruota , per menare il
ballo tondo. Par. 14, 20.
Ruota - la ruota rivolge sé cofUr'al taglio.
cioè la divina giustizia rintuzza la spa-
da della sua vendetta : presa la mi^-
tafora dalla cote 0 pietra d*aguzzare,
la quale volgendoài centra la schienri
del coltello, viene ad aguzzarlo; ni.i
se si volga contrai taglio di esso ,
viene a guastarlo. Pg. 31, 42.
Ruota destra del carro- ciroonscritta. Pj:.
32, 29.
Ruota gloriosa - per cerchio d' anime bea-
te. Par. 10 , 145.
Ruote -per le sfere celesti. Par. 4,58.
6 , 126. e cosi ruote eteme. Par% 1 ,
64. e ruote magne. Pg. 30. 109.
Sa* -sai. Par. 22, 7, 8.
Sabaoth - parola ebraica , che significa
eserciti 0 degli eserciti. Par. 7 , 1.
Sacca -per sacchi. Par. 22, 78.
Sacco - per ventricolo dove si concuoco
il cibo. In. 28 , 26.
Sacrate ossa , chiama Diinte quelle dei
regi. Pg. 20 , 60.
Sacro poema , chiama Dante questa sua
Divina Commedia. Par. 25. 1.
Sacro - por escrabile , fame sacra dtl-
638
DIZIONARIO
V oTfi , appetito malragio delle ricchez-
ze. Pg. 23 , M.
Sacrosanto segno - per 1* aquila , indegna
del romano imperio. Par. 6 , 32.
Saettare -figuratamente. In. 29 > &-3.
Saettare - per iscagliare , gittare di lon-
tano come si gittano le saette , saet-
tare il fuoco. In. 16 , 16. Il sole saet-
tava il atomo y vibrava i suoi raggia
guisa di strali. Pg. 2 , 55. Cosi Lu-
crezio usa di dire : Lucida tela àtei.
Saggio - savio , far saggio , per informa-
re , dar notizia. Pg. 5 , 30.
Saggio - pruova. Lat. specimen , levare
i saggi, per far pruova. Pg. 27, 67.
Sagrato poema- per la Commeidia di Dan-
te. Par. 23 , 02.
Salavàm - salivamo. Pg. h , 31. 10 , 7.
Sale - per mare ; alla foggia de' Latini.
Par. 2 , 13.
Salendo -per salendosi. Pg. 13 , 3. Pa-
rimente 9 Petrarca nel sonetto 6.:
Acerbo fruito che le piaghe altrui ,
Gustando, affligge pA che non conforta,
gustando, per gustandosi.
Sali - seconda persona singolare del pre-
sente deirindicativo , dal /irerbo sahVé.
In. 1 , 77.
Saline -per sali , in rima. Pg. k , 22.
Salire di carne a spirito - passare da que-
sU all' altra vita. Pg. 30 , 127.
Satiri - per luoghi erti da sormontarsi ;
o per le scale. Pg. 19 , 78.
Salissi - sali , si sali. Par. 2Ò , 26.
Salita -nome 9 per grado di gloria. Par.
ìk , 39.
Saiitore - che sale. Pg. 25 , 9.
Salma - soma , peso. Par. 32 , IH.
Salmodia - canto di salmi. Pg. 33 , 2.
Salsa - per pena o tormento. In. 18, 51.
Sahe-per sali. Par. 11 , 72.
Salsi - cioè , sei sa , sasselo. Pg. 5, 135.
31 , 90.
Saltare - per passare sotto silenzio , tra-
«andare alcune cose più difficili, senza
descriverle. Par. 23 , 62. 2^ , 25.
Saltellare - saltare spessamente , e a
piccioli salti ; sbalzar qua e là. In.
12 , 2i.
Salto • per selva , foresta , pascolo ,
luogo deserto. Lat. talius. Pir. 11,
126.
Salvazione* salute. In. 2 , 30.
Salne , Regina -Dio ti salvi , Regina ,
principio d* una divota antifona che
suol cantarsi, dalla Chiesa in lode della
Beata Vergine. Pg. 7 , 82.
Salute - per la gloria de beati. Par. U,
8^.
Salute - per cosa salutifera. Par. 30, 53.
Salute ultima - cioè , Iddio. Par. 22, 12^.
33 , 27.
SalutevoI cenno - cioò , atto di taluto.
In. ^ , 98.
Sanatore-che sana. Pg. 25 , 30.
Sangue -uomo di sangue , cioè, san^i-
narìo , omicida , ed è frase tolta dalla
divina scrittura : Viri sanguinmm. la.
2i , 129.
Sangue - per entrata o patrìmooio. tu.
27 , 58.
Sangue e puzza con cui si placa Imi-
fero , chiama il Poeta nostro gli omi-
cidi e r altre brutte scelleratexze. Far.
27, 26.
Sanguinare - insanguinare , sporcare di
sangue. Pg. 5 , 99.
Sanguinente - sanguinoso. Io. 13 , 139.
Sanna - dente grande e proroineote dì
fiero animale. In. 6, 23. 22. 56.
Snnnuto - armato di sanne , cioè di gran
denti. In. 21 , 122.
Sano popolo - cioè , unito « concorde ;
perchè le discordie e le gaerrc civili
sono i morbi dello repubbliche. Par.
31 , 39.
Santo , Santo , Santo - inno degli Ansig-
li , usato dalla Chiesa nel prefaiio de«li
messa. Par. 26 , 69.
Sanza - senza. In. 3 , 36, 9. 33 , 106.
e in altri luoghi.
Sapavàm • sapevamo. P^. 1^ , 127.
Sape • sa , in rima. Pg. 18 , 56. Par.
23 , 45. 28 . 72.
Sapei - sapevi. Pg. 30 , 75.
Sapem - sappiamo. In. 10 , \05.
Sapén - sapevano. Par. 13 , 126.
Saper del mondo - cioè , esser pratica
de* negozi. Pg. 16 , 47.
Saper di salo - lo pane altrui sa iì m/i.
DELLE PAROLE E FRASI.
68»
maniera proverbiale , che signiGca es-
ser aspra e dura cosa l'aver bisogno
di mangiar l'altrui pane. Par. 17, 58.
Sapere - per esser soggetto , né oecaso
mai ieppe né orto , cioò , dod conobbe
mai principio nò fine , essendo etemo*
Pg. 30 , 2.
Sapere - per conoscere , semplicemen-
te. Par* 25 , 74. per potere. In. 6 »
kU 12 , 24.
Sappiendo - sapendo. In. 32 , 137. Pg.
3 , 93. 23 , 67.
Saputo -per savio, accorto. Pg. 16,8.
SaragU - per vi sarà. Par. 25 , 124.
Sarien - sariano , sarebbero. In. 20, 102.
Pg. 3 . 48. 15 , 128.
Sariensi - sarebbero. Par. 16 , 65.
Sariesi- si saria, si sarebbe. Par. 16, 64.
Sarte - corde della vela del navilio , le-
gate all'antenna. In. 21 , 14.27,81.
Sassi - per si sa. Pg. 31 , 39.
Satiro -per componitore di satire. In.
4 , o9»
Savere - sapere. In. 7 , 73 , 85. 11, 93.
Pg. 22 , 147. Par. 5 , IH. 10, 113.
21 , 19. 28 , 106.
Savore - sapore, iavor di forte agrume ,
figuratamente , per cosa che molto di-
spiaccia. Par. 17 , 117.
Savoroso - saporito. Pg. 22 , 149.
Saziare - per saziarsi. Pg. 21 , 1.
Sazio - per saziato. Pg. 33 , 138. Par.
28 , 48. Fareazio del eno nome, cioè,
manifestarlo, appagando l' altrui curio-
sità. Par. 15 , 87.
Sbarrar 1' occhio - per aprirlo bene, spa-
lancarlo. In. 8, 66.
Sbarro - per ostacolo , impedimento , ri-
tegno. I^. 33 , 42.
Sbuffare • respirar con impeto per cagio-
ne di sdegno. In. 18 , 104.
Scabbia - rogna. Lat. fcaòies . In. 29, 82.
Scacchi - doppiar degli teaeehi , à lo scac-
chiere sessantaquattro quadretti , tra
bianchi e neri ; al primo de* quali chi
ponesse nome uno , al seconao due ,
al terzo juaUro , al quarto otto ; e eo-
si andasse raddoppiando sempre fino
air ultimo , verrebbe ad aver fatto un 1
Diaero innumerabile. Par. 28 » 98. ^
V. Immillarti.
Scagionare - scolpare , scusare. Iq« 32 ,
69.
Scaglione • grado di scala. Pg. 9 , 94.
12. 115.
Scalappiare - uscir del calappio , o sia
della rete. Pg. 21 , 77.
Scale deir etemo palazzo , chiama Dante
i cieli. Par. 21 , 7.
Scalèe - scale , gradi , in rima. In. 26,
13. Pg. 12, 104. Par. 32 , 21.
Scalèo - scala. Pg. 15 , 36. Par. 21, 29.
Scalpitare - calpestare* In. 14 , 3i.
Scaltrire - far divenire altrui sagace , di
rozzo e inesperto. Pg. 26 , 3.
Scana - zanna o saona , cioè dente gran-*
de d' animale. In. 33 , 35.
Scandere - per ascendere , salire, è voce
latina. Par. 8 , 97.
Scanni - per gradi di beatitudine. Par.
6, 125.
Scanno'- per sedia, trono. In. 2, Ut.
Par. 30, 131. 32, 28, 29.
Scapigliato - chi à i capelli scomposti •
mal pettinati. In. 18 , 130.
Scarco di pietre - sustantivo , per luogo
discosceso , dove molte pietre si sieno
scaricate o ruinate al liasso. In. 12 ,
28.
Scardova * spezie di pesce di scaglia lar-
ga. In. 29 , 83.
Scarso • per difettuoso , inefficace. Par.
33 , 30. per ritroso. Pg. 14 , 80.
Sceda - per Dufltmeria , motto ridieoio.
Par. 29 . 115.
Scemare la mente da so medesima - cioè.
togliere o sminuire l'intendimento. Par.
30 , 27.
Scemo - sustantivo , per scemamentp ,
mancanza. Par. 20 , 136.
Scemo - addiettivo, laeciare scemo alcun»
di $é , abbandonarlo , privarlo della
sua compagnia. Pg. 30 , 49.
Scemo - per dimagrato assai. Pg. 23^18.
Scemo luogo - per vuoto e scavato. la.
17, 36.
Scempie gote- per prive d'orecchie, la.
25 . 126.
Scempio • sustantivo , per tormento tra-
dele , fiera strage. Pg. 12, U.
(V^O
DIZIONARIO
Scempio - ad dietti vo , per semplice, eoo-
trariò di doppio. Pg. 16 , 55. per di-
sunito , disgiunto e dissipato. Pg. 12,
133. Par. 17 , 62.
Scendesse - per scendessi , in rima. Pg.
8, 46.
Scernere -per discernere. In. 15 , 87.
per additare , mostrare. Pg. 26, 115.
Scerpare - rompere , guastare , schianta-
re. In. 13 , 35.
Scesa - calata , precipizio. In. 16, 101.
Scevro - per chi stassi in disparte. Par.
16 , 13.
Scheggiò inibesiiate , chiama Dante il to-
ro di legno , fabbricato da Dedalo per
soddisfare alla lussuria di Pasife. Pg.'
26 , 87.
Scheggia - per ischiena di scoglio gros-
samente tagliato. In. 18,71. per tron-
co di pianta. In. 13 , 43.
Scheggiare - levar le schegge o picciole
assicelle da un legno. Par. li , 137.
ma qui figuratamente.
Scheggio - piT un pezzo di scoglio. In.
21 , 60 , 125.
Scheggione - scheggio grande. In. 21, 89.
Y. Scheggio.
Schermare ^ per difendere , schermire.
Pg. 15 , 26. per ischifare. Pg. 6, 151.
Schermidore - per colui che parte i com-
battenti. In. 22, 142.
Schermo - riparo , difesa. Io. 13 . 134.
e in altri luoghi. Avere schermo a chi
ciie sia , per difenderlo , senirgli di
scliermo. In. 21 , CO.
Sciiermo - per arma da oflendere. In.
21, 81.
Scliiacciari» - rompere e infrangere pre-
mendo. In. 18 ; 81.
Schiantare - sterpare , svellere , dislnc-
care con violenza. In. l) , 70. Pj:. 20.
45. 28 . 120.
Schianto- per ischianli. in rima. In. 13.33.
Schianza - crosta o pelle che si secca so-
pra la carne ulcenita. In. 29 , 75.
Schiarare - per manifeslnre. Par. 20, 23.
Schiararsi - per divenir più lucido. Par.
21 , 91.
Schiarato - per molto rispleodente. Par.
35, 106.
Schiudersi - uscire di luogo chiuso , ile-
garsi. In. 30, 27.
Schiuso - aperto. Pg. 25 . 115.
Sciagurato - infelice. In. 22 , 44.
Scialbo - pallido , biancastro. Pg. 19, 9.
Seias quod ego fui succestor Petri - Sappi
ch'io fui successore di Pietro. Pg. 19,
99.
Sciagurato - per tapino , abbietto , vile.
In. 3 , 64.
Scimia«-per imitatore. In. 29, 139.
Scindere - per separare , svellere, è voce
latina. Pg. 11 , 103.
Sciolto -per libero. Par. 27 , 131.
Sciolto da ballo - uscito di ballo. Par. 10,
79.
Sciorinarsi- per uscire ali aria, procurar»
refrigerio. In. 21 , 116.
Scipare r lacerare , malmenare , straziare
In. 7, 21. 24, 84.
Scisma - discordia e divisione io materia
di religione , in greco scisma, lo.
28, 35.
Scisso - disgiunto . diviso , separato, lon-
tano. Pg. 6. 123. Par. 21, 96. v. S«ii-
(ìere.
Scoccare -per manifestare , palesare. In.
25 , 96. per pronunziarsi. Pg. 6 , 190.
Scoccare l'arco del dire - per isfogarsi par-
lando , o risolversi di parlare. P^;. 25.
17.
Scofilio - per iscorza , ovvero per osta-
colo ed impediment'j. Pg. 2, 122.
Scolparsi - per purgar le colpe cornine*-
se. Pg. 24 . 84.
Scommettere- perseminardi>cordioc ><•«»-
d.'Hi ; quafii disunire le cose cnnìim-v
se , cioè congiunte. In. 27^ 136.
Sconìuniclie - loro abuso ripreso. Par. 18.
128.
Sconcia novella t per fnlsa , inverisimilr.
corrotta. In. 18 , 57.
Sconcio - ncr bruito , difforme , vergo-
gnoso. In. 29, 107. Par. 9, 53. per
difficilo, aspro. In. 19, 131. per di-
sadatto , 8i»roporzionato. In. 30 , 85.
Sconoscente vita - cioè , ignobile , oscy-
ra. In. 7. 53.
Scoperchiato - senza coperchio , aperto,
lu. 10 , 52.
DELLE PAROLE E FBASL
641
Scoperto -a maDiera di sustantivo. In. 31,
89.
Scoprire - per impiegare. Pg. 28 , 135.
Scorgere -per insegnare, adciitare. In.
8. 93.
Scornato -deluso, svergognato. In. 19,60.
Scorno - la Natura gli averebbe scorno ,
cioè , quegrintagli farebbero scorno al-
la Natura. Pg. 10 , 33 , o la particel-
la gli in questo luogo significa tet.
Scorto - per pronto , spedito , sciolto. Pg*
19, 12.
Scoscendere - per dirompere , spaccare
o stracciare. Pg. ik , 135. Par. 21 ,
12. per dirupare. In. 24. , 42.
Scoscio - precipizio. In. 17, 121.
Scostarsi dai Ganco - figuratamente , per
non imitare i' esempio. Par. 19, 148.
Scotto - per \q pagamento del desinare
o della cena che si mangia nelle ta-
verne. Pg. 30, 144. ma qui figurata-
mente ; benché non sia voce da ser-
virsene in cose gravi ed illustri.
Scranna - sedia , cattedra, sedere a scran-
na , cioè j prò tribunali ; farla da giu-
dice o da maestro. Par. 19, 79.
Scriba - per iscritlore. Par. 10 , 27. è
voce latina.
Scritta - per iscrizione. In. 8, 127. 11, 7.
Scritto - per profezia scritta. In. 19, 54.
Scrittura - per regola di frati. Par. 12 ,
125,
Scudo - per arme di famiglia o di regno.
Par. 12, 53.
Scuoiare - spogliar del cuoio , levar la
pelle, scorticare. In. 6, 18. 22, 41.
Scuriada - sferza di cuoio. In. 18, 65.
Scuro - oscuro. Par. 6, 85.
Scusare - per ricusare. Pg. 15, 130.
Sdebitarsi - sgravarsi del suo debito. P<;.
14, 29.
Sdrucire- per aprire, fendere, spaccare.
In. 22, 57.
Se - per cosi , detto con affetto di desi-
derio , e di pregare altrui prosperi avr
veiiimenti , in quella giuiia che i poeti
latini adopravauo il loro ne. In. 16,
64. Pg. 26, 61. e in altri luoghi.
Se - per benché. Par. 4, 78. 19, 28.
Secca -per terra, che dalla difina scril-
I tura chiamasi arida , a differenza del-
l'acqua. In. 34 , 113.
Secchezza - per magrezza. Pg. 24 , 32.
Secoli recenti - cioè , i primi secoli del
mondo , avanti Abramo. Par. 32, 76.
Secondamente - nel secondo luogo. Pg.
13, 2.
Secondar coli' occhio- cioè , accompagna-
re 0 seguire colla vista. In. 16, 117.
Secondare - per seguire , seguitare, suc-
cedere , e Dante T adopera col quarto
e alcuna volta col terzo caso. Pg. 16,
33. 23, 123. 29, 91. Par. 1, 34. 23,
64. 28, 111.
Secondare alle percosse - cioè , piegarsi
jB cedere soavemente senza rompersi*
t>g 1, 105.
Secondo - ora seconda alf ora sesta, cioè
r ora settima che immediatamente se-
gue la sesta. Par. 26, 141.
Secondo che per ascoltare - questa è una
elissi ; e cosi supplir si dee : secondo
che mi parve di comprendere per ascol-
tare ; cioè ascoltando, Id. 4, 25.
Secondo regno - per lo cielo di Mercurio
Par. 5. 93.
Sed - per se , particella ; quando seguita
vocale. Par. 19. 78. Cosi Pietro Bem-
bo nelle stanze.
Allor ti va per gioia e per diporto
Il signor, quando può, sed egli è saggio.
Sedavamo -sedevamo. Pg. 9, 12.
Sedere - detto di luofso . cillà o provincia;
alla io^'Ah de' Latini , cioè , esser si-
tuato. Par. 9, 26.
Sedere in sul sangue - detto dell' anima
la quale , mentre Y uoro vi\e, sta con-
giunta col sangue e couli spiriti pro-
dotti dai sangue. Pg. 5, 74.
Sedia apostolica - Par. 12, 88.
Sediero - sedettero. Pg. 2, 45.
Sedie - nome , seggio. Par. 32, 7.
Segare dell'acqua - fender T acqua, detto
d' una barchetta. In. 8, 29.
Seggendo - sedendo. In. 22, 102.
Segnacolo - per segno , insegua. Pur.
27 , 50.
Segnare - per benedire col segno della
I Croce , come fanno i vescovi. In.
20, «9.
81
c^s
DIZIONARIO
Segnare nostra favella - cìoò , formare i
caratteri , per mez^o de' quali vengono
a significarsi le >oci umane articuiate.
Par. 18. 72.
Segno • per atto , dimostrazione di cor-
tesia. In. 18, 91.
Segno - per lettera d'alfabeto scritta. Par.
18 . 80.
Segno - per miracolo. Pnr. 18, 123-
Segno benedetto - per 1* aquila , insegna
de' Romani. Par. 20, 86. cosi pure il
Poeta la chiama , segno Che fé i Ro-
mani al mondo reverendi. Par. 19, 101.
e segno del mondo e de suoi duci. Par.
20, 8.
Segno de* mortai , e segno delC initlUUo
nostro , chiama il Poeta la picciola for-
za dell'intelletto umano, ristretta Tra
molto angusti confini. Par. 15 , <^2 ,
ko.
Segno di maggior disio - oggetto più che
altro desiderato. Par. 3, 126.
Segno venerabile» Che fan giunture di
quadranti io tondo - la Croce , lo due
lince della quale , che insieme s' attra-
versano , se in un cerchio si tirino da
un punto della circonferenza , per lo
centro, al punto opposto, dividono
esso cerchio in quattro quadranti Par.
H, 101.
Sego- per seco, con sé, o con altri della
sua natura medesima , in rima. Pg.
17, 58.
Seguace alla passione • cioè , della passio-
ne. Pg. 21, 106.
Seguentemente - per subito dopo. Pe.
20, 25. '
Seguette - per seguì, in rima. In. 25. kO,
Par. 9, Ul. 25, 83. fuori di rima. Par.
9. 24.
Seguio - segui. Par. 3, 124. 6, 2. 25, 48.
Seguir- per seguirono, non^e^tiir /a mente,
cioè, non rimasero nella memoria. Par.
U, 81.
Seguire e seguitare - per accadere. In.
25, 40, 41.
Seguir la storia - per imitare i fatti vir-
tuosi narrati nelle storie. Par. 19, 18.
Seguitare a chi che sia - cioè , dopo di
«hi che sia. Pg. 5, 132.
Seguiteria - seguiterebbe. Par. 6, 63.
Seguiterieno - seguiterebbero. Par. 2, Ti
Seguito - per accaduto , succeduto. ?u.
24, 101.
Seguito - per colui che segue. Par. 2, ì.
Cristoforo Landino spiega diversameiìlf;
ma la sua spiegazione non può soste-
nersi, perchè contraddice a quello dk;
leggesi poco dopo:
Tornate a riveder li ìDottri Uii.
Selva di spiriti spessi - cioè, folla , mol-
titudine. In. 4, 66.
Selvaggio - per fuoruscito. La parte set-
raggia , appresso Dante, è la laiiooe
de' Rianchi , opposta a quella de' Ne-
ri ; che dagli avversari era stata cac-
ciata fuori di Firenze; di onesti Bian-
chi era anche lo atesso Baote. lo.
6, 65.
Selvaggio del loco «cioè, mal pratico; a
guisa di forestieri. Pg. 2, 52.
Sem - siamo. In. 3, 10. 13, 37. Par. 3,
82 . 21. 13. 29. 127.
Sembiante - per immagine deiranimo. fi.
21, 111.
Sembianza - far iembianze , per accen-
nare. Par. 24, 56.
Sembiare - sembrare, parere, somigliare.
In. 1, 50^ Pg. 9, 105. 10, ;19. Par.
20, 76.
Sembiare - parere. Pg. 10. 113.
Seme - per la fede cristiana. Par. 12, 95.
Seme - per cagione, lu. 33 , 7. Pg.
21, 94.
Seme del piangere - origine e pensiero del
piangere, spiegano gli Accademici dei-
la Crusca nel Vocabolario : le lagrime,
spiega Cristofaro Landino. Pg. 31 ,
46. Dante forse intende il dolore che
di sua natura produce il pianto. An-
drea Navageio , in que' vera! ch'egli
tradusse da un frammento di Filetna-
ne, comico greco : At dolor , lì ifsa
fructus arbor , ite tacrimas hotel.
Seme di lor semenza - cioè , gU antidà
loro progenitori eh' erano le cagioni ri-
mote che gli avean fatti natcere. la.
3, 104.
Sementa - semenza , seme. In. 15 76.
23 , 123. Pg. 17 , 104.
DELLE PAROLE E FRASL
643
Semente -semenza. Pg. 35, 57. Par. 8,
IM).
Semenza - per figliuolo. Par. 33 , 120.
Semenze - per cagioni effettive. Par. 2 »
120.
Semicircoli intercisi di voto - cioè ordini
di seggi , in forma di mezza luna che
qua e là siano Yuoti di gente. Par.
32, 26.
Semila miglia di lontano Ci ferve Fora
sesta - poco avanti che *1 sole salga il
nostro orizzonte, fa mezzogiorno a quei
popoli che sono dittanti da noi seoiila
miglia. Par. 30, 1.
Seminatore - che semina. In. 28, 35.
Semo - siamo. In. 4 , 41. 17 , 34. Pg.
17 . 83.
Sempiternare - perpetuare , conserrare
in sempiterno Par. It 76.
Sene • vecchio , dal latino $enex. Par.
31 , 59, 94.
Seno - per capacità. In. 28, 6. per cuore ,
animo. In. 18, 63. per sito e parte
di cielo. Par. 23, 27.
Senno - a l(n' $tni&o » a lor piacere. In.
21. 134.
Sensato - per siensibile , soggetto a* sensi
Par. 4, 41.
Sensibile poco e molto - oggetto che poco
o molto ferisca il senso. Pg. 32, 14, 15.
Sensibilmente - cioè , co' sensi, col corpo
vivo. In. 2, 15.
Sentenzia e sentenza - per concetto del-
l'animo. In. 9, 15. 10, 96. per opi-
nione di filosofo. Par. 4, 24. per ora-
colo , responso. Par. 33, 66.
Sentimmo corcare il sole • cioè , ci ac-
corgemmo che il sole si corcava , tra-
montava. Pg. 27, 69.
Sentio - senti. In 28, 13.
Sentir amore - 1* ventai che V univerto
Senlmt amor. In. 12, 41. cioè, io
temetti che il mondo fosse vicino a
sfasciarsi , a ruinare. Credesi comune-
mente , che in questo luogo Dante ac-
cenni la famosa opinione d' Empedocle
siciliano , filosofo , tra gli antichi , di
somma riputazione ; il quale insegnava
che la Contesa , o sia la Discordia ,
per cui separavansi dal caos e distin-
guevansi tra di loro i quattro elementi
fosse cagione della generazione del
mondo ; e che per lo contrario dopo,
dopo un corso detcrminato di molti se-
ooli , r Amore per cui si confondeva-
no gli elementi e ritornavano nell' an-
tica massa , cagionasse la corruzione
e la mina deir universo. Voleva di più
che questo giro scambievole di gene-
razioni e di corruzioni durasse etema-
mente. Ma forse allude il Poeta alla
opinione d' Eraclito d" Efeso , anch' egli
antichissimo filòsofo, il quale teneva
che il fuoco fosse la materia comune
di tutte lo cose , e che dopo un certo
intervallo di tempo tornasse il mondo
a risolversi in fuoco. Insegnava di più
che la Discordia e la Guerra, cioè
quando le particelle del fuoco si varia-
vano , e si condensavano, lasciando la
f propria semplicità , veniva a produrre
e generazioni ; e che all'incontro , la
Concordia e 1* Amore con cui le sud-
dette particelle di nuovo s* assottiglia-
vano , riprendendo la natura primiera
cagionava la distruzione dell'universo:
e ciò molle volte a vicenda. Leggasi
Diogene Laerzio nella Vita d* Eraclito
e Plutarco de Placitis Philoeophorum.
Sentir d'amaro- cioè , avere in sé ama-
rezza , riuscire amaro al gusto.. Pg.
30, 81.
Sentir di che che sia - per averne odo-
re. Lat. redolere, Pg. 24 , 150.
Sentire- per lo sen^o. Pg. 25, 102. per
I intelletto. Par. 11 , 24.
Sentire- per sapere, aver contezza. Pg.l6,
138. per esser di parere. Par. 4, 51.
Sentire dirittamente - aver buona e retta
opinione , essere ortodosso. Par. 24 ,
67.
I Senza e s&nza mezzo - cioè , immedia-
tamente. Par. 7 , 67 , 70 , 142.
Senza.morte - cioè, vivo ancora. In. 8,84ir
Senza tempo- cioè i eterdtmento. In.
3, 29.
Sepulcro - sepolcro, In. 7 , 56.
Sepulto-per nascosto. Par. 7 , 58.
Sequestrare - per dìsgiugnere , allontana-
re. Pg. 25 , 114.
6ki
DIZIONARIO
Serafico - che partecipa defla carità dei
Serafini ; aggiunto che irieo dato a s.
Francesco d'Assisi. Par. 11. 37.
Sere - titolo antico di prete o di notaio.
In. 33 , 137.
Sermo - per parlare , ragionamento » in
rima. Lat. sermo. In. 13 , 138. Par.
21 , 112.
Sermone - per parlare , ragionamento.
In. 13, 21. 15, 116. 28, 5. 29.
70. 31, 9. 32, 67. Pg. 12, 111.
22 , 128. 24 , 7. Par. 19 , 75. per
fama o racconto. Pg. 8 , 138. per di-
scorso fatto in pulpito , uomo da ser-
mone , cioè , atto a farsi religioso. Par.
8 , U7.
Sermone - tener sermone , cioè , parlare.
In. 21 , 103.
Serotino - per tardo e Tcspertino. Pg. 15,
HI.
Serpentello • picciolo serpente. In. 9 , 41.
Serrarne -serratura. In. 8,126. Pg. 9,
108.
Setta - per ordine religioso. Par. 8 , IflK,
Sette e sette - per quattordici. Pg. 12. 99.
Stttenlrione del primo cielo, chiama Dante
i sette candellieri d* oro , che precedeva-
no la processione da lui veduta nel ter-
restre Paradiso ; intesi da lui per li setto
doni dello Spirito Santo : percliò sic-
come vicino al polo artico risplendono
sette stelle che formano la fi^ra d'oa
plaustro o carro , dagli anHchi detta
Septemiriones ; cosi nel cielo Empireo
i sette doni dello Spìrito Santo riluco-
no di una luce maravigliosa. Pg. 30 ,
1. V. Cielo primo.
Settimo splendore - per lo pianeta di Sa-
turno. Par. 21 , 13. y. Sesto iiiMc^a
Secondo regno.
I Setto da materia - cioè , separato , diviso,
dal latino sectus. Pg. 18 , 49.
Sezzaio - ultimo. Par. 18 , 93.
Sfavillare - per rilucere , o scoppiar foori.
In. 23 , 99.
Sfocato - per temperato. Par. 15 , 44.
— — - -f — — I — — — '-'• -----
Serrare - per nascondere. Pg. 8 , 51. per | Sfogliare - per dimagrare. Pg. 23 , 58.
congelare , indurare. In. 31 , 123.
Serto •* per corona di persone. Par. 10,
102.
Servare, per osservare. Pg. 26 , 83. Par.
5, 68.
Servare il solco - non uscir del solco. Par.
2, 14.
Servato - per osservato. Par. 5 , 47.
Servo de' servi -il sommo pontefice che
suol chiamare sé stesso per umiltà ,
sfmii servorum Dei. In. 15. 112.
Sesta compagnia -per compagnia di sei.
In. 4, 148.
Sesta ora - per lo mezzogiorno , secondo
r usanza degli antichi , da' quali era di-
viso il giorno civile in dodici ore. Par.
80 , 2.
Sfregiarsi- per perdere il fregio. I^. 8,
* ito.
Sgagliardare-torreo levare la gagliardia.
In. 21 , 2r.
Sgannare- toglier d'inganno , diiimniioaro.
In. 19, 21.
Sghembo - torto , obbliquo. I^ 7 , 70.
Sgombrare - per dipartire , mudar via.
Pg. 23 , 133.
Sgomentare -impaurire. Pg. 14, 60.
Sguardo - sfTOfkfo lo sguardo che fu la
fede in Cristo; cioè , secondo i tenp
ne' quali credette la gente io Cristo;
che furono tre: il primo, avanti cb'egK
nascesse ; e allora si credeva io Cristo
venturo : il secondo , nello spazio cKtfi
visse quaggiù ; e allora credevasi ia
Cristo presente : il terzo, dopo la sua
morte ; e allora si cominciò a credere
Sesto -per compasso o sesta con cui si
forma un circolo. Par. 19, 40.
Sesto- per una delle parti in che era di- | in Cristo già venuto. Par. 32, 19.
visa la citta di Firenze. Par. 16 , 41. 1 Si • particella soprabbondante , per ceita
Sesto lume -per lo pianeta di Giove. Par. j forza di lingua. In. 4 , 101. e in akh
20, 17. y. Secondo regno. I luoghi.
Sete -per desiderio ardente. Pg, 21 , 1. jS'i' ancor Io veggia - cosi iopoaaa ancora
Par. 2 , 19. Sete del martiro , brama 1 vederlo, particela che dinota desiderio.
di morir martire. Par. 11, lOO. | Pg. 2 , 16.
DELLE CAROLE E FRASI.
645
Siccome -per tosto che« Par. 24 , 152.
26. 67.
Sicuramente - per francamente , libera-
mente. In. 21 , 90. Par. 5, 123.
Siciirare - assicurare. Par. 5, 15.
Sicuro • per intrepido , coraggioso. In. 16,
132. Par. 11 , 67. per ardito. Par.
13, 130.
Sicurtà - per confidenza e f&mìgliaritji so-
verchia. Pg. 22, 20.
Sidere io sé - riposarsi in sé , starsi in
sé. Par. 33, 124. é voce latina.
Sie - per sii. In. 17, 81. 33, 10. Pg. 5,
70. 20, 10. 42. 25, 32. 31, 45. Par.
29, 64.
Sie - per si , cosi, in rima. Pg. 23. 8.
Sieti reo - cioè , mal ti sia. In. 30 ,
120.
Si fur girati • si girarono. Par. 10, 77.
Sigillare -per finire, chiudere. Par. 23,
110.
Sigillar la mente - per imprimervi den-
tro qualche cognizione. Par. 24 .
143.
Sigillarsi -per segnalarsi, distinguersi. Par.
9, 117.
Sigillo - per bolla pontificia. Par. 11 ,
93. per le sacre stimate di s. France-
sco. Par. 11, 107.
Significare - per esprimere il suo concetto
io iscrìtta. Pg. 24, 54.
Signorso - signor suo. In. 29, 77.
Si ò- cioè, si rò. Par. 24, 86.
Sili * taci. Lat. $ilt$. Par. 32, 49.
Sillogizzare- per dimostrar con sillogismi.
Par. 10, 138. 24, 77.
Silvano • abitatore di selva ; contrario di
citUdino. Pg. 32 . 100 , qui . fore-
stiero.
Silvestro - silvestre, salvatico. In. 2, 142.
21. 84. Pg. 30, 118.
Similemeote - similmente. In^ 3 , 115.
7, 77. 13. 112. Pg. 10 , 61. Par.
13. 77.
Simoneggiare - usar simonia , cioè far
mercato di cose sacre , imitando Si-
mon Mago. In. 19, 74.
Simonie riprese - Par. 18. 122. e segg.
Sincero - per netto, purgato, chiaro. Par.
33, 52,
SiM cauta - senza cagione. Par. 32, 59,
sono voci latine.
Singulare - singolare. Pg. 8, 67.
Sinistra cura , chiama Dante quella che
anno i prelati delle cose -temporali.
Par. 12, 129.
Sinistrare - per volgersi a sinistra; secon-
do la lezione degli Accademici , Pur$
$iniitra giù calando al fondo. lu. 14 .
126, ma pare a noi , che non sia d»
seguitare, essendo la comune,a iinistra,
più chiara e facile.
Sin mei» portò - sino che me ne portò.
In. 19, 128.
Sin mi giunse - sino che mi giunse. In.
19, 44.
Sipa - voce bolognose , che significa <l.
In. 18, 61.
Sire . per signore. In. 4 , 87. 29 , 56.
Pg. 11, 112, 15, 97, 112. 19.125.
Par. 13, 54. 29, 28.
Sirocchta - sorella. Pg. 4. 111.
Si sa - per sa. Par. 19. 39.
Sitisti - per avesti sete. Pg. 12 , 57. è
voce latina.
Slacciarsi - uscir del laccio , sciocliersi.
In. 12, 22. ^
Smagare - per far smarrire. Par. 3, 36.
Smagarsi da che che sia - cioè , rimuo-
versi. Pg. 10, 106. 27, 204.
Smagato - smarrito , avvilito. In. 25 ,
146.
Smalto - per cosa dura come pietra. In.
9, 52.
Smalto sommo • piano o pavimento deUa
sommità. Pg. 8, 114.
Smalto verde -per suolo erboso. In. k,
118.
Smarrito -per isbigottito. In. 13, 24.
per privo di buon colore. Pg. 19, 14.
Smeraldi - per occhi lucentissimi ; o pia-
cevoli e mansueti , che ricreino chi
gli guarda, come fa Io smeraldo. Pe,
31, 116.
Smozzicato - mozzo , storpiato , guasto ,
che à le membra lacere. In. 29, 6.
Snclletto vasello - cioè, vaselletto snello.
Pg. 2. 41. in vece di sminuire 0 so-
stantivo, si sminuisce l' addiettivo. Cosi
Catullo negli endecasillabi : Tarn gnh
€46
DIZIONARIO
tum e$t mihiy guam ferwU puellae
pimici aureolum fuùte malum; e Ci-
cerone neir epistola 7. del 3. libro
ad Q. Fratrem : Hane icripsi ante Zu*
eem ad lychnum Hgneolum; e nel libro
3. de Oratore, al cap. 60. : Cum Aur-
neda fistula, e nel 2. de Natura Beo-
rum : Auree durot^ et quati comeolai
habent xntroitus.
Snello - leggiero, agile , veloce. In. 13 ,
76, e altrove.
So* - per sono, prima persona del verbo
sostantivo. In. 22, 103.
Sobbarcarsi - sottoporsi al carico. Pg.
6. 135.
Sobranzare - per sovrastare , sopravanza-
re. Par. 23 , 35.
Soccorra - per soccorrerà. Par. 27 , 63.
Soccorrén - soccorrevano. In. 17, 47.
Sodalizio " compagnia , principalmente di
convitati. Lat. eodalitium. Par. 24, 1.
Soddisface - soddisfa. Par. 9, 79.
Soddisfammi a' miei desiri -In. 10, 6.
simil frase leggesi. nello stesso canto,
verso 126.
Soddisfarà - per soddisfarla, in rima. Par.
21, 93.
Sodo - per aggruppato fortemente. Par.
28, éO.
Sofferà - sostenga , patisca. Par. 24, 141.
Sofìerie- sofferse, in rima. Par. 16, 10.
Sofferire - per sostenere ^ portare addos-
so. Pg. 13, 59, 60.
Sofferire odio da alcuno - essere odiato.
-Pg. 28. 73.
Sofferson - soffersero. Pg. 92, 123.
Soffiato - per ispinto dal vento. Pg. 30, 87.
Soffolcere - per riporre, appoggiare. Lat.
suffUcire. Par. 23, 130.
SoiTolgere - 2a vieta tua et eoffotge, cioè si
Appoggia, si ficca, s'affissa. In. 29, 5.
Soffrir déntro a sua meta - cioè , di sta-
re dentro a' suoi confini. Par. 19, 123.
Soffrire alla virtù che vuole Freno a suo
prode -moderare il suo libero volere,
a cui giova 1* esser tenuto a freno. Par.
7 25.
Soffriri - per patimenti. Pg. 19, 76.
Sofismi - per frodi , ed arti ingannevoli.
Par. 11, 6.
S(^- coreggia o striscia di cuoio, eot
cui si lega qualche cosa. Io. SI , 73.
Soggiogare - per sovrastare , star di so-
pra , detto di luogo o altra cosa posta
rispettivamente in sito più alto. Pr« 12.
101. Par. 12, 54.
Soglia -per soglio, scanno, sedia dreo-
lare. Par. 30, 113. per grado. Par. 3,
82. 18, 28.
Sogliare - soglia , limitare. In 14, 87.
Soglio -per soglia, limitare. In. 18,14.
Pg. 10 , 1.
Sognare - per avvolgersi in errore , o an-
che insegnare falsa dottrina, sapendo
quella esser falsa. Par. 29 , 82.
Solaio - palco , tavolato. Pg. 10, 130.
Sola strada - cioè solitaria. Pg. 34, 130.
Sole - detto dal Poeta , padre d o§td mar»
tal vita; concorrendo ^ col ino ca-
lore alla generazion delle cose. Par.
22, 116. circonscritto. Par. 27, 138.
Sole , chiamasi da Dante Iddio. Par. 18,
105. 25, 54. cosi, &< che Mem^nter-'
na, cioè, che fa primavera eterna. t%x.
30, 126. e Sol degli angeU. P^r. 10. SS.
Sole - per anno. Pg. 21 , 101. per aior-
no. In. 33, 54. v. SoU.
Solecchio* ombrella, narasole. Fa. 15,14.
Solemo - sogliamo. Pg. 22, 1S3.
Solere - in forza di nome, per àollta ii«
sanza o maniera. Pa. 27, 90. Par.
18, 57.
Soli - per anni ; venendoci fatto V ano
dal corso del sole per lo zodìaco. In.
6, 68. per giorni, tempi. In. 2», 105.
Solido - sodo. Lat. eolidue. Par. 2 , Si.
Solingo - per solo , unico. In. 23 , 106.
Sollo - contrario di denso ; $oUo , eWaaia
Dante un luogo tutto coperto di ma ,
la quale non si rassoda , ma stasseas
sollevaU. In. 16 , 28.
Sollo - per tenero. Pg. 27 , 40.
Solo - per nodo , spogliato. Pg. 32, M.
Solo - voce $ola , per voce di molti d»
aridino insieme lo stesso. In. 4 , tt.
Cosi Marziale nel libro degli Spelta-
coli , a Tito Vespasiano cesare :
Vox diversa sonat : popuUntm e$i ms
tamen una ,
Cum Virus patriae dicerie ejsa peaer.
BELLE PAROLE E FRASL
6Vt
Solfe- per soWi , lo rima. In. 2 , h9.
Solvere - per iftciogliere. In. 2 , 49. 10,
95. U , 135. Pg. 16 . 24. 23, 15. 25,
80. Par. 7 , 22. 32, 50. per iscoprire
Pg. 31 , 145.
Solvere il digiuno - per appagare la cu-
riosità. Par. 19, 25.
Soluto - sciolto. Lat. iolutus. In. 10, 114
Par. 15 , 52.
Somma d' ogni creatura - per Lucifero ,
angelo una volta di somma bellezza ,
ora principe degli angeli ribelli. Par.
19. 48.
Somma parte della ruota - per la sua cir-
conferenza esteriore. Par. 12 , 112.
Sommergere il creder nel falso - cioè ,
lasciarsi ingannare da falsa opinione.
Par. 2 , 61.
Sommerse il dubitare - cioè , spense, levò
ogni dubbio e timore, in. 28 . 97.
Sommerso - per dannato. In. 20 , 3.
Sommessa - sostantivo , contrario di so-
prapposta. In. 17 , 16. v. Soprap-
posta.
Sommo - per estremità, orlo, riva , som-
mità. In. 4 , 68. Pg. 6 , 132. e in al-
tri luoghi.
Sommo • per eccellente, lo* 15 , 102.
Sonar con le mascelle- cioè , batterle per
lo freddo. In. 32 , 107.
Sonare-per celebrare. Pg. 11, 110. 16,59.
Sonare in versi - per esser narrato o de-
scritto in versi. Par. 33 , 74.
Sonni maggiori , rotti dalla parola di Gesù
Oisto - cioè , morti risuscitati. Pg. 32,
78.
Sono et est0 - congiunto nella Santissima
Trinità ; perchè delle persone si dice
Htnt , e dell' essenza si dice ut. Par.
24. 141.
Soperchiare - per avanzar di fuori , osci-
re , soperchiata li piedi , cioè , soper-
chiavano, in. 19 , 22.
Soperchio - per eccesso. In. 11, 4.
Soperchio • soverchio, troppo. In. 7,48.
Soppresso - per abbassato , umiliato. Pg.
17 , 115 , per calpestato. In. 14 , 15.
Soprannome • cognome. Par. 15, 138.
Soprapporsi al segno de' mortai - cioè »
passare i limiti a quali possono arri-
vare gli uomini. Par. 15 , 42.
Soprapposta - quel risalto che ne* lavori
rilieva dal fondo. In» 17 , 16. v. Som-
messa.
Soprato - per superato. Par. 30 , 24.
Sorbo - albero noto , che produce i frutti
d'acerbo sapore. In. 15, 65. può es-
sere che qui sia detto per sorba eh* è
il frutto di tal albero.
Sorco- per topo o sorcio , in rima. In. 22.
58.
Sordo - materia sorda a rispondere , cioè.
difettuosa . e che resiste alla perfezio-
ne della forma che vi si deve iiitrodur-
re. Par. 1 , 129.
Sorella - per suora,. monaca. Par« 3 , 46 ,
113.
Sorella bianca della brina , chiama Dante
la neve. In. 24, 5.
Sormontato - per colui che sormontò. Ps.
19, 54. ^
Sorpreso- per dato in iacambio d'altra cosa
promessa. Par. 5 , 59.
Sorpriso - in rima , per sorpreso , oecu-
pato. Pg. 1 , 97.
Sorrise parolette- cioè , dette sorridendo.
Par. 1 , 95.
Sorteggiare - per assortire , eleggere. Par.
21 , 72.
Sortire-pereleggere io sorte. Par.18,105.
Sortire altrui-per dare in sorte. In. 12,75.
Sortito - per assegnato in sorte. Par. 4 ,
37. 22 , 120 , per eletto a sorte. In.
19, 95.
Sorvenire - sopravvenire. Pg. 23 , 80.
Soso-per suso , in rima. In. 10 , 45.
Sospeccione - sospetto. Lai. suspieio. Pg»
19 , 55.
Sospeccioso - sospettoso. Par. 12 , 39.
Sospeso -per uomo che non siane salvo,
né dannato alla pena dal senso. In. 2,
52. 4 , 45.
Sospetto - per dubbio , quistion dii&cile
Pg. 6 , 43. per paura , timore. In.
9, 51. 22, 127. 23, 54.
Sospicciare - sospettare. Lat. sutpicari.
In. 10 , 57. Pg. 12 , 129.
Sospignere gli occhi - per incitarli ad oi^«
chiate vicendevoli , ovvero alle lagri-
me. In. 5 , 180,
«i8
DIZIONARIO
Sospirare a chi che Bia • per dimandar
con sospiri. Par. 22 , 121.
Sosta - quiete , posa. Pg. 29 , 72.
Sostare - fermare , far pausa. In. 16, 8.
Pg. 19 , 93.
Sostenere - per aver cuore , animo di far
che che sia. In. 30, Vi. per ritenere,
raffrenare. In. 26, 72.
Sottigliarsi - per ismagrirsi. Pg. 23 , 63.
Sottosopra " co' piedi all'insù^ In. 19, 80.
Sottrarre - per nascondere. In. 26 , 91.
Soverchiare - per ascendere , salire. Pg.
3, 99. per superare. Pg. 26, 119.
Par. 13 , 6. 1(^ , 53. 31 , 120. per
trapassar Y uguaglianza « dicesi la not-
te soverchiare, quando passato l'equi-
nozio d' autunno , comincia ad esser
più lunga del giorno. Pg. 2 , 6.
Soverchiar la i^t^ada - per avanzarsi nel
cammino. Pg. 20 , 125.
Soverchio - che avanza , troppo, per so-
verchio, sottintendi , lume. Pg: 17, 53.
Soverchio -far sourchio , per venire a
galla. In. 21 , 51.
Soverchio del salire *- cioè , tempo in ab-
bondanza per salire. Pg. 22 , 96.
Sovrano - per colui che sta di sopra. In.
32 , 128. per eccellente. In. 22 , 87.
Sovrano dcgb amori - cioè , Tamor mas-
simo. Par. 26 , 48.
Sovranzare ^ sovrastare , superare. Par.
20 , 97. V. Sobranzare.
Sovresso - sovra , sopra^ sovresso 7 nido.
Par. 19 , 91. Sovresio V acqua. Pg,
31 , 96. Sovresio 7 mezzo. In. 34, 41.
Sovresxo noi. In. 23 , 54.
Sovvenire alcuno delia sua compagnia -
cioè , aiutarlo con farsegli compagno.
Pg. 1 , 54.
Spada - pregio della spada , chiama Dan-
te il valor militarp. Pg. 8 , 129. v.
Borsa.
Spada • etsere come spada alle scritture.
cioè , torcere in mala parte i detti del-
la scrittura sacra ; come si vede il
viso torto , se si guarda in una spada
forbita. Par. 13 , 128.
Bpaldo - muro di fortezza , o ballatoio
v.ìic^sì fiu:eva anticamente in cima alle
mura n nll<* torri, in, 9 , 133.
Spallaccia - peggiorativo di spalla. Io. 17»
91.
Spalle d' un colle - i lati vicini alla soa*
mità di quello. In. i , 16.
Spanna - lunghezza della mano aperta dal
dito mignolo al grosso. In. 6 , 25. Par.
19. 81.
Sparto - cioè , sparso. In. 20 , 88. P^
12, 33. 28, 13, 31 , 51. Par. 28,
31. 31 , 130. per disteso. Pg. 1, 124.
Spaventare - non vi spaventi di palesar'
vi a me, in questo signiGcato diceva-
no gli antichi Latini , deterrere. In. 29,
108.
Spaurato - impaurito. In. 22 , 98.
Spaziarsi - per diffondersi « dilatarsi, steo^
dorsi. Pg. 26 , 63. Par. 4 , 126. 5 ,
118.
Spazzo - pavimento. In. 14 , 13. Pg.SS,
70.
Specchi - per li Troni , ordine d* angei
in Paradiso. Par. 9 , 61.
Specchiarsi nel viso - per esser veduto.
Par. 17, 41.
Spcechiati sembianti - cioè , immagini à
chi si specchia. Par^ 3 , 20..
Specchio, chiama Dante il sole. Pg. 4,
62. e il pianeta di Saturno. Par* 21,
18.
Specchio di Narcisso • per 1* acqaa. In.
30 , 128. v^ Narcisso , nella Parte s^
conda.
Spece - spezie , in rima. Par. 1 , 57. fuor
di rima. Par, 32 . 123.
Specifica virtute - particolar proprietà A
ciascuna cosa. Pg. 18 , 51.
Speculo - specchio. Lat. speeulum. Par.
29 , 144. qui Qguratameote , per ao-
gelo.
Speglio - specchio. In. 14 , 105. Par.
30 , 85. e (iguratauìeute , Iddio iii cui
veggousi da' beati tutte le cose. Par.
15 , 62. cosi , speglio verace. Par. 26,
106.
Spelta -sorta di biada. In. 13 , 99.
Speme - speranza. Par. 25 , 67. e io aliti
luoghi.
Spendio - spesa , dispendio. In. 7 , 41
Spene - speranza , io rima. Pg. 31, ÌT»
Pur, 24 . 74.
DELLE PAROLE E FRASI.
6&9
Spennare - spogliar delle penne. In. 17,
HO.
Spenta ogni veduta - cioè , tolta. In. 17,
113.
Spera - sfera , plobo. In. Sk , 116. Par.
3, Ili. 9, HO. per cielo. Pg. 15,
2 . altri r intendono per li raggi del
sole.
Spera - farsi spera ècrra fissi poli, cioè,
girarsi attorno '1 suo centro. Par. 24^, 11.
Spera Che si tela a* mortai cogli altrui
Tagqi , chiama Dante il pianeta di Mer-
curio , il quale vien quasi sempre co-
perto da* raggi del sole , non discostan-
dosi da lui più che trenta gradi che
sono lo spazio d' un segno. Par. 5, 128.
Spora del sole - cioè , i raggi di esso.
Pg. 17 , 5.
Spera ottava • il cielo delle stelle fisse ,
giusta il sistema di Tolommeo. Par.
2. 64.
Spera pii$ tarda , chiama Dante il ciel
della luna ; forse perch' è la più di-
stante dal primo mobile. Par. 3, 51.
Sperent in te - Sperino in te , coi^ì prin-
cipia il versetto 11. del salmo 9. di
Davide. Par. 25 , 98.
Sporgere- per dispergere. Pg. 27, Sh.
Spermentare « sperimentare , mettere a
cimento. Pg. 11 , 20.
Spernere - per discacciare , rimuovere
Par. 7 , 64 , e voce latina ; ma in
questo significato gli ottimi autori di-
rebbero piuttosto , aspemari.
Sperso - disperso. In. 33, 153.
Sperto-per praticò. In. 31 , 91. Pg.2,
62. Lat. €xpertus.
Sperula - plcciola spera e globo. Par. 22,
23. e nguratamente , anima beata.
Spesa - metaforicamente , per descrizio-
ne. Pg. 29 , 98.
Spesso * per denso, Pg. 32 , 110. e in
altri luoghi.
Spia -per uno che semplicemente rife-
risca. Pg. 16 , 84.
Spiacente -che spiace. In. 3, 63. 6 , 48.
Spiccarsi - slaccarsi , levarsi. In. 30, 36.
Spicciare- per fuggire o sbalzar via con
prestiaza. Io. ^ , 33. per iscaturire,
sgorgare , UKir con impeto ; e dicesi
propriamente de 'liquori. In. 14 , 76.
Pg. 9 , 102.
Spiegarsi - per isvilupparsi. In. 13, 90,
Spigarsi d' un dubbio - cioè , sviluppar-
sene. Pg. 16 , 54.
Spigolare - raccoglier le spighe rimase nel
campo dopo la messe. Lat. spicas {e-
gere. In» 32 , 33.
Spigolo - per r impòsta che serra V u-
scio ; presa la parte per lo tutto. Pe.
9, 134. ^
Spingare - per guizzare colle piante dei
piedi. In. 19 , 120.
Spirare - per ispirare. Par. 6 , 88. per
mandar vento, Pg. 30 , 89. per par-
lare. Par. 19 , 25. 25 , 82. per pro-
cedere. Par. 2 , 129. per uscire. Par.
4 , 18. 24 , 54 , 82.
Spirazione- ispirazione. Pg. 30, 133.
Spire -per quelle rivoluzioni che fa il
sole passando da un grado all' altro
dello zodiaco , e non ritornando , nel
suo nascere o nel suo tramontare, allo
stesso punto. Par. 10, 32. 5/nra' è
propriamente quella linea che benché
s' aggiri , pure non ritorna in sé; co-
me , per grazia d' esempio , una fune
avvolta , o un serpente. Spire in che
il sole piik tosto ogni ora s* appresen-
ta , chiamahsi quelle che descrive quel
pianeta dopo T equinozio di primavera
fino al solstizio di state. Par. 10, 32.
Spiritai corte - per foro ecclesiastico. Par.
11 , 61.
Spiritale - spirituale. Pg. 18, 32. 23 ,
105.
Spiritai vita - cioè , Io stato dell* anim«
separate da' corpi. Par. 33, 24.
Spiriti visivi - cioè , che servono a man-
tener la vista. Par. 26 , 71. 30, 47.
Spirito -per fiato , sospiro. Pg. 30 , 98.
Spiro -per spirito , favella , voce. Par.
10 , 130. 14. 76. 24 ,32. 26 , 3.
per lo Spirare e mandar fuori la voee.
Par. 25 , 132.
Spiro eterno - per la gloria che Dio spira
disugualmente nelle anime de beati ,
secondo i meriti di ciascuno. Par. 4 ,
36. per lo Spirito Santo. Par. 1 1 ,
98.
82
GdD
DIZIONARIO
Spirto - avere spirto , cioè , spirare* Par.
20 , 15.
Splendore - forse per cosa creata ; es-
sendo le creature come tanti raggi u-
£centì dell' infinito e lucidissimo sole
eh' è Dio. Par. 29 , 1^. v. Submto.
Splendori - per angeli. Par. 29 , 138.
Spola- strumento di tessitori. :^Pg. 31 ,
96. Par. 3 , 96. v. Spuola.
Spoltrarsi - gittar via la pigrizia o pol-
troneria, sjjollre , per spoltri. In. 2i,
&6.
« Sponsalizie - per lo battesimo ove l'anima
si sposa alia vera fede. Par. 12, 61.
Sporgersi -per istendersi. In. 34^ , 122.
Sporgersi - per tempo non $i sporge^ cioè,
si fa in un attimo ; senza consumar
tempo. Par. 10 , 39.
Sporre - per dare in luce , partorire. Pp.
20 , 2^. per deporre. In. 19 , 130.
Sporto- por disteso. Lat. porrectui , ex-
pan$u9. Pg. 6 , 16.
Sposa bella , cbe Cristo s* acquistò con
la lancia e co' chiavi <- cioè , la Chie-
sa , guadagnata da Cristo colla sua pas-
sione. Par. 32 , 129. cosi , $posa di
Cristo, semplicemente. Par. 12, hS.
27, 40. allemta dd sangue dei primi
pontefici che furono martirizzati, ivi,
cosi pure, sposa di Dio, Par. 10, 140.
11 , 32.
Spose di bontade deono essere le cose di
Dio - cioè , non debk>ono darsi i sacra-
menti e gli ecclesiastici benefizi a chi,
per averci , sborsa danari o prezzo
equivalente a' danari ; perchè un tale
sarebbe adultero, e non già sposo : ma
a chi se ne mostra degno colla bontà
e colla virtù. In. 19 , 3.
Spranga - legno o ferro che si conficca
a traverso , per esempio , di due ta-
vole , per tenérne insieme unite Je
commessure. In. 32 , 49.
Sprazzo - per ispruzzo d' acqua sottilissi-
mo. Pg. 23 , 68.
Spremere- per esprimere con parole.
Par. 4 , 112.
Spronare - per correre a spron battuto.
Par. 17 , 106.
Spuola • strumento di legno , per uso del
tessere. In. 20 , 122. t. Spola.
Squadernare - per volger le carte d'un
libro ; o dislegarlo , e cavarne i fogli.
spargendoli qua e là , e figuratamen-
te , spargere , distribuire. Par. 33, 87.
Squadrare - per mostrare apertamente.
In. 25 , 3.
Squama - per pelle ruvida. Pg. 23, 39.
Squilla - per picciola campana. Pg. 8, 5.
Squillo - suono. Par. 20, 18.
Stabilito per luogo -cioè, eletto ad esser
luogo. In. 2, 23.
Stadera - strumento da pesare. Lat. sUi"
tera. Par. 4, 138. qui è metafora.
Stagliato -tagliato grossamente, scosceso.
In. 17, 134.
Stallo - per dimora , stanza. In. 33 ,
102.
Stimane e ftaman - questa mattina. Pg.
8 , 59 . 92.
Stampa interna - metaforicamente , per
desiderio che si concepisce nel cuore.
Par. 17 . 9,
Stanca mano - per sinistra. In. 19 , 41.
questa voce in questo significato , al
parere del dottissimo Salvini , a earte
63. della 2. centuria de' suoi Discorsi
Accademici , non ò toscana , ma d'al-
cun altro linguaggio d' Italia.
Stancare - per istancarsi, infievolire. Par.
8 , 114.
Stante in piede - cioè , ritto. In. 18 ,
132.
Stante per aè - che sussiste da sé stes-
so , come la sustanza rispetto a^ ac-
cidenU. Pg. 17 , 110.
Stanziare - per diliberare, ordinare. In.
25 . 10. per giudicare , riputare. Pìl
6, 54.
Stare - per convenire. Che meglio sfestc
a te , e' a lor , la fretta. In. 16, 18.
Stare - [»er fermarsi. In. 27 , 63. per
gettare il tempo. Par. 11 , 104.
Stare a bada - attendere , aspettare. li.
31 , 139.
Starsi - per rimanersi . fermarsL In. 19,
97. Pg. 17 , 84. per non far motto.
Par. 21 , 47.
