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Full text of "La comedia di Dante Allighieri"

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LACOMEDIA 


DANTE  ALLIGHIERI 


COL  COHENTO 


SI  N.    TOMMASEO 


'■ECCDUTA  BUIA  VITI  M  DA!(TE  KlITTA  BA  OIOTAKKI  BOCCACCIO  ,  DA  DM  CAFITOLO  DI 
IACOPO  ALLKHtIBI  E  VA  DK  ALTRO  DI  MSOXB  DA  SOMIO:  £  UCClTA  DA  DH  DltlORAMO 
OttlM  TOCIBrsAtl  riD'KOTABILI,  DILLI  HTOBIK,  DILLE  PATOLE,  DELLE  PXEIFKAH, 
BE'  :COMI  PEOFBl  DI  PIUOKB  B  DI  LUOGUI  BD  ALTRO  DI  CCl  PASd  KBmiaKB  KBL  FOBIA. 

PRIMA  EDIZIONE  NAFOUT;U«A 


napoli 


iiTAffanniiTo  tipogiafico  di  oimtpPB  aoFFt  - 
1839 


1)yy  tZ, 


^.  IO 


<:>0"<a>cCC 


ALLA  ECCELLENZA 
DEL  CAVALIER 

mCBELE  SANTANGELO 

NELLA  SCIENZA  AACHE0L06ICA 
ED  IN  OGNI  MANIERA  DI  LETTERE 

PERITISSIMO 
DI  ITALIANE  ACCADEMIE  E  STRANIERE 

CONSODALE 

CHE  LE  RELIQUIE  DELLE  ARTI  ANTICHE 

I  MONUMENTI  DELLE  NUOVE 

RACCOGUE  ED  ILLUSTRA 

UOMO  D'ANIMA 

INSIGNE  PER  DOTTRINA  E  BONTÀ 

DI  LETTERATI  DI  ARTISTI  PROTEGGITORÉ 

QUESTA  NOVELLA  EDIZIONE 

DELLA  DIVINA  COMEDIA 

DA  NICCOLÒ  TOMMASEO  COMENT  ATA 

GIUSEPPE  CIOFPI  EDITORE  TIPOGRAFO 

CHE  OGNI  CtRA  VI  POSE 

CON  GRATO  ANIMO  E  DEVOTO 

CONSACRA 


PREFAZIONE 


Tra  le  molte  e  varie  edizioni  della  Dinna  Comedia  finora 
prodotte  e  che  tuttogiorno  si  van  riproducendo  nel  nostro  pae* 
se  e  nello  straniero ,  piacciavi ,  cortesi  lettori^  di  bene  ac- 
cogliere la  presente.  Il  nostro  scopo  non  è  unicamente  di 
moltiplicare  le  copie  di  uno  dei  più  classici  libri  che  onorino 
r  Italia,  e  che  da  tanti  secoli  tien  ferma  Tanunirazionedei 
dotti  di  tutte  le  nazioni  ;  ma  di  rendere  inoltre  utile  servilo 
a'  cultori  del  bello  e  del  sublime  della  lingua  e  della  poesia 
italiana.  A  tal  fine,  senza  trattenervi  con  pomposi  e  vani  ra« 
gionamenti  e  preamboli ,  gioverà  piuttosto  sottoporvi  la  con* 
dotta  che  terremo  per  giungere  alla  propostaci  meta. 

I .  Premetteremo  all'  opera  la  vita  di  Dante  scritta  da 
Gio.  Boccaccio.  Tra  i  molti  scrittori  della  vita  di  questo  sommo 
poeta,  nessuno,  a  parer  nostro ,  dee  preferirsi  al  Boccaccio, 
si  perchè  quasi  contemporaneo ,  e  si  perchè  scrittore  dell'  au- 
reo secolo.  Quando  Firenze,  piena  di  rimorsi  e  ravveduta 
delle  ingiuste  persecuzioni  fatte  al  venerando  padre  della  liii« 
^a  e  della  Poesia  italiana ,  decretò  larga  pensione  ad  un 
pubblico  lettore  per  illustrare  e  comentare  le  opere  di  qadlo^ 


iv  PREFAZIONE 

il  Boccaccio  fu  il  primo  che  di  tanto  onore  fu  riputato  me- 
ritevole,  cinquantadue   anni   circa  dalla  morte  di  Dante. 
Noi  ridurremo  quesf  operetta  alla  sua  vera  lezione  riscon- 
trandone  le   migliori   stampe  ;    le  apporremo    opportune 
illustrazioni ,  e  ne  rimoderneremo  V  ortografia  :   cose  tutte 
necessarie  per  renderne  più  piacevole  e  facile  la  lettura , 
nonché  V  intelligenza  ;  la  quale  nondimeno  confessiamo  es- 
sere in  qualche  luogo  non  molto  chiara  :    ma  ciò   deriva 
dallo  stile  del  Boccaccio ,    uso  ,  per  servirci  delle  parole 
del  eh.  Pietro  Giordani ,   a  dislogare  le  ossa  e  le  giun- 
tura di  nostra  lingua^  per  darle  violentemente  le  forme 
che  meno  le  si  confanno  dal  latino.    I  lettori   non  con- 
danneranno al  certo  per  questo  solo  vizio  la  nostra  scelta, 
quando  esso  è  ben  compensato  da  mille  singolarissimi  prcr- 
gi  :  ma  se  alcun  vi  sarà  tanto  contro  di  noi  severo ,  gli 
rammentiamo  la  regola  del  dottissimo  Cav.  Lionardo  Sal- 
viati,  il  quale  ,  degli  scrittori  del  miglior  secolo  favellan- 
do ,  benché  in,  altro  senso ,  disse  :  A  niun  di  loro  si  va 
dietro  del  tutto  ^  ma  da  ciascuno  si  prende  il  buono y  e 
nel  non  buono  si  abbandona.  Difatti ,    generalmente  par- 
lando, quanta  e  quale  non  e  in  questa  scrittura  la   ele- 
ganza e  grazia  dello  stile,  nonché  la  purezza  e  proprietà 
delle  parole  ?  Cosi  come  fu  terso  e  preciso  fosse  stato  egli 
avveduto  nel  compilar  questa  istoria,  e  non  ci  avesse  in- 
serito tanti  sogni  e  fantasie  1  Ma  ricordiamci  del  suo  ge- 
nio alle  novelle  inclinato ,  e  cesseremo  di  pretendere  altro 
da  lui  ;  mentre  le  Osservazioni  critiche ,  che  apporremo 
in  fine   della   medesima  dichiareranno  abbastanza  gli  er- 
rori suoi ,  ed  accerteranno  meglio  T  istoria  della  vita,  e  ri- 
vendicheranno in  parte  T  onore  e  i  costumi  del  divino  Poeta. 

2 .  Farem  quindi  seguitare  il  Credo ,  che  generalmente 
Tiene  a  Dante  attribuito ,  ed  altri  brevi  componimenti  pre- 
giatissimi e  rari. 

S.  Yerran  dopo  gli  elegantissimi  due  capitoli^  uno  ap- 


PREFAZIONE  v 

parteneote  a  Iacopo  figliuolo  di  Dante ,  e  V  altro  a  Boso- 
De  da  Gubbio ,  grande  amico  ed  albergatore  di  Dante  me- 
desimo. Questi  due  poemetti  precederanno  utilmente  la  di- 
vina comedia ,  essendone  quasi  V  epitome  e  V  argomento  ; 
laonde  valgono  assai  a  manifestare  l'ordine  e  la  struttura 
del  magnifico  Poema. 

4.  Dopo  tutto  ciò  avrà  cominciamento  la  Tricomedia  , 
col  comento  del  eh.  N.  Tommaseo.  Perchè  tra  tanti  cementi 
abbiam  prescelto  questo ,  fia  noto  a'  lettori  allor  che  lo 
leggeranno  :  quei  poi  che  non  hanno  tanta  pazienza ,  se  ne 
persuaderanno  leggendo  il  seguente  proemio  dell'  egregio 
cementatore. 

5.  In  fine  porremo  un  ricchissimo  dizionario  di  tutte  le 
voci  e  frasi  più  notabili  usate  nella  Tricomedia ,  delle  favo- 
le ,  delle  storie ,  delle  perifrasi ,  de'  nomi  propri  di  persone 
e  di  luoghi ,  e  di  tutf  altro  che  si  menziona  nel  poema,  con 
la  rispondente  breve  precisa  e  chiara  spiegazione,  sì  che 
questo  solo  dizionario  può  tener  le  veci  del  più  copioso  co- 
mento.  Sarà  d' altronde  questo  lavoro  prezioso  a'  trecentisti 
ed  a  tutti  quelli  che  desiderano  conoscere  le  voci  usate  da 
Dante  ;  poiché  possono  nel  bisogno  in  un  attimo  restar  sod- 
disfatti facendone  ricercamento  in  esso  dizionario  ;  il  quale 
spiegando  loro  le  varie  significazioni  della  voce  in  disamina, 
e  citando  i  luoghi  originali  ov'  essa  si  trova ,  facilita  la  me- 
moria e  aiuta  T  intelletto ,  specialmente  alla  gioventù  stu- 
diosa non  ancora  tanto  provetti  nello  studio,  nella  conoscenza 
e  nel  gusto  della  toscana  tersa  favella. 

Alla  compilazione  di  questo  dizionario  giovati  ci  sono 
assai  gì'  indici  ricchissimi  di  Gio.  Antonio  Volpi  dati  in  luce 
dal  Cornino^  /  727  ,  e  non  abbiam  lasciato  di  frugare  il  me- 
glio de'  cementi  del  Fellutello ,  del  Landino ,  del  Quattro- 
mam\  àelFenturi,  del  P.  Cesari,  del  i?/fl^ib// e  di  tutti  gli 
altri  più  recenti  cementatori  di  Dante  riuniti  nell'  edizione  di* 
David  Passigli  e  C. ,  Firenze  g838;  di  tal  che  si  renderà 


I 


VI  PREFAZIONE 

superfluo  non  solo  qualunque  altro  comento ,  ma  la  stessa  ci- 
tata  edizione  del  Passigli  e  C.  ;  come  si  convincerà  chiunque 
si  prenderà  V  incomodo  di  farne  il  confronto. 

Difatti  in  un^  edizione  in  cui  si  copiano  tutti  i  coment! 
della  divina  Comedia ,  evitar  non  si  può  V  inconveniente 
delia  prolissità  e  della  ripetizione  delle  stesse  parole  e  delle 
stesse  cose  ;  e  ciò  produrrà  senza  meno  il  disordine  e  la  con- 
fusione. Se  il  comento  ha  per  iscopo  la  retta  intelligenza 
del  testo ,  perchè  ammassar  su  la  stessa  parola  e  su  la  stessa 
frase  lo  svariato  modo  di  sentire  de'  tanti  cementatori  so- 
vente contraditorio ,  e  più  sovente  copiato  V  un  dall'  al- 
tro ,  o  solo  diverso  per  la  diversità  de'  vocaboli  con  cui  è 
espresso  ?  A  noi  seinbra  esser  miglior  condotta ,  tra  le  va- 
rie e  moltiplici  opinioni  di  tanti  cementatori  scegliere  é 
presentar  quella  eh'  è  conforme  a  ragione ,  o  che  più  per- 
suade. In  ogni  specie  di  quistioni  la  verità  non  è  che  da 
un  canto,  e  tra  due  o  più  contendenti  spinti  dall'amor 
proprio  a  sostener  la  loro  opinione ,  un  terzo  che  venga 
a  giudicarne  a  sangue  freddo  ,  è  difficile  che  non  discerna 
il  vero  dal  falso  ;  ed  è  raro  che  un  tal  giudice  resti  in 
dubbio.  In  questo  modo  il  comento  sarà  breve  ^  perchè 
nulla  si  ripete  ;  sarà  chiaro ,  perchè  non  vi  sono  contra- 
dizioni ;  e  sarà  compiuto  ,  perchè  comprende  tutto  ciò  che  di 
bello  e  di  buono  si  scrisse  da  tutti  i  comentatori  si  anti- 
chi che  moderni.  Verificandosi  il  caso  del  dubbio,  se  ne 
porranno  le  plausibili  opinioni  :  ed  essendo  ciò  raro,  non 
discapiterà  né  Ih  chiarezza  né  la  brevità.  Or  questo  ad  un 
dipresso  è  ciò  che  conterrà  il  prefato  dizionario;  peroc- 
ché volendo  noi  dare  un'  edizione  della  divina  Comedia  in 
cui  nulla  s'  avesse  a  desiderare ,  senza  sifiEatto  lavoro  i  no- 
stri voti  non  sarebbero  compiuti,  poiché  il  comento  del  sig. 
Tommaseo  riguarda ,  per  cosi  dire ,  il  grande  ed  il  su- 
blime della  interpetrazione  e  dell' erudizieni ,  senza  punto 
discendere  ad  un  infinito  numero  di  altre  particolarità  filo- 


PREFAZIONE  vii 

logiche  di  minor  calibro ,  ma  non  però  meno  importanti • 
Quanf  all'  ortografia  della  divina  Gomedia ,  ci  atterremo 
a  quella  datale  dal  lodato  eh.  cementatore,  nella  stampa 
di  Venezia  1837. 

Questo  è  il  piano  del  nostro  lavoro  ;  il  quale  se  ap- 
puntino verrà  eseguito  ,  non  dubitiamo  di  affermare  che 
la  nostra  edizione  non  sarà  V  ultima  fra  le  più  accreditate 
e  di  reale  vantaggio  finora  comparse  in  ItaUa.  In  qualun- 
que modo  è  da  gradire  la  nostra  intenzione  di  rispondere 
al  nobile  entusiasmo  de'  dotti  italiani^  e  di  molti  stra- 
nieri ,  che  con  lodevole  gara  promuovono  a  più  non  posso 
la  gloria  ed  il  progresso  dell' illustre  nostra  favella;  la  quale 
con  lo  studio  de'classici ,  e  massime  del  loro  principe  Dante^ 
s*  apprende  ;  perocché  mentre  tutti  concorrono  al  grande 
scopo ,  a  noi  non  conviene  di  starcene  con  le  mani  alla 
cintola.  Noi  abbiamo  egual  diritto  e  dovere  alla  nobile  impre- 
sa^ come  figli  della  stessa  madre ,  l'Italia.  Napoli  non  è  punto 
inferiore  alle  altre  città  italiane  pel  vanto  del  risorgimento  e 
progresso  della  lingua  ;  la  quale  mentre  ancor  bambina  nella 
culla  vagiva,  ebbe  qui  il  primo  suo  lustro  nella  corte  del 
magnanimo  Federigo  II  imperatore  e  re  ;  e  tutto  ciò  che 
da' più  dotti  ingegni  di  quell'aureo  secolo  in  lingua  ita- 
liana componeasi  ,  in  questa  regia  sede  primamente  com- 
pariva, e  siciliano  appellavasi.  Il  confessa  lo  stesso  illu- 
stre Dante  nel  capitolo  XII  del  libro  de  mlgari  eloquerh 
tia  :  del  quale  alleghiamo  il  passo  originale ,  e  finiamo 
questa  prefÌEizione  :  Sed  haecfama  Trinacriae  terrae  .  .  . 
videtur  tantum  in  opprobrium  italorum  principum  re- 
mansisae.  .  .  .  Siquidem  illustres  heroés  Federicvs 
Caesar  et  bene  genitua  ejus  Manfredus  .  .  .  corde 
nobiles  ,  atque  gratiarum  dotati  y  inhaerere  tantorum 
principum  maiestati  conati  sunt  :  ila  quod  eorum  temr 
pore  quidquid  excellentes  latinorum  (h.  e.  italorum)  nite^ 
baniur ,  primitiis  in  tantorum  coronatorum  aula  prodi^ 


vili  PREFAZIONE 


6at  ;  et  quia  regale  eolmm  eraf  Sicilia  ,  factum  est , 
quidquid  nostri  praedecessores  vulgariter  proUUerunt, 
Sicilianum  vocaiur  :  quod  quidem  retinemus  et  tws ,  nec 
posteri  fiossi  pertmUare  valebunt. 


! 


t 


3P1ÌOE3IIIO 


DI    N,     TOMMASEO 


A  non  lungo  comento ,  proemio  breve.  Son  troppi ,  lo  so  ^  di  questa 
sorto  lavori:  ma  io  vengo  appunto  a  stringere  in  poco  le  cose  sparse  per 
tanti  volumi.  Non  fo  che  citare  :  perchè  le  citazioni  dichiarano  la  lette- 
ra, illustrano  il  concetto^  mostrano  onde  Dante  l'attinse^  o  con  quali 
grandi  fantasie  la  fantasia  di  lui  si  rincontrò ,  e  come  e'  fu  creatore  imi- 
tando. Cito  quasi  sempre  gli  antichi,  e  lui  sovente;  che  nelle  Prose  e 
nelle  rime  e  ne'  luoghi  simili  del  Poema  si  riconoscono  gl'intendimenti 
SQoi  e  le  forme  dello  stile.  Più  frequenti  a  rammentare  mi  x:adono  la 
Bibbia  e  Virgilio ,  S.  Tommaso  e  Aristotele.  Mi  aiuto  di  fonti  inedite: 
e  preziosissimo  mi  è  un  comento  di  Piero  figliuolo  di  Dante  ;  dal  quale 
attingo  esposizioni  e  allusioni  nuove ,  e  le  già  note ,  ma  non  certe , 
confermo.  Quant'  ha  di  necessario  l'Ottimo  e  gli  altri  vecchi^  quanto 
i  moderni  ^  rendo  in  poche  parole.  Cerco  nella  prosa  antica  gli  esem- 
pi di  quelle  clie  finora  parvero  licenze  poetiche:  le  cerco  nel  tosca- 
no vivente.  £  di  tutte  queste  citazioni  escono  insegnamenti  e  consi- 
derazioni ed  affetti  quali  nessuna  parola  di  critico  può  suscitare:  si 
conosce  quello  eh' è  proprio. all' uomo ,  quello  che  al  secolo  ;  quale 
^  ({nanta  armonia  tra  l'imaginazione  e  l'intelletto,  la  natura  e  Tarte, 
^  dottrina  e  V  amore.  Le  nuove  mie  interpretazioni  di&ndo  in  breve 
scDza  magnificarne  la  bellezza  ,  ne  le  contrarie  combatto.  Prescelgo 
le  più  seitpplici  :  e  solo  là  dove  è  forte  il  dubbio  ,    ne  pongo  due. 
^  lezioni  del  testo  conformo  air  autorità  di  più  codici  e   stampe  ; 
'^  a  nessuna.  Se  circa  le  lezioni  o  le   interpretazioni    mie  cadrà 
^^ta  ,  potrò  sostenerle  o  correggerle  :  ma  lo  spediente  del  citare 
F^emi  buono  appunto  a  troncare  molte  liti  ;  e  la  brevità  parvemi 
^W^ita  cosa  nello  illustrare  uno  de'  più  parchi  scrittori  che   onorino 
I  Italia  e  la  natura  umana. 


VITA  STUDI  E  COSTUMI 


DEL  CHIABISSTMO 


DANTE  ALLIGHIERI 


FATTA  E  COMPILATA 


DA  M.  GIOVANNI  BOCCACCIO 


BIDOTTA   A  HIGLIOR  LEZIOXB   ED  ANNOTATA 


J^l 


»LONE  ,  il  cui  petto  uno  umano  tempio 
di  divina  sapienza  fu  riputato ,  e  le  cui 
sacratissime  leggi  sono  ancora  a*  presenti 
uomini  chiara  testimonianza  dell'antica 
giustizia  e  della  sua  gra\  ita;  era,  secondochè 
dicono  alcuni,  spesse  volte  usato  di  dire, 
ogni  Repubblica ,  siccome  noi ,  andare  e 
stare  su  due  piedi ,  de'  quali  con  matura 
gravità  affermava  essere  il  destro  il  non 
lasciare  akun  difetto  commesso  impunito, 
el  sinistro  ogni  ben  fatto  remunerare; 
aggittgiiendo  che  qualunque  delle  due  cose 
già  dette ,  per  vizio  o  per  negligenza  si 
sottraeva  o  meno  che  bene  s'osservava, 
senza  niun  dubbio  quella  Repubblica , 
chel  faceva,  conveniva  andare  scian- 
cata ,  e  da  quel  piede  zoppicare.  E  se 
per  isciagura  si  peccasse  in  amendue , 
quasi  certissimo  avere  quella  non  potere 
^tare  in  piede  in  alcun  modo.  Dalla  quale 
Uudevole  sentenza,  e  apertissimamente  ve- 


ra, mossi  alcuni  cosi  egregi  come  antichi 
popoli,  alcuna  volta  di  deità,  altra  vol- 
ta di  marmorea  statua  ,  e  sovente  di 
celebre  sepoltura  ,  e  tal  fiata  di  trionfalo 
arco  ,  e  quando  di  laurea  corona  o  d*  altra 
spettabile  cosa ,  secondo  i  meriti  prece- 
denti ,  onoravano  i  valorosi.  Le  pene 
per  opposito  a*  colpevoli  date  non  curo  df 
raccontare.  Per  li  quali  onori  e  purgazioni 
1  Assiria ,  la  Macedonica  ,  la  Greca  ,  ed 
ultimamente  la  Romana  Repubblica  au- 
mentate, con  r  opere  le  fini  della  terra» 
e  con  la  fama  toccarono  le  stelle  ;  lo 
vestigio  delle  quali  in  cosi  alti  esempli  » 
non  solamente  da'  successori  presenti ,  e 
massimamente  da*  miei  fiorentini ,  sono 
male  seguite;  ma  in  tanto  s' è  disviato  da 
esse  ,  che  ogni  premio  di  virtù  possiede 
l'ambizione.  Perchè ,  siccom'io  e  ciascun 
altro  che  con  occhio  ragionevole  vuol 
guardare ,  non  senza  grandissima  afflizioo 


i 


12 


VITA 


d'  animo   possiamo  vedere  i  malvagi   e 
perversi  uomini  ai  luoghi  eccelsi  e  a'  som- 
mi offcl  e  guiderdoni  elevare ,  e  i  buoni 
scacciare  deprimere  ed  abbassare: adequa- 
li cose  qual  fine  serbi  il  giudici©  d'Iddio, 
coloro  il  veggiano  che  il  timone  governa- 
no di  questa  "nave  ;  perciocché  noi,  più 
bassa  turba,  siamo  trasportati  dal  fiotto 
della  fortuna,  ma  non  dalla  colpa  partcfici. 
E  comechè  con  infinite. ingratitudini  e  dis- 
solute peirdonanze  apparenti  si  potessino  le 
predette  cose  verificare,  per  meno  scopri- 
re i  nostri  difetti,  e  per  venire  al  mio  prin- 
cipale intento  ,  una  sola  mi  fia  assai  avere^ 
raccontata  :  nò  questa  fia  poca  o  pìcciola , 
raccontando  lo  esilio  del  chiarissimo  uomo 
Dante  Alighieri  ;  il  quale,  antico  citta- 
dino ,  né  d' oscuri  parenti  nato ,  quanto 
per  virtù  ,    e  per  iscienza  e  per  buone 
operazioni  meritasse  ,  assai  il  mostrano  e 
mostreranno  le  cose  che  da  lui  fatte  ap- 
paiono ;  le  quali  se  in  una  Repubblica 
giusta  fossero  state  operate,  niuno  dubbio 
e'  é  che  a  lui  non  gli  avessino  altissimi 
meriti  apparecchiati.  Oh  scellerato  pen- 
siero! oh  disonesta  opera!  oh  miserabile 
esemplo  e  di  futura  rovina  manifesto  ar- 
gomento !  in  luogo  di  quelli ,  ingiusta  e 
furiosa  dannazione,  perpetuo  sbandimento, 
alienazione  de*  paterni  beni^  e  se  fare  si 
fosso  potuto ,  maculazione  della  glorio- 
sissima fama,   con   false   colpe  ^i   fu- 
rono donate.  Delle  quali  cose  le  recenti 
orme  della  sua  fuga,  e  l'ossa  nelle  altrui 
terre  sepolte,  e  la  sparta  prole  per  l'altrui 
case ,  alquanto  ancora  ne  fanno  chiari. 
Se  a  tutte  l'altre  iniquità  fiorentine  fosse 
possibile  il  nascondersi  agli  occhi  d' Iddio 
che  veggonoil  tutto,  non  doverebbe  questa 
una  bastare  a  provocare  sopra  sé  la  sua 
ira  ?  certo  si.  Chi  in  centrano  sia  esalta- 
to, giudico  che  sia  onesto  il  tacere.  Sicché 
bene  riguardando  ciò  solamente,  ò  il  pro- 
sente mondo  del  sentiero  uscito,  dd  primo, 
del  quale  di  sopra  toccai;  ma  ha  del  tut- 
to nel  contrario  volti  i  piedi.  Perché  assai 

(1)  Questo  periodo,  Inn^  soTerchiamente, 
e  diviso  in  cinque  membri ,  offre   un  senso 


w  «Mvuv  UA  vu««|tw   uiciuuri  ,    uurc    un    senso     •*«,  nicriscvusi  «  , 

troppo  confitto.  A  facilitarne  P  intelligenxa  ar- 1  poste  poco  sopra. 


manifesto  appare  ,  che  se  noi  e  gli  altri 
che  in  simU  modo  vivono,  contro  alla 
sopra  toccata  sentenza  di  Solone,  senza 
cadere  stiamo  in  piedi ,  ninna  altra  cosa 
esser  di  ciò  cagione  ,   che  o  per  lunga 
usanza  la  natura  delle  coso  é  mutata  ,  co- 
me sovente  veggiamo  avvenire;  o  e  spe- 
ciale miracolo,   nel  quale  per  li  meriti 
d*  alcun  nostro  passato,  Iddio,  contro  ad 
ogni  umano  avvedimento  ,  ne  sostiene;  o 
é  la  sua  pazienza ,  la  quale  il  nostro  ri- 
conoscimento attende  .  il  quale  se  a  lungo 
andare  non  seguirà,  niuno  dubiti  che  la 
sua  ira  ,  la  quale  con  lento  passo  procede 
alla  vendetta,  non  ci  serbi  tanto  più  grave 
tormento ,  che  appieno  supplisca  la  sua 
tardità.  Ma  ,  perciocché  impunito  ci  pa- 
iano le  mal  fatte  cose ,  quelle  non  sola- 
mente dobbiamo  fuggire,  ma  ancora  ,  be- 
no  adoperando,  d' ammendarie  ingegnarci  ; 
conoscendo  io  me  esser  di  quella  medesi- 
ma città,  avvegnacché  picciola  parte,  della 
quale,  considerati  i  meriti  la  nobiltà  e  la 
viriù  ,  Dante  Aughieri  fu  grandissima  : 
e  per  questo ,  siccome  ciascun  altro  cit- 
tadino, a'suoi  onori  sia  in  solido  obbligato  ; 
comeché  io  a  tanta  cosa  non  sia  sufficiente, 
nondimeno  secondo  la  mia  picciola  facoltà^ 
quello  che  essa  dovea  verso  lui  magnifi- 
camente fare ,   non  avendolo  fatto  ,  mi 
ingegnerò  di  fare  io ,  non  con  istatua  o 
con  egregia  sepoltura,  delle  quali  appo  noi 
é  oggi  spenta  l' usanza ,  e  non  bastereh- 
bono  a  ciò  le  mie  forze  ;  ma  con  lettere 
povere  a  tanta  impresa ,  di  questo  e  di 
queste  (1)  dirò ,  acciocché  egualmente,  o 
in  tutto  0  in  parte  ,  non  si  possa  dire  fra 
le  nazioni  strane ,   verso  cotanto  Poeta 
la  sua  patria  essere  stata  ingrata.  E  scri- 
verò in   istilo  assai  umile  e   leggiero  . 
perocché  più  alto  non  me'l  presta  l'in- 
gegno ;  e  nel  nostro  fiorentino  idioma , 
acciocché  da  quello  che   egli  usò  nella 
maggior  parte  delle  sue  opere  non  discor- 
di ,  quelle  cose  ,  le  quali  esso  di  sé  one- 
stamente tacette,  doé  la  nobQtà  della  sua 

verta  danqoe  che  le  voci,  di  guetto  e  di  qué- 
«(e,  riferiscoDsi  a  ihmU  ed  a  tioòOld  ed  a  viH^, 


DI    DANTE. 


13 


oriane  ,  la  vita  ,  gli  studi ,  i  costumi  : 
raccogliendo  appresso  in  uno  V  opere  da 
lui  fatte  ,  nello  quali  esso  si  è  si  chiaro 
raiduto  a'  futuri ,  che  forse  non  meno 
tenebre  ehe  splendore  gli  daranno  le  let- 
tele mie ,  comechè  ciò  non  sia  di  mio 
inteodimento  nò  di  mio  volere:  contento 
sempre  in  questo  e  in  ciascuna  altra  cosa, 
di  ciascuno  più  savio,  là  dove  io  difettosa- 
mente parlassi ,  essere  corretto.  Il  che 
acciocché  non  avvenga,  umilmente  priego 
colui*  che  lui  trasse  per  cosi  alta  scala 
a  veder  se,  come  sappiamo ,  che  al  pre- 
sente aiuti  e  guidi  i*  ingegno  mìo  e  la 
mia  debole  matto. 

Firenze ,  tra  1'  altre  città  italiane  più 
nobile  «secondochè  le  antiche  storie  e  la 
comune  opinione  de*  presenti  pare  che  vo- 
gliano dire,  ebbe  inizio  da'romani;  la  quale 
in  processo  di  tempo  aumentata,  e  di  popo- 
lo e  di  chiarì  uomini  piena,  non  solamente 
dttà ,  ma  potente  co[ninciò  a  ciascuno 
circostante  apparire.  Ma  quale  si  fosse  o 
contraria  fortuna  o  avverso  cielo  o  i 
lor  meriti  a^li  alti  inizi  di  mutamento 
cagione ,  ci  e  incerto;  ma  certissimo  ab- 
biamo essa  ,  non  dopo  molti  secoli ,  da 
Attila,  crudelissimo  re  de' Vandali  e  gene- 
rale guastatore  quasi  di  tutta  Italia,  uccisi 
prima  e  dispersi  tutti  o  la  maggior  parte 
di  quelli  cittadini  che  in  quella  erano  ,  o 
per  nobiltà  di  sangue  o  per  qualunque  altro 
stalo ,  d*  alcuna  fama ,  in  cenere  la  ri- 
dusse ed  in  rovina  ;  e  in  cotal  maniera 
dtre  al  trecentesimo  anno  si  crede  che 
dimorasse.  Dopo  il  qual  termine,  essendo, 
Don  senza  cagione,  di  Grecia  il  romano 
Imperio  in  Gallia  traslatato,e  alla  imperia- 
ci) Ciò  é  Mso.  Veggasl  al  proposito  il  traua- 
to  di  Vineenzo  Borghini:  Se  Finnse  fu  spia- 
nata da  Attila  e  riedifieaUi  da  Cario  Magno, 
é^é  nella  parta  %  de* suoi  Discorsi,  p.  251. 
(2)  Qnest*  origine  della  ftoniglia  di  Dante 
vien  sosienata  da  ciò  che  leggesi  nel  canto  Xll 
deir  Inferno  ,  dorè  Brunetto  Latini ,  maestro 
^  Poeta ,  predicendogli  le  persecuzioni  che 
IHir  dovea  da  fiorentini ,  gli  dice  : 

Faedan  le  bestie  Fiesolane  strame 
Di  lor  modesme ,  e  non  tocchin  la  pianta  , . 
S' alcuna  surge  ancor  nel  lor  letame  ,      | 


le  altezza  elevato  Cario  Magno,  allora  eie* 
mentissimo  re  de'  Franceschi ,  più  fatiche 
passate,  credo  da  divino  spirito  mosso, 
alla  rediÌQcaziono  della  disolata  città  V  im- 
periale animo  dirizzò  (1)  ;  e  da  quei  mede- 
simi che  prima  conditori  n  erano  stati,  co- 
mechè in  piccolo  cerchio  di  mura  la  ridu- 
cesse, in  quanto  potè,  simile  a  Roma  la  fé 
redificare  ed  abitare,  raccogliendovi  nondi» 
meno  dentro  quelle  poche  reliquie  che  vi 
si  trovarono  de'  discendenti  degli  antichi 
scacciati.  Ha  intra  gli  altri  novelli  abita- 
tori ,  forse  ordinatore  della  redificazione* 
partitore  delle  abitazioni  e  delle  strade, 
e  datore  al  nuovo  popolo  delle  leggi  op- 
portune ,  secondochò  testimonia  la  famii, 
vi  venne  da  Roma  un  nobilissimo  giovane 
per  ischiatta  de'  Frangipani,  e  nominato 
da  tutti  Eliseo;  il  quale  per  avventura , 
poiché  ebbe  la  principal  cosa,  per  la  quale 
venuto  v'  era  ,  fornita  ,  o  dall'amor  della 
città  da  lui  nuovamente  ordinata ,  o  dal 
piacere  del  sito ,  al  quale  forse  vide  nel 
futuro  il  cielo  dovere  esser  favorevole , 
0  da  altra  cagione  che  si  fosse,  tratto, 
in  quella  divenne  perpetuo  cittadino ,  e 
dietro  a  sé  de  figliuoli  e  de' discendenti 
lasciò  non  piccola  né  poco  laudevole  schiat- 
ta ;  li  quali ,  1'  antico  soprannome  de'  lor 
maggiori  abbandonato,  per  soprannome 
presono  il  nome  di  colui  che  quivi  loro 
avea  dato  cominciamento ,  e  tutti  insieme 
si  chiamarono  gii  £(i«c»  (2).  De'quaH  di 
tempo  in  tempo,  e  d' uno  in  altro  discen- 
dendo ,  tra  gli  altri  nacque  e  visse  un  ca- 
valiere per  arme  e  per  senno  ragguardevole 
e  valoroso,  il  cui  nome  fu  Cacciaguida{3) , 
al  quale  nella  sua  giovinezza  fu  data  dal 

In  cui  riviva  la  sementa  santa 
Di  quei  roman ,  che  vi   rimaser  quando 
Fu  fatto  il  nidio  di  malizia  tanu. 

(3)  Cacciaguida  terzavolo  del  poeta»  perde 
la  vita  pugnando  contro  i  musulnlani  sotto  le 
insegne  di  Corrado  di  Svevia ,  come  appari- 
sce anche  dal  canto  XV  del  Paradiso ,  dove 
Cacciaguida  dice  a  Dante  : 

Poi  seguitai  lo  'roperator  Currado , 
Ed  ei  mi  cinse  della  sua  milizia; 
Tanto  per  ben  oprar  gli  venni  in  grado. 


n 


VITA 


suoi  maggiori  |>cr  isposa  una  donzèlla  nata 
degli  Aldighieri  di  Ferrara,  cosi  per  bel- 
lezza e  per  costumi ,  come  per  nobiltà  di 
sangue  predata  ,  con  la  quale  più  anni 
visse^  e  generò  più  figliuoli  di  lei  ;  e  co- 
mechè  gli  altri  nominati  si  fossero ,  in 
uno  .  siccome  le  donne  sogliono  esser  va- 
ghe di  fare ,  le  piacque  di  rinnovare  il 
nome  de*  suoi  passati ,  e  nominollo  i4Mt- 
ghieri  ;  comechè  il  vocabolo  poi  per  d^ 
trazione  di  questa  lettera  D  corrotto,  ri- 
manesse AUighieri  (1)  :  il  valore  di  costui 
fu  cagione  a  quelli  che  discesero  di  lui, 
di  lasciare  il  titolo  degli  Elisei,  e  di  cogno- 
minarsi degli  Alighieri ,  il  che  ancora  dura 
infine  a  questo  giorno  ;  del  quale,  come- 
chè alquanti  figliuoli  e  nipoti,  e  de' nipoti 
figliuoli  discendessero,  regnante  Federigo 
secondo  Imperadore ,  uno  ne  nacque ,  il 
cui  nome  fu  Alighieri ,  il  quale  più  per 
la  futura  prole,  che  per  sé,  doveva  esser 
diiaro:  la  cui  donna  gravida  (2)  ,non  guari 
lontana  al  tempo  del  partorire,  per  sogno 
vide  qual  doveva  essere  il  frutto  del  ventre 
suo ,  comechè  ciò  non  fosse  allora  da  lei 
conosciuto  ,  né  da  altrui ,  ed  oggi  per  lo 
efletto  seguito,  manifestissimo  sia  a  tutti. 
Pareva  alla  gentil  donna ,  nel  suo  sonno, 
esser  sotto  ad  uno  altissimo  alloro,  so- 
pra un  verde  prato ,  allato  ad  una  gran- 
dissima fonte  :  e  quivi  si  sentia  partorire 
un  figliuolo,  il  quale  in  brevissimo  tempo, 
nutricandosi  solo  doli*  orbacche  che  dallo 
alloro  (*adeano ,  e  delF  onde  della  chiara 
fonte,  le  pareva  che  divenisse  un  pastore, 
V  s' ingegnasse  a  suo  potere  d'avere  delle 
frondi  deiralbero,  il  cui  frutto  Tavea  nudri- 
to  ;  ed  a  ciò  sforzandosi ,  le  parca  vederlo 

Dietro  gli  andai  Incontro  tilt  neqoizit 
Di  quelli  legge  ,  il  coi  popolo  usurpa  , 
Per  col^  del  paslor ,  Tostrt  giustizia. 

Quivi  Al' 10  di  quelli  gente  turpi 
DisTilnppato  dal  mondo  MUce 
11  cui  amor  molte  iuime  deturpa  ; 

E  venni  dal  martirio  a  questa  pace. 

(i)  Non  Ti  è  detrazione  di  lettera  alcuna,  ma 
si  muta  la  D  in  L,  e  scrìvesi  ÀUighUri;  sep- 
pure non  piaccia  far  AUghì^ri,  con  una  sola 
L  ;  che  piace  meglio  a  molti.  Il  primo  modo 
però  è  più  conforme  all'  etimologia ,  il  secon- 


cadere,  e  nel  rilevarsi,  non  uomo  più,  ma 
un  pavone  le  parca  oivenuto.  Della  qual 
cosa,  tanta  ammirazione  le  giunse  che  rup- 
pe il  sonno  ;  né  guarì  di  tempo  passò ,  che 
il  termine  debito  al  ^uo  parto  venne ,  e 
partorì  un  fidinolo ,  il  quale  di  comune 
consentimento  col  padre  di  lui ,  per  nomo 
chiamarono  Datile  (3)  ;  e  meritamente  , 
perciocché  ottimamente ,  sicome  si  vedrà , 
procedendo,  segui  al  nome  Y  efletto.  Questi 
fu  quel  Dante  del  quale  è  il  presente  ser- 
mone. Questi  fu  quel  Dante,  che  a' nostri 
secoli  fu  concèduto  di  si)eziale  grazia  da  Idr 
dio.  Questi  fu  quel  Dante ,  il  qual  primo 
dovea  al  ritorno  delle  Muse  sbandite  d*Itar 
Ha  aprir  la  via.  Per  costui  b  chiarezza 
del  fiorentino  idioma  è  dimostrata.  Per 
costui  ogni  bellezza  di  volgar  parlavo 
sotto  debiti  numeri  è  regolata.  Per  costui 
la  morta  poesia  meritamente  si  può  dire 
risuscitata  :  le  quali  cose  debitamente 
guardate ,  lui  ninno  altro  nome  che  Dante 
potere  degnamente  avere,  e  debitamente 
avere  avuto,  dimostreremo. 

Nacque  questo  singolare  splendore  ita- 
lico nella  nostra  città  ,  vacante  il  romano 
Imperio  per  la  morte  di  Federigo  già  det- 
to, negli  anni  della  salutifera  incarnazione 
del  Re  dell*  universo  1265  ,  sedendo  Ur- 
bano Papa  quarto  neUa  Cattedra  di  san  Pie- 
ro, ricevuto  nella  patema  casa  da  assai  ìvor 
ta  fortuna:  lieta ,  dico,  secondo  la  qualità 
del  mondo  che  allora  correa.  Ha  quale 
che  ella  si  fosse ,  lasciando  stare  il  ragio- 
nare della  sua  infanzia  nella  quale  assai  se- 
gni apparirono  della  futura  gloria  del  suo 
ingegno  ;  dico,  che  dal  principio  della  sua 
puerizia,  avendo  già  i  primi  elementi  dello 

do  più  dolce  all'orecchio.  Tommaseo,  con  molti 
altri  valentuomini,  scrive;  AUighieri  ;  io  con- 
servo quest'  uso  in  tutta  l*  opera  ,  menochè 
in  quesu  scrittura  del  Boccaccio  ove  1*  ho  la- 
sciato come  r  ho  trovato  ,  cioè  sempre  con 
una  L  ,  ed  una  sola  volta  con  due ,  nel  testo 
in  questo  luogo. 

(3)  Fu  questa  la  madre  di  Dante .  delta 
quale  non  sappiamo  altro  che  il  nome  :  mar 
donna  Bella, 

(3)  11  nome  proprio  del  poeU  era  Duronfe» 
e  si  disse  Dante  per  accorciativo  e  vezieg- 
giativo. 


DI    DANTE 


15 


lettere  appresi  «  non  secondo  i  costumi 
deìwbiU  odierni  si  diede  alle  fanciullesche 
l«ci?ie  ed  a^i  ozi ,  nel  gremlK)  della  ma- 
die imingrendo  ;  ma  neUa  propria  patria 
h  sua  puerizia  con  istudio  continuo  diede 
aBe  liberali  arti ,  ed  in  quelle  mirabilmente 
Tenne  esperto  (1)-E  crescendo  insieme  con 
1^  anni  T animo  e  1*  ingegno,  non  ai  lu- 
crativi studi ,  a'  quali  generalmente  cor^ 
re  oggi  ciascuno,  si  dispose,  ma  da  una 
hudevole  vanezza  preso  di  perpetua  fa- 
ma t  spregiando  le  transitorie  ricchezze , 
liberamente  si  diede  a  volere  aver  piena 
noUzia  ddle  fizioni  poetiche  e  dello  artifi- 
zioso  dimostramento  di  quelle:  nel  quale 
esercizio  famigliarissimo  divenne  di  Vir- 
gilio  di  Orazio  di  Ovidio  e  di  Stazio  e 
di  ciascuno  altro  Poeta  famoso  (2);  non 
solamente  avendo  caro  il  conoscergli,  ma 
ancora  dtamente  cantando  s'ingegnò  d'i- 
mitargli, come  le  sue  opere  dimostrano , 
delle  quali  a  suo  tempo  favelleremo.  E 
avvedendosi  le  poetiche  opere  non  esser 
vane  o  semplici  favole  o  meraviglie,  come 
molti  estimano ,    ma  sotto  sé  dolcist^imi 
frutti    di  verità  istoriografe  e  filosofiche 
a^er  nascosti;  per  la  qual  cosa  pienamente, 
«enza  le  istorie  e  la  morale  e  naturale 
filosofia  «  le  poetiche  intenzioni  avere  non 
si  poteano  intere;  partendo  i  tempi  debi- 
tamente ,  le  istorie  da  sé  ,   e  la  filoso- 
fia sotto  diversi  dottori ,  s'argomentò  non 
senza   lungo  affanno  e  studio   di   inten- 
dere. E  preso  dalla  dolcezza  di  conoscere 
3  vero   delle  cose  racchiuse  dal  cielo , 
ohm'  altra  più  cara ,   che   questa ,   tro- 
vandone  in  questa  vita,   lasciando  del 
lotto  ogni  altra  temporale  sollecitudine, 
tatto  a  questa  sola  si  diede.  Ed  accioc- 
ché nessuna  parte  di  filosofia  non  veduta 
da  lui  rimanesse ,  nelle  profondità  altis-  1 
fkne  della  Teologia  con  arguto  ingegno 
si  messe.  Nò  fu  dalla  intenzione  rdfetto 
lontano;  perciocché,  non  curando  né  caldo 


(1)  Dante  rimasto  senza  padre  nella  sua 
fMizia»  rieevè  tutta  laedacaxione  daU'amo- 
it  e  diliaeoza  della  madre. 

(?)  Ebbe  ìd  patria  a  maestro  Ser  Branetlo 
Latini  gran  filosofo  e  letterato  di  quei  tempi. 
lì  gflaf^gnaracen  doki  e  patemi  modi  co- 


né  freddo  né  vigilie  nò  digiuni  nò  niuno 
altro  corporale  dìisagio,  con  assiduo  studio 
divenne  a  conoscere  della  divina  essenzia 
e  delle  altre  separate  intelligenze  quello 
che  per  umano  ingegno  qui  se  ne  può  com- 
prendere. E  cosi  come  in  varie  etadi'  varie 
scienze  da  lui  furono  conosciute  studiando; 
cosi  in   vari  studi  sotto  vari  dottori  le 
comprese.  E^  i  primi  inizi ,  siccome  di 
sopra  è  dichiarato ,  prese  nella  propria 
patria ,  e  di  quella ,  siccome  a  luogo  più 
fertile  di  tal  cibo ,  ne  andò  a  Bologna  ; 
e  già  vicino  alla  sua  vecchiezza,  ne  andò 
a  Parigi ,  dove  con  tanta  gloria  di  sé  di- 
sputando più  volte ,  mostrò  V  altezza  del 
suo  ingegno ,  che  ancora   narrandosi  ae 
ne  maravigliano  gli  uditori  ;  e  di  tanti  e 
si  fatti  studi  giustamente  meritò  altissi- 
mi titoli  :  perocché  alcuni  il  cliiamavano 
sempre  Poeta ,  alcuni  Filosofo ,  e  molti 
Teologo  ,  mentre   visse.  Ma   perciocché 
tanto  è  la  vittoria  più  gloriosa  al  vinci- 
tore quanto  le  forze  del  vinto  sono  state 
maggiori ,  giudico  esser  convenevole  di- 
mostrare di  come  fluttuoso  e  tempestoso 
mare  costui  gittate  ora  in  qua  ora  in  là» 
vincendo  V  onde  e  i  venti  parimente  coiw 
tran ,  pervenisse  al  salutevole  porto  dei 
chiarissimi  titoli  già  narrati. 

Gli  studi  sogliono  generalmente  solitu- 
dine e  remozione  di  sollecitudine  e  tran- 
quillità d'animo  desiderare,  massimamente 
gli  speculati\i  a'  quali  ii  nostro  Dante , 
(  siccome  mostrato  è  ) ,  si  diede  tutto.  In 
luogo  della  qual  rimozione  e  quiete ,  quasi 
dallo  inizio  della  sua  vita  infino  all'ulti- 
mo della  morte ,  Dante  ebbe  fierissima 
e  incomportabile  passion  d'amore,  moglie, 
cura  familiare  e  pubblica  ,  esilio  e  po- 
vertà ;  r  altre  lasciando  più  particolari , 
le  quali  di  necessità  queste  si  traggono 
dietro  ;  le  quali ,  acciocché  più  appaia 
della  lor  gravezza  ,  particolarmente  con- 
venevole giudico  di  spiegare. 


me  r  uom  ii  etema  con  le  buone  opre  e  con 
i'  ingegno.  Dante  studiò  anche  in  Bologna  , 
in  Padova  ed  in  Parigi  ;  ed  in  guest'  ultima 
città  fti  specialmente  ammirato  per  sublimità 
d'ingegno  e  di  dottrina  ,  come  qui  appresso 
lo  stesso  Boccaccio  dichiara. 


IG 


VITA 


Nel  tempo ,  nel  quale  la  dolcezza  del 
cielo  riveste  de' suoi  ornamenti  la  terra, 
e  tutta  per  la  varietà  de'  fiori  mescolati 
tra   le  verdi  frondi  la  fa  ridente ,  era 
usanza  nella  nostra  città  e  degli  uomini 
e  delle   donne ,  nella  loro  contrada  eia* 
scuno  indistintamente  e  in  distinte  compa- 
gnie festeggiare.  Per  la  qual  cosa,  infra  gli 
altri  per  arventura  Folco  Portinari,  uomo 
assai  onorevole  in  que*  tempi  fra'  cittaciini, 
il  primo  dì  di  maggio  aveva  i  circostanti 
vicmi  raccolti  nella  propria  casa  a  festeg- 
giare ,  fra'  quali  era  il  già  nominato  Ali- 
ghieri ;  il  quale,  (  siccome  i  fanciulli  pic^ 
coli,  spezialmente  a  luoghi  festevoli,  so- 
gliono li  padri  seguitare  )  Dante ,  il  cui 
nono  anno  non  era  ancora  finito,  seguitò; 
e  quivi  mescolato  con  gli  altri  della  sua 
età ,  de'  quali ,  cosi  maschi  come  fem- 
mine ,  erano  molti  nella  casa  del  festeg- 
giante  ;  servite  le  prime  mense  di  ciò  che 
la  sua  piccola  età  poteva  operare ,  pueril- 
mente con  gli  altri  si  diede  a  trastullare. 
Era  infra  la  turba  de' giovinetti  una   fi- 
gliuola del  sopraddetto  Folco,  il  cui  nome 
era    BrcE    (  comechò   egli   sempre   dal 
suo  primitivo  cioè  Beatrice  la   nominas- 
se ]  ;   la  cui  età  era  forse  d' otto  anni , 
assai  leggiadretta ,  secondo   la  sua  fan- 
ciullezza ,    e  ne'  suoi   atti   gentilesca  e 
piacevole  molto ,    con    costumi   e  con 
parole  assai  più  gravi  e  modeste  che  il 
8U0  piccolo  tempo   non   richiedeva.  Ed 
oltre  a  questo,  aVea  le  fattezze  del  volto 
dilicate  molto,  e  ottimamente  disposte,  e 
piene,  oltre  alla  bellezza,  di  tanta  onesta 
vaghezza  ,  che  quasi  una  angioletta  era 
riputata  da  molti.  Costei  adunque  ,  tale 
quale  io   la  disegno ,  o  forse  assai  i)iù 
bella ,  apparve  in  questa  festa,  non  credo 
primamente ,  ma  prima  possente  a  inna- 
morare, agli  occhi  del  nostro  Dante;  il  qua- 
le, ancoraché  fanciullo  fosse,  con  tanta  af- 
fezione la  bella  immagine  di  lei  ricevette 
nel  cuore,  che  da  quello  giorno  innanzi 
mai,  mentrechè  visse  ,  non  se  ne  diparti. 
Qualora  questa  si  fosse  ,  niuno  il  sa ,  ma 
o  conformità  di  complessioni,  o  di  costimrìi, 
0  speziale  influenza  da  cielo,  che  in  ciò 
operasse  i  o  siccome  noi  per  isperienza 


veggiamo  nelle  feste,  per  la  dolcezza  de* 
suoni,  per  la  generale  allegrezza,  per  la 
dilicatezza  de'  cibi   e   de*  vini  ,  gli  animi 
eziandio  degli  uomini  maturi  non  che  de* 
giovinetti ,  ampliarsi  e  divenire  atti  a  po- 
ter leggiermente  esser  presi  da  qualunque 
cosa  che  piace  ;  è  certo  questo  esserne 
divenuto ,   cioè   Dante ,  nella  pargoletta 
età ,   fatto  d*  amore  ferventissimo  servi- 
dore. Ma  lasciando  stare  il  ragionare  de* 
puerili  accidenti ,    dico  ,    che   con  V  età 
moltiplicarono  l'amorose  fiamme,  e  tanto, 
che  niuna  altra  cosa  gli  era  piacere,  riposo 
0  conforto,  se  non  il  veder  costei.  Per  la 
qual  cosa  ogni  altro  aflare  lasciandone,  sol- 
lecitissimo andava  la  dovunque  credea  po- 
terla vedere ,  quasi  del  viso  e  degli  occhi 
di  lei  dovesse  attingere  ogni  suo  bene  ed 
intera  consolazione.  Oh  insensato  giudizio 
de^li  amanti  !  chi  altri ,  che  essi  stime- 
rebbe per  aggiugnimento  di  stipa  far  mi- 
nori le  fiamme?   Quanti  e  quali  fossero 
i  pensieri ,  i  sospiri ,  le  lagrime  e  Taltre 
passioni  gravissime  poi ,  in  più  provetta 
età,  da  lui  sostenute  per  questo  amore, 
egli  medesimo  lo  dimostra  in  parte  nella 
sua  Vita  nuota,  e  però  più  distesamente 
non  curo  di  raccontarle.  Tanto  solamen- 
te non  voglio    che  non   detto   trapassi  * 
cioè ,  che  secondochè  egli  scrive ,  e  che 
per  altri ,    a  cui    fa  noto  il  suo  desio , 
si  ragiona,  fu  onestissimo  il  suo  amore; 
nò  mai  apparve  per  isguardo,  o  per  parola 
oper  cenno,  alcuno  libidinoso  appetitone 
nello   amante  nò   nella  cosa  amata  :  non 
picciola   meraviglia  al   mondo  presente  , 
nel  quale  è  si  fuggito  ogni  onesto  piacere, 
e  abituatosi  ad  avere  prima, la  cosa  che 
piace  conformata  a  la  sua  lascivia ,  che 
deliberato   d'amarla;  che  in  miracolo  è 
divenuto ,    siccome   cosa  rarbsima ,  chi 
amasse  altrimenti.   Se  tanto  amore  e  si 
lungo,  puote  il  cibo,  i  sonni  e  ciascun'al- 
tra  quiete  impedire,  quanto  si  dee  potere 
stimare   lui   essere   stato    avversario   ai 
santi  studi  e  allo  ingegno?  certo  non  poco; 
comechè  molti  vogliano  lui  essere  stato 
incitatore    di  quello   argomento  ,    a  ciò 

!»rendendo  dalle  cose  leggiadramente  nel 
iorentino  idioma  e  in  riìua,  e  in  laude 


DI    DANTE 


17 


deb  donna  amata  ;  o  acciocché  i  suoi  ar- 
éfHÌ  e  amorosi  concetti  esprìmesse  ,  già 
ùHì  da  lui  ;  ma  certo  io  no'l  consento  se 
io  Dol  vol^i  già  affermare  Tornato  par- 
lare essere  sommissima  parte  d'ogni  scien- 
13 ,  che  non  è  vero. 

Come  ciascun  puote  evidentemente  ye- 
dere  e  conoscere,  niuna  cosa  è  stabile  in 
questo  mondo  ;  e  se  niuna  ha  leggiermen- 
te mutamento ,  la  nostra  vita  è  quella. 
Un  poco  di  soperchio  freddo  ,  o  di  cal- 
do che  noi  abbiamo ,  lasciando  stare  gli 
altn  accidenti  infiniti  e  possibili,  da  essere 
a  non  essere ,  senza  difficoltà  ci  conduce 
alla  morte  :  nò  da  questa,  gentilezza  (1) 
rìcchezza   e  giovanezza  nò  altra  mon- 
dana dignità  è  privilegiata  ;   della  quale 
comune  legge  la  gravità  convenne  a  Dante 
prima  per  Y  altrui  morte  provare ,  che 
per  la  sua.  Era  quasi  nella  fine  del  suo 
ventiquattresimo  anno  la  bellissima  Bea- 
trice ,  quando ,  siccome  piacque  a  colui 
che  tutto  puote,  essa,  lasciando  di  questo 
mondo  l'angosce,  n'andò  a  quella  gloria 
che   i   suoi  meriti  le  avevano  apparec- 
chiata. DeUa  qual  partenza  Dante  m  tanto 
dolore  in  tanta  afflizione  in  tante  lagrime 
rimase ,  che  molti  de'  suoi  più  congiunti 
parenti  ed  amici  niuna  fine  a  quelli  cre- 
dettero altro  che  solamente  la  morte;  e 
questa  stimarono  dover  essere  in  breve, 
fedendo  lui  a  ninno  conforto  a  niuna 
consolazione  darsi:  i  giorni  alle  notti  erano 
epiali ,   e  a'  giorni  le  notti ,  delle  quali 
niuna  si  trapassava  senza  guai  senza  so- 
spiri e  s^ìza  copiosa  quantità  di  lagrime; 
e  pareano  i  suoi  occhi  duo  abbondan- 
tissime fontane  d'acqua  sorgente,  in  tanto 
che  più  si  meravigliavano  onde  tanto  umo- 
re ^  avesse  che  al  suo  pianto  bastasse. 
Ma^siccome  noi  veggiamoper  lunga  usanza 
le  passioni  venire  agevoli  a  comportare, 
e  siniilmente  le  cose  diminuire  e  perire, 
addireone  che  Dante  infra  alquanti  mesi 

(i)  CffUdif fo  dieevad  allora  la  nobOià , 

idsfiwffliiomo,  geniOdoma. 
^)  Essa  chiamavasi  madonna  Gemwia  d^ 
^M«li ,  la  qntle  partorì  al  PoeU  più  figliuo- 
n*  DiDle  noQ  Ai  sposo  contento  come  dimo- 
****  4«i  il  Boccaccio  ;  ed  io  sappoogo  clie 


imparò  a  ricordarsi ,  senza  lagrime ,  Bea* 
trice  esser  morta  ;  e  con  più  diritto  giù* 
dicio  dando  alquanto  il  dolore  luogo  alla 
ragione,  a  conoscere  i  pianti  e  i  sospiri  nò 
alcuna  altra  cosa  poterai  rendere  la  perduta 
donna.  Per  la  qual  cosa  con  più  pazien- 
za s' acconciò  a  sostenere  l'aver  perduta 
la  sua  presenza;  nò  guari  di  tempo  passò 
che,  dopo  le  lasciate  lagrime,  i  sospiri ,  i 
quali  erano  già  vicini  alla  lor  fine ,  co- 
minciarono in  gran  parte  a  partirsi  senza 
tornare.  Egli  era  già ,  si  per  lo  lagrimare 
e  si  per  l' afflizione  che  al  cuore  sentiva 
dentro ,  e  si  per  non  aver  di  sé  alcuna 
cura,  di  fuori  divenuto  quasi  una  cosa  sat- 
vatica  a  riguardare ,  magro ,  barbuto  e 
quasi  tutto  trasformato  da  quello  che  avanti 
esser  soleva ,  in  tanto  che  '1  suo  aspetto 
non  che  negH  amici  ma  eziandio  in  cia- 
scun altro  chel  vedea,  a  forza  di  so  mette- 
va compassione  ;  comechò  egli  poco,  men- 
trechò  questa  vita  cosi  lagrimosa  durò , 
ad  altri ,  che  ad  amici ,  vedere  si  lascias- 
se. Questa  compassione ,  e  dubitanza  di 
peggio ,   faceva  i  suoi  parenti  stare  at- 
tenti a' suoi  conforti;  i  quali,  come  al- 
quanto le  lagrime  cessate  conobbero,  e  vi- 
dero i  cocenti  sospiri  alquanto  dar  sosta  al- 
lo afiaticato  petto,  con  le  consolazioni  lui»* 
gamente  perdute  cominciarono  a  riconso- 
lare lo  sconsolato:   il  quale,  comechò 
insino  a  quell'  ora  avesse  a  tutte  ostina- 
tamente tenute  le  orecchie  chiuse ,  al- 
quanto le  cominciò  non  solamente  ad  apri- 
re,   ma  ad  ascoltar  volentieri  ciò  che 
intomo  al  suo  conforto  ^  fosse  detto. 
La  qual  cosa  veggendo  i  suoi  parenti , 
acciocchò  del  tutto  non  solamente  di  do- 
lori il  traessino ,  ma  il  recassino  in  al- 
legrezza ,  ragionarono  insieme  di  dovergli 
dar  mo^^ie ,  acciocchò  come  la  perduta 
donna  gli  era  stata  di  dolor  cagione ,  cosi 
di  letizia  gli  fosse  la  nuovamente  acqui- 
sUU(2).  E  trovato  una  givano,  quale  air 

non  per  altro  elM  per  la  sua  diversità  del 
temperamento  e  dell'amore  e  della  inclinailone. 
U  donne  amano  il  passatempo ,  e  vogliono 
esser  tennte  allegre  da'  lor  mariti  :  Dante  sti- 
mava meglio  la  filosoOa  e  U  poeeia.  Fu  co* 
stretto  per  ciò  di  abbandonarla. 

3 


18 


VITA 


la  sua  condizione  era  dicevole  ,  con  quel- 
le ragioni  che  più  loro  parsero  induttive, 
la  loro  intenzione  gli  scoprirono.  Ed  ac- 
ciocché io  particolarmente  non  tocchi  ogni 
cosa  ,  dopo  lunga  tenzone ,  senza  mettere 
guari  di  tempo  in  mezzo,  al  ragionamento 
segui  r^irctto^  e  fu  sposato. 

Oh  cieche  menti ,  oli  tenebrosi  intel- 
letti ,  oh  argomenti  vani  di  molti  mortali! 
()uantc  sono  le  riuscite  in  assai  cose  con- 
trarie a'  nostri  avvisi ,  e  non  senza  ragione 
le  più  volte  ?  chi  sarebbe  colui ,  che  del 
dolce  aere  d' Italia  ,  per  soverchio  caldo^ 
menasse  alcuno  nelle  cocenti  arene  di  Li- 
bia a  rinfrescarsi?  o  dell'Isola  di  Opri, 
per  riscaldarsi ,  neUe  eteme  ombre  dei 
monti  Rodopei  ?  Qual  medico  s'ingegnerà 
di  cacciare  V  acuta  febbre  col  fuoco ,  o 
il  freddo  delle  midolle  dell'ossa  col  ghiac- 
cio o  con  la  neve?  certo  niuno  altro  so 
non  colui  il  quale  con  nuova  moglie  cre- 
derà l'amorose  tribulazioni  mitigare.  Non 
conoscono  quelli ,  che  ciò  credon  fare , 
la  natura  d'  amore ,  né  quanto  ogni  altra 
passione  aggiunga  alla  sua.  Invano  si  por- 
gono aiuti  0  consigli  alle  sue  forze ,  se 
egli  ha  ferma  radice  presa  nel  cuor  di 
colui  che  lungamente  ha  amato.  Cosi 
come  ne'prìncipl  ogni  picciola  resistenza 
è  giovevole  ,  cosi  nel  processo ,  le  grandi 
sogliono  spesse  volte  esser  dannose.  Ma 
da  tornare  é  al  proposito,  e  conchiudere 
al  presente  che  cose  sieno  che  possono 
per  sé  r  amorose  fatiche  fare  obbliare. 
Che  avrà  fatto  però  chi  per  irarmi  d' un 
pensiero  noioso,  mi  metterà  in  mille  molto 
maggiori  e  di  più  noia  ?  certo  niuna  altra 
cosa ,  se  non  che  per  giunta  del  male 
che  mi  avrà  fatto ,  mi  farà  desiderare 
di  tornare  in  quello  di  che  mi  aveva 
tratto.  Il  che  assai  spesso  veggiamo 
addivenire  a'  più ,  i  quali ,  o  per  uscire 
o  per  esser  tratti  d'alcune  fatiche»  cie- 
camente 0  eglino  s'anmiogliano ,  o  sono  da 
altrui  ammogliati;  né  prima  si  veggono 
d'un  viluppo  usciti,  esser  entrati  in  mille , 
che  la  pniova,  senza  potere  pentendosi  in 
dietro  tornare,  ne  ha  data  sperienza. 
Dierono  li  narenti  ed  amici  moglie  a  Dant« 
perchè  le  tagriine  cessassero  di  Beatrice. 


Non  so  se  per  questo  ,  comechè  le  lagri- 
me passassero ,  anzi  forse  erano  passa- 
te, passò  r  amorosa  fiamma  ,  che  non  lo 
credo  :  ma  conceduto  che  si  spegnesse, 
nuove  cose  ed  assai  poterono  più  faticose 
sopravvenire.  Egli  usato  di  vegghiare  nei 
santi  studi,  quante  volte  gli  era  a  grado  con 
gì'  imperadorì  con  re  e  con  qualunque 
altri  altissimi  principi  ragionava  :  dispu- 
tava co'  filosofi,  e  co'  piacevoli  poeti  si  di- 
lettava ;  e  r  altrui  angosce  ascoltando , 
mitigava  le  sue.  Ora  quanto  alla  nuova 
donna  piace  è  con  costoro,  e  quel  tem- 
po ch'ella  vuole,  tolto  da  cosi  celebre  com- 
pagnia ;  gli  conviene  i  femminiH  ragiona- 
menti ascoltare ,  e  quelli ,  se  non  vuoi 
crescere  il  suo  dolore,  contro  al  suo  pia- 
cere ,  non  solamente  acconsentire ,  ma 
lodare.  Egli  costumato ,  quante  volte  la 
vulgar  turba  gli  rincrescea ,  di  ritirarsi 
in  alcuna  solitaria  parte ,  e  quivi  specu- 
lando vedere  quale  spirito  muove  il  cielo, 
onde  venga  la  vita  agli  animali  che  sono 
in  terra,  quali  sieno  le  cagioni  delle  cose, 
0  premeditare  alcune  invenzioni  peregrine, 
0  alcune  cose  comporre ,  le  quali  appo  li 
futuri  facessino  lui  morto  vivere  per  fama: 
ora  non  solamente  dalle  dolci  contempla- 
zioni è  tolto,  quante  volte  voglia  ne  viene 
alla  nuova  donna ,  ma  gli  conviene  essere 
accompagnato  di  compagnia  male  a  cosi 
fatte  cose  disposta.  Egli  usato  lil)eramen- 
te  di  ridere  di  piangere  di  cantare  o  di 
sospirare*  secondochè  le  passioni  dolci 
od  amare  il  pungevano  ;  ora  o  egli  non 
r  osa ,  0  gli  conviene  non  che  delle  mag- 
giori cose  ma  d' ogni  piccolo  sospiro  ren- 
dere alla  donna  ragione ,  mostrando  eh'  il 
messe,  donde  venne  e  dove  andò;  la  letizia 
cagione  dello  altrui  amore ,  la  tristizia 
esser  del  suo  odio  stimando.  Oh  fatica 
inestimabile  con  si  sospettoso  animale  ave- 
re a  vivere  e  conversare  ed  ultimamente 
a  invecchiare  e  a  morire  1  Io  voglio  la- 
sciare stare  la  sollecitudine  nuova  t* 
gravissima  la  qual  si  conviene  avere , 
e  i  non  usati  pensieri ,  e  massimamente 
nella  nostra  città ,  cioè  onde  vengano  i 
vestimenti  ^i  ornamenti  le  camere  piene 
di  superflue  delicateue,  le  quali  le  dotine 


DI    DANTE 


10 


fi  laoDo  a  credere  essere  al  ben  vivere 
opfiortune  ;  onde  vengano  le  serve  i  servi 
Icr  outrici  le  cameriere  ;  onde  vengano  i 
conviti   i  doni  e  i  presenti ,  che  far  si 
caovengano  a*  |)arenti  delle  novelle  spose, 
a  quelli   che  >ogliono  che  esse  credano 
da  loro  esser  amate.  Ed  appresso  queste, 
altre   cose   assai    prima    non  conosciu- 
ie  da*  liberi   uomini ,   e  venire  a   cose 
che  fuggire  non  si  possono.  Chi  dubita  che 
la  sua  donna  se  sia  bella  o  non  bella,  non 
caggia  nel  giudicio  del  vulgo?  Se  bella  sia 
reputata ,  chi  dubita  che  essa  subitamente 
non  abbia  mille  amadori?  de' quali  alcuno 
con  la  sua  bellezza ,  altri  con  la  sua  no- 
biltà ,  e  tale  con  maravigliose  lusinghe , 
e  chi  con  doni ,  e  quale  con  piacevolezza 
infestissimamente  combatterà  il  non  sta- 
bile animo  ?  e  quel  che  molti  desiderano, 
da  uno   malagevolmente  si  difende  ;  ed 
alla  pudicizia  delle  donne  non  bisogna  es- 
ser presa  più  che  una  volta  a  far  divenire 
sé  infami   coi   mariti  dolorosi  in  perpe- 
tao.  Se    per   isciagura  di  chi    a    casa 
la  si   mena ,  fia  sozza ,  assai  veggiamo 
chiaro  le  bellissime  spesse  volte,  e  tosto, 
rincrescere  ;  che  dunque  delle  altre  pensar 
possiamo  ,  se  non  che  non  solo  esse,  ma 
ancora  (^pi  luogo  nel  quale  esse  siano  cre- 
dute trovare,  da  coloro,  a'  quali  sempre  le 
conviene  aver  per  loro,  è  avuto  in  odio? 
Donde  poi  le  loro  ire  nascono:  né  alcuna 
fiera  è  più,  né  tanto  crudele  quanto  la  fem- 
mina adirata.  Né  può  viver  sicuro  di  sé 
chi  si  commette  ad  alcuna  alla  quale  paia 
con  ragione  esser  corrucciata  ;  il  che  a 
tutte  pare.  Che  dirò  de' k>r costumi?  Se 
io  vorrò  mostrare  come  e  quanto  sieno  essi 
tutti  contrari  alla  pace  ed  al  riposo  degli 
uomini ,  io  entrerei  in  troppo  fungo  ser- 
mone ;  e  però  uno  solo ,  quasi  a  tutti 
generale ,  basti  averne  detto.  Esse  inuna- 
ànano  che  come  suolesi  nel  bene  adope- 

■ 

(1)  In  quel  tempi  il  governo  della  repub- 
blica fioreotina  era  ne'  priori  creali  quivi 
tia  dal  1382.  Da  principio  qoesti  iiirono  tre, 
r  poada  sei ,  presi  ÌDdistiotamente  dalla  no- 
bHtà  e  dalla  plebe  :  la  loro  durata  era  di 
mesi  dna.  Ed  esser  doveaoo  ascritti  ad  una 
arte ,  poiclié  essendo  quello  un  governo  do- 


rare ogni  minimo  seno  nella  casa  rite- 
nere ,  ed  in  contrario  farli  cacciare,  cosi 
stimano  se  ben  fanno  non  altra  sorte  esser 
la  loro  che  d' un  servo,  perché  a  lor  paro 
esse  solamente  esser  donne ,  quando  male 
adoperando  non  vengano  al  fine  che  i  fanti 
fanno.  Ha  perché  voglio  andar  particolar- 
mente dimostrando  quello  che  i  più  sanno? 
io  giudico  sia  meglio  il  tacersi,  che  dispia- 
cere parlando  alle  vaghe  donne.  Chi  non 
sa  che  tutte  V  altre  cose  si  provano,  pri- 
machè  colui ,  da  cui  debbono  esser  com- 
perate ,   le  prenda  ?  se  non  la  moglie , 
acciocché  prima   non  dispiaccia  che  sia 
menata  ;  a  ciascuno  ,  che  la  prende  ,  la 
conviene   avere  non   tale  quale  egli    la 
vorrebbe,  ma  tale  quale  la  Ibrtuna  gliela 
concede.  E  se  le  cose  che  dì  sopra  son 
dette ,  son  vere  (  che  lo  sa  chi  provato 
rha),  possiamo  pensare  quanti  dolori  na- 
scondano le  camere ,  le  quali  di  fuori  da 
chi  non  ha  occhi  la  cui  perspicacia  tra- 
passa le  mura,  sono  riputati  diletti.  Certo 
io  non  affermo  queste  cose  a  Dante  es- 
sere avvenute  ,  che  non  lo  so  ,  comechè 
vero  sia ,  che  queste  o  simili  cose  a  que- 
ste, od  altre  che  ne  fossono  cagione,  egli 
una  volta  partitosi  da  lei,  che  per  consola- 
zione de*  suoi  affanni  gli  era  stata  data, 
mai  né  dove  ella  fosse  volle  venire ,  ne 
sofferse  che  dove  egli  fosse  ella  venisse 
giammai  ;   con  tutto  che  di  più  figliuoli 
egli  hisieme  con  lei  fosse  parente.  Né 
creda  alcuno  che  io  per  le  sopraddette 
parole  voglia  conchiudere  gli  uomini  non 
dover  tor  moglie:  anzi  il  lodo  molto,  ma 
non  a  ciascuno.  Lascino  i  filosofanti  spo- 
sarsi a'  ricchi  stolti,  a*  signori,  e  a'  lavora- 
tori; essi  con  la  filosofia  si  dilettino,  la  qua- 
le molto  é  migliore  sposa  che  alcun'  altra» 
Natura  generale  é  delle  cose  temporali 
runa  Taltra  tirarsi  di  dietro;  lafamiliar cura 
trasse  Dante  alla  Repubblica (1), nella  qua- 

mocratico  ,  la  sovranità  non  poteva  risedere 
che  nelle  corporazioni  degli  artigiani.  Dante 
per  poter  essere  eletto  a  questa  magistratura 
ascriver  si  fece  alla  sesta  arte  della  città ,  a 
quella  dei  medici  e  de'  Dirmacisti,  e  nel  1300 
fu  egli  elevato  alla  carica  di  priore. 


20 


VITA 


le  tanto  k>  avvilupparono  i  vani  onori  che 
a'  pubblici  ufizi  congiunti  sono,  che  senza 
guardare  donde  s' era  partito  e  dove  an- 
dava ,  quasi  al  tutto  con  abbandonate  re- 
dini al  governo  di  quella  si  diede  ;  e  fu- 
gli  in  ciò  tanto  la  fortuna  seconda ,  che 
ninna  legazione  (1)  si  ascoltava  ,  a  ninna 
si  rispondeva  ,  né  ninna  legge  si  fermava, 
a  niuna  si  derogava,  ninna  pace  si  faceva, 
ninna  guerra  pubblica  si  prendeva,  e,  bre- 
vemente, niuna  deliberazione,  la  quale  al- 
cun pondo  portasse ,  si  pigliava,  se  egli  in 
ciò  non  dava  la  sua  sentenza.  In  lui  tutta 
la  pubblica  fede ,  in  lui  tutta  la  speranza, 
in  lui  sommariamente  le  cose  divine  ed 
umane  pareano  esser  fermate.  Ida  la  for- 
tuna nemica  de'nostrì  consigli,  e  volgitrice 
d*ogni  umano  stato,  comechè  per  alquanti 
anni  nel  colmo  della  sua  rota  gloriosa- 
mente reggendo  il  tenesse,  assai  diversa 
fine  al  principio  recò  a  lui ,  in  lei  fidan- 
ftesi  di  soperchio. 

Era  al  tempo  di  costui  la  fiorentina  cit- 
tadinanza in  due  parti  (2)  divisa  perver- 
i»amente ,  e  con  le  operazioni  de'  saga- 
cissimi ed  avveduti  principi  di  quelle , 
ora  ciascuna  possente  assai,  in  tanto  che 
alcuna  volta  V  una  ,  alcuna  volta  l' altra 
reggea ,  oltre  al  piacer  della  sottoposta. 
A  volere  ridurre  in  unita  il  partito  cor- 
po delia  sua  repubblica ,  pose  Dante  o- 
fOìi  suo  ingegno ,  ogni  arte ,  ogni  stu- 
dio ;  mostrando  ad  ogni  cittadino  più 
i«avio  come  le  gran  cose  per  la  discordia 
in  breve  tempo  tornano  a  niente ,  e  le 
picciole  per  la  concordia  crescono  in  in- 
finito. Ha  poiché  vide  vana  essere  la  sua 
fatica ,  e  conobbe  gli  animi  degli  uditori 
«ìssere  ostinati,  credendolo  giudicio  di  Dio, 
prima  propose  di  lasciare  del  tutto  ogni 
pubblico  ufizio  e  viver  seco  privatamente; 
poi  dalla  dolcezza  della  gloria  tirato ,  e 
dal  vano  favore  popolaresco ,  ed  ancora 
per  le  persuasioni  de'  maggiori  ;  credendo 
frè,  oltre  a  questo,  se  tempo  gli  occorresse. 


(1)  Molte  legazioni  egli  a  nome  de'Fioren- 
t;ni  sostenne  ;  come  ti  Senesi ,  ai  Perugini , 
ai  Veneziani ,  ai  Genovesi ,  al  marchese  di 
icTrart.^  ti  re  di  Francia,  due  al  re  di  Na- 


molto  più  di  bene  operare  per  la  sua  città 
se  nelle  cose  pubbliche  fosse  grande,  che 
a  sé  privato  e  del  tutto  di  quelle  rimosso. 
Oh  stolta  vaghezza  degli  umani  splendo- 
ri ,  quanto  sono  le  tue  forze  maggiori , 
che  creder  non  può  chi  provato  non  1*  ha! 
il  maturo  uomo  nel  seno  della  filosofia 
allevato  nutricato  e  ammaestrato,  al  quale 
erano  davanti  agli  occhi  i  cadimenti  dei 
Re  antichi  e  de^  moderni ,  le  desolazioni 
de'Regni  delle  Provincie  e  delle  citta ,  e  i 
furiosi  impeti  della  fortuna  ninno  altro  cer- 
canti che  r  alte  cose ,  non  si  seppe  e  non 
si  potò  daUa  tua  dolcezza  guardare.  Per- 
messi dunque  Dante  a  voler  seguire  gli 
onori  caduchi  e  la  vana  pompa  de'pubblici 
uffizi;  e  vedendo  che  per  sé  medesimo  non 
poteva  una  terza  parte  tenere ,  la  quale 
giustissima  la  ingiusta  delle  altre  due  ab- 
battesse ,  tornandole  a  unita,  con  quella 
s' accostò  ,  nella  quale ,  secondo  il  suo 
giudizio,  era  più  di  ragione  e  di  giustizia, 
operando  continuamente  ciò  che  salute- 
vole alla  sua  patria  e  a'  suoi  cittadini  co- 
nbscea.  Ma  gli  umani  consigli  il  più  delle 
volte  vengono  vinti  dalle  forze  del  cielo  : 
gli   odi  e  le  animositadi  prese ,  ancora- 
ché senza  cagion  giusta  nati  fossero,  di 
giorno  in  giorno  divenivan  maggiori ,  in 
tanto  che  non  senza  grandissima  confi^ 
sione  de'  cittadini  più  volte  si  venne  al- 
l' armi ,  con  intenaimento  di  por  fine  alle 
lor  liti  col  fuoco  e  col  ferro ,  si  accecati 
dall'  ira  che  non  vedeano  sé  con  quella 
miseramente  perire.  Ida  poiché  ciascuna 
delle  due  parti  ebbe  più  volte  fatta  pruova 
delle  sue  forze ,  con  vicendevoli  danni 
dell*  una  e  dell'  altra  ;   venuto  il  tempo 
che  gli  occulti  consigli  della  minacciante 
fortuna  si  dovevano  scoprire  ;  la  fama  pa- 
rimente del  vero  e  del  falso  rapportatrice 
annunziandogli  avversari  della  parte  presa 
da  Dante  ,  di  meravigliosi  ed  astuti  con- 
sigli essere  forti,  e  di  grandissima  moltitu- 
dine d*  armati ,  si  li  principi  de'  collegati 


poli ,  altrettante  al  re  d' Ungheria ,  ^tiattra 
a]  papa  ,  ec. 
(2;  De'  guelG  e  de*  ghibellini. 


DI    DANTE 


21 


spirentò  di  Dante  che  ogni  consiglio  ogni 
avtedimento  ed  ogni  argomento  cacciò  da 
lofo ,  86  non  cercare  con  fuga  la  loro 
salate  ;  co'  quali  insieme  Dante  in  un  mo- 
menlo  prostrato,  dalla  sommità  del  reggi- 
iiMito  deUa  sua  città  non  solamente  gittato 
in  terra  si  Tide ,  ma  cacciato  di  quella. 
Dopo  questa  cacciata  non  molti  di ,  es- 
sendo già  stato  dal  popolazzo  corso  alle 
case  de'  cacciati,  e  funosamente  votate  e 
rubate  ;  poiché  vittoriosi  eUnmo  la  città 
rifonnafta  secondo  il  lor  giudicio ,  furono 
tutti  i  iwìdcìi»  de'  lor  avversari ,  e  con 
loro ,  non  come  minore  ma  quasi  prin- 
cipale. Dante,  slcome  capitali  nimici delia 
repoUriica,  dannati  a  perpetuo  esilio ,  e 
i  loro  stabfli  beni  o  in  pubblico  furon  ri- 
dotti o  alienati  a' vincitori. 

Questo  merito  riportò  Dante  del  tenero 
amore  avuto  alla  sua  patria.  Questo  me- 
rtto  riportò  Dante  dello  affanno  avuto  in 
votar  tórre  via  le  discordie  cittadine.  Que- 
sto merito  riportò  Dante  dello  avere  con 
ogni  sollecitudine  cercato  il  bene  la  pace  e 
la  tranqniUitàde'suoi  cittadinì.Perchè  assai 
manifestamente  appare  quanto  sieno  vóti 
di  verità  i  favori  de'  popoli ,  e  quanta  fi- 
dama  in  essi  si  possa  avere  :  colui  nel 
^uale  peco  avanti  pareva  ogni  pubblica 
speranza  esser  posta ,  ogni  affezione  cit- 
tadina ,  ogni  refugio  popolare,  subitamen- 
te ,  senza  cagione  legittima,  senza  offesa, 
senza  peccato  di  quel  remore ,  il  quale 
perraddietro  s'era  molte  volte  udito  le 
sue  lode  portare  sino  alle  stelle ,  è  fii- 
riosamente  mandato  in  irrevocabile  esilio. 
QiMrta  fu  la  marmorea  statua  fattagli  ad 
eterna  memoria  della  sua  virtù:  con  que- 
ste lettere  fu  il  suo  nome  conscritto  tra 
quelli  de'  padri  deUa  patria,  conscritti  in 
tavole  d' oro  :  con  cosi  favorevole  remore 
gK  ftiron  rendute  grazie  de*  suoi  benqfi- 
zi.  Chi  sarà  dunque  colui  che  a  queste 
cose  guardando  non  dica  la  nostra  Re- 
pubbnca  da  (pesto  piede  andare  scian- 
catat  Oh  vana  fidanza  de'  mortali,  da 

(1)  Rei  canto  XVn  del  Paradiso  finge  Dante 
eke  il  sao  anteneto  Caeciagnlda  gli  predice 
le  bvooTaceoglienia  che  riceYer  dovea  da  Ai- 
keiw  delU  Seaia  Signor  dLYtroBi,  cli*e^ 


quanti  esempli  altissimi  se'  tu  continua* 
mente  ripresa  ammonita  e  gastigata  1  deh 
se  Camillo  ,  Rutilio ,  Corioìano ,  e  l'uno 
e  l'altro  Scipione  e  gli  altri  antichi  va- 
lentuomini per  la  lunghezza  del  tempo 
interposto  ti  sono  delia  memoria  caduti, 
questo  recente  caso  ti  faccia  con  più  tem* 
perate  redini  correre  ne'tuoi  piaceri.  Niu* 
na  cosa  ha  meno  stabilità  che  la  popole* 
sca  grazia ,  ninna  più  pazza  speranza  , 
ninno  più  foUe  Consilio  ,  che  quella 
che  a  crederie  conforta  nessuno»  Levinsi 
dunque  gli  animi  al  cielo  nella  cui  perp^ 
tua  legge ,  ne*  cui  etemi  splendori  ,  nella 
cui  vera  bellezza  si  potrà ,  senza  alcuna 
oscurità ,  conoscere  la  stabilità  di  colui 
che  lui  e  l'altre  cose  con  ragione  muove; 
acciocché,  sicome  in  termine  fisso  lasciane 
do  le  transitorie  cose ,  in  lui  si  fermi 
ogni  nestaia  speranza,  se  trovare  non  ci 
vogliamo  ingannati. 

Uscito  dunque  Dante  in  cotal  maniera 
di  quella  città,  della  quale  egli  non  sola- 
mente n'  era  cittadino ,  ma  n'  erano  t 
suoi  maggiori  siati  redificatori  ;  e  lascia* 
tavi  la  sua  donna  insieme  con  l' altra  fa-> 
miglia  male  per  la  piccola  età  alla  fuga 
disposta ,  di  lei  non  si  curò ,  perchè  di 
sanguinità  la  sapeva  ad  alcuno  dei  prìn* 
cipi  della  parte  avversa  congiunta;  di  so 
medesimo  or  qua  or  là  incerto  andava 
vagando  per  Toscana.  Era  alcuna  parti- 
cella delle  sue  possessioni  dalla  donna , 
col  titolo  delle  sue  doti ,  dalla  cittadina^ 
rabbia  con  fatica  stata  difesa  ;  de'  frutti 
della  quale  essa  isè  e  li  piccoli  fi^oli 
di  lui,  assai\sottibnente  reggeva;  perla 
qual  cosa ,  povero ,  con  industria  disu- 
sata ,  gli  conveniva  il  sostentamento  di  so 
stesso,  procacciare.  Oh  quanti  onesti  sde- 
gni gli  convenne  posporre,  a  lui  più  duri 
che  morte  a  trapassine!  promettendogli 
la  speranza  queUi  dovere  esser  brevi , 
e  prossima  la  ritornata  :  ^i,  oltre  al  suo 
stimare ,  parecchi  anni ,  tornato  da  Ve- 
rona (1),  dove  nel  primo  fuggire  a  mes* 

diiama  il  ^ran  Lombairdot 

Lo  primo  tno  rìfagio  e  '1  primo  ost^o 
Sarà  la  cortesia  del  gran  Lombardo 
Cbe  porU  insQ  la-  scala.  U  santo  oeceUa». 


'22 


VITA 


sere  Alberto  della  Scala  era  di  prima  ito, 
dai  quale  benignamente  era  stato  ricevuto; 
quando  col  Conte  Salvatico  in  Casentino, 
quando  col  Marchese  Morvello  (1)  inLuni- 
giana ,  quando  con  quelli  della  Faggiuola 
ne'  monti  vicino  ad  Urbino  ,  assai  conve- 
nevolmente ,  secondo  U  tempo  e  secondo 
la  loro  possibilità ,  onorevolmente  stette. 
Quindi  poi  sen'andò  a  Bologna,  dove  poco 
stato ,  sen'  andò  a  Padova ,  e  qui\i  da 
capo  se  ne  tornò  a  Verona.  Ma  poiché 
egli  vide  da  ogni  parte  chiudersi  la  via 
alla  ritornata,  e  più  di  di  in  di  venir  vana 
la  sua  speranza ,  non  solamente  Toscana 
Hia  tutta  Italia  abbandonata ,  passati  i 
monti  che  quella  dividono  dalla  provincia 
di  Gallia ,  come  potè,  sen*  andò  a  Parigi; 
e  quivi  tutto  si  diede  allo  studio  della 
Teologia  e  della  Filosofia  ;  ritornando 
ancora  in  sé  delle  altre  scienze  ciò  che 
forse  per  altri  impedimenti  avuti  sen'  era 
partito  :  ed  in  ciò  il  tempo  studiosamente 
spendendo,  avvenne  che,  oltre  al  suo  avvi- 
so, Arrigo  conte  di  Luzinborgo(2],con  vo- 
lontà e  mandato  di  Clemente  Papa  V ,  il 
^oale  allora  sedea  nella  sedia  di  San  Piero, 
fa  eletto  Re  de'  Romani  e  appresso  co- 
ronato Imperadore.  Il  quale  sentendo 
Bante  della  Magna  partito  presso  a  Ita- 
lia f  alla  sua  Maestà  in  parte  ribelle  ;  e 
già  con  potentissimo  braccio  tener  Bre- 
scia assediata  ;  avvisando  lui  per  molte 
ragioni  essere  vincitore ,  prese  speranza 
con  la  sua  forza  e  con  la  sua  giustizia, 

E  presso  costai  infatti  fa  Dante  ricoverato 
nella  saa  fuga.  Di  Verona  scrisse  egli  una 
lettera  a*  saoi  concittadini  cercando  d' irapie- 
tosirli ,  la  quale  principia  con  le  affettuose 
parole  del  Nazzareno  :  PimUe  meu$ ,  quid 
/ee»  tiìn  ?  Ma  non  volle  poi  sottoporsi  ad  una 
vile  ammenda  di  colpe  non  commesse  ,  la 
quale  da  suoi  amici  che  s' interessavano  del 
sno  ritomo ,  gli  era  stata  proposta  come 
condizione  essenziale  del  suo  richiamo. 

(1)  Di  Verona  Dante  passò  in  Lunigiana 
pesso  il  marchese  Maroelio  o  Marcello  Ma^ 
laspina  ,  'da  cui  Ita  molto  onorato  e  tenuto 
caro.  Difatti  nell'  ottobre  del  1306  a  nome 
di  questo  signore  e  de*  suoi  fratelli  Franco- 
schino  e  Corradino,  andò  ambasciadore  presso 
Antonio  vescovo  di  Luni.  De'  Malaspina  Dante 
fa  menzione  neU'VUI  del  purg.  118 ,  124  e 


di  potere  in  Firenze  tornare ,  comcchc  a 
lui  la  sentisse  contraria.  Percliè  ripassaU^ 
r  Alpi   con   molti  nemici    de'  fiorentini  , 
e  di  loro  parte  congiuntosi ,  e  con  am- 
bascerie e  con  lettere  s' ingegnarono  di 
ritrarre  V  Imperadore  dallo  assedio  di  Bre- 
scia ,  acciocché  a  Firenze  il  ponesse , 
siccome  principal  membro  de' suoi  nimici; 
mostrandogli  che,  superata  quella,  niuna 
fatica  gli  restava ,  o  piccola ,  ad  avere 
libera  e  spedita  la  possessione  e*l  dominio 
di  tutta  Italia.  E  comecliè  a  lui  e  agli  altri 
a  ciò  tenenti ,  venisse  fatto  il  trarloci ,  non 
ebbe  però  la  sua  venuta  il  fine  avvisato  : 
le  resistenze  furono  grandissime  e  assai 
maggiori  che  da  loro  avvisate  non  eranf); 
perchè  senza  avere  niuna  notevole  cosa 
operata ,  1*  Imperadore  partitosi  quasi  di- 
sperato ,  verso  Roma  drizzò  suo  cammi- 
no. E  comcchè  in  una  parte  e  in  altra 
più  cose  facesse ,  assai  n*  ordinasse  ,  e 
molte  di  fame  proponesse,  ogni  cosa  ruppe 
la  troppa  avacciata  morte  di  lui.  Per  la 
qual  morte ,  ciascuno  che  a  lui  general- 
mente attendeva ,  disperatosi ,  e  massi- 
mamente Dante ,  senza  andare  di  suo  ri- 
tomo più  avanti  cercando ,  passate  TAlpi 
d*  Apennino ,  so  ne  andò  in  Romagna  , 
là   dove  r  ultimo  suo  di ,  che  allo  suo 
fatiche  dovea  por  fine ,  V  aspettava. 

Era  in  quel  tempo  Signor  di  Ravenna , 
famosissima  ed  antica  città  di  Romagna, 
un  nobil  cavaliere  il  cui  nome  era  Guido 
NoteUo  da  Menta  (3) ,  il  quale  ne'liberali 

seg.  Nondimeno  nel  1311  lasciò  li  Malaspi- 
na e  tomosseue  a  Verona  da  Cangrande  della 
Scala  succeduto  al  suo  fratello  Alboino  ,  ed 
uno  de*  più  valorosi  signori  di  que'  tempi.  E 
fu  in  questa  seconda  dimora  in  Verona,  par- 
mi ,  ch'egU  scrisse  ai  Fiorentini  la  lettera 
menzionata  nella  nota  precedente. 

(2)  Arrigo  VII  di  Luzemburgo.  A  lui 
ricorsero  Dante  e  i  capi  della  parte  Bianca  , 
e  tutti  i  Ghibellini,  affin  di  persuadere  esso 
imperatore  di  domare  i  Guel6,  e  cosi  restituire 
la  pace  ali*  afflitta  Italia.  Dante  però ,  stan- 
do Arrigo  accampato  presso  le  mura  di  Fi- 
renze ,  non  volle  mettersi  in  campo  contro 
la  sua  patria.  Nondimeno  Ai  questa  una  no- 
vella cagion  d'  odio  contro  di  lui. 

(3)  Gt^o  da  PoUnta  Junion  signor  di  Ra- 
venna invitò  ed  accolse  presso  di  lui  il  no- 


DI    DANTE 


23 


studi  ammaestralo ,  sommamente  i  va- 
iolasi uomini  onorava ,  e  massimamente 
quelli  che  per  iscienza  gli  altri  avanza- 
vano. Alle  coi  orecchie  venuto  Dante , 
foor  d' ogni  speranza ,  essere  in  Roma- 
gna ,  avendo  lungo  tempo  avanti  per 
fama  conosciuto  il  suo  valore ,  in  tanta 
di  lai  disperazione  ,  si  dispose  di  rice- 
verìo  e  d' onorarlo  ;  né  aspettò  da  lui  di 
dò  esser  richiesto ,  ma  con  liberale  animo, 
ooosideratii  quale  sia  a'  valorosi  la  ver- 
gogna del  domandare ,  con  profferte  gli 
ù  fé  davanti ,  richiedendo  di  speciale  gra- 
zia aDante  quellocheegli  sapeva  cheDante 
dovea  a  hii  addomandare  ,  cioè  che  seco 
gli  piacesse  dover  essere.  Concorrendo 
dunque  i  due  voleri  ad  uno  medesimo 
fine  e  dello  addomandato  e  dello  doman- 
datore  ;  e  piacendo  sommamente  a  Dante 
la  liberalità  del  nobil  cavaliere,  e  dall'altra 
parte  il  bisogno  strignendolo,  senza  aspet- 
tare più  avanti  inviti  che  1  primo,  se  ne 
andò  a  Ravenna,  dove  onorevolmente  dal 
signor  di  quella  ricevuto,  e  con  piacevoli 
conforti  risuscitata  la  caduta  speranza , 
copiosamente  le  cose  opportune  donando- 
idi,  in  quella  seco  per  più  anni  il  tenne, 
anzi  sino  all'  ultimo  della  vita  di  lui. 

Non  poterono  ^i  amorosi  desiri  nò  le 
dolenti  lagrime  né  la  sollecitudine  casa- 
linza  né  la  lusinghevole  gloria  de' pub- 
blici uiizi  né  il  miserabile  esilio  né  la  in- 
tollerabile povertà  giammai ,  con  le  lor 
forze,  rimuovere  il  nostro  Dante  dal  prin- 
cipale intento ,  cioè  da'  sacri  studi.  Pe- 
rocché ,  siccome  si  vedrà  dove  appresso 
partitamente  dell'  opere  da  lui  fatte  si  fa- 
rà menzione,  egli  nel  mezzo  di  qualun- 
que fu  più  fiera  delle  cagioni  soprad- 
dette ,   ai    troverà  componendo  essersi 

stro  Poeta  nel  1319 ,  e  l' onorò  magnifica- 
toeoie.  Fa  maraviglia  eome  Dante  per  testi- 
moniare  a  questo  generoso  suo  benefattore 
1«  propria  gratitadine  ,  pon  nell'inferno  la  di 
tm  figijoola ,  la  bella  ed  infelice  Francesca 
éè  aimini  I  Ma  dove  metter  dovea  colei  che 
di  morte  assai  violenta  e  disperata  era  pe- 
riuf  Sappia  il  lettore  clie  Vincenzo  ÀcciajaoU 
èfxthbe  volato  pagare  qualunque  grossa  som- 
ina  parche  avesse  ottenuto  V  onore  di  veder 
rato  da  Dante  talono  da'  suol  maggiori; 


esercitato.  E  se  inimicato  da  tanti  o  si 
fatti  avversari,  quanti  e  quali  di  sopra 
sono  stati  nominati ,  egli  per  forza  d'in- 
gegno e  di  perseveranza  riusci  chiaro  qual 
noi  veggiamo  :  che  si  può  sperare  che 
esso  fosse  divenuto  ,  avendo  avuti  altret- 
tanti aiutatori ,  o  almeno  ninno  contrario 
0  pochissimi ,  come  hanno  molti  ?  certo 
io  non  so ,  ma  se  lecito  fosse  a  dire , 
io  direi  che  egli  fosse  in  terra  divenuto 
uno  Iddio. 

Abitò  dunque  Dante  in  Ravenna,  tolta 
via  ogni  speranza  del  ritornar  mai  a  Fi- 
renze ,  comechè  tolto  non  fosse  il  disio, 
più  anni  sotto  la  protezione  del  grazioso 
signore  ;  e  quivi  con  le  dimostrazioni  sue 
fece  più  scolari  in  poesia ,  e  massima» 
mente  nella  volgare  ;  la  quale ,  secondo 
mio  giudicio ,  egli  primo  fra  gli  Italici 
esaltò  e  messe  in  pregio,  non  meno  che  la 
sua  Omero  fra'Greci ,  e  Virgilio  fra'Latini» 
Davanti  da  costui,  comecché  per  poco  spa- 
zio d'anni  si  creda  che  innanzi  trovatalo^ 
se,  ninno  fu  che  sentimento  o  ardire  avesse 
del  numerodelle  sillabe,  e,  dalla  consonanza 
delle  parti  streme  in  fuori  (1),  di  farla  es- 
sere strumento  d'alcuna  artiGciosa  materia, 
anzi  solamente  alle  cose  d'amore  con  essa 
si  esercitavano.  Costui  mostrò  con  efletto, 
con  essa  ogni  altra  materia  potersi  trat^ 
tare ,  e  glorioso  sopra  ogni  altro  fece 
il  vulgar  nostro.  Ha  poiché  la  sua  ora 
venne ,  segnata  a  ciascheduno ,  essendo 
egli  già  nel  mezzo,  o  presso  del  cinquai>- 
tesimo  sesto  suo  anno ,  infermato  ,  e  se- 
condo la  religione  Cristiana ,  ogni  eccl^ 
siastico  Sagramento  umilmente  e  con  <&- 
vozione  ricevuto ,  e  a  Dio ,  per  contri- 
zione d' ogni  cosa  commessa  da  lui  contro 
al  suo  piacere ,  siccome  da  uomo,  ricon- 

l' avesse  pur  cacciato  nella  più  nera  bolgia 
dell'  inferno.  Non  altrimenti  pensava  quel  si- 
gnor di  Ravenna.  Egli  onorò  sempre  egual- 
mente il  poeta ,  ed  ultimamente  gli  affidò 
una  nobilissima  ambasciata  presso  i  Venezi». 
ni ,  r  esito  infelice  della  quale  tu  a  Danio 
di  tanto  rammarico  ,  che  infermatosi ,  dopo 
poco  tempo  fini  di  vita. 

(1)  Parti  ttnme ,  vai  dire  U  rime ,  e  qoe* 
ste  comunemente  al  fanno  derivare  da  rithmo. 


Si. 


VITA 


ciliatosi ,  del  meée  di  gettembre  negli  anni 
delia  salutifera .  incaniazione  del  Nastro 
Signore  Gesù  Cristo  1321 ,  nel  di  che 
r  esaltazione  ddla  Santa  Croce  si  celebra 
dalla  Chiesa ,  non  senza  grandissimo  do- 
lore del  sopraddetto  Guido ,  e  generalmen- 
te di  tutti  gU  altri  cittadini  raregnani,  al 
8U0  Creatore  rendè  l' affaticato  spirito  ; 
il  quale  ninno  dubbio  è  che  ricevuto  non 
fosse  nelle  braccia  della  sua  nobilissima 
Beatrice ,  con  la  quale  nel  cospetto  di 
colui ,  che  è  sommo  bene  «  lasciate  le 
miserie  della  presente  vita ,  ora  lietissi- 
mamente vive  in  quella  «  alla  cui  felicità 
fine  giammai  non  s' aspetta. 

Fece  il  magnifico  cavaliere  il  morto 
corpo  di  Dante  d*omamenti  poetici  sopra 
a  un  funebre  letto  adomare,  e  quello 
fatto  portare  sopra  gli  omeri  de'  suoi  cit- 
tadini più  solenni,  infino  al  luogo  de* 
Frati  Bfinorì  in  Ravenna,  con  quello  onore 
che  a  si  fatto  corpo  degno  stimava ,  in- 
finoaquivi  quasi  pubblico  pianto  seguitolo, 
in  un'  arca  lapidea,  nella  quale  ancor  gia- 
ce ,  il  fece  porre.  E  tornato  nella  casa 
dove  Dante  era  prima  abitato ,  secondo 
il  ravegnano  costume ,  esso  medesimo 
si  a  commendazione  dell'alta  scienza  e 
della  virtù  del  defunto ,  e  si  a  consola- 
xione  de'  suoi  amici  li  quali  egli  aveva 
in  amarissima  vita  lasciati,  fece  uno  or- 
nato e  lungo  sermone  ;  disposto ,  se  lo 
stato  e  la  vita  gli  fosser  durati ,  di  si 
egregia  sepultura  onorario  ,  che  se  mai 
alcun  altro  suo  merito  non  V  avesse  me- 
morevole renduto  a' futuri,  quella  l'avreb- 
be fatto. 

Questo  lodevole  proponimento,  infra 

(i)  Morto  di  U  a  poco  il  conte  Caldo  Jion 
potè  mandare  ad  effetto  il  proponimento  di 
ergere  al  poeta  la  magnifica  sepoltara  ;  ma 
fti  ciò  eseguito  dal  spoeto  Bernardo  Bembo , 
j^drs  dell'  illnstre  cardinale  di  questo  co^o- 


brieve  spazio  di  tempo  fu  manifesto  ad  al« 
quanti,  li  quali  in  quel  tempo  erano  in  |)oe- 
sia  solennissimi  in  Romagna,  si  che  cia- 
scuno ,  si  per  mostrare  la  sua  suifìcienza  , 
si  per  prender  testimonianza  delia  portata 
benivolenza  da  loro  al  morto  Poeta  ;  si 
per  accattar  la  grazia  la  benevolenza  ed 
amore  del  Signore,  il  quale  sapeano  ciò 
desiderare  ;  ciascuno  per  sé  fece  versi , 
i  quali  posti  per  epitafQo  alla  futura  se- 
poltura ,  con  debite  lodi  tacessero  la  po- 
sterità certa  chi  dentro  d'essa  giacesse» 
ed  al  magnifico   Signore  li  mandarono  ; 
il  quale,  con  gran  peccato  della  fortuna, 
che  non  dopo  molto  tempo  gli  tolse  lo  sta- 
to ,  si  mori  a  Bologna.  Per  la  qual  cosa 
a  fare  il  sepolcro  ed  a  porvi  i  mandati 
versi ,  si  rimase  (1)  ;  i  quali  versi  stati  a 
me  mostrati  poi,  più  tempo  appresso,  e 
veggendo  loro  non  avere  avuto  luogo  per 
lo  caso  già  dimostrato;  pensando  le  pre- 
senti cose  per  me  scritte  ,  comechè  se- 
poltura non  siano  corporale ,  ma  sieno, 
siccome  quella  sarebbe  stata ,  perpetua 
conservatrice  della  di  lui  memoria,  imma- 
ginai non  essere  sconvenevole  quelli  ag- 
giugnere  a  queste  cose.  Ha  perciocchò 
più  che  quelli,  che  l'uno  di  coloro  avesse 
fatti ,  che  furono  più ,  non  si  sarebbono 
ne' marmi  intagliati,  cosi  solamente  quelli 
d'uno  qui  stimai  che   fossero  da  scri- 
vere :  perchè  tutti  meco  esaminatoU ,  e 
per  arte  e  per  intendimento  più  degni 
stimai  quattordici,    fattine  da  maestro 
Giovanni  del  Virgilio  bolognese ,   allora 
famosissimo  e  gran  Poeta,  e  di  Danto 
stato  singolarissimo  amico ,  li  quali  son 
questi  appresso  scritti  : 

me  ,  trovandosi  governatore  a  Ra?enna.  Que- 
sto moDamento  patito  dall'  ingiurie  del  tem- 
po fìi  restaurato  nel  1691  dal  cardinal  Corsi» 
e  poscia  nel  1780  dal  cardinal  Vaienti ,  am- 
bedue legati  in  Eomagoa. 


DI    DANTE 

Theologus  Dantes  nuliius  dogmatis  expers, 

Quod  foveat  darò  Philosophia  sinu: 
Gloria  Musarutriy  vulgo  gratissimus  ancior, 

Hic  jacet ,  et  fama  pulsai  utrumque  polum  : 
Qui  loca  defunctis  gladiis  y  regumque  gemellis 

Distribuii ,  loicisy  rhetoricisque  modis. 
Pascua  Pieriis  demum  resonabat  avenis  : 

Atropos  heu  laetum  livida  rupit  opus. 
Huic  ingrata  tulit  tristem  Florentia  fructum , 

Exilium  vati  patria  cruda  suo. 
Quem  pia  Guidonis  gremio  Ravenna  Novelli 

Gaudet  honorati  continuisse  Ducis. 
Mille  irecentenis  ter  septem  Numinis  annis, 

Ad  sua  septembris  idibus  astra  redit  (i). 


2!^ 


(1)  Questi  Tersi  son  quelli  che  leggonsi  nella 
^iu  di  Dante  compilata  dal  Boccaccio,  inseri- 
u  nelle  Prose  di  entrambi  stampate  in  Firenze 
p«r  Tartini  e  Franchi  1722.  Quelli  che  inrece 
Irggunsi  in  altra  edizione ,  son  questi  : 

TTicolo^vt  Bafii%i  nuWtva  dognuitis  expers, 
InclUa  fawia  eujus  universum  penetrai  orbem; 
Danies  ÀUgherii ,  fiorenti  genitus  urbe , 
Conditar  tloquii,  lumen,  dBcusque  Musarum , 
yylnereeaevae  neeis  stratm,  adsydera  tendent, 
ikmUnicis  anntf  ter  teptem  miUe  treeeniis 
Sfpiemhrit  idiìmi,  praetenti  cla%tdiiur  aula. 
Jnra  Monarekiae,  Superai,  Flegetonta,  lacusqìu 
Lustrando  cecini ,  voluerunt  fata  quousque, 
Sed  qìsia  pan  cessU  meliorUnu  hospita  castrit, 
Autoremque  suum  petiit  felicior  astris , 
iféC  claudor  Dantes,  patriisque  extorris  ab  oris, 
(/ve»  ^fiuiiC  parvi  florentia  mater  amoris, 

Arterto  però  che  detti  versi  son  tredici  non 
Bica  <i8at4ordici,  come  vorrebbe  il  Boccaccio; 
dippiù  costituiscono  due  epitaffi  piuttosto  che 
iiv>,  come  può  agcTolraente  convincersi  chi  pon 
ante  alle  significazioni  ben  diverse  de*  primi 
sette  versi,  e  de' posteriori  sei.  Vi  é  pure  qual- 
che errore  nella  quantità  delle  sillabe ,  per  es. 
ael  terxo  verso ,  ^fmìtu  si  fa  con  la  prima 
biaga*  mentre  è  breve;  nel  quarto,  decusque 
mmar^tm,  dove  la  prima  di  deeus  si  Ai  lun- 
fa  essendo  breve,  e  la  prima  di  musarum  che 
brave»  ecc.  Nondimeno  mi  piac- 


ciono assai  per  la  bellezza  del  concetto  e  forza 
dell'  espressione ,  e  ne  do  qui  una  parafrasi  co- 
me segue»  fatta  da  me  non  per  ambizione  di 
gloria ,  conoscendo  esser  necessario  ben  altro 
merito  per  conseguirla;  ma  per  diletto  de' me- 
no intendenti  il  latino  : 

Dantb  ;  negli  alti  dooimalf 

Teologo  profondo  , 

Di  cai  la  fama  altissima 

Tutto  ha  rimeno  il  mondo; 
Che  nella  citta  nobile 

Che  da*  be'  fior  s'  appella. 

Ebbe  la  culla  ;  e  principe 

Della  volgar  favella  ; 
Che  delle  suore  aonie 

Ornò  la  nobii  cetra 

Di  carme  impareggiabile 

Famoso  infino  all'  etra  ; 
Di  morte  inesorabile 

Cedendo  al  fiero  artiglio» 

Levandosi  all'  Empireo  « 

Parti  di  questo  esiglio 
Di  settembre  il  di  quattordici. 

Dell'  anno  della  Pace 

Ventun  del  quartodecinio 

Secolo  ;  qui  ti  giace. 

Dblla  mia  -sorte  perfide 
Ad  onta  della  legge , 
I  dritti  e  la  giustizia 
Esposi  di  chi  regge  ; 


».      S". 


2o 


VITA 


Oh  ingrata  Patria  1  cpial  demenza , 
qual  trascuraggine  ti  tenea  ,  quando  tu  il 
tuo  carissimo  cittadino,  il  tuo  benefattor 
precipuo,  il  tuo  unico  poeta  con  crudeltà 
disusata  mettesti  in  fuga,  e  poscia  tenuto 
t'ha?  Se  forse  per  la  comun  furia  del 
tempo  ,  mal  consigliata  ti  scusi;  perchè 
tornata,  cessate  Tire,  la  tranquillità  dell'ani- 
mo, e  pentutati  del  fatto,  no  1  revocastiV 
Deh ,  non  V  incresca  con  meco ,  che  tifo  fi- 
^uolo  sono,  alquanto  ragionare;  e  quello 
che  giusta  indignazione  mi  fa  dire  ,  co- 
me d' uomo  che  t' ammendi  desidera ,  e 
non  che  tu  sia  punita,  piglierai.  Parti 
^li  esser  gloriosa  di  tanti  titoli  e' di  tali, 
^  tu  quelFuno,  del  quale  non  hai  vicina 
città  che  del  simUe  si  possa  esaltare,  tu 
abbi  voluto  da  te  cacciare?  Deh,  dimmi, 
di  quali  vittorie,  di  quali  trionfi,  di  quali 
eccellenze  ,  di  quali  valorosi  cittadini  se'tu 
splendente?  Le  tue  ricchezze,  cosa  mobile 
ed  incerta;  le  tue  bellezze,  cosa  fragile  e 
caduca;  le  tue  dilicatezze,  cosa  vituperevole 
e  femminile,  ti  fanno  nota  del  falso  giudicio 
de'popoli ,  il  quale  più  ad  apparenza  che 
ad  esistenza  sempre  riguarda.  Deh,  glo- 
neraiti  tu  de'  tuoi  mercatanti  e  de'  kioi 
artefici ,  di  che  tu  se'  piena  ?  Sciocca- 
mente farai.  L' ubo  fa  continuamente 
r  avarizia  ,  operando  il  mestier  servile  ; 
l'arte,  la  quale  nobilitata  fu  un  tempo 
dagli  ingegni  in  tanto  che  una  seconda 
natura  la  fecero,  dalla  avarizia  medesima 
è  oggi  corrotta,  e  niente  vale.  Glorieraiti 
tu  della  viltà  e  ignavia  di  coloro  li  quali, 
perciocché  di  molti  loro  avoli  si  ricordano, 
vogliono  dentro  di  te  la  nobiltà  del  prin- 
cipato ottenere  j  sempre  con  ruberìe  con 
tradimenti  e  con  falsità  centra  quella 
operanti  ?  vanagloria  sarà  la  tua ,  e*  da 
coloro,  le  cui  sentenze  hanno  fondamento 
debito  e  stabile  fermezza,  schernita.  Ahi 

Vidi  e  canui  qoal  premiasi 

L' alma  virtù  da  Dìo  ; 

Còme  le  macchie  porghinsi  ; 

E  gii  qual  pena  ha  il  rio. 
Ma  ora  che  il  mio  spirito 

Vita  mutò  migliore , 

Volando  sar  T  empireo 

Al  sommo  ano  Fattore  ; 


misera  madre ,  aprì  gli  occhi  e  guarda 
con  alcuno  rimordimento  quello  che  tu 
facesti ,  e  vergognati  almeno ,  scndo  re- 
putata savia,  come  tu  se',  d'avere  avuta 
ne'  falli  tuoi  falsa  elezione!  Deh  se  tu  da 
te  non  avevi  tanto  consiglio,  perche  non 
imitavi  tu  ^i  atti  di  quelle  città,  le  quali 
ancora  per  le  loro  laudevoli  opere  sono 
famose  ?  Atene ,  la  quale  fu  l' uno  degli 
occhi  di  Grecia,  allora  che  in  quella  era  la 
monarchia  del  mondo ,  per  iscienza  per 
eloquenza  e  per  milizia  splendida  parì- 
mente  :  Argo ,  ancora  pomposa  per  li 
titoli  dei  suoi  Re:  Smime  (1] ,  a  noi  in 
perpetuo  reverenda  per  Niccolao  suo 
Pastore:  Pilos,  notissima  per  lo  suo  Ge- 
store: Chios  e  Colofon  ,  città  splendidis- 
sime peraddietro,  e  tutte  insieme  qualora 
più  glorìose  furono ,  non  si  vergognaro- 
no ,  nò  dubitarono  avere  agra  quistione 
dell'  orìgine  del  divin  Poeta  Omero  ;  af- 
fermando ciascuna  lui  di  sé  averlo  tratto  ; 
e  si  ciascuna  fece  con  argomenti  forte  la 
sua  intenzione ,  che  ancora  la  qulstion 
vive ,  nò  è  certo  d' onde  egli  si  fosse , 
di  che  parimente  dì  cotal  cittadino  così 
l'una  come  l'altra  si  glorìa.  £  Mantova, 
nostra  vicina ,  di  quale  altra  cosa  l' è 
più  alcuna  altra  fama  rìmasa  ,  che  d' es- 
sere stato  Virgilio  mantovano?  Il  cui  no- 
me hanno  ancora  in  tanta  reverenza  e  si 
appo  tutti  accettevole ,  che  non  solamentt'i 
ne'pubblici  luoghi,  ma  ancora  neprìvati  si 
vede  la  sua  inunagine  effigiata;  mostrando 
in  ciò  che  non  ostante  che  il  padre  di 
lui  fosse  lutifigolo,  esso  di  tutti  loro  sia 
stato  nobilitatore.  E  Sulmona  d' Ovidio  : 
Venosa  di  Orazio  :  Aquino  di  Juvenale , 
e  altre  molte,  ciascuna  si  ^oria  del  suo, 
e  di  loro  sufficienza  fanno  quistione.  Lo 
esemplo  di  queste  non  t' era  vergogna 
di  seguitare,  lo  quali  non  ò  verisimile 

Misero  errante  ed  esale 
Qui  mi  riposo  io  pante  , 
Firenze  fU  mia  patria, 
Di  me  beo  poco  amante  ! 

(1)  Cioè  Jfiru  città  nella  Licia,  della  quale 
fti  vescovo  S.  Niccolò. 


DI    DANTE 


27 


sf'nza  cagione  essere  state  vaghe  a  tenere 
ili  cosi    fatti  cittadini  ;   esse  conobbero 
qiodììo  che  ta  medesima  potevi  conosce- 
re ,  e  puoi  y  cioè  che  le  loro  operazio- 
ni perpetue  saranno  ancora  dopo  la  loro 
rovina,  ritenitrici  eteme  del  nome  loro, 
cosi  come  al  presente  ,  e  divulgate  per 
tutto  il  mondo  ,  le  fanno  conoscere  a 
coloro  che  non  le  videro  mai.  Tu  sola  , 
non  so  da  quale  ciechità  adombrata,  hai 
voluto  tenere  altro  cammino;  e  quasi  molto 
da  te  lucente^  di  questo  splendore  non 
hai  curato.Tu  sola,  quasi  i  Cammilli,  i  Pub- 
blicoli,  i  Torquati,  i  Fabrizii,  i  Catoni,  i  Fa- 
bii,  gli  Scipioni,  con  le  lor  magnìfiche  ope- 
re ti  facessero  famosa,  e  in  te  fossero ,  a- 
vendoti  lasciato  il  tuo  antico  cittadino  Clau- 
diano  cadere  delle  mani,  non  hai  avuto  del 
presente  Poeta  cura ,  ma  T hai  da  tescac- 
ciato,  sbanditolo,  privatolo,  se  tu  avessi 
potato,  del  tuo  soprannome.  Io  non  posso 
fiiggir  di  vergognarmene ,  in  tuo  servizio  ; 
ma  ecco  non  la  fortuna ,  ma  U  corso  della 
natura  delle  cose  è  stato  al  tuo  appetito 
disonesto  favorevole  in  tanto  ,   quanto 
quello  che  tu  volentieri  bestialmente  avrc- 
ài  fatto ,  se  nelle  mani  ti  fosse  venuto, 
doè   uccisolo ,   egli  con   la  sua  eterna 
l^ge  r  ha  operato.  Morto  è  il  tuo  Dante 
Alighieri  in  quello  esilio  che  tu  ingiusta- 
mente, del  suo  gran  valore  invidiosa,  gli 
desti:  oh  peccato  da  non  ricordare,  che 
la  madre  alle  virtù  di  alcun  suo  figliuolo 
porti  livore!  Ora  dunque  se' di  sollecitu- 
dine Iii>era  ,  ora  per  la  morte  di  lui  vivi 
ne*  tuoi  difetti  sicura ,   e  puoi  alle  tue 
lunglie  e  ingiuste  persecuzioni  por  fine. 
Egli  non  ti  può  far  morto ,   quello  che 
rivendo  non  faveva  mai  fatto:  egli  giace 
sotto  altro  cielo  che  sotto  il  tuo,  né  più 
lièi  Asnettare  di  vederlo  giammai,  se  non 
in  quel  di  nel  quale  tutti  i  tuoi  cittadini 
veder   potrai ,  e  le  lor  colpe  dal  giusto 
dudice  esaminate  e  punite.  Adunque  se 
lire  gli  odi  e  le  nìmicizie  cessano  per  la 
oìorte  di  qualunque,  e  che  muoia  come 
<i  crede;  comincia  a  tornare  in  te  me- 
desima ,  e  nel  tuo  diritto  conoscimento , 
comincia  a  vergognarti  d'aver  fatto  conr 
tro  la  tua  antica  umanità  ;  comincia  a 


volere  apparir  madre  e  non  più  matri- 
gna; concedi  le  tue  lagrime  al  tuo  figliuo- 
lo ;  concedi  la  materna  pietà  a  colui  il 
quale  tu  rifiutasti ,  anzi  cacciasti  vivo , 
siccome  sospetto;  desidera  almeno  di  ria- 
verlo morto  ;  rendi  la  tua  cittadinanza  il 
tuo  seno  e  la  tua  grazia  alla  sua  memo- 
ria. In  verità  quantunque  tu  a  lui  ingrata 
e  proterva  fossi ,  egli  sempre ,  come  fi- 
gliuolo ,  t' ebbe  in  reverenza ,  né  mai  di 
quello  onore ,  che  per  le  sue  opere  se- 
guir ti  dovea ,  volle  privarti ,  come  to 
Thai  della  tua  cittadinanza  privato;  sem- 
pre fiorentino,  quantunque  T esilio  fosse 
lungo,  si  nominò,  e  volle  esser  nomina- 
to ;  sempre  ad  ogni  altra  ti  prepose  , 
sempre  t'amò;  che  dunque  farai,  starai 
sempre  nella  tua  iniquità  ostinata?  Sarà 
in  te  meno  umanità  ,  che  ne'  barbari ,  li 
quali  troviamo  non  solamente  avere  i 
corpi  de'  lor  morti  raddomandati,  ma  per 
riaverli ,  virilmente  esser  disposti  a  mori- 
re? Se  tu  vuoi  che  '1  mondo  creda  te  esser 
nipote  della  famosa  Troia,  e  figliuola  di 
Roma ,  certo  i  figliuoli  debbon  essere  a 
padri  e  agli  avoli  simi^lianti.  Priamo  nella 
sua  miseria ,  non  solamente  raddomandò 
il  corpo  morto  del  magnifico  Ettore,  ma 
quello  con  altrettanto  oro  ricomperò.  I 
romani,  secondo  alcuni  credono,  feciono 
venire  da  Hintumo  l'ossa  del  primo  Sci- 
pione, da  lui  a  loro  con  ragione  nella 
sua  morte  vietate.  E  comechè  il  fortìs» 
Simo  e  illustre  Ettore  fosse  difesa  , 
con  la  sua  forza  ,  de'  Troiani,  e  Scipione 
non  solamente  liberator  di  Roma,  ma  di 
tutta  Italia  ;  delle  quali  due  cose  ninna 
forse  propriamente  si  può  dire  di  Dante;  - 
egli  non  é  però  da  posporre  ;  né  una 
volta  fu  mai ,  che  V  armi  non  dessino 
luogo  alla  scienza  :  se  tu  primieramente, 
e  là  dove  sarebbe  convenuto ,  l' esemplo 
con  le  opere  delle  savie  cittadi  non  imitasti» 
t'ammenda  al  presente,  seguendole.  Ninna 
delle  città  preidette  fu  che  o  vera  o  fittizia 
sepoltura  non  facesse  ad.  Omero.  E  chi 
dubita  che  i  mantovani ,  i  quali  ancora  in 
Pietola  (1)  onorano  la  povera  casa  e  i  campi 

(1)  Pietola ,  piccolo  borgo  lontano  due  mi- 


28 


VITA 


che  furon  di  Virgilio,  non  che  avere  a  lui 
fatta  onorevol  sepoltura,  se  Ottaviano  Au- 
gusto, il  quale  da  Brandizio  a  Napoli  le  sue 
ossa  aveva  trasportate  ,  avesse  comandato 
quel  luogo,  dove  poste  Tavea,  voler  es- 
ser loro  pcq)ctua  requie.  Sulmona  niuna 
altra  cosa  pianse  lungamente  se  non  che 
risola  di  Ponto  tenga  incerto  il  suo  O- 
vidio  :  e  cosi  di  Persio  Parma  si  rallegra 
tenendolo.  Cerca  tu  dunque  di  voler  esser 
del  tuo  Dante  guardiana:  raddomandalo; 
10  son  certo  che  non  ti  Ga  renduto  ;  ma 
a  un'ora  ti  sarai  mostrata  pietosa ,  e  gode- 
rai, non  riavendolo,  della  tua  crudeltà (1). 
Ma  a  clic  ti  conforto  io  ?  Appena  s*  io 
oreda,  che  i  corpi  morti  possano  alcuna 
cosa  sentire  ,  die  quello  di  Dante  si  po- 
tesse partir  di  là ,  dove  è  per  dovere  a 
te  ritornare  ;  egli  giace  con  compagnia  as- 
eai  più  piacevole  e  laudevole  che  quella 
che  tu  gli  potessi  dare  :  egli  giace  in 
Ravenna  molto  più;  per  età,  veneranda 
di  te  ;  e  comechè  la  sua  vecchiezza  al- 
quanto la  renda  disforme ,  ella  fu  nella 
8ua  giovinezza  troppo  più  florida  che  tu 
iion  se'  ;  ella  è  quasi  un  general  sei)olcro 
di  santissimi  coqn  ;  e  nessuna  parte  in 
essa  si  calca,  dove  su  per  reverendissime 
ceneri  non  si  vada.  Chi  duncfue  dovria 
desiderare  di  tornare  a  te ,  per  dover 
giacere  fra  le  tue  ,  lo  quali  si  può  cre- 
ilere  che  ancora  serbino  la  rabbia  e  le 
iniquità  avute  nella  vita?  E  male  con- 
rordi  insieme ,  si  fug^e  V  una  dall'altra , 
iion  altrimenti  che  facessero  le  fiamme 
de'  due  Tebani  ;  e  comechè  Ravenna  già 
quasi  tutta  del  pietoso  sangue  di  molti 
martiri  si  bagnasse,  e  oggi  con  reverenza 
•erba  le  loro  reliquie ,  e  similmente  i 
corpi  di  molti  imperadori  magnifici,  e  di 
altri  ttooiini  chiarissimi  e  per  antichi 
avoli  6  I>er  opere  virtuose,  ella  si  ral- 
legra non  poco  d' essergli  da  Dio  stato , 

iella  da  MaitoTa  :  in  Ialino  Ànda ,  onde  Vir- 
ciiio  fa  detto  Andima  Poeta.  Silio  Italico  lib. 
Vili  ?.  tt04  : 

Mantua  mi(tenda  eertavit  pube  Cremonae, 
Mantua,Miu$arum  domut,aifju€adsyderaeantu 
Evttta  Àmdn»  •  .  . 


oltre  le  sue*  doti ,  conceduto  d'essere  in 
perpetuo  guardiana  di  cosi  fatto  tesoro, 
coro'  è  il  corpo  di  colui  le  cui  opere  ten- 
gono in  ammirazione  tutto  '1  mondo,  del 
quale  tu  non  ti  se'  saputa  far  degna.  Ma 
certo  e'  non  è  tanto  l'allegrezza  d'averlo, 
quanto  è  l'invidia  che  ella  ti  porta,  che 
tu  ti  intitoli  della  sua  origine ,  quasi 
sdegnando  che  là  dov'ella  sia  per  l'ultimo 
di  di  lui  ricordata ,  tu  allato  a  lei  sia 
nominata  per  lo  primo  ;  e  perciò  con  la 
tua  ingratitudine  ti  rimarrai,  e  Ravenna 
si  glorii  de'  tuoi  onori  tra'  futuri. 

Cotale ,  quale  di  sopra  è  dimostrato  , 
fu  a  Dante  la  fine  della  vita  affaticata 
da  vari  studi  ;  e  perciocché  assai  conve- 
nevolmente le  sue  fiamme  e  la  sua  fami- 
liar  cura  e  la  pubblica  sollecitudine  ed 
il  miserabile  esilio  e  la  fine  di  lui  mi 
pare  avere  secondo  la  mia  promessa  mo- 
strato ;  giudico  sia  da  pervenire  a  mo- 
strare della  statura  del  corpo ,  dell'abito 
generalmente  e  de*  più  notabili  modi  ser- 
vati nella  sua  vita  da  lui  ;  da  quelli  poi 
immediatamente  venendo  all' opere  degne 
di  nota ,  compilate  da  esso  nel  tempo 
suo ,  infestato  da  tanta  turbine,  quanta 
di  sopra  brevemente  è  dichiarata. 

Fu  adunque  questo  nostro  Poeta  di 
mezzana  statura  ;  e  poiché  alla  matura 
età  fu  pervenuto,  andò  alquanto  curvetto, 
ed  era  il  suo  andar  grave  e  mansueto , 
di  onestissimi  panni  sempre  vestito ,  in 
quello  abito  che  era  alla  sua  matura  età 
convenevole  ;  il  suo  volto  fu  lungo ,  il 
naso  aquilino,  gli  occhi  anzi  grossi,  che 
piccioli ,  le  mascelle  grandi ,  e  dal  lab- 
bro dì  sotto  era  quel  di  sopra  avanzato; 
il  colore  era  bruno,  i  capelli,  e  la  bart)a 
spossi  neri  e  crespi,  e  sempre  nella  fac- 
cia malinconico  e  pensoso.  Per  la  *]ual 
cosa  avvenne  un  giorno  a  Verona ,  es- 
sendo già  divulgata  per  tutto  la  fama 

(1)  Nel  1396  Fireme  decretò  al  morto  poeta 
an  eenotafio ,  ed  in  seguito  più  volte  recla-^ 
mò  da*  ravennati  le  ceneri  di  lui.  Ma  né  quella 
SI  esegui ,  né  questo  ebbe  mai.  Min  memoria 
la  non  consenr a  di  sì  illustre  cittodino  che  un 
vecchio  ritratto  io  o&a  delie  partii  interna 
Idei  Uuofflo. 


DI    DANTE 


29 


dd\e  sue  opere  ,  e  massimamente  quella 
parte   delia  sua  Commedia  la  quale  egli 
inlilola   Infcnio ,    ed   egli  conosciuto  da 
molli    uomini  e  donne ,  e  passando  egli 
djifanti  a  una  porta  dove  più  donne  se- 
deyano  ,  una  di  quelle  pianamente ,  non 
però  tanto  che  bene  da  lui  e  da  chi  con 
lui  era,  non  fosse  udita,  disse  alle  altre 
donne  :  vedete  voi  colui  che  va  per  T  In- 
ferno e  toma,  quando  a  lui  piace,  e  qua 
su  reca  novelle  di  quelli  che  là  giù  sono? 
Alla  quale  una  di  loro  rispose  semplice- 
mente :    m   verità  tu  dèi  dire  il  vero  : 
non  Tedi  tu  come  egli  ha  la  barba  cre- 
spa e  il  color  bruno  per  lo  caldo  e  per 
lo  fumo  che  è  là  giù?  lo  quali   parole 
€^   udendo   dire   dietro  a  sé ,  e  cono- 
fta-ndo  che  da  pura  credenza  delle  donne 
venivano ,  piacendogli ,  e  quasi  contento 
ffae  esse  in  cotali  opinioni  fossero ,  sor- 
ridendo alquanto  passò  avanti.  Ne*  costu- 
mi pubblici  e  domestici  mirabilmente  fu 
composto  e  ordinato ,  e  in  tutti  più  che  niu- 
no  altro  cortese  e  civile;  nel  cibo  e  nel  poto 
fa  modestissimo ,  si  in  prenderlo  all'  ore 
ordinate,  e  si  in  non  trapassare  il  segno 
della   necessità ,   quello   prendendo  ;  né 
alcuna   golosità   ebbe  più  in  uno  che  in 
un  altro  ;   li  dilicati  lodava ,  e  il  più  si 
pasceva   de*  grossi  ;   oltre  a  modo  biasi- 
mando coloro  ì  quali  gran  parte  del  loro 
.«Uidio  pongono  in  avere  le  cose  elette , 
0  quelle  faùre  con  somma  diligenza  appa- 
recchiare; affermando  questi  cotali  non 
mangiare  per  vivere,  ma  più  tosto  vivere 
per  mangiare.   Ninno  altro  fu  più  vigir 
tante  di  lui  e  negli  studi  e  in  qualunque 
altra  sollecitudine  che  il  pugnesse,  in  tanto 
che  più  volte  e  la  sua  donna  e  la   sua 
lami^ia  se  ne  dolsero ,  primachò  a'  suoi 
eoitaini  usate  dò  mettessino  in  non  ca- 
ci) Nel  eanto  n  del  Purgatorio   ri?oUo 
D«u  a  Gaadla  celebre  cantore  M  mio  tem- 
fo ,  ed  a  lai  molto  caro ,  gii  dice  : 

te  BooTa  non  ti  toglie 

Il coHMia  0  oso  all'  amoroso  eanto  ^ 
Cke  mi  solai  quotar  tutte  mie  ?o|^  ; 

IM  dò  ti  piaedt  consolar  alquanto 
V  anima  |Hlla ,  clie  con  la  sua  persona  ». 
ÌLwandn  qua,,  è  aiDumata  tanto- 


lere.  Rare  volte ,  se  non  domandato  ^ 
parlava,  e  quelle  pensatamente,  con  voce 
convenevole  alla  materia  di  che  parlava. 
Non  per  tanto  cloquentissimo  dove  si  ri- 
chiedeva fu ,  e  facondo ,  con  ottima  e 
pronta  prelazione. 

Sommamente  si  dilettò  in  suoni  ed  in 
canti  (1)  nella  sua  giovanezza;  e  a  ciascuno 
che  a  que*  tempi  era  ottimo  cantatore  e 
sonatore,  fu  amico,  ed  ebbe  sua  usanza; 
ed  assai  cose  ,  da  q^icsto  diletto  tirato , 
compose,  le  quali  di  piacevole  e  mae- 
strevol  nota  a  questi  cotali  faceva  rive- 
stire. Quanto  ferventemente  esse  ad  Amore 
fosse  sottoposto  assai  chiaro  è  già  dimo« 
strato.  Questo  amoro,  è  ferma  credenz* 
di  tutti ,  che  fosse  movitore  di  tutto  il 
suo  ingegno  a  dover  prima ,  imitando , 
divenire  dicitore  in  vulgare  ;  poi  per  va- 
ghezza di  più  solennemente  mostrare  le 
sue  passioni,  e  di  gloria,  sollecitamente 
esercitandosi  in  quella ,  non  solamente 
passò  ciascun  suo  contemporaneo,  ma  iu 
tanto  La  dilucidò  e  fece  bella,  che  molti 
allora ,  e  poi ,  dietro  a  sé ,  n'  ha  fatti  e 
farà  vaghi  d'essere  esperti..  Dilettossi  si- 
milmente d'esser  solitario  e  rimoto  dalle 
genti ,  acciocché  le  suo  contemplazioni 
non  gli  fossero  interrotte  ;  e  se  pure  al- 
cuna, che  molto  piaciuta  gli  fosse,  ne  gB 
veniva ,  essendo  egli  tra  gente ,  quan* 
ttmque  di  alcuna  cesa  fosse  egli  stato  do* 
mandato  ,  giammai ,  insiao  a  tanto  che 
fermata  o  dannata  avesse  la  sua  inmiar 
ginazione,non  avrebbe  risposto  al.doman-> 
dante  :  il  che  molte  volte  essendo  ^;|i 
alla  mensa,  ed  essendo  in  cammino  con 
compagni,  ed  in  altre  pasti,  essendo  egli 
domandato  ,  gli  avvenne.  Ne'  suoi  studi 
fu  assiduissimo,  quanto  a  quel- tempo  die 
ad  essi  si.  dispone:. in  tanto  cbeniuna  no^ 

E  dopo  attesta  che  Casella,  mosso  air  invi- 
to ,  lo  éontentò  ,  cantando  qneitt  oantono  dit 
lui  che  principia  : 

»  Amor  che  nella  mente  mi  ftgiona  » 
Cominciò  egli  allor  si  dolcemente  , 
Che  la.dokòezza  ancor  dentro,  mi  aooaab. 


30 


VITA 


vita  che  s*  udisse,  di  quelli  il  poteva  ri- 
muovere. E  secondochè  alcuni  degni  di 
fede  raccontano  di  questo  darsi  tutto  a 
cosa  che  gli  piacesse  ;  egli  essendo  una 
Tolta ,  fra  Taltre,  in  Siena,  e  pervenuto 
per  accidente  a  una  bottega  d'uno  spe- 
ziale ,  e  quivi  statogli  recato  d' avanti  un 
libretto  promessogli  da  valentuomini,  molto 
famoso,  né  giammai  da  lui  stato  veduto, 
non  avendo  per  avventura  spazio  di  por- 
tarlo in  altra  parte ,  sopra  la  panca  che 
avanti  allo  speziale  era,  si  pose  col  petto, 
e  messosi  il  libro  davanti,  quello  cominciò 
a  leggere  e  a  vedere  :  e  comechè  poco 
appresso  in  quella  contrada  medesima  ,  e 
dmanzi  da  lui,  per  alcuna  general  festa 
de'  sanesi ,  si  cominciasse  da'  gentiluo- 
mini 6  si  facesse  una  grande  armeg- 
giata ,  e  con  quella  grandissimi  romori 
m  circostanti ,  siccome  in  tali-casi  con 
iatrumenti  vari  e  con  voci  applaudenti 
suol  farsi,  ed  altre  cose  assai  vi  av- 
Tenissono  di  dover  tirare  altrui  a  ve- 
dere ,  siccome  balli  di  vaghe  donne  e 
giuochi  di  molti  giovani  ,  mai  fu  alcuno 
die  muoverlo  di  quindi  lo  vedesse ,  né 
Ileana  volta  levare  gli  occhi  dal  libro  ; 
anzi,  postovisi  all'ora  di  nona,  prìmachè 
fosse  passato  vespero  tutto  l'ebbe  ve- 
duto, e  quasi  sommariamente  compreso, 
e  prima  di  ciò  non  levossi  ;  afferman- 
do poi  ad  alcuni ,  che  lo  domandarono 
come  s' era  potuto  tenere  di  non  riguar^ 
dare  si  bella  festa  che  avanti  a  lui  s'era 
fttta  ;  sé  niente  averne  sentito ,  rispose: 
per  lo  che  alla  prima  meraviglia ,  non 
indebitamente  la  seconda  s*  aggiunse  ai 
domandanti.  Fu  dunque  questo  Poeta  di 
meravigliosa  capacità  e  di  memoria  fer- 
missima e  di  perspicace  intelletto ,  in 
tanto  che  essendo  egli  a  Parigi,  e  quivi 

(1)  Nel  principio  del  canto  XXV  del  Para* 
diào  dice  Dante  : 

Se  mai  continga  che  il  poema  sacro 
Al  quale  ha  posto  mano  e  cielo  e  terra, 
SI  che  m*  ba  fatto  per  più  anni  macro , 

Vinca  la  erudeltè  »  che  fuor  mi  serra 
Del  bello  ovile  ,  oV  io  dormi'  agnello 
Nimico  a'  lopi  che  gli  danno  guerra  ; 


sostenendo  in  una  quistione  (de  quoUbet) 
che  in  una  scuola  di  Teologi  si  faceva  , 
quattordici  quistioni  da  diversi  valentuo- 
mini, e  di  diverse  materie,  con  loro  ar- 
gomenti ,  prò  e  centra ,  fatti  da*  propo- 
nenti ,  senza  metter  tempo  in  mezzo , 
raccolte  ,  ed  ordinatamente ,  come  poste 
erano  state ,  recitò.  Poi  quel  medesimo 
ordine  seguendo ,  sottilmente  solvendo  e 
rispondendo  agli  argomenti  contrari  :  la 
<iual  cosa  quasi  miracolo  da  tutti  i  cip- 
costanti  fu  reputata.  D'altissimo  ingegno 
e  di  sottile  invenzione  fu  similmente , 
siccome  le  sue  opero  troppo  più  manif^ 
stano  agli  intendenti,  che  non  potrebbono 
fare  le  mie  lettere.  Vaghissimo  fu  d'onore 
e  di  pompa  peravventura  più  che  alla  sua 
inclita  virtù  non  si  saria  richiesto.  Ma 
che?  qual  vita  è  tanto  umile  che  dalla  dol- 
cezza della  ^oria  non  sia  tocca?E  per  qu»* 
sta  vaghezza,  credo,  che  sopra  ogni  altno 
studio  amasse  la  Poesia,  veggendo, comechè 
la  Filosofia  ogni  altra  trapassa  di  nobiltà, 
la  eccellenza  di  quella  con  pochi  potersi 
comunicare,  e  divenirne  per  lo  mondo  &- 
mesi  :  e  la  Poesia  esser  più  apparente  e 
dilettevole  a  ciascuno ,  e  li  Poeti  raris- 
simi. E  però  sperando  per  la  Poesia  alio 
inusitato  e  pomposo  onore  della  coronai 
zione  dello  alloro  poter  pervenire  ,  tutto 
a  lei  si  diede  studiando  e  componendo.  E 
certo  il  suo  desiderio  gli  veniva  inteap 
se  in  tanto  ^i  fosse  stata  la  fortuna  gra- 
ziosa ,  che  egli  fosse  giammai  potuto  tor- 
nare in  Firenze  ,  nella  qual  sola  sopra  le 
fonti  di  san  Giovanni  s'  era  disposto  di 
coronare  (1)  ;  acciocché  quivi ,  dove  per 
lo  Battesimo  aveva  preso  il  primo  nome  , 
quivi  medesimo ,  per  la  coronazione , 
prendesse  il  secondo.  Ma  così  andò,  che 
quantunque  la  sua  sufficienza  fosse  molta, 

Con  altra  voce  ornai ,  con  altro  vello 
Ritornerò  poeta  :  ed  in  sul  fonte 
Del  mio  battesmo  prenderò  '1  cappello. 

E'  probabile  danqae  che  da  qaesto  tratto 
del  poema  avesse  il  Boccaccio  argomentato 
quanto  asserisce  dell'  idea  avuta  da  Dante  di 
coronarsi  in  Firenie. 


DI    DANTE 


31 


e  per  quella  in  ogni  parte ,  ove  piaciuto 
^  fosse ,  avesse  potuto  ¥  onore  della 
borea  pigliare ,  la  quale  non  accresce 
sdeaza  ma  è  della  acquistata  certissimo 
Itftiaìonio  e  ornamento  ;  pur  quella  tor- 
oiU  ,  che  mai  non  dovea  essere  ,  aspet- 
laudo  9  altrove  pigliare  non  la  volle  ;  e 
ooaì  senza  il  molto  desiderato  onore  si 
mori*  Ma  perciocché  spessa  c[uistione  si 
fi  tra  le  genti  e  che  cosa  sia  la  Poesia  e 
che  cosa  sia  il  Poeta,  e  donde  sia  questo 
nome  venuto ,  e  perchè  di  lauro  sieno  co- 
ronati i  Poeti  :  e  da  pochi  mi  pare  essere 
stato  mostrato  ;  mi  piace  qui  di  fare  al- 
cuna digressione ,  nella  quale  io  questo 
alquanto  diclùari,  tornando,  come  più  to- 
sto potrò,  al  proposito  nostro. 

La  prima  gente  ne'  primi  secoli ,  co- 
mechò  rozzissima  e  inculta  fosse,  arden- 
tttsima  fu  di  conoscere  il  vero  con  istu- 
dio ,  siccome  noi  veggiamo  ancora  natu- 
ralmente desiderare  a  ciascuno.  La  quale 
vegg^ndo  il  ciel  muoversi  con  ordinata 
l^ge  continuo ,  e  le  cose  terrene  avere 
certo  ordine ,  e  diverse  operazioni  in  di- 
vasi  tempi,  pensarono  di  necessità  dover 
esaere  alcuna  cosa  dalla  quale  tutte  queste 
cose  dipendessono  e  procedessono,  e  che 
lotte  Taltre  ordinasse ,  .siccome  superio- 
re potenza  da  nessun'  altra  potenziata.  E 
seco  questa  investigazione  diligentemen- 
te avuta  ,  s' inunaginarono  quella ,  la 
quale  divinità  o  vero  deità  nominaro- 
no ,  eoo  ogni  coltivazione  con  ogni  ono- 
re e  con  più  che  umano  servigio  es- 
ser da  venerare  ;  e  però  ordinarono ,  a 
riverenza  di  questa  suprema  potenza, 
ampliasime  case  ed  egr^e ,  le  quali  an- 
cora stimarono  fossero  da  separare  cosi 
^  nome,  come  di  forma  separate  erano, 
da  queOe  che  generalmente  per  di  uo- 
miiB  s' abitano ,  e  le  nomirano  Tempii. 
E  sìmiln^nte  ordinarono  ministri,  li  quali 
fossero  sacri  e  d'ogni  altra  mondana  soUe- 
dtQdine  remoti,  e  bolamente  a'  divini  ufizl 
ncassero,  e  per  maturità  e  per  abito  più 
che  gli  altri  uonuni  reverendi;  li  quali  ap- 
peUttrono  Sacerdoti.  Ed  oltre  a  questo , 
io  rappresentamento  della  immaginata  es- 
Mua  divina ,  fecero  in  varie  forme  ma- 


gnifiche statue ,  e ,  a'  servigi  di  quelle , 
vasellamenti  d' oro  e  mense  marmoree  e 
purpurei  vestimenti  e  altri  assai  apparati 
appartenenti  a'  sacrifici  per  loro  stabiliti* 
Ed  acciocché  a  questa  cotal  potenza  tanto 
onore  quasi  tacito  non  si  facesse,  parve 
loro  che  con  parole  d'alto  suono  essa 
fosse  da  umiliare,  e  nella  loro  necessità 
renderla  propizia  ;  e  cosi ,  come  essi  sti- 
mavano questa  eccedere  ciascuna  altra 
cosa  di  nobiltà ,   cosi  vollero  che ,  da 
lungi  ogni  altro  plebeo  e  pubblico  stile 
di  parlare ,   si  trovassero  parole  degne 
di   ragionare  dinanzi  alla  divinità,  con 
le  quali  le  si  porgessono  sacrate  lusinghe: 
ed  oltre  a  questo ,  acciocché  queste  p*» 
rote  paressero  dì  avere  più  di  eflBcacia, 
vollero   che  fossero  sotto  legge  di  certi 
numeri   composte,   per  le  quali  alcuna 
dolcezza  si  sentisse,  ecacciassesi  il  rio» 
crescimento  e   la  nom.    £  certo  questo 
non  in  vulgar  forma,  o  usitata,  ma  con 
artifiziosa  esquisita  e  nuova  forma  coik' 
venne  che  si  facesse:  la  qual  forma  appell»» 
rono  i  Greci  Poetes  :  laonde  nacque  che 
quello  che  in  cotal  forma  fatto  fosse ,  s'ap- 
pellasse PòesUf  e  quelli  che  ciò  facessero 
si  chiamassero  Poeti.  Questa  dunque  fu  la 
prima  origine  dello  inclito  nome  della  poe- 
sia, e  per  conseguente  de*Poeti;  comecché 
altri  ancora  ne  assegnino  altre  ragioni , 
forse  buone ,   ma  questa  mi  piace  più« 
Questa  buona  e  laudevole  intenzione  della 
rozza  età ,  mosse  molti  a  diverse  involu- 
zioni,  per  lo  mondo  moltiplicate,  per 
apparare  ;  e'  dove  i  primi  una  sola  deità 
onoravano ,  mostrarono  i  seguenti  molte 
esseme ,  comecché  quella  una  dicessero 
ottenere,  oltre  ad  ogni  altra,  U  principato. 
Le  quali  molti  vollero  che  fossero  il  Sole 
la  Luna  Saturno  Giove  e  ciascuno  degli 
altri  sette  Pianeti ,  dai  lori  efifetti  pren- 
dendo argomento  alla  loro  deità.  E  da  que- 
sti vennero  a  mostrare ,  ogni  cosa  utile 
agli  uomini ,  quantunque  terrena  fosse , 
deità  essere ,  siccome  il  fuoco  l' acqua  la. 
terra  e  simig^anti .  alle  quali  tutte  e  versi 
e  onori  e  sacrifici  ordinarono  :  e  poi  sos- 
seguentemente  cominciarono  diversi,  in 
diversi  luoghi ,  àà  con  uno  ingegno  e 


32 


VITA 


chi  con  un  altro ,  a  farsi  sopra  la  mol- 
titudine indotta  ,  della  sua  contrada  mag- 
0ori,  diffiniendo  le  rozze  quistioni  non 
secondo  scritta  legge,  che  non  Tavevano 
ancora  ,  ma  secondo  una  naturale  equità, 
della  quale  più  uno  che  un  altro  era  dot- 
to :  dando  alla  lor  \ita  e  a'  lor  costumi 
ordine ,  dalla  natura  medesima  più  illu- 
minati :  resistendo  con  le  loro  corporali 
forze  alle  cose  avverse,  possibili  ad  avve- 
nire: e  chiamarsi  Re,  e  mostrarsi  alla  ple- 
be ,  e  con  sen  i  e  con  ornamenti  non  usati 
fino  a  quo'  tempi  dagli  uomini ,  e  a  farsi 
obbedire  ,  e  ultimamente  a  farsi  adorare. 
Il  che ,  solo  che  fosse  chi  il  presumesse, 
senza  troppa  difficoltà  awenia  ;  perocché 
a'  rozzi  popoli ,  cosi  vedendoli ,  non  uo- 
mini,  ma  Iddti  parevano.  Questi  cotali, 
non  fidandosi  tanto  dello  lor  forze ,  co- 
minciarono ad  aumentare  le  religioni ,  e 
con  la  fede  a  impaurire  i  suggetti ,  e 
astrignere  con  sacramenti  alla  loro  obbe- 
dienza quelli  li  quali  non  si  sarebbon 
potuti  con  forza  constrignere.  Ed  oltre 
a  (questo ,  «dierono  opera  a  deificare  li  lor 
padrini  loro  avoli  e  i  loro  maggiori;  ac- 
ciocché fossero  più  temuti  e  avuti  in  ri- 
verenza dal  volgo.  Le  quali  cose  non 
fi  poterono  comodamente  fare  senza  V  u- 
iizio  de*  Poeti  ;  li  qu^U  si  per  ampliar  la 
lor  fama,  e  si  per  compiacere  a'principi, 
e  sì  per  dilettare  a'  sudditi,  e  si  per  per- 
suadere a  virtuosamente  operare  a  cia- 
H^uno  ,  quello  che  con  aperto  parlare  sa- 
rebbe suto  della  loro  intenzione  contrario, 
con  fizioni  varie  e  maestrevoli,  male  da* 
grossi  oggi  non  che  a  que*  tempi  intese, 
facevano  credere  quello  che  i  principi 
volevano  che  si  credesse  ;  servando  ne* 
nuovi  Iddìi  e  negli  uomini ,  li  quali  degli 
Iddii  nati  fingevano ,  quello  medesimo 
stilo  che  nel  vero  Iddio  solamente,  e  nel 
lusingar  lui  ,  avevano  i  primi  'Usato. 
I>a  questo  si  venne  ad  adeguare  i  fatti 
de  forti  uomini  a  quelli  de^li  Dii,  donde 
nacque  il  cantare  -con  eccelso  verso  le 
battaglie ,  e  gli  altri  fatti  notabili  degli  uo- 
mini ,  mescolatamente  con  quelli  deglld- 
dii;  il  qual  fu  ed  è  oggi  iri>ieme  con  Taltre 
cose  di  sopra  dette,  ufìzio  ed  esercizio  di  | 


ciascun  Poeta.  E  perciocché  molti  non  irv- 
tendenti  credono  la  Poesia  ninna  altra  cosa 
essere  che  solamente  un  favoloso  parlare  : 
oltre  al  promesso  mi  piace  brevemente 
quella  esser  Teologia  dimostrare,  prima 
che  io  venga  a  dire  perchè  di  lauro  si 
coronino  i  Poeti. 

Se  noi  vorremo  por  giù  gli  animi ,  e 
con  ragione  riguardare  ,  io  mi  credo 
che  assai  leggiermente  potremo  vedere 
gli  antichi  Poeti  avere  imitato ,  tanto 
quanto  allo  ingegno  umano  è  possibile , 
dello  Spirito  Santo  le  vestigio  ;  il  quale, 
siccome  nella  Divina  Scrittura  veggiamo, 
per  la  bocca  di  molti  i  suoi  altissimi  se- 
greti rivelò  a'  futuri  ,  facendo  loro  sotto 
velame  parlare  ciò  cìie  a  debito  tempo 
per  opera ,  senza  alcun  velo  ,  intendca 
di  dimostrare.  Imperciocché  essi,  se  noi 
riguarderemo  bene  le  loro  opere,  accioc- 
ché lo  imitatore  non  paresse  diverso  dall<> 
imitato  ,  sotto  coperta  d*  alcune  fizioni , 
quello  che  stato  era ,  o  che  fosse  a  lor 
tempo  presente ,  o  che  desideravano ,  o 
che  presumeano  che  nel  futuro  dovesse 
avvenire,  descrissono;  perchè,  comecché 
a  uno  fine  Tuna  scrittura  e  Taltra  non  ri- 
guardasse, ma  solo  al  modo  del  trattare, 
al  che  più  guarda  al  presente  TaninK» 
mio ,  ad  amendue  si  potrebbe  dare  una 
medesima  laude ,  usando  di  Gregorio  le 
parole ,  il  quale  della  Sacra  Scrittura 
scrive  ciò  che  della  poetica  facoltà  dire 
si  puote  ;  cioè  che  essa  in  un  medesimo 
sermone  narrando ,  apre  il  testo  ed  il 
misterio  a  quel  sottoposto:  e  cosi  a  un* 
ora  coir  uno  li  savi  esercita,  e  con  YéWrv 
li  semplici  riconforta ,  e  ha  in  pubblico 
onde  li  pargoletti  nutrichi ,  e  in  occulto 
serva  quello ,  onde  essa  le  menti  de*sublimi 
inteiulitori  con  anmiirazione  teitga  sospe- 
se ;  piTcioccliè  pare  esseme  un  fiume , 
acciocché  cosi  io  dica,  piano  e  profondo, 
nel  quale  il  piccoletto  agnello  con  li  piedi 
vada ,  e  il  grande  elefante  amplisshna- 
inente  nuoti.  JAa  da  procedere  è  al  ve- 
rificare delle  cose  proposte. 

Intende  la  Divina  Scrittura,  la  quale 
Teologia  appelliamo ,  quando  con  figura 
d'alcuna  storia,  quando  col  senso  di  al- 


DI    DANTE 


33 


rvM  visione ,  quando  con  lo  intendimento 
di  alcun  lamento,  e  in  altre  maniere  as- 
sai .  mostrarci  V  alto  misterio  della  In- 
cimazione  del  Verbo  Divino,  la  vita  di 
quello  ,  le  cose  occorse  nella  sua  morte, 
e  la  Resurrezione  vittoriosa ,  1*  ammira- 
bile Ascenzione  ,  ed  ogni  altro  suo  atto, 
per  lo  quale  noi  ammaestrati  possiamo 
a  quella  gloria  pervenire ,  alla  quale  egli 
morendo  e  resurgendo  ci  aperse  la  stra- 
da ,  lungamente  stata  serrata  a  noi  per 
la  colpa  del  primo  uomo.-  Còsi  i  Poeti 
nelle  loro  opere ,  le  quali  noi  chiamiamo 
Poesìa ,  quando  con  fizioni  di  vari  Iddii, 
i[UMido  con  trasmutazioni  d'uomini  in 
varie  forme  ,  e  quando  con  leggiadre  per- 
suasioni ne  dimostrano  le  ragioni  delle 
cose ,  gli  effetti  delle  virtù  e  de'  vizi , 
<*tie  fuggir  dobbiamo  e  che  seguire ,  ac- 
riocchè  venir  possiamo ,  virtuosamente 
adofierando ,  a  quel  fine ,  il  qtaale  essi , 
che  il  vero  Iddio  debitamente  non  cono- 
scevano ,  somma  salute  credevano.  Volle 
k>  Spirito  Santo  mostrare  nel  rubro  verdis- 
MTOo ,  nel  quale  Moisè  vide  ouasi  come 
una  fiamma  ardente  Iddio,  la  Verginità  di 
colei  che  più  che  altra  creatura  fu  pura, 
e  che  doveva  essere  abitazione  e  ricetto 
del  Signore  della  Natura ,  non  doversi  né 
per  la  concezione  né  per  lo  parto  del  Ver- 
bo del  Padre  contaminare.  Volle  per  la 
visione,  veduta  da  Nabuccodonosor  nella 
statua  di  più  metalli  abbattuta  da  una 
pietra  convertita  in  monte  ,  mostrare  tutte 
le  preterite  età  dalla  dottrina  di  Cristo  ,  il 
qual  fu  ed  è  una  viva  pietra,  doversi  som- 
mergere, e  la  Crisitiana  Heligione ,  nata  di 
questa  pietra,  divenire  una  cosa  immobile 
e  perpetua ,  siccome  li  monti  veggiamo. 
Volle  nelle  lamentazioni  di  (ieremia  lo 
eccidio  futuro  di  Gerusalemme  dichiarare. 
Similmente  i  nostri  Poeti  fingendo  Sa- 
turno aver  molti  figliuoli,  e  quelli,  fuor- 
fhè  quattro,  divorar  tutti,  nessuna  altra 
cosa  vollono  per  tal  fìzione  farci  sentire, 
§e  non  per  Saturno  il  tempo  nel  quale 
ogni  cosa  si  produce  ;  e  come  ogni  cosa 
m  esso  è  prodotta  ,  cosi  esso  è  di  tutte 
corrompitore,  e  tutte  le  riduce  a  niente. 
I  quattro  suoi  figliuoli  non  divorati  da 


lui ,  è  r  uno  Giove ,  cioè  Y  elemento  del 
fuoco;  il  secondo  è  Giunone  sposa  e 
sorella  di  Giove ,  cioè  l'aria  mediante  la 
quale  il  fuoco  quaggiù  ne  opera  i  suoi 
effetti;  il  terzo  è  Nettunno,  Dio  del  mare, 
cioè  lo  elemento  dell'acqua  ;  ed  il  quartor 
ed  ultimo  è  Plutone,  Dio  dello  Inferno, 
cioè  la  terra  bassa  più  che  niuno  altro 
elemento.  Similmente  fingono  i  nostri  Poeti 
Ercole  d'uomo  in  Dio  edser  trasformato, 
Licaone  in  Lupo ,  morahnente  volendo 
mostrarci  che  virtuosamente  adoperando, 
come  fece  Ercole,  l'uomo  diventa  Iddio, 
p^r  partecipazione  in  cielo  ;  e  viziosa- 
mente adoperando ,  come  Licaone  fece, 
quantunque  paia  uomo ,  nel  vero  egli  si 
può  dir  quella  bestia ,  la  quale  si  com»- 
sce  da  ciascuno  per  effetto  più  simile 
al  suo  difetto;  siccome  Licaone,  per  rapa- 
cità-e  per  avarizia ,  le  quali  al  Lupo  sono 
molto  conformi ,  si  finge  in  Lu|K)  esser 
mutato.  Similmente  fingono  i  nostri  Poeti 
la  bellezza  de'  campi  Elisi ,  per  la  quale 
intendono  la  dolcezza  del  Paradiso  ;  e  la 
oscurità  di  Dite ,  per  la  quale  prendono 
r  amaritudine  dello  Inferno  ;  acciocché 
noi  tratti  dal  piacere  dell  uno ,  e  dalla 
noia  dell*  altro  spaventati ,  seguitiamo  le 
virtù ,  che  in  Eliso  ci  meneranno ,  e  i 
vizi  fuggiamo ,  che  in  Dite  ci  farebbono 
trarupare.  Io  lascio  il  trattare  con  più 
particolari  sposizioni  queste  cose,  peroc- 
ché se  quanto  si  converrebbe  e  potrebbe, 
le  volessi  chiarire,  comeché  esse  più 
piacevoli  ne  divenissero  e  più  facessero 
forte  il  mio  argomento ,  dubito  non  mi 
tirassino  più  oltre  molto  che  la  prìncipal 
materia  non  richiede ,  e  che  io  non  voglio 
andare.  E  certo  se  più  non  se  ne  dicesse 
di  quello*  che  è  detto,  assai  si  doverria 
comprendere  la  Teologia  e  la  Poesia  con- 
venirsi ,  quanto  nella  forma  dell'  operare. 
Ma  nel  subbietto ,  dico  quelle  non  sola- 
mente esser  diverse  molto ,  ma  ancor 
avverse  in  alcuna  parte  ;  perciocché  il 
subbietto  della  Teologia  è  la  divina  ve- 
rità; quello  dell'antica  Poesia  sono  gli 
Iddìi  de'  Gentili  e  gli  uomini.  Avverse 
sono ,  in  quanto  la  Teologia  ninna  cosa 
presuppone  se  non  vera  ;  la  Poesia  no 


3& 


VITA 


presuppone  alcune  per  vere,  che  sono 
falsissime  ed  erronee  e  centra  la  Cri- 
stiana Religione.  Ha  perciocché  alcuni 
disensati  si  levano  contro  a* Poeti,  dicen- 
do, loro  sconce  favole,  e  male  a  ninna  ve- 
rità convenevoli ,  avere  composte:  e  che 
in  altra  forma ,  che  con  favole ,  dove- 
vano la  loro  sufficienza  dimostrare,  e  a' 
mondani  dare  la  lor  dottrina;  voglio  anco- 
ra alquanto  più  oltre  procedere  col  pre- 
sente ragionamento.  Guardino  dunque  que- 
sti cotali  le  visioni  di  Daniello ,  quelle 
d*  Isaia  e  quelle  di  Ezechiello  e  degli  al- 
tri del  vecchio  Testamento  »  con  divina 
penna  scritte,  e  da  colui  mostrate,  al  quale 
non  fu  principio  né  sarà  fine.  Guaràmsi 
ancora  nel  nuovo  Testamento  le  visioni 
del  Vangelista  piene  agli  intendenti  di 
mirabil  verità  ;  e  se  ninna  poetica  favola 
si  truovi  tanto  di  lungi  dal  vero  o  dal 
verisimile ,  quanto  nella  corteccia  appa- 
iano queste  in  molte  parti,  concedasi  die 
sdamente  i  Poeti  abbino  detto  (avole  da 
non  poter  dar  diletto  né  frutto.  Senza 
dire  alcuna  cosa  alla  riprensione  che  (anno 
de'  Poeti ,  in  quanto  la  lor  dottrina  in  fa- 
vole o  vero  sotto  favole  hanno  mostra- 
to ,  mi  poteva  passare  ;  conoscendo  che 
mentre  essi  mattamente  li  poeti  ripren- 
dono ,  di  ciò  incautamente  caggiono  in 
biasimare  quello  Spirito  il  quale  ninna 
altra  cosa  é ,  che  via  verità  e  vita  : 
ma  pure  alquanto  intendo  di  soddisfarli. 
Manifesta  cosa  é,  ogni  cosa  ,  che  con 
fatica  s*  acquista ,  avere  alquanto  più  di 
dolcezza  che  quella  che  viene  senza  af- 
fanno ;  la  verità  piana  ,  perciocché  tosto 
compresa  con  picciole  forze,  diletta  e  passa 
nella  memoria.  Adunque ,  acciocché  con 
fatica  acquistata  fosse  più  grata,  e  perciò 
meglio  si  conservasse,  li  Poeti  sotto  cose 
td  essa  molto  contrarie  apparenti,  la  na- 
•cosono  ;  e  perciò  di  favole  la  fecero  più 
che  di  altro  coperta ,  perché  la  bellezza  di 
quelle  traesse  coloro  li  quali  né  le  dimo- 
strazioni filosofiche  né  le  persuasioni  ave- 
vano potuto  a  sé  trarre.  Che  dunque  dire- 
mo de'Poeti?  diremo  che  essi  sieno  stati 
uomini  insensati,  come  li  presenti  disensati 
parlando»   e  non  sadlndo  che  eglino  si 


giudicano  ?  certo  no  ;  anzi  furono  nelle 
loro  operazioni  di  profondissimo  sentimen- 
to,  quanto  nel  frutto  é  nascoso ,  e  di 
eccdfentissima  e  di  onorata  eloquenza  nel- 
le cortecce  e  nelle  frondi  apparenti.  Ma 
torniamo  dove  lasciammo.  Dico  che  la 
Teologia  e  la  Poesia  quasi  una  cosa  si 
possano  dire ,  dove  un  medesimo  sia  il 
suggetto  ;  anzi  dico  più  che  la  Teologia 
niun'  altra  cosa  é  che  una  Poesia  dlddio. 
E  che  altra  cosa  é  che  Poetica  fizione  , 
nella  Scrittura,  dire  Cristo  ora  esser  leone 
ed  ora  agnello  ed  ora  vermine  e  quan- 
do drago  e  quando  pietra  e  in  altre  ma- 
niere molte ,  le  quali  volere  tutte  rac- 
contare sarebbe  lunghissimo  ?  Che  altro 
suonano  le  parole  del  Salvatore  nello 
Evangelio  ,  se  non  un  sermone  dai  sensi 
alieno  ?  il  qual  parlare  noi ,  con  più  usato 
vocabolo  ,  chiamiamo  allegoria.  Dunque 
bene  appare  non  solamente  la  Poesia  es- 
ser Teologia ,  ma  ancora  la  Teologia  es- 
ser Poesia.  E  certo  se  le  mie  parole  me- 
ritano poca  fede  in  si  gran  cosa,  io  non 
me  ne  turberò ,  ma  credasi  ad  Aristoti- 
le ,  degnissimo  testimonio  ad  ogni  gran 
cosa ,  il  quale  afferma  sé  aver  trovati  i 
Poeti  essere  stati  li  primi  Teologanti.  E 
questo  basti  quanto  a  questa  parte ,  e 
torniamo  a  mostrare  perché  ai  Poeti  so- 
lamente tra  gli  scienziati  V  onore  delia 
corona  dell'  alloro  conceduta  fosse. 

Tra  r  altre  nazioni ,  le  quali  sopra  il 
circuito  della  terra  sono  molte ,  li  Greci 
si  crede  che  sieno  quelli  ai  quali  primie- 
ramente la  Filosona  sé  co' suoi  segreti 
apnsse  :  da*  tesori  della  quale  essi  tras- 
sono la  dottrina  militare,  la  vita  filosofica 
e  altre  cose  assai ,  per  le  quali  essi  oltre 
ad  ogni  altra  nazione  divennero  famosi 
e  reverendi.  Tra  1*  altre  da  loro  tratte  del 
costei  tesoro ,  fu  la  sentenza  di  Solone 
nel  principio  posta  di  questa  operetta  : 
ed  acciocché  la  loro  Repubblica ,  la 
quale  più  che  altra  allora  fioriva  j  dirit- 
ta e  andasse  e  stesse  sopra  due  pie- 
di,  e  le  pene  a'  nocenti ,  e  i  meriri  a*  va- 
lorosi magificamente  e  ordinarono  e  os- 
servarono. Ma  intra  gli  altri  meriti  stabi- 
liti da  loro  a  chi  bene  operasse ,  fu  que- 


DI    DANTE 


35 


«ito  principio  ,  di  corooare  in  pubblico 
e  A  pubblico  consentimento ,  di  frondi 
d'alloro  i  Poeti,  dopo  la  vittoria  delle 
kx  fatiche ,  e  fjì  Imperadorì  ,  li  quali 
dressono  Yittoriosaroente  la  Repubblica 
auineotata  ;  giudicando  che  eguale  ^oria 
si  ooDYenisse  a  cohii  per  la  cui  virtù  le 
cose  lunane  erano  conservate  e  aumentate, 
che  a  colui  da  cui  le  divine  erano  trattate. 
E  comecché  di  questo  onore  i  Greci  fos- 
sero lì  primi  inventori ,  esso  poscia  tra- 
pas6Ò  a*  Latnii  ,  quando  la  gloria  e  l'ar- 
mi parìmeote  di  tutto  il  mondo  dierono 
hiogo  al  Romano  nome  :  ed  ancora,  alme- 
no nelle  coronazioni  de'  Poeti ,  comechè 
rarissimamente  avvenga  ,  vi  dura.  Ma 
perchè  a  tal  coronazione  più  il  lauro  che 
altra  fronde  detto  sia ,  non  dovrà  essere 
a  vedere  rlncrescevole. 

Sono  alcuni  li  quali  credono ,  percioc- 
ché Canno  Ikfne  amata  da  Febo  e  in 
lauro  convertita ,  essendo  Febo  il  primo 
autore  e  fautore  de*  Poeti  stato ,  e  simil- 
mente trionfatore  ,  per  amore  a  quelle 
firondi  portato ,  di  quelle  le  sue  cetere 
e  i  trionfi  coronati  avere:  e  quinci  essere 
stato  preso  esem^do  dagli  uomini ,  e  per 
conseguente  essere  quello  che  fu  da  Febo 
prima  fatto,  cagione  di  tal  coronazione, 
e  di  tali  frondi  ,  infino  a  miesti  giorni 
a' Poeti  e  agi*  Imperadorì.  É  certo  tale 
opinione  non  mi  spiace ,  né  niego  cosi 
poter  easere  stato  ;  ma  tuttavia  mi  muo- 
^e  altra  ragione  la  quale  è  questa.  Secon- 
docehé  y(^ion  coloro  li  quali  le  virtù  delle 
piante  ,  o  vero  la  loro  natura  investiga- 
rono ,  il  lauro,  tra  le  altre  più  sue  pro- 
prietà» n'ha  tre  lodevoli  e  notevoli  mol- 
to :  la  prima  si  è ,  come  noi  veggiamo , 
che  mai  non  perde  verdezza  né  fronda  ; 
la  seconda  »  che  non  si  truova  mai  que- 
4o  albero  essere  stato  fulminato ,  il 
che  di  muno  altro  leggiamo  essere  av- 
Temto  ;  la  terza  »  che  egli  é  odorifero 
molto  ,  come  noi  veggiamo  e  sentia- 
mo :  le  quah  tre  proprietà  stimarono  gli 
antichi  inventori  di  questo  onore,  conve- 
nirsi con  le  vertudiose  opere  de' Poeti 
e  de' vittoriosi  Imperatori.  E  primiera- 
meote  la  perpetua  viridità  di  queste  fron- 


di dissono  dimostrare  la  fama  delle  costo- 
ro opere  ,  cioè  di  coloro  che  di  esse  si 
coronavano  o  coronerebbono  nel  futuro, 
sempre  dovere  stare  in  vita.  Appresso 
stimarono  l' opere  di  costoro  essere  state 
di  tanta  potenza ,  che  né  1  fuoco  della 
invidia ,  né  la  folgore  della  lunghezza 
del  tempo ,  la  quale  ogni  cosa  consuma, 
dovesse  mai  queste  poter  fulminare;  sic- 
come queir  albero  non  si  fulminava  dalla 
celeste  folgore.  Ed  oltre  a  questo,  dicono 
che  questopere  de'già  detti,  per  lunghezza 
di  tempo  mai  non  dover  venire  meno  pia^ 
cevoli  e  graziose  a  chi  le  udisse  o  leg* 
gesso  ,  ma  sempre  dover  essere  accetta 
voli  e  odorose.  Laonde  meritamente  si 
confacea  la  corona  di  tali  frondi ,  più 
che  altra,  a  cotali  uomini,  gli  edOTetti  delle 
quali ,  quanto  veder  possiamo ,  erano  a 
lei  conformi  ;  e  perciò  non  senza  ragione 
il  nostro  Dante  era  ardentissimo  deside- 
ratore  di  tale  onore ,  o  vero  di  tale  te* 
stimonianza  di  tanta  virtù,  quale  é  que- 
sta ,  a  coloro  li  quali  degni  si  fanno  di 
doversene  ornare  le  tempie.  Ha  tempo  è 
da  tornare  là  donde,  entrando  in  questo, 
ci  dipartimmo. 

Fu  il  nostro  Poeta,  oltre  alle  cose 
predette,  d*  animo  altiero  e  sdegnoso  mol- 
to ,  tantoché  cercandosi  per  alcuno  suo 
amico ,  il  quale  ad  instanza  de*  suoi  prìe- 
ghi  lo  faceva ,  che  egli  potesse  tornare 
in  Firenze  (  il  che  egli ,  oltre  ad  ogni  al- 
tra cosa  ,  sommamente  desiderava  ]  ;  non 
trovandosi  a  ciò  alcun  modo  con  coloro 
i  quali  il  governo  della  Repubblica  al- 
lora avevano  nelle  mani ,  se  non  uno  il 
quale  era  questo  ;  che  egli  per  certo  spa- 
zio stesse  in  prigioni ,  e  dopo  quello  in 
alcuna  solennità  pubblica  rosse  miseri- 
cordievolmente  alla  nostra  principal  Chie- 
sa offerto ,  e  per  conseguente  libero  e 
fuori  d*ogni  condannagione  peraddietro 
fatta  di  lui  :  la  qual  cosa  parendogli  con- 
farsi e  usarsi  a  qualunque  é  depressi 
e  infami  uomini ,  e  non  in  altri  ;  contra 
al  maggior  suo  desiderio,  meglio  elesse 
stare  in  esilio ,  anzicché  per  cotal  via  tot» 
nare  in  casa  sua.  Oh  sdegno  laudevole 
di  magnanimo;  quanto  virilmente  opert^ 


3G 


V  i  T  A 


sti ,  reprimendo  lo  ardente  desio  del  ri- 
tornare per  via  meno  che  degna  a  uomo 
nel  grembo  di  ogni  santa  filosofia  nu- 
tricato l  Molto  simigliantemente  presunse 
di  sé ,  nò  gli  parve  meno  valere ,  se- 
condochè  i  suoi  contemporanei  rappor- 
tano ,  che  ei  valesse  :  la  qual  cosa,  tra  le 
altre ,  apparve  una  volta  notabilmente  , 
mentrechè  egli  era  con  la  sua  setta  nel 
colmo  del  reggimento  della.  Repubblica. 
Perchè ,  conciofossecosaché  per  coloro  li 
quali  erano  depressi  fosse  chiamato ,  me- 
diante Papa  Bonifazio  ottavo  ,  a  ridirizzar 
lo  stato  della  nostra  Città ,  un  fratello  o 
vero  congiunto  di  Filippo .  allora  Re  di 
Francia ,  il  cui  nome  fu  Carlo  (1)  ;  raguna- 
rono  a  un  consiglio,  per  provvedere  a  que- 
sto fatto,  tutti  i  principi  della  setta,  con  la 
quale  esso  teneva  ;  e  quivi ,  tra  V  altre 
cose,  provveduto  che  ambasciata  si  do- 
vesse mandare  al  Papa ,  il  quale  allora 
era  a  Roma ,  per  la  qiiale  si  inducesse 
il  detto  Papa  a  dovere  ostare  aliar  venuta 
del  detto  Carlo;  o  vero  lui  di  concordia 
della  detta  setta ,  la  quale  reggea ,  far 
venire  :  e  venuto  a  delioerare  chi  doves- 
se esser  principe  di  cotale  legazione,  fu 
per  tutti  detto  che  Dante  fosse  desso. 
Alla  quale  richiesta ,  Dante  alquanto  so- 
prastato, disse:  Se  io  vo,  chi  rimane,  e  se 
io  rimango ,  chi  vat  quasi  esso  solo  fosse 
colui  che  tra  tutti  valesse ,  e  per  cui  tutti 
gli  altri  valessono.  Questa  parola  fu  in- 
tesa e  raccolta,  ma  quello  che  di  ciò  se- 
guisse ,  non  tu  al  presente  a  proposito  ; 
e  però  «  passando  avanti ,  il  lascio  stare. 
Oltre  a  tutte  queste  cose  fu  questo  va- 
lentuomo in  tutte  le  sue  avversità  fortis- 
simo :  solo  in  una  cosa ,  non  so  se  io 
mei  dica ,  fu  impaziente  ed  animoso,  cioè 
in  opera  appartenente  alle  parti ,  perchè 
in  esUio  fu  troppo  più  che  alla  sua  suf- 
ficienza non  apparteneneva  ,  e  che  egli 
per  altrui  non  voleva  ,  che  dì  lui  si  cre- 

(1)  Carlo  di  Valois  •  detto  poscia  Carìo  Masa 
Urrà ,  per  essersi!  riasciti  vani  i  suoi  tentt- 
tiw  di  procararsì  il  dominio  di  qaalche  stato. 

(2)  Se  è  vero  che  fU  animoso  ed  astioso, 
potrà  scusarsi  facilmente  riflettendo  eh*  egli 
fu  spogliato  d' ogni  suo  avere  e   ridotto  a 


desse.  Ed  acciocché  a  qual  parte  fosse 
cosi  animoso  e  pertinace  appaia  ,  mi  par 
che  sia  da  procedere  alquanto  più  oltre 
scrìvendo.  Io  credo  che  giusta  ira  dld- 
dio  permettesse  ,  già  è  gran  tempo,  quasi 
tutta  Toscana ,  e  Lombardia,  in  due  par- 
ti dividersi,  delle  quali ,  onde  cotali  nomi 
s'avessero  non  so,  ma  1'  una  si  chiamò 
e  chiama  parte  Guelfa,  e  l' altra  fu  Ghi- 
bellina chiamata;  e  di  tanta  efficacia  e 
reverenza  fim>no  negli  stolti  animi  di  mol- 
ti questi  due  nomi ,  che  per  difender  quel- 
lo ,  che  alcuno  avesse  eletto  per  suo  , 
contro  al  contrario ,  non  gli  era  di  per- 
dere i  suoi  beni  ed  ultimamente  la  vita, 
se  bisogno  fosse  stato ,  malagevole.  E 
sotto  questi  titoli ,  molte  volte  le  città  Ita- 
liche sostennero  di  grandissime  oppressio- 
ni e  mutamenti.  E  tra  V  altre  città  la^ 
nostra,  quasi  capo  deli' un  nome  e  del-' 
r  altro ,  secondo  il  mutamento  de'  Citta- 
dini ,  in  tanto  che  i  maggiori  di  Dante, 
per  Guelfi  due  volte  da*  Ghibellini  furono 
cacciati  di  casa  loro  :  ed  egli  similmente, 
sotto  titolo  di  Guelfo  ,  tenne  i  freni  del- 
la Repubblica  in  Firenze:  della  quale  cac- 
ciato, come  mostrato  è,  non  da*  Ghibel- 
lini ma  da'  Guelfi  ;  e  veggendo  sé  non 
poter  ritornare,  intanto  mutò  l'aninK), 
che  niuno  più  fiero  Ghibellino  ,  ed  a' 
Guelfi  avversario,  fu  come  lui.  E  quello 
di  che  io  più  mi  vergogno ,  in  servigio 
della  sua  memoria ,  é  che  pubblichisHma 
cosa  è  in  Romagna ,  ogni  femminella  , 
ogni  picciolo  fanciullo  ,  ragionando  di  par- 
te, e  dannando  la  Ghibellina ,  lui  avrebbe 
a  tanta  insania  mosso ,  che  a  gittar  le 
pietre  lo  avrebbe  condotto,  non  avendo  ta- 
ciuto (2);  e  con  questa  animosità  si  visse 
sino  alla  morte.  Certo  io  mi  vergogno 
dovere  con  alcun  difetto  macular  la  fama 
di  cotanto  uomo  :  ma  il  cominciato  ordi- 
ne delle  cose  in  alcuna  parte  lo  rìchit- 
de  ;  perciocché  se  nelle  cose  meno  che 

mendicar  nn  pane  per  protrarre  U  penosa  soa 
esistenza ,  ed  a  provare 

'    ....  Siccome  sa  di  sale 

Lo  pane  altrui ,  e  come  à  duro  calle 
Lo  scendere  e  salir  per  altmi  scale. 


DI    DANTE 


37 


Uoderoli  in  lui  mi  tacerò,  io  torrò  molta 
fedeaUe  laudevoli  già  moi»trate.  A  lui  me- 
desmo  adunque  mi  scuso,  il  ouale  perav- 
TCHlm  me  scrìvente  con  isdegnoso  oc- 
diio  da  alta  parte  de)  Gelo  riguarda.  Tra 
cotanta  virtù,  tra  cotanta  scienza ,  quan- 
ta dimostrato  è  di  sopra  essere  stata  in 
questo  nurifico  Poeta ,  truovò  amplissimo 
luogo  la  lussuria;  e  non  solamente  ne' 
poTani  anni  ma  ancora  ne'  maturi;  il  qual 
vizio,  comechò  naturale  e  comune  e  quasi 
DeeeMario  sia,  nel  vero  non  che  commen- 
dare ma  scusare  non  si  può  degnamente. 
Ila  dù  sarà  tra  mortali  giusto  giudice  a 
coodennariot  non  io. 

Oh  poca  fermezza ,  oh  bestiale  appe- 
tito degli  uomini!  che  cosa  non  possono 
in  noi  le  femmine,  se  le  vogliano?  che 
eziandio  non.volendo  possono  gran  cose  : 
esse  hanno   la  vaghezza   la  bellezza  ed 
il  naturale  appetito,  ed  altre  cose  assai, 
continuamente  per  loro  ne' cuori  degli  uo- 
mini proccoranti.  E  che  questo  sia  vero, 
lasciamo  stare  quello  che  Giove  per  Eu- 
ropa Ercole  per  Iole  e  Paride  per  Ele- 
oa  Cacesaere  ;   perciocché  poetiche  cose 
sono;  molti  di  poco  sentimento  le  direb- 
bon  favole,  ma  mostrasi  per  le  cose  con- 
venevoli ad  alcuno ,  di  negare  Era  an- 
cora nel  mondo  più  che  una  femmina , 
quando  il  nostro   primo  padre  ,  lasciato 
fl  comandamento  fattogli  dalla  propria  boc- 
ca d'Iddio ,  s'  accostò  alle  proprie  persua- 
iìooi  di  leiT  certo  no.  E  David,  non  ostan- 
te elle  molte  ne  avesse  ,  solamente  ve- 
duta Bersabè  ,  per  lei  dimentica  Iddio , 
il  suo    regno  ,    sé   e  la   sua  onestà ,  e 
adultero  prima  ,  e  poi  omicida  divenne. 
Che  si  dee  credere  che  egli  avesse  fatto 
sa  ella  alcuna  cosa  avesse  comandato  ? 
£  Salomone ,   ninno,  al  cui  senno. ,  dal 
fidiool  d*  Iddio  in  fuori  ,  aggiunse,  non 
abbandonò  colui  che  savio  Faveva fatto, 
e  per  piacere  a  una  femmina  s'Inginoo- 
ehiò  e  adorò  Balaam  ?  Che  fece  Erode  ? 
che  altri  molti  da  niuna  altra  cosa  tratti, 
che  dal  (nacer  lorot  Adunque  tra  tanti 
e  tah  non  è  scusata ,   ma  accusato  con 
assai   meno  curva  fronte  ,  che  solo  può 
passare  il  nostco  Poeta.  £  qutesto  ba&ti 


de'  suoi   costumi  più  notabili  aver  rac- 
contato. 

Compose  questo  glorioso  Poeta  più 
opere  ne'  suoi  giorni  ,  delle  quali  ordi- 
nata memoria  credo  che  sia  convenevole 
fare  ,  acciocché  né  alcuno  delle  sue  si 
intitolasse ,  né  a  lui  fossero  perawentura 
intitolate  le  altrui.  EgU  primieramente  , 
duranti  ancora  le  lagrime  della  sua  morta 
Beatrice  ,  quasi  nel  suo  ventiseesimo  an- 
no ,  compose  un  suo  volumetto,  il  quale 
egli  titolò  Vita  nuova ,  certe  operette  , 
siccome  sono  sonetti ,  e  canzoni ,  in  di- 
versi tempi  davanti  in  rima  fatti  da 
lui ,  maravigliosamente  belle  ,  di  sopra 
ciascuna  parUtamente  ed  ordinatamente 
scrìvenda  le  cagioni  che  a  quel  fare  l'a- 
vevan  mosso  ,  e  di  dietro  ponendo  le 
divisioni  delie  precedenti  opere  ;  e  come- 
ché  egli  d'  avere  questo  libretto  fatto  , 
negli  anni  più  maturi  si  vergognasse 
molto ,  nondimeno  considerata  la  sua 
età  ,  é  egli  assai  bello  e  piacevole  e 
massimamente  a'vulgari.. 

Appresso  questacompilazione  più  anni, 
ragguardando  egli  dalla  sommità  del  gover- 
no della  Repubblica  sopra  la  quale  stava ,  o 
vedendo  in  grandissima  parte,  siccome  di 
si  fatti  luoghi  si  vede  ,  qual  fosse  la  vi- 
ta degli  uomini ,  e  quali  fossero  gli  er- 
rori del  vulgo  ,  e  come  fossero  pochi  t 
disvianti  da  quello,  e  di  quanti  onori 
degni  fossero:  e  quelli  che  a  quello  s'ac- 
costassero di  quanta  confusione  ;  dan- 
nando gli  studi  di  questi  cotali ,  e  molto 
più  li  suoi  commendando,  gli  venne  nel- 
r  animo  un  alto  pensiero  ,  per  lo  quale 
a  una  medesima  ora ,  cioè  in  una  me- 
desima opera  ,  propose  ,  mostrando  la 
sua  sufficienza ,  di  mordere  con  gravis- 
sime pene  i  viziosi ,  e  con  grandissimi 
premi  i  virtuosi  e  i  valorosi  onorare  , 
ed  a  sé  perpetua  gloria  apparecchiare; 
E  pefciocchè ,  come  é  già  dimostrato  » 
egli  aveva  ad  ogni  studia  preposta  la 
Poesia,  poetica  opera  stimò  di  comporre. 
E  avendo  molto  davanti  premeditato 
quello  che  far  dovesse ,  nel  suo  trenta-- 
cinquesimo  anno  si  cominciò  a  dare  ai 
^  mandare  ad  efletto  ciò  che  avanti  pre- 


38 


VITA 


meditato  aveva  ,  cioè  a  volere  secondo 
i  meriti  mordere  e  premiare  ,  secondo 
la  diversiti  della  vita  degli  uomini  ;  la 
quale  perciocché  conobbe  esser  di  tre  ma- 
niere ,  cioè  viziosa;  o  da*  vizi  partentesi 
e  andante  alla  virtù;  o  virtuosa:  quella  in 
tre  libri  »  da  morder  la  viziosa  comin- 
ciando ,  e  finendo  nel  premiare  la  vir- 
tuosa ,  mirabilmente  distese  in  un  vo- 
lume ,  il  quale  tutto  intitolò  commedia. 
De'  quali  tre  libri  egli  distinse  ciascuno 
per  canti  e  i  canti  per  ritmi,  siccome  chia- 
ro si  vede  ;  e  quello  in  rima  vulgare  com- 
pose con  tanta  arte,  con  si  mirabil  ordine, 
con  si  bello  ,  che  niuno  fu  ancora  che 
giustamente  potesse  quello  in  alcuno  atto 
riprendere.  Quanto  sottilmente  egli  in 
esso  poetasse  per  tutto,  coloro  ,  a  quali 
è  tanlto  ingegno  prestato  da  intenderlo  ^ 
il  possono  vedere.  Ma  siccome  noi  vcg- 
giamo  le  gran  cose  non  potersi  in  breve 
tempo  comprendere  ,  e  per  questo  co- 
noscer dobbiamo  cosi  alta  cosi  grande 
cosi  recogitata  impresa  (  come  fu  tutti 
gli  atti  degli  uomini  e  i  lor  meriti  poe- 
ticamente volere  sotto  versi  vulgari  e  ri- 
mati racchiudere]  non  essere  stato  pos- 
sibile in  piccolo  spazio  avere  al  suo 
fine  recata ,  e  massimamente  da  uomo 
il  quale  da  molti  e  vari  casi  della  for- 
tuna ,  pieni  d*  angoscia  e  di  amaritudine 
venenati ,  sia  stato  agitato,  come  è  stato 
di  sopra  mostrato,  e  che  fu  Dante;  per- 
chè dall'  ora  ,  che  di  sopra  è  detta,  che 
egli  a  cosi  alto  lavorio  si  diede  ,  insino 
allo  stremo  della  sua  vita ,  comechè  al- 
tre opere ,  come  apparirà ,  non  ostante 
questa  ,  componesse  in  questo  mezzo  , 
gli  fu  fatica  continua.  Né  fia  di  super- 
chio  in  parte  toccare  d'  alami  accidenti 
intorno  al  principio  ed  alla  fine  di  quella 
avvenuti.  Dico  che  mentre  che  egli  era  più 
attento  al  glorioso  lavoro ,  e  già  della 
prima  parte  di  quello ,  la  quale  inti- 
tola Inferno  ,  aveva  composti  sette  canti, 
mirabilmente  fingendo  ,  e  non  mica  co- 
me Gentile,  ma  come  Cristianissimo  poe- 
tando! cosa  sotto  questo  titolo  mai  avanti 
non  fatta)  ;  sopravvenne  il  gravoso  acci- 
dente della  tua  cacciata  o  fuga  cte  chia- 


mar si  convenga,  por  la  quale  egli  e  quella 
ed  ogni  altra  cosa  abbandonata  ,  incerto 
di  sé  medesimo ,  più  anni  con  diversi 
amici  e  signori  andò  vagando.  Ma  come 
noi  dobbiamo  eertissimamente  credere,  a 
quello  che  Iddio  dispone  ninna  cosa 
contraria  la  fortuna  potere  operare,  alla 
quale  essa  forse  vi  può  porre  indugio , 
ma  non  torla  dal  debito  fine  ;  avvenne 
che  alcuno  per  alcuna  sua  scrittura,  forse 
a  lui  opportuna,  cercando  fra  le  cose  di 
Dante,  e  in  certi  forzieri  stati  fuggiti  su- 
bitamente in  luoghi  sagri ,  nel  tempo  che 
tumultuosamente  la  ingrata  e  disordinata 
plebe  era,  più  vaga  di  preda  che  di  giu- 
sta vendetta  ,  corsa  alla  casa  di  Dante  , 
trovò  li  detti  sette  canti  stati  da  Dante 
composti  ,  li  quali  con  ammirazione ,  non 
sapendo  che  si  fossero,  lesse  :  e  piacen- 
doli sommamente  ,  e  con  ingegni  sot- 
trattili del  luogo  ove  erano  ,  gli  portò 
ad  un  nostro  cittadino  il  cui  nome  fu 
Dino  di  messer  Lambertuccio  Fresco- 
baldi  ,  in  que*  tempi  famosissimo  dicitore 
in  rima  in  Firenze,  e  mostroglieli ;  i 
quali  veggendo  Dino  ,  uomo  di  grande 
intelletto,  non  meno  di  colui  che  portati 
gli  aveva  ,  si  maravigliò,  si  per  lo  belio 
pulito  ed  ornato  stile  del  dire ,  si  per 
la  profondità  del  senso  ,  il  quale  sotto 
la  nella  corteccia  delle  parole  gli  pareva 
sentire  nascoso  e  si  ancora  per  lo  luogo , 
onde  tratti  gli  avea  :  per  le  quali  cose 
agevolmente,  insieme  con  lo  apportator 
di  quelli ,  gli  stimò  essere ,  come  era- 
no ,  opera  fatta  da  Dante  ;  e  dolendosi 
quella  imperfetta  essere  rimasa ,  come- 
chè essi  non  potessero  presumere  a 
qual  fine  fosse  il  termine  suo  ,  seco 
deliberarono  sentire  dove  Dante  fosse  , 
e  quello  ,  che  trovato  avevano  ,  man- 
darli ;  acciocché  ,  se  possitnl  fosse  ,  a 
tanto  principio  desse  lo  immaginato  fine. 
E  sentendo  ,  dopo  alcuna  investigazione, 
lui  essere  appresso  il  marchese  Ma- 
nnello ,  non  a  lui ,  ma  al  marchese 
scrissono  il  loro  desiderio  ,  e  mandaro- 
no li  sette  canti  ;  li  quali  poiché  il  mar- 
chese ,  uomo  assai  intendente ,  ebbe  ve- 
duti ,  e  molto  seco  lodatoli ,  gli  mostrò 


DI    DANTE 


39 


m  Dante  ,  e  domandollo  se  esso  sapea 
di  coi  opera  stati  fossero  ;  li  quali  Dante 
rieoooAciuti,  subito  rispose  che  sua.  Allo- 
ra lo  pr^ò  il  marchese,  che  gli  piacesse 
di  DOD  lasciare  senza  debito  une  si  alto 
principio.  Certo ,  disse  Dante  ,  io  mi 
credea  nella  rovina  delle  ikiie  cose,  que- 
sti con  altri  miei  libri  aver  perduti  ;  e 
però  al  per  questa  credenza ,  e  si  per  la 
moltitiidme  delle  altre  fatiche  fer  lo 
mìo  esilio  sopraTrenute  ,  del  tutto  avea 
r  alta  fantasia,  sqira  quest'  opera  presa, 
abbandonata  ;  ma  poiché  la  fortuna  ino- 
pinatamente me  gh  ha  rìpinti  dinanzi  , 
e  a  Toi  aggrada,  io  cercherò  di  ridurmi 
a  memoria  il  primo  proposito,  e  pro- 
cederò secondo  che  mi  sia  data  la  gra- 
zia. E  reassunta,  non  senza  fatica ,  dopo 
alquanto  tempo  la  fantasia  lasciata  , 
•egui: 

Io  dico  $eguiia9^  j  che  ai$ai  prima,  ec. 

dove  assai  manifestamente ,  chi  bene  ri- 
goarda ,  può  la  reassunzione  dell'  opera 
intermessa  conoscere.  Ricominciata  dun- 
gae  da  Dante  la  magnifica  opera ,  non 
mse  ,  seoondocbè  molti  stimerebbono  , 
senza  più  interromperla,  la  produsse  alla 
fine  ,  anzi  più  volte ,  secondochò  la 
graviti  de*  casi  soprawegnenti  rìchiedea, 
i|uando  mesi,  quando  anni,  senza  potere 
adoperare  alcuna  cosa,  mise  in  mezzo  ; 
né  tanto  si  potè  avacciare  ,  che  prima 
non  lo  sopraggragnesse  la  morte ,  che 
egli  tutta  pubblicare  la  potesse.  Egli  era 
suo  costume ,  qualora  sei  o  otto  o  più 
o  meno  canti  fatti  n'aveva,  quelli,  pri- 
nacbè  alcun  altro  ^  vedesse,  dovecchò 
egli  fosse ,  mandarli  a  messer  Cane  della 
Scala  ,  il  quale  egli,  oltre  ad  ogni  altro, 
aveva  in  reverenza  ;  e  poichò  da  lui 
eran  Tedot!,  ne  faceva  copia  a  chi  la 
ne  volea  ;  ed  in  cosi  fatta  maniera 
avendo  egK  tutti ,  fuor  che  ^  ultimi 
tretfid  canti,  mandati^,  e  queDi  avendo 
egli  fatti  e  non  ancor  mandati ,  avvenne 
che  senza  avere  alcuna  memoria  di  lasciar- 
li, si  mori.  E  cercato  da  quelli  che  ri- 
masono  e  figliuoli  e  diaccili  più  volte  e 


in  più  mesi  ogni  sua  scrittura ,  se  alla 
sua  opera  avesse  fatto  alcuna  fine  ,  né 
trovandosi  per  alcun  modo  i  canti  resi- 
dui; essendone  generalmente  ogni  suo  ami- 
co corniccioso  che  Iddio  non  1'  aveva 
almeno  al  mondo  tanto  prestato  ,  che 
egli  '1  picciolo  rimanente  della  sua  opera 
avesse  potuto  compire;  dal  più  cercare, 
non  trovandoli ,  s'erano  disperati  rimasi. 
Eransi  Iacopo  e  Piero  figliuoli  di  Dante, 
de'  quali  ciascuno  era  dicitore  in  rima  , 
per  persuasione  d' alcuni  loro  amici , 
messi  a  volere ,  quanto  per  loro  si  po- 
tesse ,  supplire  la  patema  opera,  accioo- 
chò  imperfetta  non  rimanesse.  Quando  a 
Iacopo ,  il  quale  in  ciò  era  più  fervente 
che  V  aJtro  ,  apparve  una  mirabil  visio* 
ne  ,  la  quale  non  solamente  dalla  stolta 
presunzione  il  tolse  ,  ma  gli  mostrò  do- 
ve fossero  li  tredici  canti  li  quali  alla 
divina  commedia  mancavano  ,  e  da  loro 
non  saputi  ritrovare. 

Raccontava  un  valentuomo  ravegnano, 
il  cui  nome  fu  Piero  Giardino  lunga- 
mente stato  discepolo  di  Dante ,  che 
dopo  l'ottavo  mese  dalla  morte  del  suo 
maestro  ,  era  una  notte  vicino  all'  ora 
che  noi  chiamiamo  mattutino,  venuto  a 
casa  sua  il  predetto  Iacopo ,  e  det- 
toli so  quella  notte  ,  poco  avanti  a  quel- 
l'ora, avere  nel  sonno  veduto  Dante  suo 
padre  vestito  di  candidissimi  vestimenti, 
e  d'una  luce  non  usata  risplendente  nel 
viso ,  venire  a  lui  :  al  quale  gli  pareva 
domandare  se  egli  viveva  ,  e  udir  da  lui 
per  risposta  di  si ,  ma  della  vera  vita  , 
non  della  nostra  ;  perchò  oltre  a  questo 
gli  parea  dippiù  domandare ,  se  egli  avea 
ancora  compiuta  la  sua  opera  anzi  il  suo 
passare  alla  vera  vita  :  e  se  compiuta  lavea 
dove  fosse  quello  che  vi  mancava,  da  loro 
mai  non  potuto  trovare.  A  questo  gli  pa- 
reva la  seconda  volta  udire  per  risposta: 
si ,  io  la  compiè  ;  e  quinci  gli  parea , 
che  lo  prendesse  per  mano  ,  e  menasselo 
in  quella  camera  ,  ove  era  uso  di  dor- 
mire quando  in  questa  vita  vivea  ;  e 
toccando  una  parete  di  quelle ,  diceva  , 
egU  è  qui  quello  che  voi  tanto  avete  cerca- 
to ;  e  questa  parola  detta ,  a  un'ora  Dante 


kO 


VITA 


e  *l  sonno  gli  pareva  che  si  partissono  ; 
per  la  qual  cosa  affermava  sé  non  esser  po- 
tuto stare  ,  senza  venire  a  significarli  ciò, 
che  veduto  avea  ,  acciocché  insieme  an- 
dassero a  cercare  nel  luogo  mostrato  a 
lui ,  il  quale  egli  ottimamente  avea  se- 
gnato nella  memoria  ,  a  vedere  se  vero 
spirito  o  falsa  delusione  ,  questo  gli  avesse 
discgnato.Per  la  qual  cosa, restando  ancora 
gran  pezzo  di  notte  ,  mossonsi  ed  insieme 
vennero  al  dimostrato  luogo  e  quivi  tro- 
varono una  stuoia  confìtta  al  muro ,  la 
quale  leggiermente  levatane ,  vidono  nel 
muro  una  fìnestretta  da  niuno  di  loro  mai 
più  veduta  né  saputa ,  che  la  vi  fosse  ; 
ed  in  quella  trovarono  alquante  scritture 
tutte  per  la  umidità  del  muro  muffate  e 
vicine  al  corrompersi  se  guari  più  state  \ì 
fussero  ,  e  quelle  pianamente  dalla  muffa 
purgate  leggendole  ,  videro  contenere  li 
tredici  canti  tanto  da  loro  cercati.  Per  la 
qual  cosa  lietissimi  ,  quelli  riscritti ,  se- 
condo l  usanza  dello  autore ,  prima  gli 
mandarono  a  Messer  Cane  della  Scala  , 
e  poi  alla  imperfetta  opera  li  ricongiun- 
sero sicome  si  conveniva.  In  cotal  ma- 
niera r  opera  compilata  in  molti  anni  si 
vide  finita. 

Muovono  molti,  e  intra  essi  molti  sa- 
vi uomini ,  generalmente  una  quistione 
cosi  fatta  ,  che  conciofossecosaché  San- 
te fosse  in  iscienza  solennissimo  uomo> 
perché  a  comporre  si  grande  e  si  alta 
materia  ,  e  cosi  notabile  libro  ,  come  é 
questa  sua  Commedia ,  nel  Fiorentino 
Idioma  si  disponesse  ,  perchè  non  più 
tosto  in  versi  latini ,  come  gli  altri  Poeti 
precedenti  hanno  fatto.  A  cosi  fatta  doman- 
da rispondere,  tra  molte  ragioni,  due  tra 
le  altre  principali  me  ne  occcorrono.  Delle 
quali  la  prima  è  per  fare  utilità  più  comune 
ai  suoi  cittadini ,  ed  agli  altri  Italiani  ;  co- 
noscendo ,  che  se  metricamente  in  latino, 
come  gli  altri  Poeti  precedenti,  avesse 
scritto,  solamente  a*  litterati  avrebbe  fatto 
utile  ;  scrivendo  in  vulgare  fece  opera 
mai  più  non  fatta  ,  e  non  tolse  il  non 
poter  essere  inteso  da*  litterati  :  e  mo- 
strando la  bellezza  del  nostro  Idioma,  e 
la  sua    eccellente  arte,  in   quello ^  di- 


letto e  intendimento  dì  sé  diede  agli  idio- 
ti ,  abbandonati  peraddietro  da  ciascuno* 
La  seconda  ragione  che  a  questo  il  mosse, 
fu  questa:  vedendo  egli  i  liberali  studi 
del  tutto  abbandonati ,  e  massimamente 
da'  Principi  e  dagli  altri  grand'  uomini , 
a'  quali  si  solcano  le  poetiche  fatiche  in- 
titolare, e  per  questo  ,  e  le  divine  opere 
di  Virgilio  e  degli  altri  solenni  Poeti ,  non 
solamente  essere  in  poco  pregio  divenu- 
te, ma  quasi  da  più  disprezzate  ;  avendo 
egli  cominciato  ,  secondo  Y  altezza  della 
materia ,  in  questa  guisa  : 

UUima  regna  canam  fluido  eanterminamundo, 
SpiritUnu  quae  lata  patent  ,quae  premia  eolvunt 
Pro  meritis  cuicumque  luii»  etc. 

il  lasciò  stare  :  e  immaginando  invano 
le  croste  del  pane  porsi  alla  bocca  di 
coloro  che  ancora  il  latte  sugafio  ,  in 
istile  atto  ammoderni  sensi  ricominciò  la 
sua  opera  e  proseguilla  in  vulgare.  Que- 
sto libro  della  Commedia  ,  secondo  il  ra- 
gionare d' alcuno ,  intitolò  egli  a  tre  so- 
lennissimi  Italiani ,  secondo  la  sua  tri- 
plice divisione ,  a  ciascuno  la  sua  in  que* 
sta  guisa.  La  prima  parte,  cioè  Inferno» 
titolo  a  Uguccione  della  Faggiuola,  il  quale 
allora  in  Toscana  era  signore  di  Pisa  mi- 
rabilmente glorioso.  La  seconda  parte  , 
cioè  Purgatorio  ,  intitolò  al  Marche^ 
Manuello  Malespina.  La  terza  parte,  cipò 
Paradiso^  a  Federigo  terzo  Re  di  Sicilia. 
Alcuni  vogliono  dire  lui  averlo  titolato 
tutto  a  Messer  Cane  della  Scala  ;  ma 
qua]  si  sia  Tuna  di  queste  due  la  veri- 
tà ,  niuna  cosa  altra  n'  abbiamo  ,  che  so- 
lamente il  volontario  ragionare  di  diver- 
si :  né  egli  è  si  gran  fatto  che  solen- 
ne investigazione  ne  bisogni.  Similmente 
questo  egregio  afutore  ,  nella  venuta  di 
Arrigo  VII  Imperadore ,  fece  un  li- 
bro in  latina  prosa ,  il  cui  titolo  è  Jtfb- 
narchia  ,  il  quale  secondo  tre  quistioni, 
le  quali  in  t^sso  determina ,  in  tre  libri  di- 
vise; nel  primo,  loicamente  disputando , 
prova  che  al  bene  essere  del  mondo  sia 
di  necessità  essere  imperio  ^  la  quale  è  ' 
la  prima  quistione  :  nel  secondo ,  per  ar- 


DI    DANTE 


(1 


K^nli  {storiografi  procedendo ,  mostra 
a  di  ragione  ottenere  il  titolo  deil^ino- 
perìo,  che  è  la  seconda  quistione.  Nel  ter- 
so per  argomenti  teologici  prova  Tautorìti 
dell*  imperio  inmiediatamente  procedere  da 
Dio ,  e  non  mediante  alcun  suo  Vicario, 
come  gli  cherici  pare  che  vogliano,  e  que- 
lla è  la  terza  quistione.  Questo  libro  più 
anni  dopo  la  morte  dell'autore    fu  dan- 
nato da  Messer  Beltramo  Cardinale   dei 
Paggetto  ,  e  Legato  del  Papa  nelle  parti 
di   Lombardia  ,   sedente   Papa  Giovanni 
XXIL  £  la  cagione  fu ,  perciocché  Lo- 
dovico Duca  di  Baviera  dagli  Elettori  di 
Lamagna  eletto  Re  de'  Romani ,  venendo 
per  la  sua  coronazione  a  Roma,  centra 
al  piacer  del  dettò  Papa  Giovanni ,  es- 
sendo in  Roma  ,  fece  ,  contro  agli  ordi- 
namenti ecclesiastici ,  uno  Frate  Minore, 
chiamato  FratePietro  della  Corvara,  Papa, 
e  m(A\ì  Cardinali  e  Vescovi  ;  e  quivi  a 
questo  Papa  si  fece  coronare  :  e  nata  poi 
in  rocdti  casi  della  sua  autorità  quistione, 
egli  e  i  suoi  seguaci,  trovato  questo  libro 
a  dìfensione  di  quella,  e  di  sé,  molti  degli 
argomenti  in  esso  posti  cominciarono  ad 
usare;  per  la  qual  cosa  il  libro,  il  quale  in- 
fino allora  appena  s' era  saputo  ,  divenne 
molto  famoso.  Ha  poi,  tornatosi  il  detto 
Lodovico  in  Lamagna ,  li  suoi  seguaci,  e 
massimai|aente  li  cherici  venuti  al  dichino, 
e  dispersi,  il  detto  Cardinale,  non  essendo 
chi  a  dò  si  opponesse ,  avendo  il  detto  li- 
bro* quello  in  pubblico,  come  cose  ereti- 
che cont^iente,  dannò  al  fuoco  ,  e  '1  simi- 
giiante  si  sforzò  di  fare  delle  ossa  dell'au- 
tore ad  etema  infamia  e  confusione  della 
sua  memoria  ,  se  a  ciò  non  si  fosse  oppo- 
9Ìto  mio  valoroso  e  nobileCavaliere  Fioren- 
tino ,  il  cui  nome  fu  Pino  della  Tosa,  il 
quale  allora  a  Bologna  ,  ove  ciò  si  trat- 
tava ,  si  trovò  ,  e  con  luì  Messere  Ostagio 
da  Polenta,  pdtente  ciascuno  assai  nel 
f  ospetto  del  Cardinale  di  sopra  detto.  Ol- 
tre a  ciò  compose  Dante  due  E^oghe  as- 
sai belle  ,  le  quali  furono  intitolate  e  man- 
date da  lui   per    risposta  di  certi  versi 
mandatili  da  maestro  Giovanni  del  Vir- 
;!Ìiio ,  del  quale  di  sopra  altre  volte  ho 
(dU)  menzione.  Compose  ancora  un  co- 


mento  in  prosa,  in  Fiorentino  Idioma,  so- 
pra tre  delle  sue  canzoni,  e  distese,  comec- 
ché egli   appaia  lui  avere  intendimento 
quando  egli  cominciò,  a  cementarle  tutte, 
benché  poi  ,   o  per  mutamento    di  pro- 
posito ,  o  per  mancamento  di  tempo  che 
avvenisse,  più  cementate  non  sene  truo- 
vano  da  lui:  e  questo  intitolò  Convivio  (1), 
assai  bella  e  laudevole  operetta.  Appresso, 
già  vicino  alla  sua  morte,  compose  un  li- 
bretto in  prosa  latina ,  il  quale  egli  intitolò 
De  vìUgari  doquentia  ,  dove  in&ndeva  di 
dar  dottrina  ,  a  chi  imprender  la  volesse, 
di  dire  in  rima;  e  comecché  per  lo  detto 
libretto  apparisca  lui  avere  in  animo  di  do- 
vere comporre  in  ciò  quattro  libri,  o  che 
più  non  ne  facesse  ,  dalla  morte  soprap- 
preso ,  o  che  perduti  sieno  gli  altri ,  più 
non  appariscono  che  due  solamente.  Fece 
ancora  questo  valoroso  Poeta  molte  pistole 
prosaiche  in  latino ,  delle  quali  ancora  ap- 
pariscono assai.  Compose  molte  canzoni  di- 
stese ,  sonetti  e  ballate  assai  d*  amore  e 
morali ,  oltre  a  quelle  che  nella  sua  Vita 
Nuova  appariscono,  delle  quali  cose  non 
curo  di  fare  speziai  menzione  al  presen- 
te. In   cosi  fatte  cose ,    quali  di    sopra 
sono  dimostrate  ,  consumò  il  chiarissimo 
uomo  quella   parte  del    suo  tempo  ,    la 
quale  egli  agli  amorosi  sospiri ,  alle  pie- 
tose lagrime  ,  atte  sollecitudini  pubbliche 
e  private  ^  ed  a  vari  fluttuamenti  della 
iniqua  fortuna  potè  imbolare  :  opere  trop- 
po più  a  Dio  ,   ed  agli  uomini   accette- 
voli  ,  che  gli  'nganni ,  le  fraudi  le  men- 
zogne le  rapine  i  tradimenti  ;  le  quali  la 
maggior  parte  degli  uomini  usano  oggi , 
cercando   per  diverse  vie   un  medesimo 
termine ,   cioè  divenir  ricco  ,   quasi  in 
quello  ogni  bene  ogni  onore  ogni  beati- 
tudine stia.  Oh  menti  sciocche  I  una  breve 
particella  di  un'  ora  ,  separato  dal  caduco 
corpo  lo   spirito  ,   tutte  queste  vitupe- 
revoli fatiche  annullerrà:  e  il  tempo,  nei 
quale  ogni  cosa  suole  consumarsi,  o  an- 
nullerà prestamente  la  memoria  del  ricco, 
0  quella  per  alcuno  spazio  j  con  vergo- 

(1)  Il  Convito  meritò  di  esser  illostrtto  dal- 
l'immortale Torquato  Tasso. 

6 


42 


VITA 


gna  di  lui ,  serverà:  che  del  nostro  Poeta 
certo  non  avverrà  ;  anzi ,  siccome  noi  veg- 
giamo  degli  strumenti  bellici  avvenire,  che 
per  usarli  diventano  più  chiari ,  cosi  av- 
verrà del  suo  nome:  egli  per  essere  stro- 
C'^cciato  dal  tempo  ,  sempre  diverrà  più 
cente.  E  però  fatichi  chi  vuol  le  sue 
vanità ,  e  bastigli  l' essere  lasciato  fare , 
senza  volere  con  riprensione  da  sé  mede- 
simo non  intesa  ,  V  altrui  virtuoso  operare 
andar  mordendo. 

Mostrato  è  sommariamente  qual  fosse 
1*  origine  ,  gli  studi ,    la  vita  j   i  costu- 
mi,  e  quali  sieno   1*  opere   state  dello 
splendido  uomo    Dante  Alighieri  Poeta 
chiarissimo  ,  e  con  esso  alcuna  altra  cosa, 
facendo  trasgressione ,  secondo  che  m*ha 
conceduto  colui  che  d' ogni  grazia  è  dona- 
tore. Ben  so,  per  molti  altri  meglio  j  e 
più  discretamente   si  saria  saputo   mo- 
strare ;  ma  chi  fa  quel  che  sa  più  non 
1^1  è  richiesto.   Il  mio   avere   scrìtto  , 
come  io  ho  saputo,*  non  toglie  il  poter 
dire  a  un  altro  ,    che  meglio  ciò   creda 
di  scrivere ,  che  io  non  ho  fatto  ;    anzi 
forse,  se  io  in  parte  alcuna  ho  errato, 
dafò  materia  ad  altrui  di  scrìvere,  per  dire 
il  vero  del  nostro  Dante,  ove  sino  a  qui 
niuno  truovo  averlo  fatto.  Ma  la  mia  fatica 
ancora  non  è  alla  sua  fine.  Una  particella 
nel  processo  promessa  di  questa  operetta 
mi  resta  a  dichiarare ,  Cioè  il  sogno  della 
madre  del  nostro  Poeta ,    quando  in  lui 
era  gravida  ,  veduto  da  lei  :  del  quale  io 
quanto  più   brevemente  saprò  e  potrò  , 
intendo  di  dilivrarmi  e  por  fine  al  ragio- 
nare. 

Vide  la  gentildonna  nella  sua  gravidezza 
sé  a  piedi  d' uno  altissimo  alloro ,  allato 
a  una  chiara  fontana  ,  partorire  un  fi- 
gliuolo ,  il  quale  di  sopra  narrai ,  in  breve 
tempo  pascendosi  d'  orbacche  di  quello 
alloro  cadenti ,  e  delle  onde  della  fonta- 
na ,  divenire  un  gran  pastore  ,  e  vago 
molto  delle  frondi  di  quello  alloro,  sotto  il 
quale  era  ;  le  quali  egli  mentre  che  avere 
si  sforzava,  gli  pareva  che  cadesse;  e  su- 
bitamente non  lui  ,  ma  di  lui  un  bellis- 
simo paone  gli  pareva  vedere:  della  qual 
meraviglia  la  gentildonna  commossa,  rup- 


pe ,  senza  più  avanti  di  lui  vedere  *  il 
dolce  sonno. 

La  divina  bontà  ,  la  quale  ab  aetemo  ^ 
siccome  presente ,  previde  ogni  cosa  Ita» 
tura,  suole  da  sua  benignità  propria  ìooè* 
sa  »    qualora  la  natura  sua  general  mi* 
nistra  e  per  producere  alcuno  inusitato  ef^ 
fette  intra  mortali ,    di  quello  con  al» 
cuna  dimostrazione ,  o  in  sogno,  o  in  al- 
cuna altra  maniera  farci  avveduti;  accioc- 
ché dalla  predimostrazione  esemplo  preci» 
diamo  ogni  conoscenza   consister  nel  Si» 
gnore  ddla  natura  producente  ogni  cosa  ; 
la  quale  predimostrazione ,   se  bene  si 
riguarda ,  ne  fece  nella  venuta  del  Poe- 
ta ,  del  quale  di  sopra  tanto  é  parlato  « 
nel  mondo.  Ed  a  qual  persona  la  potea 
egli  fare ,  che  con  tanta  affezione  e  ve- 
duta e  servata  Y  avesse ,    quanto  colai 
che  della  cosa  mostrata  dovea  esser  ma- 
dre ,  anzi  già  era  ?  certo  a  ninna  ;  roo» 
strollo  dunque  a  lei ,  e  quello  che  a  lei 
mostrasse  ci  ò  già  manifesto  per  la  scrit»' 
tura  di  sopra  ;  ma  quello  che  egli  inteiH 
desse ,  con  più  acuto  occhio  è  da  mostra» 
re  e  da  vedere.  Parve  dunque  alla  don» 
na  partorire  un  figliuolo,  e  certo  cosi  fece 
ella  in  piccol  termine  dalla  veduta  visio- 
ne. Ma  che  vuol  significare  Taito  alloro 
sotto  il  quale  lo  partorisce,  è  da  vedere* 
Opinione  é  e , d'astrologi   e  dì  molti  na- 
turali filosofi  j  per  la  virtù  ed  influenza 
de' corpi   superiori  >   gli   inferiori  e  pro- 
ducersi e  nutrìcarsi  ;   e  se  potentissima 
ragione  ,  da  divina  grazia  illuminata,  non 
resiste,  guidarsi.  Per  la  qual  cosa  veduto 
qual  corpo  superiore,  che  più  possente  nel 
grado ,  eh'  è  sopra  Y  Orizzonte  ,   sale  in 
quell'ora,  che  alcuno  nasce  ;  secondo  quel- 
lo cotale  corpo  più  possente,  anzi  secondo 
le  sue  qualitadi ,  dicono  dei  tutto  il  nato 
(lisporsi.  Perchè  per  lo  alloro  ,  sotto   il 
(inalo  alla  donna  parca   il  nostro  Dante 
duro  al  mondo  ,  mi  pare  che  sia  da  in- 
tendere la  disposizione  dei  cielo,  la  quale 
fu  nella  sua  natività  ,  mostrante  sé  es- 
ser tale  ,  che  magnanimità  ed  eloquenza 
poetica  dimostrava  ;    le  quali  due  cose 
si^ifica    r  alloro  ,    albero  di  Febo  ,  e 
delle  cui  frondi  i  Poeti  sono  usi  di  co- 


DI    DANTE 


43 


fonarti ,  come  di  sopra    è  di  già  mo- 
strato assai.  L*  orbacche,  dalle  quali  nu- 
trìmeoio  prendeva  il  fanciullo  nato  ,  gli 
effetti  di  cosi  fatta  disposizione  di  cielo, 
«piale  è  di  già  dimostrata  ,    proceduta 
intendo  ;  i  quali  sono  i  libri  poetici  e  le 
loco  dottrine  ;  dai  quali  libri  e  dottrine 
fa  altiMÌmam^te  nutricato ,  cioè  ammae- 
strato il  nostro  Dante.  U  fonte  chiarissi- 
mo ,  della  cui  acqua  gli  pareva  che  que- 
sti beesse  j  ninna  altra  cosa  giudico  che 
sia  da  intiere,  se  non  l'ubertà  della 
filosofica  dottrina  morale  e  naturale,  la 
quale  siccome  dall*ubertà  nascosa  nel  ven- 
tre della  terra  proc^e,   cosi  e  queste 
dottrine  dalle  copiose  ragioni  dimostra- 
tive ,  che  terrena  ubertà  si  possono  dire, 
preodooo  essenza  e  cagioni  ;  senza  le 
quali ,  cosi  come  il  cibo  non  può  bene 
disporre  senza  bere  n^li  stomachi  di  chi 
Il  prende  ,  cosi  non  si  può  alcuna  scienza 
bene  negli  intelletti  adattare  di  nessuno, 
te  da  filosofici  dimostramenti  non  è  or- 
dinata e  disposta  ;  perchè  ottimamente 
possiamo  lui  dire ,  con  le  chiare  onde  , 
cioè  con  la  filosofia ,  disporre  nel  suo  sto- 
maco ,  cioè  nel  suo  intelletto.  L' orbac- 
die ,  delle  quali  si  pasce  ,  cioè  la  Poesia, 
h  quale,  come  è  già  detto  ,  con  tutta  la 
sua  sollecitudine  studiava.  Il  divenire  su- 
bitamente pastore  ,  ne  dimostra  V  eccel- 
lenza dd  suo  ingegno  ,  iqquanto  subita-^ 
mente  fu  tanto  e  tale  che  in  breve  spazio 
di  tempo  comprese  per  istudio  quello  che 
opportuno  era  a  divenir  pastore ,   cioè 
datore  di  pastura  agli  altri  ingegni  di  ciò 
bisogDOsL  £  siccome  ciascuno  assai  leg- 
giermente può  comprendere,  due  maniere 
sono  di  pastori  :  1*  una  sono  pastori  cor- 
porali ,  r  altra  spirituali  :  i  corporali  pa- 
stori SODO  di  due  maniere ,  delle  quali 
la  prima  è  quella  di  coloro  che  vulgar- 
roeote  sono  chiamati  pastori ,  cioè  guar- 
datori  ddle  pecore  o  de*  buoi  o  di  qua- 
lun^ie  altro  animale  ;  la  seconda  maniera 
SODO  i  padri  deOe  famiglie  j  dalla  solle- 
citodÌDe  de'quali  convengono  esser  pasciute 
gnaidate  e  governate  le  greggi  de'  figliuoli 
de'  servidori  e  degli  altari  suggetti  di  quelli. 
Gli  fiirìtaali  pastori  similmente  si  possono 


dire  di  due  maniere  ,  delle  quali  r  una 
è  quella  di  coloro  li  quali  pascon  l' anime 
de*  viventi  della  parola  d' Iddio ,  e  questi 
sono  i  prelati  i  predicatori  e  saceràoti  » 
alla  cui  custodia  sono  commesse  T  anime 
labili  di  qualunque  sotto  il  governo  a  cia- 
scuno ordinato  dimora  :  V  altra  è  quella 
di  coloro  li  quali  d*  ottima  dottrina  o  leg- 
gendo quello  che  i  passati  hanno  scritto, 
0  scrivendo  di  nuovo  quello  che  a  lor 
pare  non  tanto  chiaro  mostrato  ,  o  om- 
messo  ,  informando  gli  animi  e  gli  'Mei- 
letti  degli  ascoltanti,  e  delle  genti,  li  quali 
generalmente  dottori,  in  qualunque  facultà 
si  sia  j  si  sono  appellati.  Di  questa  maniera 
di  pastori  subitamente  ,  cioè  in  poco  temr 
pò  «  divenne  il  nostro  Poeta.  £  che  ciò  sia 
vero  ,  lasciando  l' altre  opere  da  lui  com- 
pilate, ragguardisi  la  sua  Commedia,  la 
quale  con  la  bellezza  e  dolcezza  del  testo 

fiasco  non  solamente  gli  uomini ,  ma  i 
anciuIK  e  le  femmine;  e  con  mirabil  soa- 
vità de*  profondissimi  sensi  sotto  quella 
nascosi,  poiché  alquanto  gli  ha  tenuti  so- 
spesi, ricrea  e  pasce  li  solenni  intellettu 
Lo  sforzarsi  d'aver  quelle  frondi,  il  frutto 
delle  quali  Tha  nutricato,  niuna  altra 
cosa  dimostra  che  Y  ardente  desiderio  a- 
vuto  da  lui,  come  di  sopra  si  dice,  della 
corona  laurea ,  la  quale  per  nuli*  altro  si 
desidera  se  non  per  dare  testimonianza  del 
fruito;  le  quali  fronde,  mentre  che  egli  più 
ardentemente  desiderava,  lui  dice  che  vide 
cadere;  il  quale  cadere  niuna  altra  cosa  fu 
se  non  quel  cadimento  che  noi  faccianoo 
tutti ,  senza  levarci,  cioè  il  morire,  il  quale 
(se  ben  si  ricorda  ciò  che  di  sopra  è  detto) 
gli  avvenne  quando  più  la  sua  laureazione 
desiderava.  Seguentemente  dice  che  di 
pastore  subitamente  il  vide  divenuto  un 
paone  ;  per  lo  qual  mutamento  assai  bene 
la  sua  posterità  comprender  possiamo  : 
la  quale  comechè  nelle  altre  sue  opere 
stia ,  sonunamente  vive  nella  sua  Com- 
media, la  quale,  secondo  il  mio  giudicio, 
ottimamente  è  conforme  al  paone ,  se  la 
proprietà  dell*  uno  e  dell'altro  si  guar- 
deranno. Il  paone ,  tra  1*  altre  sue  pro- 
prietà, per  quello  che  m'  appaia,  n'  ha 
quattro  naturali  :  la  prima  si  è  che  egli 


kh 


VITA 


ha  ponnn  angelica,  e  in  qnella  ha  cento 
u(;chi  :  la  seconda  ,  che  egli  ha  sozzi  i 
piedi  e  tacita  andatura:  la  terza  si  è  che 
egli   ha  voce  molto  orribile  a  udire  :  la 
quarta   ed  ultima  si  è  che  la  carne  sua 
è  odorifera  e  incorruttibile.  Queste  quat- 
tro cose  ha  in  sé  la  Commedia  del  no- 
stro Poeta;  ma  perciocché  acconciamente 
r  ordine  posto  di  quelle  non  si  può  segui- 
re, come  verranno  più  in  concio,  or  Tuna 
or  r  altra  le  verrò  adattando^  e  comin- 
cerommi  dall'  ultima.  Dico  che  il  senso 
della  nostra  Commedia  è  simigliante  alla 
carne  del  paone,  perciocché  esso,  o  mo- 
rale 0  tqologico  che  tu  lo  dica ,  a  qual 
parte  del  libro  più  ti  piace ,  è  semplice 
e  immutabile  verità,  la  quale  non  sola- 
mente non  può  corruzione  ricevere ,  ma 
quanto  più  si  ricerca,   maggiore  odore 
della  sua  incorruttibile  slavità  porge  a* 
riguardanti  :  e  di  ciò  leggiermente  molti 
esempli  si  dimostrebbono  se  la  presente 
materia  il  sostenesse;  e  però  senza  por- 
ne alcuno ,  lascio  il  cercarne  agli  inten- 
denti.  Angelica  penna  dissi  che  copria 
questa  carne.  Io  dico  angelica ,  non  per- 
chè io  sappia ,  se   cosi  o  altrimenti  gli 
Angeli  ne  abbiano  alcuna,  ma  congettu- 
rando e  immaginando  a  guisa  de' mortali, 
credendo  che  gli  Angeli  volino ,   avviso 
loro  aver  penne  ;  e  non  sappiendo  alcuna 
fra  questi  uccelli  più  bella  né  più  pelle- 
t;rina  nò   cosi   come  quella  del  paone , 
immagino  loro  così  dovere  aver  fatte  ;  e 
però  non   quelle  da  queste ,   ma  queste 
da  quelle  denomino,    perchè  più  nobile 
uccello  è  Y  Angelo  che  il  paone  ;  per  le 
c|uali  penne  ,  onde  questo  cot\ìo  si  cuo- 
])ro  y  intendo  la  bellezza  della  peregrina 
storia   che   nella  superficie  della  lettera 
della  Commedia  suona,  siccome  l'essere 
disceso  in  Inferno ,  e  veduto  Y  abito  del 
luogo  ,  e  le  varie  condizioni  degli  abitan- 
ti ;  esser  ito  su  per  la  montagna  del  Pur- 
gatorio ,  udite  le  lagrime  e  i  lannenti  di 
coloro  ,  che  sperano  esser  santi  ;  e  quin- 
di esser  salito  in  Paradiso  ,  e  la  ineifdbil 
gloria  de*  Beati  veduta.  Istoria  tanto  bella 
e  pellegrina ,  quanto  mai  da  alcuno  più 


in  cento  canti,  sicome  alcuni  voglion  dire 
il  paone  nella  coda  cento  occhi  avere  : 
li  quali  canti  cosi  provvedutamente  distin- 
guono la  varietà  del  trattato  opportuno^ 
come  gli  occhi  distinguono  i  colori,  eia 
diversità  delle  cose  obbiette.  Dunque  ben 
è  d'  angelica  penna  coperta  la  carne  dei 
nostro  paone.  Sono  similmente  a  questa 
paone  li  piedi  sozzi ,  e  Y  andatura  quie- 
ta :  le  quali  cose  ottimamente  alla  Com- 
media del  nostro  autore  si  confanno;  per- 
ciocché siccome  sopra  i  piedi  pare   che. 
tutto   il  corpo  si  sostenga,   cosi  prima 
pare  che  sopra  il  modo  del  parlare  ogni 
opera  e  scrittura  si  sostenga ,   e  il  par- 
lar vulgare  ,  nel  quale ,  e  sopra  il  quale 
ogni  giuntura   della  Commedia  si  sostie- 
ne, a  rispetto  dell'  alto  e  maestrevole  stile 
litterale ,   che  usa  ciascun  altro  Poeta  , 
è  sozzo  ,  comechè   egli  sia   più  che  gli 
altri  belli,  a  moderni  ingegni  conforme. 
L*  andare  quieto,  significa  la  umiltà  dello 
stile ,  il  quale  nelle  Coinmedie  di  neces- 
sità si  richiede ,  come  coloro  sanno  che 
intendono  quello  che  vuol  dir  Commedia. 
Ultimamente  dico,  che  la  voce  del  paone 
è  orribile,  la  quale  comechè  la  soavità 
delle  parole  del  nostro  Poeta  sia  molta, 
quanto  alla  prima  apparenza  ,  senza  niuno 
fallo  ,  chi  bene  la  midolla  dentro  riguar- 
da ,  ottimamente  a  lui  si  confà.  Chi  più 
orribilmente  di  lui  grida  quando  con  in- 
venzione acerbissima  morde  le  colpe  de' 
viventi ,   e  quelle   de'  preteriti  castiga  ? 
Qual  voce  é  più  orrida   che  quella   del 
gastiganU^> ,  a  colui  che  è  disposto  a  pec- 
care ?  certo  ninna.  £gli  a  un'  ora  con  le 
sue  dimostrazioni  spaventa  i  buoni  e  con- 
trista i  malvagi.  Per  la  qual  cosa  quanto  in 
questo   adopera ,  tanto   veramente  orri- 
da voce  si  può  dire  avere.  Per  la  qual  cosa 
e  per  Y  altre  di  sopra  toccato ,  assai  ap- 
pare colui  che  fu  ,   vivendo  ,   pastore  , 
dopo  la  morte  esser  divenuto  paone,  sic- 
come si  può  credere  essere  stato  per  di- 
vina spirazione  nel    sogno  mostrato  alla 
cara  madre.  Questa  sposizione  del  sonno 
della  madre  del  nostro  Poeta ,  conosco  es- 
ser assai  superficialmente  per  me  fatta  » 


non  fu  pensata  non  che  udita  ;  dLìtinta  |  e  questo  per  più  cagioni.  Primierameate 


DI    DANTE 


45 


perchè  forse  la   sufBzienza  che  a  tanta 
cosa  si  richiederebbe ,   non  ci  era  :  ap- 
presso ,  posto  che  stata  ci  fosse,  la  prin- 
cipile intenzione  non  lo  pativa.  Ultima- 
nwote  quando  la  sufficienza  ci  fosse  stata, 
e  li  materia  Tavesse  patito,  era  ben  fatto 
da  me  non  esser  più  detto ,  che  detto  si 
na,  accìocchò  ad  altrui ,  più  di  me  suffi- 
denle  e  più  vago  ,  alcun  luogo  io  lasciassi 
di  dire.  £  pero  quello ,  che  detto  n  è  , 
quanto  a  me,  debbo  convenevolmente  ba- 
stare :  e  quello  che  manca,  rimanga  nella 
soilecitaduie  di  chi  segue. 
La  mia  piccioletta  barca  è  pervenuta 


al  porto ,  al  quale  ella  dirizzò  la  prora , 
partendosi  dall'  opposito  lito  :  e  comechè 
il  pileggìo  sia  stato  Ipiccolo ,  il  mare,  il 
quale  «eir  ha  solcato  nasse  e  tranquillo  , 
nondimeno  di  ciò  che  senza  impedimento 
è  venuta ,  ne  sono  da  render  grazie  a  colui 
che  felice  vento  ha  prestato  alle  sue  vele. 
Al  quale  con  quella  umiltà,  con  quella 
devozione  ,  con  quella  affezione  che  io 
posso  maggiore,  non  quelle,  nò  cosi  gran- 
di ,  come  elle  si  converrieno ,  ma  quelle 
eh'  io  posso  rendo,  benedicendo  in  eterno 
il  suo  nome ,  e'I  suo  valore.  E  cosi  sia. 


Qui  finisce  la  vita  di  Dani$  scritta  da  M.  Gio.  Boccaccio. 


OSSERVAZIONI  CRITICHE 


SD  LA  VITA 


DI  DANTE  ALLIGHIERI 


COMPILATA 


BA  filOTANNI  BOCCACCIO. 


D 


1  tatti  ^  scrittori  della  vita  di  Dante 
nessuno  ,  se  ben  si  riguarda ,   è  tanto 
esatto  e  diligente ,  che  su  le  di  lui  as- 
Krzioni  possa  la   nostra  fede  tranquilla- 
neote  posare.  E  di  ciò  cagione  è  Tayere 
i  posteriori  copiato  da' precedenti,  e  tut- 
ti ,  come  da  prima  fonte,  daj  Boccaccio. 
K  prima  di  procedere  ol^e ,  uopo  è  fer- 
marci alquanto  per  dimostrare,  quasi  pre- 
fimioarmente,  questa  verità  ;  dalla  quale 
conosceremo ,  che  la  massima  parte  dei 
bui  di  Dante,  sebbene  asseriti  da  molti 
ioittorì ,  non  merita  maggior  fede  di  quella 
Hiead  un  solo  potrà  prestarsi ,  miai  è  il 
boccaccio;  venendo  poi  all'  esame  de'par- 
jicoiarì  della  istoria  da  costui  compilata, 
is  alcune  parti  falsa,  in  altre  alterata  ed 
B  molte  difettosa  provandola. 

IMce  il  Boccaccio  ,  che  Dante  quoii 
ifiio  inizio  della  $ua  vita  infimo  aJT  «(- 
^  della  morte  ebbe  fierissima  ed  incom- 
pffiMlepamon  <r amore;  e  spiegando  me- 
fib  r  oggetto  di  tale  amore  soggiunge 
poco  dopo  :  Infra  gli  altri  per  avventura 
Ajeo  Pùrtinariyuomo  a$$ai  onorevole  in 
fmtemjri  fra'cittadini,  il  primo  dì  dimaq^ 
|M  «vera  i  cireo$tanii  vicini  raccolti  neUa 
P'fria  casa  a  fateggiarej  fn]^  quali  era 


U  già  nominato  Alighieri  (  padre  }  ;  il 
quale  Dante^  il  cui  nono  anno  non  era 
ancora  finito ,  seguitò  ;  e  quivi  meecolató 
con  gli  altri  della  iua  età ,  de*  quali  coA 
maschi  come  femine  j  erano  molti  nella 
casa  dd  festeggiante  ;  servite  le  prime 
mense  di  ciò  che  la  sua  piccola  era  po- 
teva operare  j  puerilmente  con  gli  àtri 
si  pose  a  trastullare.  Era  infra  la  turba 
de*  giovanetti  una  figliuola   dd   soprad- 
detto Folco  j   il  cui  nome   era   Bice  , 
comecché  egli  sempre  dal  euo  primitivo  ^ 
cioè  Beatrice  ,  la  nominasse  ;  la  cui  età 
era  forse  d' otto  anni,  assai  leggiadretta, 
secondo  la  sua  fanciullezza  ,  e  nt^  suoi 
atti  gentilesca  e  piacevole  molto  ,  con  co- 
stumi e  con  parole  assai  piìt  gravi  e  mo- 
deste che  il  suo  piccolo  tempo  non  richie- 
deva. E  più  sotto  :    Costei  dunque  tale 
quale  io  la  disegno  o  forse  assai  più  bella 
apparve  in  questa  festa ,  non  credo  pri- 
mamente, ma  prima  possente  a  innamo- 
rare agli  occhi  del  nostro  Dante  ;  U  qua- 
le, ancoraché  fanciullo  fosse,   con  tan- 
V  affezione  la  bella  imagine  di  lei  rice- 
vette nel  cuore  ,   che  da  quel  giorno  in- 
nanzi mai  y  mentrechè  visse  ,  non  se  ne 
dipani.  E  in  seguito  :  Dante  nella  par- 


hS 


OSSEI^YAZIONI 


goletta  età  fatto  t  amore  ferventissimo 
iervitorc  ....  Per  la  qual  cosa  ogni 
altro  affare  lasciandone  ,  solleciiissimo 
andava  là  dovunque  credea  poterla  vede- 
re ,  quasi  del  viso  e  degli  occhi  di  lei 
dovesse  attingere  ogni  suo  bene  ed  intera 
consolazione  •  .  •  Quanti  e  quali  fossero 
t  pensieri ,  t  sospiri  ,  le  lagrime  e  V  ai- 
Ire  passioni  gravissime  poi ,  in  piò  prò- 
vetta  età  ,  da  lui  sostenute  per  questo 
amore,  egli  medesimo  lo  dimostra  in  parte 
nella  sua  Vita  Nuova. 

Il  primo  che  si  abbia  fatto  trascinare 
dair  autorità  del  Boccaccio  su  questo 
particolare  ,  fu  BenvenuiO  da  Imola ,  an- 
tico cementatore  di  Dante ,  quasi  de*tem- 
pi  del  Boccaccio  ;  sicché  egli  cementando 
quei  versi  del  canto  XXX  del  Purgatorio: 

Sopra  candido  vel  cinta  (P  oliva 

Donna  m'  apparve  ,  ec, 

« 

cosi  si  spiega  :   Sed  ad  pleniorem  cogni- 
tionem  eorum  quae  dicuntur  hic  et  in  ca- 
pitulo  sequenti  de  ista  Beatrice  ,  volo  te 
scire  quod  cum  quidam  Fulcus  Fortuna- 
riuSy  honorabilis  dvis  Florentiae  de  more 
faceret  celebre  convivium  kalendis  maii, 
convocatis  vicinis  cum  dominabui  eorum, 
Dantes  tunc  puerulus  novem  annorum  , 
sequutus  patrem  suum  Aldighermm,  qui 
erat  unus  de  numero  convivarum  ,  vidit 
a  casu  inter  alias  puellae ,  pueUuiam  fr 
liam  praefati  Fulcl,  cui  nomen  erat  Bea- 
trix,  aetatis  Vili  annorum,  mime  pul- 
fhritudinis  ,  sed  majoris  honestatis;  quae 
subito  intravit  cor  ejus  ,   ita  quod  num- 
qnam  postea  recessit   eb  eo ,   donec  iUa 
rixit,  sive  ex  conformitate  complexionis, 
et  morum  ,  sive  ex   singulari  influentia 
roeli.  Et  cum   aetate  muttipUcatae  con- 
tinuo sunt  amorosae  fiammae:   ex  quo 
Dantes  totus  deditus  UH  quocumque  iret 
jicrgebat ,  credens  in  ocutis   ejus   videre 
iummam  felicitatem,  prò  qua  lacrymas, 
rigilias  et  infinitas  tulit  poenas  :   tamen 
hic  amor  honestissimus   semper  fuit  ,  ut 
nunquam   apparuit  signum  libidinosi  ae- 
ius  in  amante  vel   amata.    Hoc   autem 
fuit  ctrtissimum  pronosticum  et  augurium 


futuri  amoris  ,  quem  haìnturui  erat  ad 
Beatricem  sacram  ,  ad  quam  erat  pronus 
a  natura.  Ex  his  potes  cognoscere  quod 
poeta  aliqua  dicit  historice  aliqua  allego* 
rice  de  Beatrice  sua. 

Leonardo  Aretino  ,  il  quale  viTCTa  ai 
tempi  del  pronipote  di  Dante  ,  panni  il 
più  accurato  scrittore  della  vita  di  que- 
sto Poeta  ,  non  già  che  molte  cose  non 
avesse  preso  dall*  opera  del  Boccaccio  ; 
ma  perchè  molte  ne  conobbe  false ,  ed 
altre  vi  aggiunse  mancanti.  Nondimeno , 
condannando  egli  il  Boccaccio  per  essersi 
troppo  occupato  in  descrivere  gli  amori 
di  Dante  ,  par  lui  non  conchiudere  al- 
trimenti, sebbene  con  più  brevità  dicendo: 
Fu  usante  in  giovinezza  sua  con  giovani 
innamorati,  e  lui  ancora  di  simile  pas- 
sione occìipato  ,  non  per  libidine  ,  ma 
per  gentilezza  di  cuore  ;  e  ne*  tuoi  teneri 
anni  versi  di  amore  a  scrivere  cominciò, 
come  vedere  si  pub  in  una  sua  operetta 
vulgare  che  si  chiama  Vita  Nuova. 

Cristoforo  Landino,  il  cui  cemento  deDa 
divina  Comedia  vide  la  luce  in  Firenze  nel 
Ìk8ì  in  foglio,  dice  cosi  :  Nella  sua  primsa 
età  ^innamori)  d^una  fanciulletta  figlimela 
di  Folco  Portinari  ,  chiamata  Bice  ,  la 
quale  egli  chiamo  sempre  per  lo  tuo  intero 
e  diritto  nome.  Beatrice. 

Alessandro  Vellutello  nel  154(h  pubbli- 
cò il  suo  comento  sopra  Dante  in  Vene- 
zia ,  e  del  Poeta  cosi  dice  :  Usò  nella  ma 
gioventù  con  giovani  innamorati  ,  ed  egU 
ancora  di  simil  passione  fu  oppresso  ,  $ 
specialmente  per  la  sua  Beatrice ,  fimo 
da  teneri  anni ,  come  egli  stesso  afferma 
nel  trigesimo  canto  del  Purgatorio.  E  nom 
per  lascivia  ,  ma  per  gentilezza  e  gene* 
rosità  di  animo  cominciò  a  scriver  versi 
di  amore  ,  come  si  può  vedere  in  quella 
sua  operetta  intitolala  Vita  Nuova. 

Berardiiio  Daniello  da  Lucca  che  pub- 
blicò i  suoi  comeiiti  sopra  la  Divina  co- 
media  circa  il  1560 ,  cosi  paria  degli 
amori  di  Dante  :  Conversò  nella  sua  gio- 
ventù con  giovani  innamorati,  ed  egU 
ancora  di  simile  passione  fu  oppresso  per 
la  sua  Beatrice  ,  ma  non  per  lascivia  , 
ma  per  gentilezza  e  generosità  di  animo^ 


CRITICHE 


49 


n  nostro  D.  Giuseppe  de  Cesare ,  che 
dottmieiite  compilò  la  vita  di  questo  som- 
BoPòela,  stampata  in  NapoU  nel  1811 
pe'ti(tt  della  Stamperìa  Reale,  cosi  degli 
■lori  di  Dante  ragiona  :  Dotato  di  cuor 
9mtibUe  e  di  un  umor  fnalinconieo  e  si- 
lamofOj  doeea  esser  egli  necessariamente 
aneoUo  negli  amorosi  lacci ,  ove  non  ca- 
don  facilmente  gV  insensihiU  ,  i  loquaci  , 
f  ^t  aUegri.  Narraci  in  effetto  il  Boc- 
caccio che  fin  dalla  fanciullesca  età  di  anni 
noce  fu  Dante  preso  da  un  caldo  ma  in- 
nocente affetto  per  Beatrice  figlia  di  Folco 
hfrtinari  ,  nobil  fanciulla  fiorentina ,  e 
WUa  al  di  sopra  di  ogni  altra  ;  la  quale 
da  Imi  vista  per  la  prima  v<dta  in  un  gran 
comeito  j  gli  parve  «  non  figliuola  di  uo- 
eno  mùrtale  ma  di  Dio  d  come  enfaiica- 
mente  e  con  le  fervide  espressioni  ddCO" 
wmn  eM  stesso  ne  dice  in  una  delle  sue 
efcre.  ]>OYe  è  notevole  l'ingenuità  del  no- 
stro valentuomo  di  rìportare  all'uopo  Tau- 
loriti  del  Boccaccio,  mostrando  egli  in 
certo  modo  di  dissentirgli.  Non  dissimili 
iono  le  opinioni  del  Costa  del  Monti  del 
Foscolo  e  di  altri  egregi  scrittori ,  che  per 
bieviti  tralascio. 

Dall*  esposte  parole  de*predetti  scrittori 
agevolmente  scorgesi  che  eglino  tutti  ad 
OD  dipresso  trascrivono  ciò  che  il  Boc- 
caccio disse  degli  amorì  di  Dante  e  del- 
r oggetto  della  sua  passione;  per  la  qual 
cosa  facilmente  convincesi  ciascuno,  che, 
fiocooie  in  ciò  t  raschiar  si  fecero  dal- 
r  autorità  di  tanto  uomo  ,  non  altrimenti 
to  seguitarono  m  tutto  il  resto  de'fatti  del 
sommo  Poeta ,  chi  più  chi  meno  ;  ed  in 
assai  poche  cose  non  gli  assentono  ,  ed 
ÌB  assai  meno  si  mostran  diligenti  a  ricer- 
car la  esistema  di  altre  a  Dante  di  mag- 
por  bude  e  dal  Boccaccio  omesse. 

Che  però  desiderando  io  che  (U  questo 
predpuo  splendore  della  nostra  Italia  eia- 
SCODO  sappia  quel  che  degno  è  di  saper- 
■  »  m*  ingegnerò  ,  quanto  le  mie  forze 

(I)  Doua  e  assai  necessaria  dissertazione 
Mi  titolo  di  prefaxione  premise  il  can.  Biscio- 
li allo  Proso  di  Dante  e  del  Boccaccio  pubbli- 


cali  in  Fir«go  nel  17tt  per  Tartini  e  Fran- 1  dissartuione  desinilo. 


comportano  ,  di  rapinare  ìq  queste  0.<- 
servaziùni  tutto  ciò  che  da  altri  uomini 
sommi  con  miglior  intendimento  e  con  più 
sode  ragioni  si  è  detto ,  non  lasciando  di 
ricercare  anch'io  altre  pniove  per  vieme- 
glio stabilire  il  vero ,  ed  il  falso  combatte- 
re. £  per  procedere  ordinatamente ,  de* 
voluti  amori  di  Dante  e  della  sua  amata 
Beatrice  primamente  ragiono  (1). 

Da  qua' fonti  attinse  il  Boccaccio  che 
Dante  ebbe  incomportabile  passion  (^amo- 
re, egU  noi  dice,  né  credo  che  dire  l'a- 
vesse potuto,  non  essendo  stato,  a  dire  il 
vero,  di  lui  coetaneo  :  che  Dante  chiuse 
il  mortale  suo  corso  nel  1321,  ed  il  Boccac- 
cio r  apri  nel  1313.  Aggiungi  il  lungo  esi- 
ho  di  quello ,  le  persecuzioni  della  fortu- 
na, e  1  viaggiare  continuo  per  molte  città 
d' Italia  e  persino  in  Parigi ,  e  pensa  se 
un  uomo  agiatamente  nato  e  cresciuto  , 
caduto  poscia  in  tanto  abisso  di  sventu- 
re ,  abbia  potuto  esser  si  folle  da  tener 
dietro  alle  amorose  passioni  infino  all'ul- 
timo della  morte  j  come  vorrebbe  il  Boc- 
caccio. Ma  lascio  di  addurre  altre  ragio- 
ni grandissime  in  contrario  di  questa 
passione  di  Dante,  e  soggiungo  soltanto 
che  un  uomo  fin  dalla  tenera  età  dato 
a' buoni  studi,  nella  sua  adolescenza  com- 
battente per  la  patria ,  e  poco  appresso 
sedente  alia  testa  della  repubblica,  amante 
singolare  della  sua  città,  e  maisempre  in- 
tento a  proccurare  il  bene  de*  suoi  con- 
cittadini ,  non  avrebbe  certo  potuto  dive- 
nire di  amore  ferventissimo  servitore;  poi- 
ché passion  siffatta  e  tanto  eccessiva  ri- 
chiede di  necessità  un  cuore  privo  di 
ogni  altro  affetto  più  nobile,  e  deve  es- 
sere dall'ozio  specialmente  alimentata.  Ma 
torniamo  a  combattere  il  Boccaccio. 

Mentre  il  Boccaccio  descrive  il  nostro 
Poeta  per  uomo  eccessivamente  dominato 
dalla  passion  di  amore ,  sostiene  di  van- 
taggio che  r  oggetto  singolare  della  sua 
passione  fu  Beatrice  figlia  di  Folco  Porti- 
chi;  per  la  qoal  cosa  tutto  ciò  che  in  eonfà- 
tazione  degli  amorì  di  Dante  e  di  Beatrice  qui 
per  me  si  ragiona ,  è  in  buona  parto  da  qoeiia 


50 


OSSERVAZIONI 


nari  nobile  fiorentino,  detta  quale  fanciulla  |  contento  delle  sue  scritture  se  di  aroorofle 
di  otto  anni  egli  similmente  di  nove  anni  |  leggerezze ,  e  di  lascivi  racconti  non  le 
fanciullo  s'innamorò ,  e  si  forte  fu  que- 
sto suo  amore   che  mai  potò  spegnersi 
nò  per  la  morte  avvenuta  di  Beatrice  , 
nò  per  l' amore  di  nuova  donna  la  quale 
egli  tolse  a  consorte  ,  nò  per  la  foprav- 
vegneiiza  de'  figli ,  nò  per  cariche  pub- 
bliche ,  nò  per  esilio  e  per  isventure.  Se  1  minata  Éeatrice  più  volte  »   non   dubitò 
un  fanciullo  di  nove  anni  possa  concepire    poi  di  spacciare  come  reale  l'^ore  dei 
si  violenta  passione  per  una  fanciuUetta 
egualmente  di  tenera  età,  ò  quistione  per 
la  quale  mi  riporto  al  giudizio  degli  uo- 
n\ini  assennati.  Ma  dato  che  a  tale  età  si 


condiva  ;  a  chi  piace  il  bere  sempre 
giona  di  vini ,  e  la  lingua  va  dove  fl 
dente  duole.  Sicchò  da  questa  sua  indi» 
nazione  di  scrivere  illuso,  e  trovato  nelle 
opere  di  Dante,  e  specialmente  nella  Ftto 
lìuova  »  parole  e  versi  di  amore ,  e  och 


Poeta  e  ramata  sua  Beatrice.  Ecco  come 
nella  vita  da  lui  scritta  egli  dice:  Qutmii 
e  quali  fonerò  i  pemieri ,  i  io$piri  j  U 
lagrime  e  le  altre  passioni  gravissiwM  , 


abbia  potuto  innamorare.col  processo  degli  \poi  in  piit  provetta   età  da  lui  sostenute 


anni ,   e  pervenuti  amendue  a  tempo  di 

matrimonio  ,  egli ,  che  ogni  altro  a/fare  la- 

sciandone  sollecitissimo  andava  làdovunque 

credta  pileria  vedere,  quasi  del  viso  e  degli 

occhi  di  lei  dovesse  attingere  ogni  suo  bene 

ed  intera  consolazione ,  perchò  non  tolse 

a  consorte  colei  che  assai  leggiadretla  e 

ne'  suoi  atti  gentilesca  e  piacevole  molto, 

con  costumi  e  con  parole  assai  ptu  gravi 

e  modeste  che  il  suo  piccolo  tempo  non  ri- 
chiedeva ?  Perchò  patire  eh*  ella  andasse 

a  marito  con  un  cavaliere  de*  Bardi  chia- 
mato messer  Simone,  piuttosto  che  spo- 
sarla egli  stesso  che  l' amava  si  forte- 
mente da  fanciullezza  ?  Quale  ostacolo  o 
sociale  riguardo  potea  impedire  un  tal  ma- 
trimonio? Non  era  Danto  ragguardevo- 
lissimo sopra  d' ogni  altro  per  nobiltà  ed 
antichità  di  prozia,  discendendo  da' pri- 
mi fondatori  di  Firenze,  agiato  sufilcien- 
temente  quanto  a  fortuna,  e  rispettabi- 
lissimo oltre  modo  per  iscienza  e  costu- 
mi? Ma  procediamo  oltre,  e  vediamo 
che  altro  dice  il  Boccaccio  di  questi  amo- 
ri di  Dante  e  deir  amata  sua  Beatrice. 

Ciascuno  le  coso  del  mondo  secondo 
lo  proprie  inclinazioni  suole  interpretare, 
ogni  suo  diletto  ponendone  dipoi  in  sUTatta- 
mente  ragionare.  Cosi  il  nostro  Boccac- 
cio delle  novello  amorose  fé*  suo  studio 
principale  ;  di  talchò  per  queste  e  dive- 
nuto famoso  in  tutto  il  mondo ,  come 
«attesta  il  suo  capolavoro  quasi  in  tutte  le 
lingue  tradotto.  Per  la  qua!  cosa,  io  credo 
che  questo  valente  uomo  non  era  mai  \peneterò  mentre  ella  visse  :^ e  molteitose- 


per  questo  amore  (  di  Beatrice  )  egli  me- 
desimo  lo  dimostra  ndla  sua  Vita  Nuova. 
E  nel  suo  Cemento  inedito  sopra  la  di- 
vina Comedia^  al  canto   secondo   dello 
Inferno,  cosi  scrive:  Fu  adunque  queUa 
donna  ,  secondo  la  relazione  di  fede  d^ 
gna  di  persona  la  quale  la  conobbe  ^  efis 
per  consanguinità  strettissima  a  lei  ^  fi- 
gliuola di  un  valente  uomo,   ehiamaio 
Folco  Ihrtinari ,  antico  cittadino  di  Fi^ 
renze:  e  comecché  l'autore  (Dante)  sem* 
pre  la  nomini  Beatrice  dal  suo  primitivo, 
ella  fu  chiamata  Bice;  ed  egli  acconeic^ 
mente  il  testimonia  nel  Paradiso  là  dove 
dice  : 

Ma  quella  reverenza  che  ^indonna 
Di  tutto  me,  per  be  e  per  ice  : 


e  fu  di  costumi  e  di  onestà  laudevole  quan» 
to  donna  esser  debba  e  possa  :  e  di  bel' 
lezza  e  di  leggiadria  assai  ornata  ,efu 
fnoglie  di  un  cavaliere  de'  Bardi  chiama^ 
to  messer  Simone  ;  enei  ventiquattresimo 
anno  della  sua  età  pussì^  di  questa  vita 
negli  anni  di  Cristo  1290.  Fu  questa  don- 
na maravigliosamente  amata  dall' autore; 
né  cominciò  questa  amore  nella  provetta 
età  ,  ma  nella  loro  fanciullezza  ;  peroo^ 
che  essendo  ella  d  età  ^otto  anni,  e  Cofs^ 
tore  di  nove,  siccome  egli  medesimo  t^ 
stimonia  nel  principio  deUa  sua  Vita  Anfo- 
ra ,  prima  piacque  agli  occhi  suoi  :  ed 
in  quesf  amore  con  maravigliosa   onestà 


CRITICHE 


51 


m  rima  per  questo  amore  ad  onor  di  lei 
già  compone  ;  e  secondo  che  egli  nella  fine 
déU  9ua  Yiia  Nuota  scrive  ,  egli  ad  onor 
ài  lei  a  comporre  la  presente  opera  (  la 
Gooedia)  si  dispose;  e  come  appare  e 
fsm  ed  tu  olire  parti,  assai  maraviglio^ 
mmesUé  V  onora. 

De.  questo  passo  e  da  riferiti  di  sopra, 
a  vede  chiaramente  che  la  pruova  delio 
amore  di  Dante  per  Beatrice,  il  Boccaccio 
b  ripone  nella  Vita  Nuova  :  anzi  egli  nella 
ìjita  di  Dante ,  dice  che  il  Poeta  compose 
quasi  per  Beatrice  quell'opera  :  Egli  pri- 
mieramentCsdisranti  ancora  le  lagrime  del- 
la sua  morta  Beatrice  ,  quasi  nel  suo  ven- 
Useenmo  anno,  cotnpose  un  stto  volumetto 
il  quale  egli  titolò  Vita  Nuova.  M$i  perchè 
taluno  può  credere  che  tale  amore  abbia 
saputo  il  Boccaccio  anche  per  tradizione, 
osservo  che  se  cosi  fosse  stato,  non  avreb- 
be lasciato  di  scrìverlo;  siccome  scrisse 
nel  principio  del  riferito  passo  dell' ine- 
dito suo  comento  ,   avere  inteso  di  ciò 
parlare  da  persona  la  quale  conobbe  Bea- 
trice ,  ed  era  a  lei  stretta  per  parentela, 
senza  dire  poi  il  nome  di  questa  perso- 
na. D*  altronde  se  vero  fosse  stato  questo 
amore  verso  Beatrice  Portinari,  non  sa- 
rebbero mancate  altre  persone  a  raccon- 
targlielo ,  mentre  tanto  Beatrice  quanto 
Dante  erano  due  Personaggi  distinti ,  ed 
attiravano  T  attenzione  di  hitti;  oltre  che 
H  sarebbe   manifestato  po'  componimen- 
ti che  per  onor  di  lei  Dante  avrebbe  par- 
ticolannente  composto  ;  li  quali  non  so- 
lo avrebber  ciò  appalesato  ai  contempo- 
ranei, ma  pure  a' posteri  piùrejnoti.  Io 
dunque  senza  curarmi  di  questa  voluta  re- 
Iasione  di  fede  degna  che  il  Boccaccio  ap- 
pena accerma»  e  che  avremo  di  qui  a  poco 
più  motivi  a  averla  non  degna  di  fede; 
tengo  per  fermo  che  egli  questa  sua  opi- 
fliooe  trasse  dalla  Vita  Nuova  soltanto, 
fiosla  le  sue  replicate  confessioni.  E  però 
a  ragionare  io  vengo  della  Beatrice  della 
quale  si  parla  ndla  Vita  Nuova. 
^  Dico  adunque  che  la  Vita  Nuova ,  la 
Comedia  ed  il  Convito  di  Dante  son  tre 
opere  diverse  nel  subbietto,  ma  confor- 
flri  nd  fine;  e  ciascuna  riguarda  i  tre 


principali  stadi  della  vita  umana;  cioè  la 
Vita  Nuova  la  gioventù ,  la  Comedia  la 
virilità,  e  il  Convito  la  vecchiezza.  Dico 
dippiù  che  tanto  il  Convito  ,  che  la  Vita 
Nuova  sono  opere  tutto  morali ,  e  questa 
specialmente  un  trattato  di  amore  pura- 
mente intellettuale.  Che  però  conchiudo 
che  la  Beatrice  di  Dante  della  Vita  Nuova 
non  è  da  intendere  per  donna  terrena  ,  ma 
per  cosa  tutta  spirituale  e  celeste ,  quasi 
una  novella  Pandora,  come  al  proposito 
ragiona  un  antico  scrittore  delia  vita  di 
Dante  ,  Mario  Filelfo,  che  la  compilò  nel 
1^68;  forse  a  petizione  di  Piero  pronipote 
di  Dante,  perciocché  questo  Piero  la  de- 
dicò a  Piero  de'  Medici  e  a  Tommaso  Se- 
derini. Ecco  le  parole  del  Filelfo:  JE^o,egli 
dice,  ego  aeque  Beatricem^quamamasae 
fingitur  Dantes,  mulierem  unquam  fuisst 
opinor^  ac  fuit  Pandora,  quam  omnium 
deorum  muntis  consequutam  esse  fabulan- 
tur  poetae,   E  volendo   meglio   provare 
questa  opinione  ,  seguita  :  Scripsit ,  dicit 
tUe  (il  Boccaccio],  ad  amicam  cantiones, 
Scripserunt  et  navalia  bella,  et  castra  in 
hostes  firmarunt,   et  machinas  erexerunt 
poetarum  carmina,  quibus  nunquam  ad- 
fuerunt.    Multa  solent  exereendi  ingenii 
gratia  fieri ,  quae  nullam  admisèrc  Ubi- 
dinem.  Hoc  verius  argumentum,quod  cum 
uno  Dante  nemo  fuerit  incofruptior ,  et 
innoeentior,  nemo  moderatici ,  possimus 
manifesto  conjectari,  solius  hunc  virttUis 
et  honestati^  amicum  extilisse:  non  enim 
qui  summum  bonum  in  gloria  constituunt 
immortali,  voluptatespraeficiunt  dominas, 
quas  sequantur,  quae  ad  interitum  nos 
deducunt.  Daltroude  chi  non  sa  che  i  poeti  • 
non  sempre  si  servono  di  nomi  propri ,  ma 
ora  glinventano  da  sé  ed  ora  gii  adattano 
a  lor  piacere  ?  E  il  Boccaccio  non  fece 
cosi  nel  suo  Decamerone?  E  nell'Ameto 
e^i  stesso  non  introduce  sotto  sembiante 
di  sette  bellissime  ninfe  le  tre  virtù  Teo- 
logali e  le  quattro  Cardinali? 

Da  tutti  i  luoghi  ne'quali  parla  Dante  di 
Beatrice  ,  altro  non  si  raccoglie  che  il  suo 
^pme,  la  sua  età,  la  sua  morte.  Né  per- 
ciò possiamo  conchiudére  eh'  ella  sia  stata 
donna  di  questo  mondo  ì  perocché  la  Vi^ 


52 


OSSERVAZIONI 


NuoTa  è  ana  struttura  di  poetico  ingegno 
idealmente  condotta.  Nella  quale  di  Beatri- 
ce parlando  Dante,  e  della  prima  volta  che 
la  vide,  cosi  dice:  A  miei  occhi  apparve 
prima  la  gloriosa  donna  della  mia  meti- 
le. Dunque  donna  della  mente  l'appella, 
ie  non  carnale*  In  altro  luogo  la  chiama 
tua  salute  e  sua  beatitudine;  in  altro  luogo 
dico  eh'  essa  era  desiderata  in  cielo  dagli 
angeli  j  ed  altrove  soggiunge  che  in  cielo 
non  era  altro  difetto  che  la  sua  mancan- 
za,  io  che  non  poteva  malamente  finire 
chi  le  aveva  parlato  ;  e  simiglianti  frasi 
convenevoli  a  sovrumana  creatura  si  leg- 
gono nella  canzone  che  comincia  : 

Donne  che  avete  intelletto  cT  amore. 

Dice  pure  che  questa  donna  è  il  numero 
nove ,  e  dimostra  che  il  numero  nove 
contiene  ogni  perfezione ,  e  poi  conchiu- 
do esser  ella  un  miracolo  della  Santissima 
Trinità  :  il  che  dimostra  che  tal  donna 
non  può  essere  altro  che  cosa  semplicis- 
sima e  perfettissima.  E  meglio  di  ciò  con- 
vincono le  frasi  della  divina  scrittura  che 
il  ir  uopo  adatta  ,  come:  dire  di  lei  quello 
che  mai  non  fu  detto  d'alcuna;  e  pre- 
gare die  V  anima  di  lui  vada  a  vedere  la 
ijloria  di  quella  benedetta  Beatrice.  Dip- 
\n\ì  se  Beatrice  fu  un'innamorata  di  Dan- 
te, dovremmo  concludere  non  altrimenti 
di  Lucia,  la  quale  egli  introduce  nel  se- 
condo canto  dell'  Inleruo  : 

Questa  chiese  Lucia  in  suo  domando, 

ma  ivi  tutti  gli  spositorì  convengono  che 
per  Lucia  intende  il  Poeta  la  Grazia  illu- 
minante. E  perchè  dunque  non  dire  lo 
stesso  di  Beatrice?  Tanto  più  che  nel  Con- 
vito,  come  se  Dante  preveduto  avesse  le 
accuse  del  Boccaccio  ,  con  più  chiarezza 
dice  :  Par  ischiudere  ogni  falsa  opinione  da 
me,  per  la  quale  fosse  sospicato  lo  mio 
umore  esser  per  sensibile  deleUazione.  Ci 
può  esser  dunque  bisogno  di  altra  pruova 
che  la  Beatrice  di  Dante,  anche  nella  Vita 
Nuova,  non  fu  mai  cosa  terrena  ? 
Un'  altra  testimonianza   io  produco  a 


proposito  di  questa  Beatrice,  e  la  prendo 
dal  testo  di  Bosone  da  Gubbio ,  amico  ed 
albergatore  di  Dante.  Egli  dunque  al  v.33 
e  seguenti  del  suo  capitolo  su  la  Divina 
G)media ,  dopo  di  avere  spiegato  cosa  sia 
la  Leonza,  il  Leone  e  la  Lupa  che  il  Poeta 
personifica  nella  sua  Comedia,  venendo  a 
Beatrice  la  vuole  manifestamente  allego- 
rica,  dicendo: 

Venne  del  lustro  del  superno  acume 
Una  graifia  di  fede,  che  si  dice 
Che  *nfonde  ìalma  come  terra  /Stime. 

E  mosse  lui  con  la  ragion  felice 
Per  farli  ben  conoscer  quelle  fere, 
E  anche  €  è  l'allegorica  Beatrice, 

Ma  torniamo  all'esame  della  Vita  Nuo- 
va. Due  donne  furono  il  soggetto  de' com- 
ponimenti di  Dante  :  V  una  fu  Beatrice  , 
l'altra  non  ha  veruno  preciso  nome.  Della 
prima  si  parla  nella  Vita  Nuova  e  nella 
Comedia,  dell'altra  nel  Convito.  Di  (tue- 
st'  ultima  favellando  egli  dunque  nel  Con- 
vito al  capitolo  secondo  del  Trattato  a^ 
condo  ,  narra  il  suo  innamoramento  io 
questo  modo:  Cominciando  adunque,  dico 
che  la  stella  di  Venere  due  Aate  era  ri- 
volta in  quello  suo  cerchio  che  la  fa  pa- 
rere serotina  e  mattutina  ,  secondo  due 
dicersi  tempi ,  appresso  lo  trapassamenio 
di  quella  Beatrice  beata,  che  vice  in  deh 
con  gli  angeli ,  e  in  terra  con  V  anima 
mia  ;  quando  queUa  gentil  donna,  cui  feci 
menzione  nella  fine  della  Vita  Nuoiva , 
parve  primamente  accompagnata  d^amore 
agli  occhi  miei,  e  prese  luogo  alcuno  deUa 
mia  mente.  Chi  non  direbuo  che  questa 
donna  sia  stata  una  seconda  innamorata 
di  Dante?  Ma  l'innamoramento  per  disgra* 
zia  dell*  umanità  prende  luogo  nel  cuore 
piuttosto  che  nella  mente  I  Questa  secoiH 
da  innamorata  dunque  non  era  donna  ter- 
rena, ma  ideale;  e  secondo  c^ì  spiega  nel 
capitolo  tredici  dello  stesso  Trattato,  era 
la  Filosofia ,  dicendo  :  Giudicava  bene  che 
la  Filosofia  eh' era  donna  di  queeti  autori 
(cioè  di  Tullio  deir Amicizia,  e  di  Boe- 
zio della  Consolazione  ),  di  queste  scienie, 
di  qtutti  libri t  fosse  somma  cosa:  ed  im-- 


CRITICHE 


53 


marmava  lei  fatta  cofM  una  donna  genr 
tUi.  E  poco  dopo  :  Questa  donna  fu  fi- 
9Ìta  di  Dio,  nqina  di  tutto ,  nobilissima 
e  fdieisHma  Filosofia.  £  nel  capitolo  se- 
dici dello  stesso  Trattato:  Boezio  e  Tul- 
Uè  imciarono  me  nelt  amore ,  cioè  nello 
etadio  di  questa  donna  gewtUissima  Filo- 
eefm,  E  poco  dopo  :  Si  vuole  sapere  che 
questa  donna  è  la  Filosofia;  la  quale  te- 
rmmemie  è  donna,  piena  di  dolcezza,  or- 
nata  di  onestate,  mòrabile  di  savere,  glo* 
rioea  di  liberiate.  E  nella  fine  di  detto 
capitolo  più  apertamente:  Dico  e  affermo 
du  la  dtima  di  cui  io  m'innamorai,  ap- 
presso lo  primo  amore  (  cioè  dopo  Bea- 
trice )  futa  bellissima  e  onestissima  figlia 
deUo  imperatore  dell'  universo,  alla  quale 
Fitaqora  pose  nome  Filosofia.  E  appresso 
od  capitolo  undici  del  trattato  terzo  :  Que- 
Oa  domma  è  quella  donna  dello  intelletto, 
rke  Filosofa  si  chiama.  E  finalmente  que- 
sta gentildonna  Filosofia  vien  descrìtta  cosi 
da  Dante  quando  per  la  prima  volta  gli 
appanre:  Allora  vidi  che  una  gentil  donna 
Al  ima  finestra  mi  guardava  si  pietosa- 
mesde,  quanto  alla  vista,  che  tutta  la  pie- 
là  pareva  in  lei  raccolta.  Perchè  era  que- 
sta la  Filosofia  morale,  ersi pietosa,  e  lo 
fEoardaya  da  una  finestra,  perchè  la  Fi- 
losofia procede  dal  lume  deUa  ragione  na- 
tmJe.  Ecco  dunque  la  donna  del  Convito 
di  Dante,  una  donna  tutta  ideale:  perchè 
non  dire  lo  stesso  di  quella  della  Vita  Nuo- 
va e  della  Comedia;  mentre  Tinnamora- 
menlo  di  lui  con  essa  procede  nello  stesso 
modo  ;  e  sempre  che  di  lei  ragiona ,  fa 
«0  di  frasi  che  manifestano  chiaramente 
li  sua  allegoria?  Veniamo  al  fatto. 

Nel  principio  della  Vita  Nuova  Dante 
toà  si  esprime  :  Nove  fiate  già  appresso 
•I  mio  nascimento  era  tornato  %l  cielo 
èUa  htee  quasi  ad  un  medesimo  punto, 
fsento  alla  sua  prima  girazione,  quando 
•i  miei  occhi  apparve  la  gloriosa  donna 
édta  wUa  mente,  la  quale  fu  chiamata 
ié  melH  Beatrice  ,  li  quali  non  sapevano 

(i)  La  Sapienza  nel  più  alto  e  snblime  gra- 
4i  è  la  Tmogia  che  rende  V  nomo  beato ,  e 
fiMie;  ptrò  Dante  aUegoricameolt  sotto  nome 


che  si  chiamare.  Ella  era  in  questa  vita 
già  stata  tanto ,  che  nel  suo  tempo  il  Cielo 
stellato  era  mosso  verso  la  parte  d^  Oriente, 
delle  dodici  parti  Vuna  del  grado  ;  sicché 
quasi  dal  principio   del  suo  anno  nono 
apparve  a  me,  ed  io  la  vidi  quasi  al  fine 
del  mio.  Ecco  dunque  descritta  la  prima 
donna  della  quale  avente  otto  anni,  Dante 
nel  suo  nono  anno  s' innamorò;  della  quale 
henchè  a  quell'età  non  si  sapesse  il  nome, 
nondimeno  fu  chiamata  da  molti  Beatrice: 
che  significa  esserle  stato  un  tal  nome  dato 
non  dal  beneplacito  di  alcuno,  ma  dalla  na- 
tura e  dair effetto  del  subbietto.  Or  duna 
donna  di  cui  nell^ttavo  anno  non  si  sa  il 
nome,  e  le  si  adatta  quello  di  Beatrice  (1), 
come  a  lei  convenevole  per  la  sua  natura 
ed  effetto  ,  pensa  tu  se  questa  possa  es- 
sere donna  del  mondo.  E  non  si  vede  chia- 
ro che  non  deesi  per  donna  reale  inten- 
dere anche  a  quelle  parole  dello  autore, 
ove  dice  :  non  figliuola  d' uomo  mortale 
ma  di  Dio  ;  ed  a  quelle  altre  :  ai  miei 
occhi  apparve  la  gloriosa  donna  della  mia 
mente,  che  vuole  significare  donna  spiritual 
le  ?  Né  mi  opponga  taluno  che  per  donna 
della  mente  dehbasi  intendere,  che  occupa 
la  mente,  o  che  attira  tutti  i  pensieri  di  co- 
lui cui  apparve:  giacché  della  Filosofìa  par- 
lando nel  Convito,  nel  passo  di  sopra  rife- 
rito, Fappella  donna  del  mio  intelletto:  frasi 
tutte  e  due  sinonimo  assai.  Chi  dunque  dirà 
che  Dante  nella  Vita  Nuova  intende  parlare 
di  donna  terrena  ?  Chi  non  conchiude  al- 
l'opposto  che  la  Vita  Nuova  è  un  trat- 
tato di  amore  tutto  intellettuale  senza  me- 
scolanza di  profano,  e  che  per  Beatrice,  non 
la  figlia  di  Folco  Portinari,  ma  la  Teolo- 
gia deesi  intendere,  come  tutti  gli  esposi- 
tori nella  Divina  Comedia  intendono? 

Suggella  tal  verità  il  cemento  diFranc.  da 
Buti  a  quei  versi  del  xxvii  del  Purgatorio: 

Quando  nd  vide  star  pur  fermo  e  duro. 
Turbato  un  poco  disse:  or  vedi,  figlio» 
Tra  Beatrice  e  te  è  questo  muro. 


di  Beatrice  1'  appella.  Notisi  che  nel  princi- 
pio della  Vita  Nuova  in  Iftiiao  chiamala  Bea- 
titudo. 


&& 


OSSERVAZIONI 


a  Questa  Beatrice,  dice  esso  Fr.  da 
u  Buti ,  la  quale  Fautore  finge  sé  amare 
«  tanto  ardentemente,  ed  ella  lui,  come 
«  detto  è  nel  processo ,  significa  la  santa 
«  Teologia,  della  quale  l'autore  s*inna- 
«  moro  infino  eh*  egli  era  fanciullo  ,  ov- 
«  vero  garzone:  e  però  fìnge  ch'ella  fosse 
<c  giovinetta,  perocché  puerilmente  la  stu- 
<c  diava  ed  intendea  ;  e  poi  finge  che  la 
«  detta  donna  morisse,  cioè  che  cresciu- 
te to  lo  intendimento  a  lui,  sicché  già  in- 
«(  tendea  le  oose  grandi ,  a  lui  venne  meno 
«  lo  desiderio  di  tale  studio:  e  questo  (u 
«  lo  morire  e  partirsi  di  questo  mondo, 
a  poiché  si  parti  dalla  fantasia  sua,  oc- 
«  cupata  da'  beni  ingannevoli  del  mondo; 
<c  ma  non  si  che  non  si  sentisse  nella  men- 
UL  te  sua  un  grande  desidorio  di  tornare 
<c  ad  essa,  ed  amarla  ferventissimamente, 
«  ed  a  lei  accostarsi  ;  ma  perché  ciò  non 
ik  potea  fare  ,  irretito  ne'  peccati;  pensò 
ce  prima  d' arrecarsi  in  odio  i  vizi  e*  pec- 
a  cati,  considerando  la  lor  viltà,  e  la  pena 
«  che  con  seco  arrecano  :  appresso  di  pur- 
«  garsi  con  la  penitenzia:  e  poi  ritornare 
«  alla  santa  Teologia.  » 

E  quelle  di  Piero  figliuolo  di  Dante  a 
quei  versi  del  canto  XXX  del  Purgato- 
rio ,  ove  il  Poeta  cosi  di  lui  fa  parlar 
Beatrice  : 

SI  tosto  come  in  sulla  so^  fui 
Di  mia  seconda  ctade  e  mutai  vita , 
Questi  si  tolse  a  me  e  diessi  altrui. 

Quando  di  carne  a  spirto  era  salita , 
E  bellezza  e  virtù  cresciuta  m'era, 
Fu'  io  a  lui  mcn  cara  e  men  gradita. 

E  volse  i  passi  suoi  per  via  non  vera  » 
Imagini  di  ben  cercando  false, 
Che  nulla  promission  rendono  interar 

Autor ,  dice  Piero ,  vuU  figurare  quod 
jam  diUxU  studium  Theologiae,  et  in  eo 
poitea  cessavit,  nunc  vero  reassumere  in- 
cipit. E  |)oco  dopo  soggiugne.  Danles  dedit 
te  ad  diversa,  scilicet  primo  ad  Theolo- 
giam,  secundarioad  Pueticam.  E  cemen- 
tando queir  altra  terzina  del  canto  mede- 
simo del  Purgatorio  : 


Questi  fu  tal  nella  sua  Vita  Nuova 
Virtualmente  che  ogni  abito  destro 
Fatto  averebbe  in  lui  mirabil  pruova« 

Ipsa  neologia  substìnuit  eum  certo  tem^ 
pare  (subaudias  cum  studio  paginae  ejuM 
Veteris  Testamenti)  et  cum  debuisset  pn>' 
cedere  ad  ea  guae  sunt  novi  Testamenti, 
et  sic  ad  spiritualia,  cessavitj  ut  in  text» 
dicitur.  Et  hoc  est  quod  dicit,  quod  de  car- 
ne  ascenderat  ad  spiritum  etc.;  dedit  se  aur 
tor  mundanis,  idest  poeticis  scientiis  inftu- 
cliuosis,  et  quae  nihil  promittunt  integrum. 

E  rimarrà  più  alcun  dubbio  con  tanta 
autenticità  di  pruove  e  forza  di  ragioni» 
che  la  Beatrice  di  Dante  della  Vita  Nuo- 
va è  anche  la  Sapienza  e  la  Teologia  » 
come  quella  della  Divina  Comedia?  E  non 
rimane  cosi  il  Boccaccio  privo  di  ogni  sus- 
sidio a  sostenere  il  contrario  ;  noi  con- 
danna la  ragione  e  il  buon  senso ,  ed  il 
fatto  stesso  ?  Chi  m^llo  del  figlio  potea 
conoscere  la  vita  del  padre  t  E  pure  egli 
non  fa  veruna  parola  di  Bice  Portinari  » 
che  anzi  la  Beatrice  di  Dante  dichiara  per 
allegoria  esprimente  la  Teologia.  Aggiungi 
a  questa  autorità  quella  di  Bosone  da  Gub- 
bio di  sopra  esposta,  ed  avrai  due  testi- 
moni che  meritano  più  fede  del  Boccaccio 
si  per  essere  più  antichi,  e  si  per  essere 
stati  Tuno  figlio  e  l'altro  disce^lo  e  amico 
e  albergatore  di  Dante. 

L' esposte  ragioni  credo  che  siano  sof- 
ficienti a  confutare  ^  amori  di  Dante  eoo 
Beatrice  Portinari  ;  ma  perché  il*  chiaris- 
simo Tiraboschi  nella  sua  Storia  della 
Letteratura  italiana ,  dà  sul  proposito  una 
dubbia  sentenza,  non, sarà  superfluo  qui 
notare  le  sue  parole.  È  certo  però  ,  c^ 
dice,  Tom.  V,  Uh.  3,  cap*  3,  come  confessa 
il  medesimo  signor  Pelli  j  che  Dante  neU€ 
sue  Opere,  e  nella  sua  Comedia  singo^ 
larmente  ,  ìm  parlato  di  questo  $uo  amoft 
tu  termini  cosi  enimmatici,  e  che  sembraM> 
ipesso  gli  uni  agli  altri  cosi  contrari,  ek'è 
impossibile  V  adattarli  tutti  né  al  teiuo  air 
legorico  ne  al  letterale.  Dove ,  con  tutta 
la  reverenza  dovuta  a  tanto  uomo,  dico 
che  r  adattarli  al  senso  letterale  riesce  imr 
possibile  tanto  che  evitar  non  si  potreb- 


CRITICHE 


5S 


bcTo  ddle  maniresta  contraddizioni ,  nelle 
qiiaS  non  solo  l'ing^o  sublime  e  pene- 
tnnle  di  Dante,  ma  di  chiunqae  altro 
ancbe  di  minore  iAtendimento  fornito,  non 
sarebbe  caduto»  Laddove  poi  adattandoli 
airallegorico^  non  solo  si  evitano  le  con- 
fnddizioDÌ ,  ma  si  vedrà  V  autore  sempre 
eoDseguenté  a  sé  stesso.  Del  resto,  con  im- 
pugnare gli  amori  di  Dante,  non  intendesi 
dichiararlo  scevro  di  questa  passione;  nò 
forse  è  falso  eh*  egli  in  sua  giovinezza  ab- 
bia avuto  qualche  affezione  per  la  Bea- 
trice Portinarì  di  lui  coetanea:  ma  questo 
sarà  un  sospetto  tanto  più  strano  quanto 
meno  ha  fondamento  nello  opere  di  Lui; 
né  se  ne  trova  orma  veruna  in  altri  scrit- 
tori IHÙ  antichi  del  Boccaccio,  ed  al  Poeta 
più  lamilìarì,  come  di  sopra  si  ò  detto. 

Non  senza  ragione  Lionardo  Aretino  a- 
▼refabe  voluto  che  il  Boccaccio  invece  di 
distendersi  tanto  in  descrivere  sUTatte  leg- 
gerezze ,  vere  o  false  che  siano,  avesse  più 
opportunamente  notato  quel  singolare  amor 
di  patria  che  fin  da  tenera  età  Dante  nutrì, 
e  che  poscia  cresciuto  con  gli  anni,  di  tutte 
le  sventure  di  lui  fugli  trista  cagione.  In- 
fatti essendo  egli  ancor  giovine  «  nella  gran- 
dissima battaglia  di  Campaldino  (come  dice 
tuo  Aniino)  et  trovossi  combattendo  vigo- 
rosamente a  cavallo  nella  prima  schiera , 
doi^e  porto  gravissimo  pericolo  ;  perocché 
b  prima  battaglia  fu  delle  schiere  equestri, 
Gi(M*  de  cavalieri,  nella  quale  i  cavalieri  che 
erano  dalla  parte  degli  Aretini ,  con  tanta 
tempesta  vinsero  e  superchiarono  la  schie- 
ra de*  cavalieri  Fiorentini ,  che  sbarattati 
t  rotti  bisognò  fuggire  alla  schiera  pede- 
stre. Questa  rotta  fu  quella  che  fé*  per- 
^*re  la    battaglia'  agli  Aretini ,    perchè  i 
Vcrj  cavalieri  vincitori  perseguitando  quelli 
àie  fuggivano  ,   per  grande  distanza  la- 
>riaronó  addietro  la  loro  pedestre  scliic- 
n;   sicché  da   quindi   innanzi   in   niun 
ho|go  interi  combatterono,  ma  i  cavalieri 
^  e  dispersi  senza  sussidio  di  pedoni , 
e  i  pedoni  poi  dispersi  senza  sussidio  dei 
ciTilierì.  Ha  dalla  parte  de'  Fiorentini 
*Wifenne  il  contrario ,   che  per  esser 
Tosoiii  i  lofQ  cavalieri  alla  schiera  pede- 
^itv ,  si  ferono  tutti  un  corpo  ,  e  agevol- 


mente vinsero  prima  f  cavalieri  e  poi  i 
pedoni.  )»  E  bisogna  aggiungere  che  dopo 
questa  battaglia  tanto  funesta  a'  ghibellini, 
neiranno  appresso  1290  trovossi  non  meno 
vigorosamente  combattendo  per  la  ])atria 
contro  a'  Insani.  Ma  di  questi  fatti  tanto 
gloriosi  al  Poeta,  il  Boccaccio  non  fece  mot- 
to forse  perchè  non  potendovi  innestare  ve- 
run  ragionamento  d'amore,  non  trovava 
diletto  a  favellarne. 

Non  è  poi  affatto  scusabile  la  trascu- 
raggine  del  Boccaccio  intomo  a  Bosone 
Novello  da  Gubbio,  uno  de'più  antichi  e  dei 
più  grandi  amici  e  protettori  di  Dante.  E 
perchè  il  favellare  di  tanto  uomo  toma 
di  gloria  ed  onore  al  nostro  Poeta,  e  perchè 
mettiamo  qui  il  Capitolo  di  lui  sulla  Divi- 
na Comedia,  non  fia  superfluo  di  toccare 
brevemente  qualche  cosa  su  la  sua  vita. 

B(MM>ne  Novello  nacque  in  (ìubbio  nel 
1280  da  Bosone  di  Guido  d'Alberico  della 
nobile  famiglia  de'Raffaelli ,  o  Caffarelli, 
e  fu  il  terzo  che  nella  medesima  ebbe  no- 
me Bosone,  onde  per  distinzione  fu  co- 
gnominato Novello.  Si  crede  essere  stato 
egli  discepolo  di  Dante,  almeno  nella  fan- 
ciullezza sua  ;  forse  allorquando  il  padre 
di  esso  Bosone  trovavasi  a  Pisa,  dal  1295, 
ad  esercitare  la  carica  di  capitano  del  Po- 
polo; perocché  non  fu  niente  allora  a  co- 
stui malagevole  mandare  il  suo  figliuolo 
nella  vicina   Firenze  a  studiare  sotto  la 
direzione  di  Dante.  11  quale  benché  vicino 
a  quei  tempi  trovavasi  occu[)ato  nelle  su- 
preme cariche  della  sua  patria ,  nondi- 
meno non  gli  era  difFicile  togliere  oppor- 
tunamente qualche  ora  del  giorno  per  con- 
sacrarla alla  istituzione  di  si  nobile  gio- 
vinetto.   Comunque   però  si  stia  questo 
fatto  ,  certo  abbiamo  lui  essere  stato  po- 
scia ritornato  in  patria,  dalla  <|uale,  es- 
sendo il  governo  di  essa  in  potere  de* 
guelfl  caduto,  fu  egli  insieme  co'  suoi  ger- 
mani Cocco  e  Guido ,  e  con  tutti  i  ghi- 
bellini, cacciato  fuora  ;  onde  ricoveros- 
si  in  Arezzo ,  ove  ritrovavasi  pure  Dante 
con  altri  esuli  fiorentini ,   nel  Ì90h.  Po 
questa  disgrazia  una  novella  occasione  a 
Bosone  di  coltivare  l'amicizia  di  Dante, 
quantunque  non  si  sappia  per  quanto  tem- 


56 


OSSERVAZIONI 


pò.  Pare  nondimeno  che  nel  1311  era  egli 
ritornato  in  Gubbio  con  tutti  ^i  espulsi 
ghibellini ,  la  fazione  de*  quali  ricuperò  il 
reggimento  della  patria  ;  quantunque  per- 
dutolo di  nuovo,  perchè  lo  riacquistarono 
i  guelfi  rianimati  sotto  il  vicariato  deirim» 

K;ro ,  che  ivi  esercitava  Roberto  re  di 
apoìi ,  nel  1315  Rosone  cognominati  di 
lui  fratelli  fu  costretto  ad  uscirne  di  nuovo, 
rimanendo  confiscate  le  sue  sostanze ,  ed 
il  suo  palazzo  aggregato  a  quello  del  Ve- 
scovo. Andando  cosi  esule ,  e  rifuggiatosi 
in  Arezzo ,  nel  1316  fu  ivi  elevato  alla 
carica  di  potestà,  che  nel  seguente  anno 
1317  esercitò  pure  a  Viterbo. 

Cessato  l' urto  delle  fazioni ,  Rosone  si 
ritirò  in  Gubbio,  ove  nel  1318  albergava 
nel  suo  delizioso  castello  di  Colmollaro. 
E  perchè  intomo  a  quei  tempi  Dante 
dimorava  nel  celebre  monistero  di  Fonte 
Avellana ,  in  territorio  di  Gubbio  ;  nel 
qual  monistero  si  vuole  ch'egli  abbia  coin* 
posto  buona  parte  della  sua  Opera,  e  mo- 
strasi tuttora  la  stanza  di  sua  abitazione, 
con  un  mezzo  busto  della  di  lui  effigie 
con  questa  iscrizione  nel  piedistallo;  non 
minimam  praeclari  oc  pene  divini  operis 
fortem  compomisse  dicitur;  Rosone  non  in- 
dugiò ad  invitarlo  e  farlo  venire  presso  di 
sé.  £  difatti  venuto  Dante,  e*  lo  ritenne 
per  buono  spazio  in  sua  casa  ;  ed  hassene 
pruova  nella  iscrizione  che  ancora  si  legge 
nella  Torre  de*  Conti  Falcucci:  Higman- 
8IT  Dantes  Alegbeeius  Poeta  ,  et  car- 
jiiNA  scRiPsiT.  Se  ne  fa  pure  menzione 
nelle  lettere  dell'Armanni,  da  L.  Allacci, 
e  da  G.  M.  Crescimbeiii.  £  ce  ne  dà  con- 
tezza anche  lo  stesso  Dante  in  un  sonetto 
inedito  tratto  dair Archi vioArmanni  e  pub* 
blicato  dal  Rafiaelli,  dal  qual  sonetto  chia* 
ro  abbiamo  che  Dante  trovavasi  se  non  in 
compagnia  di  Rosone  e  della  sua  famiglia^ 
almeno  vicinissimo.  Col  detto  sonetto  egli 
si  congratula  della  buona  riuscita  del  fi* 
gliuolo  di  Rosone  nelle  lettere  e  nelle 
scienze,  e  gU  predice  che  un  giorno  sarà 
la  ^oria  ed  il  sostegno  dell*  abbattuta  Ita- 
lia. Riporto  qui  il  sonetto  stesso,  speran- 
do di  far  cosa  grata  a*  lettori  amanti  della 
Poesia  itaUaiia;  tanto  più  che  dal  mede- 


1 


Simo  può  apprendersi  quale  fosse  stata  in 
quei  tempi  la  istituzione  della  gioventù  ; 
e  può  aversi  qualche  indizio  di  essere  stato 
Dante  perito  della  greca  favella,  il  che 
gli  è  da  molti  contrastato  : 

Tu  che  stanzi  lo  colle  ombroso  e  fresco 
Ch*è  co  lo  fiume  che  non  è  torrente; 
Linci  molle  lo  chiama  quella  gente 
In  nome  italiano  e  non  tedesco  ; 

Pònti  sera  e  mattin  contento  al  desco , 
Poiché  del  car  figUuol  vedi  presento 
U  frutto  che  sperasti,  e  si  repente 
S' avaccia  ne  lo  stil  greco  e  francesco. 

Perchè  cima  d*  ingegno  non  s' astalla 
In  questa  Italia  de  dolor  ostello , 
Di  cui  si  speri  già  cotanto  frutto. 

Gavazzi  pur  il  primo  Raffaello , 
Che  tra'  dotti  vedrallo  esser  redutto  , 
Come  sopr'  acqua  si  sostien  la  galla. 

Quando  precisamente  ciò  stato  si  sia, non  si 
sa,  ma  credo  che  prima  della  gita  di  Danio 
a  Ravenna. 

Rosone  creato  nel  1337  Vicario  Im- 
periale in  Pisa  da  Lodovico  di  Ravlera, 
in  preferenza  di  Castruccio  degli  Antel- 
minelli  cognominato  Caxlmcane,  e  nel 
1338  fatto  senatore  in  Roma  da  Rene- 
detto  XII «  carica  in  quei  tempi  assai  no- 
bile e  gloriosa ,  credesi  che  avesse  finito 
di  vivere  nel  1350. 

Ilon  fu  Rosone  solo  in  politica  ragguar- 
devole, perocché  le  opere  che  di  lui  rima- 
sero, lo  aimostrano  non  meno  valente  nelle 
lettere  o  nella  poesia.  Compose  infatti  le 
seguenti  opere  tutte  belle  e  pregevoli  non 
solo  per  la  scelta  degli  argomenti,  ma  an- 
cora per  la  purezza  della  lingua  : 

L*  Awenturoio  CicUiano,  romanzo  sto- 
rico ; 

Capitolo  sopra  tutta  la  comedia  di  Dan- 
te Alighieri; 

Chiose  e  spiegazioni  in  terza  rima  tu 
le  tre  c<uUiche  del  divino  Dante  Alighieri; 

Epitome  0  compendio  della  comedia  di 
Dante  Alighieri; 

Alcune  Rime,  consistenti  in  tre  sonetti; 

Capitolo  detta  guerra  dtf  Cristiani  con- 
tro i  Turchi, 


CRITICHE 


57 


£  tanto  basii  aver  accomiato  intorno  a 
Bosone  ,  mentre  chi  vorrà  aver  di  lai  più 
estesa  notizia  potrà  leggerne  la  erudita  me- 
moria compilata  dal  dottissimo D.  Gio.Ros- 
si,  scrittore  della  Real  Biblioteca  Borboni- 
ca,  e  ^  autori  da  lui  eitati  ;  pubblicata 
in  Napoli  pe*tipi  della  Stamperia  Francese 
nel  1829. 


Dante  ebbe  altri  buonissimi  amici,  tra' 
quali  meritano  essere  ricordati  (ruido  Ca- 
valcanti,  filosofo  e  poeta,  Giotto ^  restitu- 
tore delia  dipintura ,  Oderigi  da  Gubbio, 
miniatore,  Casella,  ottimo  cantore ,'/>ait/c 
da  Maiano  e  Cttio  da  Pistoia,  poeti ,  ed 
Emmanude  Giudeo  (1)  :  dippiù ,  Carlo 
Martello  figliuolo  di  Carlo  11  re  di  Na^ 


fi)  Nella  eennata  memoria  il  lodato  scrittore 
signor  Rossi  fa  pure  meniione  di  Emmanuel 
Glodeo  »  amico  di  Dante  e  di  Bosone ,  e  rì- 
pofta  ancora  tàcusd  sonetti  di  qaello  parte  editi 
e  patte  inediti ,  li  spiali  credo  che  non  sarà 
ioaUle  qvi  inserire.  Uno  ha  egli  estratto  da  un 
codice  ddla  Real  Biblioteca  Borbonica  so  la 
bizzarra  e  inordinata  nalura  di  amore,  ed  è 
qoesto  : 

XmoT  non  lesse  mai  1*  Are  Maria , 
Amor  non  tenne  mai  legge  né  fede; 
Amor  è  un  cor  che  no  ode  né  Tede» 
E  no  sa  aiai  che  mesora  se  sia. 

Amor  è  ona  para  signoria , 
Cile  sol  si  ferma  in  Toler  ciò  che  chiede: 
Amor  tk  come  pianto  che  pro?ede , 
E  sempre  retrase  per  ogni  via. 

Amor  non  lassò  mai  per  Pater  nostri, 
!fè  per  incanto  suo  gentil  orgoglio , 
Né  per  tema  di  giunte  perché  giostri. 

Amor  sa  quelle ,  di  che  più  mi  dogUo  » 
Che  no  sfattene  a  cosa  eh* io  gli  mostri. 
Ha  sempre  mi  sa  dir:  pur  cosi  Yoglio. 

Due  altri  leggonsi  ne*  codici  Barberini ,  dai 
^«all  n'ebbe  copia  il  tanto  benemerito  P.  Gio- 
Tanni  Andrea  della  Compagnia  di  Gesù ,  e  Pre- 
fetto della  Real  Biblioteca  Borbonica  ;  in  essi 
r  aatore  fk  conoscere  la  instabilità  del  suo  ca- 
laiiere  politico  e  morale ,  «inai  si  pad  aspettafe 
da  nn  Giodeo  :  eccoli  : 


E  del  bon  Moyses  poco  sanare , 
E  Juxuria  de  Hachon  preziuso. 
Che  no  ten  fede  de  la  zentare  en  zoso. 


Ewsmmmuk  Gimdeo  a  wkesser  Bosone 
da€MHo. 

Gastoso  no  mi  conosco,  e  nom  oda  p 
Che  r  esser  proprio  si  é  gibelino , 
En  Roma  so  Colones  et  Ursino , 
E  piaiemi  so  l' ano  e  1'  altro  a  loda. 

U  sm  eascona  parte  golfh  goda, 
EU  Romagna  so  zo  Zapetino: 
Mal  Zodeo  so ,  e  no  Saracino  » 
Ter  Ciàstiani  no  drezo  la  proda: 

la  d*  ogni  leie  so  ben  desiroso 
En  alcnna  parte  :  Toler  oservare 
De  cristiau  lo  ber  el  manzan» 


Se  Sant  Petro  e  Sant  Paulo  del' una  parte, 
Mojrses  et  Aaron  da  l' altra  stesse , 
Machon  e  Trivichan  zascun  volesse, 
Ch'eo  mi  rendesse  a  volontà  ni  a  parte; 

Zascun  di  lor  me  ne  pregasse  en  sparte , 
Duro  mi  pare  ch'eo  gli  ne  credesse; 
Se  non  da  dir  a  chi  meio  mi   plazesse , 
Viva  chi  vinze ,  eh'  eo  so  di  sua  parte. 

Guelfo  ni  gibilin ,  nero  ni  bianche  , 
A  chi  plaze  il  color,  quel  se  ne'l  porte. 
Che  ferirò  da  coda  e  starò  francho. 

E  mio  compar  tradimento  stia  forte , 
Che  di  voltar  may  non  mi  trovo  mancho. 
Aitar  zascon  che  vinze  infin  a  morte. 

E  ve  n'  é  un  altro  con  cui  Emmanuel  Giu- 
deo risponde  al  sonetto  di  Bosone  su  la  morte 
di  Dante  :  riportiamo  qui  tutti  e  due. 

^ofone  o  Manosi  Giudeo,  euendo  morto  Dante, 

Dae  lami  son  di  nuovo  spenti  al  mondo , 
In  cui  virtù  e  bellezza  si  vedea  : 
Piange  la  mente  mia  che  già  rldea 
Di  quel  che  di  saper  toccava '1  fondo. 

Pianga  la  tua  dal  bel  viso  iocondo 
Di  cai  tua  lingua  tanto  ben  dicea  : 
Ohimè  dolente  che  pianger  dovea 
Ogn'uomo  che  sta  dentro  a  questo  toUdo. 

E  pianga  dunque  Manoel  Giudeo , 
E  prima  pianga  '1  suo  proprio  danno , 
Poi  pian^  '1  mal  di  questo  mondo  reo; 

Che  sotto  '1  sol  non  ita  mai  peggior  anno  i 
Ma  mi  conforta  che  credo  che  Deo 
Dante  abbia  posto  in  glorioso  scanno. 

Rypoffa  di  Bmwumuel  Guideo^ 

Io  che  trassi  le  lagrime  dal  fondo 
Dell'abisso  del  cor,  ch'en  su  l'envea. 
Piango  ch'il  faoco  del  duolo  m'ardea. 
Se  non  fosser  le  lagrime  in  che  abondo. 

8 


l. 


&8 


OSSERVAZIONI 


poli ,  IT^ucetofie  della  FaggiwAa ,  t  Ma- 
laspina  ,  \  Sealigeri ,  i  toXmOani,  i  Ma- 
ìaXttUi  ed  altri  polenti  e  nobili  signori  di 
quei  tempi  :  e  credo  che  sia  da  aggiungere 
il  Stracco  y  padre  dell'illustre  Francesco 
Petrarca,  sbandito  di  Firenze  nell'anno 
1302 ,  nel  quale  erane  stato  esiliato  Dan- 
te medesimo. 

Ebbe  nondimeno  nemici  assai  ;  né  po- 
tea  andare  altrimentì  in  un  governo  di- 
viso in  fazioni  :  n*  ebbe  pare  qualcuno  per 
invidia ,  oual  fu  Ctcco  (f  Alcoli  j  filosofo 
e  poeta  di  poca  considerazione. 

Prima  di  passar  oltre  conviene  toccar 
qualche  cosa  di  Dante  padre  di  fami^ia. 
Dice  il  Boccaccio ,  che  duranti  le  lagrime 
di  Dante  per  la  morte  di  Beatrice,  i  di 
lui  parenti  per  consolarlo  alouanto  del  do- 
lore di  quella  perdita  ^  si  determinarono 

Che  la  lor  piova  a  norUl  profondo 
Ardor  »  che  del  mi  mal  fuor  mi  tithea» 
Per  DO  morir ,  per  tener  altra  vea , 
A  percoter  sto  forte  el  nò  ha  fondo. 

Et  ben  può  pianger  Chrìstiano  et  Giudeo  » 
Et  ciaschedan  seder  in  tristo  scanno  : 
Pianto  perpetuai  m'è  fatto  reo. 

Perch*  i'  m' accorgo  che  quel  fa'l  malanno: 
Sconfortomi  ben  eh'  i'  veggio  che  Deo 
Per  invidia  del  ben  fece  qael  danno. 

Dorè  il  lettore  è  pregato  di  ricordarsi  che 
1*  autore  avendo  conchiuso  il  suo  sonetto  con 
questa  esecrauda  bestemmia  :  Sconfortomi  hen 
«e.  ri  appalesa  non  pur  perfido  giudeo ,  ma 
uomo  al  tutto  privo  d' ogni  sentimento  di  re- 
ligione. 

dL  questo  Manuel  Giudeo  si  hanno  pochis- 
sime notizie.  Come  vuole  il  lodato  signor  Ros- 
si, egli  era,  d'ho  accennato.  Giudeo  stabilito  in 
Italia  ;  e  pare  che  abbia  deposto  V  errore  della 
«uà  Me  dann  sonetto  inedito,  pubblicato  da 
esso  signor  Rossi ,  di  Rosone  da  Gubbio ,  di 
risposta  ad  un  altro  sonetto  di  Gino  da  Pisto- 
ia ,  il  quale  metteva  Manoello  nell*  inferno  in- 
sieme con  Dante.  Eccoli  tutti  e  due  : 

Cina  da  PUtoia  a  9U$nr  Pofone  da  GukHo. 


Messer  Bosson ,  il  vostro  Hanoello , 
Seguitando  1*  error  della  sua  legge , 
Passato  é  nell'  Inferno ,  e  prova  quello 
Martir  che  è  dato  a  chi  non  si  corregge. 

Non  è  con  tutta  la  comune  gregge , 
Ma  con  Dame  si  sta  sotto  ai  cappello, 


a  dargli  moglie.  E  qui  esso  Boccaccio  non 
approvando  né  punto  nò  poco  questa  de- 
terminazione, si  scaglia  acerbamente  con- 
tro le  donne  ,  e  vorrebbe  quasi  del  tutto 
proscrìtto  il  matrimonio  de'letterati  «  con- 
chiudendo che  le  donne  tra  le  altre  sol- 
lecitudini che  arrecano  a*  loro  mariti,  sono 
assolutamente  contrarie  adi  studi.  A  di- 
fendere Dante  di  questa  voluta  impruden- 
te determinazione ,  risponde  per  me  il  più 
voUe  lodato  Aretino,  dicendo  che  il  Boccac- 
cio non  fi  ricorda,  che  Socrate,  Upik  no- 
bile  filosofo  che  mai  fiuH,  M$  mogfie  o 
figliùoU,  e  uffici  mOa  rfpMliea  déOa  sua 
dna:  e  ArUÌMele,  cko  non  n  può  dirpii^ 
là  di  sapienza  e  di  doitrina  ,  Me  dke  mo- 
gli in  vari  tempi ,  ed  Me  figliuoli  e  ric- 
chezze assai.  È  Marco  TViUio,  e  Catone, 
e  Varrone  e  Seneca,  latini  sommi  filosofi. 

Del  qnal ,  come  nel  libro  suo  si  legge  , 
Vide  coperto  Alesso  Interminello. 

Tra  lor  non  è  solano  né  coruccio  ^ 
Del  qual  fta  pien  Alesso,  eom'un  orso, 
E  rnggia  là ,  dove  vede  Castruccio. 

E  Dante  dice:  quel  da  Tiro  è  morso. 
Mostrando  Monoello  in  breve  sdmceio . 
E  l'nom  che  mnestò  il  persico  nel  torso. 

Mosone  da  Gubbio  a  Cine  da  Pistoia. 

Manoel  che  mettesti  in  quello  Avello, 
Ove  Lucifero  più  che  altri  reggie , 
Non  è  del  regno  di  colui ,  ribello 
Che'l  mondo  te*  per  riempir  sue  seggie. 

E  benché  fbsse  in  quello  loco  fello , 
Ove  il  ponete ,  ma  no  chi  ve'l  leggie , 
N'  area  dipinto  il  ver  vostro  pennello 
Che  lui  e  Dance  coprìa  tal  laveggie. 

Alessi  raggi  sotto  quel  capuceio  ; 
Ma  no  se  doglia  se  colui  è  corso , 
Lo  qual  fece  morir  messer  Guerruccio. 

Dante  e  Manoel  compian  lor  corso 
Ove  é  lor  cotto  lo  medollo  e  1  buccio , 
Tanto  che  giunga  lor  lo  gran  soccorso. 

L*  ultima  tenina  di  questo  sonetto,  roetten- 
doli  in  luogo ,  ove  è  lor  eette  lo  WMdoUo  e  *i 
bueeio.  Tanto  che  gimuga  lor  lo  gran  soeeorsot 
dà  luoffo  a  sospettare ,  che  secondo  le  spe> 
ranxe  di  Rosone,  Dante  e  Manoello  erano  in 
Purgatorio,  dove  quest'ultimo  non  avrebbe- 
potuto  essere  neppure  da  amichevole  sperans» 
allogato,  se  passato  fosse  di  vUa  segidtando' 
Vsrror  delia  sua  leggìi^ 


e  II  1  T  I  e  II  E 


59 


ttiifì  eUtero  mofilie  ^  biffici  e  gorcrni  nella 
rt^Mdica.  Siechè  perdonimi  il  Boccaccio, 
i  mtfi  giudizi  umm  molto  fievoU  in  questa 
fsrfe^  moUo  distanti  dalla  vera  opinione. 
Vuomu>  è  animale  eitile,  secondo  piace 
a  HUf  %  flosof.  La  prima  congiunzione, 
Mia  quale  multipUcata  nasce  la  città, 
e  Marito  e  moglie;  né  può  esser  perfetta 
àmct  questo  non  sia  ;  e  solo  questo  amore 
è  nmtmrale  legittimo  e  permesso. 

G>iidaiinato  cosi  in  generale  il  matrì- 
monio  di  Dante,  vuole  il  Boccaccio  ch'egli 
abiMa  dipoi  abbandonata  la  moglie.  Or  da 
ciò  chi  non  sospetta  la  essere  stata  infa- 
me? Iniatli  esso  Boccaccio,  dopo  aver  mi- 
nutamente ragionato  delle  varie  cagioni 
per  le  quali  le  mogli  rendono  sé  inmmi, 
e  i  mariti  infelici ,  afferma  che  dette  ca- 
coni o  altre  a  quello  somiglianti  dierono 
luogo  a  quello  abbandono.  Non  di  meno 
io  credo  Ae  lei  fosse  stata  innocente,  e  che 
Dante  non  l'abbandonasse  che  all'epoca  del 
di  lui  esilio ,  e  per  sola  cagione  del  men- 
Uesimo  ;  ed  ecco  come  sul  proposito  Tar 
2Ìono:  Dante  divenne  marito  verso  il  1291, 
i^  fa  esfliato  nel  1302.  Ora  il  Boccaccio  af- 
ferma che  Dante  generò  più  figliuoli ,  e 
benché  ne  indichi  due  soli  per  nome,  pure 
l'espressione  ptù  figliuoli  persuade  che  fu- 
rono più  di  due:  trovo  difatti  che  il  Ti- 
raboschi  dietro  V  autorità  di  sommi  scrit- 
tori ne  numera  sei ,  e  sono  :  Pietro,  Ia- 
copo ,  Gabriello  ,  Aligero,  Eliseo  e  Bea- 
trice .-  ed  è  in  dubbio  se  furono  sette,  pe- 
riKxhè  alcuni  vi  aggiimgono  Francesco, 
che  altri  dicono  ossene  stato  non  figlio, 
ma  fratdio  di  Dante.  Quindi  non  avrebbe 
[Mituto  procreare  tanti  iii^ì  se  prima  del 
MIO  esiho  non  fosse  vìssuto  insieme  con 
It^i  :  che  non  corsero  che  dieci  o  undici 
anni,  dal  1291,  epoca  dt^  di  lui  matrimo- 
nio, al  1302,  epoca  del  suo  esilio.  Con- 
ferma questa  opinione  ciò  che  scrìve  lo 
stesso  Boccaccio  in  altro  luogo  della  Vita 
di  Dante  ;  ove  in  contraddizione  di  quanto 
a\ea  detto  di  sopra,  afferma:  Uscito  dunr 
fu  DasUe  m  eaùU  maniera  di  quella  Cit- 
tà, della  quale  egli  mm  solamente  n'era 
stato  citUtdisw,  ma  n'  eraìw  i  suoi  mag- 
gii/ri  steUi  reUficatori;  e  lasciatati  la  sua 


donna  insieme  con  V  altra  famiglia  male 
per  la  piccola  età  alla  fuga  disposta  j  di 
lei  non  si  curò  ,  perchè  di  sanguinila  la 
sapeva  ad  alcuno  de^  principi  della  parte 
avversa  congiunta.  Dove  si  vede  che  Dan- 
te anche  quando  fu  esiliato  da  Firenze  ave- 
va cura  delia  moglie  egualmente  che  di 
tutta  la  famiglia,  la  quale,  perchè  vi  era- 
no de*  figliuoli  di  tenera  età,  seco  non  tras- 
ferì altrove,  perchè  trasferir  non  si  po- 
teva senza  pericolo,  e  perchè  la  sapeva 
ad  alcuno  de'  principi  della  parte  avverta 
congiunta.  Ecco  perchè,  mai  né  dove  ella 
fosse  volle  tenire,  né  sofferse  che  dote  egli 
fosse  ella  venisse. 

De'  sei  o  sette  figli  che  ebbe  Dante , 
non  ci  restano  memorie  che  di  due  soli, 
Piero  e  Iacopo  ^  de'  quah  fu  ciascuno  ,  co- 
me attesta  il  Boccaccio ,  ottimo  dicitore 
in  rima.  Dal^onardo  Aretino  abbiamo  che 
Piero  studiò  ìsf  legge  e  divenne  valente, 
e  per  propria  virtù  e  per  favore  della  me- 
moria del  padre  si  fece  grand^uomo,  e  gua- 
dagnò assai ,  e  fermò  suo  stato  a  Verona 
con  assai  buone  facoltà.  Da  costui  nacque 
un  figliuolo  chiamato  Dante ,  e  da  questo 
Dante  nacque  Leonardo ,  il  quale  attempi 
di  esso  Aretino  era  vivente  ,  e  si  mosse 
di  Verona  e  andò  a  Firenze  a  vedere  l.i 
patria  de*suoi  maggiori.  11  detto  Piero  com- 
pose alcune  rime  ed  un  comento  inedito 
su  la  Divina  Comedia ,  e  mori  in  Trevi^i 
nel  1361.  Fu  amico  del  Petrarca ,  come 
si  raccoglie  da  alcuni  versi  di  costui  a  quel- 
lo scrìtti,  li  di  lui  germano  Iacopo  non  si 
mosso  mai  di  Firenze  ,  dove  attese  allo 
studio  della  Poesia  sotto  Paolo  dell  A- 
baco,  come  appare  dal  seguente  sonetto 
riportato  dal  Croscimbeni  nella  storìa  della 
Volpar  Poesia;  quantunque  il  Tiraboschi 
sia  di  contraria  opinione  : 

Iacopo  Alighieri  a  maestro  Paolo  delTAbaco 

Udendo  il  ragionar  dell'  alto  ingegno  , 
Che  rende  lume  dell'alto  intelletto, 
Per  mio  caro  maestro  vi  ho  eletto , 
E  come  a  padre  a  voi  ricorro  e  vegno. 

Per  un  pensier  che  neìh  mente  tegno , 
U  qual  pon  poco  mi  tien  in  sospetta;. 


00 


OS&XaVAZIONI 


E  sempre  acceso  mi  starà  nel  petto  « 
S  e  con  vostra  fontana  io  non  lo  spegno. 

Ad  unque  a  tal  disio  date  conforto , 
^n  me  spirando  vostro  gran  valore, 
S  i  ch*il  ver  chiaro  per  voi  mi  sia  scorto. 

Dir  se  amor  è  pria  che  gentil  core , 
O   gentil  core  pria  che  Amor  fu  orto, 
O   se  piuttosto  r  un  dell*  altro  more. 

Iacopo  infatti  fu  valente  Poeta ,  e  com- 
pose ,  oltre  il  capitolo  sopra  la  Divina  Co- 
media,  che  seguiterà  ijuello  sopra  accen- 
nato di  Bosone,  infine  di  queste  ossertazify 
ni,  una  Poesia  divisa  in  più  capitoli  intito- 
lata il  Dottrinalo,  dove  trattasi  della  essenza 
e  composizione  dell'  universo ,  e  dellabito 
delle  nostre  virtù  ;  ed  altre  rime  per  quan- 
to io  sappia  finora  inedito.  11  signor  Ben- 
civcnni  Pelli  nelle  sue  memorie  per  la  vita 
di  Dante,  con  molto  studio  ed  erudizione 
formò  r  albero  genealogico  di  tutti  gli  a- 
sccndenti  e  discendenti  di  Dante  stesso; 
dal  quale  albero  si  raccoglie  che  la  di  lui 
famiglia  ebbe  origine  da  Cacciaguida  nel 
secolo  XII ,  e  fini  io  Ginevra ,  figlia  di 
Piero  discendente  da  quel  Piero  figlio  di 
Dante  stabilito  a  Verona ,  di  cui  si  è  detto 
di  sopra,  maritata   nel  1549   nel  conto 
Marcantonio  Sarego  veronese. 

Un*  altra  osservazione  è  necessaria  a 
fare  ,  perocché  su  questo  che  io  verrò  a 
dire  ,  il  Boccaccio  non  parmi  tanto  chia- 
ro. Èm,  die*  egli ,  al  tempo  di  costui  la 
fonntina  cittadinanza  in  due  parti  divisa, 
cioè  runa  de'  guelfi  e  1*  altra  de  ghibellini. 
Ala  Dante  a  quale  apparteneva?  Per  quan- 
to io  sappia,  guelfi  furono  i  suoi  maggiori, 
ed  egli  ancora  fu  guelfo,  e  come  guelfo 
fu  elevato  alla  carica  di  Priore ,  perchè 
allora  il  reggimento  di  Firenze  era  tutto 
in  mano  de*  guelfi.  Ma  vedendosi  di  li  a  po- 
co deposto  da  si  nobile  ufficio  e  calunniato 
diestor$ioni  e  baratterie,  e  spogliato  di  tutti 
i  suoi  beni,  e  condannato  ad  andar  esule  e 
ramingo  ,  ed  a  tanto  danno  non  da  ghibel- 
lini, ma  da  guelfi  essere  stato  ridotto;  mutò 
talmente  partito  ,  che  divenne  uno  de'  più 
fieri  ghibellini  che  mai  furono  a  que'tempi. 
Nondimeno,  se  delle  risoluzioni  che  si  pren- 
dono in  tempo  di  collera  e  di  vendetta  non 


è  da  tener  conto,  sembra  che  Dante  prima 
della  sua  condanna  ,  per  seguitare  il  |>ar- 
tito  de'  suoi  maggiori  fosse  stato  guelfo, 
e  non  per  propria  elezione:  ma  privo  di 
ogni  odio  di  parte ,  ei  non  pendeva  né  per 
r  una  né  per  l' altra  :  e  l' unico  suo  scopo 
era  la  giustizia  ed  il  pubblico  bene;  anzi 
abborriva  talmente  nel  cuore  suo  il  nome 
di  parte,  che  determinato  avea  nell'  animo 
di  ridurre  a  unità  i  suoi  concittadini,  come 
aflermail  Boccaccio >  nella  vita  del  Poeta, 
là  dove  dice  :  A  volere  ridurre  in  unità 
il  partito  corpo  ddla  tua  repubblica,  pose 
Dante  ogni  suo  ingegno  ,  ogni  arie,  ogni 
studio  ;  tnostrando  ad  ogni  einadino  pOs 
savio  come  le  gran  cose  per  la  dùcordia 
in  breve  tempo  tornano  a  niente^  eUpic^ 
cole  per  la  concordia  crescono  oW  is^mi- 
to;  ec. 

Il  Boccaccio  non  dice  con  chiarezza  qual 
fosse  lo  stato  politico  di  Firenze  in  quei 
tempi,  né  la  precisa  cagione  della  cacciata 
diJDante;  onde  per  bene  intendere  questa 
parte  della  istoria  del  nostro  Poeta,  non  fia 
inutile  di  fame  qui  brevemente  menzione. 
Lo  discordie  fra  la  famiglia  de*  Buondel- 
riionti  e  quella  degli  Uberti  aveano  da  mol- 
ti anni  tribolata  la  città  di  Firenze,  quando 
Federico  II  imperatore  volendo  accresce- 
re le  forze  sue  contro  il  Papa  e  le  repub- 
bliche italiane ,  diedesi  a  favorire  gli  U- 
berti  e  i  loro  seguaci ,  d'onde  nacque  che 
i  Buondelmonti  furono  cacciati,  e  delle  due 
parti  runa  seguitò  l'imperatore  e  l'altra 
il  Pontefice,  e  Firenze  come  tutte  le  al- 
tre città  di  Italia  furono  miseramente  di- 
vise in  ghibeUim  ed  in  gudfi.  Morto  Fe- 
derico e  succedutogli  Manfredi  suo  fi- 
gliuolo naturale,  i  fiorentini ,  stanchi  di 
sopportare  il  giogo  straniero ,  chiamati  i 
guelfi,  elessero  di  vivere  liberamente,  di- 
rizzando lo  leggi  contro  la  potenza  dei 
grandi  tanto  per  l' addietro  favoriti  da 
Federico  ;  e  da  ciò  nacquero  nuove  di- 
scordie ,  cagione  di  sanguinose  guerre  fra 
cittadini.  Né  questi  disordini  cessarono  do- 
po la  morte  di  Manfredi,  perciocché  d  indi 
a  non  molto  essendo  rictiiamati  i  guelfi  tt 
ì  ghibellini ,  fu  creato  un  Gonfaloniere  di 
giustizia  contro  la  potenza  de'  grandi.  Ma 


e  R  I T  I  e  UE 


61 


non  tirò  a  lungo  la  tranquillità  goduta  da 
Tirenze  sotto  tal  reggimento ,  perocché  fu 
eUa  bentosto  costretta  a  sentire  la  rifor- 
ma di  Giano  della  Bella,  il  quale  delibe- 
nndo  che  le  famiglie ,  le  quali  avessero 
afillo  tra  loro  de' cavalieri,  non  potessero 
prendere  autoriti  ne' supremi  magistrati, 
fomentò  gli  odi  civili,  e  preparò  gli  ani- 
mi alla  divisione  de*  Cerchi  e  de'  Donati, 
la  quale  fu  tosto  inasprita  da'  Neri  e  dai 
BiaDchi,  che,  stanchi  di  perseguitarsi  in 
Pistoia ,  corsero  in  Firenze,  la  quale  fe- 
cero partecipe  ddle  loro  discordie.  Intanto 
quei  di  parte  Nera  deliberarono  di  chie- 
dere al  Papa  uno  di  sangue  reale  che  ve- 
niiae  a  riformare  lo  stato.  I  Priori ,  tra 
quali  era  Dante ,  tennero  questa  delibe- 
miooe  come  una  congiura  contro  il  vi- 
ver libero  9  e  confinarono  alcuni  de'  capi 
d'aaibedoe  le  parti ,  cioè  i  Neri  in  Castel 
della  Pieve ,   e  i  Bianchi  in  Serezzana  , 
fra  quali  fu  il  celebre  Guido  Cavalcanti, 
tanto  tenero  amico  dell' Allighieri.  Ha  in- 
fermatosi Guido  per  cagione  del  cattivo 
aere  di  Serazzana,  la  parte  Bianca  fu  ri- 
chiamata, e  gli  esuli  di  parte  Nera  tanto 
per  ciò  8*  indispettirono  ,  che  si  rivolsero 
a  P^pM  Bonifacio ,  e  tanto  poterono  presso 
ài  lui  con  le  false  informazioni ,  che  egli 
À  determinò  di  mandare  a  Firenze  Carlo 
di  Vabis  della  famiglia  reale  di  Francia, 
il  quale  en.  allora  in  Roma  per  passare 
in  Sicilia  contro  Federico  d'Aragona.  Ve- 
nuto dunque  a  Firenze  in  qualità  di  pa- 
ciere ,  non  tardò  molto  a  far  conoscere 
la  sua  mala  intenzione,  perciocché  fattosi 
campione  de' Neri  «  si  die  .tutto  ad  innal- 
zarli ,  ad  abbattere  i  Bianchi ,  e  a  trarre 
danari  da  tutti.  In  questa  occasione  i  prin- 
cipi di  parte  Bianca  furono  tutti  esiliati. 
Dante,  allora  in  Roma  ambasciatore  per 
offerire  al  Papa  la  concordia  de'  suoi  cit- 
tadini ,  credea  di  non  aver  di  che  temere 
di  sé.  Ha  Corso  Donati  principe  de' Neri, 
per  vendioarsi  ddl' esilio  sostenuto  da  lui 
poco  prima,  essendo  Dante  Priore ,  lo  fece 
imputar  di  estorsioni  e  di  baratterie,  e  di 
molte  altre  calunnie  ;  per  la  qual  cosa  ei 
fu  subito  condannato^  a  37  gennaio  Ì30S 
ad  una  nvdta  di  8000  lire*  e  a  due  anni 


di  esilio;  e  se  non  pagava  la  somma  im- 
posta, si  ordinò  che  ne  fossero  sequestrati 
i  beni ,  come  infatti  avvenne.  A'IO  marzo 
dello  stesso  anno  si  emise  altra  sentenza 
contro  Dante  e  parecchi  altri  cittadini,  con 
la  quale  si  prescrisse  che  eglino,  capitando 
nelle  mani  del  comune  di  Firenze,  fossero 
arsi  vivi.  Di  questa  sentenza  il  Tiraboschi 
ne  allega  copia  tratta  dal  monumento  origi- 
nale scoverto  nell'archivio  del  comune  di 
Firenze  Tanno  1772. 

Da  ultimo  ci  resta  a  vedere  quella  parte 
delia  vita  di  Dante  ,  nella  quale  egli  si 
riguarda  come  uomo  di  lettere.  Non  par- 
lerò del  preteso  sogno  avuto  dalla  madre 
di  lui  mentre  erane  incinta;  sogno  che  il 
Boccaccio,  per  dare  del  maraviglioso  ad  o- 
gni  cosa,  parmi  che  si  diffonde  troppoarac- 
contarci.  Neppure  mi  fermerò  a  ragionare 
dell'oroscopo  che  altri  dicono  averne  forma- 
to Brunetto  Latini.  Sif&tte  cose,  come  sa- 
viamente riflette  il  più  volte  lodato  Tirabo- 
schi ,  oggi  non  ottengono  fede  si  facilmen- 
te come  ottenevanla  a'  tempi  antichi.  Dirò 
solo  che  se  da  natura  dotato  non  fosse 
stato  di  più  che  ordinano  ingegno,  com- 
porre non  avrebbe  potuto  quel  suo  vera- 
mente maraviglioso  lavoro  della  divina  Co- 
media  ,  per  lo  quale  divenne  immortale. 
Infatti  egli,  a  dirla  con  le  parole  del  si- 
gnor de  Cesare  nella  vita  del  Poeta,  al  mio 
tempo  era  in  Poesia  quel  che  Giotto  era 
in  Pittura  :  Leonardo  da  Vinci  e  Raffatìr 
lo  han  fatto  obbliar  Giotto  ;  il  Tasso  e  lo 
Ariosto  non  han  fatto  obbliar  Dante  ,  né 
han  potuto  in  menoma  guisa  rimuoierio 
da  queU^  alto  seggio  di  onore  ,  oee  ejK 
trionfa  e  trionferà  sempre  alla  testa  ài 
tutti  gli  epici  italiani  ;  imperciocché  il 
bello  deUe  circostanze  e  de' tempi  sparisce  co* 
tempi  e  con  le  circostanze;  il  bello  assoluto 
resiste  al  rapido  corso  de*  secoli ,  per  ea* 
sere  fondato  su  la  natura,  e  indwendenU 
affatto  daUe  umane  opinioni.  Che  però 
toccando  brevemente  l'altre  sue  opere,  mi 
fermerò  ad  esporre  i  pregi  di  questo  suo 
capolavoro  ;  racco^ndo  i  giudizi  de'  più 
assennati  uomini  e  sonami  critici,  in  ispe- 
ciaHtà  del  Tiraboschi  e  del  Honti. 
I     La  Vita  Hucfea  »  come  mostrato  è  dì 


62 


OSSERVAZIONI 


fiopra  contro  Y  opinione  del  Boccaccio  e 
di  tutti  quelli ,  che  ingannati  dalla  sua 
autorità  y  lo  seguitarono ,  è  un  componi- 
mento morale  di  amore  puramente  intel- 
lettuale. Dove  oltre  quel  che  ho  detto  nel 
principio  di  queste  osservazioni,  non  sar^ 
inutile  allogar  qui  la  confutazione  di  un 
altro  errore  del  Boccaccio  là  dove  dice 
che  Dante  negli  anni  più  maturi  si  ver- 
gognava di  aver  fatto  quest'opera;  peroc- 
ché ciò  vìen  contraddetto  da  Dante  stesso, 
solennemente  approvandola  nel  principio 
del  suo  Convito ,  ove  cosi  dice  :  «  E  se 
4c  nella  presente  opera,  la  quale  è  Convito 
«  nominata,  e  vo* che  sia,  più  virilmente 
a  si  trattasse  che  nella  Vita  Nuova;  non 
a  intendo  però  a  questa  in  parte  alcuna 
«  derogare  ,  ma  maggiormente  giovare 
<i  per  questa  quella  ;  veggendo ,  siccome 
«  ragionevolmente,  quella  fervida  e  pas- 
te sionata ,  questa  temperata  e  virile. 
«  Che  altro  si  conviene  e  dire  e  0|)erare 
ti  a  una  etade  che  ad  altra;  perchè  certi 
«  costumi  sono  idonei  e  laudabili  a  una 
<(  etade ,  che  sono  sconci  e  biasimevoli 
«  ad  altra  ...  E  in  quella  dinanzi  alla 
«  entrata  di  mia  gioventude  parlai,  e  in 
<(  questa  dipoi ,  quella  già  trapassata.  » 

Il  Convito  è  pure  componimento  mora- 
le; e  racchiude  molta  dottrina  e  dà  molti 
lumi  per  Tintelligenza  della  divina Comedia. 

11  libro  de  Monarchia  è  un  trattato  po- 
litico nel  quale  l' autore  imprese  a  soste- 
nere i  diritti  imperiali ,  e  scrisse  di  essi 
e  deir  autorità  della  Chiesa  come  poteva 
aspettarsi  da  un  Ghibellino  che  dal  con- 
trario partito  riconosceva  il  suo  esilio  e 
tutte  le  sue  sventure. 

Nel  trattato  de  Vulgati  eloquetUia  ,  che 
la  morte  gì'  impedì  di  terminare ,  si  parla 
della  lingua  comune  d' Italia  »  de'  suoi  vari 
dialetti ,  e  della  forma  e  natura  de*  versi 
«  componimenti  volgari.  La  traduzione 
di  questo  trattato  è  del  TrisalDO. 

Abbiamo  poche  lettere  dirette  a  diversi 
Personaggi ,  ed  una  al  Pòpolo  ed  al  Gover- 
no di  Firenze ,  la  quale,  per  muoverlo  a 
compassione  e  farlo  riehiamare  diJl'esilio, 
comincia  con  le  affettuose  parole  che  Gesù 
Cristo  di98e  al  popol  sua  ;  JPopnU  mmt9. 


quid  feci  h*6t? 

Abbiamo  pure  la  traduzione   in   versi 
italianìde*Salmi penìtenziah,  del  Simbolo 
Apostolico ,  deirÒrazione  Domenicale  e  di 
altre  simili  cose  sacre ,  ed  una  canzone 
in  lingua  provenzale,  ed  alcune  egloglie. 
Quantunque  sulla  legittimità  di  queste  o- 
pere  varie   siano  le  opinioni  de*  dotti  ; 
ed  Apostolo  Zeno  sia  di  parere  che  le 
poesie  sacre  fossero  opera  o  di  Antonio 
dal  Beccaio  ferrarese ,  o  di  altro  poetn 
contemporaneo  del  Petrarca.  Per  ciò  poi 
che  riguarda  il  Credo,  ed  il  motivo  |)ci 
quale  Dante  il  compose ,  dicesi  che  aven- 
do Dante  in  vari  luoghi    della   Coraiedia 
amaramente  censurato  i  Frati,  e  nel  canto 
XI  del  Paradiso  facendo  dire  a  S.  Tom- 
maso che  il  peculio  ossia  il  gregge  di  S. 
Domenico  è  fatto  ghiotto  di  nuoioa  vivandaf 
cioè  di  ricchezze  ed  onori  mondani,  ed  al- 
tre cose  poco  onorevoli  alla  monastica  di- 
sciplina, ciò  provocò  centra  di  lui  un  in- 
tero monastero  di  Frati,  i  quali  ddibe- 
rati  fra  loro  di  accusar  Dante,  denuncia- 
rono al  Tribunale  della  inquisizione  che 
nella  Comedia  vi  era  tanto  di  eretico  che 
bisognava  farla  ardere;  e  lui  dissero  simil- 
mente che  non  credeva  in  Dio,  e  non  os- 
servava gli  articoli  della  Fede.  Di  che 
citato,  e  venuto  Dante  avanti  ali*  inquisi- 
tore, e  da  lui  trattenuto  con  varie  inter- 
rogazioni durate  infino,  anzi  oltre,  vespro. 
Dante  domandò  tempo  fino  all'  indomani 
{)er  presentare  in  iscrìtto  come  egli  credea 
in  Dio,  ed  osservava  gli  articoli  della  feile. 
E  concedutaci  tale  licenza,  vegghiò  tutta 
la  notte,  e  compose  il  suo  Credo  in  terza 
rima,  quale  presentato  all'inquisitore,  e 
lettolo  ,  non  solo  rìmandOi  Dante ,  ma  ri- 
prese ancora  i  Frati  che  ^^to  aveano  di 
accusare  un  uomo  che  tanto  aggiustata- 
mente pensava  della  Religione ,  e  credea 
in  Dio.  E  i  frati  stessi  suoi  accusatori  ri- 
masero compresi  di  maraviglia  in  leggendo 
quel  Credo,  considerando  come  in  si  poa> 
tempo  avesse  potuto  comporro  opera  si 
difficile.  Questo  fatto  però  non  è  asserito 
da  veruno  contemporaneo ,  ed  il  Boccac- 
cio stesso  nulla  dice  né  dell*  accusazione 
né  del  Credo:  che  però  ne  lascio  il  giù- 


CRITICHE 


63 


dizio  lìbero  al  lettore,  e  passo  alla  Co- 
inedìa. 

La  Comeiia  è  la  descrizione  d*una  vi- 
swae  che  il  Poeta  finge  di  avere  avuta 
vfrso  r  anno  1300  dal  lunedi  santo  fino 
al  A  di  Fasqna.   In  questa  visione  egli 
finge  di  essere  stato  condotto  nell'  Infer- 
no nel  P^atorio  e  nel  Paradiso.  Questo 
sorprendente  componimento ,  in  cui  sfol- 
^yreggia  ad  ogni  tratto  la  vivacità  delia 
fantasia  e  la  sublimità  dell'  ingegno  di 
Ilante ,  è  pieno  di  tanta  dottrina  j  che 
eon  esso  alla  mano  un  buon  critico  po- 
trebbe fissare  qual  era  lo  stato  dello  spirito 
umano  nelle  lettere  e  nelle  scienze  in  quei 
tempi ,  e  misurarne  il  progresso  fino  ai 
d  nostri.  In  esso  si  vede  la  profondità  dei 
caleoli  della  Geometria,  in  esso  la  Fisica 
e  r  Astronomia,  in  esso  la  Storia  e  la  Po- 
litica, in  esso  la  Filosofia  eia  Teologia. 
!M  questo  è  tatto  ;  perocché  Dante  non 
ni  contentò  di  racdùudere  le  dottrine  che 
in  allora  si  eonosceano;  ma  alcune  ezian- 
dio a  suoi  tempi   del    tutto  ignote  egli 
predisse  e  fissò.  E  non  anticipò  egli  Topi- 
mone  del  Galilei:  che  il  vino  altro  non 
è  $€  non  luce  del  soU  mescolata  con  Vurni" 
4o  delia  vite ,  quando  nel  XXV  del  Pur- 
gatorio disse  : 

E  perchè  meno  ammiri  la  parola , 
Gnarda  'I  eàlùr  del  Sol  che  si  fa  vino 
Ginnio  affwnor  che  dalla  vite  cola  f 

E  prima  di  Cristeforo  Colombo  non  ripu- 
tavasi  una  solenne  fanfaluca  la  opinione  de- 
ci! antipodi?  Ebbene!  ]>ante  prevenne  ilCo- 
iombo:  perocché  avendo  percorso  tutte  Tln- 
femo ,  r  idtima  bolgia  del  quale  e^i  fin- 
ire essere  nel  centro  della  terra  ;  e  ap- 
pena egli  e  Virgilio  passarono  cotesto 
centro  ,  montano  invece  di  discendere,  e 
percorrono  il  Purgatorio  figurato  nella  re- 
gioneopposta.IKppiù  arrivati  alTaltro  emis- 
iero  scnopfono  un  nuovo  cielo  e  nuove 
eosteBaziom  ,  tra  le  quali  sono  da  notarsi 
quattro  stelie  ehe  Dante  dice  d*  aver  ve- 
dute nd  polo  antartico ,  il  quale  per  la 
etevazione  dei  polo  bofeale  e  a  noi  invi- 

tibOe.  Dm  secoli  dopo  di  lai  qoeste  stdle 


furono  realmente  scoverte  !  Ma  proseguia- 
mo coli'  elegante  e  giudizioso  Monti  a  ri- 
guardare più  indentro  queste  anunirabile 
opera. 

Nato  Dante  in  un'eiX)ca  in  cui  l'Italia 
era  tetta  lacerate  da  intestine  discordie  , 
e  macchiate  di  orrìbili  delitti;  egli  concepì 
allora  il  disegno  di  coprire  d' infamia  gli 
scellerati,  e  vendicare  la  virtù  calpestete 
e  ridotte  alladisperatione.  Flagellando  dun- 
que i  cofpevoli,  non  dimentica  di  premiare 
gr  innocenti  e  virtuosi  :  eccogli  quindi 
nella  mente,  il  piano  di  un  poema  ove  aver 
pronto  il  gast^o  de' dritti  e  il  premia 
delle  azioni  onorate  ;  e  perchè  questo 
premio  e  questo  gastigo  non  siano  pas- 
saggieri ,  egli  li  va  a  cercare  nel  seno 
dell'eternità.  Ed  ecco  creare  di  sua  fan* 
tasia  un  Inferno  un  Purgatorio  ed  un 
Paradiso. 

Egli  conobbe  ch'essendo  straniero  ne' 
regni  dell'  Eternità ,  avea  di  bisogno  di 
gi^e  che  lo  accompagnassero.  Virgilio 
gli  si  ofire  il  primo ,  e  con  lui  scende  a 
visitare  le  ombre  de' trapassati  nell'or- 
rendo abisso  infernale  ^  da  lui  descritto 
come  una  gran  voragine  partente  dalla 
superficie  e  terminante  nel  centro  della 
terra ,  divisa  in  dieci  grandi  recinti  tetti 
concentrici.  In  queste  immensa  spira- 
le i  cerchi  vanno  diminuendo  di  gran- 
dezza ,  e  le  pene  aumentando  di  rigore, 
finché  si  arriva  a  Lucifero  che  vi  giace 
nei  fondo.  E  notisi  pure  che  la  spirale 
ed  il  cerchio  sono  di  quelle  idee  sem- 
plicissime con  le  quali  si  ottiene  facil- 
mente l'idea  della  eternità ,  perchè  il 
cerchio  non  ha  né  principio  né  fine. 

Scorso  r  Inferno  ,  i  due  Poeti  s' inca- 
minano  pel  Purgatorio.  È  queste  una 
montagna  la  cui  sommità  si  perde  nel 
cielo ,  e  che  ha  in  altezza  ciò  che  ha 
r  Inferno  in  profondità.  Qui  i  tormenti 
vanno  diminuendo  a  misura  che  si  salisce 
su,  e  giunto  finalmente  afia  sonunità  im- 
mantinente si  entra  in  ^iradiso ,  e  Vir* 
gilio,  sotto  il  cui  nome  il  poeto  intendea 
la  Ragione ,  cede  0  suo  posto  a  Beatrice, 
nella  quale  è  figurate  la  Teologia.  Quindi 
li  Poeto  Scompagnato  da 


6& 


OSSERVAZIONI 


di  spera  in  spera  ,  di  chiarore  in  chia- 
rore ,  di  \irtu  in  virtù  per  tutt*  i  gradi 
della  felicità  e  della  gloria ,  fino  agli  splen- 
dori dell* Empireo,  ov'^i  è  presentato 
at^trono  dell'Eterno. 

Strana  ed  ammirabile  Impresa  !  Risa- 
lire dair  ultimo  abisso  delF  Inferno  fino 
al  santuario  de*Geli;  abbracciare  la  dop- 
pia gerarchia  de*mi  e  delle  virtù,  Testre- 
ma  miseria  e  la  suprema  beatitudine,  il 
tempo  e  Y  eternità  ;   dipingere  Y  Angelo 
e  r  uomo  ,   l*  autore  di  tutt'  i  mali  e  il 
Santo  de*  Santi  ;   e  in  mezzo  a  queste 
pitture  collocare  la  storia  ,  le  opinioni , 
ì  costumi  e  tutte  le  colpe  de*suoi  tempi! 
In  mezzo  a  tanti  pregi  dispiace  qualche 
durezza  di  hngua  ,  qualche  immagine  non 
naturale,  ed  un  certo  languore  in  taluni 
canti.  Ma  ricordiamci   de*  tempi  in  cui 
quest'  opera  fu  composta  ,  ne'  quali  nes- 
suno ancora  avea  adoperato  la  poesia  né 
la  lingua  italiana  alle  cose  sublimi.  Dante 
fu  il  primo  che  nobilitò  Funa  e  T  altra; 
e  vi  riuscì  talmente  che  malgrado  le  no- 
tate imperfezioni,  Tltalia  si  pregerà  sem- 
pre di  studiare  ed  ammirare  in  lui  le  bel- 
fezze  poetiche  e  le  eleganze  e  la  purezza 
della  favella,  e  non  potrà  mai  negargli  il 
meritato  titolo  di  padre  della  lingua  e  della 
Poesia  italiana. 

Appena  fu  pubblicata  la  Divina  G)me- 
dia,  1  primi  uomini  di  quel  secolo  si  die- 
dero a  cementarla  ,  ed  a  scrìverne.  I 
primi  furono  Iacopo  e  Pietro  figliuoli  di 
l)ante,  e  Rosone  da  Gubbio.  L'Abate 
Hehus  parla  di  cementi  fatU  da  Accorso 
de'  Ronfantìni  francescano  ,  da  Micchino 
da  Mezzano  canonico  di  Ravenna ,  e  da 
un  anonimo  che  scrìveva  nel  1334 ,  e  da 
altrì  dello  stesso  secolo.  Nel  1350  sei  dotti 
furono  da  Giovanni  Visconti  signor  di  Mi- 
lano invitati  per  iscrìvere  un  ampio  cemen- 
to; e  di  questo,  dice  il  Tiraboscfai,  che  si 
oouserva  copia  nella  biblioteca  laurenzia- 
na  in  Firenze.  Si  crede  che  de'  sei  autori 
dd  sopraddetto  cemento ,  uno  fosse  il  Pe- 
trarca ed  un  altro  Iacopo  della  Lana.  Co- 
munque ciò  sia,  bassi  un  cemento  di  esso 
Iacopo  della  Lana, che  fu  più  volte  mandato 
a  stampa:  cemento  che  fu  pure  tradotto  in 


latino  ed  ampliato  da  Alberìgo  da  Roscia- 
te.  Nel  1373  con  decreto  de'  9  di  agosto 
il  Roccaccio  fu  destmato  a  spiegar  pub- 
blicamente la  Divina  oomedia  in  Firenze, 
con  uno  stipendio  di  100  fiorini  Tanoo. 
In  questa  occasione  e^i  scrisse  il  suo  ce- 
mento. Nel  1375  essendo  morto  il  Boc- 
caccio, Al  nominato  a  succedergli  Anto- 
nio Piovano,  nel  1381;  al  quale  successe 
poscia  nel  1401  Filippo  Villani,  ripataUssi- 
mo  storìco  di  quel  secolo.  Rolo^  inalò 
l'esempio  di  Firenze ,  e  a  legger  pubblica- 
mente Dante  destinò  Renvenutode'Ram* 
baldi  da  Inoola,  che  distese  un  assai  stimato 
comento  nel  1375.  Pisa  nominò  alla  lettura 
di  Dante  Francesco  di  Rartolo  da  Ruti,  nel 
1386;  e  Venezia  Gabriello  Squarto ,  e  Pia- 
cenza Filippo  da  Reggio.  E  quantunque  ne* 
secoli  posteriorì  cessò  alquanto  questo  en- 
tusiasmo per  Dante,  nondimeno  ne*  tempi 
nostri  «i  è  eccitato  con  tanta  energia  che 
non  solo  in  Italia  pubblicamente  si  legge, 
ma  anche  ne'  paesi  oltrementi. 