Star suir ali - detto del falcone che ai sa-
stenga in aria, volando. In. 17 , 197.
DELLE PAROLE E FRASI.
631
Statuto - per decreto. Par. SI . 95.
Stea -stia , verbo. In. 33 , 122. Pg. 9,
133. Par. 2, 101. 31, 45,
Stella - la stella , detto assolutameote ,
per lo pianeta di Venere . bellissimo
e iacentissinio , il quale fu dagli an-
tichi appellato Fosforo e Lucifero ,
quando la mattina resta nel cielo dopo
le altre stelle ; e quando la sera primo
comparisce , Espero e Vespero. In. 2,
55. Non manca chi per la stella in-
tenda il sole. Air opinione di costoro
pare che dia favore l'ultimo verso della
Divina Commedia; L Amor che muovevi
sóle e l altre stelle ; dinotando la voce
altre , che anche il sole debba tra I&
stelle annoverarsi.
Stella prima - per la luna. Par. 2 , 30.
Stella sesta temprata - cioè , il pianeta
di Giove , che vogliono gli astrologhi
sia di temperata natura. Par. 18 ,
68.
Stelle chiamate dagli astronomi, di prima
grandezza - Par. 13 , 4.
Stelle - dette dal Poeta , Ninfe eteme.
Par. 23 , 26.
Stelle * per 1! profeti, e dottori della Chie-
sa. Par. 25 , 70.
Stelo - per gambo del fiore. In. 2 , 129.
per r asse o perno , sopra 1 quale gi-
rasi la ruota. P^. 8 , 87. per r asse
del mondo , che nngesi dagli astronomi
passare da un polo all' altro opposto ,
per lo centro ; i quali due poli sono
l'estremità immobili di detto asse. Par.
13 , 11.
Stemprare - per consumar di dolore, dar
martello. Pg. 30 , 96.
Sfendale - stendardo. Pg. 29, 79.
Stendersi in destro -cioè, nel destro la-
to. Par. 15, 19.
Stenebrare - levar le tenebre dinanzi, il-
luminare. Pg. 22, 02.
Sternere - voce latina, i>er appianare, di-
chiarare. Par. 11, 24. 26, 37, 40.
in questi luoghi è metafora.
Stérnilmi - cioè, me lo stemi, mei dichia-
ra. Par. 26, 43.
Sterpi eretici - metaforicamente, per dot-
trina falsa ed eretica. Par. 12 , 100.
Stessi -per istesso, stesso, io rima. In.
9. 58. Par. 5, 133.
Stien - stiano. In. 22, 100.
Stile - per quello strumento acuto di me-
tallo , col quale disegnano i pittori. Pii.
12.64. 6 F e
Stilo - per islilo , scrittura , penna. Pa.
24, 62. Par. 24, 61 ^
Stimare -per considerare. Ih. 24, 25.
Stimativa - immaginazione, giudizio. Par.
26. 75.
Stingere -per levar via. Pg. 1, 96.
Stinguere- per estinguere, spegnere. In.
14, 36. per cancellare. Par. 23, 53.
Stinguersi - per isparire, dileguarsi. Par.
30 , 13.
Stinto - per cancellato. Pg. 12 , 122.
Stipa - per mucchio, quello che i Latini
dicono strues. In. 24 , 82. per siepe
che chiude e circonda. In. 11, 3.
Stipare - stivare, addensare, ammucchia-
re. In. 7 , 19. ;^1 , 36. è voce latina.
Stizzo - tizzone. In. 13, 40.
Stizzosamente * con istizza, con rabbia.
In. 8, 83.
Stola - per veste. Pg. 32. 81. Par. 30,
129. per cappa di monaco. In. 23. 90.
Stole -per corpi beati. Par. 25. 127.
Storiato - per Iscolpito distintamente. Ps.
10 , 73.
Stormire -far remore. In. 13, 114.
Stormo - adunanza d' uomini per combat-
tere , e anche lo stesso combattimen-
to. Lat. turma. In. 22, 2. Stormo di
cani , disse il Petrarca nella caozoa
grande.
Storneì - stornelli , uccelli. In. 5 , 40.
Storpio -impedimento, interrompimento ,
contrarietà, dimora. Pg. 25, 1.
Strale - per disavventura , colpo di fortu-
na. Pg. 31, 55. Strale d intenzione.
Par. 13, 105. Strali d^ ammirazione.
cioè , punture. Par. 2 , 55.
Stralunare gli occhi - travolgerli in qua
e in là , dopo averli bene aperti. In.
22. 95.
Stramba -fune fatta d erba. la. 19,27.
Strame - fieno o paglia per dare in cibe
o per fame letto alle bestie. Lat. stfa"
man. In. 15, 73.
652
DIZIONARIO
Straniare - per dipartire, disunire, alioo-
lanare. Pg. 33 , 92.
Slreggliia - strumento di ferro dentato ,
coi quale si ripuliscooo i cavalli, lo.
29 . 76.
Stremi - per ultimi momenti del vivere.
Tg. 22, kS.
Stremo - per estremità , orlo, stoonda. In.
17, 32. Pg. 4, 32. 22, 121.
Stremo - per ultioto tempo del vivere.
Pg. 26 , 93. cosi , stremo della tUa.
cioè , ultimo orlo. Pg. 13 , 124^.
Stremo - addiettivo, estremo , ultimo. In«
17, b3. per lontanissimo. Par. 31 ,
122.
Stremo della luna - estremità del corpo
0 disco lunare. Pg. 10 , H.
Stremo del mondo - ultima circonrerenza
dell' universo , che da Lucrezio, in più
l(K)ghi del suo poema vieo chiamata
moenia mundi. Par. 19, il.
Strenna - mancia. Lat. arena. Pg. 27 ,
119.
Stretta - per oppressione , soflbcamento.
In. 31 , 132.
Stretta di neve - cioè, gran caduta di ne-
vi , che costringa, in. 28, 58.
Stretto - tenersi stretto a giudicare, cioè,
andar riservato ne* suoi giudizi; ridursi
a dar sentenza con gran difficoltà. Par.
20, 133.
Stretto a consiglio - cioè , ridotto insieme
con altri a consigliare. Pg. 7 , 103.
Stretto air Orse - cioè , molto vicino ad
esse. Pg. 4 , 65. V. Orse , nella Par-
te seconda , così , piedi stretti al bosco.
In. ik , 75.
Strignere - per congiugnere. Par. 29, 35.
per costrignere , necessitare. Pg. 29 ,
98.
Strìgner la mente - cioè, commuover l' a-
nimo. Pg. 14, 126. maniera de* Lati-
• ni. Virgilio nel 9. dell' fineida , al ver-
so 294 :
Atque animmì patriae ifrinxil pietatis
imago.
Stringersi a chi che sia -cioè, accostar-
si quanto più si può. Pg. 14, 140.,
Striscia - per serpe che si va strisciando,
forse dalla figura che i di striteia , I
cioè di cosa molto più lunga , che lai*
ga. Pg. 8, JOO.
Stroscio - strepito ; ed è propriamente
quello che fa 1* acqua cadendo. In. 17.
119.
Strozza - canna della gola. Lat. jv^ic^m.
In. 7, 125. 28, 101.
Strupo - stupro, in rima. In. 7, 12. ma
qui prendesi per la ribellione degli an-
geli cattivi da Dio. Parimente le divi-
ne scritture sogliono chiamare V idola-
tria del popolo ebreo, aduUtrio eft*r-
nicazions.
Stucco - per sazio. In. 18 , 126.
Studiare - per affrettare , sollecitare. Ps.
. 27 , 62.
Studiare a' Decretali - cioè, attendere, ap-
plicar r animo ad essi. Par. 9^ 135.
V. DecretaU , nella Parte seconda.
Studio -per cura. Par. 15, 121.
Studioso - per sagace , o frettoloso, ag-
giunto di cane. In. 33 , 31.
Stopefacénsi - stupefacevansi. Par. 31, 35.
Stupire - per rimanere come inseosalo.
Par. 26 , §9.
Stupore - stupor m* eram U cose wm etm-
Cd. cioè, mi facevano maravigliare. Pg*
15, 12.
Su - cioè nel mondo di sopra , rispetto
all' Inferno. In. 19 , 72.
Su - ombre che Dio su non degni, che a-
nime che Dio non faccia degpc dei Pa-
radiso. Pg. 21 , 20.
Sua - per loro. Par, 28, 107.
Suado a carità - che persuade la carili.
suadus è voce latina. Par. 31, 49.
Subitano • subito , improviso. Pg. 3. 1.
Subitana morte. Par. 6 , 78.
Sub Julio ' sotto r imperio di Giulio Ce»
sare. In. 1 , 70. v. Misertrt,
Sublimare - levare in alto. Par. 36, 87.
Subsisto - sussisto, che qui pare che vo»
glia dire soUogiaccio , come baae e bth
damento d' ogni creata cosa ; paria^
dosi del Creatore. Par. 29, 15.qua8.
do questo verbo non si dovesse pnil-
tosto riferire alle creature , le quali
sussistono perchè Dio, avendole crea>
te , le conserva tuttavia, v. SfUt^
don*
DELLE PAROLE E FRASL
653
Succedette * successe. In, 5, 59.
Successione - per quello che dee succe-
dere. Pg. 10, Ilo.
Succhio - per trapano, trivella. In. 27, 48.
Succiare - per attrarre a sé Tumore e'I
sugo, diseccare. In. 19, 33.
Sue - per Loro. Par. 11. k%. 15, 117.
Sue - per su, in rima. I^. 8, 23. 16, 30.
Su e giù - per queste due particelle in-
tende il Poeta i due poli artico ed an-
tartico , il primo de quali sempre da
noi, abitatori della zona temperata set-
tentrionale, si vede; 1* altro , non mai.
Par. 10, 21. Conrorme a quel di Vir-
gilio , nel 1. della Georgica al verso
2i2. :
Hic vertex nobis iemper tublimis : ai
iUum.
Sub pedibus Siyx alra videi , Manaque
profundi.
Svergognato - per privo di vergogni. Pg.
23, 106.
Svernare - prima che aennaio tutto soemt,
cioè , prima che il mese di gennaio
non appartenga più air inverno , ma
cada in primavera ; per V errore ch*era
nel calendario attempi di Dante, il quale
fu poi corretto per comando di papa
Gregorio XIII, ranno di nostra sa-
lute 1582. Par. 27, U2. v. Cento-
$ma.
Svernare - per cantare « come fannogli
uccelli passato il verno. Par. 28,
118.
Svestirsi • spogliarsi. Par. 80, 92.
Suflicente - sufficiente. Par. 7, 116.
Sufficiente • per abile, atto. Par. 13, 96.
Sufolare - 6schiare. In. 22 , lOi. 25 ,
137.
Suggellare del suo segno - cioè , sigillare
serrando. In. 11, Ì9.
liuggeUi vivi D*ogni beUetza, chiama
Dante gli ottchì di Beairke. Par. 14 ,
133.
Suggello - per influenza celeste. Par. 18,
75, per segno evidente , e siouro testi-
monio. lUé 19, 21»
Suggetto - per suolo. P&r. S. 107.
Soggetto dell' afliore • coliri che ama. Pg.
17, 107.
Suggetto de' fioifrt oftmena', chiama Dante
la terra in cui stanno le biade , le
piante e gli animali che ci nutriscono.
Par. 29. 51-
j Suggiuga re - soggiogare. Pg. 18, 101.
Sviare - per uscir di strada. Pg. 29 ,
118.
Sviarsi • uscire del dritto cammino. Par.
. 27, 141.
Summae Deus elemefUiae - Dio di somma
* clemenza, principio d'un inno che canta
la Chiesa. Pg. 25. 121.
Summo - per sommo , in rima. In. 7 ,
119.
Suo - per loro. Par. 31, 50.
Suoi -per loro. Par. 19, lU.
Svolazzare le ali -per dibatterle, venti-
larle. In. 34. 50.
Suolo marino - la superfizie del mare,^ e '
spiega appunto V aequor de Latini. In.
26, 129. Pg. 2, 15.
Svolvere- svolgere, sviluppare. In. 11,96.
Suonare - per dire, proiterìre, manifestar
con parole. Par. 15, 68. 26, 50, p in
altri luoghi.
Suono -per fama. In. 27, 78, per par-
lare, in. 15, 105.
Suora - per sorella. Par. 24 , 28. Bea-
trice, intesa per la teologia , è sorella
della cattolica chiesa, tm.
Superba costa - per balzo di montagna ,
erto sommamente e discosceso. .Pa.
4. 41.
Superbe viste - per occhio finissimo e pe-
netrantissimo. Par. 80, 81.
Superbo omero-cioò, s^la spinta alllnaù.
In. 21. 34.
Sunerbire • insuperbirsi. Pg. 12, 70. Par.
29, 56, è voce latina.
Superno - superiore > più alto di tutti.
Pg. 27 , 125 , e in altri luoghi. Lat.
tupemus.
Supino - avverbio , supioameote , eolla
faccia supina. In. 14, 22.
Suppa • pana intinto nel vinp. Pg. 38 ,
36, Se Dante in questo luogo alludesse
al sacrifizio della messa, eome alcuni
vogliono ; sarebbe degno di molta ri-
preosiooe per V irriverenza del motto.
Alcuni spoaitori però iatarpairaiio fie^
G5^
DIZIONARIO
sto luogo in nltra maniera , come il
Landino e*i Yellutcllo , seguendo Ben-
-venuto da Imola ; e dicono che a'tempì
di Dante era opinione in Firenze, che
chi avesse commesso omicidio, e den-
tro il termine di nove giorni mangiasse
sopra la sepoltura deir ucciso una sup*
pa , non potea dopo per vendetta es-
ser morto : la quale spiegazione noi
ancora seguitiamo.
Supplicare a chi che sia - Par. 15 , 85.
2C, %. 33, 25. è costruzione latina.
Tibullo nella 7. elegia del 1. libro :
Arida nec pluvio supplicai herba Jovi,
Supplico - coir accento acuto sulla penul-
tima sillaba, in grazia della rima. Par.
26, 9k.
Surgere - sorgere. In. 13 , 100. Pg. 17,
34. è voce latina.
Surto - sorto, levato. In. 26, 43. Pg. 8,
9. 21, 9. Par. 18, 73.
Suscitare -. per risuscitare , chiamar da
morte a vita. Par. 20, 110.
Susina - sorta di frutto. Lat • pmnuiii.
Par. 27. 126.
Suso - su , sopra. In. 9 , 57. 32 , 138*
Par. 33, 50, e in altri luoghi, per poco
avanti. Par. 13, k(L
Sussistenza - per cosa che da sé sussista,
sostanza, essenza. Par. 13 , 59. 33 ;
115.
Sustanzia - per ipostasi o persona. Par.
13, 27.
Sustanzial forma - dicesi T anima ragio-
nevole da' filos^G. Pg. 18, 49.
Subtanzie - per creature. Par. 29. 32.
Sustanzie pie • per gli angeli. Pg. 30 ,
101.
Sutto - sotto, io rima. In. 11, 26.
Tacente - fu tacente, cioè, si tacque. Par.
20. 9.
Tacere - dofa el $U tace, cioè, dove il sole
non porge suo splendore , detto per
quella figura che i Greci chiamavano
caldcre$it , e i Latini alm$%o. In 1 , 00.
simil guisa dicevano gli antichi «i/entta
kknae agl'interlfint , «ioè a quel tem-
po che la luna di Dotte dod si lascia
vedere.
Tacere-/^ vento $% iace^ cioè, rista, cessa,
lascia di soffiare. In. 5, 96.
Tacette - per tacque. In. 2. 75. Pg. 21,
63. Par. 9. 64.
Tacetti - per tacqui. In. 27. 98.
Tafano - sorta d' insetto fastidioso, simile
alla mosca. In. 17, 51.
Taglia - per foggia, assisa , livrèa, forma
d* abito. In. 23, 62.
Taglio • per taglio^ cioè , iDdirettameote ,
obbliquamente , ma io seoso figurato.
Pg. 31, 3. Y. Punta.
Talpe - per talpa , animai noto, io rima.
Pg. 17, 3.
Tane - per le bolge deirinfemo. descritta
dal nostro Poeta. Io. 21, 126.
Tange - tocca. Lat. fan^. In. 2. 9L
Tan m* abbelii ec. - parole proveozali
miste eoo catalane, poste dal Poeta
nostro in bocca d'Arnaldo Daniello,
poeta eccellentissimo di Provenza ; le
quali lo liogua nostra saonano eoa:
Tanto mi piace la totira eortw di-
manda y cK io nonpono né vofUo am-
prire a voi U nome mio. Io $ono M-
naldo , che piango $ vo canlanio rà
queeto ro$$o guado la possale follia :
e veggio dinanzi a me il giamo ch'io
spero. Ora vi priego per fuel vd/er eko
vi guida al iommo della hoUl , fieor-
divi a tempo , cioè opportnoameote .
del mio dolore. Pg. 96 . 140. e se^
Tante - per altrettante. In. 26. 31.
Tanto • per solamente. Lat. tantum. Par.
2, 67. 20, 112.
Tanto ad ogni cosa - cioè, capace di rie»
piere ogni cosa, secondo la mimiid
ciascheduna. Par. 9, 9.
Tapino - per infelice, tribolato, dal g^eco
tapeinot. In. 30, 91.
Tardare - per sembrar tardo. In. 9 • 1
21, 25.
Tardare ali* alto fine * cioè , di gìupeft
all'alto fine. Par. 22, 34.
Tardato dair usanza - più tardi del aoK-
to, Par. 30, 84.
Tardi avverbio , m' i tardi t Miiin.
cioè, mi par tardo, lo. 2, 80.
DELLE PAROLE E FRASI.
«55
Tastare - per toccare, ma detto figiirnta-
mente, per accennare. Pg. 22 , 58 ,
cosi , Toccando un poco la vita' futura.
In. 6, 102.
Te Deum laudamu$ - Te Dio lodiamo ,
principio deirinno de* santi Ambrogio ed
Agostino, con cui la Chiesa suol ringra*
ziarc iddio de*suoi benefizi* Pg. 9« IM.
Togghìa-vaso di rame, piano o diden-
tro stagnato , dove si cuocono torte ,
migliacci e simili cose , e il suo coper-
chio pure , eh* è di terra cotta , colio
btesso nome si chiama. In. 29, li.
Tegghiaio - Farinata e*l Tegghiaio che fur
«i dryni. In. 6,79, Nel pronunziarsi
questo verso , per ridurlo al giusto nu-
mero delle undici sillabe , si dee levar
la sillaba io nella voce Tegghiaio. Così
usavano di far qualche volta gli anti-
chi. Basti per tutti il Petrarca nel cap.
k. del Trionro d' Amore :
Ecco C in da Pistoia, Guitton d^ Arezzo,
V. anche Par. 15, HO.
Tela Onde non trasse insino al co la spo-
la - figuratamente , per vita religiosa in-
trapresa da chi cbe sia , e poi non
condotta a fine, ma abbandonata* Par.
3, 95.
Telo celestiale - per fulmine. Pg. 12, S8.
Te ludi ante terminum - Te prima che
termini il giorno ec. principio dell* in-
no cbe canta la Chiesa nell'ora di com-
pieU. I^. 8 , 13.
Tema -per argomento di poema. Par. 23,
64. 30 , 23. per soggetto di ragiona-
meato. In. 4 , 1V6.
Temendo no '1 mio dir -temendo che non
il mio dire. In. 3 , 80. cosi » temendo
no 7 ptA $lar. In. 17 , 76.
Temersi -per temere. Par. 22. 27.
TemetU - Lat. timui. In. 31 , 109.
Temo - coir e larga , per timone. Pg. 22,
119. 32, W, UO. Par. 13, 9.
Temo Che mal guidò Fetonte -per lo car-
ro del sole. Par. 31 ^ Oh. v. Fetonie,
nella Parte seconda.
Temperanza - per cosa che tèmpera e
mitiga r eccesso d'una qualità. Pg. 80^
26. Par. 5 , 135.
Temperar di Gioye trai padre al figlio-
cioè • Giovo , pianola temperato , po-
sto tra 'I padre Safumo , di fredda
qualità ; e tra 'I figliuolo Marte , di
calda. Par. 22 , 145. •
Temperare il giorno apli occhi -cioè,
moderare il lume del sole in maniera,
che possa esser sofTerfo dalla vista de
riguardanti. Pg. 28, 3.
Tempesta -per impeto e violenza. In.
21 , 67.
Tempia - aver la tempia ro$ita , per ac-
cendersi di vergogna. Par. 17 , 66.
Tempie -forse per occhi, figuratamente.
Par. 9 . 12.
Tempi gravi -cioè , calamitosi. Par. 32/
127.
Tempio del suo voto - cioè , dove s* è fatto
voto d' andare in pellegrinaggio. Par.
31 , 44.
Tempio - tempio. Lat. templum. Par. 18.
122. 28 , 53,
Tempo ' poco tempo era a rolgere * cioè ,
restava da trapassare. Pg. 1 , 60.
Tempo della Grazia - cominciò qiiesto
tempo dopo la pubblicazione delf.Evan-
gelio. Par. 32 . 82.
Tempo di maritar le fanciulle , troppo af-
rettato a' tempi di Dante -Par. lo, 104.
Tempra - per nota musicale. P?. 30, 94.
Par. 10 , 146. per consonanza. Par.
14, 118.
Tempra di penna - cioè , temperatura ,
taglio, ma qui figuratamente. In. 2V, 6.
Tempra d' orivoli - manifattura , concer-
to d' orivoli. Par. 24 , 13.
Temprare - Temprava t paesi in angelica
nota, cioè , accordava i passi col can-
to degli angeli. Pg. 32 , 33.
Tenavamo - tenevamo. In. 21 , 3.
Tendere - per istendere , spiegare. Pg.
29, 109.
Tenebra - per tenebre. Pg. 7 , 56.
Tenèbra - coir accento acuto sulla secon-
da sillaba, in rima. Par. 19 . 65.
Tenebrato -ottenebrato, oscuro. Pg* 16, 3.
Tenera nube -cioè, sottile, trasparente.
Par. 12, 10.
Tener del monte e del macigno - cioè ,
conservare , anche In mezzo alle città ^
coatomi ruvidi e confenientl a perso-
«s«
DIZIONARIO
Da> discesa da progeoifori villaài ed al-
pestri. In. 15, 63.
Tenere -per impedire, vietare. In. 7, 6.
Tenere gli occhi a ^jhe che sia - guarda-
re attentamente. Par. 30. 133.
Tenere il viso a che che sia- per ben
conoscerlo, e tenere U dosso a che che
sia, per non intenderlo. Par. 8 , 96.
Tenere i piedi - per allentare il passo. In,
23 , 77.
Tener fronte - v. Fronte.
Tener Y aspetto in che che sia - guardar
fissamente alcuna cosa. Par. 25. HO.
Tener lo campo - figuratamente, per esser
il primo in qualche arte. Pg. 11, 95.
Tener lo guado - per non torcere dal drit-
to sentiero. Par. 2 , 126. Cosi diceva-
no i Latini , tenere viam.
Tener sentenzia - per significar con pa-
role. In. 9 , 15.
Tenersi - per reggersi in piedi. Pg. 15 ,
120. . ^
Tenersi a che che sia -per fidarsi dì che
che sia. In. 9 , 59.
Tenersi stretto a giudicare - cioè , andar
cauto nel dar giudicio. Par. 20, 133.
Tenne a sinistra - sottintendi , suo cam-
mino. In. 18, 21.
Tentar di costa - urtar leggiermente nel
fianco per avvisare. In. 27 , 32. e
t tritare semplicemente , nello stesso si-
gnificato. In. 12, 67.
Tentare - per ingegnarsi di sciogliere una
difficoltà. Par. 28 . 60. per vuler e-
sprimere. Par. 31 , 138.
Tenzione - tenzone , per dubbio o diffi-
coltà di vedere. Pg. 10. 117.
Tenzonare -contendere, contrastare. In.
8, 111.
Teodla - voce greca , che vale canto in
lode di Dio, cosi chiama Dante i sal-
mi di Davide. Par. 25 , 73.
Tepe - divien tepido. Lat. tepet. Par. 29,
Ul.
Terminare il disiro - trarsi la voglia. Par»
31 , 65.
T(Tmine-per cosa determinata. Par.
33 , 3.
Terminonno - per terminano, \u rima Par.
28, 105.
Temaro - per ordine e gerarchla d* an*
geli , distinta in tre cori. Par. 28 .
105, 115.
Terragno - che s* alza poco da terra ,
eh* è *n sulla piana terra. Io. 33, ^7.
Pg. la , 17.
Terra vera - cioè , piena del suo natu-
rai vigore , qual finge il Poeta esser
quella del Paradiso terrestre. Pg. 32,
Terrestre - terrestre , in rima. Pjg. 30 ,
120.
Terzeruolo- vela minore della nave. Io.
.21 , 15. V. Artimone.
Tesa - cioè , il tendere. Pg. 31 , 17.
Teschio - cranio , parte superiore de lU
tesU. In. 32, 132.
Teso in tempra di molte corde - cioè ,
accordata in consonanza. Par. 11^ •
118.
Tesoro - far tetoro di che che sia ndU
mente y cioè, depositare nella memoria.
Par. 1 , 11.
Testa - per estremiti della lungb^za di
qualsivoglia cosa. In. 17, Ì3. cosi!*-
sta del ponte. In. 24 , 79.
Testare - far testamento, la. SO , 45.
Testé - in questo punto , o poco avaolL
In. 6, 69. Pg. 29, 26, 126.32,11.
Tcsteso - testé , ora , poco innanzi , ia
rima. Pg. 21 , 113. Par. 19 . 7.
Testo - per lo componimento che ^ieo
chiosato , a difTerenza della sua chio-
sa 0 cemento. In. 15, 89. ma qui per
pronostico oscuro.
Testo - per vaso in che si piantano fiori.
ma figuratamente. Par. 27, 118.
Tetragono - voce greca che significa fw-
I drato , quadrangolare, e figuratameili
prendesi per uomo costante , iiac>di
la figura quadrata e cubica molto sodi
e stabile. Par. 17, 24.
Tetro -per oscuro. Par. a, 91.
Tien'-per tieni. In. 19, 46. Cosi l P^
trarca nella canzone : O mtpeitMta in
Citi :
E che 'l nobile ingegno che dal Cieh.
Per grazia tien' ddC immortale AfMi^
parla col pontefice di quel loapo.
Tieotl col corno - attiriti al ci^no . fr
DELLE PAROLE E FRASL
637
glia in mano il conio» fn. 31 , 71.
Tiepidezza - per accidia o pigrizia nelT o-
perar bene. Pg. ^, 92.
Tigna - ulcere sulla cotenna del capo ,
ond'esee mareia. In» 15, 111.
Tintin-voce eh' esprime il suono del cam*
panello. Par. 10, 143.
Tintinno - per suono di musicali strumen-
ti. Lat. tinnituB. Par. 14, 119.
Tinto - per oscuro, caliginoso. In. S, 29.
per vermiglio. In. 16, 104. Itnlo in
peccato, cioè, ingombrato dalle passio-
ni peccaminose. Pg. 33 , 74.
Tizzo " tizzone . pezzo di legno abbrucia-
to da un lato. Pg. 25. 23.
Toccare - per far menzione. In. 6 , 102.
7 , 68. 25, 94. per trattare. Par. 24.
143.
Toccare - non tocca V uopo di nutrire.
cioè . non v* à bisogno di nutrimento.
Pg. 25.21.
Toccar la memoria a chi che sia - per
rirordarsigli, tornargli a mente. Par. 9,
126.
Toccar lo fondo Della mia grazia e del
mio Paradiso - cioè , arrivare all' ul-
timo segno della mia grazia, ec. Par.
15 , 33.
Toccato - per mentovato, di cui si è det-
to poco avanti. Par. 1 , 108.
Togliere - v. sotto , Torre.
Togliersi - per allontanarsi, traggersi in-
dietro. In. 2 , 39.
ToUe - toglie. In. 2 , 39. 23 . 57. Par.
6 , 57. 17 . 33. Lat. tollit.
Tolletta-per latrocinio. In. 11, 36.
Tolletto - per tolto , rapito. Par. 5, 33.
Tdlto - per rapito a sé. Par. 18, 24.
Tornare - per cadere. In. 32 , 102. per
discendere, semplicemente. In. 16, 63.
Tomba - per pozzo , o per tutta la cavi-
tà deir Inferno. In. 34. 128. per val-
lone. In. 19, 7.
Tonar - per tuono. In. 14 , 138.
Tondo - per arco del ci^lio• Par. 20, 68.
Topazio - sorta di pietra preziosa. Par.
30 , 76. qui , Gguratamente » per an-
gelo.
Topazio tfoo, chiama Dante l'anima bea-
la di Cacciaguida. Par. 15, 85. .
Toppa - serratura di ferro , per la quale
si volge la chiave. Pg. 9 , 122. ,
Torcere - per cruciare , addolorare.' Pg.
32 , 45. per far uscire del seminato ,
disviare. Par. 4 , 61.
Torcere nell' amor suo - per innamorare
di sé. Pg. 31 . 86.
Torma - per armento. In. 30 , 43. per
ischiera , brigata, in. 16 « 5.
Tor modo - per trovar maniera, compeo*
so. In, 18 , 30.
Tornami - mi tornai . In. 17 , 78.
Tornare -per cangiarsi, tramutarsi. In.
13 , 69. Mr^ voltare. In. 20 , 13.
Tornare - Noi ci allegrammo : e tot^o tor-
nò, in piamo; cioè , e tosto 1* allegrez^
za nostra si converse in tristezza. In.
26 , 136.
Tornare all' os^a - rientrare nel corpo .
risuscitare. Par, 20 , 170.
Tornare il %iso ad alcuno - cioè , rivol-
gerlo verso di lui. Pg. 28, 148.
Tornare in volta - voltarsi per ritornare
addietro. In. 9, 2.
Tornato - per cangiato. Pg. 14 , 99.
Tonieamento - giostra che si fa nel fé*
steggiare pubblicamente. In. 22 , 6.
Torneare - per muoversi in giro. Par.
14 , 24.
Torpente - per ozioso , scioperato. Lat.
torpens. Par. 29 , 19.
Torre - verbo; Tanto , e a pena 7 potea
t occhio torre ^ cioè , discemere, vedt>-
re. In. 8, 6.
Torre - per menar moglie. Par. 6 , 3.
e figuratamente. In. 19, 56.
Torre e terza e nona da qualche luogo
• cioè , aver ivi V orivolo che tali ore
dimostra. Par. 15 , 98.
Torreggiare - per ornare e circondar di
torri. In. 31 , 43.
Torre 1' Ultima parola oer dire - cioè ,
profferirla. Par. 12, ^,
Torre via - per distruggere > levar di mez-
zo. In. 10. 92.
Torrien - terrebbero. In. 13, 21.
Torto - per vizio. In. 19 , 36.
Torto e diritto amore - cioè , malvagio
e buono. Par. 26 , 62 , 63.
Tortura- per torcimento, giro, luogo che
83
658
DIZIONARIO
torce. Pg. 25, 109.
Torza -per torca , pieghi, in rima. Par.
4., 78.
Tosco di Venere , chiama Dante il piacer
disonesto e carnale. I^. 25 , 132.
Tossio - tossi. Par. 16 , Ib.
Tostamente - subito. In. 23 , 22.
Tosto - addiettivo , per breve , spedito.
Pg. 6 , 60. per frettoloso , impetuoso.
In. 2 , 42. 12 , 66.
Tota - tutu. Par. 7 , 85. 20 , 132. è
voce latina.
Traccia- per truppa che vada in fila, e
r un dietro all' altro. In. 12 , 55. 15,
33. 18, 79.
Tracotanza - insolenza , arroganza. In.
8 , 124.
Trade - tradisce , in rima. In. 11 , 66.
33 129.
Traéli- traevali. Pg. 32 , 6.
Traén - traevano. Pg. 8 , 30.
Trafugare - trasportare di nascosto. Pg.
9, 38.
Tragedia , chiama Dante il poema di
Virgilio , per esser dettato in istile au-
blime , a differenza del suo eh' egli
chiamò Commedia per modestia , co-
me fosse scrìtto in istile umile e po-
polare. In. 20, 113. y. Commedia.
Tragedo - per componitor di tragedie.
Par. 30 , 24. Tragoedi erano chia-
mati da' Greci e da* Latini gì' istrioni
che le tragedie rappresenta\ano.
Tragetto - tragitto , passaggio. In. 19 ,
129.
Tralucere - per rilucere. Par. 13 , 69.
Tra r ultima notte , e 1 primo die -cioè,
dal principio al fine del mondo. Par.
7 . 112.
Tranare - per trainare , strascinare, con-
durre di luogo in luogo. Par. 10 i
121.
Trangugiare -inehiottire con grande in-
gordigia. In. 28 , 27.
Tranquillarsi - per godere , aver pace ,
esser beato. Par. 9, 115.
Trapassar del segno • cioè, trasgressione,
rompimento di legge. Par. 26 , 117.
Trapasso - per lo trapassare. Par. 14 ,
111.
Trapassonne - trapassò , in rima. Pg. 31,
Trapelare - per distillare , gocdolare. Pe.
30,88. ^
Trapunto - per isfigarato , steouato, tpa-
nito. Pg. 24 , 21.
Trar d' ale - detto dell* occhio , per fe-
dere o guardar di lontano. Vg. 10, 25.
Trar del regno non si possono alcune
gioie troppo care - cioè , non si pos-
sono descrivere alcuni misteri più se-
greti della gloria del Paradiso, tolta
la metafora da certe merci più rare,
come pittore, statue ed altri bforì di
celebri [artefici ; le quali , per la Imo
preziosità, non è lecito asportate fuo-
ri di paese. Par. 10 , 72.
Trar fuori - per inventare. Pg. 24 , 50.
I Latini direbbono proferre , cosi Th
bullo nella 10. elegia del 1. libro -
Quis fuit horrendos primus qui proitdit
entei I
Trar guai - lamentarsi a erau voce. In.
5,48.13,22.
Trarre - per accorrere. Pg. 2 , 71. Par.
5, 101.
Trarre - per eccettuare. TrdM lo Srie-
ca , cioè , cavane , eccettuane, lo. 29.
125.
Trarre - per ridursi. Pg. 30 , 77. cosi
spiega il Landino.
Trarre di servo a liberiate -ricbiamara
di servitù a libertà. Par. SI , 85.
Trarre la chioma alla rocca - filare. Par.
15 , 124.
Trarre la conocchia - per fiair di filate
quanto lino sì pone sopra la coaoc-
chia. Pg. 21 , 26.
Trarre le armi - per iscagliar saette. Pfe.
31 , 117. ^
Trarresi - trarsi. Pg. 2 , 76.
TrarreU - trarti. Pg. 28, 46.
Trarsi -per farsi indietro. Pg. 7,8.
Trarsi di parlare - cioè , asteaeni à
parlare. In. 3 , 81.
Trascendere - sopravanzare , oltrepasM-
re. In. 7 , 78. Par. 1 , 99. 30 , 41
Trascolorare - mutarsi di colore. Par. 27 ,
19 t 21.
Trascorrere - per dare una scoria, coas
DELLE PAROLE E FRASL
659
leggendo , o riandando colla memoria. | Trei - tre , in rima. In. 16 , 21.
Par. 2k , 83. I Tremuoto e tremoto - terremoto* In. 12,
Trasmodarsi - passare il modo e la mi-
sura. Par. 30 . 19.
Trasmutabile - che può trasmutarsi. Par.
5. 99.
Trasmutare - per far passare d*uno in
6. Pg. 21 , 70.
Tresca - propriamente , spezie di ballo
antico ; e figuratamente , moto fre-
quente , inquieto ed avviluppato di
più persone. In. 14 , 40.
Trescare -per ballare semplicemente. Pg.
P?. 3 , 132.
Trasmutare chi che sia - per farb cam-
biar fortuna. Par. 17 , 89.
Trasmutarsi - per muoversi di luogo. In.
29 , 69.
Trasmutarsi ad altra cura - cioè, Tolger-
si. Par. 21 . 21.
Trasparere - trasparire. Par. 2, 80.
Trasseci - per trasse di qua. In. 4 , 55.
v. il Varchi neirErcolano, a carte 211.
Trassi -cioè, mi trassi, mi ridussi. Pg.
30 , 77.
Trasumanare- passare in certo modo dal-
l'umanità alla divinità. Par. 1 , 70.
Trasvolare-velocissimamente volare. Par.
32, 90.
Tratta - per distanza , spazio. Pg. 15 ,
20. per moltitudine , serie , seguito.
In. 3 , 55.
Tratta d' oo sospiro - cioè , Y atto del
gittarlo , il cavarselo dal petto. Pg.
31 ,31.
Trattare - per muovere ed agitare. Pg.
2, 35.
Tratti pennelli - cioè , tratti di pennelli.
Pg. 29, 75. V. TraUo di piUvra.
Tratto - per lunghezza. Par. 32 , 41. per
ispazio, distanza. Pg. 29, 44.
Tratto di pittura - quel segno , che si
lascia , strisciando il pennello. Pg. 12 ,
65.
Travaglia -per travaglio, in. 7, 20.
Travagliarsi - per alterarsi. Par. 33 ,
114.
Travasare - per trasmutare. Par. 21 ,
126.
Travi vive - cioè , alberi. Pg. 30 , 35.
Tree-tre, in rima. Pur. 28, 119.
Tregua - aver tregua éaUa «oee , cioè ,
non udirla più. Pg* 14 , 186.
10 , 65.
Tribo - per ischiatta , famiglia , dal la-
Uno trihus. Pg. 31 , 130.
Tricorde arco -che à tre corde. Par.
29 , 24.
Triema- trema. In. 17, 87.
Triforme - di tre forme , di tre manie-
re. Pg. 17 , 124. Triforme ejfetto ,
cioè , triplice. Par. 29 , 28.
Trina Luce in unica Stella -cioè , le tre
Persone divine in una sola essenza.
Par. 31 , 28.
Trionfar di sua corona -Pg. 24, 14.
Trionfar di sua vittoria. Par. 23 ,
136.
Tripartito -diviso in tre parti. Pg. 17,
138.
Tripudio- per letizia d' anime beate. Par.
12 , 22. per coro d* angeli. Par. 28 ,
124.
TriftUtia - per cagione di tristezza. Pg*
22 , 56. per malinconia. In. 29 , 58.
per
Tritare • per calpestare. In. 16 , 40.
Troncone - per busto senza capo. In.
28. 141.
Trono - per tuono o fólgore. Par. 21 ,
12.
Troppa d' arte - cioè , troppa arte, trop-
po d* arte. Pg. 9 , 124.
Trottare - per correr forte. Pg. 24, 70.
Trovami - mi trovai. Pg. 20 , 55.
Trullare - mandar fuori del corpo la ven-
tosità. Lat. pedere. in. 28 , 24.
Tuba -tromba , è voce latina. Pg. 17 ,
15. Par. 6, 72. 12, 8. 80 . 35.
Tóe - per tu , in rima. Pg. 16 , 26. 29,
85. Par. 1 , 19.
Tumore - per superbia , faalo. Pg* H »
^19.
Tuo' -tuoi. Pg. 12, 124. Par. 11 ,21.
Trepie - per tregMa 7 in rioiat Pg* 17 1 1 Tuono - 1 tuoni iwmano più hat$i , cioè ,
175. I si generano in una regione dell* aria »
6G0
DIZIONARIO
t
ì\ù bassa Hella cima dell* Apennino.
^ar. il , 108.
Turbare- degli angeli part$ Turhb*l iug-
getto de- vottri alimenti , cioè , gli an-
geli ribelli a Dio seguaci del superbo
Lucifero , cadendo dal Cielo , turba-
rono , cioè ruppero e penetrarono le
viscere della terra eh' è il suggello ,
cioè la ba^e, il fondaniento, il luogo,
dove nascono i nostri alimenti. Par.
29 , 51. Questa è una maniera d'espri-
mersi quanto ricercata ed oscura , al-
trettanto degna di riprensione , e da
non imitarsi.
Turbare - per turbamento. Pg. 28 , 97.
Turbe di splendori - cioè, quantità di lu-
mi. Par. 23 , 8-2.
Turbo - turbine, è voce latina. Par. 22,
. 99.
Turbo - addiettivo . per oscuro , torbido.
Lat. turbidu». Par. 2, ihS.
Turge - si gonfia , cresce , abbonda. Lat.
turget. Par. 10 , ikk. 30. 72.
Turpa gente- cioè , turpe , disonesta, in
rima. Par. 15 , H5.
Tuto- sicuro. Lat. tutus; Pg. 17, 108.
Tutta gioia -ogni gioia, compiuto place-
re. In. 1, 78.
Tutta quanta - intera. Par. l<i> , WS. e in
altri luoghi.
Tutte brame - ogni brama. In. 1 , 49.
Tutt*e cinque -tutti cinque. Pg. 9, 12.
Tutte e sette - Pg. 33 , 13.
Tutte fiammelle - cioè , tutte le fiammel-
le. In. U, 90.
Tutte guise - cioè , ogni maniera. Par. 5,
99.
Tutte onestadi - ogni onesti. Par. 31 , 51 .
Tutte quante - Par. 22 , 133. 23, 29. e
in altri luoghi.
Tutti e trei - tutti e tre , in rima. In.
16, 21.
Tuttoché- avvegnaché , benché, lo. 6 ,
109. U, lil5. Pg. 30, 67.
Tutto chin - molto inchinato. Pg. U , 78.
Tutto di -per tuttovia. Par. 14, 57.
Tutto solo - solo affatto. In. 17 , 4^.
ir . dove. In. 2 , 24. 9 , 33. Pg. 24. 79-
Par. 7, 31. 10, 87, 112. 12, 63.
20 . 106.
Vacante -per privo. In. 16, 99.
Vacante- fortuna di primo vacante , cin^«
il prìnio benefìzio di chiesa , clic fa-
cherà. Par. 12 , 92.
Vacare -t7 luogo mio che rara Sella prt-
tenza del Figliuol di Dio, parole pa-
ste dal Poeta in bocca a s. Pietro, col-
le quali vuol significare che sedendo
nella sede apostolica Bonifaiio Vili ,
il quale con male arti era giunto al
papato , in Gelo era riputato pastore
illegittimo; e perciò la sededo\ra sti-
marsii vacante. Par. *i7 . 23.
Vafiaboirlo da chi che ^ia • cioè, allonta-
nato , disviato. Par. Il . 128.
Vagheggiare in che che 8ia - per contem-
plare che che sia. Par. 10 , 10.
Vaghezza -per curiosità. In. 29, ll«.
per desiderio. Pf?. 18, 144.
Vagina delle membra - per la pelle. Par.
1, 21.
Vaglio - strumento noto da vagliare, cioè
da nettare le biade dalla moodigfia. fi
conviene $chiarare a più augmto vaglio,
cioè , bisogna che tu li dichiari a pie
stretta esamina , più minutamente, più
esattamente. Par. 26 , 22.
Vaso- per desideroso. Pg. 3 , 13. 15 ,
84. Par. 3 , 34. 31 , 3^.
Vago - girsene vago vago , cioè, stìarsi .
avvolgersi d*uno errore in un altio. Pg.
32 , 135.
Vaio - per la pelle della pancia di m ani-
male simile allo scoiaàolo, col dosfo
di color bigio , e *l ventre bianco ; il
quale animale pnrimente chiamasi ra-
to. La colonna del vaio , cioè , di-
pinta a pelle di vaio nell'arme ìTiim
principal famiglia fiorentina. P^r. 16 ,
103.
Valco - valico , passo. Pg. 24 , 97.
Valere -per significare. Par. 12, 81.
Valer poco- per ester privo di virtù, ti*
20, 63.
DELLE PAROLE E FBASf.
661
Vallare -per cigner di fossa. In. 8, 77.
è voce Ialina.
Valle - per mare. Par. 9 , 82 , 88. per
precipizio , mina. Par. 17 , 63.
Vallèa - valiaU , valle. In. 26, 29. Pg.
8, 98.
Valle dolorosa - cioè , rinferno. Par, 17 ,
137. cosi, tàlie ove mai non $i mcoI"
pa , perchè i tormenti delllnfemo non
vagliono a purgare l'anime de* reprobi,
nelle quali dura eternamente il pecca-
to. Pg. 24 , 8^.
Valor c'ordinò e provvide - cioè , la divi-
na provvidenza. Par. 9 , 105.
Valore primo ed ineffEibUe , chiama Dante
lEterno Padre a cui s'attribuisce l'on-
nipotenza. Par. 10 , 3.
Vacare - per vaneggiare. Pg. 18 , 87.
Vine - per va, in rima. Pg. 25, <^2.
Vaneggiare - per aprirsi, spalancarsi, mo-
strare un gran vuoto. In. .J8, 5,73.
Vanire - svanire, tanio , svanì. Par. 3 ,
122.
Vanità dell' ombre de' morii - cioè, qua-
lità spirituale, per la quale non si pos-
sono toccare. In. 6 , 36. Pg. 21 , 135.
Vanni - ali. In. 27 , 42. è voce propria
de' poeti.
Vano - per vuoto. In. 17 , 25. per iste-
rile. Par. 2Ì ,119.
Vano • il vocabol tuo divenia vano, cioè,
si perde il suo nome. Pg. 5, 97. Ren-
der vano r «uftr», doò , lasciar d* udi-
re , essendosi Tatto silenzio. Pg. 8, 7.
Vano corpo - cioè , morto , vuoto d* a-
nima. In. 20 , 87.
Vapore - per ardore di carità , eccitato
dallo Spirito Santo. Pg. 11,* 6. per
cagione o materia di guerre. In. 24 ,
U5.
Vapor trionfanti - per anime beate. Par.
27 , 7t.
Varcare • passare. In. 23, 135. Pg. 7,
54. Par. 2 , 3.
Varco folle - cioè , iMissàggio follemeole
intrapreso. Par. 27 , 82.
Varco picciol di tempo - cioè , picciolo
spazio. Par. 18, 64.
Variazione - per varietà, differeoza. Pg.
28, 36.
i Varo - curvo : dal latino varai: altri in-
tendono vario ; dal latino varius» In.
9, 115.
Vas - vaso, voce latina, lo va$ d'elezione.
s. Paolo Apostolo. In. 2, 28. v. Mi-
»erere.
Vasello - per navicella , legnotto. P^. 2,
41. per ricettacolo. In. 22, 82. figu-
ratamente , per città , patria. In. 28,
79. •
Vasello -t7 gran vasello Dello Spirito San-
to, cioè, s. Paolo Apostolo. Par. 21,
127. V. sopra , Vas.
Vasello naturale - per l' utero o matrice
della donna. Pg. 25 , 45.
Vaso - per qualunque ricettacolo o cosa
che altra cosa contenf<a. Par. 1,14.
Vaso - per Y arca del Testamento. Pg.
10 , 64.
Vassallo - per guattero di cuoco. Fn. 21 ,
55.
Ubbidente - ubbidiente. In. 4 , 57.
libertà - abbondanza, dovi/ia. Lat. Uber-
tat. Par. 20, 21. 23. 130.
Ubi - per sito , luogo. Par. 28 , 95. 29,
12.
Uccello - per il Diavolo. In. 34, 47. Par.
29, 118.
Uccello di Dìo - Par. 6 , 4. e ìircellu tan-
to. Par. 17, 72. cioè, l'aquila che era
sacra a Giove, e insegna dell' imperio
romano.
Uccello di Giove - V aquila , ministra di
quel Nume, secondo le tavole. Dante
per essa intende i cesari di Roma ,
che perseguitarono la Chiesa. Pg. 32,
112.
UeceUo divino , chiama Dante un angelo,
a cui si attribuiscono V ali per dinotare
la sua prontezza in eseguire 1 divini
comandi. Pg. 2, 38i
U* che - ovunque. In. 7, 120.
Udfe - per udì, in rima. Pg. 23 , 10.
Ve - dove , ove ; elisa la prima sillaba
per quella figura che i Greci chiama-
no aphaeresià. In. 26, 33. 30, 114.
Pg. 5, 97.
Ve* - per vedi. Pg. 5 , 4.
Vedén - per vediamo. Par. 6 , 120»
Vedente - che vede. Par. 25 , 120.
66S
DIZIONARIO
Vedere - per ben provvedere, esser pru-
dente. Par. 13 , lOi.
Vedere - Non vede più dalV «no air altro
' itilo, cioè, lo sUle de* tempi di Dante
avanza tanto lo stile de* secoli prece-
denti , che tra \ uno e 1* altro à una
distanza da non potersi misurare col-
l'occhio. Pg. 24, 62.
Vedere - in forza di nome, per fantasma.
Lat. tt>um. In. 2 , 48.
Vedesiù - vedesti tu. In. 8 , 127.
Vedova corona -cioè, regno senza re.
Pg. 20 , 58.
Vedovo sito settentrionale - per esser pri-
vo di quattro lucidissime stelle che il
nostro Poeta finge d' aver vedute intor-
no al polo antartico nell* altro emispe-
rio. Pg. 1 , 26.
Vedrà' - vedrai. In. 31 , 25.
Vedràmi - mi vedrai. Par. 1 , 25.
Veduta amara - cioè , sfortunata , e ca-
gione di male. In. 28 , 93.
Vedute - per le stelle fisse , che sono
come tanti occhi del cielo. Par. 2 ,
115. Catullo negli endecasillabi :
Autquam sidera mulla, cum tacet nox^
Furtivos hominum vident amom.
Veggia - per botte • In. 28 . 22.
Vegliare nell' amor sacro - Gli spiriti bea-
ti vegliano sempre nell' amore di Dio ,
perchè sono liberi dal peso della mor-
talità , per cui s* addormentano qual-
che volta e illanguidiscono anclie l'a-
nime più perfette , nella vita presen-
te. Par. 15 , 64.
Veglio - vecchio , è voce poetica. In. 14 ,
103. Pg. 1 , 31. 29 , 143.
Vegne - per venghi , seconda persona sin-
golare del presente del soggiuntivo , in
rima. In. 14 , 140.
Vegnon - vengono. Pg. 3 , 66. 8 , 37. 12,
94.
Vci-per vedi, in rima. Par. 80, 71.
Vciculo • carro. Lat. vehieulum. Pg. 32,
119.
Velare • per cuoprire a forza di molto lu-
me. Pg. 1 , 21.
Volare -per monacare. Par. 3, 99.
Velare il sole -per lar ombra. Pg. 33,
114.
Vele - figuratamente , per voglie. I^. 20,
«lo.
Veleno deirargomento - cioè , finezza e
e sottigliezza d'entimema , il quale pu-
gne altrui con poche parole , dicendo
poco , e accennando molto. 1^. 31 ,
Velie - volere , è voce latina , il velie ,
per la volontà. Par. 4 , 25. 33. 143.
Vello - pelo lungo. In. 34 , 74. Pir. 6.
108. Lat. viUut.
Vello -per barba e capelli. Par. 25, 7.
Velluto - addietlivo , peloso. Io. 8k, 73.
Lat. viUosui.
Velo - itar %oUo tdo , per non sapere.
Pg. 29 , 27. ^
Velo - per vela di nave. Pg. S , 32.
Vdo del cmr$, chiama Dante raflezioo
religiosa di una donna che maritata
centra sua voglia, nudriaca sempre de-
siderio di esser monaca. Par. 3,117.
Velo di fulgóre -per hice che abbagli, e
tolga il poter vedere. Par. 30 , 50.
Veltro - can levriere. In. 13 . 126. eoo
questo nome chiama il nostro toéta m.
Ci.n Grande della Scala , signor di Ve-
rona ; prìncipe d'animo geoeroso , e
suo libéralissimo beneCattore. Io. 1.
110.
Vena - per sangue. Pg. 23 , 75.
VendetU eterna - cioè , di Dio eterno ,
immutabile ne' suoi decreti. Pg. 25 , 31.
Veneno - veleno. Par. 19 , 66. Lat. te-
nenum,
Venenoso - velenoso. In. 17 , 26. Pg. U.
95. ^
Venesse- per venisse , in rima. In. 1 .
46.
Vengiare - vendicare. In. 9, 54. 26 , 3i.
Vengiato - vendicato. Par. 7, 51.
Venien - venivano. In. 16 . 7. Pg. 3 ,
92. 29, 122. ^
Venire - per divenire. In. 20 , 59. Par.
2 , 12. 33 , 52.
Venire a vista - darsi a vedere. Par. 17.
44.
Venire in grado a chi che sia - acquista-
re la sua grazia. Par. 15 , 141.
Venir meno - per tramontare, nasconder-
si. Par. 13, 9. in questo scuso i Latioi
DELLE PAROLE E FRÀSL
663
dicevano defUire, e per dileguarsi, spa-
rire. Par. 3 , 15 , e in altri luoghi.
Venir per alcuno - cioè , venire a pigliar-
lo. In. 2f7, 112.
Venirsene cogli occhi- andar correndo col
guardo. Par. 9^ , 115.
Veni , Spoma, de Lt^ano - Vieni, o Sposa ,
dal Libano , parole della Cantica di Sa-
lomone , al cap. k. vers. 3. Pg. 30,
11.
Venite a noi parlar - cioè , a parlare a
noi. In. 5 , 81.
Venite , benedicU jRafrMUiet.- Venite, o
benedetti del Padre mio , parole di Ge-
sù Cristo nel Vangelo di s. Matteo, al
cap. 25. vers. 3^. colle quali egli chia-
merà gli eletti in Paradiso nel giorno
del finale giudìzio. Pg. 27 , 58.
Veniva intero il creder mio - cioè , mi
riusciva ciò chìo credeva. In. 27, 69.
Ventare - tirar vento , soffiare. In. 17 ,
117. Pg. 17 , 68.
Ventiduo - ventidue. In. 29 , 9.
VentUare U fianco -batter l'aU. Par. 31,
18.
Vento - forse per gloria mondana. Par. 3,
119.
Ventraia - sito del ventre, in. 30 , 5%.
Venusto - bello , gentile. Lat. venmiui.
Par. 32 12ÌS.
Ver - particella . cioè , in paragone , ri-
spetto. Par. 27 , 95.
Veramente - per quello che i Latini dico-
no ieilieet , nttntrum , o in luogp di
f^erumlamen. Par. 1 , 10, 7, 61.32.
Verba - parole. Par. 1 , 70 , è voce la-
tina.
Verbo - parola. Lat. verìmm. In. 2S, 16,
. per ragionamento. Par. 18, 1.
Verbo - la Sapienza divina , il Flgliuol di
Dio. Par. 19 , ki.
Verdissimo - verde in sommo. In. 9, 40.
Verghetta-picciola verga. In. 9, 89.
Vergine sorella - per monaca , suora. Par.
3, 46.
Vergogna - per le parti vergognose. In.
32 , 34.
Vergognare - per vergognarsi. Pg. 26 , 81.
31 , 64.
Veri - per verità. Par. 10 , 138.
Vermena - sottile e giovane ramicello dt
pianta. In. 13 , 100.
Verme - verme , in rima. In. 6 , 22. 29.
61. 34 , 108. Verme , verme , serpen-
te , cosi chiama Dante il can Cerbero.
In. 6 , 22. Tibullo parimente , nella 3.
elegia del 1. libro :
Tutn niger in porta serpentum Cerberui ore
Stridete
Vernaccia - spezie di vin bianco squisito.
Pg. 24 . 24.
Vernare - per isvemare , passare il ver-
no. Pg. 24 , 64 , per patir gran fred-
do. In. 33 , 135 , per far primavera.
Par. 30, 126.
Vero - per giustizia. Par. 17 , 54.
Vero - luce che da ȏ e vera , chiama Dan-
te la divina essenza , la quale non ri-
ceve da verun altro la sua perfezione.
Par. 33 , 54.
Vero - $e *l vero è vero^ cioè , se la scrit-
tura sacra non mente. Par. 10 , 113.
Ver primo , che l'oom crede - sono que-
gli assiomi semplicissimi , che non ab-
bisognano d*es9er dimostrati a forza di
discorso , ma sono per sé noti , apzi
per mezzo loro si vengono a provare
gli altri teoremi più composti. Par. 2,
Verso - particella , per in paragone , col
secondo e col quarto caso. In. 34 ,
59. Pg. 6 , 142.
Vespero - sera. Lat. veeper. I^. 3 , 25.
15. 139.
Veste - figuratamente , per lo corpo. Pg.
1, 75.
Vestige-per vestigi. Par. 31. 81.
Vestigge - per vestigio , in rima. Pg. 33,
108.
Vestire - per monacare. Par. 3 , 99.
Vestire -co/ore che veete veiro, cioè, che
trasparisce per vetro. Par. 20, 80.
Vestir le piume a chi che sia - cioè ,
mettergliele intorno. Par. 15, 54.
Vestito colle genti gloriose - cioè, vesti- ^
to d*un abito della stessa foggia e co-
lore cogU altri beati. Par. 31 , $0. v.
Abituati.
Vetta - sommità - cima. Pg. 6 , 47.
66^
DIZIONARIO
Vetusto - antico , secchio. Lat. vihuUu.
Par. 6 , 139. 32 » 124.
Yexìlla regis prodeunt Inferni - Escooo i
gonfaloni del re infernale. In. 34, 1.
Contraffa in questo Terso il Poeta F in-
no che canta la Chiesa in lode della
ganta croce.
Ufi) ciò apostolico - intendi la carica d'in-
quisitore contra Teretica pravità , con-
ferita dalla santa sede al glorioso s. Do-
menico. 4*ar. 12 , 98.
Via - per modo e ragione. Pg. 3 , 35.
Via -particella significante abbominio.Lat.
apage , apage te. In. 18 , 65. Via c<h
$tà j levati di qua. In. 8 , 42.
Via via - tosto tosto. Pg. 8 , 39.
Vicario di Pietro - per Tangelo da cui
finge Dante aprirsi la porta del Purga-
torio. Pg. 21 , 64.
Vice -per vece , scambio. Par. 27 , 17.
per volta , fiata. Par. 30, 18.
Vicino -per cittadino o concittadino. In.
17 , 68. Pg. 11 , 140. Par. 16 . 135.
17 , 9T. Cosi i! Petrarca , ucl sonet-
to 71 , dove piange la morte di m. Ci-
no da Pistoia :
Pianga Pistoia , e t citiadin perrersi ,
Che perduC anno i\ dolce vicino»
Vicino - per quello che la scrittura sacra
chiama prossimo, Pg. 17, 115.
Vicino tal -cioè , a tale. In. 33 , 15.
Vico - per contrada , luogo. Pg. 22 , 99.
Par. lO , 137. Lat. vtcus.
Viddi - per vidi , in rima. In. 7 , 20.
Vidili - per vidi lui. Io. 34 , 90.
Vieii - per avviene. In. 7 , 90.
Vien' - per vieni. Pg. 6 , 117. 7 , 21. 16,
66. v. T%en\
Vienne - cioè , ne vieni , vientene. Pg.
23, 5.
Vie più che *ndarno - cioè , indarno af-
fatto. Par. 13, 121.
Vieto- per invecchiato , disusato In. 14.
99. dal latino metu$ che significa (an-
guido f ipoisato.
Vige - si conserva in vigore. Lat. viget.
Par. 31 , 79.
Vigilare nell'eterno die- Pg. 30 , 103. v.
Vegliare ncU'anior $acro.
Vigila de* een^i , chiama Dante la vita.
Tn. 26 , 114.
Vigliare -per iscegliere a separare. 1^
18 , 66*
Vigna - per la chiesa. Par. 12 , 86. 18,
132.
Vignaio - custode della vigna ; e figura-
tamente , il sommo pontefice. Par. 12,
87.
Villa « per città ; alla maniera de* Fran-
cesi. In. 1 . 109. 23 . 9o. Pg. 15, 97.
Par. 20 , 39. 22 , 44.
Vime - per legame , dal latino vimen. Pv .
28 , 100. 29 , 36.
Vincastro- verga , bacchetta, lo. 24 , 14.
Vincente - che avanza e vince. Par. 10,
64.
Vincere -» per attrarre a sé. Par. 28 , 128.
per abbagliare. Par. 29 , 9. 30 , 11.
Vinci • nome , per vincoli , lesami. Par.
14 , 129.
Vincia - per vincea , in rima. In, 4, 69.
Vinum non habeni - Non hanno vino, pa-
role della Beata Vergine al suo diria
Figliuolo , nel convito di Cana di Ga-
lilea. V. TEvangelio di s. Giovaoni, al
capo 2. vario 3. Pg. 13 , 29.
Viro -per uomo fatto. Lat. vtr. In. 4,
30. per illustre personaggio. Par. 24,
34. Più che viro , cioè uomo di straor-
dinario valore. Par. 10 , 132.
Virtù - U tre sante virtù , cioè , U fede,
la speranza e la carità • proprie de* Cri-
stiani , e non conosciute da Gentili. Pt.
7, 35.
Virtualmente - in virtù e potenza. Pg.
25 , 96. 30 , 116.
Virtù che vuole , chiama Dante la voloa-
tà. Pg. 21 , 105.
Virtù che vwde Freno a mo prode, ààh
ma Dante V appetito il quale ricefa
d'esser frenato per sua utilità. Par. 7.
Ftrum non cognoeco • Io non conosco
mo , parole della Beata Vergine alTaa-
gelo Gabriello , registrate nel Vaanr-
lo di s. Luca , al cap. 1 , yers. K.
Pg. 25 , 128.
Visaggio - viso , faccia , in rima. In. 16,
35.
Visibile parlare * cioè , scultura cheatoT'
DELLE PAROLE E FRASL
665
za di atteggiamenti rappresenti al tìvo
gli affetti delle persone , come se si
udissero le parole. Pg. 10 , 95.
Visibile soverchio - per eccessivo splen-
dore. Pg. 15 , 15,
Visione , chiama Dante T argomento di
questo suo Poema. Par. 17 , 128. v.
Assonnare.
Viso -per occhi, vedére , vista. In. 4,
11. 9, 55, 74.16.123.20,10.31.
11. Pg. 9 , 84. 15 , 26. 17 . 41. Par.
3, 129. 17 , 41. 21 , 20 , 61. 22 ,
69 , 133. 23 , 33. 27 , 6 , 73. per
vista 0 intendimento. Par. 31 , 27.
Viso - fu viso a me , cioè , parve a me.
Lat. visum est mihi. Par. 7 » 5.
Viso bello -Par. 18, 17. evisoOv*ogni
cosa dipinta si vede, cioè, la faccia
d'Iddio. Par. 24 , 41.
Viso che più trema - cioè . gli occhi più
infermi e deboli. Par. 30 , 25.
Viso spento - occhi abbagliati. Par. 26, 1.
Vispistrello - nottola. In. 34 , 49.
Vista - per faccia , sembiante. Pg. 18 ,
3. per cosa veduta , o prospetto. In.
1 , 45. Par. 32, 99. 33 , 136. per
finestra. Pg. 10 , 67. per stella. Par.
30, 9.
Vista - in vista si moviino , cioè , pare*
va che si movessero. Pg. 10, 81.
Vista etema - per visione beatifica. Par.
8. 21.
Viste - per vista. Pg. 31 , 15.
Viste - per guardature , occhiate. Pg.
31 ,115.
Viste alla prima gente - cioè , vedute dal-
la prima gente. Pg. 1 . 24.
Viste superbe - Par. 30, 81. v. Superbe.
Viste superne - per le stelle da noi vedu-
te. Par. 23 , 30.
Vita - per anima beata. Par. 9, 7. 12.
127. 14 , 6. 20 , 100. 21 , 55. 25 ,
29.
Vita - per azioni. Pau 19 , 75. Cosi Ora-
zìo : Integeif vitae , scelerisque puruf.
Vita lieta , chiamano i dannati quella che
vissero al mondo. In. 19 , 102. v. Bel-
la vita. *"
Vita Nuova - per la gioventù e adolescen-
za. Pg. 30 , 115. e forse in questo luo-
go allude il Poeta ad un certo libro da
lui composto , intitolato Vita Ifuova ,
che ancor si legge.
Vita serena - In. 6 , 51. 15 , 49. v. Fi-
fa Itela.
Vittoria -per tal valore ed eccellenza, che
vinca e trapassi ogn' altra. Par. 33 ,
75.
Viva foresta-selva sempre verde.Pg.28,2.
Viva giustizia - cioè , vera , immutabile.
Par. 19 , 68.
Vivagno - orlo , estremità. In. 14 , 123.
23 , 49. Pg. 24 , 127. orlo di drap-
po. Par. 9 , 135. e qui prendesi per
tutta la veste; come spiegano comune-
mente gli spositori , quando non si vo-
lesse intendere gli orli delle carte de'
libri , logori e bisunti dal troppo vol-
targli.
Viva voce - per chiara e articolata. Pg.
33 . 27.
Vivemo - viviamo. In 4 , 42.
Vive travi - alberi. Pg. 30 , 85.
Vivette-per visse. Pg. 14, 105.
Vivissimo - per veloctissimo , sommamen-
te mobile. Par. 27 , 100.
Vivo- risto più viva, che meglio e più
esattamente discerne. In. 29, 54.
Vivo aere , sembra che il nostro Poeta
chiami la parte più sublime e pura di
esso , la quale trascende i confini del-
Fatmosfera , cioè della regione ingom-
brata da' vapori e dalle esalazioni. Pg.
28. 107.
Viziare - per offuscare. Par. 18 , 120.
Viziato - per vizioso, Pg. 7 , 110.
Vizzo -dicesi delle cose che anno perdu-
to la lor sodezza o durezza , per fa-
cile ad intendersi. Pg. 25, 27.
Ultimare • finire , terminare. Pg. 15, 1.
Ultima sera - per la morte. Pg. 1 , 58.
UltimQ- per compimento e perfezione del-
lopera. Par. 30 , 33.
Umana colpa, chiama Dante il peccato
originale. Pg. 7 , 33.
Umilemente - umilmente. Pg. 9, 108.
Uncinare- pigliar coll'uncino. In. 23 . 141.
Unghia - per unghie , aunghia stoMrte. In.
17 , 86.
Unghiato - armato d*unghie. In. 6 , 17.
84
666
DIZIONARIO
Unghie ' aver runghie fene , per ben di-
ftceroere tra cosa e cosa, ma princi-
palmeote tra le cofe spirituali e le tem-
porali. Pg. 16 , 99.
Uno- QuelCuno e due e tre che sempre vi-
ve , retema Trinità delle divine Perso-
ne, Par. li . 88.
Uno - veder colCuno , cioè ,. con un sol
occhio. In. 28 , 85.
Unquanche - mai , giammai , unqaa , s'ac-
compagna sempre col tempo passato.
In. 33 , 140.
Unqaanco - lo stesso che unquanche. Pg.
l , 76. Par. 1 . kS.
Unque - unqua , mai. Lat. unquam. Pg.
3, 105. 5, k9. Pftr. 8, 29.
Un' È*aff eliaca in terra il gommo bene ,
quando Adamo ancora viveva - cioè , si
chiamaya con voce ebraica che signi-
ficava uno , altri leggono EU Par. 26,
13&..
Un : Troppo fiso - cioè , troppo fiso mira-
re è il tuo. Pg. 32 , 9.
Vocale spirto r per canto , o vena poeti-
ca. Pg. 21 , 88.
Voce • per fama. In. 33 , 85. Pg. 26 ,
121. per nome. In 16 , 41. Par. 18,
32 , 25, 7. Dar mala voce a chi che
sia, per dirne male. In. 7, 93.
Voce di pianto - cioè , flebile , compas-
sionevole. In. 19, 65.
Voce ferma , dicesi quella del tenore , che
sostenta la musica : tM>ce che va e rie-
de , quella del soprano , e contralto ,
che sovente si spezza , e vassene co-
me vagando. Par. 8 , 18.
Voi - Dal voi che prima Roma sofferie ,
cioè , dairuBO del voi che fu dato da'
Romani a Giulio Cesare prima d'ogn al-
tro , quando fu creato dittatore perpe-
tuo ; per essere in lui solo raccolta lau-
torità di tutti i magistrati , dandosi per
altro del tu ad ogni persona singolare;
come facevasi nella medesima città an-
che attempi di Dante , senza eccezio-
ne alcuna. Par. 16 , IO.
Fot che , intendendo , t7 terzo del more-
te - principio d* una canzone di Dante
Par. 8 , 37.
Volen - vogliamo. Par. 32, 111.
Voler dirittamente - per esser giusto. Par.
17. 105.
Volere -aoer volere, desiderare. Par.
11, 22.
Volere - si vuole , cioè , si dee , si coik
viene , bisogna. In. 16 , 15. Pi. 13,
18. 23. 6. Par. U, 81. Ì6;m.
20 , 33. e in altrì luoghi.
Volgénsi - volgevansi. Par. 12 , 20.
Volgere - per circondare , ftsciafe. In.
18 , 3. per estendersi in dro. In. 29
9. 30 , 86.
Volger le poppe u sob le prore - per can-
giar maniera di governo. Par. 27, 146.
Volgersi in su che che sia - per consi-
derare qualche cosa. Pg. 3t , 80.
Volitare - svolazzare , è voce latiiu. Par.
18, 77.
Volontier - volentieri. In. 33 , 127.
Volpe -figura dell'eresia. Pg. 32, IH.
Volta - per volgimento , giro. Par. 28. 50.
Volta della chiave - per lo volgimento di
essa chiave , che si b neir aprire e
serrare. Par. 5 , 56.
Volta prima , chiama Dante il primo mo-
bile , cielo che in so contiene tutti gli
altri cieli , e produce il moto diurno,
volgendosi d'oriente in occidente in vah
tiquattr' ore. Pg. 28 . 104.
Volto - per vista. Par. 25 , 27.
Volvere - volgere , è voce latina. In.
10, 5.
Volume - per cielo che si volge. Par. 28,
14. Anche da' poeti latini fu adopera-
ta la parola volumen per esprimere il
giro continuo delle sfere celesti. Basii
per tutti Ovidio nel 2. libro delle tra-
sformazioni , al verso 70. :
Adde^ quod aaidua rapiiur vertigine c§i-
lum ,
Sideraque alta trahit, celeriq%M «ofwnt-
ne torquet.
Volume di sole - per 1' anno. Par. 26 .
119.
Volume in cui si lega Ci^ che per Fa-
ni verso si squaderna - cioè , il somino
Iddio in cui stanno emineolemeote tii-
te le perfezioni delle cose create , cb0
in esse qua e là sono S|)ar8e. Par. 33.
86. In questo significato prendono al-
DELLE PAROLE E FRASI.
667
cuoi -epositori della scrittura sacra quel-
le parole del salmo k9 al verso 11. :
Et pulehritudo agri mecum est; poste
dal Profeta in bocca allo stesso Dio.
Volume maggiore , Du*non si muta mai
bianco né bruno - cioè , lo stesso Dio
immutabile, e i suoi eterni decreti.
Par. 15 , SO. Allude il Poeta a' libri
di cartapecora • ne' quali Y una facciata
è candida , Y altra fosca.
Uomo - in vece d' altri , o ciascuno. Pg.
2& , i5. e in altri luoghi.
Uomo d'intelletto - cioè , savio , accorto,.
di senno. In. 2 , 19.
Uomo di sangue e di corrucci - cioè ,
sanguinario , omicida , facile a montare
in collera. In. 24 , 129.
Uom senza cura - uomo trascurato , spen-
sierato , negligente. Pg. 6 , 107.
Vonno- per vanno, in rima. Par. 28, 103.
Uopo - bisogno , mestieri. Pg. 17 , 59.
18, 93, 130. 26, 19. Par. 8, Ili.
dal latino opus ett , opus habeo.
Vosco - con voi. Lat. vobi»cum, Pg. 11,
60. U, 105. 16. 141. Par. 22, 115.
Voti manchi - cioè , non adempiti. Par,
4, 137.
Votivo grido - voto fatto ad alta voce.
Par. 8, 5.
Urge - per incalza, stimola , spigne. Lat.
urget. Par. 10, 142. 30, 70.
Usare - per praticare. In. 22, 88. e in
altri luoghi. 11 Boccaccio n' è pieno.
Usata - per usanza. Pg. 22, 81.
Uscio ' per usci, io rima. In. 27, 78.
Usciere - guardiano dell* uscio , portinaio.
Pg. 4, 129.
Uscinci incontro - ci uscirono incontro.
In. 14, 45.
Uscio - per usci. In. 2, 105.
Uscio - per le 'mposte che serrano l'uscio
Pg. 9, 130.
Uscio de' morti - porla dell' Inferno. Pg.
30, 139* maniera 4^' Latini. Properzio
neir ultima el^a del 4, libro :
Duine , PàuU$ , meum lacrimis urgere
sepulcrum :
Panditur ad nuUa$ janua nigra prece$.
e più sotto :
Vota movent Superos, ubi Portttor aera
recepii,
Obserat umbroson lurida porta rogos.
Uscire ad atto - per quel congiugnersi che
fanno insieme la materia e la forma a
costituir qualche cosa. Par. 29, 23.
Uscissi - s' usci. Par. 20, 28.
Uscita ne' rami -il germogliare. Pg. 7;
132.
Uso - per avvezzo , usato. Par. 3, 106.
Uso del suo ammonire - cioè , avvezzo
alle sue ammonizioni. Pg. 12. 85.
Usuriere - usuraio , chi presta danari ad
usura. In. 11, 109.
Vui- voi , in rima. In 5, 95.
Vuo.sli - vogli , da voglio. Par. 4, 30.
Vuoii " per vuoi , in rima. In. 29, 101 .
Vuoisi - per si dee , sì conviene. Pg. 12,
7. V. Volere.
Vuóml - mi vuoi. Pg. 14, 78.
Zal)i-In. 31, 67. v. Rafel.
Zaffiro - per la Beata Vergine. Par. 23 ,
101.
Zanca -gamba. In. 19, 45. 34, 79.
Zara - sorta di giuoco che si fa con tre
dadi. Pg. 6, 1. V. gli spositori , e il
Vocabolario della Crusca.
Zavorra- per valle di terreno arenoso ,
com' era la settima bolgia dell'Inferno.
In. 25. 142.
Zeba - capra. In. 32, 15.
Zenit - il punto verticale o perpendicolare
sopra il capo di ciascheduno ; secondo
gli astrologhi. Par. 29, 4.
Zona - cintura , è voce latina. Il sole e
la luna Fanno dell' orizzonte insieme
zona, quando, essendo l'uno in Ariete,
Y altro in Libra, segni opposti dello zo-
diaco ; r uno d* essi tramonta , e 1* al-
tro si leva : perchè allora vengono co-
me a fasciarsi delf orizzonte. Par.
29, 3.
Zona intomo alla luna -v. Filo,
Zucca - per capo. In. 18, 124.
I Zuffa -rissa , combattimento. Io. 7, 59.
18, 108. 22, 135.
Fine della parte prima.
aoe
PARTE SECONDA
NE LI A OVALE SI RAPPORTANO TUTTI I NOMI PROPRJ COSÌ DI PERSONE , COME DI
LUOGHI , TOCCATI DA DANTE ALUGHIEHI NEL SCO POEMA ; E SE XE SPIEGA-
B&tVEMENTE LA STORU , O LA FAVOLA.
Abati o degli Abati - TamigUa nobile fio- 1 Achille - figliuolo di Paleo e di Teti dea'
reotioa. In. 32 , 106. y. Bocca, ac
cennata , secondo alcuni spositori , per
quei che fon dii fatti Ptr lor $uperòia.
Par. 16 , 109.
y j4bbagliato - sanese ; uomo goloso , che
consumò il suo in crapule. In. 29, 132.
Abele « patriarca , figliuolo 6* Adamo; ac-
cetto a Dio pernia sua innocenza; uc-
ciso da Caino , suo fratello , per in-
vidia, y. la sacra Genesi. In. k. 56.
marina ; uomo , sopra tutti i Greci che
andarono a Troia , fortissimo , egli è
r eroe d* Omero nella Illiade. In. 5 ,
65. Dice Dante , Che con amore aì
fine combattéo , io intendo , che si ri-
dusse finalmente a combattere , e ad
aiutare i suoi nazionali oppressi da' Tro-
iani , mosso dall' amore eh* ei portava
al suo compagno Patroclo che gli era
stato ucciso da Ettore.
Abido - castello sull* Ellesponto , dalla i Achille - nudrito da Chirooe centauro. la.
parte delV Asia ; uno de due Darda-I 12 , 71.
nelii ; patria di Leandro » giovane a-| Achille - ama e poi abbandona Deidamfa,
moroso , celebre nelle antiche favole. 1 figliuola di Licomede re di Sciro. In'
Pg. 28 , 7&. 26 , 62. v. Deidamia.
Abraàm - patriarca ; personaggio notis- 1 Achille - La lancia d' Achille , eh* egli a-
simo nelle sacre scritture. In. i^ , 58. | veva ricevuta in eredità da Peleo suo
Absalone - figliuolo del re Davidde ; gio-
vane bellissimo , ma ribelle al padre;
la cui morte è notissima per lo sacre
scritture. In. 28 , 137.
Acàm - soldato ebreo , il quale dopo la
espugnazione di Gerico , centra il co-| In. 31 , 4.
mandamento di Giosuè , lasciatosi vin- Achille -
padre , era di tal virtù » che la sua
ruggine applicata in forma d'empiastro
alle ferite con essa fatte , le risanava:
come appunto avvenne a Telefo figliuo-
lo d' Ercole ; del quale v. le favole.
cere aQ* avarizia , furò una parte del-
la preda la quale Iddio non voleva che
fosso tocca , e nascosela sotterra nel
suo padiglione : il che inteso , Giosuè
il fece lapidare. Pg. 20 , 109.
d'Accorso , Francesco - In. 15 , HO. v.
Franceeco, I
Acheronte - uno de' fiumi dello Inferno;
cosi chiamato con greco nome, dalla
privazione d* ogni allegrezza. In. 3, 78.
Ik , 116, Pg. 2 , 105. e perciò ben
disse Dante , triéta rivitra iAckmnìte. \
tolto dalla madre Teti a Chiro-
ne centauro , suo precettore ; e tra-
sportato , mentr egli dormiva, nell' i-
sola di Sciro , dove dimorò alquanto
tempo in casa del re Licomede , ve-
stito da donzella , sino che fu scoperto
per astuiia d' Ulisse , e condotto alla
guerra di Troia. Pg. 9 , 34.
Achille - Azioni di questo eroe , materia
d'un poema di Stazio, intitolato Achil-
leide , lasciato dall'autore imperfetto.
Pg. 21 , 92.
Achitofele - fu colui che mise diicordià
670
DIZIONARIO
tra AbsaloDe e il re DaTidde suo pa-
dre ; come si à nella scrittura sacra,
lo. 28 , 137.
'Acone - piviere sul Fiorentino. Par. 16,
65.
Acquacheta - cosi chiamasi il fìume Mon-
tone . avanti che dall' Apenniuo scen*
da alla pianura. In. 16 , 97.
Acquasparta - villa nel contado di Todi,
Par. 12 , i2k. v. Matteo.
Acri - città nobile della Soria ; altrimenti
detta Tolemaide ; tolta a' Cristiani dai
Saracini , e data al Soldano. In. 27,
89.
Adamo - primo padre del genere umano.
In. 3, 115. i. 55. Pg. 11 , W.29,
86. 32 , 37. Par. 13 , 111. accenna-
to. Par. 32 , 122 , 136. circoscritto.
Par. 13 , 37. ebbe da Dìo la scienza
infusa , ivi, terra di cui fu composto,
fu fatta degna Di tutta V animai ;>er-
fe:sione. Par. 13 , 82. Quei (f Adamo,
chiama il Poeta nostro la carne. Pg.
9, 10.
Adamo - detto anima prima, Pg. 33 ,
62. Par. 26 , 83. Anima primaia. Par.
26, 100. QuelVuom che non nacque,
perchè usci immediatamente dalle ma-
ni di Dìo, Par. 7 , 26. pomo che ma-
turo Solo prodotto fu, cioè, uomo che,
fuor dell' uso d* ogni altro , fu creato
da Dio in età matura. Acuì ciascuna
$po$a e figlia e nuro. perchè essendo
egli padre comune degli uomini e delle
donne , viene la donna per sé mede-
sima ad esser figliuola d' Adamo e ,
per ragion dei marito , nuora. Par.
26 , 91 , e segg.
Adamo - maestro Adamo , bresciano ; il
quale richiesto da' conti di Romena ,
luogo vicino a' colli del Casentino , fal-
sificò la lega del Batista , cioè del fio-
rin d* oro che à da una banda s. Gio-
vanni Ratista , e dall' altra il giglio :
per la qual cosa fu preso e abbrucia-
to. In. 30 , e 61 , e segg.
Adamo ed Eva - detti dal Poeta , radi-
ce umana. Pg. 28, U2.
Adice o Adige - fiume celebre d' Italia ,
nasce nell* Alpi del Tirolo ; e bagnan-
do le città di Trento e di Verona ,
viene a scaricarsi nell'Adriatico. In.
12 , 5. Pg. 16 , 115. confine della
Marca Trivigiana. Par. 9 , kk.
Adimarì • famiglia nobile fiorentÌDa , ac-
cennata dal Poeta , secondo gli sposi-
tori. Par. 16 , 115.
Adriano lito - cioè , dell' Adriatico; ov'è
posta Ravenna. Par. 21 , 123.
Adriano Y. - sommo pontefice ; detto pri-
ma m. Ottobuono (iè'Fifsc^t genovesi,
conti di Lavagno , visse nel papato oo
mese , e giorni nove. Pg. 19 , 99 , e
«egg.
Adriatico mare - riceve briga dal vento
Euro. Par. 8 , 68.
Affricano , fu detto Scipione il maggiore.
* Pg. 29 , 116. V. Scipione.
Agabito o Agapito I. - sommo pontefice,
converte dall'eresia Eutichiana Gioiti-
niano imperadore. Par. 6 , 16.
Agamennone - chianuto dal Poeta nostro ,
lo gran duca de Greci che andarono
all' assedio di Troia ; come da Onero
è detto re de're. Costai per ottenere
vento propizio all' annata sua navale
che era trattenuta nel porto d* Aubde
acconsenU che sua fig^ola Ifigenia
fosse sacrificata alla dea Diana ch'era
contra di lui sdegnata. Ma la Dea mof-
sa a compassione della innocente gio-
vane , la fé rapire , e portare nella
regione taurica ; e In tua vece snp-
?[)se una cerva per lo sacrifìzio. Par.
. 69.
Agatone - poeta greco antico « d* una fa-
vola del quale , intitolata {* Anto o ti
Fiore , fa menzione Aristotile nella sua
Poetica. Pg. 22, 107.
Aglauro - figliuola d* Eritteo re d* Atene.
Costei portando estrema invidia alla
sorella Erse amata da Mercurio. •
opponendosi con ogni sua possa a* la-
ceri di quel Dio, fu da lui convertita
in sasso. Pg. ik, 139. v. Ovidio nel
2. delle Trasformazioni.
Agnelo 0 Angelo Rrunelleschi - fiorentino
inteso da Dante. In. 25, 68. coom vo-
gliono gli antichi spositori.
I Agobbio o Gubbio -eitti dallo sUto detta
DELLE STORIE E FAVOLE.
671
Chiesa , nel ducato d' Urbino. Pg. 11,
80.
0. Agostino - dottor esioaio di santa chie-
sa , fu di Cartagine , e vescovo d* Ip-
pona in Affrica. Par. Iq, 120. 32, 85.
Agostino - frate Minore ; uno de' primi
compagni di s. Francesco. Par. 12,
130.
Agosto -Tettavo mese dell'anno, cosi
nominato dall' imperadore Augusto. Pg.
5, 39.
Aguglione - v. Baldo.
Agusto - cosi scrivevano gli antichi To-
scani , in vece d* Augusto. Questi fu il
secondo imperadore di Roma ; sotto
cui nacque Gesù Cristo. In. 1, 71.
Alagia de' conti Fieschi di Genova - nipo-
te di papa Adriano V. maritata come
alcuni scrivono , al marchese Marcello
Malespini. Pg. 19, 1(^2.
Alaqna o Anagni • città della Campagna
di Roma. Pg. 20, 86. Par. 30, 148.
Alardo - gentiluomo francese, capitano
del re Carlo d' Angid , vince Curradino
nipote del re Manfredi. In. 28, 18.
Alba Lunga - città del Lazio , ove i di-
scendenti d* Enea regnarono per trecen-
to e più anni, fino a* tempi di Romo-
lo. Par. 6, 37.
Alberichi - famiglia nobile fiorentina. Par.
16, 89.
Alberigo de' Manfredi , signori di Faen-
za - frate Godente , il quale essendo in
litigio cogli altri frati del suo ordine ,
fìnse di volersi comporre e rappacifi-
care con loro , e invitolli ad un lautis-
simo convito ; e dato il segno a* suoi
sgherri , che quando comandasse che
si portassero le frutte , uccidessero
tutti i convitati , venne a fine de' suoi
perversi disegni. In. 33, 118.
Albero da Siena - figliuolo del vescovo di
quella città ; giovane di grossa pasta.
In. 29, 109. V. GriffoUno.
degli Alberti, Alessandro e Napoleone- In.
32, 55, e segg. v. AU$$andro ec.
Alberto - abate in s. Zeno a Verona uo-
mo di santi costumi , a' tempi di Fe-
derigo Barbarotsa imperadore. Pg. 18,
118.
Alberto - duca d' Austria , figliuolo primo-
genito di Ridolfo imperadore; e dope
Adolfo , anch' egli assunto alla imperiai
dignità. Pg. 6, 97. uccide il re di Pra-
ga , cioè di Roemmia ; ed occupa quel
regno. Par. 19, 115.
Alberto degli Alberti - signore della valle
di Falterona in Toscana , padre d'Ales-
sandro e di Napoleone. In. 32, 57. v,
Metiandro e Napoleone.
Alberto della Scala - signor di Verona.
Costui fece abate di s. Zeno io quella
città un suo figliuolo naturale , dlfet^
tuoso di corpo e d' animo , accennato.
Pg. 18. 121.
Alberto Magno - di Cotogna , città di
Germania; frate dell'ordine de' Predi-
catori, uomo dottissimo in tutte le scien-
ze , scrittore di molti volumi , e mae-
stro di s. Tommaso d' Aquino. Par.
10, 98.
Albia 0 Albi fiume grossissimo di Roem«
mia. Pg. 7, 99.
Alboino della Scala - accennato. Par. 17,
71. V. Bartolommeo della Scala.
Alcide - ama Iole. Par. 9, 101.
Aldobrandesco , Guiglielmo • Pg. 11 ^ 59.
r. Guiglielmo.
Aldobrandi , Tegghiaio - fiorentino , della
nobil famiglia dògli Adioiari ; uomo per
li suoi consigli molto eccellente. In.
16, 41.
Alessandria della Paglia - città dello stato
di Milano. Pg. 7, 135.
Alessandro - conte di Romena. In. 30,
77. V. Maestro Adatno.
Alessandro e Napoleone degli Alberti - fi-
gliuoli d* un Alberto signore della valla
di Falterona in Toscana ; i quali dopo
la morte del padre tiranneggiarono ì
paesi circonvicini ; e finalmente venuti
in discordia tra di loro j Y uno uccise
r altro. In. 32, 55, e segg.
Alssandro Fereo - tiranno di Tessaglia ,
molto crudele , come bene spiega il
Vellutello centra il Landino ed altri
cementatori , i quali malamente inte-
sero Aleesat^Aro Magno. In. 12 , 107.
Alessandro Magno - figliuolo di Filippo re
di Macedonia » e di Olimpiadi sua me-
.672
DIZIONARÌO
glie ; personaggio nelle storie notissuno.
In, U, 31. -
Aletto - una delle tre Furie infernali. In.
9. W.
Alfonso - re di Spagna , a' tempi di Dan-
te ; uoDQO effemminato. Par. 19, 125;^
Alfonso - terzo figliuolo di d. Piero di
di Navarra , re d' Aragona ; il quale
non ereditò di suo padre altro che 1
valore , accennato. Pg. 7, 116.
Alfonso - zio di d. Federigo re di Sicilia
Costui fu coronato re di Maiorica e Mi-
nerica ; ma con brutte operazioni mac-
chiò la corona , Par. 19, 137.
AH - discepolo e seguace di Maometto ,
Dia io alcune cose discordante da lui;
sicché venne a formare una nuova setta
seguita infin oggi dalla gente soggetta
al Soft , cioè al re di Poesia^ in.
28, 32.
Alichinp -nome di demonio. In 21, 118.
22, ti2.
AMghiorì - famiglia nobile in Ferrara. Una
donna di questa casa fu maritata a m.
Cacciaguida cavalier fiorentino, ante-
nato del nostro Poeta ; de* quali due
consorti nacque Alighieri , da cui Dan-
te ricevette il suo cognome , accennasi
ciò. Par. 15, 138.
Alighieri - figliuolo dì Cacciaguìda , e bi-
savo del nostro Poeta ; punito per la
sua superbia nel primo girone del Pur-
. gatorio , accennato. Par. 15 , 91.
Almeone - figliuolo d* Anfiarao e d' Erifile,
Costui fu uccisor della madre. Pg. 12,
50. Par. k , 103. v. Enfile.
Alpe-Pg. 17, 1. 33, 111.
Alpi donde nasce il Po - Par. 6 , 51.
Altaforte - rocca d'Inghilterra, tenuta e
difesa da Bertramo dal Bornio ; dove
fu assediato il principe Giovanni dal re
Arrigo d' Inghilterra , suo padre. In.
89 , 29.
Alverna - monte asprissimo tra il Tevere
e r Amo , dove s. Francesco ricevette
le sacre stimmate del Salvator nostro.
Par. 11 , 106.
Aman - gran capitano dell' esercito d'As-
suero re di Persia. Costui odiando a
morte Mardocheo zio della regina Es-
ter • perchè non èra da itii eome di
tutti gli altri adorato , persuase il re
a far morire tutti gli Ebrei che nego-
ziavano nel suo reame, eome gente imi-
tile , e che niente lo stimava ; e di pì&.
a far crocifiggere Mardocheo. La re-
gina Ester , mossa a compassione e del
zio e della sua nazione , tanto suppK-
oò il re suo marito , che il fece mutar
proposito , e ritrattar la sentenza. Cosi
Mardocheo fu innalzato ad onori sublt-
ini , e il snperbo Aman fu crocifisse
a quella trave medesima eh* egli avea
fatta innalzare per crocifiggerai Mar-
docheo , accennato. Pg. 17 , 26.
Amata - moglie di Latino re degli Abo-
rigini , popoli d* Italia antichissimi , U
quale per tema grande eh* Enea avesse
ucciso Turno a cui sua figliada Lavi*
nia era stata promessa in isposa , di-
sperata s' impiccò , accennata. Pg. 17.
Amiclate - povero pescato re , il quale .
come rìferìsce Lucano nel 5. della Far-
saglia , tragittò colla sua barchetta ffi
Diirazzo in Italia Giulio Cesare che de-
siderava di trasportare nell'Epiro il re-
stante delle sue genti. Par. 11 , 68.
Amidei - famìglia nobile fio rentina , da cui
nacquero le discordie e^le nrine deìh
città i per essere stata una di questa
famic^lia , ripudiata da Buoodelmoate
de' Buondelmonti , accennata. Par. 16,
136.
Amore - ferisce Venere sua madre. Pjt.
28,66.
Anacreonte - nato in Teo » città delf anti-
ca Ionia ; poeta lirico I^;giadrìssioio.
Pg. 22 , 106.
Anagnl. v. Alagna.
Anania - uno de discepoli del Signore: il
quale rendette la perduta vista a s. Pao-
lo. Par. 26 , 12.
Anassagora Clazomenio • filosofo dogma-
tico antichissimo ed eccellente. In. k .
137.
Anastagi - famiglia nobilissima di Raven-
na. Pg. ìk , 107.
Anastagio*papa , che visse a' tempi di
Teodorìco re d' Italia ; penrerllto da Fo-
DELLE STORIE E FAVOLE.
673
tino eretico » secondo Dante : il che è
falsissimo. v. gli scrittori delle ^Ite de*
ponteGci. Io. 11 , 8. t. Fatino.
Anchise - troiano , figliuolo di Capi , che
della dea Venere generò Enea , sog-
getto notissimo per Io poema di Vir-
gilio. In. 1 , 7<k. Pg. 18 , 137. mori
e fu seppellito in Sicilia. Par. 19 , 182.
r ombra di lui accoglie con tenerezza
il figliuolo ne* campì Elisi. Par. 15 » 25.
T. Virgilio nel 6. dell' Eneide.
Anfiarao- figliuolo d*Oicleo; indovino a'snoi
tempi celebratissimo. Costui fu uno de'
sette regi che assediarono Tebe per ri-
mettervi Polinice. Andò alla guerra mal
^volentieri , indottovi dalle astute ma-
niere d) Enfile sua moglie. Mentre un
giorno , assiso in un cocchio , valoro-
samente combattea , fu assorbito vivo
insieme col cocchio e co*cavalli da una
voragine che all' improvviso nella terra
s'aperse. In. 20, Zi.
▲nfione - figliuolo di Giove e d'Antiope,
musico eccellentissimo , il quale , se-
condo le favole , colla forza della sua
cetre fece discendere i sassi dal monte
Gterone , e formar con essi le mura
di Tebe. In. 32, 11.
Angeli - ultimo coro degli spiriti celesti
della terza gerarchia. Par. 28 , 126.
11 Poeta qui dice angelici ludi.
Angeli ribelli - precipitati all'Inferno. Par.
29. 50.
Aogìolello da Cagnano-onoratissimo gen-
filoomo di Fano , fatto annegare alla
Cattolica da Malatestino di Rimini , in-
sieme eoo Guidodel Cassero. In. 28, 77.
s. Anna- madre di Maria Verdoe. Par.
82 , 183.
Anna -suocero di Caifas pontefice de* Giu-
dei, accennato. In. ^> 121.
Annibale - capitano de* Cartaginesi , gran-
dissimo nemico de' Romani , vinto da
Sdpione. In. 31 , 117. Par. 6 , 50.
s. Anselmo - fu normando » e arcivescovo
di Conturbia , scrisse molti trattati di
teologia. Par. 12, 137.
Anselmuccio- figliuolo del conte Ugolino
della Gerardesca ; morto di fame insie-
BC tot padre. In. 38 » 80. t. Uidkio.
Antaodro- città marittima della FrigU Mi-
nore ; donde Enea fece vela per venire
in lUlia. Par. 6 , 67.
Antenóra - prigione d' Inferno , dove sono
puniti i traditori delle lor patrie ; detta
da Antenore troiano , il quale , secon-
do alcuni storici, se la intendeva co'Gre-
ci. In. 32 , 88.
Antenati , chiama 0ante i Padovani , |a
città de' quali fu fondata da Antenore.
Pg. 5 , 75.
Anteo - gigante di Libia , nato di Netton-
no e della Terra . alto quarante cubiti.
Costui lottando con Ercole , ogni volto
che in terra cadeva , riprendeva nuove
forze , e risorgeva più vigoroso , la
qual cosa osservando Ercole , alzandolo
di terra , e stringendoselo al petto , il
soflbcò. In. 31 , 100 , e segg.
Antigone - figliuola d' Edipo re di Tebe.
Costei fessi guida del cieco suo padre ,
cacciato in esilio da Creonte : per la
qual cosa dal tiranno fu fatta morire,
ma , come scrive Sofocle in una sua
tragedia di questo nome , fu seppellita
viva per aver dato sepoltura al corpo
di Polinice suo fratello, centra il re-
gio divieto. Pg. 22 , 110.
Antioco - re di Siria e di Gerusalemme,
accennato da Dante. In. 19 , 87.
s. Antonio - padre antichissimo de* mona-
. ci , uomo di subDme e maravigliosa
Tiftù. Suoi frati de* tempi di Dante ,
biasimati. Par. 29 , 124^.
Anziani - nome del supremo magistrato di
Lucca. In. 21, 38.
Apennino- monte famosissimo, che si sten-
de co' suoi gioghi da ponente in levan-
te , dividendo I' I talia tetta in due par*
ti , runa settentrionale , verso il mare
Adriatico ; l' altra meridionale , verso
il Tirreno. In. 16 , 96. 20 , 65. Pg.
S , 96. 14 , 92. chiamato dal Poeta
nostro , dono d! Italia. Pg. 30 , 86 ,
circoscritto. Io. 27 , 29. Pg. 14 , 31,
e segg. Par. 21 , 106, e segg.
Apocalisse-libro profetico oscorissimo del-
la divina scrittora , dettato da s. Gio-
vanni Vangelista. Questo è nome gre-
co , che rJBfbuteiis significa ,
en
DIZIONARIO
nato. Io. 19 , 106. Pg. 29 , 105.
Apolline * cioè , il sole , detto dal Poeta,
occhio del cielo. Pg. 20 , 132.
Apollo- figliolo di Giove e di Latona , Dio
della poesia o della medicina. Par. 1,
13. 2, 8.
Apostoli - detti dal Poeta , messaggi dd-
r etemo regno. Pg. 22 , 78.
Aquario -l* undecime segno dello zodiaco.
Finsero i poeti, che costui fosse Ga-
nimede coppiere di Giove. In. 24 , 2.
Aquilone - vento che spira dal settentrio-
ne ; detto altrimenti Borea e Tramon-
tana. Prendesi ancora pel settentrione
medesimo. Pg. 4 , 60. 32 , 99.
Arabi - coir accento acuto sulla seconda
sillaba , in grazia della rima. Per Ara-
bi pare che intenda il Poeta i Numidi,
ed altre genti barbare dell' Aflrica , che
passarono in Italia con Annibale cen-
tra i Romani. Par. 6 , k9.
Aragne - donzella di Lidia , eccellentissi-
ma tessitrice e ricamatrice , la quale
montata in superbia , gareggiò con Pal-
lade in queir arte : ma vinta dalla Dea,
fu da lei uccisa, e convertita in ragno.
In. 17 , 18. Pg. 12 , kS. v. Ovidio nel
6. delle Trasformazioni.
Aragona - provincia del regno di Spagna.
Pg. 3, 116.
Aragonese nazione- egregia. Par. 19, 138.
V. Iacopo re d^ Aragona.
Arbia - fiume di Toscana , tra Fiorenza
e Siena ; presso il quale furono scon-
fitti i Guelfi da' Ghibellini , a' tempi di
m. Farinata. In. 10, 86.
deir Arca - famiglia nobile fiorentina. Par.
16, 92.
Arca del Testamento - Di essa v. i libri
delle divine scritture. Pg. 10 , 56.
Arcangeli - secondo coro d' angeli della
terza gerarchia. Par. 28, 125.
Archiano - fiume che nasce in quella co-
sta d* Apennino , eh* è soyra V eremo
di Camaldoli ; e scende in Casentino, e
mette in Arno tra Poppi e Ribbiena.
Pg. 5, 95, 125.
Ardinghi - famiglia nobile fiorentina. Par.
16, 93.
Aietioi - popolo d' Arezzo , illustro città
di Toscana. In. 23 , 5. chiamati da
Dante botoli, cioè cani piccioli e ?ili
Pg. U, W.
r Aretino - Fu costui m. Benincasa d A-
rezzo, dottissimo giuriscousulto, il qua-
le essendo vicario del podestà di Sìeiu
condannò a morte TurlnQ da Turrita,
castello nel Sanese , fratello di (]hino
di Tacco , e Tacco suo zio , perche
insieme con Ghino avevano tolto un
castello alla repubblica sanese chiama-
to Radicofani, ed in Maremma eser-
citavano latrocinio. Dopo di ciò m.
Renincasa andò giudice del tribuno
di Roma nel pontificato di Ronifazio.
li che intendendo Ghioo, andò a Roma
e con grande audacia entrò in casa e
nella sala dove m. Renincasa a banco
sedea , e quivi in presenza di molti
r uccise • e se ne venne a salvamen-
to colla testa che gli avea tagliata. Pg.
6, 13.
Aretusa - Ninfa amata da Alfco fiose
d' Arcadia ; la quale per fuggire gli
abbracciamenti di lui , tanto pregò gK
Dii , che fu convertila in fonte, la.
25, 97. V. Ovidio nel 5. delle Trasfor-
mazioni.
Arezzo - città nobile di Toscana. Io. 29,
109.
Argenti, Filippo - cavalier fiorentìDo del-
la nobil famiglia de' Cavicciuli che so-
no un de' rami degli Adimari ; uomo
ricchissimo , di grande statura , e di
maravigliose fòrze ; ma iracoodo fuor
di misura. In. 8, 61. v. il Roccaccio
nella 8. novella della 9. giornata.
Argia - figliuola d'Adrasto re degli Arp-
vi, moglie di Polinice. Pg. 22, 110.
Argo - nave , prima di tutte solca il ma-
re , sua ombra viene anunirata da
' Nettunno. Par. 33, 96.
Argo - pastore che avea nel capo cenVoc*
chi , secondo le favole. Fu scelto da
Giunone gelosa per custodire Io trasferì
mata in vacca: ma addormeotato da
Mercurio col suono , e col racconto ifi
varie favole , tra le quali fu quella di
Siringa ; fu dal medesimo ucciso. Pg.
29 , 95. 32 , 65. v, ^
DELLE STORIE E FAVOLE,
673
Argolica genie - cioè , greca , cosi detta
dalla provincia Argolide nel Pelopon-
neso , dove era Argos città nobilissi-
ma. In. 28 y 6k.
Argonauti - circonscritti. Par. 2 , 16. ac-
cennati. Pbr. 33 , 96.
Arianna - figliuola di Minos re di creta ,
e di Pasife sua moglie. Costei innamo-
rata di Teseo principe d'Atene , am-
maestroilo come dovesse uccidere il
Minotauro, e dicdegli un filo per u-
scire del laberinto , accennata. In. 12,
20 , fu rapita e poi abbandonata da
Teseo nell'isola di Nasso , dove trova-
ta da Bacco , fu da lui sposata , e fi-
nalmente una sua ghirlanda fu trasfor-
mata , dopo la morte di essa , in un
segno celeste di otto stelle unite in
forma di corona. Par. 13 , ìk.
Ariete - segno celeste , il primo dello zo-
diaco , accennato. Pg. 32, 53. chia-
mato stella migliore. Par. 1, 40. A-
rieie notturno dUpoglia, cioè quando
tal segno surge di notte , il mondo si
sp<^Ua delle sue bellezze : il che ac-
cade r autunno , quando il soie è in
Libra. Par. 28, 117.
Aristotile Stagirìta • maestro del grand A-
lessandro , e di color che sanno, come
dice /)ante ; prìncipe della setta Peri-
patetica, e Ira' filosofi il più famoso.
In. i , 131. Pg. 3 , la. tra gli altri
suoi libri scrìsse quelli che trattano
di politica, o sia della buona ammi-
nistrazione delle città e degli stati. Par.
8, 120. accennato. Par. 26, 38.
Arli - città famosa della Gallia Narbone-
se. In. 9 , 112.
Arnaldo Daniello -poeta e romanziere pro-
venzale eccellentissimo. Pg. 26, 115,
segg. e lfc2.
Arno - fiume nobilissimo di Toscana, che
bagna Fiorenza e Pisa , e mette nel
mar Tirreno. In. 13 , 1(^6. 23 , 95.
30 , 65. 33 , 83. Pg. 5 , 126. Par. 11,
106. circonscrìtto. Pg. ìk , 17, e segg.
chiamato da Dante , fumé reale. Pg.
5 , 122. fossa maladetta e sventurula.
Pg. 14 , 51. posto per Fiorenza. In.
15, 113.
Aronta o A ronte- famoso indovino della To-
scana , a' tempi antichi. Costui abitò
ne' monti di Luni sopra Carrara » nel
Genovesato. In. 20 , 46. v. Lucano nel
1. libro della Farsaglia , al verso 586,
e segg.
Arpie - uccelli favolosi con viso e collo di
donzella ; figliuole di Taumante e d'E-
lettra. Erano tre , e si chiamavano
Asilo , Oeipete e Celeno. Predicevano
i destini , ed erano Ippacissime : anzi
i poeti le dissero Arpie dal verbo gre-
co drpcizetfi che significa mptre. In. 13,
10, 101. V. Slrofade.
Arrigo-magnìfico cavalier fiorentino, della
nobile famiglia de'Fisanti , come alcu-
ni vogliono. In. 6 , 80.
Arrigo - re d' Inghilterra ; detto t{ sempli-
ce , per la candidezza de' suoi costumi.
Pg. 7 , 131.
Arrigo Manardi - faentino ; cortese e va-
loroso signore. Pg. 14 , 97.
Arrìgo y . - imperadore , figliuolo di Fe-
derigo Barbarossa ; chiamato dal Poe-
ta , secondo vento di Soave, cioè secon-
da procella o seconda tempesta della
famiglia di Soave , perchè egli e suo
padre furono superbi , e amanti della
guerra. Par. 3 , 119.
Arrigo VII.- imperadore , accennato for-
se dal Poeta. Pg. 33 , 43. Par. 27 ,
63 , ingannato da papa Clemente V.
Par. 17 , 82. v. Clemente V. medita
di comporre le cose d'Italia. Par. 30,
137.
Arrìgucci- famiglia nobile fiorentina. Par.
16 , 108.
Arrio - eretico infame , il quale teneva «
il Figliuolo di Dio non essere consu-
stanziale ai Padre , ma minor di esso.
Par. 13, 127.
Artù - re della gran Bretagna . soggetto
notissimo negli antichi romanzi, in. 32,
62. V. ModUe.
Arzanà de Viniziani • luogo celebre in Ve-
nezia , dove si fabbrica ogni genere di
navili , e ogni strumento da guerra.
In. 21 . 7.
Ascesi - città dell'Umbria, v. Asiifi.
AscianO'Castelio nifi Sanese. Io. 29, 131.
676
D I 2^ì 0 N A R I 0
Asdente - calzolaio pannigiaiio, famoso
indoirioo a' tempi di Federigo IL im-
peradore. In. 20 , 118.
Afopo - fiume di Beozia , provincia della
Grecia : presso il quale si celebravaoo
i sacrifici 0 misteri di Bacco. Pg. 18,
91.
Assiri - popoli dell'Assiria » provincia del-
l'Asia ; presso i quali fu anticamen-
te il primo imperio del mondo. Pg. 12,
59. «
Assisi 0 Ascesi - città dell'Umbria ; patria
.dì s. Francesco fondatore delFordine
de'frati Minori ; posta alle radici d' un
alto monte. Par. 11 , 53.
Assuero* monarca della Persia Pg. 17,
28. T. Aman.
Atamante - genero di Cadmo ; il quale
per l'odio che Giunone portava alla raz-
za de'Tebani , stimolato da Tesifone
divenne furioso in guisa , che veggen-
do Ino sua moglie venir verso di lui
con due suoi figliuolini in braccio, chia-
mati l'uno Leareo , l'altro Melicirla ;
credendo che fosse una lionessa con
due lioncini , preso Learco , lo infran-
se ad un sasso ; e la madre fuggendo
coll'aitro , si gittò nel mare, "e per
pietà degli Dei celesti furono conver-
titi in Dei marini , Tuna detta Leuco-
ita , e Taltro Pàlemone, In. 30 . k.
Atene - città principaiissima dell' antica
Grecia ; metropoli dell' Attica ; patria
di Teseo , ^ madre di tutte le scien-
ze per le molte sette di filosofi che
5uivi fiorirono. In. 12 , 17. Pg. 6 ,
39. Par. 17 « 46. Fingono i poeti ,
che nascesse contesa tra Nettunno e
Minerva , chi di lor due dovesse dar
il nome a quella città ; e che s'accor-
dassero insieme , colui doverla deno-
minare , che all'improvviso produces-
se cosa di maggiore utilità. Percosse
Nettunno la terra coi tridente, e ne fe-
ce uscire un eavallo : la percosse pa-
rimente Minerva coli' asta , e ne trasse
un ulivo. Giudicarono gli Dei , l'ulivo,
come segno di pace , esser migliore del
eavallo eh' ò segno di guerra ; e per-
ciò la vittoria tu di Minerva che in
lingua greca si chiama Ai§ma o Àiemé,
ciò viene accennato. Pg. 15, 98.
Atropos - una delle tre Parche , le qua-
li , secondo le favole , filano le vite
degli uomini. Si chiamano Goto , JLo-
chetis e Atropos. La prima tien la co-
nocchia, la seconda il naapo » e la terza
la forbice colla quale tagUa il filo. lo.
33, 126.
Attila- re degli Unni , tiranno cmdelia-
Simo , detto fiagtUo di Dio ; il quale
calando in Italia con potentissinio eser-
cito r anno di nostra salate U2* asse-
diò e distrusse la gran citti di Aquile-
ia j iMiccbeggiò molte citti di Loinbar-
dia ; e mentre deliberava se dovesse
andarsene a Roma , fu persuaso da
s. Leone papa che gli si fece incontra,
a tornare in Ungheria , dove avendo
menata moglie, mori soflbcalo per san-
gue in troppa copia uscitogli dalle na-
rici. In. 12 , 13fc. Fu opinione di Au-
to , che costui smantellaase Fiorenza;
benché molti storici il neghino. In. 13,
11^9.
Aventino - uno de' sette colli di Roma. la.
25, 26.
Averrois o Averroe - arabo , gran comen-
tatore d'Aristotile, ma empio nelle sue
opinioni. In. fc, lUh.
Augusto -per Federigo lì. imperadore*
In. 13, 68.
Augusto -successore di Giulio Cesare nel-
r imperio romano. Pg. 29, 116. Sue
grandi azioni toccate. Par. 6 , 73 , e
Avicenna - arabo , medico eccellente, b.
Wy H3. Fiori circa gli anni di nostra
salute lOihO.
Aulide - città della Beozia • con porto do-
ve convennero i Greci a deliberare se
dovevano muover guerra a' Troiani. In.
20. IH.
Aurora - Dea , foriera del Sole. Pg. 2 .
8. chiamata dal Poeta , coficuòtna di
1 itone antico. Pg. 9 , 1. v. TVioik.
Ausonia - così fu detta l' Italia anticamen-
te , da Ausone f^liuolo d' Ulisse e di
Calipso. Par. 8 , 61.
Austericch o Austria - nobilissioia provio-
DELLE STORIE E FAVOLE.
677
eia della Germania. In. 32 , 26.
Austro -vento meridioDale, accennato. Pg.
30 , 89. 32 , 99 , detto deUa ima
d larba : perchè spira dall* Affrica, in
una provincia della quale , detta Au-
miiia , r^^ anticamente il re larba.
Pff. 31 72.
Aczo degli Ubaidini -Pg. ih, 105. v. Ugo-
lino , Vbaldini.
Azzolino 0 Ezzelino di Romano -vicario
imperiale nella Marca Trìvigiana , e
tiranno crudelissimo de* Padovani. In.
12, 110. accennato. Par. 9, 29.
Azzone III. da Este - marchese di Fer-
rara , il quale fece uccidere da' suoi
sgherri m. Iacopo del Cassero , citta-
dino di Fano , suo nemico. Pg. 6 , TI.
6
B e ICE - cioè , Bice , nome accorciato da
Beatrice. Par. 7, ik. v. Beatrice.
Babillonia - Chiama il Poeta esilio di Ba-
billonia il mondo ; come all' opposto il
Paradiso chiamasi la eelette GerueaUm'
me , alludesi alla famosa trasmigrazio-
ne del popolo ebreo , di Gerusalemme
in Babillonia , città metropoli della Cal-
dea. Par. 23, 135.
Baccanti -cioè , sacerdotesse di Bacco , le
quali con grandissime strida e furore
celebravano i sacrifici di quel Nume ,
accennate. Pg. 18, 92.
Bacchiglione- fiume che passa presso Vi-
cenza. Par. 9 , VI. per essa città il
pose Dante. In. 15 , 113.
Bacco - figliuolo di Giove e di Semele ,
uno degli Dii , vincitore dell Indie , e
inventore dell* uso del vino , secondo
le favole. In. 20 , 59. Pg. 18 , 93.
Cantar Bacco , cioè , un inno in lode
di quel Dio , che appresso gli antichi
solea cominciare : Io , Bacche. Par. 13,
25.
Bagnacavallo- castello tra Imola e Raven-
na , i conti del quale , a' tempi di Dan-
te , erano già estinti. Pg. iV , 115.
Bagnoregio - luogo della Marca d'Ancona ;
patria di s. Bonaventura. Par. 12 ,
128.
Baldo d* Aguglioue - gran barattiere in
Firenze, a' tempi di Dante. Par. 16, 56.
Barbagia - luogo montuoso hi Sardigna ,
dove gli uomini e le donne vanno quasi
ignudi. Pg. 23, 9k.
Barbare donne - Pg. 23, 103.
Barbariccia - nome di demonio. In. 21 ,
120. 22, 29, 59, HA.
Barbari settentrionali - Par. 31, 31.
Barbarossa - v. Federigo Barbarosta.
Bari - città di Puglia. Par. 8, 62.
Bartolommeo della Scala - Par. 17 , 71.
V. della Scala.
Barucci - famiglia nobile fiorentina. Par.
16, lOlk.
Batista , s. Giovanni - precursore di Gesà
Cristo, visse nel deserto con sobrietà
maravigliosa , pascendosi di locuste e
di mele silvestre , e bevendo acqua ,
avanti d'uscir fra le genti a predicar
la penitenza, fu canonizzato dalla bocca
del Redentore , come il maggiore tra
tutti i nati di donne. Pg. 22, 152, fu
fatto decapitare da Erode a persuasion
d'Erodiade che indusse la figliuola ,
dopo aver con un ballo meritata la
grazia del sovrano , a dimandargli in
premio la testa del santo , per lui s'in-
tende il fiorin d' oro , che si batteva
in Fiorenza coli' immagine sua. Par.
18, ì^k. intorno a due anni stette nel-
V Inferno , cioè nel Limbo, aspettando
la discesa del Signore. Par. 32, 31.
tolto da' Fiorentini per protettore , su-
bito che abbracciarono la fede cristia-
na. In. 13, 1&3. Par. 16, kl. Lovil
di I. Giovanni, per la città di Fiorenza
che vive sotto la protezione di questo
santo. Par. 16 , 25. v. s. Giovanni
Batieta.
Batista - la lega del Batista , cioè , il
fiorin d'oro coli' impronta di s. Gio-
vanni Batista , moneta fiorentina. In.
30, n.
Batisteo di Firenze • nel tempio di s. Gio-
vanni. Par. 15, 134.
da Battifolle - v. Federigo Novello.
Beatrice - marcliesotta da Esti , moglie
di Nino de Visconti da Pisa ; e dopo
la morte di lui rimaritata a Galeazio
678
DIZIONARIO
de' Visconti di Milano, s'accenna. Pg.
8, 73.
Beatrice «^moglie di d. Federigo re di Si-
cilié^^^ 7, 128.
Beatrice'- nobilissima gentildonna di Fi-
renze, figKuola di Folco Portinari, detta
corrottamente Bice ; di cui Dante fu
innamorato , intesa in questo Poema
per la teologia , prendesi ancora per la
grazia perficiente. In. 2 , 70. P^. 6 ,
46. 15, 77. 18, W,73. 23. 128.27.
36, 53. 31,80, 107. e in altri luoghi
assai , particolarmente nel Paradiso ,
accennata. In. 10, 131. 12, 88. 15,
9Ql Pg. 1, 53. 27 , 136. discesa di
* Cielo, riprende il Poeta nostro del suo
scorretto vivere. Pg, 30, 73. tassi più
risplendente del sole. Par. 10, 37.
di Beccheria - Quel di Beccheria fu pa-
vese , ed abate di Vallombrosa ; al
quale fu tagliata la testa per essersi
scoperto certo trattato che fece contro
a* GuelG in favore de' Ghibellini in Fio-
renza dove il papa V avea mandato le-
gato. In. 32, 119.
B^a - sacerdote inglese , detto t7 venera-
bile , scrisse molte cose. Par 10 ,
131.
Belacqua - nome di persona negligente ,
trovata da Dante nel monte del Purga-
torio. Pg. 4, 123.
della Bella , lano - cavalier fiorentino ,
quando rinunziò aggrandì, e si fece di
popolo . variò Tarme lasciatagli dal
conte Ugo di Lucimborgo , cignendola
d'un fregio d'oro. Par. 16, 132.
Bellincion Berti - ricchissioio cavalier fio-
rentino, della nobil famiglia de'Ravigna-
ni ; ma di somma moderazione. Par.
15, 112. 16, 99.
Bellisar o Bellisario - capitano valorosis-
simo dell' imperador Giustiniano. Costui
riportò de* Gotti molte vittorie , e gli
costrinse a partir d' Italia. Par. 6, ^.
del Bello, Geri - In. 29, 27. v. Gerì.
Belo - padre o progenitore di Didone. Par.
9, 97.
Belzebù - nome di demonio principale. In.
34, 127.
Benaco - altrimenti Lago di Garda , po-
sto tra Verona e Brescia. Io. 20^ 63.
74, 77.
s. Benedetto - della nobilissima famislìa
degli Anici romani, gran padre demo-
naci in Occidente. Converti molte genti
in Terra di Lavoro dal culto degi' idoli
alla cristiana religione. Mori nel roooi-
stero di Monte Cassino. Par. 22 , 40.
32, 35. v. Cassino.
8. Benedetto - badia ricchissima dì s. Be-
nedetto, situata dove il fiume Montone
scende al basso con grande strepito.
In. 16. 100.
Benevento - città del Principato Ulteriore
nel regno di Napoli. Pg. 3 « li8.
Benincasa d' Arezzo - v. /' AretitM.
Bergamasco -di Bergamo, ciUà montuo-
sa di Lombardia. In. 20, 71.
Berlinghieri , Ramondo - conte di Proven-
za. Par. 6, 134. v. Romeo.
Bernardin di Fosco - faentino ; uomo ^i-
loroso, benché di picciola nazione. Pe.
14, 101.
8. Bernardo - borgognone, abate deU' or-
dine Cistcrciense ; uomo d' altissinui
contemplazione, divotissimo della Beata
Vergine, e scriltore di molti dotti e santi
volumi. Par. 31 , 102 , sen. e 139.
32, 1. 33, 49.
Bernardo - uno de' primi frati e eompàffà
di s. Francesco. Par. 11, 79.
Bernardone, Pietro - padre di s. FrfCMCO
d'Assisi. Par. 11, 89.
Berta - donna Berta ; per quakuMMO ioth
nicciuola ignorante. Par. IsTitt.
Berti , Bellincione - Par. 15, li9L 16^ 9».
v. Bellincion Berti.