Dove  Dante  1'  avesse  composta  ,  è  que- 
stione che  a  noi  poco  riguarda.  Il  Boc- 
caccio vuole  che  prima  di  essere  esiliato  ne 
avea  già  composto  sette  canti ,  ma  vi  è 
chi  pretende  che  T  avesse  principiata  a 
Verona,  chi  a  Udine  ,  ec.  Il  certo  è  che 
essendo  andato  profugo  di  città  in  città> 
e  in  nessuna  lungamente  fermatosi,  ne  do- 
vette per  necessità  comporre  dove  un  bra- 
no e  dove  un  altro.  Quando  l'abbia  poi  com- 
piuta ,  io  noi  so  ;  ma  è  facile  che  non 
molto  tempo  prima  di  morire.  Non  credo 
alla  visione  avuta  in  sogno  da  Iacopo,  nella 
quale  Dante  gli  mostra  il  luogo  dove 
erano  gli  ultimi  canti  che  mancavano  alla 
Divina  Comedia. 

Aggiungo  per  la  compiuta  intelligenza 
di  ciò  che  riguarda  questo  principe  dei 
Poeti  ,  che  dolenti  i  fiorentini  di  non 
possedere  le  ceneri  di  lui  più  volte  do- 
mandate a'ravennati,  e  sempre  in  vano; 
si  determinarono  di  ergergli  almeno  un 
onorario  sepolcro.  Difatti  nel  1818  desti- 
narono alla  nobile  opera  il  valente  scul- 
tore Stefano  Ricci ,  e  nel  1819  il  monu- 
mento fu  eretto  nella  Chiesa  di  S.  Croce 
fra  le  tombe  di  Michelangelo  e  di  Alfi- 


CRITICHE 


65 


rii.  L'  opera  è  di  eccellente  scultura  in 
maniio  di  Carrara  :  è  fatta  a  guisa  di  un 
piedistallo  nella  somniità  del  quale  sta  se- 
dalo il  Poeta  coronato  di  piloro,  in  atto 
«-pgitaboDdo ,   con  la  mano .  sotto  la  ma- 
'•eefla  ,  e  col  gomito  sopra  il  libro  ,  mo- 
^randosene  gdoso  ;  nudo  Y  omero  e  il 
petto,  circondato  soltanto  dalla  cintola  in 
^  da  un  laigo  pallio.  A  dritta  è  scolpita 
rilalia  in  sembianza  di  bellissima  donzella, 
che  moitiaio  a  riguardanti.  Davanti  al  pie- 
dislallo  ed  alquanto  più  bassa  sorge  un  ur- 
na, sopra  la  quale  è  sdraiata  la  Poesia  che 
lo  piange  in  atto  di  dolorosa  pietà.  In  fondo 
^i  è  questa  iscrizione  del  cniar.  Zannoni  : 

DANTI  .  ALIGHKRIO 

TUSCI 

HOHOmiRIUM  .  TUMULCM 

A  .  HAJOBiaUS.TEE  .  FRUSTRA.  DECRETUM 

AKNO  .  M.  DCCC.  XIX 

niLiaTEm  •  excitarunt. 


E  questo  è  quanto  ho  creduto  giustifi- 
care sulla  vita  del  nostro  Poeta ,  non  per 
far  carico  al  Boccaccio ,  nò  per  vilipende- 
re r  opera  di  lui,  la  quale  io  ho  in  grande 
estimazione ,  e  deve  averla  chiunque  è  te- 
nero delle  pulite  e  classiche  scritture  del- 
r  aureo  secolo  ;  ma  unicamente  per  rac- 
certare  la  verità.   Non  ho  fatto  quanto 
avrei  voluto ,  ma  quanto  ho  saputo  e  po- 
tuto, e  conosco  che  con  tutto  ciò  io  non 
son  giunto  alla  meta  desiderata;  nonper- 
tanto son  certo  che  il  lettore  perdonerà 
ciò  non  solo  alla  insufiBcienza  de  miei  ta- 
lenti ,  ma  ancora  alla  difficoltà  dell'im- 
presa ;  perocché  malgrado  la  moltiplicità 
delle  opere  de'  contemporanei  nelle  quali 
dì  Dante  si  parla  ;  è  da  dolere  che  non 
troviamo  in  alcuna  di  esse  quanto  della  di 
lui  vita  può  desiderarsi  ed  è  necessario  sa- 
pere, non  per  mera  curiosità ,  ma  per  la 
retta  intelligenza  della  divina  Comedia  e 
della  storia  del  secolo  XIII. 


vnra  1WI.LI  otsaavAZiom. 


ai 


CREDO 


DI 


DANTE    ALLIGHIERI. 


1       lo  scrìssi  già  d'amor  più  volte  in  rime, 
Quanto  più  seppi  dolci  belle  e  vaghe, 
Ed  in  pulirle  oprai  tutte  mie  lime. 

4  Di  ciò  son  fatte  lo  mie  voglie  smaghe, 
Perch'  io  conosco  avere  speso  invano 
Le  mie  fatiche  ad  aspettar  mal  paghe. 

7       Da  questo  falso  amor  ormai  la  mano 
A  scrìver  più  di  lui  io  vò  rìtrare , 
E  ragionar  di  Dio  come  Crìstiano, 

10      lo  credo  in  Dio  Padre,  che  può  fare 
Tutte  le  cose,  e  da  chi  tutt'i  beni 
Procedon  sempre  di  bene  operare. 

1 3      Delia  cui  grazia  terra  e  ciel  son  pieni , 
E  da  lui  furon  fatte  dal  niente 
Perfetti  buoni  lucidi  e  sereni. 

16      £  tutto  ciò  che  s'ode  vede  e  sente 
Fece  1  etema  sua  bontà  infinita, 
E  ciò  che  si  comprende  con  la  mente. 

19      E  credo  eh*  e'  l'umana  carne  e  vita 
Mortai  prendesse  en  la  Yergin  Santa 
Maria,  che  co  suoiprieghi  ognor  ci  aita: 

fi  E  la  divina  essenza  tutta  quanta 
In  Cristo  fosse  nostro  santo  e  pio, 
Siccome  Santa  Chiesa  aperto  canta. 

25     El  qual  veracemente  e  Uomo  e  Dio, 
E  unico  Figliuol  di  Dio  nato 

1.  Breve  introdozione  sino  ti  verso  9. 
4.  Sma^on,  smarrire  ;  qui  9ogli$  mmagh^  si- 
nifica  foglie  cessate  perché  rìconosciote  cr- 

r»i»te. 


Etornalmente  Dio  di  Dio  uscio. 

28      Non  fatto  manual,  ma'ngenerato 
Simile  al  Padre,e'l  Padre  ed  esso  è  uno 
Con  lo  Spinto  Santo  ,  ed  incarnato. 

31      Questi,  volendo  liberar  ciascuno, 
Fu  sulla  santa  croce  crocifisso 
Di  grazia  pieno ,  e  di  colpe  digiuno. 

2k      Poi  scese  al  profondo  dell'  abisso 
D'Inferno  tenebroso  per  cavarne 
Gli  antichi  Padrì,  ch'ebbero  il  cor  fisso 

37  Ad  aspettar  che  Dio  prendesse  carne 
Umana,  per  lor  trar  della  prigione  , 
E  per  sua  passion  tutti  salvarne. 

kO      È  certo,  chi  con  buona  opinione 
Perfettamente ,  e  con  sincera  fede 
Crede,  è  salvato  per  sua  passione. 

&3      Chi  altramente  vacillando  crede  , 
Eretico  e  nemico  è  di  sé  stesso; 
L'anima  perde  che  non  se  n'avvede. 

46  Tolto  di  croce,  e  nel  sepolcro  messo. 
Con  r  anima ,  e  col  corpo  il  terzo  di 
Da  morte  suscitò,  credei  confesso. 

h9  E  con  tutta  la  carne  eh'  ebbe  qui 
Dalla  sua  Madre  Vergin  Benedetta  , 
Poi  in  alto  in  Cielo  vivo  se  ne  gì  : 

52      £conDioPadresiede,equindi  aspetta 

8.  Di  luif  così  abbìani  corretto ,  mentre  ia 
altra  edizione  leggesi  di  lei. 
8.  Mitrare,  per  ritrarre:  necessità  dirima. 
Vi,  Et,  cosi  anticamente,  per  ti. 


68 


CREDO 


Tornar  con  gloria  a  giudicar  li  morti, 
E  di  loro ,  e  de'  vivi  far  vendetta. 

55    Dunque  a  benfar  ciaschedun  si  conforti , 
E  Paradiso  per  ben  far  aspetti, 
Ch'alio  grazie  di  Dio  saran  consorti: 

58      E  chi  con  vizi  vive  e  con  difetti , 
Sempre  in  Inferno  speri  pene  e  guai 
Insieme  co' Demoni  maladetti. 

61      Alle  quai  pene  rimedio  già  mai 
Non  ^i  si  truova,  che  son  senza  fmc 
Con  pianti  stridi  ed  infiniti  lai. 

6'»      Delle  qua'  pene  V  anime  tapine 
Ci  campi  e  guardi  lo  Spirito  Santo , 
Qual  è  terza  Persona  in  le  Divine. 

67  Cosi  ò  1  Padre  e  lo  Spirito  Santo  , 
Come  1  Figliuolo;  e  runePaltro  è  eguale, 
Solo  uno  Dio ,  e  sol  de*  Santi  un  Santo, 

70      Ed  ò  la  v(Ta  Ternità  cotale 
Che  è  il  Padre  e'I  Figliuol,  un  solo  Dio 
Con  lo  Spirito  Santo  ciascun  vale. 

73  Per  quellamor  e  per  quel  buon  desio 
Che  dal  Padre  alFigliuol  eternai  regna, 
Procedendo,  non  fatto,  al  parer  mio. 

76  Chi  più  sottil  di  dichiarar  s'ingegna 
Che  cosa  sia  quella  Divina  Essenza, 
Manca  la  possa  a  dir  cosa  si  degna. 

79      Bastaci  solo  aver  ferma  credtMìza 
Di  quel  che  ammaestra  santa  Chiesa, 
La  qual  ci  dà  di  ciò  vera  sentenza. 

82  Io  dico,  chu'l  Battesmo  ciascun  fresa 
Della  divina  grazia,  e  monda '1  tutto 


85 


Quantunque  tomi  di  peccato  brutto. 

88      £  senza  questo  ogni  possanza  è  tolta 

A  chiaschedun  d'andar  a  vita  eterna, 

Benché  in  se  abbia  assai  virtù  raccolta. 

53.  A  giudicar  li  morti,  E  di  loro  e  de'vivi 
far  vendetta  :  cioè  vendicherà  i  morti,  ossia 
i  dannali,  con  punirli  nel  Fuoco  eterno;  e  ven- 
éieherà  i  vivi,  premiandoli  e  menandoli  nella 
gloria  del  Paradiso.  Notisi  il  doppio  ed  oppo- 
sto signiUcato  della  parola  vendetta  :  mendi- 
care il  vizio  ,  punirlo,  ga.sligarlo;  vendicar  la 
virtù ,  difenderla,  premiarla.  Anche  i  latini  Tu- 
flérono  in  questo  senso  :  vindicta  Ubertatit,  di- 
fcca  della  libertà,  Velleio. 

83.  Fre$a,  fregia,  adorna;  dallalino basso 
fre9u$. 


91  Lume  è  tal  volta  di  quella  lucerna 
Che  dallo  Spirito  Santo  in  noi  risplende, 
E  con  dritto  desio  si  ne  governa  ; 

di  Che'l  Battesmo  aver  si  forte  accende 
L*  arder  in  noi ,  che  per  la  voglia  iusta 
Nonmen  eh  averla  Tuom  insto  s'intende. 

97  E  per  purgar  la  nostra  voglia  iniusta 
El  peccar  nostro  che  da  Dio  ci  parte, 
La  penitenza  abbiam  per  nostra  frusta. 

100    >ò  per  nostra  possanza,  né  per  arto 
Tornar  potemo  alla  divina  grazia 
Senza  Confession  da  nostra  parte. 

103  Prima  contrizion  quella  che  strazia 
Il  mal  ch'hai  fatto ,  e  con  propria  bocca 
Confessai  mal  che  tanto  in  noi  si  spazia. 

106  E'I  satisfar  che  dietro  a  lei  s'accocca. 
Ci  fa  tornar  con  le  preditte   insieme 
Aver  perdon  che  con  dritto  si  tocca. 

1 09  Da  poi  chel  rio  nemico  pur  ne  preme 
Le  nostre  fragil  voglio  a  farci  danno, 
£  di  nostra  virtù  poco  si  teme  ; 

1 12  Acciò  che  noi  fuggiamo!  falso  inganno 
Di  questo  maladetto  e  rio  nemico 
Da  cui  principio  imal  tutti quant'hanno; 

115    II  nostro  Signor  Dio  Padre  ed  amico 
Il  Corpo  suo  eì  suo  Sangue  benigno 
AlValtar  ci  dimostra,  com'io  dico  : 

118  DelproprioCorpo,  che  nel  santo  Ugno 
Di  croce  fu  confìtto,  e'I  sangue  spa^ 
Per  liberarne  dal  Demòn  maligno. 

121  E  se  dal  falso  il  ver  io  ben  comparto. 
In  forma  d'Ostia  noi  si  veggiam  Cristo 
Qual  el  produsse  la  Vergine  in  parto. 

12^    Vero  è  Dio  ed  uomo  insieme  misto 
Sotto  lo  spezie  del  pane  e  del  vino , 
Por  far  del  Paradiso  santo  acquisto. 

127    Tanto  ò  santo  mirabile  e  divino 
Questo  mistero  e  santo  Sacramento, 


84.  Presa  pffregÌA ,  adorna.  Tulli  i  codici 
leggono  cosi  h  f'd'  ogni  virtù  e  H presa;  a  noi 
piace  meglio  scriverlo  cosi:  e  d'ogni  virié  el 
presa ,  perocché  qaell'  e  'i  presa ,  renderebbe 
non  poco  oscuro  il  senso  della  parole;  oscu- 
rità che  cessa  subilo  che  si  legge  el  prma, 
perché  el  vale  t7.  come  abbiam  notato  poc'anzi. 

99.  Frusta,  sferza,  punizione. 

106.  .4ceocca.  Accoccare,  attaccare  alla  oue- 
ca,  la  quale  è  quella  tacca  della  freccia  in  coi 
entra  la  corda  dell'arco.  Qui  vale  attaccai» 
ioiuuilu. 


DI    DANTE. 


e9 


Ch'  a  dirlo  sarla  poco  il  mio  latino. 

190    Questo  ci  dà  fortezza  ed  ardimento 
Contra  la  nostra  ria  tentazione 
Si  che  per  lui  da  noi  il  nemico  è  vento. 

133    Perchè  l'intende  hen  le  orazione 
Ch*a  lui  son  fatte  benigne  e  divote, 
E  che  procedon  da  contrizione  ; 

136    La  possa  di  ciò  fare,  e  l'altro  note  , 
L'ore  cantar,  e  dar  altrui  battesmo, 
Solo  è  dai  preti  il  volger  cotai  rote. 

139  Eperfennczza  ancor  del  Crìstianesmo 
AbbiamlaCresma  e  l'Olio  Santo  ancora 
Per  nffermare  quel  creder  medesmo. 

ikfà    La  carne  nostra almal pronta  tutt'ora 
È  stimolata  da  lussuria  molto , 
Che  a  male  far  ognun  sempre  rincora. 

143    A  tal  rimedio  Dio  ci  volse  il  volto. 
Ed  ordinò  fra  gli  uni  il  Matrimonio, 
Pel  qual  cotal  peccar  da  noi  fia  tolto. 

ìhS    £  cosi  ci  difendon  dal  demonio 
I  sopraddetti  sette  Sacramenti 
Con  orazion  limosino  e  digionio. 

151     Dieci  abbiam  da  Dio  comandamenti: 
Lo  primo  è,  che  lui  sol  adoriamo, 
Agi'  idoli  o  altri  dii  non  slam  credenti. 

i5k  E*l  santo  nome  di  Dio  non  pigliamo 
In  van  giurando ,  o  in  altre  simil  cose. 
Ma  solamente  lui  benediciamo. 

157  Terzo  sia  che  ciascuno  si  riposo 
D'ogni  fatica  un  di  della  semmana , 
Siccome  Santa  Chiesa  aperto  pose. 

iGO     Sopra  ogni  cosa  qui  tra  noi  mondana 
A  padre  e  madre  noi  rendiamo  onore, 
Perchè  da  loro  abbiam  la  carne  umana. 

163    Che  tu  non  furi ,  né  sia  rubatore , 
E  vivi  casto  di  lussuria  a  tondo , 
Né  di  ciò  cerchi  altrui  far  disonore  ; 

166  Ne  giàpercosach'egliaspettialmondo, 
Falsa  testimonianza  alcun  non  faccia, 
Perchè  col  falso  il  ver  si  mette  al  fondo. 
169    Che  non  sian  aperte  le  sue  braccia 
Ad  uccidere  altrui  in  alcun  modo  , 
Che  sarà  indegno  di  veder  sua  faccia. 


tS9.  Latino,  sostantìTo,  vale  lingnaggio, 
^»oorso  qaalaiiqae,  e  troTtsi  osato  da  vari 
vfriuori  del  miglior  secolo.  V.  la  Crusca. 

13S.  Venia  per  vinto»  necessità  di  rima. 

174.  Yodo,  voto,  privo. 

laa.  rof,  lolle,  lo^le. 


172    Nò  delle  colpe  sue  solverà  il  nodo 
Chi  del  prossimo  suo  brama  la  moglie , 
Perchè  sarìa  di  cantate  vodo. 

175    V  ultimo  a  tutti  è  che  nostre  voglie 
Non  sian  desiderar  di  tòr  V  altrui , 
Perchè  questo  da  Dio  ci  parte  e  toglie. 

178  Acciò  che  ben  attenti  tutti  nui 
Siamo  a  ubbidire  ciò  che  ci  dice  , 
Fuggiamo  il  vizio  che  ci  tol  da  lui. 

181     Prima  è  superbia,  d'ogni  mal  radice , 
P(*rchè  r  uom  si  reputa  valer  meglio 
Del  suo  vicino,  e  d'esser  più  felice. 

18S^  Invidiaèquellachefal'uomvermeglio,  ' 
Che  s' attrista  veggendo  1* altrui  bene; 
Al  nemico  di  Dio  lo  rassomeglio. 

187  Iraairiratosempreaccrescepene,(de, 
Perchè  l'accende  'n  furiaedin  tìamm'ar- 
Seguo  il  mal  far,  e  partesi  dal  bene. 

190  Accidia  d'ogni  ben  nemica  guarde. 
Che  nel  mal  farsempresue  voglie  aggira 
A  disperar  è  pronta,  e  a  ben  far  tarde. 

193    Avarizia  per  cui  mal  si  ritira 
Il  mondo  da  cattivi  e  rei  contratti  ; 
£  quel  lecito  fa,  eh' a  sé  più  tira. 

196  La  gola,  che  consuma  savi  e  matti. 
Con  ebbrezza  e  con  mangiar  superchio. 
Morte  apparecchia,  edalussuria  gli  atti. 

199    Lussuria ,  ch'è  poi  settimal  cerchio. 
Amistà  rompe  ,  e  parentado  spezza  , 
Fa  a  ragion  ed  a  virtù  soverchio. 

202  Contro  questi  peccati  abbiam  fortezza, 
Che  son  scrittili  questo  poco  inchiostro 
Per  andar  poi  dov'è  somma  allegrezza. 

205  Iodico,  perentrar  dentro  al  bel  chiostro 
Dobbiamo  fare  a  Dio  preghiere  assai  ; 
La  prima  è  l'orazion  del  Pater  nostro. 

208    Dicendo:  Padre,  che  ne'  Cieli  stai, 
Santiticato  sia  sempre  il  tuo  nome, 
E  laude  e  grazia  di  ciò  che  ci  fai. 
211     Adveni  il  regno  tuo,  siccome  pone 
Quest' orazion  ;  tua  volontà  si  faccia 
Siccome  in  Cielo  in  terra  in  unione. 
21ih    Padre,dà  oggi  anoi  panchecipiao«)ia , 


181.  Vermeglio,   vermiglio,  doé  lo  fi  ar- 
rossire per  l'altrui  bene. 
186.  RcMomeglio,  rassomiglio. 
205.  Bel  chiostnMiAì  Paradiso. 
SII.  Adv9ni,  daUledtenial  dei  Fùlf  nomr. 


70 


CREDO    DI    DANTE. 


E  ne  perdoni  li  peccali  nostri, 

Né  cosa  noi  faccioni ,  che  ti  dispiaccia. 

217    E  che  perdoniam  tutti,  dimostri 
KM'mpio  in  noi  per  la  tua  i^ran  virtute, 
K  dal  nemico  rio  o^nun  si  scltiostri. 

220    Divino  Padre,  pien  d'ogni  salute, 
Amor  ci  guardi  dalla  tentazione 
Dell'  infemal  nemico ,  e  sue  fcrute. 

223    Si  che  a  te  facciamo  orazione , 
Che nierìtiamtuagrazia,e'l regno  vostro 
A  posseder  vegnam  con  divozione. 

226  Preglìiamti ,  Re  dì  gloria  e  Signor  no- 
Che  tu  ci  guardi  da  dolor  afflitto  (stro, 
La  nostra  mente,  e  sia  ateilcor  nostro. 

229    La  Vergin  Renedetta  qui  a  diritto 
Laudiamo,  e  benediamo  anzi  che  fine 
Aggiunga  a  quel  che  è  di  sopra  scrìtto. 


215.  E  ne  perdoni:  credo  meglio  leggere 
così,  che  come  leggesi  iu  quasi  lotte  l*  edi- 
zioni: C/ie  ne  pervieni. 


233    E  lei  preghiam  ch'alio  grazie  divine 
81  ne  conduca  con  suoi  santi  prieghi, 
E  scampi  noi dairetemal  mine: 

385    E  tutti  quei  che  del  peccir  son cioahi 
Allumi  e  scioglia  |M^r  sua  rort««si«i . 
E  da  lacci  infornai  si  ali  di«(lt«plii. 

238    Avo  Regina  Vergine  Maria , 

Piena  di  grazia,  Iddio  sia  stmipre  teeo. 
Sopra  ogni  donna  henedotta  f  ia  ; 

2!^1    £  benedetto  il  frutto,  il  quale  io  preco 
Che  ci  guardi  da  mal ,  Cristo  Gesù , 
E  che  alla  nostra  fìn  ci  tirì  seco. 

^a    Vergine  Benedetta ,  sempre  tu 
Ora  per  noi  a  Dio,  che  ci  perdoni , 
£  che  a  viver  ci  dia  si  ben  qua  più . 

247    Che  a  nostra  fìn  Paradiso  ri  dori. 


219.  Si  scMoitri^  si  liberi. 

235.  Cieghi,  cicchi,  ueccssità  di  rìma. 

241.  PncOf  prego. 


'tr 


CAPITOLO 


D  I 


BOSONE    DA    GUBBIO 


su   LÀ  DIVINA   COMEDI  A. 


10 


13 


Perocché  fia  più  fratto  e  più  diletto 
k  quei  che  si  dilettan  di  sapere 
Dell'alta  commedia!  vero  intelletto; 

Intendo  in  questi  versi  proferère 
Quel  che  si  voglia  intender  per  li  nomi 
Di  quei,  che  fan  la  dritta  via  parere 

Di  questo  autor ,  che  gloriosi  pomi 
Volse  cercar ,  e  gustar  si  vivendo , 
C3ie  sapesse  di  morti  tutti  i  domi. 

Io  dico  ch'anni  trentacinque  avendo 
L'autor,  che  sono  i  mezzi  di  settanta , 
Da'  quali  in  su  si  vive  poi  languendo; 

Stando  nel  mondo,oveciascuna  pianta 
Di  cogitazioni  e  di  rancura 


4.  Proferen,  dal  Itlioo  profero,  dimostro, 

ipé««o. 

5.  hUmder  per  U  nomi:  intende  Bosone 
spiegare  il  vero  senso  de*  nomi  allegorici  usati 
leUa  Di  Tina  Gomedia. 

7.  Di  queeto  autor.  Dante;  che  gloriosi  po- 
ma «oUe  cercar,  cioè  raccogliere  i  pomi  della 
gloria  e  gustarli  nella  sua  vile;  Che  eapeue 
éi  «orfi  tute  i  domi,  acciocché  avesse  sapu- 
to i  disfatU  di  tutte  le  morti. 

13.  Stando  nel  mondo  ove  ciascuna  pian- 
ta, te.  cioè:  ogni  cosa  del  mondo  ingenera 
ÌA  noi  pensieri  ed  afflizioni.  Rancura ,  voce 


L'appetito  vagante  nostro  pianta  : 

16      Yedea  di  Virtù  l'alzante  altura , 
E  desiava  di  salire  in  cima. 
Che  discernea  già  il  bel  de  la  pianura  : 

19      E  cosi  volto  innanzi,  venne  prima 
Quella  leonza ,  che  per  lo  diletto 
E  per  la  creazion  buona  si  stima. 

22      E  poi,  perchè'l  saver  non  lassai  pet  tu 
Ben  conducer  al  fren ,  il  lion  fue 
La  superbia  ch'offusca  ogn' intelletto. 

25      E  la  lupa,ch'avendo,ognorvuolpiùtf, 
Fu  l'avarizia  che ,  per  mantenere 
Uom  la  sua  facoltà,  il  fa  giacer  giùe. 

28      Queste  fur  le  tre  bestie  che'l  volerà 

antica,  angoscia, 

16.  Vedea  ec.  Dante  giunto  all'  età  di  35 
anni  cominciò  a  conoscere  il  bello  della  virtù, 
e  desiderò. di  possederla. 

20.  Leonza,  nella  Leonia  Dante  personiika 
la  voluttà  del  senso  carnale.  Per  lo  diUtto  e 
per  la  oreaxion  buona  m  stima;  la  lussuria 
a'  sensuali  pare  buona  per  lo  diletto ,  e  per 
la  riproduzione  della  specie  umana. 

28.  Queste  fur  Is  tre  bestie,  ec.  Incontro  a 
Dante  si  fecero  la  concupiscenza ,  la  suberbia 
e  r  avarizia  ,  per  le  quali  mutò  la  risolniione 
di  andare  al  monte  della  virtù. 


72 


CAPITOLO 


Gli  fecer  pervertir  d'andare  al  m<ȓte , 
Dove  virtù  se  ne  solea  sedere. 

3i      Ma  perchè  rarra,che  si  prende  al  fonte 
Del  nostro  Battistèo,  ci  da  un  lume 
Lo  qual  ci  fa  le  cose  di  Dio  conte  ; 

3{p      Venne  del  lustro  del  superno  acume 
Una  grazia  di  fede ,  che  si  dice 
Che  'nfonde  Falma  come  terra  fiume  : 

37      £  mosse  lui  colla  ragion  felice 
Per  farli  hen  conoscer  quelle  fiere, 
£  anche  c'èTallegorica  Beatrice. 

hO  £  la  ragion ,  per  cui  da  lor  non  pere, 
Descrive  per  Virgilio,  e  vuol  mostrare 
Ch'ebbe  da'iibri  suoi  molto  savere. 

ii^3      Questi  li  mostra  come  per  mal  fare 
Si  dee  ricever  pena,  e  poi  agguaglia 
La  pena  al  mal  come  più  può  adeguare. 

46      £  perchèi  magisterio  più  gli  vaglia 
Con  ragion ,  la  ragion  si  può  chiarire, 
Mostra  come  la  spada  infernal  taglia. 

h9  £  questo  mostra  per  voler  partire 
Non  già  lui  da  peccato  e  da  far  male  ; 
Ma  fame  agli  uditor  cercar  desire 

52      SI  chel  buon  viver  nostro  naturale 
Non  erri,  e,  se  pur  erra,  che  si  saccia 


34.  Venne  del  lustro  ec*  Il  battesimo  dà  nn 
arra,  un  diritto  per  lo  acquisto  della  vita  e- 
terna  ;  per  ciò  f^  Dante  illuminato  da  una  gra- 
zia di  fede,  con  la  quale  egli  conobbe  quei 
vizi,  e  liberato  da  essi,  si  avanzò  a  conoscere 
ìv  cose  celesti.  Questa  grazia  è  la  Teologia 
f4ie  Dante  personiOca  in  Beatrice. 

40.  E  la  ragion  ec.  Dante  studiando  nelle 
Apere  di  Virgilio  non  solo  imparò  lo  bello  stile 
che  gli  fece  onore ,  ma  tanti  lumi  ne  acquistò 
rhB  gli  fu  agevole  conoscere  le  prave  inclina- 
Honi  dcUa  natura  umana. 

43.  Questi  U  mostra  ec.  Virgilio  mostra  a 
Dante  quali  sono  le  pene  proporzionate  ai  pec- 
cati commessi  dagli  uomini ,  e  per  ciò  gli  mo- 
stra l'Inferno. 

49.  E  questo  mostra  ec.  1  lumi  che  Dante 
riceve  da  Virgilio  per  conoscere  i  difetti  de- 
ffiì  uomini  ed  il  loro  gasUgo,  quantunque  non 
tennero  Dante  lungi  dal  peccare ,  non  pertan- 
to possono  essere  vantaggiosi  agli  uditori,  che 
veggando  quali  sono  le  pene  date  ai  peccati, 
desiderano  tosto  di  correggersene ,  o  si  guar- 
dano affatto  daJ  commetterli. 

53.  Saccia ,  sappia. 

.M.  Fèntere,  V.  A.,  pentire. 

55.  M  quésto  §e.  Conclusione  della  prima 


E  pèntere  e  doler  quanto  ci  vale. 

55      in  questo  la  sentenzia  par  che  giaccia 
Di  questa  prima  parte,  chelo*nferno 
Par  che  comunemente  dir  si  faccia. 

58      Poi  la  seconda  parte  del  quaterne; 
Tutto  che  la  ragion  ancor  lo  mena. 
Si  come  dice ,  per  lo  foco  eterno. 

61      Caton  lo  'nvia  per  la  gioiosa  pena. 
Che  purga  quegli  spirti  che  pentuti 
Diventan  pria  che  sia  l'ultima  cena. 

64>      £  perchè  i  lor  voler  sien  bene  acuti, 
£  liberi  di  far  ciò  che  lor  piace. 
Vuol  ch*uom  per  libertà  vita  rifiuti. 

67  £  a  questo  illumediquel  cantogiace. 
Mostrando  comeuom  dee  fuggir  lentezza 
£  tardanza  d'aver  coli' alma  pace. 

70      Poscia  descrive  una  bella  fortezza 
Di  poetria  :  com'un'aquiia  venne 
Nel  pensier  suo  dalla  divina  altezza. 

73     £  quest'è  quella  grazia  che  prevenne. 
Come  1  divin  voler  in  noi  la  'nfonde. 
Che  di  lei,  come  un  sogno,  ci  sovvenne; 

76  £lla  ci  scalda, enon  conoscemoondc. 
Se  non  che  noi  rischiara  im  poco  stante 
Una  donna  gentil  colle  sue  onde  ; 


cantica,  cioè  deirinfcmo. 

58.  Poi  la  seconda  ec.  Cioè  la  seconda  can- 
tica della  divina  comedia,  eh' è  il  Purgatorio, 
lo  credo  che  per  quatemo  debbasi  qui  inten- 
der la  Comedia,  e  non  il  complesso  delle  a- 
nimc  purganti. 

59.  Dante  percorre  il  Purgatorio  co'  lumi 
della  ragione. 

63.  Ultima  cena»  l'ultimo  momento  della 
vita  ,  ovvero  1'  ultima  comunione  del  Sacra- 
mento Eucaristico  de'  moribondi. 

66.  Vuol  eh'  uom  per  libertà  vita  rifmti  ; 
Catone  per  amor  della  libertà  privossi  di  vita, 
e  Dante  [>^t  la  stessa  causa  fu  esiliato  e  ri- 
colmo di  sfenture. 

67.  Nelle  prime  bolgie  del  purgatorio  mno 
trattenuti  coloro  che  fbrono  negligenti  ad  ab- 
bracoiar  la  penitenza. 

70.  Poscia  descrive  ec.  Dante  finge  di  esser 
egli  caduto  in  sonno,  nel  quale  gli  sembrò 
che  a  lui  venisse  un'  aquila  che  lo  portava 
per  il  Purgatorio,  ch'ei  descrive  come  una  fop> 
tezza,  ossia  come  bella  ed  alta  torre.  Secondo 
Francesco  da  Buti  per  l'aquila  s'intende  la  divina 
carità.  Ma  Rosone  qui  par  che  la  voglia  per  quel- 
la grazia  c'ir  i  Teologi  dicono  prevenient$. 

71.  Di  poetria,  cioè  di  poetica  o  poetit. 


DI    B  0  S  ON  E 


73 


*79     E  queste  quella  grazia  ooaiutante , 
La  qual  descrìve  il  nome  di  Lucia, 
Che  fa  colla  ragion  veder  si  avante. 

M     Che  tien  conobbe  come  si  aalla 
Su  per  li  gradi  della  penitenza , 
E  come  il  prete  su  'n  essi  sedia. 

85      E  fa  ira  essi  quella  differenza 
Di  color  di  fortezza  e  di  \irtute , 
Che  descrive  la  Chiesa  e  la  credenza. 

88      Poi  mostra  come  per  aver  salute 
Si  Tuoi  tre  volte  percuoter  lo  petto, 
CoD  non  voltarsi  alle  cose  vedute. 

91       Che  per  tremodi  correuom  neldifetto 
Di  far  peccato  :  o  di  superba  vita , 
O  per  aver  dagli  occhi  mal  diletto, 

9V      O  per  aver  la  carne  troppo  ardita  : 
E  quinci  vengon  li  sette  peccati , 
Che  fa  d* ognun  la  spada  sua  ferita. 

97      Non  dee  aver  li  vestimenti  ornati 


79.  E  ^fwetf*  è  quella  ee.  La  donna  gentile 
4ì  coi  parla  Rosone,  è  Lucia,  per  la  quale 
Dante  intende  la  grazia  cooperante. 

83.  Gradi  d$Ua  penitenza,  ossia  dei  Par- 
ga  torio. 

ai.  //  prete  eu  *n  etti  tedia,  11  portinaio  del 
Purgatorio  è  il  sacerdote ,  il  quale  pel  suo  sa- 
cro carattere  ha  facoltà  di  assolvere. 

sa.  E  fa  tra  e$ti  ec.  E  fa  tra  essi  gradi  di 
autorità  ecclesiastica  quella  differenza  che  si 
rafvisa:  ne*  colori  di  cui  fa  uso  la  Chiesa  nelle 
Me  sacre  cirimonie  ;  nella  fortezza  che  ognu- 
M  dete  afere  nella  Fede;  e  nelle  virtù  cri- 
«liane,  dovere  di  ogni  credente. 

88.  Ah  Moffra  ec.  E'  d'  uopo  accostarsi  al 
iaeramento  deUa  Penitenza  di  buon  grado. 
C  mei  doversi  il  penileote  per  tre  volte  pei^ 
caocere  il  petto ,  intende  la  confessione  orale . 
il  cMitrizione  del  cuore,  e  il  proposito  della 
Hftomà  QDÌto  alla  soddisfazione  della  peniten* 
tt  ingionta. 

ti.  Che  per  ire  modi  «e.  Da'  tre  principali 
pseca&i  mortali  Superbia ,  Invidia  e  carnale 
eaaeapiaeenza  Bosone  fa  derivare  gii  altri  fino 
ti  BOBiero  di  setl^. 

97.  .Yofi  dee  atter  ee,  I  Testimenti  del  sa- 
cerdote ilehboD  essere  modesti  e  senza  orna- 
■eaio»  ai  pari  che  modesto  ed  umile  debhe 
eaaara  il  suo  costume  e  '1  suo  portamento  : 
ialrtti  Daota  K  ha  descritti  di  color  di  ce- 
KTt  0  di  terra. 

toc.  E  le  due  ehiavi  ee.  Per  le  due  chiavi 
iMcadasi  F  antorità  che  ha  il  sacerdote»  cioè  | 


Lo  sacerdote  ;  ma  umìlemente 
Oda  i  difetti  che  li  son  mostrati. 

100    E  le  due  chiavi  che  tenea  latente , 
Mostra  V  autorità  e  la  discrezione , 
Che  luna  tolle,  e  Taltr'ha  nella  mente. 

103    Faccia  lo  Diocesan  comparazione 
Tra  preteeprete,eDondiacapoinmano, 
Se  no,  gli  avviene  quel  di  Salomone. 

106    Poi  vede  chiaro  com'i  pentuti  stano, 
E  purgasi  ciascun  dei  suo  mal  fare , 
E  per  lo  suo  contrario  la  pena  hano. 

109  Ma  perch*io voglio alquantodimostrare 
Una  bella  figura  che  vi  mette  ; 
Ricolgan  gli  uditori  il  mio  parlare. 

112    E  perchè  ognun  la  virtù  più  diletto, 
£  i  vizi  più  ci  sian  abbominati. 
Dinanzi  al  bel  purgar  d'ognun  de*  sette, 

115    Mostra  come  li  par  veder  d'avanti, 
Qual  scolpito,  qual  udia,  qual  vedea  , 


r apostolica,  per  la  quale  scioglie  V  anima  dal 
peccato  ;  e  l' altra  eh'  è  nella  mente ,  è  la  vera 
scienza  per  conoscere  i  peccati ,  e  distinguer- 
li tra  loro  con  saggia  prudenza:  e  Tuna  «^ 
r  altra  autorità  intende  nelle  due  chiavi  V  una 
d'oro  e  l'altra  d'argento. 

103.  Faccia  lo  Diocetan  ec.  Par  che  Boso- 
ne in  questi  versi  dia  avvertimento  ai  dioce- 
sani  Prelati ,  onde  far  paragone  e  discerni- 
mento fra  preti  loro  subordinati ,  affinchè  non 
tutti  indistintamente  si  accostino  all'altare. 

104.  E  non  dia  capo  in  mano  ec.  Non  dia 
incompetenti  attribuzioni  o  dignità  ecclesiasti- 
che agi'  immeritevoli ,  altrimenti  gU  avverrà 
quel  che  avvenne  sotto  il  regno  di  Davide  pa- 
dre di  Salomooe,  cioè  la  traslazione  dell'arca 
della  casa  di  Àbinadah  in  Gerusalemme,  in 
occasione  della  quale  essendo  in  perigUo  di 
cadere ,  fu  sostenuta  da  Oza ,  il  quale  però  fu 
morto  di  un  filmine  scagliatogli  dall'ira  di- 
vina in  punizione  della  temerità  di  lui,  cioè  per 
aver  voluto  sostenere  l'Arca ,  la  quale  dovea 
esser  portata  in  sugli  omeri  dC  sacerdoti. 

106.  Stano,  stanno,  per cagion della  rima, 
come  pare  hano  per  hanno ,  nel  v.  108.  Poi 
vede  chiaro  come  sono  pentiti  coloro  che  deb- 
honsi  ripurgare  de'  loro  peccati,  e  ciascnao  ha 
pena  contraria  alla  propria  colpa  :  i  superbi 
con  gravi  pesi  sa  la  testa;  gl'invidiosi  cou 
sozzi  manti,  ec. 

115.  Moitra  come  li  par  veder  d^avanHee. 
Dante  pria  di  spiegare  le  purgasioni  de' sette 
peccati ,  dichiara  d'aver  vedute  ligure  scolpite, 

10 


7fc 


CAPITOLO 


E  qaal  sognando,  e  cpial  pareapereanti: 

118    Molte  novelle  di  cui  ei  sapea 

Ch*étbeT  l'oirata  eccellenza  del  Mondo, 
Perdio*!  oontrario  di  quel  vizio  fea. 

121    E  questo  mette  prìnna  che  nel  fondo 
Salga  del  grembo  per  forza ,  che  faccia 
Correr  altrui  nell' operar  giocondo. 

121^    Poscia  diretro  descrive  la  traccia 
Di  que'  che  per  vizio  rovinare , 
E  questo  infrena  là,  come  quel  caccia. 

127    E  perchè  Stazio  fu  fedele  e  caro, 
Dice  che  i  libri  suoi  colia  ragione 
La  via  di  questo  cammin  li  mostrare. 

1 30  In  sommità  di  questo  monte  pone 
Quel  loco  dove  si  crede  che  Adamo 
Vivesse,  e  fesse  poi  rofiensione. 

133    E  per  lo  bel  che  viendiramoinramo, 

e  altre  cose  aveva  udito,  vedalo,  sognato,  e 
che  alcuna  cosa  eragli  apparsa  nel  cantar  di 
quei  spirili.  Infatti  dice  di  aver  veduto  fin  dalla 
porta  del  Purgatorio  intagli  di  marmo,  quindi 
il  passaggio  deli'  Arca ,  nonché  la  storia  e  la 
gloria  di  Traiano.  Udì  la  voce  della  carità 
verso  il  prossimo ,  la  voce  di  Oreste ,  e  quella 
di  Caino.  Dice  di  aver  veduto  due  visioni  nelle 
quali  gli  apparve  Maria  Vergine ,  la  moglie  di 
risistrato,  S.  Stefano  e  Lavinia.  In  sogno  poi 
gli  apparve  una  donna  eh'  è  V  immagine  de' 
falsi  diletti  ,  cioè  dell' avarizia  della  gola  e 
della  lussuria,  ce. 

118.  Molte  novella  ec.  Disvela  Dante  molte 
novelle ,  cioè  molti  fatti  storici. 

119.  Orraia,  onorata^  V.  A. 

121.  E  questo  mette  prima  ec.  Dante  prima 
f  he  fosse  salito  dal  fondo  del  grembo  del  Pur- 
gatorio, per  virtù  di  Beairice,  cioè  in  forza 
della  Teologia,  espone  ciò  che  fa  correre  al- 
trui nell'  oprar  giocondo  cioè  perfetto. 

124.  Poteia  diretto  descrive  ec.  Quindi  de- 
scrive l'orme  del  vizio  da  molti  seguite,  i  quali 
per  ciò  rovinarono  sé  stessi. 

120.  E  questo  infrena  là,  come  quel  cac- 
cia. V  esposizione  de*  vizi  e  delle  pene  che  li 
seguono ,  rafTreiia  l' uomo,  mentre  il  vizio  solo 
io  spinge  nelle  pene  e  negli  affanni. 

127.  E  perché  Stazio  fu  fedele  e  caro  ec. 
Siccome  Stazio  fu  fedele  a  Virgilio ,  cosi  da' 
di  lui  libri  apprese  egli  il  poetico  stile,  e  da 
questi  libri  fugli  anche  mostrata  la  via  del  non 
perdersi ,  e  di  andare  al  Purgatorio.  Avvenne 
rio  perchè  Stazio  avea  letta  la  quarta  egloga 
di  Virgilio,  nella  quale  questo  insigne  Poeta  Ur 
rendo  lieti  augurii  a  Pollione  co*  versi  della 
(Sibilla  Guinea,  profetizzò  l'avvento  del  Re* 


Laudando  il  luogo  di  fuor  de  la  riva. 
Ad  Eva  lamentando  alcun  richiamo. 

1 36    Poi  qui  dal  lato  della  selva  viva 
Sol  con  quell'atto  che  raiTetto  importa» 
Vede  allegra  seder  la  Vita  attiva. 

139  E  li  d'innanzi  dalla  prima  scorta 
Fu  lasciato  egli;  perocché  la  fede 
L;i  ragion  mostrati  va  non  comporta. 

1  /»2    Lo  fondamento  d*essa  oramai  vede  ; 
I  sette  doni  dello  Spirto  Santo 
Lran  quel  lume,  che  'unanzi  procede. 

145    Eiventiquattrochefaceanquelcanto, 
Li  lihri  della  Bibhia  erano  quelli, 
C'hanno  suo  dichiarezza  ciascun  manto. 

148    E  i  quattro  ch*avien  ali  più  ch'uccelli, 
Eran  gli  Evangelbti,  che  mostrare 
L'esser  di  Dio  da  pie  fui  a' capelli. 

denterò  y  senza  comprenderne  il  vero  seoao. 

130.  In  sommità  ec.  1  viaggiatori  poeti  dopo 
di  aver  percorso  tutt*  i  giri  ascendono  su  la 
sommità  della  montagna,  su  la  quale  essen* 
dovi  il  paradiso  terrestre,  si  crede  che  ivi  fosse 
vissuto  Adamo ,  ed  ivi  avesse  commesso  la 
trasgressione  del  comando  di  Dio. 

133.  E  per  lo  bel  che  vien  di  ramo  «e.  li 
bello  che  viene  di  ramo  in  ramo  nel  paradiso 
terrestre,  è  appunto  quella  pace  che  l'uomo 
inutilmente  cerca  al  suo  cuore.  Entrato  quindi 
esso  poeta ,  e  lasciata  la  prima  riva ,  loda  \m 
divina  foresta,  perchè  quivi  vivendo  nella  Gra- 
zia ei  gode.  E  sì  bella  sembrò  a' tre  poeti,  che 
dopo  di  averla  lodata ,  volgono  i  lor  riddami 
di  dolore  contro  di  Eva ,  cagione  dello  scaccia- 
mento dell'  uomo  da  quell'amenissirao  luogo,  e 
del  danno  che  per  sempre  si  deplora. 

136.  Poi  qui  dal  lato  ec.  Dante  dal  lato  della 
selva  verdeggiante  vede  Lia,  prima  moglie  di 
Giacobbe,  affaticantesi  in  opere  di  virtù,  per- 
cui  è  in  essa  personiBcata  la  Vita  attiva. 

139.  E  lì  d*innanzi  ec.  Dante  stando  per 
entrare  in  Paradiso  fu  lasciato  dalia  prima 
scorta,  Virgilio,  il  quale  avcalo  accompagnalo 
neir  Inferno  e  nel  Purgatorio.  In  Virgilio  è 
personificata  la  ragione  naturale ,  perciò  eoo 
essa  non  potendosi  inoltrare  nel  Paradiso ,  tìm- 
gè  che  Virgilio  lo  lasciò ,  e  venne  a  scortarlo 
Beatrice,  cioè  la  Teologia. 

142.  Lo  fondamento  ec.  Dante  vede  la  Cor- 
te celeste,  innanzi  alla  quale  andavano  selle 
alberi  o  candelieri  d'oro,  che  Bosona  dict 
essere  i  sette  doni  dello  Spirilo  Santo.  Pei  ven- 
tiquattro che  cantavano,  intende  i  libri  della 
Bibbia ,  nei  quali  si  contiene  tutta  la  chiarez- 
za della  Feda. 


DI    B  0  S  0  N  E 


i  > 


151  CrìstoeraqaelGrifoneGhevedcacbiaro 
Che  menava  la  chiesa  santa  dietro , 
Che  le  sue  carni  Dio  ed  aom  portaro. 
154    Eletredonne,  chescriveilsuo  metro, 
Eran  quelle  teologiche  perfette , 
Che  non  si  veggou  che  per  diviii  vetro. 

157    L'altre  eran  quattro  cardinal  dilette, 
Che  andavano  al  modo  di  prudenza, 
Ch*è  ne'  tre  tempi ,  come  l'autor  mette. 

160  Li  due  che  medicar  la  nostra  essenza 
Fur  Paulo  e  Luca,  e  li  altri  quattro  foro 
Quei  che  pistole  far  ebber  potenza. 

163    Ei  vecchio  ch*era  dietro  a  tutti  loro 
FuMoisè;  e  cosi  ei  descrive. 
E  mettete  per  questo  stretto  foro. 

ICG     Poi  dice  appresso  perchè  mal  si  vive 
Per  li  pastor  di  quella  navicella  ; 
Come  l'opere  lor  furon  lascive. 

169    E  quella  volpe ,  di  cui  ei  favella , 
Fu  Hacometto,  che  diedeun  gran  crollo 
Al  carro,  come  conta  la  novella. 

173    Poscia  lo  'mperio  per  aquila  pollo  ; 


151.  E  Ib  tre  donne  che  scrive  il  suo  metro 
§e.  Cioè  la  Carila ,  la  Speranza  e  la  Fede,  che 
som*  le  tre  virtù  teologiche. 

186.  Divin  vetro,  chiama  la  Fede  per  mez- 
so  della  quale  si  veggono  quelle  virtù. 

1-77.  Le  quattro  donne  dal  lato  sinistro , 
crauo  le  quattro  virtù  Cardinali ,  cioè  Fortez- 
la.  Giustizia,  Prudenza  e  Temperanza.  Que- 
ste doone  andavano  or  più  veloci  ed  or  più 
leste ,  secondo  consigliavano  loro  le  teologiche 
firtù  Fede  Speranza  e  Carità. 

160.  Seguivano  appresso  S.  Luca ,  che  scris- 
se gli  atti  degli  Apostoli  e  l'Evangelo,  e  S. 
Piolo  scrittore  dell'Epistole.  Questi  due  scrit- 
tori apprestarono  le  medicine  alle  nostre  ani- 
ne  inlérroe  dalle  colpe. 

168.  E  mettete  per  questo  stretto  foro,  cioè 
le  alla  ilbggiasca  apparve  tanto  maestosa  la 
Corte  celeste  a  Dante  »  considerate  quanto  più 
«aravigliosa  gli  sarebbe  paruta  se  apertamen- 
te veduta  l'avesse.  Oppure  mettete  per  questo 
Mwffo  foro,  ponete  mente  a  questo  eh'  io,  cioè 
lotone,  brevemente  vi  dico.  Ovvero:  atten- 
dete a  godere  di  questa  visione  della  Corte  ce- 
leste, di  cui  è  stretto  il  foro ,  perchè  1'  entrata 
è  permessa  a  tutti,  abbisognandovi  le 
buone  eoi  soccorso  della  Grazia. 
166.  Diate  e  Bosone  erano  ghibellini ,  in 
coese gneuza  seguitavano  il  partito  contrario 
al  Papa.  Quiadi  non  si  faceano  sfuggire  giam- 
■ui  veruna  occasione  senza  mordere  il  Capo 


E  scrive  come  bel  al  bel  del  mondo , 
Con  dare  al  Papa,  si  fece  un  rampollo. 
175    Mette  poi  Eunoè,  che  mostrai  fondo 
Per  la  chiarezza  sua  di  questa  fede. 
E  quinci  usci  per  gire  al  Ciel  rotondo. 
178    Quivi  la  gloria  di  Dio  tutta  vede , 
j       Come  la  Teologia  ve  lo  conduce  ; 
Per  pagamento  di  quel  che  si  crede. 
ISl    Qui  mostra  come  la  luna  riluce 
Fin  di  sopra  Saturno  tutti  i  Cieli 
Chi  benguardandochiaramente  induce: 
18^    E  poi  il  sito  di  molti  candeli 

Li  fu  mostrato,  e  poi  la  sonuna  altezza, 
Poi  della  Trinità,  perchè  riveli 
187  Ciò  che  se  nepuò  scriver  per  chiarezza, 
E  ciò  che  l'intelletto  ne  comprende. 
E  qui  fa  del  suo  libro  la  fermezza. 
190    Adunque  poi,  chi  bene  lui'ntendp. 
Che  speculando  queste  cose  vede, 
E'  cosi  tutto  il  dicer  suo  si  prende, 
193    Fortificando  la  cristiana  Fede. 


vislLile  della  Chiesa,  figurato  nella  Aavtce/ia. 
169.  Gli  espositori  di  Dante  interpetrano  la 
volpe  per  l'eresia,  ma  Bosone  vuole  che  fosse 
significato  Maometto.  Dante  dice  di  aver  ve- 
duto quella  volpe  attaccata  al  carro  trionfan- 
te, pel  quale  s'intende  la  Chiesa  Cattolica. 

172.  Póllo,  cioè  ponto,  ponelo.  Dice  qui 
Bosone  che  Costantino  imperatore  romano  , 
simboleggiato  nell'  aquila ,  stemma  di  que- 
gr  impera  lori,  a  godere  del  mondo,  fece  do- 
nazione al  papa,  come  se  cosi  volesse  costi- 
tuirsi un  rampollo,  un  erede. 

175.  Mette  poi  Eunoi  ee.  Premesse  queste 
I  cose ,  Dante  fa  menzione  de'  due  fiumi  Lete 
ed  Eunoè  ,  il  primo  de*  quali  fa  cadere  l'uomo 
in  dimenticanza  de'  vizi  praticati ,  il  secondo 
guida  r  uomo  a  ricordarsi  delle  virtù.  Quindi 
la  chiarezza  delle  acque  del  fiume  Eunoè  mo- 
strando a  Dante  il  fondo  della  nostra  Fede , 
uscì  egli  da  quel  luogo ,  cioè  dal  Purgatorio, 
ripurgato  de'  vizi ,  per  andar  al  Cielo ,  che 
chiama  rotondo  per  essere  sferico ,  come  si 
descrive. 

179.  La  Teologia  ve  lo  conduce,  Bosone  di 
sopra  ha  detto  che  Beatrice  era  allegorica, 
ora  spiega  l'  allegoria  apertamente,  dicendo 
che  Dante  fu  condotto  in  Cielo  dalla  Teologia. 
190.  Conclusione  del  Capitolo ,  eoo  dire  che 
chi  bene  intende  Dante ,  che  veduto  avea  tali 
cose ,  non  solo  trarrà  profitto  di  scienza  uma- 
na, ma  fortificberassi  ancora  nella  Fede. 


CAPITOLO 


DI 


IACOPO    ALLIGHIERI 


1 


10 


13 


0  voi  che  siete  del  verace  lume 
Alquanto  illuminati  nella  mente, 
Ch  e  sommo  frutto  dell  alto  volume  : 

Perchè  vostra  natura  sia  possente. 
Più  nel  veder  V  esser  deir  Universo  , 
lìuardate  all'  alta  commedia  presente  , 

Ella  dimostra  il  simile  e  1  diverso 
Deir  onesto  piacer ,  e  '1  nostro  oprare, 
£  la  cagion  che  '1  fa  o  bianco  o  perso. 

Ma  perchè  più  vi  debbia  dilettare 
Della  sua  intenzion  entrar  nel  senso  , 
Com'  è  divisa  in  sé  vi  vo'  mostrare. 

Tutta  la  qualità  del  suo  immenso 
E  vero  intendimento  si  divide 
Prima  in  tre  parti  senz*  altro  dispenso. 


9. Dante  Conv.:  perso  è  color  misto  dipurjntno 
e  di  nero ,  ma  vince  il  nero ,  e  da  lui  ii  denomina, 

15.  Nell'Inferno,  Pargatorio ,  e  Paradiso. 

19.  La  parte  viziosa  fu  divisa  in  nove  circoli. 

24.  Senza  merchio  ,  cioè  senza  marca  di 
lode  >  e  intende  i  malvagi  ;  e  di  essi  parla  dal 
priticipio  del  capitolo  sino  al  v.  70  E  poi 
f-A'a  riguardar  ec.  dello  stesso  capitolo. 

Queste  due  terzine  nell'edizione  del  de  Roma- 
uis  si  leggono  aumentate  a  tre,  come  segue: 

K  questa  in  nove  modi  fti  partida 
Sempre  di  male  in  peggio  sino  al  fondo 
Ove  il  maggior  peccato  si  rannida. 

iloti  propria  allegoria  formato  è  'n  tondo 
Sempre  scendendo,  e  menomando  *1  cerchio 
Come  coDviensi  all'ordine  del  mondo. 

Sopra  di  questi  nove  per  soperchio 
Senza  trattar  di  lor  fa  digressione 
Di  (j^uei  che  son  nel  mondo  senza  merchio. 


16       La  prima  viziosa  dir  provide , 
Però  che  prima  e  più  ci  prende  e  guida; 
E  già  Enea  cum  Sibilla  il  vide  : 

19  E  questa  in  nove  modi  fu  partida,  (chio 
Sempre  scendendo  e  menomando  il  cer^ 
Dove  il  maggior  peccato  si  rannida. 

22        Sovra  di  questi  nove  per  coperchio. 
Senza  trattar  di  lor ,  fa  divisione 
Di  quei  che  sono  al  mondo  senza  merchio  : 

25        Poscia  nel  primo  senz*altra  ragione, 
Che  d' ordine  di  fé  mostra  dannati 
Que*  ch'hanno  V  innocente  oflensione. 

28        E  que'che  son  più  dal  voler  portati 
Di  lor  disii ,  che  per  ragione  umana  ' 
Son  nel  secondo  per  lei  giudicati  : 

Perchè  fare  una  tale  aggiunzione  ali*  origi- 
nale? 11  senso  al  certo  non  è  oscuro. 

25.  In  questo  cerchio  tratta  1*  autore  di  A- 
cheronte,  primo  fiume  dell'Inferno,  e  di  Ca- 
ronte navicellaio  di  questo  fiume. 

27.  C.  IV.  Di  quelli  cioè,  che  furono  vir- 
tuosi, ma  non  battezzati,  e  non  adorarono 
debitamente  Iddio,  e  di  essi  pai  la  dal  venio 
70,  E  poi  eh'  a  riguardar  del  cap.  111.  sino 
alla  fine.  Tra'  quali  nomina  Omero .  Orazio  , 
Ovidio ,  e  Lucano ,  ed  ancor  Virgilio.  Del  pari 
Elettra,  Ettore,  Enea,  Giulio  Cesare,  Camilla, 
Pantesilea  «Latino  ,  Lavinia  ,  Rruti>,  Lucrezia. 
Giulia,  Morzia,  Cornelia,  e  Saladino.  Simil- 
mente Aristotele,  Socrate,  Platone,  Democri- 
to, Dioscoride,  Orfeo,  TuUio,  Lino,  Seneca, 
Euclide  ,  Tolomeo ,  Ippocratc ,  Avicenna ,  Ga- 
lieno,  ed  Avveroè. 

30.  Secondo  circolo,  dove  sono  i  lussuriosi, 
de' quali  parla  dal  principio  del  V.  cap.  sino 


77 


31  Nel  terzo  quella  colpa  ci  dispìana 
(jbiì  \>roprì  segni  e  ha  dal  gusto  inizio, 
Da  cui  o^ì  misura  sta  lontana. 

3i       E  quelle  due  apposizioni  in  vizio 
Nel  quarto  fa  parer  per  giusto  modo  , 
Che  rifiutò  il  buon  Roman  Fabrizio. 

.77        Nel  quintol'altre  due,che  son  nel  nodo 
Del  male  incontanente  ,  ci  fa  certi 
Con  accidioso  ed  iracondo  modo. 

«0  £  quei  che  son  dalla  malizia  sperti 
Con  lor  credenza  eretica  e  fiammace , 
Nel  sesto  dona  lor  simili  merli. 


al  TI.  Tra' quali  nomina  Semiramis,  Didone, 
Cleopatra,  Elena,  Achille ,  Paride ,  Tristano , 
Francesca  da  Ravenna ,  e  Paolo  Malatesta  da 
Rimini ,  al  quale  cìrcolo  presiede  Minosse. 

31.  La  colpa  della  gola.  In  questo  terzo  cir- 
ffik>  sono  i  ^losi,  di  cai  parla  dal  VI  cap. 
»Qo  al  VII ,  e  tra  essi  nomina  Ciacco  di  Fi- 
reoze  :  al  qoale  circolo  presiede  Cerbero. 

31.  Cioè  TaTarìzia,  e  la  prodigalità.  Ivi  sono 
fli  avari  e  i  prodighi,  de'quali  tratta  Tantore  dal 
principio  del  IV  cap.  sino  al  V:  Or  discendiamo 
•mai.  ec.  al  qaale  circolo  fa  signoreggiare  Plu- 
tone; e  in  cui  tratta  de' beni  di  fortuna. 

37.  Le  contrarietà  delia  superbia  e  dell' in- 
vìdia. Ivi  sono  gì'  iracondi  e  gli  accidiosi  , 
de'  qoali  tratta  dal  v.  Or  discendiamo  ornai, 
ce  del  cap.  VII  sino  alla  line  di  esso.  Tra' 
quali  nomina  alcuno  in  generale,  nessuno  in 
i>l>ecie;  ma  fa  menzirtuc  di  Stige,  secondo 
tiame  dell'Inferno.  Similmente  in  questo  quin- 
to circolo  tratta  dei  superbi  e  degli  iu>idio- 
M.  cioè  dalla  fine  del  VII  circolo  sino  al  prin- 
ripio  del  IX.  Tra' quali  nomina  Filippo  Argen- 
ti. In  questo  quinto  circolo  tratta  ancoia  l'au- 
t'tre  degli  eretici ,  descrivendo  la  città  di  Dite, 
ni^todita  da  tre  furie  infernali  ,  Motto  ,  Me- 
fxn ,  e  Tesifone.  Dal  principio  dell'  undecimo 
«-apitolo  sino  al  decimottavo  parla  del  settimo 
•  ircolo  :  e  perchè  quelli  i  quali  in  questo  circo- 
ì't  vengono  puniti,  in  tre  modi  essi  peccano, 
in  tre  circoli  divide  il  detto  Vii  circolo.  Del 
primo  parlò  dal  principio  dell'  undecimo  cap. 
Hoo  al  decimoterzo  ;  nel  quale  finge  esser  pu- 
nite le  anime  de'  violenti  contro  il  prossimo, 
rap.  duodecimo;  tra'  quali  nomina  Alessandro, 
Dioolgio,  Azzolino,  Obizzo  d' Este  ,  Attila  , 
Pirro ,  Sesto,  Rinier  da  Corneio,  e  Rinier  Paz- 
zo; nel  qual  primo  circolo  distingue  tutto  l'In- 
ferno, e  tratta  del  perché  gli  usurai  offendono 
Dio,  e  dice  de*  centauri,  cioè  di  Chirone,  Eolo, 
e  !<(esso ,  al  qoale  circolo  propone  Minotauro. 
Del  secondo  circolo  del  settimo  circolo  parla 


^3        Seguendo  la  bestiai  voglia  fallace 
Nel  settimo  la  pou  divisa  in  tree. 
La  prima  violenza  in  altrui  face  : 

k6       £  la  seconda  offende  pur  a  sèe; 
La  terza  verso  Dio  porge  dispregio  , 
E  con  lussuria  accompagnata  s*  èe: 

49        Neirottavoconchiudeilgrancollegio 
Bella  semplice  frode  che  non  taglia 
Però  la  carta  al  fedel  privilegio  : 

52      £  questo  in  dieci  parti  cornee  vaglia , 
Ruffiani ,  lusinghieri ,  e  simonia , 
E  ehi  di  far  fatture  si  travaglia, 


dal  principio  del  decimoterzo  sino  al  decimo- 
quarto  capitolo ,  in  cui  finge  che  sono  paniti 
i  violenti  contro  so  medesimi;  tre' quali  no- 
mina Pietro  delle  Vigne ,  Lano  Sane^  e  Ia- 
copo di  S.  Andrea,  cittadino  Padovano. 

Del  secondo  circolo  del  settimo  circolo  par- 
lò dal  principio  del  decimoquarto  cap.  fino  al 
decimottavo ,  nel  quale  finse  esser  paniti  i  vio- 
lenti contro  Dio,  e  gli  usurai,  fra' quali  no- 
mina Capaneo  ,  Brunetto  Latini ,  Prisciano , 
Francesco  Accorso ,  Andrea  de'  Mozzi ,  Teg- 
ghiaio  Aldobrandi,  Iacopo  Rusticucci ,  il  Conte 
Guido  signore  di  Casentino ,  Ranerio  di  Stro- 
>ingi  di  Padova  ,  Giovanni  Ruiamonli  di  Fi- 
renze; e  nel  quale  tratta  delle  sette  etadi,  e 
dei  cambiamento  del  Signore  di  Firenze,  e  del 
terzo  fiume  infernale,  che  si  chiama  Fiegetonte 

41.  Ivi  sono  gli  eretici,  de' quali  parla  dal 
principio  del  nono  capitolo  sino  all'  undecimo: 
tra'  quali  nomina  Farinata ,  Cavalcanti ,  Fede- 
rigo ed  Ottaviano  Cardinale  degli  t'baldini. 

44.  Di  questa  parla  dai  principio  del  XiV 
cap.  sino  al  XVi,  v.  91.  Io  lo  seguiva,  ec, 

46.  Di  questa  traila  dal  principio  dei  deci- 
moterzo capitolo  sino  al  decimoquarto. 

47.  Di  quest'  altra  parla  dal  principio  del 
XIV  cap.  sino  al  XVI  v.  91:  io  losegmva,  er. 

48.  S'  èe, — Della  quale  parla  dal  detto  ver 
so  sino  al  cap.  decimottavo. 

49.  Cioè  il  collegio  de'  semplici  fraudolenti, 
o  sia  l'ottavo  circolo,  e  iatcnde  che'l  divide 
in  dieci  bolgie. 

53  e  54.  Della  prima  bolgia,  cioè  de'RuflTiauì 
parla  dal  principio  del  cap.  decimottavo  sino  al 
V.  100:  Già  eravamo  dove  il  stretto  colie ,  ec. 
Fra  quali  nomina  Venetico  (  e  non  Venedico, 
o  Venedigo),  de  Bonis,  e  Giasone.  Della  secon- 
da bolgia ,  cioè  degli  adulatori ,  parla  dal  det- 
to V.  Già  eravamo  ec.  sino  alla  fine  del  detto 
cap.  tra  quali  nomina  Alessio  dcgl'  Intermi- 
nelli  de  Laca,  e  Taide  meretrice.  Della  terza, 
cioè  de* Simoniaci»  parla  dal  principio  del  de- 


78 


CAPITOLO 


55       Barattieri  e  ippocrita  resta 
Ladroni  e  frodolenti  consiglieri , 
Commettitor  di  scismatica  via; 

58    Con  quei  che  fanno  scandal  volonticri, 
Falsator  d*  ogni  cosa  in  fare  e  in  dire, 
Figurandoli  al  modo  aspri  o  leggieri. 

61        Nel  nono  quella  frode  fa  seguire 
Che  rompe  fede,ed  in  quattro*!  diptirte. 
La  prima  si  chiama  Caina  ,  tradire. 

64        Quei  che  padria  tradiscono,o  parte, 
Nel  secondo  U  mette  in  Antenora 
£  nel  terzo  chi  serve  ,  e  fa  tal  arto. 

67        Chiamando  Tolomea  cotal  dimora , 
£d  il  quarto  Giudecca ,  che  riceve 


cimonono  cap.  sino  alla  fine;  tra' qoali  Domi- 
na Papa  Nicola  III  degli  Orsini. 

Nella  quarta  bolgia  parla  degl' indovini  e  da- 
gii  stregoni,  dal  principio  del  vigesimo  cap.  si- 
no al  Tigesimo  primo;  tra'qaali  nomina  Ani- 
tìarao,  Tiresia,  Aronta,  Manto,  Erifile,  Cai- 
ronte,  Michele  Scotto,  Gaidone  Bonalti,  e  A- 
udente,  nella  quale  bolgia  tratta  del  lago  di 
Bennco  e  dell'edificazione  di  Mantova. 

95.  Nella  quinta  parla  de'barattierl,dal  prin- 
cipio del  vigesimo  primo  cap.  sino  al  v.  Lag- 
giù trovammo  ,  ec.  del  vigesimo  terzo  i  tra* 
quali  nomina  Bontura  di  Lucca ,  Frate  Gomi- 
ta, Michele  Zanche;  e  sulla  quale  bolgia  met- 
te dieci  nomi  di  demoni.  Nella  sesta  parla 
degli  ippocritl ,  dal  detto  verso  sino  alla  fine 
«iel  detto  cap.  ;  tra'  quali  nomina  i  Frati  Cata- 
lano e  Ludovico  de  Bonis,  Anna,  e  Caifas. 

50.  Nella  settima  parla  de'  ladroni  dal  prin- 
cipio del  vigcsimoquarto  cap.  fino  al  vigesimo- 
sosto ,  tra'  quali  nomina  Vanni  Fucci ,  Caco  , 
Kuoso  degli  Abati,  Puccio,  Angelo  di  Firenze, 
4tiiercio  e  Cianfo.  Neil'  ottava,  cioè  de' falsi 
ronsiglieri,  parla  dal  principio  del  vigesimo- 
scsto  cap.  sino  al  vigesimottavo  e  vigesimo- 
nono  v.  Così  parlammo  insino,  ee. ,  tra'qnali 
nomina  Maometto,  Ali,  Frate  Dulcino ,  Pier 
<1a  Medicina  ,  Gurione  ,  Mosca  ,  Beltrano  di 
B»'rni,  e  (icrico  Belli. 

•m).  Della  nona,  cioè  de*  falsificatori,  de'dis- 
^pTiiinatori  di  discordia  e  di  scismi  parla  dal 
principio  dui  v.  Coù  parlammo  sino  al  cap. 
•il,  tra' quali  nomina  Maestro  Grisolino  da 
Arezzo,  Capocchio  da  Siena,  Mirra,  Gianni 
Schiocchi,  Mastro  Adamo,  Sinone  Greco,  e 
colei  che  accusò  Giuseppe. 

<»i.  Del  nono  ed  ultimo  circolo,  cioè  de' 
fniu;lolenli  ,  e  che  rompono  il  vincolo  natora- 
If",  i  quali  chiamansi  traditori ,  tratta  dal  prin- 
crvio  del  trcntesimoprimo  cap.  sino  alla  fine 
dell'  Inr^rno  ,   dividendo  i  detti   traditori  In 


Qualunque  trade,  ch'il  serve  ed  onora. 
70        Queir  è  il  fondo  d'ogni  vizio  greve 

Da  lui  chiamato  Inferno ,  e  figurato. 

E  qui  fo  punto  per  parlar  più  breve. 
73        Nella  seconda  parte  fa  beatOt 

Purgando  per  salir  in  fin  al  sito , 

Che  fu  al  nostro  Antico  poco  a  grato. 
76        E  questo  in  otto  modi  ancor  sortito 

Per  un  salir  in  forma  d'un  bel  monte  ; 

Ma  fuor  di  questo  in  cinque  dipartito. 
79        Però  che'n  cinque  cose  turba 'Ipontr  , 

0  ver  la  scala  da  ire  a  purgarsi , 

Cioè  diletto  ,  violenza  ed  onte  : 
82        Onde  convien  di  fuor  da'sette  starsi 


quattro  parti,  Caina,  Antenora,  Tolomea,  d 
Giudecca,  mettendo  con  questi  ingannatori  i 
Giganti ,  dei  quali  parla  dal  principio  del  tren- 
tesimoprimo  sino  al  trentesimosecondo  cap.; 
tra' quali  nomina  Nembrot,  Efialte,  Briareo, 
Anteo,  Tizio,  e  Tifo. 

63.  Della  Caina  parla  dal  principio  del  tren- 
tesimosecondo cap.  sino  al  v.  Poscia  vidi,  ec.. 
tra'  quali  (cioè  quei  ck*  eran  là  dannati)  n<^ 
mina  Camicion  de'  Pazzi ,  Alessandro  e  Na- 
poleone de'  Conti ,  Alberto  di  Firenze ,  Focac- 
cia, e  Carlino. 

BIS.  Dell'  Antenora  tratta  dal  detto  ▼.  Fosria 
vidi  sino  al  v.  iVot  passamm'oltre ,  e  e.  del  treu- 
tesimoterzo  cap.;  tra' quali  nomina  Bocca  de- 
gli Abati  di  Firenze,  Buoso  di  Duera,  Teso- 
ro di  Beccaria ,  Giovanni  Soldanieri ,  Ganellu- 
ne ,  Trebaldo  ,  Conte  Ugolino ,  e  i'  Arciprete 
Ruggiero  di  Pisa. 

67.  Della  Tolomea  parla  dal  detto  verso  sino 
al  principio  del  trentesimo  cap. ,  tra*  quali  no- 
mina F.  Alberico,  e  Branca  d'  Ori.i. 

68.  Della  Giudecca  parla  dal  detto  princi- 
pio del  cap.  irentesimoquarto  sino  al  v.  Ma 
la  notte  riturge,  ec.  68,  tra'  quali  nomina  Lu- 
cifero, Giuda  Scariota,  Bruto  e  Ca^:!^io.  Dal 
detto  V.  sino  alla  fine  dell*  Inferno  parla  del 
centro  della  terra. 

73.  Cioè  nel  Purgatorio. 

75.  Intendi  Adamo. 

70.  Purgatorio,  diviso  in  otto  gradi. 

78.  E  questa  parte  dura  dal  principio  del 
Purgatorio  sino  al  decimo  capiiiio. 

82.  Da'sene  $tarsi,  cioè  de'  grndi  del  Pur- 
gatorio. Delle  dilTerenze  di  venire  alia  peni- 
tenza pe*  piaceri  mondani  parla  dal  principio 
del  Purgatorio  sino  al  cap.  ter/o;  tra' quali 
nomina  Casella;  e  pone  Catone,  come  colui 
che  sospinge  quella  tardanza.  —  l)cllc  differen- 
ze di  venire  alla  penitenza  per  negligenza  trat- 
ta dal  principio  del  terzo  cap.  ^inu  al  quinto. 


DI  IACOPO  ALLIGHIERI 


79 


G)n  questi  infin  al  tennioe  lor  posto 

1  Dej^'^ieaiti  officiai  trovarsi. 
85       Nel  primo  ci  dimostra  esser  disposto 

Prima  a  purgarsi  sotto  gravi  pesi 

(/uel  superbir,ch*in  nois  accende  tosto. 
SS       £  propriamente  nel  secondo  ha  lesi 

L' invidiosi  con  giusta  vendetta  ; 

Nel  terzo  1*  iracundi  fa  palesi. 
91        Nel  quarto  ristorarfacon  gran  fretta 

L'amordelbenescemo;  ed cntr'al quinto 

dove  w>iiiint  nel  secondo  circolo  il  Re  Man- 
fredi.—Del  terzo  circolo  parla  dal  priDcipio 
ed  qarto  sino  al  sesto  cap.  v.  Ed  io  :  Si- 
|Bor,  ee.y  tra*  quali  nomioa  Iacopo  de  Fano, 
d  Conce  Buoocoote  di  Montefellro ,  Pia  da  Sie- 
M ,  Benincaso  d*  Arezzo ,  Guccio  da  Petrama- 
u,  o  sia  Cione  dei  Tarlati,  Federigo  Novello 
ée* Conti  Guidoni  da  Casentino,  Federico  da 
Pisa,  il  Conte  Orso,  e  Pietro  della  Broccia. 

Del  qoarto  circolo  tratta  dal  suddetto  Terso 
«no  all'  ottavo  cap.  tra'  quali  nomina  Sordello, 
Rodolfo  Imperatore,  Ottachero,  il  Re  Filip- 
pw,  il  Bglio  del  detto  Filippo,  Filippo  il  Bel- 
io; il  Re  Tebaldo  di  Navarra,  Pietro  d'Ara- 
svila ,  Arrigo  d' Inghilterra ,  e  Guglielmo  Mar- 
chese di  Monferrato. 

Del  quieto  circolo  tratta  dal  principio  del- 
l' tettavo  sino  al  decimo  cap. ,  tra'  quali  nomina 
Nino  giudice  di  Gallura ,  e  Corrado  Malaspina. 

8a«  Del  primo  circolo,  eh' è  tra  le  porte  del 
Purgatorio ,  dove  si  punisce  la  superbia,  parla 
dal  priocipio  del  decimo  sino  al  decimoterzo 
tap.  tra* quali  superbi  nomina  Omberto  di  San- 
ladore,  Odorosio  di  Agobbio,  Prosensano  da 
>iena.  Similmente  espone  in  detti  tre  cap.  che 
^i  sono  state  multe  storie  dipinte;  cioè  l'an- 
Dosziazfone  di  M.  Vergine,  l'Arca  santa,  Da- 
«idde ,  Michele ,  Traiano ,  la  Vedovella,  Luci- 
fero, Brìareo,  Timbreo,  Pallade,  Marte,  Nem- 
brot,  Niobe,  Sanile,  Aracne ,  Roboamo, 
A;ciDeone,  Senecario,  Tamiri,  gli  Assiri, 
UlrTemo,  e  Troia. 

88.  Del  secondo  circolo  ,  in  cui  è  punita 
i'  ioridia  ,  tratta  dal  principio  del  decimoterzo 
sino  al  decimosesto  capitolo;  tra' quali  nomi- 
u  Sapia  da  Siena ,  Guido  del  Duca ,  Ranieri 
de'Calbali;  ne'  quali  cap.  descrive  il  corso  del- 
l' Amo.  Similmente  dice  d'  aver  inteso  dire 
»  Riunii  non  habsnU — Io  sono  Oreste.— Di- 
lijite  inimieoi  vestroi ,  benefaeite  his ,  qui  octo- 
rumi  vot  (  cap.  13.  )  Omm$ ,  ^t  invtnerii  fM, 
vccidei  me  (cap.  14)  (voci  di  Caino,  dette 
da  Aglauro  ).  —  Io  sono  Aglauro.  — E  Gaude, 
fui  vineit.  —  E  Beati  mi$ericorde$  ». 

yO.  Del  terzo  circolo,  nel  quale  è  punita 


Con  gran  sospiri  gli  avari  saetta  : 
94        E  r  appetito  nostro  ha  si  distinto 
Quel  che  dlniostra  poi  nel  sesto  giro  , 
ette  *\  vero  è  quasi  da  tal  forma  cinto. 
97        Neirinfiamniato  e  settimo  martiro 
Ermafrodita,  Sodoma ,  e  Gomorra 
Cantar  dimostra  il  lor  aspro  martiro. 
100      Poi  là  di  sopra,  perch*altri  >i  corra, 
Della  felicitA  dimostra  i  segni 
A  chi  la  sua  scrittura  non  abborra. 


r  iracondia  ,  si  parla  dal  v.  Noi  eravam  ove 
Itiii  non  saliva  del  decimosettimo  cap.  ;  dove 
nomina  Marco  da  Venezia ,  e  dove  finge  che 
esso  abbia  visto  in  sogno  i  seguenti  atti  di 
mansuetudine  ;  cioè  la  Vergine  dire  al  figlio: 
Quid  fediti  ?  Pater  tuui  ,  et  ego  doUntee  ec. 
Pi  si  strato  dire  alla  moglie,  a  Si  noe  amantee 
occidamus  etc.  S.  Stefano  dire:  Domine,  parce 
pertequentikui  me.  d  Finge  similmente  di  aver 
veduto ,  per  dichiarare  generalmente  l' ira  , 
che  Aman  voleva  far  crocifiggere  l' intera  na- 
zione Giudea  con  Mardocheo.  E  la  regina  Ama- 
ta ,  la  quale  per  l' ira  da  sé  stessa  disperata- 
mente si  strangolò. 

91.  Del  quarto  circolo ,  in  cui  è  punita  V  ac- 
cidia ,  si  parla  dal  suddetto  v.  sino  al  v.  Co- 
ni* io  nel  quinto  giro  fui  dischiuso  del  cap. 
decimonono nel  quale  si  tratta  del- 
l' amore  osceno ,  dove  finge  d' aver  intese  le 
voci  «  Maria  corse.  ».  E  Cesare  per  soggio- 
gare V.  101  ;  non  nominando  altri  in  questo, 
che  un  certo  abbate  di  S.  Zeno  da  Verona. 

92.  Del  quinto  circolo ,  in  cui  è  punita  l'ava- 
rizia si  parla  dal  suddetto  v.  in  cui  fra  gli 
avari  nomina  Adriano  del  Fiesco ,  Papa;  Ugone 
Ciappetta  ,  e  Stazio  ,  i  quali  finge ,  che  nel 
giorno  cantino  le  parole  che  son  nel  testo:  PO' 
vero  fosti ,  o  buon  Fabrizio.  Ed  esso  parlava 
ancora  ,  ec.  e  nella  notte  cantino  Pigmalione, 
Mida  ,  Acam  ,  Sara  ,  Eliodoro  ,  Polinestore , 
Grasso ,  e  del  pari  a  Adhaesit  pavimento  anima 
mea  ». 

95.  Del  sesto  circolo  ,  nel  quale  è  punita  la 
gola  ,  parla  dal  suddetto  v.  sino  al  v.  E  già 
venuto  aU^  ultima  tortura  del  vigesimoquinlo 
cap.  tra'  quali  nomina  Dante  da  Forese ,  Boo- 
naggiunta  da  Lucca ,  Martino  IV  Papa,  Ubal- 
dino  dalla  Pila  ,  Buonafacio  ,  suo  figlio,  Mes. 
Marchese  dei  Forlì  ;  vi  trova  due  alberi  ed 
ascolta  in  detti  alberi  molte  voci. 

97.  Del  settimo  circolo,  nel  quale  è  punita 
la  lussuria  ,  parla  dal  soprascritto  v.  sino  al 
principio  del  cap.  vigesimottavo  ;  «•  in  cui  no- 
mina Guido  Guinicelli,  e  Arnaldo  di  Trovciiza, 
od  ascolta  molte  voci. 


80 


CAPITOLO 


1 03     Ma  ora ,  per  seguire  i  suoi  disegni , 
Dir  mi  conviene  dell'opera  divina; 
E  voi  assottigliate  i  vostri  ingegni. 

106      La  terza  parte  con  alta  dottrina 
In  nove  parti  figurata  prendo , 
Simile  al  ben  che  da  nove  declina. 

109  La  prima  con  quella  virtù  rìsptende, 
Che  con  freddezza  d'animo  è  eccellenza, 
Che  carità  di  spirito  s*  intende. 

112      E  la  seconda  ceiestial  semenza 
Al  governo  del  mondo  cura  e  guarda  , 
Secondo  il  senso  della  sua  sentenza. 

115      La  terza  par  che  foco  d'amor  arda  : 
In  la  quarta  risplende  tanta  luce  , 
Che  sapienza  al  suo  rispetto  è  tarda. 

118      La  quinta  con  feroce  ardire  adduce 
Tanta  virtù  e  forza  corporale  , 
Che  solo  il  militar  prende  per  duce. 

121  D*ogni  grandezza  e  d' animo  reale 
La  sesta  par  che  suo  parere  impn'nti 
La  mente  in  lei,  che  sua  >irtiite  cale  : 

124-      E  la  settima  par  che  si  contenti 
A  castitate  in  sacerdotal  manto , 
E  ciò  dimostran  ben  suoi  argomenti. 

127      D'ogni  virtute  ,  d'ogni  abito  santo  , 


103.  Ma  ora  ae.  Spooe  da  questo  verso  sino 
alla  fine  del  capitolo  »  la  terza  ed  altima  parte 
della  Divina  Comedia:  cioè  il  Paradiso,  di- 


L'ottava  d'ogni  ben  par  esser  madre  , 
Per  la  virtù  ch'ella  ha  in  sé  cotanto. 

130      E  la  nona  conchiude  ,  come  padre 
Mobile  più  ciascun  moto  celeste  , 
E  questa  inchiude  sincere  e  leggiadre. 

133        Poscia  disopraatuttequanteqiieste 
Vede  r  essenza  del  Primo  Fattore  , 
Che  r  universa  macchina  riveste. 

136      In  lei  si  sceme  del  nostro  colore  , 
Per  <]imostrar  che  sola  nostra  vista 
Sensibil  può  veder  il  suo  amore. 

139      Perù  vedete  ornai  quanto  si  acquisita 
Studiando  l'alta  fantasia  profomia. 
Della  (piai  Dante  fu  comico  artista  : 

H2  Vedete  ben  come  il  suo  dir  si  fonda 
Nel  bene  universal  per  nostro  esempio. 
Acciocché  in  noi  il  mal  voler  confond.i. 

ik&      Mettete  l' aflezion  a  tal  contemplo , 
Non  vi  smarrite  per  lo  mal  cammino. 
Che  vi  distoglie  dall'  eterno  tempio. 

ikS  Nel  quale  fu  smarrito  peregrino. 
Finché  dal  Ciel  non  ^'li  fu  data  aita  , 
La  qual  li  venne  per  voler  divino 

151      Nel  mezzodelcammindinostravita. 


stinto  in  nove  parli. 

122.   impnnti ,  imprima,  dall'antico  m: 
prentare. 


INFERNO 


DELL'  INFERNO. 


CANTO    PRIMO. 


ARGOMENTO. 


Si  trova  imarritó  in  una  ielta  :  gli  tengono  ineoniro  una  lonza,  un  leone,  una 
lupa  j  e  gV  impediscono  eaUre  al  monte  :  apparisce  Virgilio  ;  propone  per  toglierlo 
di  pericolo^  condurlo  a  vedere  l'Inferno  ed  il  Purgatorio.  Dante  gli  si  raccomanda j 
e  seco  f  avvia. 

Il  ponto  più  poetico  è  là  dote  Dante  si  trova  appiè  del  (5olle  vestito  del  sole  di  pri 
ina?era,.e  guarda  alla  selva. 

Nota  le  terzine  3,  6»  8,  9,  10,  13,  13,  14,  16,  17,  19,  21,  27,  34.  35,  36,  43. 


N 


3 


EL  mezio  del  cammin  di  nostra  vita 
Mi  ritrovai  per  una  selva  oscura 
Che  la  diritta  via  era  smarrita. 

Ahi  quanto  a  dir  qual  era  è  cosa  dura 
Questa  selva  selvaggia,  e  aspra, eibrtc. 
Che  nel  pensier  rinnova  la  paura  1 

Tanto  è  amara  che  poco  è  più  morte. 
Ma  per  trattar  del  ben  eh*  i  vi  trovai. 
Dirò  dell*  altre  cose  eh'  i*  v'ho  scorte. 


i.  Mmtio,  Il  mexzo  della  vita  ai  perfetta' 
Menle  naiurmti ,  dice  Dante  nel  Convito  ,  è 
l'inno  XXXV.  Il  silmo  LXXXIX ,  10.  Diet 
tmnorum  nottrorum  ....  $eptuaginta  anni. 
Isaias  ,  XXXVIII.  Ego  dixi:  vn  dimidio  die- 
rum  meorum  vadam  ad.  portas  inferi ,  che 
S.  Bernardo  interpreta:  inferni  metu,  incipit 
de  bonis  qttantre  eonsolaUonem.  —  Cammin. 
Convivio:  A>/  nuovo  cammino  di  questa  vita. 
Anonimo  :  Cominciò  queeta  opera  a  mezzo 
ntarzo,  —  Selva.  Convivio:  Selva  erronea  di 
ifuesta  vita.  £  qnasi  selva  e'  figura  l' Italia  , 
nella  volgare  Eloquenza.  (  1 ,  18.  ) 

2.  SiLVAOoiA.  Come  il  eavae  caverna»  di 
Virgilio.  —  Aspra.  Virg.  (  Georg.,  1.):  Aspe- 
ra Silva,  Lappaeque  triiuUque.  —  Forte.  In- 
tralciata e  difficile  a  passare.  Porg.,  XXXIII. 
Enigma  forte.  Farad.,  XXII:  Passo  forte.  Vi- 
«tea  di  fare  la  via  d' Inferno  impedita  da  una 
sHrha  ,  è  in  Virgilio. 


6 


r  non  so  ben  ridir  com'  i*  v*  entrai: 
Tant'era  pien  di  sonno  in  su  quel  punto 
Che  la  verace  via  abbandonai. 

Ma  po'ch'i'fui  appiè  d'un  colle  giunto. 
Là  ove  terminava  quella  valle 
Che  m*  avea  di  paura  il  cuor  compunto  ; 

Guarda'  in  alto  ,  e  vidi  le  sue  spalle 
Vestite  *già  de'  raggi  del  pianeta 
Che  mena  dritto  altrui  per  ogni  calle. 


3.  Morti.  Lib.  Reg.  :  Siecine  ieparas,  ama- 
ra more, 

4.  Viraci.  Conv.:  Nella  vita  umana  iono 
diveni  cammini ,  deUt  quaU  uno  è  veracissi- 
mo, e  un  altro  fallacissimo  ;  e  eerti  men  fal- 
laci ,  e  certi  men  veraci.  Insiste  ivi  a  lungo 
sulla  medesima  imagine  (  cap.VI  ).  —  Aiban- 
noNAi.  Egli  è  Dante  dunque  che  abbandona 
la  via:  Tallegoria  dunqne  ha  senso  non  soia- 
mente  politico  ,  ma  morale.  Purg. ,  XXX  :  E 
voiee  %  pasti  suoi  per  via  non  vera,  Immagi" 
ni  di  ben  seguendo  false.  Prov.  (  II ,  13  )  :  Ile- 
Itfi^iftmr  iter  reetum  ,  et  ambutant  per  vias 
tenebrosas.  Boet.  :  Ubi  oeulos  a  summae  lucie 
ve  ritate  ad  inferiora  et  tenebrosa  d^ecerint , 
mox  inseitiae  nube  caligant ,  pemiciosit  tur- 
bantur  affectibus. 

6.  Guarda*.  Psalm,  CXX,  1:  Levavi  oeu- 
los meos  in  montes ,  unde  veniet  auasUium  mi* 
hi.  —  Vistiti.  Virgil.,  VI:  Lumine vestii Pur^ 


8k 


DELL'  INFERNO 


7  Alior  fu  la  paura  un  poco  qneta 
Che  nel  lago  del  cuor  m*era  durata 
La  notte  eh'  i*  passai  con  tanta  pietà. 

8  E  come  quei  che  con  lena  afiannata 
Uscito  fuor  del  pelago  aOa  riva  » 

Si  volpe  all'  acqua  perigliosa  e  guata; 

9  Cosi  r  animo  mio  eh' ancor  fuggiva, 
Si  volse  indietro  a  rimirar  lo  passo 
Che  non  lasciò  giammai  persona  viva. 

10  Poi  eh'  ebbi  riposato  il  corpo  lasso» 
Ripresi  via  per  la  piaggia  diserta  ; 

Si  che'l  pie  fermo  sempre  era*l  più  basso. 

11  Ed  ecco  quasi  al  cominciar  delFerta, 
Una  lonza  lederà  e  presta  molto, 
Che  di  pel  maculato  era  coverta. 


puteo.  Sotto  figara  di  noovo  giorno  in  ana  let- 
tera latina  presenta  Dante  il  venire  d'Enrico 
In  ItaUa.  E  nel  Gonv.  chiama  Dio  solespiri- 
taaie  e  intelligibile.  Eccl.  (XXIII.  28):  Oeuli 
Domini . . .  lucidiores  iunt  super  $olem,  eireum- 
tpicientes  omnet  vias  hominum ,  et  profundum 
abysù,  Pro?.  (VI,  23)  :  Quia  mandatum  lu- 
cerna Bit ,  et  lex  lux  ,  et  via  vitae  increpatio 
diseipUnae. 

7.  Paura.  Virg.  :  Hoc  primum  in  luco  no- 
va  ree  oMata  timorem  Leniit:  hic  primum  A»- 
nea*  sperare  talutem  Ausus.  —  Lago.  Così 
chiama  anco  in  una  canzone  quella  cavità  del 
cQora  ch'è  ricettacolo  del  sangue ,  e  che  l'Har- 
vey  chiama  :  sanguinie  promptuarium  et  cister- 
na. Il  Boccaccio  dice  che  in  questa  cavità  abi- 
tano gli  spiriti  vitali  t  e  di  \\  viene  il  sangue 
e  il  calore  che  per  tutto  il  corpo  si  spande. 

9.  Fuggiva.  VirgU.  :  ilmmiif  iticiti...  re- 
fugit.  —  Viva.  Virgil.  :  Lucos  Stygios  ,  rwgna 
invia  vivis.  S.  Joann.  :  Ego  sum  via  ,  veri- 
tà» ,  et  vita.  Ecco  perchè  smarrita  la  via  ve- 
ra ,  egli  entra  in  una  selva  amara  che  poco 
è  più  morte.  Prov.  (XII,  28):  M  semita  ju- 
stitiae  vita ,  t(0r  devium. . .  deducit  ad  mortem, 

10.  Basso.  Atto  d'uomo  che  sale  ,  che  il 
pie  che  move  è  sempre  più  alto  fuor  nel  pri- 
mo atto  del  movere  :  ma  qui  significa  che» 
venendo  da  male  a  bene,  il  desiderio  pur  sem- 
pre riposa  alquanto  sulla  memoria  del  passato. 

11.  LsMUmA.  Stat. ,  Th.  :  Effrenae  lynees. 
Fiera  del  genere  delle  pantere,  libidinosa  e 
leggiera.  Or  la  lussuria ,  nota  il  Boccaccio,  è 
vizio  volubile.  Per  la  lonza  si  può  intendere 
anco  Firenze  ,  leggiera  mutatrice  d'ordini  po- 
litici y  ed  usa  ,  secondo  Dante  ,  a  giacere  con 
parte  guelCi.  Nel  Purg. ,  XI  :  /^  rabbia  fio- 
rentina ,    eh€  »  • ,  ora  è  putta.  —  Ccvskta. 


12  E  non  mi  si  partia  d'ionanzi  al  volto, 
Anz'  impediva  tanto  il  mio  cammino. 
Ch*  i'  fiu  per  ritornar  più  volte  volto. 

13  Tempo  era  dal  principio  del  mattino, 
E1  sol  montava  in  su  con  quelle  stelle 
Ch*  eran  con  lui  quando  Y  Amor  divino 

ih  Mosse  da  prima  quelle  cose  belle  : 
Si  eh'  a  bene  sperar  m' era  cagione 
Di  quella  fera  alla  gaietta  pelle , 

15  L*ora  del  tempo,  e  la  dolce  stagione  : 
Ma  non  al  che  paura  non  mi  desse 
La  vista  che  m*  apparve  d' un  leone. 

16  Questi  parca  che  centra  me  venesse 
Con  la  test'  alta  e  con  rabbiosa  fame, 
SI  che  parea  che  Taer  ne  temeue. 


Virg.:  JHactiIofae  re^mtna  lyncis, 

13.  Dal.  Similmente  il  viaggio  d'Enea  : 
Primi  sub  lumina  soUs,  —  Stelli.  L'  ariete. 
F.  Par. ,  I, 

14.  Mosse.  Creò.  Nelle  Rime ,  dice  di  Dio: 
chi  mosse  V  universo.  Creaiione  è  moto,  e  mo- 
to è  creazione  ;  secondo  Platone  e  san  Toma- 
so. E  il  Malebranche  dice  che  sola  l'Idea  di 
Dio  può  far  chiara  l'Idea  del  moto.—  Buxb. 
Inf. ,  XVI  :  Le  beUe  steUe.  Virgil.  :  Ver  ma- 
gnus  agebat  orbis...  quum  primum  fecco  la 
frase  quando  . . .  da  prima)  lueem  peeudu 
hausere.  .  •  hnmissaeque  ferae  silvie  et  sydé- 
ra  eoelo,  —  Spirar.  Sperar  di  prendere  quel- 
la fiera  ;  come  più  sotto  :  speranza  M'tUtei- 
sa.  —  Alla.  Inf. ,  XVI  :  Lonza  alia  velie  di- 
pinta ,  per  dalla.  In  quel  canto  egli  alce  che 
voleva  con  una  corda  prender  la  lonza  :  la 
pelle  dunque  di  lei  non  poteva  con  la  bellez- 
za ispirargli  speranza.  Bene  sperava  di  pren- 
derla. Così  spiegano  Pietro  figliuol  di  Dante 
e  il  Bocc. 

15  L'ORA  DSL  TEMPO,  usa  anchc l'Ottimo, 
per  qael  che  noi  diciam  ora.— Stagione.  Del- 
la incarnazione  del  Verbo  ,  e  dcUa  creazione 
del  mondo.  Nella  primavera,  dice  il  Boccac- 
cio ;  le  forze  si  rinnovellano  :  però  spera  di 
vincere. 

16.  L'aer.  V.  S.  Padri  :  Ikirea  che  non  so- 
lamente le  genti  ma  eiiandio  l'aere  così  sere- 
no onoraue  la  sua  sepoltura.  Altrove  :  Cre- 
do che  non  solamente  li  tuoi  orecchi  ma  ezian- 
dio Varia  riceva  infezione  da  quel  parla- 
re. —  Temesse.  Amos:  Leo  rugiet;  quis  non 
timebit7  Anche  Boezio  pone  il  leone  simbolo 
della  superbia  violenta.  Eccl.  (XIII.  23):  Ve- 
natio  leonis ,  onager  in  eremo  :  tic  et  pascua 
divitum  sunt  paupcret. 


CANTO    I. 


b5 


17  Ed  uba  hipa ,  che  di  tutte  brame 
Sembiava  carca  con  la  sua  magrezza, 
£  molte  genti  fé  già  viver  grame. 

18  Questa  mi  porse  tanto  di  gravezza 
Con  la  paura  che  uscia  di  sua  vista  , 
Ch*i' perdei  la  speranza  dell' altezza. 

19  E  quale  è  quei'che  volentieri  acquista, 
E  giugno  '1  tempo  che  perder  lo  face, 
Ch'intuttiisuo'pensierpiangees*attrìsta; 

20  Tal  mi  fece  la  bestia  senza  pace , 
Che  venendomi  incontro,  a  poco  a  poco 
Mi  ripingeva  là  dove  '1  sol  tace. 

21  Mentre  eh*  i*  rovinava  in  basso  loco, 
Dinanzi  agli  occhi  mi  si  fu  offerto 
Chi  per  lungo  silenzio  parea  fioco. 

22  Quand*i'vidi  costui  nel  gran  diserto: 
Misererò  di  me  ,  gridai  a  lui , 

Qual  che  tu  sii,  od  ombra ,  od  uomo  certo. 

23  Risposemi  :  non  uomo,  uomo  già  fui: 

17.  LvPA.  Jerem.  :  tkreutiU  eo«  leo  desQ- 
va  :  lupus  ad  vetperam  vastamt  eot  ;  pardui 
wigitan»  Muper  eivitatei  eorum,  OmnU  qui 
§grusui  fuerit  ex  eis,  eapietur,  —  Moltb.  Nel 
Forg.,  XX,  chiama  l'avarìzia  antica  lupa. 
—  Gkamb.  Nella  Volg.  El.  dice  tatti  quasi  i 
principi  del  tempo  suo  segaitatori  d*  avarìzia. 
CM  aUro  ,  die'  egli  nel  Gonv.,  maggiormente 
pefieeia  e  uccide  le  città ,  U  contrade ,  la  fin- 
molari  persone  ,  tanto  quanto  lo  nuovo  rauna- 
meato  d'avere^  Seneca cit.  daU'  (Ht.(Il,  367): 
L' avarizia  recò  povertade  ;  e  molle  cose  desi- 
isrando  tutte  U  cose  perde.  Eccl.  (  XXXI,  6  ): 
JAiIfi  dati  sunt  in  auro  casus. 

19.  Pbnsibr.  Più  forte  nelle  Rime  (  i.  II , 
BOB.  6)  :  ilfi  pianse  ogni  pensiero  NeUa  mente 
do^iosa. 

20.  Pace.  Nel  Gonv.  dimostra  le  ricchezze 
essere  d' inqaietadine  perpetua  cagione. — Ta- 
ce. Jerem.  :  Ncque  taceat  pupilla  ocuU  mei. 
> irgli.  :  loca  noete  silentia  late  . . .  Silentia 
luna».  Sap.  (V  ,  6):  Erravimus  a  viaverita- 
tiSf  et  justitiae  lumen  non  Iwtit  nolns,  et  sol 
inulUgentiae  non  est  ortus  nobis.  Eccl.  (XXI, 
il )  :  Via  peccanlium :. . .  in  fine  Ulorum  in- 
feri el  tenebrae  et  poenae. 

$1.  OrFEETO.  yìrg,:9Rhiseseoeulis...viden- 
iaiH  obtulit.  —  Fioco.  O  com' ombra:  e  a  quel 
modo  Virgilio  dell'  ombre  disse  :  pars  tollere 
voeem  Exiguam.  0  perchè  Virgilio  e  le  anti- 
che lettere  da  lungo  tempo  tacevano-,  taceva 
lE  scienza  naturale  ,  che  Dante  stimava  alu- 
tatrice  alla  scienza  divina.  Gosl  io  Armanni- 
no  ,  guidatrìce  d*  un  viaggio  simbolico  è  la 
pofsia  in  forma  d'amica  donzcfln,  perchè  an- 


E  li  parenti  miei  fnron  lombardi , 
E  mantovani  per  patria  ambidui. 
2^    Nacqui  subJulio,  ancorché  fosse  tardi, 
E  \issi  a  Roma  sotto  '1  buono  Agusto, 
Al  tempo  degli  Dei  falsi  e  bugiardi. 

25  Poeta  fui ,  e  cantai  di  quel  giusto 
Figliuol  d'Anchise  che  venne  da  Troia 
Poiché  *i  superbo  Ilión  fu  combusto. 

26  Ma  tu  perchè  ritomi  a  tanta  noia? 
Perchè  non  sali  il  dilettoso  monte 
Ch'è  principio  e  cagion  di  tutta  gioia? 

27  Or  se*  tu  quel  Virgilio,  e  quella  fonte 
Che  spande  di  parlar  si  largo  fitmie? 
Risposi  lui  con  vergognosa  fronte. 

28  Oh  degli  altri  poeti  onore  e  lume, 
Yagliamil  lungo  studio  e'I  grande  amore 
Che  m'han  fatto  cercar  lo  tuo  volume. 

29  Tu  se'Io  mio  maestro  el  mio  autore; 
Tu  se*  solo  coltii  da  cu*  io  tolsi. 

ticamenie  fu  più  onorata  che  oggi. 

22.  DiSBETO.  Deserto  in  una  lettera  latina 
e' chiama  l'Italia  alla  mano  de' Guelfi.  — Qcal 
CHE.  Virg.:  Oquamte  memorem,  virgo^nam" 
que  haud  tihi  wiltus  Mortalis,  nec  vox  homi- 
nem sonai.  O  Dea  certe. . . .  Si$  felix  ,  no- 
strumque  leves  quaecumque  laborem. — Gbeto. 
Reale.  Virg.  :  Deùm  eertissima  proUi» 

23.  LoHEAEDi.  Rammenta  il  gran  Lombata 
do ,  Parad. ,  XVII.  Scaligero  ,  speranza  di 
Dante  e  dell'Italia  ghibellina.  £  ghibelUoa  era 
gVan  parte  df  Lombardia. 

24.  JuLio,  Formola  non  osata  se  non  do- 
po la  dittatura  di  Cesare  :  e  Virgilio  nacqno 
prima   di  quella.    Onde  dice  :  ancorché  piit 

'  tardi ,  e  tardi  a  quel  eh'  e'  meritava  ,  avesse 
il  titolo  di  dittatore  di  Roma.  L'  Ottimo  in- 
tende eh'  e'  nascesse  al  tempo  di  G.  Cesare^ 
guati  nella  fine  del  suo  imperiato. 

25.  Giusto.  Virgil.:  Aeneas,  quo  justiar 
alter  Nec  pietate  fuit,  £  Dante  cita  questo  ver- 
so nella  Monarchia.  —  Venne.  Virg.  :  Troiaa 
qui  primus  ab  oris  ItaUam . . .  venit.  —  Su- 
PBREO.  Virg.  :  Ceciditque  superbum  llium. 

28.  Lungo.  De' suoi  lunghi  studii  parla  e 
nel  XXV  del  Par. ,  e  nella  lettera  a  chi  gli 
oCDriva  di  tornare  per  via  disonorevole  in  pa- 
trìa. 

29.  Autore.  Gic.  (Or.,  Ili)  :  Non  intelli- 
gendi  solum  sed  etiam  dicendi  maximus  aif- 
ctor  et  magister  Plato,  Virgilio  fu  maestro  ed 
autore  a  Dante,  di  stile  assai  più  che  d'i- 
dee. —  Stile.  N'avea  fatto  prova  nella  V. 
Nuova  ,  nelle  Canioni ,  nelle  Egloghe.  Non  di- 
ce imitai ,  dice  tolsi  ;  ch'è  meno ,  insieoM  , 


òò 


DELL'    INFERNO 


Lo  bollo  stile  che  m'ha  fatto  onore. 

30  Vedi  la  bestia  per  cu' io  mi  volsi. 
Aiutami  da  lei  ,  famoso  saggio; 
Ch'ella  mi  fa  tremar  le  venere  i  polsi. 

31  A  te  convien  tenere  altro' viaggio , 
(Rispose ,  poi  che  lagrìmar  mi  vide) 
Se  vuoi  campar  d'esto  luogo  selvaggio. 

32  Che  questa  bestia  per  la  qual  tu  gride, 
Non  lascia  altrui  passar  per  la  sua  via, 
Ma  tanto  lo  'ropedisce  che  Y  uccide. 

33  Ed  ha  natura  si  malvagia  e  ria 
Che  mai  non  empie  la  bramosa  voglia. 


ed  è  più.  Nelle  Prose  lo  cita  spessissimo.  Mo- 
narch.  (  p.  16;  33  e  seg.  :  42  ,  45 ,  47,  50), 
Ma  Dante,  ben  noia  il  sig.  Tissol  ,  neirimi- 
tazione  stessa  è  pieno  d'ardimcDlo;  timido 
nelle  sue  imitazioni  è  Virgilio  (Et.  sor  Virg.). 

30.  Polsi.  Y.  Nuova  :  Lo  tpirito  della  vi- 
ta incominciò  a  tremar  ii  fortemente ,  che  ap- 
pariva nelii  menomi  polti . . . 

31.  Tenere.  Virg.  :  Quove  tenetii  iter  ?  — 
Altro.  Boel.:  Tu  quoque  falsa  tuem  boiM 
prius  Incipe  colla  jugo  retrakere  :  Vera  dehinc 
animum  subierint. 

32.  Uccide.  Boezio,  studiato  da  Dante, 
paragona  1*  avaro  ad  un  lupo. 

33.  Ria.  Malvagia  è  meno  di  ria.  Malva- 
gio chiama  Dante  un  cammino  (  lof. ,  XXXIV): 
ed  è  voce  che  s' applicava  a  tutti  gii  oggetti 
corporei ,  come  il  francese  mauvais, —  Empie. 
Prov.  (XVII,  16):  Nec.  avarm  impletur  pe- 
cunia, Boet.  :  Opetincxpletamreitinguereavct- 
ritiam  nequeunt,  —  Fame.  Virgil.  :  Auri  sacra 
fames,  liorat.  :  Mc^orumque  fames, 

34.  Molti.  L'avarizia  s'  accoppia  a  molti 
vizii  —  VELTRO.  Cane  della  Scala ,  chiamato 
Catulut ,  in  una  profezia  di  Mich.  Scotto  , 
notata  da  G.  Vili.  ;  al  qual  Cane  il  P.  indi- 
risse  il  Paradiso  con  lettera  ,  dov'è  resa  ra- 
gione dell'  intero  poema.  Di  lui  parla  nel 
XVH  del  Paradiso ,  e  n'augura  cose  incredi- 
bili a  queglino  stossi  che  le  vedranno.  Poi  l'e- 
logio di  quel  canto  con  le  parole  di  questo 
corrisponde  a  capello.  —  Morir.  Ne'  Falli  d'E- 
nea, testo  antico  pubblicato  dal  sig.  Gamba, 
a  p.  83  si  legge  :  Dante  profetizza  di  quel  vel- 
tro che  débbe  cacciare  la  lupa  d'Italia ,  cioè 
V  avarizia  e  la  simonia. 

35.  Terra.  Par. ,  XVII.  in  non  curar  d'or- 
.^enlo  né  d'affanni.  Peltro  qui ,  come  argen- 
to ,  sta  per  ogni  jnetallo  o  ricchezza  ;  terra 
per  ogni  podere.  E  forse  s'  accenna  all'  astu- 
to serpente  nemico  dell'  uomo  ,  che  si  ciba 
di  terra  secondo  la  Genesi  ,  cioè  di  vili  beni. 
Petr.:  Che  vi  fa  ir  superbi ,  oro  e  terreno.  ^~ 


E  dopo  'l  pasto  ha  più  fame  che  pria. 
Zk    Molti  soD  gli  animali  a  cui  s'ammonì  id  ; 
E  più  saranno  ancora  infin  che*l  Veltro 
Verri,  che  la  farà  morir  di  doglia. 

35  Questi  non  ciberà  terra  né  peltro. 
Ma  sapienza  e  amore  e  mtute: 

E  sua  nazion  sarà  tra  Feltro  e  Feltro* 

36  Di  queir  umile  Italia  fia  salute 
Per  cui  morie  la  vergine  Cammilla , 
Eurialo ,  Turno ,  e  Niso ,  di  ferute^ 

37  Questi  la  caccerà  per  ogni  villa , 
Fin  che  V  avrà  rimessa  nello  'nfemo 


Ma.  Salui  ,  amor,  vtrliit,  sono  !  tre  fini  del- 
la poesia  secondo  V  AUighieri  ;  e  poesit,  po- 
litica ,  religione ,  erano  nella  sua  mente  lua 
cosa.  —  Amore.  Lo  Scaligero  in  lasso  •  in 
delicatezze  profase  molt'  oro  :  e  tanto  senti 
l'amore  che  per  esso  commise  un  delitto.  Ma 
qui  parla  d*  amore  più  alto.  —  Virtute.  ftr. , 
XVI i  :    Parran  f amile  della  sua  vtrtufe.  — > 
Feltro.  Per  Feltre  cittìi  del  Friuli  è  nel  IX 
del  Par.  L'altro  è  Montefeltro  in  Romagna: 
in  questo  spazio  erano  i  Ghibellini  piS  ar- 
denti. Pietro  di  Dante  e  molti  altri  comenca- 
tori  descrivono  cosi  larghi  conGni  alla  nazio- 
ne  del  Veltro  ;  e  nessuno  riconosce  ne*  due 
Feltri  san  Leo  e  Macerata  ,  come  il  sig.  Tro- 
ya  desidera.  Si  noti  inoltre  che  Alessandro 
I  Novello  vescovo  di  Feltre  e  principe,  contro  i 
Ghibellini  tenne  da  Padova  ;  e  nn  alerò  vesco- 
vo di  Feltra  i  Ferraresi  nella  sua  città  rifug- 
giti,  que' Fontana  congiunti  di  Dant^,  con- 
cesse alla  vendetta  d' nn  crudele  nemico.  Que- 
sto nome  di  Feltro  gli  rinnovellava  molte  cru- 
deli memorie.  Nazione  può  intendersi  e  per 
luogo  di  nascita  ,  e  per  nazione  ghibellina- 
mente  costituita.  Io  prescelgo  il  secondo:  per- 
chè Cane  fu  capo  della  lega  ghibellina  :  né 
d'  uomo  già  nato  nel  1300 ,  si  direbbe  che  la 
sua  nascila  sarà  in  tale  o  tal  luogo.  Questa, 
maniera  di  segnare  geograficamente  larshi  con- 
fini ad   uno   spazio  di  terreno,  non  aispiaca 
al  P.  Cosi  si  disegna  nel  Par.,  IX,  il  colle  do- 
ve nacque  Eccelino  ;  e  nel  X ,  la  città  dove 
nacque  Folchetto. 

36.  Umile.  Virg.  :  Humilemque  videmus  Ùa» 
liam.  La  parte  d' Italia  a  cui  Dante  accenna, 
é  quasi  tutta  in  pianura  ;  quella  dov  Enea 
combattè  —  Vergine.  Titolo  che  le  dù  soven- 
te Virgilio  :  O  decus  italiae  ,  virgo'.  —  Eu- 
rialo. Aen.  ,  X.  —  Turno.  Aen.,  XII.  — Fi- 
RUTE.  Vfrg.  :  Pulcramque  petunt  per  vulnera 
mortem  Ob  patriam  pugnando  vulnera  pasii. 

37.  Caccerà'.  Qui  intende  quella  che  Dante 
chiamava  (  Vulg.  El.  )  armorum  proìrita$»  Nel 


CANTO    1. 


87 


Le  oodeViTidia  prima  dipariilla. 

Qnd'io  per  lo  tuo  me'penso  e  dìscemo 
Che  tu  mi  segui  :  ed  io  sarò  tua  guida, 
E  trarrotti  di  qui  per  luogo  el^rno  ; 

39    Ov' udirai  le  disperate  strida  , 
Vedrai  gli  antichi  spiriti  dolenti , 
Che  la  seconda  morte  ciascun  grida. 

%ù  E  po' vedrai  color  che  son  contenti 
Nel  Tuoco,  perchè  speran  di  venire, 
Quando  che  sia,  alle  beate  genti. 

U    Alle  qua'  poi  se  tu  vorrai  salire , 
Anìaia  fia  a  ciò  di  me  più  degna  : 
Con  lei  ti  lascerò  nel  mio  partire. 

Par. ,  XYII  »  dica  che  Cane  fa  Impresso  na- 
•ccsdo  del  forte  pianeta  di  Marte,  sì  che  no- 
ubili  saranno  le  opere  sue.  Cane  doveva  ctc- 
eiare  la  lupa  e  battendo  gli  avari  tiranni ,  e 
vjoeaido  1'  avarixia  co*  noDlli  esempi.  Par. , 
Xni  :  Le  tua  magnifctni^  eonotciuU  Saran- 
no m^om,  ti  che  t  tuoi  nimici  Non  ne  pò- 
trm  Un§r  U  ìingue  muie . . .  Por  lui  fia  tra- 
mimtata  moUa  genie.  Cambiando  condizion 
fieM  •  mmdUL  DeUa  liberalità  di  Cane  toc- 
ea  a  Boccaccio.— 'NviDU.  Sap.  (  II ,  24)  : 
fcuìrfgq  • .  •  diahoU  mori  inf rovif  tn  orbtm  fer- 
fonuR.  Questa  terzina  d&  per  certa,  cosa  che 
nel  Purgatorio  è  desiderata  incertamente  sic- 
coflM  WMaMi.-  Quando  ^enà  per  cui  quetta 
lUicedm  t  IfoCate  il  medesimo  modo  :  12   Vel- 
tro merré*  Un  anonimo  antico  della  Riccard. 
di  Firenta  (  cod.  1037  e  Magliab.  ci.  I ,  cod. 
47,  49)  commenta  così:  Bawi  ehi  tiene  che 
torà  uno  iatperaiore  il  quale  verrà  ad  alritar$ 
a  toma.'  a  per  costui  garanno  cacciati  ima' 
futmi  di  t,  Chieia ,  ....  e  che  per  questo 
iMite  sa  fie  rifarà^ 
38.  Etsbho.  Il  timor  della  pena ,  il  dolo- 
ra deU'aspiaiione  ,  la  speranza  del  premio  , 
m  te  tre  scale  per  ritornare  a  virtù.  Ecco  la 
ttare  deli'  Inferno ,  del  Pnrgatorio  e  delPa- 

M.  ÀxTiCBi.  Non  vedrà  solo  gli  antichi  ; 
m  col  desiderio  de*  più  onorevoli  e  più  ono- 


42  Che  quellolmperador  che  lassù  regna, 
Perch'i' fui  ribellante  alla  sua  legge  , 
Non  vuol  che'n  sua  città  per  me  si  vegna. 

43  In  tutte  parti  impera ,  e  quivi  regge; 
Quivi  è  la  sua  cittade,  e  l'alto  seggio. 
O  felice  colui  cu'  ivi  elegge  I* 

44  Ed  io  a  lui:  poeta,  i'  ti  richieggio 
Per  quello  Iddio  che  tu  non  conoscesti, 
Acciocch'i'  fugga  questo  male  e  peggio, 

45  Che  tu  mi  meni  là  dov'or  dicesti. 
Si  ch'i'  vegga  la  porta  di  san  Pietro, 
E'  color  che  tu  fai  cotanto  mesti. 

46  Allor  si  mosse;  ed  io  gli  tenni  dietro. 

rati  da  Dante,  Virgilio  k> invoglia.'—  Sbcon- 
DA.  Così  chiama  s.  Agostino  T  Inferno.  Apoc. 
(  IX ,  6  )  :  Desideràbunt  mori ,  et  fugiet  more 
ab  eie. 

40.  Bbatb.  Ps.  :  Beala  gens  ,  evjus  eeMo- 
minus  Deus  ejus  :  populus  quem  elegit  in  hae- 
reditalem  sibi . . .  Beati  qui  hàbitant  in  domo 
tua  ,  Domine. 

42.  IMPBRADOR.  V.  S.  Padri  e  Dino  :  Lo 
imperatore  del  cielo.  Ma  qui  non  s'usa  senxa 
inieniione  politica.  —  Pan.  Ottimo  :  AUa  ter- 
za  non  si  va  per  naturale  ragione  9  ma  per 
fede  cattolica  e  cognizione  di  Dio. 

43.  iHPBBA.  L'impero  si  stende  più  del  re- 
gno: il  reggere  é  più  dolce.  Psalm.  :  Domi- 
nus  regit  me  :  nihil  mihi  deerit,  —  Ssceio. 
Psalm.  :  Domintu  m  eoelo  sedes  ^jue*  Boei.  : 
Hio  seeptrum  Dominus  tenetf  ormsque  Aa(f- 
nas  temperat. 

4tf.  Porta.  Del  Pnrgatorio ,  alla  quale  sie- 
de un  augelo  con  le  chiavi  di  Pietro  (Pnrg., 
IX  ).  he  nomina  prima  dell'  Inferno ,  come 
idea  molto  più  coosolanie.  Il  Rossetti  »  ram- 
mentando che  le  case  di  Dante  erano  a  porla 
a  s.  Pietro  »  vuole  che  qui  a  Firenze  s'accenni. 

46.  DiiTRo.  Virgilio ,  il  più  spirituale  de' 
poeti  profani ,  quello  che  più  lo  ispirava  di 
religione  e  d'amore  e  di  soavemeslizia,  4da 
lui  tolto  a  guida. 


88 


DELL*   INFERNO 


CANTO      IL 


ARGOMENTO. 

Teme  non  »ia  troppo  ardito  il  viaggio:  Tirgilio  gli  raecùnta  da  ehi  fu  fnandaiOm 
Scese  a  lui  Beatrice  j  l*  amata  di  Dante ,  marta  da  fuari  dieci  annij  e  lo  pregò 
di  eoccorrere  V  amico  euo^ 

La  ragione  condace  1*  uomo  fino  al  pensiero  deHa  neeessità  dellt  pena ,  l' Inferno  ;  a 
della  espiazione,  il  Purgatorio:  ma  ana  guida  di?ÌDt  gli  bisogna  perole?arlo  alia  speranza 
del  premio  ,  il  Paradiso. 

In  questo  canto  clie  pare  si  semplice  è  più  poesia  che  nel  primo. 

Nota  le  terzine  1  alla  4;  7,  8,  10,  li,  14,  IS,  16;  18  tUa  91;  S3  aUa  S6;  33 
aUa  37;  39>  42,  43,  47. 


1  Lo  giorno  se  n'  andava ,  e  Faer  brano 
Toglieva  gii  animai  che  sono  *n  terra 
Dalle  fatiche  loro  :  ed  io  sol  uno 

2  M'apparecchiava  a  «ostener  la  guerra 
SI  del  cammino  e  si  della  piotate, 
Che  ritrarrà  la  mente  che  non  erra. 

3  OMuse,o  alto  ingegno,  or  m'aiutate. 
O  mente  che  scrìvesti  ciò  eh*  i'vidi. 
Qui  si  parrà  la  tua  nobilitate. 

b    lo  conÙDciai:  poeta,  che  mi  guidi, 
I 

1.  AiriXAT.  Virgil.  :  No9  eroi  et  terris  ont- 
fiuriia  f  ofmitff  hahebat . . .  Nox  erat  'et  piaci' 
dmm  carpebant  fesea  eoporem  CorporapBtttr- 
fOf  . . .  Nox  trat  af  terrai  animtUia  feua  per 
owmee  . ..  Soporaltue  habebat.  Tra  le  noie  del- 
la seWa  e  i  discorsi  con  Virgilio  era  passato 
quel  giorno.  —  Uno.  Aibertano  :  Quello  che 
ditpiaee  a  te  uno, 

2.  M'APPARBCCHiAVA.  Virgil.:  Parai  Stygiam 
tonane  paludem, 

3.  MusK.  Virgilins  :  Sit  mihi  fai  audita  lo- 
qui  iit  numine  vettro  AnuierìB.  —  Ingegno. 
L' ingegno  è  la  forza  meditante ,  la  mente  è 
la  memoria  imaginante.  Inf.,  Ili:  I^ «etile 
di  iudore  ancor  mi  bagna, 

4.  Fini.  Virgil.  :  Auius  «e  ereders  eoeìo,  Ec- 
cL  (XXXil,  SS):  NecredaiUviaelaboHoiae. 

5.  Silvio.  Virgil  :  Silviut ,  Albanum  no- 
men»  tua  poithuma  proles;  ...Et  qui  ti  no- 
mine reddet,  SUmuiAeneai.  — CoreottibiLb. 


Guarda  la  mia  virtù  8'  eli'  ò  possente , 
Prima  eh'  ali*  alto  passo  tu  mi  fidi. 

5  Tu  dici  che  di  Silvio  lo  parente. 
Corruttibile  ancora  ,  td  inunortala 
Secolo  andò  ,  e  fu  sensibilmente. 

6  Però  se  l' avversario  d*  ogni  male 
Cortese  fu  ,  pensando  l' alto  efiello , 
Ch'  uscir  dovea  di  lui ,  e1  chi  el  quale , 

7  Nonpare  indegnoaduomo  d'intelletto, 
Gh'ei  fu  delI'ahuaRoma  e  di  suo*impero, 

Monarchia  ,  pag.  81  :  Homo  ,  sì  eomidarvCiir 
seeundum  utramque  pariem  enoniiaìem ,  eor- 
ruptibilii  iit.  ^  Secolo.  V.  Noova:  BarHia  di 
queito  acolo,  Virgil.  (G.  I  )  :  liiifiia  ioeeuta* 

6.  AwKRSAKio.  Monarchia ,  li  :  Rowummi 
populìu  cunetii  atUtiiantUfUi  prò  imperio  mum* 
di  praenaìmt  :  er^o  de  dtmiio  judieio  proooo- 
imi:  —  Goanss.  Dante  chiama  Dio  nella  V. 
N.  iin  della  eorte»ia.  —  Quali.  S.  Leone 
(  Serm.  I,  De  Ap.  )  :  Ditpotito  dimniiut  ope- 
ri maxima  eongruebat  ut  multa  regiM  uno 
confoederarentur  imperio,  et  eiio  pervioe  km- 
bent  populoi  praedicatio  generalie ,  quoi  m- 
niui  teneret  regimen  cioiìafù.  Di  che  larga- 
mente nel  Con?. 

7.  iNOEGNO.  Virgil.:  Nee  fuUindigwumsu- 
perii ,  bii  ianguim  nouro  Annathiam  . . .  pin- 
gueseere  ...  —  'Mmo.  Egli  i  teritto  :  noice- 
rà  U  troiano  Canirs  della  bella  ichiatta ,  ti 
fiMii  termtnerd  lo  tinperto  coiToesofio ,  e  la 


CANTO    IL 


89 


Neir  empireo  dei  per  padre  eletto. 

8  La  quale  e'iquale,  a  volerdir  lo  \ero, 
Far  stabiliti  per  lo  loco  santo 

U'  siede  il  successor  del  maggior  Piero. 

9  Per  questa  andata  onde  gli  dai  tuvanto. 
Intese  cose  che  furon  cagione 

Di  sua  \ittoria ,  e  del  papale  ammanto. 

10  Andovvi  poi  Io  vas  d*  elezione 
Per  recarne  conforto  a  quella  fede  , 
Ch' è  principio  alla\ia  di  salvazione. 

11  Ma  io  perchè  Tenirvi?o  chi'l  concede? 
Io  non  Ènea ,  io  non  Paolo  sono, 
Me  degno  a  ciò  né  io  nò  altri  crede. 

12  Perchè,  se  del  venire  i* m'abbandono, 
Temo  che  la  venuta  non  sia  folle. 
Se' savio,  e*ntendi  me*ch*i'non  ragiono. 

13  E  quale  è  quei  che  disvuol ciòch*e'volie, 
E  per  nuovi  pensier  cangia  proposti. 
Si  che  dal  cominciar  tutto  si  tolte  ; 

ik    Tal  mi  fec*  io  in  quella  oscura  costa, 


fmma  coUb  stèlU.  Gos)  scrive  ad  Arrigo.  — 
Pabab.  Virg.  :  Pater  Aeneai,  romana^  ttir- 
^  origo  .  .  •  Pater  urbis  et  auctor, 

8.  PiBmo.  G.  Cristo  dicendo  :  Tu  es  Petrtti, 
9i  super  kamcpetram  aedijkabo  eccUsiam  meam . 
volse  la  parola  a  tutti  i  successori  di  lui.  in 
questo  senso  ogni  ponteGce  è  un  Piero ,  e  l'a- 
postolo il  wtaggior  Piero.  11  Bocc.  interpreta: 
Piero  li  wuiggiore,  a  differenza  di  molti  santi 
mommi  nominati  Pietri, 

9.  ViiXTO.  Virg.  ,  VI  :  Pauci,  quos  aequus 
mmtarit  Jmppiter ,  aut  ardens  evexit  ad  aethe- 
ra  rtrfitf.  IHs  geniti ,  potuere.  —  Cagione. 
Kob  già  che  le  cose  udite  da  Enea  intorno  al- 
Tinpero  di  Cesare  (Aon. ,  VI)  fossero  causa 
étìÌM  sua  ¥Ìttoria  e  della  dignità  pontificia; 
ma  la  dignità  pontificia  era  V  ultimo  fine  dul- 
ie cose  da  Enea  allora  udite ,  che  lo  inanimi- 
roBo  a  sincere  i  Ruinli.  V,  il  libro  Ve  Mo- 
mmrehia. 

10.  Vas.  S.  Paolo  (Acta»  IX,  1). 

il.  Ma.  Il  discorso  di  Dante  è  il  contrap- 
posio  di  quel  d' Enea  (  Aen.  ,  VI  )  :  Si  potuit 
Mncs  areessere  eonjugis  Orpheus ,  ec. 

12.  AiBANiioxo.  Ramondo  di  Tolosa ,  poe- 
ta proTeniale  ,  dice  che  V  tuignuolo  s*abban- 
éama  del  cantare.  —  Folle.  Virg.  :  Nigra  vi- 
dtre  Tartara  et  insana  juvat  indulgere  labori. 
L'indulgere  risponde  %\i'abbandonarsidi  Danivi. 

14.  CoxsrMAi.  Antividi ,  precorsi ,  e  quasi 
coosomai  col  pensiero  le  difficoltà  dell'  impre- 
sa. Virg.  :  Omnia  praecepi  atque  animo  nie- 


l*erchè,  pensando,  consumai  l'impresa 
Che  fu  nel  cominciar  cotanto  tosta. 

15  Se  io  ho  beo  la  tua  parola  intesa, 
Rispose  del  magnanimo  quell'ombra, 
L'anima  tua  è  da  viltate  offesa. 

16  La  qual  molte  fiate  l'uomo  ingombra , 
Si  che  d' onrata  impresa  lo  ri  voi  ve. 
Come  falso  veder  bestia  quand'ombra. 

17  Da  questa  tema  acciocché  tu  ti  solve. 
Dirotti  perch'i' venni,  e  quel  ch'io 'ntesi 
Nel  primo  pimto  che  di  te  mi  dolve. 

18  r  era  tra  color  che  son  sospesi  ; 

E  donna  mi  chiamò  beata  e  bella  , 
Tal  che  di  comandare  i'  la  richiesi. 

19  Lucevangli occhisuoi  piùche  lastelia, 
E  cominciommi  a  dir  soave  e  piana 
Con  angelica  voce,  in  sua  favella: 

20  O  anima  cortese  mantovana. 

Di  cui  la  fama  ancor  nel  mondo  dura. 
E  durerà  quanto  '1  moto  lontana  , 


cum  ante  peregi.  —  Tosta.  Virg.  ;  tneeptum 
subitum. 

15.  Magnanimo.  Virtù,  nota  T Ottimo,  con- 
traria alla  pusillanimità  da  coi  Dante  era  preso. 

16.  Ombra.  Novellino  ,  XXXVl:  Pun^ea ra- 
sino, credendo  che  ombrasse. 

17.  Solve.  Virg.  :  Solvent  formidine. 

18.  Sospesi.  Tra  il  cielo  e  la  terra  ,  tra  la 
gioia  e  '1  dolore.  Inf.  (IV,  15).  —  Beata.  Di- 
ce nel  Conv.  ,  che  ,  daccbò  Beatrice  era  mor- 
ta ,  e'  la  riguardava  come  la  sapienza  felicis- 
sima e  suprema. 

19.  Stella.  0  la  stella  mattutina,  o  il  so- 
le che  i  Greci  cbiamavan  ciKro,  e  i  trecenti- 
sti stella:  e  Dame  stesso:  La  bella  steUa  ciie'l 
tempo  misura.  K  stellone  <iicesi  in  Tosca- 
na tuttavia  un  sol  cocente.  La  stella  però  dis- 
se altrove  per  una  stella,  o  per  le  stelle:  Tur- 
bar lo  sole  ed  apparir  lastelia.  — Piana.  A1- 
bertano  :  Tu  con  piane  parole  e  con  soavi  mi 
vuo'  inducere . . .  Dante.  Rime  :  Quanto  piani 
Soavi  e  dolci  ver  me  si  levaro  (  gli  occhi  di 
Beatrice  ).  —  Favella.  Fiorentina  ,  nota  il 
Bocc. 

20.  UoTo.  La  creazione.  V.  Inf.,  L  Ari- 
stotelcs  :  Tempus  est  numerus  motus.  Platone 
afferma  il  moto  non  potere  avere  principio  se 
non  da  forza  la  qual  si  mova  da  sé.  Cosi  >. 
Tomaso.  —  Lontana.  O  è  verbo,  come  vuole 
il  Bocc.  ,  e  vale  :  quanto  il  moto  procede  a 
si  prolunga  nello  spazio  e  nel  tempo:  o,  me- 
glio ,  é  nome ,  e  vale  :  la  cui  fama  durerà 

12 


DELL*   INFERNO 


90 


21     L' amico  mio,  e  non  della  yentara, 
Nella  diserta  piaggia  è  impedito 
Si  nel  cammin ,  che  volto  e  per  paura  : 

2-2  E  temo  che  non  sia  già  si  smarrito, 
Ch*  io  mi  sia  tardi  al  soccorso  levata, 
Per  quel  eh*  i'ho  di  lui  nel  Cielo  udito. 

2^  Or  muovi ,  e  con  la  tua  parola  ornata , 
E  con  cloche  è  mestieri  al  suo  campstre, 
L*niuta  si  ch'i' ne  sia  consolata. 

'lì    r  son  Beatrice  che  ti  faccio  andare: 
Vengo  di  loco  ove  tornar  disio. 
Amor  mi  mosse ,  che  mi  fa  parlare. 

25    Quando  sarò  dinanzi  al  signor  mio  , 
Di  te  mi  loderò  sovente  a  lui. 
Tacette  allora  ,  e  po'  comincia'  io  : 

20    O  donna  di  virtù  ,  sola  per  cui 
L*  umana  spezie  eccede  ogni  contento 
Di  quel  ciel  eh*  ha  minor  li  cerchi  sui; 

27  Tanto  m'aggrada  '1  tuo  comandamento 
Che  l'ubbidir,  se  già  fosse,  m*  è  tardi. 


lunga  e  perenne  quanto  la  creazione  di  que- 
sto universo.  Lontan  digiuno ,  per  lungo  (Par., 
\V  ,  17  ).  £  Fr.  da  Barb.  :  Lontam  cure,  per 
lunghe.  Anonimo:  Lunga  nominanxa, 

21.  Mio.  Cornelio:  Senonfortunaeiedho- 
minibus  solere  esse  amieum.   r .  Parg. ,  XXX. 

23.  Parola.  Prov.  (XV,  24  )  :  SemUa  vitae 
^'jper  erudilum  ut  decUnet  de  inferno  novis- 
simo. —  Ornata.  V.  s.  Girolamo  :  Ornati 
parlari. 

24.  Andare.  Questa  missione  somiglia  on 
po' a  quella  di  Gintnma  nel  XII  dell'Eneide: 
Auctor  ego  audendi.  E  di  Opi  nel!' XI. 

26.  Donna:  G.  delie  Celle  chiama  la  puri- 
tà donna  dell* universo.  Ruth ,  IH  :  Mulierem 
te  eue  virtutis.  Nella  V.  Nuova  la  chiama  don- 
na di  cortesia.  Boezio  alla  tìlosofia  :  O  om- 
nium magistra  viriutum  . . .  virtutum  nutrix. 
—  Contento.  Per  cose  contenute  (Par.,  Il, 
^9);  e  neir Ottimo:  Per  la  scienza  delle  cose 
superne  l*  uomo  sovrasta  a  quanti  enti  sono 
Sfitto  la  luna.  S.  Tom.  S.  Q.  S.  A.  2,  dimo- 
stra la  teologia  altissima  delle  scienze. 

27.  Tardi.  Par. ,  X  :  Corse  e  eorrendo  gii 
parve  esser  tardo.  Albertano:  Alla  cupidità  par 
tarda  l*  avaccianza.  Virg.  :  Tuus,  o  regina, 
quid  optes  Explorare  labor  mOii  jussa  eapes- 
sere  fas  est.  E*  più  cortese  nel  P.  italiano  l'of- 
ferta. 

28.  Loco.  Vira.  :  Quis  Ol^po  Demissam, 
lantos  voluit  te  (erre  lahoresf —  ÀRDi.Virg.  : 
Ardet  ahire. 

30.  Pacrosr.  Armann:no:  Figure  paurose. 


Più  non  t'è  uopo  aprirmi  1  tuo  talento. 

28  Ma  dimmi  la  cagion  che  non  ti  guardi 
Bello  scender  quaggiusoin  questoGentro 
Dall'ampio  loco  ove  tornar  tu  ardi. 

29  Da  che  tu  vuoi  saper  cotanto  addentro» 
Dirotti  brevemente  ,  mi  rispose, 
Perch'i'  non  temo  di  venir  qua  entro. 

30  Temer  si  dee  di  sole  quelle  cose, 
Ch'  hanno  potenza  di  fare  altrui  male  ; 
Dell'  altre  no  ,  che  non  son  paurose. 

31  r  son  fatta  da  Dio,  sua  mercè,  tale 
Che  la  vostra  miseria  non  mi  tange, 
Nòfiammad'esto'ncendionon  m'assale. 

32  Donna  è  gentil  nel  ciel,  che  si  compiange 
Di  questo  'mpedimento  ov'  i'ti  mando. 
Si  che  duro  giudicio  lassù  frange. 

33  Questa  chiese  Lucia  in  suo  dimando. 
E  disse  :  ora  abbisogna  il  tuo  fedele 
Di  te  ,  ed  io  a  te  lo  raccomando. 

3&>    Lucia  ,  nimica  di  ciascun  crudele. 


pallide  e  scure.  Vive  in  Toscana.  La  semen- 
ta é  dell'  Etica  d'  Aristot. ,  lib.  III. 

31.  Fiamma.  Isaias:  Fiamma  non  ohruH 
te ,  et  quum  ambulaveris  in  igne ,  non  con^ 
burerii.  Psal.  :  Et  si  ambulavero  inmedio  Min* 
6rae  mortis  ,  non  timebo  mala.  Non  è  già  che 
que'del  Limbo  penino  in  fiamme,  incendio  è 
qui  per  V  Inferno  in  genere.  Si  noti  che  l' In- 
ferno di  Dante  è  simbolo  del  mondo  ;  e  lo  di» 
ce  nella  lett.  a  Cane  :  Agit  de  inferno  ist9 . 
in  quo  ,  peregrinando  ut  viatores  ,  mervrt  tC 
demereri  possumus. 

•  32.  Bonna.  Nel  Convito  la  ragione  è  cbit- 
mata  donna  gentile.  I  più  antichi  comenlatort, 
l'Ottimo,  Pietro  di  Dante,  Benvenuto,  il Bati 
veggono  nella  donna  gentile.  In  Rachele,  in 
Lucia  ,  la  grazia  preveniente ,  la  illuminante, 
la  cooperante  :  il  Bocc.  nella  donna  gemito 
l'orazione,  in  Lucia  la  divina  bontà,  in  Bea- 
trice la  grazia  efficace  ,  in  Virg.  la  ragione 
cooperante  alla  grazia.  Altri  nella  gentile  ve- 
de la  divina  bontà  ,  la  grazia  in  Lucia.  No- 
vellino :  Come  uno  giullare  si  compianse  di- 
nanzi ad  Alessandro  d*  un  cavaliere. — Dune. 
Sapient.  :  Durissimum  judicium,  —  Franab. 
Clcer.  :  Frangere  sententiam.  Virgil.  :  Si  qua 
fata  aspera  rumpas.  Reg.  (  1 ,  29  )  :  Confro- 
gii  David  viros  suos  sermonibus.  Prov.  (XXV, 
15  )  :  Lingua  moUis  eonfringit  duritiam. 

33.  Fbdblb.  V.  Nuova  :  Amore ,  aiuta  il  tu9 
fedele. 

34.  Racbbli.  Beatrice  che  secondo  il  Con- 
vìvio ,  à  la  sapienza  felicissima  e  suprema, 


CANTO    IL 


91 


Si  mosse ,  e  Tenoe  al  loco  dov'i  era, 
Che  mi  sédea  con  1*  antica  Rachele. 

35  Disse  :  Beatrice ,  loda  di  Dio  vera, 
Che  non  soccorri  quel  che  t'amò  tanto, 
Ch'uscio  per  te  della  volgare  schiera? 

96  Non  odi  Ui  la  pietà  del  suo  pianto? 
Non  redi  tu  U  morte  che  1  combatte 
So  la  fiumana  ondel  mar  non  ha  vanto  ? 

37  Al  mondo  non  fur  mai  persone  ratte 
A  far  lor  prò ,  ed  a  fuggir  lor  danno  , 
Com'  io ,  dopo  cotai  parple  fatte  , 

38  Venni  quaggiù  dal  mio  beato  scanno , 
Fidandomi  nel  tuo  parlare  onesto  , 
Ch'  onora  te  ,  e  quei  eh'  udito  l'hanno. 

39  Poscia  che  m'ebbe  ragionato  questo, 
Gli  occhi  lucenti  lagrimando  \olse  ; 
Perchè  mi  fece  del  venir  più  presto. 

hO    E  venni  a  te  cosi  com*  ella  volse  : 

siede  coD  Rachele,  simbolo  della  contempla- 
zione (Purg.,  XXVl  ).  Ma  mia  suora  Baehel 
fliot  non  ft  tmaga  Dal  iuo  miraglio  ,  e  siede 
tuUo  giorno.  Beatrice  è  la  scìenia  teologica, 
Rachele  la  vita  contemplativa  ;  però  seggono 
àsìeme.  Veggasi  il  XXXII  canto  del  paradiso. 
Kella  roaa  celeste ,  in  alto ,  é  Maria ,  sotto 
lei ,  Eva,  sott'  E?a  ,  Rachele  e  Beatrice  :  ma 
pi&  ga  di  lor  dae ,  di  faccia  ad  Adamo,  Lu- 
cia. La  Tergine  danque  era  a  Lncia  più  vici- 
na. Lucia  scende  a  Beatrice,  Beatrice  a  Vir- 
gilio. Ciò  vaol  dire  che  per  la  scala  degli 
umani  stadi!  Dante  doveva  salire  alla  scienza 
religiosa ,  quindi  illuminarsi  nel  vero  supre- 
mo ,  ed  avere  la  grazia. 

35.  Bbataics.  Boccaccio  ,  V.  D.  :  iZ  cu»  no- 
me aro  #iety  oomeeeKè  egli  dal  $uo  primitivo 
waait  ',  cioè  Beatrice  ,  la  nominaue.  Dante  , 
V.  Noova  :  La  gloriosa  donna  della  mia  men- 
fa  •  la  fvala  fu  chiamata  da  molti  Beatrice, 
U  fmoH  non  sapevano  che  si  chiamare  (  cioè 
BOB  sapevano  qual  senso  arcano  fosse  in  quel- 
la voce;  ovvero:  non  sapevano  con  quale  più 
alta  m>me  chiamarla  ).  —  Loda.  Lo  studio  del- 
le cose  divine  è  vera  lode  di  Dio,  eh' è  il  be- 
ne dell'intelletto. —  Uscio.  Conv.:  Fatto  ami- 
co di  quosta  donna  incominciai  ad  amare  li 
mgmiiatori  della  verità ,  e  odiare  i  nguita- 
lori  dello  errore.  In  una  canzone:  S'io  pro- 
caccio di  valore  »  il  fo  perché  sua  cosa  in  pre- 
gio «Mmfi. 

36.  FicKAXA.  Che  scendendo  dall'isola  di 
Creta  ,  non  isbocca  nel  mare  ma  fa  nell*  in- 
ferno i  quattro  fiunvi  (  Inf.  XIV  ).  Non  già  che 
Dante  nella  selva  fosse  alla  riva  di  quesu  fiu- 
mana ,  ma  poco  lonuno.  Virgil.  :  TlBiianf  ma-  | 


Dinanzi  a  quella  fiera  ti  levai 

Che  del  bel  monte  il  corto  andar  ti  tolse. 

&1    Dunque  che  è?  perdiè  perchè  ristai? 
Perchè  tanta  viltà  nel  cuore  alletto? 
Perchè  ardire  e  franchezza  non  hai? 

k2    Poscia  che  tai  tre  donne  benedette 
Curan  di  te  nella  corte  del  Cielo  , 
E'I  mio  parlar  tanto  ben  t' impromette. 

iSi.3  Quale  i  fioretti ,  dal  notturno  gielo 
Chinati  e  chiusi,  poi  chelsol grimbianca , 
Si  drizzan  tutti  aperti  in  loro  stelo: 

kk  Tal  mi  fec*io  di  mia  virtute  stanca: 
E  tanto  buono  ardire  al  cuor  mi  corse, 
Ch' i*  cominciai  come  persona  franca: 

45  O  pietosa  colei  che  mi  soccorse  ! 
£  tu  cortese  ,  eh*  ubbidisti  tosto 
Alle  vere  parole  che  ti  porse! 

46  Tu  m'hai  con  desiderio  il  cuor  disposto 

dia  omnia  sUvae,  Coeytusque  sinu  labens  eir- 
cumfluit  atro. 

37.  GoM'io.  Se  alcuno  volesse  inoltre  vede- 
re in  quest'allegoria  la  ragione  uni  versale  che 
illuminata  da  Dio  si  congiunge  alla  sapienza 
divina  e  all'umana  per  salvare  un'anima  da' 
pericoli ,  e  per  mostrarle  la  verità  religiosa, 
morale  ,  politica  ;  noi  non  contraddiremo  a 
questa  interpretazione ,  purché  la  si  accoppiì 
alla  prima.  Dante  amava  le  allegorie  non  pur 
semplici  ma  doppie  e  triplici;  e  lo  dice  nel 
Convito  ,  e  nella  lettera  a  Cane  le  chiamò 
polisensi. 

38.  Onesto.  Leggiadro.  Virg.,  di  Bacco  :  os 
honestum.  La  bellezza  e  purità  dell'ingegno 
di  Virgilio  è  posta  da  Dante  ,  quasi  grado 
dalla  scienza  temporale  all'eterna.  E  Virgilio 
è  invero  il  poeta  de'pii.  —  UniTO.  In  senso 
simile  disse  di  Beatrice  :  Ond'è  laudato  chi 
primo  la  vide. 

39.  VoLSB.  Per  nascondere  il  tarbamento. 
O  forse»  al  cielo. 

41.  Franchbzza.  Novellino,  VII:  J  regni 
non  si  tengono  per  parole  ,  ma  per  prodezza 
e  per  franchezza.  Voleva  forza  d'animo  libero. 

42.  Trb.  Tre  le  fiere  che  assalgono  Dante, 
tre  le  donne  che  ne  prendono  cura.  Le  fiere 
son  la  lussuria  ,  la  superbia  ,  V  avarizia  ;  le 
donne,  V umile  ed  alta  più  che  creatura,  la 
vergine  Lucia,  e  quella  Beatrice  della  quale 
nel  XXXI  del  Paradiso  è  lodata  la  magnifi- 
cenza. 

43.  Quale  i.  Sconcordanza  apparente ,  co- 
me in  Virgil.  Quale  sopor. 

44.  Corse.  In  senso  opposto.  Virg.  :  Ttu- 
ci'is  per  dura  cucurnì  Ossa  tremor. 


92 


DhLV   IN  F  E  K  N  O. 


SI  al  venir ,  con  le  parole  tue , 
Ch'  i*  8oa  tornato  nel  primo  proposto. 
kl  Ór  va ,  che  un  sol  vdere  è  aamendue. 

47.  Duca.  Duca  a  guida ,  maestro  ad  inse- 
goamento ,  signore  a  oomaDdo.  Virgilio  co- 
me poeta  religioso  e  filo8ofi^ ,  come  descrittor 
dell' iDfema,  come  cantore  della  romana  mo- 
narchia ,  come  amato  da  Dante ,  è  da  lui  |  ttdn. 


Tu  duca ,  tu  signore ,  e  tu  maestro. 

6osl  gli  dissi  :  e ,  poiché  mosso  fue  , 

hS    Entrai  per  lo  cammino  alto  e  Silvestro. 

scelto  a  guida. 

4B.  Alto.  Difficile ,  non  erto ,  come  sopra  : 
allo  pano.  0?.  (  Met.  ,  ì\):  Bmì  via  dtcU- 
fnt  funesta  nubUa  Iojbo  ;  Ducit  ad  infamai... 


CANTO    ni. 


93 


CANTO      III 


ARGOMENTO. 

Entrano  pen  la  porla  infernale  :  trotano  miste  agli  Angeli  che  furono  né  riheUi 
a  Dio  con  Lucifero  né  fedeli j  le  anime  di  coloro  che  wtero  senza  fama  e  senxa 
tnfamia  ,  t  dappoco.  Giungono  aUe  rive  d  Acheronte  dooe  le  anime  panano  ,  da 
/^«•,A«#«  tfogiUaUj  a*iupplizii*  Trema  la  terra:  balena  una  lucej  il  P.  cade. 


Canto  originale  flra  le  tante  imitazioni  del  poeta  latino.  Quel  che  Virgilio  stende  in 
un  nggio  di  splendida  poesia.  Dante  lo  raccoglie  in  mi  lampo.  1  mediocri  imitatori  an« 
naci|iiaiio>  appannano. 

Notabili  spezialmente  le  terzine  i,  7,  9,  10,  16»  17,  19,  22,  23,  28,  33,  34,  35, 
Sé,  38,  39,  40,  42,  45. 

1  Per  me  si  va  nella  città  dolente, 
Per  me  si  va  neW  eterno  dolore , 
Per  me  si  va  ira  la  perduta  gente. 

2  Giustizia  mosse  7  mio  alto  fattore. 
Fecemi  la  divina  Potestate , 

La  somma  Sapienza  y  e  'l  primo  Amore. 

3  Dinanzi  a  me  non  far  cose  create  ^ 
Se  non  eteme:  ed  io  eterno  duro. 
Lasciate  ogni  speranza,  voi  cK  entrate. 


\    Queste  parole  di  colore  oscuro 
Vid'io  scritte  al  sommo  d'una  porta; 
Perch'io:  maestro,  il  senso  lorm  e  duro* 

5    Ed  egli  a  me ,  come  persona  accorta  : 

2.  Fkcimi.  y.  Conv. ,  XI,  6.  — Amore.  La 
pena  è  amore ,  se  giusta. 

3.  Emufi.  Gli  Angeli,  spiega  il  Boeeac- 
rio ,  pcqoali  Al  fatto  in  prima  l' inferno  : 
eterni ,  non  mortali  come  1*  nomo. — Eterno. 
\rverbio.  Armannino:  efemo  qui  rimai^^tinQ, 
—  Lasciate.  Stat.  :  Tanarmie  Itmen  petti  ir- 
femeaMte  porfot.  Virgil  :  AifeC  oiriiaiiua  di- 
Ha  :  ted  rvoocarv  gradum  mperatfiie  ewjLdere 
ad  aura»,  ec. 

4.  Dvmo.  DifBeile.  Conv.  ;  Bmo  eommefifo 


Qui  si  convien  lasciare  ogni  sospetto; 
Ogni  viltà  conTÌen  che  qui  sia  morta. 
6    Noi  sem  venuti  al  luogo  ov*i't*  ho  detto 
Che  tu  vedrai  le  genti  dolorose , 

M ...  un  poco  dwro, 

6.  Morta.  Virgil.:  Nume  ammU  opus,  M- 
nta ,  mine  ptctore  firmo.  Dice  ad  Enea  la  Si- 
billa. 

6.  Dolorose.  V.  S.  P.^iVon  muoia  eotì  do- 
loroso,—  Ben.  Aristot.  (HI de  An.):  J^onui 
intelleetus  est  uUima  heatitudo.  Convi?io  : 
/(  vero  è  il  bene  delVintetUtto,  Or  Dio  è  il 
sommo  Tcro.  L' Eulero  disse  :  la  cognizione  del 
eero  fondamento  aita  cognizione  del  bene. 


d'* 


DELr  INFERNO 


Ch*  hanno  perduto  1  ben  dello*nteUetto« 

7  E  poichò  la  sua  mano  alla  mia  pose 
Con  lieto  volto  ,  ond*  io  mi  confortai, 
Hi  mise  dentro  alle  segrete  cose. 

8  Quivi  sospiri ,  pianti ,  e  alti  guai 
Risonavan  per  V  aer  senza  stelle  ; 
Perch'  io  al  cominciar  ne  lagrìmai. 

9  Diverse  lingue ,  orribili  favelle  » 
Parole  di  dolore  ,  accenti  d*  ira  , 
Voci  alte  e  fioche,  e  suon  di  man  con  die, 

10  Facevano  un  tumulto,  il  qual  s'aggira 
Sempre  'n  queir  aria  senza  tempo  tinta, 
Come  la  rena  quaodol  turbo  spira. 

11  E  io  eh*  avea  d*error  la  testa  cinta , 
Dissi:  maestro,  che  è  quel  eh'  f  odo  ? 
E  die  gent'  è  che  par  nel  duol  si  vinta? 

13    Ed  egli  a  me:  questo  misero  modo 
Tengon  V  anime  triste  di  coloro, 
Che  visser  senza  infamia  e  senza  lodo. 

13    Mischiate  sono  a  quel  cattivo  coro 
Dc^li  angeli,  che  non  furon  ribelli 


7.  CosB.  Virgil.  :  Be$  aUa  Urrà  $t  eaUgin9 
mersof. 

8.  Qum.  Virgil.:  Hme txaudiri gemittu 9t 
$a9va  fonane  Feròera.— Stillb.  Virgil.  :  Sir 
ffM  iidere  noeUs ,  Sìm  iole  dofnoi. 

9.  Fatbllb.  PronoDzie ,  che  It  disperazio- 
ne rendeva  più  aspre.  —  Accbnti.  L'  uomo 
irato  soci  accentuare  più  forte.  Distingue  la 
linffua ,  il  discorso  ,  l' accento  ,  la  voce. 

10.  Tinta.  Inf. ,  VII  :  Aequa  Unta,  torbi- 
da, buia. — Spira.  Virgil.:  Terrai  furarne 
perfiant,  Lucan.  :  indtriferam  eontorlo  pulve- 
re  fiuòem  Jn  fUxum  vìotonluf  091*1. 

11.  Che  e*.  Virgil.  :  Quae  teelerum  facieiJ 
O  virgo  ,  effare  :  gutòuiva  Urgentur  poenii  ? 
Qui  it  tantu»  plangor  ad  auroif  —  Vinta. 
Virgil.  :  Eweta  dolore. 

IS.  Sbnza.  L'  Ottimo  :  Dite  t .  Agostino  : 
non  basta  aiteneni  dal  male  9  a  non  ti  fa 
lune.  —  Lodo.  Vaie  ,  non  gloria ,  ma  ogni 
menoma  lode.  Virg.  chiama  illaudato  Busiride. 

13.  Angeli.  Questa  degli  Angeli  ondeg- 
gianti tra  Lucifero  e  Dio  è  sentenza  non  ca- 
nonica di  Clemente  Alessandrino  (Str.  VII): 
Miquoi  ex  Angelie  propter  ioeordiam  humi 
etse  laptoi ,  quod  nondum  perfecte  ex  Ula  in 
utramque  partem  procUvitate ,  in  simplieem 
Hlum  atque  unum  expediiaent  eehahitum. 

14.  Propondo.  Virgil.  :  Maneeque  profun- 
dis — *  Alcuna.  Si  glorìerebbero  del  veder  pa- 
reggiati a  sé  nella  pena  spiriti  menrei  di  lo- 
ro :  più  ,  ti  glorierebbero  d' essere  stati  men 


Né  fur  fedeli  a  Dio,  ma  per  sé  foro. 
ih    Cacciarli  i  del  per  non  esser  men  belli  ; 
Né  lo  profondo  inferno  gli  riceve, 
Ch*  alcuna  gloria  i  rei  avrebber  d'elli. 

15  Ed  io:  maestro,  che  é  tanto  greve 
A  lor,  che  lamentar  gli  fa  si  forte? 
Rispose:  dicerolti  molto  breve. 

16  Questi  non  hanno  speranza  di  morte, 
£  la  lor  cieca  vita  é  tanto  bassa 

Che  'nvidiosi  son  d'ogni  altra  sorte. 

17  Fama  di  loro  il  mondo  esser  non  lassa: 
Misericordia  e  giustizia  gli  sdegna. 
Non  ragioniam  di  lor,  ma  guarda  e  passa. 

18  Ed  io  che  riguardai,  vidi  una  insegna 
Che  girando  correva  tanto  ratta 

Che  a  ogni  posa  mi  pareva  indegna* 

19  E  dietro  le  venia  si  lunga  tratta 

Dì  gente,  ch*  io  non  avrei  mai  creduto 
Che  morte  tanta  n'avesse  disfatta. 

20  Poscia  ch'io  v'ebbi  alcun  rìconoscioto. 
Guardai,  e  vidi  l' ombra  di  colui 


rei  di  loro  :  più ,  si  glorierebbero  d' essere 
stati  men  vili.  Alcuna  qui  non  vale  mima. 
Volere  che  gli  Angeli  tiepidi  non  fossero  messi 
in  Inferno  per  rispettare  V  orgoglio  degli  an- 
geli ribelli ,  è  un  credere  Dio  molto  cerimo- 
nioso con  Lucifero  e  i  suoi  compagni.  Se  que- 
sto fosse  ,  e'  poteva  non  li  cacciare  all'  Infer- 
no. Ma  dire  che  gli  angeli  morti  non  sono  io 
Inferno  ,  acciocché  i  rei  non  abbiano  a  glo- 
riarsi della  loro  iniquità,  è  idea  pib  vera  t 
più  conforme  alla  religione  di  Dante. 

le.  Cieca.  In  senso  simile  Caecoe  fom , 
eaeea  arma,  Virgil. 

18.  Indegna.  Per  indegnata  ;  e  in  Toscana 
si  dice  continovo  :  cerco,  egomento ,  per  cer- 
cato ,  igomenlaio.  Ovid.  :  Corda  indignantia 
pacem. 

19.  Tratta.  Virg.  :  Longum  agmen.  —  Di- 
sfatta. Inf.,  VI:  Tu  fotti ,  prima  ch*io  di- 
tfatto,  fatto.  Cioè  nato,  prima  ch*io  morto* 

20.  Alcun.  Tocco  contro  gli  uomini  del  suo 
tempo.  —  Colui.  Celestino  V.  che  nel  1194 
in  dicembre  rinunziò ,  dopo  cinque  mesi  e  ot- 
to giorni  al  papato ,  e  gli  successe  Bonifazio» 
V  amico  dei  Guelfi  (Inf.,  XXVIl) ,  da  cui  tutti 
i  mali  di  Dante.  Questo  (Ul  gran  rifiuto,  il  rifiato 
di  quello  che  il  P.  chiamò  nel  Purg.,  XIX,  gran 
manto  ;  di  che  1*  Ottimo  dice  :  donde  la  ehie- 
ta  di  Dio  ,  e  *l  mondo  incorrea  in  grandi  pò- 
ricoli.  Cosi  spiegano  Benvenuto ,  e  altri  anti. 
chi.  Il  Caro ,  in  una  lettera ,  nomina  fra  i  de- 
gni amici  della  solitudine  Celestino.  Egli  ac- 


.^ 


,  t 


CANTO    III. 


95 


C3ie  fece  per  yìltate  3  gran  rifiuto. 
2  i      iDcoDtaoente  intesi  e  certo  fui, 
Ole  quest*  era  la  setta  dei  cattìTi» 
A  Dio  spiacenti  ed  a*  nemici  sui. 

22  Questi  sciaurati  che  mai  non  fur  tìvì, 
Erano  ignudi,  e  stimolati  molto 

Da  mosconi  e  da  vespe,  ch'eran  ivi. 

23  Elle  rigavan  lor  di  sangue  il  volto. 
Che ,  mischiato  di  lagrime ,  a*  lor  piedi 
Da  fastidiosi  vermi  era  rìcolto. 

2i    E  poi  eh'  a  riguardare  oltre  mi  diedi, 
Vidi  gente  alla  riva  d'un  gran  fiume; 
Perch*  i*  dissi:  maestro,  or  mi  concedi 

23    Chlo  sappia  qualisono,  equal  costume 
Le  fa  parer  di  trapassar  si  pronte , 
Com' io  discemo  per  lo  fioco  lume. 

20  Ed  egli  a  me  :  le  cose  ti  fien  conte 
Quando  noi  fermerem  li  nostri  passi 
Su  la  trista  riviera  d*  Acheronte. 

27    Allor,  con  gli  occhi  vergognosi  e  bassi , 

celiò  con  terrore  il  papato  :  era  dunque  umil- 
ia la  sua ,  DOD  viltà.  Fu  nel  1313  canonizza- 
to da  Clemeote  :  ma  Dante  allora  aveva  già 
scrìtto ,  se  BOD  pubbUcato,  l' Inferno. 

2i.  Ikcontanbnti.  Quanto  veleno  in  quel- 
r  tnconlafieiaf  e  io  quel  certo!  I  vili  dispiae- 
cioDo  e  tolte  le  parti.  Armannino  :  V  animt 
di  fwcf Jt  pménti ,  che  né  bene  né  male  fece- 
ro nel  wùnidù,  ma  come  eaitivi  m/enano  lor 
vita  Miua  (nato,  —  Cattivi.  Vili  perchè  la 
servitù  (capiiviioi)  tali  rende  i  più  degli  uo- 
mini. Boccaccio:  /(  fante  di  Binaldo,  veggen- 
dolo  aesaUret  come  cattivo,  niuna  cota  al 
j«o  mifo  oibi^rò. 

SS.  Viti.  Sap.  (  V ,  13  )  :  Nati  eontùiMO  de- 
mmmm  eeetf  et  wrtutis  quidem  nuUum  ti- 
^nmm ,  voluimut  ottendere.  Nel  Convivio,  par- 
laado  del  nobile  indegno  :  Dico  questo  vìÙmsì- 
m9  euere  morto,  parendo  vivo.  Perchè  vivere 
fteW  uomo  è  ragione  usare,  Sallustio  :  Horum 
vua  ,  monque  par  est, — Mosconi.  Sap.  (  XVf, 
9j  .*  Ulo*  locuetarum  et  muscarum  occiderunt 
morgmt  :  quia  dégni  erant  ab  hujtumodi  ex- 
ierwùnarù  Eccl.  (XLIII,9):  Syfil  quorum  non 
ut  enatmoria:  peri$runt  quasi  quinonfuerint. 
Et  moti  smni  quasi  non  natL 

23.  RwAVAif.  Virgil.  :  Rigat  arma  cruore. 
-*  Vbuii.  La  lor  pigrizia  stimolata  da  inset- 
ti ;  la  viltà  simboleggiata  ne*  vermini.  Dame 
nemico  de*  mezzi-uomini ,  caccia  in  Inferno  co- 
storo per  indicar  con  Solone ,  cbe  in  certi  mo- 
r.enli  è  fona  anco  all'uom  pacifico  farsi  di 
(•arte.  B  Dante  mal  ano  grado  si  fece. 

i4.  Gbntk.  VirglL  :  mine  omnis  turba  ad 


Temendo  no  1  mio  dir  gli  fuase  grave, 
Insino  al  fiume  di  parlar  mi  trassi. 

28  Ed  ecco  vei^o  noi  Tenir  per  nave 
Un  vecchio  bianco  per  antico  pelo  , 
Gridando  :  guai  a  voi  anime  pravel 

29  Non  isperate  mai  Teder  lo  cielo, 
r  vegno  per  menarvi  all'altra  riva 
Nelle  tenebre  eteme,  in  caldo, e'n  gelo. 

30  E  tu  che  se*  costi ,  anima  viva. 
Partiti  da  cotestt  chp  son  morti. 

ìHà  poi  eh*  e*  vide  eh*  i*  non  mi  partiva. 

31  Disse  :  per  altre  vie,  per  altri  porti. 
Verrai  a  piaggia,  non  qui,  per  passare. 
Più  lieve  legno  convien  che  ti  porti. 

32  E  ì  duca  a  hii:  Caron,non  ti  crucciare. 
Vuoisi  cosi  coli  dove  sipuote 

Qò  che  si  vuole:  e  pili  non  dimandare. 

33  Quinci  fur  quote  le  lanose  gote 
Al  nocchier  della  livida  palude 

Che'n  torno  agli  occhi  a  vea  di  fìamme  ruota 

ripas  effusa  ruebat:  Matres  atque  t»ri...Oini;e 
viri  tanto  complérint  agmine  ripas, 

25.  Quali.  Virgil.  :  Aeneas ,  miratus  enim, 
motìàsque  tumuitu  ,  Die  ,  atl ,  o  Virgo ,  quid 
vuU  concursus  ad  amneml  Quidve  petunt  ani- 
maeJ 

26.  Trista.  Virgil.:  Ailtfftnomaòtitf.  Ache- 
ronte in  greco  vale  il  contrario  di  salate ,  di 
gioia. 

28.  Vbcchio,  Virgil.  :  Portitor  has  horren- 
dui  aquas  et  (lumina  servai  Terribili  squalo» 
re  Charon,  cui  plurima  mmito  Canitiet  in- 
eulta  jaeet  ;  •  .  Jam  senior ,  sed  crudadeovi' 
ridisque  seneetut, 

29.  In  GALuo  E  's  GELO.  I  due  suppUzii  do- 
minanti dell'inferno  di  Dante. 

30.  Viva.  Virgil.  :  Novità  quos  jam  inde 
ut  Stygia  prospexit  ab  unda  Psr  tacitum  ne- 
mus  ire  ,  pedemque  adve9tere  ripae.  Sic  prior 
aggreditur  dictis  atque  increpat  ultra . . .  Um- 
brarum  hic  loeus  est ,  somni  noctisque  sopo* 
rae  :  Corpora  viva  nefas  stygia  vectare  cari^ 
na.  Ottimo:  E'  schifo  di  passare  uomini  vioi 
per  la  rimembranza  di  quello  che  fece  a*  de- 
monU  Ercole  e  Teseo, 

31.  Porti.  Così  si  chiama  nel  Veneto  il  na- 
vicello da  passare  i  fiumi.  —  Lieve.  Le  ani- 
me buone  vanno  su  un  vasello  snelletto  e  leg- 
gero alla  piaggia  del  monie  del  Purgatorio , 
(  Purg.  II  ). 

32.  Garon.  Corone  usa  sempre  Armannino. 
—  Crucciare.  In  Virg.  la  Sibilla  a  Garuntt: 
absitte  moveri.  —  Vuole.  Sap.  (XII,  18): 
Sube»i  tibi ,  quum  volueris ,  potsie. 


96 


DELL'   INFERNO 


3V    Ma  quell'aiiiine,  ch'cran  lasse  e  nudo, 
Cangiar  colore  e  dibatterò  i  denti 
Ratto  che  *nteser  le  parole  crude. 

35  Bestemmiavano  Iddio,  e*lor  parenti, 
f/umana  spezie;illuogo,iltempo,e'l  seme 
Di  lor  semenza  «  di  lor  nascimenti. 

36  Poi  si  ritrasser  tutte  quante  insieme, 
Forte  piangendo,  alla  riva  malvagia 
Ch'attende  ciascun  uom  cheDio  non  teme. 

37  Caron  dimenio,  con  occhi  di  bragia, 
I^ro  accennando,  tutte  le  raccoglie: 
Batto  col  remo  qualunque  s*  adagia. 

38  Come  d' autunno  si  levan  le  foglie, 
L'una  appresso  dell'altra  infin  che'lramo 
Rende  alla  terra  tutte  le  sue  spoglie; 

30    Similemente  il  mal  seme  d*  Adamo 
Gittansi  di  quel  lito  ad  una  ad  una. 
Per  cenni,  come  augel  per  suo  richiamo. 

40    Cosi  sen  vanno  su  per  l'onda  bruna: 

33.  QCBTB.  Virg. ,  VI  :  Rabida  ora  quié- 
runt  p . .  Tumida  ex  ira  tum  corda  retidunt. 
Proprio  de' vecchi,  qaando  sodo  inquieti,  é 
agitare  le  gote.  Mad.  Peflìcari.  —  Lanose. 
Frase  dell'Apocalisse. — Livida.  Virg.:  Va- 
da livida.  —  RuoTB.  Virgil.  :  ironl  lumina 
fiamma. 

35.  Seme.  Reg.  ,l:N$ deleas feman  maiim. 
BestemmiavaDO  la  lor  prossima  e  la  lontana 
generazione,  e  l' umana  natura.  Is.  (XIV, 
22):  Perdam  Babylonii  nomen  al  germen  et 
progeniem, 

36.  BiTEASSBE.  Eran  venute  sparte  :  nota 
il  Boccaccio-  —  Attende.  Simile  all'oraziano; 
Stiraque  fata  Quae  manent  culpoi  etiam  iub 
orco. 

37.  DiMONio.  Virg.  lo  chiama  Dio:  per  Dan- 
te ,  questo  come  tutti  gli  altri  enti  mitologi- 
ci, non  è  che  uno  spirito  diabolico.  — Rac- 
GOfiLiE.  Virg.  :  Navita  ted  tristi»  nunc  hos 
mmc  aeeipit  iUos:  Ast  alias  longe  submodos 
areal  arena  .  . .  Inde  alias  animas  quae  per 
tuga  longa  sedebant ,  Deturbat.  — S'  adagia. 
Indugia.  L'usa  l'Ar.  (  XIV  ,  116  ). 

38.  Rende.  Gie.  (Leg. ,  II ,  37  ):  Reddi- 


E  avanti  che  sien  di  là  discese. 
Anche  di  qua  nuova  schiera  s' aduna. 

&•!    Figliuol  mio,  disse  il  maestro  corti^sc, 
Quelli  che  muoion  nell*  ira  di  Dio, 
Tutti  convegnon  qui  d' ogni  paese. 

k^    £  pronti  sono  al  trapassar  del  rio. 
Che  la  divina  giustizia  gli  sprona 
Si  che  la  tema  si  volge  in  disio. 

bS    Quinci  non  passa  mai  anima  buona: 
£  però  se  Caron  di  te  si  lagna; 
Ben  puoi  saper  omai  che  '1  suo  dir  suona 

&.&.    Finito  questo,  la  buia  campagna 
Tremò  si  forte  che  dello  spavento 
La  mente  di  sudore  ancor  mi  bagna. 

kò    La  terra  lagrimosa  diede  vento. 
Che  balenò  una  luce  vermiglia. 
La  qual  mi  vinse  ciascun  sentimento: 

&.G    E  caddi  come  luom  cui  sonno  piglia . 


tur  terrae  corpus ,  ec.  Virg.  :  Quam  multa 
in  silvie  autumni  (rigore  primo  Lapea  eaduni 
(olia. 

39.  Seme.  Isaias  ,  I,  4:  Vae...  populo 
gravi  iniquitate  ,  semini  nequam.  —  Aucel. 
Virg.  :  Ad  terram  gurgite  ab  aUo  Quam  wtul- 
tae  glomeraniur  aves  ,  ubi  frigidue  ommi 
Trans  ponium  frugat  et  terrie  immittU  «prtcit. 

41.  CoNTEGiiOK.  Ot.  ,  Met.  :  Umbraeque  rt- 
eentes  ihseendunt  illic  eimulaeraque  funeta  se- 
pulcris,  Utque  (return  de  tota  fiumina  Urrà. 
Sic  omnes  animae  locus  accipit  iUe  ,  nte  ulti 
Ejciguus  populo  eet.  Si  rammenti  il  verso  .  . . 
inferno  li  rieeve,  « 

43.  Buona.  Virgil.  :  NulH  fu  ea»l9  teti*- 
folum  insistere  limen. 

44.  Mente.  Inf.  (  XI ,  3  }  :  il  rammantar- 
lo  mi  fa  sudar  freddo, 

45.  Terra.  Cic.  :  Placet  stoicie  eoe  ankeH- 
Itti  terrae  qui  frigidi  sint,  quum  fluere  eoe- 
perint ,  ventos  esse, —  I^crimosa.  Virg.  del- 
l' Inferno  :  lugentes  campi.  Orazio  :  BeUum  ia- 
erimosum. — Ralen^.  Forse  qui  acceDoa  al 
fulmine  ch'esce  di  terra  già  noto  agli  Etru- 
schi ,  al  dire  di  Seneca. 


CANTO    IV. 


97 


CANTO      IV. 


ARGOMENTO. 

Si  trwa  nel  primo  cerchio  j  portatovi  da  una  forza  superna.  Quivi  è  la  pena 
de  non  battezzati  :  bambini  e  adulti.  Entro  a  un  ricinto  di  lume  dimorano  i  savii 
che  non  credettero  in  Cristo.  L inferìxo  dantesco  è  un  cono  rovesciato,  diviso  in 
nove  ripiani  circolari  ,  come  i  gradi  negli  antichi  anfiteatri.  Nel  primo  eh"  è  il 
Limbo  j  non  è  la  pena  del  senso  ,  ma  sola  del  danno.  Taluni  bruttati  di  vizii 
Dante  non  li  considera  se  non  come  simboli,  bene  avverte  il  Boccaccio. 

Belle  le  tenine  %,  4,  10,  18,  20,  22,  23,  28;  la  35  alla  43;  la  50. 


1  Rnppeini  Talto  sonno  nella  testa 
Un  ^ve  tuono,  si  ch'io  mi  riscossi 
Come  persona  che  per  forza  è  desta. 

2  E  rocchio  riposato  intorno  mossi, 
Dritto  levato,  e  fiso  riguardai , 
Per  conoscer  lo  loco  dov'  io  fossi. 

3  Vero  è  che  'n  su  la  proda  mi  trovai 
Della  valle  d'ahisso  dolorosa 

Che  tuono  accoglie  d*  infiniti  guai. 
h    Oscura  ,  profonda  era,  e  nebulosa 
Tanto,  che  per  ficcar  lo  viso  a  fondo, 
r  non  vi  discemea  veruna  cosa. 

5  Ordiscendiam  quaggiù  nel  cieco  mondo, 
Incominciò  'I  poeta  tutto  smorto. 

r  sarò  primo ,  e  tu  sarai  secondo. 

6  Ed  io  che  del  color  mi  fui  accorto, 
Dissi  :  come  verrò,  se  tu  paventi 

Che  suolialmio  dubbiare  esser  conforto? 

1.  Tuovo.  Forse  U  tuono . . .  ^infiniti  guaif 
del  ▼.  9. 

3.  PaoiiA.  La  ralle  è  tonda  ,  cinta  dal  Ga- 
aw«  e  Tm  sempre  dechinando. 

4.  Viso.  Vista.  Oonv.  :  Non  si  loiciano  ve- 
étn  wtnza  fatica  del  vi$o. 

5.  Pmivo.  Accenna  forse  alla  descrizione 
MriDfefno  fatta  gii  da  Virg. 

7.  PISTA*.  Era  anch'  egli  in  quest'angoscia; 
etsà  nei  IH  dei  Porgatorio ,  pensandovi ,  ri- 
wkam§  twrbatc.  —  Scnti.  GindiehI  esser  timo- 
re. I  Latini:  ita  $mUio,  cosi  giadlco.  Pnrg.: 
XXIX  :   E  'l  dolce  suon  per  canto  era  già 


9.  Ma  cm.  Màgit  quam.  V  asa  nel  XXVHI 
dell'  Inf.  e  nel  Par.  Modo  e  proTenzale  e  ita- 
liaao.  Il  mm  francese ,  il  ma  nostro  ,  sono 
M  magU.  Sallustio  ed  altri 
Immtm  di  ma.  Ottimo .-JTonv'é 


7  Ed  egli  a  me:  l'angoscia  delle  genti 
Che  son  qua  giù,  nel  viso  mi  dipigne 
Quella  pietà  che  tu  per  tema  senti. 

8  Andiam ,  che  la  vìa  lunga  ne  sospigne. 
Cosi  si  mise,  e  cosi  mi  fé  'ntrare 

Kel  primo  cerchio  che  1'  abisso  cigno. 

9  Quivi ,  secondo  che  per  ascoltare , 
Non  avea  pianto,  ma  che  disof^piri, 
Che  l'aura  eterna  facevan  tremare. 

10  £  ciò  av venia  di  duol  senza  martiri, 
Ch'avean  leturbe,  ch'eranmolteegrandi, 
E  d'infanti,  e  di  femmine,  e  di  viri. 

11  Lo  buon  maestroame:  tu  non  dimandi 
Che  spiriti  son  questi  che  tu  vedi  ? 

Or  vo*chesappiinnanzichepiùandi,  (di, 

12  Ch'ei nonp^caro:e,s'egli hannomerce- 
Non  basta,  perch'e'non  ebber  battesmo, 
Ch'  è  porta  della  fede  che  tu  credi. 

pianti ,  però  che  *l  pianto  procede  da  pena  e 
da  tormento;  ma  toipirì  che  seguono  a  disio. 

10.  DroL.  Dello  spirito.  —  Grandi.  Molte 
schiere,  e  ciascuna  era  grande.  —  Infanti. 
virg.  :  Matree  atque  viri  . . .  pueri  tnmiptaa- 
que  puellae.  Altrove  :  Continuo  auditae  vo- 
ees ,  vagitus  et  ingens  ,  Infantumque  animoé 
ftifies  in  Umine  primo;  Quos  dulcis  vitae  ex- 
sortes  et  ab  ubere  raptos  Abstulit  atra  di$s  §t 
fùnore  mersit  acerbo. 

11.  I>nfANDi.  Non  rispose  alla  domanda  fatta 
da  Dante  nell'altro  canto.  Qoi  per  ricompen- 
samelo il  buon  duca  gU  spiega  la  cosa  ós^ 
sé.  —  Vedi.  Virg. ,  VI  :  Haec  omnis  fuam 
eemis ,  inope  iiìhumataque  turba  est.  —  Ande. 
É  in  autori  del  sec.  XIV  e  del  XV. 

12.  Mercedi.  Meriti.  Par.  (XXXII,  25).— 
Porta.  Janua  sacrammtorum  è  detto  il  bat- 
tesimo. 

13 


98 


DELL'  INFERNO 


13    E ,  se  furon  dinanzi  al  Cristianenno  » 
Non  adorar  debitamente  Dio  ; 

*  E  di  questi  cotai  son  io  medesmo. 

H  Per  tai  difetti ,  non  per  altro  rio, 
Semo  perduti;  e  sol  di  tanto  offesi. 
Che  senza  speme  vivemo  in  disio. 

15  Granduolmìpresealcorquandolo*ntesi, 
Perocché  gente  di  molto  valore 
Conobbi, che 'n  quel  limbo  eran  sospesi. 

16  Dimmi,  maestro  mio,  dimmi,  signore, 
Comincia*  io  per  volere  esser  certo 

Di  quella  fede  che  vince  ogni  errore: 

17  Uscinne  mai  alcuno,  o  per  suo  morto 
O  per  altrui ,  che  poi  fosse  beato? 

E  quei  che  'intese  1  mio  parlar  coverto, 

18  Rispose:  Tera  nuovo  io  questo  siato. 
Quando  ci  vidi  venire  un  possente 
Con  segno  di  vittoria  incoronato. 

19  Trasseci  Tombra  del  primo  parente  , 
D' Abel  suo  figlio;  e  quella  di  Noè; 

Di  Moisè  legista  e  ubbidiente; 

20  Abraam  patriarca  ,  e  David  re; 
Israel  con  suo  padre  e  co*suoi  nati, 
E  con  Rachele  per  cui  tanto  fé; 

13.  Debitamente.  S.  Thom.  (  som.  22  , 
90  ,  92  ,  art.  2  )  :  Multae  sunt  iup$r$tiUoni$ 
Mpeeiu,  ut  indebitus  veri  Dti  cuUus,  —  Io.  Mori 
molti  aDDi  innanzi  la  predicazion  del  Vangelo. 

14.  Rio.  Reità.  Pnrg.  (  VII ,  3  ). 

15.  DuOL.  Per  Intendere  qoesto  passo  si 
legga  il  seg.  De  Monarch.  :  Nemo ,  quantum- 
eumgu$  moraiihui  et  intelUctuaUbut  virtwtihut 
perfectui,  ab$qu$  fide  ialvari  poteit.  Hoc  ra- 
tio humana  per  te  jiutum  intueri  non  potetti 
fide  autem  adjuta,  potett.  In  Virg. ,  Enea 
compiange  la  sorte  de'  sospesi  insepolti  :  Mul- 
ta putant,  tortemque  animo  tniteratut  ini- 
quam. 

16.  Signore.  La  compassione  dello  stato  di 
Vlrg.  sentita  da  Dante,  rende  ragione  di  questo 
doppio  titolo ,  ch'è  ana  lode  delicata  e  pietosa. 

18.  Nuovo.  Venuto  nel  Limbo  da  meno  di 
cinquant'  anni.  Reeent  usa  in  questo  senso 
Virg.  —  Possente.  S.  Agost. ,  Serm.  della 
Pass.  :  Critto ,  quando  andò  €lUo  Inferno,  di- 
tcete ,  tpezzò  le  porte  e  U  terrami  di  quelle, 
e  sciolte  tuffi  li  giutti. 

19.  PAEEinrB.  L' inno  della  Chiesa  :  parete 
tit  protoplatti,  —  Ubbidiente.  Da  quando  Id- 
dio mandò  lui  scilinguato  al  re  d'Egitto;  e 
sempre  poi. 

20.  Fé.  Vtir,  :  D'avernongVineretee Sette 
r  setV  anni  per  Rachel  tervUo, 


21  E  altri  molti:  e  fecegli  beati. 

E  Yo'che  sappi  che,  dinanzi  ad  essi> 
Spiriti  umani  non  eran  salvati. 

22  Non lasciavam  landar  perch' e* dicessi; 
Ha  passavam  la  selva  tuttavia , 

La  selva  dico  di  spìriti  spessi. 

23  Non  era  lunga  ancor  la  nostra  via 

Di  qua  dal  sonuno,  quand*  i*  vidi  un  foco 
Clì*emisperio  di  tenebre  vincia. 
2&'    Di  limgi  v'eravamo  ancora  un  poco. 
Ma  non  si  eh*  io  non  discernessi  in  parte 
Cb*orrevol  gente  possedea  quel  loco. 

25  O  tu  ch'onori  ogni  scienza  ed  arte. 
Questi  chi  son  ch'hanno  cotanta  orranza 
Che  dal  modo  degli  altri  gli  diparte? 

26  E  quegli  a  me  :  lonrata nominanza 
Che  di  lor  suona  su  nella  tua  vita, 
Grazia  acquistane! elei,  che slgliavama. 

27  Intanto  voce  fu  per  me  udita  : 
Onorate  l'altissimo  poeta. 
L'ombra  sua  toma;  ch'era  dipartita. 

28  Poiché  la  voce  fu  restata  e  queta , 
Vidi  quattro  grand'  ombre  a  noi  venire: 
Sembianza  avevan  né  trista  né  lieta. 

23.  Dicessi.  Nel  IX  ehiudetti  per  chiud§tt€. 

23.  Sommo.  Non  eravamo  molto  lontani  dal 
fiume  ,  da  cni  ci  partimmo  ,  eh'  era  più  ìd 
alto  ,  se  la  valle  era  fonda.  E  però  disse  :  Or 
ditcendiam.  —  Vini.  Non  lo  vedeva  quando 
ficcò  il  Tiso  a  fondo. ,  v.  11.  —  Foco.  Virg., 
degli  Elisi  :  Largior  hie  eampot  aethtr  etlu» 
mine  vettit  Purpureo.  —  Vincia.  Come  salia 
nel  Petr.  per  tolea.  Le  tenebre  circoodavaBO 
il  foro  {vineiebant).  0  il  foco  vinceva  le  teoo- 
bre.  Simile  imagine  ,  in  altro  senso ,  è  nella 
Sap.,  XVII,  20:  Ipti.  .  .tibi  erant  gravior99 
tenebrit  ;  XVIll ,  1  :  Sanetit  aut«m  tuie  maxi* 
ma  erat  lux, 

24.  DiscBRNEssi.  A  taluno  che  ne  vedeva, 
o  alla  forma  del  nobU  etutello.  —  Possedba. 
Stat.  :  BMtettaque  manibut  arva, 

25.  Onori.  La  filosofia  morale  e  la  natura- 
le ,  spiega  il  Bocc.  :  la  teoria  e  la  pratica , 
r  Ottimo.  Qui  Virg.  é  come  il  simbolo  della 
sapienza  umana.  Altrimenti ,  la  lode  sarebbe 
smodau.  Ma  scienza  chiamavasi  allora  la  sUs- 
sa  poesia  :  cosi  1*  Ottimo. 

28.  Restata.  La  voce;  queto  il  suono  di 
lei.  —  Ombbb.  Son  questi  i  poeti  che  a  Dania 
parevano  sommi.  Omero  al  suo  tempo  era  no- 
to ,  poiché  Armannino  ,  contemporaneo  di 
Dante  ,  lo  eiu.  Notissimi  gli  altri ,  e  Danta  H 
studiava  con  cura  :  quoe ,  dice  di  loro  ,  oait- 


CANTO    IV, 


99 


i9  Lo  baon  maestro  cominciò  a  diro  : 
Mira  colui  con  quella  spada  in  mano, 
Che  yien  dinanzi  a'  Ire  si  come  sire, 

30  Quegli  è  Omero,  poeta  sovrano; 
L  altro  è  Orazio  satiro,  che  Tiene  ; 
Ovidio  è  '1  terzo,  e  l'ultimo  è  Lucano. 

31  Perocché  ciascun  meco  si  conviene 
Nel  nome  che  sonò  la  voce  sola , 
Fannomi  onore,  e  di  ciò  fanno  bene. 

32  Cosi  vidi  adunar  la  bella  scuola 
Di  quel  signor  dell*  altissimo  canto , 
Che  sovra  gli  altri  com'aquila  vola. 

33  Da ch^ebberragionato  nsiemealquanto, 
Volsersi  a  me  con  salutevol  cenno; 

E  *l  mio  maestro  sorrise  di  tanto. 
31    E  più  d'onore  ancora  assai  mi  fenno, 
Ch'  ei  si  mi  fecer  della  loro  schiera  ; 
Si  ch*  r  fui  sesto  tra  cotanto  senno. 


tm  wMmdo  visttars  imnfaf.  —  Ni  teista,  per- 
chè non  infelice  affatto  ;  non  lieta,  poiché  sen- 
za speranza.  Inoltre  è  propria  della  sapienza 
qoesu  temperie  d' affetti.  Dante  è  più  cortese 
a'  poeti  non  cristiani  che  a'santi  non  ghibellini. 
39.  SiBB.  In  antico  velerà  signore,  onde: 
Sim  Dio  1 

30.  Satho.  Nel  Gout.  chiama  ulUto  nobile 
Giovenale:  e  anco  i  I^tin,  saiymi ,  scriito- 
re  di  satin.  —  Ovidio.  Lo  nomina  nella  V. 
£loqoenia.  E  nella  Mon.  p.  44,45. —  Ulti- 
mo. Più  ampolloso,  e  però  più  fiacco.  Lo  no- 
Mina  nella  V.  Eloquenza,  p.  262,  e  nella 
Monarchia,  p.  37  ,  4i,  46  ,  47,  50. 

31.  CoMvnifS.  Bocc. ,  IX  :  M  imo ,  ctoé  , 
cA«  •  lor  padri  odiavano ,  tanto  ti  conveniva- 
no.—  Sola.  Una  sebben  fossero  quattro.  Mart. 
in  aiDph.  3  :  Vox  divena  tonai  :  poptiforiim 
ejt  vox  famei»  una.  —  BsNB.Non  perché  ono- 
rino ne,  ma  in  me  l'arte  loro.  Cosi  Dante 
sperava  essere  onorato  poeta  nella  sua  patria; 
e  credeva  non  a  sé  ma  all'arte  debito  que- 

st'  onore. 

32.  SMHom.  Omero,  maestro  di  Virgilio, 
d*Ovidio,  di  Lucano  ,  e  lodato  da  Orazio  ne* 
versi.  Itcs  gtttaie  tegumque  dmeumque  et  tri- 
fli«  Iella  Quo  icribi  potsent  numero  monstra- 
vii  Homenà  ;  ciuti  da  Pietro  figlio  di  Dante. 
Altri  potrebbe  per  quei  et^nor  intendere  Virg. 
tmUùmmo  foeUa  ;  ma  nel  Pnrg.,  XXil,  dice 
d'Oawro:  ^iicl  Greco  Che  le  mine  (attor  ptÀ 
eà'ollro  «un. 

33.  SALuravoL.  Per  salutante ,  come  awe- 
mpole  per  avreoente.,  e  simili. 

35.  LcHisna.  Rime  :  DagU  oeeM  moì  pi- 


iti    Cc^sl  n'andammo  insino  alla  lamiera , 
Parlando  cose  che  1  tacere  è  bello  , 
Si  com'era  il  parlar  colà  dov'era. 

36  Venimmo  al  pie  d'im  nobile  castello 
Sette  volte  cerchiato  d*alte  mura , 
Difeso  'ntomo  d'un  bel  fiumicello. 

37  Questo  passammo  come  terra  dura. 
Per  sette  porte  intrai  conquesti  savi: 
Giugnemmo  in  prato  di  fresca  verdura. 

38  Genti  v'  eran  con  occhi  tardi  e  gravi, 
Di  grande  autorità  ne'  lor  sembianti  ; 
Parlavan  rado  con  voci  soavi. 

39  Traemmoci  cosi  dall' un  de' canti 
In  luogo  aperto,  luminoso,  e  alto» 
Si  che  veder  si  potén  tutti  quanti. 

&>0    Colà  diritto  sopra  '1  verde  smalto. 
Mi  fur  mostrati  gli  spiriti  magni , 
Che  di  vederli  in  me  stesso  m'esadto. 


tava  WML  lumiera. . .  —  Tacbrx.  Cose  trop- 
po onorevoU  a  Dante.  Parlando  co'  graftdi  » 
la  coscienza  della  grandezza  non  è  orgoglio; 
co'  piccoli  è  vanità. 

36.  Nobile.  L'usa  anche  Dino. —  Sbttb. 
Nelle  mura  altri  vede  le  sette  arti  liberali,  di 
coi  Dante  nel  Gonv.:  grammatica  ,  rettorica, 
dialettica ,  aritmetica  ,  musica  ,  geometria  , 
astronomia  ;  altri  le  tre  teologali  e  le  quattro 
virtù  cardinali  :  meglio  il  secondo  perchè  non 
soli  scienziati  sono  là  entro. 

37.  Passammo.  Il  castello  è  simbolo  del- 
l'umana scienza  e  virtù  anco  a'  pagani  acces- 
sibile. Passano  franchi  il  fiumicello ,  perchè 
quella  difesa  è  per  gl'ignoranti  e  pe'viii;  e  i 
buoni  ingegni  e  i  foni  animi  v'  han  l'adito 
sempre  aperto.  Pietro  interpreta  il  fiume  per 
l'affetto.*  e  l'affetto  de' saggi  essendo soUdo e 
fermo,  e' giungono  sicuri  al  lor  fìue,e8ene 
fanno  non  impedimento  ma  via.  Il  Bocc.  ve- 
de nel  fiumicello  i  beni  terreni  che  il  saggio 
deve  spregiare  ;  belli ,  ma  fugaci  com'  acqua. 
—  Ybbduea.  Virg.:  Dev^nere  loco»  ìaetoe  ef 
afM9na  vireta  Fortunatorum  nemorum. 

38.  Tardi.  Purg.  ,  VI:  JET  nel  movor  degli 
occhi  onesta  e  tarda,  fi  nel  Ili  .*  La  fretta , 
Che  gravitate  ad  ogni  atto  dismaga.  Perchè 
la  tardità  sola  potrebb'essere  stupidezza ,  pe- 
rò aggiunge  gravi,  e  nel  Purg.  onesta. 

39.  Alto.  Virg.  :  Et  tumutum  capii,  «m-^ 
de  ornine»  longo  ordine  pouU  Advenot  legere 
et  i>efiiefifiim  diicere  vuUue. 

40.  M' BSALTo.  Verso  citato  con  ammira» 
zione  dal  Byron. 


100 


DELL*   I  N  F  E  R  xN  O 


^1  Ividi  Elettra  con  molti  compagni , 
Tra  quai  conobbi  ed  Ettore,  ed  Enea: 
Cesare  armato  con  gli  occhi  grifagni. 

.V2    Vidi  Cammina  ,  e  la  Pentesilea 
Dair  altra  parte  :  e  vidi  1  re  Latino , 
Che  con  Lavina  sua  figlia  sedea. 

43  Vidi  quel  Bruto  che  cacciò  Tarquino; 
Lucrezia,  lulia,  Marzia,  e  Corniglia  : 
£  solo,  in  parte  ,  vidi  1  Saladino. 


U.  Elettra.  Virg.  ;  Dardanw,  Iliaeae 
•  primus  pater  urbis  et  auctor,  Electra,  ut  Graji 
perhibent,  Atlantide  creda.  —  Compagni.  Tro- 
iani disceDdenti  dì  lei ,  tra'  quali  Ettore  ed 
Enea  ,  l'uno  difensore  di  Troia ,  l'altro  porta- 
tor  deli'  impero  in  Italia.  Però  da  Cesare  sal- 
ta ad  Enea.  Elettra ,  mogUe  dì  Corito  re  d'I- 
talia ,  e  madre  di  Dardano  re  di  Troia,  é  qui 
posta  forse  per  indicare  che  Enea  sul  Lazio, 
aveva  quasi  diritto  d'eredità,  come  dice  nel 
libro  De  3fonarchia;  e  con  ciò  dava  un  di- 
ritto d'eredità  fino  a  Cesare,  discendente  di 
luto.  Eleura  ebbe  Ul  diritto  da  Giove  ;  e  il 
P.  la  nomina  nel  detto  libro  con  Ettore.  — 
Cesare.  Virg.:  NoMcetur  pulcra  Trojanus  ori- 
gine Caesar,  Jmperium  Oceano  famam  qui 
temUnet  astris.  Da  Troe  discendono  in  ona  li- 
nea Erittonio,  Laomedonte  ,  Priamo,  Ettore  ; 
neir  altra  Assaraco ,  Capi ,  Anchise ,  Enea  , 
lulo ,  ultimo  Giulio  Cesare,  non  d'altro  reo, 
dice  Dante  ,  che  di  non  aver  avuto  il  batte- 
simo. —  Armato.  Nella  Monarchia  :  Per  duel- 
lum  Bomanus  popului  aequisivit  imperiutn, 

—  Grifagni.  Come  di  sparviero,  o  come  d'ti- 
fio  grifone,  dice  l'Ottimo.  Svetonio  dipinge 
Cesare  eaesiis  oeulis,  Bocc.  :  Con  due  occhi 
in  testa  che  parevano  d'tin  falcon  pellegrino. 
Negli  occhi  d'  Enrico  VII  lodato  da  Dante , 
notano  gU  storici  una  particolarità  non  dissi- 
mile. 

42.  Latino.  Dice  ira  inedito  trecentista  : 
Quinto  re  d' Italia,  dal  quale  noi  italiani  siamo 
chiamati  Latini.  —  Cammilla.  Cantata  da  Virg. 

—  Pentesilea  alleata  a' Troiani:  la  nomina 
neir  En.  ,  1.  I.  Trecentista  inedito:  Viddela 
J^ntuUea,  con  le  tue  care  donzelle,  tutta  af- 
focata in  battaglia,  —  Dall'  altra.  Come  av- 
Tersi  dapprima  ai  Troiani;  e  come  l'altro  cep- 
po della  schiatta  romana.  —  Rs.  Epiteto  che 
gli  dà  sovente  Virgilio.  —  Lavina.  FerLavi- 
ma,  anco  in  prosa.  Cosi  Tarquino. 

43.  Bruto.  Virgil.  :  Vis  et  TarquinÙH  re- 
ge$  animamque  superbam  Vltorit  Bruti.  —  Lu- 
CRBZU.  Di  lei  Ovidio  e  Livio,  letti  da  Dan- 
te. —  Julia.  Figlia  di  Cesare ,  moglie  a  Pom- 
peo. La   rammenta  Lucano ,  1.  VIL  E  cosi 


kh    Poi  che  'nnaizai  un  poco  più  lo  ciglia  » 
Vidi  1  maestro  di  color  che  sanno, 
Seder  tra  filosofica  famiglia. 

!tò    Tutti  Tammiran,  tutti  onor  gli  faimo. 
Quivi  vid'io  Socrate  e  Platone, 
Che*nnanzi  agli  altri  più  presso  gli  stanno. 

h6    Democrito  che  1  mondo  a  caso  pone  ; 
Diogenés ,  Anassagora,  e  Tale, 
Empedoclés,  Eraclito,  e  Zenone. 


Marzia  ,  moglie  di  Catone  ,  della  quale  nel  I 
del  Parg.  — Cormglla.  Moglie  di  Pompeo, 
rammentata  da  Locano  ,  l.  Vili  :  non  la  ma* 
dre  de*  Gracchi.  Corniglia  dicevasi  nel  trecen» 
to  anche  in  prosa.  Si  noti  la  simmetrìa:  a  de- 
stra Elettra  ,  ceppo  della  discendenza  maschi- 
le degU  eroi  ronuni;  a  sinistra  Latino,  ceppo 
della  discendenza  delle  romane  matrone.  E  l'olio 
e  r  altro  ebber  dominio  in  Italia  ,  e  prepara- 
rono ai  lor  nepoti  l'impero  di  Roma.  QoesU» 
a  un  dipresso  il  Rossetti.  —  Saladitto.  SoI- 
dano  di  Babilonia  ,  lodato  anco  da'crisUaBt 
per  la  soa  probità.  Solo,  perchè  d'altra  Me, 
e  perchè  solo  celebre  tra*  soldani.  NoveUiiio, 
XXY  :  Saladino  tusoldano,  nobilsMiimo  iigno' 
re,  prode  e  largo  . .  •  Ordinò  una  trogua  ira 
lui  e* cristiani;  disse  di  v(Aer  vedere  i  noUri 
modi ,  e  ,  se  li  piacessero,  diverrebbe  ernifio- 
no.  Dante  lo  nomina  nel  Conv.  come  libera- 
le ;  virtù  opposta  all'avarizia  tanto  da  Ini  de> 
testata.  Mori  nel  1299 ,  conquistata  Gerasa- 
Icmme  al  dominio  francese  ;  e  salito  al  regno, 
egli  ignoto  soldato.  Ottimo  :  Dieesi  che  teppe 
tutte  le  lingue.  Signoreggiò  eorrendo  gli  anni 
del  Signore  IIKO. 

44.  Sanno.  Nel  Conv.  :  coloro  che  fanno. 
Ad  Aristotile ,  dice  nel  Conv.  ,  che  la  natura 
più  aperse  li  suoi  secreti  (III  ,  6). 

45.  Ammiran.  Virgil.  :  Medium  nam  plm- 
rima  turba  Uune  habet,  atque  humerit  extun- 
tem  tutpicit  altit.  In  tolte  le  opere  sue ,  ac- 
cenna sempre  ad  Aristotile.  Monarch. ,  p.  33, 
40,  41,  42,  43,  «2,  55,  60,  66,  73,  74, 
75  .  76  .  79 ,  81. 

46.  Caso.  Pone  che  '1  mondo  sorgesse  dal 
fortuito  accozzarsi  degli  atomi.  Dante  avrà 
attinto  questa  notizia  in  Seneca  o  in  Tullio. 
—  DiOGRNis.  Lodato  da  Seneca.  —  Anassa- 
gora. Maestro  di  Pericle,  facondo,  dotto  ìd 
fisica  ,  credente  allo  spirito.  — Talr.  Talete 
fondatore  della  scuola  Ionia.  Tale  si  diceva 
anco  in  prosa  :  e  cosi  Empedoclés.  Ottimo  : 
Dopo  la  politica ,  fu  tpeeulatore  di  naturale 
filosofia ,  e  trovatore  di  naturale  astronomia 
e  dell*  ona  maggiore  ;  e  antidiue  le  oteura" 
turni  dd  sole,  M\>se  che  U  anime  erano  tm- 


CANTO    IV. 


101 


^7  E  ^idi1  buono  accoglitor  del  quale, 
Dioscoride  dico  ;  e  vidi  Orfeo  : 
Tdiio ,  e  Lino ,  e  Seneca  morale. 

^8  Euclide  geometra,  e  Tolommeo  ; 
Ippocrate,  Avicenna,  e  Galieno  ; 
AVeiTois  che*l  gran  commento  feo. 

V9  r  DOD  posso  ritrar  di  tutti  appieno, 

moriali ,  e  aUribul  anime  alle  cose  inanimate. 
P^o9e  che'l  principio  di  tutte  le  cote  era  Va- 
efna  •  •  diete  che  *l  mondo  avea  anima  ed  era 
péemo  di  dmnonH  :  di  cui  favella  s,  Ag,  nel- 
r  vm  De  cìT.  Dei.  Di  lai  Arìstot. ,  Top.  e 
Mi  Ub.  della  Generazione.  Di  Zenone,  Cice- 
nme  e  Seneca  ed  Aristotele;  d'Eaclide,  Boe- 
lio  ;  d'Eraclito  ,  Aristotele  ;  di  Democrito  , 
il  medesimo  nella  Fisica  e  nel  libro  del- 
l' Anima. 

47.  Buono.  Valente.  Così  Virilio  :  Botiut 
Bwriikicn* — Qdalb.  Raccoglitore  delle  qualità 
delle  coee.Qwile  per  quaUtà  Tasa  nel  Paradiso. 
— OnrBO.Yirgilio  anch' egli  lo  colloca  negli  Eli- 
si.—  TCLUo.  Lo  nomina  nel  Convivio  più  vol- 
te ;  nella  MoDarchia  ,  pag.  35  ,  38  ,  39 ,  45, 
48.  —  Liaio.  Il  poeta  sacro ,  nominato  da 
Virf.  come  figlio  d'Apollo  (Eccl.,  IV),  e  po- 
sto cenlore  negli  Elisi  (  Aen.,  VI).  Altri  leg- 
ge Livio,  più  volte  citato  da  Dante  nella  Mon., 
e.  34.  Xr  •  48  ,  46  ,  e  Inf. ,  XXIX.  —  Ho- 
BAi.B.Fer  distisgnerlo  da  Seneca  tragico.  Cosi 
disse  qtÈel  Bruto  che  cacciò  Tarquino  ,  per 
disUngnerio  daU' uccisore  di  Cesare  eh' è  in 
bocca  a  LocUèro,  Inf. ,  XXXIV.  Boccaccio; 
Seneca  wutraU ,  maeetro  di  ffenme. 


Perocché  si  mi  cacciai  lungo  tema 
Che  molte  volte  al  fatto  il  dir  vien  meno. 

50  La  sesta  compagnia  in  duo  si  scema. 
Per  altra  via  mi  mena  il  savio  duca, 
Fuor  della  queta  neHaura  che  trema. 

51  E  vegno  in  parte  ove  non  è  che  luca. 


48.  Avicenna.  Arabo  del  sec.X.  Scrìsse  di 
medicina  ,  di  metaUurgia ,  dì  chimica ,  di  fi- 
losofia razionale.  Lo  nomina  nel  Gonv. —  To- 
LOMMBO.  Nel  Conv.  di  lui  più  volte.  —  Aybe- 
Bois.  S'osava  anco  In  prosa.  Ottimo  :  ^pttoae 
molti  lihn  d'Aristotele.  Fki  di  noòtttitìmo  in- 
gegno  ,  piik  eh*  uomo ,  ma  non  confettò  Cri' 
tto.  —  CovmNTO.  Ad  Aristotele.  Nel  Conv. 
lo  cita.  Fino  a  Zenone  ,  il  P.  numera  i  filo- 
sofi teoretici  ;  da  Dioscoride  in  poi ,  i  savi! 
di  storia  naturale ,  d' eloquenza  e  di  medici* 
na.  L' enomerazione  non  è  tanto  confasa  quan- 
to pare. 

49.  BiTRAR.  Ni^rrando  dipingere.  Conv.  : 
Lucarw  ;  quando  ritrae  come  Cesare ...  — 
Meno.  Conv.  :  La  fantasia  xim  metto  talora 
aWinteUetto. 

50.  Sbsta.  Di  sei.  In  Arrìghello  :  tettima 
compapUa  ,  compagnia  di  sette  dee.  —  Trst* 
MA.  Più  sopra  :  Sospiri  Che  V  aura  eterna  fit- 
cwan  tremare.  Dall'  un  lato  tremava  l' aria 
pe'  sospiri ,  dall'  altro  per  la  bufèra  ,  di  cui 
nel  canto  seguente  ;  e  pel  mollo  pianto. 

51.  Luca.  Non  è  cosa  che  dia  lume,  né  astro, 
ned  altro.  Il  Tasso  ripete  quest'emistichio  (X,09). 


102 


DELL'  INFERNO 


CANTO 


ARGOMENTO. 

Scendono  al  secondo  cerchio:  irooano  Minoeee  giudice,  e  diitribuior  delle  pene 
di  Mto  V  Inferno  :  che  qui  V  Inferno  comincia.  In  queito  cerchio  i  laecivi  con  uh 
turìrinoio  vento  che  li  mena  j  e  minaccia  preeipitarii  ne^  cerchi  di  sotto.  Dante  qui 
Irooa  F^ncesca  da  Rimini  >  e  sente  la  storia  del  suo  misero  amore. 

La  bufera  è  cosa  da  maestro.  Della  namiione  amorosa,  il  passo  più  profbndo  é  :  O  lotto, 
QuanH  dolci  penttar..! 

NoU  le  terzine  A,  H,  10,  11,  12,  14,  15,  16,  18,  21,  24,  25,  27,  28,  31;  U  33 
alla  41;  la  43  all'ultima. 


1  Cosi  discesi  del  cerchio  primaio. 

Giù  nel  secondo ,  che  mcn  luogo  cinghia, 
E  tanto  più  dolor  che  punge  a  guaio. 

2  Stawi  Minós  orribilmente,  e  ringhia. 
Esamina  le  colpe  nell'entrata; 
Giudica ,  e  manda  secondo  ch'avvinghia. 

3  Dico  che  quando  l'anima  malnata 
Li  vien  dinanzi,  tutta  si  confessa; 
E  quel  conoscitor  delle  peccata 

&    Vede  qual  luogo  d' inferno  è  da  essa  ; 

Cignesi  con  la  coda  tante  volte 

Quantunque  gradi  vuol  che  giù  sia  messa. 
5    Sempre  dinanzi  a  lui  ne  stanno  molte  ; 

Vanno  a  vicenda  ciascuno  al  giudizio  ; 

Dicono  ,  e  odono ,  e  poi  son  giù  volte. 

2.  Minós.  Virg.  :  Nee  vero  hae  ime  torte 
datae,  n'nt  judice  facies.  Quctetitor  Minoi  ur- 
fiofli  movet  :  Ule  tilentum  Coneiliumque  vo- 
eatfVitatque  et  crinùna  discit.  Anco  Virgilio 
pone  Minós  sabiio  dopo  la  sede  de'  bambini; 
lo  pone  a  giudicare  gì'  ingiustamente  condan- 
nati alla  morte.  Ma  il  suo  Minosse  è  il  sag- 
gio di  Greta  :  il  Minós  di  Dante  è  un  demo- 
nio cbe  giudica  eon  la  coda  e  se  la  morde  per 
rabbia  (Inf.,  XXVll);  e  quante*  volte  avvol- 
ge la  coda  intorno  a  sé,  tanti  cercbi  deve 
tcendere  l' anima  condannata. 

3.  Peccata.  Inf.  XXIX:  Jtftn^f  a  cuifalUr 
non  lece. 

5.  VicBKDA.  Una  dopo  V  altra,  alla  volta 
loro.  Virg.:  Ficuitm  Dicemug,  cioè  dopo  la. 


6  O  tu  che  vieni  al  doloroso  ospizio. 
Disse  Minós  a  me  quando  mi  vide, 
Lasciando  l'atto  di  cotanto  ufQzio  ; 

7  Guarda  com'  entri ,  e  di  cui  tu  ti  fide  ; 
Non  t'inganni  Tampiezza  dell'entrare. 
E1  duca  mio  a  lui:  perchò  pur  gride? 

8  Non  impedir  Io  suo  fatale  andare  ; 
Vuoisi  cosi  colà  dove  si  puote 

Ciò  che  si  vuole  ;  e  più  non  dimandare. 

9  Ora  incomincian  le  dolenti  note 
A  fermisi  sentire,  or  son  venuto 
Là  dove  molto  pianto  mi  percuote. 

10  r  venni  in  luogo  d' ogni  luce  muto , 
Che  mugghia,  come  fa  mar  per  tempesta 
Se  da  contrari!  venti  ò  combattuto. 

—  Odono.  Dante  raccoglie  in  una  le  due  pit- 
ture virgiliane  di  Minosse  e  di  Radamanio  : 
Gnosiut  haee  Rhadamanthue  habet  duriuima 
regna,  Caetigatque  auditque  doloe,  tubigiiqu» 
fateri, 

7.  AvpiBZZA.  Virg.  :  Palei  airt  Janna  Di- 
ti»; Sed...  Matt.  (  VII,  13  ):  £ala  porta, 
et  tpatiota  via,  ett  quae  ducit  adperditionem. 

8.  Fatalb.  Voluto  da*  fati.  Virg.  :  Fatatem 
Aeneam. 

9.  SsNTniK.  Virg.  .*  Bine  exaudiri  genìitug. 

—  Pbrguote.  L'orecchio  e  T animo.  Virg.  : 
Verberat . . .  auras. 

10.  Mugghia.  Virg.  :  ^lugire  solimi. —  Com- 
battuto. Horat.  :  Ltielonlem  Icariis  pueUbui 
Afrieum.  V.  anco  l'En.  (X,  356). 


CANTO    V, 


103 


11  La  bufera  infernal  che  mai  non  resta, 
Mena  gli  spirti  con  la  sua  rapina , 
VoltaTOO  e  percotendo  gli  molesta. 

12  Quando  ^ungon  davanti  alla  mina. 
Quivi  le  strida, ilcompianto,e1  lamento, 
Bestemmian  quivi  la  virtù  divina. 

13  Intesi  eh'  a  cosi  fatto  tormento 
Eran  dannati  i  peccator  carnali. 
Che  la  ragion  sommettono  al  talento. 

il    £  come  gli  stomei  ne  portan  l'ali 
Hel  freddo  tempo  a  schiera  larga  e  piena; 
Cosi  quel  fiato  gli  spiriti  mali , 

15  Di  qua,  di  li»  di  giù,  di  su  ^  mena. 
Nulla  speranza  gli  conforta  mai , 

Non  che  di  posa ,  ma  di  minor  pena. 

16  B  come  i  gru  van  cantando  lor  lai , 
Facendo  in  aer  di  sé  lunga  riga  ; 
Cosi  vid'io  venir  traendo  guai 

17  Ombre  portate  dalla  detta  briga. 
Perch'  io  dissi:  maestro,  chison  quelle 
Geott  che  1*  aer  nero  si  gastiga? 

li.  MncA.  La  molle  vita  è  ponita  dal  con- 
tioao  dibattere,  che  figura  la  tempesta  del- 
l' animo  ,  e  Voseorità  figara  la  lace  delllntel- 
ietto  appannata.  —  Rapina.  Rapere  per  tra- 
sportare rapidamente  è  più  volte  in  Virg.  Cod- 
vivio  :  La  npima  del  primo  mobile.  Nel  re 
(  I  y  M)  :  hwmUorumtuorum  anima  rotabitur, 
quasi  in  imp9iu  et  eireulo  fundae, 

13.  ToKMiirro.  Virg.  :  AUae  panduniur  ina- 
nts  Ad  «iHlof.  —  Carnali.  Amanti  de' beni 
tht  Orazio  dice  tempestatie  prope  ritu  Mobi- 
lia tt  taeea  flintantia  torte.  —  Som vbttono. 
Virg.  :  Ammoi  $%tbmittere  amori,  Sap.  (  1, 4}: 
ù»  eorpor9  nMito  peeeatii, 

14.  Stornbi.  Uccelli ,  dice  1* Ottimo,  los- 
snriosi,  come  igni.  —  Tempo.  Crescenzio,  I, 
6:  iVe*  Umfi  éaldi,  —  Pibna.  0?id.  :  PUniut 
ajflMH. — Fiato.  Per  vento  forte.  Virg.:  Hi- 
bermi»  pttre§bant  flatibut  Euri. 

16.  Gnu.  MascolÌDO  è  nel  Fior  di  virtù. 
Vifg.  :  Qvalet  tub  nybibiu  atris  Strtfmoniae 
4mM  §igna  grues ,  atque  aethera  tranant  Cum 
sOTMhi.  —  Lai.  Cosi  chiama  nel  IX  del  Parg., 
il  Canio  della  rondine.  Neil'  imagine  degli  stornì 
dipinge  la  folla,  in  questa  delle  gru  la  schie- 
ra in  lunga  fila,  dov'è*  può  facilmente  discei^ 
nere  l'nn' ombra  dall'altra. 

17.  Bni6A.  Aveva  senso  più  forte  d'ora. 
nelle  T.  S.  Padri  sta  per  guerra.  Par. ,  XII: 
E  vimM  m  campo  la  tua  cimi  briga. 

18.  Favilli.  Per  noitom  ,  è  bello,  e  vero 
ardiaeato.  Apoc.  :  Foriir  triMm»  §t  popuH» 


18  La  prima  di  color  di  cui  novelle 

Tu  vuo*  saper ,  mi  disse  quegli  allotta  , 
Fu  'mperadrice  di  molte  favelle. 

19  A  vizio  di  lussuria  fu  si  rotta 
Che  libito  fé  licito  in  sua  legge. 

Per  torre  il  biasmo  in  che  era  condotta. 

20  EU*  è  Semiramis,  di  cui  si  legge 

Che  succedette  a  Nino  ,  e  fu  sua  sposa  ; 
Tenne  la  terra  che  1  Soldan  corregge. 

21  L'altra  è  colei  che  s'ancise  amorosa. 
E  ruppe  fede  al  cener  di  Sicheo. 

Poi  è  Cleopatràs  lussuriosa. 

22  Elena  vidi  per  cui  tanto  reo 
Tempo  si  volse ,  e  vidi  '1  grande  Achille 
Che  con  amore  al  fine  combatteo. 

23  Vidi  Paris ,  Tristano  :  e  più  di  mille 
Ombre  mostrommi,  e  nominoUe  adito, 
Ch'amor  di  nostra  vita  dipartille. 

2i    Poscia  eh'  i*  ebbi  il  mio  dottore  udito 
Nomar  le  donno  antiche  e  i  cavalieri. 
Pietà  mi  vinse,  e  fui  quasi  smarrito. 

19.  Rotta.  Modo  simile  ma  men  forte  in 
Albertano:  Si  ditciolgono  a  tutti  U  rat  vuti. 
—  Libito.  Detto  d*  imperatore  antico  :  Quod 
libet ,  licet, 

20.  Sbmiramìs.  Amante  del  figlio;  secondo 
Giustino  ,  morta  da  lai.  —  Tbnnb.  Virg.  : 
Terrat  ditionc  tcnebat,,'^  CoEEB«fiB.  Petr.  .* 
L'onorata  verga  Con  la  guai  Roma  e  suo'  cr^ 
ronfi  correggi, 

21.  Amorosa.  Didone.Aen.,  I  et  IV.— Ruppb. 
Virg.  :  Rupere  ^m.— Cbicbe.  Virg.:  Non  ter- 
vatafidet  cinenpromittaSichaeol  Trecentista 
ined.  :   Rompea  fede  alla  cenere  di  SUskeo, 

2i.  Elbna.  Uccisa  da  nna  donna  greca  per 
vendetta  del  marito  uccisole  sotto  Troia.  Tatti 
i  lassnriosi  qui  nominati  da  Dante ,  morirono 
di  mala  morte.  —  Grandb.  Virg.  :  Atque  ite- 
rum  ad  Trojam  magnut  mittetur  AehiUie,  Egli 
invitto  nelV  armi ,  da  amore  di  Polissena  fu 
vinto,  e  morto  nello  sposarla.  VLrg.  VI. 

23.  Paeìs.  11  cavaliere  del  medio  evo  amen* 
te  di  Vienna.  —  Tristano.  Amante  d' Isoits, 
trafitto  dal  re  Marco  con  dardo  avvelenato  : 
ed  ella  morì  con  lui.  Dante  conginnge  la  mi- 
tologia* col  romanzo  cavalleresco,  «ch'erano» 
dopo  la  Bibbia ,  le  due  fonU  poetiche  doVegli 
attinse  più  largamente.  —  Dipaetillb.  Virg.: 
Quigue  ob  adulterium  cacci.  Qui  colloca  solo 
i  morti  per  amore  lascivo  ;  perchè  gli  altri 
erede  con  Tetà  convertiti. 

24.  VmsB.  Vite  S«-  P.  :  Si  ìoiciacH  si  vm- 
eerv  oUa  pictaic. 


10^ 


DELL'    INFERNO 


2.>    r  Gomiociai  :  poeta ,  volentieri 
Parlerei  a  que'  duo  che'nsieme  vanno  , 
E  paion  8Ì  al  vento  esser  leggieri. 

26  Ed  egli  a  me:  vedrai  quando  saranno 
Più  presso  a  noi  ;  e  tu  allor  gli  prega 
Perquciramorcheimena,eqnei  verranno 

27  Si  tosto  come  1  vento  a  noi  gli  piega, 
Mossi  la  voce  :  o  anime  affannate , 
Venite  a  noi  parlar  ,  s'altri  noi  niega. 

28  Quali  colombe  dal  disio  chiamate , 
Con  r  ali  aperte  e  ferme  al  dolce  nido 
Yolan  per  l'aer  dal  voler  portate; 

29  Cotali  uscir  della  schiera  ov'è  Dido , 
A  noi  venendo  per  Taer  maligno  : 

Si  forte  fu  r  affettuoso  grido. 

30  O  animai  grazioso  e  benigno 


25.  LB6GIBRI.  Più  forte  menati  ,  perchè  più 
rei;  più  leggieri  inoltre,  perchè  più  ?olonte- 
rosi  a  correre  insieme. 

26. 1.  Perl»,  Tosa  Frane,  da  Barberino.  Dan- 
te altrove. 

27.  Mossi.  Volg.  Favole  d'  Esopo  :  Mosse 
un*aUa  voce.  Virg.  :  Canttu  movere.  Parlando, 
li  avrà  pregati  per  Tamor  loro  ,  sebbene  noi 
dica.  —  Altri.  Uodo  antico  ,  per  indicare 
forza  superiore  e  indeterminata.  Inf. ,  XXVU: 
Com*  olirvi  piacque. 

28.  CoLOMBB.  Virg.  :  QtialiM  tpeìunea  su- 
kUo  eommota  eolumba  Cui  domus  et  dulces 
latebroso  in  jmmice  nidit  Fertur  in  arva  vo- 
lani ,  plausumque  exterrita  pennii  Dat  tecto 
ingentem  ;  mox  aere  lapsa  quieto  ,  Radit  iter 
Uquidum ,  celerei  neque  commovet  alas.  Al- 
trove :  Geminae  quum  forte  columbae  Ipsa  sub 
ora  viri  eoelo  venere  volantes  . .  .  Uquiaumque 
per  aera  lapsae  Sedibus  optatis  gemina  super 
arbore  sidunt. — Cuiamatb.  Simile  a  qael  di 
Virg.:  Vocant  animum  curae. — Dolce.  Virg.: 
Juvat  imbribus  actis Progeniem  parvam  dulces- 
que  revisere  nidos.  —  Portate.  Virg.  :  Cu- 
pidine  ferri.  Chiamate ,  indica ,  la  prima  mos- 
na:  portate,  la  tendenza  amorosa  del  volo: 
coir  ale  ferme,  perchè  così  gli  uccelli  volano 
d'alto  in  basso. 

29.  DiDO.  Rinomina  Didona ,  o  perch'  ona 
delle  più  sventurate ,  o  per  accennare  a  qae* 
versi  di  Virg.,  che  gì' ispirarono  Tidea  del 
secondo  cerchio  :  Nie  quos  durus  amor  crudeli 
tabe  peredit . . .  ifUer  quos  Phoenissa  reeens  a 
vmlnere  iHdo  Errabat  $Uva  in  magna, — Ma- 
ligno. Nel  senso  che  Virg.  ;  sub  luce  maligna. 

30.  Animal.  Dante,  Vulg.  E\.:  Sweibilis  ani- 
ma et  corpus  est  animal.  Aristotele  chiama 
l'uomo  animai  citnle.— Grazioso.  Valeva  cor- 


Che  visitando  vai  per  Paer  perso 

Noi  che  tignemmol  mondo  di  sanguigno; 

31  Se  fosse  amico  il  re  dell'universo  , 
Noi  pregheremmo  lui  per  la  tua  pace. 
Po'  eh'  hai  pietà  del  nosfromalpervecso. 

32  Di'quel  ch'udire  e  che  parlar  ti  piace: 
Noi  udiremo  e  parleremo  a  vui 
Mentre  cliel  vento,  come  fa,  si  tace* 

33  Siede  la  terra  dove  nata  fui , 
Su  la  marina  dove  1  Po  discende 
Per  aver  pace  co'  seguaci  sui. 

3&.   Amor  ch'ai  cor  gentil  ratto  s'apprende. 
Prese  costui  della  bella  persona 
Che  mi  fu  tolta,  el  modo  ancor m'ofleode. 

35    Amorch'a  nullo  amato  amar  perdona. 
Mi  prese  del  costui  piacer  si  forte 


tese  ,  disposto  a  ùj  cosa  grata.  —  Psaso.  Di» 
ce  Dante  nel  Conv.;  È  misto  di  purpureo  e  ài 
nero  ;  ma  vince  il  nero  ,  e  da  lui  si  demmmU 
na,  —  Sanguigno.  Sopra  :  Che  amor  é^  fu*- 
sta  vita  dipartine. 

31.  Rb.  Nel  Conv.  :  il  signore  delfmwMfio. 
Monarc. ,  p.  81  ;  Prineipem  univerm^ui  lìmm 
est.  Non  senza  ragione  dappertutto  lopnacn* 
ta  come  re,  principe ,  imperatore. 

32.  Tace.  Come  tace,  se  ha  detto  che  la  bu- 
fera non  resta  mai  ?  Tace  per  poco  ,  per  dar 
agio  di  parlare  a  Francesca.  Cosi  nel  cerchio 
seguente  ,  percosso  da  pioggia  e  da  grandine, 
i  due  poeti  ne  vanno  a  lor  agio. 

33.  Siede.  Conv.  ;  //  suolo  deve  Roma  eie- 
(itf.— Fci.  Inf.,  XXUI:  Ifui  nato...  Sovra 
il  bel  fiume.  Ravenna  sta  quasi  suU*  Adriatico 
alla  foce  del  Po,  il  qual  da  Torino  a  Ponte 
di  Lagoscuro  accoglie  per  via  moltissimi  con* 
fluenti,  che  soao  i  seguaci  sui, 

34.  Amor.  Dante  in  uua  canzone:  Amore  e 
cor  gentil  sono  una  cosa.  Gninicelli  :  Al  cor 
geiUil  ripara  sempre  Amore  Siccome  augello  i» 
fronda  alla  verdura  ;  Né  fé  amore  af*si  the 
gentil  core,  I^è  gentil  core,  anzi  che  amor.  Na- 
tura . . .  Che  adesso  ,  com*  fu  'l  sole  Sì  Costo 
fue  lo  suo  splendor  lucente,  Né  fue  daoamU 
al  sole.  E  prende  Amore  in  gemitiUeza  loco 
Cosi  propriamente ,  Come  eohre  in  ehiariià 
di  foco . . .  Foco  d'Amore  a  gentil  cor  s^appren- 
de.  —  Prese.  Virg.  :  Captus  amore.  Bocc.  : 
Del  piacer  della  bella  giovane  era  pruo. . .  Piik 
del  piacer  di  lui  s'accese, 

35.  Perdona.  Nel  senso  del  lat.  pareewe  in 
questo  di  Virg.:  Parate,  oves  nimium  procederei 
E  vale  :  amore  che  non  rista  di  far  si  ehfat- 
euno  amato  ami.  0  nel  senso  di  rimettere .' 
amor  che  rum  rimeite  ad  uUuno  amato  U  de- 


CANTO    V. 


105 


Che»  come  vedi,  tocornon  m'abbandona. 
36    Amor  condusse  noi  ad  una  morte. 
Caina  attende  chi  vita  ci  spense. 
Queste  parole  da  lor  ci  Tur  porte. 

37  Da  eh*  io  'ntesi  quell'anime  oiTeose , 
Chinai  1  viso ,  e  tanto  1  tenni  basso. 
Fin  che  1  poeta  mi  disse:  che  pense? 

38  Quando  risposi ,  cominciai  :  o  lasso, 
Quanti  dolci  pensier,  quanto  disio 
Uenò  costoro  al  doloroso  passo! 

39  Po*  mi  rivolsi  a  loro,  e  parlarlo 

E  cominciai:  Francesca ,  i  tuoi  martiri 
A  lagrìmar  mi  fanno  tristo  e  pio. 
iO    Ma  dimmi:  al  tempo  de*dolci  sospiri, 
A  che  e  come  concedette  amore, 
Che  conosceste  i  dubbiosi  desirì? 


ii    Ed  ella  a  me  :  nessun  maggior  dolore 
Che  ricordarsi  del  tempo  felice 
Nella  miseria  :  e  ciò  sa  1  tuo  dottore. 

&>2    Ma  s'a  conoscer  la  prima  radico 
Del  nostro  amor  tu  hai  cotanto  afletto, 
Farò  come  colui  che  piange  e  dice. 

kZ    Noi  leggìavamo  un  giorno,per  diletto. 
Di  Lancillotto,  come  amor  lo  strìnse: 
Soli  eravamo,  e  senza  alcun  sospetto. 

kk  Per  più  fiate  gli  occhi  ci  sospinse 
Quella  lettura ,  e  scolorocci  'l  viso: 
Ma  solo  un  punto  fu  quel  che  ci  vinse. 

lii.5    Quando  leggemmo  il  disiato  riso 
Esser  baciato  da  cotanto  amante. 
Questi  che  mai  da  me  non  fia  diviso , 

h6    La  bocca  mi  baciò  tutto  tremante. 


Mro  ^  amare,  —  Piacer.  Benv.  d*Imo1a  dice 
di  Paolo  :  Uomo  corpore  pulcher  et  polUus , 
lifriffni  inaiti  otto  qttam  labori.  Dante ,  Yalg. 
Eloq.  :  iUud  maxima  dclecU'.bìU  quod  per  pre- 
fìMifStmym  objeetum  appetUu$  delectat:  Koc 
mi  Venni,  —  Abbandona.  Virg.  :  Curae  non 
éptm  tn  morte  relinquunt.  Alla  divina  scena  di 
Didooe  fn  Virgilio  D^inte  ha  contrapposta  que- 
sta beUissinia  di  Francesca.  I  due  amanti,  di- 
ce il  Boce. ,  foron  posti  nella  medesima  se- 
poltnra.  Ileg.  (  11 ,  1  )  :  Saul  et  Jonathat,  ama- 
Ìàt8 ...  tu  vita  tua,  in  morie  quoque  non  $unt 
diciti. 

96.  Caixa.  Bolgia  dote  n  puniscono  i  fra- 
tricidi (  iDf.  ,  XXXll  ).  Gìanciotto  marito  dì 
FraBcesea,  sorpresala  con  Paolo  suo  fratello, 
la  occise.  Gaido, il  nipote  di  Francesca,  ospi- 
te di  Dante  .  noe  si  recò  ad  offesa  questi  ver- 
si .  perchè  l'odio  dell*  uccisore  e  la  pietà  de- 
fli  Qccisi  vi  suona  sì  forte.  A  questo  Guido 
e  riTolta  una  canzone  che  si  crede  di  Dante, 
e  Boo  è,  soUa  morte  d'Enrico  VII.  Ospite  di 
Goido  pare  che  fosse  il  P.  nel  1313,  quando 
BOB  era  per  anco  signore  ;  poi  dopo  il  1318, 
quasd*  ebbe  signoria  di  Batenna  con  Ostagio 
da  PolenU. 

38.  Quaxdo.  Indica  che  Dante  assorto  nel- 
fafletto  ,  non  rispose  sull'atto  a  Virg. —  Pen- 
siBB.  Convivio ,  LIV  :  Non  tubitamente  nasce 
mmore  ,  e  faui  grande  e  viene  perfetto  ;  ma 
vmoU  tempo  aknno  e  nutrimento  di  pensieri, 
wuEMdmamente  là  ove  sono  pentieri  eontrarii 
the  lo  impedùeano. 

J9.  Cominciai.  Pare  con  queste  ripetizioni 
▼ogiia  mostrare  il  suo  turbamentj,  e  la  dif- 
tkoltà  ch'ebbe  di  mover  parole. — A  lacrhiau. 
Fino  alle  lagrime.  Più  sopra  :  pugrie  a  guajo, 
cioè  6oo  a  farli  gnaire. — Tristo.  M'ispira- 
BO  compassioDe  e  dolore.  Nel  Canto  segucnte: 


la  pietà  dt^duo  cognati  Che  di  tristisia  tntto 
mi  confuse.  Ottimo  :  V autore  fu  molto  in  amo- 
re inviseato  :  e  però  volentieri  ne  parla, 

ài.  Tempo.  Ovid.  :  Tempore  felici. —  Dot- 
tore. Virgilio  accenna  forse  alle  parole  di  Di» 
dono  morente:  Vixi,  ec. ,  o  alla  renitenza  d*B- 
nca  a  ricordarsi  della  patria  omai  distrutta  ; 
o  ad  altro  passo  simile.  Altri  intende  Boezio, 
là  dove  dice:  In  omni  adversitate  fortunae, 
infelicittimum  geniu  infortunii  est  fuiese  feU^ 
cem,  E  nel  Con?,  chiama  Boezio  suo  conso- 
latore e  dottore, 

42.  Affetto.  Virg.  :  M  ii  tantut  amor 
casus  cognoscere  nostros.  —  Piagge.  Inf. 
(  XXXIII ,  3  )  :  Parlare  e  lagrimar  mi  vedrà' 
insieme» 

43.  Lancillotto.  Degli  amori  di  lui  con 
Ginevra  accenna  nel  XVI  del  Paradiso  :  nei 
romanzo  il  Lancillotto  al  e.  LXVl,  se  ne  nar- 
ra a  dilungo. 

45.  Biso.  Per  6oce<z.  Altrove  :  Negli  oeehi 
e  nel  iuo  dolce  riso.  Nel  detto  romanzo  Ga- 
leotto vuole  che  la  regina  Ginevra  baci  Lan- 
cillotto l'amante:  La  reina  vede  che  il  cava- 
liere non  ardisce ,  e  lo  prende  e  lo  bacia 
avanti  Galeotto  assai  lungamente.  Questo  ro- 
manzo fu  da  Innocenzo  IH  proibito  nel  1313 
(Ducange,  diss.  VI  ,  st.  s.  Luigi). 

46.  Galeotto.  Fu  mezzano  tra  Lancillotto 
e  Ginevra.  A  noi  ,  dice  Francesca  ,  mezzano 
fu  il  libro  e  l' autore  di  quello.  Nelle  vecchie 
edizioni  il  Decamerone  s' intitola  principe  Ga- 
leotto: e  Galeotto  signifìcava  mezzano  di  tur- 
pi amori. —Avante.  Seguì  'l  fatto  in  Pesa- 
ro, Vanno  1288.  Dice  il  Boccaccio  che  Gian- 
ciotto  essendo  bruttissimo  della  persona  ,  fa 
mandato  Paolo  a  Ravenna ,  fratel  suo  a  cele- 
brare le  sponsalizie  ;  e  Francesca  ne  invaghì; 
poi  vistasi  moglie  allo  zoppo,  n*ebbe  diade- 

14- 


106 


DELL'  INFERNO 


Galeotto  fu  il  libro ,,  e  chi  lo  scrisse. 
Quel  giorno  più  non  Vi  leggemmo  aTante 
VI    Mentre  che  l'uno  spirto  questo  disse, 

gDO.  Accortosi  il  marito  della  tresca ,  Gnse 
di  partirsi ,  e  tornò  improvriso  »  e  li  cobo. 
La  staoza  era  serrata  d'  estro  :  Paolo  si  pre- 
cipita per  iscendere,  la  falda  d'on'arroatara 
lo  rauieoe  sospeso  ;  la  donna  apre  :  il  mari- 


L'altro  piangeva  si  che  di  pietate 
l' Tenni  men  cosi  com'  io  morisse, 
48 E  caddi,  come  corpo  morto  cade. 

to  Brandisce  lo  stocco  ì)er  trafiggere  Paolo  : 
ma  Francesca  interpostasi  ricere  il  primo  col- 
po: l'amante  il  secondo. 

48.  Cave,  Onomotopea  simile  in  Orid.  : 
CoUapso^^  corpore  (o(o  est. 


CANTO    VI. 


107 


CANTO      VI 


ARGO  ]\fE  N  T  0. 


Si  riscote  ^  e  si  trova  nel  terzo  cerchio^  de' golosi.  Come  venutovi?  Per  quella 
forza  che  in  Paradiso  lo  spinge  di  pianeta  in  pianeta.  E  perchè  in  questi  due 
luoghi  uno  straordinario  passaggio,  e  non  più  per  tutto  f  Inferno?  Perchè,  a  pas- 
sare Acheronte ,  altra  via  non  v*  era  che  la  barca  od  un  volo  ;  e  scendere  dalla 
mina  del  secondo  cerchio  per  mezzo  alla  bufera  j  non  può. 

Parla  con  Ciacco  dei  mali  della  patria ,  con  Virgilio  della  fita  faUira.  Scende  nel  cer- 
chio degli  avari. 

Nota  le  terzine  2  alla  10  ;  la  12  alla  15  ;  la  25  ;  e  la  31  alla  34. 


1  Al  tornar  della  mente  che  si  chiuse 
Dinanzi  alla  pietà  de'  duo  cognati. 
Che  di  tristizia  tutto  mi  confuse  , 

2  Nuovi  tormenti  e  nuovi  tormentati 
Mi  veggio  intorno,  come  ch4*  mi  mova, 
E  come  chTjini  volga  ,  e  eh*  i'  mi  guati. 

3  l'sono  al  terzo  cerchio  della  piova 
Eterna,  maladetta,  fredda,  e  greve: 
Regola,  e  qualità  mai  non  Tè  nuova. 

1.  Chicss.  Ad  ogni  impressione.  Pnrg. ,  III: 
La  mente  mia  che  prima  era  ristretta ,  Lo  'n- 
lefàto  rallargò . . . 

4.  RiTBRSA.  Vìrg.  :  Effusa . . ,  grandine  nim- 
èt  Praeeipitant , , ,  Ruit  aethere  tato  Turhidut 
tmòfr  aqua,  Sap.  (  XVI»  16);  Aquis  et  gran- 
dwtbus  et  pluvHi  perseeutionem  passi. 

5.  CsEBBAO,  Virg.  ;  Cerberus  haec  ingent  la- 
frolli  regna  trifauci  Personat,  adverso  recu- 
h€m$  immanis  in  antro»  —  DivsasA.  Diversa 
da  latte  le  fiere  noie,  ed  etimologicamente 
4i»-cena,  perversa  dalla  specie,  mostruosa.  Inf., 
X3lXI1I  :  Uomini  diversi  D*  ogni  eostume.  Vita 
Kuova  :  Fan  diversi  ed  orribili  a  vedere.  — 
Casfixameitti.  Pei.  :  Nemica  naturalmente  di 
pace.  Tre  gole  ha  Cerbero  ;  tre  facce  Lacife- 
ro.  (  Inf. ,  XXXIV).  L'  Ottimo:  SignifUa  che 
ablna  tua  giustizia  sopra  U  peccatori  delle  tre 


h    Grandine  grossa ,  e  acqua  tinta ,  e  neve 
Per  Taer  tenebroso  si  riversa  ; 
Pule  la  terra  che  questo  riceve. 

5  Cerbero ,  fiera  crudele  e  diversa , 
Con  tre  gole  caninamente  latra 
Sovra  la  gente,  che  quivi  è  sommersa. 

6  Gliocchihavermigli,labarbaunta  edatra 
E  '1  ventre  largo ,  e  unghiate  le. mani: 
Graffia  gli  spirti,  gli  scuoia,  ed  isquatra. 

parti  del  mondo.  E  cita  Fulgenzio. 

6.  Unta.  Proprio  de' golosi.  Orazio,  d|Cep* 
bero  :  Spiritus  teter  saniesque  manet  Ore  tri- 
lingtti.  Seneca  (  Hcrc. ,  v.  784  )  .*  Sordidum  Sa- 
bo  caput. — Mani.  Cosi  Chiama  Plin.  le  zam- 
pe anteriori  deli'  orso  (Vili,  36  ).  —  Scuou. 
Somiglia  un  poco  alla  descrizione  che  fa  Virg. 
d'UD  apparecchio  di  mangiare  :  Tergora  deri- 
piunt,  eostis ,  et  viscera  nudant.  Pars  in  fru- 
sta seeant.  —  Isquatra.  Squarta.  Come  intar- 
petrare,  per  interpretare.  Anche  Lucano  fa  le 
viscere  umane  lacerate  e  ingoiate  da  Cerbero. 
Armannino  ,  degli  iracondi  :  La  Gorgona,  eo- 
storo  tranghiottisee  e  fanne  grandi  bocconi  : 
poi  per  lo  sesso  U  caccia  fuori.  Sap.  (XI,  17) 
Per  quae  peccat  quis ,  per  haec ,'  et  lor^uefwr. 
Norma  da  Dante  osservala  in  parecchi  de*  suoi 
supplizi!. 


lOS 


DELL*   INFERNO 


7  Urlar  gli  fa  la  pioggia  come  cani. 
DciruD  de'lati  fanno  all'altro  schermo; 
Yolgonsi  spesso  i  miseri  profani. 

8  Quando  ci  scorse  Cerbero  il  gran  vermo, 
Le  bocche  aperse  e  mostrocci  le  sanno  ; 
Non  avea  membro  che  tenesse  fermo. 

9  £  1  duca  mio  distese  le  sue  spanne , 
Prese  la  terra  ,  e  con  piene  le  pugna 
La  gittò  dentro  alle  bramose  canne. 

1 0  Qual  è  quel  cane  eh*  abbaiando  agugna, 
£  si  racqueta  poi  che  '1  pasto  morde , 
Che  solo  a  divorarlo  intende  e  pugna; 

1 1  Cotai  si  fecer  quelle  facce  lorde 
Dello  demonio  Cerbero,  che'ntrona 
L'anime  si  ch*esser  vorrebber  sorde. 

1 2  Noi  passavam  su  per  Tombre  ch'adona 
La  greve  pioggia  ;  e  ponavam  le  piante 
Sopra  lor  vanità,  che  par  persona. 

13  Elle  giacén  per  terra  tutte  quante, 
Fuor  ch'una  ch'a  seder  si  levò  ratto 
Ch'ella  ci  vide  passarsi  davante. 


7.  Urlar.  Gioele  :  Vlulate . . .  f/iit  hihitit  vi- 
num  in  dulcedine,  — Scuermu.  ^el  XVll  del- 
l' Inf.  ,  i  dannali  per  difendersi  dalla  pioggia 
di  foco  :  Di  qua  ai  là  soccorrén  con  le  mani. 
Quando  a' vapori,  e  quando  al  ealdo  suolo, 

—  Yolgonsi.  Virg.  :  Fettutn, ..  mutét  laius 
d'un  giganie  dannato.  —  Profani.  Aveva  an- 
co senso  di  scellerati  :  e  ben  profani  chiama 
coloro  quorum  deus  veutcr  est.  (  Ap. ,  Pili- 
lip.  Ili) .  Il  raangiarli  che  fa  Cerbero  e  tostar 
essi  cosi  distesi  ,  li  rassomiglia  al  tormento 
di  Tizio  nel  VI  dell'En. 

8.  Gran.  Virg.  :  Cerberus  .  .  .  ingens.  Ov. 
(  Met.,  IV  ):  Tria  Cerbervs  extulit  ora  Et  tres 
tatralus  simul  edidit. — Vermo.  In  antico  va- 
leva'qualunque  sia  fiera  schifosa.  Così  nel  Pul- 
ci (IV,  15).  Ariosto  :  Che  ai  gran  Vermoin- 
femal  mette  la  briglia.  Verino ,  nei  salmi  pe- 
nitenziali, falsamente  attribuiti  a  Dante,  v 
Jetto  il  Demonio.  Poi  Cerbero  co*  suoi  latrati 
é  simbolo  della  rea  coscienza ,  della  quale 
Isaia:  Vermis  eort$m  non  moritur.  —  Apersr. 
Virg.:  lUe,  fame  rabida  tria  guttnra  pandetis. 

—  Ferko.  Virg.,  di  Cerbero:  Jiorrere  videns 
jam  colla  colubrit. 

tf.  Terra.  Mostra  la  viltà  della  fiera,  cioè 
del  Tizio.  Qoi  meglio  s*  intende  quello  del  I  : 
Non  ciberà  terra,  —  Gittò.  Virg.:  Offam  Ob- 
jieit.  Quivi  d'una  ciambella  soporifera.  Virg. 
é  la  ragione  che  vince  la  fiera  vile. 

10.  Cane.  Il  Cerbero  di  Dante  non  è  pro- 
prio uu  cane,  ripeto,  è  un  demoaio,  come 


H    0.  tu  che  se*  per  questo  'nfemo  tratto» 
Mi  disse  ,  riconoscimi  se  sai  : 
Tu  fosti ,  prima  eh* io  disfatto»  fatto. 

15  Ed  io  a  lei  :  l'angoscia  che  tu  hai 
Forse  ti  tira  fuor  della  mia  mente 
Si  che  non  par  eh'  i'ti  ve>dessi  mai. 

16  Ma  dimmi  chi  tu  se*  chc*n  si  dolente 
Luogo  sommesso ,  e  a  si  fatta  pena 
Che,  s*altra  è  maggio,  nulla  òsi  spiacente. 

17  Ed  egli  a  me:  la  tua  città  che  piena 
D'invidia  si  che  già  trabocca  il  sacco» 
Seco  mi  tenne  in  la  vita  serena. 

18  Voi  cittadini  mi  chiamaste  Ciacco. 
Per  la  dannosa  colpa  della  gola , 
Come  tu  vedi ,  alla  pioggia  mi  fiacco. 

19  Ed  io  anima  trista  non  son  sola  ; 
Che  tutte  queste  a  simil  pena  stanno 
Per  simil  colpa:  e  più  non  fé  parola. 

20  Io  gli  risposi  :  Ciacco,  il  tuo  aflanno 
Mi  pesa  si  eh*  a  lagrimar  m'invita: 

Ma  dimmi ,  se  tu  sai ,  a  che  verraniio 


Caronte  e  Minosse  sotto  forma  di  fiera.  Però 
la  similitadine  regge. 

11.  Facce.  Il  Cerbero  dantesco  non  ba  cef- 
fo di  cane  :  latra  caninamente,  cioè  a  modo 
di  cane.  —  'Ntrona.  Virg.  :  Pisnonat,  —  L'a- 
.MMB.  Virg.  :  ingens  janitor  antro  Aet9m%im 
latrans  exsangues  terreat  umbras. 

12.  ÀDONA.  Doma:  l'usa  il  ViU.  (VI,  80). 
—  I*BRSONA.  Virg.:  Tenues  sine  eorpoTB  viias, 

14.  Disfatto.  Bocc.  :  Hanno  sé  meduimi 
disonestamente  disfatti  (uccisi). 

Itt.  Mag€|o.  Maggiore  (Par.,  XXVIII,  5KJ}; 
come  peogio  jMjr  peggiore. 

18.  Ciacco.  Cioè  |iurco.  Lo  nomina  in  una 
novella  il  Bocc.  e  loda  per  piacevoli  metti , 
e  per  gaia  eloquenza  (1.6):  Uno  da  tutti  chia- 
mato Ciacco.  L'anonimo  lo  dice  :  «om  (fi  eor^ 
fé ,  cioè  buffone  :  li  quaU  piii  usano  questo  vi- 
eto che  altra  gente.  Ebbe  in  sé,  secondo  buf- 
fone .  leggiadri  costumi ,  e  beUi  motti:  usò  coi» 
li  valenti  uomini,  e  dispetto  it  eattivi.  E  òe- 
n$  si  conviene  a  sì  eattivo  Visio  e  vile  mette- 
re sì  vile  mani0ra  di  gente  ,  come  uomini  che 
stannò  alla  mercè  d'ogni  uomo,  e  con  lium- 
ghe  e  bugie  vogliono  servire,  I  mali  di  Firenze 
Dante  conosceva  originati  da'  vizii  di  qoe' 
grandi  co' quali  Ciacco  viveva.  — Dannosa. 
Ucclesiastic.  :  Propter  erapulam  multi  obia- 
runi.  Grida  anco  il  Bocc.  contro  qoe*  sooi 
concittadini  ,  che  trattavano  briachi  le  coso 
pubbliche.  — Fiacco.  Sotto  la  grandine  gros* 
sa ,  e  la  pioggia  che  odona. 


CANTO    VI. 


109 


SI    Lì  cittadin  ddla  città  partita  ; . 
S* alcun  v'  è  giusto;  e  dimmi  la  cagione 
Perchè  r ha  tanta  discordia  assalita. 

22    Ed  egli  a  me  :  dopo  lunga  tenzone 
Verranoo  al  sangue;  o  la  parte  selvaggia 
Caccerà  l'altra  con  molta  ofTensione, 

S   Poi  appresso  convien  che  questa  caggia 
Infra  tre  soli,  e  che  T altra  sormonti 
Coo  la  forza  di  tal  che  testé  piaggia. 

ìk    Alte  terrà  lungo  tempo  le  fronti , 
Tenendo  l'altra  sotto  gravi  pesi , 
Come  che  di  ciò  pianga  e  che  n'  adonti. 

25    Giusti  son  duo,  ma  non  vi  sono  intesi. 
Superbia,  invìdia ,  e  avarizia  sono 
Le  tre  faville  eh'  hanno  i  cuori  accesi. 

S6  Qui  pose  fine  al  lacrimabil  suono. 
Ed  io  a  lui:  ancor  vo*  che  m'insegni 
£  che  di  più  parlar  mi  facci  dono. 

M.  Sakgus.  Reg.  (1,25):  Irem  ad  tan- 
5«mtm.  —  SBLVAG6IA.  Parte  Bianca  così  chia- 
mal*  anco  dal  Villani  ,  perchè  comandata  da 
Tieri  de* Orchi,  venuto  di  Val  di  Nievole,  il 
^àal  combattè  in  Gampaldino  con  Dante  nel 
1189  (  ViU. ,  VII. ,  131  )  e  fin  dal  1291  era  av- 
verso ti  Donati  nobilissimi  (VII,  146).  La 
casa  Cerchi ,  detta  da  Benv.  rustica  e  pToter- 
tm,  venne  dalla  Pieve  d'Acone  :  nobiltà  nuo- 
va, e  disprezzau  da  Dante  (Par.,  X).  Salwi- 
tioo  fn  anUco  cbiamavasi  ogni  uomo  nemico 
di  civile  ogoaglianza:  laiualici  1*  Ottimo  cbia- 
nava  I  tiranni.  Forse  tra  la  selva  selvaggia 
in  cai  Dante  si  trova ,  e  la  parte  selvaggia  , 
é  analogia.  —  0ffe5SI0NB.  Dà  gran  forza  il 
?.  al  verbo  ojferuiere.  Inf. ,  Y  :  QuelV  anifM 
éfèmt.  Con  questa  parola,  Dante  condanna 
pi  eccessi  de'  fiianchi. 

23.  Soli.  Per  anni,  è  in  Nemesiano.  La 
visione  fi  Goge  nel  1300:  nel  1302  Dante  co' 
Bianchi  fa  soppiantato  e  sbandito. — Piaggia. 
Ora  losinga  i  fiorentini.  Carlo  di  Valois,  ;»0r 
U  fmaU  ,  dice  VOii\mo,jìapa Bonifazio avea 
wmmdato  per  eaecian  quelli  delle  casa  d'Ara- 
gm»a  dalla  signoria  di  Sicilia. 

24.  Alte.  Carlo  altrove  è  detto  :  alto  leon  ; 
r  nel  primo  canto  è  forse  il  leone  dalia  te- 
sTaita.  Ed  era  veramente  rabbiosa  la  fame  di 
qnesto  leone  di  Francia.  —  Tenendo.  Compa- 
gni: TtmUi  sotto  gravi  pesi, 

£S.  Duo.  Dante  e  Guido  Cavalcanti  amico 
ano,  richiamato  da  lui  dall'esilio  quand'era 
priore.  Dante  volle  con  ani  simili  conciliare 
le  dvili  discordie,  e  non  potè.  Giusto  qui  vale 
eairn  a  gissstizia;  non  santo.  Nel  Purg.,  Dante 
accenna  a  aè  e  al  Cavalcanti ,  in  modo  simile 


27  Farinata  e1  Tegghiaio,  che  fur  si  degni, 
Iacopo  Rusticucci ,  Arrigo,  e  '1  Mosca, 
£  gli  altri  eh*  a  ben  far  poser  gl'ingegni. 

28  Dimmi  ove  sono, e  fa  ch*io  gli  conosca; 
Che  gran  disio  mi  stringe  di  sapere 
Se*l  elei  gli  addolcia  ,0  lo*nferno  giiatto9ca 

29  £  quegli:  ei  son  tra  Tanime  più  nere: 
Diverse  colpe  giù  qli  aggrava  al  fondo  ; 
Se  tanto  scendi,  gli  potrai  vedere. 

30  Ma  quando  tu  sarai  nel  dolce  mondo, 
Pregoti  ch'alia  mente  altrui  mi  rechi: 
Più  non  ti  dico,  e  più  non  ti  rispondo. 

31  Gii  diritti  occhi  torse  allora  io  biechi. 
Guardomm'un  poco ,  e  poi  chinò  la  testa: 
Cadde  con  essa  a  par  degli  altri  cicchi. 

32  £  '1  duca  disse  a  me  :  più  non  si  desia 
Di  qua  dal  suon  dell'angelica  tromba. 
Quando  verrà  lor  nimica  podestà. 

senza  dire  il  suo  nome  :  Ha  toUo  V  uno  al- 
l' altro  Guido  La  gloria  della  lingua:  efom 
è  nato  Chi  Vuno  e  1^  altro  caccerà  di  indo,  in 
una  canz.  scritta  dall*  esilio  circa  il  1304, 
paria  di  tre  cittadini  men  perversi  degli  altri; 
nel  Purg.  parla  di  tre  vecchi  di  Romagna  ; 
rimprovero  dell'  antica  età  alla  moderna. — Fa- 
ville. Inf. ,  XV  :  Gente  avara ,  invidiosa  • 
superba.  Villani  (VIU,  96):  Per  U  peccata 
della  superbia,  invidia  ed  avarizia  erano  par- 
titi a  setta.  E  cap.  68:  per  la  superbia,  tn- 
vidia  ed  avarisia  dt^  nostri  cittadini  che  al- 
lora guidavano  la  terra. 

26.  Insegni,  lo  questo  senso  ha  più  volle 
doeere  Virgilio.  —  Dono.  Petr.  :  E  'n  don  U 
chieggo  sua  dolce  favella. 

27.  Farinata.  Inf.,  X.— TEGcniAio.  Inf., 
XVI.  Fa  Teggltiaio  di  due  sillabe ,  che  cosi 
pronunziavano.  Pet.  :  Ecco  Cin  da  Pistoia , 
Guitton  d* Arezzo.  —  Degni.  Li  loda  non  come 
peccatori  ma  come  bcneineriii  ciiladini.  —  Ru- 
STicccci.  Iiif.,  XVI.— Mosca.  Inf.,  XXVIII. 
—  Poser  ;  Apposui  cor  meum  ut  scirem  sa- 
pientiam  (Ecclesiastcs.  Vili ,  16). 

30.  Dolce.  Virg.  ;  Dulcis  vltae.  —  Rbcui. 
Gli  uomini  non  vili  Dante  fa  desiderosi  di  vi- 
vere nella  memoria  degli  uomini  (Inf.,  Xlil, 
XV,  XVI  ,  e  altrove).  Ciacco  dunque  era  a 
Dante  uomo  non  tanto  dispregevole,  quauto 
il  Boec.  lo  fa.  E  i  discorsi  eh' e*  gli  pone  in 
bocca  ,  sono  di  pio  cittadino. 

31.  Ciechi.  Nei  VII  (Inf.).  chiama  guerci 
della  mente  gli  avari.  Cicclii  inoltre,  per  la 
grandine  tenebrosa. 

32.  Desta.  Dal  sonno  tormentoso  in  cui 
giace  quasi  a  pena  della  crapula  sonnolenta. 


110 


DELL'  INFERNO. 


33    Ciascun  ritroverà  la  trista  tomba, 
Ripiglierà  sua  carne  e  sua  figura , 
Udirà  quel  che  in  eterno  rimbomba. 

3&    Si  trapassammo  per  sozza  mistura 
Dell'ombre  e  della  pioggia,  a  passi  lenti, 
Toccando  un  poco  la  vita  futura. 

35  Perch'i*  dissi  :  maestro ,  csti  tormenti 
Cresceranno  ei,  dopo  la  gran  sentenza, 
0  fien  minori,  o  saran  si  cocenti  ? 

36  Ed  egli  a  me  :  ritoma  a  tua  scienza, 

—  Podestà.  Frase  biblica.  Podetta,  per  pò- 
d$ità,  come  nel  Farad.  loddts/arti,  encH'uso 
cornane  Felicita,  Trinità, 

33.  Teista.  Se  chiude  un  corpo  dannato  a 
penare  ;  e  se  la  pena ,  dopo  la  risarrezione , 
s'  aggrava.  «-  Quel.  Vang.  :  Ile,  maUdicti,  in 
ignem  aetemum. 

34.  Ombeb.  Stat.  :  Ar  umhroi  Et  caligari- 
tes  umbrarum  exanUne  campot.  Calca  iosieme 
le  anime  e  il  fango  per  mostrare  la  viltà  di 
qael  vizio. 

36.  Scienza.  Aristot.  (De  Anima):  dice  che 
1*  anima  in  corpo  più  perfetto  meglio  conosce; 


Che  tuo!  ,  quanto  la  cosa  è  più  perfetta 
Più  senta  1  bene ,  e  cosi  la  doglienza. 

37  Tuttocchè  questa  gente  maladetta 
In  vera  perfezion  giammai  non  vada» 
Di  là  più  che  di  qua ,  essere  aspetta. 

38  Noi  aggirammo  a  tondo  quella  strada 
Parlando  più  assai  chT  non  ridico. 
Venimmo  al  punto  dove  si  digrada. 

39  Quivi  trovammo  Pluto  il  gran  nemico. 


in  corpo  a  cai  alcnno  organo  manchi,  man- 
co  è  l'intendere.  S.  Augnst.  :  Quum  fin  nmu 
reetio  eamis ,  et  honorum  gawUum  majue  erit, 
et  tormenta  majora.  Ferfezione  non  èpe* dan- 
nati: pare  col  corpo  saranpiìi  perfetti  che  ten- 
za;  dunque  più  miseri. 

38.  Aggirammo.  Dopo  parlato  con  CEioeo, 
non  andavano  per  mezzo  il  cerchio,  ma  sol- 
l'orlo.  —  Digrada.  Nel  quarto  cerchio. 

39.  Flcto.  Non  Plutone ,  ma  il  dio  delle 
ricchezze.  —  Gran.  Perchè  1'  avarizia  moUé 
genti  fé  viver  grame,  e  fa  pertiere  la  Jpenni- 
sa  d'ogni  alta  cosa. 


CANTO    VII. 


Ili 


CANTO    vn. 


ARGOMENTO. 


VMa  ,  eom  la  ritpo$ta  di  Virgilio  ,  V  ira  di  Plvto ,  discendono  :  dico  diteenr 
ifimo  ,  perchè  Pluto  ttava  sul  pendio  tra  'l  terzo  cerchio  ed  il  quarto.  Quivi  puniti 


emidi  per  vmdia  ,  per  tuperbia ,  o  per  olirò  ;  che  tra  loro  si  percoUmo  o  mareiscon 

n  sopplizio  degli  ararl  e  de' prodighi,  difficile  a  dipingere,  è  reso  con  rara  evidenza. 
NoU  le  terzine  4,  5,  6;  la  8  alla  12;  18,  19,  22,  26,  28,  30,  32,  35,  38,40,  42,  43. 


1    Pape  Satani  pape  Satan  aleppel 
Comiociò  Pluto  con  la  voce  chioccia. 
E  quel  savio  gentil  che  tutto  seppe, 

3    Disse  per  confortarnii  :  nop  ti  noccia 
La  tua  paura  ;  che,  poder  eh  egli  abbia, 
?lon  ti  terrà  lo  scender  questa  roccia. 

3    Poi  si  rivolse  a  quella  enfiata  labbia , 
£  disse:  taci,  maladetto  lupo  : 
0>nsurna  dentro  te  con  la  tua  rabbia. 

k    Non  è  senza  cagion  Vandaro  al  cupo  ; 
Vaolfi  oeiralto ,  là  dove  Michele 
Fé  la  Teodetta  del  superbo  strupo. 

1.  Pafb.  Pietro  di  Dante,  che  non  lo  pote- 
va Hicilmente  imagìnar  di  suo  capo ,  e  che, 
a  quanto  pare,  1'  avrà  sentito  dal  padre,  spie- 
ga: Pape  ezelamaiione  Ialina;  Satan  principe 
àtdemìmii;  Aleppe,  Aleph,  in  sento  timile 
alt  Ego  sum  Alpha  della  terittura.  Siccome 
éa  Joseph  Giutejppe,  così  Aleppe  da  Aleph. 
Adonqne,  le  parole  di  Pluto  son  un  atto  di 
■iravigUt ,  e  un  volgersi  a  Satana ,  il  sno  ca- 
pM»  per  chiedere  riparo  contro  l'invasione d'an 
«ivo  ne*  regni  della  morte.  —  Tutto.  Inf. , 
IV.  9  O  tu  che  onori  ogni  scienza  e  arte. 

2.  TxKRA'.  Buti  :  Lo  male  amore  delle  cose 
rmtmdane  ci  tiene  t  entrata  delUa  penitenza, 

3.  ENFIATA.  Yirg.  :  Tumida  ex  ira,  Horat.: 
Àmbae  tratue  hueeas  inflet,  —  Labbia  per  vi- 
so ,  siccome  i  latini  oi  per  miltus ,  è  nelle  ri- 
ne  e  prose  antiche  ;  e  sin  nell'Andreini,  poe- 
u  dei  secolo  XVU.  —  Lupo.  Simbolo  dell'  ava- 
riiia  (Porgttorio,  XX). 


5  Quali  dal  Tento  le  gonfiate  vele 
Caggiono  avvolte,  poi  che  Talber  fiacca; 
Tal  cadde  a  terra  la  fiera  crudele. 

6  Cosi  scendemmo  nella  quarta  lacca, 
Prendendo  più  della  dolente  ripa 
Che  1  mal  dell'universo  tutto  'nsacca. 

7  Ahi  giustizia  di  Dio ,  tante  qui  stipa 
Nuove  travaglie  e  pene ,  quante  i*viddil 
E  perchè  nostra  colpa  si  ne  scipa? 

8  Come  fa  Fonda  là  sovra  Cariddi , 

Che  si  frange  con  quella  in  cui  s'intoppa; 
Cosi  convien  che  qui  la  gente  riddi. 

4.  Cupo.  Corrisponde  eWAides  de' greci,  e 
e\V Amfa  dc'tonchinesi  che  vai  buio;  e  cosi 
chiaman  essi  l'inferno.  —  Vuolsi.  Ripete  la 
risposta  data  a  Caronte  e.  Ili,  e  a  Minosse 
e.  V.  —  Strupo.  Ter  stupro  :  osato  dagli  an- 
tichi anco  in  prosa.  È  fornicazione  della  crea- 
tura il  volger  la  mente  ad  altri  che  a  Dio. 
Altri  intende  strupo  per  moltitudine.  Ma  far 
la  vendetta  d'una  moltitudine  non  ha  senso. 
Sap.  (XIV,  12  )  :  Initium...  fomieationis  est 
exquieitio  idolorum. 

5.  GoNTiATB.  Virg.  :  Inflatur  earhasus  Au- 
stro. —  Caggiono.  Bocc.  :  il  forte  albero ,  rot- 
to da'potenti  venti ,  con  le  vele  ravviluppate. 

6.  Pbxndbndo.  Yirg.  :  Corripiunt  spatium 
medium. 

7.  Stipa.  Chi  altri  che  te  ?  Virg.  :  Mella 
stiparU . . .  Stipatque  earinis  .  . .  argentum.  — 
Travaglib.  è  nel  Villani. 

8.  Cabiimm.  Virg.,  I.  HI.  — Fbangb.  Virg..- 


113 


DELL'  INFERNO 


9  Qui  vìd'io  gente  più  ch'altrove  troppa, 
E  d*una  parte  e  d^altra,  con  grand  urli 
Voltando  pesi  per  forza  di  poppa. 

1 0  Pcrcotevansi  incontro ,  e  poscia  pur  lì 
Si  rivolgea  ciascun  voltando  a  retro , 
Gridando: perchè  tieni?  e:  perchè  burli? 

1 1  Cosi  tornavan  per  lo  cerchio  tetro 
Da  ogni  mano  all'opposito  punto. 
Gridandosi  anche  loro  ontoso  metro. 

12  Poi  si  volgea  ciascun  quand'era  giunto, 
Perlo  suo  mezzo  cerchio ,  all'altra  giostra. 
Ed  io  ch'avea  lo  cor  quasi  compunto, 

13  Dissi:  maestro  mio,  or  mi  dimostra 
Che  gente  è  questa,  e  se  tutti  tur  cherci 
Questi  chercuti  alla  sinistra  nostra. 

1^    Ed  egli  a  me  :  tutti  quanti  tur  guerci 
Si  della  mente  in  la  vita  primaia. 
Che  con  misura  nullo  spendio  ferci. 

15  Assai  la  voce  lor  chiaro  Vabbaia 
Quando  vengono  a* duo  punti  del  cerchio 
Ove  colpa  contraria  gli  dispaia. 

16  Questi  fur  cherci  che  non  han  coperchio 

wifr  alto  Fraiìgilvr  inqìte  rinus  mindit  svn  un-- 
da  reduetos.  V  onde  che  vengono  dal  mar  lo> 
nio  con  quelle  che  dal  Tirreno  sMncontrano  e 
frangonsi.  —  Riddi.  Ridda  .  ballo  in  tondo. 
Riddate ,  usato  anche  in  prosa. 

9.  Troppa.  L'  avarizia  più  che  tutu  PaUre 
testie  ha  pnda  (Purg.  ,  XX).  Virg.:  Àut  qui 
divitiii  soli  incubuen  repertis,  Neeparlempo- 
fuere  suit,  quae  maxima  turba  est. — Poppa. 
Per  petto  ,  l'usa  nel  XII  Virg.  :  Saxum  inqen* 
viAxmnt  altt.Dovevano  dunque  rotolarlo  carponi. 

10.  PcR  M.  Fa  rima  con  òurlt ,  come  nel- 
r\r.  aver  de*  rima  con  verde  ;  e  in  Dante 
(Inf. ,  XXIX)  non  ei  ha,  con  oncia.  —  Burli. 
Burlare  nell'antico  senese  valeva  gettare.  Dico- 
no gli  avari:  perchè  tieni  quel  sasso,  e  non 
lo  spingi  o  lasci  ire  più  presto ,  tu  che  sì  po- 
co sapesti  tener  le  ricchezze?  1  prodighi:  per- 
chè getti  innanzi  e  non  ritieni  quel  sasso ,  ta 
rtie  afferrasti  Toro  con  mano  sì  ferma  TFilo- 
sotica  è  l'idra  di  mettere  alla  medesima  pena 
gli  avari  e  i  prodighi ,  come  son  anco  nel 
Purg.,  \X  :  cht*  la  prodigalità  non  è  forse  men 
dispregevole  vizio  dell* avarizia  e  a  molti  vi- 
xii  e  ministra.  Il  prodigo  per  aver  che  getta- 
re romiMcttc  le  indc^niiii  dell' avaro.  Nel  Con. 
rmiprctx^ra  ai  principi  italiani  la  prodigalità 
r  ringoidigia,  del  pari  sfacciate. 

il.  Metro.  Inf.,  XIX:  Risposi  lui  a  gne- 

Stn  melru. 

13.  SiMSTBA.  Gli  avaritsinistrt.  Sempre  a 


Filoso  al  capo ,  e  papi,  e  cardinali. 
In  cui  usa  avarizia  il  suo  soperchio. 

17  Ed  io  :  maestro,  fra  questi  cotaU 
Dovrelo  ben  riconoscere  alcuni 
Che  furo  immondi  di  cotesti  mali. 

18  Ed  egli  a  me  :  vano  pensiero  aduni  • 
La  sconoscente  vita  che  i  fé  sozzi , 
Ad  ogni  conoscenza  or  gli  fa  bruni. 

19  In  eterno  verranno  agli  duo  cozzi: 
Questi  risurgeranno  del  sepulcro 

Col  pugno  chiuso,  e  questi  co* crin  mozzL 

20  Mai  dare  e  mal  tener  lo  mondo  pnkro 
Ha  tolto  loro,  e  posti  a  questa  zuOìu 
Qual  ella  sìa ,  parole  non  ci  appulcro. 

21  Or  puoi,  lìgliuol,  veder  la  corta  ImftL 
De*  ben  che  son  commessi  alla  fortuna. 
Perchè  l'umana  gente  si  rabbufla. 

22  Che  tutto  l' oro  che  sotto  la  luna , 
E  che  già  fu,  di  quest'anime  staoclìe 
Non  poterebbe  farne  posar  una. 

23  Maestro ,  dissi  lui ,  or  mi  df  anche  : 
Questa  Fortuna  di  che  tu  mi  tocche  » 


sioistra  il  peggio. 

14.  GuE.ic:.  Virg.  :  Jbnt ...  la$va, 

15.  Abbaia.  Boet.:  Uaee  uhi  deiatrani. 

17.  ÀLCCM.  Rammentiamo  che  l'inferaodi 
Dante  è  l'immagine  del  mondo  qual  eraa'siiol 
tempi ,  coir'  egli  dice  nella  lettera  a  Cane.— 
Mali.  Per  colpe  ,  ò  in  Virgilio. 

18.  Aduni.  La  memoria  è  l'atto  di  fkr  iiiv> 
nel  pensiero  il  presente  e  il  passato.  —  Sgd- 
KOSGBKTB.  Sema  eonoicensa  alla  qaal  ae^wr 
nasce  l'aomo.  Inf. ,  XXVI. 

19.  Cbiuso.  Gli  avari  col  pogno  ehtiiao»  i 
prodighi  co*  capelli  tagliati.  Diod.  Sic:  Sini- 
stra digilis  eomptesii»  tenacilat$m  affila  ao** 
ritiam  ti(jnil%eat.  Ecc.  (IV,  36):  Non  aU  por- 
recta  man%ts  tua  ad  aceipiendum  •  «1  md  mm^ 
dum  eoUect€u 

20.  PcLCBO.  Il  Falci  l'osa  fuori  di  fiat 
(  XVI .  38  ).  Qui  Tale  il  cielo  it  6iUa  «Itllt. 
Inf.  XVI. 

S2.  Posaa.  lo  ona  cabsona  dice  cho  le  ric- 
chezze raccolte  Non  posson  quietar ,  wus  dmm 
più  cura.  Ch*è  la  òtsfta  stnza  pace.  ìbL,  1. 

23.  Bbangob.  Parola  di  spregio  :  onda  Vln. 
lo  rimprovera  e  mostra  che  la  Fortuna  è  spin- 
to celeste  ministro  di  Dio  Qui  Dante  ritratta 
ona  sentenza  dei  Con?,  dove  diceva  Neltaws^ 
nimento  delle  riechezze  nulla  giustisia  distri- 
butiva rìsplendere  »  ma  tutta  iniquità  quem 
eempre  ;  sentenza  vera ,  ma  disperata  se  la 
idee  della  Previdenza  divina  non  la  rischiarino. 


CANTO  vn. 


113 


Che  è.cheibenàel  mondolia  si  tra  branche? 
^    E  quegli  a  me:  0  creature  sciocche. 

Quanta  ignoranza  è  quella  che  v'ofTemle! 

Or  To'che  tu  mia  sentenza  ne  'mbocche. 
25    Cohii  lo  cui  saver  tutto  trascende , 

Fece  li  cieli ,  e  die  lor  chi  conduce, 

Si  ch'ogni  parte  ad  ogni  parte  splende, 

56  Distribuendo  ugualmente  la  luce  ; 
Similemente  agli  splendor  mondani 
Ordinò  general  ministra  e  duce 

57  Che  permutasse  a  tempo  li  ben  vani, 
Di  gente  in  gente  e  d'uno  in  altro  sangue 
Oltre  la  difension  de'  senni  umani. 

2B  pèrch'una  gente  impera,  ealtra  langue, 


S4.  SsHTiHiA.  Non  vale  opinione  né  giu- 
dìiio  ,  ma  ragionamento  ,  tome  in  Virgilio 
|MÙ  Tulte.  —  'Mboccdb.  Come  bambino. 

15.  CoxDCCB.  Par.(XXVllI ,  26  ).  — Splbn- 
BB.  Allo  splendore  d'  ogni  cielo  risponde  nn 
lane  spirituale  ;  e  da  questo  diretti ,  tutti  i 
rieli  rìflettoDO  la  propria  luce  a  vicenda  iu 
armonica  proporzione.  V,  Par.  (  XXVIH  ,  26). 
jkng.  (  De  Gir.  Dei ,  V  )  :  Eas  eausas  quae 
diatntur  fortuitae  non  dicimus  nuUas  ,  sed 
ìatentBS  ,  coj^im  tribuimus  velveri  Dei  vel  quo- 
fmmlihtt  sptn'fìNim  voluntati. 

26.  SrLBiiDoa.  Di  ricchezza  e  di  gloria.  De 
Vonarchia  ;  tiprhìii  heram  vocahat  fortunam, 
^am  camsam  melius  et  rectiut  no$  divinam 
ProvidetUiam  appellamut,  Platone  ad  ogni 
cielo  dà  anch'  egli  un  motore  ;  di  che  Dante 
lo  loda  nel  Conr. 

t7.  Gkntb.  Pro?.  (  XXVII ,  24  )  :  Non ... 
WMù  jugiier  potettatem  ,  sed  corona  tribue- 
far  in  gen^rationem  et  generationem,  Alber- 
ttao  ,  I.  45  :  Tal  fata  si  perde  un  regno ,  e 
trmmmtari  di  genie  in  gente  per  la  non  giusti- 
!•••  Eeel.  (  X  y  8  )  :  Regnum  a  gente  in  gen- 
ttm  fnNUftrfiir ,  propter  injustltias,  —  Difbn- 
iioa.  Id  Biodo  che  il  senno  umano  non  se  ne 
poò  Afèsdere,  né  vietarle  1*  impero.  In  senso 
aiailt  ma  P  Ariosto  quel  terbo  (  XXX,  63  )  : 
JM  ponte  Cke  Rodomonte  ai  eavalier  difende. 

ÌB.  Occulto.  Lucrezio  chiama  la  Fortuna: 
aii  «Mica.  Virg.  :  Neseia  mens  hominum  fati 
sovttffifa  futurae.  —  Abgdb.  Virg.:  Latet  an- 
in  kirba. 

99.  PBBSBavB.  Nel  senso  latino  di  persegui 
jue ,  che  seguiva  all'  atto  del  giudizio. 
Hata  i  tre  atti  di  vedere,  giudicare,  operare 
aecoodo  la  sentenzaT data.  —  Dbi.  Così,  dice- 
fli  nel  CoQT. ,  chiamano  i  Gentili  le  intelli. 
gaazf  celesti  (  II,  5  }.  E  gli  Angeli  nelle  scriu 
tara  si  chiamano  Dei.  Parad.  ;  Crtdi  coma  a 


Seguendo  Io  giudicio  di  costei 
Clied  è  occulto  com*  in  erba  Tangue. 

29  Vostro  saver  non  ha  contrasto  a  lei. 
Ella  provvede  ,  giudica ,  e  persegue 
Suo  regno,  come  il  loro  gli  altri  Dei. 

30  Le  sue  permutazion  non  hanno  triegue; 
Necessità  la  fa  esser  veloce; 

Si  spesso  vien  chi  vicenda  consegue. 

31  Quest'è  colei  ch'è  tanto  posta  in  croce 
Pur  da  color  che  le  dovrian  dar  lode. 
Dandole  biasmo  a  torto  e  mala  voce. 

32  Ma  ella  s*è  beata ,  e  ciò  non  oda. 
Con  l'altre  prime  creature  lieta 
Yolve  sua  spera,  e  beata  si  gode. 


D»,  parlando  delle  anime  incielo  beate.  Nel 
Parad.  (  XXVIII,  41  ),  le  gerarchie  degli  Ag- 
geli chiama  Dee, 

30.  Necessità.  Orazio  alla  Fortuna:  Te  sem- 
per  anteit  saeva  Nece$sitas  (  ma  quivi  intenda 
la  morte  ).  —  Vicenda.  Son  tante  che  debbon 
passare  alla  volta  loro,  che  poco  spazio  resta 
a  ciascheduno  da  goder  la  Fortuna.  11  dolore 
de'  pochi  è  compensato  dal  piacere  de'  molti. 
Sap.  (  VII,  18  ):  Vicissitudinum  permulaftoacf. 
Ovvero  :  sì  spesso  mutano  i  cieli  postura  e 
influenza  in  lor  giro ,  onde  segue  vicenda  a 
mutazione  quaggiù. 

31.  QuEST'.  PJin. :5oIa  rum  eonviciis  eolitur» 
La  Fontaiue  :  Et  si  de  quelque  échec  notrt 
faute  est  suivie  ?fous  disons  injures  au  sort. — 
Grocb.  Rusticucci  sotto  le  fiamme  cadenti 
(  Inf.,  XVI  ).  Si  dice  posto  in  croce  :  e  croca 
cbiamavasi  ogni  dolore,  dopo  la  croce  di  Gesù« 
compendio  ed  esemplare  di  tutti  gli  umani 
dolori.  Un  lamento  della  Fortuna  contro  i  snoi 
detrattori  è  in  Boezio.  E  dovrebbero ,  dica 
Dante ,  lodarla  come  ministra  di  Dio  ;  la  qoal 
si  move  per  norme  più  alte  del  senno  umano. 

32.  Odb.  Boet.  :  Non  iUa  miseros  atsdii  aut 
curai  fletus,  Ultroque  gemitus  dura,quos  far 
cit ,  ridet.  Questi  ne  fa  una  tiranna  ,  Dante 
una  dea,  ch'è  più  poetico. — Spbra.  Del  mondo. 
Migliore  imagine  che  in  Pacuvio:  Foriìsnam 
insanam  esse,  et  eaecam  ,  et  brutam  perhibeni 
philosophi:  Saxoque  instare  eam  globoso  proa* 
dieant  volubilem,  —  Bbata.  Dante  collegando 
le  idea  astronomiche  del  sno  tempo  con  la 
filosofiche  di  Platone  e  le  teologiche  del  cri- 
sUanesimo  ,  personifica  nella  Fortuna  la  Pre- 
videnza. Rappresentazioni  simboliche  della 
Fortuna ,  dice  il  Cazzata  ,  avea  poste  Cane 
Scaligero  nel  suo  palazzo.  Forse  l'idea  glicoe 
veniva  da  Dante. 


15 


lU 


DELL'  INFERNO 


33  Or  discendiamo  ornai  a  maggior  pietà. 
Già  ogni  stella  cado,  che  saliva 
Quando  mi  mossi:  el  troppo  star  si  vieta. 

34  Noi  ricidemmo  1  cerchio  all'altra  riva 
Sovruoa  fonte  che  bolle,  e  riversa 

Per  UD  fossato  che  da  lei  diriva. 

35  L*acqua  era  buia  molto  più  che  persa: 
E  noi,  in  compagnia  dell'onde  bige, 
Entrammo  giù  per  una  via  diversa. 

36  Una  palude  fa  ch'ha  nome  Stige , 
Questo  tristo  ruscel ,  quando  è  disceso 
Al  pie  delle  maligne  piagge  grige. 

37  E  io  che  di  mirar  mi  stava  inteso , 
Vidi  genti  fangose  in  quel  pantano 
Ignudo  tutte  e  con  sembiante  ofleso. 

38  Questi  si  percotean  non  pur  con  mano 
Ma  con  la  testa,  e  col  petto  ,  e  co' piedi, 

33.  Cadb.  É  mezza  notte  passata.  Virg.  : 
Jam  nox  humida  coelo  PraeeipUat,  iuadent- 
«fica  eadentia  sidera  iomnos,  EntraroDo  air  im- 
branìre. 

34.  Ricidemmo.  Passammo  per  mezzo  il 
cerchio  per  gioDgere  alla  parte  opposta.  Si 
pensi  che  i  danoaU  giravano  intorno ,  e  che 
il  mezzo  rimaneva  vuoto.  Virg.  :  Viam  tecat 
ad  naves  .  . .  Qwtcumque  viam  $ecat, — Bol- 
li. Per  Indicare  le  inquietezze  dell'  ira ,  e  le 
nascoste  smanie  dell'  Invidia ,  e  la  viltà  del- 
l' orgoglio. 

35.  Buia.  Platone  dà  allo  Stige  un  colore 
eifaneum  propé.  —  Divbesa.  Moo  in  diritta 
linea  dal  cerchio  che  lasciavano. 

36.  Palude.  Virg.  :  Hine  wi  Tartarei  quae 
fert  Acherontis  ad  undat  :  Turbidus  hie  coeno 
vastàqu$  voragine  gurgee  Aeituatt  atgue  om- 
ffiem  Cocyto  eructat  arenam  ...  Stygiamque,,, 
paludem,  —  Maligne.  Virg.  chiama  colles 
maUgni ,  i  colli  sassosi  e  sterili. 

37.  Pantano.  Virg.  :  Turbidut ...  eoeno  ... 
gurges,  Ov.  (  Met.  »  IV  )  :  Styx  nelmUu  exalat 
in$n, 

40.  Gente.  Pietro  di  Dante,  c'insegna  che 
U  palude  stigia  era  da  suo  padre  destinata 
non  solo  agi'  iracondi ,  ma  agli  accidiosi ,  a- 

Sl*  invidiosi ,  a*  superbi.  Né  Pietro  poteva  de- 
urlo tanto  dai  versi  quanto  dalla  viya  Inter- 
prelazione  del  padre:  Il  quale  nominando  gl'i- 
racondi adopra  la  parola  acetdiofo,  e  nel  se- 
guente canto  parla  degli  orgogliosi  quivi  en- 
tro sepolti,  mt  degl' invidi  non  fa  chiaro  cen- 


Troncandosi  co'denti  a  brano  a  brano. 

39  Lo  buon  maestro  disse  :  figlio,  or  vedi 
L'anime  di  color  cui  vinse  Tira. 

E  anche  vo'che  tu  per  certo  credi 

40  Che  sotto  l'acqua  ha  gente  che  sospira: 
E  fanno  pullular  quest'acqua  al  sammo. 
Come  rocchio  ti  dice  u*  che  s'aggira. 

ki    Fitti  nel  limo  dicon:  tristi  fummo. 
Neil'  aer  dolce  che  dal  sol  s'allegra. 
Portando  dentro  accidioso  fummo. 

k2    Or  ci  attristiam  nella  belletta  negra. 
Questiono  si  gorgoglian  nella  strozza» 
Che  dir  noi  posson  con  parola  integra. 

&>3    Cosi  girammo  della  lorda  pozza 
Grand'  arco  tra  la  ripa  secca  e  '1  mezzo. 
Con  gli  occhi  voltiachi  del  fango  ingozza. 

hi  Yeninmioal pièd'una torre, aidassezzo. 

no.  D'altra  parte  noi  Tediamo  nel  Parg.  espiarti 
.e  la  superbia  e  1'  accidia  e  l' Invidia  :  Teriti- 
mile  è  dunque  che  il  P.  abbia  voluto  ponerle 
anco  laggiù  nell'  Inferno.  Certo  l' invidia,  da 
lui  rimproverata  a'  suoi  concittadini  sovente, 
meritava  una  pena.  S' aggiunga  che  aeeiéim 
negli  antichi  non  ha  solamente  senso  d'iner- 
zia al  bene ,  ma  d'  ogni  non  buona  tristexzt. 
E  il  nostro  colloca  l' invidia  accidiosa  al  di- 
sotto, come  Aristotele  giudica  gli  accidiosi  pia 
colpevoli  degl'  iracondi.  Né  paia  strano  eh*  e* 
ponga  t  marcire  insieme  ì  tre  vizii:  poiché 
tutti  Tengono  d'ira,  e  d'ira  son  padri.  Onde 
può  dirsi  che  il  quarto  cerchio  contenga  soli 
gl'iracondi,  ma  divisi  in  più  specie.  L'idea 
della  pena  par  tolta  da  Virg.  :  Aliit  sub  ffur- 
gite  %>a$to  Infectum  eluitur  icelut, — Pcllulae. 
Ondo  pota  per  vena. 

41.  Fitti.  Psal.  :  Infixus  ium  in  limo  prò* 
fundi. — Tristi,  llor.  :  Tristes,..irae, — Acci- 
dioso. Jerem.  :  Bequievit  in  faecibue  stitf.  Ma 
perchè  accidia  vale  anco  una  certa  maliDCooia 
maligna,  perciò  può  comprendere  anco  l' invi- 
dia iraconda.  —  Fummo.  K.g.  Vili.  Albertano: 
Lo  fummo  delVodio  sempre  si  nasconde  in  petto 
del  nemico, 

42.  Nbgea.  Virg.:  Limus  niger,  et  defor- 
«Iti  arundo  Coeyti ,  tardaque  patus  inomusbi^ 
lis  unda.  —  Inno.  Poc'anzi:  Metro. 

43.  Mezzo.  11  fradicio  del  padule. 

44.  Dasskzzo.  Da  ultimo,  lat.  «e^tor.  L'u- 
sa anco  l'Ariosto  (XI,  13).  E  si  diceva  anco 
in  prosa. 


CANTO    Vili. 


115 


CANTO      Vili. 


Ali  GOM  ENTO. 

Flegidt  viene  a  tragittare  i  due  poeti,  e  li  ibarca  eolio  la  dita  di  Dite  :  nel 
Éragitto  ,  esce  dal  fango  Filippo  Argenti ,  Fiorentino  bestialmente  iracondo  della  fa- 
wtigUa  Adimari,  nemica  a  Dante,  eh'  egli  chiama  oltracotaia  schiatta  che  s' indraca 
Dietro  a  chi  fugge  (Par.,  XYI]  ;  ed  è  maltrallato  da  Dante,  da  Virgilio,  da  tifiti 
i  compagni.  I  demonii  che  fan  guardia  alle  porte  ,  negano  accesso  al  P.  vivo. 

La   scena  di   F.  Argenti ,   dipinge  V  anima  del  P.  Noi  del  sno  sdegno  noi  loderemo , 
»  d'alta  Tirtù  ;  e  negl'  imitatori  di  lai  l'affettazione  dell'ira  ci  par  cosa  imbecille. 
IfoU  le  tersine  2,  5,  8,  9,  11,  12,  14,  16,  17,  21,  22,  24,  26,  27,  28,  37,  38, 40,  43. 


1  rdico,  seguitando,  ch'assai  prima 
Che  Do'fussimo  al  pie  dell*  alta  torre, 
Gli  occhi  nostri  n'andar  suso  alla  cima 

S    Per  duofiammette  che  vedemmo  porre, 
E  un'altra,  da  lungi,  render  cenno, 
Tanto,  eh*  a  pena'l  potea  1*  occhio  torre. 

3  Ed  iOj  rivolto  al  mar  di  tutto  1  senno  , 
Dissi  :  questo  che  dice  ?  e  che  risponde 
Queiraltrofuoco?echÌ8onque*che*irenno? 

k    Ed  egli  a  me  :  su  per  le  ^ucid'  onde 
Gii  scorger  puoi  quello  che  s'aspetta. 
Sei  fummo  uei  pantan  noi  ti  nasconde. 

i.  SB6iTrrA3f]M>.  Non  é,  come  mole  il  Boc- 
caecio,  indizio  d' interruzione  lunghissima  del 
laToro,  ma  vincolo  strettissimo  dell'un  canto 
culi'  altro.  Ar.,  XVI  :  Dico,  la  bella  ùtorta  ri- 
fifUamdo.  —  Tonai.  Neil'  Inferno  di  Virg.  : 
MÙH  fgrrea  furrtf  ad  auras.  Una  di  qna  del- 
f  acqaa  per  dare  il  segnale  di  quanti  arriva- 
■••  lUM  di  là  dove  sono  le  Farle. 

3.  Maa.  Inf.,  VII:  Che  tutto  seppe. 

5.  PisfSB.  S'osa  ancora  in  Toscana. — Saetta. 
Virg.  :  iUa  volat. . .  Non  seeus  ae  nervo  per 
miJmi  impulsa  sagiita  . . .  Slridens  ,  et  cele- 
res  wneognita  transiUt  umbras. 

6.  Quella.  In  quel  ponto  si  dice  tuttora. — 
Galsoto.  L'  antica  galea  non  era  s)  grande  : 
<|QÌBdi  r  accrescitivo  galeone.  Virgilio,  di  Ca> 


8 


Corda  non  pinse  mai  da  sé  saetta 
Che  si  corresse  via  per  Y  aer  snella, 
ComTvidi  una  nave  piccioletta 
.  Venir  per  Taoqua  verso  noi  in  quella, 
Sotto *1  governo  d'un  sol  galeoto 
Che  gridava  :  or  soggiunta,  anima  fella? 

Flegiàs,  Flegiàs,  tu  gridi  a  voto, 
Disse  lo  mio  signore,  a  questa  volta; 
Più  non  ci  avrai  se  non  passando  il  loto. 

Quale  colui  che  grande  inganno  ascolta. 
Che  gli  sia  fatto,  e  poi  se  ne  rknunarca  , 
Tal  si  fé  Flegiàs  nell'ira  accolta. 


ronte  :  Ipse  ratem  conto  subigit ,  v^isque  mi- 
nistrat.  —  Fella.  Parla  ad  ono,  poiché  cono- 
sce che  l'altro  non  era  già  ombra. 

7.  FlbqiÀs.  Virg.  pone  nel  suo  inferno  Flf- 
giAs,  il  quale  per  aver  sna  figlia  Coronide  par- 
torito d' Apollo  Esculapìo,  cieco  dall'ira,  bru- 
ciò il  tempio  del  Dio  :  PhUgycuque  miserrimus 
omnes  Admonet ,  et  magna  testatur  voce  per 
umbras:  a  Diseite  justitiam  moniti,  et  non 
temnere  divos  ».  Il  FlegiÀs  di  Dante  é  al  so- 
lito on  demonio.  E  Flegiàs  viene  da  (lego  arde- 
re, onde  sta  bene  al  barcaiuolo  della  città  ro^ 
vente. 

8.  Accolta.  Horat  .*  tram  Colligit  ac  ponit 
temere.  Virg.  :  CiMeota.  .  .  Ex  longo  rabies. 


110 


DELL'   INFERNO 


9  Lo  duca  mio  discese  nella  barca, 
£  poi  mi  fece  entrar  appresso  lui  ; 
E  sol  quand'iTui  dentro,  parve  carca. 

10  Tosto  che  1  duca  ed  io  nel  legno  fui, 
Segando  se  ne  va  l'antica  prora 
Deiracqna  più  che  non  suol  con  altrui. 

1 1  Mentre  noi  corra vam  la  morta  gora, 
Dinanzi  mi  si  fece  un,  pien  di  fango  , 
E  disse:  chi  se*tn  che  \ieni  anzi  ora  ? 

12  Ed  io  a  lui  :  s*  i'  vegno ,  non  rimango. 
Ma  tu  chi  se*che  si  se*  fatto  brutto? 
Rispose  :  vedi  che  son  un  che  piango. 

13  Ed  io  a  lui  :  con  piangere  e  con  lutto, 
Spirito  maladetto,  ti  rimani  ; 
Ch*r  ti  conosco,  ancor  sie  lordo  tutto. 

ik    Allora  stese  al  legno  ambe  le  mani; 
Per  che*l  maestro  accorto  lo  sospinse 
Dicendo  :  via  costà  con  gli  altri  cani. 

15    Lo  collo  poi  con  le  braccia  mi  cinse  ; 

9.  Carca.  Perchè  corpo  vivo  la  premeva. 
Virg.:  AccipH  alveo  Jngentem  Aeneatn.  Gemuit 
sub  pondero  cymba  SvtUis,  et  tnuUam  aceepU 
rimota  paludem. 

10.  Fui.  La  grtmatica  materiale  insegna  : 
fummo:  ma  anche  Virg.  :  Hie  iUius  arma  , 
JBk  currui  fuit.  —  Segando.  Virg.  :  Seeat,,. 
Aequora.  —  Antica.  Virf;.  :  Bimosa, 

11.  Corra  VAM.  Virg.:  Ae(/uora  curro, — ^Fan- 
l&o.  In  Stazio,  mentre  che  Laio  passa  io  Stlge 
incontra  degl' invidiosi.  Di  là  forse  il  nostro 
prese  l' idea  di  questa  scena,  ch*egìi  fa  tutta 
propria  sì  come  suole.  —  Anzi.  Virg.  :  Ante 
diem.  Così  dicendo  mostra  di  credere  che  un 
giorno  quei  vivo  verrebbe  in  inferno  davvero. 
£  anche  perciò  Dante  risponde  cruccioso. 

12.  Vedi.  Non  vuol  dire  il  suo  nome.  Indi- 
llo d'uom  vite  secondo  Dante  (Inferno.  XXXIi); 
e  d*  uom  superbo. 

13.  Ancor.  Per  ancorché  s'usava  anco  in  pro- 
sa. L'omissione  del  che  è  amata  anco  dal  po- 
polo vivente  toscano. 

14.  Ambr.  Per  rovesciarlo.  Era  (dice  il 
Bocc.  )  uomo  grande  e  nerboruto  e  forte»  -^ 
Via.  Prov.  (  XXII,  24  e  25  )  :  ÌV0  ambules  cum 
viro  furioto,  Ae  forte  ditctu  semitcu  ejus.  — 
Cani.  Propria  de*  cani  la  rabbia  impotente. 
Purg.,  XIV  :  Botoli .  .  .  Ringhioti  più  che  wm 
chiede  tor  posta, 

15.  Collo.  Virg.  :  Colla  dard  brachia  cir- 
€um.  —  Sdegnosa,  ila  nobil  senso  in  Dante: 
▼ale  che  non  degna  il  male. — Bbnbdbtta. 
RamnMnta  1*  evangelico  :  Beatus  venter  qui  te 
portavit. — 'N.  Tuttora  in  Toscana  si  dice  es- 
sere nel  primo,  nel  terzo  figliuolo;  essere  in 


Baciommi'l  ^olto,edisse:almasdegD08aj 
Benedetta  colei  che*nte  s'incinse. 

16  Que'  fu  al  mondo  persona  orgogliosa: 
Bontà  non  è  che  sua  memoria  fregi; 
Co«l  s'è  r  ombra  sua  qui  furiosa. 

17  Quanti  si  tengon  or  lassù  gran  regi. 
Che  qui  staranno,  come  porci  in  brago  » 
Di  sé  lasciando  orribili  dispregi  ! 

18  Ed  io  :  maestro,  molto  sarei  vago 
Di  vederlo  attuffare  in  questa  broda. 
Prima  che  noi  uscissimo  del  lago. 

19  Ed  egli  a  me:  avanti  che  la  proda 
Ti  si  lasci  veder,  tu  sarà'  sazio; 
Di  tal  disio  converrà  che  tu  goda. 

20  Dopo  ciò  ix)co,  vidi  quello  strazio 
Fardi  costui  alle  fangose  genti. 

Che  Dìo  ancor  ne  lodo  e  ne  ringrazio. 

21  Tutti  gridavano  :  a  Filippo  Argentai 
Lo  fiorentino  spirito  bizzarro, 

tre,  in  sette  mesi.  Lo  sdegno  piace  a  Virg., 
perchè  melior  est  ira  riiu:  quia  per  triitUiam^ 
vultus  corrigitur  animus  delinquentis»  Ecci. 
(  Vii,  4  ).  Ma  il  vangelo  lia  sentenze  più  miti. 

17.  Bbago.  Prov.:  Memoria  justi  eum  lai#- 
dibus  :  et  nomen  impiorum  putrescet.  Isalas  : 
Fedihus  conculcabitur  corona  superbiac.  Job: 
Superbia,,. Quasi  sterquilinium  in  fine  petd^ 
tur.  Eccl.,  X:  Memoriam  supeihorum  fcrdidit 
Deus.  Pietro  di  Dante  cita  qui  i'  altro  nibiico: 
Quasi  lutum  platearum  eomminuam  toj.— La- 
sciando. Eccl.  (  XXIil,  36):  Derelinquet  in 
maledictum  mefnoriam  egus. 

18.  Lago  Virg.:  Stygios  innare  laens. 

19.  Goda.  Contrario  a  quel  de'  Prov.  (XXIT, 
17  )  :  Quum  ouiderit  inimicus  tuus ,  ne  gam- 
deas, 

20.  Lodo.  Reprimere  Vira  insolente  è  degno 
della  giustizia  del  ciclo.  A  Dante  ia  pena  è 
troppo  sovente  religiosa  preghiera.  Piange  i 
lascivi  e  i  golosi  ;  gì'  iniqui  contro  il  prossi- 
mo e  contro  Dio,  comeCapaneo ,  XIV,  e  Van- 
ni Pucci ,  XXV  ,  non  degna  che  d' ira. 

21.  Abgenti.  Bocc.  :  Un  cavaliere  chiama^ 
t9  M.  Filippo  Argenti,  uom  sdegnoso ,  iraeim' 
do  e  bizzarro  più  eh*  altri.  Post.  Caet.  :  Di- 
vitis  et  forti»  ,  qui  equum  ferris  argenii  fe^ 
rari  fecit.  Ottimo  :  Di  graride  vita  e  di  gram^ 
de  bùrbanza ,  e  di  molta  spesa  »  e  di  poca  vir» 
iute  e  valore,  —  Buiarro.  Bocc.  :  Bizzarro, 
sfiacevolft,  Htroso.  Ariosto  (  XVI  il ,  3):  Mm 
a*  tra  e  bizzarro.  —  Volgi  a.  Bocc.  :  M.  Fi- 
lippo era  rimaso  fieramente  turbato ,  e  in  u 
medetimo  $i  rodea. 


CANTO    Vili. 


in 


In  sé  medesmo  si  volgea  co*denti. 

22  Qiiivi'llascìainmo,chepiùnonDenarro. 
Ila  negli  orecchi  mi  percosse  un  duolo; 
Perch'  i*  avanti  intento  V  occhio  sbarro. 

23  El  buonmaestrodisse:  ornai,  figliuolo, 
S' appressa  la  città  eh'  ha  nome  Dite  , 
Co'  gravi  cittadin ,  col  grande  stuolo. 

2S  Ed  io:  maestro,  già  le  suemeschite 
Là  entro  certo  nella  valle  cerno. 
Vermiglie,  come  se  di  fuoco  uscite 

25  Fossero.Ed  ei  midisse:  il  fuoco  eterno 
Ch'  entro  V  affuoca,  le  dimostra  rosse, 
Come  tu  vedi ,  in  questo  basso 'nferno. 

26  Noipnr  giugnenmio  dentro  all'alte  fosse 
Che  vaUan  quella  terra  sconsolata. 

Le  mora  mi  parea  che  ferro  fosse. 

2^7  Non  senza  prima  far  grande  aggirata , 
Venimmo  in  parte  dovei!  nocchier  forte: 
Uscite,  ci  gridò;  qui  è  V entrata. 

28  r  vidi  più  di  mille  in  su  le  porte 
Da  del  piovuti,  che  stizzosamente 
Dicean:  chi  è  costui  che  senza  morte. 
Va  per  lo  regno  della  morta  gente? 
E 1  savio  mio  maestro  fece  segno 


tt.  Pncofii.  Inf. ,  V.  :  Molto  jnanto  mi 
ptrtuote.  —  Duolo.  Ar.  (  XI ,  83  )  :  ITn  lun- 
fo  gniOm  Un  aUo  duoì  I«  ortcchie  gli  feria. 

33.  Apfbibba.  Virg.:  iamguapropinguaòanl 
fvrrvt.  —  DiTB.  Virg.  :  Alta  ostia  JHtis,  .  . 
Diti»  wuMpU  smh  moenia  tmdit.  Finora  vedem- 
Mo  i  sobborghi  dell'  Inferno.  Ov. ,  Met.  :  Sty- 
fùim.  .  .  urSnn,  .  .  nigri  fera  regia  JHtis. — 
Gkavi.  Di  dolore.  Ar.  (XXXI,  88):  Ruggiero 
Ck^  «ra  ferito  e  sfava  ancora  grave. 

24.  Mbschitb.  Per  moschee  (  Tasso ,  II  , 
6).  S'usava  anco  in  prosa.  Meschite  chiama 
qaelle  d'Inferno;  come  se  le  moschee  fosser 
cosa  diabolica.  Virg.  :  Duri  sacraria  Ditis.  — 
CiBHO.  È  in  Armannino.  Virg.  :  Cyclopum  e- 
émetaeaminis  Moeniaconsjrido.  —  Vermiglie. 
Virg.  :  Respieit  Aeneas  sulnlo  et  »ub  rupe  si- 
Mtra  Jfoama  lata  videt  triplici  circumdata 
mmn,  Quae  rapidus  flammis  ambit  torrenti- 
kw  oflNMf  rartorattt  PMegethon. 

tt.  GiooHEMMO.  Virg.  Tandem  trans  ftu- 
vtwm  incolumes  vatemque  virumque  informi 
hmo  glaucaque  exponit  in  ulva.  Fbrbo.  Virg. 
Ferrea  turri».  .  .  Fùria  adversa ,  ingens ^  so- 
làdoque  adamante  columnae.  —  Fosse.  Gen- 
tile sconcordanza.  NoYellino ,  XXI  :  Una  grò- 
gmiaia  che  parva  cappelli  d'acciaio. 


Di  voler  lor  parlar  segretamente. 

30  AUor  chiusero  un  pocoil  gran  disdegno, 
E  disser  :  vien  tu  solo  ;  e  quei  sen  vada 
Che  si  ardito  entrò  per  questo  regno. 

31  Sol  si  ritorni  per  la  folle  strada  ; 
Pruovi,  se  sa;  che  tu  qui  rimarrai 
Che  gli  bai  scorta  la  buia  contrada. 

32  Pensa,  lettor,  s'i'  mi  disconfortai 
Nel  suon  delle  parole  maladette; 
Ch'  r  non  credetti  ritornarci  mai. 

33  0  caro  duca  mio ,  che  più  di  sette 
Volte  m' hai  sicurtà  renduta,  e  tratto 
D'alto  periglio  che  ncontra  mi  stette, 

3k    Non  mi  lasciar,  diss'  io,  cosi  disfatto. 
E  se  r  andar  più  oltre  e'  è  negato^ 
Ritroviam  1*  orme  nostre  insieme  ratto. 

35  E  quel  signor  che  11  m*  avea  menato. 
Mi  disse:  non  temer;  che  '1  nostro  passo 
Non  ci  può  torre  alcun  :  da  tal  n*è  dato. 

36  Ma  qui  m'  attendi,  e  lo  spirito  lasso 
Conforta  o  ciba  di  speranza  buona; 
Ch'  i'  non  ti  lascerò  nel  mondo  basso. 

37  Cosi  sen  va ,  e  quivi  m' abbandona 
Lo  dolce  padre  :  e  io  rimango  in  forse; 


28.  Da.  Trecentista  ioed.  :  Questo  che  da 
cielo  v*è  mandato.  —  Piovuti.  Borghloi:  GH 
angeli  i  quali ,  piovendo  in  terra ,  si  trasmu" 
tono  in  diavoli. 

30.  Regno.  Virg.  Inania  regna. 

33.  Sette.  Nella  selva  dalle  Ocre;  poi  quan- 
do sciolse  i  suoi  dabbi  ;  poi  quando  lo  prese 
per  mano  all'entrar  della  porta;  poi  quando 
rispose  alle  grida  di  Caronte ,  di  Minós ,  di 
Fiuto  ,  di  FlegiÀs;  e  quando  gli  rese  ragione 
deir  improvviso  pallore  all'  entrare  nel  Limbo. 
Son  più  di  sette.  Ma  forse  qui  sette  sta  per 
numero  indeterminato,  come  ne'Pror.  (XXIV, 
16  )  :  Septies.  .  .  cadet  justus  et  resurget.  E 
nel  Vangelo:  iVon  solumsepties,  sed  etseptua' 
gies  septies. 

34.  Disfatto.  Nella  V.  Nuovae'si  dice  d»- 
sfatto  da  amore.  —  Negato.  Virg.  .*  Fortuna 
negarat.  .  .  redUus.  —  Orme.  Virg.  :  AeU- 
gens.  .  .  Littora. 

35.  Tal.  Petr.  . . .  Ma  miraeol  non  è:  da 
tal  si  mtole* 

36.  Ciba.  Virg.:  Spes  pascis  inanes.  —  Buo- 
na. Sap.  (Xll  ,  19)  :  Bonae  spei.  Petr.  (  s. 
193  )  :  Jn  speranze  buone. 

37.  Sì.  Petr.:  Ké  sì  ni  no  nel  cor  mi  su»- 
na  intero. 


118 


DELL*  INFERNO 


Che  si  e  do  nel  capo  mi  tenzona. 

38  Udir  non  potè' quello  eh*  a  lor  porse: 
Ma  ei  non  stette  là  con  essi  goari , 
Che  ciascun  dentro  a  pruoya  si  ricorse. 

39  Chiuser  le  porte  que'  nostri  avrersari 
Nelpetto  almio  signor,  chefuor  rimase, 
E  rivolsesi  a  me  con  passi  rari. 

hO    Gli  occhi  alla  terra ,  eleciglia  avearase 
D*  ogni  baldanza  ;  e  dicea  ne'  sospiri  : 
Chi  m' ha  negate  le  dolenti  case  ? 


38.  PoESK.  Anche  oggidì  d'un  oratore  di- 
ciamo che  porge  con  grafia  ;  e  non  s*  applica 
solo  al  gesto. 

40.  Rasb.  Contrario  di  aggrottaie.  Esprìme 
e  dipinge.  Nelle  Rime  (1.  IV. ,  e.  2  )  :  Jft 
spoglia  d*  ogni  baldanMa,  Vlrg.:  From  kteta 
parum  §t  dl^jeeto  bimma  vuUu, — Digxa.  Tas- 
so :  JB  co*  pemieri  suoi  parla ,  e  iospira. 

41.  Pruota.  Rocc.  Il  mulo  passò  awinii  ; 
perchè  'l  mulolfierv  tnms  la  prova. 

42.  Suuiuu.  Cristo ,  al  dire  del  Prof.  : 


ki  E  a  me  disse:  tu,  perch*  io  m*  adiri • 
Non  sbigottir,  ch'io  vincerò  la  pruova , 
Qual  eh*  alla  difension  dentro  a*  aggiri. 

&2    Questa  lor  tracotanza  non  è  nuova; 
Che  già  r  usaro  a  men  segreta  porta , 
La  qual  senza  serrarne  ancor  si  truova. 

43    Sovr'  essa  vedestù  la  scrìtta  morta. 
E  già  di  qua  da  lei  discende  l' erta. 
Passando  per  li  cerchi  senza  scorta. 

hk    Tal ,  che  per  lui  ne  fia  la  terra  aperta. 


CofUrioU  portai  asreat;  el  vsetes  ferrsoseon- 
frtgiu  Quindi  é  che  il  poeta  potè  passare  libe- 
ro. La  Chiesa  nel  sabato  santo  :  JSTodie  portas 
moftif ,  et  §eras  pariter  Salvator  notter  di»- 
rupit. 

43.  Scritta.  Per  me  ti  ihi.  . .  -—  Morta. 
Purg. ,  I:  La  morta  poesia.  .  .  quella  che  di- 
pinse r  Inferno.  —  Erta.  II  pendio  de'qoai- 
tro  cerchi  che  sempre  Tanno  scendendo.  Inf. 
VI.  Venimmo  ai  punto  dove  ii  digrada. 


CANTO   IX. 


119 


CANTO     IX. 


ARGOMENTO. 

DafUt  minacciato  dalle  Furie  :  Virgilio  lo  salva  :  un  inviato  del  cielo  apre 
hro  le  porte  di  Dite.  Entrano  e  veggono  tombe  infocate  da  fiamme  spane  tra  Vuna 
$  f  oUra  j  dove  penano  gli  eresiarchi  e  gV  increduli. 

Slige  é  chiamato  in  Y:rg.  Amnis  $9verus  Eumenidum:  però  Dante  le  colloca  in  pro- 
scelto  del  6Qine.  Le  Parie,  il  venire  del  messo,  le  tombe,  ogni  cosa  poetico.  Nell'Angelo 
é  imilato  un  po' Stazio  là  dove  Mercnrio  scende  a  evocare  l'ombra  di  Laio. 

Si  ooCioo  le  terzine  1,  2,  5,  13, 14, 17,  20,  22;  la  24  aUa  30;  32,  34,  37,  38,  40, 41,  44. 


1  Quel  color  che  viltà  di  fuor  mi  pinse 
Veggeodo  1  duca  mio  tornare  in  volta. 
Più  tosto  dentro  il  suo  nuovo  ristrinse. 

2  Attento  si  fermò,  com'uom  eh* ascolta, 
Che  rocchio  noi  potea  ihenare  a  lunga, 
Per  1  aer  nero  e  per  la  nebbia  folta. 

3  Pare  a  noi  converrà  vincer  la  punga, 
Cominciò  eì;  se  non. . .  Tal  ne  s'offerse. 
Oh  quanto  tardaame,ch*altriquigiungal 

k    r  vidi  ben  si  com'  ei  ricoperse 
Lo  cominciar  con  laltro  che  poi  venne, 
Che  fur  parole  alle  prime  diverse. 


3.  PcNAA.  Per  pagna ,  come  tfmìgers  per 
fpaytcre  :  deve  essere  stato  nell'oso. — Sa  non. 
Se  non  sono  stato  ingannato.  .  .  Ma  non  è  tale 
qnella  che  ci  si  offerse  ad  alato,  cioè  Beatrice. 
Tali  sospensioni  non  sono  frequenti  in  Dante , 
par  ve  n'ha  (Inf.,  XXVIII  e  Parg.  ,  XXVli). 

5.  Tknns.  Tenere  un  senso ,  nell'interpreta- 
ziooe  d'un  testo ,  è  frase  scolastica. 

6.  Conca.  L'  Inferno  di  Dante  è  concavo 
qnasJ  conca.  —  Cionca.  IV,  14:  Sol  di  tatuo 
ifni  Che  senza  speme  vivemo  in  disio, 

8.  F€i.  Dante,  così  a  an  dipresso  il  Ros- 
Miti ,  prende  a  guida  Virgilio  ,  non  solo  co- 
se descrìttor  d' un  inferno  ,  ma  come  canto- 
re di  quell'Enea  che  fd  principio  all'impero 
di  Roma.  Or  nell'  impero  ideato  da  Dante 


8 


Ma  nondimen  paura  il  suo  dir  dienne, 
Perch'  i* traeva  la  parola  tronca 
Forse  a  piggior  sentenzia  ch'e'non  tenne. 

In  questo  fondo  della  trista  conca 
Discendo  mai  alcun  del  primo  grado 
Che  sol  per  pena  ha  la  speranza  cionca? 

Questa  qucstion  fec*  io,  e  quei:  di  rado 
Incontra,  mi  risposo  ,  che  di  nui 
Faccia  1  cammino  alcun  per  quale  Tvado. 

Ver  è  ch*altra  fiata  quaggiù  fui. 
Congiurato  da  quella  Eritton  cruda 
Che  richiamava  1*  ombre  accorpi  sui. 


(  Mon. ,  Ili),  si  richiede  l'operazione  delle  me- 
rali  e  intellettuaU  virtù,  secondo  i  flosofici 
precetti  i  quali  $on  mezzo  alla  felicita  di  quo- 
ita  vita.  Ecco  come  si  concilia  l'opinione  del 
Rossetti  con  quelle  che  fanno  Virgilio  simholo 
della  filosofia  naturale.  —  Ceuda.  Viveva  in 
caverne ,  usava  tra  le  sepolture ,  e  adoprava 
a'  suoi  incantesimi  teschi  ed  ossa.  Lucano  la 
chiama  fera,  effera  ,  tristis.  Fa  eh'  Erittone  , 
maga  tessala ,  lo  scongiuri  ;  perchè  Virgilio 
era  ne' bassi  tempi  creduto  mago  (  Ecc. ,  Vili. 
Aen.,  IV),  come  lo  chiama  il  Villani,  e  tuttavia 
il  volgo  di  Napoli  ;  e  grande  astrologo  lo 
dice  il  Boccaccio.  —  OmnB.  Lue:  Ad  mstS' 
deuntibus  umbris. 


120 


DELL'  INFERNO 


9  Di  poco  era  dì  mo  la  carne  nuda , 
Ch'ella  mi  fece'ntrar  dentro  a  quel  muro 
Per  trame  un  spirto  del  cerchiodiGiuda. 

10  Queirè'l  più  basso  luogo  e'I  più  oscuro, 
E  '1  più  lontan  dal  eie!  che  tutto  gira. 
B<m  so  1  cammin  :  però  ti  fa  sicuro- 

11  Questa  palude  clie'l  gran  puzzo  spira, 
Cinge  d'intorno  la  città  dolente 

U'  non  potemo  entrar  ornai  senz*ira. 

12  £  altro  disse  ;  ma  non  V  ho  a  mente  : 
Perocché  Tocchio  m'avoa  tutto  tratto 
Ver  l'alta  torre  ,  alla  cima  rovente. 

13  Ove  in  un  punto  vidi  dritte  ratto 
Tre  furie  infornai  di  sangue  tinte  , 
Che  membra  femminili  avéne  o  atto. 

1  ^    E  con  idre  verdissime  cran  cinte  ; 


9.  Di  poco.  Cos\  di  quel  soldato ,  dì  cai 
Lucano  ,  era  di  poco  defunto  (VI  ,788):  Tri- 
stia  non  equidem  Bircarutn  stamina,  dixit 
Adspexi,  taeitae  nvoeatus  ab  aggere  ripae, 
—  Ndda.  Virg.  :  Vita . . .  spoliavit . . .  Corpus 
spoliatum  lamine,  Ov.  :  Corpus  animae  inane, 

10.  Gira.  Par. ,  !I.  Or  torniamo  ad  Eritlo- 
De;  nome  comune  di  maga  ,  poiché  così  chia- 
ma una  maga  anche  Ovidio  (Hrr.  Soph.): ma 
qui  parla  della  rammentala  da  Lucano ,  la  qua- 
le ,  per  dare  risposta  a  Sesto  Pompeo  circa  al 
une  della  guerra  civile  ,  richiomò  d'Inferno 
lo  spirito  d'  un  soldato  pompeiano  ,  rimasto 
poco  fa  morto  sol  campo.  Eritlone,  al  dir  di 
locano  ,  cercava  per  le  sue  operazioni  i  morti 
di  poco.  Non  già  che  Virgilio  fosse  da  lei  scon- 
giurato per  trarre  il  soldato  pompeiano,  il 
quale  ,  al  dir  di  Lucano ,  non  era  ancora  di- 
scoso al  fondo  d' Inferno  :  ma  Dante  ,  soU'ana- 
logia  delPinvenzioudi  Lucanone  imagina  un'al- 
tra per  far  dire  a  Virgilio:  io  sono  slato  fin  laggiù: 
t'assicura.  Cosi  Virgilio  fa  dire  alla  Sibilla.'Sed 
fRe,  qìsum  Stcis  Hecate  praefeeit  Avemis,  Ipsa 
dtémpoenas  docuit,  psrque  omnia  duxit. 

li.  Purzo.  Virg.:  Saevamque  exhalatopOF 
ea  méfhitim, — Cingb.  In  Virg.  Flegetoote 
fiammu  ambìt  la  nera  città. 

12.  Torre.  Torre,  sentinelle,  Tedette^se- 
giiali:  vera  ciltà. 

13.  Furie.  Virg.  pone  net  vestibolo  delPIn- 
ienio  i  fèrrei  talami  delle  Euroenidi  ;  poi  le  di- 
pinge entro  alle  mura  ,  occupate  a  straziare  i 
colpevoli.  —  Sangue.  Virg.  :  riperetim  crinem 
vittis  innexa  eruentis, 

14.  Idre.  Virg.:  Tot  Erynnii tihilat  hydris. — 
ViRbisaiuE.  Virg.:  Virides , . .lacertas. — Ser- 
pentelli. Virg.:  Caeruleosqueimplexae proeri- 
fùbus  anguee.  Avvinte.  Virg.:  Tempora  vineti. 


Serpentelli  e  ceraste  avean  per  crine, 
Onde  le  fiere  tempie  eran  avvinte. 

15  £  quei  che  ben  conobbe  le  meschine 
Della  regina  deiretemo  pianto: 
Guarda,  mi  disse,  le  feroci  Enne. 

16  Quest'è  Megera  dal  sinistro  canto  ; 
Quella  che  piange  dal  destro  è  Aletto  ; 
Tesifone  è  nel  mezzo.  £  tacque  a  tanto. 

17  Con  lunghie  si  fendea  ciascuna  il  petto, 
Batteansi  a  palme,  e  gridavan  sì  alto 
Ch'i' mi  strìnsi  al  poeta  per  sospetto. 

18  Venga  Medusal  sii  faremdi  smalto. 
Dicevan  tutte  riguardando  in  giuso  : 
Mal  non  vengiammo  in  Teseo  Tassalto. 

19  Volgiti  'ndietro ,  e  tien  lo  viso  chiuso: 
Che,  se'l  Gorgon  si  mostrae  tu'l  vedessi, 

15.  BlEScniNE.  Per  ferve:  è  nell'antico  fnB- 
cese  (  r.  Dufresnes)  :  come  rarrivo,  di  ic^ki- 
vo  che  volea  dire ,  venne  a  significare  dappo- 
co, malvagio.  —  Regina.  Proserpina,  Virg.  : 
Dnminam  Ditis.  —  Eri.ne.  Per  Erinni,  come 
(  Inf.,  \X)Baco  ft^r Bacco,  e  (Purg.,XXXlll) 
Naiade  per  Naiadi,  E  i  Lat.  dicevano  Brit^ 
nyes ,  come  ognun  sa. 

16.  Megera.  Nominata  nel  XII  deir  Eneide. 

—  Piange.  Virg.:  Luotifieam  AUecio, —  Albt- 
To.  Nominala  nel  VII.  —  Tesifone.  Vitg.  : 
Tisiphonetiue  sedens ,  palla  sueeincta  cmema^ 
Vestibulum  eTtomnis  servat  noctesquedimqm, 

—  Tanto.  Modo  provenzale  ,  e  de'  vecchi  iiA- 
liani ,  per  a  quel  punto, 

17.  Ungoib.  Virg.  :  Vnguibue  ora  aofor 
faedans  et  pectora  pugnis. —  Battbasìsi.  Virg .: 
Tunsae  pectora  palmis, — Alto.  Stai.  :  Bum/9' 
nidum  vocesque  manusque.  —  Sospetto.  Par 
paura.  Armannino  :  Il  Tartaro  da  cioscufi  Ifllo 
sia  pauroso  e  pieno  di  sospetto. 

18.VBNGA.  Di  Medusa,  Ov.,  Met.,  V.E  Mei.. 
IV  :  lUe  sorores  Nocte  vocat  genitas ,  gram  er 
implacabile  numen.  Carceri»  ante  foru  cÌ4iai- 
eoe  adamante  sedebant  :  Deque  suis  atroi  f#- 
ctebant  erinibue  angues,  Virg.  :  Tisipkon9  .  •  • 
voeat  agmina  saeva  eororum,  — Medusa.  Viig. 
pone  le  Gorgoni  nel  vestibolo  dell'Inferno.— 
Mal.  In  senso  simile  ,  Virg.  .*  Jleu  maU  iwm 
Lgbiae  solis  erratur  in  agris, —  Vekgiamiio. 
Rimeant.:  Vengianza, — Teseo.  Scese  io  lof^roo 
per  liberare  Proserpina  (  Virg. ,  Aen. ,  VI  ;  Ov.» 
Met.  ,  VII).  Mai  facemmo  ,  dicon  esse,  a  nos 
vendicare ,   cioè  punire  l'ardimento  de*  vivi. 

19.  GoROON.  Virg.  unisce  la  Gorgone  con  U 
Furie  :  Gorgoneis  AUeeto  infecta  itnenu.  — 
Nulla.  Pelr.  :  XM  npoio  è  nulla. 


CANTO    IX. 


131 


NoQt  nrebbe  del  tornar  mai  suso. 

20  Co«l  disse  'I  maestro ,  ed  egli  stessi 
Mi  Tolse,  e  non  si  tenne  alle  mie  mani 
Che  con  le  sue  ancor  non  mi  chiudessi 

21  O  voi  eh* avete  grintelletti  sani , 
Minte  la  dottrina  che  s'asconde 
Sotto  1  velame  degli  versi  slrani. 

32    E  già  venia  su  per  le  torbid'onde 
Uo  fracasso  d*un  suon  pien  di  spavento 
Pier  coi  tremavano  amendoe  le  sponde 

23    Noo  altrimenti  fatto  che  d'un  \ento 
Impetuoso  per  gli  avversi  ardori , 
Che  fier  la  selva  senza  alcun  rattento; 

2fc  Gli  rami  schianta,  abbatte;  e  portai  fiorì 
Dininzì  polveroso  va  superbo , 


20.  Stsssi.  Per  SBtesso.Stccbetti:IVif(essi. 
Goal  da  ilU  venne  egU,  —  Chiudessi.  Anco  in 
pma.  Oli.  (11,145). 

Si.  AscoHVB.  Conv.:  H  temo  Utterale  che  ii 
iiawearfi  foffo  U  manto  di  pu$te  favole,  E 
altrove  :  hUmìdo  anche  mostrare  la  vera  tenterà- 
gm  éi  ftscUf  •  che  per  alcuno  vedere  rwn  ti  può 
fio  non  la  conto  ,  perch'  è  nascosa  sotto  figu» 
ra  Megorica, —  Strani.  Il  Rosselli  qui  vede 
«a  simbolo  dell' esilio  di  Danle,  al  quale  i 
Fioreoiini  ckiadon  le  porle,  ed  Arrigo  gliele 
«pre.  Gli  altri  comentatori  intendono  che  la 
iola  filosofia  aatarale  figurata  in  Virgilio  non 

C  penetrare  i  decreti  dell'eterna  giustizia, 
i  fona  soperaa  bisogna  che  riveli  ed  apra; 
fai  la  ragione  va  franca  da  sé.  lo  accetterei 
e  la  ialerpretaiione  Olosofica  e  la  politica; 
aardiè  per  il  messo  s'intenda  non  Arrigo, ma 
il  feaera  an  dux  chiamato  aell' ultimo  del 
ff^rf  •  aMtio  di  Dio.  Quanto  al  chiudere  gli 
otcki ,  lo  spiegherei ,  che  la  ragione  deve  di- 
firarci  dal  folgere  pure  uno  sguardo  ai  nemici 
M  giaslo ,  qaaado  mirano  ad  incantarci ,  e 
aiiaatarci  In  cammino.  Cecco  d' Ascoli  mi- 
scraawBte  si  fa  beffe  di  questo  passo  del  no- 
ftra  9  Della  Acerba  sua  :  Qui  non  si  canta  al 
modo  deUe  rane;  Qui  non  si  carUa  al  modo 
dei  poeta  Che  fnge  immaginando  cose  strane. 

SS.  ToaaiD*.  Virg.  :  Turhidus  gurges, 
1.  YaiiTO.  Is.  (LXVI,15);  Quasi  turbo 
ejue,  —  AvTBBsi.  L'aria  scaldau 
lo  in  Tolame ,  riversa  ,  per  equilibrar- 
si ,  le  sne  più  alte  colonne  sulla  più  fredda: 
qaiadi  f  gran  calori  dell'  una  parte  del  globo 
debbono  creare  gran  venti  dall'altra.  La  frase 
MSiglia  all'  adverso  sole  di  Virgilio. 

14.  Fioai.  Altri  legge  por  fa  fuori ,  perchè 
poco  gli  paiono  i  fiori  dopo  i  rami  :  ma  i  re- 
ali il  Testo  gli  KManU ,  i  fiorì  gli  porta.  E 


E  fa  fuggir  le  fiere  e  gli  pastori,  (nerbo 

25  Gli  occhi  mi  sciolse  e  disse:  or  drizza  *1 
Del  viso  sp  per  quella  schiuma  antica. 
Per  indi  ove  quel  fummo  è  più  acerbo. 

26  Come  le  rane  innanzi  alla  nimica 
Biscia  per  l'acqua  si  dileguan  tutte. 
Fin  ch'alia  terra  ciascuna  s* abbica; 

27  Yid'io  più  di  mille  anime  distrutte 
Fuggir  cosi  dinanzi  ad  un,  eh* al  passo 
Passava  Stige  con  le  piante  asciutte. 

28  Dal  volto  rimovea  quell'aer  grasso , 
Menando  la  sinistra  innanzi  spesso , 

£  sol  di  queirangoscia  parea  lasso. 

29  Ben  m'accorsi  ch'eglieradelcielmesso, 
£  volsimi  al  maestro;  e  quei  fé  segno. 


quella  lezione  é  prosaica.  E  le  gradazioni  reW 
loriche  del  mend  al  più  son  gioco  d'  umani- 
sti. Ar.  (XXX,  51  ):  Grandine  . . .  Che  spezza 
fronde  e  rami  e  ^rano  e  stoppia,  —  Pastou. 
Virg.:  0110  maocima  mota  Terra  tremit,  fu» 
gere  ferae  ,  et  mortalia  corda  Per  gentes  iit*- 
milis  etravit  pavor;  .  .  QuaUs  ubi  ad  ter  ras, 
abrupto  sidere ,  nimbus  It  mare  per  medium: 
miserie»  heu  !  praescia  longe  Horrescunt  corda 
agricoUs  :  dabit  ille  ruinas  Arboribus  ,  f  (ro- 
gemque  satis  ;  ruet  omnia  late  ;  Antevolarkt 
sonitumque  ferunt  ad  Uttora  venlt. 

25.  Nbbio.  Risponde  Macies  oculorum  dei 
Lai.  Virg..'Huc  geminas  nunc  flecte  acies.-^~ 
Antica.  Virg.  :  FÌuctu  spumabant  caerula  ca- 
no.  —  AcERio.  Pungente  agli  occhi.  Virg.  : 
Fumo  amaro.  . 

26.  Rane.  D'nn  serpente  che  si  pasce  di 
rane  ,  Virg.  (  Georg. ,  III  ).  —  Abbica.  S'  am- 
mucchia. Bica,  mucchio  di  grano,  e,  nell'uso 
toscano ,  d' escremento.  Qui  pare  che  Dante 
mirasse  al  passo  di  Stazio:  Ea^utt  ripisrdisce- 
dit  inane  Vulgus ,  et  oecursus  dominae  parai. 

27.  DiSTBUTTB.  In  senso  simile  ai  disfatto 
del  e.  Vili.  Rime  :  Amor  . .  .  Svegliato  nel 
distrutto  core.  Altrove  :  Gli  occhi  distrutti. 

28.  Grasso.  Virgil.  :  Crassae  paludes.  Ho* 
ratius  :  Crassus  aer.  SUtins  :  hUerea  gslidis 
Maia  satta  aliger  umttris  Jussa  gerens  magni 
reme'at  Jovis  ;  undique  pigrae  Ire  vetant  tm* 
bes  ,  il  tìirbidus  implicat  aer .  .  .  Styx  indo 
novem  circumflua  campis ,  Bine  objecta  «ios 
torrefUum  incendia  cUiudunt. — Sinistra.  Ot- 
timo :  hi  quelle  parti  inferiori  V  Angelo  usa 
la  sua  minore  potenza. 

29.  Masso.  F.  di  Virtù  :  Conobbe  ch'egli  era 
amico  di  Dio  e  suo  messo.  —  iNcmNASSi.  Neu- 
tro assoluto ,  è  nelle  Y.  S.  Padri ,  ed  altrove. 


16 


122 


deli;  inferno 


Ch'i' stessi  cheto,  ed  inchinassi  ad  esso. 

30  Ahi  quanto  mi  parea  pien  di  disdegnol 
Giunse  alla  porta,  e  con  una  verghetta 
L'aperse,  che  non  v'ebbe  alcun  ritegno. 

31  0  cacciati  del  ciel ,  gente  dispetta , 
Cominciò  egli  in  su  lorribil  soglia  , 
Ond'  està  oltracotanza  in  voi  s'alletta? 

32  Perchè  ricalcitrate  a  quella  voglia 

A  cui  non  puote '1  fin  mai  esser  mozzo, 
E  che  più  volte  v'  ha  cresciuta  doglia? 

33  Che  giova  nelle  fata  dar  di  cozzo? 
Cerbero  vostro ,  se  ben  vi  ricorda , 

Ne  porta  ancor  pelato  il  mento  e'I  gozzo. 
3&    Poi  si  rivolse  per  la  strada  lorda , 
E  non  fé  motto  a  noi;  ma  fé  sembiante 
D'uomo  cui  altra  cura  stringa  e  morda 

35  Che  quella  di  colui  che  gli  ò  davante. 
E  noi  movemmo  i  piedi  invcr  la  terra, 
Sicuri  appresso  le  parole  sante. 

36  Dentro  v'entrammo  senza  alcuna  guerra 
Ed  io  ch'avea  di  riguardar  disio 

La  condìzion  che  tal  fortezza  serra , 

37  ComTfu'dentro,  l'occhio  intorno  invio. 
E  veggio  ad  ogni  man  grande  campagna 


30.  Vbrgbbtta.  Segno  di  comando.  Stazio 
fa  che  Mercario  con  U  verga  plachi  la  furia 
di  Cerbero. 

31.  DispBTTA.  Virg.  :  Dupeetui  tibi  ium. — 
Alletta.  Àlberlano:  L*  uomo  adiroso  alletta 
brighe. 

32.  Ricalcitrate.  Act.:  Contra  itimulum 
calcitrare.  —  Fin.  Sap.  :  Attingit ...  a  (ine 
usque  ad  finem  fortUer. 

33.  Fata.  Boezio  ,  HI  :  Lo  quale  modo 
quando  §i  rag  guarda  nella  puritade  itetsa 
della  diinna  intelligenza ,  si  chiama  provvi- 
denza di  Dio  :  ma  quando  $i  riferisce  a  quelle 
cose  che  move  e  dispone  ,  cUlora  è  appellato 
dalli  antichi  fato.  —  Cerbkro.  Virg. ,  di  Te- 
seo :  Tartareum  ille  manu  eustodem  in  vincla 
petivit  IpsiusasoUo  regie,  traxitque  trementem. 

34.  Morda.  Horal.  :  Uordaces  ...  soUicitu- 
dines.  Virg.:  Cura  remordet.  Non  parla  a'P. 
per  uscir  tosto ,  come  colai  che  arde  tornar 
in  miglior  luogo,  inf.  ,11. 

37.  Invio.  Forse  meno  strano  del  ferve  oou- 


Piena  di  duolo  e  di  tormento  rio. 

38  Si  come  ad  Arli  ove  '1  Rodano  stagDa, 
SI  com'  a  Pela ,  presso  del  Quaniaro 
Ch'  Italia  chiude  e  i  suoi  termini  bagna, 

39  Fanno  i  sepolcri  tutto  'I  loco  varo  ; 
Cosi  facevan  quivi  d*  ogni  parte , 
Salvo  che  1  modo  v'  era  più  amaro. 

hO   Che  tra  gli  avelli  fiamme  erano  sparla. 
Per  le  quali  eran  si  del  tutto  accesi 
Che  ferro  più  non  chiede  venin*  arte. 

ki    Tutti  gli  lor  coperchi  eran  sospesi, 
£  fuor  n'uscivan  si  duri  lamenti 
Che  ben  parean  di  miseri  e  d'oflM. 

&>2    Ed  io  :  maestro ,  quai  son  qaeUe  genti 
Che  seppellite  dentro  da  queir  arche» 
Si  fan  sentir  con  gli  sospir  dolenti  ? 

&>3    £d  egli  a  me  :  qui  son  gli  eresiarcbe 
Co'  lor  seguaci  d' ogni  setta  ;  e  molto 
Più  che  non  credi  son  le  tombe  cardie. 

V*    Simile  qui  con  simile  è  sepolto  ; 
£  i  monimenti  son  più  e  men  caldi. 
£  poi  eh'  alla  man  destra  si  fu  volto» 

iSh5    Passammo  tra  i  martiri  e  gli  alti  spaldi. 


lot.  di  Virg.  —  Man.  Virg.  :  AirTam  /bh 
strantur  in  omnem  Lugentee  campi, 

38.  Abli.  In  Provenza ,  dove  fu  data  aal 
VII  secolo  gran  battaglia  tra  Saraclol  e  Cri- 
stiani. —  Fola.  Neil'  Istria,  dove  sono  WÈOtmr 
menti  romani. 

39.  Varo.  Per  vario ,  come  ealzolato ,  t 
simili.  Siccome  nn  luogo  dove  non  è  tlciM 
cosa  si  dice  uniforme  ,  cosi  vario  no  luogo 
distinto  di  varii  oggetii.  O  intendi  vario  per 
la  varietà  delle  tombe  grandi  e  picciole. 

40.  Sì  del  tutto.  Inf.,  XXIX  :  Si  d^auoL 

42.  Seppelliti.  Eccl.  (Vili,  IO):  Vidiim' 
pios  sepuUos. 

43.  £resiaecbb.  Per  eresiarchi  anche  in 
prosa.  Flegiàs  iracondo  e  dispreitatore  del 
cielo ,  è  ben  posto  per  tragittare  dalla  palude 
degli  iracondi  alla  campagna  infocata  degli 
eretici  e  de'  miscredenti.  Eresiarchi  chiama 
gì'  increduli  tatti. 

43.  Tra.  Le  tombe  infocate  e  le  mora  io- 
fucate. 


CANTO   X. 


123 


CANTO      X. 


ARGOMENTO, 

Jm  «fia  tomba  trova  Farinata  degli  Vbcrli,  e  Cavalcante  d^  Cavalcanti:  Fa* 
rinata,  capo  dei  (ihìbellini  nella  gran  rotta  di  Montaperli  del  1260,  dove  i  Ghi- 
àctttm  fiiciìt  co*  Senesi  e  cogli  ausiliarii  di  re  Manfredi,  sconfissero  la  guelfa  Firenze. 
lIofNi  la  vittoria,  gli  usciti  raccolti  in  Empoli  a  parlamento  trattavano  di  ardere 
Firemxe  e  violare  le  donne,  rubare  le  case  :  solo  Farinata  negò.  Mori  nel  1264, 
CavakasUe  era  padre  di  Guido  ,  e  marito  alla  figlia  di  Farinata:  Guido,  Vamico 
a  Dasiie  j  per  cui  richiamar  daUC  esilio  e'  perdette  e  patria  ed  averi  e  pace. 


n  Bocc.  dipinge  questo  Cavalcante  inteso  a  cercare  se  frodar  iì  potesse  che  Iddio  non 


HoU  le  terzine  3,  4,  9;  la  il  alla  20;  la  22  alla  28;  U  30,  31,  37,  39,  40,  44,  45. 


1    Ora  sen  va  per  uu  secreto  calle 
Tra  1  muro  della  terra  e  gli  martiri , 
Lo  mio  maestro,  e  io  dopo  le  spalle. 

t    O  vìrtà  somma  che  per  gli  empii  giri 
MI  toItì,  cominciai,  com'  a  te  piace, 
Parlami  e  soddisfammi  a'  miei  desirì. 

3    La  genie  che  per  li  sepolcri  giace , 
Potrebbesi  veder?  Già  son  levati 
Tutti  i  coperchi,  e  nessun  guardia  hce. 

%    Ed  egli  a  me:  tutti  saran  serrati, 
Quando  di  losaflà  qui  torneranno 
Co*  corpi  che  lassù  hanno  lasciati. 

i.  SBcasTO.  Segregato.  Virg.  :  Secreti  e^- 
lamt  tatles.  —  Martiri.  Finisce  il  e.  prec. 
irò  <  marfirt  e  gli  alti  spaldi. 

2.  TiKTU'.  Qui  Virg.  è  simbolo  della  regio* 
■t  politica  :  Dante  pensa  ,  così  dicendo  ,  a 
Fuiaata  e  a  quello  che  si  dirà  poi. — Emph. 
Ykf .  :  impia  . . .  Tartara,  —  Volti.  Scendo^ 
▼tao  sempre  girando  io  tondo  (  e.  XIV  ). 

4.  Sbrbxti.  Non  n'  avrà  a  cader  altri. 

é.  CmTBRO.  Il  ricco  del  Vang. ,  epicoreo 
^  fitto,  sepuUut  est  in  Inferno,  —  Epiccro. 
SccDwlo  Dante,  Epicuro  è  in  Inferno;  e  De- 
mocrito che  *l  mondo  a  caso  pone ,  nel  Lim- 
bo. Il  P.  forse  intendeva  il  sistema  degli  ato» 
iril  come  una  semplice  spiegazione  fisica.  Il 
fowtto  del  rosto  dice  di  Uguccione,  ch'altri 


8 


Suo  cimitero  da  questa  parte  hanno 
Con  Epicuro  tutti  i  suoi  seguaci 
Che  r  anima  col  corpo  morta  fanno. 

Però  alla  dimanda  che  mi  faci 
Quinci  entro  soddisfatto  sarai  tosto, 
£  al  disio  ancor  che  tu  mi  taci. 

Ed  io:  buon  duca,  non  tegno  nascosto 
A  te  mìo  cuor  se  non  per  dicer  poco  : 
E  tu  m' hai  non  pur  mo  a  ciò  disposto. 

O  Tosco  che  per  la  città  del  foco 
Vivo  ten  vai  cosi  parlando  onesto. 
Piacciati  di  ristare  in  questo  loco. 


vaole  tanto  ammirato  da  Dante  ,  che  Bpieth 
reorum  aeta  sequi  maluit, — Fanno.  Inf. ,  1: 
Fai  cotanto  metti. 

6.  Taci.  Di  veder  Farinata  e  Cavalcanti , 
aomioi  di  Firenze.  Virg.  indovina  i  desiderli 
e  i  pensieri  di  Dante  (  Inf.,  XVI,  XXllI , 
XXV  ). 

7.  Mo.  Per  ora  ;  modo  fiorentino  come  : 
dieerB  e  tengno  ,  ai  quali  Dante  è  conosciuto 
per  fiorentino  da  Farinata  ,  non  che  alla  pro^ 
nunzia  (  Inf. ,  XXVIl  ).  —  Disposto.  Quando 
gli  disse  :  Non  ragiomam  di  lor , .,  Le  cote 
ti  fien  eonte . . .  (  Inf. ,  111 ,  17  e  26  }  ;  e  qoan» 
do  gli  fé  cenno  nel  IX ,  che  stesse  cketo. 

8.  Foco.  Dante  condanna,  come  la  terrena 
iaquÌ8Ì2ioac  ,  gli  eretici  al  fuoco ,  e  gli  uso* 


in 


D  E  LV  INFERNO 


9  La  tua  loquela  ti  fa  manifesto 
Di  quella  nobii  patria  natio 

Alla  qual  forse  fui  troppo  molesto. 

1 0  Subitamente  questo  suono  uscio 
])'  una  dell'  arche  :  però  m' accosta! , 
Temendo ,  iin  poco  più  al  duca  mio. 

11  Ed  ei  mi  disse  :  volgiti  :  che  fai? 
Vedi  là  Farinata  che  s' è  dritto  ; 
Dalla  cintola  'n  su  tutto  *1  vedrai. 

12  r  avea  già  1  mio  viso  nel  suo  fìtto, 
Ed  ei  s*  ergea  col  petto  e  con  la  fronte 
Com'  avesse  lo  nferno  in  gran  dispitto. 

13  E  r  animose  man  del  duca  e  pronte 
Mi  pinser  tra  le  sepolture  a  lui , 
Dicendo  :  le  parole  tue  sien  conte. 

;l  V    Tosto  eh'  al  pie  della  sua  tomba  fui , 
Guardonuni  un  poco ,  e  poi  quasi  sdegnoso 
Mi  dimandò:  chi  fur  gli  maggior  tui? 


rai  e  quelli  di  Soddoma  (  e.  XI,  XV).  One- 
sto. Bello  e  di  modestia  e  d'eleganza.  Inf., 
Il  :  ili  dare  onesto, 

9.  Loquela.  Nel  eoo?,  parla  del  naturale 
amore  della  propria  loquela.  Il  Yang.  :  Lo-. 
0iuela  tua  manifeMtum  te  faeit.  Il  Boccaccio 
nella  Vita  di  Dante  dice  il  Poema  ecritto  in 
fiorentino  idioma  :  e  nella  V.  Eloq.  Dante 
stesso  dice  essere  più  nobile  la  lingua  parla- 
ta :  Quam  tine  omni  regula ,  nutricem  imi- 
tantes  accipimus  ;  più  nobile  perchè  prima  ad 
usarsi ,  e  perchè  tatti  1*  usano ,  e  perchè  na- 
turale. Adunque  la  nobile  sua  loquela  lo  di- 
mostrava nativo  di  nobile  patria.  Bocc.  :  Fi- 
renze eUtà  tra  le  eUtre  italiane  più  nobile, — 
Molesto.  Nella  rotta  de'  Guelfi ,  che  ne  mo- 
rirono diecimila.  E  dice  forte  per  non  l' in- 
colpare affatto  ;  e  in  quel  forse  ò  riposto  il 
dubbio  pensiero  di  Dante  circa  Topportunità 
delle  guerre  civili  (  Vili.,  VI ,  75  ). 

10.  L'scio.  Is.  (  XXIX,  3  e  4  )  :  Jaciam  con- 
tra  te  aggerem,  et  monimenta  ponam  in  ob- 

tSidUmem  tuam.  HumUiaheris,  ae  terra  loque- 
ris,  et  de  humo  audietur  eloquium  tuum ,  et 
erit  quasi  pythonis  de  terra  vox  tua ,  et  de 
humo  eloquium  tuum  mussitabit. — Temendo. 
11  Guelfo  teme  un  suon  ghibellioo.  E  il  ghi- 
bellino Fariuau  che  a  Dante  ancor  guelfo  parla 
contro  i  Guelfi  crudeli,  è  scena  di  profonda 
bellezza. 