Bertramo dal Bornio • fu ioriese , e daU
per alo dal re Arrigo d* Ii^hyterra a
Giovanni suo figliudo ,' che FaccMB-
pagnasse alla corte di Francia, n» es-
sendo quel giovane un grande sciala-
cquatore , né potendo supplire alle s^^
gelate sue spese una porzione dd re-
gno assegnatagli dal padre , iu cod«-
gliato da Bertramo a muoverai guerra,
nella quale il suddetto GioTanni riaaie
morto. In. 28, 124.
Bianchi - fazione in Toscana , ateonà
Dante. In. 24, 150. ^^
DELLE STORIE E FAVOLE.
679
Billi - TariKglia nobile fiorentina , accen-
nata per l'armo sua ch'è una colonna
di vaio in campo rosso. Par. 16. 103.
Bindo - nome usato in Fiorenza , a' lem-
pi del nostro Poeta. Par. 29 , 103.
Bisenzio fiume di Toscana , il quale na-
sce nella valle di Falterona , e scorre
Ira Prato e Fiorenza , e mette nell'Ar-
no. In. 32 . 56.
Bismantova - montagna altissima del ter-
ritorio di Reggio in Lombardia. Pg. 4-.
26.
Bocca degli Abati - fiorentino . traditore
de' suoi fazionari. In. 32, 106.
Boemmia - provincia di Germania » adia-
cente al fiume Albia o Albi, accennata.
Pg. 7 , 98. V. Butmme.
Boezio Severino - gran senatore di Roma,
e uomo di prodigiosa dottrina , scrisse
molti volumi ; ma i più famosi sono i
cinque libri de consolatione Pkilo$o-
phiae j composti da lui in prigione
dov'era stato cacciato dal re Teodori-
co , il quale poi lo fece morire. Il suo
corpo giace in Pavia nella chiesa detta
in Caelo Aureo , dov'è un altare eret-
to a Boezio , come a santo , aceenna-
to. Par. 10 , 125. ▼. Cieldawro.
Bologna - città nobilissima di Lombardia.
In. 23 , U2. Pg. 14 . 100.
Bolognese - Pg. il , 83.
bolognesi - In. 23 , 103.
Bolsena - oggi castello • anticamente cit-
tà della Toscana. Quivi presso è un
lago di figura quasi rotonda , che gi-
ra circa 22. miglia, e che produce ot-
time anguille , chiamasi t{ Lago di Boi-
tena. Pg. 24 , 24.
Bonatti , Guido - famoso astrologo a tem-
pi del conte Guido di Hontefeltro , a
cui fu carissimo. In. 20 , 118.
Bonifazio - arcivescovo di Ravenna , fi-
gliuolo d'Ubaldino della Pila; signore
splendido. Pg. 24 , 29.
Bonifazio da Signa - gran barattiere in
Firenze , a' tempi di Dante. Par. 16,
56.
Bonifacio Vili. - sommo pontefice ; chia-
mato prima Bonedetto aAnagni , uomo
di grand' animo , e cupido di signoreg-
giare. Costui con sue arti persuase Ce-
lestino V. suo antecessore , a rinunzia-
re il papato ; e ottenuto il suo deside-
rio , e avendo usurpata la sede di s.
Pietro , il fece incarcerare nella rocca
di Sulmone . dove Celestino poco do-
po mori in gran concetto di santità. In.
19, 53. biasimato. In. 27. 70, 85.
e segg. Par. 9 , 132 , e segg. 12, 90.
27 . 22. 30 , 148. imprigionato in A-
lagna da Sciarra Colonnese per ordi-
ne di Filippo Bello re di Francia. Pg.
20 , 87. inteso per una meretrice, per
essere, come scrivono alcuni storici ,
pervenuto al papato con arti non buo-
ne : benché altri neghino ciò , e lo
giustifichino. Pg. 32 , 149. 33 , 44.
trattasi con esso lui da' Francesi di far
passar l'Alpi a Carlo Senzaterra , per-
chè fingendo egli di riformar la città
di Fiorenza, ne cacciasse la parte Bian-
ca , della quale era il nostro Poeta ,
s'accenna. Par. 17 , 49 , e segg.
Borea - vento che spira da settentrione.
Par. 28, 81.
Borgo- uno de' sesti di Firenze. Par. 16,
134.
dal Bornio, Bertramo-In. 28, 134. v.
Bertramo.
Borsiere , Guiglielmo - valoroso e gentil
cavaliere , pratichissimo delie corti ,
bel parlatore e faceto. In. 16 , 70. v.
il Boccaccio nella novella 8 , della 1.
giornata.
Bostichi - famiglia nobile fiorentina. Par.
16 , 93.
Brabante - provincia di Fiandra , nobilis-
sima. Donna di Brabante , chiama il
Poeta la moglie di Filippo Bello re di
Francia , eh' era della casa de' signori
di Brabante. Pg. 6 , 23.
Branca d' Oria - genovese ; il quale uccise
a tradimento Michel Zanche suo suo-
cero , per torgli il giudicato di Logo-
doro in Sardigna. In. 33 , 137 , 140.
Branda - bellissima fontana nella piazza di
Siena. In 30 , 78. Dell' etimologia di
questa fonte v. a carte 125 . del to-
mo 2. de' Discorsi Accademici del ce-
lebre sig. ab. Anton-Maria Salvini.
C80
DIZIONARIO
Brandizio o Brindisi - ciUi marittima io
Terra d' Otranto ; doxe mori Virgilio.
Pg. 3,27.
Breono- capitan generale de' Galli Senoni,
il quale mentr' era per impadronirsi del
Campidoglio di Roma , fa rlspinto e
•cacciato da Furio Cammillo , ò notis-
sima la storia. Par. 6 , kk.
Brenta - fiume che nasce nell* Alpi che di-
vidono r Italia dalla Germania , passa
per Padova , e si scarica nell* Adriatico.
in. 15 . 7. Par. 9 . 27.
Brescia - città nobile di Lombardia ; capo
de*Cenomani. In. 20, 68.
Bresciano -di Brescia. In. 20, 71.
Breltinoro - cittadella montuosa di Roma-
gna ; posta sopra Forlì. Pg. 14^ , 112.
y. Guido del Duca.
Briareo - uno de Giganti fulminati da Gio*
Te per avergli mosso guerra ; il quale
fingono i poeti , che cento braccia , e
cento mani avesse. In. 31 , 98. Pg. 12,
28.
il Brigata - uno de* figliuoli del conte Ugo-
lino della Gerardesca. In. 33 , 89. v«
Ugolino.
Brisso - filosofo antichissimo , di cui fa
menzione Aristotile nel 1. libro Poste-
ieriorum Analylicorum , al capo 9. do-
ve si rapporta e si biasima la sua ma-
niera di provare la quadratura. Par.
13 , 125. 1 cementatori del nostro Poeta
passano costui sotto silenzio.
dalla Broccia , Piero - v. Pier dalla Broc-
cia
Bruggia - nobilissima città di Fiandra. In.
15 , k. Pg. 20 , k6.
Brunelleschi , Angelo - fiorentino , inteso
da Dante , come vogliono gli antichi
spositori. In. 25 , 68.
Brunetto Latini-fiorentino; uomo di gran
•eienza , maestro di Dante , scrisse un
libro in lingua volgar fiorentina , chia-
mato Teioretto; e un altro in lingua
francese, intitolato Tesoro. In. 15, 30,
32 , 101.
Bruto , Marco - che cacciò di Roma il re
Tarquinio Superbo , e diede alla patria
la Ubertà. In. 4 , 127.
Bruto , Marc* « occiiore di Gialio Geure
che adottato lo avM per figliuolo. Io.
31^ , 65.
Bruto e Cassio - disfatti in Tessagli da*
Triumviri. Par. 6 , 71.
Buemme o boemmia -provlneia d Ger-
mania. Par. 19 , 1^.
Buggea- città dell' AflTrìca ; posta <firiii-
petto a Genova. Par. 9 , 92.
F^iiamonti , Giovanni - cavalier fiorentioo,
grandissimo usuraio a* tempi di Dante,
accennato per li tre becchi , arme H
sua famiglia , detto t7 cavalier sovramo,
per ironia. In. 17, 72.
Bulicame - acqua bollente che seatorìsee
in Viterbo , la quale dopo alquanto spa-
zio arriva nel luogo delle meretrid; e
quivi già tiepida divenuta , e distribaì-
la fra loro, serve agli usi domestica.
In. Ifc , 79.
Buonaggiunta degli Orbisaoi - laediese .
buon dicitore in rima a'suof tempL Pg.
2<h » 19 , 20 , uno degli antichi mu-
torì. Pg. 2i , 35 . 56.
s. Buonaventura o Bonaveotora-da Ba-
gnoregio , luogo della Marca d*Aoeoaa;
dottore di chiesa santa ; prima fnta
di s. Francesco , poi generale delTof-
dine , e cardinale , per U sua
dottrina e virtù. Par. 12 , 127.
Buonconte di Montefeltro -^figliuolo del
conte Guido ; il quale nella sconfitta che
ebbero a Certomondo nel Casentino gii
Aretini , fu combattendo ucciso. Ps*
5, 88.
Buondelmonte de'Buondelmonti-ripodìa
la sua sposa di casa Amidei. P^. 16,
IM. V. Amidei.
Buondelmonti - famiglia fiorentina , nobi-
le e potente. Par. 16 , 66.
Buonturo -lucchese , della nobO Ìamig)ia
de* Dati , come alcuni Yogiiono ; gna-
dissimo barattiere, benché Dante il oie-
ghi per ironia. In. 21 , 41.
Buoso - dicono , costui essere atato in Fi-
renze della nobii famiglia degfi Abati,
è posto da Dante fra ladri. In. 35 ,
m.
Buoèo da Duera - cremoneae ; il quali
nel tempo che Guido di Monforte pa^
sava coU*esercito di Carlo in Pu^
DELLE STORIE E FAVOLE.
681
tra Mantiredi , fu mandato da* suoi cit-
tadini e da altri Lombardi Ghibciliiii,
sotto Parma per vietare il passo a*
Francesi : ed avrebbel fatto , quando
non fosse stato corrotto da ^ran quan-
tità di danari che Guido £:;li diede, on-
do poi il popolo di Cremona e' penso tut-
to il lignaggio del traditore. In. 32 ,
116.
Buoso Donati - fiorentino ; uomo ricchis-
simo. In. 30 , I^k» V. danni Schicchi.
Caccia d* Asciano - giovane sanese molto
ricco , il quale consumò il suo patri-
monio in golosità. In. 29 » 131.
Cacciaguida- deirantica famiglia romana
de' Frangipani , al dir del Salvini nel
Discorso Sk della 1. centuria ; padre
d'Alighieri , bisavolo di Dante, Par. 15,
135. e segg. 18 , 2 , 25 . 50. loda
i costumi antichi de* Fiorentini , e bia-
■ sima i moderni. Par. 15 , 97 , e segg.
muore in battaglia centra Turchi. Par.
15 . U5.
Caccianimico, Venedico - bolognese ; il qua-
le indusse Ghisola sua sorella a farla vo-
glia del marchese Obizio da Este, signor
di Ferrara. In. 18 , 50
Caco - figliuolo di Vulcano, d'aspetto mol-
toderorme, e grandissimoladrone;ilqua-
Ic abitanilo in una grotta del monte Aven-
tino , rubò i buoi ad Ercole , eh* egli a vea
condotti diSpagna , ma conosciuto il fur-
to, fu da lui uccisoa colpidi clava. In.25,
25. v. Livio nel 1. lib. Virgilio neirS.
dell' Eneida; Properzio nella 10. eleg.
del k. lib. e Ovidionèl 1. de'Fasti.
Cadmo- figliuolo d' Agenore re di Tiro; il
quale cercando Europa sua sorella da Gio-
ve rapita, dopo un lungogirare fermossi
nella Beozia, e vi fabbricò la città di Te-
be, finalmente fu trasformatoinserpente.
ln.25 , 97. V.Ovidio nel 3.delleTrasfor-
mazioni.
Cagnano - fiume di Trevigi.Par.9, i9.
da Cagnano, Angiolello- lo. 28 , 77. t.
AngioleUo,
Ca^nazzo - nome di demonio. In. 21 , 119.
22. 106.
Caifas - pontefice de'Giu lei , cheli consi-
gliò a far morire nostro Signore «perchè
tutto il pop.ilo non perisse. In. 23,115.
Calila- una dellequattro profondissime pri-
gioni che fin^'o Danle essere nel pozzo
d' Abisso; nella quale sono puniti i tra-
ditori doMor parenti. In. 5, 107. 32.
58.
Caino - primogenito d'Adamo; il quale per
invidia uccise il suo fratello Abelj, accen-
nato. Pg. 14, 132.
Caino e le spine- cioè, una certa ombra
che osservasi nella luna ; la quale gli uo-
mini delvolgo dicevano ch'era Cainoche
. portava sulle spalle una forcata dispine.
In. 20, 126. Par. 2, 51.
Calavrese - diCalavria o Calabria. Par. 12,
HO.
da Calboli , Rinieri - v. Rinier e Fulciert.
Galcabrina-nomedidemi>nio. In.2l , 118.
22 , 133.
Calcanta o Calcante -nobile indovino nell'e-
sercito de'Greci contraTroia; il quale per-
suase Agamennone a sacrificare Ifigenia
sua figliuola, per impetrar buon vento ad
uscire del porto d'AuIide. In. 20, 110.
Calfucci - famiglia nobile fiorentina. Par.
16,106.
Calisto I- sommo pontefice, mori martire
Par. 27 , 4V.
Callaroga o Calahorra- città della Castiglia
Vecchia in Ispagna ; nella quale nacque
8. Domenico. Par. 12 , 52.
Calliopea o Calliope - una delle nove Muse ,
presidente all'eroico poema. Pg. 1, 9.
Callisto- Ninfa , compagna di Diana. Pg.
25, 131. v. Elice.
Camiciono , Alberto , de' Pazzi di Valdar-
no - il quale uccisea tradimento m. Uber-
tino Fuo parente. In. 32, 68.
Camniiilu - donzella guerriera . che armossi
a difesa di Turno centra Enea. In* 1 «
lOT. 4, 12i. V. Virgilio lib. 7. e 11.
dell* Eneide.
da Cammino - famiglia nobile epotente di
Trivigi. Pg. 16. 12^. V. Ghavrdo.
da Cammino, Ricciardo - Par. 9, 50* t.
KicciardQ,
86
082
DIZIONARIO
Cdmpdgnatico- luogo del contado di Sie-
na. Pg. 11 , 66.
Campaldino - è nome d' un piano in Ca-
sentino, appiè del monte di Poppi. Pg.
5. 92.
Campi - castello presso a Prato in Tosca-
na. Par. 16. 50.
Canavese - contea nel Piemonte. Pg. 7,
136.
Cancellieri - famiglia nobilissima di Pistoia ,
accennata In. 32, 63. v. Focaccia.
Cancro - uno de* segni del zodiaco , op-
posto al Capricorno. Par. 25, 101.
Can Grande della Scala - signor dì Vero-
na ; uomo di gran valore , e d' incre-
dibile magnificenza, giovanetto d*anni
diciotto , ne comincia a dimostrare i
segni. Par. 17 , 70.
(]aorsa - città di Provenza ; a* tempi di
Dante piena d* usurai. lu. 11 , 50.
Caorsini - cittadini di Caorsa città di Pro-
venza. Par. 27, 58. v. Giovanni XXI f.
Caos -materia indigesta e confusa , la
quale alcuni filosofi credettero che Dio
ordinasse e distinguesse per cavarne il
rielo e la terra. In. 12 , U.
Capa neo- uno de' sette regi che assedia-
rono la città di Tebe in Beozia , per
rimettervi dentro Polinice , cacciatone
da Eteocle suo fratello. Costui per le
bestemmie eh' ei profferiva centra Gio-
ve , fu da lui ucciso col fulmine. In.
U , 63. 25 , 15.
Capocchio - sanese ; alchimista , e falsa-
tor di metalli , a* tempi di Dante. In.
29, 136. 30 , 28.
Caponsacchi • famiglia nobile fiorentina ;
discesi da Caponsacco da Fiesole. Par.
1B. 121.
Cappelletti - famiglia potente in Verona.
Pg. 6 , 106. V. Montecchi.
Capraia - isoletta del mar Tirreno , vicina
alla foce d'Arno. In. 33, 82.
Capricorno - uno de' segni dello zodiaco ,
distante tre segni dall' Ariete : al quale
arrivato il sole , ritorna verso il cir-
colo-equinoziale; e le notti finiscono
di crescere , e i giorni di scemare*
Pg. 2 , 57. Par. 27 , 69.
Caprona - castello del contado di Pisa ;
assediato da' Lucchesi a'tempì di Da»-
te; il quale fu reso loro eoo questa
condizione , che i fanti del presidio ne
uscissero salve le persone e lo aven.
In. 21 , 95.
Cariddi - famosa voragine nel Faro di
Messina, incontro a Scilla. In. 7,21
Carisenda - torre famosa in Bologna , che
pende molto ; fabbricata dall' aotici
famiglia de'Carisendi ; presso T altra
detta degli AsinelU, In. 31 > 130.
Carlino de' Pazzi - fiorentino. Co>tui oc-
cupò Castel di Piano in Vald.irno , e
diedelo a Bianchi eh* erano di sua fa-
zione. Onde i Fiorentini di' erano a
Pistoia, furono costretti a lasciar quella
impresa, e andare al n'acquisi» dc$so
castello ; il quale dopo ventotto sùorni
riebbero , dvcndo corrotto ron danari
il detto Carlino. In. 32 , 69.
Carlo Magno- imperadore, e redi Francia;
grandissimo difensore della chiesa ro-
mana. In. 31, 17. Par. 18,^3. vince
Desiderio lont^obardo , re d' Italia ; •
soccorre la Chiesa. Par. 6, 96.
Carlo Martello - se ondogenito di Cario
zoppo re di Puglia. Fu costui princi-
pe virtuoso , e grande amico del Poeta
nostro. Fu signore di Puglia, ài Sicilia
e di Provenza ; ma essendo poi coro-
nato re d' Ungheria , Roberto suo fra-
tello, principe di Durazzo , occopò tutti
i suddetti stati. Visse poco tempo. Par.
8, W, e segg. 9, 1.
Carlo I. di Yaiois - re di Puglia; uomj
valoroso , fratello di Lodovico fl Santo,
re di Francia , costai fu ben guar-
nito di naso, accennato. Pg. 7, 113,
12&.
Carlo Roberto - figliuòlo di Carlo Mirttl-
1o , fa re d* Ungheria dopo il padri*.
Par. 8, 72.
Carlo II. - re di Puglia, figliuolo di Cario
I., uomo scellerato. Pg. 11, 137, a^
connato. Pg. 7, 127. fa uccider Cor-
radino figliuolo di Federigo 11. impe
radore , e, secondo Dante, avvelenare
s. Tommaso d' Aquino. Pg. 20 , 67.
V. Curradino^ TommoMo , travaglia b
Sicilia. Par. 20, 63, spogliato «tei rea-
DELLE STORIE E FAVOLE.
083
me di Sicilia da papa Nicola HI , per
aver egli negato di dare una sua fi-
gliuola in moglie ad un nipote di esso
pontefice. In. 19, 99. preso in batta-
glia navale da Ruggieri delf Oria, am-
miraglio del Re Pietro d* Aragona , e
condotto prigione a Messina dove vi-
vide uccidere più di dugento suoi no-
bili, a lui , e ad alcuni altri pochi fu
mlvata la vita per clemenza della rei-
Da Co<itanza , uscito poi di prigione ,
inariiò sua figliuola ad Azzo IH. mar-
clìe^e di Ferrara , per gran somma
d' oro. Pg. 20. 79, detto anche Novello,
di fdzion Guelfa. Par. 6, lv6, fu an-
che re di Gerusalemme, zoppo, scian-
cato , e di picciolo valore. Par. 19 ,
127.
Carlo Senzaterra - conte di Provenza, e
re di Puglia. Pg. 5. 69 , fratello di
Filippo il Bello , re di Francia: il quale
pregato da Neri cacciati di Firenze, ve
li rimesse, accennato. In. 6, 69. man-
dato da Bonifazio papa a Firenze, sotto
colore di voler ridurre a stato pacifi-
co quella città , la mette in maggiore
scompiglio , e la spoglia.di danaro, ap-
parecchia poi grande armata contra la
Sicilia, e ne torna con ignominiosa pace.
Pg. 20, 71, esegg.
€aron o Caronte - il nocchiero della pa-
lude infernale , che tragitta Y anime
de morti ; secondo le favole de* poeti.
In. 3. 94. 128.
dì Carpigna , Guido - y\ Guido.
Carrarese - abitante di Carrara, luogo del
(ìeiiovesato appiè de* monti , dove si
cava il marmo bianchissimo. In. 20, kS.
Carro , si chiama tra le costellazioni un
jiruppo di sette stelle dis]K>ste in for-
ma di carro ; quattro delle quali for-
mano le ruote , e tre il timone : altri-
menti detto Ona maggiore. Questo se-
gno girasi vicino al polo artico a noi
sempre apparente ; o per aver il suo
giro assai corto , non tramonta m«ii.
^ In. 11, Hi. Pg. 1, 30. Par. 13, 7.
Casale- terra di Piemonte, donde fa frate
Ubertino, ministro generale dell'ordi-
ne de* Minori ; il quale allargò troppo
la regola. Par. 12, 1211.
Casalodi - fu un castello nel contado di
Brescia , i cui conti s* impadronirono
di Mantova ; ma ne furono poi cacciati
con fraudo da Pinamonte Buonacossi.
In. 20. 93.
Casella -fiorentino, musico eccellente a'tem-
pi di Danto ; uomo di facile nAtura o
di lieti costumi ; come dice il Landino.
Pg. 2, 91.
Casentino - tratto di paese contenuto fra
il torrente Duccaria ed il fiume Arno,
insino a* confilli del territorio d'Arez-
zo , come scrive fra Leandro Alberti
neir Etruria Mediterranea. Io. 30, 65.
Pg. 5. 9k. Suoi abitatori chiamati perei.
Pg. 14, W.
del Cassero , Guido - lo. 28 , 77. v.
Guido.
del Cassero , Iacopo - Pg. 5, 6fc. v. /a-
copo.
Cassino - monte e castello io Terra di La-
voro. Io cima di tal monte fu antica-
mente un tempio d* Apolline, molto fre-
quentato da*Gentili ; il quale fu distrutto
dal patriarca s. Benedetto che vi fab-
bricò io vece uoa chiesa dedicata a s.
Martioo, e uo mooistero di solitari. Par.
22, 37.
Cassio - uccisore di Cesare. In. 3<k, 67.
Cassio e Bruto - disfatti io Tessaglia da'
Triumviri. Par. 6. 7fc.
da Castello - famiglia nobile reggiana. Pg.
16, 125.
Castello s. Angelo - in Roma. Io, 18, 32.
Castiglia - provincia di Spagna ; i cui re
portavano per insegna uo leooe , alle
volte sotto uo castello , alle volte sopra.
Par. 12. 5fc.
Castore e Polluce - figliuoli di Giove e di
Leda , posti fra*dodici segni dello zo-
diaco, e chiamati eoo altro nome Ge-
mini, perchè nacquero ad no parto. Pg.
fc, 61.
Castrocaro - conti diCastrocaro, biasimati.
Pg. 14,116.
Catalano de* Malavolti - gentiluomo bolo-
gnese , e frate Godente ; di fazioo Guel-
fa , eletto da* Fiorentini, al tempo che
fa vinto il re Manfredi di Puglia dal
68&
DIZIONARIO
re Carlo di Ansio , per podestà di Fi-
renze, insieme con LodiTingo de Lian-
dolo» pur bologne.-e e dell' istessa reli-
gione , ma di fazione Ghibellina. Co-
storo, preso il governo della città, ac-
cordatisi insieme, cacciorono i Ghibel-
lini di Fiorenza, e fecero gettare a terra
le case decli Uherti, capi di quel par-
tito. In. 23, 10^, Ili.
Catalogna- provincia di Spagna; i cui
popoli erano dati alla spilorceria. Par.
8. 77.
Catellini - famiglia nobile fiorentina. Par.
i6. 88.
Catone il minore - uomo , tra' Romani ,
d' incorrotti e severi costumi ; detto
Uticense , perchè odiando la servitù ,
por non venire in mano di Cesare vinci-
tore, s* uccise da se stesso in Ulica città
dell' AfTrica , dove comandava l* armi ,
e sosteneva il partito della repubblica.
In. H, 15. accennato. Pg. 1, 31 , e
segg. % 119.
Catria - un certo gibbo o rialto dal monte
Apennino, sotto il quale è un eremo dove
dimorò s. Pier Damiano. Par. 21, 109.
la Cattolica - terra sul lido del mare tra
Rimini e Fano. In. 28, 80.
Cavalcante , m. Francesco - fiorentino po-
sto da Danto fra* ladri. In. 25, 151.
Cavalcante de' (Cavalcanti - cavalier fioren-
tino, padre di Guido. Costui fu eccellen-
tissimo filosofo , e vien posto da Dante
tra coloro che non credettero. In. 10,53.
Cavalcanti-In. 30, 32, k^. v. GianniSchic-
chi.
Cavalcanti, Guido -cavalier fiorentino, fi-
gliuolo di Cavalcante, fu filosofo e poeta.
In. 10, G3. Pg. 11. 97.
Cecilio Stazio - poeta latino antichissimo,
scrittore di commedie. Pg. 22, 98.
Cecina -fiume che mette in mare , non
ontano da Vada, dove termina la ma-
remma di Pisa. In. 13, 9. Altri le^zgono
Cecilia; la quale è una terra del Patri-
monio di 8. Pit'tro, o^gi delta Civita
Vecchia, o dagli antichi Ceniumcellae^
e questa lezione viene approvata dal
Landino.
Celestino y. • sommo pontefice; chiamato
prima Pietro Morone; uomo di santa vi-
ta, il quale per darsi alla contemplazooe,
rinunziò il papato, accennato, come al-
cuni vogliono. In. 3» 59. ma cert^
mente. In. 27, 105.
Centauri -mostri composti di due nature,
umana e cavalhna; generati da Issiooe,
e da una nuvola composta in figura della
dea Giunone; sopra i quali molto favole»»
giarono gli antichi poeti. In. 12, 56. i3,
17. v. 0\ idio nel 12. delle trasfomiazio-
ni, invitato da Piritoo, marito d' Ippo-
damia, alle suo nozze; lasciandosi tra-
sportare da ir ubbriachezza, vollero ra-
pirgli la sposa; ma da lui e da Teseo
furono sbaragliati ed uccisi. Pg. 2^,
121.
Ceperano - luogo di Puglia, dove il re Man-
fredi abbandonato da suoi, fu vìnto dal
re Carlo d'Angiò. Io. 28, 16.
Cephas - cioè , capo, cosi fu detto s. Pie-
tro , per essere il capo degli aposto-
li. Cosi spiegano Cristoforo Lantlinn .
0 Alessandro Vellutcllo , ma questa
loro spiegazione è falsa , iu cUié*t
Kefoi , o ermletai Pétros , leg;t»si
nel capo 1. dell* Evangdio di s. Gio-
vanni . al verso i3. cioè : Tu farai
chiamato Cephas che $ interpreta Pie-
tro. Par. 21 , 127.
da Cerbaia - v. Conf Orso.
Cerbero -can di tre teste, crinito di sor-
penti ; il quale finsero gU anliclti \>oe-
ti essere custode della porte delbn-
ferno. In. 6 , 13 , 22. 9 , 98.
Cerchi - famiglia nobile fiorentina. Par.
IG , 65.
Cerere - Dea delle biade , perdo Proser-
pina sua figliuola. Pt;. 28, 51.
Certaldo - castello di Valdolsa , pres>o Fi-
renze ; patria del Boccaccio. Par. Iti,
50.
Cervia- picciola città di Romagna, ^ich
na a Ravenna. In. 27 , 42.
Cesare -per lomperadore. In. 13, 65.
Pg. 6, 92, lU. Par. 6, 10. P, r li
prelati nemici di cesare intende il Poe-
ta le due fazioni Guelfa e Ghil>eUiu.
Par. 16, 59.
Cesare , Giulio «Pg. 18 , 101. 26 » 77.
DELLE STORIE E FAVOLE.
685
confortato da Cario a passare il Rubi-
cone. In. 28 , 98. V. Giulio Cesare,
Cesena - città di Romagna , accennata. In.
27 , 52.
Cherùbi- coir accento acuto sulla penulti-
ma. Par. 28 , 99.
Cherubica luce - cioè , de* Chenibini . or-
dine d' angeli superiori . ne* quali rilu-
ce la divina sapienza. Par. 11 , 39.
Cherubini neri , chiama Dante i demoni.
In. 27, 113.
Chiana -fiume che lentamente corre tra
Perugia e Montepulciano. Par. 13 , 23.
s. Chiara d* Assisi - fondatrice di mona-
che sotto la regola di s. Francesco ,
accennata. Par. 3 , 98.
Chiarentana - parte dell* Alpi che dividono
Italia da Lamagna ; dove nasce il fiu-
me Brenta. In. 15 , 9.
Chiarmontesi - famiglia nobile fiorentina.
V. Tosinghi,
Chiasi - fiume che corre vicino alla città
d* Assisi , accennato. Par. 11 , 43.
Chiassi 0 Classe- nome di luogo distrutto,
vicino a Ravenna , presso il quale à
una pineta o selva di pini sui lidi del-
l'Adriatico. Pg. 28, 20.
Chiaveri - terra della riviera di Genova.
Pg. 19 , 100.
Chiesa di Roma - Pg. 16 , 127.
Chirone - uno de* famosi Centauri , il qua-
le insegnò i costumi al grande Achille ,
mentre egli era fanciullo. Costui non fu
fratello degli altri Centauri , ma fu fi-
gliuolo di Saturno che in forma di ca-
vallo si congiunse con Fillira. In. 12,
65. 71, 77, 97. Pg. 9, 37.
Chiusi - città tra Siena e Perugia , che
attempi di Dante andava dichinando.
Par. IG , 75.
Ciacco - famoso mangione fiorentino a' tem-
pi di Dante , ma morto prima di lui,
ciacco in lingua toscana significa porco.
In. 6 , 52 . 58.
Cianfa - secondo che alcuni scrivono , fu
della famiglia de* Donati di Firenze ; ed
è posto da Dante fra* ladri. In. 25 , &3.
Cianghella - donna fiorentina , della nobii
famiglia di (pielli della Tosa ; maritata
in Imola a Lito degli Alidosi ; donna |
molto lasciva e superba , la quale rima-
sa vedova , menò una vita sommamente
dissoluta. Par. 15, 128.
Ciapetta , Ugo - Pg. 20 , W . W , e segg.
v. Ugo.
Cicilia o Sicilia - una dello quattro grao-
d' isole del mare Mediterraneo , vicina
air Italia , anzi distaccata da essa , co-
me alcuni vogliono , per un gran tre-
muoto, fu detta Innacria anticamente,
dai tre promontori , Peloro , Pachino
e Lilibeo. In. 12, 108. Pg. 3, 116,
circonscritta. Par. 8 , 67. v. Trinacria.
Ciciliane bue - intende il toro di bronzo .
fabbricato da Perillo ingei^nero ateoiese
a Falari tiranno della Sicilia , il qualo
essendo crudelissimo , cercava nuove
maniero di tormentare i condannati. In
tale ordigno , per una finestra aperta
in uno de* suoi fianchi , doveasi mette-
re il reo , e poi accendersi fuoco all'io*
torno ; cosicché il misero arrostendosi
e gridando forte , facea parere che il
toro mugghiasse. Falari per vedere se
la cosa riusciva , comandò che T arte-
fico fosse il primo a farne la pruova ;
e cosi lo sciagurato pagò il Ho della
sua spietata invenzione. In. 27 , 7.
Ciclopi- tre ministri di Vulcano, che l'aiu-
tano a fabbricare i fulmini ; secondo le
favole , i loro nomi sono Bronle , Ste^
topo e Piracmone , accennati. In. ìk »
55.
Cieldauro - cosi chiamasi un monistero in
Pavia , dove dicesi esser sepolto il cor-
po di Severino Boezio. Par. 10 , 128.
Cimabue - occellonto pittore , e ristorato-
re di queir arte che per molli secoli
era stata perduta , fu superato da Giot-
to. Pg. 11. 9^.
Cincinnato -Par. 15, 129. v. Quintio.
Ciono de' Tarlati - potentissimi cittadini
d'Arezzo ; il quale perseguitando i Bo-
stoli , altra famiglia potente , fu tra-
sportato dal cavallo in Arno, e quivi
annegò , accennato. Pg. 6,15.
Cipri - grand' isola del Mediterraneo , la
più orientale di tutte Taltre , non molto
lontana dall'Egitto; una volta sacra alla
dea Venere. 1d. 28 , 82. re di quel-
680
DIZIONARIO
l isola , a* tempi di Dante , bestialissi-
mo. Par. 19, U7.
Ciprigna - per la dea Venere che si ado-
rava anticamente nell* isola dì Cipro.
Par. 8 , 2.
Circe - figliuola del Sole , maga eccellen-
tissima , che con sue bevande incanta-
to tramutava gli uomini in bestie. Co-
stei innamorata d* Ulisse , il tenne più
d* un anno presso di sé. In. 26, 91.
Pg. U , h%
Ciriatto - nome di demonio. In. 21 , 122.
S2, 53.
Ciro - re di Persia , preso in battaglia ,
e fatto decapitare da Tamiri reina de-
g^ Sciti. Pg. 12 , 56. V. Tamiri.
Qrra- città marittima della Focide, ap*
piò del monte Parnaso , dove i citta-
dini di Delfo fabbricavano le lor navi ,
prendesi da* poeti per Y Oracolo d'Apol-
lo. Par. 1 . 36.
Citerea » vien detta da' poeti la dea Ve-
nere , perchè singolarmente si venera-
va in Citerà , isola poco discosta dal
Peloponneso , la quale oggi si chiama
Cerigo^ Dante così nomina la stella mat-
tutina. Pg. 27 , 95.
Clemente IV. - sommo pontefice. Pg. 3 ,
125.
Clemente V. - sommo pontefice , nativo dì
(ìuascogna ; il quale col favore di Fi-
lippo Bello re di Francia , fu assunto
alla dignità pontifìcia , accennato. In.
19 , 83. mosso dagrin>iti del suddetto
re , trasferisce la lede apostolica di
Roma in Avignone città di Francia , ciò
accennasi. Pg. 32 , 158. inganna Ar-
rigo VII. imperadore , il quale essen-
do per opera di esso pontefice perve-
nuto air imperio centra la volontà di
Filippo Bello re di Francia , che desi-
derava che fosse eietto Carlo di Valois
suo fratello ; e volendo esso Arrigo pas-
sare in Italia ; dubitando Clemente e
temendo di esso Arrigo , per impedirlo,
coronò Ruberto , figliuolo di Carlo II.,
re di Puglia e di Sicilia ; e Carlo Uni-
iH^rto , figliuolo di Carlo Martello , ini-
micissimo d' Arrìco , re d' Ungheria.
Piir. 17 . 82. acccnuatu. Par. 27 , 58.
80, U3.
Clemenza • figliuola del re Carlo Martel-
lo , moglie di Lodovico X. re di Frari-
eia. Par. 9 , 1.
Cleopatras o Cleopatra - regina d*E$!Ìt'o.
donna lussuriosissima , amica di M^rc >
Antonio triunviro de* Romani , che per
non esser condotta in trionfo d<i Otta-
viano Augusto , da cui era stato vin-
to il suo drudo in battaglia navale, at-
taccossi gli aspidi alle braccia , e si
sottrasse al pericolo. In. 5, 63. Par.
6, 76.
Cleto - successore di Lino nel pontificato,
mori martire. Par. 27, ki.
Climene - madre di Fetonte , alla quale
esso venne per sapere se veramente el-
la r avea partorito del seme d' Apollo,
avendogli detto Epafo , figliuolo di Gio-
ve e della ninfa lo , che ciò era falso.
e che sua madre gliele dava ad inten-
dere. Par. 17 , 1.
Clio - una delle nove Muse. Pg. 92 , 58.
Cleto - quella delle tre Parche fiUtrici del-
le vite umane , che mette il lino so-
pra la conocchia. Pg. SI , 27.
Cocito • uno de* fiumi infernali. In. li ,
119. 31, 123. 3^, 52.
Colchi - popoli della Colchide , antica pro-
vincia dell'Asia Minore , sopra il Pon-
to Bussino ; dove regnò il re Età che
fu spogliato da Giasone del vello dello-
ro. In. 18, 87.
Coleo - città della Colchide « dove rcRiiò
anticamente il re Età, e donde gli Ar-
gonauti riportarono il vello dell* oro.
Par. 2,16.
Colle - città picciola , situata sopra d u-
na collina , presso Volterra. Pg. 13 .
115.
Cotogna 0 Colonia Agrippina - nobilissima
città d'Aleinagna , sul fiume Reno. P^r.
10 . 99. ivi le cappe de* monaci si fan-
no larghissime. In. 23, 63.
Colonnesi - nobilissima famiglia romana ,
accennati. In. 27 , 86. v. LaitranQ.
Conio • conti di Conio , tralignanti, pj.
U, 116.
Conti Guidi -già signori di MootemBrlo.
Par. 16 , èk.
DELLB STORIE E FAVOLE.
C87
ContOrso -figliuolo del conte Napoleone
da Cerbaia , ucciso dal conte Alberto
da Mangona , suo zio. Pg. 6 , 19.
Corneto- castello del Patrimonio di s. Pie-
tro- In. 12 ; 137. 13 , 9.
Corniglia o Cornelia • figliuolo di Scipio-
ne AiTricano il maggiore , e madre de'
due Gracchi uccisi per le sedizioni ;
donna prudentissima ed eloquente* In,
k , 128. Par. 15 , 129.
Coro - vento che spira tra ponente e se-
tentrione; chiamato anche Pónente Mae^
itro. In. 11 , Uh.
Corsi - popoli delVisola di Corsica , adla-
<!ente airitalìa , nel mar di sotto. Pg.
18 , 81.
Corso Donati - capo della parte Nera in
Firenze, il quale avendo cacciato i Bian-
chi di quella città col favore di Carlo
Senzaterra , divenne potentissimo , e
insolente oltremodo. Costui avendo pre-
so per moglie uua figliuola d'Ugoccio-
ne della Faggiuola signor di Pisa , fu
fatto citare , e condannato dal popolo,
sicché corsa la gente con furia alle sue
case , e facendo empito iu quelle , e-
gli dopo essersi per buono spazio di
tempo animosamente difeso , finalmen-
te abbandonato da tutti , si mise sfug-
gire a cavallo ; ma di esso cadendo ,
e avendo un piede intrigato nella staf-
fa , fu da quello strascinato per terra,
e poi da' suoi persecutori sopraggiun-
to e morto , s'accenna tutto ciò, Pg.
22^ , 82.
Cortigiani • famiglia nobile fiorentina; con-
sorti de' Tosinghi e Visdomini. Par.
16 , 112. V. rt.«moc/titt.
Coaenza - città capitale della Calabria ct-
tra , Il cardhial di Cosenza fu legato
di papa Clemente IV. neir esercito di
Cario di Valoi;) , quando fu rotto ed
ucciso il re Manfredi , Egli dopo la vit-
toria fece disotterrare il corpo di det-
to re , come scomunicato. Pg. 3 , iìh.
Costantino Magno - imperadore , guarito
della lebbra , convertito alla Me cri-
stiana e battezzato da 9. Silvestro gom-
mo pontefice. Questi , come comune-
meat« ti crede , donò la città di Ro-
ma , e molto paese all'intorno , a' pon-
tefici romani ; trasportando la sede im-
periale in Costantinopoli. In. 19 , 115.
27 , 94. Pg. 32 , 125. Par. 6 , 1. 20.
55. V. GoBtantinn.
Costantinopoli • posta ntUo stremo d'Eu-
ropa. Par. 6 , 5.
Crasso- ricchissimo Romano , ma insie-
me avarissimo. Trovandosi costui nel-
la spedizione centra Parti ^ popoli sa-
gacissimi , fu da essi ingannato col fìn-
gere di fuggirsi 1 e col lasciarsi alle
spalle molta preda ; intorno alla qua-
le essendo egli insieme coiresercito oc-
cupato , tornarono i nemici a far testa»
e il ruppero r ondagli per non capitar
vivo in lor mano , si fece uccidere da'
suoi. Riconosciuto il cadavere da' ne-
mici , gli spiccarono il capo dal busto,
e lo immersero in un vaso d'oro squa-
gliato , dicendo : Aurum fitisti , au'
rum bibe. Pg. 20 , 116.
Greti o Creta - una delle quattro grand'i-
sole del Mediterraneo , poste tra l'Ar-
cipelago a tramontana , e Iu spiagge
dell'Affrica a mezzogiorno , ebbe una
volta cento città. In. 12, 12. U, 95.
Creusa - prima moglie d'Enea. Par. 9 ,
9d.
Crisostomo - t. s. Ginranni CrÌ909tomo,
Cristiani - In. 27 , 88.
Cristo - Pg. 20 . 87. 23 , 74. 26 . 129,
32, 102. apparisce , dopo la sua pas-
sione j a' due discepoli che andavano in
Emmaus , castello poco distante da Ge-
rusalemme ; come racconta Tevangeli-
sta s. Loca , al cap. 2k. Pg. 21 , 8,
punì in sé stesso il morso che diede
Adamo al pomo. Pg. 33 , 63. v. /fsà.
Croazia - provincia confinante eolla Scbia-
vonfa e colla Dalmazia. Par. 81 , 103.
Crotona - picciola città della Calabria ul-
tra. Par. 8 , 62.
Conizza - sorella d'Azzollino da Romano ,
tiranno di Padova ; donna inclinata for-
te a' piaceri amorosi. Par. 9 , 32.
Cupido - figliuolo di Venere, Dio deli' ano-
re. Par. 8, 7.
Gurìazt - tre fratelli » albani. Par 6» 39.
Y. OrazU
688
DIZIONARIO
Curio 0 Curione-dicilore romano eloqoen-
tiS8Ìmo, ma sedizioso; il quale sbandito
dalla patria , si fece incontro a Cesare
Stresso Rimini , che rilorvana dalle Cal-
ie , e confortollo a passare il Rubico-
ne senza deporre il comando dell* ar-
mi , disubbidendo agli ordini del sena-
to. In. 28 , .102. Dante il chiama , co-
iai dalla veduta amara ; perchè culi vi-
de Rimini a suo gran co^to. In 28 , 93.
Curradino - figliuolo di Federigo II. impe-
radore ; rotto in battaglia , fatto prigio-
ne , e fatto morire in Napoli da Carlo
di Valois. Pg. 20 , 68.
Currado da Palazzo - gentiluomo di Bres-
cia , molto virtuoso. Pg. 10 , 12/i..
Currado Malaspina - uomo nobilissimo e
virtuoso. Pg. 8 . 65 , 109 , 118. di-
scendente d'altro Currado più antico.
Pg. 8 . 119.
Currado I. - Imperadore , guerreggia con-
tra Turchi. Par. 15 , 139.
D
Damiata - città d' Egitto. In U , 10i(^.
Daniello - uno de* quattro profeti maggio-
ri , fu menato in servitù da Nabuc-
. codonosorre , dopo 1' espugnazione di
Gerusalemme ; e quivi nobilmente alle-
yato insieme con altri paggi del re:
ma egli disprezzando i cibi della men-
sa regale , digiunava per acquistar sa-
pienza. Pg. 22 , U6. spiega un sogno
a Nabuccodonossorre , e placalo sde-
gno di lui. Par. k , 13. v. Nabucca-
donosorre , ci manifesta , il numero de-
gli angeli essere immenso. Par. 29 , 13^.
Daniello , Arnaldo - Pg. 26, 115, e segg.
e li2. V. Arnaldo,
Danoia o Danubio - anticamente Fstro; fiu-
me grossissimo della Germania , il qua-
le nato nella selva Nera , dopo avere
scorso tratto lunghissimo di paese per
sei bocche si scarica nel mar Nero ,
dagli anticlii detto Ponto Eussino. In.
32, 26.
Dante - accenna la nobile e antichissima
sua origine, sotto le parole di (io/ce/ico.
In. 15, 66. V. SaMni nel Discorso 84.
della 1. centuria; scacciato di Firenze
io esilio. Par. 25 , k. ricoverato in ca^
sa del marchese Marcello Malaspioa ,
mentr* era fuoruscito della sua patria,
s* accenna. Pg. 8 . 136 o segg. Dante
accenna sé medesimo. Pi;. 11 , 99.
chiamato per nome da Beatrice disce-
sa di Cielo. Pg. 30, 55. suoi anti-
chissimi progenitori, di<:cendenti da Ro-
mani , taciuti per modestia. Par. i6 ,
45. nasce sotto il segno di Gemini.
Par. 22 , 117. Cacciaguida gli predice
il tenore della sua futura vita. Par.
17 , 46 e segg.
Danubio -gran fiume d* Europa. Par. 8,
65. V. Danoia,
Davide - re d'Israelle, successor di Saule;
personaggio notissimo nelle Sante Scrit-
ture. In. ,4. 58. 28, 138. Par. 25,
72. balla dinanzi ali arca di Dio. Pg.
10 , 65. traslata la stessa di città in
città ; chiamato dal Poeta , il canicr
dello Sfnrilo Santo. Par. 20, 38, pia-
gne il suo peccato. Par. 32, 11.
Deci - Questi furono tre cittadini roma-
ni , padri figliuolo e nipote, di schiatta
plebea, ma d' animo generoso ; i quali
per ottener vittoria ali* armi della re-
pubblica, consacrarono le proprie per-
sone agii Dei infernali, cacciandosi nel
mezzo de nemici , dov* era maggiore
il pericolo ; e cosi rimanendo uccisi ,
il padre nella guerra gallica, il fì^iuo-
lo nella guerra elrusca, e il nipote in
quella che fece il re Pirro contra i R<^•
mani per difendere i cittadini diXaraotu,
Par. 6, 47.
Decretali - nome d'alcuni libri di legge
canonica , ne* quali si contengono re-
scritti e decreti di sommi pontefici ; i
quai libri la maggior parie compilati
furono da papa Gregorio IX. Par. 9,
134.
Dedalo - ateniese , grande ingegnerò ; il
quale per liberarsi dalla tirannia di
Minos re di Creta , che il tenea rin-
chiuso nel laberinto da lui stesso fab-
bricato, scampò dalla prigione, volai>do
per Tarla insieme qoa ic«^ suo Ggliuo-
DELLE STORIE E FAVOLE.
689
lo. In. S», 116. V. lewro.
Deianira - figliuola d' Eneo re di Etolia ,
moglie d'Ercole; che per farsi amar
dal marito, gli mandò a donare inno-
centemente una camicia avvelenata ,
come le avea insegnato Nesso centaa*
ro, desideroso di vendicarsi : la qual
camicia essendosi Ercole posta indos-
so , diede in furore. In. 12 , 68. v.
Nesso.
Deidamla - figliuola di Lìcomede re di
Sciro, giovane bellissima, con cui ebbe
che fare Achille mentre in figura di
donzella dimorava in quella corte , fu
poi abbandonata dairamante, quando per
astuzia d'Ulisse egli fu riconosciuto , e
menato ali* assedio di Troia. In. Ì6j 62.
Pg. 22, llfc.
Deifiie - figliuola d* Adrasto re degli Ar-
givi , moglie di Tideo , uno de sette
capitani che assediarono Tebe. Pg. 22.
110.
Dellìca Deità - Apollo che dava gli ora-
coli in Delfo città della Focide , si-
tuata appiè del monte Parnaso. Par.
1, 32.
Delia - diceasi dagli antichi Diama , per
esser nata in Dolo. Pg. 29 , 78. qui
per la luna.
Delo • isola del mare Egeo , oggi chia-
mato Arc%fdago\ ove dicono le favo-
le. L^tona aver partorito Apolline e
Diana, cioè il sole e la luna. i}uestl-
sola , primachè ciò seguisse , andava
errando per lo mare, e tremava : ma
Apollo , per esservi nato, la rese fer-
ma ed immobile come T altre. Pg. 20,
130.
Democrito Abderita - filosofo d'acutissimo
ingegno che seguitando la dottrina di
Leucippo, insegcò essere il mondo com-
posto di certi corpicciooli indivisibili ,
a caso uniti insieme. Dicono che costui
8* accecasse per potere attendere senza
distrazione alla contemplazione della na-
tura. In. (h, 136.
Demofoonte - figliuolo di Teseo , abban-
dona Filli regina di Tracia, sua inna-
morata. Par. 9, 101.
Demonio - v. Maiwirdo Aiyaiit.
Diana - sorella d'Apollo , Dea della ver«
ginità , presa per la luna ; e detta dal
PoeU, occhio del cielo. Pg. 20 , 132.
scaccia dal coro delle Ninfe sue com-
pagne e tramuta in orsa Callisto violata
da Giove, v. Elice.
Diana - nome di riviera favolosa , che
i Sanesi credevano passasse sotterra
per la loro città ; e fecero far molti
scavamenti per trovarla. Pg. 13 »
153.
Didone o Dido - detta anche Elisa ; fi-
gliuola di Belo re di Tiro , moglie di
Sicheo sacerdote d'Ercole ; che fug-
gendo l'insidie di Pigmalione suo fra-
tello , da cui r era stato ucciso il ma-
rito per ispogliarlo de' suoi tesori , se ^
ne fuggi dalla patria , e venne sulle '
spiagge dell' Aflrica , dove fondò Car-
tagine. Finge Vir^giUo^-che costei s'in-
namorasse d' Enea ; e che da lui ab-
bandonata , per gran dolore si ucci'
desse. In. 5, 61, 85. lo stesso Virgi-
lio nel 1. deirEneide finge che Cupido
sedesse in grembo a Didone, presa la
figura d'Ascanio, per innamorarla d'E-
nea. Par. 8, 9.
Diogenes o Diogene Cinico - da Sinope ;
filosofo amatore della povertà e del di-
sagio , e rigoroso riprensore degli al-
trui difetti. In. k, 137.
Diomede • figliuolo di Tideo; uomo di
gran valore , e compagno d' Ulisse in
ogni pericolo al tempo dell' assedio di
Troia. In. 26, 56.
Dione - madre della dea Venere , secon-
do le favole : il qual nome poi fu dato
alla stessa Venere. Par. 8, 7. per Ve-
nere pianeta. Par. 22, ìhk.
Dionisio - tiranno di Siracusa in Sicilia ,
notissimo nelle storie greche. In. 12»
107.
s. Dionisio Areopasita - che scrisse dot-
tissimamente delle angeliche gerarchie;
benché alcuni critici moderni ciò ne-
ghino, riferendo quel libro ad altro au-
tore. Par. 10, 115. 28, 130. v. Gui-
glielmo Cave nella sua Storia Lettera-
ria degli Scrittori EcclesiasUci, agUanoi.
di Cristo 362.
87
690
JD 1 Z 1 0 N A R I O.
Dioscorìde Anazarbeo • detto da Dante ,
f ^ ottono aceogliUir M p^le ; cioè ,
della qualità de' semplici, di cui scrisse
molti libri che ancora si leggono. In.
4, 140.
Dite - città infernale ; detta cosi da Plu-
tone suo re , che anche DiU , cioè
ricco, fu chiamato da' poeti. In. 8, 68.
per lo 'nfemo. In. 11, 65. 12, 39. per
Lucifero. In. 34, 20.
' Doagio - città della^iandra. Pg. 20 , 46.
Dolcino - Fra Ddcino^ solenne impostore
al Tempo di Clemente V. Costui , es-
sendo bel dicitore, diede ad intendere
a* Novaresi , sé essere apostolo man-
dato da Dio. Riprendeva i prelati con
molta libertà, predicava, la vera carità
consistere in aver tutte le cose comu-
ni, infino alle donne. Finalmente as-
sediato da' Novaresi sulle montagne do-
ve s* era ritirato , con gran seguito
' d' uomini e di femmine , a menar vita
infame e dissolutissima ; e per gran co-
pia di neve caduta , non avendo più
che mangiare ; costretto a rendersi, fu
arso vivo insieme con una sua donna.
In. 28, 55.
Domenicani de* tempi di Dante • ripresi.
Par. 11, 124 e segg.
s. Domenico - spagnuolo della nobilissima
famiglia Gusmana ; fondatore dell'or-
dine de' frati Predicatori. Par. 10, 95.
collega di s. Francesco a mantener la
barca di Pietro. Par. 11 , 119. detto
dal Poeta ; splendore di luce cherubica; |
per la sua sapienza. Par. 11, 39, vita
ili esso sposta al Poeta da s. Rona-
ventura. Par. 12, 55 e segg. nominato
Del poisetsivo di Cui era tutto ; cioè,
detto in latino Dominieut , a Domino,
dal Signore. Par. 12, 69.
Dominazioni - primo coro d' angeli della
seconda gerarchia. Par. 28, 122.
Domiziano • imperadore , figliuolo secon-
dogenito di Vespasiano ; principe cru-
dele e scellerato. Costui perseguitò i
Cristiani. Pg. 22, 83.
Donati - famiglia nobile fiorentina. Par.
16, 119. V. Ubertino.
Pjnati, Ruoso-In, SO, 44. v. Buoeo.
Donati , Corso- Pg. 24 , 81 e segg. v.
Corso.
Donato-gramatico antico dotUssimo, mae-
stro di s. Girolamo. Scrìsie cosloi ud
libro delle otto parti dell* oraziooe ; e
cementò le (avole di Terenzio : beocbè
alcuni dicano, l' autore di tali comenti
essere stato un altro diverso dal primo.
Par. 12, 137.
Draghignazzo - nome di demonio. In. 21,
121. 22, 73.
del Duca - famiglia nobile , partita di
Urettinoro. Pg. 14 , 113.
del Duca , Guido - v. Guido.
Duera - In. 32, 116. v. Buo$o da Duerm.
Durazzo- città di Macedonia , con porto;
dove Giulio Cesare fu assediato dalle
genti di Pompeo. Par. 6 , 65.
E
Ebree donne - in Paradiso. Par. 32, 17.
Ebrei - Pg. 4 , 83. Par. 5 , 49. accemuti
e biasimati. Par. 32 , 132. passano il
mar Rosso a piedi asciutti : due soli di
secentomila di loro arrìvano alla terra
di promissione; cioò, Caleb e Giosuè.
Pg. 18 , 13&. compagni di Gedeone
centra Madianiti , furono pochissimi.
Pg. 2ih , tìk. V. Gcdeomc.
Ebro - fiume di là da Genova , ai confi-
ni della Provenza. Par. 9 , 89.
Eco - bellissima giovanotta che amando
Narciso, fanciullo altrettanto bello, ma
superbo fuor di misura, e non essen-
do da lui corrisposta , consomossi io
maniera , che non restò di lei altro
che la voce , la quale risponde aaeo-
ra alle grida altrui da' sassi e dalle spe-
lonche, s'accenna. Par. 13, 14. chia-
masi vaga dal Poeta , o perchè fu in-
nanìorata , o perchè va errando ne'hio-
ghi deserti.
Ecloga quarta di Virgilio • accennata, tg.
22. 70.
Ecuba - moglie di Priamo re di Troia; la
quale, dopo l' uccision del marito fatta
da Pirro, e la mina della patria» condot-
ta da' Greci in cattiviti, approdando
DELLE STORIE E FAVOLE.
691
t*lidi di Tracia, e trovaiido sulla spiag-
gia il cadavere di Polidoro suo figliuolo;
ucciso da Polinoestore re di quel paese,
E9r ispogliarlo del suo tesoro; al quale
riamo 1' ayea mandato da custodire,
perchè, se Troia fosse caduta, ayanzas-
se qualche rampollo della stirpe reale
per lo dolore e per la rabbia fu con-
vertita in una cagna. In. SO. 16.
Egidio UDO de* primi frati e compagni di
8. Francesco. Par. 11, 83.
Egina- isoletta poco lontana dal Pelopon-
neso 0 Morea; dove, a' tempi d'Éaco
suo re, per una fierissima pestilenza
morirono tutti gli uomini e gli anima-
li. Ora il re molto addolorato, e desi-
deroso di ristorare le perdute sue genti;
vedendo un giorno un grandissimo nu-
mero di formiche andarsene su e giù
per una antichissima quercia, pregò
istantemente Giove suo padre a voler-
gli concedere tanti cittadini, quante
erano quelle formiche: e ne fu esaudi-
to, perchè Giove tramutò tutti quegli
animalucci in uomini. In. 29, 59. v.
Ovidio nel 7. delle Trasformazioni.
Egitto -famosa provincia dell* Affrica, ba-
gnata dal fiume Nilo; dove regnarono
anticamente i Faraoni e i Tolommei.
Pg. 2, 46. figuratamente, per questo
buso mondo. Par. 25, 55.
Elena - figliuola di Giove, trasformata in
cigno; e di Leda spartana, moglie di
Tindaro. Fu donna di bellezza singola-
rissima; ed essendo sposata a Mene-
lao re di Sparta; mentre egli era as-
sente, fu rapita da Paride Troiano, suo
ospite, e condotta a Troia: per la qual
cagione, dopo dieci anni d' ostinata
guerra, fu quella metropoli arsa e sman-
tellata da' GrecL In. 5, 6k. v. Coluto
4$ Jloplii HUemoéi Omero nella Iliade,
e tutti i poeti.
Elettori sette del somnou) pontefice cioè
tre cardinali vescovi, e quattro preti
intesi per le sette teste che fin^ il
Poeta d' aver veduto spuntare sopra il
carro della Chiesa , cosi il Daniello.
Ma il Vellutello e 1 Landino intendono
i sette peeeati mortali. Pg. 32 , 143.
Elettra • figliuola d' Agamennone re di
Micene , e di Clitennestra ; che non
potendosi dar pace delia morte del pa-
dre suo , ucciso mìseramente dall* im-
pudica moglie e dall'adultero Egisto,
tanto operò con Oreste suo fratello ,
che ne vide la vendetta nella uccisio-
ne d' ambedue i colpevoli. Dal suo no-
me intitolò Sofocle una sua tragedia
che ancora si legge. In. 4, 121.
Eli - nome d* Iddio appresso gli Ebrei.
Par. 26, 136.
Elia -profeta santissimo e di gran seve-
rità , molto noto per le Sacre Scrittu-
re , il quale fu rapito da un carro di
fuoco, lo. 26 , 35. assiste alla trasfi-
gOtazìone del Signore. Pg. 32 , 80.
Elice , dicesi l' Orsa maggiore ; costella-
zione settentrionale , nella quale fingo-
no i poeti essere stata cangiata Calli-
sto figliuola di Licaone re d'Arcadia ,
Ninfa seguace di Diana , la quale es-
sendo stata violata da Giove in forma
di quella Dea , fu da lei convertita in
orsa , ma per compassione di Giove
trasportata in cielo. Pg. 25, 131. Par.
31 , 32. V. Ovidio nel 2. delle Meta-
morfosi. Rofa col tuo figlio ; cioè , col-
r Orsa minore , detta anche Cinoiwra ,
in cui fu tramutato Arcade , figliuolo
della ninfa Callisto. Par. 31 , 83.
Elicona - monte della Beozia , sacro alle
Muse. Pg. 29 , U>.
Eliodoro - Costui fu mandato da Seleuco
re di Siria , in Gerusalemme per torre
i tesori del tempio : ma appena posto
il piede sulla soglia dì quello, gli com-
parve un uomo armato sopra un gran
cavallo il quale co* calci lo percoteva:
onde umiliato davanti a Dio , se ne
ritornò addietro colle mani vuote. Pg.
20, 113. V. il 2. libro da Maccabei,
al cap. 3.
Eliós - in ebraico linguaggio significa er-
ceUo ; ed è uno de* nomi d* Iddio. Par.
14 , 96.
Elisabetta - donna santissima , nooglie di
Zaccaria , e madre di u Giovanni Ba-
tista, visitata da Maria Vergioe. ac-
cennasi ciò. Pg. 18, 100.
693
DIZIONARIO
Eliseo - profeta , che vedendosi dileggiato
da certi fanciulli , fece uscire delle mon-
tagne, cosi spirandolo Iddio, una trup-
pa d* orsi che fecero in pezzi i dileg-
giatori, accennato. In. 2o, Zk.
Eliseo - fratello di Caceiasuida , antenato
di Danto. Par. 15, 136.
Elisio -luogo deliziosissimo, oto, secon-
do le favole, andavano ad abitare dopo
la morte Y anime di coloro eh' erano
vissuti virtuosamento. Par. 15, 27.
Ellesponto - stretto di mare tra 1* Asia e
r Europa. Pg. 28, 71. v. Xene.
Elsa - fiume di Valdamo di sotto , che
tra Empoli e Fucecchio metto nell'Ar-
DO ; il qual fiume si dice far divenir
pietra ciò che tocca. Pg. 33, 67.
Ema - fiume che si convien passare da
coloro che da Hontebuono vengono a
Firenze. Par. 16, ìkZ.
Emmaus - castollo poco distante da Ge-
rusalenune. A due discepoli che colè
se n* andavano , apparisce Cristo risu-
scitato. Pg. 31 , 8.
Empedocles o Empedocle • filosofo d'A-
grigento , città di Sicilia; il quale com-
pose un bellissimo poema della Natura
delle Cose : in che fu poi da Lucre-
zio, poeta latino, imitato. Costui per
farsi slimare un Dio , gittossi nella vo-
ragine del Mongibello. In. k , 138.
Enea - figliuolo d' Anchise troiano ; notis-
simo nelle storie e nelle favole. In. 2,
32. 4, 122. 26, 93. Pg. 18. 137. detto
dal Poeta , i' antico che Lavina tolse ;
cioè, che sposò Lavinia, (igliuola di La-
tino re d' Italia , togliendola a Turno
a cui era stata promessa prima. Par.
6, 3. visita il padre morto , ne' campi
Elisi. Par. 15 , 27.
Eneida di VirgUio - lodata. Pg. 21 , 95 e
8egg.
Eolo - re de' venti , secondo le favole. Pc.
28.21.
Epicuro - figliuolo di Neocle , nato in A-
tene; filosofo celebre, che seguitando
i principi di Democrito e di Leucippo,
6 molto cose aggiungendo del suo, disse
il mondo esser fatto a caso , e V ani-
me morire insieme co' corpi. Ripose I
costui il sommo bene nei piacere, non
gii disonesto e carnale , ma deU'aBì-
mo. In. 10, ik.
Equinoziale orto del sole - ciroonscritto.
Par. 1, 38. Nel principio dell'Ariete
e della Libra » che sono i due segni
equinoziali, quattro cerchi della sfera,
intorsecandosi tra di loro , vengono a
formar tre croci. Il ooluro degli equi-
nozi viene a tagliar l' equatore , e for-
ma una croce: il zodiaco taglia lo stesso
equatore , e ne forma un'altra : 1* oriz-
zonte abbraccia il zodiaco , e forma
la torza; e questo vuol dire il Poeta.
Era - fiume che nasce nel monte Vogeso,
e mette nd Rodano , in latina Arar.
Par. 6, 59.
Eraclito d' Efeso - filosofo antichissiiDo ,
i cui scritti intorno alla Natura delle
Cose erano ripieni d' oscurità. In. k ,
138.
Ercole - figliuolo di Giove e d* Alemena,
gran domatore de' mostri , ed uccisor
de' tiranni ; il quale per la grandezza
delle cose operate, fu ricevuto nd nu-
mero degli Dei; de* costui fatti parlano
quasi tetti i poeti. In. 25, 32. ^ince
Anteo. In. 31, 132/- v. Amieo.
d'Ercole colonne che Dante chiama ri-
guardi- sono i due monti Abila e CaJpe,
r uno in Affrica , Y altro in hpagoa ;
da lui prefissi come termini a' viaggia-
tori. In. 26, 108.
Enfile - moglie d* Anfiarao celebre indo-
vino. Costei per avidità d* un ricco gio-
iello offertole da Argia moglie di ?<»-
linice , manifestò il marito che s era
appiattato per non andare cogli altri
capitani alla guerra di Tebe : per ia
qual cosa fu uccisa da Almeone suo
figliuolo , accennate. Pg. 12 , 50.
Eriue - le tre Furie infernali. Lat. fhn-
nyei. Fingono i poeti che sieno sorel-
le, figliuole deir Èrebo e della Notte,
di spaventevole aspetto , crinite di ser-
penti ec. In. 9 , 45.
Erisitone - Fu costai di Tessaglia » gran-
dissimo sprezzatore degli Dei ; e aven-
do tegliata un' antica quercia oonsacra-
te a Cerere , fa da lei ponito con ooa
DELLE STORIE E FAVOLE.
693
ftiine si arrabbuta , che non potendola
saziare, dopo aver consumata ogni sua
sostanza, se medesimo divorando, mi-
aeramente peri. Pr. 23, 26. v. Ovidio
neirS, delle Trasformazioni.
Eritone - maga di Tessaglia, che ad istan-
za di Sesto Pompeo trasse con suo* in-
cantesimi un* anima dall' Inferno per
intendere qual fine fossero per avere
le guerre civili tra Cesare e Pompeo
il grande, suo padre. In. 9, 23. v. Lu-
cano nel 6, della Farsaglia.
Ermafrodito , chiama Dante il peccato
centra natura, dove il maschio viene
ad efiemminarsi. Pg. 26, 82. D'Erma-
frodito, bellissimo giovane, figliuolo di
Mercurio e di Venere, leggi Ovidio nel
i, delle Trasformazioni.
Ermo - per V eremo di Camaldoli. Pg.
5,96.
Ero - donzella bellissima, amata da Lean-
dro. Pg. 28^ 73. V. Leandro.
Esaù - gemello del patriarca Giacobbe ,
nell' utero materno contende con luì.
Par. 32, 68. era di capei rosso, s* ac-
cenna. Par. 32, 70. fu uomo scellera-
rato, e figura de' reprobi. Par. 8, 130.
inteso forse per colui Che fece per til-
tate il gran rifiuto. In. 3, 60. avendo
venduta la sua primogenitura al fratello
Giacobbe per una scodella dì lentic-
chie , leggi il fatto nel cap. 25 , del
Genesi.
Ester - moglie d* Assuero re di Persia ,
ebrea di nazione, nipote di Mardocheo ;
donna bellissima e santissima. Pg. 17,
29* V. iiffuifi.
Esti o Este - castello antichissimo del Pa-
dovano , donde presero il cognome i
marchesi e duchi di Ferrara, oggi duchi
di Modena e Reggio. Pg. 5, 77.
da Esti - V. Axxone IIL
da Esti- Obizzo- In. 12, ili. v. Obizzo.
Eteocle e Polinice - nati del nefando con-
giugnimento d* Edipo re di Tebe, con
Cineasta sua madre, chiamati dal Poeta
nostro, doppia tristizia di locaeta ; per-
chè vissero sempre discordi, efinalmente
s' uccisero 1* un Taltro , combattendo a
ccnrpo a corpo. Pg. 22 , &6« v, Staxio
nell* 11. della Tebaìde.
Eteocle - dovendo regnare in Tebe insie-
me col suo fratello Polinice, impazien-
te d* aver compagno nella signoria , il
cacciò in esilio. Ma tornando poi lo scac-
ciato coir aiuto d' altri sei re, per esser
rimesso sul trono ; dopo un lungo as-
sedio della città, vennero i due fratelli
alle mani , e si uccisero a colpi vlcen-
devoU. Furono poscia i corpi loro messi
ad ardere sopra una stessa catasta : ma
la fiamma si divise in due, ributtando
indietro il corpo di Polinice ; segno che
ritenevano anche dopo la morte la pri-
miera discordia. In. 26, 54.
Etiope -d'Etiopia, coiraccento acuto soN
la penultima sillaba, in rima. Par. 19,
109.
Etiopi - aecennati. In. ik, kk.
Etiopia • provincia meridionale dell'Affri-
ca , ferace di serpenti ; dove gli uomi-
ni anno il colore di carboni spenti. In.
24, 89.
Etiope- coir accento acuto sulla penulti-
ma sillaba, in rima, abitatore dell'Etio-
pia. Pg. 26,21.
Etna 0 Mongibello - monte di Sicilia, che
getta fiamme ; posto tra' due promon-
tori , Pachino e Pelerò. Par. 8. 67.
Ettore - figliuolo di Priamo re di Troia;
che avendo per nove anni difesa con
sommo valore la patria, finalmente fu
ucciso dal grande Achille, e strascinato
da lui tre volte attorno le mura di Troia.
In. k , 122. suo sepolcro visitato da
Giulio Cesare. Par. 6, 68.
Eva - moglie d* Adamo» prima madre di-
urni gli uomini. Pg. 8 , 99, 2i^, 116.
Ripresa dal Poeta. Pg. 29 , 24. detta
madre antica. Pg. 30 , 52. accennata.
Pg. 32, 32. circonscritta. Par. 13, 38.
32 , 6. mangia il pomo vietato, m. Fi-
gliuoli d^ Eva , chiama Dante gli uo-
mini Pg. 12, 71.
Euclide- filosofo Platonico, e geometra in
fligne. In 4, 142.
Eof ratea - gran fiume dell' Asia, che na-
sce De*BK)nti dell' Armenia, e unito al
Tigri si scarica nel seno Persico. Pg.
83, 112.
ÉtùL.
DIZIONARIO
Eumenio e Toante- figliuoli d'Isifile.Pg.
. S6, 95. Y. lii/Ue.
Eiinoè* fiume finto dal Poeta nostro nel
terrestre Paradiso ; al quale attribui-
sce virtù di mettere io memoria tutto
il bene operato. Pg.iS, 131.33, 127.
è vocabolo di greca derivazione, e può
significar buona mente.
Eurialo • movane bellissimo, troiano. In.
i , 108. V. Virgilio nel 9. deU' E-
neide.
Euripide -.ateniese , poeta tragico eccel-
lentissimo. Pg. 22, 106.
Eurìpilo- nobile indovino nelF esercito de'
Greci centra Troia. In. 20, 112.
Euro -jvento orientale. Par. 8 , 69.
Europa - la più nobile e colta delle quat-
tro parti del mondo. Pg. 8, 123. Par.
€. 5. 12, 48.
Europa -figlinola d* Agenore re de* Fenici,
rapita da Giove convertito in toro. Par.
27, 84.
£zzechia-re di Giuda, e profeta. Costui
veggendosl infermo a morte, pregò Id-
dio 9 che gli volesse prolungare la vita
per poter piagnere i suoi commessi er-
rori : onde gli fu prolungata ancora
quindici anni; come si legge in Isaia ,
al capo 38. Par. 20, 49, e segg.
Ezzechiello • uno de* quattro profeti che
maggiori si chiamano ; pieno di visioni
misteriosissime. Pg. 29, 100.
Fabbrizio • consolo e capitano de*Romani
contra Sanniti , e centra il re Pirro.
Costui fu di sommo valore , e nemi*^
cissimo dell* avarizia ; cosicché elesse
di vivere poveramente, e ricusò la pe-
cunia offertagli dal detto re per corrom-
perìo. Pg. 20, 25.
Fani - romani, di questa famiglia furono
molti uomini segnalatissimi e in pace
e in guerra ; ma uno de* più famosi fu
Q. Fabio Massimo, il quale colla sua
destrezza e pnidenza raddrizzò la re-
pubblica gii cadente per le continue
vittorie d'Annibale. Par. 6, 47.
Faenza - città nobile di Romagna. In. 82,
123. Pg.14, 101, aeeeonata. li 97,
49. V. TribaUeUo , Am^ Mamrdi ,
Pagani^ Fantolini.
Fai ari - tiranno di Sicilia, accennalo, lo.
27, 7.
Falterona • montagna altissima, parie del-
l' A pennino , dove nasce 1* Amo fiume
di Toscana. Pg. 14, 17.
Falterona - valle di Toscana , ove nasce
il fiume detto Bis$nzio. In. 32, 56.
Famagosta- città principale dell' isola di
Cipri. Par. 19, 146.
Fano - città marittima del ducato d* Ur-
bino. In. 28 , 76. Pg. 5 , 71.
Fantolini - gentiluomini di Faenza, già
estinti. Pg. 14 , 121.
Farfarello - nome di demonio. In. 21.
123. 22 , 94.
Farinata - figliuolo di m. Marzuceo de-
gli Scoringiani da Pisa. Costui fu uc-
ciso da* suoi nemici. Pg. 6, 17. v. Mot'
zucco.
Farinata degli Uberii - cavalier fiorenti-
no , e capitano valorosissimo della fa-
zion Ghibellina , il quale presso Monte
Aperti sconfìsse i Guelfi ; e volendo
quelli di sua fazione , dopo la vitto-
ria, smantellar Fiorenza perchè i Goi'Ifi
più non vi s' annidassero , egli di ma-
niera s' oppose , che non se ne fece
altro : è annoverato da Dante fra co-
loro che poco credettero. Io. è , 79.
10 , 32.
Farisei - sorta di religiosi tra* Giudei ; uo-
mini di finissima ipocrisia , spesso no-
minati neir Evangelio. In. 23 , 116.
Farisei nuoti , chiama Dante i prelati
viziosi de' tempi suol. In. 27 , 85.
Farsaglia - luogo celebre di Tessaglia ,
dove Giulio Cesare diede la gran rotta
air esercito di Pompeo. Par. 6 , 65.
Federigo - secondo figliuolo di Piero d*A-
ragona ; successor di suo |>adr« nel re-
gno di Sicilia , ma tralig^nte, quanto
al valore. Pg. 7, 119. uomo avaro e
vile. Par. 19 , 131. travaglia il suo
stato con angarie. Par. 20 , 63. v.
Alfonso , zio ec. e Iacopo ro d Ara-
gona.
Federigo Novello - fig^uola del conta Gai-
DELLE STORIE E FAVOLE.
fi95
do da Baltifolie. Costui fu ucciso da
uno de* Bostoli , detto Fomaiuoh. Pg.
6. 17.
Federigo L • imperadore , detto Barba-
rossa : nemico della Chiesa , prende
Milano , lo disfà , e gli fa seminar so-
pra il sale. Dante il chiama ottono ,
forse per ironia. Pg. 18 , 119.
Federigo IL - imperadore, figliuolo d* Ar-
rigo V. e nipote di Federigo Barba-
rossa. In. 13 , 59. fierlssimo persecu-
tor della Chiesa , e perciò posto d.i
Dante fra gli erotici. In. 10, 119. usò
di far tormentare i colpevoli di lesa
maestà , in quesiti guisa : gli facea ve-
stire d* una pesante cappa di piombo;
poscia messili in un gran vaso al fuo-
co , lasciava che il corpo insieme col
piombo si struggesse. In. 23 , 66.
vinto in battaglia da' Parmigiani , men-
tr* egli assediava la lor città. Pg. 16,
117. detto dal Poeta , terzo vento di
Soave. Par. 3 « 120. v. Arrigo e
Soave.
Federigo Tignoso - da Rimini. Pg. Ik .
106.
Fedra - moglie di Teseo , e matrigna
d' Ipolito , calunnia il figliastro presso
il marito. Par. 17, VI. v. Ipolito.
Felice Gusman • padre di s. Domenico.
Par. 12 . 79.
Feltro o Feltre - città picciola della Marca
Trivigiana ; il cui vescovo Alessandro,
a* tempi di Dante , diede nelle mani
del govemator di Ferrara alcuni Fer-
raresi rifuggiti a Feltre , i quali face-
vano allora guerra col papa , onde fu-
rono fatti tutti crudelmente morire.
Par. 9 , 52.
Feltro - E tua naxion earà tra Fdtro e
Feltro , intende il Poeta di circonscri-
ver la città di Verona , posta tra Fel-
tro o Feltre città della Marca Trivi-
giana , e Monte Feltro città della Marca
d' Ancona. In. 1 , 105.
Fenice -uccello famosissimo nelle favole,
il quale dicono trovarsi nell* Arabia Fe-
lice , ed essere unico al mondo. Dopo
500. anni di vita , abbrucia sé stesso
a* raggi del soie sovra una catasti di I
prezioso droghe ; e dalle sue ceneri
rinasce. In. 2^ , 107.
Fenicia - provincia dell* Asia , accennata.
Par. 27 , 83.
Ferrara - nobil città d* Italia , intesa da
Dante per Val di Pàdo. Par. 15 ,
137.
Ferrarese sangue - Par. 9 , 56. v. Feltro.
Fetonte o Feton - figliuolo del Sole e di
CUmene ; il quale mosso da gioveniì
vaghezza di guidare il cocchio di suo
padre , e dopo moUe istanze ottenu-
tolo per un sol giorno , non sapendolo
ben reggere , e uscendo fuor di cam-
mino , fu da Giove fulminato , e prò-
cipiUto nel Po. In. 17 , 107. Pg. 4,
72. 29 , 118. Par. 31 , 125. accen-
nato. Par. 17 , 3.
Fiaite- uno de* Giganti che mossero guer-
ra agli Dei. In. 31 , 94.
Fiamminghi - popoli della Fiandra , no-
bilissima provincia d* Europa. In.
15 , 4.
Fiaschi - nobilissimi Genovesi , conti di
Lavagne. Pg, 19 , 101. v. Adriano K
Fiesolane bestie - intende i Fiorentini, a-
yendo riguardo air origine loro , che
fu da Fiesole. In. 15 , 73.
Fiesole - antica città di Toscana ; situata
sopra un colle poco lontano da Firen-
ze ; abitata un tempo da' soldati di Siila
ivi mandati io nuova colonia.» i quali
avendo in odio l' asprezza del sito, sce-
sero ai piano , e fabbricarono Firen-
ze. In. 15, 62. Par. 15, 126. 16 ,
122. arsa e distrutta da' Romani ai
tempi di Catilìoa. Par. 6 , 53.
Figghine - castello in Valdamo disopra;
presso Firenze. Par. 16 , 50.
Filippeschi e Monaldi - due famiglie di
contraria fazione io Orvieto , a' tempi
di Danto. Pg. 6 , 107.
Filippi - re di Francia ; molU. Pg. 20 ,
Filippi - famiglia nobile fiorentina. Par.
16, 89.
Filippo -re di Francia; cognominato Na-
$eUo , vinto in battaglia da Ruggieri ,
aomiiraglio di d. Piero d'Aragona. Pg.
7, 108.
696
DIZIONARIO
Filippo il Bello- redi Francia, accenna-
to. In. 19, 87, Y. ClemitUe V. chia-
mato dal Poeta , per li suoi laidi co-
stumi , mal di Francia. Pg. 7 , 109.
rotto da* Fiamminghi a Coltrai; s'accen-
na questa rotta. Pg. 20, 4^6» col mezzo
di Sciarra Colonnese fa prigione in Ala-
gna o Anagni Honifacio Vili, sommo
pontefice, distribuisce ancora a suo sen-
no i benefici ecclesiastici del suo regno.
Pg. 20, 86« inteso per lo gigante y co-
stui diede molto denaro a papa Bonifa-
cio Vili, mentre furono amici. Pg. 32,
152. 33, i^5. in una spedizione centra
Fiamminghi ingannò i suoi soldati col
falseggiar la moneta nelle paghe: mori
ferito da un cinghiale, mentre cacciava.
Par. 19, 120.
Filli - regina di Tracia ; abbandonata da
Demofooote suo vago, figliuolo di Te-
seo. Dante la chiama Ròdopea^ perchè
nella Tracia è il monte Rodope altis-
simo. Par. 9, 100.
Fiordaliso * i gigli d*oro, insegna del r^no
di Francia. Pg. 20, 86.
Fiorentina rabbia - Pg. 11, 118.
Fiorentine donne - biasimate, Pg. 23 ,
101.
Fiorentini - In. 17, 70, discesi da Fieso-
le, biasimati. In. 15, 61, esegg. 16.
73. V. il Discorso8i^, della 1. centuria
del Salvini.
Fiorentini, e quelli del Valdamo di sotto -
chiamati lupi, per la ingordigia ed ava-
rizia loro. Pg. 14, 50.
Fiorentini Ghibellini - disfatti a Montea-
perti. Pg. 11, 113.
Fiorentino - In. 8 , 62. 33 , il. Par.
16, 61.
Fiorentino - che s' impiccò poco avanti i
tempi di Dante, incerto chi fosse, per-
chè molti a que* tempi diedero in simil
pazzia. In. 13, 143, 151.
Fiorenza - bellissima città d' Italia ; me-
tropoli della Toscana ; sopra il fiume
Arno ; madre d'uomini valorosi, e d'in-
gegni sublimi. In. 10. 92. 16, 75. 32,
120, accennata. In. 13, 143. chiamata
da Dante, la grain villa, cioè città. In.
23, 95, biasimata. Pg. 6 , 127. 94 ,
79. Par. 9. 127. 31 , 39 . detta oer
ironia, la htn guidata. Vg. 12, 102.
impoverita da Carlo Seozaterra. Pg.
20, 75. è vicina al colle dove un ten-
po era Fiesole. Par. 6, 53. governo
e costumi antichi de* saoi cittadini, lo-
dati ; come que' de' tempi del Poeta ,
biasimati. Par. 15. 97, e segg. chiama-
ta da Dante , C avil di s. Gio^amni.
Par. 16, 25. ultimo suo sesto o parte,
nella quale nacque Cacciaguida antena-
to di Dante. Par. 16, 40. Molto sog-
getta alle vicende. Par. 16 , 84. Jfer-
calo Vecchio , contrada di essa. Par.
16 , 121. Borgo , uno dei sesti di Fio-
renza. Par. 16 , 134. Giglio , insegna
di quella repubblica , era prima bitteo
in campo rosso ; ma predominaBdo
poi la fazion Guelfa , fu dipioto rosso
in campo bianco, come oggi ai vede.
Par. 16 . 152. e segg. chiamaU Mia
ovile. Par. 25 , 5.
Firenze - lo stesso che Fiorenza. In. 21,
144. 26 , 1. Par. 29 . 103 , chiamata
trista ulva. Pg. 14, 64.
Fisica - scienza della natura, in greco fi*
iiee da fueis che natura vuol dire. li.
11. 101.
Flegetonta o Flegetonte - fiome d" In-
ferno, cheàl'oiide di fuoco. In. 14.
116, 131 , 134 , inteso da Dante per
la riviera del eangue. In. 12, 47.
Flegias- figliuolo di Marte ; re de'Lapi-
ti , popoli della Tessaglia ; il quale
per avere abbruciato il tempio d* Apol-
line in Delfo , fu da quel Dio ucciso
colle saette, e precipitato allo'nfemo.
In. 8, 19. 24. V. Virgilio nel 6, del-
l' Eneida ; e quivi gli spositori. Fmge
Dante che costui sia il noccliiero che
guida le anime alla città di Dite.
Flegra - valle di Teiisaglla , dove i Gi-
ganti restarono fulminati da Giove per
aver fatto guerra al Gelo. In. 14, 58.
Focaccia - pistoiese , della nobil Cami^
de' Cancellieri, il quale moizò lanata
ad un suo cugino , ed uccise on suo
zio; donde poi nacquero in Piatola le
fazioni de Guelfi e Ghibellini, divideo-
dosi Ufamglia in due partili, detti Caa-
DELLE STORIE E FAVOLE.
697
eMieri Neri, e CaneéUieri Bianehi. Id.
SS, 63.
Focara - monte altissiino presso la Catto-
lica , terra posta tra Rimini e Fano ;
dai quale si levano venti impetuosi.
Iti. 28, 89.
Folco di Marsiglia - valente dicitore in
rima a' tempi di Dante, e molto dedito
alle cose d'amore. Costui nacque in Ge-
nova, ma dimorò lungo tempo a Mar-
siglia dove servi la moglie del sisoore
di quella città ; e dopo la morte di lei,
si rese monaco , e di monaco fa fatto
vescovo di Marsiglia. Par. 9, 67, 82 ,
94. e segg.
Fole - uno de' famosi Centauri che guer-
reggiarono centra Lapiti , popoli di Tes-
saglia, quando fu rapita da Èurito cen-
tauro nel convito nuziale Ippodamia ,
da altri detta heomaehe^ sposa di Pi-
ritoo. In. 13, 72. v. Ovidio nel 12. delle
Trasformazioni.
Forese • uomo dedito alla crapula, fratello
di Francesco d'Accorso eccellente giù-
risconsulto , e di Piccarda. Pg. ^ •
48, 76. 24 , 74. v. Franee$eo e JKtf-
earda.
Forlì - città ragguardevole della Roma-
gna ; patria a uomini illustri ; detta
dagli antichi, Forum Livu* In. 16, 99.
Pg. 24, 82. Questa città essendo as-
sediata da m. Giovanni de Apia gen-
tiluomo francese' per ordine di papa
Martino IV , fa difasa valorosamente
dal eonte Gtiido di Montefeltro , che
allora n era capitano; il quale fingen-
do di renderla a' nemici , e di partir-
sene colle Sue genti; dopo d'averli as-
sicurati, con un bellissimo stratagem-
ma militare ritornato subitamente, gU
mise tutti a fil dì spada : ciò successe
r anno del Signore 1282. In. 27, 43.
Fortuna - descrizione di essa. In. 7, 78,
e segg.
Fortuna maggiore - chiamano i geomanti
una figura di stelle , che si compone
del fin dell'Aquario e del prindpio
de* Pesci , e nasce un'ora innanzi l'ap-
parir del sole. Pg. 19 * 4.
di Fosco , Bernardino - Pg. 1*. IW. v.
Potino - cherìco di Tessaglia, eretico, il
quale insieme con Acacie teneva che
lo Spirito Santo non procedesse dal Pa-
dre , e che'l Padre fosse maggior del
Figliuolo.Costui sedusse Anastagio som-
mo pontefice a tenere lo stesso, se deesi
credere a Dante. In. 11, 9. il che però
è falsissimo.
Francesca - figliuola di Guido da Polenta,
signor di Ravenna ; che visse a' tempi
di Dante ; femmina bellissima e molto
gentile, maritata dal padre a Lanciotto
figliuolo di Malatesta signore di Rimi-
ni , uomo valoroso, ma deforme della
persona ; la quale innamoratasi di Paolo
suo cognato, cavaliere di tratto molto
avvenente, ebbe con lui disonesta pra-
tica, sino che trovata in sul latto dal
marito , fu da lui con un sol colpo
uccisa insieme col drudo. In. 5 ,
116.
Francesca gente • cioè, francese biasima-
ta di vanità. In. 29, 123.
Francescamente-in lingua o alla manie*
ra francese. Pg. 16, 126.
Franceschi o Francesi - In. 32, 115. mes-
si a fil di spada in Ferii dal conte Gui-
do di Montefeltro. In. 27 , 44. per
loro angario ed insolenze tegliati tatti
a pezzi in Palermo e Messina, città di
Sicilia, a un sonar di vespro; ciò suc-
cesse a' tempi di Carlo 1. re di Paglia.
Par. 8, 75. . .
Francesco d'Accorso -fiorentino , gions-
consulto a' suoi tempi eccellenliBsimo ,
il quale scrìsse la chiosa alle leggi ci-
vili. In. 15. HO.
8. Francesco d' Assisi -fondator dell'ordi-
ne de'fraU Minori. In. 27, 112. Par.
22, 90. 82, 35. sua viU deserìtta al
Poeta da s. Tommaso d' Aquino. Par.
' 11, 50, e segg. detto da Dante, ti jk>-
wd di Dio. Par. 13, 33.
Francescani - de' tempi di Dante, ripresi.
' Par. 12. 112, e sera.
ÌFrancesi - v. Fhmetseki.
JFrancia - nobilissimo regno d* Europa. In.
i 19, 87. Pg. 7, 109. 20, 71 . sud re
Usafanati. Pg. »', *». • ^- «'" '
88
608
DIZIONARIO
i Fioreotini a* tempi del Poeta givano
colà per trafficarvi. Par. 15, 120.
Franco Bologneae • miniatore eccellentis-
simo, che superò in quell'arte Odori-
si d'Agobbio. Pg. 11, 83.
Frisoni - uomini di Frisia, provincia d*Eu-
ropa , che sono di grande statura. In,
31, 64.
Fucci , Vanni - In. 2* , 125. v. Vanni
Fueei.
Fulcieri da Calboli - nipote di Kinicri. Co-
stui essendo podestà di Firenze, e gran
difensore della parte Nera, fece pren-
dere molti gentiluomini e capi di parte
Bianca , opponendo loro » che avessero
trattato co* Bianchi fuorusciti di rimet-
terli in patria ; il che avendo essi con-
fessato per forza di tormenti , di fece
uccidere, accennato. Pg. Ifc, 58.
G
Gahbriello o Gabriele- arcangelo che portò
la nuova a Maria Vergine, esser lei
eletta Madre di Dio. I^. 10, ik. Par.
k, hi. 9, 138. accennato. Par. ik, 36.
23 , 94. 32, 94, 112.
(raddo - figliuolo del conte UgoHno della
(ierardesca. In. 33, 68. v. Ugolino,
Gade - oggi Cadice ; isoletta dell' Oceano
occidentale, vicinissima all' Andalusia ,
provincia di Spagna. Par. 27, 82.
Gaeta - città marittima di Terra di La-
voro ; fornita d' un ampio porto , fu
. fondata da Enea che le pose il nome
dulia propria nutrice. In. 26, 92. Par.
8, 62.
Gaia - figliuola di Gherardo da Cammi-
no , gentiluomo trivigiaoo ; donna di
singoiar bellezza o bontà. Pg. 16 ,
IM).
Galeotto - mezzano degli amori che pas-
sarono tra Lancilotto e Ginevra , per-
sone ne* romanzi famose ; ed è preso
da Dante in significato generale d'ogni
sensale di disonestà, o ruffiano. In. 5,.
137.
Galieno o Galeno - da Pergamo , città del-
r Asia minore ; medico ecceUwtisjsiiDO.
Fiori ne' tempi d* Anionino aoguf lo ,
e scrisse infinite cose. In. ( , 143.
GaHgai - famiglia nobile fiorentina. Par.
16 » 101.
Galiua - provincia di Spagna , in una città
della quale , detta CompotieUa , gìjc-
ciona le ossa di s. Iacopo apostolo
il maggiore , visitate cootinuameote
da infinito numero di peUegrini. Par.
25.18. . ^
Galli - famiglia nobile fiorentina. Par. 16»
105.
Gallo r^sso in campa d' oro - imegna del
giudicata di Gallura in Sanfima. fz.
8,81. *
Gallura -un certo giudicalo o gìarìsdi-
zinne nell* isola di Sardknia. In. 2i ,
82. Pg. 8 , 81.
Galluzzo - luogo nel contado di Firenze,
assai vicino alla dtti. Par. 16 , 53.
Ganellone a Gano di Maganca - Iradilor?
infame a* tempi di Carlo Magno, h.
32 , 122. V. RmdtvaUe.
Gange -fiume d'India groasissimo. Pg.
2, 5. 27, 4. Par. 11, 51.
Ganimede - figliuolo di Troe re di Troia;
fanciullo bellissimo , rapito da Giove,
e trasportato in cielo perchè servisi
a lui di coppiere. Pg. 9 , 23.
Garda -città posta nella riva diRenaco.
verso Verona ; oggi distrutta. In. 20,
65.
Gardingo- antica via di Firenze, ovee-
rane le case degli liberti , smantellate
poi dalla fazione de* Guelfi. Io. 23 ,
108.
Gaville - terra in Yaldamo sopra Firen-
ze ; dove fu ucciso m. Francesce Guer-
cio Cavalcante. In. 25 , 151.
Gedeone - giudice e capitano del popolo
ebreo. Dovendo egli combattere con-
Ira Madianiti , gli commise Iddio» che
di trentaduemila Ebrei che avea seco,
licenziasse tutti i tìmidi , i quali fu-
rono ventiduemila. Restato dunque Ge-
deone con diecimila, gli comandò il
Signore di nuovo, che sul mezzogiomo
menasse 1* esercito al fiume , e tutti
coloro che bevessero chinati colla t>occa
in esso y mandasse via, ritenendo q«dli
DELLE STORIE E FAVOLE.
G09
-solamente , che 'prendessero l' acqaa
nella concavità delle mani , i quali fu-
rono in tutto trecento ; e con que' po-
chi solamente uccise centoventimila
Madianiti. Pg. 34 , 125.
Gelboè - monte di Palestina , dove Sanie
sconfitto da* Filistei , s'uccise da se
medesimo. Questo monte fu poi ma-
ledetto da Davide con quelle parole :
Montet Gelboe , neque ro$ , neque plu-
via ventai iuper vo$. Pg. 12 , 41.
Geroeliì o Gemini - segno dello zodiaco,
che segue il Taurd. Par. 22 , 110 ,
152.
Genesi - il primo de' cinque libri sacri
scritti da Mosè , e di tutta la divina,
scrittura ; in cui si narra la creazione
del mondo , e le azioni degli antichi
patriarchi. In. 11 , 107.
Genova - posta dirimpetto a Buggea> città
dell* Affrica ; presa e distrutta da* Sa-
racini , con grande uccirione di quel
popolo. Par. 9. ^
Genovese *- cioè , i Genovesi o lo stato
loro. Par. 9 , 90.
Genovesi - biasimati. In. 33, 151.
Gentucca • giovane lucchese , nobile ,
bella e costumata ; di cui Dante un
tempo fu innamorato. Pg. 24 • 37.
della Gerardesca - famiglia nobilissima di
Pisa. In. 33 , 13. v. Ugolino.
Gerault de Bemeil - di Limoges o di Le-
mosi ; poeta provenzale famoso , ma
dai poco intendenti preferito ingiusta-
mente ad Arnaldo Daniello. Pg. 26 ,
120.
Gerico - famosa città di Palestina , espu-
gnata , prima , cioè somma , glòria
di Giosuè. Par. 9 , 124.
Gerì del Bello - fratello di m. Giono Ali-
ghierì , consorte di Dante. Costui fu
uomo di cattivi costumi , e scanda-
loso. Fu morto da uno della fami-
glia de* SacchetU. In. 29 , 27.
Gerìone - antichissimo re di Spagna , il
quale finsero i poeti , che avesse tre
corpi , e fosse ammazzato da Ercole.
Dante il pone per la fraude. In. 17,
97, 133. 18, 20. Pg. 27, 23.
Gerusalemme o lerusalem - città regia ,
metropoli della Giudea; mollo nota
per le scritture sacre ; dove mori Gesù
Cristo , accennata. In. 34 , 114. fu
creduto il suo sito essere in mezzo
del mondo. Pg. 2 , 3. fame arrabbiata
in quella città , mentre che i Romani
r assediavano , s* accenna. Pg. 28 ,
29. per la gloria de beati. Par. 25 ,
56. V. CarlD IL re di Puglia ; il qua^
le , come si legge in fine di quel pa-
ragrafo , fu anche re di Gerusalemme.
Par. 19 127.
Geaù 0 Gièsù Cristo- Par. 11 , 72, 102,
107. 12 , 71 , 73 , 75. 14 , 104 ,
106 , 108. 19 , 72 , 104 . 106 , 108.
20, 47. 23 , 72 . 105 , 136. 25, lo,
33 , 128. 29 , 98 , 109. 31 , 3, 107.
32, 20 , 24, 27 , 83 ; 85, 87, 125.
accennato. Par. 13, 111. 22 , 41.
27 , 36 , 40. L uomo che nacque e
viue $anxa pecca. In. 34, 115. smar-
rito dalla Madre , e poi ritrovato nel
tempio. Pg. 15, 89, e segg. sua tra-
sfigurazione accennata. Pg. 32 , 73.
sua passione d' infinito valore , circon-
scritta. Par, 13 , 40. soddisfece e po-
scia e prima ; cioè , per li peccati
che si commiseroavanti la morte sua,
e per tutti quelli che si sarebbero dopo
commessi : e perciò vien chiamato nelle
Scritture : Agnus qui occidue est ab o-
rigine mundi. Par. 13 , 41. detto da
Dante , L Agnil di 9io , che le pec-
cata iolle. Par. 17, 33. chiamato Pel-
licano. Par. 25 , 118. v. Amcano ,
nella Parte prima delle parole , sua
umanità congiunta colla divinità. Par.
33 , 131. £* esercito di Cristo , cioè ,
la congregazione de*FedeK, la Chiesa.
Par. 12 , 37.
Gherardo da Cammino - gentiluomo di
Trevegi , molto virtuoso. Pg. 16 ,
124.
Ghibellini - persecutori de* pontefici, e da
loro perseguitati. Par. 27 , 48.
Ghibellini o Guelfi - ripresi. Par. 6, 100.
e segg.
Ghin di Tacco - famoso assassino a* tempi
di papa Bonifacio Vili, che eserci-
tava latrocinio nella maremma di Sie«
700
DIZIONARIO
na. Pg. 6 , l(h. y. t Aretino ; e leggi
il Boccaccio nella giornata 10. novel-
la 2.
Ghisola - sorella di Yenedico CacdaDtini-
co, bolognese; donna bellissima. In.
18 » 55, V. Caeeianimieo.
Giacobbe o Giacob-il patriarca lacob.
Par. 8 , 131. v. laeob , liraele.
Giampolo o Ciampolo - navarrese. Costui
nacque di gentildonna ; ma lasciato dal
padre in estrema povertà , fu posto
dalla madre per servitor d' un barone
di Tebaldo re di Navarro : e tanto
seppe fare colla destrezza dell'inge-
gno suo , che venne in grande stato;
ma per la troppa cupidigia d'avere» si
mise a traflBcare gli uffici e le cari-
che. In. aa , 48.
Gianfigliacci - famiglia nobile di Firenze;
accennata per b Uone azzurro in cam«
pò giaUo , arme antica di tal fami-
glia. In. 17, 59.
Gianni del Soldanieri - In. 32 , 131. y.
del Soldanieri.
Gianni Schicchi - gentiluomo fiorentino ,
della (amiglia de' Cavalcanti, gran mae-
stro di contraffar ciascheduno. Costui
per amore d'un Simon I>ottati suo ca-
rissimo amico , postosi in letto onde
il detto Simone avea tratto il cada-
vere di m. Buoso I>onati , uomo ric-
chissimo , seppe si ben contraflare il
detto m. Buoao , facendo testamento,
che lasciò Simone erede di tutti i beni
di essso m. Buoso , che di ragione ai
più stretti parenti appartenevano , ri-
cevendo da Simone in premio di tal
inganno una bellissima cavalla, lo. 30,
32, U.
Giano - antichissimo re d' Italia , adorato
poi per Dio da' Romani , si figurava
con due facce , V una dinanzi , l' altra
di dietro , il suo tempio s' apriva nel
cominciar delle guerre , chiudendosi
poi solamente quando erano finite. Au-
gusto cesare , dopo la rotta di Marco
Antonio , il serrò. Par. 6 , 81.
Giasone o lasone-Par. 2, 18. v. la-
ione.
Gigwui , detti fuiono i figliuoli della
Terra » uomini di enorme atatnra, eoa
piedi di dragoni; i quali nella valle di
Flegra in Tessa^ia , staccando i monti
dalla radice , e poneodoglà T oa sovra
r altro , mossero guerra a^ Dei, ma
Giove a forza di fulmini precipttolli
air Inferno. In. 81 , lA , e 99gg. tg.
12, 93.
Giglio o Fiordiligi - inaegoa de' re di
Francia. I^. 7 , 105.
Ginevra • baciata da Laneilotto , perso-
naggio celebre- negli antichi nmand «
. una sua compagna a quest' atto comin-
ciò a tossire, per mostrar d'essertene
accorta. Par. 16 , 15.
Giocasta o locasta - moglie di Laioradi
Tebe , e poi da Edipo suo fig^Hlo ,
uccisore del padre suo , il quale per
madre non la riconosceva , sposata ed
ingravidata ; al quale partorì Eleocle
e Polinice. Pg. 21 , 56.
Giordano - fiume di Palestioa • fnuso
nelle sacre carte. Pg. 18 , 1S5. Pn*.
22, 94.
Giosuè o losuè - capitano geoeraie. e
giudice del popolo ebreo • dopo la
morte di Mosò , espugna la otta di
Gerico. Par. 9 , 125w fa uccidere Acam
gir aver furata patte óMm preda ài
erico centra il suo dtvielo. Pg. 20 ,
Hi.
Giotto - eccellentissimo pittura a tempi
di Dante. Costui supwi Gimaboe. Pg.
11 , 95.
Giovacchino - abate in Calabria , nel omh
nistero detto Floreme ; uomo di poca
dottrina , ma dotato di profetino spi*
rito. Par. 12 , 140.
Giovanna , fu detta la madre di s. Do-
menico ; il qual nome significa , fU*
na di grazia. Par. 12 , 80.
Giovanna - figliuoh di Nino de' Visconti
di Pisa, e mogliedi Rioeardo da Cam-
mino trivigiano. Pg. 8» 71.
Giovanna - moglie di Buoneonte di Moo-
tefeltro. Pg. 5 , 89.
Giovanni - figliuolo d'Arrigo re d'Inghil-
terra ; ucciso mentre cooibatteva coo-
tra il padre. Dante il chiama re « par-
chò godeva l' entrate d' una parte óé
DELLE STORIE E FAVOLE.
701
rej;no paterno. In. 3S » 135. t. Bir-
tramo dal Bornio.
§• Giovanni Apostolo ed Evangelista - fi-
gliuolo di Zebedeo , e frateUo di s. Ia-
copo il maggiore , assiste alla trasfigu-
mione del Signore* Pg. 82, 76. giace
sopra il petto del Signore neti' ultima
cena , gli vien raccomandata la Beata
Valgine da Cristo moribondo. Par. 35,
112 , e segg. arriva co' piedi al sepol-
cro di Cristo risuscitato , prima di s.
Pietro; ma a. Pietro colla fede v'ar-
riva prima di Ini. Par. 24 , 126. nel
Jrincipio del suo Vangelo parla ddla
^vinità altissimamente. Par. 26 , 43.
chiamato o^ii^iiayCioò aquila, dt Cri-
ito ; perchò penetrò'' più che gli altri
neir intelligenza de' misteri divini. Par.
26 , 58. non ò in Cielo col corpo. Par.
25 9 124. accennato come scrittore di
Ire epistole canoniche. Pg. 29 , 142.
scriHore deU' Apocalisse. In. 19, 106.
Pg. 29 , 106 , 143. Par. 32 , 127.
allegato nella suddetta. Par. 25 , 94.
s. Giovanni BaUsta - Pg. 22, 152. v. Ba-
tina , sua chiesa antichissima in Fi-
renze. In. 19 , 17. dove Dante fu bat-
tezzata, s'accenna. Par. 25, 8.
s. Giovanni Batista, e Vnngdista - accen-
nati. Par. 4 , 29.
s. Giovanni Ciisostooo e Grisostomo-
doè Boeea i oro ; eoa! detto per la
sua maraviglioaa elocpenzai fa oatri-
arca di Costautinopoli ; e perciò dal
Poeta vienchiamatomedvpolt/aiio. Par.
12 j 136.
Giovanni XXII. - sommo pontefice , na-
tivo di Caorsa città di Provenza , ac-
cennato. Par.' 27 , 58.
Giove - figliuolo di Saturno , e di Rea o
Cibale sua moglie. Costai » secondo le
favole , ò re degli Dei , dopo avere
spogliato suo padre del regno* In. 14 ,
52. 31 , 45 , 92. Pg. 12 , 32. Par.
4 , 62. a lui viene attriboita l' aqoila
per ministra , e il fulmine per arme
propria. Pg. 32, 142. fulmina Fetonte.
Pg. 29 , 120.
Giove - pianeta , di temperata natura. Par*
13 , 68 , 95 , 115. 27 , 14. GUmial
faetlla , per lo stesso. Par. 18 , 70.
poste trai padre Saturno, e^Tfigliua-
lo Marte. Par. 22 , 145.
fiVoea iommo , vien chiamato dal nostro
Poeta il vero Dio de' Cristiani, ma non
dee in ciò essere Imitato. Pg. 6 , 118.
Giovenale - della città d* Aquino , poeta
latino iamoso , scrittore di satire. Fio-
ri a' tempi delF imperador DoUfiiiano.
Pg-22,14.
Giuba - re di Mauritania, favorisce le re-
liquie dell' esercito di PoAapeo , dopa
la rotta di Farsaglia ; ma vinto in bat-
taglia da Cesare , si uccide di propria
mano. Par. 6 , 70.
Giuda - cittadino fiorentino. Par. 16 ,
123.
Giuda Maccabeo - combatte con Antioco
re di Siria , che avea preso Gerusa-
lemme e profanato il tempio di Dio, e
vietava a' Giudei il vivere secoodo la
legge loro , al fine , dopo^ molte bat-
taglie , rimase superiore , liberando il
popolo ebreo da quella tirannide. Par.
18 , 40.
Giuda Seariotto - uno degU apostoli ; il
quale tradì Getò Cristo » Signor no-
stro. In. 9 , 27. 19 , 96. 31, 143.34 ,
62. Pg. 20 , 74. 21 , 84.
s. Giuda Taddeo - apostolo , accennato
come scrittore d' una epistola canonica.
Pg. 29 , 142.
Gtudecca - prigione profondissima d'In-
ferno , ove sodo poniti i traditori dei
lor benefattori ; cosi detta da Giuda
Scarìotlo. In. 34 , 117.
Giudei - popoli di Palestina , una volta
diletti da Dio , poscia reprobati ; notis-
simi a tutti. In. 23 . 123. 27 , 87.
Par. 5 , 81. 7 , 47. 29 , 102.
Giulio Cesare - primo 'mperadore di Ro-
ma ; personaggio nelle storie notissi-
mo. In. 1 , 70. 4 , 123. da giovanet-
to praticò nella corte di Nicomede re
di Bitinia , al quale , come raccontano
^i storici , fu fama che di so stesso
facesse copia : il che poi gli fu da' li-
cenziosi soldati rimproverato , quand'
egli trionfò delle Gallie ; e perciò fu
cfaiatoato rogim. Pg. 26 , 77. r. Sue^
7«4
DIZIONARIO
tonio nella vita che di lui scrisse , al
cap. k9 , e quivi gli si>ositori , cor-
rendo in Ispagna per soggiogare la
città dJlerda, oggi Lerìda, lascia Bru-
to con parte dell esercito ad assediar
Marsiglia , nobile città di Provenza.
Pg. 18 , 101. vince molte nazioni. Par.
G , 58. detto dal Poeta , Colui e* a
tutto 'l mondo fé paura. Par. il ,69.
a lui fu dato del tot da* Romani , pri-
ma d' ogn* altro. Par. 16, 10.
(lìunone - figliuola di Saturno e di €ibe-
le , sorella e moglie di Giove, nemicis-
sima de' Tebani per conto di Semo-
le. In. 30 , 1. V. Stmele , intesa per
r aria. Par. 12 , 12.
Giuochi - famiglia nobile fiorentina. Par.
16 . lOi.
B. Giuseppe - sposo della Beata Vergi-
ne , accennato. Pg. 15 , 91.
Giuseppo 0 Giuseppe - figliuolo del patri-
arca Giacobbe , e dì Rachele sua mo-
glie ; giovane bellissimo e castissimo ,
che non volle acconsentire agi* inviti
e alle lusinghe della moglie di Putifa-
re : onde poi da lei falsamente accusa-
to, fu posto in prigione. In. 30 • 97.
l'altre sue avventure si leggono nella
sacra Genesi.
(Giustiniano - imperadore , successor di
Giustino neir Imperio. Costui compilò
e ridusse a metodo le leggi romane ,
tagliandone fuori tutto il soverchio , e
ritenendo solamente il necessario ; com-
ponendo le Pandette , il Codice e le
Istituzioni. Pg. 6 , 89. errò un tem-
po nella fede , e credette non essere
in Cristo se non una sola natura , cioè
r umana ; del quale errore fu tratto
da Agapito sommo pontefice , per mez-
zo de* suoi capitani , e principalmente
di Bellisario , domò la nazione de' Got-
ti , ed altri popoli barbari. Par. 6 ,
10 . e segg.
Glauco - figliuolo di Polibo ; pescatore
nell'isola Eubea. Costui avendo una
volta posati sovra un prato i pesci pre-
si , e veggendoli all' improvviso risal-
tar in mare, desideroso di saper la
cagione di ciò , diedesi a mangiar del-
l' erbe nelle quali erano giaciuti ì pe-
sci. Non si tosto ebbe ciò fatto, che
non potendo più vivere in terra, gel-
tossi anch' esso nel mare , e quivi fa
cangiato in un I>io marino. Par. 1 ,
68. V. Ovidio nel 13. delie Trasfor-
mazioni.
Godenti o Gaudenti - detti anche Frati éi
I. Maria; ordine di cavalieri istìtoito
da alcuni gentiluomini di Lombardia,
e confermato da papa Urbano IV per
combattere centra gV Infedeli . e man-
tener ragione e giustizia : oggi spenti.
In. 23 , 103.
Golfo di Catania - viene agitato dal vesto
Euro. Par. 8 , 68.
Golfo di Gibilterra - posto tra la Sptfeaa
e r Affrica ; anticamente, Frtimm Btr-
euleum, accennato. In. 26 , 107.
Gomita - fraU Gomita , fu di Sardigia;
ed era molto amato da Nino della ca-
sa de' Visconti di Pisa , e signore , ia
oueU* Isola , del giudicato di Galfani.
Ora essendo costui io gran favore ed
autorità , cominciò a vender le senten-
ze ; e dopo molte tnaShtìe , essendo
venuto all' orecchie a Nino , eh' €^ per
danari avea lasciati andare certi suoi
nemici , fu fatto da lui appiccare. In.
22 , 81.
Gomorra - una delle cinque città di Pa-
lestina , dove s' esercitava il vizk> ne-
fando ; sopra le quali cadde fuoco dai
cielo. Pg. 26 , kO.
Gorgona - isoletta del mar Tirreno . vi-
cina alla foce d* Amo. In. 33 , 82.
Gorgone - la testa di Medusa , che tra-
sformava ^i uomini in sassi. In. 9 ,
56. V. lUeduM.
Gostantino o Costantino Magno - impera-
dore , fatto cristiano , e data la pace
alla Chiesa , lascia Roma a s. Silve-
stro papa e suoi successori . roigemiù
V aquila eontra *l eorto dtl cieio , cioè
trasferendo l' imperio d'occidente in
oriente , e fermandone la sede in Bi-
sanzio detto poi dal suo nome , O-
stantinopoli. Par. 6. 1. v. Greco.
Gostanza - figliuola di Manfredi re di Pu-
glia e di Cicilia , e moglie di d. Piero
DELLE STORIE E FAYDLE.
70»
re d Aragona. Pg. 3 . U3. 7 , 129.
detta da Dante , genitrice DelV onor di
Cicilia e d' Aragona ; per essere stata
* madre di d. Federigo re di Cicilia , e
di d. Iacopo re d' Aragona : i qaali
por altro non ebbero alcuna lodevole
qualità , fuori che 1 regno. Pg. 3 ,
115.
Gostanza - figliuola di Ruggieri re dì Pu-
glia e di Sicilia ; la quale si fece mo-
naca in Palermo : poi tratta per forza
del monistero , fu data in moglie ad
Arrigo y. imperadore , che fu figliuo-
lo di Federigo Barbarossa ; del quale
generò Federigo li. Pg. 8 , 113. Par.
3 , 118. k , 98.
Gottifredi Bullone - fu duca di Lorena,
e re di Gerusalemme , avendo conqui-
stata quella santa città , virilmente
combattendo contra de' Saraceni. Par.
18 , W.
Governo - castello situato dove il Mincio
mette in Po. In. 90, 78.
Grafiiacane - nome di demonio. In. 21 ,
122. 22 , 34.
Greziano da Chiusi - monaco di professio-
ni, compilatore di quel libro che i ca-
nonisti chiamano Decreto. Par. 10, ìOk.
Greci . In. 26. 75. 30, 98, 122. Pg. 9,
39. 22, 88, sotto Troia. Par. 5. 69.
Greci - famiglia nobile fiorentina, passata
poi a Bologna. Par. 16, 89.
Grecia - nobilissima provincia d* Europa,
verso r oriente ; madre delle scienze e
e delle arti ; oggi desolata da' Turchi.
In. 20, 108.
Greco , si fece Costantino Imperadore ,
trasferendo l'imperio da Roma a Co-
stantinopoli. Par. 20, 57.
8. Gregorio Magno - somnK) pontefice ;
uno de'quattro principali dottori della
chiesa latina ; uomo santissimo. Scris-
sero alcuni , che leggendo e^i la vita
e le azioni virtuose di Traiano impe-
radore, si sentisse mosso a pregar Dio,
che il volesse liberar dairinremo ; ^
aggiungono che gli fosse rivelato esse-
re stata esaudita la sua orazione. Ma
tutto questo racconto da' più savt vien
creduto una favola, fg. 10, 75. Far.
20, 108, e segg. discorda da s. Dio-
nisio Areopagita, scrivendo intomo al-
l'ordine delle angeliche gerarchie. Par.
28, 133.
Griflblino d' Arezzo - Costui , conosciuta
la semplicità d' un Giovane chiamato
Albero , figliuolo del vescovo di Sie-
na , diedegli ad intendere ch'ei sape-
va volare ; e avendo promesso al gio-
vane d'insegnarli il segreto, ma non os-
servando la promessa, fu da quello ac-
cusate al vescovo, il quale formatogli
centra un processo, il feee ardere per
negromante , diede opera ancora all'al-
chìmia ; o perciò Dante il ripone tra' fal-
satori. In. 29, 109. 30, 31.
Gualandi -nobilissima famiglia pisana. In.
33, 32.
Gualdo -terra deir Umbria ; soggetta un
tempo a* Perugini, e da loro aggravata
di molte imposizioni. Par. 11, kS,
Gualdrada - figliuola di Bellincion Berti ,
uomo nobilissimo di Firenze; donna bel-
lissima e castissima , la quale per la
sua virtù fu maritata dall' imperadore
Ottone ad uno de* suoi baroni chiamato
Guidoguetra, e datogli in dote tutto il
Casentino^ e buona parte della Rom»-
già. Di costei nacquero due figliuoli,
uglielmo e Ruggieri : di Ruggieri nac-
que Guidoguerra. In. 16, 37. v. Gui"
doguerra.
GuaHerotti- famiglia nobile fiorentina.Par.
16, 133.
Guanto o Gani - città della Fiandra. Pg.
20, M.
Guaschi - per Guasconi o popoli di Gua-
scogna, provincia di Francia. Par. 17 .
82. 27, 58. V. Qemenie Y.
Guascogna - provincia di Francia ; occu-
pata dai discendenti d' Ugo Ciapetta.
Pg. 20, 66.
Guelfi - favoriti da' pontefici e loro fautori.
Par. 27, W.
Guelfi e Ghibellini -fazioni eelebratissi-
me » riprese dal Poeta. Par. 6 , 100,
e segg.
Guglielmo - marchese di Monferrato e Ca-
navese ; preso in guerra da* cittadini
d'Atesiandria della Fa^ , aoo'radditi,
704.
DIZIONARIO
appresso de' quali fiol la sua tita in pri-
gione. Pg. 7, 184.
Guglielmo - re di Navarra « suocero di Fi-
lippo Bello re di Francia , accennato.
Pg. 7, 10*.
Guido - conte di Montefeltro ; uomo va-
loroso in guerra, e d'ingegno sagacis-
simo , a* tempi di Dante. Questi veg-
geodosi divenir vecchio, per far peni-
tenza delle sue colpe, fecesi frate Zoc-
colante di s. Francesco. Bicbiesto poi
da papa Bonifacio Vili, di consiglio ,
come dovesse toglier Peoestrioo a* Go-
lonnesi» risposegli che dovea molto pro-
mettere , e nulla attendere : e perciò
vien riposto dal Poeta nell* ottava bol-
gia, dove si puniscono i malvagi con-
siglieri. In. Sn, 67, e segg.
Guido «- conte di Romeiuu In» 90, 77. v.
MoHtro Adamo,
Guido , conte - disceso dal ceppo de* Ra-
vignani. Par. 16, 98, v. RaPtgfMm.
Guido Bonetti - In. 30, 118. v. Bonatti.
Guido Cavalcanti - fiorentine , eccellente
filosofo e poeta. Costui nella poesia
oscurò la fama di Guidò Guinicdli. Pg.
li, 97.
Guido da Castello - gentiluomo reggiano,
molto virtuoso ; detto per sopranno-
me , U $emplic$ Lombardo* ¥g. 16 ,
125.
Guido da Monforte - il quale per vendicar
la morte di Simone suo padre, ucciso
giustamente daÀdovardo ngliuolo d'Ar-
rigo ili. re tf Inghilterra , ammazzò
Arrigo cugino d* Adovardo, figliuolo di
Iticcardo pure re d' Inghilterra, perso-
na innocente, nella cilU di Viterbo, in
chiesa, mentre il sacerdote mostrava
al popolo l'ostia sacra, Tanno del Si-
gnore 1S70, accennato. In. 12, 119.
Guido da Prata - signor liberale e valo-
roso. Pg. 14, 104.
Guido del Cassero - onoraUssimo genti-
luomo di Fano, fatto annegare alla Gat^
tolica da Malatestino di Bimini , in-
sieme con Angidello da Cagoano. In.
28, 77.
Guido del Duca - da Brettinoro ; uomo
invidiosissiiiio* Pg« 14, fti, aoManato.
Pg. 15, 44.
Guido di Carplgia- da MontefelCro; cor-
tese e valoroso signore. Pg. 14, 98.
Gqidoguerrn - figliuolo di Ruggieri e mpo-
te della buona Gualdrada , uomo pro-
dentiasimo , e valorosiaefano in guerra.
In. 16. 38. V. Gualdmda.
Guido Guinicelli - bolognese , poeta ateoi
tempi stimato. Pg. 11, 97. 96, 91. lo-
dato. Pg. S6. 97, e aegg.
Guiglielmo - eonte d' Oringa, fidinolo del
conte di Narbona, e valoroao goeniefo.
Par. 18. 46.
Guiglielmo - re di Navarra , suocero di
Filippo Bello re di Francia, amniìtn
Pg. 7. 104.
Guiglielmo - re di Sicilia, figUoolo di Ro-
berto Guiscardo ; il quale da queff i-
sola era pianto morto, per la ana pidà
e giustizia. Par. 20, 62.
Guiglielmo Aldobrandesco - conte di Santa
Flore. Pg. 11, 59. t. Ow^bmrio.