11.  Fabinata.  Non  credeva  l*  immortalità: 
voluttuoso ,  intemperante  nel  vitto.^CiNTOLA. 
V.  S.  Padri  :  Si  scoprisse  dalia  cintola  in  su. 

12.  DispiTTo.  L'usa  il  Pet.  (  son.  81 },  e 
lAr.  (XXX,79J. 


15  Io  eh' era  d' ubbidir  disideroso, 
Non  gliel celai,  ma  tutto  gliele  apersi. 
Ond'  ei  levò  le  ciglia  un  poco  in  aoso. 

16  Poi  disse  :  fieramente  furo  avversi 
A  me ^  e  a'  miei  primi,  e  a  mia  parte. 
Si  che  per  duo  fiate  gli  dispersi. 

17  S'ei  fur  cacciati ,  e' tornar  d*ogniparte, 
Risposi  luì ,  r  una  e  1*  altra  fiata. 

Ma  i  vostri  non  appreser  ben  quell*  arte. 

18  Allor  surse  alla  vista  scoperchiata 
Un*ombra,  lungo  questa,  innno  al  mento: 
Credo  che  s*era  inginocchion  levata. 

19  D' intorno  mi  guardò,  come  talento 
Avesse  di  veder  s' altri  era  meco. 

Ma  poi  che  1  sospicciar  fu  tuttto  spento» 

20  Piangendo  disse  :  se  per  questo  cieco 
Carcere  vai  per  altezza  d*  ingegno» 
Mio  figlio  ov*  è?  e  perchè  non  è  teco? 


13.  Conte.  Chiare,  cb' e'  possa  fnteodert: 
0  nobili  ,  degne  di  tal  nome.  A'  contempora- 
nei parla  Dame,  agli  antichi  Virgilio»  e.  IH, 
V,  VI,  XII.  XIV,  XV,  XVI.  XVII,  XVIll, 
XIX  ,  XXI.  Nel  XIII  e  nel  XXII.  non  co»!. 

15.  Soso.  F.  da  Barberino  :  doso.  Leva 
gli  occhi  in  segno  d' amara  ricordanza. 

16.  Avviasi.  I  maggiori  di  Dante  fkirono 
guelfi  ;  e  guelfo  era  nel  1300  egli  stesso.  -^ 
Partb.  Ottimo:  Queste  due  parti  si  tcopririh 
no  in  grande  perdizione  delle  anime  e  disfai 
cimento  de*  corpi  delli  uomini ,  •  deHU  totm 
facuUadi,  —  Dispersi.  Prima ,  quando  Fed^ 
rieo  II  destò  tumulii  in  Firenze  ;  poi ,  dopo 
la  roiu  di  Montaperii  (  Pelli,  V.»  pag.  26). 

17.  Arte.  Di  tornare  :  perchè ,  cacciati  a 
pasqua  del  1267  al  venir  di  Guidoguerra  man- 
datovi da  Carlo  d*  Angiò ,  nessuno  ne  tornò 
per  allora  ;  ma  taluni  nel  febbraio  de!  68  . 
per  Jntercessiuiie  del  legato  apostolico.  V,  Vil- 
lani. Lo  sdegno  di  Farinata  move  Dante  ,. 
malgrado  la  riverenza  ,  ed  acerba  risposta. 
Forse  voU'egli  rimproverare  ai  compagni  d'esi- 
lio ,  che  non  sapessero  riacquistare  la  patria. 

18.  Vista.  Per  finestra ,  apertura,  Parg.  ; 
Ad  una  vista  W  un  gran  palazzo, -^VauìtOm 
Farinata,  come  più  forte,  sovrasta. 

20.  Piangendo.  Nota  in  questa  pittura  il 
contrapposto  dell'ardito  Ghibellino  col  timido 
Guelfo.  Dante  quasi  dimentica  il  Guelfb ,  seb- 
bene di  sua  parte  allora,  e  padre  dell'amico 
suo,  per  pensare  alla  parola  dell'eroe  ghibel- 
lino. —  Cieco.  Virg.  :  Carcere  cqeco,  —  Al- 
tezza. Qui  l'allegoria  traspare.  Ottimo.*  Jamu- 
dui  HiMÙaroiio  m  i^reiiic ,  amendme  amor»- 


CANTO    X. 


1S5 


21  Ed  io  a  lai  :  da  me  stesso  non  vegno. 
Colui  eh'  attende  là ,  per  qui  mi  mena , 
Forse  cui  Guido  nostro  ebbe  a  disdegno. 

22  Le  sue  parole ,  e  1  modo  della  pena 
M'avevan  di  costui  già  letto  il  nome  : 
Però  fu  la  risposta  cosi  piena. 

23  Di  subito  drizzato  gridò  :  come 
Dicesti:  egli  ebbe?  non  \iv'  egli  ancora  ? 
Non  fere  ^i  occhi  suoi  lo  dolce  lome  ? 

2V     Quando  s' accorse  d' alcuna  dimora 
Ch'  i' faceva  dinanzi  alla  risposta, 
Supin  ricadde,  e  più  non  parve  fuora. 

25  Ma  queir  altro  magnanimo  a  cui  posta 
Ristato  m* era,  non  mutò  aspetto 

Kè  noosse  collo  né  piegò  sua  costa  * 

26  E  se,  continuando  al  primo  detto , 
Egli  han  quell'arte,  disse,  maleappresa, 

no  f§r  amore ,  amendue  seguitarono  un  vole- 
re m  governar  la  repubblica  di  Firenze,  — 
Vkuo.  Guido,  amico  di  Dante,  li  Boccaccio 
«lice  di  Gaido  :  Alquanto  tenea  della  opinione 
degli  Bfìcurii.  Ma  forse  confuse  il  padre  col 
figlio.  —  Ov'  k?  Rammenla  il  divino  ;  JETaetor 

«M  fsf?  (Ylrg.  ,  Ili.) 

21.  FoESB.  Guido  non  caro  l'eleganza  dello 
stile  e  lo  auidio  degli  antichi  cosi  come  Dan- 
te «  e  cel  prova  la  canzone:  Donna  mi  prega.,, 
fuazzabaglio  peggio  che  prosaico,  sebbene  in 
alcime  bdlate  il  dire  sia  di  tatù  freschezza. 
Ugo  mai  però  V  arte  e  lo  stadio  sono  qaanto 
là  Dante  profondi.  Allegoricamente  intenden- 
do ;  la  filosofia  naturale  e  politica  di  Virgilio 
era  religiosa  insieme  e  ghibeUina  ;  Guido  ir- 
veii^ooo  e  guelfo  :  ma.  in  cuore  aveva  i  semi 
del  ghibellinesimo  come  li  aveva  già  Dante 
■el  1300  :  però  dice  forte. 

t%.  Letto.  Dall'  opera  lo  conobbe  incredu- 
lo ,  delle  parole  padre  ad  aom  d' alto  ioge- 
gBO.  Leggere  io  questo  senso  usa  Arrighetto, 
e  te  greco  lego  vai  dico. 

SI.  Drizzato.  Era  ginocchioni.  — Ypt*.  Si- 
vile  domanda  in  Virg.  :  Vivitne  ?  —  Fire. 
I^acret.  :  Tela  di9i,  —  Dolce.  Virg.  :  Co«lt 
jmeèmémm  lumen.  Eccles.  (  XI  ,  7  )  .*  Dulee 
Imish  al  deleetabik  est  oeuUe  vidore  eolem,  — 
LoMB.  Per  tifma,  come  addotto  per  adduito. 
Altri  astichi  rasano  ftaor  di  rima.  Non  gli 
basta  dire  :  f  iv  egli  ?  insiste  sulla  dolcezza 
della  Tita  ,  il  tormentato ,  il  padre. 

SS.  VuTÒ.  Virg.:  Nec  magie  ineepto  valium 
wkovetur  Quam  ei  dura  tilex  aut  etet 
,1  eautee.  Non  fece  mossa  né  col  capo 
col  corpo ,  tutto  il  tempo  eh'  io  discorsi 
r  altro.  Qoeslo  pittore  dipiigono  Dante 


'  Ciò  mi  tormenta  più  che  questo  letto. 

27  Ma  non  cinquanta  volte  fia  raccesa 
La  faccia  della  donna  che  qui  regge, 
Che  tu  saprai  quanto  queir  arte  pesa. 

28  Deh  se  tu  mai  nel  dolce  mondo  regge , 
Dimmi,  perchè  quel  popolo  è  si  empio 
Incontr'  a'  miei,  in  ciascuna  sua  legge? 

29  Ondloalui:lostrazioe'igrande scempio 
Che  fece  T  Arbia  colorata  ìd  rosso , 
Tali  orazion  fa  far  nel  nostro  tempio. 

30  Poi  ch'ebbe,  sospirando,!!  caposcosso: 
A  ciò  non  fu*  io  sol,  disse:  nò  certo 
Senza  cagion  sarei  con  gli  altri  mosso. 

31  Ma  fu*  io  sol ,  colà  dove  sofferto 

Fu  per  ciascun  di  torre  via  Fiorenza» 
Colui  che  la  difesi  a  viso  aperto. 

32  Deh  se  riposi  mal  vostra  semenza , 

ancor  meglio  che  Farinata.  Del  suo  attendere 
immobile  in  un  pensiero ,  parla  il  Boccaccio. 

26.  Dbtto.  F.  sopra  ,  t.  17.  —  Letto* 
Questo  motto  scolpisce  l'uomo  ed  il  secolo. 

27.  Raccesa.  Virg.:  Accendit  lumina veeper^ 

—  Donna.  Virg.  :  Dominam  Ditis,  Proserpina 
eh'  é  tutt'  uno  con  la  lana  nei  cielo.  —  Sa- 
prai. Di  qui  a  cinquanta  mesi,  cioè  nel  mag*» 
gio  del  1304,  saprai  quanto  l'arte  del  ritor- 
nare sia  difficile  e  dura.  Le  pratiche  dell' Al- 
bertini  mandato  da  Benedetto  XI ,  per  f^r  ri- 
entrare in  Firenze  gli  usciti ,  tornarono  vane. 

28.  Se.  Cosi  ;  modo  frequente  in  Dante  per 
conciliar  favore  al  discorso.  Virg.  :  Sic  tua 
Cgmeae  fugiant  examinataxoel  .  ,  Incipe  ete» 

—  Regge.  Bieda  ;  come  veggia  da  veda.  -^ 
Miei.  Da  tutti  i  perdoni  concessi  a'  Ghibelli- 
ni ,  gli  liberti  erano  sempre  eccettuati  (  Vil- 
lani ).  Piena  d'  affetto  è  questa  domanda  del- 
la crudeltà  di  Firenze  contro  il  sangue  di  lui. 

29.  Ariia.  Fiume  presso  Monta perti  nel  Se- 
nese, dove  fa  data  la  battaglia,  dopo  la  qua- 
le i  Guelfl  fiorentini  andarono  fuorusciti  alla 
lor  TolU  co'  Guelfi  di  Pistoia  e  di  Prato.  Gli 
liberti  sottoposero  la  città  a  re  Manfredi ,  fin- 
ché ,  vincitore  l' Angioino ,  andarono  in  ban- 
do. -—  Obazion.  Le  deliberazioni  pubbliche 
si  flieevano  allora  in  chiesa.  Così  Benvenuto 
da  Imola ,  e  il  Machiavelli ,  11. 

80.  Cagion.  Esule ,  perseguitato.  Scuse  ehe 
Dante  prepara  a  sé  stesso.  —  Altei.  (Vili., 
VI,  S3  ).  I  Conti  Guidi,  e  i  Senesi  e  i  Pisa- 
ni ,  e  anco  gli  liberti. 

32.  VosTEA.  Per  riverenza  al  forte  Ghibel- 
lino osa  sempre  il  voi;  come  all'avolo  Caccia- 
guida  (Par.,  XVI). 


1Ì6 


DELL*  INFERNO. 


Fregalo  lui,  solvetemi  quel  nodo 

Che  qui  ha  inviluppata  mia  sentenza. 
83    Epar  che  voi  veggiate ,  se  ben  odo, 

Dinanzi,  quel  che'l  tempo  seco  adduce; 

E  nel  presente  tenete  altro  modo. 
3b  Noi  veggiam,  comeqaeich*hamalaluce, 

Le  cose ,  disse ,  che  ne  son  lontano  ; 

Cotanto  ancor  ne  splende'!  sommo  Duce. 

35  Quando  s* appressano  oson,  tutto  è  vano 
Nostro  intelletto;  e  s'altri  non  ci  apporta, 
Nulla  sapem  di  vostro  stato  umano. 

36  Però  comprender  puoi  che  tutta  morta 
Fia  nostra  conoscenza  da  quel  punto, 
Che  del  futuro  fia  chiusa  la  porta. 

37  Allor ,  come  di  mia  colpa  compunto , 
Dissi  :  or  direte  dunque  a  quel  caduto 
Cbe*l  suo  nato  è  co' vivi  ancor  congiunto. 

38  £ ,  s'io  fu'  dianzi  alla  risposta  muto  , 
Fate  i  saper  che  '1  fei,  perchè  pensava 
Già  neirerror  che  m'avete  soluto. 

39  £  già'l  maestro  mio  mi  richiamava  ; 

83.  Modo.  Il  Demonio  che  sapeva  dover  na- 
acere  il  Messia  ,  nato  eh* e' fa,  non  lo  sa  rico- 
noscere. S..  Augost.  :  Fatendum  est  netetre 
moriuoi  ^uid  egatur  dum  agUur ,  ted  posiea 
v&rum  atàdire  ab  iis  qui  hine  ad  eot  mortene 
do  pergunt,  Eccl.  (1,11):  Sed  nee  eorum  qui- 
dem  f  quae  poitea  futura  turU ,  erti  reeorda- 
Ito  apud  eos  ,   qui  futuri  sunt  in  novistimo, 

34.  Luce.  Petr:  A  guisa  d'orbo  senza  lu- 
ce. — Duce  :  Che  mena  dritto  . .  .per  ogni  cal- 
U  (e.  1). 

35.  Vano.  Eichter  :  Il  morente  non  vede  che 
V avvenire  e  il  passato.  S.  Tomaso  nega  ai 
morti  notizia  delle  cose  terrene.  —  Apporta. 
Affert  ha  in  questo  senso  Virgilio. 

36  Chiusa.  Virg.  :  Aperitque  futura. 

'Si.  Compunto.  Dell*  aver  tcouto  in  ambascia 
il  cuore  del  padre. 

88.  Fate.  I.  /  per  <;lt  in  altri  antichi. — 
Pbnsava.  Quel  suo  non  sapore  della  sorte  di 
Guido  »  e  quell'avere  udito  da  Ciacco  e  da  Fa- 
rinata profezie  del  futuro,  lo  confondevano. 

39.  AvACCio.  Per  in  f reità  s'usa  in  certi 
paesi  toscani. 

40.  Mille.  In  sola  una  tomba?  Nel  canto 
iX  :  Molto  Piti  che  non  credi  son  le  tombecar' 
che-  Molti  dunque  erano  al  su*  tcni{K>  gì'  in- 


Perch'  r  pregai  lo  spirto  più  avaeck), 
Che  mi  dicesse  chi  con  lui  si  stava. 

U>    Dissemi  :  qui  con  più  di  mille  faccio. 
Qua  entro  è  lo  secondo  Federico  « 
£  '1  Cardinale  :  e  degli  altri  mi  taccio  • 

bl    Indi  s' ascose . . .Ed  io  inver  Taotico 
Poeta  volsi  i  passi ,  ripensando 
A  quel  parlar  che  mi  parea  nemico. 

h>2    Égli  si  mosse:  e  poi,  cosi  andando. 
Mi  disse  :  perchè  se'tu  si  smarrito? 
Ed  io  li  soddisfeci  al  suo  dimando. 

1^3  La  mente  tua  conservi  quel  ch'udito 
Hai  centra  te ,  mi  comandò  quel  saggio. 
£  ora  attendi  qui:  e  drizzò  '1  dito. 

kh  Quando  sarai  dinanzi  al  dolce  raggio 
Di  quella  il  cui  bell'occhio  tutto  vede  , 
Da  lei  saprai  di  tua  vita  il  viaggio. 

({.5  Appresso  volse  a  man  sinistra  il  piede. 
Lasciammo'l  muro,  egimmo  inver  lo  mezzo 
Per  un  senticr  eh'  ad  una  valle  fiede, 

&.6   Che'nfìn  lassù  facea  spiacer  suo  leuo. 


creduli.  Tanto  piii  notabile  in  Dante  I* amore 
di  libertà  tanto  ardita  con  fede  sì  schietta. — 
Fbdebico.  Coronato  dal  papa  nel  1220,  sco- 
municato nel  1250 ,  morì  senza  paciGcarai  al- 
la Chiesa.  L*  Ott.  :  Seppe  latino  e  greco  e  «aro- 
ctneseo;  fu  largo,  savio;  operò  d'arme;  fn 
lussurioso  ;  soddomita  ,  epicureo  ;  fece  a  cith 
Senna  caporale  cittade  di  Sicilia  e  di  Puglim 
un  forte  e  ricco  castello.  Di  lui  nel  e.  Xlll. 
—  Cardikalb.  Ottaviano  Ubaldini ,  il  quale 
ebbe  a  dire  :  se  anima  è,  io  1'  ho  perduta  pe" 
ghibellini.  Era  chiamato  per  antonomasia  il 
Cardinale  (G.  Villani). 

43.  CoNSEBVi.  Pro?.:  Conserva  ,  fU  mi , 
praecepta  patrie  tui.  -*  Dito.  Per  eccitar  l'ai- 
tenxionc,  e  per  additare  il  cielo  ov'è  Beatrice. 
Atto  simile  nel  VII  e  nel  XXIII  del  Purg. 

44.  Sarai.  Par. ,  —  Occdio.  Purg. ,  VI  :  Cht 
ìmme  fia  tra'l  vero  e  lo'  ntelletto.  Cout.  :  GU 
occhi  di  questa  donna  sono  le  tue  dimostnh 
stoni ,  le  quali  scritte  negli  occhi  dell*  inteUeh 
to  innamorano  /'anima.  Virgilio  tutto  sa  uma- 
namente ;  Beatrice  tutto  vede  di  scienza  re- 
ligiosa. 

46.  Lassù.  A  paragon  dell'  abisso,  erano 
tuttavia  moit'  in  aito. 


CANTO   m. 


1S7 


CANTO      XI 


ARGOMENTO. 

Bistamu  iittn  a  un  upolero  portante  il  nome  d»  «m  papa,  Virgilio  dichiara 
U  Hoitùmi  deU'  infernale  città  ;  e  queeto  canto  ,  ben  dice  ÌNeIro  di  Dante  ,  i  la 
Moia  di  tutta  la  cantica.  La  città  è  divita  in  tre  cerchi ,  e  <f  uno  tn  altro  ti  leen- 
d*.  Idea  conforme  al  virgiliano  :  Moenia  lata  Tidet  trìplici  circumdata  muro. 

HoU  le  terzine  2,  6,  9,  15,  16,  31,  35,  38. 


1    In  sa  restremità  d*uD*alta  ripa 
Che  facevan  gran  pietre  rotte  in  cerchio, 
Yeniroino  sopra  più  crudele  stipa. 

%    E  quivi  per  T  orribile  soperchio. 
Dd  pQzio  che  '1  profondo  abisso  gitta  , 
G  raccostammo  dietro  ad  un  coperchio 

3  D  un  grande  avello,  ov*io  vidi  una  scritta 
Che  diceva  :  Anastagio  papa  guardo. 

Lo  QOAI.  nASSEFOTINDBLLAYUDRlTTA. 

k    Lo  nostro  scender  eonvieneesser  tardo; 
Si  che  s*aasi  un  poco  prima  il  senso 
Al  tristo  fiato  :  e  poi  non  fia  riguardo. 

!•  Ripa.  Camminando  per  mezzo  la  cam- 
ftgaa  delle  sepollore  giungono  alla  discesa  , 
WUR  eireolare,  dì  gran  pietre  stagliate  e  sfes- 
se  ,  di  che  dirà  nel  seguente. — Stipa.  Ami- 
di tormenti  e  di  tormentati.  Inf. ,  VII; 
•  •  iravagHe  e  pane  ;  XXiV  :  SUipa  Di 


ì.  GriTA.  Luer.:  /aeems  odofesi.— Copbs* 
1  coperchi  eran  tutti  levati  (Inf.,  X). 

Si.  Aha8Ta«io.  Papa  nel  498. — Form.  Dia- 
di Tessalonica  ,  tìnto  deireresit  d'Aca- 
cie, che  negava  la  divinità  di  Gesù.  Natale 
Alessandro  (  Ann. ,  saee.  Y  )  dimostra  che  non 
Ite  Anastagio  papa  l'errante,  ma  sì  l'imp.  Il 
F.  Ai  ingannato  dalla  Cron.di  Martino  Colono. 

4.  Ausi.  Atuan  è  nel  Conv. — Fiato,  Htt* 
Uhm  dies  Virgilio  per  piisso ,  e  anch*egll  Ih 
écUs  esvsms  inrernali  escir  lesso  di  norit. 


6 


8 


Cosil  maestro,  ed  io  :  alcun  compenso, 
Dissi  lui,  truova,  che'i  tempo  non  passi 
Perduto.  £d  egli  :  vedi  ch'a  ciò  penso. 

Figliuol  mio,  dentro  da  cotesti  sassi. 
Cominciò  poi  a  dir,  son  tre  cerchietti  « 
Di  grado  in  grado,  come  que' che  lassi. 

Tutti  son  pien  di  spirti  maladetti. 
Ma  perchè  poi  ti  basti  pur  la  vista , 
Intendi  come  e  perchè  son  costretti. 

D*ogni  malizia  eh* odio  in  ciel  acquista* 
Ingiuria  è  il  fine  :  e  ogni  fin  cotale 
0  con  forza  o  con  frode  altrui  contrista. 


6.  PiiDVTO.  Consìglio  che  spesso  ritorna 
(  Purg. ,  IH  ;  Par. ,  XXYI  ). 

6.  Cbrchibtti.  In  paragone  de* gran  cerchi 
celesti ,  e  de'  cerchi  finora  percorsi ,  eh'  eran 
maggiori.  Nel  II  canto  chiama  l' Inferno  ce»- 
fro,  e  il  Cielo  ampio  loco, 

7.  Costretti.  Stivati  per  rangastia  del 
luogo  e  la  moltitudine.  Grescens . ,  il  :  Stivar 
la  terra  intorno  aUa  pianta ,  e  quella  fortt* 
mente  eoetringere» 

8.  AcooisTA.  In  mal  senso.  Pet.  (son.  LXIU): 
Bioimo  f*  oe^uifla.  —Ingioria.  Parola  solen- 
ne d'Aristotele  (Et.  ,  Vili  ),  vale  ingiustizia 
oltraggiosa.  —  Fimb.  Cic. ,  OlT.  :  Quum  . .  • 
dicoMia  modif,  id  ett,  aut  vi,  aut  fraude 
fUU  vnjuria . . .  tifnifiifiie  oltefittitmtim  ab  ho- 
mine  :  eed  fram  odio  dégna  mqjore. 


128 


DELL'  INFERNO 


9  Ma,  perchè frodeèdeiruompropnomale, 
Più  spiace  a  Dio;  e  però  stan  di  sutto 
Gli  frodolenti,  e  più  dolor  gli  assale. 

10  DeWiolenti  il  primo  cerchio  è  tutto. 
Ma  perchè  si  fa  forza  a  tre  persone, 
In  tre  giorni  è  distinto  e  costrutto. 

1 1  A  Dio,  a  sé ,  al  prossimo  si  puone 
Far  forza  :  dico  in  sé ,  ed  in  lor  cose, 
Com*  udirai  eoo  aperta  ragione. 

12  Morte ,  per  forza  ,  e  ferute  dogliose 
Nel  prossimo  si  danno;  e,  nei  suo  avere, 
Kuine,  inceodii;e  toilette  dannose  : 

1 3  Onde  omicide,  e  ciascun  che  mal  fiere , 
Guastatori  e  predon,  tutti  tormenta 

Lo  giron  primo  per  diverse  schiere. 
i%    Puotc  uomo  avere  in  sé  man  violenta, 
E  ne'  suoi  heni:  e  però  nel  secondo 
Giron  convien  che,  senza  prò,  si  penta 


9.  Male.  Per  la  frode  l'aomo  abusa  della 
ragione,  a  lai  propria  sopra  le  bestie,  colle 
quali  ha  coniane  la  violenza.  E  1'  nomo  a  fro- 
dare non  ba  tante  canseestrinseche  quante  lo 
moTono  alla  coneapiscenza  ud  all'ira. 

10.  CosTRt'TTO.  Formato  a  bella  posta  in 
ispazii  concentrici.  Nel  e.  XVIll,  parla  del 
maestro  fabbricator  dell'Inferno.  Nove  I  cer- 
chi d'Inferno;  nove  i  cieli;  nove  le  divisioni 
del  Purgatorio  :  all'Empireo  risponde  il  Pa- 
radiso terrestre ,  al  Paradiso  il  centro  ove  sie> 
de  Lucifero. 

11.  Pugne.  Per  jmò;  come  m$ne  per  me, 
usato  ancora  in  Toscana.  —  Cose.  Nel  e  XIX, 
dira  le  cote  di  Dio.  —  Ragione.  Perra^tona- 
mento  ,  noi  XXIII  del  Parg.  E  si  diceva  an- 
cora in  prosa. 

12.  Nel.  Contro.  Inf.  ,  XXV  :  In  Dio.  .  . 
superbo.  —  Danno.  Virg.:  Dot  stragem. — Tol* 
LETTE.  Pubblici  aggravi!.  Anco  in  prosa  di- 
ctrano  il  mal  tolUito  per  il  mal  tolto.  ' 

13.  Omicide.  Questa  terzina  corrisponde  alla 
prec.  Omicide  a  morte:  mal  pere  a  ferute  {poi' 
chò  si  potrebbe  ferir  giustamente  )  ;  guastato- 
ri  a  ruine  (  d' edifizii  )  ed  tncendtt  ;  predoni 
a  toilette.  Dice  dannose  per  distinguere  le  gros- 
Ho  rapine  dalle  leggiere. 

15.  VosTEO.  Parla  a  Dante  ch'è  vivo.  — 
Fonde.  Ariosto  (  XI  ,  43  )  :  /(  eangue  fonde. 
'^  Piange.  Son  colpevoli  que'  che  si  pascono 
del  pensiero  delle  loro  miserie ,  tanto  più  se 
coi  lor  falli  se  le  son  provocate.  —  Giocon- 
do. Perchè  libero  di  ricchezze  eh'  egli  usava 
a  peccato.  Dante  coDdanoa  le  Ingiurie  com* 
messe  contro  sé  perché ,  ogni  amore  incomin- 


15  Qualunque  priva  sé  del  vostro  mondo, 
Biscazza  e  fonde  la  8ua.facultade , 

E  piange  là  dov'  esser  dee  giocondo. 

16  Puossi  far  forza  nella  Deitade 

Col  cuornegando  ebestemmiandoquella, 
E  spregiando  natura ,  e  sua  boutade. 

17  £  però  lo  minor  giron  suggella 
Del  segno  suo  e  Soddoma,  e  Caorsa» 
E  chi ,  spregiando  Dio ,  col  cuor  favelh. 

18  La  frode  ond'  ogni  coscienza  è  morsa. 
Può  l'uomo  usare  in  colui  che  n  lui  fida, 
Ed  in  quei  che  fidanza  non  imborsa. 

19  Questo  modo  di  retro  par  eh*  uccida 
Pur  lo  vincol  d' amor,  che  fa  natura  : 
Onde  nel  cerchio  secondo  s' annida 

20  Ipocrisia,  lusinghe,  e  chi  aflatton. 
Falsità,  ladroneccio,  e  simonia, 
Ruflìan,  baratti,  e  simile  lordura. 


ciando  da  noi ,  chi  non  ama  sé  non  poo  «ma- 
re altrui.  E  punisce  i  prodighi  co' suicidi,  set^ 
bene  i  prodighi  abbia  posti  già  cogli  avari  » 
perchè  qui  inicnde  di  quelli  che  per  prodiga- 
nte si  ridussero  a  morire  od  a  vita  noo  dis- 
simile dalla  morte. 

16.  Deitade.  Conv.  :  La  eomma  deiiaés , 
cioè  Iddio.  —  CuoE.  Psalm.  :  Dixii  insipiins 
in  eorde  suo  :  non  est  Deus.  —  Bontaob.  Qq»> 
sto  fa  r  usuraio.  V.  più  sotto.  Conv.  :£•  òon- 
tadi  della  natura, 

17»  Minor.  Quel  di  mezzo,  quindi  pia  Krel* 
to  (Inf.,  XIV  ).  —  Suggella^  Segna  coDuar* 
chio  di  fuoco.  Modo  biblico.  —  Caoesa.  Po* 
ne  Soddoma  per  soddomiti ,  Gaorsa  per  gli 
usurai  ,  perchè  molti  ve  n*  era  in  Cahors  ;  e 
caorsino,  al  dir  del  Boccaccio,  valea  usuraio» 
ed  era  caorsino  V  odiato  da  Dante ,  GiGvaafii 
XXII.  Parad.,  XXVII  :  Del  sangue  nostro  Cmofi^ 
sini  e  Guaschi  S'appareeehian  di  ben.  Il  Duca»* 
gè  reca  decreti  di  Filippo  l'Ardito  contro  gli 
usorai  ^t  vtdgariter  Caorsini  dicuntur. 

18.  MoESA.  Intendi ,  o  che  la  frode  é  tal 
vizio  che  le  coscienze  più  dure  n'  haniio  ?► 
morso  ,  e  €ic.  :  sua  quemque  fraus ,  suus  ti- 
mor maxime  vexat;  o  che  Virgilio  voglia  rìm» 
proverare  i  contemporanei  di  Dante  come  i  pia 
macchiati  di  frode. — Imeoesa.  Naie.  XXIV: 
La  speranza  ringavagna.  Del  mettere  la  spe- 
ranza in  borsa  aìmetteriain  paniere  non  corre 
gran  cosa. 

19.  Natdea.  Armannino:  Fra  gli  uomini  ceh 
riià,né  amistà  che  da  nutura  procede,  non  vota. 

20.  Lusinghe.  Adulatori  (  Inf.,  XVill  }.-p 
ArrATTumA.  Maghi  (Inf.»  XX).  —  Falsità. 


CANTO   XI. 


129 


21  Per  r  altro  modo  queir  amor  s*  obblia , 
Che  fa  Datura,  e  quel  cb*  è  poi  a^unto 
Di  ehela  fede  speziai  si  crìa* 

22  Onde  oel  cerchio  minore,  ov'è  1  punto 
Dell'  univereo  in  su  che  Dite  siede , 
Qualunque  trade ,  in  etemo  è  consunto. 

23  £d  io:  maestro,  assai  chiaro  procede 
La  tua  ragione,  e  assai  ben  distingue 
Questo  baratro,  e\  popò!  che1  possiede. 

2i  Ma  dimmi  :  quei  della  palude  pingue  , 
Che  meoailvento,  e  che  baitela  pioggia. 
E  che  s' ìncontran  con  sì  aspre  lingue, 

25  Perchè  non  dentro  della  città  roggia 
SoD  ei  puniti ,  se  Dio  gli  ha  in  ira? 

E,  se  non  gli  ha,perchè  sono  a  tal  foggia? 

26  Ed  egli  a  me  :  perchè  tanto  delira , 
Disae,  lo  'ngegno  tuo  da  quel  che'  suole? 
Orrer  la  mente  dove  altrove  mira? 

27  Noo  ti  rimembra  di  quelle  parole 


(  lof. ,  XXIX  ,  XXX  )k  —  Ladronsc- 
do  (  lof.  ,  Xll }.  —  SmoNiA  (  iDf. ,  XIX)  — 
ÌUwfux.  (  Inf. ,  XYIll  ].  ^  Baratti  (  Inf.  , 
\H,  XXII). 

SI.  Fboi.  Codt.  :  QueUé  cote  che  prima  non 
•offfxmo  i  loro  difeUi»  più  tono  pericolose , 
ptreKè  di  loro  molte  fiate  prmdere  guardia 
moH  n  può  :  eiceome  vedemo  nel  traditore. 

22.  MiKORB.  Più  stretto ,  perchè  1'  ultimo^ 
I  iradi tori ,  come  più  rei ,  sianoo  nel  più  stfet- 
to  cerchio  ;  e  i  soddoraiti  e  usurai ,  come  più 
vd  dei  cerchio  secondo ,  stanno  nel  più  stret- 
ta girone  :  sì  perché  più  rari ,  e  sì  per  più 
I.— Trarr.  L'usa  anco  neU'Inf.,  XXXIII. 
24.  PiNRUR.  Di  belletta.  Virg.  :  Pirici  flu- 
u  MR2VA.  CooY.:  Le  foglie  ehe'l  vento  fa 
ifR.—  Battr.  Virg.  :  Verberat  imber  hu- 


25.  Ro«€iA.  Rossa  :  nel  Par. ,  VI ,  rubro; 
Bd  XIV  ,  rohtio. 
27.  Tua.  Con?.  :  Dice  il  mio  maestro  Ari- 
nU  primo  dell  Etica.  Più  sotto  :  La 
i. — DisposizioN.  Parola  aristotelica. 
Incontinrnza.  Arist. ,  distingue  V  in- 
àcra$ià,  la  malizia  eae^,  la  be- 
stialità fmofes.  Può  r  uomo  essere  inconti - 
Beate  di  piaceri ,  d' onori ,  di  ricchezze  ,  di 
c^  ,  di  sdegno ,  può  cioè  non  sapersi  nei 
BW¥ÌBWDti  «addetti  moderare  :  ma  il  male 
dell' iacontiDente  non  è  profonda  maUzia.  Ec- 
eo  pcfcké  alcuni  vizii  son  puniti  e  dentro  e 
Ibori  della  dantesca  città;  1'  avarizia  fàori , 
destro  la  simonia;  perchè  la  prima  è  incon- 
tiBtBte  deMerìo,  P  altra  è  malizia  più  nera. 
I  AffirtBtiie  dice  V  iflcoatinenza  esser  meno 


Con  le  quali  la  tua  Etica  pertratta 
Le  tre  disposizion  che  '1  ciel  non  vuole , 

28  Incontinenza ,  malizia ,  e  la  matta 
Bestialitadet  e  come  incontinenza 
MenDio  offende,  e  men  biasimo  accatta? 

29  Se  tu  riguardi  ben  questa  sentenza , 
£  rechiti  alla  mente  chi  son  quelli , 
Che  su  di  fuor  sostengon  penitenza, 

30  Tu  vedrai  ben  perchè  da  questi  telli 
Sien  dipartiti ,  e  perchè  men  cruciata 
La  divina  giustizia  gli  martelli. 

31  O  sol  che  sani  ogni  vista  turbata , 
Tu  mi  contenti  sì  quando  tu  solvi  ^ 
Che,Don  men  chesaver,dubbiarm'aggrata 

32  Ancora  un  poco  'ndietro  ti  revolvi , 
Diss*  io,  là  dove  di'  eh'  usura  offende 
La  divina  boutade;  e  1  groppo  svolvi. 

33  Filosofia ,  mi  disse,  a  chi  f  attende 
Nota ,  non  pure  in  una  sola  parte , 

della  malizia ,  perchè  di  quella  Puomo,  an- 
che neir  atto  del  mal  fare ,  in  certa  guisa  ar- 
rossisce 0  si  pente  ;  questa  gli  è  passata  in 
natura.  E  però  tra  V  incontinenza  e  la  mali- 
zia il  P.  pone  quasi  anello  queU' incontinen- 
za che  viene  da  incredulità  ;  e  collocando  gli 
eretici  tutti  a  pena. men  dura  de' frodolenti , 
poi  gli  scismatici  a  pena  più  grave  (  Inf. , 
XXVIU  ) ,  mostra  com'  egli  distinguesse  V  in- 
credulità personale  dalla  incredulità  seduttri- 
ce e  sconvolgitrice  de'  popoli.  Bestialità ,  se- 
condo il  greco  filosofo  ,   è  qualunque  vizio 
condotto  a  tale  eccesso  che  par  degno  di  ente 
irragionevole ,   che    perverte  e  degrada  P  u- 
mana  dignità:  Omnit  modum  superane  vtfio- 
sitas  et  amentia.  In  questo  sistema  tutti  quan- 
ti i  peccati  posson  passare  per  detti  tre  gra- 
di d' Incontinenza ,  malizia  ,  bestialità  ;  e  però 
Dante  a*  bestiaU  non  assegna  luogo  distinto  » 
ma  questi  insieme  co'maliziosi  colloca  dentro 
delle  mura  infocate.  Levando  a  queste  distin- 
zioni la  corteccia  scolastica  ,  resta  un  sucoo 
di  buona  e  teologica  filosofia.  Incontinenza  è 
la  corruzione  del  volere  ;  malizia  v'aggiunge 
la  perversione  deU' intelletto;  bestialità  P ope- 
razione distruggitrice  della  social  fede  e  uni- 
tà. —  Accatta.  Alberta  no  :  Accattare  odio* 

31.  Sol.  Inf.  ,1:0  degli  altri  poeti  .  •  . 
lume,  —  Solvi.  Assolutamente.  Crescenzio  : 
Dubitasi  porcKè  .  .  .  Solvisi  in  q%iesto  modo. 
—  AoGRATA.  Par. ,  XXilI  :  In  che  i  gravi  Uh 
bor  gH  sono  aggrati. 

3S.  SvoLvi.  inf. ,  X.  Solvetemi  quel  nodo. 

93.  Puma.  In  più  d*an  luogo.  Fisica  ed  Eti- 
ca d' Aristotele. 

IT 


180 


DELL'  INFERNO 


Come  natura  lo  suo  cono  prende 
3k    Dal  divino  'ntelletto  e  da  sua  arie. 
E,  se  tu  bevla  tua  Fisica  note. 
Tu  troverai  non  dopo  molte  carte  » 

35  Che  i*arte  vostra  quella ,  quanto puote, 
Segue,  cornei  maestro  fai  discente: 
SI  che  vostr'  arte  a  Dio  quasi  è  nepote. 

36  Da  queste  due ,  se  tu  ti  rechi  9  mente 
Lo  Genesi  dal  principio,  convietie 


Prender  sua  vita  e  avanzar  la  gente. 

37  E  perchè  V  usuriere  altra  vìa  tiene  * 
Per  se  natura  e  per  la  sua  seguace , 
Dispregia ,  poi  eh*  in  altro  pon  la  spene. 

38  Ma  seguimi  oramai,  chel  gir  mipiace; 
Che  i  Pesci  guizzan  su  per  l'orizzonta , 
E  1  Carro  tutto  sovra '1  coro  giace: 

39  E  *1  balzo  via  là  oltre  si  dismonta. 


34.  Abtb.  Arte  la  potenza,  intelletto  la  sa- 
pienza. —  Molte.  Lio.  II. 

36.  Quella.  Aristotel.  :  Ars  ìfiiìtafiir  fialu- 
ram  m  quantum  potest.  —  Discente.  L'osa 
anco  nei  Convivio.  —  Nepotb.  Tasso:  Eiun- 
do  V  arte  figliuola  della  natura ,  a  la  natura 
di  Dio ,  e  arte  di  euo  Dio  viene  ad  euere  in  1 
eerto  modo  nipote. 

36.  Gbnesì.  L'  accento  posa  sbU'  oli  imo  co- 
me in  Semiramkt  (lof.,  V).  Geo.,  II:  Potuit 
etim  in  Paradiio  ...  «I  operareiur  .  ,  ,  Jn 
eudore  vuUue  tut  weeerit  pane.  Dalla  oatara 
trae  11  vitto  i* agricoltura;  dall'arte,  le  indu- 
strie ed  il  commercio. 

37.  PoN .  L' Qsaraio  offende  la  natura  in  sé, 
e  poi  nell*  arte  seguace  di  lei,  volendo  che  il 
danaro  partorisca  senza  fatiche  danarose  ru- 
bando gli  altrui  sudori.  L'  argomento  non  è 
de*  più  diretti ,  ma  da  un  certo  lato  è  profon- 
do. E  U  dispregio  che  Dante  dimostra  degli 
usurai ,  e  la  compagnia  eh'  e' dà  loro,  prova- 
no ciò  eh'  è  confermato  daUe  memorie  del  se- 
colo ,  il  molto  male  che  faceva  a  que'  tempi 
y  usura. 


38.  Sbouiiii.  Sono  stati  fiBora  dietro  al  co- 
perchio. —  Obizzonta.  Alla  greca ,  come  Cair 
eanta.  {Int.,  XX).  Essendo  il  sole  in  Ariete» 
e  air  Ariete  precedono  i  Pesci  :  due  ore  dun- 
que mancavano  a  giorno.  Il  carro  di  Boole 
giaceva  sopra  quella  parte  donde  spira  Coro, 
vento  tra  ponente  e  maestro.  Se  il  Carro  che 
è  in  Leone  è  sopra  Coro»  dunque  il  Leone  era 
già  tramontato,  e  stava  per  tramontare  la  Tai^ 
gine. 

39.  Via  la.  Per  là:  modo  usato  anco  nella 
lingua  toscana  d'  oggigiorno.  Questa  eonelB- 
sione  somiglia  al  virgiliano  :  Hae  vice  eermo- 
num  roeeii  Aurora  qaadrigii  Jam  wudium  ae- 
tkerio  eunu  trajeeerat  axem  ;  Et  fore  omm 
daiwn  trahMtnt  per  talia  tempue  :  Sed  eomm 
admonuit ,  bretiterque  affata  Sibylla  ett  :  Nom 
ruit.  Aenea  ete.  Dante  passò  nella  selva  died 
ore  ;  entrò  nell'  Inferno  soli'  imbrunire  ;  nel 
cerchio  degli  avari  su  la  mezza  notte  ;  entra 
in  Dite  sull'alba.  Virgilio  lo  sa  per  calcolo, 
non  perchè  vegga  luce.  Il  primo  giorno  é  com- 
pito. 


131 


CANTO      XII. 


ARGOMENTO. 


Scendono  al  setiimo  cerchio  »  de*  violenti  :  e  7  primo  girone  è  de*  tiolenH  in 
aUrui.  Svila  scesa  sta  a  guardia  il  Minotauro:  i  violenti  sono  in  un  fumé  di 
sangue  hottente.  Il  Flegetonte  in  Virgilio  non  è  sangue  ma  fiamma.  Stanno  sepolti 
altri  fino  agli  occhi ,  altri  al  naso  ,  altri  con  soli  i  jnedt,  secondo  i  delitti.  I  Cen- 
Unm  saettano  chi  si  leva  più  su  del  dovere.  Il  f.  parla  a  Nesso  e  a  Chirone.  Nesso 
lo  porta  di  là  dal  fiume  ,  e  gli  mostra  UUun  de*  dannati. 

« 

L'  idet  della  roviDa,  quella  del  sangue  ehe  forse  gli  venne  dalla  storia  di  Tamirl ,  ac- 

•U  nel  Xll  del  Parg.,  e  molte  espressioni  potenti,  fan  bello  il  eanto. 

Nou  le  terzine  4,  8,  10,  14;  la  17  alla  S2;  la  24,  25,  28,  94,  35,  37,  42,  44. 


1  En  Io  loco  ove  a  scender  la  riva  (anco, 
Venimmo,  alpestro;  e,  per  fjuel  eh'  iv*  er* 
Tal,  eh'  ogni  vista  ne  sarebbe  schiva. 

2  .«Qiial  è  quella  mina,  che  nel  Ganco, 
Di  qua  da  Trento,  T  Adice  percosse 

O  per  tremuoto  o  per  sostegno  manco, 

3  Che  da  cima  del  monte  onde  si  mosse, 
Al  piano  è  si  la  roccia  discoscesa 

Ch*  alcuna  via  darebbe  a  chi  su  fosse; 
h    Coiai  di  quel  burrato  era  la  scesa  : 

1.  QusL.  Il  Minotanro. 

2.  NBL  FIANCO.  Virg.  :  Imfmlit  in  latus.  La 
fovina  di  Monte  Barco  presso  Rovereto  si  vede 
tottora-  L*  Adige  il  qaale  allora  correva  forse 
di  B,  scalzò  la  montagna  nel  fianco.  Altri  in- 
mde  la  rovina  della  Chiusa  presso  Rivoli  se- 
guita nel  1310  ;  e  lo  scoglio  allora  cadde  ap- 
pnalo  Dell'  Adige ,  e  lo  percosse.  Ma  io  in- 
tendo che  l' Adige  percotendo  il  macigno  lo 
•ealxasse.  Tanto  più  che  la  rovina  di  Monte 
Bueo  ha  aleuna  via  per  {scendere,  quella  del- 
la Chiosa  DO ,  almeno  adesso.  E  perchè  regga 
la  siroilitadine  col  borro  infernale  ,  qoalche 
▼il  ci  dev'essere;  e  V alcuna  della  terz.  seg.. 
Boa  può  significare  nessuna.  — -  0.  Virg.  :  Fé- 
ÌBlt  mantis  saseum  de  vertice  praeeeps  Quum 


E  'd  su  la  punta  della  rotta  lacca 
L' infamia  di  Greti  era  distesa, 

5  Che  fu  concetto  nella  falsa  vacca. 
E  quando  vide  noi  sé  stessa  morse. 
Si  come  quei  cui  V  ira  dentro  fiacca* 

6  Lo  savio  mio  inver  lui  gridò  :  forse 
Tu  credi  che  qui  sia  *1  duca  d' Atene, 
Che  su  nel  mondo  la  morte  ti  porse  ? 

7  Partiti ,  bestia  :  che  questi  non  viene 
Ammaestrato  dalla  tua  sorella; 

mtl  avulsum  vento ,  seu  tuHndus  imbw  Pro- 
luU ,  atU  annis  iolvit  sìiblavsa  vetustas. 

4.  Lacca.  China  formante  col  pian  sotto- 
posto OD  bacino.  La  punta  é  V  estremo  più 
alto.  Come  Plato ,  lo  trovano  dove  si  digror 
da.  Inf.,  VI.  —  Infamia.  Ovid.  (Fast.,I): 
AvsnHnae  timor  atque  infamia  sUvae.  Virg.: 
Vsneris  monumenia nefandae. — Creti  (Vili., 
1,6).  Cfsfa  dice  nel  e.  XlV.  Qoi  Crsfi  fa  il 
nomerò  più  soave.  —  Distesa.  Virg. ,  di  Cer- 
bero :  Toto^iia  ingens  extendiiur  antro. 

5.CoNCBTTO.F.Eccl.,Vl;Aen.,VI.— FuccA. 
La  forza  dell'ira  é  debolezza.  Inf.,  VII:  Con- 
imita  dentro  te  con  la  tua  rabbia. 

7.  SoftiiXA.  Arianna  ammaestrò  Teseo  ad 
aecidere  il  Minotauro  (Ov,,  Met.,  Vili  ). 


ià2 


DELL*  INFERNO 


Ma  vassi  per  veder  le  vostre  pene. 

8  Qaal  è  quel  toro,  che  ai  shccia  io  qaeDa 
Ch'Ila  rìcevnto  già  1  colpo  mortale, 
Che  gir  non  sa,  maquae  là  saltella; 

9  Vid'  io  Io  MiooUoro  far  cotale  : 

E  quegli  accorto,  gridò  :  corri  al  varco. 
Mentre  die  ò'ofuria,  èbuoDchetuticale. 

10  Cosi  prendemmo  via  giù  porlo  scarco 
Di  quelle  pietre,  che  spesso  moviensi 
Sotto  i  mie'  piedi ,  per  lo  nuovo  carco. 

11  Io  già  pensando  ;  equei  disse  :  tu  pensi 
Forse  a  questa  rovina,  eh'  è  guardata 
Da  queir  ira  bestiai  eh'  i'  ora  spensi. 

12  Or  vo'  che  sappi  che  V  altra  fiata 
Ch'  i'  discesi  quaggiù  nel  basso 'nfemo 
Questa  roccia  non  era  ancor  cascata. 

13  Ma  certo ,  doco  pria ,  se  ben  discemo. 
Che  venisse  Colui  che  la  gran  preda 
Levò  a  Dite  del  cerchio  superno, 

ih    Da  tutte  parti  i'  alta  valle  feda 
Tremò  si  eh'  i*  pensai  che  l' universo 


8.  Slaccia.  Virg.  :  QuaÌM  mugitut ,  fugii 
quum  iaucius  aram  Tauftu ,  et  ineertam  ea>- 
eutsit  cervice  securim, 

9.  Calb.  Virg.:  Occupai  Acneoi  aditum,.. 
JEvaditque  ceUr. 

10.  Scarco.  Scarico  chiamasi  In  Firenze 
quel  mucchio  di  sassi  e  di  terra  che  da  varìi 
Joughi  in  ano  s'ammonta. — Nuoto.  Le  om- 
bre non  movono  i  corpi.  Inf. ,  Vili  :  E  sol 
quand*  i*  fui  dentro ,  parve  carca.  Ov.  (  Met., 
IV  }  :  ingemuit  itmen. 

li.  Bbstial.  L'  ira  iDContinente  è  fkior  di 
Dite;  l'ira  bestiale  dentro,  li  Minotauro,  be- 
stia ,  figura  r  ira  bestiale  la  qaal  si  nutre  di 
carne  amena,  e  di  giovane  san^e. — Spensi. 
Hammentandogli  1*  origine  soa:  al  Minotauro 
rammenta  Teseo ,  a  Plato  Michele  ,  ai  dia- 
voli Teseo. 

12.  Ancob.  Virgilio  ci  scese  poco  dopo 
morto  (  Inf. ,  IX  )  ;  e  G.  C.  scese  al  Limbo 
meno  secolo  poi  (  Inf. ,  IV  ). 

13.  Colui.  Quando  Cristo  mori ,  terra  mota 
eit ,  §t  petrae  icissae  ttml ,  Et  monumenta  a- 
perta  sunt.  Il  solo  girone  de'  violenti  e  quel 
degli  ipocriti  sofferse  la  detta  ruioa ,  quasi  a 
significare  l'odio  che  il  mansueto  e  candido 
agnello  dimostrò  a  questi  due  sopra  tutti  i  vi- 
lli ,  e  le  due  cause  della  morte  di  lui  ;  ipo- 
crisia e  violenza.  Si  dirà  come  mai  Virgilio, 
che  dopo  la  morte  di  G.  G.  non  era  sceso  lag- 
giù ,  poteva  sapere  di  questo  ?  Virgilio  tvCfo 
seppe;  gli  è  U  mar  di  mtQ  'l  ifimv*  I 


Sentisse  amor  :  per  lo  quale  è  chi  eredi 

15  Più  volte  1  mondo  in  caos  converso* 
Ed  in  quel  punto  questa  vecchia  roccia 
Qui  e  altrove  tal  fece  riverso. 

16  Maficcagliocchiavalle;chòs'approccia 
La  riviera  del  sangue  in  la  qual  bolle 
Qual  che  per  violenza  in  altrui  neccia. 

17  Oh  cieca  cupidigia,  oh  ira  folle , 
Che  si  ci  sproni  nella  vita  corta , 
£  neir  eterna  poi  si  mal  c'immollo  1 

18  r  vidi  un'  ampia  fossa  in  arco  torta , 
Come  quella  che  tutto' 1  piano  abbracdat 
Secondo  eh'  avea  detto  fa  mia  scorta. 

19  E  tra'I  pièdella  ripa  ed  essa,in  traccia, 
Correan  Centauri  armati  di  saette 
Come  solean  nel  mondo  andare  a  caccia. 

20  Vedendoci  calar  ciascun  ristette  : 
E  della  schiera  tre  si  dipartirò 

Con  archi  e  asticciuole  prima  elette. 

21  E  r  un  gridò  da  lungi  :  a  qual  martiro 
Venite  voi  che  scendete  la  costa? 


14.  FEnA.  Fddità  per  sozzura  s*  usava  anco 
in  prosa.  —  Amor.  Opinione  d' Empedocle  » 
che  r  omogeneità  degli  atomi  fosse  amore  ;  i 
quali  tendendo  col  tempo  a  naov' ordine  ài 
cose  ,  producono  il  Caos.  Arist.  (  Pbja. ,  l; 
De  Anima ,  X  )  lo  combatte. 

15.  Caos  (Ov.,  Mei.,  1  ).  —  Altbovb  {ìjèL, 
XXIII  ,,XX1V  ).  Si  notino  gì*  iati  del  vetao , 
sonante'  mina. 

16.  A  VALLB.  In  giù.  Inf. ,  XX  :  Buman  a 
valU. 

17.  CiBCA.  Lucr.:  Cacca  cupido,  — Folli. 
Cic.  :  Ira  imitum  intaniae,  —  Spioni.  Virg» 
StimuUi  haud  moUibus  trae.  La  cupidigia  mo- 
ve i  tiranni  a  rapire  ,  V  ira  a  dare  la  morte. 

18.  In  arco.  Virg.:  Curwitui  in  arvtim.— 
Abbbaccia.  Molti  i  tiranni. 

19.  Ripa.  Tra  il  sasso  erto  e  tagliato  inlon- 
do  e  la  fossa  era  un  sentiero  pel  quale  i  Cen* 
tauri  correvano  saettando.  Molti  de' sentieri 
d'Inferno  il  P.  fa  strettissimi  (e.  X,  XXIU). 
M  Ceniauri  fgura  (  dice  il  Bocc.)  gii  «oaii» 
ni  dclt  arme  co'  quali  i  tiranni  tengono  U  «•- 
^fiofte  contro  a'  piaceri  de*  popoli.  Virgilio  1Ì 
pone  alle  porte  d' Inferno  ,  a  posare  :  sttèm 
tamt.  Meglio  metterli  in  caccia. 

30.  Elbttb.  Per  meglio  ferire.  Virg.  :  Ui 
celsoi  videre  ratu  . . .  Raptoqu§  vokii  salo 
c^us  ipse. 

21.  Lungi.  Virgilio  nel  luogo  stesso  :  A 
proeul  •  (umilio  :  Juvenes ,  quae  causa  mtk€- 
S^ì . .  IMta  (  Caronte  )  quoi  jasn  Mi  m 


CASTO    XU. 


133 


Ditel  costinci:  go  non,  Y  arco  Uro. 

2S  Lo  mio  maestro  disse:  la  risposta 
Farem  noi  a  Chiron  costà  di  presso. 
Hai  fu  la  voglia  tua  sempre  si  tosta. 

SKS    Poi  mi  tentò ,  e  disse  :  quegli  è  Nesso , 
Cbe  morì  per  la  bella  Deianira , 
E  fèdi  sé  la  vendetta  egli  stesso. 

Si    E  quei  di  mezzo  eh*  al  petto  si  mira , 
É  1  g;ran  Chirone,  il  quel  nudrì  Achille  : 
Qoell'  altr^  è  Fok)  che  fu  si  pien  d' ira. 

SS    D'intorno  al  fosso  vannoamilleamille, 
Saettando  quale  anima  si  svelle 
Del  sangue  più ,  che  sua  colpa  sortille. 

36  Noi  dappressammoaquelle  fiere  snelle. 
ChiroD  prese  uno  strale,  e ,  conia  cocca, 
Fece  la  barba  indietro  alle  mascelle. 

XT    Quando  s'ebbe  scoperta  la  gran  bocca, 
Biase  a'  compagni:  siete  voi  accorti 
Cbeqoeldirietromuoveciò  ch*e*tocca? 

IB  Goisi  non  soglion  fare  i  pie  de*  morti. 
E1  mio  buon  duca  che  gii  gli  era  al  petto 
Ore  le  duo  nature  son  consorti. 


Ay^ia  pfoqMBìi  db  unda  Ptr  taeitum  nBtnm 
ira,  p^dmtiqim  adverten  ripae,  Sic  prior  ag- 
$nldùmr  àieiit,  aique  inerepat  uUro  :  QuUquii 
m  p  armatm  qui  nostra  ad  flumina  tmdit , 
009  qmid  oemoi;  jam  utine  et  eomprì" 


Di.  NoTellino ,  LX  :  JIft  foue  tanto  di 
miao.  SI  Tolge  al  maggiore  dei  ire,  al  meo 
IMoeo.  —  Mal.  Caro  a  te  costa  essere  tanto 
«vecipitoso  a  volere  :  come  cpiando  rolesti  Pe- 
nìa (  Or. ,  Met. ,  IX  ).  Nesso  si  Tendicò  , 
alla  donna  la  veste  intrisa  deirtvvele- 
sao  sangue. 
Si.  HmA.  Pensoso,  come  dotto.  Di  Chiro- 
▼edi  Suz.  (  Ach. ,  1!  ].  —  CamoNB.  Ott.: 
ffi  arme  a  iavio  in  medicina.  —  Polo. 
b Banina  Stazio  (  Th.,  Ili  );  e  Vlrg.  (G.,  II) , 
m  i  ftiribondi  Centauri  :  e  V  epiteto  fwtntei 
aoaae  forte  il  P.  a  porre  i  Centaori  saettatori 
^rUraanie  de* ladri.  Altri  si  lagna  che  l'aio 
#AcàiUe  aia  messo  all'Inferno;  ma  Virgilio 
aackr  egli  vi  mette  I  Centaari ,  senza  eccet- 
aHrGUrone;  altri 'l  facevano  aasonto  in  cielo. 
7alo  era  di  quelli  che  tentarono  il  ratto  d'Ip- 
tadamia  (  Ov.,  MeL,  XXII  ).  In  Nesso  é  fi- 
MaCa  la  evpldlgia  violenta ,  in  Polo  il  tìo- 
iMa  ftirore.  Boezio  nomina  i  Centaari  e  li 
étea  domati  da  Ereole. 
Si.  CoiPA.  È  primo  caso,  lofi^ue  quarto. — 
Socie  non  è  sempre  caw.  Yirg.  : 


29  Rispose  :  ben  è  vivo  :  e  si  soletto 
Mostrargli  mi  conviea  la  valle  buia. 
Necessita  1  e*  induce,  e  non  diletto^ 

30  Tal  si  parti  da  cantare  alleluia , 
Che  ne  commise  quest*  ufficio  nuovo. 
Non  è  ladron ,  né  io  anima  fuia. 

31  Ma ,  per  quella  virtù  per  cu'  io  muovo 
Li  passi  miei  per  si  selvaggia  strada, 
Danneunde'tuoi,  a  cui  noi  siamoapniovo, 

32  Cbe  ne  dimostri  là  ove  si  guada , 
E  che  porti  costui  in  su  la  groppa , 
Che  non  è  spirto  che  per  1*  aer  vada. 

33  Chiron  si  volse  in  su  la  destra  poppa , 
E  disse  a  Nesso  :  toma ,  e  si  gli  guida  : 
E  fa  causar ,  s*  altra  schiera  v'  intonpa. 

34  Noi  ci  movemmo  con  la  scorta  uda 
Lungo  la  proda  del  boUor  vermi^io 
Ove  i  bolliti  facéno  alte  strida. 

35  r  vidi  gente  sotto  infino  al  ci^io: 

E  '1  gran  Centauro  disse:  £i  son  tiranni. 
Che  diér  nel  sangue  e  nell'aver  di  piglio. 

36  Quivi  si  piangon  gli  spietati  danni. 


Laborem  sortiti.  La  Bibbia:  Sortitui  sum  ani- 
fiumi  bonatn, 
26.  Fkcb.  Per  parlare  più  libero. 

28.  Petto.  Non  gli  arrivava  più  sa  :  tanto 
Chirone  era  grande. — Natubb.  Lucr.  chiama 
i  Centaari  duplici  natura,  et  corpore  bino» — 
Consorti.  Stephen.:  Coneortes,  quorum  (nei 
contigui  lunf. 

29.  Induce.  Per  escir  de* mali  morali,  era 
necessaria  la  meditazione  delle  cose  immoi^ 
tali.  Parg. ,  I  :  Non  e*  era  altra  via  Che  questa,. 

30.  Alliluia.  Apoc.  :  Aìidivi  quasi  voeem,,> 
aquarum  muUarum  . . .  dicentium  alleluia.  — 
Nuovo.  La  filosofia  naturale  e  politica  non  ta 
mai  posta  finora  cosi  direttamente  come  grado 
alla  diTina. — Fuia.  Ladra  ;  da /Ur.  Nicc.  Sol- 
danieri  chiama  la  fina,  la  volpe.  Altri  intende 
fiiia  per  nera. 

31.  SxLVAGGU.  Ogni  male ,  ogni  errote 
Dante  figura  nell'idea  della  selva.— Pauovo: 
iVopa.  Ci  stia  accosto  e  ci  guidi,  Voce  viva, 
dicono ,  In  Lombardia.  Da  prope  i  Lat.  fae»* 
van  propitius. 

33.  Poppa.  Boce.,  parlando  d' nomo  (Tea., 
II!  )  ;  Si  volse  in  su  la  poppa  manca.  —  Iv- 
toppa.  Perché ,  D*  intorno  al  fosso  vafmo  a 
nUUe  a  mille.  Intoppare  col  quarto  caso  vite 
io  Toscana. 

36.  ALBSSANDno.  Nel  CoQv. ,  è  lodato  par 
la  liberalità,  non  per  aiuti.  Disiraase  Tebe;, 


m 


DELL'  INFERNO 


Quiv*  ò  Alessandro ,  e  Dionisio  fero 
Che  fé  Cicilia  aver  dolorosi  anni: 

37  E  quella  fronte  eh'  ha  1  pel  cosi  nero 
%  Azzolino:  e  queir  altro  cu  è  biondo, 
È  Obizzo  daEsti  il  qual,  per  vero, 

38  Fu  spento  dal  figliastro  su  nel  mondo. 
Allor  mi  volsi  al  poeta,  e  quei  disse: 
Questi  ti  fia  or  primo,  ed  io  secondo. 

39  Poco  più  oltre,  1  Centauro  s'affisse 
SovT*  una  gente  che  'nfino  alla  gola 
Parca  che  di  quel  bulicame  uscisse. 

40  Mostrocci  un'ombra  dall'  un  canto  sola. 
Dicendo:  colui  fesse  in  grembo  a  Dio 
Lo  cuor  che  'n  su  Tamigi  ancor  si  cola. 


uccise  i  prigioni  d!  Persia ,  e  Menandro , 
Efestione,  GalHstene ,  Clito.  Altri  totende 
Alessandro  di  Fera  atrocissimo ,  che  vestirà 
di  peUi  gli  aomioi  per  farli  maogiare  a' suoi 
c«ni.  Alessandro  il  Macedone,  contro  cui  de- 
clama Lucano  ,  molto  studiato  dal  nostro  P. 
lo  chiama  f$Ux  praedo.  Di  Dionisio  il  P.  tro- 
vava menzione  in  s.  Agostino  e  in  Boezio.  Due 
sono  i  Dionisii  ;  e  due  gli  Alessandri.  Celebri 
i  sospetti  tirannici  di  Dionisio  ,  e  la  One  di 
lui.  —  Cicilia.  Per  SiciUa  dice  il  Boccaccio 
sempre. 

XT.  AZZ0LI50.  Ezzelino  di  Romano  morto 
nel  1160 ,  al  quale  accenna  nel  IX  del  Par., 
non  avea  fuor  del  sangue  se  non  la  fronte  , 
segno  di  efferata  tirannide.  Azzolino  lo  chia- 
mano anco  le  Cento  Nov.  —  Esti.  Soffocato 
dal  Gglio  ,  guelfo  rabbioso  ,  crudele,  rapace. 
Costui  fece  lega  con  Cario  d' Angiò  nella  con- 
quista di  Napoli  ;  onde  fu  compUce  alla  rovi* 
na  aveva.  Fu  fatto ,  dice  il  Bocc. .  per  la  chie- 
sa marchese  della  Marca  d' Ancona  :  nella  qua- 
le fece  un  gran  tesoro ,  e  con  quello ,  e  con 
r  aiuto  de'  suoi  amici,  occupò  la  città  di  Fer- 
rara ,  e  cacciò  di  quella  la  famiglia  de'  Vin- 
ciguerra con  altri  seguaci  di  parte  imperiale. 
Ma  perchè  tal  delitto  pare  incredibile,  Dante 
lo  chiama  figliastro  ,  e  dice  per  vero ,  perché 
ne  correva  incerta  la  voce.  BtH  per  Ette  è  in 
G.  Villani. 

38.  Mondo.  Dante  vuol  indicare ,  che  la  vi- 
ta del  corpo  gli  fa  tofta  dal  figlio ,  quella  del- 
l'anima  e*  se  la  tolse  da  sé.  Onde  nell'inf.,  I: 
La  eeconda  morte.  «^  Volsi.  Dante  aborriva 
negli  Estensi  il  seme  guelfo  :  e  per^  volgesi 
a  Virgilio  in  atto  d' Ironica  maraviglia.  Dove 
tratUsi  di  delitti,  Virgilio  non  parla;  lascia 
dire  i  dannali. 

30.  S' AFFISSA*  Perii  fermò f  è  nel XXXIII. 


kl    Po' vidi  genti  che  di  fioor  del  rfa^  ' 
Tenean  la  testa ,  e  ancor  tallo  1  casso; 
E  di  costoro  assai  ricoDobb'  k>* 

hi    Cosi  a  più  a  più  si  facea  baw> 
Quel  sangue ,  si ,  ohe  coprìa  par  li  piedi: 
E  quivi  fu  del  foaso  il  nostro  passo» 

43  Si  come  to  da  questa  parte  vedi 
Lo  bulicame  che  sempre  si  scema. 
Disse  1  Centauro ,  voglio  che  tu  credi 

a    Che  da  quest'  altr*  a  piùapiùgiùpcema 
Lo  fondo  suo,  infin  eh'  ei  si  raggioiige . 
Ove  la  tirannia  convien  che  geoia» 

65  La  divina  giustizia  di  qua  punge 
Quell'Attila  che  fu  flagello  in  terra» 


del  Pnrg.  —  Gsntb.  Fin  qui  i  tiranni  ;  ora 
vengono  gli  omicidi ,  men  fitti  nel  sangue.  — 
BuLiGAMB.  Cosi  dicevasi  nn'  acqua  termale  a 
Viterbo  (  inf. ,  XIV  ). 

40.  Sola.  Per  1'  enormità  del  delitto.  Nei 
IV ,  fa  solo  il  Saladino  per  la  singolarità  dalr 
r  uomo.  —  Fbssb.  Nel  1270  Guido  di  Mott- 
forte,  vicario  di  Carlo  d*  Angiò  »  in  Viterbo, 
nell'  atto  dell*  elevazione  dell'  Ostia  ,  uccise  di 
una  stoccata  nel  cuore  Arrigo  figliuol  di  Eie- 
cardo  conte  di  Corno  vaglia  {divoto  e  huongkh 
vine ,  dice  il  Bocc.  ;  semplice  e  mannulo  • 
angelico  ,  dice  V  Ott.  )  »  per  vendicare  suo  psr 
dre  cbe  nella  battaglia  d*  Evegham ,  il  19w, 
combattendo  contro  Enrico  111 ,  fratel  di  Ric- 
cardo ,  fu  ucciso  e  il  cadavere  strascinato  nd 
fango.  Cosi  fece  Guido  ad  Arrigo:  ucciso  (di« 
cesi  con  assenso  di  Carlo  d' Angiò  )  lo  stra- 
scinò fuor  di  chiesa.  11  cuore  di  luì  tu  por- 
tato a  Londra  ,  e  posto  in  un  calice  d' oro  in 
man  d'una  statua  sul  Tamigi  :  nella  veste  d«lla 
statua  è  scritto:  Cor  gladio  sciuum  do  cui  M»> 
ianguineus  tum  (  Vili.  ,  VII  ,  40  ).  —  Cola. 
Cola  sangue  ,  e  grida  vendetta  ;  come  il  saor 
gue  d' Abele  nella  Genesi. 

42.  Passo.  Nesso  lo  prende  in  groppa.  Vir- 
gilio a  guado  ,  o  per  l*  aria.  Nesso  anco  nel 
mondo  fece  V  uffizio  di  portare.  Ovid.  :  iVaa- 
tu$  adit  f  memhriiiiue  vcdem  icilta^ua  vadi^ 
rum.  Nel  sangue  basso  giacciono  i  rei  di  fla- 
rite»  d'estorsioni. 

44.  Prema.  Quanto  il  fondo  èpi&  gi&,  tanta 
U  sangue  è  pia  alto. 

45  Piero.  Epirota  ;  assalitore  prima  de^So» 
mani ,  poi  de' Greci  ;  o  il  Neottolemo  iùfesla 
a'Troiani  (  Vlrg. ,  II,  III),  il  quale  foce  soa 
donna  Andromaca  ,  sebbene  sposo  ad  Ermlo- 
ne  (  Isidor. ,  Etym. ,  X,  IV ,  citato  da  an 
contemporaneo  di  Dante).  Però  doppiameala 


CANTO    XU. 


185 


Pirro  ,  e  Sesto  :  ed  in  eterno  munge 

fc6  La  lagrime ,  che  col  boiler  disserra, 

A  Binìer  da  Cometo,  a  Rinier  Pazzo, 


TìHcsio  e  tiranno. —  Sisto.  Figliaol  di  Tar- 
qidDio  ;  o  il  figliaol  di  Pompeo.  Lacan.  :  Pro- 
te  mSgma  parmUe  . .  .  PoUuit  aequareoi  ftoti- 
km  finta  triumphoi.  Di  lai  Orazio.  — MuN- 
a.  Preme  a  forza.  Parg. ,  Xlll  :  Psr  ^It  oc- 
éki  fm  di  $raive  dolor  munto.  Il  sangue  bol- 
lale allarca  qaasi  il  varco  alle  lagrime  :  il 
pào  le  strilla  (Inf.,  XXXII  ). 


Che  fecero  alle  strade  tanta  guerra. 
VI    Poi  si  rivolse,  e  ripassossil  guazzo. 


46  GoKNiTO.  Assassino  alla  spiagffia  marit- 
tima di  Roma.  ~  Pazzo.  De'Pazri  di  Valdar- 
no  ,  famiglia  nominala  anco  nel  XIÒUI  del- 
l'Inferno.  D'accordo  con  Federigo  lle'rnba- 
Ta  i  preiati  di  Roma  ,  circa  il  1228  ;  ond'eb- 
be  scomnnica,  è  contro  lui  e'saoi  flaron  da- 
te leggi  in  Firenze  ,  Da  Attila  a  Sesto,  tiran- 
ni ;  da  Sesto  a'  Einieri ,  predatori. 


186 


DfiLL'  INFERNO 


CANTO    xni. 


ARGOMENTO. 

Nel  secondo  girone  de*  violenti  penano  i  emeidi  j  tratformati  in  aspri  tronchi 
sensQnli ,  come  U  corpo  di  Polidoro  in  Virgilio.  Le  Arpie  li  divorano  >  come  in 
Virg.  r  avoltoio  divora  il  cuore  di  Tizio,  E  le  Arpie  da  Yirg.  son  poste  sulla  «o- 
glia  (f  Inferno.  Il  P.  trova  il  celebre  Pier  delle  Vigne  ,  secretario  di  Federigo  II. 
Poi  rincontrano  anime  nude  inseguite  da  nere  cagfU  che  vanno  per  lacerarli^  e  sono 
t  prodighi  che  disperati  si  uccisero  o  si  lasciaron  morire ,  prodighi  bestiali  no» 
cfie  isìcontinenti. 

Canto  pieno  di  vita  e  di  varietà,  perchè  storico  la  miglior  parte. 

Rota  le  terzine  1,  2,  5,  8»  9,  12,  14,  16,  19,  22;  la  24  alla  27;  31;  U  33  alte  48. 


1  Non  era  ancor  di  là  Nesso  arrivato 

guando  noi  ci  mettemmo  |>er  un  bosco 
de  da  nessun  sentiero  era  segnato. 

2  Non  frondi  verdi  ma  di  color  fosco, 
Non  rami  schietti  ma  nodosi  e  'nvolti; 
Non  pomi  v*cran  ma  stecchi  con  tosco. 

3  Non  han  si  aspri  sterpi  né  si  folti 
Quelle  Cere  selvagge  che  'n  odio  hanno. 
Tra  Cecina  e  Corneto,  i  luoghi  colti. 

k    Quivi  le  brutte  Arpie  lor  nido  fanno 
Che  cacciar  delle  Strofade  i  Troiani 
Con  tristo  annunzio  di  futuro  danno. 

1.  LÀ.  Dal  guado  sanguigno. 

3.  ScniBTTi.  Poliz.:  L*  abeto  schietto  e  ten- 
ta nocchi.  —  Pomi.  Per  frotte  in  geocrc ,  ò 
nel  e.  XVI. —  Steccui.  Virgilio,  del  cespu- 
glio di  Polidoro  :    Dentit  hastilìbus  horruia, 

3.  CoRSEETO.  Fra  gli  stati  del  Papa  e  la 
Toscana.  Fino  a'  dì  nostri  fu  luogo  palustre. 

4.  Bbdttb.  Virg.  :  Obicen(U»»,volvcres,'— 
Strofasi  ( Aen. ,  Hi). — Annunzio.  Ibiiis  Ita- 
liam  ,  portusque  tnlrora  licehit  :  Sed  non  ante 
datam  eingetii  moenibus  urbem ,  Quam  voi 
diro  fames . . .  Àmhesat  euhigat  maUs  abeume' 
n  tneriKU. 

tt.  Lati.  Virg.  :  Magnie  ^tmliiifiZ  clanyori- 
hus  aUu.  —  UiiANi.  Virg.:  Virginei  volucrum 
DuUttf.  —  Aetmu.  Virg.  :  Pedibus,,  .uneit,,. 
Vtìcasque  mamtt,  —  Vesiuib.  Virg.  ;  Faedis- 
9ima  ventrie  Proìuviee,  —  Lamenti.  Virg.  : 
Vom  Mrum  dira  inter  odorsm.^'^jmAm,  Lu- 


8 


Ale  hanno  late,  e  colli  e  visi  umani. 
Piò  con  artigli,  e  pennuto  '1  gran  ventre. 
Fanno  lamenti  in  su  gli  alberi  strani. 

E1  buon  maestro:  prima  che  più  entre, 
Sappi  che  se' nel  secondo  girone, 
Mi  cominciò  a  dire:  e  sarai  mentre 

Che  tu  verrai  neirorribil  sabbioDe. 
Però  riguarda  bene  ;  e  si  vedrai 
Cose,  che  torrien  fede  al  mio  sermoiie. 

r  sentia  d*ogni  parte  tragger  guai, 
E  non  vedéa  persona  che  1  facesse: 
Perch'  io  tutto  smarrito  m*  arrestai. 


cano  le  chiama  cani  volanti.  Nel  300  sapeva- 
no la  greca  etimologia  della  voce  ;  e  V  Anoni- 
mo ined.  che  la  dichiara  ,  dice  :  Li  oùn  e  H 
peccati  sono  prefigurati  per  li  tiranni  e  per 
U  fere. 

6.  Mentri.  Finché.  Par.,  XVil:  Mssiftre 
che  tomi, 

7.  ToRRiBN.  Più  sotto  :  S'egli  avesee  poSm^ 
to  creder  prima ,  ee.  I  suicidi  sono  incaree-' 
rati  in  un  tronco  ,  perchè ,  avendo  gittata  vm 
la  spoglia  mortale  ,  non  meritano  riaverla.  Chi 
si  priva  della  vita  sensitiva  ,  avrà  solala Te- 
getante.  S.  Bernardo  :  Homo  absque  grati» , 
est  ut  arhor  ntvestri*  ferens  fruetum ,  guibmg 
pord  infemales,  ^'Harpyiae  pascuntur,  Danto 
conosceva  questo  passo,  perchè  suo  figlio 
lo  cita. 

8.  Arrestai.  Virg.,  VI:  Constitit Àeneas, 
strepUumque  e^erritus  hausit. 


CANTO    XIU. 


181 


9  I*  credo  cb'ei  credette  ch'io  credesse. 
Che  tante  Yod  uscisser  tra  que'  broDchi 
l)a  gente  che  per  noi  si  nascondesse. 

10  Però  disse  1  maestro:  se  tu  tronchi 
Qualche  fraschetta  d*  una  d*este  piante, 
Li  pensier  t^h'hai  si  faran  tutti  monchi. 

11  Alior  porsi  la  mano  un  poco  avante 
E  colsi  un  ramuscei  da  un  gran  pruno, 
£1  tronco  suo  gridò:  perchè  mi  schiante? 

12  Da  che  fatto  fu  poi  di  sangue  bruno, 
Ricominciò  a  gridar;  perchè  mi  scerpi^ 
Non  hai  tu  spirto  di  piotate  alcuno? 

13  Uomini  fummo»  ed  or  sem  fatti  sterpi. 
Beo  dovrebb*  esser  la  tua  man  più  pia 
Se  state  fossim'  anime  di  serpi. 

1^    Come  d' un  stizzo  verde  eh'  arso  sia 
Dall' un  de*capi ,  che  dall'  altro  geme , 
E  cigola  per  vento  che  va  via  ; 

15    Cosi  di  quella  scheggia  usciva  insieme 
Parole  e  sangue:  ondT  lasciai  la  cima 
Cadere,  e  stetti  come  T  uom  che  teme. 


9.  CmBiBssB.  Sacchetti:  Jo  ovsìh.  Ariosto, 
ÌX  :  r  eredao ,  a  «risciò ,  e  endw  ondo  il  va- 
ro. Peir.  :  Cndo  ben  eke  tu  ondi. 

10.  Pkascutta.  Virg.  :  LuUum  convelU- 
n  vimMu 

11.  SghuxtbT  Virg.  :  Gimitui  lacrymabi- 
Ut  iwut  Audiimr  tumulo ,  et  vox  reddita  fertur 
ad  auree:  Quid  miterum.  Aenea,  lacerai? 

12.  Bacno.  Virg.  :  l^am  ftioe  prima  iolo 
ntptìi  radieibue  athos  VelUtur ,  huic  atro  U- 
'piemiur  eanguine  guttae ,  Et  terram  tabo  ma- 
cmiamt,  —  Spirto.  Bocc.  :  Se  in  lui  fia  tpiri- 
te  di  pietà  alcuno, 

13.  Uomini.  Virg.  :  Aut  eruor  hie  de  itipi- 
te  weanai,  —  Fu.  Virg.  :  Farce  piat  tcelerare 

L  —  Sbbpi.   S.  Loc  :   Genimina   vipe- 


14.  CoMs.  Questa  similitadine  accenna  un 
passo  di  Aristot.  (Meteor). 

15.  ScHB€6u.  Virg.:  AteretàUeriutsequù 
tur  de  eortice  eanguie.  —  Comb.  Modo  che 
ranmenta  i  Tirgiiiaoi:  eimilii  tenenti,  implo- 
ramMi,  lakorantù 

Ift-  Rima.  Per  parola ,  come  nel  e.  VII  me- 
tro per  grido.  Altri  intende  del  I.  lU  dell'£- 


tO.  Chuvi.  Vetr.  :  Del  mio  cor  »  donna , 
tuma  •  Vailra  chiane  Avete  tn  mano.  Par.: 
A  cui,  come  Ma  morte  ,  La  porta  del  pia- 
«ar  MMiiii»  diisemi.  Aprivo  il  cuor  di  lui  al 
valere  t  al  disvolere.  —  Soavi.  Int ,  XIX: 


16  S*  egli  avesse  potuto  creder  prima» 
Rispose  1  savio  mio»  anima  lesa, 

Ciò  eh'  ha  veduto  pur  con  la  mia  rima; 

17  Non  averebbe  in  te  la  man  distesa  : 
Ma  la  cosa  incredibile  mi  fece 
Indurlo  ad  ovra  »  eh' a  me  stesso  pesa. 

18  Ma  dilli  chi  tu  fosti ,  si  chen  vece 
D*  alcuna  ammenda  tua  fama  rinfreschi 
Nel  mondo  su,  dove  tornar  gli  lece. 

19  E  '1  tronco:  si  col  dolce  dir  m'adeschi 
Ch*i'  non  posso  tacere:  e  voi  non  gravi 
Perch'io  un  poco  a  ragionar  m'inveschi. 

20  r  son  colui  che  tenni  ambo  le  chiavi 
Del  cuor  di  Federigo,  e  che  le  volsi, 
Serrando  e  disserrando,  si  soavi 

21  Che  dal  segretosuoquasi  ogni  uomtolsi. 
Fede  portai  al  glorioso  uilizio, 

Tanto  eh'  i'  ne  perdei  i  sonni  e  i  polsi. 

22  La  meretrice  che  mai  dair  ospizio 
Di  Cesare  non  torse  gli  occhi  putti» 
Morte  comune  e  delle  corti  vizio. 


Soavemente  tpose  U  earco.  Ottimo  per  la  vir- 
tù, e  matiimamente  per  lo  tuo  beUo  dittare, 
fu  tanto  eccellente  eomigliere  appo  Vimp.  Fe- 
derigo ,  che  per  euo  operamento  e  eontigUo 
tolo,  quaei  tutte  le  cote  ch'erano  per  lo  im- 
pero $i  governavano. 

21.  PuDBi.  Prima  la  pace,  poscia  la  vita. 
Inf.,  I:  Fa  tremar  le  vene  e  i  polsi. 

22.  Hbretbicb.  Invidia.  Seneca:  Sìmulista 
mundi  conditor  potuit  Deus  »  Odium  atque  re- 
gnum. — Putti.  Questo  passo  aiuta  a  spiegare 
io  etnlpo  del  e.  Vii.  L*  invidia  diabolica,  ca- 
gione de'  nostri  mali ,  è  stupro  tentato  contro 
Dio.  —  MoBTB.  L'invidia  ,  meretrice  e  morte 
comune  »  nel  primo  dell'  Inf.  ,  move  dagli 
abissi  la  lupa  (avarizia)  »  la  quale  impedisce 
ed  uccide.  Lo  accusarono  i  cortigiani  dell'a- 
vere tradito  il  secreto  alla  chiesa  di  Roma. 
Ottimo  :  jR»r  lo  contiglio  di  costui  V  imp.  eb- 
be sospetto  Enrico  tuo  primogenito ,  t7  quale 
élU  aivea  fatto  re  d^la  Magna  ,  e  temendo  che 
non  traditte  la  corona ,  lo  mandò  preso  in 
Puglia  »  nel  quale  luogo  U  detto  Enrico  alla 
tua  vita  impote  fine ,  onde  lo  imp.  molto  ad- 
dolorò,  ticcome  eUi  mottra  in  quella  che  co- 
mincia: Misericordia  pii  patria...  E  eredeti 
che  per  quetto  trovaste  cagione  sopra  'I  detto 
Fiero  »  che  lui  medesimo  a  istanza  del  paj  a 
alette  fatta  una  lettera  eofStro  a  quella  che 
lo  toip.  ovea  fatta  alU  principi  crittiani. 

18 


\38 


D  E  L  U   INFERNO 


23  Infiammò  contra  me  gli  animi  tutti; 
E  gV  inriammati  infiammar  si  Augusto 
Che  i  lieti  onor  tornàro  in  tristi  lutti. 

ìi    V  animo  mio  per  disdegnoso  gusto, 
Credendo  col  morir  fuggir  disdegno, 
Ingiusto  fece  me  contra  me  giusto. 

25  Per  le  nuove  radici  d*  esto  legno 
Vi  giuro  che  giammai  non  ruppi  fede 
Al  mio  signor  che  fu  d' onor  si  degno. 

26  E  se  di  voi  alcun  nel  mondo  riede. 
Conforti  la  memoria  mia,  che  giace 
Ancor  del  colpo  che*nvidia  le  diede. 

27  Un  poco  attese,  e  poi:  da  ch'ei  si  tace, 
Disse  1  poeta  a  me,  non  perder  V  ora, 
Ma  parla,  e  chiedi  a  lui  se  più  ti  piace. 

28  Ond'  io  a  lui  :  dimandai  tu  ancora 
Di  quel  che  credi  eh' a  me  soddisfaccia: 
Ch*  i*  non  potrei  :  tanta  pietà  m' accora. 

29  Però  ricominciò  :  se  V  uom  ti  faccia 
Liberamente  ciò  che  'I  tuo  dir  pregf , 


23.  INFUMMAR.  L' accasarono  oltracciò  d'a- 
varizia e  d' ambiiione  :  onde  Federigo  lo  fe- 
ce accecare  e  chiadere  in  carcere  ,  dove  nel 
1249  s' accise ,  dando  del  capo  nel  maro.  Del 
resto  se  vere  non  erano  qaelle  accuse ,  era  ben 
vero  che  Pietro  aveva  condotto  Federigo  a  in- 
flerìre  contro  Enrico  suo  figlio,  e  carcerando- 
lo condarlo  al  saicidio  ;  onde  il  padre  prestò 
facile  credenza  alle  cortigiane  calunnie.  Di 
Pier  delle  Vigne  son  le  lettere  scrìtte  in  nome 
d  1  Federigo  ;  abbiamo  suoi  versi  italiani,  me- 
diocri ,  citati  da  Dante  ;  abbiamo  aa'  invet- 
tiva contro  il  papa  in  rima  latina.  Era  di  Ca- 
paa.  Né  a  lui  deve  imputarsi  il  libro  :  De  tri- 
bui  impottofibui,  —  ToknIro.  In  una  cani, 
siciliana  citata  da  Dante  :  Voitro  orgoglian 
dunque  e  vostra  altetta  . . .  f  omino  in  òocmi- 
sa.  V.  S.  Padrì  :  Iljnanto  di  Gùdiana  futor- 
nato  in  grande  letista. 

24.  DisDBGNoso.  Horat.  :  Fastidiota  trietii 
aegrimonia, —  Giusto.  Per  l' amaro  piacere  che 
Ispira  la  soddisfazione  d' un  fiero  disdegno, 
a  fine  di  liberarmi  dal  peso  dell'  Ira  che  mi 
aggravava  ,  fui  ingiusto  e  violento  contro  me 
stesso  eh'  ero  pure  innocente  delle  appostemi 
colpe.  Virg.:  Siòt  letumlmontespeperere  manu. 

25.  Nuoti.  Correvano  cinquanta  anni  da 
che  Piero  era  morto.  —  Legno.  Giura  per  la 
nuova  veste  ,  come  per  la  proprìa  sua  vita.— 
Onor.  Pure  il  P.  lo  caccia  tra  gl'increduli 
nelle  fiamme.  Federico  era  degno  d'onore ^o- 
me  amico  delle  lettere,  com'uomo  di  valore 
e  di  senno  p  e  ghibellino  ardente  :  ma  Dante 


Spirito  incarcerato,  ancor  ti  piaccia 

30  Di  dime  come  V  anima  si  lega 

In  questi  nocchi:  e  dinne,  se  ta  puoi, 
S' alcuna  mai  da  lai  membra  si  spi^. 

31  Allor  soffiò  lo  tronco,  forte;  e  poi 
Si  converti  quel  vento  in  cotal  voce:    . 
Brevemente  sarà  risposto  a  voi. 

32  Quando  si  parte  \  anima  feroce 
Dal  corpo  ond  ella  stessa  s'è  disvelta, 
Minòs  la  manda  alla  settima  foce. 

33  Cade  in  lasciva,  enon  V  è  parte  scelta; 
Mala  dove  fortuna  la  balestra, 

Quivi  germoglia,  come  gran  di  spelta. 
3b  Surge  in  vermena ,  ed  in  pianta  suveslra. 
L* Arpie,  nascendo  poi  delle  sue  foglie. 
Fanno  dolore ,  e  al  dolor  finestra. 

35  G>meraltre,  verrem  per  nostre  spoglie; 
Ha  non  però  eh'  alcuna  sen  rivesta  : 
Che  non  ègiustoaverciòch'uom  si  togjlie. 

36  Qui  le  strascineremo  :  e  per  la  mesta 


doveva  dannare  le  empietà  di  lui,  e  la 
risponderne  col  nemico  di  tutta  Europa ,  Il 
Soldano.  Caetar  amor  lègum ,  di  lai  dioe?a- 
no  gli  nomini  del  suo  tempo.  E  nel  Coorifio 
lo  chiama  1'  ultimo  imp.  de'  Romani ,  petoM 
tali  non  gli  parevano  né  Ridolfo ,  né  AMfo, 
né  Alberto  :  e  Arrigo  VII  non  era  ancora.  Lo 
loda  poi  come  (oico  e  c^erieo  grand$, 

27.  Osa.  Modo  antico ,  e  de' Oraci.  AroM^ 
nino  :  in  que*  fuochi  ttanno  per  gronde  of«. 

S9.  Uom.  Non  ombra.  Inf. ,  l:  Od  omkm 
od  uomo,  —  LiBKRAMENTK.  Gott  HlMrala  voc- 
iente. Virg.  :  TeUu*  Omnia  Uberiue,  tmUopo- 
teenfa,  ferebat.  Novellino ,  XIX:  Delta  grtak- 
de  libertà  e  cortesia  del  re  giowine. 

31.  Brkvkvbntb.  Delle  proprie  sventata 
s'Invesca  a  ragionare;  del  soppiiilo»  breva. 

3S.  FnocB.  Crudele  in  sé.  Vlrg.:  Imimm 
€ue  peroii  Prtriecere  animas,  —  Foca.  Virg.  : 
Faueibus  Orci.  Ogni  cerchio  è  come  bocca  cha 
inghiotte  e  divora,  dirà  nel  XXXI. 

83.  ScKLTA.  GIttaron  la  vita  quasi  a  caaa; 
a  caso  germogliano  nella  pena. — GiOMoaiiA. 
Adagio.  Però  chiama  nuove  le  soa  radici,  ia 
spelta  mette  di  molti  germogli. 

34.  SiLVBSTBA.  Virg.  :  Hic  confxmm  finm 
texit  Telorum  seges,  et  jaeulis  inermni  meetìe. 
—  FiNisiVà  Virg.  :  Ingentcffi  lato  dedU  Ira 
fenestram. 

35.  Comi.  Risponde  alla  seconda  donaada: 
Dinne  ec. 

36.  Mbsta.  Vlrg. ,  de'  suicidi  ;  Proximm 
d9mde  teneni  momti  loca.  —  Appbsi.  Ifoa  di- 


e  A  NT  O    XIII. 


139 


Selva  saranno  ì  nosttì  corpi  appesi , 
Ciascuno  ai  pnin  dell'ombra  sua  moiesia. 

37  Noi  eravamo  ancora  al  tronco  attesi 
Credendo  ch'altro  ne  volesse  dire  ; 
Quando  noi  fummo  d'un  roroor  sorpresi. 

38  Similemenie  a  colui  che  venire 
Sente  1  porco  e  la  caccia  alla  sua  posta. 
Ch'ode  le  bestie ,  e  le  .frasche  stormire. 

99  Ed  ecco  duo,  dalla  sinistra  costa 
Nudi  e  graffiati,  fuggendo  si  forte  , 
Che  della  selva  rompiéno  ogni  rosta. 

W  QueldiDanzi:oraaccorri,accorri,MorteI 
E  r  altro  a  coi  pareva  tardar  troppo, 
Gridava:  Lane,  si  non  furo  accorte 

k\    Le  gambe  tue  alle  giostre  del  Toppo. 
E  poiché  forse  gli  fallia  la  lena  , 
Di  sé  e  d'un  cespuglio  fé  un  groppo. 

%2    Dìrietro  a  loro  era  la  selva  piena 
Di  nere  cagne  ,  bramose  ,  e  correnti 
Come  veltri  ch'uscisser  di  catena. 


ce  casa  a  religione  contraria  ,  perchè  qnella 
loip— ■tene  è  una  specie  d'anione.  Solo  ìd- 
teiMe  che  questa  singolar  congiauzione  farà 
piò  grave  il  tormento  :  giacebè  al  dire  di  s. 
AgoMiDO,  citato  dall'Ottimo,  è  bisogno  del- 
l'anima  eoatlaovo  ricongiungersi  al  corpo.  E 
qui  VOUìm»  chiama  Dante  alio  douon  a  Km- 
io  eattolUo ,  non  iolatnente  di  perfetta  fede. 
Ma  granéiiiimo  maestro  di  tutte  teierae,  mai* 
timamemtt  éi  teologia  e  di  filosofia,  —  M oli- 
STA.  Anima  molesta  al  corpo  da  cai  si  divelse. 

38.  SmuuuNTB.  L' usa  anco  nei  Convivio. 

39.  SimsTBA.  Tengon  sempre  a  sinistra 
(  e.  XIV  ).  —  Gbappiati.  Soffrono  il  sopplizio 
d*  Atteone  (  Ov. ,  Met. ,  IH  ) ,  il  quale ,  secon- 
do Pietro  di  Dante ,  era  on  prodigo  che  nella 
caccia  consDmò  r  aver  suo ,  onde  Ai  detto  che 
i  saoi  proprii  cani  lo  lacerarono.  —  Rosta. 
BMUpendo  i  rami  e  le  frasche,  I  prodighi  da- 
va* lannento  ai  suicidi. 

40.  IfoaTi.  Inf.  ,1:  La  neonda  morte  eia- 
§rida.  E  più  i  suicidi.  Apoc.  :  Dandero- 
iMon.    All'  incontro  i  suicidi  di  Virg.  : 

velUnt  aetkere  in  alto  Nmne  ei  paupe- 
et  dmot  perferre  laboret  ì  —  Lano.  Gio- 
vala senese.  Alla  battaglia  della  pieve  del 
Toppo, in  qua  d'Arezzo,  dove  i  Senesi  furo- 
OD  fiati  dagli  Aretini  il  1288,  anziché  vivere 
nella  niseria ,  frutto  di  sua  prodigalità ,  si 
cacdò  tra*  nemici  a  morire.  Era  della  brigata 
ifodereccia  ,  di  coi  Inf. ,  XXIX.  —  Accoetk. 
iaf.  XXllV  :  Poru  a  me  P  accorto  patto. 

41.  GiofTU.  Goal  le  chiama  perchè  qol  si 


kS    In  quel  che  s' appiattò  mìset  lì  denti  ; 

E  ,  quel  dilacerato  a  brano  a  brano. 

Poi  sen  portar  quelle  membra  dolenti. 
kk    Presemi  allor  la  mia  scorta  per  mano , 

E  menommi  al  cespuglio  che  piangea 

Per  le  rotture  sanguinenti ,  in  vano. 

45  0  Iacopo  ,  dicea,  da  sant'  Andrea , 
Che  t' è  giovato  di  me  fare  schermo? 
Che  colpa  ho  io  della  tua  vita  rea  ? 

46  Quando  'I  maestro  fu  sovr  esso  fermo , 
Disse  :  chi  fusti  che  per  tante  punte 
Soffii  col  sangue  doloroso  sermo? 

47  E  quegli  a  noi  :  o  anime  che  giunte 
Siete  a  veder  lo  strazio  disonesto  , 
Ch'  ha  le  mie  frondi  si  da  me  disgiunte, 

48  Raccoglietele  al  pie  del  tristo  cesto. 
r  fui  della  città  che  nel  Battista 
Cangiò! primo  padrone:  ond'e' per  questo 

49  Sempre  con  l'arte  sua  la  farà  trista. 
E  se  non  fosse  che'n  sul  passo  d'Arno 


tratta  di  correre ,  e  in  qnella  battaglia  trat- 
tavasi  di  fuggire  ;  e  Lano  noi  volle.  Quest'  h 
roDia  dipinge  il  prodigo  spensierato  pure  in 
mezzo  a* tormenti.  —  Pallia.  G.  Vili.:  Fallito 
U  lignaggio  di  Carlomagno, 

42.  Veltri.  .  Paragona  le  cagne  a*  veltri 
perchè  cagne  non  erano  ma  mostri  infernali. 
Così  Cerbero  al  cane.  In  queste  cagne  taluno 
vede  la  povertà ,  la  vergogna ,  le  cure  che  in- 
calzano il  prodigo. 

43.  Ebano.  Laceravano  insieme  il  cespuglio. 

45.  Iacopo.  Padovano  prodigo  :  per  vedere 
nn  bel  foco  fece  ardere  la  sua  villa  ;  gittava 
I  denari  nel  fiume  (  Boce.). 

46.  Sebho.  Per  sermone  :  anco  in  prosa  : 
come  Plato  e  Cato,  Questi  è  Rocco  de'  Moz- 
zi ,  il  quel  forse ,  dice  1'  A.  ,  visse  in  Fran- 
cia dove  la  forca  ha  nome  gibet  ;  altri  dice 
Lotto  degli  Agli,  fiorentino  che  venuto  in  po- 
vertà die  per  danari  falsa  sentenza ,  onde  per 
vergogna  mori. 

47.  Animb.  Le  crede  ombre  ambedue ,  come 
Alberigo  nel  XXXI II.  —  Disonesto.  Virg.  : 
Truneas  inhonesto  mUnere  naret. 

48.  Citta.  Marte  non  più  patrono  di  Firen- 
ze ,  sdegnato  ne  la  flagella  ;  e  peggio  sarebbe 
se  al  Ponte  Vecchio  non  se  ne  vedesse  ancora 
la  statua  smozzicata  :  fatta  levare  dal  fiume 
dove  giacque  gran  tempo;  e  levatala ,  pcrch(^ 
Firenze  in  qoegli  anni  toccò  molte  sconfitte. 

49.  Vista.  Discorso  superstizioso  posto  in 
bacca  a  nn  dannato,  e  tutto  allegorico.  Vuol  dire 
che  Firenze  *   smessi  gli  usi   guerrieri ,  non 


IM 


DELL-  INFERNO 


Rimane  ancor  di  lui  alcuna  vista, 
50    Quei  cittadin  che  poi  la  rifondarne 
Sovra'!  cencr  che  d'Attila  rimase, 

aveva  più  pace;  datasi  al  traffico  de' suoi  Go- 
rini  portanti  riroagine  del  Battista.  Di  ciò  si 
lagnano  altri  contemporanei  di  Dante.  E  a 
qacsto  passo  dà  lace  quello  del  Par.  (  XYI  , 
16  e  seg.  ).  K.  Vili.  (  1 .  42,  60;  II,  1;  IH,  1  ). 
50.  RiPONDARNo.  Totila  danneggiò  Firenze, 
ma  non  la  distrusse  :  così  la  storia.  Garloroa- 


Avrebber  fatto  lavorare  indarno. 
51    r  fé'  giabetto  a  me  delie  mie  case. 


gno  ,  secondo  llirolosa  tradiiione ,  la  riedifi- 
cò. —  iNnAmNo.  Psalm.  :  iVtit  Domùmi  aMr 
peavwii  dommm ,  wi  vanum  loòoratanml  qui 
atdifieant  eam, 

5i.  GiUBSTTO.  Post.  Gaet.:  (rmèeftiMi ,  mr- 
rit  Pariiiii ,  uH  hominei  nnpendunUtr. 


141 


CANTO      XIV. 


ARG  OMENTO. 

n  Uno  gifOM  è  un'  ignuda  campagna  n»  cui  fiane  fuoco  :  i  vioUnti  conito 
Dio  slan  iupimi ,  •  «toltiti  contro  natura  corrono  »  t  «tolanl»  contro  natura  e  arte, 
nedomo  rannicchiati.  1  ioddomiti  tono  i  jHti  ;  meno ,  i  diifrcjiatori  di  Dio  e  gli 
umrai:  %  iupini  ricecono  tutta  la  fiamma  ,  A  rannicchiaH,  mono;  i  correnti  u 
fie  schormiicono  meglio ,  ma  durano  la  fatica  del  corto.  Tra  i  tapini  e*  trota  Cch 
panco.  Camminando  tra  la  telva  e  t  arena  »  giungono  là  dooe  ddla  idoa  esce  un 
fiumicMo  rouo ,  i  cui  margini  ion  di  pietra.  Di  qui  prendo  occarione  a  parlare 
do'  fmmi  infornali. 

flou  le  tenioe  1, 3,  4, 6, 7, 8, 10,  il,  18, 14, 16, 17;  la  19  aHa  %%  ;  f7, 86, 37, 38, 39. 


1    Poldiò  la  carità  del  natio  loco 
Mi  strinse ,  raunai  le  fronde  sparte , 
E  rendete  a  colai  eh*  era  già  roco. 

3  Indi  Teoimmo  al  fine,  onde  si  parte 
Lo  secondo  giron  dal  terzo ,  e  dove 
Si  vede  di  giustizia  orrìbii  arte. 

3  A  ben  manifestar  le  cose  nuove , 
Dico  che  arrivanuno  ad  una  landa 
Che  dal  suo  letto  oeni  pianta  rimuove. 

k    La  dolorosa  selva  T  è  ghirlanda 
Intorno ,  cornei  fosso  tristo  ad  essa. 
Quivi  fermammo  i  piedi  a  randa  a  randa. 

1.  Cauta.  Gie.  :  Bitriae  earitat  Conv.  : 
Tanto  io  prepria  cariCil  ne  tn^nfia.—»  Strin- 
«.  Rovellìoo,  XV:  V  amare  dd^  tuoi  ciitadi- 
m  cAf  gridavano  mercè,  U  «trùi^Mi.  —  ÌUnio. 
Dei  furiare  e  del  piaogere  per  le  rotture  san- 


4.  Essa.  Il  fosso  olreolare  del  Tiolenti  ciiir 
gè  la  selva  cireolare  dei  suicidi;  la  seWa  cinge 
Tarcoa  degli  empii,  de*  soddomiti,  e  degli  osur 
rai.—4^KBiiAifB0.1fel senso  del  v.77,del  e.  III. 
Ho»  già  che  »'  arrestassero ,  ma  canmloaiido 
si  ccoaero  tra  la  selva  e  l' arena ,  meUendo 
adagio  adagio  i  passi  in  quel  limite  aogustow 
—  Eahda.  Nella  lingua  viva,  sinonimo  di  ra- 
e  anco  di  appoco  appoco. 

a.  Spazio.   L'  usa  nel  Ulti  del  ^g.  Uà 


5  Lo  spazzo  era  una  rena  arida  e  spessa. 
Non  a  altra  foggia  fatta  che  colei 
Che  fu  da'  piò  di  Caton  già  soppressa. 

6  Oh  vendetta  di  Dio ,  quanto  tu  dei 
Esser  temuta  da  ciascun  che  legge 
Ciò  che  fu  manifesto  agli  occhi  mìei  ! 

7  D*  anime  nude  vidi  molte  gregge , 
Che  piangean  tutte  assai  miseramente; 
E  parea  posta  lor  diversa  legge. 

8  Supin  giaceva  in  terra  alcuna  gente, 
Alcuna  si  sedea  tutta  raccolta  , 

£  altra  andava  continuamente. 


tpazio ,  cerne  totosi o  da  soteito.  — >  Oom. 
Di  cosa  parlando ,  ha  ef^empi  varii  anco  in 
prosa,  lii  più  comune.  —  Soppibssa.  Cal- 
cata. Accenna  al  viaggio  di  Catone  per  le  are- 
ne della  Libia.  Lucano  (  lib.  IX  )  :  Kcultintii 
in  oampos  tterìlee.  .  .  Qua  nmiue  Jttan  sf 
fama  tn  fontUmi  undae.  .  .  ingrediar$  prir 
mmque  gradut  tn  puhere  ponam  . .  •  Atet 
omna  soUim,  iiòef^tia  eisalìi  Aeokam  rahìom 
toCtt  esDoreet  arena. 

e.  Oh  Virg.  :  jDimìIs  jiMtiIsBei  moniti ,  ei 
non  ftmnsiB  dtooi. 

7.  MiSBRAMKNTB.  Bocc.  ;  JfiMroinenls  ptoii> 
gè  la  eua  ritneia.  V.  Nuova  :  Pian^eano  ae- 
eoi  fietoeamente. 

8.  Sima  (c.  XVU).— Ansava  (c.XV,XV1). 


142 


D  E  L  L'  INFERNO. 


9  Quella  che  giva  intorno,  era  più  molta. 
E  quella  men  che  giaceva  d  tormento; 
Ma  più  al  duolo  avea  la  lingua  sciolta. 

10  Sovra  tutto  1  sabbion  d*un  cader  lento 
Piovén  dì  fuoco  dilatate  falde. 
Come  di  neve  in  alpe  senza  vento. 

11  Quali  Alessandro  in  quelle  parti  calde 
D' India  vide  sopra  lo  suo  stuolo 
Fiamme  cadere  infìno  a  terre  salde  ; 

12  Perch*  e*  provvide  a  scalpitar  lo  suolo 
Con  le  sue  schiere ,  perciocché  '1  vapore 
Me'  si  stingueva  mentre  eh'  era  solo  ; 

13  Tale  scendeva  1* etemale  ardore, 
Onde  la  rena  s' accendea  com*  esca 
Sotto  focile  ,  a  doppiar  lo  dolore. 

1^    Senza  riposo  mai  era  la  tresca 
Delle  misere  mani  ,  or  quindi  or  quinci 
Iscotendo  da  so  l'arsura  fresca. 

15  r  cominciai  :  maestro  ,  tu  che  vinci 
Tutte  le  cose  fuor  che  i  dimon  duri 
Oh'  all'entrar  della  portaincontra  uscinci, 

16  Chi  è  quel  grande  che  non  parche  curi 
Lo  'ncendio,  e  giace  dispettoso  e  torto, 
SI  che  la  pioggia  non  par  che  1  maturi? 

17  E  quel  medesmo  che  si  fue  accorto 
Ch'  f  dimandava  il  mio  duca  di  lui , 


10.  Fuoco.  Bestemmiatori ,  soddomiti ,  n- 
sorai  son  paniti  di  fàoco  perchè  folmini  piov- 
vero sol  duprezzatore  di  Dio,'Lacifero;ftao- 
ro  sopra  Gomorra  ;  e  dell'  asara  on  antico  : 
Ct  ignii  mvaUse9ni ,  tic  usura. 

11.  QuAU.  Alberto  Maffoo  citato  da  Ben- 
venuto d' Imola  :  AdmiitìUem  impreuionem 
teribit  Ahxctnder  ad  Arittotelem  in  epùtola 
de  mirabiiibui  ìndiae  ,  dieent  quemadmodum 
nivis  nubes  ignitae  dò  coelo  eadòbatu,  quas 
^p$e  miHiibut  caìeare  praécepU  efc. 

IS.  Stinguita.  Anco  in  prosa. 

14.  Tkbsca.  I*er  agitam^  gtudiarti,  hae- 
sempi  ant. 

15.  Vinci.  Premette  questa  lode  per  sapere 
fhi  sia  quel  superbo  simile  ai  demonii  che 
gli  si  opposero  all'  entrata  di  Dite. 

16.  ToBTo.  Torfo  nei  viso  ,  o  torto  nella 
postura.  Meglio  il  primo.  Stephen.  :  T<nvu$ 
a  torto  adsfùctu,  —  Matuki.  Aeerbi  si  dico- 
no gli  orgogliosi:  acerbo  è  contrario  di  ma- 
turo ,  a  la  pioggia  ammollisce  le  fhitta  ca- 
dendo. 

17.  OpiL.  Dante ,  in  una  canzone ,  di  Fi- 
renze dice ,  che  la  divorano  Gapaneo ,  Cras- 
so, Aglaora»  ei«é  rempletà,  l'availiia, fio- 


Grido  :  quale  i' fu' vivo,  tal  son  morto. 

18  Se  Giove  stanchi  il  suo  fabbro  da  cui 
Crucciato  prese  la  folgore  acuta 
Onde  Fullimo  di  percosso  fui; 

19  O  s'egli  stanchi  gli  altri  a  ìnata  a  mata 
In  Mongibello  alla  fucina  negra , 
Gridando  :  buon  Vulcano,  aiuta ,  aiuta; 

20  Si  com'è'  fece  alla  pugna  di  Flegra; 
E  me  saetti  di  tutta  sua  forza  » 
Non  ne  potrebbe  aver  vendetta  allegra. 

21  Allora '1  duca  mio  parlò  di  forza 
Tanto ,  eh'  i'  non  l' avea  si  forte  udito  : 
O  Capaneo,  in  ciò  che  non  s' aromom 

22  La  tua  superbia,  se'  tu  pia  punito. 
Nullo  martirio,  fuor  che  la  tua  rabbia. 
Sarebbe  al  tuo  furor  dolor  compilo. 

23  Poi  si  rivolse  a  me  con  miglior  labbia. 
Dicendo  :  quel  fu  l' un  de'  sette  regi 
Ch'a8siscrTebe:edebbe,eparch'egliabbia 

2k    Dio  in  disdegno ,  e  poco  par  chiel  pregi 
Ma,  com'i' dissi  lui,  li  suoi  dispetti 
Sono  al  suo  petto  assai  debiti  fregi. 

25  Ormiviendietro,eguardacheDoometti 
Ancor  li  piedi  nella  rena  arsiccia; 

Ma  sempre  al  bosco  gli  ritieni  stretti. 

26  Tacendo  divenimmo  là  've  sfaccia 


vidia.  Gapaneo  è  donqoe  on  simbolo  dd  di- 
spregio di  Dio. 

18.  Fui.  Sut.  (  Th.  ).  Cadde  folminato  da 
Giove. 

19.  Altoi.  Ciclopi.  Yirg.  (Aeo.,  Tifi).— 
Buon.  Titolo  non  di  bontà  ma  di  valoie:  Tosa 
altrove. 

20.  FoRXA.  Novellino ,  LXV  :  li  dislUÌ0éi 
tutta  mia  forza. 

21.  Forte.  Più  the  a  Pioto;  perché  Vem- 
pietà  è  peggior  cosa  dell'  avarizia:  e  Virgilio 
è  il  poeta  dcpii. 

23.  Labbia.  Per  «iio ,  nella  V.  Noova.  -« 
AssisBo.  Assediarono.  Anco  nella  prosa  d'al- 
lora. 

24.  Disdegno.  Stat.  :  5iiperilm  confemplor. 
—  Fregi.  L'  infimia  e  la  pena  ;  degni  orna- 
menti a  soa  rabbia.  Virg.  :  ìion  viMbUa  p^ 
feo  Begna  meif  /alti. 

26.  DivBNiiuio.  S'osa  in  Toscana.  Virg.: 
Deoenefe  loco».  .  .  —  Raccapriccia.  Per  la 
memoria  de'  tiranni  (  e.  Xll  ).  Era  orribile  a 
vedere  qoel  saogoe  tra  il  fosco  della  selva  ^ 
il  rosso  del  foco,  il  gialliccio  della  reaa.  Hoa 
r  avef  a  prima  vedoto  qoesto  roscello  :  donqao 
da  Capaneo  a  ^ai?i  ara  non  breve  lo  spatio. 


CANTO    XIV. 


U3 


Fuor  della  seWa  uo  picciol  fiumicillo 
Lo  cai  rossore  ancor  mi  raccapriccia. 

i7    Quale  del  Bulicame  esce  '1  ruscello 
Che  parton  poi  tra  lor  le  peccatrici  » 
Tal  per  la  rena  giù  seu  giva  quello. 

98    Lo  fondo  suo  e  ambo  le  pendici 
Fati'  eran  pietra ,  e  i  margini  dallato  : 
Perch'  i'  m'accorsi  che'l  passo  era  liei. 

S9    Tra  tutto  Valtroch'io  Vbo  dimostrato, 
Poscia  che  noi  entrammo  per  la  porta 
Lo  cui  sogliare  a  nessuno  è  serrato, 

30  Cosa  non  fu  dagli  tuoi  occhi  scorta 
Notabile,  com'  è  1  presente  rio 

die  sopra  so  tutte  fiammelle  ammorta. 

31  Queste  parole  fùr  del  duca  mio  : 
Pofehè  1  pregai  che  mi  kurgissel  pasto 

17.  Bducamv.  Laghetto  d'  aeqaa  bollente 
e  twatoeia  due  migUa  lontao  da  Viterbo,  dei 
qiA  «idva  on  rnscello.  Le  roeretrìci  quivi 
•bilittli»  fofse  perchè  qae' bagni  eranofjreqaen- 
tati,  dividevano  tra  loro  nn  rigagnolo  di  quel- 
la acqia  ,  da  servirsene  agli  usi  loro.  SimiU- 
ìrnUm  diegna  del  soggetto. 

98.  PnnmA.  Aneo  nel  bulicame  di  Viterlio 
le  sponde  erano  impietrite  :  e  così  fa  V  Elsa 
m  Toscana  (Purg.,  XXX).  in  Tivoli  r  Anie 
M.  -^  Uci.  Per  a.  Qine\  e  quaei  ^ieesi  voi- 
gannente  in  Toscana.  Ì*%€i0  %  $  i*J>f  ^^Y* 

M.  SocLUEB.  Per  ioglia:  anco  in  prosa. 
—  Sbbbato.  Da  che  Cristo  vi  scese  (  Inf. , 

lU  »  Vili  ). 

30.  Ammoeta.  e  nel  Cresc.  (  li ,  27  ) ,  e 
■rtle  E.  di  Dante.  E  Albertano:  La  ioetu  of- 
fè€mM  «Rmoftara. 

ti.  Pasto.  La  meUf.  del  eibo  applicau  alle 
cMoaeense  deUa  mente  torna  lireqnentissima 
■d  Poema.  E  V  ha  Plat.  pih  volte. 

SS.  ìkkWi.  Ne  parlano  Ovid.  e  Isidoro  (  X , 
U  )•  Virg. .-  Crela  Jowf  maqwi,  mMo  jocaC 
tninifl  fmd9»  —  Guasto.  Lat  :  Fot  Caini  •  Non 
ha  M  le  cento  città  delle  quali  Virg.,  Ili. 
—  UtfTA.  Posta  quasi  nel  meizo  dei  mondo 
aliar  eonoscinto.  —  Sotto.  Anna  qu9  perhi" 
h€M,  tUo  9ub  fvff  /Wtre  Saecula:  iie  placida 
fajwloe  tf»  poca  r^gibat  (Virg.  :  Vili.)  Casto. 
(  Of • ,  Mot.,  I  ).  Per  puro  ;  latinismo  noto, 
■ft  forte  accenna  a  quel  di  Giovenale  :  Ondo 
pméitéUam  Saimmo  f$ge  moraiam  in  ferrif. 
Vifff.  (Aen. ,  VI  ),  promette  riooovellata  sot- 
r  Aagwlo  la  felicità  di  Saturno:  e  però  Dante 
lo  noBiaa  quasi  primo  sinii>olo  delia  monar- 
dtfa  da  tè  vagheggiata. 

SS.  HoWTAOMA.  Virg.  :  Mant  Uamti  «ò» , 
al  fenili  annninla  naicraa.  Greta  origino  dei 


Di  cui  largito  m' aveva  1  disio. 

32  In  mezzo'l  mar  siede  un  paese  guasto, 
Diss*  egli  allora,  che  s'appella  Creta, 
Sotto  1  cui  rege  fu  già  1  mondo  casto. 

33  Una  montagna  v*  è  che  già  fu  lieta 

D*  acque  e  di  fronde,  che  si  chiamò  Ida: 
Ora  è  diserta,  come  cosa  vieta. 

Zk    Rea  la  scelse  già  per  cuna  fida 
Del  suo  figliuolo:  e  per  celarlo  meglio. 
Quando  piangea,  vi  facea  far  le  grida. 

35Dentrodalmontestadrittoungranveglio, 
Che  tien  volte  le  spalle  inver  Damiata, 
E  Roma  guarda  si  come  suo  speglio* 

36    La  sua  testa  è  di  fio  oro  formata, 
E  puro  argento  son  le  bracciae  1  petto  ; 
Poi  ò  di  rame  infino  alla  forcata. 


Troiani ,  vale  a  dire  dell'  impero  romano.  E 
il  vecchio  guarda  a  Roma.  11  P.  chiama  quel* 
r  isola  cosa  vieta ,  per  indicare  Y  antichità 
tenebrosa  de'  primi  secoli.  —  Lista.  Gnriior 
ColUi  /hmdtÒMf  (orli.  Virg.  :  Humut ,  dtifei- 
^fua  tfU^ne  Uuta.  — >  Fuohbb.  Virg.  :  Idatum» 
que  iMimis. 

Rea.  Virg.  :  JERno  mofar  euUrix  CyheU  Co- 
rybantiaqwi  atra.  —  Fida.  Virg  :  Mine  fida 
tUenHa  aacrii. 

35.  Diritto.  Il  mondo.  Lo  fii  diritto  per 
indicare  la  serie  nou  interrotta  delle  umane 
cose.  ^  Damiata.  GreU  è  io  retta  linea  tra 
Damiata  d*  Egitto  e  Roma.  NoU  il  CosU  ac- 
cennarsi alla  monarchia  egizia  e  al  romano 
impero.  I  più  intendono  l'antica  idolatrica  ci- 
viltà ,  e  per  Roma  il  centro  del  nuovo  uni* 
verso.  Par.,  XXXII  :  Che  m  Critto  venuto  «6- 
berUvm. 

36.  Aegbnto.  Ov.  (  Met.  ]:  PMtquam,  Sa- 
tamo  lanaòroja  in  Tartara  miuo ,  Sub  Jove 
mundui  erat  :  euhiU  argentea  protei,  —  Ra- 
me. Daniele  del  sogno  di  Nabucodònosor  :  Bt 
ecce. .  .  it€Uua...grandii. .  Mabat  centra  te,.». 
Hujue  stoftioa  caput  ex  auro  opthno  , ,  .pe- 
etui,  •  .  de  argento, ,  ,  venter  ex  aere, .  .  lì- 
biae,  • .  ferreae ,  pedum,  .  ,pan„,  fèrrea,  ... 
^fuoatfnm  oy(em  fictUit,  In  questa  statua  Da- 
niele vedeva  gì* imperii  del  mondo  antico.  Dan- 
te vnol  forse  rappresentare  e  le  epoche  del 
mondo  morale  e  civile;  e  le  varie  nature  de- 
gli uomini  santi ,  booni ,  men  buoni ,  eatti- 
vi, pessimi ,  e  vili.  Gongiongendo  l'idea  bi- 
blica con  la  tradizione  mitologica  delle  quat- 
tro età  del  mondo ,  da  Ov.  descritte  ,  congo- 
gna rimagine  simi^olica  dell'umana  vita  e 
fbrs'  anco ,  siccome  vuole  il  Costa  ,  del  pro- 
gresso de*  governi  monarchici.  Questo  canto 


ik% 


DEL  L'  INFERNO 


:n  Da  indi  in  giuao  è  lotto  ferro  eletto, 
Salvo  che  'I  destro  piede  è  terra  cotta  : 
E  sta'n  6U  quel  più  che*Q8uraltro,  eretto. 

38    Ciascuna  parte ,  fuor  cheroro ,  è  rotta 
\y  una  fessura  che  lagrime  goccia , 
Le  quali  accolte  foran  quella  grotta. 

30  Lor  corso  in  questa  valle  si  diroccia  ; 
Fanno  Acheronte,  Stige,  e  Flegetonta; 
Poi  sen  va  giù  per  questa  stretta  doccia 

f^    Insin  là  ove  più  non  si  dismonta. 
Fanno  Oocito:  e  qual  sia  quello  stagno. 
Tu  '1  vederai  ;  però  qui  non  si  conta. 

41  Ed  io  a  lui  :  se  '1  presente  rigagno 
Si  deriva  cosi  dal  nostro  mondo. 
Perchè  ci  appar  pure  a  ouesto  vivagno? 

42  Ed  eglia  me:tu  sai  chel  luogo  ò  tondo, 
E  tutto  che  tu  sii  venuto  molto 


dimostra  m^o  d' ogni  altro  con  qiiali  Bni 
accoppiasse  Dante  nel  suo  poema  la  mitologia 
eon  la  storica  verità.  E'  rlgaardava  quella  co- 
me simbolo  della  verità  stessa ,  come  depo- 
sito delle  antichissime  tradizioni  del  genere 
umano.  E  si  compiaeea  in  quegli  autori  prin- 
cipalmente ,  poeti  0  filosofi ,  che  dalla  favola 
facevano  trasparire  le  sembianze  del  vero. 

37.  Terra.  Gioveo. ,  s.  XIII  :  Nona  a9tat 
agiXur ,  pttjoraquB  Boetida  ferri  Temporibui  ; 
Vttoriim  seeiart  non  tnvemì  tpi a  NoiMn ,  eC  a 
nullo  potuti  fiofwfa  wmaUo.  Qui  cade  notare 
quello  che  dice  del  P.  il  Bocc.  Familiarim^ 
mo  dtoefine  di  Virgilio ,  d'  Orano,  <f  Ovidio, 
di  Staxio  e  di  ciateun  aUro  po9ta  famo$o, 

38.  Rotta.  La  fessura  indica  la  perduta  in- 
tegrità dell'  umana  innocenza.  —  Lagrime. 
Bello  presentare  i  vizii  e  i  peccati  come  un 
rivo  di  lagrime ,  le  quali  corrono  a  tormentare 
i  dannati;  come  dire  che  il  delitto  è  pena  a  sé 
stesso.  Boet.:  improbii  nequiUa  ipsa  tuppUeium 
est,  —  Quella.  Dell'  Ida. 

39.  Corso.  Per  Acheronte  tragittano  le  ani- 
me, passano  cioè  per  quel  fiume  di  lagrime 
che  da'  lor  vizii  deriva  :  Stige  è  tormento  agli 
iracondi  e  ad  alui;  Flegetonte  a'Iiranni.  Esce 
della  selva  ,  e  traversa  P  arena,  e  va  in  fon- 
do air  abisso  P  acqua  che  tà  Oocito.  Com'è, 
si  dirà,  eha  la  lagrime  accolta  facciano  quat- 
tro fiumi»  ono  de'qiiaU  ha  colate  sanguigno?  | 


Pure  a  sinistra  giù  calando  al  fondo, 

kS    Non  se'ancor  per  tutto'l  cerchio  vòlto. 
Perchè  se  cosa n'  apparisce  nuova. 
Non  dee  addur  maraviglia  al  tuo  volto. 

kk    Ed  io  ancor:  maestro,  ove  si  truova 
Flegetonte  e  Letéo?  che  dell' un  taci, 
E  r  altro  di' che  si  fa  d' està  piova. 

i5    In  tutte  tue  question  certo  mi  piaci , 
Rispose  :  ma  1  boiler  dell'  acqua  rossa 
Dovea  ben  solver  Tuna  che  tu  faci. 

k&    Lete  vedrai:  ma  fuor  di  questa  fossa, 
Là  ove  vanno  l' anime  a  lavarsi , 
Quando  la  colpa  pentuta  è  rimossa. 

VI  Poi  disse:  ornai  è  tempo  da  scostarsi 
Dal  bosco.  Fa  che  diretro  a  me  yegpid* 
Li  margini  fan  via  che  non  son  arsì , 

ii^    E  sopra  loro  ogni  vapor  si  spegne. 


Forse  la  natura  del  girone  è  tale  da 
sanguigna  l'acqua  che  per  esso  discorre.  Ma 
di  questo  non  di  ragione  il  P.  Quello  che  ta* 
Inno  potrebbe  forse  affermare  si  è  chedi  que- 
sto fiume  il  quale  viene' dalla  terra,  gli  foaae 
ispirata  V  idea  da  qaeir  Eridano  che  scande 
neir  Eliso ,  e  che  Virgilio  dipinge. 

40.  La.  Al  centro.  V.  Inf. ,  XXXIV. 

41.  Si  deriva.  Crescenz.  (1.  Vl).:£epìo. 
4)é  tiÈÈ'wC  id^gioim.  W  ne  derivino  e  scolino»  — 
ViTAGim:  Inf. ,  XXilI.  Orlo  di  girone.  Mei 
Par. ,  IX ,  vivagno  è  per  orlo  di  veste. 

43.  Sinistra.  Dante  volge  sempre  a  mas 
manca  :  talché  ,  quando  sarè  in  fondo  all'  a- 
bisso ,  avrà  percorsa  ,  scendendo  ,  tutta  It 
circonferenza  del  mondo  infernale.  La  fonM 
dell'  Inferno ,  nota  il  Boccaccio ,  é  in  Daaie 
un  cono  diritto,  la  cui  punta  è  nel  centro  dalla 
terra ,  la  bocca  alla  superficie  :  e  si  scenda 
quasi  per  iscala  a  chiocciola. 

44.  Letéo.  L*  usa  Armannino  per  Lete,  — 
Piova.  Delle  lagrime  che  piovono  dal  gras 
vecchio.  Pet.  :  Fiooommi  amare  lagrime  dmi 
wto, 

45.  Rossa.  Flegetonte.  Virg.:fTafliifliMi  ««»- 
bit  torreniibui.  • .  PMegetkon. 

46.  UvARSi.  (  Pnrg. ,  XXXllI  ). 

47.  Fan.  Modo  virgiliano.  —  Arsi.  Sagli 
argini  il  fuoco  che  cade  è  vinto  dal  ruaodla 
cba  corre. 


ivi 


CANTO     XV. 


ARGOMENTO. 

Sieetmé  f  eialazioiU  éi^tapori  spengono  mi  lum$  ,  e  gyMi  idgnaiam$ni$  ietta 
palude  oif  era  SoddowM ,  cort  da*  vapori  del  ruscello  i  amwMrxata  sm  margini  la 
famma  che  cade  ;  onde  i  P,  camminano  illesi.  E  aUonianaUsi  gran  imito  daUa 
seha  de'  euieidi  j  Jt  trotano  non  più  tra*  dispregiatori  di  Dio ,  ma  tra'  molenH  con- 
irò  mahura.  Quivi  incontra  Brunetto  ;  e  parlano  di  Firenze ,  e  delle  sventure  al  F, 
desHnate.  Vàe  ivi  molli  dotti  famosi ,  trista  qualificazione  dei  dotti  di  gueUa  età. 
Jb»  Rrusuito  si  fugge  per  raggiungere  la  sua  schiera  ,  poiché  sono  in  varie  schiere 
msetii  dasmaU  dtvisi ,  secondo  le  varie  maniere  di  peccare  contro  natimi ,  dice  il 
f/Uo  di  Dame. 

Mou  le  terzine  3;  la  5  tilt  18;  U  19,  30;  U  96  tlli  29;  It  SI,  34^  99,  40,  41. 


1     Ora  oeo  porta  Fun  de'duri  margini  ; 
E  1  rummo  del  ruscel  di  sopra  aduggia 
SI  che  dal  fuoco  salva  Facqua  e  gliargini. 

2QQaleiFiiin!nÌDghitraGuziaDteeBru^a, 
Temeodol  iioUo  che  inver  lor  8*av  venta, 
Fanno  loachermo perchè '1  mar  si  fuggia; 

3  E  male  i  Padotan  lungo  la  Brenta, 
Pier  difender  lor  ville  e  lor  castelli, 
Anu  che  Chiarentana  il  caldo  senta  ; 

4  A  tale  immagine  eran  fatti  quelli. 
Tatto  che  né  si  alti  né  al  grossi, 
Qual  che  si  fosse,  lo  maestro  feUi. 

1.  Dimi.  Indorati  dall'acqua  (eJ[IT]. 

1.  GozjANTi.  Villa  lontana  cinque  leghe 
4a  Bragee.  Bniggia  la  chiama  anco  il  Vili. 
¥111.  M). 

3.  CmàMJonàXÉu  Parte  dell'Alpe  ove  nasce 
la  Brenta ,  e  dove  le  molte  nevi  risolnte  dal 
caldo  ftnno  gonfiare  detto  fiume  sì  che  Miua 
fK  argim  ,  dice  l' Anon.,  offmderMs  messo 
ti  contado  di  Padova»  Nel  1300  Dante  fa  in 
qnesla  cita. 

4w  Mabstio.  Artefice,  voce  dell'  oso.  Inf. ,  1 
XXX  :  A  cinger  Im  guai  ohe  fosse  U  Maestro  I 


5  Già  eravam  datici  sdva  rimossi 
Tanto  eh'  i*  non  avrei  risto  dov*era. 
Perch'io  'ndietro  rivolto  mi  fossi  ; 

6  Quando  incontrammo  d'anime  una  schiera 
Che  venia  lungo  l'argine:  e  ciascuna 

Ci  riguardava  come  suol  da  sera 

7  Guardar  Fun  Feltro  sotto  nnova  luna, 
E  si  ver  noi  aguzzavan  le  ciglia^ 
Come  Tecchio  sartor  fa  nella  cruna. 

8  Cosi  adocchiato  da  cotal  famiglia , 
Fu'  conosciuto  da  un  che  mi  prese 
Per  lo  lembo,  e  gridò:  qual  maraviglia? 

Aon  so.  Inf. ,  III  (  della  porU  disperala  )  : 
Feeemi  la  dwina  Potestate. 

0.  Sera.  Virg.:  ibant  obecuri  sola  sub  no- 
de  per  mn^roni...  QMole  per  mctrfam  hmam 
sub  bice  «taluna  Est  iter,,,  Apiovit^e  per 
iMiiftraai  O&fcimm,  guakm  primo  qus  surgo- 
re  wksnse  Aut  videt  aut  vidisse  putat  per  nu- 
bila  Imiaai. 

8.  Famiglia.  G.  IV:  tUosofta  famiglia,'^ 
Lbbbo.  L'  argine  er*  aito,  se  somigliava  a  qne' 
del  Belgio  e  del  Padovano. 

19 


H6 


DELL'  INFERNO 


9  Ed  io,  qaandol  suo  braccio  a  me  dislese, 
Ficcai  gli  occhi  per  lo  cotto  aspettò. 

Si  che  1  viso  abbruciato  non  difese 

10  La  conoscenza  soa  al  mio  *nteUetto  ; 
E.  chinando  la  roano  alla  soa  faccia. 
Risposi:  siete  voi  qui,  ser  Brunetto  ? 

11  E  quegli:  oDgliuol  mio,  non  tidispiaccia 
Se  Brunetto  Latini  un  poco  teco 
Ritoma  in  dietro,  elasciaandar  latracela. 

12  lo  dissi  lui:  quanto  posso  yen  preco: 
E,  se  volete  che  con  voi  m' asseggia, 
Faról,  se  piace  a  costui;  che  vo  Seco. 

1 3  O  figliuol,  disse, qual  di  questa  grigia 
9*  arresta  punto,  giace  poi  oenf  anni 
Senza  arrostarsi  qaandol  fuoco  U  feggia. 

H    Però  va  oltre  :  i'ti  verrò  a'panni  ; 
E  poi  rigiugnerò  la  mia  roasnada 


Che  va  piangendo  i  suoi  eterni  danni. 

15  r  non  osava  scender  della  strada 
Per  andar  par  di  lui  ;  ma'l  capo  chino 
Tenea,  com*  uom  che  riverente  vada. 

16  Ei  cominciò  :  qual  fortuna,  o  destino. 
Anzi  r  ultimo  di,  quaggiù  ti  mena  ? 

£  chi  è  questi  che  mostrai  cammìoo? 

17  Lassù  di  sopra  in  la  vita  serena  , 
Rispos*  io  lui,  mi  smarrì'  in  una  ralle 
Avanti  che  V  età  mia  fosse  piena. 

18  Pur  iermattina  le  volsi  le  spalle  ; 
Questi  m*  apparve  ritornando  in  quella: 
E  rìducemi  a  ca  per  questo  calle. 

19  Ed  egli  a  me  :  se  tu  segui  tua  stella , 
Non  puoi  fallire  a  glorioso  porto. 

Se  ben  m'accorsi  nella  vita  bella* 
90    E  s  i'  noD  fossi  A  per  tempo  morto. 


9.  Gotto.  Yu^.  :  CUbas^me...  eoqmainuUth 
ri$  solibmi  a$$tai,  —  Dirant.  Vietò.  Novali.  : 
Atta  diftÉO  tolto  jMMi  M  cuof   tkt  rnmio 

'  10.  Brunetto.  Maestro  di  Dante,  diee  l'  a- 
DOD.,  ÌQ  certa  porta  di  ieUnia  morale^  al  dir 
del  Boccaccio ,  nella  flo$ofia  naturale  :  nato 
nel  1220,  visse  guelfo  ,  e  fo  da  Firenze  esi- 
liato, chi  dice  per  follo  di  scrittura  pobblica 
eh'  e'  Doo  ToUe  eoneggere  poi ,  chi  per  fallo 
maggiore.  Antorevola  eiltadioo,  gioviale,  mo- 
desto :  mondano  lo  chiama  Giov»  Villani,  ma 
^ran  filosofo  e  fommo  maestro  ti»  reflofiea  e 
in  digroisare  %  Fiotentini,  a  farti  scorti  in  ben 
parlare  e  saper  reggere  la  ttpubbUea.  Filippo 
lo  dice  iracondo.  Il  P.  lo  colloca  Ira  i  sod- 
domiti,  sebbene  dod  sia  del  Latini  l' infame 
Pataffio  :  oè  si  pnò  credere  che  il  P*  lo  calon- 
nii,  egli  che  gli  si  mostra  si  rispettosamente 
affezionato.  Mondano  del   resto  si  chiama  il 

Latini  stesso  nel  ano  Tesoretlo.  Andò  amba- 
sciatore ad  Alfonso  re  di  Castigtfa  perchè  re- 
primesse Manfredi.  Moil  nel  ItM ,  nel  1260 
esale  in  Francia,  nel  1269  rìpatriò. 

11.  In  dibtro.  Virg.  :  Juvat  usque  morari 
Et  eonferre  graditm,  et  veniendi  aiseere  eam* 
»as,  —  Traccia.  La  Ala  de'saol.  G.  XII  :tfi 
traccia  Correan  Centauri, 

12.  Plico.  Nel  XXVIU  ,  preoo  per  pre- 
ghiera, 

13.  AaaosTAMi.  Sventolarsi:  Arsì  con  ma- 
no riparo  dal  fbeo  ,  loTlievo  al  tormento.  I 
soddomiii  camminano  sempre,  a  gastlgo  del- 
r  antica  molleiza. 

14.  Paicni.  Non  a  flanco,  perch'era  più  bas- 
fio  —  Masnada.  Non  aveva  mal  senso.  Novolf., 
XX  ;  La  matnada  d'  un  cavaliere. 


16.  Qual.  Virg.:  8ed  te  ijm  9ivum 
age,  fare  «ieiittm  .iCfnlarmC...  ili»  mo/mUm  dà- 
t^m?  cu»  quae  U  fortuna  faUgai  ^  Ut  ihilm 
$ine  sole  domos,  loca  turbida,  adiresJ  In  Dania 
fortuna  non  vale  caio  (e.  Vllj.  —  Mostra.  Vlr- 
gil.:  Monstrante  viam. 

17.  SiRBNA.  Contrapposto  de*  regni  boi.— 
Vallb*  Jer.,  11:  0tiomodo  dicis.,.  poet  Bau' 
Um  non  awJbulavi  T  vide  trias  tua$  in  conoal- 
le,  setio^  fwd  ^aofrit.  --  PmiA.  Nacque  nel 
di  14  di  maggio  nel  1268,  si  smarrì  nel  Mar- 
zo del  1300:  non  aveva  danqaed5  anni  interi. 

18.  Pvm.  Da  nn  giorno  e  mezio  si  trovava 
In  Inferno.  —  Questi.  Nod  nomina  VlrgHIo 
né  al  Cavalcanti  né  a  Bnmatto  ;  né  ai  ire  del 
canto  seguente  ;  si  per  non  ripetere  aenpre  • 
e  si  per  non  deviar  l'atleniiona  io  iaeene  asti*- 
nee  al  ano  tema.  Bea  Virgilio  si  nomion  a 
Ulissa,  e  Dante  lo  nomina  a  Stazio  ,  perchè 
ne  aveva  in  qna' luoghi  special  ragione.  — 
Apparve.  Indica  che  gli  é  ito  morto  :  e  a 
qualche  modo  risponde  alla  domanda  :  ehi  è 
qiftffCtt..  —  Ca.  Per  caaa  .*  vive  in  TMcrm 
ed  altrove.  E  dimostra  che  non  pur  morale 
ma  politico  era  lo  scopo  di  questo  viaggio. 

10.  Sbgui.  L'  Impulso  cbe  ti  vien  dalla  alal- 
ia la  qual  potè  sni  tuo  nascere.  Petr.  :  ifoi» 
mio  voler  ma  mia  steUa  seguendo.  Par.,  mi. 
Nacque  entrando  il  ^ole  in  Gemini,  che,  dice 
I*  Anonimo,  fecondo  ^  astrologhi,  è  tignifloar 
tare  di  scrittura  e  di  scientia,  E  il  Boccae- 
ciò  :  Nella  sua  infanxia  ,  assai  segni  appari' 
rana  della  fitturu  gloria  del  suo  ingegno:  tfnl 
principio  della  puerisia.,,  non  teeondo  i  eo- 
ttumi  de'  nobili  odierni  si  diede  alle  fonemi" 
ÌMohe  laseMe  e  agli  osti, 

10.  Tiicpo.  Non  già  che  morisse  giovane , 


e  A  K  T  O    XV 


147 


Vf  ggendo  1  cielo  a  te  cosi  benigno, 
Dato  fc'  avrei  ail*  opera  conforto. 

SI    ila  quello  ingrato  popolo  maligno 
Che  discese  di  Fiesole  ab  antico. 
E  tiene  ancor  del  monte  e  del  macigno, 

23    Ti  si  farà,  per  tuo  ben  far,  nimico. 
Ed  è  ragion  :  che  tra  gli  lazzi  sorbi 
Si  disoonvien  fruttare  ai  dolce  fico. 

23  Vecchia  fama  nel  mondo  li  chiama  orbi: 
Gente  avara,  invidiosa,  e  superba: 
Da*  lor  costumi  fa  che  tu  ti  forbi. 

24  La  tua  fortuna  tanto  onor  ti  serba 
Che  r  BDa  parte  e  l' altra  avranno  baie 
Di  te.  Ma  lungi  fia  dal  befico  Y  erba. 

25  Faccian  le  b^tie  fiesolane  strame 

Di  lor  medesme;  e  non  toochin  la  pianta, 

ma  tanto  non  visse  da  potere  sfatar  Dante  nel- 
Vaptrm  sna  letteraria  e  politica:  e  il  P.  vuol 
4ar  a  capire  che  Bronetto  avrebbe  peosato  con 
Iri.  -*fiBiaeR0  (Porg.,  XXX.  37  ). 

SL  CiTBLLo.  Piacoue,  dice  il  Boisetti ,  al 
P.  Borrt  io  bocca  ad  on  Guelfo  là  coBéaniM 
àtf  Gnelfi.  Bronetto  era,  nota  lo  Stroccbi,  di 
foe*  die  provocarono  la  discesa  di  Carlo  di 
Valois  di  coi  tanto  si  dooie  il  P.  —  Incka- 
TO.  ViU.  (VI,  80)  :  La  rablria  delio  filtrato  e 
jmwrio  pòpolo  di  Ftnnze.  —  Fibsoli.  Distia- 
goe  tra  1  Fiorentini ,  discesi  da  Fiesole,  dis- 
iano €atlliBa ,  a  popolare  la  città ,  dove  po- 
chi erao  restati  della  colonia  romana  ;  11  di- 
atiogoe,  dico,  dal  poro  seme  romano.  —  Mom- 
TB.  Nella  y.  Eloq.  biasima  le  montanine  e 
TutHemÈÈ  loqoele;  nel  XVidelPar.,  grida  con- 
tffo  VU  viUan  d*  A^giion,  di  quel  da  Signa, 

SS.  Beh.  Pel  priorato. — Lasii.  Laszo  per 
mearbo,  in  Cresc.  (  11,6).  Pet.:  Gentil  pianta 
w  arido  terreno  Bar  che  et  dùcofitttrioa. 

23.  OoBi.  FioremiDi  ciechi:  il  proverbio  vive 
imiora  :  fin  dacché  i  Pisani,  conquistata  Ma< 
lorica,  offrendo  a  Firenze  due  porte  di  bron- 
co o  dna  coloBoe,  questa  scelse  le  colonne  , 
ed  erano  annerite  dal  fhoco  :  ma,  perchè  rin- 
vitate  »  i  Fiorentini  non  se  ne  avvidero  se 
■ao  tardi.  Altri  vuole  che  qui  s'accenni  alla 
ccctlà  di  Fircoie  quando  apersero  le  porte  a 
Totila,  che  poi  lu  distrasse.  VU.  <U  ,  1):  / 
#iofOiilìm  iik|latwediitt,  ejperò  furono  chiama- 
U  eiechi .  credettero  alle  sue  false  lutinghe... 
e  mieonln  nella  eiuà.  11  Pecoroue  (1.  11  )  : 
ibkotkeigliati  eredeUero  alle  tue  folte  lufin- 
fke»  e  però  furono  eempre  detti  fiorentini  eie- 
dà.  aò  fti  nel  440. 

S4.  Paeti.  Bianchi  e  Neri.  Dall' accogUen- 
zt  amta  od  offerta  o  sperate  nelle  corti  de' 


S*  alcuna  surge  ancor  nel  lor  letame, 

26  In  cui  riviva  la  sementa  santa 
Di  quei  Roman  che  vi  rimaser  quando 
Fu  fattoi  nidio  di  malizia  tanta. 

27  Se  fosse  pieno  tutto*!  mio  dimando  , 
Risposi  lui,.voi  non  sareste  ancora 
Dell*  umana  natura  posto  in  bando. 

28  Cheinkmentem!òritta,edorm!accuora, 
La  cara  buona  immagine  paterna 
Di  voi,  quando  nel.  mondo  ad  ora  ad  ora 

29  Vi  'nscigoavate  come  Tuom  s'eterna. 
E  quant'io  Tabbo  in  grado,  mentr*io  vivo 
Gonvìen  che  nella  mia  lin^pia  si  scema. 

30  Ciò  che  narrate  di  mio  corso,  scrivo, 
£  serboh)  a  chiosar  con  altro  testo 
A  donna  che  1  saprà,  s'a  lei  arrivo. 

signori  romagnooli ,  lombardi  o  toscani  e' de- 
duceva r  angario.  —  Fame.  Ma  nel  XYl  del 
Par. ,  egU«  l'infelioe»  ha  flinie  della  ingrata 
"^a  patria.  -«-  Bocce.  Nel  verso  seg.  li  chia- 
ma bettie» 

25.  STMàin.  81  ammontino  e  inpotridisca- 
no  insieme  qoasi  paglia  da  pecore. 

26.  Roman.  Dante  si  stimava  doppiamente 
cornano,  come  discendente  della  nobil  fami- 
glia Frangipani.  1  pregiudizii  d'astrologia  e 
di  Dobiltà  Delle  mani  di  lui  s' accoppiano  ai 
scotimenti  più  pori  di  pregiodizio  e  piùalti: 
sebbene  questo  delle  schiatte,  che  in  Dante 
é  pregiudizio ,  in  sé  sia  principio  verissimo. 
Nel  Gonv.  chiama  Firenze  helUtiima  e  famo- 
eiteima  figlia  di  Roma.  11  Vili.  (IV,  6)  no- 
ta  perchè  i  Fiorentini  $on  eempre  in  iecitma 
e  parti  e  dieieieni  fra  loro  :  I  Fiorentini  ton 
oggi  etratti  di  due  popoli  eoei  dècersi  di  eo- 
elumi  e  di  natura ,  e  sempre  stati  nemiei  per 
antieop  sieeom' era  U  popolo  ¥omano  e  queUo 
d^Fiesolani,  l  Romani  chiama  il  P.  nel  Gonv., 
«tmoienfi  di  Dio. 

27.  Bando.  Considera  la  morte  come  un 
bando,  il  bando  come  una  morte. 

28.  Fitta.  Virg.  :  Haerent  tnib»  ptff ore 
fmltuSf  Verhafoe.  —  UiiiAGiim.  virg.  :  Atque 
Animmm  patriae  etrinxit  jnetaiis  imago.  — 
OiA.  Vedendola  si  deturpou.  Nei  Porg.,  XUìì, 
a  Forese  :  £a  faccia  tua  ch'io  lagrinud  già 
morta  ^  Mi  dà  di  pianger  ma  non  minorvo- 
gUa  . . .  Veggendola  sì  torta . . . 

30.  Corso.  S.  Paul.  :  Coneummem  cursum 
meum, —  Scrivo,  lof.,  11:  0  mente  che  seri- 
vesti  ,  ec.  —  Chiosar.  Frase  troppo  scolasti- 
ca ,  ma  Dante  ne  ha  spesso.  —  Tosto.  Quel 
di  FarinaU  (e.  X).  —  Saprà.  C.X:  Da  lei 
saprai  di  tufa  vita  ti  viaggio. 


148 


DELL'  INFERNO 


3 1  Tanto  Togl'  io  che  vi  da  manifesto, 
Pur  che  mia  coscienza  non  mi  gam, 
C3ì'aUa  Fortona,  come  vuol,  son  presto. 

32  Nonènuovaagliorecchimiei  fole  arra. 
Però  giri  Fortuna  la  sua  ruota, 

Come  le  piace,  e  1  rillan  la  sua  marra. 

33  Lo  mio  maestro  allora  in  sa  la  gota 
Destpli  si  volse  *ndietro,  e  rlgaardommi; 
Poi  disse  j  bene  ascolta  chi  la  nota. 

3k  Né  per  tanto  di  men  parlando  Tommi 
Con  ser  Brunetto,  e  dimando  chi  sono 
Li  suoi  compagni  più  noti  e  più  sonuni. 

36    Ed  eglia  me:  saper  d'alcuno  è  buono. 
Degli  altri  fia  laudabile  il  Ucerci  ; 
Che  '1  tempo  saria  corto  a  tanto  suono. 

36  In  somma  sappi  che  tutti  far  cherci, 
£  letterati  grandi  e  di  gran  fama, 

32.-ÀmRA.  La  sanil  da  Farinata  :  Coma  la 
caparra  si  dà  In  8es;D0  del  debito ,  tosi  b 
prediiiooe  è  quasi  arra  dell' anenin.—ViL- 
LAN.  La  Fortuna  i' rispetto ,  percbè  da  Virgi- 
lio so  esaere  previdenti  e  immotabfU  gli  or- 
dini di  lei  (  Inf. ,  VII  )  ;  e  i  ViUaoi  da  Fievo- 
le ,  non  U  coro. 

38.  Destba.  Parte  più  Aosta.  Il  P.  ha  sem- 
pre rigoardo  a  queste  allusioni.  —  'Nnnrao. 
Lo  precedeva  sempre  (  Inf. ,  IV ,  XXXiy^.  So- 
lamente nel  sangoe  de*  tiraanl ,  Il  Gentaoro 
ta  innanzi.  — >Nota.  Pet.  :  17  eomB  tntsnla- 
fneMe  Mcolto  e  nota  La  km$a  titofiacMte  •»- 
ne  mio.  Dante  avet a  notato  le  parole  di  Vir- 
gilio nel  VI  canto  e  nel  X.  Vlrg. ,  l  :  S^pe- 
ramda  amnii  fortuna  fenndo  ut. 

Si»  Min.  Simile  al  vlrg.  ÌVm  wUnm  intona. 
He  la  lode  di  Virgilio,  né  le  triste  prediilo- 
ni  storbaroBO  il  mio  desiderio  di  sapere.  — 
Piò.  Nel  trecento  le  particelle  Intensive  ac- 
eoppiavansi  anco  a'soperlatlvi. 

35.  Suono.  Inf. ,  VI  :  Fo$$  fm  at  loeWiMi* 
M  owmiy. 

36.  Lbbgi.  Vive  in  Toscana  per  tmdkio.  Al- 
bertano  :  ih  poetato  ii  Uroia, 

Jl,  PniSLiAN.  Lo  pone  forse  a  simbolo  de^ 
pedagoghi  che  In  tal  genere  di  peccati  han 
mala  ttmo.  ~  Acconto.  FlorenUno  »  figlio  dei 
celebre  gioreconsoUo  del  medesioM)  nome , 
professore  anch' egli  valenle:  mori  nel  1290. 


D' un  medesmo  peccato  al  mondo  lerci. 

37  Priscian  sen  va  conquella  turi»  grama, 
E  Francesco  d'Accorso  anco:  e,  vedervi, 
S' avessi  avuto  di  tal  tigna  brama, 

38  Colui  potei,  che  dal  servo  de*  servi 
Fu  trasmutato  d*  Amo  in  Bacchiglione, 
Ove  lasciò  li  mal  protesi  nervi. 

39  Di  più  direi  :  mal  venir,  e  1  sermone 
Più  lungo  esser  non  può,  però  ch'i*Teggio 
Là  surger  nuovo  fummo  dal  sabbione. 

%0  Gentevienconlaqualeessernondeggio. 
Sleti  raccomandato  '1  mio  Tesoro, 
Nelqualei'Viyo  ancora:epiù  noncheggio, 

(1    Poi  si  rivolse  ;  e  parve  di  coloro 
Che  corrono  a  Veronal  drappo  verde 
Per  la  campagna  :  e  parve  di  costoro 

(2  Quegli  che  vince,  e  non  colui  cheperde. 

—  Tmna.  Aneo  la  tigna  è  prorito. 

88.  Colui.  Andrea  de'MoiiI  vescovo  di  fi* 
reme ,  Il  qoale  per  questo  villo  Pbl  traifcrtle 
al  vescovado  di  Viceosa ,  dove  mori  gottaao. 

—  Snvo.  Cosi  s' Intitola  il  papa  lottora.  — 
Nnvi.  Lasciar  le  ossa  ,  tirare  le  caola  par 
morire  ,  son  fì^sl  comonl.  Il  P.  nomina  1  Mr> 
vi  per  allodere  al  vliio. 

sn.  Fumo.  Per  l'arena  mossa  dallo  scalpi- 
tare d'  altr*  anime.  K.  come ,  nel  Parg.«  XVI» 
Marco  si  congedi  da  Dante. 

40.  TisoEo.  Allora  che  non  avevaa  la  alam- 
pa ,  alla  fhma  d'on"  opera  era  più  blsomi 
della  cara  de'  benevoli  per  non  perire.  Dal 
Tesoretto  non  parla ,  come  cosa  minore.  Ma 
qoesto  é  l' abbozxo  d'un  viaggio  simile  aqwl- 
lo  di  Dante.  Il  Tesoro  è  un'enciclopedia  dM 
eoo  tempo  scriua  dopo  il  Tesoretto;  il  tasto 
f^ncesa  é  Inedito  ;  lo  tradosse  Bono  Gian^ 
ni.  Lo  stile  poetico  di  Bnmetto  è  nella  Volf . 
El.  biasimato  da  Dente. 

41.  RiTOLSs.  Parlando  guardava  al  P.  On 
si  volga  per  partire,  e  raggiungete  li  aoa 
schiera:  non  si  rivolge  giàindietro.— Daa»- 
»o.  Dante  l'avrà  veduta ,  essendo  in  Verona, 
coleste  corsa  ,  che  si  (ìiceva  la  prima  dome- 
nica di  qoareslma  da  nomini  ignudi.  Carni 
co  spettacolo  vedere  il  secretarlo  della  repub- 
blica fiorentina  correre  come  al  pollo. 


■<•     : 


ih9 


CANTO      XVI. 


ARGOMENTO. 


IVoMbno  km§o  t  argme ,  e  giungono  tà  iùoe  ti  fdnltva  T  aequa  roaa  eaden 
wA  etnhio  di  ioUo  :  rincontrano  un*  aura  tehieras  che,  al  dire  di  Pietro  di  Dante, 
wm  rea  di  peccato  contro  natura  »  ma  in  altra  maniera  eeereitato  :  coeafrebabile; 
M  md  frèmo  girane  abUam  frieie  del  pari  le  nhiere  ditiee  eeeondo  la  colpa,  cioè 
molenU  neUm  «ira  j  neW  avere ,  e  auatiini.  Noi  non  abbiamo  della  reità  dt^pen^ 
,  fd  nraimentoli  notizia.  R  Biagioli  vuol  le  echitre  diviee  eeeondo  le  irofe^ 
i.-  primi  i  letterati  j  t  politici  poi  :  coA  V Ottimo.  Dante  parìa  a  tre  onAre  fi^ 
•  grida  contro  Firenze.  Foi  giunge  alla  cateratta  del  fiume,  e  Virgilio 
ìm  coma  di  cui  Dante  era  cinto  per  chiamare  Gerione. 

Mola  le  tmlne  1»  %,  4,  6»  9,  11,  18,  13,  16,  18,  10;  la  SI  alla  18;  la  80,  84;  la  37 
aOa  40{  81,  44,  48. 

5  Alle  lor  grida  il  mio  dottor  a'  atteee. 
Volse  1  viso  ter  me,  e  :  ora  aspetta , 
Disse  :  a  costor  si  vuole  esser  cortese. 

6  E  se  non  fosse  il  fuoco  che  saetta 
'  La  natura  del  luogo ,  i'  dicerei 

Che  meglio  stesse  a  te  ch'a  lor  la  fretta* 

7  Ricominciar,  come  noi  ristemmo,  ei 
L*anUco  verso  :  e  ouaodoanoifur  giunti, 
Fenno  una  ruota  di  sé  tutti  e  trei. 

8  Qual  solcano  i  campion  far  nudi  e  unti, 
Avvisando  lor  presa  e  lor  vantaggio  , 
Prima  che  sien  tra  lor  battuti  e  puod; 

4.  iRGEHSsl  Le  fiamme  aprivan  la  piaga,  poi 
la  bruciavano.  Quanta  poesia  in  questo  ve^ 
so  l  —  Poa.  iDf. ,  XXXIU  :  Dolor  eke'l  cor  mi 
preme  Già  pur  pentando, 
8.  8^  ATTESI.  Par. ,  UH  :  BaUeeerei  a  noi. 
8.  Natuba.  Virg.:  Natum  loci. 
7.  Ei«  Verso  che  nessuno  oserebbe  a'dl  w^ 
stri.  1  secoli  mediocri ,  così  come  i  corrotti, 
hanno  il  loro  pudore.  -*  Viaso.  Per  suono  più 
0  meno  articolato ,  s' usa  tuttora  in  Tosear 
8.  PuAVA.  Io  senso  politico ,  non  in  mora*   na.  —  Taii.  Come  duoì.  per  due  ,  anco  in 
le  :  die  a  costoro  non  s' addiceva  notare  la    prosa. 

pravia  de'ccecomi.  Par.,  IX:  Affo  prava       8.  GAMffiaa.  La  lotta  a*  tempi  di  Dante  eia 
UaUeo . . .  usau  in  Fcaaeia  ;  in  Ualia ,  Tictaia  da'  pa* 


era  in  loco  ove  s'udial  rimbombo 
IMr  aofjoa  che  cadea  neU*  altro  giro. 
Simile  a  (nel,  che  l'amie  fanno,  rombo; 

i    Quando  tre  ombre  insième  si  partirò 
Comodo  d' una  torma  che  passava 
Sotto  la  pioggia  dell'  aspro  martire. 

3    YènieD  ver  noi  :  e  ciascuna  gridava  : 
Sostati  tu  che  all'  abito  ne  sembri 
Baserò  alcun  di  nostra  terra  prava. 

k  Aimè ,  che  piaghe  vidi  ne'Ior  membri 
Recenti  eveccnie,  dalle  fiamme  incenso! 
Aacorroenduol.pur  chTme  nerimembri. 

t.  6mo.  De"  fkodelenti ,  P  ottavo  di  tutto 
r  Metao  ,  delia  ciuà  di  Dite  il  secondo.  ~ 
AsHm.  Vira,  paragona  il  rombo  delle  api  al 
Borroofio  dell'onde  del  mare.— Rombo.  Tra- 
apeaitione  in  Dante  rarissima ,  simile  al  Pe- 
ir.  :  Dd  forir  facile  tnaoiui  Ctaipo  feaipié. 
Ma  qui  eeprìme  il  cupo  e  confueo  rumore*  li 
lamiiiij  poi  cresce.  V.  i.  81. 

S.  Taa.  S(/ddomiU  aoa  dotti,  ma  nomini  di 


150 


DELL'  INFERNO 


9  Così,  rotando,  ciascuna  il  visaggio 
Drizzava  a  me,  si  che^pcuntnrìo  il  collo 
Faceva  a*  pie  continii'o  viag:gio. 

10  E  se  miseria  d'osto  loco  soUo 
Rende  in  dispetto  noi  e  nostri  preghi, 
Cominciò  Tuno.el  trìstoaspettoe  brollo; 

11  La  fama  nostra  il  tuo  animo  pieghi 
A  dime  chi  tu  se' che  i  vivi  piedi 
Cosi  sicuro  per  lo 'nfemo  freghi. 

12  Questi,  Verme  di  cui  pestar  mi  vedi» 
Tutto  che  nudo  e  dipelato  vada. 

Fu  di  grado  maggior  che  tu  non  credi. 

13  Nepote  fu  ddla  buona  Gualdrada  : 


pi.  «^  Unti.  Virg.  :  Exfeent  pairim  oUo  la- 
òetife  paiaéttfos.  —  Battoti.  Dal  cesto.  — 
PvMTi.  Dall' arme  (Afln.,V). 

9.  Visaggio.  Vite  in  Toscana.  Qoeaia  pit- 
tara  risponde  a  on  passo  del  Gonvir. ,  XXV: 
Atto  lib$ro  è  tpMndo  una  pfffona  va  «ofenfté- 
ri  ad  alcMna  parte  ,  eh$  ii  moHra  n$l  funere 
volto  lo  viio  in  queUo  atto  tfortato:  e  qìuin- 
d9  eoniro  a  voglim  «i  va  innon  guardart  nMa 
parte  ove  $i  va.  Qui  Dante  dice  •-  Giravano  io 
toDdo ,  e  mi  volgevaDo  ad  ogni  momento  le 
spalle  ;  ma  il  tìso  era  sempre  vo^to  a  me  ; 
sicché  nella  giravolta  toreevano  ii  collo  per 
rigoardarmi.  £  giravano ,  perchè  la  lor  pena 
è  jion  istare  mai  fermi  ;  se  no  ,  giacereobe- 
ro  cent'anni  immobili  sotto  il  fuoco ,  come  i 
dispregiatori  di  Dìo:  onde ,  non  potendo  cam- 
TDinare  innanzi  per  parlar  col  P. ,  si  ferma- 
no ,  è  pur  si  movono.  Si  movono  in  tondo 
perché  1*  orlo  del  cerchio  era  vicino ,  né  avreb- 
bero potuto  segoitar  Dante  a  longo  ,  andan- 
do diritto. 

10.  SoLLo.  Goatrario  di  pigiato  ;  cedevole. 
Mal  fermo  é  l' andare  sa  un'alta  arena.  — 
Baollo.  Scorticato  dalle  scottature.  Inf. , 
\XX1V  :  La  Èchiena  ttimamta  deiiapetta  uua 
hruUa, 

li.  PiioHi.  In  questo  senso ,  fireqaente  in 
Virgilio.  —  Freghi.  Era  vivo  ,  e  calcava  pie 
rat  terreno  »  molto  più  ,  poi ,  andando  sol 
duro  margine.  Le  differenze  tra  l'essere  di  cor- 
po vivo  e  d' ombra  ,  le  vedemmo  nel  111  e 
neir  Vili  e  nel  XII  dell'  uremo ,  o  4e  vedre- 
mo sovente. 

11.  Pestai.  :  T^rere  vtttifia. 

13.  GVALimADA.  Figlia  di  Beilincion  Berti; 
nominato  nel  XY  e  nel  XVI  del  Far.  Ottone 
IV  sul  principio  del  secolo  Xlil  venato  in  Fi- 
renze ,  in  una  festa  data  nella  Cattedrale,  la 
motteggiò  di  Teleria  baciare:  quella  rispose; 
né  e^i  né  altri  il  flvebbo  che  eoo  marito  non 


Guidoguerra  ebbe  nome  :  ed  in  sua  \ìta 
Fece  col  senno  assai  e  con  la  spada, 
li.  Ualtro  ch'appresso  me  la  rena  trita , 
E  Tcg^hiaio  AMobrandi,  la  cui  voce 
Nel  mondo  su  dovrebbe  esser  gradita. 

15  Ed  io  che  posto  son  con  loro  in  croco, 
Iacopo  Rusticucci  fui  :  e  certo 

La  fiera  moglie  più  eh  altro  mi  nuoce, 

16  S*  r  fussi  stato  dal  fuoco  coverto, 
Gittato  mi  sarei  tra  lor  di  sotto: 

E  credo  che  1  dottor  T  avria  sofferto. 

17  Ha,  perch*  i* mi  sarei  bruciato  e  cotto. 
Vinse  paura  la  mia  buona  voglia 


fbsse  ;  onde  Ottone  ne  lece  sthM  »  e  la  a» 
rito  al  eonta  0«ido  ;  uno  de'  suoi  baroli ,  di 
coi  nacque  Buggeri ,  e  di  lui  Galdoguerf^ 
Ottone  gli  diede  In  signoria  il  Casentino..  « 
Guido.  Dall'opere,  dice  l'Anonimo,  ebbe 
soprannome  di  Guerra.  Con  quattrocento  de* 
Guelfi  usciti  di  Flieoie  fece  compiuta  la  giHi 
battaglia  dell'  Angioino  contro  Manfredi ,  e  ri- 
levò in  Firense  parte  guellk ,  che  «ci  1907 
potè  rientrarci.  Esole  con  Guidogoerra  era  U 
padre  di  Dante.  —  Senno.  Ariosto:  M  aemio 
a  con  la  lancia.  Tasso:  Molto  egU  oprò  cai 
fafmo  a  eon  la  mano, 

14.  ToeenAio.  Degli  Adimari  «  funigUa  oo- 
mica  al  P.  Teggbiaio  aconsigliò  la  baiiaglia 
contro  I  Senesi  e  gii  usciti  ghibellini ,  wm  non 
fu  ascoltato  ,  e  ne  seguì  la  gran  rotta  di  Moo- 
taperti.  Farinata  ,  Il  ghibellino  vlndlore  •  t 
Teggiiiaio  ,  il  guelfo  costante  ,  sono  ombedoe 
dal  P.  con  encomio  ramnwatati.  Un  antico 
nota  che  la  noglie  volesse  osar  egli  In  mtoéo 
da  natola  vietato  ;  e  che  aunco  della  rltro- 
«le  della  uoalie  e'  torcesse  a  indegni  aaaori; 
ond'ella  on  di  coltolo  ,  si  diede  a  gridare ,  ni 
^Moco  I  I  vicini  accorrono  :  Iacopo  esce  ;  ed 
ella  rimanda  la  gente  dicendo  :  il  ftoeco  é 
già  spento.  —  Gradita.  Perché  voce  di  pace. 

15.  Gooci.  Cosi  chiamasi  ogni  specie  di 
dolore.  Pet.  :  Amor  eho  m*  ha  Ugato  a  Kanmi 
«n  croce.  -^  Iacopo.  De*  Cavalcanti ,  ricco  e 
valente  caraliere. 

16.  Sotto.  Scendendo  dell*  argine  ,  eh*  en 
pib  alto.  V.  e.  prec.  —  Sofpbrto.  Sebbeo 
guelfi ,  e  colpevoli. 

17.  Cotto.  11  primo  indica  limpression  del- 
la fiamma;  T  altro  dell' ardore.  G.  XV:  Coito 
agpttto.  V.  s.  Girolamo  :  Pfè  puola  racomo  on* 
darà  foprs  lo  òroeta ,  ek§  le  tue  pianie  man 
ti  enoeiano.  —  Ghiotto.  Ar.  (  XXIX,  61  )  : 
Cofè  gUpiaequ»  il  déUoato  volto f  Cofi  tiaveMia 
iwMmantvMnte  ghiotto. 


CANTO    XVI. 


Vii 


V  abbracciar  mi  facea  ghiotto, 
linciai:  non  dispetto  ma  doglia, 
.  oondizion  dentro  mi  fisse 
)  tardi  tutta  si  dispoglia, 
•he  questo  mio  Signor  mi  disse 
r  le  quali  io  mi  pensai 
voi  siete,  tal  gente  venisse. 
bra  terra  sono.  E  sempre  mai, 
i  Toi  e  gii  onorati  nomi 
ioli  ritrassi  e  ascoltai, 
lo  felc ,  e  vo  pei  dolci  pomi 
a  me  per  lo  \erace  duca. 
I  centro  pria  convien  ch'i'tomi. 
gainente  l'anima  conduca 
ira  tue,  rispose  quegli  allora , 
ima  tua  dopo  te  luca  ; 
ift  e  valor,  di*  se  dimora 
itm  citta,  si  come  suole  ; 
utto  se  n'  è  gito  fuora. 
^irlmoBorsiere,  il  qual  si  duole 
«r  poco,  e  va  là  coi  compagni , 
crucia  con  le  hue  parole. 


KUA.  11  vostro  stato  m'addolora, 
B  ci  penserò  con  dolore.  Le  due 
m  9  dispoglia  ,  non  stanno  insi»* 
ifrtlo  non  frequente  nei  nostro. 
ui«  virtù,  è  modo  biblico. 

Quanto  più  modesta,  e  tanto  più 

lodatore  e  d' alti  lodati,  la  lode. 

Politica.  Dante  nel  1300  era  goel- 
■MI  si  sarebbe  dimostro  qui,  se 
non  avebsero  meritata  la  stima 
ghibellino.  —  Ritbassi.  Rappre> 
Mieri   a  me  stesso  per  imitarla. 

parlato  a  Ciacco,  nel  VI,  di  Tefp- 

ànsUcncci. 

Amara  è  la  colpa  ;  selva  amara 
ihc  morte.  —  Pomi.  Frutti  in  ge- 
:  Le  voma  desiderate  dall' aiwma 
ron  da  le.  —  ProveslìI  (  Inf.,  1, 
Tomi.  Cada.  La  meditazione  del 
ndervi  col  pensiero  per  vederne 
d  evitara  di  cadervi  con  l'opera. 
7CA.  Virg.  :  Dum  ipiritus  hos  re- 
ioril  frase  é  nelle  Rime  di  Dante 
.  ).  —  LcGA.  Par.,  XII:  La  glo- 
ama  luca, 

isiA.  In  antico  comprendeva  ogni 
Bma  ed  interna  gentileizt.  Pnrg., 
;  pQue  eh'  Adiee  a  Ai  inibii  SoUa 
ieiia  trovarti,  —  Valoi.  Dante  lo 
onv.,p.  215  }:  Fotenxa  di  nafnni. 
iiLHO.  Cosi  scrive  anco  il  Boecao- 


25  La  gente  nuova  e  i  subiti  guadagni 
Orgoglio,  e  di9mlsura han  generata, 
Fiorenza,  In  te  ;  al  che  tu  già  ten  piagni. 

26  Cosi  gridai  con  la  faccia  levata  : 
E  i  tre  che  ciò  inteser  per  risposta, 
Guatar  Tun  l'altro,  come  al  ver  si  guata. 

27  Se  l' altre  volte  si  poco  ti  costa , 
Risposer  tutti,  il  soddisfare  altrui. 
Felice  te,  che  si  parli  a  tua  posta* 

28  Però  se  campi  d' osti  luogni  bui, 
E  torni  a  riveder  le  belle  stelle, 
Quando  ti  gioverà  dicere  :  i  fui  ; 

29  Fa  che  di  noi  alla  gente  favelle. 
Indi  nipper  la  ruota  ;  e  a  fuggirsi 
Ale  sembiaron  le  lor  gambe  snelle, 

30  Un  amnun  non  aaria  potuto  dirsi 
Tosto  cosi,  com*  ei  furo  spariti  ; 
Perchè  al  maesiro  parve  di  partirsi. 

31  Io  lo  seguiva.  E  poco  eravam  iti , 
Chel  suon  dell'acqua  n*era  si  vìdno 
Che  per  pariar,  saremmo  appena  uditi 

32  Comequelfiumechliapropriocammino. 


ciò  che  in  una  novella  lo  chiama  gentile  eorti- 
giano.  Par  eh*  a*  morisse  vecchissimo  verso 
il  1300. 

25.  Nuova.  Del  contado,  saliti  a  grande  stalo 
In  Firenze.  In  questo  seniio  dicevano  1  Latini 
homo  novut,  —  GcAnAGM.  Co'  viaggi  e  con 
l'usare:  cosi  1*  OUino.  Nel  Gonv.  elu  Lnc, 
il  qoal  fa  le  romane  diseorclie  ingenerala  dal- 
la viliaiima  tra  le  cose,  la  rìcchena. 

26.  Levata.  Verso  Firenie,  in  atto  d'Ira, 
di  dolore,  d'amore.  ^  Guata.  Virg.:  (Mob- 
ttupuere  eiUntee  Conversique  oeuloe  inlfr  ee 
olfua  ora  la iwòofil. 

27.  Soooisfau.  Alle  domande.  Lodano  l'ar- 
dita sincerità  del  P.,  ma  non  gliela  predicono 
sempre  così  fortunata.  ^ 

28.  BuL.  Virg.:  Loca  turgida. -^Giovbba. 
Vlrg.;  Et  haee  oUtnmeminitiejuvakit,  Tasso: 
Quando  ti  gioverà  narrare  aitriU  Jje  novità 
vadMla,  a  dtre  :  io  fui.  Languido. 

29.  Rupran.  Non  più  girano  Intorno  )  V. 
tari.  9  ;. 

80.  Ammsn.  Inf.,  XXIV:  Né  Oektoeto  mai 
né  l  ii  seriue.  Iperbolico. 

82.  Vbso.  Monteveso  sopra  il  Genovese  : 
lai.  Faanltia.  Quivi  I'  Apennìuo  comineia  ;  la 
sinistra  d'Apennino  guarda  a  levanla,  e  V 
acque  che  da  manca  Kendooo ,  mettono  nel- 
P  Adriatico.  Del  Po  a  di  Monteveso,  Solino, 
conoMiolo  dal  nostro. 


152 


DELL*  INFERNO 


Prima  da  moote  Teso  iover  temile. 
Dalla  ainistra  cosla  d*  ApeoniM, 

38    Che  si  chlaina  AoQuaeheta  amo  avaote 
Che  si  diTallì  giù  nelbaMO  letto, 
Ea  Forlì  di  quel  ooiiie  è  Taeante  ; 

94    Rimbomba  là  aovra  aan  Benedetto 
Ddllalpe,  per  cadere  ad  mia  scesa 
Dove  dovrìa  per  mille  esser  ricetto; 

85    Cosi  giù  d'una  ripa  discosoesa 
Trovammo  risonar  quell'acqua  tinta. 
Si  che*n  poca  ora  avria  Torecchia  offesa. 

36  lo  aireva  una  eorda  intomo  einta; 
E  con  essa  pensai  alcuna  volta 
Prender  la  lonza  alla  pelle  dipinta. 

37  Poscia  che  Tebbi  tutta  da  me  sciolta  » 
SI  cornei  duca  m*ayeva  comandato , 
Porsila  a  lui  aggroppata  e  ravrolta. 

38  Ood*  ei  si  volse  inver  lo  destro  lato , 
£  alquanto  di  lungi  dalla  sponda 

La  gittò  giuso  in  ouell'alto  burrato. 

39  E  pur  Gonvien  cne  novità  risponda  , 

33.  Lbtto.  Pianara  di  romagoa.— Yacan- 
TI.  Frase  non  bella  ;  e  rammenta  V  altra  del 
Parg.  »  Y:  La^'l  voeabol  tuo  dioinia  vano. 
Sopra  Forlì  perde  qnel  nome ,  e  si  chiama 
Kuntone  dall'  impeto.  Siccome  il  Bero  Mon- 
tone più  alto  si  chiama  Aeqoachata ,  così  Fle- 
getonte  che  più  sa  é  stagno  »  giù  precipita 
con  rimbombo. 

34.  BmviDiTTO.  Badia*  —  Bkbtto.  Molti 
Arati  potrebbero  ▼iTerei ,  o  molti  nomini  ;  e 
pochi  ci  agaaiiano.  Il  Rossetti  pansando  che 
Arrigo  VII  in  questi  luoghi  Ai  combattuto  dai 
Guelfi ,  spiega  che  da  qaelU  rape ,  secondo 
fi  desiderio  del  P. ,  sarebbero  dovati  preci- 
pitar mille  Guelfi.  Troppo  crudele.  Né  se  que- 
sto pensafa ,  direbbe  tkeito, 

35.  Tinta.  Rossa  (  Inf. ,  XIY  ).  Nd  YI  : 
Acqua  Unta  a  neve. 

36.  Gobba.  Significa  la  mortificaiione  con 
citi  Dante  sperò  vincere  la  lussoria,  aecoudo 
il  vangelico  Sint  lumbi  V9Mn  proeoincft;  e  si- 
gnifica la  buona  fode  per  cui  aperò  trarre  a 
ile  i  Fiorentini  ',  e  ora  spera  patteggiare  con 
la  lor  f^de  sì  che  non  gli  possa  fìir  male. 
Alla  Imona  fede  s' oppone  la  lh>de ,  della 
qual  dice  il  P.  (  e.  XI  )  »  che  redde  il  vin- 
colo d' amore»  IH  ch9  la  foio  spastoi  jì  aria. 
Questo  poi  della  corda  è  simbolo  moltipllce: 
coda  Dante»  di  Pietro  d'Aragona:  D*  a^fii  vm- 
lor  portò  amia  la  corda.  A  ciò  s'aggiunga 
che  Danto  come  laniario  dcT  liraneeacanl,  nel 
giovedì  santo  avrà  forse  avnto  Indosso  quei* 
ì*  abito  e  quel  cordone  (F.  Pelli).  Altri  per  la 


Dicea  fra  me  mede8mo,al  noovio  ecmo 
Che*l  maestro  con  l'oc^chio  si  seoomfei. 

U>  Ahi  quanto  cauti  gli  uomimeoterdeniio 
Presso  a  color  che  non  veggoo  por  Fvpn 
Ila  per  entro  i  pensier  miran  col  ieoiiD! 

kì    Ei  disse  a  me:  tosto  verri  dì  sópra 
Ciò  chTattendo,e  che'l  tuo  pensier  aogpi; 
Tosto  convien  eh*  al  tuo  viso  si  scuopn. 

kH  Sempre  a  quel  verch'hafacda  di meniogi 
Del'uom  chiuder  le  labbra  quant*«i  puole» 
Però  che  senra  colpa  fa  vergognai  : 

43    Ma  qui  tacer  noi  posso;  e  per  le  noia 
Di  questa  commedia ,  lettor,  ti  gioia , 
Snelle  non  sien  di  lunga  grasia  volo, 

kk  Ch*i  vidi  per  quelPaer  groaso  e 
Venir  notando  una  figura  in  auto  « 
Meravigliosa  ad  ogni  cuor  sicuro  , 

VS  SI  come  toma  colui  che  va  gioe^ 
Talora  a  solver  incora  eh'  aggram 
O  scoglio,  o  altro  che  nel  mare  è  ctiii 

i6    Che*nsusi  stende;  eda  pie  A  nttnppa 


corda  Intende  la  fortezza ,  contrarla  inai 
e  alla  lussuria  e  alla   frode.  —  Dmirra 
(  Inf.,  I  ).  Virg.:  Pfcfoegae  voluofV. 

97.  Amuoppata.  Il  P.  credeva  che  akoia 
di  laggiù,  ae  l'avesse  ad  aggroppa»  aalaada. 

tè,  LuNoi.  Che  la  corda  non  deiae  In  qnakha 
masso. Novellino,  LXI:  Jlfottodt  Wnnfiéa  Baie. 

89.  Sicokda.  Yirg.  :  Quantmm  aata  pomaef 
ooniì  ff roota  la^uenfiim.  Seguiva  con  roecUa 
la  corda  per  vedere  ae  Gerìona  aallva  :  a  fas- 
ta quel  seano,  perchè  'l  suon  dall'acqua  avn^ 
be  flitta  inutile  ogni  chiamata.  Poi ,  al  ea»» 
vengono  alla  frode  i  taciti  cenai. 

49.  Facua.  B.  Giamboni,  trad.  del  Taaaaa 
di  Brunetto,  e  contemporaneo  di  Dania  :  Mm 
vartlode  ha  moU9  voUe  faceta  di  inafunfnOi 
Altrove  :  SpeiM  vo{f«  la  verità  ha  facdm  éé 
kugia,,.  Tei  verità  dei  dire  che  ti  tia  am> 
éma  ;  dba  altrimafift  ti  sarebbe  riputata  par 
bugia.  Albertano  (  l,  XXVllI  )  :  ^etm  «olia 
la  verità  tien  faccia  di  bugia.  Taaso  :  M  flà 
direi  s  ma  il  ver  di  faleo  ha  faeda. 

43.  YoTi.  Inf.,  XX:  Se  IHotilaeei, 
prender  frutto  Di  tua  IcEione. 

44.  NoTAKUo.  Yirg.,  di  Dedalo: 
Antoi.  Ma  qui  nuotava  nell'  aria  grossa ,  a»* 
me  io  grave  acqua.  «*  Sicuro.  B.  Glaasbook 
La  eiourté  è  non  dubitar  deUe  eoee  cha  ae» 


jpravuef  Inolio. 

45.  Cnuso.  Naacoso.  Yirg.: 
dtmi  eenvatUbm  umbrae. 

46.  Aattuappa.  Nel  senso  di  rettrtn^afi^ 
viva  in  Toscana  rattrappire.. 


1»3 


CANTO      XVII. 


ARGOMENTO. 

,  Saliia  la  fiera  ,  Virgilio  scende  dair  argine  a  parìaHe  :  Dante  ^  per  t  orio  di 
fiH  cerchio  »  odo  che  non  è  tocco  dal  fuoco  (aUrimewti  il  fuoco  cadrebbe  nel  cer» 
Aio  aflavo  )  ,  va  guardando  gli  usurai  che ,  seduti  e  rannicchiati  ,  s*  ai^Uano  con 
li  mumi  a  rinfrescarsi  alla  meglio.  Riconosce  taluno  all'  arme  del  casato  dipinta 
«cfTS  alia  tasca  :  ma  non  parla  con  loro  ,  come  a  troppo  spregevole  razza.  Toma 
m  VirpUo  ;  salgono  in  groppa  a  Gerione ,  il  quale  ,  notando  per  l  aria ,  li  scende 
alt  oilavo  cerchio  ;  e,  depostili  ,  si  dilegua,  sdegnoso  deU  insolita  soma,  egli  che 
portare  se  non  frodolenti  par  suoi. 


dola  de'  meo  lodati  »  ma  pieno  di  poesia. 

Hou  le  teriine  1  alia  9;  11;  la  15  alla  19;  la  23,  24,  25,  27,  inaino  alla  flne. 


1    Ecco  la  fiera  con  la  coda  agazza , 
Chepasaai  monti,  e  rompe  muri  ed  armi: 
Seco  colei  che  tutto  *l  mondo  appuzza. 

9    81  eomiDciò  lo  mio  duca  a  parlarmi; 
E  mccemioUe  che  venisse  a  proda 
Vicino  al  fio  de*  passeggiati  marmi. 

1.  Ecco.  Si  badi  ai  lirici  cominciamentì  dei 
«•  Ut  UI,1V,  Vii,  X,  XV.— Fibra.  Apocal.: 
Beetia»  qmae  aseetidU  de  abyuo.  ^od  è  senza 
faUndioieDlo  questo  salir  della  frode  dal  fon- 
^»  e  pel  Tano.  —  Hompb.  La  frode  dei  ca- 
volki  ruppe  le  mora  di  Troia  ;  il  dardo  insi- 
ttoao  di  Paride  ruppe  1'  armi  d' Acliille  :  così 
Halro  di  Dante.  Orazio ,  dell'  oro  :  Bbt  me- 
éim  ire  sateUUes ,  Et  perrutnpere  amat  saxa. 
—  Aptozza.  Inf. ,  Xi.  La  frode  ond'ogni  co- 
aOMua  è  monom 

1.  MAmMi.  Gli  argini  /al(iaranptc(ra(c.XlV). 

9.  FnosA.  Virg.  colloca  sulle  soglie  d*  In- 
Gerione  :  Forma  tricorporis  umbrae. 
che  tra'  violenti  in  altrui  pone  i  Ceu- 
ri  «  tra'  suicidi  le  Arpie  ,  e  quasi  passag- 
p»  dall'alto  inferno  a  Dite ,  Flegi4s  ;  dagli 
cnlici  ai  violenti  ,  il  Minotauro  ;  da'violcnli 
a*  flrodoieati  colloca  Geriooe  ;  sia  perchè  quel 
triplice  corpo  gli  simboleggi  le  forme  varie 
dalla  frode  ;  sia  perchè  ,  vinto  Gerione ,  Er- 
cole venne  in  Italia  (  Aen. ,  Vili  ),  e  fu  no- 
verato tra  i  padri  dell*  italica  cifilià  :  onde 
siccon'  Ercole  è  simbolo  della  forza  ,  così  1' 
aliro  vicn  posto  ad  imagi  ne  della  frode.  Pie- 
tro di  Dante  nel  triplice  corpo  intende  i  tre 


3    E  quella  sozza  immagine  di  froda 

Sen  venne,  e  arrivò  la  testa  e  1  busto; 

Ma  *n  su  la  riva  non  trasse  la  coda. 
h    La  faccia  sua  era  faccia  d*uom  giusto, 

Tanto  benigna  avea  di  fuor  la  pelle; 

£  d*un  serpente  tutto  Taltro  fusto. 

modi  di  fh)dare  :  in  parole,  come  adulatori, 
rufl3ani,  seminatori  di  scisma  e  di  scandalo; 
in  cose  ,  eome  falsiflcatori ,  simoniaci ,  ipo- 
criti ,  maghi  ;  in  opere,  come  barattieri ,  la- 
dri, traditori.  L'Ottimo  dice  che  i  tre  corpi 
di  Gerione  erano  tre  fratelli ,  che  1'  uno  lo- 
singava  ,  l' altro  rapiva ,  il  terzo  feri?a  ;  e  ciò 
risponde  alla  faccia  benigna  •  al  busto  ser- 
pentino, alla  coda  velenosa.  Dante  non  gli  dà 
giè  tre  corpi. — Arrivò.  Attivo,  secondo  l' eti- 
mologia. 

4.  Sbrpbntb.  Gen.  :  Serpent . .  .  eallidior 
eunetit  animantibtis  terrae.  La  frode  ispira  sul 
primo  fiducia ,  ha  forma  di  giustizia  ;  poi  vie- 
ne agi'  inganni,  fhsto  di  serpe  ;  vibra  in  ulti- 
mo il  colpo ,  nella  coda  il  veleno  ;  e  ha  co- 
da aguzza  ,  perchè  acuto  al  male  è  il  frodo- 
lento  ;  ba  branche  pelose  ,  perchè  bestiai  co* 
sa  è  la  frode  :  i  nodi  figurano  gì'  intrighi;  le 
rotelle  i  raggiri.  Ariosto,  della  frode  (XIV  , 
87  )  :  Avea  piaeevol  viso ,  aòtCo  onesto.  Un  u- 
mU  volger  d*  occhi»  un  andar  grave»  Un  par- 
lar sì  benigno  e  si  modesto  Che  parsa  Crabriel 
che  diceste  :  ave.  JBra  brutta  e  deforme  in  Itit* 
lo  ti  re<(o. 


SO 


lai 


DELL    INFERNO 


5  Duo  branche  avea  piloso  infio  l'agcelle; 
Lo  dosso,  e  'I  petto  ed  aroenduo  la  coste 
Dipinte  avea  di  nodi  e  di  rotelle. 

6  Con  più  color  sommesse  e  soprapposte 
Non  fer  ma'in  drappo  Tartari  né  Turchi, 
Né  fur  lai  tele  per  Aragne  imposte. 

7  Come  talvolta  stanno  a  riva  i  burchi 
Che  parte  sono  in  acqua  e  parte  in  terra  ; 
E  come  là  tra  li  Tiideschi  lurchi 

8  Lobevero  s'assetta  a  far  sua  guerra; 
Cosi  la  fiera  pessima  si  stava 

Su  Torlo  che  di  pietra  il  sabbion  serra. 

9  Nel  vano  tutta  sua  coda  guizzava 
Torcendo 'n  su  la  venenosa  forca  , 
Ch'a  guisa  di  scorpion  la  punta  armava. 

10  |x>  duca  disse:  or  convien  che  si  torca 
La' nostra  via  un  poco  infino  a  quella 
Bestia  malvagia  che  colà  si  corca. 

11  Però  scendemmo  alla  destra  mammella, 

5.  Filose.  Anco  in  prosa.  —  Ikfin.  Pnrg., 
XXXII  :  /rutti  (e  fiaiU9.  —  Nodi.  Yirg.  poDe 
nel  suo  Inferno  coloro  quihui  •..  fraui  innexa 
eUen ti. — Rotelle.  Ar.  :  Dutriir • . . Tutto  tpar- 
io  di  fnacekie  e  di  roUÌJU, 

6.  Aragne.  (Ov.,  MeU,  TU;  e  Porg. , 
XII).  Beo  torna  l' imaglne  delle  tele  ad  espri- 
mere i  tramali  inganni ,  le  ordite  insidie ,  le 
tessute  frodi.  E  ben  tornano  le  sommesse,  il 
fondo,  e  le  soprapposte,  H  ricamo»  per  in- 
dicar la  doppiezia  del  frodolento. —  Imposte. 
Poste  sai  telaio. 

7.  LuRcui.  Divoratori  immondi.  Tacito  di- 
ce i  Germani  dediti  $omno  eiboque.  In  lat. 
lureonei  vale  ghiottoni.  Dante  accenna  fora' an- 
co ai  cento  Tedeschi ,  i  quali  manda U  da  Man- 
fredi a  soccorso  de'  fiorentini  usciti ,  ftaron 
da  questi ,  pe'  lor  fini  »  empiati  di  cibo  e  di 
vino  e  devoti  a  certa  morte.  Forse  accenna 
agl'imp.  tedeschi  i  quali  volevano  tenere  Tita- 
lia  e  non  la  soccorrere  ;  e  non  istavano  come 
suol  dirsi  ,  né  qua  né  là.  Qui  del  resto  si  ve- 
de come  la  sola  necessità  lo  movesse  ad  in- 
vocare Tarmi  straniare;  quella,  dico,  ch'egli 
stimava  necessità. 

8.  Bevbro.  Cosi  anco  in  prosa  il  castoro, 
il  quale  colla  coda  intorbida  Tonde,  e  piglia 
i  pesci ,  dice  Pietro  di  Dante,  lo  non  entro 
mallevadore  del  fatto.  —  Pessima.  Frase  del- 
la Genesi.  —  Oelo.  11  qual  serra  il  sabbione 
con  pietra.  11  cerchio  de'  violenti  era  cinto 
d'  un  orlo  di  pietra  :  se  no  ,  Dante  non  sareb- 
be potuto  scendere  illeso  dalle  fiamme  cadenti. 

9.  Vano.  Perchè  sulla  riva  non  trasse  la 
coda  :  significa  la  vauilà  ed  instabilità  delU 


E  dieci  passi  femmo  in  su  lo  stremo 
Per  ben  cessar  la  rena  e  la  fianuncUa. 

12  E ,  quando  noi  a  lei  venuti  seme , 
Poco  più  oltre  veggio  in  su  la  rena 
Gente  seder  propinqua  al  luogo  scemo. 

13  Quivi!  maestro: acciocché  tutta  piena 
Esperienza  d*esto  giron  porti , 

Mi  disse,  or  va,  e  vedi  la  lor  mena. 
H    Li  tuoi  ragionamenti  sien  là  corti. 
Mentre  che  torni,  parlerò  con  questa  • 
Che  ne  conceda  i  suoi  omeri  forti. 

15  Cosi  ancor,  su  per  la  strema  testa 
Di  quel  settimo  cerchio^  tutto  solo 
Andai  ove  sedea  la  gente  mesta. 

16  Per  gli  occhi  fuori  scoppiava  lordoolo; 
Di  qua  di  là  soccorrén  eoo  le  mani 
Quandoa' vapori,  equandoal  caldosoolo. 

17  Non  dtrimenti  fan  di  state  i  cani 

Or  ed  ceffo  or  col  pie,  quando  toaBiorsi 

frode.  —  Forca.  La  coda  biforcuta  :  onde  di- 
ce che  la  forca  velenosa  armava  la  punta. 
Pier.  Valer.  :  Mei  in  ore  habei  ,  tn  occ«lCo  M- 
dae  ipieulum  :  ita  KonUnei  qui  Ungma  btmf 
diwuur,  latwier  feriunt. —  Sconnon.  Par*; 
gat.  :  Freddo  animaU  Che  fon  la  coda  ftf^ 
euote  la  gmUe* 

11.  Dbstea.  Fin  qui  avevan  sempra  svol- 
tato a  sinistra  :  ma  ora  scendono  a  deUra  par 
per  andare  alla  bestia.  Poi ,  per  iseendeia  la 
via  delT  Inferno ,  ripiglian  sempre  da 
manca.  —  Mamvella.  Per  parte;  come 
nel  senso  simile  ;  e  nel  XII ,  daifm 
Cessae.  Per  cantare,  nel  Par.  (XXy/35)  • 
nel  Gonv.  Novellino ,  VI  :  Cessar  kriga  a  Iu- 
re ed  a  me.  —  Rena.  S' a  vantano  alcuni  patii 
nell'orlo  di  pietra  verso  il  preclpiiia^  par 
bene  allontanarsi  dalla  fiamma,  e  dalla  rcM 
che  sotto  la  fiamma  s'aeeendea  com' ceca. 

12.  Scemo.  A  quel  che  ha  detto  poe'  aaii 
orlo  estremo.  Gli  usurai  stanno  ultimi  de^  vio- 
lenti, e  contigui  alla  frode. 

13.  Mena.  Il  dimenarsi  eh' e*  Oinoo.  laf.* 
XXIV  :  Serpenti,  e  diti  diversa  mona.  In  tea- 
so  afllne  v.  Bsrl.:  La  pulzella  per  cai  ifii 
ero  stato  in  cosi  male  mene, 

14.  Mentee  (Inf. ,  XIII ,  A  ). 

15.  Testa.  Quel  ch'ha  chiamato  orio,  «- 
Solo.  L'  usura  è  vizio  più  moderno  che  antico* 

10,  Soccorrén.  Si  soccorre  e  a  chi  pati- 
sce, e  al  suo  patimento.  Petrarca  :  Soccorri 
alla  mia  guerra. 

17.  Cam.  Ariosto:  Simil  battaglia  fa  la 
mosca  audace  Conlfa'i  mastin  nel  polvermo 
amasio,  O  nd  wmc  dinanzi  o  nd  segumcCt 


CANTO    XVFr. 


15o 


0  da  puki,  0  da  mosche,  o  da  tafani* 

18   Poi  elle  Del  viso  a  certi  gli  òcchi  porsi 
Ne*  quali  il  doloroso  fuoco  casca, 
NoD  ne  coDohbi  alcun:  ma  T m'accorsi 

i9  Qie  dal  collo  aciascun  pendea  una  tasca 
Ch*  atea  certo  colore  e  certo  segno: 
E  quindi  par  che'l  loro  occhio  si  pasca. 

90    È  com*io  riguardando  tra  lor  vegno, 
Ib  udì  borsa  gialla  vidi  azzurro, 
Che  di  lione  avea  faccia  e  contegno. 

SI  Poi  procedendodi  mio  sguardo  il  curro, 
YidiDe  un'altra  più  che  sangue  rossa  , 
Mostnre  un'oca  bianca  più  che  burro. 

i2  E  un  che  d'una  scrofa  azzurra  e  grossa 
Segnato  avea  lo  suo  sacchetto  bianco, 
Hi  disfte:  che  fai  tu  in  questa  fossa? 

S3    Or  te  no  va.  E  perchè  se' vivo  anco, 
Sappi  che  'I  mio  vicin  Vitaliano 
Sederi  qui  dal  mio  sinistro  fianco. 


Vwm  éi  tfM§  $  PaUro  pttn  dimosto  :  N^- 

&9eehi  il  fmkg$  e  fi«I  grifo  nundaet ,  Vo- 
\  Antonio  f  gU  tta  $»mf>n  aeeoito.  E  qnàl 
tmmr  fa  apoMO  ti  dente  ateiìitto  :  Mfa  un  tratto 
«fc'ifli  arrivi,  pagail  tutto.  Evidente  ma  longo. 
IS.  PoBSi.  Dà  agli  occhi  le  qualilà  della 
tèrza  visiva  :  però  dice  inviare ,  gettare  ,  fic- 
care f  porgere  l' occhio ,  e  più  sotto  il  curro 
Mio  tgnardo.  Petr.  :  Ove  gii  oeeki  frima 
pam.  Fa  che  tengano  il  viso  basso  a  goarda- 
n  la  tasca  ;  sia  perché  Dante  voglia  mostra- 
li dì  BOB  aver  mal  avoto  commercio  contale 
sJa  perchè  come  gli  avari  :  La  teofM^ 
viia  che  i  fé  eozzi.  Ad  ogni  eonoseen- 
MaargjU  fa  hruni, 

19.  Tasca.  Poi  lo  chiama  sacchetto  :  non 
4k%  ae  pieno  ;  forse  a  più  scherno  e  tormen- 
te^ meglio  è  fiirlo  vuoto.  E  la  tasca  portava 
ì  amie  dal  casato  :  ingegnoso  partito  per  dar 
a  conoacere  qae'  dannati  sema  ludgo  discor- 
se. —  Pasca.  Virg.  :  Animum  pietura  pateit 
Eecl. ,  IV:  Ifee  satianturoculitjuidi' 
Trecentista  inedito  :  Poieendo  lo  suo 
IO  di  quelle  dipinture,  Evang.:  Ubi. .. the- 
«Bnci  finif  p  ibi  est  et  cor  tuum. 

SO.  CoxTBfiNO.  Atteggiamento.  Inf. ,  IX  : 
MsuAra  femwùmU  avéno  e  atto.  Arme  de*Gian- 
igliaeci ,  fiorentini. 

21.  Cuamo.  S'osava  anco  in  prosa.  L'oca 
é  nraie  degl'  Ubriachi ,  nobili  di  Firenze , 
Qiorai  (  Maiispini  ). 

tt.  Scbofa.  Degli  Scrovignl.  D'atta  Scro- 
vigii  ai  dice  nel  ISOfi  innamorato  in  Padova 
DiBlt.  —  Gaosf  A.  Per  pregna  :  dkesi  anea- 


2&>    Con  questi  Fiorentin  son,  Padovano. 
Spesse  fiate  m'intruonah  gli  orecchi 
Gridando:  vegna  il  cavalier  sovrano 

25  Che  recherà  la  tasca  co'  tre  becchi  ! 
Quindi  storse  la  bocca,  e  di  fuor  trasse. 
La  lingua  ,  come  bue  che'l  naso  lecchi. 

26  Ed  io,  temendo  no'l  più  star  crucciasse 
Lui  che  di  poco  star  m' avea  ammonito. 
Tornami  indietro  dall'  anime  lasse. 

27  Trovai  lo  duca  mio  ch'era  Salito 
Già  SU  la  groppa  dei  fiero  animale, 
£  disse  a  me  :  or  sie  forte  e  ardito. 

28  Ornai  si  scende  per  si  fatte  scale. 
Monta  dinanzi;  ch'i* voglio  esser  meazo, 
Si  che  la  coda  non  possa  far  male. 

29  Qual  è  colui  ch'ha  si  presso  '1  riprezzo 
Della  quartana^ch'hagiàrunghiesmorte, 
E  triema  tutto,  pur  guardando  il  rezzo, 

30  Tal  divenn'  io  alle  parole  pòrte  : 


ra.  —  Fai.  Ta  che  non  se'  né  usuraio  né  dan- 
nalo. Simile  alla  domanda  di  Caronte,  di  Fle- 
giès ,  de'  diavoli.  Lo  conosce  vivo  all'  andar 
libero  fra' tormenti. — Fossa)  c.  XXIII ,  41) 

23.  Vitaliano.  Del  Dente  suo  vicino,  cioè 
concittadino  ,  di  Padova.  Pet.  :  Pianga  Pisto- 
ia e  %  cittadin  perversi  Che  perduV  hanno  li 
dolce  vicino.  — Sinistro.  Dunque  più  reo. 

24.  Sovrano.  In  fatto  d'usura.  Inf.,  XXIIs 
Barattier  fu  non  picciol  ma  sovrano.  Gio. 
Buiamente  fiorentino  ,  ancor  vivo  nel  1300, 
che  poi  morì  poverissimo.  Aveva  per  insegna 
in  campo  giallo  tre  hocchi  neri  :  e  l'atto  che 
segue ,  è  in  ispregio  de'  fiorentini  usurai ,  ed 
è  appropriato  alla  viltà  di  tale  peccato. 

2fi.  SToaSB.  Is.  ,  LVIl  :  Super  quem  lusi- 
siti?  Super  quem  dilatastis  os,  et  ejydstis  Itti* 
guam  ? 

26.  Lassi.  Dal  dimenarsi  e  dalfàoco(terz.  16). 

27.  FORTB.  Reg.  (11,  10):  Etto  virfortis. 

28.  ScALB.  Gerione  ,  Anteo  (Inf.,  XXXI), 
Lucifero  (XXXIV). —  Mezzo,  Lat.  medius  ; 
tra  Vuomo  e  la  frode  si  pone  la  fciefisa.— 
Possa.  Ombsso  Va  te  ;  come  nel  e.  1,1:  La 
diritta  via  era  smarrita ,  si  sott*  intende  :  da  me. 

29.  RiPRBZio.  V.  S.  Padri  :  Sentire  riptei- 
so  di  febbre.  Pet.  :  j^uol  ha  già  i  nervi  e  i 
polsi  e  i  pensier  egri.  Cui  domestica  febbre  as- 
salir deve.  —  Rbxxo.  Nod  vorrebbe  partirsi 
dal  sole ,  e  al  vedere  pur  l'  ombra ,  trema. 

30.  MiNACCB.  Non  sempre  ostile.  Minae  di- 
cevano i  Latini  le  voci  con  che  il  bifolco  spin* 

Seva  i  bovi  al  lavoro.  —  Sbrvo.  Similitudine 
i  padrone  con  servo  è  nel  e.  XXIX. 


156 


DELL*  INFERNO. 


Ma  vergogna  mi  fér  le  sue  mioacce, 
Che  'nnanzi  a  buon  signor  fa  servo  forte. 

31  r  m' assettai  in  su  quelle  spaliacce  : 
Si  volli  dir  (  ma  la  voce  non  venne 
Com'  r  credetti  ):  fa  che  tu  m*abbracce. 

32  Ma  esso  ch'altra  volta  mi  sovvenne 
Ad  altro  forte,  tosto  ch'io  montai 

Con  le  braccia  m'avvinse  e  mi  sostenne. 

33  E  disse:  Gerion,  muoviti  omai: 

Le  ruote  larghe,  e  lo  scender  sia  poco. 
Pensa  la  nuova  soma  che  tu  hai. 
H    Come  la  navicella  esce  di  loco 
In  dietro  in  dietro,  si  quindi  si  tolse , 
E  poi  eh'  al  tutto  si  senti  a  giuoco , 

35  Là  'v'  era  '1  petto  la  coda  rivolse  ; 
E  quella  tesa,  com'anguilla,  mosse; 
E  con  le  branche  l'aere  a  sé  raccolse. 

36  Maggior  paura  non  credo  che  fosse 
Quando  Fetonte  abbandonò  gli  freni, 
Per  chel  ciel,come  pare  ancorasi  cosse; 

37  Nò  quando  Icaro  misero  le  reni 
Senti  spennar  per  la  scaldata  cera , 
Gridando'l  padre  a  lui:  mala  via  tieni  ; 

38  Che  fu  la  mia  quando  vidi  eh'  i*era 

31.  Spallaccb.  Virg.  :  Tergo  eontueta  loca- 
vii  Membra.  —  Vbnm.  Virg.  :  ...  Nee  vox  aut 
verba  sequuntur.  Inceplw  clamor  frustralur 
hiantcs. 

32.  Forti.  Ad  altro  difficile  passo.  Così 
diciamo:  qui  ita'l  forte.  Lo  soccorse  dall' ava- 
rizia 4  ed  or  dalla  frode. 

33.  Ruote.  Come  sogliono  gli  uccelli  spe- 
cialmente di  rapina.  Virg.  gli  dice  ,  scenda 
lento  ed  obbliquo ,  per  non  iscuotere  troppo 
il  F.  vivo.  Conv.:  Meglio  tarebbe  voi,  come 
rondine ,  volar  basso,  che ,  come  nibbio ,  altis- 
sime rote  fare  sopra  cose  vilistime, 

34.  Navicella.  Rammenta  i  burchi  (terz.7). 
—  A  Giuoco.  Da  potersi  movere  libero.  Vola- 
re a  giuoco  nota  la  Cr. ,  degli  uccelli  di  ra- 
pina quando  si  spaziano  lasciati  liberi  dal 
cacciatore. 

35.  Tesa.  Come  fii  l'accello  dell'ala.  — 
Raccolse.  Come  natando. 

36.  Fosse,  in  Fetonte.  Ot.,  Met.,  II:  Men- 
tis inops  ,  gelida  furmidin»  lora  remisit,  — 
Pare.  Apparisce  nella  vii  lattea  (  Ov. ,  Mei.; 
Par. ,  XIV  ). 

37.  Misero.  Il  verso  soona  caduta.  —  Re- 
ni. Ovid.  :  MoUU  odoratas  pennamm  vineula 
cerai.  7a6iienifU  eerae  :  nudos  quatit  ili»  la* 
eerios, 

39.  Vinta.  Per  il  mota  deirtnimale,  sen- 


Neir  aer  d'ogni  parte,  e  vidi  spenta 
Ogni  veduta,  fuor  che  della  Cera. 

39    Ella  sen  va  notando  lenta  lenta , 
Ruota  e  discende:  ma  non  me  n'accorgo. 
Se  non  eh'  al  viso  e  disotto  mi  venta. 

&0    l'sentia  già  dalla  man  destra  il  gorgo 
Far  sotto  noi  un  orribile  stroscio  : 
Perchè  con  gli  occhi  ingiù  la  testa  sporgo* 

(^1  Allor  fu'  io  più  tìmido  allo  scoscio  ; 
Però  eh'  i'  vidi  fuochi  e  senti'  pianti , 
Ond'  io  tremando  tutto  mi  raccoscio. 

(^2  E  udi'  poi ,  che  non  1*  udia  davanti. 
Lo  scendere  e  '1  girar  per  li  gran  mali 
Che  s'appressavan  da  diversi  canti. 

hZ    Comei  falcon  ch'ò  stato  assai  su  Tali» 
Che^  senza  veder  logoro  o  uccello  ^ 
Fa  dire  al  falconiere  :  oimò  tu  cali  ! 

hk    Discende  lasso,  onde  si  muove  snella 
Per  cento  ruote,  e  da  lungi  si  pone 
Dal  suo  maestro ,  disdegnoso  e  fello  ; 

4-5    Cosi  ne  pose  al  fondo  Gerione 
A  piede  a  piò  della  stagliata  rocca  : 
E  discarcate  le  nostre  persone, 

!^6    Si  dileguò,  come  da  corda  cocca. 

te  vento  al  viso  ;  pel  moto  dello  scendere,  lo 
sente  disotto  (  tcrz.  33  ). 

40.  Destra.  Scesero  dal  margine  destro: 
il  fiume  donque  restava  a  sinistra.  Per  aver- 
lo ora  a  destra  ,  convien  che  le  rote  che  fi 
Gerione  scendendo  si  tengano  vicine  al  fio» 
me.  —  Gorgo.  Di  Flegctonte.  Virg.  '■  Gurga 
Aestuat,  —  Sporgo.  Passa  da  senlia  a  sporgo; 
come  alle  terzine  20  ,  21  da  vegno  a  viéL 
Passaggi  frequenti  in  Virgilio. 

41.  Scoscio.  Per  guardare  giù  s'eri  piega- 
to e  quasi  scosciato. 

42.  Scendere.  Dal  suono  appressantesl , 
sentiva  di  scendere;  dal  variare  del  suono  , 
sentiva  di  girare  con  larghe  ruote  e  lente.—- 
Apprbssatan  (  e.  Vili,  23  ). 

43.  Logoro.  Fatto  di  cuoio  e  di  penne  per 
richiamare  il  falcone ,  o  dirizzarlo  alla  preda. 
Lo  nomina  nel  Purgatorio  in  traslato.  Gerio- 
ne scende  sdegnoso  come  falcone  che  cala 
senza  preda. 

44.  Maestro.  Frane.  :  mallre.  —  Fello. 
Irato  (  Far. ,  IV  ).  Peir.  (  Tr.  Am.  )  :  Tanto  ed 
suo  amante  più  turbata  e  fella, 

45.  A  PIEDE.  Ripetuto  indica  prossimità  pia 
stretta ,  come  a  lato  a  lato  ;  e  simili.  La  ra- 
pe era  ritta  sì  che  pareva  stagliata. 

46.  Cocca.  Per  saetta,  Virgilio  la  chiaOM 
onmdtf. 


157 


CANTO     xvin. 


ARGOMENTO. 


Siamo  alPcUavo  eerehio,  diviso  in  fo$iit  e  $u  ciateun  fosso  un  ponte:  i  fossi 
girano  in  tondo  ,  V  uno  inehiude  V  altro  ,  come  i  tre  gironi  de'  violenti  ,  A  che  la 
dseima  bolgia  è  ptò  angusta  di  tutte.  Nel  mezzo  della  decima  j  cioè  di  tutte,  s'apre 
il  pozzo  che  ingoia  i  traditori.  Le  dieci  bolge  sono  pe'  frodolenti  :  nella  prima  i  se- 
éutcri  di  donne  per  propria  libidine  o  per  altrui.  Tra*  ruffiani  trovano  un  Bologne^ 
se  ,  tra*  seduttori  a  propria  libidine  ,  trovan  Giasone.  I  seduttori  si  rincontrano 
co'  ruffiani  ,  quasi  per  farli  arrotsire  a  vicenda  delle  loro  turpitudini  e  delle  frusta- 
te che  pigliano.  NeW  eàtra  bolgia  gli  adtUatori  tuffati  in  istereo. 

Nota  le  tenìoelaUa  6;  la  9,  10,  12,  13,  16,  21,  22,  27,  28,  31,  32;  la  35  alla 
40;  U  42,  43,  44. 


1  Luogo  è  in  inferno,  detto  Malabolge, 
Tutto  di  pietra  e  di  color  ferrigno 
Come  la  cerchia  che  d' intorno  1  volge. 

2  Nel  dritto  mezzo  del  campo  maligno 
Vaneg^ un  pozzo  assai  largo  e  prorondo, 
Di  cui  suo  luogo  conterrà  l'ordigno. 

3  Quel  cinghio  cherimane,adunque  è  tondo, 
Tra  1  pozzo  e*l  pie  dell'alta  ripa  dura  ; 
E  ha  distinto  in  dieci  Talli  il  fondo. 


1.  Malbbolgb.  I  diaToli  chiamerà  poi  Ma- 
lebranche. Bolgia ,  arnese  simile  a  bisaccia  ; 
cosi  ebiama  il  loogo  Che*l  mal  deU'  universo 
fttCfo  'ntaeea  {  Inf. ,  VII  ) ,  dove  giacciono  i 
frodatori  di  chi  fidanza  non  imbona  (  Inf.  , 
XI  ).  —  Ferrigno.  Virg. ,  di  Caronte  :  Ferru- 
fmea  ...  cymba,  Ar.  »  XI.  Ferrigna  scorsa.—^ 
CiacHiA.  Il  muro  di  masso  dal  quale  scese, 
poruto  da  Gcrione.  Cerehie  dicevansl  le  ma- 
la di  Firenze.  —  Volge.  Come  girare ,  è  at- 
tifo  e  neutro  assolato. 

2.  Dritto.  Come  bel  mezzo.  —  Maligno. 
lof. ,  VII  :  àlftligne  piagge.  Il  pozzo  è  come 
Il  colatoio  de'  dieci  fossi;  sentina  d*  Inferno. 
--Vaneggia  (terz.  2tf  ).  — Luogo ( Inf. XXXI). 
—  Ordigno.  La  strottara.  Gaido  :  V  ordigno 
del  mondo. 

3.  CiNcnio.  il  terreno  che  cinge  il  pozzo. 


5 


6 


Quale,  dove  per  guardia  delle  mura 
Più  e  più  fossi  cingon  li  castelli , 
La  parte  dov'  e*  son  rende  figura  ; 

Tale  immagine  quivi  facean  quelli: 
E  com'  a  tai  fortezze,  da  lor  sogli 
Alla  ripa  di  fuor«  son  ponticelli. 

Cosi  da  imo  della  roccia  scogli 
Movén ,  che  ricidean  gli  argini  e  i  fossi , 
iDfino  al  pozzo  che  i  tronca  e  raccògli. 


r  ottavo  cerchio ,  tra  il  pozzo  e  la  rocca  sta- 
gliala (  e.  XVil  ),  è  tondo  e  diviso  da  dieci 
valli ,  argini,  soverchiati  ciascano  da  an  ponte. 
4  Figura.  Conv.:  Tutto  euopre  la  neve  ,  e 
rende  una  figura  in  ogni  parte. 

5.  Sogli.  Per  soglie  (frane.  teuHs  )  ,  anco 
in  prosa. 

6.  Imo.  C.  XXIX  (  terz.  13  ):  Ad  imo;  per 
al  fondo.  —  Movén.  Inf. ,  XXIII  :  Un  tasto 
che  daUa  gran  cerehia  Si  move»  e  varca  tutti 
i  vallon  feri.  Ecco  il  senso  :  Qaal  figura  ren- 
de, presenta ,  il  terreno  dove  più  fossi  cingo» 
no  an  castello ,  e  sopra  que'  fossi  son  ponti- 
celli, che  movono  dalla  parte  della  fortezza  ; 
così  in  Malebolge  dalla  rape  che  cinge  l'ot- 
tavo cerchio ,  si  partono  scogli  che  quasi  pon- 
ti aecavalcian  le  bolge  ,  e  le  tagliano  a  tra- 
verso, e  mettono  al  pozzo,  il  qual  pare  troii- 


158 


DELL    1  N 1   E  K  N  0 


7  In  questo  luogo,  dalla  schieoa  scossi 
Di  Gerion,  trovammoci  :  e'  1  poeta 
Tenne  a  sinistra,  ed  io  dietro  mi  mossi. 

8  Alla  man  destra  vidi  nuova  pietà. 
Nuovo  tormento,  e  nuovi  frustatori, 
Di  che  la  prima  bolgia  era  repleta. 

0    Nel  fondo  erano  igoudi  i  peccatori. 
Dal  mezzo  io  qua  ci  veniao  versoi  volto, 
Di  là  con  noi,  ma  con  passi  maggiori. 

10  Come  i  Roman,  per  V  esercito  molto, 
L'anno  del  giubbileo ,  su  per  lo  ponte 
Hanno  a  passar  la  gente  modo  tolto, 

1 1  Che  dall*  un  lato  tutti  hanno  la  fronte 
Versoi  castello,  e  vanno  a  santo  Pietro, 
Dair  altra  sponda  vanno  verso  1  monte. 

12  Di  qua  di  là  su  per  lo  sasso  tetro 
Vidi  dimon  cornuti  con  gran  ferzo. 
Che  li  battean  crudelmente  di  retro. 


cadi  e  raccoglierli,  poiché  tatti  ad  esso  con- 
vergono, come  r  asse  d' una  mota  raccoglie  i 
raggi,  e  quasi  li  tronca.  I  fossi  e  i  ponti  tatti 
pendono  verso  il  pozzo,  onde  gli  argini  van- 
no scemando  in  altezza.  —  Raccògli.  Li  rac- 
coglie. Aecólo  per  accoglilo  (Purg. ,  XIV)  ;  e 
cole  anco  in  prosa  per  coglile, 

7.  Luooo  (e.  XVII).  Scossi.  Esprime  il  di- 
spetto eon  coi  li  posò.  Virg.;  Exeusnis  hunUt 
da  un  cavallo.  —  Sinistra.  Solita  direzione 
de*  due  P.;  perché  scendon  sempre  a  maggio- 
ri tormenti  e  reità.  Anche  Virgilio  pone  l'In- 
ferno a  sinistra  dello  Eliso.  I  frodatori  stan- 
no chinsi  in  bolge ,  come  rei  di  più  chiuso 
delitto. 

8.  PiBTA.  Pietà  con  terrore.  Pet.:  Di  pietà 
e  di  paura  emorto.  Frustatori.  Virg.:  Bine 
•xattdiri  genùtue,  et  satva  tonare  Verbera,^ 
Rrplsta  (Par.,  XII). 

10.  EsBRCiTO.  Virg.:  Corvorum,,,  exerei- 
tue,  —  PoNTB.  Di  Castel  s.  Angelo  ;  Tanno 
1300,  qnando  Dante  fu  a  Roma,  ambasciato- 
re della  repubblica  a  Bonifazio»  questo  papa, 
primo  istitutore  del  giubileo  .  fece  dividere 
il  ponte  per  lo  lungo  si  che  la  gente  dall'un 
lato  andasse  verso  Castel  s.  Angelo  a  s.  Pie- 
tro ,  dall'  altro  verso  il  monte  Giordano  a  s. 
Paolo  senza  intopparti  :  e  v*  erano  guardie  , 
dice  l'Ottimo ,  clie  additavano  il  passo.  Così 
neli'  Inferno,  dai  mezzo  della  larghezza  della 
bolgia  fino  alla  sponda  venivano  volti  al  P.  ; 
dall'  altro  mezzo  sino  all'  argine  del  secondo 
fosso  andavano  in  là.  Altri  pel  monte  intende 
il  Gianicolo.  —  Tolto.  Tor  modo  per  preii- 
den  epediente,  anco  in  prosa.  I 


13    Ahi  come  facon  lor  levar  le  berze 
Alle  prime  percosse  I  E  già  nesauoo 
Le  secoode  aspettava  né  le  tene. 

ih    Mentr  io  andava,  gli  occhi  miei  io  uno 
Faro  scontrati  ;  ed  io  si  tosto  dissi  : 
Già  di  veder  costui  non  son  digiaoo. 

15  Perciò  a  figurarlo  gU  occhi  affissi  ; 
E1  dolce  duca  meco  si  ristette, 

Ed  assenti  eh'  alquanto  indietro  gissi. 

16  E  quel  frustato  celar  si  credette 
Bassando  '1  viso  :  ma  poco  gli  vabe, 
Ch*  io  dissi:  tu  che  rocchio  a  terra  sette, 

17  Se  le  fazion  che  porti  non  sob  fabe, 
Yenedico  se*  tu  Caccianimico. 

Ma  chi  ti  mena  a  si  pungenti  salse? 

18  Ed  egli  a  me:  mal  volentier  lo  dico; 
Ma  sforzami  la  tua  chiara  favella 
Che  mi  fa  sovvenir  del  mondo  aoUco. 


12.  Sasso.  La  bolgia  era  tutta  pietra  flerz.  1). 
Saxum  per  parte  di  monte  è  in  Virgilio.  — > 
Cornuti.  Siamo  alla  pena  del  leoocioio.  ^ 
Fbrze.  Per  isferxe^  anco  iu  prosa. 

13.  Berzb.  Parte  della  gamba  dal  ginocchio 
al  pie.  Alzar  le  gambe,  dicesi  tuttora  per  fm§* 
gire.  Altri  6erza  per  pustola. 

14.  Scontrati.  Sempre  gli  occhi  hanao  vi- 
ta e  quasi  anima  propria.  —  Digiuno.  CoiI 
dirà  la  vista  fasta;  e  gli  occKi  inebbriaH  (laT, 
XXIX  )  e  fascere  gli  occhi  (Inf.,  XVll).  Ario- 
sto :  Vorrebbe  dell*  impresa  esser  digiuno  .  .  • 
JVessuno  Di  far  festa  a  Ruggier  restò  digimno» 

Itf.  FiouRARLO.  Raffigurare  vien  certo  da 
figurare.  —  Indietro.  Questi  dannati  gli  te- 
ni?an  di  faccia,  e  correvano  (terz.  9). 

16.  Cblar  si:  I  viziosi  più  vili  fuggono  ogni 
conoscenza.  —  Gbttb  (c.  XVII,  t.  21). 

17.  Faiion.  Fattezze.  Virg.  :  5ic  oro  /brt> 
bat.  Novellino,  Vili  :  Era  di  nobil  fazimù , 
e  stava  con  pietosa  faccia,  —  Salsb.  Cosi  art 
chiamata  un'  angusta  valle  circondata  di  grìga 
coste  senz'alberi  fàor  di  porta  s.  Manunalo 
in  Bologna  ,  dove  si  punivano  i  malfattori , 
si  frustavano  i  ruffiani  e  simil  gente,  si  get- 
tavano i  corpi  scomunirati.  Ed  era  proverbili 
infame  quel  nome.  E  tuttodì  i  contadini  chia- 
mano quel  luogo  le  Sars»,  Parlando  ad  ira  Bo- 
lognese ,  Dante  gli  rammenta  i  supplizii  del 
luogo  natio  ;  egli  ch'era  stato  a  studiare  a  Bo- 
logna. E  però  il  dannato  dice  cAiaro  la  sua 
favella ,  che  gli  ridesta  le  memorie  della  pa* 
tria  ,  e  con  questa  dolcezza  lo  muove  a  dire 
quel  che  avrebbe  celato. 

18.  Sforzami.  Simile  nel  e.  XXIV,  45. 


CANTO    XVIII. 


159 


dì  colui  che  la  Ghisola  bella 
Ufi  a  far  la  voglia  del  marchese^ 
che  suoni  la  sconcia  novella. 
ìOD  pur  io  qui  piango,  Bolognese  ; 
■*  è  questo  luogo  tanto  pieno 
inle  lingue  non  son  ora  apprese 
ìker  iippa  tra  Savona  e  'i  Reno, 
di  ciò  vuoi  fede  o  testimonio, 
U  a  mente  il  nostro  avaro  seno. 
«1  parlando  il  percosse  un  demonio 
sua  scuriada,  e  disse  :  via, 
MI  I  qui  non  son  femmine  da  conio. 
■t  raggiunsi  con  la  scorta  mia. 
a  eon  pochi  passi  divenimmo 
OBO  scoglio  della  ripa  uscia. 
sai  leggeramente  quel  salimmo  ; 
Iti  a  destra  sopra  la  sua  scheggia, 
adle  cerchio  eteme  ci  partinuno. 
nodo  noi  fummo  là  dov'ei  vaneggia 
tic  per  dar  passo  agli  sferzati, 


ISOLA.  Sorella  di  Venedico  ;  egli  la 
a  lenrire  alle  voglie  d'Obizzo  da  Este, 
I  Ferrara.  Pare  che  Taria  corresse  di 
•ce  ;  ma  Dante  ,  in  odio  de*  Guelfi 
aatevcrantemente  V  afferma.  E  la  gael- 
|M  è  da  lui  detta  madre  di  ruffiani 
;  flModa  perché  avara.-— Novella.  B. 
il;  Non  credere  di  leggieri  le  novelle. 
MK  Lo  falsa  nwella  totto  vien  meno, 
oLoaicisB.  Modo  simile  nel  e.  XVIl: 
Ili  Piorentin  §on ,  Padovorut,  —  Ap- 
i  irate.  Brunetto  :  Ben  affruo 


trfA.  I  Bolognesi,  e  i  Veneti,  per  affer- 
m  tonti  dicono  :  s\  pò.  —  Reno.  Fiu- 
fvali  è  Bologna.  —  Avaao.  Juv.  : 
Major  avaritiae  paiuii  tmui.  Auon.: 
•  in  fuaifo  teno  delV avariiia.  L'Otti- 
I  dw  la  ruffianeria  ivi  germogliò  per 
»,  cioè  r  università  popolata  di  gioven- 
liuice  e  corrotta. 

cuaiADA.  fiuti  :  Colla  quale  $i  baite 
Ì9  ewero  li  faneiulU,  —  Conio.  Da 
are  a  danaro.  Nei  XXX  ,    conio   per 

li.  G.  XII,  44  :  Si  raggiunge  Ove... — 
liMteggiaron  finora  1'  alto  muro  a  sini- 
•ffdaiido  a  destra  ;  ori  trovano  un  pon- 
U  parte  dal  mnro ,  e  accavalcia  il  fos- 
lalgotto ,  e  si  partono  dalla  stagliata 
tgma  cerehia,  non  caduca  come  quel- 
città  di  Firenze. 
csB«aiA.  fiutava  un  frammento,  una 


Lo  duca  disse  :  attienti,  e  fa  che  feggia 

26  Lo  viso  in  te  di  quest'altri  malnati, 
A'  quali  ancor  non  vedesti  la  faccia. 
Perocché  son  con  noi  insieme  andati* 

27  Dal  vecchioponteguardavamlatraccia 
Che  venia  verso  noi  dall'altra  banda, 

E  chela  forza  similmente  scaccia. 

28  II  buon  maestro  senza  mia  dimanda 
Mi  disse  :  guarda  quel  grande  che  viene 
E  per  dolor  non  par  lagrima  spanda. 

29  Quanto  aspetto  reale  ancor  ritiene  ! 
Quelli  è  lason  che  per  cuore  e  per  senno 
Li  Golchi  del  monton  privati  fene. 

30  Elio  passò  per  risola  di  Leooo 
Poi  che  r  armte  fenmiine  spietate 
Tutti  li  noiaschi  loro  a  morte  dienno. 

31  Ivi  con  segni  e  con  parole  ornate 
IssiBle  ingannò  la  giovinetta 

Che  prima  tutte  T  altre  avea'ngannate 

32  Lasciolla  quivi  gravida  e  soletta* 


lista ,  per  così  dire ,  della  rape  a  servire  dì 
ponte  sul  fosso  :  e  di  sotto  era  vuota  per  dar 
passo  agli  sferzati.  —  ErsaNS.  Inf.  (I,  38  ): 
Luogo  etemo. 

25.  Attibnti.  Fermati.  V.  S.  Padri  :  Io  wm 
mi  pouo  attenere  eh*  io  non  mi  levi.  —  Fjm* 
fiiA.  L'aspetto  loro  venga  diritto  a  te.  Inf. , 
X  :  Semier  eh'  ad  una  vcUle  fiede. 

26.  Faccia  (terz.  9).  Per  vederli  si  ferman 
sol  ponte  ,  e  volgono  il  viso  in  dirittura  op- 
posta a  quella  da  cui  son  venuti  luogo  U 
rupe. 

27.  Vecchio.  Inf.»  XII  :  Vecchia  roccia,'^ 
Traccu.  Fila  (e.  Xll»  terz.  19). 

28.  DiKANOA.  Gliel  mostra  perch'efa  un 
antico.  Virg.  gl'insegna  sempre  i  chiari  uo- 
mini de*  secoli  più  remoti.  —  Par.  G.  XIV  : 
La  pioggia  non  par  ehe*l  maturi. 

29.  Iason  (Ov.,  Met.  ).  Petr.  (  Tr.  Àm,  ): 
QuelV  è  laton,  e  quelValtra  è  Hedea  Ch'Amor 
e  lui  fenili  per  tante  ville. 

30.  LsNNO  (  lleroid.).  —  ArnoiTS.  Perchè 
uccisero  uomini  ;  spietate,  perchè  padri  e  UM- 
riti  :  per  vendetta  delFessere  que*  di  Lenno  gia« 
ciuii  con  le  donne  de*  vinti  nemiici.  —  Dum* 
NO.  Virg.  Dal...  leto. 

31.  Sbgni.  Petr.:  Con  parole  e  eon  tmni 
fui  legato.  —  Ornatb.  Inf.,  11  :  la  fifa  pa- 
rola omatm.  —  'NaANicArB.  Salvando  il  pa- 
dre Toante. 

32.  Vbndstta.  Pena  del  tradimento  UUo 
da  Giasone  a  Medea. 


160 


DELL*  INFERNO 


Tal  colpa  a  tal  martiro  Ini  condanna  : 
E  anche  di  Medea  si  fa  vendetta. 

33  Con  lui  sen  va  chi  da  tal  parte  inganna. 
E  questo  basti  della  prima  valle. 
Sapere,  e  di  color  che  'n  sé  assanna. 

34  Già  eravam  là  've  lo  stretto  calle 
Con  r  argine  secondo  s*incrocìcchia, 
E  fa  di  quello  ad  un  altr'  arco  spalle. 

33  Quindi  sentimmo  gente  che  si  nicchia 
Neir  altra  bolgia,  e  checol  muso  sbuffa, 
E  sé  medesma  con  le  palme  picchia. 

36  Le  ripe  eran  grommate  d' una  muffa, 
Per  r  alito  di  giù  che  vi  s*  appasta , 
Che  con  gli  occhi  e  col  naso  iacea  zuffa. 

37  Lo  fondo  è  cupo  si  che  non  ci  basta 
Luogo  a  veder  senza  montare  al  dosso. 
Dell'  arco  ove  lo  scoglio  più  sovrasta. 

38  Quivi  venimmo  ;  e  quindi  giù  nel  fosso 
Vidi  gente  attuffatta  in  uno  sterco 


33.  Parte.  Sedacendo.  I  seduttori  dall' nn 
Uto  ,  i  mezzani  d'  amore  dall'  altro.  —  As- 
sanna. Inf. ,  XXXI  :  Divora, 

34.  Galli.  Il  ponte  sul  fosso  s'incrocic- 
chia coli'  argine  ,  perchè  il  medesimo  scoglio 
sempre  traversa  gli  argini  tutti,  diviso  come 
in  tanti  archi  (  terz.  6.  ).  E  l'argine  è  spalla 
all'  altr'  arco  dei  fosso  seguente. 

35.  Nicchia.  Nicchiani  è  dolersi  di  cosa  a 
coi  s' abbia  ripugnanza.  Erano  nello  sterco  , 
e  però  sbuffavano  ,  atto  di  chi  sente  gran 
pazzo.  —  Altra.  Colloca  1  seduttori  vicino 
agli  adulatori  «  perchè  adulari  (  dice  il  Gri- 
sost.  )  eif  seductorum*  Plutarch.  :  Adulator 
voluptatum  minitUr.  Onde  la  frase  comune  : 
lenocinio  delle  parole.  Nella  prima  bolgia  Gia- 
sone che  seduce  con  ornate  parole ,  neil'  altra 
Taide  che  lusinga  l' amante  sedotto.  E  nota  la 
gradazion  della  pena  :  il  ruffiano  men  reo  del 
seduttore  ingrato  ;  questi  men  dell'  adulatore 
malvagio.  Non  tutti ,  nota  Pietro  di  Dante  , 
qui  sono  gli  adulatori ,  ma  que'  che  lusinga- 
rono il  male. 

36.  Alito.  Virg.  :  Talis  sete  halitta  atris 
Faueibus  effundens  supera  ad  eonvexa  fere- 
bat,  —  Zuffa.  Dicesi  :  urtar  l' odorato  ,  of- 
fendere la  vista  ,  percoter  l'udito.  S.  Gre^fo- 
rio  pone  in  Inferno  ,  faetor  irUolerabUis ,  fla- 
gella caedentium  ,  horrida  vitto  daemonum. 
In  queste  parole  è  come  il  germe  del  canto. 

37.  Dosso.  D'  uno  scoglio  ,  Virg;  Dortum 
immane,  (Conveniva  salire  nel  più  allo  del  pon- 
te, perchè  per  poco  che  il  raggio  visuale  si 
fvsse  scostalo  dalla  perpendicolare ,  sarebbe 


Che  dagli  uman  privati  parea  mosso. 

39    E  mentre  ch'io  laggiù  con  l'occhio  ceico. 
Vidi  un  col  capo  si  di  merda  lordo 
Che  non  parea  s' era  laico  o  cheroo. 

M  Quei  misgridò:  perchè  se'tu  al'ogordo 
Dì  riguardar  più  me  che  gli  altri  bnittit 
Ed  io  a  lui:  perchè  se  ben  ricordo 

kì    Già  t*ho  veduto  co'  capelli  asciutti  ; 
E  se'  Alessio  Interminei  da  Lucca  : 
Però  f  adocchio  più  che  gli  altri  tutti. 

42  Ed  egli  allor  battendosi  la  zucca  : 
Qua  giù  m' hanno  sommerso  le  lusinglia 
Ond*  i'  non  ebbi  mai  la  lingua  stucca. 

43  Appresso  ciò  lo  duca:  fa  che  piaghe, 
Mi  disse  un  poco'l  viso  più  avante, 

SI  che  la  faccia  ben  con  gli  occhi  attin^ 
ik    Dì  quella  sozza  scapigliata  fante 
Che  là  si  graffia  con  l' unghie  merdose. 
Ed  or  s'accoscia,  «dora  è  inpiedestante* 


ito  a  ferire  no  'l  fondo  ma  Tana  o  l'altra 
sponda  del  fosso.  SigniGca  forse  che  per  he» 
ne  osservare  certi  vizii  e'  bisogna  allontanar- 
sene ;  l'adulazione  segnatamente,  capa  insie- 
me e  schifosa. 

38.  Privati.  Per  cent:  dicesi  tuttavia. 

39»  Lordo.  Quintil.  :  Omnia  verha  ima  Uh 
eie  optima:  etiam  tordida  dicuntur  prtìfm§,'^ 
Parsa.  Appariva.  C.  11:  Qui  ti  parrà  la  tttm 
nobilitate,  —  Cherco.  Questo  forse  perchè 
r  Anielminelli  era  cavaliere ,  un  che  di  mei* 
zo  tra  cherico  e  laico. 

40.  'Ngordo.  Ar.  (  XXX ,  26  )  :  Di  veder  fa 
pugna  ingordo.  —  Brutti  ?  Sudici.  G.  Vili: 
Chi  fa'  che  ti  te'  fatto  brutto  ? 

41.  iNTERUiNEi.  0  Antelminelli ,  illustre 
famiglia,  di  cui  nacque  Casiruccio. 

42.  Zucca.  Per  dispregio.  L'Ottimo  la  no- 
ta come  voce  lucchese:  ora  di  tutta  Italia. 

43.  Attingue.  Fr.  lacop.:  Patta  U  del  tui- 
lo  stellato,  Ed  attinge  allo  tperare, 

44.  Fante.  Persona  di  condizione  bassa, 
Furg.  ,  \i  :  E  tallo  in  Campagnatieo  ogni 
fante.  Ar.  ,  XXUl  :  A  farti  moglie  J*  un  po- 
vero fante.  —  Unghie.  Altro  segno  di  dolore. 
Virg.:  Vnnuibut  ora  soror  foedans  etpectora 
pugnit.  —  Merdose.  Eccles.  (  IX .  10  ):  Oin- 
nit  tnulier  ,  ,  .  furnicaria  ,  quati  tterwa  m 
ria  conculcabitur,  Joei  :  Coinpulruerunt  . .  • 
in  ttercore  tuo.  Prov.,  XII:  Putredo  in  ont- 
btit  ejut  (juae  confutione  ret  ditjnat  gerii.  La 
fu  scapigliala  per  contrapposto  ai  roeretricU 
ornamcQti.  —  Cu.  Atti  d' inquieta  e  di  sfac- 
ciata. 


CANTO  xvni. 


161 


i5   Taida  è ,  la  puttana  che  rispose 


Grandi  appo  te  T-^Anzi  meravigliose. 


Al  dnido  suo  quaodo  disse:  ao  io  grazie   k6    E  quioci  sieo  le  nostre  viste  sazie. 


41.  Taida.  Non  la  greea  Ciniosa,  ma  Tai- 
de  éell'  Eooaeo  di  Terenzio,  li  P.  qui  prese 
oao  slMgUo.  Trasone  in  Terenzio  domanda  al 
iMiaghiero  Gnatone  :  Magnai  vero  gratia* 
Offra  Tkaii  miki  ?  E  Gnatone  :  Ingentn.  — 
Aim  tu ,  laeta  esf  t  —  Non  tam  ip$o  qmidem 
demo  •  quam  ote  te  datum  éste.  Porse  Dante 
anè  inieao  che  le  losinghe  yenissero  da  Tai- 
da ,  e  Gnatone  le  riferisse  ;  e  ponendo  lei 
mH'  Inferno  avrà  volato  indicare  che  adnla- 
è  Tizio  meretricio.  Montaigne:  il  n'en 
qm  entpoiionme  foia  k$  prineei  9iia  la 


flaUerie  ...  ni  maquerélage  tipropn  et  ti  or- 
dinaire  è  eorrompn  la  ehaiteté  det  femmes , 
que  de  Ut  paUn  et  entretenir  de  Uun  lou- 

I  46.  SAzn.  Eccl.  (  1,8  )  :  Non  eatmatmr  oeu- 
lu$  irieu,  (  Or  si  noti  :  nella  prima  bolgia  un 
antico  e  nn  moderno ,  Caccianemico  e  Giaso- 
ne ;  nella  seconda  nn  moderno  e  nn  antico  , 
Alessio  e  Taide.  Il  canto  è  del  genere  comi- 
co» bellezze  dal  classico  antico  diverse,  ma 
classiche  )• 


162 


DELL'  INFERNO 


CANTO        XIX. 


ARGOMENTO. 


Nella  terza  %  iimoniaei.  La  pietra  è  piena  di  fori  ^  Mti  Ì  uguale  larghézxa, 
da  eofUenere  il  corpo  d'un  uomo.  Dalla  bocca  del  foro  epuniano  i  piedi ,  e  pmU 
delle  gambe  d'  un  dannato  ,  ardenti  di  fiamme  ;  da  che  $i  deduce  che  V  intero  re* 
cinto  è  infiammato.  Quando  giunge  un  dannato  nuovo ,  quel  eh  eece  co  piedi  dd 
foro  ,  tn  casca  dentro^  e  l ospite  recente  rimane  a  dimenare  infuora  le  gambe. ÀI 
vedere  uno  degV  infornati  guizzare  e  ardere  più  degli  altri ,  t(  P.  <*  invoglia  di  Hr 
pere  chi  sia.  Virg.  lo  porta  di  peso  fin  giù  neUa  bolgia.  E*  parla  a  papa  NteeA 
Terzo  ,  e  gli  rimprovera  il  suo  peccato.  Fai  Yirg,  lo  porta  stU  ponte  della  bólfi^ 
seguente. 

Nota  le  terziDe  1 .  4,  5;  It  7  alla  11  ;  la  90 ,  22  ;  la  24  alla  27  ;  la  30  ;  la  33  alla 
36;  la  38,  40,  41,  42. 


1  0  Simon  mago ,  o  miseri  seguaci 
Che  le  cose  di  Dio,  che  di  bontà  te 
Deono  essere  spose  ,  e  voi  rapaci 

2  Per  oro  e  per  argento  adulterate  ; 

Or  convien  che  per  voi  suoni  la  tromba, 
Perocché  nella  terza  bolgia  state. 

3  Già  eravamo  alla  seguente  tomba 
Montati  ,  dello  scoglio  in  quella  parte 
Ch*  appunto  sovra'l  mezzo  fosso  piomba. 

1.  Simon.  Simonia,  definisce  Pietro  di  Dan- 
te ,  studiosa  cupidiias  emendi  vel  vendendi  ali- 
quid  spirituale.  Simone  chiese  a  s.  Pietro  gli 
fosse  comaoicato  il  dooo  di  fare  miracoli  , 
promettendo  danaro  in  cambio ,  onde  sdegna- 
to l'Apostolo  (Act.  fVlll)  :  Fseunia  tua  teeum 
sit  in  perditionem  :  quoniam  donum  Dei  exi- 
stimasti  pecunia  possideri.  Da  coloro  che  per 
danaro  mercanteggiano  l'onor  delle  donne,  e 
per  lucro  lusingano  ,  si  passa  a  coloro  che 
per  danaro  vendono  le  cose  di  Dio  che  di  bon- 
tà devon  essere  spose,  e  fanno  strazio  della 
sposa  di  Cristo  ,  la  Chiesa  ,  e  nel  profanato 
nome  di  lei  ,  Futtaneggian  coi  re.  Questo  pas- 
saggio è  per  sé  solo  una  satira  amara.  — Bon* 
TATI.  Vengono  dalla  bontà  di  Dio  ,  coH'uma- 


k    O  somma  Sapienza  ,  quant*è  Farle 
Che  mostri  in  cielo , in  terra ,  e  nel  mal  nMHid» 
E  quanto  giusto  tua  virtù  compartel 

5  r  vidi  per  le  coste  e  per  lo  fondo 
Piena  la  pietra  livida  di  fori 
D'un  largo  tutti; e  ciascuno  era  tondo» 

6  Non  miparén  meno  ampi  né  nia(;gioii« 
Chequeicheson  nelmio  bel  sanGiovanai 
Fatti  per  luogo  de*battezzatori. 

na  bontà  dovrebbero  andare  congionte. 

2.  AocLTiRÀTS.  S.  Thom.  : 
procurat  quod  EccUsia  quae  sst  sponea  Ckfi^ 
sti ,  de  alOs  aravida  sit  quam  de  spanto»  — 
Tromba.  Modo  d' Isaia. 

3.  Tomba.  Eccles.:    Vidi  impios  sep^ASes: 
qui  etiam  quum  adhue  vivennt ,  in  loco 
età  erant.  —  Mezzo.   Nel   mezio  del 
Virg.  :  Medio  .  .  .  ponto. 

4.  Comparti  !  Nel  VII  inorridisce  alla  _ 
degli  avari  :  qui  conosce  sapiente  la  pesa  et' 
simoniaci. 

5.  Livida.  C.  XVHI ,\:  Di eolor  fsrrigtm. 
l  fori  erano  e  dai  lati  della  bolgia ,  e  sol  piali 

6.  QuBi.  Che  si  vedevano  (  dice  1'  Adoo.  )» 
tu  eerti  battessatori  nella  chissà  maggiore  il 


e  AJ«  TO    XIX. 


163 


7  L' an  degli  quali /ancor  non  è  molfanni^ 
Rupp  io  per  un  che  dentro  v'annegava. 
£  questo  sia  suggel  ch'ogni  uomo  sganni. 

8  Fuor  delia  bocca  a  ciascun  soperchiava 
Duo  peccator  li  piedi,  e  delle  gambe 
Infino  al  grosso  ,  e  l' altro  dentro  stava. 

9  Le  piante  erano  accese  a  tutti  intrambe; 
Perchè  si  forte  guizzavan  le  giunte 
Che  spezzate  averian  ritorte  e  strambe. 

10  Qaal  suole  il  fiammeggiardellecose  unte 
Muoversi  pur  su  per  l' estrema  buccia  , 
Tal  era  li  da'  calcagni  alle  punte. 

11  Chi  è  colui,  maestro,  che  si  cruccia 
GolzzaDdo  più  che  gli  altri  suoi  consorti, 
Siss'io»  e  cui  più  rossa  fiamma  succia  ? 


12  Ed  egli  a  me:  se  tu  vuoi  eh'  i'  ti  porti 
Laggiù  per  quella  ripa  che  più  giace, 
Da  lui  saprai  di  sé  e  de' suoi  torti. 

13  Ed  io  :  tanto  m'è  bel  quanto  a  te  piace. 
Tu  se'  signore  :  e  sai  eh'  i'  non  mi  parto 
Dal  tuo  volere  ;  e  sai  quel  che  si  tace. 

14  Allor  venimmo  in  su  l'argine  quarto; 
Volgemmo,  e  discendemmoamano  stanca 
Laggiù  nel  fondo  foracchiato  earto. 

15  E'I  buon  maestro  ancor  dalla  sua  anca 
Non  mi  dipose,  si  mi  giunse  al  rotto 
Di  quei  che  si  piangeva  con  la  zanca. 

16  0  qual  che  se' che  1  di  su  tien  di  sotto. 
Anima  trista,  come  pai  commessa, 
CominciaMo  a  dir,  se  puoi,  (a  motto. 

11.  Pib.  Come  papa ,  di  tatti  più  reo.  — 
Succia?  Ne  assorbie  ogni  amore.  Virg.:  Lam- 
bire fiamma  eomas ,  e f  circum  tempora  pasci, 
Um  mti  mezzo  del  tempio,  fatti  perchè  vis'tie-  1     12.  Giaci.  Dov'è  più  dolce  il  pendio,  pe- 
no i  fnU  eh»  battezzano ,   acciocché  etieno  1  rò  la  base  più  larga.  Virg.  r  Terrasque  jacory- 


t.  Gio^  di  Firtnze ,  che  tono  di  tale  amptex- 
M  dU  MI  garzone  v'entra.  Sono  (  dice  il  Lao- 
)  quattro  pozzetti  intomo  alla  fonte ,  pò- 


JMÉ  fr$uo  air  acqua ,  e  postano  molti  in  un 
iiMfw  attendere  a  battezzare  (  giacché  i  bat- 
tenni  allora  si  facevano  tatti  nel  scbato  san- 
to ).  Kel  1626  ui  lavacro  fu  demolito. — Bbl. 
Il  qsel  battistero  pendevano  l'elmo  e  la  spa- 
4a  del  vescovo  d'Arezzo,  morto  alla  battaglia 
di  Compaldino ,  dove  il  P.    combattè  forte- 
ti sm  s.  Giovanni  gli  destava  la  me- 
li* om  gloriosa   giornata.   E  le  armi 
(  ■MUangorato  trofeo  )  vi  stettero  appese 
m  a  Cosimo  III  (  Pelli ,  p.  96  ). 
7.  AifHi.  Donque  verso  il  1300.  —  Rupp*. 
forse  di  legno.  — -  AirNieAYA.  Scherza a- 
eo^n  f  ci  cadde ,  pare ,  a  capo  all' ingiù. 
IM  1  forse  venne  a  Dante  V  idea  di  questa 
Mfia  iofemale. — Sganni.  Qoest'  atto  all'esu- 
le ava  stato  forse  apposto  ad  audace  empie- 
tà. Però  qaì  ne  parla.  E  dice  tuggel,  perchè '1 


tee.  Altra  volta  Virgilio  lo  porterà  per  salvar- 
lo da'  diavoli  punitori  della  baratteria.  — 
Torti.  Peccati.  Petr.  :  Ove  piangiamo  U  no- 
etra  e  V  altrui  torto. 

13.  Bbl.  Mi  par  bello,  m'aggrada.  Ingoe- 
sto  senso  abbella  nei  Paradiso  e  nel  Purgato- 
rio provenzalmente  abelis,  —  Tacs  (  Inf.,  X, 
6;  e  XVI,  43  ). 

14.  QuAiTO.  Scesero  il  ponte  della  bolgia 
terza  ;  perchè  da  ogni  bolgia  il  muro  che  è  a 
manca  verso  la  roccia,  è  più  aito. —  Stan- 
ca. Sinistra  :  anco  io  prosa.  —  Arto  (  Par., 
XXVlIi,  11  ).  Stretto  è  il  fondo  della  bolgia 
e  perchè  il  pendio  delle  muraglie  tale  lo  ren- 
de ,  e  perchè  de'  simoniaci  non  ve  n'ha  mol- 
tissimi ,  e  perchè  stando  ne'  fori  del  fondo  e 
delle  coste ,  tengono  meno  spazio  degli  altri 
dannati.  Nel  Purg.  artezza  per  ittrettezza. 


terre  a  distinguere  il  vero  testimo-  1     15.  Anca.  Tenendolo  alzato  lo  reggeva  quasi 


iliMIUeo 

•l  AcciSB.  Per  assomigliare  i  simoniaci  a 
wtHien  che  peccarono  contro  Dio  e  agli  osa- 
riL  SUboo  capoTolti ,  ad  indizio  della  per- 
degU  animi  loro,  volti  alla  terra;  e 
sola  9  la  sola  apparenza  ,  volgesi 
.  Cori  nel  Purgatorio  gli  avari  giaccion 
Così  nell'Inferno  gli  avari  vanno 
;  e  gli  osnrai  stanno  a  terra  raccolti: 
iliai  nel  sasso  a  cercar  quasi  V  oro 


r 
•1 


ekm  mt  noati  si  chiode.  —  Intbambs.  Anco 


col  fianco. — Diposi.  Per  depote,  comune  al- 
lora ,  come  ora  dittrutto  per  destrutto,  —  Rot- 
to. Foro  (Purg. ,  IX).  — SI.  Sin  che.  Più  sot- 
to :  Sì  man  portò.  —  Pianobta.  Ogni  segno 
di  dolore  agli  antichi  era  pianto.  Da  piango. 
—  Zanca.  Gamba.  Viveva  anco  nel  500.  Ora 
in  Toscana  dicono  cianca.  Virgilio  lo  traspor- 
ta ,  perchè  1'  asprezza  del  cammino ,  il  pen* 
dio  rovinoso ,   i  fori ,  la  fiamma ,  erano  in- 
ciampi al  passo  d'  un  tìvo. 
16.  GoMMissA.  Fitta  sì  che  combaci  col 


la  pnm.  —  Giunti.  Giantore,  collo  de  pie-  I  foro.  Che  '(  palo,  dice  l'Ott.,  v'è  il  più  tottite 
0.  FÉld:  CcrU  U  giunte,  U  pie  largo  ec. —  Idt  iotto,  Ciéscens.:  Si  commetta  nella  fetr 
inmnm.   Legame  d'  attorti  ramuscelli.  —  |  aura. 
Legasi  d'erbe  intrecciate. 


16% 


DELL*  INFERNO. 


17  Io  stava  eome  1  frate  che  confessa 
Lo  perfido  assassìn,  che,  poi  eh*  è  fitto, 
Ricniama  lui,  perchè  la  morte  cessa. 

18  Ed  eì  cridò:  se'  tu  già  costi  rittoj 
Se*  tu  gii  costt  ritto,  Bonifazio "f 

Di  parecchi  anni  mi  menti  lo  scritto. 

19  Se*  tu  si  tosto  di  quell*  aver  sazio 
Perlo  qual  non  temesti  torre  a'nganno 
La  bella  donna,  odi  poi  fame  strazio? 

20  Tal  mi  fec'io  qua'son  color  che  stanno 
Per  non  intender  ciò  eh*  è  lor  risposto. 
Quasi  scornati;  e  risponder  non  sanno. 

21  Allor  Virgilio  disse:  dilli  tosto: 

Non  son  colui,  non  son  colui  che  credi. 
Ed  io  risposi  com*  a  me  fu  imposto. 

22  Per  che  lo  spirto  tutti  storse  i  piedi: 
Poi  sospirando  e  con  voce  di  pianto, 
Mi  disse:  dunque  che  a  me  richiedi? 

23  Se  di  saper  ch'io  sia  ti  cai  cotanto 


Che  tu  abbi  però  la  ripa  scorsa, 
Sappi  ch*io  fui  vestito  del  gran  manto. 
2i>    E  veramente  fui  fìgliuol  dell*  orsa, 
Cupido  si  per  avanzar  gli  orsatU, 
Che  su  r  avere  e  qui  me  misi  in  borsa. 

25  Di  sott*  al  capo  mio  son  gli  altri  tratti» 
Che  precedetter  me  simoneggiando, 
Per  la  fessura  della  pietra  piatti. 

26  Laggiù  cascherò  io  altresì,  quando 
Verrà  colui  eh*  io  credea  che  tu  fossi 
Allor  eh'  i*  feci  1  subito  dimando. 

27  Ha  più  è  1  tempo  già  che  i  pie  mi  eossi 
E  eh'  io  son  stato  cosi  sottosopra  » 
Ch*ei  non  starà  piantato  co*  pie  rossL 

28  Che  dopo  lui  verrà  di  più  laid*opra, 
Di  ver  ponente  un  pastor  senza  legge» 
Tal,  che  convien  che  lui  e  me  ricuopra. 

29  Nuovo  lason  sarà,  di  cui  si  legge 
Ne*  Maccabei.  E  come  a  quel  fu  molle 


17.  ASSASS15.  Ch9  pwr  pecunia  uccise  uofno: 
cosi  r  Ottimo.  Ben  paragoni  chi  occide  prez- 
zolato a  chi  prezzolato  consacra.  Auamnui 
plantetur  capite  deonwn ,  ita  quod  moriatur. 
Gli  antichi  decreti  di  Firenze.  QaesU  pena 
chiamavano  prop<ig§inare.  —  Cbssa.  Qoand'è 
già  a  capo  in  giù,  e  stan  per  buttargli  la  ter- 
ra ,  e  soiTocarìo  ,  e' richiama  il  tnie,  per  con- 
fessarsi di  qualche  altro  peccato;  e  cosi  ces- 
sa ,  difTerisce  la  morte.  Il  Monti  fa  morte  pri- 
mo caso  :  men  bello. 

18.  Bonifazio?  Nicolò  ITI  si  crede  d*aver 
vicino  e  già  dannato  Bonifazio  VILI.  Quando 
Dante  questo  scriveva  ,  Bonifazio  era  morto 
di  poco.  —  Scritto.  Il  volume  del  fàturo  in  1 
cui  leggono,  secondo  Dante,  i  dannati  (  inf..  | 
X).  Bonifazio  doveva  seder  ponteflce  ott' an- 
ni e  più  :  ed  era  stato  coronato  nel  1294.  Il 
viaggio  di  Dante  è  nel  1300  :  onde  eran  corsi 
sei  anni  e  due  mesi. 

19.  'Nganno.  Ingannando  Celestino  V  ;  e 
inducendolo  a  rifiutare  il  papato.  —  Bella. 
S.  Paolo  ,  della  Chiesa  .*  Non  habentem  ma- 
evlam  aut  rugam,  —  Strazìu?  L'Ott.:  NuUo 
maggiore  strazio  puote  uomo  fare  della  sua 
donna  che  tottometterla  per  moneta  a  ehi  iKà 
ne  dà,  Monarth.  :  Matrem  proiltftiunf ,  /ra- 
tres  expeltunt  (de' preti  malvagi  ).  Indegne  fu- 
rono le  tresche  politiche  di  Bonifazio  con  la 
Francia. 

21.  Colui.  Ripete  la  risposta,  come  fb  la 
domanda:  Se* tu  ec. 

22.  Storse.  Per  vergogna  d' avere  parlato, 
a>J   aUri  che  a  chi  egli  credea  complice  ano. 

•i:i.  Manto.  Parg.,  (IX:  r^^a'lgran  manto. 


24.  Orsa.  Nicolò  III  eletto  nel  dicembre  dd 
1377  ,  regnò  due  anni  e  otto  mesi  :  era  de- 
gli Orsini ,  chiamati  anticamente  fiH  urei.  Il 
Petrarca  in  una  canzone  gioca  ss  questo  e»* 
gnome.  —  Borsa.  Ecco  altra  ragione  di  qi^ 
sto  modo  di  pena.  1  fori  somigliano  alle  bor- 
se ,  a'  simoniaci  si  care  (  V,  Inf. ,  XI  ).  Il 
simile  degli  usurai ,  ma  con  meno  tormeUa. 

25.  Tratti.  Tirati  giù  da  forz«  murflriee. 
—  Piatti.  Appiattati.  AlberUno  :  PiatH  trur 
dimenti.  Ariosto  :  Nel  fodero  lasciando  il  br»r 
do  piatto» 

27.  Più.  Dalla  morte  di  Xicolò  a  quella  di 
Bonifazio  vent'aoni;  da  Bonifazio  a  Clemente, 
undici —  Sottosopra.  Ar.,  XXIX  :  Sauaptm 
te  ne^na  con  la  cavalla.  — 

28.  Doro.  Non  subito  dopo.  Tra  Bonifazie 
e  Clemente  V  venne  Benedetto  XI  buon  papa, 
intento  a  rappaciare  le  toscane  discordie.  Mori 
il  ventisette  luglio  1304.  —  Pomc^cts.  Gm- 
scogna  eh'  è  al  ponente  di  Roma.  Par.,  XXVII: 
Del  sangue  noUro  Caonini  e  Guaschi  9mp- 
parecrhian  di  6fre.  —  Leggb.  F^potsmnsalft 
gè  chiama  il  Petr.  i  Tedet»cbi. 

29.  Iason.  Sommo  sacerdote  per  fafOfa 
d' Antioco  usurpatore  ;  il  quale  avuto  il 

180  promesso  da  Giasone  in  mercede,  lo 
se  dal  sacerdozio.  Mach.  (l.  Il): 
Jaton . . .  tummum  eacerdotium . . .  promittcm 
ei  talenta ...  ex  redditibut.  SìmìI  ptlto  par 
facesse  Clemente  a  Filippo  :  favorisse  l'elczioR 
sua ,  ed  egli  trasferirebbe  in  Avignone  la  m* 
de.  —  Molli.  Un  postillalure  antico  :  vr^ 
mitit  regi  Franeiae  quietjuid ,  ut  esset  p^ipm. 
Altri  smentiscono  questa  voce. 


CANTO    XIX. 


Suo  re,  cosi  fia  lui  chi  Francia  regge. 

30  Io  non  so  8*1*  mi  fui  qui  troppo  foUe , 
W  r  pur  risposi  lui  a  questo  metro  : 
Deh  or  mi  di'  :  quanto  tesoro  volle 

31  Nostro  signore  in  prima  da  san  Pietro, 
Che  ponesse  le  chiavi  in  sua  balia  \ 
Certo  non  chiese  se  non  :  viemmi  dietro. 

32  >'è  Pier  né  gli  altri  chiesero  a  Mattia 
Oro  o  argento ,  quando  fu  sortito 

Nel  luogo  che  perdo  \  anima  ria. 

33  Però  ti  sta;  che  tu  se* ben  punito. 
E  guarda  ben  la  mal  tolta  moneta 
Ch*e88er  ti  fece  centra  Carlo  ardito. 


3!h    £  se  non  fosse  eh'  ancor  lo  mi  vieta 
La  reverenzia  delle  somme  chiavi 
Che  tu  tenesti  nella  vita  lieta , 

35  r  userei  parole  ancor  più  gravi  : 
Che  la  vostra  avarizia  il  mondo  attrista 
Calcando  i  buoni  e  sollevando  i  pravi. 

36  Di  voi  pastor  s'accorse  evangelista, 
Quando  colei  che  siede  sovra  Tacque 
Puttaneggiar  co*  regi  a  lui  fu  vista  ; 

37  Quella  che  con  le  sette  teste  nacque, 
E  dalle  diece  corna  ebbe  argomento  , 
Fin  che  vìrtute  al  suo  marito  piacque. 

38  Fatto  V* avete  Dio  doro  e  d'argento  ; 


'    30.  Potui.  A  contendere  con  mi  dannato. 

Hsimo.  Più  sotto:  CanXana  eoXai  note* 

—  Di'.  NoTcllino  ,  LX  :  Rispot9  :  or  mi  di^  , 
come ,  p9rdirò  io  ?—  Tesoro.  Is.  :  Dato  tibi 
tktiOMfwn» 

31.  GmAVi.  MaUb.  :  Tibi  daho  elaves  re- 
§m  eoelorum...  quodeumqw  tolverit  ce. — 
Dmrno.  nati.  :  Seqwn  me.  In  lotto  il  canto 
spirano  il  dispetto  ,  lo  scherno:  e  abondaoo 
le  aUnsiooi  bibliche  per  combattere  gli  avver- 
tarii  con  le  proprie  loro  armi.  Ma  ilP.  toflie 
e^l  stesso  fede  alle  sue  parole  col  soverchia- 
iMote  ampUficare  i  difetti  di  quel  Papi ,  col 
quali   era   adiralo  perchè  non  favorirono   i 

Ghibellini.  . 

33.  Hattia.  Eletto  in  vece  di  Giada.  Act.: 
Candii  iort  mpar  Mathiam.  Gita  nella  Monar- 
diie  onesto  passo. 

33.  GciRDA.  Ironico.  Ad.  :  Pecunia  tua  te- 
emm  sif  in  perditionem.  Or  che  tu  pure  se' in 
borsa  ,  or    custodisci   il  mal  tolto  danaro , 
arato  da  Procida  i  er  far  contro  all'  Angioino 
(ood' e' scrisse  lettere  a' congiurati  con  Pro- 
cida ,  ma  non  le  bollò  con  bolla  papale  ):  o 
pìatloslo  il  danaro  che  tu  accumulasti  onde 
ti  Tenne  baldanza  di  volerti  imparentare  per 
▼ia  d'un   nipote  con  la  casa  d' Angiò  ;  e  ri- 
fiatalo .  le  divenusti  nemico  ,  lo  strìngesti  a 
rinunziare   la  dignità  senatoria  di  Roma ,  il 
ficariato  di  Toscana.  Nicolò  iU  ingrandì  i  suoi 
eungionii.  ?  l  fece  da  Ridolfo  imp.  donare  la  Ro- 
magna e  Bologna.  Voleva,  dicesi»  fare  due  regni 
della  Toscana  e  della  Lombardia ,  per  darli 
a  due  suoi  nipoti.  Per  lo  rifiuto  di  Carlo  d'An- 
no ,  il  qual  disse  non  volersi  imparentar  con 
on  prete ,  e  forse  per  l'oro  di  Procida ,  as- 
eeail  con  iscritto  a' diritti  di  Gostanza  d'Ara- 
flooa  sul  regno  di  Sicilia  (Vili.,  VII,  94). 
34.  RITBBBN2IA.  S.  Lco:  DigrUtasetiamin 
haende  non  delicU,  Monarch.  :  Illa  ra- 

•  ^a*  a    A     A    .^      A     * 


«frvMfta  /reCvf  quam  piuspUui  debet  patri , 
piu$  fikmi  mairi ,  pi^  ùi  Christum ,  pius  in 


eccl9$iam  »  ptof  in  pagtor$m ,  ptui  in  omnn 
ehristianam  religionem  profiteniei. — Lieta. 
Inf. ,  VU .'  Nell'aer  dolce  che  dal  eoi  t*  aUegra. 

35.  Userei.  Virg.  :  HU  voeibui  usa  est.  — 
Attrista.  Prov.  :  Conturbai  domum  guam  , 
qui  seetaiur  avariiiam.  —  Calcanoo.  Boel.: 
Perversi  residenl  eelso  lUores  tolio,  sanctaque 
calcanl  Injusta  vice  colla  noeentes.  Nel  Con?, 
e' si  lagna  ,  che  per  amore  delle  ricchezze  i 
buoni  siano  in  dispello  letali ,  e  U  malvagi 
onorati  ed  escUlati. 

36.  S'  ACCORSE.  Vi  scorse  e  giudicò  profe- 
tando. Inf. ,  XV:  Non  puoi  faUire  aglorioào 
porto  ,  Se  ben  m' accorsi,  — Vangelista.  Ven- 
ne un  de*  sette  Angeli  che  avevano  le  sette  cop- 
pe ,   e  parlò  a  me  dicendo  :  vieni.  Io  ti  mo- 
ttrerò  la  dannasione  della  gran  meretrieeche 
siede  sulV  acque  molte ,  con  la  quale  fornica- 
rono i  re  della  terra  ^  e  s'inebriarono  coloro 
eh*  abitan  la  terra  del  vino  della  prostituzio- 
ne sua.  E  mi  rapì ,  in  ispirilo ,  nel  deserto. 
E  vidi  una  donna  sedente  sopra  una  bestia 
di  rosso  colore ,  piena  di  nomi  di  bestemmia, 
avente  sette  capi  e  dieci  coma:  e  la  donna 
era  vestita  di  porpora  e  color  di  cocco,  e  inr 
dorata  d*  oro . .  .  E  in  fronte  aveva  scritto  un 
nome  di  mistero  :  Babilonia  la  grande,  ma- 
dre delle   fornicazioni  e  delle  abominazioni 
della  terra  . . .  Poi  disse  a  me  :  l*  acque  che 
Iti  vedesti  dove  la  meretrice  siede,  sono  ipo- 
poli e  le  genti  e  le  lingue  (che  scorron  com'a- 
eque ).  Apoc, XVll. — A  lui.  Virg.:  Mi^t  ...viea. 

37.  Quella.  U  P.  fa  loti'un  corpo  e  della 
gran  meretrice  e  della  gran  bestia  ;  e  Bossoet 
nota  che  i  due  simboli  esprimono  sola  una 
cosa.  Però  dice  colei,  e  poi  quella.  Del  resto 
grinterpetri  nella  bestia  figurano  d' ordinarlo 
li  peccato. —  Argomento.  Vale  forma  e  mo- 
do di  governare,  nel  senso  antico  di  qoesto 
vocabolo. — Uarito.  Al  papa.  Questo  passo 
è  imitato  dal  Petr.  (  Ep.,  XIX  ,  10). 

'fiS.  Dio.  Osea ,  Vili  :  Argenlum  suum  et 


166 


DELL'  INFERNO 


E  che  altro  è  da  voi  alUdoIatre , 

Se  non  ch'egli  uno,  e  voi  n'orate  cento? 

39  Ahi  CostantiD,  di  quanto  mal  fu  matre, 
Non  la  tua  conversion ,  ma  quella  dote 
Che  da  te  prese  il  primo  ricco  patre  ! 

40  E  mentr  '  io  gli  cantava  cotai  note, 
O  ira  0  coscienzia  che  '1  mordesse, 
Forte  spingava  con  ambo  le  piote. 

ki    V  credo  ben  eh*  al  mio  duca  piacesse, 
Con  si  contenta  labbia  sempre  attese 
Lo  suon  delle  parole  vere  espresse. 

aurum  tumm  feeirvnt  tiH  idoìa.  Uo  s.  padre: 
Avaritia  est  idolorum  iervitut,  S.  Thom.  :  Si- 
moniacut  Deum  idoUUram  faeit ,  affknni 
oMtrum  idolo  avaritia».  Psalm.f  Simulaera  gen- 
tàtm  argetUum  eC  aurum,  —  Idolateb.  Pro* 
fste  per  profeta ,  ne"  Gr.  di  s.  Girol.  -—  Gin- 
To?  Nomerò  indefloito.Alaoo,  citato  dall'Oli.  : 
Vavariiia  è  quella  per  la  quale  la  pecunia  è 
adorata  ìmIV  anima  da'  mortali. 

39.  Mateb.  L'osa  anco  l'Ar.,  e  In  antico 
era  par  della  prosa.  —  Dotb.  Ben  dice  dote 
poicbè  disse  marito. 

40.  SpniGAVA.  Goizzava ,  tirava  qoasi  cal- 
ci. —  PioTB.  Per  piante ,  in  Faiio  (IV ,  4), 
t  l'osano  nel  Piemonte. 

41.  EsPRBSSB.  Non  anunezzate  maschiette, 


&2    Però  con  ambo  le  braccia  mi  prese 
E  poi  che  tutto  su  mi  s'ebbe  al  petto. 
Rimontò  per  la  via  onde  discese. 

43  Nò  si  stancò  d'avermi  a  sé  ristretto , 
Si  men  portò  sovra  '1  colmo  dell'  arco 
Chedal  quarto  al  quinto  argine  è  traget  io. 

44  Quivi  soavemente  spose  il  carco 
Soave  per  Io  scoglio  sconcio  ed  erto 
Che  sarebbe  alle  capre  duro  varco. 

45  Indi  un  altro  vcdlon  mi  fu  scoverfto. 


e  qoasi  spreraote  dal  fondo  dell'  anima.  Vìr- 
gilio  nemico  dell' avarizia  ,  e  cantore  dell' o- 
nor  d' Italia  si  compiace  nello  sdegno  di  VmMe. 

42.  Pbrò.  Qoasi  in  segno  d'affetto. 

43.  SI.  Sin  che.  C.  XXIX ,  10:  51  fu  par- 
tito. — Colmo.  Portarlo  fin  oltre  il  bisogno  è 
indizio  d'affetto. 

44.  SoAVBMBKTB.  NoTcllino  ,  LX  :  Portm- 
Iona  in  braccio  molto  soavemente.  Petr.  :  JVo- 
oa  la  schiera  sua  soavemente.  —  Sposb.  De* 
pose.  Porg. ,  XX.  Sponesti  'I . . .  portato.  — 
SoAVB.  Ovid.  :  Dttlca  • .  •  onus. 

45.  Indi.  Di  là.  —  Vallom.  Più  grande  , 
perchè  di  falsi  profeti ,  maghi,  indoYinl, sire- 
goni  era  abondanxa  a  qae*  tempi. 


167 


CANTO     XX. 


ARGOMENTO. 


NMa  gnaria  gU  auguri ,  i  $criUeai  ,  i  venefici,  gV  indtmini.  Hanno  il  eolio  e 
li  tuta  volli  per  forza  dalla  parie  detta  eehiena ,  onde  cammiiutno  a  ritroeo  ,  e 
fuaréano  dietro  a  sé ,  -perchè  vollero  veder  troppo  davante:  roveeciamenio  non  eenxa 
dolore.  Altrimenli ,  troppi^  leggera  eatibbe  la  pena. 


V  aradizione  qai  tiene  il  principal  lao^  :  la  poesia  qaa  e  là  ,  come  laee  sprigionata 
da  BOTole  acqaose  »  lampeggia.  Stndiisi  V  eTidenza  e  semplicità  dello  stile. 
Nou  le  terzine  3 ,  8  ,  10,  1ÌS,  16  »  17,  18 ,  43. 


1    Di  naoTa  pena  mi  cooYien  far  versi 
E  dar  materia  al  ventesimo  canto 
Della  prima  canzon  eh'  è  de* sommersi. 

S    r  era  già  disposto  tutto  quanto 
A  riguardar  nello  scoperto  fondo  , 
Che  si  bagnava  d' angoscioso  pianto. 

3    £  vidi  gente  per  lo  vallon  tondo 
Venir  •  tacendo  e  lagrimando,  al  passo 
Che  fanno  le  letane  in  questo  mondo. 

k    Come'l  viso  mi  scese  in  lor  più  basso  , 
Mirabilmente  apparve  esser  travolto 
Ciascun  dal  mento  e*l  principio  del  casso 


8 


Che  dalle  reni  era  tornato  1  volto  ; 
E  indietro  venir  li  convenia. 
Perchò  '1  veder  dinanzi  era  lor  tolto. 

Forse  per  forza  già  di  parlasia , 
9i  travolse  cosi  alcun  del  tutto  : 
Ha  io  noi  vidi,  né  credo  che  sia. 

Se  Dio  ti  lasci ,  lettor,  prender  frutto 
Di  tua  lezione ,  or  pensa  per  te  stesso 
Com'  i*  potea  tener  lo  viso  asciutto 

Quando  la  nostra  immagine  da  presso 
Vidi  si  torta  che  '1  pianto  degli  occhi 
Le  natiche  bagnava  per  lo  fesso. 


1.  Gauioic.   Altrove  la  dice   cantica.   Nel 
eercfaio  degl'  inetti  indolenti  il  P.  trova  un  solo 
■odemo  ;  tralascivi,  più  antichi  che  moderni  ; 
tra'  golosi ,  un  moderno  solo ,  e  così  ira  gì'  i- 
raeoodi  ;  tra  gV  incredoli ,   cinque  moderni  ; 
tra'  violenti ,   moderni  sei ,   quattro  antichi  :  | 
tra'  soicidi ,  quattro  moderni  ;  tra  gli  empii , 
tti  aotico;  tra*  soddomiti ,  un  antico,  moder- 
ai sette  ;  tra  gli  usurai ,  quattro  moderni  ;  tra' 
ruffiani ,  on  moderno  ;  tra*  seduttori ,  un  an- 
tico ;  tra  gli  adulatori ,  un  moderno  e  un  an- 
tico; tra' simoniaci ,  tre  papi.  Da  che,  vedia- 
mo altre  bolge  essere  destinate  a  sfogo  de* suoi 
piò  caldi  affetti ,  altre  a  mostra  di  storica  e 
morale  dottrina.    I^  quarta  bolgia  ha   molti 
dannati  antichissimi ,  ed  è  piena  di  mitologica 
;  che  a  raccoglierne   tanta  in  quel 


tempo ,  bisognavano  stndii  non  volgari  ;  e  ad 
esporla  si  chiaramente ,  rara  fermezza  d' in- 
gegno. 

2.  ScovBRTo.  Si  scopriva  a  me  stante  nel 
colmo  dell'  arco. 

3.  Al.  Cosi  diciamo:  a  pano  lanto.— La- 
TANE.  Per  lUanie  (  Vili. ,  Il ,  13  )  cioè  proces- 
sioni ,  perchè  a  queste  cantavansi  le  litanie. 

4.  ScBSB.  Inf.,  IV:  Ficcarlo  vita  a  fondo, 

5.  Tornato.  Pone  gì' indovini  più  sotto  de 
simoniaci ,  perchè  qui  la  frode  fatu  al  vero 
è  più  grave:  il  simoniaco  vende  le  cose  di 
Dio:  l'indovino  s'arroga  un  attributo  dì  Dio. 

6.  Parlasu.  Per  paraitfta.  è  nel  Crescenzio. 

17.  Viso.  Petr.  :    Non  avrai  ietnpre  ii  uiio 
aeeiutto. 


168 


D  E  L  L'  INFERNO 


9  Certo  i'piangea, poggiato  a  un  de* rocchi 
Del  duro  scoglio,  si  che  la  mia  scorta 
Mi  disse:  ancor  se*tu  degli  altri  sciocchi? 

10  Qui  TÌvo  la  pietà  quand*  è  ben  morta. 
Chi  è  più  scellerato  di  colui 

Ch*  al  giudicio  divin  passion  porta  ? 

11  Drizza  la  testa,  drizza,  e  vedi  a  cui 
S' aperse  agli  occhi  de'  Teban  la  terra  ; 
Perchè  gridavan  tutti:  dove  mi, 

12  Anfiarao?  perchè  lasci  la  guerra? 
E  non  restò  di  minare  a  valle 

Fino  a  Minòs  che  ciascheduno  afferra. 

13  Mira  eh*  ha  fatto  petto  delle  spalle.    | 
Perchè  volle  veder  troppo  davante» 
Dirietro  guarda,  e  fa  ritroso  calle. 

ih    Vedi  Tiresia  che  mutò  sembiante 
Quando  di  maschio  feoomina  divenne , 
Cangiandosi  le  membra  tutte  quante. 

15    E ,  prima ,  poi  ribatter  le  con\  enne 


9.  Sciocchi  ?  Inf. ,  VII  :  O  cnaiure  tctòe> 
che.  Petr.  :  Non  errar  con  gli  tcioechi  ;  Aie 
parlar,  dice ,  o  creder  a  lor  modo. 

10.  Vive.  Qoi  è  pietà  non  aver  pietà ,  per- 
chè scellerata  cusa  è  portare  le  amane  pas- 
sioni neir  esame  dei  divini  giudizii.  Inf. , 
XXXIU:  E  cortesia  fu  Itti  eseer  ttillano.  Par., 
VI:  Per  non  perder  pietà  si  fs  spietato,*- Cic, 
(  Cat.  )  :  Qwie  potest  esse  in  tanti  sceleris  im- 
manitate  punienda ,  erudelitas  ?. . .  Vtrum  is 
clemens  ac  misericors  :  an  inhumanissimus  et 
crudeHisifnus  esse  tfideaturf  mitii  vero  impor* 
iunus  ae  ferreus  qui  non  dolorem  tuutn  et 
crueiatum  dolore  nocentie  ei  eruciatu  tenive- 
rit,  Eccl.  (  XII  •  13  )  :  Quii  miserelntur  incan- 
tatori a  ierpente  percussol  L'ottimo  accenna 
t  simii  passo  di  Giob. 

11.  Drizza.  E'  piangeva  poggialo  a  un  de' 
massi.  —  Tbban.  Anfiarao,  uno  de' sette  che 
assediarono  Tebe  (  an  altro  ne  rincontram- 
mo nel  XIV  ):  era  indovino.  V.  la  Teb.  di 
Staz.  —  Bui.  Par.  (  XXX,  28):  ittui.  Staz.  fa 
dirgli  da  piatone  :  Quo  limite  praeeeps  Non 
licito  per  inane  ruisJ  (  Vili ,  84  e  85  ). 

12.  Lasci.  I  nemici  gli  rinfacciavano  con 
ischerno  la  sua  renitenza  del  venire  alla  guer- 
ra. E' non  voleva  ;  la  moglie  lo  tradì.  —  Af- 
VMRA  (Inf. ,  V). 

13.  DiRiBTBO.  Michaeas  :  Nox  vohit  prò 
vitione  erit  et  ten^rae . . .  prò  divinatione. 

14.  TiRBsiA.  SUzio  (Theb.) ,  e  Ov.  (Met., 
Ili  ).  —  Membra.  Col  sesso  cambiò  e  viso  e 
seno  e  cute  e  pelo.  Ovid.  (  Met.  )  :  Nam  duo 
magnorum  viridi  coeuntia  titva  Corpora  str- 
ptntum  baeuU  viokmerai  ictu; . .  U^e^iii  viro 


Li  duo  serpenti  avvolti  con  la  verga. 
Che  riavesse  le  maschili  penne* 

16  Aronta  è  quei  ch*al  ventregli  8  atterga, 
Che,  ne*monti  di  Luni  dove  ronca 

Lo  Carrarese  che  di  sotto  alberga  , 

17  Ebbe  tra  bianchi  marmi  la  spelonca 
Per  sua  dimora ,  onde  a  guardar  le  stelle 
E  1  mar  non  gli  era  la  veduta  tronca. 

18  E  quella ,  che  ricuopre  le  manunelle 
Che  tu  non  vedi,  con  le  trecce  sciolte, 
E  ha  di  là  ogni  pilosa  pelle» 

19  Manto  fu  che  cercò  per  terre  molte, 
Poscia  si  pose  là  dove  nacqu'  io  : 
Onde  un  poco  mi  piace  che  m*  «scolte. 

20  Poscia  cbe*l  padre  suo  di  vita  uscio, 
E  venne  ser  vr  la  città  di  Baco , 
Questa  gran  tempo  per  lo  mondo  gio. 

21  Suso  in  Italia  bella  giace  un  laco, 
Appiè  dell'alpe  che  serra  Lamagoa 


faetui  (mifahUel)  foemina,  septem  Bgeraimh 
tumnos».  .  Bereuuit  anguUme  isdem  Forma 
prior  rediit, 

15  Pbxnb.  Per  pelo ,  Tosa  ftaor  di  rioM  il 
Petrarca. 

Itt.  Abonta.  Come  poscia  Caìeemia.  Lmbb. 
( Phars.  »  1) ,  Tuscos  . ..  Foftt  ;  ptormm  ^ 
maximue  aovo  Arrune  ineotmt  du9rtù$  MOt- 
nia  léUnae ,  Fulminie  edoetus  motue  ec.  — d*4V- 
TCBGA.  Avendo  ambedue  il  capo  a  rovescio, 
Aronte  che  andava  dietro  a  Tiresia  voltafl 
le  spalle  al  ventre  di  quello.  —  Honga.  Qei 
in  genere  per  coltivare.  Inf. ,  XXVI  :  Dom 
vendommia  od  ara.  Roncare  per  rum§an  dt 
cevasi  in  luUa  fin  dal  762 (Marat.,  Moa. 
rfonant.  Fund.  ).  Tanto  sono  antiche  la  origi- 
ni di  nostra  lingua. 

17.  Spelonca.  Luni  deserta.  —  Tbonca* 
Non  è  senz'  ironia  ;  come  più  su  il  :  dove  rm. 

19.  Manto.  Viene  ai  sortilegi.  Applica  al- 
la Manto  di  Tiresia  quel  che  Virgilio  dice  di^ 
la  luliana.  Aen.  (X  ,  198):  Oenus...  Fof^ 
dieae  Mantus  et  Tuid  /Usui  amnis,  Q^'inii- 
ros  matrisque  dedit  libi,  Mantua  ^  nomtn  ; 
Mantua  dives  avis ,  sied  non  genus  oivum6ìiì 
unum'  Onde  il  P.  :  GUuomini., .che,,,  tra* 
no  sparti  S'aceoleero. — Ascoltb.  Questa  nar- 
razione è  forse  posta  in  omaggio  alla  patria 
del  P.  ;  forse  a  pompa  di  cognizioni  mitolo^ 
giche  ,  storiche  ,  geograCche. 

20.  Padbb.  Tiresia.  —  Sebva.  Poiché  Te- 
seo uccise  Creonte.—  Baco.  Per  Bacco;  co- 
me Brine  per  Brinni  (Inf.,  IX). 

21.  Sebba.  Divide  T  Italia  da  Germania. 
Inf.  ,  IX  ;  Quamaro  Ch* Italia  chiude,  — Th 


e  A  M  T  0    XX. 


169 


Sorra  Tiralli,  ed  ha  nome  Benaco, 
9  Per  mille  fonti  ^  credo,  e  più  si  bagna, 
Tra  Garda  e  vai  Camonica .  Pennino, 
Deir  acqua  che  nel  detto  lago  stagna* 
B    Luogo  è  nel  mezzo,  la  dove  'I  trentino 
Pastore,  e  quel  di  Brescia,  e'I  veronese 
Seonar  poria ,  se  fesse  quel  cammino. 
%    Siede  Peschiera,  bello  e  forte  arnese, 
Da  fronteggiar  Bresciani  eBergamaschi, 
Onde  la  riva  intomo  più  discese. 

5  ivi  convien  che  tutto  quanto  caschi 
Qò  clie*D  grembo  aBenaco  star  non  può; 
E  faaai  fiume  giù  pe'verdi  paschi. 

6  Tosto  che  1  acqua  a  correr  mette  co, 
Non  più  Benaco  ma  Mincio  si  chiama 
Fino  a  Governo,  dove  cade  in  Po. 

7  Non  molto  ha  corso  che  tniova  una  lama 
Nella  qual  si  distende ,  e  la  impaluda  ; 


kui.  V%T  Tirolo  (  Vili. ,  XII ,  84).—  B«ifA- 
u  Tiif .  lo  nomina  (  Georg. ,  II  ). 

Si   ^gna.  Pennino  si  bagna  dell' a- 
I...  Cioè  mille  fonti  che  poi  fanno  il  lago 
dall'Alpi  pannine  che  Anno  on  trian- 
la  con  Ganla  e  Valcamonica,  posta  alia  ri- 
•ccidentale  del  Garda. 
13.  Mazzo.  Là  dove  il  fiome  Tignalga  sboc- 
■rl  lago.  La  sinistra  è  diocesi  di  Trento,  la 
Un  di  Brescia  ,  il  lago  tatto  di  Verona.  An- 
e  l'Alberti  (Italia)  pone  il  detto  conOne 
pnsao.  Altri  per  il  luogo  nel  mezzo  inten- 
rboletta  nel  lago.  -^  SE«NAa.  I  tre  vesco- 
poUcbbero  esercitare  insieme  le  loro  fbn- 
■I  te  moTessero  tutti  e  tre  Ano  all'  ultimo 
line  delle  diocesi  loro. 
ÌIL  Abxisi.  Là  dove  la  riva  scende ,  è  Pe- 
tea.  j^weee  da  armete  ;  qui  io  senso  di 
ca.  Nella  V.  di  s.  Antonio  ,  arnese  dicesi 
■ooastero.  Tasso  :  Gasa  •  bello  e  fori»  ar- 
•  As  fronUggìare  i  regni  di  Sorta.  —  Fron- 
muMm  Far  fronte.  Peschiera  era  allora  di 
noBS:  qoeslo  cenno  è  forse  dato  per  far 
a  gfota  agli  Scaligeri,  il  sito  di  Peschie- 
Ita  aampre  stato  teatro  di  geste  importan- 
(Joar.  de  l'armée ,  t.  Il ,  p.  300). 
IL  Paschi.  Georg.  :  Et  quaUm  infelix  ami' 
Mmijmo  eampum ,  BuemUem  niveos  ker- 
ì  peimime  eyenos. 

0.  Goviaxo.  Oggi  Govemolo.  Castello  po- 
ni conaocote  del  Mincio  col  Po. 
7.  Lava.  In  Toscana  son  tuttora  poderi 
i  Imm  o  vaUoni. 

B.  Passando.  In  un  poema  ined.  del  seco- 
etfanoqoarto  ,  della  fondaiione  di  Gora  si 
e  :  FfMie  Coraee  oi^'vo  a  quuto  monte. 


E  suol  di  state  talora  esser  grama. 

28  Quindi  passando  la  vergine  cruda 
Vide  terra  nel  mezzo  del  pantano 
Senza  cultura  e  d*abitanti  nuda. 

29  Li ,  per  fuggire  ogni  consorzio  umano. 
Ristette  co*  suoi  servi  a  far  su' arti; 
E  visse»  e  vi  lasciò  suo  corpo  vano. 

30  Gli  uomini  poi,  che'ntornoeranosparti, 
S*  accolsero  a  quel  luogo  eh'  era  forte 
Per  lo  pantan  ch'avea  da  tutte  parti. 

31  F£r  la  città  sovra  queir  ossa  morte; 
E  per  colei  che  1  luogo  prima  elesse,. 
Mantova  V  appellar  senz  altra  sorte. 

38    Già  f  Ar  le  genti  sue  dentro  più  spesso 
Prima  che  la  mattia  da  Gasalodl 
Da  Pinamonte  inganno  ricevesse. 

33    Però  V  assenno  ;  che  se  tu  mai  odi 
Originar  la  mia  terra  altrimenti , 

A)t  ehs  fuggì  daUa  tebana  guerra  ...E  vedu- 
to il  eonUtmo  che  lo  terra.  E  come  è  vago  e 
verdeggiafUe  ognora,  Fermom  quivi  e  vi  pian- 
tò la  terra;  E  la  eineedimura. —  Vbrgini:. 
Poi  s'unì  al  flume  Tosco ,  dice  Virg.  ;  per- 
ché città  etrusca  era  Mantova.  Virg.  .*  Aepera 
virgo.  —  Cruda.  Non  tocca.  Grescenz.  (  II , 
15  )  :  Jl  crudo  campo  sia  tre  o  quattro  voUe 
arato.  Staz.  la  dice  innuba  e  Ubatriee  di  san- 
gue, —  Nuda.  Cesare  dice,  nudare Uttora  per 
isguandr  di  soldati.  Isaias ,  (  XXIV ,  1  )  :  r«r- 
ram  . .  •  mudabit . . .  et  disperget  habitato- 
res  nut. 

29.  Aan.  Arte  valeva  magia.  Novellino  , 
XXI  :  Gittaro  loro  incantamenti  e  fecero  loro 
arti.  Stat.  (  IV ,  464-66  )  :  Omnes  Tsr  ciroum 
acta  fyrat ,  sacri  de  more  parentis  ,  Semine- 
ces  hbras ,  et  adhuc  spirantia  reddit  Viscera. 

30.  Da.  Virg.:  ^liòae  de  nomine,  dieti  Albani. 

31.  Sorti.  Gli  antichi  per  dare  il  nome 
alle  città  ,  solean  trarre  le  sorli ,  e  consulta- 
re gli  auguri. 

32.  Casalodi.  Conti  guelfi  ;  s' erano  insi- 
gnoriti di  Mantova  il  1272  :  il  ghibellino  Pi- 
namonte de*  Bonacossi ,  nobile,  conoscendo 
quanto  i  nobili  fossero  odiati ,  persuase  al 
conte  Alberto  de'  Casalodi  rilegasse  per  alcun 
tempo  i  gentiluomini  stioi  aderenti  eh'  erao 
più  forti.  Questi  lo  fece.  Pinamonte  col  popò- 
io  uccise  gii  altri  nobili  tutti ,  e  si  fece  si- 
gnore. Dante  ghibellino,  non  loda  il  tradi- 
mento; ma  chiama  stolto  il  Guelfo  tradito. 
V.  Mur. ,  R.  Ital. ,  t.  XX  (Hist.  Mant.  ).  ^ 
RiCBTBSSB.  Questa  frase  è  nelle  prose  di  D. 
Armannino  :  Àr  tirannia  forza  ricevevano. 

33.  Odi.  Ar.  (XIII,  eS)  :  E  se  n' udite  mai 

22 


170 


DELL'  INFERNO 


La  yerità  nulla  menzogna  frodi. 
3h    Ed  io:  maestro,  i  tuoi  ragionamenti 
Mi  son  si  certi  e  prendon  si  mia  fede 
Che  gli  altri  mi  sarien  carboni  spenti. 

35  Ma  dimmi  della  gente  che  procede. 
Se  tu  ne  vedi  alcun  degno  di  nota  ; 
Che  solo  a  ciò  la  mia  mente  rifiede. 

36  Allor  mi  disse:  quel  che  dalla  gota 
Porge  la  barba  in  su  le  spalle  brune, 
Fu ,  quando  Grecia  fu  di  maschi  vota 

37  SI  ch'appena  rimaser  per  le  cune, 
Augure  ;  e  diede  1  punto  con  Calcanti 
In  Aulide  a  tagliar  la  prima  fune. 

38  Eurìpilo  ebbe  nome:  e  cosil  canta 
L'alta  mia  tragedia  in  alcun  loco. 

Ben  lo  sa'  tu  che  la  sai  tutta  quanta. 

far  altri  Sfridi ,  Direte  a  ehi  U  fa  ekemaln'è 
istrtUto,  Qaanto  più  nobile  in  Dante  I  —  Fro- 
di. Questo  racconto  può  conciliarsi  con  le  cose 
dette  Dell'Eneide  :  l' avviso  dei  P.  cade  sopra 
altre  origini  eh* e'  teneva  per  false.  Per  es.,  da 
Tarcone  toscano. 

34.  Carboni.  Siccome  nel  salmo  CXIX ,  4, 
i  carboni  dinotano  lingue  potenti  al  nuocere; 
così  nel  nostro  i  carboni  spenti  dinotano  pa- 
rola impotente. 

35.  RiPiBDB.  Torna  a  ferire,  t  mirare  Porg., 
Wl  :  La  gente,  che  siui  auida  vede  Pure  a 
quel  ben  ferire  ond^  elV  è  ghiotla. 

36.  Quel.  Viene  agi' indovini.  — Vota.  Tatti 
aU'  assedio  di  Troia. 

37.  Calcanta.  Virg.  (  Il ,  114  ). —  Aulide. 
Aen.  (IV,  426).  —  FcNB.  Virg.:  Torto$que 
incidere  funee.  Per  talpare, 

38.  Canta.  Aen. ,  II  :  Eurypylum  seitaium 
oraeula  Phoebi  Mittimue.  —  Tragsdìa.  L'  E- 
neide.  Commedia  chiama  la  propria  come  poe- 
sia più  dimessa  ,  al  soo  credere.  —  Alcun. 
Per  un  .  come  più  giù  alcuna  volta, 

39.  Poco.  Esile ,  modo  vivo  in  Toscana. 
—  MicnsLi.  Indovino  a' tempi  di  Federico 
li ,  maestro  in  negromanzia  al  dir  del  Boc- 
caccio. II  SQO  nome  è  celebre  ancora  in  Iseo- 
zia.  A>cva  ,  dicono  ,  tanli  spiriti  al  suo  co- 
mando che  non  sapeva  a  che  lavoro  occuparli. 
iD  Qua  notte  gli  fecero  un  argine  che  porta- 
va ancora  il  suo  nome,  li  mise  da  ultimo  a 
far  delle  funi  con  sola  rena:  e  ci  lavorano 
ancora.  Michele  era  tra'  negromauti  uno  de'(>iù 


39    Queir  altro  che  ne'Ganchi  è  cori  poeo» 
Michele  scotto  fu,  che  veramente 
Delle  magiche  frode  seppe  il  giuoco. 

kO  Vedi  Guido  Bonatti  ;  vedi  Asdente 
Ch*  avere  inteso  al  cuoio  e  allo  spago 
Ora  vorrebbe,  ma  tardi  si  pente. 

41    Vedi  le  triste  che  lasciaron  V  ago. 
La  spuola ,  e  'I  fuso ,  e  feoerti  indorine; 
Fecer  malie  con  erbe  e  con  Inuiffo. 

hi  Ma  vienneomai ,  chegiè tiene Icooline 
D' amenduo  gli  emìsperi ,  o  tocca  Tonda 
Sotto  Sibiiia,  Caino  e  le  spine. 

i3    E  già  iernotte  fu  la  luna  tonda. 
Ben  ten  dee  ricordar,  che  non  ti 
Alcuna  volta  per  la  selva  fonda. 

kk    Si  mi  parlava  ;  e  andavamo  iotroefOB 


ionoeni  e  buoni.  Tradusse  io  lat.  Il  llb.#À' 
rist.  degli  animali. 

40.  Guroo.  Indovino  di  Forlì,  Il  «(intocoi 
le  sue  arti  favorì  le  imprese  di  Guido  di  Ita 
tefeltro  ;  cooperò  ,  dicesi .  alla  vlitorta  »  é 
cui  oell'  Inf, ,  XXVII.  Abbiamo  di  lai  m  U 
bro  soli*  astrologia  giudiciarìa.  •»  Ai 
Onv.  :  Asdenie ,  il  coli ofatò  di  Fanmm» 

41.  Bill.  Le  maghe  adoperavano  ad  li 
tesimi  erbe  od  imagioi  (  Virg.,  Ecl.,  Vili] 
Hor.  (  Sat.p  I,  S)iLanea  et  efflgiee  enu»  d 
Cam  Ci  rea  . . .  Herbae ,  ot^tta  i/noanteHm  iim 
He  Vineula. 

43.  Confini.  La  luna  è  per  tramoolaiv  di 
nostro  emisfero ,  e  tocca  1'  opposto  ,  cM  1 
mare  sotto  Siviglia  di  Spagna  ,  oecldamil 
rispetto  all'  Italia.  La  luna  invisibile  tà  da 
P.  toccava  l'occidente:  dunque  il  dì  cUnav 

Iai  P. ,  e  nasceva  nel  nostro  emisfero.  Bee 
passati  due  giorni.  —  Onda.  Virg.  :  Si  me 
det  in  unda*.  —  Caino.  Credeva  il  vol§9  I 
macchie  della  luna  esser  Caino  che  iMab 
una  forcata  di  spine  (  Par. ,  II  ). 

43.  NocQui.  Ti  guidò  innanzi  che  il  tal 
sorgesse. — Fonda.  Virg.;  SaUueque  nyiÀa 
di.  Creso.  (  X,  33  )  :  Stepa  fonda.  Bocci; ;  M 
diiiime  selve. 

44.  Introcqui.  Intanto ,  inter  hoe.  Asili 
voce  fiorentina  ,  usata  dal  volg.  di  IM 
Dante  la  condanna  nella  Volg.  Eloq.  DI  m 
si  vede  che  il  suo  poema  non  è  scritto  Mi 
lingua  detta  da  lui  cortigiana. 


171 


CANTO      XXI. 


ARGOMENTO. 


Netta  {«Ma  i  baraitierij  miro  un  lago  di  p$e$  bctten^e.  Il  P.  vede  venire 
pcrtaio  da  «m  demonio  un  magiitrato  lucchese.  Comieo  tuUo  U  canto  :  la  fessura  , 
farzaiià»  il  diavolo  gobbo,  l'anziano  non  di  Lucca,  di  §•  Zita,  t ironia  di  Emm- 
turo  j  le  enlee  parole  de*  demonii  graffiatari ,  la  similitudine  de* cuòchi,  la  bugia  del 
pnqioslo  ,  la  pittura  del  doppio  terrore  di  Dante ,  que*  nomi  diabolici  »  la  trombet- 
ta, emd  cosa  dimostra  che  Dante  eui  barattieri  voile  versare  lo  scherno,  e  sprezzare 
cofi  f  accusa  de*  suoi  nemici ,  che  come  barattiere  lo  cacciavano  da  Firenze. 

Hota  le  terxine  4  alla  10;  la  12;  la  14  aUa  19;  U  23»  24,  31,  32 ,  34,  M,  38  39, 
40,  44,  46. 


i  Coni  di  ponte  in  ponte ,  altro  parlando 
Chela  mia  commedia  cantar  non  cura  , 
Venimmo:  e  tenevamo  1  colmo  quando 

i    Ristemmo  per  veder  1*  altra  fessura 
IN  Malabolge,  e  gli  altri  pianti  vani: 
E  Tidila  mirabilmente  oscura. 

i    Quale  oen*arzanà  de*  Viniziani 
Bolle  r  inverno  la  tenace  pece 
A  rimpalmar  li  legni  lor  non  sani 
Che  navicar  non  ponno;  e'n  quella  vece, 
Chi  fa  suo  legno  nuovo,  e  chi  ristoppa 
Le  coste  a  quel  che  più  viaggi  fece, 

1.  PoMTB.  Dal  ponte  eh*  é  sopra  la  qaarta 
e  qoel  della  qainla. — CohubdIa.  Loo- 

Tmti  sono  que*  versi  d*  Omero  in  cui 
\mtnìm  diseom  delta  vita  domestica  d' 
VMtm  9  rmeeonto  eh*  è  una  tpecie  di  comme- 
dm  ém  cm  ti  dipingono  eostumi  (  trad.  di  £. 
n^aldo). — ^Tbnbvaiio.  Virg.  :  Titta  tenebam, 

2.  FassumA.  Valle,  fossa,  buco,  la  chiama. 
— MimABiuainni.  Y,Huoy si  MaravigUosamen- 
te  trisu, 

3.  ArxahìL  yoee  Yeoeta.  Questa  similiiu- 
djop  accemia  forse  alla  politica  veneta,  tutta 
bwatterie. 

4.  CosTS.  Virgilio  le  chiama  laterum  com- 

f^fss- 

9.  RisTOPFA.  Per  fattoppn:  il  Redi. 


5  Chi  ribatte  da  proda,  e  chi  da  poppa  , 
Altri  fa  remi,  e  altri  volge  sartOj 

Chi  terzeruolo  ed  artimon  rintoppa  ; 

6  Tal,  non  per  foco  ma  per  divina  arte, 
Bollia  laggiuso  una  pegola  spessa  , 
Che  *nviscava  la  ripa  d' ogni  parte. 

7  r  vedea  lei ,  ma  non  vedeva  in  essa 
Ma  che  le  bolle  che  'I  boiler  levava, 
E  sgonfiar  tutta,  e  riseder  compressa. 

8  Mentr*  io  laggiù  fisamente  mirava, 

Lo  duca  mio«  dicendo  :  guarda!  guarda! 
Mi  trasse  a  sé  del  luogo  dov'io  stava. 


6.  AaTB.  Wirg.:  Divina  PùHadis  arte.  — 
Pboola.  Perchè  questo  è  vizio  contagioso;  o 
perchè  la  mente  del  barattiere  -è  in  continuo 
fermento  di  frode  :  in  calliditate  et  dueptione 
buUit ,  cosi  Pietro  di  Dante.  Dicesi  tuiuvia 
aver  le  roani  impeciate  o  sporche  chi  riceve 
o  piglia  mal  guadagnato  danaro.  Ma  rid«a 
del  tormento  e' l'avrà  forse  attinta  dal  virgilia- 
no :  Pbt  piee  torrentes  atrague  voragine  ripas, 

7.  Vedeva.  Le  tenebre  figurano  l'arti  sa- 
crale de'  barattieri.  V  Anon.  così  la  definisce: 
QuéUa  frode  per  ta  ifuats  V  uomo  inganna  e 
baratta  la  rep, ,  e  la  sua  patria  in  comune , 
o  in  particutaritade»  —  Ma  chs  (  f nC ,  IV  . 
9  ).  —  aiSBDsa.  Virg.  :  Qua  vi  maria  oHa 
tumeteant..,  Rursusque  in  teipsa  residatU. 


172 


DELL   INFERNO 


9  Allor  mi  volsi  come  V  uom  cui  tarda 
Di  veder  quel  che  gli  coDvien  fuggire, 
E  cui  paura  subita  sgagjiarda, 

10  Che,  per  veder,  non  indugiai  partire: 
E  vidi  dietro  a  noi  un  diavol  nero 
Correndo  su  per  lo  scoglio  venire. 

1 1  Alìi  quant*egli  era  nell*  aspetto  fiero  I 
E  quanto  mi  parca  neir  atto  acerbo, 
Con  r  ale  aperte,  e  sovra  i  pie  leggero  ! 

12  L'omero  suo  eh*  era  acuto  e  superbo, 
Carcava  un  peccatorcon  ambo  l'anche. 
Ed  ei  tenea  de*  pie  ghermito  il  nerbo. 

13  Del  nostro  ponte,  disse,  0  Malebranche, 
Ecco  un  dc^li  anzian  di  santa  Zita: 
Mettetel  sotto,  eh'  i*  tomo  per  anche 

V*    A  quella  terra  che  n'  è  ben  fornita. 

OgniuomVèbarattierfuorcheBuonturo. 

Del  no  per  II  danar  vi  si  fa  ita. 
1 5    Laggiùl  buttò,  e  per  lo  scoglio  duro 

Si  volse  :  e  mai  non  fu  mastino  sciolto 


9.  SÒAGLiARDA.Ov.:  Ftres  iubirakU  ip$e  timor. 

11.  AcBRBO.  Ar.,  XXX:  E  ti  dtmof Ira  li  nei 
vi$o  acerbo. 

12.  Superbo.  Virg.:  Tìlmrque  iupwìmm: 
Era  un  diavolo  gobbo  ,  aceiocchè  meglio  vi 
slessero  insellati  i  rei  cli'e*porUva. 

13.  Anzian.  Dice  l*  Adoq.  che  In  questo 
canto  si  tratta  dei  barattieri  in  libera  rep.  ; 
nel  seguente  di  que*che  vivono  in  corte  de' 
principi.  OtC:  Anziano  è  un  uffizio  per  Ucit- 
tadi,  mauimamente  di  Toscana  ...il  quale  ha 
speziale  cura  del  governo  deUa  eiitade^  e  che 
ella  sia  bene  rHta  per  fa'  rettori  forestieri ,  e 
eh*  ella  non  sia  appressata  da'  potenti.  11  Bull 
dice  essere  on  Martino  Bottai;  e  l'Anon.  dice 
che  nel  12^  era  in  carica,  e  mori  all' improv- 
viso. —  Zita.  Vergine  lucchese ,  patrona  del- 
la città,  venerata  in  a.  Frediano.  —  Psr.  Ar.  : 
ì\ìrtame  via  non  ti  vedea  mai  stanco  Un  veo- 
càio,  e  ritornar  stwMre  per  anco. 

11.  Barattibr.  Cosi  dieevasi  chi  vendesse 
altrui  degli  atti  del  proprio  uffizio,  e  truffasse 
ad  ogni  modo  ndlepubDllche  cose.  Pietro  di 
Dante  distingue  le  Mratterìe  che  si  fanno  giMt- 
cando,  giudicando,  amministrando. — Buontu- 
HO.  Ironia.  Qui  non  accenna  al  tradimento  da 
costui  commesso  nel  131 5,  quando  fece  sorpren- 
dere i  Lucchesi  da' Pisani;  e  già  il  canto  era 
scritto  prima  di  quel  tradimento:  se  no.  Dante 
V  avrebbe  piuttosto  che  nella  pece  cacciato 
nel  ghiaccio.  Il  Loecbesinl  qui  vuole  sinteoda 
un  Buonturo  poverissimo,  e  dalla  povertà  tolto 
al  pericolo  d'efoerobaiattiere  (Giom.  diPiM, 


Con  tanta  fretta  a  seguitar  Io  furo. 

16  Quei  s'attuflò,  e  tornò  su  convolto  : 
Maidemonchedel  ponte  aveancoverchlo 
Gridar:  qui  non  ha  luogo  il  santo  Volto: 

17  QuisinuotaaltrimenUchenel  Sercbio. 
Però  se  tu  non  vuoi  de*nostri  graffi. 
Non  far  sopra  la  pegola  sovercnio. 

18  Poi  r  addentar  con  più  di  cento  raffi  ; 
Disser:  coverto  convieo  cbe  qui  balli  ; 
SI  che,  se  puoi,  nascosamente  accaffi. 

1 9  Non  altrimenti  i  cuochi  a'ior  vaastlli 
Fanno  attuffare  in  mezzo  la  caldaia 

La  carne  con  gli  undn,  perdiè  dod  galli. 

20  Lo  buon  maestro  :  acciocché  non  si  paia 
Che  tu  ci  sii,  mi  disse,  giù  t'acquata 
Dopounoschcggiochealcun  scberrooHiaia 

21  E  per  nultoffension  cb*a  me  tit  fatti. 
Non  temer  tu  ;  ch'i'ho  le  cose  conte  » 
Perch'  altra  volta  fui  a  tal  baratta. 

22  Poscia  passò  di  là  dal  co  del  ponte  : 


t.  XIX,  p.  216).  Meglio  la  prima.  Todi  di  W, 
Mur.  (R.  It.,  X);  Mussato  (III,  D. 

15.  Duro.  C.  XIX:  Che  aorattt  «Ut  copra 
duro  varco.  —  Furo.  Ladro  ;  4  ndla  V.  di 
s.  Girolamo. 

16.  GoxYOLTo.  L'usa  rott.-»ToLTO.  L'ef» 
figie  del  Redentore,  alla  qualt  I  laoi  Lioehe- 
si  si  curvano  come  tu  fai  nella  poaa.  11  Tolto 
santo  è  tuttavia  venerato  in  •.  Martino  di  Loc- 
ca ;  e  credevasi  opera  d'angelo. Hel  Poenaliii 
prof  liti  Tuseiae  (lib.  I),  on  Lttcebeae  giva: 
Psr  faeiem  sanctam,  pereorpm  ti  eMpm 

17.  Sbrchio.  Fiume  vlcuw  a  Locca. 

18.  AccAm.  Naacocamcnto  iqU  ,  al 
facesti  in  vita.  L' osa  il  Sacch. 

19.  Cuochi.  ArmaoBlao,  de*  bugiardi  o  je- 
minatori  di  scandali  :  Ttsifant  eC 


gli  fa  rivolgere  sottosopra  oogU  fjmmii  fittot- 


ni.  Come   cuochi  per  cuocere 

ncUa  grande  caldaia  quando  Mio: 

non  ,/lfiafio  dì  voltargli. — Vamumm»  far  «r 

vi.  È  nella  V.  di  s.Margh.  — aAiiJ.firf«i> 

leggi.  È  nel  Roti. 

30.  Dopo.  Dietro.  Virg.  :  AmC  caracca  kit- 
has.  Novellino ,  XLVII:  Sra  dopo  la  panie. 
—  H AIA.  (Par.,  XVII,  47).  Scoglio  ch'abbia 
per  te  qualche  schermo  ;  o  :  t' acquatta  ,  ri 
che  tu  t' abbia  qualche  schermo. 

31.  Altra.  G.  IX ,  9.  Scendendo  al  cer 
chio  di  Giuda  passò  pure  per  quello  diTka- 
rattieri. 

122.  Co.  Passato  il  # quinto  poata  »  gtoaii 
sull'argine  sesto. 


CANTO    XXI. 


173 


E  com'  ei  giunse  in  so  la  ripa  serta. 

Ucstier  gli  fu  d'aver  sicura  fronte. 
iJ    Con  quel  furore  econ  quella  tempesta, 

Ch*  escono  i  cani  addosso  al  poverello 

Che  di  subito  chiede  ove  s' arresta  ; 
'ì\    Usciron  quei  di  sotto*]  ponticello, 

E  volser  centra  lui  tutti  i  roncìgli  : 

Ma  ei  gridò  :  nessun  di  voi  sia  fello. 
j5    Innanzi  che  l'undn  vostro  mi  pigli. 

Traggasi  avanti  V  un  di  voi  che  m'  oda  ; 

E  poi  di  ronciglianni  si  consigli. 
2G    Tatti  gridavan  :  vada  Malacoda. 

Perch'un  8imosse,e  glialtristetter  fermi: 

Evenne  a  lui,  dicendo: che^i approda? 

27  Credi  tu,  Malacoda,  qui  vedermi 
Esser  venuto,  disse  1  mio  maestro, 
Securo  giada  tutti  i  vostri  schermi, 

28  Senza  voler  divino  e  fato  destro  ? 
Lasciami  andar  :  che  nel  Cièlp  è  voluto 
ChTmostri  altrui  questo  camoAi  silvestre. 

29  Allor  gli  fu  Torgoglio  si  caduto. 
Che  si  lasciò  cascar  V  uncino  a*  piedi , 

E  disse  agli  altri  :  ornai  non  sia  feruto. 

30  Elduca  mio  a  me  :  o  to  che  siedi 


Tra  gli  scheggion  delpontequattoquatto, 
Sicuramente  ornai  a  me  ti  riedi. 

31  Perch'i*mi  mossi  e  a  lui  venni  ratto. 
E  i  diavoli  si  fecer  tutti  avanti. 

Sì  eh'  io  temetti  non  tenesser  patto. 

32  E  cosi  vid'  io  già  tener  li  fanti 
Ch'uscivan  patteggiati  di  Caprona, 
Veggendo  sé  tra  nemici  cotanti. 

33  Tm'  accostai  con  tutta  la  persona 
Lungolmio  duca,  e  nontorcevagli  occiìi 
Dalla  sembianza  lor  ch  era  non  buona. 

3&  Ei chinavangli  raffi, e:  vuoichT'ltocchi, 
Diceva  Tun  con  Taltro,  in  sid  groppone? 
E  rìspondean  :  si,  fa  che  gliele  accocchi. 

35  Ma  quel  demonio  che  tenca  sermone 
Col  duca  mio,  si  volse  tutto  presto, 

E  disse  :  posa,  posa,  Scarmiglione. 

36  Poi  disse  a  noi:piùoltreandarperquesto 

Scoglio  non  si  potrà,  perocché  giace 

Tutto  spezzato  al  fondo  l'arco  sesto. 

37  E  se  l'andare  avanti  pur  vi  piace. 
Andatevene  su  per  questa  grotta  : 
Presso  è  un  altro  scoglio  che  via  face. 

38  ler,  più  oltre  cinqu'ore  che  quest'otta, 


36.  Halacoba.  Il  nome  è  presagio  che  la 
cosa  dovetaescire  a  mal  fine.  Gli.  Per  et; 
eone  nel  X  del  Porg.  —  Approda  ?  Che  gU 
sarà  nud  a  fnno,  a  prode,  il  ptiiare  pertal- 
fanl  da'  diavoli  ?  Ovvero  :  c^  gU  fa  v$mr9 
^mospAf  Fìir.  (XXI,  19):  Fammi  nota  La 
ctfion  dba  t^^^ni$o  mi  Vaeeosta.  Approdare  nel 
«easo  di  giovare  è  nelle  Cron.  pistoiesi. 

37.  ScHBaiii.  Dt  quanto  opporreste  per 
isclwnnirvi  dal  darmi  il  passo. 

SB.  Setcsa.  Virg.  :  Haud  equidem  «ina  mat- 
te, taor,  «ifif  fiuffitne  divùm ,  ec.  —  DasTao? 
Propiiio  :  in  Virgilio  più  volte.  —  Voluto. 
Ini:,  V:  Vuolii  coti  co/d.  ~  SiLTisrao.  An- 
cte  qui  tUvutro  per  orrido  ;  e  lo  dice  nella 
bolgia  de*  rei  di  delitto  civile.  NeUaVolg.  Eloq. 
^liaUngaa  i  modi  silvestri  dagli  urbani.  La  voce 
mkta  era  solenae  simbolo  a  Ini. 

SO.  Caduto.  Boce.  :  SubiìamtiMB  lo  adeguo 
aatfvCo.  Liv.:  ira  eaàU, 

31.  Tbhbssbr.  Ar. ,  XXIX.  :  Ma  penta  poi 
a  wom  fenart  ti  patto.  Petr.  :  Twnr  fedi.  Quan- 
do disse  :  Non  na  fwruto, 

33.  Pattsmuti.  L*  usa  in  simil  modo  G. 
ViUani.— Capiona.  Castel  de*  Pisani  sull'Ar- 
no. 0iioiido ,  dice  l' AnoD. ,  la  fenderono  a 
patii  ,  M<«e  la  pinone  §  tmtte  U  cote  da*£iie- 
chm  f  da'  /torenftiii  »  It  cori  aro  a  vedere  : 
onde  perch*  ellimo  oioeano  già  fa^  di  molti 


maU  a  parte  guelfa ,  temerono  il  furore  della 
minuta  gente.  Nel  1389  in  agosto  i  Lucchesi 
osteggiarono  e  con  li  cavalieri  e  pedoni  di  Fi> 
renze  e  della  campagna  di  Toscana  :  ed  es- 
sendo sopra  a  Caprone  li  fanti,  com'ò  detto, 
si  renderono.  Dante,  a  quanto  pare,  era  pre- 
sente. 

33.  Tutta.  Inf.,  X:  ifaccotfat,  Temendo, 
un  poco  più  al  duca  mio,  —  Lungo.  V.  Nuo- 
va (p.  70)  :  Vidi  lungo  me  uomini  aUi  quali,., 

35.  Scarmiglione.  Quasi  cupido  di  scarmi- 
gliare, e  scompigliare  persone  e  cose. 

36.  Scoglio.  Nella  dirittura  del  ponte  da 
cui  venite  ,  non  potete  proseguire ,  perchè  il 
sesto  ponte  in  questa  linea  è  rotto:  ma  pote- 
te andare  per  argine  e  troverete  un  ponte  in- 
tero da  cui  passare.  Qui  il  diavolo  mente 
(XXIII  ,  46).  E  Virgilio  che  rutto  »a,  ch*era 
stato  fino  in  fondo  all'  Inferno ,  gli  crede. 

37.  Grotta.  1  massi  dell'argine  erano  ca- 
vernosi. Nel  I  del  Purg.,  grolla  cjiiama  le  io- 
fersali. 

38.  Ibr.  Se  agli  anni  1366  corsi  dalla  mor- 
te di  G.  C.  al  momento  in  cui  parla  Malaco- 
da ,  s'aggiungano  i  33  della  viu  di  Cristo , 
e  i  pochi  mesi  dell'anno  34,  nel  qualee'morl, 
s' avranno  1399  compiuti ,  e  i  pochi  mesi  sono 
al  roano  del  1300.  —  Otta.  Vive  nel  eon- 
udodi  Firenze.  Quell'ora  era  la  prima  del  gior- 


IW 


DEL  L-  INPERNO 


Mille  dugcnlo  con  ecasanta  sei 

Anni  compier,  clieqni  la  via  fu  rotta. 

39  Y  mando  verso  là  dì  qii^ti  miei 
A  riguardar  s'alcun  se  ne  sciorina  ; 
Gite  con  lor,  ctivrioii  saranno  rei. 

kO    Tratti  avanti,  Aticiiiiio.  eCalcabrina. 
Cominciò  egli  a  dire,  e  lu,  Cagnaziu: 
E  B^rbnriccia  puidi  la  decina. 

41  Liliicocco  veiinn  oltre.e  Dragìiignaizo, 
Cirjutto  saomilo.  elìratOacane, 

E  Farfarello,  e  Rubicante  pazzo. 

42  Ctircste  inltjnio  lu  bollenti  pane. 
Coslor  sien  salvi  insino  all'altro  echeggio 
Che  tulio  'ntero  va  wvra  le  tane. 

no  ,  pG.C.inDrl  nella  sesta.  — Botta.  Uali., 
XSVII  i  Harc.  .  XV  :  ftlro»  trùiaa  tvnt . . . 
£l  faeta  hora  ittta.  La  visiunc  donque  eo- 
intnciB  nel  venerdì  santo,  e  l'«ra  )n  cui  Dante 
ern  Ira'baraitieri ,  é  la  prima  dcldl.  L'Anan.: 
/uni  f  J.  eon/iiiBiori.  nocnoieiuli  li  tuoi  di- 
ftUi  il  dttin  vantnlì  Manta,  per  akuna  ammtn- 
ila  macini  'r<iM(ii  Imanu  opera, 

3U.  Sgiobin*.  La  roba  tulfata  si  «ciurlno  : 
c'»l  gì' immersi  nrlla  pere,  a  collieto  !ic  at 
levano  all'  aria.  —Rei.  Fuc-aoii  :  JVuiua  Ji 
fui  ria  fallo. 

40.  Alichino.  Pronto  ■  chinar  l'ali  per  yn^ 
lar  snils  p«ce  cuntro  i  dannali  ;  ciii  fa  nel  caule 
«eguenlc.  —  dcKJiiio.  Dal  colore  del  viso. 

—  IÌAHI4B1CCU.  Da  bario,  l'iù  straiii  nami 
di  diatoli  adopra  nell'Adamo  l' Andreinì .- Ar' 
n>pat ,  Huspicanu ,  Uniloso .  Lurcooe,  ch'i  pre- 
so da' Teilesclii  lurchl  [laf.,  Wll). 

41.  Liticocco.  Da  Libia;  ne'cui  deserii  el 
credeva  abitassero  molli  demonii  :  come  «et- 
roceo  4a  Siria.  —  Dragbighaiio.  Da  drago. 

—  Chiatto.  Da  ehirot  greco,  porco,  cos)  fu 
•ieuo  auto  nel  meilio  evo.-  onde  il  P.  lo  feee 
xannato.  Ar.  { \\ì Ij,  SU):  Al  (lualttucia  Ho- 
gii  puri*  una  iiiiiiiii  come  a  porco.  —  Pak- 
CAHBLLo.  Forse  iJt  fvrfiire,  o  ilnl  tedesca  t'ur^ 
/iiUen ,  quasi  furfante  {  V.  Ducauge  ,  Forfal- 
Iium). — Rdiicantb-  Uà  rubar.  Simile  al  Ca- 
b'Dazto.  Il  Rossetti  *ede  in  Malebraucbc  un 
Manno  Branca ,  poiestà  di  Firenie  nel  I30J, 
i|uando  il  Card,  da  Prato  tenne  indarno  a  ri- 
conciliare i  Neri  co'BUnchi.  e  quelli  alava- 
no alieDdendD  1"  esito  a  Trespiano.  Vede  in 
■  irtffiacane  un  HaiTacani.  allora  priore.  Le  al- 
ire  coagetlure  bi.uo  antor  più  cuntorte. 

*ì.  1?j,xs.  Dalla  ùacosiU  della  pece.  Bqc; 


43  Onie!  maestro,  chcèquelch'i'vcggio? 
Disg'io.  Deh  senza  scorta  andiamci  soli. 
Se  tu  sa'  ir;  cli'i'.  per  me  non  la  cheggio. 

44  Se  tu  ^c'sl  accorto  come  suoli. 
Non  vedi  tu  cli'u'  dit^ri^nan  lì  dpoti , 
£  con  le  ciglia  ne  minacciali  duoli? 

45  Là  e^li  a  me  :  non  vo'che  tu  paventi; 
Lasciali  dij^rignar  pure  a  lor  senno, 
Ch'  e'  fanno  ciò  per  li  lessi  dolenti. 

46  Per  l'argine  sinistro  volta  dienno  : 
Ma  prima  avea  ciascun  la  lingua  stretta 
tk>'denti  verso  lor  duca,  per  cenno. 

47  £d  egli  avea  del  cui  fatto  trombetta. 


Ittviirata  in  f  omoroia  pone. — Salti,  irontat 
raec'i  mandai  Ione  ;  che  tatiro  lehtg^  non  era 
intero.  Questi  dìatoli  somigliano  un  po'  a 
Uelìstofele. 

40.  Sinistvo.  Fra  I»  festa  bolK>a  e  la  tt^ 

lima. —  Stuitta.    Vedeiiilo  che  Virj^ilio  erv- 

de  Illa  raeoiu([na  ,  essi  in  atto  dì  belh ,  giut- 

diudii   Garbariccia  ,  meltoii  Tuori  un  poco  la 

iRria,  e  la  striDgon  co'denti.  Alto  non  dt* 

iiiile  nel  e.  .^IV.  Fa  sempre  vili  ì  rei  dì  col- 

I  a  coi  sia  ini-emivo  il  danaro. 

47.  TaonaKTTA.  Heiru  di  Danle  :  Vi  oH»n- 

dal   IVTjia  tnotei  el  oclua  Aonim  laliitm.  Si 

txr.u$alur  latia  dietrt,  ut  fioda  ,  «ojiUMt  h». 

ducerà   aii^id  ttirtuotvm  per  atiqiàam  indt- 

cenlem    r*;ini»enla(JDneni  ,   ul  ait  Thomat  m 

primo  IKiiltTiorum,   Bello   in  igucslo  canto  k 

multe   similitudini.   Sembra  quasi  che,  dopo 

sraggiata   nel   XX  orudiiiune   profana,   e  nei 

XìX  doltrioa  sacra  e  poetico  sdegno,  in  iid» 

sii  due  voglia  riposare  la  propria  meulct  de' 

lettori  con  iuiagini  che  ben  s'eddicooo  «1  U- 

lulo  del  poema,  All'aiidiia  del  secondo  canta 

abbiamo  cosi  veduta  snccedcre  la  belleua  del 

no  ;  e  alle  eDumeraiiont  drl  quarto  la  grali- 

*   poesia   del   segnenie;  e  alla  disputa  sulla 

orluna    il  Turur  dell' Argenti  ,  e  n  questo  U 

innta   dell'  Angelo ,   e  le  scene  del  Farinata 

del  Cavalcanti  ;  e  dopo  la  scolastica  ptMi- 

une  del  e.  XI  e  le  enumeraiiuni  del  Xil.il 

nto  dCsaieìdi;  e  dopo  la  descriiioue  de* 

lini  d'Inferno,  la  scena   con  UrnneUoeeoi 

t  Fiorentini  ;  e  ianenii  alla  tromba  che  sno- 

I  pc'  simoniaci ,  la  hceta  lappresentaiiuM 


ihile 


,  d'Alessio,  di  laide-  VarieUi  mi* 
[  pensata  ;  se  ioavvettiia  ,  più 


L 


J 


CANTO      XXU. 


ARGOMENTO. 


I^aiMO  co' demonii  tungn  l'argine,  t  vedono  i  barattieri  ballonzolar  niHa  pe- 
m  Natarreie  i  afferrato  dal  rampino  d"  un  diavolo  :  e  racconta  di  due  Santi 
vleini  IMI.  //  retto  dtt  canto  è  eomico  quasi  tulio;  con  cinque  timililudini  belle. 
Sti  n  ha  t  atiro  canta:  nel  primo  due.  una  ntl  itcondo ,  tre  nel  terzo  ,  quattro 
M<  minio  ,  una  ntl  tetto  .  nrl  netlimo  due  ,  due  nrll'  ottavo  ;  net  nona  tre  ,  imÌ 
duodteiiai  due  ,  tre  nel  deeimoterzo ,  due  nel  dtcimoquarto  ,  quallm  nel  quintod»- 
cimo  .  nel  ^ettodeeimo  quattro  ,  otto  ntl  decimoirttimo  ,  due  nel  decimotlatio  ,  tei 
net  dieiannoventno  ,  ntl  vìgttimo  una.  Altre  delle  timililudini  danteiche  nono  ad 
dtuttrare  il  concetto  ,  altre  a  pompa  d"  erudizione  milolagica  o  'lorica  ,  altre  ac- 
ceimano  a  falli  eontempuranti ,  alire  alC  uomo  itUtriore  ,  altre  imitate  da  antichi. 


1    I"  vidi  giè  cavalier  muover  campo. 
E  comincidn:  slormo,  e  far  lor  inustm, 
E  tal  Tolta  partir  per  loro  scampo. 

ì    Corridor  \idi  pir  la  terra  vostra, 
O  AretÌDi  ;  0  vidi  gir  gualdane  . 

1.  Stomìo.  Combiiltimenlo.  Vjll.  (I,  12}: 
JbniMa  Cniua  tua  moglie  allo  ilomio  di' 
9neL  Circa  i|iieMi  «di  di  guerra  l'AnuDlmo 
fili  Vttetiu.  —  Ho9TkA.  HasstgDa. 

%.  Vo«TaA.  Questo  dell'  iposirors  improf- 
irtM  è  modo  rìuiiiliare  •  Virg.  :  Farvoqui  pò- 
ttmltm  Fabrieium  T  vel  It  luleo.  Serrane,  te- 
mtUat  t  Accenoi  qui  ror»e  alle  trequeoit  teor- 
nri*  cbe  Tacevano  i  PinrcniiDi  in  i|a«l  d'Arei- 
ni,*  qDfsIt  •  rfncoDlro:  onil«  pui  ladii>r«ila 
ll>tMiina  del  1309.  Il  poatlll.  del  codice  Caci.: 
Tim^  tir  Metto  .  quia  antif  uìIim  Ma  civUat 
qaando  crai  in  flora,  dattal  te  muUit  tpeela- 
fti»  «al  Itdit:  «l  etiam  fuerunt  mutloi  pur- 
timUtUie  1  teditionti  in  itla  :  «t  ttantet  nt 
yaril  M  tonifiuri  jvvettiulu.  —  Guii.ntNC,  Bu- 
ll :  Caealtal*  It  i/uali  >j  fanno  nel  tarmo  de' 
tunàti  a  rubar»  a  ardere  e  pigliare  prigiOHi. 
M.  Vlllaol  ;  Tennero  otluctntQ  eavaiieri  alfe 
fronliert  di  FuUtariui.  e  raffreimvano  alqitan- 
M  I*  laro  ijualàlant.  Vcge^.  :  in  guatdana  va 
&KHdo   mvanJa.    Ualispiui  .-    Ciin   Tiiuiii  di 


Ferir  torneamenli  o  correr  giostra, 

SQuando  cor»  trombe, eqii»mlr>  concampane 

Con  tambuii ,  e  con  cenni  dì  castella , 

EcoR  cose  nostrali,  e  couislriiae; 

k    N^  già  .  con  si  diversa  cenoamidla, 

finii  in  gualdaaa  giucando.  —  Fsua.  No'cl- 
lino  ,  LX:  l/n  torneamenlo  laici  a  voi  fedire. 
BuLi  :  Glutini  i  '/uaiiJa  l'uno  catiaJtera  curra 
contro  r  altra  culi'  atte  braccate  con  farro  di 
Ire  punta  ,  dove  non  ii  eerea  vittoria  la  non 
detto  teovallurc  :  «  in  guado  è  differente  dal 
lurneomanto  duna  ti  eantbatta  a  /ino  iti  morta. 
G.  Villani  :  Ftcttene  gran  fatte  a  bette  gioitre. 

3.  Campane-  Ai  carrocci  era  appesa  per  io 
più  una  campana.  1  lioieotini  l'avevano-  Vili. 
(  VI .  Ti):  Ponevaii  in  tu  uno  cotlcKo  di  le- 
gname in  tu  ut  iiarro .  e  al  luono  di  quetta 
li  quidava  fotte.  —  Taurcbi.  L'esp.  de' Stimi 
traduce  in  lynpanit  et  piuKenii;  nel  tambu- 
ro e  uel  salterò.  Qui  nota  il  Buii  :  Prtmluivi 
cammino  con  luont  di  tamburelli .  di  eon'i  . 
di  naeeate.  Sacchetti:  Già  irom'ee  trombet- 
Itnt  Svagliont  a  nuccAerini  fer  li  nemici  cor- 
ni a  lam6ufelli.  — laTBANB.  Intendo  Tur»  usi 
rrancesi  e  tedeschi ,  cb'  egli  arri  iroppu  ve- 
duti in  lUlia. 

4.  UivEtSA  { Inf. .  VI ,  a  ).  —  Cesnawsi  lA. 


1 

4 


176 


DELL'   INFERNO 


.  Cavalier  vidi  muover  né  pedoni. 
Né  nave  a  segno  di  terra  o  di  stelh. 

5  Noi  andàvam  con  li  dieci  demoni. 
Ah  fiera  compagnia  I  Ma  nella  chiesa 
Cessanti,  e  in  taverna  co* ghiottoni. 

6  Pure  alla  pegola  era  la  mia  intesa 
Per  veder  della  bolgia  ogni  contegno, 
E  della  gente  eh*  entro  v'  era  incesa. 

7  Come  i  delfini  quando  fanno  segno 
A'  marinar  con  l'arco  della  schiena 
Che  s' argomentin  di  campar  lor  legno  ; 

8  Talor  cosi  ad  alleggiar  la  pena 
Mostrava  alcun  de* peccatori  1  dosso, 
E  nascondeva  in  men  che  non  balena. 

9  E  com*  air  orlo  dell'acqua  d'un  fosso 
Stan  li  ranocchi  pur  col  muso  fuori , 
SI  che  celano  i  piedi  e  l' altro  grosso  ; 

10  SI  stavan  d'ogni  parte  i  peccatori  : 
Ma  come  s'appressava  Barbariccia  , 
Cosi  si  rltraean  sotto  i  bollori. 

11  lo  vidi,  ed  anche'lcuormi  s'accaprìccia 
Uno  aspettar  cosi  com*  egli  incontra 


Buti  :  Strumento  musico  che  si  tuona  eolla 
bocca,  Tav.  Rit.  :  E  fa  sonare  trombe  e  cen- 
namelle; e  fa  sonare  le  campane  a  martello, 
Sari,  da  s.  Cooc.  :  Cennamelle  e  salterii  fan- 
no soave  melodia,  —  Segno.  Taitod)  Delle 
navi  molti  ordini  si  danno  asuon  di  campana. 

5.  Chiesa.  Proverbio  che  traduce  in  certo 
inndo  quello  de*  Salmi  :  Cum  sancto  sanctus 
crii ,  ec.  Più  sotto  ,  altro  proverbio  triviale: 
Tra  male  gatte,  ec.  Poi:  Grattarmila  tigna. 
Comico  ogni  cosa. 

fi.  Contegno  (  Inf. ,  II,  26). 

7.  Segno.  Virg.  :  Aeriae  dant  iigna  grues, 
—  Arco.  Virg.:  Delphinum  similes^  qui . .  . 
Carpathium  Libycumque  seeant ,  luduntque 
per  undas.  Buon.  (  Fiera  )  :  Come  di  pioggia 
son  segno  i  delfini.  Altrove:  E'I  saper  ben  far 
arco  della  schiena,  * 

9.  Ranoccoi  (  Inf.  ,  XXXII  ).  —  Gaosso 
(  Inf. ,  XIX,  8}.  Paragona  il  balzar  de' dan- 
nali a  quel  dei  delfini  ;  il  loro  mettere  fuori 
'1  rapo  ,  allo  star  de'  ranocchi. 

11.  Uno.  Ciampolo.  Dice  l'Anonimo  :  Ba- 
stardo (l'iina  vile  persona,  e  prodiga,  —  Spic- 
cia. Boti:  Salta  sotto  V aequa, 

12.  Aeronciguò.  Inviluppò  coli' uncino. — 
Lqntra.  Leggiera  molto.  Ar.  (  XXX ,  5  )  : 
Perchè  sa  nuotar  com^unajontra ,  Entra  nel 
fiume, 

13.  Eletti  (  e.  XXI ,  39  ). 

14.  RuBiCANTS.  Vtr  ro$9§ffgittnte ,  osa  VOV- 
limo  qnesta  fo€«  (  I.  II,  p.  529  ).  E  perché 


Ch*  una  rana  rimane  e  V  altra  spiccia. 

12  E  GraiDàcan  che  gli  era  più  di  centra. 
Gli  arroncigliò  le*mpegolate  chiome. 

E  trassel  su ,  che  mi  parvo  una  lontra. 

13  l'sapea  già  di  tutti  quanti*!  nome  , 
SI  li  notai  quando  furono  eletti  ; 

E  poi  che  si  chiamare  ,  attesi  come. 
ìk    ORubicante ,  fa  che  tu  gli  metti 
Gli  unghioni  addosso  si  che  tu  lo  scuoi , 
Gridavan  tutti  insieme  i  maladetti. 

15  Ed  io  :  maestro  mio  ,  fa,  se  tu  puoi . 
Che  tu  sappi  chi  è  lo  sciagurato 
Venuto  a  man  degli  avversarli  suoi. 

16  Lo  duca  mio  gli  s'accostò  allato, 
Domandollo  ond'c*  fosse;  e  quei  risp.    *' 
rfui  del  regno  di  Navarra  nato. 

17  Mia  madre  a  servod'unsignormipose. 
Che  m'  avea  generato  d'un  ribaldo 
Distruggitor  di  sé  e  di  sue  cose. 

18  Poi  fu' famiglia  del  buon  re  Tebaldo. 
Quivi  mi  misi  a  far  baratteria  ; 

Di  chT rendo  ragione  in  questo  caldo. 


quelli  di  pelo  rosso  si  reputano  cattivi ,  però 
forse  Dante  avrà  dato  ad  un  diavolo  cotesto 
nome.  —  Scuoi.  S.  Bernard.  :  Clamabit  due* 
mon  ad  daemonem  :  dilacera,  veloeiter  tpo" 
lia  detrahe» 

Itf .  Man.  Ar. ,  IX  :  Venuti  in  man  degli 
avversarti  loro, 

16.  Domandollo.  Novellino  ,  IV  :  Doman- 
dollo dove  andava;    Vili  :    Domandoti  onde 
se\  —  Navarra.  JNavarresi,  dice  TAnun.. 
abbondano  in  questo  vizio, 

17.  Signor.  Barone  del  re  Tebaldo ,  dice 
il  Landino.  —  Ribaldo.  Uomo  devoto  a  si- 
gnore; e  perchè  costoro  eran  anco  devoti  al 
delitto ,  però  ribaldo  prese  col  tempo  mal 
senso.  Cosi  fiunnacfiere  (  F.Dafresne).---CosB. 
C.  XI  :  In  sé,  ed  in  lor  cose. 

18.  Famiglia.  Così  chiamavansi  i  servi: 
anche  un  solo.  Pbaedr. ,  UI  :  Aesapui,  domi- 
ni familia.  Murator.  (  Inscrlpt.  ,  p.  1600 . 
n.**  4  )  :  Libertorum  et  familiae,^~  Tbbaliio. 
Nun  gìÀ  quel  che  mori  nel  1253 ,  potea  va- 
lente ,  citato  da  Dante  nella  Volg.  Eloquenia  ; 
ma  il  figlio  di  lui  e  di  Margherita  di  Borbo- 
ne ,  nato  nel  1240.  Fo  re  a  tredici  anni  . 
prese  con  s.  Luigi  la  croce  per  eombatlere 
sotto  Tunisi ,  vide  Luigi  morire ,  e  di  lui  ab- 
biamo su  questo  caso  una  lettera  eh'  è  nel 
VI  del  Martenne  :  mori  poco  dopo  egli  fles- 
so Il  4  settembre  dell'  anno  meaesiroo ,  e  lu 
segui  di  li  a  poco  Isabella ,  sua  moglie ,  od 
1255  ;  e,  nota  il  JoiovUle ,   figliuola  di  s. 


CANTO   XXII. 


177 


19  E  Ciriatto  a  od  di  bocca  ascia 
D*ogDi  parte  una  saona  come  a  porco , 
Gli  te  sentir  come  i'  una  sdrucia. 

20  Tra  male  gatte  era  venato  1  sorco: 
Ma  Barbarìccia  il  chiase  con  le  braccia , 
E  disse:  state  'n  là,  mentr'io  lo  *nforco. 

21  E  al  maestro  mio  Tolse  la  faccia: 
Dimanda,  disse»  ancor,  se  più  disii 
Saper  da  lui ,  prima  ch'altri  1  disCaccia. 

22  Lo  daca  :  dunque  or  di*  degli  altri  ni. 
G)nosci  tu  alcun  che  sia  latino, 

Sotto  la  pece?  E  quegli  :  i*  mi  partii , 

23  Poco  è,  da  un  che  fu  di  là  vicino. 
Cosi  Tosa'  io  ancor  con  lui  coverto, 
Ch'  i'  non  temerei  unghia  nò  uncino  ! 

24  E  Libicocco:  troppo  avem  sofferto, 
Disse;  e  presegli  'I  braccio  col  runciglio, 
SI  che  stracciando  ne  portò  un  lacerto. 

25  Draghignazzoanch*eì  volle  dardi  piglio 
Giù  dalle  gambe  :  onde  1  decurìo  loro 
Si  volse 'ntomo  intomo  con  mal  piglio. 

26  Quand'elli  un  poco  rappaciati  foro, 
A  hd  eh' ancor  mirava  sua  ferita, 


Dimandò  1  duca  mio  senza  dimoro  : 

27  Chi  fu  colui  da  cui  mala  partita 
Dr  che  facesti  per  venire  a  proda  ? 
Ed  ei  rispose  :  fu  frate  Gomita, 

28  Quel  di  Gallura ,-  vasel  d*  ogni  froda . 
Ch'ebbe  i  nemici  di  suo  donno  in  mano, 
E  fé  lor  si,  che  ciascun  se  ne  loda  : 

29  Donar  si  tolse,  e  lasciógli  di  piano, 

SI  com'è*  dice.  E  negli  altri  ufficii  anche 
Barattier  fu  non  picciol  ma  sovrano. 

30  Usa  con  esso  donno  Michel  Zanche 
Di  Logodoro  :  e  a  dir  di  Sardigna 
Le  lingue  lor  non  si  sentono  stanche. 

31  O  me  !  vedete  1*  altro  che  digrigna, 
r direi  anche;  ma  i'temo  ch*elIo 
Non  s'apparecchi  a  grattarmi  la  tigna. 

32  Eì  gran  proposto,  volto  a  Farfarello 
Che  stralunava  gli  occhi  per  ferire, 
Disse:  fatti  'n  costà,  malvagio  uccello. 

33  Se  voi  volete  vedere  o  udire. 
Ricominciò  lo  spaurato  appresso, 
Toschi  0  Lombardi,  i  ne  farò  venire: 

34  MastienleMalebranche  unpocoincesso. 


Lafgi.  Rtttebeaf  trovatore   fllastre   pianse  la 
morte  di  in! ,  e  nella  canzone  gli  dà  il  tito- 
lo di  baoDO  ,  di  prode  ,    di  generoso  ,  di  a- 
mico  ai  minori  ;  lodi  che  Dante   avrà  leUe  , 
e  gli  arranno  ispirato  amore  di   signor  tanto 
raro.  Gli  successe  Enrico  III.  detto   il  Gros- 
so ,  il  quale  nel  1274  sposò  Bianca  ,  figliuo- 
la di  Roberto  di  Napoli ,  fratel  di  Luigi.  Quel 
Tebaldo  ehe  morì  nel  1253  Ai  conte  di  Sciam- 
pagna ;  e  la  casa  di  lui   tuttodì   mostrasi  in 
Ay.  Grazioso  poeta,  primo  ad  alternar  le  ri- 
me mascoline  con  le  femioine:  amò  Bianca  ma- 
die di  Luigi  IX  ;  ebbe  tre  mogli  :  tra  queste 
Galtnide  della  casa  d*Absburgo. 

19.  PoAco  Ar.:  Ch*ha  gli  occhi  e  %  denti 
fi»r  €om€  di  porco;  e  XVII,  30:  Mostra  le 
mmm  p§or  come  fa  *l  porco.  Si  notino  gli  at- 
ti da'  diavoli  :  Graffiacene  lo  leva  col  graffio  , 
libieaote  è  chiamato  per  adugnarlo ,  Giriate 
tQ  PtssaDoa. 

SO.  Somco.  Per  sorcio ,  come  etro  da  ce- 
nom  ^  'Nromco.  Con  le  braccia  Purgat.,  Vili  : 
Nel  latto  ch$  'l  Montone  Con  tutti  e  quattro  i 
pie  copri  «d  inforca. 

3S.  Latmo.  Italiano  (  Purg. ,  Xlll  ;  Inf. , 
XXVll  ). 

tt.  Dicvuo.  Deeorione  cbe  guida  la  deci- 
Bi  (  e.  XXI  )  ;  come  sermo  (  XlII,  46  ).  L'usa 
•oeja  ^OtUmo .  nel  VI  del  Parad. ,  pag.  127. 

5».  Biaoao.  L'ha  g.  VilJani. 


27.  Partita  (  terz.  22,  23  ).—  Gomita. 
Sardo,  vicario  e  fattore  di  Nino. 

28.  Vasel.  Ariosto  :  Di  tutti  i  vizii  il  va- 
so. Vita  di  8.  Girolamo  :  Vasello  d*  ineffabili 
virtù.  Isaias  (  XXXII ,  7  )  :  Fraudulenti  va$a 
pessima  iunt,  —  Do!>mo.  Titolo  alla  maniera 
sarda.  Nino  de'  Visconti ,  amico  di  Dante  , 
signore  del  giudicato  di  Gallura.  —  Fa.  Cor- 
rotto per  oro.  Nino  lo  fece  impiccare.  Virgi- 
lio pone  tra'  suoi  dannati  coloro  che  nae  t?e- 
riti  dominorum  faUerc  dextras. 

29.  Piano  De  plano  ,  modo  giudiciale,  cioè 
senza  lungo  processo.  De  plano  dicono  gli 
Spagouoli.  Un  antico  :  lerusaUm  avuta  di  pia- 
no  (  facilmente  ). 

30.  Usa.  Conversa.  Lat.:  Eo  utitur  famiUa- 
rissime.  —  Zancbb.  Sardo  :  ainiscalco  della 
madre  d' Enzo ,  il  figliuolo  di  Federico  II. 
Enzo  nel  1238  sposò  Adelasia  marchesa  di 
Massa  erede  delle  giudicature  di  Gallura  e  di 
Logodoro  in  Sardegna.  Federico ,  padre  di  lui» 
conquistò  poi  tutta  l' isola ,  ed  Enzo  fu  coro- 
nato re  :  nel  1240  fd  prigione  de' Bolognesi  , 
mori  nel  1272.  —  Zanche.  Jf.  Zanche ,  di- 
ce l' Anon.,  per  $ue  rivenderie  in  tante  ncchez" 
10  divenne  che ,  dietro  alla  morte  di  AdeUuia 
moglie  d*  Eneo  ,  divenne  signore  della  eofatìo- 
da ,  cioè  del  giudicato  di  Logodoro. 

84.  Stibn  ...  in  csaso.   Per   cenino  :  ha 
esempi  anco  di  prosa. 

23 


178 


DELL'  INFERNO 


Si  che  non  teman  delle  lor  vendette: 
Ed  io  seggendo  in  questo  laogo  stesso, 

35  Per  un  eh'  io  so*,  ne  farò  venir  sette. 
Quando  sufolerò,  com'è  nostr'uso 
Di  fare  allor  che  fuori  alcun  si  mette. 

36  Cagnazzo  a  cotal  motto  levò  *ì  muso, 
CroUandoI  capo,  e  disse  :  odi  malizia 
Gh'  egli  ha  pensato  per  gittarsi  giuso  ! 

37  Ond'ei  eh'  a  vea  lacciuoli  a  gran  divizia , 
Rispose:  malizioso  son  io  troppo, 
Quando  procuro  a'miei  maggior  tristizial 

38  Alichin  non  si  tenne,  e  di  rintoppo 
Agli  altri,  disse  a  lui  :  se  tu  ti  cali, 
l'uon  ti  verrò  dietro  di  galoppo  ; 

39  Ma  batterò  sovra  la  pece  l'ali. 
Lascisi  1  colle,  e  sia  la  ripa  scudo  ; 
A  veder  se  tu  sol  più  di  noi  vali. 

iSi.O    O  tu  che  leggi,  udirai  nuovo  ludo. 
Ciascun  dall*  altra  costa  gli  occhi  volse; 
Quel  prima,  eh' a  ciò  fare  era  più  crudo. 

kì    Lo  Navarrese  ben  suo  tèmpo  colse: 
Fermò  le  piante  a  terra,  e  in  un  punto 
Saltò ,  e  dal  proposto  lor  si  sciolse. 

Wì    Dì  che  ciascun  di  colpo  fu  compunto, 
Ma  quei  più  che  cagion  fu  del  difetto: 
Però  bi  mosse,  e  gridò:  tu  se' giunto. 


hZ    Ma  poco  valse»  che  l'ale  al  sospetto 
Non  poterò  avanzar.  Quegli  andò  sotto^ 
E  quei  drizzò,  volando,  suso  il  petto. 
kk    Non  altrimenti  l'anitra  di  botto , 
Quando'l  falcon  s'appressa, giù  s'attufla  ^ 
£d  ei  ritorna  su  crucciato  e  rotto. 
k^    Irato  Calcabrina  della  bufla  » 
Volando,  dietro  gli  tenne,  invanito 
Che  quei  campasse  per  aver  la  zuffa; 
kù    £  come  1  barattier  fu  disparito  « 
Cosi  volse  gli  artigli  ai  suo  compagno  ; 
E  fu  con  lui  sovra  '1  fosso  ghermito. 
VI    Ma  l'altro  fu  bene  sparvier  grifagno 
Ad  artigliar  ben  lui  :  e  amendue 
Cadder  nel  mezzo  del  bollente  stagno. 
b8    Lo  caldo  schermidor  subito  fue: 
Ma  però  di  levarsi  era  niente; 
SI  aveano  inviscate  l'ale  sue. 
k9    Barbariccia  con  gli  altri  suoi  dolente, 
Quattro  ne  fé  volar  dall'altra  costa 
Con  tutti  i  raffi  :  e  assai  prestamente 

50  Di  qua  di  là  discesero  alla  posta  ; 
Porser  gli  uncini  verso  gl'impaniati 
Ch'eran  già  cotti  dentro  dalla  crosta. 

51  E  noi  lasciammo  lor  cosi  'mpacciati. 


35.  SUPOLBRÒ.  Bagia  del  barauiere:  tutti 
ìd  questa  bolgia  bugiardi.  Quand*  uno  ,  di- 
C  egli ,  mette  il  capo  fuor  daUa  pece  per  re- 
frigerio ,  e  vede  che  noe  e*  è  diavoli  a  guar- 
dia ,  infoia  per  invitare  i  compagni. 

36.  Malizia.  Trecentista  ined.  :  La  maUMÌa 
che  Dido  avea  puntata, 

37.  Lacciuoli.    V.    S.  Girol.  :    OrdmatMtol 
contro  lui  intidie  e   laociuoU.  —  Troppo.  I- 
ronia. 

38.  Rintoppo.  Àr.  (  XXVIII ,  66  )  :  lini 
ritpote  di  rimando. 

39.  GoLLS.  La  cima  dell'  argine  (  e.  XXIII, 
Itf  )  :  Collo  d$lla  ripa  dura.  Imaginate  il  la- 
go di  pece  in  mezzo  alla  bolgia  sì  che  riman- 
gano due  margini  di  qua  e  di  là  al  passag- 
gio de'  diavoU  ;  imaginate  che  ai  due  lati  si 
alzino  due  alti  orli  di  pietra;  la  sommità  di 
dascon  rilioTo  chiamate  eoUo  ;  Il  pendio  chia- 
mate ripa  ;  e  intenderete ,  come  U  ripa  fac- 
cia scado  e  nasconda  i  diavoli  ai  dannati ,  e 
i  dannati  a  quelli. 

40.  Occhi.  Scese  dalla  eresta  dell'argine, 
e  si  Yoltò  In  là.  —  Crudo.  Cagnazzo. 

41.  CoLSB.  Virg.:  Arr^pio  umport.  Sacchet- 
ti :  CoUc  Umpo,  —  Pbriiò.  Atto  di  chi  vuole 
spiccare  nn  saito.  Ariosto  :  jB  dmrivr  pwiUo , 


punta  t  pie  alla  rena.  —  Proposto.  Si  libcfè 
dall' ioteozioDe  ch'avevano  di  scuoiarlo.  fr^ 
posto  qui  vale  proposito  ,  non  ,  come  sopca, 
preposto. 

42.  Compunto.  Di  dolore  e  di  sdegno.— 
QuBi,  Alichioo. 

43.  AVANZAR.  Virg.:  PisdUrns  timor  aéém 
alas.  L'ali  d'Alighioo  non  furon  più  proaie 
della  paura  diCiampolo. 

45.  Quii.  Ciampolo.  I  malvagi  si  volgone 
TuDu  contro  l'altro ,  quando  non  hanim  fili 
deboli  da  danneggiare. 

46.  Sovra.  In  aria. 

47.  Grifagno.  Lo  sparviero  di  nido  diM- 
vasi  nidiace;  quando  spiegava  l'alia  ranJa- 
go  ;  adulto,  grifagno.  Ar.:  Come   gpmrmtr 

'  che  nel  piede  grifagno  Tenga  la  preda  e  fi* 
per  fame  pasto. 

48.  ScoBRMiDOR.  Ar.  (XXIX,  47,  48  ):  Ct^ 
don  nell*  acqua,  e  vanno  al  fondo  tiuifwe.»* 
V  acqua  li  fece  dittaccare  in  fretta.  — >  Ni 
tb  (c.  IX,  19). 

49.  Altra.  Fa  I  quattro  diavoli  andare 
l'  altra  parte  per  rendere  verisimile  in  qiNlli 
scompiglio  la  sua  fuga. 

60.  Posta.  Termine  di  cacciagione: 
I  assegnato  dal  capocaccia. 


179 


CANTO      XXIIL 


ARGOMÉNTO. 

Sinteeiolano  ndla  bolgia  degV  ipocriti ,  e  trovano  due  frati  bolognesi ,  coperti 
^  ^VP^  ^*  pi^^"''^  dorate  di  fuori j  e  Caifasso  e  gli  altri  nemici  di  Gesti  j  croce- 
fui  per  Una  con  pali  j  e  su  i  lor  corpi  passare  gì*  ipocriti  gravi.  L  oro,  de*  me- 
<aib*j  jiMi  fino ,  U  piombo  più  vile ,  indicano  le  belle  apparenze  e  la  profonda  rei- 
<<ì.  A  ptula  imagine  potè  Dante  essere  indotto  dalla  falsa  etimologia  che  allora 
f^eva  i  ipocrita  ,  da  hypo  e  cl^sos. 

Nou  le  taRine  1 ,  2 ,  4;  It  6  alla  10;  la  12 ,  13;  la  14  alla  24;  la  26  alla  SO;  U 
3S»  34,  36,  37,  38,  40,  41,  42,  48. 


1  Taciti,  8oli«  e  senza  compagnia 
ITandaTam  l*iin  dinanzi  e  1*  altro  dopo 
Come  i  firaii  minor  vanno  per  via. 

ì  V<^  era  io  8u  la  favola  d'Isopo 
Lo  odo  pensier,  per  la  presente  rissa  , 
Dov'ei  parlò  della  rana  e  del  topo. 

3  Che  pia  non  si  pareggia  mo  ed  issa 
Che  ran  con  V  altro  fa,  se  ben  s'accoppia 
Principio  e  flne  con  la  mente  fissa. 


i. 


Sou.  Aggiunge  senxa  compagnia  ,  per 

-i«  aM  fina  eompeignia  dalia  quale  s' 

Iterati.  — Frati.  Dimessi,  raccolti  in 


1.  Favola.  Una  rana ,  per  annegare  on  to* 
pt»  te  lo  legò  al  piede ,  dicendo  lo  condar- 
lajifca  di  là  dal  fosso  :  on  nibbio  scende  e  li 
aflibedoe.  —  Isopo.   Esopo  :  anco  io 


3.  Mo.  Da  modo.— -Issa.  Da  hae  ipsa  hora 
(  e.  XXTII ,  7  ;  Pnrg. ,  XXIV,  19  ).  V  uno 
looibordo,  r  altro  toscano. 

4.  ScoFKA.  Buon.  (  Fiera)  :  Quello  a  quello 


k    E  come  Tun  pensier  dell'altro  scoppia, 
Cosi  nacque  di  quello  un  altro  poi , 
Che  la  prima  paura  mi  fé  doppia. 

5  r  pensava  cosi:  questi  per  noi 
Sono  scherniti,  e  con  danno  e  con  beffa 
Si  fatta  ch'assai  credo  che  lor  nói. 

6  Se  r  ira  sovra  '1  malvoler  s' aggueffa, 
£i  ne  verranno  dietro  più  crudeli. 
Che  cane  a  quella  levre  ch'egli  acceffa. 

Peiitiet  succede  ,  e  vxsco  aW  altro  fossi ,  E 
V  altro  alV  altro. 

8.  Pbr.  La  voglia  che  Dante  mostrò  di  par- 
lare a  Giaropolo ,  fa  occasione  alla  rissa.  — 
NÓI.  Notare  per  dispiacere,  era  in  aso. 

6.  S' AGGDBFFA.  Nel  proprìo  vale  aggiange- 
re  filo  a  filo,  come  si  n  ponendo  il  filo  dal 
gomito  alla  mano,o  innaspando.  Qai  per  ag- 
giungere: come  se  l'ira  s'avvolgesse  e  s'ag- 
gomitolasse col  malnato  talento.  —  Acceffa. 
Prende  col  ceffo ,  o  sta  sopra  col  ceffo,  i  nel 
Dittamondo. 


180 


DELL'  INFERMO. 


7  Già  mi  senUa  tatto  arricciar  li  peli 
Della  paura,  e  staTa  indietro  intento; 
Quando  Tdissi:  maestro,  se  non  celi 

8  Te  e  me  tostamente,  l'ho  pavento 

Di  Malebranche.Noi  gli  avem  già  dietro; 
l*gl' immagino  si  che  già  gli  sento. 

9  E  quei:  8*io  fossi  di  piombato  vetro, 
L' immagine  di  fuor  tua  non  trarrei 

Più  tosto  a  me,  che  quella  dentro  impetro. 

10  Pur  mo  venieno  i  tuoi  pensier  tra  i  miei 
Con  simile  atto  e  con  simile  faccia, 

Si  che  d' entrambi  un  sol  consiglio  fei. 

11  S*  egli  è  che  si  la  destra  costa  giaccia 
Che  noi  possiam  nell'altra  bolgia  scenderoj 
Noi  fuggirem  Y  immaginata  caccia. 

12  Già  non  compiodi  tal  consiglio  rendere, 
Ch*  i'  gli  vidi  venir  con  V  ale  tese , 

Non  molto  lungi,  per  volerne  prendere. 

13  Lo  duca  mio  di  subito  mi  prese , 
Come  la  madre  eh* al  remore  è  desta 
E  vede  presso  a  so  le  fiamme  accese , 

1&-Che  prendel  figlio,efugge,e  nons*arresta, 


7.  Aauccum.  Virg.  :  Stetirwntque  eomae. 
Ar.  :  Ogni  pelo  arrieeiotti  E  scolorotii  al  Sa- 
racino il  viso,  Bocc.  :  Quasi  tutH  i  capelli  ad- 
dosso mi  sento  arrieeiare  •  • .  Tutti  i  peli  gVin- 
eomineiarono  ad  arrieeiare  addosso, 

6.  Pavbnto.  Paura  ,  voce  del  tempo.  — 
Sbnto.  Questi  versi  dipingono  l' nomo. 

9.  Fossi.  Come  specchio.  Pro?.  (  XXVII , 
19  )  :  Quomodo  in  aquis  retplendent  vuUus 
prospieientium,  eie  eorda  hominum  mani  festa 
sunt  prudentibus, — Tsaerbi.  Riflessa.  Virg.: 
Mille  trahens  varios  adverso  sole  eolores.  Quin- 
di ritrarre,  —  Impetro.  Ottengo  ,  spiega  il 
Buti  ;  mt  può  intendersi  :  formo  distinta  , 
così  come  in  pietra.  Purg. ,  XIV  :  Lo  'nfendt- 
mento  tuo  aecamo,  Petr.  :  Cristallo  o  vetro 
Non  mostrò  mai  di  fere  Nascosto  altro  colore. 
Che  V  alma  sconsolata  altrui  non  mostri  Più 
chiari  i  pensier  nostri  ...  Che  fiso  Li  tenni  nel 
bel  viso  (  gli  occhi  )  Per  iscolpirlo  imaginanr 
do ,  in  parte. 

10.  Atto.  Questa  personiflcazione  segue  la 
figura  dello  specchio.  —  Consiglio.  Delibe- 
razione. Virg.  :  Consilia  in  melius  referet, 

11.  Giaccia.  Penda  in  modo  che  noi  pos- 
siamo sdrucciolar  sul  declivio.  Inf.  ,  XIX  : 
iQuella  ripa  che  piUi  giace. — Caccu.  Accenna 
alia  similitudine  della  lepre. 

12.  Rbnoerb.  Virg.:  Responsa...reddere, 

13.  FiAMMB.  Ar.  (XVI ,  88)  :  Qual  è  colui 
che  prima  ode  il  tumulto^  E  delle  sacre  sfiuiUe 


Avendo  più  di  lui  die  di  8Ò  cura. 
Tanto  cne  solo  una  camicia  veatt; 

15  E  giù  dal  collo  della  ripa  dura 
Supin  si  diede  alla  pendente  roccia 
Che  r  un  de'  lati  ali  altra  bolgia  tura. 

16  Non  corsemai  si  tostoacquaperdoccia 
A  volger  ruota  di  mulin  terragno, 
Quand*  ella  più  verso  le  pale  approccia , 

17  Come  '1  maestro  mio  per  qua  vivagno 
Portandosene  me  sovra  1  suo  petto , 
Come  suo  figlio  e  non  come  compagno. 

18  Appena  furo  ì  pie  suoi  giunti  afletto 
Del  fondo  giù ,  cuci  giunsero  in  aalooUe 
Sovresso  noi  :  ma  non  gli  era  sospetto  : 

19  Che  r  alta  Provvidenza  che  far  volle 
Porre  nùnistri  della  fossa  quinta  » 
Poder  di  partirs'indi  a  tutti  tolle. 

20  Laggiù  trovammo  una  gente  dij^ta 
Che  giva  intomo  assai  con  lenti  passi 
Piangendo,  e  nel  sembiante  stancaevinti 

21  Egli  avean  cappe  con  cappucci  bassi 
Diimzi  agli  occhi ,  fatte  detta  taglia 

U  batter  spesso  ,  Che  vegga  ti  foeo  a  mmsn 
altro  occulto,  Ch'  a  sé  ,  che  ptià  ^  loceo .  • 
gli  è  più  presso... 

15.  Collo.  Stat.:  Colla  Aimam.  —  Dcsa. 
Inf.,  XXI:  Scoglio  duro.— Dibds.  Virg.: St/octii 
dedit  aequor  in  altum  ...  Dat  sese  flumo.  — 
Pbndbntb.  Virg.:  Scopulispendeniibus.'^Tìy 
SA.  Ch'é  il  sinistro  argine  della  bolgia  sesta. 
Turare  in  Toscana  non  dicesi  solameots  del 
chiudere  soprapponendo. 

17.  Vivagno  (c.  XIV,  t.  41).—  Fmuo.  Tor- 
na questo  titolo  spesso. 

18.  Lbtto.  Piano  (Purg.,  XII,  5  ).  —  Gii. 
Vi.  (Purg.,  XIII.  3). 

10.  PoRBB.  Ogni  cosa  è  compartito  ìmmt 
tabilmente  dall'alta  giusUiia.  S.  A^Nt.:  Dèe- 
bolus  vult  plerumque  nocere  et  non  potest  » 
quia  poteslas  ejus  est  sub  potestate,  —  Meo* 
STRI.  Armannino,  nel  suo  Inferno;  MbriHiH  sa* 
pra  gli  tormenti, 

20.  Dipinta.  Come  il  colore  dipioto  cela  fl 
vero  ,  cosi  l' ipocrita  fa.  L' Evangelo:  ^uiet 
deaUfatus.  —  Giva.  Anon.:  Aeeiocehè  la  fatt 
ca  del  peso  sia  loro  continua,  sen^jtre  tteums 
in  movimento.  Un  supplizio  infernate  delto 
cappe  pesanti  ,  è  descritto  dal  Passav.  setta 
Specchio.  —  Stanca.  Si  raffronti  la  tarditi 
di  questi  co'  versi  ritraenti  la  precipiterolt 
scesa. 

21.  (Bologna.  Avean  cappe  lunghe  e  larghe 
nel  cappuccio  :  però  queste  degl'  ipocriti  do- 


J 


CANTO    XXIIL 


181 


Che  per  li  monaci  in  Cotogna  fassi. 
S    Di  fuor  dorate  non  al  ch*egli  abbaglia, 

Ma  dentro  tutte  piombo  j  e  gravi  tanto 

Che  Federigo  le  mettea  di  paglia. 
33    O  in  eterno  faticoso  manto  I 

Noi  ci  volgemmo  ancor  pure  a  man  manca 

Con  loro  insieme,  intential  tristo  pianto. 
tt    Ma  per  lo  peso  quella  gente  stanca 

Venia  si  pian  che  noi  eravam  nuovi 

iìi  compagnia  ad  ogni  muover  d' anca. 
B    Perch'io  al  duca  mio  :  fa  che  tu  truovi 

Alcun  eh*  al  tatto  o  al  nome  si  conosca  ; 

E  |fi occhi,  A  andando,  intomo  muovi. 
2B    E  un  che  'ntese  la  parola  losca , 

Dirietro  a  noi  gridò  :  tenete  i  piedi 

Voi  die  correte  si  per  Y  aura  fosca. 
2f7  Forse  ch'avrai  damequelchetuchiedi. 

Onde  1  duca  si  volse,  e  disse:  aspetta  ; 

E  poi  secondo  il  suo  passo  procedi. 
Itistetti,e  vidi  duo  mostrar  gran  fretta 

Deir  animo,  col  viso,  d' esser  meco  ; 


fef  an  essere  tanto  piò  gravi.  AmanDlno:  Quinr 
a  tono  gli  fM  ineapimeeiaUf  eK$  loro  faUUà 
coprìroiio  eogì  mgannwoU  fiìanUlli. 

ti.  DomATB.  Branetto  :  V*  Ka  taluno  am- 
mtnOato  Com$  rame  dorato,  Barberioo  :  Non 
lieo  ioUo  tpecie  d*  onestate  Con  finta  cappa 
eoprir  fattuaU.  V  evangelo  :  Similee...  tepul- 
éhrie  dleaUbatii  quae  a  forieparent,..  epeeioia, 
mtue  vero  piena  fimf...  omni  ipurcitia.,,  At- 
Undlte  a  faitis  propketis  qui  veniunt  in  vestir 
menUM  ovmm,  intrineeeui,  •  •  eunt  lupi  rapa- 
tei.  —  Eeu.  Impersonale  :  elegante.  —  Fa- 
MUSO.  Secondo,  Tincredaio:  nona'Paterini, 
ciiin'  altri  mole,  ma  a*  rei  di  lesa  maestà,  co- 
me accenna  Pietro  di  Dante.  L' Oit.:  A  eerti 
malfattori.  Le  cappe  di  Federigo  eran  piom- 
bo ;  e  con  esse  posti  al  fdoco ,  si  struggeva- 
■0  ì  miseri  in  lungo  tormento. 

23.  Puri.  Sempre  a  manca:  cosi  gionto  al 
Ibodo ,  avrà  corso  tutto  a  tondo  r  Inferno 
(XIV,  49). 

sa.  Nomi.  Petr.:  Mentre  eh'  Svolga  gU  oe- 
old  m  ogni  parte  S^Cne  vedessi  aktun  di  chiara 
fmma  O  per  antiche  o  per  moderne  carte,  — 
SI.  Inf. ,  X:  Si  mosse  :  •  poi,  cosi  andando  , 
Jff  disse  u. 

85.  Pabola.  La  pronunzity  e  le  frasi:  fa 
«àt  tv...  fi  andando, 

29.  Bnwo.  Come  ipocriti  tristi  e  irati  alla 
vista  d*  un  priTilegiato  da*  loro  tormenti.  — 
*lf  sa.  Inf.,  XVi:  Gnoldr  Vun  V  altro  ,  come 
mi  ver  si  guata. 


Ma  tardavate  1  carco,  e  la  via  stretta. 
29Quandofùr  giunti,assaicon  l'oochiobieoo 
Mi  riroiraron  senza  far  parola  ; 
Poi  si  volsero  *n  so ,  e  oicean  seco  : 

30  Costui  par  vivo  air  atto  della  gola. 
£  s*ei  son  morti ,  per  qud  privilegio 
Vanno  scoverti  della  grave  stola  t 

31  Poi  disser  me:  o  Tosco  eh'  al  collegio 
DegI'  ipocriti  tristi  se'  venuto , 

Dir  chi  tu  se'  non  avere  in  dispreeìo. 

32  Ed  io  a  loro  :  i*fui  nato  e  cresciuto 
Sovra  1  bel  6ume  d' Amo  alla  gran  villa: 
E  son  col  corpo  eh'  i'  ho  sempre  avuto. 

33  Ma  voi  chi  siete  a  cui  tanto  distilla , 
Quant'  i'  veggio  dolor  giù  per  le  guance? 
E  che  pena  è  in  voi  che  si  sfavilla  ? 

3i!^    E  l'un  rispose  a  me  :  le  cappe  ranco 
Son  di  piombo  A  grosse,  che  li  pesi 
Fan  cosi  cigolar  lelor  Ulance. 

35    Frati  Godenti  fummo,  e  bolognesi  ; 
Io  Catalano  e  costui  Loderingo 


dO.  Gola.  SI  vedeva  il  moto  dell'  alitate. 
F.  Purg.  (li ,  07).  —  Stola  ?  In  anUeo  era 
lunga  veste  ed  intera. 

31.  Ma.  G.  I:  Rieposi  UH,  •*  Gollbaio.  DI- 
cevasi  d'ogni  coUezion  di  persone.  Anonimo: 
Dante  fu  nel  lor  collegio  (  de*  lasciri  ).  —  Tri- 
sti. Evang.:  Hypoeritae  tristes. 

32.  Nato.  Gonv.:  Fiorensa  nella  quale  nato 
e  nutrito  fui  fino  al  colmo  della  mia  iTÌfa.— 
Gkan.  Gonv.:  Della  heUissima  e  famosissima 
figlia  di  Roma,  Fiorenza.  —  Villa  (Inf.,  1). 

33.  Distilla.  Petr.:  Convien  ehe*l  duol  per 
gli  occhi  si  distille,..  Lagrime  che  il  dolor  di- 
stilla Ar  ^It  oce^t  miei. . ,  —  Pena.  Non  sa 
che  la  cappa  sia  piombo.  Lo  sente  al  v.  101. 

34.  Pesi.  Abbiam  le  simiUtudini  de*  firati , 
deUa  rana,  del  cane,  dello  specchio,  della  ma- 
dre, del  mulino  ,  de' frati  ai  Gologna,  delle 
cappe  di  Federigo,  de'  pesi  delle  bilance.  La 
più  lunga  é  quella  della  madre  :  ed  é  la  più 
affettuosa.  Quesu  fiera  anima  neUe  scene  d'a- 
more più  Togliosamente  si  posa. 

35.  Frati.  Siamo  a'  frati  di  nuovo.  Napo- 
leone Catalani  e  Loderingo  o  Loterieo  degli 
Andalòy  o,  come  l'Ott.,  de*  Garbonesi  ;  di  Bo- 
logna, di  quell'ordine  cavalleresco  di  s.  Ma- 
ria che  istituito  da  Urbano  IV  e  dal  detto  Lo- 
deringo, per  combattere  gì'  infedeli,  ebbe  so- 
prannome de'  Godenti.  Di  sotto  hianeo  e  di  so- 
pra  nero  portavano  •  viveansi  con  loro  nuh 
gli ,  dice  1'  Ottimo.  Caulaoo  era  guelfo,  Pai- 
tro  ghibellino;  e  però  i  Fiorentini  nel  luglio 


182 


DELL'   INFERNO 


Nomati,  e  da  tua  terra  insieme  presi 
36  Come  suole  esser  tolto  unoom  solingo, 
Per  conservar  sua  pace.  E  fummo  tali , 
Ch'  ancor  si  pare  intorno  dai  Gardingo. 
37.  r cominciai;  o  frati,  i  vostri  mali... 
Ma  più  non  dissi ,  ch'agli  ocelli  mi  corse 
Un ,  crocifisso  in  terra  -con  tre  pali. 

38  Quando  mi  vide,  tutto  si  distorse 
Soffiando  nella  barba  co'  sospiri: 

£  1  frate  Catalan  eh'  a  ciò  s'  accorse, 

39  Mi  disse  :  quei  confitto  che  tu  miri, 
Consigliò  i  Farisei  che  convenia 
Porre  un  uom  per  lo  popolo  a'  martiri. 

h-0    Attraversato  e  nudo  è  per  la  via, 
Come  tu  vedi  ;  ed  è  mestier  eh'  e*  senta 
Qualunque  passa  com'ei  pesa  pria. 

41    £  a  tal  modo  il  suocero  si  stenta 
In  questa  fossa,  e  gli  altri  dal  concilio 

del  1260 ,  gli  diedero  il  governo  di  sé ,  in- 
vece d' un  solo  potestà  com'  era  oso  ;  spe- 
randoli ,  come  frati  e  solitarii,  rappacificatori 
delle  ire. 

36.  Tolto.  Scelto.  lof.  ,  XVII  :  Hanno  a 
pcusar  la  gente  modo  toUo,  —  Solingo.  Con- 
templativo; lootano  da  amore  di  parti. — Tali 
Nel  1265  ,  Loderiogo  cercava  fare  i  Ghibel- 
lini maggiori ,  onde  l' altro  lo  cacciò  con  la 
parte  ghibellina  ,  della  quale  gli  liberti  eran 
rapi ,  e  arsero  le  lor  case  poste  nella  con- 
trada del  Gardingo,  là  dove  è  il  san  Firenze 
oggidì. 

37.  Mali.  Non  si  sa  se  intenda  :  mi  mao- 
vono  a  pietà ,  o  :  sono  ben  meritati  :  o  mali 
per  colpe.  La  sospensione  è  ad  arte. —  Corse. 
l  pensieri  gli  vengono  in  forma  d^aomo,  gli 
oggetti  gli  corrono  all'  occhio  ,  egli  invia  e 
scende  l'  occhio  agli  oggetti.  Vivo  ogni  cosa, 
tutta  la  natura  è  iu  animata  armonia  con  l'a- 
nima sua. 

38.  DisTORSB.  Pensando  che  un  vivo  gli  do- 
veva col  peso  suo  passar  sopra.  F.  verso 
120.  0  per  vergogna  che  la  sua  ipocrisia  sia 
palese. 

W.  UoM.  Joh.  (  XI  ,  50  ):  ExpedU  .  .  .ut 
unus  moriaiur  homo  prò  populo,  et  non  tota 
gene  pereat. 

40.  Qualunque.  Come  per  portare  in  sé 
fatta  r  ipocrisia  dell'  inferno.  Ipocriti  cam- 
minano sopra  ipocriti ,  e  li  calpestano,  is. 
(  LI ,  23):  PoiiùtU  ut  terram  corpus  tuum..» 
tfuasi  viam  transeuntibue. 

M.  Suocero.  Anna.  —  Stenta.  Da  sten- 
dere :  però  ben  s'  applica  ai  crocefissi  diste- 
si. In  senso  simile  ha  distentare  Virg.  — •  Fos- 


Che  fa  per  li  Giudei  mala  sementa, 

k2  Allor  ifid'  io  maravigliar  Virgilk) 
Sovra  colui  eh'  iara  disteso  in  croce 
Tanto  vilmente  nell'etemo  esilio. 

(•3    Poscia  drizzò  al  frate  cotal  voce: 
Non  vi  dispiaccia,  se  vi  lece,  dirci 
S' alla  man  destra  giace  alcuna  fooe 

hh    Onde  noi  amenduo  possiamo  oaciiei. 
Senza  constringer  degli  angeli  n^ 
Che  vegnan  d' esto  fondo  a  dipartirci* 

h&  Rispose  adunque  :  più  cheta  nonaperi 
S'appressa  unsassochedaliagrancerchia 
Si  muove,  e  varca  tutti  i  vaUon  ferì, 

hG  Salvo  che  questo  erotto  e  noi  coperchia* 
Montar  potrete  su  per  la  mina , 
Che  giace  incestale  nel  fondo  soperchia. 

VI  Lo  duca  stette  un  poco  a  testa  china , 
Poi  disse  :  mal  contava  la  bisogna 

SA.  Sap.  (  X ,  13  )  :  Sapientia  .  .  .  dnem 
dit.  .  •  cum  Uh  in  foveam.  —  Concilio  Col- 
legerufU.    .  .   PofUifiees   et  Pharisaei  conei- 
Uum.  —  Sementa.  Inf.  (  XXIII ,  t.  36):  Ck$ 
fu  'i  mal  seme  della  gente  totca. 

42.  Virgilio.  La  ragione  umana  stupisca 
ripensando  alla  maledizione  del  deicidio.  Nal 
terzo  deli'  En.  è  una  sentenza  simile  a  qodla 
di  Caifis:  C7fitim  prò  multis  dabitur  eamtU 
Quando  Virgilio  sceso  scongiurato  da  Eritto> 
ne  ,  Caifìisso  non  era  per  anche  dannato.  — 
Esilio.  Horal.:  Aetemum  Extilium. 

43.  VocB.  Per  discorso  :  é  in  Virg.  — •  Fa> 
CE.  Uscita  per  andare  alla  bolgia  seitima. 

44.  CosTRiNfiER.  Coi  ripetere  V  annomio 
di  nostra  missione  divina.  Conveniva  loro  tor- 
nare a  sinistra.  —  Angeli.  Tali  anco  la  seris- 
tura  li  chiama.  E  son  diavoli  dunque  anch^ 
quivi.  E  in  pgni  bolgia. 

45.  Appressa  (  e.  XXVIII,  t.  43).  —  Vaa* 
CA  (XVIII.  5,  6).  A  guisa  di  ponte.  Non  è  qa»> 
sto  il  solo,  ma  ò  il  più  vicino. — Feri.  Virg.: 
JlfoiUef^a  feri. 

46.  Ódesto...  ruina.  Nella  morte  di  G.  C. 
non  crollò  solo  il  ponte  ,  ma  tutto  V  argino 
minò.  Lo  scarico  delle  pietre  rovinate  venoa 
al  fondo  ,  e  vi  fece  un  rialzo  ,  quasi  scala 
a  salire.  Cotesto  illustra  il  passo  del  e.  XII. 

47.  Contava.  Quando  disse  :  Preuo  è  use 
altro  scoglio  che  via  face.  Tutti  i  ponticelli 
son  rotti  :  onde  non  potevano  i  due  P.  avere 
altra  via  che  lo  sdrucciolar  dall'  uno  argina 
e  lo  arrampicarsi  per  l'altro.  Que'diavoli  fin- 
gevano di  rispettare  il  volere  divino  nel  viag* 
gio  de'  due  ;  ma  meditavano  ,  da  barattieri , 
qualche  frode  secreta.  Però  la  bugia  ;  però  gii 


CANTO    XXIII. 


18S 


IO  i  peccator  di  là  uncina. 
nte  :  i'  udì'  ^  dire  a  Bologna 
rolTÌzii  assai,  tra  i  quali  udi' 
è  bugiardo, epadredimeniogna. 


li,  e  il  volare  dietro  ai  fìiggiti  per 
GÓil  la  malizia  toroa  loro  io  fer- 
ii afreane  ai  diavoli  della  porta  di 
OLDi.  Malacoda,  veone  a  parlare  a 
n  alle  mani  oo  nocino  (XXI ,  26): 
•  Per  udii  :  anco  in  prosa.  «^  Bo- 
■pre  amaro  alla  guelfa  città.  Ott.: 
m  &a  isettola  9  udk  predicare  inper- 
whpw  U  vitti  del  diavolo.  —  Bu- 
1^.:  Non  est  ventai  meo:  qumrn 
s^pooittin,   ex  proprOe  lofuUur , 


49  Appresso  1  duca  a  gran  passi  sen  gi 
Turbato  Un  poco  d'ira  nel  sembiante  : 
Ond'  io  dagr  incarcati  mi  parti' 

50  Dietro  alle  poste  delle  care  piante. 


^tiìd  mendax  ett ,  et  pater  nu$,  Albertano  : 
Lo  diavolo  è  bugiardo  e  padre  di  mentogna. 

49.  Gran.  Per  ira  dell' inganno ,  che  a'  sa- 
Tii  e  a'  leali  dispiace  :  e  per  lasciare  gì'  ipo- 
criti. Vnole  indicare  quale  astuzia  sia  ne'na- 
rattierl ,  poiché  il  senno  di  Virg.  n'  è  illuso. 
Ck>sì  risponde  a  coloro  che  di  naratteria  lui. 
Dante,  tacciavano. 

ttO.  Posti.  Petr.:  L'orme  tmpreifc  dàWa- 
mate  piante. 


i6k 


CANTO      XXIV 


ARGOMENTO. 


Al  tufiani  di  Virgilio  tbigottiiee  il  P. ,  A  ptr  affetto^  e  A  per  Umùre  di  mio. 
ìf  inganni  e  pericoli  :  ma  Virg.  ei  rasserena  pensando  che  la  menzogna  di  Molar 
coda  aveva  amUo  »  dice  T  Anon. ,  corta  coda  :  e  Dante  si  rasserena  con  lui.  S'ar*' 
rampicano  sulla  ratina  dclV  argine  destro  per  giungere  sulla  settima  bolgia.  Mom^ 
fono  il  ponte  ;  per  meglio  vedere  ,  scendono  suU*  argine  ottavo  :  vedono  i  ladri  tot" 
mesUati  da  serpi.  In  questo  canto  dipinge  i  ladri  di  cose  saere,  dice  F  Anon.;  nH 
seguente  gli  altri.  Qui  son  feriti  da  serpi ,  cadono  in  cenare ,  e  tornano  in  forma 
umana  :  là  si  trasformano  k  %iomini  in  serpi ,  di  serpi  in  uomini. 

Nota  le  teifioe  1,  3,  4,  8,  9»  10,  13»  16,  17,  18,  20,  22,  26,  28;  la  31  alla  35; 
la  39,  40,  42,  44,  45,  49,  50. 


!2 


3 


In  quella  parte  del  gioTÌnetto  anno 
Chel  sole  i  crìn  gotto  T  Aquario  tempra; 
E  già  le  notti  al  mezzo  di  sen  vanno, 

Quando  la  brina  in  su  la  terra  assempra 
L' immagine  di  sua  sorella  bianca. 
Ma  poco  dura  alla  sua  penna  tempra; 

Lo  villaneilo  a  cui  la  roba  manca. 
Si  leva,  e  guarda  j  e  vede  la  campagna 
Biancheggiartutta.ond'ei  si  batte  Tanca; 


i.  Giovinetto.  Petr.  :  /n  ^'ovanti  fgwa 
ìneomineiani  ti  mondo  a  vutir  d*  erba  .  . . 
Bin^ovanites   V  anno.    Macrob.  (  Salarn.  )  : 
Sol  in  aUUudinem  suam  %U  in  robur  nvertitur 
juvwtutit.  Entra  io  Aquario  il  di  21  di  Reo- 
naio.  —  GaiN.   Virgil.  :    Aethsria  tum  forte 
plaga  erimiu$  Apollo.  Il  calore  del  sole  é  dal- 
l'Aquario  temperato,  e  le  notti  invernali  sce- 
mano e  s*  avviano  ad  essere  la  metà  del  gior- 
no, cioè  dodici  ore.  Nota  il  Poggiali  che  nel 
calcolo  di  Dante  rispetto  allo   allungare  del 
giorni ,  de?'  essere  entrato  lo  sbaglio  della 
giunta  che  facevasi  all'  anno ,  di  sette  giorni 
circa  ,  prima  della  correiiooe  gregoriana.  La 
similitudine  è  troppo  dotta  ,   non  assai  evi- 
dente ;  pur  bella. 
2.  AssBMPKA.  Nel  Conv.  asemplo  per  esem- 


6 


Ritoma  a  casa ,  e  qua  e  là  si  lagna 
Come  '1  tapin  che  non  sa  che  si  faccia  ; 
Poiriede,  e  la  speranza  ringavagna, 

Yeggendol  mondo  aver  cangiata  ' 
In  poco  d' ora;  e  prende  suo  vincastro , 
E  fuor  le  pecorelle  a  pascer  caccia. 

Cosi  mi  fece  sbigottir  lo  mastro 
Quand*  i'  gli  vidi  si  turbar  la  fronte  ; 
E  cosi  tosto  al  mal  gitmse  Io  *mpiastro. 


pto.  Qui  aisefiiprtife  vale  esemplare,  eopèisn, 
voce  del  tempo;  e  signiBca  :  quando  la  bri- 
na par  neve.  Prosegue  il  traslato  dell'  aiiaw 
prore  In  modo  contorto  ,  e  dà  alla  brina  et^- 
piatrice  una  penna ,  e  alla  penna  una  tempia. 
Non  è  però  senza  poesia  r  imagine  della  ter- 
ra scritta  di  neve  o  di  brina.  —  Soablla. 
La  brina  sorella  alla  neve  e  per  la  somigliali- 
xa,  e  per  la  simile  causa  che  la  produce. — 
Poco.  Lncan.  :  Non  duraturas^  ecnspeeto  sole 
pruinae. 

4.  RiNGAVAANA.  Inf. ,  XI:  Futansa  ...imr 
borsa. 

'6.  'Mpiastro.  Un  pò*  materiale ,  eomerh^ 
gttvagna  ed  aseempra.  Petr.:  ÀlCiSalkhedo» 
gUe  fiero  impi<istro. 


CANTO    XXIV. 


185 


7  Checome  noi  venimmo  al  guastoponte, 
Lo  duca  a  me  si  volse  con  quel  piglio 
Dolce,  ch'io  vidi  in  prima  appiè  del  monte. 

8  Le  braccia  aperse  dopo  alcun  consiglio 
Eletto  seco ,  riguardando  prima 

Ben  la  mina  ;  e  diedemi  di  piglio. 

9  E  come  quei  che  adopera  ed  istima , 
Che  sempre  par  che  nnanzisiproweggia, 
Cosi ,  levando  me  su  ver  la  cima    (  già , 

10  D'un  ronchione,avvisava  un'altra  scheg- 
Dicendo  :  sovra  quella  poi  t'aggrappa  ; 
Ma  tenta  pria  s'è  tal  eh'  ella  ti  reggia. 

11  Non  era  via  da  vestito  di  cappa  ; 
Che  noi  a  pena,  ei  lieve  ed  io  sospinto, 
Potavam  su  montar  di  chiappa  in  chiappa . 

12  E ,  se  non  fosse  che  da  quel  precinto  , 
Più  che  dall'  altro  ,  era  la  costa  corta  , 
Non  so  di  lui ,  ma  io  sarei  ben  vinto. 

13  Ma  perchè  Malebolge  inver  la  porta 
Del  bassissimo  pozzo  tutta  pende , 

Lo  sito  di  ciascuna  valle  porta 
ìk    Che  l'una  costa  surge  e  l'altra  scende. 
Noi  pur  venioomo  in  fine  in  su  la  punta 

7.  Guasto.  Diroccato.  —  Piglio.  Nel  III  del 
Purgatorio ,  Virgilio  si  torba  e  si  rasserena. 

8.  Sico.  Tra  sé. 

9.  Adopera.  Opera  insieme  e  pensa.  Senso 
dell'  oso  antico.  Altrove  dice  stimativa  per  fa- 
coltà di  raziocinare.  Sap.  (Vili  ,  S):  Defu- 
fri$  autimaU  —  Pbovveggia.  Novell.,  VII: 
Salomon»  ri  provvide  di  sottoporre  ed  ordina' 
te  sì  lo  reame, 

10.  Ro?iCHiONE  (XXVI,  15).  —  Avvisava. 
Noiava  coir  occhio.  Novellino  ,  XX  :  Avvisò 
mn  coperchio  d*  uno  nappo  d*  oriento, 

11.  Chiappa.  Virg  :  Prensantemque  uneis 
wsambu»  capita  aspera  montis. 

12.  Precinto.  L'argine  della  settima  bolgia 
è  più  basso,  quindi  più  facile  a  salire  dell'ar- 
fine  già  lasciato:  perchè  le  bolge  pendono  tutte 
irerso  il  centro  ,  quindi  sceman  d' altezza. 

13..ÌIALER0LGB  (C.  XVUl).  —  PORTA.   Cosl 

chiama  Virg.  V  apertura  d' un  antro. 

14.  L'UNA.  L'argine  a  manca  dal  lato  del- 
la periferia  è  più  alto  ;  quello  a  destra  dal 
lato  del  centro  ,  più  basso.  —  Scende.  Virg. 
io  senso  simile  :  Se  subdueere  coUes  Incipiunt, 
La  differenza  d' altezza  non  deve  esser  pic- 
cola »  se  il  pozzo  é  bassissimo. — Scoscende. 
Dov  è  l' ultima  pietra  che  nel  terremoto  si 
scoscese.  Sono  alla  Gne  della  rovina  :  resta 
<la  salir  fino  al  ponte. 

16.  Spoltre.  Spoltronirsi  è  dell'oso  tatto- 


Onde  r  ultima  pietra  si  scoscende. 

15  La  lena  m'era  delpolmonsi  munta 
Quando  fui  su»  chT  non  potea  più  oltre; 
Anzi  m' assisi  nella  prima  giunta. 

16  Omai  convien  che  tu  cosl  ti  spoltre. 
Disse  1  maestro:  che  seggendo  in  piuma. 
In  fama  non  si  vien  ,  né  sotto  coltre. 

17  Senza  la  qual  chi  sua  vita  consuma  , 
Cotal  vestigio  in  terra  di  sé  lascia 

Qual  fummoin  aere  od  inacqua  la  schiuma. 

18  E  però  leva  su:  vinci  1*  ambascia 
G)n  r  animo  che  vince  ogni  battaglia 
Se  col  suo  grave  corpo  non  s*  accascia. 

19  Più  lunga  scala  convien  che  si  saglia  ; 
Non  basta  da  costoro  esser  partito: 

Se  tu  m' intendi ,  or  fa  si  che  ti  vaglia. 

20  Levami  allor  ,  mostrandomi  fornito 
Meglio  di  lena  eh'  i'  non  mi  sentia  , 

E  dissi  :  va  ;  eh'  i'  son  forte  e  ardito. 

21  Su  per  lo  scoglio  prendemmo  la  vìa  , 
Ch'era  Tonchioso,  stretto,  e  malagevole. 
Ed  erto  più  assai  che  quel  di  pria. 

22  Parlando  andava  per  non  parer  fievole  ; 

ra.  —  Coltre.  Petr.:  La  gola  e*l  sonno  e  Vo- 
xiose  piume.  Tasso  :  Non  sotto  V  ombra  in 
piaggia  molle ,  Tra  fonti ,  e  fior,  tra  ninfe, 
e  tra  rirtne  ;  Ma  in  cima  all'erto  e  faticoso 
eolle  Della  virtù  riposto  è  il  nostro  bene.  Chi 
non  gela ,  e  non  sttda,  e  non  s*  estolle  Dalle 
vie  del  piacer ,  là  non  perviene.  Ognun  qni 
Tede  accennarsi  al  primo  dell'  Inferno. 

17.  Schiuma.  Sap.  (II,  3):  Transibit  via 
nostra  tanquam  vestigium  nubis  ,  et  sieut  ne^ 
buia  dissoìvetur  ;  V  ,  15  r  Tanquam  spuma 
graciUs  quae  a  procella  dispergitur  :  et  tan- 
quam fumus  qui  a  vento,  diffusa  est, 

18.  Leva.  Med.  sopra  V  Alb.  della  Croce: 
Leva  iu,  —  Animo.  Qai  per  forza  di  cuore  , 
alla  lat.  (Parg.,  XVI,  terz.  26).  — Accascia. 
Horat  :  Corpus  onustum  Estemis  vitiis  ,  ani- 
mum  quoque  praegravat  una.  La  Bibbia:  Cor- 
pus,,, quod  corrumpitur ,  aggravat  animam, 

10.  Costoro.  Non  basta  ,  dice  V  Anonimo, 
lasciar  11  male,  convien  giungere  al  bene.  II 
P.  esce  a  stento  de'  barattieri ,  a  stento  de- 
gl'ipocriti  :  l'allusione  è  ben  chiara. 

So.  Forte.  Parole  dettegli  da  Virgilio 
nel  e.  XVII. 

31.  Erto.  Lo  scarico  delle  pietre  rotolate 
dal  tremoto ,  dà  via  men  darà  che  1*  argine, 
tutto  scoglio. 

22.  Voce.  Di  Vanni.  —  Fosso.  Bolgia  set- 
tima. 

21 


186 


DELL'  INFERNO 


Onde  una  voce  uscio  deU*  altro  fosso, 
A  parole  formar  disconvenevole. 

23  I^Ion  soche  disse,  ancor  che  sovra!  dosso 
Fossi  delFarco  già  che  varca  quivi: 
Ma  chi  parlava  ,  ad  ira  parea  mosso. 

2&    Io  era  volto  in  giù  ;  ma  gli  occhi  vivi 
Non  potean  ire  al  fondo  per  l'oscuro: 
Perch'  r  :  maestro  ,  fa  che  tu  arrivi 

25  DaU*altro  cinghio  ;  e  dismontiam  lo  mu  ro  : 
Che  com'  i'  odo  quinci ,  e  non  intendo  , 
Ck>sl  giù  veggio  e  niente  aSìguro. 

26  Altra  risposta  ,  disse  ,  non  ti  rendo 
Se  non  lo  for  :  che  la  dimanda  onesta 
Si  dee  seguir  con  Y  opera  tacendo. 

2T    Noi  discendemmo  1  ponte  dalla  testa 
Ove  s' aggiunge  con  Y  ottava  ripa  : 
E  poi  mi  fu  la  bolgia  manifesta. 

28    E  vidivi  entro  terribile  stipa 
Di  serpenti ,  e  di  si  diversa  mena 
Che  la  memoria  il  sangue  ancor  mi  scipa. 


23.  Dosso.  Conv.  :/n  tuWarco  of}V9rdouo 
dì  questo  cercM'o.—- Varca.  Inf.,  XXIII:  Varca 
tutti  i  vallon  feri.  —  Ira.  Più  sotto  ,  Vanni 
griderà:  TogU,  Dio;  e  Caco:  Oo*  è  l*  acerbof 

24.  Vivi.  G.  XXIX ,  18  :  Fa  la  mia  ^ta 
pie  viva. 

25.  Altro.  Più  basso  (  t.  13  )  ;  che  poi 
chiamerà  ottava  ripa.  —  Muro.  Il  ponte  sì 
leva  più  alto  deU'  argine  ;  onde  per  andare 
dal  ponte  all'argine  sì  scende  :  e  la  scesa  dai 
ponte  air  argine  non  dev*  essere  tanto  corta  ; 
se  non  vedendo  naUa  dal  ponte,  dall'argine 
la  bolgia  gli  sì  fa  manifesta. 

26.  Seguir.  Sentenza  simile  in  Cic.  (  De  Am.). 

28.  Mena.  Specie;  o  ,  nel  senso  del  vìrg. 
aymen  ,  eh'  esprime  il  dimenar  de*  serpenti. 
E  bene  le  serpi  striscianti  son  pena  dei  vile 
delitto  :  e  come  le  serpi  tra  loro  ,  così  s' of- 
fendono ladri  con  ladri.  —  Scipa.  Me  lo  dis- 
sipa ,  e  mei  fa  tornare  al  cuore;  effetto  della 
paura  ,  al  dir  del  Boti.  Forse  creando  il  suo 
Inferno ,  Dante  aveva  al  pensiero  Y  Eccl. 
(  XXXIX,  35  ,  36  )  :  Ijuit,  grando ,  fames  , 
0|  mon  ,  omnia  haee  ad  vitidictam  creata 
nuU  :  Bettiarum  dentes ,  et  scorpii ,  et  ser- 
pentes  ,  et  rhomphaea  vindieant  in  extermi- 
tùum  impios  ;  XL  (  9  ,  10  ]  :  Mors ,  ianguis» 
eonteutto  ,  et  riwmphaea,  et  oppreeeionet ,  fa- 
mes ,  et  contritio  ,  et  flagella  :  Super  iniquos 
creata  sunt  haee  omnia, 

29.  Libia.  Ov.  (  Met. ,  IV  )  la  Domina  pei 
molti  berpcoU.  Vìrg. ,  Lue.  ed  altri.  —  Rb- 
«NA.  ier.  (  IX  ,  Al  )  :  lìabo  Jermalem  m  acer- 


29  Più  non  si  vanti  Libia  con  sua  rena. 
Che  se  chelidri,  iacoli  e  faree 
Produce,  e  ceneri  con  anfesibena» 

30  Nò  tante  pestilenzie  nò  si  ree 
Mostrò  giammai  con  tutta  l'Etiopia, 
Nò  con  ciò  che  di  sopra  al  mar  Rosso  ee. 

31  Tra  questa  cruda  e  tristissima  copia 
Correvan  genti  nude  e  spaventate. 
Senza  sperar  pertugio  o  elitropia. 

32  Con  serpi  le  man  dietro  avean  legate  ; 
Quelle  ficca  van  per  le  ren  la  coda 

E'I  capo;  ed  eran  dinanzi  aggroppate. 

33  Ed  ecco  ad  un  eh*  era  da  nostra  proda. 
S'avventò  un  serpente,  che  *1  trafisse 
Là  dove  'i  collo  alle  spalle  s*  annoda. 

ih    Ne  O  si  tosto  mai  nò  I  si  scrisse 
Coro*ei  s'accese,  e  arse;  e  cener  tutto 
Convenne  che  cascando  divenisse. 

35    E  poi  che  fu  a  terra  si  dii^trutto. 
La  cener  si  raccolse  ;  e  per  sé  stessa 


vos  arenae ,  et  eubilia  draconum,  —  Cheli- 
dri. Lucan..*  fluc  Libycae  morles  ...  fro^it^M 
via  fumante  Cheìydri:  Et  semper recto  laptU" 
ruM  lirmte  Cenchris  ...  Et  gravis  in  genùnnm 
turgenè  caput  amphisbaena  ...  Jaculique  valw 
cres  t  Et  eonlentus  iter  cauda  suleare  pkareae. 
Il  chelidro ,  anfibio  ;  il  iaculo  si  lancia  dagli 
alberi  contro  l' uomo  ;  il  cenerò ,  di  vario  co- 
lore ;  Tanfesibena  crpdevasi  a^ere  un  altro 
capo  là  dove  gli  altri  han  la  coda  ;  il  farea 
va  ritto ,  con  sola  la  coda  strisciando  ii  suolo. 

30.  Pestilenzie.  Lue.  :  Hat  inier  pettm 
duro  cato  milite  ...  Sed  majora  parant  Xtlf- 
caa  spectacula  patei.  —  Ciò.  Uivinameute  imi- 
tato dall'  Ar.  :  Quanto  Velenoso  erra  pw  Im 
calda  sabbia.  —  Sopra.  In  Egitto. 

31.  Pertugio.  Ove  salvarsi  ,  come  solera- 
no  io  vita.  —  Elitropia.  Pietra  ,  dice  il  fi- 
glio di  Dante  ,  verdo  russa  o  persa ,  che  ba- 
gnata net  sugo  della  cicoria  quam  dicimme 
mirasoUm ,  rende  invisibile  obi  la  porta.  Era 
credenza  comune  a  qoe'  tempi.  E  ognuii  sa  la 
nov.  di  Calandrino.  Jer.  (  Vili  •  17  )  ;  Eem 
ego  mittam  vobis  serpentes  regulos,  quibus  lum 
ef(  incanlatio;  et  mvrdebunt  vos,  ait  Dominui. 

32.  Legate.  A  pena  dell'  averne  fatto  maluso. 

33.  Proda.  Dalla  parte  dell'argine  uv'eram 
noi.  —  Trafisse.  Lucan.  :  Aulum  ,  Torta 
caput  retro  Dipsas  calcata  momoniit. 

3f.  Cener.  Pena  condegna  ai  la  loro  viltà. 
Quanto  tormentosa  debb'  essere  questa  disso- 
luzione frequente  ,  per  accorgersmi  ,  basta 
pensare  alla  morte. 


CANTO    XXIV. 


187 


Tn  qnel  mcdesmo  ritornò  di  butto. 
30    Cosi  per  Ji  gran  savii  si  confessa 
Ciìc  la  Fenice  muore  e  poi  rinasce 

Qaandoal  cinquecentesimo  annoappressa. 
ZI    Erba  né  biada  in  sua  vita  non  pasce  , 

Ma  sol  d' incenso  lacrime  e  d' amomo: 

E  nardo  e  mirra  son  V  ultime  fasce. 

38  E  quale  è  quei  che  cadere  non  sa  corno , 
Per  forza  di  deroon  eh'  a  terra  il  tira, 
O  d*  altra  oppilazion  che  lega  Fuomo, 

39  Quando  si  iieva ,  che  'ntorno  si  mira, 
Tutto  smarrito  dalla  grande  angoscia 
Ch*  egli  ha  sofferta ,  e  guardando  sospira: 

VO  Tal  era  '1  peccator  levato  poscia. 
O  giustizia  di  Dio  quanto  è  severa , 
Che  cetai  colpi  per  vendetta  crosciai 

kì    Lo  duca  il  domandò  poi  chi  egli  era: 
Perch'ei  rispose:  i* piovvi  di  Toscana, 
Poco  tempo  è ,  in  questa  gola  fera, 

36.  Savii.  Cresc.  (II,  18):  Gli  antichi  sa- 
«ti.  -^  Confessa.  S'  insegna  ,  si  professa  ; 
modo  de'  trecentisti,  e  de' Latini.  —  Fenicb. 
(>rjd.  ,  XV  :  Vna  est  ,  quae  reparet ,  seque 
ffsa  rtseminet ,  ales.  Assyrii  Pfioeniea  vocant: 
non  fruge  ,  nec  herbis  Sed  ihuris  lacrymis , 
et  succo  vivit  amomi,  Haec  ubi  quinqftesuoé 
eompUììit  saecula  vUae ,  JUcis  in  ramis  tremu- 
la€V€  cacuminae  palmae,  Unguibus  et  pondo 
mdum  siH  eonstruit  ore.  Quo  simul  ac  casicu 
et  nardi  lenis  arislas ,  Quassaque  cum  fulva 
tubtravit  einnama  myrrha;  Se  super  imponit 
fmitque  in  odoribus  aevum.  Inde  ferunt ,  to- 
tidem  qui  vivere  debeat  annos,  corpore  de  pa- 
trio farvum  Phoenica  renasci. 

37.  Pasci.  Attivo.  Virg.  :  Florem  depasta. 
— »  Fasce.  Accenna  alla  vita  novella  a  cui  la 
Feoice  rinasce. 

38.  Coso.  Quomodo  :  anco  in  prosa ,  e  vi- 
ve io  qualche  dialetto.  —  Oppilazion.  Nel 
ventricolo  del  cervello ,  dice  V  Anon.  Rinser- 
rauiento  delle  vie  degli  spiriti  vitali ,  o  per 
opera  diabolica  come  negli  ossessi ,  o  naia- 
ralBKDte  come  negli  apoplettici ,  epilettici  e 
simile.  —  Lega.  Frase  solenne  trattandosi  di 
magia  o  d'altra  forza  straordinaria. 

M).  Vendetta.  Bibl.  :  ATihi  vindieta  :  ego 
ntribmam  ,  ec.  —  Cboscia.  Bocc.  :  Ai  colpi 
dm  di  fuor  fortuna  croscia. 

41.  Piovvi.  Ar.  :  (XVI,  86):  R  demonio 
dtd  del  è' piovut*  oggi.  —  Gola.  Virg.  :  Fau- 
ut...  Avtrni. 

42.  UuL.  Figliaol  d' adulterio.  —  Bestia. 
S.  Grfg.  :  Qui  se  ex  humana  rationenon  fem- 
ptntf  ,  fiactsff  MI  m  butiUalifr  vivat.  Ecco 


42  Vita  bestiai  mi  piacque  e  non  umana. 
Si  comeamul  ch*i  fui.  Son  Vanni  Pucci. 
Bestia  ;  e  Pistoia  mi  fu  degna  tana. 

43  Ed  io  al  duca:  dilli  che  non  mucci« 

E  dimanda  qual  colpa  quaggiù  Ipinae; 
Ch'iolvidiuomgiàdisangueedi  corrucci. 

44  E 1  peccator  che  intese,  non  s' intìnse; 
Ma  drizzò  verso  me  l'animo  e1  volto, 

E  di  trista  vergogna  si  dipinse. 

45  Poi  disse:  più  mi  duolche  tu m*hai colto 
Nella  miseria  dove  tu  mi  vedi. 

Che  quand'io  fui  dell'altra  vita  tolto. 

46  r  non  posso  negar  quel  che  tu  chiedi. 
In  giù  son  messo  tanto ,  perch'  i*  fui 
Ladro  alla  sagrestia  de'belli  arredi: 

47  E  falsamente  già  fu  apposto  altrui; 
Ma  perchè  di  tal  vista  tu  non  godi. 
Se  mai  sarai  di  fuor  de'luoghi  bui , 

48  Apri  gli  orecchi  al  mio  annunzio,  e  odi: 


come  bestialità  ha  largo  senso. 

43.  Mccci.  Fugga.  Vive  in  alcane  parti  di 
Toscana.  Albertano  :  Mueeiar  la  contenzione, 
—  San6€K.  Psalm.  CXXXI  :  Viri  Sanguinum. 
Eccl.  ,  XXXIV  :  Jlomo  sanguinis.  Reg.  (  Il , 
16}  :  Ftr  sanguinum ,  et  vir  Belial.  Dante  stu- 
pisce trovarlo  fra'  ladri  :  credeva  fosse  tra 
gl'iracondi  o  tra*  violenti.  Alf.  (Merope):  Uo- 
mo di  corrucci  e  sangue. 

44.  Trista.  C'è  la  vergogna  Che  fa  Pwom 
di  perdon  talvolta  degno  (Purg.  ,  V  ).  —  Di- 
pinse. Petr.  :  Di  pietà  dipinto.  Tasso  :  E  di 
trista  vergogna  acceso  e  muto  ...  E  di  palli- 
da morte  h  dipinse.  Bocc.  :  Dipinse  il  suo  cati- 
dido  viso ,  per  vergogna  ,  di  bella  rossezza. 
Eccl.  (  V  ,  17):  Super  furem,. .  est  confusio, 
et  poenitentia. 

45.  Colto.  Ottimo  :  Il  furto.. .  eh*  elU  feoe 
alla  sagrestia  de'  belli  arnesi  di  Mess.  s.  Ia- 
copo di  Pistoia,  il  quale  ha  pit^  belli  arnesi 
d'oro,  e  d' argento,  e  di  pietre  preziose,  che 
uomo  sappia ,  in  calici ,  fornimenti,  orna- 
menti nobili ,  e  di  grandissimo  valore  ...E 
quello  furto . . .  falsamente  fu  apposto  a  tali» 
che  non  v'avevano  colpa;  e  questo  fu  per  la 
potenza  de'  Cancellieri ,  de'  quali  costui  era. 
L'innocente  imputato  era  Vanni  della  Nona, 
che  mori  sol  patibolo.  Pucci  era  di  parte  Ne- 
ra. Il  cavalier  Ciampi  dimostra,  che  Vanni 
tentò  il  farlo  ma  noi  potè  consumare. 

48.  Dimagra  (ViU. ,  Vili ,  44).  Gli  abitami 
son  come  il  succo  della  vita  civile.  --  Poi. 
Per  occasione  de' Neri  usciti  di  Pistoia. — 
Gbnti.  Per  gli  esilii.  —  Modi.  Costami,  reg- 
gimenti. Un  GaDcellieri ,  ricco  mercante  di  Pi* 


188 


DEL  L'  INFERNO 


Pistoia  in  pria  di  Negri  si  dimagra; 
Poi  Firenze  rìnnuova  genti  e  modi. 
49    Traggo  Marte  vapor  di  vai  di  Magra, 
Ch* è  di  torbidi  nuvoli  involuto; 
E  con  tempesta  impetuosa  ed  agra 

stoia  ,  ebbe  dae  mogji ,  e  Tona  cbiamaU 
Bianca  :  i  fiali  di  lei  furono  detti  Bianchi  ; 
Meri  quelli  dell'altra.  Ne  nacquero  varie  fa- 
miglie, si  nimicarono,  e  straziarono  la  città. 
Coir  esigilo  portarono  questa  peste  in  Firen- 
ze :  dove  eran  potenti  i  Cerchi  e  I  Donati , 
gaelfi  e  questi  e  quelli  :  I  Donati  tennero  da' 
Neri ,  i  Cerchi  da' Bianchi  ;  onde  I  Guelfi  fio- 
rentini divisi  in  due  sette.  Nel  maggio  del 
1300  i  Bianchi  da  Pistoia  ,  aiuutl  da  que'di 
Firenze ,  cacciano  di  Pistoia  i  Neri  ;  nel  no- 
vembre i  Bianchi  di  Firenze  son  eacdati  da' 
Neri.  Nel  detto  anno  il  Marchese  Moroello 
Malaspina  uscì  di  vai  di  Magra  a  capitanare 
•  Neri  di  Pistoia,  e  ruppe  i  Bianchi  in  Campo 
Piceno  ;  onde  i  Bianchi  di  Firenze  anch' eglino 
debilitati  n'andarono  in  bando:  e  Dante  con 
loro.  Questi  è  Moroello  figliuol  di  Manfredi , 
che  nel  1310  giurò  co'  Fiorentini  ubbidienza  a 
Clemente  :  diverso  da  quello  che  nel  1311  an- 
dò ambasciatore  d'Arrigo  in  Brescia.  Questo 
amico  d' Arrigo  era  il  quarto  Moroello  a  cui 
Dante  voleva  intitolato  il  suo  Purgatorio.  11 


50  Sopra  campo  Picen  fia  combattuto  : 
Ood*ei  repente  spezzerà  la  nebbia. 
Si  ch'ogni  Bianco  né  sarà  forato. 

51  £  detto  rho  perchè  doler  ten  debbia. 


vapore  di  Val  di  Magra  nel  1313  combatteva 
per  Lucca  contro  Pistoia.  Questo  Moroello  era 
marito  di  Alagia  de'Ffeschi  (Purg.  ,  XIX), 
e  March,  di  Giovagallo.  Nel  1300  entrò  in  Fi- 
renze con  Corso  Donati  »  quando  furono  sae- 
cheagiate  le  case  de'  Bianchi ,  e  quella  di  Dan- 
te distrutta. 

49.  Vapor.  Forse  cosi  lo  chiama  perchè,  dke 
il  Villani,  apparve  a  quel  tempo  una  meteora 
annunziatrice  di  pubblici  guai  (VII,  4S). 

50.  Combattuto.  Da*  Bianchi,  quasi  da  venti 
contrarli.  —  Ei.  Il  vapore  ,  cioè  Moroello.  — 
SpiziBEi.  Virg.  :  Torquet  aquosam  hiemm, 
et  eo€lo  cava  nubila  rumpit.  Plutarco  negU 
Apotemmi  :  AmUbal  ad  amicoi  :  notm»  vSi$ 
praedixi  montanam  iUam  nébulam  Mnèff» 
aUquando  in  noi  §mi$iuram? 

51.  Dolse.  Dante  a  quel  tempo  era  guelfo: 
né  poteva  conoscere  il  vero  senso  dei  vati- 
cinio di  Vanni  ;  il  qual  già  prevede  che  il  P. 
sarà  un  giorno  de' Bianchi,  e  si  dorrà  della 
loro  scontitte. 


CANTO    XXV, 


ARGOMENTO. 


Sioflio  cmeoni  tra  ladH  :  $  a  mostran  quanto  fmt  hro  inirimeca  la  malizia, 
le  HTfi  •'  immtduimano  in  eiii  :  e  lofi  nudi  acciocché  per  tutto  ponan  riceeere  le 
trafttmn  ;  e  in  continuo  terrore  di  e$$er  puniti  ;  e  corrono  eenxa  poterti  involare  ai 
moni  deÙa  coecienxa ,  figurata  ne'eerpi.  Le  mani,  A  pronte  al  furto  ^  qui  ton  le» 
gaie  :  e  eieeome  in  tante  guiee  ei  traeformarono  per  fuggire  atta  pena  »  coA  qui  ii 
— ' —  t  uomini  in  eerpi  e  a  vicenda* 


Kote  le  tmioe  8 ,  8»  7,  8,  11,  il,  15;  U  17  alla  81;  U  84  alla  47;  la  49,  60. 


Al  fine  delle  sae  parole,  n  ladro 
Le  mani  aliò  con  arobedoo  le  fiche, 
Gridando:  togli.  Dio;  ch*ate  le  squadro* 

Da  indi  in  qua  mi  tur  le  serpi  amiche  ; 
Perch'ona  gli  s'avvolse  allora  al  collo  » 
CoDie  dicesse  :  i'  non  vo'  che  più  diche: 


i.  Aliò.  Novellioo ,  LVIII  :  Fdce  la  fica 
muaei  tfObio  aW  occhio,  dieendoH  «tOomf.— 
To«u.  Dice  6.  Vili,  che  sulla  rocca  di  Car- 
sriguaDo  era  una  torre  molralta  con  due 
braccia  di  marmo  che  facevano  le  fiche  a  Fi- 
fente.  —  Squadro.  È  più  che  fo  :  misuro  , 
afaademo.  Sfogatosi  contro  Dante  ,  si  sfoga 
castro  Dio ,  e  mostra  il  bestiale  eh'  egli  era. 
Atto  degno  di  sacrilego. 

%  Samn.  S.  Gipr.  :  Mtmtcìif  cfiiiim  lolsnfer 
mnipU  faUens,  oceutiU  aeeettwut  terpii,  Go- 
BM  la  aerpe,  così  il  ladro,  dice  TAnon.,  son 
oeaild  deli'  uomo  nascosti.  L' Anon.  e  Pietro 
di  Dante  qoi  fanno  una  distinzione  di  ladri, 
cbe  non  può  essere  tutta  di  loro  Diotasia  :  ve 
a*  ba,  dicon  essi,  che  rubano  d'elezione  al- 
'rana  cosa,  l'altre  non  toccano,  come  ii  Puc- 
ci :  questi  al  mordere  del  serpente ,  cadono 
in  cenere,  poi  toman  nomini.  V'ha  di  ladri 
ebe  ban  aempre  l'animo  al  ftorto,  ma  sempre 
noi  tentano ,  e  questi  divengono  mezzo  tra 
QomiBi  e  serpi,  dopo  morsi  da  quelli  :  ve  n'ha 
che  rubano  non  sempre ,  ma  colto  il  momen- 


E  un*  altra  alle  braccia  ;  e  rilegollo, 
Ribadendo  sé  stessa  si  dinanzi. 
Che  non  potea  con  esse  dare  un  crollo. 

Ah  Pistoia,  nstoia,  che  non  stanzi 
D*  incenerarti,  si  che  più  non  duri, 
Poi  che  'n  mal  far  lo  seme  tuo  avanzi  ? 


to  ,  e  questi  d' uomini  si  fauno  serpi ,  di  se^ 
pi  uomini  :  finch'  C  son  ladri ,  lasciano  l' u- 
mana  forma,  poi  la  riprendono.  Altre  distin- 
zioni pongono  i  comeotatori  de'  ladri  compii* 
ci ,  e  mezzo  pentiti  :  ma  troppo  sottili.  Gerto 
la  diflTerenza  della  pena  anppone  differenza  di 
colpa.  —  Amichi.  Sempre  severo  agli  insul- 
utori  di  Dio  (  e.  XIY  ),  e  a  tutti  i  rei  di  de- 
litto religioso  (  X  ,  XIX ,  XXYll.  ) 

3.  BaACciA.  Ariosto  :  Che  ìeaare  le  hraeda, 
t  pt«dt  •  '1  eoUo  GU  vede  ti  we  non  può  dO" 
re  un  erotto,  —  RuADBNno.  Gli  si  fa  quasi 
anello  alle  braccia ,  gli  si  avvolga  dietro ,  poi 
no  altro  giro  dinanzi.  L*  imagine  e  l' idea  del 
tormento  è  tolu  forse  da  Yirg.  :'  Corrìptunl , 
sviritque  ligant  ingentilnu  ;  al  jam  Bii  me- 
aium  amplcxi,  bit  cotto  sqìtamea  circum  Ter- 
ga dati,  tuperant  capite  ei  cervieibut  allii. 
lUe  simili  manilnu  tendit  diveUere  nodos.  — 
CnoLLo.  Petr.  :  Né  pouo  dal  bel  nodo  ornai 
dar  erotto. 

4.  iNCEiiBEAmTi.  Che  non  subilisci  di  la* 
cenerartl  come  il  ladro  tuo  citudino ,  poiché 


190 


DELL   INFERNO 


5  Per  tutti  i  cerchi  delio  'nferno  oscnri 
Spirto  non  vidi  in  Dio  tanto  superbo; 
Non  quel  che  cadde  a  Tebe  giù  de*  muri. 

6  £i  si  fuggi ,  che  non  parlò  più  verbo. 
Ed  io  vidi  un  Centauro  pien  di  rabbia 
Venir  gridando  :  ov'  è,  ov'  è  V  acerbo? 

7  Maremma  non  cred'io  che  tante  n*abbìa 
Quante  bisce  egH  avea  su  per  la  groppa 
Infino  ove  fDmincia  nostra  labbia. 

8  Sopra  le  spalle  dietro  dalla  coppa, 
Con  r  ale  aperte  gli  giaceva  ud  draco: 
E  quello  affuoca  qualunque  s' intoppa, 

9  Lo  mio  maestro  disse:  quegli  è  Gico 
Che  sotto  '1  sasso  di  monte  Aventino 
Di  sangue  fece  spesse  volte  laco. 

10  Non  va  co'suo'fratei  per  un  cammino, 


avanti  in  mal  fare  I  soldati  di  CatilìDa  ,  ri» 
fbggiti  nell'agro  tao  detonali  ta  esci(Salla- 
ftiió  ).  Simili  imprecazioni  Dell'  lof. ,  ÙXIll; 
e  Purg. ,  IlV. 

5.  In.  Tasso  :  ImpugnerwMi  in  fé  f  arm9 
di  Giuda.  —  QUBL.  (  iDf. ,  XIV  ,  16  ). 

6.  Ybrbo.  Ar.  (  XXX  ,  48  )  :  Non  vuolfiù 
dell'accordo  intender  verbo.  -—  Centauro. 
Aeo.yVHI:  Semifer.  Centauro  veramente  non 
era.  —  Acerbo.  Pucci  ,  il  doro ,  il  morda* 
ce.  Neil'  Inf.  «  XY ,  chiama  i  Neri  Uutxi  tor- 
N  ;  e  di  Capaneo  :  la  pioggia  non  par  che  *l 
maturi. 

7.  Harbmm A.  Padolt  di  Toscana ,  nomina- 
ti neir  Inf. ,  XXIX  ;  e  Parg.  »  V.  —  I^abbia. 
Come  centaaro ,  il  di  dietro  aveva  di  cavallo. 

8.  Affuoca.  Caco  era  figliaol  di  Yalcano, 
e  si  difese  da  Ercole  riempiendo  la  caverna 
di  fiamme  e  di  turno.  Yirg. ,  Vili  :  iUrof  ore 
9omens  ignes. 

y.  Cago.  Virg.  :  lamprimum  ìùjìì  tuepen- 
tam  Kane  adspice  rupem  .  .  .  Hic  ipelunca 
fuit  .  .  .  SemUiominii  Caci  facies  quam  dira 
ttnebat ,  Solit  inaceessam  radiit  ;  eemperque 
recenti  Caede  tepebai  humus.  —  Aventino. 
Tirg.  :  Lustrai  Aventini  montem.  Of.i'Cacus 
Aìjentinae  seelus  atque  infamia  silvae.  Ne  par- 
lano Ovidio  ne'  Fasti ,  e  Boezio ,  letti  da  Dan- 
te. —  Lago.  Ar.  :  Che  del  lor  sangue  oggi 
f  iranno  un  lago. 

10.  Fratbi.  Cenuari  (  Inf. ,  XII ,  19).  — 
DSL.  Ne  rubò  Caco  otto  capi.  —  Grande. 
Yirg.:  Aleides  oderai ,  taurosque  hoc  Victor 
agebat  ingentes;  vaUemque  boves  amnemque 
tenebant. 

11.  Bisce.  Non  rette»  perverse:  bieco  da 
eètiquus.  Bieco  in  Dante  é  contrario  di  giusto, 
poiclié  Dalla  MoD.  defiaitce  la  giustizia  :  ila- 


Perlo  furar frodolente  ch'ei  fece 

Del  grande  armento,  ch'egli  ebbe  a  vieioo. 

11  Onde  cessar  le  sue  opere  biece 
Sotto  la  mazza  d'  £rcole ,  che  forse 
Gliene  die  cento ,  e  non  senti  le  ctieee* 

12  Mentre  che  si  parlava ,  ed  ei  trascorse* 
£  tre  spiriti  venner  sotto  noi . 
De'quai  né  io  né  '1  duca  mio  s*  aee orse 

13  Se  non  quando  grìdér  :  chi  siete  voi  t 
Perchè  nostra  novella  si  ristette  ; 

E  intendemmo  pure  ad  essi  voi. 
H    r  non  gli  conoscea:  ma  e  seguelle 

Come  suol  seguitar  per  alcun  caso* 

Che  Tun  nomare  ali*  altro  convenetle, 
15    Dicendo  :  Cianfa  dove  fia  rimaso? 

Perch*  io ,  acciocché  Iduca  stesse  attento. 


eftUMlo  »h$  regula,  oUiquum  fctne  inde  dfi- 
ciens.  Ar.  (XXIX,  12):  Atto  bieco  flo  stopfo>.— 
Mazza.  Virgilio  lo  fa  morire  strozzato  ;  Ofi- 
dio  sotto  la  clava.  —  Dibce.  Reg.  (  I,  M  ): 
Psrfodiam  eum  lancea  in  terra  semel ,  ci  ai- 
cundo  opus  non  erit.  Caco,  e  Vanni  Foeci  mfm 
d'ire  e  di  sangue,  da'  violenti  il  P.  li  caeeia 
ne'  ladri.  Avrà  forse  trovata  qualche  analuglR 
tra  il  nemico  de' Bianchi,  e  il  nemica  di  qmèr 
l'Alcide,  che  venne  in  lulia  ospite  del  padfs 
di  Fallante ,  dell'  alleato  d'  Enea  ,  conghnto 
anch'esso  ai  destini  dell'  italico  impero.  Tas- 
to più  che  Ovidio  ,  citato  da  an  inedito  lis- 
centista,  accenna  come  taluni  de*  segnaci  d'B^ 
cole  rimasero  ad  abitare  dov*è  oggi  Aoms» 
partendosi  Ercole ,  poich*  ebbe  morto  Csss. 
Il  Rossetti  vede  in  Caco  quel  Giovanni  ffSMi 
di  Roberto  re  di  Napoli ,  guelfo  ardito ,  cImi 
Caesarem  continuis  contumelOs  vexahii  «Ì 
scopulum  Aventini  mentis  (  così  il  Masialo  )} 
e  mori  alla  battaglia  di  Montecatini. 

12.  TRAtcoasB.  Virg.,  di  Caco:  FksgitÙktt 
ocior  Euro.  E  l' idea  del  drago  che  affoca,  gli 
sarà  venuta  dal  virgiliano,  Atros  ore  vommi 
ignes.  —  Sotto.   I  due  P.  erao  sull'arglaa» 

13.  Novella.  Per  discor$o  è  nel  Boccaccls| 
come  favellare  da  fabula.  —  Pure.  Soltasie» 
Erano  fiorentini;  e  non  di  vii  gente;  però  DssIS 
li  guarda  sì  attento. 

14.  Sbcdette.  Per  seguì:  ènei  IX  del  f9t 
radiso.  —  Coicvbnettb.  Era  d*  uso  aitnsi 
per  convenskc  ;  e  venetle  e  veniue  f%t 
venm. 

15.  CiAiCFA.  Donati,  della  famìglia  delts  sw* 
glie  di  Dante  :  forse  rubò  ne'pubblici  iifizii...^ 
Dove.  S'  era  mutato  nel  serpe  a  sci  piedi.^ 
Posi.  Ovid.:  Digiiwiue  siUnUia  suadot.  iav.  : 
J>igito  eompesce  labellum. 


CANTO    XXV. 


191 


Mi  poti  '1  dito  8Q  dal  mento  al  naso. 

16  de  ta  ge'or,  lettore,  a  creder  lento 
Ciò  ch'io  dirò  •  non  sarà  maraviglia  ; 
Che  ioche  1  vidi ,  appena  il  mi  consento. 

17  Gom'i  '  tenea  levate  in  lor  le  ciglia , 
E  uo  serpente  con  sei  pie  si  lancia- 
Dinanzi  ali*  uno,  e  tutto  a  lui  s' appiglia. 

18  Co'  pie  di  mezzo  gli  avvinse  la  pancia, 
E  eoo  gli  anterior  le  braccia  prese  : 
Poi  gli  addentò  e  Tuna  e  l'altra  guancia. 

19  Gli  diretani  alle  cosce  distese , 
E  miseli  la  coda  tr'  amendue  ; 

E  dietro  per  le  ren  su  la  ritese. 
90    EUera  abbarbicata  mai  non  Aie 

Ad  alber  si,  come Torribil  fiera  ' 

£ér  r  altrui  membra  avviticchiò  le  suo. 
a    Pòi  s*appiccàr,  come  di  calda  cera 

Fossero  stati;  e  mischiar  lor  colore  ; 

Né  r  00  nò  r  altro  già  parea  quei  eh*  era; 
9S    G>me  procede  innanzi  dall'  ardore. 

Per  lo  papiro  suso,  un  color  bruno 

Che  none  nero  ancora ,  e 'I  bianco  muore. 
23    Gli  altri  duo  riguardavano  ;  eciaicuno 


16.  GoifSiaTO.  Nel  senso  di  emiere.  Danfc 
(  1.  IT,  CSM.  2  ):  il  suo  oiftiio  tjiova  A 
«OfiMRlir  dò  ek§  par  maravigUa.  Ed  é  bello 
riporre  la  Me  in  an  sentimento,  in  on  con- 
siBso  dell'anima  al  ?ero. 

17.  LsvATC.  Inarcate  :  non  leTati  in  alto  gli 
•ecki ,  se  coloro  eran  giù  nella  valle.  — -  £. 

virgiliano  coniane  al  trecento:  Si  bra- 
fort9  remtstl  ,  Atque  iUum  in  pra$e€pi 
rapii  alveut  amni.  —  Uno.  Agnolo  Brn- 
■aUciclii ,  famiglia  del  grande  arcbiteito.  — 
ArvMUA.  Virg.:  Corpora...  $$rp€n$  ampUxus... 
laijpfecal. 

48.  AMHtNTÒ.  Tanto  era  grande  da  abbrac- 
riargK  col  morso  entrambe  le  gote.  Significa, 
dice  il  Blagioll,  cbe  i  ladri  si  assaltano  e  guer- 
reggian  tra  loro. 

1KI.  Eixnu.  Horat.:  Aretiui,  atqu9  hedera 
procura  ad$tringiiwr  iUxt  Lenfif  adhairmu  bra' 
tkm.  Ar.:  Né  così  9tntUim9fit$  tlUrapnm/t  Pian- 
ta m9^imiofno  abbaHneaio  ^  abbia.  Annannino, 
degi'  iaridiosi  :  Di  corpo  tfca  loro  un  mro  itr- 
pmi9 ,  U  quaU  ti  rivolgt  loro  intomo  in$ino 
aiirn  ho€aa  :  quivi  morde  loro  gU  occhia  e  poi 
la  Imgma,  a  poi  ritoma  al  cuore  ;  $  queUo  gU 
pamm  tal  forte  agagìio. 

SS.  Pambo.  Posto  sopra  al  lame  on  foglio, 
prinn  eha  prenda  ftooco  e  s'abbronxi ,  non  é 
mk  BOTO  ni  bianco.  Altri  per  lo  papiro  inteo- 


fìridava  :  o  me  Agnel ,  come  ti  muti  ! 
Vedi  che  già  non  se* nò  duo  nò  uno. 
2i    Già  eran  li  duo  capi  un  divenuti , 
Quando  n'apparver  duo  figure  miste 
In  una  faccia,  ov'eran  duo  perduti. 

25  Férsi  le  braccia  duo  di  quattro  liste  : 
Le  cosceconle gambe^ilventrceUcasso 
Divenner  membra  che  non  fùr  mai  viste. 

26  Ogni  primaio  aspetto  ivi  era  casso. 
Due  e  nessun  l'immagine  perversa 
Parea  :  e  tal  sen  già  con  lento  passo. 

27  Come  1  ramarro  sotto  la  gran  fersa 
Dei  di  canicular,  cangiando  siepe, 
Folgore  par ,  se  la  \  ia  attraversa  ; 

28  Cosi  parea,  venendo  verso  T  epe 
Degli  altri  due,  un  serpentello  acceso, 
Livido  e  nero  come  gran  di  pepe. 

29  E  quella  parte  donde  prima  ò  preso 
Nostro  ahmento,  all'  un  di  lor  trafi^^se  : 
Poi  cadde  giuso  innanzi  lui  disteso. 

30  Lo  trafìtto  il  mirò,  ma  nulla  disse; 
Anzi  co'  piò  fermati  -  badiuliava 
Pur  come  sonno  o  febbre  1'  assalisse. 


de  col  Crescenzio  queir  erba  bianca  cbe  simcs 
tcra  per  lucignolo  in  lanipanc  od  in  lacerna, 
ed  era  ana  specie  di  giunco  spugnosa  e  pom- 
sa  (VI.  93).  Anon.:  Come  il  papero  d'una  can- 
dela: quello  che  dinanzi  alla  fiamma  viene 
oscurando. 

23.  O  Me.  O  ma ,  ellissi  di  ho  me  mise- 
ro l  —  Agnil.  Agnello,  nome  vero,  per  ui^no- 
lo,  Agnolello. 

24.  Perduti.  Inf.,  IH  :  JMluta  gente. 

27.  Fersa.  Tuttora  in  Toscana  :  la  sferza 
del  sole.  —  Di.  Grescenz.  (II.  20):  Del  mese 
di  luglio,  o  dinanzi  a*dì  canicuìari.  —  Siepe. 
Virg.:  Nunc  virides  etiam  occultant  $pineta  la- 
certos,  —  Folgore.  Ar.:  Va  con  più  fretta 
che  non  va*l  ramarro.  Quando  il  del  arde  , 
a  traversar  la  via. 

28.  Acesso.  Armannino  :  A  nuocere  più 
aceed. 

29.  Preso.  11  bellico.  Dottrina  ,  ch'era  in 
Avicenna,  e  in  Egidio  Roniitano,  della  forma* 
zione  del  corpo  dell'uomo.  Tas<o  (IX,  68  )  : 
Pòi  fiere  Albin  là  *ve  premier  e' aji prende  IS'ostro 
alimento.  Ariosto:  Là  dove  Valimento  prima 
Piglia  il  bambin,  vel  ventre  ancor  serrato.  — 
Un.  nuoso  degli  Abbati,  dice  Pietro  di  Dame. 

30.  Sbadigliava.  In  Lnc,  IX,  è  descritto 
tua  avvelenamento  sonnifero  di  serpente. 


192 


I>  E  L  L'  I  N  F  E  R  N  0 


31  Egli  ilserpente ,  e  quei  lui  rignardaya; 
L*  un  per  la  piaga,  é  V  altro  per  la  bocca 
Furomavan  K)rte;e1fnniiii08'iiicoDtraYa« 

32  Taccia  Lucano  ornai  là  dorè  tocca 
Del  misero  Sabello,  e  di  Nasidio, 
E^tteoda  a  udir  quel  eh'  or  si  scocca  : 

33  Taccia  di  Cadmo  e  d*  Aretnsa  Ovidio: 
Che  se  quello  in  serpentecquellainfonte 
Converte  poetando,  i'non  lo  invidio 

3&-  Che  duo  nature  mai  a  fronte  a  fronte 
Non  transmutò,  si  ch*amendue  le  forme 
A  cambiar  lor  materie  fosser  pronte. 

35  Insieme  sì  riiiposero  a  tai  norme , 
Che  'l  serpente  la  coda  in  forca  fesse, 
E  1  feruto  ristrinse  insieme  l'orme. 

36  Le  gambe  con  le  cosce  seco  stesse 
S' appiccar  si ,  che  'n  poco  la  giuntura 
Non  iacea  segno  alcun  che  si  paresse. 

37  Toglìea  la  coda  fessa  la  figura 
Che  si  perdeva  là:  e  la  sua  pelle 

Si  facea  molle,  e  quella  dì  là  dura. 


31.  Fummavàn.  Forse  ad  indicare  la  cali- 
ffi ne  in  che  s'  avvolgono  i  ladri.  S*  erano  dice 
i'  Anonimo  ,  attossicati  a  vicenda. 

32.  Sabbllo.  Lue,  IX  :  ilftiert^tie  tu  erure 
SaMli  SepM  sUHt  exiguut,  quem  fixo  dente  te- 
naeem  ec.  Parla  dell*  esercito  di  Catone  dei 
deserti  di  Libia  :  quivi  mori  anco  Nasidio  : 
IS'atidium  Mani  cultorem  torridui  agri  Per- 
cttifii  Prester  :  iUi  rubar  igneus  ora  Suecen- 
dit ,  ienditque  eutem.  Sabello  mori  sfatto,  Na- 
sidio enfiato.  —  Scocca. Purg.  :  Scocca  L'arco 
del  dir.  Qui  esprìme  la  novità  della  cosa,  che 
deve  pungere  con  gli  strali  d'ammirazione. 
Par. ,  i  ;  Ariosto  (  XXX  ,  69  ).  Il  pernierò 
ha  differente  Tutto  da  quel  che  fuor  la  lin- 
gua icocca. 

33.  Cadmo  (  Met. ,  111).  --  Aretusa  (Met., 
V  ).  Pone  la  sua  pittura  più  alto  che  quelle 
di  Lucano  e  d'  Ovidio.  A  ragione.  Ovidio  e 
Lucano  ,  die'  egli,  mutan  le  forme  :  io  muto 
la  materia  insieme  e  la  forma. 

34.  Nature.  Pietro  di  Dante  :  AaturaUter 
fieri  non  potett  ut  forma  mutetur  in  aliud 
eorpui ,  nam  aliter  quantiias  verteretur  in 
iubstantiam ,  quod  Aristotelet  negata  ubi  di- 
cU  quod  tota  tubttantia  est  iusceptibilis  con- 
trariorum  secundum  sa. 

35.  Risposero.  Corrisposero.  Virg.  :  Dictis 
retpondent  celerà  niatris.  —  Orme.  Piedi. 
Virg.  :  Vestigia  primi  Albapedis.  cannai.:  E 
eoi  veitigii  ianti  eaUhi  le  iteUe. 


38  rvidl  entrar  le  braccia  per  l'ascelle  ; 
E  i  duo  pie  della  fiera  ch'eran  corti. 
Tanto  alluDgar,anaDdoaccofeiavan  quelle. 

39  Poscia  li  pie  dirietro  insieme  attorti , 
Diventaron  lo  membro  che  Tuom  ceh: 
E 1  misero  del  suo  n'avea  duo  porti* 

U)  Mentre  chel  fummo  l'uno  e  l'altro  vela 
Di  color  nuovo,  e  genera  *ì  pel  suso 
Per  runa  parte,  e  dall' altra  iidipda; 

41    L*un  si  levò,  e  l'altro  cadde  giuso; 
Non  torcendo  però  le  lucerne  empie, 
Sotto  le  quai  ciascun  cambiava  muso. 

42Quel ch'era  dritto,  il  trasse'nver  letempie; 
E  di  troppa  materia  che  'n  là  venne. 
Uscir  gli  orecchi  delle  gote  scempie. 

43  Ciò  che  non  corse  indietro  e  si  ritenne, 
Di  quel  soverchio  fé  naso  alla  faccia, 
E  le  labbra  ingrossòquantoconvenne. 

44  Quel  che  giaceva, ilmusoinnanii caccia; 
E  gli  orecchi  ritira  per  la  testa, 
Come  face  le  corna  la  lumaccia. 


36.  Appiccar.  Questa  trasformaiione  dà  a 
pensare  che  tutti  i  serpenti  della  vaUe  sien 
ladri  ;  e  a  vicenda  si  trasmutino. 

37.  ToGLiEA.  Virg.  :  Sumere  formai,  —  Per- 
deva. De*  piedi.  Lue.  I^ravnte /S^iim.— Do- 
ra. Dora  la  pelle  dell'  nomo  mutato  in  serpe. 
Ovid.  :  Durataeque  cuti  $qìàama$  inereecere 
ientit, 

38.  Vivi.  Pittare  difficile  e  nuova  e  di  ma- 
ravigliosa  evidenza.  La  bellezza  sta  tutta  nelle 
particolarità ,  che  gì*  ingegni  forti  aroano,  ma 
le  sanno  scegliere  :  i  mediocri  le  ammontano, 
e  fanno  confusione  e  frastaglio.  Le  beUezn 
di  Dante  stanno  nell* insistere  sopra  un'Idea 
e  cercare  la  poesia  nel  fondo  di  quella  ,  stan- 
no nel  riguardare  il  vero  da  vicino ,  e  coglier- 
lo nelle  sue  pieghe. 

40.  Color.  Il  fumo  ,  emanazione  dell'  tim 
e  dell'altra  natura,  dà  il  colore  del  serpeal- 
l'uomo  ,  dell'uomo  al  serpe.  Ovid.  :  Nigraque 
caeruleii  variari  corpora  guttii, 

41.  Caddb.  Ovid.  :  Vt  xerpem ,  in  longam 
tenditur  alvum.  —  Lucerne.  Per  occW ,  è  nel 
Burchiello,  e  nell'uso  toscano  d'oggidì.  Van- 
gelo :  Lucerna  eorporis  lui  est  oculus  Cmu. 
Gli  occhi  rimanevan  ferini  nel  novelPaomo. 
umani  nel  serpe. 

42.  Scempie.  Che  prima  erano  scempie  , 
senz'orecchi. 

44.  Lumaccia.  Lumaca.  É  in  Giovanni  Villani. 


CANTO   XXV. 


193 


45    E  la  lingua  ch'aveva  unita  e  presta, 
Prima  a  parlar,  si  fende;  o  la  forcuta 
Kell* altro  si  richiude:  e  1  fummo  resta. 

k6    L'anima  ch'era  fiera  divenuta, 
Si  fugge  sufolando  per  la  valle  : 
E  Taltro  dietro  a  lui  parlando  sputa. 

47  Poscia  gli  volse  le  novelle  spalle  ; 

E  disse  all'altro:  i*  vo*che  Buoso  corra, 
Com'ho  fattio,  carpon  per  questo  calle. 

48  Co5Ì  vid'io  la  settima  zavorra 


45.  Fuma.  Bifbrcote  credevansi  le  lingae 
de*  serpi.  Ovid.  (IX,  65):  Cumqué  fero  movi 
Imgmam  itriàore  hituleam, 

45.  Ftgge.  Ovid.:  Junetoque  volumineter- 
muC;  Ìk>nee  in  apponti  nemom  tubiere  late- 
im.  •— Sufolando.  11  fischio  è  de' ladri:  di- 
ce Pieiro  di  Daote. 

47.  Altro.  Puccio  Sciancato.  —  Broso.  II 
BOfello  serpente.  ArmanoiDo,  de' golosi  :  D'o- 
ra m  ora  mutano  loro  forma:  ora  paiono  porci, 
or  Impi ,  or  draghi,  per  divorare  parati, 

48.  Zavorra.  Arena  ,  perché  per  lavorra 
fi  mette  anco  rena.  —  NovitX.  Nelle  Rime  : 
Cam  di*  ifOffi  non  può  ritrarre  Ber  loro  altez- 
M9  $  per  loro  eteer  nove . . ;  e  i. IV.  (e.  1  )  : 
VdiU  a  ragionar  eh'  è  nel  mio  core;  Ch'  fnol 
wo  dtrt  aUrvi,  lè  mi  par  novo» —  Fior.  Al- 
cm  poco  (XXXIY,  9);  S'hai  fior  d'ingegno, 
-~  AnotRA.  Erra  ,  oon  è  ferma  e  precisa  al 
■olilo:  l'osa  Fazio.  0:  abhorrisce  i  fiori  del 
dire.  O:  si  stende  (  da  borra ,  cosa  soverchia 


Mutare  e  trasmutare:  e  qui  mi  scusi 
La  novità,  se  fior  la  lingua  abborra. 

49  E  awegna  che  gli  occhi  miei  confusi 
Fossero  alquanto ,  e  l'animo  smagato; 
Non  poter  quei  fuggirsi  tanto  chiusi 

50  Ch*ionon  scorgessi  ben  Puccio  sciancalo; 
Ed  era  quei  che  sol,  de'tre  compagni 
Che  venner  prima,  non  era  mutato. 

51  L'altro  era  quel  che  tu,  Gaville,  piagni. 


e  dappoco) ,  più  che  non  converrebbe.  Il  pri- 
mo pare  il  più  vero. 

40.  Smagato  (  Porg. ,  III ,  4).  Smarrito. 
Smagare  per  ditperdere  vive  in  Toscana.  -— 
Chiusi.  Per  nateotti  ;  altrove  parlar  chiuso. 
Chiuso  per  coperto  s'osavaanco  in  prosa  (Ott., 
U,442). 

80.  Puccio.  De'Galigai.— Trr  (  F.ten.  12). 

51.  L'ALTRO.  Che  feri  Baoso  ,  e  toroò  uo- 
mo, è  FrancescoGuerciooGaelfo  Cavalcante, 
ucciso  In  Gavine,  Castel  di  Val  d'Amo;  il  quale 
pianse  non  la  sua  morte,  ma  per  la  sua  morte, 
da  che  per  vendetta  di  lui  molti  furono  uccisi 
di  quegli  abitanti.  Tre  de'  fiorentini  ladri  appo- 
riscon  da  prima:  Agnolo,  Buoso,  Puccio:  Agno- 
lo domanda  ov'  e  Cianfa  :  Cianfa,  In  forma  di 
serpe  a  sei  piedi,  viene  e  s'incorpora  a  lui.  Buo- 
so ,  assalito  da  no  serpentello  ch^  è  Guercio 
Cavalcante ,  si  trasforma  in  serpe  ;  Guercio 
in  nomo.  11  solo  che  non  muti ,  gli  é  Puccio. 


25 


19fc 


DELL'  INFERNO 


CANTO        XXVI 


ARGOMENTO. 

Rimontano  dall'  argine  al  ponte  ,  poUkè  la  teita  del  ponte  fa  un  rialzo  eul- 
r  argine  y  e  giungono  sopra  la  nona  bolgia  ,  di  que'  che  la  frode  eeercitarono  m  e#- 
te  di  guerra.  Vanno  ravvolti  in  una  fiamma  che  $i  move  con  low  ;  a  iignipemre , 
dice  Pietro ,  che  i  tristi  consigli  son  faville  S  incendio.  Vengono  in  una  fiansma  w- 
sieme  Ulisse  e  Diomede  ;  Uniti  a  mal  fare  quando  tolsero  il  Palladio  di  Troia , 
quand  entrarono  notturni  nd  campo  nemico  ,  e  uccisero  Datone  per  via.  Vliue  nar- 
ra il  modo  e  il  il  luogo  della  sua  fine. 


Nota  le  terzine  1,  2»  4;  la  0,  tUt  15;  la  19,  20,  25,  Tt,  29,  30,  32,  SS,  U, 
40,  41,  43,  45,  47. 


1  Godi,  Firenze,  poi  che  se'si  grande 
Che  per  mare  e  per  terra  batti  Tali, 

E  per  lo  'nferao  il  tuo  nome  si  spande* 

2  Tra  gli  ladron  trovai  cinque  cotaU 
Tuoi  cittadini,  onde  mi  vien  vergogna , 
E  tu  in  grande  onranza  non  ne  sali. 

3  Ma  se  presso  al  mattin  del  ver  si  sogna, 
Tu  sentirai  di  qua  da  picciol  tempo 

Di  quel  che  Prato,  non  ch'altri,  t'agogna. 

1.  Ali.  Ar.  (XYIII,  87):  Di  Gnfon  eeU- 
bre  il  nome  Per  tutta  la  città  batter  UpemM, 
£oiuo:  Volito  vivo  perora  virUm.  L'elogio  era 
vero  ,  quindi  più  amara  1*  ironia. 

2.  Sali.  Cic.  (Orat.):  Propter  quem  aseen- 
dit  in  tasUum  honorem  eloguentia. 

8.  Sogna.  (Par.  >  IX):  Era  ed  è  opinione 
del  volgo.  Ovid.  (Her.  XIX):  Sub  Auroram... 
Somma  quo  cerni  tempore  vera  solent.  Dante 
sognava  continovo  la  pena  delia  parte  nemi- 
tt.  -—SBNnRAi.  Accenna  forse  alla  rafna  mi- 
cidiale del  Ponte  alla  Carraia ,  ali*  incendio 
di  milleseitecento  case  ,  alle  discordie  de'Bian- 
chi  e  de'  Neri  avvenute  nel  1304.  E  forse  ac- 
cenna ammali  avvenire  più  terribili  ancora. — 
Prato.  Sua  vicinissima ,  e  oppressa  già  da 
Firenze. 

4.  Pbr  tempo.  Troppo  presto.  Petr.  :  Il  del 
HI*  aspetta:  a  voi  parrà  per  tempo.  —Coli'. 


k    E  se  già  fosse,  non  saria  per  tempo* 
Cosi  fo8s*ei ,  da  che  pure  esser  dee  ! 
Che  più  mi  graverà  com*più  m'attempo. 

5  Noi  ci  partimmo  :  e  su  per  le  acdee 
Che  n'avean  fatte  i  borni  a  scender  pria. 
Rimontò  '1  duca  mio ,  e  trasse  mee. 

6  E  ,  proseguendo  la  solinga  via 

Tra  le  schegge  e  trabocchi  dello  scoglio, 
Lo  pie  senza  la  man  non  si  spedta. 

Per  come,  nel  Petr.  Purgat.  X]t,  Ca  dire  ad 
on* anima:  Quando  sarò  io  tìBto  A  veder  la  M»- 
detta  ..ì  Più  larda  è  la  pena ,  dice  Val.  Mass., 
•  pia  grave  piomba.  Onde  prega  sia  prooia 
perchè  più  leggera.  Is.  (I,  14);  Jer.  (  VI,  li).* 
Laboravi  eustinens.  —  Attempo.  Buonarroti  : 
Come  più  m'attempo,  Petr.  :  Questa  speram- 
sa . .  .  Or  vies^  mancando ,  e  troppo  in  lai 
m'attempo, 

5.  Scalee.  Altra  volta  ha  chiamate  soàU  le 
prominenze  dello  scoglio.  —  Boeni.  Fr.  :  ^or- 
nes.  Que* sassi  o  mattoni  che  sporgon  dal  mo- 
ro t>  per  addentellalo  o  per  difendere  ndle 
strade  la  muraglia  dall'urto  de^ carri  o  cosa 
simile.  Qui  vale  i  rocchi  sporgenti  tra  P  ar- 
gine e  il  ponte. 

6.  Schegge.  Parti  minori  de' rocchi.*- MAH. 
Parg.  :  IV  :  E  piedi  e  man  voleva  il  sssol  éi 
sotto. 


CANTO    XXVI. 


195 


7  Allor  mi  dolsi ,  e  ora  mi  ridoglio  « 
Quando  drizzo  lamento  a  ciò  ch'io  vidi, 
£  più  lo*ngegno  aflreoo  ch'i*noo  soglio, 

8  Perchè  non  corra  che  virtù  noi  guidi: 
Sì  che  se  stella  buona  o  miglior  cosa 
M'ha  dato *1  ben ,  ch'iostessonolm'invidt. 

9  Quante,  il  villan  eh  al  poggio  si  riposa, 
Nel  tempo  che  colui  che'l  mondo  schiara 
La  faccia  sua  a  noi  tien  meno  ascosa, 

10  Come  la  mosca  cede  alla  zanzara  , 
Vede  lucciole  giù  per  la  vallea 
Forse  colà  dove  vendemmia  od  ara; 

11  IM  tante  fiamme  tutta  risplendea 
L*  ottava  bolgia,  si  com'io  m'accorsi 
Tosto  che  fui  là  've  1  fondo  parea. 

12  £  qoal  cohiiche  si  vengiò  con  gli  orsi, 

7  Afpreno.  Questo  verso  e*  è  indizio  della 
natora  di  Dante:  ingegno  ardito,  ma  frenato 
dal  tesso  del  dovere  ,  caldo  tavolta  di  febbre 
soperba  ,  ma  sdegnoso  de'  volpini  accorgi- 
menti :  si  compiace  nell'ira  ,  nell'odio  ,  nel- 
la vendetta  :  ma  le  villane  significazioni  della 
rabbia  impotente  non  loda.  Breve  ed  arguta) 
nel  dire ,  oon  bugiardo,  nemico  degli  ipocri- 
ti ,  aperto  ai  sapienti ,  come  specchio ,  che 
tende  Vimagine  delle  cose  di  fuori.  Sorride 
sdegnoso  alle  amane  follie ,  ama  talvolta  di- 
pingere le  bassezze  dei  tristi  ;  ma  beo  presto 
8'  innalza  ,  e  piange  fin  sai  meritati  aolorì. 
Docile  all' autorità  de' grandi,  riverente  all'au- 
torità della  Chiesa;  si  scusa  fin  d'atti  appa- 
rentemente audaci ,  ma  usati  a  fin  di  bene  ; 
l'adulazione  gli  è  in  odio  ;  la  cosunza  nelle 
avversità  gli  desta  maraviglia  fin  ne' malvagi, 
^oando  provocatrice  non  sia.  Ogni  vero  che 
te  ftceia  di  menzogna  egli  evita  :  negli  stu- 
pii 8'  affìinna  e  suda  ;  quasi  scultore  modella 
t  intaglia  e  pulisce  le  opere  sue.  Negli  amorì 
inviscato  :  da  ogni  avarizia  aborrente ,  e  an- 
cor più  da  ogni  invidia.  Amante  della  lode , 
fi  loda  da  sé  ;  ma  i  proprii  falli  confessa ,  e 
degli  amici  suoi.  Sdegna  i  beni  della  sorte , 
e  Al  dolore  di  lunga  mano  s'apparecchia.  Ama 
conoscere  nuovi  uomini  e  nuove  cose ,  ma  le 
prime  eonsoetudini  gli  son  care ,  e  le  prime 
amicizie.  Tutto  ciò  eh'  è  alto  e  gentile  nei- 
fnmana  natora ,  riconosce  ,  e  lo  venera  do- 
va ehe  sia  ,  e  ad  nomini  tali  ubbidisce,  e  te- 
me i  rimproveri  loro.  Ama  la  gravità  nella  vo- 
ce ,  negli  sguardi ,  negli  atti  :  teme  che  il 
tempo  non  gli  passi  perduto. 

8.  Stilla,  inf.  (XV,  19).  —  Miglior.  Gra- 
fia di  Dio.  —  Invidi.  Noi  tolga  a  me  stesso. 
¥ir§.  :  JiRM...ssnsc(iii  /nvìdn  imp9num,.*h^ 


Videi  carro  d' Elia  al  dipartire. 
Quando  i  cavalli  al  cielo  erti  Icvòrsi , 

13    Che  noi  potea  si  con  gli  occhi  seguire 
Che  vedess'  altro  che  la  fiamma  sola 
SI  come  nuvoletta,  in  su  salire; 

ik    Tal  si  movea  ciascuna  per  la  gola 
Dal  fosso:  che  nessuna  mostra  il  furto  ; 
£  ogni  fiamma  un  peccatore  invola. 

15  r  stava  sovra  '1  ponte  a  Veder  surto; 
Si  che  s'r  non  avessi  un  ronchion  preso. 
Caduto  sarei  giù  senza  esser  urto. 

16  £'1  duca  che  mi  vide  tanto  atteso, 
Disse:  dentro  da7uochi  son  gli  spirti. 
Ciascun  si  fascia  di  quel  ch'egli  è  inceso* 

17  Maestro  mio,  risposi,  per  udirti 
Son  io  più  certo:  ma  già  m'era  avviso 


vidit  fortuna  mihi.  Eccl.  (  XIV,  6  ) .  Qui  iibi 
invidet,  nihil  esl  iUo  nequius, 

9.  Colui.  Purg.,  XXilI:  La  suora  di  colui 
(B*l  tol  mostrai). 

10.  Cede.  Di  state.  Virg.  :  Averto  csdmit 
Cani»  oecidit  astro,  —  Lucciole.  Di  loro 
(Arìst.,  Meteor.,  11). 

11.  Fiamme.  S.  lac.  dice  la  mala  lingua 
infiammala  a  gshenna.  Psalm.:  Sagittae  pò- 
tsniis  acutae,  cum  carbonibtu  detolatoriii. -^ 
Risplendea.  Virg.:  Crebrii  coUucent  ignibui 
agri.  -*-  LA.  Sul  ponte.  Altre  volte  si  collo- 
ca sulla  cima  del  ponte  per  meglio  vedere. 

12.  Orsi.  I  fanciulli  che  gridavano  ad  Eli- 
seo: Ascende,  calve,  furono  sbranati  dagli  orsi. 
Come  piacciono  a  Dante  gli  esempi  di  pena  e 
vendetta  1  —Carro  (Reg.  IV,  2). — Levar- 
si. E  nel  XXXIU  dell'  Inferno. 

13.  Seguire.  Crescenzio  (I,  5):  Che  gli  oc- 
chi non  possono  seguire.  Ar.:  Che  cogli  ocdhi 
Ruggier  lo  segue  appena.  Virg.  :  Quantum 
ade  posient  ocuU  servare  8equentum,.,0cuUM' 
que  sequuùtur  Fulveream  nubem.  —  Salire. 
Reg..*  NikU  videbat  nisi  ignem  ascendere. 

14.  Furto.  L*  Anon.  :  Siccome  per  agucUi 
imbotarono  altrui  U  dttadi  e  gli  uomini  r  a 
qui  da  queste  fiamme  sono  imbolati  ellino. 
Aguato  e  furto  sono  pari ,  salvo  che  il  furto 
è  di  piccole  cose,  e  Vacuato  di  grandi. 

15.  Urto.  Per  «fiato,  coma  trovo  per  Iro- 
«0(0,  ed  altre  migliaia. 

16.  Fuochi.  Is.  (V,  24):  Sieut  devorat  sti- 
pulam  lingua  ignis,  et  color  ftammae  exurii  : 
eie  radix  eorum  quasi  faviUa  erit. 

17.  AvYiso.  Lai.  :  fisum  mihi  trai.  Cre- 
séenx.  È  veduto  a  noi  convenevole  cosa.  Ar. 
(XI,  11):  E  le  fu  avviso  emr  poMfa  owow 


196 


DELL'  INFERNO 


Che  cosi  fosse  ;  e  gii  voleva  dirti: 

18  Chi  è  'd  quel  fuoco  che  vieo  si  diviso 
Di  sopra,  che  par  surger  della  pira 
Ov'Etcócle  col  fratel  fu  mise? 

19  Risposemi:  là  entro  si  martira 
Ulisse  e  Diomede:  e  cosi  insieme 
Alla  vendetta  corron,  com'all'ira. 

20  E  dentro  dalla  lor  fiamma  si  geme 
L*  aguato  del  cavai  che  fé  la  porta 
Ond*  usci  de'Romaniì  gentil  seme. 

21  Piangevisi  entro  l'arte  perchè  morta 
Deidamia  ancor  si  duol  d' Achille; 

E  del  Palladio  pena  vi  si  porta. 

22  S' ei  posson  dentro  da  quelle  faville 
Parlar,  diss*io,  maestro,  assai  ten  prego 
E  rìprego,  che  '1  priego  vaglia  mille, 

23  Che  non  mi  facci  dell*  attender  niego , 

18.  Pira.  Stai.  (XII,  30):  Ecc9  Uerumfra' 
trii  primot  ut  eonUgit  artui  lanit  edax ,  in- 
muere  rogi,  et  novus  advwa  hustU  PeUitur, 
exundant  diviso  vertiee  fiamma:  Lac;  Scin- 
ditur  in  partes,  geminoque  eaeumine  gurgit , 
Thebanos  imitata  rogos, — Miso  ?  Per  metto, 
è  in  Pier  deUe  Vigne. 

19.  Vendetta.  Pena  (Par.,  VI,  3o).— Iea. 
Virg.  li  dipinge  frodolenti  e  feroci  (li,  163). 
Dice  che  tmpttfs...  Tydidet,,.  tctUrumque  in- 
vmtor  Ulyxetf  trucidarono  i  custodi  del  Pal- 
ladio :  e  nella  noltarna  invasione  del  campo 
nemico  Tydidtt  multa  vattabat  caede  cruen- 
tut.  Ulisse  poi  tramò  la  rovina  di  Palamede. 

20.  Geme.  Attivo.  Virg.:  Catum  gemit,  — 
Aguato.  Virg.:  DoU  fabricator  Epeot, —  Ga- 
yal. Virg.  :  fa  scendere  dal  cavallo  il  cftro 
UUttt.  —  Porta.  Per  far  passare  il  cavallo 
in  Troia.  Virg.  :  Dividimut  murot  et  moetiia 
pandimus  urbis.  Di  questa  purla  della  ciltÀ 
vinta  esce  Enea  fondatore  della  reggia  latina. 
€osl  l'Ottimo.  Un  anonimo  inedito:  Ar  9tieUa 
rottura  dell»  mura  per  la  quale  era  metto  lo 
cavallo  dentro ,  entromo  in  Troia.  Il  mede- 
simo: IH  giretto  eavallo  ,  e^'  eUi  futte  fatto 
per  inganno  di  Diomede  e  di  UUue  »  •  c^ 
Enea  wcisse  di  Troia  per  quella  rottura  del 
muro,  per  la  quale  fu  messo  il  detto  cavallo, 
in  tre  ritmi  ne  fa  menxione  Dante  nel  e.  XXVI 
della  prima  cantica...  Di  qnesti  fatti  parlan 
Ditti  e  Darete,  citati  da  Pietro  di  Dante;  ma 
quelli  aflerraano  i  Greci  entrali  nella  cittì  a 
tradimento  d'Antenore  e  d'Enea  per  la  porta 
die  aveva  ad  insegna  un  cavallo.  Questo  con- 
traddice troppo  alle  tradizioni  virgiliane  sulle 
quali  è  fondato  il  sistema  politico  deli'  Alli- 
ghieri. 


Fin  che  la  fiaomia  cornuta  qua  vegna. 
Vedi  che  del  desio  ver  lei  mi  piego. 
ik    Ed  egli  a  me  :  la  tua  preghiera  è  degna 
Di  molta  lode  ;  ed  io  fero  i*  accetto. 
Ha  fa  che  la  tua  lingua  si  sostegna  : 

25  Lascia  parlare  a  me  ;  eh'  i*ho  concetto 
Ciò  che  tu  vuoi  :  eh'  e'  sarebbero  schivi, 
Perch'  ei  fùr  greci,  forse  del  tuo  detto. 

26  Poiché  la  fiamma  fu  venuta  quivi 
Ove  parve  al  mio  duca  tempo  e  loco, 
In  questa  forma  lui  parlare  audivi  : 

27  0  voi  che  siete  duo  dentroaun  foooo, 
S' ì'  meritai  di  voi  mentre  ch'io  vissi, 

S' i*  meritai  di  voi  assai  o  poco 

28  Quando  nel  mondo  glialti  versi  scrissi, 
Non  vi  movete;  ma  V  un  di  voi  dica 
Dove  per  lijd  perduto  a  morir  gissi. 

21.  Ancor.  Tuttoché  morta.  Deidamia  sei 
Purgatorio  dice  il  P.  esser  posta  tra  quelli 
del  Limbo.  E  ognun  sa  che  Achille  scoperto 
ili  Sciro  da  Ulisse  fu  tolto  agli  uffizii  donne- 
schi e  all'amore  di  Deidamia.  In  questo  In- 
ganno non  entrò  Diomede.  Ma  le  parole  del 
P.  dimostrano,  com'  egli  stimasse  in  tutto  in- 
giusta la  guerra  de' Greci.  E  lo  dice  TAnoni- 
mo  che  prima  di  ridomandare  la  rapita  Ele- 
na, i  Greci  avevano  assaliti  i  Troiani,  epn- 
fono  Etiona  tiroeehia  di  Priamo:  dunque  mm 
ebbero  li  Greci  giusta  ragione  di  guerra^  e  per 
conseguente  ogni  inganno  fu  abominevole  e 
degno  di  pena. 

22.  Faville.  Vampe  sfavillanti.  Claod.CBell. 
Get.  )  :  Rapidit  ambutta  favillit. 

23.  NiBGO.  Bocc.  (  Fil.  )  :  Ten  prego  Nam 
voler  fare  a  questa  grazia  niego. 

24.  Lodi.  Voler  parlare  a  uomini  tali,  e  sen- 
tir della  fine  d'Ulisse.  Virg.:  Quos  bonue  Ae- 
neas ,  haud  aspemanda  precantet ,  Pre^equi- 
tur  venia.  —  Sostkgna.  Per  a*  ot latina  :  era 
giÀ  della  prosa. 

25.  GoNCBTTO.  Petr.  (Tr.  Am.  ).*  JTr  avms 
già  tacendo  inteto.  —  Schivi.  E  come  Greci 
superbi ,  e  come  nemici  della  città  da  cui 
sorse  l' impero  che  il  Ghibellino  vagheggia. 

26.  Audivi.  Dante  da  Maiano:  Auditto.  Pnrg., 
XII  :  ^tvt  ;  per  andai. 

27.  Mbritai.  Non  sempre  Virgilio  parla 
odiosamente  di  loro:  e  ad  ogni  modo  11  rete 
immortali  :  però  dice  :  auai  o  poco, 

28.  Alti.  Inf.  ,  XX:  Alta  mia  tragedia.-^ 
Gissi.  Impersonalmente.  Virg.  :  Ventum  m 
montes.  Inf.  ,  I  :  /n  sua  città  per  me  si  ve- 
gna. Ditti  fa  Ulisse  morto  per  man  di  Tei** 
gono;  Plinio  e  Solino  lo  Duino   fbndaior  di 


e  A  N  T  0    XXVL 


197 


29  Lo  maggior  corno  della  fiamma  antica 
Cominciò  a  crollarsi  mormorando» 
Par  come  qoelia  cai  vento  afiatica. 

30  Indi  t  la  cima  qaa  e  là  menando , 
Come  fosse  la  tingaa  che  parlasse, 
Gittò  voce  di  foorì ,  e  disse  :  quando 

31  Mi  diparti'  da  Circe,  che  sottrasse 
Me  più  d' OD  anno  là  presso  a  Gaeta, 
Prima  che  si  Enea  la  nominasse; 

3S    Né  dolcezza  di  figlio ,  nò  la  pietà 
Del  vecchio  padre,  nel  debito  amore 
Lo  aaal  dovea  Penelope  far  lieta , 

33    Vincer  poter  dentro  da  me  V  ardore 

Lisbona:  sa  questa  tradizione  appoggia  la  sua 
fiaxioiie  ilP.  Eqaesta  glie  occasione  asfog- 
glaie  scienza  geografica  ,  e  a  comentare  pue- 
Ueameote  il  passo  di  s.  Agostino  citalo  dal 
igliool  800  :  NinUs  abturdum  est  ut  dicatur 
Kaminn  9X  hoc  in  iUam  partent,  O- 
vmfMmUau  traje^a  ,  navigare  ae  per- 
potuiue  (  GiT.  Dei ,  XVI  ). 

9.  ]lA6«ioa.  Ulisse  era  il  più  reo  difh>- 
de  e  fl  più  celebre.  —  Antica.  Eran  dannati 
da  duemila  anni ,  dice  V  Ottimo.  —  Affati- 
ca. Virg.  :  £x9rcet. 

30.  GiiTÒ.  L' Anonimo  reputa  questa  par- 
lala degna  della  facondia  d'Ulisse  ,  accenna- 
la nel  XIII  delle  Met.  Darete ,  tradotto  da 
OD  treeeoUsta  ,  dice  di  lui  :  Ulixes  fue  ricco 
tv  «  e  /ke  ...aovto  e  Mottile  ,  e  fue  il  più  bello 
pariadore ,  che  V  uomo  tapeue.  Diomedes  fue 
à§Uo ,  ifrandc  a  formato  ,  orgoglioso,  e  amo- 


li.  SomASSB.  A' miei  alti  destini.  Cosi 
»loto  è  nella  Sap.  (  VI ,  8  )  :  Non  tubtror 
kttptrefmam  etgusquam  Deus.  Di  Circe,  Virg. 
Mi  VII.  —  Enea.  Virg.:  Tu  quoque  littori- 
km  «Offrii,  Aen^a  nutrix ,  Aetemam  moriens 
famksm  ,  Cajeta,  dedisti  :  Et  nune  servai  ho- 
«00  mdtm  tuus;  ossaque  nomcn  ...  Signat. 

3S.  DoLCBZJTA.  Virg.  :  iV«o  dulces  natot , 
Vtmerig  nee  proemia  norie»  Nomina  prima  il 
fglio ,  indi  il  padre,  ultima  la  moglie;  come 
Tifff.:  Ascanium ,  patremque  mcum ,  juxta- 
fm  Cnusam.  -—  Pista.  Virg.  :  Miserere  pa- 
fiatìi  Longaevi.  Petr.,  Il:  AKstringea  soldi 
fi  piHa.  —  Nfc.  Tasso  (  Vili ,  6)  :  iVé  va- 
fkiaa  del  regno ,  né  pietade  Del  vecchio  gè- 
mior.  Cic.  (  ParUt. ,  XXll)  :  Justitia  erga  Deus 
nUgio,  nga  parentes  pietas  nominatur,  — 
teaiTo.  Come  a  moglie  fedele.  Ovid.  :  7rei 
awMif  imbeUes  numero:  sin$  viribus  uxor  Laer- 
Utfm  smux  Telemaehusque  puer. 

33.  EivBRTO.  HoraU:  Qui  moru  hominum 
•I  urto.  —  Vixii.  Eccl. ,  I  : 


Ch'  i'  ebbi  a  divenir  del  mondo  esperto, 
E  degli  vizii  umani,  e  del  valore. 
Sb    Ma  misi  me  per  V  alto  mare  aperto 
Solcon  un  legno ,  e  con  quella  compagna 
Picciola,  dalla  qual  non  fui  deserto. 

35  L'un  lito  e  T altro  vidi  infin  la  Spagna, 
Fin  nel  Marrocco;  e  l'isola  de* Sardi, 

E  Taltre  che  quel  mare  intorno  bagna. 

36  Io  e'  compagni  eravam  vecchi  e  tardi, 
Quando  venimmo  a  quella  foce  stretta  , 
Ov'Ercole  segnò  li  suoi  riguardi, 

37  Acciocché  Tuom  più  oltre  non  sì  metta. 
Dalla  man  destra  mi  lasciai  Sibilla, 

Ut  seirem  pruderUiam  aique  doctrinam ,  er- 
roresque  ,  et  stuUitiam.  Eccl.  XXXIX  :  /»  ter^ 
ram  alienigenarum  gentiumpertransiet:  bona 
•..et  mala  in  hominibus  tentcM.  —  Valore. 
Coov.  :  Valore  è  potenzia  di  natura ,  ovvero 
bontà  da  queUa  data, 

34.  Apbrto.  Virg.  :  Mago  ...  aperto  ... 
Aequor  in  altum.  —  Compagna.  Per  compa- 
gnia ,  è  nel  XXIU  del  Parg. ,  e  nell'  Ar. 
(  XVIIl ,  89  ) ,  e  nel  Petr. ,  IV.  —  Deserto. 
Per  abbandonato  ,  è  nel  XV  del  Paradiso. 

35.  Un.  L'oceano  e' 1  Mediterraneo.  —  Al- 
tbe.  Sicilia ,  Corsica^  Maiorica.  Mano  mano 
chi  avanza,  il  poema  arricchisce  d'allusioni 
erudite.  Di  geografia  sino  ad  ora  non  abbia m 
trovato  che  cenni  :  nel  Purg.  vedremo  pom- 
pa di  geografiche  notizie  e  di  tìsiche  :  il  Pa- 
radiso sarà  quasi  tutto  teologia  :  ciò  non  so- 
lo perchè  così  richiedeva  l'argomento  ,  ma 
perchè  con  gli  stadii  dell'esilio  cresceva  la 
dottrina,  e  l'amor  di  mostrarla,  a  rimprove- 
ro della  patria  ingrata  ,  e  ad  onore. 

36.  Tardi.  Virg.  :  Tarda  gelu . . .  seneetus. 
—  Foca.  Stretto  di  Gibilterra.  Pietro  di  Dante: 
Procedendo  venit  ad  Gades  insulcu  sUvestres 
ultra  Hispaniam  in  occidente ,  a  qmbus  ma- 
re illud  dicitur  Gaditanum,  ubi  primo  ab 
Oceano  mari  limen  aperitur ,  Baeticae  prò- 
vinciae  dirimentis  Europam  ab  Africa  ...Un 
posuU  Hercules  columnas,  significantes  ibi  es- 
se finem  terrae  habUabUis,  Le  due  coloi^ 
ne  sono  i  monti  Abila  in  Africa  ,  Galpe  in 
Europa.  —  Riguardi.  Così  detti  in  Romagna, 
nota  il  Perticari ,  i  termini  che  dividono  i 
campi ,  0  pali  o  colonne,  lungo  la  via.  Soli- 
no :  Colpe  et  Abylamontibtu,  quos  dicunt  co- 
lumnas BercuHs.  Ariosto:  La  meta  che  post 
Ai  primi  naviganti  Ercole. 

37.  SiBiLiA.  Siviglia.  L'ha  il  Villani.  — 
Setta.  Cauta  in  Africa  sullo  stretto  di  Gibil- 
terra. Cosi  la  chiama  anco  l'Ariosto. 


n» 


DELL'  INFERNO. 


Dall'altra  già  m'avea  lasciata  Setta. 

38  O  frati,  dissi,  che  percento  milia 
Perìgli  siete  giunti  all'occidente; 

A  questa  tanto  picciola  vigilia 

39  De' vostri  sensi ,  eh* è  del  rimanente, 
Non  vogliate  negar  l'esperienza. 
Diretro  al  sol,  del  mondo  senza  gente. 

kO  Considerate  la  vostra  semenza. 
Fatti  non  foste  a  viver  come  bruti , 
Ma  per  seguir  virtute  e  conoscenza. 

hi    Li  miei  compagni  fec'  io  si  acuti. 
Con  quest'  orazion  picciola ,  al  cammino. 
Ch'appena  poscia  gii  avrei  riteouti. 

k2    E  volta  nostra  poppa  nel  mattino , 
De* remi  facemmo  ale  al  folle  volo, 
Sempre  acquistando  del  lato  mancino. 


38.  Milia.  Cornane  allora.  —  ViaaiA.  La 
vita  è  breve  vigilia  accanto  al  sonno  della 
morte.  Virg.  :  O  tocU  (  neque  entm  ignari  su- 
mus  ante  malorum) . . .  Bsr  varUn  caius,  per 
tot  discrimina  rerum,  Tendimus  in  JLoImm... 
JDurate ,  et  vostnet  reìna  servate  secundis. 

39.  Rimanente.  Che  vi  rimane.  Lat.  :  Re- 
liqui  est,  ^  DiRETEO.  Qaasì  al  di  U  donde  il 
sole  tramonta.  Ovvero  :  segaeodo  il  corso  del 
sole  cbe  va  d'oriente  a  occidente.  — Senza. 
Cosi  pensa  Agost.  (CD.,  XVI).  F.  Por.,  1. 

40.  Fatti.  Voce  biblica.  ^  Bruti.  Conv.: 
E  non  si  parte  dall^  uso  detta  ragione  chi  non 
ragiona  U  fUie  della  sua  vita  ?  —  Ggnoscbn- 
za.  Per  tciensa,  è  nel  Convivio. 

41.  Acuti.  Aeuere  per  invogliare ,  io  Vir- 
gilio. 

42.  Nel.  Verso  levante.  Virg.  :  Ore  omnes 
vertae  in  Zephyrum.  —  Volo.  Tasso.  (XV, 
26):  Ei  p€Utò  le  colonne,  e  per  l*  aperto  Ma- 
re spiegò  de'remiilvolo  audace.  Horat.:  Etru- 
sea  praeter  et  volale  Uttora,  Virg.  :  Velorum 
pandimus  alas.  Propert.:  CmUenis  remiget  alis. 
Virg.  :  Pelagogue  volarnw,  E  T  inverso  del 
remigio  alarum  volat.  — Acquistando.  Purg., 
IV  :  Pur  su  al  monte  dietro  a  me  acquista,^-^ 
Manqno.  Da  ostro. 

43.  Altro.  Antartico.  —  Vibsa.  lo. — Suo- 
lo del  mare.  Virg.:  Subtrakitu€qu$ solum.  Là 


&3    Tutte  le  stelle  già  dell*  altro  polo 
Yedea  la  notte,  e'I  nostro  tanto  baflso  « 
Che  non  surgeva,  fuor  dei  marin  suolo. 

U    Cinque  volte  racceso ,  e  tante  catto. 
Lo  lume  era  di  sotto  dalla  luna , 
Poi  ch'entrati eravam nellalto  passo, 

&5  Quando  n'apparve  una  montagna,  bruna 
Per  la  distanzia;  e  parvemi  alta  tanto 
Quanto  veduta  non  n'aveva  alcuna. 

(^6  NoiciallegranuDO,  etosto  tornò  iopianlo: 
Che  dalla  nuova  terra  un  turbo  nacque, 
E  percosse  del  legno  il  primo  canto. 

VI    Tre  volte  il  fé  girar  con  tutte  1*  aoqoa  ; 
Alla  quarta  levar  la  poppa  in  suso  , 
E  la  prora  ire  in  giù,com*altrui  piaoqoi: 

hS    Infin  che  1  mar  fu  sopra  noi  richioao. 


geografia  ,  qnt  come  nel  Purgatorio  era  qnari 
inevitabile  per  dar  a  conoscere  la  diversità  dal- 
le circostante  e  della  dtvisioDe  del  tempo  nal- 
la  quale  finge  il  P.  di  ritrovarsi  là  giù  ub^ 
Antipodi.  E  a  disporre  a  quella  nuova  acMR 
l'imaginazion  del  letture,  mira  forse  il  P.  eaa 
questa  parlata  d'Ulisse. 

44.  Racceso.  Inf. ,  X.  —  Sotto.  QnaBds  te 
luna  è  dal  sole  illuminata  di  sotto ,  daUapv- 
te  che  guarda  la  terra,  allora  é  visibile r  mI. 
Eraoo  cinque  mesi  dal  nostro  partire  da  Gadat. 

45.  Appaevb.  Virg.  :  Quarto  terra  die  fri- 
mum  se  attoUere  tandem  Visa ,  opartis  ft^ 
cui  montes,  ac  volvere  fumum.  Altri  inteMB 
d' una  montagna  deli'  Atlantico  ,  di  cui  Ptela* 
ne  e  i  geografi  aaticbi  ;  altri ,  e  meglio» 
quella  ove  Dante  colloca  il  Purgatorio.— 
NA.  Virg.  :  Obseuros  eoUes  kumilcmque 
mus  JtaUam.  Purg. ,  l:  Sul  Uto  Óis$rt9  Qm 
mai  non  vide  navicar  su*  cieque  Uom  ek§  M 
ritornar  sia  poscia  esperio. 

46  Canto.  Virg.  :  Ingens  a  vorOoe  pmÈm 
hi  puppim  ferit;  .  .  ast  iilam  ter  fluttm  itir 
dem  Torquet  agens  circum ,  et  rapidus  «aril 
aequore  vortex. 

47.  Altrui.  A  Dio  :  Purg. ,  1  :  Com*aiamt 
piacque  (  ali*  angelo  ). 

48.  EicBruso.  Vtrg.  :  Spumanttm 
sub  V9rtice  torsU. 


199 


CANTO    xxvn. 


ARGOMENTO. 

Ito  a  parìar  e&  P.  il  conte  Guido  di  MonieféUro  ;  poiché  dopo  i  frodo^ 
(tufortmo  r  ingegno  in  cose  temporali  y  vengono  ,  dice  l' Anon, ,  qw^  che 
0  m  eaere.  Dante  gli  espone  lo  stato  della  Romagna  ,  al  principio  del 
Gmdo ,  non  si  credendo  di  parlare  ad  un  vivo  j  gli  confessa  il  consiglio 
^atmaio.  H  canto  è  pieno  di  memorie  contemporanee ,  e  bellissimo.  La 
\e  segue  alla  morte  del  conte  insegna  come  si  possa  innestare  la  poesia 
u  Quanto  ita  giusta  la  domanda  di  Guido  se  i  Romagnuoli  avessero  pace 
$§l  vede  chi  rammenta  le  discordie  che  agitarono  Romagna  per  tutta  la 
sido  9  delle  quali  fu  egli  stesso  gran  parie, 

tmine  1»  4,  6,  9,  13,  15,  18,  20,  »,  27,  29,  32,  33,  36,  37,  41,  42,  44. 


dritta  in  su  la  fiamma,  e  queta,  1 3 
dir  più  ;  e  già  da  noi  sen  già, 
eeozia  del  dolco  poeta. 
liin'altra,che  dietro  a  lei  venia, 
volger  gli  occhi  alla  sua  cima 
odAiso  suon  che  fuor  n'uscia. 


k.  Kel  parlare  si  dimenava. — Qdb- 
Fiamma  quievit.  —  LicmxiA.  V. 
feri.  7. 

L  Guido  •  uomo ,  dice  il  Boccac- 
MMfilt  ammaestrato  nei  liberali 
',  ftatorosi  uomini  onorava,  Ghibel- 
b6  nel  1276  i  Fiorentini  e  i  For- 
»  Bologna ,  e  Tinse  :  nel  1277  sgo- 
iitini  e  i  Forlivesi  ftaomsciti:  eb- 
■tle  le  forze  da'  legtfU  del  papa  ; 
12  dislrusse  le  armi  (  francesi  le 
farUno  lY ,  francese  anch'  egli  , 
Illa  ad  assediare  Forlì  :  nel  1285 
ilal  di  Ca  prona  (  Inf.,  XXI).  Per- 
t  Faenza,  s'umilia  ad  Onorio  elie 
cooBni  in  Piemonte,  e  tiene  doe 
I  ostaggio  :  nel  1289  è  chiamato 
1m  9  ristora  le  forte  di  lei ,  ed 
iaa:  é  scomunicato  da  papa  Nico- 
1205  la  pace  tra  Pisa  e  Firenze 
itlo  che  Guido  ne  fosse  espulso , 


Cornei  bue  cicilian  che  mugghiò  prima 
Col  pianto  di  colui ,  e  ciò  fu  dritto , 
Che  r  avea  temperato  eoo  sua  lima  , 

Mugghiava  con  la  voce  dell'  afflitto 
Si  che  ,  con  tutto  eh*  e'fosse  di  rame, 
Pure  el  pareva  dal  dolor  trafitto  ; 


lo  condnsie  a  cercare  la  grazia  di  Bonifazio 
Vili ,  la  cui  mercè,  potette  rientrare  in  Forlì. 
Nel  1297  si  rese  frate  minore. 

3.  Bui.  Perillo  costrusse  un  toro  di  rame 
e  doBoUo  a  Falarìde  ,  vi  facesse  morire  i  con- 
dannati ,  sottoponendovi  Gamma  viva  :  Fala- 
rìde vi  cacciò  Perillo  per  primo.  E  dice  cbe 
fa  dritto,  perchè  ,  giusta  Ovid.,  neque ...  I«x 
aequior  ulta  ,  Quam  necis  arUfees  arte  fte- 
Tire  tiMi.  Dante  lesse  questo  fatto  in  Vai. 
Mass.  •  in  Orosio  ,^  nei  Tristi  ,  in  Plinio 
(  XXXIV ,  8  ).  --  'Ampuato.  Petr.  :  X'  ar- 
mi tamprofa  ih  MongibeUo.  —  Lika.  Per  e- 
gni  stramento  fabbrile. 

4.  Mir«fiHUVA.  Cland.:  Primus  inexpertum^ 
Siculo  cogente  tgranno ,  Sensit  opta  ,  doctiil- 
qu§  smtm  mugvce  juvmicum.  Come  PeriUo 
nell'abuso  dell'  arte  propria  trovò  sua  pena, 
cosi  è  de'oonsiglieri  di  fh)de.  —  £l.  Booc.  : 
Fsreh'el  passasse. 


200 


UELU   INFERNO 


5  Cosi ,  per  non  aver  via  né  forame , 
Dal  principio  del  fuoco  in  suo  linguaggio 
Si  convertivan  le  parole  grame: 

6  Ma  poscia  eh'  cbber  colto  lor  viaggio 
Su  per  la  punta  ,  dandole  quel  guizro 
Che  dato  avea  la  lingua  in  lor  passaggio, 

7  Udimmo  dire  :  o  tu  ,  a  cui  io  drizzo 
La  voce ,  che  parlavi  mo  lombardo , 
Dicendo  :  issa  ten  va,  più  noik  t'aizzo; 

8  Perch*  i*  sia  giunto  forse  alquanto  tardo 
Non  t' incresca  restare  a  parlar  meco. 
Vedi  che  non  incresce  a  me  ;  e  ardo. 

9  Se  tu  pur  mo  in  questo  mondo  cieco 
Caduto  se'  di  quella  dolce  terra 
Latina ,  onde  mia  colpa  tutta  reco  ; 

lODimmise  i  Romagnuoli  hanpaceoguerra: 
Ch'  ì*  fui  de'  monti  là  intra  Urbino 
£  'i  giogo  di  che  Tever  si  disserra. 

5.  Principio.  Nel  Parg.  chiama  principio 
la  cima  d'  un  roooie. 

7.  Issa  (  XXIII ,  3  ).  Va  ,  più  non  ti 
stiroolo  a  dire.  Modi  lombardi.  Or  come  Vir- 
gilio parlava  lombardo  a  dae  Greci  7  Forse 
perchè  i  suoi  genitori  ftiron  lombardi  (Inf.  » 
1  )  ?  0  forse  per  lombardo  intende  iitùianoj 
(Parg.,  XVl,  16,42). 

10.  DissERBA.  Ariosto  :  GtUceiardo  al  cor- 
so sì  disserra.  Disserrarsi  dice  il  Sacchetti  de> 
gli  asini.  Montefeltro ,  città ,  è  posta  tra  Ur 
bino  e  le  sorgenti  del  Tevere. 

11.  Tbntò  (inf.,  XXII,  23).— Latino.  Non 
greco  come  qne'  del  e.  precedente. 

14.  Ravenna.  Detto  che  il  cuore  de*  tiranni 
di  Romagna  è  sempre  In  guerre  fraterne,  no- 
mina i  Polentani.  Quand' e' scriveva  ,  non  ave- 
va con  Guido  legame  alcuno;  né  il  P.  era 
uomo  da  perdonargli  quella  sua  politica  incer- 
ta e  cupida  ,  né  la  cacciata  eh'  e'  fecero  de- 
gli Anastagi  e  dei  Traversari  lodati  da  Dante 
(  Purg.  ,  XIV).  Ma  i  Polentani  anch'  essi  per 
opera  di  Martino  IV  perdettero  la  signoria  , 
e  nel  1290  la  riebbero ,  e  un  arcivescovo  do- 
po cinqu'  anni  li  ricacciava  ,  poi  nel  1300  e' 
tenevano  Cervia  ,  non  che  Ravenna.  L' arme 
loro  era  un'  aquila  metto  bianca  in  campo  az- 
zurro, mezzo  Mit  in  campo  d'oro  :  aveva- 
no il  nome  da  Z^lanis^  Diodol  castello  pros- 
bimo  a  Rrettinoro.  Del  léato  guardanao  ai 
modi  la  ti  cova;  ncopre  co^'J.vfapnm,  al  ve* 
de  che  Dante  li  voleva  distinti  da  .quA*  delle 
branche  verdi ,  da'  Mastini  che  ftcevano  da' 
<ieiifì  succhio ,  e  dal  leoneei  incostante.  Poi 
tiranno  non  ha  sempre  mal  senso ,  e  il  Vil- 
lani chiama  tiranno  Castruccio  da  lui  pur  lo- 1 


11  Io  era  in  giuso  ancora  attento  e  chiiu> 
Quando  '1  mio  duca  mi  tentò  di  costa, 
Dicendo  :  parla  tu  ;  questi  è  latino* 

12  Ed  io  ch*  avea  già  pronta  la  risposta, 
Senza  ndugio  a  parlare  incominciai  : 
O  anima  che  se*  laggiù  nascosta  , 

13  Romagna  tua  non  è ,  e  non  fu  mai 
Senza  guerra  ne'  cuor  de'  suoi  tiranni  ; 
Ma  palese  nessuna  or  ven  lasciai. 

ti    Ravenna  sta  come  stat'  è  molti  anni. 
L'aquila  da  Polenta  la  si  cova 
Si  che  Cervia  ricuopre  co'  suoi  vanni. 

15  La  terra ,  che  fé  già  la  lunga  pniova, 
E  di  Franceschi  sanguinoso  mucchio , 
Sotto  le  branche  verdi  si  ritruova.  (chfe, 

16  E  '1  Mastin  vecchio  e'I  nuovo  da  Yermo 
Che  fecer  di  Montagna  il  mal  governo  • 
Là  dove  soglioo  fan  de'denti  succhio. 

dato.  Con  un  Rernardino  da  Polenta ,  godi»» 
combattè  contr'Àrezzo  in  Campaldino  il  P.  nel 
1289.  Da  lui  forse  avrà  sentito  più  per  nit 
nuto  la  storia  di  Francesca.  —  Gnru. 
Lontana  dodici  miglia. 

15.  Terra.  Forlì ,  che  sostenne  V  aaaeAi 
d'  un  anno  contro  i  Rolognesi  e  la  Chiesa»  f 
sotto  gli  Ordelaffl  successori  di  Mainardo»^ 
avevan  per  arme  un  leoncino  verde ,  dri  an- 
20  in  su  d' oro ,  in  giù  con  tre  liste  veril  t 
tre  d'oro.  —  MrccBio.  Virg.  :  Smper.,m€m^ 
fusae  stragii  acervum  ...  Jngentet  ilumlomai 
iinquis  acervos.  Ecco  come  facesse  Guido  au» 
gè  degli  assedienti  francesi.  Entravan  t^ìtm 
da  una  porta  della  città  ;  egli  (  tale  era  fl 
patto)  esci  va  dell'altra  co' suoi  :  i  soldati  fkria- 
cesi ,  convitati  a  lauta  cena ,  Guido  tomaie 
li  trucidò  ,  tranne  venti. 

16.  Mastin.  I  due  Malatesta.  Il  veoekio  mi 
1296  combattè  co'  Guelfi  contro  i  Ghibelliiri» 
li  cacciò  con  istragi.  Incarcerò  Montagna,  c»> 
veliere  della  famiglia  riminese  de*  Pareitatl  ; 

ri  gli  diede  la  morte.  Malatestino  suo  l^lN 
il  mastin  nuovo  di  cui  nacquero  il  nmànè 
di  Francesca',  e  Paolo  e  Pandolfo  ,  e  MalaK» 
stino  il  traditore,  cicco  da  un  occhio  (Inf.  t 
XXVUI).  Quesu  famiglia  signoreggiò  glia 
parte  della  Marca,  e  fu  detta  da  YerraccUe» 
da  un  castello  che  Rimini  donò  a  Malatesta . 
padre  del  Veechio  Mastino.  Questi  nel  IfZi 
co'  Bolognesi,  Parmigiani,  Modanesl,  Reggia- 
ni, Ferraresi,  aconfisse  qoe'di  Forlì  e  di  F»i^ 
za  ;  neir  88  fta  cacciato  di  Biminl  :  q«MI  • 
aiutato  dal  papa ,  ricuperò  lo  alato.  -^  Li* 
In  Rimini  e  altre  terre  suddite. 


CANTO    XXVll. 


201 


atta  dì  Lamone  e  di  Santeroo 
se  U  leoDcel  dal  nido  bianco 
ala  parte  dalla  state  al  yerno. 
idli  a  cai  il  Savio  bagna  il  fianco, 
Hn'ella  aie'  tra'l  piano  e'I  monte, 
anoia  ai  yive  e  stato  franco, 
chi  se*  ti  prego  che  ne  conte, 
«er  doro  più  eh'  altri  sia  stato, 
mie  tuo  nel  mondo  tegna  fronte, 
shelfuoco  alquantoebbe  rugghiato 
lo  suo,  l'aguta  punta  mosse 
di  là  ;  e  poi  die  cotal  fiato: 
credessi  che  mia  risposta  fosse 
Nit  che  mai  tornasse  al  mondo  j 
fiamma  staria  senza  più  scosse, 
■ereiocchè giammai  di  questo  fondo 
tornò  alcun,  s' i'odo  il  vero; 
emt  d*  infamia  ti  rispondo. 
oom  d'arme,  e  poi  fu'cordigliero, 

Rum.  Faenza ,  presso  il  fiame  La- 
tela  presso  il  Santeroo.— Leoncil. 
leoneei  e  nido  per  ispregio.  11  lio- 
w»  bianco  era  1'  arme  di  Maioardo 
Saaioana  ,  sopraoDominato  il  Dia- 
I  Airbo,  nemico  de'  pastori  di  santa 
idfb  io  Toscana,  ghibellino  in  Ro- 
ma lo  fa  an  trecentista  ;  nobile  , 
I,  andace  al  dire  di  Benvenuto  Imo- 
I  Yarii  tempi  signore  d' Imola  ,  di 
Faenza,  di  Forlì,  di  Ravenna;  nel 
Mtlè  contr*  Arezzo  ;  mori  in  Imola 
vara  moglie  una  fiorentina  de'  To- 
liglia  nominata  da  Dante  (Par., XVI). 
èva  -co'  Gaelfi  di  Firenze  contro  gli 
.  1S89  alla  battaglia  di  Campaldi- 
lonbattè  Dante  istesso.  Boono  e  sa- 
ie di  guerra  lo  chiama  il  Villani 
.  31).  Nella  guerra  fra  Azzo  VII! 
Bologua,  dal  1295  al  1299  combattè 
$0*8001  Faentini;  nel  1297  aiutò  a 
Mia.  Nel  1289  co'  suoi  Romagnooli 
Ila  guerra  ad  Arezzo  (Mur.,  IX,  p.834; 
XVilI,p.  299).— Parti.  Voce  stori- 
di  partito.  In  Toscana  ch'è  a  mezzodì, 
Romagna  eh'  è  a  tramontana,  ghi- 
Ila  parte  dall'una  stagione  all'altra. 
LLA.  Cesena.  —  Piano.  Sempre  il 
k  libero  della  valle.  Nel  1301  Uguc- 
lale  in  Cesena  con  altri  due  grandi 
di  voglie  tiranniche,  fu  cacciato  di 
(Scip.  Cbiaram.,  I.  XI). 
u.  lo. 

SMUTO.  D'ira  e  vergogna.  —  Dift, 
Mir. 


Credendomi,  si  cinto,  fare  ammenda , 
£  certo  li  creder  mio  veniva  intero 
2k  Senon  fosse*!  gran  preteacuimalprenda, 
Che  mi  rimise  nelle  prime  colpe  : 
E  come  e  quare,  voglio  che  m'intenda. 

25  Mentre ch'ioformafui  d'ossa edipolpe, 
Che  la  madre  mi  die,  l' opere  mie 

Non  furon  leonine  ma  di  volpe. 

26  Gli  accorgimenti,  e  le  coperte  vie 
r  seppi  tutte;  e  si  menai  lor  arte 
Ch*al  Gne  della  terra  il  suono  uscio. 

27  Quando  mi  vidi  giunto  in  quella  parte 
Di  mia  età  dove  ciascun  dovrebbe 
Calar  le  vele  e  raccoglier  le  sarte  ; 

28  Ciòchepriamipiacevaallorm'increbbe: 
E  pentuto  e  confesso  mi  rendei. 

Ahi  miser  lasso  !  e  giovato  sarebbe. 

29  Lo  principe  de*  nuovi  farisei. 
Avendo  guerra  presso  a  Laterano, 

22.  Senza.  Ciò  prova  che  nessuno  al  mon- 
do sapeva  la  colpa  appostagli  dal  P. 

24.  Prbti.  Bonifazio  Vili.  —  Qdam.  L'  ha 
in  prosa  il  Sacch. 

25.  VoLPB.  Una  satira  francese  del  1270  : 
la  Volpe  coronata ,  è  diretta  contro  i  fnii , 
e  segnatamente  contro  i  cordt^Ueri  a  cui  Gui- 
do appartenne.  Cic.  :  Fraug  vulpteulae  •  «tt 
leonis  videtur.  Albertano  :  La  frode  è  iiecomé 
di  volpo,  la  forza  siccome  di  Uone.  Dante  non 
poteva  amare  in  Guido,  benché  ghibellino,  la 
strage  flrodolenta  de' Francesi  in  Faenza ,  ed 
altre  arti  d' astuzia  rea.  Poi  l' essersi  lui  ri- 
conciliato a  Bonifazio  faceva  dimenticare  ai 
P.  que' fatti  ove  Guido  Ai  lione  ,  non  volpe. 
La  Cron.  Estense  (Murat.,  XV,  377),  chiama 
volpe  queir  Uguccione  ch'altri  mole  tanto  am- 
mirato da  Dante. 

2<k  FniB.  Psal.  :  In  ofnnom  torram  exhit 
tonuM  eorum ,  Dino:  Il  ìmon  Guido  da  Mon- 
tefeliro,  la  cui  graziosa  fama  volò  per  tutto 
il  mondo. 

27.  EtI.  Presso  ai  settantaquattro.  —  Sae- 
TB.  Questa  metafora  usa  nel  Conv.,  parlando 
di  Guido  :  Certo  il  cavaUer  Laneialotto  non 
voUe  entrare  colle  vele  alte,  né  il  nohilietimo 
nostro  latino  Guido  Montefeltrano.  Bene  que- 
sti nobiU  ealaron  le  vele  delle  mondane  ope- 
raitont.  Senec.:  Indpiamus  in  senectute  vela 
colUgere .  . .  /ii  freto  viximue ,  moriamur  in 
porto. 

28.  CoNnsso.  Anco  in  prosa.  —  Riimn. 
Conv.:  A  religione  si  renderò. 

29.  Farisei.  (Matth..  XXiiI]:  Super  eatìm- 
dram  Mousi  eedermU  Seribae,  et  /'narifoii... 

26 


202 


DELL'   INFERNO. 


E  non  con  Saracin  ne  con  Giudei, 

30  Che  ciascun  suo  nimico  era  cristiano, 
E  nessuno  era  stato  a  vincere  Acri, 
Né  mercatante  in  terra  di  Soldano  ; 

31  Ne  sommo  ufficio  nò  ordini  sacri 
Guardò  in  se,  né  in  me  quel  capestro 
Che  solca  far  li  suoi  cinti  più  mncri. 

32  Ma  come  Costantin  cliiese  Silvestro 
Dentro  Siratti  a  guarir  della  lebbre, 
Cosi  mi  chiese  questi  per  maestro 

33  A  guarir  della  sua  superba  febbre. 
Domandommi  consiglio  :  ed  io  tacetti 
Perché  le  suo  parole  parvero  febbre. 

3V    E  poi  mi  disse:  tuo  cuor  non  sospetti. 

Quaecunniue  dixerint  vofris,  fervale,  et  /aetCe, 
secundum  opera  vero  eorum  nolite  facere.  — 
Laterano.  Coi  Colonnesi  eh'  avevano  lor  caso 
presso  quella  basilica.  Fin  dal  1290  i  Colon- 
na erano  troppo  grandi  nello  stato  romano  : 
Bonifazio  li  temeva.  Nicolò  IV,  papa,  ubbidi- 
va ad  essi  ;  e  a  un  di  loro  concedeva  gli  ono- 
ri del  trionfo,  e  il  titolo  imperialo  di  Cesare 
(Chron.  Parm.}.  Il  Petr.  di  lui  :  Fuìminabat 
Hlc  de  terris,.,  et  dictis  minacibus  intonobat, 
i  Colonna  rubarono  non  so  che  tesoro  del  pa- 
pa; end' egli  depose  i  due  cardinali  della  fa- 
miglia: e  atterrò  le  lor  case,  e  bandi  loro  la 
rroce  addosso,  e  diceva  ch'e'tenevan  trattato 
etiti  Federigo  re  di  Sicilia.  Ed  eglino  negaro- 
no a  Bonifazio  ubbidienza,  e  s'appellarono  al 
futuro  concilio. 

30.  Acri.  Rinnegala  la  fede  ,  non  era  stato 
co'  Saraceni  a  combattere  là  dove  settantami- 
la cristiani  caddero  uccisi.  Nel  1291  il  solda- 
no di  Babilonia  con  grand*  oste  attorniò  la  cit- 
tà difesa  indarno  dai  valorosi  Templarii,  la 
vinse  ,  la  saccheggiò  tutta  :  scssantamila  fu- 
rono tra  morti  o  presi.  Il  commercio  Horen- 
tino  n'ebbe  gran  rotta  ,  perch'Acri  ,  dice  il 
Villani,  era  un  elemento  del  mondo  (VII» 
1i5).  —  Mercatante,.  A  portar  arme  o  vet- 
tovaglia agl'infedeli. 

31.  Sacri.  A  religioso ^  dice  P Ottimo,  étti- 
terdettn  ogni  atto  laicale,  non  che  di  guerra, 
—  Capestro.  Cordone.  Par.  ,  XI,  di  s.  Fran 
«•esco:  V umile  capestro,  —  Magri.  Per  le  asti- 
nenze i  frati  che  lo  cingevano.  Nel  Paradiso 
rimprovera  più  volte  la  carnale  lautezza  a 
costoro. 

32.  Costantin.  Dittam:  Il  magno  Costan- 
tin eh*  essendo  w  fermo  Alla  sua  lebbra  non 
trovava  ingegno  Quando  Silvestro  a  Dio  fedele 
e  fermo.  Partito  da  Siratti  e  giunto  a  lui.  Sol 
roi  battesmo  gli  tolse  ogni  vermo.  —  Siratti. 
Anco  in  prosa  :  ora  Monto  sani*  Oreste.  ^ 


Finor  t*  assolvo:  e  tu  m'insegna  fare 
Siccom'  io  Penestrìno  in  terra  getti. 

35    Lo  ciel  poss'  io  serrare  e  disserrare , 
Como  tu  sai.  Però  son  duo  le  chiavi. 
Che  M  mio  antecessor  non  ebbe  care. 

3G    Allor  mi  pinser  gli  argomenti  gravi 
Là've'l  tacer  mi  fu  avviso  il  peggio: 
£  dissi  :  padre,  da  che  tu  mi  lavi 

37  Di  quel  peccato  ov'io  mo  cader  deggio: 
Lunga  promessa  con  V  attender  corto. 
Ti  farà  trionfar  nell'  alto  seggio. 

38  Francesco  venne  poi,  com4' fu'  morto. 
Per  mo  :  ma  un  de'  neri  Cherubini 

Gli  disse  :  noi  portar,  non  mi  far  torto. 

Maestro.  Per  medico  :  è  nel  Villani.  Qai  hi 
doppio  senso. 

33.  Febbre.  Ambr.:  Febris  nostra  irtÈCunr 
dia  est,  —  Ebbre.  Tibull.:  £6ria  verba. 

34.  Cuor.  Is.  (VII,  '»):  Cor  luum  n«  for- 
mule.t. — Sospetti.  5o5pcf(o  per  tema  (c.XXUI). 
—  Penestrìno.  Preneste ,  oggidì  Palestrioa. 
Vili. ,  Vili:  Balestrino.  Da  gran  tempo  il  papa 
r  assediava. 

35.  Coi  A  VI.  Evang.:  Tibi  dabo  elave$,  -^ 
Antecessor.  Celestino  (Inf.,  III). 

37.  Promessa.  D'assoluzione,  se  s'arren- 
dono. Resero  la  fortezza  ;  e  il   papa  li  cae- 
ciò.  —  Attender.  Molto    promettere  ,   poco 
attendere.  Attendere  in  questo  senso,  anco  in 
prosa.  —  Corto.  Bocc:  Corta  fede.  Nessuno 
storico   appone  a    Guido   l*  iniquo    cunsigliu. 
Certo  è  clic  il  papa,  Kngeudo  perdonare  ai  Co- 
lonna, li  trasse  a  sé,  fece  spianare  il  lor  te- 
muto castello,  e  riedilìcare  Preneste  in  piano^ 
certo  è  che  fu  tempo  in  cui  (ìuido  si  rìcoD — 
iiliò  a  Booiriizio.  Ma  colui  non  aveva  bisogni:» 
dei  consigli  del  frate.  Forse  Dante  su    qotlr-' 
che  rumore  di  fama  o  sulla  possibilità    dell0 
cosa  fondò    V  invenzione    poetica.  Nel    Con?* 
d'altra  parte  c'ioda  con  magnifiche  parole  gli 
ultimi  annidi  (juido:e  il  Convivio  pare  scritto 
nel  1308.   O  questo  cinto  era  già  composto, 
ed  egli  lo  volle  nel  Convivio  espiare  ;  o  plot- 
tosto,  già  scritto  il  Ccmvivio,  qualche  nuova 
voce  e  le  ire  nuove    gli  avranno  ispirato  la 
poetica  accusa. 

38.  Per.  V.  S.  Padri  :  Li  santi  Angeli  era- 
no  venuti  per  Vantma  sua,  Petr.:  Al  por  già 
di  questa  spoiflii  Venga  per  me,  —  CncRC- 
BiNi.  Così  l'orso  li  rliiania  p<'r  opposizione  il 
serafico  padre.  Anoii.:  Un  demonio  che  fu  dtir 
l'ordine  de'  cherubini,  tanto  i)hì  presso  all'im- 
peratore del  regno  dolorosi) ,  quanto  i  c/tem- 
bini  Mono  più  presso  a  Dn. 


CANTO    XXVIl. 


203 


30    Venir  se  ne  dee  giù  tra'roiei  meschini, 
Perchè  diede  *1  consiglio  frodolente 
Dal  quale  in  qua  stato  gli  sono  a*crini. 

40   Ch*assolver  non  si  può  chi  non  si  pente, 
Né  pentere  e  volere  insieme  puossi , 
Per  la  contraddizion  che  noi  consente. 

hi    Ome  dolente l  come  mi  riscossi 
Quando  mi  prese  dicendomi  :  forse 
Tti  non  pensavi  eh'  io  loico  fossi. 

42    A  Minós  mi  portò  :  e  quegli  attorse 
Otto  volte  la  coda  al  dosso  duro; 

39.  Meschini  (c.  IX}. 

40.  VoLiRB.  Greg.:  Neque  «ntm  unquam 
eomxmunt  culpa  op9ris  et  npnhmtibiUtas 
t9rék  :  mam  hcmm  et  mahn  quii  timul  eue 
wm  p9f«ff  • 

41.  O  ■■  BOLBiiTB  1  L'usa  il  Boccaccio  ed 
•Uri.  —  Loico.  li  VilUni. 

4SL  Otto.  Lo  danoa  all'  ottava  bolgia  ;  e 
tf  «orde  la  coda  irato  aoch'egli  di  tale  reità. 


£  poi  che  per  gran  rabbia  la  si  morse  , 

43  Disse:  questi  è  de* rei  del  fuoco  furo. 
Perch'  io ,  là  dove  vedi ,  son  perduto  ; 

£ ,  si  vestito  andando ,  mi  rancure. 

44  Quand'egli  ebbel  suo  dir  cosi  compiuto 
La  fiamma  dolorando  si^artio, 
Torcendo  e  dibattendoci  corno  aguto. 

45  Noi  passammo  oltre, ed  ioe*l  duca  mio, 
Su  per  lo  scoglio, infìno  in  su  l'altr'  arco 
Che  cuopre  'i  fosso  in  che  sì  paga  il  fio 

46Aqueichescommettendoacquistan  carco. 

43.  DissB.  Non  basta  attorcere  la  coda;  con- 
vien  che  accenni  la  bolgia.  —  Furo.  C.  XXVI: 
E  ogni  fiamma  un  peccatore  invola.  —  Ran- 
CURO.  Rancura  per  dolora  è  nel  Purgatorio  , 
e  in  Dante  da  Melano. 

45.  Scoglio.  Dell'argine. 

46.  ScoMiiBTTBNDo.  Dìsaneodo  gli  animi. 
—  Carco.  Diciamo:  carico  di  coscienza,  pe- 
so soli'  anima. 


20k 


DELL   INFERNO 


CANTO    xxvm, 


ARGOMENTO. 


Pai  caviglieri  fMMenti  patia  a  eohro  eh$  o  per  camigUo  o  per  opere  H 
frode  diviiero  le  città ,  le  famiglie ,  •  popoU  ,  i  regni.  In  pena  delle  eeieem  ope- 
rale s  un  diavolo  gli  taglia  (f  un  fendente  ,  pti  o  meno  eecondo  U  delitto.  CoA  fah 
ceri ,  compiono  il  giro  della  bolgia  ;  e  prima  che  tornino  alle  nkirn  del  Heneb 
punitore  ,  le  piaghe  eon  riianate^  e  al  nuofoo  t<iglio  riaprono.  Coti  ne^Proo.:  86m- 
per  jurgia  quiaierìt  malo»  »  anselas  aatem  crudelU  mittetur  cootra  eum.  Queete 
rinnofoeUamento  di  pena  ,  eimbolo  del  continovo  esacerbare  che  fanno  gli  ieligakri 
le  ferite  dell  odio  j  somiglia  un  poco  al  supplizio  di  Vanni  Fued. 


Mota  le  tenine,  1,  9;  la  6  alla  11;  la  13,  14»  15;  la  18  alla  23  ;  la  25 » 
30  ,  32  ;  la  34  aUa  37  ;  U  39  aUa  43  ;  la  47. 


1  Chi  porta  mai  pur  eoo  parole  sciolte 
Dicer  del  sangue  e  delle  piaghe  appieno; 
Ch'  i'  ora  Tidi ,  per  narrar  più  volte? 

2  Ogni  lingua  per  certo  venia  meno , 
Per  lo  nostro  sermone  e  per  la  mente, 
Ch'hanno  a  tanto  comprender  poco  seno. 

3  Se  s'adunasse  ancor  tutta  la  gente 

1.  Sciolti.  In  prosa.  Lai.  :  Voce  soluta  ... 
Grande  al  tempo  di  Dante  e  in  tatti  i  secoli 
fa  il  numero  de'  pertorbatori  malragi. 

2.  Ogni.  Virg.  :  Non,  mihi  «i  Unguae  con- 
tum  itnl,  oraqtts  eentum ,  Ferrea  vox ,  omnss 
seelerum  eomprehondere  formai  ,  Omnia  poe- 
narum  pereurrmt  nomina  ,  poesim.  —  Mbno. 
Y.  S.  Girolamo  :  Ogni  mortale  lingua  verrei- 
he  meno  in  raccontare.  —  Sino.  Nella  lettera 
a  Cane  :  Multa  per  intelleetum  videmus,  quìr 
bue  iigna  voealia  detunt. 

3.  PoETUNATA.  Soggetta  lUe  vicende  della 
Fortana.  L' Ottimo  :  BBroeekèjnù  a  caso,  che 
per  ragione  è  stata  menata.  Fortunale  ha  in 
questo  senso  il  Boccaccio. 

4.  Troiani.  I  soldati  di  Tomo  Tinti  da  B- 


Che  gii  in  su  la  fortunata  terra  * 
Di  Puglia  fu  del  suo  sangue  dolente 

Per  li  Troiani,  e  perla  lunga  gnerai 
Che  dell'  anella  fé  si  alte  spoglie , 
Come  Livio  scrìve  che  non  erra; 

Con  quella  che  sentio  di  colpi  doglie 
Per  contrastare  a  Ruberto  Guiscardo; 


y  in  ea  parte  ÀpuUae  quas  dieitur 

renilo.  Qoeste  parole  di  Pietro  di  Daala 

gODo  la  difficoltà  geografica ,  e  tolgono  la  ar 
cessità  di  leggere  Romani.  —  Gubbea.  U 
quindici  inni.  —  Anilla.  Con?.  :  Qmtmis, 
per  la  guerra  d^  Annibale,  avendo  ponènti  tas- 
ti cittadini ,  c^  tre  moggia  <f  aneUa  tu  ^/W- 
ea  erano  portate,  %  Romani  volevamo  «lèflH 
donare  la  terra.  —  Spoglie.  Qmloaqas  és 
preda  guerriera  così  si  nomina.  —  Litio.  Di- 
ce che  ftarono  dimidium  super  trss  weéfit, 
e  soggionge  :  fama  tenuit ,  quae  propior  et 
ro  est ,  haud  plus  fuiste  modio  (Il  •  dee.!). 
5.  RuBBETO.  Normanno .  nel  1070  cirea  • 
Tinse  i  Saraceni ,  e  sconfisse  i  Pugliesi  ;  e 
scacciò  di  Sicilia  e  di  Puglia  Alessio  iapoa- 


CANTO   XXVIII. 


233 


E  r  altra  il  cui  ossame  ancor  s'accoglie 

6  A  Ceperan  là  dorè  fa  bugiardo 
Ciascun  Pugliese;  e  là  da  Tagliacozzo 
Ove  senz'arme  vinse  il  vecchio  Alardo; 

7  Equalforato  suo  membro,equal  mozzo 
Mostrasse,  d' agguagliar  sarebbe  nulla 
Il  modo  della  nona  bolgia  sozzo. 

8  Già  veggia,  per  mezzul  perdere  o  luUa, 
Com'  i*  vidi  un,  cosi  non  si  pertugia, 
Rotto  dal  mento  inGn  dove  si  trulla. 

9  Tra  le  gambe  pendevan  le  minugia  : 
La  corata  pareva,  e  1  tristo  sacco 
Che  merda  fa  di  quel  che  si  trangugia. 

10  Mentre  che  tutto  in  lui  veder  m'attacco, 
iìoairdommi  e  con  le  man  s'aperse  il  petto, 
Dìeendo:  or  vedi  come  i'  mi  dilacco. 


lift  greto  nel  1081  :  prese  Roma  nel  1084, 
4m  Arrigo  IV  tene? a  assediato  Gregorio  VII, 
lift.  —  Ahcor.  Trentacinqu*  anni  dopo  la 
nutM,  trovavano  ancora  in  arando  le  ossa  dei 
motti  in  quella  battaglia  di  Ceperano  ,  eh'  è 
fHf  eonfini  della  campagna  di  Roma  ;  dove 
la  terza  schiera  ch'era  de'Pogliesì  mancò  di 
fMle  a  Manfredi  e  abbandonò  il  campo,  onde 
Cario  d'Angiò  vinse  il  regno.  Nel  1265.  F. 
6.  Yill.  (  VII ,  0  ) ,  e  il  III  del  Porgatorio 
di  Ilante. 

6.  Ta«lucozzo.  Castello  dell'  Abruzzo  ul- 
teriore dove  Carlo  d' Angiò  combattè  Corra- 
diao  nipote  di  Manfredi ,  venuto  di  Germa- 
nia a  ruM^otere  il  regno.  Alardo  di  Yalleri , 
cavalieie  francese ,  consigliò  Carlo  che  con 
dee  leni  de' suoi  aveva  combattuto  e  perdu- 
to 9  di  correre  coli'  altro  terzo  sul  nemico  sban- 
dalo al  bottino  :  quindi  la  vittoria,  che  Alar- 
do vinse  col  senno  e  non  colla  spada.  Nell'a- 
rAo  del  1968.  Lo  nomina  il  Novell. ,  IX. 
TiU.  (  VII ,  86  ,  27  ). 

8.  YnMU.  La  botte  a  Bergamo  tutUviadi- 
«issa.  —  MuzuL.  Tavola  del  fondo  nel 

—  LuLLA.  Tavola  laterale.  —  Un. 
in  una  canzone  è  a  Dante  il  sim- 
della  discordia:  dice  che  JVacomeKo cie- 
§9  Avoni  JFifVfif6. 

9.  Sacco.  L'intestino  maggiore.  Maometto 
)  il  eorno  morale  e  politico  della  sua  na- 
eon  indigeste  dottrine  convertite  in  ma- 
di  corruzione. 

10.  Attacco.  Yirg.  :  OUuiuqite  Miervt  de- 

èl  MIO. 

ti.  Ali.  Seguace  e  genero  di  lui:  fece  una 
da  aè;  aegulta  in  Persia  specialmente. 
AH,  Ben  forte,  piange  :  Maometto,  guerrie- 
!• ,  si  lacCTa ,  per  pompa  di  cosunsa»  e  per 


11  Vedi  come  storpiato  è  Maometto. 
Dinanzi  a  me  sen  va  piangendo  Ali, 
Fesso  nel  volto  dal  mento  al  ciulTetto. 

12  £  tutti  gli  altri  che  ta  vedi  qui , 
Seminator  di  scandalo  e  di  scisma 
FAr,  vivi:  e  però  son  fessi  cosi. 

1 3  Un  diavolo  è  qua  dietro,  che  n'accisma 
Si  crudelmente^  al  taglio  della  spada 
Rimettendo  ciascun  di  questa  lìsma 

ik    Quando  avem  volta  la  dolente  strada  ; 
Perocché  le  ferite  son  richiuse 
Prima  eh'  altri  dinanzi  li  rivada. 

15   Ma  tu  chi  se'che'n  su  lo  scoglio  muse, 
Forse  per  indugiar  d*  ire  alla  pena 
Ch'  è  giudicata  in  su  le  tue  accuse? 

16NÒ  mortel  giimse  ancor  né  colpa!  mena. 


più  Aera  pena. 

12.  SiMiNATOR.  Dino:  Snntnalofìdiseoit- 
daU.  Prov.  (  VI ,  14  )  :  Jurgia  tmninat.  E  15 
19  :  Sex  timi ,  qwu  odU  Daminui,  ti  Bipti- 
mum  d9i$ttaiwr  anima  ejus,  Oeulot  ntòb'met . 
Unguam  iMndaeem ,  manut  efj^ndmtei  imna- 
xium  sangwnmn ,  Cor  machinafi»  eogitatio- 
nei  peuinuu ,  ped»i  veloees  ad  eumndum  in 
maìwn  ,  Frofenntem  mendacia ,  tettem  fai- 
laeem ,  et  ewn ,  om  tenUnat  inter  fratres  di- 
teordiat.  Il  P.  ebbe  in  pensiero  queste  parole 
costruendo  l' Inferno.  Le  mani  pronte  al  san- 
gue troveremo  anco  in  questo  canto ,  co'  se- 
minatori  di  scandali;  i  mentitori  e  i  testimo- 
ni! Dilsi  nel  seg.  ;  i  pensieri  di  triste  macchi- 
nazioni sono  nei  e.  XXVI.— Scisma.  Per  di- 
icordia  poliUea  è  nel  Vili.  (  IV ,  6  ). 

13.  Distro.  Si  rammenti  che  la  bolgia  é 
circolare.  —  Accisma.  Divide ,  spiega  il  Buti. 
Greco  tehixo.  —  CauniLMBNTB.  Virg.  :  La- 
eemm  erudeUier  ora.  —  Spada.  Prov.  (XXII, 
6):  Arma  et  gladiiin  viaperveni.  Vs.: Lin- 
gua eorum  gladiue  acuttu.  S.  Hier.  :  Qui  ri- 
xam  et  diteordiam  ex  fraterno  eorde  provocai 
ionguinem  eUcit.  —  Rimittbndo.  Diciamo 
tuttora:  mettere  a  fU  di  spada.— Risma.  Qui 
per  turba  :  ha  altri  esempi.  Il  diavolo  li  to- 
glie qnui  una  risma  di  fogli  del  gran  volu- 
me infernale.  Eccl.  (  XXVI ,  V  ]:  Qui  tram- 
greditur  a  iuHitia  ad  peecatum ,  Deus  para- 
pU  eum  ad  rhomphaeàm, 

14.  Richiusi.  Pena  simile  a  quella  di  Ti- 
zio. Virg.  :  Immortale  jecur  tondent,  faeeun- 
daque  poenie  Vieeera  •••  nec  fiorii  requiee  da- 
tur  uUa  renatii, 

15.  GiuniCATA.  Gonv.  :  ^'udìcafore  del  tuo 
figHmoh  a  morte.  —  Accusi.  Crimen  nel  la- 
tino vale  e  colpa  ed  ocenia. 


2^.0 


D  E  L  L'  I  K  F  E  11  N  O 


Uispos^e*!  mio  maestro,  a  tormentarlo , 
Ma,  per  dar  lui  esperienza  piena, 

17  A  me  che  morto  son  convien  menarlo 
l^er  lo  'nfemo  quaggiù  di  giro  in  giro  : 

E  quest  è  ver  cosi  com*  i*  ti  parlo. 

18  l^ù  rùr  di  cento  che  quando  Tudiro  , 
S'  arrestaron  nel  fosso  a  riguardarmi , 
Per  maraviglia  obliando  '1  roartiro. 

19  Or  di  a  fra  Dolcin  dunque  che  s'armi, 
Tu  che  forse  vedrai  il  sole  in  breve 

(  S'egli  non  vuol  qui  tosto  seguitarmi  ), 

20  Sì  dì  vivanda ,  che  stretta  di  neve 
Non  rechi  la  vittoria  al  Noarese , 

Ch'  altrimenti  acquistar  non  saria  lieve. 

21  Poiché  r  un  piò  per  pirsene  sospese, 
Maometto  mi  disse  està  parola; 

Indi  a  partirsi  in  terra  lo  distese. 

22  Un  altro  che  forata  avea  la  gola, 
E  tronco'l  naso  infm  sotto  le  ciglia, 
K  non  avea  ma  eh*  un  orecchia  sola; 

18.  Maraviglia.  In  Virg.  é  uo  quadro  si- 
mile :  Lì  videre  virum  fulgtntiaque  arma  per 
umbras. . . 

19.  Tosto.  Corsero  setr  anni  da  questo 
vaticinio  di  Maometto  alla  morte  di  Dol- 
«'ino  ,  che  fu  dalla  neve  assediato  ,  né  l'a- 
vrebbero vinto  altrimenti.  Maometto  difende  un 
seminatore  di  scisma  par  suo.  Fu  eremita  ed 
eretico  novarese,  e  predicò  comuni  le  mogli, 
V  simili  cose  :  fece  tremila  seguaci  e  per  due 
anni  si  resse,  iìnchè  stretto  tra' monti  del 
Vercellese  ,  e  dall'alta  neve  impeditogli  ru- 
bare le  vettovaglie,  fu  da  que'di  Novara,  e 
da  tolti  i  Lombardi  accorsi  quasi  crociati, 
preso;  e  nel  1301  con  altri  de' suoi ,  e  con  la 
sua  Margherita  arso  vivo.  Altri  de' seguaci  mo- 
rirono di  fame  o  di  freddo  ,  altri  affogati,  al- 
tri di  ferro  ,  o  d' altre  crudeli  pene ,  le  quali 
forse  avran  data  al  P.  l'idea  del  canto.  lo- 
uanzi  di  giustiziarlo  ,  fu  ,  con  alcuni  pochi , 
tratto  su  un  carro  per  le  vie  con  bracieri  da 
arroventar  le  tanaglie  ,  e  strappa van  loro  le 
«arni  ;  e ,  s(rappatele ,  le  gettavan  sul  fuoco: 
<^  pure  ned  egli ,  né  la  bella  e  ricca  Marghe- 
rita, ned  altri  vollero  ritrattarsi.  Conviene  dì- 
re  che  il  male  si  fosse  ampliato,  se  l'Ano- 
nimo vide  in  Padova  ardere  ventidue  villani 
l>er  simile  fallo  (Vili.,  Vili,  84). 

21.  Indi.  Virg.  :  in  verbo  vestigia  fonti. 

22.  Altro.  Passa  agli  autori  di  divisioni 
)»olitiche.  Virg.  :  Pùpulataque  tempora  raptii 
Auribui,  al  truncas  inhonesto  vulnere  naret, 

23.  Canna.  Peccò  specialmente  io  parola: 
però  nella  gola  è  ferito. 


23    Restato  a  riguardar  per  maraviglia 
Congli  altri,  innanzi  agli  altri  aprila  canna 
Ch'era  di  fuor  d'ogni  parte  vermiglia, 

2^    £  disse:  o  tu  cui  colpa  non  condanna, 
Tu  cui  già  vidi  su  in  terra  latina. 
Se  troppa  somiglianza  non  m*  inganna  ; 

25  Rimembriti  di  Pier  da  Medicina 
Se  mai  tomi  a  veder  lo  dolce  piano 
Che  da  Vercello  a  Marcabò  dichiot. 

26  E  fa  sapere  a'  duo  miglior  di  Fano, 

A  messer  Guido  ed  anche  ad  Angiolello, 
Che,  se  V  antiveder  qui  non  è  vano, 

27  Gittati  saran  fuor  di  lor  vasello, 
£  mazzerati  presso  alla  Cattolica 
Per  tradimento  d' un  tiranno  fello. 

28  Tra  1*  isola  di  Cipri  e  dì  Maiolica 
Non  vide  mai  si  gran  fallo  Nettuno, 
Non  da  pirati,  non  da  gente  argolica. 

29  Quel  traditor  che  vede  pur  con  i*uno, 
E  tien  la  terra,  che  tal  è  qui  meco 

25.  Pise.  Dal  P.  conosciuto  :  sparse  odii  tia 
Guido  da  Polenta  e  Malatestino  di  Rimiai 
Era  di  chiara  famiglia  de' Cattaui ,  di  Medici» 
na  nel  Bolognese  :  fnordt(or  lo  chiama  il  ^ 
gliu  di  Dante.—  Dolce.  Virg.  :  Duiee$ 
La  Lombardia  che  dal  distretto  di  Vercelli] 
duecento  e  più  miglia  s'abbassa  Gno  a 
cabò  ,  castello  ora  distrutto ,  non  lontaa  di 
Ravenna. 

26.  Duo.  Angiolello  di  Cagnano  e  Guido  del 
Cassero  ,  da  Malatestino ,  fratel  di  Giaaciel* 
to ,  il  marito  di  Francesca  da  Rimioi ,  invi» 
tati  a  stringere  non  so  che  parentela;  e  ar* 
vistisi  a  lui  per  mare  ,  e' li  fece  soromergei» 
presso  la  Cattolica,  borgo  tra  Rimini  e  Faao» 
oggi  misera  terra. 

27.  Vasello.  Nave  (Purg.  ,  li,  14). 

28.  Cipri.  L'usa  in  prosa  il  Boccaccia. 
Quest'è  la  più  orientale  isola  del  Mediterra- 
neo. —  Maiolica.  La  maggiore  delle  Baleari, 
è  la  più  all'occidente.  ^  Fallo.  Per  ddUte 
ha  molti  esempi.  — Nettuno.  Per  mari.  Pifc 
volte  in  Virg.  —  Aegolica.  1  Greci  dipiofi 
Virg.  traditori.  Ott.  :  jlfo{(t  a  crud^U*  moli  so- 
no elati  fatti ,  e  ii  fanno  nel  mare  MedUtt' 
raneo  per  corsari  di  divene  generazioni  e  Imip 
gu€  :  e  per  Greci  ^  e  per  Latini ,  e  CrìMtiemi 
e  per  Saraeini. 

29.  TRAniTOR.  Malatestini.  F.  canto  prece- 
dente. -^  Uno.  Diciamo  non  aver  uno  ,  cioè 
quattrino  o  simile:  non  ne  far  una  di  bene. 
—  Tien.  Virg.  :  Regna  icnct.  Rimini  che  C» 
rione  vorrebbe  non  avere  mai  vista.  —  Digio- 
No.  Ar.  :  Vorrebbe  deU*  tmprtio  fuer  digimm» 


CANTO    XXVIII. 


207 


Vorrebbe  di  vedere  esser  digiuno, 

30  Farà  venirgli  a  parlamento  seco: 
Poi  fnrà  si,  ch*al  vento  di  Focara 
Non  farà  lor  mestier  voto  né  preco. 

31  Ed  io  a  lui  :  dimostrami  e  dichiara , 
Se  vuoi  eh*  i'  porti  su  di  te  novella, 
Chi  è  colui  dalla  veduta  amara. 

32  Allor  pose  la  mano  alla  mascella 
D'ansuo compagno, e  la  bocca  gli  aperse 
Gridando:  questi  è  desso,  e  non  favella. 

33  Questi,  scacciato,  il  dubitarsommerse 
In  Cesare  ,  affermando  che  '1  fornito 
Sempre  con  danno  l' attender  sofferse. 

3^    O  quanto  mi  pareva  sbigottito  , 
Con  la  lingua  tagliata  nella  strozza , 
Curio  eh'  a  dicer  fu  cosi  ardito  1 

Varrone  :  Jejunis  oculis.  L'osa  in  prosa  il  Boc- 
caccio. 

30.  Focara.  Monte  della  Cattolica.  Foce  di 
venti  impetuosi. 

31.  Novella.  Racconta  il  Boccaccio  che 
au  donna  di  Verona  in  vedendo  passare 
1'  AHighieri  per  via  disse  ad  altre  compagne: 
Vtd9i9  eoM    che   va  nelV  Inferno  ,    0   toma 

^imando  gii  piace  ,  e  quassù   reca  novelle  di 
coloro  che  iaggià  sono.  K  un'  altra    rispose  : 
Jfon  vedi  tu  eom*  egli   ha  la  barba  crespa   e 
«I  colon  ònino  per  lo  caldo   e  per   lo    fumo 
<h*è  laggiù^  Di  che  egli  si  compiacque  e  sor- 
rise. —  Amara.  Dicesi  anco    della    persona 
die  solTre.  Uo  antico  :  O  donna  afflitta  ,  a- 
mara  ed  infelice,  Reg.  (  1  ,  30  )  :  Amara  erat 
assima  uniuseujusque  viri  super  filiis  suis. 

33.  Scacciato.  Da  Roma.  Lucano  gli  fa  di- 
re: FtlUmur  e  patriis  laribus,  —  Dubitar. 
Loc.  :  Dubiaeque  in  praelia  menti  Urguentes 
addunt  stimulot.  —  Fornito.  Dino:  Si  for- 
niste e  apparecchiassesi  alla  difesa.  Lue:  Dum 
trepidarU  nullo  firmatae  robore  partes  ,  Tolle 
mofOf  :  Htnper  nocuit  differre  paratie.  Pària- 
hor  atque  metus  pretto  majore  petuntur.  Dante 
per  affrettare  Arrigo  a  venire  in  Toscana  gli 
rammeota  questo  verso  :  Tanto  la  passion  gli 
ficea  velo, 

34.  Sbigottito.  Eccl.  (  V  ,  17  )  :  Suturra- 
tori  •  • .  odium  ,  et  inimicitia ,  et  eontume- 
Uà,  -—  Lingua.  Lue.  :  Audax  t7efialì  camita- 
twr  Curio  lingua,  —  Ardito  !  Lue.  ;  Vox  quon- 
dam populi .  libertatemtiue  tueri  Ausus. 

35.  Mozza.  Peccò  di  consiglio  e  di  mano. 
Virg.  :  Lacerum  ...  ora,  manusque  amb(u, — 
MoNciiBRiN.  Novellino,  LUI:  Trasse  fuori 
uno  mo  moncherino ,  che  avea  meno  V  una 
MMiAo.  —  Fosca,  Virg.  nella  pittura  del  mu- 
tilato Deifobo  ;  aggiunge  quasi  fondo  al  qua- 


35  Ed  unch  avea  runa  e  Taltra  man  mozza. 
Levando  i  moncherin  per  i*aura  fosca 
Si  che  '1  sangue  facea  la  faccia  sozza  , 

36  Gridò:  ricorderatti  anche  del  Mosca , 
Che  dissi,  lasso:  capo  ha  cosa  fatta: 
Che  fu  '1  mal  seme  della  gente  tosca. 

37£d  logli  aggiunsi:  e  morte  di  tua  schiatta! 
Perch'egli  accumulando  duol  con  duolo  , 
Sen  glo  come  persona  trista  e  matta . 

38  Ma  io  rimasi  a  riguardar  lo  stuolo  , 
E  vidi  cosa  eh*  i*  avrei  paura  , 
Senza  più  pruova  ,  di  contarla  solo  : 

39  Se  non  che  conscienzia  m'  assicura , 
La  buona  compagnia  che  luom  francheg- 
Sotto  r  osbergo  dei  sentirsi  pura.      (  già 

iO    r  vidi  certo,  ed  ancor  par  ch'ioi  veggia, 

dro  :  per  umbrcu,  —  Sozza.  Virgilio  :  Foeda- 
vit  vultus. 

36.  Mosca.  Lamberti  ,  ai  parenti  ed  amici 
degli  Ainrdei  adunatisi  nelle  case  degli  liberti 
a  deliberare  la  vendetta  del  torto  ricevuto  da 
uno  de'  Buondelmonti  (  che  sdegnò  la  fanciulla 
degli  Amidci  per  isposare  altra  de'  Donati  ) 
disse,  incurandoli  a  vendetta  di  sangue:  cosa 
fatta  capo  ha  :  cioè  :  opera  non  lasciata  a 
mezzo  ha  più  agevole  un  termine.  Da  questo 
consiglio  vennero  le  discordie  di  Firenze  ,  le 
fazioni  guelfa  e  ghibellina,  le  sventure  di  tutta 
Toscana.  Ott.  :  Per  la  cui  morte  nacque  . .  . 
quella  divisione  d*  animi ,  che  non  pare  che 
mai  debbia  finire;  d'  onde  innumerabili  morti, 
e  fedite,  e  ruberie,  e  arsioni ,  0  presure,  e 
esilii  ,  e  povertadi ,  e  tnome  ,  e  avoUerii ,  e 
altri  mali  sono  seguiti  tn  Toscana  :  .  .  t 
Lamberti ,  uomini  e  femmine  ,  ne  hanno  sof- 
ferta pena  chi  di  morte  ,  chi  d*  esilio ,  di  di- 
struzione di  beni  .  .  . 

38.  Ma.  Nel  senso  virgiliano  di  copula  ,  non 
di  ritrattazione.  —  Paura.  Per  tema ,  è  nei 
trecentisti;  ma  non  imitabile. 

39.  Conscienzia.  Questa  protesta  non  sok> 
tende  a  scusare  la  singolarità  della  cosa  ;  ma, 
trattandosi  d' uomo  famoso  e  ammirato  da 
Dante ,  tende  a  mostrare  eh*  egli  a  nessuno 
perdona  se  turbatore  della  pubblica  pace.  — 
Osbergo.  Anco  in  prosa.  Horat.  :  Biemurus 
aheneus  esto,  ^il  conscire  sibi,  S.  Bem.:  Fof' 
titudo  tua  fiducia  fidelis  conscientiae.  Y.  S. 
Padri  :  La  rocca  delta  buona  coscienxia,  B. 
Giamboni  :  Nulla  cosa  fa  V  uomo  pauroso  se 
non  la  coscienza  della  biasimevole  vita.  Nelhi 
Mon. ,  8'  arma  della  lorica  della  fede  per  an- 
nunziare il  vero  e  difenderlo  (  pag.  55  ), 

40.  Vidi.  Viene  ,  dice  l' Anon.  ,  a  qne'cho 
commisero  discordia  tra  stretti  congiunti.  — 


208 


D  E  L  U    INFERNO 


Un  busto  senza  capo  andar ,  si  come 
Aodavan  gli  altri  della  trista  greggia. 

j^l  E'i  capo  tronco  tenea  per  le  chiome 
Pesol  con  mano  a  guisa  di  lanterna: 
E  quei  mirava  noi,  e  diceva  :  o  me  ! 

42    Di  sé  faceva  a  sé  stesso  lucerna  ; 
Ed  eran  due  in  uno,  e  uno  in  due. 
Com'esser  può,  quei  sa  che  si  governa. 

US    Quando  diritto  appiè  del  ponte  fue, 
Levo  1  braccio  alto  con  tutta  la  testa 
Per  appressarne  le  parole  sue: 

hk    Che  furo:  or  vedi  la  pena  molesta 

Un.  Bertrando  y  troratore  illastre,  di  cai  molte 
serveniesi  conservansi  ueUa  YaticaDa  e  nella 
LaareDziana.  Goaacone  di  patria ,  ardente  agli 
amori  ed  agU  odii.  Visse  alla  fine  del  XI l  se- 
colo ,  e  fb  ceppo  deUa  famigUa  d'Haatefort: 
onorò  in  gioventù  la  duchessa  di  Sassonia  * 
figUa  d' Enrico  11 ,  msdre  d' Ottone  lY  ;  ebbe 
in  custodia  ed  amò  grandemente  il  fratello 
di  lei  Enrico  ,  detto  il  re  giovane  ,  perchè 
coronato  in  giorane  età  ;  tenne  per  esso  il 
casteUo  d' Altaforte  in  Goascogna  ;  V  incitò  a 
mover  gaerra  al  fratello  Riccardo  conte  del 
Fbiiù  e  di  Gnienna ,  indi  al  padre  stesso  ;  e 
poiché  morte  gli  rapi  il  ano  diletto ,  lo  pianse 
ne'  versi ,  e  di  cuore.  Assediato  da  Enrico  11 
in  Altaforte  ,  fb  preso ,  e  perdonato  per  amore 
del  figlio.  Mori  monaco  cistcrciense. 

41.  Pbsol.  PèsoUme ,  per  penzolonB ,  è  nel 
Vili.  In  un  dramma  bretone  ,  s.  TrifBna  con- 
dannata a  morte  esclama:  R  dì  del  giudixio 
i'  mi  pntente^  a  G»  C.  e<m  in  mano  il  mio 
eapo  ,  ed  egli  lo  farà  vedere  a'  miei  condan- 
natori, e  U  maledirà, 

42.  Lucerna.  Degli  occhi  del  capo  ch'ave- 
va tra  mano,  faceva  quasi  lume  a' passi  del 
tronco  —Può.  S.  Agost.,  nota  il  Lombardi,  di- 
mostra V  abilità  dell'  anima  ad  informare  cor- 
pi separati,  con  l'esperienza  de'  polipi. 

43.  Tutta.  Bocc:  Portò  U  letto  con  tutto 
Jf.  Torello.  —  Tista.  In  una  canzone  di  Bre- 
tagna che  dipinge  l'inferno:  Vi  taglieranno 
la  testa  e  trifirete  :  ee  la  getteranno  i  demonii 
t  uno  con  V  altro  ;  e  vivrete. 

44.  Yxoi.  Bibbia  :  Atiendile  et  videte  ei  ett 
dolor...  sicut  dolor  meue. 

45.  Quelli.  Per  ^luegli  :  anco  in  prosa.  — 
Giovanni.  Giovanni  Senzaterra,  figlio  d'Enri- 
co II  d'Inghilterra  e  ribelle  al  padre;  come 
rUMlli  gli  furono  i  suoi  due  fratelli  Riccardo 
Cor  di  leone,  ed  Enrico  il  Giovane  il  quale 
morì  nel  11S3  ;  ed  in  Martel ,  città  di  Fran- 
cia, mostrasi  tuttavia  la  casa  dovegli  morì. 
Bertrando  veramente  eccitò  questo  giovane  più 


Tu  che,  spirando  vai  veggendo  i  morti  : 
Vedi  s*  alcuna  è  grande  come  questa. 

45    E  perchè  tu  di  me  novella  porti» 
Sappi  ch*i son Bertram  dal  Bornio, quelli 
Che  diedi  al  re  Giovanni  i  ma'  conforti. 

(•6    r  feci  1  padre  e  i  figli  in  sé  mbelli. 
Achitòfel  non  fé  più  d*  Absalone 
E  di  David  co'  malvagi  pungelli. 

47  Perch'  i*  parti*  cosi  giunte  persone, 
Partito  porto  il  mio  cerebro,  lasso, 
Dalsuo  principio  ch'è'n  questo  troncone. 

48  Cosi  8  osserva  in  me  lo  contrappasso. 

che  gli  altri  alla  guerra  :  onde  taluno  vorreb- 
be leggere  :  che  diedi  al  re  giovane  ,  o  eh*  al 
re  giovane  diedi  i  ma*  conforti.  Ma  se  il  ICo- 
velUno  chiama  Enrico  II  il  re  giovane,  U  YilL 
e  l' Ott.  lo  chiaman  Giovanni  ;  e  la  coofetio* 
ne  commessa  dal  Vili,  poteva  sfuggire  anco 
a  Dante.  Col  più  de* codici  scrivo  Giovamm. 
Mori  ribelle  anco  questi. 

46.  RuBBLLi.  Da  hellum  :  di  qnaloiiqM 
guerra  può  dirsi  etimologicamente  che  1'  em 
nemico  contro  l'altro  è  ribelle.  — Acbito- 
FÉL  (  Reg. ,  li ,  16  ).  Consigliò  ad  Assalonne 
violare  le  concubine  del  padre  e  combatterlo. 
Vinto  Assalonne,  Achitòfel  s'impiccò. 

47.  Parti'.  Prov.:  Homo  pervenni  euediai 
Utes,  et  verbosus  eevarat  principes.  —  Pmai — 
cipio.  li  principio  ael  cerveUo  Aristotele  cAh- 
altri  poneva  nella  midolla  spinale. — ^TaoNGom.. 
Virg.:  ingeni,.,  trìtneui  d'un  corpo  senza  capa— 

48.  Osserva.  La  legge  del  taglione,  da  cmi^- 
tra-patior  antipepontùs,  voce  del  tempo.  QneM^ 
legge  in  tutti  quasi  i  supplizii  di  Dante  s'oac* 
serva.  Quante  memorie  in  questo  canto  !D'aM- 
tichi  Torno,  Annibale,  Maometto,  Ali,  Caria- 
ne, Achitofello;  di  moderni  la  rotta  di  M^- 
fredi ,  la  rotta  di  Corredino ,  Fra   Dolcino  # 
Piero  Cattaui,  il  Mosca,  Bertrando;  gU  sciaari 
religiosi  e  i  politici,  Firenze  e  la  Romagnaa 

ì\  regno  di  Napoli,  il  Piemonte  e  l'iaghiliertt. 
e  la  Francia,  e  l'Oriente  ;  e  le  divisioni  di- 
gli imperi  e  de'regni  e  delle  rep.;  e  cittidiiia 
principi  e  cortigiani  e  frati  ;  e  un  de'sooi  ca- 
noscenti,  e  uno  degli  uomini  da  lui  ammirtttt, 
e  posto  fra' tre  fondatori  della  moderna  pe^ 
sia,  là  nel  Volg.  Eloquio,  dove  egli»  Dante» 
nominasi  cantore  della  rettitudine ,  Gino  dii- 
r amore,  Bertrando  dell'armi.  Questa  variala 
di  memorie  aggiunge  alla  fantasia  penne  a  vi* 
ta,  fa  la  poesia  veramente  europea.  Questa i» 
parzialità  di  biasimare  gli  amati  è  apaciaK 
mente  a' di  nostri  esemplare.  Che  gli  QomM 
si  voglion  tutti  d'un  colore  e  d'un  peno,  • 
vermi  o  Dii. 


209 


CANTO    XXIX. 


ARGOMENTO. 


Tra'  ieminaiùri  di  $eandali  trova  un  ino  parmte  :  poi  'giunge  aUa  decima 
bolgia  y  dote  sono  puniti  i  faUifieatori  d  ogni  genere  ,  con  fetide  piaghe  ,  marciu- 
me ,  icabbia  :  perchè  j  dice  Pietro  di  Dante ,  ogni  falsità  procede  ab  anxietate  cor- 
rapti  iotellectus^  ut  aegritudo  corporalis  a  corrupto  humore  corporeo.  Tre  falsità 
digiingue  :  in  cose  ,  in  aiti ,  in  parole»  Della  prima  son  rei  i  falsarli  di  moneta  , 
tìriffolino  e  Capocchio  ;  della  seconda  chi  contraffece  sé  stesso ,  come  Gianni 
'  '  e  Mirra  ;  della  terza  i  menzogneri  e  calunniatori  ,  come  la  moglie  di  Fu- 
Ufaim  e  Siwmok  Distinzione  data  dal  figlio  di  Dante, 


Nou  le  terzine  1,  3;  la  6  alla  12;  la  15,  16,  17,  20;  la  22  alla  26;  la  28,  29,  33, 
41,  42,43,  46. 


8 


Là  molta  gente  e  le  diverse  piaghe 
ÀTean  le  luci  mie  si  inebriate 
6be  dello  stare  a  piangere  eran  vaghe. 

Ma  Virgilio  mi  disse:  che  pur  guate? 
Perchè  la  vista  tua  pur  si  sofTolge 
Laggiù  ,  tra  Tombre  triste  smozzicate? 

Tu  DOD  hai  fatto  si  air  altre  bolge. 
Pensa  ,  se  tu  annoverar  le  credi , 
Che  miglia  ventiduo  la  vaUe  volge. 


1»  Molta.  La  nona  bolgia ,  s' é  detto,  era 
fiii  gremiu  delle  altre.  —  Inbbriatb.  Frase 
«cU'oso  vivente  toscano.  Is.  (X\Xl\ ,  7).  ìm- 
bnakUmr  terra  eorum  sanguina.  —  Vaghk. 
Clalr.:  L§  luH  mie  di  pianger  vaghe.  Piange 
a  •*  t4Nrmeoti ,  e  alla  cagione  di  quelli ,  Je 
discordie  cìtìIì  ,  delle  qaali  anch'  egli  fu 
Tittiaa. 

2.  SoyroLGK.  Si  forma,  a' attacca.  Lat.  hae- 
nL  Far.  (XXIll ,  44)  :  Uberià  che  si  soffolce 
às  fuM arche .. .  L'usa  l'Ar.  (XIV,  50; 
XXTU,  84). 

4.  Gli.  Ne*  pleniluni i ,  la  luna  a  sera  è  sul- 
rorizioDte,  a  mezianotte  nello  lenit ,  il  mez- 


6 


E  già  la  luna  e  sotto  i  nostri  piedi  : 
Lo  tempo  è  poco  omai  che  n'è  concesso  ; 
E  altro  è  da  veder  che  tu  non  vedi. 

Se  tu  avessi,  rispos'  io  appresso. 
Atteso  alla  cagion  perch'  i*  guardava  , 
Forse  m'avresti  ancor  lo  star  dimesso. 

Parte  sen  già  (ed  io  retro  gli  andava) 
Lo  duca  ,  già  facendo  la  risposta  , 
E  soggiungendo  :  dentro  a  quella  cava 


xodl  seguente  al  nadir ,  cioè  per  1*  appunto 
sotto  i  piedi  di  chi  è  posto  nel  mezzo  della 
terra.  Ha  già  detto  che  la  notte  precedente 
la  luna  era  tonda  (Inf.,  XX):  dunque  sei  ore 
lontano  dal  dì  :  dunque  il  sole  era  a  mezzo- 
dì e  venti  minuti  :  calcola  TOtt.  —  Poco.  Fi- 
no a  sera. 

5.  Dmsso.  Concesso.  Lat.  dimittere, 

6.  Parte.  Modo  antico  ,  e  pur  della  pro- 
sa, per  intanto,  Petr.:  E  parte  ad  or  ad  or 
ti  votge  a  tergo.  Bocc.  (  Vili ,  1)  :  Parte  che 
lo  scolare  questo  diceva ,  la  donna  piangeva 
continuo. 


27 


210 


DELL'   INFERNO 


7  Dov*  i'  teneva  gli  occhi  si  a  posta» 
Credo  uno  spirto  dei  mìo  sangue  pianga 
La  colpa ,  che  laggiù  cotanto  costa. 

8  Allor  disse  1  maestro  :  non  si  franga 
Lo  tuo  pensier  da  qui  'nnanzi  sovr'  ello|: 
Attendi  ad  altro  ;  ed  ei  là  si  rimanga. 

9  Ch'  i'vidi  lui  appiè  del  ponticello 
Mostrarti ,  e  minacciar  forte  col  dito; 
E  udi'  *1  nominar  Gerì  del  Bello. 

10  Tu  eri  allor  sì  del  tutto  impedito 
Sovra  colui  che  già  tenne  Altaforte  , 
Che  non  guardasti  in  là  ,  si  fu  partito. 

11  Qduca  mio  ,  la  violenta  morte 
Che  non  gli  è  vendicata  ancor,  diss'  io. 
Per  alcun  che  dell'onta  sia  consorte, 

12  Fece  lui  disdegnoso;  ondo  sen  gio 
Senza  parlarmi,  si  com'  io  stimo. 
Ed  in  ciò  m*ha  e' fatto  a  sé  più  pio. 

13  Cosi  parlammo  insino  al  luogo  primo 

8.  Franga.  Gic.  (AU.,'lib.  12):  Frangi 
misericordia,  Reg.  (  11 ,  11  :  Non  té  frangat 
irta  res.  —  Rimanga.  Come  nel  e.  Vili. 

9.  Gerì.  Zio  cugino  di  Dante,  fratello  di 
Clone  Allighieri.  K.  Pelli  (  p.  32  ,  33  ,  34;. 
Virg.ne  parla  com'aoroo  che  non  conosceva  chi 
e*  fosse.  Questi  Ai  ucciso  da  un  do' Sacchetti. 

10.  Colui  (c.  XXVUI,  40). 

11  Ancor.  La  vendetta  era  allora  tenuta  de- 
bito sacro.  Cron.  Veli.  :  VilluteUo  (moribon- 
do per  ferita  rice?uta  )  lasciò  cinquecento  fio- 
rini a  chi  facesse  la  sua  vendetta.  Dante:  Che 
beli*  onor  s'acquista  in  far  vendetta.  Non  cre- 
do però  che  il  P.  qui  si  mostri  sitibondo  di 
sangue  nemico ,  egli  che  nel  XII  dell'  Infer- 
no punisce  la  vendetta  di  Guido  contro  un 
cugino  deir  uccisor  di  suo  padre  ;  egU  che  i 
Sacchetti  nomina  nel  Par.  senza  gravarli,  co- 
me sopr' altri  fa,  d'alcun' onta;  egli  che  il 
Sroprio  cugino  caccia  in  Inferno,  come  scan- 
aloso  :  ed  era ,  dice  1'  Anonimo  ,  anche  fal- 
sario ,  che  non  credo.  Anzi ,  soggiunge  l' Ano- 
nimo stesso  f  vuole  il  poeta  biasimare  la  rab- 
bia di  vendetta  che  lo  perseguita  fin  nell' in- 
ferno. Certo  è  cheGeri  fa  vendicato  trentan- 
ni dopo  la  morte  da  un  suo  figlio  occisordi 
un  Sacchetti.  —  Consorte.  Ovidio  :  Consor- 
tes...  ^^generisque  necisque, 

12.  Io.  Disillabo.  Petr.:  Ch' accolga  il  mio 
spirto  ultimo  in  pace,  —  Pio.  Il  contrasto  fra 
1.1  pietà  e  la  giu>tizia  della  condanna,  èqui 
^grandemente  poetico ,  come  in  Brunetto ,  in 
Farinata  ,  in  Francesca  ,  nei  tre  Fiorentini. 

i'A,  .Vostra.  Yirg.  :  MonstratUur  ...  cam- 
pi. Dante  uemico  di  tutte  falsità >  pone  1  falsi 


Cho:  deUo  scoglio,  l'altra  valle  mostra. 
Se  più  lume  vi  fosse,  tutto  ad  imo. 
ih  Quando  noi  fummo  in  sul'ultima  chiostra 
Di  Halebolge,  si  che  i  suoi  conversi 
Potean  parere  alla  veduta  nostra; 

15  Lamenti  saettaron  me  diversi , 
Che  di  pietà  ferrati  avean  gli  strali; 
Ond*io  gli  orecchi  con  le  man  copersi.  ^ 

16  Qual  dolor  fora  se  degli  spedali 

Di  Yaldichiana,  trai  luglio  e  1  settembre, 
E  di  Maremma  e  di  Sardigna  i  mali 

17  Fossero  in  una  fossa  tutti  insembre  ; 
Tal  era  quivi,  e  tal  puzzo  n'usciva 
Qual  suole  uscir  delle  marcite  membre. 

18  Noi  discendemmo  insù  l'ultima  riva 
Del  lungo  scoglio,  pur  da  man  sinistra: 
E  allor  fu  la  mia  vista  più  viva 

19  Giù  ver  lo  fondo,  dove  la  ministra 
Dell'alto  Sire,  infallibil  giustizia, 

sotto  l'ipocrisia  e  sotto  il  furto.  La  distrilw- 
zione  delle  pene  non  è  gran  fatto  teologica , 
ma  onora  T  animo  del  P.  Secondo  la  viltà  dal- 
la colpa  e' ne  giudica  la  gravità. 

14.  Chiostra.  Petr.  :  Di  bei  colU  ombfmm 
chiostra.  Ma  qui  lo  prende  anco  in  senso  di 
monastero  ;  e  prende  conversi  in  senso  di  Iwh 
smutati  e  di  frati.  Allusione  forse  maligna* 
Purff.  :  Al  chiostro  Nel  quale  è  Cristo  a6ola... 

15.  Strali.  Più  ardire  e  più  squisitetza  é 
nella  frase  delle  Rime  :  Guai  Che  di  tritfòùi 
saettavan  foco.  Cino  :  Saetta  ferrata  di  pte* 
cerB,  Lucret.  :  Telis  perfixa  pavoris.  Parad-,- 
1  :  Strali  />*  ammirazione,  Petr.  (  1  ^  SM  )  : 
Una  saetta  di  pietade  ha  presa  E  qumei  e 
quindi  lor punge  ed  assale.  Petr.  (Tr.  Cosi.): 
in  fredda  onestate  erano  estinti  Li  dorali  IMÌ 
strali  accesi  in  fiamma  D^  amorosa  belMe, 
e  in  piacer  Itnlt. 

16.  VALnicHiANA.  Ora  non  più  Insalabra: 
com'  li  tuttodì  la  maremma  tra  Pisa  e  Sieia. 
—  Sardigna.  Anco  in  prosa  ;  dove  ,  dice  la 
Anon. ,  f  t  genera  questa  pestileniia  per  U  venr 
ti  che  traggono  da  Gntiino, 

17.  Insembrr.  Da  simul  ;  come  aemlran 
da  simulare.  —  Pezzo.  Anon.  :  Sieeomé  M 
hanno  avuta  la  mente  e  l'operazione  eui  loMt 
e  malsana  in  falsificare ,  così  la  giuslixits  M 
Dio  gli  punisce ,  che  gli  fa  essere  corrtM  ^ 
sangue  e  nella  carne ,  e  nelle  mper/tiMladì. 

18.  DiscBNDBMMO.  Dal  ponte  boU' argine  » 
come  nel  e.  XXIV. 

19.  Sire.  iNcl  300:  Sire  Dio.  —  Falsatm* 
Non  tutti  dunque  gii  alchimisti  :  ma  i  soli 
falsarli.  Lo  dimosira  a  luoghi  1'  Anun.  ,  tei- 


CANTO    XXIX. 


211 


Panisce  i  falsator,  che  qui  registra. 

20  Non  credo  ch'a  veder  maggior  tristizia 
Fosse  in  Egina  il  popoi  tutto  infermo, 
Quando  fu  l*aer  si  pien  di  malizia 

21  Che  gli  animali  inGno  al  piccioi  vermo, 
Cascaron  tutti  ;  e  poi  le  genti  antiche, 
Secondo  che  i  poeti  hanno  per  fermo, 

22  Si  ristorar  di  seme  di  formiche  ; 
Ch*  era  a  veder  |)er  quella  oscura  valle 
Languir  gli  spirti ,  per  diverso  hichc. 

23Qualsovra*l  ventre,e  qual  sovrale  spalle 
L'uo  deir  altro  giacea,  e  qual  carpone 
Si  trasmutava  per  lo  tristo  calle. 
ih    Passo  passo  andavam  senza  sermone, 
Guardandlo,  e  ascoltando  gli  ammalati 
Che  non  potevan  levar  le  lor  persone. 
25    Io  vidi  duo  sedere  a  se  appoggiati , 
Come  a  scaldar  s'appoggia  tegghia  a  teggliia, 
Dal  capo  a  pie  di  schianze  maculati. 


la  a.  Tommaso  (  Qoaest.  LXXVIII ,  art.  1  ) 
che  dice  r  alchimia  lecita  ,  e  potersi  vendere 
per  booDO  il  metallo  che  8e  ne  trae.  11  qaal 
passo  della  Somma  è  commentalo  anco  da 
Pietro  di  Dante  :  Ma  non  solo  con  alchimia 
U  fyò  faUar  le  monete  :  puotesi  eziandio  eom- 
«altare  fmliaeia  in  coniarle ,  e  batterle  .  .  . 
éi  mm9r§  tega  che  non  è  V  usato  ordirle  :  la 
fuoii  è  pmbbUea  fraudolen%ia  :  imperocché , 
gkcome  moifra  ti  filosofo  nel  V.  dell*  Etica , 
la  moneta  fu  trovata  per  comune  utile  e  ben 
éiflì  mommi:  e  perciò  ehi  commette  in  quella 
pimde ,  mette  disordine  e  ingiustizia  di  quello 
fli  fiMile  fine  ella  fu  diretta  e  ordinata.  Due 
apedt  adimqoe  di  falsatori  son  qui  paniti; 
^pe'cbe  AdsaDO  con  alchimia ,  e  que'chesce- 
■ano  U  lega.  Certo  il  P.  ebbe  qni  r  occhio 
al  passo  toccato  dell'  Etica  ,  e  considerò  la 
ftlsilieaxioiie  come  perturbatrice  del  sociale 
ceanaereio»  però  la  gravò  di  tal  pena. — Qui. 
Hai  mondo  li  scrive  nel  libro  de' dannati, 
ll^già  li  punisce:  i4ber  scriptus  proferetur,  ec. 

SO.  E«ucA.  (Or.,  Met. ,  VII).  Egina  giacque 
con  Giove  :  onde  Giunone  mandò  la  peste  nel- 
fiaela.— Malizia.  Dell'aria,  Tosa  il  Crescenz. 

tS.  BiSToalR.  Ov.  ,  VII  :  Tu  nùhi  da  ci- 
wms  ei  mania  mcenia  reple. — Fosmicbb.  On- 
f  popoli  ftaron  detti  JHirmùfom*.  Dante  avrà 
la  peste  cosa  storica  ;  però  soggiun- 1 

il 


2G    E  non  vidi  giammai  menare  stregghia 
A  ragazzo  aspettato  da  signorso , 
Né  a  colui  che  mal  volentier  vegghia, 

27  Come  ciascun  menava  spesso  il  morso 
Del r unghie  sovra  sé,  per  la  gran  rabbia 
Bel  pizzicor  che  non  ha  più  soccorso. 

28  £  si  traevan  giù  l'unghie  la  scabbia  , 
Come  coltel  di  scardova  le  scaglie , 

O  d'altro  pesce  che  più  larghe  l'abbia. 

29  O  tu  che  con  le  dita  ti  dismaglie, 
Cominciò  '1  duca  mio  a  un  di  loro, 
£  che  fai  d'esse  talvolta  tanaglie; 

30  Dimmi  s' alcun  Latino  è  tra  costoro 
Che  son  quinc'entro  ;  se  l'unghia  ti  basti 
£ternalmente  a  cotesto  lavoro. 

31  Latin  sem  noi  che  tu  vedi  si  guasti 
Qui  ambodue,  rispose  l'un  piangendo: 
Ma  tu  chi  se'che  di  noi  dimandasti  ? 

32  £  1  duca  disse:  i'sono  un  che  discendo 


00  ,  mconao  eh$  i  poeti ,  per  indicare  che 
RSlo  era  fhrola.  —  Biche.  Corone  di  grano 
mamomì^to:  qoindi  ogni  cosa  ammucchiata. 
CmI  ai  apiega  VaMriearn  del  e.  IX. 

SI.  CABrosiB.  Come  dato  alle  cose  terrestri. 
^TAAtauTATA.  L' ha  11  Boccaeelo,  e  I  Toscani  I 


dicono  tuttodì  tramutarsi.  Gli  alchimisti  per 
troppo  trattare  il  mercurio  e  sostanze  simili , 
al  dir  d'Avicenna,  e  d'altri,  diventavano  pa- 
ralitici (1.  II,  tr.  11,  e.  47). 

25.  Sé.  L'uno  all'altro,  o  schiena  a  petto, 
0  petto  a  schiena,  o  in  modo  consimile.  La 
similitudine  é  degna  del  luogo ,  rammenta  i 
fornelli  ed  il  ftioco  degli  alchimisti.  Montai- 
gne :  Si  faut'il  savoir  reldeher  la  eorde  à  tou" 
te  sorte  de  tons  ,  et  le  plus  aigu  est  celui  qui 
vient  le  moine  souvent  en  jeu . .  .  Les  plus 
grande  mattres,  et  Xénophon  et  Platon,  on  les 
voit  souvent  se  reldeher  à  celle  basse  fapon  et 
populaire  de  dire  et  de  traiter  les  choses,  la  sou- 
tenant  de  gràees  qui  ne  leur  manquenijamais, 

26.  SiGNoaso.  Suo  signore.  I  napoletani  tut- 
tora :  mogliema ,  potrete.  Come  servo  fk^tto- 
loso ,  perché  aspettato  o  perché  sonnolento  » 
striglia  a  furia ,  e  così  costoro  si  grattono  : 
simbolo  dello  smanioso  adoprarsi  che  fecero 
in  cose  di  che  non  dovevano  mai  essere  sod- 
disfatti. Buon.  (Fiera):  Rinvolto  nella  scab- 
bia ,  Con  tanta  fretta  si  rade  e  si  eortica , 
Ch*  io  non  vidi  giammai  H  presta  stregghia 
Menar  da  servo  che  'l  signor  solleciti* 

27.  Morso.  Virg.  :  Fibula  mordet. 

28.  ScAROovA.  Pesce  di  larghe  squamme. 

29.  Tanaglii.  Con  l'ogne  si  smaglia,  si 
leva  le  croste  quasi  ammagliate ,  poi  le  strap- 
pa .  e  con  esse  la  carne  marcia.  Buonarr.  (Pie-      i 
ra  )  :  Che  fa  dell:  ugne  petHni  da  Uno, 

30.  Basti.  Vive  in  Toscana.  6.  Vili.  (IX» 
59  )  :  Ber  oUo  (A  bastò  la  ruberia. 

32.  Balzo.  Rappresenta  i  gironi  come  bal- 
ze degradanti  d'un  monte. 


2ii 


UELL'  INFERNO 


Con  questo  vivo  giù  di  balzo  io  balzo  » 
E  di  mostrar  l'imerno  a  lui  iutendo. 

33    A  Uor  si  ruppe  Io  comun  rincalzo  ; 
E  tremando  ciascuno  a  me  si  volse  ^ 
Con  altri  che  i'  udiron  di  rimbalzo. 

:)/i.    Lo  buon  maestro  a  me  tutto  s'accolse 
Dicendo  :  di'a  lor  ciò  che  tu  vuoli. 
Ed  io  incominciai,  poscia  ch*ei  volse. 

35  Se  la  vostra  memoria  non  s'imboli 
Nel  primo  mondo  dall'  umane  menti. 
Ma  s'ella  viva  sotto  molti  soli: 

36  Ditemi  chi  vo'siete,  e  di  che  genti. 
La  vostra  sconcia  e  fastidiosa  pena 
Di  palesarvi  a  me  non  vi  spaventi. 

37  r  fui  d'Arezzo:  e  Albero  da  Siena, 
Rispose  l'un ,  mi  fé  mettere  al  fuoco. 

Ha  quel  perch'io  mori',  qui  non  mi  mena. 

38  Ver  è  ch'io  dissi  a  lui,  pisiriandoagiuoco, 
r  mi  saprei  levar  per  1*  aere  a  volo. 

E  quei  ch'aveo  vaghezza  e  senno  poco , 

39  Volle  eh'  i'  gli  mostrassi  l'arte:  e  solo 
Perch'  i'  noi  feci  Dedalo ,  mi  fece 
Ardere  a  tal  che  l' avea  per  figliuolo. 


ii^O    Ma  nell'  ultima  bolgia  delle  diece 
Me  per  1'  alchimia  che  nel  mondo  usai , 
Dannò  Minós  a  cui  fallir  non  lece. 

hi    Ed  io  dissi  al  poeta  :  or  fu  giammai 
Gente  si  vana  come  la  sanese  ? 
Certo  non  la  francesca  si  d'assai. 

k2  Onde  l' altro  lebbroso  che  m' intese. 
Rispose  al  detto  mio:  tranne  lo  Stricca 
Che  seppe  far  le  temperate  speso  ; 

li^3    £  Niccolò  che  la  costuma  ricca 
Del  garofano  prima  discoperse 
Neil'  orto  dove  tal  seme  s' appicca  : 

^ii^    E  tranne  la  brigata  in  che  disperae 
Gacciad'Ascian  la  vigna  elagranfrondat 
E l' abbagliato  il  suo  senno  profTerse. 

k&    Ma  perchè  sappi  chi  si  ti  seconda 
Centra  i  Sanesi ,  aguzza  ver  me  l'occhio 
SI  che  la  faccia  mia  ben  ti  risponda. 

k6    SI  vedrai  ch'i'son  l'ombra  diCapoccbio» 
Che  falsai  li  metalli  con  alchimia. 
E  ten  dee  ricordar,  se  ben  t' adocchio, 

VI    Gom'  i'  fui  di  natura  buona  scinùa* 


33.  Tremando.  Di  vergogna  d'essere  sco- 
perti falsarli  ;  o  meglio  ,  per  non  si  poter  reg- 
gere ritti.  Il  Ramaziini  dice  d'aver  vedalo  an 
alchimista  tremulum . . .  anhelosum ,  piiltdum. 
—  Rimbalzo.  Da  vicini  che  V  avevano  adito. 
Frase  viva  in  Toscana. 

34.  VuoLi.  Novell.,  IV  :  Ch$  moU  tu  efc'to 
ti  doniJ 

35.  Soli.  Anni.  E'  nel  e.  VI. 

37.  r.  Griffolino.  —  Albero.  Altri  Alberto. 
Ottimo:  Era  molto  vago  di  cotali  truffe,  ed 
avevavi  consumato  del  iuo  ,  e  però  avea  po- 
co eenno;  e  a  questo  Grilfolino . , .  avea  dati 
danari ,  e  rivoltali ,  e  di  ciò  venne  al  cruc- 
cio.—  Mena.  C.  XXVIli:  Né  eolpa*l  mena.., 
a  tormentarlo» 

38.  LevAR.  Vlrg.  :  Se.,.  tuetuUi  aìis. 

39.  Dedalo  (Inf.,  XVII). —  Tal.  L'inqui- 
sitore de'  Paterini  in  Firenze  ,  senese ,  il  qaal 
teneva  che  Albero  fosse  suo  figliuolo  ,  lo  fe- 
ce arder  come 'scongiurator  di  demonii,  ed 
eretico.  Altri  dicono  ,  cosi  l' Anon.,  che  'l  fé 
ardere  al  vescovo  di  Siena,  ch'era  suo  padre. 

40.  Lece.  Che  condannando,  non  s'ingan- 
na come  quel  vescovo.  Qui  non  lece  vaie  non 
può  ,  come  ne'Lat.  spesso. 

41.  Francesca.  Ferisce  con  la  gaelfa  Siena 
qae' Francesi  che  a' Guelfi  toscani  soccorsero. 
—  D'  ASSAI.  Livio:  I^on  fu  sì  ricca  valle  co- 
m*  Anzio  d*  assai. 


42.  Altro.  Appoggiato  a  Grifollino. — ^Trak- 
NE.  Ironia  ,  come  qaella  di  Baonturo  (XXI, 
14  ).  —  Stricca.  Senese  prodigo  ,  aooio  di 
corte,  ordinatore,  dice  il  Post.  Gaiasin. »  det 
la  brigata ,  di  cai  più  sotto. 

43.  Niccolò.  Salimbeni  o  Bonsignori  di 
Siena  ;  trovò  modo  di  arrostire  i  fagiani  de 
prunis  earyophyllorum  (  Pietro  di  Dante). — di- 
STUMA.  L' hanno  i  Fior,  di  s.  Frane,  ed  II 
Novellino.  —  Orto.  Scherza  sai  iraslato  dal 
garofano.  —  Appicca.  Ott.  :  Dove  Colt  coilii- 
mi  ^appiccano  bene,  per  gola  e  ghiottoruim 

44.  Brigata.  Detta  godereccia.  Ricchi 
vani  senesi  che ,  venduta  ogni  lor  cosa» 
sero  insieme  duecentomila  ducati ,  e  li 
parono  in  venti  mesi.  Abbiamo  ventldM  •»- 
netti  di  Folgore  da  Geminiano  a  Nieetlèa^ 
pra  questa  brigata,  e  Io  chiama  fiora  deM 
senese  città.  —  Disperse.  Cie.  :  BmawiBii 
desperdere,  —  Caccia.  Un  de^prodigbl,  chTRTii 
vigne  e  boschi  in  Asciano,  castello  ■cnan.— 
Fronda.  Virg.  :  Ver  .  .  •  frondi  miohmì» 
ver  utile  stlvtf.— Abbagliato.  Altro  della  bri* 
gau ,  ma  povero ,  dice  V  Anonimo  :  sarà  alala 
forse  ammesso  per  la  piacevolezaa  dal  mneiL 

45.  Aguzia.  Lat.:  Aeuutu  liimtfMi.  —  Ri- 
sponda. Quasi  interrogata  dall'occhio  attilla. 

46.  Capocchio.^  Fiorentino  :  studiò  fliMO- 
fia  naturale  con  Dante  ;  fu  arso  vivo  In  Sèeaa 
come  Alchimista;  quindi  avverso  t'  Sanasi. 


213 


CANTO      XXX 


^p«» 


ARGOMENTO. 

Siamo  iuHama  neUa  decima  ;  deWei  di  folto.  Qmvi ,  dict  V  Amim.  j  han  pena 
%  umti  UUti  :  la  vieta  daUe  tenebre ,  se  più  lume  yì  fosse  ;  f  orecchio  da*  lamenti 
tk*  hanno  tirali  di  pietà  ferrati  ;  t  odorato  dal  puzzo  dette  marcite  membre  ;  ti 
Urtfo  daUa  prettione  dMuno  tuU' altro,  qua!  sovra  1  ventre,  e  qaal  sovra  le  spal- 
le ;  «I  silfio  daUa  tele  rabbiota.  Qui  trova  il  P.  Mirra  e  Gianni  Schicchi  che 
ùommo  dietro  f  ombre  e  le  mordono  ,  ed  altri  forte  fanno  U  medetimo  dietro  a  Io- 
ro  :  frena  M.  Adamo  e  Sinone  che  ti  ttiUaneggiemo  e  ti  percotono. 

Nou  la  terzine  6;  la  8  alla  11;  la  17,  19;  la  21  alU  24;  la  fiO,  28 ,  29;  la  31  alla 
43;  la  45,  alla  fine. 


Nel  tempo  che  Giunone  era  crucciata  , 
Per  Sonelè,  centra  '1  sangue  tebano. 
Come  mostrò  una  e  altra  fiata  ; 

Atamante  divenne  tanto  insano 
Che  veggendo  la  moglie  co'  duo  figli 
Andar  carcata  da  ciascuna  mano, 

Gridò:  tendiam  le  reti,  si  eh* io  pigli 
La  Uooessa  e  i  lioncini  al  varco  l 
E  poi  distese  i  dispietati  artigli 


1.  SMMELk.  D'Ermione  e  Cadmo  re  tebano, 

icqua  ino  moglie  d'Atamante,  e  Semelé,  i'a- 
da  Giove:  quindi  la  gelosia  di  Giunone, 
•  P  odio  contr'lDo  specialmente,  che,  morta  So- 
nale ,  allevò  Bacco  nato  di  lei  e  di  Giove. 
Ovid.  (Met.,  ili).— Futa.  Nella  morte  di  Se- 
■Hiè,  e  poi. 

3.Gmnò.  Ov.  (Met.,lV):  Proiòius  A$olidet  me- 
dia fmrihmidtu  tn  aula  Clamat:  Io,  comifet!  hit 
W9iia  pamdite  tilvit  :  Hie  modo  eum  gemina 
ma  mt  mihi  prole  Uama.  Uttiue  ferae^  ie^m- 
tmr  99tiigia  eonjugit  ameni  :  Deque  ùnu  ma- 
arii  ridenUm  §t  parva  Learchum  Braehia  ten- 
éemum  rapii ,  et  bi$  Urqu$  p$r  aurat  More 
fOCol  fundas. 

4.  PiRCOéttLO.  Ovid.  (IV,  617-29)  :  Rigi- 


6 


Prendendo  l' un  eh'  avea  nome  Learco; 
£  roteilo,  e  percosselo  ad  un  sasso: 
E  quella  s' annegò  con  Paltro  incareo. 

E  quando  la  Fortuna  volse  in  basso 
L' altezza  deTroian  che  tutto  ardiva, 
Si  che*nsieme  col  regno  il  re  fu  casso  ; 

Ecuba  trista,  misera,  e  cattiva, 
Poscia  che  vide  Polisena  morta, 
E  del  suo  Polidoro  io  su  la  riva 


doglia  infamia  boxo  DitemU  oaa  feroce  :  tum 
denique  concita  mator..^ExulMlat  ;  pateitque 
fugit  male  tana  capHUs,  Teque  femu  parvum 
nudii,  Melicerta,  tocerfii...  Seque  euper  pon» 
tum  ,  nullo  tardata  timore ,  ifillil ,  omuque 
tuum, 

6.  Basso.  Tirg.:  Potiquam  ret  Aeiae  Fria- 
mique  evertere  gentem  hnmeritam  vitnm  tu- 
perii  eedditque  iuperbum  lUum.  —  Akbita. 
Accenna  a  Laomedonte  e  a  Paride.— Gasso. 
Priamo  ,  marito  d' Ecoba  ,  ucciso  da  Pirro 
(Aen.,  11). 

6.  MisiaA.  Bocc:  Ed  ella  mitera  e  eatUva. 
Annannino  :  Rubare  %  poveri  eattivegìi.  -—  Po- 
ussBMA  (Uet.,  XIII).  —  PoLmoRo  (Aen.,  111). 


su 


DELL'   INFERNO 


7  Del  mar  si  fu  U  dolorosa  accorta. 
Forsennata  latrò  si  come  cane: 
Tnrtto  dolor  le  fé  la  mente  torta. 

8  Ma  né  di  Tebe  furie  nò  troiane 

Si  vider  mai  in  alcun  tanto  crude  ,     (  ne, 
Non  punger  bestie,  non  che  membra  uma- 

9  Quant  io  vidi  du'  ombre  smorte  e  nude 
Che  mordendo  correvan  di  quel  modo 


Fali^ificnndo  se  in  altrui  forma. 

Come  l'altro  che'n  làsen  va  sostenne, 

15  Per  guadagnar  la  donna  della  torma 
Falsificare  in  se  Buoso  Donati, 
Testando,  e  dando  al  testamento  nomu 

16  E  poi  che  i  duo  rabbiosi  fùr  passati , 

Sovra  i  quali  i*avea  rocchio  tenuto, 

Rivolsìlo  a  guardar  gli  altri  roaloati. 


Che  '1  porco  quando  delporcii  si  schiude.  ^7    V  vidi  un ,  fatto  a  guisa  di  liuto 

oJ^    ! 


lOL'una  giunse  a  Capocchio:  ed  ifi  sul  nod 
Del  collo  Tassaiinò,  si  che  tirando, 
Grattar  gli  fece  il  ventre  al  fondo  sodo. 

11  ET  Aretin  che  rimase  tremando , 

Mi  disse:  quel  folletto  è  Gianni  Schicchi, 
E  va  rabbioso  altrui  cosi  conciando. 

12  Oh ,  diss'  io  lui ,  se  Taltronon  ti  Gechi 
Li  denti  addosso  ,  non  ti  sia  fatica 

A  dir  chi  è  ,  pria  che  di  qui  si  spicchi. 

13  Ed  egli  a  me^  queir  è  l'anima  antica 
Dì  Mirra  schierata ,  che  divenne 

Al  padre,  fuor  del  dritto  amore ,  amica. 
ik    Questa  a  peccar  con  esso  cosi  venne, 

7.  Mar.  Ov.  pCIII,  526)  :  Atpieit  ejeetum 
Polydori  in  littore  corpus,  —  Cane.  Ov.:  Per- 
(iùiit  infelix  hominis  post  omnia  formam  , 
Extemasqus  novo  latratu  t$rruit  aurai.,.  La- 
travU  canata  loqui,  —  Torta.  Volgarmente 
dar  la  volta,  Virg.:  Mens,,,  laeva. 

8.  Furie.  Cosi  chiama  Atamante ,  Ino  ed 
Ecuba,  forse  accennando  a  Tlsifone  da  coi  venne 
il  ftaror  d'  Atamante. 

9.  Mordendo.  Caco  corre  affocando  I  dan- 
nati :  nn  diavolo  sta  per  passarli  a  fil  di  spa- 
da :  qni  1'  ombre  mordono.  I  contraffattori  di 
persone  mordono,  i  falsatori  di  cose  giaccio- 
no marcidi;  i  menxogoeri  a  tradimento  e  a 
calunnia,  febbricitami  ;  i  falsatori  di  moneta, 
idropici  :  per  indicare,  dice  Pietro,  la  voglia 
insaziabile  e  il  sozzo  affetto. 

10  Capocchio  (c.  XXIX,  ten.  40).  — Grat- 
tar. Par  che  accenni  alle  sekianzs,  che  costo- 
ro si  stavan  sempre  grattando. 

11.  Aretin.  Griffolino  (e.  XXIX  ).  —  Schic- 
chi. Altri  lo  dice  Cavalcanti  ;  la  (limìglia  del- 
l' amico  di  Dante.  E  1  Donati  gli  erano  affini. 

13.  Altro.  Mirra. 

13.  Mirra.  Nella  lettera  ad  Arrigo  chiama 
Firenze  Mirro  scellerata  ed  wnpia ,  la  quàk 
s' infiamma  nel  fuoco  degli  abbracciamenti  del 
padre, 

14.  FoRKA  (  Ov. ,  X  ).  Mirra  Msifica  sé 
in  altri;  lo  Sehicchi  altri  In  sé. 

15.  Buoso.  Mori  senz'  erede  ;  altri  dice,  sof- 


Pur  ch'egli  avesse  avuta  ranguinait 
Tronca  dal  lato  che  Tuomo  ha  forciilo. 

18  La  grave  idropisia  che  si  dispaia 
Le  membra  con  Tomor  che  mai  conv«H( 
Che  '1  viso  non  risponde  alla  ventraia , 

19  Faceva  lui  tener  le  labbra  aperte. 
Come  r  etico  fa  che  per  la  sete 

L*un  versoi  mento  e  l'altro  in  su  riveli! 

20  O  voi,  che  senza  alcuna  pena  saele« 
£  non  so  io  perchè ,  nel  mondo  greeo . 
Dis8*egli  a  noi,  guardate,  e  attendete 

21  Alla  miseria  del  maestro  Adamo* 
Io  ebbi  vivo  assai  di  quel  eh'  i'  volli; 

focato  da  Gianni.  Qaesti  si  finse  moribuad 
in  sua  vece  ,  testò  ,  fece  erede  Simone  Hi 
nati ,  nipote  di  Buoso,  in  luogo  d'altro  t  il 
sarebbe  toccata  l'eredità;  e  lasciò  par  lc§M 
a  sé  stesso  una  bella  cavalla,  il  chespiacqi 
air  erede  ,  ma  non  la  negò  per  non  al  •• 
prire.  —Torma.  Armento  di  cavalli  :  è  ia  IFfai 
Altri  dice:  una  mula. 

17.  Forcuto.  Ar.  (  XVIII,  83  )  :  JRufi 
dove  lo  stomaco  è  forcuto.  Era  si  seceo  i 
viso ,  si  grosso  del  ventre  ,  che  a  taglM 
di  sotto  le  cosce  ,  sarebbe  parso  mi  nàte 
la  testa  ,  il  manico  ;  il  ventre ,  la  casaa. 

18.  Omor.  Umore  :  è  nel  Conv.  HoreL 
Aquosus  albo  Corpore  lafigtior.  —  C.ontsm 
Assimila.  O:  rivolge  in  luoghi  dove  noo  di 
vrebbe  :  cosi  il  dott.  Cioni.  L' Ottimo  eira 
corrispondenza  traT  incomodo  umor  delTIdn 
pico,  e  la  dannosa  materia  del  falsario. 

19.  Srti.  Orai,  paragona  l' avaro  all' Mia 
pico.  Conv.  :  Le  riechezxe  promettono  di  Hn\ 
ogni  sete  e  apportare  saiiamento  ;  ma  tu  ìm 
di  sasiamcnto  e  di  refrigerio ,  donno  e  raeMM 
fele  di  febrieante ,  tnfoiimMe.      

20.  Sbnza.  Lo  disse  Virg.  (  e.  XXIX  ).- 
Attenditi.  Jerem.  :  Àttendite  et  vùkui  a 
est  dolor,.,  sieut  dolor  meus. 

21.  Adamo.  Bresciano.  A  ricbiesta  deTedMd 
di  Romena  castello  del  Casentino  ,  falsò  II 
moneta:  Ai  bruciato  in  Firenze.  —  Braso. 
Para  imitato  dalla  paral>ola  dell*  EpoloM. 


CANTO    XXX. 


215 


Bora,  lasso,  on  gocciol  d*acqaa bramo. 

22    Li  niscellelti  che  de*  verdi  colli 
Del  Caseotin  discendon  giuso  in  Amo, 
Facendo  i  lor  canali  e  freddi  e  molli, 

33  Sempre  mi  stanno  innanzi,enon  indamo: 
Che  r  immagine  lor  via  più  m'asciuga, 
Chelmaleond'io  nei  volto  mi  discarno. 

ik  La  rìgida  giustizia  che  mi  fruga. 
Traggo  cagion  del  luogo  ov*i*peccai 
A  metter  più  gli  miei  sospiri  in  fuga. 

25  Ivi  è  Romena ,  là  dov'  io  falsai 
La  l6ga  suggellata  del  Battista  ; 
Perch'io  il  corpo  suso  arso  lasciai. 

26  Ma  s' r  vedessi  qui  Y  anima  trista 

Di  Guido,  o  d'Alessandro,  o  di  lor  frate, 
Per  fonte  Branda  non  darei  la  vista. 
^    Dentro  e'  è  i'  una  già,  se  l' arrabbiate 
Ombre  che  vanno  intorno  ,  dicon  vero. 

ti,  CASiirmf.  Nel  pian  di  Casentino  gaer- 
^ggiò  la  prima  volta  il  P.  contr*  Arezio  nel 
1380  (  Vili. ,  VII  ,  e.  131  )  ;  poi  tornò  nel- 
l' esilio  a  dimorare  co' conti  di  Romena:  e 
dopo  la  infelice  spedizione  contro  Firenze  , 
irato  della  lor  dappocaggine ,  gli  lasciò.  — 
^Kium.  Ffiqidui  per  fresco  ,  in  Virgilio. 

^.  iBniANZi.  Virg.:  Pùllas,  Evander.in  ipsis 
^mma  «mi  oculi$.  —  Asciuga.  Tasso  (Xlii, 
^  )  :  5^  akwn  giammai  tra  frondeggianti  rive 
'Wo  tfide  Uagnar  liquido  argento  ...  Che  Vim- 
^^o^ÒHé  tor  geUda  e  molle  L'asciuga  e  seal' 
^»  9  nel  pensier  ribolle.  Stazio  fa  dire  ad  on 
J^ra:  Heu  duleee  visure  poloe,  solemquere- 
^^aiMi  Ei  virides  terras  et  puros  fontibus  am- 
^.  Siniil  pensiero  è  nel  Filebo  di  Platone. 
^>ceaccio  ,  della  donna  lasciata  ignuda  al  sole 
(•eeote  :    Vedeva  Amo ,  U  qual  porgendole 
éttidmo  deUe  su*  aeque,  non  iseemava  la  se- 
ti, wus  1*  accresceva.  Vedeva  ancora  in  più 
kigki  hoeehi  ,  ed  ombre  ,  e  caia  ,    la  quali 
latti  JMMdMnlt  V  erano   angoscia ,    diside- 


S4»  Fruga.  Mi  ricerca  le  vene  tormentando- 
mi ia  a^a.  lo  cui  nuova  sete  ...  frugava  è  nel 
Pars* — Fu«A.  Qoaai  fuggente  alle  dolci  acque 
del  CaientiDo.  Petr.  :  Ite  ,  caldi  eospiri ,  al 
fndio  con. 

SS.  Lb«a.  Il  fioria  d'oro  dall'una  parte 
aveva  Irimgine  di  a.  Giofaoni,  dall'altra  un 
giglio. 

26.  Frate.  Agbinolfo,  terzo  de*conti  di  Ro- 
iDCfla.  Con  Guido  il  P.  aveva  combattuto  per 
rientrare  In  Firenze:  poi  la  sua  dappocaggine 
gli  avrà  reso  itii«igine  dì  tradimento.  Que'  di 
AoBeBa  eran  cugini  ai  conti  di  Porciano  che 


Ma  che  mi  vai,  ch'ho  le  membra  legate? 

28  S'  r  fossi  pur  di  tanto  ancor  leggero 
Ch*i*potessi  in  cent'anni  andare  un'oncia, 
r  sarei  messo  già  per  lo  sentiero 

29  Cercando  lui  tra  questa  gente  sconcia, 
Con  tutto  eh*  ella  volge  undici  miglia, 
E.men  d*un  mezzo  di  traverso  non  ciba. 

30  r  son  per  lor  tra  sì  fatta  famiglia, 
Ei  m'indussero  a  battere  i  fiorini 
Ch'  avevan  tre  carati  di  mondiglia. 

31  Ed  io  a  lui  :  chi  son  li  duo  tapini 
Che  fuman  come  man  bagnata  il  verno, 
Giacendo  stretti  a'  tuoi  destri  confini? 

32  Qui  gli  trovai  (e  poi  volta  non  dierno) 
Rispose,  quando  piovvi  in  questo  greppo: 
E  non  credo  che  deano  in  sempiterno. 

33  L  una  è  la  falsa  ch'accusò  Giuseppe, 
L' altro  è'I  falso  Sinon  greco  da  Troia. 

il  P.  nel  XIV  del  Pnrg.  chiamerà  bestie  im- 
monde. —  Fonti  Branda.  Limpida  fonte  df 
Siena,  a  cui  tutta  la  città  va  per  acqua. 

27.  Una.  Guido.  Anon.:  Questi  conti  e  simiU 
potenti  attendono  molto  al  fabbricare  falso  per 
difetto  di  moneta  :  peroccK  elli  non  temono 
li  comuni  d*  intomo.  —  Lbgatb  ?  Dall'idrope. 

39.  Undici.  Undici  miglia  ha  la  decima  bol- 
gia ,  ventidue  la  nona  (XXIX.  3):  di  qui  de- 
duce l'Anon.  che  l'ottava  n'ha  quarantaquattro, 
la  settima  ottantotto ,  e  tutto  Malabolge  eia- 
quemilleseicentotrentadue.  11  giro  della  terra 
è  ventiquattromila  circa.  Ad  ogni  bolgia  sce- 
ma lo  spazio  ,  cresce  il  delitto  ;  onde  il  nu- 
mero de' colpevoli  è  meno.  Nota  che  ne' sette 
cerchi  precedenti  a  Malabolge  la  misura  non 
raddoppia  :  che  allora  il  Limbo  avrebbe  più 
di  due  milioni  di  miglia  :  ma  quivi  il  decli- 
vio é  più  forte,  e  più  gente  ci  cape.  —  Non 
CI  HA.  Rima  con  sconcia»  come  per  li  con 
merli  (Purg.,  XX). 

30.  Tre.  11  fiorin  di  Firenze  era  di  venti- 
quattro carati  d'  oro.  Adamo  ne  mettea  tre 
di  rame. 

31.  Distri.  S'  erano  a  destra  di  lui ,  nota 
l'Anon.,  eran  più  presso  al  pozzo:  dunque  più 
rei  :  perchè  falsare  il  vero  a  calunnia  e  a  tra- 
dimento, è  delle  filsità  la  più  nera.  Falsarti 
di  vero,  di  metalli,  di  persona,  di  cosa. 

32.  Greppo.  Ciglione  della  fossa  ,  cb'  è  il 
pozzo  infernale.  L'ottimo  definisce  il  greppo: 
Vaso  rotto  dalle  latora.  —  Sbmpitbrxo.  Virg  : 
Sedei,  aetemumque  sednbit,  infelix  Theseas. 

33.  GiusBPPO.  S'usa  io  prosa  nella  Med. 
Alb.  Cr.  (Genesi,  XXIX).  —  Falsa.  Favole 
d'  Esopo:  La  falsa  volpe*  Ant.  da   Ferrara  : 


210 


DELL'   INFERNO 


Per  febbre  acuta  gittan  tanto  leppo. 

3!h  E  r  un  di  lor  che  si  recò  a  noia 
Forse  d*  esser  nomato  si  oscuro. 
Col  pugno  gli  percosse  1*  epa  croia. 

35    Quella  sonò  come  fosse  un  tamburo. 
£  mastro  Adamo  gli  percosse!  volto 
Col  braccio  suo  che  non  parve  men  duro; 

:^  Dicendo  a  lui  :  ancor  che  mi  sia  tolto 
Lo  muover,  per  lemembra  che  son  gravi; 
Uo  io  il  braccio  a  tal  mestier  disciolto. 

;n  Ond'  ei  rispose:  quando  tu  andavi 
Al  fuoco,  non  Y  avei  tu  cosi  presto  : 
Ma  si  e  più  V  avei  quando  coniavi. 

38  E  ridropico:  tu  di'  ver  di  questo; 
Ha  tu  non  fosti  si  ver  testimonio 
La  Ve  del  ver  fosti  a  Troia  richiesto. 

39  S*  i'  dissi  falso,  e  tu  falsasti  '1  conio, 
Disse  Sinone:  e  son  qui  per  un  fallo: 
E  tu  per  più  ch'alcun  altro  dimenio. 

40  Ricorditi,  spergiuro ,  del  cavallo, 
Rispose  quei ,  ch'aveva  enfiata  Tepa: 
E  sieti  reo  che  tutto  1  mondo  sallo. 

&1    A  te  sia  rea  la  sete  onde  ti  crepa , 
Disse*!  Greco, la  lingua;  e  Facqua  marcia, 
Chel  ventre  innanzi  gli  occhi  ti  s' assiepa. 

Fallo  Erode.  In  una  canzone ,  il  P.  chiama 
Sinone  il  falso  Gneo ,  e  dice ,  da  lui ,  cioè 
dalla  traditrice  menzogna,  divorata  Firenze. — 
Da.  Che  dal  tradimento  di  Troia  ha  saa  ftma. 
()  accenna  al  detto  di  Priamo  :  fiottar  erii 
(A.en.,  Il,  149).  Li  fa  febbricitanti  a  simbo- 
leggiare il  delirio  e  il  vaniloquio  derristi;  e 
li  dipinge  che  fbmano  ftimo  puzzolente  ,  co- 
me di  unto  che  bruci ,  a  indicare  la  fh>de  che 
li  annebbiò. 

34.  Croia.  In  Romagna  croio  Tale  tuttavia 
infermo  e  povero,  0  dura,  siccome  d'idropico. 

37.  Presto.  Andava  al  tùoco  con  le  mani 
legate. 

38.  Ver.  Priamo  in  Virgilio  a  Sinone  (II, 
149  )  :  Mihique  haec  edistere  vera  rogami. 

39.  Pie'.  Cosi  i  simoniaci  disse  più  rei  de- 
gì*  idolatri ,  perchè  adorano  idoli  senza  nu- 
mero (  Inf. ,  XIX).  —  Altro.  Gli  dà  del  de- 
monio a  M.  Adamo. 

40.  SPBR6ICR0.  Virg.  :  l%r;urt^e  arfe  Sì- 
notiti.  Peggio  ,  die*  egli ,  spergiurare  che  fal- 
S9je  il  metallo.  —  Enfuta.  Virg.  :  Feta  ar- 


k'2    Allora  il  monetier:  cosi  si  squarcia 
La  bocca  tua  per  dir  mal,  come  suole. 
Che  s*  i*  ho  sete ,  e  umor  mi  rinfarcia , 

kì    Tu  hai  l'arsura ,  e*l  capo  che  ti  duole: 
E  per  leccar  lo  specchio  di  Narcisso, 
Mon  vorresti  a  'nvitar  molte  parole. 

kk    Ad  ascoltarli  er*io  dèi  tutto  fisso; 
Quando  1  maestro  mi  disse:  or  pur  mira. 
Che  per  poco  è  eh*  io  teco  non  mi  risao! 

&5    Quand*  io  '1  senti'  a  me  parlar  eoo  ira» 
Volsimi  verso  lui  con  tal  vergogna 
Ch*  ancor  per  la  menooria  mi  si  gira. 

i6  E  quale  è  quei  che  suo  dannaggio  sognat 
Che  sognando  disidera  sognare,  (  goa; 
SI  che  quel  ch'è ,  come  non  fosse,  ago- 

VI    Tal  mi  fec'io,  non  potendo  parlare; 
Che  disiava  scusarmi,  e  scusava 
He  tuttavia ,  e  noi  mi  credea  fare* 

k8    Maggior  difetto  men  vergogna  lava. 
Disse  1  maestro,  che  *1  tuo  non  è  stalo  :^ 
Però  d*  ogni  tristizia  ti  disgrava. 

1^9    E  fa  ragion  eh'  i*  ti  sia  sempre  allato  ^ 
Se  più  awien  che  fortuna  t' acco^ 
Dove  sien  genti  in  simigliante  piato. 

50    Che  voler  ciò  udire  è  bassa  voglia* 


mie.  —  Rio.  E  ti  sia  amaro  a  pensare 
tutto  il  mondo  per  Virg.  e  per  la  Ikma 
sa  il  tuo  delitto. 

41.  AssrsPA.  Ti  fìi  quasi  siepe  agli 
ly  idropico  0  di  donna  gravida  i  Toscaai 
cono  :  ha  la  pancia  agli  occhi. 

42.  Suole.  Dicesti  male  de' Greci  tuoi  s 
si  (  Virg.  ,  II  ). 

43.  Duoli.  Per  febbre.  Il  falsatore  di 
neta  non  l' ha  :  ed  è  men  reo.  —  Na 
Anco  in  prosa.  A  un  Greco  rammenta  tàw 
greca;  al  brutto  dannalo  uno  specchio, 
viltà  delle  ingiurie  dipinge  la  viltà  delle  co 

45.  Gira.  Bocc.  :  Gli  farebbe  i\  fatta 
gogna,  che  ,  eempre  ch'egli  alcuna  donna 
deue ,  gli  ti  girerebbe  per  lo  capo. 

47.  Scusava.  Col  turbamento.  Purg. , 
Del  color  conspeno  Che  fa  V  uom  di 
talvolta  degno. 

48.  Lava.  S.  Ambr.  :  Pudore  culpa 
SO.  Bassa.  Prov.  (  XX  ,  3  )  :  Bonorut 

mini ,  qui  eeparat  te  a  contentianibui  : 
I  outem  ttuUi  miteentur  contumeliit. 


2i7 


CANTO      XXXI. 


ARGOMENTO. 

fS^iungono  al  nono  ed  ultimo  cerchio.  Sino  al  quinto  i  punita  V  incontinenza  ; 
^^•Mto  e  nel  settimo  la  malizia  ;  la  bestialità  nelC  ottavo  e  nel  nono.  Da'  lascivi 
^^T^sctmdi ,  gf  incontinenti  ;  i  maliziosi,  dagli  eretici  agli  usurai  ;  in  Malebolge, 
i  Httùi/t ,  ^f^t  cioè  che  il  vizio  trassero  a  tale  eccesso  da  indurre  Vumana  natura 
^  *i«lo  incivile  e  ferino.  La  bestialità  porta  qucui  sempre  la  frode  ,  cioè  il  lrist(» 
^  iMa  ragione  e  dell*  arte  :  ond  i  che  in  Malebolge  e  nel  pozzo  penano  i  frodo- 
*^^  :  in  Malebolge  la  frode  contro  chi  non  si  fida  ;  nel  pozzo  i  tradimenti  ,  che 
!^poiio  t7  vincolo  e  di  natura  e  di  fede.  E  perchè  nelle  più  gravi  reità  più  prò- 
f^HJio  i  r  orgoglio ,  però  stanno  a  guardia  del  pozzo  i  giganti. 


^^    NoU  le  terxioe  3  alla  7  ;  U  il  alla  14  ;  la  16 ,  30 ,  21 ,  22,  25  ;  la  27  alla 
•^.35,44,  46,  47,  48. 


30;  la 


Una  medesma  lingua  pria  mi  morse 
Sì  che  ini  tiose  V  una  e  V  altra  guancia  ; 
1  poi  la  medicina  mi  riporse. 

(mì  od*  io  che  soleva  la  lancia 
D'Achille  e  del  suo  padre  esser  cagione 
Prima  di  trista,  e  poi  di  buona  mancia, 
Hoi  demmo  '1  dosso  al  misero  vallone 
Sa  per  la  ripa  che'l  cinge  d'intorno, 
Mtrtversaodo  senza  alcun  sermone. 

i>  MoMB.  Lintjua  che  morde  non  ò  iraslato 
Mtabiie.  Hot.:  Mordear  opprobrUs  fatsis,  mu* 
Umpie  eolores  ?  Petr.  :  Mi  sani  il  cor  colsi 
«*••/  «orsa. 

'•  Lancia.  Ov.:  Vulnus  in  if erculeo  quae 

Jl'J^'^daM  fecérat  hoile  ,    Vulneris   auxilium 

^ot  kasla  filili.  —  Mancia.  Valeva  dono 

'^ oliere.  0?id.:  Opusque  meae  bis  iensit  Ter 

^,  Dbhmo.  Virg.;  Terga  ...  dare.  —  Ripa. 
'^^^00  l'ultim*  argine  della  decima  bolgia, 
^  ^■'^versano  lo  spazio  tra  la  bolgia  ed  il  pozzo. 


k  Quivi  eramen  che  notte  e  men  chegiomo. 
Si  che  1  viso  m'andava  innanzi  poco. 
Ma  io  senti*  sona  re  un  alto  corno 

5  Tanto  ch'avrebbe  ogni  tuon  fatto  fioco , 
Che  ,  contra  sé  la  sua  via  seguitando. 
Dirizzò  gii  occhi  miei  tutti  ad  un  loco. 

6  Dopo  la  dolorosa  rotta,  quando 
Carlo  Magno  perde  la  santa  gesta. 
Non  sonò  si  terribilmente  Orlando. 

4.  CoBNO.  NembroUe  ,  come  cacciatore  (Gè- 
nes. ,  X  ) ,  ha  '1  corno ,  il  cui  suono  guida  fra 
le  tenebre  i  due  P.  E  l'ba  forse  per  annun- 
ziare a  Lucifero  i  nuovi  dannati ,  come  le  due 
fiamniette  di  Dite  (Inf.,  Vili). 

5.  Sé.  Riguardo  il  corno  ,  teguiiando  s'u- 
nisce al  miei.  Modo  contorto.-^  Seguitando. 
Seguitavano  ad  andare  all'incontro  di  quella, 
parte  onde  il  suouo  veniva  a  noi. 

0.  Rotta.  Di  Roncisvalle  ,  quando  Carlo 
volle  cacciare  i  Mori  di  Spagna.  Orlando  era 
nel  retroguardo  dell*  oste  di  Carlo  che  lona- 

28 


218 


DELL'  INFERNO 


7  Poco  portai  in  là  alta  la  testa. 

Che  mi  parve  veder  molte  alte  torri  ; 
Oiid*  io  :  maestro,  di'  che  terra  è  questa? 

8  Ed  egli  a  me  :  perù  che  tu  trascorri 
Per  le  tenebre  troppo  dalla  lungi , 
Avvien  che  poi  nei  maginare  aborri. 

9  Tu  vedrà'  ben ,  se  tu  là  ti  congiungi , 
Quanto  '1  senso  s*  inganna  di  lontano  : 
Però  alquanto  più  te  stesso  pungi. 

10  Poi  caramente  mi  prose  per  mano 
E  disse:  pria  che  no'  siam  più  avanti, 
Acciò  che  1  fatto  men  ti  paia  strano, 

11  Snppi  che  non  son  torri  ma  giganti: 
E  son  nel  pozzo  intorno  dalla  ripa, 
Dairumbilico  in  giuso,  tutti  quanti. 

12  Come  quando  la  nebbia  si  dissipa, 


va  di  SpagDa:  il  Saracino  Marsilio,  inlesosi 
con  Gano  traditore  ,  li  assalse.  Orlando  suo- 
nò il  corno  per  chiedere  aiuto:  e  fu  sentilo 
otto  leghe  loulano.  Carlo  voleva  tornare:  Ga- 
no lo  dissuase.  Orlando  suonò  tanto  ,  dicela 
cronaca,  eh' e'  ne  scoppiò.  Treniamiia  Cristia- 
ni perirono.  —  Gesta.  Petr.  (  Tr.  Fam.  )  ;  /( 
buon  dure  Goffrido  Che  fé  l'impresa  ianta, 
7.  TouRi.  Prov.  (  IX,  18);  Ignorami quod 
ibi  sint  gigantes  ,  et  in  profundis  inferni  con- 
vivae  cjus.  Ne  parla  la  Gen.  :  Quid  aliud,  di- 
re Tullio  citato  da  Pietro  di  Dante  ;  quid 
aliud  est  gigantum  modo  bellore  cum  Diis  , 
guam  naiurae  repugnare  ?  L'  Ott.  :  Questi  gi- 
ganti hanno  a  significare  quelle  persone  le 
quali,  per  propria  industria  ,  potenzia  e  se- 
guito,  vogliono  nel  mondo  operare  oltre  il  ter- 
mine umano, .  .  Li  poeti.  . .  mettonU  combat- 
titori con  li  Dei  ;  il  quale  detto  ha  a  signifi- 
care ,  che  colali  abili  sono  contro  a  Dio,  non 
solo  in  disordinare  loro  medesimi ,  ma  ezian- 
dio in  mettere  disordine  tra  le  creature.  Con 
dò  forse  il  P.  intendeva  che  principio  de' tra- 
dimenti morali  e  politici  è  lo  smisurato  or- 
goglio e  l'irreligioso  guelfismo  di  certi  uomi- 
ni del  suo  tempo.  Nella  Volg.  Lloq.  là  dove 
parla  della  confusione  delle  lingue  e' nomina 
i  giganti  come  ribelli  al  celeste  impero.  Fi- 
lippo il  Bello  nel  Purgatorio ,  ben  nota  il  Ros- 
setti ,  é  tìgurato  in  un  drudo  gigante.  Lucife- 
ro è  nel  centro  della  terra,  madre  de' giganti, 
ehe  stannogli  iniorno  come  angeli  innanzi  a 
Dio.  Ben  sono  collocati  costoro  fra  i  traditori 
e  i  frodolenti;  tanto  più  che  Virg.  :  Hic  gè- 
nus  antiquum  terrae  ,  Titania  pubes.  Fulmi- 
ne drjecii ,  fundo  volvuntur  in  imo.  Narra  il 
d'Uerbeiot ,  che  i  giganti ,  posti  intorno  a 
00  gran  fosso  ,   forniscono  agli  Arabi  ricca 


Lo  sguardo  a  poco  a  poco  raiBgara 
Ciò  che  cela  '1  vapor  che  1*  aere  stipa; 

13    Cosi  forando  Y  aer  grossa  e  scura, 
Più  e  più  appressando  inver  la  sponda , 
Fuggémi  errore  ,  e  giugnémi  paura. 

ìk  Perocché,  come  in  su  la  cerchia  tonda 
Montereggion  di  torri  si  corona; 
Cosi  la  proda  che  1  pozzo  circonda, 

15  Torreggia van  di  mezza  la  persona 
Gli  orribili  giganti  cui  minaccia 
Giove  del  cielo  ancora  quando  tuona* 

16  Ed  io  scorgeva  già  d'  alcun  la  faccia , 
Lespalie,e'l  petto, edelventre  gran  parte, 
E  per  le  coste  giù  ambo  le  braccia. 

17  Natura  certo,  quando  lasciò  1*  arte 
Disi  falti animali,  assai  fé  bene, 


materia  di  favole.  In  certi  paesi  d' loghilt 
ra  s'imagina  che  l'aiània  di  chi  non  sia 
primo  ,  di  due  che  sun   morti  ,    condotta 
cimitero  ,    rimauga  ad  attingere  V  acqua 
un  gran  pozzo  pel  gigante  Asdrim  ,  sin 
che  nuov'  anima  condannata  al  medesima 
voro  non  venga. 

8.  Aborri.  Erri  dal  vero  (  inf.  ,XXV, 
Lai.  :  A  vero  abhorrere. 

9.  CoNGicNGi.   Disgiunto  per    allonta^ 
usa  nel  Conv.  :  Lo  viso  disgiunto  nulla 

10.  Caramente.  Per  rincorarlo  e  lo 
l'amarezza  del  rimprovero  fatto.  SiroiL^aiMf 
Hi  del  Purgatorio. 

11.  Pozzo.  Apocal.  :  Puteum  abysti, 

12.  Stipa.  Virg.  :  In  nubem  cogitur   €ur, 

13.  Forando.  Coli* acume  del  vedere.  IParg., 
X  :  Disviticchia  Col  viso.  —  Fuggémi.  Virg, 
Fugit  .  .  .  dolor.  —  Giugnémi.  V.  Nuova:  ife 
giunse  un  sì  forte  smarrimento, 

14.  Montereggion.  Castello  §an$s9 ,  cAf 
nel  circuito  delle  sue  mura  ha  quasi  ad  ogni 
cinquanta  braccia  una  torre  ,  non  avendon» 
in  mezzo  per  lo  castello  alcuna  (  Anon.  ).  — 
Corona.  Virg.  ,  de'  soldati  :  Rara  murotei^- 
xere  corona. 

15.  ToRREGGiAVAN.  Tasso  :  Tra' merli  t7fii- 
naccioso  Argante  Torreggia ,  e  discoperto  é 
di  lontano,  -—  Giganti  (  Inf. ,  XIV  ).  —  Gio- 
ve. Intende  il  vero  Dio  ;  come  nel  VI  d«l 
Purg.  il  sommo  Giove  e  Gesù.  Boce.:  Git^ 
che  ancor  li  spaventa  tonando  ,  A  memoria 
del  fulmine  che  in  Flegra  Li  colse  (  Inf.  XIT)* 
Is.  (XIV  ,9}  :  Infemus  subter  conturbatus  est  In 
occursum^  adventustui,suscitavit  tUngigasUtl* 

16.  Giù.   Eran  legati. 

17.  Animali.  Così  chiama  anche  1*  ooDO , 
(Inf.,  V). 


4* 


'9iato 


1/èrtf 


CANTO    XXXI. 


219 


Per  tor  cotali  esecutori  a  Marte. 

i8   E  6*  ella  d' elefanti  e  di  balene 
Non  si  pente ,  chi  guarda  sottilmente, 
Più  giusta  e  più  discreta  la  ne  tiene  : 

19    Che  dove  Y  argomento  della  mente 
S*  aggiunge  al  mal  volere  e  alla  possa, 
Nessun  riparo  vi  può  far  la  gente. 

50  La  faccia  sua  mi  parea  lunga  e  grossa, 
Come  la  pina  di  san  Pietro  a  Roma  : 

E  a  sua  proporzione  eran  T  altr'  ossa. 

51  SI  che  la  ripa ,  eh'  era  perizoma 

Dal  mezzo  in  giù  ne  mostrava  ben  tanto 
IN  sopra ,  che  di  giungere  alla  chioma 

SS  Tre  Frison  s' averian  dato  mal  vanto; 
Pfcrocch*  i*  ne  vedea  trenta  gran  palmi  (to. 
Dal  luogo  ingiù. dov'uom  s'affibbiai  man- 

23    Rafd  mai  amech  zabì  almi. 
Cominciò  a  gridar  la  fiera  bocca 
Cui  noD  si  convenien  più  dolci  salmi. 

Si    £  1  duca  mio  ver  lui  :  anima  sciocca, 
Tieoti  col  corno  e  con  quel  ti  disfoga 
Qoand*  ira  o  altra  passion  ti  tocca. 

ft    Cercati  al  collo ,  e  troverai  la  soga 
Che  1  tien  legato  ,  o  anima  confusa: 
E  vedi  lui  che  '1  gran  petto  ti  doga. 

^  18.  DOTS.  Arìst.  (  Polii. ,  1  )  :  Sieut  homo, 
*Ì9itp€rfi€tui  virtute,  est  oplimut  animalium, 
aie  ri  ftf  Hparatus  a  lege  et  justitia,  est  pes- 
aìmiif  omnium  ,  quum  habeat  arma  rationis 

fforyoM^nfo  deUa  mente). 

50.  Pria.  Di  bronzo  :  era  an  tempo  sulla 
Viole  Adriana;  oggi  nella  scala  dell'apside  di 
iruMoie. 

51.  PiBizoMA.  Cintura.  Voce  greca  usata 
iella  Geo.,  111.  Sovrastanno  come  torri,  ma 
leagoDo  i  piedi  nel  gbiaccio  di  Cociio. 

^X  Fkison.  Gli  uomini  di  Frisia  sogliono 
altissimi, 
t.  Rafml,  Parole  senza  senso  :   lo    dirà 
fhgilio  ;  e   lo   nota  l' Anon.  :  onde  è  vano 
spiegarlo  come  siriache  od  arabiche. — Salmi. 
Ahre  volte  note,  metro,  rima. 
S(.  Tocca.  Lucr.  ;  Tangitur  ira, 
M.  ffBMUOTTO.  S.  Aug.  (C.  D.,  XIV,  4); 
.»  X.  —  CoTO  (Par.,  HI,  9).  Da  cogito: 
fUiraeotante,  —  Un.  Gen. :  Erat,., terra 
«HiMif.. . Confusum  est  labium  universae 
t.  La  Genesi  non  dice  che  quel  della  tor- 
n  J&a&t  pensiero  di  Nembrollo. 

ì.  Maimio.  Nembrotto,  nota  l'Anon. ,  na- 
naturalmente;  Efialte  era  di  razza  mo- 


».  Mabstbo.  Artefice  (  e.  XVII  ). 


26  Poi  disse  a  me:  egli  <;tesso s'accusa. 
Questi  è  Nembrotto  per  lo  cui  mal  cotu 
Pure  un  linguaggio  nel  mondo  non  s'usa. 

27  Lasciamlo  stare,  e  non  parliamoa  voto; 
Che  cosi  è  a  lui  ciascun  linguaggio 
Come  1  suo  ad  altrui ,  ch*a  nullo  è  noto* 

28  Facemmo  adunque  più  lungo  viaggio, 
Volti  a  sinistra:  e  al  trar  d*un  balestro, 
Trovammo  l'altro  assai  più  fiero  e  maggio* 

29  A  cinger  lui  qunl  che  fosse  il  maestro 
Non  so  io  dir.  Ma  oi  teiiea  succinto 
Dinanzi  l'altro  e  dietro  'i  braccio  destro 

30  D*  una  c^itena,  che  1  teneva  avvinto 
Dal  collo  in  giù ,  si  che  'n  su  lo  scoperto 
Si  ravvolgeva  infino  al  giro  quinto. 

31  Questo  superbo  voli' essere  sperto 
Di  sua  potenza  centra '1  sommo  Giove, 
Disse'l  mio  duca;ond'egliha  cotalmerto. 

32  Fialte  ha  nome.  £  fece  le  gran  pruove 
Quando  i  giganti  Ter  paura  a  i  Dei. 

Le  braccia  eh'  ei  menò,  fiamma  i  non  muove. 

33  Ed  io  a  lui:  s'esser  puote ,  i' vorrei 
Che  dello  smisurato  Briareo 
Esperienza  avesser  ^li  occhi  miei. 

3k    Ond'ei  rispose  :  tii  vedrai  Anteo 

30.  Avvinto.  Psalm.  :  Ad  aUigandos  regts 
eorum  in  eompedibus,  et  nobiles  eorum  in  ma* 
nieis  ferreis. — Scoperto.  Nella  parte  del  corpo 
che  gli  esciva  del  pozzo  ,  la  catena  faceva 
ben  cinque  giri. 

31.  Spbrto.  Oio  ed  Efìalte ,  figli  di  Netta- 
no da  Ifimedia ,  moglie  d' Aloeo ,  tìgliaol  della 
Terra;  di  nov'anni  eran  alti  nove  braccia, 
grossi  nove  palmi:  nella  guerra  de' Giganti  pe- 
rirono saettati  da  Apollo.  Virg.  :  Hic  et  Aloi' 
das  geminos ,  immania  ,  vidi ,  Corpora,  i/ui 
manibus  magnum  rescindere  eoelum  Àggresri, 
superisque  Jovem  detrudere  regnis, — Sommo. 
Virg.:  Jove  summo,  —  Mibto.  Ricompensa. 
Vili.  (  1.  IX)  :  i?  questi  sono  i  meriti  de' tiranni. 

32.  PiALTB.  Da  Efialte  ,  come  pillola  da 
epistola  —  PBDOVB.  Addossar  monti  a  monti, 
dice  Igino ,  per  giungere  al  cielo.  Virg.  :  Ter 
sunt  conati  imponere  Petio  Ossam  SciUeet ,  at- 
qu9  Ossae  frondosum  involvere  Olympum. 

33.  Bbiabbo.  Virg.  lo  colloca  nell'Inferno: 
Et  centumgeminus  Brìiireus,  Aen.  (  X ,  K65  )  : 
Aegeon  qualis,  eentum  cui  brachia  dicuntCen- 
tenasque  manta,  quinquaginta  orièus  ignem 
Beetoribuequearriue ,  Jovis  quum  fulmina  con- 
tra  Tot  paribus  streperet  eiypeis,  tot  stringe- 
nf  ansai.  SUt.,  11  :  /Mmanius  Briareus. 

84.  Aktbo.  Lo  nomina  nel  Conv.  Questo 


220 


«  E  il.'  INFERNO. 


Presso  di  qui,  che  parla ,  ed  è  disciolto; 
Che  ne  porrà  nel  fondo  d'ogni  reo. 
85  Quel  che  tu  vuoit  veder ,  più  là  ò  molto, 
Ed  è  legato ,  e  btto  come  questo  ; 
Salvo  che  più  feroce  par  nel  volto* 

36  Non  fu  tremuoto  già  tanto  rubesto 
Glie  scotesse  una  torre  cosi  forte 
Come  Fialte  a  scuotersi  fu  presto. 

37  Allor  temetti  più  che  mai  la  morte: 
E  non  v'era  mestier  più  che  la  dotta 
S'i'  non  avessi  vistele  ritorte. 

38  Noi  procedemmo  più  avanti  allotta, 
E  venimmo  ad  Anteo  che  ben  cinqu'aile, 
Senza  la  testa,  uscia  fuor  della  grotta* 

39  0  tu  che  nella  fortunata  valle 


Che  fece  Scipion  di  gloria  eroda 
Quand'  Annibàl  co'  suoi  diede  le  spalle, 

&0  Recasti  già  mille  lion  per  preda; 
E  che  se  fossi  stato  air  alta  guerra 
De'  tuoi  fratelli,  ancor  par  ch*e'si  creda 

M  Ch'avrebber  vinto  i  figli  della  terra'; 
Mettine  giuso,  e  non  ten  venga  schifo. 
Dove  Cocito  la  freddura  serra* 

Il  2    Non  ci  far  ire  a  Tizio  né  a  Tifo. 
Questi  può  dar  di  quel  che  qui  si  brama: 
Però  ti  china,  e  non  torcer  lo  grifo. 

^3  Ancor  ti  può  nel  mondo  render  fama; 
Ch*  ei  vive,  e  lunga  vita  ancora  aspetta 
Se  innanzi  tempo  grazia  a  ^è  noi  chiama. 

f^i    Cosi  disse '1  maestro:  e  qu^li  in  fretta 


passo  accenna  ti  versi  di  Lue.  (¥,898).  An- 
teo Doo  fu  de*  Giganti  che  assaltarono  il  cielo, 
ma  figlio  anch' egli  della  Terra,  visse  nemi- 
co d'ogni  Yita  civile:  però  spento  da  Ercole. 
Ciò  conferma  il  fine  poUtico  del  P.  in  questa 
imagine  de* Giganti.  Singolare  etimologia  di 
Anteo  davano  nel  300  :  contrario  a  Dio,  — 
Parla.  Non  come  Nembrotlo.  —  Disciolto. 
Per  passare  al  fondo  i  dannali  ;  e  per  minor 
pena.  —  Reo.  Reità.  Nel  Parg.  usa  rio  sostan- 
tivamente. 

38.  Fatto.  Il  P.  lo  credeva  di  cento  brac- 
cia, come  Virgilio  lo  dipinge:  il  maestro  lo 
toglie  d'errore.  Le  cento  braccia  eran  simbolo 
di  sua  forza.  —  Quisra  Fialte.  —  Fbbocb. 
Lue:  Briareutque  ferox, 

36.  Rubesto  (Pnrg. ,  V  ,  42  ).  —  Torre 
(terz.  7).  Fialte  si  scuote  per  gelosia  del  sen- 
tire altri  più  feroci  di  lui ,  e  per  mostrare  sua 
forza,  benché  legato. 

37.  Dotta.  Paura:  anco  in  prosa;  come 
dotto  per  dubhio,  Sapienlia  (XI ,  20):  Non  to- 
lum  laeiura  poterat .  . .  extemUnare  ,  ted  et 
aspectus  per  timorem  ocoidere, 

38.  Alle.  Jlfinira  franeetca ,  dice  V  Anon. 
(  attfie  )  :  corrisponde  a  due  braccia  :  il  brac- 
cio é  tre  palmi  ;  dunque  trenta  palmi ,  come 
disse  più  sopra.  La  favola  gli  dk  braccia 
quaranta.  —  Grotta.  Accenna  forse  agli  an- 
tri dove  Anteo  visse.  Lue.  :  Nondum  post  gè- 
nitos  telliu  effeta  giganias,  TerribUem  Xtòy- 
eit  partum  eoneepU  in  antris  ...  Haee  ilU  tpe- 
lunea  domus, 

39.  Fortunata.  Nel  senso  del  e.  XXYIII, 
t.  3.  —  Valle.  Lue.  :  Inde  petit  iumulae  , 
exetasque  undique  rupee ,  Antaei  quae  regna 
voeat  non  vana  vetuuas.  —  Scipion.  Lue.  : 
Sed  majora  dedit  cognomina  coUibut  iitii , 
I\mmm  qtd  Latiit  revoeavit  ab  artibut  Ko- 


item^  Scipio:  nam  teda  lÀhyca  feOtiri  fatta 
Haec  fuit:  enìveterie  eemis  vestigia  vaUL-^ 
Gloria.  Scipione  scrivendo  al  senato:  yiasi 
tutta  l' Africa  ,  disse  :  non  ne  riportai  ckt  la 
gloria.  Lue.  pone  il  regno  d'Anteo  preatatt 
dove  Annibale  fu  sconfitto.  Non  così  Plio*  (T, 
1  ),  né  Solino  (Polit. ,  27).  Loda  Anteo»  p« 
farlo  più  faiite.  Cosi  Pompeo  loda  Erittooe  ma 
IX  di  Lucano.  —  Annibal.  Ar.  (XVIII,  Si): 
Africa,  in  te  pare  a  costui  non  nacque,  Mi^ 
che  d'  Anteo  ti  vanti  e  d*  AnnibaUe, 

40.  Lion.  Lue:  Latuisse  sub  alta  ilupafi» 
runt ,  epulas  raptos  habuisse  leones,  —  Par. 
Lue:  Coeloque  pepercU  Quodnon  PKUgrttét 
Antaeum  sustulU  arvis.  Dice  par  eh* e*  si  ereés 
per  moderare  1'  esagerazion  di  Lucano  :  ni 
intanto  lusinga  l' orgoglio  del  mostro. 

41.  Figli.  Yirg.  :  lUam  Terra  parens,  fW 
irritata  Deorum . . .  ProgenuU, — Cogito  (  taf*, 
e.  XIV  e  XXXIV  ).  Rime:  E  V aequa  morUd 
converte  in  vetro  Per  la  freddura  che  di  fuor 
la  serra, 

42.  Tizio.  Gigante ,  di  cui  Virg.  nel  VL 
Lue.  lo  nomina  con  Tisifone  ,  per  dire  che 
Anteo  era  più  forte  di  loro.  In  queste  imb- 
zione  é  una  memoria  lusinghiera  ad  Anlee. 
— •  Tiro.  Virg.  e  Ovid.:  Tiphoeus  ;  Locaa.: 
Typhon, 

43.  Fama.  Ugo  da  s.  Vittore:  Spiritm  t» 
perbiae  amor  propriae  laudis,  1  giganti  sta 
simbolo  della  superbia  ,  e  però  torreggiala 
sopra  Lucifero.  Virg.  lo  loda  ,  perchè  il  n^ 
perho,  dice  un  antico,  solo  per  lode  s'aumiM^. 

44.  Quegli.  Non  parla ,  come  superbo  eh' 
egli  é.  —  Ercole.  I  Centauri ,  le  Arpie ,  Ge- 
rione ,  Caco  ,  Anteo  ,  furon  tutti  domati  da 
Ercole  ,  simbolo  della  forza  civile.  E  nn  tre- 
centiste  inedito  aveva  già  indovinate  l'idee 
del  Vico  :  È  da  notan  e  da  §ap9r§  €h$  frn- 


CANTO    XXXI. 


2ìt 


un  dbiese ,  e  prese  9  daca  mio* 
Erede  senti  già  grande  stretta. 
fgfBo  quando  prender  si  sentio  , 
t  me:  fatti  'n  qua  si  ch*io  ti  prenda, 
ee  si  eh'  un  fascio  er  egli  ed  io. 
Oli  pare  a  riguardar  la  Cariseoda 
»  1  chinato  ,  quand*  un  nuvoi  vada 
fmmm»  si  ched  ella  incontro  penda  ; 


ip<  fMtiehB  non  tottenn$  un  uomo  tolo 
m  flMffw  ÈreoU  ;  eht ,  come  dice  s.  Ago- 
H  XflU  ìih.  De  cìy.  Dei  molli  fumo 
ha  /Wmo  MamaH  Sreole,,,  Può  $xian- 
M  èk§  quitto  nome  Ercole  era  oppro- 
9§U  uomini  molto  forti ,  It  quali  in 
i  I»  vkfà ...  pattavano  iutti  gli  oUrt. 
mm  U  re  d*  Egitto  tono  chiamati  Fa- 
•  li  re  di  Roma  tono  chiamali  C$ta- 
§ffo  U  Gnei  li  tavH  uomini  tono  ehia- 
taso^  9  eotk  appo  loro  gli  «ommi  forft 
il  «ratio  chiamati  MrcoU  .>.  Reputava- 
ifM  lì  aniicki  che  queUi  tingulari  uo- 
;  ptaU  tingulari  fatti  faecano ,  come 
ftrv  oolU  fiere  talvatiehe ,  debellare  e 
«  li  firaffiiit ,  e  coUe  ictenite  illuminar 
mnJQ  »  fottono  Ercole . .  •  Seneca  ... 
l  none  d^  Ercole  chiamando  a  Dio,  di- 
tti éomaf  ore  delle  fiere  talvatiehe ,  e  pa- 
m  M  mondo ,  pon  minte  q^àoggiuMO 


Vt  Tal  parve  Anteo  a  me  die  stava  atbada 
Di  vederlo  chinare:  e  fu  tal  ora 
Ch'  i^'avrei  volut'  ir  per  altra  strada. 

&8    Ma  lievemente  al  fondo  che  divora 
Lucifero  con  Giuda ,  ci  posò  : 
T^lè  si  chinato  U  fece  dimora  , 

49    E  come  albero  in  nave  si  levò. 


tfi  ferra  »  te  oletma  hettia ,  conitiròa  i  popo- 
li ;  e  colle  tue  toitte  t  aòòótfì.  —  Stretta. 
Lac.  :  Cofifertiere  manut ,  et  multo  Itrachia 
nexu.  CoUadiu  gravilmt  fruttra  tentata  la- 
certit, 

45.  Fascio.  Nel  XVII ,  fra  Gerione  e  Dtnie 
s' interpone  Virg.  Eceo  i  passaggi  di  tatto  V 
Inferno  :  Flegilis  ,  Nesso  ,  Gerione  »  Anteo. 

46.  Gamsbnda.  Torre  di  Bologna ,  detta 
oggidì  Torremoua,  tanto  pendente  che  a  chi 
sta  sotto  parrebbe  In  Yeder  passare  una  nu- 
Yola  di  contro ,  che  non  la  nuvola  ma  la  ter- 
ra si  moya.  Così  fa  la  luna  quando  le  nuii 
le  movono  incontro.  L' Anon.  la  dice  chinatu 
per  difetto  de' fondamenti. 

48.  DnroRA.  —  Ps.  :  iVe^tie  àbiorheai  me 
profundum  :  ncque  urgeat  tuper  me  puteut  ot 
ftitim.  ProY.  (  1 ,  12  )  :  Deglutiamo  eum  ti- 
cui  infemut  viventem,  et  integrum,  quoti  de- 
tcendentem  in  iocttm.— Giuda.  (XXXIV.^IO* 


222 


DELL*  INFERNO 


CANTO      XXXII. 


ARGOMENTO. 

Scende  nel  pozzo ,  diviso  in  quattro  giri  concentrici  e  iempre  declivi  :  né  là 
diviiione  è  indicata  da  limite  ,  ma  dalla  varietà  della  pena.  La  prima  parte ,  d^ 
tr€LdUori  de*  proprii  parenti ,  è  detta  Caina ,  dal  fratricida  ;  e  stanno  fitti  nel  gUaiC' 
do  infino  al  cdlo  :  il  qual  ghiaccio  è  del  fiume  Cocito ,  di  cui  Virgilio  GocyUisqoB 
8inu  labens  circumvenit  atro.  E  perchè  il  tradimento  non  cova  che  in  anime  freè' 
de  y  però  Cocito  si  ghiaccia  loro  d' intomo.  La  seconda  parte  è  de'  traditori  if«Bf 
patria  ,  detta  Antcnora  ,  da  Antenore  che  tradì  la  città  di  Troia  all'  esercito  gnce. 
Son  fitti  nel  ghiaccio  ma  con  più  freddo. 

Nota  le  terzine  1,  8,  4,  6,  7,  8,  10,  il,  12;  la  14  alle  10;  U  21  alU  37;  la  3»; 
la  32  alla  38;  la  42,  43,  44. 


1  S*  r  avessi  le  rime  e  aspre  e  chiocce 
Come  si  converrebbe  al  tristo  buco 
Sovra  '1  qual  pontan  tutte  Y  altre  rocce, 

2  r  premerei  di  mio  concetto  il  suco 
Più  pienamente.  Ma  perch'  i*  non  V  abbo, 
Non  senza  tema  a  dicer  mi  conduco, 

3  Che  non  è  *mpresa  da  pigliare  a  gabbo 
Descriver  fondo  a  tutto  1*  universo , 

Né  dà  lingua  chechiami  mamma  e  babbo. 

1.  GmoccB.  Pet.  :  Rime  oipre  e  fioche  far 
soavi  a  chiare.  Inf. ,  VII.  :  Fiuto  con  la  voce 
chioccia.  Le  rime  di  questo  canto,  le  più  son 
aspre  di  consonanti.  —  Pontan.  S*  appoggia- 
no come  a  centro,  e  decbinano  Terso  quello. 

2.  Pienamente.  Conv.  ,  4tt.*  Di  questo  di- 
cerò  piÀ  pienamente. — Abbo.  Per  ho,  è  nelle 
V.  S.  Padri. 

3.  Fondo.  Secondo  Tolomeo  ,  la  terra  era 
centro  dell'  universo.  Nel  Ck>nv.  dice  li  terra 
centro  del  cielo. 

4.  Anfionb  (  Oy.,  Yirg.  ).  SUt.,  X:  Àm- 
phionis  arees  Et  mentita  diu  Theltani  faJMa 
muri.  Questo  ceDDO  dimoslrt  come  il  P.  si 


(•    Ma  quelle  donne  aiutino  1  mio  verso 
Cb'  aiutaro  Anfione  a  chiuder  Tebe , 
SI  che  dal  fatto  il  dir  non  sia  diverso. 

5  Oh  sovra  tutte  mal  creata  plebe 
Che  stai  nel  loco  onde  parlare  è  duro , 
Me  foste  state  qui  pecore  o  zebe  ! 

6  Come  noi  fummo  ì^iìi  nel  pozzo  scuro 
Sotto  i  piò  del  gigante .  assai  più  basii , 
Ed  io  mirava  ancora  all'  alto  muro , 

stimasse  non  solo  1* edificatore  della  città  da* 
lente,  ma  il  cantore  politico  ancora  ,  il  iéi- 
datore  de'  civili  costumi.  Aveva  letto  io  Ora- 
liu  ;  Dictus  et  Amphion  Thebanae  eonditer 
arcis  ,  Saxa  movere  sono  tettudinis  .  .  .  Fml 
haec  sapientia  quondam  :  Pubtica  privatis  sit 
cernere  ,  sacra  profanis,  V  ultimo  Terso  WSr 
gnatamente  conviene  allo  scopo  della  Comat- 
dia.  —  Fatto.  Ini*. ,  IV  :  ili  fatto  il  dir  tìem 
meno. 

tt.  Me*.  6.  C.  del  suo  traditore  (  Matth.  » 
XXVI ,  29  )  :  Vae  .  .  .  homwi  ilUl  .  .  Monem 
erat  et  h  natus  non  fuisset, 

6.  Bassi.  V'era  dooque  pendio  anco  ItggHi. 


CANTO    XXXII 


833 


T  Dicere  udlmmì  :  guarda  come  passi  ! 
Fa  sì  che  tu  non  calchi  con  le  piante 
Le  teste  de'  fratei  miseri  lassi. 

8  Perch*  i*  mi  volsi ,  e  vidimi  davante 
E  sotto  i  piedi  un  lago  che,  per  gelo, 
Avea  di  vetro  e  non  d' acqua  sembiante. 

9  Non  fece  al  corso  suo  si  grosso  velo 
Di  verno  la  Danoia  in  Ostericch  , 
Né  'I  Tanài  là  sotto  '1  freddo  cielo  , 

10  Com'  era  quivi.  Che  se  Tahernicch 
Vi  fosse  su  caduto ,  o  Pietra  pana , 
Non  avria  pur  dair  orlo  fatto  cricch, 

11  E  come  a  gracidar  si  sta  la  rana 

Col  muso  fuor  dell'acqua,  quando  sogna 
Di  spigolar  sovente  la  villana; 

12  Livide  insin  là  dove  appar  vergogna, 
Eran  1*  ombre  dolenti  nella  ghiaccia, 
Meiteodo  i  denti  in  nota  di  cicogna. 

DOgDUoa  io  giù  tonea  volta  la  faccia. (sto 
Hi  bocca  il  freddo,  edagli  occhi'l  cuor  tri- 
Tn  lor  testimonianza  si  procaccia. 

tt  QaaDd'io  ebbi  d'intorno  alquanto  visto, 


7.  FftATKi.  Lo  crede  un  danaato  ;  come  al- 
(itìe  più  volle. 

8.  Volsi.  Is.  (XV,  16  ):  Ad  infemum  de- 
M«rù...  Qui  te  viderint ,  ad  te  incUnabun- 
tm,  —  Lago.  Ps.  :  Quando  taeecu  . . .  atsimi- 
khor  deseendentibui  in  laeum  . . .  Aestifnatut 
itn  eum  discendentibus  in  laeum. 

9.  Danoia.  Danubio ,  nominato  da  Virgilio 
i  proposito  de*  geli  vernali  (  Georg. ,  IH  ). — 
Omaiccn.  11  Vili.  (Vi,  29):  Osterìeeo  per 
iwfna.  —  Tanai.  Virgil..:  HyperbonoM  già- 
tm  Tanaimtfue  nivalem, 

10.  TABERNiccn.  Monte  altissimo  di  Schia- 
VMÉÉ.  —  PiBTRAPANA.  lo  Toscana.  —  Orlo. 
Tilf.  :  Undaque  jnm  tergo  ferrato*  suitinet 
fVÒM.  L'  orlo  é  la  parte  più  debole. 

il.  Sogna.  Quel  che  fa  con  piacere  il  dì. 

iS.  Vbkgogna.  Fino  agli  occhi ,  1  quali  so- 
M^dice  Aristotele,  sede  della  vergogna.  Pe- 
ir*  r  Che  vergogna  con  man  dagli  occhi  for- 
!•.  —  Cicogna.  Ov.  (  Met. ,  Vi ,  97  )  :  Cre- 
9ifmmt§  €ieonia  rottro.  Bocc.  :  Sentì  *l  pianto 
I  M  enmtlo  che  Rinaldo  faceva ,  U  qualepa- 
rmm  diventato  una  cicogna, 

13.  Gic.  Per  non  essere  conosciuti,  e  perché 
raggoflùtolati  dal  freddo.  —  Bocca.  Evang.: 
lil»  mii  fleius  et  ttridor  dentium,  —  Tra.  Da 
iltrt  cagioni  ,  dice  l' Anon.,  potrebbe  venire 
I  ifBBiU)  e  '1  pianto  :  1'  anione  di  questi  due 
■diiii  attesta  la  duplicità  insieme  e  V  unità 
Iella  pena. 


Yolsimi  a*  piedi,  e  vidi  due  ai  stretti 
Che*l  pel  dei  capo  aveino  insieme  misto. 

15    Ditemi  voi  che  si  stringete  i  petti, 
DissMo,  chi  siete?  E  quei  piegar  li  colli; 
£  poi  eh'  ebber  li  visi  a  me  eretti , 

IGGliocchilor  eh*  eran  pria  pur  dentro  molli 
Gocciar  su  per  le  labbra:  e'I  gelo  strinse 
Le  lagrime  tra  essi  ;  e  riserrolli. 

17    Con  legno  legno  spranga  mai  non  cinse 
Forte  cosi.  Ond*  ei  come  duo  becchi 
Cozzare  insieme:  tanta  ira  gU  vinse. 

18Ed  un  ch*avea  perduti  ambo  gli  orecchi 
Per  la  freddura ,  pur  col  viso  in  giue 
Di'^se  :  perchè  cotanto  in  noi  ti  specchi? 

19  S^  vu<;i  saper  chi  son  cotesti  due, 
Ln  valle  onde  Bisenzio  si  didiina, 
Del  padre  loro  Alberto  e  di  lor  fue. 

20  D*  un  corpo  uscirò.  £  tutta  la  Caina 
Potrai  cercare,  e  non  troverai  ombra 
Do^na  più  d'  esser  fìtta  in  gelatina. 

21  Non  quegli  a  cui  fu  rotto  il  petto  e  l'ombra 
Con  ciso  un  colpo  per  la  man  d' Artù  ; 


14.  Misto.  A  due  che  s*  odiarono  la  pros- 
simità è  orribil  pena:  pena  orribile ,  stare  af- 
frontati il  traditore  al  tradito.  1  conti  Ales- 
sandro e  Napoleone ,  figli  prepotenti  ed  avidi 
del  conte  Alberto  di  Magnana  ,  nel  cui  teni- 
toro  ha  un  fiume  chiamato  Bisenzio  :  li  quali 
insieme  moUistimi  tradimenti  e* usarono  ,  e 
V  uno  uccise  con  tradimento  l'  altro  (  Anoni- 
mo ).  I  conti  Alberti ,  non  so  quali,  combat- 
terono co'  GuelK  di  Firenze  contr*  Arezzo  nel 
1288  (Vili.  ,  VII,  120). 

15.  Eretti.  Per  guardare  il  P.  forz'è  che 
torcano  il  collo  da  banda. 

16.  Gocciai.  Lacrime  di  dolore  e  vergogna. 
Erano  tanto  accosti  labbro  a  labbro  cbè  la 
lacrima  caduta  tra  mezzo  gl'inviscò  e  inchio- 
dò insieme.  Questo  è  più  che  il  virg.  :  tlirioh 
que  impexis  induruit  horrida  bariis, 

17.  Ira.  Peir.  :  Alessandro  l'ira  vinse.  Vir- 
gilio pone  in  Inferno  coloro  quibue  invisi  frtf 
tres, 

18.  Freddura.  Conv.  :  Per  la  freddura  di 
Saturno.  —  Specchi  ?  11  dannato  lo  vede  pur 
col  viso  in  giù  ,  perchè  il  ghiaccio  riflette  la 
imagine  come  vetro. 

19.  Valle.  Faliorona. 

20.  Gelatina.  Ter  gelo  :  V  osa  il  Pulci , 
(  XXIl  .   104  ). 

21.  Quegli.  Mordredo.  Ott.  :  Figliuolo  del 
re  Artik  ...  ti  quale  procurando  con  tradimen. 
io  gittare  il  padre  del  regno  ...  fu  fi  agra^ 


3S\ 


DELL    INFERNO 


Non  Focj!Ccia;non  quotili  che  mlngombra 
52    Col  capo  ?l  eh'  i*  non  veggi'oltre  più, 

E  fu  nomato  Sassol  Mascheroni. 

Se  tosco  se',  ben  sai  ornai  chi  e'  fu. 
23    E  perchè  non  mi  metti  in  più  sermoni, 

Sappi  eh*  i'  fui  il  Camicion  de'  Pazzi  ; 

E  aspetto  Carlin  che  mi  scagioni. 
2k-    Poscia  vid'  io  mille  visi  cagnazzi 

Fotti  per  freddo  ;  onde  mi  vien  riprezzo, 

E  verrà  sempre,  de' gelati  guazzi. 

25  E  mentre  eh'  andavamo  inver  lo  mezzo 
Al  quale  ogni  gravezza  si  rauna , 

Ed  io  tremava  nell'eterno  rezzo; 

26  Se  voler  fu  o  destino  o  fortuna  , 
Non  so  ;  ma  passeggiando  tra  le  teste  , 
Forte  percossi  *l  pie  nel  viso  ad  una. 

27  Piangendo  mi  sgridò:  perchè  mi  peste? 
Se  tu  non  vieni  a  crescer  la  vendetta 
Di  Mont'  Aperti,  perchè  mi  moleste? 

28  Ed  io  :  maestro  mio ,  or  qui  m*a«petta, 
Si  eh'  l'esca  d'un  dubbio  per  costui. 


tMnte  ftdUo  dal  padn  (T  una  lancia ,  eh$  il 
pauò  di  parte  in  parte»  —  Rotto.  Virg.  : 
Thoraea  iimul  cum  pectore  rumpit, — Ombka. 
La  storia  di  Lancellotto  (  I.  Ili ,  e.  162)  di- 
ce che  dair  apertara  della  lancia  passò  per 
la  piaga  oo  raggio  di  sole,  n\  che  il  feritore 
io  vide.  —  Focaccia.  De'  GanceUieri  di  Pi- 
stoia :  uccise  lo  zio  (  Vili.  ,  Vili ,  37 ,  38). 
Pietro  dice  che  il  padre. 

22.  Sassol.  Tutore  d' un  suo  nipote ,  per 
redare  que*  beni  »  l' uccise  :  fU  decapitato  in 
Firenze. 

23.  Pazzi.  Di  Valdamo;  uccise  un  suo  pa- 
rente ,  Ubertino.  —  Carlin.  Dopo  che  i  Fio- 
rentini usciti,  tra' quali  era  Dante,  tornarono 
dalla  Lastra  scornati  nel  1302 ,  Carlino  tradì 
ai  Neri  il  castello  di  Piano  Tre  Vigne  ,  che 
per  gli  usciti  tencTa:  poi  lo  rivendette  a* Bian- 
chi ,  dopo  molte  perdite  da  lor  fatte  per  ria- 
verlo. 11  delitto  di  Carlino  doveva  far  parere 
men  grave  il  suo;  che  Carlino  tradì  la  patria, 
e  molti  amici  e  parenti  eh'  erano  nel  castel- 
lo seco. 

24.  Poscu.  Dalla  Calna  passa  *neir  ÀBta- 
nora.  I  primi  son  lividi ,  i  secondi  quasi  neri 
di  freddo.  Tradire  la  patria  è  più  chei  con- 
giunti, eie.  :  Ckari  iunt  Uberi ,  propinai , 
famiUares  ;  $ed  omnee  omnium  ekaritatee  pa- 
tria una  complexa  est. 

25.  Gravezza.  Fisica,  perchè  tutti  i  pesi 
tirano  al  centro  :  morale ,  perchè  giù  si  pu- 
nisfiono  i  peccati  più  gravi. 


Poi  mi  farai  quantuque  vorrai  fretta. 

29  Lo  duca  stette.  Ed  io  dissi  a  colui 
Che  bestemmiava  duramente  aneora: 
Qual  se'tu  che  così  rampogni  altrui? 

30  Or  tu  chi  se' che  vai  per  TAntenora 
Percotendo,  rispose,  altrui  legete 
SI  che  se  vivo  fossi,  troppo  fora  ? 

31  Vivo  soD  io  :  e  caro  esser  ti  puole. 
Fu  mia  risposta,  se  domandi  fama, 
Ch*i*  metta  1  nome  tuo  tra  l'altre  note. 

32  Ed  egli  a  me  :  del  contrario  ho  iobrama. 
Levati  quinci ,  e  non  mi  dar  più  lagna  , 
Che  mai  sai  lusingar  per  questa  lama* 

33  Allor  lo  presi  per  la  cuticagna , 
E  dissi  :  e'  converrà  che  tu  ti  nomi , 
0  che  capei  qui  su  non  ti  rimagna. 

ii'  Ond'egli  a  me:  perchè  tu  mi  dischioiiii« 
Nò  ti  dirò  ch'i*  sia  ;  nò  mostrerolti , 
Se  mille  fiate  in  sul  capo  mi  tomi. 

35    Vavea  già  i  capelli  in  mano  avvolti; 
E  tratti  glien  avea  più  d'una  ciocca  • 


26.  VoLBR.  Non  sa  se  ,  nell*  fra  de^  tiadll^ 

ri ,  avesse  cacciato  una  pedata  a  colai.  TìmN» 
era  istantanea  l'ira  in  Dante.  Inf. ,  X¥:  QtÉ 
fortuna ,  o  dettino . .  T 

27.  Moitt'Apeeti.  Bocca  degli  Abati 


vere  in  patria  i  perduti  onori ,  alla  béttarfh 
di  Montaperti  tagliò  la  mano  a  Iacopo  d^M» 
zi  che  portava  lo  stendardo  ,  e  fu  eanat  III 
quattromila  de'Guelfl  suoi  fossero 
(  Vili. .  VI ,  76  ).  Dante ,  guelfo  nel  1300, 
pre  ghibellino  giusto,  punisce  il  vile  deHMi 
29.  DuaAMiNTS.  N.  T.  :  Dure  blatphi 
80.  Antbnora.  La  nomina  l'Ariosto,! 
Dando  ai  traditori.  Del  tradimento  d' 
parla  Livio  e  Ditti  e  Darete.  Le  parole 
goe  di  Virg.  :  Àntenor  . . .  mediis  etopaot 
tns,  avranno  dato  al  P.  libertà  d'atleseiitil 
detto  di  Livio ,  senza  credere  di  a 
però  a  quanto  disse    di  Sinone  a  dal 
nel  XXVI,  6  nel.  XXX. 

32.  Lagna.  Per  cagion  di  lamento,  P 
Guittone. 

33.  Cuticagna.  Tra  il  collo  e  la  miea; 
P  ombra  stava  col  viso  in  giù.  Ar.  ,  XV: 
fo  intanto  per  la  cuticagna  Va  dotta  mmmp^ 
sopra  le  ciglia  Cercando. 

34.  MosTBBaoLTi.  Pur  con  nn  eemio. 

33.  Latrando.  Specie  di  ablativo  asaaMlk 
Modo  simile  nel  Petr.:  Quando  i  peneier  étM  , 
tetsea  *n  rime.  Amor  alzando  il  mio  Mileacii. 
— Raccolti.  Per  non  esser  veduto.  Dante  Mlt 
nei  1265  avrà  potato  conoscerlo  da  bambina. 


CANTO   XXXII. 


SS5 


LAtraodo  lai  con  gli  occhi  in  giù  raccolti, 

36  Quando  un  altro  gridò:  che ha'tuBocca? 
Non  ti  basta  sonar  con  le  mascelle 

Se  tu  non  latri?  qual  dia\ol  ti  tocca? 

37  Ornai,  diss'io  ,  non  vo*che  tu  favelle, 
Malvagio  traditor;  ch'alia  tu*  onta 

r  porterò  di  te  vere  novelle. 

38  Va  YÌa ,  rÌ8pose:e ciòchetu  vuoiconta, 
Ma  non  tacer,  se  tu  di  qua  entr'  eschi , 
Di  que'cb'  ebb*or  cosi  la  lingua  pronta. 

39  Ei  piange  qui  V  argento  de'  Franceschi. 
rvidi,  potrai  dir,  quel  da  Duera 

Li  dove  i  peccatori  stanno  freschi 
U)    Se  fossi  dimandalo  ,  altri  chi  Vera, 

Tu  hai  dallato  queidi  Beccherìa  , 

Di  cui  segò  Fiorenza  la  gorgiera. 
il    Gianni  de*  Soldanier  credo  che  sia 

Più  là  con  Ganellone,  e  Tribaklcllo 


3f.  Abgsnto.  Parlando  di  Francesi ,  forse 
eoiiirafli  lì  loro  argent.  —  Dueba  (  Malispini, 
e  178  }.  Buoso  di  Dovara  cremonese  ;  qaaodo 
ptrtt  dell'armi  di  Carlo  d'Aogiò  vennero  per 
RiSMr  rollio,  egli  che  polena  ìmpedirnele, 
mm  si  mosse  :  onde  Cremona  e  la  sua  parte 
(Ubellint  perirono.  L'accusano  di  venal  tra- 
toenlo.  Certo ,  e'  ritenne  per  sé  1*  oro  man- 
4il»f  lì  da  Manfredi  per  assoldar  gente  e  gaer- 
riit  11  passo.  Fu  prode  guerriero  :  mori  tapino. 

40.  Altri.  Non  potè  rispanniare  a  sé,  ora 
Ivgfsee  agli  altri  V  infamia.  —  Beccheria. 
Abai«  da  Vallombrosa  nel  Fiorentino  ,  e  ge- 
■nrit  dell'  ordine  ;  trattò  pei  Ghibellini  usciti 
tmu^  i  Goelfi  di  Firenze  duv*  era  legato 
dil  PRpm:  gli  fu  tagliata  la  testa.  Altri  lo  vuole 
ÌHOCCBie.  1  Beccaria  eran  famiglia  pavese  po- 
tale ;  e  Bel  1290,  si  fecero  signori  della  pa- 
uii  (Vili.,  VI,  65). 

41.  GiAMifi.  Fiorentino  anch'  egli  :  e  sono 
■dTiafenio  del  P.  moltissimi  i  Fiorentini ,  pe' 
fstli  priRCipalmente ,  e  poi  pe'  Toscani ,  era 
iMt»  rinfemo  suo.  Farinata ,  Cavalcanti  ,  il 
caidioRle  Ubaldini ,  Ciacco ,  l' Argenti ,  Rinier 
Frzio  y  OR  SRÌcida  ,  Guidoguerra  »  Tegghiaio, 
Batckacci ,  il  Borsiere  ,  Francesco  d'  Accor- 
m^  BOBsignor  Mozzi ,  Brunetto  ,  un  Giantì- 
ffiiafn  ,  OR  Ubriachi ,  un  Buiamooti  ,  il  Mo- 
•CR  ,  Gerì  del  Bello ,  Gianni  Schicchi ,  Masche- 

,  Bocca  •  il  Pazzi ,  questo  Soldanieri  coi 
ladri  della  settima  bolgia.Questo  Gianni 
Indi  i  Ghibellini  e  li  fece  cacciar  di  Firenze 
J^riRStR  lor  capo  ,  e  Ai  capo  del  gOTarno 


Ch*aprl  Faenza  quando  si  dormia. 

42  Noi  eravam  oartiti  già  da  elio, 
Ch*i'vidi  duo  ghiacciati  in  una  buca 
Si  che  Tun  capo  all'altro  era  cappello. 

43  E  come  1  pan  per  fame  si  manduca 
Cosi  '1  sovran  li  denti  all'altro  pose 
Là  've'l  cervel  s'aggiunge  con  fa  nuca. 

44  Non  altrimenti  Tideo  si  rose 

Le  tempie  a  Menalippo  per  disdegno, 
Che  quei  faceva  1  teschio  e  Taltre  cose. 

45  O  tu  che  mostri  per  si  bestiai  segno, 
Odio  sovra  colui  che  tu  ti  mangi, 
Dimmil  perchè,  diss'io  :  per  tal  convegno, 

46  Che  se  tu  a  ragion  di  lui  ti  piangi, 
Sappiendo  chi  voi  siete  e  la  sua  pecca, 
Nel  mondo  suso  ancor  io  te  ne  cangi  ; 

47  Se  quella  con  eh'  i'  parlo  non  si  secca* 


novello.  —  Li.  Dunque  più  reo.  —  Ganbllo- 
NE.  Gano  di  Maganza  in  Germania,  celebre 
nelle  favole  cavalleresche  ,  cognato  di  Carlo 
Magno  :  lo  tradì  a  Koncisvalle.  —  Tribaldsl- 
LO.  0  Tebaldo  de'  Zambrosi ,  faentino  ;  Untosi 
pazzo  per  dar  men  sospetto ,  aperse  una 
notte  la  città  a' Bolognesi  nel  1280,  special- 
mente per  odio  de*  Lambertazzi  ricoYerati  ìr 
Faenza.  Fn  creato  nobile  di  Bologna ,  ed  eb- 
be altri  privilegi!  :  mori  dae  anni  dopo  in  bat- 
taglia. 

42.  Eixo.  Vive  nel  Valdarno.— Dvd.  Ugo- 
lino e  r  arcivescovo  Raggeri  ;  il  primo  tradì 
la  patria,  Taltro  la  patria  in  prima  serven- 
do a*  disegni  d'Ugolino,  poscia  lui  stesso  che 
dell'arcivescovo  si  fidava. Però  son  posti  quasi 
sull'  orlo  della  seconda  sfera ,  accanto  alla  ter- 
za: come  Carlino  fra  i  traditori  de*  congiunti 
e  que' della  patria.  —  Buca.  Non  era  piano  il 
ghiaccio  :  faceva  buche  e  rialzi. 

44.  Tinse.  Saettato  nella  battaglia  di  Tebe 
da  Menalippo ,  poiché  questi  fu  ucciso  da  Ca- 
paneo ,  si  fece  portare  il  teschio ,  e  lo  si  ro- 
se (  SUt. ,  Vili  ).  Petr.  :  V  ira  Tideo  a  tal  rab- 
Ifia  $onrint9  ,  Che  morendo  e*  ai  roie  MenaUp' 
po> — CosB.  Cervello  ,  capelli,  cotenna. 

45.  CoMYie.NO.  Patto  :  dal  barbaro  Ut.  con- 
venium.  Convegno  in  questo  seRSO  ha  di  molti 
esempi. 

46.  Cangi.  Oggidì  ricandnare. 

47.  Sbcca.  Par  morte*  0;  se  aibasuria* 
gegQO. 


29 


226 


DELL'  INFSBNO 


CANTO     xxxin. 


ARGOMENTO. 


Ugolino  gli  narra  della  iua  morte.  BaUa  verità  viene  al  canio  la  ma/firn 
bellezza.  Un  fatto  contemporaneo ,  collegato  aUe  vicende  della  patria  sua  ,  dèi 
quali  aneh*  egli  era  vittima ,  iepirò  degnamente  il  P.  L  altra  parte  del  canto  mm 
è  men  bella.  Il  diavolo  che  s*  incarna  nel  traditore  la  cui  anima  cade  viva  wm 
ali  Inferno  ,  è  alta  invenzione  fondata  sulle  seguenti  sentenze  citate  da  A'dr»  à' 
Dante.  Ps.  :  Descendant  in  ioferoum  ifUentes.  S.  Paul.  :  Tradere  hujitmiodi  Si* 
tanae.  S.  Joan.  :  Noinen  habes  ,  quod  Tivas ,  et  mortuus  es.  Act.  :  Anania  ,  cor 
tentavit  Satanas  cor  tuam  .  •  ?  Evang.  :  Quum  diabolus  jam  mìsisset  io  eor  il 
traderet  eum.  Decret.  :  Peccato  moritor  anima ,  disjungitur  a  Deo  ,  et  jangitir 
diabolo. 


La  bocca  sollevò  dal  fiero  pasto 
Quel  peccator,  forbendola  a' capelli 
Del  capo  ch'egli  avea  di  retro  guasto; 

Poi  cominciò  :  tu  vuoi  ch'i*  rinnovelli 
Disperato  dolor  che  '1  cuor  mi  preme 
Già  pur  pensando ,  pria  eh'  i'  ne  favelli. 


1.  Pasto.  L'imagiDe  veoM  a  Dante  dalla  de- 
scriiione  rammeDlata  di  Stazio.  —  Piccatok. 
Ugolino  della  Gberardesca,  Pisano  guelfo,  d'ac- 
cordo con  V  arciTeseovo  Ruggieri  cacciò  a  tra- 
dimento di  Pisa  ,  Nino  de' visconti  di  Gallare 
Ogihiolo  d'una  sua  figlia ,  che  se  n'era  fatto 
signore  ,  e  posasi  in  luogo  di  lui.  Abbiamo  una 
canzone  che  dipinge  il  malo  stato  di  Pisa  sot- 
to il  suo  reggimento. 

8.  RimidViLLi.  Virg.  :  Jmfandum,.,jub$s  re- 
novan  dolonm.  —  Disperato.  Morirono  ,  di- 
ce l'Anon. ,  tfi  cinque  giorni:  e  vedendoti  il 
eonte  morire  domandò  un  frate  per  eonfeetoro, 
e  non  li  fu  conceduto,  E  una  mattina  con  U 


Ma  se  le  mie  parole  esser  den  aeme 
Che  frutti  infamia  al  Iraditor  chT  néo. 
Parlare  e  lagrìroar  mi  vedrà*  insieme. 

r  non  so  chi  tu  sic,  nò  per  che  modo 
Venuto  se*  quaggiù  :  ma  Fiorentino 
Mi  sembri  veramente,  quandT  t'odo* 


fgUuoti  e  con  li  nepoti  ne  fu  trailo 

3.  Traditok.  L'  arcivescovo  per  ira  di  «•> 
derlo  cresciuto  in  orgoglio  ,  co*  GnalanA  »  i 
Sismondi  ,  i  Lanfranchi  ,  tre  delle  nagglir 
case  di  Pisa  ,  alzato  il  vessillo  della  ci 
con  popolo  venne  alle  case  del  conienti 
dora  zaffa,  presolo  con  dae  figlie  doei 


nel  1288  »  uccisogli  un  altro  nipote  e  ftmà 
la  moglie  e  la  restante  famiglia  ,  li  cmm 
nella  torre  de'  GuaUndi  .  e  per  farU  nwrin 
di  fame  fece  inchiodar  l' uscio ,  e  giilait  li 
cMvi  in  Amo. — Paelaeb.  (  Inf.,  V  ).  Mr^ 
In  guisa  d' uom  che  parla  e  ploro. 
4.  FioaBNTi.NO.  Dunque  nemico  di  Pisa* 


1 


Nota  le  terzine  1,  3,  4,  7;  la  9  alla  M;  la  28,  31,  33,  34,  35,  38,  39;  la  4t$  h 
H  alla  49,  eoo  l'ultima.  •  ^ 


CANTO    XXXIIT. 


227 


5  To  de* saper  eh*  i'  fu*  1  conte  Ugolino, 
£  questi  Y  arcivescoTO  Ruggeri. 

Or  ti  dirò  perch'  i*  son  tal  vicino. 

6  Che  per  1*  effetto  de'  suo*  ma'  pensieri, 
Fidandomi  di  lui  io  fossi  preso 

£  poscia  morto,  dir  non  è  mestieri. 

7  Però  quel  che  non  puoi  avere  inteso, 
Cioè  come  la  morte  mia  fu  cruda , 
Udirai;  e  saprai  s*  e*  m'  ha  offeso. 

8  Breve  pertugio  dentro  dalla  muda 
La  qual  per  me  ha  '1  titol  della  fame, 

E  n  che  conviene  ancor  ch'altri  si  chiuda, 

9  M'  avea  mostrato  per  lo  suo  forame 
Più  lune  già ,  quand*  i'  feci  '1  mal  sonno 
Che  del  futuro  mi  squarciò  '1  velame. 

10  Questi  pareva  a  me  maestro  e  donno, 
Cacciando'l  lupo  e  i  lupicini  al  monte 
Perchè  i  Pisan  veder  Lucca  non  ponno. 

11  Con  Gdgriè  magre,  studiose,  e  conte, 
Giialaiidi,coii  Sismondi,  e  con  Lanfranchi, 
9*  avea  messi  dinanzi  dalla  fronte. 

12  Io  picciol  corso  mi  pareano  stanchi 


8.  RuG«BKi.  Il  Troya  Torrebbe   che  Gaido 
di  Muntefeltro  ,  non   V  arcivescovo  ,  fosse  il 
reo  principale  della  morie  del  conte.  —  Vi- 
colo. Petr.  :  Al  ngno  de* Franchi  aspro  vicino, 
«.  Ma'.  (  Vili. ,  VII ,  J20  ,  127  ).  L'  accu- 
aafaso  d'avere  per  oro  ceduto  a  Firenze  ed 
a  Locca  le  castella  della  Vemia,  di  Ripafrat- 
tt  •  d*  Aseiaoo.  Fio  dal  1284  nella  battaglia 
éeUa  Meloria  dove  la  guelfa  Genova  abbattè 
ftm  ghibellÌBa  (tutte  e  due  fulmioate  del  pari 
Il  fjaeato  canto  ) ,  Ugolino  nel  forte  della  mi- 
jckia  ftaggl  col  terzo  delle  forze  pisane,  non 
per  viltà,  dm  per  indebolire  la  patria  inno- 
vo da  dominarla  sicuro.  Virgilio  nel  suo  in- 
»:  Fan^idtt  hie  auro  fotriam,  dommiim- 
fùUntom  hnpotuU, 
7.  Orvaao.  Cacciato  Nino  di  Gallura ,  Ugo- 
,  per  pretesto  da  nulla,  uccise  il  nipote 
'arcivescovo  :  di  11  la  vendetta. 
S»  Bbivb.  Per  piccolo  :  frequente  a'  Latini. 
•«•  MoBiA.  Goal  chiamavasi  quella  torre ,  det- 
ta poi  della  teme  :  narra  1'  Ouimo  ,  il  Butl, 
il  Boccaccio.  —  Altai.  Annunzia  sventure. 
•.  Lina.  DalF  agosto  al  marzo. — Squaaciò. 
Jifmiiqm9  fiOwru  (  Virg.  ). 

fé.  Maistbo.  Guida  e  signore.  Fest.  :  Ma- 
ptÈ&r  fifpuU,  eujui  traf  in  populum  fummo 
^itatlat.  hr,:  E  di  tua  legffc  ogni  mautro  e 
émmo.  —  Lcpo.  Nel  lupo  è  figurato  egli  stes- 
sa «  oe'lupicim  i  figliuoli  e  i  nipoti.  11  sogno  | 


Lo  padre  e  i  figli  ;  e  con  l' agute  scane 
Mi  parea  lor  Teder  fender  li  fianchi. 
13    Quando  fui  desto  innanzi  la  dimane , 
Pianger  senti'  fra'  '1  sonno  i  miei  figliuoli, 
Ch*eran  con  meco ,  e  dimandar  del  pane. 
ìk    Ben  se*  crudel  se  tu  già  non  ti  auoli 
Pensando  ciò  ch'ai  mio  cuor  s'annunziai^a. 
E  se  non  piangi ,  di  che  pianger  suoli  ? 

15  Già  eràm  desti ,  e  1*  ora  s' appressava 
Che  *1  cibo  ne  soleva  essere  addotto: 

E  per  suo  sogno  ciascun  dubitava. 

16  jEd  io  senti'  chiavar  l'uscio  di  sotto 
All'orribile  torre.  Ood'io  guardai 

Nel  viso  a'miei  figliuoi,  senza  far  motto, 

17  r  non  piangeva  :  si  dentro  impietrai. 
Piangevan  elli  :  ed  Anselmuccio  mio 
Disse:  tu  guardi  si!  Padre ,  che  hai? 

18  Però  non  lacrimai  né  rispos'  io 
Tutto  quel  giorno  ;  nò  la  notte  appresso, 
Infin  che  Y  altro  sol  nel  mondo  uscio.  - 

19  Com'  un  poco  di  raggio  si  fu  messo 
Nel  doloroso  carcere,  ed  io  scorsi 


del  lupo  era  augurio  di  Ame  ,  e  ,  dice  T  Ot- 
timo ,  simbolo  della  tirannide  di  luì ,  come 
di  Licaone  in  Ovidio.  —  Monti.  S.  Giuliano 
tra  Pisa  e  Lucca.  Lo  cacciano  verso  Locca 
per  rinfacciargli  le  castella  tradite  a  Locca 
e  a  Firenze. 

il.  Cagmb.  Simbolo  di  nemico  inseguente. 
Jer.  (  XV ,  3  )  :  Gladium  ad  oecitioncm  ,  9t 
eanct  ad  lacerandum,  —  Maoub.  Slraboleg^ 
già  la  fame.  —  Conte.  Conoscenti  di  tal  cac* 
eia ,  e  di  lei  studiose.  Cosi  lapulo  diciamo 
uom  cbe  sa  o  vuol  far  mostra  di  sapere. 

14.  Piansi.  Più  potente  del  virg.  :  Quii , 
iaUa  {andò  ...  Temipcret  a  iocfymti  r 

itt.  Addotto.  G.  Vili.  :  AdduMa  la  vivan-  ' 
da  dirotte. 

16.  Chiavar.  Incbiodare ,  come  nel  Purg. 
(  Vili ,  t.  ult.  )  e  in  F.  Giordano.  —  Uscio. 
La  porta  maggiore.  Eglino,  a  quel  cbe  pare, 
eran  nel  plano  di  sopra.  —  Guaadai.  S'  ac- 
corse cbe  avevano  deliberalo  farli  morire  di 
(kme. 

17.  DiNTRO.  Rag.  (  I ,  S5  )  :  Bmarhmm 
$tt  cor  cJM»  intrimceus ,  et  faetui  est  quoH 
laptt.  —  Ansbuiuccio.  Un  nipote.  St.  Pia. 
(  Mur.  ,  R.  1. ,  XXIV  ,  (KNS  ).  —  Hai  r  Non 
a' erano  accorti  del  vero.  11  1^.  non  accenna 
l'istante  del  loro  aceorgersl:  alleniio  anblinie. 

10.  Mio.  La  mia  imagina ,  il  mio  aqualla- 
ra.  Ha  doppio  senso. 


228 


DELL'  INFERNO 


Per  quattro  visi  il  mio  aspetto  stesso; 

20  Arabo  le  mani  per  dolor  mi  morsi  : 
Ed  ei  pensando  eh'  i*  1  fessi  per  voglia 
Di  manicar,  di  subito  levórsi, 

21  E  disser  :  padre ,  assai  ci  fia  nnen  doglia 
Se  lu  mangi  di  noi.  Tu  ne  vestisti 
Questo  misere  carni,  e  tu  le  spoglia. 

22  Quetàmi  allor  per  non  farli  più  tristi  : 
Quel  di  e  V  altro  stemmo  tutti  muli. 
Ahi  dura  terra ,  perchè  non  V  apristi  ? 

23  Poscia  che  fummo  al  quarto  di  venuti, 
Gnddo  mi  si  gittò  disteso  a*  piedi 
Dicendo  :  padre  mio,  che  non  m*  aiuti? 

2V    Quivi  mori.  E  come  tu  mi  vedi. 
Vili'  io  cascar  li  tre  ad  uno  ad  uno 


20.  Maxtcar.  Qaesta  voce  e*  condanna  co- 
me plebea  liorentioa  nella  V.  Eloq.  Segno  v 
che  luito  il  poema  è  scriUo  in  volgar  Gorcn- 
tino  :  il  poema  che  tanti  citano  come  model- 
lo df'l  dire  cortigiano. 

21.  Vestisti.  Parole  eh*  anco  i  nepoti  po- 
teYan  volgere  al  padre  del  padre  loro,  il  tra- 
slato, nota  an  critico,  vela  l'orribile  dell'idea. 

22.  Tkrra.  Yirg.:  Aut  qua9jam  tatù  ima 
dehùeat  Terra  miki  ? 

23.  Gaddo.  Un  de' figli. 

24.  Ybdi.  Cosi  disperato ,  alTamato  ,  lan- 
guente »  cosi  intirizzito  di  debolezza  e  di  or- 
rore. 

25.  Brancolar.  Per  conoscere  s'eran  vivr, 
o  per  moto  d' nom  vicino  a  morire.  —  Chia- 
mai. Yirg.  :  Ruitqìief  implorans  nomine  Tur- 
num.  —  PoTfc.  Ariosto.  :  Ma  potè  la  pietà 
più  eh*  il  timore.  Il  dolore  mi  tenne  in  vita, 
la  fame  mi  spense.  La  fame ,  secondo  Gale- 
no (  lY  ,  De  sanit.  taenda  )  dissecca  :  il  do- 
lore concentra  gli  umori.  E  an  sentimento  mo- 
rale combaue  sovente  un  sentimento  corporeo 
e  lo  fa  raen  cocente.  Buti  :  Dopo  gH  otto  dh 
ne  furono  cavati,  e  portati,  inviluppati  nelle 
ituore,  al  luogo  delti  frati  minori  a  s.  Fran- 
cesco ,  e  totterrati  nel  monumento  eh*  è  allato 
agli  scaglioni ,  a  montare  in  chiesa  alla  par- 
te del  chiostro,  co*  ferri  a  gamba  :  H  quali 
ferri  vid*  io  cavati  dal  ditto  monumento, 

26.  Forti.  L*  arcivescovo  non  fa  motto  , 
nò  atto  di  dolore  :  silenzio  sublime.  Ugolino 
fu  ftroce  nomo;  e  ferì  nel  braccio  di  pugnale 
un  nepote  perchè  gli  consigliava  provvedesse 
di  vettovaglie  la  città  :  sospettando  non  que- 
gli tderisae  a'  suoi  nemici  :  questo  nepote  fii 
da  lui  maritato  a  una  figlia  del  conte  Guido 
di  Caprona  (  Tronci ,  Ann.  Pis.  1287  )  :  onde 
non  fu  di  ^e'  che  perirono  nella  torre.  Que- 


Tra  *1  quinto  di  ei  sesto.  Ond  i'  mi  diedi 
25    (jià  cieco  a  brancolar  sovra  ciaaeooo. 

E  tre  di  gli  chiamai  poich*  e*  fur  morti. 

Poscia  più  che  1  dolor  potè  'I  digiuno. 
2G  Quand'ebbe  detto  ciò,con  gli  occhi  torti 

Riprese  \  teschio  misero  co'  denti. 

Che  furo  all'osso,  come  d'un  can,  forti. 

27  Ahi  IHsa  ,  vituperio  disile  genti 
Del  bel  paese  là  dove'!  fi  suona; 
Poi  che  i  vicini  a  te  punir  son  lenti» 

28  Muovasi  la  Capraia  e  la  Gorgona, 
£  faccia n  siepe  ad  Amo  in  su  la  foce , 
Sì  eh'  e^'li  annieghi  in  te  ogni  persooa. 

29  Che ,  se  '1  conte  Ugolino  aveva  voce 
D*  aver  tradita  te  delle  castella» 


sta  pittura  fu  stoltamente  derìsa  da  Cecco  d* 
Ascoli  conoscente  del  P.  :  IS'on  veggo  il  eonie 
che  per  ira  ed  osto  Tien  forte  V  arciveMcoro 
Ruggiero ,  Prendendo  del  suo  ceffo  il  fiero  jMsCa. 

27.  Pisa.  E  pure  era  Pisa  devota  ad  irri- 
go :  tanto  grave  su  tutti  i  peccati  cada  l'in 
di  Dante.  Nel  1313  ,  erano  al  soldo  di  Pisa 
mille  ,  tra  Tedeschi ,  Brabanzoni ,  Fiamnia- 
ghi  (  ViU. ,  IX ,  53  )  ;  e  per  durar  ghibelli- 
na ,  chiamò  a  sé  Vgnccione  che  la  rfggcae, 
invocati  indamo  aliri  principi.  —  Là.  Di 
questo  là  altri  deduce  che  Dante  quando  idi- 
veva  il  presente  canto  fos.^  fuori  d'Italia: 
ma  il  là  ai  trecentisti  era  riempitivo  fieqaah 
te.  —  51.  Nel  Conv.  chiama  ritaliffoo  vo^ 
re  del  sì.  E  nella  V.  E.  (  1  .  IH }  dice  chaU 
s\  pronunziano  coloro  che  tengono  la  parti 
orientale  da'  genovesi  confini ,  i  usi  no  a  fMl 
promontorio  d'Italia  dal  quale  comincia  il  ma 
del  mare  Adriatico  e  la  Sicilia.  Anco  aèUa 
V.  Nuova  distingue  le  lingue  d'  oc  ,  di 
del  sì.  —  Vicini.  Firenze  e  Lucca. 

28.  Capraia.  Isolette  del  Tirreno  di 
a  Pisa  ,  lontane  venti  miglia  dalla  foca  del- 
l'Arno. —  Siepe.  Terribile  idea,  venutagli  fw- 
se  dalla  favola  di  Dolo  mobile  sopra  V  oada 
(  Ov.  ,  Met. }.  Qui  nota  il  Buti  una  contiaA- 
dizione  dell'odio.  Per  aver  Pisa  fatti  pofee 
quattro  innocenti ,  Dante  vorrebbe  aflacali 
tutti  gì*  innocenti  di  Pisa.  Esecrabile  vot» . 
massmie  dopo  la  battaglia  della  Meloria  :  e- 
secrabile  in  uomo  nemico  e  straniero  ,  bob 
che  in  Bianco  e  Toscano.  Appunto  per  cor- 
rere alla  sconfitta  della  Meloria,  uscirooodel- 
la  foce  d' Amo  le  pisane  galee  ,  gridanda  : 
battaglia ,  battaglia  ! 

29.  Voce.  Ariosto:  Ed  ha  voce  CAernMi 
gli  cerca  invan  la  vita  torre.  ~-  Ta abita. 
Dante  che  i  traditori  punisce»  bob  poteva  cei- 


é  A  N  T  0  xxxm. 


939 


Hoù  dovei  ta  i  figliuoi  porro  a  tal  croce* 

30  Innocenti  Tacca  1'  età  novella 
(Kovella  Tebe!)  Uguccione,  e  'i  Brigofa, 
E  gli  altri  duo  che!  canto  suso  appella. 

31  Noi  passamm'  oltre,  là  've  la  gelata 
Ruvidamente  un'  altra  gente  fascia  , 
Non  volta  in  giù,  ma  tutta  riversata. 

32  Lo  pianto  stesso  11  pianger  non  lascia; 
£1  duolchetruova'nsu  gli  occhi  rintoppo, 
Si  volve  in  entro  a  far  crescer  Tambascia. 

33  Che  le  lagrime  prime  fanno  groppo  ; 
E  si  come  visiere  di  cristallo  , 
Riempion  sotto '1  ciglio  tutto  1  coppo. 

3k    E  avvegna  che,  si  come  d'un  callo  , 
Per  la  freddura  ciascun  sentimento 
Cessato  avesse  del  mio  viso  stallo  ; 

to  perdonare  a  Ugnccione  che  nel  1314  ebbe 
Locca  a  tradimento  (  Vili. ,  iX ,  59  ;  Mar. , 
Chr.  Estens. ,  XV  ,  p.  370  ;  ivi ,  p.  574  ;  e 
IMM  XIX  ,  p.  1079  ). 

30.  Tsbe!  Pisa»  nota  Pietro  di  Dante,  fa 
lÉidata  da'  Tebani ,  Tenatl  dalla  ellenica  Pisa. 
Va  qnl  il  ?•  allade  insieme  ai  tragici  casi  di 
Tdbe  t  agli  odii  fraterni.  —  Uguccione.  Fi- 
'^ool  d*  Ugolino.  —  Brigata.  Nino  il  nipote. 
—  Duo.  11  Troja  crede  poter  dimostrare  con 
na  doconento»  che  de*  nipoti  del  conte  alcu- 
no aveva  moglie.  Ha  Dante  nel  1288  era  in 
^  di  Tcntilrè  anni  e  ben  doveva  sapere  il 
vero  del  fiitto:  né  snol  per  capriccio  mentire 
alla  storia  ;  né  parlando  a  contemporanei , 
f  avrebbe  osato.  Anco  il  Vili,  attcsta  ,  che  li 
f§limM  e  i  nipoti . . .  erano  (jiovani  garzoni  ed 
Smoeenti.  Riman  dunque  a  vedere  se  il  nipote 
d' Ugolino  che  aveva  moglie  fosse  uo  altro  fi- 
gtittol  di  fratello  non  di  figliuolo.  Del  resto 
età  novella  può  intendersi  per  inesperta  dello 
pobblicbe  cose.  Ma  non  di  meno  atta  alVarmr. 

31.  Oltre.  Alla  terza  regione.  laTolomea 
dove  gelano,  dice  Pietro,  quo*  che  tradirono 
■  mensa  ,  come  frate  Alberigo ,  o  come  Tolo- 
meo capitano  nel  campo  di  lerico,  genero  di 
Simone  Maccabeo  il  quale  a  Simone  e  a  Ma- 
tatia  di  lui  figlio  imbandì  gran  convito,  e  da 
anBtti  nascosti  li  fece  trafiggere.  Altri  pone 
in  questa  regione  que*  che  tradirono  i  bene- 
fattori,  come  Tolomeo  re  d  Egitto  ,  uccisor 
di  Pompeo:  ma  l'opinione  del  tiglio  di  Dante 
iv»a  è  da  sprezzare  :  e  paò  conciliarsi  con  l'al- 
tra ,  ponendo  in  questa  regione  coloro  che  tro|>- 
fié  si  fidano.  —  Rhirsata.  Ar.  (XXX,  66;: 
Stordito  in  terra  si  rivena, 

3:2.  Entbo.  Seneca  :  Premo  gemitn$  m$os  et 
imttortui  i^of rtnlei  lacrimai  ^go. 


35  Già  mi  parea  sentirò  alquanto  Tento: 
Perch'i'  :  maestro  mio,  questo  chi  muove*/ 
Non  è  quag^uso  ogni  vapore  spento  1 

36  Ond'  egli  a  me  :  avaccio  sarai  dove 
Di  ciò  ti  farà  Y  occhio  la  risposta , 
Veggendo  la  cagion  che  *l  Gato  piove, 

37  È  un  de'  tristi  della  fredda  crosta 
Gridò  a  noi  :  o  anime  crudeli 
Tanto,  che  data  v'è  l' ultima  poàta  , 

38  Levatomi  dal  viso  i  duri  veli,  [pregna. 
Si  eh'  i'  sfoghi  '1  dolor ,  che  '1  cuor  m'im- 
Un  poco  pria  che  1  pianto  si  raggeli. 

39  Perch'  io  a  lui:  se  vuoi  ch'i' ti  sovvegna, 
Dimmi  chi  fosti  :  e  s' i*  non  ti  disbrigo  , 
Al  fondo  della  ghiaccia  ir  mi  convegno. 

M  Rispose  adunque:  i'son  frate  Alberigo; 

33.  Visiere.  Trasparenti. — Coppo.  Cavità 
convessa  di  faori.  Berni  :  Il  coppo  delV  el- 
metto. 

34.  Cessato.  Cessato  stallo  ,  cioè  lasciata 
la  sede  dei  mio  viso  incallito  per  freddo.  Ces- 
sare per  lasciare  ha  esempi  parecchi.  Stalla 
per  soggiorno  è  nelle  V.  Santi  Padri. 

35.  Vapore.  Il  vento  viene  dal  cadere  d'u- 
na colonna  d'aria  che  cresciata  si  rovescia 
sull'altre.  In  qaesto  gioco  la  fisica  antica  fa- 
ceva entrare  più  direttamente  i  vapori  (Ar. , 
Met. ,  il).  Dice  il  P.:  se  qui  non  è  sole,  non 
dovrebb' essere  né  vapore  uè  vento. 

36.  Cagion.  Virg.  :  Qwu  tantum  aeeend§- 
fit  ignem  Causa,  —Piove.  11  vento  fatto  dal- 
l' ale  di  Lucifero  ,  viene  dair  alto;  tanto  egli 
è  smisurato  (  e.  }|XXIV). 

37.  Crosta.  Virg.  :  Concreseunt ...  in  (ln- 
ftitfie  crustae.  —  Posta.  Inf.  ,  XXll:  Discese- 
ro alla  posta. 

39.  CoNVEONA.  E' doveva  andar  fino  al  cen- 
tro :  onde  1*  imprecaziooe  é  ingannevole.  L*onK 
bra  credendolo  un  dannato  delia  Tolomea  ,  gli 
dà  fede,  il  P.  crede  lecite  con  uu  traditore  le 
restrizioni  mentali. 

40.  Alberigo.  Da  Manfredi  di  Faenza;  frate 
godente  astutissimo:  Per  guanciata  ricevuta  da 
Manfredo  suo  parente ,  prese  ad  odiarlo  a  mor- 
te: ma  fingendo  di  rappaci fiearsi ,  lo  invitò  a 
cena  ;  e  dopo  mangiato  ,  alle  parole  di  lui  : 
vrngan  le  frutte,  mctrono  gli  sgherri,  ed  uc- 
cidono hU  col  figliuolo  Albergketto  che  s'era 
ref agiato  sotto  la  cappa  d^ Alberigo,  L'Ottimo 
dico  che  tradì  due  volte  a  quel  modo.  — Or- 
to. Fruite  del  mal  orto  è  proverbio  toscano. 
—  Per.  Volgarmente  dicono  ;  pan  per  fo- 
caccia, 

1 


S90 


DELL'  IMrERIfO 


r  son  quel  delle  frutte  del  mal  orto  • 
Che  qui  riprendo  dattero  per  figo. 

!$-i     Ohi  dissi  lui,  or  se' tu  ancor  morto  ? 
Ed  egli  a  me  :  come  1  mio  corpo  stea 
Nei  mondo  su ,  nulla  scienzia  porto. 

hi    Cotal  vantaggio  ha  questa  Tolommea. 
Che  spesse  volte  l' anima  ci  cade 
Innanzi  eh'  Atropós  mossa  le  dea. 

k3    E  perchè  tu  più  volontier  mi  rade 
Le  'nvetriate  lagrime  dal  volto  , 
Sappi  che  tosto  che  1*  anima  trade, 

kk    Come  fec*  io ,  il  corpo  suo  T  è  tolto 
Da  un  dimenio ,  che  poscia  il  governa 
Mentre  che  1  tempo  suo  tutto  sia  volto. 

^5  Ella  ruina  in  si  fatta  cistoma. 
E  forse  pare  ancor  lo  corpo  suso 
Deir  ombra  che  di  qua  dietro  mi  verna. 

46  Tu  l  dei  saper  se  tu  vien  pur  mo  giuso , 
Egli  è  ser  Branca  d^Oria  :  e  son  più  anni 
Poscia  passati  eh'  ei  fu  si  racchiuso. 


41.  Stia.  Alberigo  era  Tiro. 

43.  Tkadb.  L'OU.  lo  dice  in  prosa. 

44.  GoYSENA.  Virg.:  SpirUus  ho$  ngii  ar- 
tut.  — Tkmpo.  Modo  biblico*        

45.  Ella.  L' anima. ^Cistbrna  (XXXI,  32). 

46.  Oeu.  Cecise  a  tradimento  Michel  Zan- 
che suocero  suo  ,  per  occapara  il  giudicato  di 
Logodoro  in  Sardegna.  Nel  1308  insieme  con 
Opicino  Spinola  signoreggiò  Genova ,  tenendo- 
ne i  Fiescbi  in  bando:  i  quali  rientrarono  con 
Arrigo  pacificati  ai  Doria  :  e  morto  Arrigo , 
cacciarono  i  Doris  in  esilfo.  Branca  d'Oria  é 
nominato  nella  LVIII  delle  Cento  Nov. 

47.  Panni.  Comico,  per  far  più  terribile 
r  ironia. 

48.  Fosso  (e.  XXI,  13;  XXII,  30).— 
Giunto.  L'anima  del  traditore,  appena  pen- 
sato il  tradimento  ,  precipita  nell'  Inferno.  El- 
la lo  pensa.*  un  demonio  lo  compie. 

40.  Prossimano.  Cugino  o  nepute. 

00.  CoRTBsiA.  A  traditore  bene  sta  esser 


'il 


1^7    I*  credo,  disa'  io  hii,  che  tu 
CheBranca  d*Oria  non  mori  oo  qi 
E  inansia,e  bee,  e dornie.e  verte 

&8    Nel  fosso  su,  diss*  ei,  di  Malebi 
Là  dove  bolle  la  tenace  pece. 
Non  era  giunto  ancora  Michel  Zi 

iii'9  Che  questi  lasciò  4  diavolo  io  si 
Nel  corpo  suo ,  e  d'un  suo  proaaii 
Che  1  tradimento  insieme  eoa  ini 

50  Ma  distendi  oramai  in  qua  ki 
Aprimi  gli  occhi.  Ed  io  non  gliele 
E  cortesia  fu  lui  esser  villano. 

51  Ahi  Genovesi ,  uomini  divorai 
F  ogni  costume ,  e  pien  d'ogni  mi 
Perchè  non  siete  voi  del  mondo  i 

52  Che  col  peggiore  spirto  di  Roa 
Trovai  un  tal  di  voi,  che  per  aQ*< 
In  anima  in  Cocito  già  si  bagni , 

53  Ed  in  corpo  par  vivo  ancor  di  i 


deluso.  Poi  aprirgli  gli  oechi  era  fli  li 
gli  II  tormento  delle  lagrime  che  tan 
ro  a  congelarsi.  Alleviare  il  doloft  d 
dice  r  Ouimo ,  è  far  contro  alla  divisi 
lia.  Inf. ,  XX  :  Qui  vive  la  pietà 
morta.  Ar.  :  Gli  è  teeo  eortuia 

51.  Genovesi.  A  Geuova  fu 
rio  d'Arrigo  Uguccione,  e  condannòt  < 
non  pochi  nemici  all'  impero  (  Femih 
Quivi  stette  in6no  al  1312.— Divbbm.  ^ 
da  ogni  buon  costume  :  dt-verto.  —  C 
Ecco  la  seconda  imprecazione  di  qati 
to  infernale.  Virg.  :  Vane  Ùgue,  fn 
animi  élate  superOt ,  I<iequidquam  ftth 
tasti  lubricìte  arles;  Nee  fraus  te  tnaaii 
perjeret. 

52.  PiGOioaE.  Alberigo.  —  Tal.  ' 
scriveva  il  P. ,  Branca  d'  Oria  era  m 
gnor!  di  Genova.  Ghibellino:  poi  di 
Guelfi. 


ASI 


CANTO    XXXIV. 


ARGOMENTO. 

Jk  fomio  ci  pozzo  gw^ehe  tradirono  la  divina  o  T  imperiai  patata:  la  regiO' 
u  »  da  Giuda  è  chiamata  Giodecca.  Il  P.  itimava  la  potestà  imperatoria  imaginc 
Mi  dMma.  Fanno  scala  dei  peli  di  Lacifero  ,  ed  escono  aU  opposto  emisfero. 

NoU  le  terzine  1  alla  5;  U  7  ;  la  9  aUa  22  ;  la  Ì4  alla  27  ;  la  89 ,  80 ,  39  ;  la  41 
iHi  41  »  con  r  ultima. 


1    Vexilla  regie  prodeunt  inferni 
Verso  dì  noi  :  però  dinann  mira  , 
Oiiae  1  maestro  mio,  se  tu '1  discemi. 

1   Come  quando  una  grossa  nebbia  spira, 
O  quando  l' emisperio  nostro  annotta , 
Par  da  lungi  un  mulin  che  1  i^ento  gira, 

3   Veder  mi  parve  un  tal  dificlo  allotta. 
hn  per  lo  vento  mi  ristrinsi  retro 
Al  duca  mio;  che  non  v'era  altra  grotta. 

i   Gii  era  (e  con  paura  il  metto  in  metro) 
Li  dove  r ombre  tutte  eran  coverte, 
S  Iraaparean  come  festuca  in  vetro. 

S  Altre  stanno  a  giacere,  altre  stanno  erte; 
Quella  col  capo,  e  quella  con  le  piante  : 

§•  Vmiìlla.  Abbiamo  ona  cani,  di  Dante 
qaale  on  verso  è  italiano ,  ano  proven- 
,  BBO  latino.  Questo  è  il  primo  verso 
(liaMM  roUima  voce)  d'nn  Inno  della  chie- 
la  alte  croce ,  cantato  nella  settimana  santa. 
Q  F.  die  appunto  di  qae'  giorni  si  trova  in 
IntaM ,  r  applica  qoasi  ironicamente  alle  ale 
di  Lociléro ,  il  nemico  del  figlio  di  Dio.  Dice 
fndmmi  ;  come  altrove:  l'oMiresM  ìa  eUtà. 
iSk  paragonino  questi  stendardi  con  qne*  della 
cWeaa  (  Purg. ,  XXIX  ). 