Guiscardo , Ruberto o Roberto - Ul 98,
14. Par. 18 , 48. v. MAe^Ut.
Guittone d* Arezzo - frate Gaudente ; ubo
degli antichi rimatori. Pg. 24 , 56.
vinto nel poelare da più moderuL Pg.
26, 124.
Guzzante - plcciola villa di Fiandra ;
lontana cinque leghe da Br^ggìa. In.
15 , 4.
lacob o Giacob • patriarca. Par. 8, 131.
neir utero materno contrasta con Esaù
suo fratello. Par. 32 , 68. v. la sa-
cra Genesi , era di capei nero, s* ac-
cenna. Par. 82 , 70 , dormendo vede
la scala misteriosa dove gli angioli con-
tinuamente ascendono e discnsdonn
Par. 22 , 70 , e segg.
Incorno o Iacopo - primo iigUuolo di d.
Piero di Navarra, e fratello di Fede-
rigo re di Sicilia ; ida tralignaole dsl
padre , quanto al valore ; e vit«perio
della corona , per le pesainna azioni
sue. Pg. 7 • 119. Par. 19 , 1S7.
•• Iacopo Apostolo , il maggiore * assi-
site alU traat^gmnaxiooe dal Sigmft.
DELLE STORIE E FAVOLE.
705
Pg. 32 , 76. scrittore d* uo epistola
canonica , accennato. Pg. 29 , 142.
Par. 25 • 30 , 77. figura della speran-
za , come 8. Pietro della fede , e s.
Giovanni della carità. Par. 25 , 32.
uno de* tre apostoli ammessi da Cri-
sto a' suoi più segreti misteri. Par.
25 • 33. interroga della speranza il
Poeta nostro. Par. 25 , 46 , e segg.
detto dallo stesso , il barone per cui
si visita Galizia ; riposando le sa-
crate sue ossa in Compostella città di
Galizia provincia di Spagna. Par. ^,
17.
Iacopo da Lentino - detto il Notaio; uno
degli antichi rimatori. Pg. 24 , 56.
Iacopo del Cassero - cittadino di Fano ;
il quale avendo contratta inimicizia
con Azzone lU. da Este , marchese
di Ferrara , fu da lui fatto uccidere
in Ofiago , villa nei contado di Pado-
va, mentre andava podestà di Milano.
Pg. 5 , 64 , e segg.
larba - re antichissimo di Numidia, prò-*
vincia dell' Affrica. Pg. 31 , 72.
lasone o Giasone - figliuolo di Esone e
d' Alcimede ; il quale andando insieme
cogli Argonauti , per comando di Pe-
lia suo zio , re di -Tessaglia , in Col^
chide a rapire il vello dell* oro ; arri-
vato all'isola di Lenno, fu raccolto e
alloggiato benignamente da Isifile re-
clina di quel paese , colla quale ebbe
commercio ; ma dopo alquanto tempo,
desideroso di recare a fine rincomin-
ciata impresa , aBbandonò la giovane.
Pervenuto poscia in Coleo , e riuscen-
do r affare molto malagevole , fu aiu-
tato dagV incantesimi di Medea figliuola
del re Età , innamorata di lui , a
superare ogni difBcoltà. Ritornato in
Tessaglia vinciìore, lasciò ingratamente
Medea per Creusa figliuola di Creonte
re di Corinto : per la qual cosa Me-
dea oltre modo sdegnata , mapdò alla
novella sposa certi doni di tale artifi-
cio , che attaccarono fuoco , e ridus-
sero in cenere il palagio reale e gli
abitatori : di più, ammazzati due pic-
cioli figliuoli che avuti avea di laso-
ne , se ne fuggi per 1* aria sopra un
cocchio tirato da serpenti. In. 18, 86.
Par. 2 , 18. v. le favole , Apollonio
Rodio , e Valerio Fiacco nell* Argo-
nautica.
lasone - ebreo , fratello di Onia sommo
sacerdote ; uomo ambiziosissimo. Co-
stui patteggiò con Antioco re di Siria
e di Gerusalemme , di dargli una buo-
na quantità di danari , se gli conce-
deva il sommo sacerdozio , privabdone
il fratello. Venuto a fine delle sue
brame, cominciò a sacrificare nel tem-
pio , non più secondo la legge di Mo-
sè , ma secondo il rito profano de* Gen-
tili. Finalmente fu spogliato del sacer-
dozio da Menelao fratello di Simone ,
e inandato in esilio. In. 19, 85. v. i
libri 'de*Maccabei nella divina scrittura.
lìbero -fiume della Spagna. Pg. 27, 3.
Icaro - figliuolo di Dedalo ; il quale fug-
gendo a volo dal laberinto di Creta in-
sieme col padre , e andando troppo in
alto , disfattasi la cera che tenea le
penne congiunte , per lo troppo qalor
del sole , precipitò nel mare che da lui
poscia fu detto Icario, In. 17 , 109.
Par. 8, 126. v. Dedalo.
Ida -montagna di Creta, dove fu nudri-
to Giove. In. 14 , 98.
lepte 0 lefte- galaadite, giudice e capi-
tano del popolo ebreo. Costui andando
coir esercito centra i figliuoli di Ammon,
fé voto a Dio, se otteneva vittoria de'
suoi nemici , di offerirgli in sacrifizio
il primo di sua casa , che al suo ri-
torno gli venisse incontra. A caso gli
si fece incontra prima d*ogni altro la
propria figliuola col timpano e col co-
ro ; e perciò convenne che il misero
padre la sacrificasse. Per tal voto vien
ripreso lepte , da* santi p^ìdri , e parti-
colarmente da 8. Girolamo. Par. 5, 66.
8. leronimo o Girolamo •» massimo dotto-
re della chiesa latina. Lasciò scritto
che gli angeli fossero creati da Dio
molti secoli avanti che le creature ma-
teriali ; la quale opinione , come ialsa,
fu condannata comunemente dagli al-
tri sanU dottori. Par. 29 . ^7.
80
706
DIZIONARIO
lenisalem - v. Gemtalemme.
Ifigenia - sacrificata alla dea Diana dai
padre Agamennone. Par. 5 , 70. v.
Agamennone,
Ilcrda - oj^gi Lerida , fortezza di Spagna ;
posta sui contini della provincia d'Ara-
gona , soggiogata da Cesare. Pg. 18 ,
101.
llion - lo stesso che Troia. In. 1 , 75.
IV'. 12, 62. V. Troia.
Illuii inalo - frate Minore , e uno de* pri-
mi compagni di s. Francesco. Par. 12,
130.
Imola - città di Romagna , accennata. In.
27 , 49.
Importuni • famiglia nobile fiorentina. Par.
16 , 133.
Ittiii - liuliani , abitatori deh' India. Pg.
26 , 21. JPar. 29, 101. presso costello
gli alberi sono d' una altezza biaravi-
J:lio^^. Pp. 32, kì.
India «licntale- provincia vastissima del-
i Asia ; COSI delta dal fiume Indo, dal
quale toii^inciando ,' si stende fino alla
Lhiua , è divisa in due parti , Y una
delle quali si chiama India di guà dal
Gange; V altra , di là dal Gange ; scor-
rendo per lo suo mezzo quel grandis-
simo fiume. In. ih , 32.
Iniiicu legno -Pg. 7, 74. v. uelUa Parte
prima delle Parole.
Indo - fiume. Par. 19 , 71. v. India.
Infangati - famiglia nobile fiorentina. Par.
16 , 123.
Inghilese-Diglese, d'Inghilterra. Par.
19, 122.
Inghilterra - regno nobib'ssimo , a gran
porzione dell'isola della Gran Breta-
gna. Pg. 7, 131.
Innocenzo III. - papa , conferma V ordine
de' frati Minori. Par. 11 » 92.
Ino -moglie d*Atamante. In. 30, 5. v.
Atamante,
Interminei o Interminelli , Alessio - no-
bilissimo cavalier lucchese , uomo lu-
smghiero fuor di modo. In. 18 , 1SK2.
Iole- amata da Ercole o Alcide. Par. 9,
102.
lof^afla - valle di Palestina , dove , secon-
do la comune opinione , si dee Iure il
giudicio universale di tutte le genti ,
alla fine del mondo, cosi chiamata ila
Iosa/falle , re di Giuda. In. 10, 11.
losuè-Pg. 20, 111. Par. 18, 38. \.
Gioiui,
Iperione - figliuolo di Titano , e padre del
Sole. Par. 22» 142.
Ipolito - figliuolo di Teseo e d* IpoliU ,
una delle Amazoni ; bellissimo e ca-
stissimo giovane , e tutto dedito alh
caccia. Di esso innamorata Fedra Mia
matrigna , s* indusse a ientailu , mi
senza frutto ; e perciò sommamente
sdegnata , calunniullo appresso il ma-
rito , quasi egli avesse voluto macchia-
re il letto del padre. Teseo troppo cre-
dulo , cacciollu d'Atene i.i esilu , nuv
ledicendolo ; il che fu poi cagidne <lcr
la morte deirioiìocenle j^ovaLC. Par.
17, 46.
Ippocrate - medico gnTo antichissimo ed
eccellente , nato nell'isola di Coti . del! :
razza d' Esculaino. In. 4, 143. Pg.2'^.
137.
Iri 0 Iride-figliuola di Taumaute , e mes-
sag^iera dlGiufione , secondo le favole.
Costei non è altro che Tarco baleno.
Pg. 21. 50. Par. 12, 12. 33, 118.
accennata. Pg. 29 ^ 78.
Isaac - padre d' Israele ; persona inrio no-
tissimo nelle sacre scritture , accenna-
to. In. 4 , 59.
Isaia - il primo de quattro proreii magùo-
rì , allegato. Par. 25 . 91 .
bara '^ fiume della Gallia » che mette nel
Rodano. Par. 6 , 59.
8* Isidoro -di Siviglia, città di Spagna,
scrìsse le Etinoologie , e hd libro dt
Summo Bono^ e altre cose. Piar. 10 >
131.
Isifile - figliuola di Toante re di Lenno ;
la quale » mentre le donne di queir i-
sola , divenute gelose de lor muri-
ti , per istigazione della Dea Venere
uccidevano tutti gli uomini crudelmen-
te , sottrasse Toante suo padre al pe-
rìcolo , fingendo dt far certi sacrifici a
Bacco , e nascondendolo tra festoni d'
edera e di vite , raccolse poi Giasoce
cogli Argonauti nella sua terra ; ma fu
DELLE STORIE E FAVOLE.
i07
da lui abbandonati. In. 18, 02, v.
Apollonio Rodio . o Valerio Fiacco
neir Argonautica ; corro ancora Ovidio
reir epistola .dell* Eroine. Costoi essen-
do stata venduta da* corsari a Licurgo
di Nemea , fu da lui data nutrice ad
un suo figliuolo chiimnto Ofrlte. Ora,
un giorno eh' ella era andata a diporto
fuori della città , accadde che Adrasto
ron molti de* suoi che andavano cer-
cando acqua per bere , la vide , e pre-
golia che qualche fontana gì' insegnas-
se : ond' ella lasciato in terra il fan-
ciullo , mostrò loro nella selva una
fontana chiamata Langia , ritornata
poi al fanciullo , trovò quello essere
stato ucciso da un serpente. Pg. 22,
112. Costei ebbe di Giasone due fi-
gliuoli , Toante ed Eumenio , i quali
ella , fuggendo dall' isola di Lcnno r
avea mandati al suo padre Toante.
Ora , avvenne che cercando questi due
fratelli la madre , arrivarono a caso
dov' ella si stava piangendo Ofelte oc-
p'»tTÌ(ìrcì Giacobbe, impostogli dall'an-
gelo che lottò con lui : rl<il quale poi
furono denominato le dodici tribù. In.
fc. 59.
Israele - per lo popolo giudeo , discen-
dente da Israele o sia Giacobbe pa-
triarca. Pg. 2, 46. passa il mare a pio-
di asciutti , fuggendogli egli dinanzi.
Par. 22 . 95. "
Italia- nobilissima, amenissima, fecon-
dissima provincia d'Europa. In. 9,
iìk. 20, 61. Pg. 6, 124. 7, 93.
13 , 96. 20 , 67. Par. 30 . 137. l/'mi-
le. In. 1 , 106. vogliono alcuni , che
Dante in questo luogo prenda la par-
te per lo tutto , accennando la Puglia
piana , provincia d' Italia. Serra. Pg.
6 , 76. Giardin dello 'mperio. Pg. 6 ,
105, Doeso d^ Italia , cioè TApenni-
no F^. 30, 86. Tmduo liti d Italia..
cioè , tra 1 mare Adriatico e \ Tirre-
no. Paf . 21 , 106.
Italica erba - Par, 11 , 105. v. Eiòa ,
nella Parte prima delle Parole.
rìsole dal serpente , uditala dunque 1 Italica terra - chiamata frata dal Poeta
nel pianto ricordar Lenno e Toante , nostro. Par. 9 , 26.
ludit-Par. 32, 10 v. Oloferne.
la riconobbero, e corserla ad abbrac-
ciare , facendole festa grande. Pg. 26 ,
95.
Ismene - figliuola d' Edipo re di Tebe ,
promessa io isposa a un certo Cirreo,
il quale avanti le nozze fu ucciso da 1
Tideo. Pg. 22, 111. j
I^nieno- fiume di Beozia, provìncia del-
la (ìrecia ; che scaturiva dal monte Ci-
terone , bagnava la città di Tebe , e
andava a perdersi neU' Euripo: presso
di questo fiume celebravansi i misteri
di Bacco. Pg. 18, 91.
Isopo o Esopo - nativo della Frigia , aer-
lulìa 0 Giulia - figliuola di Cesare, mo-
glie di Pompeo ; amantissima del ma-
rito. In. k, 128.
luno o Giunone - Mt$%ò di luno , chia-
ma Dante X iride o 1* arco baleno.
Par. 28 , 32.
Lacedemona - Sparta , nobilissima città
del Peloponneso , famosa per le suo
leggi e per la disciplina militare. Pg.
6 , 139.
vo di Xanto filosofo ; bruttissimo d' a- 1 Lachesis - una delle tre Parche , le qua-
spetlo , ma d' ingegno maraviglioso ;
il quale scrisse gU apologhi morali , o
vogliamo dire favolotte , dove intro-
du<4He le bestie e gli alberi a parlare;
insegnando con tal piacevole maniera
la diotlrina de' costumi. In. 23, 4.
Ispani -popoli della Spagna, è voce la*
Una. Par. 29, 101.
Israele - questo fu il secondo none del
li , secondo le favole , filano le vile
umane. Pg. 25, 79. accennate. Pg.
Ladislao • re di Boemmia o Bucmme , a
tempi di Dante , uomo lussurioso , e
nemico d* ogni valore. Par. 19 , 125 »
Lamagna - provincia prìncipalìssima tf Eu-
ropa , che anello Gennamia si dice.
In. 20, 62.
708
DIZIONARIO
Lambertaccio - fabbro in Bologna , ma
uomo di si eccellente virtù , che poco
mancò che non divenisse assoluto si-
gnore della patria sua. Pg. ik , 100.
Lamone - fiume che scorre appresso Fa-
enza. In. 27 &9.
Laocilotto - innamorato di Ginevra , mo-
glie del re Marco ; persona famosa
ne* romanzi , ma principaknente nel li-
bro intitolato Tavola Rotonda y ch'era
in prezzo a tempi di Dante. In. 5 ,
128. V. Ginevra.
Lanciotto - marito di Francesca da Po*
tenta, accennato. In. 5 , 107.
Lanfranchi - nobilissima famiglia pisana.
In. 33 , 32.
Langia - fontana della selva Nemea ; mo-
strata da Isifile ad Adrasto e a' com-
pagni suoi. Pg. 22 , 112. V. liifie.
Lano - sanese. Costui avendo consuma-
ti tutti i suoi beni , ed essendo nel-
r esercito de' Sanesi mandato centra gli
Aretini in aiuto de' Fiorentini ; veden-
do i suoi disfatti da' nemici alla pie-
ve del Toppo , contado d'Arezzo ; ben-
ché potesse colla fuga salvarsi, dispe-
ratamente si cacciò tra* nemici, e volle
essere ucciso piuttosto che vivere in
estrema povertà. In. 13 , 120.
Lapo - nome corrotto da Iacopo ; frequen-
te in Firenze. Par. 29 , 103.
Lapo Salterello - giurisconsulto fiorenti-
no , molto litigioso e maledico , e av-
versario del nostro Poetcì. Par. 15,128. [
Lalerano • parte famosa di Roma, quan-
do Laterano Alle cose mortali andò di
$opra, cioè , quando Roma avanzò di
splendore e d'altezza tutti i paesi del
mondo. Par. 31 , 35.
Laterano - La chiesa di s. Giovan Late-
rano è una delle principati di Roma ;
presso la quale ermo le case de* si-
gnori Colonnesi , fatte poi disfare da
papa Bonifacio Vili. In. 27 , 86.
Latina terra - 1* Italia. In. 27 , 27. 28,
71.
Latini , Brunetto - Io. 15 , 33. v. Bru-
netto.
Latino - re degli Aborigini , popoli del-
l' antica Italia ; padre di Lavinia , e
suocero d' Enea. In. k , 125.
Latino - per Italiano. In. 22 , 65. S7
33. 29, 88, 91. Pg. 7. 16. ìì]
58. 13 , 92.
Latona - figliuola di Geo , la quale vio-
lata da Giove , partorì ad un corpo
Apolline e Diana. Pg. 20 , 131. Fi-
glia di Latona per la luna. Par. 10
67. 22 , 139. Figli di Latona, cioè,
il sole e la luna. Par. 29 , 1.-
Lavagne • fiume della riviera di Genova,
tra Siestri e Chiaveri ; da cui furono
denominati i conti di Lavagno di casa
Fieschi. Pg. 19 , 101.
Lavina o Lavinia - figliuola dì Latino re
degli Aborigini , popoli antichissimi
d' Italia , e d'Amata sua moglie. Co-
stei fu promessa in ìsposa a Turno re
de' Rutuli ; ma poi fu accoppiata io
matrimonio ad Ènea , da cui Tomo
rimase ucciso. In. k , 126. Pg. n
37. Par. 6.3.
Leandro - giovine d* Abido ; il quale in-
namorato d* Ero , bellissima donzella
di Sesto , non potendole in altro modo
parlare , di notte passava i' Ellespon-
to nuotando , recandosi in lai maniera
in braccio dell' amata fanciulla. Intor-
no agli amori di questi due gtovaoi ,
leggesi un elegante poemetto di Musèo *
poeta greco. Pg. 28 , 73. v. Àindo ,
Sesto.
Learco e Melicerta -figliuoli d'Ataman-
te. In. 30 , 5 , 10. v. Atamanie.
Leda - moglie di Tindaro ; della città di
Amicla in Laconia. Costei ingravidata
da Giove convertito in cigno , partorì
Castore e Polluce , Elena e Cliteone-
stra. Nido di Leda , chiama Dante il
segno di Gemini che , secondo le fa-
vole , sono. Castore e Polluce nati ad
un corpo. Par. 27 , 98.
Lemosi o Limoges - citta di Francia; po-
sta nella provincia di Guienna. Pe
26 , 120. V. GerauU.
Lenno - isola dell* Arcipelago , detto an-
ticamente mare Egeo ; dove re&uò I-
sifile. In. 18 , 88.
Leone - uno de' segni dello zodiaco ; do-
micilio di Marte pianeta. Par. 16 ,
DELLE STORIE E FAVOLE.
709
37. 21 . ik.
Lerìci 0 Lerice - picciola città dello stato
di Genova ; posta nella riviera di Le-
vante. Pg. 3 , W.
Lete-Pg. 26, 108. 28, 130.30,1*3.
V. Letto.
Letéo o Lete - fìunie infernale , la cui
acqua bevuta induce dimenticanza di
ogni cosa pa^^sata. In. H , 131. Pg.
33 , 06 , 123. V. le favole.
Levi 0 Levi - uno de' figliuoli del patriar-
ca Giacobbe , e capo d* una delle do-
dici tribù d* Israele. I discendenti di
costui furono , per comando di Dio ,
privati del patrimonio temporale , e
destinati al sacerdozio e alle cura del
tempio ; e vivevano solamente delie
decime che al Signore si offerivano.
Pg. 16, 132.
Lia - figliuola di Laban ; prima moglie
del patriarca Giacobbe , intesa per l'a-
zione, o sia vita attiva. Pg. 27^ 101.
Libano • monte della Seria , famoso nelle
scritture sacre. Pg. 30, li.
Libia - provincia dell* Affrica ; somma-
mente arenosa , e -piena di serpenti.
In. 2* , 85.
Libicocco - nome di demonio. In. 21 ,
121. 22, 70.
Libra - uno de' segni dello zodiaco ; di-
stante sei segni dall' Ariete. Pg. 27 ,
3. Par. 29 , 2. Dante 1' accenna per
le bilance, Pg. 2 , 5. a questo segno
quando è arrivato il sole , comincia
r equinozio d' autunno ; cioè le notti
SODO eguali a' giorni.
Licurgo di Nemea - Pg. 26 , 94. v. /-
sifUe.
Lilla ^città e fortezza della Fiandra. Pg.
20 , 46.
Limbo - luogo d'Inferno, accennato. Par.
26, 118.
Lino - figliuolo d'Apolline , e della mu-
sa Tersicore ; sonatore e poeta eccel-
lentissimo. In. 4 , 141.
Dno - successore di s. Pietro nel ponti-
ficato , mori martire. Par. 27, 41.
Livio - padovano , istorico delle cose ro-
mane famosissimo. In. 28 , 12.
Lizio di Valbona - cortese e valoroso si-
gnore. Pg. 14 , 97*
Loderingo de Liandolo - gentiluomo bo-
lognese , e frate Godente ; di fazion
Ghibellina ; eletto , insieme con Cata-
lano de' Malavolti, podestà di Firenze*
In. 23 , 104. V. Catalano.
Logodoro - un certo giudicato o giuris-
dizione in Sardigna. Io. 22, 89.
Lombardia , e Marca Trivigiana - nobi-
lissime province d' Italia , circonscrit-
te. Pg. 16, 115. Lombardia intesa per
lo dolce piano Che da YerceUo a Mar-
cobo dichina. In. 28 , 74.
Lombardo - di Lombardia. In. 1 , 68.
23 , 99. Pg. 6 , 61. 16 , 46. Il gran
Lombardo. Par. 17 , 71. v. della Sca-
la. Il gemplice Londìardo , fu detto
Guido da Castello , gentiluomo reggia-
no. Pg. 16 , 126. Parlar Lombardo^
cioè , alla foggia de* Lombardi. In. 27,
20.
Longobardi - che regnarono in Italia , ne-
mici di santa chiesa , sconfitti da Car-
lo Magno. Par. 6 , 94. e segg.
s. Lorenzo Martire - arrostito sopra una
graticola. Par. 4 , 83.
s. Luca Evangelista - Pg. 21 , 7. ciscon-
scritto , e accennato come scrittore
degli Atti Apostolici , e medico di
professione. Pg. 29 , 134 , e segg.
Lucano - poeta spagnuolo , da Cordova.
Scrisse in lingua latina dieci libri della
Farsaglia , ovvero della guerra civile
tra Cesare e Pompeo. È candido nello
stile , e abbonda di sentenze ; ma i
suoi concetti sono troppo Konfi e ri-
cercati. In. 4 , 90. 25 , 94.
Lucca - città nobilissima della Toscana ,
che a modo di repubblica si governa.
Ih. 18 , 122. 33 , 30. Pg. 24 , 20 ,
35. accennata da Dante sotto il nome
di santa Zita. In. 21 , 38.
Lucia - intesa per la grazia illuminante.
In. 2 , 97 , 100. Pg* 9, 56. Par. 32,
137. forse io questo luogo s' intende
s. Lucia , vergine e martire gloriosa*
Lucifero - principe una volta degli ange- «
li ribelli , e ora de' demoni. In. 31 ,
143. 34 , 89. accennato. Pg. 12, 25.
Par. 27 , 26* 29 , 56. Colui Che pria
710
DIZIONARIO
Tolse le spalle al suo Fattore. PiF. 9, |
127. Il primo superbo , e la somma
d ogni creatura. Par. 19 , {^6.
Lucrezia - moglie di Tarquinio CoUatkio,
doDoa castifisioia , che violata da Sesto
Tarquinio, figliuolo di Tarquinio Su-
perbo re di Roma ; per attentare la
ì<ua innocenza , di propria mano s uc-
cise. In. h , 128. Par. 6, M.
Luigi re ài Francia ; molti. Pg. 20, 50.
Luna - cagione del flusso e riflusso del
mare. Par. 16 , 82.
Luui - antica città della Toscana » nei
con6ni della IJguria ; posta sul mare
a lato alla foce della Magra; gii di-
chinata a* tempi di Danto , e oggi di-
strutta , dal suo |)ome però il paese
d' intomo si chiama Lunigiana» in.
20 , kl. Par. 16 , 73.
M
MaccabiM - cosi si chiamano due libri
della di^ina scrittura, dove si leggono'
i fatti «r una valorosa famiglia ebrea
di ti 1 nome. in. 19 , 86.
s. Maccario - eremita antichissimo. Par.
22 , 49. ma di tal nome furono due
uomini santissimi.
Macra - fiume che scendendo dall' Apen>
nino , divide la Toscana dal Genove-
sato. Par. 9 , 89.
Madian - provincia di Palestina , dove
abitava un popolo ferocissimo , nemi-
co degli Ebroi. Pg. 24 , 126.
M.iostro Adamo - In. 30, 61. v. Adamo,
Ma^ra - Val di Magra ; Luni^i^na, pro-
vincia posta tra la To«icana e il Ge-
nove<»ato. In. 24 , 145.
Maia - figliuola iV Atlar.te , e madre di
Mercurio , prendesi {k r io pianeta di
Mercurio. Par. 22 ^ 144.
Mainardo o Machinardo Pagani - signore
d' Imola e di Faenza; per li suoi mal-
vagi co.<(tumi detto per soprannome ,
Demonio o Diatxìlo. Pg. 14 , 118. por-
tava per impresa ub leone azzurro o
vermiglio , in campo bianco. Io. 27,
50.
Maiolica -^ isola del Hediterraoeo , ricìoa
alle spiagge di Catalogna provincia- di
Spagna ; anticamente Balearù aia/or*
a differenza^ di Minorìca , isola vicioa,
deità Balearis minor. In. 28, 82.
Maiorica e Minorìca - rette e vifaperate
dal re Alfonso , zio di d. Federigo re
di Sicilia, 8 accenna. Par* 19 , 138.
Malacoda - nome di demonio. In. 21 ,
76 . 79.
Malaspini - marchesi di Luoigiana : fami-
dia nobilissima » lodati. Pg. 8, 118.
124 , e segg.
Malatesta il vecchio , e Malitestino suo
figliuolo - signori di Bimini . intesi da
Dante sotto il nome di mastinxteckio
e nuovo da Verrucchio. In. 27 , 46.
Malatestino - tiranno di Rimini , a tempi
di Dante ; il quale avea nn occhio so-
lo , accennato. In. 28 , 85.
Malebolge , chiama Dante l* ottaro ff r-
chio del suo Inferno il quale ai àvi-
de in dieci valloni , dal Poeta hdfs
chiamati; bolgia proprìamente è t^
già. Io. i8, 1. 21 , 5. 24, 37.29.
41.
Malebranche , chiama Dante i demoni
che guardano la quinta bolgia doveri
puniscono i barattieri. In. 21 , 37.
•22. 100. 23, 23. 33, n2.
Malta - rosi chiamavasi una t^rre di Gt-
tadella , castello nel Padovano, in fon-
do alla quale Azzolino tiranno cnidc^
lissimo faceva rinchiudere al buio i
suoi nemici : cosi il Daniello ; ma il
Vellutello e 1 Landino scrivono , Mati-
ta essere un fiume che n etto nel 1>-
go di Bohena , dov* è una torre mi-
la quale in perpetua carcere teneva il
papa quei cherici che avessero com-
messo peccato irremissibile. Par. 9.
54.
Manardi , Arrigo- v. Arrigo.
Manfredi - re di Puglia e ih Sicilia , ai-
pote di Gostanza moglie d* Arrigo V.
imperadore. Costui fu nemico grandi»-
Simo della Chiesa « e fkialmente mori
scomunicato. Pg. 3, 113. ^
Manfredi - signori di Faenza. In. 33
118. v. Alberigo.
DELLE STORIE E FAVOLE.
Tt
71 1
de* Matifrodi , Trìbaldello - In. 82 , 122.
V. TribaldeUo.
Mangiadore , Pietro - v. Pietro.
Manto - donna indovina , figliuola di Ti-
resia tebano. Costei dopo la morte del
l>adre , fuggendo la tirannide di Cre-
onte , lascio la patria ; e dopo aver
cercati molti paesi , venne in Italia
dove ingravidata dal fiume Tiberino ,
partorì Ocno il quale poi fondò la cit-
tà di Mantova , chiamandola dal no-
me di sua madre. In. 20 , 55. accen-
nata. Pg. 22. ,113.
Mantova - ciltà forte in Lombardia , po-
sta in una palude fatta dal Alincio» In.
20, 93. Pi^. 6, 72. v. Manto.
Mantovana villa -cioè^a^m \illa del con-
tado di Mantova. Pg. 18, 83.
Mantovani - cittadini di Mantu>a. In. 1,
CO.
Mantovano- In. 2, 58. Pg. 6 , 74. 7 ,
86.
Mjonieltana le^ge - Par. 15 , lt3.
Maomelto - nativo della Mecca , luogo
in Arabia ; uomo di viiissima condizio-
ne , il quale con solenni imposture ,
afiermando sé essere un profeta da Dio
mandato , sedusse i popoli affricani
ed abiatici , e lasciò loro una nuova
legge contenuta nel libro chiamato Al-
coruno ; apportando infiniti danni alla
Cristianità. lu 28, 3L 6*2, figurato
dal drago. Pg. 32 , 131.
Marcabò - castello sulla foce del Po ; non
molto lontano da Ravenna ; disfatto
dalla famiglia da Polenta. In. 28, 75*
Marca d' Ancona - provincia d' Italia ^ po-
sta tra la Romagna e la Puglia , ac-
cennata. Pg. 5 , 68.
Marca Trivigiaua , e Lombardia • Pro-
vincie d Italia, circonscritte. Pg. 16,
Ilo. Par. 9, 44-. Una parte della pri-
ma , dov' è il castello di Romano , cir-
conscritta. Par. 9 , 25.
Marcello - di questo nome furono in Ro-
ma molti uomini segnalatissimi ; ma
in particolare quegli eh* espugnò Sira-
cusa , e l'altro che s* oppose alla tiran-
nide di Giulio Cesare. Pg. 6 , 125.
m. Marchese de' Rigogliosi - di Forlì ; ca-
valiere ; grandissimo bevitore. Pg. 24 ,
31,
Marco - nobile viniziano , dal Poeta no«
stro chiamato Lombardo ; uomo di gran
valore , e pratico delle corti ; ma fa-
cile a montare in collera. Pg. 16 ,
46 , 130.
Mardocheo - padre d' Ester nàoglie d' As-
suero re di Persia. Pg. 17, 29. v.
Aman.
Maremma- tratto di paese tra Pisa e Sie-
na , lungo la manna ; d'aria mal sa-
na , in particolare l'agosto. le. 29 ,
48. P^'. 5 , 134.
Margherita - nioglie di d. lacouio red' A-
ragona. Pg. 7 , 12o.
Maria - donna ebrea , che in tempo de^
r assedio di Gerusaleinnie , vinta da
rabbiosissima fame , 2>i mauJò un suo
fìgliuoliiio. Pg. 23 . 30.
Maria Verdino- Pg. 3 , ;]9. 5 , 101. 8,
37. 10, 41, 50. 13 . oO, 20, 19,
97. Par. 3 , 122. 4 . 30. 11,71. 13,
84. 14, 36. 23, 88, e se^-. ili ,
126, 137. 32, 29. 95. 107, 113. lo-
data* Par. 33 , 1 , e st^gg. accenouta.
Par. 32 , 85 , 104 , 134.
Maria Vergine -si porta con fretta a vi-
sitare s. Elisabetta. Pg. 18, 100. suo
parto* Par. 16, 35. smarrisce il suo
Figliuolo in Gerusalemme , e poi Io ri-
trova nel tempio tra' dottori. Pg. 15,
88, e segg. alle nozze di Caua Gali-
lea » muovesi a compassione degli spo-
si, a' quali mancara il vino. Pg. 22,
142. alla croce. Pg. 33, 6. accennasi es-
sere in Cielo coir anima e col corpo.
Par. 25, 128. Regina del Cielo. Par.
31 , 100 , 116. detta Oriafiamma pa-
cifica. Par. 31 , 127. v,. la nota de-
gli Accademici sopra questo passo ,
chiamata Aug%itta. Par. 32 , ll9. ri-
chiude ed unge la piaga aperta e pun-
ta da Eva. Par. 32 , 4. v. £«a. invo-
cata dalla madre di m. Cacciaguida ,
antenato del Poeta , quando stava per
partorirlo. Par. 15 , 133.
Marrocco - anticamente Mauritania, pro-
vincia litorale e occidentale dell' Affri-
ca. In. 26 , 104. Pg. 4 , 139.
712
DIZIONARIO.
Marsia - satiro di Frigia, eccellente nel
sonare la cornamusa ; per la qual do-
te montato in superbia , ebbe ardire
di sfidare Apollo a suonare con esso
lui : ma vinto dal quel Dio , in pena
della sua temerità , fu dal medesimo
scorticato. Par. 1 , 20. v. Ovidio nel
6. delle Trasformazioni.
Marsilia - città nobilissima di Provenza in
Francia , assediata da Bruto per co-
mando di Cesare. Pg. 18, 102. v. Fol-
co.
Marte - figliuolo di Giunone , resa gravi-
da neir odorare un fiore. Finsero i poe-
ti , che costui fosse il Dio delle guer-
re. In. 21. H5 31, 51. Pg. 12,
31. Par. k , 63. figliuolo di Giove ,
secondo Dante. Par. 22 , 146. credu-
to padre di Quirino o Romulo. Par.
8, 132. protettore di Fiorenza ancora
pagana, accenato. In. 13, IW. Par.
16 , W.
Marte - appiè della base ov* era la statua
di Marte , in capo al Ponte Vecchio
in Firenze, fu ucciso Buondelmonte
de' Buondelmonti. Par. 16, 145.'
Marte - uno de* sette pianeti o stelle er^
ranti , posto tra Giovò e il sole. Pg .
2, 14. Par. 14, 101. 27, 14. à il
suo domicilio nel Leone celeste. Par.
16 , 38. compisce il suo giro nel ter-
mine d* anni du^. Par. 16 , 37. 17 ,
80.
Martino - ser Martino; per qualunque o-
miciattolo idiota. Par. 13, 139.
Martino IV. - sommo pontefice , nativo
dì Torso 0 Tours , città di Francia.
Dicono eh* egli si dilettasse di cibi mol-
to squisiti , e che mangiasse le an-
guille fatte morire nella vernaccia. Pg.
24 , 20 . e segg.
Martia - moglie di Catone Uticense. In.
4 , 128. Pg. 1 . 79 , 85.
Marzucco degli Scoringiani - da Pisa , ca-
valiere e dottore ; il quale per certo
accidente occorsogli , fattosi frate Mi-
nore ♦ sopportò con gran fortezza d* a-
Dimo r uccisione di Farinata suo fi-
gliuolo , e baciò la mano dell' omici-
da. Pg. 6 . 18.
Mascheroni , Sassolo - GoraDtioo. Io. 2B'
65. V. SastoL
Mastro Adamo - In. 30 » 104. 3. Aith
ino.
Matelda , contessa - figliuola d* liba figUoo-
la deir imperador di CosUntinopoli ,
che possedette in Italia molto paese ,
ed arricchì la chiesa romana di quel-
lo stato che chiamasi Patrimonio di
s. Pietro. Fu donna prudentissima e
di santi costumi. Dante la pone per
la vita attiva , ma inoocente e since-
ra. Pg. 28 . 40 . e segg. 31 , 92. 32.
28 . 82. 33 , 119.
Matteo d* Acquasparta - scrìvendo sopra
le Sentenze , venne a ristringer trop-
po la regola di s. Francesco. Par. I2.
124.
s. Mattia Apostolo - successore di Giu-
da Scariotto nell* apostolato. In. 19,
94.
Medea - figliuola d' Età re di Coleo , gran-
dissima maga ; la quale innamoratasi
di Giasone venuto a ripetere il Tello
deli* oro , 1* ajutò in maniera co* sno' in-
cantesimi , in eh' egli rimase vincitor
dell'impresa. Fuggì poi dalla patria
insieme con lui ; ma poscia dal mede-
simo abbandonata per altra donna , fe-
ce del torto ricevuto memorabile e
crudel vendetta. In. 18, 96. Di co-
stei si è parlato abbastanza alla voce
fanone.
Medicina - luogo nel territorio di Bolo-
gna. In. 28 , 73.
Mediterraneo mare - chiamato dal Poe-
ta , La maggior valle in che C acque
ii spanda > eccetto 1* Oceano. Par. 9.
82.
M^usa - figliuola di Forco , Dìo del mi-
re ; giovane di bellissimo aspetto . U
quale essendo stata stuprata da Netta-
no nel tempio di Pallade , sdegnata la
Dea, le trasformò i capelli in serpenti .
e fece che chiunque la mirasse, in sas-
so fosse convertito, e.simil forza riten-
ne la sua testa , tagliatale da Perseo.
In. 9 , !%.
Megera -una delle Furie infernali. Is.
9, 46.
DELLE STORIE E FAVOLE.
713
Melanesi * Milanesi. Pg. 8. 80.
Melano -Milano» città nobilissima dil^m-
bardia; disfatta da Federigo Barba-
rossa imperadore. Pg. 18 , 120.
Melchisedech - gran sacerdote dell* Altis-
simo , a' tempi di Abramo; è posto dal
Poeta per qualunque uomo di chiesa.
Par. 8 , 125.
Meleagro - figliuolo d* Eneo re di Cali-
donia , e 'd' Altea. Dicono le favole ,
che nascendo costui , vide la madre
sua porre alle Fate un legno sul luo-
co ; e udì loro dire che tÌDinto il fan-
ciullo vivrebbe » quanto stesse a consu-
marsi quel legno : per la qualcosa Al-
tea fece trarre il legno dal fuoco , e
smorzatolo , il conservò diligentemen-
te. Cresciuto poi Meleagro , avvenne
che per certa ingiuria fatta ad Atalan-
ta , sua innamorata , dadueziidi lui,
fratelli d'Altea ( del qual torto è da
leggersi Ovidio neirS. delle Trasfor-
mazioni ) , sdegnato fieramente il gio-
vane , amendue gli uccise. La qual
nuova portata ad Altea , la riempi di
tant'odto centra il figliuolo, che pose
di nuovo il legno fatale sul fuoco ; e
mentre quello si consumava , stnigge-
vasi ancora Meleagro , fino a morir-
ne interamente. Pg. 25 , 22.
Mdicerta e Learco - figliuoli d* Ataman-
te. In. 30, 5. v. Auimante.
Melisso - gran filosofo , nato neir isola
di Samo. Par. 13 , 125.
Menalippo - tebano , uccisore di Tideo.
In. 32, 131.
Mercurio - figliuolo di Giove e di Maia,
nunzio degli Dei , notissimo nelle fa-
vole. Par. h , 63.
Mercurio pianeta ; e suo cielo- Par. 5,
96 , e segg.
Metello - tribuno della plebe , che si op-
pose a Giulio Cesare sulle soglie del
tempio di Giove Capitolino , per difen-
dere dalla rapacità di colui i* erario
pubblico; ma indarno, perchè a viva
forza ne fu rìspinto. Pg. 9 , 138.
s. Michele Arcangelo - vinci tor di Luci-
fero. In. 7, 11 , Pg. 13, 51, Par.
4, W.
Michele Scotto- famoso astrologo e ma-
go di Federigo 11. imperadore , a cui
predisse il luogo e la maniera della
morte. Pi costui si narrano mille pro-
digi. In. 20, 116.
Michel Zanche - In. 33 , ìhh. y. Zanche,
Micol - figliuola di Saule re d* Israele ,
e moglie di Davide ; donna superba.
Costei disprezzò il marito , in suo cuo-
re, perchè Tavea veduto danzare; in
abito succinto avanti Tarca dal Signo-
re. Pg. 10 , 68 , 72.
Mida - re di Fri^a, il quale stimolato da
immensa avarizia » impetrò da Bacco ,
che tutto ciò eh* ei toccava , diventas-
se oro, ma pentissi poi della sua scioc-
ca dimanda, quando vide anche il pa-
ne e le vivande in oro cangiarsi, rg.
20 , 106.
Mincio -fiume di Lombardia , ch'esce
del lago di Garda , e mette in Po. In.
20, 77.
Minerva -« Dea dell' arti e degl* ing^i ,
secondo U favole ; sempre vergine : na-
ta del capo di Giove , senz aiuto di
donna. Par. 2 , 8. Fronde di MMer-
va, V uKvo , sacro a quella Dea. Pg.
30. 68.
Minói - per la rima, lo stesso che Minos.
Par. 13 , Ifc.
Minos - figliuolo di Giove e d* Europa ^
re e leglstore de' Cretensi ; uomo d in-
contaminata e severa ghistizia ; il qua-
le finsero i poeti che fosse giudice all'In-
ferno insieme con Eaco e Rada manto.
In. 6, fc, 17. 13, 96. 20, 36.27,
124. 29 , 120. Pfe. 1 , 77.
Minotauro - mostro composto di due na-
ture , umana e bovina ; il quale fin-
sero i poeti che fosse generato da nn
toro col quale si congiunse Pasife mo-
glie di Minos re di Creta , donna di
lussuria bestiale. Costei rinchiusa in
una vacca di legno fabbricata da De-
dalo , recò ad effetto il suo nefando
proponimento ; e fu madre del Mino-
tauro , il quale poi fu nasco.«to in un
laberinto a tal fine fatto edifioare dal
re, e finalmente fu ucciso da Teseo,
principe d'Atene, paote lo chiama
90
7U
DIZIONARIO
infamia Di Cnii. In. 12 , 12 , 25.
la Mira - luogo del Padovano ; posto sul-
la BrenU. Pg. 5 , 79.
Uirra - Cgliuola di CiDara re di Cipri ,
che iDDamoratasi del padre, operò si ,
che venne a giacersi con lui senza
eh' egli la conoscesse. Io. 30 , 38. v.
Ovidio nel 10. delle Trasformazioni ,
dove altre cose di lei si leggono.
Modite - figliuolo di Artù re della Gran
Bretagna ; il quale divenuto ribelle del
padre , si pose un giorno in agùato
per ammazzarlo : ma il valoroso re ,
scoperte V insidie , passò da banda a
banda il figliuolo con la lancia nel pet-
to , si fattamente, che coloro che guar-
davano , videro passare il sole per la
piaga. In. 32 , GÌ.
Modena - città di Lombardia ; espugnata
da Ottaviano cesare. Par. 6 , 75.
Moisè - capitano e legislatore del popolo
ebreo ; personaggio notissimo nelle sa-
cre carte. Io. k . 57. Par. &, 29. 26,
41. accennato. Par. 32 , 131. scrive
i cinque primi libri della sacra scrit-
tura , che sono chiamati il PeiUateuco.
Par. 24, 136. assiste alla trasfigurazion
del Signore. Pg. 89, 80.
Molta - fiume che passa per Praga città
capitale di Boemmia , e si scarica in
Albia. Pg. 7 , 99.
Monaldi e Filippeschi - due famiglie con-
trarie in Orvieto , a' tempi di Dante.
Pg. 6 , 107.
Monda - città di Spagna , presso )a qua-
le Giulio Cesare vinse Labieno e i due
figliuoli di Pompeo , cosi imponendo
fine alla guerra civile, s* accenna. Par.
G, 72.
Monferrato - ducato d* Italia , posto tra 1
Milanese , il Piemonte e 1 Genovese.
Pg. 7 . 136.
Mongibello o Etna - monte altissimo di
Sicilia , presso la città di Catania ;
donde escono fiamme con sassi e bi-
tume ; sotto il quale finsero i poeti
essere la fucina di Vulcano. In, 14 ,
56. Par. 8 , 67. v. Etna.
Montagna - nobilissimo cavaliere , capo
di parte Ghibellina; crudelmente fatto
morire da Malatesti, aigoori ìRimim.
In. 27 , 47.
Hontaperti - luogo di Toscana , dove i
Guelfi in nomerò di quattromila furo-
no tagliati a pezzi da' GbibeUioi , per
tradimento di m. Bocci degli AÙti
fiorentino. In. 32 , 81.
Monlecclii - famiglia potente in Verona ,
che insieme co* Cappelletti cacciò ài
quella città Azze II. marchese di Fer-
rara , che n* era governatore ; btiicbe
poi egli vi ritornasse coir aiuto de* con-
ti di 8. Bonifazio. Pg. 6 , 106.
Monte di s. Giuliano - detto anche Monte
Pisano ; posto tra Pisa e Lutea. In.
33 , 29.
Montefeltro - Y. Guido di Carpiona.
Montefeltro - famiglia nobilissima ; coA
nominata dal luogo. Pg. 5 • 88 v. £tio«-
conte.
Montemalo - luogo vicino a Roma, donde
si veggiono i superbi edifici posti dentru
e fuori della città. Par. 15 , 109.
Montemurlo - castello in Toscana , non
lontano da Prato ; che fu de* conti Gui-
di. Par. 16, 64.
Montereggione - castello de* Sanesi , cir-
condato di torri. In. 31 , 41.
Montone - fiume d* Italia, il quale scenden-
do dall'Apennino , corre presso le mura
di Forìl ; e quindi partendo , di là da
Ravenna sbocca nell* Adriatico, accen-
nato. In. 16 , 94.
Montone - segno dello zodiaco. Par. 29 .
2. V. Ariete.
Montone dal vello dell* oro - attaccato in
Coleo da Frisso nel tempio di Marta ;
e dopo molto tempo ricuperato da (ìia-
sono e dagli Argonanti. In. 18 , 87. u
Ia$one e le favole.
Morente - fratello di Cacciaguida antena-
to di Dante. Par. 15 , 136.
il Mosca - In. 6 » 80. v. ilTos^a degli Vbtr-
ti.
Mosca degli liberti o de* Lamberti - nobi-
lissimo cavalier fiorentino , il quale die-
de il consiglio che si dovesse ammana-
re Buondelmonte , anch' egli uomo prin-
cipalissimo di quella città , che aven-
do promesso di prender per moglie una
DELLE STORIE E FAVOLE.
7J5
degli Àmidei , non attenendo lor la pro-
messa, sposò in vece una de'I>onati,
r uccisione del qual giovane introdusse
in Firenze le pestilenti fazioni de* Ne-
ri e de* Bianchi , con danno gravissi-
mo degli UberU. In. 38 , 106.
de* Mozzi, Andrea - vescovo di Firenze;
uomo macchiato di brutto vizio, il qua-
le fu da Niccola IH. sommo pontefice ,
secondo il Landino ; ma secondo l'aba-
te UgheUi , da Bonifazio VIIL fatto
passare dal vescovato di Firenze a quel-
lo di Vicenza , acennato. In. 15 , 112.
Muse - Finsero gli antichi poeti , che que-
ste fossero nove sorelle , figliuole di
(lieve e di Mnemosine , alle quali era-
no sacri i monti Pamasso , Pindo ,
Elicona ; erano presidenti alle arti li-
berali , ma principalmente alla poesia
e alla musica , i loro nomi furono :
Clio , Calliope , Euterpe , Melpome^
ne , Tersicore , Pólinnia , ErtUo , Ta-
lia, Urania, In. 2, 7. Pg. 1,8. Par.
2 . 9. 12 , 7. 23 , 56. Nutrici de'poe-
ti. Pg. 22, 105. Vergini sacroiante. Pg.
29 , 37. accennate. In. 32 , 10.
Muzio Scevola - nobilissimo Romano , il
quale, assediando Persona re di To-
scana, la città di Roma , si portò agli
alloggiamenti del nimico per ucciderlo ;
e quivi arrivato , non conoscendolo ,
uccise in vece di lui un suo favorito ;
ma accortosi poi dell* errore , mise ad
arder la propria mano nel fuoco pre-
parato per lo sacrifizio. Par. i^ , 84. v.
Tito Livio nel 2. libro delle Storie.
N
>'abuccodonosorre - re degli Assiri, dor-
mendo vide una volta un orribil so-
gno ; del qual sogno non ricordandosi
poi la mattina , mandò per tutti li sa-
vi di Babillonia , promettendo premi
a coloro che glielo avessero ricordato
e spiegato, e minacciando di morte gli
altri che ciò non avessero saputo fare;
ma Daniello , fatta orazione co* suoi
compagni , per ispirazione divina ven-
ne a sapere e il sogno , e come si do-
vesse spiegare ; e in tal maniera quie-
tò r animo del re , e plUcò 1* ira di es-
so. Par. i , ik.
Naiàde - coli' accento acuto sulla secon-
da sillaba , in rima, per Naiadi , cioò
Ninfe de* fonti e de' fiumi. Narrano Je
favole , che essendosi messe tali Dee
a predire le cose future » sdegnata Te-
mi , come quella a cui più non si di-
mandavano i responsi , mandò nel di-
stretto di Tebe un ferocissimo cinghia-
le che dava il guasto alle biade , e di-
vorava le greggio. Pg. 33 . 49.
Napoleone degli Alberti - In. 32, 55 , e
segg. V. Mestandro.
Napoli - città principalissima d' Italia, po-
sta in Terra di Lavoro , e capo di mol-
te Provincie ; anticamente chiamata Par-
thenope; in essa fu sepolto Virgilio. Pg.
3, 27.
Narcisso - bellissimo giovane , figliuolo
del fiume Gefiso , e di Lìriope ; il qua-
le non volendo corrispondere in amore
alle Ninfe che per lui si struggevano,
avvenne che guardandosi egli una vol-
ta in un limpidissimo fonte , s'innamo-
rò di so stesso , e dimenticatosi del
mangiare e del bere , se ne mori , e
fu convertito nel fiore del suo nome.
In. 30 , 128. accennato. Par. 3 , 18.
Nassidio - soldato nell* esercito di Cato-
ne in Affrica. Costui , se crediamo a
Lucano nel 9. della Farsaglia , punto
da una serpe velenosissima , si gonfiò
in maniera , che venne a scoppiare ,
mandando fuori le interiora. In. 25, 95.
Natan - profeta , il quale per comanda-
mento di Dio riprese J)avide dell* adul-
terio da Itti comesso colla moglie d* Uria.
Par. 12 . 136*
Navarra - provincia confinante cdla Spa-
gna , e divisa dalla Francia col mez-
zo de* monti Pirenei ; oggi posseduta
da* Francesi. In. ^,48. Par. 19 , 143
Navarrese-di Navarra. In. 22, 121.
Nazzarette - città di Galilea , dove segui
1* incarnazione del Verbo Divino. Par.
9 , 137.
Negri o Neri - fazione in Toscana , a* tem-
pi di Dante. In. 24 , 143.
716
DIZIONARIO
Nella - moglie di m. Forese fiorentino ;
donna molto pia. Pg. 23 , 87. y. Fo-
nte.
Nembrotto o Nembrotte - personaggio no-
tissimo per la sacra scrittura ; uomo
di superbi pensieri il quale cominciò
a fabbricare la torre di Babelle con
animo di giugnere sino alle stelle» nra
Dio , confondendo i linguaggi de'lavb*
ratorì , deluse il suo pazzo distegne.
In, 31 , 77. Pg. 12 , 3*. Par, 26 , m.
, Nerli - famiglia nobile fiorentina» «ino de'
suoi consorti, ma senza nome, Vi6ne
accennalo. Par. tS , 115.
Nesso • Ci^ntauro , ucciso da Ercole egn
una freccia , perchè avendosegli ofier«
to di trasportare sulle sue groppe De-
ianìra moglie di lui , di là dal fiume
Eveno ; quando fu giunto air altra ri-
va , la voile f (l)rz^'e« In. 12 , 67, 98.
13, i.
Nettuno o Nettunno - Dtodel m^QO; figliuo-
lo di Saturno e di Cibele. In. 28 , 83.
ammira 1* ombra della nave Argo che
Srìma d* c^o' altra solcò il mare. Par.
3, 96.
s. Niccolao- vescovo di Bari, che sovven-
ne con tre boise d*oro a tre fanciulla
da marito , dotate di somma beQezza ,
ma altrettanto povere , e perciò ]la-
ste in pericola di vendere T onestà io-
ro. Pg. 20 , 32.
Niccola III. •» sommo pontefice , della fa-
miglia Orsiffii di Roma ; posto tia Dan-
te fra' simoniaci : ma altri tengono che
fosse degno pontelìcei In. 19 , 31. e
Niccolò Salimben^ ricchissimo giovane $a«
nese , ma scialacquatore fuor di mi-
sura ; il quale fu il primo a condire
fagiani con garofani ed altra maniera
di spezierfe. in. 29, 127. v. lo Stricea,
Nicosia - coir accento acuto sulla penul-
tima; città principale dell'isola di Ci-
pri. Par. 19 , ii^6.
Nilo - fiume grossissimo d* Egitto , che
nasce nell' Etiopia , e si scarica per set-
te foci nel Mediterraneo. In. 3& , 45.
Pg. ^ , 6i^. Par. 6 , 66. qui s'accen-
na la guerra alessandrina di Giulio Ce-
sare. Le fonti del Nilo presM gli aa-
tichi erano incognite.
Ninfe , propriamente foroD dette le Dee
presidenti ali* acque , che Naiadi e Ne-
reidi ancora si chiamarono ; le prime,
abitatrici de* fiumi ; le seconde , del ma-
re : ma per figura catacresi ebbero que-
sto nome altresì le Ortadi^ cioè 4e Dee
de' monti ; e le Napet , o Dee deUe
valli ; e finalmente le Driadi e le Awm-
driadi . Dee delle selve e d^li alberi.
Pg. 29 , 4. 31 . 106.
Ninfe , chiama Dante le virtù teologali e
cardinali. Pg. 32 , 98.
Ninfe eteme , chiama Dante le stelle. Par.
89, 26.
Nino • re #agU Atsjrl , marito di Semi-
ramide, m. &, 59. V. SbaUramii.
Nirg>-4^1I« casa de' Visconti di Pba;
uomo gentlfe . e m^Uo cobusta di cor-
po ; giudice del dudli^to di Galhira
in Sardigna. Pg. 8 , 5» , t09.
Niofae - figliuola di Tantalo , e moglie
d' Anfione re di Tebe. Co^ei e&e di
suQ marito sette figliuoli maschi e lette
femmine; per la qual cosa oltre misura
insuperbita • non voleva che le geliti
sacrificassero a Latona madre d* Apol-
lo e di Diana , ma piuttosto a lei. Sde-
goati perciò que' Numi , gli uccisero
colle saette i figliuoìi , Apollo i ma-
schi, e Diana le femmine; e lei pian-
gente convertirono in sasso. P|. i2« 37.
Xiso * giovane troiano , amico a Eurialo.
In. 1 , 108. V. Viralo nel 9. deU'E-
neida.
Ko^rosi 0 Novaresi - popoli di Novara,
città (dello stato di Milano, in. 28 ,59.
v« Dolcino.
Noc^ra-oittà dell'Umbria; soggetta a' Pe-
rugini a' tempi del Poeta « e da loro
molto aggravata. Par. li , i8.
Noè - patriarca • che rinchiuso nell'ar-
ca da lui fabbricata , eoo altri sette
delia sua famiglia , scampò dall* uuivo^
sale diluvio. In. k , 56. Pose Dio un
patto col patriarca Noè , che quando
gli uomini vedessero apparir nelle na-
vale r arcobaleno , potf ebbero ^issicu-
rarsi che il diluvio universale non ri-
DELLE STORIE E FAVOLE.
717
tornerebbe mai più. Par. 12, 17.
Noli • terra del Genovese , posta io una
vaile. Pg. k , 25.
Normandia • provincia di Francia ; occu-
pata da' discendenti d' Ugo Ciapetta. Pg.
20 . 66.
.Norvegia « provincia e reame settentrio-
nale, suo re biasimato. Par. 19,139.
Notaio • Pg. Si^i 56. v. Iacopo da Lentino.
Mumidia - provincia deli' Affrica; dove an-
ticamente regnò iarba. Pg. 31, 72.
0
Obizzo da Estì - marchese di Ferrara e
della Marca d* Ancona ; uomo crude-
le e rapace, che finalmente fu ucciso
da un suo figliuolo. In. 12, 111. gode
Gbisola, sorella di Venedico Caccia^
nimico. In. 18, 56«
Oceani «^ chiamalo cM Poeta t quel mar
che h temi i»gkizlania ; perche in so
contiene le taire , ed ò fuori di «sse.
Par, 9 , 84.
Oderìsi d' Agobbio ^ «ceellenttssimo ni*
niaio^ a' tempi di Dante. Pg. li , 70.
Olimpo- monte altissimo della Tessaglia,
il quale soipassa le nuvole colla cima;
e prendesi da* poeti per la parte più
Qicelsa del olelo , ove fingono Qssei;e
le sjtanze oegli Dei* P^* 2», 15.
Oloferne - capitan generale dell* esercito
degli Assiri sotto Betulia , città della
Giudea. Costui fu ingannato da Ghidit^*
ta , bellissima e santissima vedova di
quella città , che avendosi , per divi-
na ispirazione > messo Àvt cuore di li-
berare la patria , usci a visitarlo ne*
padiglioni ; e dopo d' averlo invaghito
di aè , fingendo di volersi giacere con lui
la notte , rìtimlasi a fare orazione ,
quando il senti posto a letto e addor-
mentato per lo molto vino ch'egli avea
bevuto, colla spada di lui medesimo
gli tagliò la testa , e la portò seco in
Betulia : onde poi fu sciolto 1* assedio.
Pg. 12, 59. V. la scrittura sacra nel li-
bro di Giuditta.
Omberto - uno de' conti di Santa Fiore in
Maremma di Siena , figliuolo di Goi-
glielmo Aldobrandesco; il quale (u tanto
superbo ed arrogante, che ton potendolo
i danesi più tollerare, il fecero ammaz-
zare in Campagnatico, luogo del conta-
do di Siena. Pg. 11 , 58 , 67.
Omero - poeto sovratte , scrittore antichis-
simo e fallosissimo , che compose i
due poemi , V Iliade e \ Ulissea. In. h ,
88. lodato. Pg. 22 , lOL
Onorio III. - papa , concede ali* ordine
de* frati Minori di potere amministrare
i Sacramenti, e avere la dignità del
sacerdozio. Par. 11 , 98.
Orazl - tre fratelli romani , combattono
centra i tre Curiaz! , fratelli albani.
Par. 6 , 39. v. Livio nel 1. libro.
Orazio - poeta lirico e satirico , tra' La-
tini molto eccellente ; fu da Venosa ,
e visse a' tempi d'Augusto. In. 4, 89.
Orbisani, Buonagiunta - Pg. 24, 19,20.
V. Bwma^unJUi.
Ordelaffi- già signori di Forlì, accennati
da Dante per lo {fon verde , impresa
di quella famiglia. In. ^, 15.