2.  Spou.  Vento  nebbioso. 

a.  DiFicio.  Inedito  della  Magliab.  :  Fenno 
fèn  UH  grandiuimo  dipeio  di  Ugnarne  ;  al 
fmmtt  fuouHo  nome  cavallo  di  Pallade.  Difieio 
pftr  macchina  bellica  (  Vili. .  1.  IX,  e.  112).— 
GaoTTA.  Non  v'era  più  scogli,  come  lassù 
(  XXI ,  137  ). 

4.  Tutti.  Con  tutto  il  corpo.  Più  grave  11 , 


Altra,  com'arco,  il  volto  a*  piedi  inverte. 

Quando  noi  fummo  fatti  tanto  avante 
Ch'ai  mio  maestro  piacque  di  mostrarmi 
La  creatura  ch'ebbe  il  bel  sembiante, 

Dinanzi  mi  si  tolse,  e  fé  restarmi  : 
Ecco  Dite,  dicendo,  ed  ecco  il  loco 
Ove  convien  che  di  fortezza  t'armi. 

Com'  r  divenni  allor  gelato  e  fioco> 
Noi  dimandar,  lettor;  eh*  i'  non  lo  scrivo. 
Però  eh'  ogni  parlar  sarebbe  poco. 

r  non  mori'  e  non  rimasi  vivo  ; 
Pensaoramai  per  te.s'hai  fior  d*  ingegno, 
Qual  io  divenni ,  d' uno  e  d' altro  privo. 
10    Lo'mperador  del  doloroso  regno 


8 


9 


delitto,  più  grave  la  pena. 

6.  BnL.  Ezech.  :  In  deUciit  paroditi  Dei 
fuitli :  omnit  lapis  pretiotus aperimenlumtuum. 
Pier  Lombardo  (  1. 11 ,  d.  6  ) ,  dice  che  in  cielo 
non  era  angelo  maggior  di  Lucifero. 

7.  Dite.  Nome  di  Plutone ,  da  Virgilio  usa- 
to più  volte.  Un  gentile  ,  non  ha ,  secondo 
Dante ,  a  chiamarlo  Lucifero.  —  Asmi.  Isaias 
(  LI ,  9  )  :  Induere  fortitudinem,  Ov.  :  Segue 
armat  et  inttruit  ira»  Somma  paura  nel  cen- 
tro infernale;  come  gioia  suprema  nell*  altis- 
simo cielo. 

9.  Pensa.  Provava  lo  spasimo  della  dlsao- 
luiione  e  tutta  la  forza  della  vitalità.  Si  noti 
la  gradazione  della  paura  ne'  canti  1,  li.  111, 

Vili,  IX,  xiii,  XVII,  XXI,  xxm,  xxxi. 

iO.  'MPBRAnoa.  Nel  e.  1 ,  chiamò  Dio  guelr 
lo im^eradoreke  lassù  regna.  \ìT$.:Siygio  regL 


ass 


DEL  L'  INFERNO 


Da  mezzolpettoDscia  fuordellaghiaccia, 
E  più  con  UD  gigante  i'mi  convegno 

11  Che  i  giganti  non  fancon  le  sue  braccia. 
Vedi  oggimai  quant*  e^ser  dee  quel  tutto 
Ch'  a  cosi  fatta  parte  si  confacela. 

12  Sei  fu  si  bel  com'  egli  è  ora  brutto, 
E  contra  *l  suo  fattore  alzò  Je  ciglia, 
Ben  dee  da  lui  procedere  ogni  lutto. 

j 'i    O  quanto  parve  a  me  gran  maraviglia 
Quando  vidi  tre  facce  alla  sua  testa  ! 
I/una  dinanzi ,  e  quella  era  vermiglia: 

HL'altreerar\ducches*aggiungénoaquesta 
Sovresso  '1  mezzo  di  ciascuoa  spalla , 
E  si  giungéno  al  luogo  della  cresta  : 

15    E  la  destra  parca  tra  bianca  e  gialla  ; 
J.a  sinistra  a  vedere  era  tal ,  quali 
Vrngon  di  là  ove  il  Nilo  s'avvalla. 

1G     Sotto  ciascuna  uscivaii  duo  grand' ali. 

11.  TcTTO.  Se  un  braccio  é  più  grande  d' 
un  gigante  ,  ancor  più  che  un  gigante  d' un 
nomo;  tutto  i\  corpo  viene  ad  essere  mille  e 
più  braccia  (  XXXI .  v.  fi8,  66,  113  ). 

12.  Bbl.  Is.  (XIV,  11  e  15):  Deiraeta$it 
ad  inferot  superila  {lui ...  Ad  infernum  detra- 
ficns ,  in  profundum  laei  — Alzò.  V.  ^  Pa- 
dri :  Ardiice  contro  ai  molti  bencfizii  alzare  gli 
tìcehi,  Laer.  :  Morlalet  tollere  eontra  Est  oeu- 
/os  ovittf ,  primuique  obrittere  contra.  —  Let- 
to. Creatura  sì  ingrati  ben  dev'essere  read' 
ogni  umano  vizio  e  dolore. 

13.  Trb.  Chi  ci  vede  le  tre  parti  delmon- 
rio:  la  nera  l'Africa,  la  bianca  e  gialla  1'  Asia, 
li  vermiglia  1*  Europa.  Pietro  di  Dante  ci  vede 
ia  nera  ignoranza,  l'impotenza  livida, l'odio 
Ardente,  opposti  alla  potenza,  alla  sapienza, 
all'amore  divino.  L'Anonimo  aggiunge  che 
d'ignoranza,  d'ira  e  d'impotenza  fece  prova 
nella  sua  ribellione  Lucifero  ;  e  che  que'  tre 
mali  a  lui  finno  più  prossimo  l'uomo:  come 
i  tre  beni  contrarii  lo  fanno  più  prossimo  a 
IMo.  II  Rossetti  vede  nelle  facce  il  simbolo 
dt'llp  tre  fiere  e  delle  tre  furie  :  Roma  capo 
de*  Guelfi  ,  dall'insegna  vermiglia  ;  Firenze  , 
.«if  de  de*  Neri  ;  Francia  dallo  stemma  de'  gigli 
bianchi  e  de' gialli.  Interpetrazione  ingegnosa, 
e  conciliabile  coli'  antica.  Ma  che  in  Lucifero 
sia  adombralo  Clemente  papa,  io  non  credo, 
s(*bbcne  i  protestanti  del  secolo  deciroosesto 
in  Saianno  figurassero  il  papa,  e  lo  dipinge»» 
.«•ero  co'  colori  di  Dante.  Toglievan  eglino  que- 
site  imagini  dal  P.  :  non  egli  da  setta  alcuna. 

15.  Avvalla.  L'Fiiupia.  Ar.  (  XV  ,  64  )  : 
Veder  vuoU  ov§  t'atvalU,  M  quanlQ  U  Nilo 
entri  ne' salti  flutti. 


Quanto  si  conveniva  a  tant'uccello: 
Vele  di  mar  non  vid'io  mai  cotali. 

17  Non  avén  penne,  ma  di  vispistrello 
Era  lor  modo  :  e  quelle  svolazzava 
Si  che  tre  venti  si  movén  da  olio. 

18  Quindi  Cocito  tutto  s'aggelava. 

Con  sei  occhi  piangeva ,  e  per  tre  monti 
Gocciava  *1  pianto  e  sanguinosa  bava. 

19  Da  ogni  bocca  dirompea  co'  denti 
Un  peccatore,  a  guisa  di  maciulla  ; 
Si  che  tre  ne  facea  così  dolenti. 

20  A  quel  dinanzi  il  mordere  era  nulla 
Verso '1  graffìar,  che  tal  volta  la  schiena 
Rimanea  della  pelle  tutta  brulla. 

21  Queiranima  lassù  ch*ha maggior  pena, 
Disse  I  maestro ,  è  Giuda  Scarìotto, 
Che'l  capo  ha  dentro, efuorlegamberoeoa. 

22  Deglialtriduoch'hanno*icapo  di  sotto, 

16.  Ali.  Sci  ne  dà  il  P.  ai  serafini;  e  Lq- 
cifcro  era  de' serafini. 

17.  Penne.  Andreini,  de' diavoli  :  Viperin* 
è  '/  capei  f  io  iguardo  bieco.  Gravida  di  et- 
stemmie  ognor  la  bocca ,  E  betlemmkmdotkQC» 
ca  Sulfureo  nembo  ,  schifa  lava  e  foco.  So» 
d'  aquila  le  man ,  di  capra  il  piede  ,  X*  ^ 
di  vipistrello,  —  Svolazzava.  In  Toscana  di- 
cono attivamente  :  tremar  le  ali.  —  Vkvil 
Virg.:  Ventosas(iue  addidit  alas. 

18.  Qt'iNDi.  li  vento  ,  sì  forte  da  ftirsi  Mi- 
tire  alla  incallita  faccia  di  Dante  ,  gelava  U 
fiume,  il  tradimento,  e  ogni  colpa  è  pena  t 
sé  stessa  :  e  il  vento  delle  passioni  sebbM 
provenga  da  ardire  soverchio,  gela  da  uUiaia 
le  anime.  Siccome,  dice  Pietro  di  Dante»  ili 
ventilare  dell'  ali  dello  spirito  di  Dio  che  il 
aggira  su  1'  acque ,  spiran  ordine  e  amon  « 
così  fredda  invidia  dall'ali  del  nemico  di  Ditb 
Dice  la  Bibbia  :  Ihabolus,  qui  seducebal  9m^ 
mtsttis  est  in  stagnum  ignis  et  sulphìsrì$.  Al 
nostro  piacque  cacciarlo  in  istagno  gelalo  « 
perchè  ncU'  idea  del  calore  è  troppa  vita.  -• 
Sanguinosa.  Del  sangue  de'  rei  maciallali. 
Virgil.  :  Mixtum  spumis  vomit  ore  emomai. 

Itt.  Tre.  Apoc,  \VI  :  l'idi  de  ore  drm9^ 
ni$ ,  et  de  ore  bestiae  ,  et  de  ore  pseudopr^^ 
pketact  spiritus  tres  immundos* 

20.  Dinanzi.  Nella  bocca  vermiglia  :  Gin* 
da ,  il  qual  riceve  altri  baci  da  quelli  cba 
diede  a  Cristo. 

31.  Lassù.  Tant'alio  è  Lucifero  che  sab- 
bene  esca  solo  con  mezzo  il  petto  ,  a  guari 
dargli  la  bocca  ,  Virg.  dice  lassù, 

22.  Sotto.  Fuor  della  bocca  spenzoUnt.-^ 
Motto.  Come  uom  fermo. 


CANTO    1 


S33 


Qaei  dia  pende  dal  nero  ceffo  è  Bnito  : 
Vedi  come  ri  storce»  e  non  fa  motto  ; 

23  E  Filtro  è  Cassio,  che  par  si  membruto 
Ila  la  notte  risorge ,  e  oramai 
Éda  partir:  che  tutto  a^ém veduto* 

SI  Com'a  lui  piacque,  ilcoUogliaTTinghiai, 
Eddprese  di  tempo  e  luogo  poste: 
E  quando  Pale  foro  aperte  assai, 

S    Appigiiò  sé  alle  vellute  coste  : 
Di  vello  in  vello  giù  discese  poscia, 
Tra  1  folto  pelo  e  le  gelate  croste. 

SS    Quando  noi  fummo  là  dove  la  coscia 
SI  volge  appunto  in  sulgrosso  dell'anche, 
Lo  duca  con  fatica  e  con  angoscia 

ZT  Volse  la  testa  ov'  egli  avea  le  zanche, 
B  aggrappossi  al  pel,  come  uomche  sale: 
SI  die  in  inferno  i'  credea  tornar  anche. 

Attienti  ben:  che  per  cotalì  scale. 
Disse*!  maestro  ansando  com*uom  lasso, 
Con\iensi  dipartir  da  tanto  male. 

B.  Altio.  Nella  bocca  a  destra. —  Mbm- 
»•  Cicerone  rammenta:  L.  CaaUadipem, 
l'aTrà  (brse  confaso  con  G.  Cassio,  oc- 
ciiMe  df  Cesare.  -*•  Nottb.  Virgilio  fa  dire 
rila  Sibilla  :  Bfox  ruit ,  Aenea  ;  not  fendo 
Iwtimmt  Aerot. 

sa.  ATTncGiiui.  Trecentista  inedito  nella 
Laareu.  :  Era  fi  srauo  che  nuUo  f  awnbhe 
paUrto  mnin$hian.  —  Assai.  Lento  è  il  Tento 
M*  ale.  Virgilio  s'  apposta  in  modo  chemen- 
irt  Loeifero  le  sollefa  e  le  abbassa,  e' possa 
Nsaiere  per  le  coste  di  lai. 

HL  Vkllctb.  Virg.:  yUlosaque  $aetie  Pseto- 
na.  Le  setole  di  tanto  animale  dovevano  esse- 
!C  aodt  quasi  scale  a  Virgilio. 

li.  AnoosciA.  Virg.  :  Sufteraegue  evadere 
ti  anfvs»  Hoc  opiM  ,  hie  labor  est.  Si  capo- 
rolge  con  fatica,  perchè  nel  punto  ove  la  forza 
«aifipeu  è  massima. 

17.  Zancbb.  Gambe:  oggidì  cianche;  come 
la  «Mlfo»  tappo.  Nota  Pietro,  che  questo  si- 
^Hka  doversi  porre  sotto  i  piedi  gli  abiti 
ti  par  escire  dal  male. 

98.  ScALB«  Inf.,  XVil:  Ornai  si  scende  per 
è  fttie  scale. 

9È.  ÙtLLO.  Lucifero  dal  bellico  in  su  è  nel- 
*«B0  emisfero,  giù  neiraliro.  La  metà  di  so- 
ira,  mezza  è  faori  del  ghiaccio  ,  mezza  nel 
rlitaacio;  la  metà  di  sotto,  mezza  circondata 
l«tl»  scoglio  ,  mezza  (le  gambe  cioè  )  guizza 
B  aria.  Virgilio  esce  dello  scoglio  attiguo 
I|0  cosce  di  Lucifero  ,  e  mette  Dante  a  se- 
mf  soirorlo.  Poi  fa  un  picciol  salto,  dai  velli 
ri  mostro  al  luogo  ov'è  Dante. 


29  Pd  nsd  flior  per  lo  forò  d' an  sasso, 
E  pose  me  in  sn  r  orlo  a  sedere  : 
Appresso  ponea  meP  accorto  passo. 

30  I*  levai  gli  occhi  ;  e  ctedettt  vedere 
Locifero  com'  f  l' avea  hsciato. 

E  vidili  le  gambe  in  sa  tenere. 

31  E  ^  io  divenni  allora  trava^to. 
La  gente  grossa  il  pensi,  che  non  vede 
Qoal  era  il  punto  chTavea  passato. 

32  Levati  su,  disse  1  maestro^  in  piede. 
La  via  è  lunga,  o'I  cammino  è  malvagio: 
E  Ria  il  sole  a  mezza  torta  riede. 

33  Non  era  camminata  di  palagio 
Là  V  eravam  ;  ma  naturai  bureUa 
Ch*  avea  mal  suolo  e  di  lume  disagio. 

3i    Prima  eh'  Tdell*  Abisso  mi  divella. 
Maestro  mio,  dissMo  quando  fu'  dritto, 
A  trarmi  d' erro  un  poco  mi  favella. 

35    Ov'  è  la  ghiaccia?  e  questi  com'è  fìtto 
SI  sottosopra  ?  e  come  'n  sì  poc*  ora 

30.  Lbvai.  S*lmagini  sempre  Lucifero  tanto 
grande  che  da  ogni  lato  sovrasta  al  riguar- 
dante come  montagna. 

31.^ao9SA.  V.  Nuova:  Bsrsona  grossa. 

32.  Lunga.  Devon  trascorrere  tutto  il  se- 
midiametro della  terra.  Il  centro  dista  dalla 
superficie,  dice  Pietro,  tremillednecentoquindici 
miglia;  e  quello  è '1  punto  più  lontano  del  cielo: 
è  però  più  conveniente  a  Lucifero.  Non  si  cre- 
da però  che  tanto  cammino,  sia  misurato  dal 
P.  86  non  in  modo  simbolico.  —  Maltaoio. 
L'usa  l'Ar.  (XXIX,  71).  ^  Tirza.  Il  tempo, 
del  viaggio  è  V  equinozio ,  quando  il  giorno 
ha  ora  dodici.  Essendo  esso  giorno  diviso  iu 
terza»  sesta,  nona,  vespro;  mezza  terza  è  un 
ottavo  di  giorno.  Neil*  altro  emisfero  sorgeva 
la  notte  ;  in  questo  dunque  doveva  essera 
mezza  terza. 

33.  BumELLA.  Da  huro,  buio  :  come  da  fu- 
ro, fuio.  Valeva  prigione;  e  tuttora  una  via 
di  Firenze  non  molto  serena  ha  questo  nome. 
Buri  per  prigioni  è  nell'Ottimo. 

34.  DrvBLLA.  Per  dipartirsi,  è  in  Virgilio. 

35.  GmAcciA?  Salendo  su  su,  e'  doveva  non 
più  veder  che  lo  scoglio  il  qual  fasciava  li» 
cosce  a  Lucifero.  —  Fitto.  Sta  capovolto  nel 
mezzo,  perchè  la  forza  centripeta  vel  sostiene. 
Dice  Brunetto  ,  il  maestro  di  Dante:  che  se 
si  potesse  cavare  un  pozzo  che  forasse  il  cen- 
tro della  terra  ,  ed  un  grave  vi  si  gettasse  , 
questo  non  cadrebbe  dair  altro  foro  del  pozzo, 
ina  rimarrebbe  nel  centro.  Tale  idea  è  pur 
nell'Anonimo,  tolta  dall' Almag.  dì  Tolomeo.-- 
11A.NB.  F.  lerz.  33. 

30 


23» 


DELL'  IMFERIfO 


Da  sera  a  mane  ha  fatto  il  sol  tragitto? 

36    Ed  egli  a  me:  tu  inimagini  ancora 
D  esser  di  là  dal  centro,  oV  i'  mi  presi 
Al  pel  del  vermo  reo  che  1  «londo  fora. 

3T  Di  là  fosti  cotanto  quant*  io  scesi  : 
Quando  mi  volsi,  tu  passasti  il  punto 
Al  qual  si  traggon  d'ogni  parte  i  pesi. 

38  E  se*  or  sotto  1'  emisperio  giunto 
Ched  è  opposto  a  quel  che  la  gran  secca 
Coverchia,  e  sotto '1  cui  colmo  consunto 

39  Fu  Puom  che  nacquce  visse  senza  pecca. 
Tu  hai  i  piedi  io  su  picciola  sp<!ra 

Che  r  altra  faccia  fa  della  Giudccca. 
kO    Qui  è  da  man  quando  di  là  è  sera  : 

E  qxìc^U  che  no  fo  scala  col  pelo  , 

Fitr  è  ancora  si  come  prim*  era. 
41     Da  qu<sta  parto  cadde  giù  dal  cielo  : 

E  la  terra  che  pria  di  qua  si  sporse  , 


:)t).  Vermo.  Apoc,  XlUDmcn  niaffiìiu^  uftis, 
habem  capita  $9ptem,  et  cornun  dectm...  Ora- 
vo iìXe  magnut,  serpens  anlv/uui  i/u»  vocalur 
diabolui  el  iatarias,  1/  Andreini  con  comico 
ordire  chiama  i  diavoli  gran  Sanguisuffhe  in- 
féme.  GuiUone  :  Il  fero  vermo,  11  sotnmo  sa- 

tjcrbo  è  nell'imo  dell'universo.  —  Fora.  Sim- 
»ul<'ggia  il  vizio  indotto  nell'umani  Datura  dal- 
ia prima  istigazione  diabolica. 

38.  Quel.  L'emisfero  nostro,  che  circonda 
la  terra.  Secca.  Gen.  ;i,  10);  Vocavit,.,ari' 
dam  terram,  —  Colmo.  Gerusalemme,  è  se- 
condo Dante,  il  più  alto  punto  del  meridiano 
terrestre. — Consunto.  ¥cr  ucciso.  Ilcg.  (  11, 11): 
lUum  consumit  gladtus.  Virg.  :  .ibsumere  ferro, 
Armannino  ;  Furono  da  quegli  morti  e  con- 
sumati. 

39.  i'RCCA.  Trecentista  inedito  della  Lau* 
renz.  :  in  suo  tradimento  non  ha  pecca.  — 
Picciola.  Il  P.  credeva  i  paesi  antipodi  ina- 
bitati, tranne  il  monte  del  Purgatorio,  coperto 
dall'acque.  Questa  piccola  spera  contrapposta 
nlla  Giudccca  è  la  base  del  monte.  Onde  pic- 
cola è  pur  la  Giudccca,  perchè  con  la  gravità 
del  delitto  scema  lo  spazio  della  pena  ,  cioè 
il  numero  de'dannati. 

40.  Man.  Par.,  i:  Fatto  av9a  di  là  mane 
e  di  qua  sera.  Qui  l'Ottimo  cita  PAlmag.  di 
Tolomeo. 

il.  Cadde.  Is.  :  Infemut  subter  eoniurha- 
tus  est  in  oceursum  adventuM  tui,  Quomodo 
r.ecidisti  de  coelo,  Lucifer.  .?  E  (LI,  9,10); 
hreussitii  superbum ,  vulnerasti  draeonem  ? 
Aumquid  non  tu  siccasti  mare ,  aquam  aòysft 
vehementis  mare?  Job.  :  Circmmdidi  iliud  ..  ? 


Per  paura  di  lui  fé  del  mar  velo; 
42    E  venne  all'  emisperio  nostro  :  e  forse 

Per  fuggir  lui  ,  lasciò  qui  il  luogo  voto 

Quella  chiappar  di  qua,  e  su  ricorse. 
k3    Luogo  è  laggiù  da  Belzebù  rimoto 

Tanto  ,  quanto  la  tombii  si  distende; 

Che  non  per  vista ,  ma  per  suono  è  noto 
&>4     D*  un  ru scellotto  che  qiiiv i  «lisceude 

Per  la  buca  d'  un  sasso,  eh'  egli  ha  roso 

Col  corso  ch'egli  avvolge,  e  poco  pende. 
kò  Lo  duca  ed  io  per  quel  cammino  ascoso 

Entrammo  a  ritornar  nel  chiaro  mondo. 

E  senza  cura  averd'  alcun  riposo 
1^6    Salimmo  su,  ci  primo,  ed  io  secondo; 

Tanto  eh'  i'  vidi  delle  cose  bello , 

Che  porta  'I  ciel.  per  un  pertugio  tondo  : 
VI    £  quindi  uscimmo  a  riveder  le  stelle. 


terminis  meis.  Cadde  col  capo  all'  iniriii  ,  e  vi 
rimase  in  eterno.  Prima  deila  sua  caduta,  Pe- 
misfero  opposto  al  nostro  era  terra  :  ma  per 
error  di  Lucifero,  la  terra  si  rovesciò  tolta 
dall'  altro  lato ,  e  le  acque  ne  presero  il  luo- 
go. E  quella  parte  di  terra  eh'  era  più  pret» 
so  al  centro,  s'alzò  e  fece  il  monte  del  Pur- 
gatorio ,  e  lasciò  vuoto  il  luogo  da  cai  pts- 
sano  i  due  P.  (Inf.,  XXVI,  45;  Purg.,  II). 

42.  QusLLA.  Dal  centro  alia  base  del  mon- 
te del  Purgatorio  ò  tanta  altezza  quanta  dal 
centro  alla  base  del  Golgota.  Armannino:  limi- 
ti sono  a  una  grande  grotta  ,  onde  si  pana 
per  volere  andare  a  quello  chiaro  Eliso,.. 

4').  Luogo.  Qui  parla  Dante.  Quant*  è  fon- 
da la  tomba  de'  morti  dannati ,  tanto  è  lon- 
ga  la  via  ebe  da  Belzebub  (  cosi  è  chiamalo 
Lucifero,  Malt.,  XII),  mette  all' opposto  emi- 
sfero. 

4-i.  Roso.  Lete  rhc  scorre  dal  monte,  e  fi- 
gura i  peccati  veniali.  —  Avvolgs.  Avvolge- 
re un  corso  in  senso  di  avvolgersi  per,  conte 
in  Virgilio:  Tot  volvere  caius, 

46.  Belle.  Stelle  (Inf..  e.  XVI).  — Pokta. 
Nel  suo  corso:  secondo  l'astronomia  tolemai- 
ca. Sen.  ;  Postquam  est  ad  o ras  Taenari  vtw^ 
fttfit ,  et  nitor  Ptrcussit  oculos  lucis, 

47.  Uscimmo.  A  mezza  terza  si  misero  in 
via  :  appiè  del  Purgatorio  saranno  all'alba. 
Ventiquattr*  ore  spesero  dalla  selva  alla  Gin- 
decca  :  altrettante  spendono  dalla  Giudecca 
alle  falde  della  montagna:  e  ci  arrivano,  dì- 
re  P Anonimo,  nell' ascende ule  del  segno  di 
Gemioi  ,  sotto  cui  nacque  il  Poeta. 


PURGATORIO 


■^ 


DEL  PURGATORIO. 


CANTO    PRIMO. 


f  ! 


ÀRG  OMENTO. 


E$ee  atta  luce  ;  rineùnira  Catone ,  che  domanda  ragione  di  lor  cammino ,  e 
gii  indirizza  al  monle  doee  lo  ^fòrUo  umano  $i  purga*  Virgilio  lata  al  P.  H  vi*o 
Minto  della  fuliggine  d  Inferno ,  e  (o  wrona  i  un  ramo  di  giunco.  La  prima  soglia 
^el  Pwrgatorio  contiene  coloro  che  differirono  penitenza  ,  o  per  troppo  eon^iacersi 
mille  cose  temporali ,  o  per  inerzia  ;  coloro  che  furon  morti  di  morte  viùenta ,  e  si 
irono  alt  ultimo» 


Già  lo  stila  si  fti  più  sereno  :  già  le  allusioni  geograficbe,  astronomicfae ,  più  freqiM^ntr. 
JU  noralisU  dà  laogo  il  ciutdioo  adirato. 

Noia  le  tenioe  1,  I,  4,  5,  7,  8,  9;  la  11  alla  14;  la  17  alla  34;  la  SG  alla  3i;  \o 
^  ;  la  38  alla  41  ;  le  olUme  dae. 


1    Per  correr  miglior  acqua  alza  le  vele 
Ornai  la  navicella  del  mio  'ngegno, 
Che  lascia  dietro  a  sé  mar  si  crudele: 

3    £  canterò  di  quel  secondo  regno 

1.  Alia.  La  contemplazione  del  male  pn- 
Dito  lo  conduce  all'espiazione:  che  il  Ballao- 
ebe  (  i.  fV ,  p.  122  )  dice  essere  do^a  al- 
UBCote  cristiano  ;  l' espiazione  lo  condurrà 
fino  alla  gioia  de'  giusti.  —  Naticblla.  Nel 
Con? ÌTÌo  la  stessa  figura  :  Lo  tempo  chiama 
f  dimanda  la  mia  nave  «fctre  di  porto  :  per- 
thè ,  diriszato  t  artimone  della  rajfione  aW 
Ora  dU  mio  duiderio  ,  enlfO  inp^go  con 
uporomMa  di  dola  cammino  •  e  m  satuteoolo 
porlo  e  laudabile.  Virgil.  (  Qeor. ,  II ,  41  )  : 
Ptiagoque  volami  da  vetapatonti.  Quintllian.: 
rktm^tamut  véla  ventii,  et  oram  tohentUnte 
Um  prteemur. 

2.  SBcoxno.  Altri  penerà  11  Purgatorio  sul 
Li^ao.  Isidoro  nell'  opposto  emisfero  ,  ap- 
liiiiitu  là  do? 'è  il  paradiso  terrestre.  Gregono 


Ore  r  umano  spìrito  si  porga 
E  di  salire  al  ciel  diventa  degna. 
3    Ha  qui  la  morta  poesia  risurga» 
O  sante  Muse ,  poi  che  vostro  ^ooo, 

nelle  Decretali ,  ciuto  da  Pietro  df  Dante  : 
Jfoee  otta,  tdeit  maifidM,  guati  intra  eotlum 
et  tfi/emum  sita  est  ...  Ut  valde  honorum  a* 
nimae  ad  eoelum  evolant ,  et  valde  malormm 
anima  abystum  Cernie  defcendsfil ,  ita  animasr 
medioeritor  honorum  locum  medium  temnt , 
gwi  dieitur  et  est  loem  Purgatorii, 

3.  MOKTA.  Inf. .  Vili  :  Scritta  morta.  — 
VosTUO.  Boat.  :  Veffer ,  Camoeiiae ,  vester 
in  arduoe  ToUor  Soòinot.  —  GALLionA.  Per 
CalUope ,  è  in  Virg.  ed  in  altri.  Virg.  :  Fog; 
o  Calliope  ,  preeor  *  odipìrole  eantnft.  Sieo^ 
Udes  Mtuae ,  pavto  majora  eanamus.  Più  Ke*> 
to ,  ben  dice  H  Gingueoé  (  Hisl.  litt.  d' li. , 
IX  ) ,  e  più  sereno  si  Ai  in  questa  canti^  lo 
stile  •  più  fresche  le  iroagini.  Si  paragoni  qur 
st*  entrata  al  XUU  deU'  lattne. 


f>:W 


DEL    PCRffATORlO 


K  (|ui  Calliopea  alquantu  Mirga 

h    Segiiitandul  mìo  canto  con  quel  suono 
J)i  cui  le  Piche  misere  sentirò 
Lm  colpo  ,  tal  che  disperar  perdono. 

5    Dolce  color  d' orientai  zalTiro , 
(]he  s' accoglieva  nei  sereno  aspetto 
Dell'  aer  puro  infine  al  primo  giro, 

0    Agli  occhi  miei  ricominciò  diletto 
Tosto  ched  i'  usci'  fuor  dell*  aura  morta 
Che  m*  avea  contristati  gli  occhi  e  1  petto. 

7    Lo  bel  pianeta ,  eh'  ad  amar  cooforta, 
Faceva  tutto  rider  V  oriente, 


4.  Piche.  Ov.  (  Mei ,  V  ).  Figlie  di  Picrio 
Macedone  ;  perchè  gareggiarono  con  le  Muse, 
mutate  in  gazze  :  Ùue  venit  :  et  tali  commìt- 
lunt  praelia  voce:  Detinile  indoctum  vana 
dulcedine  vulgus  Fallere  :  uobiscum  ,  si  qua 
est  fiducia  vobis  ,  Thespiadet  certate  Deae  ... 
Mu$a  refert  :  dedimus  summam  certaminii  uni 
...  CaUioVB  quacruloi  praetentat  pollice  chor- 
das  ...  Ibimus  in  pocnat;  et,  qua  vocat  ira, 
secuemur ,  Rident  Emathides  ,  spemuntque 
fniriacia  verta  ...  Ihimque  volunt  piangi  :  per 
hrucliia  mota  Uvatae  Aere  pendehant  nemorum 
ronvicia  picae.  Nomina  qui  le  Piche  non  solo 
per  accennare  alla  forza  veDilicairice  del  suo 
canto,  ma  e  per  pregare  che  nulla  sia  in  quel- 
lo di  profano  e  iogiurìoso  ai  veri  Celesti. 

5.  AccoGLiBVA.  Altri  avrebbe  deUo  span- 
ileva  :  ma  nell*  immensità  il  Nostro  vede  1' 
unità.  —  Giro.  Della  luna  :  Quel  del  eh*  ha 
minor  li  cerchi  ftit  (  Inferno ,  li). 

0.  Aura.  Virg.  :  Superatque  evadere  ad  au- 
ras,  —  Petto.  Bocc.  ;  Le  miserie  degl'infe- 
lici amori ,  raccontate ,  non  che  a  voi  don- 
ne ,  ma  a  me  ,  hanno  già  contristati  gli  oc- 
chi e  '/  petto. 

7.  Conforta.  Conv.  (  1 ,  12  ):  Confortare 
l  amore  eh*  io  porto  al  ...  Alberta uo  :  IVon  è 
rosa  che  più  conforti  ad  amare  che  la  virtù. 
IVtr.  :  Già  fiammeggiava  V  amorosa  stella  Per 
V  oriente.  —  Velando.  Di  luce.  Nei  Paradi- 
so più  volte.  —  Pks€I.  Segno  inoanzi  all' A- 
rieic.  Doveva  dunque  tra  poco  sorgere  il  sole. 

8.  (^'ATTRo.  Le  virtù  cardinali,  dice  Pietro; 
r  \o  dichiara  il  P.  stesso  nel  canto  XXX.  — 
Prima.  Di  Adamo  e  da  Eva  che  abitarono  il 
paradiso  terrestre.  Verso  il  polo  antartico  sod 
«juattro  «telle  nella  costellazione  del  Centauro, 
dette  la  Croce  del  sud.  Dante  da  Marco  Polo 
ch'era  stato  di  là  della  linea  equinoziale  e  del 
tropico  e  di  Capricorno,  e  tornatone  nel  1295, 
poteva  averne  contezza.  E  le  tre  stelle  di  cui 
dira  nel  e.  Vili,  potrebbero  esser  le  tre  Alfe 


Velando  i  Pesci  eh'  erano  in  sua  scoria. 

8  r  mi  volsi  a  man  destra  ,  e  posi  mente 
AH  altro  polo,  e  vidi  quattro  stelle 
Non  viste  mai  fuor  ch*alla  prima  gente. 

9  Goder  pareva '1  ciel  di  lor  Gammelle. 
0  set tentrional  vedovo  sito 

Poi  che  privato  se*  di  mirar  quelle  ! 

10  Com'  io  dal  loro  sguardo  fui  partito, 
Un  poco  me  volgendo  all'altro  polo 
Là  onde  '1  Carro  già  era  sparito, 

11  Vidi  presso  di  me  un  veglio  solo, 
Degno  di  tanta  reverenza  in  vista 


delle  costellazioni  delP  Erìdano  ,  della  Nave  « 
del  pesce  d'Oro,  che  si  trovano  in  oppostilo- 
ne  alle  quattro  del  Centauro ,  e  doTevaoo  t^ 
sere  appunto  la  sera  nel  sito  occupato  dalle 
quattro  al  mattino.  Ma  le  quattro  dette  em 
già  note  e  scritte  nel  catalogo  di  Tolomeo: 
onde  in  tale  interpretazione  la  prima  jmii 
sarebbero  i  primi  osservatori  del  cielo  che  t^ 
li  le  videro,  Arabi,  Fenicii,  Caldei,  ed  Egisll. 
Da  una  lettera  del  Fracastoro  sappiamo  che 
le  quattro  stelle  si  veggon  da  Meroe  e  da  opd 
luogo  che  non  sia  più  di  quartordicl  a  qiijo* 
dici  gradi  in  qua  dalla  linea  oquinoiiale.  Io 
per  me  credo  potersi  la  spiegazione  asirooo- 
mica  collegare  con  P  allegorica,  ch'é  noto  oso 
di  Dante.  Un  comentatore  inedito  osserva  qui, 
che  le  quattro  virtù  cardinali  erano  il  relega 
gio  dell'umanità  innanzi  a  Cristo,  le  tre  te^ 
logali  poi. 

9.  Sito.  Pietro  qui  cita  Aristotele  (  II.  De 
coelo  et  roundo)  :  Jerra  est  fixa  et  stahiU»,  af 
est  cum  mari  cent  rum  eoeZt,  et  coelum  eiremm 
eam  volvitur.  Ex  eujus  raoolutione 
sunt  duo  poli  firmi  :  unus  imminens 
nostrae  detectae  a  mari ,  qui  noster  poku 
citur  septenirionalis  et  arcticus ,  cui 
est  Ursa  major,  quam  vulgo  vocant  C% 
(V.  terz.  seg.  ).  Alius  dicitur  meridionati$  et 
antarctieus  qui  nunquam  videtur.  GodvìtIo  : 
Questi  due  poli,  Vuno  manifesto,  quaei  a  tssftB 
la  terra  discoverta»  cioè  questo  settetUriomak: 
l'altro  è  queui  a  tutta  la  discoperta  Urta  ce- 
lato ,  cioè  la  meridionale.  Virg.  :  flie 
nohis  semper  sublimis  :  at  iUum  Sub 
Styz  atra  videt,  Manesque  profundis 

11.  Viglio.  Catone  simbolo  della  virtù,  diee 
Pietro,  e  dell'onestà.  Lo  pone  in  principto  M 
Purgatorio  accennando  ai  virg.  :  SeenCoefM 
pio%,  his  dantem  jura  Catonem*  Lac«  :  Sfrnm 
cui  crediderim  Superoi  arcana  daiuroe  •••  «mh 
gis,  quam  sanclo  ,  vera,  Catonif  Sen.  e  La. 
cilio:  Catanem  emrtim  exemplar  vintapimitìt 


CANTO    I. 


ì;j» 


Che  più  non  dee  a  padre  alcun  fisliuflo. 

là    Lunga  la  barba  e  di  |K31  bi  meo  mista 
Portava  a*  suoicapegli  t:i^)i^lianto, 
De'  quai  cadeva  al  petto  doppia  li^ta. 

13    Li  raggi  delle  c|iiattro  luci  santo 
Fregiavan  sì  la  8uh  faccia  di  lume 
ChMo  1  vedea,  conjc'l  sf>l  fosse  davante. 

1^    Chi  siete  voi  elio  cuntra'l  cieco  fiume, 
Fuggito  avete  la  prigioni*  eterna, 
Oìss'  ei,  movendo  queir  oneste  piume? 

15  Chi  v*ha  guidati  ?  o  chi  vi  fu  lucerna 
l-scendo  fuor  della  proCoiìda  notte 
Che  sempre  nera  fa  In  valle  inforna'? 

16  Son  le  leggi  d' Abi<i.so  così  rotte? 
0  ò  mutato  in  ciel  nuovo  consiglio, 
Che  dannati  venitit  allo  mie  grotte? 

17  Lo  duca  mio  allor  mi  (iiè  di  piglio, 
£  con  parole  e  con  mani  e  con  cenni  , 
Reverenti  mi  fé  le  gambe  e  'I  ciglio. 

18  Poscia  rispose  Ini  :  da  me  non  venni  ; 
Donna  scese  dal  ciel,  per  li  cui  preghi 
Della  mia  compagnia  costui  sovvenni. 

19  Ma  da  eh  e  tuo  voler  clic  più  si  spieghi 
Di  nostra  condizion,  coin'eirè  vera, 

Hkii  Dee$  dedUte,  Di  Catone,  vHi  s.  Ag.  (  C. 
D. ,  I  ,  23  ).  L'n  antico  comentatorc  inedito 
(  Hbl.  Laorenz.  ,  Plut.  XG.  della  Gaddiaaea 
api.  e9d*  115  )  dice  :  Tutta  questa  cantica  è 
MNmffii  t»  eoitumi;  e  però  parla  qui  di  Ca- 
irn» come  tt  uomo  costumato  e  virtuoto  ,  pe- 
noekè  Cato  fu  padre  di  costumi,  e  massima- 
Mula  4tU»  tririù  cardiuati.  Queste  smodate 
lodi  della  virtù  di  Catone  danno  a  conoscere 
l'^pfnkMia  del  tempo,  e  dichiarano  Videa  del 
F.  Nel  CoDV.  egli  dice  :  Che  nullo  uomo  ter- 
mi» pia  d§gno  fu  di  seguitare  Iddio,  di  lui. 
^iflio  lo  chiama  :  ma  e'  morì  di  cinquant'an- 
ai.  —  Solo.  Simbolo  di  rara  virtù  o  di  raro 
oritfitlo  (Inf.,  IV,  XIl). 

iS.  Lista.  Meo  bello  TAr.:  /  crini  ha  hian- 
M,  t  èiofieo  la  mascella  di  folta  barba  che  al 

13.  QvATTfto.  Cic.  (Off.)»  ripone  l'onestà  in 
^«Uio  ollxli.  E  Pietro  di  Dante  li  nomerà  a 
»«o  Hiodo:  CoffitaUonit ,  eomitaiis ,  magnani- 
■wfgfit,  moderaiionii,  —  Faccia.  Eccl.,  Vlil  : 
Sttpimtia  hominis  lucei  in  vuUu  ejus. 

14.  FicxB.  Il  ruscello  del  e.  XXXIII.  -- 
Picm  7  Inf.  •  111  :  Quinci  fur  quete  le  lanose 
$tt9  M  noeehier.  Petr.:  Le  penne  usale  Mutai 
p$r  Campo  e  la  mia  prHna  labbia, 

15.  Sbm pKB.  \  irg.:  l/mòroi  Brebi  noci$mque 
pfofundam.  ^ieti rimai ...  noclem. 


Esser  non  puote  1  mio  Gh*a  te  si  nieghi. 

20  Questi  non  vide  mai  1* ultima  sera  , 
Ma  per  In  sua  follia  le  fu  sì  presso 
Che  molto  poro  tempo  a  volger  era. 

21  SI  com*  ì'  dissi ,  fu'  mandato  ad  esso 
Per  lui  campare,  e  non  c'era  altra  vìa 
Che  questa  per  la  quale  i*mi  son  messo. 

22  Mostrai'  ho  lui  tutta  la  gente  ria, 
Ed  ora  ntendo  mostrar  quegli  spirti , 
Che  purgan  sé  sotto  la  tua  balia. 

23  Com'  i'  r  ho  tratto  saria  lungo  a  dirti. 
Dell*  nlto  scendo  virtù  che  m' aiuta 
Conducerlo  a  vederli  e  a  udirli. 

2V     Or  ti  pinccia  gradir  la  sua  venuta  ; 
Libertà  va  cercando  eh* è  sì  cara, 
Come  sa  chi  per  lei  vita  rifiuta. 

25  Tu  '1  sai,  che  non  ti  fu  per  lei  amara 
In  litica  la  morte  ,  ove  lasciasti 

La  veste  eh'  al  ^ran  di  sarà  si  chiara. 

26  Non  son  glieditti  eterni  per  noi  guaiti, 
Che  questi  vive,  e  Minós  me  non  leu'a  ; 
Ma  son  del  cerchio  ove  songli  occhi  coisti 

27  Di  Marzia  tua,  clie'n  vista  ancor  ti  pre;L;a, 
0  santo  petto,  che  per  tua  la  togni; 


10.  Grotte  ?  Scogli  (Inf.,  XXXlV). 
17.  Piglio  (Inf.,  IX).  E'  gii  chiude  gli  oc- 
chi con  le  mani  alla  vista  deUa  Gorgone. 

20.  Sera.  1/  Ar. ,  d'  Knoc  e  d'  Elia  r  Che 
non  han  visto  ancor  V  ultima  sera.  Andreini, 
deir  Inf.:  Veterna  setti.— Presso.  Paal.  (Cor., 
1  ,  10)  :  Stimulus  ...  mortis  peccatum. 

21.  Questa.  Il  timore. 
21.  Cara.  Se  la  libertà  politica  a  te  fta  si 

cara  ,  or  quanto  più  la  morale  ?  Cosi  spiega 
il  coment,  del  cod.  Caet.  Ma  qui  si  vede  più 
che  altrove,  come  nella  mente  di  Dante  si  con- 
fondessero le  due  libertà.  Qui  non  loda  il 
suicidio  :  ma  non  lo  condanna ,  ed  è  male.  Né 
Catone  ,  morto ,  poteva  giovare  alla  libertà, 
quanto  a>rebbe  potuto  vivo. 

25.  Chiara.  Non  di  gloria  celeste,  ma  di 
quella  luce  che  ,  secondo  Dante  ,  è  dovuta  an- 
co alle  virtù  naturali,  della  qual  luce  è  sim- 
bolo il  lame  delle  quattro  stelle  che  gli  illu- 
strano il  viso.  O  forse  lo  fa  salvo  con  Rifeo  e 
con  Traiano.  Ma  lo  direbbe  più  chiaro. 

26.  Lega.  Virg.  :  Tardaque  paha  tnama' 
biUs  unda  Alligai. 

27.  Mabzia.  Per  comando  di  Catone,  e  suo 
malgrado,  andò  moglie  d' Ortensio ,  il  qaale» 
di  coDcordia  con  Catone,  ripudiò  la  sua  co- 
me sterile.  Di  Marzia  ebbe  prole:  morì  :  ed 

I  ella ,  resigli  i  Ainebri  onori,  tornò  pregando 


S(0 


DEL   PURGATORIO 


Per  lo  nio  amore  adunque  a  noi  ti  piega. 
38    Lasciane  andar  per  li  tao*  sette  regni. 
Grazie  riporterò  di  te  a  lei. 
Se  d*  esser  mentovato  laggiù  d^L 

29  Marzia  piacque  tanto  agli  occhi  miei 
Mentre  eh'  i*  fui  di  là,  diss*  egli  allora» 
Che  quante  grazie  \oUe  da  me  fei. 

30  Or  che  di  là  dal  mal  fiume  dimora. 
Più  muover  non  mi  può  per  quella  legge 
Qic  fatta  fu,  quando  me  n*usci*  fiiora. 

31  Ha  se  donna  del  cìei  ti  muove  e  regge 
Come  tu  di*,  non  e'  è  me^^tier  lusinga; 
Basititi  ben  che  per  lei  mi  riche^e. 

32  Va  dunque ,  e  fa  che  tu  costui  ricinga 
D'un  giunco  schietto,  e  che  gli  lavi '1  viso 
Si  eh* ogni  sucidume quindi  stinga; 

33  Clie  non  si  converria  rocchio  sorpriso 
D'  alcuna  nebbia  andar  davanti  al  primo 
Ministro  ,  eh*  è  di  quei  di  Paradiso. 

3!^  Questa  isoletta,  intorno  ad  imo  ad  imo 
Laggiù,  colà  dove  la  batte  londa  , 
Porta  de  giunchi  sovra!  molle  limo. 

Catone  la  ripigliasse.  Loe.  (II,  311-3):  I>a  foe- 
dera  Priici  Illibata  tori:  da  tantum  fiotnen 
tf*ane  Cwrmubii  :  liceat  tumulo  scripsìsie,  Ca- 
tonii  Martia  (lof..  IV.  — )  Sa>'to.  Epiteto  di 
Lucano.  Conv.  :  O  Maeratittimo  petto  di  Ca- 
tone ,  chi  pnsumerà  di  la  parlare?  Certo  mag- 
ffiormente  parlare  dt  te  non  ti  fmò,  che  tacere: 
€  leguirare  Jeronimo,  quando  nel  proemio  del- 
la Bibbia  ,  là  dove  di  Aiolo  Cocca  ,  dice  che 
meglio  e  tacere  che  poco  dire. 

28.  Tco*.  L' inferno  a  Dante  é  l'orrore  na- 
turale del  vizio  ;  il  Porgaiorio  1*  amor  natu- 
rale della  virtù  ;  il  Paradiso  1*  amor  sopran- 
naturale del  bene  sopra  natura.  Però  nell'in- 
ferao  ha  duca  Virgilio  ;  e  chiama  di  Catone 
i  regni  del  Purgatorio ,  e  sola  Beatrice  gli  é 
a  guida  ne!  cielo.  1  tre  personaggi  sono  in 
pana  frimbolica  ognun  sei  vede  ;  non  è  Vir- 
gilio r  andante  d'  Àlessi  ,  né  Catone  il  anici- 
dà  ,  ne  hpatrice  la  moglie  di  Simone. — Set- 
ti. Off  si  puniscono  i  sette  peccati. 

29.  OccBi.  Judic,  XIV:  liane  mihi  aeeipe 
fuia  placuìt  oculie  mets.  Jerem.,  XXVii:  Ei, 
«fui  pLtw.uit  in  oeulis  mei$. 

30.  Fiume.  Acheronte  (  Inf.,  Ili  )  Uscì.  Cu- 
stode ali*  entrata  del  Purgatorio.  Si  noti  che 
(  atone  non  è  guida  alle  anime  ,  né  tocca  pu- 
re le  falde  del  monte:  é  dopo  la  morte  di 
Cristo  (che  prima  Purgatorio  non  v'era,  ma 
i  non  dannati  scendevano  al  limbo)  dastinato 
ad  invitar  la  anime  a  correrà  verso  i'  espia- 


35  Nuir  altra  pianta  che  AM)eg9e  fronda 
O  indurasse ,  vi  puote  aver  vita  » 
Però  che  alle  percosse  non  seoooda. 

36  Poscia  non  sia  di  qua  vostra  reddita» 
Lo  sol  vi  mostrerà  che  sorge  ornai. 
Prendete  1  monte  a  più  lieve  salita. 

37  Cosi  spari,  ed  io  su  mi  levai 
Senza  parlare ,  e  tutto  mi  ritrassi 

Al  duca  mio ,  e  gli  occhi  a  lui  drizai. 

38  Ei  cominciò:  Ggliuol,  segui  i  miei  passi. 
Yolgiamci  indietro,  che  di  qua  dichiol 
Questa  pianura  a' suo' termini  bassi. 

39  L'alba  vinceva  l'ora  mattutina. 
Che  Tuggia  'nnanzi ,  si  che  di  lontano 
Conobbi  il  tremolar  della  marina. 

kO    Noi  andavam  per  lo  solingo  piano 
Com'uom  che  toma  alla  smarrita  stradi» 
Che  *n(ìno  ad  essa  li  pare  ire  in  vano. 

&•!  Quando  noi  fummo  dove  la  rugiada 
Pugna  col  sole,  e,  per  essere  in  parte 
0?e  adorezza ,  poco  si  dirada  ; 

42    Ambo  le  mani  in  su  Terbetta  sparlo 


zione.  La  virtù  naturale  di  lui  non  é  nenot 
ma  incitamento  al  ben  fare. 

31.  Lusinga.  Secrete  lusinghe  chiamava  n 
antico  le  preci  miste  di  lode. 

32.  Giunco.  L'  umiltà  semplice  e  paziente, 
dice  Pietro.  Rammenta  il  ramo  che  in  Virgi- 
lio la  Sibilla  fa  cogliere  ad  Enea  per  passa- 
re gli  Elisi.  —  Schietto.  Inf.  ,  XUI  :  Nem 
rami  tehietti  ma  nodoii  e  'nvolti,  —  SnMiA. 
Contrario  di  tinga.  Ila  un  esempio  nella  la- 
pubbliche  antiche,  ma  non  chiaro  assai. 

33.  SoRPRiso.  Lo  dicono  1  Napoletani:  t 
gli  antichi  Toscani  prito,  mi$o  »  coniimat^— 
Pkimo.  V,  e.  IX. 

34.  Limo.  Virg:  Limoioque  palta  obdwMi 
patena  junco, 

35.  Fionda.    Non  è  foglia.  —  Indurassi* 
G.  Cavalcami  :  Quando  con  vento  •  con  fm--^ 
me  contende  ,  jlssat  più  ti  difende  La 
canna  .  .  .  Che  dura  querce  ,  che  non  ai 
fende.  ^ 

39.  Ora.  Quello  che  gli  antichi  chDl 
no  mattutino,  avanzava  di  quasi  tre  ora  il 
nascer  del  sole.  —  Tremolar.  Virg.  SpUndt/t 
(remiilo  sub  iumtne  ponCvs. 

41.  Parte.  Conv.  (l.  Vili)  :  BiofiiMCvoiaé 
non  solafnente  a  porre  la  cosa  in  parte 
sia  meno  utile,  ma  eziandio  in  parte  ove 
ugualmente  utile,  —  Adorbiia.  Buti  :  È 
bra.  De  reno. 


CANTO    I. 


Ut 


Soavemente  1  mio  maestro  pose; 

OiMf  io  che  Ali  accorto  di  su'  arte, 
43    Porsi  ver  lui  le  guance  lagrimose  ; 

Quivi  mi  feci  tutto  discoverto 

Quel  color  che  l' inferno  mi  nascose. 
kh    Venimmo  poi  in  sul  lite  diserto 

43.  Lageuiosb.  DijpeniteDxa.  —  Discoybe- 
to.  In  Virg.,  prima  di  scendere  all' Eliso,  E* 
Dea:  Corfm  fvetnft  ^ar^tt  aqua.  Stat.  : 
Edili  ad  Stifent ,  infemaqu§  nubUa  vtdiu 
DiicmiU ,  9€  pM$  afflatibuM  ora  fermai  — 
Goton.  Di  virtù  e  d'innoceou. 


Che  mai  non  vide  navicar  su' acque 
Uom  che  di  ritornar  sia  poscia  esperto. 

45.    Quivi  mi  dnse  si  com^altrui  piacque; 
0  maraviglia  !  che  qual  egli  scelse 
L'umile  pianta ,  cotal  si  rinacque 

46    Subitamente  là  onde  la  svelse. 

41.  UoH  (Inf.,  XXVI). 

4tt.  UmLB.  Virg.:  HumUttfm  myriscM.  — 
Punta.  Aen.,  VI  :  Frimo  amUo^  non  deficit 
aUer,  I  meni  di  penilensa  sono ,  dica  il  Pog- 
giali, oYvil  sonpra. 


31 


ìk% 


DEL    PURGATORIO 


CANTO      II. 


ARGOMENTO. 


Appare  un  Angelo  che  conduce  $u  leggiera  barchetta  le  anime  nuove  a  purgar» 
<t.  Il  P,  riconosce  Casella:  questi  gli  canta.  Le  anime  si  arrestano  alla  dolcezza 
del  canto  :  ma  Catone  sgridando  le  spinge  al  monte. 

Qui  cominciano  le  apparizioni  degli  Angeli  ;  e  si  badi  alle  varie  pittare  che  il  P.  ne 
fa;  si  badi  ai  varii  modi  di  raflìgarare  gli  oggetti  che  vengono  da  grande  distanza.  Inf.  IV, 
V,  Vili,  IX,  XII,  XV,  XVII,  XXI,  XXIil,  XXVI,  XXXI,  XXXIV.  E  sempre  d'ora  in  poi 
6i  ponga  mente  a  qnest'  arte  di  varietà.  Poi  s'  osservi  neir  Inferno  il  gradnar  delle  tenebra 
e  del  gelo  e  del  foco  ;  nel  Purgatorio  il  graduar  della  luce  ;  nel  Paradiso  dello  splendore  e 
deir  armonia. 

Nota  le  terzine  2,  4;  la  6  alla  9;  la  11  alla  16;  la  18,  19,  23,  24;  la  26  alla  30  ; 
la  33,  37,  38,  42;  le  ultime  tre. 


1    Già  era  1  sole  all'  orizzonte  giunto, 


1.  Già.  Qui  giova  recare  la  materiale  ma 
evidente  dichiarazione  di  Pietro  ;  Contideria- 
mo  il  cielo  iUeóme  due  scodelle  che  copronsi 
V  una  con  l*  altra ,  e  in  mezzo  di  loro  sia  so- 
spesa una  pallottola  di  terra,  e  sia  questa  la 
nostra  terra  con  V  acque:  e  la  mei  za  concavi- 
tà, V  una  cioè  delle  due  scodelle ,  sarà  V  emi- 
sfero della  detta  pallottola  ,  cioè  della  terra 
nostra;  V  altra  scodella,  cioè  V  altra  mezza 
eoncamtà,  sarà  t  altro  emisfero  delV  altra  metà 
della  pallottola  steua.  Or  s'imagini  un  circolo 
per  lo  mezzo  deU'una  delle  due  scodelle ,  cioè 
da  settentrione  a  mezzogiorno  :  e  sotto  il  col- 
mo di  detto  cerchio ,  cioè  nel  più  alto  punto 
della  pallottola,  Gerusalemme.  Nel  punto  op- 
posto della  terra  è  U  monte  del  Purgatorio  : 
or  se  in  Gerusalemme  era  la  prim'  ora  del 
giorno ,  nel  monte  doveva  essere  un*  ora  di  not- 
te ,  il  sole  in  Ariele,  la  notte  in  Libra,  E 
come  il  sole  nell'  equinozio  sorge  alla  foce  del 
Gange  ,  il  qual  corre  di  contro  al  moto  del 
sole,  onde  Lucano  cantò  :  Ganges,  toto  qui 
•Gius  in  orbe  Ostia  nascenti  contraria  tollero 


Lo  cui  roeridian  cerchio  coverchia 


Phoebo  Audet ,  et  adversnm  floctns  impellit 
in  Eurom;cofi  per  contrario  la  nott0  mcm^ 
va  in  Libra ,  poiché  il  P.  disse  neU*  altro  cts^ 
to  ,  che  neW  oriente  si  velavano  i  Pesci  (  M^ 
V oriente  di  laggiii  che  a  noi  è  V occidente}, 
ciò  mostra  essere  già  patsate  du*  ore  ,  poidà 
ciascun  segno  dello  zodiaco  inchiude  au*  ore. 
iBRUSALÉM.  Ezech.  ,  V  :  Ista  est  Jerusakm, 
in  medio  gentium  ...  et  in  cireuiiu  ejus  tar^ 
ras.  Ecco  la  costruzione  del  luogo  ove  et  tra- 
sporta il  P.  Escono  neir  emisfero  australe  !■ 
nn*  isola  circondata  dall'Oceano,  uel  cui  mei- 
zo  é  un  monte  antipodo  a  Gerusalemme  :  II 
monte  ha  forma  di  cono  tronco  alla  cima , 
ed  ha  iutorno  intorno  undici  ripiani  a'  quali 
si  sale  per  via  malagevole.  Per  più  chiarella 
citiamo  anco  il  p.  Lombardi  :  Ogni  punto  M 
nostro  emisfero  ha  il  suo  proprio  orizzonue 
il  suo  meridiano,  il  quale  è  un  arco  càejMa* 
fondo  per  lo  zenit  del  luogo ,  e  pel  punto  éA 
cielo  dove  il  sole  ad  esso  luogo  fa  il  mextoik^ 
va  a  terminare  da  ambe  le  parti  alVorizsost- 
te  del  medesimo  luogo.  Onde  ciascun  orixao»* 


CANTO  n. 


S43 


lenisalém  col  suo  più  alto  punto  ; 

2  £  la  notte,  ch'opposita  a  luì  cerchia, 
Useia  dì  Gange  fuor  con  Io  bilance 
Che  le  caggion  di  man  quando  soverchia; 

3  Si  che  le  bianche  e  le  vermiglie  guance, 
I^  dov*  i*  era  ,  della  bella  Aurora 

Per  troppa  etate  divenìvan  rance  : 

4  Noi  eravam  lunghesso  1  mare  ancora 
Come  gente  che  pensa  suo  cammino, 
Che  va  col  cuore  e  co)  corpo  dimora. 

5  Ed  ecco,  qual  su  '1  presso  del  mattino, 
Per  li  grossi  vapor  Marte  rosseggia 
Giù  nel  ponente  sovra  1  suol  marino  ; 

6  Colai  m'apparve,  s' i*  ancor  lo  veggia, 
Un  lume  per  lo  mar  venir  si  ratto 
Chel  muover  suo  nessun  voi  arpa  reggia; 

7  Dal  qual  com'  i'  un  poco  ebbi  ritratto 
L'occhio  per  dimandar  Io  duca  mìo  , 
Rividil  più  lucente  e  maggior  fatto. 


t§  non  ha  pernio  meridiano  che  qttello  il  qtm- 
k  col  suo  più  alto  punto  copre  esso  luogo  : 
tkehè  dire  V  orizzonie  di  Gerusalemme  è  il 
medesimo  che  dire  V  orizzonte  ti  cui  cerchio 
meridiano  eopre  col  suo  punto  più  alto  Geru- 
taUmme.  Ma  perchè  Gerusalemme  è  antipo- 
de al  Purgatorio ,  però  se  il  sole  cade  a  Gè- 
rrnsalemme ,  al  Purgatorio  spunta.  Dice  il  Poe- 
ti :  la  notte  uscia  di  Gange ,  perchè  seCbDdo 
la  geugratìt  de'suoi  tempi  (Rog.  Bacon,  Opus 
majius  ,  disi.  iV }  ,  1'  orizzonte  orientale  di 
Gerusalemme  credevasi  on  meridiano  deli'  In- 
die orientali ,  distante  ,  dice  Solino  ,  dalla 
Kalcstlna,  quanto  n'è  distante  la  Francia.  Ma 
le  distanze  dagli  antichi  date  a'  meridiani  dei 
tapgbi  soD  troppo  maggiori  delle  reali.  Dante 
fa  due  meridiani  del  Gange  e  deli'lbero  di- 
•Umi  per  gradi  centottanta ,  e  fa  il  merìdia- 
DO  di  Genisalemme  equidistante  da  quei  due: 
doppio  errore ,  anco  secondo  la  geografia  to- 
lemaica. 

1.  CsBcniA.  11  sole  era  a  queir  orizzonte, 
il  cai  meridiano  é  Gerusalemme ,  onde  la  not- 
te era  in  Gange ,  ed  era  con  Libra  opposta 
«d  Ariete.  —  Bilance.  Dall' equinozio,  quan- 
àa  luce  il  segno  dt-lla  Libra ,  le  notti  comin- 
amo  a  crescere ,  però  1'  uguaglianza  tra  il 
A  e  la  notte  é  finita  :  e  dacché  '1  sole  è  in 
Ariela ,  fino  alla  Vergine  ,  crescono  i  di.  — 
tfOTUcaiA.  Cresce.  Se  T  Ariete  discende,  la 
Libra  ascende,  é  dunque  giorno  fatto,  e  l'o- 
rìaote  è  già  rancio  (  Arist. ,  Met.  ). 

3.  Bianche.  Orid.  :  U%  soUt  aer  ...  breve 
poti  Umpuè  fqmfwcffi  f oKf  ab  tcftc.  —  Rax-  I 


8  Poi  d*ogni  parte  ad  esso  m*  apparto 
Un  non  sapea  che  bianco  ,  e  di  sotto 
A  poco  a  poco  un  altro  a  lui  n'  uscio. 

9  Lo  mio  maestro  ancor  non  fece  motto 
Mentre  che  i  primi  bianchi  apparser  ali; 
AUor  che  ben  conobbe  '1  galeotto  , 

10  Gridò:  fa,  fa  che  le  ginocchia  cali  : 
Ecco  Tangel  di  Dio  ,  piega  le  mani. 
Oma*  vedrai  di  si  fatti  ufficiali. 

11  Vedi  che  sdegna  gli  argomenti  umani. 
Si  che  remo  non  vuol  né  altro  velo 
Che  r  ale  sue  ,  tra  liti  si  lontani. 

12  Vedi  come  \  ha  dritte  verso  'i  cielol, 
Trattando  \  aere  con  V  eteme  penne 
Che  non  si  mutan  come  mortai  pelo. 

13  Poi ,  come  più  e  più  verso  noi  venne 
L*  uccel  divino ,  più  chiaro  appariva; 
Perchè  l' occhio  da  presso  noi  sostenne; 

ik  Ma  china'  'i  giuso.  Equeisen  venneariva 


CB.  Boccacc.  :  V  aurora  già  di  vermiglia  co- 
minciava a  divenir  rancia,  V  Ariosto  nomi- 
na le  chiome  gialle  dell'  Aurora. 

5.  Presso.  Sostantivo.  In  Toscana  totlora 
sui  pressi  di ,  vale  nei  luoghi  vtctnt.— Maa- 
TB.  Cunv.  :  Marte  diuecca  e  arde  le  cose , 
perchè  Usuo  calore  è  simile  a  quello  del  foco; 
e  questo  è  quello  perch'esso  appare  affocato 
di  calore ,  quando  più  e  quando  meno  ,  s^' 
condo  la  spessezza  e  rarità  da'  vapori  che  'l 
seguono ,  li  quali  per  loro  medesimi  molte  vol- 
te sfaccendano,  siccome  nel  primo  della  Me- 
teora {  &  Arisiot.  )  è  determinato,  —  Suol. 
inf.  ,  XXVl  :  Marin  suolo.  Marte ,  sul  mare, 
dove  più  sono  i  vapori;  di  mattina,  quando 
e'  non  son  diradati  dal  sole  ;  e  a  ponente  de- 
ve pe' detti  vapori  rosseggiar  più  che  mai. 

6.  S'  r  Così  poss'  io  tornare  a  vederlo  dopo 
la  morte  !  £  non  vada  dannato. 

9.  Galbotto.  Il  Varchi  traduce  il  medioo 
et  nautae  di  Seueca:  al  medico  ed  al  galeotto, 

12.  Tbattando.  Ar.  ;  Tratta  f  aure  a  vo- 
lo. Tasso  :  Venia  seotendo  con  P  eteme  piu- 
me La  caligine  densa, 

13.  Vbnnb.  Nel  Gonv.  dipinge  l' apparenia 
contraria  :  Come  ehi  guarda  eoi  viso  per  una 
retta  linea ,  che  prima  vede  le  cose  chiara- 
ramente  ;  poi ,  procedendo ,  meno  le  vede 
chiare  ;  poi  più  ottre  dubita  ;  pot ,  massima» 
mente  oùre  procedendo,  lo  viso  disgiunto  nulf 
la  vede.  —  Uccbl.  Mercurio  detto  da  Stazio  .* 
volticer  Tegeaticui  ;  impiger  alee  (  Silv. ,  1  ; 
Tbeb.,  1). 

14.  yASiiJ.0.  loftmu  (XXYIII,  V.  79}.— 


CANTO    II. 


2k!S 


Perchè  T  ombra  sorrìse  e  si  ritrasse, 
Ed  io,  seguendo  lei,  oltre  mi  pinsi. 

29  Soavemente  disse  eh'  i'  posasse  ; 
Allor  conobbi  chi  era  ;  e  pregai 

Che  per  parlarmi  un  poco  s* arrestasse. 

30  Risposemi  :  cosi  com'  i*  Tamai 
Nel  mortai  corpo,  cosi  t*  amo  sciolta: 
Però  m^arresto.  Ma  tu  perchè  vai? 

31  Casella  mio,  per  tornare  altra  volta 
Là  dove  i'son  ,  fo  io  questo  viaggio, 
Dis9*ìo:  m*a  te  come  tanta  ora  è  tolta? 

32  Ed  qzli  a  me:  nessun  m*è  fatto oltragino 
Se  quei  che  leva  e  quando  e  cui  li  piace. 
Più  volte  m'ha  negato  esto  passaggio; 

83  Che  di  giusto  voler  lo  suo  si  face. 
Veramente  da  tre  mesi  egli  ha  tolto 
Chi  ha  voluto  entrar  con  tutta  pace. 

Zk    Ond*io  che  era  alla  marina  volto , 
Dove  r  acqua  di  Tevere  s'insala, 
Benignamciitc  fu'da  lui  ricolto 


§k  le  ombre  de* non  reprobi  ora  palpabili,  or 
io:  le  ombre  de'daiinaiì,  palpabili  sempre. — 
Fimi.  Cume  ia  Virgilio ,  delle  visioni  delle 
ombre  più  volte  :  Ter  eonatus  ibi  collo  dare 
kmekia  cireum;  Ter  frustra  eomjtrensamanut 
il^tgii  imago.  Par  levibus  ventis,  volucrique  si- 
wdUìma  somno. 

31.  Casella.  11  Crescimbeni  dice  aver  tro- 
vila nella  Vaticana  nna  ballata  del  secolo  XIII, 
il  cui  titolo  è  Lemmo  da  Pistoia  ,  e  Casella 
4ift/«  il  mono.  Dice  il  Bucc.  che  Dante  som- 
mie  $i  dilettò  in  suoni  ed  in  canti  nella 
giacinexza ,  e  ciascuno  che  a  que*  tempi 
ctiimo  cantatore  e  sonatore,  fu  suo  ami- 
0ù  ,  ed  ebbe  tua  usanza  :  ed  assai  cose ,  da 
fVMfo  diletto  tirato,  compose,  lequaU  di  pia- 
etKole  e  maestrevol  nota  a  questi  colali  fa- 
moa  nvestire.  Ott.  :  Fu  finissimo  cantatore  ; 
•  fià  inlofiò  delle  parole  dell*  A.  —  Ora.  To 
siT morto  da  an  pezzo;  or  come  non  prima 
d*  ora  vieni  a  purgarti  ?  Il  P.  imagina  che  le 
aaiaie  non  dannate  s'adunino  alla  foce  del 
Tevere ,  come  le  dannate  ad  Acheronte  ;  che 
1'  Angelo  ,  fecondo  i  meriti  di  ciascuna  «  le 
ungiui  ;  appunto  cume  in  Virgilio  Caronte  : 
Wwme  kóe  nune  accipit  ilios  ;  Ait  alios  longe 
antioCoa  artei  arena.  Per  la  foce  del  Tevere 
r  intende  la  chiesa  cattolica. 

S3.  Tu.  Il  giubileo  cominciò  dal  natale 
iSUO:  ti  25  di  marzo  eran  dunque  tre  mesi. 
-»  Pack.  Da  tre  mesi  che  dura  il  giubileo  del 
1300,  il  perdono  è  agevolato. 

37.  PsBSoiiA.  Corpo.  Bocc:  Non  solo  Ta- 


35  A  quella  foce  oVegli  ha  dritta  l'ala: 
Perocché  sempre  quivi  si  rico^lie 
Qual  verso  d*  Acheronte  non  si  cala. 

36  Ed  io:  se  nuova le^e  non  ti  toglie 
Memoria  o  uso  all'  amoroso  canto 
Cho  mi  solca  quetar  tutte  mìe  voglie, 

37  Di  ciò  ti  piaccia  consolare  alquanto 
L'anima  mia  che,  con  la  sua  persona 
Venendo  qui,  è  aiTannata  tanto. 

38  Amor  che  nella  mente  mi  raguma^ 
Cominciò  egli  allor  si  dolcemente 

Che  la  dolcezza  ancor  dentro  mi  suona. 

39  Lo  mio  maestro  ed  io,  e  quella  gente 
Ch'  eran  con  lui  parevan  sì  contenti 
Com'a  nessun  toccasse  altro  la  mente. 

t^O    Noi  eravam  tutti  fissi  e  attenti 
Alle  sue  note:  ed  ecco  *l  veglio  onesto 
Gridando:  che  è  ciò ,  spiriti  lenti? 

41    Qual  negligenzia,  quale  stare  èqtiesto? 
Correte  al  monte  a  spogliarvi  lo  scoj^lio 


vere  ci  rvheranru) ,  ma  et  torranno  oltre  dò 
le  persone. 

38.  Amor,  Canz.  di  Dante  commentata  da 
lai  nel  Conv.  —  Mrnte.  Intellettuale  molto» 
era  1'  amor  del  P.:  Amor  che  nella  mente  la 
sentia.  S'era  svegliato  nel  distrutto  core.  Nclki 
detta  canz.  è  cantata  quasi  cosa  siiprannatu- 
rale  la  bellezza  della  sua  Beatrice  :  ma  qni 
dice  che  nella  mente  Amore  gli  ragiona:  al- 
trove sei  sente  ragionare  nel  cuore*  —  Conni- 
CIÒ.  Bucc:  Cominciarono  a  cantare  con  tama 
dolcezza.  —  Suona.  Petr.:  Le  parole  Vive 
ch*  ancor  mi  suonan  nella  mente  E*l  cantar 
che  nell'anima  si  sente. 

40.  Grioanbo.  L41C.,  di  Catone  :  Durae  vi^ 
tutis  amator, 

41.  Negligenza.  Di  fbor  dalle  mora  che 
cingono  la  montagna  sono  punite  cinque  spe- 
cie di  negligenti,  punite  in  quanto  non  vanno 
a  purgarsi  e  indugiauo  la  gioia  eterna.  Esodo 
coloro  che  per  vanità  differirono  il  bene;  co- 
loro che  per  mera  negligenza;  coloro  che  fu- 
rono per  forza  uccisi,  e  peccatori  infino  a  qnel 
punto  ,  ed  in  quel  punto  pentiti  ;  coloro  che 
operarono  virtù  ,  ma  mondane;  coloro  che  da 
Dio  furon  distolti  per  signorie  temporali.  — 
Scoglio.  Da  spolium.  Seoglio  dei  serpente  disse 
r  Ar.  (  XVII ,  12  ).  Crescenzio  {\  ,  Z):  Le 
avellane  manifestano  la  loro  maturitade  quan- 
do da*  loro  seogU  si  partono,  S.  Paul.  (  Col. , 
III):  Expoliantu  vo$  vetnrem  homkMm  ciim 
aeciòttt  suif. 


SA6 


DEL   PURGATORIO 


Gh'  esser  non  lascia  a  toì  Dio  maDiresto. 

42  Come  quando,  cogliendo  biada  o  loglio, 
Gli  colombi  adonatt  alla  pastora, 
Qaeti,  senza  mostrar  rosato  orgoglio, 

43  Se  cosa  appare  ood'egli  abbian  paura, 
Subitamente  lasciano  star  1*  esca 


42.  GoLOBii-  Nel  Par.»  XXV ,  altra  com- 
parazione simile. 

44.  Sa.  Petr.:  Che  non  $aof)$ti  vada  §  pur 
ii  parU,  ¥•  NaoYa  :  Camt  colui  ehc  non  sa 
por  qual  via  pigli  il  tuo  eammino,  ohe  vuoU 
andare  a  non  §a  ondo  ti  vada.  Ott.:  Si  può 


Perch'  assaliti  son  da  maggior  cura; 

44  Cosi  \id*io  quella  masnada  fresca 
Lasciare  1  canto,  e  gire  'nver  la  costa 
Com*uom  cbe  Ta  né  sa  dove  riesca. 

45  Nò  la  nostra  partita  fu  men  tosta. 


rieogUort  per  tento  tropologico  di  quetH  dm 
eapUoU  :  che  te  V  uomo  ti  vuole  parfiiv  dal 
peccato ,  e  di  quello  fare  peniienza  per  meri- 
tare vita  etema  ,  in  prima  conviene  ett&m 
umile  .  •  .  jpot  conviene  ettere  toUeeiio  ...  • 
Uuciare  la  diUttazione  corporale* 


ivr 


CANTO    ni. 


ARGOMENTO. 


S  avariano  al  monte.  Dante  che  vede  V  ombra  ma ,  wm  di  VbrgiKo ,  eegnata 
ii  Cùntro  al  iole ,  ii  turba  temendosi  abbandonato.  Qtusto  gioco  iàUa  luce  e  ddC 
<mtra  ritornerà  frequente  in  tutta  la  cantica.  Rincontrano  anime ,  che  additan  loro 
b  itrada  ;  fra  queste  Manfredi  re  ,  morto  nel  1265  aUa  battaglia  di  Beneoento  » 
^^a  da  Ùìario  (f  Angiò. 

Do1<;i  e  potenti  son  le  parole  del  re  ghibellino,  amato  da  Dante, e  lodato  nella  Volgi- 
'c  Eloqoenxa.  Bello  11  cenno  di  Costanza  sna  figlia  ,  e  sempre  soaYO  1*  accennar  del  Poeta 
*ne  donne:  Francesca  ,  Goaldrada,  Clemenza,  Nella  ,  Pìccarda. 

_  N'ou  le  terzine  1  alla  8;  la  10  ;  la  12  alla  16  ;  la  17  alia  20  ;  la  29 ,  23 ,  34 ,  26 , 
^7,18,  30,  31,  34;  la  36  alla  4»,  con  la  47. 


1   ATregnacIiò  la  subitana  fuga 
Dispergesse  color  per  la  campagna, 
Rivolti  al  moDte  ove  ragion  ne  fruga, 
r  mi  ristrìnsi  alla  fida  compagna. 
E  come  sare'  io  senza  lui  corso  ? 
Chi  m' avrìa  tratto  su  per  la  montagna? 

3   Eì  mi  parea  da  sé  stesso  rimorso. 
0  dignitosa  coscicnzia  e  netta  , 
Conùe  V  è  picciol  fallo  amaro  morso  ! 

1.  Rii«ioif.  Per  dritto  o  giustizia  è  frequente 
■al  Convivio.  Qui  ?ool  forse  intendere  iosie- 
ine ,  che  all'  espiazione  del  fallo  la  stessa  ra- 
gfioM  amana  ci  guida.  Quindi  sceglie  a  guida 
Tlfffillo.  — -  Fruga.  lof. ,  XXX  :  La  Hgida 
fwtfùia  che  mi  fruga.  Ricerca  gì*  Intimi  del- 
le anime  nostre  e  le  martoria  con  dolore. 

2.  CoKFACNA.  Per  compagnia  (  Inf.,  XXVI). 
Adco  in  prosa  (Vili.  ,  XII  ,  8). 

3.  Di«NrTosA.  Dalla  dignità  ?ien  purezza. 
—  MoBSo  I  Tasso  (  X  ,  59  }  ;  CA'  ero  al  cor 
pieciot  fallo  amaro  morso,  Petr.  :  Vergogna 
sébi  di  me  :  die  a  cor  gentile  Basta  ben  tan- 
^  :  ed  altro  tp^'on  non  volti.  Ott.  :  Il  fallo 


k    Quando  li  piedi  suoi  lasciar  la  fretta , 
Che  r  onestade  ad  ogni  atto  dismaga. 
La  mente  mia  che  prima  era  ristretta, 

5  Lo  'ntento  rallargò  si  come  vaga; 
E  diedi  1  viso  mio  incontra  *1  poggio 
Che  'nverso  1*ciel ,  più  alto,  sidislaga. 

6  Lo  sol  che  dietro  fiammemava  roggio. 
Rotto  m' era  dinanzi ,  alla  figura 
Ch'aveva  in  me  de*suoiraggi  l'appoggio. 

d'uno  uomo  saggio  è  troppo  pti^  da  biasimare 
che  di  un  uomo  folle, 

4.  Onbstadb.  C.  VI:  B  nel  mover  degli  oc- 
chi onesta  e  tarda  !  —  Ristretta.  Inf. ,  Vi: 
La  mefUe  che  ti  chiuse  Dinanzi  alla  pietà. 

5.  Dnni.  Eccles.  (  Vili ,  9  )  :  Dedt  cor 
meum  (  per  ossenrare  )  in  eunetis  overibus , 
quae  pùnt  sub  sole.  —  Dislaga.  Si  leva  dai 
gran  lago  marino.  Par.,  XXVI:'  Nel  morUe  che 
si  Uva  più  dalV  onda, 

6.  Roggio.  Nelle  iscrizioni  del  Gmtero  tro- 
vasi robio.  Il  sole  al  nascere  e  al  tramontare 
è  più  rosso  che  mai.  —  Alla.  Seconda  (a... 
L'ombra  aveva  la  figura  del  corpo  mio. 


ii8 


DEL    PURGATORIO 


7  r  mi  volsi  dallato ,  con  paura 

D*  essere  abbandonato ,  quando  f  vidi 
Solo  dinanzi  a  me  la  terra  oscura. 

8  E 1  nùo  conforto  :  perchè  pur  diffidi  ? 
A  dir  mi  cominciò  tutto  rivolto: 

Non  credi  tu  me  teco  e  eh*  io  ti  guidi? 
0    Yespero  è  già  colà  dov'  è  sepolto 
Lo  corpo  dentro  al  quale  io  facev*ombra. 
Napoli  rha  ;  e  da  Brandizio  è  tolto. 

10  Ora  se  innanzi  a  me  nulla  s'adombra, 
Noci  ti  maravigliar  più  che  de'  cieli, 
Che  Tuno  all'altro  raggio  non  imgombra. 

11  A  sofferir  tormenti,  e  caldi,  e  geli. 
Simili  corpi  la  virtù  dispone, 

Che^  come  fa, non  vuol  ch'a  noi  si  sveli. 

12  Matto  è  chi  spera  che  nostra  ragione 
Possa  trascorrer  la  'nOnita  via, 

Qie  tiene  una  sustanzia  in  tre  persone. 

13  State  contenti,  umana  gente,  al  quia: 
Che  se  potuto  aveste  veder  tutto, 
Mestier  non  era  partorir  Maria. 

H    E  disiar  vedeste  senza  frutto 


9.  Vbspibo.  Qui,  come  nel  XV,  vespero  è 
il  resto  del  dì  dopo  nona.  Nel  e.  XV  ,  dice 
che  in  Italia  è  meizanotte  quando  in  Purga- 
torio restano  tre  ore  di  giorno:  perchè  ne'pri. 
mi  d'  aprile  in  equinozio  il  sole  aU'ltalia  do- 
veva nascere  nov'ore  prima  ehe  nel  monte  del 
Purgatorio.  Onde  se  al  punto  nel  quale  ora 
«iaroo»  in  Purgatorio  erano  due  ore  di  giorno 
(  perchè  già  disse  nel  c%nto  precedente  che 
il  sole  aveva  cacciato  II  Capricorno  dall*  alto 
del  cielo  )  ;  se  quivi  erano  dne  ore  circa  di 
giorno,  in  Pargatorio  dovevano  essere  undici 
«4 rea,  cioè  un'ora  prima  di  notte.  —  Bran- 
dizio. Per  Brinditi  (  Brandusium  )  anco  io 
prosa  (  G.  V. ,  1 ,  12  ).  L*epita6o  di  Virg.  : 
ManiMa  me  ^entMC  ;  Calabri  rapuere  ;  Unet 
mmc  Parth«nope. 

10.  Incombba*  Il  raggio  passa  Ubero  di 
cielo  in  cielo ,  copie  quelli  che  sop  traspa- 
renU  (  Par.,  XXXU  ). 

li.  SoFFBUB.  Teoria  di  Platone  accennata 
(la  Virg.,  VI,  adottata  dfi  alcuni  dCP^drì.  S. 
Tom.  (coni.  Gent.)  dice  che  la  pena  corporea 
non  Terrà  se  pop  dopo  risorti  i  corpi. 

13.  Via.  Is.,  LV:  Aofi...eo<7t(a(iones  mta» 
eo^iiationu  veflrae,  na^iM  xiat  vutrtu  wat 
mtas  Arist.  (  Phys.  >  UI  )  :  ìnfmium  non  t$^ 
fitrtramibiU. 

13.  Stati.  Star  cofìUnto  a  .  .  .  frase  del 
Convivio.  —  Qiu.  S.  Paul.:  yon  plut  iaptn 


Tai  che  sarebbe  lor  disio  quotato. 
Ch'  etemalmente  è  dato  lor  per  lutto. 

15  i*dico  d'Aristotele  e  di  Plato , 

E  di  molti  altri.  E  qui  chinò  la  fronle» 
E  più  non  disse,  e  rimase  turbato. 

16  Noi  divenimmo  in  tantoappièdelmoote: 
Quivi  trovammo  la  roccia  si  erta 

Che  'ndarno  vi  sarien  le  gambe  pronte. 

17  Tra  Lerici  e  Turbla ,  la  più  diserta , 
La  più  romita  via  è  una  scaia. 

Verso  di  quella,  agevole  e  aperta. 

18  Or  chi  sa  da  qual  man  la  costa  cala» 
Disse  '1  maestro  miofermandol  passo, 
SI  che  possa  salir  chi  va  seoz*  ala? 

19  E  mentre  che,  tenendo  *1  viso  btiao, 
Esaminava  del  cammin  la  mente. 

Ed  io  mirava  suso  intomo  al  saMO, 

20  Da  man  sinistra  m'appari  oot  goole 
D' anime  che  movieno  i  pie  ver  noi, 

E  non  parevan,  si  venivan  lente. 

21  Leva ,  dissi  al  maestro ,  gli  occhi  Uni; 
Ecco  di  qua  chi  ne  darà  consiglio 


qìiam  oporiet.  Secondo  Aristotele  la  dimostra 
zione  propter  quod  è  a  priori;  l'altra  ^iMè 
a  potteriori,  —  Mestier.  Se  l' uomo  sapeaM 
ogni  cosa ,  né  i  filosofi  anUchi  sarebbero  al 
Limbo ,  né  Adamo  avrebbe  peccato ,  e  gli  «»- 
mini  sarebbero  tieut  DU  (  Gen.,  Ili  ).  Nelli 
cose  teologiche  insegna  Dante  a  somaieHi 
l'intelletto  :  ma  quanto  a*morali  ragionaoMiCl 
e*  dice  che  sogliono  dare  de9id§rio  di 
Vorigin$  loro, 

15.  Plato.  Se  tali  ingegni  non  vldeio 
tera  la  verità ,  or  come  il  volgo?  —  Moftfu 
Intende  anco  sé:  però  si  turba. 

17.  Turbìa.  Terre  a  due  capi  dalla 
di  Genova  ,  piene  di  monti  scoscesi  ;   1* 
9  levante  verso  Savzana ,  1*  altra  il  poo 
vicino  a  Monaco.  Ottimo  .*  La  pmUmam» 
è  molto  ditforme  alU  deUttazioni  nmftiw. 

18.  Or.  Nella  domanda  si  vedePi 
t^via  conturbato.  Più  volte  nel  Purgatorio Tlv 
gtlio  rimane  incerto  del  cammino;  perehèal* 
l' espiazione  la  ragion  sola  può  avriara  ;  mm 
sempre  guidar  certamente  (  e.  KII .  XXII  )• 
—  Gala.  Virg.:  Qua  »§  niWtieen  coUai  ili* 
eipiunU 

19.  Mentb.  Ariosto  (  XVIII,  31  )  :  Col  jm* 
rier  discorra  Dove  .  .  . 

20.  Gente,  i  Lat.  :  Gtnt  hamitmm.  -^ 
Lente.  Simbolo  dell'  antica  lenteixa.  Font 
tutti  scomunicati  come  Manfredi* 


>•  • 


CANTO    III. 


249 


Se  io  da  te  mcdcslno  aver  noi  pooi. 

22  Guardommi  allora ,  e  con  libero  pìglio 
Rispose:  andiaininoinlà,  ch*eì  vegnon  pia- 
£  tu  ferma  la  speme ,  dolce  figlio,      (no. 

23  Ancora  era  quel  popol  di  lontano, 
r  dico  dopo  i  nostri  mille  passi, 
Quaniun  buon  gittatortrarria  conmano, 

2{^  Quando  si  strinser  tutti  a'duri  massi 
Dell'alta  ripa,  e  stetter  fermi  e  stretti 
Com'a  guardar,  chi  va,  dubbiando  stassi 

25  O  ben  finiti ,  o  già  spiriti  eletti, 
Mrgilio  incominciò,  ]>ur  quella  pace 
Ch*ì' credo  che  per  voi  tutti  s'aspetti, 

26  Ditene  dove  la  montagna  giace, 
SI  che  possìbil  sia  1* andare  insuso; 
Chelpenlcr  tempo  achipiù  sapiùspiace. 

27  Come  le  pecorelle  escon  del  chiuso 
Ad  una ,  a  due  ,  a  tre  ;  e  T  altre  stanno 
Timidette  atterrando  rocchio  e  Imuso; 

28  E  ciò  che  fa  la  prima^  e  Taltre  fanno, 
Addossandosi  a  lei  ,  s*  ella  s'  arresta, 
Semplici  equete,elo  *mperchè  nonsanno; 

29  Si  vid*  io  muovere  a  venir  la  testa 


SS.  Libero.  Serenato.  •—  Ferii  a.  Con- 
folta. 

SS.  Popoi.  Heg.,  II  :  Et  ecce  populus  mul- 
tn  vtmeèat  per  iter  detn'um. — Trarria  Ario- 
sto :  Fattisi  appresto  al  nudo  scoglio ,  qitanto 
f^fria  gagliarda  man  gettar  un  sano.  Evan- 
gel.:  Qwsntum  jaet%Ls  est  lapidii,  \ ir %ì\,:  In- 
tra jaeium  teU  progressut  uterque, 

55.  Gli.  Fio  d'  ora.  —  Pack.  Questo  Terso 
éieklRfa  quel  dell'  Inf.,  V  :  Pregheremmo  lui 
fer  lo  tua  pace, 

56.  GiACB.  Inf.,  XiX  :  Quella  ripa  che  pia 
^€9,  C  XJLXli  :  La.,,  eotta  giaccia.  —  Tem- 
>o.  Seneca  :  HU  pretiositu  tempore  .  .  ,  Re- 
ìiqma  a  noòii  oliena  $unt  :  tempus  tantum  no- 
fiwmm  est* 

17.  Goflx.  Il  Tasso  cita  qaesti  Tersi  con 
lode  grande.  Inelegante  ipa  non  senza  vita  é 
%u  ornile  comparazione  nel  Bertola  :  Sicco- 
m«  m  notte  iberrut  Pria  che  V  ovU  sia  sc^tu- 
>o,  5f  il  dubbio  giorno  tcema.  Ali*  uscio  ap^ 
P^kgfia  ti  fiMMo  Gregge  che  impazientasi  :  E 
|K»,  rami  quandi  apri.  S'urtane  t*affollan, 
premumtit  t'^gne  belante  e  i  capri, 

S8.  Fa.  G>nT.  (l.  II)  :  Se  una  pecora  ti 
gettasse  da  una  ripa  di  mille  paui,  tutte  V  al- 
^rt  la  atkdrebbono  dietro  :  en  ttna  pec&ra  per 
^kwma  cagione,  al  pausare  d'una  strada,  talta, 
^^tte  1^ altre  taltono!  esiandio  nnUa  veggendo 


Di  quella  mandria  fortunata  allotta. 
Pudica  in  faccia  e  neil*  andare  onesta. 

30  Come  color  dinanzi  vider  rotta 

La  luce  in  terra  dal  mio  destro  canto, 
Si  ohe  r  ombr*  era  da  me  alla  grotta  , 

31  Restaro,e  trassersèindietroalquanto. 
E  tutti  gli  altri  che  venieno  appresso. 
Non  sappiendo'l  perchè,  fero  altrettanto, 

32  Senza  vostra  dimanda  i*  vi  confesso. 
Che  questi  è  corpo  uman  che  voi  vedete. 
Perchè  1  lume  del  sole  in  terra  è  fesso. 

33  Non  vi  maravigliate  ;  ma  credete 
Che  non  senza  virtù  che  dal  ciel  vegna. 
Cerchi  di  soverchiar  questa  parete. 

3^  Cosi  1  maestro;  e  quella  genie  degna: 
Tornate  ,  disse:  intrate  innanzi  dunque, 
Co*  dossi  delle  man  facendo  insegna. 

35    E  un  di  loro  incominciò  :  chiunque 
Tu  se' ,  cosi  andando  volgi  'i  viso  ; 
Pon  mente  se  di  làmi  vedesti  unque. 

3G    r  mi  volsi  ver  lui ,  e  guarda'  '1  fiso. 
Biondo  era,  e  bello,  e  di  gentile  aspetto: 
Ma  r  un  de*  cigli  un  colpo  ave'  diviso. 


da  taltare.  B  fne  vidi  già  molte  in  uno  posso 
taltare  per  una  che  dentro  vi  solfò,  forte  cre- 
dendo taltare  un  muro ,  non  ottante  che  *l  pa- 
store  piangendo  e  gridando ,  colle  braccia  e  col 
petto  dinnansi  ti  parava, 

29.  Tbstà.  I  primi.  — Manuru.  Ott.:  Dio 
non  vuole  se  non  della  sua  mandria.  —  Pu- 
dica. Delicato  ed  alto*  elogio  a  Manfredi  ch'ò 
della  mandria  :  ma  di  Ini  forse  non  vero. 

30.  Rotta.  Più  sotto  :  *L  lume  del  sole  in 
terra  è  (etto, — Destro.  Nel  nostro  emisfero 
chi  è  Yoito  a  levante  ha  1'  ombra  dal  lato  si- 
nistro ;  nelP  altro  dai  destro.  —  Grotta.  Per 
rupe.  Il  sole  gli  era  a  manca ,  la  rape  a  de- 
stra; l'ombra  dunque  verso  la  rape. 

32.  Confesso.  Per  affermo.  Inf.,  XXIV:  Psr 
li  gran  tavii  ti  confetta, 

33  Soverchiar.  S'xt^.i  Hoc  superate  ju- 
gum,  —  Parete.  Nei  Salmi ,  muro  sta  per 
ostacolo  qualunque  sia. 

34.  Tornate.  Con  noi.  -^  Insegna.  Purg., 
XXII  :  L  usanza  fu  lì  nottra  integna, 

35.  Così,  inf.,  XXill  :  E  gli  occhi,  ti  an- 
dando, intorno  muovi.  —  Unque.  Manfredi 
mori  neir  anno  in  cui  Dante  nacque:  ma  Man- 
fredi quando  gli  f|  la  domanda  non  l'aveva 
peranco  guardato  bene;  e  il  viso  di  Dante 
mostrava  maggiore  età  della  vera. 


250 


DEL    PURGATORIO 


37  Quando  i*  mi  fui  umilmente  disdetto 
D*  averlo  visto  mai,  ei  disse:  or  vedi. 
E  mostrommi  un.! piaga  a  sommo*!  petto. 

38  Poi  disse  sorrìdendo  :  i'son  Manfredi 
Nipote  dì  Gostanza  imperadrice. 
Ofid'  i*  ti  priego  che  quando  tu  riedi  , 

39  Vadi  a  mia  bella  figlia  ,  genitrice 
Deir  onor  di  Cicilia  o  d'  Aragona  • 
E  dichi  a  lei  il  ver  ,  s*  altro  si  dice. 

kO    Poscia  eh'  i'  ebbi  rotta  la  persona 
Di  duo  punte  mortali,  i'  mi  rendei 
Piangendo  aQuei  che  volentierperdona. 

41     Orribil  fiiron  li  peccQti  miei  ; 
Ma  la  Bontà  *nfinita  ha  ^i  gran  braccia 


37.  Disdetto.  Diidire  in  antico  valeva  non 
sf»lo  ritraUare  il  già  detto ,  ma  par  negare.— ^ 
Mostrommi.  Virg.:  CrudeUt  nati  monetran- 
tem  wlnera  ,  eernit.  Fa  ferito  e  morto  a  Ge- 
pcrano  (Inf..  XXVUI). 

38.  Gostanza.  Per  Cottanza  ,  anco  il  Bocc. 
Figlia  di  Ruggieri  re  di  Sicilia  ,  moglie  del- 
l' imp.  Arrigo  VI  ,  il  padre  di  Federigo  II,  a 
cui  fu  Manfredi  figlinolo  illegittimo.  E  però, 
dice  un'  antica  postilla  ,  e*  non  nomina  l' il- 
legittimo padre,  ma  si  Costtoza. 

30.  Figlia.  Altra  Costanza  ,  moglie  di  D. 
Pietro  re  d'Aragona  e  madre  a  Federigo  re  di 
Sicilia,  e  a  Iacopo  re  d'Aragona.  Pietro  d'Ara- 
gona marito  di  lei  liberò  la  Sicilia  da*  Francesi 
nel  1282.  Onde  T  onor  di  Sicilia  e  d'  Aragona 
non  sono  i  due  figli  de'  quali  dirà  male  nel 
VII  ;  ma  la  conquista  di  Pietro  marito  di  lei: 
ed  ella  generò  quell'onore,  dandone  occasio- 
ne al  marho.  S*  altri  intendesse  genitrice  in 
■onso  proprio  de'  due  re  ,  converrebbe  inter- 
pretarla come  ironia  •  cbe  in  questo  discorso 
di  Manfredi  non  parmi  abbia  luogo. 

40.  Rendei.  Inf. ,  XXVII  :  Feniuto  e  con- 
fesso mi  rendei, 

41.  Orriiil.  Fa  dissoluto ,  e  ambizioso,  e 
dicesi  uccidesse  il  padre  Federigo,  e  Corra- 
do fratello  (G.  Vili.,  VI,  VII):  ma  non  è  di- 
mostrato. —  Prende.  Is.  (  LV,  7  )  :  Derelin- 
qstat  impius  vtam  iiiam,  et  vtr  iniquìu  eugi' 
tationes  suas ,  ef  revertatur  ad  Dominutn,  ei 
miitrelntur  ^us ,  et  ad  Deum  nostrum:  quo- 
niam  muUus  est  ad  ignoscendum.  Grisost.  ci- 
tato dt  Pietro  :  Pietas  Dei  nunquam  spemit 
poeniteniem.  Nel  Con?,  nomina  le  traccia  di 
Dio.  Il  Monti,  guastando:  Ed  ha  si  larghe 
broccia  Che  tutto  prende  ciò  che  a  Ui  si  voh- 
ve.  Petr.  :  Quelle  pietoH  hraeeia,  in  eh'  io  mi 
fido ,  vegggio  aperte  ancora.  Montaigne  ;  Il 
n*  MI  rien  si  aite ,  si  doux ,  et  si  favorahle , 


Che  prende  ciò  che  ai  rivc^ve  a  lai. 

ì2  Se  il  pastor  di  Cosenza,  eh*  alU  eaec 
Di  me  fu  meaao  per  Cleroenle  alloim  • 
Avesse  'n  Dio  beo  letta  questi  faoelt, 

h^    V  ossa  del  corpo  mio  sarieno  aneon 
In  co  del  ponte  presso  a  Beneveolo 
Sotto  la  guardia  della  grave  mora. 

kh  Or  le  bagna  la  pioggiaerouovel  vani* 
Di  fuor  dal  regno,  quasi  luni^  1  Varie 
Ove  le  trasmutò  a  lume  spento. 

45  Per  lor  maladizion.sl  non  si  perdo 
Che  non  possa  tornar  Tetcmo  amora 
Mentre  che  la  speranza  haOor  del  vaid 

46  Ver  è  che  quale  in  contumacia 


que  la  loi  divine  .  .  .  Elle  naus  tend  s§t  kr§ 
et  nous  repoit  en  son  giron ,  pour  ftSUm 
ords,  et  bourheux  que  nous  soifons, 

42.  Clemente.  Quarto  :  che  ricevè  triaiA 
mente  in  Roma  Carlo  d'  Angiò  ,  vincitor  < 
Manfredi.  Vili.  (  VII ,  9  )  :  iVrehè  Mmmfm 
era  scomunicato  ,  non  volle  U  re  Corto  O 
fosse  recato  m  luogo  sacro ,  ma  appiè  é 
ponte  di  Benevento  fu  seppellito  ,  •  sapm 
sua  fossa  per  ciascuno  dell*  oste  fu  gittaim  ai 
pietra  ,  onde  si  fece  una  grande  mora  éi 
Ma  per  alcun  si  disse  che  poi  per 
del  papa  ,  il  vescovo  di  Cosenza  il 
quella  sepoltura  e  mandoUo  fuori  del  fMj 
perch*  era  terra  della  Chiesa  :  e  fu  stpfmM 
lungo  il  fiume  del  Verde  a'  confini  dét  Bsfi 
e  di  Campagna.  L'  Ott.  aggiunge  cIm  Q  I 
gato  lo  fece  diseppellire  per  aderapiere  fl  sfc 
ramento  fitto  di  cacciarlo  dal  Regno,  «-  Wàt 
CIA.  Simile  figura  nel  e.  IX  dei  Par.  Baicfe 
Nolo  mortem  impii ,  sed  ut  oonoerfafar.  •• 
vivai. 

44.  Or.  Virg.:  Nunc  me  fimetuihaUifm 
santque  in  littore  venti,  —  VBaaK.  Tra  la  FI 
glia  e  la  Marca  :  mette  nel  Tronto ,  aoa  ìm 
tano  da  Ascoli.  ^  Spento.  Cosi  poruvaai 
i  corpi  scomunicali. 

45.  Perde.  Impersonale  :  non  retto  di  a 


fi 


more.  —  Tornar.  Il  Maestro  delle 
tato  da  Pietro:  Interdum  qui  foras 
intus  est.  --  Fior.  Punto.— Verde.  Ro 
Dr  ogni  mia  speme  il  verde  è  spmUo. 
CXLIV  :  Voluntatem  timentium  •#  ,~ 
depreeationem  eorum  exaudiet ,  et  tatoat  /d 
cteC  eos.  Chrys.:  l^funquam  oremH  ^tmjteiaéi 
negai. 

46.  Quale.  Virg.,   VI  :   Nee   ripm  ébk 
horrendas  .  .  .  TYansportare  prius,  qumme 
dibus  ossa  qmerùnt.  Cenium  errant 
voUranfgue  ^ec  Itìtorv  ctrewii  .*  rum 


CANTO    III. 


251 


Di  santa  Chiesa,  ancor  ch*al  fin  si  penta; 
Star  li  convien  da  questa  ripa  in  fuore 
&7    Per  ogni  tempo  ch'egli  estate,  trenta, 
In  sua  presunzion,  se  tal  decreto 
Più  corto  per  buon  prieghi  non  diventa. 


itagna  9Xoptaia  retinuU.  —  Gbibsa. 
Se  con  i  papi  aererò»  sempre  rispettoso  alia 
Chiesa. 

47.  Tbkpo.  Petr.  Lomb.:  Qwtm  nos  ipso$ 
omsMìfmif  ,  tunp  temptM  amUtimm,  Per  qoa- 
taota  giorni  d*  indocilità  stettero  quaranta 
an^  gli  Ebrei  nel  deserto.  —  Trenta.  Go- 
•irnuo  intricato  :  star  fuori   trenta  volte  il 


k8    Vedi  ora  mai  se  tu  mi  puoi  far  lieto 
Revelando  alla  mia  buona  Gostanza 
Come  m'haWisto,  e  anco  esto  divieto. 

49    Che  qui  per  quei  di  là  molto  s'avanza. 


tempo  eh*  egli  è  stato  In  soa  presunzione.  <— 
Buon  (  c.  IV ,  133  ). 

48.  Gostanza.  La  figlia  di  Manfredi:  una 
sorella  di  lui  fu  moglie  a  Corrado  Malaspioa 
l'antico  eh' e* nomina^  nel  e.  Vili.  E  i  Ma- 
laspint  erano  lontani  parenti  di  Dante:  onde 
questi  avrebbe^uti  vincoli  d' affinità  con  la 
casa  di  SveviaT^jdetta  casa  viveva. 


>be^^uti  vi 
^ia^^||^ett 


^ 


^ 


352 


DEL  PURGATORIO 


CANTO 


IV. 


ARGOMENTO. 


Salgono  per  via  malagevole.  Virgilio  spiega  perchè  il  sole  lo  ferisca  da  manca, 
mentre  che,  se  fosse  nel  nostro  emisfero ,  lo  ferirebbe  a  diritta.  Non  poetica  espth 
sizione  y  ma  notabile  per  le  vinte  difjicoUà  dello  stile.  Trova  delle  anime  che  oipel* 
tano  di  purgarsi  ,  petcK  hanno  ,  per  pigrizia  ,  differita  la  conversione  infino  ai- 
V  estremo  :  onde  tanto  aspettano  ,  quanto  vissero  impenitenti. 

Le  aridità  fliosofiche  e  geografiche  sono  compensate  dalla  pittura  dell'  erta  e  àe  pigri 
sedenti.  E'  movono  Dante  al  sorriso  :  la  prima  volta  eli'  e'  rida.  L'  altra  sarà  alle  parete  ài 
Stazio:  Tono  sorriso  di  sdegno,  l'altro  d'affetto;  le  due  ale  di  Dante.  Nel  Purgatorie  lo 
passioni  decrescono  :  s' innalzan  gli  affetti. 

Nota  le  terzine  6,  7,  9,  il,  12,  17,  18,  19,  21,  24,  30,  31;  la  33  alla  36;  la  18 
alla  44,  con  l'uliima. 


Quando  per  dilettanze  ovver  per  doglie  1 2    Par  eh'  a  nulla  potenzia  più  intenda 

^Ka  nlmiiia  virtiN  nActra  AAtinnrAnHa  P.  niiAcfrk  A  Annfpo  niiallA  nrrrxr  ^lio  i*M 


Che  alcuna  virtù  nostra  comprenda, 
U  anima  bene  ad  essa  si  raccoglie. 


1.  Quando.  Quando  1'  anima  si  concentra 
jn  alcuna  soa  potenza  o  virtù  (le  due  voci 
nella  lingua  scolastica  sonano  il  medesimo  ) 
occupata  da  diletto  o  da  dolore  pare  non  in- 
tender più  ad  altra  virtù  o  potenza  soa. 

2.  Intenda.  Conv.  (  1 ,  11  )  :  Dirizzano  sì 
lo  loro  animo  a  quelle,  che  ad  altro  non  in- 
tendono. —  Erroe.  Di  Platone ,  confutato  da 
Arist.  (  11  e  111  De  Anima  ).  Averroe  lo  rin- 
novò. Dicevano  che  in  noi  sono  tre  anime  , 
r  intellettira  nel  cerebro,1a  nutritiva  o  vege- 
tativa nel  polmone  ,  la  sensitiva  *  nel  cuore  : 
la  prima  infusa  nel  feto  per  farlo  crescere ,  la 
terza  nel  feto  organizzato  per  farlo  sentire , 
la  seconda  nel  feto  ricino  a  nascere.  Se,  di- 


fi  questo  è  centra  quello  crror  che  creda 
Ch*  un'  anima  sovr*  altra  in  noi  a*  accendi* 


ce  Aristotele  ,  1'  anima  nel  corpo  si  poaepv 
forma  ,  com'  è  ,  gli  è  impossibile  cIm  ia  la 
corpo  sieno  più  anime  differenti  d'essenza.  9i 
l'uomo  dall'anima  vegetativa  ha  1»  TÌta,dtl' 
la  sensitiva  il  sentimento  .  dalla  ratloiiak  C 
essere  umano ,  la  non  è  più  un  ente  solo.  Si* 
Tomaso  (  il  quale  ne  ragiona  pure  sella  S  • 
2 ,  q.  77  )  ,  nel  il ,  con.  Geni. ,  dice  ebel* 
anima  non  si  riferisce  a  parte  alcuni  del  cl^ 
pò.  L'ottavo  concilio  (can.  XI):  Apparsi  fsst 
dam  in  tantum  impietatis  venisse ,  ut  hsm' 
netti  duas  animas  habere  imipudsnter  dopso' 
tizent.  Credevano  anco  i  Manicbei  cbe  oltn 
all'anima  razionale  fosse  4a  sensitiva ,  da  col 
gli  atti  della  ooncapiscenza  venissero. 


CANTO    IV. 


2S3 


3    E  però ,  quando  s' ode  cosa  o  vede 
Che  tenga  Torte  a  sé  i'  anima  vòlta,  (do. 
Vassene'l  tempo,  eTuom  non  se  n'awe- 

k   Ch*  altra  potenzia  è  quella  che  rascolta , 
E  altra  è  quella  eh'  ha  Y  anima  intera  : 
Questa  è  quasi  legata,  e  quella  ò  sciolta. 

5  Di  ciò  ebb'  io  esperienzia  Tera 
Udendo  quello  spirto,  e  ammirando 
Che  ben  cinquanta  gradi  salito  era 

6  Lo  8ole,ed  io  non  m'era  accorto,  quando 
Venimmo  doTe  queir  anime  ad  una 
Grìdaro  a  noi:  qui  è  vostro  dimando. 

7  Maggiore  aperta  molte  volte  impruna 
Con  una  forcatella  di  sue  spine 
L*uom  della  villa  quando  Tuva  imbruna, 

8  Che  non  era  la  calla  onde  saline 
Lo  duca  mio  ed  io  appresso,  soli, 
Come  da  noi  la  schiera  si  partine. 

9  Vassi  in  Sanhx)  e  discendesi  in  Noli, 


3.  Attevb.  Questo  seg^u)  ;  narra  il  Boccac- 
cio ,  al  poeta  quando  estend*  et/li  in  Siena  , 
Miaio^  Tfcato  un  libro  e  non  avendo  spazio 
M  portarlo  altrove  ,  iopra  la  panca  $i  pose 
fol  petto  ;  e  benché  in  quetta  contrada ,  per 
fétta  pubblica  si  facette  armeggiata  e  rumori 
um  ittrumenti  e  con  voci  e  balli  di  vaghe  don- 
ne 9  giochi  di  giovani ,  mai  non  ti  mosee  , 
«1  levò  gli  occhi  dal  libro ,  e  ([uivi  ttette  da 
nona  a  vespro ,  finché  tutto  non  V  ebbe  per- 
carso. 

4.  Ascolta.  La  cosa.  Ci  bada.  —  Sciolta. 
IfOD  SODO  tant'  anime  ,  ma  potenze  deU'  ani- 
■a.  Quella  del  vedere  o  dell*  adire  è  legata 
a  tale  o  tal  senso ,  all'  occhio  o  all'  orecchio: 
la  potenza  dell'  anima  intera ,  l'umana  ragio- 
■e  è  libera  ,  non  ha  organo  in  cui  risieda. 

5.  Salito.  Nel  grado  eqainozialc  di  tre  ore. 
Ogni  ora  ne  corre  quindici. 

6.  Accorto.  Molto  astratto  solerà  essere 
IlMMe  ne*  suoi  pensieri.  V.  Nuova  :  ilfentrs  to 

lovo ,  volsi  gli  occhi ,  e  vidi  lungo  me 
i  ...  f ,  secondo  che  mi  fu  detto  poi , 
ti  mnno  stati  già  alquanto,  ansi  che  io  me 
•'  acenrgessi.  —  Ad  ctsa.  Insieme.  Par. ,  XII: 
Jd  mna  militaro,  —  Dimando.  La  cosa  che 
«ol  domandate.  Bocc.  :  Sensa  la  sua  diman- 
éetéi  qm  partisse.  Ar.  (  XXX  ,  76  )  :  £  nuo- 
nm  U  mrrecò  del  suo  desire. 

7.  Sran.  ProT.  (  X ,  19  )  :  Iter  pigrorum 
fwtM  tapet  spinarum. 

9.  Sasciso.  Nel  ducato  d'Urbino.  —  Noli. 
Città  tra  Finale  e  Savona  nel  Genovese  to  ; 
■KfUo  fa  katto.  -^  Bismabitota.  Hoota  altis- 


Montasi  su  Bismantova  in  caciimo 
Conessoipiè;maquiconviench'uomvo!i; 

10  Dico  con  r  alesnelle  e  con  le  piume 
Del  gran  disio,  diretro  a  quel  condotto 
Che  speranza  mi  dava  e  facea  lume. 

11  T<ioi  salavam  per  entro  1  sasso  rotto, 
E  d*ogni  lato  ne  stringea  lo  stremo, 

E  piedi  e  man  voleva  il  suol  di  sotto. 

12  Quando  noi  fummo  in  su  Torio  supremo 
Dell'  alta  ripa  alla  scoverta  piaggia.   ' 
Maestro  mio,  diss'io,  che  via  faremo  1 

13  Ed  egli  a  me  :  nessun  tuo  passo  caggìa 
Pur  su  al  monte  dietro  a  me  acquista 
Fin  che  n'appaia  alcuna  scorta  saggia. 

ih    Lo  sommo  er  alto  che  vinceala  vista, 

E  la  costa  superba  più  assai 

Che  da  mezzo  quadrante  al  centro  lista. 
15    Io  era  lasso,  quando  incominciai: 

0  dolce  padre,  volgiti  e  rimira 


Simo  nel  Reggiano.  —  Cacuvb.  L'  osa  i'  Ar. 
(  XXIX  ,  3»  ). 

10.  Condotto.  Guida.  Alberta  no:  La  tema 
di  Dio  é  condotto  ad  aver  parte  della  gloria, 
Conv.'(  II  ,  11  )  :  Questi  adulteri,  al  cui  con- 
dotto vanno  U  ciechi  .. .  -*  Lume.  Reg. (  11, 
22  )  :  IVi  lucerna  mea, 

11.  Salatam.  Come  ponavam  (  |i4.,  VI  }. 
Un  santo  Padre  :  InSìtavem  et  asperam  fecit 
nobis  viam  virtutis  longa  consuetudo  peccan- 
di.  Un  antico  comentatore  inedito  :  A  dimo- 
strare che  la  via  della  virtù  é  stretta  a  chi 
nuovamente  la  comincia  a  seguitare. 

13.  Gaggia.  Un  amico  ineiiilo  :  Cioè  torni 
addietro  :  perocché  chi  nuovamente  si  dà  a 
virtù ,  non  debba  subito  ritornare  adreto  nei 
vizii. 

14.  Superba.  Virg.:  lìburque  superbum,-^ 
Lista.  La  costa  facea  colla  perpendicolare  un 
angolo  minore  di  gradi  quarantacinque.  Si  tiri 
sopra  un'orizzontale  una  perpendicolare  :  tra 
le  due  linee  un  arco  :  e  dal  mezzo  dell'arco 
una  linea  all'  angolo  delle  due  prime.  L'  an- 
golo della  linea  di  mezzo  coir  orizzontale  sarà 
di  gradi  quarantacinque  :  ma  se  si  tiri  un 
altra  linea  più  alta  di  quella  cbo  si  parte  dal 
mezzo  del  cerchio  ,  questa  farà  coli'  orizzon- 
tale  un  angolo  maggiore  »  e  sarà  più  rìpida 
alla  salita. 

15.  Lasso.  Antico  inedito  :  .4  dimostrare 
che  ciascuno ,  quando  si  dà  virtù  di  nuovo , 
fof(o  s^allassa  :  se  Virgilio ,  cioè  la  ragione 
vora  9  non  conforta  ed  aiuta  ciascuno. 


^':a 


DtL    PURGATORIO 


Com*  i*  rimango  sol  se  dod  ristai. 

16  0  fi^ìuol,  disse,  inGn  quivi  ti  tira» 
Additandomi  ud  balzo  poco  in  sue, 
Che  da  quel  lato  il  po^o  tutto  gira. 

17  SI  mi  spronaron  le  parole  sue 

Ch'  i*  mi  sforzai,  carpando  appresso  lui , 
Tanto  che  '1  cinghio  sotto  i  pie  mi  fue. 

18  A  seder  ci  ponemmo  ivi  amendui 
Vòlti  a  levante ,  ond'eravam  saliti, 
Ch*e' suole  a  riguardar  giovare  altrui. 

19  Gli  occhi  prima  drizzai  a'bassi  liti, 
Poscia  gli  alzai  al  sole;  ed  ammirava 
C\\k*.  da  sinistra  n*  eravam  feriti. 

!20    Ben  s'avvide  'J  poeta  che  io  stava 
Stupido  tutto  al  carro  della  luce, 
Onde  tra  noi  ed  aquilone  intrava. 

21    Ond'  egli  a  me  :  se  Castore  e  Polluce 
Fos»ero  n  compagnia  di  quello  specchio 


16.  Sus.  L'ba  il  Novellino,  XLIIl  ;  e  si 
usa  in  Toscana. 

17.  Tanto.  Amico  inedito  *  La  ragion9  ti 
allarga  a  ehi  nuovamente  è  dato  a  virtù ,  ae- 
do ette  non  paia  lè  aspra  la  ina  della  virtù, 

18.  GioTAM.  Fatu  la  fatica  dello  studio  e 
della  virtù  ,  giova  poi  rignardare  la  via  per- 
corsa. Virg.:  Haee  oUm  memimeee  juvafnt, 

19.  i0Bi,  Guardò  a  qnell*  oriente  che  per 
il  nostro  emisfero  è  occidente.  L'ombra  del 
corpo  suo  gU  cadeva  a  sinistra.  Così  Lucano 
degli  Arabi  venuti  ad  aiuUre  Pompeo  :  igno- 
tum  vobis ,  Arabes  ,  venisiii  in  orbem  ,  Um- 
hras  mirati  nemorum  non  ire  nmslros.  In  Eu- 
ropa e  in  tatti  i  paesi  di  qua  del  tropico  di 
Cancro ,  chi  è  volto  a  levante  vede  1'  ombra 
alla  dastra. 

30.  Noi.  11  Purgatorio  antipodo  a  Cerasa- 
lemme  posto  di  qua  del  tropico  del  Cancro: 
e  in  Gerasalerome  il  sole  nasce  tra  noi  e  an- 
atro ,  punto  contrario  ali*  aquilone. 

SI.  SPBCcnm.  Il  sole  é  spacchio  della  luce 
che  dalle  intelligenze  riceve ,  e  couduce  il  suo 
lume  or  sotto  or  sopra  al  nostro  emisfero.  li 
senso  intero  è  :  se  il  sole  che  illumina  di  su 
Giove  e  Saturno,  di  giù  Venere  e  Mercurio  e 
la  Lana  e  l'orientai  mondo,  fosse  in  Gemini 
cioè  nel  gingno ,  sarebbe  ancora  più  lonnuio 
da  te,  sempre  verso  sinistra. 

2S.  EuBiccBio.  Altri  spiega  per  fosfe^tan- 
te  :  Pietro  di  Dante  dice  che  ni^ecAto  in  To- 
scana valeva  rota  dentata  di  molino ,  e  spiega 
la  rota  dello  lodiaco.  Le  Orse  contigue  al  no- 
stro polo  artico  son  più  vicine  a'  Gemini  che 
air  Ariete,  dove  11  sole  era  allora  (iof.,  1  ): 


Che  su  e  giù  del  suo  hime  conduce , 

22  Tu  vedresti'l  zodiaco  rubecchio 
Ancora  ali*  Orse  più  stretto  rotare. 

Se  non  uscisse  fuor  del  cammin  vecchio. 

23  Come  ciò  sia,  sei  vuoi  poter  pensare. 
Dentro  raccolto  imagina  Sion 

Con  questo  monte  io  su  la  terra  stare 

24  Si  ch'amendue  hanno  un  solo  orixon 
E  diversi  emisperi  :  onde  la  strada 
Che,  mal,  non  seppe  carreggiar  Felon. 

25  Vedrai  com'a  costui  convien  che  vada 
Dall'un,  quando  a  colui  dall'altro  fianco, 
Se  lo  ntellettu  tuo  ben  chiaro  bada. 

26  Certo,  maestro  mio,  diss'io,  unquanoo 
Non  vid*  io  chiaro  si  com*io  disceruo 
Là  dove  mio  ingegno  parca  manco, 

27  Che1  iue/.zo  cerchio  del  moto  superno. 
Che  si  chiama  equatore  in  alcunarie. 


onde  se  fossa  stato  in  Gemini  ,  ed  esso  soli 
e  la  porzione  del  lodiaco  da  lui  tocca  sarebbe 
più  prossima  all'Orse. 

33.  Sion.  U  monte  del  Purgatorio  è  per- 
pendicolarmente  opposto  ammonta   di  Sion  » 
eh'  è ,    secondo  Dante  nel  mezzo  delia 
abitabile ,  onde  i  due  monti  hanno   ea 
diversi ,  e  un  solo  orizzonte  ;  e  quel  cbe 
noi  è  oriente ,  nel  monte  del  Pnrgatorio  è 
cideote  ,  e  al  contrario. 

S4.  OaizoM.  Ar.  (XiXh  ti):  DeWorÌM^m 
all'  estreme  sponde,  Così'l  Petrar. 
Stbada.  L' Eclittica  i>  Di  Fetonte  (  Ovid,,  119 
Inf. ,  XVll  ). 

25.  GosTVi.  X'  emisfero.  Di  cose  loaoii 
r  usa  il  Boccaccio  ed  altri.  Slmile  pittora  è 
primo  delle  Georg. 

27.  Mazzo  Circulus  Mediut,  Tra  i  dna  pali 
e  r  equatore.  Tra  i  poli  e  l'equatoae  il  Iropian 
estivo,  e  il  tropico  iemale:  il  sole  gira  oUh 
quamente  per  lo  zodiaco;  qoaod*é  ai  dna  ti»* 
pici  fo  state  0  verno:  quando  tocca  l'aqnaiafe, 
e  lo  tocca  in  due  parti,  i  giorni  sono  ngMli 
alle  notti.  Quella  regione  del  cielo  eh* è  ftal 
tropici ,  Dante  la  chiama  estate;  qoalla  cbi 
tra  i  due  poli,  verno:  onde  in  tutta  la  spera,  dlee 
l'Ottimo,  è  una  state  e  due  verni.  —  Bova» 
TOBS.  Nel  messo  del  moto  celeste  è  «m   af^ 
ehio  imaginario  che  va  da  oriente  m 
e  si  chiama  equatore  ,  perchè ,  qmem^  ti 
i  ivi,  i  giorni  allora  tono  ugitaU  oUa 
Allora  è  Veguinosio,  che  segue  n»l  $e§mo 
V  Ariete  e  della  Libra.  Udreolo  dalf  agunioia 
i  sempre  tra    il  sole  cioè  maisofiomo ,  al 
verno  cioè  tramontana*  Dì  Id  dai  fircoio  sfiri» 


CANTO    IV. 


253 


E  che  sempre  riman  irai  sole  e'I  verno, 

28  Per  la  ragion  che  di'«  quinci  si  parte 
Verso  aeitentrion,  qoaodo  gli  Ebrei 
Vedevan  lui  venw)  la  calda  parte. 

29  Ma  a'a  te  piace,  volentier  saprei 
Quaotoavemo  ad  andar:  chelpoggiosale 
Più  che  salir  non  posson  gli  occhi  miei. 

30  Ed  egli  a  meiquesta  montagna  è  tale 
Che  sempre  al  cominciar  disotto ègrave; 
E  quanto  uom  più  ya  su,  e  men  fa  male. 

31  P^  quand'eila  ti  parrà  soave 
Tanto  chel  su  andar  ti  fia  le^^iero 
Come  a  seconda  giù  Y  andar  per  nave, 

32  Allor  sarai  al  fin  d*esto  sentiero: 
Quivi  di  riposar  Y  aflànno  aspetta. 

Più  non  rispondo;  e  questo  so  per  vero. 

33  E  com*  egli  ebbe  sua  parola  detta. 
Una  voce  di  presso  sonò:  forse 

Che  di  sedere  in  prima  avrai  distretta. 
3i    Al  suon  di  lei  ciascun  di  noi  si  torse, 
E  vedemmo  a  mancina  un  gran  petrone 
Del  qual  né  io  ned  ei  prima  s*  accorse. 


««siale  non  lono  aìntanii ,  di  qua  ài.  Di  là 
dai  àreolo  tquinoiiaU  fi  tiende  nn  eireolo  ; 
€k'è  ià  dove  il  soU  a  lungo  risplende  nel  eie- 
It ,  t  ss  chiama  $oUtisio  :  e  quel  eireolo  è  il 
ffiyiso  éeiio  del  Cancro,  U  tfvpieo  del  Capri- 
MfiN»  è  quello  dov'U  sole  pii^  declina  da  noi, 
9  i  di  son  pia  eorti.  La  Libia  e  V  Arabia  ion 
pmlB  ira  il  detto  circolo  equinoziale  o  equa- 
fÌMV,  •  U  tropico  detto  del  Cancro,  Noieiamo 
«I  di  fua:  e  però  riguardando  verso  il  nostro 
mimit  vmUarn  sempre  a  destra  V  ombra  del 
99tfo  nMtfo,  Non  così  que*  d'Arabia  e  di  Li- 
èim  9  tmasaknamente  allorché  *l  sole  è  nei  tro- 
ppo d§l  Cancro.  Così  Pietro  di  Dante.  11  Pur- 
Morfo  •  Gentsalemroe  son  danqoe  ogualnieote 
«Unti  dall'  equatore,  e  l'equatore  riman  sem- 
fit  tra  la  parte  ove  il  sole  venendo  fi  la  stale, 
a  fwUa  ove  11  sole  trovandosi  fa  1*  Inverno. 
ÌB.  QuDca.  Nel  Pargatorio.  —  Ebrbi!.  Sul 
■aale  Sion  r  hanno  verso  austro ,  In  Purga- 
laria  a  tramontana.  La  parte  australe  è  la 
cÉMa  al  popoli  posti  fra  11  tropleo  del  Gan 


•  a  il  polo  artico.  Ott.:  Quando  U  popolo 
^hdrmn  andava  d*  Egitto  in  terra  diprvmes- 


p  a  vedea  il  sole  verso  la  state  ,  e  lo  e- 

MVfo  settentrione  :  verso  ,  si  tolU  qui 

eonlra ,  avvero  dall'altra  parte. 

9.  Sale.  Sopra  ;  Vineea  la  vista. 

SO.  MsM.  Albertano  Mussato ,  in  una  ora- 

slOM  inedita  :  E  così  fatta  di  questi  gradi  si 

è  te  nafiira  »  che  quale  ben  posa  U  pUdc  Uh 


35  Là  ci  traemmo:  ed  ivi  eran  persone 
Che  si  stavano  all'ombra  dietro  al  sasso, 
Come  fuomper  negghienzaastar  si  pone. 

36  £  tin  di  lor  che  mi  sembrava  lasso, 
Sedeva  e  abbracciava  le  ginocchia. 
Tenendo  'I  viso  giù  tra  esse  basso. 

37  0  dolce  signor  mio,  diss*io  ,  adocchia 
Colui  che  mostra  sé  più  negligente 
Che  se  pigrizia  fosse  sua  sirocchia. 

38  Allor  si  volse  a  noi  e  pose  mente. 
Movendo  *l  viso  pur  su  per  la  coscia, 
E  disse  :  va  su  tu  che  se*  valente. 

39  Conobbi  allor  chi  era:equeirango^ia 
Che  m'avacciava  un  poco  ancor  la  lena, 
Non  m' impedì  Y  andare  a  lui;  e  poscia 

hO    Ch'a  luifu' giunto,  alzòla  testa  appena. 
Dicendo  :  hai  ben  veduto  come  1  sole 
Dair  omero  sinistro  il  carro  mena  ? 

hi  Gli  atti  suoi  pigri  e  le  corte  parole 
Hosson  le  labbra  mie  un  poco  a  riso  ; 
Poi  cominciai  .-Belacqua,  a  me  non  duole 

42    Di  te  ornai  :  ma  dimmi  perchè  assiso 


pr'uno ,  può  tutti  agevolissimamente  sormon- 
tare, 

32.  Più.  La  mia  naturale  scienza  non  va 
più  oltre. 

35.  PiRSONB.  Altra  specie  di  negligenti,  t 
quali,  offuscati  di  riceheisa  mondana  ,  indu- 
giarono il  virtuosamente  vivere  insino  aU*  ulti- 
m*  ora  (  Antico  ined.  ). 

36.  ABiRAcciAVA.  Prov.  (  VI ,  10  )  :  Ani- 
Ittiiim  domUes,  paukUumdormitabis;paululum 
conseres  manus  ut  dormias,  Prov.  (  XIX,  24): 
Abacondit  piger  manum  suam  sub  ascella, 

37.  PiGRizu.  Anco  nel  Convivio  la  condan- 
na (I,  1)  :  Alti  loro  piedi  si  pongono  tutti  quel- 
li che  per  pigrizia  si  sono  stati ,  che  non  so- 
no degni  di  piili  colà  sedere, — Siroccuia.  Prov. 
(VII., 4):  Die  sapientiae:  soror  mea  es,  Alber- 
tano .-  DC  alla  sapienza  :  mia  suora, 

40.  Hai.  1   pigri  si  ridono  delle  core  dei 

wggi- 

41.  Poco.  Antieo  Inedito:  ConeioitoeoioeA^ 

non  fosse  tuo  atto  :  ma  per  dimostrare  che  tal 
gente  è  di  poco  prezzo,  —  Bblacqua.  Dice  un 
antico  postili.  :  FUit  opHmus  magister  chita- 
rarum  et  Uutorum  ;  et  pigrissimus  homo  in 
operikuM  mundi  eieut  im  operibus  animae,  — 
Duoli.  Or  che  ti  so  salvo.  Purgai.,  Yill  :  Nin 
gentil ,  quanto  mi  piacque  Quando  tt  vidi  non 
euer  tra*  rei  I 

42.  QuiniTTA.  Per  qui,  nel  Purgat.,  XVII. 
MMiMta  è  nei  Uppl.  QeMhm  nel  Par.,  Vili. 


956 


DEL    PURGATORIO 


Quirìtta  u(  t  attendi  tu  ìsoorta  ? 
O  pur  k)  modo  osato  t*ha*  rìpriso? 

&3    Ed  ei:  frate,  l*aiidare  in  su  che  porta? 
Che  non  mi  lascerebbe  ire  a'  martiri 
L'  U9cier  di  Dio  che  siede'n  su  ìa  porta. 

hh    Prima  convien  chetanto'lciel  m'aggiri 
Di  fuor  da  essa  ,  quanto  fece  invita, 
Perch*  io  'ndugiai  al  fin  li  buon  sospiri  ; 

44.  Tanto.  Decretali  :  Quanto  tempore  te 
peccare  nòtti ,  tanto  te  humiUa  Deo.  —  Ag- 
giri. Giri  iDtorno  a  me.  Se  il  P.  tenesse  il 
sistema  pitagorico  o  copernicano,  potremmo 
intendere  meglio  :  mi  porti  con  sé  ne'  spoì 
i;iri.  —  Buon.  G.  XXllI  :  Del  Imon  dolor  eh*  a 
Dio  ne  rimarita. 

45.  GRABiTAt  Job.,  IX  .*  Bgeeaiorei  Dnu 
non  awiU.  Is.  :  Quum  muUipticaveritit  ora- 
ti(jn$m ,  non  exawliam  :  mamii  entm  veOrae 
sanguine  flenae  sunt.  Eccl.  (XXXIV.  23):  Do- 
na iniquorvfn  non  frohai  AUietimui!  %V^\ 


45    Se  orazione  in  prima  non  m'  aita 
Che  surga  su  di  cor  che  n  grazia  viva  • 
L'altra  che  vai  che'n  eie!  non  è  gradita? 

h6    E  già  '1  poeta  innanzi  mi  saliva 
E  dicea:  vieni  ornai.  Vedi  eh'  è  tocco 
Meridian  dal  sole  :  e  dalla  riva 

VI    Copre  la  notte  già  col  pie  Marocco. 


21  :  Oratio  humiliantie  ee  nubee  penHrabiL 

46.  Gli.  Imaginepiù  gigantesca  del  virf.t 
Nox  ruU ,  et  futcis  teUurem  amplectiiwr  em. 
Ov.  (Met.,  11):  Dum  loquor;  Hesperio  poeiim 
in  littore  metae  Uùmida  nov  tetigit.  Petr.  ; 
Perchè  s*  attuili  in  mezzo  V  onde  B  lotti  f> 
epagna  dietro  atte  tue  tpaUe,  B  (tramum  t 
Marocco  e  le  Colonne. — MBnmuN.  Quivi  «v» 
zodì ,  danque  a  Gernsalemme  meixtnotle.'t 
crepuscolo  not(nroo  a  Marocco  ch'é  aUMel» 
dente  della  parte  merìodionale  della  terra  il  ' 
tabjle ,  doTe  regnò ,  dice  Pietro,  il  re  Iart>a. 


»T 


CANTO      V. 


ARGOMENTO. 


S incontrano  in  altri  negligenti  a  pentirsi,  e  morti  di  morte  tioUnta  :  gli  par ^ 
k  ut  Fanese ,  un  Monlefeltrano  j  una  donna  di  Siena.  Un  demonio  fa  noicero 
imftita  neWaria  per  ietraziare  il  corpo  di  Buoneonte ,  poiché  non  potè  etraxiare 
/o  ^Ug  toltogli  dalC  Angelo  buono,  e  uscito  nel  nome  di  Maria  che  lo  fece  ealvo. 
Qimio  $i  voglia  permettere  al  diatolo  guesta  puerile  vendetta ,  ei  vedrà  la  pittura 
eetm  di  rara  evidenza  e  franchezza. 

Il  eanto  tatto  spira  soave  e  sereDt  roalioconìa:  ed  è  de' più  belli  dell' intero  poenM. 
Nou  le  terzine  1;  la  2  alla  6;  la  8»  9,  10,  13,  14,  15,  17;  la  19  alla  22;  la  28 
MU  28;  la  30  alla  35;  U  38  alla  fine. 


Io  era  già  da  cpiell'ombre  partito 
Es^uitava  Torme  del  mìo  duca, 
Quando  diretro  a  me,  drizzando  '1  dito, 

Una  gridò  :  ve*  che  non  par  che  luca 
Lo  raggio  da  sinistra  a  quel  di  sotto, 
E  come  vivo  par  che  si  conduca. 
Gli  occhi  rivolsi  al  siion  di  questo  motto, 
E  fidile  guardar  per  maravislia 
Pur  me ,  pur  me ,  e'I  lume  eh*  era  rotto. 


2.  &i3(isTBA.  Se  Tolti  a  levante ,  avevano  il 
iole  a  sinistra  (e.  ili ,  terz.  31) ,  ora  ripiglian- 
^  il  eanmino  devono  averlo  alla  destra,  e  a 
aiiiitra  l'ombra  del  corpo  di  Dante.  8i  noti 
la  varietà  de'  modi  a  dir  la  medesima  cosa. 
*•  Sotto.  Salivano.  Dante  che  seguitava  Vir- 
gilio, rimaneva  più  basso. 

4.  PucBfe.  In  questo  discorso  è  Tanimo  del 
P.  ^cro  ed  espresso. 

i.  ToMB.  Conv.  (II,  2):  Quello  amore  il 
Hmft  etnea  ancora  la  rocca  della  mia  mente, 
r^  indicare  ebe  le  ricchezze  nulla  possono 
folla  virtù,  dice  una  canz.:  Nàia  diritta  torre 
Fa  piegar  rivo  che  da  lungi  corre.  Ar.(XXX,48^: 
Qmai  torri  ai  venti  o  scogli  aW  onde  furo.  Tre 
ftùDÌlitndini  ha  questo  canto.  E  il  Purgatorio 
m  ha  men  dell'  Inferno  d' assai. 

6.  RAiiPOLLA.  far.:  Kasceaguisa  dì  ram- 


k    Perchè  I*  animo  tuo  Unto  s' impigfia  , 
Disse*!  maestro,  che  1*  andare  allenti  ? 
Che  ti  fa  ciò  che  quivi  si  pispiglia? 

5  Vien  dietro  a  me,  e  lascia  dir  le  genti. 
Sta  come  torre  ferma  che  non  crolla 
Giammai  la  cima  per  soffiar  de*  venti. 

6  Chesempreruomoiocuipensierrampoila 
Sovra  pensier,  da  sè^dihinga  il  segno, 
Perchè  la  foga  l*on  dell'altro  insolìa. 

fiollOt  Appiè  del  vero  il  duhhioi  ed  i  natura 
Che  al  sommo  pinge  noi,,.  Par  sentenza  con- 
traria a  questa.  Ma  altro  si  è  il  dubbio  che 
nasce  dal  vero,  e  al  vero  move;  altro  è  l'in- 
gombrarsi del  pensiero  sopra  pensiero  che  to- 
glie la  forza  del  fare.  La  metafora  del  rampollo 
sta  meglio  nel  Paradiso  che  qui;  e  qai  discor- 
da dall'altra  del  se^ito  e  della  foga, — Dilunga. 
Dilungando  sé  dal  segno  ,  dilunga  il  segno  da 
sé.  —  Segno.  Pturilms  intentus  minor  est  ad 
ringula  sensus.  —  Un.  Pensiero.  —  Insolla. 
SoUo,  tofieef  quindi  molle  (Monti,  Prop.,  voi. 
IH,  parte  1,  p.  175).  La  nostra  mente,  abban- 
donandosi a  molti  pensieri  che  si  urtino  In 
guisa  che  l'uno  rallenti  il  corso  dell'altro,  ar- 
riva tardi  al  segno  principale  a  cui  corre. 
Montaigne  :  Vàmequi  n*  a  foint  de  but  éta- 
Mi,  $e  perd. 

33 


236 


DEL    PURGATORIO 


7  Che  potc\*io  ridir  se  non  ;  i'vegno  ? 
Dissilo  alquanto  del  color  consperso, 
Che  fa  Tuom  diperdon  talvolta  degno. 

8  E'  ntanto  per  la  costa  da  traverso 
Venivan  genti  innanzi  a  noi  un  poco, 
Cantando  Mùerere  a  verso  a  verso. 

9  Quando  s*  accorser  eh'  i*  non  dava  loco 
Per  lo  mio  corpo  al  trapassar  de* raggi, 
Mutar  lor  canto  in  un  oh  lungo  e  roco. 

10  £  duo  di  loro  in  forma  di  messaggi 
Corsero  *ncontra  noi,  e  dimandarne: 
Di  vostra  condizion  fatene  saggi. 

11  £'1  mio  maestro:  voi  potete  andarne 
E  ritrarre  a  color  che  vi  mandare 
Che  '1  corpo  di  costui  è  vera  carne. 

12  Se  per  veder  la  sua  ombra  restaro, 
Com*  io  avviso  ,  assai  è  lor  risposto. 
Facciangli  onore;  ed  esser  può  lor  caro. 

13  Vapori  accesi  non  vid'  io  si  tosto 
Di  prima  notte  mai  fender  sereno, 
Né  ,  sol  calando  ,  nuvole  d'agosto, 

1  k.    Che  color  non  toma^er  suso  in  meno: 
E  giunti  là  con  gli  altri  a  noi  dìdr  volta 
Come  schiera  che  corre  senza  freno. 

•15  Quelita  gente  che  preme  a  noi,  è  molta, 
E  vengonti  a  pregar,  disse  M  poeta  : 
Però  pur  va ,  ed  in  andando  ascolta. 

7.  Talvolta.  Perchè  y'ha  pure  una  trista 
vergogna  (  Inf.  XXìV  ).  Arrossisce  più  volle 
(Inf..  XXX). 

S.  Traverso.  Di  contro  a  noi. — Verso.  A 
vicenda.  Si  notino  i  canti  de'  piirgaDii ,  che 
son  frequentissimi,  e  dispongono  1'  animo  aUc 
celc>ti  armonie. 

9.  Oh.  Ariosto  (XVIII,  78):  E  con  qmWoh 
che  d*  allegrezza  dire  Si  suoU  ,  ìucominciò... 

10.  Saggi.  Saggio  da  sapio.  Fate  clie  sappiam 
£hi  voi  siate. 

11.  Ritrarre.  Per  dire  (Inf.  ,  H,  2). 

13.  Vapori.  Georg.  (  i,  dM):Saepe  etiam 
stellas  ,  veuto  impendente,  videbti  Praecipites 
coelo  labi,  voctisque  per  umbram  Flammarum 
lougos  a  teì-go  albeseere  tractus.  Arist.  (  Me- 
teor.  )  distingue  i  vapori  che,  daUa  terra  sa- 
liti nella  seconda  regione  dell'  aria  ,  ivi  gela- 
no; altri  si  risolvoDo  io  vento,  altri  s'alzano 
al  cerchio  del  fuoco  ,  e  dal  movimenlo  s*  ac- 
rendono.  — Nuvole.  Né  vapori  accesi  fendon 
%\  tosto  le  DQVolo  estive  sol  calar  del  sole , 
quando  i  lampi  son  più  Tìsibili  e  spessi.  L' 
Ottimo  intende  che  le  nuvole  fendano  il  se- 
reno :  Le  nuvole,  die  per  la  calura  dell* aere 
discendono  alla  terra  quasi  cacciale  dal  detto 


16  0  anima  che  vai  per  esser  lieta 
Con  quelle  membra  con  le  quai  nascesti, 
Venian  gridando,  un  poco*l  passo  queta. 

17  Guarda  s'  alcun  di  noi  unque  vedesti, 
SI  che  di  lui  di  là  novella  porti. 

Deh  perchè  vai?  deh  perchè  non  t'arresti? 

18  No'  fummo  già  tutti  per  forza  morti, 
E  peccatori  infino  all'  ultim'  ora: 
Quivi  lume  del  ciel  ne  fece  accorti 

19  Si  che,  pentendo  e  perdonando,  fuori 
Di  vita  uscimmo  a  Dio  pacificati, 

Che  del  disio  di  so  veder  n'accora. 

20  Ed  io  :  perchè  ne'  vostri  visi  guati. 
Non  riconosco  alcun  :  ma  s'  a  voi  piace 
Cosa  eh'  i' possa ,  spiriti  bennati, 

21  Voi  dite;  ed  io  fnrò,  per  quella  pacow* 
Che  dietro  a'  piedi  di  si  fatta  guida. 

Di  mondo  in  mondo  cercar  mi  si  face. 

2'2    £  uno  incominciò  :  ciascun  si  fida 
Del  beneficio  tuo  senza  giurarlo. 
Pur  che  'I  voler  nonpossa  non  rìcida: 

23  Ond'io  che  solo  innanzi  agli  altri  parl^:^, 
Ti  prego ,  se  mai  vedi  quel  paese 
Che  siede  tra  Romagna  e  quel  di  Carl^», 

2k    Che  tu  mi  sie  de'  tuoi  prieghi 
In  Fano  sì  che  ben  per  me  s'  adori, 
Perch'  i'  possa  purgar  Io  gravi  offese. 

calore.  Is.  (  LX  ,  8  )  :  Qui  sunt  isti  ,  qm 
nubes  volanti 

li.  Corre.  Per  desiderio  d*  invocare  li 
ghiera  d'un  vivo. 

15.  Preme.  Con  calca ,  eoo  fretta.  —  Vi* 
Esempio  di  sollecitudine  a  quelL'anime  pigi** 

19.  Pentendo.  Pentér  per  penlirsi  (  Iit  » 
XXVIi  ).  —  Perdonando.  Chiedendo  perfi- 
no. —  A  Dio.  Petr.  :  Col  cor  ver  me  fo/ik 
calo  e  umile,  —  Accora.  Conv.  :  Il  sommoit' 
siderio  di  ciascuna  cosa ,  e  prima  daUa  eft 
tura  dato  ,  è  lo  ritornare  al  suo  prnicifia; 
e  perocché  Iddio  è  principio  delle  noetre  mi- 
me „,  eua  anima  massimamenU  desid$Ta  tSK* 
nare  a  quello, 

21.  Per.  Giura. 

22.  Nonpossa  .  Albertano  (1.  45  )  :  £•  mm^ 
giustizia.  Cosi  noncuranza.  Porche  ta  pena 
tornare  al  mondo ,  e  pregare  in  modo  cflieaet. 

23.  Paese.  La  Marca  :  tra  la  RomagM  • 
il  regno  di  Carlo  H  di  Napoli. 

24.  Adori.  Sacchetti  :  Adoraws  dùuHUÌ  • 
f.  Giovanni,  Bocc.  :  (  HI  ,  10  ):  Foeni  àift- 
nocchione  a  guisa  che  adorar  voleiae.  Oli. , 
(  II ,  175  )  :  Sempre  ha  bisogno  d'adoran.  — 
OrrBii.  Per  peccati  (Pnrg.,  XXVI). 


CANTO    V. 


iZ9 


25  Quindi  fu*  io;  ma  li  profondi  fori 
Ond'  usci  1  sangue  in  sul  quale  io  sedea 
Fatti  mi  furo  in  grembo  agli  Antenori, 

26  Là  dov'io  più  sicuro  esser  credea. 
Quel  da  Esti  '1  fé  far,  che  m' avea  in  ira 
Assai  più  là  che  dritto  non  volea. 

27  Ma  s' i'  fossi  fuggito  inver  la  Mira 
Quand'i' fu' sovraggiunto  ad  Oriaco, 
Ancor  sarei  di  là  dove  si  spira. 

SS    Corsi  al  palude,  elecannuccee'ibraco 
H* impigliar  si  ch'io  caddi;  e  11  vid'  io 
Uelle  mie  vene  farsi  in  terralaco. 

S9  Poi  disse  un  altro  :  deh  se  quel  disio 
Si  compia  che  ti  traggo  all'alto  monte, 
Con  buona  pietate  aiuta'!  mio. 

30    rfui  di  Montefeltro,  i'son  Buonconte: 
tiiovauna  o  altri  non  ha  di  me  cura  , 


I.  Sedba.  Comento  ined.:  Piglia  il  tangue 
ptr  t  anima ,  perchè  mancando  il  sangue  par 
th§  wutnehi  la  vita.  Yirg.:  Una  eademque  via 
animutqìie  sequuntur.  Undantique  a- 
diffundit  in  arma  cruore.  Levit.,  XVII: 
camtf  in  sanguine  est.  Bonfrerio  ,  al 
IZ  della  Gen.  :  Anima  camis  seu  animaUs , 
bl  tangÈiine  sedem  hahet  »  seu  uhicumqìie  san- 
fmk  tir  ,  ibi  est  anima  et  operatur,  — Antb- 
ROU.  lof.,  XXXII.  Padova  fondata  da  Ante- 
Mire  (  Aeoeid.  I.  )  M.  Iacopo  del  Cassero  di 
Fono,  il  quale  fu  eletto  podestà  di  Bologna, 
■I  tmnpo  di'  essi  Bolognesi  aìievano  briga  col 
■sfcAasa  Azzo  Terzo  da  Este  ;  ed  elessero 
HtM  Jf.  Iacopo,  sapendo  lui  essere  nimico  del 
tei*  9ittrchese.  Il  qual  marchese  il  fece  ta- 
fUmn  a  pezzi ,  sappiendo  che  al  tempo  della 
podutaria  esso  Jlf.  Iacopo  aveva  molto 
ito  ti  detto  marchese.  Comento  inedito 
Laarenziana  di  Firenze  (PI.  90,  Gadd. 
np.  cod.  3U).  Qufsto  Iacopo  combattè  contro 
inno  co*  Fiorentini  guelfi  nel  1288  (  Vili. , 
ni  p  120 }  :  e  fu  ucciso  quand'  anda?a  pode- 
iCà  éì  Milano.  11  fatto  si  è  che  Azzo  III  am- 
kiva  la  signorìa  di  Bologna  ,  e  si  guadagna- 
va io  Bologna  stessa  fautori.  I  quali  furono 
par  giusto  sospetto  cacciati  ,  e  chiamato  la- 
eap>  a  potestà;  Il  qual  Iacopo  iocrudell  con- 
ila i  fautori  d'  Azzo ,  e  spacciò  che  questo 
àBBO  era  giaciuto  colla  madrigna  ,  eh*  era  fi- 
gliaala  di  lavandaia  ,  scellerato  e  codardo  : 
saia  gli  assassini  d'  Azzo  Io  seguivano  sem- 
pn.  Sempre  nemico  agli  Estensi  il  presago  P. 
St.  LÀ.  Virg.,  XII:  Ulterius  ne  tende  odiis, 
97.  OaiACo.  Tra  Venezia  e  Padova. 
S8.  pAJLt'DB.  Mascol.  anco  nel  Crese.  f  1. 
W  ).  —  Laco.  lAf.,  XXY  :  Di  sangue  fece 


Perch*io  vo  tra  costor  con  bassa  fronte. 

31  £d  io  a  lui  :  qual  forza  o  qual  ventura 
Ti  traviò  si  fuor  di  Campaldino 

Che  non  si  seppe  mai  tua  sepoltura  ? 

32  Oh  ,  rispos'egli,  appiè  del  Casenthio 
Traversa  un'  acqua  eh'  ha  nome  l' Archiano , 
Che  sovra  l'Ermo  nasce  in  Apennino. 

33  Là  've  1  vocabol  suo  diventa  vano 
Arriva'  io  forato  nella  gola, 
Fuggendo  a  piede  e  sanguinando '1  piano. 

34'    Quivi  perdei  la  vista  e  la  parola: 
Nel  nome  di  Maria  fmii;  e  quivi 
Caddi,  e  rimase  la  mia  carne  sola. 

35  Fdirò  'I  vero,  e  tu  1  ridi'tra  i  vivi  : 
L'angeldiDiomiprese,  e  quel  d'inferno 
Gridava:  o  tu  dal  ciel,  perchè  mi  privi? 

36  Tu  te  ne  porti  di  costui  V  eterno 

fpetie  volte  loco. 

29.  Disse.  Il  P.  cammina  tra  loro  :  quei 
che  gli  parla  Io  segue  un  poco  ,  poi  lo  lascia 
ire  :  ed  un  altro  sottentra.  Perchè  rammen- 
tiamo che  la  schiera  purgante  viene  di  con- 
tro ai  due  pellegrini.  —  Buona.  É  anco  una 
trista  pietà. 

30.  Fui.  Dice  :  fui  di  Montefeltro  ,  come 
vivo  ;  e  son  Buonconte ,  perchè  la  persona 
rimane.  Neil'  Inf.  dice  :  /'  fu'  l  conte  Ugoli- 
no ,  perchè  all'altro  mondo  nessuno  è  conte. 
—  Buonconte.  Figlio  del  conte  Guido  di  Mon- 
tefeltro (  di  cui  nell'  Inf.,  XXVII),  valorosa 
pesona,  perì  nella  sconiitta  ch'ebbero  gli  Are- 
tini da' Fiorentini  non  lontano  da  Poppi,  nel 
pian  di  Campaldino  ,  la  mattina  del  dì  li  di 
giugno  del  1289,  dove  combattè  Dante  stesso 
(  Hacchiavelli  ;  Leon.  Aretino  ).  Dice  il  Vil- 
lani che  i  due  eserciti  s'affrontarono  più  or- 
dinatamente che  mai  s' affrontasse  battaglia  in 
Italia  (  VII ,  131  ).  —  Giovanna.  Sua  mo- 
glie. —  Bassa.  Perchè  destinato  a  più  lungo 
Indugio.  Come  Marcello  in  Virg.  :  Sed  front 
laeta  parum  et  dejecto  lumina  vuUu. 

32.  Erko.  di  Camaldoli. 

33.  Vocabol.  Per  nome  proprio  s*  usa  toi- 
tora  in  Toscana  ,  e  dicesi  per  esempio  :  Po* 
dere  di  vocabolo  Póggiolino.  —  Vako.  Perché 
mette  In  Amo.  Frase  non  imitabile. 

34.  Parola.  Virg.:  Pariterque  loquentis  Vo- 
eem  animamque  rapit ,  trajecto  gutture  :  ai 
iUe  Fronte  ferit  terram.  Bocc.  (  VII ,  4  )  : 
Perde  la  vista  e  la  parola,  e  in  breve  egli  si 
morì.  —  Sola  (  Inf.,  IX  ).  Di  me  la  carne 
nuda. 

36.  Eteriio.  Petr.:  Tu  te  ne  vai  col  mio 
mortai  nd  corno.  —  Altro.  Del  corpo. 


S6» 


DEL    PURGATORIO 


Per  una  lagrìmetta  che  'I  mi  toglie:         1 
Ma  io  farò  dell'altro  altro  governo, 

37  Ben  sai  come  nelFaer  8Ì  raccoglie 
Queir  umido  vapor  che  in  acqua  riedo 
Tosto  che  sale  dove  *1  freddo  il  coglie. 

38  Giunsequelmalvolerchepurmalchiede 
Con  lo  'ntelletto,  e  mosse  1  lumoe'i  vento, 
Per  la  virtù  che  sua  natura  diede. 

39  Indi  la  valle,  come  '\  di  fu  spento, 
Da  Pratomagno  al  gran  giogo  coperse     | 
Di  nebbia,  e  1  ciel  di  sopra  fece  intento 

M  Sichelpregnoaereinacquasioonverse. 
La  pioggia  cadde,  e  a'  fossati  venne 
Di  lei  ciò  che  la  terra  non  sofferse. 

ki    £  come  ai  rivi  grandi  si  convenne , 

37.  Vapor.  La  pioggia  ,  «econdo  Arist. ,  è 
vapor  amido  ,  che ,  coodeosato  dal  freddo  , 
c«de. 

38.  MossB.  Aogost.  (  Gif.  D.,  XVIII  )  : 
Spargere  altiui  quatUbei  aquoi  difficile  daemo- 
nibu»  non  e$L  .  .  •(  aerem  fntìando  morbi- 
dum  reddere  .,.  —  Viari}.  Aogust.  (  Civ.  D., 
Vili  }  :  Omnie  transfomuttio  eorporalium  re- 
rum quae  fieri  potett  per  aUptamnirtutem  ra- 
Uonalem  ,  per  daemonmn  fièri  potest,  E  Alb. 
Magno  l' attesta  :  De  potenHa  daemonum.  11 
demonio  ,  dice  Dante ,  é  on  malvagio  volere 
che  non  altro  cerca  che  '1  male  col  sottile  in- 
lelietto.  r.  s.  Tomaso  (  Som.  %.  3.  qu,  108, 
110.  —  DiEDB.  A  loi. 

39.  PaATOMAGNO.  Ors  PratQvecchio;  divide 
il  Val  d' Arno  dal  Casentino.  —  Giogq.  Apen- 
irino.  —  CiBL.  S.  Pet.  (  Bpist. }  :  in  ino  aere 
caliginoso ,  911011  kì  eareeré  nmi  damnones , 
et  erunt  usque  ad  d(§m  judicH^  «-  Intbnto. 
Teso  di  nnbi  spesse.  Virg.  (  V  >  20 1  :  In  nti- 
hem  eogitur  aer.  6.»  1  .*  Òbienia  denteiUur 
noete  tenebrae,  Hor.  (  Bp.  »  XIII  )  :  J^mpe- 
etai  coeium  contrae.  Pei,:  V  aere  §ravato, 
e  V  importuna  nebbia  Compreita  intomo  dai 
tabbioii  venti  »  Toeto  eotivieii  ehe  ei  converta 
in  pioggia.  Tasso  :  Mn  (a  tcAttm  infernale 


Vèr  Io  fiume  real  tanto  veloce 
Si  minò  che  nulla  la  ritenne. 

f^2    Lo  corpo  mio  gelato  in  su  la  foce 
Trovò  l'Archian  rubesto:e  quel  sospinse 
NeirArno  e  sciolse  al  mio  petto  la  croce 

M  CV  i*  fei  di  me  quando  *l  dolor  mi  vinse; 
Voltommi  per  le  ripe  e  per  lo  fondo  , 
Poi  di  sua  preda  mi  coperse  e  cinse. 

kh   Deh  quando  tu  sarai  tornato  al  mondo 
E  riposato  della  lunga  via  , 
Seguitò  1  terzo  spinto  al  secondo  » 

Vi  Ricorditi  di  me  che  son  la  Pia. 
Siena  mi  fé,  disfecemi  Maremma  : 
Salsi  colui  che  innanellata  pria  , 

k6    Disposando,  m'avea  con  la  suagenmia. 

che  MI  quel  eonflUto  La  tirannide  $ua  eader 
vedea,  SendoU  ciò  permetto,  in  mifiiomeiifa 
L*  aria  in  nubi  raccolte  ,  e  moete  il  veeito, 
40.  SoFPBBSB.  Perché  declive. 

42.  RcBBSTO  (  Inf.,  XXXI  ). 

43.  Me.  Delle  braccia. 

45.  Pia.  Moglie  di  Nello  della  Pietra,  che 
la    accise ,  dlcesi  ,  per  gelosia ,  quaod'eia 
rettore  in  Maremma  ,  dov'  aveva  qd  castello. 
Ella  senese,  de'ToIomei.  Il  cemento  inadttu 
citato  sopra ,  dice  :  de*  Salimbeni.  Sogginage: 
La  fhce  un  <ft  ^tlar  a  terra  dalla  torre  •  m- 
dendo  ella  tu  una  finettra.  Di  ciò  grand'edio 
fk-a  le  due  flimiglie ,  dice  il  Post.  Gaet.  Del- 
la sua  morte  piange  forse  an  sonetto  di  yQ^ 
ciò  Piacenti.  Il  Tommasi  nella  Su  di  Slcai 
««ole  che  Nello  la  facesse  gittare  dal  mn» 
per  isposarsi  alla  contessa  Margherita  di  Saa- 
uQora  :  e  la  sposò  ,  e  n'ebbe  on  fidio  Bn- 
duciro,  morto  nel  1300.  La  morte  della  III 
tu  nel  1295.  Ott.  :  Per  alcuni  falli  cke  in- 
vò  in  lei ,  li  la  uecite  ;  e  teppelo  fare  1)  tf- 
gretamente  ,  che  non  ei  téppe.  Però  dice:  Jof- 
it  colta. 

46.  Disposando.  È  nelle  V.  8.  Padri  1  • 
nella  V.  Nuova ,  e  nel  Gonv.  01.  2). 


tei 


CANTO    VI. 


ARGOMENTO. 

Moli  aniuM  lo  pregano,  preghi  e  faccia  pregare  per  loro.  Espone  un  dubbio  a 
Virgilio  iMa  efficacia  della  preghiera.  Salgrmo  un  poco  :  rincontra  Sordello,  man^ 
Uvano  ,  poeta  ,  uom  fatnoeo  del  eecolo  XI IL  Al  nome  di  Mantova  guesli  abbrac- 
e(A  Virgilio,  dal  quale  atto  trae  Dante  occatione  a  gridare  contro  gli  odii  cimli 
£  Italia,  E  in  lui  pure  è  alla  pietà  tfi)'.<fo  V  odio ,  perchè  ne$$uno  uomo  ,  per  allo 
che  eia  j  è  franco  in  tutto  dal  ùzio  de'  tempi. 

Qaetto  apitolo,  dice  Pietro,  è  pulenim,  elarum,  faeUe,  abequ»  aUegoria.  BeUo  :  ma 
pd  bello  d*  issai  il  precedente. 

Nota  le  terzine  8»  12,  15,  17;  la  19  alla  97;  U  29,  30,  96,  37,  39;  U  41  alla  46;  la 
48  eoo  lo  altime. 


Quando  si  parte  *1  gioco  della  zara  , 
Colui  che  perde  si  riman  dolente  , 
Ripetendo  le  volte  ,  e  tristo  impara  : 

Con  r  altro  se  ne  va  tutta  la  gente  ; 
Qual  va  dinanzi  e  qual  dirietro  il  prende 
E  qual  da  lato  gli  si  reca  a  mente. 

Einons*arresta,  equestoequello'ntende: 
A  cui  porge  la  man,  più  non  fa  prossa  ; 
E  cosi  dalla  calca  si  oifende. 


i.  Zaka.  Gioeo  di  dadi.  Onde  oxxardo. 

5.  Ambtui.  Beoincasa  di  Laterina  ,  giadice 
del  distretto  d*  ÀDtino.  Ghino  era  d'Asinalun- 
ga  del  Senese  ;  e  perché  Benineasa ,  asses- 
sore a  Siena ,  stntensiò  a  morte  Tacco  firatel 
di  Ghino  ,  e  Turrinu  da  Turrita  nipote  di  Ghi- 
■0 ,  assassini,  ifiiesti  andò  a  Boom  dofe  Be- 
irincasa  ora  auditore ,  gli  tagliò  '1  capo ,  e  M 
portò  seeo.  Ghino  era  nobile  ,  e  generoso,  ini- 
mioo  de'  conti  di  Santafiora  ,  e  co*  suoi  assas- 
liai  teneva  tolta  Toscana  in  riguardo.  Di  lui 
parla  in  una  no?,  il  Bocc. — ^Alteo.  Goccio  dei 
Tarlati  di  Pietramala  ,  che,  avend' ordinato 
■na  cavalcau  por  la  Urrà  di  Latorina  contra 
ceitoni  di  BoscoU  quiri  dimoraoti,  e  nemici 


Tal  era  io  in  quella  turba  spessa. 
Volgendo  a  loro  e  qua  e  là  la  faccia; 
E  promettendo  ,  mi  sciogliea  da  essa. 

Quivi  era  TAretin  che  dalle  braccia 
Fiere  di  Ghin  di  Tacco  ebbe  la  morto, 
E  r  altro  eh*  annegò  correndo  'n  caccia* 

Quivi  pregava  con  le  mani  sporte 
Federigo  Novello,  e  quel  da  Pisa 
Che  fé  parer  lo  buon  Marzucco  forte. 


a  loi.  i  detti  Boseoli  eoo  gente  fiorentina  oe- 
culiaroenle  V  assalsero  ,  e  inseguirono  tanto 
che  affogò  in  Amo.  —  Cjlccia,  Dino  :  ifeifv 
•fi  cocfia. 

6b  PnooAVA.  \irg,  :  Stabant  oftmtss  primi 
tfmuwHtUn  €Mnum,  Tend^bantque  mamu, 
ripae  ultifiorii  amon.  —  Fbbirigo»  Figliuola 
del  conte  Goido  NotcIIo  ,  il  quale  Federi^r» 
Al  morto  da  ano  de*  Boscoli,  combatteod'egK 
co'  Tarlati  (Gomeoto  inedito  della  Laarenz.). — 
Mamiucc».  Degli  Scornazzani  o  Scornigiani 
di  Pisa  :  oceisogli  un  figliuolo  di  nume  Fari- 
nata ,  da  Boezio  di  Capraoico,  Marzucco  già 
reso  de'  frati  minori ,  con  ahri  frati  »  ne  as- 
compagnò cantando  V  esequie  ,  e  quanti  trovò 


«63 


DEL    PURGATORIO 


7  Vidi  coni*  Orso,  e  Taiìiina  divisa 
Dìl  corpo  suo  per  astio  o  per  inveggia, 
Come  dicea  ,  non  per  colpa  comniisa; 

8  IMer  dalla  Broccia  dico;  equi  proveggia, 
Mentr'è  di  qua,  la  donna  di  Brabante, 
SI  che  però  non  sia  di  peggior  greggia, 

9  Gonne  libero  fui  da  tutte  quante 
Queirombrecliepregàrpurch'altripreghì 
Si  che  8*a\acci  1  lor  divenir  sante, 

10  lo  cominciai:  e'  par  che  tu  mi  nìeghi, 
0  luce  mia,  espresso  in  alcun  testo 
Che  decreto  dei  cielo  orazion  pieghi: 

11  E  questa  gente  prega  pur  di  questo. 
Sarebbe  dunque  loro  speme  vana  ? 

O  non  m'  è  1  detto  tuo  ben  manifesto? 

12  Ed  egli  a  me:  la  mia  scrittura  èpiana; 
E  la  speranza  di  costor  non  falla , 

Se  ben  si  cuarda  con  la  mente  sana. 

13  Che  cima  di  giudicio  non  s'  avvalla 
Perchè  foco  d' amor  compia  in  un  punto 
Ciò  che  dee  soddisfar  chi  qui  s*  astalla. 

ik    £  là  dov'  io  fermai  cotesto  punto 
Non  s' ammendava  ,  per  pregar,  difetto, 
Perchè  '1  prego  da  Dio  era  disjiiunto. 

15    Veramente  a  co&l  allo  sospetto 


testimoni!  al  fatto  perdonò  virilmente  ,  con- 
gedandoli con  nobili  parole  e  con  forti  lacri- 
me. 11  Postili.  Caet.  narra  altrimenti  :  che  il 
conte  Ugolino  fece  decapitare  Federigo  per 
astio ,  e  ordinò  nessuno  gli  desse  sepoltura  : 
ma  '1  padre  venne  di  notte  al  conte  :  e  gli 
disse  senza  pianto  :  signore  ,  consenti  che 
quel  misero  sia  seppellito.  E  Ugolino,  ammi- 
rando tanta  costanza  ,  consenti. 

7.  Orso.  Ucciso  a  tradimento  da'  snoi  con- 
5orti  e  parenti  de*  conti  Alberti.  Altri  lo  fa 
figliuolo  del  conte  Napoleone  da  Cerbaia  ,  e 
morto  dal  conte  Alberto  da  Hangona  suo  zio. 
—  iNTEGGiA.  Invidia.  Come  seggia  da  iedeat. 

8.  Broccia.  Barone  di  Francia  ,  segretario 
e  consigliere  di  Filippo  l'Ardilo  ,  impiccato 
a  istanza  della  regina  Maria  figlia  del  duca 
di  Brabante ,  per  invidia  di  lei  e  de*  cortigia- 
ni. La  regina  l' accusò  d'  avere  attentato  alla 
tua  castità.  Altri  vuole  ch'egli  accusasse  BiU- 
ria  d' avere  avvelenato  il  figliastro. 

10.  Testo.  Aen.»  VI  :  Astine  foia  DeAm 
fieeti  sperare  precando.  Quando  PaiJnuro  chie- 
da passare  lo  Stige  innanii  tempo. 

13.  Cima.  I  giureconsulti  :  Ajmsx  juris.  Ben 
nota  r  Ottimo  che  l' orazione  è  causa  seconda, 


Non  ti  fermar,  se  quella  noi  ti  dice 
Che  lume  fia  tra  *1  vero  e  lo  'ntelletto: 

16  Non  so  se  'ntendi;  i'  dico  di  Beatrice. 
Tu  la  vedrai  di  sopra  in  su  la  vetta 

Di  questo  monte,  ridente  e  felice.     (U, 

17  Ed  io '.buon  duca,  andiamoamaggiorfrei- 
Chè  ^ià  non  m'aifatico  come  dianzi  ; 

£  vedi  ornai  che  '1  poggio  T ombra  getta. 

18  Noi  anderem conquesto giornoinnaozi. 
Rispose,  quanto  più  potremo  ornai; 

Ma  '1  fatto  è  d'altra  forma  chenon  stand. 

19  Prima  che  sii  lassù  ,  tornar  vedrai 
Colui  che  già  si  copre  della  costa. 

Sì  che  i  suo'  raggi  tu  romper  non  Cai. 

20  Ma  vedi  là  un*  anima  che  a  posta 
Sola  soletta  verso  noi  riguarda; 
Quella  ne  'nsegnerà  la  via  più  tosta. 

21  Venimmo  a  lei  :  o  anima  lombarda. 
Come  ti  stavi  altera  e  disdegnosa 

E  nel  mover  degli  occhi  onesta  e  tard^B.1 
32    Ella  non  ci  diceva  alcuna  cosa. 

Ma  lasciavano  gir,  solo  guardando 

A  guisa  di  leon  quando  si  posa. 
23    Pur  Virgilio  si  trasse  a  lei ,  pregan&fl 

Che  ne  mostrasse  la  miglior  salita: 


la  quale  non  toglie  gli  eflTelti  finali  della 
sa  prima. 

14.  Disgiunto.  La  grazia,  dice  Pietro, 
aiutava  ne'  Pagani  la  ragione  cosi  come  io  mot* 

15.  Veramente.  Per  ma:  lat.  veruu%tam0* 
Conv.,  1,  l'usa. — Quella.  Ott.:  LaqmMi(Hii 
è  più  teologica ,  eke  naturali.  —  'NTBLLim 
Beatrice  è  chianiata  nelle  Rime:  Nobile  irnii^ 
Utio,  Conv.:  Negli  occhi  di  quella  donna  cM 
nelle  sue  dimostrazioni ,  dimora  la  verità* 

17.  Getta.  Virg.;  Majoretque  cadufU  aUk 
de  montibus  umbrae.  Salgono  il  muuie  dalk 
parte  orientale  (e.  IV,  11)  :  dunque  voliaada 
verso  ponente  dovevano  avere  l' ombra  M 
monte  da  lato  loro. 

18.  Stanzi.  Pensi,  stabilisci    col 
(Inf.,  XXV,  10). 

20.  A  posta.  Quasi  aspettandoci,  apypilM 
doci. 

21.  Altiaa.  Petr.  :  Ed  tndotma  amprw 
ancor  m:  aggrada  Che  in  vitta  vada  «Uam  • 
disdegnosa  Non  s%tperba  o  ritrosa  ...  Pliaia  • 
de'  leoni  :  Neo  Uwùs  intusntur  oquU»  ,  <>9**^ 
que  simili  modo  volunt.  Cosi  Solino.  -—  Taa* 
AA 1  Petr.  :  L  aito  flnofitMlo ,  uhmIì  e  fartfa. 


CANTO    VI. 


S6S 


E  quella  non  rispose  al  suo  dimando, 
S4    Ma  di  nostro  paese  e  della  vita 
C*  ineliiese:  e  *1  dolce  duca  incominciava: 
Mantova  ...  £  l'ombra  tutta  in  sé  romita 
35    Surse  ver  lui  del  loco  ove  pria  stava, 
Dicendo:  o  Mantovano ,  io  son  Sordello, 
Della  tua  terra.El'un  l'altro  abbracciava. 
126    Ahi  serva  Italia,  di  dolore  ostello, 

Nave  senza  nocchiero  in  gran  tempesta. 

Non  donna  di  Provincie ,  ma  bordeilol 
27    Queir  anima  gentil  fu  cosi  presta. 

Sol  per  lo  dolce  suon  della  sua  terra, 

54.  Romita.  Pelr.  :  In  sé  raccolta  e  st  ro- 
mUa. 

55.  SoRDKLLO.  Dil  Mautovano  ,  d'  un  ca- 
tlHlo  eh'  ha  nome  Goiio  ;  yentil  cattano  :  fu 
awmmte  omo  della  persona ,  e  grande  ama- 
tore* Ma  molto  et  fu  scaltro  e  falso  verso  le 
dotam  e  verso  i  baroni ,  da  cui  elli  stava.  E 
l'tMfcfS  in  madonna  Cunizza  sorore  di  ser 
Eceetmo  e  de  ser  Alberico  da  Romano  eh*  era 
fliof  liéra  del  eonte  de  s.  Bonifacio.  E  per  vo- 
iiiJiiCg  de  ser  Eecelino  elli  involò  madonna 
Cmàzza,  e  menolla  via  (Un  comentatore  ine- 
dko).  Altri  narra  il  fatto  alirimenti.  Ma  fu 
certamente  valoroso  poeta  provenzale  ;  e  rime 
di  loi  si  conservano  nel  God.  Vatic.  (52,  32, 
r.  1S5).  La  sua  canzone  in  morte  di  Biacas- 
so  f  vigorosa  poesia  ,  fu  stampata  da  G.  Per- 
tfeari  ;  ed  è  canzone  politica  al  modo  di  cer- 
ta iBvettive  di  Dante.  Fa  scritta  ngl  1189  : 
■olle  fivole  di  lai  si  raccontano  :  le  più  cer- 
ti Botizje  di  lui  trasse  da*  suoi  versi  Claudio 
FAvid  ,  dotto  delle  cose  italiane  ,  come  di 
paiffte.  Benvenuto  lo  dice  nobilis  et  prudens 
mSm  et  eiirta(ts  ;  altri  lo  dice  eccellente  in 
priiUea. 

96,  Ahi.  Ar.  (  XVil ,  76  )  :  O  d*ogni  vizio 
f^Hém  MnCtno,  Dormi  t  Italia  imbriaca;  e  non 
ti  pe»a  ,  Ch*  ora  di  questa  gente  ora  di  quel- 
Im  t  Che  già  terva  ti  fu ,  sei  fatta  ancella  ? 
—  OtTXLLO.  11  Petr.  ,  di  Roma:  Albergo  di 
Mot»  —  Nave.  Monarch.  :  Oh  genus  huma- 
HMn*  ^iMiiilti  procellis  atque  jacturis  quantis- 
fW  naufrc^is  agitari  te  necesse  est ,  dum  , 
Mina  nmltorum  capitum  factum ,  in  diversa 
eojMfM  I  —  Bordello  !  Post.  Gaet.  :  Quia  ibi 
eoneurnifit  omiics  nationes  barbarae,  et  atiae 
...  dùnittunt  et  ponunt  in  Italias  omnes  pau- 
p9ftmie$  et  miserias.  Quiavendunt  Italicossi- 
eeU  9enditur  caro  humana  in  posiribulo,  Jer. 
(  Tbr.  •  1  )  :  Facta  est  quasi  vidua  domina 
gtmtimm  :  princeps  provinciarum  facta  est  sub 
tritmtc. 

2V.  CsBCA.  CMt.:  la  |»nma(proTincia)cAe 


Di  fare  al  cittadin  suo  quivi  festa: 

28  Ed  ora  in  te  non  stanno  senza  guerra 
Li  vivi  tuoi,  e  r  un  T altro  si  rode 

Di  quei  eh'  un  muro  ed  una  fossa  serra. 

29  Cerca ,  misera ,  intorno  dalle  prode 
Le  tue  marine ,  e  poi  li  guarda  in  seno, 
S'  alcuna  parte  in  te  di  pace  gode. 

30  Che  vai  perchè  ti  racconciasse  '1  freno 
Giustiniano,  se  la  sella  è  vota? 
Senz*  esso  fora  la  vergogna  meno. 

31  Ahi  gente  che  dovresti  esser  devota 
E  lasciar  seder  Cesar  nella  sella, 

ha  capo  in  sul  mare  di  Vinegia ,  li  é  RomO' 
gna  ,  nella  quale  si  è  Ravenna  :  fuori  n'  é 
parte  (  in  esìlio  ).  Poscia  quelli ,  che  rimase- 
ro dentro  ,  si  sono  insieme  cacciati  e  morti  a 
Rimino  sotto  la  tirannica  signoria  de*  Mala- 
testi.  Pòi  si  è  la  Marca  anconitana  ,  e  Pesa- 
ro ,  cacciati  più  parte.  Fanno  quello  medesi- 
mo Sinigaglia  ;  simile  Ancona  ;  più  che  più. 
Fermo  ;  il  simigliante  le  Grotte  :  quello  stes- 
so Fabbriano  e  Pesaro ,  morti  insieme.  Poscia 
si  ò  Puglia  ,  la  quale  si  è  sotto  la  tirannia 
della  casa  di  Francia  ;  la  quale  signoria  la 
rode  ,  e  tiene  in  mala  ventura  ;  e  tiene  quel- 
la stanza  tutta  in  fino  a  Otranto  ...  Poscia 
*i  è  terra  di  Roma  ,  e  Roma  ;  le  quali  con- 
trade tra  per  parte  ^  e  per  nimistade  sono  tur 
te  in  mala  ventura.  lascia  si  è  Toscana ,  Pi- 
sa ,  Fortovenere  ,  la  riviera  di  Genova ,  e  tie- 
ne fino  al  principio  di  Provenza;  le  quali  stan- 
ze stanno  tutte  universalmente  in  tribolazione. 
In  fra  terra ,  si  è  Lombardia  ,  nella  quale 
similemente  sono  discordie  ,  e  brighe  e  tiran- 
nie :  lo  simile  è  nella  Marca  trivigiana  infu- 
no a  Vinegia.  —  Seno.  In  fra  terra.  —  Go- 
de. Lacr.  :  Tranquilla  pace  fruatur. 

30.  Racconciasse.  Compilando  i  codici , 
e  dalle  leggi  traendo  il  troppo  e  *l  vano.  — 
Sbixa.  Conv.  .*  Quasi  dire  si  può  dello  impe- 
radore  ...  eh*  egli  sia  il  cavalcatore  dell* uma- 
na volontà  :  lo  qual  cavallo,  come  vada  sen- 
za il  cavalcatore  per  lo  campo  assai  è  mani- 
festo ;  e  spezialmente  nella  misera  Italia.  — 
Vota  ?  G.  XVI  :  Le  leggi  son  :  ma  chi  pon 
mano  ad  sue  ? 

31.  Gente.  Ai  preti.  Mon.  :  Ut  ftagitia  sui 
exsequi  poesint ,  matrem  prostituunt ,  fratres 
expelluni,  et  denique  judicem  habere  noLunt. 
—  Cesar.  Qui  Pietro  cita  il  virg.  ;  Regemque 
dedit ,  qui  foedere  certo  Et  premere ,  eC  laxas 
seiret  dare  jussus  habenas.  Quel  jussus  dove- 
va molto  piacere  al  P.  —  Ciò.  Qui  Pietro  ae- 
cenna  ad  an  passo  di  Boezio  e  re\ang.  :  Red- 
diUe  ...  fuoa  tutu  Coeiarii ,  Caesari  :  t  quel 


S6fc 


D^L   PURGATORIO 


Se  bene  intendi  ciò  che  Dio  ti  nota  1 

32  Guarda  com*  està  fiera  è  fatta  fella, 
Per  non  esser  corretta  dagli  sproni , 
Poi  che  ponesti  mano  alla  predella. 

33  0  Alberto  tedesco  eh*  abbandoni 
Costei  eh'  è  fatta  indomita  e  selvaggia , 
E  dovresti  inforcar  li  suoi  arcioni  , 

Zh    Giusto  giudizio  dalle  stelle  caggia 
Sovra  *1  tuo  sangue,  e  sia  novo  e  aperto, 
Tal  che'l  tuo  succcssor  temenza  n*aggia. 

3o    Ch*  avete  tu  e  'i  tuo  padre  sofferto, 
Per  cupidigia  di  costi  distretti , 
Che  *1  giardin  dello  *mperio  sia  diserto. 

36  Vieni  a  veder  Montecchi  e  Cappelletti, 
Monaldi  e  Filippcschi,  uom  senza  cura. 
Color  già  tristi ,  e  costor  con  sospetti. 

37  Vien',  crude! ,  vieni,  e  vedi  la  pressura 


deli'  Apostolo  :  Subditi  utote  ec. ,  passi  che 
Dante  conciliava  con  le  libertà  manicipali ,  e 
lo  dice  nella  Monarcbit  chiaramente.  Siccome 
il  cielo  ,  dice  Pietro ,  è  retto  da  an  solo  mo- 
tore, cosi  dev'essere  il  mondo  da  un  princi- 
pe :  ma  tale  principato  nop  doveva  distrugge- 
re ,  anzi  assodare  le  italiane  repubbliche:  yon 
sic  inteUitjendum  est  ut  ab  iUo  uno  prodire 
possi nt  municipia  et  leges  municipales.  Passo 
notabile ,  e  senza  il  quale  sono  enimma  gli 
scritti  e  la  vita  di  Dante.  Del  n^unicipio  trat- 
ta nella  Monarch. ,  a  pag.  17,  19,  20,21, 
^2  ,  23  .  24 ,  28. 

32.  Fella.  (Inf.  XVII).  -*-  Predella.  La 
porte  della  briglia  che  va  alla  guancia  del 
oiivallo  sopra  il  morso ,  per  la  quale  suol  pi- 
gliare il  cavallo  chi  noi  pavalca  ,  o  per  con- 
durlo ,  0  per  arrestarlo.  Or  i  Guelfì  avevano 
preso  per  la  predella  il  cavallo,  e  volevano 
f;osl  guidarlo ,  non  permettendo  che  il  cava- 
liere montasse.  Tratt. ,  U.  Camper.  Gav.:  Lo 
pigUa  per  la  predella  del  freno  •  a  ragguarda- 
lo  negli  occhi ,..  Ed  a  volere  ben  guardare 
il  cavallo  negli  occhi ,  megUo  che  per  altra 
parte ,  e*  mì  piglia  per  la  guancia. 

34.  (Uggia.  Alberto  Tu  morto  dal  suo  nipo- 
te nel  1308.  1|  P.  qui  gli  angora  la  morte 
seguita  già ,  e  ne  trae  augurio  di  spavento  al 
suo  successore ,  o  non  ancora  eletto  ,  od  elet- 
to di  poco.  Questo  canto  dunque  fa  scritto 
ua  il  1308  e  il  1309.  AU)erto  figlio  di  Hq- 
dolfo  gli  successe  nel  1298:  ma  solo  nel  1303 
Bonifazio  gli  diede  la  boU^  d' imperatore , 
poich'  ebbe  bisogno  di  lol.  Vai  non  volle  Te- 
nirein  Italia,  ma  ne  voleva  P omaggio,  pan- 
te  noi  numera  né  anco  fi|^  gì'  imperatori  ro- 
(nani.  Nel  1^03  inrase  |a  BpejfnU  (Par.,  XU). 


De*  tuoi  gentili ,  e  cura  lor  magagne; 
E  vedrai  Santafiorcom*  è  sicuri. 

38  Vieni  a  veder  la  tua  Roma  che  piatgoe 
Vedova,  sola,  e  di  e  notte  chiama  : 
Cesare  mioj  perchò  non  m'accompagnéf 

39  Vieni  a  veder  la  gente  quanto  a*  ama. 
E  se  nulla  di  noi  pietà  ti  move  , 

A  vergognar  ti  vien  deUa  tua  fama. 

kO    E,  se  licito  m' è,  o  sommo  Giove 
Che  fosti  'n  terra  per  noi  crucifisao , 
Son  li  giusti  occhi  tuoi  rivolti  altrove!? 

iì    O  è  preparazion  che  nell'  abisso 
Del  tuo  consiglio  fai ,  per  alcun  bene 
In  tutto  dair  accorger  nostro  scisso  ? 

k2    Che  le  terre  d' Italia  tutte  piene 
Son  di  tiranni,  e  un  ]ilarcel  diventa 
Ogni  villan  che  parteggiando  viene. 

35.  Avete.  Da  sessant'  anni  gV  tmperatari 
germanici  non  erano  calati  in  Italia  qnnii 
Arrigo  ci  venne.  *-  PAntB.  Rodolfo  bob  pai 
scese  in  Italia  :  Praeteritorum  Caetarum  » 
fortuniis  admonitui, dice  il  Fatarci  (Ser.  Aniit 
li,  107).  — Cupidigia.  Vili.  (VII,  149):  » 
dolfo  sempre  inieee  ad  aeerai cara  suo  stala  • 
11*9  noria  in  Àlemagna ,  lasciando  le  imftwi 
d' Italia ,  per  accrescere  terra  e  podere  eC  fr 
gliuoli  —  Distretti.  Uv.  :  Ristretta  danHa 
t  confini  deW  Africa, 

3G.  Montecchi.  Famiglie  nobili  ghibellitt 
di  Verona,  t—  Monaldi.  Famiglie  ghibelltai 
D'  Orvieto.  —  Costor.  I  Veronesi  opprcsii 
da*  Guelfi.  Pietro  pone  i  Cappelletti  in  Cremooi.  . 

37.  Pressura*  L'  osa  negli  Isolani  anco  il 
Bembo  (1. 1).  —  Santafior.  Contea  nel  S(a^ 
se  :  i  quali  conti  erano  ricebi  in  Maremmi  : 
ma  il  paese  tatto  infestato  di  ladrociniL 

38.  Piagne.  Jer.  (Thr.,  I)  :  Pioram  plora- 
vit  in  fiocca ,  et  lacrimae  ejue  in  max^ 
ejus:  non  est  qui  consoletur  eam  ex  omnttai 
diarie  fjut, — Vedova.  Barucb  (V,  12):  Kem$ 
gaudeat  super  me  viduam  et  deiolatam:  a  «R^ 
tis  derelicta  $um  propter  peccata  fUomm 
meorum. 

40.  Soaxo.  Virg.  :  love  iummo.  Petrarca 
cbiama  DiX) ,  vivo  Giove  ("Sen.  268)  ;  Eteme 
Giove,  133. 

41.  Arisso.  Ps.  :  ludieia  tua  aUfUMi  mssUu. 

42.  Tiranni.  Anco  la  democrazia ,  iota 
Pietro  paò  tornare  in  tirannide.  —  Maicbl- 
Vincitore  de*  Cartaginesi  e  de' Galli.  Virg.:il^- 
spice  ut  iniigttis  tpolii$  Marcellut  opimii.  0 
forse  inteqde  il  nemico  di  Cesare ,  come  di- 
ce :  Ogni  villano  si  reputa  forte  per  contra- 

I  Stare  air  imperio.  Ott.  :  Jfarcalto ...  ovaa  Ifln- 


CANTO    VI. 


985 


kS    Fiorenza  mia ,  ben  puoi  esser  contenta 
Di  questa  digression  che  non  ti  tocca , 
Mercè  del  popol  tuo  che  si  argomenta. 

MMoltihangiustizìaincor,  matardi  scocca, 
Per  non  venir  senza  consiglio  all'  arco; 
Ma '1  popol  tuo  rha  in  sommo  della  bocca. 

K    Molti  rifiutan  lo  comune  incarco  ; 
Ma  1  popol  tuo  sollecito  risponde 
Senza  chiamare,  e  grida:  i' mi  sobbarco. 

i6  Or  ti  fa  lieta,  che  tu  hai  ben  onde  : 
Tu  ricca,  tu  con  pace,  tu  con  senno. 
S*i' dico  ver,  Tefietto  noi  nasconde. 

47    Atene  e  Lacedemona,  che  fenno 


io  r  oiitfiio  tn/tommofo  etmiro  a  CstonB  »  o^ 
eoniimovo  ti  Uvava  in  eontiglio  a  din  con- 
a^a  Uàf  9, .  .Upiù  voU$  dieea  eontra  n»- 
^am§  9  giuiHzia. 
43.  MiA.CoDT.:  ^ì  misera,  miiera  patria 
I  E  dice ,  che  ogni  qnalvolu  pensa  cose 
•  governo  di  suti  riguardino ,  e'  fMange 
lei.  Dalie  cose   toscane   vedera  il  P.  di- 

^ere  le  lombarde  ,  e  lo  dice  nella  lettera 

ad  Enrico  VIL— Tuo.  Molti  fiorentini  scris- 
aaro  contro  Firenze:  e  il  Boccaccio  la  insol- 
tt  e  le  rimprovera  i  suoi  peccati. — Aaoombn- 
TA.  Argomenta  sì  sottilmente,  sì  giostamen- 
te.  Tatta  argomenti ,  non  opere  »  ò  la  tua  sa- 

liMllt.  I 


L'antiche  leggi,  e  furon  si  civili. 
Fecero  al  viver  bene  un  picciol  cenno 

48  Verso  di  te,  che  fai  tanto  sottili 
Provvedimenti  eh'  a  mezzo  novembre 
Non  giunge  quel  che  tu  d'ottobre  fili. 

49  Quante  volte,  del  tempo  che  rimembra, 
Leggi ,  moneta  e  ufficii  e  costume 

Hai  tu  mutato,  e  rinnovato  membro? 

50  E .  se  ben  ti  ricorda  e  vedi  lume. 
Vedrai  te  simigliante  a  quella  'nferma 
Che  non  può  trovar  posa  in  su  le  piumo 

51  Ma  con  dar  vòlta  suo  dolorescherma. 


44.  Bocca.  Eeel.,  IV  :  NoU  eitodii  «ne  tfi 
Ungua  tua ,  al  tniiàltf  el  remittm  tn  opari^ 
tuis, 

45.  SoBBAnco.  Barca  ,  peso  da  portare  : 
dunque  iMareare ,  sottomettersi  al  carico  pub- 
blico. 

48.  NoTBBBRB.  Versi  citati  da  G.  Villani. 

49.  MsMBBB?  L*  usa  in  prosa  Guidotto  da 
Bologna. 

60.  LuvB.  Vive  in  Toscana.  F.  Gaidotto  : 
Tu  tolo  V9di  {urna.  —  Tbovar.  Jer.  (  Thr. , 
I  )•*  Ifee  invenit  repMm. 

51.  I^AR.  Bocc.  ;  Dar  taU  vqU9  per  lo 
Uno. 


3( 


266 


BEL   PURGATORIO 


CANTO    vn. 


ARGOMENTO. 

Trofìa  in  una  vatte  ripoBii  qat^  eh*  indugiarono  penitenza  ;  perchè  tfriatà  id 
regno  e  dalle  dignità  della  terra.  Li  eoUoca  in  luogo  fiorente  com' uomini  di  betta 
fama.  Comincia  il  canto  dallo  tvelaui  che  fa  VirgUio  a  Sordello.  La  dichiarazùme 
che  dà  Virgilio  della  iua  pena  nel  Limbo ,  illustra  il  quarto  dell'Inferno  ed  U  ter:» 
del  Purgatorio,  Il  non  poter  le  anime  salire  al  monte  quando  il  iole  è  alt  occaeo, 
iimbdeggia  il  iole  della  grazia  neceuario  ad  ogni  opera  buona ,  e  aW  eepiaziom 
deir  opere  ree. 

Gli  accenni  politici  in  questo  cinto  abbracciano  latta  Enropa. 
Nota  le  terzine  1,  4,  5,  6,  9,  12,  14,  Ho;  la  18  alla  22;  la  24  alU  28;  la  80,  SI,  », 
sino  airaltima. 


1  Posciachè  Taccoglienze  oneste  e  liete 
Furo  iterate  tre  e  quattro  volte, 
Sordel  si  trasse  e  disse  :  voi  chi  siete  ? 

2  Prima  ch'a  questo  monte  fosser  vòlte 
L*  anime  degne  di  salire  a  Dio 

Fur  r  ossa  mie  per  Ottavian  sepolte. 

3  r  son  Virgilio:  e  per  null*altro  rio 
Lo  ciel  perdei  che  per  non  aver  fé  : 
Cosi  rispose  allora  il  duca  mio. 

h    Qual  è  colui  che  cosa  innanzi  a  sé 
Subita  vede  ond'  ei  si  maraviglia, 
Che  crede  e  no,  dicendo  ;  eli'  è,  non  è; 

2.  Prima.  Virgilio  morì  nelV  anno  quaran- 
tadue d'  Augasto ,  innanzi  che  Cristo  nasces- 
se :  e  innanzi  Cristo  l'anime  de' purganti  an- 
davano al  limbo.  —  Sbpoltb.  Donat.:  Tranr 
ilata  justu  Augutti  ,  Vir^lu  oua  ,  NeapoUm 
faen  .  .  . 

3.  Rio.  Sost.  (  Inr,  IV  ,  14  ).—Flt.  Mae- 
stro delle  sentenze  (  I.  IH ,  dist.  25  )  :  Sine 
fide  mediatori»  nuUum  hominem  vel  ante  vel 
poit  Christ^  cuiventum  fuiite  foloiim,  tanclo- 
mai  oueloriunaf  con(«sia(i»r. 


5  Tal  parve  quegli  :  e  poi  chinò  le  ciglii; 
E  umilmente  ritornò  vèr  lui, 

£  abbracciollo  ove  1  minor  s'appiglia. 

6  O  gloria  de*  Latin,  disse,  per  cui 
Mostrò  ciò  che  potea  la  lingua  nostra! 
0  pregio  eterno  del  luogo  ond*  io  fui , 

7  Qual  merito  o  qual  grazia  mi  ti  mosM? 
S*  i*  son  d' udir  le  due  parole  degfx> , 
Dimmisevien*d'inferno,  ediqualchiosln. 

8  Per  tutti  i  cerchi  del  dolente  regno. 
Rispose  lui,  son  io  di  qua  venuto. 
Virtù  del  ciel  mi  mosse,  e  con  lei  vegno. 

5.  Minor.  Alle  ginocchia  (  Stazio ,  XXI  )• 
Pnrg.:  Già  ti  chinava  ad  abbracciar  U  pklH 
Al  mio  dottor.  Ar.  :  E  V  abbraeeiava  ooi  1 
magaior  $*  abbraeciat.  Altrove  :  Grifon  ,  «a* 
dendo  'l  re  fatto  benigno  ,  Vennegli  per  gSt' 
tar  le  braccia  al  collo  :  Lasciò  la  epadm  e 
V  animo  maligno ,  E  iotto  V  anche  9d  ìumU 
abbracciollo. 

G.  Nostra.  Latini  chiama  gì'  Italiani   pNÉ 
volte  (  Inf.,  XXVII  ;  Purg.,  XIII  ). 


CANTO    VII. 


SC7 


9  NoD  per  far,  ma  per  non  fare  ho  perduto 
Di  veder  V  alto  Sol  che  tu  disirì, 

E  che  fu  tardi  per  me  conosciuto. 

10  Luogo  è  laggiù  non  tristo  da  martiri , 
Ma  di  tenebre  solo,  ove  i  lamenti 

Non  suonan  come  guai,  ma  son  sospiri. 
il     Quivi  sto  io  co'parvoli  innocenti, 
Dai  denti  morsi  della  morte  avente 
Che  fosser  dell'umana  colpa  esenti. 

13  Quivi  sto  io  con  quei  che  le  tre  sante 
Virtù  non  si  vestirò,  e  senza  vizio 
Conobber  l'altre  e  seguir  tutte  quante. 

IS    Ma  se  tu  sai  e  puoi,  alcuno  indizio 
Dà  noi^  perchè  venir  possiam  più  tosto 
Là  dove  1  purgatorio  ha  dritto  inizio. 

14  Rispose:  luogo  certo  non  e'  è  posto: 
Licito  m'è  andar  suso  ed  intorno. 

Per  quanto  ir  posso,  a  guida  mi  t'accosto. 

15  Ma  vedi  già  come  dichina  '1  giorno, 
E  andar  su  di  notte  non  si  puote  : 
Però  è  buon  pensar  di  bel  soggiorno. 

16  Anime  sono  a  destra  qua  remote: 
Se  mi  consenti,  i*  ti  merrò  ad  esse, 
E  non  senza  diletto  ti  Gen  note. 

17  Com'è  ciò?  fu  risposto:  chi  volesse 
Salir  di  notte,  fora  egli  impedito 

jy  altrui  ?  0  non  sarria  che  non  potesse? 

10.  Tbnbbrb.  La  luce  che  Dante  vede  nel 
IT  dell'  inf.,  e  il  luogo  laminoso  è  pe'  soli 
nfrlli  illustri  e  booni  :  non  già  per  gii  altri. 
^SoSFUi.  Inf.  IV,  25). 

11.  Dbnti.  Petr.:  Gli  ejfremt  morsi  Di  quella 
cà'to  con  tutto  il  mondo  aspetto.    Mai  non 


iS.Tui.  Fede,  speranza,  carità.  Paul.  (Roro., 
n  )  :  Gemtee  quae  Ugem  non  habent ,  natU" 
fwiSter  §a  quae  legie  tunt,  faeiunt.  S.  Tom. , 
Uff  Biostrt  non  potersi  «?ere  speranza  né  ca- 
rila senza  fede. 

iJ.  Noi.  Parg.,  XXXI:  Fa' noi  grazia.  — 
Damo.  Brunetto  :  Dritta  madre  ptr  vera. 

14.  Gbito.  Yirg.:  NulU  eerta  domue:  hh 
«il  hakitamui  antuii. 

f7.  Sauua.  Sarrà  pertoZtrdè  nelCrescen- 
jte  «  e  nel  GavaleaDti. 

18.  Dito.  Joan.  :  Digito  seribehat  in  terra, 

19.  TkHBBiA.  Jo.  (  XII.  55  )  :  Ambulate 
émm  ìiueem  habetis ,  ut  non  vo»  tenebrae  eon^ 
pnÀmdani.  Is.  (Vili,  22)  :  Ecce  tribulatio 
«f  Unebrae  ...  et  caligo  persequene,  et  non 
f9iBTit  ovotofH  de  anguetia  $ua. 

SO.  Goioio.  Boei.:  Ckuutim  ruerH  diem. 


18  E 1  buon  Sordello  in  terra  fregò  1  dito, 
Dicendo  :  vedi,  sola  questa  riga 

Non  varcheresti  dopo  1  sol  partito. 

19  Non  però  eh*  altra  cosa  desse  briga 
Che  la  notturna  tenebra,  ad  ir  suso; 
Quella  col  non  poter  la  voglia  intriga. 

20  Ben  si  porla  con  lei  tornare  in  giuso 
£  passeggiar  la  costa  intorno  errando 
Mentre  che  l'orizzonte  il  di  tien  chiuso. 

21  Alloral  mio  signor,  quasi  ammirando. 
Menane,  disse,  dunque  là  Ve  dici 
Ch'aversi  può  diletto  dimorando. 

22  Poco  allungati  e'  eravam  di  liei 
Quando  m'accorsi  che  1  monte  era  scemo 
A  guisa  che  i  valloni  sceman  quici. 

23  Colà,  disse  quell'ombra,  n'anderemo 
Dove  la  costa  face  di  sé  grembo, 

£  quivi  '1  novo  giorno  attendereoK). 

2<h  Tra  erto  e  piano  er'un  sentiero  sghembo. 
Che  ne  condusse  in  fìanco  della  lacca 
Là  ove  più  eh  a  mezzo  muore  il  lembo. 

26    Oro  e  argento  fine  e  cocco  e  biacca» 
Indico  legno  lucido  e  sereno. 
Fresco  smeraldo  in  \  ora  che  si  fiacca  « 

26    Dall'erba  e  dalli  fiordentroa  quel  seno 
Posti,  ciascun  sana  di  color  vinto 
Come  dal  suo  maggiore  è  vinto  '1  meno. 

28.  Allungati.  V.  S.  Girolamo  :  Non  al- 
lungare il  tu*  aiuto  da  me.  —  Liei.  É  faor 
di  rima  nel  Pataffio;  e  il  Bocc:  QuicietUro. 
—  ScBMO.  Nel  seno  del  monte  era  cavata  una 
valle. 

24.  Lacca.  Cavità.  Il  sentiero  era  acclive.— - 
Limbo.  Dove  ravvallamento  e  men  fondo,  il 
lembo  della  cavità  è  più  che  della  metà  piò 
basso  che  nelle  altre  parti.  Esso  lembo  quasi 
finisce  e  muore  nel  luogo  ove  ravvallamento  co- 
mincia: onde  con  tre  passi  si  scende  nella  valle» 
come  dirà  nellVIU.  L' amenità  del  luogo,  dice 
l' Ottimo,  è  data  a  pena,  per  pungere  via  più 
il  desiderio  di  questi  che  già  fbrono  negligeniì. 

35.  Oro.  Qui  Pietro  cita  ilvirg.:  Degenere 
loeos  laetoe,  et  amoena  vireta. —  Cocco.  Plin. 
(IX,41):  Coeeum  GcUatiae  rutene  granum. — Izf- 
pico.  Virg.:  Sola  india  nigfum  Fert  ebenum. 
Nasce  anco  in  Etiopia. — Sereno.  Plin.  cosi  lo 
dipinge:  Ifigri  eplendoris,  oc,  vel  tine  arte,  prò- 
tmtif  jueuniU.  —  Fiacca.  Rompe  ;  perchè  nel 
punto  delle  rottura  è  più  vivo.  Inf.,  Yl\:  L'ai- 
ber  fiacca.  OtI.  »  li,  055)  :  lemeraldo  tiene  il 
prineipeuo  di  tutte  le  pietre  verdi:  a  nulle  gem- 
me 0  9rb9  WMggion  «trlu i a. 


268 


DEL    PURGATORIO 


27  Non  avea  per  natura  ivi  dipinto. 
Ma  (li  soavità  di  mille  odori 

Vi  facca  un  incognito  indistinto. 

28  Salve,  Regina/in  sul  verde  e 'n  su*  Oori 
Quivi  seder,  cantando,  anime  vidi 

Che  per  la  valle  non  parén  di  fuori. 
Ì9    Prima  che  '1  poco  sole  ornai  s*  annidi, 
Cominciò '1  Mantovan  che  ci  avea  vòlti  , 
Tra  color  non  vogliat^h'  io  vi  guidi. 

30  Da  questo  balzo  megno  gli  atti  e  i  v<|(ti 
Conoscerete  voi  di  tutti  quanti, 

Che  nella  lama  giù  tra  essi  accolti. 

31  Colui  che  più  sied*alto  e  fa  sembianti 


27.  DiPiXTO.  Virg.  :  MolUa  UUeola  pingit 
vaccinia  caUKa.  —  Indistinto.  Sost.  È  Del- 
l' Ariosto. 

28.  Cantando.  Virg.  fa  i  suoi  betti;  lae 
tum,.,  Pueana  ean«nCef.  Dante  dA  loro  la  Sol- 
ve.  Regina  :  che  nell'  uffizio  si  recita  a  com- 
pieta, e  Siam  già  sulla  sera,  ki  quella  prece 
si  nomina  l'esilio,  e  la  valle  di  lagrime.  — 
Ville.  11  lembo  della  valle  ancor  alto  le  na- 
scondeva :  e* comincia  a  vederle  Udore  il  lem- 
bo muore. 

^.  Soli.  Qui  Pietro  cita  il  virg.:  folMii^ua 
SMim ,  tua  sidera,  noruni. 

30.  Balzo.  Per  contemplare  taU  nomini , 
dice  Pietro,  conviene  elevarsi.  Virg.  (VI,  752): 
AcUumque,  unaque  SUryllam,  Conventut  trahit 
in  mediot  turbamque  ionaniem;  Et  tumulum 
eapU,  unde  omnes  longo  ordine  possii  Àdvena 
legete  et  venientum  dùcere  vuUui.  Petr.  (  Tr. 
Am.}:  Ascendemmo  in  luogo  aprico.— -Lama. 
U  basso  della  lacca  (Inf.»  XX). 

31.  Alto.  Come  imperatore  romano ,  dice 
rAnonimo.  Parrà  più  basso  Guglielmo  marche- 
se. —  Bocca.  1  più  negligenti,  e  ipiù  lontani 
da  espiazione,  non  cantano* 

32.  Ridolfo.  Fondatore  della  casa  d'Austria. 
Fu  eletto  Imperatore  nel  1273,  morì  nel  1290. 
Vili.  (VII ,  54):  5»  aveste  voluto  panare  in 
ItaUa ,  tenta  contratto  »'  ara  tignare.  Do- 
veva, aggiunge  l'Ottimo, liberare  Terra  Santa, 
e  noi  fece. — Ricrea.  CIc.  (  Prov.  Cons.,  3  )  : 
Jla  vexata  ett ,  vix  ut  te  pottU  diuturna  pace 
reereare.  Ricrea  per  ricreerà;  come  rieorca 
per  rieoreherà  (  Purgatorio,  VII!»  45). 

33.  Conporta.  Perché  valoroso. 

34.  Ottachbro.  Genero  di  Rodolfo,  figlinolo 
d'un  altro  Ottachero.  Questo  figliuolo  dominò 
la  Boemia,  la  Stlria,  l'Illirla.  Re  di  Boemia 
dove  corre  l' Albia  o  Albis  ,  od  Elba  di  cui 
Lucano  :  Fùnda  ab  extremo  ftaioot  Aquilane 
Sucvos  Albit ...  Questo  fiume  raccoglie  io  sé 


D' aver  oeglotto  ciò  cho  far  dovei, 
E  che  DOD  move  bocca  agli  altrui  canti, 

32  Ridolfo  imperador  fu,  che  pelea 
Sanar  le  piaghe  eh*  hanno  Italia  morta. 
Si  che  tardi  per  altri  si  ricrea. 

33  L* altro  che  nella  vista  lui  conforti 
Resse  la  terra  dove  V  acqua  nasce , 
Che  molta  in  Albia  e  Albia  in  mar  ne  porta. 

3&>  Ottachero  ebbe  nome:  e  nelle  fasee 
Fu  meglio  assai  che  Viocislao  suo  figlio 
Barbuto,  cui  lussuria  ed  ozio  pasce. 

35  E  quel  nasetto  che  stretto  a  consiglio 
Par  con  colui  ch'ha  &1  benigno  aspetto, 


tutti  gli  altri  della  Boemia ,  non  che  la  Mol- 
dava ;  che  Mulda  si  dice  in  latino ,  e  ia  to- 
desco  Multatp:  e  si  porta  all'Oceano.  Otta- 
chero invitò  Ridolfo  alle  Imprese  d'ilalla  e  di 
Terra  sanu.  E  (dice  l'OU.)  offerte  tè ,  9  me 
uente,  e  danari.,.  Fu,,,  tignare  largo  #  Uèen* 
le,  e  valentittimo  in  arme.  R  re  Ridolfo,  fti 
occupare  U  detto  regno,.,  li  corte  sopra,  o/I- 
dono  battaglia  eampettra  nel  ITTI ,  dem— 
Ridolfo  ueeite  ...  Ottachero,  —  Vincislao.  01* 
timo  :  Del  quale  rimate  ,  . .  Vineitlao 
Simo  topra  gli  altri  uomini:  ma  non  /W  «fi 
fu  eecletiattico  mantueto  ed  umile,  e  poco  «m 
rimatene  uno  fanciullo»  nome  anche  Fmastea^ 
e  in  eotiui  finirò  i  re  di  Rttemia  deUa  tckiaito 
<f  Ottachero,  A' pie  di  Venceslao  fa  gittata  la 
corona  di  Polonia  e  d'  Ungheria,  ed  egli  lina 
si  lasciò  cadere  alla  parola  di  Boninizio  VU( 
r  altra  pose  in  capo  al  giovane  suo  figlinolo  : 
ma  Bonifaxio  gliela  tolse  e  la  diede  alla  fr 
glia  della  bella  Clomeoza  Maria  mhia  A 
Napoli. 

35.  Nasetto.  Filippo  IH  ,  l' ardito  ,  éi 
naso  piccolo.  —  Benigno.  Guglielmo  re  <ll 
Navarro  figliuolo  dei  re  Tebaldo  e  san- 
cero  del  re  Filippo  il  Bello.  —  Fu««Baao. 
Nella  guerra  di  Filippo  III  di  Francia  tea 
Pietro  III  d'  Aragona.  Ruggieri  d'  Oria  ,  a» 
miraglio  di  Pietro,  entrò  in  Catalogna,  scar 
fisse  la  flotta  francese:  onde  Filippo,  non  po- 
tendo più  trarre  vittovaglie  all'esercito  di  Fer^ 
rara ,  lasciò  l' impresa;  e  multi  de*  tooi  ai^ 
riron  di  fame  :  egli  di  dolore  mori  in  Fer* 
pignano.  Anù  fu  questo  FUippo  re  di  Francia» 
il  quale  motee  la  guerra  contro  a  Fiero  d'À' 
ragona,  però  che  la  Chieta  di  Roma  nel  liftt 
pHvò  il  detto  Piero  della  dignitade  dei  pt^ 
pria  regno  ,  però  che  avea  occupata  SieìKa 
conceduta  nel  1262  per  papa  Urbano  al  if 
Carlo  vecchio  ...  e  concedette  U  detta  regnt 
d'Aragona  a  Cario,  figliuolo  dei  detto  re  Ft- 


CANTO   VII. 


269 


Hori  fug2(^ndo,  e  disfiorando  1  giglio. 

96    Guardate  là  come  si  batte  1  petto. 
L*  altro  vedete  ch*ha  fatto  alla  guancia 
Della  sua  palma,  sospirando,  letto. 

37    Padre  e  suocero  son  del  mal  di  Francia: 
Sanno  la  vita  sua  viziata  e  lorda, 
E  quindi  viene  *1  duol  che  si  li  lancia. 

SBQoelcheparsimembnitoeche  s'accorda, 
àntando  ,  con  colui  dal  maschio  naso, 
V  ogni  valor  portò  cinta  la  corda. 
E  se  re  dopo  lui  fosse  rimaso 


Ufp9.  Al  gwiU  aequistan  il  re  Filippo  evi 
(Ufi  della  barùnia  ,  •  cavalieri  frane etehi  si 
MMw;  •  p€r  grazia  del  re  di  JUaiorica  tenen- 
do U  eammino  del  lago  della  marina,  venne 
die  muedio  di  Girona  ;  e  quiivi ,  abbondata 
^rmiiiuta  per  la  corruzione  deUa  aria.,,  co- 
^WUù,  infermo,  ti  detto  re  Filippo,  per  gra- 
ppi 9meceduta  dal  re  Piero,  ii  partì,  e..,mo- 
i  •  Ferpignano  (  OUimo  }. 

M.  ixTRO.  11  saocero  di  Filippo,  Gaglielmo. 

S7.  Mal.  Filippo  il  Bello  MontfiQCon:  /{  é- 
WH  wMUaHf  jusqu'  à  l*  excé»,  dur  et  impito- 
^Me  à  $u  eujets.  Pendant  le  coure  de  eon 
4§tmt  fi  y  cut  plus  d'impóte,  de  taxes,  et 
U  maiidtM ,  91M  dane  tout  Ut  ragna  prece- 
iMlk  Qotndo  DtDle  scriveva  queste  cose,  Fi- 
ippo  era  vivo:  morì  nel  1314.  —  Lancia.  A1- 
mn  Cr»:  Colui  ti  quale  eglino  lanciarono 
iMifiieront  ). 

SB.  MsMBRUTO.  Pietro  III  d' Aragona,  prò- 
iìMÌibo,  dice  il  figlio  di  Dante.  Nello  ttem- 
um  nfwm  Aragonae  aggiunto  al  Rationarium 
ìtmforum  del  Petavio,  chiamasi  magnue.  Ott.: 
fie  $nm$o  del  corpo ,  e  forte  d'  animo  e  di 
Vi.  —  S'  ACCORDA.  Ott.  :  Sì  come  etti  fu- 
éiieordi  in  prima  vita  per  via  d'occupa- 
éMi  re§no  di  Sicilia  ...  co  A  qui  purgan- 
t»  toro  ncgligenia  divenuta  per  occupazione 
»  fatto  ft  arme  ...  per  amore  e' accordano,  e 
Uùweio:  Salve,  Regina,  mater  misericordiae , 
te,  duleedo  et  spes  nostra  salve  ...  Piero 
f  Arm§ona  ...  fu  valente  etperto  in  fatti  d*ar- 
■0  -.  f  recò  soUo  la  tua  tignoria  più  genti 
é  mUmtM  regno  occupato  dai  Saracini  verto 
s  J|pMia.— Naso.  Carlo  il  Vecchio  di  Puglia, 
MU  di  Provenza.  Ott.:  Avea  grande  naso, 
W  è  mgno  di  molta  ditcrezione.  —  Corda. 
Pfetv.»  XXXI. *  Aecinxit  fortitudine  lumbot  tuos. 
J^»  ZI:  BrU  justitia  cingulum  lumborum  ejus; 
t  fàm  einetorium  renum  ejut, 

Wè.  Retro.  Alfonso  d'Aragona  suo  prìmoge- 
9  rimile  al  padre  in  bontà.  Regno  in  Ara- 
poco;  gli  successe  Giacopo  secon- 


logMito,  e  Fedeiigo  l'altro  liracdio  ebbe  la 


Lo  giovinetto  che  retro  a  lui  siede, 
Bene  andava  il  valor  di  vaso  in  vaso. 

kO    Che  non  si  puote  dir  deiraltre  redo: 
Giacopo  e  Federigo  hanno  i  reami; 
Del  retaggio  miglior  nessun  possiede. 

hi    Rade  volte  risurge  per  li  rami 
L*  umana  probitate  :  e  questo  vuole 
Quei  che  la  dà,  perchè  da  lui  si  chiamL 

i2    Anco  al  nasuto  vanno  mie  parole , 
Non  men  ch*aIFaltroPier  checon  lui  canta. 
Onde  Puglia  e  Provenza  già  si  duole. 

Sicilia.  Onde  dice  rimato,  cioè  pib  langamen- 
te  vissuto.  Vili.  (VII ,  101).  L'  Ottimo  dice 
d' Alfonso  :  Morì  giovanetto ,  pieno  di  buona 
stificansa  (  0  scienza  ) ,  onoratore  di  voUest- 
tt  uofittm ,  liberale  e  virtuoto  amatore  di  gieh 
ttizia  ,  e  magnanimo  in  volere  acquietare. 
Guerreggiò  contro  Carlo  d*  Angiò  per  difesa 
della  Sicilia.  —  Vaso.  Jer.  (  XLVllI,  11  )  : 
FertiUt  fuit  Moab  ab  adoleseentia  tua  ,  et  r^ 
quievit  in  faecibut  mii:  neo  trantfutut  ett  de 
vate  tft  V€Lt, 

40.  Giacopo  (Vili.,  X,  44;  XI,  73).  L'Ott.:  il 
secondo  fu  donno  Iacopo,  il  quale  dopo  ia 
morte  del  padre  nel  1285,  fatto  donno  Anfip- 
so  re  d*  Aragona,  fu  fatto  re  di  Sicilia,  U 
quale  fece  grande  guerra  contro  a*  „,  sue  ce»- 
tori  del  re  Carlo;  finalmente  ti  pacificò  cotk 
la  Chieta  e  co*  detti  tuccettori,  e  *l  tuo  fratello 
ritenne  la  Sicilia  contr'alla  Chiesa  ed  a  quek- 
li  della  casa  di  Puglia,  non  ottante  la  detta 
pace  e  parentado  contratto  per  lo  fratello  con 
la  detta  ctua  ;  la  qual  guerra  a  interpolati  ten^ 
pi  ha  dato  moUo  ditpendio  aUa  eata  di  Puglia 
e  U  Siciliani  hanno  tostenute  doglie  e  dannu 
Nel  1299,  Alfoiùo  per  istigazione  di  Boniùb* 
zio  s'armava  contro  Federigo  re  di  Sicilia 
fratel  suo;  nel  1300  Io  vinceva  •  ma  indarno^ 
in  navale  battaglia.  —  Rbtaggio.  Cic,  OS.: 
Optima  ...  hereditat  a  patribut  traditur  Itò»- 
rit,  omnique  patrimonio  praettantior,  gloria 
virtutit  rerumque  gettarum:  cui  dedecori  ette. 
nefat  et  impium  judicandum  ett. 

41.  Rami.  Traslato  preso  dall*  albero  gene»- 
logico. — DÀ.  S.  Jacob.:  Omne  d€Uum  optimutA, 
Se  i  figli  di  buon  padre  fosser  buoni,  diremiDo 
la  bontà  venire  dal  sangue,  a  Dio  non  la  chie- 
deremmo. Nel  Conv.:  Più  volte  aUi  malvagi  cfee 
alU  buoni  pervengono  U  retaggi  .  .  •  Così 
fotte  piaciuto  a  Dio  che  quello  che  domanda 
U  Provenzale  fotte  ttofo,  che  chi  non  è  reda 
della  bontà,  perdette  il  retaggio  dello  avere. 
Eccl.  (XXIII,  35  ):  Non  tradent  filii  ejut  rch 
dice»,  et  rami  9«f  non  dabunt  fructum» 

42.  Nasuto.  D"  Angiò.  ^PAHOLiSap.  (VI, 


«0 


DEL   PURGATORIO 


fc3  Tan^  è  del  seme  suo  mÌDor  la  pianta , 
Quanto,  più  che  Beatrice  e  Margherita, 
Costanza  di  marito  ancor  si  vanta. 

hk'    Vedete  il  re  dalla  semplice  vita 
Seder  là  solo,  Arrigo  d'Inghilterra; 

10  ):  Ad  voi  ...  regu  twU  hi  termann  met\ 
ut diseatittapUntiam. — Duolb.  OU.:  Sono  tali 
discendenti  {  di  Carlo  l  ) ,  che  te  ne  duole  o- 
gni  terra  oÙramontarM  e  cUràimontana  a  loro 
suddUa» 

43.  Gostanza.  CU.:  Goftanga..M  vanta  anr 
Cora  d' avere  marito  ,  con  tutto  eh*  eUi  tia 
morto,  per  U  Rgliuoìi  che  di  lui  ebbe,  rispetto  I 
di  queUi  che  ael  re  Carlo  e  di  etta  donna  ri- 1 
mastro.  Figliuola  di  Manfredi  (  Parg.,  Ili  ), 
moglie  a  Pietro  III,  d' Aragona,  vivente  anco- 
ra nel  1300;  Margherita  e  Beatrice,  figliuole 
di  Carlo  il  Zoppo,  oepoti  del  Tecchio  Cario , 
mogli  di  Giaco  pò  e  di  Federigo.  Altri  inten- 
de, Beatrice  moglie  di  Carlo  d' Angiò,  e  Mar- 
gherita, di  Luigi  IX  di  Francia:  perchè,  dico- 
no, le  mogli  di  Giacopo  e  di  Federigo  si  chia- 
mavano Bianca  ed  Eleonora ,  non  Beatrice  e 
Margherita  (Glanoettasio,  St.di  Nap.,  l.XXII). 
A  questa  Interpretazione  favorisce  Y ancor: 
come  dire:  Gostanza  eh' è  ancor  viva;  e  le 
altre  son  morte. 

44.  SxMPLici.  Arrigo  III ,  figUnol  di  Rie- 


Questi  ha  ne*rami  suoi  migliore  uscita. 

h&  Quel  che  più  basso  tra  costor  s'atterra, 
(juardando'nsuso,  èGuglielmo  marchese, 
Per  cui  Alessandria  e  la  sua  guerra 

k6    Fa  pianger  Monferrato  e  1  Gaoavesa 

cardo  :  Fu  eemplice ...  e  di  buona  fede,  e  di 
poco  valore.  — Solo.  Perchè  rari  i  sempUcL 
L'  Ott.  :  Arrigo  .  .  ,  fu  coronato  r§  né 
1278  ...  di  lui  nacque  U  buono  re  Adoeaéè , 
ti  quale  vivea  al  tempo  che  V  A,  eomtfmets 
questa  opera  ;  il  quale  fece  in  stia  vUa  é^  Mfa 
e  grandi  cose.  Però  dice  migliore  uscita.  Lodi 
Eduardo  anco  il  Vili.  —  Uscita.  Yirg.:  MaMt 
ad  coelum  ramis  felicibus  arbos. 

45.  GuGLiBLMO.  Di  Monferrato.  Con  gli  Asti* 
giani  e  co*  Pavesi  aveva  guastate  le  terrt  M> 
lessandria,  e  il  Novarese,  e  quel  di  M ilM»yf 
quel  di  Piacenza.  In  Alessandria  nel  i9M  8i> 
bitamente  levandosi  a  romore  i  cittadini ,  ft 
preso;  e,  chiuso  in  gabbia  di  ferro,  dopo  dM# 
sette  mesi  morì.  Il  figliuol  suo  foggi  in  fflf* 
venia  a  Invocare  la  vendetta  straniem.  li 
non  gli  successe  nella  signoria. 

46.  PiAifGBn.  Sì  perchè  sono  privati ésU^ 
no  signore ,  e  si  perchè  sono  venuH  $Ht§  9 
governo  di  straniero  erede  (  Ott.  }•  Ma 
intendasi  della  guerra  che  per  lai 


Jr 


^71 


CANTO    vra. 


ARGOMENTO. 


M  pregano  :  giungon  du*  Angeli  e  U  difèndono  dal  eerpente  t  Inferno. 
0  nella  vaUe  ,  conotee  Nino  gindieo ,  amico  ino,  $  Corrado  JKiIaipìfia, 
mot  buoni  ospiti. 

irle  dell'  esilio  si  alternano  alle  speranie  e  alle  YiaioDi  del  eielo.  E  già  I  prinrf 

t0  spirano  in  modo  celeste  la  malineonia  dell'  esilio.  Tatta  la  cantica  è  serena 

nte  speranze  :  e  non  mai  l' animo  di  Dante  fti  si  paro  e  si  nobile.  Neil' Inferno 

lo  intorbidano  ;  negli  aitimi  del  Pargatorlo  il  quadro  s'  annera  ;   nel  Paradiso 

f abbattimento  d'an' anima  disperata  dfogni  gioia  terrena:  la  mente  non  il 

irla. 

tersine  1  alla  13;  la  15  aUa  32;  U  34  alla  41  ;  U  44  e  U  45. 


*ora  che  volge  il  disio 
iti  e  'ntenerisce  '1  core 
lian  detto  a'  dolci  amici  addio, 
novo  peregrin  d*amore 
9  ode  squilla  di  lontano 
1  giorno  pianger  che  si  more  : 
»*oconiincìai  a  render  vano 
)  a  mirare  una  dell'alme 
I  r  ascoltar  chiedea  con  mano. 

3i'  ha  a  fare  lango  riaggio,  e  ha 
Ielle  amate  cose  recente. —  Pun- 
ra  :  Le  $teUe  ti  mostravano  di 
lJae$ano  giudieàn  che  piange»- 
ma  quando  il  dì  si  doìe  Di  lui 
l  Terno)  che  pano  passo  addietro 

racerano.  C.  V:  La  've  *l  voeabol 
vano  (cfssa). — Surta.  Sedevano 
SS). — Mano.  Or.:  Voce  flnofiw- 
B  eomprtssit.  Virg.:  Significatque 
3§no  eimMl  ineipU  ore. 
I.  Come  8'  accenna  oe*  Salmi. 


6 


Ella  giunse  e  levò  ambo  le  palme. 
Ficcando  gli  occhi  verso  V  oriente , 
Come  dicesse  a  Dio  :  d'altro  non  cdme: 

Te  luds  ame  sì  devotamente 
Le  usci  di  bocca  e  con  si  dolci  note 
Che  fece  me  a  me  uscir  di  mente. 

E  Taltre  poi  dolcemente  e  devote 
Seguitar  lei  per  tutto  l'inno  intero. 
Avendo  ^  occhi  alle  superne  rote. 


r 


S.  Lae. ,  1:  Orisfit  e»  alio.  Lattant.:  Ortent 
eimUie  Dea  eeneetur  ,  quia  ipse  Uumnie  fim$ 
et  iUustrettor  est  rerum. 

5.  Tk.  Inno  della  compieta ,  a  difendere 
l'anima  dalle  tentasioai  notturne.  Pregane» 
perchè  prega  a  qaell*  ora  la  Chiesa  ,  e  pregan 
per  r  anime  restate  nel  mondo  :  Hoetemque 
noetrum  eompriiiif.  Vedremo  venire  l'antico  av- 
▼ersario  stmoolo  della  tentasìone ,  che  il  P. 
dofeva  f incero  porgendosi  in  virtù  ;  e  sim* 
bolo  del  nule  die  le  anime  parganU  doveva- 
no in  lor  viti  svitare  »  o  non  sempre  voUenk 


272 


DEL    PURGATORIO 


7  Aguzza  qui,  lettor,  ben gUocchial  vero; 
Che  1  velo  è  ora  beo  tanto  sottile 
Certo ,  che*l  trapassar  dentro  è  leggiero. 

8  r  vidi  quello  esercito  gentile 
Tacito  iiopcia  riguardare  in  sue. 
Quasi  appettando,  pallido  e  umile. 

9  E  \idi  uscir  dell'  alto  e  scender  giuo 
Du'  angeli  con  due  spade  affocate , 
Tronche  e  private  delle  punte  sue. 

10  Verdi  come  foglielte  pur  mo  nate 
Erano  in  veste,  che  da  verdi  penne 
Percosse  traean  dietro  e  ventilate. 

11  L' un  poco  sovra  noi  a  star  si  venne  , 
E  l  altro  scese  nell*  opposta  sponda, 

SI  che  la  gente  in  mezzo  si  contenne. 

1 2  Ben  discerneva  in  lor  la  testa  bionda , 
Ma  nelle  facce  f  occhio  si  smania. 
Come  virtù  eh'  a  troppo  si  confonda. 

7.  Velo.  Pietro  :  Dal  velo  iotiiU  più  facil 
menu  ti  vede ,  però  talvolta  n  omette  di  guar^ 
tlar  fiso.  O  meglio  :  quando  il  velo  è  traspa- 
rente ,  ci  si  passa  attraverso ,  come  se  DuUa 
fusse ,  e  si  squarcia.  Ama  ì\  P.  celare  sotto 
UrmQ  simboliche  il  sao  concetto.  Si  rammenti 
il  IX  dell' luf.  Nella  V.  Nuova:  A  più  aprire 
Ut  intenzione  di  quetta  canzone  si  eonverrebis 
usare  di  più  minute  dtvtttoni  :  ma  tuttavia 
rJii  non  è  di  tanto  ingegno  che  per  queste  che 
5on  fatte  la  po$ia  intendere  ,  a  me  non  di- 
%piace  »e  la  mi  Uueia  tiare  :  che  eerto  io  temo 
tU  avere  a  troppi  comumeofo  ti  nio  tnfefidì- 
mento.  Altrove:  iVé  t  poeti  padano  coti  tensa 
ragione ,  né  quelli  che  rimano  devono  par- 
Lare  coti,  non  avendo  alcuno  ragionamento  in- 
tero di  quello  che  dicono  :  perocché  gran  ver- 
gogna  tarebbe  a  colui  che  rimaue  cosa  eotto 
vetta  di  figura  di  colore  rettorieo:  a,  doman- 
dato ,  non  tapette  denudare  le  tue  fiarota  da 
cotal  vetta  in  guisa  che  avessero  verace  inten- 
iiimento.  Non  però  che  alla  profondità  del 
concetto  e'  non  volesse  conciliare  la  leggia- 
dria delle  forme.  Dice  in  ona  cani.  (IV,  1): 
Canzone  ,  io  credo  che  saranno  radi  Color 
che  tua  ragione  intendan  bene  :  Tanto  lor 
parli  faticata  e  forte.  Ma  se  per  avventura 
egli  addiviene  Che  tu  dinnansi  da  persone 
vadi  Che  non  ti  paion  d^  essa  bene  accorte  » 
Ij,  prego  allora  che  tu  ti  eonforte  E  dica  ... 
I\mete  mente  almen  compio  Son  bella.  Conv. 
(1,2):  Intendo  mostrare  la  vota  lanlfiua 
di  quella ,  che  por  alcuno  vedere  non  si  può, 
s' io  non  la  conto  ,  perché  nascosa  sotto  fi' 
gura  «i*  allegoria ,  e  questo  non  solawtmte  darà 
diletto  buono  a  vedere  $   ma  sottile  ammao- 


13  Ambo  vegnon  del  grembo  di  Maria, 
Disse  Sordello,  a  guardia  della  valle. 
Per  lo  serpente  che  verrà  via  via. 

ìi    Ond'  io  che  non  sapeva  perqual  calle ,« 
Mi  volsi  'ntorno .  e  stretto  m' accostai 
Tutto  gelato  a  lo  fidate  spalle. 

15  £  Sordclioanche:  ora  avvalliamo  omaj 
Tra  legrandiombre;e  parleremoad  esse  « 
Grazioso  fia  lor  vedervi  assai. 

16  Soli  tre  passi  credo  eh'  io  scendere, 
£  fui  di  sotto;  e  vidi  un  che  mirava 
Pur  me,  come  conoscer  mi  volesse. 

17  Temp  era  già  che  1*  aer  s'anneravi, 
Ma  non  si  che  tra  gli  occhi  suoi  e*  miei 
Non  dichiarasse  ciò  che  pria  serrava. 

18  Yér  me  si  fece ,  ed  io  vèr  lui  mi  Tei. 
Giudice  Nin  eentil,  quanto  mi  piacqus 
Quando  ti  vidi  non  esser  tra'  rei  ! 

ttramento,  e  a  eo^  parlare  e  a  coti  tat» 
dere  V  altrui  scritture. 

S.Tacito.  Par  pregando.  MaCt.,  XVII,  citils 
da  Pietro  :  Hoc  .  .  .  geniu  non  egieitur  ma 
per  orattonam.— Sui.  Ps.:  Levavi  oculoe  msm 
in  montes ,  unde  veniet  auxilium  mtAi. 

9.  Affocate.  D*  amore.  L'  apostolo,  clMto 
da  Pietro  :  induite  vos  armaturam  DÓiinmih 
tute,  ut  postitis  stare  adversut  insidias  dùA^ 
li.  La  spada  fiammante  d*  un  Gherabinu  diAih 
de,  secondo  la  Gen. ,  1'  entrata  del  parate 
terrestre.  ^  Tronche.  Perchè  possiamo  Am^ 
lo,  non  vincerlo.  O,  dice  BenTenuto,  percjiéll 
giustizia  è  temperata  dalla  misericordia. 

10.  Verdi.  Di  speranza.  G.  Ili: 
jLa  Ila  fior  del  verde. 

11.  Mezzo.  Is.,  citato  da  Pietro:  5iiptr  w^ 
ros  tuos,  Jerutalem  ,  conttitui  custodm^  E  p^ 
custodi,  s.  Bernardo  intende  gli  Angeli, 
da'  due  iati  per  difendere  da'  due  eccessi. 

i%.  Bionda.  Simbolo  ,  dice  Pietro ,  di 
fetta  virtù.  Ott.  :  Li  biondi  capelli, 
dono  da  buona  complessione. — Troppo.  AriiU 
Mxcellentia  sentatorum  eorrumpit  sentsts.  It 
faccia  »  come  parte  più  nobUe  ,  splenda? a  pft 
forte. 

13.  Maria.  In  Christo ,  dice  Pietro ,  sMi* 
^iiult  sumus  remedia  cofitm  daemonei.  Marti 
è  nel  più  aito  de'  cieli  (  Par.,  XXXI  ).  — Vuu 
Or  ora. 

17.  Temp*.  Virg.:  Bunc  ubi  via  mallo. •• 
eognovit  in  umbra.  —  Sieeava.  Alimi 
chiuso  per  celalo. 

18.  Nix.  De*  Visconti  di  Pisa  ,  pria»  mi 
rito  a  Beatrice»  figlinola  d' Obizzo  d'Esla; 
deefmo^arto  giadice  di  Gallura  in  Sardsgtt: 


CANTO    \1IL 


873 


19  Nullo  bd  salutar  t^a  noi  si  tacque. 
Poi  dimandò  .*  quant*  è  che  tu  venisti 
Apniè  del  monte  per  le  lontane  acque  ? 

9D    Oh,  dissi  lui ,  per  entro  i  luoghi  tristi 
Venni  stamane:  e  sono  in  prima  vita, 
Ancor  che  Taltra ,  si  andando ,  acquisti. 

91    E  come  fu  la  mia  risposta  udita, 
Bordello  ed  egli  indietro  si  raccolse 
Come  gente  di  subito  smarrita. 

32    L*uno  aVirgilio,  e  l'altro  a  un  si  volse 
Che  sedea  li,  gridando:  su,  Currado  , 
Vieni  a  veder  che  Dio  per  grazia  volse. 

23  Poi  vòlto  a  me:  per  quel  singoiar  grado 
Che  tu  dei  a  Colui  che  si  nasconde 
lo  suo  primo  perchè,  che  non  glie  guado; 

2i  Quando  sarai  di  là  dalle  larghe  onde, 
Di*  a  Giovanna  mia  che  per  me  chiami 
Là  dove  agi'  innocenti  si  risponde. 

25  Non  credo  che  la  sua  madre  più  m' ami 


capo  de'Ga£lfi,  nipote  del  conte  Ugolino.  Vili. 
(  VII  ,  120  )  :  ;Ve(  1298  fu  cacciato  di  Pisa, 
9  andouene  in  Maremma;  quivi  fece  grande 
fvtrra  contro  i  Pisani  :  e  guerreggiando  mo- 
fl.  Da  tre  anni  adunque  aspettava  in  Purga- 
tofio.  QnaDti  de'  suoi  conoscenti  rincojiira  il 
Tm  pur  ne*  primi  canti  !  Tant*  alla  idea  della 
atnezfone  della  virtù  gli  sedeva  ncll'  animo. 
^■esio  Nino  combattè  contro  Arezzo  co'Fio- 
IWIÌdI  guelfi  a  Campaldino  nel  1289:  e  quivi 
iNte  r  avrà  conosciuto  il  P.  —  Rei  l  Sape- 
va »  dice  il  Post.  Caet.  ,  che  Nino  avea  mos- 
ti più  volte  guerra  alla  patria.  Ott.  :  Bello 
M  corpo ,  e  magnanimo, 

19.  L02ITAKI.  Dal  Tevere.  Più  sotto  :  Lar- 
ffca  onde. 

93.  Grido.  Bingraziamento  ,  gratitudine. 
Btjec.  :  Cotal  grado  ha  chi  tigna  pettina,  — 
^u  Fer  vi:  Inf.  XXIII;  Pfon  gli  era  tospet- 
fa. -^ Guado.  Profondi  sono  i  giudizii  di  Dio. 
Vado  biblico. 

14.  GiOTiXNA.  Figlia  di  Nino ,  poi  moglie 
a  Riccardo  da  Clamino  :  e  non  Gherardo  da 
CiBdoo  lodato  nel  Purg. ,  XVI.  Ma  forse  nel 
1300  non  era  ancor  moglie,  e  P  Ott.,  la  dice 
piccola. 

ift.  Madrb.  Beatrice  d' Estc ,  moglie  di  Ni- 
ipa ,  poi  maritatasi  nel  1300  a  Galeazzo  Vi- 
amtl  di  Milano  figliuol  4i  Matteo  :  sorella 
di  Ano  Vili.  —  Biacche.  I  Siracusani ,  quei 
dr  Argo  f  le  donne  romane  vestivano  bianco 
ài  aejmo  di  lutto.  A'  tempi  di  Dante  eran 
iineSi  le  bende  ,  la  vesta  nera.  Bocc;  Guar- 
éfB  99m$  m  cotoi  donna  ttan  beng  lo  bonda 


Poscia  che  trasmutò  le  bianche  bende 
Le  qua^convien  che  «misera,  ancor  brami. 

26  Per  lei  assai  di  lieve  si  comprende 
Quanto  in  femmina  foco  d*amor  dura 
Se  l'occhio  0 1  tatto  spesso  noi  raccende. 

27  Non  le  farà  si  bella  sepoltura 

La  vipera  che  i  Meìanesi  accampa , 
Com*  avria  fatto  il  gallo  di  Gallura. 

28  Cosi  dicea  segnato  della  stampa 
Nel  suo  aspetto,  di  quel  dritto  zelo 
Che  misuratamente  in  core  avvampa. 

28Gliocchimiei  ghiotti  andavanpure  al  etelo 
Pur  là  dove  le  stelle  son  più  tarde 
Si  come  rota  più  presso  allo  stelo. 

30  £1  ducamio:figliuol,chelassùgaarde? 
Ed  io  a  lui:  a  quelle  tre  facelle 

Dì  che*l  polo  di  qua  tutto  quanto  arde. 

31  Ed  egli  a  me:  le  quattro  chiare  stelle 
Che  vedevi  stamau,  son  di  là  basse; 


bianche  e  %  panni  nori  (Lab.  Ara.  ).  —  Brami. 
Era  meo  giovane  di  cioqo'aDDÌ. 

26.  Amor.  Ov.:  Sueeeuore  novo  vindtur  om' 
nis  amor. 

27.  Vipera,  Arme  de'  Visconti.  Verri  (Disi, 
de  tit.  et  ins.):  àfajoret  nostri,  publieo  decreto^ 
sanxerunt  ne  castra  mediolanensium  locaren- 
tur  nisi  vipereo  signo  ante  in  aliqua  arbore 
constituto,  —  Mklakbsi.  Anco  in  prosa  (Gre- 
se.  II ,  157).  —  Gallo.  Arme  di  Nino ,  giu- 
dice di  Gallura.  Dice  il  P.  che  meglio  sareb- 
be a  Beatrice  scolpire  sulla  sua  sepoltura  il 
gallo  che  la  vipera  ,  iodizio  della  sua  biga- 
mia :  cosa  dagU  antichi  avuta  in  dispregio. 
Rammenta  quei  di  Lue:  Liceat  tumulo  leri- 
psisse  :  Catonis  Mania,  OU.  :  Furon  cacciati 
(  i  Visconti  )  di  Melano  per  quelli  della  Tor- 
re; cusai  disagi  sofferse  questa  donna  col  suo 
marito,  sì  che  più  volte  bramasse  lo  stato  del 
vedovado  di  prima,  V.  Corio ,  parte  li. 

28.  MisuRATAMBNTB.  Non  ìsdcgno  lo  move, 
ma  diritto  amore  della  moglie  immemore  ,  e 
pietà  de' suoi  mali. 

29.  Tarde.  Vicino  a  tramontana ,  perchè  i 
cerchio  da  girare  è  più  piccolo.  Il  P.  non  ave- 
va veduto  mai  il  polo  antartico ,  dove  le  stel- 
le ,  come  nel  nostro,  fanno  in  ventiquattro  ore 
un  giro  più  corto  dell'  altre. 

90.  Ter.  Virtù  teologali  :  fede ,  sperania  , 
carità. 

31.  Quattro.  Virtù  cardinali.  Prima  vede 
le  quattro  virtù  morali  ed  umane;  poi  le  Ire 
virtù  della  grazia  (  e.  I,  23  ).  Ott.:  Dove  tra 
tu  loia  eonoMmsa  dì  vjhrtt^  morale^  ora  è  vo- 

35 


Kk 


DEL    PURGATORIO 


E  queste  son  salite  ov*  eran  quelle. 
38  Coin*ei  parlava ,  e  Sordello  a  sèi  trasse 

Dicendo  :  vedi  là  il  nostr'  avversare. 

£  drizzò  '1  dito  perchè  in  là  guatasse. 
33    Da  quella  parte  onde  non  ha  riparo 

La  picciola  vallea ,  era  una  biscia, 

For^  qual  diede  ad  Eva  il  cibo  amaro. 
3k  Tra  l'erba  e  i  fior  venia  la  mala  striscia, 

Volgendo  ad  or  ad  or  la  testa ,  el  dosso 

Leccando  come  bestia  che  si  liscia. 

35  Io  noi  vidi ,  e  però  dicer  noi  posso, 
Come  mosser  gli  astor  celestiali  ; 
Ma  vidi  bene  e  V  uno  e  V  altro  mosso. 

36  Sentendo  fender  V  aere  alle  verdi  ali , 
Fuggio'l  serpente,  e  gli  angeli  diér  vòlta. 
Suso  alle  poste  rivolando  iguali. 

37  L'  ombra  che  s'  era  al  giudice  raccolta 
Quando  chiamò ,  per  tutto  quello  assalto 
Punto  non  fu  da  me  guardare  sciolta. 


nuto  totto  il  governo  delle  tre  virtù  teologi- 
che, —  Salite.  Oli.  :  Quando  egli  vscì  dello 
Inferno  ,  .  .  Venw  era  nella  parte  orientale , 
che  precedea  il  sole ,  e  il  Carro  era  a  tramon- 
tana: ora  dov*era  il  Carro  ,  sono  queste  tre 
stelle;  sì  eh* è  passato  uno  dì  artificiale, 

32.  Av^-BRSARo.  Come  varo  per  vario  (Inf., 
IX  )  S.  Petr.  :  Adversariui  tester  diabolus ... 
circuii  ,  quaerens  quem  devoret.  Cui  resistite 
fortts  in  fide.  Anco  questa  è  aDtifona  della 
compieta. 

33.  Riparo.  Il  monte  aTTallandosi ,  dove- 
va nella  parte  opposta  a  quella  donde  scese- 
ro i  P. ,  lasciare  la  saa  caviti  senza  sponda 
o  rialzo.  Il  demonio  viene  da  quella  parte  per- 
ché la  tentazione  coglie  P  nomo  là  dov'  egli 
è  disarmato.  —  Biscia.  (Gen.  »  III  ). — Ama- 
ro. Gen.  ;  Mulieri  dixit  Deus  :  muUiplicabo 
aerumncu  tuas, 

34.  Striscia.  Il  serpente.  Il  Lippi  chiama 
striscia  la  spada  (e.  XXXVII).  —  Liscia.  Per 
esprimere  la  dolcezza  delle  lusinghe  che  fa 
il  malvagio  al  malvagio  ,  e  il  malvagio  a  sé 
stesso. 

35.  Astor.  Indica  la  prestezza  e  la  forza. 

36.  Posti.  Inf.  ,  XXI  :  Dì  qua  di  là  di- 
scesero alla  posta,  —  Iguali.  Igualemente  è 
nel  Conv.  e  nel  Parad.  Vlrg.  :  Se  paribue  per 
voelum  sustulit  alis. 

37.  L'ombra.  Currado.  —  Sciolta.  Nel  e. 
IV  ,  dice  le  potenze  dell'  anima  sciolte  dall' 
attenzione  o  legate. 

38.  Lucerna.  La  grazia.  Parg.  XXII:  Qual 
tote  0  quai  eaifuMe  Ti  stwebrann ..?  ^  Ci- 


38  Se  la  lucerna  che  ti  mena  in  alto 
Trovi  nel  tuo  arbitrio  tanta  cera, 
Quant'ò  mestiere  inaino  al  sommo  smalto, 

39  Cominciò  ella  (  se  novella  veri 
Di  Valdimagra  o  di  parte  vicina 
Sai)  dilla  a  me  che  già  grande  là  era. 

kO  Chiamato  fui  Currado  Malaspina: 
Non  son  V  antico,  ma  di  lui  discesi. 
A'  miei  portai  V  amor  che  qui  raflìna. 

ki    Oh,  diss'  io  lui,  perii  vostri  paesi 
Giammai  non  fui  :  ma  dove  si  dimora 
Per  tutta  Europa,  ch'ei  non  siaa  paleaS 

Vi    La  fama  che  la  vostra  casa  onora 
Grida  i  signori  e  grida  la  contrada, 
Si  che  ne  sa  chi  non  vi  fu  ancora. 

k^    Ed  io  vi  giuro ,  s*  io  di  sopra  vada. 
Che  vostra  gente  onrata  non  si  sfregia 
Del  pregio  della  borsa  e  della  spada. 

kh    Uso  e  natura  si  la  privilegia 


RA.  Merito  ,  valore  ,  in  te»  —  Smalto.  Di 
Bori  (  e.  XXVllI  ). 

40.  Antico.  Marito  a  Costanza  sorella  del 
re  Manfredi  privilegiato  da  Ottone  imperato- 
re. Il  secondo  Corrado  che  qui  rincontriamo 
è  fìgliuol  di  Federico ,  figliaol  di  Corrado  t 
antico.  —  Amor.  Ebbe  dalla  moglie  io  dota. 
nna  città  ed  un  castello  in  Sardegna  :  lei  mor- 
ta ,  comunicò  a'  suoi  agnati  ogni  cosa.  Oli.: 
Indugiai  V  opere  meritorie  della  salute  per  gunt' 
reggiare  ed  acquistare  amici, 

41.  Paesi.  In  Lunigiana  andaron  esuli  a 
Guido  r  amico  di  Dante  ,  e  i  Cerchi ,  e  Ba- 
schiera  Tosinghi ,  e  Uguccione  ,  ed  i  Boia- 
parte.  —  Fui.  Ci  andò  nel  1306  ,  quando  i 
Malaspina  erano  march,  di  tutta  la  Val  dilll- 
gra.  Franceschino  ,  ospite  di  lui,  è  uomoo* 
scuro  :  più  noto  Marcello ,  marito  di  Alacia» 
la  quale  ,  nipote  d'  Adriano  papa ,  è  nomni- 
ta  nel  XIX  del  Porg.  Un  Malaspina  tra  il  Mt. 
XII  e  il  XIII  fu  poeta  provenzale  assai  nolo:' 
tanto  più  dunque  onorevole  a  Dante  dovafi 
essere  quella  famiglia. 

43.  Sopra.  Al  sommo  smalto.  —  BoiSà* 
La  virtù  contraria  all'  avarizia  è  sempre  oaa- 
rata  da  Dante  ,  non  per  vili  cupidigie ,  M 
perchè  dall'  avarizia  e'  deduceva  tutte  le  ni- 
serìe  del  mondo  (  Inf.,  1,7).  Osservate  cka 
la  moglie  d' Alboino  della  Scala  era  Malaspi- 
na :  onde  si  trovano  congiunti  tra  loro  di  san- 
gue i  due  ospiti  del  P. 

44.  Uso.  Uorat.  :  Doetrina  sed  vim  iirom 
vel  intitam,  Rectique  cuUus  p^elor^  fiiaranl. 


CANTX)    Vili. 


275 


Che ,  perchè  1  capo  reo  Io  mondo  torca, 
Sola  va  dritta  e'I  mal  cammin  dispregia. 
ki  Ed  ^i:  or  va;  chel  sol  non  si  ricorca 
Sette  volte  nel  letto  che  1  Montone 
G)n  tutti  equattro  i  pie  copre  ed  inforca, 


45.  RicoBCA.  Tramontando.  In  Ariete  il  so- 
le dimora  come  negli  altri  segoi ,  trenta  dK 
—  Infosca.  Pietro  :  L'  Ariete  ha  dieiaueite 
sHlU,  parte  delle  quali  fuueonde  eome  fa 
il  vero  amU  qitando  giace.  Nomina  1*  Ariete 


46    Che  cotesta  oorteae  ppinione 
Ti  fia  chiavata  in  mezzo  della  testa 
Con  maggior  chiovi  che  d'altrui  sermone 

VI    Se  corso  di  giudicio  non  s*  arresta. 


come  il  segno  dorè  '1  sole  era  allora.    Nob 
passeranno  self  anni. 

46.  Chiovi.  Petr.  :  ^  to  trarci  eon  ioidi 
chiotti  /ito. 


276 


DEL    PURGATORIO 


C    A    N    T    0    IX. 


ARGOMENTO. 


Sogna  cP  essere  ia  un^aqmla  rapito  in  allo  ;  e  Lucia  ,  dormendo  ,  lo  pofk 
dawmv  vicino  alle  porte  del  Purgatorio;  dovi'  e*  i'  umilia  contrito  ad  un  Angelo  ée 
gli  apre  :  ed  entrana  fra  i  canti  delle  anime  congratulanti.  Comincia  da  tre  otti* 
sioni  mitologiche  e  scandalose  :  la  concubina  di  Titone  »  ti  ratto  di  Ganimede ,  e 
gli  amori  d' AchiUe  ;  ena  neUa  fine  s' innalza  a  cristiana  poaia  ;  ed  egli  medssir 
mo  se  n'  awede ,  e  lo  dice  nella  terzina  24.  Altri  sogni  vedremo  ed  altre  visim 
nel  Purgatorio  di  Danto ,  monda  fra  il  mortale  e  il  ditino ,  come  la  visione  è  tm 
lo  spirituale  e  il  corporeo. 

Nota  le  teraipt  i  allt  5;  la  7,  8 ,  10,  11 ,  12  ;  Ta  15  alla  IS ;  la  2C^  alla  33  ;  U  » 
alU  38;  la  32  aTU  tt;  la  38,  39^  42,  43,  44,  con  le  olUme  di». 


La  GODGuMna  di  Titone  antico 
Già  8'  imhiancaTa  al  balzo  d' oriente 
Fuor  delle  braccia  del  suo  dolce  amico» 

Dì  gemme  la  sua  fronte  era  lucente, 
Poste  'n  figura  del  freddo  animale 
Che  con  la  coda  percuote  la  gente. 


1.  TiT02fB.  Ylrg.:  lUhom  sroeeum  Unqtt&M 
Aurora  cubiU  ...  Phaeboa  ImtrednU  lampade 
Sorras.  Ovid.:  Jam  super  oeeanum  venti  a 
ssnioTB  marito  ...  Aurora  ...  Jamgue  fugatu- 
ra  Tiihom  eonjuge  noetem.  Come  sorgeva 
r aurora,  s'era  ancor  noiie  ?  S'imbiancava  ap- 
pena il  balzo ,  il  lembo  d*  oriente  :  la  notte 
cadeva ,  ma  non  ci  si  vedeva  per  anco. 

2.  FiGUiA.  Il  P.  entrò  al  suo  viaggio  di 
marzo;  quand'  il  sole  è  in  Ariete  è  tenda  la 
luna  :  stette  qoattro  giorni  in  Inferno.  La  lu- 
Ba  in  cinque  corre  due  segni  dello  zodiaco: 
dunque  la  Iosa  al  principio  del  viaggio  era 
io  Libra  opposta  all'Ariete:  ora  è  nel  Sagit- 
tario, segno  opposto  allo  Scorpione,  dove 
Basca  l'aurora»  Cosi  Pietro. — Fmddo.  Virg.: 
Frigidui  ..•  anguis.  Gli  animali  velenosi  chia- 1 
mavansi  freddi.  É  nello  Scorpione  il  sole  si- 1 


3    Eh  notte  de* passi  con  che  sala 
Fatti  avea  duo  nel  hiogo  ov'eravamo^ 
E  'I  terzo  già  chinava  infuso  Tale  ; 

k  Quandlocho  meco  avea  dìqueld^AdaOKS 
Vinto  dal  sonno  in  su  Torba  inchinai 
Là  've  già  tutti  e  cinque  sedevaoMK 


no  alla  fin  di  novembre.  Ott.  :  il  segm  é 
Seorpio  seendsa  S9pra  il  nostro  onstonte  ;  e 
notte  era  in  opposito  di  noi ...  Storpio  emtSr 
Uto  sopra  quello  enUsperio ,  s)  eh»  tutta  Fir* 
gìne  ,  che  fu  ascendente  a  quello  net 
pio  della  notte,  era  passata;  la  guati 
a  scendere  due  ore  e  tre  quarti, 

3.  CiUNAVA.  Yirg.  :  Ruit  ...  nox.  La 
secondo  Macrob.,  tre  ore  e  mezzo  sala;  atM^ 
tante  discende.  In  luogo  antipodo   a  CtriM 
lemme  l'aurora  deve  inconyaciar a blaaekg- 
giare  prima  che  in  paese  d'Italia. 

4.  Adamo.  Perchè,  nota  Pietro,  il  eorpa 
dorme,  no  V anima.  —  Vinto.  Un  aotieo  (T. 
B.  Chiara,  e.  3):  Vinta  dal  sonno.  La  aed^ 
sima  frase  è  io  Albertano.  -—  Cinque.  DaMe, 
Virgilio  ,  Nino ,  Corrado ,  SordeUo. 


CANTO    IX. 


ri' 


NeFT  ora  che  comincia  i  tristi  lai 
i^  rondinella  presso  alla  mattina, 
Torse  a  memoria  de'  suoi  primi  goai^ 

^    E  che  la  mente  noatra ,  pellegrina 
Più  dalla  carne,  e  men  da'pensier  presa. 
Alle  sue  vision  quasi  è  divina , 

"^    ki  sogno  mi  parea  veder  sospesa 
Un'aquila  nel  ciel  eoo  penne  d  oro , 
Con  Tale  aperte  ed  a  calare  intesa. 
8   Ed  esser  mi  parea  là  dove  fòro 
Abbandonati  i  suoi  da  Ganimede 
Quando  fu  ratto  al  sommo  concistoro. 
I    Fra  me  pensava  :  forse  questa  fiede 
Por  qui  per  uso,  e  forse  d'altro  loco 
Disdegna  di  portarne  suso  in  piede. 

10  Poi  mi  parea  che,  più  rotata  un  pocov 
Tenibil  come  folgor  discendesse , 

E  me  rapisse  susoinfino  al  foi^o. 

11  Ivi  pareva  eb'  ella  ed  io  ardesse  ; 
E  al  lo  'ncendio  immagiaato  cosso 
Che  convenne  che  1  sonno  si  rompesse» 

13    Koo  altrimenti  Achille  si  riscosse^ 

••  Oka.  Tra  raddormentarsi  et  segnar» 
torre  lotenrallo;  e  se  questo  non  fosse,  e*non 
iMeriverebbe  di  nuovo  V  ora  :.e  ciò  es8endo> 
if  iBOStra  cosi'  che  quand"  egli  s'  addormentò 
tra  ancor  notte.  —  Guai  (  Ot.  ,  Mek ,  Yl). 
ntaiela  Di  il  P.  mutata  in  rondine»  non^Piroe- 
Ipa ,  com*  altrf  (  e.  XYIl.  7  ). 

f.  DnriNA.  Altri  intende  dtomatriea, perchè 
cali'  alba  »  secondo  Ov. ,  Somnia  quo  aer- 
ai •..  «era  tolefif.  Pietro  intende  divina,  non 
altro  ;  e  cita  Arfst.  (De  Ànima},,  il  quale  al- 
l' anima  dK  tre  potenze  ;  vivere ,  sentire,  in- 
ere  ;  onde  la  chiama  animale  diviooi  E 
Socrate  »  il  qpale  diceva  i  doversi  pen- 

la  mattina ,  mangiare  la  sera,  lo  starei 

|V  la  prima  interpretazione:-  non  già  che  non 
mia  a«lorevole  la  seconda.  Pelr..*-  Che  con 
la  iaguca  amtca  di  Titone  Sùoldt^iogm  con- 
fmi  torva  U  velo. 

K  Gaxuudb.  Ov.  (  Met. ,  X  ).  —  Batto. 
fhf .X.  J^plì  Ganymeéie  konoret ...  ^utulU 
lAto  MiM  padiòtii  JMi  armiger  tiocif . 

•C  FBDB.  Arriva.  Inf.,X:  Swii9reh'aòuna 
tplli  Ma.  — Pinna.  Ritti;  illesi.  Par  indica- 
li» la  aisposixiòna  elevata  dèli!  anima  che  sa- 
li a  Dio. 

10,  Fogo.  Sfera  del  fbco ,  sopra  qyieUa  del- 
l'aria,  e  sotto  la  luna  (  Par.,  1). 

ift.  AamasB.  Arde  la  luce  dilla  graiia  nel 

iva,  e  lo  infiamma.  —  Cossi  (Infèrno,  XYl). 

il.  Aculuu  Stau  (  AchilL»  11:  Qmm 


Gli  occhi  svegliati  rivolgendo  in  giro, 
E  non  sappiendo  là  dove  si  fosse, 

13  Quando  la  madre  da  Chirone  a  Schifo 
Trafugò  lui  dormendo  iir  le  sue  braccia 
Là  onde  poi  li  Greci'  il  dipartirò  ; 

14  Che  mi  scossMo  si  come  dalla  faccia 
Mi  fuggii  sonno;  e  diventai  smorto 
Comefa  Tuomehe  spaventato  agghiaccia. 

15  Dallato  m'era  solo  il  mio  conforto; 
E  *1  sole  er*alto  già  più  che  due  ore , 
&'i<  viso  m*  era  alla  marina  torto. 

16  Non  aver  tema  ,  disse  1  mio  signore: 
Fatti  sicur,  ohe  noi  siamo  a  buon  punto: 
Non  stringer,  ma  rallarga  ogni  vigore; 

IT    lu  se'  omai  al  purgatorio  giunto. 
Vedi  là'l  balzo  che  1  chiude  d' intorno: 
Vedi  r  entrata  là  've  par  disgiunto. 

Ift  Dianai  nell'alba  che  precede  81*  giorno, 
Quando  1*  anima  tua  dentro  dcrmia 
Sopra  li  fiorì  onde  laggiù  è  adorno  , 

19  Venne-  una  donna  e  disse  :  i'  son  Lucia. 
Lasciatemi  pigliar  costui  che  dorme: 

pueri  tremefneta  quiei^  oeuliqtie  jaeentii  In-- 
fueum  temen  diem:  stup9t  aere  primo,  Qucls 
Locat  qui  ffuetutf  uln  Mio»?  omnia  ven» 
Aique  ignota  fridèt,  dubitatquo  agnoeeen  md- 
Crem. 

13.  DonHBimo.  Per  dormanle.  Ar.  (Xl,68) 
Che  la  Uudò  euWitola  dormendo.  Rime  di 
Dante  :  MHadonna  atwo^  in  un  drappo,  dor^ 
mondoé 

DuK.  S'addormenta  sull'alba»  sogna  al- 
r aurora»  si  desta  a  dolore  di  sole.  —  Ma- 
bina.  Non-  poteva  vedere  che  cielo  ed  acqua: 
cotesto  gli  accresceva  la  tema. 

16.  Siena.  È  nei  Petr«  (son.  Ui );  e  nel* 
V  Ariosto^ 

19.  Luciib.  Pfetro-  per  essa  iatende  te-  ma* 
tematica  che  lo  innalza  al  principio  dell' azi<^ 
ne  virtuosa  :•  e  per  matematica  intende ,  se- 
condo r  origine  ,  la  scienza  appresa  {manta- 
no  ).  Ma  questa  Interpretazione  si  può  conci- 
liare con  1-  altra  del  11  dell'  Inferno  dieendo, 
che  Lucia  è  la  grazi»  iUunilnante  anoo  per 
via  d'  umane  dottrine  :  é  quasi  l*  anello  tra- 
Virgilio  sciema  meramente  umana ,  e  Beatri- 
ce sapienza  divina.  Ed  infetti  la  donna  gen- 
tile ,  Maria ,  imagine  della  clemenza  super- 
na ,  manda  Lneia  ,.  la  scienia  superna  ,  ad 
aiatare  il  P.  fedele  suo  ,  il  teologo  Dante  , 
come  r  enitafio  lo  chiama  :  Lucia  nemica  di 
ogni  crudele  (  perché  la  scienza  altissima  pio» 
ga  gii  animi  a  civiltà,  t  a  maosoetadine  )  ^ 


278 


DEL    PURGATORIO 


Si  r  agevolerò  per  la  sua  via. 

20  Sordel  rimase  e  l' altre  gentil  forme: 
Ella  ti  tolse,  e,  come  '1  di  fu  chiaro, 
Sen  venne  suso ,  ed  io  per  le  sue  orme. 

21  Qui  ti  posò  :  e  pria  mi  dimostraro 
Gli  occhi  suoi  belli  quell'entrata  aperta, 
Poi  ella  e  '1  sonno  ad  una  se  n*  andare. 

22  A  guisa  d*uom  cheindubbio  si  raccerta, 
E  che  muti  'n  conforto  sua  paura 

Poi  che  la  verità  gli  è  discoverta, 

23  Mi  cambiai  io.  E  come  senza  cura 
Videmi  '1  duca  mio,  su  per  lo  balzo 
Si  mosse,  ed  io  diretro  invér  V  altura. 

2i    Lettor,  tu  vedi  ben  com*  io  innalzo 
La  mia  materia  :  e  però  con  più  arte 
Non  ti  maravigliar  s' io  la  rincalzo. 

25Noici  appressammo,  ed  eravamo  in  parte 
Che  là  dove  pareami  in  prima  un  rotto  , 
Pur  com'  un  fesso  che  muro  diparte^ 

26  Vidi  una  porta,  e  tre  gradi  disotto, 
Per  gire  ad  essa ,  di  color  diversi. 

Ed  un  portier  eh*  ancor  non  facea  motto. 

27  E  come  rocchio  più  e  più  v'  apersi. 


racconiaDda  il  P.  a  Beatrice ,  la  somma  sa- 
pienza ,  la  qoal  siede  con  Rachele  ,  la  con- 
iemplaztone  dell'  altissimo  vero.  Adanqae  Vir- 
gilio ,  Lucia ,  Beatrice  sono  i  tre  gradi  dell' 
umano  sapere  secondo  Dante  :  puramente  uma- 
no ,  umano  e  divino ,  e  rivelato.  11  primo  lo 
conduce  per  l' Inf.  ,  il  secondo  lo  mette  alle 
porte  del  Purg.  ,  il  terzo  lo  fi  spaziare  nei 
deli.  11  primo  gì'  insegna  la  pena  del  male , 
fi  secondo  gliene  dà  pentimento  e  gliene  mo- 
stra il  rimedio ,  solo  il  terzo  lo  innamora  ed 
illustra  del  bene.  Non  prima  che  Lucia  lo  por- 
tasse, nota  Pietro,  e* poteva  pentirsi  e  darsi 
nel  petto.  L*  Ott.  cita  Isidoro  :  Né  alcuno  si 
fmot$  da  $è  correggere ,  ma  ammendato  da 
Dio,  Salmi  :  Non  è  deW  uomo  la  via  sua. 

20.  Forme.  L*  anima  ,  in  senso  scolastico, 
è  forma  del  corpo  :  lo  si  sapeva  anco  prima 
di  Clemente  V  che  l' aflPermò  nel  concilio  di 
Vienna.  Petr.  (  II  ,  88  )  :  Forma  par  non  fu 
mai  dal  dì  che  Adamo  Aperse  gli  occhi . .  . 
—  Tolsi.  Pietro  qui  cita  il  salm.  :  Assum- 
peit  m9  de  apàs  muUii  ...  Bl  eduxit  me  in 
latitudinem, 

31.  Andabo.  Yirg.  :  Nox  Aenean  fomn«f- 
que  retiquii,  Ott.:  lucia  ,  nel  tempo  che  VA, 
nulla  operava  .  ina  ti  levò ,  •  dtdiuse  al  luo- 
go dove  H  peccati  si  riconoscono ,  e  mottrò 
a  VirgUio,  moè  aito  fogi^m,  Vwtraia  M 


Yidil  seder  sopra  1  grado  soprano 
Tal  nella  faccia  eh'  io  non  lo  soffeni: 

28  E  una  spada  nuda  aveva  in  mano 
Che  rifletteva  i  raggi  si  vèr  noi 

Ch*  io  dirizzava  spesso  il  viso  in  vaso: 

29  Ditel  costinci ,  che  volete  voi  ? 
Cominciò  egli  a  dire:  ov'ò  la  scorti T 
Guardate  che  1  venir  su  non  vi  nòL 

30  Donna  del  ciel  di  queste  cose  aeeoiti, 
Rispose  1  mio  maestro  a  lui,  pordiinri 
Ne  disse  :  andate  là;  quivi  è  la  porla. 

31  Ed  ella  i  passi  vostri  in  bene  aTami, 
Ricominciò  1  cortese  portinaio: 
Venite  dunque  a'  nostri  gradi  innainL 

32  Là  ne  venimmo  :  e  lo  scaglioo  piìiMio 
Bianco  marmo  era  si  pulito  e  terso 
Ch*iomi  specchiava  in  esso  quale  f  pab. 

33  Era  1  secondo  tinto  più  che  peno 
D' una  petrina  ruvida  e  arsiccia» 
Crepata  per  lo  lungo  e  per  travaw* 

3h    Lo  terzo  che  di  sopra  s'ammasaiacii» 
Porfido  mi  parea  si  fiammeggiante 
Come  sangue  che  fuor  di  vena  apiocta. 


Purgatorio  ,  che  è  la  contrinonB  dal  CMft, 
$  poi  la  emendaiione, 

29.  Costinci.  Fare  ...  istinc  et  eomprim 
gressum.  Dice  Caronte  in  Virg.  —  SconxA? 
Pare  che  ad  ogni  anima  bisogni  la  scodi  # 
un  Angelo. 

30.  PoiTA.  Questa  è  la  porta  dopo  la  ^ 
le  è  libero  il  passo  al  cielo.  Però  ci  pooe  li 
chiavi  date  as.  Pietro  HB^nì  eoeiomm  (lUftdLt 
XVl ,  19  ). 

32.  Primaio.  Tre  parti  ha  la  peniteniarli 
confessione  del  labbro,  la  contrizione  dileaih 
re  »  la  soddisfazione  dell'opera.  —  Tiasa. 
Conviea  rammentarsi  il  peccato  ,  Tederae  li 
gravità  ,  confessarlo  candidamente ,  e  laiaiip 
per  pentimento.  Simile  idea  è  in  ona  orail^ 
ne  ined.  di  un  Mussato;  il  quale  dipingcaif 
la  scala  per  cui  T anime  salgono  al  cielo,  p^ 
ne  per  primo  grado  la  sagacità ,  per  sceoua 
la  prudenza ,  poi  la  scienza  ,  la  sapiean  fl 
supremo. 

33.  Secondo.  La  contrizione  che  roapr 
(conterit)  la  durezza  del  cuore,  e  quasi  aaà 
fìioco  lo  fa  screpolare.  —  Tinto.  Copo  laf^ 
III:  ilrta  sensa  tempo  tinta,  -^GaiFATA,  Joek 
Scindite  corda  «esfra,  et  non  vestìmanla  «a- 
«tma.— TEATiaso.  Cresc.  (11,4):  Tagliala  pm 
lo  lungo  e  per  traverso, 

34.  Taazo.  Rossore  del  pactato»  o  plattaala 


CANTO    IX. 


%  Sopra  questo  teneva  aonbo  le  piante 
L*  aiigel  di  Dio,  sedendo  in  "^u  la  soglia 
Che  IBI  senibiava  pietra  di  diamante. 

36  Per  li  tre  gradi  su  di  buona  voglia 
Mi  trasse  1  duca  mio, dicendo:  chiedi 
Ufnilemente  che  '1  serrarne  scioglia. 

37  Divoto  mi  gittai  ai  santi  piedi  ; 
Misericordia  chiesi  che  m*  aprisse  : 
Ha  pria  nel  petto  tre  fiate  mi  diedi. 

38  Sette  P  nella  fronte  mi  descrisse 
Col  punton  della  spada,  e:  fa  che  lavi, 
Quando  se*  dentro,  queste  piaghe,  disse. 

i9  Cenere  o  terra  che  secca  si  cavi 
D*  un  color  fora  col  suo  vestimento  : 
E  di  sotto  da  quei  trasse  due«.chiavi. 

tO    L*  una  era  d'oro  e  l'altra  era  d'argento; 
Pria  con  la  bianca  e  poscia  con  la  gialla 

soddlsfaiiooe.  E  le  vive  opere  avvivano,  dice 
l'Ou.,  l'tDima. 

35.  Angbl.  Imagine  dei  sacerdoti,  che  TAp. 
appunto  chiama  angeli.  E  Malachia:  Labia  sa- 
€9rdotis  euttodiunt  tcientiam  ...  quia  Angelus 
Domini  ...  est.  —  Sembiava.  L'  ha  il  Petrar- 
ca.—  Diamante.  Fermezza.  Ev.:  Tu  es  PétruSt 
€i  tuper  hanc  petram  aedipcaho  eccUsiam 
fMam,  et  portae  inferi  fior>  praevaìehunt  ad- 
v§nu$  eam. 

36.  Scioglia.  Matth.  :  Quodcumque  solveris 
nqter  terram  ... 

37.  Tkb.  Simbolo  della  Trinità. 

38.  Descrisse.  Gli  ridusse  a  memoria  i  sette 
feeeati:  di  quasi  tutti  egli  era,  cosi  come  o- 
fai  Domo,  a  qualche  modo  colpevole.  Inf., 
Il  :  O  mente  che  scrivesti  ciò  eh'  i'  vidi.  — 
Si^A.  L'autorevole  riprensione.  —  Lavi.  Ab- 
biUD  qai  la  contrizione,  la  confessione,  e  la 
peniteoia  necessaria  a  purgare  il  peccato. 

30.  Cenere.  Umiltà.  Eccl.  (X,  9):  Quid  su- 
ptfhii,  terra  et  cinis  ?  Neil'  inno  della  Chiesa: 
Cor  eontritum  quasi  cinis.  Sempre  nella  Bibbia 
la  eeoere  é  simbolo  di  penitenza.  La  terra 
appena  ca?a(a  ha  color  più  sbiadito.  — Chia- 
Ti.  Chrysost.  :  Clavis  aperitionis  est  sermo 
carrmtionis,  quae  increpando  culpam  detegit. 
Le  chiavi,  dicon  altri,  sono  il  discernimento 
«  l'aatorità  d'ammettere  o  di  rigettare.  Nelle 
aoticbe  pitture,  una  delle  chiavi  di  Pietro  é 
d'argento,  l'altra  d'oro  (  Maestro  Sent.  ,  l. 
Vf,  disi.  18).  S.  Ambr.:  Lo  Signore  vuole  esser 
ipsale  la  balia  d'assolvere  e  di  legare:  e  per- 
mise l'uno  e  Valtro  con  pari  condizione. 

40.  Bianca.  La  scienza  dei  peccato. — Por- 
ta. E  chiusa  perchè  conviene  con  preghiera 
cliiedere  V  entrata  alla  grazia. 


Fece  alla  porta  si  eh*  io  fai  contento. 

ki    Quantunque  l'una  d'este  chiavi  falla. 
Che  non  si  volga  dritta  per  la  toppa, 
Diss'eglia  noi,  non  s'apre  questa  calla. 

k2  Più  cara  è  l'una,  ma  l'altra  vuol  troppa 
D' arte  e  d*  ingegno  avanti  che  disserri. 
Perch'eli'  è  quella  che  '1  nodo  disgroppa. 

h3    Da  Pier  le  tengo;  e  dissemi  ch'io  erri 
Anzi  ad  aprir  eh*  a  tenerla  serrata. 
Pur  che  la  gente  a'  piedi  mi  s' atterri. 

a  Poi  plnse  r  uscio  alla  parte  sacrata. 
Dicendo:  intrate.  Ma  facciovi  accorti 
Che  di  fuor  torna  chi  dietro  si  guata. 

k^    £  quando  fùr  ne'  cardini  distorti 
Gli  spigoli  di  quella  regge  sacra 
Che  di  metallo  son  sonanti  e  forti, 

ìG    Non  ruggio  si  né  si  mostrò  si  aera 

42.  Cara.  V  aatorità,  preziosa  pel  sangoe 
di  Cristo  che  l'ha  comperata. — Artb.  S.  Ao- 
gast.  :  Qui  confiteri  vult  peccata ,  ut  inveniat 
gratiam  ,  quaerat  sacerdotem  scientem  ligare 
et  solvere. ..ne  ambo  in  foveam  cadant.  Olt.: 
'L  prete  vuole  aver  molta  discrezione ,  e  con- 
siderare la  condizione  e  stato ,  eiade  e  matu- 
rezza  del  peccatore,  in  considerare  la  quaUtth- 
de  del  peccato,  e  le  circustanzie... altrimenti 
male  andrebbe  la  deliberazione  della  peniten- 
za, che  si  dee  ingiungere. 

44.  Torna.  S.  Lue.  :  Nemo  mittens  manum 
suam  ad'aratrum,  et  respiciens  retro,  aptus 
est  regno  Dei.  Boet.  :  Heu  ,  noctis  prope  ter- 
minos  Orpheus  Eurydicem  suam  Vidit,  per- 
didit,  occidit.  Vos  haec  fàbula  respicit.  Qui- 
cumque  in  superum  diem  JHentem  ducere  quae- 
ritis.  Nam  qui  Tartareum  in  specus  Victui 
lumina  fUxerU... 

45.  Cardini.  Prov.  (XXYI,  14}  :  Sicut  ostium 
vertitur  in  cardine  suo.  Virgìl.  :  Tum  demum 
horissono  stridentes  cardine  sacrae  Panduntur 
portae.^  Spìgoli.  Punte  di  ferro  che  posane 
in  terra  sulle  quali  si  regge  l'  uscio ,  e  si  gira 
la  porta  per  aprirsi,  perchè  dice  il  Landino, 
le  gran  porte  nun  si  collegano  a  gangheri  con 
le  bandelle,  ma  per  bandelle  hanno  certi  pon- 
toni ,  e  per  gangheri  un  concavo  sul  quale 
detti  pontoni  entrano,  e  sa  questi  si  bilica  la 
porta  in  modo  che  s'  apra  e  serri.  —  Rrggb. 
Porta.  É  nel  Vili,  e  in  altri. 

46.  RuGGfo.  Dicevasi  d'  ogni  forte  e  allo 
saono.  Nel  Par.  :  Ruggeran  sì  questi  cerchi 
superni.  Qui  stride  irruginita  la  porta ,  perché 
potfct .  .  .  electi.  (  Mat.,  XX  ).  Altri  dice  , 
perchè  pesante  Ott.  :  Fue  grande  romore,  a 
moiiroiii  mollo  agra  ;  a  dare  ad  intendere  » 


PEL   PURGATORIO 


Iqooo 


tuono. 


4  |Uk  M  peceaf  ore  » 
coti  invi- 


..  aceioc- 

fìl«niaaì  di  fiaori, 

B  «sfiMe  operfo.  — 
itEoma  or»  costodito 
Sf0|^  ritornaDdo  da 
ftù  »  per  pagare  i  aol- 
s'oppose.  Lue.  (1.  Ili): 

MÒif  pereuisa  jMtfa6tm( 

.<^OTHi«MMfo  paHMfiMK  (empto 

^ST  "  ta^  ^^f^  Tiuf9ia  ionat ,  inaino 
^^  rrr  AaCatwritrtdoffv  /bmoi.  L'atto  di 
^««^  »M  pv  colpeTole  t  Dante  ;  poiché 
4M^.teM«  Mia  tep-  ffl^  ^^  strumento  a 
jl^^Ht  t  ìMero  Tolntb  da  Dio.  —  Macaa. 
^  «  IXIV  :  fMoia  ...  di  m^^n  »  dimfl^a. 


hS    Tale  immagine  appanto  mi  rendea 
Ciò  eh'  io  udiva,  qual  prender  si  suole 
Quando  a  cantar  con  organi  si  stea, 

ft-9    Ch'or  si  or  no  s'intendon  le  parole. 


Ott.  :  Ha  tratti  pondi  d*  òn>  quattromUleem- 
tovtfOieinque,  e  d^argmto  p^oo  mano  ek€  no- 
v$c9tkto  migliaia, 

47.  Tuono.  Psal.  :  Introite  portoè  «jiif  m 
confusione ,  atria  yus  in  hywnis. — Ì^^mum. 
All'  entrare  d'  un'  anima  cantano  Te  Dmm , 
per  lodare  i  Santi  e  gli  Angeli  e  Dio  creatore 
e  redentore  della  salate  d'uno  spirito;  all'usci- 
re dell'  anima  verso  il  cielo  cantano  :  Giona 
m  e^BceUùft*  nella  valle:  Salve  Aerina ;veno 
sera:  Te  hiei$  ante  ;  nello  scendere  a  riva: 
In  exitu  brael  ;  al  venire  di  Beatrice  :  FM 
epofoa;  al  venire  di  Cristo  :  BenadictMi  ^ 
venii.  Poi  gli  Angeli  all'  entrare  di  ciaseoo 
giro  canuno  al  P.  parole  rtccomamUtrìci  di 
alcuna  virtù. 


SBl 


CANTO     X. 


ÀRGOMESTO, 

0  nel  wifM  emhio  de  t uperM  :  teggfmù  eiempi  t  nmtBd  itdpiti  nel 
mpmvi ,  cwrvi  $oUo  gran  $as9i ,  $on  forzati  a  conlemjpIaWt  j   •  a  do* 
00  orgoglio» 

m  d  confessa  saperbo»  contro  sé  medesimo  predica  in  questo  canto;  dorè  l'ima- 
late  con  amore,  e  le  scultore  veramente  scolpite.  Le  imitazioni  virgiliane  co* 
tindare  :  si  fa  più  sacro  il  canto ,  e  più  puro.  Gli  esempi  son  tratti  dai  nuovo 
»  testamento ,  e  da  una  volger  tradizione  de'  secoli  bassi  :  una  donna ,  e  due  re. 
insegna  ai  re  1*  umiltà  ;  mostra  venuta  dall'  umiltà  la  pace  del  mondo, 
terzine  2  alla  9;  la  li  alla  16;  la  18  ;  la  20  alla  24  ;  la  20  alla  29  ;  U  31 
fj,  38;  la  40,  alla  fine. 


no  dentro  al  soglio  della  porta 
I  amor  dell*  anime  disusa 
parer  dritta  la  via  torta, 
>  la  sentii  esser  richiusa. 
B88Ì  gli  ocelli  vòlti  ad  essa , 
stata  al  fallo  degna  scusa  ? 
ram  per  una  pietra  fessa 


r  poiché  (  nel  e.  XIV ,  44  ) ,  e 
u  E  il  Pctr.  (  son.  41  ).  —  So- 
JTlil  ).—  Amor  (  F.  e.  XVIII  ), 
Ila  divisione  delle  pene. — Dist- 
)  due  sensi  :  la  porta  la  quale 
ISO  del  malo  amore  de' beni  ter- 
dirà  nel  e.  XVIl  )  ;  o  la  porta  la 
isata  per  colpa  del  malo  amore: 
le  all'  aprirsi.  Boti  :  Lo  moto 
ose  mondane  ci  iien$  la  entrata 
a.  —  Dritta.  Ott.  :  Fa  estimare 
nan  t>ert. 

»  (e.  IX,  46  ). --Richiusa.  Già 
mmlna  a  virtù.  —  Vólti.  Ram- 
ia  di  Lot  e  la  fìivola  d'Euridice. 
I.  Come  faciavam,  sapavftm. — 
ca  i  disaè;!'  del  primo  roii>ere  a 


Che  si  moVéva  d' una  e  d'altra  parte 
SI  come  r  onda  che  fugge  e  s*  appressa. 

Qui  si  convien  usare  un  poco  d*arte. 
Cominciò  1  duca  mio ,  in  accostarsi 
Or  quinci  or  quindi  al  lato  che  si  parte. 

E  ciò  fece  li  nostri  passi  scarsi 
Tanto,  che  pria  lo  stremo  della  luna 


penitenza ,  e  del  dover  fuggire  a  ogni  passo 
gli  estremi.  Agost.  :  Stracca  i  la  via  che  ne 
mena  a  tita  etema.  Ott.  :  È  tutta  oftposita 
alla  via  ,  che  vogliono  U  superbi ,  li  quali 
la  vogliono  larga...  e  che  ogni  uomo  dea  loro 
luogo  ...  e  levi  loro  dinanzi  qualunque  cota 
pare  impedire  ,  o  ritardare  il  loro  volere.  — 
ApmssA.  Al  lido. 

4.  Parte.  Svolu.  Ott.  :  Secondo  che  il  sas- 
so eed$  ,  fi  vuole  prendere  il  cammino.  V  ur 
miliade  è  opposita  della  superbia .  e  psrò  que- 
sto seguire  in  accostarsi,  non  è  altro,  che  es- 
sere umile, 

5.  ScarIi.  C.  XX  :  Aliti  lenti  •  scarsi  (  pic- 
coli ).  —  RioiimsB.  A  ponente.  La  «esla  ora 
del  giorno.  Scema  la  luna  perchù  lontana  due 
begni  dal  tempo  di  saa  picirezza.  Era  piena 

3G 


282 


DEL    PURGATORIO 


Rigiunse  al  letto  suo  per  rìcorcarsi, 
G    Che  noi  fossimo  fuor  di  quella  cruna. 
Ma  quando  fummo  liberi  e  aperti 
Su  dove  '1  monte  indietro  si  rauna, 

7  io  stancato  e  amendue  incerti 
Di  nostra  via  ristemmo  su  'n  un  piano 
Solinso  più  che  strade  per  diserti. 

8  Dalla  sua  sponda  ove  confina  il  vano, 
A'  piò  deir  alta  ripa  che  pur  sale 
Misurrebhe  in  tre  volte  un  corpo  umano. 

9  £  (|uanto  rocchio  mio  potea  trar  d'ale 
Or  dal  sinistro  e  or  dal  destro  fianco. 
Questa  cornice  mi  parca  cotale. 

10  Lassù  non  eran  mossi  i  pie  nostri  anco, 
Quand'  io  conobbi,  quella  ripa  intomo. 
Che  dritto  di  salita  aveva  manco, 

11  Esser  di  marmo  candido ,  e  adomo 
D*  intagli  si  che  non  pur  Policreto, 
Ma  la  natura  gli  averebbe  scemo. 

12  L^angel  che  venne  in  terra  col  decreto 
Della  molt*  anni  lagrimata  paca 

Ch'  aperse  il  ciel  dal  suo  lungo  divieto 

13  Dinanzi  a  noi  pareva  si  verace 

(  Inf. ,  XX  )  quando  il  P.  entrò  nella  selva. 
Siam  dunque  al  giorno  quinto  dal  plenilunio: 
e  la  lana  doveva  tramontare  quattr'ore  dopo 
fi  nascer  del  sole.  Più  di  due  ore  passarono 
quando  il  P.  si  destò  (e.  IX ,  15 ).  Dunque 
a  fare  la  salita  spesero  poco  men  di  due  ore. 
—  Letto.  Nell'altro  emisfero  dispare. 

6.  Cruna.  Via  lunga  e  angusta.  —  Inbis- 
TRo.  Lasciando  un  ripiano. 

8.  Sponoa.  La  superbia  ,  come  colpa  più 
grave  ,  sta  più  lontana  dalla  cima  del  mon- 
te. —  MisuRRBBBB.  Bocc.  :  Soffermi, 

9.  Alb.  Petr.  :  Poi  itendindo  la  %>i»ta  quanV 
io  hoito  ,  Rimirando  oua  V  occhio  oUrn  non 
varca. 

10.  Dbitto.  La  roccia  perpendicolare  da  cui 
non  si  poteva  salire.  Fr^se  contorta.  Conv.(Ii, 
3  )  :  Airaa  ma  avcrt  manco  di  fortezza. 

11.  PoLicRBTo.  Di  Sidone.  Ne  parla  Cic. 
(  Khet. ,  Il  )  ;  e  V.  Mass.  lo  loda  per  le  ima- 
gini  sue  degli  Dei.  Le  sculture  rappresentanti 
umiltà  pone  ritte  sul  monte  :  le  simboleggian- 
ti  superbia  ,  sul  suolo  ,  che  le  calpesti  chi 
passa.  —  Gli.  Per  vi  (e.  XII 1 ,  3 ). 

12.  L*  ANGBL.  (  S.  Lue. ,  I  ).  Esempi  d'  n- 
miltà  atti  a  sviare  dal  vizio  contrario.  S.Greg.: 
Sicut  ineerUivum  elaiionis  est  retpeetiu  dete- 
riori$,Ua  cautela  kumilitaiis  e$t  eonsideratio 
meliorù.  —  Vbnnb.  Mìmmum  eH  Angelue  .  .  . 
Ott.  :  La  tomma  superbia  fu  quella  di  Luci- 


Quivi  intagliato  in  un  atto  soave. 
Che  non  seminava  immagine  che  tace. 
ik    Giurato  si  saria  ch*  ei  dicesse  :  Ave  ; 
Perchè  quivi  era  immaginata  quella 
Ch*  ad  aprir  Talto  amor  volse  la  chiave. 

15  Ed  avea  in  atto  impressa  està  favella: 
Ecce  aneilla  Dei,  si  propriamente 
Come  figura  in  cera  si  sujggella. 

16  Non  tener  pure  ad  un  luogo  la  meote. 
Disse  '1  dolce  maestro,  che  m*  avea 
Da  quella  parte  onde  1  core  ha  la  genie. 

17  Perch'  io  mi  mossi  col  viso,  e  vedea 
Diretro  da  Maria ,  per  quella  costa 
Onde  m' era  colui  che  mi  movea» 

18  Un'  altra  storia  nella  roccia  impolla: 
Perch'io  varcai  Virgilio,  e  Temmi  pcMO, 
Acciocché  fosse  agli  occhi  miei  dìspoilk 

19  Era  intagliato  II  nel  marmo  steuo 
Lo  carro  e  i  buoi  traendo  l' arca  laMa, 
Perchè  si  teme  ufficio  non  coQnmeaio. 

20  Dinanzi  parca  gente,  e  tutta  quanta 
Partita  in  sette  cori,  a*  duo  miei  ieott 
Facea  dicer  V  un:  no,  T  altro:  ai  cmèl 

fero  ;  la  ta^nma  umilUade  fu  quella  di  CrMi» 
'—  Lagbimata.  in  senso  simile  ha  /ltfìVii|i 

14.  Ave.  Ar.  :  E  parea  Gabrid  ckt  éim' 
te  ave, 

15.  ÀrrctLLÀ.  Queste  parole  nelle  RiaM  af* 
plica  il  P.  all'amore  ed  all'anima  propria: 
Amor,  iignor  verace;  Ecco  V ancella it»:p 
che  ti  piace. 

16.  CoBB.  Manea.  Arist.  (De  Pari.  aniaMll* 

19.  TBABNno.  Per  traenti.  Nelle  aime:  9 
esto  cuore  ardendo ,  per  ardente,  —  AiCA* 
Quando  Davide,  che  secondo  la  carM  ftiai- 
tecessore  di  Cristo,  la  trasportò  daCarìatiariB 
a  Gerusalemme  (  Reg.  ,  11 ,  li)*  —  Umas^ 
Oza  toccò  r  arca  e  mori. 

20.  Sbttb.  (Reg.,  11).  L*Ott.  tradica: 
Bagunò  David  tutti  U  eletti  d^lsdrael  tf0^ 
mila  ,  e  con  loro  andò  per  rimenare  ^•^ 
di  Dio  ...  £  puotero  V  arca  di  Dio  topy^ 
carro  nuovo  ...  //  re  David ,  e  tutto  Mw 
toUazzavano  dinanzi  in  tutti  ttrumenU  la^ 
roti  tn  calare  ,  chitarre  ,  tamburi,  cemèeMt 
e  tiitri.  E  poich'eUi  pervennero  oITofta,  Om 
ttete  la  mane  ali'  arca  di  Dio ,  e  Criawiit 
perchè  U  buoi  recalcitravano ,  ed  inekmaetf^ 
quella.  Iddio  indegnato  è  eontra  Oia,efe^ 
coue  quello  ...  ti  quale  i  morto  iti  allato  ér 
l*arca.  E  temette  David  il  Signore  guaito  A 
dicendo  :  Come  entrerà  a  me  C  arca  di  IM 
E  non  volle  volgere  l'  arca  del  Sigmn 


CANTO    X. 


283 


21  Similemente  al  fumo  degV  incensi, 
Che V  era  immaginato,  e  gli  occhi  e1  naso 
E  al  si  e  al  no  discordi  fensi. 

22  LI  precedeva  al  benedetto  vaso, 
Trescando  alzato ,  V  umile  salmista, 
E  più  e  men  che  re  era  'n  quel  caso. 

23  Di  contra  effigiata  ad  una  vista 
D*  un  gran  palazzo  Micol  ammirava 
SI  come  donna  dispettosa  e  trista. 


eUtà  di  David ,  ma  la  fece  ridurre  nella  ca- 
«a  dì  Obed-Edon  Ghitteo  ;  e  stette  Varca  del 
SignoTB  in  quella  casa  di  Obed-Edon  Ghitteo 
tre  mesi  ...E  disse  David  :  io  andrò  ,  e  ri- 
«iMierò  Torca  con  la  benidizione  deUa  casa 
mia  ...Ed  erano  con  David  sette  cori  ...E 
David  toccava  gli  organi^  e  saltava  con  tutte 
ì$  forze  dinanzi  al  Signore,  David  aveva  ai- 
tatù  WM  Ephod  di  lino.   E  David ,  e  tutta 
ks  caia  d*  Isdrael  condueevano  V  area  del  te- 
MtammUo  del  Signore  in  cantare  f  ed  in  suono 
di  tromba.  E  conciofossecosaché  V  arca  del  Si- 
^mon  fosse  entrata  nella  città  di  David ,  Mi- 
eoi  figliuola  di  Saul  riguardò  per  la  finestra, 
vide  David  re  cantando  ,.,  e  ballante  innanzi 
al  Signore  ,  0  dispregiollo  nel  cuore  suo  . .  . 
E  tomossi  David  per  benedicere  la  casa  sua. 
Bd  9i$cita  Micol  figliuola  di  Saul  incontro  a 
Damd  ,.diue  :  oh  come  fu  oggi  glorioso  il  re 
dt  Udrael ,   discoprendosi  alle  serve  de*  servi 
tuoi  ...  IHsse  David  a  Micol:  se  Dio  m* aiu- 
ti ,  frive  il  Signore  ,  eh*  io  sollazzerò  dinanzi 
^  Signore ,  il  quale  elesse  me  in  re  ...e  co- 
musndommi ,  eh*  io  fossi  duca  sopra  il  popolo 
di  Dio  di  bdrael.  lo  giucherò ,  e  farommi  pia 
mU  eh'  io  non  sono  fatto,  e  sarò  umile  e  bas- 
m  metti  occhi  miei;  e  parrò  glorioso  con  quel- 
Ì$  ancelle ,  delle  quali  tu  hai  parlato. 

%i.  Sì.  Tasso  ,  XVI  :  Manca  il  parlar;  di 
vico  altro  non  chiedi  :  Nò  manca  questo  an- 
cor, m  agli  occhi  credi.  —  Fbnsi.  Si  fecero 
(P*r.  ,  VII). 

Si.  Più.  OU.  :  Più  che  re    (in  quanto  in 
wmtùMterìo  di  queW  arca  di  Dio) ,  e  meno  che 
9%  (in  quanto  che  ,  come  buffone  ,  sonava  e 
cmsUttva  e  ballava). 
S3.  Vista.  Finestra  (  Inf.  ,  X  ). 
S5.  pRiNCB.  Tradizione  volgare  di  cai  parla 
VM>  storico  ,  citato  da  Pietro  (De  geslis  Ro- 
■uomm  ).  E  il  Novell.  ,  LXIX  :  Qui  conta 
icUa  gran  giustizia  di  Traiano  imperatore... 
Andando  un  giorno  colla  sua  grande  cavai- 
ifris  contr*  a*  suoi  nemici ,  ur^  femmina  ve- 
dala li  si  fece  dinanzi ,  e  preselo  per  la  staf  I 
fc  t  e  disse  :  messer ,  fammi  diritto  di  quelli  I 
ek§  a  torto  m*  hanno  morto  il  mio  figliuolo.  1 
£  lo  imperatore  disse  ...Ed  ella  disse:  se  iu\ 


2/i    Io  mossi  i  pie  del  loco  dov'  io  stava, 
Per  avvisar  da  presso  un'  altra  storia 
Che  di  retro  a  Micól  mi  biancheggiava. 

25  Quiv'  era  storiata  1*  alta  gloria 
Del  roman  prince  Io  cui  gran  valore 
Mosse  Gregorio  alla  sua  gran  vittoria; 

26  r  dico  di  Traiano  imperadore: 
E  una  vedovella  gli  er'  al  freno 
Di  lagrime  atteggiata  e  di  dolore. 


non  tornii  Ed  elU  rispose  ...E  dopo  non 
molto  tempo  dopo  la  sua  morte  ,  venne  il  B. 
Grigoro  papa  :  e ,  trovando  la  sua  giustizia, 
andò  alla  statua  sua.  E  con  lagrime  V  onorò 
di  gran  lode  »  e  fecelo  diseppellire.  Trovaro  che 
tutto  era  tornato  alla  terra  ,  salvo  le  oua  e 
la  lingua.  E  ciò  dimostrava  com*  era  stato 
niustissimo  uomo ,  e  giustamente  avea  parlato. 
E  santo  Grigoro  orò  per  lui  a  Dio.  È  dicesi, 
per  evidente  miracolo  ,  che  per  li  preghi  di 
questo  santo  papa  V  anima  di  questo  impera^ 
tore  fu  liberata  dalle  pene  dell' Inf.  Di  ciò  nel 
XX  del  Par.  —  Valore.  Non  pur  guerriero. 
—Vittoria.  Il  Baronio  (  t.  Vili,  an.  601)  ed 
il  Bellarmino  (II,  De  Purg.,  c.8  )  dicono  fa- 
volosa la  storia  narrata  da  Paolo  Diacono  (V. 
Greg.  ,  1.  II,  e.  44  )  ,  dall' Eucologio  de* Gre- 
ci (  cap.  66  )  ,  da  s.  Tom.  (  Suppl.  quaesL 
73 ,  art.  5 ,  ad  s.  ).  Dione  Cassio  ,  e  SiGli- 
no  ,  attribuiscono  ad  Adriano  1'  azione  detta: 
ma  la  tradizione  volgare  la  dona  a  Traiano. 
Ott.  :  Anno  della  nativitate  di  Cristo  DLXXXI, 
Gregorio  dottore,.,  tedi  papa  anni  tredici... 
Aprendosi  il  monimento  nel  quale  era  suto 
seppellito  ...  Traiano,  e  trovandosi  la  sua  te- 
sta ,  con  la  lingua  così  intera  e  così  vermi- 
glia ,  come  era  essuta>^in prima  vita  ...  cono- 
sciuto per  divina  rivelazione  del  detto  papa 
Gregorio  ,  che  questo  era  in  Traiano  per  la 
somma  giustizia  eh*  era  essuta  in  lui  ;  0  ve- 
dendo ,  come  pagano  era  dannato,  con  vigi- 
lie ,  digiuni  ed  orazioni ,  impetrò  dalla  mise- 
ricordia di  Dio ,  che  l*  anima  del  detto  Tra- 
iano ,  esente  dcUlo  Inferno ,  volendo  fare  pe- 
nitenza e  riconoscere  Dio,  fu  restituita  al  cor- 
po mortale ,  nel  quale  ...  con  li  sussidii  del 
beato  Gregorio  ,  meritò  l*  etema  vita.  Ma  il 
detto  Gregorio  eleggendo  di  volere  anzi  qui, 
che  in  Purgatorio,  mondarsi  di  quello  che  avea 
chiesto  sì  fatto  dono ,  tutto  il  rimanente  della 
sua  vita  languì  in  letto   d*  ogni  generazione 
d' infermitadi  ,  le  quali  con  somma  pazienza 
comportò  ,  sempre  laudando  Iddio.  Poi  l' Ott. 
cita  Paolo  Orosio  ,  rammentando  come  Tra- 
iano facesse  restare  la  persecuiione  dt 'cristia- 
ni: e  le  sue  molte  virtù. 


281 


DEL    PURGATORIO 


27  Dintorno  a  lui  parea  calcato  e  piena 
Di  cavalieri,  e  V  aguglie  nell'  oro 
Sovr*  essi  in  vista,  ai  vento  si  movieDO. 

28  La  miserella  infra  tutti  costoro 
Parea  dicer:  signor,  fammi  vendetta  (ro. 
Del  mio  figliuol  ch*ò  morto,  ond*io  m*acco- 

29  Ed  egli  a  lei  rispondere:  ora  aspetta 
Tanto  eh'  io  torni.  E  quella:  signor  mio 
(  Come  persona  in  cui  dolor  s' ailretta  ), 

30  Se  tu  non  torni?  Ed  ei  :  chi  fia  dov*  io, 
La  ti  farà.  Ed  ella:  Y  altrui  bene 

A  te  che  fìa,  se  1  tuo  metti  in  obblio? 

31  Ond'  egli:  or  ti  conforta,  che  conviene 
Gh'  i' solva  il  mio  dovere  anzi  eh'  i'mova: 
(iinstizia  vuole,  e  pietà  mi  riticK». 

32  Colui  che  mai  non  vide  cosa  nuova,. 
Produsse  esto  visibile  parlare. 
Novello  a  noi  perchè  qui  non  si  trova* 

33  Mentr*io  mi  diiettava  di  guardare 
L' immagini  di  tante  umilitadi, 

E  per  lo  fabbro  loro  a  veder  care: 
3&>    Ecco  di  qua,  ma  fanno  i  passi  radi,. 
Mormorava  'I  poeta,  molle  j:enli: 
Questi  ne'nvieranno  agli  alti  pradi. 

35  Gli  occhi  miei  ch'a  mirar  eraro  intendi 
Per  veder  novitadi  onde  son  voghi, 
Volgendosi  vèr  lui  non  furon  lenti. 

36  Non  vo*  però ,  lettor,  che  tu  ti  smaghi 
Di  buon  proponimento,  per  udire 
Come  Dio  \uol  che  ì  debito  si  paghi. 

37  Non  attender  la  forma  de>  martire: 


32.  Nuova.  Aug.  (  C.  D.  ,  XXII,  22):  Ad 
opus  novum ,  sempiternum  adhibet  Deus  con- 
ntium» 

a3.  Umilitadi.  Anco  in  pros»  (  V.  S.  Pa- 
dri). Nell'amiUà  si  compiace  tanto,  anco  per- 
chè questa  era  virtù  principale  della  sua  don- 
na. Lo  dice  nelle  Eime  sovente. 

36.  Smaghi.  Bocc.  :  La  quale  (onestà )  non 
che  i  ragionamenii  sollazzevoli,  ma  il  terrore 
della  morte  non  credo  che  potesse  smagare. — 
Paghi.  Teme  che  le  pene  si  gravi  deir  espia- 
zione non  facciano  parere  la  virtù  troppo  dura. 

37.  Gran.  InC. ,  Vl:£a  gran  semenza.  Ve- 
nite benedicti  ;  ite  maledictu  Alla  peggio  alla 
peggio  ,  il  tormento  dell'  espiazione  non  du- 
teià  più  del  mondo. 

39.  Tbrìia.  Pietro  cita  il  salm.  :  Conquas- 
satit  capita  in  terra  muttorum. 
40.SoTTo.Er.:  Qui  $$  exaltat,  humiUabitur, 


Pensa  la  succession;  pensa  ch'a 
Oltre  la  gran  sentenzia,  non  può  ire. 

38  Io  cominciai:  maestro,  quel  ch'io  veggS 
Mover  vèr  noi,  non  mi  sembian  personna 
£  non  so  che:  si  nel  veder  vaneggio. 

39  Ed  egli  a  me*,  la  grave  condizione 
Di  lor  tormento  a  terra  li  rannicchia 
Siche  \  mie* occhi  pria  n'ebher  tenzoi^c 

40  Ma  guarda  fiso  li,  e  disviticchia 

Col  viso  quel  che  vien  sotto  a  quei  sassf  j 
Già  scorger  puoi  come  ciascun  sipìccbii. 

kì    0  superbi  CristiaD,.  miseri  lassi. 
Che  de  la  vista  della  mente  iafermt 
Fidanza  avete  ne*  ritrosi  passi, 

h^  Non  v'accorgete  voi  che  noi  siam  venpi 
Nati  a  formar  V  angelica  farfalla 
Che  vola  alla  giustizia  senza  schemUt 

kS    Si  che  r  animo  vostro  in  alto  gallat 
Poi  siele  quasi  entomata  in  difetto. 
Si  come  verme  in  cui  formazion  falli. 

k%    Come,  per  sostentar  solaio  o  tetto, 
Per  mensola  tal*  volta  una  figura 
Si  vede  giunger  le  ^Mnocchia  al  petto, 

ko    La  qual  fa  del  non  ver  vera  rancura 
Nascere  a  chi  la  vede;  cosi  fatti 
Vid*  io  color  quando  posi  ben  cura. 

40  Ver  è  che  più  e  meno  eran  contratti 
Secondo  ch'avean  più  e  meno  addosso. 
E  qual  più  pazienzia  avea  negli  atti, 

VI    Piangendo  parea  dicer:  più. non  poséo*. 


41.  Lassi.  IHf. ,  XXXir  :  ^hifeì  mtam  W 
Petr.  :  Ite  superbi  e  miseri  Crisiiam.  —  V' 
TROsi.  Credete  avanzare,  e  retrocedete  per  li 
viltà  dell'orgoglio. 

42.  Vervi.  Ps.  :  Ego  autem  tum  vermit* 
Negli  antichi  monumenti  per  rappresentare  f 
anima  non  solo  s*  incontra  una  fancialla  ala- 
ta, ma  sovente  la  stessa  farfalla  (BaoDarr<ff» 
Osservai,  sopra  alconi  frammenti  di  vasi). 
—  ScuERMi  ?  Par.  ,  XXIX  :  Ba  em  niiUa  « 
nasconde. 

43.  Entomata.  C  Arrst.  ,  De  An. ,  Il  )• 
Entoma  ,  nota  il  Sahiui ,  doveva  dire.  Ma  an* 
tornati  usò  il  Redi  ;  e  nei  Dufresoe  iroviMM 
enioma  ,  entomatis. 

44.  Mensola.  (Vitniv.  ,  1.  I  ). 

45.  Rancura.  Inf. ,  XXVIl:  RomcMranifSt 
dolerti. 


CANTO      XI. 


ARGOMENTO. 


Tra  U  anime  d^  MAoeròì  trova  un  conU  $ene$e,  e  Odengo  da  Gubbio,  mima' 
in  eilibre»  ma  vinto  già  da  Franco  Bolognese,  Da  qui  prende  occasione  a  gridare 
I  minità  della  gloria  mondana.  Conosce  da  ullimo  un  altro  Senese,  a  cui  gì*  in- 
Ufi  al  pentirti  fino  alV  estremo  del  vivere  furono  perdonati  in  grazia  d  un'  opera 
twtmosa  ,  dell  e$$er$i  umiliato  a  chiedere  aiuto  per  far  bene  ad  altrui.  Tanto  potere 
alta  beneficenza  it  A,  e  tanto  duro  parevagli  il  chiedere:  e  da  ullimò  lo  con- 
»  accennammo  a  simili  umiliazioni  del  proprio  eèiglio. 


Canto  non  forte  d*  invenzione ,  ma  di'  concetto  e  di  8tUe« 

Ilota  le  terzine  1  alla  5;  la  9,  10,  11^  13,  14»  16,  19,  20,  21,  25,  26,  29,  31;  la  34- 
(1^  37;  la  39,  40;  le  olthne  tre. 


l    O  Padre  nostre  che  ne*  cieli  star. 
Non  cireonscritto ,  ma  per  più  amora 
Ch'  ai  primi  efTetti  di  lassù  tu  hai, 

ì    Laudato  sia  1  tuo  nome  e  1  tuo  valore 
Da  ogni  creatura,  com'  è  degno 
D»  render  grazie  al  tuo  dolce  vapore^ 

X   Vegna  vèr  noi  la  pace  del  tuo  regno; 
Gbè  noi  ad  essa  non  potem  da  noi. 
S'dla  non  \ien,  con  tutto  nostfa'ngegnov 


t.  Painue  (Hatth.,  V).  Preghiera- convenien^ 
H  a  purgar  la  superbia ,  poiché  si  conosce  in* 
«ta  V  altezza  di  Dio,  a  lui  si  reca  ogni  glo- 
ria;. U  suo  regno,  non  V  nmano  s' invoca;  e^ 
aio  .che  più  pesa  all'  orgoglio,  si  perdona  ogni 
•Una.  E  la.  sovrana  delle  preghiere  ben  s'ap* 
propria  al  massimo  de'  peccati.  —  Gibcon- 
liSiTTO.  ^g-  (Jli»  9  )  :  Coeli  coelorum  te  00- 
p09  nomW^unt.  —  Effetti.  I  cieli  e  le  in* 
iglligenze  Iq^  li  reggono.  Effetti  ^v  creature 
Ufi  Coav.  AVfst.  (  De  coelo  et  muodo  ),  eitaio 
4tiy OU. .  dice  che  il  luogo  dev'essere  prò- 
pofsiooato  al  locato. 

%  YALOftB.   Arnaldo  ntl'  XXVI ,  parlando 


;> 


6 


Come  del  soo-veler  gH  amiceli  tuoi 
Fan  sacrificio  a  te,  cantando  osanna, 
Cosi  facciano  gli  uomini  de'  suoi. 

Dà  oggi  a  noi  la  cotidiaiia  manna, 
Senza  la  qual  per  questo  aspro  diserta 
A  retpo' va  chi  più  di  gir  s*  aflanna. 

E  come  noi  lo  mal  ch*avem  sofferto 
Perdoniamo  a  ciascuno,  e  tu  perdona 
Benigno,  e  non' guardare  alnostromerto. 


della  divina  Tlìrtils  la  chiama  tfalom. — Vaposb^ 
Sap.  (  VII,  25  )  :  Sapientick  vapor  eiC  virtuii^ 
Ihi,  et  emanatio. 

3.  PoTBM.  Inf.,  XXIV:  Non  pofa  più  oltre. 

4«  Osanna.  Ap.:  Clamabunt,  dioentes:  Ho- 
tanna. 

tt»  Manna.  Di  carila.  Ambr.  :  Pamk  viiae 
aeiemae  qui  futeit  animam  nottram.  Neces* 
saria  alle  aoiroe  preganti  ed  alle  vifenii  ne' 
corpi,  Sap. ,  XVI  :  PUratum  panem  da  eo§k> 
praettUiiti  tUit.  Matth.,  IV:  Non  in  tota  pane: 
vivit  homo,  ied  tu-  owuù  verbo  quod  prooeéi^ 
da  Off  jPai. 


286 


DEL    PURGATORIO 


7  Kostra  virtù  che  di  leggier  s*  adona 
Non  spermeDtar  con  T antico  avversaro; 
Ma  libera  da  lui  che  si  la  sprona. 

8  Quest'ultima  preghiera,  signor  caro, 
Già  non  si  fa  per  noi,  che  non  bisogna; 
Ma  per  color  che  dietro  a  noi  restaro. 

9  Cosi  a  sé  e  noi  buona  ramogna  (do. 
Quell'ombre  orando, andavan  sotto  1  pon- 
Simìle  a  quel  che  tal  volta  si  sogna, 

10  Disparmente  angosciate,  tutte  a  tondo, 
E  lasse  su  per  la  prima  cornice. 
Purgando  le  caligini  del  mondo. 

11  Sé  di  là  sempre  ben  per  noi  si  dice, 
Di  qua  che  dire  e  far  per  lor  si  puote 
Da  quei  eh'  hanno  al  voler  buona  radice? 

12  Ben  si  dee  loro  atar  lavar  le  note 
Che  portar  quinci ,  si  che  mondi  e  lievi 
Possano  uscire  alle  stellate  ruote. 

13  Deh  se  giustizia  e  pietà  vi  disgrevi 
Tosto,  si  che  possiate  mover  1'  ala 
Che  secondo  '1  disio  vostro  vi  levi, 

H  Mostrate  da  qual  mano  invér  la  scala 
Si  va  pili  corto  :  e  se  e'  è  più  d' un  varco. 
Quel  ne  'nsegnate  che  men  erto  cala. 

15  Che  questi  che  vien  meco,  per  lo'ncarco 
Della  carne  d' Adamo  onde  si  veste. 

Al  montar  su,contra  sua  voglia,  è  parco. 

16  Le  lor  parole  che  renderò  a  queste 
Che  dette  avea  colui  cu'  io  seguiva 
Non  fur  da  cui  venisser  manifeste; 


7.  Ado.na.  Doma.  É  nella  G.  di  Dio. — Sper- 
MENTAR  (  Gresc,  II,  8).  Lo  dicono  tuttora 
io  Toscana. — Lui.  S.  Jo.  Cbrys.,  in  Matth. 
VI ,  dice  che  male  è  lo  stesso  che  diavolo, 
S.  Petr.  (  Ep.  )  :  Advertariui  diabolus, 

8.  Ultima.  Del  non  indarre  in  tentazione. 

9.  Ramogna.  Buona  via  (Buti). 

10.  DisPARMEN^ìK.  Secondo  la  più  o  men 
superhia  (e.  X,  40). — Caligini.  S.  Ag.  nel 
salm*  101:  Vidit  fumum  superhiae  iimilem, 
ascendentem,  tumetcentetn,  vanueentem. 

13.  GirsTiziA.  Bibbia:  Jutti  eitjudieulhi... 
Misericordia  tua  ...  piena  est  terra, 
■  14.  Cala.  C.  Ili  :  Da  q^al  man  la  cotta 
cala. 

21.  Madri.  Eecl.  (  XL ,  1  )  :  Occupano  ma- 
gna creata  est  omnilnu  hominibus  ,  et  jugum 
grave  super  filios  Adam ,  a  die  eaitus  de  ven- 
tre matris  eorum  ,  usque  in  diem  eepuUurae, 
in  matrem  omnium,  Boet.  :  Quid  genus  et  prò- 
atot  strepUis  ?  Si  primordia  vettra  Auctorem- 


17  Ma  fu  detto:  a  man  destra  per  la  riva 
Con  noi  venite,  e  troverete  *1  passo 
Possibile  a  salir  persona  viva. 

18  £  s'io  non  fossi  impedito  dal  sasso 
Che  la  cer\'ice  mia  suberba  doma. 
Onde  portar  convienmi  1  viso  basso; 

19  Cotesti  eh'  ancor  vive  e  non  si  uoma 
Guarderò'  io,  per  veder  s*  io  1  cooosoo, 
E  per  farlo  pietoso  a  questa  soma* 

20  r  fui  latino  e  nato  d' un  gran  Tosco: 
GuigUelmo  Aldobrandeschi  fu  mio  padie: 
Non  so  se  1  nome  suo  giammai  fu  vowo. 

21  L*  antico  sangue  e  I*  opere  leg^adis 
De*  miei  maggior  mi  ter  si  arrogante. 
Che,  non  pensando  alla  comune  madie, 

22  Ogni  uomo  ebbi  n  dispetto,  tanto  avaolo 
Ch'  io  ne  mori*,  come  i  Sanesi  sanno, 
£  sallo  in  Campagnatico  ogni  fante. 

23  Fsono  Omberto.  £nonpure  ame  danno 
Superbia  fé,  che  tutti  i  miei  consorti 
Ila  ella  tratti  seco  nel  malaimo. 

2ì    £  qui  con\  ien  eh'  io  questo  peso  porti 
Per  lei,  tanto  cir  a  Dio  si  soddisfaccia. 
Poi  cir  i'  noi  fei  tra*  vivi,  qui  tra*  morti. 

25  Ascoltando  chinai  in  giù  la  faccia: 
£  un  di  lor,  non  questi  che  parlava^ 
Si  torse  sotto  1  peso  che  lo  'mpaccia; 

26  E  videmi,  e  conobbemi,  e  chiamava, 
Tenendo  gli  occhi  con  fatica  fisi 

A  me  che  tutto  chin  con  loro  andava. 


que  Deum  speetes^  Nullus  degener  emtat.  Wx*i 
Tutti  tornate  alla  gran  madre  antica, 

22.  Campagnatico.  In  Maremma.  IScohI 
nemici  cavalcavano  intorno  alla  sua  rocca;  egli 
esce  ed  è  morto.  Ott.  :  Li  conti  da  Santa  fft 
re  ehhono ,  ed  hanno  ,  ed  arantut  quasi  seftt 
pre  guerra  con  li  Sanesi;  e  la  cagione  è,  |M^ 
che  li  Conti  vogliono  mantenere  loro  gitif^ 
dizione ,  e  li  Sanesi  la  vogliono  sciamptarf  r 
come  in  generale  delle  comunanze  itaìicht  è 
tocco  sopra  questo  ,  capitolo  sesto  Pargatorii 
...  Li  conti  da  Santa  Fiore  hanno  più  gmm 
fatte  con  li  Sanesi ,  e  per  impotenza  sano  tMaA 
vinti  con  onta  e  con  danno.  Li  nomina  asl 
VI.  —  Fanti.  Uomo.  Così  maropos  chiana 
gli  nomini  Omero  (  articolatamente  parlanti). 

23.  Ombirto.  O  Uberto.  Questi  insoperèl- 
sce  di  nobiltà  ,  Oderigi  d*  ingegno  ,  ProfCi- 
zano  di  signoria.  Il  primo  è  arrogama ,  il  as- 
condo vanagloria  ,  il  terzo  presonzione:  cosi 
1'  Ottimo. 


CANTO    XI. 


287 


27    Oh,  diss*  io  lui,  non  se*  tu  Oderìsi, 
L*  onor  d' Agobbio  e  Y  onor  di  queir  arte 
Gh*  alluminare  è  chiamata  in  Parisi? 

S8  Frate,  diss'  egli,  più  ridon  le  carte 
Che  pennelleggia  Franco  Bolognese. 
L'onore  è  tutto  or  suo,  e  mio  in  parte. 

20    Ben  non  sare'  io  stato  si  cortese 
Mentre  eh*  i*  vissi,  per  lo  gran  disio 
Deir  eccellenzia  ove  mio  core  intese. 

9d  Di  tal  superbia  qui  si  paga  *1  fio. 
E  ancor  non  sarei  qui,  se  non  fosse 
Che  possendo  peccar,  mi  volsi  a  Dio. 

31    O  vana  gloria  dell*  umane  posse  ! 
Com'  poco  verde  in  su  la  cima  dura, 
Se  non  non  è  giunto  dall'  etati  grosse! 


S7.  Odsrisi.  Oderico  della  scaola  di  Cima- 
Ime  ,  miniatore ,  o  ,  come  i  Francesi  dicono, 
mntumineur,  —  Agobbio.  Gubbio  (  Vili.  IX  , 
46  ).  —  Artb.  Dante  conosceva  Òderigi  ,  e 
le  arti  del  disegno  amava.  Nella  V.  Nuova rac- 
eoBU  eofM  un  giorno  e*ditegnaue  un  angelo 
àofta  terte  tavolette. 

28.  RiooN.  Hor.  (  IV  ,  11  )  :  Ridet  argento 
éomue,  —  Franco.  Da  lui,  dice  il  Malvasia, 
ebbe  Bologna  il  retaggio  della  buona  pittura. 
Nel  Museo  Malvezzi  è  qualch'  avanzo  di  lui 
(  Lanzi ,  p.  Y  ). 

29.  Egcsllenzia.  Ott.  :  Superbia  non  è  al- 
tro cké  un  amore  disordinato  d*  eccellenza. 

31.  Vana.  Ott.  :  Vanagloria ,  secondo  Ago- 
gi, ,  è  uno  giudieio  falso  d*  uomini ,  che  sti- 
wusno  $è  essere  ottimi ,  e  vogliono  parere  ot- 
timi. Boet. ,  Il  :  Quid  o  superbi  colla  mortali 
fugo  Frustra  levare  gestiunt ..?  Mortalis  aura 
motmnis  ...  Jam  vos  secunda  mors  manet.  Lo 
stesso  :  Quam  multos  elarissimos  suis  tempo- 
ribus viros  scrìptorum  inops  delevit  oblivio  ! 
0iiaiii9iiam  quid  ipsa  scripta  profieiant ,  quae 
mun  tmii  auctoribus  premit  hngior  atque  ob- 
Mura  vetustasJ  Vos  autem  immortaUtatem  vo- 
Uf  propagare  videmini ,  quum  futuri  famam 
ttmporis  cogitatis.  Lo  stesso:  Gloria  ...  quam 
fattax  taepe  ,  quam  turpis  estì  Conv.  (1.  Il): 
Mooeìo  giudica  la  popolare  gloria  vana,  per- 
ete la  vede  senza  discrezione. 

32.  GiMABUi.  Giovanni.  Fiorentino  ,  morì 
Bd  1300.  L'  Ottimo  :  JFVi  pintore  molto  nobi- 
U  ..•  fi  arrogante  e  sì  sdegnoso  che  se  per  al- 
turno  gU  fosse  a  sua  opera  posto  aUuno  di' 
fUio,  o  egli  da  sé  l*  avesse  veduto  ...  imman- 
immmie quella  cosa  disertava,  fosse  cara  quan- 
to m  wkesso.  —  Campo.  Conv.  :  Ferisce  nel 
pttto  aU»  false  opinioni ,  quelle  per  terra  ver- 
sando, aodocehi  la  verace  per  ^ptesta  eoa  vt^ 


32  Credette  Cimabue  nella  pintura 
Tener  lo  campo;  ed  ora  haGiotto  il  grido, 
SI  che  la  fama  di  colui  oscura. 

33  Cosi  ha  tolte  V  uno  ali  altro  Guido 
La  gloria  della  lingua:  e  forse  è  nato 
Chi  r  uno  e  V  altro  caccerà  di  nido. 

Zh  None  il  mondan  romore  altro  ch*un  fiato 
Di  vento,  ch*orvien  quinci  e  or  vien  quindi, 
£  muta  nome  perchè  muta  lato. 

35  Che  fama  avrai  tu  più  se  vecchia  scindi 
Da  te  la  carne,  che  se  fossi  morto 
Innanzi  che  lasciassi  il  pappo  e  1  dindi, 

36  Pria  che  passinmille  anni? ch*è più  corto 
Spazio  air  eterno,  eh'  un  mover  di  ciglia 
Al  cerchio  che  più  tardi  in  cielo  è  torto. 


fona  tenga  lo  campo  delle  menti.  Nel  daomo 
di  Firenze  1*  epitano  di  Cimabue  dice  :  Cm»- 
didit  ut  Cimabos pieturae  castra  tenere:  Certe 
sic  tenuit  ;  nunc  tenet  astra  poli.  —  Giotto. 
Discepolo  di  Cimabue ,  morì  nel  1336.  Vasa- 
ri :  Fu  Giotto  coetaneo  ed  amico  grandissimo 
di  Dante  ;  e  il  ritrasse  nel  palagio  del  pode- 
stà di  Firenze.  Benvenuto  e  il  Baldinucci  vo- 
gliono che  Giotto  alcune  cose  dipingesse  a 
Napoli  col  pensiero  di  Dante^  Il  pensiero  avrà 
dato  ,  non  il  disegno.  Ott.  :  Fu,  ed  è  Giotto 
in  tra  li  pintori ,  che  li  uomini  conoscono  U 
più  sommo  ,  ed  i  della  medesima  città  di  Fi- 
renze ,  e  le  tue  opere  il  testimoniano  a  Aomo, 
a  Napoli ,  a  Vinegia,  a  Padova,  e  inpiiìipaP' 
ti  del  mondo, 

33.  Guido.  Il  Cavalcanti  e  il  Gninicelli,  no- 
minati più  volte  nella  V.  Eloq.  11  Cavalcan- 
ti ,  lo  dice  nella  V.  Nuova  ,  fu  il  suo  più  te- 
nero amico.  —  Forse.  Parìa  di  sé  ;  o  d' uno 
scrittore  in  genere.  Ott.  :  Fu  M.  G.  Gtitnis- 
zeUi  ...  U  primo  che  innovò  lo  stile  del  din 
in  rima  ...  (e.  XXVI  ).  E  G.  Cavalcanti  ti 
può  dire,  che  fosse  il  primo  che  le  sue  can- 
zoni fortificasse  con  filosofiche  prove.  —  Na- 
to. Conv.  (  I  ,  13  )  :  Questo  sarà  luce  nuova 
e  sole  nuovo,  il  quale  surgerà  là  dove  V usato 
tramonterà  e  darà  luce  a  coloro  che  sono  in 
tenebre  e  in  oscurità  per  lo  usato  sole  che  a 
loro  non  luce. 

35.  Dindi.  Danaro.  Voce  infantile. 

36.  Hill*.  Psal.  :  Mille  anni  ante  oeulos 
tuos,  tanquam  dies  hestema  quae  praeteriU. 
Eccl.  (  XVIIl  ,8):  JSumerus  dierum  hominum 
ut  muUum ,  eentum  anni.  Quasi  gutta  aquae 
marie  deputati  tunt  et  sieut  caleulus  arenae, 
tic  exigui  armi  in  dieaevi.  —  Etsrno.  Grcg.; 
VUeteunt  temporalia  quum  eontiderantur  ae- 
tema.  —  Giagbio.  Del  cielo  tteUato  d*  occt- 


188 


DEL    PURGATOaiO 


3T     Cohi!  che  del  cammiD  si  poco  piglia 
Dinanzi  a  me,  Toscana  sodò  tutta, 
Ed  ora  a  pena  in  Siena  sen  pispiglia, 

38    Ond*  era  sire  quando  fu  distrutta 
La  rabbia  fiorentina,  che  superba 
Fu  a  quel  tempo,  A  eoìn*  ora  è  putta. 

30    La  vostra  nominanza  è  color  a  erba 
Che  viene  e  va:  e  mei  la  discolora 
Per  cui  eir  esce  della  terra  acerba. 

AD  Ed  io  a  lui:  lo  tuo  ver  dir  m' incuora 
Buona  umiltà,  e  gran  tumor  m' appiani. 
Ma  chi  è  quei  di  cui  tu  parlavi  ora? 

U.  Quegli  e,  rispose,  Provonzan  Salvani: 
Ed  è  qui  perchè  fu  presuntuoso 


dente  in  oriente  che  $eorn  in  cetif '  anni  uno 
grado  (  CoDV.  H  ,  6  ).  Onde  per  V  inlera  ri- 
soluzione gli  bisognano  36,000  anni.  Mon- 
taigne :  Le  plus  et  le  moine  en  la  nótre  (  da- 
róe  )  M  noìÀS  la  comparone  à  V  eternile ,  ou 
encore  à  la  àuree  dee  montagnee ,  dee  riviè- 
ree ,  det  étoilu  ,  dee  arhree  ,  et  méme  d'au" 
cune  animaùx,  n'esl  pae  moine  ridicule,  Boet.: 
Si  ad  aeternitatie  infinita  epatia  pertractee , 
guid  habee,  quod  de  lui  nominis  diulumUate 
laeteris  ?  Uniue  etenim  mora  momenti ,  si  de- 
eem  millibueeonferaturanniet  quoniam  utrum- 
ijue  epatium  dejinitum  eet ,  minimam  lieet , 
habet  tamen  ali^uam  proportionem.  At  hic  ipso 
nun^erue  annorum  ,  guantumlibet  muUiplex, 
ad  interminabilem  diutumitatem  ne  comparari 

(ptidem  poteet» 

37.  Sonò.  Celebrò  :  latinÌ9nio. 

38.  Sire.  General  d'armi  valoroso  e  baon 
cittadino  :  così  il  Malavolti  e  1  Tommasi.  Ma 
ii  Malaspina  e  il  Villani  dicono  che  a'Sanesi 
spiaceva  la  signoria  di  Provenz.  Salvani  (Mah, 
106  ) ,  e  che  e'  fi^  signore  e  guidatore  dell' o- 
sie  (G.  V.,  VU,  31). —Distrutta.  Da'Se- 
jiesi  in  Moniaperti  nel  1260.  —  Putta.  Ve- 
nale e  fiacca. 

39.  Ehua.  Is.  :  Erit  floe  deeidene  gloriae 
cxuUatipnii,  E  (XL,  6)  :  Omnie  caro  foenum, 
et  omnie  gloria  ejut  quasi  floe  agri.  J^xeicca- 
tum  est  foenum  et  ceeidit  flos ,  quia  epiritue 
Domini  eu^avit  in  eo  ,.,  Verbumautem  Do^ 
tnifu  nojtn  manel  in  aeternum»  —  Discoto- 
KA.  Cant.  (  1 ,  5  )  :  Decolorami  me  eoi- 

40.  Tumor.  Stazio  1'  ha  nel  senso  d'  orgo- 
glio. Lattant.  (  D.  Ins. ,  IH  )  :  Superbum  tu' 
m4)rem  eubirahere. 

41.  Salvani.  Valente  in  armi  e  in  consi- 
glio ,  dice  il  Post.  Caet.  Dopo  la  battaglia 
fleir  Arbia  venne  su  quel  di  Firenze  con  gran- 
d*  esprciio,  e  fu  pel  1270,  o  nel  1269,  vinto 


A  recar  Siena  tutta  aUe  sue  mani 

k2    Ito  è  cosi,  e  va  senza  riposo  « 
Poi  che  oìori.  Cotal  moneta  rmfe 
A  soddisfar  chi  è  di  là  tropp*  oso. 

&3    Ed  io  :  se  quello  spirito  eh*  attende. 
Pria  che  si  penta,  air  orlo  della  vita. 
Laggiù  dimora,  e  quassù  non  ascende^ 

kk    Se  buona  orazion  lui  non  aita 
Prima  che  passi  tempo  quanto 
Come  fu  la  venuta  a  lui  largita? 

&5    Quando  vivea  più  glorioso,  disie» 
Liber^nnente  nel  campo  di  Siena, 
Ogni  vergogna  deposta,  8*  affisse. 

i6    Egli,  per  trar  T  amico  suo  di  pena 


in  Colle  di  Val  d' Elba  dal  vicario  di  €arlt , 
capitano  de'  Fiorentini.  Erano  con  Gian  Ba* 
roaldo  ,  vicario  ,  Francesi  e  Fiorenlioi  ;  eoa 
Provenzano  i  Sanesi  e  altri  Gliibellini.  Un 
chiesa  è  in  Siena  che  chiamasi  della  Hadot- 
na  di  Provenzano. 

43.  Laggu^.  Nell'antipurgatorio  (IV,  UO). 

43.  Campo.  Così  chiamano  i  Senesi  la  piaz- 
za. —  Affisse.  C.  XXV:  Che  non  e*  affigge. 
Ma  vaeei  aUa  via  tua. 

46.  Amco.  Stese  in  terra  un  tappeto  ,  e  fi 
mise  a  chieder  limosina  per  l' amico  detto  Vi- 
gna ,  prigione  di  Carlo  d'  Angiò  ,  al  cai  ri- 
scatto occorrefano  diecimila  fiorini  (  Vili. , 
Vii ,  31  ).  Questo  Vigna  aveva  combattuto  per 
giovare  Corradino  ,  ed  cusegnogli ,  dice  l' Ot- 
timo ,  brieve  termine  a  pagare  ,  o  a  morirti 
Quelli  ne  ecrisse  a  M.  Provenzano,  I>icesi, 
che  M.  Prov.  fece  porre  uno  desco  ,  eueo9Ì 
uno  tappeto ,  nel  campo  di  Siena  ,  e  puos§- 
visi  etuo  a  eedere  in  quello  abito ,  che  rickie- 
dea  la  bisogna  ;  domandava  alli  Saneti  ver- 
gognosamente ,  che  lo  doveisono  aiutare  . . . 
non  sforzando  alcuno,  ma  umilmente  doman- 
dando aiuto  ...  sicché ,  anzicchè  */  termine  spi- 
raste, fu  ricomperato  l'amico  ...  Un  (  cbÌ4^ 
mature  ^  dice  che  il  tremare  intende  che  indth 
cesse  la  detta  vergogna.  Un  altro  dice  ,  che 
il  tremare  si  puote  in  lui  allora  dire ,  che  stel- 
le in  abito  di  potere  essere  morto  lievemenle 
.,,  da'  nemici  suoi ,  de'  quali  in  Siena  afoea 
allora  copiosamente.  Un  altro  dice  ,  che  per 
tn^rre  il  detto  amico  di  pena  ,  elli  mise  sé  e 
*l  comune  di  Siena  a  molti  pericoli  ;  cioè  che 
guatava  d'avere  prigione  il  malitcalco del  det- 
to re  ,  o  altro  barone  per  camparlo ,  cioè  per 
scambiarlo  ;  per  la  quale  cosa  elli  si  mise  • 
questa  condizione  ,  dond'  elli  mor\  ;  eh'  edi 
mosse  i  Sanesi ,  e  *l  conte  Guido  Sovello  ,  e 
li  Ghibellini  di  Toscana ,  e  la  masnada  uSi- 


CANTO    XI. 


289 


Che  sostenea  Della  prigion  di  Carlo , 

Si  condusse  a  tremar  per  ogni  \  eoa. 

hi    Più  non  dirò  ;  e  scoro  so  che  parlo  : 


sca  e  fpo^fitfola  o  venin  ad  oite  a  Colte  eon 
mUiequaitrocento  eavaUi ,  e  pedoni  da  otto 
nula  dicendo  :  noi  eommavenmo  M,  CHan  B9- 
Toaldi  MaUsealeo  del  re,  e  H  Franceschi  a 
nUnia  hattagUa ,  ed  aremolt  tuffi  prest;  ed 
in  contrario  ««fine  >  ck  eUi  vi  /"t»  tconfUto  ; 
e  la  tua  testa  fonata  in  tu  vna  asta  di  lan- 
eia ,  omini  1209.  Dictti ,  che  anzi  venisse  a 
^uuta  tconfitta,  eUi  ti  tolte  da  ognitupwbia. 
47.  Vicini.  Fiorentini.  Per  concittadino  V 


Ma  poco  tempo  andrà  che  i  tuoi  vicini 
Fu  ranno  sì  ehe  tu  potrai  chiosarlo. 
48    Quesi'  opera  gli  tobe  quei  confini. 


asa  il  Petr.  (  s.  71  )  :  Pianga  Pittoia  e  i  cit- 
tadini perverti  Che  perduV  hanno  sì  dolce  vt- 
cino,  —  Chiosailo.  Proverai  la  povertà  ,  e 
saprai  quanto  costa  mendicare  un  soccorso  , 
e  quanto  merito  se  n'  abbia  facendolo  ad  alto 
fine.  Par. ,  XVII  :  Tu  proverai  sì  come  sa  di 
sede  Lo  pane  aUrui. 

48.  CoNnm.  L' aspettare  laggiù  prima  di 
fenire  a  porgarai.  Un  atto  magnanimo  gli  val- 
se per  penitenza  negli  occhi  di  Dio. 


290 


DEL    PURGATORIO 


c  A  N  T  0  xn. 


ARGOMENTO. 


Seguono  a  girare  il  monte  ,  e  U  po^  contempla  le  teuìtwre  del  euolo , 
presentanti  esempi  di  tupeHna  pumta.  Tre  canti  e' dona  aUa  euperbia ,  e  canti'  etm 
grida ,  e  n  confessa  superbo.  Pia  morale  cke  non  si  creda  è  lo  scopo  ddla  Comr 
media.  Giungono  al  varco  dove  si  sale  aW  altro  giro ,  e  trovano  un  Angelo  j  ck» 
mostra  la  via ,  e  col  baUer  dell'  ale  ,  gli  rade  un  P  dalia  fironU  ,  U  peccato  Mi 
superbia  j  eh*  egli  ha  nel  giro  presente  espiato. 


V  Angelo ,  la  salita  »  le  seoltare ,  ogni  cosa  è  poesia. 

Nou  le  terzine  1  alla  7  ;  la  9  alla  13;  la  16;  la  SO  alla  24;  la  88, 89,  80;  la  n 
39;  la  42  fino  all'ultima. 


1  Di  pari,  come  buoi  che  vanno  a  giogo, 
M'  andava  io  con  queir  anima  carca 
Fin  che  '1  sofferse  il  dolce  pedagogo. 

2  Ma  quando  disse:  lascia  lui  e  varca, 
Che  qui  è  buon  con  la  vela  e  co'  remi. 
Quantunque  puòciascQn,pinger  sua  barca. 

3  Dritto,  si  coro*  andar  vuoisi,  rifémi 
Con  la  persona  ,  avvegna  che  i  pensieri 
Mi  rimanessero  e  chinati  e  scemi. 

1.  Buoi.  C.  XXVII  :  Io  come  eapra,  —  Io. 
PuDi?a  intanto  sé  della  propria  superbia.  — 
Pedagogo.  Era  quasi  fanciullo  sotto  maestro; 
e  più  volte  si  paragona  a  fanciullo  (  Inf. , 
XXilI  ;  Purg. ,  XXVll).  —  Carca.  L'idea  di 
questo  supplizio  e  di  quello  degl' invidi  e  dei 
famelici  sarà  stata  forse  al  P.  confermata,  se 
non  originata ,  dal  seg.  di  Baruc  (  Il  ,  17  , 
18  )  :  Non  moriui ,  ^t  tufU  in  infèrno  .  . . 
dabunt  honorem ...  Domino  :  sed  anima ,  quae 
trittis  est  super  magnitudine  mali  ,  et  ineedit 
curva  et  infirma  ,  et  oeuU  deficientet ,  et  ani- 
ma esuriens  dat  tibi  gloriam. 


h    V  m' era  mosso,  e  s^guia  volentieri 
Del  mio  maestro  i  passi,  e  ameodiie 
Già  mostravan  com'eravam  leggieri  ; 

5  Quando  mi  disse:  volgi  gli  ocbhi  iogpBi: 
Buon  ti  sarà,  per  alleggiar  la  via, 
Veder  lo  letto  delle  piante  tue. 

6  Come,  perchè  di  lor  memoria  aia, 
Sovr'  a*  sepolti  le  tombe  terragne 
Portan  segnato  quel  eh*  egli  era  pria; 

8.  Rimi.  I  Lat.  :  Fe(ù,  remis^ue  tonimis 
re.  Ov.:  Remoque  moveveloque  eorùiMi.fi' 
tr. .-  Uti  la  vela  e  *t  remo  Di  eeroar  la  wa 
morte. 

3.  Rifémi.  Anco  in  prosa  ,  fewd  par  psk 
mi.  —  ScBMi.  C.  XI  :  Chran  tumor  m'apfimL 

5.  Via.  Virg.  :  Viam  sermone  l/svabit.  Qeit 
sti  esempi  dimostran  le  pene  par  nel  «aàia 
serbate  a'  superbi.  —  Letto.  Dova  i  pie  f^ 
sano.  C.  VII  :  Ha  fatto  aUa  guamma  Dm 
sua  palma  ...  letto, 

6.  Egli.  U  sepolto.  Bella  motailoB  di  et- 
strutto. 


CANTO    XII. 


291 


7  Onde  D  molte  volte  se  ne  piagne 
Per  la  nnntura  della  rimemDranza  » 
Che  8010  a'  pii  dà  delle  calcagno: 

8  SI  Tid'  io  11,  ma  di  miglior  sembianza 
Secondo  Y  artificio,  figurato  (  za . 
Quanto,  per  via ,  di  fuor  dal  monte  avan- 

9  Yedea  colui  che  fu  nobil  creato 
Più  eh'  altra  creatura  giù  dal  cielo» 
Folgoreggiando,  scender  da  un  lato. 

10  Vedeva  Brìareo  fitto  dal  telo 
Celestiale  giacer  dall'  altra  parte, 
Grave  alla  terra  per  lo  mortai  gelo. 

11  Yedea  Timbreo,  vedea  Pallade  e  Marte 
Armati  ancora  intorno  al  padre  loro 
Mirar  le  membra  de'  giganti  sparte. 

13    Vedea  Nembrotteappièdelgranlavoro 
Quasi  smarrito,  e  riguardar  le  genti 
Cbe'n  Sennaàr  con  lui  superbi  foro. 

13    O  Niobe,  con  che  occm  dolenti 

7.  Calcaonb.  Sprona  l' anime  pie ,  non  le 
dve.  Pesante ,  ma  non  improprio  traslato. 

8.  Sbcondo.  Migliore  quanto  ad  arte.  — 
Pbb.  Lo  spazio  dove  si  va ,  tra  il  masso  ed 
Q  vano. 

9.  Piò.  (  c.  XXXIV).  — Folgoreggiando. 
8.  Lue.  (  X,  18)  :  Videbam  tatanam  ...  de 
00flo  eodanlam. 

18.  BniAmBO.  Simbolo  mitologico  di  Luci- 

fero.  Stat.  f  11  :  Non  aìiier  (  Cr^tieae  ti  fot 

art  cndtn  thkgra»)  ArnuUum  immentui  Bria- 

fmt  sfrtit  aetùra  eontra.  Bine  Phoehi  pha- 

fiffot ,  hène  torvae  BaUadit  anguet.  Inde  Pn- 

ktìmmiam  praefixa  etupide  pinum,  ifarits... 

—  Prrro.  Virg.  :  Figite  me,  —  Tblo.  Virg.: 

TÈoqu9  hwUum  hoc  detrude  cafut  iub  tarla- 

fa  telo.  —  Gravb.  Horat.  :  Injecta  momtrit 

IWro  doUt  gm$  (Inf.,XXXI).  — Gblo.  Virg.: 

iMMé  folmmiur  frigore  meinbra. 

il.  TiMimBO.  (  Inf.,  XIV).  Virg.  (Georg., 
IT)  :  Tk^branu  Apollo. 

18.  NsMJMOTTB  (Genes.>  X,  8;  Inf.,  XXXI, 
^).  Alterna  gii  esempi  profani  ai  sacri  per 
^iawstfare  che  in  ogni  credenza  ebbero  gli 
aoadol  MhnoU  a  virtù  e  freni  al  vizio.  Così 
i^Gind.»  IX,  è  adoprata  a  insegnamento  la 
^ola.  Così  nel  lib.  a  Teodoro,  il  Grisost. 
{0^  ad  eaemi^o  ima  storia  biblica  ed  una 

11.  Niobi.  PigHia  di  TanUlo  e  d'ana  pleiade, 
borile  d'Anflone  tebano,  superba  de'saoi  quat^ 
^^tdiei  figli  saetuti  da  Apollo  e  da  Diana. 
^.  (Met.,  VI):  ConMtitii  utque  oeuloi  ctf- 
^iifi^ìl  aka  Muperboi . . .  QìMeriie  nune^  Ao- 
^  qmam  nortra  niptrte  eoiisaiii. 


yedev*io  te  segnata  in  su  la  strada 
Tra  sette  e  sette  tuoi  figliuoli  spenti! 
11^    0  Saul ,  come'n  su  la  propria  spada 
Quivi  parevi  morto  in  Grelboe, 
Che  poi  non  senti  pioggia  né  rugiadal 

15  0  folle  Aragne,  si  vedeva  io  te 

Già  mezza  ragna ,  trista  in  su  gli  stracci 
Dell'opera  che  mal  per  te  si  fé. 

16  0  Roboàm,  già  non  par  che  minacci 
Quivi  il  tuo  segno  ;  ma  pien  di  spavento 
Nel  porta  un  carro  prima  ch'altrii  cacci. 

17  Mostrava  ancor  lo  duro  pavimento 
G)me  Almeone  a  sua  madre  fé  caro 
Parer  lo  sventurato  adornamento. 

18  Mostrava  come  i  figli  si  gittaro 
Sovra  Sennacherìb  dentro  dal  tempio  • 
E  come  morto  lui  quivi  lasciare. 

19  Mostrava  la  ruina  e  1  crudo  scempio 
Che  fé  Tamiri  quando  disse  a  Ciro  : 

14.  Su  LA.  Reg.:  Arripuit,,,  Saul  gladium, 
et  irrtdt  tuper  eum,  —  Gblboè.  Dove  fbggi. 
Reg.  (  11.  I  ):  Montee  Gelboe ,  nee  tot ,  n^c 
pUwia  veniant  tuper  vot,  Petr.  :  OimU  otsai 
può  dolerti  il  fiero  monte. 

15.  Abagnb  (  Met.y  VI  ).  Superba  contro 
Minerva. 

16.  RoBOAH  (  Reg.»  Ili,  12  ).  Non  volle  al- 
leggerire al  popolo  le  gravezze  imposte  da 
Salomone  suo  padre:  Digitut  meut  grottior 
dono  patrie  mei ...  pater  meut  ceeidit  vot  flO' 
gelUtf  ego  awtem  eaedam  vot  scorpionUmt. 
11  popolo  lapidò  il  ministro  di  lui  :  Roboamo 
fuggi.  —  Sbgno.  Statua.  In  Virg.  e  in  altri. 

17.  Madrb.  Enfile  invaghita  d'un  monile 
superbo,  palesò  ad  Argia  il  nascondiglio  del 
marito  Anfiarao  ricusante  d' ire  alla  guerra  di 
Tebe.  Stat.,  11  :  Tu  infauttot ,  donante  mari- 
to ,  OnuUta  Argjia  gèrit.  Onde  Almeone*  suo 
figliuolo  la  uccise.  Petr.  (  Tr.  Am.  ):  V ava- 
ra moglie  d^Anfiarao. 

Ì8.  Sbnnachbrib.  Assirio  (Paralip.  ;  Reg.» 
IV,  19  ).  Sotto  Gerusalemme  l' esercito  di  lui 
fu  sconfitto.  Torna  a  Nini  ve,  e  i  figli  T  ucci- 
dono. Is.  (  XXXVll,  38 }  :  Quum  adorava  in 
tempio  Netroeh  deum  tuum ,  Adramelech  et 
Sarutar  /Utt  tjut  pereutterunt  eum  gladio  : 
effugieruntque  tn  terram  Ararat ,  et  regnavU 
Azarhaddon  (Uiut  ejut  prò  eo. 

19.  Tamibi.  Regina  degli  Sciti  sconfisse  i 
suoi  duecentomila  soldati ,  prese  Giro  al  pas- 
so dell'Arasse  ,  e  immersogli  il  teschio  in  un 
vaso  di  sangue»  disse:  Satia  te  tanguine  quem 
tititH  (  Justin.»  1,  8  ).  —  Cuo.  Re  de'  Medi  e 
de*  Persi. 


292 


DEL    PURGATORIO 


Sangoa  sitisti ,  ed  io  di  sangue  tempio. 
20     Mostrava  come  in  rotta  si  (uggirò 

Gli  Assiri  poiché  fu  morto  Oloferne; 
Q    E  anche  le  reliquie  del  martire. 
^  1    Vedeva  Troia  in  cenere  e  m  caverne. 

0  Uión,  come  te  basso  e  vile 

Mostrava  il  segno  che  li  si  disceme  l 

22  Qual  di  pennel  fu  maestro  e  di  stile 
Che  ritraesse  Tombre  e  i  tratti  ch'ivi 
Mirar  farieno  uno  'ngegno  sottile  ? 

23  Morti  ti  morti,  e  i  vivi  parén  vivi* 
Non  vide  me' di  me  chi  videi  vero, 
Quantio  ealcai  finché  chinato  givi. 

^k  Or  superbite,  e  via  col  viso  altiero, 
FigHuoU  d'Eva  ;  e  non  chinate  1  volto 
Si  che  veggtate  il  vostro  mal  sentiero. 

25  Più  era  già  per  noi  del  monte  vólto» 
E  del  cammin  del  sole  assai  più  speso 
Che  non  stimava  Y  anhno  non  sciolto. 

26  Quando  colui  che  sempreinnanzi  atteso 
Andava,  cominciò:  drizza  la  testa. 
Non  è  più  tempo  da  gir  si  sospeso. 

27  Vedi  colà  un  angei  che  s' appresta 
Per  venir  verso  noi  :  vedi  che  torna 

20.  Oloferne.  I  Giadei  oseirono  allora  di 
Betulia ,  a  tracidare  il  superbo  esercito  sgo- 
minato (Judith,  21,  XII). 

21.  ludN.  AcD.»  Ili:  C9CidU^e  tupwbum 
Ilium,  et  omnii  humo  fumat  Ifeptunia  Tro- 
ia. Inf.,  XXX  ;  Valttsxa  cfoTroicn  cKe  tutt9 

urdiva. 

22.  Ombrb.  Non  tutte  le  figure  erano  futa* 
gliate  nel  marmo;  altre  solo  segnate  nella  su- 
perficie con  righe,  al  modo  che  s'incide  nel 
rame.  Allora  solo  può  l'ombreggianeuto  arer 
luogo.  —  Mirar.  Ammirare. 

23.  Chinato.  Però  stanno  le  sculture  sul 
suolo ,  perchè  si  chinino  a  riguardarle.  — 
Gm.  Come  audivi  (  Inf.,  XXVI  ). 

24.  Età.  La  nomina ,  come  più  vana  (  Geo. 
III). 

25.  Sciolto.  D'attenzione  (Parg»,  IV»  1  ). 
Petr.  (  Tr.  Am.  ):  Troppo  ttaih^un  pentiiro 
alle  eoi9  diverse;  E*l  tempo  9h*è  hrevimmo, 
leti  fot. 

26.  Sospeso.  Par.  »  XX  :  Jri  ««Mittrar  le*- 
speso. 

27.  Angel.  Gli  Angeli,  diee  Pietro»  seno  i 
giudirii  della  coscieira.  —Ancella.  Ora.  Era 
già  mezzodì.  Or.  (  Met.»  II  )  :  htngtre  eqwot 
Titan  veloeiiui  imperai  Borii  Juua  deae  ce- 
terei  peragunt,  C.  XXII  :  B  ffiàU  quattro  an- 
csUe  itan  (M  ^'ome  Atioff  adiktro. 


Dal  servigio  del  di  l'ancella  sesta. 

28  Di  riverenza  gli  atti  e  1  viso  adorna, 
SI  chei  diletti  lo  'nviarci  'nsuao. 
Pensa  che  questo  di  mai  non  raggiorna. 

29  r  era  ben  del  suo  anunonir  uso 

Pur  di  non  perder  tempo; si  che  'a  quelbi 
Materia  non  potea  parianni  chioso» 

30  A  noi  venia  la  creatura  bella 
Bianco  vestita,  e  nella  feccia  <niale 
Par  tremolando  mattutina  stella. 

31  Le  braccia  aperse,  e  indi  aperse  l'aia: 
Disse:  venite;  qui  son  presso i  gradi: 
E  agevolemente  omai  si  sale. 

32  A  questo  annunzio  vengon  motto  II& 
O  gente  umana  per  volar  su  nata. 
Perchè  a  poco  vento  cosi  eadi? 

33  Menocci  ove  la  roccia  era  tarlata: 
Quivi  mi  batteo  V  ali  per  la  fronte; 
Poi  mi  promise  sicura  T andata. 

34  Come  a  man  destra,  per  salire  al  moola 
Dove  siede  la  chiesa  che  soggioga* 

La  ben  guidata  sopra  Rubaconte* 

35  Si  rompe  del  montar  l' ardita  foga 
Per  le  scalèe  che  si  fero  ad  eiade 

28.  Adorxa.  Petr.:  E  di  laerimw  onmite  i 
viso  adoma...— I.  A  lui.  E*  l' usa  altre  folls» 
— RAG6I0RNA.  Se  ora  nonespìir  ooopoolpik 

20.  Tempo  (e.  III).  Coav.:  Tutte  Ummtm 
brighe,  se  6tn«  venùno  a  cercare  U  loro piint 
cipU,  procedono  quasi  dal  non  eonostore  Cw0 
del  tempo.  Sen.  :  U  tempo  solo  è  nostro» 

SO.  BuMCO.  £v.:  £ra<...afpec<ifti  eiugmaà 
ftdgur,  et  vestimentum  ejw  stcul  nix. 
-   31.  Agbtolsminte.  C.  IX:  51  Ta^eoeM 
per  la  sua  via, 

32.  Radi.  Maub.,  XXII  :  Araei...eleefì. 

34.  Chiesa.  Di  s.  Hiniato  a  moate. — Gci> 
BATA.  Firenze.  Simile  ironia  nel  VI. — Rciir 
coNTB.  Ponte  sa  Arno  fabbricato  da  Rabacoa^ 
te  da  Mandello  milanese,  potestà  di  Fiicaii 
nel  1237  (Vili.,  ili,  27}.  Ora  Fonie  alll 
Grazie. 

3$,  QoADKENo.  Dice  TAdod.  cbeaeUSN, 
per  molte  baratterie  fa  deposto  e  carcenla 
y.  MoDfioftto  da  Caserta  podestà  di  Fiiiaiii 
e  cbe  H.  Niccola  Acciaiuoli,  allora  priore,  eli 
consenso  di  Raldo  d' Aguglione  (di  coi  Mi 
XVI  del  Paradiso  ),  mandò  pel  libro  della  ce- 
rnerà del  comune,  e  ne  trasse  no  foglio  deit 
toccavasi  un  fitto  ingiusto  del  quale  egli  ett 
complice.  Il  cbe  fu  confessato  da  M.  Moale* 
rito  ;  onde  tutti  e  tre  furono  condannati.  dU 
,  E$i$mÌQ  un  li r  Durante  de'  CàennonM  di' 


CANTO    XII. 


S9^ 


Cir  era  sicuro  1  quaderno  e  la  doga; 

36    Cosi  s' allenta  la  ripa  che  cade 
Quivi  beo  ratta  dall'  altro  girone  : 
Ma  quinci  e  quindi  l'alta  pietra  rade. 

SI    Noi  Tolgend'  ivi  Je  nostre  persone, 
j}ealt  pavperis  tpiritu  voci 
Cantaron  si  che  noi  dirla  sermone* 

3B    Ahi  quanto  son  direrse  quelle  foci 
Dall'infernali  !  che  quivi  per  canti 
S'entra;  e  laggiù  per  lamenti  feroci. 

99  Già  montaTam  so  per  gli  scaglion  santi, 
Ed  esser  mi  parea  troppo  più  lieve 
Che  per  lo  pian  non  mi  parea  davanti. 

IO    Ond'  io:  maestra,  &\  qual  cosa  greve 
Levata  s*  è  da  me ,  che  nulla  quasi 
Per  me  fatica  andando  si  riceve? 


[  hi    Rispose:  quando  i  P  che  son  rimasi 
Ancor  nel  volto  tuo  presso  che  stinti, 
Saranno,  come  Tun,  del  tutto  rasi  ; 

h/ì    Fien  li  tuo'  pie  dal  bwm  voler  si  vinti 
Che  non  pur  non  fatica  sentiranno 
Ma  fia  difetto  loro  esser  su  pinti^ 

W    Alter  fec'  io  come  color  che  vanna 
Con  cosa  in  capo  non  da  lor  saputa, 
Se  non  che  i  cenni  attrai  sospicciar  fonno; 

kk  Perchè  la  mano  ad  accertar  s'aiuta ,  ' 
E  cerca,  e  trova,  e  quell'ufficio  adempie 
Che  non  si  può  fornir  per  la  veduta» 

ho    E  con  te  dita  deHa  destra  scempie 
Trovai  por  sei  le  lettere  che  'neise 
Quel  dalle  chiavi  a  me  sovra  le  tempie* 

(6   A  che  guardando  M  mio  duca  sorrise. 


•  camnUng9  delia  somem  M  taU  del 
di  Rnnx$,  tra$se, . .  una  doga  dello 
r»  appHeando  a  tè  tutto  il  iole  ovvero  pe^ 
ft  che  di  detto  avansamenio  perveniva. 
ffte.   (XVI,i05>):   Qwgi  eh^  arroeean  per  lo 


16.  Badb.  Qui  la  via  é  stretta,  Mn  come 
a  t.  Miniato.  Virg.»  V:  kUer  navemque  Gj^ne 
m^pmloeqme  ioft^emtee  Badit  iUr  kumm  mie- 


•  • 


Jl.  Piitpajlis  (Malih.,  V).  La  povertà  dello 
ip^lfn  inteode  Pietro,  è  eontfaria  airioTìdia: 
lifcliè  coloro  che  nolla  troppo  desideraao  » 
pfcndoo  cura  del  bea  comoDe.  Ambr.,  I  (De 
Dora,  in  moD.  )  :  Beote  inteUigefUwr  pam^ 


perei  ipkiim ,  humUu.  «^  Yoa.  Angeliche  <> 
dalle  anime  porganti. 

38.  Laiunti  (Inf.,r  Uf^  V). 

39.  Pian  (  e.  I,  IX  ). 

40.  KicBviBr?  Inf.,  XX:  Ingmmo  riceveste, 

41.  Stinti.  Privi  dt  colore  o  spenti.  La  8u> 
perbia  é  foiHff  d'ogni  peccato,  e  quella  tolta, 
gli  altri  quasi  sen  vanno.  E  nel  P.  la  super- 
bia era  viiio  dominante,  e  fo  dice  (e.  XI). 

42.  DiLBTTO  (  e.  XXVI  ). 

43.  Allob.  Beha  similitudine ,  ma  più  lunga 
che  in  Dante  non  sogliano.  Tutte  belle  Le  si^ 
militudini  di  questo  canto. 

45.  QusL(c.  IX,  89). 


39» 


DEL    PURGATORIO 


CANTO    xni- 


ARGOMENTO. 


Nella  seconda  ecmice  gVinvidioti  stanno  appoggiati  al  litido  masso  j  cùperti 
di  vii  cUieio  ,  veggendosi  V  un  con  V  altro  ,  perchè  sentano  la  necessità  del 
sofferirsi  ;  chiusi  gli  occhi  da  un  fUo  di  ferro  j  gli  occhi  accecati  già  daU  ti 
Voci  passan  per  V  aria  confortanti  ad  amare  ,   e  rartmen^ano  le  dolci  paroU  ckf 

Maria  éUsse  nelle  nozze  di  Cana  j  e  [amore  i  Oreste  a  Pilade ,  e  il  prtceMo 

gelieo  t  amare  U  nemico. 


La  mitologia  s*  intromette  sempre  al  vero  ,  perchè  la  mitologia  è  a  Dante  simbolo,  • 
stigio  di  storia.  E  totti  gli  esempi  celebri  di  qualunque  natara  siano,  fanno  per  loft 
celebri.  Lo  dice  nel  XVll  del  Paradiso. 

NoU  le  teriine  3,  4,  6;  la  9  alU  13;  k  15,  16,  17,  SO,  21  ;  la  S4  alla  S7;  la 
33,  31,  39,  41,  43,  45,  49,  51. 


Noi  eravamo  al  sommo  della  scala 
Ove  secondameote  si  risega 
Lo  monte  che,  salendo,  altrui  dismala. 

Ivi  cosi  una  cornice  lega 
D*  intomo  il  poggio,  come  la  primaia; 
Se  non  che  V  arco  suo  più  tosto  piega. 


1.  Sbcorbambnti  (  ConT. ,  1 ,  8  ).  —  Sa- 
LS1CD0.  A  salirlo.  Virg.:  Uritque  vidèido.  Petr. 
(  son.  6  )  :  Acerbo  frutto  che  le  piaghe  oHriM, 
Guitando,  affligaé. . .  *-  Dishala.  Un  antico: 
DiinuUa ,  cioè  aùvizia.  Dismatare  per  oinee- 
n  la  malattia  f  è  nel  L.  Cur.  mal. 

S.  Lega.  Per  circonda.  Cosi  in  Virg. ,  tmi- 
cire.  —  PniHAU  (  e.  X ,  7  ).  li  secondo  ripia- 
no circolare  dev'essere  minore  del  primo,  se 
il  monte  si  restringe  salendo.  Nell'Inferno  i 
cercbi  primi  son  più  largbi  cbe  gli  aitimi: e 
il  simile  nel  Pnrgatorio ,  perché  i  peccati  più 
gra?i  sono  più  rari ,  e  più  rari  gli  oomini 
pari  di  viiio. 


Ombra  non  ^i  è,  né  segno  che  siptits 
Par  si  la  ripa  e  par  si  la  via  schtettt  ^ 
Con  livido  color  della  petraia. 

Se  qui  per  dimandar  gente  s'aspetti» 
Ragionava  il  poeta ,  i*  temo  forse 
Che  troppo  avrà  d' indugio  nostra  eletti. 


3.  Ombma.  Altre  imagini  erao  doaqaa  a  1^ 
nee  ombreggiate,  altre  a  rilievo.  —  Gli.  ItÌ» 
—  Sneifo.  Porse  e*  figarava  i  bassirilievl  éHt 
Purgatorio  ,  come  qne'  di  Luca  della  Bobbiib 
colorati.  Sap.  (  XV ,  4  )  Utnkra  pkturae  .  •  . 
effigici  tculpta  per  varioe  eotoree.  —  ScmmA* 
Essendo  gì'  invidi  ciechi ,  sentono ,  ma  asa 
haa  bisogno  di  Tedere  gli  esempi  del  beassi 
lor  male  contrario. 

4.  PoRSB.  Con  la  ragione  prevede  cbe  |ffa> 
▼idi  non  debbono  come  i  superbi  girare;  par- 
che l'invidia  ha  astio  dell' andare  altrui .  ma 
non  va.  — Elktta.  Da  qual  parte  s' ha  a  val- 
gers.  L' usa  1'  Ariosto  (  XIX  ,  92  ). 


CANTO  xni. 


205 


5  Poi  fisamente  al  sole  gli  occhi  porse; 
Fece  del  destro  lato  al  mover  centro, 
E  la  sinistra  parte  di  sé  torse. 

6  O  dolce  lume  a  cui  fidanza  i*  entro 
Per  lo  novo  canmiin,  tu  ne  conduci, 
Dicea,  come  condor  si  vuol  quinc*entro. 

7  Tu  scaldi  '1  mondo ,  tu  sovr  esso  luci  : 
S*  altra  cagione  in  contrario  non  pronta, 
Esser  den  sempre  li  tuo'  raggi  duci. 

8  Quanto  di  qua  per  un  migliaio  si  conta, 
Tanto  di  là  eravam  noi  già  iti 

Con  poco  tempo,  perla  voglia  pronta. 

9  E  verso  noi  volar  furon  sentiti. 
Non  però  visti,  spiriti,  parlando 
Alla  mensa  d*  amor  cortesi  inviti. 

10  La  prima  voce  che  passò  volando 
Finiim  non  habent;  altamente  disse, 
E  dietro  a  noi  i*  andò  reiterando. 

11  E  prima  che  del  tutto  non  s'  udisse 
Per  allungarsi,  un'  altra  :  i'  sono  Oreste, 
Passò  gridando,  ed  anche  non  s  affisse. 

5.  Soli.  Non  avendo  Dante  pro?«to  V  invi- 
èia,  Virigilio,  ossia  la  ragione  che  lo  condu- 
ce ,  sì  volge  al  sole  perchè  gli  scorga  il  cam- 
nino,  vale  a  dire  la  scienza  speculativa.  Virg.: 
Jtttktrii  tp9etan$  orienlia  toUt  Lumina.  Il  sole 
gU  stava  a  destra  ,  passato  il  mezzodì  (  e. 
Xll ,  S7  ).  —  PORSB.  Inf.  ,  Xli  :  Con  gli  oc- 
chi m  pà  la  tuta  sporgo,  —  Cintro.  Volse 
donqne  a  destra  ;  come  sempre  fare.  Nell'in- 
lémo  sempre  a  sinistra.  Nota  questi  modi  va- 
rii  eo'qnali  dipinge  Tatto  dell'andare  ( Inf. ,  \). 

6.  UoLCB.  Inf.  ,  X  :  Lo  dolo*  lomt.  —  £n- 
no.  G»OY.  (  l.  X  )  ;  Enlrarc  n»l  nuovo  eam- 


7.  Pbohta.  Per  tpingén  è  nelle  Rime ,  per 
ioOaetfains  è  nel  Boccaccio.  Se  grazia  sopian- 
nauirale  non  ci  stimoli ,  la  naturale  ragione 
dev'essere  nostra  guida.  Villani:  &ti profilavo 
féà  volontà  eho  ftmuKia, 

8.  MiaLUio.  Dissillabo ,  come  nel  Petr.: 
FiMoiOm  •—  Con.  Altrove  :  Con  fieeìol  tempo, 
-^  fSR.  Perché  vogliosi  d*  avanzare. 

9.  SnuTi.  Forse  angelici.  Non  si  veggono, 
pmkè  gì'  invidi  già  son  ciechi.  -**  Mensa. 
Tkaililo  familiare  al  P. 

iO.. Vi/ruM,  Voci  consigliantl  benefica  cari- 
tà. S.  Aog.  :  JPtntmU  invidi  quantum  bonum 
9U  tharHag ,  quao  nne  labore  nottra  aliena 
bona  noMira  faeU  (  e.  XXII  ). 

11.  OusTS.  Altri  intende  qui  rammentata 
l'invidia  d'Oreste,  sposo  ad  Ermione  figlino- 
la di  Menelao  :  la  quale  presagli  da  Pirro  , 
che  diede  Andromaca  ad  Eleao,  Oraste  occi- 


120h,  dlsslo,  padre,  che  voci  son  queste? 
£  com'  io  dimandai ,  ecco  la  terza 
Dicendo  :  amate  da  cui  male  aveste. 

13Lo  buon  maestro:  questo  cinghio  sferza 
La  colpa  della  'nvidia  :  e  però  sono 
Tratte  da  amor  le  corde  della  forza. 

11^  Lo  fren  vuol  esser  del  contrario  suono. 
Credo  che  V  udirai ,  per  mio  avviso. 
Prima  che  giunghi  al  passo  del  perdono. 

15  Ma  ficca  gli  occhi  per  V  aer  ben  fiso, 
£  vedrai  gente  innanzi  a  noi  sedersi, 
E  ciascun  è  lungo  la  grotta  assiso. 

16  Allora  più  che  prima  gli  occhi  apersi: 
Guardami  innanzi,  e  vidi  ombre  con  manti 
Al  color  della  pietra  non  diversi. 

17  E  poi  che  fummo  un  poco  più  avanti 
Udì*  gridar  :  Maria,  ora  per  noi  : 
Gridar  :  Michele  e  Pietro  e  tutti  i  santi* 

18  Non  credo  che  per  terra  vada  ancoi 
Uomo  si  duro  che  non  fosse  punto 
Per  compassion  di  quel  eh*  i' vidi  poi. 

se  Eleno,  come  nell'En.  ,  HI.  Ma  meglio  in* 
tendesi  dell'  amicizia  d'  Oreste  a  Pilade  ;  la 
quale  amicizia  accomunando  i  beni  è  diretta- 
mente contrarla  all'  invidia.  E  a  così  Intende- 
re ci  cousiglia  il  vedere  che  gli  altri  due  e- 
sempi  son  tutti  d'  amore ,  e  il  P.  dire  tra  bre- 
ve :  Tratte  da  amor  le  eorde  della  ferzo.  Gli 
esempi  d'invidia  vengono  nel  seguente. 

12.  Amate.  Paul,  ad  Rom.  :  Nulli  malum 
prò  malo  reddentet.  Lue. ,  VI  :  Diligile  ini- 
micos  vettroi,  bene  facile  hie  qui  oderwnt  voe 
...  Si  diUgitit  eoe  qui  vos  diligunt ,  quae  vo- 
bi$  eet  gratia  ..?  Erit  mereet  vestra  multa, 
Matth.  (  V  ,  44  )  :  Diligite  inimieos  vestros, 

13.  Sfbrxa.  Per  incitarli  a  carità  sono  sfor-^ 
iati  con  esempi  d' amore  ;  per  ritrarli  da  in- 
vidia son  frenati  con  esempi  del  vizio  e  dei 
suoi  danni:  Aglauro  e  Caino  (e.  XiV,  v.47). 
—  Fbrza.  Traslato  alquanto  contorto. 

14.  Suono.  Freno  e  snono  ,  metafore  dis- 
parate. —  Avviso.  Con  la  ragione  lo  induce. 
Perchè  ciò  che  spetta  ai  vizii  e  alla  loro  na- 
tura,  alla  ragione  è  accessibile.  —  Perdono. 
Dove  1'  Aogelo  ti  raderà  nn  altro  P.  dalla 
fronte. 

15.  Grotta.  Rape  (  Inf.  ,  XXI,  38). 

16.  CoLoa.  Livido  :  come  d' invMl.  Ov.  , 
Mot.  :  Nee  lapie  albue  erat  :  sua  mene  infe- 
cerai  Ulam  ...  Ballar  in  ore  sedet, 

17.  Maria.  Le  litanie  de'  santi. 

18.  Ancoi.  Per  oggi  ;  Pha  nel  e.  XX ,  24; 
XXXm ,  3%  :  Da  hoc  hodie.  Vive  nel  Titolok 
I  Proveoiali  <wm. 


296 


D£L    PIRGATOEIO 


19  Che  quando  fai  si  presso  di  lor  giunto, 
Che  gli  atti  loro  a  me  yenivan  certi, 
Per  gli  occhi  fui  di  grave  dolor  monto. 

20  Di  vii  cilicio  mi  parean  coperti  ; 
E  Tun  sofferia  I*altro  con  la  spalla, 
E  tutti  dalla  ripa  eran  aofiertì. 

21  Cosi  li  ciechi  a  cui  la  roba  falla. 
Stanno  a'  perdoni  a  chieder  lor  bisogna; 
E  r  uno  '1  capo  sovra  l'altro  avvalla, 

22  Perchè  *n  idtrui  pietà  tosto  si  pogna 
Non  pur  per  lo  sonar  delle  parole 

Ma  per  la  vista ,  che  non  meno  agogna. 

23  E  come  agli  orbi  non  approda  1  sole. 
Cosi  all'  ombre  di  ch'io  parlava  ora 
Luce  del  ciel  di  sé  largir  non  vuole. 

ih'    Ch'  a  tutti  un  fìl  di  ferro  il  ciglio  {ora 
E  cuce ,  si  com'a  sparvier  selvaggio 
8i  fa,  però  che  queto  non  dimora. 

25  A  me  pareva  andando  fare  oltraggio, 
Vedendo  altrui ,  non  essendo  veduto  : 
Perch'  i'  mi  volsi  al  mio  consiglio  saggio. 

26  Ben  sapev*  ei  che  volea  dir  lo  muto, 
E  però  non  attese  mia  dimanda, 

Ma  disse:  parla,  e  sii  breve  e  arguto. 

27  Virgilio  mi  venia  da  cpieUa  banda 


19.  Certi.  Da  uno.  —  Mumro.  Inf. ,  XII: 
Munge  Le  lagrime» 

20.  CiLicip.  Qirol.  citato  da  Pietro:  Qui 
peccator  est  (ut  v^iòidm)  •(  ctii  remordet  eonr 
scientia ,  cilicio  renei  aeeùiìgat.  Il  cilicio^di- 
pìDge  i  pungoli  continovi  deir  invidia.— SoF- 
f  EBiA.  Al  contrario  di  quel  che  ffnno  nel  mon- 
do gr  invidi ,  che  si  ^ttano  a  terra  l' no  l'al- 
tro ,  e  soppiantano. 

21.  Falla.  Manca. 

22.  Agogna.  Soffre  qoasi  agonia»  Similitu- 
dine alc^uanto  langa. 

23.  AppRopA.  Arriva,  MeUf.  lolt6  daUa 
nave  ambedue.  V  Qtt.  interpreta  :  giova. 

24.  FiL.  Chi  vQol  purgarsi  dall*  invidia  ien- 
Ka  chiusi  gli  occhi  alle  cose  terrene.  E  la  pe- 
na indica  inoUfa  la  cecità  dell'invidia.  S.Greg.: 
Mene  invida  eum  da  alieno  hono  affligiturp 
de  medio  ludi  obscuraiur,  Pa.  :  Oheeunntur 
oeuU  eorum  ne  videant,  ef  dortum  eammitm- 
per  incurva,  Giob  ,  degl'  invidi  :  Air  dùm  tn- 
current  tenebrai.  Invidia  da  non  vid$Q.  Bocc. 
GU  occhi  m*  ha  aperto  dui'  inieUeUo^  i  quaU 
misera  invidia  m*av§va  tarrofi.  —  Sparvoa. 
Per  addomesticarli.  Chiabrera  :  Qwd  giovane 
sparvier,  se  rendt  il  giorno  fiuon  pacctolori 


Della  comiee  onde  cader  si  puote , 
Perchè  da  nulla  sponda  s'inghirlanda. 

28  Dair  altra  parte  m'eran  le  devote 
Ombre,  che  per  Torribile  costura 
Premevan  si  che  bagnavan  le  gote. 

29  Volsimi  a  loro  «ero  gente  sicura, 
Incominciai,  di  veder  l'alto  lume 
Che  1  disio  vostro  solo  ha  in  sua  coriv 

30  Se  tosto  grazia  risolva  le  schiume 
Di  vostra  coscienza,  si  che  chiaro 
Per  essa  scenda  della  mente  il  fimne. 

31  Ditemi ,  che  mi  fia  grazioso  e  caro , 
S' anima  è  qui  tra  voi  che  sia  latina  : 
E  forse  a  lei  sarà  buon  s'  T  Y  apparo. 

32  0  frate  mio ,  ciascuna  è  cittadina 
D*  una  vera  città  :  ma  tu  vuoi  dire 
Che  vivesse  in  Italia  peregrina. 

33  Questo  mi  parve  per  risposta  udire 
Più  innanzi  alquanto  che  là  dov'io  stava. 
Ond*  io  mi  feci  ancor  più  là  sentire. 

Sk  Tra  l'altre  vidi  un'ombra  ch'aspettava 
In  vista  :  e  se  volesse  alcun  dir,  come. 
IjO  mento  a  guisa  d'orbo  in  su  levava. 

35  Spirto ,  diss'  io,  che  per  salir  ti  dome, 
Se  tu  se*  qu^  che  mi  rispondesti , 


alle  fasciate  eigUa ,  Volge  tuperbo  gli  oesU. 

25.  Consiglio.  Per  consigliere ,  é  nel  ViK 
lani  e  nelle  St.  pistol. 

36r.  SapeV.  (Inf. ,  XVI).— Mirro. CXXh 
Con  viso  che  tacendo  dicea  :  tad.  —  Aiav- 
To.  Spesso  il  P.  iodi  la  brevità  :  e  nella  Volg. 
El.  la  garmlitA  come  visiocoodanna  (i,iQ. 

27.  iHomaLAUDA.  Inf. ,  XXXI  :  JÌNiCffSf> 
giom  di  torri  si  corona. 

38.  Costura.  Del  fil  di  ferro. 

29.  Alto.  C.  VII  :  L'alio  eoi  che  im 

30.  FicMB.  Il  vero  nell* anima  poim 
poro ,  irriguo  ,  a  sonante. 

31.  Camo.  Più  che  granoso*  — -  Boov.  Hi 
recherà  novella  lassù. 

32.  CiTTAnniA.  Med.  Alb.  Croet  r  Ini^ 
eiitadina  di  Urusakm.  V.  Naova:  Bmftm 
delie  cittadine  di  vita  eterna.  Paci.  (  Wgk*  ^ 
II  »  18  )  :  Jam  man  ...  hosfiies,ei  grftsimi 
eed  ...  eivsf  sanelorum.  Peir.  :  Sfieio  fSNttf 
che  queUe  fnemòra  reggi  Dentro  oUa  fiM'ysi 
regrinando  alberga  Vn  Signor  ..•  (  p.  II  »  (. 
2)1  Mi  nota  piUlegrina.  Son.  71  :  Vemim 
beau  Cittadine  del  cielo.  Son.  88:  Acatj^ 
mortale  E  ciltadifia  dal  celeste  regmo. 

9tf.  Lnotto.  Patria. 


CANTO  xnr 


2D7 


Fammili  conto  o  per  luogo  o  per  nome. 

6  r  fui  senese,  rispose  :  e  con  questi 
Altri  rimondo  qui  la  vita  ria , 
Lagrìmando  a  Colui  che  sé  ne  presti. 

7  Savia  non  fui,  avvegna  che  Sepia 
Fossi  chiamata  :  e  fui  degli  altrui  danni 
Più  lieta  assai  che  di  ventura  mia. 

B    E  perchè  tu  non  creda  eh*  i*  t*  inganni, 
Odi  se  fui  compio  ti  dico  folle. 
Già  discendendo  Tarco  de'  mie'  anni, 

18    Erano  i  cittadin  miei  presso  a  Colle 
Io  campo  giunti  co'  loro  avversari  ; 
Ed  io  pregava  Dio  di  quel  eh'  e'  volle. 

U>    Rotti  fur  quivi,  e  vólti  ncf^li  amari 
Passi  di  fuga  :  e  veggendo  la  caccia, 
Letizia  presi  ad  ogni  altra  dispari , 

A    Tanto  ch'i'  leva'  'n  su  l' ardita  faccia 
Gridando  a  Dio  :  omai  più  non  ti  temo  : 
Come  fé  il  merlo  per  poca  bonaccia. 

k9  Pace  volli  con  Dio  in  su  lo  stremo 
Della  mia  vita  :  e  ancor  non  sarebbe 
Lo  mio  dover  per  penìtenzia  scemo , 


4-3    Se  ciò  non  fossic  ch'a'mcmoria  m  ebb<^ 
Pier  Pettinagno  in  sue  sante  orazioni, 
A  cui  di  me  per  cantate  increbbe. 

ih    Ma  tu  chi  se  che  nostre  condizioni 
Vai  dimandando, e  porti  gli  occhi  sciolti, 
SI  com*  io  credo,  e  spirando  ragioni  ? 

k'S  Gli  occhi, diss1o,mi  nono  ancor  qui  tolti. 
Ma  picciol  tempo  ;  che  poch'  è  1'  otfesa 
Fatte,  per  esser  con  invidia  vòlti. 

kd    Troppa  è  più  la  paura  ond'  è  sospesa 
L' anima  mia  del  tormento  di  sotto, 
Che  già  lo'ncarco  di  laggiù  mi  pesa. 

VI  Ed  ella  a  me:  chi  t'ha  dunque  condotto 
Quassù  tra  noi,  se  giù  ritornar  credi? 
Ed  io:  costui  eh'  è  meco,  e  non  fa  motto. 

hS    E  vivo  sono:  e  però  mi  richiedi, 
Spirito  eletto,  se  tu  vuoi  eh*  i'  mova 
Di  là  per  te  ancor  li  morta'  piedi. 

k9    0  questi  è  a  udir  si  cosa  nova, 
Rispose,  che  gran  segno  è  che  Dio  t'ami: 
Però  col  prego  tuo  talor  mi  giova. 

50  £  cheggioti  per  quel  che  tu  più  brami, 


SS.  Paisn.  Par.,  I:  O divina  virtù,  nmi 
i  pT$sti  Tanto  ... 

S7.  Sapìa.  De*Provenzani,  gentildonna:  al- 
iri  la  dice  moglie  a  Gino  di  Pigezzo:  visse 
Bonfioau  a  Colle,  ove,  rotti  i  Sanesi  da*Fio- 
rtratiai,  ella  che  odiava  ì  suoi,  ne  gioì.  Ott.: 
Ar  mden  tali  in  una  forra ,  e  dice  che  pre- 
|d  UàiOf  che  i  Sanesi  fossero  seonfUti ...  OA 
pumte  volte  in  questa  provincia  di  Toscana 
POimU  prieghi  sono  stati  fatti  per  mali  citta- 
éksL  Di  quesu  sconfitta  nel  e.  XI.  Scherza 
Mi  nome,  come  sa  quello  di  Cane  nel  prim') 
ddl'Ioferno,  e  di  Giovanna  e  Felice  nel  Pa- 
radiso.  Tra  ì  nomi  e  le  cose  gli  antichi  tro- 
vavano  alcuna  armonia.  Cosi  nel  Vang.  Petrus 
•  piira.  Cosi  nel  lib.  di  Ruth,  Noemi  Vuol 
tesi  cbiaraare  col  nome  di  Maria,  perciiè 
pieM  di  grandi  amarezze.  Bembo  (  parlando 
ék  yattor  Fausto).  Let.V.,  11,  1.3:  Omesse- 
f9  T$ttor  mio,  e  veramente  ora  e  Vittore,  e 
AmUo»  6  fortunato ,  e  felice. 

M.  Abco.  Conv.  (  1.  Ili):  JFÌno  al  eolmo 
litia  mia  vita  (  ai  setiantacinque  anni  ).  Al- 
tfove:  Procede  la  nostra  viia  cui  immagine 
^  mna  •  fnontando  e  discendendo,  Petr.;  Giun- 
to al  loco  Ove  scende  la  %nta  ohe  alfin  cade, 
Bocc:  Passato  è  l'arco  de* miei  anni, 

89.  Colle.  Presso  Volterra. 

41.  Usilo.  Cbiamansi  in  Lombardia  gior- 
ni della  merla  i  tre  ultimi  di  gennaio  :  e  son 
freddi ,  dice  la  Civoia .  per  punire  la  merlo 


che,  sentendo  una  volta  a  que'dl  mitigalo  il 
freddo,  si  vantò  di  non  più  temere  gennaio. 
Questo  notano  il  Vellutello  e  il  Daniello.  Ott.: 
Dicesi  favolosamente,  che  il  merlo  al  tempo 
della  neve  sta  molto  stretto,  e  come  vedepur^ 
to  di  buono  tempo  dice:  non  ti  temo,  domi- 
ne, ch'uscito  son  del  verno, 

43.  Pier.  Terziario  eremiu  da  Campi ,  nel 
Chianti,  lontano  sette  miglia  da  Siena.  Nel 
1328  si  ripigliò  la  fesu  di  lui  per  alcun  tem- 
po intermessa  (  Tommasi ,  p.  II,  p.  238).  Ott.: 
In  Siena  al  tempo  dell*  A,  fece  molti  miracvH 
in  sanare  infermi ,  e  in  vedere  molte  revela- 
xioni;  al  quale  la  detta  donna  in  vita  faeea 
visitazioni  ed  elemosine  ,  e  pregavalo  che  per 
lei  pregasse.  Dicesi ,  che  Piero  Pettinagno  fu 
fiorentino  per  nazione.  —  Incrbbbe.  Danto 
(  Rime  ):  È  m* incresce  di  me  sì  malamente 
Ch'altrettanto  di  doglia  Mi  reca  la  pietà  quan- 
to il  martiro.  Pregando,  la  fece  dall'antipur- 
gatorio passare  nel  Purg.  :  CM  cima  di  giù- 
dicio  non  f  avvalla  turche  foco  d'amor  com- 
pia in  un  punto  Ciò  che  dee  soddisfar  chi  qui 
s'astaUa  (e.  VI). 

44.  Condizioni.  Antico  inedito  :  Le  tue  con- 
dizioni e  li  tuoi  fatti  io  seppi  e  cognobbi^  — 
Sciolti.  Ott.  ;  PtrocelU  *l  tuo  favellare  è  éi- 
ritto  a  colui f  cui  eUi  dirizza.  —  Spirando. 
Sente  il  respiro  dall'  aria  commossa. 

46.  Sotto  (  e.  XI  XII  ). 

50.  RiNFAwi.  Cb*  io  non  son  dannata. 

38 


298 


DEL    PURGATORIO 


Se  mai  calchi  la  terra  di  Toscana» 
Gli*  a' miei  propinqui  tu  ben  mi  rinlami. 
51    Tu  li  vedrai  tra  quella  gente  vana 


51.  Vana  (  Inf.,  XX1X,41).— Talamonb. 
Per  a?ere  il  porto  di  Talamone  comprato  nel 
1303  dai  monaci  di  Montamiata  per  novecento 
fiorini ,  castello  al  fine  della  Maremma  ,  si 
credono  già  nomini  di  mare.  L'Ott.  :  Psrocchè 
U  porto  è  profondo,  a  ianbbe  di  grande  utih, 
M  fotte  ootcolo  da  gonU ,  U  Sanati  o*  hanno 
eontumata  molta  montta  in  rifarlo  più  volte, 
e  mettervi  abitanti  :  poco  giova,  perocché  l'aere 


Che  spera  in  Talamone;  e  perderigli 
Più  di  speranza,  eh*  a  trovar  la  Diana. 
52    Ma  più  vi  metteranno  gli  ammiragli. 


inferma  non  vi  Uuda  muUipUcare  gente.  — 
PsRDiRAGu.  Ci  perderà. — Diana.  Credevano 
anticamente  vi  fosse  an  fiome  sotterra^  e  molti 
cavarono  indarno.  Anco  ai  tempi  di  Dante 
(  Toromasì»  p.  I,  p.  53). 

52.  Metteranno.  Più  vi  rìmettertnao  co- 
loro che  saranno  mandati  ammiragli  del  nao- 
vo  porto. 


299 


CANTO 


XIV- 


ARGOMENTO. 


Ugo  da  S.  Vittore,  posto  in  cielo  da  Dante ,  e  citato  da  Pietro  figliuol  di  lui^ 
dic9  :  Suberbia  aufert  mihi  Deum,  invidia  proximum,  ira  me  ìpsam.  Alla  superbia 
dà  il  P.  Ire  canti j  all'invidia  due  e  mezzo j  uno  e  mezzo  aWira.  Qui  trot>a  due 
Ramagnuoli  illustri ,  e  parla  loro  dei  vizii  delle  toscane  rep.^  ed  essi  rammentano 
a  lui  il  declinare  delle  nobili  schiatte  di  Romagna. 

Qai  si  vede  più  chiaro  che  altrove  come  la  libertà  volata  da  Dante  fosse  una  demo- 
crazia aristocratica ,  difesa  e  vendicata  al  bisogno  dalla  lontana  monarchia.  Non  mai  come 
qui  la  geografia  è  si  poetica.  La  politica  alla  morale  s' innestano  con  arte  rara.  Poesia  vera 
la  fine. 

Nota  le  terzine  1,  2,  3,  5,  6,  7,  9,  11,  12,  13,  16;  la  19  alla  23;  la  25,  29,  35,  37, 
38,  39;  la  41  alla  46;  le  due  ultime. 


I 


Chi  è  costui  che  1  nostro  monte  cerchia 
Pria  che  morte  gli  abbia  dato  il  volo, 
E  apre  ^li  occhi  a  sua  voglia  e  coperchia? 

Noti  so  chi  sia;  ma  so  eh  ci  non  è  solo. 
Dimandai  tu  che  più  gli  t'avvicini, 
£  dolcemente,  si  che  parli,  acculo. 

Cosi  due  spirti,  Tuno  all'altro  chini 
Ragionavan  di  me  ivi  a  man  dritta  : 
Poi  (er  li  visi,  per  dirmi,  supini  ; 


1.  Nostro.  Parla  Rinicri  ad  un  altro  Ro- 
^agn^olo,  volen$  demonstrare  (  dice  il  Cud. 
^«ei.  )  qttod  in  Romandiola  maxime  regnabat 
invidia. 

2.  Solo.  (  e.  HI ,  47  )  :  Costui  eh'  è  meco , 
•  flou  fa  motto,  —  Acc(^L0.  Cóle,  per  eogliele 
^   nel  Sacch.;  còmi  per  coglimi  nella  Tancia. 

3.  Supini,  (c.  Xlli,  103)  :  Lo  mento  a  guisa 
^*  orbo  in  su  levava» 


E  disse  Fano:  o  anima  che  fitta 
Nel  corpo  ancora,  inver  lo  ciel  ten  vai, 
Per  carità  ne  consola,  e  ne  ditta 

Onde  vieni  e  chi  se':  che  tu  ne  fai 
Tanto  maravigliar  della  tua  grazia 
Quanto  vuol  cosa  che  non  fu  più  mai. 

£d  io:  per  mezza  Toscana  si  spazia 
Un  fìumicel  che  nasce  in  Falterona, 
£  cento  miglia  di  corso  noi  sazia. 


4.  Uno.  Guido.— Ditta.  Di'.  Petr.  (e.  28): 
Colui  che  dtl  mio  mal  meco  ragiona  Mi  la- 
scia in  dubbio,  sì  confuto  ditta. 

6.  Spazia.  Otl.  :  Perocché  non  va  a  diris- 
ta  linea.  —  Faltbrosa.  Monte  dell*  Apen- 
nino  presso  Romagna ,  dove  avevano  signoria 
i  comi  Guidi.  —  Cinto.  G.  Vili.  (  1 ,  43 }, 
dice  il  corso  dell'Amo  essere  di  ^azio  di  mi. 
glia  cenioveoti. 


SGO 


DEL    PURGATORIO 


7  Di  sovr'  esso  rech*  io  questa  persona. 
Dirvi  eh'  i*  sia ,  saria  parlare  indarno; 
Che  '1  nome  mio  ancor  molto  non  suona. 

8  Se  ben  lo  'ntendimento  tuo  accaruo 
Con  lo  'ntelletto  (allora  mi  rispose 
Quei  che  prima  dicea)  tu  parli  d' Amo. 

9  £  r  altro  disse  a  lui  :  perchè  nascose 
Questi  '1  vocabol  di  quella  riviera 
Pur  cora'uom  fa  dell'  orribili  cose? 

10  £  r  ombra  che  di  ciò  dimandata  era, 
Si  sdebitò  cosi  :  non  so  ;  ma  degno 
Ben  è  che  '1  nome  di  tal  valle  pera. 

1 1  Che  dal  principio  suo  (dov*è  si  pregno 
L' alpestre  monte  ond'è  tronco  Pelerò, 
Che*n  pochi  luoghi  passa  oltra  quel  segno) 

12  Infin  là  've  si  rende  per  ristoro 

Di  quel  che  1  cicl  della  marina  asciuga, 

7.  Sova».  Inferi»  ,  XXllli  l fui  naiQeen- 
sciuto  Sovra  'l  bel  pum$  d*  Amo,  Quando  ei 
scriveva  V  Inferao  non  anco  gli  odii  e  i  dis- 
pregi erano  cosi  Aeri.  Qui  non  nomina  Firen- 
ze ;  come  PoUoice  in  Istazio  donwndalo  chi 
fosse  non  nomina  il  padre.  Così  nella  leu.  ad 
Enrico  VII ,  e'  non  la  nomina  se  non  dopo  a- 
vcrla  con  mille  titoli  di  vltaperio  indicata.  — 
Peusona.  Conv.  (U3  ):  A«i  eotpMo  dt^ qua- 
li non  iolamente  mia  penona  inviiio  ,  ma  di 
«anor  pugio  ù  fsc9  ogni  optta  ...  —  Suona. 
Vetr.:  Volentier  taprei  Chi  («  m  ...  V  esser 
mio ,  gli  risposi,  non  soiCena  Tanto  conosci- 
lor,  efiè  così  lung§  Di  poca  fammagran  lu- 
ce non  vene. 

8.  AccARNO.  II  Petrarca  disse  ineamafe 
ed  pensiero  V  Immagine  d*  un  i>el  viso. 

10.  Sdebitò.  Àr.  (  XIX,  108  )  :  £  st  doman- 
da l'  un  eoo  V  altro  il  nome,  È  tal  debito  to- 
sto ti  ragguaglia,  —  Peba.  Frase  bibl.:  Pt- 
Ttìot  nomen  ejus. 

11.  pRBGxo.  Eminente.  Dice  11  Ferra  rio  del- 
l'A  pennino:  £'xcelfii«  maxime  interagrum  Par- 
mcnsem  et  Luccnsem.  (  Lex  geogr.  )•  —  Mon- 
te. L'  Apeoniuo  tagUa  \  Italia  :  dì  là  sgor- 
{,'ano  molli  fiumi:  e* divide  Lombardia  da  To- 
scana ,  va  fino  io  Calabria.  —  Pbloro.  Pro- 
moniorio  di  Sicilia  ora  tronco  dall'Apennino, 
M  faciente  un  tempo  eoa  lai  tutto  un  mente, 
«)  Dando  la  Sicilia  era  attaccata  air  Italia  (Virg. 
Ili  ,  414-7  :  Haee  loca  ,  vr  quondam  ...  Vie- 
filuisse  ftruni ,  quum  profenus  «cra^tie  teUue 
l'eia  foret,  —  Oltra.  Nella  Campania  1*  A- 
pennino  é  piò  alto.  Lue.  :  Umhr9»it  mediam 
qua  eoUibui  Apenninus  Erigit  Italiam,  nullo 
ii>ta  vertice  teUuiAUiusHUummU^fropriuequ^ 
«ccaisir  Olympo.  Mont  inter  femtfias  mediut 


Ond'  hanno  i  Gami  ciò  che  va  OOD  Imo  > 
18    Virtù  cosi  per  ninùca  si  fuga 
Da  tutti  come  biscia,  o  per  sveotan 
Del  luogo  0  per  mal  uso  che  li  (f%igu 
ik    Ond'  hanno  si  mutata  lor  naturm 
GH  alritatcM'  della  misera  valle 
Gie  par  che  Circe  gli  avesse  in  putori* 

15  Tra  brutti  porci  più  degni  di  galle 
Che  d' altro  cibo  fatto  in  umano  uio; 
Dirizza  prima  il  suo  povero  calle. 

16  Botoli  trova  poi  venendo  giuso» 
Ringhiosi  più  che  non  chiede  ìoi  poM» 
E  a  lor  disdegnosa  torce  '1  muso.      (Ot 

17  Vassi  caggendo;  e  quanto  ella  più 'ngm- 
Tanto  più  trova  di  can  farsi  lupi 

La  maiadetta  e  sventurata  fossa. 

18  Discesa  poi  per  più  pelaghi  cupi. 


te  porrigit  rnndeti  In/amì  Superiqu^ 
colletque  eoeroet  . .  •  Coda  Siculo  eatMff  f^ 
loro. 

13.  La.  Fino  al  mare  dove  Amo  si  iciit 
per  rRomare  V  aequa  »alita  dal  mare  In  v» 
pore.  —  Ono*.  I  fiumi  hanno  dal  cielo  le  a* 
eque  loro.  £  vuol  dire:  dalla  sorgente  aHt 
foce  d*Amo  non  è  virtù.  Dirà  poi  nel  e.  XTI 
che  tra  1  Po  e  r  Apennioo  e  1  Reno  e1 
re  ,  non  è  bene  alcuno.  Le  due  pittare 
grafiche  e  politiche  si  rincontrano. 

13.  LcoGo.  Cfc.  (  Leg. ,  Agr.  )  :  Non  à 
fiaranttcr  hominibut  meres  tam  a  iftrpt 
rìM  ae  teminit  quam  ex  iit  rebus  quae  ak  i§ 
neUura  loci  et  a  vitae  eontuetudine  manJA' 
tantur,  quikut  aUmur  et  vtvinitia.  Carwafi 
m'enfai  fraudulenti  et  mendacet,  non  MMie 
ted  natura  loci  ...  ad  ttudium,  /allaiMn»et* 
co^anlttf. 

14.  CiRCF.  (  Inf. ,  XXVI  ). 

15.  Ponci.  I  contr  Guidi  di  Romeni ,  4a> 
nominati  di  Porciano  :  dati  alla  Tenere ,  diet 
Pietro.  E  (tose  in  genere  tutto  U  Caaiélln» 
Boet.:  Foedit  immundisque  libidimbm  mmmT' 
ijiturf  tordidae  tuis  voluptale  deltnthif. 

16.  Botoli.  Aretini  che  latrano  a*  vietai  • 
ma  senza  forza.  Boet.  :  Ferox  atqu§  tafviii 
linguam  litigiit  exercet  ?  cani  comporaraL 

17.  Lupi.  Avari  Fiorentini.  In  una  eanaon^ 
la  chiama  lupa  rapace.  Boet.  :  Avmrititi  fef- 
uet ,  aiionarum  opum  moleniut  eff|KorT  fafi 
timilem  dixerit. 

18.  Volpi.  Pisani ,  pieni  di  maliztoee  Cin- 
tele. Boet.:  Imidiator  occuUit  ntfnipm$$§  frmt 
dibut  gaudetf  VulpeeuUt  exaequeiur.  Il  mt> 
desìmo  ;  Qui ,  prcòitaie  deserta  •  i^omo  ctn 
detierU  i  qtium  tu  divinam  eon^'oncm  tre» 


CANTO    XIV. 


301 


TroTa  le  volpi  si  piene  di  froda 

Che  non  temono  ingegno  che  le  occupi. 

19  Né  lascerò  di  dir  pcrch'  altri  m' oda. 
£  buon  sarà  costui  s*  ancor  s' ammenla 
IN  ciò  che  vero  spirto  mi  disnoda. 

20  Tveggio  tuo  nipote  che  diventa 
Caeciator  di  quei  kipi  in  su  la  riva 
Bel  fiero  fiume,  e  tutti  gli  sgomenta. 

21  \eùAe  la  carne  loto  essendo  viva  : 
Pòscia  gli  aneìde  come  antica  belva: 
■olti  di  vita  e  sé  di  pregio  priva. 

S    Sanguinoso  esco  della  trBta  selva» 
Lasciala  tal  che  di  qui  a  milV  anni 
Nello  slat^prìmaio  non  sirinselva» 

O    Com'  air  annunzio  de'  futuri  danni 
Si  turba  1  viso  di  colui  eh'  ascolta 
Da  qualche  parte  il  periglio  F  assamii; 

Il    G>s!  vid'  io  r  altr'  anima  clie  vdlta 
SUv:a  a  udir,  turbarsi  e  farsi  trista 
Poi  eh*  ebbe  la  parola  a  se  raccolta. 

JB.  Lo  dir  dell'una,  e  dell'  altra  la  vista 
Mi  fé  voglioso  di  saper  lor  nomi; 
E  dìauuìda  ne  fet  con  prieghi  mista» 


26  Perchè  h)  spirto  che  di  pria  parlómi, 
Ricominciò:  tu  vuoi  eh'  io  mi  deduca 
Nel  fare  a  te  ciò  che  tu  far  non  vuómi. 

27  Ma  da  che  Dio  in  te  vuol  che  traluca 
Tanta  sua  grazia,  non  ti  sarò  scarso. 
Però  sappi  eh*  io  son  Guido  del  Duca. 

28  Fu  '1  sangue  mio  d' invidia  si  riarso 
Che  se  veduto  avessi  uom  farsi  lieto, 
Visto  m' avresti  di  livore  sparso» 

29  ]>i  mie  semenza  cotal  paglia  mieto. 
0  gente  umana ,  perché  poni  '1  core 
La  'v'  é  meslier  di  consorto  divieto? 

30  Questi éRinier,  quest'él  pregio  e  l'onore 
Della  casa  da  Calbolir  ove  nullo 
Fatto  s'  è  roda  poi  del  suo  valore. 

31  E  non  pur  lo  suo  sangue  è  fatto  brullo 
Tra  11  Po  e  1  monte  e  la  marina  e  '1  Rertf> 
Del  ben  richiesto  al  vero  e  al  trastullo; 

32  Che  dentro  a  questi  termini  é  ripieno 
Dì  venenosi  sterpi,  si  che  tardi 
Per  coltivare  omai  verrebbe?  meno. 

33  Ov'  è  1  buon  Lizio,  e  Arrigo  l^Ianardi, 
Pier  Traversaro  e  Guido  di  Carpigna  ? 


«n  tmmpoimt,  vertaiur  in  hMtam.  Nella  l«l- 
Iwi  ad  Enrico  VII  volpe  è  chiamata  Firenze. 
— •  Occkvu  Sorprenda-  Virg.  :  Aieenlem  Oeeu- 
Hmtm  E  pnr«  Pisa  eoo  Arezzo  erano  città  ghi- 
MUnt.  Ma  ai  falli  non  ai  nomi  badava  il  P. 
flCcl  1J09  Arezzo  guidata^  da  Ugneeione  si  la- 
fedò^  sconfiggere  da.  Firenae  (  ViU.,  VIU^119 }. 

19.  Ai^TM.  Gnido  parla  a  Rinleri  da  Cai- 
Mi;  •  ora  sta  per  dire  d'  na  sno  nipote  in- 
^«0 .  Fnlcieri  dir  Calboli . 

IO.  KiPOTi.  Rettor  di  Firenze,  nel  iao4al 
MMo  della  tspubione  de' Bianchi  ;vioario>  di 
Bnbcrlo  poi  ;  nel  1311^  esiUò  di  nnovo  U  P. 
Cairotto  da'  Neri  feee  carcerare  ed  nccidere 
yveechl  Bianchi.*—  Fiito»  Altrove  chiama  sei- 
nggiM  la*  parte  di  Vieri. 

si.  QuALCHB.  Ascolta  che  H  periglio- da  qnal- 
Aa  parte  1*  aacannik  Petr.^:  J^asr^^taceioden- 
ttm  tm  smi$a  d*  uom  eht  ofcoiCt  Novella  oke 
éi  tmkito  V  decora.  Com*  icom-  ek$  fetne...  Fu- 
mmo Moie,  e  frema  arni  la  tromba  Smt^ndo 
0à  éeitf  aiiri  aneor  fwl'  pr9m§. 

94.  A&TE'.  Rioieri.  —  RagcoiiTa.  Intesa^  e 
Paradiso;.  £e  nuove  noU  hatuM  ri- 


18.  Rmbio.  Aibertano:  L*mmdia  ,  eoUn 
la  pofla  con  seco  r  orde.  S.  Gregor«  :  lìi- 
vidiae  faeibui. 

n.  MniTOw  Pro?.,  XXU:  Qui  «cmtnaC  ini- 
fmm,  «def  Mia.  IMoi.  CXXV:  Qiié  le- 


«tmanltn  tutfr^mif,  in  caniftafo'one  oiefenf .  Gal. 
(  VI ,  8  )  :  Qwu  ...  «tmifiaveril  komo ,  haec  et 
melet.  Bccl.  VII  :  Non  scmtncf  mala  in  tui- 
ei»  injuuitiae,  et  non  metee  ea  in  septuplum, 
—  CoNsotTO.  La  fmizione  de'  beni  mondani 
sminoisce  b*'è  divisa  in  compagnia  ,  e  se  non 
vuoisi  divisa ,  conviene  a  tutti  -vietarne  il  pos- 
sesso.. Ecco  in  questo  verso  mostrata  la  ne- 
.  eessiià  eh'  é  ali»  tirannide  del  sistema  de'  di- 
vidi e  de'privilegii*,  e  la  bruttezza  di  questo 
sistema,  r.  il  e.  seg.  Lue,  I:  Nulla  fideiro' 
^m  zoettf ,  omnieque  poteitae  knpatiem  con- 
«oriti  «rir»  Conv.  (k  IV  )  :  La  partlode  ne*  vi- 
zioti  e  co^'ofie  dr  invidia ,  e  invidia  e  tagione 
dvmal  giudicio^ 

ao.  RiNun*  Da^  ForlV,  avolo-  di  Fnlcieri.  Di 
lui  il  Novellino;  XL. 

31.  Brullo.  Nudo  (  Inf. ,  XXXIV,  20  ).  — 
Po.  Romagna  confinata  dal  Po,  dal  Reno,  dal' 
l'Adriatico  e  dall' Apeonino.  —  Trastullo. 
Petr.  :  Fidi  Virgilio  ;  e  pormi  ùfUomo  avesee 
Compagni  d'aito  ingegno  e  da  troituUo. 

32.  Stupì.  Rammenta  la  selva  selvaggia. 
33«  Liaio.  Da  Vatbona ,.  lodato  dai  Bocc. 

(V,  4  )  pet  cavaliere  assai  da  bene.  L' Cu.: 
,  Cavaliere  eorteee ,  per  fare  un  deeinare  in 
Forili  mezza  la  eotera  del  zendado  vondi  eee- 
tanta  /tohm.  Annunziatogli  che  un  suo  trìslo^ 
figliuolo  era  morto,  rispose:  già  lo  sapevo^ 
dUenti  ch'egli  è  sepol&o*  -*  Uàvamdu  Dii 


302 


DEL    PURGATORIO 


0»Roroagiuioli  tornati  io  bastardi  I 
3k  Quando  io  Bologna  un  Fabbro  si  ralligna, 
Quando  n  Faenza  un  Bernardin  di  Fosco, 
Verga  gentil  di  picciola  gramigna? 

35  Non  ti  maravigliar  s*io  piango,  Tosco, 
Quando  rimembro  con  Guido  da  Prata 
Ugolin  d' Azzo  che  vivette  nosco  , 

36  Federigo  Tignoso  e  sua  brigata  , 
La  casa  Traversara  e  gli  Anastagi 
£  V  una  gente  e  V  altra  è  diretata  ; 

37  Le  donne  e  i  cavalier,  gli  afTanni  e  gli  agi 
Che  ne  'nvogliava  amore  e  cortesia 

Là  dove  i  cor  son  fatti  si  malvagi. 

38  O  Breltinoro  che  non  fuggi  via 


Bretiinoro  o  di  Faenza,  cavalien  fieno  di 
cortesia  ...volentieri  mise  tavola,  donò  robe 
€  cavalli t  pregiò  li  valentuomini,  e  iua  vita 
tutta  fu  data  a  larghezza  ed  a  bello  vivere 
(  r  Ott.  ).  Morto  Guido  del  Duca  ,  quegli  che 
parla,  Arrigo  fece  tagliare  a  pezzi  la  paoca 
dove  8ole\a  sedere  con 'lui»  percb' altri  non 
vi  sedesse:  che  diceva  non  potere  trovare 
uomo  d'ugual  probità.  —  Pier.  Di  Ravenna: 
sposò  una  sua  liglia  a  Stefano  re  d'Ungheria: 
l'u  di  Ravenna  cacciato  da  que*  di  Polenta.  Uo< 
11)0  splendido.  —  GiiDO  i>i  Cahp.  Di  Monte- 
feltro  ,  \  issuto  verso  la  metà  del  XIU  seco- 
lo, cortese  e  ghibellino;  finiiglia  posseditrice 
di  castella  feudalmente  obbligate  all'imperio. 
Amò  per  amore,  dice  TOtt.,  un  Guido  di 
Carpigna  genero  d' l'gucrioue ,  nel  1308  capi- 
tano del  popolo  fiorentino.  Non  doveva  come 
guelfo  essere  molto  amato  da  Dante  :  quindi 
forse  la  esclamazione  contro  i  tornati  m  ba- 
stardi, 

34.  Fabbro.  De'  Lambertaizi  :  che  acquistò 
quasi  assoluta  potenza  in  Bologna.  —  Ber- 
nardin. Lavoratore  di  terra  in  Faenza,  acqui- 
siò  tale  autorità  ,  che  gli  antichi  uomini  lo 
visitavano  per  \  edere  le  sue  onorcvolezze  e 
udir  di  sua  bocca  leggiadri  motti. 

35.  Prata.  fastello  tra  Faenza  e  Forlì. 
Guido  fu  uomo  liberale.  —  Dgclut.  Degli 
Vbaldini,  famiglia  toscana,  nobile  e  cortigia- 
na. Ambedue  di  basso  luogo  nati,  pur  per 
virtù  si  nobilitarono,  e  furun  parte  delle  pub- 
bliche cose. 

36.  Tignoso.  Di  Montefeltro:  di^e  Pietro, 
di  Rimini.  L'Ott.  :  Sua  vita  fu  in  Brettinoro 
(come  Guido  di  Carpiyna):  il  pia  fuggk  la 
r,tià  quanto  potette ,  ticcome  nemica  de'  gen- 
tili ìiomini;  e  quando  in  lei  stette^  la  sua 
tavola  fu  corte  bandita.  —  Traversara.  Di 
Ka^coua.  —  A:<astaci.  Illustri  Ravennati  con- 


Poiché  gita  se  n*èU  tua  famiglia 
E  molta  gente  per  non  esser  ria  ? 

39  Ben  fa  Bagnacaval  che  non  rìfiglia; 
E  mal  fa  Castrocaro ,  e  peggio  Conio, 
Che  di  figliar  tai  conti  più  s'impiglia. 

kO    Ben  faranno  i  Pagan  quandoldamoMO 
Lor  sen  gira  ;  ma  non  ^^etò  che  puro 
Giammai  rimanga  d'essi  testimaoio. 

il    O  Ugolin  de  Fantolin,  sicuro 
É  il  nome  tuo  da  che  più  non  s'aspetta 
Chi  far  lo*  possa  tralignando  oscuro. 

42  Ma  va  via,  Tosco,  omai;ch*ormi  diletti 
Troppo  di  pianger  più  che  di  parlare: 
SI  m*  ha  vostra  ragion  la  mente  stretti. 


frtunti  di  parenUdo  a  q«e*di  PoleaU.  Ott.: 
Per  loro  cortesia  erano  molto  amati  da*getilé^ 
li  e  dal  popolo,  quelli  da  Polenta  ,  ocempeitmi 
della  repubblica,  come  sospetti  o  kmoid,  U 
cacciarono  fuori  di  Faenza. — Dirktata.  L'  wm 
il  VilU  (Vili,  64). 

38.  Brbttinoro.  Patria  di  Goldo.  Oli  » 
sclama  contro  le  castella. —  Fuggi.  EmiM» 
ta  quel  dell' Inf.:  Muovasi  la  Capraia. -^fa- 
MiGMA.  Dall'esilio  dispersa.  Ott.  Intr*  altak- 
tre  laudabili  costume  de*  nobili  di  Brwttime^s 
era  il  convivere ,  e  che  non  voleano  che  «^ 
mo  vendereccio  vi  teneste  ostello  ;  ma  um 
colonna  di  pietra  era  in  mezzo  il  easte^ 
alla  quale,  come  entrava  dentro  il  forestitn, 
era  menato,  e  ad  una  delle  campaneU»  99tt 
venia  mettere  il  eavallo  e  cappello;  o  eom 
la  fronte  li  dava,  così  era  met^ato  aUa  mms 
per  lo  gentile  uomo  ,  al  quale  era  attrikmtB 
quella  campanella ,  ed  onorato  secondo  mo 
grado.  La  quale  colonna  e  campanella  (un- 
no trovate  per  torre  materia  di  standolo  ist' 
fr*  alli  detti  gentili;  che  ciascuno  prima  cont- 
va  a  menarsi  a  casa  il  forestiere,  siccowu 
oggi  quasi  si  fugge. 

39.  Bagnacaval.  Parla  dei  Malabocca,  nl- 
tìroi  della  qnal  famiglia  erano  Lodovico  e  Ca- 
terina moglie  a  Guido  signor  di  Ravenna  o* 
splte  del  P.  Ma  non  di  lei,  de' maschi  di  quel- 
la casa  intende  la  sentenza  di  Dante.  —  Rf 
FIGLIA.  Sap.  (  ili ,  13  )  :  MaUdicta  ereatum 
tu  rum  :  quoniam  felix  est  sterilis.  —  Castbo- 
CARO...C0MO.  Avevano  i  loro  conti.  Ott.*T»fh 
e  tre  furono  abitazione  di  cortesia  «  di  onori. 

40.  Demo.mo.  Magbinardo  Pagani  signore 
d*  Imola  di  Faenza  soprannoroiiMto  il  Diav^ 
lo  :  i  figli  erano  men  rei  del  padre  (  ioL  • 
XXVIi  ). 

41.  Ugomn.  Virtaoso  Faentino. 

43.  Ragion.  HagioDamento  (  e.  XXII  )'  Di- 


CANTO    XIV. 


3(0 


Noi  sapavam  che  queir  anime  care 
Ci  sentivano  andar  :  però  tacendo 
Faccvan  noi  del  cammin  confidare. 

^4  Pei  fummo  fatti  soli  procedendo, 
Folgore  par^'e  quando  Y  aer  fonde, 
Voce  che  giunse  di  centra  dicendo: 

a    Anciderammi  qualunque  m'apprendo. 
E  fuggia  come  tuon  che  si  dilegua 
Se  subito  la  nuvola  scoscende. 

46  Come  da  lei  l'udir  nostro  ebbe  tregua. 
Ed  ecco  l'altra  con  si  gran  fracasso 
Che  somigliò  tonar  che  tosto  segua  : 

47  Io  sono  Aglauro  ,  che  divenni  sasso. 

et  votiva  ,  perch'  e  Dante  e  Riaieri  diedero 

doBMidando  occasione  ai  suoi  dolorosi  pen- 

•feri.  —  Stbbtta.  Virg.  (  IX ,  294  )  :  Atqut 

jKiCriae  itrinxit  pietatii  imago. 

Poi.  Poiché.  —  Folgobb.  QuaUterex- 

venlii  per  nuhila  fultMn  Aeterit  im- 

fmUi  fofuitt  mundique  fragor9  Emicuit,  rupit- 

qm  4iam  ...  (  Lue.  ). 

4i.  AivcioSEAMHi.  Caino  nella  Geo.  (  IV , 
14  )  :  Owmis  ...  qui  inventrU  mé^  oecidetme. 
— >  AwftBNDB.  Per  prende  è  nel  Borghini  e  nel 


«7.  Aglaubo  (  Ov.,  Met.  II  ).  Infidiò  gli 
nwri  di  Mercurio  con  Erse  sorella  sua. 

48.  Camo.  Ps.  :  In  camo  et  fraeno  maxil- 
In  #onfm  eonstringe,  qui  non  approximant 
ma  le.  C.  XIII  (  lerz.  14  )  :  Lo  fren  vuol  ei- 
ifr  ed  cmUrario  suono.  Ar.  (  XXX ,  71  )  :  Se 
éi  9éf$9§na  un  duro  fren  non  era.  Monarch. 
(  pag.  81  )  :  Bas  eonelutiones  humana  cupi- 
flmttrgartt ,  nisi  hominee  ianquam  equi 
èmaùHiate  vagarue$,  in  eamo  et  fraeno 
lur  in  via. 
Amo.  Eccl.  (  IX,  Ì2  ):Sieut  pi$c€$  ea- 
ìmr  hamo...fie  oapìuntur  hominet  %h  tem- 


E  allor  per  istringermi  al  poeta 
Indietro  feci  e  non  innanzi  'I  passo. 

48  Già  era  Taura  d*ogni  parte  quota  ; 
Ed  ei  mi  disse  :  quel  fu  il  duro  Camo 
Che  dovriaruomtenerdentroasua  meta. 

49  Ma  voi  prendete  l'esca  si  che  l'amo 
Dell'antico  avversario  a  sé  vi  tira  ; 

E  però  poco  vai  freno  o  richiamo. 

50  Chiamavi 'l  cielo  e  'ntomo  vi  si  gira 
Mostrandovi  le  sue  bellezze  eterne  , 
E  l'occhio  vostro  pure  a  terra  mira  : 

51  Onde  vi  batte  Chi  tutto  discerne. 


pore  malo.  —  Richiamo.  Alla  virtù  :  freno  al 
vizio.  L'uso  de' beni  terreni  fa  cupidi  ed  in- 
vidi. 

50.  Mira.  Ib.  (  XL,  25):  Levate  in  eaoee^ 
tum  oeulos  vettrot,  et  videie,  quis  creavit  haee: 
qui  educii  in  numero  mUitiam  eorum.  Petr. 
(  Ep.  ):  Extensam  habet  Deu$  dexteram  suam 
ad  largienda  spiritualia.  Sed  non  est  qui  aspi- 
ciat.  Omnes  enim  ad  sinistram  respiciunt ,  u$ 
temporalia  reeipiant.  S.  Aog.  :  Belluat  ÙBsm 
prostratas  fecit  in  fame,  pastum  quaerentn 
de  terra  :  te  homo  in  duo$  pedes  erexit,  tuctn^ 
faciem  sursum  ascendere  voluit.  Non  discoih 
det  cor  tuum  a  faeie  tua.  S.  Paul.  :  Quae  sur- 
sum sunt  t  sopite.  Tasso  :  Né  miri  il  del  che 
a  sé  ne  inoiia  e  chiama.  Petr.  (e.  39  ):  Or 
ti  solleva  a  più  beata  speme  Mirando  il  eiel 
che  ti  si  volve  intomo  Immortai  ed  adomo. 
Boet.  :  /{empiette  coeli  spatium ,  et  aliquando 
desinile  vilia  mirari.  Ovid.  :  Os  homini  stt- 
blime  dedit  eoelumque  fumi  Ju$$it»  Arist.  (  Do 
pari.  an.  )  :  Sohis  aninvalium  omnium  erectm 
est  homo,  qfsomam-ejui-nùtufrùeuque  substan- 
tia  divina  $$$. 

51.  ToTfo.  Boet.:  Judioit' euneta  cementis. 


30i 


DEL    PURGATORIO 


CANTO      XY- 


ABGOMENTd 


Il  sole  piega  aìl'oeeato  :  irotano  l  Angelo  ,  ealgono  men  ardua  ioUla ,  perdki 
più  tuomo  i'avansa  nel  bene  ,  e  men  fatica  egli  dura.  Sono  nel  girone  de&in; 
e  ,  andando ,  Virg.  tpiega ,  eome  il  bene  vero  doè  lo  spirituale ,  da  più  gaétOe , 
più  contenta  ciascuno.  Viseussione  lucidissima,  e  fatta  poetica  dM'amoet  •••  A 
P.  in  visione  contempla  esempi  di  mansuetudine  e  misericordia  :  le  dolci  panie  is 
Maria  dette  al  figlio  smarrito  nel  tempio;  la  rispoeta  di  Pisistrato  indiato  apt 
mre  chi  aveva  baciata  sua  figlia;  la  preghiera  di  santo  Stefano  pe*  tuoi  «eeòon: 
fin  esempio  profano  in  mezzo  a  due  sacri,  e  tutte  le  mioni  son poesia  «iw.  Ei^ 
trono  nel  fumo  ch*è  pena  agli  ardori  dell'ira. 

Nota  le  terzine  1,  3.  5,  6;  la  10  alla  13;  la  17,  19,  23,  21,  25;  la  28  allt  li; 
la  36  ,  37 ,  39 ,  40,  41 ,  43 ,  44  eoo  l^oltime  tre. 


1  Quanto  ,  tra  laltimar  delfora  terza 
E 1  principio  del  di ,  par  della  spera 
Che  sempre  a  guisa  di  fanciullo  scherza, 

2  Tanto  pareva  gii  invér  la  sera 
Essere  al  sol  del  suo  corso  rìmaso 
Vespero  là  ,  e  qui  mezza  notte  era. 

3  E  1  raggi  ne  ferìan  per  mezzo  'I  naso. 
Perchè  per  noi  girato  era  si  '1  monte 
Che  già  diritti  andavamo  invór  T  occaso; 

i.  Quanto.  Qaanto  tratto  della  sfera  cele- 
ste corre  tra  l'ora  terza  compiata  e  il  nascer 
del  sole,  cioè  quarantacinque  gradi  (  poiché 
il  soie  corre  quindici  gradi  per  ora  )  »  tanto 
rimaneva  in  Purgatorio  a  percorrere  al  sole. 
—  ScuBRZA.  Il  raggio  del  sole  sempre  tre- 
mola: che  degli  altri  pianeti  non  è.  Virg.  : 
Xremulum  ...  lumen, 

2.  Vespero.  A  vespero ,  mancano  ire  ore  a 
sera.  In  Italia  in  quel  punto  era  mezzanotte, 
a  Gerasalemme  tre  ore  del  mattino.  Qui  mo- 
stra il  P.  di  credere  che  l'Italia  fosse  occi- 
dentale a  Gerusalemme  gradi  qotrtntacinqae, 


h  Quand*  io  senti*  a  me  gravar  la  fronte 
Allo  splendore  assai  più  che  di  prima, 
E  stupor  m' eran  le  cose  non  conte. 

5  Ond*  io  levai  le  mani  invér  la  cima 
Delle  mie  ciglia  ^  e  fecemi  '1  solecchi» 
Che  del  soverchio  visibile  lima. 

6  Come  quando  dall'acqua  o  dallo  specd'v 
Salta  lo  raggio  ali*  opposita  parte, 
Salendo  su  per  lo  modo  parecchio 

ed  è  venticinque.  Ma  Dante  co*  geografi  àt 
suoi  tempi  pone  tra  l'ibero ,  Uume  della  Spi' 
gna  (  canto  XXVll  ),  e  Gerusalemme,  pm 
novanta  :  e  da  questo  errore  procede  che  •  o- 
sendo  veramente  l'Italia  in  mezzo  tra  Pll^ 
stina  e  la  Spagna,  e' doveva  porre  tra  Iialii 
e  Palestina  gradi  quarantacinque. 

4.  Priiu.  Trecentista  inedito  rJtfi^iion  à» 
non  era  stato  di  prima . 

tt.  Solecchio.  Per  arnese  che  difenda  dal 
sole,  r  usa  G.  Vili . 

6.  Come.  A  intendere  questo  passo  notita» 
col  Torelli  che  la  legge  della  riHassione  della 


CANTO    XV. 


305 


7  A  quel  che  8cen(1e;  e  tanto  si  diparte 
Dal  cader  della  pietra,  io  igual  tratta, 
Si  come  mostra  esperienza  e  arte; 

8  Cosi  mi  parve  da  luce  rifratta 
Iti  dinanzi  a  me  esser  percosso  : 
Perdi*  a  fuggir  la  mia  vista  fu  ratta. 

9  Che  è  quel,  dolce  padre,  a  che  non  posso 
Schermar  lo  viso  tanto  che  mi  vaglia, 
Disagio,  e  pare  invér  noi  esser  mosso  ? 

10  Non  ti  maravigliar  s*  ancor  t*  abbaglia 
La  famiglia  del  cielo,  a  me  rispose: 
Messo èche  viene  ad  invitar  eh  uom  saglia. 

li    Tosto  sarà  ch*a  veder  queste  cose 
Non  ti  fia  grave,  ma  fieti  diletto. 
Quanto  natura  a  sentir  ti  dispose 

11  Poi  giunti  fummo  all'angel  benedetto. 
Con  lieta  voce  disse:  Intrate  quinci 

Ad  un  scalèo  vie  men  chegli  altri  eretto. 
13    Noi  montavamo  gii  partiti  linci; 


fta  già  dimostra  negli  specchi  piani ,  con- 
cavi e  convessi,  neUa  prima  prop.  della  Ca- 
toUrlca  d'Euclide;  che  la  perpendicolare  fa  chia- 
niau  il  cader  della  pUlra  da  Alberto  M.  nel 
libro  delle  caase  e  proprietà  degli  elementi, 
celebre  allora  ;  che  rifratta  sta  qui  per  rt/les- 
$a ,  distinzione  agli  antichi  non  nota ,  poiché 
il  deviare  in  genere  de'  raggi  fu  espresso  col 
greco  voeabolo  ànapUutaì  spezzarsi.  Onde  si 
•pieghi:  come  quando  un  raggio  di  luce ,  dal- 
Y  acqua  o  dallo  specchio ,  rimbalza  all'  oppo- 
sta parte ,  risalendo  con  V  isiessa  legge  con 
eoi  scese,  facendo  cioè  l'angolo  di  riflessio- 
ae  ugnale  all'  angolo  d' incidenza ,  e'  tanto  si 
•eosta  dalla  perpendicolare  salendo ,  quauto 
fé  D*  è  scostato  scendendo  ,  scorso  eh'  egli 
abbia  io  salire  un  tratto  uguale  (vale  a  dire 
che  se  il  raggio  scende  dall'altezza  d'un  mi- 
elio,  e  salga  riflesso  ,  altrettanto  le  estremità 
di  loì  saranno  d'  una  e  d'  altra  parte  ugual- 
BWDle  distanti  dalla  perpendicolare  ) ,  secon- 
doehè  dimostra  1'  esperienza  ottenuta  con  ar- 
to ;  al  medesimo  modo  mi  parve  essere  per- 
cosso in  volto  da  una  luce  riflessa  :  riflessa 
dall'Angelo  a  terra,  dalla  terra  a  me.  Poiché 
Daote  non  guardava  direttamente  V  ÀD^elu  : 
JM  8'  era  fatto  parasole  della  mano  alle  ci- 
glia.—  Parbccuio.  Pari.  Anco  in  prosa. 

7.  CAi»ia.  Alberto  dice  che  gli  Etiopi  han- 
no doe  esuti  ardenti  ,  perchè  il  sole  pa^sa 
doe  volte  ti  caso  della  pietra  (perpendicolar- 
mente) sopra  il  lor  capo.  E  certo  la  pietra 
cade  sempre  perpendicolare  alla  terra. — Arte. 
Catottrica.  Aristot.  :  l'esperienza  è  la  tcienia 
MU  99i$  f  l'arte  la  scienza  delle  cagioni. 


E  Beati  m%$eri€ùirie$  fae 

Cantato  retro,  e:  godi  tu  che  vinci. 

H  Lo  mio  maestro  ed  io ,  soli  amendue. 
Suso  andavamo  ;  ed  io  pensava  andando 
Prode  acquistar  nelle  parole  sue 

15  E  dirizzami  a  lui  si  dimandando: 
Che  volle  dirlo  spirto  di  Romagna, 
E  divieto  e  consorto  menzionando? 

IGPerch'  egli  a  me:  di  sua  maggior  magagna 
Conosce  ì  danno:  e  però  non  s'  ammiri 
Se  ne  riprende ,  perchè  men  sen  piagna. 

17  Perchè  s' appuntano  i  vostri  desiri 
Dove  per  compagnia  parte  si  scema» 
Invidia  move  il  mantaco  a'  sospiri. 

18  Ma  se  Y  amor  della  spera  suprema 
Torcesse  'nsuso  'I  desiderio  vostro. 
Non  vi  sarebbe  al  petto  quella  tema. 

19  Che  per  quanti  si  dice  più  li  no|lro, 
Tanto  possiede  più  di  ben  cidàcuau, 

9.  Vaglia.  A  vedere. 

li.  Quanto.  La  naturai  disposizione  è  mi- 
sura anco  a'  doni  celesti. 

12.  Scalèo.  (  Par. ,  XXI  ,  10  ). 

13.  Linci.  Lai.  illinc,  —  Beati.  (  Matlh., 
V  ).  S.  Ambr.  e.  V  in  VI  Lue.  :  Qui  sunm 
donai ,  non  quaerit  alienum ,  come  1*  invido 
fa.  —  Goni.  Matth.  ,  ih.  :  Gaudete  et  esulta- 
te ,  quoniam  merces  vestra  copiosa  est  in  coelis. 
Godi  che  tu  vinci  salendo  l' insidia,  e  gli 
altri  ignobili  affetti. 

14.  Proob.  Utile  (e.  XXI). 
1».  Dir.  (  e.  XIV  ,  29  ). 

16.  Maggior.  L'  invidia.  —  Men.  Meno  si 
pecchi  d' invidia  ,  e  sia  quindi  minore  la  pe- 
na e  '1  pianto. 

17.  Appuntano.  Mirano  ,  appoggiansi.  — 
Compagnia,  intende  i  beni  materiali ,  dall*  a- 
varizia  agognati  più  eh'  altri.  L'idea  dell'ava- 
rizia toma  sotto  mille  forme  a  presentarcisi 
nel  poema.  1  beni  dell'ingegno  e  dell'animo, 
sebbene  umanamente  adoprati  ,  pur  soffrono 
compagnia.  —  Invioia.  Boet.  :  Vestrae  .  .  . 
divitiae ,  niti  eomminutae  ,  in  pluree  ,  tran- 
tire  non  possunt.  Quod  quum  factum  est,  pau- 
peres  neeesse  e$t  faciant,  quos  relinquunt,  — 
Mantaco.  Guittone  :  Coi  mantachi  di  super- 
na enfiati, 

18.  Spbra.  V.  fine  del  canto  precedente. 
—  Sarbbbb.  Esset  vobit.  Non  avreste. 

19.  Pi(j.  Boet.  :  Omne  bonum  in  commu- 
ne  dedere ,  vlt  pttleriia  eluceicat,  Sen.  :  Nul- 
lius  rei  possesiio  jueunda  e$t  sine  socio.  S. 
Aogust.  (  C.  D.  ,  XV  )  :  Nullo  fU  minor  acce- 
dente ieu  permanente  ,  poseeseio  bonitatis  y 

39 


'^06 


DEL    PURGATORIO 


E  pili  di  caritate  arde  in  quel  chiostro. 

tìO    Io  son  d'esser  contento  più  digiuno, 
J)iss'io,  che  80  mi  fossi  pria  taciuto, 
E  più  di  dubbio  nella  mente  aduno. 

u  I     Com*  esser  puote  eh'  un  ben  distributo 
I  più  posseditor  faccia  più  ricchi 
Di  sé  ,  che  se  da  pochi  è  posseduto  ? 

22  Ed  egli  a  me  :  però  che  tu  rificchi 
La  mente  pure  alle  cose  terrene  , 

Di  vera  luce  tenebre  dispicchi. 

23  Quello  'nfioito  ed  ineffabil  bene 
Che  lassù  è,  cosi  corre  ad  amore 
Com*  a  lucido  corpo  raggio  viene. 

2^    Tanto  si  dà  quanto  trova  d' ardore: 
SI  che  qnantunque  carità  si  atende , 
Cresce  sovr'  essa  l' etemo  valore. 

25  E  quanta  gente  più  lassù  s' intende, 
Più  V  è  da  bene  amare  e  più  vi  s'ama, 
E  come  specchio  Tuno  all'altro  rende. 

26  E  se  la  mia  ragion  non  ti  disfama. 
Vedrai  Beatrice:  ed  ella  pienamente 
Ti  torrà  questa  e  ciascun*  altra  brama. 

27  Procaccia  pur  che  tosto  sieno  spente, 
Come  son  già  le  due,  le  cinque  piaghe 

quam  tani^laiiui  quanto  eweordiut  individva 
uociorum  potsidet  earitat.  Non  hab^t  <Unique 
istam  potsesiionwi  qui  «atto  nolvorit  habere 
commumm,  fC  tanto  eam  npaneC  ampUonvì 
quanto  antpUus  ibi  potuti  U  amare  eontorlem. 
S.  Greg.  :  Qui  facint  iiividiu9  careredeside 
rat ,  iUam  heredilatem  ayp9tat  quamnutMrut 
possidentivm  auijescat.  Mcdil.  Alb.  Cr.  :  // 
regno  celeste  è  $ì  grondo  e  tpazioeo ,  che  per 
moltitudine  di  beali  non  si  dividerà,  —  Chio- 
stro. C.  XXVl  :  Nel  quale  è  Cristo  abate  del 
coUegia» 

20.  Digiuno.  lof. ,  XVlll  :  Di  veder  eoetui 
non  son  digiuno.  Esser  digiuno  d*  e$Hr  con- 
tento ,  modo  alquanio  cuoiorto.  —  Aduno. 
luf.  ,  VII  :  Vano  peiìsiero  aduni. 

21.  DiSTUiBUTo.  Fuor  di  rima  (Par.,  11,23;. 

22.  Luce.  llor.  :  iVon  fumum  ex  fulgore  , 
sed  ex  fumo  dare  lucem.  Boet.  ,  1  :  Dimotis 
fallacium  affectionum  tenebrie  ,  spUndorem 
verae  lucie  vostis  agnoscere.  —  Dispicchi. 
Spiccar  tenebre  dulia  luce ,  non  è  bel  modo. 

24.  DÀ.  C.  Xlli  :  Sé  nepresti,  —  Ardore. 
rar.  ,  XI V  :  La  tua  chiarena  seguila  V  ardo- 
re. Viii  V  uomo  ama  ,  e  più  Dio  gii  si  dà. 

25.  S' INTENDE.  Ama.  Frase  tniica.— Ren- 
de. Coov.  :  Li  tanti  non  hanno  tra  loro  in- 
Viùia ,  perocché  dOicuno  aggiunge  il  fine  del 
suo  detidtrio ,  il  quai  Uetidmo  é  collu  tiatu- 


Che  si  rlchiudoQ  par  esser  dolente. 

28  Com'  io  voleva  dicer  :  tu  m' appaghe, 
Vidimi  giunto  io  su  i'  altro  girone; 

SI  che  tacer  mi  fer  le  luci  vaghe. 

29  Ivi  mi  parve  in  una  visione 
Estatica  di  subito  esser  tratto, 

E  vedere  in  un  tempio  più  persone, 

30  E  una  donna  in  su  l'entrar,  eoo  atto 
Dolce  di  madre  dicer:  Ggliuol  oiio. 
Perchè  hai  tu  cosi  verso  noi  fattoT 

31  Ecco  dolenti  lo  tuo  padre  ed  io 

Ti  cereavamo.  E  come  qui  si  tacque. 
Ciò  che  pareva  prima  dispario. 

32  Indi  m' apparve  un'altra  con  quelPacqoe 
Giù  per  le  gote,  che  1  dolor  distilla 
Quando  di  gran  dispetto  io  altrui  nacqoe  ; 

33  E  dir:  se  tu  se* sire  della  villa 
Del  cui  nome  ne*Dei  fu  tanta  lite» 
E  onde  ogni  scienxia  dtsfavilla, 

34  Vendica  te  di  quelle  braccia  ardite 
Ch'abbracciar  nostra  ii^lia,  o  Pisiatiito. 
E  t  signor  mi  parca  benigno  e  mite 

35  Risponder  lei  con  viso  temperato: 
Che  farem  noi  a  chi  mal  ne  desira 

ni  della  bontà  mitmato. 

26.  Disfama.  (  terz.  20  ).  —  Bkatmc& 
La  scienza  rivelata. 

27.  Dolente.  Col  pentimento  si  toglie  1 
peccato. 

28.  Appagoe.  La  ragione  arriva  a  bmsU*» 
re  che  il  bene  dai  pid  posseduto  e  più  graa> 
de.  —  Vagiie.  Parg.  ,  X  :  Gli  ooehi  wM  ai* 
a  mirar  erano  intenti  Fer  veder  npvitoéi  an- 
cia firn  vaghi, 

29.  Visione.  Qoi  scaltare  non  soao,  perrW 
'1  fumo  torrebbe  la  vista.  —  Pbbsonb.  1  dot* 
tori  ,  il  popolo. 

30.  PKBGUfc.  Lue.  ,  li  :  fili .  quid  ftiM 
nobit  sic  ?  Ecce  pater  tuut ,  ef  ogo  dolmlm 
quaerehamus  te. 

32.  Acque.  Psalm.  CXVlll(i3e):  BxHm 
aquantm  deduxerunt  oculi  mti,  Jer.  (IX  ,  IQ: 
Pidpebrae  nottrae  defluant  aqmt.  Tbr.  (  I  » 
16  j  :  Oculut  mout  deducens  aquas.  Petr.:  £•• 
i^nfne  ...  Che  *l  dolor  distilla  Per  gli  accAi... 
Le  tritt'  onde  del  pianto  ... 

33.  Lite.  Tra  Minerva  e  Nettuno  (  Or.  » 
Met.  ).  —  Oni>b.  D'  Alene.  Ov.  :  In  geemt  •- 
pibusque  ...  viventem,  Cic.  :  Omnium  bona- 
rum  artium  inventricu  Aiiienat» 

34.  PisisTBÀTO.  Valerio  M.  (  I.  V,  i  ).  Dol- 
ce parlatore  e  facondo  lo  chiama  Plut.  in  So- 
lone. 


CANTO  XV. 


307 


Se  quei  che  ci  ama  è  per  noi  condaoDato'? 

36  Poi  vidi  genti  accese  in  foco  d*ira 
Con  pietre  un  giovinetto  ancider,  forte 
Gridando  a  sé  pur  :  mirtira,  rnartira. 

37  E  lui  vedea  chinarsi  per  la  morte 
Che  r  aggravava  già  invér  la  terra  ; 

Ma  degli  occhi  facea  sempre  al  ciel  porte, 
3B    Orando  all'  alto  Sire  in  tanta  gut^rra, 
Che  perdonasse  a*su)i  persecutori, 
Con  quello  aspetto  che  pietà  disserra. 

39  Quando  T anima  mia  tornò  di  fuori 
Alle  cose  che  son  fuor  di  lei  vere, 

Io  riconobbi  i  miei  non  falsi  errori. 

40  Lo  duca  mio,  che  mi  potea  vedere 
Far  si  com'uom  che  dal  sonno  si  slega, 
Disse:  che  hai,  che  non  ti  puoi  tenere? 

M     Ma  sovvenuto  più  che  mezza  lega 
Velando  gli  occhi  e  con  le  gambe  avvolte 
A  guisa  di  cui  vino  o  sonno  piega  ? 

hi    0  dolce  padre  mio,  se  tu  m*  f scolte, 
rti  dirò,  diss*  io,  ciò  che  m' apparve 


36.  Accise.  Virg.,  XII:  Furiit  aecemui, 
ef  ira  Terribilis, 

37.  Aggravava.  Ov.  .*  Oeulos  jam  morte 
ftavatos, —  PoRTB.  Str^Do  modo,  ma  polente. 

38.  Orando.  Act. ,  VII  :  Ne  statuas  iUis  hoc 
peceatum.  —  Disserra.  Mostra  aperto.  Noa  è 
forse  imitabile. 

39.  Tornò.  lDf.,YI:  Altornar della  mente  che 
ù  chiuse  Dinanzi  alla  pietà, — Errori.  Visio- 
ne era  la  sua  ,  ma  mostrava  cose  vere  e  mo- 
ralmeote  e  sloricameote. 

40.  Slega.  Bocc.  (Lab.):  La  virtù  fantor 
ttiea  la  quale  il  sonno  lega, 

41.  Velando.  Cogli  occhi  velati.  —  Avvol- 
ti. Senza  poter  dare  sciolto  e  fraoco  un  passo. 

42.  Tolte.  Così  diciamo  :  perder  la  mano, 
mezza  la  vita:  l'uso  cioè  di  quella  parte. 

43.  Larve.  Virg.  è  de' saggi  che  non  ve$- 
gon  pur  Vopra  Ma  per  entro  i  pentier  miran 
col  senno  (lor. ,  XVI  ).  —  Cogitazion.  L'usa 
Albertano  :  e  l'usavano  in  prosa  fin  nel  seco- 
lo XV  (Buonaccorso ,  Orazioni  ). 

44.  Scusi.  Remare  per  tfcmam,  nella  V.S, 


Quando  le  gambe  mi  furon  si  tolte. 

1^.3    Ed  ei:  se  tu  avessi  cento  larve 
Sovra  la  faccia,  non  mi  sarien  chiuse 
Le  tue  cogitazion  quantunque  parve. 

k^    Ciò  che  vedesti  fu  perchè  non  scuse 
D'  aprir  lo  core  all'  acque  della  pace, 
Che  dall'eterno  fonte  son  difluse. 

k^  Non  dimandai:  che  hai,  per  quel  che  face 
Chi  guarda  pur  con  l'occhio  che  non  vede 
Quando  disanimato  il  corpo  giace; 

&6    Ma  dimandai  per  darti  forza  al  piede. 
Cosi  frugar  conviene  i  pigri  lenti 
Ad  usar  lor  vigilia  quando  riede. 

VI  Noi  andavam  per  lo  vespero  attenti 
Oltre  quanto  potea  l'occhio  allungarsi, 
Contra  i  raggi  seròtini  e  lucenti. 

48  Ed  ecco  a  poco  a  poco  un  fummo  farsi 
Verso  di  noi,  come  la  notte  oscuro; 
Né  da  quello  era  loco  da  eansarsì. 

49  Questo  ne  tolse  gli  occhi  e  Faer  puro. 


Girolamo.  —  Acque:  Frase  del  Vang.  s.  Gio- 
vanni. 

45.  Occhio.  Del  corpo.  -—  Disamuato 
QuinL  (Deci.):  ii' corpi,  t  quali  il crudel  fuo- 
co disaminò. 

46.  Frugar.  C.  Ili  :  Al  monte  ave  ragioni 
ne  fruga. —  Pigri.  Simile  ,  quasi ,  pleonasmo 
é  in  Albertano.  Per  freddo  si  fanno  pigri  e 
lenti.  —  Vigilia.  A  scuoter  del  sonno  uomo 
appena  svegliato  ,  giova  parlargli.  —  Riede. 
L'ora  dello  slare  desti. 

47.  Per.  In  principio:  I raggi  ne  ferian  per 
mexxo  'l  naso. 

48.  Fdmxo.  Job.,  XVII:  Caligavit  ah  indi- 
gn€Uione  oculus  meus.  Psalm.:  Turbatus  est 
a  furare  oculus  meus.  Del  fuoco  dell'ira  esce 
fumo;  e  toglie  il  vedere  dell'ira  gli  effetti.  Ca- 
ton  :  Ira  animum  impedit  ne  possit  cernere 
verum.  —  Cansarsi.  Is.  (XIV,  31):  Ab  aqui- 
lone . . .  fumus  veniet ,  ef  non  est  qui  effuget 
agmen  «jur. 

49.  Aer.  Virg.  :  Eripiunt. . .  nubes  coelum- 
que  diemque  Teuerorum  §x  ocuIìm. 


308 


DEL    PURGATORIO 


CANTO     XVI. 


ARGOMENTO. 


Vanno  pel  fumo  :  ieniono  cantare  Agnas  Dei.  GC  iracondi  H  raccomandano  al 
Mamueto.  Rincontrano  un  uom  di  corte ,  ma  probo ,  che  $i  lamenta  de'tempi  nmr 
tati.  Il  P.  gliene  domanda  la  causa,  e  finge  di  credere  sia  T  influenza  degù  osirL 
Marco  gV  insegna  eh*  ella  è  il  mal  governo  temporuh  de'  papi.  Piange  la  dMta 
Lombardia  :  loda  tre  vecchi  magnanimi ,  e  va. 

La  filosoBa,  la  politica,  la  religione»  tengono  il  più  di  qaesto  canto:  il  principio  a  la 
fine  son  poesia.  Le  allosioni  ad  Aristotele  e  agli  astori  ecclesiastici  son  parecchie  :  ed  è 
qui  il  germe  del  libro  della  Monarchia.  L' accotUrti  e  il  partirsi  di  Marco  rammeota  fl  «al- 
loqnio  di  Brunetto  nel  XV  dell'  Inferno. 

Nota  le  terzine  S  alla  7;  U  12,  17,  20,  24,  26,  9(9,  30,  31,  38,  40,  41  ;  la  a. 
alla  fine. 


1  Buio  d'inferoo,  e  di  notte  privata 
D'ogni  pianeta  sotto  pover  cielo, 
Quant*  esser  può  di  du?oI  tenebrata, 

2  Non  fece  al  tìso  mai  sì  grosso  velo 
Come  quel  fummo  eh*  ivi  ci  coperse. 
Né  a  sentir  di  così  aspro  pelo. 

3  Che  rocchio  stare  aperto  non  sofferse: 
Onde  la  scorta  mia  saputa  e  fida 

Hi  s' accostò  e  1*  omero  m'  offerse. 
h    Si  come  cieco  va  dietro  a  sua  guida 
Per  non  smarrirsi  e  per  dod  dardi  cozso 
In  cosa  che  '1  molesti  o  forse  aucida, 

1.  PoTsa.  Tasso  :  Né  rimaner  aW  orba  rwt- 
t§  aleuna,  Sotto  povero  eiet ,  Imee  di  luna. 
Ar, ,  XV:  Pover  di  sole. 

2.  Gaosso,  Inf. ,  XXXI  :  L' aet  grossa  e 
eeura.  —  Aspao.  Inf.,  IX:  Fummo ...  aesfèe. 

3.  ScoarA.  La  ragione  ci  guida  tia  1  ftamo 


8 


M*  andava  io  per  V  aere  amaro  e  sono, 
Ascoltando  1  mio  duca  die  diceva 
Pur:  guarda  che  da  me  tu  non  siemoiiD. 

r  sentia  voci,  e  ciaS)cuna  pareva 
Pregar  per  pace  e  per  misericordia 
L*  agnel  di  Dio  che  le  peccata  leva. 

Pure  agnus  Dei  eran  le  loro  esordia. 
Una  parola  era  in  tutti  e  un  modo. 
Sì  che  parca  tra  esse  ogni  concordia. 

Quei  sono  spirti,  maestro,  cb'  f  oM 
Di8s*io:edeglia  nne:  tuveroapmidi: 
E  d'iracondia  van  solvendo  1  nodo. 


dell*  ira ,  e  d'ogni  tenebroso  affètto. 

5.  ÀMAao.  Tirg.,  Aen.:  f^imoque..* 

6.  AeNiL.  Jo.,  I:  Agnus  Dei ...  mi  tetti 
jieeeaftim  mundi.  Queste  parole  appliia  H  P« 
profanamente  altrove  ad  Enrico. 


j 


CANTO    XVI. 


309 


9  Or  tu  chi  se*  che  *1  nostro  fummo  fendi , 
E  di  noi  parli  pur  come  se  tue 
Partissi  ancor  Io  tempo  per  calendi? 

10  Così  per  una  voce  detto  fue  ; 
Onde  1  maestro  mio  disse:  rispondi; 
E  dimanda  se  quinci  si  va  sue. 

11  Ed  io:  0 creatura  che  ti  mondi 
Per  tornar  bella  a  Colui  che  ti  fece, 
IlaravigUa  udirai  se  mi  secondi, 

12  r  ti  seguiterò  quanto  mi  lece, 
Rispose:  e  se  veder  fummo  non  lascia, 
L' udir  ci  terrà  giunti  in  quella  vece. 

13  Allora  incominciai  :  con  quella  fascia 
Che  la  morte  dissolve  mcn  vo  suso: 

E  venni  qui  per  la  'nfcrnale  ambascia. 
Ifc    E  se  Dio  m'ha  in  sua  grazia  richiuso 
Tanto  eh*  e'  vuol  eh'  io  veggia  la  sua  corte 
Per  modo  tutto  fuor  del  moderno  uso , 

15  Non  mi  celar  chi  fosti  anzi  la  morte , 
Ha  dilmi;  e  dimmi  spiovo  bene  al  varco; 
E  lue  parole  fien  le  nostre  scorte. 

16  Lombardo  fui,  e  fui  chiamato  Marco, 
Del  mondo  seppi,  e  quel  valore  amai 
Al  quale  ha  or  ciascun  disteso  l'arco. 

17  .  per  montar  su ,  dirittamente  vai. 

t.  FmDi.Tirg.:  Fìndit  ...arra. — CìOBNi»? 
haco  in  prosa;  Crescenz.  (Il,  13)  :  Come 
m  oiMtn  nel  tempo ,  non  nelV  eternità, 

II.-C0LCI  Albertano:  Colui  che  *l  fece,  Ec- 
èL  (VII,  3i):  mUge  eum  ,  qui  te  fecit;  X, 
li:  Ah  eo ,  t/ui  fecit  illum,  receetit  corijus, 

IS.  Lbcb.  Non  più  là  del  fumo. 

Ifi.  Marco.  Uom  di  corte  e  probissimo  lo 
Mma  Pietro.  NotcIUdo  ,  XLIV  :  Fue  moUo 
M  mnie,  »  eavio  molto  ...  più  che  uom  di  tuo 
Mrtitro.  Altri  io  fa  nobile  veneziano ,  amico 
il  P. ,  caro  ai  signori  di  Lombardia,  però 
ledo  Lombardo.  11  Bocc.  lo  fa  di  ca  Lom- 
bardi  di  Yioegia.  L'Ott.:  Quoii  tutto  età  che 
pmdagnava,  dispensava  in  /imottne  ...  Usò 
■  Strigi,  ed  in  fino  eh* egli  ebbe  delle  sue  co- 
m,  fis  pregiato  in  arme  ed  in  eortetia  ;  poi 
f^ifpoggiò  a*  maggiori  di  tè,  ed  onoratamen- 
Ef  «icM ,  e  morì.  —  Abco.  Rammenta  le  paro- 
la di  Guglielmo  Boraiere  ingiuriose  ai  nobili 
Iti  tempo  Doovo  (  Inf.,  *SV1  ). 

17.  Su.  Nel  cielo  (  terz.  14  ). 

18.  Laoo.  Caro  (  £n.,  IX ,  4K54  )  :  ifi  ft 
liyo  Ber  fede  a  tutto  ciò  ... 

19.  Sciapio.  Guido  nel  XIV  gli  disse . .  . 
PijmIIo  ...  dd  ben ...  rtp^no  ...  di  ...  sterpi.  — 
ìniTBicìi^.  Gonv.  (1,  10  )  :  Manifestare  la 
'imeeputa  HMCMia. 


Cosi  rispose  ;  e  soggiunse:  io  ti  prego 
Che  per  me  preghi  quando  su  sarai. 

18  Ed  io  a  lui  :  per  fede  mi  ti  lego 

Di  far  ciò  che  mi  chiedi.  Ma  io  scoppio 
Dentro  a  un  dubbio  s' i'  non  me  ne  spiedo* 

19  Prima  era  scempio,  e  ora  ò  fatto  doppio 
Nella  sentenzia  tua,  che  mi  fa  certo 
Qui  e  altrove  quello  0?*  io  V  accoppio. 

20  Lo  mondo  è  ben  cosi  tutto  diserto 
D*  o^ni  virtute,  come  tu  mi  suone, 
E  di  malizia  gravido  e  coverto. 

21  Ma  prego  che  m' additi  la  cagione, 
Sì  ch*io  la  vegga  e  ch'io  la  mostri  altrui; 
Che  nel  cielo  uno,  ed  un  quaggiù  la  pone. 

22  Alto  sospir  che  duolo  strinse  in  bui, 
Mise  fuor  prima;  e  poi  cominciò:  frate, 
Lo  mondo  è  cieco,  e  tu  vien*  ben  da  lui. 

23  Voi  che  vivete,  ogni  cagion  recate 
Pur  suso  al  cielo,  sì  come  se  tutto 
Movesse  seco  di  necessitate: 

24  Se  così  fosse,  in  voi  fora  distrutto 
Libero  arbitrio,  e  non  fora  giustizia 
Per  ben  letizia  e  per  male  aver  lutto. 

25  Lo  cielo  i  vostri  movimenti  inizia  : 
Non  dico  tutti;  ma,  posto  ch'io  1  dica, 

20.  Coverto.  Eccl. ,  XXXVII  :  Cooperire 
aridam  malitia,  et  dolotUate. 

21.  Cielo.  Lo  credevano  gli  Aristotelici. 

22.  Cieco. Latt.,  VII:  Nulla  est  humana  ta- 
pientia ,  ti  per  te  cui  notionem  veri  tcientiam- 
que  nitatur, 

23.RBCATE.Tasso(c.ll.):5uffo  a  Macon  recar 
mi  giova  II  miracol  dell*  opra,  Eunapio  Pur- 
firion  eUot  èie  Ploniinon ...  ànéferen, —  Cielo* 
S.  Tom.  (  contra  Gentes  ,  1.  HI  )  :  Corpora 
eoelettia  non  tutu  caussa  voluntatum  nostro- 
rum  sive  nottrarum  electionum.  Da' cieli,  dice 
nella  Som.  (Il,  3,  qu.  lltt ) ,  non  viene  ue- 
cessità ,  ma  moto.  La  volontà ,  dice  Arist. 
nel  III  dell'  Anima  ,  è  nell'  intelligenza  del- 
r.aoima  stessa. 

24.  GiDSTizu.  Tertnll.  (cont.  Marc. ,  U)  : 
Nee  btnii  r^e  mali  jure  mercet  pentaretur  et 
qui  aut  bonut  aut  malut  necetsitate  fuittet 
inveniut  t  non  voluntate.  Boot.  (V,  2):  Ettne 
ulta  nostri  arbitrii  libertast .  .  Est ,  inquit. 
Hfeque  amm  fuerit  uUa  rationalis  natura,  quia 
eidem  Ubertas  adsit  arbitrii. 

2tt.  Inizia.  Le  inflaenze  celesti,  dice  Dante, 
non  tolgono  la  libertà  :  hanno  un  potere  però 
sall'CMere  amano.  Augna t.:5l«Uafiiiptrc4>r- 
jponilia  habmt  influere,  non  super  voUmiatem 
AominiNii.— Tutti.  Ve  n'Iia  cbe  vendilo  dall'a- 


^10 


DEL    PC  R  G  AT  0  11  1  O 


Lume  v'  è  dato  a  |)ene  e  a  malizia, 

26  £  libero  voler,  che,  se  fatica 
Nelle  prime  battaglie  del  ciel  dura, 
Poi  vÌQce  tutto  ae  be.Q  si  notrica. 

27  A  maggior  forza  e  a  miglior  nalura 
Liberi  soggiacete;  e  quella  cria    (  cura* 
La  mente  in  voi,  chel  ciel  non  ha  in  sua 

28  Però  se  1  mondo  presente  disvia. 
In  voi  è  la  cagione,  in  voi  si  cheggia; 
Ed  io  te  ne  sarò  or  vera  spia^ 

biio  pravo,  r—  Luiib.  L'ippetlto,  cosi  Pietro 
di  Dante,  il  primo  moto  estrinseco  viene  dalla 
t'ostellazione,  la  volontà  dalla  ragione;  e  viene 
all'atto  inedianie  il  libero  .arbitiio.  L'appeiito 
vien  da  natura. 

26.  Battaglie.  Vita  N.;  Questu  hatUglia 
j(  di  pensieri  )  ck'i'aveca  meco,  —  Vince.  L'au- 
lico :  Sapiem  d^minabitur  astra.  —  I^otbica. 
Com' esercizio  della  liberti. 

Ì7.  Maggiob.  L'anima  nostra  è nosaa dagli 
Angeli  ;  la  volontà  da  Dio:  cosi  Pietro.  Angust. 
(Civ.  D.,  V}:  lUi  quiiine  Dei  voluniale  decer- 
ftdre  opinantur  eidera,  quid  agamue,  vel  quid 
Ioni  h(U>eamus,  vel  ifialorumpaliamur,  aoau- 
ribus  hominum  repeUendi  «uni. 

28.  Spia.  L'  usa  in  buon  senso  il  Vili. 
(VII,  74).  Ar.  (XVII,  66):  Ni  fin  l'altr'ien  aver 
ne  potè  spia.  Lo  prova  da'  remoti. 

29.  Esce.  (  K.  e.  XX\;  8.  Tornii,  Sum.,  2. 
2.,  qu.  90).  —  Pbiva.  Jcr.  (l ,  5)  ;  Prius- 
quam  te  formarem  in  utero ,  {fiovi  te.  Pur 
peli'  idea  ,  e  nel  dire  :  facciamo  V  uomo  ad 
immagine  e  simigliania  nostra  ,  parole  del 
P.  recate  nel  Conv.  S.  Agost.,  trad.  dall'  Ot- 
t.:  Anima.  .  .  .  è  sustanzia  .  .  »  ,  da  Dio 
fatta  spirituale ,  non  della  natura  di  Dio  ; 
ma  di  nuUo  enata  ,  in  bene  ed  in  male  con- 
vertibile. 

30.  Nulla.  Opinioiie  perìptteUca ,  contra- 
ria alla  platonica  delle  idee  innate.  —  Lieto. 
Vulg.  El.:  Deus  totum  sii  gaudium.  Par.  , 
VII  :  Ma  nostra  vita ,  senza  mesfo ,  spira 
La  somma  beninanza  e  Cinnamora  Di  sé  ti 
che  poi  sempre  la  disira.  Conv.:  /(  «ommo 
desiderio  di  ciascuna  cosa  e  prima  daUa  na- 
tura dato  f  è  lo  ritornare  al  suo  principio  : 
e  perocché  Iddio  è  principio  delle  nostre  ani- 
me ,  e  fattore  di  quelle  simili  a  sé  ,  ,  ,  essa 
anima  massimamente  desidera  tornare  a  quel- 
lo. Altrove:  L'anima  nostra,  incontanente 
che  nel  nuovo  e  mai  non  fatto  cammino  di 
qitesta  vita  entra ,  dirissa  gU  occhi  al  ter- 
mine del  suo  sommo  bene  :  e  però  qualunque 
cosa  vede ,  che  paia  avere  in  sé  aieun  bene, 
cTtde  che  m  C9»o,  —  Fattom.  Mon.,  ili  ; 


29  Esce  di  mano  a  lui  che  la  vagheggia 
Prima  che  sia,  a  gpisa  di  fanciulla 
Che  piangendo  e  ridendo  pargoleggia* 

30  L' anima  semplicetta  che  sa  nulla , 
Salvo  che«  mossa  da  lieto  Fattore , 
Yolenticr  toma  a  ciò  che  la  trastulla. 

31  Di  piccioi  bene  in  pria  sente  sapore  : 
Quivi  s' inganna,  e  dietro  ad  esso  corre 
Se  guida  o  fren  non  torce  '1  suo  amore. 

32  Onde  £od  venne  legge  per  Creo  porre* 

Jus  in  rebus  nihil  est  aUud  quam  eimilitsuU 
divinée  voluntatis.  Unde  fU  quod  qmequid 
Dei  voluntati  non  conventi ,  jus  esse  uom 
possit,  —  Torna.  La  tendenza  al  bene  due 
toglie  libertà. 

31.  PiccioL.  Come  languida  imagine  dal 
beoe  sommo.  Conv.:  Perché  la  sua  eonoseenxu 
prima  é  imperfetta ,  i  piccioli  beni  ie  pmeme 
grandi,  e  però  di  quelli  comincia  priwus  a 
desiderare.  Onde  vedemo  U  parvoli  desidemn 
massimamente  un  pomo;  e  poi  più  olire ff^ 
cedendo  ,  desiderare  uno  uccellino  ;  epos  pia 
oltre  desiderare  più  bello  vestimento  ,  •  poiM 
cavallo  ,  e  poi  una  donna  ,  e  poi  rieekeua 
non  grande,  e  poi  più.  E  ciò  incontra , pet' 
che  in  nuUa  di  queste  cose  trova  quello  che 
va  cercando  ;  e  credelo  trovare  più  olfnf  Al- 
trove :  Quando  dalla  punta  (della  piramide) 
ver  la  base  si  procede  ,  maggiori  appariseom 
li  desiderabUi  :  e  quesV  é  la  rosone  perekè'^ 
acquistando,  li  desiderii  umani  si  fanmofìà 
amici  V  uuo  appresso  V  altro. 

32.  Legge.  Monarch.:  Est  lex  regula  et 
rectiva  vitae.  Arist.  a  Nicomaco  ;  Mortalium 
voluntates,  propur  blandM  adolescentias  et 
lectationes  indigeni  directivo.  Conv.:  A  yi^ 
Jezione  deW  umana  vita  V  imperiale  autóriU 
fU  trovata  ...  I.'  equità  per  le  due  ragieei 
si  può  perdere  ,  o  per  non  sapere  quale  ette 
si  sia,  over  non  voler  quella  seguitare,  heé 
trovata  fu  la  ragione  scritta.  E  della  ragion 
scNtta  era  custode  ,  secondo  il  P. ,  l' impa- 
ratore.  Goov.:  J^  che  altro  intende  medicast 
l*  una  e  V  altra  ragione  canonica  je  civile , 
tanto  q^ianto  a  riparare  alla  cupidità  che, 
raunando  ricchezze,  creice?  — Hbgb.  Coo?.: 
Questo  amore  ha  mestiere  di  rettore  per  le 
sua  soperehievole  operazione  ,  nel  diletto  mae- 
simamente  del  gusto  e  del  tatto.  —  Cjttabì^ 
Nel  Conv.  pone  ,  con  s.  Agost.,  la  vita  ditisi 
in  due  citta,  dei  ben  vivere  e  del  malvagio. 
—  ToBEB.  11  più  alto  punto,  come  guida  l 
segnale.  Conv.:  Siccome  peregrino  che  vapf 
una  via  per  la  quale  mai  non  fu  ;  che  ofti 

caia  che  cto  lungi  vtdt ,  crede  c4#  lia  1*  ek 


CANTO    XVL 


9ff 


Con\enne  rege  aver  che  dìscernesse 
Della  vera  cittade  almen  la  torre. 

33  Le  leggi  sonrma  chi  pon  mano  ad  esse? 
Nullo  ;  però  che  1  pastor  che  precede 
Ruminar  può,  ma  Don  ha  l'unghie  fesse. 

ik  Perchè  la  gente,  che  sua  guida  vede 
Pure  a  quel  ben  ferire  ond'  eli'  è  ghiotta  ^ 
Di  quel  si  pasee  e  più  oltre  non  chiedo. 

S&.   Beo  puoi  veder  che  la  mala  condotta 
.È  la  cagion  ehe  'I  monde  ha  fatto  reo^ 
E  non  natura  ehe'n  voi  sia  corrotta, 

38  Seleva  Roma  ehe  1  buen  mondo  feo, 
Shie  soli  aver»  che  Tuna  e  l*  altra  strada 
Facéfl  vedere,  e  del  monde  e  di  Deo. 

TI  LìinValtroha  spento,  edègiunta  la  spada 


Col  pasturale  :  e  l' uno  e  l' altro  insieme 
Per  viva  forza  mal  convien  che  vada  : 

38  Però  che  ghmti  V  un  l'altro  non  teme. 
Se  noD  mi  credi,  pon  mente  alla  spiga  ; 
Ch'  ogni  erba  si  conosce  per  lo  seme. 

39  in  svi  paese  eh' Adice  e  Po  riga 
Solca  valore  e  cortesia  trovarsi 
Prima  ehe  Federigo  avesse  briga  r 

.  U)    Or  può  sicuramente  iodi  passarsi 
Per  qualunque  leseiasser  per  vergogna 
Di  ragionar  ce'bueni  o  d'appressarsi. 

k  1  Ben  Ven  tre  vecchi  ancera  incui  rampogna 
L'antica  età  le  nuova  e  par  lor  tardo, 
Che  Dio  a  miglior  vUa  li  rìpogna  : 

Vi  Currado  da  Palazzo',  e  'Ibuon  Gherardo, 


Ì9f§9r  0  non  trovando  9iò  ttfer»  ,.  dirizza  G» 
mwdinxa  aW  altra  ;  e  coti  di  ecua  in  casa  , 
tornio  9h€  l'albergo  vÌBue  ;  coti  V anima  no- 
•  •  •  YwamentB  coti  quetio  eammino  si 
par  errors  come  le  strade  della  terra  : 
9Ì€tome  da  una  eitià  a  un*  alita  di  ne- 
è  un^  ottima  e  diriuietima  via ,  »  un 
•ffra  che  tempre  te  ne  dilunga ,  e  molle  al- 
t99  fual  meno  allungandoti  e  qual  meno  ep- 
frmiondoMi;-  coA  nella  vita  umana  tono  dir 
wirH  cammini  dèlli  quali  uno  è  veracissimo  e 
fmliro  fallaoissimo,  e  certi  men  fallaci  e  eerti 
wiam  voraci, 

S3.  Fbssb.  Per  diseeroere  e  partire  il  bene 
•piritoale  dal  temporale  »  il  maggiore  dal 
aeee.  Agli  Ebrei  era  vietato  mangiare  d'ani- 
■ali  ehe  non  avessero  V  anghie  fesse ,  come 
force  0  camello.  Lev.,.  XI;  Deut.,  XIV.  Sai- 
(  Proleg.  19  )  :  Fissa  ungula  ad  mo- 
y.  fuminatio  ad  sapientiam  pertinet.  Se- 
questo  saoso  varrebbe  i  il  papa  ha  la 
iolliiiia  buona ,  i  costumi  dod  ha  :  digerisce 
Il  pieeetto  e  lo  mastica ,  ma  dod  l' adempie. 
Altri  iotende  :  non  ha  le  due  facoltà  dipar- 
tile t  la  spirituale  e  V  umana,  lo  mi  tengo 
•Dt  prima  interpretazione  cb'  è  in  Pietro  di 
nenie. 

31.  GuroA.  Leone  papa  a  Lodoì40o  impe- 
ratole :  A'of  siincompeienter  aliquid ègimus, 
Ot  in  suKditos  juetae  Ugis  tranUtem  non  ob- 
mrvavimuSf  vestro  volumus  emendarijudicio» 
Quoniam  si  noe  qui  aliena  debemus  corrigere 
ftctata  pejora  eommittimue  ,  certe  non  veri- 
feiM  diseipuU ,  sed  quod  dotentee  dietmui , 
mnmus  prò»  eoéteris  ertorii  ma^ri  (  Par.» 
IXiXJ. 

3&.  Condotta.  Greg.,  ne*  Decreti:  Scire 
fiottati  debent  quod  si  perversa  unquam  pò- 
tferiiif  ,  tot  maptibui  digni  sunt  quod  ad  sub- 
dUm  perdtlionù  «jcemp/a   transmilUini*  Inf*, 


SIX  :  La  vostra  mvarizia  if  mondo  attrista. 

36.  Soli.  Monarch.^  Quaestio  pendens ,  in- 
ter  duo  luminaria  magna  versalur,romanum 
scilicet  pontifieem  et  romanum  prineipem . . . 
Rfgimen  spirituale  et  temporale . . .  sunt  remo^ 
dia  centra  infirmitatem  peccati.  E  nella  let> 
tera  ad  Arrigo,,  lo  paragopft'  ad  un  sole.  Al 
papa  ,  dice  altrove  ,  la  scienza  rivelata  ;  al- 
rimfU'Po  r  l'umana  filosofia.  Opus  fuitliomint't 
duplici  directivo  ,.  seoundum  duplicem  fincmi 
scilicet  sutnmo  porUifiee  qui  seoundum  revelar 
ta  ,  humcknum  genus  perdueeret  ad  vitam  ao^ 
temam  ;  et  imperatore  r  qui  r  secundum  piti- 
losoj^ca  documerUa  ,  genus  humanum  ad  tetn- 
poralem  felicitatem  dirigerei.  —  Dfio.  L'usa  il 
Pelr.  (Tr.  Am,^lV). 

37.  Spada.  Ott.  :  Si  dice  di  papa  Bonifa- 
zia  che  si  coronò  r  e  cinte  la  spada,  e  fecesi 
egli  stesso  imperadore.  Un  antico  decreto  ,  ci- 
tato da  Pietro  :  Non  sibi  imperator  pontifica- 
tum  arripiai,.  nee  pontifex  nomen  imperatorie. 

38.  Sbms.  Maith»,  VII:  A  fruclibus  eorum 
eognoseetis  eoe.  Innocemio  111»  in  una  de- 
cret.  :  Quod  agitur  a  praelatis,  [aeile  trahi'- 
tur  a  subditis  in  exemplum^,  juxta  quod  Deus 
ait  Molisi  in  Levitieo  :  Quum  sacerdos,  qui 
ett  unctus  ,  peccaverit ,  faciens  delinquere  pò- 
pulum, 

39.  Po.  La  Lombardia ,.  la  Venezia ,  parto 
di  Romagna  ,  il  Tirolo  italiano.  —  Valore. 
Inf. ,.  XVI:  Cortesia  e  valor,  di*  se  dimora 
Nella  nostra  città.  —  FvDUuao.  Secondo.  — 
Briga.  De**  Guelfi. 

40»  BcoNk  Noa  ¥e  D'è'più. 

41.  Trb.  Ezecbk  ».  XXV  :  Si  fuerint  tra  viri 
isti  m  medio  e^us  • . .  ipsi  ^tMltlta  sua  libe- 
rakmni  animai  suas. —  Rampogna.  Sap.,  IV: 
Condomnat^^.^justus  nwrtuui  vivos  ìmptof. 

42.  CuRBADo^  Gentiluomo  di  Brescia.  Ott.  : 
Portò  tf^  sua  vita  moUo  onori,  dUittoai  tii> 


319 


DEL    PURGATORIO 


E  Guido  da  caste!,  che  me'  si  noma 
Francescamente  il  semplice  Lombardo. 

43  Di'  oggimai  che  la  chiesa  di  Roma, 
Per  confondere  in  sé  duo  reggimenti, 
Cade  nel  fango,  e  sé  brutta  e  la  soma. 

hk   O  Marco  mio,dis8*io,  bene  argomenti. 
E  or  discerno  perchè  dal  retaggio 
Li  figli  di  Levi  furono,  esenti. 

45  Maqual  Gherardoèquelchetu  per  saggio 
Di'  eh'  è  rimaso  della  gente  spenta 
In  rimproverio  del  secol  selvaggio? 

bella  famiglia,  ed  in  vita  polita ,  in  governa- 
menti  di  eittadi ,  dove  acquistò  moUo  pregio 
e  fama,  —  Ghbrarik).  Da  Camino ,  di  Tre- 
vigi.  Accolto  da  Cane  a  Verona,  do?e  forse 
Dante  V  avrà  conosciuto  (  Novellino ,  XYI  ). 
Conv.:  Chi  sarà  o$o  di  dire  che  Gherardo  da  Ca- 
mino foise  vUe  uomof  E  ehi  non  parlerà  meco, 
dicendo  queUo  ettere  itato  noUle  ?  Ott.  :  Si 
dUettò  non  in  una,  ma  in  tutte  cose  di  valo- 
re. —  Guido.  Di  Reggio  in  Lombardia:  di  lai 
nel  Conv.  —  Fràncbscambntb.  In  francese  : 
rasa  il  Bembo  (Asol. ,  1).  —  Lom bardo.  Lom- 
bardi in  Francia  cbiama?ano  gl'italiani  ;  ed  é  [ 
tuttora  io  Parigi  la  rw  dee  Lombarde,  11  Bocc. 
fa  dire  a  dae  Francesi ,  di  Toscani  parlan- 
do :  Questi  Lombardi  cani,  Ott.  :  Psr  Fran- 
cia di  suo  valore  e  cortesia  fu  tanta  fama  9 
che  per  eccellenza  li  valenti  uomini  il  chia- 
mano il  semplice  Lombardo,  ..Studiò  in  ono- 
rare li  valenti  uomini ,  che  passavano ...  a 
molti  ne  rimise  in  cavalli  ed  armi,    che  di 


46  O  tuo  parlar  m'inganna,  oe'mi  tenta, 
Rispose  a  me  ;  che,  parlandomi  tosco, 
Par  che  del  buon  Gherardo  nulla  senta. 

VI    Per  altro  soprannome  i'  noi  conosco, 
S*  io  noi  togliessi  da  sua  figlia  Gaia. 
Dio  sia  con  voi>  che  più  non  vegno  vosco: 

48  Vedi  r  albór  che  per  lo  fummo  raia 
Giibiancheggiare:eme  convieo  partirmi 
(L'angelo  è  ivi)  prima  eh'  egli  paia. 

49  Così  parlò,  e  più  non  volle  udinni, 


#Wiffieta  erano  passetti  di  qua;  onarevolmu4t 
consumate  loro  facoltadi,  tornavano  mene  ad 
arnesi  che  a  loro  non  si  eonvenia  ;  a  tutti  die- 
de ,  sema  speranza  di  merito,  eavaUi,  armi^ 
danari, 

43.  Soiu.  Petr.  :  La  soma  détte  ehiatieéd 
manto. 

45.  RiM PBOVEBio.  L'osa  Albertano.  —  Sn» 
VA6GI0  ?  Sempre  selvaggio  vale  tneiotif ,  cm^ 
trario  alle  norme  di  baon  governo.  OtU:  Cb 
vive  viziosamente. 

46.  Tosco.  In  Toscana  Gherardo  era  cogito 

47.  Gau.  Figlia  di  loi.  L*  OU.:  ìhmsm  S. 


tate  reggimento  eirea  le  delettaziani 

ch'era  notorio  il  suo  nome  per  tutta   halie» 

Non  sai  se  sia  biasimo  0  lode. 

48.  Albòb.  Conv.  :  Di  loro  (stelle)  appem 
sce  quello  albore  il  quale  noi  chiamiawie  Gè- 
lassia.  —  Raia.  Raggia  (  Par.,  XV,  iV;  XXIX, 
46).  —  Mb.  Per  a  me ,  come  (ut  per  a  tm 
(  Inf.,  1 }. 


3ti 


CANTO    xvn. 


ARGOMENTO, 


■la  in  viiione  aempli  d'ira  punita.  Sempre  queete  Diftont  $on  iittinie 
I  ;  fa  bellezza  della  vtrlù ,  la  pena  del  vizio  :  ambedue  eoneiderazioni 
l  pentimento.  Ma  prima  si  ferma  U  P.  neUa  bellezza  deUa  viriti  ,poÌF> 
Ite  propriamente  viene  ali*  animo  V  orrore  del  male.  Nel  giro  della  «u- 
na  Maria ,  poi  Lucifero;  dell*  invidia ,  prima  Maria,  poi  Caino:  del' 
M  Maria ,  poi  Amano.  Sempre  il  primo  etempio  Maria.  Nel  giro  ddla 
cuUure  ;  deWinvidi^j  voci;  deUira,  vieioni.  Or  entrano  neU* accidia. 
lega  come  l amore  q  troppo  di  picciol  bene,  o  poco  di  bene  grande  j  ca- 
si ;  come  in  ogni  ente  bruto  o  ragionevole  j  e  amore. 

tonine  1,2,3,  6,  7,  9,  10,  12,  14,  19,  17,  20,  24,  29,  31,  34,  85 


I,  lettor,  se  mai  neir  alpe 
abbia  por  la  qual  vedessi 
neoti  che  per  pelle  talpe; 
laodoi  vapori  umidi  e  spessi 
cominciansi,  la  spera 
Mleroente  entra  per  essi; 
ut  immagine  leggiera 
rea  veder  com'io  rividi 
I  pria,  che  già  nel  corcare  era. 


te*  snoi  viaggi  nelVAlpe  son  varii 
«M  (iDf.,  Xll,  XVI»  XVlll  ed  al- 
1^.  Credettero  gli  antichi  coperto 
>la  r  occhio  della  talpa  (Arist. , 
9):  ora  si  crede  quella  pellicola 
m  cornea.  —  Talpe.  Singolare, 
'  aMoipi. 

Per  raggio  ,  è  nelle  R.    antiche 
lnHH»  )  e  ne  iroso  toscano. 
fi.  Traduce  alla    lettera  V  idea 
Con*.  Tanto  era  Gtta  la  nebbia 


Sì  pareggiando  i  miei  compassi  fidi 
I>el  mio  maestro,  usci' fuor  di  tal  nube 
A' raggi  morti  già  nei  ìmssì  lidi. 

0  immaginativa,  che  ne  rube 
Talvolta  si  di  fuor  eh*  uom  non  s'accorge 
Perchè  d'intorno  suonin  mille  tube, 

Chi  move  te  se  1  senso  non  ti  porge? 
Moveti  lume  che  nel  ciel  s' informa, 
Per  sé  o  per  voler  che  giù  lo  scorge. 


del  monte,  e  tanto  debile  Ivi  entro  la  laee. 

4.  PAUBoeuNDO.  Virg.:  SequUur..,non  pai- 
iibut  aeqtM.  —  Fidi.  G.  ili  :  Fida  compagna, 
G.  Vili:  FìdaiB  tpaUe.  ^  Monn  (e.  XV).  Il 
sole  eadente  non  illaminava  che  il  monte. 
Parg.,  Vili  :  Il  giorno  ...  eke  «t  fnotv. 

5.  Rum.  Alle  cose  di  fuori  (e.  IV,  2). 

6.  Sft.  Per  natarale  inflasso  de*  cieli.  — Vo. 
LBB.  Le  imagioi ,  dica,  vengono  alla  mente  • 
dal  senso  o  da  pio. 


M 


Zik' 


DEL    PUBGAXORIO 


7  Deirempiczza  di  lei  che  mutò  forma 
Neiruccel  che  a  cantar  più  si  diletta, 
Neil*  immagine  mia  apparve  l'orma: 

8  E  qui  fu  la  mia  mente  si  ristretta 
Dentro  da  sé,  che  dì  fuor  non  Tenia 
Cosa  che  fosse  ancor  da  lei  recetta. 

9  Poi  piovve  dentro  all'  alta  fantasia 
Un  crocifisso  dispettoso  e  fiero 
nella  sua  vista;  e  cotal  si  morìa. 

10  Intorno  ad  esso  era  Igrande  Assuero, 
Ester  sua  sposa,  e  il  giusto  Mardocheo, 
Che  fu  al  dire  e  al  far  così  intero. 

li  E  come  questa  immagine  rompeo 
Sé  per  sé  stessa,  a  guisa  d'una  bulla 
Cui  manca  Y  acqua  sotto  qual  si  feo  ; 

12  Surse  in  mia  visione  una  fanciulla 
Piangendo  forte,  e  diceva  :  o  regina, 
Perchè  per  ira  hai  voluto  esser  nulla  ? 

13  Accisa  t'hai  per  non  peder  Lavina  : 
Or  m'haiperduta.Iosono  essa, che  lutto, 
Madre,  alla  tua  pria  ch'ail*  altrui  ruiaa. 


7.  LEi.(Ov»4feC.,VItC.IX).Fik>met8  violata 
da  Teseo  suo  cognato,  aeeide  il  figlio  di  kii, 
e  glielo  di  •  mangiare;  notasi  ioosignaolo. 
Altri  metano  in  usignuolo  Progne  »  Filomela 
in  rondine  :  ma  Probo  (  ad  TI  Ed.  Virg.  ) , 
Libanio  (Exc.  graee.  soph.,Narr.  12),  Strabone 
(Nat.  Com.  myth.,  VII,  10)  faBDO  maUU  in 
usignuolo  Filomela  non  Progne. 

8.  Ristretta.  Purg.,  Ili  :  La  mnUe  mia 
che  %  prima  era  ristntta.  Lo  'ntanlo  raUargò. 

9.  Alta.  V.  Nuova  :  Fmì  fart$  la  fanlatia 
eh^  mi  TPOilfv  questa  donna.  Par.  ,  XXXIil  : 
AU*  alta  fantasia  qui  mancò  posta,  Ar.,  XIV: 
Or  V  alta  fantasia ,  eh'  un  pemitr  solo  Non 
wiol  ch'io  segua,  —  CROcrnsso ,  Amano. 

10.  AssuRAO  (Lib.  Esther,  VII). 

li.  Sotto.  Senza  rarticolo.  Ha  od  esempio 
Dejl'  Ameto. 

12.  SuRSB.  Apparve  V  orma  :  poi,  piovve  : 
oi,  turse.  —  Fanciulla.  Lavinia,  piangente 

a  morto  d'Amala  saa  madre,  impiceaiasi  per 
ira  delle  viiiorie  d'Enea.  Dame  nella  lettera 
f  d  Arrigo  ,  di  Firenze  parlando  :  Questa  è 
quell'Amata  impaziente,  la  quaU,  rifiutato  il 
fatato  matrimonio,  non  temi  di  pr9nd€re  quello 
genero  il  quale  i  fati  negavano;  ma  fnalmmu» 
a  battaglia  il  chtamò;  ed  alla  fine  mal  ardita , 
pagando  il  delnto,  con  un  laccio  s'impiccò,  — 
Nulla?  Sen.:  Quid  est  mor»,  nifi  non  eita  ? 
Non  però  che  il  P.  credesM  V  anima  mortale 
col  corpo:  ma  una  pagana  è  che  parla. 

13.  Lavina.  La  uomioa,  Inf.,  IV.  —  Essa. 


E 


li    Come  si  frange  9  Mioo  ote  di  batto 
Nova  luce  percote  1  viso  chiuso. 
Che  fratto  guizza  pria  che  muoia  taUo  ^ 

15  Cosi  r  immaginar  mio  cadde  gioso 
Tosto  che  1  lume  il  volto  mi  peroosae 
Maggiore  assai  che  quel  ch'è  nostr^iw.. 

16  r  mi  volgea  per  vedere  ov  'io  touidf 
Quand'  una  voce  disse:  qui  si  roooU 
Che  da  ogni  altro  intento  mi  rimosia. 

17  E  fece  la  mia  voglia  tanto  prooU 
Di  riguardar  chi  era  che  parlava. 
Che  mai  non  posa  se  non  si  raffironli* 

18  Ha  eome  al  sol  che  nostra  vista  gnu* 
E  per  soverchio  sua  6gura  vda. 
Cosi  la  mia  virtù  quivi  mancava. 

19  Questi  è  divino  spirito  che  ne  la 
Via  d'andar  su  ne  drizza  senza  pregOi 
E  col  suo  hime  sé  medesmo  cela. 

20  Si  fa  eon  noi  come  Tuom  si  fa  aego; 
Che  quale  aspetta  prego  e  1*  uopo  veilb 
Malignamente  gii  si  mette  al  d^* 

Ego  ip$a.  CooT.  (I,  3):  H  mio  tcfitio  efte  Mi 
commenfo  dtra  ii  può.,,  euo  per  si  ate  jMi 
in  parte  un  poco  duro,  —  Lutto.  Ep.  MB»: 
Senza  piangere  e  eenza  luffara.—  PauulM 
prima  Amata  ehe  Tarno  ,  da  AoMta 
gii  morto  (Aeo,,  XII). 

i4.  Guizza.  Virg.  dice  del  sonno 
eianie,  ehe  sirpit  (II,  269).  Dante  del  som 
troncato,  che  ^lizia.  Simile  comparaslona  li 
XXVI,  Par. 

17.  RArnoNTA.  Coir  oggetto  del  quali  tfl^ 
foglia.  Petr.:  E  indamo  viv4,B  mooéatKH 
mai  non  ti  raffronta, 

IB.  Vbla.  Di  simili  comparazioni»  ledr^i 
nel  Par.  parecchie. 

20.  SItGo.  L' uomo  per  far  cosa  grata  a  ili 
non  aspetta.  Sego  per  teeo  osa  io  una  cMik 
—  Nego.  Albertano  :  Tarmine  a  tormitm  9t 
giungere  a  colui  che  prega ,  i  a  acuiti  kmm» 
di  negare.  Più  bella  la  sentenza  di  DaBia;ii. 
e  lolla  da  Sen.  (  Ben.  ,  Il ,  1  )  :   7orda«4l 
noLmtit  ett  :  ^t  distuHt  diu  ,  nolmi.  dai* 
(1,8):  Puottti  la  pronta  liberatUà  «a  m 
cose  notaro:  la  prima  i  dare  a  motti;  latt 
conda  i  dare  utiu  cose;  la  tena  i  tmsmtlh 
tere  dowiamdato  il  dono  ,  dare  qméUo  •  •  •  1 
dowìando  i  non  virtik  ata  mereatmntki  :  f^ 
rocchi  quello  ricevitore  compera  ,  tutto  càs  tf 
datort  non  venda.    Burchi  ,    diet   Stoma* 
cht  nulla  cosa  pia  cara  ti  compera  ekt 
la  dove  i  preghi  si  spendono.    Dante  in  ■ 
Cinz.  :  D'  ogni  mercè  par  messo  al  ntf^a. 


CANTO    XVII. 


ali 


sordiamo  a  Unto  invito  il  piede  ; 
iam  di  salir  prìa  che  s'abbui  : 
non  si  porla  se  1  di  non  riede. 
disse  *l  mio  duca;  ed  io  eoa  lui 
mo  ì  nostri  passi  ad  una  scala. 
di*io  al  primo  grado  fui, 
mi  presso  quasi  un  mover  d'ala 
fini  nel  volto,  e  dir:  betui 
che  son  senz*ira  mala! 
m  sopra  noi  tanto  levati 
dI  ra^  che  la  notte  segue, 
itelle  appparivan  da  più  lati. 
tu  mia  perchè  si  ti  dileguo  ? 
alesso  aicea,  che  mi  sentirà 
I  delle  gambe  posta  in  tregue. 
raramo  ove  più  non  saliva 
laa»  ed  eravamo  adissi 
16  nave  ch'alia  piaggia  arriva. 
«  attesi  un  poco  s'io  udissi 
Dosa  nel  novo  girone; 
ivolsi  al  mio  maestro  e  dissi: 
»  mio  padre,  di'  quale  ofiEaosione 

u{e.  vn,i7). 
Y.  Mattb.  •  V  :  Beatifacifiei,  qwh 
M  ìfocabuntur.  —  Mala  I  Dice 
Kffla  dalla  buooa.  E  a  Dio  dirà 
Fa  doU9  t  ira  tua  n$l  tuo  Hgre 
ifOieimini ,  el  noUt$  p$ecar€, 
li.  Gli  aitimi  raggi  non  percao- 
■  ,  ma  r  aria. 

i.  L'accidia  è  difetto  d'amore»  d' 
llccitadine. 

aALi.  Tra  r  aomo  e  il  beoe  ,  il 
lima.  Dio  e  1*  uomo.  Amore  a  Dao- 
M  attrazione  de*  corpi  (  Par. ,  1  ). 
ima  Ari6t.  Però  dico  :  ly  '/  mi  . 
lei  filosofo.  CoDV.  (1.  HI,  e.  3). 
•  th9  eioicuna  cosa  ha  'l  suo  tpe" 
.  Altrove  :  DeUa  divina  bontà  in 
ta  •  infusa  dal  principio  dslla  no- 
EÌom  f  nasce  un  rampollo  che  li 
ormén,  cioè  appetito  d'animo 


».  L' appetitivo ,  che  ba  la  liber- 
gnlda.  —  Malb.  Cattivo.  Cavalca; 
I.  Ott.  (  Il ,  ìHO  )  :  V amore  poco 
é§  dalla  accidia  ;  e  t  amore  del 
I  éitordinalo  tiene  U  tue  radici  nel 
!•  IttHiiirta  ,  gola ,  ed  avarizia  ; 
HeeoU  beni  amare  si  possono  quan- 
ìria  d*  aoare  d'  essi ,  o  quanto  alla 
o  guanto  aWuso.  Nel  primo  mo- 1 
miro,  mi  secondo  U goloso,  o  lus-  \ 


Si  porga  qui  nel  giro  dove  seme? 
Se  i  pie  si  stanno,  non  stea  tuo  sermone. 

29  Ed  egli  a  me  :  1'  amor  del  bene,  scemo 
Di  suo  dover,  quiritta  si  ristora  ; 

Qui  si  ribatte  '1  mal  tardato  remo. 

30  Ma  perchè  più  aperto  intendi  ancora, 
Volgi  la  mente  a  me,  e  prenderai 
Alcun  buon  frutto  di  nostra  dimora* 

31  Ne  creator  né  creatura  mai. 
Cominciò  ei ,  Ggliuol ,  fu  senza  amore 
O  naturale  o  d*  animo:  e  tu  '1  saL 

32  Lo  naturai  fa  sempre  senza  errore; 
Ma  Taltro  puoto  errar  per  male  obbietto, 
O  per  troppo  o  per  poco  di  vigore. 

33  Mentre  ch'egli  è  nel  primo  ben  diretto, 
E  ne*  secondi  sé  stesso  misura, 

Esser  non  può  eagion  di  mal  diletto. 
Sh  Ma  quando  al  mal  sitorce,oconpiù  cura 

O  con  men  che  non  dee  corre  nel  bene». 

Contrai  Fattore  adovra  sua  fattura,  (ne 
33  Quinci  comprender  puoi  ch'esser  convie* 

Amor  sementa  in  voi  d' ogni  virtute 

furioso.  V  amore  eh'  è  disoriitìato ,  p€fr>9eh* 
i  amore  di  male ,  pars  che  si  possa  distitS' 
guere  in  amore  del  proprio  male ,  ed  in  amo- 
re deH* altrui  male:  ma  perocché  ninno  armi 
a  proprio  male  ,  in  quanto  elli  è  male  •  ma 
in  quanto  elli  stima  che  quello  sia  bene  dd 
eorvo  ,  però  è  solamente  d*  altrui  male  :  ha 
radice  neUi  tre  vizii ,  cioè  superbia,  ira , in- 
vidia, Dioersilicansi  questi  vizii:  per  questo, 
eh*  è  nel  peccato  della  superbia.,  i  amore  dei 
proprio  bene  con  altrui  male  ;  ama  il  supet^ 
bo  la  esaltazione  di  sé,  e  V abbassamento  del 
prossimo;  ma  nel  peccato  deWira,  e  dell'ita 
vidia  è  amore  dell*  altrui  male  sh  certamenSe» 
Ma  in  questo  paiono  diversificarsi  questi  due 
visii ,  ira  ed  invidia ,  perocché  nel  peccato 
deW  ira  V  amore  dell'altrui  male  pare  che  no* 
sea  del  male  altrui.  Colui  che  si  adira  contro 
alcuno,  però  li  vuole  male,  perocché  da  lui 
male  ricevette  ...  Nel  peccato  deUa  invidia , 
l'amore  delT  altrui  male  tMSce  da  propria  ma- 
lizia cioè  dalla  superbia  ...  lo  invidioso ,  a 
questo  vuole  male  altrui ,  perchè  non  siino 
pari  a  lui:  Onde  il  peccato  della  invidia  co- 
munica a  materia  col  peccato  dell'ira  ;  ma 
V  origine  riceve  dal  peccato  della  superbia .,. 
Superbia ,  tra  ,  invidia ,  rvfidofio  l'amore  di- 
sordinato verso  il  prossimo  ...  ttiistifta,  gola, 
avarizia ,  accidia,  rendono  disordinato  anuh 
re  a  sé  ,  e  verso  sé* 

34.  Pii),  il  troppo  «more  di  pieciol  bene  è  gola 


316 


DEL    PURGATORIO 


E  d'ogni  operazioD  che  merta  pene. 

36  Or  perchè  mai  non  può  dalla  salute 
An)or  del  suo  subbietto  volger  viso  , 
Dair  odio  proprio  sod  le  cose  tute. 

37  E  perchè  'ntender  non  si  può  diviso 
Né  per  sé  stante  alcun  esser,  dal  primo. 
Da  quello  odiare  ogni  afletto  è  deciso. 

38  Resta,  se  procedendo  bene  stimo  , 
Che*l  mal  che  s'ama  è  del  prossimo:  ed  esso 
Amor  nasce  in  tre  modi  in  vostro  limo. 

39  È  chi  per  esser  suo  vicin  soppresso 
Spera  eccellenza;  e  sol  per  questo  brama 
Cael  sia  di  sua  grandezza  in  basso  messo 

hO  E  chi  potere,  grazia  ,  onore  e  fama 
Teme  di  perder  perch'  altri  sormonti  ; 
Onde  s'attrista  ,  si  chel  contrario  ama. 

41  Ed  è  chi  per  ingiuria  par  ch'adonti, 
Si  che  si  fa  della  vendetta  ghiotto: 


o  lossnria  o  avarìzia.  L'amor  del  malerìgaarda 
•  il  male  proprio  o  altrui.  Il  proprio  nessano 
può  mai  Tolerlo.  11  male  altrui  é  radice  di 
superbia,  d'  in?idia,  d' ira.  La  superbia  é  amor 
del  ben  proprio  con  male  altrui:  l'ira,  amore 
dell*  altrui  male,  per  male  che  da  altri  a  noi 
venga  o  si  creda  venire  :  l' invidia  è  amore 
dell'altrui  male  senza  occasione  di  male  pro- 
prio ,  e  senza  speranza  di  proprio  bene.  — 
Mbn.  Se  è  men  del  dovere,  allora  è  accidia. 

35.  CoBTviBNE.  Conv.  (I,  1):  Quella  fervida 
e  pcusionata,  questa  temperata  e  virile  essere 
conviene. 

36.  SuBBiBTTO.  Di  colui  che  ama  :  voce  sco- 
lastica. L'  uomo  non  può  non  amare  sé  stesso. 
Boei.:  Haee  sui  caritas  non  ex  animali  mo- 
tione,  sed  ex  naturali  tntenlùme  procedit.  De- 
dit  enim  providentia  creatit  a  se  rebus  hane 
vel  maximam  manendi  cautsam  ,  ut  quoad 
possunt,  naturaUter  manere  denVierenl  Conv.: 
Ogni  animale  tieome  elio  è  nato  ,  sì  razio- 
nale come  bruto,  sé  medesimo  ama,  e  teme  e 
fugge  quelle  cose  che  a  lui  sono  contrarie ,  e 
quelle  odia.  Cavale,  Sp.  Cr.,  VII:  Siamo  te- 
ntai d'amare  più  l'anima  nosCra  che  V  altrui; 
piti  dobbiamo  amare  l'anima  d*  altrui  che  U 
corpo  nostro;  più  il  corpo  d'altrui,  che  le  cose 
nostre, 

37.  Deciso.  Reciso.  Simile  a  quel  del  e.  TI: 
Bene.,,  dall'accorger  nostro  scisso.  L'uomo  non 
può  odiare  Dio  sua  cagione  :  può  dire  eh*  e' 
non  esiste  :  può  bestemmiarlo  attribuendogli 
umani  difetti:  odiarlo  non  può  come  Dio. 


E  tal  convien  che*!  male  altrui  improDti  ^ 
h2    Questo  triforme  amor  quaggiù  di  sott9 
Si  piange.  Or  vo'che  tu  dell*alfaro  intende. 
Che  corre  al  ben  con  ordine  corrotto. 
ft3  Ciascun confusamenteoDbeDeappraod^ 
Nel  qual  si  quoti  V  animo,  e  denra. 
Perchè  di  giunger  lui  ciascuo  cooteiida. 
kk    Se  lento  amore  in  lui  veder  vi  tira , 
O  a  lui  acquistar,  questa  cornice 
Dopo  giusto  pentér  ve  ne  martira. 

45  Altro  ben  è  che  non  fa  Tuom  feUce  * 
Non  è  felicità,  non  è  la  buona 
Essenzia,  d*ogni  ben  frutto  e  radice. 

46  L*amor  ch'ad  esso  troppo  s'abbaadooa* 
Di  sovra  noi  si  piange  per  tre  cerchi. 
Ma  come  tripartito  si  ragiona, 

hi  lacciolo,  acciocché  tuper  te  neoeroU. 


..• 


38.  PRocBDBifiK).  Conv.  (II,  1):  Km 
vuole  che  ordinatamente  si  proceda  maKmm^ 
stra  conoseenta,  doè  procedendo  da  qmattù  dbe 
conoscemo  megUo  in  quello  ehc9on9»t§m9  mn 
così  bene.  —  Limo  (Gen.,  1).  

39.  ViciN.  Prossimo.  Basso. — ^Iiir.,XZX:  Ift 
Fortuna  volse  in  basso  VaUe%%a  éf 

40.  Fama.  Conv.  (1, 11):  VmoidU 
torre  a  lui  che  dico,  onore  e  fama.,, 

41.  Ingiuria.  Ingiustizia.  Virg.,111  : 
que  injuria  caedis.  —  Impbonti.  Selioipftei 
in  mente,  poi  l'imprima  negli  alti  wmek  %wà 
mondo  di  fuori. 

42.  Sotto.  Superbia,  invidia,  ira.  Om— 
Cantic:  Ordinavit  in  me  ehatitatasa.  Cimjfk 
cura  0  con  men  che  non  deve. 

43.  Apprbndb.  Nel  senso  d'afpremka  ni 
canto  seguente.  —  Ciascun.  Boel.,  Ili; 
diverso  tramite  mortales..,comamimr 
Est  enim  menttfrus  hominum  veri  borni 
raliter  inserta  cupiditas,  —  Contbnbb.  Ctaf.? 
Ciascuna  cosa,  si  come  ogni  grave  al 
alla  perfesion  sua  corUende. 

44.  Vbder.  a  conoscerlo  o  ad 
Cornice.  Girone  (e.  X,  27). 

45.  Frutto.  Principio  e  fine;  alft  e4«^ 
ga  (Apoc). 

46.  Trb.  Gola,  avarìzia,  laBswia.  DifM- 
sta  divisione,  vedi  Toro.  (I,  %  qaatil.  i%* 
ar.  2).  —  Cbrchi.  Conv.:  Sioeewm  mmifif 
quello  che  detto  è,  puote  vedere  ehi  ha  mm 
ingegno ,  al  quale  è  bello  un  poco  M 
Uueiare* 


817 


CANTO     xvra. 


ARGOMENTO. 


Spiega  come  ogni  atto  ielt  anima  è  amore  ;  come  la  colpa  i  amore  abuioto  ; 
eome  ,  sebbene  il  motivo  d  amare  venga  di  fuori ,  pur  f  anima  abbia  merito  e  d^ 
merito  per  lo  libero  arbitrio.  Veggono  passare  correndo  gli  tuscidiosi  che  cantano  jnr». 
«M  esempi  di  zelo  soUeeito^  poi  d  accidia  colpevole.  Maria  e  Cesare ,  gli  Ebrei  nel 
deserto  ,  e  i  Troiani  in  Sicilia.  Prima  sempre  Maria.  Un  fatto  profano,  uno  sa* 
ero.  Cesare  accanlo  a  Maria ,  perchè  padre  della  civile  unità. 

Il  e.  XVII  e  il  XYIII  del  Pargatorio  corrispondono  air XI  dell'Inferno,  doTe  é  posta 
li  diTisione  e  la  ragion  delle  pene. 

Nou  le  tersine  1,  2,  4,  7,  9,  10,  13,  16,  18,  37,  29,  31,  34,  35 ,  39 ,  41 ,  43, 
45,  48. 


Posto  avea  fine  al  suo  ragionamento 
L' alto  dottore,  e  attento  guardava 
Nella  mia  vista  s' io  parea  contento. 

Ed  io  cui  nuova  sete  ancor  frugava, 
Di  fuor  taceva,  e  dentro  dicea  :  forse 
Lo  troppo  dimandar  ch'io  fo,  li  grava. 

Ma  quel  padre  verace  che  s'accorse 
Ik\  timido  voler  che  non  s'apriva  , 
Parlando  di  parlare  ardir  mi  porse. 


2.  Frugava.  Di  sete  parlando,  Tosa  nel- 
l*lar.,  XXX.  —  Grava.  Come  neir  Inf.,  HI, 
•  altrove. 

M.  Ardir.  Come  Beatrice  nel   Par.,  XVII. 

4.  Porti.  Proponga  e  dichiari. 

5.  DOLCB.  inf.,  XV  :  La  cara  buona  «m- 
mmgime  patema.  —  àmorr  (  e.  XVII  ).  — 
Bvoifo.  Nella  Mon.  dice  che  Amore  accresce 
«  dilacida  la  giustizia.  —  Gontraro.  Petr.: 
M  ben  veloce  ed  al  eoniraro  tardo.  Conv.  (  I, 
9  )  -  i\iriando  con  lode  o  con  eontraro  (  bia- 
dino ), 

6.  CiicBi.  Che  credono  ogni  amore  lode- 


Ond*  io  :  maestro,  il  mio  veder's' avviva 
SI  nel  tuo  lume  eh'  i'  discerno  chiaro 
Quanto  la  tua  ragion  porti  o  descriva. 

Però  ti  prego,  dolce  padre  caro, 
Che  mi  dimostri  Amore  a  cui  riduci 
Ogni  buono  operare  e  '1  suo  eontraro. 

Drizza ,  disse  ,  vèr  me  V  acute  luci 
Dello  'ntelletto  ;  e  fieti  manifesto 
L*  error  de'  ciechi  che  si  fanno  duci* 


vole  cosa  terz.  12  ).  Matth.  (  XV  ,  14  }  : 
Caeei  suni ,  et  duees  eaeeorum.  Conv.  (  I  : 
12  )  :  Quaiunque  era  lo  guidatore  è  eieeo  , 
conviene  che  esso  e  quello  anche  cieco,  che 
a  lui  s^  appoggia ,  vengano  a  mal  fine.  Però 
è  scritto  aie  il  cieco  al  cieco  faranno  guidom 
e  così  cadranno  amendue  neUu  fasta. .  ,  Ap' 
presso  di  questa  guida,  U  ciechi  soprannoteii^ 
cÀa  «ofio  quasi  infiniti,  colla  mano  sulla  spalla 
a  questi  mentitori  sono  caduti  nella  fossa  dette 
falsa  opinione  ,  della  quale  eseire  non  sanneu 
DeW  abito  di  questa  luce  discretiva ,  massi" 
mamenu  le  popolari  persone  sono  oHnste. 


318 


DEL    PCRGATOUIO 


7  L'  animo  eh'  e  creato  ad  amar  presto  , 
Ad  ogni  cosa  è  mobile  che  piace. 
Tosto  che  dal  piacere  in  atto  è  desto. 

8  Vostra  apprensiva  da  esser  verace 
Trapge  intenzk)ne,e  d«ntro  a  voi  laspiega. 
Si  che  r  animo  ad  essa  volpar  face. 

9  £  se  rivolto,  in  vèr  di  lei  si  piega , 
Quel  piegare  è  amor  ;  quello  è  natura, 
Che  per  piacer  di  no>X)  in  voi  si  lega. 

10  Poi  come'l  foco  movesi  in  altura 
Per  la  sua  forma  eh'  è  nata  a  salire 
Là  dove  più  in  sua  materia  dura  ; 

11  Cosi  r  animo  preso  entra  in  disire, 
Ch'  è  moto  spiritale;  e  mai  n^n  posa 
Fin  che  la  cosa  amata  il  fa  gioire. 

12  Or  ti  puoto  appacer  quant*  è  nascosa 


7.  Atto.  Il  piacere  In  atto  desta  la  po- 
tenza d'amore. 

8.  Apprbksita.  La  fiKoUà  d' appreodere  , 
di  comprender  gli  oggetti ,  vede  la  realità 
digli  oggetti  esterni  e  intende  ad  amore  la 
volontà  spiegando  himagine  dentro  a  noi , 
cioè  svolgendole  per  mostrarla  degaa  d'af- 
fetto. —  INTENZIONE.  Varchi  [ErcoU  ):N$Ua 
virtù  fanUutiea  $i  serbano  U  tmaptiu ,  ovvero 
rimiUtudini  delU  case  (  esteme  dell'esser  ve- 
race )  ;  U  quaU  t  piotofi  chiamano  ora  spe- 
zie, oro  intenziom. 

9.  Rn'OLTO.  L'animo.  —  Avoa.  Con?.: 
Vsrocchè  il  tuo  etiere  (  dell'  anima  )  éi^p^nde 
da  Dio  .  •  .  naturalmmìte  doma  e  vmole  a 
Vio  «Mira  unita  ...  E  perocché  neUe  honladi 
diUa  natura  e  della  n^ione  ti  morfro  la  di- 
tina  vena,  naturalmente  V  anima  umana  con 
guelU  per  via  tpirituaU  ti  unitct  tanto  più 
tatto  e  più  forte  quanto  quelle  appaUmo  più 
perfette:  lo  quale  apparimenio  è  fatto  m- 
cando  che  la  eonoteenza  ddl^anima  è  chiara 
o  impedita,  E  questo  unire  i  quello  che  noi  di- 
cerno  amore,  —Lega.  Yirgil.:  ÓevincUu  amort. 

10.  Altura.  Vulg.  £1.:  4'norM  atcentio. 
—  Forma.  Forma  chiamavano  gli  anUchi 
qnella  che  dà  l' essere  a  ciascuna  cosa  :  onde 
la  forma  del  fboco  ò  ciò  che  lo  costitaisce 
fuoco.  —  Salire.  Non  sapevano  gli  antichi 
la  gravità  dell'  aria  maggiore  che  quella  della 
fiamma  ,  e  però  tenevano  il  ftaoco  nato  a  sem- 

Sre  salire  (  Par.,  I  ).  —  LÀ.  Sotto  la  luna 
ove  credevano  la  spera  del  foco.  G.  IX  ;  E 
pu  ravitte  tato  infino  al  /oeo.  Con?.:  il  Aioco 
atcende  alla  circonferenta  di  topra  ,  lungo 
%  cielo  delia  luna ,  e  vero  tempre  tate  aqud- 
lo.  Tasso  ;  Comt  w  fuoco  olcitffpsrnKifia- 
tura^ 


La  Teritade  alia  gente  ch*av\era 
Ciascuno  amore  io  sé  laudabil  cosa. 
13    Perocché  forse  appar  la  sua  maten 
Sempr*esser  buona:  ma  non  ciascun  segpa 
£  buono  ancor  che  buona  sia  la  cera, 
H  Le  tue  parole  e*l  mio  seguace  ingegno, 
Rispos'io  lui ,  m*  hanno  amor  discoverto: 
Ma  ciò  m' ha  fatto  di  dubbiar  più  pregno. 

15  Che  s'  amore  è  di  fuore  a  noi  oiS;rto» 
E  r  aninrK)  non  va  con  altro  piede. 

Se  dritto  o  torto  va,  non  è  suo  merlo. 

16  Ed  egli  a  tne  :  quanto  ragion  qui  vede« 
Dir  ti  poss*  io  :  da  indi  in  là ,  t  aspetta 
Pure  a  Beatrice*  ch*é  opra  di  fede. 

17  Ogni  forma  sustanzìal  che  setta 
É  da  materia,  ied  è  con  lei  ooita. 


li.  Preso.  Legalo  étX  piacere  (ten.f)»^ 
SriRiTALB.  Non  locale  »  come  del  foca  (  Mii 
10). 

12.  AvTSRA*  Afferma  per  vero  »  ateeicf^ 

13.  Mrtera.  Anco  in  prosa.  —  Bijosa*  tt 
bene  è  materia  dell*  amore  :  sempre  dmqv 
la  materia  é  buona ,  perchè  in  ogni  mala  di 
8*  ami  sempre  è  alcun  bene  reale  •  iinagiii 
lo ,  cagion  dell'  amore  :  na  il  troppo  aaoM 
che  a  picciol  bene  si  porta ,  o  U  poco  ehi  4 
grande ,  sono  quasi  un  brutto  sigillo  imprar 
so  in  buona  cera.  Ogni  amore,  dice  Pieliv 
è  buono  in  potenza  ;  non  ogni ,  In  atto.  GB 
aristotelici  chiamano  materia  il  genere  dcMi 
cose  ,  determinabile  da  varie  differenze  «  a» 
me  la  materia  prima  ò  determinabile  da  pA 
forme.  La  cera  appunto  è  la  materia  deterai> 
nabile;  Il  segno  o  la  figura  ch*ella  prende  I 
la  forma  determinante.  E  siccome  la  cera  a 
buona  o  non  cattiva ,  può  essere  impretea  4 
mal  segno,  cosi  11  naturale  amore  noA  trim 
io  se  può  piegare  a  mal  fine. — Sboso.  Goi^ 
(1,8):  VutiUtà  tigilla  la  memoria  deWitt 
magine  del  bene. 

14.  Seguace.  L'  usa  a  questo  modo  Vliff 
—  Pregno.  Il  dubbio  è  fecondo  di  veiL 

15.  Fdorb.  Da  esser  verace  (  tent«  8).  •• 
Va.  Trae  intenzione  di  11. 

16.  Vede.  Con?.  (  Il ,  3  )  :  Quella  fsNleali 
Pumafìa  ragione  ne  veds,  —  Febe  (Par.,¥.) 

17.  Forma.  Forma  sostanziale ,  setta  »  dl> 
▼Isa  dalla  materia ,  e  unita  a  lei  »  è  le  ap^ 
rito.  —  Setta.  Somiglia  a  quello  del  pM 
Da  quello  odiare  ogni  affetto  è  de  etto.  Gaat-: 
I  moeitort  de*  cieU  tono  eottanxe  tepamttM 
mofarìff ,  cioè  intelligente,  —  I'XITA.  L'  aal^ 
ma  al  corpo.  —  Specifica.  Un  antico  fllos^ 
Minto  da  rieiro  ;  Natura  an  wmmrmmfm 


CANTO    XVIII. 


H9 


Specifica  Yirtude  ha  in  sé  colletta; 
)    La  qaal  senza  operar  non  è  sentita^ 
Ròsi  dimostra  ma' che  per  effetto, 
Come  per  Terdr  frondi  in  pianta  vita.^ 
I    Pero  là  onde  vegna  lo  ntelletto 
JDdle  prime  notizie,  nopo  noasape^ 
S  dé^prìmi  appetibili  rafletto* 
)  Che  sooe  in  loì  r  si  come  stadio  in  ape 
K  far  lo  mele,  E  questa  prima  coglia 
MerU^  di  lode  o  dr  biasmo  non  cape» 
lOr  perchè  aqnestaognl  altra  siraccoglia 
bmala  ir*  è  la  virtà  che  consiglia^ 
E  deir  assenso  de*  tener  la  soglia. 
i    Quest*"  è  1  principio  là  onde  si  piglia 
CSigion  di  meritare  in  voi ,  secondo 
Cbe  buoni  o  rei  amori  accoglie  e  viglia. 

■I  kifmrman$  tpecifem  differtniia  fjwi§  in- 
MS  mmpUi  dùtinctionem  tpeem.  Bomini  m( 
%Mg9n  9  rationari  ;  cani  odoralia  ,  a^pHimi 
Md.  Ai  primi  moli  Don  pensiamo ,  e 
t%  W  «ceorgiamo ,  se  non  operanda,  met- 
to nostra  polenta  in  atto. 
Iti  TCTBLLBrro.  Per  int9Uigenxa ^  come: 
•IIII0  ck*  aveu  'ntelletto  et  amore,  —  Pain. 
MW*  tt  principio  di  contraddizione  e  altri  si- 
fli  Maioml.  L' nomo  non  sa  donde  Tengano , 
Bffdiè  non  da'  sensi  :  ma  i  sensi  gU  danno 
isiaioan  ad  esame  :  questo  dubbio  è  pare  in 
.  Tmì.  —  Sapb.  Anco  in  pross.  —  Pmuii. 
r  amort  di  sé  »  del  bene  in  genere,  e 


ftroMo.  Dell'  api  parlando  ,  IT  usa  ?ir^ 


SI.  Eacgoglia.  Acciocché  questo- primo 
vai  desiderio  e  intelligenza  sia  qnui  contro 
i  «§BÌ  altro  vostro  Tolere  o  sapere  acquisi' 
t ,  aiete  innata  la  ragione ,  da  cui  viene  il 
ft«i»  arbitrio  ;  sicché  tutti  sieno  non  men 
M  frioio  eonformi  a  natura.  ^  V  ^  Lati- 
'U  9obi$»  ^-  Consiglia^  La  ragione 
lo  la  libertà  deve  moderare  i  motr  di' 
U  libero  arbitrio  crea  la  bontà  o  la 
nalvagiti  delle  azioni. 

M.  Viglia.  Vaglia ,  sceglie.  Dep.  Deeam. 
Hgltore  è  allm  eoia  che  vagliare  ,9  tifa  con 
étn  tUmwntnti  ed  in  altri  modi;  eKe  quando 
i  irono  è  battuto  in  $uW  aia ,  e  n'è  lewita 
r«n  jfonke  a  rattreUi  la  jHtglia ,  §  vi  riman- 
fmto  okima  tpigho  di  grano  ,  a  haeeogli  di 
fasM  aotoflCtcM,  •  aUrieota*$9mi  nocivi,  che 
i  ton$$iati  non  han  ben  potuto  trebbiare,  né 
f^H&n  i  rattregU,  egli  hanno  arte  come  gra- 
ngia piatto  o  di  ginestre,  o  di  alcune  erbe  ... 
f  li  vamno  leggermente  fregando  eopra  la  mai- 
%ap  9p  ^^^^  éUono  ,  l* aiat»,  affi^arondo- 


23    Cofor  che  ragionando  andare  al  fonda, 
S'accorser  d'  està  innata  liberta  te  : 
Però  moralità  lasciaro  al  mondo. 
ì%    Onde  poniam  che  di  neces<)ilate 
Surga  ogniamor che  dentroa  voi  sfaccendo; 
Di  ritenerlo  è^  in  voi  la  potestate. 

25  La  nobile  virtù  Beatrice  intende 
Per  lo  libero  arbitrio  :  e  però  guarda 
Che  Pabbi  a  mente  s'a  parlar  ten  prende^ 

26  La  hma,  quasi  a  mez2a  notte,  larda 
Facea  le  stelle  a  noi  parer  più  rade , 
Fatta  eom'  un  secchion  che  tutto  arda: 

27  E  correa  centra  t  cicl  per  quelle  strade 
ChelsoleinfiammaaliorchequeldaRoma 
Tra*^  Sardi  e' Corsi  il  vede  quando  cade. 

28"   £  qqeiy  ombra  gentil:  per  cui  si  noma 


gli  dai  granv.  Del  Ubero  arb.,  s;  Tomk  (  9nm., 
II ,  a  ,  qu.  83  ). 

23.  MoealitI-.  Lfrscienza  moralr  inutile  se 
non  fosse  la  libertà. 

24.  Fonia».  Conv.  :  OhdeponetnòehB  pou»- 
biU  foese.  —  Nxcbsitatb  (  e  XVI  ).  Con- 
trario a  quel  di  Cic.  (  Nat.  D.  )  :  Hinc  tiobie 
exeistit  primum  illa  fatalie  necestita»  .  .  .  ut, 
quidquid  aecidatt  id  ex  aetema  veritate,  cei<^ 
garumque  continuation9  fiuxiete  dieoltt. 

25.  BBATucE.L»teologiaw  Par. ,  e.  ¥  :  Jlo* 
maggior  don  ... 

26.  Taboa.  Novera  ancor  mezza* notte.  Tar- 
da la  luna  ,  perché  siamo  alla  quinta  notte 
del  viaggio ,  cominciato  a  luns'  piena  (  Int , 
XXr  »  43  )•  Tre  nell'  Inferno  ,  una  nell'  anti- 
purgatorio »  un'  altra  fln  qui.  La  luna  calanAs 
aoroe  dopo  caduto  il  sole,  sempre  un'ora  psb 
tardi.  Stanotte  dunque  doveva  sorgere  verao 
le  cinque  ora  di  notte  ;  verso  ,  cM  ,  raezsa 
■otte.  —  &Ai>B.  Coprendole  di  sua  luce.  -— 
SBCCBioNk  La  luna  calante  di  cinque  notti  è* 
quasi  una  sfera  troncata  ^  tonda  nel  fondo  / 
tronca  alla  cima ,  come  un  secchione. 

27.  CoRBBA.  Moto  periodico  della  lana  di 
occidente  in  levante ,  contrario  alla  quotidia- 
na rivoluzione  del  cielo  stellato  da'  levante  a 
ponente ,  di  cui  nel  Conv.  — «  StIiadb;  La  not- 
te cbe  11  P.  si  smarrì ,  il  sole  era-  in^  Ariete, 
la  luna  in-  Libra  :  in  cinque  giorni ,  dopo  U 
opposizione,  si  accostò  di  due  segni  al  soler 

I  ed  é  ift  Sagittario ,  dove  quando  il  sole  si 
trova ,  chi  é  a  Roma  la  vede  tramonUre  te» 
Corsica  e  Sardegna .  che  sono  all'  occidenti» 
di  Romav  11  cod.  Caet.  dice  che  Dante  »  quanr 
do  fu  in  Roma ,  lo  vide  cogli  occhi  suol. 

28.  Gentil.  Inf.  »  VII  :  Savio  yanftL^Pn- 
TOLA.  In  Pietola  nacque  Virgilio.  Per  Virg. , 

I  dica  il  P.,  è  più  calvbro  un  villaggio  cbe  un-' 


320 


DEL    PURGATORIO 


Pietola  più  che  villa  mantovana , 
Del  mio  carcar  disposto  avea  la  soma. 

29  Perch^io  che  la  ragione  aperta  e  piana 
Sovra  le  mie  questioni  avea  ricolta, 
Stava  com'  uom  che  sonnolento  vana. 

30  Ma  questa  sonnolenza  mi  fu  tolta 
Subitamente  da  gente  che  dopo 

Le  nostre  spalle  a  noi  era  già  vAIta. 

31  E  quale  Ismene  già  vide  ed  Asopo 
Lungo  di  so ,  di  notte  furia  e  calca, 
Pdr  che  i  Teban  di  Bacco  avesser  uopo; 

32  Tale  per  quel  giron  suo  passo  falca  , 
Per  quel  eh* io  vidi,  di  color^  venendo  , 
Cui  buon  volere  e  giusto  amor  cavalca. 

33  Tosto  fur  sovra  noi,  perchè  correndo 
Si  movea  tutta  quella  turba  magna  ; 
£  duo  dinanzi  gridavan  piangendo. 

34  Maria  corse  con  fretta  alla  montagna: 
E  Cesare  per  soggiogare  Ilerda 
Punse  Marsilia  e  poi  corse  in  Ispagna. 

35  Ratto  ratto,  che  *l  tempo  non  si  perda 
Per  poco  amor, gridavan gUaltri  appresso: 


illastre  città.  «-  Disposto.  Per  deposto  ènti 
Malasp.  e  nel  Bocc.  Mi  avevi  sollevato  dai 
peso  del  dobbio.  0,  intendendo  dùpotto  Del- 
l'ovvio senso:  aveva  disposto  in  modo  il  vero 
che  r  ÌDlel letto  non  potesse  portarlo. 

29.  SoNNOLBMO.  É  nel  giro  dell'  accidia. 
Prov.  ,  XIX  :  Pigredo  immUtU  ioporem, 

31.  ISMBNO.  Fiumi  di  Beoxia  (Stat. ,  Tb.). 
Correvano  con  faci  accese  in  gran  folla ,  chia- 
mando Bacco  a'varii  suoi  nomi,  specialmente 
nelle  pubbliche  necessità. —  Yma.  Virg.:  il»- 
diit  EurotoM, 

32.  Talb.  Calca  è  il  caso  retto  sottinteso. 

—  Falca.  Esprime  con  frase  del  tempo  nn 
passo  del  cavallo  ,  non  dissimile  del  galop- 
po. —  Buon.  La  bontà  dell'amore  e  la  gia- 
stizia  sono  le  qualità  contrarie  della  invidia. 

—  Cavalca.  Insiste  sul  traslato  di  falean  : 
ma  non  è  molto  imitabile. 

33.  Magna.  Ap.  :  Vidi  twrbam  fnagnam, 

34.  Mabia.  S.  Lue.  (  1 ,  39  )  :  Bxturgem 
...  Maria  ...  abiit  in  montala  eum  festina- 
itone,  —  ILBRDA.  Lerida  (  Caes. ,  Com. ,  1). 

—  Pdnsb.  La  lasciò  assediata  da  Bruto.  Anon.: 
Punse  Ferofia  e  Mantova  ...  che  ancora  ne 
sentono.  —  Ispagna.  Vinse  Afranio ,  Petreio, 
e  un  figliuol  di  Pompeo  (  Lucano  ). 

35.  Studio.  Caso  retto. 

36.  RicoMPiB.  Cr.  (  i ,  7  )  :  QueUo  che  la 
tanna  non  chiude ,  sì  ricompia  la  eiepe  alta 
di  pntni, 

37.  Boflio.  Mento.  Anco  in  prosa.  *—  Pira- 


Che  studio  di  ben  far  grazia  rimreida. 

36    O  gente  in  cui  farroro  acoto  adeno 
Ricompie  forse  negligenza  e  'nàafjkf 
Da  voi  per  tiepidezza  in  l>en  far  mem^ 

S7Questi  che  vive  (e  certo  io  odo  ▼  i  ha^ 
Vuole  andar  su  pur  che  1  aol  oe  riloca: 
Però  ne  dite  ond*  è  presso  fl  perCogio. 

38  Vwrole  furoo  queste  del  mio  diiea: 
E  nn  di  quegli  spirti  disse:  vieoi 
Diretro  a  noi ,  che  troverai  la  buca. 

39  Noi  Siam  di  voglia  a  moverci  d  pieri 
Che  ristar  non  potem  :  però  perdona 
Se  villania  nostra  giustizia  tieni. 

U)    r  fui  abate  in  san  Zeno  a  Verona 
Sotto  lo  'mperio  del  buon  BarlMuxMSB 
Di  cui  dolente  ancor  Melan  ragionai 

ki    E  tale  ha  già  l' un  pie  dentro  la  totm 
Che  tosto  piangerà  quel  monistefOt 
E  tristo  fia  d'  avervi  avuta  possa. 

ft>2  Perchè  suo  figlio,  mal  del  corpo  inleio 
E  dalla  mente  peggio,  e  che  mal  nacqui 
Ha  posto  in  luogo  di  suo  pastor  vero. 


CHE.  SI  tosto  come. 

40.  ÀBATB.  Gherardo  li  (  Biancolini ,  RM. 
stor.  delle  eh.  di  Ver.,  v.  I  ).  L'accidia, di- 
ce Pietro  ,  tra  claustrali  é  frequente.  —  Zi- 
no. Famosa  abazia  di  Verona.  — Bvox.Flr 
che  ghibellino  ,  o  perchè  morì  crociato.  Re- 
tro lo  chiama  :  magnus  inprobitate,  sedftf- 
vus  cornei  natione.  Fu  amico  de' tornei, ddli 
cacce,  liberale.  Morì  nel  1190 nell'Asia, «• 
dando  al  conquisto  di  Terra  Santa.  Se  !■» 
qui  non  intende  per  ironia  ,  abbiamo  ia  ■ 
monosillabo  fìilmmato  da  Dante  il  più  illmai 
fatto  della  storia  italiana  ,  la  lega  lombare. 

—  Mblan.  Anco  in  prosa.  (  Novell. ,  XXI)* 
DistratU  nel  marzo  del  1163  (  G.  Vili.  V.  fl^ 

41.  Talb.  Alberto  della  Scala,  già  vecckii. 
signor  di  Verona  ,  morì  nel  1301.  —  Pus- 
gbrì.  Per  averci  intruso  l' abate  nn  suo  i* 
gliuol  naturale.  Inf. ,  XXVI  :  Piangevisi  eein 
l*  arte  pefchè  morta  Deidamia  (tncor  H  éed 
d:  AchiUe. 

42.  Figlio.  Giuseppe.  Morì  nel  1309 ,  ed 
era  abate  dal  1202.  Ebbe  un  figlio  naturali, 
Bartolomeo  ,  abate  anch'esso  dal  321  al  336, 
poi  vescovo  di  Verona ,  ammazzato  da  Canr. 

—  CoBPo.  Zoppo  e  quasi  stolto.  Levit. ,  XXi: 
Homo  ...  qui  habuerit  maeulam  non  ofm^ 
pance  Deo  suo  ,  Nec  accedei  ad  fiiifiis(fria> 
e;tt«  A*  fuerii  caecua,  ti  claudue  ...  —  Mbxti- 
Lat.  :  Integer  mentis.  Virg.  :  Aew,  •—  Sco. 
Del  monastero. 


v#^ 


CANTO    XVIII. 


821 


(3    Io  non  90  9e  più  disse  o  a'  ci  si  tncque; 
Tani*  era  già  di  là  da  noi  trascorso  : 
Ha  questo  intesi,  e  ritener  mi  piacque. 

44  E  quei  che  m'era  ad  ogni  uopo  soccorsj, 
Disse  :  Tolgiii  in  qua  ;  vedine  due 

Air  accidia  venir  dando  di  morso. 

45  Diretro  a  tutti  dicén  :  prima  lue 
Morta  la  gente  a  cui  il  mar  s*  aporse, 
Che  vedesse  Giordan  le  rode  sue. 

k6    E  quella  che  1*  afianno  non  sofTerse 

44.  Moaso.  Traslalo  frequente  nel  P.»  ma 
BOB  sempre  bello. 

45.  Diasrao.  Come  più  negligente.  Però 
raauneolano  1'  esempio  a  accidia  più  colpe- 
vole. —  MoaTA.  Namer. ,  XIV  :  Vtttra  ca- 
éamm  jatibvmt  in  toUÈudine  :  FUU  tutti  e- 
fwM  vofi  il»  destrfo  munii  XL,  Trtnne  Caleb 
e  IGIetaè.  Fa.  :  Man  ...  fugit:  Jordanu  con- 

isl  rstroftum.  —  Rbob.  Gen.,  XII  : 


Fino  alla  (ine  col  flglluol  d' Anchiso. 
So  stessa  a  vita  senza  gloria  oflerso. 

47  Poi  quando  Tur  da  noi  tanto  diviso 
Queirombre,  che  veder  più  non  potersi» 
Novo  pensier  dentro  da  me  si  mise, 

48  Del  qual  più  altri  nacquero  e  diversi . 
E  tanto  d*  uno  in  altro  vaneggiai 

Che  gli  occhi  per  vaghezza  ricopersi, 

49  E  *I  pensamento  in  sogno  trasmutai. 


Dio  arava  promesso  al  seme  d' Abramo  la  Ca« 
nanea. 

46.  QvBLLA.  Gente  (  Aen. ,  Y  ).  Rimase  in 
Sicilia.  —  GLoaiA.  Yirg.  :  Ingloriug  .  .  .  ae< 

48.  VifiHBZzA.  Di  pensare.  I  tre  aitimi  versi 
esprimono  mirabilmente  il  languido  vaneggia- 
re  di  obi  s*  addormenta. 


322 


DEL    PURGATORIO 


CANTO        XIX. 


ARGOMENTO. 


I  tre  vizii  carnali ,  avarizia  ,  gda  ,  lufturia ,  vengono  piU  itigli  eeierni  c0i^ 
iamenHj  che  dalL*  interna  malizia  ,  dalla  guai  vengon  piuttosto  la  superbia ,  t  mr 
vidia  ,  e  guelV  ira  che  mena  al  delitto.  La  superbia  ,  V  invidia  ,  T  ira  amoiit  i 
moie  altrui  :  V  accidia  non  cura  il  bene  altrui  ned  il  proprio.  L  avarizia  ,  to  f^ 
la  >  la  lussuria  cerca  il  falso  ben  proprio.  Ecco  perchè  l  accidia  stia  quasi 
saggio  tra  gli  uni  e  gli  altri:  e  corrisponde  ai  dannati  che  vissero  senza  ti 
6  senza  lode. 


Nou  le  terzine  3  tlla  6  ;  la  9,  10 ,  li,  13,  14,  16,  17,  20,  SI,  22 ,  24,  Sft ,  H, 
35»  36,  39,  40,  42,  43,  45,  48. 


Neirora  che  non  puoi  calor  diurno 
Inticpidar  più  1  freddo  della  luna 
Yinto  da  Terra  e  talor  da  Saturno; 

Quando  i  georoanti  lor  maggior  fortuna 
Yeggiono  in  oriente  innanzi  all'alba 
Surger  per  via  che  poco  le  sta  bruna. 


1.  Ora.  Uilima  della  Dotte  ,  che  ogni  ca- 
lore del  dì  precedente  è  finito.  —  Tikba.  Na- 
turalmente fredda.  Bocc.  ,  Y  :  Il  ealdo  del  dì 
esser  vinto  dalla  fretchexza  della  notte.  Dice 
da  Terra ,  trattandolo  come  pianeta  ai  modo 
<he  dicesi  da  Giove»  da  Venere.  —  Saturno. 
l'ianeta  frigido  ,  dice  Pietro:  ben  s'  addice  al 
giro  degli  avari  in  cai  entrano.  Ott.:  Questa 
aurora  si  i  qìieUa^del  terzo  dk,  che  VA.  stette 
uét  Purgatorio, 

2.  Gbomanti.  Divinavano  per  figure  dise- 
gnate sulla  terra,  e  chiamavano  fortuna  ma- 
jor quella  disposizione  di  sei  stelle  che  vede- 
ri nella  fine  deir  Aquario  e  nel  principio  de' 
Pesci.  Qui  tuo!  dire  che  essendo  il  sole  in 
Ariete  ,  eran  gili  sulP  orizzonte  abati  tutto 
Aquario,  e  parte  de' Pesci i  i  quii  iegal  pre- 


3    Mi  venne  in  sogno  una  fenunina  balbi» 

Con  gli  occhi  guerci  e  sovra  i  pie  dislorll. 

Con  le  man  monche,  e  di  colore  scialbi. 

h     lo  la  mirava  :  e  come  1  sol  conforti 
Le  fredde  membra  che  la  notte  aggraUt 
Cosi  lo  sguardo  mio  le  facea  scorta 


cedon  V  Ariete ,  e  vengono  poco  innanzi  il  wt 
scer  del  sole.  Vengono  dunque  per  via  dn 
poco  sta  bruna  ,  perchè  sarli  illuminata  éi 
giorno  vicino.  In  tale  ora  disse  già  al  e.  D 
che  la  mente  ...  Alle  sue  vision  quasi  è  dmsm- 

3.  Balba.  Simbolo  de' tre  vizii:  balka,ÌS 
gola;  guerci,  \i  lussuria;  monche,  l' stali' 
zia.  —  Scialba.  Cresc.  (1.  X):  SctathanS 
smalto.  1)8  exalbare.  Proverb. ,  VII:  Et  esiS 
oècurrit  UH  mulier  omatu  meretricio,  pnt 
parata  ad  eapiendas  animoM  :  ^armla  »  il  ft* 
ga  ,  Quietis  impatiens. 

4.  Mirava.  L'  uomo  col  guardara  i  M 
terreni ,  se  li  fa  parer  belli ,  di  vili  cbe  ss» 
no.  ^Scorta.  Agile.  M.  \ii\.  (Vili,  28): 
Masnadieri  scorti  e  dutri. 


CANTO    XIX. 


323 


5    La  lingat,  e  poscia  tolta  la  drizzava 
In  poco  d'ora  ;  e  lo  smarrito  volto, 
G>fne  amor  vuol,  cosi  le  colorava. 

8    Poi  ch'^Favea  il  parlar  cosi  disciolto, 
ComlDciava  a  cantar  si  che  con  pena 
Da  lei  avrei  mio  intento  rivolto. 

7  Io  son,  cantava,  io  son  dolce  sirena 
Che  i  marinari  in  mezzo  1  mar  dismago: 
Tanto  son  di  piacere  a  sentir  piena. 

8  Io  trassi  Ulisse  del  suo  cammin  vago 
Al  canto  mio.  £  qual  meco  s'ausa, 
Rado  sen  parte,  si  tutto  l'appago. 

9  Aneor  non  era  sua  bocca  richiusa 
Quando  una  donna  apparve  santa, e  presta, 
Lunghesso  me,  per  far  colei  confusa. 

10  O  Virgilio.  Virgilio,  chi  è  questa  ? 
Fieramente  dicea  :  ed  ei  veniva 

Con  gli  occhi  fitti  pure  in  quella  onesta. 

11  L'  altra  prendeva,  e  dinanzi  l'apriva 
Fendendo  i  drappi,e  mostravami  '1  ventre: 
Quel  mi  svegliò  colpuzzoche  n'usciva,  (tre 

13  Io  volsigliocchi;  e'I  buon  Virgilio:  almeii 
Voci  t'ho  messe,  dicea:  surgi  e  vieni. 
'R'oviam  T  aperto  per  lo  qual  tu  entro. 

13    Su  mi  levai:  e  tutti  eran  già  pieni 

5.  AMom.  Petr.:  H  paUordi  viola  e  d'amor 

iimio. 

0.  liiTVNTO.  AtlenzioDe.  C.  ili  :  La  mente... 
MA^*nitnto  rallargò, 

7.  Dolci.  Boet.  :  Ahite.,.  o  seirenett  usqtie 
m  9xUium  dulees. — Dismago  (  Inferno,  XXV). 

9.  Ulisse.  Ma  Ulisse ,  dice  la  favola  ,  si 
tchenoì  da  qael  canto.  Altri  vuole  che  la  Si- 
rena a  bello  studio  dica  menzogna:  altri  che 
per  sireot  s' intenda  anco  (lirce  che  lo  sol- 
traflse  alla  gloria  (  Inf. ,  XXVI ,  31  ).  —  Vago. 
NoD  sai  se  intenda  :  Ulisse  vago  del  suo  cam- 
nriao:  o:  trassi  Ulisse  dal  suo  vagante  Cam- 
■ilio.  Io  prescelgo  il  secondo. 

9.  Donna.  1/  intellettuale  virtù ,  dice  Pie- 
Ito  ;  la  ragione ,  r  Ottimo. 

li.  Apriva.  Ezech.,  XVI:  Nudaho  ignomi- 
idam  tuam  coram  ei$ ,  et  videlmnt  omnem 
tmrpiiudinem  tuam.  Boet.  :  Si  .  .  .  Lynceit 
gcmUi  Aomifies  utererUur  .  .  .  nonne  introepe- 
etìfe  meeetibui  .  .  .  pìiUerrimum  corpus*  tur- 
ftiiimMm  videretur?  —  Usciva.  Di  loro  (  dei 
taieiriosi  )  esce  una  orribile  ffutxa  ,  ,  ,  che 
corrompe  il  tito  d*  ogni  lato  e  V  occhio  turba. 
AnnaiiDino.  Virgilio  prende  la  sudicia  ,  e  a 
Dante  la  mostra  :  basta  a  ciò  la  ragione.  L' 
effetto  conosciuto  del  male  sveglit  rumane 
coeciciizi. 


Dell'  alto  di  i  giron  dSTsaero  monte; 
E  andavam  col  sol  novo  alle  reni. 
ik    Seguendo  lui  portava  la  mia  fronte 
Come  colui  che  1*  ha  di  pensier  caroa 
Che  fa  di  sé  un  mezzo  arco  di  ponte 

15  Quand'  io  udi*:  venite,  qui  ai  varca , 
Parlare  in  modo  soave  e  benigno* 
Qual  non  si  sente  in  questamortal  maroa. 

16  Con  r  ale  aporte,  che  parén  di  cigno» 
Yolseci  in  su  colui  che  si  parlonne 
Tra  i  due  pareti  del  duro  macigno. 

17  Mosse  le  penne  poi  e  ventilonne, 
Qui  lugent  affermando  esser  beati, 
Ch'avrandi  consolar  1*  anime  donne* 

18  Che  hai  che  pure  invér  la  terra  guati? 
La  guida  mia  incominciò  a  dirmi. 
Poco  amendue  dall'  angel  sormontati 

19  £  io:  con  tanta  sospension  fa  irmi 
Novella  vision  eh*  a  sé  mi  piega 

Si  ch'io  non  posso  dal  pensier  partirmi. 

20  Vedesti  disse,  quella  antica  strega 
Che  sola  sovra  noi  ornai  si  piagne? 
Vedesti  come  l' uom  da  lei  si  slega? 

21  Bastiti:  e  batti  a  terra  le  calcagne. 
Gli  occhi  rivolgi  al  logoro  che  gira 

13.  PiKNi.  Par.,  ÌX:Al  tolehe  la  riempie. 
—  Rbni.  Proseguivano  da  levante  a  ponente: 
se  dunque  il  sol  cadente  ieri  fu  loro  dinanzi 
(  XV ,  3  )  ,  il  nascente  dietro. 

15.  Marca.  Nel  XXVI ,  chiama  marche  le 
regioni  de'  purganti.  Ott.  :  Paese  fra  termini 
scritti. 

16.  VoLSBci.  Tenendole  verso  la  scala. 

17.  Ventilonnb.  Come  nel  XVII ,  23.  Cosi 
gli  cancella  un  P  dalla  fronte.  —  Lugbkt. 
Matth.  ,  V  :  Quoniam  ipsi  consolabuntur.  E 
Lue. ,  VI.  —  Consolar.  Nelle  Rime  :  E  di 
ogni  consolar  V  animo  spoglia.  L'accidia  non 
è  solo  inerzia;  è  non  curanza  del  bene:  poi- 
ché per  essa  l'anima  non  piange  del  mal  pro- 
prio ad  altrui ,  né  di  cosa  alcuna  mai  prende 
cura.  Accidia  è  cura  appunto  dolorosa.  Nel 
XII  :  Beali  pauperu  ,  nel  XV ,  misericordes, 
nel  XVil ,  pacifici. 

20.  Striga.  La  concupiscenza  de' beni  ter- 
reni. E' la  personifica  nella  Sirena  :  e  nella  V. 
Nuova  dimostra  lecito  a' poeti  personificare  le 
cose  inanimale  e  gli  affetti.  Antica  la  chia- 
ma :  e  amica  lupa  dirà  l'avarizia  nel  XX. — 
Sola.  In  lei  tutti  i  tre  vizii  :  lussuria ,  ava- 
rizia, gola. 

21.  Batti.  Va  franco.  —  Loooao.  (  Inf. , 
XVH  ).  Pwg. ,  XIV  ,  60  :  Chiamavi  '(  cielp. 


32( 


DEL    PURGATORIO 


Lo  rege  eterno'con  le  ròte  magne. 

22  Quale  il  falcon  che  prima  a'  pie  si  mira, 
Indi  si  volge  al  grido,  e  si  protende 
Per  lo  disio  del  pasto  che  là  il  tira; 

23  Tal  mi  Tee'  io  :  e  tal,  quanto  si  fende 
La  roccia  per  dar  via  a  chi  va  suso, 

N*  andai  infìno  ove  1  cerchiar  si  prende. 
^    Com'  io  nel  quinto  giro  fui  dichiuso, 
Vidi  gente  per  esso  che  piangea 
Giacendo  a  terra  tutta  vòlta  in  giuso. 

25  Adhaesit  pavimento  anima  mea: 
Scntia  dir  lor  con  si  alti  sospiri 
Che  la  parola  appena  s' intendea. 

26  O  eletti  di  Dio  ,  li  cui  solTriri 

£  giustizia  e  speranza  fa  men  duri, 
Drizzate  noi  verso  gli  alti  salirì. 

27  Se  voi  venite  dal  giacer  sicuri, 
E  volete  trovar  la  via  più  tosto. 

Le  vostre  destre  sien  sempre  di  furi. 

28  Cosi  pregò  '1  [Kteta,  e  si  risposto 
Poco  dinanzi  a  noi  ne  fu:  perch*  io 
Nel  parlare  avvisai  V  altro  nascosto. 

29  E  volsi  gli  occhi  agli  occhi  al  signor  mio; 
Ond'egii  m'assenti  con  lieto  cenno 

Ciò  che  chiedea  la  vista  del  disio. 

30  Poi  ch'io  potei  (jì  me  fare  a  mio  senno, 
Trassimi  sovra  quella  creatura 

Le  cui  parole  pria  notar  mi  fenno  , 


e  'fUomo  fri  si  gira  Mostrandoti  le  sue  heìUz- 
ze  eterne ,  E  V  occhio  voitro  pure  a  terra  mira. 

22.  Pifc.  Allo  d'animale  che  s'apparecchi  a 
correre  impetuoso. 

23.  Tal.  C.  Xll  :  Dritto  ,  Sì  eom§  andar 
vuoisi  ,  rifémi ,  Con  la  penona,  —  Cbrcbiak. 
Ove  Don  ai  sale  ,  ma  si  va  io  tondo  lungo  il 
nionle. 

24.  DicHicso.  Inf. ,  XXX  :  *L  porco  quan- 
do del  porcil  si  schiude. 

25.  Adhaesit.  (  Psaim.  CXVIH  ).  Segue  : 
Vivìfica  tn»  secundum  verbum  luum. 

20.  SovFRiRi.  Come  gli  abbracciari  del  Bocc. 
f  i  din  nelle  Rime  di  Dante.  Petr.  :  l  vostri 
dipartir.  L' idea  del  fallo  comme:»so  ci  Ta  men 
dura  la  pena  che  veggiam  giusta  ;  e  men  du- 
ra la  fa  la  speranza. 

27.  SicuBi.  Virg.  y  X  :  Securus  amorum. 
—  Furi.  Abbiate  il  monte  a  man  manca.  Per 
Juon  ;  Vo  e  r ti  si  scambiano  neil*  antica  lin- 
gua. Vui ,  allura  ,  e  simili. 

28.  Nascosto.  Dalle  sue  parole  comprese 
che  i'  essere  Dante  ancor  tìto  art  ali'  «oina 


31  Dicendo:  spirto,  in  cui  pianger  miion 
Quel  scnza'l  quale  a  Dio  tornar  non  puoss, 
Sosta  un  poco  per  me  tua  maggior  cura. 

32  Chi  fosti ,  e  perchè  vólti  avete  i  éom 
Al  su,  mi  di'  ;  e  se  vuoi  chTt*  impeiri 
Cosa  di  lèond*io  vivendo  mossi. 

33  Ed  egli  a  me:  perchè  i  nostri direM 
Rivolga  '1  ciclo  a  sé,  saprai:  ma  primi 
Scias  guod  ego  fui  tuceeuor  Iktri. 

3ì  Intra  Siestri  e  Chiaveri  s*  adima 
Una  Gumana  bella;  e  del  suo  nome 
Lo  titol  del  mio  sangue  fa  sua  cioia. 

35  Un  mese  e  poco  più  prova'  io  come 
Pesa  'Igran  mantoachi  dai  fangol  guarii, 
Che  piuma  sembram  tutte  Taltre  some. 

36  La  mia  conversione  omè  I  fu  tarda  : 
Ma  come  fatto  fui  roman  pastore 
Cosi  scopersi  la  vita  bugiarda. 

37  Vidi  che  11  non  si  quotava  1  cote. 
Ne  più  salir  potési  in  quella  vita: 
Perchè  di  questa  in  me  s'  accese  «moiSt 

38  lino  a  quel  punto  misera  e  partita 
Da  Dio  anima  fui,  del  tutto  avara: 
Or,  come  vedi,  qui  ne  son  punita.  * 

30  Quel  ch'avarizia  fa,  qui  si  dichiari 
ili  purgazion  delle  anime  converse  ; 
E  nulla  pena  il  monte  ha  più  amara. 

ho    Si  come  V  occhio  nostro  non  s*ad«is 


nascosto  ;  poiché  quella  lo  credeva  air  itol 
anima  destinata  a  più  alto  tormento. 

30.  Notar.  Assoluto.  Cosi  diciamo  Mieli* 
ne  ,  senz'  altro. 

31.  Cura.  Del  Cielo. 

33.  Scias.  Questo  latino  sta  qui  per  la  li- 
ma ;  e  non  isconviene  a  ponteiice. 

34.  Siestri.  Sestri  e  Chiavari  .  nel  Gas- 
Tesato  a  le> «lille.  —  AniMA.  L'usa  il  Frani 
(  IV  ,  17  ).  —  Fiumana.  U  Lavagno.  —  Ti- 
tol. Adriano  Y  ,  Ottobaono  de' Fiesclu,fa- 
pa  nel  1270  ,  già  ben  vecchio ,  trentaaait 
giorni  vissutoci.  —  Cima.  Soprannome  aggiM> 
tu  il  nume  di  Fieschi. 

35.  Pesa,  llierun.  :  Non  est  facils  stan  ia 
loco  Pelli  et  papatem  teture  cathedram  repttist 
tium  cum  Christo.  liam  non  sanctorum  fiUs 
qui  tenent  locum  sanciorum,  sed  qui 
rum  exercent  operatiofiem, 

37.  QuKTAVA.  inf.,  I:  Bestia  senta 

40.  Aderse.  Adergere  è  in  Albertanb.  — 

Merse.  e  in  Armannino  ed  in  altri.  Ma  dei* 

non  ^  acqua ,  o  cosa  ad  ac^nt  aoaigliaaii» 


CANTO  XIX. 


325 


In  alto,  Gsso  alle  cose  terrene, 
G)si  giustizia  qui  a  terra  il  morse. 

41  Come  avarizia  spense  a  ciascun  bene 
Lo  nostro  amore,  onde  operar  perdési, 
Cosi  giustizia  qui  stretti  ne  tiene 

42  Ne  piedi  e  nelle  man  legati  e  presi: 
E  quanto  fia  piacer  del  giusto  Sire 
Tanto  staremo  immobili  e  distesi. 

hS    Io  m' era  inginocchiato  e  volea  dire; 
Ha  com'  i'  cominciai,  ed  e*  s'accorse, 
Solo  ascoltando,  del  mio  riverire: 

kk  Qual  cagion,  disse,  in  giùoosi  ti  torse? 
Ed  io  a  lui:  per  vostra  dignità  te 
Mia  coscienza  dritta  mi  rimorse. 


fntrytrv  Don  cade.  Se  non  che  forse  la  liogiia 
antica  gli  avrà  dalo  senso  più  largo.  Jer.  (II, 
97  )  :  Verterunt  ad  me  i$rgum  »  et  non  fa- 


41.  Opbrar.  Non  seppimo  operare  il  bene. 
—  PxMDÉsi.  Si  perde:  comepaWómt,  e.  XiY; 
fiteif  e.  XXIX  ,  e  simili. 

44.  RiBORSB.  Dritta  e  Timone  son  dae  tra- 
alati  ebe  non  convengono  insieme. 

45.  CoNSBRTo.  Neil'  Apoc.  (  XIX ,  10  )  in- 
ginocchi  a  ndosi  Giov.  aU'  Angelo  ,  questi  lo 
▼teca  :  Vide ,  ne  feceris  :  eomervus  tuta  $um, 
#f  fratrum  tuorum.  Oli.  :  La  prelazione  ec- 
cUÌmattiea  si  è  intomo  alti  sagramenti,  e  pe- 
rò non  ha  'luogo  in  Purgatorio. 

46.  l^uBBìfT,  A'  Saducei  domandanti  se  sa- 
rà matrimonio  nelV  altra  vita  ,  G.  C.  rispon- 
de :  Ifeque  nubent  .  neque  nubentur  (  Marc.  , 
XU  ;  Mait. .  XXli  ).  Le  umane  innguaglian- 
le  »  loteude  il  P.  ,  sono  di  \k  dileguate. 

47.  Stanza.  Bocc.  :  Pur  temendo  non  la 
trt^fpa  starna  gli  fosse  cagione  di  volgere  l' 
a^mio  diletto  in  tristizia ,  m  levò  !  —  Qual. 
Tersioa  31  :  Quel  sema  'l  quale  a  Dio  tornar 


45    Drizza  le  gambe  elevati  au,  frati;. 
Rispose:  non  errar:  conservo  sono 
Teco  e  con  gli  altri  ad  una  potestate. 

iù    So  mai  quel  santo  evangelico  suoik) 
Che  dice  neque  nubent  intendesti, 
Ben  puoi  veder  perch'io  cosi  ragiono. 

47  Vattene  ornai:  non  vo'che  più  t'arresti; 
Che  la  tua  stanza  mio  pianger  disagia, 
Col  qual  maturo  ciò  che  tu  dicesti. 

k8    Nipote  ho  io  di  là,  ch'ha  nume  Alagi3, 
Buona  da  sé,  pur  che  la  nostra  casa 
Non  faccia  lei  per  esemplo  malvagia  : 

k9    £  questa  sola  m*  è  di  là  rimasa. 


non  puosii.  ' 

48.  Alagia.  Moglie  di  Moroello  Malaspina, 
figliuol  di  Manfredi ,  il  qual  Manfredi  era  ft- 
gliuol  di  Corrado  Malaspina  l'antico  (vedi  e. 
Vili).  Non  a  questo  Malaspina  intendeva Daor 
te  dedicare  il  Purg. ,  cbè  questi  teneva  dai 
Guelfi.  Egli  loda  la  moglie  che  visse  lunga- 
mente dal  marito  lontana  :  non  da  ciò  segue 
eh'  egli  amasse  il  marito.  Il  quale  favorì  il 
card,  del  Fiesco  ,  contrario  a  Franceschino , 
V  amico  di  Dante.  E  i  Fieschi«ono  da  Dante 
chiamati  malvagi.  —  Esemplo.  Juven.  :  Et 
eiHus  nos  Corrumpunt  vitiorum  exempla  do- 
mestica.  —  Malvagia.  Casa  guelfa.  Un  del 
Fiesco  nel  i2^  venne  a  Firenze  vicario  ge- 
nerale deir  imp.  Rodolfo  ,  abitò  in  casa  Mot- 
zi  ,  condannò  la  città  ricusante  il  giuramento 
air  imperio  ,  in  scssantamila  marchi  d'argen- 
to :  ma  come  di  famiglia  guelfa,  era  sospet- 
to agli  stessi  GbibeUini.  Tornò  scornato  tu 
Germania  a  Rodolfo. 

49.  Sola.  Di  me  degna  ,  e  che  possa  pre  - 
gare  degnameote  per  me. 


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D  E  L   Ptt(B  l&/AiT'QJ(  I  0 

C    A    N    T    O  -XX. 


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^1 


ARGOMENTO. 

Sente  cantare  esempi  di  povertà  e  di  generosità,  poi  d*  avarizia  punita.  JWf 
ad  Ugo  Capeto,  il  guai  maledice  alla  sua  progenie.  Poi  trema  il  monte  ,  e  Mi 
del  monte  cantano  :  Gloria  ;  perchè  un'  anima  ha  finita  la  sua  pena  ,  e  $aU  « 
cielo  :  C  anima,  vedremo,  di  Stazio.  U  ora  innanzi  gli  esempi  del  bene  premier 
o  del  male  punito  saranno  cantati  dalV  anime  stesse.  Ci  avviciniamo  al  eielù.  I 
gui  pure  il  primo  esempio  è  Maria ,  poi  un  profano,  uno  sacro  :  poi  quattro  meri 
e  quattro  profani ,  simbolo  della  doppia  indole  del  poema. 

NoU  le  terzine  2,  3,  4,  0»  7 »  8 »  15,  23,  25;  la  27  alla  30;  la  82,  39,  40,  4Ì,  43; 
44,  45,  47,  48,  50. 


1  Contra  miglior  voler  voler  mal  pugna  : 
Onde  contrai  piacer  mio,  per  piacerli , 
Trassi  dell'acqua  non  sazia  la  spugna, 

2  Mossimi  ;  e  '1  duca  mio  rimosse  per  li 
Lochi  spediti  pur  lungo  la  roccia, 
Come  si  va  per  muro  stretto  a* merli. 

3  Che  la  gente  che  fonde  a  goccia  a  goccia 
Per  gli  occhii  mal  che  tuttofi  mondo  occupa , 
Dall'altra  parte  in  fuor  troppo  8*approccia. 
i^    Maledetta  sia  tu  antica  lupa 

Gie  più  che  tutte  Taltre  bestie  hai  preda 
Per  la  tua  fame  senza  fine  cupa  ! 


1.  SPUG5A.  Avrei  più  domandato,  potendo. 
Spugna  diciam  tattavia  chi  raccoglie  ogni  sor^ 
te  di  notizie  buone  e  triste ,  avido  di  sapere. 

2.  Stretto.  Avverbio.  Lungo  i  merli  del- 
la città  e  delle  rocche  correva  una  stretta  via. 

3.  FoNOB.  Inf.,  XI:  Fonde  la  iua  facultade. 

4.  Più.  Eccl.  ,  X  :  Avaro  ...  nihil  est  tee- 
Uitìtis  ...  Ifihil  est  iniquius,  quam  amare pe- 
eumiam  ...  E  nel  V  ,  trad.  dall'  Ott.  :  /n/ir- 
mitade  pessima  ,  la  quale  io  vidi  sotto  il  so- 
te  ;  eioi  le  ricehszxe  conservate  in  male  del 
loro  tignore.  —  Fini.  Sen.:L'ovorM;ta  fem- 


8 


0  ciel  nel  cui  girar  par  che  si  credi 
Le  condizion  di  quaggiù  trasmiiUist» 
Quando  verrà  per  cui  questa  disoedrt 

Noi  andavam  co*  passi  lenti  e  scani; 
Ed  io  attento  all'  ombre  eh*  io  aeolìi 
IMetosamente  piangere  e  lagnarsi. 

E  per  ventura  udi*:  dolce  Maria, 
Dinanzi  a  noi  chiamar  cosi  nel  pianto 
Come  fa  donua  che  'n  partorir  sia. 

E  seguitar:  povera  fosti  tanto 
Quanto  veder  si  può  per  quelPoapizto 
Ove  sponesti  '1  tuo  portato  santo. 


pre  crssee.  Allora  ama  t  avaro  più  h  msent' 
ehene  quando  elU  non  puote  ptà  looorsrf  ia 
acquistare  ricchezze. 

5.  CiBL.  C.  XVI  :  Ogni  eagùm  raooft  Hr 
suso  al  cielo.  Forse  accenna  alla  sten  cki 
volge  la  Fortuna  (  Inf. ,  Vi!  ). 

7.  Partorir.  Is.  ,  XIII  :  TonÙHMt,  età^ 
lores  tenebunt ,  quasi  parturisns  ,  doUkmà  $ 
XLII  :  Sieut  parturiens  loquar.  Jer. ,  IV  :  f(h 
eem  ...  qu€ui  parturientis  audivi ,  an§mUss 
US  jDuerperae, 

8.  Spohbsti.  S.  Lue. ,  U  :  Aftril  fk^m 


.•l 


r . 


OANTa  XX. 


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9  S^ontementeinte»i: obooo Fabbriiio, 
Con  povertà  volesti  anzi  r^irtute 

Che  gran  ricchezza  posseder  con  vIzio« 

10  Queste  parole  m'eran  si  piaciute 
Ch*  io  mi  trassi  oltre  per  aver  contezza 
Di  quello  spirto  onde  parén  venute. 

11  Esso  parlava  ancor  della  larghezza 
Che  fece  Nicolao  alle  pulcelle, 

Per  condurre  ad  onor  lor  giovinezza. 

12  O  anima  che  tanto  ben  favelle, 
Dimmi  chi  fosti,  dissi;  e  perchè  sola 
Tu  queste  degne  lode  rinnovelle. 

13  Non  fia  senza  mercè  la  tua  parola, 
S' io  ritorno  a  compier  lo  cammin  corto 

a  quella  vita  eh'  ai  termine  vola. 


••• 


14  Ed  egli  :  io  ti  dirò ,  non  per  conforto 
Ch'i* attenda  di  là,  ma  perchè  tanta 
Grazia  in  te  luce  prima  che^sie  morto. 

15  r  fui  radice  della  mala  pianta 
Che  la  terra  cristiana  tutta  aduggia 

SI  che  buon  frutto  rado  se  ne  schianta. 

16  Ma  se  Doagio,  Guanto,  Lilla  e  Bruggia 
Potesser,  tosto  ne  saria  vendetta: 

Ed  io  la  cheggio  a  Lui  che  tutto  giuggb. 

17  Chiamato  fui  di  là  Ugo  Ciapetta. 
Di  me  son  nati  i  Filippi  e  i  Luigi 
Per  cui  novellamente  è  Francia  retta. 

18  Figliuul  fui  d'un  beccaio  di  Parigi , 
Quando  li  regi  antichi  Tenner  meno. 
Tutti,  fuor  eh'  un  renduto  in  panni  bigi. 


ti  fawM  ettm  tnoolvif»  el  reeltna- 
«f  fiM»  w  prauepio  ,  quia  non  erat  in  ei$ 
Umu  in  diversorio.  Sporre  per  deporre.  Inf. 
(  XIX  »  44  )  :  Spote  il  earco, 

9.  Fabbrizio.  Veget. ,  IV  (  De  re  mitit.  ). 
Sprazzo  r  oro  corrattore  di  Pirro.  —  Con. 
Proverb. ,  XV  •  Meliia  est  parum  eum  timore 
wnmi  ,  quam  thesauri  magni  ;  XVI  :  Meliut 
parum  eum  justitia  ,  quam  multi  fruetue 
iniquitate,  Monarch.  :  Nonne  Fabricius 
nobis  dedit  exemplum  avaritiae  resi- 
,  ^uffi  pauper  exsistent ,  prò  fide  qua 
mp-  Unebatur  ,  grande  auri  pondui  deritU  , 
il  dtrùum ,  verba  iibi  convenientia  fundens, 
dfpexit  et  refutavit  ?  Godt.  :  E  ehi  dirà  che 
foue  Mfua  divina  tpirazione  Fabbrixio  ,  in- 
ftniiap  quoti  moltitudine  d*  oro  rifiutare,  per 
non  volere  abbandonare  tua  patria  J 

il.  Labgbbzza.  Fin  qui  la  povertà  in  Ma- 
ria ,  la  temperanza  in  Fabrizio  :  ora  la  gene- 
rosità in  Nicolò  vescovo  di  Mira ,  il  qual  do- 
tò tre  fancinlle ,  acciocché  non  corressero  po- 
rieolo  d' inramia. 

13.  CoMPiÈB.  Da  compiere  ,  come  pentér, 
—  CoBTO.  Uif. ,  XXXI  :  Ei  vive,  e  lunga  vi- 
ta ancora  aspetta, 

14.  Non.  Da'saoi  discendenti  e' non  atten- 
derà conforto  di  preci. 

15.  Pianta.  I  Capeti  regnano  tattavia  in 
Praacia ,  Spagna  e  Napoli.  I  Guelfi  a  Mode- 
■a  e  a  Branswich,  e.nnramo  loro  in  Inghil- 
terra. 

10.  Doagio.  Donay.  Lat.  Duaoum. —  Guan- 
to. Vili.  (  Vili ,  32  )  :  Compitilo  ti  trattato , 
ranrferofi  Guanto  che  è  delle  più  forti  terre 
ed  wsondo.  Prima  che  venire  in  Italia ,  Carlo 
avere  mossa  contro  il  eonte  di  Fiandra  guer- 
ra malragia ,  e  a  nome  di  Filippo  il  Bello  , 
•ceapaie  nel  1S99  parecchie  terre  e  città.  Ott.: 


il  re  Filippo  andò  ad  otte  in  Fiandra,  e  pre- 
te ...  Bruggia  e  LUla  ,  ed  altre  terre  ...  an- 
ni D.  1296.  Poi  nel  1300  il  eonte  di  Fiandra 
con  due  suoi  figliuoli  vennero  alle  comando- 
menta  del  detto  re ,  e  quelli  gU  mite  in  pr^ 
gione ,  e  tolte  loro  tutto  il  contado  di  Fian- 
dra :  poi  nel  1302  ...  teguì  la  vendetta  .  .  . 
Ettendo  li  Fiamminghi  rtiòeUalt  dal  re  Fdtp- 
po  ,  avendoci  il  re  mandata  grandiuima  eo- 
valleria  ,  li  Fiamminghi  li  sconfissero ,  ed  ue- 
ciserne  più  di  seicento  catMiltert ,  infra  quali 
fu  morto  il  eonte  d*  Artese  ,  cugino  del  redi 
Francia  ,  de*  discendenti  del  detto  Ugo.  E  po- 
co appreuo  Papa  Bonifazio  scomunicò  U  de^ 
to  re  per  cagione  del  vescovo  di  Palme  :  per 
la  qual  cosa  indegnato  ,  ti  detto  re  contro  il 
papa ,  fece  eerto  trattato  con  li  Colonneti  di 
Roma ,  allora  nimici  e  ribelU  della  Chiesa  ; 
onde  nel  1303  del  mete  di  tettembre  Sciarra 
della  Colonna  con  la  forza  del  detto  re,  pre- 
te m  Alagna  il  detto  papa ,  il  quale  didobo- 
re,  morì  dì  undeci  d'  ottobre  anno  predetto, 

17.  Nati.  Ugo  Magno  di  Normandia  ven- 
ne a  Parigi ,  e  V  arricchì  :  fu  duca  di  Fran- 
cia, conte  parigino ,  padre  del  re  Ugo  Capelo. 
Dalla  morte  di  Enrico  I ,  nel  10(M)  ,  tuUi  i 
re  di  Francia  furono  o  Filippi  o  Luigi.  — 
NovBLLAjiBNTB.  I  Capeti  soQ  la  terza  dina* 
stia  che  comincia  con  Ugo  :  spenti  i  Carlo- 

Tingi. 

18.  Bbccaio.  Altri  nega  l' origino  d'  Ugo. 
Altri  intende  che  suo  padre  Ruberto  duca  di 
Aqoitania  facesse  di  molta  gente  macello.  Me- 
glio il  Vili.  (  IV  ,  3  )  ;  Ugo  Ciapetta,  ,..  fah- 
lito  il  lignaggio  di  Cario  M,,  fu  re  di  Fran- 
eia  nelli  anni  di  Critto  987.  l^eslo  Ugo  Ai 
dmea  d'  Orlient ,  e  |»er  alcuno  ti  scrive  cAe 
fmrono  tempre  i  tuoi  antichi  duchi ,  e  di  gran- 
d§  lignaggio  . ,  :  ma  p9r  li  più  ti  din  9k$ 


828 


DEL    PURGATORIO 


19  Trovami  stretto  nelle  mani  il  freoo 
D«l  governo  del  regno,  e  tanta  possa 
Di  novo  acquisto,  e  si  d'amici  pieno 

20  Ch'alia  corona  vedova  promossa 
La  testa  di  nodo  figlio  fu,  dal  quale 
Cominciar  di  costor  le  sacrate  ossa. 

21  Mentre  che  la  gran  dote  provenzale 


*/  padre  fue  uno  grande  ,  0  Hoeo  horgat  di 
Parigi ,  itratto  di  nazioM  di  bucoierif  o  vero 
mercatante  di  be$tie ,  ma  per  la  iua  grande 
ricchezza  ,  e  potenza  ,  vacato  U  ducato  di 
Orlient ,  a  rimasane  una  donna,  $\  l'ebbe  per 
moglie  ,  onde  nacque  il  detto  Ugo  Ciapetta  , 
il  quale  fu  molto  tavio  ,  e  ponente  .  .  .  ,  e 
regnò  veuV  anni.  Iacopo  della  Lana  :  La  casa 
ili  questi  FUippi  e  Luigi  e  Carli  che  tono  og- 
gi ,  non  tono  della  dritta  cnta ,  ma  tono  di- 
tcesi  d'uno  beccare  di  Parigi.  Anco  Fraocesco 
da  Carrara  nel  suo  poema  lo  dice.  —  Regi. 
Durati  Ire  secoli  circa.  —  Bigi.  L'Olt.  inten- 
de Rodolfo ,  U  quale  per  tanta  vita  d'  uomo 
religioto  fu  fatto  arciveteovo  di  Remso.  Que- 
sta è  r  interpretaiione  più  vera  :  poiché  fen- 
duto era  voce  propria  per  indicare  la  vita  re- 
ligiosa. Inf.  ,  XXVil  :  E  penttUo  e  confetto 
mi  rendei.  Ugo  Ciapetta,  diceTOtt. ,  fumol 
to  avaro  ;  e  per  pecunia  che  ricevette  da  Gil- 
berto monaco  ...  ragunò  vescovi  contro  a  Ri- 
dolfo della  cata  di  Carlo  M.  ,  arcivescovo  di 
Memt  ,  e  fecelo  tporre  della  dignitade,  a  fé- 
cene  arcivescovo  il  detto  Gilberto.  Anon.:  Ren- 
dè tè  con  due  tuoi  figUuoli  neW  ordine  di  Ce- 
stello. 

20.  Vedova.  Per  morte  di  Lodovico  V.  — 
Sacrate.  Qui  non  vale  maledette  come  vuole 
r  Anonimo.  —  Ossa.  Luigi  fu  per  primo  in- 
coronato e  unto  re. 

21.  Dote.  Di  Raimondo  Berlinghierì  IH  , 
conte  di  Provenza,  che  accrebbe  l'eredità  del 
reame  di  Francia  col  dominio  della  Provenza 
toccato  a  Carlo  d'Angiò,  marito  a  una  figliuo- 
li! di  lui ,  e  tolse  a  quei  re  ogni  rossor  di 
mal  Tare.  Vergogna  qui  non  vale  ignominia 
della  vile  origine  :  perchè  già  Ugo  Capcto  a- 
veva  moglie  la  sorella  d'  Ottone  imperatore  ; 
e  prima  di  s.  Luigi  ,  primo  ad  imparentarsi 
con  Provenza ,  erano  stati  otto  re  già  congiun- 
ti alle  prime  case  d'Europa.  Altri  intende  che 
qui  s'  accenni  a  Filippo  II ,  che  negli  stati 
di  Raimondo  ,  conte  non  di  Provenza  ma  di 
Tolosa  ,  incorse  per  vincere  gli  Albìgesi  ;  e 
dopo  diciasette  anni ,  Alfonso  fratello  di  Lui- 
gi IX  e  di  Carlo  d'Angiò  sposò  la  figlinola 
di  Raimondo  e  n*  ebbe  in  dote  totU  gli  stati 
tuoi  (  Petav. ,  Rat.  temp. ,  p,  1 ,  L  9 ,  e. 


Al  sangue  mio  non  tohela  vergogna, 
Poco  valea  ,  ma  pur  non  facea  male. 

22  Li  cominciò  con  forza  e  con  menzogoi 
La  sua  rapina  ;  e  poscia  per  ammendi 
Ponti  e  Normandia  prese  e  Goascogni. 

23  Carlo  venne  in  Italia  «  e  per  ammeodi 
Vittima  fé  di  Curradino  :  e  poi 


4  ).  Questa  era  in  vero  gran  dote  ;  diee  6. 
ViU.  (  VI ,  92  ) ,  che  Raimonda  tra  ti  mar 
gior  conte  del  mondo ,  e  avea  tolto  di  tè  ftei- 
lordici  conti.  Se  non  che  la  Provenza  non  eit 
allora  divisa  dal  Rodano:  onde  anco  di  Udii 
Rodano  gli  stati  di  Raimondo  eran  dote  pio- 
venzale  (  Giovanni  Villani;  Pietro  VaL^Cos. 
Ilist.  Alb.,  14).  Filippo  lì  fa  re  nel  IIM. 
Carlo  fu  sposo  a  Beatrice  nel  1245.  Dal  IIV 
comincia  V  invasione  della  Provenza  che  tote 
a  que'  re  ogni  pudore  ;  quella  del  1Ì45  »«• 
pazione  non  può  chiamarsi  ,  come  quella  i 
Ponihieu  ,  di  Normandia  ,  di  Guascogna. 

22.  Menzogna.  Sotto  colore  di  estirpar  r 
eresia.  —  Ponti.  La  cont.  di  Ponthien  atlli 
bassa  Picardia.  La  Normandia  fu  da  Pìl^Pp 
li  tolta  a  Giovanni  d' Inghilterra  primi  « 
la  Provenza  ,  ma  poi  più  volte  ritolta ,  eif- 
gnatamente  al  tempo  di  Enrico  111  ,  che  »• 
pravvisse  a  Filippo  li.  Filippo  mori  nel  ISA 
Arrigo  nel  73  (  PeUv.  ,  p.  I  ,  l.  8 ,  e.  »; 
I.  IX  ,  e.  4  :  Luca  di  Linda ,  Descr.  dd  m^t 
do ,  l.  V  ).  La  Francia  aveva  promesso  lea- 
dere  quelle  provincie  :  ma  non  attenne. 

23.  CcRRADiNo.  Ucciso  nel  1268  dopo  li 
battaglia  di  Tagliacuzzo  (  Inf. ,  XXVIII) «m 
molti  baroni.  —  Tommaso.  SospeUava.  ••• 
Tomaso  d*  Aquino  ,  andando  nel  concilia  tì 
Lione  ,  fosse  eletto  ponteGce  ;  e  lo  fece  tm- 
lenare  da  un  medico.  Ott.  :  VuoU  t  JLjm 
dare  ad  intendere ,  che  il  veleno  eoii/MM 
che  fu  dato  a  santo  Tommano  d^  AqusM$' 
ond'  elli  morì  alla  Badia  alla  Foia*  md  «r 
gno  ,  fosse  di  comandamento  del  f»  Corii  ••• 
sì  perchè  clli  era  della  cata  ^^-^ff***^  •  ^r 
non  erano  bene  del  detto  re  ,  ttperehéuém- 
to  santo  Tommaso  pii)i  vivamente  ''«^••JJ 
preso  d'  alcuno  fallo  :  onde  uno  eanaXmreem 
re  ,  credendogliene  compiacere ,  diue  «I  «^ 
tanto  Tommato  ,  che  dovea  venire  a  corte  t^ 
Roma  in  quello  tempo  ,  ettendo  y^«*dù«2 
ealdo ,  se  a  lui  piacerebbe  di  portare  fsw  ••* 
freschi  confetti  del  regno  ;  quelU  aeeUtè  It 
prof  erta ,  e  ricevette  V  attotsieato  prustntf .  • 
che  in  brieve  nel  viaggio  morì.  Ar.  :  Teit^ 
un  altro  Carlo  che  a'  conforti  Del  kuon  pi- 
fior ,  foco  in  Italia  ha  meteo;  E  tu  du$f0fe 
battaglie  ha  due  re  morti  ••• 


CANTO   XX. 


839 


Bipiiiie  al  eiel  Tommaso  per  ammenda. 

KTempo  veggio  non  molto  dopo  aocoi, 
Che  traggeonaltroCarlo  fuor  di  Francia, 
Vei  far  conoscer  meglio  e  sé  e  i  suoi. 
ì  Senz'arme  n*e8ce,  e  solo  con  la  lancia 
GoD  la  qual  giosfaiGiuda;  e  quella  ponta 
Si  eh*  a  Fiorenza  fa  scoppiar  la  pancia. 
)  Quindi  non  terra  ma  peccato  ed  onta 
Guadagnerà ,  per  sé  tanto  più  grave 
Quanto  più  lieve  simil  danno  conta. 

97    L'altro  che  già  usci  preso  di  nave, 
Veggio  vender  sua  figlia ,  e  patteggiarne 


sa.  Ancoi.  Carlo  di  Talois  fratello  di  Fi- 

8 pò  venne  io  lulia  nel  1301  (  ViU. ,  Vili , 
)•  Il  P.  parla  nell'  aprile  del  1300.  Ott.  : 
?ÌNMlo...a  riehieita  di  papa  Bonifazio  Vili, 
iiaeMne  padano  in  Toieana ,  il  primo  giorno 
éi  ftootmòrt  con  gua  eavalUria  giunse  in  Fi- 
fMM  ;  per  lo  cui  comando  Corso  Donati  ca- 
mmÈi»n,  con  U  tuoi  seguaci  chiamati  pane 
■m  »  tornò  in  Fìrenx»  cinque  dì  appresso , 
9  foi  giitò  deUa  signoria  V  altra  parte ,..  Poi 
mi  1^2  a  di  4  d*  aprile  U  detto  Carlo  altra 
ricevuto  ,  condannò  e  cacciò  fuori  di 

la  dttta  parte  bianca. 
Amb.  (  Vili.  Vili ,  48  )  :  Con  più  conti 
e  con  ìMH)  cavalieri  franceschi  in 
compagnia.  Bonifliiio  lo  forni  di  denaro 
fòrze.  —  Giuda.  Vill.:*£  promise  di  con- 
ia città  in  pacifico  e  buono  stato  .... 
MsmmUanenU  per  lui,  e  per  tua  gente  fu  fatto 
U  mwtradio.  Gli  è  an  Craelfo  che  paria.  — 
BeorriAm.  Traendone  cittadini»  oro,  sangae. 
▼fcf.,  VI:  Neu  patria»  vaUdas  in viscera  ver- 
vires, 

S  Tbeha.  Vili.  (  Vili  ,49):  Si  disse  per 
M.  Cario  venne  in  Toscana  per  pacia- 
ffV»  •  latciolla  in  guerra;  e  andonne  in  dei- 
Hb  per  far  guerra,  e  reconne  ontosa  pace  ... 
M  lomè  in  Francia,  tcemata,  e  consumata 
aMi  ftfife  con  poco  onore.  Ebbe  nome  di  Sen- 
as  ferro. 

17.  Usci.  Prima  di  Carlo  di  Vaiola  nel 
Ì98S.  —  Pusq.  Carlo  Novello,  il  Ciotto  o 
taf  pò,  di  Poglit,  figlio  di  Cario  d'Angiò  , 
mjrt$o  nei  1283  (  Vili.,  VII ,  84  )  da  Rag. 
§m  d' Oria  con  sessanta  galee ,  qaand'  era 
yiteefpe  di  Taranto.  Ed  era  Roggeri  l'ammi- 
it^io  di  Iacopo  d'Aragona.  Fa  condotto  t 
■mina  co*saoi  baroni;  qaesti  furono  tatti 
WÈHU.  Ott.:  Muovendo  l'armata  tua  di  I^a- 
paUpor  pattare  in  SieiUa  ...  f et  mt^tta  preuo 
ài  Napoli  fu  tconfUto  e  preto  da  Roggeri .... 
UtH  di  prigione  del  mete  di  novembre,  anno 


Come  fanno  i  coraar  ddl'altre  achiave. 

28  O  avarizia,  che  puoi  tu  più  farne, 
Poi  ch'hai  il  sangue  mio  a  te  al  tratto 
Che  non  ai  cura  della  propria  carne? 

29  Perchè  menpaia  il  mal  futuro  e'i  fatto. 
Veggio  in  Alagna  entrar  lo  fiordaliso 

E  nel  vicario  suo  Cristo  esser  catto. 

30  Yeggiolo  un'altra  volta  esser  deriso , 
Veggio  rinnovellar  l'aceto  e1  fele, 

E  tra  vivi  ladroni  essere  anciso. 

31  Veggio*!  novo  Pilato  si  crudele 
Che  ciò  noi  sazia ,  ma  senza  decreto 


1288  ,  promettendo  di  cedere  U  tuo  podere  sul 
reame  di  Ragona  a  don  Jacopo  per  lo  re  FAip- 
pò ,  col  conttntimonto  del  papa.  Nel  e.  Vii. 
lo  disse  peggiore  del  padre,  Cerio  Primo 
d' Angiò.  VendeUe  ad  Azzo  d' Este ,  già  ree- 
Ohio  ,  la  figlia  in  consorte  ;  e  n'  ebbe  cbi  dice 
100,000  ducati ,  chi  30,000  fior. ,  cbi  ttO^OOO. 
Nel  Par.,  XIX,  dice  il  P.  di  lui,  che  nelji- 
bro  della  giastizia  la  saa  virtù  sarà  segnata 
con  un  I ,  la  malragità  con  un'emme,  perchè 
ana  sola  virtù  ebbe  ,  e  migliaia  di  vizii. 
Qaest'  Azzo  Vili  fu  guelfo  di  razza ,  ma  nel 
1299  per  sui  mumentaoei  interessi  stretto  alla 
fazion  ghibellina.  Fa  Beatrice  la  figlia,  e  il 
matrimonio  segai  dopo  il  1300. 

28.  Che.  Aen.,  Ili:  Quid  non  mortalia 
pectora  cogit  ?  —  Cabnb ?  Eccl.,  X:  Hic  .... 
et  animam  tuam  venalem  habet:  quoniamin 
vita  tua  projecit  intima  tua,  Is.,  LVHI  :  Car- 
n$m  tuam  ne  detpexorit, 

29.  Min.  Inf.,  XXXU:  B  atpttto  CafUn  che 
mi  tcagioni,  —  Alagna.  Per  Anagni  (  Vili., 
VIII,  63).  —  FioABALiso.  Dice  11  Vili.  (Vili, 
63)  che  quando  Sciarra  della  Colonna  per 
ordine  di  Filippo  il  Bello  entrò  in  Anagni  a 
prendere  Bonifazio,  nel  settembre  del  1303, 
entrò  .„con  tre  insegne  del  re  di  Francia,  — 
Catto.  Per  preso ,  è  in  Fazio. 

30.  Dbriso.  Specialmente  dal  Nogaret,  in- 
riato  di  Filippo.  —  Anxiso.  Morì  di  dolore 
addì  12  ottobre. 

31.  Pilato.  Uccisore  del  Tlcario  di  Cristo. — 
Dbcrbto.  Fleury  (  A.  Eccl.,  1.  XCI  )  narra  co- 
me Filippo  il  Bello  inviasse  ai  suoi  officia  li 
per  tutto  11  regno  lettere  secreto  per  prende- 
re in  una  notte  i  Templari!  tutti,  e  furoa 
pred  nel!'  ottobre  del  1307  :  e  il  maestro  g^ 
nerale  dell'ordine  era  nella  casa  del  tempio 
di  Parigi.— Cupide.  Filippo,  avaro  spoglia- 
tore  de*  negozianti  italiani ,  araro  dlstrattor 
de*  Templari  de'  coi  mobili  il  terzo  o  dae  terzi 
per  fé  ritenne.  Ott.:  CUmente  V  f^ee  pigliare 

42 


330 


DEL    PURGATORIO 


Porta  nel  tempio  le  oupide  vele. 

82    0  signor  mio^  quando  sarò  io  lieto 
A  veder  la  vendetta  che  nascosa 
Fa  dolce  Y  ira  tua  nei  tuo  segreto  ? 

33    Ciò  oh*  lo  dicea  di  queir  unica  sposa 
Dello  Spirito  santo ,  e  che  ti  fece 
Verso  me  volger  per  alcuna  chiosa, 

^k-    Tanl'è  di^l>(»^to  a  tutte  nostre  prece 
Quanto  1  dì  dura:  ma  quando  s* annotta 
Contraria  buon  prendeino  in  quella  vece. 

'.5     Noi  ripetiauì  Pigmalionc  allotta, 
<]!ui  traditore  e  ladro  o  patricida 
Fece  la  voglia  sua  dell'  oro  ghiotta  ; 

'Mi    £  la  miseria  dell'  avaro  Mida  , 
Clic  segui  alla  sua  dimanda  ingorda 
Per  la  qual  sempre  convien  che  si  rida. 

o7    Del  folle  Acàm  ciascun  poi  si  ricorda 
l]ome  furò  le  spoglie  ,  si  che  1*  ira 
Di  Giosuè  qui  par  eh'  ancor  lo  morda. 

28  Indi  occusiam  col  marito  SaGra  ; 
Lodiamo  i  calci  eh*  ebbe  Eliodoro  : 
Ed  in  infamia  tutto  '1  monte  gira 

39    Poiinnestór  eh'  aucise  PoUdoro. 


nel  1307  per  tutta  la  Cristianitade  i  [rieri 
delV  ordùic  del  Tempio  ,  per  certi  errori  di 
fòde  ed  altri  peccati;  ed  arreitare  loro  pos- 
Mfssiuni  e  chiede.  Ma  prima  e' era  voluto  ohe 
Vìlippo  avesse  cominciata  la  persecuzione  sen- 
za L'assenso  di  lui. 

M.  InA.  Psalm.:  Deus  judex  ,  justus ,  for- 
tis  ,  et  patiens  :  numquid  irascitur  per  singfA- 
los  diesi  Altrove  noo  è  così  sofTereote;  Quot 
sant  dies  servi  (ut?  quando  facies  de  persequen- 
tibus  me  judicium?  (  Ps.  CXVlll  ).  Apocal.  : 
EgtUta  o  cielo:  e  voi  santi  apostoli  esultate, 
e  profeti,  perché  Dio  giudicherà  sopra  lei  il 
'jiudizio  vostro,  —  Seureto  ?  Desidera  la  pe- 
na dogli  empi  acciocché  mulino ,  e  dod  pali- 
:icano  i  buoni.  Eccl.,  XXXV:  Gentibus  reddet 
\Hiid,ctam  ,  donec  ...  sceptra  iniquorum  con- 
tniulet.  Is.,  1  :  Heu,  consolabor  super  hosti- 
bus  meis ,  et  vindicabor  de  inimicii  meif . 

:^3.  Ciò.  Risponde  all'allra  domanda,  v. 
35.  —  Sposa.  Alaria.  Spiritut  obun^rabit  te, 
Vtuca  meo. 

3i.  Annotta.  Cantano  la  Ul>eralitli  di  gior- 
no, l'avarizia  di  notte:  coli' alba  l'amore 
deila  virtù ,  colle  tenebre  Torror  del  male. 

35.  PiGMALioxE  (  Aen.,  I,  346  ).  —  Patri- 
cida. Uccise  il  cognato:  delitto,  dice  Pie- 
tro ,  che  la  legge  Pompcia  punisce  eoa  la  pe- 
na dil  parricidio,  lo  ioed.  tot.  della  Maglia- 


UltimameQte  ci  ai  grida  :  o  Craaso  , 
Dicci  ,  che  1  sai.  éL  che  sapore  è^l'oio. 
M    Talor  parliam  hin  alto  e  faltro  bano 
Secondo  Taffezion  eh*  a  dir  ci  sprona 
Ora  a  maggiore  ed  ora  a  minor  poiìio. 

41  Però  al  ben  che  'ì  di  ci  si  ragiona 
Dianzi  non  er*  io  sol  ,  ma  qui  da  praiao» 
T^on  alzava  la  voce  altra  persona. 

42  Noi  eravam  partiti  già  da  esso  , 
E  brigavam  di  soverchiar  la  strada 
Tanto  quanto  al  poter  n  era  permeééo  « 

43  Quand*  io  senti',  come  cosa  che  cada  « 
Tremar  lo  monte:  onde  mi  prese  un  gelo 
Qual  prender  suol  colui  ch'a  morte  vada  • 

44  Certo  non  si  scotea  si  forte  Deio 
l^ia  che  Latona  in  lei  facesse  1  nido 
A  parturir  li  due  occhi  del  cielo. 

45  i^oi  cominciò  da  tutte  parti  un  grido  , 
Tal  che  1  maestro  invòr  di  me  si  feo. 
Dicendo:  non  dubbiar  mentr'io  ti  guido. 

46  Gloria  in  excelsis  ,  tutti ,  Deo 
Dicean,  per  quel  eh*  io  da  vicin  compresi 
Onde  'ntender  lo  grido  si  potéo* 


becch.  :  Ladro  e  traditore  e  parricida.  Miri 
nel  regno  di  Tiro. 

30.  MioA.  Ov.  (Mct.,  XI):  E/fice,  quieqmà 
Corpore  contigero,  fulvum  vertatur  in  aumm... 
Divesque ,  miserque  Effugere  optai  opes  :  et  « 
quae  modo  voverat ,  odit. 

37.  AcÀu  (Josue  ,  VII).  Lapidato  ,  perché 
tolse  della  preda  di  Gerico  ,  sacra  a  Dio. 

38.  Marito.  Anania  (Act.,V.)  —  Calci  (Htc- 
cab.  ,  Il  ,  3). 

39.  POLINNBSTÓR  (  Acu.,  HI,  49). — CaAtM. 
Avarissimo  :  spogliò  il  tempio  di  Gerosolimi: 
fu  preso  da'  Parli  contro  a  quali  andava  pct 
sete  di  ricchezza,  e  per  orgoglio;  e  fusoglì  off 
bollente  in  bocca ,  dicevano  :  Aurum  sitità  : 
aurum  bibe.  Lucati.  :  Assyriat  Latio  macui^ 
vii  sanguine  Carras.  Petr.:  E  vidi  Ciro  pi^  é 
sangue  avaro  Che  Crasso  d'oro, 

40.  PAbso.    Tempo  di    musica  più  o 
reloce. 

42.  Partiti,  luf.  (XXXII.  42)  :  Noi 
partiti  già  da  elio.  —  Brigavab.  Antico  io»* 
dito  :  Brigati  di  campate  oa  .  .  .  —  SoTV- 
cmAR.  Superarla ,  quasi  ostacolo  al  bene  pr»* 
messo. 

44.  Dblo.  Virg.  (HI,  23).  Asteria  motiU 
in  isola.— Nido.  Ov.  (Mei. ,  VI):  Exiguamt^- 
dem  pariturue  terra  negavit.  Latoua  chiesa  Oi 
asilo  all'  isola  errante  :  in  lei  partorì  ;  e  per 


e  A  W  T  O    X%. 


331 


^7    Noi  ci  restammo  immobili  e  sospesi 
Gjme  i  pastor  che  prima  udir  quel  canto. 
Fin  che  1  tremar  cessò,  ed  ei  compiei. 

kS  Poi  ripigliammo  nostro  cammin  santo, 
Gtiardando  lombre  che giacén  p<ìr  terra 
Tornate  già  in  su  V  usato  pianto. 

M    Nulla  ignoranza  mai  con  tanta  guerra 


melilo  dell' ospixk) ,  risola  più  noD  si  scos- 
se. —  Occhi.  Ov.  (Mei.,  IV,  228)  :  Mundi  o- 
euhu  ,  il  sole.  Nido  e  occhio  melafore  discor- 
danti. 

47.  SospBBi.  V.  S.  Padri:  Stando  tutti  so- 
ip99i ,  $  olttfnfi  aUa  tua  dottrina.  —  Pastor. 


Mi  f(*  desideroso  di  sapere , 

Se  la  memoria  mia  in  ciò  non  erra  , 

50  Quanta  parémi  allor  pensando  avere 
Né  per  la  fretta  dimandare  er*  oso  , 
Nò  per  me  li  potea  cosa  vedere. 

51  Cosi  m*  andava  timido  e  penso^. 


S.  Lqc.  Il  :  Pastores  erant  in  regioni  eadem  ^ 
vigilantes  . . .  cum  Angelo  multitudo  miUtiae 
coelestis  . . .  diceìitium  :  Gloria. 

49.  GuBRRA.  Sap.  ,  XIV  :  In  magno  vHen- 
tes  in  scientiae  bello. 


339 


DEL    PURGATORIO 


CANTO     XXI. 


ARGOMENTO. 

S*  abboccano  con  Stazio  poeta.  Quuti  dichiara  come  il  IrefMre  M  monte  wm 
abbia  le  solite  cause  terrene,  ma  sia  s<^annaturale  indizio  J^  un'  anima  libera. 
Stazio  conosce  Virg.  :  tenera  accoglienza  ,  indicante  e  V  amore  che  aveva  IkaUs  4 
Virg.  e  la  riverenza  eh' e*  teneva  dovuta  agV  ingegni. 


Il  some  di  poeta  stimt  più  durevole  e  più  onorando  di  tolti.  Questi  è  li  più  bdlt . 
del  cinto,  meo  pieno  degli  litri.  Anco  rippirizione  di  Stazio  è  poetica  molto.  Le  alhùiNl 
mitologiche  abondano  ,  perchè  colloquio  di  piogani.  La  fine  del  canto  rammenta  il  deeimoaoit* 

Nou  le  terzine  1  alia  5  ;  la  8 ,  13  »  14;  la  20  alla  23;  li  32,  35 ,  36,  37,  45. 


1  La  sete  naturai  che  mai  non  sazia 

Se  non  con  V  acqua  onde  la  femminetta 
Samaritana  dimandò  la  grazia, 

2  Mi  travagliava  ;  e  pungémi  la  fretta 
Per  la  *mpacciata  via  dietro  al  mio  duca; 
£  condolémi  alla  giusta  vendetta. 

1.  Natural.  Arist.,  Metaph.:  Omneshomi- 
fie«  natuira  sctre  duiderant.  Questo  passo  è  il 
coniiociameoto  di  più  d'un  trattato  del  secolo 
XIV.  Ma  la  scienza  umana  non  ci  sazia,  dice 
il  P.,  se  la  grazia  divina  non  vi  si  aggiun- 
ga.—  Samaritana.  L'Ott,  traduce  il  passo 
di  Giov.  :  Vna  femmina  venne  di  Sammaria 
per  prendere  acqua  alla  fontana  ,  e  Gesù  le 
disse:  Donna,  dammi  bere  .,,  La  femmina 
*hsse:  come  mi  chiedi  tu  bere,  che  se*  Giudeo, 
e  io  Samaritana  J..  Gesù  le  rispose ,  e  diue: 
Se  tu  conoscesti  il  dono  di  Dio,  e  ehi  è  colui 
che  ti  chiede  bere ,  tu  li  domanderesti  ch'elU 
ti  desse  aequa  di  vita.  Ed  infra  la  femmina 
disse:  Signore,  dammi  quest'acqua,  ch'io 
non  abbia  sete ,  e  che  non  mi  sia  mestiere 
venir  più  qua  a  eavare  aequa  ,  ec.  S.  Aog.: 
Qui  ìfiberil  de  fluvio  Paradisi,  restai  ut  in  eo 
siiis  hujus  mundi  extincta  sit,  E  nel  Gonv.  : 
^iceoiiia  dice  ti  filosofo  nel  prituripio  della 
prima  fiosofia ,  tulli  ^It  uomM  fMluroimafi- 


3    Ed  ecco  ,  si  come  ne  scrive  Loca 
Che  Cristo  apparve  a'  duo  ch'erano*oiil 
Già  surto  fuor  della  sepulcral  huca, 

k  Ciapparveun'ombra.Edietroanoiveoiif 
Dappiè  guardando  la  turba  che  giace  : 
Né  ci  addemmo  di  lei,  si  parlò  pria , 

te  desiderano  di  sapere.  La  ragione  di  àe 
puote  essere ,  che  ciascuna  cosa  da  proviàKir 
sia  di  propria  natura  impinta  ,  è  ineUnsMb 
alla  sua  perfezione  :  ofuie ,  acctoce^é  la 
sa  i  l* ultima  perfezione  deUa  nostr* 
nella  quale  sta  la  nostra  ultima  felicità, 
al  suo  desiderio  siamo  soggetti  ...  Coloro  cAf 
sanno,  porgono  della  loro  buona  ricehexta  etti 
veri  poveri  ;  e  sono  quasi  fonte  vivo  deUaem 
acqua  si  refrigera  la  naturai  sete  che  di  stpsa 
è  nominata.  Altrove  ;  È  tuilyraia  desideris 
dell'  uomo  di  volere  saper  le  cose  occuUs. 
Munarch.  :  Aquam  nostri  ingenti  ad  luiiliwi 
poculum  haurietues.  Per  l'acqua  d«*lla  Sama- 
ritana i  teologi  intendono  la  grazia  divina. 

3.  Duo.  Giacomo  e  Giovanni  che  lodavaia 
in  Gerosolima  (  s.  Lue.  ,  XXIV  ;  s.  Marc  , 
XVI). 

4.  Ombra.  Stazio,  clUto  più  volti  di  DttM 
nelle  sae  prose. 


^ 


CANTO   XXI. 


333 


5  Dicendo  :  frati  miei,  Dio  yì  dea  pace. 
Noi  ci  volgemmo  sabito;  e  Virgilio 
Rendè  loi'l  cenno  eh'  a  ciò  si  conface. 

6  Poi  cominciò  :  nel  beato  concilio 
Ti  ponga  in  pace  la  verace  corte 
Che  me  rilega  neir  etemo  esilio. 

7  Comet  diss'egli  (e  parte  andavam  forte) , 
Se  voi  sieteombre  che  Dio  su  non  degni, 
Chi  v'ha  per  la  saa  scala  tanto  scorte  ? 

8  E'I  dottor  mio  :  se  ta  riguardi  i  segni 
Che  questi  porta  e  che  Tangel  profila , 
Ben  vedrai  che  co'buon  conviench'ei  regni. 

9  Ma  perchè  lei  che  di  e  notte  fila 

Non  gli  avea  tratta  ancora  la  conocchia 
Che  Cleto  impone  a  ciascuno  e  compila, 

10  L'anima  sua  eh'  è  tua  e  mia  sirocchia, 
Venendo  su  non  potea  venir  sola; 
Però  eh*  al  nostro  modo  non  adocchia. 

1 1  Ond'  io  fui  tratto  fuor  dell'  ampia  gola 
D'inferno,  per  mostrargli;  e  mostreroUi 
Oltre  quanto  1  potrà  menar  mia  scuola. 

13    Ma  dinne  se  tu  sai,  perchè  lai  crolli 
Die  dianzi  '1  monte,  e  perchè  tutti  ad  una 


5.  YoLGBMMo.  Eeg.  (  I,  24):  Clamavit 
poit  tergum  Saul,  dÌ9int  :  Domine,  mi  rex. 

£t  TMMXH  Saul  poti  10. 

e.  Concaio.  Così  lo  cbitma  (  Par.,  IXYI, 
40  ).  Psalm.  (I,  6  )  :  ConeiUum  jiMfoniiii.— 
Coan.  Giadictnte.  Come  tUro?e. 

7.  Pabtb.  Inumo.  Inf.  (XXIX,  tt):  Par- 
te Mfi  già  (  ed  io  retro  gli  andava)  Lo  du- 
ca, —  Degni.  Yirg.  .*  Neo  deut  hune  mema, 
età  n$e  dignata  cubili  ett, 

9.  Lei.  Per  quella:  comune  in  Toscana.  An- 
dreini:  Che  signori  noi  tiamt  che  lor  $on 
j«fTt.  Molti  esempi  n*  ha  lo  stil  comico.  — 
TiATTA.  Filato  il  pennecchio.  Il  qaal  s'Im- 
pone alla  rocca  ,  e  poi ,  perchè  stia ,  lo  si 
tUinge  intorno  ed  aggira  ;  che  dice  compilare. 

il.  Gola.  La  più  alta  parte  del  rentre 
della  terra ,  il  più  ampio  giro  di  tatti.  — 
ScroLA.  C.  XVIII:  Quanto  ragion  fui  vede, 
MXr  ti  posato ... 

iS.  Moixi?  Bagnati  dal  mare. 

iS.  Dik.  Bocc.  :  Oh  quanto  coiai  domanda 
diede  per  lo  mio  desio  I  —  Digiona  G.  XV  : 
Mo  san  d*  esser  contento  pii^  dittino. 

14.  ReligTonb.  Virg.:  ReUigio  .,AoH* 

15.  Libero  (  e.  XXVUl  )  Yirg.  :  Nube»  ex- 
cmsit  Olympus.  —  Sé.  Cagione  del  tremare 
son  r  anime  che  il  cielo  riceve  in  sé  Tenendo 
da  fé  di  lor  libero  moto.  OTTerb  »  che  ilcie- 


ParYor  gridare  infino  a'  aaòi  pie  molli? 
13    SI  mi  die  dimandando  per  la  cruna 

Del  mio  disio,  che  por  con  la  speranza 

Si  fece  la  mia  sete  meo  digiuna. 
ik    Quei  cominciò:  cosa  non  è  che  ganza 

Ordine  senta  la  relielooe 

Della  montagna,  o  che  sia  fuor  d'usanza. 
15    Libero  è  qui  da  ogni  alterazione: 

Di  quel  che  1  cielo  in  sé  da  sé  riceve 

Esserci  puote,  e  non  d'altro,  cagione; 

16Perchènonpioggia,nongrando,nooneve, 
Non  rugiada,  non  brina  più  su  cada 
Che  la  scaletta  de  tre  gradi  breve. 

17  Nuvole  spesse  non  paion  né  rade. 
Né  corruscar  né  figlia  dì  Taumante, 
Che  di  là  cangia  sovente  contrade. 

18  Secco  vapor  non  sarge  più  arante 
Ch'ai  sommo  dei  tre  gradi  eh'  io  pariai 
Dov'ha  'I  vicario  di  Kelro  le  piante. 

19  Trema  forse  più  giù  poco  od  assai  ; 
Ha  per  vento  che  'n  terra  si  nasconda. 
Non  so  come,  quassù  non  trenoòmai. 

20  Treoiaci  quando  alcuna  anima  monda 


Io  riceve  in  sé ,  spontaneo  ;  non  come  materia 
che  sorga  dal  basso.  Ott.:  La  cagione  di  ciò 
che  paia  lassù  essere  moto,  non  è,.,  da  strano 
in  strano,  ma  da  sé  in  sé  ;  perocché  il  cielo 
la  cosa  sua,  e  non  strana  in  $è  riceve;  Vani- 
ma  dal  cielo  discende ,  mandata  e  creata  da 
Dio;  e  il  cielo  in  sé  la  riceve,  ritornante  a 
colui  che  la  creò, 

16.  Pioggia.  Dal  ciel  della  luna  al  centro 
della  terra  son  qoattro  regioni,  al  dire  di 
Pietro,  /[laida  ,  fredda ,  fredda  e  calda,  il  sen 
della  terra.  La  pioggia  scende  dalla  regione 
calda  e  fredda ,  la  grandine  dalla  fredda.  — 
Nbvb.  Omero  ,  Od.  :  iVoti  neve  né  verno  for- 
te,  ni  mai  pioggia ,  ma  sempre  (f  un  zefiro 
dolce  spirante  V  aure  daW  Oceano  mandate, — 

SCALBTTA  (  e.   IX,  26  ). 

17.  Radb.  La  nabe  rada  è  vapore  acqueo, 
dice  Pietro.  —  Figlia.  Or.:  Thaumantias 
Iris.  —  LÀ.  Nel  vostro  mondo  si  vede  or  da 
questa  parte  or  da  quella  ,  sempre  opposta  al 
sole.  Ivi  r  Ottimo  cita  Aristotele  e  Beda. 

18.  Sbcco.  Arist.  (1-  H»  ^  Bfet.)  distingue 
V  amido  vapore  dal  secco:  dall'umido  la  piog. 
già  ,  la  neve,  la  grandine,  la  rugiada,  la  brina: 
dal  secco  ,  il  vento  :  vento ,  se  il  vapore  è 
sottile;  se  più  forte,  tremuoto.  Cosi  credevano. 
^^  Pibtbo.  Inf.,  1  :  La  porta  di  san  Pietro. 

SO.  Sboohaa.  Tieo  dietro  (e.  XVlj. 


334 


DEL    PURGATORIO 


Si  sente  sì  che  surga  o  che  si  mova 
Per  salir  su  :  e  tal  grido  seconda. 

91    Della  mondìzia  il  sol  voler  fa  prova, 
Che  tutta  libera  a  mutar  convento 
L'alma  sorprende,  e  di  voler  le  giova. 

'29  Prima  vuol  ben  ;  ma  non  lascia*!  talento, 
Che  divina  giustizia  centra  voglia, 
Come  fu  al  peccar,  pone  ai  tormento. 

S3    Ed  io  che  son  giaciuto  a  questa  doglia 
Cinquecento  anni  e  più  ;  pur  mo  sentii 
Libera  volontà  di  miglior  soglia. 

Itk    Però  sentisti  '1  tremoto,  e  li  pii 
Spiriti  per  Io  monte  render  lode 
À  quel  Signor,  che  tosto  su  gì'  invii. 

25    Cosi  gli  disse  :  e  perocché  si  gode 
Tanto  del  ber  quante  grande  la  sete, 
Non  saprei  dir  quant'  e*  mi  fece  prode. 

96    £  '1  savio  duca:  ornai  veggio  la  rete 
Che  qui  v'  impiglia,  e  come  si  scalappia , 
Perchè  ci  treoia  ,  e  di  che  congaudcte. 


n  Vuol.  Vorrebbe  salire  ;  me  contro  ina 
voglia  è  da  Dio  condanoata  a  volere  la  pena. 
Il  desiderio  dell'  espiazione  combaue  col  de- 
tiderio  del  gaudio  :  come  io  vita  peccando  il 
desiderio  del  male  combatte  con  1*  amore  del 
bene.  E  siccome  il  male  vinse  di  là,  di  qua 
▼ince  il  dolore.  G.  XXllI:  Che  quella  vogUa 
all'  albero  ci  mena  Che  «laiiò  Critto  Ueto  o 
dire  EU. 

i3.  Fiù.  Dal  06  circa  che  Staiio  morì 
(  Fabr.,  B.  lai.  )  al  1300  scorsero  milledue 
cent'  anni.  Stette  tra  i  prodighi  cinquecento , 
tra  gli  accidiosi  quattrocento  e  più:  il  resto 
ne*  cerchi  di  sotto  (  e.  XXII,  31  ).  —  Soglia. 
Virg.;  JLtman  ofympt. 

S4.  Invìi.  Nel  Gloria  è  fi  motto;  Quitol- 
Ut  peccata  m%mdi ,  tniserere  nobù, 

25.  PaoDB.  Per  prò ,  nelle  V.  S.  Padri  ed 
altrove.  Gonv.  (  I,  6  )  :  Bettie  alU  quali  la 
rcmUme  fa  poco  prode. 

i7.  Gappia.  Bocc.  (1 ,  1)  :  CotH  ti  eappia 
nelt  animo.  Altri:  Nel  mio  giudieio  cape.  Sia 
•uutenuto  nelle  tue  parole  perchè  . . . 

38.  Buon.  Ott.:  Nel  cui  tempo  fu  tatuo  ri- 
fuso t  che  eanaue  di  neuno  uomo  ^  sparse. 
C*u«tf»  tnsifio  da  piccolo  fu  di  chiaro  ingegno 
di  cavalleria^  e  studioso  in  lettere;  umile  fu, 
liberale  ed  onorifico,  dispregiatore  di  pecunia; 
nuUo  <A  fu  che  non  donasse  .  .  ;  fu  pietoso  e 
rmerieofìHoeo  perdonatore  a  quelli ,  eh*  avea- 
no  giurato  ^  ucciderlo. 
2y.  DcEA.   Lue;  O  . . .  magmu  vatum  la* 


27  Ora  chi  fosti  piacciati  eh'  io  sappia  ;^ 
E  perchè  tanti  secoli  giaciuto 

Qui  se* ,  nelle  parole  tue  mi  eappia. 

28  Nel  tempo  che  1  buon  Tito  eoo  H 
Del  sommo  rege  vendicò  le  fora 
Ond*  usci  sangue  per  Giuda  vendulo, 

29  Col  nome  che  più  dura  e  più  onora 
Er'  io  di  là  ,  rispose  quello  spirto  , 
Famoso  assai ,  ma  non  con  fede 

30  Tanto  fu  dolce  mio  vocale  spirto 
Che  tolosano  a  so  mi  trasse  Roma  , 
Dove  mortai  le  tempie  ornar  di  mirto. 

31  Stazio  la  gente  ancor  di  là  mi  nom^* 

Cantai  diTehe,  e  poidelgrandeAcbiUo; 
Ha  caddi  'n  via  con  la  seconda  sooml. 

32  ÀI  mio  arder  fur  seme  le  faville 
Che  mi  scaldar  della  divina  fiamom 
Onde  sono  allumati  più  di  mille. 

33  Dell*  Eneida  dico  ,  la  qual  mamma 
Fumuìi  ,  e  fummi  nutrice  poetando  : 


òofi  omnia  fato  Sripis,  ctpopuUeéonmemar' 
talibus  aevum. 

30.  Tolosano.  Era  di  Napoli  (St.,  Sylf.  > 
111,  5).  Ma  Placido  Lattanzio  comentatoifA 
Stazio  lo  fa  tolosano  :  In  GaUia  ceUbertim 
doeuit  rhetoricam;  sed  postea  veniens  Jlow— ^ 
ad  poetriam  se  transtulit.  Confuse  Staiio  F^ 
pinio  ,  con  on  altro  Stazio  :  errore  fino  a'  tot* 
pi  dello  Scaligero  quasi  comune  (  Hot.  k 
Eir.  chr.).  Bocc.  (Aro.  Vis.,  V  )  :  Steui9  M 
Tolosa,  Né  le  Selve  di  Stazio  al  tempo  M 
Dante  eran  note.  —  Mirto.  Non  coma  poila 
amoroso;  ma  come  roen  nobile.  Virg.  :  Mi  «alt 
o  laurif  carpam ,  et  te,  proxima  «lyrte. 
Gonv.  Io  chiama  dolce  poeta. 

31.  Tbbb.  Giovenale  che  nominerà  pot, 
co  di  Stazio ,  dice,  V  111:  Curritur  ad 
jucundam ,  et  Carmen  amica»  Thebaidog^ 
tam  quum  fedi  satùu  Vrbem ,  Fnnmaii 
diem:  tanta  dulcedine  captos  AflUit  ilU 
mos.  Stat.  :  O  mihi  bissenos  multum  ^'^M> 
per  annos  Thebaiì  —  Soma.  Nella  volg.  no^ 
Humerum  nimio  gravatum  cespitare  momt0 
$it.  Albertano.  È  da  schifare  lo  carico  eotto  li 
quale  nella  via  vieni  meno.  Sentenxa  di  S^ 
Deca  donde  avrà  tolto  la  frase  il  P. 

32.  Divina.  St.:  DivinamAcneida. — Miua* 
Inf.,  1:  Degli  altri  poeti .  . .  lume. 

33.  ENsmA.  Anco  nel  Gonv.  (  1  ,  3).  — 
DaAJiMA.  Stat.  :  Vive  precor,  nectudivinam 
Aerieida  tenta,, Sed  longe  sequere,  et  vestigio 
semper  adora.  Questo  che  Stazio  dice  di  té 


CANTO  xm. 


«  f 


185 


Senz*  essa  non  fermai  peso  di  dramma. 

3A    £  per  esser  vivuto  di  là  quando 
Visse  Virgilio  ,  assentirei  un  sole 
PIÙ  ch'io  non  deggio,  al  mio  uscir  di  bando. 

35    Volser  Virgilio  a  me  queste  parole 
Con  iriso  che  tacendo  dicea  :  taci  : 
fila  non  può  tutto  la  virtù  che  vuole. 

96  Che  riso  e  pianto  sod  tanto  seguaci 
Alla  passion  da  che  ciascun  si  spicca , 
Che  men  seguoo  yoler  ne'  più  veraci. 

37  Io  pur  sorrisi  come  Tuornch'ammicca: 
Perchè  1  ombra  si  tacque,  eriguardommi 
Negli  occhi  ove  1  sembiante  più  si  ficca. 

98  E ,  se  tanto  lavoro  in  bene  assommi , 
Disse  ,  perchè  la  faccia  tua  testeso 

Un  lampeggiar  d'un  riso  dimostrommi? 

99  Or  son  io  d'una  parte  e  d'altra  preso: 
V  una  mi  fa  tacer,  V  altra  scongiura 
ChT  dica;  ond'io  sospiro  e  sono  inteso. 


intendasi  detto  di  Dante  stesso.  Altri  dirà  che 
a  questo  modo ,  la  poesia  di  Dante  apparisce 
qoasi  QD  ceniune  dei  modi  virgiliaoi  :  ma 
duimqae  atteutamente  lesse  il  Bocc.,  il  Petr., 
l'Ariosto  ,  sa  bene  come  di  rimembranze  la- 
tine e  dantesche  sia  tatto  contesto  il  loro 
stile,  senza  che  sempre  ne  perda  l'originalità 
del  concetto.  Non  duoqoe  in  soli  dae  o  tre 
pesai ,  come  il  Monti  voleva  ,  ma  in  innu- 
merabili Dante  ha  imitato  Vìrg. 

S4.  SoLB.  Anno  (Inf.,  VI,  23). 

38.  Dicea.  Ov.:  Nutusque  meos  ,  tmlluingua 
ìoqmacem  ...  Verha  ittpertiUis  stna  voce  loquen- 
ffa  dieam.  —  Vcolb.  Petr.:  E  chi  disc$me  è 
vmPo  da  ehi  vuole. 

36.  Sbgcaci.  Petr.  (Tr.  Am.);  E  so  come  in 
i«»  punto  ti  dilegua ,  E  poi  ti  sparge  per  le 
guance  il  tangue ,  Se  paura  o  vergogna  awien 
dU  'I  tegua. 

XT.  AiUficcA.  Varchi  (  Ere.  ):  Solemo .  .  ,, 
fmtndo  volemo  etsere  intesi  con  cenni  ienza 
jHtfiare ,  chiudere  un  ochio;  il  che  ti  chiama 
far  adocchio  ,  ovvero  far  V  occhioUnOf  ec.  (che 
i  Let.  dicevano  nictare  ) ,  cioè  accennare  co- 
gU  occhi;  il  che  leggiadramente  diciamo  noi 
mon   una  voce  sola  ammiccare.  E  ammiccare 


&0    Di*1  mio  maestro,  e  non  aver  paura, 
Mi  disse»  di  parlar  ;  ma  parla  e  digli 
Quel  rh'e'  dimanda  con  cotanta  cura. 

41     Ond'  io  :  forse  che  tu  ti  maravigli, 
Antico  spirto  ,  del  rider  eh'  io  fei  : 
Ma  più  d' ammirazion  vo'  che  ti  pigli. 

42,  Questi  che  guida  in  alto  gli  occhi  miei 
È  quel  Virgilio  dal  qual  tu  togliesti 
Forte  a  cantar  degli  uomini  e  de' Dei. 

k3    Se  cagione  altra  ai  mio  rider  credesti. 
Lasciala  per  non  vera  ,  ed  esser  credi 
Quelle  parole  che  di  lui  dicesti. 

4&    Già  si  chinava  ad  abbracciar  li  piedi 
AI  mio  dottor,  ma  ei  gli  disse:  frate, 
Non  far:  che  tu  se'ombra,e  ombra  vedi. 

45  Ed  ei  surgendo  :  or  puoi  la  quantitate 
Comprender  dell'amor  ch*a  te  mi  scalda, 
Quanto  dismento  nostra  vanitate 

46  Trattando  V  ombre  come  cosa  salda. 


non  é  sorridere  ;  ma  sorridendo  per  cenno  si 
può  ammiccare  con  gli  occhi.  —  Ficca.  Conv.: 
V  anima  dimostrasi  negli  occhi  tanto  mani- 
festa ,  che-  conoscer  si  può  la  presente  sua 
passione  chi  bene  la  mira.  Plin.  :  In  oculit 
animus  inhabitat.  Sembianti  sono  le  somi- 
glianze dogli  atti  esterni  con  T  affetto  del- 
l' animo. 

39.  ScoMGiCRA  (  tcrz.  38). 

44.  CuiNAVA.  Stazio  ama  in  Virg.  il  suo 
convertitore  alla  fede  (  e.  XXII  ).  Gli  si  pe»- 
doni  l'affetto. 

4IS.  QuANTrTATB.  Cottv.  (I ,  A):  La  fama 
diUUa  lo  bene  e  lo  male,  olire  la  vera  quan- 
tità. —  Vanitate.  Inf. ,  VI  :  Lor  vanità , 
che  par  persona.  Tra  ombre  non  ha  luogo  la 
legge  da  Dante  posta  nel  Cody.  (  1,  2  );  Vil- 
lania fa  chi  loda  o  ehi  biasima  dinanzi  ai 
Vito  alcuno,  perchè  né  consentire  né  negare 
puote  lo  così  estimato  senza  cadere  in  colpa 
di  lodarti  o  di  biasimarsi.  Salva  qui  la  via 
della  debita  correzione  ...  e  salva  la  via  del 
debito  onorare  e  magniRcare ,  la  quale  pat- 
tare non  si  può  senza  fare  menzione  delle  o- 
pere  virtuose  o  deUe  dignitadi  viriuosamtnie 
acquistate. 


ftll.   PURGATORIO 


CANTO    xxn. 


ARGOMENTO. 

Enirano  al  ^£ro  oo*  è  punita  la  gola.  Stazio  dichiara  che  fum  per  oKoarim 
ma  per  prodigàliia  itette  egli  nel  Pierg.  einquecetU*  anni  e  pia:  perchè,  iiceomef^d- 
V  Inferno  (  e.  VII)^  qui  pure,  i  iueiàizii  conirarii  stanno  insieme  e  quasi  alle  pna; 
filosofica  iosa.  Narra  poi  come  le  parole  deUa  qtuirta  egloga  di  Virgilio  gli  dessm 
il  eoneeHo  di  secol  migliorej  e  qudla  profezia  vedess*  egli  avverata  ne*  cristiani.  He 
perchè  non  professò  il  cristianesimo  pubblicamente,  la  sua  tepidezza  fu  punita  fut- 
trocenf  anni  e  pia  nd  cerchio  degt  invidiosi,  eh*  è  il  quarto. 

NoU  le  tarsine  t  aUt  9;  U  15,  17»  33,  94,  S&,  31,  33;  U  36  alU  39;  te  41  liw 
tir  olUma. 


3 


Già  era  Y  angel  dietro  a  noi  rimase, 
L'  ansel  che  n'  ayea  vólti  al  sesto  giroj 
Avendomi  dal  viso  un  colpo  raso. 

É:  quei  eh*  hanno  a  giustizia  lor  disiro 
Detto  n*  avea ,  beati  ;  e  le  sue  voci 
Con  sitiunt  senz*  altro  ciò  fornirò. 


i.  Gli.  Per  non  ripetere  la  medesima  de- 
icrizione  «  valica  acconciamente  il  paeso  del- 
l'Angelo con  qoesto  già.  —  Colpo.  Un  P  de- 
•crìlto  eoi  ptmfofi  detta  spada  (e.  IX ). 

2.  Beati.  (  Loc.  ,  VI).  BsoH  qui  esuriunt, 
e(  sUiunt  justiHam.  (  Matth.  ,  V.  )  L' OU.  : 
Qussta  t^eatitudins  ...  eomsponds  in  contra- 
rio oli'  avarixia  ;  peroeeki  V  avaro  desidera 
m  sé  ciò  eh*  è  d^  atirui;  ed  U  aiusto  mtote  eke 
a  ciascuno  sia  attrUmHo  queUo  ohe  alm  si 
dee.  lof. ,  XIX  :  La  ...  avarizia  il  mondo  of- 
trieta  Calcando  i  Imoni  e  sollevando  i  pravi. 
S  contrarie  alla  sete  (  Pnrg. ,  XX  )  e  alla  fa- 
me (  Inf.  y  1  )  dell'  oro  ,  è  la  sete  e  la  fame 
del  giusto.  —  Voci.  D'nn  solo.  Virg.:  Juno,.. 
hi$  vocibus  usa  est.  —  Sitwnt.  Intende  for 
Si  f ke  qni  nell'  esclre  dell'  avariala  fi  canti: 


Ed  io  più  lieve  che  per  l' altre  fod 
M'andava  si  che  senza  alcun  labore 
Seguiva  in  su  gli  spiriti  veloci. 

Quando  Virgilio  cominciò:  amore 
Acceso  da  virtù  sempre  altro  accese  * 
Pur  che  la  fiamma  sua  paresse  foore. 


Beati  qui  sitiunt  justitiam  ,  e  nelTeseir  dd* 
la  gola:  Beati  qui  esuriuntjusUtiam.  C.  XXT, 
(  t.  51  )  :  Beali  cui  alluma  TmUo  di  grasm 
che  l'amor  del  giusto  Nel  petto  lor  troppe  di- 
sir  fwn  fuma.  Come  dire  :  beati  ehi  non  ben 
sete  dell'  oro.  E  poi  :  beati  cbi  non  ben  fr- 
me  dei  cibi  corporei.  Questa  interpreti rtsM 
parmi  la  meno  assurda  «però  non  m'apMfa. 
EsurUndo  sempre  quant  è  giusto  (  e.  xilV). 

3.  LmvB  (e.  IX).  — Foa  (  c.Xll).  — La- 
Boai.  É  in  Brunetto  (Tesoretto,  IV). — Vn- 
Loci.  C.  XXI  :  Andavam  forte. 

4.  VimTij.  Cic.  (De  Am.  )  :   NikU  art ... 
amabUius  etrfula:  nihil  ^  quod  weagis 
ad  diligendum:   qmppe  quum  propier 
tem  et  prokitatem  eot  etiam ,  quos 
vidmus  f  quodam  modo  dmgamMS. 


CANTO    XXII. 


837 


5  Onde  dall'ora  che  tra  noi  discese 
Nel  limbo  dello  'nfemo  Giovenale, 
Che  la  tua  afTezion  mi  fé  palese, 

6  Mia  benvoglienza  inverso  te  fu  quale 
Più  strinse  mai  di  non  vista  persona  ; 
SI  ch'or  miparran  corte  queste  scale. 

7  Ma  dimmi,  e  come  amico  mi  perdona 
Se  troppa  sicurtà  m'allarga  il  freno, 

E  come  amico  omai  meco  ragiona. 

8  Come  poteo  trovar  dentro  ai  tuo  seno 
Luogo  avarizia  tra  cotanto  senno 

Di  quanto  per  tua  cura  fosti  pieno? 

9  Queste  parole  Stazio  mover  fcnno 
Un  poco  a  riso  pria  ;  poscia  rispose  : 
Ogni  tuo  dird'  amor  m' è  caro  cenno. 

iO    Veramente  più  volte  appaion  cose 
Che  danno  a  dubitar  falsa  matéra 
Per  le  vere  cagion  che  son  nascose. 

11  La  tua  dimanda  tuo  creder  m'  avvera 
Esser  eh'  io  fossi  avaro  in  Y  altra  \ita, 
Forse  per  quella  cerchia  dov'io  era. 

12  Or  sappi  eh'  avarizia  fu  partita 
Troppo  da  me;  e  questa  dismisura 
Migliaia  di  lunari  hanno  punita. 

13  K  se  non  fosse  ch'io  drizzai  mia  cura 
Quand'  io  intesi  là  ove  tu  chiarnu 
Crucciato  quasi 'ali'  umana  natura  : 


5.  Giovenale.  Lodatore  di  Stazio  (  sai. 
Vn).  Morì  trentadae  anni  dopo  Staz.,  nel 
1S8  di  Cristo. 

6.  Strinsi.  Inf.,  XIV:  Canìd...JHi  itrtfwe. 

8.  Seno.  Inf..  XVIII:  Il  nostro  avaro  se- 
me. —  Cuba.  Per  istudio  lungo  e  virtuoso. 

9.  Amor.  Si  guardi  aUa  dolcezza  cortese 
di  questo  dialogo. 

il.  Avvera.  C.  XVllI  :  AUa  gente  eh'  av- 
V§ra  Ciascuno  amore  in  sé  laudabil  cosa. 

12.  Partita.  Albertano  ;  Partite  lo  male 
da  wn,  V.  S.  Girol.:  Da  loro  si  parte  ogni  tri- 
jfitta  della  separazione.  — Lunari.  Il  periodo 
Inoare  è  di  giorni  venlinove  e  mezzo  circa. 

13.  Chiame.  Gridi  (  e.  VI  ).  Quid  non  mor- 
laKa  peetora  eogis..J  (  Aen.,  Ili  ).  I  prodighi 
bau  fame  d'oro  per  poi  vomitarlo  (  Arisi.  , 
£l.,  IV ,  1  ).  Son  costretti  Uli  uomini  a  to- 
gliere r  altrui  roba. 

14.  Perche.  Per  quid  non  dirigis,  a  tra- 
darlo  in  barbaro  latino. 

15.  Ali.  Dà  l'ala  agli  occhi  nel  e.  X.  Ma 
r  ili  della  mano  dilatata ,  non  ao  se  sia  mo- 
do imitabile.  — Mali.  Per  colpe,  in  Virg. 

16.  Scemi  (  inferno,  VII  ).  —  IfiNOBANiA. 


14  <c  Perchè  non  reggi  tu,  o  sacra  fame 
Deir  oro,  V  appetito  de'  mortali  ?  » 
Voltando  sentirei  le  giostre  grame* 

15  Allor  m'accorsi  che  troppo  aprir  1"  ali 
Potén  le  mani  a  spendere,  e  pentémi 
Cosi  di  qael  come  degli  altri  mali. 

16  Quanti  risurgeran  coi  crini  scemi 
Per  r  ignoranza  che  di  questa  pecca 
Toglie  1  pentér  vivendo  e  negli  estremi! 

17  E  sappi  che  la  colpa  che  rimbecca 
Per  dritta  opposizione  alcun  peccato, 
Con  esso  insieme  qui  suo  verde  secca. 

18  Però  s'io  son  tra  quella  gente  stato 
Che  piange  l'avarizia,  per  purgarmi. 
Per  lo  contrario  suo  m'è  incontrato. 

19  Or  quando  tu  cantasti  le  crude  armi 
Della  doppia  tristizia  di  Giocasta, 

^Disse  'I  cantor  de'  bucolici  carmi, 

20  Per  quel  che  Clio  U  con  teco  tasta 
Non  par  che  ti  facesse  ancor  fedele 
Ln  fé  senza  la  qual  ben  far  non  basta. 

21  So  cosi  ò,  (jimI  snie  o  quai  candele 
Ti  stcnebraron  >ì  che  tu  drizzasti 
Poscia  direiro  al  pescator  le  vele  ? 

22  ^  Ed  02li  a  Ini  :  tu  prima  m' inviasti 
Verso  Parnaso  a  ber  nelle  sue  grotte 

£  primo  appresso  a  Dio  m'alluminasti. 

Colpevole  ;  e  di  quella  che  ...  offende  f  Infer- 
no ,  Vii  ). 

17.  Secca.  Spesso  nella  Bibbia  la  pena  d<'l 
peccato  è  dipinta  come  V  ina/idir  della  pianta. 

18.  Incontrato.  Inf.,  XXI:  Com'egli  in- 
contra Ch'una  rana  rimane... 

19.  Armi.  Virg.:  Arma  ...  cano.  —  Doppia 
(  St.,  XI  ).  1  due  figli ,  tristezza  alla  madre. 
Ovid.:  NatCt  dolor  malris.  —  Bucolici.  Fa 
contrasto  cogli  errori  della  Tebaide;  e  accen- 
na forse  all'oraziano:  Infoile  atque  facetum 
Virgilio  annuerunt  gaudentes  rure  Camoenae. 

20.  Clio.  Stazio  la  invoca  (X  ,  624).— Ta- 
sta. Ov.:  Praetentat  pollice  chordas.  —  Fa. 
Ap.  (Heb.,  XI,  6)  :  Sine  fide  .  ..  impostibile 
est  piacere  Deo, 

21.  Candele.  Psalm.  CXVIU:  Lucerna  pe- 
dibus  meis  verbum  tuum ,  et  lumen  semiiis 
mais.  Qual  diarno  lume  o  notturno ,  più  o  meo 
vivo  ? — Pescatoh.  Et.:  Faciam  voi . .  ,  fisca- 
tor$t  hominum. 

22.  Grotte  (c.  XIII,  15).  —  Apfrbsso.  A 
seguir  Dio.  Ovvero;  primo  dopo  Dio.  Meglio 
il  primo.  —  Allumimasti.  Alluminare  anc« 
nel  Conv. 


DEL    PURGATORIO 


t3    Faoosti  eome  quei  che  va  di  notte. 
Che  porta  il  lume  dieiro,  e  sé  non  giova, 
Ma  dopo  sé  fa  le  persone  dotte  : 

9k    Quando  dicesU  :  secol  si  rinnova  ; 
Torna  giustizia  e  primo  tempo  umano; 
£  progenie  discende  dal  ciel  nova 

25  Per  te  poeta  fui ,  per  te  cristiano. 
Ma  perche  veggi  me*  ciò  eh*  io  disegno  , 
A  colorar  distenderò  la  mano. 

26  (jià  era  il  mondo  tutto  quanto  pregno 
Della  vera  credenza  ,  seminata 

Per  li  messaggi  dell'  eterno  regno. 
2t7    E  la  parola  tua  sopra  toccata 

Si  consonava  a'  novi  predicanti  ; 

Ond'  io  a  visitarli  presi  usata. 
^    Vennermi  poi  parendo  tanto  santi , 

Che  quando  Domizian  li  perseguette 

Senza  mio  lagrimar  non  fur  lor  pianti. 
29    E  mentre  che  di  là  per  me  si  stette 

Io  gli  sovvenni ,  e  lor  dritti  costumi 

Fer  dispregiare  a  me  tutt'  altre  sette. 

23.  Lume.  Aagast.  (Conf.):  Donumhale- 
bant  ad  lumen  ,  et  ad  ea  quae  Uluminant  fa 
ciem:  et  ipsa  facies  qua  illuminata  cernebam 
non  illuminabatur.  M.  Polo  ,  più  antico  di 
Dante  :  Sì  corno  quel  che  porta  la  lumiera  La 
notte  quando  pasta  per  la  via ,  Alluma  assai 
più  gente  della  spera.  Che  sé  medesmo. — Dot- 
te. Da  doceo:  non  vale  solo  dottrina  scien- 
tifica. 

24.  Secol.  Bqc.  ,  IV.  Magnus  ab  integro 
saeclorum  ncucìtur  ordo  :  Jam  redit  et  Virgo, 
redeunt  Saturnia  regna  ;  Jam  nova  progenies 
eoelo  dimittitur  alto,  Virgilio  V  intese  di  Pol- 
lione  ;  ma  vuoisi  che  a  Pollione  egli  applicasse 
profezia  che  guardava  al  Redentore  aspettato 
(Nat.  Alex.,  Uist.  eccl.,  saec.  I;  diss.  l;Demai- 
8tre  ,  Soirées  ctc.  ).  Questi  versi  applica  Dante 
nella  lettera  ad  Arrigo  alla  ristorazion  dell'im- 
perio. L' impero  era  a  lui  redenzione  nuova. 
E  rivolge  ad  Arrigo  le  parole  che  Giovanni  vol- 
geva a  Gesù  :  sei  tu  il  promesso  ? 

25.  Per.  Ripete  in  un  verso  miglioro  i  tre 
della  t.  22.  —  Colorar.  Dirò  più  chiaro. 

26.  Seminata.  Metafora  nel  Vang.  frequen- 
te. —  Regno.  Marc.  :  Appropinquavit  re- 
gnum  Dei, 

27.  Parola  (  terz.  24].— Usata.  Usanza» 
nelle  V.  S.  Padri. 

28.  Domizian.  Nerone  morì  Panno  68,  né 
fu  la  di  lui  persecuzione  così  feroce  come  quel- 
la di  Domiziano,  il  qual  mori  nel  96,  anno 
della  morte  di  Stazio. 

29.  Stbiti.  Inf. ,  I  :  Pn*  ma  fi  V9gna.  — 


30  E  pria  ch*io  condocessi  i  Greci  n'finm^ 
Di  Tebe  ,  poetando  ebb*  io  batteamo  ; 
Ma  per  paura  chiu9o  cristiao  fórni , 

31  Lungamente  mostrando  paganesmo. 
E  questa  tiepideiza  il  quarto  cerchio 

Cerchiar  mi  fé  piùchclquartocentesaica 

32  Tu  dunque  che  levato  hai'l coperei 
Cile  m*  ascondeva  quanto  bene  io  dico  ^ 
Mentre  che  del  salire  avém  soverchio^ 

33  Dimmi  dov'  è  Terenzio  nostro  aoti< 
Cecilie  e  Plauto  e  Varrò,  se  lo  sai: 
Dimmi  se  son  dannati,  ed  in  .qual 

3&    Costoro  e  Persio  ed  io  e  altri  ai^sai. 
Rispose  1  duca  mio,  siam  con  quelGr^<3o 
Che  le  Muse  lattar  più  eh*  altro  mai, 

35  Nel  primo  cinghio  del  carcere  cie<^<y. 
Spesse  fiate  ragioniam  del  monte 

Ch'  ha  le  nutrici  nostre  sempre  seco. 

36  Euripide  v'  è  nosco  e  Anacreonte, 
Simonide,  Agatone,  e  altri  piùe 
Greci  che  già  di  lauro  ornar  la  fronte. 

Sette  (Par.,  Ili).  Setta  dirà  l'ordine  ditti- 
la Chiara. 

30.  Conducessi.  11  poeta,  narrando,  fi.— 
Fiumi.  Ismeno  e  Asopo  (St..  IX). — BatH- 
suo.  Forse  lo  fa  salvo  ,  perch' e*  dipinge  eoa 
orrore  l'empietà  di  Gapaneo,  della  quale  lof. 
XIV,  Ift  ,  e  XXV  .  5  ;  Teb. ,  X  ,  937.  - 
FOmi.  Il  verso  esprime  timidità. 

31.  Quarto  (  e.  XVII,  44  ).-— CBNTBtao. 
Quattrocento  anni. 

32.  Coperchio.  Che  mi  hai  rivelato  il  ve- 
ro. O  piuttosto  che  mi  hai  fatto  parlare  del- 
le cose  che  to  Don  sapevi ,  dimmi  quel  eha 
tu  sai.  Preghiera  ripetuta  più  volte  (  Inf., 
XXVIII  ;  Purg.,  XIV  ).  —  Soverchio.  Ci  avaa- 
za  strada.  Inf.,  XIX:  Fuor  della  bocca  a é^ 
seun  soperchiava  />*  un  peccator  li  piedi, 

33.  Terenzio.  Hor.  (  Ep.,  II,  1  ):  AmIm 
ad  exemplar  Siculi  properare  Epieharmi;  firn' 
cere  CaecilitAS  gravitate^  Terentiut  art$.  Di 
Cecilio  poteva  avere  il  P.  contezza  anco  di 
Quintiliano  citato  dall'  Ott.,  e  cosi  di  Varraw 
(  Quint.,  X  ).  —  Nostro.  Petr.:  E  spero  ch'tl 
por  giù  di  questa  spoglia  Venga  per  m»  eas 
quelUi  gente  nostra,  —  Vico.  Chiama  l'Iof. , 
buia  contrada ,  VIII  ;  e  il  Purg.,  marca,  C 
VII  :  D' inferno,  e  di  qual  chiostra, 

34.  Greco.  Omero.  —  Lattar.  Par.  XXIII: 
Quelle  lingue  Che  Polinnia  con  le  suore  /In» 
Del  latte  lor  dolcissimo  più  pingue, 

35.  Primo  (  Inf.,  IV,  30  ).  ~  Simpri.  Sim- 
bolico ,  come  tutta  in  Dante  la  mitologia. 

86.  EmiiFiDB.  Lo  cita  Boeiio.—  ÀNACUOih 


CANTO    XXII- 


1    Quivi  si  feggion  delle  genti  tue: 
Antigone,  Deifile  ed  Argia, 
Ed  Ismene  8l  trista  come  fùe. 

38  Yedesi  quella  che  mostrò  Langia: 
Evvi  la  figlia  di  Tiresia,  e  Teti, 

E  con  le  suore  sue  Deidamia. 

39  Tacevansi  amendue  già  li  poeti , 

Di  nuovo  attenti  a  riguardare  intorno, 
Liberi  dal  salire  e  da'  pareti. 

JU>  E  già  le  quattro  ancelle  eran  del  giorno 
Rimase  addietro;  e  la  quinta  era  al  temo, 
Drizzando  pure  in  su  V  ardente  corno; 

hi  Quando*lmioduca:iocredochallostremo 
Le  destre  spalle  volger  ci  convegna , 
Girando  il  monte  come  far  solemo. 

kfi    Cosi  r  usanza  fu  11  nostra  insegna; 
E  prendemmo  la  via  con  men  sospetto 
Per  r  assentir  di  queir  anima  degna. 


k3    Elli  givan  dinanti,  ad  io  soletto 
Diretro,  ed  ascoltava  i  lor  sermoni 
Ch*  a  poetar  mi  davano  intelletto. 

kh    Ha  tosto  ruppe  le  dolci  ragioni 
Un  alber  che  trovammo  in  mezza  strada 
Con  pomi  a  odorar  soavi  e  buoni. 

45    E  come  abete  in  alto  si  disgrada 
Di  ramo  in  ramo,  cosi  quello  in  ginso, 
Cred'  io  perchè  persona  su  non  vada. 

k6  Dal  lato onde*l  cam min  nostro  era  chiuso, 
Cadea  dall'alta  roccia  un  liquor  chiaro 
E  si  spandeva  per  le  foglie  suso. 

VI    Li  due  poeti  all'  alber  s*  appressare; 
E  una  voce  per  entro  le  fronde 
Gridò:  di  questo  cibo  avrete  caro. 

hS    Poi  disse  :  più  pensava  Maria  onde 
Fosser  le  nozze  orrevoli  ed  intere. 
Ch'alia  sua  bocca,  ch'or  per  voi  risponde. 


.  Komioato  da  Orazio.  Altri  Antifonte ,  tra- 
gieo ,  di  cui  tocca  Aristot.  Petr.  (  Tr.  Am.): 
Amaenonte  ,  che  rimesse  Avea  tue  mute  sol 
#  Amore  in  porto,  —  Simonidb.  Gic.  ne  par- 
la a  Val.  Massimo.  —  Agaton'b.  Ne  parla 
Arist.  Scrisse  un  dramma  :  //  Fiore. 

37.  Dbifilb.  Moglie  a  Tideo,  Argia  a  Po- 
linice ,  tiglie  d' Adrasto  (  Tb.,  II).  —  Ismene 
(Th.,  X).  FigUa  di  Edipo  e  di  Giocasta  : 
■egli  occhi  di  lei  s'  uccise  la  madre.  Dante 
aveva  letto  anco  la  tragedia  di  Sen.  :  e  Pietro 
U  cita.  Stat.  :  Stridemem  pectore  plagam 
iMiana  eollajna  super,  lacrimit<iue  ,  eomisque 
Sieeabai  plangene.  Tutte  le  nominate  son  can- 
tate da  Staz.  Però  dice  lue. 

38.  Langìa  (Th.,  IV).  Issile,  figlia  di 
Toaote,  nutrice  d' Arcbemoro  ,  chiesta  da  A- 
drasto  e  dai  compagni ,  mostrasse  una  fonte, 
lasciò '1  finciullo  datole  io  custodia  in  un 
prato ,  e  additò  a  quelli  Langia.  V.  Stat., 
IV.  Arcbemoro  fu  divorato  da  un  serpe.  — 
Pmlia.  Dafne  pastorella ,  di  cui  Diodoro  Sic. 
(  lY.  6  ).  Un  Istoriade  figlia  di  Tiresia  nomi- 
■•  Pausania.  Non  è  Manto  dunque  ,  di  cui 
Mll'lDf.,  XX.  —  TlTi.  Personaggi  dell'Achil- 
le. —  DsTDAiffA  (  Inf. ,  XXVI). 

S9.  Pabsti.  Della  scala.  Mascolino  come 
r  Lai.  L'ha  pure  1'  Ar.  (  xn,  10  ). 

40.  Axcbllb.  Par.,  XXX,  7:  La  ehiariai- 
ma  mnceUa  Del  sol.  —  Tbmo.  Al  govenfo  del 
41.—  GoBNo.  Punta  del  timone.  Meli'  equino- 
jrio  sola  la  sesta  ora  conduce  il  sole  a  mei- 
B0  del  corso.  La  quinta  dunque  doveva  salire. 

41.  Stbbmo.  Voltare  la  destra  spalla  all'or- 
lo dal  monte,  cioè  svoltare  a  destra.  — Db- 
0TBB  (  XIX,  81  ):  U  voiif9  diflfi  tUn  mib- 


pre  di  furi. 

42.  Insegna  (c.  Ili  ).  —  Assbntib.  A  cai 
l'istinto  del  cielo  additava  la  via. 

43.  Soletto.  Indica  la  solitudine  degli 
studiosi  veri.  —  Dirbtbo.  Bella  modestia  da 
contrapporre  al  IV  dell'  Inferno.  —  Intellet- 
to. Ps.  CXVUI,  130:  Deelaratio  sermonum 
tuorum  iUuminat:  et  intellecium  dat  pamm- 
lis,  God.  Caet.  :  Dantes  bene  inteUexit  amboi 
ittos  P.,  et  multa  didieit  ab  iptit, 

44.  Ragioni.  Per  ragionamenti:  Saranno  ra- 
di Color  che  tua  ragione  intendon  berke.  Dan- 
te in  una  canz.  — Alber.  Sesto  giro. — Buo- 
ni. Accenna  alla  Gen.,  II  :  Omne  lignumpul- 
ekrum  vitu,  et  ad  vescendum  suave. 

45.  DiSGBADA.  L'  usa  il  Grcscemio  (  II , 
23).  —  Giuso.  August.,  in  Job:  Quicquid  est 
pulchritudinis,  est  in  iUa  arbore  quae  a  coelo 
eapit  alimentum.  —  Su.  Per  render  le  frutta 
inaccessibili. 

46.  Lato.  Del  monte.  —  Gadba.  Virg.  : 
Ecce  supereUio  clivosi  tramitis  undam  BUciif 
illa  cadent  raueum  per  levia  murmur  Sassa 
cietf  scatebrisque  arentia  temperai  arva.  — 
Suso.    Non  iscendeva  a  irrigar  gli  assetati. 

47.  Gabo.  Par.vV:  Avresti  Di  pia  tootrt... 
earizia. 

48.  Mabia.  Jo.  ,  II:  Vinum  non  kahefU. 
Gitalo  già  nel  e.  XIII.  Ott.  traduce  :  fWrtNi# 
fatte  le  nozse  io  Cena  Galileae;  e  la  madn 
di  G.  C,  v'era  ,  e  6esà  e  li  suoi  ditetpcU 
furono  appellati  aUé  nasse  ;  e  quando  U  «t«o 
fallì  ,  la  madre  disse  :  Vino  non  hanno.  M 
Gesù  disse:  O  femmina^  che  fa  quuto  a  ti*  • 
a  me? — Onde.  Non  aeeioeehè,  ma  di  €h$. — !■• 
TEBE.  Gompinte.— RispoNDB.  Mediatrice  a  Die. 


340 


DEL    PUH  (J  A  TORIO 


49  E  le  Romane  antiche  per  lor  bere 
(]ontente  furon  d' acqua  ;  e  Daniello 
Dispregiò  cibo  e  acquistò  savere. 

50  Lo  secol  primo,  quant'oro,  fu  bello: 
Fé  saporose  eoo  fame  le  gbiande, 

49.  RoM AHI.  Val.  Mas.  (II,  1  )  ;  Bomanit 
feminii  uiu$  vini  fmt  i^notui ,  nt  tu  aìimiod 
dedseus  prolabenntur.  Dice  antieh$  perché  poi 
8'  avTeziaroDO.  —  Contbntb.  Ot.  :  Conienti- 
<7tf0  eiòti.  —  DanTbllo.  Dan.,  I,  pasceTasi  di 
legami  nella  casa  del  re.  —  Saybkb.  Dan., 
J  :  Puent  ..•  his  dedit  Deus  $ei9ntiam,  el  di- 
tciplinam  m  omm  libro ,  $t  iopiwUam;  Da- 
nieli.., inteUignUiam  omnium  vitionum. 

50.  Paino.  Ov.  (  Met.  )  :  ContetUiqw  eibit, 
nullo  cogente  enatii,  —  Oao.  Aurea  quae 
perhibeni ...  fkere  Saeeula,  —  Ghundb.  Foct- 
li  ,„sokbanf  Jtjunia  iotvere  glande.  Boet.  :  | 


E  róltnre  con  f^ete  ojzni  ruscello. 

51  Mole  e  locuste  furon  le  vivande 
Che  ntidriro  1  Battista  nel  diserto  ; 
Perclf  egli  è  glorioso  e  tanto  grande 

52  Quanto  per  1*  Evangelio  v*  è  aperto. 

Somnof  dabat  kerha  ialuhru ,  Batum  quoqe$ 
ìubricut  amnis.  V.  Virg.  (Georg.,  I).  —  Net- 
tabe.  Ov.  :  Fluminajam  laeHe,  jam  flumim 
nectarit  ibant. 

Kl.  LocusTB.  Marc,  l  :  Locuttas  ei  md  SU' 
ve$tr9  edebat,  —  Grandb.  Matth.  (  XI,  11  )  : 
Non  turrexii  tnler  natos  muUerum  major  /. 
Baptiita.  Si  paragoni  il  XXn  dell'  Inferno  col 
XXII  del  Purgatorio  e  col  XXU  del  ParadiM; 
e  si  noti  differenza  mirabile  di  itile,  di  ■»• 
di ,  d' imagini ,  di  concetti ,  d'affetti.  B  tea 
facciasi  degli  altri  canti,  se  piace. 


CANTO    XXIIL 


ARGOMENTO. 


Rinecnira  anime  dimagrate  di  fame ,  che  penano  alla  vista  d'un  àlbero  con 
ècili  frutta  ,  annaffiato  da  un'  aequa  pura.  Riconosce  Forese  ,  che  parla  deUa  sua 
wMglie  buona ,  e  vitupera  i  fiorentini  costumi.  La  pittura  delle  anime  ,  bella  ;  e 
t' tjieofilro  di  Forese  ,  poetico.  Ovunque  egli  parla  de'  conoscenti  suoi,  qviti  la  poo' 
9ia  gli  sgorga  dal  cuore  più  viva  :  Brunetto ,  Guido  ,  Casella  ,  Buonconte ,  Fare' 
Me  ,  Aino.  Jl  tocco  contro  te  donne  di  Firenze  ,  ì*  non  credo  ferisca  la  moglie  di 
Dante,  Essere  soletta  in  ben  fare  ,  non  suona  già  che  foss  unica.  Anzi  codesta  pò* 
fera  esure  preghiera  alla  moglie ,  pregasse  anch'  ella  pel  P,  allorehè  sarà  morto. 
Tinj.  in  questo  colloquio  non  parla  ;  siccome  né  al  Capeto  né  al  papa. 

Nota  le  terzine  i,  4,6,7,  8»  10,  il,  12,  14»  15,  16,  18,  1»,  2»,  29,  30, 
31,  34,  36,  38,  39,  40. 


1  Meotre  che  gli  occhi  per  U  fronda  verde 
Ficcava  io  cosi,  come  far  suole 
Chi  dietro  airuccellin  sua  vita  perde, 
3    Lo  più  che  padre  mi  dicea:  figliole, 
Vienne  oramai,  chèi  tempo  che  c*è  posto, 
Più  utilmente  compartir  si  vuole. 
3    lo  volsi  'I  \Ì8o  e  'I  passo  non  meo  tosto, 
Appresso  a'  savii  che  parlavan  sie 
Obe  V  andar  mi  tacén  di  nullo  costo. 

1.  Io.  Disslllabo  :  come  altrove.  —  Pnu>B. 
OU.  :  Che  p^r  ferirli  li  vanno  agguatando  tra 
foglie  •  fogtìe.  Il  verso  dipinge  col  soono  la 
tcmiità  di  quel  perditempo ,  e  dimostra  la 
aevira  anima  del  P. 

S.  Più.  Non  mai  così  dolce  titolo:  e  a 
proposito  di  non  perdere  11  tempo.  —  Fiouo- 
LI.  SI  diceva  anco  In  prosa,  come  domine.  — 
CnLMBHTB.  Sen.  :  La  parola  tua  non  sia 
0  eonsoU  o  ammautri  o  comandi 


o  ammomsea. 


6 


Ed  ecco  piangere  e  cantar  s*udre:         , 
Labia  mea  ,  Domine  ,  per  modo 
Tal  che  diletto  e  doglia  parturie. 

O  dolce  padre  ,  che  è  qnel  eh*  i*  odo? 
Comincia*  io  ;  ed  egli  :  ombre  che  vanno 
Forse  di  lor  dover  solvendo  il  nodo. 

SI  come  i  peregrìn  pensosi  fanno , 
Giungendo  per  canunin  gente  non  nota  , 
Che  si  volgono  ad  essa ,  e  non  ristanno; 


3.  Costo.  P.  Sjr.:  Comes  faeusìdus  m  via 
fn  vhiemlo  eet.  C.    XXII:  ÀicoUaiva  i  hr 


Sirmoni  Ch'  a  poetar  nd  davano  tntelletto, 

4.  Lamia.  PMtlm.  L:  Domine,  tahia  mea 
aperiss  (  te  ,  non  la  gola)  :  et  os  tneum  an- 
mtntiabit  taudsm  tuam.  —  Diletto.  Del  suo» 
no  e  delia  devoxione.  —  Doglia.  Della  me- 
stizia. —  Pibtubìb*  AlberUno  i  ftsrturiseM 
peeeato. 
6.  Nodo.  C.  XIV  :  Ar  fede  mi  (i  lego. 
6.  Pbhsosi.  Ott.:  Ar  la  forza  detta  asti- 
nenxa  ...  pensosi,  ti  digiuno  rende  Vaninto 
ocfeiao  alh  sue  eure ,  e  la  saioUessa  dà  so* 
pare  atti  membri.  —  GiuneBiiDO.  Nota  te  ii- 
mUitodlnl  di  qneato  canto. 


SIS 


DEL    PURGATORIO 


7  Cosi ,  diretro  a  noi  più  tosto  mota  , 
Venendo  e  trapassando,  ci  ammirava 
D'  anime  turba  tacita  e  devota. 

8  Negli  occhi  era  ciascuna  oscura  e  cava, 
Pallida  nella  faccia  ,  e  tanto  scema 
Che  dall'ossa  la  pelle  s'informava. 

9  Non  credo  che  cosi  a  buccia  strema 
Erisittón  si  fusse  fatto  secco 

Per  digiunar  quando  più  n  ebbe  t<'ma. 

10  Io  dicea  fra  me  stesso  pensando:  ecco 
La  gente  che  perde  Gerusalemme 
Quando  Maria  nel  figlio  die  di  becco. 

11  Parén  l'occhiaie  anella  senza  gemme: 
Chi  nei  viso  degli  uomini  legge  omo 
Bène  avria  quivi  conosciuto  T  emme. 

12  Chi  crederebbe  che  Y  odor  d*un  pomo 
Si  governasse  generando  brama  , 

£  quel  d'un*  acqua,  non  sappiendo comò? 

13  Già  era  in  ammirar  che  si  gli  affama , 

T.  Mota.  L'  osa  altrove  per  mossa,  —  Ta- 
cita. Or  caniano ,  or  tacciono;  come  nel  XX, 
40.  Quante  cose  in  tre  versi  I 

8.  Cava.  Pittura  della  fame.  Ov.  (  Met.  )  : 
Cava  lumina  :  pallor  in  ore  :  Labro  ineana 
situ  :  scabra^  nMjgine  fauces  :  Dura  eutii  , 
per  quam  spectari  viscera  postent.  Ossa  sub 
incurvii  exstabant  arida  lumbis,  Horat.  :  Os- 
sa,  pelle  amicla,  lurida.  Il  Munti,  guastan- 
do al  solito  :  il  cut  la  pelle  Informasi  dal- 
l' ossa  9  e  i  lerci  denti  Fann*  orribile  siepe  al- 
le mascelle.  Virg.  :  Vix  ossibus  haerent.  Je- 
rem.  (  Thr. ,  IV  ):  Denigrata  est  super  carbo- 
nes  facies  eorum ,  et  non  iunt  cogniti  ...  adr 
haesit  cutis  eorum  ossibus  :  aruit  ,  et  facto 
est  quasi  Ugnum.  Idem  (  Orat.)  :  Pellis  nostra, 
quasi  cUbantiS  exusta  est  a  fade  tempestatum 
famii. 

9.  Erisittón.  Per  voracità  mandataeli  da  Ce- 
rere dispregiata  da  lui ,  vendette  la  figlia:  E* 
risichtonis  ora  profani  Aceipiunt ...  fyse  iuos 
artus  lacero  divellere  morsu  Coepit,  —  Tua. 
Quando  il  digiuno  gli  faceva  più  paura,  cioè 
più  lo  sentiva  :  o  quando  più  temeva  la  ma- 
grezza famelica. 

10.  Ecco.  Tali  erano  per  fame  gli  Ebrei 
(  Joseph  ,  VII ,  15  ) ,  quando  la  madre ,  qua- 
si fiera  ,  die  di  becco  nel  figlio.  <—  Pbedè.  Può 
■vere  due  sensi  :  o  minò ,  o  vide  in  mano  al 
Mmico.  11  secondo  è  più  semplice. 

11.  Emmb.  Strano  ;  ma  scolpisce. 

12.  Pomo.  Ar.:  Più  di  quelli  maero  Cke 
$tan  bramando  in  Purgatorio  il  pomo.  Inf.  » 
XXX  :  Li  ruscelletti  ...  ili  sfanno  infiaASt..* 
Che  l'  immagin9  lor  . . .  m'oicimga*  —  Sa»- 


Per  la  cagione  ancor  non  manifeafeB 
Di  lor  magrezza  e  di  lor  trista  squaou. 
ih    Ed  ecco  del  profondo  della  testa 
Yolsea  me  gì  i  occh  i  un*ombra  e  guardòfim, 
Poi  gridò  forte  :  qual  grazia  m*  è  questa) 

15  Mai  non  1'  avrei  riconosciuto  al  viso; 
Ma  nella  voce  sua  mi  fu  palese 

Ciò  che  r  aspetto  in  sé  avea  conquiso. 

16  Questa  favilla  tutta  mi  raccese 
Mia  conoscenza  alla  catnbiata  labbia, 
E  ravvisai  la  faccia  di  Forese. 

17  Deh  non  contendere airasciuttascabUa, 
Che  mi  scolora,  pregava  ,  la  pelle, 

Né  a  difetto  di  carne  eh*  io  abbia  ; 

18  Ma  dimmi'l  ver  di  te^  e  chi  son  quelle 
Due  anime  che  là  ti  fanno  scorta  ? 
Non  rimaner  che  tu  non  mi  favelle. 

19  La  faccia  tua  ch*io  lagrimai  gii  nnoita 
Mi  di  di  pianger  mo  non  minor  dog^a, 

piBNDO.  I  due  gerundii ,  appliotti  a  due  a^- 
gciti  diversi ,  non  suonano  bene  ;  ma  a  tali 
minuzie  non  si  ferma  il  P. 

13.  In.  Horat.:  Nescio  quid  mediiam  mh 
garum  ;  toius  in  iUis. 

14.  QcAL.  Brunetto  ,  nell'  Inf.,  XV:  Qmà 
maraviglia  ? 

15.  VocB.  Quanto  affetto  in  codesto  rim^ 
scer  la  voce  I  —  Conquiso.  Buti  :  Guaito,  M» 
sperse  le  antiche  bembianze  ,  e  mutata  I»  al» 
tre.  Petr.  :  Nesiun  vi  riconobbi  :  e  m  éUm 
V*  era  Di  mia  notizia  ,  avea  cangiato  mM 
Per  morto  o  per  prigion  crudele  e  fera.  M: 
Le  sue  parols  e  *l  ragionor  antico  Seo^affUS 
q^^el  che  'l  viso  mi  celava, 

16.  Raccese.  Altrove  dalla  luce  trae 
fora  a  indicare   la  memoria  e'I  pensiero^ 
FoRBSB.    Fratellp  di  Corso  Donati  , 
affine  e  amico  di  Dante.     ^ 

17.  CoNTBNoBBB.  Negare  tal  grazia.  O  Ib^ 
tendere  la  mente.  C.  XYill  .*  Di  giunget  Uà 
ciascun  contonde.  Simil  preghiera  nel  Sfl 
dell'  Inf.  Buonarroti  :  S  V  alte  porto  il  etti  ai» 
gU  contea.  —  Scabbia.  Più  sopra  :  Sqmms^ 
La  pelle  dal  digiuno  increspa  e  irmfiiKiaii 
Ott.  :  Rognaccia  ,  che  't  digiuno  e  muKtlà 
eaccia  fuori ,  come  appare  nelU  prafìMÌ* 

18.  Ybb.  L'aveva  riconosciuto:  ma  cMill 
novelle  del  come  sia  egli  qui. 

19.  Faccia.  Inf.,  XV  :  Jlf  aeeiiora  La...  ìm^ 
na  immagine  patema  Di  voi;  XVI:  H^  4^ 
tpetto  ma  dogUa,  La  ooitra  condin&n  Jn^ 
tro  mi  /Sua.  —Torta.  Par.,  XUl:  Che  /WM 
come  spade  aU$  SeritHìro  M  fUMCir  tfti  U 
diritti  volti. 


CANTO  xxin. 


843 


Rlspoft'  io  lui .  reggendola  si  torta. 
SO    Però  ini  di*,  per  Dio,  che  si  vi  sfoglia  : 
Non  mi  far  dir  menti*  io  mi  maraviglio; 
Che  mal  può  dir  chiè  pien  d'altra  voglia.^ 

21  Ed  egli  a  me  :  dell'eterno  consiglio 
Cade  virtù  nell'  acqua  e  nella  pianta 
Rimasa addietro ,  ond*io  si  misottiglio. 

22  Tutta  està  gente  che  piangendo  canta 
Per  seguitar  la  gola  oltre  misura, 

In  fame  e  in  sete  qui  si  rifa  santa. 

St3  Di  bere  e  di  mangiar  n*  accende  cura 
L'odor  ch*esce  del  pomo,  e  dello  sprazzo 
Che  ai  distende  su  per  la  verdura. 

24    E  non  pure  una  volta  questo  spazzo 
Girando  si  rinfresca  nostra  pena. 
Iodico  pena  ,  e  dovrei  dir  sollazzo  ; 

S5    Che  quella  voglia  ali*  albero  ci  mena 
Che  menò  Cristo  lieto  a  dire  EU 
Quando  ne  liberò  con  la  sua  vena. 

96    Ed  io  a  lui  :  Forese  ,  da  quel  di 
Nel  qual  mutasti  mondo  a  miglior  vita 
Cinqu*  anni  non  son  vòlti  infìno  a  qui. 

20.  Spoglia.  Più  sopra:  Buccia  itrema, — 
Dnu  Questa  ripetizione ,  perchè  non  cercata 
con  arte,  non  dispiace. —  Maraviglio.  Petr.: 
Bra  Jè  j^Uno  U  cor  di  maraviglie  Ch*  io  ttava 
— M  V  uom  ch$  non  può  dire ,  E  tace  e  guar- 
ém  fur  eh*  altri  'l  consigiie. 

IS.  SoTf^GLio.  Ott.:  La  viita  acuisce  il 
étmderio,  il  desiderio  diuecca  le  membra. 

tS.   Spkaizo.    Job   (  XIV,  9):    Odorem 


24.  Spaiio.  Inf.,  XIV:  Lo  spasso  era  una 


25.  Gusto.  Siccome  la  ragione  regolava 
te  Cristo  gli  appetiti,  così  nell'anime  che 
Mirgano  il  fallo.—  Elì.  Ev.:  BU  EUlamoia- 
MMÀom.  Soffriva,  ma  pativa  tuttavia  volon- 
tario.—  Vena.  Di  sangae. 

y.  RiM AftiTA.  Il  peccato  è  adulterio  (  Inf., 
TSX),  stupro  (  Inf.,  VU),  divorzio.  Nel  Conv. 
4ie0  che  l'anima  in  vecchiaia  a  Dio  ti  rima- 
Htm  9  Contemplando  la  fine  eh'  ella  aspetta. 
Oli.;  B  queste  cose  sa  bene  V  A.  per  la  con- 
ymasione  eontimioa  ,  eh'  elU  aveva  col  detto 
:  ed  esso  A.  fu  quegli  che ,  per  amore 
aiO€va  in  lui  e  familiaritade  ,  lo  indusse 
eonfeuione  :  e*  eonfessossi  a  DìOp  anzi 
tmUimo  fine. 

S8.  Ancora?  Qui  par  che  vaglia  a  quesV 
mm  p  fi  pretto.  —  Laggiù.  Inf. ,  XV  :  Lassù 
M  iopra.  Trmpo.  G.  UI  :  Star  li  convi»n  da 
fiMHa  ripa  in  fuort  fin'  opU  fampo  eh'  egli 

è  9tQt9,   ffWUO. 


27  Se  prima  fu  la  possa  in  te  finita 
Di  peccar  più,  che  sorvenisse  1*  ora 
Del  buon  dolor  eh'  a  Dio  ne  rimarita, 

28  Come  se'  tu  quassù  venuto  ancora? 
Io  ti  credea  trovar  laggiù  di  sotto» 
Dove  tempo  per  tempo  si  ristora. 

29  Ed  egli  a  me  :  si  tosto  m*  ha  condotto 
A  ber  lo  dolce  assenzio  de'  martiri 

La  Nella  mia  col  suo  pianger  dirotto. 

30  Con  suo*  prieghi  devoti  e  con  sospiri 
Tratto  m'  ha  della  costa  ove  s'aspetta  j 
£  liberato  m' ha  degli  altri  giri. 

31  Tant'  è  a  Dio  più  cara  e  più  diletta 
La  vedovella  mia  ,  che  tanto  amai, 
Quanto  in  bene  operare  è  più  soletta. 

32  Che  la  Barbagia  di  Sardigna  assai 
Nelle  femmine  sue  è  più  pudica 
Che  la  Barbagia  dov'  io  la  lasciai. 

33  0  dolce  frate,  che  vuoi  tu  ch'io  dioi? 
Tempo  futuro  m' è  già  nel  cospetto, 
Cui  non  sarà  quest'  ora  molto  antica, 

3^    Nel  qual  sarà  in  pergamo  interdetto 


Tosto  (  c.  VI  ).  —  Nella.  Scorcio  di  Gio- 
vanna: onestissima  9  dice  il  Com.  Caet.,  a 
sobria,  E  lui  morto,  conservò  la  vedovanza, 
e  fece  del  bene  per  V  anima  del  marito. 

30.  Sospiri.  Torna  all'  idea  del  pianger 
dirotto.  Solo  ne*luoghi  dove  l'affetto  lo  chie- 
de e'  si  lascia  andare  a  qualche  ripelizione^  a 
ben  parca.  —  Giri.  Altre  colpe  aveva  forse  a 
espiare. 

31.  Cara.  Diletta  è  più.  Anco  qui  Vabon- 
danza  dell* affetto.  —  Soletta.  Ott.:  Com- 
menda  molto  questa  donna ,  in  quanto  in  cof>- 
sorteria  di  così  rei  uomini ,  come  sono  li  Do- 
nati, ha  sua  vita  contenuta  con  tanta  eoiii- 
tade  ...e  mondezza . 

32.  Barbagia.  La  parte  più  incolta  e  mon- 
tuosa di  Sardegna  cosi  si  chiamava  :  e  quan- 
do i  Genovesi  tolsero  l'isola  agl'infedeli, non 
mai  soggiogarono  la  Barbagia  salva tica,  dove 
le  donne  vanno  vestite  in  modo  da  mostrare 
ogni  parte  inonesta.  Iacopo  della  Lana  sog- 
giange  che  in  Francia  e  nel  Piemonte  le  don- 
ne portavano  le  mammelle  aperte.  In  Alema- 
gna  ed  in  altri  luoghi  entrano  donne  ignude 
ne'  bagni  ed  in  letto  con  uomini  a  loro  non 
pertinenti. 

33.  Antica.  Par.,  XVII:  Questo  tempo  cAta- 
meranno  antico. 

34.  Interdetto.  Ott.  :  Nel  1351 ,  essendo 
vescovo  uno  M.  Agnolo  Acciaioli.  Ma  l'inlcr^ 
dizione  al  pergamo  dev'essere  stata  anco  a* 
lampi  di  Oaote. 


su 


DEL   PURGATORIO 


Alle  Bracciate  donne  fiorentine 
L'andar  mostrando  con  le  poppe  il  petto. 

35  Quai  barbare  far  mai,  quai  Saracino 
Cui  bisofìnnsse,  per  farle  ir  coverte, 

O  spiritali  0  altre  discipline? 

36  Ma  se  le  svergognate  fosser  certe 

Di  quel  che*l  elei  veloce  loro  ammanna, 
Già  per  urlare  avrian  le  bocche  aperte: 

37  Che  se  Tantiveder  qui  non  m'inganna, 
Prima  fien  triste  che  le  guance  impeli 
Colui  che  mo  si  consola  con  nanna. 

38  Deh  frate,  or  fa  che  più  non  mi  ti  celi 
Vedi  che  non  pur  io  ma  questa  gente 
Tutta  rimira  là  dove  *i  sol  veli. 

39  Perch'  io  a  lui  :  se  ti  riduci  a  mente 
Quai  fosti  meco  e  quale  iotecofui. 
Ancor  fia  grave  il  memorar  presente. 


35.  SiiAGUfB.  OU.:  £§  Barbare ,  U  quali 
Il  iono  partii$  da*  notfrt  eoMtumi,  e  h  Sara- 
cine ,  che  sono  eoH  date  alla  lunuria  ,  che 
dovunque  la  volontà  giugne,  quivi  per V Alcora- 
no di  Maometto  ti  dee  soddisfare  alla  lussu- 
ria, —  ÀLTas.  L'Ott.  dice  che  bisognerà  non 
solamente  il  eomar^damento  del  diocesano, 
ma  ancora  che  il  Comune  faccia  tua  legge 
proibitiva. 

30.  Ammanna.  Val  preparare ,  anzi  allesti- 
re» Ott.:  Ar  li  peccati  di  quelle  femmine  di- 
leggiate ^  e  delli  loro  mariti  che  a  ciò  assen- 
tono  ,  Iddio  manderà  loro  guerra,  e  le  divi- 
sioni nella  eittade,  e  il  cacciare  de*  cittadini, 
l*  uccisioni  decloro  mariti,  fratelU,  padri,  fi- 
gliuoli, 9  il  disfacimento  da' loro  beni,  e  li 
esilii ,  e  vituperosi  avoUerH,  e  li  avvenimenti 
de*  signori  della  Magna  e  di  Francia ,  P  ar- 
tura 9  e  le  colie,  e  V altre  tempeste  da  cielo 
e  da  terra,  Is.,  Ili  :  Pro  eo ,  quod  elevatae 
tunt  filiae  Sion,  et  anibulaveruni  extento  col- 
lo ,„  Decalvabit  Dominut  verticem  filiarum 
Sion  ...  /n  die  illa  auferet  Dominm  ....  Tor- 
fuet ,  et  monilia  „•  Et  moerebwni,  atque  lu- 
gebunt  portae  ejut,      

97.  Incanna.  Inf.,  XXYIII:  CK9,  m  lan- 


kO    Di  quella  vita  mi  volse  co<%tul 
Che  mi  va  innanzi,  Taltrier  quando  tondi 
Vi  si  mostrò  la  suora  di  colui 

^1  (E  1  sol  mostrai].  Costui  per  la  profonda 
Notte  menato  m'ha  da'  veri  morti 
Con  questa  vera  carne  che  *1  seconda. 

&2    Indi  m'  han  tratto  su  li  suoi  conforti 
Salendo  e  rigirando  la  montagna 
Che  drizza  voi  che  '1  mondo  fece  torti. 

iS    Tanto  dice  di  farmi  sua  compagna 
Ch*  io  sarò  là  dove  fia  Beatrice: 
Quivi  convien  che  senza  lui  rimala. 

kh    Virgilio  è  questi  che  cosi  mi  dice 
E  additalo):  e  quest'altro  è  qucUombn 
er  cui  scosse  dianzi  ogni  pendice 

!h5  Lo  vustro  regno  che  da  se  la  sgombra. 


1.^ 


tiveder  qìti  non  è  vano.  —  Nanna.  L'Olt. ci- 
ta qaesU  canzone  d'allora:  ^'annn ,  nasme 
fante,  che  la  mamma  è  ita  nelValpe. 

38.  Fratb.  Ripete  il  tìtolo  di  fratello.  — 
Veli.  Coir  ombra. 

39.  Ridici.  Far.,  XXXI:  Visione  ol{tf«... 
Itidurlasi  alla  mente.  —  Fui.  Ott.:  IhlVahittt 
mio  leggiadro ,  e  delti  altieri  e  laicali  costumi 
ch*  io  aveva.  Il  P.  anch'  egli  confessa  la  loi 
vita  profana.  —  Memorar.  L*  osa  T  Ott.  ia 
prosa  (  tomo  111,  p.  640  ). 

40.  Vita.  D'  errore.  Lo  confessa  nel  e.  L 
IX,  XXX.  —  Tonda.  Inf.  XX  ;  E  già  ienst- 
te  fu  la  luna  tonda.  Oli.:  Adì  14  di' morso.- 
Colui.  Petr.  ;  Or,  dimmi,  se  colui  *n  pm*^ 
guide  (E  mostrai  il  duca  lor).  RamroeMaH 
modo  (  Reg.,  II,  12  )  :  In  ocuUt  Solis  hwjm. 

41.  Veri.  C.  XXX  :  l^'ioeto  de'  morii.  ^ 
Seconda.  Segae.  C.  XVI  :  MaravigUa  vUni 
se  mi  secondi. 

43.  Compagna.  Compagnia  (e.  III).  — BU- 
TRicE.  Ott.  ;  Dove  la  fede  vale ,  la  sperwse 
accende,  la  caritade  fa  ascendm  H  ivptf** 
gradi, 

44.  Ombra.  Non  la  nomina:  cbè  poco  i0- 
poriava  a  Forese  di  Stuio. 


3i5 


CANTO       XXIV. 


10 


ARGOMENTO. 

AiHa  di  Piccarda  sortila  dì  Forese  con  dolci  parole  ;  tocca  della  Pargoletta, 
amata  da  lui  ;  tocca  di  quel  che  fa  bella  la  poesia,  cioè  la  verità  dell*  affetto.  Poi 
dei  mali  di  Firenze  e  della  morte  di  Corso.  Le  memorie  del  cuore,  dell'ingegno, 
ddla  rita  politica  si  accoppiano  in  questo  canto,  un  de*  più  belli  di  tutto  il  poema. 
Trvwino  un  albero ,  quid  trapiantato  da  quello  che  costò  tanto  ad  Eva  :  e  sotto 
f  albero  la  fame  dell*  anime  si  fa  più  viva.  Gridano  allora  esempi  d'intemperanza 
pitmiia  j  un  profano,  uno  sacro,  i  Centauri  ,  e  i  soldati  di  Gedeone  rifiutati  alla 
maravigliosa  battaglia. 

KoU  li  terzine  1  alla  10;  la  12,  13,  IK;  la  if  alla  30;  la  32;  la  34  aUa  41;  la  43  alta 
4i;U  48,  49,  50. 


1    Uè  '1  dir  Fandar,  uè  randarlui  più  lento 
Facea  ;  ma  ragionando  andavam  forte 
81  come  nave  piota  da  buon  vento. 

3  ET  ombre  che  parean  cose  rimorte, 
Per  le  fosse  degli  occhi  ammirazione 
Traén  di  me  ,  di  mio  vivere  accorte. 

3  Ed  io  continuando  '1  mio  sermone 
Dissi  :  ella  sen  va  su  forse  più  tarda 
Che  non  farebbe  ,  per  altrui  cagione. 


i.  Il fc.  Ar.  (XXX,  3i):  Non ,  per  andar,  di 
tornar  lasciando.  Non  di  segitir ,  per  ragia- 
mar,  la  v%a.  —  FoàXB.  Bocc.  :  Andando  fort$. 

S.  RiMORTE.  Di  doppia  morte. 

3.  Tarda.  1/  andar  forte  a  doì  ,  è  lardo 
ali*  aniiDa  desiderante  il  cielo ,  e  leggera. 

4.  PiCGABDA.  Donati  ,  sorella  di  Forese  e  di 
Corto  ,  tigliuola  di  Simone  ,  bellissima.  Fat- 
ta monaca  di  s.  Chiara  ,  perchè  Corso  l'ave- 
va promessa  a  un  della  Tosa  ,  fu  tratta  a  for- 
za  di  eoiiTcQto  da  lui ,  veoulo  a  eie  da  Bo- 


6 


Ma  dimmi ,  se  tu  sai ,  dovè  Piccarda 
Dimmi  s' io  veggio  da  notar  persona 
Tra  questa  gente  che  si  mi  riguarda. 

La  mia  sorella,  che  tra  bella  e  buona 
Non  so  qual  fosse  più,  trionfa  lieta 
Neir  alto  olimpo  già  di  sua  corona. 

Si  disse  prima;  e  poi  :  qui  non  si  vieta 
Di  nominar  ciascun  da  eh'  è  si  munta 
Nostra  sembianza  via  per  la  dieta. 


logna  ,  dov'  era  podestà ,  è  data  moglie  :  na 
ella  infermò  sull'atto,  e  mori  (  Cionacei ,  V. 
della  B.  emiliana  ,  p.  IV  ,  e.  1  ).  —  Notar. 
lof.f  XX:  Se  tu  ne  vedi  alcun  degno  di  noia. 

5.  Tra.  Novellino,  LXVU;  Quale  era  me- 
glio ,  tra  che  gli  uomini  avessero  due  moglie 
0  le  mogli  due  mariti.  Petr.:  Chi  ,  tra  bella 
e  onesta  ,  Non  so  qual  fosse  più,  —  Olimpo. 
Virg.:  Insuetum  miratur  limen  olympi. 

6.  Munta.  Inf. ,  XXV:  Ogni  primato  aspet- 
to ivi  era  easso. 

4V 


3Mi 


DEL    PURGATORIO 


T  Questi  (e mostròcol ditoìèBuonagiunta , 
BuonagìunU  da  Lucca.  E  quelUa  faccia 
Di  là  da  lui,  più  che  V  altre  trapunta, 

8  Ebbe  la  santa  Chiesa  in  le  sue  braccia  : 
Dal  Torso  fu  ;  e  purga  per  digiuno 

L' anguille  di  Bolsena  e  la  vernaccia. 

9  Molti  altri  mi  nomò  ad  uno  ad  uno  ; 
E  nel  nomar  parén  tutti  contenti , 

Sì  eh*  io  però  non  vidi  un  atto  bruno. 

10  Vidi  per  fame  a  vóto  usar  li  denti 
Ubaldin  dalla  Pila,  e  Bonifazio 


7.  BuoNAGiUNTA.  Degli  Urbicciani ,  rima- 
tore mediocre  :  ma  a  qoando  a  qoando  ele- 
gante. Abbiamo  un  sonetto  di  lui  al  Caval- 
canti ,  amico  del  nostro.  Fa  nomo  di  valo- 
re ,  dice  r  Adod.  Dante  nella  Volg.  El.,  XIV, 
lo  nomina  come  negletto  di  stile.  —  Trapun- 
ti. Le  inaguaglianze  dell'  arida  pelle  rende- 
vano imagine  di  trapunto. 

8.  BiACCU.  lof.,  XIX  :  Non  temesti  torre 
a  'nganno  La  bella  donna  ...  —  Torso.  Ve- 
scovo ,  0  ,  com'  altri  dice  ,  tesoriere,  a  Toars, 
nacque  n^lla  Brie;  fd  papa  col  nome  di  Mar- 
tino  IV  dal  1280  all' 84  ,  buon  uomo  ,  ami- 
co alla  casa  di  Francia  di  molto  :  faceva  mo- 
rire ,  dicesi ,  le  anguille  del  lago  di  Bolsena 
hi  Toscana  nel  vin  bianco ,  e  le  condiva  con 
spezie  :  mangiava  sempre  ,  e  pieno  di  cibo 
sclamava  :  Bone  DeuM  ,  quanta  mala  patimur 
prò  ecclesia  Dei  I  Morto  che  f u  ,  gli  scrisse- 
ro questepitaGo:  Gaudint  anguUlae  quia  mor- 
tuus  hi  e  jacet  iUe  Qui  .  quasi  morte  reas  , 
excoriabat  eas,  Jacopo  della  Lana  :    E  dopo 

*  lui  sono  seguiti  pastori ,  cardinali ,  vescovi , 
abati ,  ed  altri  minori  prelati  e  chierici  »  i 
quali  in  quella  facoltà  vincerebbero  la  mitra 
al  detto  papa  Martino.  Ott.:  Fu  uomo  guer^ 
fesco  ,  e  molla  guerra  fece  fare  contra  gli  av- 
versari della  Chiesa.  Nel  costui  tempo  si  ru- 
bello  Sicilia  dal  re  Carlo  ;  nel  costui  tempo 
paisò  Filippo  re  di  Francia  in  Catalogna  con- 
tro lo  re  Piero  cT  Aragona  .  .  .  Questi  sco- 
municò il  Pùleologo  di  Costantinopoli  e  li  Gre- 
ci, perchè  non  ubbidivano  alla  Chiesa. 

9.  Contenti.  Ter  amore  di  fama.  Ciacco, 
il  goloso,  neirinf.:  Pregoti  ch'alia  mente  al- 
trui mi  rechi. 

.10.  VÓTO.  Ov.  (  Met.  )  :  Oraque  vana  mo- 
vet,  dtntemque  in  dente  fatigat;  Exereetque 
cibo  dclusum  guttur  inani.  Ar.  (  X  ,  15 }  : 
Sonar  fa  spesio  il  dente  asciutto.  Virg.:  Jam 
jamque  tenet,  similisque  tenenti  inerepuit  ma^ 
lis  ,  moffn^ttc  elusus  inani  est.  —  Uraldin. 
Degli  Ubaldini.  La  Pila,  luogo  nel  Fiorentino. 


Che  pasturò  col  rocco  molte  genti. 

1 1  Vidi  Riesser  Marchese  eh* ebbe  sptao 
Già  di  bere  a  Forlì  con  men  secchezia, 
£  si  fu  tal  che  non  si  senti  sazio. 

1 2  Ma  come  fa  chi  guarda  e  poi  fa  prezza 
Più  d'un  che  d* altro,  fé  io  a  qiiH  An  Lucca 
Che  più  parea  di  me  voler  conti*zza. 

13  £i  mormorava:  e  non  so  che  Geniocca 
Sentiva  io  là  'v'  ei  sentia  la  piaga 
Della  giustizia  che  si  gli  pilucca. 

ih    O  anima,  diss*  io,  che  par*  si  Ttgi 


Fratello  del  cardinale  cacciato  In  Inferno  (e 
X  ).  Una  medaglia  di  questo  Ubaldino  fta  tro- 
vata tra  le  rovine  di  Monte  Accianico,  castello 
di  qnella  famiglia  ,  signor»  già  del  Mosello 
(  Brocchi  ,  Diss.  del  Mug.,  p.  53  ).  —  Boxh 
FAZIO.  Arcivescovo  di  Ravenna:  molti  aoticiii 
lo  fanno  6gliaolo  del  detto  Ubaldino;  allri 
genovese  de'Fiescbi,  perchè  vescovo  raven- 
nate ta  dal  1273  al  94  nn  Bonifazio  di  La- 
vagna (  Amadisias,  Ant.  Rav.  chronotaz.,  t. 
Ili,  p.  67  ).— Rocco.  0  rocchetto,  eolla  di 
prelati  ;  ma  qoi  secondo  il  Buk ,  ncco  vaia 
il  pastorale  de*  vescovi  ;  e  il  Post.  Gass.  dica 
che  il  pastorale  dell*  arcivescovo  di  Ravenna 
ha  nn  peizo  in  cima  fatto  a  guisa  del  rocca 
degli  scacchi  ,  cioè  della  torre.  E  Beov.  di 
Imola:  Quum  celeri  pastora  habtni  otryai 
pastoralem  retortam»  hie  (arch.  raveMM) 
habet  totam  virgam  rectam ,  tt  tu  smmwsùah 
rotundam  ad  modum  eaUuU  sive  rocchi;  cita 
come  il  bordone  de'  pellegrini.  E  dice  che  pa- 
sturò ,  cioè  resse  molte  genti  con  la  tarp 
detta,  accennando  air  evangelico:  Pasmem» 
meas, 

11.  Mabcbksb.  Nome  di  persona,  e  Ai  dr 
Rigogliosi  cav.  di  Forlì,  gran  bevitora:  dal- 
togli  dal  cantiniere,  che  la  città  lo  biasiBatt 
di  sempre  bere:  e  ta  rispondi,  soggloMit 
eh'  i'  ho  seiiipre  sete. 

12.  Contezza.  Per  le  Rime  di  Dante» 
già  vivo  Bonagiunta.  Ott.:  Mostra  Vai 
che  avea  a  Bonagiunta  ,  ptH^  che  agli 
perocché  si  dilettò  in  una   medessma 
vulgare. 

13.  Gkntccca.  La  Parj^iletta,  nobile  te> 
ciuUa,  amata  da  Dante  fonie  nel  lSf4.  Tit 
le  sue  Rime  abbia m  questi  versi  :  Chi  JiMr* 
derà  giammai  senza  paura  NegUoocki  wmÈB 
bella  pargoletta  J  L'Oit.  qui  vede  Alagta  di 
cai  nel  XIX.  —  Pilucca.  Pilucear9  è  sUccaf* 
dal  grappolo  granello  a  granello  d' ove  «  te- 
che non  rimanga  che  il  nodo  raspo. 


CANTO    XXIV. 


847 


Di  parlar  meco,  fa  si  ch'io  t'intenda, 
E  te  e  me  coi  tuo  parlare  appaga. 

15  Femmina  è  nata,e  non  porta  ancor  benda, 
Cominciò  ei,  che  ti  farà  piacere 

La  mia  città,  comech*uomla  riprenda. 

16  Tu  te  n  andrai  con  questo  antivedere. 
Se  nel  mio  mormorar  prendesti  errore, 
Uichiareranti  ancor  le  cose  vere. 

17  Ma  dP  8'  io  veggio  qui  colui  che  fuorc 
Trasse  le  nuove  rime,  cominciando  : 
Donne  ch'avete  intelletto  (T  amore, 

18  Ed  io  a  lui:  i'  mi  son  un  che  quando 
Amore  spira,  noto;  e  a  quel  modo 
Che  detta  dentro  ,  vo  significando. 

19  O  frate ,  issa  vegg  io,  diss'egli,  il  nodo 
Che  'I  Notaio  e  Guittone  e  me  ritenne 
Di  qua  dal  dolce  stil  nuovo  eh'  i*  odo. 

50  Io  veggio  ben  come  le  vostre  peone 
Diretro  al  dittator  sen  vanno  strette, 
Che  delle  nostre  certo  non  avvenne. 

51  E  qual  più  a  gradire  oltre  si  mette. 
Non  \e<le  più  dall'uno  ali* altro  stilo. 


15.  Benda.  Le  maritate  e  le  vedove  porta- 
vano beode.  —  UoM.  Dante  (  Inf.,  XXI  ).  0 
fofse  in  generale  la  fama  de*  Lucchesi  non 
ira  boona  :  e  a  gran  torto  ,  cred'  io. 
.  17.  MuoVb.  Virg.  :  PoUio  et  ip$e  faeit  nova 
^mrwdna,  —  Donne,  Canzone  recata  nella  V. 
nuova.  —  Intelletto,  EccL  (IV,  %i):  In- 
UUictum  juttitiae, 

18.  Amoeb.  Nella  Y.  Naova  e'  condanna 
coloro  che  rimano  sopra  altra  materia  che 
MBoroaa  ;  eonciottiaehè  colai  modo  di  parlare 
fesM  dal  prineipio  trovato  per  dire  et  amore. 
Molò  poi  sentenza.  —  Modo.  Post.  Caet.  : 
Ffcyloeoplta  meliui  loifuitur  de  amore,  quam 
man  pkyloeaptus,  —  Detta.  Petr.  :  Coita  che 
é§t  mio  mal  meco  ragiona ,  Mi  kucia  in  dub- 
kiOf  ek  confuto  ditta, 

19.  Nodo.  Il  Costanzo,  in  ana  lettera  sa 
fuetto  passo  :  Amore  è  qìiegH  che  fa  volare, 
man  eìu  correre  :  e  tenz'  etto  ,  è  U  volere  em- 
pire i  fogli ,  un  empirli  di  stoppa.  —  Notaio. 
Iacopo  da  Lentlno  ;  visse  circa  il  1280.  Ab- 
biamo sue  rime  ,  assai  disadorne.  Conv.  (  I, 
10  )  :  Queeta  grandeaa  do  io  a  queeto  ami- 
tQ  (U  volgare  italiano)  in  qiuinto  quello,  eUi, 
éi  iontade  avea  in  podere  e  occulto,  io  lo  fo 
mnere  H»  atto  e  potere  nella  tua  propria  ope- 
ra tiont  ,  che  è  manifettare  come  porta  tenten- 
s««i.  t'ii  P.  provenz.  :  Cantar  non  puote  quaei 
VaUre  H  dal  cor  non  move  il  canto,  ^Guit* 


E  quasi  contentato  si  tacette. 

22  Come  gli  augei  che  vernan  versoi  Nilo, 
Alcuna  volta  di  lor  fanno  schiera, 

Poi  volao  più  in  fretta  e  vanno  in  filo; 

23  Cosi  tutta  la  gente  che  li  era, 
Volgendo  1  viso  raflrettò  suo  passo, 
£  per  magrezza  e  per  voler  leggiera. 

2^  £  come  Tuom  che  di  trottare  è  lasso. 
Lascia  andar  li  compagni,  e  si  passeggia 
Fin  che  si  sfoghi  Y  aflbllar  del  casso; 

25  Si  lasciò  trapassar  la  santa  greggia 
Forese ,  e  dietro  meco  sen  veniva , 
Dicendo  :  quando  fìa  eh*  i  '  ti  riveggia  T 

26  Non  so,risDos1o  lui,  quanfio  mi  viva; 
Ma  già  non  na  '1  tornar  mio  tanto  tosto 
Ch'  io  non  sia  col  voler  prima  alla  riva« 

27  Però  che  1  luogo  u'  fui  a  viver  posto 
Di  giorno  in  giorno  più  di  ben  si  spolpa 
E  a  trista  ruina  par  disposto.       [colpa 

28  Or  va ,  diss*  ei  :  che  quei  che  più  n*  ha 
Vegg  io  a  coda  d*  una  bestia  tratto 
Verso  la  valle  ove  mai  non  si  scolpa. 


tonb.  D*  Arezzo  ,  più  elegante  di  Buona- 
giunta  ma  pur  mediocre.  Nacque  nel  1250: 
di  34  anni  si  fece  de'  frati  gaudenti  :  fu  buon 
cittadino. 

20.  VosTas.  Parla  o  al  solo  Dante,  e  in 
plurale  ,  per  riverenza  ;  o  di  lui  insieme  e 
di  Guido  e  di  Gino. 

21.  Gradire.  Andare,  ^nidior.  —  Oltre. 
Pietro  di  Dante  qui  reca  un  passo  d'  antico 
che  dice  :  Oportet  priutanimat  quam  Unguae 
fieri  eruditat. 

22.  AuGBi.  Gru.  F.  similitudine  tratta  da 
loro  nel  V  deirinf.—FiLO.(  Par.,  XVIII,  25  ). 

24.  Affollar.  Ansare,  Da  folUt,  mantice. 

26.  Tornar.  G.  II  :  Per  tornare  altra  volta 
Là  dov'  t' ton ,  fo  io  questo  viaggio,  —  Riva  . 
Altrimenti  pensava  quando  scrisse  Tlof.,  XXXI: 
Ch*  ei  vive .  e  lunga  vita  ancora  tpetta  Se  in- 
nanti  tempo  gratia  a  ti  noi  chiama, 

27.  Spolpa.  Inf. ,  XXIV  :  Fittoia  t  ,  .  di 
Negri  ei  dimagra, 

28.  Quei.  Corso  Donati  :  Fu,  dice  il  Vili., 
il  pia  savio  ,  li  piUi  valente  cavaliere  ,  il  più 
bello  parlatore  e  meglio  pratico,  e  di  maggior 
nominanza ,  di  grande  ardire  ed  imprete  che 
a  tuo  tempo  fotte  in  Italia  .,,  Fu  belio  della 
pertona  e  di  graziato  aspetto  :  ma  molto  fu 
mondano  :  e  in  tuo  tempo  fece  fare  in  Firen- 
ze motte  commutazioni  e  scandali,  per  avere 
stato  e  signoria ...  La  sua  fit^  fu  grondo,  no* 


848 


DEL    PURGATORIO 


29  La  bestia  ad  ogni  paaso  ya  jhù  ratto, 
Crescendo  sempre,  innn  ch'ella'l  percote, 
E  lascia  1  corpo  vilmente  disfatto. 

30  Non  hanno  molto  a  volger  quelle  ruote 
(K  drizzò  gli  occhi  al  ciel),ch'a  te  fia chiaro 
CIÒ  che*l  mio  dir  più  dichiarar  non  puote. 

:)!  Tu  ti  rimani  ornai;  che *1  tempo  è  caro 
In  questo  regno,  si  ch'io  perdo  troppo 
Venendo  teco  si  a  paro  a  paro. 

32  Qual  esce  alcuna  volta  di  galoppo 
Lo  cavalicr  di  schiera  che  cavalchi  , 
£  va  per  farsi  onor  del  primo  intoppo  ; 

33  Tal  si  parti  da  noi  con  maggior  vaichi  : 
Ed  io  rimasi  in  via  con  esso  i  due 
Che  fùr  del  mondo  si  gran  malìscalchi. 

3  V     E  quando  innanzi  a  noi  si  entrato  fue 
Che  g^i  occhi  miei  si  fero  a  lui  seguaci 
Come  la  mente  alle  parole  sue  , 

35    Parvermi  i  rami  gravidi  e  vivaci 
D' un  altro  pomo,  e  non  molto  lontani 
Per  esser  pure  allora  vólto  in  làci. 


vita  nella  nostra  città.  Impedì  talvolta  il  cor- 
so della  giustizia  :  congiurò  con  Bonifazio 
Vili  e  con  Uguccione,  del  quale  odeglioao 
suo  figlio  aveva  sposata  la  6glia  nel  1304. 
Nel  1289  fu  potestà  di  Pisa  :  e  combattè  a 
Campaldino  eoo  cittadino  valore  ,  ambizioso 
di  bella  morte  :  nel  1290  sventò  la  guerra 
(iestinata  contro  Pisa  da*  suoi  Fiorentini.  Tor- 
nò nel  1302  vincitore  con  Carlo  di  Valois, 
esiliò  i  Bianchi,  e  fu  si  potente  che  il  popolo 
n'  ebbe  sospetto.  Fu  citato  ,  condannato  ;  le 
case  assalite.  E*  si  difese  co'  suoi  ;  abbando- 
nalo dei  promessi  soccorsi  da  l'guccione,  fug- 
gir ma  inseguito  da' soldati  catalani,  cadde, 
o  si  gittò  da  cavallo;  e  rimasogli  il  pie  nella 
!>tafra,  tanto  ne  fu  strascinato,  che  i  nemici 
Io  sopraggiunsero,  spogliarono  e  uccisero  pres- 
so a  8.  Salvi,  il  di  6  d'ottobre  1308.— -Scolpa. 
Par. ,  XX  :  Dallo  *nfemo .  u'  non  ti  ritde  Giam- 
mai  a  Imon  volar. 