Oreste - figliuolo d* Agamennone redi Mi-
cene « e di Clitonneska ; amici^imo
dì Pilade. U Poeta lo pone per esem-
pio di mutua benevolenza. Pg. 13, 32.
Orfeo - nativo di Tracia « figliuolo d*" Ea-
gro e della «us^ Calliope. Fingono i
poeti t che costui usasse lanta mae-
stria nel sonar la cetsa, che i più fie-
ri animali , e gli alberi stessi concor-
ressero ad udirlo. In. fc , ìhQ. v. le
favole.
d' Oria , Branca - genovese. In. 33 , 140.
V. Branca.
Oriaco - luogo del contado di Padova ;
presso alle lagune. Pg. 5, 80.
Orlando - conte d'Anglante; uno de più
valorosi paladini di Cario |^gno. In.
31 , 18. Par. 18 , 43.
Ormanni - famiglia nobile fiorentina. Par.
16 , 89.
Orse - maggiore e minore ; costellazioni
vicinissime al polo artico , che a noi
che abitiamo nella zona temperata set-
tentrionale, non tramontano mai. Colla
veduta di queste drizzavano il corso
loro i naviganti , prima dell' invenzio*
718
DIZIONARIO
ne del bossolo. Pg. 4 , 65. Par. 3 , 9.
Orsini - famiglia romana nobOissima , del-
la quale fu Niccoia III. sommo pon-
tefice, accennata. In. 19, 70.
Orso - y. comi Orso.
Orto - Chiama Dante la città di Siena ,
urto dov$ f* appicca U seme d' ogni va-
nità. In. 39 , 129.
Ostia Tiberina - dove il Tevere entra nel
mare, accennate da Dante. Pg. 2 , 101.
Quivi finge il Poeta nostro , che s* im-
biàuxhino V anime che vanno al Pur-
gatorio.
Ostiense - cardinale , cementatore de' De-
cretali. Par. 12 , 83.
Ottachero - redi Boemmia, genero delVim-
peradore Ridolfo ; uomo di molto va-
lore. Pg. 7 , 100.
Ottaviano Augusto - successore di Giulio
Cesare neir imperio romano ; personag-
gio nelle storie notissimp. Pg. 7, 6. v.
Augusto.
Ovvidio - sulmonese , poeta ingegnosissi-
mo tra* latini ; i cui scritti , e le di-
Kaventure sono a tutti note. In. k, 90.
25 , 97.
Oza - punito da Dio con repentina mor-
te , per aver voluto drizzare V arca dei-
Testamento , che stava per cadere ,
mentre sopra un carro si conduceva
di Gabaa in Sionne : e ciò , perchè
questo non era uiDcio che a lui s* ap-
. partenesse, accennato. Pg. 10 , 57.
Pachino - promontorio della Sicilia ; ri-
guardante la Grecia. Par. 8 , 68.
Pado - Po. Val di Pado ; per Ferrara.
Par. 15^137.
Padova - per li Padovani uccìsi presso
Ytcenza dalle genti degli Scaligeri. Par.
9. 46. ^
Padovani - 1 cittadini di Padova , nobilis-
sima ed antichissima città della Mar-
ca Trivigiana ; fabbricata da Anteno-
re troiano ; madre denomini segnala-
tissimi. In. 15 , 7.
Padovano - In. 17 , 70.
Pagani - gentiluomini di Faenza , de* qua-
li fu Hainardo signor d* Imola e éi
Faenza , detto per soprannooie , Dt-
monio o Diavolo. Pg. 14, 118.
Pagano , Hainardo - accennato per lo leon-
cello azzurro in campo bianco , por-
tato da lui per insegna. In. 37 , 50.
da Palazzo - famiglia nobile bresciana.
Pg. 16 , 124. V. Currado.
Palermo - città capitale della Sicilia. Pir.
8, 75. V. Franeui.
Palestina - Terra Santa o di Promissione.
Par. 9. 125.
Pallade - che anche Jlftfi€nMS si dice. Pg .
12 , 31. T. Minerva.
Palladio - picciola statua di Pallade ; la
quale gelosamente si custodiva ad
castello di Troia , per la sicurecza di
quella. Ma Ulisse introdottosi con ar-
tifizio , la rubò , e portoUa nel campo
de' Greci , i quali ^k> dopo espugna-
rono la città. In. 96 , 63.
Pallante - figliuolo d* Evandro ; mandato
dal padre in aiuto d* Enea contra Tor-
no , e da esso Turno ucciso. Par. 6,
36. V. Virgilio neir 8. e neU*ll. del-
r Eneide.
Paolo - cognato di Francesca da Polenta.
In. 5 , 101 , e segg. v. Francesca.
fi. Paolo Apostolo - In. 2 , 32. Parv 18 .
131 , 136. circonscritto. Pg. 29, 139.
detto dal Poeta , il gran taseUo Dello
Spirito Santo. Par. 21 , 127. FraitW ,
cioè compagno , dì $. Pietro. Par. i^ .
62. ancor vivente, vien rapito al ter-
zo cielo , cioè all'Empireo, e torna-
to giù , ammaestra s. Dionisio Are^*-
pagita intomo all( cose celesti. Par.
28 , 138.
Paolo Orosio-il quale scrisse sette libri
di storie contra i Gentili calunniatori
della cristiana religione ; dedicati d;i
lui a s. Agostino , e de* quali servcsi
? lesto gran dottore neTsuoi libri d*
ivitate Dei. Vtr. 10 , 119. U Vellu-
tello intende s. Ambrosio , la qual*
spiegazione pare a noi falsa.
Parca -per una delle Dee che filano \f
vite umane ; ed assiste a chi nasce .
secondo le tavole. Par. 8 , 83.
DELLE STORIE E FAVOLE.
719
Paris - È incerto se Dante voglia inten-
dere Paride troiano , figliuolo di Pria-
mo , e rapitore di Elena , notissimo
nelle favole ; o pure uno degli erranti
cavalieri, famosi ne* romanzi, ch'ebbe
tal nome. Io. 5 , 67.
Parisi 0 Parigi - città capitale del regno
di Francia , e una delle più illustri del
mondo. Pg. 11 , 81. 20 , 52.
Parmenide - filosofo oleate , uditor di Se-
nofane. Par. 13 , 125.
Parnaso - monte della Beozia , sacro alle
Muse. Pg. 22 , 65. 28 , ìki. 31 ,
ikì. Par. 1 , 16. accennato. Pg. 22,
104.
Pasife - figliuola del Sole , e moglie di
ìlinos re di Creta , accennata da Dan-
te. In. 12 , 13. Pg. 26 , bl , 86. v.
Minotauro.
Pazzi - famiglia nobile fiorentina. In. 12,
137. 32, 68. V. Camicione j Carli-
no , Atnter.
Peana - inno in lode d* Apolline , il quale
cominciava : Io Paean. Par. 13 , 25.
Pegasea Diva - cioè , Calliope , la prin-
cipale tra le Muse , invocata. Par. 18,
82. Chiamansi le Muse , Dive Pega-
iee , dal cavallo Pegaso da esse edu-
cato , il quale nel partirsi aperse loro
il fonte Aganippe con un calcio , per
dimostrarsi grato.
Peleo - figliuolo d* Eaco» e padre d* Achil-
le ; uomo celebratissimo nelle favole-
In. 31 , 5. V. Achille.
Peloro - uno de* tre promontori della Si-
cilia , staccato ne* tempi antichissimi
dair Italia ; come vogliono le storie.
Pg. U , 32. Par. 8 , 68.
Peneia fronda, chiama Dante 1* alloro
in cui secondo le favole , fu trasfor-
mata Dafne , bellissima giovanotta, fi-
gliuola di Penco fiume di Tessaglia.
Par. 1 , 33.
Penelope - figliuola d' Icario » e moglie
d' Ulisse ; donna bellissima e castissima
insieme , la quale aspettò il marito
che andava ramingo pel mondo, venti
anni continui , benché fosse da molti
* dimandata in isposa. La sua lunga tela
colla quale ingannò gì* innamorati , è
celebre nelle favole. In. 26 , 96.
Penestrino - oggi PaUstrina , anticamente
Prameite ; castello de* Colonnesi nella
Campagna di Roma. In. 27 , 102*
PentesUea - regina delle Amazon!, ve-
nuta in soccorso de* Troiani centra
Greci , e poi uccisa da Achille. In.
4, 124.
della Pera - famiglia nobile fiorentina ,
ora spenta , da costoro nomossi Arto
Peruzza anticamente in Firenze. Par.
16 , 126.
Penilo - ingegnerò , accennato da Dante.
In. 27 , 8. V. Cieiliano bue.
Persi - Persiani , cioè della Persia , no-
bilissima regione orientale di là dal-
l' Arabia. Par. 19 , 112.
Persio -nativo di Volterra, cittadella To-
scana ; scrittore oscurissimo di satire
latine. Pg. 22 , 100.
Perugia -ciUà nobile dello stato della Chie-
sa , fu presa ne* tempi antichi da Ot-
taviano Cesare , a forza di fame. Par.
6 , 75. poco lontana da un alto mon-
te. Par. 11 , 46.
Peschiera - castello mollo forte della dio-
cesi di Verona , posto in fine del lago
di Garda. In. 20 , 70.
Pesci - 1* ultima costellazione o segno dello
zodiaco che è il circolo formato dalla
strada de* pianeti. In. 11 , 113. Pg.
1 , 21. 32 , 54.
Pettinagno , Piero - v. Pier PtUinagno.
la Pia - gentildonna sanese , moglie di m.
Nello della Pietra ; la quale , come fu
creduto , trovata dal marito in adul-
terio , fu da lui condotta in Marem-
ma , e quivi uccisa. Pg. 5 , 133.
Piava 0 Piave - fiume della Marca Tri-
vigiana. Par. 9 , 27.
Piccarda - sorella di Francesco d' Accor-
so, e di m. Forese ; bella e buona
ciovane, la quale fecesi monaca, ma
ni tratta per forza di montetero e ma-
riUta. Pg. 24 , 10. Par. 3 , 49. 4 ,
97 , 112.
Piceno- Campo Piceno^ luogo vicino a
Pistoia, dove a' tempi di Dante fu scon-
fitta la fazione de* Biandìi. In. 24, 148.
Piche , furono chiamate nove sorelle , fi«
720
DIZIONARIO
gUuoIe dì Pierio di Polla ciUà d* Egit-
to ; le qvali non oieao any^anti , ehe
di varie scienze ed arti dotate , eb-
bero ardire di provocar le Muse a
cantare con essoloro : daHe quali vin^
te , in pena della superbia furono tra-
sformate In piche o gazze che voglia-
mo dire. Pg. 1. 11. V. Ovidio nel 5,
dellt Trasformazioni.
Pier - r apostolo s. Piero. Pg. 9 , 127.
Pier dalla Broccia -tu segretario e consi-
gliere di Filippo Bello re di Francia.
Costui , perchè molto potea appi^so il
re , fu per invidia de* baroni tatto ca-
dere in disgrazia della regina, la quale
falsamente l* accusò al marito , come
avesse voluto corrompere la sua ca-
stità , laonde il re , troppo credulo , il
fece uccidere. Pg. 6 , 22.
Pier da Medicina , luogo dol contado di
Bolopia • seminator di discordie tra i
cittadini di quella città , e poi tra il
conte Guido da Polenta , e Halatestino
da Rimini. In. 28 , 73.
s. Pier Damiano • prima canonico in s.
Maria di Ravenna , poi eremita nella
solitudine di Catrìa ; fondatore de' mo-
naci della Colomba, e ultimamente
fatto cardinale. Par. 21, 121. 22, 88.
Pier delle Vigne - capuano ; uomo di vi-
lissima condizione , ma per la sua e-
loquenza , e per la cognizion eh' egli
avea delle lem , divenuto cancelliere
di' Federigo IT- imperadore , a cui so-
pra tutti gli altri di sua corte fa un
tempo carissimo. Accusato poi falsa^
mente da* maligni e Invidiosi cortigiani
d' inCedeltà , e d* aver rivelati i segreti
alla sua fede commessi , fu da Fede-
rigo , troppo credulo , privato della
dignità, e fatto accecare: la qual ca-
lanuta non potendo egli beA soflferire,
s* uccise da se stesso, iirtaqdo di tutta
forz9 col capo nel maro d' una ctùesa.
Leggonsi ancora le sue Epistole. In.
13, 58, e segg.
Piero di Navarra * re d* Afagal^ ; uo-
mo di corpo robustissimo , accennato.
Pg. 7 , 112 . 125. V. lacomo , Fede-
rigo , Mfimio.
Piero il maggiore - 1* apostolo , cosi det-
to per esser capo d^ apostoli. Ia2,
Pier Pettiaaeno - Bftntinof uomo di santi
constumi. Pg. 18, 128.
Pier Traversare «^ sigopr di Jiavrenoa :
uomo di Valore* Pg. ik, 86.
Pietola - villa del Mantovano , ne' tempi
antichi chiamata Ande$ ; ove nacque
YirgUip. Pg. 18 , 83.
Pjetrapana - monte altissimo di Toscana .
poco distante dalli città di Locca , in
quella partedél sua contado, che Graf-
fagnana si chiama. In. 32, 29.
s* Pietro -^ Chiesa di s« Pietro in Koma.
In. 18 , 32. La pina di $. A'dr», cioè.
la cupola della sudetta chiesa. ln.3l ,
59.
s. Pietro -Porta s. Pietro io Flreme.
Par. 16 , 9k.
$. Pietro Apostolo «-In. 19 , 91 ^ 9i.
Pg. 13, 51. 19, 99. Par. 9, lU.
18 , 131. 21 , 127. 23 , 139. 24.
34. 25 , 12. 32 , 133. accennato. P<r.
82 , 124. inteso da Dante per lo /V-
•catore. Pg. 22 , 83. Par. 18 , ISTi.
assiste alla trasfigurazion del Signore.
Pg. 32, 76. cammina, su per lo ma-
re , senza affondarsi. Par. 24 , 39. ar-
riva coH* affette al sepolcro di Cristo
risuscitato» prima di s. Giovaoni. Par.
24 , 126. chiamato dal Poeta , fri-
mipih , cioè caposquadra , della cat-
tolica chiesa. Par^ Ttk , 59. chiamato
nrimiiia de'ticarj di CriUo. Fat. 25,
14. scrittore di due episMe canonichr.
accennato. Pg. à9 • 142. Sarca dì
Pietro, cioè, la chiesa catt^Hica. Par.
11 « 119. introdotto a riprendere i
cattivi pastori. Par. 27 , 11 , e se-jg.
Ftcario di Pietro^ chiama Dante Tao-
gelo da cni fìnge esser custodita la
porta del Purgatorio, P^. 21 , 54.
£» poftB di $• Pietro « ^i (ìjÈ iira-
diso. in. 1 « iS^
Pietro BcrB^rdoUo - uomo plebeo , padre
di a. Francesco d* Assisi. Par. li , 89.
Pietro Ispano - siaì^e «ledici libri in du*
lettica. Par. 12 , 134.
Pietro Lombardo - chiamato ti Maturo
DELLE STORIE E FAVOLE.
721
dtUe $enlenz$. Costui scrisse quattro
libri di teologia , molto famosi , che
furono poi consentati da moltissimi dot-
lori scolasUci , e letti in parecchie uni-
versità. Par. IO , 107.
Pietro Hangiadore - fu lombardo, e scris-
se la Storia Scolastica. Par. 12 , 134.
Pigmalione - fii^liuolo di Belo re di Tiro,
e fratello di Didune regina; il quale
uccise a* tradimento Sicbeo sacerdote
d Ercole , marito di sua sorella , per
toglierli i suoi tesori ; ma indarno , per-
chè Didone con quelli se ne fug^ in
Affrica dove fondo la ciùtà di Cartagi-
ne. Pg. 20. 103.
la Pila - luogo nel contado di Firenze. Pg.
24 , 29. Y. Ubaldino.
Pilato nuovo - chiama Dante Filippo Bel-
lo re di Francia. Pg. 20 , 91. v. Fi-
lippo , Bonifazio Vili.
Pinamonto Buonacossi • tiranno di Man-
tova , dopo averne cacciati con astu-
zia i conti diCasalodi , eh' n* erano si-
gnori. In. 20 , 96.
Più 1. - sommo pontefice, mori martire.
Par. 27 , 44.
Piramo alla gelsa - posto dal Poeta enig-
maticamente per dinotare il piacere
delle cose vane , che fa divenire la
mente , di lucida , oscura. Pg.. 33 j
69. v. Piramo e lìtbe,
Piramo e Tisbe - Pg. 27 , 88. Piramo fu
un giovinetto di Babillonia , secondo le
favole ; il quale innamorato di Tisbe
fanciulla bellissima, sua vicina, e da lei
corrisposto in amore; per poterla gode-
re la persuase ad uscire tacitamente
della sua casa, e a portarsi in certo luo-
go solitario, sotto una pianta di gelso o
moro , dov* egli T avrebbe attesa. Ven-
ne la fanciulla prinia dell' amante ; ma
impaurita per la vista d' una lionessa
tutta lorda di sangue d ibuoi scannati,
se n* andava alla fonte , fuggissi dentro
una grotta , lasciando Jvi per la fretta
un suo velo che trovato clalla fiera ,
fu da essa lacerato ed insanguinato. Po-
co dopo giugnendo Piramo al pattuito
luogo e riconoscendo il velo delFamata
nciulla , pensò che fosse stata divo-
rata ; e sopraffatto da un estremo do-
lore, colla propria spada si passò il
petto. Tisbe, intanto , già deposto il ti-
more , ritorna dalla grotta ; e veduto
ramante languir moribondo per la f(^
rita , dopo molti pianti e lamenti , col-
lo stesso ferro di Piramo disperata si
uccide. Scrivono i poeti , che innanzi
questo avvenimento il gelso produ^eva
i frutti bianchi ; ma che spruzzati del
sangue degl* infelici , divennero tosto
di color vermiglio nereggiante , come
sono al di d*oggi. v. Ovidio nel4. Ir-
bro delle Metamorfosi.
Pirenei monti - fasciano la Navarra. Par.
19, 144.
Pirro - re degli Epiroti, perpetuo nemico
de* Romani avidissimo d'imperio; per-
sonaggio notissimo nelle storie. Di co-
stui dee intendersi Dante. In. 18,135.
Par. 6, 44. non di Pirro figliuolo d*
Achille.
Pisa - nobilissima città di Toscana ; ba-
gnata dal fiume Amo. Pg. 6, 17. bia-
simata. In. 33 , 79.
Pisani - cittadini di Pisa. In. 83, 30. in-
tesi per le volpi piene di froda» Pg.
14 , 53.
Pisistrato - tiranno d* Atene , uomo di
temperati costumi ; il quale si portò
assai benignanoente collo stupratore di
sua figliuola. Pg. 15 , 101.
Pistoia - città nobilissima della Toscana.
In. 24 , 126 , 143. biasimata, in. 25 ,
10.
Plato - cioè , Platone. Pg. 3 , 43.
Platone - ateniese , detto t7 divino ; filo-
sofo sapientissimo , principe della set-
ta degli Aoeademici , e maestro d' Ari-
stotile. Io* 4, 134. insegnò che l'ani-
me degli nomini uscite de* corpi loro,
tornassero alle stelle ond* erano prima
discese. Par. 4 , 24.
Plauto - nativo di Sarsina eittà dell* Um-
bria , scrittore elesantis9Ìmo di com-
medie latine. Pg. z2 , 98.
Pluto - Dio delle ricchezzze che in gre*
co si chiamano vlòuiot. In. 6 , 115.
7 , 2. Altri credono lui essere il me-
desimo che Plutone re dell* inferno t
91
722
DIZIONARIO
figliuolo di Saturno e d* Opi , fratello
di Giove e di Nettiuioo.
Po - re de' fiumi d' Italia, scende dall* Al-
pi ; e ricevendo , nel discorrere , den-
tro 1 suo seno molti fiumi più piccio-
li, viene a scaricarsi nell'Adriatico.
In. 5 , 98. 20 , 78. Pg. ih , 92. 16,
115. Par. 6 , SI.
Podestadi - terzo coro d' angeli della se-
conda gerarchia. Par. 28, 123.
Pola - antichissima cittÀ di Schiavonia ,
presso i confini dell' Istria. In. 9, 113.
da Polenta -famiglia nobilissima, che si-
gnoreggiava in Ravenna a tempi di Dan-
te. Portava per impresa V aquila mez-
zo bianca in campo azzurro , e mez-
zo rossa in campo d' oro In* 27 , 4.1.
da Polenta , Francesca - In. 5» 116. v.
Francesca,
Policreto o Policleto - sicionio , discepolo
d* Agelade ; scultore antico eccellentis-
simo. Pg. 10 , 32.
Polidoro • figliuolo di Priamo re di Troia,
e d' Ecuba ; ucciso a tradimento da
Polinnestore re di Tracia. In. 30, 18.
Pg. 20 , 115. V. Ecuba e Polinestore.
Poiinestore o Polinnestore - re di Tracia.
A costui , come a carissimo amico ,
Priamo re di Troia , essendo assedia-
ta da' Greci quella città , mandò un suo
figliuolo detto Polidoro, ^ con buona par-
te de' suoi tesori ; acciocché se la cit-
tà fosse espugnala, e ucciso il re col-
r altra sua prole , non s' estinguesse
affatto la stirpe reale. Ha il tradito-
re , intesa la caduta di Troia e la
morte di Priamo , fece morire il gio-
vane • e converti in uso proprio tutto
il tesoro. Pg. 20, 115. v. Virgilio nel
3 dell' Eneide.
Polinice - fratello di Eteocle, accennato.
In. 26 , 54. Pg. 22 , 56.
Polinnia-una delle muse, cosi detta dalla
moltitudine degl'inni. Par. 23, 56.
Polisena - figliuola di Priamo re di Tro-
ia, e d' Ecuba sua moglie ; sacrificata
da Pirro al sepolcro d' Achille suo pa-
dre , per far vendetta di lui eh* era
stato ucciso a tradimento da Paride
itaì tempio d'Apollo sotto colore di dar-
gliela in isposa. In. 30 , 17.
Polluce - V. Coitore.
Polo - per s. Paolo. Piur. 18 , 136.
Polo aoUrtiGO - opposto all'artico. Pg. I,
23.
Polo artico o settentrionale - I^ . 1 , 29.
Pompeiana tuba - per I* esercito di Pom-
peo. Pg. 6 , 72.
Pompeo il Grande - ancor gìoTanelto, sog-
gioga diversi popoli air imperio roma-
no. Par. 6 , 53.
Ponte di Castel s* Angelo- in Roma. lo.
18, 29.
Ponti - luogo della Fraoeia , occupato da*
re francesi , discendenti da Ugo Ga-
petta. Pg. 20 , 66.
Portogalla- provincia di Spagna, soore
biasimato. Par. 19 , 1^.
Praga - città metropoli di Boemmia; oc-
cupata dall' imperadore Alberto d'Au-
stria. Par. 19 , 117.
Prata -luogo. tra Ravenna e Faenza. Pg.
ik , 104. V. Guido da Prata.
Prato - città vicina a Fiorenza. In. 26, 9.
Pratomagoo - monte tra Val d* Amo, e il
Casentino. Pg. 5 , 116.
della Pressa -famiglia nobile fiorentina.
Par. 16, 100.
Priamo - re di Troia, ucciso. In. 30, 15.
Principi celesti o Principati - primo cmo
d' angeli della terza serarcbia , i qua-
li , secondo Dante , ihuoYono il cielo
di Venere. Par, 8 . 34. 28, t2o.
Prisciano - graomiatico eccellentissimo .
fu di Cesarea di Cappadocia, e scrisse
molti libri della sua professione, i quali
ancora si leggono. Vogliono alcuni >po-
sitori , che Dante il prendesse per ogDt
gramatico. In. 15 , 109.
Proenza o Provenza - provincia marittim.!
delia Francia ; di cui fu conte Carla
I. re di Puglia. Pg. 7 , 126. posta a
sinistra del regno di Francia , riguar-
dando verso occidente. Par. 8 . "58.
Progne - moglie di Te reo re di Tracia ,
che per vendicar la sorella FQomeoa
da lui violata , diede a mangiare al
marito il suo figliuolo Iti : e fu poi
convertita in rondine ; altri dicono in
rosìgnuolo , accennata. Pg. 17 , 19.
DELLE STORIE E FAVOLE.
7-23
V. Ovidio nel 6. delle Trasforma-
zioni.
Proaerpina - figliaola di GioTe e di Ce-
rere ; rapita per iaposa da Plutone ,
mentre coglieva fiori ne' prati d* Enna
in Sicilia. In. 9, U. dove si dice la
ngina dèff eterno pianio. Pg. 38 , 50.
è la stessa che la Lana. In. 10 , 80.
Dì essa leggonsi questi due Tersi :
Terret, bulratj agitj Proitrfina^ L%h
na , Diana.
Imuj superna j ferae ^ $eepUro ^ fulgore,
sagitta.
Provenzale dote -cioè, la Provenza, ag-
giunta al regno di Francia da Luigi il
Santo , e da Carlo suo (rateilo , di-
scendenti da Ugo Ciapetta ; i quali eb-
bero per mogli due ngliuoie di Beriin-
ghierì di Tolosa , signor di Provenza.
Pg. 30 , 61.
Provenzali- uomini di Provenza. Par.
6, 130.
Provenzan Salvani • prima cittadino , e
poi tiranno di Siena ; il quale sulla
piazza di quella città « fattosi recare
un tappeto , si mise a scongiurare i
suoi cittadini , che V aiutassero a trar
di prigione un suo carissimo amico il
quale Carlo II. re di Puglia avea fatto
incarcerare^ e minacciava ancora di
far decapitaiji se non eran tosto tro-
vati e pagati p^r lui diecimila fiorini
d* oro. La ciual somma trovata per di-
ligenza di Provenzano , 1* amico ricu-
però la Uberti. Pg. 11 , 131 , 133 ,
e segg.
Puccio Sciancato - ladro famoso a' tempi
di Dante. In. 35 , 148.
Puglia - provincia dT Italia , oggi nel re-
gno di Napoli. Pg. 7 , 136. Dante la
chiama /brduuifa , cioò pingue e fe-
conda. In. 38 , 8. signoreggiata ai
tempi del Poeta dal re Carlo Sema-
terra , signor di Provenza , accenna-
ta. Pg. 5 , 69. circonscritta insieme
con altri paesi da Dante. Par. 8, 61.
V. itomosit.
Pugliesi - abbandonano il re lianflredl. In.
38, 17:
Putifare - ministro dei re Faraone ; la
moglie di costui vien chiamata da
Dante , la fd$a che aceusb Giuieppv.
In. 30 , 97. V. Giuieppo.
Q
Qu amaro o Cantaro - golfo di Schiavo-
nia , presso il quale sono campagne
piene di sepolture. In. 9 , 113.
Qiiintio Cincinnato - dittatore de Roma-
ni , uomo di gran virtù o moderazio-
ne , cosi nominato dalla chioma rab-
buffata. Par. 6 , k6.
Quirino - altrimenti Romulo , fondatore
di Roma ; generato da padre incerto,
ma per lo suo valore, attribuito al
dio Marte. Par. 8, 131.
R
Raab - meretrice di Gerico , la quale per
aver salvate in sua casa alcune spie
di Giosuè capitano del Popolo eletto,
fu da lui preservata ed accolta nel
sacco di quella città : ond' essa poi
passò al culto del vero Dio d'Israe-
le. Par. 9 , 116.
Rabano - inglese , fratello del venerabile
Reda ; uomo dotto. Par. 13 , 139.
Rachele - figliuola di Laban ; bellissima
giovane , moglie del patriarca Giacob-
be , intesa per la contemplazione. In.
3 , 103. ( , 60. Pg. 37 , 10^. Par.
32, 8.
Raffaello Arcangelo - guarisce il vecchio
Tobbia dalla cecità col fele d* un pe-
sce. Par. k , 48.
Ramondo Rerlinghieri- conte di Proven-
za. Par. 6 , 134. v. Jtomso.
Rascia - parte della Schiavonia o Dalma-
zia. Par. 19, 140. il suo re attempi
di Ikinte ialsifioò i ducati veneziani ,
ivi.
Ravenna - nobOisfima città di Romagna,
tra Ferrara e Rimini ; vicina al ma-
re. In. 37 , 40. Par. 6 , 61. descrit-
ta. In. 5 , 97. circonseritla. Par. 21,
133. V. IVatenari e Anoitagi.
Tl%
DIZIONARIO
Ravigoani- famiglia antìcliissima e no-
bile di Firenze » onde discesero i
confi Guidi. Par. t6 , 97. v. J?eW/n-
cion Berti.
Rea - chiamata anche Berecìntia , C òe-
le , Opi, Terra , e la gran Madre; fu
figliuola di Celo e di Vesta. Data in
n:og!ie a Saturno , gli partorì Giove,
Giunone , Ntttunno e Plutone : e per-
chè il marito divorava i figliuoli ihe
di lei nascevano , fece nutrir Giove
segretamente nel monte Ida ; e per
supprimere i vagiti , faceva fare grandi
sir( piti . e batter cembali. A costei
attribuiscono le favole la corona delle
torri , e il carro tirato da' leoni : le
danno ancora i sacerdoti castrati ,
detti Cureti , Galli e Coribanti. In.
U, 100.
Rebecca - moglie del patriarca Isacco. Par.
32, 10.
Reno - gran fiume d*Alomagna. Par. 6, 58.
Reno -fiume che corre presso Rologna,
dalla parte occidentale , verso là Lom-
bardia , detto fi picciolo, a difierenza
del grande d*Alemagna. In. 18 , 61.
Pg. U. 92.
Rialto - contrada di Venezia ; e prendesi
per la stessa Venezia. Par. 9 , 26.
Riccardo - fratello di Ugo da s. Vittore;
dottor della Chiesa. Par. 10, 131.
Ricciardo da Camnsino -signor di Trevi-
ri ; uomo superbo , a' tempi di Dante ,
accennato. Par. 9 , 50.
Ridolfo - figliuolo di Carlo Martello. Par.
8, 72.
Ridolfo (fAustria - imperadore , primo di
quet4o nome. Costui non si prese molto
pensiero delle cose dltalia. Pg. 7, 9^.
Rife montagne o Rifóe - sono poste sotto
il settentrione ; e sono altisnme , e
piene sempre di neve congelata. Pg.
26 , 43.
Rifeo troiano -uno da' compagni d'Enea;
amantissimo della giustizia ; il quale
finge Dante essersi salvato per aver
creduto in Cristo venturo. Par. 20, 68,
103, 118.
Rigogliosi - famiglia nobile di Forlì. Pg.
n, 31. Y. m. Marchese.
Rìmini - città di Romagna ; tìrannecgrv
ta da' Malatesti , accennata. In. 28, 86.
Rinier da Calboli - uomo di gran valore.
Pg. U , 88.
Rinier da Corneto - famoso assassino r'i
strada a' tempi di Dante • che ìn(c^U\
co' suoj ladronecci la spiaggia maritti-
ma di Roma. In. 12 , 137.
Rioier Pazzo - cioè , della famiglia de*
Pazzi; grande assassiro di strada a' teir-
pi di Danto. In. 12 , 137.
Rinoardo - fortissimo combattitore contra
gì' Infedeli , e parente del corite Gu-
glielmo d' Oringa. Par. 18 , U.
Roberto - re di Francia , figliuob di Uso
Ciapetta. Pg. 20 , 59.
Roberto • re di Puglia , fratello di CaHo
Martello; uomo dedito all'avarìzia. Par.
8 , 76.
Roberto Guiscardo- fu di Nonnandia. Vin-
se la Sicilia , e tolse la Puglia a Sa-
raceni. Fu padre di Ruggieri che ten-
ne Sicilia ; e di lui nacque Go^tanri,
madre di Federigo li. imperadore. P^r.
18, 48.
Roboan o Roboamo - re d' Israele , do-
po Salomone suo padre. Costui Jfu mol-
to superbo , e di costumi tirannici ; o
dopo d'aver fatto lapidare un aào uf-
ficiale , temendo che a sé non avve-
nisse il medesimo , se ne fuggi sopra
un carro. Pg. 12 , 46.
Rodano - grosso fiume della Francia , chi*
misto con Sorga lava la Provenza, a
si scaqjca nel mar Tirreno. In. 9. 112.
Par. 6 , 60. 8 , 59.
Rodopea-Par. 9, 100. v. Fi7/i.
Roma - città capo del mondo, lo. 1 , 71.
2, 20. 14, 105.31,59. Pg. 6. Ili.
16, 106, 127. 21,89.29.115. Par.
9 , 140. 15 , 126. 16 , 10. difesa da
Scipione. Par. 27 , 62. ammirata an-
ticamente da' barbari. Par. 31 , 34. dà
il comando dell'armi a Giulio Cesare.
Par. 6 , 57. convertita da' principi de-
gli apostoli. Par. ^ , 63. detU et-
miterio di s. Pietro; perchò quivi fu
seppellito. Par, 27, 25.
Roma - la chiesa romana intesa da Din*
. te per la bella donna. In. 19, 57. io*
DELLE STORIE E FAVOLE.
72$
tesa per il luogo Là dove Griffo Mio
dì si merca. Par. 17 , 51. alludasi al-
le simonia.
Roma - quel da Roma , cioè , colui che
abita in Roma. Pg. 18, 80.
Romagna - nobilissima provincia d'[talia.
In. 27 , 37. 33 , I5i. Pg. 5 , 69.
15, hk, circonscritta e biasimata. Pg.
U , 92.
Romagnuoli - popoli di Romagna. In. 27,
28. Pg. H , 99.
Romane antiche - bevevano acqua. Pg.
22 . 145.
Romani < In. i8 , 28. Par. 19, 102. di-
scesi da' Troiani. In. 26. 60. Disfatti
dairesercito d'Annibale presso a Canne
castello di Puglia , dove le anella d'o-
ro tratte dalle dita de* nobili uccisi ar-
* rivarono ad empiere tre misure e mez-
zo di quello che gli antichi Latini chia-
mavano modius ; come scrive T. Li-
vio nel 23. libro delle sue Storie. In.
28, 11.
Romani che rimasero inFirenze-In.lS,77.
Romani imperadori che perseguitarono la
santa chiesa - intesi drl Poeta per Ta-
quita. Pg. 32 . 112.
R(»mani regi -sette furono innanzi la re-
pubblica ; i nomi de* quali sono : ffo-
muio , iVwma Pompido , Tulio OftiUo,
Anco Marzio , Targumio Prisco , Ser^
vio T\illio , e Tarquinia Supeibo, Par.
6. il.
Romano - cartello posto nella Marca Tri-
vigiana , tra la Brenta e la Piave , cir-
confcritto. Par. 9, 28. Di tal castello
usci , la famiglia di Azzolino , tiranno
di Padova.
Romano pastore - il ponteGce, Pg. 19 ,
107.
Roman prlnce - per lo* mperadore di Ro-
ma. Pg. 10 . 71.
Roma onde Cripto è romano , chiama Dan-
te il Paradiso de* beati. Pg. 32, 102.
Romena - luogo vicino a* colli del Caseb- 1
tino. In. 30 , 73. •
Romeo - fu un pellegrino , uomo di pic-
ciola nazione , che tornando dal viag-
gio di s. Giacomo di Galizia, capitò in
Provenza , ed accondoasi in casa del
conto Berlinghieri , dal quale ebbe il
maneggio e il governo dellentrate 8\ie;
è si bene e fedelmente le seppe augu-
mentare , che fu cagione che quattro
figliuole del conte si maritassero a quat-
tro re : uno di Francia , chiamato £tft«
gi , che fu poi santo ; l'altro, Carlo I.
d'Angiò re di Puglia , e fratello d'es-
so Luigi ; il terzo , Arrigo re d'Inghil-
terra ; il quarto , un fratello del dét«
to , che fu re de'Romani. Ma il con-
te , ingratissimo , lasciatosi vincere al-
le istanze de* suoi baroni i quali per
invidia perseguitavano Romeo , diman-
dolli conto dell'amministrazione, ilqna-
le puntualmente Romeo gli diede , fa-
cendogli vedere Fentrate raddoppiate ;
e non volendo più servire al conte ,
partissi povero e vecchio ; e da indi
in poi sostentò sua vita mendicando.
Par. 6 , 128 , 135.
s. Romoaldo - fondatore de* monaci Ca-
maldolesi. Par. 22, 49.
Romulo-Par. 8, 131. v. Quirino.
Roncisvalle - famosa badia di Navarra ;
presso la quale Carlo Magno , per tra-
dimento ordito da Gano da Pontieri ,
fu rotto dall' esercito, di Marsilio re di
Spagna, e tntti i suoi paladini messi
a fil di spada. In. 31 , 17.
Rosso mare - tratto dell* Oceano, vicino
alle co<te della Persia e dell* Indie. In.
2^, 90.
Rubaconte • nome di ponte in Firenze ,
che traversa l'Arno; detto cosi da m.
Rubacunto da Mandello, cavalier mi-
lanese, podestà di quella città l'anno
1200. Pg. 12, 102.
Ruberto Guiscardo - fratello di Ricciardo
duca di Normandia, Tanno del Signo-
re 1070. diede una gran rotta a Pu-
gliesi. In. 28 , U. V. Roberto.
Rubicante - nome di demonio. In. 21 ,
123. 22 ,40.
Rubicone - fiume tra Ravenna e Rimini ;
termine anticamente della Gallia Cisal-
pina , passato da Giulio Cesare tenu
deporre il comando dell' armi , contra
i severi divieti doUa Repubblica. Par*
6, 62.
726
DIZIONARIO
Ruggieri degli Ubaldini - arcivescovo di
Pisa. In. 33, 14. v. Ugolino.
jRmiiui che ptfeosu P Aiiee nel fianco j
chiama Dante una caduta d* una gran
parte di Monie Barco , posto tra Tre-
vigi e Trento ; la qual caduta fece di-
scostare il ihime Adice buono spazio
da piedi del monte » dove prima scor-
reva. In. 12, k,
Rusticucci , Iacopo - onorato e ricco ca-
valier fiorentino, ma sfortunato nella
moglie che fu donna molto ritrosa e
di spiacevoli costumi : sicché non po-
tendo egli vivere con lei , si ridusse a
viver solo ; e venne cosi a cadere in
brutti vizi. In. 6, 80. 16, U.
Ruth - Usava del re Davide. Par. 32, 10.
Sabello o Sabellio - eresiarca , il quale
confondeva le tre ipostasi nella Santis-
sima Trinità. Par. 13 , 127.
Sabello - soldato nelPessercito di Catone
in Affrica. Costui , se crediamo a Lu-
cano nel 9. della Farsaglia , fu mor-
so in una gamba da una serpe di si
maligna qualità , che gli consumò il
corpo tutto. In 25 , 95.
Sabine - femmine rapite da' soldati roma-
ni , per comando di Romulo, la storia
è notissima. Par. 6, kO.
Sacchetti- famiglia nobile fiorentina. Par.
16 , 104.
Safira - donna gerosolimitana , moglie di
Anania , a* tempi degli apostoli. Co-
storo vendewro le loro sostanze, per
vivere in comune cogli altri primi Cri-
stiani : ma portando solo una parte del
prezzo ricavato a s. Pietro , fingendo
che fosse tutto ; ed essendo perciò ri-
presi da lui , caddero subito in terra
morti per divino miracolo. Pg. 20 ,
112.
Saladino - fu questi soldano di Babillo-
nia ; guerreggiò con Guido re di Ge-
rusalemme , vinselo in battaglia, il fe-
ce prigione , e spogliollo del regno; fu
signor potente, valoroso, e di gran
f-ima. in. k , 129.
Salimbeni , Niccolò • In. 29 , 127. v. Aur-
colò.
Salmista - cioè , il re Davide che cooi-
pose il libro de' salmi. Pg. 10, 65. v.
Davide.
Salomone - figliuolo di Davide , auecesso-
re del padre nel regno d'Israele; ric-
chissimo e sapientissimo. Par. 10, 112.
chiede a Dio la sapienza per ben go-
vernare i suoi popoli , e gli vieo da-
ta in grande abbondanza. Par. 13, 91 .
e segg. solve un dubbio a Beatrice.
Par. ih, 35. accennalo. Par l3, 48.
Salterello , Lapo - v. Lapo.
Sai vani , l^venzano - Pg. il , 121. v.
Provenzan.
Sammaritana - donna di Sammaria , òt-
ta della Palestina ; alla quale nostm
Signore dhnandò delF acqua da bere .
e disse so avere un' acqua viva , di
cui chi beo una sola volta , non è più
sete in etemo ; come leggesi nel Van-
gelo di 8. Giovanni , al capo i. P?.
21 , 3.
Samuello Profeta - di cui sono da leg-
gersi nella scrittura sacra i libri de Re.
Par. k , 29.
Sanesi - cittadini di Siena. In. 29, 13i.
rotti presso a Colle. Pg. 13 , 118. tas-
sati di vanità. In. 29, 122. Pg. 13.
151.
San Leo - terra posta nella sommità di
Montefeltro. Pg. 4, 25.
San Miniato - chiesa di s. Miniato , f<i<>-
ri di Firenze ; posta sul colle , da quel-
la parte che il ponte Rubaccoote tra-
versa r Amo , accennata. Pg. 12 .
101.
della Sannelle - famiglia nobile fiorentina.
Par. 16, 92.
Santafiore • I conti di Santafiore sono in
Maremma tra 1 contado di Pba e di
Siena. Pg. 6, IH. 11^ 58, 67.
da Sanf Andrea , Iacopo - Costui fu gen-
tiluomo padovano , di Dobilissima fa-
miglia , e molto ricco ; ma prodigo ol-
tre misura , e scialacquatore del suo.
In. 13 , 133.
Santerno - fiume che bagna Imola. In.
27 . W.
D£LLE STORIE E FAVOLE.
727
Santo Volto - cioè , immagine della fac-
cia di nostro Signore , in gran venera-
zione appresso i Lucchesi. In. 21 , 48.
Sapia - gentildonna sanese » che bandita
dalla sua patria , viveva in Colle. Co-
stei portava una somma invidia a* pro-
speri avvenimenti dello stato sanese ;
ed essendo rotti una volta i suoi cit-
tadini non lontano da Colle , n' eb-
be si fatta letizia • che alzando gli oc-
chi al cielo , disse : Fammi ora , Id-
dio , il peggio ch$ pw>i ; eh' io viverò
e morirò contenta. Pg. 13 , 109.
Saracino donne - Pg. 23 , 103.
Saracini - gente barbara, soggetta al sol-
dano di Babillonia ; che ne' tempi pas-
sati fece mille danni alla Cristianità.
In. 27 , 87.
Sardanapalo - ultimo re degli Assiri , uo-
mo di sfrenata libidine, ed è tolto per
ogni uomo di laidi e vituperosi costu-
mi. Par. 15 , 107.
Sardi - popoli di Sardigna. In. 26, ìOi.
Pg. 18, 81.
Sardigna - isola vicina ali* Italia , nel mar
Tirreno ; d* aria mal sana , in parti-
colare r agosto. In. 22 , 89. 29, 48.
Pg. 23 . 94.
Sarra - moglie del patriarca Abramo. Par.
32 , 10.
Sassol Mascheroni - fiorentino , uccisore
d* un suo zio. In. 32 , 65.
Satan - demonio principale ; che in lingna
ebrea significa avversario. In. 7 , 1.
Saturno- pianeta , settimo in ordine, é
il più lontano dalla terra , e , secondo
l'opinion degli antichi , freddo o sec-
co. Pg. 19,3. Par. 21 , 13 , e segg.
accennato. Par. 22 , 146.
Saturno - re di Creta , figliuolo di Celo,
e padre di Giove ; a cui tolse il fi-
gliuolo il regno. Sotto costui finsero i
poeti , che vivessero gli uomini con
somma innocenza , e corressero gli
anni dell' oro. In. 14, 96. Par. 21 , 26.
Savena • fiume lontano da Bologna circa
due miglia , dalla parte orieutale. In.
18,61.
Savio - fiume che bagna Cesena. In. 27,
52.
Saule - re primo d' Israele ; uomo super-
bo , e disubbidiente a Dio. Costui es-
sendo rotto da Filistei sul monte Gel-
boe , e temendo di capitar vivo in
mano de* nemici , diedesi la morte da
sé stesso. Pg. 12 , 40.
della Scala , Alberto - v. Alberto.
della Scala , Bartolommeo (secondo al-
cuni altri , Alboino ) signor di Verona;
gran benefattore del nostro 'Poeta ia
tempo ch'egli era sbandito di Firen-
ze , chiamato da lui , ti gran Lom-
bardo. Par. 17, 71. L'insegna de* si-
gnor! della Scala fu la scala d* oro iu
campo rosso ; e di sopra , Y aquila
nera. Par. 17 , 72.
della Scala, Cane il grande - signor di Ve-
rona, s'accenna. Par. 17, 76. v. Cane,
Scarmiglione - nome di demonio. In. 21 ,
105.
Schiavo «di Schiavonia, provincia d'Eu-
ropa , che Illirico anticamente fu det-
ta. Venti echiavi , chiama Dante i set-
tentrionali che , rispetto air Italia ,
vengono di Schiavonia. Pg. 30 , 87.
Schicchi , Gianni- In. 30 , 32. v. Gianni
Schicchi.
Scliiro o Sciro - isola dell' Arcipelago ,
dove regnò anticamente il re Licome-
de. Pg. 9 , 37.
Scipione o Scipio , il maggiore - valoro-
sissimo capitano romano ; detto V Af-
fricano , perchè ruppe , ancor giova-
netto , e disfece Annibale gran capi-
tano de' Cartaginesi , popoli dell' Af-
frica. In. 31 , 116. Pg. 29 , 11&. Par.
6 , 53. 27 , 61.
Scirocco - nome di vento meridionale ,
che anche ilmfro si chiama. Pg. 28, 21 .
Scoringiani • famiglia nobile di Pisa. v.
Marzucco,
Scorpio 0 Scorpione uno de' dodici segni
dello zodiaco. Pg. 25 , 3. accennato.
Pg. 18 , 79. circonscritto. Pg. 9, 5.
Scotto , Michele -In. 20, 116. v. Mi-
chele.
Scotto - per lo re di Scozia , provincia
settentrionale della Gran Bretagna.
Par. 19 , 122.
Scro vigni -famiglia nobile di PadoYa , ae-
728
DIZIONARIO.
cennata da Dante per la scròfa azzurra
in campo bianco , arme di tal casa-
to, lo. 17 , 6k.
Semele • figliuola di Cadmo fondatore di
Tebe , e d' Armonia sua moglie. Co-
rtei fu bellissima giovane , e piacque
in maniera a Giove , eh* egli scendeva
ispesso dal Cielo per giacersi con lei.
Onde Giunone » ciò risapendo , som-
mamente sdegnata , la venne a trovare
in forma di una vecchia , e consiglioUa
a pregar T amante, e ad obbligarlo
con giuramento , eh' egli venisse a lei
con titta la sua maestà. Accettò il
consiglio la giovane ; ed ottenuto quanto
avea dimandato, rimase incenerita dalle
folgori colle quali era venuto Giove a
trovarla. Ma egli cavando Bacco dal
>cntre dell* infelice donna , di cui essa
era gravida , il ripose e cucì dentro
il' una sua coscia , finché arrivasse il
tempo maturo del parto. Io. 30 , 2.
Par. 21 , 6.
Semiramis o Semiramide - moglie di Nino
re degli Assiri , a cui nello *mperio
huccesse , dopo averlo fatto morire.
Edificò la città di Babillunia sopra
l' Eufrate , vinse in guerra molte na-
zioni , e fu donna oltre ogni credere
lussuriosa. In. 5 , 5S.
Seneca Morale*- fu spagnuolo , e maestro
di Nerone ; da lui |K>scia fatto ammaz-
zare. In. k , 141.
Senese -Pg. 13, 106.
Senesi -Pg. 11 , 6S.
Senna • in latino ISequana ; fiume di Fran-
cia , che passa per Parigi. Par. 6, 59.
19, 118.
Sonnaar - campo in oriente , dove i primi
uomini vollero fabbricare la torre di
Babelle. Pg. 12 , 36.
Seonacherib - re superbissimo d^li As-
siri , ammazzato da due suoi figliuoli
in un tempio , mentre faceva orazione
agi' idoli. Pg. 12 , 53.
Serafi - per Serafini. Par. 28 , 99.
Serafini - ordine supremo di tutta Y an-
jzeljca milizia , e più vicino a Dio.
Par. t , 28. 8 , 27. 21 , 92. vestonsi
di Bti ale , secondo la visione del pro-
feta Isaia. Par. 9 , 77. cireonscrìUi.
Par. 28 , 72.
Serchio- fiume vicino a Lucca. In. 91, k9.
Serena o Sirena * Le Sirene furono Ire.
secondo i poeti ; figliuole del fiume
Acheloo , e della ninfa Calliope. L*uoa
di loro ebbe nome hirteiMpe , 1 altra
Ligia , la terza Leucosia ; benché
presso diversi scrittori con altri nomi
siano chiamate. Dal capo ìnfino alU
coscia aveano sembianza di donzelle;
e dalle cosce in giù avean figura di
galline , e non già di pesci come vol-
garmente si dice , e come le dipin-
gono i pittori seguendo il cenone er-
rore. Abitarono prima ne' cootorm di
Pelerò , promontorio della Sicilia; poi
neir isole Cafarée , vicino a lidi del
mare. L* una di esse cantava ecoeBen-
temente , l'altra suonava di flauto, <*
r altra di celerà ; con dolcezza tale .
che allettando i naviganti che di là
passavano , gli addormentavano, e fat-
tili cader nel mare , gli divoravano.
Pg. 19, 19. Che le Sirene fossero
mezze uccelli o galline , e non già pe
sci ; oltre all' autorità delle antiche nit-
daghe che tali ce le rappreseotao » .
sono testimoni Giulio Igino alla f«vol<i
125. dove racconta gli efrori d Vìiy
se ; Servio (ìramatico sopra il 5. di'l-
r Eneide , al v. Sòi. Etiano nel lìb.
17. cap. 23. della Storia degU Am-
mali ; Apollonio Rodio nel 4. deir Ar-
gonautica , v. 892. Ovidio nel 5. delle
Trasformazioni, v. 552. AnnibaI Cari
nella lettera H5. del 2. voi. e Giant)
Broukhurìo ollandese iie'suui C'jmof;-
tari sopra il Panegirico di Messala .
scritto da Tibullo , al v. (39. il qual
Broukhusio tutti i sopraccennati autori
rapporta.
Serse - re della Persia, vien posto dal Poe-
ta per chiunque regni e combatta. Par.
8 , I2fc. V, Xene.
Sesto - castello sulF Ellesponto , dalla par-
te d* Europa ; uno de' due Dardanelh.
Pg. 28, n.
Sesto Tarquinio - figliuolo di Tarquinio
Superbo ultimo re de Romani ; che
DELLE STORIE E FAVOLE.
729
Tìolò Lucrezia moglie di Collatino , don*
na castissima. In. 12 , 135.
Setta -città dell' Affrica , \er80 occiden-
te. In. 26 , IH.
Settentrional sito - Pg. 1 , 26.
Sette regi che assediarono Tebe per ri-
mettervi Polinice - furono i seguenti ;
Adrasto , Polinice , Tideo , Ippome-
donte , Anfiarao . Partenopeo e Capa-
neo. In. 1^, 68. v. Stazio nella Te-
baide.
Sfinge - mostruoso animale . venuto d' E-
tiopìa a Tebe dove proponeva a' vian-
danti un enigma oscuro , e coloro che
noi sapevano sciorre , uccideva ; ma
a chi sciolto r avesse , prometteva per
premio Giocasta e il regno di Tebe.
Edipo solamente seppe interpetrarlo ;
e perciò sposò Giocasta sua madre non
conoscendola ; e fu fatto re di Tebe.
La Sfinge , dolendosi d'essere stata vin-
ta in sottigliezza d' ingegno , precipi-
tossi da un' altissima rupe. Pg. 33, 4-7.
Sibilla o Siviglia - nobile città neir ulti-
me parti deUa Spagna; vicina allo Stret-
to, in. 20 , 126. 26 , HO.
Sibilla Cumea - dava le risposte a coloro
che la consultavano , scritte nelle fo-
glie le quali poi il più delle volte era-
no dissipate dai vento. Par. 33, 66. v.
Virgilio nel 6. dell'Eneide.
Sicheo - sacerdote d* Ercole in Tiro ; ma-
rito di Bidone. In. 5 , 62. Par. 9 , >
98. T. Didone.
Sicilia - chiamata dal Poeta , V Uola del
fuoco ; per lo monte Etna. Par. 19 ,
131.
Silvestro - uno de' primi frati e compa-
gni di s. Francesco d' Assisi. Par. 11 ,
83.
8. Silvestro Papa - Par. 20 , 57. guari-
sce Costantino dalla lebbra. In. 27, 9V.
chiamato da Dante , U primo ricco fa-
ire. In. 19 , 117. V. Cottantino.
Silvio - figliuolo d'Enea e di Lavinia; da
cui discesero i re d' Alba , e finalmen-
te Romulo e Remo. In. 2 , 13.
Simifonti - castello in Toscana , disfatto
da' Fiorentini l' anno 1202. Par. 16, 62.
Simoenta - fiume che scorreva presso Tro-
ia , nato nel monte Ida. Par. 6 , 67.
Simonide - nato in Cea , isola del mare
Egeo ; uno de' nove lirici greci famosi.
Pg. 22 , 107.
Simon Mago - Costui . come leggesi negli
Atti Apostolici, offerse danari a s.
Pietro per comprar da lui la potestà
di conferire la grazia dello Spirito San-
to ; e perciò dall' apostolo fu maledet-
to ; e quindi il patteggiare e contrat-
tare, cne si fa delle cose sacre , chia-
masi simonia. In. 19 , 1. Par. 30 , 1^7.
Sini^aglia - città tra Ancona e Fano, nel
lito del mare Adriatico ; che a* tempi
di Dante andava dichinando. Par. 16,75.
Sinone - greco , il quale co' suoi artifizi
ingannevoli persuase i Troiani a rice-
ver dentro le mura della città il gran
cavallo di legno, in cui stavano na-
scosti i principi dell' esercito. In. 30 •
98. V. Virgilio nel 2. dell' Eneide.
Sion - monte della Giudea , sopra il qua-
le era posta la rocca di Gerusalem-
131. me ; e si prende alle volte per la stea-
Siciliaoo vespro - Psr. 8, 75. v. Francai. sa città. Pg. 4 , 68.
Siena - città nobilissima di Toscana. In. Sirati - monte de' Falisci , detto da' La-
29. 109. Pg. 5 , 134. 11 , 111 , 123,
Siestri - terra della riviera di Genova. Pg.
19 , 100.
Sifanti • famiglia nobile fiorentina. Par.
16, iOb.
Sigierl - professore di logica nello studio di
Parigi , invidiato perchò diceva la ve-
rità. Par. 10 , 136.
éa Sigoa - v. Bonifaxio da Siana.
. aomo di Trerigi. Pur. 9 , W. •
tini Soraete , oggi Jlfonle di i. Siiti-
Biro; nelle grotte del quale abitava s.
Silvestro Papa. In. 27, 95.
Sirene - Pg. 31 , ki. Par. 12. 8. v. Se-
rena.
Siringa - Ninfa belissima d' Arcadia , ama-
ta dal dio Pan. Fuggendo costei l' aman-
te , e sentendosi sopraggiugnere , invo-
cò gli Dil , e fu da loro trasmutata in
canna palustre , della quale fabbricò
poi Pan la sua sampogna. 1^. 82, 65.
730
DIZIONARIO
Sismoodi - nobilbsima famiglia pisana. Io.
33 , 32.
Sisto I. - sommo pontefice; mori marti-
re. Par. 27 . k%.
Sizi - famiglia nobile fiorentina. Par. 16 ,
108.
Soave - casa di Soave , della quale fu
Federigo Barbarossa e suoi discenden-
ti. Par. 3. 119.
Socrate - ateniese , maestro di Platone ;
giudicato dall' Oracolo il più sapiente
tra gli uomini ; che falsamente accu-
sato d' enormi delitti , fu condannato a
bere la cicuta. In. k , 134.
Soddoma - una delle cinque città infami
di Palestina , incenerite dal fuoco ce-
leste ; dove senza alcuna vergogna
s* esercitava il vizio carnale centra na-
tura. In. 11 , 50. Pg. 26 , U) , 79.
Soldanieri - famiglia nobile fiorentina. Par.
16 , 93.
del Soldanieri , Gianni - fu in Firenze
di non poca autorità , e di parte Ghi-
bellina ; e trattandosi di torre il go-
verno della città a' Guelfi , egli acco-
statosi al contrario partito, ingannò e
tradì la sua , e focosi capo deU' dtra.
In. 32, 121.
Soldano - titolo di gran principe che si-
gnoreggiava in Babillonia. In. S , 60.
ma sono da vedersi gli spositori sopra
questo passo. In. 27 , 90, Alla pre-
senza del soldano s. Francesco d' As-
sisi predica la fede di Cristo , ma con
poco frutto. Par. 11 , 101.
Sole - Porla sole , una delle porte di Pe-
nigia , che guarda verso il monte. Par.
11 , H.
Solone • legislatore degli Ateniesi , uno
de' sette Savi della Grecia , ed è po-
sto dal Poeta per chiunque giudica, e
forma leggi. Par. 8 , 124.
Sordello - mantovano. Costui fu studioso
uomo , e buon rimatore per quo tem-
pi. Compose un libro intitolato TeiO'
ro dt* Tttori , ove tratta degli uomini
che in alcun tempo furono eccellenti
io dottrina , o in consiglio. Pg. 6, 74,
e segg. 7 , 3 , 52 , 86. 8 , 83 , 43 ,
62, 94, 9. 58.
Sorga - fiume di Provenza » si mesce col
Rodano. Par. 8 , 59.
Spagna - nobilissimo regno dEaropa , ver-
so r occidente ; anticamente provioeia
de' Romani , soggiogala da Giulio Ce-
sare. In. 26 , 103. Pg. 18 , 102. Nr.
6 , 64. 12 . 46. 19 , 125. t. Àlfon»:
Stazio, Papinio - illustre poeta latino, to-
losano di patria , secondo Dante . rna
secondo altri scrittori » napolitano. Vii-
se a' tempi di Domiziano imperadore ,
appresso il quale fu in grande stima
ed onore. Abbiamo del suo cinque li-
bri delle Selve , dodici della Tebai^.
e due dell'Achilleide. Il suo stile è gon-
fio , e molto ardito. Finge Dante, cen-
tra la verità dell* istoria , che eoflui ,
leggendo la 4. egloga di Virgilio , si
sentisse mosso a farsi Cristiano , ed ese-
guisse questo suo pensiero , benché oc-
cultamente per timor de' tiranni chela
Chiesa perseguitavano. Pg. 91 , IO, e
segg. 32 , 64 , e aegg. 24 . 119. 23.
29 , 32. 32 , 29. 33 , 134.
s. Stefano • suo martirio. Pg. 15 , 107,
e segg.