30.  Molto.  Sett'  anni  ,  sette  mesi ,  venti 
li).  —  DicuiARAR.  Mai  noi  nomina;  come  suo 
affitte. 

31.  Paro.  Petr.  :  A  paro  a  paro  Coi  nobiU 
poeti  già  cantando. 

3%.  QvAL.  Ar.  (  XVIII,  15):  Come  buon 
corridor  ck*  ultimo  la$sa  Le  moti$ ,  9  giunge 
e  innanzi  a  tutti  pana, 

33.  Valchi.  rateare  é  nelPAr.  (  XY  ,  40  ). 
Qui  t;a(co  vale  passo  che  si  varca  saltando.  — 
Malìscalchi.  Maoiscalco  era  goTamatora  deUa 


36  Vidi  gente  sott'  esso  alzar  le  mani , 
£  gridar  non  so  che  verso  ie  fronde 
Quasi  bramosi  fantolini  e  vani 

37  Che  pregano,  el  pregato  dod risponde; 
Ma  per  fare  esser  ben  lor  voglia  acuti , 
Tion  alto  lor  disio  e  noi  nasconde. 

38  Poi  si  parti  si  come  ricreduta  : 

E  noi  venimmo  al  grande  arbore,  ad  esso 
Clio  tanti  prieghi  e  lagrime  rifiuta. 

39  Trapassate  oltre  senza  farvi  presso: 
Le^no  è  più  su  che  fu  morso  da  Eva; 
E  questa  pianta  si  levò  da  esso. 

kO    Si  tra  le  frasche  non  so  chi  diceva  : 
Perchè  Virgilio  e  Stazio  ed  io  ristretti 
Oltre  andavam  dal  lato  che  si  leva. 

ki    Ricordivi ,  dicea ,  de'maladetti 
Ne'  nuvoli  formati ,  che  satolli 
Teseo  combatter  co'  doppi  petti  ; 

42  E  degli  Ebrei  ch'ai  ber  si  mostrar  moSt 
Perchè  non  ebbe  Gedeon  compagni 
Quando  invér  Madian  discese  i  colli. 


corte  e  dell'esercito:  qui  vale  dignità  io  p^ 
nere  ,  come  altrove  le  voci  :  duca ,  tigntn , 
maeffro,  tmperac^ore. 

34.  Seguaci.  Virg.:  Quantum  ade»  •  «^ 
sene  oculi  servare  sequentum. 

35.  Pomo.  Non  lo  vede  vara  prima  perch'eli 
sullo  svoltar  della  via  lungo  il  colle. 

36.  Alzar.  Ov.:  Tibi,  Tantale,  nuUasDt 
prenduntur  aquae  :  quaeque  imminet ,  efnft 
arbos.  Armannino  pone  neir  Inferno  i  gulofi: 
Affamati  stanno  come  lupi:  di  brama  partk 
muoiano:  di  fame  le  mani  stendono. 

37.  Acuta.  Inf.  ,  XXVI:  Li  miei  compagm 
fec*  io  Si  acuti  ,  Con  quesV  orazion  picdoìa  t 
al  cammino. 

40.  KisTRBTTi.  La  strada  era  angusta ,  T 
albero  in  mezzo. 

41.  Satolli.  Ov.  (Met.  ,  XII  )  :  Ardet:  tt 
ebrietas  geminata  libidine  regnat.  De*Centaori 
Virg.   (  Aen.  ,    II  )  :   Bacchus  et  ad  culpem 
causas  dedit  :  Ule  furentes  Centauros  lete  Ì^ 
muit  .  .  .  Virgilio  li  chiama  nubigenas;  eO* 
vidio  li  fa  nascere  dalla  nube  e  da  IssioM. 
Tentarono  rapire  a  Piritoo  la   sposa.  Horal. 
(  I  ,  18 }  :   At  ne  quis  modici  transUiat  IM^ 
fiera  liberi ,  Centaurea  monet  cum  LapiAè 
rixa  tuper  mero  Debellata  ...  Di  loro ,  ad* 
l'Inf.,  XII. 

42.  Molli.  Giudici,  VII:  Diese  Iddio  a^ 
deone  :  quelli  che  con  la  mano  e  con  la  U^ 
§ua  lam^traimo  l' ocgtia  ,  m§tt9rai  da  una 


CANTO    XXIV. 


(3    SI  accostati  ali*  un  de'  due  vivagni, 
Passammo  udendo  colpe  della  gola 
Seguite  già  da  miseri  guadagni. 

44  Poi  rallargati  perla  strada  sola, 
Ben  mille  passi  e  più  ci  portar  oltre, 
Contemplando  ciascun  senza  parola. 

45  Che  andate  pensando  si  voi  sol  tre? 
Subita  voce  disse  :  ond'  io  mi  scossi 
Come  fan  bestie  spaventate  e  poltre, 

46  Drizzai  la  testa  per  veder  chi  fossi: 
E  giammai  non  si  videro  in  fornace 
Vetri  o  metalli  si  lucenti  e  rossi 

kl  Com'  i*  vidi  un  che  dicea  :  s*  a  voi  piace 
Montare  in  su,  qui  si  convieo  dar  vòlta: 


parte  ;  e  coloro  che  beranno  ginoeehione  sa- 
ranno dall'  altra  .  .  .  Furono  quelli  che  con 
la  mano  si  gittarono  V  acqua  alla  bocca .  uo- 
mini trecento;  tutta  V altra  moltitudine  bevve 
yinocchione.  E  disse  Iddio  a  Gedeone  :  In  tre- 
cmUo  uomini  che  lambiron  P  acqua  con  la  lin- 
gua ffi  libererò  ,  e  darò  Madian  nella  mano 
ima  :  V  altra  moltittàdine  tutta  si  ritornò  nel 
paese  suo,  —  Non  bbbb.  Altri  legge  :  no  i 
colie.  Superflao. 

43.  Vivagni.  Orlo  di  strada  (  Inf. ,  XIV  ). 

44.  ^QLA.  Deserta,  de.  (  Dif.  )  :  loeit  solii. 


Quinci  61  va  chi  vuole  andar  per  pace* 
kS    V  aspetto  suo  m' avea  la  vista  tolta: 
Perch*  io  mi  volsi  indietro  a* miei  dottori 
Com'uom  che  va  secondo  eh'  egli  ascolta. 

49  £  quale  annunziatrice  degli  albóri 
L'  aura  di  maggio  movesi  e  olezza 
Tutta  impregnata  dall'  erba  e  da*  fìorì; 

50  Tal  mi  senti*  un  vento  dar  per  mezza 
La  fronte  ;  e  ben  senti'  mover  la  piuma 
Che  fé  sentir  d*  ambrosia  l' orezza. 

51  £  senti'  dir  :  beati  cui  alluma 
Tanto  di  grazia  che  l' amor  del  gusto 
Nel  petto  lor  troppo  disir  non  fuma, 

52  £surl(endo  sempre  quant'  è  giusto. 


45.  Poltre.  Ar.  (  XXIII ,  90  )  :  La  bestia 
eh*  era  sonnacchiosa  e  poltra.  Lo  stesso  (  sat. 
IV  )  :  Le  poltre  membra.  Qui  poltre  vale  che 
coDdacevaosi  leotamente ,  onde  la  scossa  é 
più  forte.  Inf. ,  Il  :  Com»  falso  «ecitr  butia 
guatici'  ombra. 

50.  Ambrosia.  Virg.  (  Georg.  »  IV  )  :  Amr 
brosiae  .  .  .  odorem. 

51.  Fuma.  lof. ,  VIII  :  Accidioso  fummo» 

52.  Giusto.  Matth. ,  V  :  Beati  qui  esuriunt, 
9t  sitiunt  juititiam. 


», 


SM 


DEL    l^GBGATORIO 


CANTO       XXV. 


ARGOMENTO. 

Domanda  eom$  panano  patir  di  magrezza  corpi  che  non  hanno  òifofit  à 
cibo.  Stazio  dichiara  la  natura  del  corpo  senziente  nella  vita  terrestre,  e  la  nàtzn 
di  quello  che  pena  nei^  altra  vita.  Ariaa  e$poiizione  ,  ma  sparsa  di  lumi  poelki 
con  espressioni  potenti,  e  con  fUoiofia  qua  e  là  più  vera  che  sul  primo  non  pan» 
Salgono  alt  ultimo  giro^  della  lussuria.  Canti  ai  preghiera  :  gridi  che  dicono  estm» 
pi  di  purità,  0  di  lascivia  punita.  Callisto  e  Maria. 

Dieci  in  questo  canto  le  similitodini  :  beile  le  più,  e  naore  qoasi  lotte  :  molti  tniliii 
trdimentosi,  ma  noD  tutti  felici. 

Nota  le  terzine  i  ;  la  3  aUa  6;  la  8,  9, 13, 19,  20,  24,  25,  26;  la  28  alla  34;  la  38  alla  4I. 


1  Ora  era  onde  1  salir  non  yolea  storpio , 
Che  1  sole  avea  lo  cerchio  di  merigge 
Lasciato  al  tauro,  e  la  notte  allo  Scorpio. 

2  Perchè,  come  fa  l*uom  che  non  s'affigge, 
Ha  vassi  alla  via  sua.checchègliappaiaj 
Sedi  bisogno  stimolo  il  trafigge  ; 

3  Cosi  entrammo  noi  per  la  callaia, 
Uno  innanzi  altro,  prendendo  la  scala 
Che  per  artezza  i  salitor  dispaia. 


i.  Storpio.  Impedimento  ,  od  Indugio  :  è 
nel  Vili,  e  nel  Petr.  —  Solb.  Il  viaggio  è  nel 
principio  d' aprile ,  quando  il  sole  è  ne'  primi 
gradi  d*  Ariete.  Or  se  il  Toro ,  segno  che  vien 
dopo  1*  Ariete  è  nel  mezzo  del  cielo ,  dunque 
soti  passate  due  ore  dopo  mezzogiorno,  e  siamo 
air  ora  ottava  ;  poiché  il  trascorrere  di  ciascun 
segno  del  zodiaco  per  un  punto  Osso  porta 
due  ore.  Or  se  il  sole  è  in  Ariete ,  la  notte 
è  in  Libra  (  e«  II  ) ,  e  se  il  Toro  occupa  il 


k    E  quale  il  cicognin  che  leva  V  ab 
Per  voglia  di  volare,  e  non  s' attenti 
D*  abbandonar  lo  nido,  e  giù  la  cala; 

5  Tal  era  io  con  voglia  accesa  e  spelili 
Di  dimandar,  venendo  infino  all'  atto 
Che  fa  colui  eh'  dicer  s'argomenta. 

6  Non  lasciò  per  1*  andar  che  fesse  nllo 
Lo  dolce  padre  mio,  ma  dleae:  scocca 
L'arco  del  dir  che  'nfino  al  ferro  bai  tnHi 


mezzo  del  cielo ,  dalla  parte  opposla  V  oca» 
perà  lo  Scorpione,  che  segue  alla  Libia, c^ 
me  il  Toro  all'Ariete. 

6.  Anco.  Jer. ,  IX  :  Exlendirumt  lìn§mm 
suam  quasi  areum. —  Famao.  Il  ferro  è  la  fSÈr 
ta  dello  strale  ;  or  quando  l' arco  sia  par  «* 
sere  scoccato ,  la  parte  ferrata  dello  strale  ^ 
tocca  il  sommo  dell'  arco.  Virg.  :  Jfomliil 
jam  tangent  aequit ,  Laevj  aciam  farri,  et 
atra  nsrvQqu9  popiUom. 


CANTO    XXV. 


851 


T    Allor  sicuramente  appriì  la  bocca 
£  cominciai  :  come  si  può  far  magro 
Là  dove  V  uopo  di  nudrir  non  tocca? 

8  So  t*  ammontassi  come  Meleagro 
Si  consumò  al  consumar  d'un  tizzo, 

,    T^OD  fora,  disse,  questo  a  te  si  agro: 

9  E  se  pensassi  come  al  vostro  guizzo 
Guizza  dentro  allo  specchio  vostra  imago, 
Ciò  che  par  duro  ti  parrebbe  vizzo. 

10  Ha  perchè  dentro  a  tuo  voler  t*adage, 


8.  MxLiAGHO.  Figlio  d'Oeneo,  re  di  Cali- 
donit  (  Met:,  YIII  ).  Uccise  il  cinghiale  man- 
dato per  ira  di  Diana,  e  ne  donò  ad  Atalanta 
la  lesta.  Gli  zi!  di  lai  u*  ebber  ira  ,  presero 
H  capo;  ed  egli  li  accise.  Onde  Altea  la  ma- 
dre di  lai  pose  al  fuoco  il  tizzo  fatato  dalle 
Picche  col  qaale  doveva  spegnersi  la  saa  vi- 
ta :  tiizo  eh'  ella  aveva  già  ritirato  per  pietà 
M  figlinolo. 

9.  SraccBio.  Il  corpo  è  come  imagine  dello 
spirito,  e  specchio  di  lui.  Di  questo  tocca 
■el  e.  Ili ,  e  Virg.  si  confessò  insufficiente  a 
■piegare  la  cosa.  —  Imagb.  S.  Thom.  :  Si  ni- 
fromiifitef  virtute  daemonum  spiriiut  alUgant 
ima§inibu$,  multo  strietius  divina  virtute  spi- 
Htm  corporeo  aeri  alligantur, 

10.  ÀDAGS.  Nel  vero  profondo.  —  Stazio. 
▼irg.  poeta  razionale  commette  la  spiegazio- 
se  •  Stazio  poeta  più  delle  cose  fisiche  che 
delle  intellettuali.  Altri  dice  che  SUzio  cristia- 
no meglio  poteva  conoscere  la  cosa  :  altri  , 
eie  Virg.  credendo  le  anime  tornare  alle  stel- 
le e  dalle  stelle  venire,  non  poteva,  come  er- 
riate ,  insegnargli  il  vero.^PiAGB.  La  mente 
saaa  vede  il  vero:  Terrore  è  piaga. 

il.  Vendetta.  La  pena  posta  dall' Eterno 
al  corpi  dannati  o  purganti. 

IS.  RiciTE.  Virg..'  Cape  dieta. 

13.  Sangite.  Oit.  :  Cominciasi  htaxio  dalla 
iwffWirBitaw  Mia  creatura  ,  e  procede  per 
lirtti  il  svot  atti ...  acciocché  compiutamente 
moHri ,  onde  procede  la  magrezza  nel  corvo 
«■•Olio,  e  per  conseguente  il  termine  della 
vita*  B  dando  il  modo  delia  ingeneraxione . 
«fpon'nd  come  la  magrezza  ,  della  quale  trat- 
§a  qui,  puote  apparire:  perocché  questo  <ì 
««Nt/tilerd ,  che  virtudi  rimangono  nell'ani- 
■MI ,  delle  quali  si  poua  alcuna  simiglianza 
fn%  9  ed  im  quali ,  e  come  V  anima  partita 
ésl  carpo  opera.  Dove  é  da  intendere,  cke 
9§9omdo  il  Filosofo,  al  quale  s'appoggia  VA., 
m  aan^tie  riceve  perfetta  generazione  di  sé  nel 
essere  ;  e  cotale  sangue  non  solamente  s*  in- 
imeni ,  acdoech*  «iit  «io  maMria  di  nulrtmeii- 


Ecco  qui  Stazio  ;  ed  io  lui  chiamo  e  prego 
Che  sia  or  sanator  delle  tue  piago. 

11  Se  la  vendetta  eterna  gli  dislego. 
Rispose  Stazio,  là  dove  tu  sie. 
Discolpe  me  non  potert'  io  far  Diego. 

12  Poi  cominciò:  se  le  parole  mie, 
Figlio,  la  mente  tua  guarda  e  riceve. 
Lume  ti  fieno  al  come  che  tu  die. 

13  Sangue  perfetto  che  mai  non  si  bevo 
Dall'  assetate  vene,  si  rimane 


to,  ma  esiandio  per  essere  materia  d*  ingenc- 
razione.  E  però  essendo  tanto  del  savigue,  che 
poxsa  nutricare  V  uomo  ,  ne  ingenerò   la  na- 
tura tanto  piii  the  ne  avanzaise  perla  genC" 
razione...  Questo  sanque  nel  cuore  dell* uomo, 
così  come  in  quello  della  femmina  ,  riceve  di' 
sposiiione  ,  secondo  la  quale  é  la  materia  di 
tutti  li  membri ,  passiva  della  parte  della  fem" 
mina ,  e  attiva  della  parte  dell'  uomo  ;  e  ^ne- 
sto  é  f  perocché  qttesto  cotale  sangue  si  dispo' 
ne  principalmente    nel    cuore ,   perocché   nel 
cuore  principalmente  é  Vanima.  Siccome  Vani- 
ma  per  la  sua  virtude  contiene  tutto  il  corpo^ 
tiecome  il  principe  contiene   la  cittade  ;  eoiè 
i7  cuore  colla  sua  virtude  contiene  tutti  li  mem- 
bri :  onde  il  sangue  riceve  dal  cuore  la  po- 
tenza in  tutti  li  membri ...  Questo  sangue  si 
manda  per  le  vene  alla  concavitade  delia  ma- 
(riea  •  alla  quale  si  getta  lo  sperma ,  lo  qua- 
le  dalla  matrice  ricevuto  ed  attratto ,  siccome 
il  ferro  dalla  calamita,  si  conserva.  Vico  :  La 
sostanza  nervea  spermale  chiamavano  sangue, 
come   la  frase  poetica   lo  dimostra  :  sangui- 
ne cretus  per  generato ,  e    con   ^*tis(o   senso 
ancora  ,  perché    tale   sostanza  é  il  fiore  del 
sangue  (v.  S.  Thom.,  Som.  2,  3,  qu.  118). 
Cresc.  (II,  8)  :  Benché  lo  sperma  manifesto  eia 
operatore,  il  quale,  siccome  artefice ,  muove  e 
forma  il  parto  ,  nondimeno  ,  perchè  il  sangue 
mestruo  é  tratto  in  nutrimento  del  parto.  Conv,: 
Quando  V  umano  seme  cade  nel  suo  recetta- 
colo  ,  cioè  nella  matrice ,  porta  seco  la  virtù 
dell*  anima  generativa  ,  e  la  virtù  del  cielo , 
e  la  virtù  degU  elementi  legata,  cioè  la  com' 
plessione  matura  ,  e  dispone  la  materia  alla 
virtù  formativa... prepara  gU  ordini  alla  vir- 
tù celestiale  che  produce    della  potenzia  del 
seme  t anima  in  vita  :  la  quale,  incontanen- 
te  prodotta  ,  riceve  daUa  virtù  del  motore  del 
delo  lo  intelletto  possibile  ...  AiicAé  Iddio  ve* 
de  apparechiata  la  sua  creatura  a  ricevere  del 
tuo  beneficio,  tanto  largamente  in  quella  ne 
mette ,  quanto  apparecchiata  è  a  ricevere.'^ 
PiuPBTTO.  Pitagora  diee  il  teme  umano  esse- 


DEL    PURGATORIO 


Quasi  alimento  che  di  mensa  leye. 

Ik  Prende  nel  cuore  a  tutte  membra  umane 
Yirtute  inf  ormativa  ,  come  quello 
Qì*  a  farsi  quelle  per  le  vene  véne. 

15  Ancor  digesto  scende  ov*è  più  bello 
Tacer  che  dire  :  e  quindi  poseia  geme 
Sovr*  altrui  sangue  in  naturai  vasello. 

IG    Ivi  s' accoglie  V  uno  e  V  altro  irisime  , 
L*  un  disposto  a  patire  e  V  altro  a  fare, 


re  la  Bchiama  del  sangae  più  para;  Demo- 
crito ,  sostanza  munta  da  tatto  il  corpo;  E- 
picuro ,  an  estratto  dell'  anima  e  dei  corpo; 
Aristotele  »  con  Dante ,  an  escremento  del- 
r  alimento  del  sangue. 

14.  Cuore.  Come  la  mente  dell*  artcfìce  in- 
forma in  sé  lo  strumento  innanzi  di  farlo. 
Cosi  Pietro,  e  soggiunge:  Però  dice  il  Filo- 
sofo che  la  forma  della  cosa  per  azione  del- 
l' agente  si  trae  dalla  potenza  della  materia; 
e  l'uomo  fa  Vuomo,  V ulivo  l'ulivo,  e  V ar- 
tefice dà  al  coltello  la  forma  che  aveva  in 
animo  ,  del  coltello  ;  e  l*  immagine  del  coltel- 
lo gli  riman  tuttavia  neUa  mente.  Cosi  nella 
generazione  scende  un  cerV  idolo  che  regola  e 
conduce  la  forma  e  la  specie  simile  al  gene- 
ratore ;  sebbene  Avicenna' dica  che  l'agente 
inferiore ,  trasmuta  la  materia  e  così  la  pre^ 
para  alla  nuova  forma  ,  la  quale  vien  mini- 
strata da  una  separata  intelligenza  ,  eh'  è 
piena  di  forme,  secondo  che  le  virtù  inferiori 
hanno  più  o  men  bene  disposta  a  ciò  la  ma- 
teria, —  Informativa.  Come  l'ovo  dalla  gal- 
lina ,  dice  il  Post.  Caet. 

15.  Ancor.  Poi.  —  Tacer.  Post.  Caet.  : 
Scilicet  ad  testiculos. 

16.  Luogo.  Il  cuore. 

IT.  Operare.  Arist.  (  II,  Gener.  an.,  cap. 
I,  6):  Animaliumsanguinepraeditorum  cor  lit 
primo,  —  Coagulando.  Col  sangue  mestruo: 
r  agente  col  paziente  :  cosi  Pietro  :  e  Aristo- 
teli' nel  lib.  della  gsneraziune  dice  che  il  se- 
me del  maschio  è  l'agente,  della  femmina 
il  paziente.  Sap.  (VII,  1  ):  Sum  quidem,  et 
cqo  nìortalis  homo  „.  et  in  ventre  malris  /!• 
yuratus  sum  caro,  Decem  meniium  tempore 
toagulatus  sum  in  sanguine  ,  ex  semine  ho- 
minis ...  Et  ego  natus  accepi  communem  ae- 
rem, — Constare,  (ili  antichi  :  Coagulatio  est 
eonstantia  quaedam  humidi ...  coagulare  est 
facere  ut  liquida  constent,  Ott.:  Coagulando  e 
meglio  digestendo ,  ficco  ma  fa  il  presame  il 
latu ,  ed  induce  nella  parte  di  quello  sangue 
più  puro  ,  ed  imprime  la  forma*  di  quello 
«wmbro ,  nel  quale  quello  cotale  sangue  fatto 
spenno  ara  c$suto  pnntipalmsnt^  generato ,  e 


Per  lo  perfetto  ìnogo  onde  s!  preme. 

17  £  giunto  lui ,  comincia  ad  operare 
Coagulando  prima  ;  e  poi  avviva 
Ciò  che  per  sua  materia  fé  constare. 

18  Anima  fatta  la  yirtute  attiva, 
Qual  d*una  pianta,  in  tanto  differente 
Che  questo  n  via,  e  quella  è  già  a  riva, 

19  Tant*  ovra  poi  che  già  si  move  e  sente, 
Come  fungo  marino:  e  iv'  imprende 


nel  quale  primamente  è  T  anima  :  e  però  pri- 
ma gev^ra  il  cuore  ,  «ecorulo  la  mente  dH  Fi- 
losofo ;  poi  vuole  il  Filosofo  che,  generate  H 
cuore .  immantanente  se  ne  produca  l'ammé, 
e  il  cuore  già  animato;  poi  per  virtude  dd- 
l' anima  produce  li  altri  organi  e  membri,  of^ 
rondo  nelle  parti  della  materia  a  lui  piùpret 
Simone, 

18.  Attiva.  Del  seme  paterno.  Ariit.  (  II, 
Gener.  ,  3  )  :  Non  simul  animai  /ii  §i  knm. 
Combattuto  da  s.  Tom.  (  I»  p.  9,  iiS.ait. 
2  ,  ad.  2  ).  Alcuni  antichi  ammettono  cha  ì 
anima  vegetativa  ,  prima  nel  feto  ,  cessi  il 
prodursi  dell'  anima  sensitiva  ,  e  qaeita  al* 
r  entrare  della  intellettiva  :  sebbene  tltn  ìii^ 
tori  affermassero  che  sola  l'anima  intellaltiia 
sia  in  tutti  i  tempi  avvivatrice  del  feto.S.Taa. 
cosi  dice  :  Anima  praeexistit  in  embryom:  s 
principio  quidem  nutritiva ,  postmoémm  eatm 
sensitiva ,  et  tandem  intellectiva.  DiemU  •»* 
dam  quod  supra  animam  vegetabiUm  fMM  pft 
mo  inerat,  supervenit  alia  anima  qua9§st 
tiva  supra  illam,  iterum  alia  qucLe  est  « 
va.  Et  sic  sunt  in  homine  tres  animai, 
una  est  in  potentia  ad  aliam:  quodsmpmi 

batum  est.  Et  ideo  alii  dicunt  quodiUa 

anima  quae  primo  fuit  vegetativa  fonfiait 
postmodum  per  isetionem  virtutis  qua»  iff  ia 
semine  ,  perdueitur  ad  hoc  et  ipsa  eadem  p 
intelleetwa ,  non  quidem  per  virtutsm  oettsm 
seminis  ,  sed  per  virtulem  superioris  ajCRlit 
scilicet  Dei ,  do  foris  illustrantis.  Sed  hoc  $ttn 
non  potesl.  Dante  non  dice  che  l*  anima  a» 
siiiva  dimenìi  ÌDiollcuiva;.dice  che  ono  spiriM 
nuovo  venga  spiralo  da  Ui«|Ìlr  infondere  l'ia- 

■  tclleilo.—PiANFA. L'anima  {ì\  Poeta  la  dàaBcbr 
alle  piante;  accrcsciiiva  o  vegetativa  nella  piaa* 
ta  è  perleita, nell'uomo  no;  nella  pianta  e  arili, 
cioè  a  line  ,  uoo  può  peifeiciunarai  più  oitn. 
Nel  Conv.  dice  che  l'anima  delle  piante  è  pi- 
tenza  vegetativa ,  delle  bestie  vegetativa  e  scr 
sitiva.  dell'uomo  vegetativa  e  sensitiva  e  n- 
zionale. 

19.  Fungo.  Si  stimavano  i  funghi  mariti 
mossi  da  anima  più  che  vc^'etativa;  e  i  n»- 
derni  perù  li  chiamano  piantc-aniffltlì  o  zae- 


CANTO    XXV. 


35^ 


Ad  organar  le  pone  ond*  è  semente. 

SO    Or  si  piega,  fi^iuolo,  or  si  distende 
La  virtù  eh*  è  dal  cuor  del  generante 
Doto  natura  i  tutte  membra  intende. 

21    Ila  come  d'animai  divegna  fante 
Non  vedi  tu  ancor  :  quest'è  tal  punto 
Che  più  savio  di  te  già  fece  errante, 

SI  che  per  sua  dottrina  fé  disgiunto 
Dall*  anima  il  possibile  intelletto 


lìti.  Il  fungo  marÌDO ,  spiegano  gli  antichi  fo- 
mentatori, è  simile  ad  ostrica.  —  Posse.  Nelle 
parti  del  seme  paterno  son  varie  virtù  desti- 
nate a  formare  i  varii  organi.  Ma  di  queste 
posse  ona  sola  è  II  germe.  Ott.  ;  È  come  una 
affrica  dì  tnurs  »  eh»  ha  seniimento ,  e  movi- 
«tufo  non  proctuho;  perocché  non  nfèota  co- 
m§  gU  altri  jMueì,  ma  ha  movimcnio  di  diìa- 
tarn  •  di  strigneni ,  come  il  lombrico.  Ma 
poi  P anima,  o  la  virtù  deW animar  eh*  è  nel 
emore*  dilata  U  membra  edistrigne:  e  ffueito 
fa,  ateiocché  le  potenze  dell'anima  ahUiano 
fli  or^ni  SMOt  ;  delle  quali  potenze  essa  aui 
«MI  ii  è  teme  e  fondamento. 

1D..IXTBXDB.  Ott.  :  La  virtù,  che  procede 
4ai  cuore  del  ijenerante;  si  spande  xo/ua  tutti 
fMORlt  li  membri  ;  e  dal  cuore  procede ,  nel 
yiofa,  come  nel  primo  fondamento  dell'  ani- 
«a,  è  la  virtù  generativa  di  tutti  i  membri. 

li*  AxiMAL.  ConT.:  Siccome  levando  V  ul- 
timo canto  del  pentagono  ,  rimane  quadran- 
gcto;  cosi  levando  f  ultima  potenza  deli  ani- 
mo ,  ^oè  ìa  ragione,  non  rimane  più  uomo, 
«M  oo$a  con  aniwM  sensitiva  solamente,  cioè 
mmkoale  Imlo.La  similitudine  è  tolta  da  Arist. 
(  Da  An.»  II ,  3  ).  — Fantb.  Uomo  (  e.  \1,  22). 
no  fori. 

n.  Possibile.  Arist.  (  HI ,  De  An.  ) ,  e 
▲verroe  ,  combattuti  da  s.  Agost.,  da  s.  Tom. 
e  da  Scoto.  DilTcrisce  1* intelletto  dal  senso, 
il  perpetuo  dal  corruttibile.  I  fantasmi  sono 
•U'ÌDteUetlo  come  i  colori  alla  vista.  Or 
Averroe  dice  che  l'anima  nostra  intelligente 
Don  a' unisce  al  corpo  come  forma,  e  che 
r  intelletto  possibile  è  cosa  separata  da  noi. 
E  Aristotele  lo  dice  insieme  distinto  dall' es- 
aer  nostro  e  congiunto  ;  e  dice  che  noi  per 
•860  operiamo  e  intendiamo.  Averroe  faceva 
distioio  il  possibile  intelletto  dall'  anima  , 
perché  4  diceV  egli  ,  non  è  forma  del  corpo, 
ciò  elle  non  é  né  corpo  né  virtù  corporale. 
Diceva  ionoUre  :  T  intelletto  riceve  in  sé  tut- 
to lo  forme  materiali;  ora  il  continente  de- 
Y  osaere  diverso  dalla  natura  del  cuntenuto. 
Né  r  intelletto  possibile  si  può  attribuire  a 
parte  veruna  del  corpo ,  poKhè  non  é  aito 


Perchè  da  lui  non  vide  organo'  assunto. 

23  Apri  alla  veriti  che  Tiene  il  petto; 
E  sappi  che  si  tosto  come  al  feto 
L'articolar  del  cerebro  ò  porfetro. 

24  Lo  Motor  primo  a  lui  si  volge  liotr) 
Sovra  tanta  arte  di  natura  ,  e  spira 
Spirito  nuoYO  di  virtù  repleto, 

25  Che  ciò  che  trova  attivo,  quivi  tira 
In  sua  sostanzia  e  fassi  un'  alma  sola 


del  corpo  ;  né  l' intendere  è  operazione  d'or, 
gano  corporeo  nessuno.  S.  Tom.  (  coni,  ^en- 
les  ,  1.  II  ),  confuta  siffatti  argomenti.  ^« 
rinloUetto  possibile,  die' egli,  fosse  separa- 
to dall'anima,  l'uomo  non  intenderebbe  nu 
sarebbe  inteso  da  cotesto  separato  intelletto. 
E  r  intelletto  possibile  é  già  noli' uomo  fin 
dal  principio;  senza  che,  inanellerebbe  la 
capacità  dell'  intendere  ,  la  ragione.  Non  e 
dunque  l' intelletto  possibile  un  che  comune 
a  tutti  gli  uomini  che  furono  o  sono,  e  sa- 
ranno ,  come  Averroe  vuole  nel  terzo  deirAn:- 
ma.  E  r intelletto  v  unito  al  corpo  come  for- 
ma ,  poiché  sempre  una  forma  dev*  esteta 
unita  con  la  materia.  Ne  riparla  poi  nelU 
Somma  ,  e  dice  ohe  l'  anima  è  la  fonna  n- 
hcnziale  del  C(»rpo.  Intelletto  possibile  era  la 
facoltà  d'intendere,  facoltà  dagli  antichi  nega- 
ta air  intelletto  agente.  Scoto  (  in  IV  ,  disi. 
45,  qu.  1  )  :  Nullus  intellectus  intelUgit  .  ntii 
intellectus  potsihilis,  quia  agens  non  intelUitii. 
L'intelletto  agente  traeva  dulie  materiali,  h* 
spirituali  specie;  il  possibile  le  intendeva,  b 
lo  chiamavano  possibile  per  potersi  infonderò 
negli  uomini  tutti.  —  Organo.  S'è  \eduta 
r  obiezione  d'  Averroe  ,  e  la  risposta  di  saa 
Tomaso. 

23.  CzasaRO.  S.  Agost.  pone  V  anima  ra- 
zionale non  nel  cerebro  ma  nel  sangue,  e 
nel  cuore. 

24.  MoTOR.  Par.  .  !  :  Colui  che  tutto  mo- 
ve. —  LiKTO.  l'crrhè  vtdit...  guod  esset  bonum 
(Gen.,  I  ).  Ps.  CHI:  Lnetahitur  Dominus  in 
operibus  suis.  Nel  XVI  dice:  L*  anima... mos- 
sa da  lieto  Fattore.  —  Spira.  Cic.  (  Tusc.  ): 
Hitmanìss  animus  excerptus  ex  mente  divina. 
Sap.  (  XV,  11  ):  iiispiravit  illi  animam,  quae 
operatmr ,  et  qui  insufjlavit  et  spiritum  a- 
talem, 

25.  ATTiTa.  L' anima  sensitiva  ha  luogo , 
dice  Pietro ,  nella  prima  massa  carnosa  la 
qoal -comincia  ad  aver  vita:  quindi  si  fprma 
il  core,  il  fegato,  il  cerebro:  e  ,  organiiza- 
to  r  embrione  .  l'  anima  razionale  é  infusa 
da  Dio  ,  e  d'animale  Tegetante   diventa  ani- 

I  mal  ragionevole.  —  Sola.   L'  intellettiva  ,  la 


35b 


DEL    PURGATO  R.IO 


Che  vive  e  senle,  e  sé  in  gè  rigira. 

26  E  perchè  meno  ammiri  la  parola , 
(uiarda  1  caJor  del  sol  che  si  fa  vino, 
(liunto  air  umor  che  dalla  vite  cola. 

2V    E  quando  Lachesis  non  ha  più  lino, 
Sdvef  i  dalla  carne ,  ed  in  virtute 
Seco  ne  porta  e  V  amano  e  *l  divino. 

2d    L'altre  potenzio  tutte  quaute  mute; 
Memoria  ,  intelligenzia  e  volontade, 
In  atto  ,  molto  più  che  prima  ,  acute. 

29  Seiiza  restarsi ,  per  sé  stessa  cade 
Mirabilmente  air  uria  delle  rive  : 
Quivi  conosce  prima  le  sue  strade. 

30  Tosto  che  luogo  il  la  circonscrive, 
La  virtù  formativa  raggia  intorno 
Cobi  e  quanto  nelle  membra  vive. 

31  E  come  Y  aere  ,  quand'è  ben  p'iorno. 
Per  l' altrui  raggio  che  'n  sé  si  riflette, 
Di  diversi  color  fì  mostra  adorno; 

32  Cosi  r  aer  vicin  quivi  ^i  metto 

vegetativa  ,  e  la  sensitiva.  Lo  spirito  intelli- 
gente tira  a  sé  l'  anima  sensitiva.  —  Rigira. 
Hoot.  (  1.  Ili  ):  in  temet  reditura  meat.  Ott.: 
Dfulla  vertude  senritìva  è  refleasiva  iopra  iè 
tuedesima  ;  perocché  è  virtù  offitsa  ad  organo. 
Sola  la  virtù,  che  re/lette  sé  sopra  sé  medesima 
e  la  virtù  che  non  é  legata  da  organo,  eh'  é 
soto  lo  intelletto:  onde  dice  il  Filosofo,  nel 
cap.  XXX  dell'Anima,  che  lo  intelletto  ...  ha 
ragione  d'intendere  e  ragione  d'inteso;  onde 
in  sua  opera  é  principio  e  fine,  E  così  pare, 
ch'egli  si  abbia  a  modo  d'uno  giro,, .quando 
uno  medesimo  é  il  principio  e  la  fine,  secondo 
la  sentenza  di  coloro  eh9  pongono  nel  compo- 
sUn  una  sola  forma, 

26.  Vino.  Redi  :  Sì  bel  sangue  é  un  raggio 
acceso  Di  quel  sol  che  in  del  vedete,  Empc- 
dotte  siiniò  che  le  piante  fossero  figlie  della 
terra  ,  e  i  lor  frutti  nascessero  di  fuoco  ed 
acqua.  Ateneo  (  lib.  Il  )  cita  Euripide  ,  lad- 
dove dice  che  un  de'  cavalli  del  sole  opera  la 
maturila  delle  ove.  Il  Galileo  (  Magalotti,  V 
It'it.  scieoiif. }  credeva  che  il  vino  fosse  un 
compo^>to  d'umore  e  di  luce.  Or  come  il  sole 
coir  umor  delia  vite  si  fa  vino  ,  cosi  ,  dice 
Stazio  ,  lo  spirito  coli'  anima  sensitiva  si  fa 
intelligenza.  Ott.  :  Così  fa  la  virtù  dell*  ani- 
ma intellettiva  ,  di  convertire  la  potenza  ve- 
getaftilé  e  la  sensitiva  ,  e  unirle  a  si, 

27.  Lacbesìs.  Cloto  è  nominata  nel  e.  XXI; 
Atropòs  Dell' Inf.  ,  XXXUI.  Ott.:  Cioè  quan- 
do l'umido  radicale  è  tutto  consumato,  — 
PofiTA.  Così  Arisi.  (De  Anima).  La  firtù  sen- 
iiti\a  e  l'intplligfnte. 


In  quella  forma  ehe  in  lui  suggella 
Virtualmente  1*  alma  che  ristette. 

33    E  simigUante  poi  alla  fiammella 
Che  segue  l  foco  là  *vunque  si  moti, 
Sepue  allo  spirto  sua  forma  novella. 

*^k  ,  Però  che  quindi  ha  poscia  sua  panila. 
E  chiamata  ombra  :  e  quindi  orfana  poi 
Ciascun  sentire  infino  alla  veduta. 

35  Quindi  parliamo  e  quindi  ridiam  noi , 
Quindi  facciam  le  lagrime  e  i  sospiri 
Che  per  lo  monte  aver  sentiti  puoi. 

36  Secondo  che  ci  afiiggon  li  disirì 
E  \i\ì  altri  alTetti,  1'  ombra  si  figura: 
E  questa  é  la  cagion  di  che  tu  miri. 

37  E  già  venuto  all'  ultima  tortura 

S*  era  per  noi ,  e  vòlto  alla  man  destra; 
Ed  eravamo  attenti  ad  altra  cura. 

38  Quivi  la  ripa  fiamma  in  fuor  balestrai 
E  la  cornice  spira  fiato  in  su<o 

Che  la  rellette  ,  e  via  da  lei  sequestra. 


28.  Memoria.  Cic.  (  Rctt. ,  II  )  :  V 
ligenza  vede  il  presente,  la  memoria  il 
to.  Le  potenze  sensitive  son  qaasi  ammonale 
perchè  mancano  gli  organi  dopo  la  morte:  le 
spirituali  più  vive  perchè  ,  dice  V  Ott. , 
sono  impedite  da  alcuna  virtù  naturale  o 
siti  va. 

29.  Rive.  Ad  Acheronte  o  in  rifa  del  Te- 
vere (  e.  II  ). 

31.  Fior  NO.  Da  pluvia. 

32.  Suggella.  S.  Thom.  :  Batiuntur  per  me- 
dum  alligationis,  —  Virtcalmentb.  Non  p^* 
eh'  abbia  in  se  cotai  forma,  ma  p«rch'ha  vir- 
tù d'operare.  Cosi  pensarono  i  Padri  spgaKi 
delle  idee  platoniche  ,  Origene  ,  Cleroenti: 
s.  Agostino  ne  dubita  (C.  D.  ,  X\I,  e.  10). 

33.  Fiammella.  Il  Maestro  delle  Seni.: Si 
viventis  hominis  corporeus  spirUus  (enehifi* 
carpare,  cur  non  post  mortem  etiam  corpen^ 
igne  lenea/ur?  Virg.  :  Igneus  est  ollis  vigerti 
coelestis  origo  Seminibus,  Veggasi  tutto  il  piS* 
so  del  VI .  730-745. 

36.  Afviggon.  Prov.  ,  XXII  :  Configet  ees, 
qui  confixerunt  animam  fjus.  Dell'  anima  e 
dello  stato  suo  fuor  del  corpo.  V,  s.  Toni.i 
2  2.  qu.  89. 

38.  Ripa.  La  falda  del  monte.  —  Fiamma- 
Per  punire  il  fuoco  d' ignobili  alTeiii:  Dom- 
ne  . ,  .  ure  renes  meos  ,  et  cor  meum.  E*  ct^ 
struisce  al  Paradiso  terrestre  quella  siepe  ài 
fiamme  che  imagina  s.  Isidoro  (  Etym. ,  Hi 
v.  e.  3)  :  Septus  est  undique  rumpkaea  fé»- 
ma  ,  ila  ut  ejus  cum  coelo  pene  jungatur  i*; 
cen</iic«yi.  Il  vento  viene  di  sotto  d»l  giro  dei 


CANTO   xxir. 


3!» 


39    Ond'  ir  oe  ooDveoia  dal  lato  schiuso 
Ad  uno  ad  uno  :  ed  io  temeva  1  foco 
Quinci ,  e  quindi  temeva  il  cader  giuso. 

hO    Lo  duca  mio  dicea  :  per  questo  loco 
Si  vuol  tenere  agli  occhi  stretto  1  freno; 
Però  cb*  errar  potrebbesi  per  poco. 

41  Summa$  Dtu*  clementiae,  nel  seno 
l)elgrand*ardore  allora  udi*  cantando, 
Che  di  volger  mi  fé  caler  non  meno. 

42  £  vidi  spirti  \ìer  la  fiamma  andando: 
Perch'io  guardava  a  loro  e  a'niiei  passi, 
Com|)artendo  la  vista  a  quando  a  quando. 

43  Appresso  1  Cnecb*a  queir  inno  Tassi, 


golofti  :  forev  «d  indicare  che  il  dìgioDo  re> 
prime  le  fiamme  del  malo  amore. 

39.  Quinci.  Virg. ,  XIl  :  Atque  hine  vasta 
foha  »  hine  ardua  nwenia  cìngunt. 

40.  Fbbho.  EccL  ,  IX  :  Averte  faeiem  tuam 
m  wmUere  eompta, 

41.  ^MMÀB,  Iddo  della  Chiesa  :  Quo  carde 
jNiro  iordibm  Te  peffruamur  largius,  Qui  lum- 


Gridavano  altoc  tii^tm  non  cognoeeo: 
Indi  rìcominciavan  V  inno  bassi. 

44  FinitolOt  anche  gridavano:  al  bo9eo 
Corse  Duna,  ed  Elice  caccionoe 
Che  di  Venere  avea  sentito  1  to90o. 

45  Indi  al  cantar  tornavano:  indi  donne 
Gridavano  e  mariti  che  fur  casti, 
Come  virtute  e  matrimonio  imponne. 

46  E  qu  'Sto  modo  credo  che  lor  basti 
l'er  tutto!  tempo  che  1  Fuoco  gli  abbrucia. 
Con  tal  cura  conviene  e  con  tai  pasti 

47  Che  la  piaga  da  sezzo  si  ricucia. 


6oj,  jeeur  morhidum  Aduret  igni  eongrue. 

43.  VmvM,  Parole  di  Maria  (  Lue.,  I  ].  — 
Bassi.  L*  ìddo  era  ornile  prego,  a  Dio;  gli  •- 
seropi,  forte  rimprovero  a  sé. 

44.  DUNA  (Met.,  II).  Cacciò  Caltfslo  vio- 
lala da  Giove;  poi  mutala  nella  cosiellazione 
dell*  Orsa,  detta  £iice.  Qui  reca  esempi  di  stu- 
pro :  nel  seguente  di  colpa  contro  natura. 


I  • 


356 


DEL    PURGATORIO 


CANTO     XXVI 


ARGOMENTO. 


S*  incontrano  i  Soddomiti  coi  luuuriosi  in  donna,  e  ii  baciano,  e  canianù  fK 
uni  Gomorra,  gli  altri  Pasifae  :  un  fatto  di  storia  profana,  uno  di  sacra,  /mi 
il  P.  a  Guido  Guinicelli  e  ad  Arnaldo  Daniello  poeti  da  lui  veneraii  :  àrmàk 
riifonde  in  provenzale. 

Una  C8DZ.  abbiamo  dì  Dante  nella  quale  od  Torso  è  italiano  ,  ono  proTenzale,  un  la- 
tino. Le  imagioi  vive  di  questo  c^nto;  il  sole,  la  (ianima,  rincontro  dell'anime,  le  mena- 
rie  poetiche,  le  quattro  similitudini  (non  conto  quella  dei  figli  d'issifile   un  po' stentata) 
fanno  contrasto  con  la  seyerità  dell'antecedente,  e  rammentano  in  parte  il  bellissimo 
.to  WIV.  Questo  canto  risponde  al  XV  e  al  XVI  dell'  Inferno. 

Nota  le  terzine  1,  2,  4;  la  10  alla  17;  la  20,  21,  23,  24,  25;  la  33  alla  36;  la 
45,  48. 


4 


1  Mentre  che  si  per  Torlo  uno  innanzi  altro 
Ce  n'andavamo,  spesso  il  buon  maestro 
Diceva:  guarda;  giovi  ch'io  ti  gcaltro, 

2  Feriami  '1  sole  in  su  Tornerò  destro. 
Che  già,  raggiando,  tutto  T  occidente 
Mutava  in  bianco  aspetto  di  cilestro. 

3  Ed  io  facea  con  T  ombra  più  rovente 
Parer  la  fiamma  :  e  pure  a  tanto  indizio 
Vidi  molt*ombn;  andando  poner  mente. 

Questa  fu  la  ca gioii  che  diede  inizio 
Loro  a  parlar  di  me:  e  comiiuiàrsi 
A  dir  :  colui  non  par  corpo  iìttizio. 


1.  Scali Bo.  Inf.,  XX:  T'oifenno.  L'usa 
M  Tetr.,  e.  10. 

2.  Ombro.  Il  sole  era  più  basso. —  Dbstbo. 
Salito,  prese  a  man  destra:  il  sole  lo  ferisce 
a  destra,  dunque  l'ombra  del  corpo  cadeva 
sulle  fiamme  \icine.  Quindi  la  maraviglia- — 
CiLKSTBO.  Bocc:  La  luce  il  cui  splendore  la 
tiode  fwjtje,  avea  già  V  ottavo  cielo  d'axMur- 


8 


Poi  verso  me  ,  quanto  potevan  farsi, 
Certi  si  feroD  ,  sempre  con  riguardo 
Di  non  uscir  dove  non  fossero  arsi. 

O  tu  che  vai ,  non  per  esser  più  tardo, 
Ma  forse  reverente  ,  agli  altri  dopo, 
Rispondi  a  me  che'n  seteedin  focoardo* 

Né  solo  a  me  la  tua  risposta  è  uopo; 
Che  tutti  questi  u'  hanno  maggior  sete 
Che  d' acqua  fredda  Indo  o  Etiopo. 

Dinne  com*  è  che  fai  di  te  parete 
Al  sol,  come  se  tu  non  fossi  ancora 
Di  morte  entrato  dentro  dalla  rete  ? 


rino  in  color  cilestro  mutato  tutto. 

3.  Mente.  Nuovo  modo  d'indicare  ch'egli 
era  corpo  mortale. 

5.  RiGUABDO.  Soffrono  ,  ma  voglion  la  pena. 

7.  Indo.  Ar.  (  XIII,  65  ):  Che  maggior  uo- 
po Di  refrigerio  ha  V  Indo  o  l'  Eliopo. 

8.  EsiB  ?  Nota  i  varii  modi  di  dipinger  te 
morte. 


CANTO    XXTI. 


357 


9    SI  mi  parlava  un  d*  essi:  ed  io  mi  fora 
Già  maiiirosto  s' io  non  fossi  atteso 
Ad  altra  novità  eh*  apparse  allora. 

1 3  Che  per  lo  mezzo  del  cammino  acceso 
Venne  ^ente  col  viso  incontro  a  questa  , 
La  qiiai  mi  fece  a  rimirar  sospeso. 

11  Li  vep:i;io  d'  ogni  parte  farsi  presta 
Ciascun' ombra,  e  baciarsi  una  con  una, 
Senza  restar,  contente  a  brieve  festa. 

12  Cosi  per  entro  loro  schiera  bruna 
S*  ammusa  V  una  con  V  altra  formica , 
Forse  a  spiar  lor  via  e  lor  fortuna. 

13  Tosto  che  parton  l'accoglienza  amica, 
Prima  che  ì  primo  passo  11  trascorra  , 
Sopragi^ridar  ciascuna  s' affatica  ; 

14-    La  nova  gente:  Soddoma  e  Gomorra. 
£  r  altra  :  nella  vacca  entrò  Pasife 
Perchè  1  torello  a  sua  lussuria  corra. 

15  Poi  come  gru  ch'alle  montagne  Rife 
Volasser  parte,  e  parte  invcr  V  arene  , 
Queste  del  gel ,  quelle  del  sole  schife; 

1j6     L'  una  izenle  sen  va,  l'altra  sen  viene, 
£  tiirnai)  lacrimando  a'  primi  canti 
£  al  Ibridar  che  più  lor  ti  conviene. 

17  £  raccostarsi  a  me  come  davanti  , 
£ssi  medesmi  che  m'  avean  pregato  , 
Attenti  ad  ascoltar  ne'  kor  sembianti. 


10.  Lfcr)5TR0.  Neil*  Inf.  ,  XVIII ,  le  due 
sdiiere  de'rufliani  e  dei  sedoltori  s'ÌDContrano. 

12.  Bruna.  Virg.  :  /(  nigrum  campis  agmen, 

—  Fortuna.  La  preda. 

13.  SoPRAGGRiDAR.  Gridano  a  chi  più  paò. 

14.  Nova.  Questa  è  la  schiera  di  chi  peccò 
contro  natura  ,  l'altra  della  naturale  lussuria. 

—  Soddoma  (  Geo.  ,  XVlU  ).  —  Pasìfb  (  K. 
iDf.  ,  e.  Xll  ).  Anco  in  prosa. 

15.  Gru.  Cantano ,  come  i  gru  van  eantan- 
do  lor  lai  i  Inf.  ,  V  ).  —  Rifb.  Rifee.  Lue: 
MUùpaeai  hue  solve  nives.  Anco  Virgilio  le  no- 
mina.  —  Volasser.  Pone  cosa  che  doo  è.  — 
Améke.  Inf. ,  XXI Y  :  Più  non  $i  vanii  Libia 
•OH  tua  rena, 

16.  Canti.  Cantano  la  prece,  e  gridan  gli 
«■empi  (  e.  XXV,  terz.  41,  43  ). 

17.  Sembianti.  Inf. ,  XXIII  :  Mostrar  gran 
fhUa  DelC  animo  ,  col  viso  ,  d*  esser  meco, 

18.  Grato.  Per  grado ,  come  aggrata  per 
aggrada  (  Inf.  ,  XI  ). 

19.  Mature.  Non  son  morto  né  tecchio  né 
giovane.  Alquanto  stentato. 

20.  MoRTAL.  Susi.  Come  {' elenio  per  Vani^ 
(  e.  V  ). 


18  Io  che  duo  volte  avea  visto  lorjgrato. 
Incominciai  :  o  aniaie  sicure 

D*aver  quando  che  sia  di  pace  stato  , 

19  Non  son  rimase  acerbe  nò  mature 
Le  membra  mie  di  là,  ma  son  qui  meco 
Gol  sangue  suo  e  con  le  sue  giunture* 

20  Quinci  su  vo  per  non  esser  più  cieco. 
Donna  è  di  sopra  che  m'acquista  grazia, 
Perchè  i  mortai  pei  vostro  mondo  reco. 

21  Ma  se  la  vostra  maggior  voglia  sazia 
Tosto  divegna  ,  si  che 'Iciel  v'alberghi 
Che  pien  d'amore  e  più  ampio  si  spazia  » 

22  ])itemi  acciocché  ancor  carte  ne  verghi. 
Che  siete  voi ,  e  chi  è  quella  turba 
Che  se  ne  va  diretro  a*  vostri  terghi  ? 

23  Non  altrimenti  stupido  si  turba 
Lo  montanaro  e  rimirando  ammuta 
Quando  rozzo  e  salvatico  s' inurba, 

24  Che  ciascun  ombra  fece  in  sua  panila. 
Ma  poiché  furon  di  stupore  scarche , 
Lo  qual  negli  alti  cor  tosto  s'  attuta  : 

25  Beato  te  che  delle  nostre  marche  , 
Ricominciò  colei  che  pria  ne  chiese  , 
Per  viver  meglio  esperienza  im barche  ! 

26  La  gente  che  non  vien  con  noi,  oflise 
Di  ciò  ,  perchè  già  Cesar  trionfando 
Regina  centra  sé  chiamar  s*  intese. 


21.  Amorb.  L' empireo  (  Gony.  ,  tr.  H,  e. 
4  ).  Par. ,  XXVII  :  Luce  ed  amor  d*un  eer- 
ehio  lui  comprende, — Ampio.  Inf.,  II:  />o/- 
l*  ampio  loco  ove  (ornar  tu  ardi, 

23.  Inurba.  Per  entrare  in  città  V  osa  il 
Pulci  (  XXV,  299  ).  Fiera:  StrabiUdrn  ragat- 
xon  villani  Non  più  slati  a  città, 

24.  Paruta.  L'  usano  Bart.  di  s.  Gone.  ed 
il  Caro.  —  ScARCHB.  Buonarroti:  F$  delle  ei- 
glia ,  Carico  di  stupor ,  non  pieeiol  arco.— 
Attuta.  Uor.  (  £p.  ,  1,6):  Nil  admirari 
prope  ree  est  una  Numici,  Solaque  quae  positi 
facere  et  servare  beatum. 

25.  Marchb.  Regioni.  — Imbarcde:  L'espe- 
rienza è  viatico  e  merce. 

26.  Offbsb.  Peccò.  Y.  S.  Padri  :  Chièdeva 
perdono,  vedendo  eh' avea  molto  offeso,'^ 
Cbsar.  Gantavano  :  GtUUas  Caesar  tubegit , 
Nieomedee  Caetarem:  Ecce  Canarnune  triumr 
phut...  SuetoD.  (pul.,  49  ):  Octavius,,, quidam, 
vaUludine  mentis  Uberiui  dieax,  convenne 
maxima  quum  ihtmpejum  regem  appellaeset 
ipsam  reginam  salutavit.  Questo  motteggio 
Dante  trasporta  al  trionfo,  dove,  nota  l' Anon., 
Ucito  ero  di  dir9  ai  dioii/blon  o^iit  viUmnia 


356 


DEL    PUB6AT0KI0 


27  Però  si  partoD,  Soddoma  gridando, 
Rimproveraudo  a  se  ,  com*  hai  udito  : 
£  aiutaD  1*  arsura  vergogoaodo. 

28  Nostro  peccato  fu  ermafrodito  : 
Ma  perchè  non  servammo  umana  legge , 
Seguendo  come  t)estie  l'appetito  , 

29  In  obbrobrio  di  noi  per  noi  si  legge  , 
Quando  partiamci  ,  il  nome  di  colei 
Cbesimbestiò  ueirimbestiate  schegge.  1 

30  Or  sai  nostri  atti,  e  di  che  fummo  rei. 
Se  forse  a  nome  vuoi  saper  chi  senio  , 
Tempo  non  è  da  dire  ,  e  non  saprei. 

31  Faretti  ben  di  me  >olere  scemo. 
Son  Guido  Guinicelli:  e  già  mi  purgo , 
Per  ben  dolermi  prima  eh  allo  stremo» 

32  Quali  nella  tristizia  di  Licurgo 
Si  Ter  duo  figli  a  riveder  la  madre, 

Tal  mi  fec*  io  ,  ma  non  a  tanto  insurgo, 

33  Quand*  i*  udi*nomar  se  stesso  il  padre 
Mio  e  degli  altri  miei  miglior  che  mai 
Rime  d*  amore  usar  dolci  e  leggiadre. 


34^    E  senza  udire  e  dir  fensoso  andai 
Lunga  fiata  rimirando  lui  ; 
Né  per  lo  foco  in  là  più  m*  appressai. 

35  Poiché  di  riguardar  pasciuto  fui , 
Tutto  m*  offersi  pronto  al  suo  servìgio 
Con  r  affermar  che  fa  credere  altniL 

36  Ed  egli  a  me  :  tu  lasci  tal  vestigio , 
Per  quel  ch*io  odo,  in  me,  e  tanto  chiaro 
Che  Lete  noi  può  torre  né  far  bigio. 

37  Ma  se  le  tue  parole  or  ver  giuraro, 
Dimmi  che  é  cagion  perchè  dimostri 
Nel  dire  e  nel  guardar  d*  avermi  caiot 

38  Ed  io  a  lui  :  li  dolci  detti  vostri , 
Che  ,  quanto  durerà  V  uso  moderno, 
Faranno  cari  ancora  i  loro  inchiostri. 

39  0  frate  ,  disse  ,  questi  ch'io  ti  soemo 
Col  dito  (e  additò  uno  spirto  innanzi) 
Fu  miglior  fabbro  del  parlar  materno. 

t^O  Versi  d' amore  e  prose  di  romanzi 
Soverchiò  tutti.  E  lascia  dir  gli  stolti 
Che  quel  di  Lemosl  credon  eh*  avanzi. 


a  dinotare  la  libertade  del  popolo  ,  e  ruma- 
nitade  del  trionfatore. 

28.  EaMAFBODiTO.  Di  maschiu  con  femmi- 
DB  :  ma  con  iuiemperanza  dcgtia  più  di  bestia 
che  d*  nomo  ;  onde  sono  simboleggiati  in  Pa* 
sifae  (  Ed.  VI). —  SgrvaihiOv  Albert»:  La 
Uijge  fiatvrale  servare*  Godv.,  IX:  Vuole  este- 
re evidente  ragione  che  partire  faccia  Vuomo 
da  quello  che  per  gli  altri  è  stato  servato 
lungamente,  —  Bbstib.  Ps.  :  Homo ,  ^tium 
t#à  Sonore  estet ,  non  iutellexit  :  comparatus 
est  jumentis  iiuipientihus. 

29.  Leggb.  Dice.  Come  nell'Inf. ,  X. 

30.  Tempo.    De' Soddumiii ,   nel   XV    del- 
1  Inf.  :  Che  'l  tempo  saria  corto  a  tanto  mono. 

31.  GiiiK).  Bolognese  ,  gbibellino  esule 
nel  1268:  uomo  retto,  e  valente  in  isclenza: 
Uè' primi  a  pulire  lo  stile  italiano.  Lasciò 
quasi  una  scola  poetica ,  che  durò  poco  in 
Bologna.  Lo  nomina  il  P.  nel  Conv.  :  Quel 
fwbile  Guido  Guinicelli,  E  nella  Vulg.  El.  : 
Mlaximus  ille  Guido.  00.:  Disse  leggiadra- 
mente in  rima  nel  tempo  della  più  fiorita  vi- 
ta dell'  A.  Pelr.  (  Tr.  Am.  )  :  Ecco  i  due  Gui- 
di che  già  faro  in  prezzo. 

32.  TaisTiziA.  Toante  ed  Eumenio  figli  di 
Giasone  ed' Issilile,  nella  tristizia  di  Licurgo 
trace  per  la  morte  del  iìglio  divorato  da  un 
5«rpeute  (  perchè  Issilìle  V  aveva  mal  custo- 
dito ,  e.  XXII  ).  Voleva  uccìderla ,  quando  i 
figli  la  riconobbero  e  liberarono.  Stat.,  IX  : 
iir  tela  manusque  Irruerunt  matremque  avi- 
dii  €ompUxiJbui   ambo  DiripiwU  ftetifff ,  al- 


temaque  pectora  mutant.  Ma  Dante  soggiaa* 
gè  ,  non  tanto  essere  stato  1*  tm|>elo  in  Va 
della  gioia,  che  non  saltò  tra  le  fiamme a|P 
amplessi. 

33.  Padrb.  Così  padre  è  detto  Virgilio.— 
MiEf.  Italiani.  Padre  per  lo  stile,  non  già  pH 
la  lingua:  e  vel  provi  la  lode  che  segue d'Ai> 
naido  provenzale:  dalla  qual  si  deduce  cki 
Dante  i  provenzali  anteponeva  agi*  ItaliaM 
poeti,  non  però  il  provenzale  allMtalitW 
idioma.  Conv.  (I,  10  )  :  Massime  dal  difut 
dere  lui  da'  molti  suoi  accusatori  li  quali  ^ 
spregiano  esso ,  e  commendano  gli  altri,  mì^ 
simamente  quello  di  Ungua  (T  oco  dicendo  cVé 
più  bello  e  migliore  quello  che  quuto , 
lendosiinciò  dalla  verità,  Cheperquwto 
mento  la  gran  bontà  del  volgare  di  si  ev 

35.  Affebmah.  Giurando  (  teri.  37). 

36.  Lbtb.  Quando  lo  passerò  par  saliftal 
cielo  (  e.  XXXIII  ). 

39.  QuBsti.  Arnaldo  Daniello.  Ne  parla  Bilil 
Volg.  El.,  e  cosi  di  Gerardo.  La  poesia  pit* 
venzale  era  ai  nostri  familiarissima  :  gli  Al* 
bigesi  la  diffusero  in  Italia  ;  e  anche  prtai 
n'avevamo  notizia.  Ruggieri  I  nel  1180  |É^ 
lava  francese  ;  e  nel  secolo  XIII  franeefe  é 
parlava  alle  piccole  corti  della  Marea  TtÈ& 
giana.  — -  Matebno.  Latino  chiamavaosi  cf 
iuliano  e  il  provenzale  linguaggio,  geneUit 
riguardati  qui  come  un  solo. 

40.  Prose.  Tasso  (  v.  Ili  ,  p.  107  )  :  ly 
manzi  non  si  scrivevano  inverei  ma  inpnm^ 
Mon  sempre. 


CANTO    XXVI. 


3W 


4i    A  voce  più  eh*  al  ver  drizzan  li  volti; 
E  così  ferman  sua  opinione 
Prima  eh'  arto  o  ragion  per  lor  s'ascolti. 

42    Co^ì  Ter  molti  antichi  di  Guittone. 
Di  grido  in  grido  pur  lui  dando  pregio, 
Fin  che  Tha  vinto!  ver  con  più  persone. 

i3    Or  se  tu  hai  si  ampio  privilegio 
Che  licito  ti  sia  1*  andare  al  chiostro 
Nel  quale  è  Cristo  abate  del  collegio, 

54    Fàgli  per  me  un  dir  di  paternostro, 
Quanto  bisogna  a  noi  di  questo  mondo 
Ove  poter  peccar  non  è  più  nostro. 

45  Poi ,  forse  per  dar  luogo  altrui, secondo, 
Che  presso  avea ,  disparve  per  lo  fuoco, 

42.  GuiTTO!ns.  Pctr.  (  Tr.  d'  Am.  ,  IV  )  ; 
GftiUon  it  Arezzo  ,  Che  di  non  esser  primo 
par  eh'  ira  agyia  .  .  .  Fra  tutti  il  primo  Ar^ 
naldo  DanUUo ,  Gran  maestro  d*  amor ,  eh* 
aUa  $ua  terra  Anco  fa  onor  col  dir  polito  e 
Mio.  Grido.  Conv.  (I,  li  )  :  Quelli  eh' è  vie- 
to del  lume  della  discrezione ,  sempre  va  nel 
suo  gnidicio  secondo  il  grido  o  diritto  o  falso, 

43.  Abate.  Per  capo  in  genere,  ha  esempi 
•niichi  :  ma  qai  vai  proprio  abate  di  frati  : 
ed  è  traslato  non  nobile.  —  Collegio.  V.  S. 
Girci.  :  Tutto  U  collegio  de*  fedeli. 

44.  Paternostro.  Nel  e.  XI ,  abbiam  ve- 
dalo Je  anime  cantare  qaest'  orazione  ,  adat- 
tata anco  ai  porga  mi  ,  tranne  le  ultime  pa- 
role :  et  ne  noe  ...  —  Nostro.  Vlrg.  :  Non 
natirwm  inter  vos  tantas  eomponere  lites. 

47.   LiBBRAMBNTB.   Coitesemcnle.   Libertà 


Come  perVacqua  il  pesce  andando  al  fondo, 
46   Io  mi  feci  al  mostrato  innanzi  un  poco 
E  dissi  eh*  al  suo  nome  il  mio  desire 
Apparecchiava  grazioso  loco . 
V7    Èi  cominciò  liberamente  a  dire  : 
Tan  m' abellis  vostre  cortes  deman 
CKieu  non  me  puesc  nim  voti  a  vos  cobrire, 
4.8    Jeu  iui  Amautz  che  piar  e  vai  cantan, 
Consiros  vei  la  passada  follor 
E  vei  jauzen  lo  joi  qu*  esper  denan. 
k9    Àra$  vos  prec,  per  aquella  valor  (  na, 
Que  usguidaal  somsensfreich  esens  cal^ 
Sovegna  vos  atenprar  ma  dolor. 
50    Poi  s*  ascose  nel  fuoco  che  gli  affina  , 


per  liberalità  è  nel  Convivio.  —  Tiy.  Tanto 
m*  abbella  (  piace  ,  Par.  ,  XXVI  )  vostro  cor- 
tese dimando  ,  cb'  i'  non  mi  posso  né  mi  vo- 
glio a  voi  coprire.  Io  sono  Arnaldo  che  ploro 
e  vo  cantando  :  pensoso  i'  veggo  la  passata 
follìa  ;  e  veggo  gaudente  la  gioia  che  spero 
dinanzi  (a  me  ).  Ora  vi  prego  per  quel  Va- 
lore che  vi  guida  al  sommo  senza  freddo  e 
senza  caldo:  sovvengavi  d'atiemprar  mio  do- 
lore. In  un'  opera  d*  Arnaldo  è  an  verso  che 
comincia  :  T  sono  Arnaldo  che  .  .  .    Freddo 
I  e  caldo  s'  oppone  al  caldo  e  al  gelo  d'infei^ 
no  (  lof. ,  IH  ;  Parg.  ,  III  ).  Seguiamo  la  le- 
zione data  dal  sig.  Raynoaard  (Joum.  des 
Sav.  ,  Fév.  ,  1830  ). 

50.  Affina.  G.  Vili:  ìÌ' miei por(at  tamor 
che  qui  raffina,  Petr.  (  II ,  e.  7  )  :  Oro  che 
nel  fuoco  affina. 


sto 


DEL   PUB6 ATORI O 


CANTO    xxvn. 


ARGOMENTO. 


Cade  U  iole  :  il  P.  pana  per  le  fiamme  a  purgare  la  luuuria  ;  cosi  come  «r- 
db  curvo  con  Oderigi  per  espiar  la  euperbia  ,  due  vizii  non  alieni  da  lui.  Dtfi 
altri  ii  purgò  per  la  vista  ,  per  V  udita  degli  esempi ,  e  per  contemplazione ,  ep^r 
pentimento.  La  notte  riposano  ;  e*  vede  in  fogno  Lia  ,  giovane  e  bella,  che  coglit 
fiori  ,  la  inta  attiva  che  deve  seguire  alC  espiazione ,  ed  è  passo  alla  contemplativa: 
guasi  anello  tra  il  Purgatorio  e  il  cielo ,  tra  Virgilio  e  Beatrice.  Beatrice  mmt 
Virg,^  è  mossa  da  Lucia  ,  Lucia  dalla  Vergine.  Lucia  lo  porta  al  Purg.:  mei  m»- 
no  gli  apparisce  Lia  ;  Matelda  lo  guida  a  Beatrice ,  Beatrice  alla  Vergine. 

NoU  le  terzine  2  ,  3  ,  5,  6»  9;  U  10  alla  15;  la  17,  18,  19;  la  21  alla  24;  la  fi. 
27  ,  30 ,  31 ,  33 ,  34,  35 ,  37 ,  38 ,  39  ,  41,  43  ,  45  ,  47. 


1  Sì  come  quando  i  primi  raggi  vibra 
Là  dove  1  suo  Fattore  il  sangue  sparse. 
Cadendo  Ibcro  sotto  V  alia  libra  , 

2  £  'n  r  onde  in  Gange  da  nona  riarse, 
Si  stava  il  sole  :  onde  '1  giorno  sen  giva 
Quando  Tangel  di  Dio  lieto  ci  apparse. 

1.  Quando.  Il  sole  nel  Parg.  tramontava, 
in  Gerasalemme  nasceva.  Quando  il  sole  in 
Ariete  nasce  a  Gerasalemme,  è  ora  di  nona 
sul  Gange,  Game  d'  Oriente.  —  Vibra.  Boet.; 
SMto  vibratia  lumine  Phoebus.  Altri  legge  : 
E 'n  Vende  il  Gange,  e  spiega:  La  Libra  è 
oppositi  aU' Ariete;  la  quale  si  trova  al  me- 
ridiano della  Spagna ,  il  cui  fiume  Ibero  (  no- 
«inalo  da  Staz.,I)  scorre  in  quel  tempo  sot- 
to di  lei.  Nel  tempo  stesso  cade  ,  scorre  il 
(iange  nell'onde  del  mare,  ardenti  perchè  scal- 
date dal  sole:  a  ora  di  nona  sul  mezzodì. 
L'  Ariete  dalla  Libra  è  distante  una  quarta 
di  cerchio.  Io  leggo  :  E  *n  i'  onde  in  Gange 
t  spiego  :  Il  sole  staya  in  Purg.  per  tramon- 
tare ,  come  quando  vibra  i  primi  raggi  in 
Gerusalemme,  e  i  raggi  suoi  vibra  in  Gan- 
ge :  le  cui  onde  son  dall'ora  di  nona  riarse. 
Allora  il  verso  Cadendo  ...  sarebbe  come  una 
parentesi  ,  e  cadere  varrebbe  trovarsi,  senso 
Hsitatissimo  delia  voce.  —  Ibbro.  Soitn.  :i- 


3    Fuor  della  fiamma  stava  in  tu  la  riva 
E  cantava  :  beati  mundo  corde , 
In  voce  assai  più  che  la  nostra  viva. 

k  Poscia:  più  non  si  va  se  pria  non  morde, 
Anime  sante  ,  il  foco.  Entrate  in  esio» 
Ed  al  cantar  di  là  non  siate  sorde. 


berus  amnii  totae  Hispanae  nomen 

2.  Gange.  Lue:  Qua eoUtur  Ganges.  tota  fM 
solus  in  orbe  OsHa  nascenti  contraria  somn 
Phoebo  Audet  ...  —  RYabsb.  Ott.  :  Qmm 
dica  :  ogni  dì  il  Sole  lo  riarde  una  voila  fSf 
la  sua  prosiimitade.  Il  periodo  è  troppo  iat*- 
luto ,  e  la  erudizione  geografica  troppo.  — 
Quando.  SuU*  imbrunire  eh'  è  l'ora  della  ìm- 
suria  ,  dice  Pietro  ,  l'Angelo,  la  eoseieiaa, 
e  Virg. ,  la  ragione ,  lo  guidano  alla  vittoria* 
Ps.  ;  Probasti  cor  meum ,  et  visitasti 
igne  me  examinasti, 

3.  Riva,  li  resto  della  strada  era  6ai 
(  XXV  ,  38).  —  Bbati,  In  questo  giro  s'a- 
cquista r  ultima  mondezza  dei  cuore. —Th 
VA.  Caro  epiteto.  Nella  voce  è  il  meglio  dfla 
vita.  Respiro  ,  anima ,  spirito  erano  in  aritf* 
co  sinonimi. 

4.  MoBDB.  Metaf.  ,  al  P.  frequente.  MoH 
Pietro  che  il  P.  fu  molto  impaccialo  io  vili» 
di  lussuria.  —  Cantar.   Venite  (  t.  SO  ). 


CANTO    XXVII. 


361 


5  Sì  disse  come  noi  gli  fummo  presso: 
Perch'  io  divemii  tal  quando  lo  'ntesi 
Quale  è  colui  che  nella  fossa  è  messo. 

6  In  su  le  man  commesse  mi  protesi    - 
Guardando*!  fuoco  e  immaginando  forte 
Umani  corpi  già  veduti  accesi. 

7  Yolsersi  verso  me  le  buone  scorte  ; 
£  Virgilio  mi  disse:  figliuol  mio  , 

Qui  puote  esser  tormentOj  ma  non  morte. 

8  Ricordati  ,  ricordati ...  E  se  io 
Sovr*  esso  Gerion  ti  guidai  salvo  , 
Che  farò  or  che  son  più  presso  a  Dio  ? 

9  Credi  per  certo  che  se  dentro  all'alvo 
Di  questa  fiamma  stessi  ben  mill'anni^ 
Kon  ti  potrebbe  far  d' un  capei  calvo. 

10  E  se  tu  credi  forse  eh'  io  t' inganni, 
Fatti  vèr  lei ,  e  fatti  far  credenza 

Con  le  tue  mani  al  lembo  de*  tuoi  panni. 
Jl     Pon  giù  ornai ,  pon  giù  ogni  temenza  : 
Volgiti  'n  qua  ,  e  vieni  oltre  sicuro. 
Ed  io  pur  fermo  e  centra  coscienza. 

12  Quando  mi  vide  starpurfermoeduro, 
Turbato  un  poco  disse  :  or  vedi ,  figlio  : 
Tra  Beatrice  e  te  è  questo  muro. 

13  Come  al  nome  di  Tisbe  aperse  1  ciglio 
Piramo  in  su  la  morte ,  e  riguardulla , 

8.  Mbsso.  Per  essere  propagginato  (  Inf., 
XIX  ,  16  ).  Pctr.  (  Tr. ,  Am.  )  :  Avea  color 
it  Mom  tratto  d*  una  toniba» 

6.MAN.UDadeUepiù  belle  terzine  del  poema. 

8.  GbkIon.  (  Inf.,  XYII,  33  ).  Se  li  salvai 
dalla  frode  pe&simo  de' mostri,  e  per  l'aria 
BBOtaodo  ;  come  non  ora  ? 

9.  Alvo.  Eccl.,  XV  :  Ventris  inferi.  Par. 
(  XII,  10  )  :  Ael  cuor  deWuna  delle  luci, 

10.  Panni.  PodIo  nel  faoco  :  non  brucerà. 

11.  PoN.  Lai.:  Ponemetum.  —  GoscKenza. 
dia  mi  diceva  d' obbedire.  Conv.  (I,  3):  Coa- 
fro a  coscienxa  parla.  Poi  o  con  concordia  o 
#00  discordia  di  coscienza. 

13.  DcRO.  Se  poeta  moderno  osasse  no  Ter- 
so al  semplice  ,  il  sinedrio  poetico  si  stracce- 
rebbe le  Testi  ;  gridando  bestemmia. —  Bka- 
TBics.  Sap.,  I  :  Aon ...  eapientia  ...  habitabit 
m  cvrpore  tubdito  peccatis.  —  Meno.  Petr.  : 
JWi  lo  fpi^a  t  la  man  qual  muro  è  messo  ? 

13.  Tmm.  Ot.  (Met.,  IV):  Ad  nomen 
nisòct  ocuioj  jam  morte  gravatoi  Pyramus 

tU  ,  %3isaque  recondidit  illa.  V  Olt.  :  Il  sanr 
misto  de'  due  amanti  bagnò  il  frutto   del 
"o  ,  che  tfi/ifio  a  quel  tempo  era  bianco. 

14.  Solla  (  lof.,  XVI ,  10  )•  Morbida.  ^ 
RiUiroLLA.  C.  V.:  Anittr  fooipoUa  Sooroffn- 


Allor  che  1  gel0o  diventò  vermiglio  ; 
ih    Cosi ,  la  mia  durezza  fatta  solla  , 
Hi  volsi  al  savio  duca  udendo  il  nome 
Che  nella  mente  sempre  mi  rampolla. 

15  Ond'  ei  crollò  la  testa  e  disse  :  corno 
Volemci  star  di  qua?  Indi  sorrise, 
Come  al  fanciul  si  fa  ch'è  vinto  al  ponn*. 

16  Poi  dentro  al  foco  innanzi  mi  si  mise  , 
Pregando  Stazio  che  venisse  retro  , 
Che  pria  per  lunga  strada  ci  divise* 

17  Com'io  fui  dentro,  in  un  bogliente  vetro 
Gittate  mi  sarei  per  rinfrescarmi  ; 
Tant'  era  ivi  lo  'ncendio  senza  metro. 

18  Lo  dolce  padre  mio,  per  confortarmi. 
Pur  di  Beatrice  ragionando  andava  , 
Dicendo:  gli'occhi  suoi  già  veder  parmi. 

19  Guidavaci  una  voce  che  cantava 
Di  là  :  e  noi  attenti  pure  a  lei 
Venimmo  fuor  là  ove  si  montava. 

20  Venite  ,  benedicti  putrii  mei  , 
Sonò  dentro  a  un  lume  che  li  era , 
Tal  che  mi  vinse  e  guardar  noi  potei. 

21  Lo  sol  senva,  soggiunse,  e  vienlasera: 
Non  V*  arrestate  ,  ma  studiate  il  passo 
Mentre  che  V  occidente  non  s*  annera. 

22  Dritta  salia  la  via  per  entro  1  sasso 

tier.  Rampolla,  yerdeggia,  rinasce,  frnltifica. 

15.  SoaaiSB.  Modesta  confessione  dell'im- 
perfezione propria.  Son  più  nel  poema  i  tratti 
di  modestia  che  d'orgoglio.  — Pomb.  Per  po- 
mo neir  Ar.  e  nel  Buonarroti. 

16.  DiviSB  (e.  XXVI  ,  6);  Oitt  che  vai... 
agli  altri  dopo.  Son  presso  alla  scienza  divi- 
na: la  scienza  umana  lo  vuole  presso  a  sé 
più  che  mai. 

17.  Vetro.  Il  fuoco  cancella  il  settimo  P. — 
Mktro.  Ariost.  :  Forza  che  passa  ogni  metro. 
La  voce  greca  signiGca  appunto  misura. 

19.  Guidavaci.  Is.,  L:  Ambulate  in  lumina 
ignis  vestri ,  et  in  flammis  quas  suecendistis. 
— \esìmmo,  Transivimus  per  ignem.  et  aquam» 

20.  Venite.  Le  voci  degli  Angeli  son  tutte 
parole  di  Cristo.  Con  queste  G.  C.  chiamerà 
nel  giudizio  gli  eletti  alla  gloria.  —  Vinsb. 
Par.,  IV  :  Che,  vinta  mia  virtù  ...  Mi  perdH 
con  gli  occhi  chini.  Prima  vedea  alcuna  par- 
te degli  Angeli  :  quest'  ultimo  è  tutto  luce  ; 
che  già  Siam  presso  al  cielo. 

21.  Studiate.  S'  usa  tuttora  in  Toscana. 
Gr.  ipèudo.  —  Annera.  Di  notte  non  si  sale 
(e.  VII,  17). 

22.  Parte.  Verso  oriente.  —  Lasso.  Or. 
M  sole  naaoc&ta  diiae  :  efw  rfteenfw . 

W 


302 


DEL    PURGATORIO 


Verso  tal  parte  eh'  io  toglieva  i  raggi 
Dinanzi  a  me  dei  sol  eh*  era  già  lasso. 

23  £  di  pochi  scaglion  levammo  i  saggi, 
Che'l  sol  corcar,per  l'ombra  diesispeose, 
Sentimmo  dietro  ed  io  e  li  miei  saggi. 

2V    £  pria  che'n  tutte  le  sue  parti  immense 
Fosse  orizzonte  fatto  d*  uno  aspetto  , 
E  notte  avesse  tutte  sue  dispense  , 

25    Ciascun  di  noi  d*  un  grado  fece  letto  ; 
(^.hò  la  natura  del  monte  ci  aiTranse 
La  possa  del  salir  ^  più  che  *1  diletto. 

2()    Quali  si  fanno  ruminando  manse 
Le  capre ,  state  rapide  e  proterve 
Sopra  le  cime  prima  che  sien  pranse , 

27  Tacite  ali  ombra,  mentre  che  1  sol  ferve, 
(luardate  dal  pastor  che'n  su  la  verga 
Pofigiato  s*  è ,  e  lor  poggiato  serve; 

28  E  quale  il  roand  fian  che  fuori  alberga, 
Lungo  'i  peculio  suo  quoto  pernotta  , 
(junrdando  perchè  fiera  non  lo  sporga  ; 

iI9    Tali  eravamo  tutti  e  tre  allotta  , 
Io  come  capra  ed  ei  come  pastori , 

23.  Levammo.  Buti:  Dì  pochi  avemmo 
esperienzia ,  eioò  pochi  ne  montammo.  —  Cor- 
car. Neatro.  —  Spense.  Dell'  ombra  ;  non  é 
forse  proprio,  ma  non  dispiace.  —  Sentimmo. 
Ci  accorgemmo.  È  frequente  in  Virgilio. 

24.  Dispense.  Si  stendesse  a  tutte  le  parti 
del  cielo  alle  quali  ella  dev'  essere  dispensa- 
ta. Nel  Conv.  (I,  3),  chiama  Dio  dispensa- 
tore  dell'universo.  Modo  a  noi  strano  alquanto. 

25.  Letto.  C.  Vili:  Ch' ha  fatto  alla  guan- 
cia Della  sua  palma  ...  letto.  —  Diletto.  Sa- 
livano con  diletto  ;  ma  la  legge  posta  di  non 
salire  di  noue  vietava  ir  più  oltre.  C.  XII: 
Fien  li  tuo' pie  dal  buon  voler  sì  vinti  Che.,, 
Fia  diletto  loro  esser  su  pinti. 

26.  Cime.  Virg.  :  Non  ego  vos  posthae,  vi- 
ridi projectus  in  antro ,  Dumosa  pendere  prò- 
cui  de  rupe  videbo,  —  Franse.  Latinismo. 
Hor.  :  Pransus  non  avide.  Par.,  XXV  :  Il  cibo 
che  lassù  ti  prande, 

27.  Serve.  Guardandole.  Le  regge  ,  ma  per 
ben  loro.  Quest'emistichio  pare  in  servigio  del- 
la rima,  ma  indica  come  i  due  P.  posavano  11 
per  amore  di  Dante. 

28.  ManurTan.  Di  pecore.  Nella  prima  si- 
militudine riguarda  sé,  nell'altra  i  due  P. 

29.  Capra.  Sarebbe  ridicolo  oggidì  :  ma 
rammentiamo  l'asino  d'Omero,  e  gli  asini 
della  Bibbia. 

30.  Fuori.  Li  stalla  era  angusta  :  al  ve- 
deva una  strisciolina  del  cielo.  —  Solere. 
Farad.  (  XVIII,  VI  ):  La  tua  $$mbiamMa 


Fasciati  quinci  e  quindi  dalla  grotta. 

30  Poco  potea  parer  li  del  di  fuori  : 
Ma  per  quel  poco  vedev'  io  le  iteile 
Di  lor  solere  e  più  chiare  e  maggiori. 

31  Sì  ruminando  e  si  mirando  in  quelle, 
Mi  prese  '1  sonno,  il  sonno  che  sovente 
Anzi  che  1  fatto  sia  sa  le  novelle. 

32  Neir  ora ,  credo  ,  che  dell'  oriente 
Prima  raggiò  nel  monte  Citerea 

Che  di  foco  d'amor  par  sempre  ardente, 

33  Giovane  e  bella  in  sogno  mi  parea 
Donna  vedere  andar  per  una  landa 
Cogliendo  fiorì  ;  e  cantando  dicea  : 

34  S'ippia  qualunque  '1  mio  nome  dimanda 
Ch*  i*  mi  son  Lia  ,  e  vo  movendo  *ntomo 
Le  belle  mani  a  farmi  una  ghirlanda. 

35  Per  piacermi  allo  specchio  qui  m'adorno; 
Ma  mia  suora  Rachel  mai  non  sismaga 
Dal  suo  ammiraglio, esiede  tutto  giorno* 

36  Eir  è  de*  suoi  begli  occhi  veder  vagì 
Com'  io  dell'  adornarmi  con  le  mani  : 
Lei  lo  vedere  ,  e  me  T  ovrare  appagL 

est^a  gU  altri  e  V  ultimo  ioUre.  S.  Ba8Q.(HoB. 
de  Par.  terr.)  :  Loeum  ...  quiobtiiug  calato* 
dinem  nulla  tenebreseit  caligine,  quipptftm 
exorientium  siderum  splendor  tliymtnaf ,  tf 
undique  suo  lumine  circumfundii, 

31.  Ruminando.  Si  paragoni  coH'addoroN» 
tarsi  del  e.  XVIU.  —  Sa.  C.  IX:  B  €k§k 
mente  •..  Quasi  è  divina, 

32.  Ora.  Venere,  quand'è  perigeo»  film 
talvolta  due  ore  prima  dd  sole.  «-  Pmha> 
L'  Ott.  intende  che  ilP.  accenni  la  primi  vi^ 
ta  che  Venere  apparve  ad  Adamo  e  ad  Hi 
sul  monte  delle  delizie.  Non  panni. 

33.  Bella.  La  Lia  della  Genesi  eoo  è  bil- 
ia. Qui  Lia  dunque  è  simbolo.  —  Paria*  B 
sogno  è  la  contemplazione  della  Tiriù.  — >Fli* 
RI.  Opere,  dice  Pietro,  apparecchiate  i  iv 
frutto,  delle  più  belle. 

34.  Mi.  Bocc.  :  Io  mi  son  giovan^Ua,  alt* 
lontieri  M*  allegro  e  canto. — Lia.  Pietro:  It 
viriìk  morali  tono  ordinate  alla  ftUcUà 
vita  attiva:  Lia  simboleggia  la  vita  < 
della  primitiva  Chiesa  ;  RacheU  la  vita 
templativa;  Malelda  la  vita  attiva  détta  G 
novella.  Alla  vita  attiva  convien  arritart^ 
da  vizii. — (>u IRLANDA.  Premio  del  ben  fkit. 

35.  Ammiraglio.  Specchio.  Gnittone:  M 
mondo  miragli.  —  Siede.  Rammenta  quel  da 
di  Marta  è  narrato  nel  Vangelo. 

36.  Occui.  Gli  occhi  di  Rachele  sono  la  a» 
templazione  che  si  rillette  in  sé  sicssa.-VKDBRK* 
KeiConr.ydicela  vita  contemplativa  piò  nubilt. 


CANTO    XXVII. 


3C3 


37  E  già  per  gli  splendori  anteculani 
Che  tanto  ai  peregrin  surgon  più  j.t  iti 
Quanto  tornando  albergan  men  lontani , 

38  Le  tenebre  fuggian  da  tutti  i  lati, 

E  *i  sonno  mio  con  esse:  ord*io  levami  , 
Vergendo  i  gran  maestri  già  levali. 

39  Quel  dolce  pome  che  per  tanti  rami 
Cercando  va  la  cura  de  mortali , 
Oggi  porrà  in  pace  le  tue  fami. 

40  Virgilio  inverso  me  queste  cotali 
Parole  osò  :  e  mai  non  furo  strenne 
Che  fosser  di  piacere  a  queste  iguali. 

hi    Tanto  voler  sovra  voler  mi  \onne 
Deir  esser  su  eh*  ad  ogni  passo  poi 
Al  volo  mio  sentia  crescer  le  penne. 

43    Come  la  scala  tutta  sotto  noi 
Fa  corsale  fummo  in  sul  grado  superno, 

37.  LoNTAKi.  Più  presto  rivedranno  la  patria. 
GoBtrapposto  al  novo  peregrin  del  e.  Vili. 

39.  PoxB.  Albero  dei  bene  e  del  vero,  che 
Ja  tanU  beni  varialo  solletica  gli  animi  uroa- 
■i.  Inf.,  XVI  :  Lascio  lo  feU,  a  vo*pti  dol- 
n  pomi.  Boet. ,  HI  :  Hunc  ...  diverso  tramile 
WkortaUs ...  conaniur  adipisci.  Est  enim  in 
wtmUHnu  hominum  veri  boni  naturaUier  tn- 
mria  eupiditas.  lì  simile  è  in  Egidio,  dice 
Y  Ott.»  mH  regimine  principum.  —  Cerca noo. 
SoUeiieaodo.  Più  comune  rtcercare.-^CuRA.  K 
aaiore  sollecito. — Fami.  Tatti  gli  appetiti  tuoi. 

40. Stmxnkb.  Mancia  del  principio  dell'anno: 
o  aieglio  ricompensa  in  genere.  Bati:  Cioè 
BMmrt,  cioè  annunsiasioni,.. fatte  la  mattina, 

41.  Pbkkb.  C.  IV  :  Con  V  ale  snelle  e  con 
l§  wimwM  Del  gran  disio. 

4S.  SopniNO.  Un  comentatore  fa  il  Paradiso 
ttmslre  confinante  al  cerchio  della  luna.  Ugo 
da  f*  Tittore:  Faradisut  in  parte  orientali 
f§rhtf  $ise  loeus  eminentissimus  ut  non  aquae 
éUuoU  iU  pertingwe  potuissent.  S.  Tomaso  lo 
pone  anch' egli  nell*  oriente  a  man  destra,  per- 
chè la  destra  è  la  parte  più  nobile  secondo 
Arift.  (Ili,  De  coelo  et  mundo  ).  Cosi  spie- 
gUamo  perchè  nel  Parg.  ì  poeti  salgano  sem- 
fva  a  destra ,  neirinferno  sempre  discendano 
a  BMUica.  Aggiunge  s.  Tom.  che  dalla  nostra 
dimora  lo  dividono  ostacoli  di  mari  o  di  monti 
o  d*  altra  terra  deserta.  —  Fiqcò.  La  ragione 
tà  ì*  ultimo  suo  podere. 

43.  DiscBR!«o.  Ne'  Decreti  :  Fide»  non  ha- 
lai  fnenlum  cui  ratio  praebet  experimentum, 
tèi  ratio  deficit ,  fides  suppUt. 

44.  AaTB.  Petr.  (  Tr.  Mor. ,  II  )  :  Questi 
/br  tteo  mi$*'ngegni  •  mie  arti.  Ingegno  nato- 
rala ,  arta  acqalaiU.  »  ruciaa.  Eccl.  :  ReU' 


In  me  ficcò  Virgilio  gli  occhi  suoi , 

43    E  disse  :  il  temperai  foco  e  l' eterno 
Veduto  hai,  figlio;  e  se*  venuto  in  parte 
Ov*  io  per  me  più  oltre  non  discerno. 

kh   Tratto  tlio  qui  con  ingegno  e  con  arte. 
Lo  tuo  piacere  ornai  prendi  per  duce: 
Fuor  se' dell'erte  vie,  fuor  se'  dell'arte. 

Vi    Vedi  là  il  sol  che  in  fronte  ti  riluce  : 
Vedi  r  erbetta,  i  fiori  e  gli  arbuscelii 
Che  quella  terra  sol  da  sé  produce. 

46    Mentre  che  vegnan  lieti  gli  occhi  belli 
Che  lagrimando  a  te  venir  mi  fenno, 
Seder  ti  puoi  e  puoi  andar  tra  elli. 

17  Non  aspettar  mio  dir  più  ne  mio  cenno: 
Libero,  dritto,  sano  è  tuo  arbitrio  ; 
£  fallo  fora  non  fare  a  suo  senno. 

48    Perch'io  te  sopra  te  corono  e  mitrio. 

quii  eum  in  manu  eontHU  sui.  L*uoro  paro  è 
libero:  alta  dottrina. 

45.  Sol.  Rammenta  il  I  dell' Inf.  —  Frox- 
TB.  Se  il  sole  al  iramuoto  era  loro  alle  spalle 
sì  che  r  ombra  di  Dante  gli  veniva  dinanzi , 
al  nascere  gli  doveva  rilucece  io  fronte.  Ar.: 
Vedete  il  sol  che  vi  riluce  in  fronte,  —  Terra. 
Genes.  :  Dixitque  Deus  :  ecce  dedi  vobis  om" 
nem  herbam  afferentem  semen  super  terram,  et 
universa  Ugna  quae  liabent  in  semetipsii  semen- 
lem  generis  sui,..Plantav€rat,..Dominus,„  pa* 
radisum  voluptatis.  C.  XXyifl:  Color. , .  Ch§ 
l'alta  fffro  senta  séme  gitta.  Virg.  :  IpsaquB 
tellus   Omnia  liberius,  nullo  poscente,  ferebat. 

46.  Occhi.  lof. ,  lì:  GU  occhi  lucenti  la- 
grimando volse.  —  Elu,  I  fiori  e  gli  arbu- 
scelii. Il  reggente  ò  alquanto  lontano. 

47.  Dir.  Virg.  omai  più  non  parla.  Ma  lo 
rassegna  a  Beatrice,  poscia  dispare.  —  Cenno. 
C.  l  :  E  con  parole  e  con  mani  e  con  cenni ^ 
Reverenti  mi  fs  le  gambe  e  'l  ciglio.  —  Arbi- 
trio. L'Qomo  purgato  da*  \izii  entra  in  istato 
simile  al  Paradiso.  Ott.:  V  arbitrio  è  sano.,, 
quando  elli  è  remosso  dalle  pcusioni ...  quan- 
do non  va  a  sinistra  per  le  vie  monda- 
ne ,.  .  quando  elli  ubbidisce  alla  ragione.  La 
dirittura  riguarda  l'intendere,  la  sanità  il  vo- 
lere ,  la  libertà  la  potenza  del  veramente  vo- 
lere. Un  sacro  autoie  :  Cor  ubi  gratia  est,  si- 
milatur  paradiso  terrestri ,  habendo  amoenita- 
lem  ,  foeeunditatem  et  securitatem.  — -  Fallo. 
Chi  vede  il  bene  ,  e  noi  fa,  pecca. 

48.  MiTRio.  Ott.  :  Te  sopra  te  fo  rettore ,  a 
pastore.  Corona  ,  autorità  temporale  ;  mltria» 
spirituale.  Conv.,  IH:  Neil* uscita  dell'anima 
del  peccato  essa  è  fatta  santa  e  libera  in  sua 
pode9tad§. 


364 


DEL    PURGATORIO 


CANTO    xxvm 


ARGOMENTO. 


Seha  ameniitima*  Vede  una  donna  che  eanta  cogliendo  fiori,  Maielda;  U 
quale  gli  spiega  donde  e$ca  V  aura  che  moììe  la  verzura ,  e  dome  V  acqua  UmfUé 
che  la  irriga ,  poiché  lastii  non  han  luogo  vapori.  V  aura  dal  mover  del  eide  ; 
i'  acqua  da  fontana  perenne,  come  i  fiumi  del  paradiso  terrestre,  là  neUa  Gmnsi. 
L  aria  move  le  piante,  la  pianta  sparge  neW  aria  la  sua  potenza  fecondairieé,  ék$ 
portata  nel  nostro  emisfero,  vi  genera  nuove  piante  senza  seme  palese.  R  seme  «itt 
di  lassù. 

La  dottrina  fisica  non  è  baona,  ma  d  poesia  :  merito  che  a  molte  ipotesi  minctf. 
Nota  le  terzine  1  alla  12;  la  14  alU  17  ;  la  19  ;  U  21  aUa  S5;  U  33,  36,  97,  Hi 
40,  42,  43,  44,  49. 


1  Vago  già  di  cercar  dentro  e  d'intorno 
La  divina  foresta  spessa  e  viva 
Ch'agli  occhi  tennperava  il  novo  giorno, 

2  Senza  più  aspettar  lasciai  la  riva, 
Prendendo  la  campagna  lento  lento 
Su  per  lo  suol  che  d*ogni  parte  oliva. 

3  Un*  aura  dolce  senza  mutamento 


1.  Foresta.  Vir.,  VI:  DBvenwe  locot  lae- 
(US ,  et  amoena  vireta  Fortunatorum  nemorurn, 
S.  Agost.  (  De  Gcn.,  Vili,  1  )  descrive  il  pa- 
radiso terrestre  :  fructuoiis  nemoribus  opaca- 
tuni.  —  Spessa.  La  spessezza  talvolta  nuoce 
alla  vita. 

2.  Oliva.  Bocc.  :  Di  roie,  di  fiori  itaran- 
cif  e  d*  altri  odori  tutta  oUva. 

3.  Senza.  Ar.  :  Una  dolce  aura  che- ti  par 
rh»  vaghi  A  un  modo  tempre,  e  dot  suoetit 
non  falli ,  Facea  i)  V aria  tremolar  d'intorno 
iUe  non  potea  noiar  ealor  del  giorno.  —  Ave- 
kì:.  a  molti  de' moderni  P.  nobilisfimi,  qae- 


Avere  in  sé ,  mi  feria  pet  la  fronte 
Non  di  più  colpo  che  soave  vento  ; 

Per  cui  le  fronde  tremolando  proott 
Tutte  quante  piegavano  alla  parte 
U*  la  prim'ombra  gitta  il  santo  monte: 

Non  però  dal  lor  esser  dritto  sparte 
Tanto  che  gli  augelletU  per  le  cimo 


sta  fr^se  parrebbe  prosaica.  —  Fkua.  FHt.: 
V  aura  serena  che  tra  verdi  fronde  ìbfwft' 
rondo  a  ferir  nel  volto  viemme,  —  FìKWil* 
Perchè  veniva  dall'  oriente ,  ove  il  P.  era  voli* 
(  e.  XXVIl,  45  ).  —  Soave.  Pelr.  ;  Bdef§t 
lati  ed  a*  soavi  venti. 

4.  Fbonde.  In  qaesto  canto  lotta  la  ic» 
plicità  e  la  freschezza  d'an  idillio.  —  Teew- 
LANDÒ.  Virg.  :  Incertai  xephyriM  motantikm 
utnbras.  Ov.:  TVemuCoeve  eactimùia  palmm 

5.  Esser.  Frase  alquanto  contorta  :  pt 
semplice.  — -  Arte.  Non  così  naturala  coai 
il  resto. 


CANTO    XXVIII. 


3G5 


Lasciasser  d'operare  ogni  lor  arte. 
5    Ma  con  piena  letizia  V  óre  prime 
Cantando  riceveano  intra  le  foglio 
Che  tenevan  bordone  alle  sue  rime , 

7  Tal  qual  di  ramo  in  ramo  8i  raccoglie 
Perla  pineta  in  sul  litodi  Chiassi 
Qoand'  Eolo  scirocco  fuor  discioglìe. 

8  Già  m' aveano  trasportato  i  lenti  passi 
Dentro  all'  antica  selva  tanto  ch'io 
Hon  potea  rivedere  ond'  io  m*  entrassi. 

9  Ed  ecco  più  andar  mi  tolse  un  rio 
Che  nvèr  sinistra  con  sue  picciolo  onde 
Piegava  Torba  che*n  sua  ripa  uscio. 

10  Tutte  Tacque  che  son  di  qua  più  monde 
Parrieno  avere  in  se  mistura  alcuna 
Verso  di  quella  che  nulla  nasconde , 

11  Avvegna  che  si  mova  bruna  bruna 
Sotto  ì  ombra  perpetua  che  mai 

6.  Óbb.  Per  aure  (  Petr.,  143  ). — Ricbvea- 
IK>.  Virg.  :  Auras  Accipiunt.  Sap.,  VII  :  Na- 
fHt  aeeepi  eommunem  aerem.  —  Bordone. 
Allegri  :  E  fa  bordone  alla  zampogna  mia. 
Bordone  è  la  più  grossa  canna  della  piva 
di  tooDO  più  grave.  Ar.  :  E  poi  eh*  a  salutar 
im  nuova  luce  Pei  verdi  rami  incominciar  gli 
augelli.  Buon.:  E  d'  acque  Sorgenti  e  mormo- 
fatili  eh§  *di  cetre  Servor^  sonore  ai  canti  de- 
fli  augelli,  —  Sub.  Ponete  loro ,  e  vedrete 
quanto  ceni  idioiismi  sieno  più  nobili  della 
gramintica.  —  Rimb.  Rima  per  parole  disse 
■eli'  lof.,  XIU.  Qui  per  canto.  Carmen  degli 
uccelli  disse  Virgilio. 

7.  Eaccoclie.  Virg.  (  Aen.,  X  )  :  Ceu  fia- 
mma prima  Quum  deprensa  fremunt  silvis.— 
GaiASSi.  Classe  vicino  a  Ravenna.  —  Discio- 
€ium  f  Aen.,  I). 

S.  Trasportato.  C.  XXIII:  Ben  mille  passi 
e  piA  ei  portar  oltre.  —  Entrassi.  Per  fotti 
entralo.  Altra  sgrammaticatura ,  comoda  mol- 
lo, lof.,  XV  :  Già  eravam  dalla  selva  rimossi 
Tornio  eh* ^ non  avrei  vitto  dov'era.  Perch'io 
*ndi$tro  rivolto  mi  fossi» 

9.  Rio.  Ov.  (  Met. ,  V  ]  :  SUva  coronai , 
0fmat,  cingerà  latus  omne,  tuitque  Frondi- 

',  ut  velo ,  Phoeheot  tuhmovet  ignee.  Frigo- 
dani  rami ,  Tgriot  humus  humida  (lores, 
uum  ver  est,  —  Sinistra.  Questo  è  Le- 
te che  toglie  la  memoria   del  peccato:  però 
!•  pone  a  sinistra. 

10.  MoNDB.  Cresc.  (  1.  5  )  :  ile^e  copìoie 
#  wumde. 

11.  PbrpbtSa.  Tasso:  Ma  tutta  insieme 
pai  fra  verdi  sponde  In  profondo  canal  l'ac- 
qua f  aduna,  E  sotto  t'ombra  di  perpeuic 


Raggiar  non  lascia  sole  ivi  né  luna. 

12  Co'  pie  ristetti  e  con  gli  occhi  passai 
Di  là  dal  fiumicello  per  mirare 

La  gran  variazion  de' freschi  mai. 

13  E  là  m'apparve  si  com'  egli  appare 
Subitamente  cosa  che  disvia 

Per  maraviglia  tutt'  altro  pensare, 
i%    Una  donna  soletta  che  si  già 
Cantando  ed  iscegliendo  fior  da  fiore, 
Ond'  era  pinta  tutta  la  sua  via. 

15  Deh  beila  donna  eh'  a'  raggi  d' amore 
Ti  scaldi,  s' i'  vo'  credere  a' sembianti 
Che  soglion  esser  testimon  del  core, 

16  Yegnati  voglia  di  trarreti  avanti, 
Diss'  io  a  lei,  verso  questa  riviera. 
Tanto  eh*  i'  possa  intender  che  tu  canti. 

17  Tu  mi  fai  rimembrar  dove  e  qual  era 
Proserpina  nel  tempo  che  perdette 

fronde ,  Mormorando  seti  va  gelida  e  hrumu 
Stat.  :  Undas  , . .  Secreta  nutrii  Lar^gia  sub 
umbra,  kr,  :  E  la  fogUa  co*  rami  in  modo 
è  mista  Che  *l  sol  non  v*  $ntra ,  non  che  mi- 
nor vista, 

12.  Mai.  Maio,  bel  ramo  grande  ,  che  ai 
primi  di  maggio  i  contadini  mettevano  agli 
usci  delle  lor  vaghe. 

14.  Donna.  Matilde ,  cont.  vissuta  neirxi 
sec.  MagDÌficentissima  la  dice  Pietro,  e  pro- 
bissima. Molte  chiese  costrusse  ,  molte  libe- 
ralità fece  :  e  questo  indica  che  la  vita  atti- 
va dev'  essere  magnifìcente.  Però  fa  eh'  essa 
donna  tragga  Dame  per  V  acqua  di  Lete  ,  e 
colga  fiori ,  e  con  la  sua  bellezza  lo  prepari 
alla  bellezza  di  Beatrice  ,  dell'  alta  cuoiem- 
plazione.  Altri  intende  per  Matelda  ,  mollo 
devota  alla  Chiesa,  l'amore  di  essa  Chiesa, 
il  quale  dispone  Dante  a  vederne  in  questa 
selva  il  trionfo.  Il  P.  la  dice  infatti  calda  dei 
raggi  d'  amore  ,  e  fa  il  suo  canto  simile  al 
canto  d'innamorata.  Ma  l'idea  dell' amore,  e 
della  devozione  alla  Chiesa  ,  e  della  vita  at- 
tiva piacevole  perchè  vita  d'amore ,  e  della 
liberalità  di  Matilde,  virtù  contraria  al  vizio 
della  femmina  sciolta,  possono  inon  simbo- 
lo solo  congiungersl ,  se  non  erro. 

17.  Peosupina.  Ov.  (Met.,  Y  ):  Quo  dum 
Proserpina  luco  Liidit ,  et  aut  violas ,  aut 
candida  lUia  carpii, —  Madre.  Et  matrem, 
et  comites ,  sed  matrem  saepius ,  ore  Clamai: 
et,  ut  summa  vestem  laniarat  ci  ora ,  Col- 
ledi  flores  tunicis  eecidere  remisnt.  Tantaque 
timplicitai  pueriUbus  adfuit  annis  :  floao  quo- 
que virgineum  movitjactura  dolorem,  — >  Pu- 
I  MATiBA.  Virg.  :  Hie  ver  pìtrpurmsm^  variot 


306 


DEL    PURGATORIO 


La  madre  lei  ed  ella  priiHaYera. 

18  Come  sì  volge  con  le  piante  strette 
A  terra  e  intra  sé  donna  che  balli, 

E  piede  innanzi  piede  a  pena  mette; 

1 9  Yolsesi  'n  su'  vermigli  ed  in  sa*  gialli 
Fioretti  verso  me  non  altrimenti 

Che  vergine  che  gli  occhi  onesti  avvalli: 

20  E  fece  i  prieghi  miei  esser  contenti 
SI  appressando  sé  che  1  dolce  suono 
Veniva  a  me  co'  suoi  intendimenti. 

21  Tosto  che  fu  là  dove  Y  erbe  sono 
Bagnate  già  dall'onde  del  bel  fiume. 
Di  levar  gli  occhi  suoi  mi  fece  dono. 

22  Non  credo  che  splendesse  tanto  lume 
Sotto  le  ciglia  a  Venere  trafitta 

Dal  figlio  fuor  di  tutto  suo  costume. 

23  Ella  ridea  dall'  altra  riva  dritta, 
Traendo  più  color  con  le  sue  mani, 
Che  r  alta  terra  senza  seme  gitta. 

24  Tre  passi  ci  facea  'I  fiume  lontani: 
Ma  Ellesponto  là  've  passò  Serse 

(  Ancora  Treno  a  tutti  orgogli  umani } 

25  Più  odio  da  Leandro  non  sofferse 
Per  mareggiare  intra  Sesto  e  Abido, 


hie  humida  eireum  FìmdU  humus  flons  •  •  . 
Bocc.  (  Fiamm.  )  :  Coiì  ornata  levatami,  qual 
Froterpina  allora  che  Plutone  la  rapi  alla 
moctri ,  cotale  me  ne  andava  per  la  nuova 
primavera  cantando. 

18.  PiBDB.  Bocc.  :  Piede  innanzi  piede  ve- 
netidotene. 

19.  Avvalli.  G.  XIII  :  E  V  uno  e  'l  capo 
eopra  V  altro  avvalla, 

20.  iNTiNDTMBirri.  Concetti.  In  Montaigne 
entendement  per  pensiero.  Bocc.  :  Queste  pa- 
role pensando ,  e  non  potendo  di  esse  eom' 
prendere  né  intendimento  ni  frutto  alcuno. 

22.  TiNERB.  Amante  d* Adone.  0?.  (  Met., 
X,  125)  ;  Namque  pharetratus  dum  dai  puer 
oscula  matri,  Inscius  extanti  destrinxit  arundi' 
ne  peetui.  Lassa  manu  natum  Dea  reppuUt. 

23.  Color.  Ot.  (  Fast.,  IV  ):  Faerant  ilHc, 
quot  habst  natura  ,  eolores  :  Pictaque  dissi- 
mili flore  nitebat  humus,  Prop.  :  Quos  itim- 
mittit  humus  formosa  eolores. 

24.  Serse.  Lnc.:  Talee  fama  eanit  tumidum 
super  aequora  Xersen  Construxisse  vias.  La 
rotta  di  Serse  è  par  narrata  da  P.  Orosio:  III, 
doTe  r  avrA  ietta  il  P. 

25.  Sisto.  Lucan.,  II  :  Buropamque  Asiae 
Sexton^e  admovit  Abydo  (  Y.  Oy. .  Her. 
XVU). 


Che  quel  da  me  perchè  allor  non  s'aperte. 

26  Voi  siete  nuovi  ;  e  forse  perch'  io  rido, 
Connnciò  ella,  in  questo  luogo  eletto 
Air  umana  natura  per  suo  nido, 

27  Maravigliando  tienvi  alcun  sospetto: 
Ma  luce  rende  il  salmo  Delectasti 
Che  puote  disnebbiar  vostro  intelletto. 

28  E  tu  che  se'  dinanzi  e  mi  pregasti. 
Di'  s' altro  vuoi  udir;  ch'io  venni  presta 
Ad  ogni  tua  question  tanto  che  basti. 

29  L'  acqua,  diss' io,  e'I  suon  della  foresta 
Impugnan  dentro  a  me  novella  fede 

Di  cosa  eh*  io  udi' contraria  a  questa. 

30  Ond'  ella:  T  dicerò  come  procede 
Per  sua  cagion  ciò  eh*  ammirar  ti  face 
E  purgherò  la  nebbia  che  li  fìede. 

31  Lo  sommo  Ben  che  solo  esso  a  sé  piace. 
Fece  Tuom  buono  a  bene;  e  questo  loco 
Diede  per  arra  a  lui  d*  eterna  pace. 

32  Per  sua  diflalta  qui  dimorò  poro: 
Per  sua  diflblta  in  pianto  ed  in  affanno 
Cambiò  onesto  riso  e  dolce  giuoco. 

33  Perchè  1  turbar  che  sotto  da  sé  famo 
L*  esalazion  dell*  acqua  e  della  terra, 


27.  Delectasti,  Ps.  XCI  :  DeUeìasH  me, 
Domine,  in  factura  tua,  et  in  operihuswm- 
nuum  tuarum  exuUabo.  Matelda  sorride  di 
gioia  celeste. 

28.  Basti.  Conv.:  Vumano  dendtrioèwd- 
surato  in  questa  vita  a  queUa  scimmia  die 
qui  aver  si  può  :  e  quel  punto  non  passa  se 
non  per  errore  ,  ti  quale  i  fuori  di  natureàt 
inteniione.  E  nrl  Convifio  stesso,  con  l' Ec- 
clesiastico :  PiUt  alte  cose  di  te  non  donsÈSt 
derai,  e  più  forti  cose  di  te  non  cercherai: 
ma  quelle  cose  che  Dio  ti  comandò,  pensa* 

29.  Udì'.  Stazio  (XXl,  16)  gli  disse  ebe 
sol  monte  non  cade  né  pioggia  ned  altro ,  e 
vapore  non  sorge. 

30.  FiEOB.  C.  XXY  :  Sanator  delle  tuepSàge, 

31.  Esso.  Lat.  :  ìpse  sihi.  —  Piaci.  Omnia 
proptsr  semetipsum  operatus  est  Domiwm, 
Perchè  il  sommo  bene  non  paò  far  cosa  ebe 
bene  non  sia. 

32.  Poco.  Dall'alba  al  mezzodì  (Par.,  XXH; 
Gen. ,  Ili  ).  —  Giuoco.  Per  gioia.  Nel  Pir. 
sovente.  Petr.  :  Ass(U  dolor  con  breve  gioco, 

33.  Yahtno.  Gli  antichi  ignorando  la  gr»ri- 
ih  deir  aria ,.  causa  che  i  Tepori  più  leggieri 
salgano  in  alto ,  credettero  che  natnralmeau 
estendessero  verso  il  soie. 


•■^ 


CANTO    XXVIII. 


387 


Che  qutniopotsoa  dietro  al  caler  vanno, 
3I>    Air  uomo  non  facesse  alcuna  guerra , 
Questo  monte  salio  vèr  lo  ciel  tanto; 
E  libero  è  da  iodi  ove  si  serra. 

35  Or  perchè  in  circuito  tutto  quanto 
V  aer  si  volge  con  la  prima  vòlta  , 

Se  non  gli  ò  rotto  il  cerchio  d'alcun  canto, 

36  In  questa  altezza  che  tutta  è  disciolta 
Neil'  aer  vivo,  tal  moto  percote, 

E  fa  sonar  la  selva,  perca  è  folta. 

37  £  la  percossa  pianta  tanto  puote, 
Che  della  sua  viriute  1  aura  impregna; 
E  quella  poi ,  girando  intorno  ,  scote. 

38  E  r  alta  terra  ,  secondo  eh'  è  degna 
Per  sé  o  per  suo  ciel .  concepe  e  Gglia 
Di  diverse  virtù  di\crse  legna. 

39  Non  parrebbe  di  là  poi  maraviglia, 
Udito  questo  ,  quando  alcuna  pianta 
Senza  seme  palese  vi  s*  appiglia. 

^JkO    E  saper  dei  che  la  campagna  santa 


Ove  tu  se' ,  d*  ogni  aemenia  è  piana; 
E  frutto  ha  ioaò  chedilànoosischianta* 

&>1    L' acqua  che  vedi  non  suiige  di  vena 
Che  ristori  vapor  che  gel  converta, 
Come  fiume  eh*  acquisU  o  perde  len^ 

&2  Ma  esce  di  fontana  salda  e  certa 
Che  tanto  del  voler  di  Dio  riprende 
Quantella  versa  da  due  parti  aperta. 

&>3    Da  questa  parte  con  virtù  discende 
Che  toglie  altrui  memoria  del  peccato; 
Dall'  altra,  d' ogni  ben  fatto  la  rende. 

kk    Quinci  Lete  ,  cosi  dall'altro  lato 
Elifioò  si  chiama  ;  e  non  adopra 
Se  quinci  e  quindi  pria  non  è  gustato. 

k>^    A  tutt* altri  sapori  esto  è  di  sopra: 
£  avvegna  eh*  assai  possa  esser  sazia 
La  sete  tua,  perch'io  più  non  ti  scuopra, 

JhG    Darotti  un  corollario  ancor  per  grazia: 
Né  credo  che  1  mio  dir  ti  sia  men  caro 
Se  oltre  promission  teco  si  spazia. 


34.  Salìo.  Piet.  Lorob.  (  Sent.,  l.  II,  dist. 
17),  dice  il  Paradiso  terrestre  Laogo  interja- 
ctnfi  ipatio  vei  mani  vel  terrae  a  ngionUnu 
fma$  incolunt  homines  secnlum,  et  in  aUo 
§Umm.  — Serra.  La  porta  del  e.  IX. 

85.  Circuito.  La  terra ,  secondo  l'astrono- 
■la  d'allora,   è  ferma;  l'aria  si   gira    col 
primo  mobile  ,  e  con  tatti  i  cieli  di  sotto  da 
oriente  a  ponente.  Il  primo  mobile  in  venti- 
qmttro  ore  si  volge  intomo  alla   terra.   Al- 
beri. Magn.  :  ConcavUoi  a  coelo  lunari  divi- 
diiur  in  trti  regiones.    Infima  §tt  ealida  et 
kuwiida ,  proDter  vaporee  eUvatoi  ab  aqua, 
^jui  $unt  eaUai  et  humidi  propter  refLexionem 
<oltff.  Media  ,  frigida  et  hunuda  propter  frigi- 
éoM  stellai.  Superior  ealida  et  ficca»  quae 
propinqtUor  eoelo ,  et  quasi  molu  divino  mo- 
vetur,  iiem  propter  tnciniiatem  ignis.  Pere  rio 
(  in  Gen.,  Ili ,  9,  S  ):  Alexander  de  HaUs  ait 
paraditum  esse  in  aere  quieto  et  tranquillo, 
flit  superior  est  kine  nostrali  aere  inquieto  ae 
tmf^lento:  et  loeum  paradisi  eis$  ubi  finis 
c«c  et  temUnus  exhalationum  et  vaporum.  — 
Rotto.  V  aria  si  move  da  oriente  a  occiden- 
te »  se  i  Tepori  che  fanao  il  vento ,  non  gli 
diano  altro  moto  :  e   allora  gira  col  primo 
mobile  sola  quella  parte  di  cerchio  d'aria  che 
aoo  è  rotta  da  impeto  estranio. 
se.  Vivo.  Non  turbato  da*  vapori. 
38.  Alta.  L'  abiuta  da  noi.  —  CnL.  Cli- 
ma. —  Concepì.  Tasso:    Cupidamente  eUa 

e9nc9pe  e  figlia,  —  Diysisb.  Secondo  il  saolo. 


39.  S*  APPIGLU.  Creso.  (  Il ,  2 }  :  Il  seme 
1*  appiglia, 

40.  Sbiiinxa.  Non  gittata  dall'arte,  ma 
naturalmente  cresciuta.  Piena  d' ogni  sorta  di 
piante;  e  molte,  tali  che  non  crescono  nel 
nostro  emisfero.  Questo  verso  non  contraddi- 
ce al  69  :  Che  V  cUta  terra  swza  urne  gitta, 

41.  Ristori.  C.  XIV  .*  La  've  si  rende  per 
ristoro  Di  quel  che  il  ciel  della  marina  asciu- 
ga. —  Vapor.  Aug.  (  XV ,  Civ.  D.  )  :  In  sum- 
mitate  tali  nontuntnubes,  venti,  nee  imbres^ 
nec  aer  grossus.  Aristot.  (  llet.  )  :  Omnis  aqua 
origincm  dudt  a  mari ,  et  per  nubes  aseendit 
usque  ad  regionem  aquae,  —  Gil.  (I.  V: 
Ben  sai  come  neU*  aer  si  raeeogUe  QùelL* umi- 
do vapor  che  in  aequa  riede  Tosto  ch9  sale 
dove*l  freddo  il  eogUe.'^CoKrnMTA.  In  piog- 
gia. Rime  :  £*  aequa  morta  si  converte  in 
vetro. 

42.  Fontana.  Gen., II.  iVofi...pliierat  Domi- 
nui  Deus  super  terram  •  • .  Sed  fons  ascem/«- 
hat  e  terra,  irrigane  ^itnioirsam  tuperficiem 
terrae. 

44.  Adopra.  Per  rammenUre  il  ben  fatto , 
e  renderlo  meritorio,  conviene  scordare  II 
male  commesso ,  espiandolo. 

45.  Sopra.  C.  XXXIII:  Lo  dolce  b$r  e&e 
mai  non  m*  avria  sazio.  D*  Ettnoè. 

46.  Corollario.  Roez.  del  VareU  :  Ti  da- 
rò io  eowM  un  corollario,  ovv9ro  ytutifa.^* 
Promissioii.  Promise:  t  die9rò  com  procede 
Ciò  eh*  ammirar  ti  face. 


'«*. 


368 


DEL    PURGATORIO 


hi  Quelli  eh*  anticamente  poetare 
L*  ^  deir  oro  e  suo  stato  felice, 
Forse  in  Parnaso  osto  loco  sognare. 

48    Qui  fu  innocente  i*  umana  radice; 
Qui  primavera  sempre  ed  ogni  frutto  ; 


Nettare  è  questo  di  che  ciascun  dice. 

&>9    Io  mi  rivolsi  addietro  allora  tuUo 
A'  miei  poeti ,  e  vidi  che  con  ri» 
Udito  avevan  V  ultimo  costrutto. 

50    Poi  alla  bella  donna  tomai  '1  viso. 


47.  SooNARo.  Pers.:  In  bicipiti  somniaue 
Ainuuto.  Or.,  I:  Aunaprima  tata  est  aeUu, 
B«ei.,  trad.  dall'  Oli.  :  O  felice  moUo  la  pri- 
ma etadel... 

48.  Radicb.  Pier  Lombardo  e  altri  teologi 
dissero  il  Paradiso  terrestre  simbolo  delia 
Chiesa  :  però  tinge  il  P.  che  quivi  apparisca 
la  Chiesa  co'  simboli  di  quel  eh'  ella  crede  ed 
opera.  —  PaiHAvpA.  Ov.  (Mei.):  far  §rat 


aetemum ,  plaeidique  tepentibut  auris  Jfble^ 
hant  Zephyri  natos  eine  semine  flores.  Da  gue- 
st'uliiroe  parole  arra  Dante  trattata  la  tua 
teoria  suUa  vegetazione  senza  seme  palese.— 
NETTARI.  Ov.  :  FUitnina  jam  lactis ,  jmm 
flumina  neetaris  ibant. 

49.  Riso.  Vedeudo  la  veriii  nascosa  nelle 
Avole  loro. 


CANTO      XXIX. 


ARGOMENTO. 


Va  con  Matilda  lungo  il  fiume  :  vede  una  luce ,  ode  una  melodia ,  ecco  teUe 
candelabri ,  t  ielle  eacramenti  ;  ventiquattro  seniori ,  i  libri  detta  Bibbia  ;  quattro 
animali ,  i  Vangelisti  ;  un  carro  ,  la  Chiesa  ;  tirato  da  un  grifone ,  Getk  ;  alla 
dutra  del  carro,  le  virtù  teologiche,  a  manca  le  cardinali;  dietro  al  carro,  s.  Lur 
ca€t.  Paolo;  poscia  i  quattro  dottori,  ultimo  s.  Bernardo.  Co  A  ii  prepara  il  trionfo 
di  Beatrice  ,  la  sapienza  eh*  è  lume  tra  la  verità  e  l'intelletto.  Le  ^Mttro  donne  e 
le  tre,  le  vidimo  stelle  nel  I  e  nelV  Vili  di  questa  eantica:  i.  Bernardo  lo  incon- 
treremo in  Paradiso:  quel  che  avverrà  del  carro ,  vedremo  piti  sotto. 

Nota  h  terzine  1,2;  la  6  alla  9  ;  la  li ,  12 ,  13 ,  15 ,  17  ,  18  ;  la  28  alU  28  ;  U 
31;  38.  40,  41,  43,  48,  50. 


1  Cantando  come  donna  innamorata , 
Continuò  col  fin  di  sue  parole  : 
Beati  quorum  teda  sunt  peccata  ; 

3    £  come  ninfe  che  si  givan  sole 
Per  le  salvatiche  ombre,  disiando 
Qua!  di  fuggir ,  qual  di  veder  lo  sole  ; 

3    Allor  si  mosse  contrai  fiume,  andando 
Su  per  la  riva  ,  ed  io  pari  di  lei , 
Picciol  passo  con  picciol  seguitando. 

h    Non  eran  cento  tra*  suoi  passi  e' miei 
Quando  le  ripe  igualmente  dier  vòlta 
Per  modo  eh*  al  levante  mi  rendei. 


1.  Bmati,  Secondo  salmo  penitenziale:  Bea- 
ti ,  quorum  rmnisiae  tunt  iniquUates  :  et  quo* 
rum  teeta  tunt  peccata.  Tutti  i  canti  degli  Ali- 
ali cominciano  da  Beati, 

2.  NiNPi.  Virg.  (  Ecl.  II  )  :  Et  fugH  ad 
eaUees.  Otc.  :  Quelle  de^  monti  veggiono  voten^ 


5  Né  anche  fu  cosi  nostra  Tia  molta 
Quando  la  donna  mia  a  me  si  torse 
Dicendo  :  frate  mio ,  guarda  e  ascolta. 

6  Ed  ecco  un  lustro  subito  trascorse 
Da  tutte  parti  per  la  gran  foresta  , 
Tal  che  ai  balenar  mi  mise  in  forse. 

7  Ma  perchò'l  balenar,  come  vien,  resta» 
E  Quel  durando  più  e  più  splendeva  , 
Nei  mio  pensar  dicea:  che  cosa  è  questa^ 

8  E  una  melodia  dolce  correva 

Per  r  aer  luminoso:  onde  buon  zelo 
Mi  fé  riprender  V  ardimento  d' Eva , 


tieri  il  Sole ,  quella  deila  selve  U  fuggono. 

4.  Cinto.  Cinquanta  per  uno. — Iocalio»- 
Ti.  Rimanendo  parallele.  —  Lbvanti.  Cam- 
minava glA  prima  in  quella  dirittura  (  XXVII, 
45;  XXTIII,  3  ).  Soli  i  pochi  passi  flitUeoK 
Matelda  contro  il  fiume  ne  V  avevano  tolto. 

V7 


STO 


DEL    PURGATORIO 


9  Che  là  dove  ubbidia  la  terra  e  1  cielo , 
Femmina  sola  e  pur  testé  formata 
Non  sofferse  di  star  sotto  alcun  velo. 

10  Sotto  '1  qual  se  divota  fosse  stata, 
Avrei  quelle  iDeffabil'i  delizie 
Sentite  prima  e  poi  lunga  fiata. 

11  Mentr'io  m'andava  tra  tante  primizie 
Dell'  eterno  piacer  tutto  sospeso 

£  desioso  ancora  a  più  letizie  , 

12  Dinanzi  a  noi  tal  quale  uà  foco  acceso 
Ci  si  fé  r  aer  sotto  i  verdi  rami, 

£  '1  dolce  suon  per  canto  era  già  inteso. 

13  0  sacrosante  vergitii,  se  fami , 
Freddi  o  vigilie  mai  per  voi  soffersi ,   - 
Cagion  mi  sprona  ch'io  mercè  vi  chiami. 

V*    Or  convien  eh*  Elicona  per  me  versi, 


9.  Velo.  Ott.  :  Il  velo  si  pone  in  segno  d* 
onestade  ,  e  d* ubbidienza,  e  professione, 

10.  Poi.  Dal  nascere  alla  morte  sarei  stato 
anch'  io  colassù. 

11.  Primizie.  Quel  iaogo  era  dato  alp  no- 
mo per  arra  d*  eterna  pace  (  XXVIII,  31  ). — 
A.  Ps.  :  Desiderai  cervus  ad  fontes, 

12.  Foco.  Vedrà  il  corpo  e  le  membra  del- 
la Chie^a  militante. 

13.  Vergini.  Le  invocò  nel  li  e  nel  XXXII 
dell'  Inf. ,  e  nel  I  del  Purg.  —  Fami.  Per  la 
dolcezza  della  gloria,  die' egli  nella  Vulg.  El., 
e'  dimenticava  ogni  disagio  e  l' esilio.  Bocc. 
(  V.  D.  ):  Non  curando  uè  caldo  né  freddo 
né  vigilie  né  digiuni,  né  niuno  altro  disagio, 
con  casiduo  studio  venne  a  conoscere  della  di- 
vina essenzia  quello  c/te  per  umano  ingegno  se 
ne  può  comprendere  .  .  .  Nel  cibo  e  nel  poto 
fu  modestissimo  .  .  .  Niuno  altro  fu  più  vi- 
yilanie  di  lìd  e  negli  studii  e  in  qualunque  al- 
tra sollecitudine  il  pungesse, 

li.  Urania. La  contemplazione  delle  cose  ce- 
lesti. —  Aiuti.  A  mettere  in  versi ,  cose  forti 
pur  solo  a  pensare.  Conv.  :  Più  ampi  sono  li 
termini  dell*  ingegno  a  pensare  che  a  parlare. 
Il  pensier  nostro  è  vincente  del  parlare, 

15.  Alberi.  I  candelabri  sono  i  sett'  ordi- 
ni del  chiericato:  prete»  diacono  ,  suddiaco- 
no ,  accolito y  esorcista,  lettore,  ostiario.  Altri 
intende  le  sette  chiese  dell' Apocal.,  IV:  Ss- 
ptem  lampades  ardentes  ante  thronum.  Del 
candelabro  dell'arca  mosaica,  vedi  Es.,.  XXVI. 
Zacb.,  iV  :  Et  ecce  c(\ndelabrum...et  sepiem 
lucernae  ejus  super  illud,  Pe'  candelabri  altri 
intende  i  sette  beni  dello  Spirito.  Altri  i  sa- 
cramenti :  ed  io  sto  per  questi.  Oltre  alle 
spiegazioni  suddette  Pietro  propone  i  sette 


E  Urania  m' aiuti  col  suo  coro 
Forti  cose  a  pensar  ,  mettere  in  versi. 

15  Poco  più  oltre  sette  alberi  d*  oro 
Falsava  nel  parere  il  lungo  tratto 

Del  mezzo  eh'  era  ancor  fra  noi  e  loro« 

16  Ma  quando  i*  fui  si  presso  di  lor  fatto 
Che  lobbietto  comim  che 'I  senso  inganna 
Non  perHea  per  distanza  alcun  suo  atto, 

17  La  virtù ch'aragiondiscorsoamnuinoi, 
SI  com'  egli  eran  candelabri  apprese 

E  nelle  voci  del  cantare  osanna. 

18  Di  sopra  fiammeggiava  il  bello  ameie 
Più  chiaro  assai  che  luna  per  sereno 
Di  mezza  notte  nel  suo  mezzo  mese. 

19  Io  mi  rivolsi  d*  ammirazion  pieno 
Al  buon  Virgilio  ;  ed  esso  mi  rispose 


doni  dello  Spirito  Santo  :  sapienza,  iateUel- 
to ,  consiglio,  fortezza  ,  scienza ,  pietà,  lino- 
re  di  Dio.  —  Falsava.  Parevano  falsameile 
essere  alberi ,  ed  erano  candelabri. 

16.  CoMCN.  Noi  sbagliamo  nel  preoden 
una  cosa  per  1'  altra  ,  perchè  del  lontano  9%- 
getto  vediamo  ciò  ch'egli  ha  comune  eoo  altn 
e  non  più  :  ma  vedendo  poi  gli  atti ,  le  piiti- 
colari  qualità  ,  riconosciamo  allora  il  vai*» 
Qui  l'obbietto  comune  era  la  somiglianza  in 
un  albero  e  un  candelabro.  Ar.  (  l.  Il ,  Di 
An.  )  :  Sensibilium  aliud  est  uniuseujwMfie 
proprium  sensus ,  aliud  conimune  cunctit.  IVt* 
prium  id  sensibile  dico.,, circa  quod  errar  fi' 
ri  nequit.  Communio  sunt  haec:  motuM, 
numerus ,  figura  ,  et  magnitudo,  TaUia 
que  nullius  sunt  propria  sensus  ,  sed  o 
communia  sunt. 

17.  Virtù.  L'  estimativa  ,  come  la  chlMS 
nel  Par.,  che  apprendendo  la  verità  delle  et* 
se  esterne  ,  prepara  alla  ragione  la  matflrii 
del  discorrere  ,  cioè  del  dedurre  e  del  gloii- 
care. —  Canoelabri.  Giov.,  nel  I  dell'Apoc.. 
vede  sette  candelabri  d'oro,  e,  nel  IV,  tetti 
lampane  risplendeiiii  al  divin  trono.  Dalli 
unisce  le  lampane  ai  candelabri  :  tanto  pM 
che  gì'  interpreti  dicono  i  due  simboli  •igai- 
tìcare  il  medesimo.  Dame,  nota  il  Costa,  ia^ 
landò  le  visioni  di  s.  Giovanni ,  vede  la  Ggi- 
ra  la  storia  deUa  Chiesa.  —  O.sijv.yt.  OtcìMa 
cantano  gli  Angeli  in  una  cauz.  giovaDÌleM 
P.,  accompagnando  al  ciclo  l'anima  di  Bn* 
trice. 

18.  Arnese.  In  senso  simile,  il  Tasso.-* 
Mezzo.  C.  \IV;  Bsr  meiza  Toscana... 

19.  Stupor.  La  ragion  naturale  ooo  iatct' 
de  il  corso  delie  cose  divine  »  per  sola  sé. 


CANTO    XXIX. 


5TÌ 


Con  rista  cnrcn  di  stupor  non  meno.       I 

20  Indi  rendei  1*  aspetto  alV  alte  cose  , 
Che  si  rooviéno  incontro  a  noi  si  tardi 
Che  foran  \inte  da  novelle  spose. 

21  Là  dofina  mi  sgridò:  perchè  pur  ardi 
SI  neir  affetto  delle  vive  luci , 
E  ciò  che  vien  diretro  a  lor  non  guardi? 

22  Genti  vid'io  allor  com'a  lor  duci 
Venire  appresso  vestite  di  bianco  ; 
E  tal  candor  giamniai  di  qua  non  fóci. 

23  L'acqua  splendeva  dal  sinistro  fianco, 
E  rendea  a  me  la  mia  sinistra  costa  , 
S*io  riguardava  in  lei,  come  specchioanco. 

2b    Quand*  io  dalla  mia  riva  ebbi  tal  posta 
Che  solo  il  fiume  mi  facea  distante  , 
Per  veder  meglio  a'  passi  diedi  sosta. 

25  E  vidi  le  fiammelle  andare  avante  , 
Lasciando  dietro  a  se  f  aer  dipinto: 
E  di  tratti  pennelli  avean  sembiante. 

26  Di  eh'  egli  sopra  rimanea  distinto 
Di  sette  liste  ,  tutte  in  quei  colori 
Onde  fa  V  arco  il  sole  e  Delia  il  cinto. 


30.  Sposb.  Oneste  e  tarde ,  e  meste  del 
iMciare  la  casa  maierna. 

53.  Anco.  Sempre  cosi   monda  ,  come  nel 

e.  xxvm. 

54.  Posta.  Cresc.  (1.  V  ):  La  qual  posta 
è  acconcitsima. 

25.  Pennelli.  Come  pennellate  tratte  nel- 
V  immenso  del  cielo ,  cosi  V  Otl.  Il  Monti  in- 
tende pennelli  per  banderuole.  Men  poetico. 
E  il  frani  non  è,  allora  ,  sì  proprio.  Tasso 
(  Vili ,  32  ]  :  Qucui  aureo  tratto  di  pennel^  si 
sUnde.  Questo  è  il  lume  dalle  prime  chiese 
diffoso  nel  mondo  ;  e  i  frutti  dello  Spirito 
saoto.  Ezech.,  I  :  Facies  eorum ,  et  pennae 
Borum  exteniae  detuper. 

26.  Cinto.  Alone. 

27.  Stendali.  Ezech.,  I:  Sub  firmamento,., 
fennae  éorum  reclae  alterìus  ad  alterum;  X: 
SUvantia  cherubim  alas  suas,  exaitata  sunt 
a  Urrà  coram  me.  — Dieci.  1  sette  doni  del- 
lo Spirito  ,  0  1  sacramenti  ,  brillano  nello 
tpccio  dei  dieci  comandamenti  della  legge 
mosaica,  li  compiono,  danno  più  facile  il 
mezzo  di  compierli  ;  perchè  Cristo  venne  non 
totwre  sed  a4limplere. 

28.  VENTiorATTRo.  I  libri  dell'  Antico  Te- 
stamento: così  s.  Girolp  interpreta  il  IV  del- 
l' Apoc:  Super  thronos  viginti  quatuor  senio- 
ree  sedentes.  Per  ridurli  a  ventiquattro  con- 
fici! faradi  tutti  i  profeti  maggiori  un  Ubro^ 


27  Questi  stendali  dietro  erati  maggiori 
Che  la  mia  vista;  e,  quanto  amioavTiso, 
Dieci  passi  distavan  quei  di  fuori 

28  Sotto  cosi  bel  €iel  com'  io  diviso, 
Ventiquattro  seniori  a  due  a  due 
Coronati  venian  di  fiordaliso. 

29  Tutti  cantavjan  :  benedetta  tiie 
Nelle  Gglre  d*  Adamo  ;  e  benedetto 
Sieno  in  eterno  le  bellezze  tue  I 

30  Poscia  cheiGorieraltrefresche  erbette 
A  rimpetto  di  me  dall'  altra  sponda 
Libere  Tur  de  quelle  genti  elette  « 

31  SI  come  luco  luce  in  ciel  seconda  , 
Vennero  appresso  lor  quattro  animali 
Coronato  ciacun  di  verde  fronda. 

32  Ognuno  era  pennuto  di  sei  ali , 

Le  penne  piene  d'occhi:  e  gli  occhi  d*  Argo 
Se  fosser  vivi  sarebber  cotali. 

33  A  descriver  lor' forma  più  non  spargo 
Rime ,  lettor  ;  eh*  altra  spesa  mi  strigoe 
Tanto  che*n  questa  non  posso  esser  largo. 

34  Ma  leggi  £zechiel  che  li  dipigne 


e  un  de*  minori.  —  Fiordaliso.  Para  dottrina. 
29.  Benedette.  Ott.:  Cantavano  la  Ave 
Maria.  Cant.,  Il:  Sicut  lilium  inter  spinas , 
tic  amica  mea  inter  fUias,  Cantano  Maria  per- 
chè mezzo  di  rendenzione  ;  e  perchè  i  libri 
santi  son  pieni  di  simboli  Gguranti  Maria. 
Altri  intende  che  cantino  a  Beatrice  :  e  in* 
vero  a  Beatrice  diranno  le  parole  ch'altri  vol- 
ge a  Maria  :  Veni  tponta, 

31.  Quattro.  Evangelisti:  Matteo  T nomo, 
Marco  il  Icone  ,  Luca  il  bae,  Giovanni  l'aqui- 
la. —  Vkrdb.  D'  etema  vita. 

32.  Sei.  Leggi:  mosaica,  profetica,  evan- 
gelica, apostolica,  canonica,  naturale.  Cos  i 
Pietro.  —  OccBi.  Dinanzi  e  di  dietro  :  veggen- 
ti l'avvenire  e  'l  passato.  Le  ali  mostrano  la 
prontezza  al  bene;  gli  occhi  la  vigilanza,  (a 
mente ,  e  1'  amore.  Ezech.,  1  :  Totum  corpuf 
oculis  plenum  in  eireuitu  ipsarum  quatuor,.. 
Unumquodqueduabìualis  velabat  corpus  suum; 
X  :  Et  omne  eorpìis  earum ,  et  colla,  et  mch 
fiuf,  et  pennae,  et  circuii,  piena  erant  octi- 
lis  in  circuUu  quatuor  rotarum. 

34.  £zBCHiEL.  £z.,  I:  Fidi»  ef  ecce  renhm 
turbinis  veniebat  ab  Aquilone  ,  et  nubes  ma- 
gna ,  et  ignis  involnens ,  et  splendor  in  circuii 
tu  ejus  :  et  de  medio  ejus  quasi  species  eie- 
etri.  Et  in  medio  ejus  similUudo  quatuor  ani- 
malium,.,et  hie  aspectus  eorum,  similitmào 
hominii  in  /lif .   Quatwor  facies  uni ,   et  ^mi- 


372 


DEL    PURGATORIO 


Come  li  vide  dalla  fredda  parte 

Venir  con  vento  e  con  nube  e  con  igne. 

35    E  quai  li  troverai  nelle  sue  carte 
Tali  eran  quivi  ;  salvo  eh'  alle  penne 
Giovanni  è  meco  ,  e  da  lui  si  diparte. 

80    Lo  spazio  dentro  a  lor  quattro  contenne 
Un  carro  in  su  due  ruote  trionfale. 
Ch'ai  collo  d' un  grifon  tirato  venne. 

37  Ed  esso  tendea  su  T  una  e  V  altr'  ale 
Tra  la  mezzana  e  le  tre  e  tre  liste , 

Si  eh'  a  nulla  ,  fendendo  ,  facea  male. 

38  Tanto  salivan  che  non  eran  viste: 
Le  membra  d'oro  avea  quant'era  uccello» 


fuor  j>ennae  uni .  . .  JunctaeqtM  erant  pennae 
eorum  alteritu  ad  alterum.  Non  revertehantur, 
quutn  Incedereni.,.  Haeo  erat  viiio  ditcurrens 
in  medio  animalium  :  splendor  ignis ,  et  de 
iffne  fulgor  egrediens. 

35.  Giovanni.  Àp. ,  IV  :  Et  qìiatuor  ani- 
fnalia  singula  eorum  habebant  alas  »enas:  et 
in  cireuitu  ,  et  intus ,  piena  tunt  oeulis.  Le 
quattr' ale  d'Ezecliiele,  così  gì' interpreli,  in- 
dicano le  qaattro  età  corse  Gno  allora  ;  le  sei 
di  Giovanni  le  sei  eU  ,  passate  le  quali ,  il 
Kedcntore  appari. 

36.  Carro.  Chiesa  nniversale.  Ps.  :  Currui 
Dei  decem  millibus  multipUx,  —  Due.  I  due 
Testamenti  :  a  destra  11  noovo:  e  di  là  le  vir- 
tù teologiche;  a  manca  le  cardinali.  Ezecb.»!: 
Qwtmque  aspicerem  ammalia ,  apparuit  rota 
una  tuper  terram  juxta  animalia,  habent 
quatuor  facies.  Et  aspectus  rotarum^  et  opus 
earum  quasi  Visio  maris  ...  Quumque  ambula- 
rent  animalia ,  ambulabant  pariter  et  rotae 
juxta  ea  ;  X  :  Quum  elevarent  cherubim  alas 
SUOI ,  ut  exaltarentur  de  terra ,  non  reside- 
hant  rotae ,  ted  et  iptae  juxta  erant*  —  Gri- 
fon. Cristo.  La  parte  d'  aquila,  il  divino; 
di  Icone,  l'umano.  F.  Giordano:  I  grifoni  so- 
no fatti  dinanzi  a  modo  d*  agugÙa ,  e  di 
dietro  coms  leoni:  e  sono  fortissimi,  Apoc,  V: 
Vicit  leo  de  tribù  Juda, 

37.  Mezzana.  Ps.  XCIl:  Indutus  est  Dominus 
fortitudinem.  Chi  per  le  liste  intende  i  sacra- 
menti, qui  vede  l'Eucaristia.  —  Tu.  Aveva 
tre  liste  di  luce  da  una  parte  e  tre  dall'al- 
tra :  sotto  di  sé  quella  di  mezzo  :  e  con  le 
•U  Don  le  toccava ,  tanto  1'  ale  eran  alte.  Se 
per  le  liste  s'intendano  I  doni  dello  Spirito, 
in  mezzo  potrebbesi  porre  la  sapienza,  o  la 
fortezza. 

38.  Salitan.  G.  C,  come  Dio ,  •  si  toglie 
al  vedere  dell'  uomo.  —  Oro.  Come  1*  arca. 
Cant.,  Y:  DiUctw  meus  candidi*!  e(  ruòtetin- 


E  bianche  V  altre  di  vermiglio  miste. 

39    Non  che  Roma  di  carro  cosi  bello 
Rallegrasse  Africano  ,  ovvero  Augusto, 
Ma  quel  del  sol  saria  pover  con  elio: 

iO    Quel  del  sol  che,  sviando,  fu  combusto 
Per  r  orazion  della  terra  devota 
Quando  fu  Giove  arcanamente  giusto. 

41  Tre  donne  in  giro  dalla  destra  rota 
Yenien  danzando  :  l*  una  tanto  rossa 
Ch'  ha  pena  fora  dentro  al  foco  nota. 

k^    L*altr'  era  come  se  le  carni  e  l  ossa 
Fossero  state  di  smeraldo  fatte  : 
La  terza  parca  neve  testé  mossa. 


dus.  Ott.  ;  Come  toro  ò  più  prezioso  ^ogm 
metallo,  così  la  parte  ...  c/i' avea  a  ropff»- 
sentare  la  divinitade  ...  più  preziosa ,  eh§  U 
parte  eh' avea  a  significare  V  umanitads  ..*  Ls 
parti ,  in  che  denotava  V  umanitadt  •  aram 
bianche,  cioè  verginissime  ...  e  ...  misU  di  mt* 
miglio,  cioè  di  caritade.  Il  fuoco  è  otiriMl» 
allo  Spirito  Santo  ,  c^  è  amore. 

39.  Africano.  Ott.:  Il  carro  diScipian§:A 
quale  fu  ricchissimo ,  sì  per  la  vittoria  MNh 
ta  della  nemicistima  Cartagine,  e  potmttimi 
mo  imperio  ...  e  crudelissimo  duca  Annihék; 
sì  per  la  smisurata  preda  ,  sì  per  la  (i6erUitfi 
delU  presi  cittadini  e  compagni ,  li  quali  Stt 
pione  trasse  delle  miserissime  carceri  a  eatmn 
d'Affrica.  —  Augusto.  Curules  triumphos  ffM 
egit  :  Dalmaticum  ,  Actiacum ,  AlexandriHSsm 
(  Svet.,  XXll).  Virg.,  Vili  :  At  Cassar,  tri- 
plici invectus  Romana  triumpho  Mocnia.  VOir 
timo  cita  il  vi  di  P.  Orosio  :  Anni7$A*.. 
vincitore  del  Levante  tornando ,  octavo  ite 
Januariiy  nella  cittade  di  Roma  entrò  eontn 
triunfi,,.  Quanto  questo  avanzasse  tutti  Udl^ 
tri,  si  può  considerare  per  la  ecceUensa  daflt 
opere  d'  Ottaviano;  e  perocché  fu  mòlimafa 
aUa  dignitade  imperiale  di  comune  camanli 
mento  di  tutti  li  Romani,  a' quaU  era  soUù* 
posto  tutto  il  mondo. 

40.  Sviando.  Di  Fetonte  tocca  neiriof., 
XVII  ;  Purg.,  IV  ;  Par.,  XVII.  Del  carro  del 
sole,  Ov.,  trad.  dall'Ott.  :  Lo  carro  era  dton 
la  piegatura  della  somma  ruota  era  (foro, 
l'ordine  dei  fazzuoli  d'  arimto  ,  U  crisoliti  e 
gemme  poste  second'  ordine  per  U  gioghi  fon- 
devano chiari  lumi, 

41.  Tre.  Le  virtù  teologiche  della  nuova 
legge.  Fides,  spes  ,  charitas  ...  major  horw^ 
est  charitas  (Cor.,  I,  C.  13  ). 

42.  Mossa.  Scesa.   In  altro    senso  l'Ar.. 
XVI li  :    Candido  più  che   neve   ancor 
mos$a» 


CANTO    XXIX. 


373 


&3  Ed  or  parevan  dalla  bianca  tratto  , 
Or  dalla  rossa  :  e  del  canto  di  questa 
L*  altre  toglién  i'  andare  e  tarde  e  ratte. 

hk  Dalia  sinistra  quattro  facean  festa 
In  porpora  vestite  ,  dietro  al  modo 
jy  una  di  lor  eh'  avea  tre  occhi  in  testa. 

ho    Appresso  tutto  '\  pertrattato  nodo 
Vidi  duo  vecchi  in  abito  dispari, 
Ha  pari  in  atto  ed  onestato  e  sodo. 

46    L' on  si  mostrava  alcun  de'  famigliari 
Di  quel  sommo  Ippocràte  ,  che  Natura 
Agli  animali  fé  eh*  eli'  ha  più  cari. 

VI  Mostrava  l'altro  la  contraria  cura 
Con  una  spada  lucida  e  acuta , 


43.  CAifTO.  S.  Greg.  :  Quantum  amamui , 
tantum  de  ipe  praetumimus.  V  amore  gaida 
Illa  fede ,  la  fede  accende  V  amore. 

44.  Quattro.  Le  cardinali.  —  Porpora. 
Simbolo  d'amore,  e  di  dignità.  —  Occhi.  Se* 
nee.  :  Si  prudens  es(  animus  tuuM ,  tribus  tem- 
parUnu  ditpent$tur  :  praesentia  ordina ,  et 
f^imra  prae^de,  et  praeterita  reeordare.  Un 
amico  :  Judico  prudentem  ,  prius  et  nune  , 
po§tq%»e  videniem.  La  Chiesa  ha  in  sé  le  virtù 
cardinali  e  le  teologiche;  la  verità  della  ra- 
gione e  la  rivelata. 

45.  Nodo.  Gruppo,  direbber  ora.  Intorno 
al  carro. — Duo.  Loca  e  Paolo,  Loca  scrittore 
degli  Atti,  Paolo,  delle  Epistole.  Scrissero 
poi;  però  vengon  dopo. 

46.  Ippocratb.  PauL  (CoL,  IV):  Lucat 
wmiieue. 

47.  Contraria.  Misericordia  e  gioatizia  ; 
amore  a  scienza. 

48.  Quattro.  Dottori.  S.  Gregorio  ,  delle 
cote  morali  ;  s.  Agostino  ,  delle  dispute  dom- 
maUche;  s.  Ambrogio ,  del  predicare  ;  a.  Gi- 


Tal  che  di  qua  dal  rio  mi  fé  paura. 
i8    Poi  vidi  quattro  in  umile  paruta, 
E  diretro  da  tutti  un  veglio  solo 
Venir  dormendo  con  la  faccia  arguta. 

49  E  questi  sette  col  primato  stuolo 
Erano  abituati ,  ma  di  gigli 

D' intorno  al  capo  non  facevan  brolo  , 

50  Anzi  di  rose  e  d*  altri  fior  vermigli: 
Giurato  avria  poco  lontano  aspetto 
Che  tutti  ardesser  di  sopra  da  cigli. 

51  E  quando  1  carro  a  me  fu  rimpetto, 
Un  tuon  s' udio:  e  quelle  genti  degne 
Parvero  aver  1*  andar  più  interdetto , 

52  Fermandos*  ivi  con  le  prime  insegne. 


rolamo  ,  della  storia.  Ezech.,  X  .*  Et  ìndi,  ei 
ecce  quatuor  rotae  juxta  cherubim  ...  $peeid$ 
autem  rotarum  erat  quasi  Visio  lapidis  ehr^ 
soliti,  —  Solo.  Bernardo  ,  contemplante.  Altri 
UB*  quattro  vede  gli  autori  delle  lettere  cano- 
niche :  Giacomo  ,  Pietro  ,  Giovanni,  Giuda: 
nel  vecchio  ,  Giovanni.  Così  Giovanni  entra- 
rel^be  in  tre  luoghi.  Troppo.  E  l'umile  aspet- 
to meglio  si  conviene  a'  Dottori.  E  Bernardo 
è  chiamato  sene  nel  Par.»  XXXI  ;  e  come  con- 
templante lodato. 

49.  Stuolo.  Vestiti  come  i  seniori.  Par. 
(  XXXI ,  20  )  :  Vestito  con  le  genti  gloriose,'^ 
Brolo.  Giardino.  Così  chiama  una  corona  di 
fiori;  come  chiamò  primavera  i  fiori  da  Pro- 
serpina  colti  (  e.  XXVIII  ).  Virg.  :  Vmbrata... 
tempora  quereu. 

50.  VBRXiaLi.  D'amore. 

51.  TuoN.  Così  nell'  Àp. ,  cit.  dall'  OU.  : 
Voce  di  grande  tuono  quasi  tromba, 

52.  Insigne.  Così  nelle  processioni»  primi 
si  fermano  i  gonfaloni. 


37» 


DEL    PURGATORIO 


CANTO        XXX. 


ARGOMENTO. 

Tutti  9i  fermano,  Salomone  invita  Beatrice,  la  sapienza,  a  venirt.  EUa  timi 
tra  gli  Angeli  in  Itelo  trionfo.  Virg.  dispare  :  l  umana  sapienza  dà  luogo  aW  •• 
tema.  Rimproveri  di  Beatrice  agli  errori  di  Dante.  I  canti  angelici  lo  eonmÀamK 
e  piange.  Qui  piucchè  mai  si  conosce  la  parte  simbolica  e  la  parte  storica  delk 
visione,  la  morale  e  la  politica,  la  divina  e  V  umana.  Vedremo  d€Me  note  eom§  i 
semi  della  visione  già  fossero  nella  V.  Nuova,  e  nelle  poesie  giovanili. 


Questo  XXX  è  forse  il  primo  canto  del  poema  ideato  da  Dante  :  poi  la  tela  gli  ai 
allargando  in  si  mirabile  modo..  . 

Vedi  le  terzine  1,  3,  5  ;  la  8  alla  13;  te  ift  alla  19  ;  lA  25  alla  33  ;  la  36,  40,  41, 
43,  45,  47. 


1  Quando  1  settentrion  del  primo  cielo , 
Che  né  occaso  mai  seppe  né  òrto 

Né  d*  altra  nebbia,  che  di  colpa  ,  velo  , 

2  E  che  faceva  II  ciascuno  accorto 
Di  suo  dover,  come  1  più  basso  face 
Qual  timon  gira  per  venire  a  porto , 


1.  Settentrion.  I  sette  candelabri  parago- 
nati dal  P.  alle  sette  stelle  dell'  orsa  maggio- 
re. Vennero  dalle  fredde  parti,  dice  Ezechie- 
le. —  Cielo.  Empireo  onde  discesero.  —  ur- 
to. Perchè  sempre  immobile,  o,  come  dice 
altrove,  sempre  quieto. — Velo.  La  culpa  no- 
stra sola  ci  vela  quella  beatitudine. 

2.  Dover.  I  doni  dello  Spirito  santo ,  o  i 
sacramenti,  additano  all'uomo  la  via  del  be- 
ne, e  vel  confermano.  —  Basso.  L*  orsa  mag- 
giore, segno  a*  naviganti. 

3.  Gente.  I  ventiquattro  sì  volgono  al  car- 
ro: i  libri  del  vecchio  Testamento  conferma- 
no il  nuovo.  Cosi  il  vecchio  del  XIV.  dell'  in- 
ferno si  volge  a  Roma  siccome  a  suo  specchio. 


Fermo  s' affìsse  ,  la  gente  verace 
Venuta  prima  tra  '1  grifone  ed  esso 
Al  carro  volse  sé  come  a  sua  pace. 

E  un  di  loro  ,  quasi  da  ciel  messo  , 
Veni ,  sponsa  ,  de  Libano  ,  cantando 
Gridò  tre  \oIte,  e  tutti  gli  altri  appresso. 


4.  U?L  Salomone  innamorato  della  sapiens 
(Sap.,  XI),  come  il  P.  di  Beatrice  :  quasi  is- 
viato  a  nome  di  tutti.  Cent.,  IV  :  Tota  fià' 
chra  et ,  amica  mea ,  et  macula  nom  ut  is 
fa.  Veni  de  Libano,  tponta  mea ,  vem  é$  ik 
ÌHino  ,  veni ,  coronaberù  ...  d«  eMiihm  Is^ 
num  ,  de  montibus  pardorum.  Veni  è  qui  i^ 
plicato  tre  volte.  —  Libaho,  Altezza  della  vìf 
tu.  In  una  canz.  composta  ,  vivente  Beatfkit 
è  detto  che  il  cielo  a  sé  la  chiama,  la  da» 
manda  a  Dio  :  E  ciascun  santo  né  fnds 
mercede,  E  quivi  pure  dice  che  coloro  dM 
scenderanno  all'Inferno  dopo  vedutala,  diras- 
no  :  l' vidi  la  speranza  de'  beati. 


CANTO    XXX. 


375 


5  Qaale  ì  beati  al  novissimo  bando 
Sorgeran  presti,  ognun  di  sua  caverna, 
La  rivestita  carne  alleviando  ; 

6  Colali  in  su  la  divina  basterna 

Si  levar  cento  ad  vocem  tanti  senti 
Ministri  emessagger  di  vita  eterna. 

7  Tutti  dicean  :  benediclus  qui  venis  , 
£  tior  gittando  di  sopra  e  dintorno  , 
Manibus  o  date  lilia  plenis. 

8  lo  vidi  già  nel  cominciar  del  giorno 
La  parte  orientai  tutta  rosata  , 

£  r  altro  ciel  di  bel  sereno  adorno; 

9  E  la  faccia  del  sol  nascere  ombrata, 
SI  cbe  per  temperanza  di  vapori 
L'occhio  lo  sostenca  lunga  fiata. 

5.  Alleviando.  Tasso:  Quel  corpo  in  cui 
già  Vìue  alma  $ì  degna  ,  Lo  qual  con  esia 
ancor  lucido  e  leve  E  immoìrtal  fatto ,  riunir 
si  deve. 

6.  Basterna.  Carro  simile  al  pilentum  eh* 
art  proprio  delle  matrone  (  Servio  ).  L*  asa 
Faiio  (  Ditt. ,  I,  27  ).  Basterna  ,  dice  Pie- 
tro t  carro  decurato  di  panni ,  secondo  Ugac- 
flione.  Voce  gallica.  Sopra  una  basterna  an- 
davano ,  dice  la  cronaca ,  Clotilde  e  Clodoveo. 

7.  Bbnedictus,  Cosi  cantavano  gli  Ebrei  a 
Gesù  entrante  in  Gerusalemme  (  Matth. ,  XXI). 
Oo&i  forse  i  santi  al  Grirone ,  simbolo  di  Ge- 
gfl.  Altri  intende  detto  al  P. ,  al  quale  un  An- 
gelo disse  già  :  Venite  ,  benedicti  patrit  met 
(  XXVII ,  20  ).  —  JklAMBUS.  Virg.  (  VI,  8a4)t 
Airpttreof  ipargam  floret, 

9.  Temperanza.  Cresc.  (  I.  X  )  :  Distempe- 
tanxa  del  caldo  e  del  sole.  Ott.  :  Moitra  che 
dia  iia  velata  •  .  .  occiò  che  V  occhio ,  cioè 
émUlletlo  umano,  possa,  mediante  la  mistica 
e  f^rativa  scrittura ,  sofferire  li  raggi. 

10.  Fiori.  Cant.  :  Fulcite  me  floribus.  In 
ooa  canz.  di  Dante  è  l' imagine  d'una  nuvo- 
letta eoo  angeli  intorno  a  Beatrice.  Vita  Nuo- 
va :  Io  immaginava  di  guardare  verso  il  cie- 
lo f  e  parevami  di  vedere  moltitudine  d' an- 
geli li  quali  tornassero  in  suso  ,  ed  avessero 
dinnanzi  da  loro  una  nuvoletta  hianchissima; 
e  pareami  che  questi  angeli  cant<usero  glorio- 
wamesUe.  Canz.  detta  :  E  vedea  che  parean 
pioggia  di  manna ,  Gli  Angeli  che  tornavan 
tmso  in  cielo;  Ed  una  nuvoletta  avean  da- 
vastU,  Dopo  la  qual  gridavan  tutti  Osan^ 
«a.  —  Angelicub.  In  un'altra  canz.  :  D'un'An- 
fata  che  in  cielo  è  coronata  ...  Che  mi  par 
di  fséd^r  lo  cielo  aprire,  E  gli  Angeli  di  Dio 
quaggiù  vmire,  Per  volerne  portar  l'anima 
sansa  Di  questa  in  cui  onor  (aerò  si  canta. 


10  Cosi  dentro  una  nuvola  di  fiori  , 
Che  dalle  mani  angeliche  saliva 

£  ricadeva  giù  dentro  e  di  fuori  , 

11  Sovra  candido  vel,  cinta  d'oliva  , 
Donna  m*  apparve  sotto  verde  manto  , 
Vestita  di  color  di  fiamma  viva. 

12  E  lo  spirito  mio  ,  che  già  cotanto 
Tempo  era  stato  che  alla  sua  presenza 
Nun  era  di  stupor  tremando  affranto, 

13  Senza  degli  occhi  aver  più  conoscenza, 
Per  occulta  virtù  che  da  lei  mosse 

D' antico  amor  senti  la  gran  j)otenza. 
ik    Tosto  che  nella  vista  mt  percosse 
L*  alta  virtù  che  già  m*  avea  trafitto 
Prima  eh'  io  fuor  di  piierizia  fosse, 

• 

11.  Vel.  V.  Nuova  :  Pareami  che  donne 
coprissero  la  sua  testa  con  un  bianco  velo. 
E  in  una  canz.  :  Vidi  voi  donna  portare  Ghi^ 
landetta  in  fior  gentile.  Sopra  voi  vidi  volare 
AngioUl  d*  amore  umile.  —  Verde.  Alano ,  ^ 
della  Teologia  :  Claudit  eam  vestis  auro  per- 
fusa  refulgens,  —  Fiamma.  In  un  sogno  vid* 
egli ,  giovanissimo ,  Beatrice  avvolta  in  un 
drappo  sanguigno  ;  e  Amore  cbe  la  portava 
per  r  alto.  E  all'  età  di  ott'  anni ,  racconta 
nella  Vita  Nuova  ,  com'  ella  gli  apparisse  v^ 
stila  di  rubicondo  colore,  umile  ed  onesta  ... 
nella  guisa  che  alla  sua  giovinetta  età  si 
convema.  Altrove:  Mi  pareva  vedere  questa 
gloriosa  Beatrice  con  quelle  vesti  sanguègne 
colle  quali  apparve  prima  ^gli  occhi  miei  ;  e 
pareami  giovinetta  in  simile  età ,  a  quella  m 
cAe  prima  la  vidi.  Il  verde  manto ,  il  bianco 
velo,  la  rossa  veste  sono  imagine  delle  tre 
virtù  :  onde  in  Beatrice  vedremo  cbiaramente 
Ognrata  la  virtù  insieme  e  la  scienza. 

12.  Affranto.  V.  Nuova  :  In  quel  punSo 
(  che  prima  vide  Beatrice  )  lo  spirito  della  vi- 
ta il  qual  dimora  nella  segretissima  camera 
del  cuore  cominciò  a  tremarsi  fortemente,  cho 
appariva  nelli  menomi  polsi  visibilmente.  JSi 
pareva  sentire  un  mirabile  tremore  cominciar 
nel  mio  petto  dalla  sinistra  parte  :  e  disten- 
dersi sì  di  subito  per  tutte  le  parti  del  mio 
corpo  ...  Bocc!  GU  spiriti  miei,  li  quali  spo- 
ventati  tutti,  treman  nel  vostro  cospetto. 

13.  Conoscenza.  Il  velo  la  copriva.  — 
SentI.  Una  sua  canz.  comincia  :  Io  sento  ei 
d*amor  la  gran  potenza. 

14.  Vista.  Delle  suo  forme.  —  Fuor.  V. 
Nuova  :  Quasi  dal  principio  del  suo  anno  no- 
no apparve  a  me:  ed  io  la  %ndi  quasi  al  ^ 
ne  del  mio.  E  questo  medesimo  dice  con  pe- 
rifrasi aslronomict ,  coma  suole  nella  D.  Com- 


/ 


37« 


DEL    PURGATORIO 


15  Volsimi  alla  sinistra  col  rispilto 
Col  quale  il  faDtolln  corre  alla  inamma 
Quand'ha  paura,  o  quando  egli  è  adlilto, 

16  Ver  dicere  a  Virgilio:  meo  che  dramma 
I)i  sangue  m*  è  rimasa  che  doq  tremi; 
Conosco  i  segni  deir  antica  fiamma. 

17  Ma  Virgilio  n'  avea  lasciati  scemi 
Di  so  ,  Virgilio  dolcissimo  padre  , 
Virgilio  ,  a  cui  per  mia  salute  diómi. 

18  Né  quantunque  perdéo  l'antica  madre 
Valse  tilU;  guance  nette  di  rugiada 

Clie  lagrìinaudo  non  tornassero  adre. 
10     Dante  ,  |>ercliè  Virgilio  se  no  vada, 
Non  piangere  anco,  non  piangere  ancora. 
Che  pian.L(T  ti  convien  per  altra  spada. 

media.  Onde  i  giri  scientifici  erano  in  lai  vez- 
zo antico,  e  quasi  necessità  dell'ingegno 
suo.  —  PUERIZIA.  Ch'  è  fino  ai  (;[uattordicì  an- 
ni. L'austerità  degli  amori  e  la  dolcezza  dei 
teneri  afTetti  per  tempo  incominciarono  a  Dan- 
te. Ma  perché  nelle  anime  profonde  la  gioia 
stessa  è  nutrita  dal  pianto ,  quasi  fiori  da  ri- 
vo corrente  ;  e  perchè  nel  dolore  doveva  esse- 
re sublimata  quell'anima,  noi  vediamo  quan- 
to fosse  in  codesto  amore  d'  arcana  e  religio- 
sa mestizia.  Se  ne  legga  la  Vita  Nuova  ;  si 
per  vedere  a  quanta  dignità  ed  evidenza  e 
franchezza  avesse  quest'uomo,  prima  che  la 
poesia,  elevata  la  prosa  italiana;  s)  perchè 
gli  uomini  rari ,  quando  parlano  de'  secreti 
dell'anima  propria,  sempre  sono  d'attenzio- 
ne degnissimi.  E  già  fin  dal  trecento  l'Italia 
aveva  un  esempio  di  quelle  Confessioni  o  Me- 
nuorie  che  al  presente  c'inondano. 

15.  RispiTTO.  Come  detpUto  nel  Petr.  Qui 
vale  modo  di  riguardare  (  re$picio  j  e  di  con- 
tenersi ,  non  già  riverenza.  Vale  tutt'  al  più 
umile  alTetto. 

16.  Segni.  Virg.  (  IV,  23  ]  :  Agno$co  veteris 
vestigia  flammae, 

17.  Scemi.  Inf. ,  IV:  La  setta  compagnia 
in  duo  $i  scema.  —  DoLCissiflo.  Sempre  lo 
chiamò  dolce  padre  :  ora  che  lo  perde ,  dol- 
cissimo, 

18.  Madbb  (  e.  I.  ).  Né  le  delizie  da  Eva 
perdute  m'impedirono  che  le  guance  già  da 
Virg.  purgate  d'  ogni  mondana  fuliggine  non 
s' iruorbidasser  di  pianto.  —  àdrb.  Ott.  : 
Quand'uomo  piange  ...  abbuia  ...  nel  viso. 

19.  Dante.  Duranfè'è  il  nome  intero.  So- 
gna Fr.  Bandino,  gramm.  aretino,  che  vede 
alcuna  cosa  di  Dio  nei  nome  di  Dante  :  dans 
theos  (  FoDS  memorabilium  univ.,  pari.  Vj. — 
Ancora.  Ripete;  come  poi  :  J^en  lon»  fren  jon 


20  Quasi  ammiraglio  clie'n  poppa  edioprort 
Viene  a  veder  la  gente  che  ministra 
Per  gli  alti  legni ,  ed  a  ben  far  la  'neon; 

21  In  su  la  sponda  del  carro  sinistra 
(Quando  mi  volsi  al  suon  del  nome  mio, 
Che  di  necessità  qui  si  registra  ), 

22  Vidi  la  donna  che  pria  in*  appario 
Velata  sotto  l'angelica  festa 

Drizzar  gli  occhi  vór  me  di  qua  dal  rio. 

23  Tutto  che'l  vel  che  le  scendea  di  testa 
Cerchiato  dalla  fronde  di  Minerva, 
Non  hi  lasciasse  parer  manifesta, 

2i    Realmente  neir  atto  ancor  proterra 
Continilò  ,  come  colui  che  dice 
E  '1  più  caldo  parlar  dietro  riserva  : 

Beatrice,  —  Spada.  La  Chiesa  :  Doloris  fb- 
dttif.  Ott..*  Tu  hai  altro  asofferire,  che  esm- 
re  abbandonato  dalla  ragion  jUosojica, 

21.  Si^riSTBA.  Perchè  non  puro  (e.  XIVHI, 
9  ).  Ott.  :  In  $uUa  sinistra  ,  cioè  m  $ul  tf#- 
chio  Testamento,  ch'i  iolamenie  a  quéUaw 
ta  attiva  inteso.  —  Necessità.  Con?.  (I, 
2  )  :  Non  it  concede  per  li  rettorici ,  aìiwm 
di  sé  medesimo  sanxa  necestaria  cagUnmptih 
lare.  E  intra  V  altre  necessarie  cagioni ,  èt§ 
tono  piò  manifeste  ...  V  altra  è  quando  fsr 
ragionare  di  tè ,  grandissima  utilità  n§  segm 
altrui  per  via  di  dottrina,  E  qtiesta  foféaai 
motte  Agottino  nelle  Conf,  a  parlare  éi  di 
che  ,  per  lo  procetto  deUa  sua  vita  lo 
fu  di  màio  in  buono  ,  e  di  buono  tu 
re  ,  e  di  migliore  in  ottimo  ,  ne  diede 
pio  e  dottrina  ,  la  quale  per  più  véro 
monio  ricevere  non  si  poteva.  Ott.  :  Com 
che  la  donna  il  chiamasse  per  tunno^  per 
cagioni  :  (*  una  ,  perchè  certa  fosse  la 
na ,  in  tra  tante ,  alla  quale  diriszava  U  m$ 
termone  ;  V  altra ,  perocché  come   piii  odiar 

i  citte  nello  umano  parlare  il  nomorf  la  pevws 
na  per  lo  proprio  nome ,  in  ciò  che  pia  ft^ 
feiione  si  mostra  ;  cosi  più  pugne  il  ripfmtir 
vo,  quando  la  persona  ripresa  daUa  rifrmr 
dente  è  nomata, 

22.  Occhi.  Attraverso  il  velo  :  Uni'  eran  p«- 
senti. 

23.  Minerva.  Lat.  :  Fronde  Minervae. 

24.  f ROTERVAy  Conv.  :  Eita  fUoso/ia  pano 
a  me  ...  fiera,  che  non  mi  ridea  ,  in  quaote 
le  tue  persuasioni  ancora  non  intendea  ;  e 
disdegnosa,  che  non  mi  volgea  V occhio,  cisè 
ch*io  non  potea  vedere  le  sue  dimostrasiem. 
E  di  tutto  questo  U  difetto  era  dai  mio  ia- 
to. —  Riserva.  Consiglio  eh'  e'  dà  a'  dicitari 
nel  Conv.  tratto  dal  11  de'  Ratt.  di  CicertM. 


CANTO    XXX. 


S7T 


25  GQ«rd8niiben:beD8on,beD80DBeatrìee. 
Come  degnasti  d'accedere  al  monte? 
Non  sapéi  tu  che  qui  è  V  uom  felice  ? 

26  Gli  occhi  mi  cadder  giù  nel  chiarofonte: 
Ha  veggendomi  in  esso  io  trassi  airerba; 
Tanta  vergogna  mi  gravò  la  fronte  I 

27  Cosi  la  madre  al  figlio  par  superba 
Com'  ella  parve  a  me,  perchè  d'amaro 
Senti 'I  saper  della  pietate  acerba. 

28  Ella  si  tacque,  e  gli  angeli  cantaro 
Di  subito  :  in  te ,  Domine  ,  speravi  ; 
Ma  oMre  pedes  meos  non  passare. 

29  SI  come  neve  tra  le  vive  travi 
Per  lo  dosso  d'Italia  si  congela 
Soffiata  e  stretta  dalli  venti  Schiavi , 

30  Poi  liquefatta  in  sé  stessa  trapela, 
Pur  che  la  terra  che  perde  ombra  spiri , 
SI  che  par  fuoco  fonderla  candela; 

31  Cosi  fui  senza  lagrime  e  sospiri 
Anzi  'I  cantar  dique'che  notan  sempre 
Dietro  alle  note  degli  eterni  giri. 

32  Ma  poiché  *ntesi  nelle  dolci  tempre 

S5.  BiR.  Boet.  (1.  I  )  :  Tum  vero  totii  in 
fm  tMftnla  luminibui,  fune  iUe  u,  at(,  gyi 
noetro' qwmdam  laete  nutritui  ..J  Atquitalia 
eonimleramui  arma,  quae  nisi  prius  abjecii- 
Mf ,  mvicta  te  firmitate  tuerentur.  J^oscis-ne 
m9  ?  Quid  tacet  ?  pudore  an  ttupore  tUuisti  ? 
maUam  pudore;  sed  te ,  ut  video ,  ttupor  op- 
pnetii,  Quumque  me  non  modo  tacitum  sed 
dMfiMm  pronue  mutumque  viditset.  —  Bea- 
xaiGi.  T.  N.;  Fu  chiamata  da  molti  Beatrir 
«•  «  li  filali  non  tapevano  che  ti  chiamare. 

95.  YBG«BNDOifi.  Virg.  :  Me  in  Utiore  vidi. 

S7.  Madbb.  Bibbia:  Quem  ,•.  diUgit  Domi- 
mu$  eaetigat,  V  Ecclesiaslico  :  Chi  ama  lo  fi- 
$Uitùl  suo ,  continuo  il  flagella ,  acciò  che  ul- 
tmarsente  s*  allegri, 

88.  Ansili.  Per  essi  inteDde  Pietro  i  bno- 
■i  pensieri.  — /iir.  Ps.  XXX:  Odisti  observan- 
im  vamtates ,  supervaeue.  Ego  autem  in  Do- 
mino speravi:  exultabo ,  et  laetabor  in  mi- 
sericordia tua,  Quoniam  retpexisti  /lumtttlo- 
ftm  meam  ...  nec  conclusisii  me  in  manibut 
inimici:  statuisti  in  loco  spatioio pedes  meos. 
Poi  seguono  cose  inopportane  allo  stato  di 
Dtote  :  però  qui  gli  Angeli  interrompono  il 
canto.  E  rispondono  cantando,  per  lui  che 
non  può  dire. 

S9.  Nbvb.  V.  Nuova:  Siccome ialora  vede- 
rne cadere  l'acqua  mischiata  di  bella  neve, 
enei  mi  parve  vedere  le  loro  parole  mischiate 
di  sospin.  —  Travi.  Virg.  C  VI,  181  )  :  Fraxi- 
neaeque  Irato.  Ov.  (  Met.,  Vili,  13o  ):  Silva 


Lor  compatire  a  me,  più  che  se  detto 
Avesser:  donna,  perche  si  lo  stempre?— 

33  Lo  gel  chem'era*ntornoalcuorristrettOy 
Spirito  ed  acqua  fessi ,  e  con  angoscia 
Per  la  bocca  eper  gli  occhi  usci  dei  petto. 

34  Ella  pur  ferma  in  su  la  destra  coscia 
Del  carro  stando  ,  alle  sustanzie  pie 
Volse  le  sue  parole  cosi  poscia  : 

35  Voi  vigilate  neir  etemo  die  , 

Sì  che  notte  nò  sonno  a  voi  non  fura 
Passo  che  faccia  'I  secol  per  sue  vie. 

36  Onde  la  mia  risposta  è  con  più  cura 
Che  m' intenda  colui  che  di  là  piagne  , 
Perchè  sia  colpa  e  duol  d*una  misura. 

37  Non  pur  per  ovra  delle  rote  magne 
Che  drizzan  ciascun  seme  ad  alcun  fine 
Secondo  che  le  stelle  son  compagne  ; 

38  Ma  per  larghezza  di  grazie  divine , 
Che  si  alti  vapori  hanno  a  lor  piova 
Che  nostre  viste  là  non  van  vicine  , 

39  Questi  fu  tal  nella  sua  vita  nuova 
Virtiialmente  ,  eh*  ogni  abito  destro 

frequens  trabibtis, — Dosso.  Apennini. — 9cbu- 
VI.  Che  all'  Italia  vengono  di  Sebiavonia. 

30.  Terra.  L'Africa:  della  quale  alcune 
regioni  tra  i  due  tropici  sono  nel  mezzodì 
sottoposte  perpendicolarmente  al  sole  ;  onda 
i  corpi  non  gettan  ombra.  —  Spiri.  Vento  che 
di  lì  viene  all'  Italia  caldo. 

31.  Notan.  Come  solfeggiare  da  lol/a,  che 
son  le  note  del  canto ,  cosi  qui  notare  per 
canto,  Platone  sentiva  l'armonia  delle  sfere 
rotanti:  il  P.  fa  che  alle  sfere  armonizzino  i 
canti  degli  Angeli.  —  Dietro.  Inf. ,  XXllI  : 
Distro  alle  poste  delle  care  piante, 

33.  CoMPATiEB.  M' invitavano  con  quel  sal- 
mo a  speranza. 

34.  Ferma.  Si  volse  un  istante  a  sinistra 
per  parlare  al  P.:  poi  tornò  a  destra;  e  par- 
la agli  Angeli,  sempre  ferma  da  questa  par- 
te ,  lungo  tutto  il  discorso.  Oti.  :  AUa  parte 
diritta  del  carro,  cioè  in  sul  nuovo  Testar 
mento, 

37.  CoMPAGMB.  Ott.  :  L*  tn/fuenfa  de*  pia- 
neti è  temperata  o  mutata  da  quelUt  delle 
stelle. 

39.  Nuova.  Così  chiama  la  gioventù,  qui 
e  nel  libro  che  ha  questo  titolo.  Inf. ,  XXXlIlc 
Età  novella.  Par.,  XVII:  iVoveUa  e(d.  —  Di- 
stro. Fausto.  In  Virg.  più  volte.  —  Prova. 
Ciò.  (  Tusc.,  Ili  )  :  Sunt .  .  .  ingeniis  nostris 
semina  innata  virtutum  :  quae  si  adoleseere 
liceret ,  ipsa  nas  ad  beatam  vitam  natura  par- 
dtic^rsf. 

h8 


n» 


DEL    PURGATORIO 


Fatto  averebbe  in  loi  mirabil  prova. 

JU)  Ha  tanto  più  maligno  e  più  Silvestro 
Si  fa  1  terreo  col  mal  seme  e  non  colto, 
Qiiant*eg1ì  ha  piùdibuonvigorterrestro. 

fcl    Alcun  tempo'l  sostenni  col  mio  volto: 
Mostrando  gli  occhi  giovinetti  a  lui  , 
Meco  '1  menava  in  dritta  parte  vòlto. 

h2    SI  tosto  come  in  su  la  soglia  fui 
Di  mia  seconda  etade  e  mutai  vita  , 
Questi  si  tolse  a  me  e  diessi  altrui. 

43    Quando  di  carne  a  spirto  era  salita, 
E  bellezza  e  virtù  cresciuta  m*era, 
Fu' io  a  lui  men  cara  e  men  gradita. 

kk  E  volse  i  passi  suoi  per  via  non  vera, 
Immagini  di  ben  seguendo  false 

40.  Silvestro.  Si  noti  il  frequente  oso  di 
parole  che  destino  i'  idea  di  telva,  —  Quan- 
ta. S.  Aag.  (  De  som.  booO  )  :  Sicut  ignis  quan- 
to magis  Ugna  naeejnit  in  majorem  flammam 
erigitur ,  ita  malui  homo  quanto  magii  ratio- 
n§fn  audierit ,  iemper  in  majoretn  malitiam 
excUatur.  Codt.  :  Se  questo  {  V  appetito  del- 
l'animo )  non  è  bene  culto  ,  sottenuto  diritto 
per  buona  consuetudine  ,  poco  vale  la  semen- 
ta ;  e  meglio  sarebbe  non  essere  seminato,  E 
però  vuole  t .  Agostino ,  e  ancora  Aristotele 
nel  II  dell* Elica,  che  Vuomo  s'ausi  a  ben 
fare  e  ...  acciocché  questo  taUo  per  buona  con- 
suetudine induri  ...  iiechè  possa  fruttificare  e 
del  suo  frutto  uscire  la  dolcezza  deUa  umana 
felicità. 

41.  GiOTiNETTi.  Bocc.  (  V.  D.  ):  Era  B,  as- 
sai leggiadretta  secondo  V  usanza  fanciullesca, 
e  ne'  suoi  atti  gentile ,  e  piacevole  molto,  con 
costumi  e  con  parole  casaipiù  gravi  e  mode- 
ste che'l  suo  piccolo  tempo  non  richiedeva.. * 
In  una  canx.  il  P.  :  Sua  beltà  piove  fiammel- 
le di  fuoco  Animate  d'  un  spirito  gentile  Ch'è 
creatore  d*  ogni  pensiero  buono  ;  E  rompon.,. 
€l' innati  vixii  che  fanno  altrui  vile.  In  altra: 
Chi  veder  vuol  la  salute .  Faccia  che  gli  oc- 
chi d'  està  donna  miri, 

42.  Soglia.  Conv.  (  1.  I  )  :  iiU'  entrata  di 
mia  gioveutute.  —  Seconda.  Nel  Conv.  divide 
la  vita  in  adolescenza,  gioventù,  senettù  , 


Che  nulla  promission  rendono  intera. 

65  Né  r  impetrare  spirazion  mi  valse, 
Con  le  quali  ed  in  sogno  e  altrimenti 
Lo  rivocai  :  si  poco  a  lui  ne  calse. 

66  Tanto  giù  cadde  che  tutti  argomenti 
Alla  salute  sua  eran  già  corti 

Fuor  che  mostrargli  le  perdute  genti. 

VI    Per  questo  visitai  1*  uscio  de  morti 
E  a  colui  che  1'  ha  quassù  condotto 
Li  prieghi  miei ,  piangendo  furon  porti. 

hS  L*  alto  fato  di  Dio  sarebbe  rotto 
Se  Lete  si  passasse  ,  e  tal  vivanda 
Fosse  gustata  senza  alcuno  scotto 

49    Di  pentimento  che  lacrime  spanda 


senio.  E  della  prima  :  Nullo  duhita  ,  ma  eie- 
scun  savio  Raccorda,  ch'ella  dura  infine  al 
venticinqìiesimo  anno.  Beatrice  mori  nel  XIH 
(  Bocc,  V.  D.  ).  — Altrui.  S'invaghì  didoa- 
na  gentile  che  mostrava  pietà  del  suo  ltB|a 
dolore  (Vita  Nuova).  E  poi  d'altre  donae. 

43.  Salita.  Il  dì  9  ottobre  1290.  —Caia. 
Qai  Beatrice  parla  come  donna  ,  e  come  sia- 
bolo  de'  sacri  studii ,  e  d*  ogni  virtù.  Jer.»  II: 
Numquid  non  istud  factum  est  Obi  ,  qmia  eh 
reliquisti  Dominum  Deum  tuum  eo  témpen, 
quo  ducebat  te  per  viam  ? 

44.  Via.  Is.,  LXV  :  Graditur  in  ma  em 
bona  post  cogitationes  suas.  —  Intsra.  BaH. 
(  III ,  8  ):  NU^il ...  dubium  est,  quin  ha»  ai 
beatitudinem  viae  deviae  quaedam  ami,  MI 
perducere  quemquam  eo  valeant,  ad  qmàm 
perducturas  esse  promittant.  Più  sotto  :  Qmm 
nee  praettare ,  quae  polUcentur  bona  posneii 

45.  Sogno.  Qaesti  sogni  in  lai  freqiMMi 
(V.  Naova)  gli  avranno  ispiraU  l'idea  dd 
poema. 

47.  Uscio.  Sap.  XVI  :  Portai  «lorfii.  — 
Piangendo  (  Inf./  II,  39  ). 

48.  Fato  (  Inf.,  IX  ).  —  Vivahda.  Il  fm- 
dono.  —  Scotto.  Per  scottamento  intende  II 
Tasso  (  t.  XII ,  p.  330  ).  Altri  teoffo  qaei 
tanto  che  si  paga  da  ciascuo  corameosale.  1^ 
sto  col  Tasso. 


370 


CANTO    XXXI, 


ARGOMENTO. 


E*  confèsia  i  proprii  falli  :  rimproverato  di  nuow  y  confetta  pti  chiarox  dòp* 

pÙL  umiliazione ,  neeettaria  alla  gioia  di  tanto  tpettacolo.  matelda  lo  patta  di  là 

da  Lete  ;  lo  tuffa  neW  aequa  tutto  :  ond*  egli  obblia  il  mal  commetto.   Le  quattro 

wriù  naturali  danzando  gli  pattane  il  braccio  tul  capo  :  lo  menano  di  faccia  al 

Grifone  e  a  Beatrice:  le  tre  virtit  crittiane  la  pregano  gli  ti  sveli.  Il  velo  ti  toglie. 

Canto  toUo  morale  ;  De  a  polìtica  lo  tofceresti,  senza  falsare  V  idea  del  P.  È  grandezza 
Tei*  presentar  sé  cooftiso  e  confesso  in  tanta  gioia  della  terra  e  del  cielo. 

Kou  le  terzine  1,  2,  3,  6,  7,  9,  11.  14,  15,  17,  18,  19,  22,  23,  24,  26,  28; 
U  30  alla  37  ;  la  39  aUa  42;  la  45  e  la  48. 


i    O  tu  che  8e*di  là  dal  fiume  sacro 

Solgendo  suo  parlare  a  me  per  punta , 
e  pur  per  taglio  m' era  parut'  acro , 

S    Ricominciò ,  seguenda  senza  cunta  ), 
Di'*  di*  se  questo  ò  vero.  A  tanta  accusa 
Tua  confessioDconvieneessercongiunta. 

3    Era  la  mia  virtù  tanto  confusa 
Che  la  Toce  si  mosse  e  pria  si  spense 
Che  dagli  organi  suoi  fosse  dischiusa. 

k  Poco  sofferse  ,  poi  disse  :  che  pense? 
Rispondi  a  me  ;  che  le  memorie  triste 
Io  te  non  sono  ancor  dall*  acqua  offense. 

i.  Taglio.  Qoando  parlava  agli  Angeli.  V. 
e.  precedente. 

2.  Di*.  La  filoso6a  del  pari  costringe  Boe- 
zio a  confessare  i  sooi  falli.  Bello  vedere 
qoesti  dae  sapienti  iofeiici  che  dal  dolore 
traggono  cagione  di  umiltÀ  virtuosa  e  di  la- 
crime sante.  —  Conviene.  Jer.  (  IH ,  13  )  : 
Setto  iniquUatem  tuam ,  quia  tu  Dominum 
Ihum  tuum  praevarieata  et. 

3.  Voci.  Virg.:  Yoqì  faueilme  kateii* 


5  Confusione  e  paura  insieme  miste 
Mi  pinsero  un  tal  ti  fuor  della  bocpa 
Al  quale  intender  fu  mestier  le  viste. 

6  Come  balestro  frange,  quando  scocca, 
Da  troppa  tesa  la  sua  corda  e  Y  arco  , 
E  con  men  foga  V  asta  il  segno  tocca  ; 

7  SI  scoppia*  io  sott'  esso  grave  carco  , 
Fuori  sgorgando  lagrime  e  sospiri  ; 
E  la  voce  allentò  per  lo  suo  varco. 

8  Ond'  eli*  a  me:  per  entro  i  miei  disiri 
Che  ti  menavano  ad  amar  lo  bene , 
Di  là  dal  qual  non  è  a  che  s*  aspiri  , 

4.  Pbnsb?  Simili  parole  Virgilio  al  P.  nel 
V  deir  lof.,  in  occasione  ben  altra. 

6.  Frange.  Neutro.  Come  rompere.  Da  ar- 
co rotto  la  freccia  esce  via  con  men  foga. 

7.  Lagrime.  Virg.  :  Laeriman$qu9  gemene- 
que  ;  Et  via  vix  tandem  voci  laxata  dolore 
est.  Di  sospiri  grandissimi  ed  angosciosi ,  e 
di  pentimenti  parla  pare  nella  V.  Naova  quan- 
do e'  rista  dall'amare  la  donna  che  sì  gli  pit* 
eque  dopo  moria  Beetrìee. 


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DEL   PURGATORIO 


9  Qaai  fosse  attraversate  o  qaai  catene  | 
Trovasti ,  perchè  del  passare  ionanzi 
Dovessiti  cosi  spogliar  la  spene  ? 

10  E  quali  agevolezze  o  quali  avanzi 
Nella  fronte  degli  altri  si  mostraro 
Perchè  dovessi  lor  passeggiare  anzi  ? 

11  Dopo  la  tratta  d' un  sospiro  amaro 
A  pena  ebbi  la  voce  che  rispose  , 

£  le  labbra  a  fatica  la  formare. 

12  Piangendo  dissi  :  le  presenti  cose 
Col  falso  lor  piacer  volser  miei  passi 
Tosto  che  1  vostro  viso  si  nascose. 

13  Ed  ella  :  se  tacessi  o  se  negassi 
Ciò  che  confessi ,  non  fora  men  nota 
La  colpa  tua  :  da  tal  giudice  sassi. 

ih    Ma  quando  scoppia  dalla  propria  gota 
L' accusa  del  peccato  ,  in  nostra  corte 
Rivolge  sé  contrari  taglio  la  ruota. 

15  Tuttavia,  perchè  me'  vergogna  porte 
Del  tuo  errore,  e  perchè  altra  volta 
Udendo  le  Sirene  sie  più  forte  , 

16  Pon  gìùlseme  del  piangere,  edascolta: 
SI  udirai  come  in  contraria  parte 
Mover  doveati  mia  carne  sepolta. 

17  Mai  non  t  appresentò  natura  od  arie 


9.  FossK.  Petr.:  E  te  tornando  aW  amoro- 
ga  vita  Per  farvi  al  bel  de$io  volger  le  tpaUe, 
Trovaste  per  la  via  fossati  o  poggi;  Fu  per 
mostrar  quanVè  spinoso  calle  ...  Onde  al  ve- 
ro valor  convien  ch*uom  pog^, 

10.  Atanzi.  Per  uCtit ,  in  Bocc.  (X,  8  )  ; 
Qua* meriti,  quali  avanzi  avrebbon  fatto  Li- 
sippo  non  curar  di  perdere  i  suoi  parentif,, — 
Anzi  ?  Passtre  e  ripassare  dinanzi  a  loro. 

11.  A  PENA.  Boet.  :  Tum  ego  coUecto  in  vi- 
res  animo  ... 

12.  Dissi.  Mostra  la  neeessiU  del  confes- 
sare in  parola  1'  opera  mala. 

14.  Corte.  Di  giustizia. — Ruota.  Se  la 
pietra  da  arrotare  o  dar  il  filo  a'ferri  si  vol- 
ge contro  la  schiena  del  coltello  ,  1*  aguzza  ; 
se  contro  il  taglio ,  lo  guasta. 

15.  Sirene  (  e.  XIX  ).  Boet.  :  Seirtnes  usque 
in  exitium  dutces, 

16.  Sene.  Ps.  :  Seminani  in  lacrimis.  Fi- 
lemone ,  tradotto  dal  Navagero  :  Dolor,  ut 
ipsa  fructui  arhor,  sic  lacrimas  habet. 

17.  Mai.  Dice  in  «na  canzone  di  lei  viven- 
te :  Che  non  può  mal  finir  ehi  Le  ha  parlato. 
In  questo  verso  é  H  germe  dell' intera  Gom- 
roedia.  —  Terra.  Par.  (  XXV  ,  42  )  :  /n  ter- 
ra è  terra  il  mio  corpo, 

18.  FalUo.  Mancò.  Inf.,  XIU: FMa  lal$na. 


Piacer,  quanto  le  belle  membra  in  eh*  io 
Rinchiusa  fui ,  e  che  son  terra  sparte. 

18  E  se  1  sommo  piacer  si  ti  tallio 
Per  la  mia  morte  ,  qual  cosa  mortale 
Dovea  poi  trarre  te  nel  suo  disio? 

19  Ben  ti  dovevi  per  lo  primo  strale 
Delle  cose  fallaci  levar  suso 
Diretro  a  me  che  non  era  più  tale. 

20  Non  ti  dovea  gravar  le  penne  io  giuso 
Ad  aspettar  più  colpi  o  pargoletta 

0  altra  vanita  con  si  breve  uso. 

21  Nuovo  augelletto  due  o  tre  aspetta; 
Ma  dinanzi  dagli  occhi  de'  pennuti 
Rete  si  spiega  indamo  o  si  saetta. 

22  Quale  i  fanciulli  vergognando  muti 
Con  gli  occhi  a  terra  stannosi  ascoltando, 
£  sé  riconoscendo  e  rìpentuti  ; 

23  Tal  mi  stav*  io.  Ed  ella  disse:  quando 
Per  udir  se* dolente,  alza  la  barba  , 

E  prenderai  più  doglia  riguardando. 
2i    Con  men  di  resistenza  si  dibarba 

Robusto  Cerro  ovvero  a  nostral  vento 

Ovvero  a  quel  della  terra  d' larba, 
25  Ch*io  nonlevaial  suocomando  il  menlo. 

E  quando  per  la  barba  il  viso  chiese , 


19.  Strale.  Percosso  dal  primo  dolore  n- 
nuto  in  te  dalla  conoscenza  delle  moodw 
fallacie,  dovevi  levarti  a  Dio,  dietro  a  OM. 

20.  Pargoletta.  Non  la  Lucchese  eh' ci 
conobbe  ben  dopo  il  1300,  ma  altra.  Una  SM 
canz.  comincia  :  t  mi  $on  pargoleUm ,  àitfl 
6  nova.  —  Uso.  Petr.  :  Breve  eogno,  V  Ott> 
dice  :  Che  né  quella  giovine ,  la  ^maU  cK 
nelle  ane  Rime  chiamò  pargoletta ,  né  qmSk 
Lis^tia ,  né  quelV  altra  montanina  ,  ni  f«iBi 
né' ifueW altra  li  dovevano  gravare  le  p9nm$éir 
le  ale  in  giù,  tanto  eh*  elli  fosse  ferito  da  we» 
ftmtie,  o  quasi  simile  strale. 

21.  Pennuti.  Pro?.,  1:  Frustra  ...  juitar 
rete  ante  ocutos  pennatorum.  Psalm.  CXVIll, 
110  :  Posuerunt  pecoatores  laquemm  wàkU  P&> 
CXXllI  :  Ànima  nostra  sicut  pas»er  erepta  eU 
de  laqueo  venantium,  Eccl.  (VII, 27):  Jl«b> 
lem  ...  /allieta  venatorum  est.  Jer.  (  Tbr.,Illf 
52  ):  Venatione  ceperunt  me  quasi  amm,  iti- 
miei  mei  gratis. 

24.NosTRAL.Borea.— lARBA.GetQlia(Aea.,nO* 
25.  Barba.  Kiroprovcra  a  lui  non  più  ■»* 
vo  augello ,  e  già  maturo  le  quasi  puerili  M* 
lìe.  Juv.:  Quaedam  cum  prima  reseeentur  en- 
mina  barba.  Virg.  :  Libertas  :  quae,wtt 
tamen  respexit  inertem  ,  Candidior  poiffMMi 
lofM^lt  ^afkl  9adebat* 


CANTO    XXXI. 


S81 


Ben  conobbi  1  yelen  deH'  argomento. 

26    E  come  la  mia  faccia  si  distese , 
Posarsi  quelle  belle  creature 
Sa  loro  aspersion  l'occhio  comprese* 

97  E  le  mie  luci  ancor  poco  sicure 
Yider  Beatrice  vòlta  in  su  la  fiera 
Ch*  è  sola  una  persona  in  duo  nature. 

28  Sotto  suo  Telo  e  oltre  la  riviera 
Verde  parearoi  più  so  stessa  antica 
Vincer,  che  l'altre  qui  qnand'ella  e*  era. 

29  Di  pentir  A  mi  punse  ivi  Tortica 
Che  di  tutf  altre  cose  qual  mi  torse 
Più  nel  suo  amor ,  più  mi  si  fé  nimica. 

80  Tanta  riconoscenza  il  cor  mi  morse 
Ch'  io  caddi  vinto:  e  quale  allora  fémmi 
Salsi  colei  che  la  cagion  mi  porse. 

81  Poiquandoil  cor  virtù  difuorrendemmi, 
La  donna  eh'  io  avea  trovata  sola  , 
Sopra  me  vidi;  e  dicea:  tiemmi,  tienuni. 


S5.  AsmsToN.  Perchè  meglio  vegga  le  cose 
che  seguono,  cessano  gli  Angeli  da  gettar  fiori. 

XT.  VÒLTA.  La  teologia  ,  dice  Pietro ,  dal 
miovo  Testaménto  in  poi  :  Speculatur  divini- 
tolam  et  humanitatem  Chriiti.  —  Su.  Ell'era 
sol  carr*  ,  il  Grifone  tirava  il  carro.  E  con- 
fessiamo che  r  alto  non  è  degno  gran  cosa 
del  Cristo  liberatore. 

58.  Vblo.  (XXIX,  9).  — Antica.  Vivente. 

59.  OUTICA.  Bocc.  :  Ortica  d*  amon*  Me- 
tafbra  non  beliissima  ,  ma  simile  ai  triboli 
da  coi  venne  il  comunissimo  tribolazione,  Jer. 
(  XXXI ,  SI }  :  Confunu  sum ,  et  erubui ,  quo" 
miam  muHnuiopproorium  adoùteeniiae  meae,., 
Suiht9  ti6t  tpeeulam,pon9  tibi  amarittidinu. 

80.  RicoNoSCBMZA.  Vili.  (VI,  89):  /ptc- 
mNoH  ti  rieonotcono,  V.  S.  Padri  :  La  tribù- 
lostone  fa  V  uomo  rieunoseere  tè  tnedesimo. 
E  fino  ai  tempi  di  Bossuet  (  Disc,  sur  Thist. 
Bn.  )  sa  recontuiflre  valeva  pentini.  Profondi 
degania  t 

31.  Sola.  Matelda.  C.  XXVIII:  Una  donna 
•oiaua. 

32.  Fichi.  Fatto  il  proponimento  del  bene, 
e  pentito  del  male ,  può  V  uomo  dimenticare 
il  passato.  —  Spola.  Fatta  a  guisa  di  bar- 
chetta ,  che  nel  tessere  scorre  molto  da  una 
banda  all'  altra  dell'  ordito  ,  a  stendervi  per 
entro  la  trama  che  seco  porta. 

83.  Me.  Ps.  L  !  Afperge*  ma  hyttopo  ,  al 
mmndabor  :  lavabit  nu ,  et  tupér  nioem  deal- 
habar,  Audiiui  meo  daVie  gaudium  ,  et  laeti- 
tiam  :  et  exultabunt  cesa  humitiata,  A  che 
risponde  il  fine  della  cantica  :  Rifatto  t»  co- 
UN  piotila  aomUs.  Questa  aniifopa  eantasi  le 


32  Tratto  in*avea  nel  Game  ìnfino  a  gola 
E  tirandosi  me  dietro ,  sen  giva 
Sovresso  l'acqua  ,  lieve  come  spola. 

33  Quando  fui  presso  alla  beata  riva , 
Aspergei  me  si  dolcemente  udissi 
Chlonol  so  rimembrar,non  ch'io  loscriva. 

31^    La  bella  donna  nelle  braccia  aprissi , 
Abbracciommi  la  testa  e  mi  sommerse  , 
Ove  convenne  ch'io  l'acqua  inghiottissi* 

35  Indi  mi  tolse  e  bagnato  m' offerse 
Uentro  alla  danza  delle  quattro  belle  : 
E  ciascuna  col  braccio  mi  coperse. 

36  Noisemquininfe,enelciel8emostdle. 
Pria  che  Beatrice  discendesse  al  mondo 
Fummo  ordinate  a  lei  per  sue  ancelle. 

37  Menremtiagli  occhisuoi:ma  nel  giocondo 
Lume  ch*ò  dentro  aguzzeran  li  tuoi 

Le  tre  di  là  che  miran  più  profondo. 

38  Cosi  cantando  cominciaro:  e  poi 


domeniche,  mentre  il  sacerdote  asperge  il  po> 
polo  d'  acqua  benedetta. 

34.  Tksta.  Per  togliere  la  memoria  del  ma- 
le. —  Acqua.  Vedi  i  lavacri  comandati  nell' 
Esodo. 

35.  Bbllk  (  XXIX  >  44  ).  Le  virtù  cardi- 
nali sono  ,  dice  s.  Tom.  ,  infuse  in  noi  quan- 
do sono  veramente  efficaci:  Quum  dietaevit' 
tutee  moralee  aequititae  non  ordinent  noe  m 
finem  ultimum  ex  ee.  Qui  slam  ninfe  ,  infu- 
sioni ;  nel  cielo ,  stelle  ,  essente  ,  principi!. 
Salomone  nella  Sap.  (VII! ,  7)  :  Sofrnalafem... 
et  prudentiam  doeet ,  et  juttiHam ,  et  virtù- 
tem  (  la  fortessa  ) ,  quibug  utUiui  nihU  est  in 
vita  hominibui 

36.  N12IPS  (  Purg. ,  I ,  Vili  ).  Ninfe  nelU 
selva  beata ,  umanamente  operate  ;  stelle  nel 
cielo  ,  infuse  da  Dio  (  Aug.  in  Ep.).  Gli  atti 
delle  virtù  sono  in  via  ,  la  virtù  è  nella  pa- 
tria :  quivi  il  premio  di  lei  :  qui  in  opera ,' 
là  in  mercede  ;  qui  in  officio  ,  là  in  fine.  — 
Pma.  Prima  che  la  rivelazione  venisse ,  le 
virtù  naturali  erano  ancelle  mandate  a  prepa- 
rarle la  via,  tenevano  il  luogo  delle  virtù  teo- 
logali. Sapient.  (VII,  29):J;il  ...  kaecipe^ 
ciotior  iole  ,  et  euper  omnem  diepoeitionem 
ttellarum,  luci  comparata  inveniturprior.  ìièr 
to  G.  C,  le  dette  virtù  condussero  gli  uo- 
mini dall'  idolatria  a  contemplare  i  nuovi  mi» 
steri.  Intendi  ancora  che  le  quattro  virtù  vdi- 
ramente  ftirono  aoeelle  alla  vera  Beatriea ,  a* 
mata  da  Dante. 

87.  Trb.   Teologali,   a  destra  del  carpo 
(XXIX,  41). 
sa.  Mmiui.  Qtf  atU  di  Virtù  mencDo  alla 


DEL    PURGATORIO 


Ai  petto  del  grifoo  seco  menarmi 
Ove  Reatrìce  vòlta  stava  a  noi. 

39  Disser:  fa  che  le  viste  non  rispiarroi. 
Posto  f  avem  dinanzi  agli  smeraldi 
Ond'amor  già  ti  trasse  le  sue  armi* 

40  Mille  disiri  più  che  fiamma  caldi 
Strinsermi  gli  occhi  agli  occhi  rilucenti 
Che  pur  sovra  '1  grifone  stavan  saldi. 

ki  Come  in  lospecchio  il8ol,nonal(rimenti 
La  doppia  fiera  dentro  vi  raggiava 
Or  con  uni  or  con  altri  reggimenti. 

42  Pensa,  lettor,  s'io  mi  maravigliava 
Quando  vedea  la  cosa  in  sé  star  queta 
E  neir  idolo  suo  si  trasmutava. 

43  Mentre  che  piena  di  stupore  e  lieta 
Lanima  mia  gustava  di  quel  cibo 
Che,  saziando  di  se,  di  sé  asseta, 

cognizione  della  verità    rivelata.  —  Vòlta. 
GuHrdava  al  grifone  (t.  27). 

39.  RispiARMi.  Aguzza  liogegno  e  raflétto. 
—  Smeraldi.  Piin.  :  NuUius  eolorit  adipeetui 
jucufìdior  est.  Disse  sopra:  Giocondo  lutne,  0 
perchè  gli  occhi  di  lei  erano  d' un  azzurro 
chiaro.  Ott.  :  Li  ìiccelli  grifoni  li  mat$riaU 
uneraldi  guatano,  IttMraìdo  ...  renda  imma- 
gine a  modo  di  tpecehio.  —  Armi.  Dante  (Ri- 
me ):  Lo  fin  piacer  di  queWadomo  viio  Com- 
pose il  dardo  che  gli  occhi  laneiaro  Dentro 
dello  mio  cor.  Altrove:  DegU  occhi  suoi... 
Escono  spirti  d'amor»  infiammati  Che  foran 
gli  occhi  a  quel  che  allor  gii  guati  E  pauan 
fi  che  *l  cor  ciascun  ritrova. 

41.  Spkcchio.  Sap.  (  VH,  26)  :  Speculum 
sine  macula  Dei  majestatis ,  et  tiiui^o  bonita- 
tis  Ulius.  —  Altri.  6.  C.  è  f  edato  dalla  teo- 
logia ,  or  Dio  ,  or  uomo  e  Dio.  —  Rrcgimbn- 
Ti.  Conv.:  Gli  atti,  che  reggimenti  e  porta- 
menti soglion  euere  chiamati.  Sap.  (VII,  24): 
Omnibus  ...  mobilihui  mobiUor  est  sapientia. 

42.  Idolo.  Negli  occhi  dov'  era  i'  iinagine 
di  G.  G.  varie  si  facevano  le  forme  di  lai; 
perchè  vario  per  debolezza  è  ramano  inge- 
gno :  e  non  può  tatta  in  uno  sguardo  com- 
prender la  verità  di  cosa  nessuna  ;  e  perchè 
in  G.  G.  si  paò  considerare  ora  la  divina  ora 
1'  umana  natura.  Ott.  :  Se  noi  ponemo  uno 
specchio  dal  destro  della  cosa  specchiata  , 
l'idolo  parrà  m  altro  modo  che  ehi  lo  poneS' 
se  dal  sinistro.  Idolo  è  detto  da  Eidos  forma. 

43.  Asseta.  Gregor.  (  Hom.  XVI  ) ,  de'  be- 
ni dello  spirito  :  Saturitas  appetOum  parit. 

44.  Tribo.  Per  tribù.  L'usa  l'Ott.  più  volte. 
Qui  vale  grado.  —  Danzando.  Accompagnava- 
n%  coUa  danza  il  loro  anfellca  te8|ii»ro«an- 


kk    So  dimostrando  del  più  alto  tribo 
Negli  atti,  laltre  tre  si  fero  avanti 
Danzando  al  loro  angelico  caribo. 

45  Volgi,  Beatrice,  volgi  gli  occhi  aaiti, 
Era  la  sua  canzone,  al  tuo  fedele 

Che  per  vederti  ha  mossi  passi  tanti. 

46  Per  grazia  fa  noi  grazia  che  disvela 
A  lui  la  bocca  tua,  si  che  discema 
La  seconda  bellezza  che  tu  cele. 

VI    O  isplendor  di  viva  luce  eterna. 
Chi  pallido  si  fece  sotto  Ibmbra 
Si  di  Parnaso  o  bevve  in  sua  cistenit 

kS  Chenonparesseaverla  mente  ingombra 
Tentando  a  render  te  qual  tu  paresti 
Là  dove  armonizzando  il  ciel  t*adombia, 

49    Quando  nell'aere  aperto  ti  solvesti? 


to.  —  Caribo.  Graiia  ,  garbo.  Da  cdrit.  A 
Genova ,  dicon  tuttora  gaibo ,  e  garibo  per 
garbo  ;  e  da  garibo  garbo  ,  come  da  carie» 
carco.  Bocc.  (  Amet. ,  43  )  :  Operato  ita  d^ 
gno  caribo  (  ringraziamento  )  A  così  alti  ef- 
[etti.  Beovenuto  spiega  :  canto, 

45.  Volgi.  Tasso  :  Volgi ,  dtcea  ,  deh  «il» 
gi ,  U  cavaliero ,  A  me  quegU  occhi  osiée 
beata  bei,  —  Fbdblb  (  iof.,  II  ).  Fedele  d'a- 
more e  di  desiderio,  se  non  d'opera. 

46.  Grazia.  Non  aveva  Dante  alcon  meri* 
to.  —  Bocca.  Per  mso ,  come  os  ai  Latiai. 
Poi ,  gli  occhi  e'  li  vedeva  già  :  non  restali 
che  il  viso.  La  seconda  bellezza  è  la  bocca, 
e  dice  nel  Conv.  che  gli  occhi  e  la  b«cca  li 
natura  massimamente  adoma,  —  Cblb»  Ott: 
JLt  integumenti  e  mistiche  figure,  lì  velo  è  fa 
flfimbolico  ;  e  vale  che  l' uomo  errante  bm 
vede  la  verità  rivelata  cosi  chiaro  come  l'as' 
mo  pentito. 

47.  IspLBNDOR.  La  sapienza  daSalooMaii 
detta  (  VII,  26  )  :  Candor...  lucie  aetemes.1 
nel  Conv.,  della  sapienza  divina:  JBfaaécaa- 
dorè  dell'eterna  luce,  specchio sen%m maesbie 
della  virtù  di  Dio.  —  Cisterna.  Pers.:  Set 
fonte  labra  prolui  CabalUno, 

48.  Paresti.  Non  ò  parola  che  arrivi  tOs 
bellezza  delie  cose  divine. — ARMoiazzABia. 
Conv.  :  L*  armonia  dell'  occhio,  —  Cibi.  ^^ 
Angeli  del  cielo  t' adumbraviMio  in  novols  ^ 
fiori  e  di  canti  (  XXX ,  31  )  :  Notan  semft^ 
Dietro  alle  note  degk  etemi  giri.  Nel  Csa^* 
parla  dell'armonia  delle  sfere»  e  per  esse  fa' 
tende  le  scienze.  Or  Beatrice  è  la  sdenu  ^ 
vina;  e  tutte  armonizzano  intomo  a  lei. 

49.  Solvesti  ?  Virg.  :  5etndtl  H  mib0,  ti 
in  aethera  purgai  ofertnai. 


CANTO      XXXII. 


ARGOMENTO. 


Si  mote  il  carro  e  la  santa  $ehiera  a  man  destra.  Vengono  ad  un  albero  al' 
tìitimo ,  ignudo  :  il  grifone  lega  all'  albero  il  carro  ;  onde  quelb  rinverde  e  s*  in- 
fora.  Cantano  :  il  P.  s*  addormenta  :  si  desta  :  tede  Beatrice  seduta  appiè  del" 
{  albero  ,  e  le  sette  donne  co*  candelabri  in  mano ,  intomo  di  lei.  Scende  un'  aqui- 
la dair  albero  al  carro ,  e  lo  ferisce  :  viene  una  volpe  ,  e  Beatrice  la  fuga  :  ri' 
JMufe  r  aquila  j  e  dona  al  carro  delle  sue  penne  :  esce  un  drago  ,  e  strappa  del 
fmio  dd  carro:   U  penne  lo  coprono:  e'  caccia  sette  tests  cornute:  sopra  vi  siede 

meretrice  e  un  gigante. 


Nota  la  terzine  1,  2;  la  4  alla  il;  la  14;  la  18  alla  23;  la  26 ,  28,  30 ,  31  ;  la  37, 
alla  fine. 


1    Tanto  eran  gli  occhi  miei  fissi  e  attenti 
A  disbramarsi  la  decenne  sete 
Che  gli  altri  sensi  m'eran  tutti  spenti. 

1    Ed  essi  quinci  e  quindi  avén  parete 
IN  non  caler  :  cosi  lo  santo  riso 
A  sé  traéli  con  Y  antica  rete. 

3    Quando  per  forza  mi  fu  vólto  1  viso 
Vèr  la  sinistra  mia  da  quelle  dee  , 
Perch'io  udia  da  loro  un  :  troppo  fiso. 

h    E  la  disposizion  eh'  ha  veder  ée 
Negli  occhi  pur  testé  dal  sol  percossi, 
Senza  la  vista  alquanto  esser  mi  fée. 

i.  Dbcekhi.  Dal  1290  al  1300. 

t.  Do.  Alla  destra  del  carro  stavano  le 
U€  virtù  teologali ,  che  lo  avvertono  di  mi- 
wsn  la  cose  ch'ora  verranno.  La  mente  che 
lffi»ppo  e  fuor  di  terapo  a'  affisa  nella  rivela* 
litie ,  ne  rimane  abbagliata. 

5.  Sbhsibilk.  Per  cosa  visibile;  modo  sco- 
Ualico.  Arist.  (  Deli'An.,  II  )  ;  Zi  ssnsi  mor- 
Icfi  ricevono  grande  lenone  dal  soperchio. 

6.  Disno.  Prima  ai  move  la  rota  del  nuovo 


5  Ma  poiché  al  poco  il  viso  riformossi 
(Io  dico  al  poco  ,  per  rispetto  al  molto 
Sensìbile  onde  a  forza  mi  riiiossi  ) 

6  Vidi  in  sul  braccio  destro  ébser  rivolto 
Lo  glorioso  esercito  ,  e  tornarsi 

Col  sole  e  con  le  sette  fiamme  al  volto. 

7  Come  sotto  li  scudi  per  salvarsi 
Yolgesi  schiera  ^  e  so  gira  col  segno 
Prima  che  possa  tutta  in  se  mutarsi  ; 

8  Quella  milizia  del  celeste  regno 
Che  precedeva  ,  tutta  trapassonne 
Pria  che  piegasse '1  carro  il  primo  legno. 

TefUmemo.— TOBiVAisi.  Volgersi.  C.  XX Vili: 
Alla  bella  donma  tomai 'l  viso.  —  Som.  Il 
carro  veniva  ainora  vtrao  ponente.  Dante  cam- 
minò verso  oriente  (  XXVII,  AH  )  :  ora  il  car- 
ro si  volge»  e  verso  oriente  a' indiriisaDo 
loto. 

7.  Skgko.  Per  bandiera  :  in  Virg .  •ovcnie. 

8.  Pria.  Alla  Chiesa  precedono  la  Regge  e 
i  profeti ,  eoa  milixia.  —  LwrNO.  Il  timone 
piegasse  il  carro. 


9Bh 


DEL    PURGATORIO 


9  Indi  alle  rote  sì  tornar  le  donne  , 
E 1  grifon  mosse  il  benedetto  carco 
Sì  che  però  nulla  penna  crollonne. 

10  La  bella  donna  che  mi  trasse  al  varco 
E  Stazio  ed  io  seguitavam  la  rota 

Che  fé  r  orbita  sua  con  minore  arco. 

11  SI  passeggiando  1*  alta  selva  ,  vota, 
Colpa  di  quella  eh*  al  serpente  crese, 
Temprava  i  passi  in  angelica  nota. 

12  Forse  in  tre  voli  tanto  spazio  prese 
Disfrenata  saetta  ,  quanto  eràmo 
Rimossi  quando  Beatrice  scese. 

13  Io  senti*  mormorare  a  tutti  :  Adamo  ! 
Poi  cerchiare  una  pianta  dispogliata 


9.  Rote  (  XXIX.  41  ). 

10.  DO!«T«A  (  XXXI ,  93  ).  Matelda ,  la  vir- 
tu  attiva  ;  Stazio ,  la  61osofia  naturale  e  mo- 
rale. —  MiivoRB.  Il  DQovo  Testamento  :  la  de- 
stra ruota.  A  destra  volgwasi  il  carro,  dunque 
la  rotaia   della  destra  doveva  esser  minore. 

11.  Alta.  Virg. ,  XII  ;  Nemora  alta.  — 
Crese.  Per  credette  s*  osa  in  Romagna  e  in 
Toscana  (  Gen.,  III  ). 

13.  Mormorare.  Con  dolore.  —  Pianta. 
Simbolo  dell'obbedienza  dovuta  alla  rivelata 
verità.  Altri  la  intende  per  V  imp.  romano  , 
spettante  di  diritto ,  dice  AUighieri ,  al  po- 
polo romano  (  Mou.,  II;  Conv.,  IV,  4-5);  e 
stabilito  per  la  sede  della  cattolica  Chiesa 
i  Inf.,  II  ).  E  lo  fa  altissimo  a  qnesto  fine,  e 
nella  voluta  da  Dio  unità  ed  universalità  d'es- 
so imp.  a  ftro  della  Chiesa  colloca  la  miste- 
riosa cagione  del  divieto  ad  Adamo  fatto  di 
non  cogliere  da  quest'albero  frutti  (c.XXXlII, 
24).  Ecco  perchè  da  quell'albero  venga  l'a- 
quila a  stracciare  il  carro  e  ad  impennarlo , 
e  perchè  il  carro  sia  quivi  legato ,  e  il  gigan- 
te ne  lo  stacchi  traendo  la  sede  in  Francia. 
L'idea  del  doppio  simbolo  forse  gli  venne 
dall'  albero  che  sognò  Nabucco ,  figurante  il 
suo  regno  (  Dan. ,  IV  ).  —  Fronda.  Anco  i 
fiori  hanno  fronda. 

14.  Dilata.  Ezech.,  XXXI  :  Eratque  pul- 
eherrimus .  .  ,in  dilatatione  arbuitorum  tuo- 
rum  ...  Cedri  non  fueryni  alHoret  ilio  in  pa- 
radiio  Dei  ...  Aemulatatunt  $um  omnia  Ugna 
voluptatit,  quae  mraniin paradiio  DeL  —  Su. 
Ha  suo  nutrimento  dai  cielo,  e  pel  cielo  è 
fatu  ...  (  e.  XXII  ).  Indi.  Georg.  (  lì,  1S2  ): 
Atu  quo$  oceano  propior  gerii  Mia  lueoi, 
Extremi  finui  orbit  ;  ulri  avrà  ìmeere  ium- 
mum  Ilfèont  kaud  uUae  jactu  potmire  iagit- 
ta$  ?  —  Altezza.  Daniel:  Ecce  Ofrhor  m  ma- 
(do  t9rra9 ,  e(  aUi^udQ  Qtn  muta  •••  Et  prò- 


Dì  fiori  e  d*altra  fronda  in  ciascoo  ramo* 
1&    La  chioma  sua  che  tanto  ai  dilata 
Più  quanto  più  è  su ,  fora  dagl'Indi 
Ne*  boschi  lor,  per  altezza  ,  ammintt. 

15  Beato  se\  grifon ,  che  non  disdndi 
Col  becco  d' esto  legno  dolce  al  guslo. 
Poscia  che  mal  si  torse  1  ventre  quindi* 

16  Cosi  d*  intorno  ali*  arbore  robusto 
Gridaron  gli  altri  ;  e  V  animai  binalo  : 
SI  si  conserva  il  seme  d*ogni  giusto* 

17  E  vòlto  al  temo  eli*  egli  avea  tirato , 
Trasselo  al  pie  della  vedova  frasca , 
U  quel  di  lei  a  lei  lasciò  legato. 

18  Conoe  le  nostre  piante ,  quando  caaei 


eeritat  fjui  eontingens  ooelum. 

15.  Beato.  Ap.  :  Factut  obedietn  u»fm§  ed 
moriem.  Altri  intende:  beato  Gesù  che  noi 
toccò  r  impero ,  ma  dice  :  reddite ...  quae  tmd 
Caesarii  ,  Caesari  (  Hatth.,  XXII  ).  Meglio  il 
Biagioli:  beato  te  che  non  imiti  I  loci  SB^ 
cessori  che  rompono  di  quest'  albero  delfte- 
pero.  —  Torse.  MfaU  torquetur ,  frase  eia» 
gelica.  E  qui  varrebbe:  mangiato  eh*  ebbe  di 
questo  legno  ,  il  ventre  umano  n'ebbe  aee^ 
bo  dolore.  Altri  intende:  di  qui  venne  che  a 
male  si  torse  rumano  appetito. 

16.  Binato  (  XXIX ,  36  ).  Ott.  :  Una  aalt 
saecula  ,  V  altra  quando  prete  carne.  Ps.:  £s 
utero  ante  luciferum  genui  te,  —  Ssm.  Noa 
toccando  il  poter  sacro  il  profano  ,  giottiiii 
si  conserva.  L'ubbidienza  che  gli  aatichi 
espositori  nell*  albero  simboleggiano  debiu  a 
Dio ,  e  r  ubbidienza  all'  impero  ordinalo  da 
Dio;  si  congiungono  i  due  simboli  in  OOP. 

17.  Legato.  Cristo  lega  la  Chiesa  militai- 
te  all'albero  dell'obbedienza  eh' è  quel  detti 
scienza.  Congiunge  la  Chiesa  all'impero ,  noa 
li  confonde.  Letteralmente:  lasciò  legato  alla 
pianta  quel  carro  ch'era  di  lei,  la  ChìMi 
ch'era  figlia  d'obbedienza.  Ovvero  :  lo  lefè 
a  lei  co'  rami  di  lei  :  legò  la  Chiesa  all'  ob- 
bedienza de'  divini  decreti  co*  divini  decreti. 
Il  Costa  :  Legò  a  Roma  imperatrice  del  mteu' 
do  quel  eh*  era  di  lei ,  destinato  per  lei,  li 
Chiesa  novella.  Io  intendo  :  alle  pianta  (  al- 
l'ubbidienza  spirituale  e  temporale,  ubiùdieBia 
a  Dio  ed  all'impero)  legò  il  carro»  inqoaa- 
t' era  di  lei ,  in  quanto  la  potestà  epiritoali 
dev'essere  legata  all'impero.  Quel dt Iti  tit» 
duce  il   Quae  tunt  Caeearis...  quae  euni  DeL 

18.  Casca.  L'Ariete  segue  a' Pesci  :  eqaaa- 
do  il  sole  è  in  Ariete  abbiam  primavera.— 
Lasca.  È  pesce  lucentissimo.  Cristo  r^enlo- 
re  fece  rifiorire  l' albero  del^  scieaia» 


CANTO    XXXII. 


3» 


liiii  la  gran  luce  mischiata  con  quella 
Che  raggia  dietro  alla  celeste  lasca  , 

19  Turgide  fansi ,  e  poi  si  rinnovella 
Di  suo  color  ciascuna  pria  che  1  sole 
Giunga  li  suoi  corsier  sott*  altra  stella; 

20  Hen  che  di  rose  e  più  che  di  viole 
Colore  aprendo  ,  s' innovò  la  pianta 
Che  prima  avea  le  ramerà  si  sole. 

31  Io  non  lo  *ntesi ,  ne  quaggiù  si  canta 
L' inno  che  quella  gente  allor  cantaro, 
Né  la  notte  soffersi  tutta  quanta. 

SS    S'io  potessi  ritrar  come  assonnare 
Gli  occni  spietati ,  udendo  di  Siringa  , 
Gli  occhi  a  cui  purvegghiarcostòslcaro. 

S3    Come  pintor  che  con  esemplo  pinga  , 
Disegnerei  com*  io  m'addormentai  : 
Ha  qual  vuol  sìa  cherassonnHrbenfìnga. 

9h    Però  trascorro  a  quando  mi  svegliai, 
E  dico  eh  un  splendor  mi  squarciò*!  velo 
Del  sonno  e  un  chiamar:  surgi,  che  fai? 

Quali ,  a  veder  de*  Coretti  del  melo 
Che  del  suo  pomo  gli  angeli  fa  ghiotti , 

19.  Giunga.  Passi  ad  altro  segno.  Or.: 
Jlm^trs  f  VUOI  Titan  veloeibut  imperai  Horù, 

50.  Ross.  Uuita  ramaoità  all'  obbedienza 
evangelica  ,  ODÌta  la  Cbiesa  all'impero,  T ob- 
bedienza è  feconda»  l' Impero  fiorisce.  Il  co* 
lore  de'  detti  fiori  è  colore  di  sangne  chiaro, 
qoale  usci  dal  costato  di  Cristo  (S.  Bern., 
1.  I,  De  Pas.  Dom.,  e.  41):  Impieite  latms 
mptrturam,  quia  nee  iUa  earet  ro$a  quamtfis 
àta  tmbrìthea  tU  jnvpter  mixturam  aquae,-^ 
ImoTò.  Appena  la  Chiesa  fa  legata  all'albe- 
ra della  scienza  da  Cristo,  quello  Sol$,  dice 
ITOu.,  cAe  tutto  allumina  f -e  che  aoffnieota 
Mkiìi  e  invitibile  dà  esfere  f  fruttare. 

51.  Cantaas.  TU).  (IV,  4):  Dieef  pia 
furia. 

SS.  SpiKTATi.  A'  danni  d*  Io.  —  Siringa. 
Ov.  (  Mei.,  I  )  :  Naiae  una  fuU.  Nymphae 
Sjffinga  vocabant,  Mercario  addormenta  il  vi- 
gtle  Argo  narrandogli  di  Siringa.  —  Caio. 
Mercurio  l'uccise. 

S3.  EitHPLO.  Con  modello  sotto  agli  oc- 
elli.— AnnoBMBNTAi.  Forse  figura  la  pace  del- 
la fede  ubbidiente  a  Ilio  e  all'imperiai  pò- 
teaU. 

S5.  Quali  (Marc,  IX).  MaUb.,  XVII  :ììs- 
Minuf  Jesut  Petrum,  et  Jaeobum  ,  et  Joan- 
mtm  ...  et  dueU  illot  in  montem  exeehum  ... 
Ei  trantfiguratuM  est  ante  eoe.  Et  reeplenduU 
ikmi  eoi  ...  Et ...  apparuerunt  iUi$  ifoysei,  ei 
EUae.  Gonv.  (Il,  1  )  :  Quando  Cristo  «odo  lo 


£  perpetiie  nozze  fa  nel  cielo  , 

26  Pietro  e  Giovanni  e  Iacopo  condotti, 
£  vinti ,  ritomaro  alla  parola  , 
Dalla  qual  furon  maggior  sonni  rotti  ; 

27  £  videro  scemata  loro  scuola 
Cosi  di  Moisè  come  d'  £1fa , 

E  al  maestro  suo  cangiata  stola  ; 

28  Tal  toma'  io  ;  e  vidi  quella  pia 
Sovra  me  starsi  che  conducikrìce 
Fu  de'  mie'  passi  lungo 'I  fiume  pria. 

29  £  tutto  In  dubbio  dissi:  ove  Beatrice? 
Ed  ella  :  vedi  lei  sotto  la  fronda 
Nuova  sedersi  in  su  la  sua  radice. 

30  Vedi  la  compagnia  che  la  circonda. 
Gli  altri  dopo  '1  grifon  sen  vanno  suso 
Con  più  dolce  canzone  e  più  profonda. 

31  E  se  fu  più  lo  suo  parlar  difìTuso 
Non  so  ;  perocchò  già  negli  occhi  m*era 
Quella  eh  ad  altro  *ntenderm'avea  chiuso. 

32  Sola  sedeasi  io  su  la  terra  vera , 
Come  guardia  lasciata  11  del  plaustro 
Che  legar  vidi  alla  biforme  fiera. 

monte  per  trasfigurani ,  che  delU  dodeei 
apostoli  ne  menò  seco  ti  tre,  —  Milo.  Cant., 
II:  Sieut  malus  inter  Ugna  eUvarum,  eie  di' 
lectus  meuf .  Fiori  di  ini  sono  i  miracoli;  po- 
mo, la  gloria  nel  cielo. 

56.  Parola.  Alle  voci  :  SRe  eti  EUme  mmi 
diUetus ,  caddero  ;  alle  voci  :  Smrgito ,  eC  fio- 
Illa  timere,  ritornarono  In  sé.  ^  Sonni.  La 
parola  dì  G.  G.  ruppe  il  sonno  di  morte:  Non 
est.,»  mortuapuella ,  eed  dormit  (Matth.,  IX). 
Lasar^s  amieue  nosier  dormit  :  s»d  vado  ut 
a  eomno  excUem  eum  (  Jo.,  XI  ). 

57.  Scuola.  Eran  sei:  realan  quattro. «— 
Stola.  Veste  (  Inf.,  XXIIl,  80  ).  Qui  sU  per 
corpo  ;  ed  è  modo  biblico. 

28.  Pia.  Matelda  la  viu  atUva ,  sU  ritta 
sopra  lui  desto  appena  :  e  riprende ,  per 
r  unione  delle  due  iibbidienze ,  potere  sugli 
uomini. 

i9.  Fronda.  Sing.  Virg.  (Ecl.  I):  FroMia 
euper  viridi.— Ramcb.  La  scienza  rivelaU  sia- 
de  sulle  radici  deli'obbedienia. 

30.  Vanno.  Simile  saliu  nel  XXIU  del 
Par.  Ezech.  (  XI,  22  ):  Ekvavermt  eherMm 
«lof  tuas ,  ef  folae  eum  mi  .  •  •  JSC  omììmnC 
floria  Domini  de  mtdio  etoilolif  ••• 

32.  Vbua.  Più  vera  madre  che  tutte  la  ter- 
re abiute  da  noi.  U  suolo  ove  posa  la  verità 
rJyelau  è  il  più  fènno.  Jer.,  li  :  Yimam  •!•- 
efam  ,  omn$  feme»  v§rum»  -«  Guauìia.  La 
scienaa  goarda  la  Gbiasa. 

49 


r  t  K  G  A  T  O  11  1  O 


<  ^  ^ 


-<i.  jtfs    MBtt  lUJDOllO 

;  ^'Vuiitft  «f  «iViustro. 

^.*.»^   v».*^.  A*»  *^f»«*>  e  romano. 
T>^ . 4  ,.«fr  ^cA  jmimìu  che  mal  vive, 
•«.p.  M»i*»  ^iA^iariù;  e<|ttelcbe  vedi, 
^«Mrik  ^  A.a  «;iw  to  scrive. 
,  4V.  Sitt^cni  «i  io  che  tutto  a'piedi 
:«  >«fe  .jMuaiiiiwDMti  era  devoto, 
«iVjCi^  ^  ^iitiMxhi  ov*ella  voUe  diedi. 
v^  j4.v^'  uui  con  si  veloce  moto 
^j  jL  ^«tft»  nube  qiiando  piove 
iu  {Utfi  cuotiiie  che  più  ci  è  remoto  » 
>   Citt  W  vidi  calar  Tuccel  di  Giove 
Ar  L'ttbov  giù  rompendo  della  scorza , 
.Va  che  de  fiori  e  delle  foglie  nove. 

:X  IXMU  Ctadelibri  (e.  I,  XXIX  ). 

ii.  SuvASO.  Conv.:  Selva  erronea  di  questa 
%ti'ji.  Tu  ma  sempre  all'iinagioe  morale  della  sei- 
>4.  — Cns.  Eph.,  Il:  Civee eanctorum.  Dal 
chiamar  Roma  il  Cielo ,  si  vegga  che  alta  idea 
iik  :»cdesse  in  mente  di  Homa. 

£&.  Scan'B.  Le  persecuzioni  della  Chiesa. 
iìlC.  :  Qm  ii  dimottra  la  finale  eagione  di  que- 
Uià  Offra,  f  ctoé  VuUle  eomime  dei  morlaU. 

db.  PiBOi.  I  piedi  del  comando,  somiglia- 
n»  alla  ^moecAia  dtUa  menu. — Diedi,  C.  HI: 
Diedi  'i  viso  mio. 

37.  Foco.  Stai.:  Igne  Jome,  ìapsisque  cita- 
tior  aifris.-^&PBSSA.  Condensata:  dove  l' elet- 
tricità scoppia  più  veemente. — ^Ruioto.  Arisi. 
(Het.  •  H)v  e  s.  Tom.  (nelcom.  a  qncl  luo- 
ì;o  ) ,  e  Seneca  (  Qa.  o.  ,  U,  14) ,  tengono  i 
l'ulroini  non  cadere  se  non  quando  le  nuvole 
s'alzino  pr^ao  la  sfera  del  faoco,  si  ch'esso 
fuoco  in  lor  s'imprigioni.  Non  dice  già  che  i 
fiitmimi  cadano  qnando  piove;  ma  quando 
sta  per  piovere  ;  qnando  le  nuvole  pregne  di 
pioggia  s'alzano  fin  lassù. 

38.  UccBL.  Virg.:  Jouii  alee,  Ezech.,  XVII: 
Aq^la  grandi»  magnarum  alarum,  hngo  wMn- 
brorum  ducCv,  piena  plumù .  . .  verni  ad  Li- 
hanum ,  et  iulii  medullam  cedri,  Swnmita- 
tetn  frondium  avuUit ,  et  trantportavit  eam 
in  lerrom  Chanaam,  in  urbe  negotialorum 
potuU  Ulam,  Neil'  aquila  si  figurano  le  dieci 
persecuzioni  della  Chiesa  sotto  gl'imperatori 
romani.  «- Giù*  Rammentiamo  l'immensa  ai- 
tozza  dell*  albero.  —  Scorza.  Le  persecu* 
zioni  offesero  a  1'  ubbidienza  spirituale  e 
la  temporale  ;  e  oocquero  all'  impero  stesso. 
L'Utt.:  L'uccello  , , ,  lo  lmp9rio; ..  l'albero,.. 


39    E  ferie  1  carro  di  tutta  sua  forza  ; 
Ond'ei  piegò  come  nave  in  fortuna, 
Vinta  dall'onde,  or  da  poca:ia  or  da  orza. 

kO     Poscia  vidi  avventarsi  nella  cuna 
Del  trionfai  veicolo  una  volpe 
Glie  d'ogni  pasto  buon  parca  digiuna. 

kì     Ma  riprendendo  lei  di  laide  colpe 
La  donna  mia  la  volse  in  tanta  futa 
Quanto  sofTerson  Tossa  senza  polpe. 

^2    Poscia  per  indi  ond'era  pria  venuta 
L'aguglia  vidi  scender  giù  neirarca 
Dol  carro,  e  lasciar  lei  di  so  pennuta. 

43    E  qual  esce  di  cor  che  si  rammarcat 
Tal  voce  usci  del  ciclo  e  cotal  disse: 
Oh  navicella  mia,  com'mal  se*carca! 

kh   Poi  parve  a  me  che  la  terra  s'aprisse 
Tr*ambo  le  ruote,  e  vidi  uscirne  uo  drago 
Che  per  lo  carro  su  la  coda  fìsse. 

Le  dilizie  mondane  ; ,  .  la  eeorza  ...  la  pia 
ferma  parte. 

39.  Vinta.  Virg.  :  JVavem  .  . .  Fìcif  Memi. 

'40.  Volpe.  L'eresia.  Ps.  ;  Ikirtee  vuipwm 
eninC.  August.,  in  ps.  LXXX:  Vulpes,  insiiiioti*s 
maximaeque  hawreticos  fraudolentot  signifìCWL 
Un  chiosatore  :  Vulpes ,  idest  dolosi  sciusma- 
liei.  Cristo  chiamò  volpe  Hrode. 

41.  Futa.  Vegezio:  ^"on  della  battaglia  ma 
delia  futa.  La  montagna  <rh'è  sulla  via  da  Fi- 
renze a  Bologna  vuoisi  detta  della  futa  per  la 
fuga  ivi  seguita  de' Ghibellini.  —  Ossa.  L'c^ 
rore  è  leggero  e  futile.  Ott.  :  La  divina  SerU- 
tura  quest'eretica  pravitade ,  ,  .  appcUesando, 
lo  tuo  iozzistimo  peccato  discaccia  . .  .  dsUa 
Chiesa ,  nella  quale  s'era  gittata  ,  per  imbo- 
lare l'anime  de' fedeli. 

42.  Arca.  Da  doppio  senso  :  e  di  sacra  cu- 
stodia ,  e  di  custodia  di  danari.  —  Pennuta. 
Donazione  di  Costantino  (Inf.,  XIX).  Ricrbei- 
za ,  vana  qual  piuma.  Ott.  :  Lo  Imperio  do- 
po la  persecuzione  ed  assalti  fatti  nella  Chiesa, 
entro  lascia  nella  Chiesa  l'eresia  deUi  suoi 
adornamenti. 

43.  Voce.  Kzech.  :  Quum  perei  vox  super 
firmamentum  quod  erat  super  caput  eorum. 
Una  voce  nell'Apoc.  esce  dal  cielo,  voce  di 
rammarico  ,  appunto  nella  visione  della  {emi- 
na fornicante  co*  re. 

44.  Drago.  Il  demonio.  Ap.  ,  XII  :  Ed  eo- 
co  il  grande  drago  rosso,  che  ha  sette  testt  e 
dieci  coma  :  e  la  coda  sua  traeva  la  tersa 
parte  deUe  stelle  del  cielo,  e  misclo  in  terra. 
Altri  nel  drago  vede  Maometto,  altri  Foiio: 
non  parmi. 


e  ANTO    XXXII. 


387 


lA    E  come  vespa  che  ritraege  Tago, 
A  fc  traendo  la  coda  maligDa, 
Trasse  del  fondo,  e  cissen  vago  vago. 
h%    Quel  che  rimase,  come  di  gramigna 
Vivace  terra,  della  piuma  oflerla 
(Forse  con  intenzion  casta  e  benigna] , 
M    Si  ricoperse;  e  fanne  ricoperta 
EVuna  e  1  altra  rota  esterno  in  tanto 
Che  pvù  tiene  un  sospir  la  bocca  aperta. 
kS    Trasformato  cosi  *l  dificio  santo> 
Mise  fuor  teste  per  le  parti  sue  , 
Tre  sovra*!  temo,  euna  in  ciascun  canto. 
W   Le  prime  eran  cornute  come  bue;  yte, 
Ma  lequattro  un  sol  corno avean  per  fron- 


Simile  mostro  in  vista  mai  non  fue. 

50  Sicura,  quasi  rocca  in  alto  monte. 
Seder  sovresso  una  puttana  sciolta 

M*  apparve  con  le  ciglia  intorno  pronte. 

51  E  come  perchè  non  li  fosse  tolta. 
Vidi  di  costa  a  lei  dritto  un  giganti^ 
E  baciavansi  insieme  alcuna  volta« 

52  Ma  perchè  l'occhio  cupido  e  vagaift^ 
A  me  rivolse,  quel  feroce  drudo 

La  flagellò  dal  capo  insin  le  piante. 

53  Poi  di  sospetto  pieno  e  d*  ira  crudo 
Discìolsel  mostro,  etrassel  perla  selva, 
Tanto  che  sol  di  lei  mi  fece  scudo 

5&  Alla  puttana  e  alla  nova  belva. 


45.  Ago.  In  senso  simile  l'ha  11  Machia- 
velli. 

46.  Casta.  Tlrtoosa.  Inf.,  XIV:  Sotto 'l  cui 
99g9  fu  già  *l  mondo  casto.  C  anco  per  contrap- 
posto alia  meretrice. 

48.  Tbb.  Sette  peccati  mortali:  i  bicorni 
sono  l'afarizia  ,  la  superbia  ,  l'invidia,  che 
feriscono  doppiamente.  Iacopo  della  Lana  dice, 
la  superbia,  l'invidia.  Tira;  il  Costa,  super- 
bia,  ira,   avarizia.   Ha  neirinf.  ,  VI,  dice 
Dante  :  superbia  ,  invìdia  ed  avarizia  sono  Le 
in  favilLe  eh'  hanno  i  cuori  accesi.  E  chiama 
(  Ini. ,  XV  )  ì  Fiorentini  gents  avara,  invidio- 
aa«  9  superba.  L'invidia,  dic'egli  co' Padri, 
tUmolò  la  superbia  di  Lucifero  (  Par. ,  IX) , 
e  dal  superbo  ed  invidioso  Lacifero  dice  fon- 
data Firenze  ,  della  quale  esciva  il  maledetto 
danaro  che  ha  fatto  lupo  il  pastore:  e  all' a- 
varixia  nel  I  dell'Inf.  e*  dà  isiigatrice  l'invi- 
dia,  la  qnal  dipartì  dall'Inf.  la  lupa.  Perchè 
l'avaro  è  inrido  ,  e  l'invido  è  una  sorta  d'a- 
mo ,  e  un  superbo  vigliacco.  Ott.  :  Tre  fte- 
ste]  sopra  U  temone  ...  significano  litreprin- 
eòfiiU  vixii  che  pii^  offendono  Vanima ,  e  pe- 
fo  Èono  in  suUa  principale  parte  del  carro.  S 
f9rò  dice ,  che  eiaseuna  avea  dm  coma»  che 


sono  sei;  a  denotare  ^  ehv  sano  contro  a*  nei 
comandamenti  :  e  VaUre  quattro  signipeemo 
li  altri  quattro  peccati  mortali ,  che  sonotif- 
ca  li  beni  corporali,  lussuria,  gola,  avari- 
zia ,  ed  accidia.  B  però  dice,  che  datcwno 
avea  uno  solo  corno  per  teeta  ;  a  dtnotaire 
che  sono  contro  ù^^tattro  comandamenH  del- 
la legge. 

80.  PvTTAif  A.  I  pastori  malvagi  ed  awL  La 
ricchezze  chiama  nel  Convivio  fblse  meretrici. 
Jer. ,  II :  Ftlii..  •  ìfempheos  et  Thaphnes con- 
stupraverunt  te  usque  ad  vertieem  •  •  ;  lU  : 
Fornicata  es  cum  amatoribus  mvlttf  «  •  •  Front 
mulieris  meretrieis  faeta  est  libi ,  tiolttittf  en»- 
bescere  ;  V:  Saturavi  eoe  ,  ef  motehati  fimi, 
et  in  domo  meretrieie  Uuenriabaniut» 

81.  Giganti.  Re  di  Vrancia:  volati  gover- 
nar Bonifazio  ;  ricosante  intera  servita.  E  vo- 
leva in  vece  d'Arrigo  VII  essere  re  de'  Roma- 
ni. L'Ott.  intende  pel  drudo,  Boniflizio  stesso. 

62.  Flagkllò.  Martirio  dlBonifluio.  L*Ot- 
timo  intende  che  il  dnido  Bonifazio  per  ave- 
re la  Chiesa  guardato  a  Dante ,  la  strascina** 
se  lontano  ,  geloso  ch'eli' avesse  guardato  ad 
un  uom  buono.  Ma  l'interprattsione  comune  • 
più  ovvia. 


388 


DEL    PURGATORIO 


CANTO      XXXIIL 


ARGOMENTO. 

Beatrice  annunzia  Vawento  di  ehi  libererà  la  Chieea  e  l'Italia  dal  giogo  din 
iriiti  e  de'  vizii  tiranni.  Giwngono  ad  Eunoè  :  Stazio  e  Dante  ne  beano  :  ond'ei  n 
$enle  rinnovellato» 


Si  noti  varietà  nel  Pnrgatorlo  più  grande  che  nell'inferno  e  nel  Paradiso.  La  prima  in 
dairesilfo,  mitigau  in  questi  anni  da  vicina  speranza  ,  meglio  lo  dispone  a  dipingere  laftp^ 
ranza  delle  anime  dolenti  ed  elette.  Si  guardi  varietà  mirabile  tra  il  1  canto  e  II  XXXUl  * 
il  II  e  il  XXXn,  il  III  e  U  XXX,  e  cosi  '1  resto. 

NoU  le  terzine  1,  2»  8;  la  5  alU  15;  la  13,  20,  23;  la  26  alia  31  ;  k  34 ,  M,  H, 
39,  44,  45,  48. 


1  Deut,  venerunt  gentee ,  alternando 
Or  tre  or  quattro  dolce  salmodia  , 
Le  donne  incomiociaro  lagrimaodo. 

2  E  Beatrice  sospirosa  e  pia 
Quelle  ascoltava  al  fatta  che  poco 
Più  alla  croce  si  cambiò  Maria. 

3  Ma  poiché  Y  altre  vergini  diér  loco 
A  lei  di  dir ,  levata  dritta  In  pie 
Rispose  colorata  come  fuoco  : 

1.  Dbus.  Applica  allo  stato  della  Chiesa  le 
querele  del  salmo  ani  mali  del  popolo  eletto, 
e  alla  traslazione  delta  sede  in  Francia.  Pie- 
tro: Fera  prop^Ctca  proeuntis  statttt  accia- 
tiae,  —  Trk.  Le  tre  a  destra ,  a  manca  le 
quattro.  Ps.  :  Deu$  ,  venwuni  gtnies  in  Aoe- 
rtdilatem  tuam  ,  potuerurU  Jeru$at$m  in  pò- 
morum  cuttodiam.  Poiu$runt  mortieina  $$rvO' 
rum  tuorum ,  eseas  volatilibui  coeU  :  carnet 
Sanctorum  tuorum  hestiii  ferrae.  Bffuderunt 
sanguinem  eorum  tamquam  a^iuam  ineircui- 
tu  Jerusalem  :  et  non  erat ,  qui  sepeUtet.  Fa- 
tti sumus  opprohrium  viciniM  noti rti  :  tuòtan- 
natio  p  et  iUutio  bis  qui  in  circuitu  nottrotunt, 
Usquequo,  Domine,  irascerii injRnem: aceen- 
ditur  velut  ignii  ^elus  (ma?  Éffundc  tram 
Uam  in  ^enfaf ,  qua$  te  non  nooerw^:  ettn 


6 


Modicum  ,  et  non  vidèbitii  me  , 
Et  iterum ,  sorelle  mie  dilette  , 
Modieum ,  et  voi  vidèbitii  me. 

Poi  le  si  mise  innanzi  tutte  e  sette  : 
E  dopo  sé  ,  solo  accennando  ,  mosse 
Me  e  la  donna  e  1  savio  che  ristette. 

Cosi  sen  giva  :  e  non  credo  d^e  fosse 
Lo  decimo  suo  passo  in  terra  posto* (si; 
Quando  con  gliocchi  gii  occhi  mi  peràoi* 


regna ,  quae  nomen  tuum  non  inooeamnmL 
Quia  comederunt  Jacob,  et  locum  eju» 
veniftl . . .  Ad)u%)a  not ,  Deui  $at»tari$ 
et  libera  nos  .  .  ,  Ne  forte  dicant  m 
ubi  est  Deus  eorumJ 

3.  Fuoco.  D'  amore. 

4.  Modici  M,  Jo.,  XVI  :  Modieum ,  ei 
videhitit  me ,  et  tìemm  modieum  ,  et  viéMt 
me.  Amen  ...  dico  vobis  :  quia  plorabitit ,  ^ 
flebitis  vos  f  mundut  ...  gaudebit  :  tHM  a«ÌNBi 
eontrìttabimini  t  sed  tristitia  vettra  vtrlifvris 
^audium.  Parole  di  C.  agli  ApostoU,  aiaW- 
zianti  la  sua  resurrezione  e  la  loro.  Dante  sft- 
ra  tra  breve  il  ritorno  della  sede  in  Italiift 
dell'onore  perduto  ;  e  che  la  scienza  difiai 
ravvierà  gli  spirili  erranti. 

5.  Savio,  btazio  (  XXX,  17  ). 


CANTO    XXXIII. 


389 


7  E  con  tranquillo  aspetto  :  vien'  più  tosto , 
Mi  disse ,  tanto  che  s' io  parlo  teco  , 
Ad  ascoltarmi  tu  sie  ben  disposto. 

8  SI  com*  io  fui ,  com*  io  doveva,  Beco* 
Dissemi  :  frate ,  perchè  non  t*  attenti 
A  dimandare  ornai ,  venendo  meco  ? 

9  Come  a  color  che  troppo  reverenti 
Dinanzi  a*  suo'  maggior  parlando  sono , 
Che  non  traggon  la  voce  Tiva  a*  denti, 

10  Avvenne  a  me,  che  senza  intero  suono 
Incominciai  :  madonna  ,  mia  bisogna 
Voi  conoscete,  e  ciò  ch'ad  essa  è  buono. 

11  Ed  ella  a  me:  da  tema  e  da  vergogna 
Voglio  che  tu  ornai  ti  disviluppe  , 

SI  che  non  parli  più  com*uom  che  sogna. 

12  Sappi  che'l  vaso  che  il  serpenteruppe 
Fu  e  non  ò.  Ma  chi  n*  ha  colpa  creda 
Che  vendetta  di  Dio  non  teme  suppe. 


11.  DisTiLUPPB.  iDf.,  II  :  Da  qu$sta  Cerna... 
tu  ti  iolve, 

12.  Vaso  (  e.  XXXII,  45  ).  Fc.  Apoc.,  XVII: 
Bmia,  quam  vidiiti,  fuU  et  non  ést.  —  Sup- 
PB.  Era  costume  GoreotÌDO,  V  uccisore  msD- 
giare  o  focaccia  o  zuppa  di  pane  con  vino 
salta  sepoltura  deli*  ucciso  nel  termine  di  otto 
o  nove  di;  e  credere  espiata  la  colpa  e  non 
più  dover  essere  acciso.  Ma  Dio  non  teme 
inciampi  alla  pena.  Bocc:  Questa  u$anxa 
arrecò  Carlo  dì  Francia;  che  quand'egli  pre- 
$e  Corradino  con  gli  altri  baroni  della  Ma- 
pui ,  e  fece  tagliar  loro  la  testa  in  Napoli  ;  e 
foi  dice  che  feciono  fare  le  zuppe;  e  mangia- 
rmde  sopra  que'  corpi  morti  Carlo  cogli  altri 
§eun  baroni ,  dicendo  che  mai  non  se  ne  fa- 
fv66e  vendetta.  Ma  siccome  le  colpe  di  Carlo 
fkmHì  punite ,  così ,  dice  Dante ,  saranno  le 
■nove.  Iacopo  della  Lana  trae  la  superstizio- 
ne di  Grecia  :  il  Post.  Cass.  la  dice  vivente 
a'  soof  tempi.  Benvenuto  :  Et  hoe  fecerunt 
enulti  famosi  Fiorentini,  sieut  dom,  Cursius 
M^onatus, 

13.  Rida.  Verrà  imperatore  degno  dell'  I- 
talia. 

14.  Stelle.  Pietro  intende  una  vera  con- 

£iDZion  di  pianeti,  e  colloca  la  risnrrczion 
II'  lulia  nel  1344 ,  o  ne\  45.  Scriveva  egli 
Bel  1140.  -~  Sicuro.  Bibbia  :  Stellae  manen 
tm  i*  ardine  ,  et  cursu  suo  adversus  SUaram 
fmgnaverunt. 

•>  15.  Un.  Apoc.  :  Numerus  etus  sereenti  se- 
waffinta  seas  :  alla  qoal  cifra  gr  interpreti  dan 
ararlo  senso.  Qui  il  numero  di  Dante  é  D\V, 
ebe  trasposto  DVX ,  dà  du».  Questo  non  é 


13    Non  sarà  tutto  tempo  senza  roda 
L*  aguglia  che  lasciò  le  penne  al  carro, 
Perchè  divenne  mostro,  e  poscia  preda. 

ik  Ch*io  veggio  certamente,  e  però '1  narro, 
A  dame  tempo  già  stelle  propinque , 

•    Sicuro  d*  ogn'  intoppo  e  d'  ogni  sbarro  ; 

15  Nel  quale  uncinquecentodiece  e  cinque. 
Messo  di  Dio  ,  anciderà  la  fuia 

E  quel  gigante  che  con  lei  delinque. 

16  E  forse  che  la  mia  narrazion  buia 
Qual  Temi  e  Sfinge,  men  ti  persuade , 
Perch*  a  lor  modo  lo  'ntelletto  attuia. 

17  Ma  tosto  fien  li  fatti  le  Naiàde 
Che  solveranno  questo  enigma  forte 
Senza  danno  di  pecore  e  di  biade. 

18  Tu  nota  ,  e  si  come  da  me  son  pòrte 
Queste  parole ,  si  le  'nsegna  a*  vivi 
l>el  viver  eh*  è  un  correre  alla  morte. 


Arrigo ,  già  morto ,  ma  Cane  capitano  della 
lega  ghibellina  (  Par.,  XVII  ).  Cane,  è  vero. 
Tu  capitano  nel  1318,  non  prima  :  ma  chi 
dice  a  noi  che  dopo  il  1318  non  abbia  il  P. 
ritoccata  la  Cantica?  Ove  sono  le  prove? Tor- 
se perchè  promette  che  il  duce  ucciderà  quel 
gigante?  Ma  nel  gigante  non  è  figurato  sol- 
tanto Filippo  il  Bello. — Ancidbrà.  Inf.,  I;  La 
farà  morir  di  doglia.  —  Fuia.  Ladra.  C.  XX: 
Che  più  che  tutte  V  altre  bestie  hai  preda,  ln(. 
(  XII,  30  )  :  Anima  fuia. 

16.  Temi.  Ov.  (  Met. ,  I  )  :  Fatidicamque 
Themin  :  quae  tune  oracla  tenebat.  A  lei  van- 
no Deucalione  e  Pirra:  ella  dà  loro  oscuro 
responso.  —  Attui  a.  Non  n'  è  chiaro  il  senso 
ma  certo  è  simile  a  intorbida  ,  confonde. 

17.  NaijÌob.  Ovid.  (Mei.,  VII):  Carmina 
Naiades  noH  intelleeta  priorum  Solvunt  inge- 
nue ;  et  praeoi^tata  jacebat  Immemor  amba- 
gum  vates  obseura  suarum  Scilicet  alma  The- 
mie  non  talia  linquit  inulta.  Protinus  Àoniis 
immittitur  altera  Thebis  Psstis  ;  et  exitio  mul- 
ti pecorumque  suoque, Rurigenae  pavere  feram. 
Dice  Ovidio  che  le  Naiadi  davano  oracoli,  di 
che  Temi  irata  mandò  contro  Tebe  una  belva 
che  si  pasceva  di  bestiame  e  di  messi.  Ma 
sebbene  abbiansi  esempi  di  ninfe  rendenti  o- 
racoli  (Paus.,  Beot.  ),  pur  meglio  lesse  l'Ein- 
sio  ;  Laìades  soloerat ,  cioè  il  figliuolo  di  Laio 
Edipo.  Dice  Naiàde,  non  perchè  V  alpha  gre- 
co sia  comune  ,  ma  perchè ,  non  sapendo 
forse  Dante  dividere  la  voce  Naiades ,  e  fare 
d'ai  due  brevi,  dovette  per  legge  del  metro 
leggere  :  Carmina  Naiades.  —  FoRTB.  (ianz.  • 
Janio  lor  parli  faticosa  e  forte. 


S90 


DEL    PURGATORIO 


19  Ed  hagqi  a  iriente  quancio  ta  le  scrÌTi, 
Dì  non  celar  qual  hai  vi^ta  la  pianta 
Ch'  è  or  due  volte  dirubata  quivi,     (ta, 

20  Qualunque  ruba  quella  o  quella  schiaii* 
Con  bestemmia  di  fatto  offende  Dio 
Che  solo  air  uso  suo  la  creò  santa. 

21  P(T  morder  quella,  in  pena  e  in  disio 
Cioquomii*  anni  e  più  i'  anima  prima 
Bramò  colui  clie  ì  morso  in  sé  punio. 

32  Dorme  lo  'ngegno  tuo  se  non  istima, 
Per  singular  cagione  essere  eccelsa 
Lei  tanto  ,  e  si  travolta  nella  cima. 

33  E  se  stati  non  fossero  acqua  d'  Elsa 
Li  pensler  vani  intorno  alla  tua  mente, 
E  1  piacer  loro  un  Piramo  alla  gelsa  , 

^\    Per  tante  circostanzio  solamente 
La  giustizia  di  Dio  nello  'nterdetto 
Conosceresti ,  e  V  alber ,  moralmente. 
25    Ma  perchHo  veggio  te  nello  'ntellelto 
Fatto  di  pietra  ed  in  peccato  tinto  , 
SI  che  t'abbaglia  il  lume  del  miodetto»  (to 
26Yoglioanche,e8e  nonscrìtto, almendipin- 
Che  'i  te  ne  porti  dentro  a  te,  per  quello 

i9.  DOE.  Dall' aquila,  nelle  persecozioni  ; 
dal  gigante  che  sciolse  il  carro  alla  pianta 
legato  :  altri  dice ,  dal  drago. 

20.  Ruba.  Gol  quarto  caso.  Bocc,  43  :  It»- 
hofido  ciaicuno, 

21.  Clnqcbhil'.  Tra  i  930  di  soa  vita ,  e 
qoe*  che  attese  G.  C.  nel  Limbo.  La  vita  gli 
è  pena ,  come  dice  la  Genesi  •  e  gli  fu  pena 
nel  Limbo  il  desio.  Inf.  (  IV  •  14  )  :  5efi2a 
Mwme  vtvemo  in  ditio.  —  Faiif  a.  Adamo.  CSo- 
d  lo  chiama  (  Par.,  XXVI,  28;  V.  EL,  I,  6;. 

22.  Cagione.  Per  mostrare  eh' è  all'uso  di 
Dio.—  Eccelsa  (XXXII,  14).  Merito  del- 
l' obbedire.  L'Ott.  :  Da  $i  fugg$  le  mani  d$lU 
ditubhidienii.  —  Tratolta.  Se  non  si  vegga, 
dicono ,  il  6ne  dei  comando  ,  V  obbedienza  é 
più  meritoria. 

23.  Elsa.  Mette  In  Arno  tra  Pisa  e  Firen- 
ze. Copre  d*  un  tartaro  petrigno  le  cose  che 
VI  s'immergono  (Targ.  Tozz.,  Viag.  in  Tose., 
i.  V  ).  —  PiBAMo.  Piacer  favoloso  (  e.  XXVII, 
13  ).  Il  peccato  le  ha  indurata  la  niente  e  in- 
sozzata r  anima. 

24.  'Nterdetto.  Nel  divieto  di  mangiare 
dell*  albero  del  bene  e  del  male  conosceresti 
la  divina  giustizia.  Poi  :  conoseecesti  perchè 
Dio  interdicesse  ai  re  turbare  la  Chiesa.— 
Moralmente.  Un  de' sensi  ne' quali  si  posso- 
no intendere  le  scritture  è,  dice  Dante  nel 
Oqiiv.  (  II»  i  )  li  ifMo  morale ,  cAevìeiif  m- 


Che  si  reca  '1  Jt>ordoD  di  palma  cinto. 

27  Cd  io  :  si  come  cera  da  suggello 
Che  la  figura  impressa  noo  trai^routa , 
Segnato  è  or  da  toì  lo  niio  cervello. 

28  Ma  perchè  tanto  soYra  mia  vedati 
Vostra  parola  disiata  vola 

Che  più  la  perde  quanto  più  s'aiuta  T 

29  Perchè  conoscili,  disse,  quella  sctioh 
Ch*hai  seguitata;  e  veggio  sua  dotttuu 
Come  può  seguitarla  mia  parola  ; 

30  E  veggi ,  vostra  via  dalla  divina 
Distar  cotanto  ,  quanto  si  discorda 
Da  terra  'I  ciel  che  più  alto  festirau 

31  Ond'  io  risposi  lei  :  non  mi  ricorda 
Ch'  io  straniassi  me  giammft  da  voi, 
Nò  henne  cuscienzia  che  rimorda. 

32  E  se  tu  ricordar  non  te  ne  puoi , 
Sorridendo  rispose  ,  or  ti  rammenta 
Siccome  di  Letéo  bcesti  ancoi. 

33  E  se  dal  fummo  foco  s*  argomenta , 
Cotosta  obblivion  chiaro  conchiude 
Colpa  nella  tua  voglia  altrove  attenta. 

3\    Veramente  oramai  saranno  nude 

nanti  V  allegoricom 

26.  Scritto.  Lo  scritto  é  più  chl#io  ch« 
il  dipinto.  C.  II  :  Airea  beato  jìv  iscriili^— 
Palma.  V.  Nuova  :  Chiamann  palmigH  m 
quanto  vanno  oUraman,  là  ondi  moU»  ee^ 
ti  recano  la  palma.  Nel  Par.  paragona  II  SM 
viaggio  a  peregrinazione  devota.  Alnens» 
die'  ella ,  reca  agli  uomini  un  saggio  di  òl 
che  vedesti. 

30.  Distai.  la.  (LV ,  9)  :  2fon...eofìMb- 
net  meae ,  co^ifatìotiei  ve$tra$ ,  mtqmt  mm 
vettrae  ,  via$  mea$  »  dieit  Homtmis.  Ornimi^ 
cut  exaUantur  eoeli  a  ferra ,  rie  exaUm»a$imÈ 
viae  meae  a  mie  vettrie,  et  eogitatiomn  «ma 
a  eogitatUmibut  vestrit.  Dante  :  Vide  qmo4  M» 
tum  praeeederet  eapientia  $tultitiam  ^iHMtfMl 
differt  lux  a  tenebrie.  G.  XXVII ,  dica  V1i|b** 
Se'  venuto  in  parie  Ov*  io  per  me  pia  eSte 
non  diseemo,  —  Ciel.  Primo  mobile. 

31.  Straniassi.  ÀlberUno  (I«  25)  :  £o  Mi- 
lo Urania  da  te  lo  debitore. 

32.  Letéo.  Armannino  :  Questo  è  fmm0  A 
^tiaie  dagli  autori  si  eMama  Letéo^  éeilmetà 
aequa  ehi  bere  n*  è  degno ,  dimentioetre  fli/b 
queUo  che  nel  mondo  teppe  :  e  tma  pnwmfit' 
ma  qui  ii  muta. 

33.  Foco.  Dalla  causa  V  effetto. 

34.  Nude.  V.  Nuova:  Denudare  he  wm  pm- 
Tole  da  total  vetta.  Ecclea.  »  IV  :  DenudakU 
abuonta  tua  iUU 


CANTO    XXXIII. 


3'Jl 


ÌjQ  mie  parole  quanto  converrasBi 
Qu«^le  scovrire  alla  tua  vista  rude. 

35  K  più  corrusco  e  con  più  lenti  passi 
Teneva  1  sole  il  cerchio  di  merigge  , 
Che  qua  e  là ,  come  eli  aspetti ,  fassi  ; 

36  Quando  s*  affisser  (  si  come  s' afiìggc 
Chi  va  dinanzi  a  schiera  per  iscorta  , 
8e  trova  novitate  in  sue  vestigge) , 

37  Lesette  donne  al  fìn  d'un'ombra smorta, 
Qual  sotto  foglie  verdi  e  rami  nigri 
Sovra  suoi  freddi  rivi  V  Alpe  porta. 

38  Dinanzi  ad  esse  EUfratos  e  Tigri 
Y^er  mi  parve  uscir  d*  una  fontana, 
£  quasi  amici  dipartirsi  pigri. 

39  0  luce,  0  gloria  della  gente  umana , 
Che  acqua  è  questa  che  qui  sì  dispiega 
Da  un  principio  ,  e  se  da  sé  lontana  ? 

kO    Per  cotal  prego  detto  mi  fu:  prega 
Mafalda  che  j  ti  dica.  E  qui  rispose, 
Come  fa  chi  da  colpa  si  dislega  , 

U    Lj  bella  donna:  questo  e  altre  cose 
Dette  li  son  per  me  ;  e  son  sicura 
Che  i*  acqua  di  Letéo  non  gliel  nascose. 

35.  Piò.  Per  l' altezza.  —  Lenti.  Perchè  sol 
Meriggio  r  ombre  meo  varie.  Par.  (XXIII,  4): 
Lm  finga  Sotto  la  quaU  il  sol  mottra  m$n  fnt- 
te.— Fassi.  Ogni  luogo  ha  meridiano  diverso. 

17.  DoTiKE.  Portami  i  candelabri.  Quivi  ri- 
mangono ,  come  modeste  ,  neir  ombra ,  eh'  è 
Mwma .  per  contrapposto  alla  luce  delle  cose 
cireosUntt. — Nigri.  Virg.:  Nigra„.abiete, 

38.  TiGBi.  Lucan.  :  Quaque  caput  rapido 
iMi  eum  TigritU  magnui  Jguphra(er...SimiIe 
ìb  Ovidio.  La  Gen. ,  II ,  dice  che  il  fiume  ir- 
flganle  il  Paradiso  terrestre  dividitur  in  qua- 
capita.  Nomen  uni:  Phiion,,.  Etnomen 
m  Èteundi  Gehon  ...  Nomen  vero  flumini$ 
ii»  Tigri» ..,  Fluviui  autBm  quartus  ,  ipse 
•si  Jihiphratet.  Ma  alcuni  interpreti  fanno  i 
dna  primi  derivare  dall'  Eufrate  e  dal  Tigri 
(  Pwerios  ,  in  Gen. ,  1.  Ili,  de  Par.  ,1,2). 
Forse ,  per  il  Geon  ed  il  Fison  mise  Lete  ed 
SoDoé.  —  Amici.  L'  acqua  d'  Ano  agli  Areti- 
oi  iiMdegnosa  torce  'l  mueo  (  e.  XIV  ).  Inf. , 
V«  :  '£  ih)  discende  Per  aver  pace.  Nel  GonT. , 
dalle  piante  non  bene  trasposte  :  Vivono  qua- 
$i  triste ,  siceome  cose  disgiurUe  dal  loro  a- 
mica, 
39.  Luce.  C.  TI  :  Lume  fa  fra  'i  vero  Io  'ntol- 


i>2  E  Beatrice  :  forse  maggior  cura  . 
Ch<*  spesse  Tolte  la  memoria  priva , 
Fatto  ha  la  mente  sua  no'^li  occhi  osctira. 

WZ    Ma  vedi  Eiinoè  cb(^  là  deriva  : 
Menalo  ad  esso  ,  e  come  tu  se*  usa  , 
La  tramortita  sua  virtù  ravviva. 

kk    Com'  anima  gentil  che  non  fa  scasa. 
Ma  fa  sua  voglia  della  voglia  altrui , 
Tosto  com'è  per  segno  fuor  dischiusa; 

it5  Cosi ,  poi  che  da  essa  preso  fui , 
La  bella  donna  mossesi ,  e  a  Stazio 
Donnescamente  disse  :  vien'  con  luL 

k%    S' io  avessi ,  lettor,  più  lungo  spazio 
Da  scrivere  ,  io  pur  cantere*  in  parte 
Lo  dolce  ber  che  mai  non  m'avrìa  sazio. 

VI    Ma  perchè  piene  son  tutte  le  carte 
Ordite  a  questa  cantica  seconda  , 
Non  mi  lascia  più  ir  lo  fren  dell*  arte. 

48    Io  ritornai  dalla  santissim*onda 
Rifatto  si  come  piante  novelle 
Rinnuvellate  di  novella  fronda  , 

k9    Puro  ,  e  disposto  a  salire  alle  stilile. 


UUo.  Inf. ,  II  :  Per  cui  V  umana  spezie  ecce- 
de ogni  eonfenCo. 

40.  Matelda.  Qai  finalmente  dice  il  nome. 
—  Colpa.  C.  XXVIII  :  Venni  pruta  Ad  ogni 
tua  question,.. 

41.  Dbttb  (XXVIII,  41). 

43.  EiìNOÈ.  Eù,  e  nóos,  Conv.  (  1 ,  4  )  :  La 
prima  mente ,  la  quale  li  Greci  dicono  Pro- 
tonoe.  Eiiano  ritrae  da  Teoporopo ,  che  in  non 
80  qaal  terra  favolosa  era  il  fiume  del  dolo-' 
re,  dove  attingovasi  il  pianto;  il  fiume  del 
piacere  che  ridonava  il  vigor  giovanile. 

45.  DoNNBSCAMENTB.  Bocc.  :  Donnescam^nr 
te  dicendo.  Con  signorile  linguaggio. — Vibn*. 
Anco  Stazio  ne  bee. 

48.  NoYBLLB.  Bz. ,  XXXVI  :  Effundam  su- 
per vos  aquam  mundam ,  et  mundabimini 
oò  omnibus  inquinamentis  vestris.  Dabo  vobis 
cor  novum,  et  spiritum  novum  ponam  in  me- 
dio vestri. 

49.  Stbllb.  Una  notte  e  nn  giorno  in  Inf.  : 
una  notte  e  nn  giorno  dal  centro  air  altro  e- 
misfero.  In  Purg.  quattro  giorni.  11  primo  al 
e.  II;  il  secondo  al  IX;  il  terzo  ai  XIX;  il 
quarto  al  XXVII.  Al  mezzogiorno  è  alla  fon- 

I  tana,  aarà  in  Paradiso  col  nuovo  sole* 


PARADISO 


** 


%   . 


DEL   PARADISO 


C  A  i\  T  0     P  U  I  i\l  0 


ARGOMENTO. 

Sorge  il  $ole  :  Beatrice  in  lui  guarda ,  Danie  in  Beatrice  ;  e*  innalzano  alla 
efera  del  foco.  Ella  gli  epiega  com*  e'  posta  vincere  la  gravità  propria  ^  e  salire  , 
perchè  tratto  verso  il  suo  principio,  a  cui  lo  porta  invicihUe  amere.  Amore  i,  per 
Dante ,  ogni  affetto  ,  ogni  istinto  ,  V attrazione  de*  corpi.  E  quetto  rammenta  la  bella 
dottrina  del  e.  XYIII  del  Purgatorio. 

Parte  del  primo  canto  d  comcntata  dal  P.  stesso  nella  lett.  a  Cane,  ma  in  modo  scola- ^ 
stico  e  pedantesco.  Pare  dimostra  come  ogni  inTenzione  ed  espressione  sua  fosse  ponderata» 
6  riTolta  ad  un  fine:  sebbene  assnrdo  sarebbe  imaginare  che  egli  a  tatte  qnelle  cose  pensasse 
innanzi  di  comporre ,  o  neli'  atto. 

Nota  le  terzine  1,  3,  6,  7,  8,  10;  la  12  aUa  16;  U  17,  18,  20,  21,  23,  24,  26,  27,  31, 
35,  38,  30,  45,  46,  47. 


1    La  gloria  di  colui  che  tutto  move 
Per  l'universo  penetra  ;  e  risplcnde 
In  una  parte  più ,  e  meno  altrove. 

1.  Gloria  (Ez.,  XL1V);  Ez. ,  XLIII:  Ha- 
pUta  erat  gloria  Domini  domus, — Move.  Jo.  : 
Omnia  per  iptum  faeta  sunt.  S.  Angnst.:  Qui 
totum  movet ,  nec  ipse  movetur.  Dottrina  di 
».  Tom.  altresì.  Boet. :  Stalnlisque  manens 
das  euncta  moveri. — Penetra.  Dante  nella  let- 
tera a  Caoc  :  Ptrhetrat  qtuintum  ad  euentiam , 
ntplendet  qtiantum  ad  esse.  Conv.  (  III,  14): 
il  primo  agente  pinge  la  sua  virtù  in  cose  per 
fnodo  di  diretto  raggio ,  e  m .  cose  per  modo 
di  splendore  rinverberato :  onde  nelle  irUelligen- 
se  rag'jia  la  divina  luce  senza  mezzo  ^  neli*  al- 
tre ti  ripercuote  da  queste  intelUgenze  prima 
illuminale.  Dante  :  Patet  quod  ratio  manife- 
stai, diìÀnum  (umen,  idesX  divinam  (omfotam, 


2    Nel  ciel  che  più  deUa  sua  luce  prende  » 
Fa' io  :  e  vidi  cose  che  ridire 
Nò  sa  nò  può  qual  di  lassù  discende. 

sapientiam  al  prudenOam  nspUndsm  vbique. 
Augnst.:  Deus  ineoelo  Xotus  est,  in  terra  to- 
tus ,  ubique  fotta.  Is.  :   Coelum  sedes  mea  , 

(terra  autem  seabeUum  pedum  meorum.  —  Più 
Ps.  :  Coelietìarrant  gloriam  iD>et...Èccl.  •  XLII: 
Gloria  Domini  plenum  est  opus  ejus.  Jcrcm.: 
Coelum  et  terram  ego  impleo.  Ps.  :  Quo  ibo 
a  spiritu  tuot  et  quo  a  facie  tua  fugiam^  Si 
ascenderò  in  coelum  ^  tu  iÙio  es:  sidescende- 
ro  in  infemum ,  ades.  Sap.  :  Spiritus  Domini 
replevit  orbem  terrarum.  Lacan.  :  Juppiter  est, 
quodcumque  videe  ,  quoeumque  movetur.  pa- 
recchie  di  queste  citazioni  sono  recate  da  Dan- 
te stesso,  nella  lettera  a  Cane. 
I     2.  Giù.,  Empireo.  Tropologicamente»  dicG 


396 


DEL   PARADISO 


3    Perchè  appreSdando  sé  al  5ao  disire  , 
Nostro  intelletto  si  profonda  tanto 
Che  retro  la  memoria  non  può  ire 

h    Veramente ,  quant*  io  del  regno  santo 
Nella  mia  mente  potei  far  tesoro  , 
Sarà  ora  materia  del  mio  canto. 

5    O  buono  Apollo  ,  ali*  ultimo  lavoro 
Fammi  del  tuo  valor  sì  fatto  vaso  , 
Come  dimandi  a  dar  V  amato  alloro. 

G    Infine  a  qui  T  un  giogo  di  Parnaso 
Assai  mi  fu  :  ma  or  con  amendue 
M' è  uopo  entrar  neir  aringo  rimase. 

7  Entra  nel  petto  mio  ,  e  spira  tiìe  , 
Si  come  quando  Marsia  traesti 
Della  vagina  delle  membra  sue. 

8  O  divina  irirtù ,  se  mi  ti  presti  , 

Pietro,  il  Paradiso  è  tostato  de*Tirtoosi  che 
SODO  in  gioia  ed  in  fama.— Fc*.  Ov.:  Felices 
anitnoi .  ^iit&ia  haee  eognotcBre  primii  Inque 
domoi  superai  scander$  cura  fuitì  Citato  da 
Pietro.  E  poi  :  Admoven  ocuUi  distantia  side- 
ra  nostris ,  Aetheraque  ingenio  supposuere  suo, 
—  Sa.  S.  Barn.  :  Nee  oeulus  wUt ,  nec  auris 
fiudivit ,  nee  in  cor  hominis  (ueendit  quae 
praeparavit  Deus  his  qui  diUgunt  eutn.  Paul. 
(  Cor. ,  XII  )  :  Audivit  arcana  verta ,  quae 
non  licet  homini  loqui. 

3.  Perche.  Cbrys.:  JfuUa  de  DeointelUgi- 
mus  quae  loqui  non  vaUmus. — Disirb.  Porg.» 
XXIV  :  Tien  alto  lor  disio.  Desideriutn  chiama 
Catullo  la  donna  amata.  Lettera  a  Cane:  De- 
siderium  suum ,  quod  est  Deus,,JnteUecius  hu- 
fnanus  in  hae  vita ,  yropter  connaturalitatem 
et  affinitatem  quam  habet  ad  substantiam  in- 
tellectualem  separatam,  quando  elevatur,  in 
tantum  elevatur  ^  ut  memoria  post  reditum 
deficiat ,  propter  trascendisse  humanum  mo^ 
dum, — Intblletto.  Rime:  Amor,,, Muove  co- 
se di  lei  meco  sovente  Che  V  intelletto  sovr*  es- 
se distia.,. E*  mi  convien  lassare  in  pria  S' i* 
vo  cantar  ciò  eh'  t*  odo  di  lei,  Ciò  che  lo  mi' 
intelletto  non  comprende ,  E  di  quel  che  i*  in- 
tende Gran  parte ,  perché  dirlo  non  saprei. 
Dame ,  a  Can  Grande  :  MuUa  per  intellectum 
vìdemus  ,  quibus  signa  vocalia  desunt  quod 
satis  Piato  insinuat  in  suis  Ubris  per  assum- 
ptiotiem  metaphorismorum, 

4.  Veramemb.  Pure.  Come  Parg. ,  VI. — 
Mente.  Memoria  (  Inf.,  II,  3  ).'-Te80Ro.  Al- 
bert. (  1 ,  50  }  :  Tesauri  del  tuo  sapere. 

3.  Apollo.  Pietro  per  Apoiline  intende  la 
^iriù  iotelleitiva  delle  cose  celesti.  Apollo  e 
le  muse  in  Dante  son  simboli. — Lavoro.  Virg. 
{  Aen. .  X  )  :  Extremum  hunc ,  Arethusa,  mihi 
concede  <a6orpm.— Vaso.  Inf. ,  11  :  Vas  d*  eie- 


Tanto  che  l' ombra  del  beato  regno 
Segnata  nel  mio  capo ,  io  manifesti  ; 

9  Venir  vedràmi  al  tuo  dilotto  legno 
E  coronarmi  allor  di  quelle  foglie 
Che  la  matéra  e  tu  mi  farai  degno. 

10  SI  rade  volte ,  padre  ,  se  ne  coglie 
Per  trionfare  o  Cesare  o  poeta 
(Colpa  e  vergogna  dell'  umane  voglie), 

11  Che  partorir  letizia  in  su  la  lieta 
Delfica  deità  dovria  la  fronda 
Peneia  ,  quando  alcun  di  sé  asseta. 

12  Poca  favilla  gran  fiamma  seconda. 
Forse  diretro  a  me  con  miglior  voci 
Si  pregherà  perchè  Cirra  risponda. 

13  Surge  a*  mortali  per  diverse  foci 
La  lucerna  del  mondo  :  ma  da  quella 

Itone.— Amato.  Da  te  per  amore  di  Daftie. 
Ovid.  :  Habehunt  Te  coma  ,  te  citharae  ,  te 
nostrae^  laure,  pharetrae.  Come  ai  richiede 
per  dare  l'  alloro.  Il  Petrarca,  ad  Apollo  dd 
lauro  :  L' amate  ekiom»  biantU, 

6.  Giogo.  Ot.  :  Mone  ibi  vertieibus  p§titmr- 
duus  astra  duobus  ,  Nomine  Pùmasus ,  sum$- 
ratque  caeumine  nubu,  Lac.  :  Pamanuqm 
jugo„,desertus  utroque,  Stat.  :  Cirrkaea  òteor 
m  Interfusa  jugo  stagna.  Virg.  :  Aiiidita  fiMf 
Helicona ,  Deae ,  cantusque  movete,  ElicoM 
e  Citerone ,  Clrra  e  Nisa  ,  sono  i  dae  giooU. 
Parnaso,  dice  Pietro,  è  1* universale  dottm: 
r  un  giogo  la  scienza,  l'altro  la  sapienza.  S. 
Agost.  (  L.  de  doct.  chr.  )  distingue  la  aciei- 
za  umana  e  la  sapienza  di  Dio.  Con  Bacco  ni 
Citerone  stavano,  dice  Probo  (al  III .  Georg., 
43  ),  le  muse,  invocate  da  Dante  sìnort.  Oia 
chiama  ad  ApoUo. 

7.  Marsia  (Ot.,  Met.,VI}.  GUndotti  audaci. 
Nel  I  del  Purg.  rammenta  le  piche.  Senpit 
la  vendetta  accanto  alla  gloria. 

8.  Viaiù.  Virg.:  Ardens  evexit  ad  attkmm 
virtus. 

10.  Padre.  Titolo  di  tutti  gU  Dei,  dice 
Servio.  —  Cesare.  Petr. .  Onor  d*  imptratmi 
e  di  poeti, 

11.  Delfica.  Horat.  ;  ApolUne  DalpJbotfc- 
ti'^nei.  —  Peneia  (Ov.,  Met.,  I). 

12.  Poca.  Albertano  (  I,  55  )  :  Di  piccota 
favilla  nasce  gran  fuoco,  e  piccolo  tncoMÌn- 
ciamento  ingenera  gran  fatti. — Seco.nda.  Patr.: 
Ed  un  gran  vecchio  il  secondava  appreno.— 
Cirra.  Sul  giogo  sacro  ad  ApoUioe  *  Nisa  Mi 
giogo  eh' è  sacro  a  Bacco. 

13.  Foci.  Ond'esce  il  sole.  —  LrcBmxA. 
Virg.,  IV  :  Phoebea, . .  lampade.  —  (Quattro. 
li  sole  nell'Ariete,  al  tempo  dell' equinozio  • 
uasce  alla  foce  del  Gaoge  :  eoini  nel  priMo 


CANTO    I. 


397 


Qie  quattro  cerchi  giugno  con  tre  croci, 
14-    Ohi  migUor  corso,  econ  migliore  stella 
Esce  congiunta ,  e  la  mondana  cera 
Più  a  suo  modo  tempera  e  suggella. 

15  Fatto  avea  di  là  mane  e  di  qua  sera 
Tal  foce  quasi  ;  e  tutto  era  là  bianco 
Quello  emisperio ,  e  Taltra  parte  nera: 

16  Quando  Beatrice  in  sul  sinistro  fianco 
Vi£  rivolta ,  e  riguardar  nel  sole. 
Aouila  si  non  gli  s' affisse  unquanco. 

17  E  si  come  secondo  raggio  suole 
Uscir  del  primo ,  e  risalire  insuso, 
Pur  come  peregrin  che  tornar  vuole. 

18  Cosi  dellatto  suo,  per  gli  occhi  infuso 
Neil*  immagine  mia  ,  il  mio  si  fece , 

E  fiissi  gli  occhi  al  sole  oltre  a  nostr  uso. 

19  Molto  è  lìcito  là,  che  qui  non  lece 
Alla  nostra  virtù,  mercè  del  loco 

grido  dell'Ariete,  dove  i  qaattro  clrcoU  si 
rincoDtrano  ,  1'  orizzonte ,  qael  del  zodiaco , 
r  equatore  ;  e  il  coloro  degli  eqoinozii  taglian- 
do r  equatore ,  fo  una  croce  :  il  zodiaco  ,  ta- 
gUaodo  l'equatore  medesimo  ,  un'altra:  To- 
rizzoDte  collo  zodiaco  ,  la  terza.  L' Anon.  : 
lÀ  quaU  quattro  circuii  $*inter$eeano  in  uno 
punto ,  cioè  nel  principio  deW Ariete ,  quando 
è  in  Oriente  che  tocca  l  orizxon.  Quivi,  dice 
Pietro  ,  il  sole  ba  la  sua  maggiore  efficacia. 
Il  Post.  Caet.  per  le  tre  croci  intende  le  vir- 
tù teologiche  ,  perchè  la  croce  è  il  segno 
della  fede;  pe' quattro  circoli  ,  le  virtù  car- 
dinali ,  e  il  sole  di  giustizia  che  le  illumina. 

14.  Miglior  corso.  Perchè  rende  uguale  i^ 
giorno  a  tutti  gli  abitatori  della  terra.  — 
Stilla.  L'Ariete  prossimo  all'equatore.  Conv. 
(  li ,  4  )  :  Le  ttelle  $ono  più  ftiene  di  virtù 
quando  $ono  più  presio  a  questo  cerchio.  Poi 
nella  primavera  è  più  viva  la  vita.  Inf.,  I  : 
E  *l  eoi  montava  in  iu  con  quelle  stelle  .  . . 
Conv.  :  Altrimenti  è  disposta  la  terra  nel  prin- 
cipio della  primavera  *a  ricerere  in  sé  la  tn- 
fvrmazion»  dell* erbe  e  delU  fiori;  è  altrimen- 
ti lo  verno,  Pelr.  :  Alla  stagion  che  *l  freddo 
perde  E  le  stelle  migliori  aequistan  forza.  — 
MODO.  Con  la  vivifica  natura  sua.  —  Tempera. 
Dispone  ed  informa. 

15.  Mane.  Sol  monte  sorgeva  il  sole  :  alla 
terra  abitata  cadeva. 

16.  Beatrici.  Quella  il  cui  nobile  amore 
gì' innalzò  l'anima  al  cielo,  al  cielo  gli  è 
gaida.  Ecco  ragione  perchè  Beatrice  era  siro- 
b<'lo  della  scienza  divina  :  perchè  veramente 
«Ila  a  Dio  lo  innalzò.  1  cieli  ,  nota  il  Bia- 1 
gioii ,  sono  le  varie  scienze  per  cui  sempre 


Fatto  per  propio  deirumana  spece. 

20  Fnol  soffersi  molto,  nasi  poco 
Ch'io  noi  vedessi  sfavillar  d'intorno 
Qaal  ferro  che  bollente  esce  del  foco. 

21  E  di  subito  parve  giorno  a  giorno 
Essere  aggiunto,  come  Quei  che  puote 
Avesse  1  ciel  d*  un' altro  sole  adorno. 

22  Beatrice  tutta  neireterne  rote 
Fissa  con  gli  occhi  stava;  ed  io,  in  lei 
Le  luci  fisse,  di  lassù  remote, 

23  Nel  suo  aspetto  tal  dentro  mi  fei 
Qual  si  fé  Glauco  nel  gustar  dell*  orba 
Che  '1  fé  consorto  in  mar  degli  altri  dei. 

2h    Trasumanar,  significar  per  veròa 
Non  si  porla:  però  Tesemplo  basti 
À  cui  esperienza  grazia  serba. 

25  S'io  era  sol  di  me  quel  che  creasti 
Novellamente,  Amor  che  1  ciel  governi, 

più  alto  si  monta.  Dante  nel  Ck)nY,:  Per  cielo 
intendo  la  scienxa ,  e  per  deli  le  sciente,  — 
Sinistro.  Il  Purgatorio  è  antipode  a  Gerasa- 
lemme.  Questa ,  posta  di  qua  dal  'tropico  di 
Cancro  ;  onde  il  monte  dev'  essere  di  là  del 
tropico  di  Capricorno:  e  come  di  qua  sorge 
il  sole  a  destra,  di  \k  deve  a  manca.  —  A- 
OuiLA.  Agost.,  dell'aquila,  XXXVl,  In  Jo.: 
Qui  firme  contemplatus  fuerit  (  solem },  fUius 
agnoscitur  :  it  octe  palpitaverit ,  tamquam 
adulterinut  aò  ungue  dimittitur, 

17.  Secondo.  Come  raggio  riflesso  segue  al 
diretto  e  risale;  così  vedendola  io  guardare 
alto ,  alto  guardai. — Pbrbgrin.  Bella  imagfne 
e  affèttnosa  nella  bocca  d' un  esule. 

18.  Occhi.  La  scienza  di  Dio  guarda  in  al- 
to, l'oomo  in  lei,  e  s'innalza.  La  scienza 
sacra  ,  dice  Agost. ,  perficit  inteUectum  ,  et 
dirigit  affectum. 

19.  Licito.  August.  :  In  hac  carne  viven- 
tibus  et  inextimcLbiU  virtute  crescentibus  con- 
templationis  actione,  potest  aetema  Dei  eia- 
ritas  videri,  —  Loco.  Paradiso  terrestre. 

21.  Giorno.  Entra  nella  sfera  del  fuoco  per 
salire  alla  luna. 

23.  Tal.  August.  :  Quum  fueris  taìis  ut  nil 
prorsuifi  terrenorum  te  delectet ,  mi  Ai  crede 
eodem  momento  eC  pimelo  temporis  videbis 
quod  cupis,  —  Glauco  (  Ov. ,  Met. ,  XIU,  31). 
Pescatore  :  al  vedere  che  i  pesci  presi,  al  toc> 
car  dell'erba  ,  saltavano  in  mare  ,  mangiò  di 
quell'erba ,  e  diventò  dio  marino. 

24.  Ve  UBA.  lacopone  :  Di  Dio  le  sante  ver- 
ba.  — ^  Grazia.  Primo  caso. 

25.  Sol.  Paul.  (II  ,  Cor. ,  12  ).  Sivein  cor- 
pore  ,  nescio  ,  sive  extra  corpus  ,  nescio.  Deus 


i93 


DEL    PARADISO 


Tu  1  sai  che  col  tao  lume  mi  levasti. 

26  Quando  la  rota  che  tu  sempiterni 
Desiderato,  a  sé  mi  fece  atteso 
CoaTarmonia  che  temperi  e  discerni; 

27  Parvemi  tanto  allor  del  cielo  acceso 
Dalla  fiamma  del  sol,  chepìoggia.efiume 
Lago  non  fece  mai  tanto  disteso. 

28  La  novità  del  suono  e  1  grande  lume, 
Di  lor  c-agion  m'accesero  un  disio 
Mai  non  sentito  di  cotanto  acume. 

29  Ond^ella  che  vedea  me  si  com*  io , 
Ad  acquetarmi  Tanimo  commosso. 
Pria  ch'io  a  dimandar,  la  bocca  aprio. 

30  E  corniciò  :  tu  stesso  ti  fai  grosso 
Col  falso  immaginar,  si  che  non  vedi 
Ciò  che  vedresti  se  l'avessi  scosso. 

31  Tu  non  se'in  terra  sì  come  tu  credi; 
Ma  folgore  fuggendo  *1  proprio  sito 
Non  corse,  come  tu  ch'ad  esso  riedi. 

32  S'io  fui  del  prinx)  dubbio  disvestito 


Per  le  sorrìse  parolette  brevi, 
Dentro  a  un  nuovo  più  fui  irretito. 
33  E  dissi:  già  contento  requìevi 
Dì  grande  ammirazion;  ma  ora  ammiro 
Com'io  trascenda  questi  corpi  lievi. 
31'  Ond'ella  appresso  d'un  pio  sospiro 
Gli  occhi  drizzò  vèr  me  con  quel  sembiante 
Che  madre  fa  sopra  fìgliuoi  deliro; 

35  E  cominciò  :  le  cose  tutte  quante 
Hann*  ordine  tra  loro;  e  questo  è  forma 
Che  l'universo  a  Dio  fa  simigliante. 

36  Qui  veggion  V  alte  creature  Torma 
Dell'  eterno  valore ,  il  quale  è  fine 
AI  quale  è  fatta  la  toccata  norma. 

37  Neil'  ordine  eh'  io  dico  sono  accline 
Tutte  nature  ,  per  diverse  sorti 

Più  al  principio  loro  e  men  vicine. 

38  Ondo  si  movono  a  diversi  porti 

Per  lo  gran  mar  dell*  essere;  e  ciascuna 
Con  istinto  a  lei  dato  che  la  porti. 


self.  —  NovELiAHEWTE  (  Purg. ,  XXV ,  24  ). 
L'anima  ragionevole  infusa  nel  feto  umano  gìh 
formato ,  la  chiama  spirito  fiiiovo.  —  gover- 
ni. '  Boet  :  O  qui  perpetua  mundum  ratione 
guhemas ,  Terrarum  caelique  $ator,  qui  lem- 
pu$  ab  aevo  Ire  jubes. 

26.  Desiderato.  Iddio ,  secondo  Aristote- 
le ,  move  come  amato  e  desiderato.  E  Plato- 
ne dice  che  i  cicli  si  movono  sempre  cercan- 
do l'anima  del  mondo  ,  e  desideran  trovarla 
perchè  non  è  in  luogo  determinato ,  ma  spar- 
sa per  tutto  ;  la  qual  anima  è  Dio.  Nel  Conv. 
dice  che  T empireo  è  cielo  immobile  e  luogo  { 
di  Dio  ;  onde  il  primo  mobile  ch'é  sotto ,  si 
movo  velocissimo ,  per  lo  fervenllssimo  appe- 
tito che  ha  ciascuna  parte  di  questo  di  unir- 
si a  ciascuna  parte  di  quello. — Temperi. 
L'armonia  è  varietà  e  proporzione  di  parti  ; 
onde  conviene  che  si  disccrnano  ,  cioè  com- 
partano ;  e  si  temperino ,  cioè  si  moderino  a 
legge  certa.  Platone  ,  e  Cic.  (Somn.  Scip.  , 
ap.  Macr.  ,1.1)  pongono  l'armonia  delle  sfe- 
re. E  il  simile  Orfeo.  Arist.  (Decoelo  et  mnn- 
do  )  nega  codesti  suoni  de'  cieli.  Aggiungeva 
Platone  che  le  Muse  contemprano  l'armonia 
mandata  da^'li  astri. 

28.  Acume.    Turg. ,   XXIV:    Voglia  acuta» 

30.  Scosso.  Boet.  :  Tune  me  ditcusét  lique- 
runt  nocte  tenebroe. 

31.  Sito.  La  sfera  del  fuoco.  Arist.  :  Btt 
terra  tanquam  mundi  centrum  in  medio  om- 
nium ,  circa  quam  aqua,  circa  aquam  aer,  circa 
aRrem  ignis ,  illic  purut  et  non  turtidw,  lu- 


nae  attingem.  —  Corse.  L'  elevazione  della 
scienza  è  volo  dell'anima.— Riedi. Tomi  al  cielo 
donde,  creata  da  Dio  ,  scese  l'anima  tua. 

32.  Irretito.  Prov. ,  VII  :  Irretivit  mm 
multis  iermonibus. 

34.  FiGLiuoL.  Prov. ,  I  :  Vsquequo ,  par- 
vuli ,  diUgitis  infantiam  ..  ?  Codv.  (  1 ,  4  )  : 
La  maggior  parte  degli  uomini  vivono  sacoii- 
do  sento  e  non  tecondo  ragione,  a  guisa  di 
pargoli  :  e  questi  eotali  non  conoscono  le  co- 
se se  non  semplicemente  di  fuori ,  e  la  loro 
bontcuie  la  quale  a  debito  fine  è  ordinata  no» 
veggiono  f  perch*  hanno  chiusi  gli  occhi  deiU 
ragione  ,  li  quali  possono  vedere  quello, 

35.  Cose.  Tutte  le  cose  hanno  un  line  :  del- 
l' uomo ,  è  Dio.  Però  1'  uomo  tende  a  salire. 
—  Forma.  Dà  unità  e  vita  al  mondo. 

36.  Alte.  Terz.  40  :  Ch'hanno  intelletto t 
amore, — Orma.  Segno. — Fine.  Bibbia:  Omnia 
propter  semetipsum  opératus  est  JJofninvs,  — 
Norma.  Boez.,  a  Dio  :  Mundummente  gerentt 
sitrilique  imagine  formane. 

37.  Ordine.  Conv.  (  I,  10^-  La  differente 
delle  cose  in  quanto  sono  ad  alcuno  fine  or- 
dinate, — Accline.  Horat.  (  II,  sat.  2  )  :  i^' 
elinis  falsis  animus,  —  Principio.  Dio. 

38.  Porti.  Di  più  o  meno  profonda  qaiete 
e  letizia.  —  Mar.  Si  paragoni  questo  passo 
al  VI  dell' En.:  Principio  coelum  ,  ae  terrai* 
camposque  liquentes,  Lucentemque  globum 
LunaCf  Titaniaque  astra,  Spiritus  intus  alU; 
totamque  infusa  per  artus  Mene  agitai  mo- 
tel» ,  et  magno  se  corpore  imtcal. 


CANTO    L 


30D 


Questi  ne  porla  1  fuoco  invér  la  luna; 
i  De'  cor  mortali  è  permotore  ; 
Questi  la  terra  in  sé  stringe  e  aduna» 
0    Nò  pur  le  creature  che  aon  fuore 
D* iotelligenzia ,  quest'arco  saetta  , 
Ma  quelle  eh*  hanno  intelletto  e  amore. 
tki     La  pro\idenzia  che  cotanto  assetta  , 
Del  suo  lume  fa  1  ciel  sempre  quieto 
Nelqual  si  volgequel  ch'ha  maggior  fretta . 
1^2     Ed  ora  il  ,  coro*  a  sito  decreto  , 
Cen  porta  la  virtù  di  quella  corda 
Che,  ciò  che  scocca,  drizza  in  segno  lieto. 
^3    Vero  è  che,  come  forma  non  s'accorda 
Molte  fiate  alla  'ntenzion  dell'arte , 


39.  Fuoco.  Lo  credeTSDo  impooderabile  , 
e  eh'  ei  leiuiesse  alla  sua  sfera  lassù  (Parg., 
XVIU).  —  LuxA.  Conv.  :  Ogni  cosa  ha  il 
suo  speciale  amore.  Come  le  corpora  semplici 
hanno  amore  naturato  in  sé  al  luogo  projmo. 
E  però  il  fuoco  ascende  alla  circonferenza  di 
sopra  t  lungo  il  cielo  della  luna,  È  in  Aristo- 
tele. —  Pbbmotorb.  Di  vita  corporea ,  che 
viene  dal  cuore.  —  Aduna.  Il  Poat.  Cass.  : 
Conglutinat  in  globum  et  penduto  sustinet. 
Per  forza  di  gravità. 

40.  Arco.  D'  amore.  Nel  Conv.  parla  del- 
l' amor  delle  piante  al  suolo  in  cui  nacquero. 

41.  QcIfETo.  Boet.  :  Tu  euncta  superno  Du- 
ds  ab  exemplo,  pulcrum  pulcerrimus  ipse 
èhmdum  mente  gerens  .  ,  »  Tu  requies  tran- 
tjuiUa  piis;  te  „.  finis,  Frineipium,  vector, 
dux  ,  semita  »  terminus  ...  Conv.  :  Il  cielo  im* 
wtobiU  t  luogo  di  quella  somma  Ihità  che  tè 
gola  compiutamente  vede.— Fretta.  11  primo 
nobile.  CoDV.:  il  quale  psrlosuo  ferventittimo 


Perch'  a  risponder  la  materia  è  sorda  , 
kh    Cosi  da  questo  corso  si  diparte 
Talor  la  creatura  ,  eh*  ha  podere 
Di  piegar ,  così  pinti  ,  in  altra  parte 

45  (E  si  come  veder  si  può  cadere 
Fuoco  di  nube)  se  l'impeto  primo 
A  terra  è  torto  da  falso  piacere. 

46  Non  dèi  più  ammirar,  se  bene  stimo , 
Lo  tuo  salir ,  se  non  come  d'  un  rivo 
Se  d' alto  monte  scende  gioso  ad  imo. 

47  Maraviglia  sarebbe  in  te ,  se  ,  privo 
D*  impedimento  ,  giù  ti  fossi  assiso , 
Com'  a  terra  quieto  fuoco  vivo. 

48  Quinci  rivolse  iovér  lo  ciclo  il  viso. 


appetito  d*  essere  congiunto  col  divinissimv 
cielo  e  quieto  ,  in  quello  st  rivolve  con  tatUo 
desiderio,  che  la  sua  celerità  è  quasi  iuom- 
prensibile  ;  e  dell'  Empireo  :  Pongono  li  Cat- 
tolici esso  estere  immobile  per  avere  in  sé  , 
secondo  ciatcuua  parte  ,  ciò  che  la  tua  mate» 
ria  vuole. 

42.  LI.  Air  Empireo. 

43.  FoBMA.  Conv.  (II»  1):  impossibile  i>  tu 
forma  venir»  te-  la  materia  ,  cioè  lo  suo  :iO'j- 
getto,  non  è  prima  disposta  ed  apparecchiata: 
e  la  forma  aelV  arca  ventre,  se  la  materia  , 
cioè  lo  legno  non  è  prima  disposto  ed  appa- 
recchiato. 

44.  Podere.  Il  libero  arbitrio  non  toglie  la 
grazia,  né  questa  quello. 

45.  ToBTO.  Purg.,  XII  :  O  gente  umana  per 
volar  tu  nata.  Perché  a  poco  vmto  cosi  cadi? 

47.  Impedimento.  La  gravità,  Figuratomcri' 
te  la  coiptf. 


400 


DEL    PARADISO 


CANTO     n. 


ARGOMENTO. 


Salgono  nella  luna.  Dante  che  nel  Cònv.  aveva  detto  le  macchie  di  quella  ve* 
nire  dà  maggiore  o  minor  densità  ,  per  la  quale  la  luce  i  più  o  meno  tivamenU 
riflessa  ,  qui  combatte  la  propria  opinione  di  prima.  Se  la  demità ,  dine  Beairi* 
ce ,  fosse  cagione  del  lume  ,  tutte  le  stelle  avrebbero  la  stessa  virtù  i  influmxa  ; 
differirebbero  solo  nel  grado.  Più:  o  le  parti  rade  attraversano  tutto  il  corpo  iMia- 
re  ,  e  allora  il  sole  nelC  ecclissi  ci  darebbe  per  mezzo  :  o  t(  rado  i  a  strati  eoi 
denso  j  e  allora  la  luce  delle  parti  più  rade  sarà  più  languida  ,  matthia  wm  sor 
rà  mai.  La  cagione  vera  ,  secondo  Dante ,  di  quelle  macchie  ^  i  la  virtù  che  dal 
primo  mobile  si  diffonde  ne*  cieU  sottoposti ,  e  neUa  luna  è  meno  che  m  altrL 


Arìdo  il  canto  :  por 

Nota  le  terzine  i,  3,  4,6,  7,  8;  la  10  alU  16;  la  18,  19,  i6,  9%,  97,  38, 
43  alla  48. 


89;  la 


1  O  voi  che  siete  io  piccioletta  barca  , 
Desiderosi  d'  ascoltar  ,  seguiti 
Dietro  al  mio  legno  che  cantando  varca, 

2  Tornate  a  riv^er  li  vostri  liti  : 
Non  vi  mettete  in  pelago ,  che  forse  , 
Perdendo  me ,  rimarreste  smarriti. 

1.  Barca.  Con  metafora  simile.  ch*è  diVirg., 
comincia  il  Purg.  :  ma  nel  Purgatorio  l'inge- 
gno del  P.  è  piccola  nave,  e  qui  a  chi  lo  se- 
gue in  piccola  nave  e' dà  sdegnoso  consiglio. 
Ott.  :  A  volere  perfettamente  intendere  la  pre- 
dente commedia  abbisognano  molte  setenset  im- 
perocché VA,  usa  molti  argomenti,  esempli  e 
conebttioni, 

2.  Pblago.  Conv.  (I,  9  )  :  Lo  pelago  del 
trattato  delle  cantoni,  V  Ott.  :  Al  mio  . . .  la- 
gno  il  quale  poetixxando  valiea  il  profondo  e 


3L*acqua  ch'io  prendo,giammainon  si  conei 
Minerva  spira  ,  e  conducemi  Apollo, 
£  nuove  Muse  mi  dimostran  1*  órse. 

k    Voi  altri  pochi  che  drizzaste  1  collo 
Per  tempo  al  pan  degli  angeli,  del  qoalo 
Vivesi  qui ,  ma  non  sen  vieo  satollo  ; 

largo  mare  deW  Universo. 

3.  XrovE.  Molte  visioni  dell' loferno  e  dal 
Purgatorio  correvano  allora,  poche  del  Para- 
diso. Lncr.  :  Avia  Pieridum  peragro  loca  iwl- 
iius  ante  Trita  solo.  Minerva  quasi  aura  gli 
spira ,  Apollo  guida  la  nave  ,  le  Muse  gli  no- 
strano il  segno.  Il  Cod.  Cass.  legge  ,  nae$ 
mute^  ('ioè  le  nove  scienze.  Virg.  :  Jwvat  trt 
jiif/ij  qua  nulla  priorvm  Castaliam  molU  de^ 
vertitur  orlnta  clivo. 

4.  Pocai.  Dice  s.  Tom.  (  conu  gmt.  )  che 


CANTO    II. 


40Ì 


&    Moller  potete  ben  per  l' alto  sale 
Vostro  naYigio  ,  servando  mio  solco 
Dinanzi  ali*  acqua  che  ritorna  eguale. 

6  Que*  gloriosi  che  passaro  a  Coleo, 
Non  s' ammiraron  ,  come  voi  farete  j 
Quando  lason  vider  fatto  bifolco. 

7  La  concreata  e  perpetua  sete 
Del  deiforme  regno  ,  con  portava 
Veloci  quasi  come  'I  eie!  vedete» 

8  Beatrice  in  suso,  ed  io  in  lei  guardava: 
E  forse  in  tanto  in  quanto  un  quadrel  posa 
E  vola  e  dalla  noce  si  dischiava  , 

9  Giunto  mi  vidi  ove  mirabil  coda 
Mi  torse  *1  viso  a  sé.  E  però  quella 
Cui  non  potea  mia  ovra  essere  ascosa , 

10  Vòlta  vèr  me  si  lieta  come  bella. 
Drizza  la  mente  in  Dio  grata  ,  mi  disse, 
Che  D'ha  congiunti  con  la  prima  stella 

a  pochi  è  data  la  cognizione  profonda  delle 
cosa  divine.  Conv.:  Oh  beati  que*  pochi  che 
ft^fOfio  a  quella  mema  ove  il  pane  degli  an- 
§eU  ti  mangia  !  •  miseri  quelli  che  con  lepe- 
con  kammt^  comune  cibo  !  —  Pan.  Jo.  :  Ego 
smn  pomi  viiae.  —  Satollo.  Ps.  XVI:  Satia- 
hot  quum  apparuit  gloria  tua.  Conv.:  La 
gpecìùaxiane  m  questa  vita  perfettamente  lo 
9U0  wo  avere  non  può  ;  il  quale  avere  è  Id- 
dio eh' è  iommo  intelligibile  ;  se  non  ts  quan- 
to considera  lui  e  mira  lui  per  li  suoi  effetti. 

5.  Sale.  Horat.  (  Ep.,  dU.  )  :  Alto  ...  salo. 
^Irg.  (I,  35  )  :  Spumas  salis  aere  ruebant. — 
DiHAXii.  Innanzi  che  l'acqua  fitorni  ugaa- 
le.  —  Eguali.  Sap.  (V,  10  )  :  Tanquam  na- 
vii,  quae  pertransit  fluctuantem  aquam:  cujus 
fwim  praeterierit ,  non  est  vestigium  'invenire, 
iMfiia  semitam  carinae  ilUus  in  fluctibus. 

6.  Iason  (  Inferno,  XVIII  ).  —  Bifolco. 
Seminare  i  denti  del  serpe ,  ed  arare  (  Het., 
VII,  100).  Horat.:  Ignota  tauris  iUigaturum 
/Mfa  ...  Jatonem. 

7.  Sbtb.  Par.,  XXI;  La  sete  naturai  (del 
▼ero  mipemo  ).  Parg.  (  XXXI  ,  43  )  :  Cibo, 
Ch9,  saziando  di  sé,  di  sé  asseta.  —  Deì'fqbme. 
Quasi  informato  da  Dio.— Cibl.  Stellato  ;  che 
lo  ventiqaatlr'ore  compie  l'immenso  suo  giro. 

8.  Bbatbicb.  L'idea  del  farla  guida  alle 
cose  celesti  è  chiaro  espressa  in  un  versq 
delle  rime  giovanili  ;  Onde  la  nostra  fede  è 
mmtata:  Ptrò  fu  tal  dall'Eterno  ordinata.— 
Tastto.  Centoquarantottomille  cinquecento- 
trenta  miglia  lontan  dalia  terra,  così  Pietro: 
Pgnl  miglio  di  quattromila  cubiti. 

10.  Stblla.  Così  chiama  la  luna.  Cle. 
(  Somn.  Selp.,  ap,   Macrob.,  I,  21):  Sicui 


11  PareVa  a  me  che  nube  ne  coprisse 
Lucida ,  spessa  ,  solida  e  pulita  , . 
Quasi  adamante  che  Io  sol  ferisse. 

12  Per  entro  sé  V  eterna  margherita 
Ne  ricevette ,  cooi'  acqua  recepe 
Raggio  di  luce ,  pe^nanendo  unita. 

13  S*  io  era  corpo,  e  qui  non  si  concepe 
Com'  una  dimensione  altra  patio  , 
Ch'esser  convien  se  corpo  in  corpo  repe; 

ih    Accender  ne  dovria  più  il  disio 
Di  veder  quella  essenzia  in  che  si  vede 
Come  nostra  natura  e  Dio  s*  unio. 

15  Lì  si  vedrà  ciò  che  tenem  pei*  fede , 
Non  dimostrato  ;  ma  fia  perse  noto  , 

A  guisa  del  ver  primo  che  l' uom  crede. 

16  Io  risposi  :  madonna  ,  sì  devoto 
Quant  esser  posso  più  ,  ringrazio  Lui 
Lo  qual  dal  mortai  mondo  m'ha  rimoto. 

aetheris  et  aeris ,  ita  dtvtnonim  et  eadueorum 
Luna  confinium  est. 

11.  NuBB.  Al  cielo  de' Calmucchi  conduce 
una  via  tutta  d'oro  su  un  alto  monte  ;  e  so- 
pra il  monte  è  una  nube  di  iaspide  dove  sie- 
de lo  spirito  dell'aria  :  e  appiè  del  monta 
son  molte  volpi  che  divorano  le  anime  ree» 
venenli  verso  il  beato  soggiorno.  Sotto  la  via 
aurea  è  una  via  argentea  che  mena  U  dove 
nasce  il  sole ,  e  dov'  abita  un  altro  spirito  ; 
e  sotto  ancora  ,  è  una  strada  di  rame  che 
mette  al  soggiorno  di  trentatrò  sniriti  benefi- 
ci all'uomo.  Lì  presso  è  il  Paradiso  de' bam- 
bini e  delle  anime  mediocremente  buone.  Al- 
le falde  del  monte  è  la  via  dell'  Inferno.  Conv. 
(  II,  4  )  :  Ed  è  V  ordine  del  sito  questo ,  che 
il  primo  ^lo  che  numerano  è  quello  dov*  è 
la  Luna,  lo  secondo  è  quello  dov'  è  Mereuriop 
lo  terzo  è  quello  dov*  è  Venere ,  lo  quarto  i 
quello  dov*  è  il  Sole  ,  lo  quinto  è  quello  dov*i 
IKarte,  lo  sesto  è  quello  dov*  è  Giove,  lo  set- 
timo è  quello  dov*  è  Saturno,  lottavo  è  quel- 
lo deUe  stelle ,  lo  nono  è  quello  che  non  è 
sensibile,  se  non  per  questo  movimento  eh* è 
detto  di  sopra ,  lo  quale  chiamano  molti  cri- 
stallino. 

12.  Etbbka.  Incorruttibile,  secondo  i  Pe 
rlpatetici.  —  Bicbvbttb.  La  luna  ,  dice  Pie- 
tro ,  è  sette  volte  minor  della  terra. 

13.  S'IO.  Parla  condizionalmente,  perché 
non  sa  se  sia  salito  col  corpo.  —  Rbpb.  S'in- 
sinua. Dottrina  di  Aristot.  (  Meuf.,  lY). 

15.  Vbdbì.  S.  Angost.:  Hic  eredimus,  il- 
ìie  mdebimus — Vbb.  Assiomi  di  senso  comu- 
ne, dai  Greci  dette  comuni  notizie;  principia 
demonstrationii  da  Arist.  (  Potter.  ). 

SI 


402 


DLL    PARADISO 


17  Ma  ditemi ,  che  son  li  segni  bui 

Di  questo  corpo  ,  che  laggiuso  ìd  terra 
Fan  di  Gain  favoleggiare  altrui  ? 

18  Ella  sorrise  alquanto,  e  poi:  s'egli  erra 
L' opinion ,  mi  disse,  de*  mortali 
Dove  chiave  di  senso  non  disserra  ; 

19  Certo  non  ti  dovrien  punger  li  strali 
D'  ammirazione  ornai:  poi  dietro  a*  sensi 
Vedi  che  la  ragione  ha  corte  V  ali. 

20  Ma  dimmi  quel  che  tu  da  te  ne  pensi. 
Ed  io:  ciò  che  n'appar  quassù  diverso  , 
Credo  cliel  fanno  i  corpi  rari  e  densi. 

21  Ed  ella:  "certo  assai  vedrai  sommerso 
Nel  falso  il  creder  tuo  ,  se  bene  ascolti 
L*  argomentar  eh'  io  gli  farò  avverso. 

22  La  spera  ottava  vi  dimostra  molti 
Lumi,  li  quali  nel  quale  e  nel  quanto 
Notar  si  posson  di  diversi  volti. 

23  So  raro  e  denso  ciò  facesser  tanto  , 
Una  sola  virtù  sarebbe  in  tutti , 

Più  e  men  distributa  ;  ed  altrettanto. 

26.    Virtù  diverse  esser  convegnon  frutti 
Di  principii  formali.  Equeijuorch'uoo, 
Seguiteheuo  a  tua  ragion  distrutti. 

2o    Ancor,  se  raro  fosse  di  quel  bruno 

17.  Gain  (  Inf.,  XX,  42).  Della  luna,  Arisi. 
(De  coelo  et  mundo,  li  ). 

i'iì.  Strali.  Ogni  impressione  profondj  è 
con  questo  tropo  dipinta.  Lzcch.,  V  :  jltsero 
su'jiuas  (aiììii  pesiimaìi  in  eos. 

20.  Credo.  Opinione  esposta  nel  Conv. 
(  li,  14  )  il  quale  fu  duuque  scritto  innanzi 
il  poema.  Ivi  dice  ,  le  macchie  della  luna  non 
essere  altro  che  rarità  del  suo  corpo  alla  qua- 
le non  possou'j  terminare  i  raggi  del  sole ,  e 
ri{)crcuotersi  così  come  nelle  altre  parti.  — 
Dlnsi.  Secondo  Dante,  i  corpi  solidi  riperco- 
tono  meglio  la  luce. 

22.  Ottava.  Delle  stelle  fisse.  Questa,  di- 
re l'ietro,  può  dirsi  il  quinto  elemento  ,  di- 
hiinto  dagli  altri  per  naturai  proprietà.-  Qu.v 
J.E.  Luce. — Quanto.  Mole  (Tolomeo,  Alniag., 
VI,  cap.  1}, 

23.  Virtù.  Se  dalla  maggiore  o  minor  den- 
sità Teoisse  la  differenza  ,  le  influenze  dei 
pianeti  differirebbero  di  grado ,  ma  non  di 
natura.  Or  diflViriscono  ^  e  lo  dicono  Alboma- 
/ar  e  Tolomeo. 

24.  Formali.  La  materia  prima  era,  se- 
condo gli  scolastici ,  in  tatti  i  corpi  la  me- 
desima :  la  forma  sostanziale  costituita  le 
Tarie  specie  e  virtù  de'  corpi.  Or  se  dalla 
densità  veniise  il  divario,  nasolo  sarebbe  il  1 


Cagion,  che  tu  dimandi;  od  oltreio  parto 
Fora  di  sua  materia  si  digiuno 

26  Esto  pianeta  ;  o  si  come  comparte 
Lo  grassoeilmagrouncorpo,coslquesto 
Nel  suo  volume  cangerebbe  carte. 

27  Se  1  primo  fosse ,  fora  manifesto 
Neir  eclisse  del  sol ,  per  trasparere 
Lo  lume,  come  in  altro  raro ,  ingesto. 

28  Questo  non  è  :  però  è  da  vedere 
Deiraltro.  E  s'egli  avvien  ch'ioraitro  cassi. 
Falsificato  lia  lo  tuo  parere. 

29  S'egli  è  che  questo  raro  non  trapassi, 
£sser  conviene  un  termine  da  onde 

Lo  suo  contrario  più  passar  non  lassi; 

30  £  indi  r  altrui  raggio  si  rifonde 
Così  come  color  torna  per  vetro 

Lo  qual  diretro  a  sé  piombo  nasconde. 

31  Or  dirai  tu  eh'  el  si  dimostra  tetro 
Quivi  lo  raggio  più  che  in  altre  parti. 
Per  esser  il  ri  fratto  più  a  retro. 

32  Da  questa  instanzia  può  diliberarti 
Esperienza  ,  se  giammai  la  provi , 

Ch'  esser  suol  fonte  a*  rivi  di  vosti^artu 

33  Tre  specchi  prenderai;  ediie  rimovi 
Da  te  d  un  mudo,  e  l'altro,  più  rimosso, 

principio  formai*».  Quest'uno,  sfcoudo  l'Oit, 
è  non  la  materia  pritna,  ma  Dio.  — Hagios. 
l'er  ragionami  fio  {  Furg.,  XXII  ). 

25.  Oltre.  O  sarebbe  bacato  qui  e  li  da 
parte  a  parte  ;  o  avrebbe  strati  di  denso  • 
strati  di  rado  ;  come  io  corpo  d*  aniniale  è 
il  grasso  ed  il  mugro. 

120.  Caute.  Traslato  frequente  io  Danls: 
qui  DOD  iiioliu  opportuno. 

'SI.  Sol.  La  luna  frapponendosi  ira  'I  soli 
e  la  terra ,  se  in  alcun  luu^o  fosse  rada  da 
pane  a  pai  le,  ci  passerebbe  la  luce. 

2t>.  Onde.  Il  denso  della  luna  s'opporrà  il 
P^-'^ggio  ilei  lume. 

30.  Altrui.  D*  altro  corpo  Incido. 

.11.  Tetro.  Dirai  che  dove  il  raro  è  jàk 
fondo ,  e  il  denso  però  più  lontano  ,  qaifi  j| 
raggio  riflesso  é  più  pallido  e  pare  macchia.— 
KiFRATTo.  Per  riflesso  (  Purg.,  XV }.  £  awt 
la  rille!=  sione  ó  una  specie  di  rifrazione. 

32.  Instanzia.  Dicchi  nelle  acuuie  il  re- 
plicare alla  risposta.  — Ann.  Arisi.  Jic#, 
nelUi  Metuf.,  che  dal  scii:,n  hu^o:  ta  mctìnjria, 
e  da  molle  memorie  l'  esp.'ncHza  ,  «  da  mal" 
ie  esperinze  l'  arie  (  Ta^^o  .  Dial.  XCl  ;  Fici- 
no,  tom.  IV.  p.  7  ).  In  queaiio  vorw  ^  luuj 
il  p'iucipij  bacuDiu.!'.'. 


CANTO    lU 


Wò 


Tr'  ambo  li  priioi  gli  occhi  tuoi  ritrovi. 
34    Rivolto  ad  essi,  fa  che  dopo  il  du^so 

Ti  steauolumecheitrespecchi  accenda. 

E  torni  a  to  da  tutti  ripercosso. 
3&     Benché  nel  quanto  tanto  non  si  stenda 

La  vista  più  lontana ,  Il  vedrai 

Comeconvien  che  igualmente  ri^^plenda. 
36     Or  come  ai  colpi  disili  caldi  rai 

Della  neve  rìman  nudo  il  suggctto 

E  dat  colore  e  dal  freddo  pTimat  ; 
97     Cosi  rimase  le  nello  intellello  , 

Voglio  inrormar  di  luce  si  vivace 

Che  ti  tremolerà  nel  suo  aspetto. 
38    Dentro  dal  cid  della  divina  pace 

SA  gira  un  corpo  nella  cui  virtut« 


;  macchia 


34.  UcimA.  lUuDui.  Virg. 

SS.  Qtarto.  La  luce  è  nwd 
•M  è. 

36.  Sdggbtio.  La  materia. 

37.  Cosi'  Hoet.,  I  :  Dimotii  faUaeium  af- 
fictUnuim  ttaebrù ,  iplartdonm  vcrae  lueii 
fatti*  agnaicm. 

88.  CiBL.  Empireo t  qaìelq  d'ogni  itinvi. 
■DHUa ,  e  quielu  per  beaiitudrnc.  Ciiav.  (  Il , 
3 }:  JW  numn-o  ìt'àeU  t  dil  itto  dittrtaman- 
U  è  mMìIo  da  molli ,  awignaché  la  verità 
aUiMwu  tia  irvuata.  Ariutiltle  emUut,  ti- 
.  gmtaikda  lolmt^U  V  antica  groiit^xa  dagli 
■Mrelvyi,  cha  fouiro  pure  oito  culi,  dclli 
fMoli  lo  «jlrnHo  «  tht  cuntenu»  luUo  ,  fout 
YmUo  dira*  la  aitila  futa  tono,  eioi  la  tftra 
ottava;  a  cha  di  /uuri  d' tuo  non  fotta  ailr» 
■faiMM.  Tolomta ,  aeeoTgtndoti  elta  Voltava 
taira  ti  movta  pir  più  tnauiminh  ,  tifjjendo 
H  cfrehifl  tuo  partire  dat  dritto  ctmkio  cha 
iwrfji  iHiio  da  oritnta  in  cecidgnii  ,  coilrelia 
da  prìncipi  di  (dotofa  eh»  di  n«c»it[à  vuole 
tM  auM«  prìmo  nmplicutimo ,  purM  un  al- 
tnt  eitt^  ttttrt  fuori  dttlo  Utllau  ,  ti  quaW 
fèttttt  qvtUa  nvaluiiant  da  anima  m  occi- 
tifile,  là  ^uala  dia  cAe  (■  compiB  guati  tn 
vttUiquatlTu  ori... — Coapti.  Primu  mubile. — 
GoxTBNTO  (IdL,  li,  20).  Da  lui  viene  ogni 
Tiitb  a  quanta  in  lui  ai  contiene ,  e  cielu  e 
tam.  Questa  teoria  r  tccenna  nel  I  dello 
HMaf.  d'Arisiol.,  e  pib  chiaro  lo  Alb.  Mignu 
(  De  minerilibus ,  I.  II,  ir.  IH,  ftp-  3  ). 

SV.  CiiL.  Ottavo  ,  delle  «Ielle  lisse.  —  Va 
MTtl.  Canili.;  Qiiam  tidara  miiUa  . . .  ^urli- 
«oj  /idtninum  uident  amorti,  —  tisNB.  La 
Virtù  del  uonu  cielo.  —  Essiim.  Cieli  :  e  em- 
pi contenuii  in  que'  cieli.  Codt.  (  il ,  3  }  : 
Sono  novi  ti  iteti  mobili  :  lo  itlo  dt'ijiialt  i^ 
Maw/wto  I  deierminoie  tteondo  ehtpir  iin'  ar- 


L'  esser  dì  tutto  suo  contento  giace. 

:ì9  Lo  ciel  seguonta  eh'  ha  tante  veduto. 
Queir  eaaer  parie  per  diverse  essenze , 
Uà  lui  di-tinte  ,  e  dii  lui  contenute. 

VO     (ìli  altri  (:\Tott  per  \arie  diifercnze 
L»  ilistinziun  i^liu  da  dentro  da  eè  hanno 
Dispongono  a  lor  fini  e  lor  semenze. 

kl  Questi  organi  del  mondo  cosi  winno. 
Come  tu  vedi  ornai  dì  grado  in  Kra<lo  , 
Che  di  <:u  prendono  ,  e  di  sotto  Unno. 

k^    Riguarda  benea  me  si  com'io  vado 
Per  questo  loco  al  ver  che  tu  disiri , 
SI  elle  poi  sappi  sol  tener  lo  guado. 

'f3    Lo  moto  e  la  virtù  de' santi  giri. 
Come  dal  fabbro  l' arte  del  martello , 

re  che  ri  c^i'amo  prDfpeII<t>a  arùiMri'ea  t  gta- 
metrica,  j«uiiilmenl«  e  rosJutuuol menti  è 
ì:eduto ,  a  par  altri  aptriinsa  lentibiìi. 

40.  GiBOH.  Sclte  cieli.  Conv.  [Il,  4]:  Ogni 
,:ìelo  dcitina  la  propria  influenta  a  fina  a  cut 
/ri  ordinata ,  a  ai  timi  di  nature  ehi  in  ti 
cantitne.  Degli  Angeli  motori  de- cicli  ,  V. 
rom.  (  Sum.,  2.  2.  qu.  lOA  ]. 

41.  Organi  (Arisi-,  De  eoelo  et  niuiido , 
II  ).  L'etere  dove  questi  divini  corpi  percur- 
runo  l'ordinato  laro  novimeoto.  —  Fakno. 
LEitera  a  Cane  :  Oinnit  et'ieniia  ei  ciriui  pro- 
cedil  a  primo  ;  «I  iniellijenlio»  in/eriorci  r». 
cipiunC  fuori  a  radiatUi ,  el  raddanl  radrot 
■upenoru  ad  luum  inferiui ,  ad  modum  ipe- 
culirrum. 

42.  Guido.  Porg. ,  VII):  Colui  cha  il  na- 
tconda   Lo  tuo  primo  pircJiJ  ,  ehi  non   irli  è 

43.  Giai.  Cieli.  Santi  perchè  la  loro  virtù, 
spira  dagli  Angeli.  Coov.:  1  moviiori  de*  cieM 
lono  foflonse  up..ral«  dti  maieria ,  eioi  tn- 
leltigett:e  ,  ehi  la  volgar  genie  ehiama  ange- 
li ...  E  fanno  la  loro  operaiiorta  connotural* 
ad  sui ,  d'ai  lo  movim«nlo  d<l  Inro  cfilo  ... 
Quelli  fflouilori  motiutiD  io  lo  inle  ridendo  la 
eirvalniione  di  qiul  loggetto  proprio  elit  eia- 
leuno  moiif  :  e  la  forma  nobiliiiimi  del  cielo 
eh'  ha  in  té  principio  di  quitta  natura  patti- 
va  yira  ,  toccata  da  virtù  molriee,  die  q»'- 
Ito  intende.  £  dico ,  laccala  non  corporal- 
mente ,  ma  per  ionio  di  oirtà ,  che  ti  diritta 
in  fuelio.  £  fi  vuol  «apere  che  li  raggi  di 
eiaieiM  cielo  tono  la  t)ia  per  la  quali  ditcen- 
di  la  loro  virtù  in  quitta  cole  di  quaggiù.  — 
Fabho.  Simile  Imagiite  nel  Cuor.  (  II,  13).' 
It  fuoco  a  U  martello  tono  codioni  effcietUi  del 
ceùelto  ,  ai'vejiMcM  mairimamenle  é  ■l/'ub. 
bro.  —  HOTOB.,  iBf-,  VII  ;  J^k*  I*  cillt,  l  dii 
lor  ehi  condvta. 


kOh 


DEL    PARADISO 


Da*  beati  motor  convien  che  spiri. 
kk>    E  'i  ciel  cui  tanti  lumi  fanno  bello , 

Dalla  mente  profonda  che  lui  volve 

Prende  Y  iroage ,  e  fassene  suggello. 
i^5    E  come  l' alma  dentro  a  vostra  poWe 

Per  differenti  membra ,  e  conformate 

A  diverse  potenzio ,  si  risolve  ; 
46    Cosi  r  intelligenzia  ,  sua  bontate 

Multiplicata  per  le  stelle  spiega , 

Girando  sé  sovra  sua  unitate. 

44.  Ciel  Delle  stelle  fisse.  —  Mente.  An- 
gelica. ^  Suggello.  Riceve  la  fona  e  la  ini- 
prime  nei  cieli  di  sotto.  Boet.  :  Tu  triplicit 
mediam  naturae  euneta  moventem  Connectens 
animam ,  per  eontona  membra  retolvU;  Quae 
quum  tecta  duot  motum  glomeravit  in  orbes. 
In  semet  reditura  meat^  mentemffue  profun- 
dam.  Circuit ,  9t  iimili  eonveriit  imagine  coe- 
lum.  Agli  Angeli  del  terzo  cielo  dice  in  una 
canz.  :  Il  ciel  che  segue  lo  vostro  valore. 

45.  Polve.  Gen.  :  PuUis  es.  —  Conforma- 
te. Idonee. — Potenzie.  Vista,  udito,  ec. — 
Risolve.  Boet.  :  Per  consona  membra  resolvis. 
La  virtù  spirata  dall'  Angelo  ,  quasi  anima 
del  mondo,  si  risolve,  si  spiega,  si  svolve, 
ti  comparte  per  le  varie  nature ,  come  1*  ani- 
ma umana  per  le  varie  parti  del  corpo. 

46.  Intelligenzia.  Angelica,  motrice  del- 
l' ottavo  cielo.  Girando.  Boet.  :  In  stmet  ro- 1 


VI    yirtji  diversa  fa  diversa  lega 
Gdl  prezioso  corpo  eh*  eli'  arviva  , 
Nel  qual,  si  come  vita  in  voi,  si  lega. 

\8    Per  la  natura  lieta  onde  deriva  , 
La  virtù  mista  per  lo  corpo  luco 
Come  letizia  per  pupilla  viva. 

t^9  Da  essa  vien  ciò  che  da  luce  a  luce 
Par  diflerente ,  non  da  denso  e  raro  : 
Essa  è  formai  principio  che  produce, 

30  Conforme  asuabonta.loturboe'l chiaro^ 

ditura  meat  (  Fiat.,  Tim.  ).   F.  Reoat.   Yai- 
lin.,  note  al  III  De  consol.  pbil. 

47.  PrezYoso.  Chiamò  margherita  la  Iona. 

48.  Lieta.  Angelica.  Purg. ,  XVI  :  Mossa 
da  lieto  fattore.  lof.,  VII  :  Con  V  altre  prime 
creature  Itela  Volve  sua  spera ,  e  beata  si  go- 
de. Baruch  (  ìì\,  34  )  :  Stellae  .  .  .  dedermU 

lumen  in  custodOs  suis ,   et  laetatae  sum. 

Mista.  Dell'influenza  del  cielo  stellato  e  della 
propria  natura. 

49.  Formal.  La  virtù,  più  o  men  forte, 
infusa  ne'  pianeti  qua  e  là ,  li  fa  più  o  mei 
lucidi.  La  ragione  è  falsa  :  superfluo  il  no- 
tarlo. L'  Ottimo,  domanda  perchè  la  luna  ha 
sola  queste  macchie,  e  non  altri  pianeti? 
Perchè,  risponde,  ella  è  1'  ultimo  ,  e  la  vir- 
tù de*  cieli  v'  opera  con  meno  vigore  ;  la  qia- 
le  diversità  si  fa  cagione  alla  terra  deUa  cor 
razione  e  della  generazione  de'  corpi. 


^^0^» 


MS 


CANTO     m. 


ARGOMENTO. 

Nella  luna  le  anime  di  coloro  che  non  interamente   adempirono  i  voti  a  Dio 
falU.  Piccarda  e  Costanza,  una  fiorentina  parente  del  P..  e  una  tteva  imperatrice. 

Caoio  d*  argenteo  nitore;  e  se  lo  paragoni  al  terxo  dell'  Inf.  e  al  terzo  del  Pnrg.  Tedrai 
mirabile  varietà  d'ingegno,  d'animo,  di  stile,  di  lingua.  Qaasi  sempre  ad  arida  discussio- 
ne tcienlifica  succede  nel  nostro  una  vena  abondante  di  poesia.  E  la  stesta  discussione 
scientiOea  ,  o  tosto  o  tardi  gli  sì  converte  in  poetica  6amma.  Vedete  nel  canto  precedente, 
quella  macchina  quasi  epica  de'  beati  motori  gì'  ispira  sulla  fine  del  canto  cinque  o  sei  ter- 
zine che  sono  delle  più  notabili  fra  le  dantesche. 

NoU  le  terzine  1  alla  9;  la  12,  13 ,  14,  16;  la  20  alla  23;  la  27,  29,  30,  31,  30, 
37  ;  la  40,  alla  fine. 


1  Qiielsol  chepria  d'amormi  scaldai  petto, 
IM  beila  verità  ra*  avea  scoverto  , 
Provando  e  riprovaDdo,  il  dolce  aspetto. 

2  Ed  io,  per  confessar  corretto  e  certo 
Me  stesso  tanto  quanto  si  convenne  , 
Levai  lo  capo  a  proflerer  più  erto. 

3  Ma  visione  apparve  ,  che  ritenne 
A  sé  me  tanto  stretto,  por  vedersi, 
Che  dì  mia  conPession  non  mi  sovvenoe» 

k    Quali  per  vetri  trasparenti  e  tersi 
Ovver  per  acque  nitide  e  tranquille  , 
Non  si  profonde  che  i  fondi  sien  persi , 

1.  BiPBovANBO.  L'  error  mio. 

4.  NiTU>B.  Ov.  (  Het.,  Ili  )  :  Font  trai  il- 
UmÌM  ,  nilidis  argentetàs  undi».  Di  questa  ri* 
flessione  (  Arist.,  Il,  De  An.  ).  —  Pbesi.  Di 
vìsu. 

5.  Visi.  Prov.«  XXVII  :  Quomodo  in  aguit 
rupUndent  vuUus  protpicientium ,  ito  eorda 
kominum  mamfetta  tunt  prud9ntibu$.  Altro 
giro  ha  1*  imagme  in  Dante  :  pure  rammenta 
questa  di  S:iloTnone.  —  rosTiLLB.  Linee  o  ci- 
fra miuute  :  «ini  per  lineaiuenti  ne'  quali  si 
legge  (  luf.,  X  )  il  nume  della  persona  t  la 


8 


Toman  de'  nostri  visi  le  postille 
Debili  si ,  che  perla  in  bianca  fronte 
Non  vien  men  tosto  alle  nostre  pupille; 

Tali  vid'io  più  facce  a  parlar  pronte  : 
Perch*  io  dentro  ali  error  contrario  corsi 
Aquelch*accesearoortra  l'uomo  el  fonte. 

Subito  ,  si  com*  io  di  lor  m*  accorsi , 
Quelle  stimando  specchiati  sembianti , 
Per  veder  di  cui  fosser^  gli  occhi  torsi  : 

E  nulla  vidi ,  e  rìtorsili  avanti 
Dritti  nel  lume  della  dolce  guida  , 
Che  sorridendo  ardea  negli  occhi  santi. 


si  riconosce.  Bocc.  usa  poitUle  in  senso  simi- 
le ,  ma  oscuramente.  —  Pbbla.  Tancia:  Boe- 
cuna  rubinoia  Ch'  a  pofvi  gu  coral ,  non  ti 
vodrMé, 

6.  Tali.  Le  Di  tanto  tenni,  e  poco  lucenti, 
ad  indillo  di  merito  men  segnalato  e  men  al* 
io.  —  Amob.  Mei.  :.  AurtCaryne  inemdit ,  et 
ardBt ...  Atque  oculo$  idtm  ,  qm  d«etpi(  ,  ì»* 
otfol  e/rtor.  CnduU,  pUd  frustra  nmulacrQ 
fugaeim  eaptat  7  Narciso  crede  l' imagine,  va- 
ro :  Dante  il  vero ,  imagioe. 


^OG 


DEL    PARADISO 


9  Non  ti  maravigliar  perch*  io  sorrida  , 
Mi  disse  ,  appresso  il  tuo  pueril  coto  ; 
Poi  sopra  1  vero  ancor  lo  piò  non  Oda  , 

10  Ma  te  rivnlve  ,  come  suole  ,  a  vóto. 
Vere  sustnnzie  son  ciò  che  tu  vedi , 
Qui  rilegate  per  manco  di  voto. 

11  Però  parla  con  esse  ,  e  odi  ,  e  credi 
Che  la  verace  luce  che  le  appaga  , 

Da  sé  non  lascia  lor  torcer  li  piedi. 
12.     £d  io  air  ombra  che  parca  più  vaga 

Di  ragionar  ,  drizzami ,  e  cominciai 

Quasicom'uom  cui  troppa  voglia  smaga; 
13    O  ben  creato  spirito  che  a'  rai 

Di  vita  eterna  la  dolcezza  senti 

Che  non  gustata  non  s'intende  mai , 
Ib    Grazioso  mi  fia  se  mi  contenti 

Del  nome  tuo  e  delta  vostra  sorte. 

Ond'  ella  pronta  e  con  occhi  rìdenti  ; 

15  La  nostra  carità  non  serra  porte. 
A  giusta  voglia  ,  se  non  come  quella 
Che  vuol  simile  a  sé  tutta  sua  corte. 

16  Io  fui  nel  mondo  vergine  sorella  ; 
E  se  la  mente  tua  l)en  mi  riguarda , 
Non  mi  ti  celerà  Tesser  più  bella  : 

17  Ma  riconoscerai  eh'  io'son  Piccarda , 
Che  posta  qui  con  questi  altri  beati  , 
Beata  son  nella  spera  più  tarda. 

18  Li  nostri  afletti ,  che  solo  inflammati 
Son  nel  piacer  dello  Spirito  santo  , 
Letizian  del  suo  ordine  formati. 

19  £  questa  sorte  che  par  giù  cotanto , 


9.  Coto  (  lof.,  XXXI ,  2A  ).  Pensiero. 

10.  Voto.  Nella  lana  pone  le  vergini  che 
non  osservarono  il  voto.  Freddo  pianeta  è  la 
luna ,  ed  hi  limpida  lace  ,  e  Diana  era  casta. 
Virg.  :  Catta  ...  Lucma, 

15.  Qi'BLLA.  La  divina  carità.  Boet.  :  Tfu 
[nutra  tunt  in  iHo  poftìad  «pei  prtcesqu^  ; 
quae ,  quum  recfae  funi ,  vntfjicactt  esse  non 
pouurU.  Ps.:  Depneationem  eomm  exaudiét, 
et  ialvoi  faciet  eoi, 

17.  Piccarda.  Figlia  di  Simone  Donati 
(  Porg.,  XXIV).  L*Anon.  :  Funne  tratta  pérM- 
Corso  per  forza  ;  onde  elli  ne  ricevette  danno, 
vergogna  ed  onta  a  satisfare  alla  ingiunta 
penitenza»  che  sì  eceelUntemente  quasi  tihrone 
stette  in  camicia,  ^-  Tarda.  Più  vicina  alla 
terra  ,  jt ,  come  rota  più  prtuo  olio  ttelo 
(Purg.,vm,2«). 

18.  Formati.  Hanno  forma  dall'  ordina  in 
che  lo  Spirito  santo  li  pose.  Caot.  :  Onttno- 
vie  in  me  chariiaUw^ 


Però  n*  è  data ,  perchè  fur  negletti 
Li  nostri  voti  ,  e  vóti  in  alcun  c.»rto. 

20  Ond*  io  a  lei  :  ne'  mirabili  aspetti 
Vostri  risplende  non  so  che  divino 
Che  vi  trasmuta  da'  primi  concetti. 

21  Però  non  fui  a  rimembrar  festino  : 
Ma  or  m' aiuta  ciò  che  tu  mi  dici  ^ 
Si  che  raffigurar  m*  è  più  latino. 

22  Ma  dimmi  :  voi  che  siete  qui  felici , 
Desiderate  voi  più  alto  loco 

Per  più  vedere  e  per  più  farvi  amici? 

23  Conquell'altr  ombrepria  sorriseunpcco, 
Da  indi  mi  rispose  tanto  lieta 

Ch'  arder  parea  d'  amor  nel  primo  foco  : 
^k    Frate ,  la  nostra  volontà  quieta 
Virtù  di  carità ,  che  fa  volerne 
Solqnelch'avemo»  e  d'altro  non  ci  asseta. 

25  Se  disiassimo  esser  più  superne  , 
Foran  discordi  li  nostri  disiri 

Dal  voler  di  Colui  che  qui  ne  cerne  : 

26  Che  vedrai  non  capere  in  questi  giri , 
S*  essere  in  ca  ritate  è  qui  necesse  , 

E  se  la  sua  natura  ben  rimiri. 