Stige - palude inremale « per cui giurava-
no gli Dii. In. 7 , 106. 9 , 81. 14 ,
116. V. le favole.
lo Strìcca - giovane sanese nccbissimo ,
ma scialacquatore fuor dì misura. Fu-
rono in Siena a* tempi di Dante alcu-
ni giovani facoltosi , i quali misero in-
sieme ben dugentomila fiorini d*oro e
si diedero a spendere » e a metter ta-
vola ; sicchò in meno -di venti mesi li
consumarono tutti , e restarono pove-
ri : tra' quali era questo Strìcca , e Nic-
colò Salimbeoi. In. 29 , 125.
Strofade o Strofadi - due insolette del ma-
re Ionio , dove abitavano le Arpie, con-
finatevi da Calai e da Zete figliuoli di
Rorea , che le aveano scacciate dalle
mense di Finoo re di Paflagonia. In.
13 , 11. y. Arpi; e Virgilio nel 3. del-
l' Eneida.
T
Tabemiccb - monte altissimo di Scbia^^
alar. In. 32 , 28.
DELLE STORIE E FAVOLE.
731
Taddeo* medico fiorentino eccellente. Par*
12 , 83. Altri irogliono che foase un
Talento giurisconsulto.
Tagliacozio - luogo di Puglia , dove Alar-
do francese , capitano del re Carlo d'An-
giò , uomo di gran consiglio, vinse Cur^
radino nipote del re Manfredi , senza
trarre spada. In. 28 , 17.
Tagliamento - fiume che separa la Marca
Trivigiana dal Friuli. Par. 9 , 44.
Taida - personaggio comico di meretrice,
presso Terenzio nell'Eunuco. In. 18,
133.
Talamone - porto de' Sanesi , col mezzo
del quale speravano di farai grandi e
possenti in mare. Pg. 13 , 152.
Tale o Talete Milesio - unoi de* sette Sa-
' vi della Grecia. In. 4 , 137.
Tamigi - fiume che scorre per mezzo Lon-
dra , metropoli d'Inghilterra. In. 12 ,
120.
Tamiri o Tomiri - regina <fi -Scizia ; la
quale avendo preso in hattaglia Ciro
re di Persia , da cui le era stato uc-
ciso un figliuolo unico , il fece deca-
pitare , e porre la sua testa in un
otre pieno di sangue , dicendo : Salta-
li di quel sangue, M gtuile avesti eem"
pre così gran sele. Pg. 12 , S6.
Tanai o Tana - fiume settentrionale , che
mette nella Palude Meotide; ultimo ter-
mine tra TArta e l'Europa , perchè so-
pra di esso i termini di queste due parti
del mondo sono confusi. In. 32 , 27.
Tarlati - potentissimi cittadini d' Arezzo.
Pg. 6 , 15. T. Ciane.
Tarpea-per lo Campidoglio che anche Jlti-
pe Teurpea si chiamava , dove nel tem-
pio di Giove Capitolino si custodivano
i pubblici tcMri. Pg. 9 , 137.
Tarquino o Tarquinio Superbo -ultimo re
di Roma , cacciato in esilio da M. Bru-
to. In. 4 , 127.
Tartari - popoli ferodasimi dell'Asia e del-
TEuropa , verso il settentrione, lo. 17,
17.
Taumante - padre della dea Iride , secon-
do le favole. Pg. 21 , 50.
Tauro - segno dello zodiaco , che prece-
- do i Gemini. Pg. 25, 3. Par. 22, ili.
Tebaldo - poema di Stazio, che tratta
della guerra tebana. Pg. 21 , 92.
Tebaldo - re di Navarra. In. 22 , 52.
Tebani - citUdini di Tebe. In. 20 , 32.
Pg. 18 , 93. T. Tebe.
Tebano sani^ue - la razza de* Tebani, per-
seguitati dalla dea Giunone. In. 30 . 2.
Tebe - famosa metropoli della Beozia ;
fabbricata da Cadmo figliuolo d'Ageno-
re re di Tiro. In. 14 , 69. 25 , 15.
32 , 11. Pg. 22 , 89. V. Sette regi.
Capaneo , chiamata da Dante , la ctV-
ti di Bacco; perchè quel Dio in es-
sa nacque. In. 20 , 59. Furie di Tebe.
cioè , quelle che stimolarono e fecero
impazzire Atamante. In. 30, 22. v.
Aktmante.
Tebe- guerra tebana, materia del poema
di Stazio , detto Ttbaide. Pg. 21, 92.
Tebe - Chiama Dante novella Tebe la cit-
tà di Pisa , per le molte scelleratezze
commesse da' suoi cittadini , simili a
quelle che raccontano i poeti dell' anti-
ca. In. 33, 89.
Tedesche ripe • che fanno sponda al Da-
nubio. Par. 8, 66.
Tedeschi - popoli della Germania. In.
17,21.
Tedesco - uomo di Alemagna. Pg. 6, 97.
il Tegghiaio, o Tegghiaio Aldobrandi - In.
6, 79. 16, 41. V. Àldcbrandi.
Temi - Dea presidente del giusto e del-
r onesto , la quale dava ancora gli o-
racoli, ma oscuri molto ed inviluppa-
ti. Pg. 33 , 47. V. Ovidio nel 1. del-
le Metamorfosi.
Terenzio- poeta latino celebratissimo, na-
tivo di Cartagine città dell* Aflrica, ma
da fanciullo passato in Roma ove scrìs-
se commedie eccellentemente. Pg. 22.
97.'
Terra -Dea; supplica Giove a voler prov-
vedere al mondo che ardeva quando '
Fetonte volle reggere il carro del So-
le suo padre , e usci poi di cammino.
Pg. 29, 119.
Terra Santa - usurpata da' Turchi a' Cri-
stiani. Par. 15 , 144.
Teseo - figliuolo d' Egeo re d' Atene , e
d* Etra sua moglie. Questi per le mol-
73-2
D 1 Z I O iN A H 1 0
te e grandi prodezze operate a* annove-
ra ira i molti Ercoli dell' antichità.
Discese ali* Inferno insieme con Pirìtoo
tuo carissimo amico, per rapirne Pro-
serpina. In. 9 , Si*, v. le favole; chia-
mato da Dante , il duca <f Alene. In.
12, 17. domator de Centauri. Pg. 2&.,
123.
Tesifone - una delle Furie infernali. In.
9 , W.
Tesoro - libro di ser Brunetto Latini. In.
15, 119. V. Brunetto.
Teti-Dea del mare, madre d'Achille.
Pg. 9 , 37. 22 , 113.
Tevere - fiume trionfale , che bagna la
città di Roma, esce dal!* Apennino , e
si scarica nel Tirreno. In. 27 , 30.
Pg. 3, 101. Par. 11, 106.
THomas d' Aquino - v. Tommoio.
Tiberio - terzo cesare romano. Par. 6 ,
86. sotto costui fu crocifisso nostro
Signor Gesù Cristo.
Tideo - figliuolo d* Eneo re di Calidonia,
e padre di Diomede ; il quale con al-
tri sei principi andò ali* assedio di Te-
be per rimettervi Polinice: e quivi do-
po molte azioni segnalatissime fu uc-
ciso in battaglia da un certo Menalip-
patebano; ma avendolo anch*egli mor-
talmente ferito, ed essendo quegli mor-
to prima di lui, fecesi portar la testa,
e per gran disdegno si mise a roder-
la. In. 32 , 130. V. Papinio Stazio in
fine dell* 8. libro della sua Tebaide.
Tifo 0 Tifeo - uno de' Giganti che mosse-
ro guerra agli Dei. In. 31 , 12&.. Fu
costui cogli altri fulminato , e subbis-
sato sotto r isola di Sicilia : e perciò
finsero i poeti , che il fummo e le
iìamme eh* escono di Mongibello, fos-
sero prodotte da* sospiri di esso. Par.
8, 70.
Tignoso , Federigo - da Rimini. Pg. Xk ,
106.
Tigri - gran fiume dell' Asia. Pg. 33 ,
112. V. Eufrales.
Jimòréo, fu detto Apollo da una selva
della Troade , do>' era adorato. Pg.
12. 31.
Timeo di Locri - uomo nobilissimo , filo-
sofo sapientissimo , 6 istorieo eloqueo-
tissimo. Intitolò Platone col nome di
costui uiu> de* suoi Dialoghi dove trat-
ta dell* università delle cose , e delta
natura del mondo. Par. k . Ì9.
Tiralli - cioè, Tirollo , contado di Lama-
gna. In. 20 , 63.
Tiresia- tebano . indovino a' suoi tempi
molto eccellente. Fingono i poeti . che
costui . trovati una volta in un bosco
due serpenti, maschio e femmina, in-
sieme congiunti , gli battesse con una
verga ; e ciò fatto , subitamente d' uo-
mo in donna si cangiasse : ma dopo
sette anni , trovati ancora que due ser-
penti « e battutigli nella medesima ma-
niera , la perduta virilità n'acquistasse.
Dicono ancora, che per avere in una
lite scherzevole, insorta tra Giove e
Giunone, data sentenza in favor di
Giove , fosse dalla Dea sdegnata pri-
vato della luce degli occhi. Altri scri-
vono che andando egli a caccia sul
mezzogiorno , arrivasse ad una fonte
dove Pallade insieme colla ninfa Cari-
clo , madre di Tiresia , si lavava ; e
vedutala ignuda , rimanesse snbitamen-
te accecato : ma gli fosse poi dalla Dea
questa disgrazia alleggerita col donar-
gli la scienza delle cose avvenire, lo.
20, kO. Pg. 22. 113. V, Ovidio nW
3. delle Trasformazioni ; e Callimaco
neiriono elisegli fa in Latacm AUla-
dis , stampato in greco e con tre tra-
duzioni latine in fine delle Poe>ie e
Prose pur latine di Gio. Antonio Volpi.
Tisbe - Pg. 27 , 37. v. Amato e Tùòt.
Tito - imperadore, figliuolo di Flavio Ve-
spasiano, dlstnigge e smantella da* fon-
damenti la città di Gerusalemme. Pe.
21 , 82. Par. 6 . 98.
Titone- figliuolo di Laomedonte re di Tro-
ia , e fratello di Priamo, fingono le
favole , che costui essendo bellissimo
giovane . fosse amato e preso per ma-
rito dair Aurora , della quale generò
Mennone. GU ottenne la moglie dagli
Dii l'immortalità; ma non sl« che non
divenisse vecchio fastidioso. Finalmeo-
te dopo la morte d«l figliuolo ucciso
DELLE STORIE E FAVOLE.
733
in battaglia , fu trasmutato io cicala.
Pg, 9, 1.
Tizio - uno de* Giganti che mossero guer-
ra a^ii Dei. In. 31 • 12&.
Toanto ed Eumenio • figliuoli d* hifile.
Pg. 26 , 95. V. liofile.
Tobbii il vec( Ilio - guiiri^ce ilolla c«*cità
col fole d*un ptsco, mostrata) al figliuo-
lo di lui dnir arcangHo Kaflaello. Par.
Tolommea - prigione d'Inferno, ove, se-
condo il Poeta , sono puniti i tradito-
ri di coloro che in e^si confidavano.
In. 33 , \^k. detta da Toiomnìco re
d' Egitto , traditore di Pompeo Magno
eli* era a lui ricordo dopo la rotta di
Farsaglia ; o da Tolommeo principe de-
gli Ebrei , che uccise per tradimento
il suocero e due suoi cognati, t. il Lan-
dino e il Vellutello.
Tolommeo , Claudio - astronomo eccellen-
tissimo, in. &• , H2.
Tolommeo - re d* Egitto, uccisore di Pom-
peo il grande; disfatto da Giulio Cesa-
re. Par. 6, 69. v. T istoria de Bello
Alexandrino, che leggesi dopo i Comen-
tart di Cesare.
Tolosano • dì Tolosa , città di Francia.
Pg. 21 , 89.
Tomma - per Tommaso. Par. 12, 110.
s. Tommaso Apostolo - Par. 16 , 129.
Tommaso d' Aquino * uomo santissinto e
dolUssImo , come tutti sanno. Morì al-
la Badia di Fossa Nuova , mentr* egli
andava al concilio generale di Lione;
fatto avvelenare, secondo il Poeta no-
stro , da Carlo IL di Valois re di Pu-
glia, uomo di scellerati costumi, il qua-
le temeva che da Tommaso non fosse-
ro scoperte e processate le sue malva-
ge opere. Pg. 20, 69, Par. 10, 99.
12, 110, lU. 13, 32. U, 6.
'Toppo - le §io$tre del Toppo, cioè, la bat-
taglia seguita tra i banesi e gli Areti-
ni alla Pieve del Toppo , contado di
Arezzo ; dove i Sanesi furono rotti. In.
13, 121.
Torquato - Tito Manlio Torquato , nobi-
lissimo Romano , il quale fece prima
batter con verghe « poi decapitare il
suo proprio figliuolo, perchè nella guer-
ra de' Latini , -centra il suo comando,
molto pericolos^amente avea combattu-
to , benché avesse ottenuta vittoria.
Par. 6, 46.
Torso- città di Francia; patria dj Mar-
tino IV. sommo pontefice. Pg. 24-, 23.
della Tosn - famiglia nobile fiorentina, v.
CianghtVa,
Tf>S('a gente - In. 28 , 108.
Toscana -nobilissima provincia d'Italia. In.
24, 122. Pg. 11. 110. 13, 149. 14, 16.
il Toscano - cioè, i Toscani o la Tosca-
na. Par. 9 , 90.
To«ca parola - In. 23 ^ 76.
Tosco - Toscano. In. 10 , 22. 22 , 99.
23, 91. 32, 66. Pg. 11, 58. 14,
103. Par. 22, 117.
Tosco parlare - cioè , toaoanamenta. Pg.
16. 137.
Tosinghi - famiglia nobile fiorentina, det-
ti dal Poeta ,' ^et e' arro$$an per lo
ilaio. Par. 16, 105. Uno di questi es-
sendo stato proposto sopra le biade del
comune , dicesi aver tratto una doga
dello staio , e cosi , ristretta la misu-
ra , aver guadagnato molto ; la qual
cosa saputa<)i, egli ne fu punito capi-
talmente. Non manca però chi scrìva,
colui che tal delitto commise , essere
stato de' Chiaramontesi.
Tosinghi - consorti de' Cortigiani e Visdo-
mini. Par. 16, 112. v. Visdomìni.
Traiano impcradore - ottimo e giustissimo
principe , secondo i Gentili ; figliuolo
adottivo , e successore di Nerva nel-
r imperio. Trionfò de'Daci, e di mol-
te altre nazioni barbare. Fu principe
molto clemente , ed ebbe dal senato
il soprannome di Ottimo. Di lui e del-
le sue virtù , oltre agli storici romani,
è da vedere il Panegirico di Plinio il
giovane. Pg. 10, 74, 76, e segg. Par.
20 , 44 , 112. V. a. Gregorio Magno,
Trasfigurazione di Gesù Cristo sul monte
Taborre - accennata. Pg. 32 , 73.
Traversara -famiglia nobilissima di Ra-
venna. Pg. 14 , 107.
Traversare , Piero - Pg. 14 , 98. v. Pier
Travertaro.
734
DIZIONARIO
Trentino - di Trento. In. 10 , S7.
Trento - città posta ne' confini d' Italia ,
nella contea del Tirollo ; premo il fiu-
me Adige. In. 18 , 5.
Trespiano - luogo nel contado di Firenze^
assai micino alla città. Par. 16 , 54.
Tribaldello de*Manfredi - faentino ; il quale
una notte aperse una porta della città
a m. Giovanni de Apia, francese, fatto
da papa Martino conte di Romagna.
In. 32 , 1S2.
Thnaeria , fu detta anticamente la Si-
cilia , da* tre promontori , Peloro , Pa-
chino e Lilibeo. Par. 8 , 67.
ss. Trinità - accennata. Par. 13 , 79. a-
dombrata. 33 , 116. e segg.
Tristano - fu nipote del re Marco di Cor-
novaglia , e grande amatore della rei-
na Isotta , moglie di esso re ; e per
lei fece mille pruoye di cavalleria ,
come leggesi ne' romanzi. In. 5 , 67.
Trif ia - uno de' cognomi della dea Dia-
na, intesa per la luna. Par. 23 , 26.
Troia -città metropoli della Frigia Mi-
nore provincia dell' Asia , che anche
l\rt)ade si chiamava; notissima perle
favole de' poeti. In. 1 , 74. 30 , 98.
Pg. 12 , 61. Di Troia usci prima 1'
aquila , insegna de' Romani ; secondo
r opinione del Poeta nostro. Par. 6, 6.
Troiane furie - cioè , quelle che stimola-
rono Ecuba per la morte di Polidoro.
In. 30 , 22. v. Ecuba.
Troiani - In. 30 , 14. Par. 15 , 126. di-
sfanno in Puglia l'esercito di Turno
re de' Rutuli. In. 28 , 10.
Troiani , a* quali convenne partire dalle
isole Strofade , cacciatine dalle Arpie-
In. 13 , 11. V. VirgiUo nel 3 dell'E-
neida.
Troiani che accompagnavano Enea in I*
taha - Molli di loro , annoiati della fa-
tica del viaggio , elessero di restar in
Sicilia con Aceste. Pg. 18 , 136. v.
Virgilio nel 5. dell* Eneida.
Troni - cosi si chiama il terso coro de-
gli angeli della prima gerarchia. Par.
9 . 61. 28 , 104.
Tronto - fiume d* Italia , che divide la
Marca d' Ancona dall' Abruzzo , e si
scarica nell'Adriatico. Par. 8» 63.
Tullio Qcerone - uomo eloquentitaioiotra
Romani , • tutti noto. In. 4 » 14t.
Tupino - fiume che corre presso alU dt-
a^ d* Assisi. Par. 11 » 43.
Turbia • castello del Genovesato. Pg. 3,
49.
Turchi - popoli dell' Asia Minore , ogd
detta Natòlia , ma prendonsi general-
mente per li Maomettani sudditi del
gran signore. In. 17, 17. osorpaocla
Terra SanU a' Cristiani. Par. 15. 143.
Turno - prìncipe de* RutuU , popoli deil*
antica Italia , ucciso da Enea. h. 1 ,
108. V. U poema di Vii^ilio.
di Valbona , Lizio - Pg. 14 , 97. v. Jltrò.
Val Camonica - gran Ttlle nel BresciaBo.
In. 20, 65.
Yaldamo - luogo in Toscana , aceeosato.
Pg. 14. 30, 41.
Valdichiana - campagna tra Artiao, Ov^
tona , Chiusi e Montepulciano , ove
corre la Chiana fiume ; paese d aria
cattiva , masaimamenta di siate. In.
29 , 47.
Valdigrieve - luogo sol FiorenliBo, doado
vennero i Buondelmonti che qaivi pos-
sedevano terre e castella. Par. 16, 66.
Valdimagra - Magra è un fiuma Ab di-
vide la Toscana dalla Liguria. Chia-
masi oggi quel paese , Lmùfmmm^ di
Luoi città antichissinoa. Ivi tono T an-
tiche giurisdizioni de' marchesi Mala-
spini. Pg. 8, 116.
Vangelisti quattro - intesi per quattro am-
mali di maravigliosa figura. P|g. 29, 92.
Vanni della Nona - notaio in Piaa , io»-
piccato per la gola . benché innocen-
te accennato. In. 24 , 139. ▼• Vmm»
fWoci.
Vanni Fucci - pistoiese , bastardo di m .
Fucdo de'Laneri, e ladro fanoosiisi-
mo a* tempi ; suoi compagai rubò U
ricchissima sacrestia del éaomo di Pi-
stoia. Costui imputando U' uo furto so-
leone, da sé aommesso. il suddetto Va»-
DELLE STORIE £ FAVOLE.
73:>
ni della Nooft , notaio , oomo di ot-
tima fama ; tanto fece , oh' egli centra
ogni giustiiia ne fu impiccato. In. 24 ,
185.
Varo - fiume il quale divide la Gallia Ci-
salpina dalla Transalpina. Par. 6 , 58.
Varrò o Varrone - il più dotto de* Bo-
inanl. Visse a* tempi di Cicerone , del
quale fu amicissimo. Scrisse infinite
cose ; ma poche ne sono arriyatefioo
e' nostri giorni. Pg. 22, 98.
Valicano - uno de* sette colli di Roma ,
dov' è al presente la chiesa di s. Pie-
tro , e 1 palazzo del papa. Par. 9 ,
139.
Ubaidini - famiglia nobilissima e molto po-
tente della Toscana. Pg. ìk, 105- v.
Ugolin , Azza.
degli Ubaidini , Ottaviano - cardinale. Fu
costui uomo di gran governo , e d* ani-
mo Invitto ; ma di costumi tirannici ,
piuttosto che da uomo di chiesa. Pro-
tesse la fazioo Ghibellina centra i pon-
tefici. Era chiamato il Cardinale , per
antonomasia. Vien posto da Dante tra
gli Epicurei , come crede la comune
degli spositori. in. 10 , 120.
degli Ubaldiai . Ruggieri - In. 33 » 1%.
V. Ugclino.
Ilbaldino dalla Pila , luogo nel contado
di Firenze - persona golosa. Pg.24 , 29.
Ubaldo , beato - uomo di vita penitente
e solitaria, che fu poi vescovo d'Agob-
bio , ed è ora in grandissima veuera-
zioiie presso que' popoli. Par. 11 » 44.
Ubbriachi - broiglia nobile fiorentina, ac-
cennata da Dante per T oca bianca ia
campo rosso , arme di tal famiglia. In.
17 , 62.
liberti - famiglia io Firenze d* antichis-
sima nobiltà , capi deUa fazioo Ghibel-
lina , acceooati da Daote. Io. 23 , 106.
' y. Catalano e Gardingo.
degli Uberti, Mosca -in. 28, 106. v.
mo$ea.
Ubertio Donato o Donati -cavatierfioien-
tioo , il quale avendo presa per mo-
glie una figliuola di m. BdUiociooe Ber-
ti , molto si dolse che il suocero oe
desse un'altra od uoo degli Adimari, e
cosi il facesae lor parente. Par. 16, 119.
Ubertino - frate Ubertino. Par. 12,124.
▼. C'osala.
Uccellatolo - monte lontano da Firenze do*
quo miglia ; donde si veggono i super-
bi edifici posti dentro e fuori di quel-
la. Par. 15 , HO.
del Vecchio - famiglia nobile fiorentina.
Par. 15 , 115.
Veltro - In. 1 , 101. Molti spoaitori vo-
gliono che il Poeta intenda con que-
sta parola , Gan Grande della Scala ,
signor di Verona , princ ipe magnanimo ,
liberale , e grande amatore degli uo-
mini valorosi ; alla cui corte Dante ,
sbandito dalla sua patria , per alcun
tempo si riparò. Non manca però chi
dia a questo passo altra spiegazione
straiiis.HÌma.
Venere - Dea delle libidini e degU amo-
ri nata della spuma del mare , secoudo
le favole. Pg. 25 , 132. ferita dal fi-
gliuolo Cupido per inavvertenza , s' in-
namora d' Adone. Pg. 28 , 65.
Venere - pianeU. Pg- 1 , 19. Par. 8,2,
e segg. Nel cielo di Venere i ' appttnta
Vomirà del nottro wwndo, cioè, l' ombra
del corpo terrestre , fatta in figura co-
nica , viene à tocrnre colla punta del
cono detta sfera di Venere , e non pas-
sa più avanti. Par. 9, 118.
Vercello o Vercelli - città posta a' confi-
ni del Piemonte , dove principia la Lom-
bardia. In. 28, 75.
Verde - fiume non lontano da Ascoli , cit-
tà della Marca d* Ancona , il quale va
a scaricarsi nel Tronto. Pg. 3 , 131.
Par. 8 . 63.
Verona -città nobilissima di Lombardli;
edificala da* Galli Senoni ; madre in
ogni tempo d'uomini eceéllenti. Pg,
lo , 118. palio ohe ai corre in essa.
In. 15 , liai.
Veronese -di Verona. In. 20, 68.
Veronica -* il santo sudario , dove impres-
sa rimase l'immagine del Redentore,
cosi detto , qiioai «ano ieon. Par. 81 ,
104.
Verruohio - cartelle oel terrilorto di Ri-
mini, lo. 917 , 46.
736
DIZIONARIO
Veso , monte - parte dell' Alpi , dote na-
sce il Po: In. 16 , 95.
Ughi • famiglia nobile fiorentina. Par. 16,
88.
Ugo - Il conte Ugo da Lacimborgo fu vi-
cario in Toscana per Ottone impera-
dorè. Fu eccellente nel governare , e
molto religioso. Fondò più badie. Fé-
cesi amici i Pulci , i Nerii , i conti
Gangalandi , i Giandonati , e quelli
della Bella , a' quali tutti donò 1* ar-
nie sue , eh' erano liste rosse e bian-
che ; e altri privilegi. 1 Pulci sola-
mente ritengono V arme propria del
conte : gli altri tutti V anno variata.
Mori il conte del mese di decembre,
il giorno di s. Tommaso Apostolo :
laonde ciascun anno in detto di i mo-
naci di Badia celebrano le sue esequie.
Par. 16 , 128.
Ugo Ciapetta o Capoto - uomo potentissi-
mo in Parigi a' tempi che s' estinse la
seconda razza de' re di Francia , di-
scendenti da Carlo Magno , essendosi
l'ultimo di detta stirpe renduto mona*-
naco. In queir occassione Ugo col mez-
zo de' grandi del regno , suoi amici, a-
cquistò la corona per sé e per suoi
discendenti , la prosapia de' quali du-
ra tuttavia a nostri giorni. Pg. 20 , b3.
W, e sege.
Ugo da s. Vittore - Questi fu di Pavia,
e monaco del monistero di s. Vittore;
uomo dottissimo nelle sacre lettere , e
scrittore di molti libri. Par. 12, 133.
Ugolin d* Azze - della nobilissima e poten-
tissima famiglia degli Ubaldini. Pg.
1^ , 105.
Ugolino de conti della Gerardesca - nobi-
le pisano , di fazion Guelfa ; il quale
s' accordò coli* arcivescovo Ruggieri de-
gli Ubaldini , di fazion Ghibellina , per
cacciar Nino giudice di Gallura , Guel-
fo , figliuolo d* una figliuola di esso
conte , eh* era divenuto signor di Pi-
sa ; e con tale aiuto cacciatolo , fece-
si padrone della città in luogo suo.
Ma r arcivescovo , mosso da invidia ,
gli concitò centra 11 popolo , accusan*
itolo che avesse tradita b {latria , re-
stituendo a'Fiorentini ed a*Lucche« al-
cune loro castella poasedute da' Pisa-
ni ; per la qual cosa il popolo mosso
a furore , corse alle case del conte .
e presolo con quattro suoi figUuoli ,
il misero in una torre sulla piazza de-
gli Anziani : poi , passati alquanti gior-
ni, diedero ordine che non gli io§ée
più dato mangiare ; e gittarooo le chia-
vi della torre in Amo ; e quivi insie-
me co' figliuoli il lasciarono miseramen-
te morir di fame. Per la qual cosa fu
quella prigione chiamata U Tmnn del-
la Fame. in. 33 , 13 , e aegg.
Ugolino de' Fantolini - gentiluomo di Fa-
enza , dotato di molte virtù • ma mor-
to senza successione. Pg. ik , 121.
Uguccione - picciolo figliuolo del conte Ggo-
lino della Gerardesca. in. 33 , 89 v.
due paragrafi sopra.
Vico degli Strami - contrada in Parisi.
Par. 10, 137.
delle Vigne , Piero - lo* 13 , 58. v. Pier
delle Vigne.
Vincenza - città nobile della Marea Tri-
vigiana ; pòsta intra Padova e Vero-
na. Par. 9 , i7.
Vincislao - figliuolo di Ottachero re di
Boemmia ; uomo di pessimi costumi.
Pg, 7 , 101.^
Vinegia - Venezia , una delle principali* -
sime città d' Italia ; sede d' una mol-
to potente e ben governata repabbh-
ca. Par. 19 . Ul.
Viniziani - per la serenissima repubbli-
ca di Venezia - In. 21 , 7.
Virgilio - poeta eccellentissimo , a tutti
noto. Par. 17. 19. circonscritto djl
luogo ove nacque. Pg. 18 . 82. lodi.-
to. Pg. 7 , 16. morì a Brindisi , e fu
sepolto a Napoli. Pg. 3, 27. &og<?.
Dante , essere egli stato sua guida per
. r inferno. In. 1 , 79. e in altri luo-
ghi senza numero, chiamato da Dan-
te , noslni maggior JAim ; cioè , il
principe de* poeti latini. Par. 15, 26.
a' conforti di Beatrice si muove dal
Limbo. Par. 26 , 118.
Virtudi - secondo coro d' angeli della se-
conda gerarchia. Par. 28 , 122.
DELLE STORIE E FAVOLE.
737
Vigconii-già signori di MilaDo,ÌDte8Ì per la
vipera, insegna di tal famiglia. Pg. 8,80.
Yisdomini - famiglia nobile fioreniina,con-
aorti de* Cortigiani e Tosinghi. I aog*
getti di queste tre famiglie sono fonda-
tori del vescovato allora, e poi arcive-
scovato di Firenze ; e però ogni vdta
che esso vaca, sono economi e dispen*
satori, e quivi si ragunano a custodia
del luogo , e vi mangiano e dormono
infino a tanto che il nuovo vescovo en-
tri in possessione. Par. 16, 112.
Vitaliano del Dente-gentiluomo di Padova,
a' que' tempi famoso usuraio. In.l7, 68.
s. Vittore - monistero in Pavia. Par.l2, 133.
Ulisse - figliuolo di Laerte ; il più astuto
de' Greci che andarono all'assedio di
Troia. In. 26 , 56. v. DMavria, Pai-
ladio; invitato dal canto delle Sirene ;
ma indarno , perchè turandosi sii orec-
chi colla cera, e fattosi legare idl'albero
della nave , passò innanii senza volerle
udire. Pg. 19, 22. v. Settna, annega
in mare , come pare che tenga Dante.
Par. 27 , 83. altri però scrivono che
fosse ucciso da Tdegono suo figlinolo
bastardo, ch'egli avea generato diGrce.
Ungheria - regno d' Europa , bagnato dal
Danubio. Par. 8. 65. 19, 142. di essa
fu re Carlo MarteUo.
Volto Santo -In. 21, (8. v. Sènio FoUo.
Uraida - una delle Muse , presidente agli
studt ddle cose celesti. Pg. 29 ^ kì.
Urbano L - sommo pont^ce, morì mar»
tire. Par. 27 , hk.
Urbino- città ddla Romagna ; oggi capo
d* una provincia , detta ti Diccofo é^
Vftmo. In. 27 , 29.
Urbiaaglla - città nella Marca d'Ancona,
non lungi da Macerata ; già ita in
ruina a' tempi di Dante. Par. 16 , 73.
Utica - città d* Affrica , dove Catone il mi-
nore di jpropria mano s' uccise. Pg. 1,
74. V. Caicm.
Vulcano - Dio del fuoco , secondo le fa-
vole. Costui fii Stuolo di Giove e di
Giunone ; ma essendo nato deforme ,
la madre il precipitò dal Cielo nell'i-
sola di Lenno ; e per la caduta rima-
se zoppo. Costui è il fabbro degU Dii:
fabbrico insieme co* Ciclopi le folgori
a Giove per fulminare i Giganti. Prese
per mo^ie la dea Venere; ma trovatala
in adulterio con Marte, con una rete di
roaraviglioso artifizio gli prese amen-
due, e mostroUi agli altri Dii. In. 14, 57.
Xerse o Serse - potentissimo re della Per-
sia. Pg. 28,71.
Zanche , Michele • fu siniscalco di Enzo
figliuolo naturale di Federigo IL im-
peradore , al quale il padre diede il
giudicato di Logodoro in Sardigna. Ma
essendo Enzo morto in carcere a Bo-
logna , Michele tanto s' adoperò colla
vedova , che la indusse a prenderio per
marito ; e cosi divenne signore di Lo-
godoro. In. 22 , 88. 33 . 144.
Zeffiro - vento che spira dall' occidente ,
e conduce la primavera ; detto da' La-
tini, Favoniui. Par. 12, 47.
s. Zeno -abazia e chiesa famosa in Ve-
rona ; dedicata al santo vescovo e
martire Zenone • protettore di quella
cItU. Pg. 18, 118.
Zenone Cittioo - cioè da Cittio , antica
città di Cipro - principe degli Stoici. In.
4 , 138. Fu un altro Zenone , detto
Eleaie , dalla patria ; dialettico acu-
tissimo.
s. Zita - è molto venerata in Lucca , e
fu di quella città. In. 21 , 38.
Zodiaco - chiamato dal Poeta nostro « I'
abbliquo emhio che % ptanefì porla; per-
chè questo circolo , strada del sole e
de* pianeti , eh* è uno de maggiori del-
la sfera , viene a fasciare obbliqua-
mente 1* equatore e i due tropici. Par.
10 , 14. r obbliquità dello zodiaco è
cagione della temperatura M mondo*
Par. 10 , 16.
Fine détta fmit leeoiMla.
PARTE TERZA
NELLA QUALE SI SPIEGANO LE COSE STOtlCHE 0 FATOLOSB , ACCENNATE DA DANTE
ALLIGHIEEI NEL SUO POEMA PER VIA DI PERIFEASI, 0 DI QUALCHE ATTKIM7TO,
SENZA BSPBIMEBE IL NOME PEOPEIO ; E Si EIMETTONO I LETTOEl ALLA PAETB
PEECEDBNTE.
Altro testo - In. 15 , 89. inteDdi la pre-
dizione di m. Farinata al nostro Poe-
ta, che si legge nel canto 10. dell' in-
ferno » al verso 79.
Azzurro in una borsa gialla • In. 17. 59.
y. Gianfigliaeei.
B
Botoli , cioè piccioli cani , chiama Dan-
te gli Aretini. Pg. H , 46.
Branche verdi -In. 27, 4.5. v. Ordelafi.
Cavallo che fé la porta Ond* usci de' Ro-
mani 1 gentil seme - fu il cavallo tro-
iano , fabbricato da Epeo , e introdot-
to con inganno da' Greci nella città di
Troia, gettando a terra una porta di
essa, onde usci poi Enea che venne
in Italia, e fu T origine de* famosi Ro-
mani. In. 26, 59, V. Virgilio nel 2.
dell' Eneida. Di questo cavallo parlan-
do Properzio nella 1,'f |e^^a del k. li-
bro , cosi canta :
Vertite equum , Danai : male vincUis ,
Ilia tellus.
Vivet ; et huie eifMri JttpiUr arma
dabit^
Chi 1 vide quassù - cioè , s. Paolo Apo-
stolo , che fu rapito Gno al terzo cie-
lo. Par. 28 , 138.
Ciascun che della bella insegna porta Del
gran barone, ec>-Par. 16, 127. v.
Ugo di Lueimborgo,
Colei Che fu bisava al cantor che per
doglia Del fallo, disse: Miiertre wui.
Par. 32 . 10. v. R^h.
Colei che s'ancise amorosa -In. 5, 6f.
V. Bidone.
Colei che siede sovra 1' ac(nie -cioè, Ba-
billonia , veduta da s. Giovanni nella
sua Apocalissi. In. 19 , 107.
Coloro Che sempre che la vostra chiesa
vaca , Si fanno grassi, ec. - Par. 16,
112. V. Visdomini , Tosinghi e Ccr-
ttgiani.
Colui e' à si benigno aspetto - Pg. 7 .
lOì. V. Guiglielmo re di Nararra.
Colui e' a tutto 'ì mondo fé paura - Par.
11 , 69. V. Giulio Cesare.
Colui che dal servo de' servi Fu trasmu-
tato d* Arno in Bacchiglione - In. 15.
112. V. de' Mozzi, Andrea.
Colui Che fece per viltate il gran rifiu-
to - In. 3 , 59. alcuni intendono Cele-
stino Y. sommo ponteBce ; altri , £-
saù fratello di Giacobbe.
Colui che fu nobil creato Più d* altra crea-
DELLE PERIFRASL
739
tura - cioè , Lucifero , principe degli
angeli ribelli , Pg. 12 , 25.
Colui che fuore Trasse le nuove rime-
Pg. 2k, kd. qui Dante accenna sé
stesso.
Colui che giacque sopra 1 petto Del no-
stro Peiacano - Par. 25, 112. inten-
di s. Giovanni. Vangelista.
Colui che già tenne Altaforte - In. 29 ,
29. V. Bertramo dal Bornio,
Colui che impresso fuo, Nascendo, ec.-
Par. 17, 76. v. Can Grande delia
Scala,
Colui che la gran preda Levò a Dite -
In. 12 , 38. intendi Gesù Cristo che
scendendo ali' Inferno dopo la morte,
trasse del Limbo V anime de' santi pa-
dri.
Colui che 1 morso in sé punìo - Pg. 33,
63. cioè , Gesù Cristo che morendo
sopra la croce, soddisfece all'ìetemo
suo Padre, offeso dal primo uomo col
mangiare il pomo vietato.
Colui che mi dimostra '1 primo amore Di
tutte le sustanzie sempiterne - Par. 26,
38. intendi Aristotile.
Colui che più al becco mi s' accosta -
Par. 20 , kh. v. Traiano,
Colui che pria volse le spalle al suo Fat-
tore - Par. 9 , 127. v. Lucifero.
Colui che si vengiò cogli orsi - in. 26 ,
3i!^. V. Eliseo.
Cohii che tenni ambo le chiavi Del cuor
di Federigo -In. 13, 58. v. Pier del-
le Vigne,
Colui che volle viver solo , ec. - Par.
18, 13&'. V. Batista f s. Giovanni,
Colui dalla veduta amara - In. 28 , 93.
V. Curio.
Colui dal maschio naso • Pg. 7 , 113. v.
Carlo I. re di Puglia.
Colui fesse in grembo a Dio Lo cuor
che 'n su Tamagi ancor si cola - In.
12, 119. V. Gnido da Mbnfbrte.
D
Donna che *l sapri - In. 15 , 90. v. Meo*
trice.
Donna più su , ec. - Par. 3 , 98. v. «.
Chiara.
Duce del mondo. Sotto cui giacque ogni
malizia morta , chiamasi dal Poeta »
Saturno. Par. ii, 26.
E
Error contrario A quel c'accese amor
tra r uomo e 1 fonte - Par. 3 , 17. v.
Nareisso.
P
Figliuol den* Orsa - In. 19 , 70. v. Nie-
cola HI, sommo ponte6ce.
Fioretti del melo Che del suo pomo gli
angeli fa ghiotti - P^. 32 , 73. intendi
la trasfigurazione di nostro Signor Ge-
sù Cristo, che fu come un saggio del-
la sua gloria, nella maniera che i fio-
ri sono un saggio e una promissione
del frutto.
Fiume reale , chiama Dante Y Amo , ri-
spetto ad altri fiumicelli minori che
in esso si scaricano. Pg. 5 , 122.
Forse è nato Chi 1' uno e 1* altro caccerà
di nido - Pg. 11 , 98. qui Dante ac-
cenna sé medesimo.
G
Gemelli Che nella madre ebber l' ira com-
mota - Par. 32, 68. V. Bsaà e laM.
Giusti son duo ; ma non y\ sono 'ntesi -
in. 6 , 73, questi due erano Dante , e
Guido Cavalcanti.
Gli Anziani di santa Zita - In. 21 , 88.
cioè, i magistrati di Lucca, v. «. Zita*
Gli occhi snietati , udendo di Siringa -
Pg. 32, o5. T. Alno.
Golfo Che riceve da Euro maggior ^*^f
chiama Dante V Adriatico. ìfw. 8, 68.
I
F Alt abate ia san Zeno a Verona - Pg.
18 , 118. V. Alberto.
V fui della città che nel Batista , ee. -
In. 13, ìhS. V. Ficrmtim>.
no
D I Z 1 O N A R 10.
r fui del regno di Navarra nato - Io. SS,
48. T. Giampolo.
r fai de* irontì là intra Urbino - Tn. 37,
S9. y. Guido conte di Montefeltro.
11 baiulo seguente - Par. 6 , 73. v. Au-
gusto, successore di Giulio Cesare.
Il barha di d. Federigo re di Sicilia -
Par. 19 , 137. costui Tu d. Alfonso ,
re dell* isola di Maiolica.
Il barone per cui si visita Galizia - Par
S5 , 17. V. $. Iacopo il maggion.
Il bello ovile - Par. S5 , 5. intendi Fi-
renze donde il nostro Poeta era stato
scacciato.
Il bel paese là dove *1 si suona - cioè ,
r Italia dove per afleraiare si dice
si , a differenza d' altre nazioni. In.
33, 80.
Il cantor dello Spirito Santo • cioè, Da-
vide. P«r. 20 , 38.
Il Cardinale - In. 10 , ISO. v. degli U-
baldini , Ottaviano.
Il cavaliel* sovrano Che recherà la tasca
co' tre becchi - In. 17,72. y.Buiamonti.
II Ciotto di Gerusalemme - Par. 16, 127.
V. Carlo II. re di Puglia.
Il crudo sasso intra Tevere ed Arno -
Par. Il , 106. intendi T aspro monte
dell* Alverna , dove s. Francesco il se-
rafico ricevè le stimmate di Gesù Cri-
sto.
Il duca d' Atene - In. 12, 17. v. Teseo.
lì fratello di d. Federigo re di Sicilia -
Par. 19; 137. costui fu d. Alfonso re
di Aragona.
Il gran duca de* Greci - Par. 5 , 69. v,
Agamennone.
Il gran giogo -Pg. 5, 116. intendi la
sommità deirApennino.
Il gran Lombardo - Par. 17 , 71. v. del-
la Scala, Bartolommeo.
U gran vasello Dello Spirito Santo - Par.
21 , 127. V. i. Pàolo.
Il leoDcel dal nido bianco - Io. 27 , 50.
V. Mainardo Pagani.
Il lume di auelcero Che, giuso in car-
ne, ec. -Par. 10, 115. ▼. i. Diont-
Ito Areopagita.
Il maestro di color che sanno - In. 4 ,
131, Y. Aristotile.
1 maestro vostro - cioè, Aristotile, nel-
1* etica e nella politica. Par. 8 , 120.
i maggior padre di famiglia - cioè , Ada-
mo. Par. 32 , 136.
I messo di luno - Par. 38 , 32. v. /•
ride.
I monte C* à le nutrici nostre sempre
seco-Pg. 22, 104. v. Parnaso, Must.
1 nome del bel fior cti* io cempre invo-
co - cioè , il nome di Maria. Par. 23,
88.
1 padre per lo cui ardito gusto L* uma-
na specie tanto amaro gusta - Par. 32,
122. intendi Adamo.
1 pescatore - cioè , s. Pietro. Pg. 22 ,
1 primo ricco padre - In. 19 , 117. v.
s. Silvestro.
1 primo superbo - Par. 19 , 46. ▼. Iii-
eifero.
I suocero di Cailas-In. 23, 121. v.
Anna.
ì terzo cesare- Par. 6, 86. v. Tiberio.
ì tuo fratello, ec. - Par. 25, 94. inten-
di a. Giovanni fratello di s. Iacopo il
maeeiore , nella sua Apocalisse.
ntra diestri e Chiaverì s' adima Una fiu-
mana bella -Pg. 19, 100. v. Latagno.
ntra Tupino e 1* acqua che discende ,
ec. - Par. 11 , 43. vuol descrìvere il
PoeU la città d* Assisi , patria di s.
Francese il serafico.
0 sono amore angelico - Par. 23 , 103.
V. Gabbriello.
' veggio tuo nipote - Pg. 14 , 58. v.fW-
eieri da Calboli.
La ben guidata , chiama • Dante Firenze
per ironia. Pg. 12 , 102.
La casa di che nacque il rostro fleto -
Par. 16 , 136. v. Amidei.
La città che nel Batista Cangiò 1 prìmo
padrone - In. 13 , 143. v. Fiorenza ,
Marte.
La città di Lamone - In. 27 , 49. y.
Faenza.
La città di Santemo - In, 27 , 49. v. /.
mola.
^'
BELLE PERIFRASI.
Ut
La concubina di Tttone antico -cioè, 1*
Aurora. Pg. 9 , 1.
La creatura eli' ebbe il bel sembiante -
cioè , Lucifero. In. Si » 18.
La (lottna che qui regge - in. 10 , 80.
intendi Proserpina.
La donna di Brabanie-Pg. 6, 23. in-
tendi la mobilie di Filippo il Bello , re
di Francia : eh' era di Brabante.
La doppia tristizia di Jocasta - Pg. 22 ,
56. V. EUocle e Pdinice,
La figlia di Belo - Par. 9, 97. v. Didtme.
La figlia di Latona - Par. 10 , 67. inten-
di la luna.
La figliuola di Minói • Par. 13 , H. i.
Arianna,
La gente a cu* il mar a* aperse - cioè ,
gli Ebrei, quando uscirono delKEgitto,
sotto la condotta di Mosè. Pg. 18. 13b.
La gran villa -cioè, Fiorenza. In. 23, 05.
L' aguglia ùàì scender giù nell'arca - Pg.
32 , 125. qui si adombra la donazio-
ne fatta dall' imperador Costantino al-
la santa chiesa romana.
L' aljpestro monte ond' è tronco Pelerò
• Pg. 14 , 32. intendi l'Apennino.
L' alta luce u' si profondo Saver fu mes-
so-Par* 10 , 112. V. Salomone.
V altissimo poeta - In. b, 80. intendi Vir-
gilio.
L' altro e' annegò , correndo *n caccia -
Pg. 6, 15. V. Ciane de Tarìaii.
L'altro che già uscì preso di nave- Pg.
20 , 79. V. CaHo II. re di Puglia.
L'altro che segue , colle leggi , ec. - Par*
20 , 55. T. Goitantino.
La meretrice che mai dall' ospizio Di ce-
sare , non torse gli occhi putti - In.
13 , 64. intendi l' invidia.
L'anima prima - cioè, Adamo. Pg. 33,62.
Par. 26 , 83.
L'anima ria - lo. 19 , 96. y. Giuda Sea.
riotto.
V anima santa che 'I mondo fallace Fa
manifesto - Par. 10 , 125. v. Boezio.
L'antecessore di Bonifazio YIIL - In. 27,
105. V. Celtitino Y.
U antico che Lavina tolse - Par. 6 , 3. y.
Enea.
La poverella - Par. 10 , 107. intende la
vedova dell* Evangelio , che offerse due
minuti nel tempio , e fu lodata da no-
stro Signor Ge^ù Cristo.
La terra che fé già la lunga pruova ,
ec. - In. 27 , M. v. Forfl.
La terra che 'I soldan corregge - Io. 5 ,
60. intendi Babillonia.
La terra che perde ombra • Pg. 30, 89.
intendi l'Aflrica , in alcune parti del-
la quale l'ombre son piccioliasime ,
per essere a quelle i raggi del sole
perpendicolari.
La terra che tal è qui meco , ec. - In.
28 , 86. V. Rimini , e Colui dalla re-
duta amara.
La terra dove 1* acqua nasce , ec. - Pg.
7 , 98. V. Boemmia,
La terra ond' io fui - Par. 9, 92. y. Mar-
iiglia.
La turba presente Che TagliamentoeA-
dice richiude - cioè , il volgo della Mar-
ca Trivigiana. Par. 9 , W.
La vipera che i Melanesi accampa -Pg.
8 , 80. intendi V arme di casa Viscon-
ti , potentissima in Milano a' tempi del
nostro Poeta.
Lei che di ie notte fila - Pg. 21 , 25. v.
Lacheeis.
Lei che mutò forma Nell'uccel che a
canUr più si diletta- Pg. 17 , 19. v,
* rogne.
U figli di Latona -Par. 29, 1. intendi
il sole e la luna.
L'infamia di Creti- In. 12, 12. v. Mi-
noiauro.
Lo bel pianeta c'ad amar conforta - cioè,
la stella di Venere. Pg. 1 , 19.
Lo ben che nella quinta luce è chiuso -
Par. 13 , 48. v. Salandone,
Lo ceppo di che nacquero i Calfucci -
Par. 16, 106. questi furono i Dona-
ti , famìglia nobilissima fiorentina.
Lo dolce piano Che da Yercello a Marca-
bò dichina- In. 28, 74. v. Lombardia.
Lo giovinetto che retro a lui siede - Pg.
7, 116. questi fu di Alfonso, figliuolo
di d. Pietro re d'Aragona; solo, tra' suoi
fratelli , erede delle virtù del padre.
L' oltracotato schiatta - Par. 16, 115. v.
Adimari.
71^
DIZIONARIO
Lo pareDte di Silvio - Io. 3, 13. v. EmQj
Stimo,
Lo prìncipe de* nuovi Farisei - In. 97, 85.
. \. Bonifazio Vili.
L' ovil di fin Giovanni - Par. 16 , 25. v.
Fiorenza.
L'uno all'altra Guido è tolto La gloria
della lingua - Pg. 11 , 97. v. Guido Ca-
valeanii e Guido Guinicelli.
V un si mostrava alcun de* famigliari Di
i]ìw\ sooiDìo Ippocràte - Pg. 29, 136.
intende s. Luca , come scrittore de-
gli Atti degli Apostoli , il quale era
medico di . professione.
L' uom che nacque e visse senza pecca
-cioè, Gesù Cristo, in. 34^, 115.
Lupi , chiama Dante gli abitatori di Val-
darno di sopra , e parte i Fiorentini.
Pg. ik , 50.
. M
Maladetti Ne nuvoli formati - Pg. 2k ,
121. V. Centauri.
Mal di Francia , chiama Dante Filippo
Bello , signor di quel regno. Pg. 7 ,
109.
Mio frate, ec. - Par. 8, 76. v. Rober-
to re di Puglia.
Mostrava l'altro Ja contraria cura, Con
una spada - Pg. 29 , 139. intendi s.
Paolo Apostolo , che avanti la sua
conversione perseguitò la chiesa di Dio.
N
Nostra maggior Musa - Par. 15 , 26. in-
tendi Virgilio , principe de' poeti latini.
0
O regina , Perchè per ira Ài voluto es-
ser nulla ?-Pg. 17, .^5. v. Amata.
Orto dove tal seme s* appicca - cioè , Sie-
na. In. 29 j 129.
Paese e' Adice e Po riga- Pg. 16 , 115.
intendi la Marca Trivigiana , la Lom-
hardia e la Romagna.
Perchè si teme uficio non commesso - Pg.
10 , 57. V.. Oza.
Per suo signore a tempo m' aspettavi -
Par. 8 , 60. V. Carlo Maneìln.
Petto onde la costa Si trasse , ec. - Par.
13 , 37. V. Adamo.
Poiché gita se n' è la tua famiglia - Pg.
ik , 113. V. Guido dd JDuea.
Porci , chiama Dante gli abitatóri del Ca-
sentino , inGno ad Arezzo. Pg. 14 , 43.
Q
Quando fu Giove arcanamente giusto-
Pg. 29 , 120. V. Fetonte.
Quattro animali , Coronato ciascun di
verde fronda - Pg. 29 , 92. ioteodi i
quattro Vangelisti.
Quattro in umile paruta - cioè , i santi
apostoli , Iacopo ih minore , Pietro .
Giovanni, e Giuda Taddeo ; come scrit-
tori d' alcune epistole canoniche. Ps.
29. 142.
Qué* che vide tutt' i tempi gravi , ec. -
Par. 32 , 127. v. $. Giotanni Vange-
lièta.
Qué' gemelli Che nella madre ebber l' ira
commota - Par. 32 , 68. v. £taù e
lacob.
Quegli e* usurpa in terra in luoao mio ec.
- Par. 27 . 22. v. Bonifazio Vili. .•
Vacare nella parte prima.
Quei e' arrossan per lo staio - Par. 16 .
105. V. Toginghi.
Qnei Che fu sommo cantor del sonmi»»
Duce - cioè , il re Davide. P^r. 25 .
71.
Quei che morrà di colpo di cotenna - Par.
19.120. Y. FUippo Bello, re di Francia.
Quei che più n à colpa -Pg. 24, 82. >.
Cono Donati.
Quei che son disfatti Per lor superbia -
Par. 16 , 109. v. Abati.
Quel che cadde a Tebe giù de morì -
In. 25 , 15. V. Capaneo.
Quel che guarda T isola del fuoco - Par.
19 , 131. V. Federigo re di Sicilia.
Quel che par si membruto- Pg. 7, Ili.
V. Aero di Navarra.
DELLE PEKUKASI.
7W
Quel che segue in la circonfereoza - Par.
20, M. V. Ezzechia.
Quel che 8u vi portai prima lo nome
di Colui , ec. - Par. 22 , &2. v. s. £e-
nedetto.
Quel colle , sotto 1 qual tu nascesti - Par.
6 , 53. V. Fieiole,
Quel confitto che tu miri -In. 23, 115.
V. Caifas.
Quel da cui si dice Tua cognazione - Par.
15 , 91. V. Alighieri.
Quel d*Alagna - cioè, Bonifazio Vili. Par.
30 , U8.
Quei di Buemme - Par. 19 , 125. v. La-
dislao.
Quel di Carlo - Pg. 5 . 69. v. Puglia.
Quel di Lemosl- - Pg. 26 , 120. v. Gè-
rauli de BemeiL
Quel di Spagna - Par. 19 , 125. costui
era un Alfonso , uomo di costumi ef-
femminati.
Quel duca , sotto cui visse di manna La
gente ingrata -Par. 32. 131. v.Afow^.
Quel Greco che Le Muso lattar più c*ai-
tro mai-Pg. 22, 101. v. Omero.
Quella eh' è tanto bella da* suoi piedi -
Par. 32 , 5. v. Età.
Quella ( città ) a cui il Savio bagna il
fianco- lo. 27 , 52. v. Cesena.
Quella faccia Di là da lui , ec. - Pg.
24 , 20. V. Martina iT. sommo pon-.
tefice.
Quella ( gente ) che V affanno non sof*
ferso Fino alla fine -Pg. 18, 136.
questi furono alcuni do' compagni di
Enea , i quali stanchi del lungo viag-
gio , non vollero accompagnarlo fino
in Italia , ma elessero di rimanere in
Sicilia presso il vecchio Act^ste. v.
Virgilio nel 5. del Eneida.
Quella ( luce ) Che raggia dietro alla
celeste Lasca - Pg. 32 , 53. v. Ariete.
Quella parte della terra prava Italica ,
che siede intra Rialto , ec. - Par. 9 ,
25. V. Marca Trivigiana.
Quella parte ove surge ad aprire Zeffiro
dolce le novelle fronde - Par. 12 , k6.
intendi la Spagna , provincia occiden-
tale , donde spira Zefliro , uno dei
quattro venti cardinali.
Quella pietra scema , ec. - Par. 16, 145.
V. Marte.
Quella Rodopea che delusa , ec. - Par«
9 , 100. V. FiUi.
Quella sinistra riva che si lava Di Ro-
dano - Par. 8 , 58. intendi una parte
di Provenza , che un tempo s' appar-
teneva al re di Puglia.
Quella terra che '1 Danubio riga Poiché
le ripe tedesche abbandona - Par. 8 »
65. v. Ungheria.
' Quella vaga C* amor consunse - Par. 12,
14. V. Eco.
Queir avvocato de' templi cristiani* Par.
10, 119. V. Paolo Orosìo.
Quello Che volando per 1' aere , il figlio
perse - Par. 8 , 125. v. Dedalo.
Queli' uom che non nacque - Par. 7. 26.
V. Adamo.
Quel Nasetto che stretto a consiglio,. ec. -
- Pg. 7, 103. intendi Filippo Nasello,
figliuolo di s. Lodovico re di Francia.
Quei padre vetusto Di santa chiesa ,
ec. - Par. 32, 124. intendi, s. Pietro A*
postolo.
Quel paese Che siede tra Romagna e
quel di Carlo - Pg. 5 , 68. v. Marca
d* Ancona.
Quel Pietro fu , ec. - Par, 10 , 107* v.
Pietro Lombardo.
Quel traditor che vede pur coli' uno -
In. 28 , 85. v. Maiatettino.
Questa luculenta e chiara gioia , ec. -
Par. 9 , 37. v. Folco da Marsiglia.
Questi eh' io ti scerno Col dito - Pg. 26,
it5. V. Arnaldo Danidlo.
Quindi fu io - Pg. 5 , 73. v. Iacopo del
Cassero.
Scias , quod ego fui succesior Petri - Pg.
19 , 99. T. Adriano V. sommo pon-
tefice.
Scudo In che soggiace il leone e soggio-
ga - Par. 12 , d3. intendi l' arme dei
re di Castiglia, provincia della Spagna.
Secondo e terzo vento di Soave - Par.
3 , 119, 120. v, Arrigo Y. e Federi-
co IL imperadori.
nk
DIZIONARIO
Signor dM aliinimo canto , chiama Dan-
te Omero. Io. k , 95.
Stremo d* Europa - Par. 6, 5. v. CoBlan-
tinopolù
Tal che palese e coTorto , e^. - Par. 90,
ik3. intendi Clemente V. sommo pon-
Tal chetestè piaggia - In. 6 , 69. ?. Car-
lo Seiizafenra.
.Tale i già V un piò dentro la fossa - Pg,
18, 121. V. Alberto della Scala.
Tal è qui meco, ec.-ln.38, 86. y. Curio.
Tal signoreggia , ' ec. - Par.' 9 , 50. v.
Biedardo da cammino.
Tal si parti dà cantare alleluia - in. 12,
88. y. Beatriec*
Tre a tre pugnar - Par. 6., 89. t. Orati.
Val dì Pado - Par. 15, 137. intendi Fer-
rara.
Vicino ammonti de* miai prima uscio-
cioè . a' monti di Troia. Par. 6 , 6.
Vidine un* altra più che sangue rossa ,
ec- - In. 17 , 62. v. Ubbriachi.
Villa » Dd coi nome ne* Dei fu tanta li-
te - Pg. 15 , 97. Y. Auiu.
Una donna in sull* entrar - Pg^ 15, 88.
intendi Maria Vergine e* avea perduto
il suo Figliuolo.
Una donna santa e presta - Pg. 19^ 26.
intendi la filosofia morale.
Una donna soletta - Pg. 28 , M. y. JMb-
tMa.
Una fanciulla - Pg. 17 , 34. intendi La-
yinia.
Un che d* una scroia azzurra , ec. - 1d.
17 , 64. y.Scrovignù
Un cinquecento , diece e dnqoe - Pg. 33,
43. y. idrico VIL e Ctn^iieeeiilo nel-
la parte prima.
Un colle Là onde scese già onaWella,
ec. - cioò , il castello (U Remate, po«
sto sopra un colle ; patria d*EzzdiBo
tiranno. Par, 9, 28. y. Atxolino.
Un crociasse dispettoso e fiero -Pg. 17 j
26. Vi ilmofi.
Un fiumicél che nasce in Falterona - Pg.
14 , 17. intendi Amo.
Un gioyinetto andder» ec. • Pg. 15 , 107.
y. f . SufiMo.
Un* ombra , ec. - In. 10, 53. y. Cavi*
eanU d€ OoLvaica^.
Un pastor mza legge - In 19 , 83. v.
Uemeiilf F.
Un yeglio solo-Pg. 1 , 31. y. CaUme.
Un yeglio solo - ^. 29 , 143. intendi s.
Giovanni Eyangdista , come scnìtoro
. dell* Apocalisse , ultimo fra tutti i li-
bri delle divine scrittore.
Yolfi, chiama Dante i Pisani. Pg. 14,53.
FtM deUa itrza %d ìAlima foif e.