27  Anzi  è  formale  ad  esto  beato  esse 
Tenersi  dentro  alla  divina  voglia  , 
Perch'  una  fansi  nostro  voglie  stesse. 

28  SI  che ,  come  noi  sem  di  soglia  in  soglia 
Per  questo  regno,  a  tutto  il  regno  piace. 
Como  allo  Re  che  a  suo  voler  ne  invogfia. 

29  E  la  sua  volontade  è  nostra  pace  : 
Ella  è  quel  mare  al  qual  tutto  si  move 

19.  Voti.  Giochi  che  Dante  non  eerta  twm 
fugge,  lof.  (I,  12):  Piik  vo/i«  votto. 

20.  Concetti.  Dal  concfttu  che  di  ?oi  ave 
va  chi  già  vi  conobbe.  Concetto  e  sendnmou 
qui  son  tutt*uno.  Dante  idealista. 

21.  Festino.  FeiCtiuire  é  nell^irg.,  XXXIII; 
e  l'hain  prosa  il  Bocc.  —  Latino.  LatinsW 
qxti  dicevano  i  Lat.  per  dire  cbiaramenta ,  • 
Dante  nel  Conv.  (  II,  3  )  :  ^  più  latinammm 
veder  la  sostanza.  Vili.  (XI ,  20  )  :  Assai  sm 
latino  di  dare  audienza  (facile  ).  JLattno  al- 
lora valera  italiano;  e  parlare  per  immota 
valeva  latino, 

22.  Vedere.  Iddio.  ^  Amici  t  Tra'tailL 
0:  per  far  voi  stessi  amici  a  Dio  più  inttai. 

26.  Natura.  La  carità  è  nel  volere(8.  Thim-, 
2.  2.  9.,  art.  1). 

VJ,  Formale.  Essenziale  :  voce  tcoltslio- 
—  Voglia.  Così  Tom.  (  cont.  gent.  );  s.  A|t- 
stlno. 

29.  Mah.   Par. ,  ì:  Si  movono  a  dkn 


CANTO    IH. 


407 


Ciò  ch'ella  cria  o  che  natura  face. 

30  Chiaro  mi  fu  allor  com'  ogni  dove 
Id  cielo  è  paradiso  ,  etti  la  grazia 

Del  sommo  Ben  d'un  modo  non  vi  piove. 

31  Ha  si  com'egli  avvien  s' un  cibo  sazia 
E  d'un  altro  rimane  ancor  la  gola  , 
Che  quel  si  chiere^  e  di  quel  si  ringrazia; 

32  Cosi  fcc'  io  con  atto  e  con  parola 
Per  apprender  da  lei  qual  fu  la  tela 
Oode  non  trasse  insino  al  co  la  spola. 

33  Perfetta  vita  ed  alto  merto  inciela 
Donna  più  su  ,  mi  disse,  alla  cui  norma 
Nel  vostro  mondo  giù  si  veste  e  vela, 

34  Perchè 'nfìno  al  morir  sivegghiedorma 
Con  quello  Sposo ,  eh'  ogni  voto  accetta 
Che  cantato  a  suo  piacer  conforma. 

35  Dal  mondo  ,  per  seguirla ,  giovinetta 
Foggimi ,  e  nel  su'  abito  mi  chiusi , 

E  promisi  la  via  della  sua  setta. 
^Ui    Uomini  poi  a  mal  più  che  a  bene  usi, 
Fuor  mi  rapiron  della  dolce  chiostra. 
Dio  lo  si  sa  qua!  poi  mia  >  ita  fusi. 

porti  Per  lo  gran  mar  deWes$ere.  Questo  TaoDo 
Je  creaiure  nel  tenipu:  ina  roliitno  lor  tìneé  Dio. 

30.  Paradiso.  Joao.  :  Deus  eharitas  e$t , 
ei  qui  maml  in  charilaU  ,  in  Dto  manti ,  al 
Afiit  in  90, 

39.  Tkla.  Che  non  fin)  di  tess(>re.  Qaal  voto 
lASciò  ella  incompiuto.  Traslato  dicevole  a  don- 
na.—Co  (Inf.,  XX,  26;  XXI,  22;  Purg.,  111,43). 

33.  Donna.  S.  Chiara. 

35.  Setta.  Petr.  (  Tr.  F.,  II  )  :  Temiitocie 
e  Ttf^o  con  quttta  setta.  Convivio  (  1 ,  11  )  : 
Citu€una  di  queste  reitadi  ha  sì  gran  setta  , 
che  pochi  tono  quelli  che  sono  da  esse  Uberi, 

36.  Mal.  1  Donali  avevano  soprannome  di 
MtUé-fammi  (Vili.,  Vili,  38  ).  — Dio.  Rodol- 
fo da  Tossignano  (Hist.  seraph.  rei.,  I,  138): 
Cmnus  frater .,,  assumpto  seeum  Farinata  «i- 
corio  famoso  et  aliis  duodecim  perdìtissimis 
s^eaphantis ,  admotisque  parietibus  scalis ,  in- 
grtuus  est  septa  monasterii;  eaptamque  per 
vim  sororem  ,  ad  fraternam  domum  seeum 
«iUttxit  ;  et  sucris  discessis  vestibus ,  munda- 
fMS  indutam  ,  ad  uvptins  coegit.  Antequam 
spanta  Christicumviro  couveiìiret,  anttimayi- 
n«m  cruci  furi  virginitatem  suam  sponso  Chrtsto 
t'^mmendavit,  Mox  totum  corpus  ejus  lepra 
p§n%utum  fuit ...  Post  aliquot  dies  eum  palma 
vùrginitatis  migravit  ad  Dominum.  Dante  non 
vuole  accertare  il  miracolo  ;  però  dice:  Dio 
Ja«  Olt.  :  Li  suoi  fratelli  l"  aveano  promessa  di 
Jan  per  moglie  ad  uno  gentile  uomo  di  Fira ri- 


37  E  quest'altro  splendor  che  ti  si  mostra 
Dalla  mia  destra  parte,  e  che  s*  accendo 
Di  tutto  il  lume  della  spera  nostra , 

38  Ciò  eh'  io  dico  di  me,  di  se  intende. 
Sorella  fu  :  e  cosi  le  fu  tolta 

Di  capo  r  ombra  delle  sacre  bende. 

39  Ma  poi  che  pur  al  mondo  fu  rivolta 
Centra  suo  grado  e  centra  buona  usanza, 
Mon  fu  dal  vel  del  cor  giammai  disciolta. 

40  Quest'  è  la  luce  della  gran  Gostanza, 
Che  del  secondo  vento  di  Soave 
Generò  1  terzo  e  1*  ultima  possanza. 

41  Cosi  parlommi  j  e  poi  cominciò  :  Ave, 
Maria  ,  cantando:  e  cantando  vauio , 
Come  per  acqua  cupa  cosa  grave. 

42  La  \ista  mia  che  tanto  la  seguio 
Quanto  possibil  fu ,  poi  che  la  perse , 
Yoisesi  al  segno  di  maggior  disio  ; 

43  Ed  a  Beatrice  tutta  si  converse  : 
Ma  quella  folgorò  nello  mio  sguardo 
SI  che  da  prima  il  viso  noi  solTerse. 

44  E  ciò  mi  fece  a  dimjLudar  più  tardo. 

ze ,  nome  Rossellino  della  Tosa  ,  la  qual  co- 
sa ptivenuia  alla  notizia  dei  dello,  Ji.  Corso 
(  eh  tra  al  reggimento  deUa  città  di  Bologna), 
ogni  cosa  abbandonata,  ne  venne  al.,.nu}- 
nitterio  ,  e  quindi  per  forza  (  contro  al  volie- 
re della  Piccarda,  e  delie  suore  e  badessa).., 
la  trasse  ...  e  la  diede  al  detto  marito  :  la 
quale  imsnantanente  infermò ,  e  finì  li  suoi 
dì,..  E  dicesi ,  che  la  detta  infermità  e  mor^ 
te  corporale  le  concedette  Colui,  eh* è  datore 
di  tutte  le  grazie,  in  ciò  etaudiendo  li  suoi 
devoti  preyUi. 

38.  boRELLA.  Monaca.  V.  terz.  16. 

3U.VEL.  C.  IV:  V  affezion  del  vel  Gostanza 
tentéc. 

40.  Gostanza.  Figliuola  di  Ruggieri  redi 
Puglia  e  Sicilia  ,  sorella  a  Guglieiuo.  Moriu 
lui  senza  figli  ,  occupò  il  regno  un  baromi 
Tancredi ,  il  quale  non  obbediva  alia  Chiesa. 
Onde  per  1*  arcivéscovo  di  Palermo  fu  tolta 
dal  monastero  di  Palermo  nel  1192,  e  data 
moglie  ad  Knrico  ,  figliuolo  di  Federico  Bar- 
bai ussa.  Ne  nacque  Federico  li.  —  Vento. 
Alti  ove  paragona  al  vento  la  (giuria  del  mon- 
do (  Purg.,  XI)  Jatd.:  Qui  iti/Iatur  superbia, 
vento  pascìtur.  Virg.  (Xi,  345}  :  Flatusque 
remìttat  { l'orgoglio  ).  Il  Parenti  icgf^e  vari- 
lo. —  Ultima.  Couv.  :  Federico  di  Soave  ulti- 
ma imp.  dclU  Romani. 

43.  FoLuoRò.  lauto  niù  vivo  del  lame  di 
qne' beati  era  il  lume  di  Beatrice. 


MS 


DEL    PARADISO 


CANTO      IV 


ARGOMENTO. 


Beatrice  confuta  f  errore  plaiomeó  :  V  anime  tornare  alle  Bielle  dote  abitwumm  fri* 
mia  :  dice  eola  l*  influenza  dagli  astri  venire.  Poi  scioglie  un  dubbio  :  perchè  eefuùu 
monache  forzate  non  coneentirono  al  fnale  ,  abbiano  ad  avere  minor  merito  in  fàc- 
cia a  Dio.  Risponde  :  non  consentirono  al  male  ;  ma  non  lo  ripararono ,  tonuurioj 
allorché  potevano ,  al  chiostro. 


Arìdo  é  il  canto ,  ma  le  tenine  ani  dabbio  ne  Talgon  doe.  Neil'  iof.  trattò  i  Tiiii  ai 
politicamente  considerati ,  nel  Pnrg.  i  difetti  eonaiderati  moralmente  ,  nel  Pamd.  le  vìrti 
considerate  metafisicamente  e  teologicamente.  Tntte  le  più  alte  questioni  degli  omaai  dealili 
son  qoi  toccate  :  e  pnre  in  qnesto  canto  parla  della  libertà ,  del  motivo  dell'  operare , 
inflaenza ,  dell'  orìgine  dell'  anime ,  della  proYida  forza  dei  dabbio. 

Nota  le  terzine  2  »  4 ,  6 ,  12  ,  26  ,  28 ,  29  ;  la  39  alla  45  ,  con  la  47. 


1  Intra  dao  cibi  distanti  »  e  moventi 
D*  un  modo,  prima  si  morria  di  fame 
Che  liber*uomo  Van  recasse  a'  denti. 

2  Si  si  starebt>e  un  agno  intra  duo  brame 
Di  Gerì  lupi ,  igualmente  temendo  ; 

SI  si  starebbe  un  cane  intra  due  dame. 

3  Perchè,  s'io  mi  tacea,  me  non  riprendo 

Ì Dalli  miei  dubbi  d' un  modo  sospinto), 
^oich'  era  necessario  ;  De  commendo. 

1.  Moventi.  Ognuno  qui  rammenta  l'asi- 
no di  fiondano.  Pone  la  questione  medesima 
t.  Tom.  (  prima  secondae ,  q.  53,  art.  6  ),  e 
la  risiolTe  con  dire  cbe  in  an  cibo  dovrebbe 
l' nomo  alla  fine  trovare  ona  condizione  che 
lo  movesse  più  forte.  B  codesto  avvien  sem- 
pre.  Montaigne  avverte  il  medesima.  Leibni- 
zio  cbitma  ragion  tuf/icisnts  la  forza  cbe 
meve.  j 


k    Io  mi  tacea;  ma  1  mio  disir  di|Niito 
M*  era  nel  viso,  e  il  dimandar  eoo  elio 
Più  caldo  assai  che  per  parlar  diatinlo. 

5  Féssi  Beatrice ,  qual  fé  Daniello , 
Nabuccodonosór  levando  d*  ira  , 
Che  r  avea  fatto  ingiustamente  fello  : 

6  E  disse:  io  veggio  ben  come  ti  tira 
Uno  ed  altro  disio  ,  si  che  tua  cura 
So  stessa  lega  si  che  fuor  non  spira. 

2.  BEAMt.  Ov.  (  Met.,  V  )  :  Tigris  «f ,  ov- 
ditis  divena  vaUe  duorum  Exuimìdata  f&m$ 
rnuytltòut  armentOTum  ,  Neseii  «ero  potiaf 
mal  ;  et  mere  ardst  ìUrogus, 

5.  DàmYbllo.  Spiegò  a  Nabnccodonoser  fl 
sogno  da  lai  medesimo  dimenticato ,  di  cai 
nel  XIV  dell'  Inf. ,  cbe  gli  altri  indovini  ••! 
poterono  spiegare»  onde  il  re  montò  per  li 
ftirie.  —  Fello.  Irato.  Inf.  XYII  :  DisUgmie 


j 


CANTO    IV. 


409 


7  Tu  argomenti:  se  '1  buon  voler  dura  , 
La  violenza  altrui  per  qual  ragione 
Di  meritar  mi  scema  la  misura? 

8  Ancor  di  dubitar  ti  dà  cagione 
Parer  tornarsi  i'  anime  alle  stelle  , 
Secondo  la  sentenzia  di  Platone. 

9  Queste  son  le  quistion  che  nel  tuo  velie 
Puntano  igualemente.  £  però  pria 
Tratterò  quella  che  più  ha  di  felle. 

10  De*  serafin  colui  che  più  s*  india , 
Moisò  ,  Samnelio  ,  e  quel  Giovanni , 
Qual  prender  vogli ,  io  dico>  non  Maria, 

1 1  Non  hanno  in  altro  cielo  i  loro  scanni 
Che  quegli  spirti  che  mu  t'  apparirò  ,  . 
Né  hanno  air  esser  lor  più  o  meno  anni  : 

i±    Ma  tutti  fanno  bello  il  primo  giro, 
E  difTerentemente  han  dolce  vita 
Per  sentir  più  e  men  1*  eterno  spiro. 

.13    Qui  si  mostraron  ,  non  perchè  sortita 
Sia  questa  spera  lor,  ma  per  far  segno 
Della  spiriiiial ,  eh'  ha  men  salita. 

i%    Cosi  parlar  conviensialvostroingegno; 
Perocché  solo  da  sensato  apprende 
Ciò  che  fa  poscia  d' intelletto  degno. 

15    Per  questo  la  Scrittura  condiscende 


e  félU.  Dan.,  H  :  M$x  in  furore  ,  et  in  ira 
magna  praeeepit ,  ut  perirent  omnes  sapientes 
Baèylonis.Sapienies  interficebantur:  quaereban- 
tnrque  Daniel ,  et  $oexi  ejut,  ut  perirent  .  . . 
introdue  me  in  compectu  regii  ,  et  eoluiioneM 
règi  narrato  ...  Putasne  vere  potei  mihi  indi- 
«rare  eomnium  quod  vidi ,  et  interpretationem 
gju$  ?  ..  Tunc  rex  ...  ceeidit  in  faciem  suam, 
€t  Danielem  adoravit, 

7.  Volse.  Come  oelle  roooache  dette. 

K.  Platonb.  Kel  Timeo.  Che  le  anime  fos- 
sero create  prima  de*  corpi  e  abitaDti  le  stel- 
le ,  e  di  \\  scendessero  in  terra,  e  dopo  mor- 
te risalissero  al  cielo  per  dimorarvi  più  o 
meno  lungamente  ,  secondo  i  meriti  quaggiù 
coDiratti,  8.  Agost.  (  C.  Dei,  XIll,  19  )  ;  Pro- 
clo (  V,  Comm.  Tim.  ). 

9.  Vbllm*  Sostantivo.  Modo  scolastico:  e 
1*  osa  nella  ìlonarch.  —  Fbllb.  Che  dirà  poi 
vteno  (  terz.  22  ). 

10.  Giovanni.  L*  Evangelista  o  il  Battista.— 
Habia.  Più  alta.  Altri  intende ,  che  non  Ma- 
ria stessa  sia  esclusa  dal  numero  (e.  XXXIU). 

11.  CrsLo.  Non  sono  dispersi  per  li  piane- 
ti »  né  tornano  dopo  certi  anni  alla  terra. 
Conv.  (Il,  4  }  :  Qu/eeto  luogo  è  di  spiriti  bea- 
ti ,  secondo  cke  la  s.  Chieia  vuole,  che  non 
pila  dire  meniogna. 


A  vostra  facultate  ;  e  piedi  e  mano 
Attribufece  a  Dio ,  e  altro  intende. 

16  E  santa  Chiesa  con  aspetto  umano 
Gabriele  e  Michel  vi  rappresenta  , 

E  r  altro  che  Tobia  rifece  sano. 

17  Quel  cheTimeodell'animeargomenta, 
Non  è  simile  a  ciò  che  qui  si  vede  , 
Perocché  come  dice  par  che  senta. 

18  Bice  che  l'alma  alla  sua  stella  rìede. 
Credendo  quella  quindi  esser  decisa 
Quando  natura  per  forma  la  diede. 

19  E  forse  sua  sentenza  è  d' altra  guisa 
Che  la  voce  non  suona:  ed  esser  puote 
Con  intenzion  da  non  esser  derìsa. 

20  S*  egl'  intende  tornare  a  queste  rote 
L'onor  dell' inlluenza  e  'I  biasmo  ,  forse 
in  alcun  vero  suo  arco  percote. 

21  Questo  principio  ,  male  inteso  ,  torse 
(ìià  tutto  il  mondo  quasi,  si  che  Giove  , 
Mercurio  e  Marte  a  nominar  trascorse. 

22  L"  altra  dubitazion  che  ti  commove 
Ha  men  velen;  però  che  sua  malizia 
Non  ti  potriii  menar  da  me  altrove. 

23  Parere  ingiusta  la  nostra  giustizia 
Negli  occhi  de*  mortali ,  è  argomento 


13.  Sortita.  Inf.  ,  Xll  :  Sangue  .  . .  c^ 
stia  colpa  sortale.  —  Salita.  Sono  men  alti 
in  merito. 

14.  Sbnsato.  Sensibile.  Gli  aristotelici: 
Nihil  est  in  intellecto  quin  prius  fuerit  in 
sensu.  Cosi  s.  Tom.  —  Apprende.  Purg., 
XVHI  :  Vostra  apprensiva  da  euer  verace 
Tragge  intenzione. 

16.  Altro.  Raffaello. 

17.  Senta.  Giudichi.  Con?,  (fi,  4  ]  :  Ari- 
stotile pare  ciò  sentire, 

18.  Decisa.  Staccala.  —  Forma.  Al  corpo. 
Gic.  :  Qui  reete  curriculum  vitae  confecerit^ 
ad  Ulud  astrum  quo  cum  aptus  fuit ,  rever- 
titur.  Platone  e  altri  vollero  che  le  anime 
procedessero  dalle  stelle,  e  fossero  nubili  più 
0  meno  secondo  la  nobiltà  della  stella.  Ansi. 
(I,  De  An.  )  combatte  Platone. 

20.  Influenza.  Le  anime  create  da  Dio 
hanno  influsso  dagli  astri. 

21.  Nominar.  Adorando.  Non  è  questa  la 
ragione  dell' idolatria  :  ma  il  P.  la  crede.  Qui 
r  Oli.  cita  un  libro  De  sacrificiis  deorum. 

22.  Me.  Non  é  contraria  a*  dogmi  teolo- 
gici. 

23.  Nostra.  Celeste.  —  Fede  (  s.  Agost.  ). 
L'apparente  ingiustizia  de*  giudizi  diu'ui  è 
argomento  a  più  credere  non  già  a  dubitare. 

52 


410 


DEL    PAilAJ)lSO 


Di  fede ,  e  non  d*  eretica  nequizia» 
ik    Ma  perchè  puote  vostro  accorgimento 
Ben  penetrare  a  questa  ventate  ; 
Come  disiri ,  ti  farò  contento. 

25  Se  violenza  è  quando  quel  che  paté 
Neente  conferisce  a  quel  che  sforza  , 
Non  fur  quest'  alme  per  essa  scusate. 

26  Chèvolontà,  senon  vuol,  non  s  ammorza; 
Ma  fa  come  natura  face  in  foco 

Se  mille  volte  violenza  il  terza. 

27  Perchè  ,  s*  ella  si  piega  assai  o  poco  , 
Segue  la  forza.  E  così  queste  fero , 
Potendo  ritornare  al  santo  loco. 

28  Se  fosse  stato  il  lor  volere  intero , 
Come  tenne  Lorenzo  in  su  la  grada, 
E  fece  Muzio  alla  sua  man  severo  ; 

29  Così  le  avria  ripinte  per  la  strada 
Ond'  eran  tratte  ,  come  furo  sciolte. 
Ma  così  salda  voglia  è  troppo  rada. 

30  E  per  queste  parole ,  se  ricolte 

L*  hai  come  dèi ,  è  T  argomento  casso 
Che  t' avria  fatto  noia  ancor  più  volte. 

31  Ma  or  ti  s*  attraversa  un  altro  passo 
Dinanzi  agli  occhi,  tal  che  per  te  stesso 
Non  n'  usciresti ,  pria  saresti  lasso. 

32'  Io  t*  ho  per  certo  nella  mente  messo 
Ch*  alma  beata  non  porla  mentire» 

S.  Pnnl.  :  Fides  ...  argumentum  non  apparen- 
(iiim.  Le  apparenti  ingiustizie  ci  fanno  inten- 
dere r  incertezza  del  nostro  vedere ,  e  la  ne- 
cessità d'una  vita  futura,  ove  a  tutti  sia  reso 
secondo  il  merito. 

25.  Se.  Arist.  nell'Etica  III,  distingue  il 
volere  pieno  dal  misto  d'altrui  volontà.  Così 
s.  Tom.  Il  primo:  Quae  peTnwtum  aguntur, 
mixia  sunt»  et  magis  voUtntaria  quam  invo- 
luntaria.  L'altro:  Quod  per  metum  agitur^ 
in  se  consideTatum  ,  non  est  voluntarium  ad 
evUandum  malum  quod  timetur,  S.  Gregor.: 
Ad  id  quod  agitur  per  metum ,  voluntas  ti- 
mentis  aliquid  con  feri.  Sebbene  chi  patisce  , 
^ice  un  altro  antico,  non  conferisce  operan- 
do ,  conferisce  volendo  patire  ,  non  ricusan- 
do la  forza.  —  Paté.  Fuor  di  rima  (e.  XX, 
11  )•  — Scusate.  Son  colpevoli  perchè,  sof- 
frendo la  forza  ,  non  1*  hanno  respinta. 

26.  ToRZA.  Da  torceat ,  torza  ;  come  da 
(orda,  forza. 

28.  Muzio.  Scevolà.  Ne  parlano  Valerio 
Mass.,  Seneca,  s.  Agostino,  e  Dante  nel  Con- 
vivio. 

29.  Sciolte.  Libere  di  (ornare. 


Però  che  sempre  al  primo  Vero  è  prcMO* 
33    E  poi  potesti  da  Piccarda  udire 

Che  r  afiezion  del  vel  Gostanza  tenue  ; 

Si  eh'  ella  par  qui  meco  contraddire. 
3^    Molte  fiate  già  ,  frate ,  addivenne 

Che,  per  fuggir  perìglio  ,  contr'  a  grato 

Si  fé  ai  quel  che  far  non  si  convenne  : 

35  Come  Almeone  che,  di  ciò  pregato 
Dal  padre  suo,  la  propria  madre  spense. 
Per  non  perder  pietà  si  fé  spietato. 

36  A  questo  punto  voglio  che  tu  pense 
Che  la  forza  al  voler  si  mischia;  e  fauno 
Si  che  scusar  non  si  posson  le  offemie. 

37  Voglia  assoluta  non  consente  al  danno; 
Ma  conséntevi  in  tanto  in  quanto  teme» 
Se  si  ritrae  ,  cadere  in  più  affanno. 

38  Però  quando  Piccarda  quello  spreoie« 
Della  voglia  assoluta  intende  ,  ed  io 
Dell  altra  :  sì  che  ver  diciamo  insieme. 

39  Cotal  fu  r  ondeggiar  del  santo  rio 
Ch*usci  del  fonte  ond*  ogni  ver  derifi: 
Tal  pose  in  pace  uno  e  altro  disio 

^0  O  amanza  del  primo  amante,  o  Dift , 
Diss*  io  appresso,  il  cui  parlar  m'iooada 
E  scalda  ,  si  che  più  e  più  m' avviva  ; 

^1    Non  è  r  afTczion  mia  tanto  profonda 
Che  basti  a  render  voi  grazia  per  grazia: 


32.  Mentire  (c.  HI,  11;   Thom., 
Gent.  ,  IV). 

33.  Tenne  (  e.  IH,  39  ).—  Ella.  Piccarda 
per  contraddire  a  Beatrice,  la  quale  ha  dei> 
to  che  queste  anime  consentirono  in  parte 
alla  forza. 

34.  Grato.  Per  grado  {  Purg.,  XXVI,  18). 
Him.  ant.:  A  servir  contro  grato. 

35.  Pista.  Inf.,  XXVI  :  La  pieia  Del  «ae- 
chio  padre,  Ott.:  Pietade  ,  dice  Tullio,  è  «m 
virtù  per  la  quale  amiamo  il  padre  e  la  ws^ 
dre.  —  Spietato.  Ov.,  (  Met.  )  :  Facto  pèm 
et  seéleratus  eodem.  Uccise  la  madre  a  do- 
manda del  padre  Anfiarao.  D'Anfiarao,  Itd», 
XX  ;  d'  Erifile  ,  Purg. ,  XII. 

37.  Assoluta.  Frase  d' Arist.  (Ili,  EtL). 
Non  consente  assolutamente  al  peccato  : 
in  quanto  teme. 

39.  Fonte.  Boel.  :  FeUx,  qmi  potmt 
Fontem  visere  lucìdum, 

40.  Primo.  Inf.  (  III,  2  ):  Primo  Asnort.^ 
Diva.  La  teologia  si  cbiaroaTa  divinità  (Bocc). 
—  Inonda.  L'  acque  e  il  calore  son  doni  del 
cielo  ,  e  recano  in  terra  la  vita. 


(k  ^ 


CANTO    IV. 


Ul 


Ma  Quei  che  vede  cpuote,  a  ciò  risponda. 

h%  lo  veggio  ben  che  giammai  non  si  sazia 
Nostro  intelletto,  se*l  Ver  non  lo  illustra 
Di  fuor  dal  qua!  nessun  vero  si  spazia. 

43    Posasi  in  esso  come  fera  in  lustra  , 
Tosto  che  giunto  Tha.  Egiugncrpuollo: 
Se  non  ,  ciascun  disio  sarebbe  frustra. 

!A    Nasce  per  quello ,  a  guisa  di  rampollo, 
Appiè  del  vero  il  dubbio  :  ed  è  natura 
Ch*al  sommo  pinge  noi  di  collo  in  collo. 

43.  PuoLLO.  Ott.:  Contro  li  seetlici  eh$  ne- 
$amo  qMito ,  e  gli  stoici.  Post.  Cael.  :  Qui 
dìMètHU  ^uod  nulla  verità»  potsrat  seiri .  . . 
AliUr  f  qmequid  homo  dmdsraret  inquirendo 
wnfaNtw  »  nset  frustra.  —  Non.  Ar.  (  X,  49): 
Si  «01»  9  «et  morta.  •—  Fmustba.  Salviati  :  E 
•OH  fur  nsUa  fine  e  net  titoU,  ma  per  entro 
i'  optrs  ancora  pareva  lor  bella  cosa  il  me- 
scolarvi alcuna  volta  qualche  parola  in  gram- 


44.QUBIX0.  Desìo. — Rampollo.  Boet.:  Una 
ésMaiionc  succisa,  innumerabiles  alias,  vslut 
kgdmo  capita,  succrescant.  Più  bella  rimagi- 
■0  del  P.  —  Dubbio.  Conv.  (  1 ,  2  )  :  Levare 
wn  dmkòio  che  quivi  sorge»  —  Collo.  Cod. 
Caei.  :  Ut  tma  vcritate  m  aliam  movet  nos 
ad  seimium.  Cod.  Cass.  :  De  grada  in  gra- 


45  Questo  m' invita  ,  questo  m' assicura , 
Con  riverenza  ,  donna,  a  dimandarvi 

D*  un'  altra  verità  che  m' è  oscura. 

46  lo  vo  saper  se  l'uom  può  soddisfarvi 
A'  voti  manchi ,  si  con  altri  beni 

Ch*  alla  vostra  stadera  non  sien  parvi. 

VI    Beatrice  mi  guardò  con  gli  occhi  pieni 
Di  faville  d' amor ,  con  si  divini , 
Che,  vinta  mia  virtù,  diedi  le  reni, 

hS    E  quasi  mi  perdei  con  gli  occhi  ciiini. 

dum.  Collo  per  cima  (  Inf. ,  XXIII ,  15  ). 
Conv.  :  Vedere  si  puote  che  Vuno  desiderabile 
sta  dinanzi  aW  altro  agli  occhi  della  nostra 
anima,  per  modo  quasi  piramidale  ,  che  il 
minimo  li  cuopre  prima  tutti ,  ed  è  tjuasi 
punta  deU*  ultimo  desiderakUe  eh' è  IHo,  quasi 
base  di  tutti* 

46.  VosTBA.  Sopra  disse  Beatrice  :  nostra 
giustizia  ,  perchè  tolti  gli  eletti  giudicano  con 
Dio.  Matth.,  XIX:  Sedebitis  etvos  ...judican- 
tss.  —  Parvi.  Che  i  beo!  fatti  compensino  il 
voto  mancato. 

47.  Divini.  Canz.  :  Chi  veder  vuol  la  sa^ 
Iute ,  Faceta  che  gli  occhi  d*  està  donna  mi- 
ri, —  Vinta.  Conv.  :  Diventano  sì  ruagianli, 
che  vincono  V  armonia  dell'  occhio.  —  Dibdu 
Conv.  (  11,  2  )  :  Dare  indietro  U  volto. 


412 


DEL     PARADISO 


CANTO 


V. 


ARGOMENTO. 

Beatrice  dimostra  la  eantità  del  voto  ,  come  potto  etretto  fra  V  uomo  o  Bk  ; 
potersi  la  materia  del  voto  mutare ,  ma  dm)tre  la  cosa  sostituita  essere  maggicn  mi 
merito  della  omessa ,  acciocché  non  possa  tenorsi  con  Dio  turpe  traffico  di  ctmoéitL 
Salgono  nel  pianeta  di  Mercurio  ;  dove  si  mostrano  al  P.  gue*  che  operarono  firn- 
gegno  al  bene. 

Poetica  la  seconda  parte  del  canto  :  eridenta  la  prima ,  a  chi  conosce  gli  osi  dalli  li»- 
gna  antica ,  i  quali  se  a  taluno  paiono  oscari  oggidì ,  non  è  colpa  di  Dante.  La  safiriià 
della  dottrina  circa  il  volo ,  dimostra  di  qoal  soru  cristianesimo  fosse  il  suo  :  severo  mI- 
r  amore  del  pari  che  nello  sdegno.  Abbiamo  già  in  ciuque  canti  sei  esposizioni  domoMlichr. 

Nota  le  terzine  1,  2,  4,  8,  9,  li,  20,  22;  la  24  aUa  36;  la  40,  44,  45,  4«. 


1  S*  io  ti  fiammeggio  nel  caldo  d*  amore 
Di  là  dal  modo  ctie  'n  terra  si  vede, 
Si  che  degli  occhi  tuoi  vinco '1  valore; 

2  Non  ti  maravigliar:  che  ciò  procede 
Da  perfetto  veder,  che,  come  apprende, 
Cosi  nel  bene  appreso  move*l  piede. 

1.  FiAMMBGGio.  Ad  ogni  salire  cresce  bel- 
lezza al  viso  ed  allo  sguardo  della  scienza 
divina.  E  questi  gradi  sono  con  potente  ac- 
corgimento e  varietà  disegnati  nelle  parole 
del  Nostro.  Conv.  :  B$atriee  figura  la  divina 
scienxa  risplendènte  di  tutta  la  luce  del  iuo 
tuqgetto  ,  il  quale  è  Dio .  .  .  Nella  faccia  di 
cottei  appaiono  cose  che  mostrano  de*  piaceri 
ili  paradiso  ,  cioè  negli  occhi  e  nel  riso,  E 
gui  si  conviene  sapere  che  gli  occhi  della  set- 
pienza  sono  le  sue  dimostrazioni,  colle  'quali 
si  vede  la  verità  certissimamente  ;  e  *l  suo  riso 
sono  le  sue  persuasioni  nelle  quali  si  dimostra 
la  luce  interiore  della  sapienza  sotto  alcuno 
velamento  :  e  in  queste  due  cose  si  sente  quel 
piacere  altissimo  di  beatitudine,  il  quale  è 
massimo  bene  in  paradiso.  —  Modo.  Petr.: 
Fiammeggiando  oltre  lor  modo» 

2.  AppRENiiK.  Intende.   Più  l'intelligenza 


Io  veggio  ben  si  come  già  risplende 
Nello  intelletto  tuo  Y  eterna  luce , 
Che,  vista,  sola  sempre  amore  accende. 

£  8*  altra  cosa  vostro  amor  seduce  , 
Non  è  se  non  di  quella  alcun  vestij^io 
Mal  conosciuto  ,  che  quivi  traloce. 


del  bene  s*  innalza  ,   più  s*  infiamma  V 
re.  —  PiBDB.  L'amore,  a  Dante,  é  quel  che 
noi  chiamiamo  progresso, 

3.  Luce.  Et.  :  Ego  sum  lux.  C.  IV  ,  42  : 
Io  veggio  ben  che  giammai  non  si  sosia  Uè- 
stro  intelletto ,  se  *l  Ver  non  lo  intesero  Di  /Wr 
dal  qual  nessun  vero  si  spazia.  •—  Sbmpii* 
Conv.  :  Siccome  U  divino  amore  è  tutto  eterne* 
così  conviene  che  sia  etemo  lo  suo  oggetto  éi 
necessità,  sicché  eteme  cose  sieno  qusUe  eh'e- 
gli  ama.  Gli  altri  amori  di  vero  men  alio, 
si  spengono. 

4.  Tra  LUCE.  Per  modo  di  splendore  rtMef- 
bcraio;  dice  nel  Convivio.  Arist.  (Ili,  De  SmA 
dice  che  l'anima  mai  non  erra  nel  tendere  al 
bene  ,  ma  ne*  gradi  del  bene.  Buonarroti  :  i 
me  in  un  modo»  ad  altri  in  altro,  e  altrove. 
Riluce,  e  più  o  men  sereno  o  teno. 


CANTO    V. 


US 


5  Tu  YQoi  saper  se  con  altro  servigio 
Per  manco  voto  si  può  render  tanto 
Che  r  anima  sicuri  di  litigio. 

6  SI  cominciò  Beatrice  questo  canto  ; 

E  si  comuom  che  suo  parlar  non  spezza, 
Contmuò  cosi  *1  processo  santo  : 

7  LomaggiordoncheDiopersualarghezza 
Fésse  creando ,  e  alla  sua  bontate 

Più  conformato,cquelch*eipiùapprezza, 

8  Fu  della  volontà  la  libertate , 
Di  che  le  creature  intelligenti , 
E  tutte  e  sole  ,  furo  e  son  dotate. 

9  Or  ti  parrà ,  se  tu  quinci  argomenti, 
L*  alto  valor  del  voto  ,  s'è  si  fatto 
Che  Dio  consenta  quando  tu  consenti. 

10  Che  nel  fermar  tra  Dio  e  l'uomo  il  patto , 
Vittima  fassi  di  questo  tesoro  , 

Tal  qual  io  dico  ;  e  fassi  col  suo  atto. 

1 1  Dunque,  che  render  puossi  per  ristoro? 
Se  credi  bene  usar  quei  ch'hai  oiTerto, 

6.  Litigio.  Il  debito  innanzi  alla  giustizia 
divina  è  qaasi  litigio  tra  il  male  e  il  bene, 
tra  i  buoni  spirili  e  i  tristi. 

6.  S).  Terzina  alquanto  Inutile. 

7.  BoifTÀTB.  La  libertà  è  dono  di  miseri- 
cordia :  la  potestà  di  peccare  è  insieme  il  mo- 
do di  ben  meritare  ;  la  possibilità  del  dolore 
è  la  possibilità  della  gioia.  —  Apprszzà.  La 
libertà  Ai  l' uomo  simile  a  Dio. 

8.  LiBnTÀTB.  Mon.:  Baec  iibertcu  . . .  eil 
WMximum  donum  humanae  naturae  a  Deo 
coUatum.  Per  iptum  hic  felieiiamur  ut  homi- 
Mtf,  atiU  «f  da,  K.  Boez.  (Y,  2),  e  s. Tom. 
(eoDt.  gent.,  et  secunda  secundae),  e  il  Mae- 
stro deUe  sentenze  (1.  IV,  dist.  38). 

9.  Consenta.  S*  è  cosa  lodevole.  C.  Ili  : 
QueUo  Sposo ,  cV  ogni  voto  accetta  Che  cari- 
taU  a  tuo  piacer  conforma. 

10.  Patto.  Qui  Pietro  cita  la  legge  civile, 
la  quii  dice  ;  Sieut  initio  Ubera  poteetae  eif 
comrahendi  rei  non,  ita  renuntiare  obligationi 
constUutae  non  poteste  invito  adversario.  -«-Te- 
«oso.  Della  libertà.  —  Atto.  Libero. 

il.  Render.  Il  profeta:  Vovete,  einddiU 
Domino.  Eccl.,  V:  Si  quid  vovitti  Deo»  ne 
moreris  reddere  :  disvliret  enim  ai  mfidelii ,  et 
slutta  promiiiio  :  età  quocumquB  voveris,  red- 
de .'  Multoque  meliut  est  non  vovere ,  quam 
poit  votum  promista  non  reddere.  —  Ristoeo?> 
lo  compenso  della  cosa  liberamente  olTeru. 
Pnrg. ,  XIV  :  té  've  ti  rende  per  riitoro.  Il 
fiume  che  si  rende  al  mare. — Tolletto.  inf., 
XI  :  Toilette  dannose.  Maltuletwn  o  malatol- 
ia,.  ruberia   ne*  contratti  od  altrimenti  (  Bio- 


Di  mal  tolletto  vuoi  far  buon  lavoro. 

12  Tu  se*  ornai  del  maggior  punto  certo. 
Ma  perchè  santa  Chiesa  in  ciò  dispensa. 
Che  par  centra  lo  ver  ch'io  tho  scoverto; 

1 3  Convienti  ancorsedere  un  poco  a  mensa , 
Perocché  1  cibo  rigido  eh*  ai  preso 
Richiede  ancora  aiuto  a  tua  dispensa. 

ìk    Apri  la  mente  a  quel  eh*  io  ti  paleso, 
E  fermalvi  entro:  che  non  fa  scienza , 
Senza  lo  ritenere  ,  avere  inteso. 

15  Due  cose  si  convegnono  all'  essenza 
Di  questo  sacrificio  :  T  una  è  quella 
Di  che  si  fa  ,  T  altra  è  la  convenenza. 

16  Quest'  ultima  giammai  non  si  cancella 
Se  non  servata  :  ed  intomo  di  lei 

Si  preciso  di  sopra  si  favella. 

17  Però  necessità  fu  agli  Ebrei 

Pur  i'  oflerere ,  ancor  che  alcuna  offerta 
Si  permutasse  ,  come  saper  dèi, 

18  L' altra  che  per  materia  t*  ò  aperta , 

rator.,  diss.  LXVIl,  Ant.  it.  ). — Boon.  Boi- 
lean  :  Qui  veut  rendre  à  Dieu  ce  qu*  il  a  prie 
au  monde.  Chi,  per  esempio  dà  a  buon  ma- 
trimonio la  castità  sacrata  a  Dio,  gli  è,  dice 
Dante  ,  un  ladro  che  spende  in  opere  pie  la 
cosa  rubata. 

12.  Maggior.  La  convenenza.  Il  patto  é  in- 
violabile :  la  materia  jpuò  mutare. 

13.  Ancor.  C.  X:  òr  ti  riman,  lettor,  to 
vra'l  tuo  banco.  —  Dispensa.  La  digestione 
dispensa  il  cibo  per  varli  canali. 

14.  Scienza.  Detto  di  Cassiodoro.  E  Sen.: 
Ifiiitiif  eif  si  pauca  sapientiae  praeeepta  te- 
neat,  et  illa  in  promptu  tint,  quam  ti  multa 
ditceret,  et  non  habeas  ad  manum.  Albertano 
(  I,  50  )  :  Più  tìiol  fare  prode  te  tu  ritieni  in 
memoria  pochi  comandamenti  di  tapere ,  td 
avergli  in  pronto  e  in  uso,  che  se  tu  impari 
molto,  e  non  tenessi  a  mente  niente. 

15.  Quella.  La  materia ,  V  oggetto  del  vo- 
to.—  Convenenza.  Per  patto,  anco  in  prosa. 

16.  Servata.   11  patto  bisogna  adempirlo. 

17.  £brki  (  Ex.,  XX).  Ex.,  XXXIV:  Pri 
mitiat  frugum  terrae  tuae  offeres  in  domo  ... 
Dei  lui.  E  Lev.  I .  II  ,  IH  ,  IV  .  V  ,  VI.  Poi 
commutavano  1'  oflfcrta  del  primogenito  con 
offerta  d'  animali  ,  o  un  agnello  con  due  tor- 
tore o  due  colombe.  I  voti  spontanei  (  Lev., 
ult.  )  talvolta  potevansi  permutare  ,  altra  no: 
talora  la  cosa  sostituita  doveva  eccedere  la 
promessa  del  quinto. 

18.  Aperta.  Con?,  {l,  i%):  La  sentenxia 
del  filosofo  aperta  neW  ottavo  e  nel  nono  del- 
r  inesca. 


4H 


DEL    PARADISO 


Pootc  bene  esser  tal  che  non  si  falla 
Se  con  altra  materia  si  converta. 

19  Ma  non  trasmuti  carco  alla  sua  spalla' 
Per  suo  arbitrio  alcun,  senza  la  volta 

E  delia  chiave  bianca  e  della  gialla. 

20  Ed  ogni  permutanza  credi  stolta 
Se  la  cosa  dimessa  in  la  sorpresa , 
Come  1  quattro  nel  sei,  non  è  raccolta. 

21  Però  qualunque  cosa  tanto  pesa 

Per  suo  valor,  che  tragga  ogni  bilancia , 
Soddisfar  non  si  può  con  altra  spesa. 

22  Non  prendanoimortali  il  voto  a  ciancia; 
Siate  fedeli ,  ed  a  ciò  far  non  bieci 
Come  fu  lepte  alla  sua  prima  mancia. 

23  Cui  piì!^  si  convenia  dicer :  mal  feci. 
Che,  serrando,  far  peggio.  £  cosi  stolto 
Ritrovar  puoi  lo  gran  duca  de*  Greci: 

2^    Onde  pianse  Ifigenia  il  suo  bel  volto, 
£  fé  pianger  di  sé  e  i  folli  e  i  savi 
Ch'  udir  parlar  di  cosi  fatto  colto. 

25    Siate,  Cristiani,  a  movervi  più  gravi: 
Non  siate  come  penna  ad  ogni  vento  ; 

19.  CuiATlE.  Parg.  {ì%,  40  ]  :  L'una  era 
d*  oro  e  l'altra  era  d*  argento.  Di  questa  pò- 
tesU  della  Chiesa  ,  Tom.  (  2.  2.  qu.  88  ). 

20.  SoRFRGSA.  Presa  poi.  Cosi  iorvemr« 
vale  talvolla  venir  poi, 

21.  PpsA.  Il  voto  d(  castiU  non  ha  pari. 
Uomo  (  cita  r  Otl. }  dignùsima  creaturarufn. 
—  Tragga^  Faccia  tracollare. 

22.  Ciancia,  iof* ,  ^XXU  :  Non  è  'mprua 
da  pigliare  a  gabbo,  —  BiEci.  Guardate  at- 
tento. —  Ibptb  (  Gfud. ,  XI  ).  il  voto  se  poD 
cade  in  bene ,  è  nullo  ;  e  se  quello  che  ere- 
devasi  hcoe ,  riesce  a  male ,  nullo  del  pari, 
rietro  :  Per  prima  offerta  a  Dio  se  vinceue 
gli  Ammoniti .  Jefte  promise  colui  che  prifno 
gli  $i  faceste  incontro  al  ritorno.  Fu  prima 
la  figlia.  TJrjn.  :  Quidam pptrttm,  ut  Tertul' 
lianus ,  Ambrosius,  Procopius,et  s,  Thomas, 
cement  peccasse  hic  Jephte,  —  Mancia.  Vit- 
toria oiicnuta. 

24.  Ifigenia.  Ne  tocca  Virg. ,  Il  ,  e  |nf., 
XX.  Agamennone  aveva  volalo  a  Diana  quel 
che  di  più  bello  egli  aveva  (  Kurip.  ,  iph.  in 
Taur.  ,  I  ,  2  ).  Però  pianse  Itigenia  la  sua 
bellezza  ,  cagione  di  morte  ,  o  piange  la  Gne 
acerba  (iella  sua  giovenilc  bellezza.  —  Colto. 
Per  ci4/(o  sostantivo  ,  come  cullo  per  culto 
«i.Ve  Itilo. 

25.  Vento.  Paul.  (Eph.,lV,  14  );iVun.. . 
circumferamur  ...  vento  doptrinae,  Eccl.  (V, 
11  ):  S'on  veìitiles  te  in  omnem  ventum  ,  et 
non  eas  in  omnem  viam»  —  Lavi.  Oy.  (Fast.): 


E  non  crediate  ch*  ogni  acqna  vi  la^i. 

26  Avete  '1  vecchio  e  'I  nuovo  Testameolo, 
E  1  pastor  della  Chiesa  che  vi  gnida: 
Questo  vi  basti  a  Tostro  salvamento. 

27  Se  mala  cupidigia  altro  vi  grida  , 
Uomini  siate  e  non  pecore  matte  , 

SI  ohe  1  Giudeo  tra  voi  di  voi  non  rìda. 

28  Non  fate  come  agnel  che  lascia  il  latte 
Della  sua  madre  ,  e  semplice  e  lascivo 
Seco  medesmo  a  suo  piacer  combatte. 

29  Cosi  Beatrice  a  me  com'  io  scrìvo  : 
Poi  si  rivolse  tutta  distante 

A  quella  parte  ove  '1  mondo  è  più  vi\o. 

30  Lo  suo  tacere  e  1  tramutar  sembiante 
Poser  silenzio  al  ipio  cupido  ingegno 
Che  già  nuove  quistioni  avea  davante. 

31  E  si  come  saetta  che  nel  segno 
Percote  pria  che  sia  la  corda  qoeta , 
Cosi  corremmo  nel  secondo  regno. 

32  Quivi  la  donna  mia  vìd'  io  sì  lieta , 
Come  nel  lume  di  quel  ciel  si  mise , 
Che  più  lucente  se  ne  fé  *l  pianeta. 


Ah  ntmttim  faetles,  qui,,,erimina  emedii  fb- 
mtnea  toUi  posse  putetis  aqua  ! 

26.  YpccBio.  Monarch.  :  Omnis  divinala 
4uorum  testamentorum  gremio  cofittiiatiir.— 
Pastor.  Sempre  distingue  il  P.  U  temporalB 
dair  ecclesiastica  potesti. 

27.  Pacoaa.  Conv.  (1,2):  QuuU  tona 
da  ehiafnare  pecore  e  non  uomini  (  gli  ov 
mini  senza  discrezione  ).  —  H|da.  Del  veder 
v|  si  tristi  e  s)  atolidi  ;  e  sì  servi  alla  lede- 
rà della  legge. 

28.  Lascivo.  Ov.  (  Mei. ,  VII  ;  32t  )  :  Ex- 
silit  agnus  Lascivitque  fuga  ;  XI li,  7^:  A* 
nero  Cueivior  haedo,  Prov. ,  VII  :  Quam  a- 
gnus  laseiviens.  Uomo  che  abbandona  V  aoli- 
rità  della  Chiesa  e  de'  libri  santi  ,  è  agacli 
che  lascia  il  latte.  Così  Dante  ;  e  Dante  «• 
più  forte  ingegno  che  Lutero  e  Calvino.  — 
Combatte.  Nuoce  a  sé. 

29.  Vivo.  Chi  dice  :  all'oriente.  Chi:  all' 
insù  dove  il  cielo  più  ferve  e  più  a*  amea 
NelV  aìUo  di  mo  (  e.  XXIll ,  38).  Chi:  verta 
la  parte  equinoziale ,  di  cui  nel  Conv.  :  0aaft- 
to  il  cielo  è  più  presso  al  cielo  equatore,  U»- 
to  è  pia  mobile  perchè  ha  più  wutvitnmdo  • 
più  vita. 

31.  QuETjv.  C.  I  :  /a  guanto  un  quaird 
posa  I?  vola  ...  —  Cqbremmo.  Arist.  (  Phys.» 
IV  ;  I  et  U  De  coelu  et  mando  ) ,  dice  i  cidi 
continui  senza  intervallo.  —  Secondo.  Doft 
la  Lana  ,  Mercurio  (  Conv.  ,  Il ,  4  ). 


CANTO    V. 


415 


33    E  se  la  steUa  si  cambiò  e  rise , 
Qual  mi  Tee'  io  che  pur  di  mia  natura 
Trasmutabile  son  per  tutte  guise  ! 

34^  Come  in  peschiera  ch*è  tranquilla  e  pura 
Traggono  i  pesci  a  ciò  che  vieo  di  fuori 
Per  modo  che  lo  stimin  lor  pastura  ; 

35  Si  vid*  io  ben  più  di  mille  splendori 
Trarsi  ^er  noi  ;  ed  in  ciascun  s*  udia  : 
Ecco  chi  crescerà  li  nostri  amori. 

36  E  si  come  ciascuno  a  noi  venia  , 
Vedeasi  \  ombra  piena  di  letizia 
Nel  folgór  chiaro  che  di  lei  uscia. 

*  37    Pensa,  lettor,  se  quel  che  qui  s' inizia 
Non  procedesse  ,  come  tu  avresti 
Di  più  savere  angosciosa  carizia  : 

38  £  per  te  vederai  come  da  questi 
M*  era  'n  disio  d'  udir  lor  condizioni , 
SI  come  agli  occhi  mi  Tur  manifesti. 

39  O  bene  nato  ,  a  cui  veder  li  troni 
Del  trionfo  eternai  concede  grazia  , 
Prima  che  la  milizia  s*  abbandoni , 

&0    Del  lume  che  per  tulto  il  ciel  si  spazia 

33.  Stilla.  iDlrasmatabile ,  dice  Àrìst. , 
(  De  coelo  et  mando).  —  Risi.  Codv.  :  E  cAe 
è  ridere  te  non  una  eorruicazion$  della  diUi' 
tazi<m$  dell'  anima  ,  cioè  un  lume  apparente 
tli  /uori  eeeondo  $ta  dentro  ?  —  Trasmuta- 
BiLB.  Cinz.  :  Che  fiuésta  bella  donna  ehé  tu 
jomH  >  Bà  tratformata  in  tanto  la  tua  vita 
Cke  n*hai  paura  ;  fi  $*è  fatta  viU. 

35.  Sflbicdobi.  Gli  oominl  eloquenti  ed  at- 
tivi «1  bene.  Poiché  Mercario  era  dio  della 
Aloqacnza  e  de'  commercii  ingegnosi.  Ilorai.: 
JUteuri,  faeunde.  —  Amori.  A  ogoi  speiia- 
colo  dfi  grazia  divina ,  cresce  in  ciascuno  bea- 
titudiiie.  Nel  Coov.  dice  :  eko  $U  atti  di  Bea- 
trice ,  per  la  loro  eoavità  a  per  la  loro  mi- 
imra  fanno  amore  disvegliare.  Gli  gioveremo 
parlando  ;  quindi  1*  amor  nostro  in  noi  cre- 
scerà. 

36.  Ombra.  Anima.  In  Yirg.  sempre. 

37.  Fensa.  Terzina  aiquaqto  debole.— Ca- 
micia. Carestia  ,  bisogno  ,  desiderio.  Pnrg.  : 
IH  aunto  cibo  avrete  caro» 

38.  Tf  Hor.  :  Hoc  erat  in  voHi» 

39.  Troni  (  XXVIII ,  35).  — MaiziA.  Job: 
eil  vtla  hommii  iipcr  terrom. 


Noi  seme  accesi  :  e  però  se  dosiì 
Da  noi  chiarirti ,  a  tuo  piacer  ti  sazia. 

&1     Cosi  da  un  di  quelli  spirti  pii 
Detto  mi  fu  ;  e  da  Beatrice  :  di'  di' 
Sicuramente  ,  e  credi  come  a  dii. 

h^    Io  veegio  ben  si  come  tu  t' annidi 

Nel  proprio  lume,echedagli occhili  traggi, 
Perch'ei  corrusca  si  come  tu  ridi. 

h'S    Ma  non  so  chi  tu  se',  né  perchè  aggi, 
Anima  degna  ,  il  grado  della  spera 
Che  si  vela  a'  mortai  con  gli  altrui  raggi. 

hi    Questo  diss'  io  diritto  alla  lumiera 
Che  pria  m*  avea  parlato:  ond'  ella  féssi 
Lucente  più  assai  di  quel  eh'  eli'  era. 

US    Si  come  '1  sol  che  si  cela  egli  stessi 
Per  troppa  luce  quandoi  caldo  ha  rose 
Le  temperanze  de*  vapori  spessi  ; 

&6    Per  più  letizia  si  mi  si  nascose 
Dentro  al  suo  raggio  la  figura  santa  : 
E  cosi  chiusa  chiusa  mi  rispose 

VI    Nel  modo  che'l  seguente  canto  canta. 


40.  Chiarirti.  Ben  risponde  al  traslato  del 
lume.  Vedi  quante  imaginl  ed  espressioni  po- 
tenti tragge  il  P.  da  questa  imagine  sola. 

41.  Dii.  C.  Ili:  Credi  Che  la  verace  luce 
che  U  appaga  ,  Da  tè  non  lateia  lor  torcer 
li  piedi;  IV:  Ch'alma  beata  non  paria  men- 
tire, Boet.  :  Divinitatem  adoptos ,  deot  Reri 
timiU  rationc  necaue  etf.  Omnit  igitur  bear 
tue ,  Dout.  V.  il  passo  della  Mon.  >  recato 
alla  terz.  8. 

42.  Traggi.  Guardando  in  Dio,  bevi  il  suo 
.lume  ,  e  gU  occhi  ne  splendono. 

43.  Non.  Inf.  (XXXIII,  4)  :  Pnon  so  eki 
tu  sia  y  ni  per  che  modo,  •—  Vela.  Per  la  vi- 
cinanza  del  sole.  Codt.  :  Più  va  velata  de^ rag- 
gi del  iole  ehs  nuli'  altra  tteìla. 

44.  Lumiera.  Sopra  :  n>{endort.-*LucBiiTR 
(  III  ,  23  ). 

45.  Stessi.  L'usa  Guittone.— Temperan- 
ze. Purg. ,  XXX  :  E  la  faccia  del  eoi  wueere 
ombrata  ,  Sì  che  per  temperanMa  di  vapori 
V  occhio  lo  iottenea, 

46.  Chiusa.  Tasso  (XI,  13  )  :  M  nel  prò- 
fondo  dr  ftioi  rai  ei 


416 


DEL    PARADISO 


CANTO 


VI. 


ARGOMENTO. 

Parla  Giusliniatu),  e  canta  la  storia  delV  Impero  da  Enea  a  Cesare,  a  Tibe- 
rio ,  a  Tito  ,  a  Carlomagno  ,  ai  falsi  Ghibellini  ,  che  combattendo  per  F  aquila , 
per  se  combattono.  Queste  il  primo  tocco  che  rincontriamo  diretto  da  Dante  cmaro 
la  parte  propria  in  generale  :  ma  già  nelV  Inf,  aveva  condannati  que'  di  Romena 
all'  infamia.  Parla  poi  di  Romeo;  eh'  i  uno  de'piii  cari  episodii  del  poema. 

Sempre  ove  si  tratti  di  virtù  derelitta ,  d' immeritata  porertA  ,  le  parole  del  P.  acqui- 
stano UD  suono  di  forte  dolcezza  ,  goal  non  ha  la  poesia  degli  antiehi.  E  lotto  il  canto  é 
poesia  :  e  i  movimenti  di  queir  aquila  per  tanta  parte  di  mondo  tengono  della  romaaa 
grandezza. 

Nota  le  terzine  1 ,  2 ,  7  ,  11  ,  14,  17,  18,  19;  U  31  alla  24;  la  30,  31,  82,  31. 
36  ,  37  ,  39,  40;  la  42 ,  alla  fine. 


1    Posciachè  Costantin  l*  aquila  volse 
Contra  '1  corso  del  ciel ,  che  la  seguio 
Dietro  all'  antico  che  Lavina  tolse  ; 

S    Cento  e  cenf  anni  e  più  Tuccel  di  Dio 
Nello  stremo  d' Europa  si  ritenne 
Vicino  a*  monti  de*  quai  prima  uscio. 

3    E  sotto  r  ombra  delle  sacre  penne 
Governò  ì  mondo  li  di  mano  in  mano  : 
E  si,  cangiando,  in  su  la  mia  pervenne. 

1.  Contra.  Il  soleva  d*  oriente  in  occiden- 
te ;  r  aquila  viene  con  Enea  d'  oriente  in  oc- 
cideute  anch'  essa  ;  poi  d' occidente  in  oriente 
con  Costantino.  Il  cielo  segui  quasi  il  volo 
dell'  aquila  quando  venne  in  Italia  col  Troia- 
uo.  Imagine  poetica  ed  alta  che  esprime  i  de* 
stfni  dell'uomo  fatale.  Virg.  :  Faiaiem  Aenean, 

2.  ECROPA.  Bisanzio.  — Monti.  Della  Troa- 
de.  Altri  intende  i  monti  di  Creta ,  donde 
esci  4'  aquila  ,  uccello  di  Giove  ,  uccello  di 
Dio.  Orosio  pone  la  distruzione  di  Troia  in* 
nanzi  la  fondazione  di  Ruma  332  anni  ;  dn 
llonia  fondata  a  Cristo  700.  I  dugent*anDÌ  che 
il  P.  accenna  passarono  da  Costantino  a  Giu- 
li niano;  dal  330  che  fu  posta  la  sede  in  Bi- 


&    Cesare  fui ,  e  son  GiustìnTano . 
Che  per  voler  del  primo amorch'ioseolo, 
D'entro  alle  leggi  trassi  iltroppoelvaoo. 

5  E  prima  eh'  io  all'  opra  fosai  attento , 
Una  natura  in  Cristo  es^ser,  dod  pMe, 
Credeva  ;  e  di  tal  fede  era  contràto. 

6  Ma  il  benedetto  Asabito ,  che  fae 
Sommo  pastore  ,  alia  fede  sincera 
Mi  dirizzò  con  le  parole  sue. 


Sanzio  al  552  che  Narsete  consomò  la  disfti- 
U  de'  Goti. 

3.  Ombra.  Ps.  XYI  :  Sub  umbra  alaguu 
tUarum  protege  me. 

4.  Fui.  Ora  conservo  sono  (  Porg.,  XIX.  )• 
—  Pbimo.  Tanto  erano  allora  venerate  le  tegfi 
romane. — Vano.  Diecimila  libri  ridussero  io 
poco;  ma  mutilandoli,  anziché  compilandoli. 

5.  Una.  Dì  puro  nomo.  Eresia  eoiichiaoa, 
da  lui  tenuta  per  istigazione  della  moglie 
Teodora. 

6.  Agabito.  Papa.  Venne  a  Costantinopoli, 

I  disputò  con  Giustiniano  il  quale  lo  tnioacria- 
va  ;  ma  e'  rispose  costante»  e  vinse  (  Anastak.» 
Bibl.  ;  Paul.  Diac.  ). 


CANTO    VI. 


4i7 


T     Io  gli  credetti:  e  ciò  che  eoo  dir  era 
Veggio  ora  chiaro  si  come  ta  vedi 
O^ni  contraddiziono  e  falsa  e  vera. 

8  Tosto  che  con  la  Chiesa  niossi  i  piedi , 
A  Dio  per  grazia  piacque  di  spirarmi 
L'alto  lavoro  ,  e  tutto  in  lui  mi  diedi. 

9  E  al  mio  Bellisar  commendai  1'  armi , 
Cui  la  destra  del  cici  fu  si  congiunta 
Che  segno  fu  eh*  io  dovessi  posarmi. 

10  Or  qui  alla  quistì'on  prima  s'appunta 
La  mia  risposta  :  ma  la  condizione 

Mi  striale  a  seguitare  alcuna  giunta  ; 

1 1  Perche  tu  veggi  con  quanta  ragione 
Si  move  contra  1  sacrosanto  segno 

E  chil  s'appropria  e  chi  a  lui  s'oppone. 


7.  Ogni.  Arisi.  (  Categ.,  X  )  :    In  itatanU- 
ae  pratttTitU  affirmatio  aut  negatio  véra 

mi  vél  fcdta  neeesse  sif. 

8.  PiKDi.  Ps.  CXVIU  :  Ab  omrU  via  mala 
prokibui  pedei  meos.  —  Lavoro.  Del  codice. 

V.  Bbllisar.  Soggiogò  la  Persia  »  la  Giu- 
dea ,  r  Africa  ;  combattè  sotto  Roma  i  Goti; 
prese  Totila  (  Vili.  ,  II ,  6  ). 

10.  Prima.  Chi  se*.  --  Condizionb  (  e.  V  , 
43  ).  Giastiniano  toccò  nei  principio  dell'agni- 
ìm  i  ora  ripiglia,  p(*r  ragionare  dei  destini  del 
flenere  aroano.  Questo  canto  è  un  embrione 
di  storia  universale  al  modo  di  Bossuet. 

11.  SsGNO.  Aquila.  Nella  lettera  ad  Enrico 
VII  .*  Sueessson  di  Cetare  a  d* Augusto,  i gio- 
ghi Mi*  Apmnino  varcando  ,  i  venaraòt/i  te- 
gmi  dèi  Tarpeo  riportoiti,  —  Appropria.  I 
Ghibellini. 

12.  RBVBRENrA.  Monarch.  :  Quidam  non 
mlmm  singuiaret  hominet,  ted  al  paputì,  ajtU 
•tftt  tunt  ad  prineipari  ;  quidam  ad  tubjiei 
aiqu€  minittrare  :  et  taìibui  non  iolum  regi 
eat  expedient ,  ted  et  juttum ,  aliamat  ad  hoc 
eogantur.  Il  Vico  (  Un.  jur.  prine. ,  n.  162  ): 
Uie  eerte  iUud  guaeras  eur  romani  unice 
ommibut  nationitnn  testimonium  majorum  gen- 
iimm  jurit  perhibeant.  Quia  mira  BommU  ma- 
§nanimitat,  Bomae  eondendaein  potentiuimi 
Stkrutcorum  regni  eonfinioquod  univertomari 
infero  adfretum  uegue  iiculum  nom§n  dabat: 
•C  tnfar  innumerae  ,  minutai  quidem  sed  for- 
tiff'fffn^  optimaiium  reip.  ;  et  invicta  gentit 
romamae  fortiludo  advema  tertniutem  forit  ; 
#1  aerit  romanorum  AiCrum  Quirttium  )nrit 
tuitodià  advereui  tyrannidem  et  plebìs  Uber- 
taum  f  domi  (  in  qua  eaeterot  rerump.  opti- 
m/ùtu  $uperat$e  argumentoeu  quod  romanat 
g^ntm  owmes  subegerit:  unde  aat  feìidtas  con- 
joquuia  Mdarrartim  oHnejwre  gtmUmm^  n&m- 


12  Vedi  quanta  virtù  l' ha  fatto  degno 
Di  reverenza.  E  cominciò  dalFora 
Che  Fallante  mori  per  dargh  regno. 

13  Tu  sai  ch*eTcce  in  Alba  sua  dimora 
Per  trecent'  anni  ed  oltre  ,  infino  al  fino 
Che  tre  a  tre  pugnar  per  lui  ancora. 

\k    Sai  quel  che  fé  dal  mal  delle  Sabine 
Al  dolor  di  Lucrezia  ,  in  sette  regi , 
Vincendo  'ntorno  le  genti  vicine. 

15  Sai  quel  che  fé  portato  dagli  egregi 
Romani  incontroaBrenno,incontroa  Pirro, 
Incontro  a^li  altri  principi  e  collegi. 

16  Onde  Torquato, eQuinziochedal cirro 
Negletto  fu  nomato  ,  e  Decii  e  Fabt 
Ebber  la  fama  che  volentier  mirro. 


pe  per  jutta  beila  vietue  romano  imperio  uni- 
verna  paruerit)  ;  eae  oceationet  praettitere  ut 
romani  patns  praeter  eaeterot  nationet  jus 
gentium  majorum ,  teu  jut  privo tae  violentiae 
ex  quo  resp.  primum  ortae ,  in  iUa  quae  nu- 
per  memoravimut  vioUntiae  imitamenta  con- 
versum  dilìgetitmime  cuttodierint  :  et  vini  do- 
mi ademtam  ,  forix  jure  gentium  proiatam  , 
quod  definire  possis  jut  violentine  publieae  , 
in  quo  ttat  omnis  juttitia  beUorum,  iidem  Ro- 
mani in  omnibus  ferme  bellit  tumma  tancti- 
tate  tervarint.  —  Pallantb  (  Aen.  ,  X). 

13.  Alba.  Fondata  da  Aseanio.  Molte  delle 
cose  qai  toccate ,  trasse  ,  dice  Pietro  »  il  P. 
dalla  prima  deca  di  Livio.  Trasse  il  resto  ila 
Floro  e  da  Val.  Massimo ,  e  da  Virg.  —  Trb. 
OrazH. 

14.  Regi.  Codv.  :  Roma  fu  eotto  ai  re,  en- 
me  totto  a  tutori,  in  edueattione  della  tua 
puerizia,  Bpoi  fu  neUn  repubblica  nella  ma 
maggiore  adoletcema ,  finché  dalla  tutoria  fu 
emancipata  da  Bruto  ,  primo  eonioto ,  infino 
a  Celare  primo  Frineipe  sommo  . . .  Ciò  non 
poteva  essere  te  non  per  special  fine  da  Di'* 
inteso  in  tanta  celestiale  infusione, 

15.  Pirro,  fipirota.  —  Collbgi.  Per  colle- 
ghi ,  come  pio^e  per  piaghe  (  Parg.  ,  XXV  , 
10  )  ;  e  biece  per  bieche  (  lof.  ,  XXV  ,  li  ). 
0  collegi  per  confederazioni  guerriere.  Una 
lettera  di  Federico  II,  ai  principi  cristiani  con 
tro  il  papa  ,  comincia  :  Prineipes  et  coUegae. 

16.  Torquato.  Torquato  e  Fabrizio,  e  Cu- 
rio ,  e  Decip  ,  e  Quinzio  Cincinnato  ,  e  Ca- 
millo ,  e'  li  nomina  nel  Con?,  come  da  Dio 
destinati  a  far  grande  la  sede  dell*  imperio 
futuro:  Chi  dirà  di  Torquato  giudicatore  del 
iuo  figliuolo  a  wwrte  per  amore  del  pubblico 
bene  senza  divino  aiutorio  ciò  avere  MoffertoJ — 
GniRO.  Ginoinno  ineolio.  Fa  povero;  dittatore 

53 


^18 


DEL    PARADISO 


n    Esso  atterrò  Y  orgoglio  degli  Arabi 
Che  diretro  ad  Annibale  passero 
L  alpestre  rocce  ,  Po  ,  di  che  tu  labi. 

18  Sott*  esso  giovanetti  trì'onfaro 
Scipione  e  Pompeo  :  ed  a  quel  colle 
Sotto  1  qual  tu  nascesti,  parve  amaro. 

19  Poi  pressoaltompochetutto'lciel volle 
Ridur  lo  mondo  a  suo  modo  sereno  , 
Cesare  per  voler  di  Roma  il  tolle'. 

20  E  quel  che  fé  da  Varo  insino  al  Reno, 
Isara  vide  ed  Era  ,  e  vide  Senna  , 

Ed  ogni  valle  onde  ^1  Rodano  è  pieno. 

vinse  il  nemico ,  il  sestodecimo  dì  depose  il 
comando  (  Ltv. ,  III  >  26  }.  Con?.  :  Chi  dirà 
di  Quinto  Cincinnato  »  fatto  dittatore ,  e  tolto 
dalV  aratro ,  dopo  il  tèmpo  dell'  ufficio ,  spon- 
taneamente quello  rifiutando ,  allo  arare  e^ 
sere  tornato  ,  tenza  divina  istigazione  ?  — 
Dbcii.  Nominali  da  Virg.  Tre.  Padre  e  iigliuo- 
lo  e  nepole  combattendo  l'ano  contro  i  Gal- 
li ,  r  altro  contro  gli  Etruschi,  1'  ultimo  con- 
tro Pirro  ,  si  dedicarono  agU  dei  iorerni  per 
ottenere  vittoria.  Gonv.  :  Chi  dirà  dei  Decii 
ch9  posero   la  loro   tnta  per  la  patria  ?  Mo- 
narch.  :  P,  Deeius  princept  in  ea  familia  con- 
sul ,  quum  sa  devoveret  ex  equo  admisso  in 
mediam  aeiem  Latinorum  irruebat ,  num  aU- 
quid  de  voluptatibue  suis  cogitabai?,.  Quod 
quidem  factum  nisi  etsetjure  laudatum,  non 
fuiuet  imitatus  quarto  eonsulatu  tuo  dUu$  ; 
neque  porro  exeo  natu$,  eum  Pyrrho  bellum 
gerens  consuleo  eecidiuetin  praelio,  seque.., 
tertiam  victoriam  reip.   tribuisset.  Lue.  ,  Il  : 
ihvotum  hostiles  Deeium  pressere  catervae. 
E  Uh.  VI  :   Vidi  Deeiot ,  natumque  ,  patrem- 
que.  —  FabI.  Aeo.  :  Quo  feuum  rapiiit ,  Fa- 
biif  Tu  maximus  ilU  es,  Unus  qui  nobiscun- 
dando  restituii  rem,  Ov.  ne'  Fasti  nomina  i 
Fabii;  e  Pietro  lo  ciu.  —  Mirro.  Conservo 
ed  onoro.  La  mirra  odorifera  e  conservatrice 
de'  corpi.  Simile  all'  imbalsamare,  incensare. 

17.  Arabi.  Cosi  chiama  i  Cartaginesi  d'o- 
«  rigine  arabica  (  Leone  Afric.  )  Ma  gli  Arahi 

veramente  sun  popoli  d'  Asia.  —  Labi.  Apo- 
atrofe  ,  come  in  Ov.  (  Met. ,  V  ):  Dextra  sed 
Ausonio  munue  est  subjecta  ^loro  .  Laeva  , 
Pùchyne  .  tibi  ...  É  nei  claasici  latini  fre- 
quente. 

18.  CoLLB.  Pompeo  fu  distroggitor  di  Fie- 
sole e  fuudu  Firenze.  Qui  l'Ott.  cita  Sallustio. 

Itt.  Mouo.  Boet.;  O  felix  hominum  genus, 
Si  vestros  animos  amor.  Quo  coelmm  regilur, 
regat  !  Altrove  :  Et ,  quo  eoelum  r9gi$  immen- 
jtum  ,  Firma  stabiUs  foedeie  terras,  Bossuet 
(  Uist.,  p.  HI;  e.  1  )  :  Dieu  qui  acati  résolu 


21  Quel  che  fé  poi  ch'egliuscldiRaveon^ 
E  saltò  'I  Ruhicon  ,  fu  di  tal  volo 

Che  noi  seguitei la  lingua  né  penna. 

22  In  vèr  la  Spagna  rivolse  lo  stuolo , 
Poi  vèr  Durazzo  ;  e  Farsaglia  percosse , 
Si  che  al  Nil  caldo  si  senti  del  duolo. 

23  Antandro  e  Simoenta,  onde  si  mosfe, 
Rivide ,  e  là  dov'  Ettore  si  cuba  ; 

E  mal  per  Tolommeo  poi  si  riscosse. 

24  Da  onde  venne  folgorando  a  Giuba  : 
Poi  si  rivolse  nel  vostro  occidente , 
Dove  sentia  la  pompeiana  tuba. 

de  ratsembler  dans  le  mime  tempi  U  ptupls 
nottoeau  de  toutes  les  nations ,  a  premtéremani 
réuni  les  terree  et  les  mere  sous  ce  mime  em- 
pire. Dell'  unità  di  govcrnu  necessaria  ,  secon- 
do il  P.  ,  air  umana  felicità.  V.  Monarchia , 
p.  11 .  12  ,  13  ,  14  .  15,  17  ,  18  ,  IV  ,  1$, 
21 ,  22  alla  28  ed.  ven.  Voleva  la  monarckii 
ma  non  la  tirannide  ,  e  lo  dice  hen  chiaro. 
Conv.  :  lìfella  sua  venuta  (  di  G.  C.)  non  sé- 
lamente  il  cielo  ,  ma  la  terra  convmùva  es- 
sere in  ottima  disposizione,  —  Tollk.  Coairt 
la  Gallia. 

20.  Varo.  CooGo  della  Gallia.  —  Rno. 
Non  distante  dal  coulìu  della  Francia.  —  I- 
SARA.  Mette  nel  Rodano.  —  Era.  Lai.  Arar. 
Mette  nel  Rodane  anch'  esso.  —  Rodano,  la 
Turena. 

21.  Egli.  Il  segno.  —  Ravenna.  Tornandu 
di  Francia  substitit  a  Ravenna  (  bueldo.  ).  ~ 
RnaicoN.  Tra  Ravenna  e  Rimini  ;  coAliiie  an- 
tico della  Gallia  Cisalpina.  Lue.  :  Ut  notae 
fulsere  a'/uiiue,  Romatiaque  signa, 

22.  Spagna.  Coatro  i*  armi  quivi  iridate 
da  Pompeo ,  sotto  i  legati  Petreiu ,  Afraoio, 
Yarrone  (  Suetun.  ).  —  Durazzo.  Jo  Macedo- 
nia ;  dove  Cesare  fu  assediato  da'  Pompeia- 
ni. —  Nil.  e  per  la  morte  di  Poapeu  in 
Egitto  ,  e  per  la  guerra  che  Cesare  poi  vi 
portò. 

23.  ANTANnRo.  Città  marittima  della  Frì- 
gia minure.  Virg.,  ili:  Ciassem  .„  Antmmrp 
et  PUrygiae  molimur  montibut  tda;  —  Siao- 
BifTA.  Lo  nomina  Virgilio  più  volte  (I,  111).^ 
Cuba.  Lue.  (  IX  ,  9Vd  )  fe  che  Cesare  inse- 
guendo Pompeo  approdasse  alla  Frigia  e 
scendesse  a  vedere  la  dove  fu  Troia.  E  per- 
ché l'aquila  di  li  si  parti  cun  Enea,  però  di- 
ce :  rivide.  —  Mal.  Tolse  a  Tolome<^l  regno: 
diedelo  a  Cleopatra  (  Suel.,  XXXV  ). 

24.  Giuba.  Dopo  la  battaglia  Farsaliea. 
Leniulo,  Scipione  ,  Catone  si  ritirano  presso 
a  Giuba.  —  Vostro.  La  Spagna  occidentale 
alla  vostra  luiia  ,  settentrionale  all'Africa.— 


CANTO    VI. 


419 


25  Di  quel  che  fé  col  baialo  seguente 
Bruto  con  Cassio  nello  'nferoo  latra , 
E  Modona  e  Perugia  fu  dolente. 

26  Piangene  ancor  la  trista  Cleopatra , 
Che  fuggendogli  innanzi,  dal  colubro 
La  morte  prese  subitanea  ed  atra. 

27  Con  costui  corse  insino  al  lite  rubro  ; 
Con  costui  pose  *1  mondo  in  tanta  pace 
Che  fu  serrato  a  Giano  il  suo  delubro. 

28  Ma  ciò  che  1  segno  che  parlar  mi  face 
Fatto  avea  prima  ,  e  poi  era  fatturo, 
Per  lo  regno  mortai  cn  a  lui  soggiace , 

29  Diventa  in  apparenza  poco  e  scuro 
Se  in  roano  al  terzo  Cesare  si  mira 
Con  occhio  chiaro  e  con  aflctto  puro. 

30  Che  la  viva  Giustizia  che  mi  spira, 
GH  concedette,  in  mano  a  quel  ch'io  dico, 
Gloria  di  far  vendetta  alla  sua  ira. 


31  Or  qui  t'ammira  io  ciò  ch'io  ti  replico. 
Poscia  con  Tito  a  far  vendetta  corse 
Della  vendetta  del  peccato  antico. 

32  E  quando  1  dente  longobardo  morse 
La  santa  Chiesa  ,  sotto  alle  sue  ali 
Carlo  Magno  vincendo  la  soccorse. 

33  Omai  puoi  giudicar  di  que'  cotali 
Ch'  io  accusai  di  sopra ,  e  de'  ior  falli 
Che  son  cagion  di  tutti  i  vostri  mali. 

^k    L' uno  ai  pubblico  segno  i  gigli  gialli 
Oppone;  eraltroappropriaquelloaparte: 
SI  eh' è  forte  a  veder  qual  più  si  falli. 

35  Faccian  gli  Ghibeilin ,  faccian  Ior  arte 
Sott'  altro  segno;  che  mal  se^^e  quello 
Sempre  chi  la  giustizia  e  lui  diparte. 

36  E  non  V  abbatta  esto  Carlo  novello 
Co'  GuelG  suoi  ;  ma  tema  degli  artigli 
Ch'  a  più  alto  leon  trasser  lo  vello. 


Tuba.  Presso  Monda,  dove  Tinse  Labieno  e 
I  due  figli  di  Puinpeo,  Gaio  e  Sesto.  Qatvi 
fin)  l«  goerrra  civile  durata  qoaltr'aDni. 

S5.  Baiulo.  Augusto.  Onde  venne  bailo, — 
Latba.  Non  colla  voce  perché  Bruto  in  In- 
ferno non  fa  moto  ,  cosa  che  a  stoico  ben 
s' addice  :  ma  col  fatto  ,  essendo  laggiù  pu- 
niti dell'aver  duralo  in  resistere  all' imperia- 
le potenza  ,  e  del  suicidio  con  che  la  guerra 
ebbe  fine  (  Inf.,  XXXiV  ).— Modona.  Augu- 
sto vi  combattè  contro  M.  Antonio.  —  Peru- 
gia. Contro  L.  Antonio  fratello  di  Marco, 
sissediato  in  Perugia  e  preso.  —  Dolente. 
Lue.  :  Péruiina  famet  Mutinaeque  kiborts, 

26.  Colubro.  Ilorat.,  I  :  ÀMperas  Tractan 
MfveiMej  ,  t4(  atrum  Corpon  comkiberBt  vene- 
num ;  Deliberata  morte  ferocior, 

it.  Rubro.  Virgilio  ne  parla.  —  Costui. 
Augusto,  morto  Antonio,  occupò  tutto  l'E- 
leitio  insino  al  mar  Rosso.  —  Pagi.  Bossuet: 
Fotti  Vunivert  vit  en  paix  tous  ta  puittance; 
•I  /.  C.  vieni  au  monde.  —  Giano.  Lucan.  : 
Ferrea  belligeri  competeat  limina  Jani,  Virg.: 
Claudentur  belli  poriae.  Della  pace  qual  era 
ne' desideri  di  Dante ,  V.  Monarchia  ,  pag. 
10,   23,    24,  25,   27,    83,    ed.  ven.  -dello 

Zeita. 

28.  Poi.  Dopo  il  terio  Cesare.  —  Fatturo 
Come  futuro  ,  venturo  ,  noécituro  ,  duraturo. 
l/usa  un  trecentista  nella  traduzione  iiied. 
della  Monarch.  —  Rbot<o.  Di  tutta  la  terra, 
contrapposto  all'immortale  del  cielo  (Moa.,11). 

29.  Terzo.  Tiberio.  Sotto  il  preside  di  lui, 
Pilato  ,  mori  Gesù  Cristo. 

30.  Ira.  Puni  in  sé  la  colpa  de' primi  pa- 
renti. —  Vendetta.     Per    peno.    Aibertan. 


(  I,  44  )  :  Non  dee  lo  giudice  dubitare  di  far 
vendetta  :  che  ,  non  facendo  vendetta  ,  porta 
pena. 

31.  Vendetta.  Tito  punì  gli  Ebrei  operatori 
del  delitto,  il  quale  espiò  la  colpa  d'Adamo. 

32.  Carlo.  Stefano  papa  era  già  ricorso  a 
Pipino.  Neil' 800  fu  Carlo  eletto  imp.  ;  ma 
fin  dalyr93  papa  Adriano  gli  diede  imperiali 
e  quasi  (  se  prestasi  fede  alle  parole  di  qual- 
che Storico  }  spirituali  diritti,  eligendi  pon- 
tijicem  ,  el  ordinandi  apostolicam  tedem ,  di- 
gnitatem  quoque  prineipatus  (  Chr.  Sigeb.  ). 

33.  Sopra  (  terz.  11). 

34.  Gialli.  Carlo  II,  re  di  Puglia,  della 
casa  dì  Francia. —  Altro.  Ghibellini  e  Guel- 
fi non  guardano  che  gli  utili  di  parte  loro. 

36.  Novello.  Carlo  II,    di  Valois  ,   figlio 
dell'Angioino.  —  Leon.  Paul.  (  Ueb.,  IX  ): 
Obturaverunt  ora    leonum.    Eccl. ,  IV  :  Noli 
eae  ticut  leo  ...  opprìmene  subjer4os  tibi.  Jer., 
II:  Super  eum  rugierunt  leones  ,  et    de^ierunf 
vocem  $uam ,  posuerunt  terram  ejus    in  eoli- 
tudinem  ...  Devoravit  gladius  vester  prophetas 
vestro» ,  quasi  leo  viutator;  iV:  Ascendit  leo 
de  cubiU  tuo,  et  praedo  gentiurnse  levavit... 
Civitatee  twie  vastabuntur;  L:    Quasi  leo  a- 
icendet  de  superbia  Jordanis  ad  puLchriitàdi- 
nem  robustam.  Ez.   XIX:    Quare    mater  tua 
leaena  inter  leonee  cubavit ,  in  medio  Uuncu- 
lorum  enutrivil  calulos  suot'ì  Et  eduxii  unum 
de  leunculis  iuis ,  et  leo  fuctut  est ,  et  didtcit 
capere  praedam ,    hominemque  comedtre.  Et 
audierunt  de  eo   gentes,    et  non  abtque  vuL 
neribus  suis  ceperunt  eum  ...  Tulii    u:iuin  à« 
leunculis  suis ,  leonem  coiutituit  eum.  Qui  m 
eedfbat  inter  leone$ ,  et  faetus  est  ito  ,  al  di- 


k20 


DEL    PARADISO 


37  Molte  fiate  gii  maoser  li  figli 
Per  la  colpa  del  paare.  E  dod  si  creda 
Che  Dio  trasmuti  V  armi  per  suoi  gigli. 

38  Questa  (>iccioia  stella  si  correda 
De*  buoni  spirti  che  son  staH  attivi 
Perchè  onore  e  fama  gli  succeda. 

39  E  quando  li  desiri  poggian  quivi 
Si  disviando  ,  pur  convien  che  i  raggi 
Del  vero  amore  in  su  poggin  roen  vivi. 

40  Ma  nel  commensurar  de'  nostri  gaggi 
Col  merlo  è  parte  di  nostra  letìzia 
Percliè  non  li  vedém  minor  né  maggi. 

kì  Quinci  addolcisce  la  viva  Giustizia 
In  noi  r  afTetto  ,  sì  che  non  si  puote 
Torcer  giammai  ad  alcuna  nequizia» 

k2    Diverse  voci  fanno  dolci  note: 
Co^ii  diversi  scanni  in  nostra  vita 


dicit  prawiam  eap9r$ ,  et  homine$  devorare  : 
Didicit  vidvas  faeen,  et  eivitates  eorum  in 
desertum  adduetre  ,  et  detolata  est  terra  ,  et 
plenitudo  ejus,  a  voce  rugitue  Hlius,  Et  con- 
vene mnt  ad  versus  eum  gentes  undique  de  prò- 
vineiis  . ,.  Et  miserunt  eum  in  caveam.  E 
XXXU  :  Leoni  gentium  assimilatus  es,  Cbil- 
derico,  dice  la  cronaca,  vide  in  sogno  leoni, 
poi  lupi,  poi  altri  animali  più  vili,  simbolo 
della  sua  discendenza  ,  la  cui  prima  genera- 
zione doveva  essere  valida  e  forte. 

38.  Questa.  Risponde  alla  seconda  doman- 
da (  e.  XV ,  43  ).  —  PiccioLA.  Cosi  chiama 
Mercurio  nel  Conv.  (  II,  14  ). — Attivi.  A  ben 
del  comune.  —  Gti.  Loro.  Conv.:  Li  cui  prin- 
cipi usano  il  suo  tempo, 

39.  DisvìANno.  Cbt  desidera  la  gloria  mon- 
dana non  poggia  più  alto. 

40.  Gaggi.  Fremii.— Maggi.  Per  maggiori 
(  Inf.,  VI  ). 

41.  Quinci.  Però.  Come  hine  in  Virg. 

43.  RoAiÉo.  Di  Villanova ,  o  Villenenve  , 
ramo  dei  conti  di  Barcellona  e  dei  re  d'Ara- 
gona, stabilito  in  Provenza  dall' XI  secolo. 
Tornando  dal  pellegrinaggio  di  s.  Giacomo 
di  Galizia  ai  fece  ammiDìstratore  delle  cose 


Rendoo  dolce  armonia  tra  qoeide  rote. 

k3    E  dentro  alla  presente  margherita 
Luce  la  luce  di  Romèo  ,  di  cui 
Fu  r  opra  grande  e  beila  mal  gradita. 

ik    Ma  i  Provenzali  che  fór  centra  lui , 
Non  hanno  riso.  £  però  mal  cammina 
Qual  si  fa  danno  del  ben  fare  altrui. 

45  Quattro  figlie  ebbe,  e  ciascuna  reioa, 
Ramondo  Berlinghieri;  e  ciò  gli  fece 
Romèo  ,  persona  umile  e  peregrina. 

46  £  poi  il  mosser  le  parole  bieco 

A  dimandar  ragione  a  questo  giusto  « 
Che  gli  assegnò  sette  e  cinque  per  diece. 

47  Indi  partissi  povero  e  vetusto. 

E  se'l  mondo  sapesse  il  cuor ch*egii ebbe 
Mendicando  sua  vita  a  frusto  a  frusto . 

48  Assai  lo  loda ,  e  più  lo  loderebbe. 


di  Berengario:  regolò  le  spese  del  colile» 
racqutstò  le  perdute  rcndjte,  e  crebbe  i  fritti. 
Aveva  nn  migliaio  di  rendita  :  quando  la 
lasciò  possedeva  già  molti  beni  e  castella. 
Una  delle  figliuole  di  Raimondo  Beren^Hria 
fa  moglie  a  Carlo  d' Angiò  ;  le  altre  a  Laigi 
IX  ,  ad  Arrigo  re  d' Inghilterra ,  a  db  fratel- 
lo di  lai  cbe  fu  re  de'  Romani  (  Yill.  ,  VI, 
92).  Romèo,  dicon  altri,  era  tuttora  in  fìire- 
re  1'  anno  1245.  quando  Raimondo  morì ,  e 
fu  da  lui  nominato  un  degli  amministratori 
della  Provenza;  e  come  tutore,  maritò  Bea- 
trice la  quarta  figliuola  a  Carlo  d' Angiò.  Ro- 
mèo è  soprannome  :  cbe  così  chiasavaiisi  i 
pellegrini.  V.  Nuova:  Chiamami  Bowiéi  tu 
ijuaHlo  vanno  a  Roma, 

44.  Riso.  Carlo  d'  Angiò  fece  molti  seca- 
tenti ,  sì  cbe  desideravano  il  dolce  reggioMa- 
to  di  Berlinghieri. 

46.  Ragiomb.  Dell' amministraiione  soa.— 
Assegnò.  Ora  direbbesi  rassegnò.  Gli  mostrò 
tutto  il  raccolto  tesoro  ;  e  con  gli  abiti  stesai 
e  il  palafreno  con  ch'era  venuto  ,  se  nepa^ 
ti.  —  DiBCB  (Inf..  XXV  ,  il). 

47.  Vbtcsto.  Per  vecchio,  è  aaeo  nella 
prosa  antica. 


421 


CANTO      VII. 


ARGOMENTO. 

Dùpaiono  i  beati  cantando.  Beatrice  epiega  come  giueta  foeee  per  la  colpa  dèi- 
I*  «omo  la  crocifieiione  di  Crieto  a  fine  di  ridonare  aW  uomo  la  perduta  dignità  la 
guaio  nella  libertà  consiste  ,  dono  dato  alle  creature  j  create  immediatamente  da  Dio. 
Gli  Angeli  e  Vuomo  son  liberi  ed  immortali  ;  i  delie  il  corpo  umaiu^  creati  da  Dio 
immediatamente  ,  anch'  essi  sono  immortali ,  non  liberi.  Or  V  uomo  per  il  peccato 
aòufè  della  sua  libertà  e  fece  laida  V  itnagine  di  Dio  in  sé.  Né  poteva  riparare  per 
sé  S(do  al  fallo  ;  perocché  non  poteva  umiliarsi  tanto  quanto  aveva  Adamo  nel  suo 
orgoglio  inteso  salire.  Dunque  a  Dio  conveniva  o  perdonare  o  punire.  Perdonò  in- 
sisme  per  colmo  di  bontà  infinita  j  e  punì  :  punì  /'  umanità  in  G.  Cristo  ,  in  lui 
la  salvò. 

KoU  te  Unine  S ,  a ,  6 ,  16 ,  18 ,  20  ;  la  22  tlU  28  ;  la  32,  33  »  36 ,  38 ,  47 ,  48. 


Osanna  sanctus  Deus  sabaoth , 
Supcrillustrans  daritate  /uà 
Felices  ignee  horum  malahólh. 

Cosi  volgendosi  alla  nota  sua 
Fu  viso  a  me  cantare  essa  sustanza 
Sopra  la  qual  doppio  lume  s' addua. 


i.  Sàmàòtb,  viva  il  santo  Dio  degli  eser 
cili ,  illostraite  colla  sua  chiarezza  i  baati 
spirili  locanti  di  questi  regni  celesti.  Tirino: 
Osanna  era  formila  d*  aeclamoitona  (  com. 
io  Hat.,  XXI }.  Anco  in  ebreo  sabaoth  e  mat- 
àmoth  (eh* è  la  vera  voce  iodicanle  regni, 
plor.  di  malàaoth  ) ,  han  1*  accento  suU'  ulti- 
ma.  G.  Vili.  :  L*  onnipoterUe  Iddio  Sabaoth. 

%.  VoLGKKnosi.  Gira  co'  cieli.  Ma  qnl  s*  in- 
Icode  del  salire  dell'  anima  verso  l'altre  com- 
jMgne.  —  Nota.  Cantava  e  move  vasi.  Porg. , 
XXXII  :  Temprava  i  passi  in  angelica  nota. — 
bsA.  Giustiniano.  Chiama  sostanze  gli  spi- 
riti ,  porche    gli  accidenti   in  loro  possono 


Ed  essa  e  l'altre  mossero  a  sua  dan^a 
E  ,  quasi  velocissime  faville  , 
Mi  si  velar  di  subita  distanza. 

lo  dubitava  ,  e  dicea  :  dille  «  dille, 
Fra  me,  dille ,  diceva  alla  mia  donna 
Che  mi  disseta  con  le  dolci  stille  : 


meno.  —  Doppio.  C.  V ,  44  :  Féssi  Lucente 
pità  assai  di  <iuel  eh*  eli*  era.  —  AonuA.  Ad- 
dua  da  due,  come  addoppia  da  doppio,  ih- 
dnart  osa  Dante  io  una  canz.  ;  e  Fazio.  Al- 
tri intende  il  doppio  lume  delle  leggi  e  del 
regno,  o,  delle  leggi  e  dell'armi.  Giustin. , 
nelle  Istituz.  :  Imperaloriam  majettatem  non 
solum  armis  decoratam,  sed  eliam  UgUms 
oportet  esse  armatam. 

3.  Favillk.    Matth.  :  Justi   fulgebunt  si- 
cut  eoi. 

4.  Stillb.  11  traslato  della  séte  è  più  volta 
nel  ffo0tro  (  Purg.,  XX  ,  XXili;  Par. ,  XI  ). 


422 


DEL    PARADISO 


5  Ma  quella  reverenza  che  s'indonna 
Di  tutto  me  pur  per  B  e  per  ICE, 
Mi  richlniva  come  Y  uom  ch'assonna. 

6  Poco  soflerse  me  cotal  Beatrice; 
£  cominciò .  raggiandomi  d' un  riso 
Tal  che  nel  fuoco  fa  ria  V  uom  felice: 

7  Secondo  mio  infallibile  avviso , 
Come  giusta  vendetta  giustamente 
Punita  fosse  t*  hai  in  pcn^icr  miso. 

8  Ma  io  ti  solverò  tosto  la  mente 
£  tu  ascolta  ;  che  le  mie  parole 

Di  gran  sentenzia  ti  faran  presente. 

9  Per  non  soffrire  alla  virtù  che  vuole  (eque 
Freno  a  suo  prode,  quell'uom  che  non  na- 
Dannando  so  dannò  tutta  sua  prole  : 

10  Onde  l'umana  spezie  inferma  giacque 
Giù  per  secoli  molti  in  grande  errore, 
Fin  ch'ai  Verbo  di  J)io  di  scender  piacque 

11  UMa  natura,  che  dal  suo  Fattore 
S*  era  allungata ,  unio  a  sé  in  persona 
Con  l'atto  sol  del  suo  eterno  Amore. 

12  Or  drizzai  viso  a  quel  che  si  ragiona: 
Questa  natura  al  suo  Fattore  unita , 
Qual  fu  creata,  fu  sincera  e  buona; 


8.  fìicK.  Scorcio  di  Beatrice.  Basta  ,  par 
che  dica  il  P.,  il  solo  nome  ,  accorcialo  di 
lei ,  per  comprendermi  di  riverenza.  —  Ri- 
cuiNATA.  Purg.,  XXV  :  E  tfuale  il  cicognin 
che  leva  V  ala  Per  voglia  di  volare ,  e  non 
i'  attenta  />'  abbandonar  lo  nido  ,  e  giù  la 
cala.  La  similitudine  del  cicognino  é  più 
poetica  e  più  Tera  cbe  questa  del  sonno.  Al- 
trove un  timore  simile  (  Porg.  ,  XX,  49; 
XWIII  ,9;.  —  Assonna.  Petr.  :  Cavitate  ae- 
rexa  Istga  la  lingua  mUrui .  gli  tptrli  invola» 

C.  Sofferse.  Purg.  ,  XXXI  :  l\ico  sofferse, 
jxn  disse.  —  Cotal.  Ch'io  stessi  tale,  in  tale 
^(ato.. .Latinismo  spedilo;  non  molto  evidente, 
ina  non  oscuro.  —  Fuoco.  Si  rammenti  il 
XXVIl  de)  Purgatorio. 

7.  Inip ALLIBILE.  La  scìcoza  illominata  dal- 
la fede  è  inrallibile.  —  Punita.  La  crocifis- 
.  ...ne  di  G.  C.  per  mano  di  Tito  (VI.  31).— 
Iliso  (  Inf.,  XXVI,  18  ). 

H.  Solverò.  Dal  nodo  del  dubbio.  —  Sen- 
tenzia. Per  intera  dottrina.  Inf.,  VII  :  Mia 
serttenza  ne'mbocche, 

9.  Soffrire.  Purg.  ,  XXIX:  Non  sofferse  di 
star  sotto  alcun  velo.  — ViRTb.  Cosi  chiama 
\«  Yolontà  (Purg.,  XXI  ,  35;  e  in  una  caitz). 
A(iamo  per  non  soITrire  freno  alla  sua  votun- 
u  ,  eh'  era  pure  util  suo  ,  peccò.  . .  —  Iom. 


13    Ma  per  sé  stessa  pur  fu  ella  sbandita 
Di  paradiso;  perocché  si  torse 
Da  vìa  di  verità  e  da  sua  vita. 

1&-    La  pena  dunque  che  la  croce  porse 
S' alla  natura  assunta  si  misura , 
Nulla  gianunai  si  giustamente  morse: 

15  £  cosi  nulla  fu  di  tanta  ingiura  , 
Guardando  alla  persona  che  soflerse. 
In  che  era  contratta  tal  natura. 

16  Però  d'un  atto  uscir  cose  diverse; 
Clì'a  Dio  ed  a'Giudei  piacque  una  morte: 
Per  lei  tremò  la  terra  e  '1  ciel  s'aperse. 

17  Non  ti  dee  oramai  parer  più  forte 
Quando  si  dice  che  giusta  vendetta 
Poscia  vetigiata  fu  da  giusta  corte. 

18  Ma  io  ve;j;gi*or  la  tua  mente  ristretta 
Di  pensier  iti  pensier  dentro  ad  un  nodo 
Del  qual  con  gran  desio  solver  s'aspetta. 

19  Tu  dici:  ben  disccrno  ciò  eh* io  odo; 
Ma  perchè  Dio  volesse  me  occulto 
A  nostra  redenzion  pur  questo  modo. 

20  Questo  decreto,  Trate,  sta  sepolto 
Agli  occhi  di  ciascuno  il  cui  ingegno 
Nella  fiamma  d*amor  non  è  adulto. 


V.  Eloq.  (I,  6):   Vir  sine  maire. 

10.  Spezie.  Bibbia  :  In  omnibus  kis  jmtM 
verunt.  —  Inferma.  Nota ,  iilosi»tica  espitt- 
sione  ;  non  dice  malata  ,  ma  inferuta. 

11.  U'.  Nel  mondo.  —  Natlha.  Umana.  — 
L-nìo.  In  unità  di  persona. —  Sol.  Sema  ope- 
ra d'uomo. —  Amore.  Er.  :  SpirOus  sanctm 
siijierveniet  in  te,  et  virtus  Altimmi  obi» 
brabil  libi. 

12.  Viso.  Par.,  III:  i?  «•  lamtntBtmahm 
mi  riguarda. 

13.  Tir.  Sol  per  sua  colpa.  —  Vu.  io.* 
\1V  :  Jì(jn  sum  via  ,  et  verità»  ,  et  vilù. 

14.  Nati  HA.  Umana,  a^^unla  dal  Verbo.— 
Nulla.  Niuna. 

15.  Ingii:ra.  Inj^nsCizia.  Rig^aardo  all*t»' 
roo  la  crocifissione  fti  giustissima  :  rigiiaréi 
alla  persona  divina,  delitto  orribile. 

16.  Aperse.  All'uomo. 

17.  Forte.  Purg.  ,  XXXIII  .•  £mgnm  f^ 
te,  —  Vbngiata  (  lur.  ,  IX  ,  18;.  —  Ovari. 
Giudizio. 

18.  Ristretta  (Purg., Ili  ).  — KoDo{lrf. 
X,  XI  ,  e  altrove  ). 

20.  Amor.   SI  rbe  non  sa  quel  che 
Tamore.    PuuI.  :    Prvpter  nimiam  chariii 
$uam  »  qua  diìexit  nus. 


CANTO    VII. 


&23 


21  Veramente,  però  ch'a  questo  segno 
Molto  si  mira  e  poco  si  discerne, 
Dirò  perchè  tal  modo  fu  più  degno. 

22  La  divina  Bontà  ,  che  da  sé  speme 
Ogni  livore,  ardendo  in  sé  sfavilla 

Si  che  dispiega  le  bellezze  eterne. 

23  Ciò  che  da  lei  senza  mozzo  distilla 
Non  ha  poi  Gne;  perchè  non  si  move 
La  sua  imprenta  quand'olia  siirilla. 

2t^    Ciò  che  da  essa  senza  mezzo  piove 
Libero  è  lutto,  perchè  non  soggiace 
Alla  Tirtute  delle  cose  nuove. 

25  Più  rè  conforme  e  però  più  le  piace; 
Che  l'ardor  santo,  ch'opni  cosa  roggia, 
Nella  più  simigliante  è  più  vivace. 

26  Di  tutte  queste  cose  s*avvanta^gia 
L*umana  creatura;  e  s*una  manca. 
Di  sua  nobilita  convien  che  caggia. 

27  Solo  il  peccato  è  quel  che  la  disfranca 
E  falla  dissimile  al  sommo  Bene; 
Perchè  del  lume  suo  poco  s'imbianca  : 

28  Ed  in  sua  diunità  mai  non  riviene, 
Se  non  riempie  dove  colpa  >òta 

21.  Vbbahente.  Verum  de' Lai.  Come  nel  I 
canto. 

22.  LiToiE.  Boet.  :  Quem  non  extemae  pe- 
fmlemni  fingere  cautae  Uattriae  fluitantis 
opus  ,  verum  insita  sutnmi  Forma  boni,  Uvo- 
n  careni  :  f  ii  euncta  superno  Ducìs  ab  exemplo. 

23.  Mirro.  Senza  coocorso  di  cause  secon- 
de. —  DisTaLA.  Come  da  fonte  nelle  intelli- 
genze. -^  IJIPHENTA.  Ps.  :  Signatum  est  super 
noi  lumen  vuUus  tui ,  Domine.  Eccl.  ,  HI  : 
ihdiei,  quod  omnia  opera  ,  quae  fecit  Deus, 
f$rsevertnt  in  perpetuum, 

24.  LiBEao.  Paul.  :  Ubi .,  ,  spiritus  Domi- 
ni f  ibi  libertas.  —  Nuove.  Nuovi  congiungi- 
menti di  cause  secondarie  ,  cagioni  di  corru- 
lione  nel  mondo.  Conv.  :  Nelle  intelligenze  ra- 
gionevoli la  divina  luce  risplende  sema  mezso, 
neltaltre  si  riflette  da  queste  intelligenze,  pri- 
ma illumitiate. 

23.Co.\ FORME.  AugQst.  :  Homo  est  imago  Dei: 
€i  tpfa   nostra  ratio  imago  dicitur  quae  ani- 
mae  est  ,  tanquamsigillum  ,  impressa,  Conv.: 
Quanto  la  cosa  è  pia  divina,  è  più  di  Dio  sonU- 
gèiante. — Raggia.  Attivo;  come  «1  ?.  17.  —  Si- 
■IGLIANTB.  Conv.:  La  bontà  di  Dìo  è  ricevuta 
'Oiirimenti  dalle  sostanzie  separate ,  cioè  dagU 
^Èngeti .  e  altrimenti  dall'antma  umana».,  e  al- 
trinciti  dalle  miniere. ..  e  altrimenti  dalla  ter- 
ra. In   una   canz.  :   Awor  che  mai  tua  virila 
dal  cielo  Come  il  sol  lo  splendore ,  CAe  là 


Centra  mal  dilettar  con  giuste  pene. 

29  Vostra  natura  quando  peccò  tota 
Nel  seme  suo  da  queste  dignitadi. 
Come  di  paradiso,  fu  remota; 

30  Nò  ricovrar  poteasi,  se  tu  badi 
Ben  sottilmente,  per  alcuna  via 
Senza  passar  per  un  di  questi  guadi , 

31  0  che  Dio  solo  per  sua  cortesia 
Dimesso  avesse,  o  che  Tuom  per  se  isso 
Avesse  soddisfatto  a  sua  follia. 

32  Ficca  mo  rocchio  per  entro  l'abisso 
Dell'eterno  consiglio,  quanto  puoi 

Al  mio  parlar  distrettamente  fisso. 

33  Non  potoa  luonio  ne*  termini  suoi 
Mai  soddisfar,  per  non  potere  ir  giuso 
Con  umiltate  obbedi'endo  poi, 

3V  Quanto  disubbidendo  intese  ir  suso: 
£  questa  è  la  ragion  perchè luom fue 
Da  poter  soddisfar  per  sé  dischiuso. 

3 j  Dunque  a  Dio  convenia  con  le  vie  sue 
Riparar  Tuomo  a  sua  intera  vita, 
Dico  con  runa  ovvercon  ambedue. 

30  Ma  perchè  l'opra  tanto  ò  più  gradita 

s'apprende  piti  lo  suo  valore  Dove  pia  nobil- 
tà suo  raggio  trova. 

26.  Co!»E.  Creazione  immediata  ,  immorta- 
lità ,  somiglianza  con  Dio ,  amore  di  Dio  iu 
lei  ,  liberta. 

27.  Disfranca.  Pani.  :  Quum  . .  .  servi  es- 
seiis  peccati .  /iteri  fuistis  jutiitiae.  Aogust. 
( C.  D. ,  levili  )  :  Prima  servautis  eaussa ,  pec- 
catum  nos  ducit  ad  non  esse.  Boti.  :  Ubi  ocu- 
tos  a  summae  luce  veritatis,  ad  inferiora,  et 
tenebrosa  drjecertnt ,  mox  inscitiae  nube  cati- 
gant ,  pemtciosis  turbantur  ajjectibus ,  quibus 
accedendo  eonsentiendoque ,  quam  invexere  si* 
U,  adjuvant  servitutem,  et  sunt  quodam  mo- 
do propria  liberiate  captivae. 

•28.  VOTA.  1  muralisti:  Non  remittitur pee- 
catum  nisi  restituatur  ablatum.  La  colpa  e  un 
vuoto  ,  la  soddisfaziune  lu  conioic. 

29.  IJL'KSTS.   y.  terz.  27. 

30.  KicovRAR.  Ricuperare. 

31.  Isso.  Stesso.  Onde  gli  antichi  :  isso 
fatto  per  subito, 

33.  lEHMiM.  Di  mero  uomo,  d'ente  Unito. 
—  boDDiSFAH.  Ap.  (tphes.  )  :  Eramus .,.  fi- 
lli tm0.  — -  Obbboibndo.  in  Alberuno. 

34.  la.  Gen.  ,  IH  ;  Eritis  sicut  Dii.  —  di- 
schiuso. Escluso. 

3d.  Vie.  Ps.  XXIV:  Universae  viae  Domi- 
ni ,  misericordia ,  et  veritas.  Psalm.  CXVIII: 
Omnes  viae  Itiaa  veritoi.  Is.  (  LY  »  8  )  :  Ne- 


kih 


DEL    PARADISO 


Dciroperantc,  quanto  più  appresenta 
Della  bonU  do!  cuore  ond*é  uscita, 

37  La  divina  Bontà,  che'lmondoiTTìprenta, 
Di  proceder  per  tutte  le  pue  vie 
A  rilevarvi  puso  fu  contenta: 

36  Né  tra  rultima  notte  e  *2  primo  die 
Si  alto  e  al  magnifteo  processo 
O  per  Tuno  o  per  l'altro  fue  o  fic: 

39  Che  più  largo  fu  Dio  a  dar  sé  stesso, 
In  far  Tuom  sufiìciente  a  rilevarsi, 
Che  s'egli  avesse  sol  da  se  dimesso. 

40  E  tutti  gli  altri  modi  erano  scarsi 
Alla  giustizia,  se  '1  fìglinol  di  Dio 
Non  fosse  umiliato  ad  incarnarsL 

VI  Or,  per  empierti  bene  ogni  disio , 
Ritorno  a  dichiarare  in  alcun  loco 
Perchè  tu  veggi  li  cosi  com'io. 

tó  Tu  dici:  ioveggìo l'aere,  io veggiol foco, 
L'acqua  e  la  terra  e  tutte  lor  misture 
Venire  a  corruzione  e  durar  poco; 

\3  E  questa  cose  pur  (ut  creature: 

fjue  viae  fjmtrae ,  tiae  «leoa.  —  AmsDim.  Ce- 
rne fece.  Ps.  LXXXHI  :  JuHitia  et  pax  o$eu- 
iatne  tunt. 

:n.  TuTT«.  Poteva ,  dic«  \go«t.  (  1  ,  De 
Trin.  )  ,  redimerci  tn  aliro  rondo. 

àS.  Uno.  Per  ruomo  e  per  Dio.  0  meglio: 
Per  la  bontà  e  la  giustiiia. 

40.  UbilUto.  Paul.  :  Bumiliamt  9efmi' 
ipsum, 

41.  Ehpibrti.  laf. ,  I  :  J^mpte  la ...  90- 
gUa.  Peir.  (  Tr.  )  :  Ma  per  empir  la  tua  qìq- 
venil  coglia ,  Virò  di  noi  «  .  .  Loco.  I  T«ral 
67  e  seg. 

44.  Sincero.  Tasso:  Nella  parte  ddeiel  la 
pila  iinc£ra,  Aristotele  pone  i  cieli  incornit- 
libili.  Daot«>  nella  lettera  a  Cane  :  Vt  patet 
de  coelo  et  elemet^tit ,  quorum  quifUtn  Ulud 
lucorrvpUbUe  ,  iUa  vero  eomtptibUia  «uni. — 
Intero.  Seoia  concorso  di  cause  seconde. 

45.  Cubata.  Pietro  :  Creata  $uru ,  natura 
maturata  mediante. 


Perchè,  se  ciò  cfa*ho  detto  è  stato  vero, 
Esser  dovrian  da  corruzion  sicure. 

kh  Gli  angeli,  frate,  e  1  paese  sìncero 
Nei  qual  tu  se'dir  si  posson  creati 
SI  come  sono  in  loro  essere  intero: 

&5  Ma  gli  elementi  che  tu  hai  nomati 
E  quelle  cose  che  di  lor  si  fanno 
Da  creata  virtù  sono  informati. 

4G  Creata  fu  la  materia  eh  egli  hanno. 
Creata  fu  la  virtù  informante 
In  queste  stelle  che  'ntorno  a  lor  vann». 

kl  L^anima  d'ogni  bruto  e  delle  piante 
Di  complession  potenziata  tira 
Lo  raggio  e  '1  moto  delle  luci  sante. 

tó  Ma  nostra  vita,  senza  mezzo,  spira 
La  somma  Benìnanza  e  Tinnamora 
Di  sé  si  che  poi  sempre  la  distra. 

49  E  quinci  puoi  argomentare  ancora 
Vostra  resurrezion,  se  tu  ripensi 
Come  Fumana  carne  féssi  allora 

50  She  U  primi  parenti  intrambo  fensL 

46.  Loa.  Gli  «kmenti  ^eUi. 

47.  CoMPLissioN.  Conv.:  Lepioiifa  ...lai* 
no  amore  a  certo  luogo  teconao  eàt  !•€••' 
pUuione  richiede.  —  LcGi.  Le  stelle  tptcafca 
do  e  movendosi  tirano  dalla  maieria  tiesoH 
tare  cbe  nella  sna  complessione  è  potcniiii 
a  ciò  ,  tirano  ,  dico  ,  e  ridacono  in  atto  risi- 
ma  de'bmti  animali  e  delle  piante  ;  raaiai 
sensitiva ,  e  l'anima  vegetativa. 

48.  Vita.  L'anima  nmana  èispifkta  da  Dii 
senza  interpostevi  esose  seconde.—  Sbvpiì> 
Aogost.  (Gonf. ,  1  )  :  Feeitti  noe,  ikmme,  ai 
te  et  inquietum  est  cor  nottrum,  domec  refiit 
•CHI  in  te.  Parg.  ,  XVI:  Etce  di  marno  a  kà... 
L* anima  .  .  ;  XXV  .'  Lo  Motor  primo  ... 4** 
ra  Spirito  nuoto. 

49.  RBsraHEZiOH.  La  carne  Doatra  CRtn 
Immediatamente  da  Dio  (Gen.  ,  II  )  noe  pai 
non  risorgere.  La  sua  corruzione  non  pai  ti- 
rare lungamente  (  Gregor. ,  Ilomel.  ). 


1^25 


CANTO 


Vili. 


ARGOMENTO. 


Salgono  in  Venere  e  veggon  P ombre  dei  già  presi  d'amore,  ConoueilP.  Carlo 
Martello  amato  da  lui.  Belli  i  vern  che  questo  Carlo  pronunzia  :  e  sempre 
r  amore  e  l* amicizia  ispirano  altamente  il  Nostro.  Tocca  della  gretta  indole  di  te 
Roberto  degenere  dalla  larghezza  del  padre:  e  di  qui  passa  a  spiegare  perche  così 
tado  ai  padri  somiglino  i  figli.  Dice  che  la  proeidenza  di  Dio  regge  le  influenza 
degli  astri ,  che  Dio  fece  luomo  alla  società,  che  varii  sono  i  sociali  uffizii,  va- 
rie dunque  dehbon  essere  le  facoltà ,  che  le  influenze  celesti  non  guardano  a  razza; 
ma  che  gli  uomini  per  seguire  la  legge  deU  eredità ,  vU^no  la  natura  e  »*  escono 
gente  inetta  ali  uffizio  a  cui  non  ncUura  ma  fortuna  li  spinge. 

IfoU  le  terzine  5  allt  19;  U  33,  25,  26,  30,  33,  35,  89,  43,  43,  49. 


1  Solca  creder  lo  mondo  in  suo  pendo 
Che  la  bella  Gprìgna  il  folle  amore 
Raggiasse,  vòlta  nel  terzo  epiciclo. 

1.  Ciprigna.  Ov.  :  Festa  dies  Veneri,  tota 
peteberritna  Cypro  Venerat.  —  Folli.  Distin- 
gaevaao  ,  dice  Pietro  ,  la  Venere  pura  ,  ino- 
pie d'Aochìse  ,  dalla  impudica  di  Volcano. 
^-  Raggussb.  Codv.  :  Li  raggi  dà  doseuno 
cielo  sono  la  via  per  la  quale  diseende  la  lo- 
to viriik  in  queste  cose  di  quaggiiH.  —  Epici- 
clo. Cosi  chiamano  nel  sistema  Tolemaico  i 
piccoli  cerchi  ne'  quali  ciascun  pianeta,  tran- 
ne il  sole  ,  di  proprio  moto  s'aggira  d'occi- 
deote  in  oriente  ,  mentre  che  il  primo  mobi- 
le  li  porta  d'oriente  in  occidente  :  e  perchè 
Venere  è  il  terzo  pianeta,  perciò  dice  terzo  epi- 
ciclo. Con?.:  In  tul  douo  di  questo  cerchio 
l  dell'equatore  )  nei  eiélo  di  Venere  è  una  epe- 


2  Perchè  non  pure  a  lei  faceano  onore 
Di  sacrificii  e  di  votivo  grido 
Le  genti  antiche  neir antico  errore; 

retta  che  per  tè  medesima  in  esso  cielo  ti  vol- 
ge, lo  quale  cerchio  gH  astrologi  chiamano 
epiciclo;  e  ticcome  la  grande  tpera  due  poli 
volge»  coti  questa  piccola;  e  coti  ha  quetta 
piccola  lo  cerchio  equatore  :  e  coti  è  più  no- 
bile quanto  è  più  presso  di  quella.  E  in  tul- 
Vareo  ower  dosso  di  questo  cerchio ,  è  fusa  la 
lucentitsima  stella  di  Venere.  V  epiciclo  nel 
quale  è  fitta  la  stella,  i  uno  cielo  per  ti,  ov- 
vero spera  ;  e  non  ha  una  essenta  con  queUo 
che  'i  porta  ,  avvegnaché  sia  più  connaturale 
ad  esso  che  agli  aUri  ;  •  eon  etto  è  chianut- 
10  uno  cielo ,  e  denominansi  Vfeno  •  fcAff 
àeUa  stella. 


54 


Via 


DEL     PARADISO 


3  Ma  Dione  onoravano,  e  Cupido; 

Questa  per  madre  sua,  questo  perfiglio; 

E  dicean  ch*ei  sedette  in  gremboaDido. 
h    E  da  costei  ond'io  principio  piglio. 

Pigliavano  1  vocabol  della  stella  (  glio. 

Che  1  sol  vagheggia  or  da  coppaordaci- 

5  Io  non  m'accorsi  del  salire  in  ella. 
Ma  d*esserv'  entro  mi  fece  assai  fede 
La  donna  mia  ch'io  vidi  far  più  bella. 

6  E  come  in  fiamma  favilla  sì  vede, 
E  come  in  voce  voce  si  discerne, 
Quando  una  è  ferma,  e  l'altra  va  e  riede; 

7  Vid'io  in  essa  luce  altro  lucerne 
Moversi  in  giro,  più  e  men  correnti 
Al  modo,  credo,  di  lor  viste  eterne. 

8  Di  fredda  nube  non  disceser  venti, 
O  visibili  0  no,  tanto  festini 

Che  non  paressero  impediti  e  lenti 

9  A  chi  avesse  quei  lumi  divini 
Veduto  a  noi  venir,  lasciando  '1  giro 


3.  DiONB.  La  oomina  Staiio ,  I.  —  Adora- 
TANO.  CoDV.  (  II ,  5  )  :  Chiamaln  Plato  idee, 
ck'è  tanto  dir»  ([uanto  foriM  e  natun  univer- 
salù  E  i  gentili  le  chiamano  dei  e  dee,  avve- 
gnaché non  coi\  /Uoso/lcafiMfite  intendessero 
qvtlle  come  Ptaio  :  e  adoravano  loro  imagini, 
e  facevano  loro  grandieeimi  templi.  '«—  Dino. 
Virg.  ,  I  :  Helore  toto.  Baerei^  eltnftnfum 
premio  fovet  tntct'a  Dido  Insidat  quantut  mi- 
ierae  deui,  Codt.:  Perchè  gU  antichi  s'accor- 
$ono  che  quel  cielo  ero  quaggiù  cagione  d^a- 
more,  diuono  Amore  eeeere  figliuolo  di  Ver^re, 

4.  Coppa.  La  sera  si  chiama  Espero ,  la 
mattina  Lucifero  :  qaaod'è  perigea  precede  il 
sole,  quand'é  apogea  si  leva  e  tramonta  dopo 
il  levare  e  tramontar  d'esso  sole.  Conv.(lI,2): 
La  tteUa  di  Venere  due  fiate  era  rivolta  in 
quello  tuo  cerchio  che  la  fa  parere  terotina  e 
mattutina  secondo  i  due  aiverei  temjn, 

5.  Ella.  Ameto:  Ad  eUa. —  Bella.  Per- 
ché più  in  alto. 

8.  Venti.  Arist.  (  Met.  )  dice  che  i  vapori 
caldi  e  secchi  montando  all'estremo  deUa  ter* 
za  regione  dell'aria  ,  percossi  da  fredde  nuvo- 
le ,  commovono  l'aria  :  e  indi  il  vento.  Lue. 
(  1 ,  15  )  :  Qualiter  exprestum  ventie  per  nu- 
bila  fulmen  Aetheris  impulii  eonitu  . .  .  E  Ze- 
none voleva  il  fulmine  fiamma  accesa  da  nu- 
bi stropicciate  da'  venti. — Visibili.  Per  vapori. 

9.  Cominciato.  Tutti  i  cieli  si  movono  col 
n^no  cielo  a  coi  preseggono  eli  angeli  più 
alti  (  Gonv.,  Il  ,  6).  Di  il  comìDcia  ogni  in- 
ferior  movimento. 


Pria  cominciato  in  gli  alti  seraCoi. 

10  E  dietro  a  quei  che  più 'nnanzi  apparirò 
Sonava  Onuiimi,  al  che  unque  poi 

Di  riudir  non  fui  senza  disiro. 

1 1  Indi  si  fece  l'un  più  presso  a  noi 
E,  solo,  incomincio:  tutti  sem  presti 
Al  tuo  piacer,  perchè  di  noi  ti  gioi. 

12  Noi  ci  volgiam  coi  principi  celesti 
D'un  giro  ,  d' un  girare  e  d' una  sete , 
A'quali  tu  nel  mondo  già  dicesti: 

13  Fot  che  intendendo  il  terzo  del  monte: 
E  sem  si  pien'  d*amor,  che  per  piacerai 
Non  fìa  men  dolce  un  poco  di  quiete. 

ìk  Poscia  che  gli  occhi  miei  si  furo  ofleiti 
Alla  mia  donna  reverenti,  ed  essa 
Fatti  li  avea  di  sé  contenti  e  certi, 

15  Rivolgersi  alla  luce  che  promessa 
Tanto  s*  avea,  e  :  di',  che  se*  tu?  lue 
La  voce  mia  di  grande  afletto  impressa. 

IG    E  quanta  e  quale  vid'io  lei  Tar  piàe 


11.  Un  Carlo  Martello  ,  morto  nel  IM, 
primogenito  di  Carlo  il  Ciotto  re  di  Napelli 
signor  di  ProTenza ,  morto  nel  1309  (  TS., 
Vili ,  108).  Bocc.  :  in  costui  regtiò  «oiliM- 
lexsa  e  auai  innamoramento. 

12.  Principi.  Principati ,  iotelligeaie  m^ 
licbe.  Conv.  (  II ,  2  ) .'  Certe  inUUi$enu,m' 
vero  per  più  usato  modo  volemo  dire  «afA 
U  quaU  sono  alla  revoluiione  del  cielo  di  f«* 
nere  siccome  movitori  di  quelU.  Nel  ftr. 
(XXVIIl  ,  33) ,  dopo  gli  Angeli  poMgli  A^ 
cangeli,  dopo  gli  Arcangeli  i  Principati.  Q» 
sti  hanno  dunque  il  terzo  pianeta.  Nel  Ci» 
▼ivio  pone  motori  di  Venere  i  Troqi  (  II,  7|. 
Qui  corregge  a  suo  modo  l'  errore.  — Gna- 
Circolare.  —  Giuabi.  Eterno  ed  ugoale  tmt 
pre. — Sete.  Amore  che  spinge  tatti  i  cieli  a 
moversi  sotto  il  mobile  primo»  e  tutte  li 
a  vivere  in  Dio. 

13.  Intendendo.  Arist.  (II  »  Het.  ;  I, 
coelo  et  mnn.  ).  IVinfe  le  inteUigente 
i  cieU.  Qoest'è  ilptlmo  verso  della  prìaiai 
zone  del  Convivio.  E  nel  Convivio  sleaso:  la 
fortna  nohiUssima  del  cielo  ,  chekaisisèprìit 
eipio  di  questa  natura  passiva ,  firn,  Ivcfr 
fa  da  virtù  motrice  che  questo  infonde  :  f  di- 
co foceofa  non  corporalmente ,  wea  per  aS* 
di  virtù  la  quale  si  dirisxa  in  quella,  Bfm 
sti  movitori  sono  quelli  aUi  quaUs^intenkà 
parlare,  ed  a  cui  io  fo  mia  dotnamda. 

16.  Quanta.  Virg.  ,  Il  :  QuaUsque  «tfm 
Coeiicotis  et  quanta  solete  —  Fab.  V,  IS  :  li 
dt  far  più  bùia» 


•  CANTO    Vili. 


427 


Per  allegrezza  nuova  che  s  accrebbe, 
Quandlo  parlai,  airallegrczze  suel 

17  Cosi  fatta,  mi  disse:  il  inoDdo  m*ebbe 
Giù  poco  tempo.  E  se  più  fosse  stato. 
Molto  sarà  di  mal  che  non  sarebbe. 

18  La  mia  letizia  mi  ti  tien  celato 

Che  mi  raggia  dintorno  e  mi  nasconde , 
Quasi  animai  di  sua  seta  fasciato. 

19  Assai  m'amasti,  ed  avesti  bene  onde. 
Che  s*  io  fossi  giù  stato  ,  io  ti  mostrava 
Di  mìo  amor  più  oltre  che  le  fronde. 

20  Quella  sinistra  riva  che  si  lava 

Di  Rodano,  poich*è  misto  con  Sorga, 
Per  suo  signore  a  tempo  m'aspettava; 


17.  Cosi  FATTA.  Bella  qaal  vedi.  —  Sarbb- 
.  Ott.  :  Io  avrei  compatte  le  cose  di  Sicilia 

eofi  guelle  d^ Aragona  per  modo  ,  che  sarebbe 
toUa  la  guerra  ,  la  quale  continuo  VaffUgge. 

18.  AifiMAL.  Filugello  nel  bozzolo. 

19.  Amasti.  Forse  lo  conobbe  quand'andò 
ambasciatore  a  Napoli  al  re  suo  padre,  o  quan- 
do Carlo  Martello  attese  in  Firenze  per  venti 
giorni  il  riloruo  di  esso  suo  padre  di  Fran- 
cia (Vili.,  vili,  13).  Post.  Caet.  :  Iste  Ca- 
rolla  venit  Florentiam  juvenculus ,  et  redibat 
é9  eartetUnu,  et  fuU  bene  receptut ,  et  tune 
COMMI  magnam  amieitiam  cum  Dante* 

io.  Riva.  Doveva  socceoere  nel  governo  di 
qaella  parte  di  Provenza  cb'  era  de'  re  di  Na> 
poli ,  che  comprende  Avignone  ,  ArU  ,  Mar- 
silia  ed  Aii ,  ed  altre  città  :  ed  La.  per  con- 
IIm  a  sinistra  il  Rodano»  a  destro  l'altra  par- 
te della  Provenza  suddita  al  re  ()i  Francia. 
—  A  TIMPO.  Morto  Carlo  il  Zoppo. 
.  SI.  QuiL.  Doveva  anco  saccedere  al  regno 
di  Paglia.  —  Corno.  Punta.  Virg. :  Cornua... 
miUnnarum.  —  Ausonìa.  Più  volte  in  Virgi- 
lio. —  Ihbobga.  Come  ingiardinare  e  incattel- 
teff  di  Gio.  Villani.  —  Bari.  In  Paglia.  — 
Gabta.  In  Terra  di  Lavoro.  La  nom'lna  Virg., 
TII.  Dal  Mediterraneo  Gaeta,  dall'Adriatico 
Bari.  —  Catona.  In  Calabria  (  Vili.,  VII,  65; 
Q^ivi  i  Guelfi  fiorentini  vennero  a  prestare  an 
tempo  soccorsi  a  Carlo  d'Angiò.  —  Tronto. 
Dtir  Apennino  va  neir  Adriatico.  —  Vkrde. 
Onesto  Verde  è  il  Liri,  o  Garigliano ,  che  pas- 
ta per  Sora  e  Ceparano  ,  e  sbocca  nel  Medi- 
terraneo. 

n.  Tbrba.  Ungheria.  Come  figlio  di  Ma- 
ria figlia  a  Stefano  V  ,  e  sorella  a  Ladislao 
IV  re  d'Ungheria,  morto  senza  eredi  nel  1290. 

S3.  Trinacria.  Ov.^  V:  Vasta  giganteit  in- 
futa  9$t  ùuula  memòrie  Trinaerit;  et  magnit 
mÈÌJ99tmm  molikmt  urga  Attherm»  aunm  ipt- 


21  E  quel  corno  d'Ausonia  che  a  imborga 
Di  Bari,  di  Gaeta  e  di  Catona, 

Da  onde  Tronto  eVerde  in  mare  scorga. 

22  Fulgeaini  già  in  fronte  la  corona 
Di  quella  terra  che  '1  Danubio  riga 
Poi  che  le  ripe  tedesche  abbandona. 

23  E  la  bella  Trinacria  che  calica. 
Tra  Pachino  e  Pelerò  ,  sopra  1  golfo 
Che  riceve  da  Euro  maggior  brip:a. 

2&'    Non  per  Tifeo  ma  per  nascente  solfo, 
Attesi  avrebbe  li  suo'  regi  ancora , 
Nati  per  me  di  Carlo  e  di  Ridolfo  , 

25    Se  mala  signoria ,  che  sempre  accora 
Li  popoli  suggetti,  non  avesse 


rare  Typhoea  tedes.  Ifititue  ille  quidem,  pu- 
gnatque  returgere  saepe:  Dextra  ted  Aueonin 
manui  est  eubjecta  Peloro:  Laeva,  Pùchyne, 
Ubi  :  Lilybaeo  crura  premuntur  :  Degravat 
Aethna  caput  :  tub  qìsa  resupinus  arenca  Eje- 
etat  flammamque  fero  vomit  ore  Typjkoeus.  Poi- 
ché Carlo  Martello  mori  innanzi  al  padre,  si 
intruse  nel  regno  di  NapoU  Roberto  ,  esclu- 
dendone i  figli  di  Carlo  Martello.  —  Calica. 
Aen.  (Ili,  572-3  ):  Atram  prorumpit  ad  ae- 
thera  nubem ,  Turirine  fumantem  piceo, — Tra. 
Dal  lato  orientale,  tra  Siracusa  e  Messina. — 
Golfo.  Di  Catania.^-MACGioa.  Che  da  altro 
vento. 

24.  Solfo.  Le  cai  miniere  giusta  il  P.  spi- 
rano il  fumo  e  il  ftaoco  dell'  Etna.  Virg.  po- 
ne sotto  1'  Etna  Encelado ,  non  Tifeo.  —  An- 
cora. Il  regno  di  Puglia,  cioè  il  regno  di  Na- 
poli e  di  Sicilia  ,  fu  da  Urbano  IV  concesso 
a  Carlo  d'  Angiò ,  avo  di  Carlo  Martello ,  per 
lui  e  suoi  discendeiiti  inritio  in  quarta  gene- 
razione  (  Vili.  VI,  90  );  la  qual  finiva  nei  ne- 
poti  di  Carlo  Martello.  Però  dice  che  la  Sici- 
lia avrebbe  attesi  ancora  i  suoi  re  legittimi 
nati  da  esso  Carlo  Martello.  Il  quale  ebbe  fi- 
gli Carlo  Umberto  fVill.,  IX,  175)  che  re- 
gnò dopo  lui  In  Ungheria,  e  Clemenza  di  cui 
nel  e.  seg.  S' intenda  per  Carlo  e  Rodolfo  , 
Carlo  d'  Angiò  avolo  del  Martello ,  e  Rodolfo 
I  imperatore  d'Austria,  la  cui  figlia  fu  mo- 
glie a  Carlo  Martello  nel  1291.  Cosi  nel  san- 
gue di  Carlo  Martello  s*  univa  il  sangue  ghi- 
bellino ed  il  guelfo;  e  per  questa  unione  del- 
la casa  di  Francia  con  la  imperiale  ,  Dante 
l'amò  forse  d'amore  più  vivo. 

25.  Accora.  Affligga  ed  irriu.— Palermo. 
Qui  ebbe  principio  il  gran  Vespro  in  cui  fu- 
rono morii  de*  Francesi  in  Sicilia  più  di  quat- 
tromila, e  Pietro  d'Aragona  fu  signore  del- 
l' isola ,  cKlasoiie  l'Angioino  (  Vili.,  VII ,  59). 


UB 


DBL    FARAD  I^SO 


Mono  Pifcfo  a  gridar  :  mora ,  mora. 

j6    E  s«  nio  frale  qiiHlo  antivedesse , 
L*  avara  povertà  di  Catalogna 
Bià  ftiw^rtt.  percbè  non  gli  offendesse. 

in    Che  miàiìnìtr  provveder  bisogna 
f^  lui  (>  per  altrui,  si  eh*  a  sua  barca, 
OMrtcìt  «  pili  di  carco  non  si  pogna . 

S^    Li  :M*  natura ,  che  di  larga ,  parca 
JMtfCt^e.  avria  mestier  di  tal  milizia 
Che  non  curasse  di  mettere  in  arca. 

j9    Pnocch'  io  credo  che  V  alta  letizia 
Che  1  tuo  parlar  m' infonde,  signor  mio, 
Or'  ogni  ben  si  termina  e  s*  inizia 

30    Per  te  si  veggia ,  come  la  vegg'  io , 
Cir4ta  m*  è  più.  E  anche  questo  ho  caro, 
IVrchò  1  disccrni  rimirando  in  Dio.    . 

$1  Fatto  m' hai  lieto ,  e  cosi  mi  fa  chiaro. 
Poiché  parlando  a  dubitar  m' hai  mosso 
Come  uscir  può  di  dolce  seme,  amaro. 

Si  Questo  io  a  lui,  ed  egli  a  me:  s'ioposho 
Mostrarti  un  vero ,  a  quel  che  tu  dimane  i 
Terrai  1  viso,  come  tieni  1  dosso. 

Il  Vespro  fili  Del  1282;  nel  1295  (  anno  cbo 
morì  Cario  Martello  ) ,  per  tratuto  fra  Cari» 
il  Zoppo  e  Iacopo  d'  Aragooa ,  torno  la  Siri- 
iia  agli  Aogioini  :  ma  i  SiciliaDÌ  s'  opposero  : 
conobbero  re  Federigo  d'Aragona  fratello  di  la- 
cupo,  né  Roberto  potè  più  riavere  quel  regno. 

26.  Frate.  Roberto.  —  Antivedesse.  Pri- 
ma d*  essere  re.  Sali  i  trono  nel  1308.  — Ca- 
TALooNA.  Quando  fa  in  CaUlogoa  ostaggio  pel 
padre,  Roberto  si  fece  amici  molti  poveri  ca- 
ulani  che  poi  condusse  nel  regno  :  e  impigua- 
rono  dell'avere  de* popoli. — Gli.  Nonnoces- 
se  a  lui,  accorando  i  popoli. 

27.  Bahca.  L'  avarizia  sua  non  s'  aggravi 
con  l'altrui. 

28.  Parca.  Il  parco  Roberto  era  figlinolo 
di  generoso  padre.  —  Discese.  Is. ,  LVl  :  in 
viatn  tuam  declinaverunt  unusquitque  ad  a- 
vnritiam.  Suo  padre  fu  Carlo  11  il  Zuppo. 
Parco,  io  mal  senso,  è  nel  Purg.  :  Al  mon- 
tar su  ,  oontra  $ua  voglia  ,  è  parco,  Cic.  : 
Largum,  benefieum,  (tòera^m,  liae  $unt  re- 
giae  laudes. — Arca.  Juven.  :  ^ManCum /erra- 
to ditt9t  ah  arca  Sacculus  . . .  Sempre  contro 
r  avarizia  scocca  i  suui  dardi  il  P.  (  Inf.»  1, 

VI ,  va  .  xvii ,  xviu .  XIX ,  xxi ,  xxii , 

XXIII,  XXIV,  XXV  ,  XXX;  Purg.,  XIV,  XIX, 
XX,  XXII  ,  XXXIl;  Parad.,  VI,  IX,  XIU , 
XVIII,  XXIV,  XXYII,  XXIX). 

29.  Termina.  Apoc;  Ego  mai .. .  prtnet- 
pium  9i  Iiai9* 


33  Lo  Ben  che  tutto  1  regno  che  tu  scatjiii 
Volge  e  contenta,  fa  esser  virtute 
Sua  prowedenza  in  questi  corpi  grandi. 

Sk    E  non  pur  le  nature ,  provvedute 
SoD,  nella  mente  ch'è  da  sé  perfetta. 
Ma  esse  insieme  con  la  lor  salute. 

35  Perchè  quantunque  questo  arco  saetta. 
Disposto  cade  a  provveduto  fine 

Si  come  cocca  in  suo  segno  diretta. 

36  Se  ciò  non  fosse,  il  ciel  che  tu  cammine 
Producerebbo  si  li  suoi  efletti 

Che  non  sarebbero  arti  ma  mine. 

37  £  ciò  esser  non  può ,  se  gì'  intelletti 
Chemovon  queste  stelle,  non  son  manchi, 
E  mancol  Primo,  che  non  gli  ha  perfetti. 

38  Vuo'tu  chequesto  verpiii  tis'imbianclii? 
Ed  io:  non  già.  Perchè  impossibii  veggio 
Che  la  natura,  in  quel  eh' è  uopo,  stanchi. 

390nd'  egli  ancora  ?  or  di',  sarebbe  il  peggio 
Per  l'uomo  in  terra,  se  non  fosse  civc? 
Si ,  rispos  io  :  e  qui  ragion  non  che^^giu. 

40    £  può  egli  esser ,  se  giù  non  si  vive 

31.  Amaro.  Terz.  28:  La  sua  natura,  che 
di  larga,  parca  Discete. 

33.  Volge.  Per  m«zzo  delle  angelicbe  intel 
ligenze.  —  Contenta.  Nel  Gonv.  spiega  coim 
il  moto  delle  sfere  inferiori  é  l'amore  del  pri- 
mo mobile.  —  Provvbdbnza.  Fa  che  la  sua 
providenza  diventi  virtù  che  influisca  da'  pia- 
neti nelle  cose  del  mondo.  —  Corpi.  Cheim 
primono  nelle  cose  mortali ,  cobn  in  cera  . 
varie  potenze  e  virtù.  Deut. ,  IV  :  Solem ,  $t 
lunatn  ,  eC  omnia  astra  eoeli . .  •  ertami . . . 
Deus . . .  tn  ministerium  eunctis  gentibut. 

34.  Nature.  I  cieli  provedono  non  solò  al- 
le varie  nature  delle  cose ,  ma  alla  loro  dorata. 

35.  Perchè.  Onde  tutte  le  influeiiie  di  quas- 
sù ,  son  disposte  a  line  già  prò  veduto  da  Dw>. 
Boet.  :  Ne  qiùd  in  regno  proìtidentiae  HeeiU 
temeritati. 

87.  Intelletti.  Angelici  (v.  109).  —  Pai- 
■o.  Dio.  Così  lo  chiama  nella  lettera  a  Ca- 
ne. —  Perfetti.  Participio. 

38.  iMRiANCHi?  Inf.,  Il:  'L  solsVimbÙM' 
ea.  —  Stanchi.  Neot.  pas.  V,  verso  10:i.  Il«- 
narch.  ;  Quum  Deus  et  natura  in  fiactiaams 
non  deRciat. 

39.  CiVB  ?  L' osa  nel  Purg. ,  XXXII.  Arìst. 
chiama  l'uomo  animale  civile  poUtieàn  lòem. 
Uidor.  (  Or. ,  XV ,  2  )  :  Ctutloa  eit  Aoflunaiii 
mulltlttdo,  soeietatis  vineulo  adunaia, 

40.  Maestro.  Arist.  nell*  Etica  e  nella  Po- 
Ut.  Nel  CooY.  lo  chiama  :  mofilro  dnW  urna- 


CANTO    Vili. 


kì» 


Diversamente  per  diversi  uffici  ? 
No,  se  il  maestro  vostro  ben  vi  scrive. 
h\     Sì  venne  <Ieducendo  insino  a  quicì 
Poscia  conchiuse  :  dunque  esser  diverse 
Convien  de*  vostri  effetti  le  radici. 

42  Perch'  un  nasce  Solone,  ed  altro  Serse; 
Altro  Melchisedéch  ,  ed  altro  quello 
Che  volando  per  1'  aere  il  figlio  perse. 

43  La  circular  natura  eh'  è  suggello 
Alla  cera  mortai ,  fa  ben  su'  arte. 

Ma  non  distingue  l'un  dalfaltro  ostello. 

Uk    Quinci  addivien  eh'  Esaù  si  diparte^ 
Per  seme  da  Jacob  ;  e  vien  Quirino 
Da  si  vii  padre  che  si  rende  a  Marte. 

45    Natura  generata  il  suo  cammino 

na  ragione.  Post.  Caet.  :  Vt  komo  poiset  ci- 
véliUr  vivere  ,  fuit  expediens  divenitae  homi' 
nwn  et  artium, 

41.  Diverse.  I  varii  offizii  chieggono  va- 
ria facolMi.  y.  V.  93. 

42.  SoLpNE.  Lcgislator  di  rep.  o  tiranno 
aeoza  legge.  —  Mblcuisedéch.  (Gen. ,  \1V). 

43.  Natura.  La  virtù  de*  cieli  circoboti  , 
che  come  sigillo  imprime  ne'  corpi  mortali 
influenze  varie  ,  fa  bene  V  uffizio  suo  ,  ma 
non  distingue  casa  di  re  da  casa  di  povero, 
corpo  di  duca  da  corpo  di  mendico  ;  nel  po- 
vero infonde  regi  spiriti ,  servili  nel  re. 

44.  Esaù  (  Gen.  ,  XXV  ).  Greg.  (  Hom.  X. 
io  £v.  )  ;  Quum  uno  tempore  tUrumque  (Ja- 
cob et  Esaù  )  mater  fuderit,  non  unautrius- 
^e  vilae  qualitas  fuit,  Uog.  Bacon.  (Op.  maj.}: 
Singula  puncta  terrae  tunt  centra  divertorum 
horizontum  ,  ad  quae  coni  diversorum  pyra- 
midum  virtutum  coeleitium  veniunt ,  ut  pot- 
imi producere  herbas  diversarum  speeierum  in 
eadem  particeUa  terrae  minima  et  gemellos  in 
tadem  matrice  divertificare  in  eomplexione 
•I  moribus  ...  —  Quirino.  Romolo.  —  Ren- 
ai. Attribuisce.  Virg.  :  Marte  gravii. 

45.  Generata.  Il  generato  sarebbe  simile 
al  genitore  ,  se  la  providenza  non  dispones- 
bc  altrimenti  per  1*  ordine  della  locietà.  — 


Simil  farebbe  sempre  a'  generanti 
Se  non  vincesse  il  provveder  divino. 

i6  t Or  quel  che  t'era  dietro,  t*  è  davanti. 
Ma  perchè  sappi  che  di  te  mi  giova  , 
Un  corollario  voglio  che  t'  ammanti. 

VI    Sempre  natura ,  se  fortuna  trova 
Discorde  a  sé ,  com*  ogni  altra  semento 
Fuor  di  sua  reglon  ,  fa  mala  prova. 

48  £  se  il  mondo  laggiù  ponesse  mentu 
Al  fondamento  che  natura  pone, 
Seguendo  lui ,  avria  buona  la  gente, 

49  Ha  voi  torcete  alla  religì'oDe 

Tal  che  fu  nato  a  cingersi  la  spada  ; 
£  fate  re  di  tal  eh*  è  da  sermone. 

50  Onde  la  traccia  vostra  èfuordi  strada. 

Vincesse.  Hier.  (  cont.  Rnf.  )  :  Non  in  temi- 
nibui  $ed  in  voluntate  natcentit ,  eautea  vi- 
tiorum  eet  atque  virtutum  (  Porg.  ,  VII  ). 

46.  Datanti.  (  y.  96  ).  —  Ammanti.  Pie- 
tro :  CoroUarium  ambitus  orationie»  Però  di- 
ce ammanti  (  Purg.,  XXVill). 

47.  Fortuna.  L'  inielUgenza  permutatrice 
de*  boni  del  mondo  (Inf. ,  VII  ).  Natura  e  for- 
tuna chiama  il  Bocc.  le  due  ministre  del  mon- 
do. —  RkoYon.  Stalo.  —  Prova.  Conv.  :  Le 
piante  hanno  amore  a  certo  luogo  più  mani- 
festamente secondo  che  la  complessione  richie- 
de :  e  però  vedemo  certe  piante  lungo  V  acque 
quasi  piantarsi ,  e  eerte  sopra  i  luoghi  delle 
montagne  ,  e  eerre  nelle  piagge  e  a  pie  dei 
monti  ;  le  quali  se  si  trasmutano  o  muoiono 
del  tutto ,  0  vivono  quasi  triste  siccome  cote 
disgiunte  dal  loro  amico, 

48.  FoNOAMBNTO.  ludolc  di  ciascQDo. 

49.  Sermone.  Grand'  odio  aveva  Dante  a 
Roberto,  sostegno  perpetuo  de' Guelfi  e  de' pa- 
pi ,  che  inviò  a  Roma  il  fratel  suo  perchè 
contrastasse  all'  entrau  d'Enrico  VII.  É  Tara- 
mente  Roberto  scrisse  sacri  sermoni.  E  a  Ve- 
nezia» nella  biblioteca  di  s.  Gio.  e  Paolo  m 
ne  conservavan  parecchi  :  per  capitoli  di  fra- 
ti, per  sacre  solennità;  tra  gli  altri,  ono  io 
lode  della  gaelfe  Bologna. 


CANTO    IX. 


«31 


7  Deh  metti  al  mio  volertosto  compenso, 
Beato  spirto,  dissi  ;  e  fammi  prova 
Ch*io  possa  in  te  rifletter  quelch*i' penso! 

8  Onde  la  luce  che  m'era  ancor  nuova , 
Del  suo  profondo  ond'ella  pria  cantava 
Seguette  ,  come  a  cui  di  ben  far  giova  : 

9  In  quella  parte  della  terra  prava 
ftalica  ,  che  siede  intra  Rialto 

E  le  fontane  di  Brenta  e  di  Piava , 

10  Si  leva  un  colle,  e  non  surge  molt*alto, 
Là  onde  scese  già  una  facella 

Che  fece  alla  contrada  grande  assalto. 

11  D*una  radice  nacqui  e  io  ed  ella  : 
Cunizza  fui  chiamata.  £  qui  refulgo 

'  Perchè  mi  vinse  il  lume  d'està  stella. 

12  Ma  lietamente  a  me  medestna  indulgo 
La  cagion  di  mia  sorte ,  e  non  mi  noin  ; 
Che  forse  parria  forte  al  vostro  vulgo. 

7.  Piova.  Mostrami  c\^t  in  vedi  qoello  ch'Io 
penso. 

8.  Cantava.  Osanna  (Vili,  10). 

tf.  Parte.  Marca  Trivigiana. — Prava  (Inf., 
XVI)  chiamò  la  Toscana  terra  prava,  —  Rial- 
to. Auun.  :  Anticamente  Vlnegia  ii  chiamò 
iltollo.' Brenta.  Fiami  che  scendono  dal- 
l' Alpi  che  partono  lulia  da  Germania,  e  meU 
toDO  nel  golfo  di  Venezia. 

10.  Colle.  Dov'è  11  caste!  di  Romano. — 
Facella.  Una  fiaccola  sognò  Eenba  incinta 
di  Paride;  e  così  sognò,  dice  Pietro,  la  ma- 
dre d'Ezzelino  terzo.  Di  lai,  Inf. ,  XII. 

11.  CcNizzA.  Post.  Caet.  :  Pkiit  magna  me- 
nirix.  Anon.:  fisse  amorosamente  in  vestire, 
€Qnto ,  e  giuoco ,  ma  non  in  alcuna  disone' 
Mad$,„  eonseMÌ.  Io  credo  al  primo. 

13.  Gioia.  Folchetto  di  Marsiglia.  L'Ott.  : 
#W  dictìore  tn  rima  di  cose  leggiadre  ...  eke 
fmrono  e  saranno  per  fama  grasiose  al  mondo, 
datut  «Ut  avrà  lunga  nominanza,  —  Muoia. 
SI  spegna. 

14.  Incinqua.  Passerà  cinque  secoli.  Dav.: 
Imemquavanii  i  magistrati  (  quintupUcari  ). 
E  nelle  postille  nota:  Ornerò^  Dante,  e  tutti 
•  grandi  formano  nomi  delle  cose.  —  Vedi. 
Virg.  (  VI,  807  )  :  Et  dubitamtis  adhue  vir- 
iwtom  estendere  factis  ?..  ;  X ,  469  :  Hoc  vir- 
iutis  opus,  —  Altra.  Del  nome.  S*  oppone  , 
BM  in  apparenza ,  a  qael  che  disse  (.  Pnrg.  , 
XI  )^Relinqua.  Petr.  (Tr.):  Virtù  relinque. 

16.  Adige  (  K.  Pnrg. ,  XVI).  U  Marca  Tri- 
vigiana, allora  allargata»  stendevasi  in  questi 
confini.  Quindi  più  chiara  la  ragione  del  no- 
minar  Feltre  a  proposito  d'un  ignora  dime* 
raote  sull'Adige  (  inf.,  I  ).—  Battuta. Ot 


13  IK  questa  Inculenta  e  cara  gioia 

Del  nostro  cielo,  che  più  m'è propinqua. 
Grande  fama  rimase,  e  pria  che  muoia, 

14  Questo  centesim  anno  ancor  s*incìnqua. 
Vedi  se  Tar  si  dee  V  uomo  eccellente 

SI  ch'altra  vita  la  prima  relinqua. 

15  E  ciò  non  pensa  la  turba  presente 
Che  Taglìamento  e  Adice  richiude; 
Né  per  esser  battuta  ancor  si  pente. 

16  liik  tosto  fia  che  Padova  al  palude 
Cangerà  1*  acqua  che  Vicenza  bagna  , 
Per  esser  al  dover  le  genti  crude. 

17  E  dove  Silo  e  Cagnan  s*  accompagna 
Tal  signoreggia  e  va  con  la  test'  alta, 
Che  già  per  lui  carpir  si  h  la  ragna* 

18  Piangerà  Feltro  ancora  la  diifalta 
Dell'empio  suo  pastor,  che  sarà  sconcia 
Si,  che  per  sìmil  non  s'entrò  in  Malta. 

Erzelino  e  da  Alberigo  sao  fratello,  e  dagli 
altri  tiranni  della  Marca.  Jpr.  ,  lì  :  Frustra 
percussi  fiUos  vestros  ,  discipUiiam  non  rece- 
perunt, 

16.  Padota.  I  Padorani  vinti  da  Cane  (Vili., 
IX,  62  ).  Di  qua  del  Bacchiglione  ,  là  dove 
impaluda ,  sarà  tinta  in  rosso.  Predice  la  rotta 
che  Iacopo  di  Carrara  ebhe  dallo  Scaligero 
ne*  borghi  di  Vicenza  il  di  17  settembre  1314, 
Altra  rotu  cbhero  nel  1318  (ViU.,  IX,  87). 
Forse  della  seconda  intende  il  P. 

n.  Sii.1.  In  Trevigi.  —  Tal.  Riccardo  da 
Camino.  —  Ragna.  Tramarono  d' ncciderlo  , 
e  Ita  nel  1312  mentre  giuocava  agli  scacchi 
(  Mnssat. ,  VI  ).  Il  macchinatore  tu  nn  Aui- 
nasi  de' Calzoni  trivigiano.  L'OU.  Io  fancciso 
da  Cane  per  mano  ì  uno  viUano  eoi  trattalo 
di  eerti  gentiluomini  del  paese.  Il  Bocc.  dice, 
che  a  tavola  ,  per  mano  di  un  pazzo  di 
cni  si  valsero  i  signori  a  lui  confinanti  per 
torgli  là  signoria.  IlMurat.  nella  nota  al  Mnss. 
(e.  VI ,  nib.  10  )  vuole  la  congiura  tramata 
.dai  Ghibellini ,  e  lo  Oi  ucciso  con  un  ronco 
da  nu  contadino  ;  e  V  uccisore  fatto  in  pezzi 
dalle  guardie:  o  da'  congiurati.  Ma  Dante,  io 
credo,  non  credeva  complice  lo  Scaligero. 

18.  DiPFALTA.  Mancamento  di  fede.  —  Pa- 
STOR.  GiuUano.  Novello  di  Piacenza  uomo 
guelfo  (  altri  dice  Gaza  di  Luscia  feltrino  ). 
Rifuggiti  in  Feltre  tredici  Ferraresi  guerreg* 
gianti  col  papa ,  il  vescovo  allora  signore  df 
Feltre,  li  prese  e  diede  al  govemator  di  Fer- 
rara par  re  Roberto  »  M.  Pfaio  della  Tosa ,  che 
li  fece  morire.  II  Tescovo  mori  nel  13S0  in 
esilio.  AI  dir  dell'Anoo. ,  fis  tornio  haiiuto  cof% 
9a€M  fimi  a  tmm,  9k9  99mmoiminhaio 


CANTO    IX. 


W3 


31  Ad  un  occaso  quasi  e  ad  un  Arto 
Buggeaaiede^  e  la  terra  ond'  io  fui, 
Che  fé  del  sanguesuo  già  caldo  il  porto. 

38    Folco  mi  disse  quella  gente  a  cui 
Fu  noto  il  nome  mio  :  e  questo  cielo 
Di  me  a'  imprenta ,  com'  io  fé*  di  lui. 

33    Che  più  non  arse  la  figlia  di  Belo, 
Rolando  ed  a  Sicheo  ed  a  Creusa, 
hi  me  ,  infin  che  si  convenne  al  pelo; 

Zk    Nò  quella  Rodopea  che  delusa 
Fu  da  D^ofoonte  ,  né  Alcide 
Quando  Iole  nel  core  ebbe  richiusa. 

35  Non  però  qui  si  pente  ,  ma  si  ride , 
Non  della  colpa  eh*  a  mente  non  torna, 
Ma  del  valore  eh'  ordinò  e  provvide. 

36  Qui  si  rimira  nell  arte  eh'  adoma 


snU  coble ,  serventesi ,  td  altri  diri  pnr  rima; 
fu  fholto  onoralo  dal  re  Rivcardo  d*  I  ighilter- 
ra  ,  e  dal  eoni9  Ramondo  di   Tolosa ,    e  da 
Barale  di  Uanilia,  nella  cui  corte  converta- 
«0.  J^  hello  del  corpo ,  omafo  paiìadort .  cor- 
fMt  donatore  >  ed  in  amare  acceto  ',   ma  co- 
fano •  savio  ;  amò  per  amore  Adalagia  mo- 
f  Im  di  Barale  euo  signore  ;    e  per  rieoprini , 
fàeea  se§no  d*  amare  Laura  di  s.  Giulia  ,  e 
Bettima  di  Ponieven ,  iirocchie  di  Barale  (  in 
riè   r  imUava  il  Nostro  :   di  che    reggasi  la 
ViU  Noova  )  ,  ma  più  si  copriva  verso  La*i- 
f»  p  di  che  Barale  H  diede  cangio  :  ma  morta 
la  Wfoglit  di  Barale ,  doglia  maravigliosa  ne 
frmtt  e  rendè  sé  con  la  sua.  moglie  e  due  suoi 
figliuoli  neU'  ordine  di  Cestella  ;  poi  fu  fatto 
abate  di   Toronello  ,  e  poi  vescovo  di  Marti- 
ha ,  di'  onde  cacciò  molti  eretici.   Fu  caro  a 
Biccardo  d*  iughilterra  e  ad  Alfonso  IX.  — . 
Ebao.  a  Ponciiic.  In  Ispagna;  sbocca  nel  Me- 
diterraneo in  Catalogna.  Lo  nomina  Virgilio. 
-^  M.4CRA.  A  Levante.  ConGne  tra  la  Tosca- 
na e  il  Genovese.   Marsiglia   è   in  mezzo  tra 
Magra  ed  Kbro.  —  Cobto.  La   Magra  scorre 
per  diritto  canale. 

31.  Bi'OGiA.  Bagia.  in  Barbaria.  Marsiglia 
e  Bugia  sono  sotto  al  meridiano  medesimo 
quasi  :  diflerisre  di  longitudine  d'  un  grado 
circa.  —  TiKRA.  Marsiglia  assediata  da  Bru- 
to ,  quando  Cesare  andava  in  Ispagna  ,  s*in- 
tangaÌDÒ  (  Caes.  ,  B.  ,  1.  II  ).  Lue.  ,  III  : 
Cruor  altus  in  undis,  Spumai.  .  .  Fu  sangue 
0parao  per  la  libertà. 

39.  Noto.  Ar.  :  Chi  lo  conosce  Rabican  V 
appella.  Forse  con  ciò  vuol  dire  cbe  Folco  » 
noo  Folchetto,  era  il  nome  suo  vero. —  Cii- 
I.O.  Yanara  ai  abbella  della  mia  Inee. 


Cotanto  efletto  ;  i^  dlscernosi  1  bene 
Perch*  al  mondo  di  su  quel  di  giù  torna. 

37  Ma  perchè  le  tue  voglie  tutte  piene 
Ten  porti,  che  aon  nate  in  quasta  spera. 
Procedere  ancor  oltre  mi  conviene. 

38  Tu  vuoi  saper  chi  è'n  questa  lumiera 
Che  qui  appresso  me  cosi  scintilla 
Come  raggio  di  sole  io  acqua  mera. 

39  Or  sappi  che  li  entro  si  tranquilla 
Raab  :  eid  a  nostr' ordine  congiunta, 
Di  lui  nel  sommo  grado  sì  sigilla. 

^ODa  questo  cielo  in  cui  Tombra  s* appunta 
Che  il  vostro  mondo  face,  pria  ch'altr'alma 
Del  trionfo  di  Cristo  ,  fu  assunta. 

hi  Ben  si  convenne  lei  lasciar  per  palma 
In  alcun  cielo  ,  dell'alta  vittoria 


33.  Belo.  Didone.  Aen.  »  I  :  Genitor  tum 
Belus  ...  —  Chkusa.  Accenna  di  Creusa  an- 
co nella  Monarch.  —  Mi.  Arai  d'  Adalagia. 
L'  Ott.  intende  che  Folco  amò  maritate  ,  a 
vergini  ,  e  vedove ,  e  gentìH ,  e  popMesche.  -* 
Pelo.  Giovanile.  Tib.  :  ffec  amare  decebit , 
Dicere  nec  cano  blanditias  capite. 

34.  Rodopea.  Fillide.  Rodope  monte  di  tra- 
cia. Ov.  (  Ber.  II  )  :  Hospita  ,  Dsmophoon  , 
tua  te  Rhodopeia  Phyllis.  £gii  promise  tor- 
nare :  mancò  :  ella  mori  sospesa  ad  un  albe- 
ro. Qui  Pietro  cita  Virgil.  (  Ed. ,  V.  )  :  Phyt- 
lidis  ignee.  —  Alcide.  (  Ov. ,  Her.  IX  ). 

35.  Torna.  Spenta  in  Lete  (  Pnrg. ,  XXViU. 
43).  — Valobe.  Divino  (  Purg.  ,  XI ,  2  }.•*- 
Ordinò.  Cant.  :  Ordinavit  in  me  charitatem- 

36.  Adorna.  Il  mondo  con  tanto  efretto  d' 
amore,  e  lo  dirige  a  degno  fine:  onde  il  mon- 
do di  giù  corrisponda  a  quello  di  su  :  le  in* 
fluenze  superne  fanno  simile  al  ciolo  la  terra- 
Conv.  :  Discendere  la  virtù  d'  una  cosa  in  al- 
tra ,  non  è  altro  che  ridurre  i/uella  m  sua 
similitudine.  —  Torna.  L'  amore  profano  lo 
convertirono  in  tem|M>  a  Dio.  Altri  intende:  il 
mondo  di  su  gira  (  toume)  il  mondo  di  sotto. 

39.  Raab  (  Jos.  ,  lì  ).  Meretrice  di  Geri- 
co :  salvò  le  spie  di  Giosuè  ,  ond'  e'  la  tolse 
a  morte  nel  sacco  ;  ed  ella  credette  al  Dio 
vero.  La  loda  s.  Paolo  (  Uebr.  ,  XI  ).  —  Si- 
gilla. Sopra:   Questo  cielo  di  me  s'impronta. 

40.  Ombra.  L' ombra  della  terra  piramida- 
le ,  finisce  nel  cielo  di  Venere  (  Tbolom.  , 
Alroag.  ). —  TrYo.npo.  Così  chiama  le  anina 
salve  in  Cristo  (e.  XXIU,  7). 

4t.  Per  palma.  Segno  di  vittoria.  —  Pal- 
ma. Confitte  in  croce.  Act. ,  XX:  Eceletiam 
Dei ,  quam  aequieMi  iangmine  wo. 

55 


43%. 


DEL    PARADISO 


Ch'esso  acquistò  cod  luna  e  raltra  palma. 

42  Pereti'  ella  favorò  la  prima  gloria 
Di  losuè  in  su  la  terra  saota. 

Che  poco  tocca  al  papaia  memoria. 

43  La  tua  città  che  di  colui  è  pianta 
Che  pria  volse  le  spalle  al  suo  Fattore, 
E  di  cui  è  la  *nvidia  tanto  pianta, 

44  Produce  e  spande  il  maledetto  fiore 
6h*  ha  disviate  le  pecore  e  gli  agni, 
Perocché  fatto  ha  lupo  del  pastore. 

42.  Prima.  L'espugnazione  di  Crerico. 

43.  Colui.  Invidioso  e  superbo.  Nel  X  del 
1'  Inf.  la  chiamò  nobil  patria, 

44.  FioBB.  Fiorino  gigliato.  Di  qui  si  vede 
quanta  potenza  sui  costumi  d' Italia  avesse 
)a  Toscana  d'  aUora.  Armannino  nella  Fiorita 
dice  :  Di  que$to ,  la  Toscana  d*  ogni  male  n* 
è  cagione  per  la  sua  malizia ,  la  quale  il  dia- 
volo entro  vi  lasciò  ,  la  quale  li  ha  fatti  per 
lo  mondo  più  grasiosi  alle  genti  che  nuW  al- 
tra nasione ,  per  la  loro  malixia ,  e  non  per 
tuMiira.  —  Lupo.  Parola  sa^ra  nel  P.  a  dino- 
Ur  r  avarizia.  Inf.  ,  XIX  :  Vostra  a%>ar%3ivak  H 
mondo  atfn'sia. 

45.  DicasTALi.  Libri  delle  leggi  ecclesia- 
stiche. Bonifazio  ai  cinque  che  v'erano  com- 
pilati nel  1834,  aggiunse  il  sesto.  Monarch.: 
Swni  quoe  decretalistae  volunt ,  theologiae  et 
phUosophioB  eujusUbet  expertes ,  tuis  deere- 
taUkus  n  qwu  profecto  venerandas  existimo  , 
tota  intentione ,  omnia  de  illorum  praevalen- 
tia  sperantei,  imferatori  derogant, — Vivagni. 
A'  margini  de*  libri ,  unti  dal  grande  svolger- 
li: 0  meglio:  alembi  de'fini  panoi  che  portano. 


45  Per  questo  Tevangelico  e  i  dottor  magni 
Son  derelitti ,  e  solo  a' decretali 
Si  stadia  si  che  pare  alor  vivagni* 

^6    A  questo  intende  il  papa  e  i  cardinali. 
Non  vanno  i  lor  pensieri  a  Nazarette  , 
Là  dove  Gabriello  aperse  Tali. 

VI    Ma  Vaticano,  e  l' altre  parti  eletta 
Di  Roma  che  son  state  cimitero 
Alla  milizia  che  Pietro  seguette» 

^8    Tosto  libere  Gen  dell'  adultero. 

C.  XXI  :  Copinoti  de"  manti  lor  gli  palafrem, 
46.  Cardinali.  Màledietos  li  chiama  nn  an- 
tico comentatore.  Nei  1314,  scrìsse  Dante  nna 
lettera  latina  a'  cardinali  :  ma  indarno.  — 
Ali.  Matth.  :  Missus  est  Asn,gelus  Gabriel .  • . 
ad  frir^finem. 

48.  Tosto.  Altri  intende  la  grande  riforma, 
adombrata  nel  I  dell' Inf.  ;  altri  la  traslaiione 
della  sede  in  Francia  :  io  sto  al  primo.  — 
Adultìro.  Inf. ,  XIX  :  Le  cose  di  Dio  .  .  . 
Per  oro  . , ,  adulterate,  Jer. ,  IX  :  Omnee  advl- 
feri  sunt ,  eoeiue  praevaricatorum.  Ogni  beM 
torto  a  male  é  prostituzion  di  belleua.  Bnck., 
XVI  :  Judieabo  te  judieiis  adutteratum^  eief- 
fundentium  sanguinem..;\X:  In  friapatnm 
vestrorum  vo$  polluimini,  et  poet  offenéieém 
eorum  fomieamini»  Conv.  (  1,9  )  :  Ar  amI- 
vagia  disusanza  del  mondo  hanno  UuoiaUsh 
leaerafuro  a  coloro  che  l*  hanno  fatta  di  dm- 
na  meretrice  :  e  questi  nobili  tono  prine^* 
òarom  »  eavaliwL  E  Bonifàiio  era ,  seeoado 
Dante ,  doppiamente  adultero  con  la  CMesa 
poiché  ne  aveva  cacciato  lo  sposo  teiittìao 
.  Celestino.        , 


435 


CANTO      X. 


ARGOMENTO. 

Sono  nel  iole  :  qmvi  le  anime  de*  dotH  in  iiiudii  divini.  Beatrice  ^i  paHa  di 
f .  Tomaso  d  i4^tno  ,  e  gli  mostra  altri  teologi  e  filosofi  del  suo  tempo  ed  antichi: 
dH  suo  tempo  Alberto  Magno ,  I*ier  Lombardo  ,  Riccardo  da  s.  Vittore  ,  Sigieri  ; 
e  piì^  anttchi  Graziano  ,  Reda  ,  Isidoro,  Roesio ,  Orosió  ,  Dionigi  P  Areopagita  , 
Salomone.  Da  un  verso  che  qui  getta  sul  re  degli  Ebrei  ,  e  da  un  edtro  sull*  ordi- 
rne domenicano  ,  coglierà  occasione  a  due  lunghe  digressioni  ne*  canti  che  seguono. 
La  mcUeria  politica  occupa  ormai  meno  spazio;  il  cwnre  fa  lìiogo  eUC  intelletto  ;  le 
eUaxioni ,  i  ragionamenti  scientifici  soprabbondano. 

Li  prima  parte  del  capto  è  forse  lunghetta. 

Por  belle  le  tenioe  2,  3,  5,  6,  7,  10;  la  i%  alla  17;  la  19  alla  S3;  la  85  alla  38; 
la  81,  83,  34,  43,  44,  48,  47,  49. 


Guardando  ael  suo  Figlio  con  T  Amore 
Che  r  uno  e  1*  altro  eternalmente  spira, 
Lo  primo  ed  inefTabile  Valore , 

Quanto  per  mente  o  per  occhio  si  gira 
Con  tant* ordine  fé,  ch'esser  non  puote 
Senza  gustar  di  lui ,  chi  ciò  rimira. 

1.  FifiLio.  Jo.,  I:  Omnia  per  iptum  faeta 


%.  GiiA.  Inf. ,  XXX  :  Bsr  la  memoria  mi 
si  gira.  Boet.:  Omnium  generatio  rerum,  eun- 
ttusgue  mutabilium  naturarum  progressus,  et 
^dguid  aliquo  movetur  modo  ,  eausas ,  or- 
éinem,  formas  ex  divinae  meniti  ttabiUtate 
sottitur,  —  Senza.  Conoscere  ed  amare  Iddio. 
Psalm.:  Gustate,  et  videte,  quoniam  tuavù 
est  Dominui,  Boet.,  Ili:  Retpieite  coeli  epa- 
tlmm ,  firmitudinem,  eeteritatem,  et  aliquan- 
éo  detffitie  vilia  mtrarì.  Lattant.  :  fiemo  est 
enim  lom  rudù  .  tam  ferie  moribue  qui  non 
oeulos  *HOi  in  eoetum  tollens  famedi  nesciat 
eujue  Dei  providentia  regatur,  hoc  omne  quod 
etmifMr,  alitiuam  lamen  esse  inieUigat  ex  ipsa 
rerum  magnitudine ,  modi  dispositions ,  con- 


3  Leva  dunque ,  lettore ,  all'alte  rote 
Meco  la  vista ,  dritto  a  quella  parte 
Dove  r  un  moto  air  altro  si  percote. 

&-    £  li  comincia  a  vagheggiar  nell*  arte 
Di  quel  maestro  che  dentro  a  sé  Y  ama 
Tanto  che  mai  da  lei  rocchio  non  parte. 

stantia,  utilitate ,  pulcriludme.  temperafume, 
nee  poste  fieri  quin  id  quod  mirabUi  ratione 
eonttat ,  consUio  majore  aliquo  sii  instruetum. 

3.  Mico.  S'  alzano  al  sole  ,  che  era  allora 
in  Ariete.  Al  capi  d'  Ariete  e  di  Libra  sono 
ponti  dove  il  zodiaco  s'incrocicchia  coli* equa- 
tore. Le  stelle  Ksse  si  movono  in  circoli  pa- 
ralleli all'equatore,  il  sole  e  i  pianeti  in  cir- 
coli paralleli  al  zodìaco  :  però  dice  che  il  mo- 
to delle  stelle  fisse  orta  quasi  e  s*  incontra 
nel  moto  de*  pianeti  e  del  sole. 

4.  Mabstro  Honarch.  :  Natura  est  in  men- 
te primi  motorie  qui  Deus  est;  in  eoelo  tam- 
quam  in  organo  ,  9110  mediante  ,  similUudo 
bonitatis  aetemae  in  fiuitantem  materiam 
explieatur.  Coelum  est  organum  artis  divinae 
quam  naturam  eommuniter  appettant. 


kas 


DEL    FARAD  I^SO 


Mosso  Palenno  a  gridar  :  mora ,  mora. 

26  £  86  mio  frate  questo  antivedesse, 
V  avara  povertà  di  Catalogna 

Già  fuggirla,  perchè  non  gli  oflendesse. 

27  Che  veramente  provveder  bisogna 
Per  lui  0  per  altrui,  si  eh*  a  sua  barca, 
Carica,  più  di  carco  non  si  pogna. 

28  La  sua  natura,  che  di  larga,  parca 
Discese ,  avria  mestier  di  tal  milìzia 
Che  non  curasse  di  mettere  in  arca. 

29  Perocch*  io  credo  che  V  alta  letizia 
Che  *]  tuo  parlar  m' infonde,  signor  mio, 
Ov'  ogni  ben  si  termina  e  s*  inizia 

30  Per  te  si  veggia ,  come  la  vegg  io , 
Grata  m*  è  più.  £  anche  questo  ho  caro, 
Perchè  1  disccrni  rimirando  in  Dio.    . 

31  Fatto  m' hai  lieto ,  e  cosi  mi  fa  chiaro, 
Poiché  parlando  a  dubitar  m*  hai  mosso 
Come  uscir  può  di  dolce  seme,  amaro. 

32  Questo  io  a  lui,  ed  egli  ame:  s'io  posso 
Mostrarti  un  vero ,  a  quel  che  tu  dimand  i 
Terrai  1  viso,  come  tieni  1  dosso. 

Il  Vespro  fìi  Del  1282  ;  nel  1295  (  sodo  che 
morì  Carlo  Martello  ) ,  per  tratuto  fra  Carlo 
il  Stoppo  e  Iacopo  d'  Aragona ,  torno  la  Sici- 
lia agli  Angioini  :  ma  i  Siciliani  s' opposero  : 
conobbero  re  Federigo  d'Aragona  fratello  di  la- 
copo,  né  Roberto  potè  più  riavere  quel  regno. 

26.  Frate.  Roberto.  —  Antivedesse.  Pri- 
ma d'  essere  re.  Sali  '1  trono  nel  1308.  —  Ca- 
talogna. Quando  fa  in  Catalogna  ostaggio  pel 
padre ,  Roberto  si  fece  amici  molti  poveri  ca- 
talani che  poi  condusse  nel  regno  :  e  impigua- 
rono  dell'avere  de* popoli.— Gli.  Nonnoces- 
se  a  lui,  accorando  i  popoli. 

27.  Barca.  L'  avarizia  saa  non  a'  aggravi 
con  l'altrui. 

28.  Parca,  il  parco  Roberto  era  figliuolo 
di  geoeroso  padre.  —  Discese.  Is.,  LVl  :  in 
viam  iuam  declinavBrunt  unuiquisque  ad  a- 
varitiam.  Suo  padre  fu  Carlo  11  il  Zuppo. 
Parco f  io  mal  senso,  è  nel  Purg.  :  Al  mon- 
tar su  ,  oonlra  tua  voglia  ,  è  parco,  Cic.  : 
Largum,  benefieum,  Uberaìetn,  Aae  sunt  re- 
giae  laudes. — Arca.  Juveo.  :  Quantum  ferra- 
ta dittBt  ab  area  Saccului  . . .  Sempre  contro 
r  avarizia  scocca  i  suoi  dardi  il  P.  (  Inf.,  i, 
VI  ,  VII  .  XVII ,  XVIU ,  XIX,  XXI ,  XXII  , 
XXUI ,  XXIV ,  XXV  ,  XXX  ;  Purg.,  XIV ,  XIX , 
XX ,  XXII  ,  XXXIl  ;  Farad. ,  VI ,  IX  »  XIU  , 
XVUI ,  XXIV ,  XXYII ,  XXIX  ). 

29.  Termina.  Apoc;  Ego  nm  ». .  princi- 
pium  U  Iiai9* 


33  Lo  Ben  che  tutto  1  regno  che  tu  scanili 
Volge  e  contenta,  fa  esser  viriate 
Sua  provvedenza  in  questi  corpi  grandi. 

Sk    E  Don  pur  le  nature ,  provvedute 
SoD,  nella  mente  ch'è  da  sé  perfetta, 
Ma  esse  insieme  con  la  lor  salute. 

35  Perchè  quantunque  questo  arco  saetta, 
Disposto  cade  a  provveduto  fìnc 

Si  come  cocca  in  suo  segno  diretta. 

36  Se  ciò  non  fosse,  il  ciel  che  tu  cammine 
Producerebbo  si  li  suoi  effetti 

Che  non  sarebbero  arti  ma  mine. 

37  £  ciò  esser  non  può,  se  gì'  intelletti 
Che  movon  queste  stelle,  non  son  manchi, 
E  manco'l  Primo,  che  non  gli  ha  perfetti. 

38  Vuo'tu  chcquesto  verpiù  tis'imbianchi? 
Ed  io:  non  già.  Perchè  impossibil  veggio 
Che  la  natura,  in  quel  eh' è  uopo,  stanchi. 

390nd'egli  ancora  •  or  di',  sarebbe  ilpe^io 
Per  r  uomo  in  terra ,  se  non  fosse  cì\v1 
Si ,  rispos'  io  :  e  qui  ragion  non  cheggiu. 

40    £  può  egli  esser ,  se  giù  non  si  vive 

31.  Amaro.  Terz.  28:  La  tua  natura,  che 
di  larga  f  parca  Discete, 

33.  Volge.  Per  mezzo  delle  angeliche  intel 
ligenze.  —  Contenta.  Nel  Conv.  spiega  cene 
il  moto  delle  sfere  inferiori  è  l'amore  del  pri- 
mo mobile.  —  Provvedenza.  Fa  che  la  sua 
provideoza  diventi  virtù  che  influisca  da'  pia- 
neti nelle  cose  del  mondo.  —  Cobfi.  Che  im- 
primono nelle  cose  mortali ,  come  in  cera  . 
varie  potenze  e  virtù.  Deut. ,  IV  :  Soiem ,  9t 
lunam  ,  et  omnia  astra  eoeli  . . .  ertomi . . . 
Deut . . .  tn  ministerium  cunctit  gentibus. 

34.  Nature.  1  cieli  provedono  non  solò  al- 
le varie  nature  delle  cose ,  ma  alla  loro  dorala. 

35.  Perchè.  Onde  tutte  le  influenze  di  quas- 
sù ,  son  disposte  a  line  già  proveduio  da  Dio, 
Boet.  :  Ne  quid  in  regno  proìridentiae  Ueeat 
t$m9ritati. 

87.  Intelletti.  Angelici  (v.  109).  —  Pbi- 
■0.  Dio.  Così  lo  chiama  nella  lettera  a  Ci- 
ne. —  Perfetti.  Participio. 

38.  Imbianchi?  Inf. ,  11:  'L  tolgVimbian' 
ea.  —  Stanchi.  Neut.  pas.  F.  verso  10:i.  Il«- 
narch.  :  Quum  Deut  et  natura  tn  tieetifarns 
non  deficiat, 

39.  CiVB  r  L' osa  nel  Purg. ,  XXXIL  Arist. 
chiama  Poomo  animale  civile  poUtieòn  zòon, 
Uidor.  (  Or. ,  XV ,  2  )  :  Ctoìlos  eit  Aomtniiii 
muUUudo ,  toeietatit  vineulo  adunata. 

40.  Maestro.  Arist.  nell'Etica  e  nella  Po- 
Ut,  Nel  CoQY.  io  chiama:  mautro dtU* urna- 


CANTO    Vili. 


439 


Diversamente  per  diversi  uffici  ? 
No,  se  il  maestro  vostro  ben  vi  scrive. 
i^l     Si  venne  «icducendo  insino  a  quici 
Poscia  concbiuse  :  dunque  esser  diverse 
Convien  de*  vostri  cfTetti  le  radici. 

42  Perch'  un  nasce  Solone,  ed  altro  Serse; . 
Altro  Melchisedécb  ,  ed  altro  quello 
Cbe  volando  per  l' aere  il  figlio  perse. 

43  La  circular  natura  eh*  è  suggello 
Alla  cera  mortai ,  fa  ben  su'  arte. 

Ma  non  distingue  f  un  dalf  altro  ostello. 

44  Quinci  addivien  cb'  Esaù  si  diparte^ 
Per  seme  da  Jacob  ;  e  vicn  Quirino 
Da  si  vii  padre  che  si  rende  a  Marte. 

45  Natura  generata  il  suo  cammino 


ragione.  Post.  Caet.  :  Vt  homo  potset  ci- 
vélàm'  vivere  ,  fuit  expediens  divenitas  homi- 
mmm  «t  arltum. 

41.  PiTEBSE.  I  varii  offizii  chieg^oo  va- 
ria facoKà.  V.  T.  93. 

42.  SoLONi.  Legislator  di  rep.  o  tiranno 
seoza  legge.  —  Mblcuisedécd.  (Geo.,  XIV). 

43.  Natuba.  La  virtù  de'  cieli  circolanti  , 
che  come  sigillo  imprime  ne'  corpi  mortali 
infkienze  varie  ,  fa  bene  V  uffizio  suo  ,  ma 
non  distingue  casa  di  re  da  casa  di  povero, 
corpo  di  duca  da  corpo  di  mendico  ;  nel  po- 
vero infonde  regi  spiriti ,  servili  nel  re. 

44.  Esaù  (  Geo. ,  XXV  ).  Greg.  (  Hom.  X, 
io  £v.  )  :  Quum  uno  tempore  tUrumque  (Ja- 
cob et  Esaù  )  mater  fuderit,  non  unautriut- 
M#  vii<u  qualitas  fuil.  Rog.  Bacon.  (Op.  maj.}: 
Simgula  puncta  terrae  tunt  centra  divenorum 
Aònz«n(tim  ,  ad  quae  coni  diversorum  pyra- 
miHmm  virtutum  coelestium  veniunt ,  ut  pot- 

produeere  herbas  diversarum  speeierum  in 
particola  terrae  minima  et  gemellai  in 
matrice  diversificare  in  eomplexione 
m  wwribu»  ...  —  QoiBiNo.  Romolo.  —  Rbn- 
JK.  Attribuisce.  Virg.  :  Marte  gravii» 

48.  Gbnbbata.  Il  generato  sarebbe  simile 
al  genitore  ,  se  la  providcnza  non  dispones- 
se altrimenti  per  1*  ordine  della  società.  — 


Simil  farebbe  sempre  a'  generanti 
Se  non  vincesse  il  provveder  divino. 

46  t Or  quel  che  t'era  dietro,  t*  è  davanti. 
Ma  perchè  sappi  che  di  te  mi  giova  , 
Un  corollario  voglio  che  t'  ammanti. 

47  Sempre  natura ,  so  fortuna  trova 
Discorde  a  sé ,  com*  ogni  altra  semento 
Fuor  di  sua  reglon ,  fa  mala  prova. 

48  £  se  il  mondo  laggiù  ponesse  ment<j 
Al  fondamento  che  natura  pone, 
Seguendo  lui ,  avria  buona  la  gente. 

^9    Ma  voi  torcete  alla  religione 
Tal  che  fu  nato  a  cìngersi  la  spada  ; 
£  fate  re  di  tal  eh'  è  da  sermone. 

50    Onde  la  traccia  vostra  èfuordi  strada . 

Vincesse.  Hier.  (  cont.  Rof.  )  :  Non  in  temi- 
nibut  sed  in  voluntate  natewiit ,  eauna  vi' 
tiòrum  eet  atque  virtutum  (  Porg.  ,  VII  ). 

46.  Davanti.  (  t.  96  ).  »  Ammanti.  Pie- 
tro :  CoroUarium  amlntus  orationit.  Però  di- 
ce ammanti  (  Purg.,  XXVUI). 

47.  FoBTCMA.  L' inieUigenza  permutatrice 
de*  beni  del  mondo  (  Inf. ,  VII  ).  Natura  e  for- 
tuna cliiaina  il  Bocc.  le  due  ministre  del  mon- 
do. —  RegYon.  Stato.  —  Pbova.  Coov.  :  Le 
piante  hanno  amore  a  eerto  luogo  più  mani- 
festamente secondo  che  la  complessione  richie- 
de :  e  però  vedemo  eerte  piante  lungo  V  acque 
quasi  piantarsi ,  e  eerte  sopra  i  luoghi  delle 
montagne  ,  e  eerte  nelle  piagge  e  a  pie  dei 
monti  ;  le  quali  se  si.  trasmutano  o  muoiono 
del  tutto ,  0  vivono  quasi  triste  siccome  cose 
disgiunte  dal  loro  amico. 

48.  FoNOAMENTO.  Indole  di  ciascuno. 

49.  Sbbmonb.  Grand'  odio  aveva  Dante  a 
Roberto,  sostegno  perpetuo  de' Guelfi  e  de' pe- 
pi ,  che  inviò  a  Roma  il  ffatel  suo  perchè 
contrastasse  all'  entrate  d'Enrico  VII.  É  vera- 
mente Roberto  scrisse  sacri  sermoni.  E  a  Ve- 
nezia, nella  biblioteca  di  s.  Gio.  e  Paolo  se 
ne  conservavan  parecchi  :  per  capitoli  di  fra- 
ti, per  sacre  solennità;  tra  gli  altri,  nno  io 
lode  della  goelfe  Bologna. 


430 


DEL    PARADISO 


t      ' 
f. 


CANTO        IX. 

f 


ARGOMENTO. 


Gli  paria  Cunizxa ,  sorella  dd  tiranno  EzzelifM  ;  donna  (f  amore;  e  prtike 
1$  wmUure  della  Marea  Tritigiana  $  di  Padowi ,  e  i  delitti  di  Feltre;  come  Ut- 
vMnza  fredice  le  eoterehierie  di  Roberto.  Pài  parla  Folchetio,  di  Manigtia^  oai»- 
roio  poeta  ,  che  fini  monaco  ;  e  gli  accenna  Raab  la  meretrice  infedde,  Mita  per 
fin  atto  d*  amore:  poiché  solo  amore  della  nuofxi  legge ,  e  pietà  de*  due  in  $na  eam 
nascosti  potevano  scusare  tale  atto  che  in  altro  stato  di  cose  direbbesi  tradimetii». 
Da  Baao,  occasione  alla  prima  vittoria  di  Giosuè  in  Terra  santa  j  passa  UP.alk 
noncuranza  in  eh*  hanno  i  cristiani  gueUa  terra ,  e  aU  avarizia  de*  papi. 

Bellissimo  canto. 

Nou  le  tenine  1  tilt  S9;  la  32  alla  36;  la  38  alla  44,  e  le  ultime  due. 


1    Dappoiché  Cario  tuo,  bella  Clemcoza, 
M' ebbe  chiarito,  mi  narrò  gì'  ingaoni 
Che  ricever  dovea  la  sua  semenza. 

3  Ma  disse  :  taci,  e  lascia  volger  gii  anni. 
Si  ch'io  non  posso,  dir  se  non  che  pianto 
Giusto  verrà  dirietro  aWostri  danni. 

3    E  già  la  vita  di  quel  lame  santo 
Rivolta  8  era  al  sol  che  la  riempie , 
Come  a  quel  ben  ch'a  ogni  cosa  è  tanto. 

1.  Clbminza.  Moglie  di  Carlo ,  figlioola  di 
Alberto  d*  Austria  :  mori  di  dolore  per  la  per- 
dita del  marito.  Altri  intende  la  figliuola  di 
Carlo ,  moglie  di  Luigi  X  ,  re  di  Francia. — 
4:hi ABITO.  Come  uteir  può  di  dolce  seme , 
nniaro.  —  Inganni.  Roberto  fratel  di  Carlo 
Martello  doveva  intrudersi  nel  regno  di  Napoli 
e  di  Sicilia,  ed  escluderne  il  figlio  di  Carlo. 
Ciò  fu  nel  1309. 

2..  VoLGiB.  Ylrg.  :   foìieentibui  annif  •  — 


k    Ahi  anime  ingannate ,  e  fattore  empie 
Che  da  si  fatto  ben  torcete  i  cuori 
Drizzando  in  vanità  le  vostre  tempiel 

5  Ed  ecco  un  altro  di  quegli  splendori 
Yér.me  si  fece,  e  *1  suo  voler  piacermi 
Significava  nel  chiarir  di  fuori. 

6  Gli  occhi  di  Beatrice ,  ch*eran  fermi 
Sovra  me ,  come  pria,  di  caro  assenso 
Al  mio  disio  certificato  férmi. 

Pianto.  I  danni  a  voi  fatti  saranno  dolore  ai 
nemici  vostri.  Dice  vostri  perchè  GleoMUi 
aveva  anch'  essa  diritti  a  quel  trono. 

3.  Tanto.  Riempie  ogni  cosa  di  sé,  qm*- 
lo  nella  cosa  ne  cape. 

4.  Vaniti.  Psalm.  II:  Te  ifuid  dOiptisve' 
nitatem  ,  et  quaeritit  '  mendadum  T  Psataa- 
CXVIII  :  Averte  oculot  meos  ne  vidsont  «a- 
nifalem. 

6.  Pria  (YIII,  14). 


CANTO    IX. 


431 


7  Deh  metti  al  mio  volertosto  compenso, 
Beato  spirto,  dissi  ;  e  fammi  prova 
Ch*io  possa  in  te  rifletter  quel  ch*i' penso! 

8  Onde  la  luce  che  m'era  ancor  nuova , 
Del  suo  profondo  ond'ella  pria  cantava 
Segiiette ,  come  a  cui  di  ben  far  giova  : 

9  In  quella  parte  della  terra  prava 
Italica  ,  che  siede  intra  Rialto 

E  le  fontane  di  Brenta  e  di  Piava , 

10  Si  leva  un  colle,  e  non  surge  mol t'aito. 
Là  onde  scese  già  una  facella 

Che  fece  alla  contrada  grande  assalto. 

11  D*una  radice  nacqui  e  io  ed  ella  : 
Cunizza  fui  chiamata.  £  qui  refuigo 

'  Perchè  mi  vinse  il  lume  d'està  stella. 

12  Ma  lietamente  a  me  medesma  indulgo 
La  cagion  di  mia  sorte ,  e  non  mi  noin  ; 
Che  forse  parria  forte  al  vostro  vulgo. 

7.  Pbota.  Mostrami  e}^e  ta  vedi  qoello  ch*lo 
peoso. 

8.  Cantava.  Osanna  (Vili,  10). 

V.  Parte.  Marca  Trivìgiana.— PR4VA(Inf., 
XVI)  chiamò  la  Toscana  ferra  prava,  —  Rial- 
to. AuoD.  :  Anticamente  Vinegia  si  ^chiamò 
itiolfo.— Brenta.  Piami  che  scendono  dal- 
r  Alpi  che  partono  Italia  da  Germania,  e  met- 
tono nel  golfo  di  Venezia. 

10.  Colli.  Dov*  è  il  Castel  di  Romano.  — 
Fagblla.  Una  fiaccola  sognò  Ecoba  incinta 
di  Paride;  e  cosi  sognò,  dice  Pietro,  la  ma- 
dre d'Ezzelino  terzo.  Di  lui,  Inf. ,  XII. 

il.  Cunizza.  Post.  Caet.  :  Fùit  magna  ma- 
fUfic.  Anon.:  Visse  amoro$amente  in  vettin, 
«fMlo ,  9  giuoco ,  ma  non  in  alcuna  dison9- 
$imi§,,.  eons9M\.  Io  credo  al  primo. 

13.  Gioia.  Folchetto  di  Marsiglia.  L'OU.  : 
#W  dtctiore  tn  rima  di  cose  leggiadre  ...  che 
fmwono  9  saranno  per  fama  grasiose  al  mondo, 
domt  eUi  avrà  lunga  nominanza.  —  Muoia. 
Si  spegna. 

14.  Incinqua.  Passerà  cinque  secoli.  Dav.: 
Imeinquavansi  i  magistrati  (  quintuipìicari  ), 
E  nelle  postille  nota:  Omero,  Dante,  etuiti 
i  grandi  formano  nomi  delle  cose.  —  Vkdi. 
Virg.  (  VI,  807  )  :  Et  dubitamus  adhue  vir- 
iwiem  estendere  faetis  ?..  ;  X ,  409  :  Hoc  vir- 
tytis  opus.  —  Alti  a.  Del  nome.  S*  oppone  , 
ma  in  apparenza ,  a  quel  che  disse  (.  Purg.  , 
XI  )— Rklinqua.  Petr.  (Tr.):  Virtù  relinque. 

IB.  Adicb  (  r.  Purg. ,  XVI  ).  La  Marca  Tri- 
vigiana,  allora  allargata,  stendevasi  io  questi 
eonfloi.  Quindi  più  chiara  la  ragione  del  Do- 
minar Poltre  a  proposito  d'on  ignoro  dimo- 
rante suir  Adige  (  inf. ,  I  ).  —  Battuta.  Dt 


13    Di  questa  Inculenta  e  cara  gioia 
Del  nostro  cielo,  che  più  m'òpropinqua. 
Grande  fama  rimase,  e  pria  che  muoia, 

lik  Questo  centesira*anno  ancor  s'incinqua. 
Vedi  se  far  si  dee  V  uomo  eccellente 
SI  ch'altra  vita  la  prima  relinqua. 

15  E  ciò  non  pensa  la  turba  presente 
Che  Tagliamento  e  Adice  richiude; 
Né  per  esser  battuta  ancor  si  pente. 

16  laa  tosto  fia  che  Padova  al  palude 
Cangerà  l'acqua  che  Vicenza  bagna  , 
Per  esser  al  dover  le  genti  crude. 

17  E  dove  Silo  e  Cagnan  s' accompagna 
Tal  signoreggia  e  va  con  la  test*  alta, 
Che  già  per  lui  carpir  si  fa  la  ragna. 

18  Piangeri  Feltro  ancora  la  diflalta 
Deir  empio  suo  pastor ,  che  sarà  sconcia 
Sì,  che  per  simil  non  s'entrò  in  Malta. 

Ezzelino  e  da  Alberigo  suo  fratello,  e  dagli 
altri  tiranni  della  Marca.  Jer.  ,  Il  :  Frustra 
percussi  fiUos  vettros  ,  discipUnam  non  rece- 
pemnt, 

16.  Padova.  I  Padovani  vinti  da  Cane  (Vili., 
IX,  «2  ).  Di  qua  del  Bacchìglione  ,  là  dove 
impaluda ,  sarà  tinta  in  rosso.  Predice  la  rotta 
che  Iacopo  di  Carrara  ebbe  dallo  Scaligero 
ne*  borghi  di  Vicenza  il  di  17  settembre  1314, 
Altra  rotu  ebbero  nel  1318  (  Vili. ,  IX,  87  ). 
Forse  della  seconda  intende  il  P. 

17.  SiUK.  In  Trevigi.  —  Tal.  Riccardo  da 
Camino.  —  Raona.  Tramarono  d' neciderlo  , 
e  fta  nel  1312  mentre  gioocava  agli  scacchi 
(  Mnssat. ,  VI  ).  Il  macchinatore  fa  on  Atti- 
Desi  de' Calzoni  trivigiano.  L'Ott.  Io  fa  ucciso 
da  Cane  per  mano  S  uno  viUano  eoi  trattato 
di  eerti  gentiluomini  del  paese,  lì  Boee.  dice, 
che  a  tavola  ,  per  mano  di  un  pazzo  di 
cui  si  valsero  i  signori  a  lui  confinami  per 
torgli  là  signoria.  Il  Morat.  nella  nota  al  Mass. 
(  e.  VI ,  rub.  10  )  vuole  la  congiura  tramata 

.dai  Ghibellini ,  e  lo  fa, ucciso  con  un  ronco 
da  un  contadino  ;  e  V  uccisore  fitto  in  pezzi 
dalle  guardie:  o  da'  congiurati.  Ma  Dante,  io 
credo,  non  credeva  complice  lo  ScaUgero. 

18.  DiPFALTA.  Mancamento  di  fede.  —  Pa- 
SToa.  Giuliano.  Novello  di  Piacenza  uomo 
guelfo  (  altri  dice  Gaza  di  Loscia  feltrino  ). 
Rifàggiti  in  Feltra  tredici  Ferraresi  goerreg- 
gianti  col  papa,  il  vescovo  allora  signore  df 
Feltre,  li  prese  e  diede  al  govemator  di  Fer- 
rara par  re  Roberto ,  M.  Pino  della  Tosa,  che 
li  fece  morire.  II  vescovo  mori  nel  1320  in 
esilio.  Al  dir  delI'AnoD. ,  /W  tonfo  àolfvfo  eoi 
9Q€M  fimi  M  firn,  9k»09mUoimi»o9miQ 


432 


DEL    PARADISO 


19  Troppo  sarebbe  larga  la  bigoncia 
Che  ricevesse  '1  sangue  ferrarese , 

E  stanco  chi'l  pesasse  ad  oncia  ad  oncia, 

20  Che  donerà  questo  prete  cortese 
Per  mostrarsi  di  parte.  E  cotai  doni 
Conformi  fieno  al  viver  del  paese. 

21  Su  sono  specchi ,  voi  dìcete  Troni, 
Onde  rifulge  a  noi  Dio  giudicante; 

SI  che  questi  parlar  ne  paion  buoni. 

22  Qui  si  tacette ,  e  feccmì  sembiante 
Che  fosse  ad  altro  vòlta ,  per  la  rota 
In  che  si  mise  ,  com*  era  davante. 

23  L' altra  letizia  che  m*  era  già  nota , 
Preclara  cosa  mi  si  fece  in  vista , 
Qual  fin  balascio  in  che  lo  sol  percota. 

2^    Per  letiziar  lassù  fulgor  s*  acquista , 
SI  come  riso  qui  :  ma  giù  s'abbuia 
L'ombra  di  fuor  come  la  mente  è  trista. 

il  tanguB  ,  le  inUriora  ne  mandò  per  la  t^e- 
so'ofia.  Ottetto  .  ,  .  fu  moUo  gwlfo ,  9d  ave- 
va giurisdizione  netto  spirUuàìe  e  nel  tempo- 
fxile.  Tra'  Ferraresi  erano  due  dei  Fontana , 
parenti  di  Dante  ;  e  un  priore.  Tormentati , 
palesarono  altri  amici ,  e  ne  fu  morti  trenta. 
I  loro  fautori  uscirono  e  feeero  parte  col  ti- 
tolo di  Fontanesi.  L'Anoo.  :  Il  vescovo  di  Fel- 
tro tutta  la  tua  giurisdizione ,  che  avea  citile 
e  spirituale,  eondutte  adetsere  sotto  la  tiran- 
nia di  quelli  da  Cammino  ,  e  la  cittade  di 
Feltro  ;  però  che  ripugnando  con  loro ,  e  tem- 
pre operando  male ,  Jtf.  Riccardo  il  fece  uc- 
cidere ;  per  la  cui  morte  tanta  paura  ebbero 
li  elettori ,  che  a  voluntade  di  M.  Riccardo  il 
seguente ,  e  U  altri  seguenti  vescovi  furono  e- 
letti.  —  Malta.  Torre  sul  lago  di  Bolsena , 
detto  anco  Marta,  dove  i  papi  cbiude?ano  i 
cberici  tristi  per  grave  delitto:  e  quivi  mori- 
vano. Celestino  fuggilo  da  Monte  Cassino , 
do\'  era  sotto  custodia  dell'  Abate  ,  V  Abate 
fu  da  Bonifazio  Vili  chiuso  in  Malta  ,  dove 
pochi  d\  visse  (  Pipin. ,  Cbr. ,  e.  39  ).  Malta 
dunque  rammentava  a  Dante  il  delitto  d'  od 
suo  nemico. 

21.  Su.  Neil'  empireo  dove  vedrà  i  nove  co- 
ri (e.  XXVin).  Troni.  Cosi  chiamati,  dice 
s.  Greg. ,  perchè  Dio  vi  siede.  Terzo  ordine 
degli  Angeli,  pe'quali  Dio  giudica  i  suoi  giu- 
dizi! ;  e  in  quelli  splende  come  in  isfiecchi  , 
la  giustizia  divina.  Ps.  ì\  :  Sedisti  super  thro- 
uum  qui  judicas  juttitiam,  —  Buoni.  Reg. 
(  II ,  15):  Videntur  nùhi  sermones  tui  boni,  et 
justi. 

23.  Altri.  Folcbetto. 

25,  Inluia.  Simile  iiV intonare,  ingolfare . 


23    Dio  vede  tutto  ;  e  tuo  vedor  s*  inluia, 
Diss'io ,  beato  spirto ,  si  che  nulla 
Voglia  di  sé  a  te  puote  esser  fuia. 

26  Dunque  la  voce  tua  che  '1  ciel  tmtuDa 
Sempre  col  canto  di  que*  fochi  piì» 
Che  di  sei  ale  fannosì  cuculia , 

27  Perchè  non  soddisface  a*  miei  disili 
Già  non  attendere'  io  tua  dimanda 
S*io  m'intuassi  come  tu  t*immii. 

28La  maggior  valle,  inchePacquasi  spanda. 
Incominciare  allor  le  sue  parole , 
Fuor  di  quel  marchela  terra  inghirlanda, 

29    Tra  discordanti  lìti  centra  *1  sole 
Tanto  sen  va  che  fa  meridiano 
Là  dove  Y  orizzonte  pria  far  suole 

HO    Di  quella  valle  fu  io  littorano 
Tra  Ebro  e  Macra,  che  per  cammio  corto 
Lo  Genovese  parto  dal  Toscano. 

ed  esprime  T unione  intima.  Più  sotto,  ten. 
27  :  Jntuare ,  inmiare  ;  e.  XXII  :  tntere.  — 
Sé.  Dio.  ^  Fuu.  Oscura  (  Inf. ,  XU  »  30  ). 
Lat.  furva, 

26.  Trastulla.  In  senso  serio.  Pnrg. ,  XIT: 
Del  ben  richiesto  al  vero  e  al  tnudfOo.— 
Fochi.  Serafini.  Seraph  vale  ardente.  —  Sn 
(  Ezech.).  Is.,  VI:  Vidi  Dominum  sedentemsm- 
per  solium  excelsum  . . .  Seraphim  f ta^nl  sm- 
per  illud  :  sex  alae  uni ,  et  sex  aìa§  alteri  : 
duabus  velabant  faciem  ejus  ,  et  duahm  vela- 
bant  pedet  ejut ,  et  duàbut  volabant.  Et  el«- 
mabant  alter  ad  alterum ,  et  dicebant  :  san- 
ctut ,  sanctus,  sanctus  .  .  .  Dan. ,  IH  :  Q^i 
intueris  abyssos  ,  et  sedes  super  ehtirytHm. 

28.  Maggior.  Dall'Oceano  che  circondala 
terra  imagiiia  il  F.  diffondersi  Tacque  nelle 
valli  e  formare  i  mari  ,  de'  quali  il  Medite^ 
raneo ,  a  sua  stima ,  è  il  maggiore. 

29.  Liti.  D'Europa  e  d'Africa  discordaati 
per  fede  ,  per  costumi ,  per  armi.  Virg.  :  Ut- 
torà  littoribut  contraria.  — Coxtra.  Da  occi- 
dente in  oriente,  daUo  stretto  di  Gibiltcrn 
dove  il  Mediterraneo  comincia  ,  verso  Falesth 
na  ov'  ha  termine.  —  Meridiano.  Il  cerchio 
che  serve  di  meridiano  alluna  estremità  del 
Mediterraneo,  è  orizzonte  airalira.  Qoesudi- 
stanza  tra  Palestina  e  1'  occidente  della  Spa- 
gna pone  il  P.  (Inf..  XX,  42;  Purg.,  XXVII). 

30.  Littorano.  Pctr.  pone  Folcbetto  od 
Trionfo  d'  amore  ,  e  dice  :  che  a  Marnglia  il 
nome  ha  dato  Ed  a  Genova  tolto.  Figlio  di 
un  ricco  mercante  di  Genova,  nacque  in  Mat* 
sigila  (Nosiradamo).  Di  Marsiglia  lo  fa  Dia- 
te stesso  nella  Vul.  Eloq.  (  II,  6)  Ott. .  Si- 
guia  li  nobili  uomini;  e  .  . .  trovò  in  proct» 


j 


CANTO    IX. 


133 


31  Ad  un  occaso  quasi  e  ad  nn  Arto 
Buggeaaiede^  e  la  terra  ond'  io  fui, 
Che  te  del  sanguesuo  già  caldo  il  porto. 

3S    Folco  mi  disse  quella  gente  a  cui 
Fa  noto  il  nome  mio  :  e  questo  cielo 
Di  me  8*  impronta ,  com'  io  fé'  di  lui. 

33    Che  più  non  arse  la  figlia  di  Belo, 
Noiando  ed  a  Sicheo  ed  a  Creusa, 
Ui  me  ,  infin  che  si  convenne  al  pelo; 

Zk    Né  quella  Rodopea  che  delusa 
Fu  da  D^ofoonte ,  né  Alcide 
Quando  Iole  nel  core  ebbe  richiusa. 

35  Non  però  qui  si  pente  ,  ma  si  ride , 
Non  della  colpa  eh*  a  mente  non  torna, 
Ma  del  valore  eh'  ordinò  e  provvide. 

36  Qui  si  rimira  nell  arte  eh*  adorna 


gnU  coble ,  serventesi ,  «d  altri  diri  pnr  rima; 
/b  nwlto  onorato  dal  re  Bìccardo  d*  /  ighilter' 
wn  f  e  dal  conto  Ramondo  di  Tolosa ,  e  da 
Baralo  di  Marsilia,  nella  cui  corte  converta- 
«a.  JFh  Mio  dei  corpo,  ornati)  parladore,  cor- 
t9$e  donoCorv ,  od  in  amare  acceso  ',  ma  co- 
f%no  %  Mowio  ;  amò  per  amore  Adalagia  tno- 
$lMé  di  BmraU  suo  signore  ;  e  per  ricoprirsi , 
faetm  m§no  d' amare  Laura  di  $.  Giulia ,  e 
BtWma  di  Fontwen ,  tirocchie  di  BaraU  (  in 
eie  r  imiti  va  il  Nostro  :  di  che  reggasi  la 
Vita  Muova  )  ,  fiia  piik  si  copriva  verso  La^- 
ta  »  dt  eho  Barale  li  diede  congio  :  ma  morta 
la  moliti  di  Baralo ,  doglia  maravigliosa  ne 
fftm,  f  ronde  tè  con  la  tua  moglie  e  due  suoi 
figliuoli  nelV  ordine  di  Cestella  ;  poi  fu  fatto 
abate  di  Toronello  ,  a  poi  vescovo  di  Marsi- 
lia t  d*  onde  cacciò  molti  eretici.  Fu  caro  a 
Biccardo  d' Inghilterra  e  ad  Alfonso  IX.  — 
Esao.  A  Pononic.  In  Ispagna;  sbocca  nel  Me- 
diterraneo in  Catalogna.  Lo  nomina  Virgilio. 
—  MiCRA.  A  Levante.  ConGne  tra  la  Tosca- 
na 0  il  Genovese.  Marsiglia  è  in  mezzo  tra 
Magra  ed  Ebro.  —  Couto.  La  Magra  acorre 
|ier  diritto  canale. 

31.  BuGGEA.  fiagia,in  Barbarla.  Marsiglia 
e  Bogia  sono  sotto  al  meridiano  medesimo 
quasi  :  diflerisre  di  longitudine  d*  un  grado 
circa.  —  Terra.  Marsiglia  assediata  da  Bru- 
to ,  quando  Cesare  andava  in  Ispagna,  s'in- 
sanguinò (  Caes.  ,  B.  ,  I.  II).  Lue,  III: 
Cruor  altus  in  undis,  Spumat,  ,  .  Fu  sangue 
«parso  per  la  liberti. 

39.  Noto.  Ar.  :  Chi  lo  conosce  Babican  l 
appolla.  Forse  con  ciò  vuol  dire  che  Folco , 
noD  Folchetto,  era  II  nome  suo  vero.^  Cu- 
lo. Yaufra  §1  abbellt  della  mia  lact. 


Cotanto  efletto  ;  o  discernosì  *I  bene 
Perch*  al  mondo  di  su  quel  di  giù  torna. 

37  Ma  perchè  le  tue  voglie  tutte  piene 
Ten  porti,  che  aon  nate  in  questa  spera. 
Procedere  ancor  oltre  mi  conviene. 

38  Tu  vuoi  saper  chi  è'n  questa  lumiera 
Chequi  appresso  me  cosi  scintilla 
Come  raggio  di  sole  in  acqua  mera. 

39  Or  sappi  che  là  entro  si  tranquilla 
Raab  :  ed  a  nostr*  ordine  congiunta, 
Di  lui  nel  sommo  grado  si  sigilla. 

kODa  questo  cielo  in  cui  Tombra  s'appunta 
Che  il  vostromondo  face. pria ch'aUr'aima 
Del  trionfo  di  Cristo  ,  fu  assunta. 

hi  Ben  si  convenne  lei  lasciar  per  palma 
In  alcun  cielo  ,  dell*  alta  vittoria 


S3.  Belo.  Bidone.  Aen. ,  I  :  Geniior  tum 
Belus  ...  —  Crsusa.  Accenna  di  Creusa  an- 
co nella  Monarch.  —  Me.  Arai  d'  Adalagia. 
L*  Ott.  intende  che  Folco  ornò  maritate  ,  e 
vergini  ,  a  vedove ,  e  gentili ,  e  popaiuche.  -— 
Pelo.  Giovanile.  Tib.  :  Aec  amare  decebit , 
Dicere  nec  cano  blandiiias  capite. 

34.  Rodopea.  Fillide.  Rodope  monte  di  tra- 
cia. Ov.  (  Her.  II  )  :  Hospita  ,  Demopkoon  , 
tua  te  Bhodopeia  Phyìlis.  Egli  promise  tor- 
nare :  mancò  :  ella  mori  sospesa  ad  un  albe- 
ro. Qui  Pietro  cita  Virgil.  (£cl.,  V.  )  :  phyt- 
lidis  ignee.  —  Alcide.  (  Ov. ,  Her.  IX  ). 

35.  Torna.  Spenta  in  Lete  (  Purg. ,  XXVUI» 
43).  — Valore.  Divino  (  Purg.  ,  XI ,  2  ).-^ 
Ordinò.  Cant.  :  Ordinavit  in  me  charitatem- 

36.  Adorna.  Il  mondo  con  tanto  effetto  d* 
amore,  e  lo  dirige  a  degno  line:  onde  il  mon- 
do di  giù  corrisponda  a  quello  di  su  :  le  In- 
fluenze superne  fanno  simile  al  cielo  la  terra- 
Conv.  :  Disrendere  la  virtù  d' una  cosa  in  al- 
tra ,  non  è  altro  che  ridurre  tfuella  in  sua 
similitudine.  —  Torna.  L'  amore  profano  lo 
convertirono  in  tempo  a  Dio.  Altri  intende:  il 
mondo  di  su  gira  (toume)  il  mondo  di  sotto. 

39.  Raab  (  Jos.  ,  lì  ).  Meretrice  di  Geri- 
co :  salvò  le  spie  di  Giosuè  ,  ond'  e'  la  tolsa 
a  morte  nel  sacco  ;  ed  ella  credette  al  Dio 
vero.  La  loda  s.  Paolo  (  Uebr.  ,  XI  ).  —  Si- 
gilla. Sopra:   Questo  cielo  di  me  s* imprt^nta, 

40.  0.¥BRA.  L' ombra  della  terra  piramida- 
le ,  finisce  nel  cielo  di  Venere  (  Tholom.  , 
Alroag.  ). —  TrYonfo.  Cosi  cbiama  le  anina 
salve  in  Cristo  (e.  XXIII,  7). 

4t.  Per  palma.  Segno  di  rlttoria.  —  Pal- 
ma. Confitte  in  croce.  Act.  »  XX:  JEcaifitom 
Dei  t  qaam  ae^nìiMC  tangwMe  ano. 

55 


43Ì 


DEL   PARADISO 


Ch'esso  acquistò  eoo  luna  e  l'altra  palma. 

42  Perch*  ella  favorò  )a  prima  gloria 
Di  losuè  in  sa  la  terra  santa» 

Che  poco  tocca  al  papilla  memoria. 

43  La  tua  città  che  di  colui  è  pianta 
Che  pria  volse  le  spalle  al  suo  Fattore, 
E  di  cui  è  la  *n\idìa  tanto  pianta, 

44  Produce  e  spande  il  maledetto  fiore 
€h'  ha  disviate  le  pecore  e  gli  agni, 
Perocché  fatto  ha  lupo  del  pastore. 

42.  Prima.  L'  espugnazione  di  Gerico. 

43.  Colui.  Invidioso  e  superbo.  Nel  X  del 
]*  ]nf.  la  chiamò  nobil  patria, 

44.  FiOBB.  Fiorino  gigliato.  Di  qui  si  Tede 
quanla  potenza  sui  costumi  d' Italia  avesse 
la  Toscana  d'  allora.  Arroannino  nella  Fiorita 
dice  :  Di  queito ,  la  Toscana  d*  ogni  male  n' 
è  cagione  per  la  sua  maUzia ,  la  quale  il  dia- 
volo entro  vi  Uuciò  ,  la  quale  li  ha  fatti  per 
lo  mondo  più  grazioti  aÙe  genti  che  nutt*  al- 
tra nazione ,  per  la  loro  malizia ,  e  non  per 
fiolwra.  —  Lupo.  Parola  sacra  nel  P.  a  dino- 
Ur  1'  arariiia.  Inf. ,  XIX  :  Vostra  avarizia  U 
mondo  atcnila. 

45.  DicaiTALi.  Libri  delle  leggi  ecclesia- 
stiche. Bonifazio  ai  cinque  che  v'erano  com- 
pilati nel  1234,  aggiunse  11  sesto.  Monarch.: 
Sunt  quoi  decretalistae  volunf ,  theologiae  et 
phUosophiao  cvjuslibet  expertes ,  sua  deera* 
taUìius  ^  qmaz  profeeto  venerandiu  existimo  , 
tota  intentione ,  omnia  de  illorum  praevalen- 
tia  sperantee,  imperatori  derogant, — Vivagni. 
A'  margini  de*  libri ,  unti  dal  grande  svolger- 
li: 0  meglio:  alembi  de'fini  paimi  che  portano. 


ho  Per  questo  Tevaogelico  e  i  dottor  magni 
Soo  derelitti ,  e  solo  a*  decretali 
Si  stadia  si  che  pare  a'Ior  vivagni. 

h6    A  questo  intende  il  papa  e  i  cardinaK. 
Noo  vanno  i  lor  pensieri  a  Nazarene . 
Là  dove  Gabrielk)  aperse  l'ali. 

V!    Ha  VaUcano,  e  l' altre  parti  eletta 
Di  Roma  che  son  state  cimitero 
Alla  milìzia  che  Pietro  seguette* 

4-8    Tosto  libere  fien  dell'  adultero. 


•  . 


C.  XXI:  Coprofi  de*  manti  lor  gH  palafr 

46.  Carinnali.  Mtaledietos  li  chiama  an  at- 
tico comentatore.  Nel  1314,  scrisse  Dante  «m 
lettera  latina  a'  cardinali  :  ma  indamo.  ^ 
Ali.  Hatth.  :  Miaus  est  At^elmt  Gabriel .  • . 
ad  ffirginem. 

48.  Tosto.  Altri  intende  la  grande  rifórma» 
addrobrau  nel  I  dell' Inf.  ;  altri  la  traalazieM 
delia  sede  in  Francia  :  io  sto  ni  prfaBO.  — 
AnuLTÉEO.  Inf. ,  XIX  :  Le  cose  di  Diù 
Per  oro  , . .  adulterate,  Jer.,  IX:  Omnat 
Ieri  eunt ,  eoetue  praevarieaiorum,  OfnÌ 
torto  a  male  è  prostituzion  di  bellesMu 
XVI.*  iudieabo  te  judiciii  aduUormntm^  mtf' 
fundentium  sanguinem . .  ;  XX:  li%  via  pmtnm 
veetrorum  vot  poUuimini,  et  poti  offemàkétÈ 
eorum  forrUcamini.  Conv.  (  1,9  )  :  IW  «i^ 
vagia  disusanza  del  mondo  hammo  ìntmtsÈmlÈ 
letteratura  a  coloro  che  V  hanno  fatta  di 
na  meretrice  :  e  questi  nobili  $ono 
baroni ,  cavallari.  E  Bonifazio  era  / 
Dante ,  doppiamente  adultero  con  la 
poiché  ne  aveva  cacciato  lo  sposa  legitiàM 
Celestino. 


U5 


CANTO      X. 


ARGOMENTO. 

Sono  nU  soh  :  fuM  le  anime  à^  dM  in  iitmdii  divini.  Beatrice  gli  pavia  di 
«.  Tomaio  <f  Aquino  ,  e  gii  mostra  altri  teologi  e  filosofi  del  suo  tempo  ed  antichi: 
M  tuo  tempo  Alberto  Magno ,  Fier  Lombardo ,  Riccardo  da  s.  Vittore  ,  Sigieri  ; 
§  pift  antichi  Graziano  ,  Reda  ,  Isidoro,  Boezio ,  Orosio  ,  Dionigi  V  Areopagita  , 
SeJomone.  Da  un  verso  che  qui  getta  sul  re  degli  Ebrei  ,  e  da  un  (Utro  eult  ardi- 
••  domenicano  ,  coglierà  occasiotM  a  due  lunghe  digressioni  ne"  canti  che  seguono. 
ha  materia  politica  occupa  ormai  meno  spazio;  il  cuore  fa  luogo  alC  intMetto  ;  le 
eUetxioni ,  i  ragionamenti  scientifici  soprabbondano* 

Lft  ^roa  parte  del  etiito  è  forse  lunghetti. 

Por  belle  le  terxine  2,  3,  5,  6.  7,  10;  la  19  alla  17;  la  19  alla  99;  la  95  alla  9§; 
la  Bt,  SS,  34,  43,  44,  45,  47,  49. 


Guardando  oel  suo  Figlio  con  1*  Amore 
Che  Tuno  e  T  altro  eternalmente  spira, 
Lo  primo  ed  ineffabile  Valore , 

Quanto  per  mente  o  per  occhio  si  gira 
Gin  tant*  ordine  fé,  eh*  esser  non  puote 
Senza  gustar  di  lui ,  chi  ciò  rimira. 

i.  Fifiuo.  Jo.,  I:  Omnia  per  ipsum  faeta 


9.  Già  A.  Inf.  »  XXX  :  Per  la  memoria  mi 
ti  gira.  Boet.:  Omnium  generatio  rerum,  eun- 
€tmsque  mutabitium  naturarum  progrestus,  et 
fuidquid  aliquo  movetur  modo ,  eauios ,  or- 
éimem,  formai  ex  divinae  mentis  stabiùtate 
gottitur,  —  Skiiza.  Conoscere  ed  amare  Iddio. 
Pialm.  :  (ruttate ,  et  videte ,  quoniam  tuavis 
99t  Dominue.  Boet.,  HI:  Retpieite  coeti  spa- 
Hmm,  firmiiudinem,  eeleritcUem,  et  aUquan- 
do  domite  mtia  nùrari.  Lattant.  :  Nemo  est 
«mm  tam  rudit ,  tam  ferie  moribus  qui  non 
•ewtot  MHOM  in  coetum  tolUnt  tametn  neseiat 
€Ujue  Dei  providentia  regatur,  hoc  omne  quod 
€emitur^  aUquam  tamen  esse  intelligat  ex  ipsa 
rormm  magnitudine ,  motti  dispositione ,  con- 


3  Leva  dunque ,  lettore ,  all'alte  rote 
Meco  la  vista,  dritto  a  quella  parte 
Dove  r  un  moto  ali*  altro  si  percote. 

h    £  li  comincia  a  vaghe^ìar  nell'  arte 
Di  quel  maestro  che  dentro  a  sé  Y  ama 
Tanto  che  mai  da  lei  rocchio  non  parte. 

stantia,  utHitate ,  puleritudine,  temperationet 
nee  poste  fieri  quin  id  quod  mirabili  rationg 
eomtat ,  eontHio  majore  aliquo  tit  inttruetum* 

3.  Mkco.  S'  alzano  al  sole  ,  che  era  allora 
in  Ariete.  Ai  capi  d' Ariete  e  di  Libra  sono 
ponti  dove  il  zodiaco  a' inerocicchia  coli*  equa- 
tore. Le  stelle  fisse  si  movono  in  circoli  pa- 
ralleli all'equatore,  il  sole  e  i  pianeti  in  cir- 
coli paralleli  al  zodiaco  :  però  dice  che  il  mo- 
to delle  strile  Asse  urta  quasi  e  s' Incontra 
nel  moto  de*  pianeti  e  del  sole. 

4.  Mabstro  Monarch.  :  Natura  est  in  man- 
(f  primi  moioris  qui  Deus  est;  in  costo  tam- 
quam  in  organo  ,  quo  mediante  ,  timititudo 
bonitatis  aetemae  in  fiuitantem  materiam 
exptieatur.  Coelum  est  organum  ariti  divinae 
quam  naturam  commuiultr  appettani. 


1^36 


DEL    PARADISO 


5  Vedi  come  da  iodi  si  dirama  ^ 
L' obblìquo  cerchio  die  I  pianeti  porta 
Per  soddisfare  al  mondo  che  li  chiama. 

6  E  se  la  strada  lor  non  fosse  tórta , 
Molta  virtù  nel  ciel  sarebbe  invano , 
E  quasi  ogni  potenzia  quaggiù  morta. 

7  E  se  dal  dritto  più  o  men  lontano 
Fosse  'I  partire,  assai  sarebbe  manco 
E  giù  e  su  deir  ordine  mondano. 

tt.  Indi.  Dal  circolo  dell'  equatore  si  parte 
il  zodiaco  ,  il  cai  piano  taglia  obliquamente 
il  plano  dell'  equatore  a  gradi  23  ,  minuti  3 
Anon.  :  Il  circulo  obliquo  è  uno  eireuU>  nella 
spera  che  interseca  ti  circulo  equinoziale  . . . 
e  i'  una  metade  stta  china  veno  settentrione, 
V  altra  verso  meriggio  :  H  quale  è  efUamato 
zodìaco.  Arisi.  (  De  corr»  et  gener.  )  lo  chia- 
ma circolo  obliquo.  —  Cbecuio.  Pietro  :  Il 
moto  universale  del  nono  cielo  eh' è  il  primo 
mobile  va  da  oriente  a  occidente  in  ventiquat- 
tro ore ,  s*  incontra  col  moto  del  circolo  dello 
zodiaco  che  corre  d*  occidente  in  oriente ,  in 
giorni  trenta  e  sei  ore.  E  V  incontro  è  mas- 
simo quando  lo  zodiaco  si  volge  nel  circolo 
dell'equatore  che  dieesi  equinoziale,  Nello  zo- 
diaco sono  i  sette  pianeti ,  e  nel  messo  il  so- 
le nella  linea  che  dicesi  ecclittica.  Lo  qual 
moto  contrario  è  ordinato  da  Dio  perchè  tan' 
ta  è  la  celerità  del  primo  mobile  ,  che  se  i 
pianeti  non  avessero  moto  contrario  ,  all'  ot- 
tava spera  ,  la  macchina  del  mondo  n'  ari- 
drebbe  disciolta,  —  Chiama.  InToca  la  loro 
influenza.  Arist.  (  De  gener.  )  :  Secundum  ac- 
eessum  et  recsssum  solis  in  circulo  obliquo 
fiunt  generationes  in  rebus  inferioribus. 

6.  TÓRTA.  Le  orbite  de' pianeti  s' interse- 
cano ,  perchè  il  circolo  dello  zodiaco  corre 
Abliquo  al  circolo  equinoziale.  Se  questo  non 
fosse,  non  avremmo  la  state  e  il  verno,  né 
generazione  seguirebbe  quaggiù.  —  Invano. 
TuUi  i  pianeti  influirebbero  sui  medesimi  punii 
sempre.  Conv.  :  Lo  cielo  cristallino  ,  o  pri- 
mo mobile ,  ordina  col  suo  movimento  la  quo- 
tidiana revoluzìone  di  tutti  gli  aUri ,  per  la 
quale  ogni  dì  tutti  quelli  ricevono  quagyià  la 
virtù  di  tutte  le  loro  parti.  Che  se  la  rivolu- 
zione di  questo  non  ordinasse  ciò  ,  poco  di 
loro  virtù  quaggiù  verrebbe  ,  o  di  loro  vista. 
Onde  ponemo  che  possibile  fosse  ,  questo  no- 
no cielo  non  movere,  la  tersa  parte  del  cielo 
sarebbe  ancora  non  veduta  in  cUucun  luogo 
della  terra  celato  a  ,  ,  ,  Di  vero  non  sarebbe 
quaggiù  generazione ,  novità  d'animale  odi 
piante:  noUe  non  sarebbe  né  dì,  né  settima- 
na né  mese  né  anno  :  ma  tutto  i'  universo 
sarebbe  diiordinalo ,  e  il  movioi«n(o  degli  al- 


8    Or  ti  riman,  lettor,  sovra  1  tuo  banco, 
Dietro  pensando  a  ciò  che  si  preliba , 
Stesser  vuoi  lieto  assai  prima  che  stanco. 

0    Messo  t'ho  innanzi:  omai  per  te  ti  ciba. 
Che  a  sé  ritorce  tutta  la  mia  cura 
Quella  materia  ond'  io  son  fatto  scriba. 

10    Lo  ministro  maggior  della  natura , 
Chedel  valor  del  cielo  il  mondo  impronta 
E  col  suo  lume  il  tempo  ne  misura  , 

tri  (  cieli  )  sarebbe  indamo,  Arist.  (Metaph.). 
Hotus  diumus  est  caussa  continuitatis  seiUeet 
generationis  :  secundus  autem  motus  qui  ptr 
zodiacum^  est  catissa  diversitatii  qiMM  tsCM- 
cundum  generationem  et  corruptionem. 

7.  Lontano.  Se  il  piano  dell*  orbita  del 
sole  e  de'  pianeti  facesse  col  piano  dell'  o^ 
bita  delle  stelle  fisse  un  angolo  maggiore  o 
minore  di  quello  che  fa ,  sarebbe  turbalo 
l'ordine  e  in  cielo  ed  in  terra.  Anoo.:  Staffi 
accedesse  di  sopra  alle  stelle  /iue ,  tuCla  k 
cose  di  sotto  per  frigiditade  morrebbono ,  e  it 
discendesse  al  circulo  lunare  ,  per  la  caldezza 
arderebbono.  Arist.  (  De  geo.  et   cor.  )  dice 

V  apogeo  e  il  perigeo  necessario  alle  vile  ter- 
rene. E  II  simile  in  Alberto  Magno.  —  Pai- 
TiEB.  Conv.  (  II  ,  3  )  :  Tolomeo  aceorgmideei 
che  l*  ottava  spera  si  movea  per  pn^  ioompi 
ti ,  veggendo  il  cerchio  suo  parivre  dal  dritte 
cerchio  che  volge  tutto  da  oriente  is^  aemdttUe,^ 

8.  Preliba.  Non  è  che  un  saggio.  —  Lo- 
to. Anon.  :  Dice  il  Filosofo  :  tutti  U  uowùm 
naturalmente  disiderano  di  sapere;  e  piaisde 

V  uomo  acquista  la  cosa  eh'elli  disidem,  ha 
dilettazione, 

9.  <:iBA.  Jer.  (  XV  ,  16  )  :  /At7efifi  siml  ff^ 
mones  tui ,  et  comedi  eos ,  et  factum  est  mi- 
hi  verbum  tuum  in  gaudium,  Conv. ,  l:  Vo- 
lendo loro  apparecchiare ,  intendo  fare  un  gè- 
tierale  convito  di  ciò  ch'io  ho  loro  mostrate: 
e  di  quello  pane  eh' è  mestieri  a  così  fatta  vi- 
vanda ,  senza  lo  quale  da  loro  non  poirekhe 
essere  mangiata  a  questo  convito  .  .  .  £*  me 
ragione  e  V  altra  i  dura  sapere  a  coloro  che 
a  questa  cena  sono  convitati;  li  puUi  priege 
lutti  che ,  se  il  convito  non  fosse  tanto  sptisr 
dido  quanto  conviene  alla  sua  grida ,  che  me 
al  mio  volere  ma  alla  mia  facultate  imputi- 
no ogni  difetto  ,  perocché  la  mia  vogUa  di 
compiuta  e  cara  liberalità  è  ([ui  seguace,  E 
I.  IX  :  Quando  a  così  nobile  convito  per  U 
sue  vivande  ,  a  così  onorevole  per  li  suoi  con- 
vitati, si  pone  pane  di  biado  ,  e  non  di  fru- 
mento .  .  .  Couv.  (  I  ,  13  )  :  Ì*«ifi;>o  è  d' im- 
tendere  a  ministrare  le  vivande,  £  simile  mc- 
taf.  uel  Tr.  (  lì,  1 }  e  altrove  spcssj. 

10.  Maggior,  Più  puteate  tra  i  jpinieli. 


J 


CANTO    X. 


i37 


11  Con  quelh  parte  cbe  8u  si  rammenta 
G>Dgìunto ,  si  girava  per  le  spire 

lo  che  più  tosto  ogui  ora  s' apparesenta . 

12  Ed  io  era  con  lui  :  ma  del  salire 
Npnm*accors*io,senoncom*uom  s*accorge 
Anzi  1  primo  pensier ,  del  suo  venire. 

13  E  Beatrice,  quella  che  si  scorge 
Di  bene  in  meglio  si  subitamente 

Che  Tatto  suo  per  tempo  non  si  sporgo, 
Ik    QaaùV  esser  convenia  da  sé  lucente  ! 
Quel  ch'era  dentro  al  sol  dov  io  entrami, 
NoD  per  color,  ma  per  lume  parvente, 

15  Perch'io lo'ngegQOe  rarteeTuso  chiami, 
SI  noi  direi  che  mai  s'immaginasse  : 
Ma  creder  puos^i  e  di  veder  si  brami. 

16  E  se  lo  fantasie  nostre  son  basse 
A  tanta  altezza  ,  non  è  maraviglia  ; 
Che  sovral  sol  non  fu  occhio  ch'andasse. 

17  Taf  era  quivi  la  quarta  famiglia 
Dell'alto  Padre,  che  sempre  la  sazia, 
Mostrando  come  spira  e  come  Gglia. 


Man.  Gapdla  :  U  ioh  è  principe  |  n  dtlla 
natura,  Conr.  :  Il  teU  difcendtndo  lo  raggio 
Muo  quaggiù  reduce  U  cote  a  tua  timilitudine 
di  Umm.  Nelle  Rime  :  Con  U  bei  raggi  infon- 
de •  Vita  9  virtò  quaggiuto  Nella  materia , 
Mieem^  é  diepotta, — Tbmpo.  Canz.  :  Label- 
la  eiéUa  che  '(  tempo  mitura,  Ambrogio  :  Il 
9ùU  è  oeekio  del  mondo  ,  bellezza  del  cielo , 
mitura  de*  tempi ,  vtrlù  e  vigore  di  tutte  le 
eoM  nateenti. 

li.  Parte.  Ariete. — Gibava.  Era  allora 
ia  mezzo  a  quello  spazio  del  cielo  dove  ad 
ogni  grado  della  sua  rivoluzione  anticipa  il 
BAScere  ,  e  presentasi  sul  nostro  orizzonte. 
Posta  la  terra  immobile,  il  sole  da  uo  tropi- 
co air  altro  dovrà  muoversi  per  una  spirale, 
e  le  spire  per  cui  viene  dal  tropico  del  Ca- 
prieorou  a  quello  del  Cancro  s' ÌDcrociccbiano 
con  quelle  per  cui  viene  dal  Cancro  al  tropi- 
co di  Capric(»rnu  :  e  lo  indicò  dove  disse: 
t*iftii  moto  aW  altro  ti  percote.  Or  venendo  dal 
Capricorno  al  Cancro,  il  sole  nasce  ogni  gior- 
no più  presto  ,  il  giorno  s'  allunga.  — Spire. 
<»radi.  Ogni  si/uo  ha  ircula  gradi.  Anoo.  : 
Mostra  eh,'  era  infra  la  quinta  ora  del  dì ,  • 
ventiquatro  mintiti;  petochi  la  mattina  ti  le- 
va Aries,  ed  ora  era  ascendente  Cancro. 

12.  Con.  Nel  sole.  —  Anzi.  S.  Tom.  (  Ad- 
dìi, ad  pan.  Ili,  Sum.  IX,  8i  )  e  altri  vo- 
gliono isiaiiianeo  il  moversi  de*  corpi  beali/ 

13.  Mgumo.  rroprio  ttcila  sapienza  celeste. 
—  :3iBirAìicNT£.  La  livoluziune  e  istantanea. 


18  E  Beatrice  cominciò  :  ringrazia. 
Ringrazia  il  Sol  degli  angeli,  ch'a  questo 
Seosibil  t*ha  levato  per  sua  grazia. 

19  Cuor  dì  mortai  non  fu  mai  si  digesto 
A  divozione  ,  e  a  rendersi  a  Dio 

Con  tutto  1  suo  gradir  cotanto  presto, 

20  Com*  a  quelle  parole  mi  fec'  lo  : 

E  si  tutto  *l  mio  amore  in  lui  si  mise. 
Che  Beatrice  eclissò  nell*  obblio. 

21  Non  le  dispiacque ,  ma  si  se  ne  ri90 , 
Che  lo  splendor  degli  occhi  suoi  ridenti 
Mia  mente  unita  in  più  cose  divise. 

22  lo  vidi  più  fulgor  vivi  e  vincenti 
Far  di  noi  centro  e  di  sé  far  corona  , 
Più  dolci  in  voce  che  'n  vista  lucenti. 

23  Cosi  cinger  la  figlia  di  Latona 
Vedem  talvolta  quando  T  aere  è  pregno, 
Si  che  ritenga  il  61  che  fa  la  zona. 

24  Nella  corte  del  ciel ,  dond*  io  rivegno, 
Si  trovan  molte  gioie  caro  e  belle 
Tanto,  che  non  si  posson  trar  del  regno. 


10.  Fantasie.  Conv.  :  A  noKro  intelletto 
per  difetto  della  fantctsia  non  puote  a  certe 
cose  salire,  però  ella  vien  meno  talora  aW in- 
telletto, —  SovBA.  Non  vide  mai  lume  più 
grande. 

17.  Quarta.  Dottori  teologi.  Dan. ,  XII  : 
Qui . . .  docti  fuerint ,  fulgebunt  quoti  epUn- 
dor  firmamenti:  et  qui  adjustitiam  erudiunt 
multos  .  quasi  stellae  in  perpetuas  aetemita- 
tes.  Febo  era  il  dio  della  scienza.  Aaon.:  Du- 
se Doroteo  ,  che *l  Sole  ,..  è  significatore  . . . 
di  spirito  ,  e  di  sapienza ,  e  d*  intelletto  ,  ed 
acquietamento  di  fede, 

18.  Sol.  Conv.  :  Nullo  sensibile  m  tutto  't 
mondo,  è  più  degno  di  farsi  essempio  di  Dio, 
che  *l  Sole ,  lo  quale  di  sensibile  hsee  sé  prima 
e  poi  tutte  le  corpora  oelestiali  e  elementari 
allumina  ;  coxì  Iddio  tè  prima  con  luce  intel- 
lettuale allumina,  e  poi  le  oelestiali,  e  le  al- 
tre intelligibiU.  —  Sk.xsibil.  l*ur^.,  XXX:  /Vr 
rispetto  al  molto  Sensibile  onde  a  forza  mi  ri- 
motti, 

19.  Digesto.  Disposto. 

21.  Rise.  Di  gioia,  iu  vedermi  già  volto  a 
Dio. 

22.  Vincenti.  Conv.  :  Cerfi  eor;pi  sono  tan- 
to  vincetUi  nella  purità  del  diafano ,  che  di- 
ventano ti  raggianti  che  vincono  l*  armonia 
dell*  occhio, 

23.  Pbegno.  Se  il  vapor  non  è  denso  as«ai« 
non  riQeue,  —  Fil.  Di  luco.— Zona.  L*  alone. 


ha» 


DEL    PARADISO 


25  E 1  canto  di  qae'  lami  era  di  quelle. 
Chi  noo  8*  impenna  sì  che  lassù  ?olì, 
Dal  muto  aspetti  quindi  le  novelle. 

26  Poi ,  si  cantando ,  quegli  ardenti  soli 
Si  fùr  girati  intomo  a  noi  tre  volte, 
Come  stelle  vicine  a'  fermi  poli  ; 

27  Donne  mi  parver  non  da  ballo  sciolte, 
Ha  che  s' arrestìn  tacite  ascoltando 
Fin  che  le  nuove  note  hanno  ricolte. 

88  E  dentro  all'un  senti*cominciar: quando 
Lo  raggio  della  grazia ,  onde  sfaccendo 
Verace  amore,  e  che  poi  cresce  amando, 

29  Multiplicato  in  te  tanto  risplende 
Che  ti  conduce  su  per  quella  scala 
V ,  senza  risafir ,  nessun  di89ende  ; 

30  Qual  ti  negasse  '1  vin  della  sua  &ala 
Per  la  tua  sete ,  in  libertà  non  fora 

Se  non  com'  acque  ch*al  marnon  si  cala. 

31  Tu  vuoi  saper  di  quai  piante  s'infiora 
Questa  ghirianda  che  'ntomo  vagheggia 
La  bella  donna  eh'  al  ciel  t' avvalora. 

32  Io  fui  degli  agni  della  santa  greggia 
Che  Domenico  mena  per  cammino 

U'  ben  s*  impingua  se  non  si  vaneggia. 

26.  ?ou.  Vicine  ma  sempre  agualmente 
distanti. 

27.  Ballo,  questa  similitadine  torna  più 
volte.  —  Ricolti.  Bocc.  :  Il  famigUan  qui- 
tta parola  ricoUe* 

28.  Un.  Sole.  S.  Tomaso. 

29.  S&^zA.  Purg.,  II  :  Pbt  tornare  altra 
volta  Là  dov'  i  $on ,  fo  io  quetto  viaggio. 

30.  Si.  C.  I  :  MaravigUa  iarebbé  in  t» ,  te, 
privo  D*  impedimento  ,  giù  ti  foni  auiio  , 
Cam' a  terra  quieto  fuMo  vivo, 

32.  Yanbgoia.  Se  non  si  gonfia ,  s*  ingras- 
sa. F.  e.  Xi,  9. 

33.  Frate.  Domenicano.  —  Alibeto.  Ma- 
gno. Filohuro  e  teologo  insigne.  Nacque  in  I- 
svcYia ,  visse  a  lungo  in  Colonia  ,  detta  Co- 
togna anco  dal  Vili.  (Y,  1  ).  Fu  maestro  in 
Parigi  nel  1261;  rinunziò  per  amor  degli  stu- 
dii  al  vescovado  di  Ratisbona:  morì  nel  1282. 
Anomino  :  Alcuno  crede  eh*  elli  iapetse  di  cia- 
scuna scienza  (tetta  ed  tfiHctCo.  —  Tommas. 
Molli  e  i  più  grandi  de' qui  nomiuatt  teologi 
sono  italiani  :  e  parecchi  maestri  nella  univer- 
tiità  di  Parigi. 

35.  GrazYan.  Di  Chiusi,  monaeo.  Visse  nel 
Ili  secolo.  Pietro  :  Composuit  deeretum  ad 
utrumque  forum  eanonicum  et  civile  respiciens, 

36.  PiKTEo.  Lombardo.  Maestro  delle  sen- 
tenza :  chiaro  per  quattro   libri  di   teologia 


33    Questi  che  m' è  a  destra  più  vicino. 
Frate  e  maestro  fummi  :  ed  esso  Alberto 
£  di  Cotogna  ,  ed  io  Tommas  d'Aquino. 

Zk    Se  iu  di  tutti  gli  altri  esser  vuoi  ceHo, 
Diretro  al  mio  parlar  teu  vieo*col  viso 
Girando  su  per  lo  beato  serto. 

35  Queir  altro  fiammeggiare  esce  del  riso 
Di  Grazian ,  che  l' uno  e  1*  altro  foio 
Aiutò  si  che  piace  in  paradiso* 

36  L'altro  ch'appresso  adoma  il  noatroeofo. 
Quel  Pietro  fu  che  con  la  poverella 
Offerse  a  santa  Chiesa  il  suo  teaoro. 

37  La  quinta  luce  eh' è  tra  noi  più  bella. 
Spira  di  tale  amor  che  tutto  *l  mondo 
Laggiù  n'  ha  gola  di  saper  novella. 

38  Entro  v*  è  V  alta  Ince  u'  si  profonda 
Saver  fu  messo  ,  che,  se  '1  vero  è  vero, 
A  veder  tanto  non  surse'l  secondo. 

39  Appresso  vedi  *1  lume  di  quel  ceao 
Che  giuso  in  carne  più  addentro  vide 
L'angelica  natura  e  *l  ministero. 

40  Nell'altra  piccioletta  luce  ride 
Queir  avvocato  de*  templi  cristiani , 
Del  c&i  latino  Agostin  si  provvide. 

oomentati  in  tante  università.  Naeqoe  in  Kt- 
vara,  fu  professore,  e  fescoro  di  Parigi.— 
Tbsobo.  Nel  proemio:  Coptenfat  oKfMìrf  di 
penuria  et  tenuitate  nostra  eum  pmwpenwàu 
in  gazopkylacium  Domini  mittere  (  Marc.,  XII; 
Lue.,  XXI  ). 

37.  Quinta.  Salomone.  V.  c.  XIIL—Avoa. 
L'autor  della  Cantica  e  della  Saptcva. — 
Gola.  Nel  Con?,  disse  :  occhi  galotL  —  Sa- 
per. Questionavano  se  fosse  salvo  o  dannato. 

38.  SuBSB.  Reg. ,  111  :  Dedi  litri  eortofitm, 
et  intelligens  ,  in  tantum ,  ut  nuttus  ante  te 
similis  tui  fuerit ,  nec  post  te  surreetunss  lil. 

39.  Cero.  Dionigi  Areopagita  ,  dlscepol» 
di  8.  Paolo.  Ma  il  libro  Da  coelesti  Marardbia 
non  ai  sa  certo  se  sia  di  lui. 

40.  QuELL*.  Altri  intende  Paolo  Orosio . 
che  scrisse  sette  libri  d'apologia  dedicati  ad 
Agostino.  Questi  ne  parla  (  nel  lib.  De  rolia- 
fie  antmue  )  :  Religiosus  juvenis  •  •  .  Ciim 
presbyter  noster  Orosius ,  vigil  ttijemo  ,  pa- 
ratus  eloquio ,  flagrane  studio  ,  utile  vas  in 
domo  Domini  esse  desiderane  ad  refelkndme 
falsas  pemiciosasque  doctrinae  .  .  .  Piccoietta 
è  la  sua  luce  ,  percbè  di  scrittore  meo  chia- 
ro. S.  Agostino  per  mezzo  di  Giuliano  Carta- 
ginese invitò  Orosio  a  scrivere  un'  opera  ,  e 
questi  la  scrisse:  e  Agostino  gli  fece  rinvilo 
perché  delle  calamità  e  de' delitti  del  mondo 


CANTO    X. 


439 


41  Or  se  tu  r  occhio  della  mente  trani 
Di  luce  in  luce  dietro  alle  mìe  lode  , 
Già  dell'  ottava  con  sete  rimani. 

42  Per  vedere  ogni  ben  dentro  vi  gode 
L*  anima  santa  che  1  mondo  fallace 
Fa  manifesto  a  chi  di  lei  ben  ode. 

43  Lo  corpo  ond'ella  fu  cacciata ,  ^iace 
Giuso  in  Cieldauro  ;  ed  essa  da  martire 
E  da  esilio  venne  a  questa  pace. 

44  Vedi  oltre  fiammeggiarl' ardentespiro 
D'Isidoro,  di  Beda,  e  di  Riccardo 
Che  a  considerar  fu  più  che  viro. 

45  Questiondeameritorna  il  tuo  riguardo, 
]fe  il  lume  d*uno  spirto ,  che  'n  pensieri 

Doo  ebbe  spazio  di  parlare  nel  libro  della  Cit- 
!<!.—- Latino.  Per  ragionafnerUo  (  e.  XII ,  48). 
Pietro  Intende  qai  s.  Ambrogio  convertitore  di 
s.  Agostino. 

41.  Tbahi.  TrwM,  ùs ,  passare  a  nnoto. 
Pid  ardito  cbe  il  eurro  dello  sguardo  (  Infera 
no  .  XVII  ). 

4S.  Anima*  Boet.  scrisse  De  consolatione 
phùù$ophia9  ;  e  Dante  nel  Con?,  lo  chiama 
soo  cimsolftore  e  dottore  :  e  anco  nella  Mo- 
narcbia  lo  rammenta;  e  rese  io  versi  i  con- 
cetti di  Ini  più  volte.  Fa  senatore  romano  ; 
mori  per  iigiastisia  dì  Teodorico  in  carcere. 

43.  CnuiAuao.  S.  Pietro  in  Pavia.  Le  sue 
ceneri  sono  lo  ama  marmorea  davanti  all'  al- 
iar maggiore. 

44.  IsiDOBO.  VeaeoTo  di  Siviglia  :  scrisse  le 
KlUnologie  ed  altre  cose: mori  nel  636  — Bboa. 
n  Venerabile ,  inglese  :  scrisse  omelie,  e  una 
sùrla  eeelesiastlca ,  on  martirologio  ,  e  co- 
nMMi  alla  Bibbia  :  morì  nel  735.  —  Riccar- 
1K>.  Da  ••  Tlttore,  firaiieeaa»  teologo,  fratel- 
lo di  Ugo  da  a.  Vittore;  scrisse  della  Trini- 
tà» a  vn  libro  Ih  eontcmplatiane ,  citato  da 
Diate  nella  lettera  a  Cane.  Perciò  forse  lo 
diiafliè  pie  di$  vin.  Mal,  Alessandro ,  dice 


Gravi  a  morire  gli  parve  esser  tardo. 

k6    Essa  è  la  luce  eterna  dì  Sigieri , 
Che  leggendo  nel  vico  degli  Strami, 
Sillogizzò  invidiosi  veri. 

VI    Indi ,  come  orologio  che  ne  chiami 

Nell'ora  che  la  sposa  di  Dio  surge 

A  mattinar  lo  sposo,  perchè  l'ami , 

kS    Che  r  una  parte  e  1* altra  tira  ed  urge 
Tin  Un  sonando  con  si  dolce  nota 
Che'l  ben  disposto  spirto  d'amor  turge; 

k9    Cosi  vid'  io  la  gloriosa  ruota 
Moversi,  e  render  voce  a  voce,  in  tempra 
Ed  in  dolcezza  eh*  esser  non  può  nota 

50    Se  DOQ  colà  dove  1  gioir  s'insempra* 


di  lui  :  Vir  pietate  9t  eruditione  eontfneuu»  , 
thelogiae  mytUcae  peritissimut,  —  Viro  (Inf., 
IV.  11). 

45.  Riguardo.  Gaido  Gind.:  Con  gli  ritar- 
di dtgli  occhi  fidenti, 

46.  Si«iBBi.  Insegnò  logica  a  Parigi.  Na- 
cque nel  Brabante:fa  nel  1180  abate  di  s.  Dio- 
nigi :  leggeva  in  rue  Fouarre ,  della  Paglia  , 
presso  alla  pfazia  HFaubert ,  a  destra  dell'  J7d- 
teld^ville.  Quivi  era  Ponfrersità;  e  gli  sco- 
lari sedevano  sulla  paglia  (SaintFoii,  Essai 
hist.  sur  Paris).  Anon.:  É  uno  luogo  mAi- 
Hgi  dove  si  legge  loiea,  $  vendeviti  lo  itrame 
de*  eavalli,  Sigieri  fa  nomo  di  scienza  e  nom 
di  stato.  Molle  delle  riforme  operate  da  Lai- 
gi  il  Grosso  son  debite  a' suoi  consigli ,  co- 
me liberare  i  servi,  francare  i  comuni,  far 
pubblica  l' amministrazione  della  giostiiia. 

47.  OaoLooio.  Scoperta  rinnovata  nel  se- 
colo XIV,  nel  qaal  troviamo  descritti  varii 
cronometri.  Già  dal  IX  secolo  abbiam  l'oro- 
logio di  Pacifico  arcidiacono  di  Verena.  Qai 
parla  dello  svegliarino  »  dove  Pana  molla  ti- 
ra r  anteriore  e  spinge  la  posteriore  contra  la 
campana  per  dare  il  saono. 


khÙ 


DEL   PARADISO 


CANTO 


XI. 


ARGOMENTO. 

5.  Tomaio  qui  tesse  le  lodi  di  s.  Francesco  :  poi  s.  BoMteniura ,  francescano, 
dmL  le  lodi  di  $.  Domenico.  In  questi  due  fondatori  vedem  il  P.  due  rifwwsahri 
della  Chieta  ,  V  uno  per  sapienza ,  V  altro  per  carità.  Non  lodava  égli  U  fuerra 
da  que*  di  s.  Domwkco  mossa  agli  eretici  col  ferro  e  col  fuoco ,  ma  A  la  guerra 
agli  errori  mossa  con  la  parola.  Più  calde  però  e  più  poetiche  son  le  lodi  iaie  e 
Francesco.  L  amore  ddla  povertà  ci  è  dipinto  con  tenerezza,  come  amore  di  den- 
na  :  e  veramente  u  V  avarizia  è  Utpa  ,  la  povertà  dev'  essere  legittima  qMia. 

Ball*  odio  dell*  avarizia  trae  questo  cantico  le  sue  più  alte  bellezze. 
Nota  le  terzine  2,3,4,6,  IO ,  15  ;  la  18  alU  24  ;  la  26 ,  SS  ,  30 ,  91 , 
36  ,  38  ,  42  ,  43. 


1  O  insensata  cura  de'  mortali  « 
Quanto  6on  difettivi  sillogismi 

Quei  cbe  ti  fanno  in  basso  batter  V  ali  ! 

2  Chi  dietro  a'  iura ,  e  chi  ad  aforisini 
Beo  giva,  e  chi  seguendo sacerdoi io, 
E  chi  regnar  per  f4»rEa  e  per  sofismi; 

1.  0.  Bamaienta  il  locreziano  :  0  tniseras 
hominum  mentis  !  o  peclora  catca  !  Qualibus 
m  tenebris  tifa;  ,  quantisque  periclit.,  ?  e  1' 
O  curas  honùnum  !  o  quantum  est  in  rebus 
inane  !  di  Persio. 

2.  lURA.  Giure  è  nello  Scisma  del  Davao- 
lati.  ^  ÀFOBiSMi.  S.  Uier.  :  Konne  vobis  vt- 
dentuT  in  vanitaie  sensus  ingreii  qui  diebus 
ae  noctibus  in  dialectica  torquentur ,  qui  phy- 
sieos  perscrutator  oculos  trans  coelum  levat  , 
qui  divina  per  fas  et  fiefas  quaerit  ,  qui  adu- 
latur  regikus ,  qui  haereditates  ei  opes  coutjtc- 
9at  ?  —  Sacku>ozio.  Lucroso. 

3.  BuBARK.  Ott.  :  Molti  sono  lì  modi  del 
rubare  :  quelli  sono  maggiori  rubatori ,  che 
con  più  forte  braccio  rubano  .  .  .  Tutti  li  ti- 


3    E  chi  rubare  ,  r»  chi  civil  negocio  ; 
Chi  nel  diletto  della  carne  inTollo 
SafTuticaTa,  e  chi  sì  dava  alT  olio, 

h    Quand*  io,  da  tutte  queste  cose  aeklto. 
Con  Beatrice  m*  era  suso  io  cieb 
Cotanto  gtoriosamoote  icoolto. 

ranni  sono  in  questo  •ufnero.— -Kaaot».  Ar 
post.  :  Implicai  se  negotiis  saeeularibue  Coav., 
I  :  La  cura  famigliare  e  civile  eom>enenekMm' 
te  a  sé  tiene  degli  uomini  U  maggior  iiiiMffi, 
sé  che  in  ozio  di  speculazione  essere  nanpee- 
sono, 

4.  Sciolto.  Boet.  :  Nos  desuper  irriénms, 
viùssima  rerum  quaeque  rapientu  ,  eecun  fo> 
tius  furiosi  tumultus,  coque  vallo  mimiti ,  fw 
grassanti  stuliitiae  adspirare  fas  non  eU.  «-> 
bKATaiCB.  Sap. ,  VU  :  Optavi,  et  daSus  est 
miAt  sensus . . .  el  venit  in  me  spirìim  samèen- 
tiae  :  Et  praeposui  iUam  regnis  ci  Hdiius  : 
et  diviiias  nihil  esH  du€i  in  eomparati^ne  Ù- 
Uus. 


CANTO    XI. 


kkì 


5  Poi  che  eiascQDo  fu  tomaio  oe  lo 
Punto  del  cerchio  io  che  avanti  s'era, 
Fermo  si  come  a  candellier  candelo  ; 

6  Ed  io  senti*  dentro  a  quella  lumiera 
Che  pria  m' avea  parlato  «  sorridendo 
Incominciar,  facendosi  più  mera  : 

7  Cosi  com'  io  del  suo  raggio  m' accendo, 
Si  riguardando  nella  luce  eterna, 

Li  tuo'pensieri,  onde  cagioni,  apprendo. 

8  Tu  dubbii,  ed  hai  \oIer  che  si  ricerna 
In  sì  aperta  e  sì  distesa  lingua 

Lo  dicer  mio,  eh*  al  tuo  sentir  si  stema, 

9  Ove  dinanzi  dissi  :  u*  ben  i '  impingua  ; 
£  là  u' dissi  :  non  surse  'l  secondo. 

E  qui  ò  uopo  che  ben  si  distingua. 

10  La  Provvidenza  che  governa  il  mondo 
Con  quel  consiglio  nel  quale  ogni  aspetto 
Creato  è  vinto  pria  che  vada  al  fondo, 

11  Perocché  andasse  vèr  lo  suo  diletto 
La  sposa  di  Colui  eh*  ad  alte  grida 
Disposò  lei  col  sangue  benedetto  , 

i%    In  sé  sicura ,  e  anche  a  lui  più  fida, 
Due  princìpi  ordinò  in  suo  fasore 
Che  quinci  e  quindi  le  fosser  per  guida. 

7.  Gaoiovi.  L'  nomo  è  eausa  a  sé  dì  pen- 
sieri. In  questa  frase  è  la  doUrioa  dell'  al- 
teozione  e  della  liberU. 

9.  iMmtGUA.  (  X  ,  33  ).  —  SvBSS  (  X ,  38). 
—  DiBTiHGCA.  In  che  senso  io  dissi  Salomo- 
ne alUssiino  de*  Teggenti  (  e.  XUl  ). 

10.  TniTO.  (  s.  Thom.,  I,  qo.  13,  art.,  7). 

11.  PiBoccHÈ.  Per  aeeioechè.  Nel  Codv. 
ceeiocekè  io  senso  di  perocché.  Il  senso  prò- 
ndacno  dell'  ad  e  del  ptr  spiega  tale  pronti- 
sciita.  —  GiinA.  ETaog.  :  Crueifige  ,  cruci- 
f§9.  Matth. ,  XXVII  :  Ciamofu  voce  tna^na... 
éwMt  qNriliiiii.  Act. ,  XX  :  Eceluiam  . . . 
ci9igmmnU  «on^titne  tuo, 

13.  Uh.  S.  Francesco  là  santo  popolare , 
•d  è  tiUUTia.  Da  Giotto  a' dì  nostri,  inoome- 
nbili  le  pittore  che  rappresenuno  la  soa  vi- 
ta :  Giotto  dipinge  con  amore  s.  Francesco  : 
Gioltino  più  tardi  quando  1*  lulia  comincia  a 
cadere ,  dipinge  Cosuntino  •  Silvestro  (  lof. 
XIX  ,  XXVII  ).  —  Cherubica.  Post.  Ant.  : 
5frapfcim  ardififaf  tn  amon  Dei ,  Cherubini 

14.  PniNDi.  C.  IV  :  Quel  Gtovonm,  Qual 
prender  vagli  . . . 

10.  Tupuio.  Piomlcello  vicino  ad  Assisi. 
«—  Acqua.  Chiassi.  -—  Collb.  Homitorio  di 
••  UlMldo  nel  territorio  d'  Agobbio.  —  Fn- 
TftB.  D'  olivi  e  di  viti.  A  ostro  di  Ptrogia. 


13    L*  un  fu  tutto  serafico  in  ardore, 
L' altro  per  sapienza  in  terra  fue 
Di  cherubica  luce  uno  splendore. 
ik    Dell'  un  dirò ,  perocché  d*  amendue 
Si  dice  l'un  pregiando,  qual  ch*uom  prende 
Perch*  ad  un  fine  fùr  l' opere  sue. 

15  Intra  Tu  pino  e  1*  acqua  che  discende 
Del  colle  eletto  dal  beato  Ubaldo, 
Fertile  costa  d' alto  monte  pende, 

16  Onde  Perugia  sente  freddo  e  caldo 
Da  Porta  Sole;  e  dirietro  le  piange 
Per  greve  giogo  Nocera  con  Gualdo. 

17  Di  quella  costa  là  dov'ella  frange 
Più  sua  rattezza, nacque  al  mondo  un  sole, 
Come  fa  questo  tal  volta  di  Gange. 

18  Però  chi  d' esso  loco  fa  parole 
Non  dica  Ascesi ,  che  direbbe  corto, 
Ma  Oriente ,  se  proprio  dir  vuole. 

19  Non  era  ancor  molto  lontan  dall*  6rto, 
Ch*  e*  cominciò  a  far  sentir  la  terra 
Della  sua  gran  virtute  alcun  conforto. 

20  Che  per  tal  donna  giovinetto  in  guerra 
Del  padre  corse,  a[  cui ,  com'  alla  morte, 
La  porta  del  piacer  nessun  disserra: 

10.  Perugia.  Lontan  da  Assisi  dodici  mi- 
glia. —  FninDo.  Per  il  vento  borea  che  di 
là  spira.  —  Caldo.  Per  il  riflesso  del  sole. 

—  Gualdo.  Suddite  a  Roberto  di  Napoli,  e 
oppresse  d' imposte.  Il  Post.  Cass.  intende  i 
men  bene  ,  che  la  costa  dov'  è  Gaaldo  e  No- 
cera come  sterile  ,  fìi  piangere  quella  città  , 
al  paragone  della  fertile  dirimpetto. 

17.  Fransi.  Parg. ,  XII  :  Si  rompe  nel  «on- 
tar  V  ardita  foga  Per  le  ecalee.  —  Solb.  S. 
Tom. ,  nella  vita  di  s.  Francesco  :  Quaei  eoi 
oriene  in  mundo  B.  F\ranciteui  frita  ,  doelfir 
na  ,  et  ndraculis  claruit.  —  Tal  volta.  Nei 
solstizio  estivo  che  il  sole  nasce  dalla  parte 
delle  foci  del  Gange ,  cioè  dall'  Indie  orien- 
tali ;  e  a  noi  snol  essere  più  lucente. 

18.  Ascesi.  Per  Jsttri  (  Vili. ,  IX  ,  103  ). 

—  OrYintr.  Cristo  è  ebiamato  :  Orien»  es 
alto.  Cosi  chiunque  si  fa  simile  a  lui.  S.  Bo- 
navent.  applica  a  Francesco  le  parole  della 
Apoc.  :  ridi  alterum  Angelum  ascendentem 
ab  ortu  eolie ,  hahentem  eignum  Dei  «tot.  E 
in  nna  vita  antica  di  a.  Francesco ,  egli  è 
comparato  al  sole  oriente  (  C.  Vadd. ,  Ann. 
Min.  ,  1244  ). 

20.  Donka.  Povertà.  Gant. ,  Vili  :  Aquae 
multae  non  potueruni  eitinguere  eAartfofem... 
Si  dederit  homo  omnem  fnèffaittiatit  domue 
iuae  prò  diltetione ,  quaei  nikU  diepteieM 

56 


U2 


DEL    PARADISO 


2 1  E  dinanzi  alla  sua  spiritai  corte 
Et  eoram  patn  le  si  fece  unito  : 
Poscia  di  di  in  di  V  amò  più  forte. 

22  Questa ,  privata  del  primo  marito» 
Mille  e  cent*  anni  e  più  dispetta  e  scura 
Fino  a  costui  si  stette  senza  invito. 

2S  Né  valse  udir  che  la  trovò  sicura 
Con  Amiclate  al  snon  della  sua  voce 
Colui  eh'  a  tutto  *ì  mondo  fé  paura. 

26.    Nò  valse  esser  costante  nò  feroce 
SI  che ,  dove  Maria  rimase  giuso, 
Elia  con  Cristo  salse  in  su  la  croce. 

25  Ma  perch'io  non  proceda  troppo  chiuso, 
Francesco  e  povertà  per  questi  amanti 
Prendi  oramai  nel  mio  parlar  diflìiso. 

26  La  lor  concordia  e  i  lorlietisembianti. 
Amore  e  maraviglia  e  dolce  sguardo , 
Faceano  esser  cagion  de'pensier  santi; 

27  Tanto  che  1  venerabile  Bernardo 


som.  —  Padeb.  Lo  battè  e  carcerò  per  aver 
largito  a*  poveri  eerto  danaro.  —  Hortb.  La 
povertA  sembra  amara  al  più  come  morte.— 
Porta.  Ar.  (  XIII ,  (M)  )  :  i?  cM  mtglio  apra 
a  cortuia  le  porte. 

21.  Spieital.  iD  fiiccia  al  vescovo  d'Assisi 
rìnonziò  solenoemente  al  retaggio  paterno. 

22.  Primo.  6.  C.  L'Anonimo  cita  e  tra- 
duce qui  s.  Bernardo  :  Di  mu  queste  cote 
avea  in  Cielo  etema  ahbondanta ,  mapoter- 
tade  non  m  fi  truovava  ;  ma  abbondava  e 
sopra  abbondava  in  terra  ([ueeta  isptiie ,  e 
V  uomo  non  eognoiceva  il  valore  d*etsa,  li  fi- 
gliuolo di  Dio ,  ditiderando  quB$ta ,  ditce$e 
in  terra ,  aceto  eh*  egli  la  pigUaue  per  $è ,  e 
a  noi  per  la  sua  esHmasione  la  faccia  essere 
preziosa.  Lue,  IV  :  Evangelisare  pauperibus 
misit  me  ,  .  ,  Beati  pauperes  . .  .  ,  VI  :  V<u 
vobis  divitibus.  —  Dispbtta.  Fino  al  1207. 
Quando  Francesco  la  abbracciò. 

23.  Colui.  Cesare  dì  notte  picchia  alla  por- 
ta di  povero  pescatore  tranquillo  fra  le  incur- 
sioni oemiche.  Lncan.  (  V  ,  619-29  )  :  liaee 
Caeear  bis  terque  manu  quauantia  teetum 
Lèmina  commovit  :  molU  eonsurgit  Amyelas, 
Quem  dabat  alga,  tKoro,  Quis  nam  mea  nau- 
fragus ,  inquit ,  Tecta  petit  ?  aut  quem  no- 
stra» Fortuna  eoegit  Auxilium  sperare  casosi 
Sic  fatus ,  ah  alto  . . .  Seeurus  . .  .  O  wJtae 
tuta  faeultas  pauperis ,  angustique  lares  !  o 
munsfa  nondum  inidleeta  De^m  I  Conv.  :  Di- 
ce U  savio  :  Se  vóto  camminatore  entrasse  nel 
cammésso ,  dinnansi  a*  ladroni  canterebbe.  E 
ciò  tmod  din  Lucano  nei  quinHoUbro,  quan- 


Si  scalzò  prima ,  e  dietro  a  tanta  pace 
Corse,  e  correndo  gli  parve  esser  tardo. 

28  0  ignota  ricchezza!  o  ben  verace! 
Scalzasi  Egidio  e  scalzasi  Silvestro 
Dietro  allo  sposo:  si  la  sposa  place. 

29  Indi  sen  va  quel  padre  e  quel  maestro 
Con  la  sua  donna ,  e  con  quella  famiglia 
Che  già  legava  l'umile  capestro. 

30  Né  gli  gravò  viltà  di  cuor  le  ciglia 
Per  esser  fi'di  Pietro  Bemardone , 
Né  per  parer  dispetto  a  maraviglia. 

31  Ma  regalmente  sua  dura  intenzione 
Ad  Innocenzio  aperse,  e  da  lui  ebbe 
Primo  sigillo  a  sua  religione. 

32  Poi  che  la  gente  poverella  crd>be 
Dietro  a  costui  la  cui  mirabii  vita 
Meglio  in  gloria  del  ciel  si  canterebbe  ; 

33  Di  seconda  corona  redimita 
Fu  per  Onorio  dairetemo  spiro 


do  commenda  la  povertà  di  sicuratuus , 
do  ,  , ,  E  quello  dice  Lucano  quando  ritrm 
come  Cesare  di  notte  alla  casetta  del  pesce- 
tore  ÀmicUu  venne  per  passare  ti  man  i* 
driano, 

26.  Loi.  De'due  sposi:  la  povertà  e  saa 
Fracesco.  —  Listi,  Convivio  :  Ben  lo  mhmo 
li  miseri  mercanti  che  per  lo  «ondo  vatms, 
che  le  foglie  che  'l  vento  fa  meeiare  li  fa  He- 
mare  qwmdo  ricchesse  portano;  e  qmmtide 
senx*  esse  sono,  pieni  di  sicurtà  emmtmndo  e 
ragionando  fanno  loro  cammmo  pia  anno. 

27.  Bhnaioo.  Da  Cbiaravalle.— Scauò. 
Come  gli  Apostoli  (Lue,  XXII,  SS). 

28.  EfiiDio.  Correvano  già  al  tempo  di  Dan- 
te leggende  della  vita  di  s.  Francesco  e  dr 
suoi.  L'Ott.  le  rammenta. 

30.  GaAvò.  Purg. ,  XXX  :  Tonfa  otryofM 
flit  gravò  la  frotUe  l  ^  Fi*.  Per  /l^lio.  Ì  il 
BruDcHo  ed  in  Guido.  Quindi  i  cogoomi  io- 
rentini  :  Firidolfi»  Figiovanoi.  s.  Domeaiee 
in  quella  vece  era  nobile.  —  MAnAvrauA. 
Spesso  ne*  profeti  annonzianti  la  omiUasioac 
d*  Israele  è  detto  :  Eritis  m  sftiportm. 

31.  iMMocBNzio.  Terso.  Nel  1214. 

32.  PovBKBLLA.  Fioretti  del  glorioio  pott- 
rsUo  di  Cristo,  wicsser  s,  Franeeseo  :  cosi 
s' intitola  il  noto  libro  del  secolo  XIV.— Un- 
OLIO.  La  cantavano  i  frati  in  coro.  Francciee 
fu  canonizzato  nel  1228. 

83.  Onobio.  Terzo.  Il  qoal  vide  in  tono 
i  destini  dell'  ordine  di  s.  Francesco. —  Aa- 
CHiMANDRiTA.  Nella  Monarchia  dico  t.  Pietro 
arehmaiHirita  nostro* 


i 


CANTO    XI. 


U3 


La  santa  voglia  d'csto  archimandrita. 
3&    E  poi  che ,  per  la  sete  del  martiro, 
Nella  presenza  del  soldan  superba 
Predicò  Cristo  e  gli  altri  che  *1  seguirò  ; 

35  E  per  trovare  a  conversione  acerba 
Troppo  la  gente,  epernonstare indarno, 
Reddissi  al  frutto  dell'Italie*  erba. 

36  Nel  crudo  sasso  intra  Tevere  ed  Arno 
Da  Cristo  prese  Vultimo  sigillo 

Che  le  sue  membra  du*anni  portarne. 

37  Quando  a  Colui  cha  tanto  ben  sortillo, 
Piacque  di  trarlo  suso  alla  mercede 
Che  gli  acquistò  nel  suo  farsi  pusillo; 

38  Ai  frati  suoi ,  si  com*  a  giuste  erede , 
Raccomandò  la  sua  donna  più  cara, 

E  comandò  che  ramassero  a  fede. 

39  E  del  suo  grembo  V  anima  preclara 
Mover  si  volle ,  tornando  al  suo  regno  ; 
Ed  al  suo  corpo  non  volle  altra  bara. 

U)    Pensa  oramai  qual  fu  colui  che  degno 
Collega  fu  a  mantener  la  barca 

34.  SoLDAK.  D*  Egitto.  —  Altri.  C.  IX:  Al- 
ia milizia  eiie  Pietro  seguette. 

36.  Sasso.  Vernia  ,  nel  Casentino.  —  Sigil- 
I.O.  U  primo  dal  Fapa. 

37.  SoBTiLLO.  Attivo.  Vìrg.  :  Sortitique  vi- 
ccf.  Petr.:  A  st  alla  gratia  il  del  iorlilla,  Sip. 
(Vy  5]:  Inter  Sanctoi  8or$  illorum  eet. — Pu- 
sillo. Frase  evangelica. 

38.  Ebbdi.  Per  eredi.  Anco  in  prosa. — A- 
■AiSBEO.  ScQ.:  RipotcUisiimamente  sverebbero 
jfU  uomini,  M  queste  due  parole  fossero  leva- 
te 9ia:  mio  e  tuo.  — A.  Novellino  ,  XXX: 
L*  aecogUeue  a  grandiseimo  amore.  11  Notaio: 
Jt  serve  a  fé  . . .  V*amo  a  buon  cuore. 

30.  Sco.  Della  povertà.  —  Tornando.  Ec- 
ci.  p  XII  :  Spiritus  redeat  ad  Deum ,  qui  de- 
dU  fOnÈm.  —  Altra.  Alcuna  pompa.  Cosi  di- 
ciamo: wm  volle  aUrimenii,  Francesco  si  vol- 
le seppellito  nel  laogo  dove  ginstizlavansi 
i  rei. 

40.  GoLLBGA.  Domenico  (  terz.  13). 

41.  Carca.  Segue  la  figure  della  iMrca. 

42.  Ma.  Tomaso  biasima  i  Domeoicaoi , 


Di  Pietro  in  alto  mar  per  drillo  segno. 

&1     £  questi  fu  il  nostro  patriarca. 
Perchè  qual  segue  lui  com'ei  comanda , 
Discerner  puoi  che  buona  merce  carca. 

Vi ,  Ma  '1  suo  peculio  di  nuova  vivanda 
£  fatto  ghiotto,  si  eh* esser  non  puote 
Che  per  diversi  salti  non  si  spanda. 

kZ    £  quanto  le  sue  pecore ,  rimote 
E  vagabonde  più  da  esso  vanno  j 
Più  tornano  airovil  di  latte  vote. 

kh>  Ben  son  di  quelle  che  temono '1  danno, 
E  stringonsi  al  pastor:  ma  son  si  poche 
Che  le  cappe  fornisce  poco  panno. 

VS    Or  se  le  mie  parole  non  son  fioche. 
Se  la  tua  aud^'enza  è  stata  attenta , 
Se  ciò  eh*  ho  detto  alla  mente  rivoche , 

k6    In  parte  fia  la  tua  voglia  contenta  ; 
Perchè  vedrai  la  pianta  onde  si  scheggia , 
E  vedrai  1  cor^^er  che  argomenta 

VI    ir  ben  s'impingua  se  non  si  vaneggia. 


s.  Bonaventura  i  Francescani;  perché  da' vi- 
cini e  conscii  il  biasimo  è  più  credibile.  Ma 
Tomaso  loda  Francesco ,  e  Bonaven^.  Dome- 
nico ,  perchè  la  loda  degli  estranei  è  più  mo- 
desta. —  Nuova.  Francesco  e  Domenico  vie- 
tarono che  i  suoi  ricevessero  vescovadi.  — 
Salti.  Virg.:  iVemomm  jam  olaudite  saltus; 
Si  qua  forte  ferant  oeulis  sese  obvia  nostris 
Errabunda  bovis  vestigia .  . . 

43.  Pbcorb.  Nota  parabola  del  Vang.  Jer., 
XXIII  :  Dispersistis  gregem  m$um  »  el  s^ee^ 
stis  eos  »  et  non  visUastis  eos. 

44.  Panno.  Si  attacca  al  traslato  delle  pe- 
core, dei  lor  velli. 

46.  ScBBOGiA.  Da  cai  s!  traggono  noe  le- 
gne  intere ,  ma  inutili  schegge.  —  CoRBeaim. 
l  Domenicani  cingevansi  di  coreggia  (  Con- 
stitut.  domin.,  1560);  i  Francescani  di  eor- 
da; però  cordiglieri  (Inf.,  XXVII). 

47.  iMPirtGUÀ.  Modo  Bibl.:  Anima,  quae 
benedieii,  impinguabOur.'^  Yàmb^oìà,  Apott.: 
Seienfta  tn/laf. 


tu 


DEL    PARADISO 


CANTO      XII. 


ARGOMENTO. 

Alla  ghirlanda  de'  dodici  primi  dottori ,  $  aggiunge  un*  altra  t  altri  dodici ,  dn 
gira  cantando  intomo  a  quali.  lira  essi  Bonaventura  francescano  ,  il  guai  tene 
le  lodi  di  s.  Domenico  :  belle  ,  ftia  men  poetiche  di  quelle  del  mansueto  td  t mioeiio 
poverello  (f  Assisi,  L  introduzione  del  discorso  di  Bonaventura  ripete  in  modo  wm 
acconcio  quella  del  discorso  di  Tomaso  :  mala  descrizione  topografica  della  patria 
è  qui  forse  più  viva.  La  stessa  riprovazione  delle  colpe  presenti  degli  ordini  de- 
generati non  è  A  calda  né  forte.  Ed  è  giustizia  che  a  Francesco  sia  tocca  la  loie 
pia  bella. 


Nel  principio  del  ctnto  qaelle  aecamniate  eomparazioDi  nonson  forse  eTideoU;  ma  spki- 
dono  di  poesia  :  la  fine  a  me  pare  laogaida. 

Nota  le  terzine  1  alla  5  ;  la  7  alla  11  ;  la  13  ,  14  ,  10  ,  17  »  21 ,  25  ,  S8 , 
41 .  43. 


1  SI  tosto  come  l'ultima  parola 

La  benedetta  fiamma  per  dir  tolse, 
A  rotar  cominciò  la  santa  mola. 

2  £  nel  suo  giro  tutta  non  si  volse 
Prima  ch'un*altra  d'un  cerchio  la  chiuse, 
£  moto  a  moto  e  canto  a  canto  colse  : 

3  Canto  che  tanto  vince  nostre  muse , 
Nostre  sirene,  in  quelle  dolci  tube  , 
Quanto  primo  splendor  quel  che  rifuse. 

1.  Tolsi.  Tolse  a  dire:  è  modo  cornane— 
Mola.  Dipinge  il  giro ,  non  già  la  lentezza. 
Conv.:  Non  a  modo  di  ruota,  fna  di  mola 
(  cioè  orizzontalmente  ).  La  chiamò  già  glo- 
riosa ruota ,  beato  serto  ,  corona ,  ghirlanda. 

2.  Chiusb.  La  rota  de'  Francescani ,  cinge 
quella  de' Domenicani,  perchè  più  antica.  Co- 
si Pietro. 

3.  Nostri.  La  dolcezza  della  voce  e  della 
parola  mortale.  — Musi.  In  senso  simile  osa- 
vano i  Latini  anco  in  prosa.  —  Rifusi.  Ri- 
flettè. Par.  (II,  30):  l'altrui  raggio  si  rifonde. 


Come  si  volgon  per  tenera  nube 
Du'  archi  paralleli  e  concolori 
Quando  Giunone  a  sua  ancella  labe. 

Nascendo  di  quel  d*entro  quel  di  fuori, 
A  guisa  del  parlar  di  quella  vaga 
Ch'  Amor  consunse  come  sol  vapori; 

E  fanno  qui  la  gente  esser  presaga 
Per  lo  patto  che  Dio  con  Noè  posi^ 
Del  mondo  che  giammai  più  non  §*allagi; 


4.  TiNiRA.  Tenue,  rogladosa. — Axcmujl. 
Ot.  :   Hfuntia  Junonis  varios  induia   eotorm 

I  Coneipit  iris  aquas.  Yirg.  ,  IV  :    Ergo  iriSt 
eroeeis  per  coelum  roscida  pennis  .  .  . 

5.  Nascinoo.  Riflesso  ;  com*  eco. —  Vaca. 
Vagante.  Di  Eco  ,  K.  Ovid.  (  Met. ,  III  ):  te 
tenuant  vigiUs  corpus  miserabiU  eufoi. 

6.  Fanno.  I  detti  archi  baleni.  Noi.  Gei., 
IX :  Statuam  pactum  meum  vobiseum  ...  Àr^ 
eum  tneum  ponamin  nubibus.  et  erit  signmm 

I'  foederis  . .  .  Et  non  erunt  ultra  aquas  diÌMcìà 
ad  delsndam  universam  carnali. 


CANTO    XIL 


445 


7  Cosi  di  quello  sempiterne  rose 
VolgeaDsi  circa  noi  le  duo  ghirlande  ; 
E  si  Testrema  all' intima  rispose. 

8  Poiché  *1  tripudio  e  1*  altra  festa  grande 
SI  del  cantare  e  si  del  fiammeggiarsi 
Luce  con  luce  gaudiose  e  blande 

9  Insieme  a  punto  e  a  voler  quetarsi, 
Pur  come  gli  occhi  ch'ai  piacer  che  imove 
Conviene  insieme  ciiiudcre  e  levarsi. 

10  Del  cuor  dell'una  delle  luci  nuove 
Si  mosse  voce  che  1*  ago  alla  stella 
Parer  mi  fece  in  volgermi  al  suo  dove. 

11  E  cominciò  :  l'amor  che  mi  fa  bella, 
Mi  traggo  a  ragionar  dell'altro  duca 
Per  cui  del  mio  si  ben  ci  si  favella. 

12  Degno  è  che^dov'èl'un, laltro  s'induca; 
SI  che  com'elli  ad  una  militare, 

Cosi  la  gloria  loro  insieme  luca. 

13  L'esercito  di  Cristo  che  si  caro 
Costò  a  riarmar,  dietro  alla  'nsegna 
SI  movea  tardo,  sospeccioso  e  raro  : 

14  Quando  lo'mperadorchesempreregna, 

8.  FkAMHBGGiABSi.  Parg. ,  XV  :  Come  ipee- 
ékio  Ptmo  aU'altro  rende, 

9,  VoLBM.  Per  concorde  volere.  — •  I.  Per  li 
flof.,  VII,  V.  53). 

10. Una.  S.Bona?entara.— Ago.  Calamitato. 
CIÒ  dimostra  comune  a  qae*  tempi  l' oso  della 
bossola.  Il  Guinicelli  ne  parla. 

11.  Alto.  Domenico. 

IS.  Induca.  Gonv. ,  GXII:  SHndueono  a 
uiin  ciò  eAe  din  intendo  eerte  intelligenze. 

18.  'NsBGNA.  La  croce.  Anon.:  À  questo  ti 
evmfà  iiuello  eh*  è  teritto  nella  leggenda  di  $, 
DommUco  :  dove  dice  che  un  frate  minore  che 
fmùUo  tempo  era  italo  compagno  di  s.  Fran- 
Mteo  ,  disse  alli  frati  dell*  ordine  de'predica- 
tori,  che  intino  a  tanto  che  B.  Domenico  a 
Moma  per  la  conformazione  del  su*  orditie  ap- 
po ti  papa  toprastava  ,  una  notte  orando  vi- 
é»  m  spirito  Cristo  in  aere  con  tre  laneie  in 
marno ,  erollandole  eontra  il  mondo ,  per  li 
tw  «isM  ,  iuperkia ,  eoneupiscenxa ,  ed  avari- 
MiBf  ne^quaU  era  compreso,  volendolo  disfare. 
M  ^tMite,  a' preghi  della  madre,  perdonò, 
afeirindo^U  la  detta  tua  madre  due  campioni 
(osò  furono  a.  Domenico  e  t.  Ftaneeseo )  alia 
jpmrfosione  d*  asfo ,  ad  a  rimeitfrlo  eotto  sìsa 
gigmoria. 

14.  RxoNA.  Bibbia:  Jla^tim  ftmm  regnum 
ommium  taeculorum,  Sap. ,  III  :  Rognabit  Do- 
meinut  . . .  tn  perpetuum.  Dan*,  III:  tUgnum 
aSfUf  . . .  aemjnlamvm. 

15.  Raccomi.  EaYYide* 


Provvide  alla  milizia  ch*era  in  forse , 
Per  sola  grazia ,  non  per  esser  degna  ; 

15  E,  com*è  detto,  a  sua  sposa  soccorse 
Con  duo  campioni,  al  cui  fare,alcui  dire 
Lo  popol  disviate  si  raccorse. 

16  In  quella  parte  ove  surge  ad  aprire 
Zef&ro  dolce  le  novelle  fronde 

Di  che  si  vede  Europa  rivestire , 

17  Non  molto  lungi  al  pcrcoter dell* onde, 
Dietro  alle  quali  per  la*  lunga  foga 

Lo  sol  talvolta  ad  ogni  uom  si  nasconde, 

18  Siedo  la  fortunata  Callaroga, 
Sotto  la  protezion  del  grande  scudo , 
In  che  soggiace  il  leone  e  soggioga. 

19  Dentro  vi  nacque  l' amoroso  drudo 
Della  fede  cristiana  ,  il  santo  atleta 
Benigno  a'  suoi  ed  a'  nimici  crudo. 

20  E  come,  fu  creata  ,  fu  repleta 
Si  la  sua  mente  di  viva  virtute , 
Che  nella  madre  lei  fece  profeta. 

21  Poiché  le  sponsalizie  fur  compiute 
ÀI  sacro  fonte  intra  lui  e  la  fede, 

16.  ApnmB.  Lacr.:  Et  reterata  viget  geni- 
talis  aura  Favoni,  —  Zbfpiro.  Ov.  :  Emittet 
Zephyros  .  .  .  \esper ,  et  occiduo  quae  littora 
Sole  tepescunt ,  Proxima  sunt,  Zephyro, 

17.  Nox.  Non  lontano  dal  lido  deirOceanu. 
—  LuKGA.  Perchè  '1  giorno  di  state  è  più 
lungo.  —  Talvolta.  Nel  solstizio  estivo.  — 
Ogni.  Nota  Pietro:  Posilo  quod  aliqui  non 
ettent  deorsum, 

18.  Callaboga.  Cosi  chiania?ano  (  V.  Bau- 
drand ,  Lei.  geogr.  )  la  Calagurit  de*  Lat.  È 
la  moderna  Calahorra,  —  Scrno.  Arme  del 
re  di  Gastiglia ,  dove  s' inqnartano  due  castel- 
li e  due  leoni  ,  da  nna  banda  il  leone  sopra 
il  castello,  dall'altra  sotto.  —  Soggioga.  Per 
sovrasta.  Porgat. ,  Xil:  La  chiesa  che  soggio- 
ga. La  ben  guidata, 

19.  Druoo.  Da  treu  tedesco ,  che  vai  fede- 
le  :  e  cbiamaron  drudi  ì  Tassalli.  Nel  Conv. 
così  chiama  gli  amatori  della  filosofia  e  dm- 
deria.  lacopone  usa  in  senso  devoto  :  e  drudo 
valeva  gentile.  ^  Atlkta.  Palei ,  XX VII  :  IH 
Dio  nel  mondo  atleta,  —  CnuDo.  NelUnquisi- 
zione  affidala  da  prima  ai  vescovi ,  gueirreg- 
giò  gli  Albigesi ,  spalleggiato  da  Innocenzio 
III,  da  Raimondo  eonte  di  Tolosa,  da  Simo- 
ne di  Monforte ,  e  da  altri. 

SO.  Profkta.  La  madre  sognò  partorire  mi 
cane  bianco  e  nero  eoa  fiaccola  In  bocca,  sion- 
bolo  deir  abito  di  Domeoieo ,  e  dello  xelo. 

21.  Mutua.  S.  Domenico  promise  sé  stessa 
alla  liedo ,  la  fede  a  M  fila  alena. 


4M 


DEL    PARADISO 


IT  8i  dotir  di  motaa  salate  ; 

22  La  donna  che  per  lui  l'asseoso  diede 
Vide  nel  sonno  il  mirabile  frutto 

Ch'  uscir  doTca  di  lui  e  delle  rede. 

23  E  perchè  fosse  quale  era  in  costrutto, 
Quinci  si  mosse  spirito  a  nomarlo 
Del  possessivo  di  cui  era  tutto. 

24  Domenico  fu  detto.   E  io  ne  parlo 
Si  come  dell*  agricola  che  Cristo 
Elesse  air  orto  suo  per  aiutarlo. 

25  Ben  parve  messo  e  famigliar  diQristo, 
Chò'l  primo  amor  che  n  lui  fu  manifesto 
Fu  al  primo  consiglio  che  die  Cristo. 

26  Spesse  fiate  fu  tacito  e  desto 
Trovato  in  terra  dalla  sua  nutrice  , 


52.  Donna.  La  madrina  che  promette  in  no- 
ne del  battezzato. — Vidb.  Gli  sognò  una  stella 
in  fronte  e  una  alla  naca,  quasi  lume  deiro- 
riente  e  dell'  occidente. 

53.  Costrutto.  Nella  costrnzìone  del  sno 
nome.  —  Possbssivo.  Yossio  (  Gram.  lat.  )  : 
Po$t9Stiva  jtml  quae  pottettionem  aut  proprie- 
tatrnn  aUquam  ngnificant  :  ut  regias  a  rei , 
patrius  a  pater.  —  £ba.  Dominieus,  da  Do- 
minta.*  si  costruisse  e  concordasse  il  nome 
con  l'operi. 

24.  Agricola.  Eccl. ,  VII  :  Ruttieationem 
cnatam  ab  AUisiimo.  Rammeota  le  parole 
deir  Evang.  —  Aiutarlo.  Lui ,  Cristo. 

25.  Primo.  Matth.,  XIX  :  Si  vù  perfectui 
•«te  ,  vade,  vende  ^  quae  habee ,  et  da  pau- 
peribus.  Vendè  giovanetto  i  libri ,  e  quanto 
aveva  ,  e  diede  a*  poveri  ;  morendo  disse:  c^ 
nel  mio  ordina  mdurrà  poueaioni  temporali, 
eia  makdelto,  —  Cristo.  Quando  rima  con 
Crtfto  »  altra  rima  non  trova  che  il  nome  suo 
stesso. 

26.  Qubsto.  a  patire  povertà  ed  a  pregare. 

27.  Giovanna.  In  ebreo  vale  grasUota,  gra- 
dita» 

28.  Ostiensi.  Enrico  di  Susa  card,  di  Ostia, 
comentatore  delle  Decretali  nel  sec.  XUl.  — 
Tabdbo.  Illustre  medico  fiorentino  :  qui  Pie- 
tro cita  il  proverbio  :  dai  Galenus  opee.  Mori 
•ttuagenarìo  nel  1206 ,  in  Bologna  :  scrisse 
cementi ,  parte  editi ,  sugli  antichi  libri  ;  e 
li  leggeva  in  Bologna  con  lode  grande.  Si 
feee  per  la  cura  d' un  papa  dare  ogni  dì  cen- 
to monete  d' oro.  Era  degli  Alderottì.  Dante 
lo  nomina  nel  Conv.  Altri  intende  un  Taddeo 
Popoli  giureconsulto  bolognese  contemporaneo 
di  Dante ,  e  gran  canonista.  Ciò  s' accorde- 
rebbe meglio  con  tutto  il  contesto. 

29.  Vigna.  Is*:  Finca .  . .  domue  hnel  ut. 


Come  dicesse  :  io  son  venuto  a  questo. 

27  Oh  padre  suo  veramente  Felice! 
Oh  madre  sua  veramente  Giovanna  ! 
Se*nterpretata  vai  come  si  dice. 

28  Non  per  lo  mondo,  per  cui  mo  s'aflanna 
Diretro  ad  Ostiense  ed  a  Taddeo  , 
Ma  per  amor  della  verace  manna  , 

29  In  picciol  tempo  gran  dottor  si  leo. 
Tal  che  si  mise  a  circuir  la  vigna 
Che  tosto  imbianca  se  1  vignaio  è  reo. 

30  E  alla  sedia  che  fu  già  benigna 
Più  a'  poveri  giusti  (  non  per  lei  , 
Hn  per  colui  che  siede  e  che  traligna  ). 

31  Non  dispensare  o  due  o  tre  per  tei , 
Non  la  fortuna  di  primo  vacante  « 


E  altrove  più  volte.  Jer.,  Il: -Ego.,. piangavi 
te  vineam  electam  ,  omne  semen  verum  :  quo- 
modo  ergo  conversa  ee  mihi  in  pravum  vinta 
aliena  ? 

30.  Bbnigna.  Ubertino  da  Casale  nel  llbr* 
De  potentia  papae  ,  citato  da  Pietro  ,  dieeta: 
Ut  papa  tit  papa ,  vere  debet  habere  quod 
Petrus  habuit,  Greg.  tradotto  dall'  Ott.:  Xoi 
dovemo  misericordiosamente  a  tutti  dare  U 
nostri  beni  esteriori  ....  Chi  non  dà  per  le 
pecore  a  kti  commesse  la  substanzia  sua,  e» 
me  darà  per  queste  l*  anima  sua  ?  —  Vosi. 
Non  è  colpa  dell'  autorità  .  ma  de'  papi  noa 
degni. 

31.  Sei.  Dispensa  di  rubar  sei ,  e  dar  tie 
ad  usi  pii.  Conv.  :  ^t  malnati  ^  eke  dmrtO' 
te  vedove  e  pupilli  ,  che  rapite  alU  wum  pos- 
senti ,  che  furate  ed  occupate  le  altrm  rofio- 
ni  ;  e  dt  queUe  corredate  conviti,  donate  eo- 
vaUi  ed  armi ,  robe  e  danari,  portotM  la  wà 
rabiìi  vestimenta,  edifieate  U  $nirabsU  edifiai, 
e  credetevi  larghezza  fare  l  B  che  è  quAe, 
altro  fare  che  levare  il  drappo  d*in  tuXteir 
tare ,  e  coprire  il  ladro  e  la  sua  mmia  t  -* 
Vacante.  Benefizio:  al  che  si  desideri  la  oMMta 
altrui.  —  Paupshvm.  Monarcb.  :  JMiournM  tt 
muerunt ,  et  vana  meditati  sunt  in  rumosmss 
prineipaium  .  .  .  Nee  miseret  eoe  pasipemm 
Chritti ,  quibus  non  solum  defraudatio  fif  ta 
«ceiaitaftim  provenUbue,  quin  immo  polriaia* 
nia  ipsa  quotidie  rapiuntur,  et  depopukMsr 
oùcUiiae  ;  dum ,  simmUnndo  justitiam,  anca* 
torem  justitiae  non  admittunt,  Quum  naepta* 
peribus  9  quorum  patrimonia  sunt  eecleeiae  f^ 
euUatee ,  inde  subvematur  . .  •  JMala  jpoMNa 
fimi  »  quum  scLnetae  eecletiae  eubeiantia  éif- 
/liMt ,  dum  prqprietatu  propinquorum  tuefwm 
exaugeantur. 


CANTO    Xll. 


hVI 


Non  ieeimoi  fuae  iunt  pa^mm  Dei, 

32  Addimandò;  ma  contrai  mondo  errante 
Licenzia  di  combatter  per  lo  seme 
Del  qoal  ti  fascian  ventiquattro  piante. 

33  Poi  con  dottrina  e  con  volere  insieme 
Con  r  ufficio  apostolico  si  mosse  , 
Quasi  torrente  eh'  alta  vena  preme  : 

34  E  negli  sterpi  eretici  percosse 
L'impeto  suo  più  divamente  quivi 
Dov.e  le  resistenze  eran  più  grosse. 

35  Di  lui  si  fecer  poi  diversi  rivi 
Onde  r  orto  cattolico  si  riga  » 

Si  che  i  suoi  arbuscelli  stan  più  ybfi. 

96  Se  tal  fu  l'una  ruota  della  biga 
In  che  la  santa  Chiesa  si  difese, 

E  Tinse  in  campo  la  sua  civil  brìga. 

97  Ben  ti  dovrebbe  assai  esser  palese 
£•* eccellenzia  dell'altra,  di  cui  Tomma 
Dinanzi  al  mio  venir  fu  si  cortese. 

Ma  Forbita  che  fé  la  parte  somma 
Di  sua  circonferenza  ,  è  derelitta , 
SI  oh'  è  It  muffa  dov'era  la  gromma. 

9%.  SiMi.  Fede.  —  Pianti.  G.  X  ,  31  :  Dì 
pionfi  f infiora  Queita  ghirlanda. 

83.  ToauKTB.  Virg.  :  Rapidui  montano  fu- 
tornm . . .  Praecipitetqu$  trahit  tilvas, 

84.  Snapi.  Intese  alla  lettera  l'evangelico: 
Omvnii  arhor ,  qtiae  non  facit  fruetum  bonum, 
99eid§tw ,  §t  in  ignem  nUtUtur, 

9B.  RiVL.  Segnaci  suoi.  Mori  nel  1221.  ^ 
Ama.  Eecl.  :  Rigabo  hofimm, .  ^planiationum, 

15.  Ruga.  Guerra.  Poif»»  XVI  :  Fritna  che 
Fèitrigo  avetif  briga, 

17.  Altra.  Nel  canto  prec.  om  la  metafo- 
ra della  barca  ;  qui  del  carro;  così  nel  XXXII 
M  POrg.  parlando  del  earro ,  dice  :  Oh  na- 


38.  Somma.  Il  solco  impresso  dalla  parte 

Bà  alta  della  ruota  ,  dod  è  più  seguito.  — 
OFVA.  Proverbio  :  Buon  vi  fa  gruma,  $  tri- 
tio vìn  fa  muffa. 

39.  GiTTA.  Vulg.  Eloq.  :  Anteriora  pogtB" 
fiora  putanfff .  Por  le  calcagna  ove  Francesco 
i  piedi. 

40.  AacA.  Hattb. ,  XIII:  CoUigitB  primum 
miMmia ,  §t  aUigate  ea  tu  fatcieuloi  ad  eom- 
èmrmdum ,  tritieum  aultim  eongr$gat$in  hor- 
womm  meiim.  Quando  i  frati  cattivi  saranno 
■el  giudiiio  separati  de'  pil. 

41.  Poeuo.  Metafora  frequente  nel  N. 
41.  Gaaal.  Frate  Ubertino  da  Gasale  serìs- 

m  PtolofmMn  de  potinUa  papa$  »  e  gU  si  di- 
itrò  soTercbiamente  severo.  Nel  1316  in 


89  La  sna  famiglia  che  si  mosse  dritta 
Co' piedi  alle  su*  orme  ,  è  tanto  vòlta 
Che  quel  dinanzi  a  quel  dirietro  gitta. 

i^O    E  tosto  s'avvedrà  della  ricolta 
Della  mala  coltura  quando  il  loglio 
Si  lagnerà  che  Tarca  gli  sia  tolta. 

41    Ben  dico,  chi  cercasse  a  foglio  a  foglio 
Nostro  volume  ancor  troveria  carta 
U' leggerebbe:  i* mi  son  quel  ch'i'  soglio. 

h2  Ma  non  fia  da  Casal  né  d'Acquasparta» 
Là  onde  vegnon  tali  alla  scrittura 
Ch'  uno  la  fugge ,  e  altro  la  coarta* 

43  Io  son  la  vita  di  Buonaventura 
])a  Bagnoregio,  che  ne' grandi  uffld 
Sempre  posposi  la  sinistra  cura* 

44  Illuminato  ed  Agostin  son  quici, 
Che  fur  de' primi  scalzi  poverelli 
Che  nel  capestro  a  Dio  si  fero  amici. 

45  Ugo  di  Sanvittore  è  qui  con  elU  , 

E  Pietro  Mangiadore,  e  Pietro  Ispano, 
Lo  qual  giù  luce  in  dodici  libelli  : 

46  Natan  profeta ,  e  1  metropolitano 

Genova  si  foca  capo  degli  lelanti ,  e  promos- 
se quasi  UDO  scisma  neir  ordine  (  Vaadiog. , 
Ann.  MM.  ).  —  Acquasparta.  Il  card,  di  que- 
sto titolo  ,  nel  1302  veniTa  in  Firenze  a  por- 
tare ,  anziché  pace  ,  discordia.  Fu  generale 
de'  Francescani  nel  1287 ,  e  permise  il  rilas- 
samento deirordine. 

43.  Bonaventura.  Card,  e  dott.  di  s.  Chie- 
sa ,  generale  de*  Francescani ,  per  ben  dieciot- 
to anni  lettore  neiruniv.  di  Parigi.  Nacque 
nel  1221  :  morì  d*anni  cinqaantatrè.  —  Ba- 
GNORBGio.  Bagnorea ,  in  quel  d'Orvieto.  —  Si- 
nistra. Delle  cose  mondane.  Delira  nella  Bib- 
bia ha  senso  sempre  nobile  (Ps.  »XV;  Marc., 
X  ).  Nota  TAuon.:  Che  ...  è  M/o  e  lauda- 
bile U  lodarti  qui  (  in  cielo  ]• 

44.  Agostin.  De' primi  segnaci  di  France- 
sco :  pii  frati  e  scrittori  teologici.  ^  Amici. 
Sap. ,  VII  :  Partieipufaetituniamieitiae  DH. 

4tf.  Ugo.  Teologo  dlpri  :  poi  dottore  in  Pa- 
rigi. Scrisse  de'  Sacramenti  :  morì  circa  il 
1138. — Mangi  adori.  Gomestore  ,  lombardo 
scrisse  d'istoria  eccl.  e  di  teologia:  seppel- 
lito in  Parigi  dove  ita  precetterà.  —  Ispamo. 
Lesse  a  Bologna  :  scrisse  dodici  libri  di  logi- 
ca» e  altri  di  teologia.  —  Liiuxi.  Per  liiri 
(ConY.,  II,  S). 

46.  Natan.  Correttore  di  DaYlde.  — ■  Cbi- 
•osTOMo.  ArcivescoYO  di  Costantinopoli  :  per 
voler  riformare  il  clero ,  fti  amato  dal  popo- 
lo, odiato  da'  grandi ,  e  morto  ia  aiiuo*  — 


MS 


DEL    PARADISO 


CrìsofitoiDO,  ed  AobcIiihi,  equd DoDato 
Ch*  aiU  prim'  arte  degnò  poner  mano. 
&7    Rabano  è  qui  :  e  lucemi  da  lato 
n  Calairrese  abaie  GioYacchino, 
spirito  pioietico  dotato. 


\2CSiuio.  Di  CaBtorbery ,  arcivescoYO  ,  nato 
ìa  Honnaiidia  ,  gran  teologo.  Morì  Del  1109. 
O  meglio  8.  Anselmo  italiano.  —  Donato. 
Giamatico  :  maestro  di  s.  Girolamo.  —  Prim*. 
Così  chiama  la  Gramatica  anche  il  Bocc.  Pri- 
ma delle  sette  liberali. 

47.  Babako.  Secondo  V  Ott. ,  fk'atello  di 
Beda  ,  scirisse  De  f^roprietatibui  rtrum ,  e  d' 
astronomia.  Second'  altri  :  Mauro  tedesco  : 
che  scrìsse  tomenti  alla  Bibbia ,  e  fa  il  pri- 
mo teologo  de'  suoi  tempi ,  monaco  a  Falda; 
stadio  a  Toars  sotto  Alenino ,  morì  ueir  856 
arcivescovo  di  Magonza.  —  Lato.  Fatto  il 
giro  ritoma  al  suo  vicino.  —  Galavrksb. 
Calavra  scrive  il  Vili.  (  ili ,  4  ).  Nacque  in 
un  borgo  presso  Cosenza  »  morì  nel  1202.  — 
Abatb.  Cisterciense  ,  in  un  monastero  da  sé 
fondato.  Di  lui  correvano  molte  profezie ,  una 
tra  r  altre  che  annunziava  la  nascita  dell'  An- 
ticristo nel  1260.  Un'opera  di  lui  fu  danna- 
ta dal  concilio  iV  lateranense.  Ammetteva  in 


kS  Ad  inveggiar  cotanto  paladino 
Mi  mosse  la  'nfiammata  cortesia 
Di  fra  Tommaso  e  1  discreto  latino; 

49    E  mosse  meco  questa  compagnia. 


Dio  quattro  persone  :  ma  poi  si  sottopose  alla 
Chiesa  :  e  Onorio  III  lo  disse  cattolico.  Mon- 
taigne :  Ce  livn  de  Joachim  abbé  ealabroit, 
qui  prédUait  totu  les  papet  futurs  «  levn  nomt 
et  formes.  Lo  cita  Armannino  nelle  sue  Fio- 
rita. 

48.  iNTBGOua.  Inveggia  per  invidia  (Purg., 
VI  ^7).  Buti:  hiveggiare  ,  cioè  manifestare 
e  lodare  :  ed  è  parlar  lombardo.  Ma  qui  cre- 
do valga  emulare,  perchè  l'emulazione  è  una 
nobile  invidia.  Così  l'Ott.  —  Paladino.  Della 
fede.  —  Cortesia.  In  lodare  Francesco.  — 
Discreto.  Chiaro ,  distinto.  Passav.  ,  VII  : 
Ordinata  e  dieereta  dottrina.  Conv.,  II  :  La 
parte  razionale  ha  eu*  occhio  col  quaU  ap- 
prende la  differenza  delle  cote ,  in  quanto  fo- 
no ad  alcuno  fine  ordinate  :  e  q%tesV  è  ta  di- 
icrezione,  —  Latino.  Per  parlare  in  genere 
Montaigne  (  III ,  9  )  :  Envert  Uquel  la  m- 
geue  mème  perdrait  $on  latin. 


419 


CANTO     XTIT. 


ARGOMENTO. 


Danze  e  canti ,  ma  espn**^  in  nuo^a  inattìera.  Domenico  »piega  come  Sfilo- 
mone  foise  U  primo  in  $apere  :  cioè  conu  re.  Più  alti  di  lui  furono  Adamo  t  Cri- 
itto ,  Mìccome  quelli  in  cui  Dio  immediatamente  operò,  non  per  mezzo  delle  inflmn- 
Z€  celesti  le  quali  tono  viviaime  nd  primo  mobile  ,  ma  di  sfera  in  sfera  indcho- 
Uicomo  ;  e  la  nuiteria  tnortaU  ad  esse  resiste.  Questa  discussione  riesce  alquanto 
inopportuna  a  proposilo  del  re  Salnmone.  Meglio ,  a  proposito  di  questo  re ,  tocca 
della  vanità  di  molti  studii  scolastici  ;  della  vanità  degli  eretici  in  volere  intendere 
a  capriccio  le  sacre  parole  ;  della  vanità  de*  credenti  in  fare  dannato  chi  forse  è 
salro. 

Lt  prime  terzine  del  eunto  sfMi  le  più  vite. 

^oU  lt  terzine  tf,  7,  10,  13,  18,  19,  21,  23,24,  33>  38,  40,41;  la  44.  alla  fine. 


1     ImmapiDi,  chi  bene  intender  ci:pe 
Quel  eh*  io  or  vidi  (  e  ritcgna  V  iniage, 
Mentre  eh'  io  dico ,  come  lerma  rupe) 

9    Quindici  stelle  ,  che  in  diverse  plage 
Lo  cielo  avvivan  di  tanto  sereno 
Che  soverchia  dell'aere  ogni  compage; 

3     Immagini ,  quel  carro  a  cui  il  seno 
Basta  del  nostro  cielo  e  notte  e  giorno. 
Si  ch'ai  volger  del  temo  non  vien  meno^ 

i.  lkvA«iNi.  Due  son  le  corone  di  Gamme: 
nna  s*  aggira  in  contrario  dell*  altra. 

2.  Quindici.  Stelle  fisse  di  prima  grandez- 
za .  poi  le  sette  dell'  orsa  minore,  poi  le  due 
rlie  lerminan  l'orsa  maggiore. 

3.  SB.fo.  Che  mai  non  tramonta  dal  nostro 
emhteTo. 

4.  Bocca,  ffell*  orsa  minore  le  stelle  han 
forma  di  corno,  il  cui  principio  è  vicino  al- 
l'estremità  dell'asse,  sul  quale  il  primo  mo- 
bile gira. 


4  Immagini,  la  bocca  di  quel  aorno 
Che  si  comincia  in  punta  dello  stelo 
A  cui  la  prima  ruota  va  d'intorno 

5  Aver  fatto  di  sé  duo  segni  in  cielo, 
Qual  fece  la  %liuola  di  Minói 
Allora  che  senti  di  morte  il  gelo, 

6  E  r  un  nelFaltro  aver  li  raggi  suoi, 
E  amenduo  girarsi  per  maniera 

Che  Tutto  andasse  al  prima  e  l'altro  al  poi: 

8.  Sbgm.  Corone.  —  Mixiti.  Per  J/inojtse. 
Anco  in  prosa  ,  anticamente.  Arianna.  Ov. 
(Fast.):  Baecho  ptaeuisse eoronam  Ex  Anud 
naso  siders  ...  Morendo  Tei ,  Bacco  mutò  in 
istelle  la  sua  corona  ,  eh*  è  presso  tramon- 
tana. 

0.  Tx.  Facciano  dne  cerchi  concentrici  e 
girino  Tuno  innanzi,  l'altro  indietro.  —  TniMi 
Conv.:  n  tempo  è  mimaro  di  movimento,  se- 
condo prima  e  poi, 

57 


430 


DEL    PARADISO 


7  Ed  avrà  quasi  Tombra  della  vera 
(Costellazione,  e  della  doppia  danza 
Che  circulava  il  punto  dov'  io  era. 

8  Poich*ò  tanto  di  là  da  nostra  usanza 
Quanto  di  là  dal  mover  della  Chiana 
Si  movel  ciel  che  tutti  gli  altri  avanza. 

9  Li  si  cantò  non  Bacco,  non  Peana, 
Ma  tre  persone  in  divina  natura, 

Ed  in  una  sustanzia  essa ,  o  1*  umana. 

10  Compiè!  cantare  0*1  volgersua misura; 
£  attesersi  a  noi  quei  santi  lumi , 
Felicitando  sé  di  cura  in  cura. 

11  Ruppe!  silenzio  ne' concordi  numi 
Poscia  la  luce  in  che  mirabil  vita 
Del  poverel  di  Dio  narrata  fumi  ; 

12  E  disse  :  quando  Tuna  paglia  è  trita, 
Quando  la  sua  semenza  è  già  riposta, 
A  batter  Taltra  dolce  amor  m'invita. 

13  Tu  credi  che  nel  petto  onde  la  costa 
Si  trasse  per  formar  la  bella  guancia 
Il  coi  palato  a  tutto  1  mondo  costa, 

H    Ed  in  quel  che  forato  dalla  lancia, 
E  poscia  e  prima  tanto  soddisfece 
Che  d' ogni  colpa  vince  la  bilancia, 

15    Quantunque  alla  natura  umana  lece 

8.  Chiana.  Leotissimo.  —  Gibl.  La  Dona 
spera. 

M,  Peana,  lo  Bacche,  io  Pùean.  Virg. , 
VI  :  Vucente$ ,  laetumque  ehoro  Paeana  ea- 
nentes,  —  Scstanzia.  Fersuna.  L'  usa  Bona- 
giunta.  Paolo ,  del  Verbo;  Qui  esi  figura  sub- 
stantiae  ejut,  E  per  ipostasi  fu  dello  to- 
starna, 

10.  Attbsbrsi.  Inf.,  XVI  :  AUelor  grida,,, 
tatuse.  —  Cura.  Ogni  nuovo  peDbiero  è  ad 
essi  nuova  felicità. 

11.  NcJii.  Oli.:  I\irUcipanti  deila  deitade, 
C.  V:  Credi  come  a  dii,  —  Luce.  Tomaso. — 
In.  C.  X,  28:  E  dentro  alVun  senti' comin- 
ciar, —  Fluì.  Purg. ,  XXll  :  Fumi  per 
tni  fui. 

Ì2.  Una.  C.  X  ,  32  :  Uben  s^impingua.-— 
Trita.  Spiegare  il  vero  è  quasi  liberar  dalla 
paglia  il  grano  che  sarà  nutrimenlo.^ALTRA. 
C.  X  ,  38  :  lifon  surse*l  secondo, 

13.  Betto.  D'  Adamo.  —  Costa.  Inf.  , 
XXIX  :  La  colpa  ,  che  laggiù  cotanto  coAa, 

14.  Quel.  Gesù.  —  Prima.  Di  morire. 

15.  Valor.  C.  X  :  Lo  primo  ed  ineffalile 
Valore. 

16.  Ben.  Salomone.  Altrove  Io  chiama  amor, 
vita. 

17.  Tondo.  Coglier  nel  segno  ,    nei  mezzo 


Aver  di  lume ,  luUo  fosse  infuso 
Da  quel  Valor  che  Tuno  e  T  altro  fece. 

16  £  però  ammiri  ciò  ch*io  dissi  suso 
Quando  narrai  che  non  ebbe  secondo 
Lo  ben  che  nella  quinta  luce  è  chioso. 

17  Ora  aprigliocchi  aquel  ch'io  ti  rispondo; 
E  vedrai  il  tuo  credere  e*l  mio  dire 
Nel  verp  farsi  come  centro  in  tondo. 

18  Ciò  che  non  muore,  eciò  che  può  morire. 
Non  è  se  non  splendor  di  quella  idea 
Che  partorisce,  amando,  il  nostro  Sin. 

19  Che  quella  viva  Luce  che  si  mea 
Dal  suo  Lucente ,  che  non  si  disnna 
Da  lui,  nò  dairAmor  che  'n  lors'Intra, 

20  Per  sua  bontà  te  il  suo  raggiare  adusa, 
Quasi  specchiato,  in  nove  sussiateue^ 
Eternalmente  rimanendosi  una. 

21  Quindi  discende  all'  ultime  potente 
Giù  d'atto  in  atto ,  tanto  divenendo 
Che  più  non  fa  che  bre\i  contingenie. 

22  E  queste  contingenze  esser  intendo 
Le  cose  generate,  che  produce 

Con  seme  e  senza  seme  il  ciel  moTcndo. 

23  La  cera  di  costoro  e  chi  la  duce 
Non  sta  d'un  modo  :  e  però  sotto 'Isepa 

del  cerchio  a  coi  mira  U  bersaglio. 

18.  Muori.  Lo  spirito.  —  Idia.Co^  eUi- 
mano  i  teologi  il  Verbo.  Aogoat. .-  ite  m 
Deo ,  nihii  aliud  est  quam  ejus  ataanlM.  Qri 
Pietro  di  Dante  rigetta  le  idee  di  Platant. 
Boet.  ;  Cuneta  superno  Jhteis  ab  9UW^„. 

19.  Lice.  Del  Verbo. 

20.  BoNTATB.  Gratuita.  —  Aduxa.  Io.,!: 
Omnia  par  ip%um  facta  smni.  —  Novi.  Cicli. 
GU  chiama  alla  scolastica  tusMisienie,  perché 
stanno  da  sé,  non«  come  le  qoalitA,  abbila- 
gnanii  di  hostanza. 

21.  Brevi.  Creature  cornittibilissime. 

22.  SE3IK.  Con  seme,  animali  e  m'aotc; 
senza  ,  certi  insetti ,  Tunghi  *  e  simili  ;  che 
falsamente  credevaosi  nascere  senza  acat 
(  Purg.,  XXVIII  ).  — Movendo.  Dio  rimaacn- 
do  neli'  esser  suo ,  move  ogni  cosa  ,  fctaia 
le  brevi  contingenze  terrene  ,,  inlerveneiida  a 
ciò  il  moto  degli  astri. 

23.  Cera.  La  materia  di  che  si  compoagM 
le  cose  generate.  —  Dlcb.  Figura.  Virg,; 
Ducent  de  marmare  vuUus,  Le  intelllgcui 
motrici  de*  cieli  son  sempre  a  un  modo»  wm 
hanno  il  medesimo  moto.  —  Idbalr.  Ofii 
cosa  é  splendore  d*  idea  divina  (  ten.  18  J. 
Cunv.:  La  divina  bontà  in  tutte  (a  co*«  ^ 
scende;  altrimenti  euere  non  pofnUono:  anu 


CANTO    Xill. 


!^òi 


Ideale  poi  più  e  men  traluce. 

24  0»d*egli  avvien  eh  uninedesimolcp;no, 
Secondo  spezie,  meglio  e  peggio  frutta  ; 
E  voi  nascete  con  diverso  ingegno. 

25  Se  foifse  appunto  la  cera  dedutta , 
E  fosse  il  cielo  in  sua  virtù  suprema^ 
La  luce  del  suggel  parrebbe  tutta. 

S6    Ma  la  natura  la  dà  sempre^scema , 
Similemente  operando  all'  artista 
Ch*ha  l'abito  dell'arte  e  manche  trema. 

97    Però  se  1  caldo  Amor  la  chiara  vista 
Della  prima  virtù  dispone  e  segna, 
Tutta  la  perfezion  quivi  s'acquista. 

88    G>8i  fu  fatta  già  la  terra  degna 
IN  tutta  r  animai  perfezione  : 
Cosi  fu  fatta  la  Vergine  pregna. 

S9    Sì  ch'io  commendo  tua  opinione  : 
Che  r  umana  natura  mai  non  fue 


avvipuieekè  qu$$ta  bontà  ti  move  da  iempU- 
riM$imo  prineijnOf  divinamente  ii  riceve,  te* 
tondo  jMÀ  •  meno  delle  eoie  ricevute.  Onde  è 
teritto  nel  libro  deUe  Cagioni:  la  prima  honià 
wutnda  le  tue  hontadi  topra  le  cote  con  un 
ditcemimento.  Veramente  ciascuna  cosa  riceve 
da  quetto  dÌMcemimento  secondo  il  modo  della 
tua  virtik  e  del  suo  essere. 

24.  Uk.  Bae  alberi  della  medesima  specie 
han  fratto  diverso.  —  Lbgno.  Per  pianta  : 
nel  Genesi.  -  Incigno.  L'anime  tatte  uguali; 
la  differeou  viene  dagli  organi  corporei.  Conv.: 
Noi  veggiamo  molti  uomini  tanto  vili  e  diti 
batta  eanditione ,  che  quoti  non  pare  etsere 
aUro  eh$  butie  ;  e  coA  è  da  porre  e  da  cre- 
dere ftrwìamenie  che  tia  alcuno  ionio  nobile 
e  diià  aUa  condtstona,  che  quati  non  sia  altro 
eke  Angelo  :  altrimenti ,  non  si  continuerebbe 
r  umana  tpetie,  V,  e.  Vili. 

S5.  Sb.  Se  1*  influenze  celesti  fossero  dap- 
pertutto nel  più  alto  punto  ,  e  la  materia  per 
lo  appunto  cogl lessero ,  le  creature  sarebbero 
perfette.  —  Suprema.  Non  d'  alio  in  allo  di- 


56.  La.  La  luce.  —  Scema.  Io  una  Cani.  : 
Mi  ^fan  pianela...  Con  li  bei  raggi  infonde 
Fifa  f  virtù  quaggituo  Nella  materia  ,  ti  co- 
m'è ditpotta,  —  Artista.  Che  non  può  tutto 
eseguir  ciò  che  sente.  La  man  che  trema  son 
gli  elementi  mondani  che  non  rispondono  alla 
floperna  virtù. 

57.  Amob.  Se  lo  spirito  e  il  verbo  di  Dio 
dispongono  la  materia  e  la  imprimono  imme- 
diatamente, come  in  Adamo  e  in  Gesù.  — 
Pbbfbiion.  Deut. ,  XXXII:  FerfeUa  $wM 
afra. 


Né  fia  qual  fu  in  quelle  due  persone. 

30  Or  s' io  non  procedessi  avanti  piùe, 
Dunque  come  costui  fu  senza  pare? 
Comincierehher  le  parole  tue. 

31  Ma  perchèpaia henquelche  non  pare , 
Pensa  chi  era ,  e  la  cagion  che  1  mosse. 
Quando  fu  detto  chiedi^  a  dimandare. 

32  Non  ho  parlato  si  che  tu  non  posse 
Ben  veder  eh'  ei  fu  re  che  chiese  senno , 
Acciocché  re  sufficiente  fosse  : 

33  Non  per  saper  lo  numero  in  che  enno 
Li  motor  di  quassù  ,  o  se  neeette 

Con  contingente  mai  neeette  fenno  : 
Zk    Non  ti  est  dare  primum  tnotum  ette , 

0  se  del  mezzo  cerchio  far  si  puote 

Triangol,  si  eh*  un  retto  non  avesse. 
35    Onde  se  ciò  eh* io  dissi  e  questo  note, 

Regal  prudenza  e  quel  vedere  impari 


28.  Terra.  In  Adamo.  Gen.  :  Formavit,,, 
hominem  de  limo  terrae,  —  Pregna.  Lue,  T: 
Spiritus,..  tuperveniet  in  te,  et  virtus  AUit- 
timi  obumbrabit  tibi, 

31.  CmBm.  Reg.  (Ili,  3):  FottuUitquodvit. 

32.  Senno.  Reg.  :  Begnare'  feeisti  servum 
luum...  ego  aMfem  sum  ptter,,,  ignorane,,.  Da- 
bis,-,  servo  tuo  cor  docile,  ut  populum  tuun 
judicare  pottit.  Conv.  :  Se  ben  ti  mira,  dalla 
prudenia  vengono  i  buoni  consigli,,.  E  que- 
sto è  quel  dono  che  Salomone,  veggendoti  al 
governo  del  popolo  essere  posto^  chise  a  Dio, 
Eccl.y  V.  Pf accessi  omnet  sapitnlliat  qui  fue' 
rant  ante  me  in  Jerutalem, 

33.  Motor.  DeUe  sfere  {V,  Conv.,  II,  5), 
che  sono  inieiligenze  spirituali.  Arisi.  (I,  De 
coelo  et  muodo)  li  dice  tanti,  quanti  i  moti 
del  cielo.  Platone,  quante  le  specie  delle  cose. 
— Necesse,  Arist.  nega  che  contingeoie  con 
necessario  facciano  necessario  ;  Platone  l' af- 
ferma. Verità  necesMria  con  contingente  non 
può  dar  conseguenza  necessaria ,  perchè  con- 
cliMìo  sequitur  semper  debUiorem  partem, 

34.  Esse,  Se  il  mondo  aia  eterno,  come 
vuole  Arist.,  cioè  se  bisogni  porre  un  moto 
che  non  venga  da  altro  moto  :  no  ,  perchè 
repugnat  in  caussit  procettut  m  tn/Cmìum.  — 
Cerchio.  Qui  Pietro  cita  Euclide.  Se  in  no 
semicerchio  si  possa  iscrivere  triangolo  ,  no 
lato  del  quale  sia  il  diametro  del  cerchio  , 
senza  che  formi  un  angolo  retto:  cosa  impos- 
sibile. E  con  questo  vuol  dire  :  Salomone  non 
chiese  a  Dio  sapienza  astronomica ,  logica  , 
metaBsica,  geometrica;  ma  pur  politica. 

35.  Impari.  Senza  pari.  Purg.  (XIII»  40|: 
Lttitia  ...  d'  ogni  altra  ditparù  0  tof^Uendo 


U2 


DEL    PARADISO 


In  cho  Io  strai  di  mia  'ntenzionpercuote: 

36  E,  se  al  iurse  drizzi  gli  occhi  chiari, 
Vedrai  aver  solamente  rispetto 

Ai  regi  che  son  molti, e  i  buon  son  rari. 

37  Con  questa distinzioD  prendi*!  miodetto: 
E-cosl  puote  star  con  quel  che  credi 
Del  primo  padre  e  del  nostro  Diletto. 

38  E  questo  ti  Qa  semprepiomboa' piedi, 
Per  farti  mover  lento,  com'uom  lasso, 
E  al  si  e  al  no  che  tu  non  vedi. 

39  Che  quegli  è  tra  gli  stolti  bene  abbasso 
Che  senza  distinzione  afferma  o  niega 
Cosi  neirut),  come  nell*  altro  passo. 

&0    Perch*  egl'incontra  chepiù  voltepiega 
L*  opinion  corrente  in  falsa  parte, 
E  poi  r  affetto  lo  'ntelletto  lega. 

hi    Vie  più  che  'ndamo  da  riva  si  parte 
(  Perchè  non  torna  tal  qual  ei  si  move  ) , 
Chi  pesca  per  lo  vero ,  e  non  ha  Y  arte. 


•        

&>2    E  di  ciò  sono  al  mondo  aper  te  prove 
Parmenide ,  Melisso  ,  Brisso  ,  e  molti 
Li  quali  andavano  e  non  sapón  dove. 

&i3    Si  fé  Sabellio  ed  Arrio ,  e  quegli  stolti 
Che  furon  come  spade  alle  Scritture 
In  render  tdrti  li  diritti  volti. 

hA    Né  sien  le  genti  ancor  troppo  sicure 
A  giudicar ,  si  come  quei  che  stima 
Le  biade  in  campo  priachesien  mature. 

Ul    Ch*rho  veduto  tuttol  verno  prima 
II  prun  mostrarsi  rigido  e  feroce, 
Poscia  portarla  rosa  in  su  la  cima. 

1^6    E  legno  vidi  già  dritto  e  veloce 
Correr  lo  mar  per  tutto  suo  cammino  ; 
Perire  al  fine  all'  entrar  della  foce. 

47  Non  creda  monna  Berta  e  ser Martino, 
Per  vedere  un  furare,  altro  offerére , 
Vederli  dentro  al  consiglio  divino  : 

hS  Chequel  può  surgere, equel puòcadere. 


Te:  se  noti  le  cose  dette  imparerai  essere 
regal  prudeoia  qoel  vedere  del  quale  io  dissi: 
À.  veder.., 

36.  SuRSB.  Non  dice  noe^iie  :  dice  tune  , 
quando  fu  re.  —  Regi.  Reg.,  Ili:  D$di  (tfrt... 
(jloriam ,  ut  wmo  fuerii  timUii  tm  in  regibui 
cuncUi. 

37.  DiSTiNZioN.  Montaigne  :  Distinguo ,  9$t 
le  plus  univenel  tMmbn  d$  ma  logique,  — 
Diletto.  G.  C.  Cant.  :  Dileetui  tiiaiit. 

39.  Ln.  ai  si  e  al  no.  Gic.  (  Acad.,  IV  ): 
JSihil  eft  lurptuf  ^tuim  cogniiioni  ei  peree- 
ptioni,  affeetionem  approhationemque  prMCur- 
rete, 

40.  Lega.  La  passione  impedisce.  Purg. , 
XVlU  :  Natura  Ch%  per  piacer  di  novo  in  voi 
si  lega. 

41.  Qual.  Torna  carico  d'errore.  Monarch.: 
Facilius  et  perfectius  veniunt  ad  habitum  phi- 
losophicae  verUaiis  qui  nikil  nunquam  audi- 
verunt,  quam  qui  audiverunt  per  tempora  , 
et  faltis  opinionibui  imbuti  sunt.  Propter  quod 
Galenus  inquit  talee  duplici  tempore  indigere 
ad  scientiam  aequirendam. 

42.  Parxbkuik.  D'  Elea ,  scolare  a  Seno- 
fane ,  maestro  a  Zenone.  —  Meli9<;o.  Di  Sa- 
roo  :  diceva  tutte  le  cose  venire  da  una  ,  in 


una  redire.  Confutati  da  Arist.  (I,  Phys.).— 
Brisso.  Cercava  la  quadratura  del  ciriMto. 
Confutati  da  Arist.  (1.  I  •  Post,  anal.,  9).  — 
Dove.  Coov.:  Siccome  dice  il  fdotofo  net  pri- 
mo deW  fit. ,  e  TMio  in  quello  del  tvm 
dtf  beni;  mal  tragge  al  segno  quegli  che  mi 
vede. 

43.  Sabellio.  Del  terzo  secolo:  condaoMto 
nel  conc.  d'  Alessandria  per  errore  circa  la 
Trinità.  Di  loro,  s.  Tom.  (IV,  Cont.  Geot.).— 
Arrio.  Negava  il  Verbo  consustanziale  al  Pa- 
dre :  condannato  nel  conc.  di  Nicea ,  nel 
32tf.  —  Spade.  Mutilavano  la  Bibbia ,  e  na 
falsavano  il  senso.  —  Volti.  Cresceaz. ,  II , 
disse  diversi  volti  degli  astri.  C  XXiX ,  30: 
Quando  è  posposta  La  divina  SeriMiira  # 
quando  è  tórta. 

44.  Giudicar.  Dannate  le  anime;  come  molli 
dicono  di  Salomone. 

46.  Foce.  Conv.  (1 ,  3):  layno  portato  a 
diversi  porti  e  foci  e  lift... 

47.  Martino.  Nome  de'più  comonl.  Onde 
Conv.  (I,  S):  Suole  dire  Martino  :  non  «aM 
dalla  mia  mente  lo  dono  che  mi  fece  Giooan' 
ni.  —  Vederli.  Boet.:  De  hoc,  fuem  tujw 
stissimum  et  aequi  servantissimum  jpvfof,  •»• 
nt(i  icteiìCi  prot'fdendae  diioersum 


i 


ft33 


CANTO    XIY. 


ARGOMENTO. 


Beatrice  domanda  a  nome  del  P.  ,  e  Salomone  risponde  circa  la  resurrezione 
de'  corpi ,  se  questi  accresceranno  la  luce  delle  anime.  Dice  che  li.  Nuoci  spiriti  gli 
appaiono  :  e  in  quella  gioia  di  luce ,  guardando  la  sua  donna ,  e'  si  trova  nel  pia- 


emnlm  oamo  i<i$su  ,  e  non  av^a  ancora  guuruuiu  a  jocu 

r  aspetto  vinse  in  lui  ogni  passata  bellezza  :    perchè  più 
dt  cieli  cresce  ,  ma  ancor  più  che  de  cieli ,  quella  della 


perchè  più  si  sale  e  più  la   bellezza 
stia  donna. 


Nota  la  terzine  4  ;  la  7  alla  14  ;  la  18  ,  10,  20;  la  22  alla  25;  la  28  alla  35  ;  la  37 
alia  43;  la  penaltiina. 


1  DaIcentroalcerchio,esldalcerchioalcen- 
Moresi  Tacqua  ìd  un  ritondo  vaso,  (tro 
Secondo  ch%  percossa  fuori  o  dentro. 

ì    Nella  mia  mente  fé  subito  easo 
Questo  ch'io  dico ,  si  come  si  tacque 
La  gloriosa  \ita  di  Tommaso, 

3    Per  la  similitudine  che  nacque 
Del  suo  parlare  e  di  quel  di  Beatrice» 
A  cui  si  cominciar  dopo  lui  piacque  : 

h  A  costui  fa  mestieri  (  e  noi  vi  dice 
Né  con  la  voce  nò  pensando  ancora  ) 
D'un  altro  vero  andare  alla  radice. 

5    Ditegli  se  la  luce  onde  s' infiora 
Vostra  sustanzia ,  rimarrà  con  voi 
Etemalmente ,  si  com'  ella  è  ora. 

1.  Dal.  La  voce  di  s.  Tomaso  veone  dal 
eerebio  al  ceDtru  ;  di  Beatrice,  dal  ceotro  al 
cerchio ,  com'  aequa  in  vaso  rotondo,  percosso 
di  fuori ,  si  move  dal  cerchio  al  centro  ;  e  in 
contrario ,  se  percossa  di  dentro. 

2.  Caso.  Mi  cadde  in  menta.  Caso  per  mi- 
ihila  i  nel  Frezii  (Il ,  13). 

4.  PB!f8A!VD0.  C.  XY  .*  JCroii  fifUo 
Al  eh€  prima  cAa  ftnft ,  U  p9nsi$r 


8 


9 


6  E  se  rimane ,  dite  come,  poi 
Che  sarete  visibili  rifatti. 

Esser  potrà  ch'ai  veder  non  vi  nói. 

7  Come  da  più  letizia  pinti  e  tratti 
Alla  fiata  quei  che  vani!o  a  ruota, 
Levan  la  voce  e  rallegrano  gli  atti  ; 

Cosi  air  orazion  pronta  e  devota 
Li  santi  cerchi  mostrar  nuova  gioia 
Nel  torneare  e  nella  mira  nota. 

Qual  si  lamenta  perchè  qui  si  muoia 
Per  viver  colassù  ,  non  vide  quive 
Lo  refrigerio  dell'eterna  ploia. 
10    Quell'uno  e  due  e  tre  chesempre  vive, 
E  regna  sempre  in  tre  e  due  ed  uno , 
Non  circonscritto,  e  tutto  circonscrivo , 

8.  Mira.  V  ha  In  pron  il  Boccaccio. 

10.  Dus.  Natura  umana  e  divina.  —  Cir- 
CONSCRIVB.  Conv.:  And^  di  eostn  (  deUa  na- 
tura universale  )  è  Umùaiore  colui  che  da 
nulla  è  limiiato  ,  cioè  la  prima  bontà  eh'  è 
Iddio,  eh§  solo  óoUa  imfiniia  eapaeità  V  infir 
nito  eomprtndo.  Piir|ti.  »  Xi:  M  cieli  stai^ 
Non  drconserUto. 


k^w 


DEL    PARADISO. 


11  Tre  volle  era  cantato  da  ciascuno 
Di  quegli  spirti  con  tal  melodia 

Ch*  ad  ogni  raerto  sapia  giusto  muno. 

12  Ed  io  udii  nella  luce  più  dia 

Del  minor  cerchio  una  voce  modesta  , 
forse  qua!  fu  dell'  angelo  a  Maria* 

13  Risponder  :  quanto  fia  lunga  la  festa 
Di  paradiso  ,  tanto  il  nostro  amore 

Si  raggerà  d' intorno  cotal  vesta. 
ih    La  sua  chiarezza  seguita  l'ardore; 
V  arder  la  visione  :  e  quella  è  tanta 
Quant'  ha  di  grazia  sovra  suo  valore. 

15  Come  la  carne  gloriosa  e  santa 
Fia  rivestita,  la  nostra  persona 

Più  grata  fia  per  esser  tutta  quanta. 

16  Perchè  s'accrescerà  ciò  che  ne  dona 
Di  gratuito  lume  il  sommo  Bene, 
l^ume  ch*a  lui  veder  ne  condiziona. 

17  Onde  la  vision  crescer  conviene. 
Crescer  l  ardor  che  dì  quella  s'accende, 
Crescer  lo  raggio  che  da  esso  viene. 

18  Ma  si  come  carbon  tUe  fiamma  rende 
E  per  vivo  candor  quella  ^soverchia 

Sì  che  la  sua  parvenza  si  difende  ; 

19  Cosi  questo  fulgor  che  già  ne  cerchia 
Fia  vinto  in  apparenza  dalla  carne 

Che  tutto  di  la  terra  ricoperchia.     ^ 

20  Ne  potrà  tanta  luce  afTaticarnc  ; 
Che  gli  organi  del  corpo  saran  forti 
A  tutto  ciò  che  potrà  dilettarne. 

21  Tanto  mi  parver  subiti  e  accorti 


11.  McNO.  Lat.  mimiit.  L'ha  il  Sacchetti. 

12.  Dia.  Lucr.  (  1 .  23):  Diai  in  luminù 
orat,  ••  Minor.  Più  prossimo  a  Dante.  Parla 
Salomone. 

14.  ARDORE.  Deir  affetto.  ~  Visione.  Della 
mente.  -  Suo.  Umano. 

15.  Grata.  A  Dio  (  lof..  VI).  Tutta.  I  Pe- 
ripatetici fanno  1*  uomo  anima  e  corpo  ;  i  Pla- 
tonici ,  anima  sola. 

18.  Carrox.  Ezech.,  I.  A»p€etu$  eorum  quasi 
carbonnm  ignis  ardéruium, 

19.  Fulgor.  Tom.  (Som.):  Corpora  gloriosa 
tuiU  fulginiia.  Di  efò  nel  libro  I  delle  Sen- 
tenze (dist.  49,  cap.  2).  Evang.:  Justi  fulge- 
bunt  stcul  ioL  Agost.  fa  i  corpi  risorti  diafani 
come  vetro  ;  dice  che  in  potere  dell*  nomo 
sarÀ  farsi  visibile  od  invisibile. 

21.  SuRiTi.  Pronti.  É  in  Albertano.  — 
iXHR.  Dicono  tuttora  in  Toscana  per  amen. 

22.  Mahìir.  In  grave  senso  Tosa  nelPorg., 


E  l'uno  e  l'altro  coro  a  dicer  amme. 
Che  t>en  mostrar  disio  de  corpi  mortir 

22  Forse  non  pur  per  lor,  ma  per  le  mamme, 
Per  li  padri  e  per  gli  altri  che  fùr  carri 
Anzi  che  fosser  sempiterne  liamme. 

23  Ed  ecco  intorno  di  chiarezza  pari 
Nascere  un  lustro  sopra  quel  che  v'era. 
A  guisa  d*  orizzonte  che  rischiari. 

2ih    £  si  come  al  salir  di  prima  sera 
Comincian  per  Io  ciei  nuove  parvenze. 
Si  che  la  vista  pare  e  non  par  vera  ; 

25  Parvemi  11  novelle  sussistenze 
Cominciare  a  vedere ,  e  fare  un  giro 
Di  fuor  dall'altre  due  circonferenze. 

26  O  vero  sfavillar  del  santo  Spiro! 
Come  si  fece  subito  e  candente 

Agli  occhi  miei  che  vinti  noi  soflrtro! 

27  Ma  Beatrice  si  bella  e  ridente 
Mi  si  mostrò,  che  tra  l'altre  vedute 

Si  vuol  lasciar  che  non  seguir  la  mente. 

28  Quindi  ripreser  gli  occhi  miei  tiriate 
A  rilevarsi  ;  e  vidimi  translato 

Sol  con  mia  donna  a  più  alta  salute. 

29  Ben  m' accors'io   eh  i'era  più  levato 
Per  r  adbcato  riso  della  stella 

Che  mi  parea  più  roggio  che  1*  usalo. 

30  Con  tutto  1  cuore  e  con  quella  favella 
Ch*  è  una  in  tutti,  a  Dio  feci  olocauslo 
Qual  conveniasi  alla  grazia  novella. 

31  E  non  er'anco  del  mio  petto  esautto 
L' ardor  del  sagriQcio  ,  eh'  io  conobbi 


XXI.  —  Padri.  Allora  li  Hredraono,  SaUe  k 
pene  pargatrici;  e  li  rivedranno  eoi  corpo  loto; 
e  gli  affetti  naturali  al  soprannauirale  unar 
no  congiunti. 

23.  Pari.  A  quella  dei  vedati  fioort:  Bt 
poi  Yien  crescendo,  sicché  l*  occhio  noi  soffre.  ' 

24.  Salir.  lof. ,  XXXIV  :  jlfa  la  notte  rt- 
iurgs,  —  Parvbnjb.  Di    stelle.  Risponde  ai 

greco  PÀINOMBSBN* 

25.  Sussistenze.  Nel  e.  XIII,  SO ,  thimm 
le  sostanze. 

26.  Spiro  !  Dice  nel  Conv.  gli  aogetl  e  I 
Cieli  esser  luce  riflessa  da  Dio. 

28.  Quindi.  Dal  guardare  in  BeatrlM ,  la 
scienza  divina  ,  gli  occhi  abbagliati  rianaa 
virtù.  —  Salute.  Nel  e.  XXU,  42  ,  cblaaa 
Iddio  uUima  saUite,  Nel  Convivio  cbiania  Bea- 
trice donna  della  salufe. 

29.  Affocato.  Conv.:  Marie part  afon^ 
di  calore,  quando  più  e  quando  meno. 


r. 


CANTO    XIV. 


^55 


Esso  lltaro  stato  accetto  e  fausto. 

32  Che  con  tanto  Iucom  ,  e  tanto  robbi 
M'apparverosplcndor  dentro  a*duo  raggi, 
Gì*  io  dissi  :  o  Eliós  che  si  gli  addobbi  ? 

33  Come,  distinta  da  minori  in  maggi 
Ì4imi ,  biancheggia  tra  i  poli  del  mondo 
Galassia ,  si  che  fa  dubbiar  ben  saggi  ; 

34^    Sì  costellati  facén  net  profondo 
Marte  que*raggi  il  venerabil  segno 
Che  fan  giunture  di  quadranti  in  tondo. 

35  Qui  vince  la  memoria  mia  Io  ngegno, 
Che  'n  quella  croce  lampeggiava  Cristo: 
SI  eh'  io  non  so  trovare  esemplo  degno. 

36  Ma chiprendesua  crocee  segueCristo, 
Ancor  mi  scuserà  di  quei  eh'  io  lasso 
Veggendo  in  queli'albór  balenar  Cristo. 

37  Di  corno  in  corno,  e  tra  la  cimaci  basso 
Si  movén  lumi,  scintillando  forte 


3S.  LucoBi.  É  nelle  rime  antlche.—RoBBi. 
Aoon. ,  di  Marte  :  Per  la  vieinitade  che  ha 
ad  ioU,  €  ito»  qualitade  ignea  ferventiaima, 
9md$  aeewìde  li  uomini  ad  ira  e  zuffa. —  Duo. 
Formanti  una  croce.  —  Eliós.  In  ebreo,  vale 
•ootifo.  I  Greci  cosi  dissero  il  sole. 

33.  Mami.  C.  XV  :  7  minori  e  i  grandi  Di 

S natta  vita.  —  Galassia.  Via  lattea.  — 
AML  La  favola  dice  la  via  lattea  traccia 
di  Fetonte  :  il  volgo  via  di  s.  Iacopo. 
Ovld.:  Eit  via  tublimii  ,  coelo  manifeeta 
aerifio  :  Laetea  nomen  habel  ;  candore  nota* 
hiUi  ip$o.  Hae  iter  est  Superis  ad  magni  teda 
Tananai.  Conv.  (II,  15):  Li  Pitagorici  ditiero 
che  'l  $oU  alcuna  fiata  errò  nella  tua  wa,  e 
aru  il  luogo  per  lo  quale  pauò  ,  e  rimasetfi 
^uilt  appartnza  di  artura.,.  Altri  diuero,  gic- 
come  fu$  Anassagora  e  Democrito  ,  che  ciò 
tra  lume  di  sole  ripercosso  in  parte,,.  Quello 
che  Arist,  si  diceste,  non  si  può  bene  sape- 
re di  ciò;  perchè  la  sua  sentenra  non  si  tro- 
va cotale  nelV  una  translazione  come  neWah 
tra  :  e  credo  che  fosse  V  errore  de*  translatori. 
Che  nella  nuova  par  dicere  che  ciò  sia  un  ra- 
psnamento  di  vapori,  sotto  le  stelle,.,  e  que- 
sta ragione  non  pare  vera.  Nella  vecchia,  dice 
che  Iti  Galassia  non  è  altro  che  moltitudine 
di  stelle  fisse  in  quella  parte ,  tanto  picciolo 
che  dìàUmjuere  di  quaggiù  non  le  paterno,  ma 
di  loro  apparisce  quello  albóre  il  quale  noi 
dUamiamo  Galassia,  E  puote  essere  che  il 
cielo  in  quella  è  più  spesso  ;  è  però  ritiene  e 
ripresenta  quello  lume.  E  questa  opinione  pare 
avere  con  Aristotele  ,  Avicenna  e  Tolommeo, 
F.  Arist.  (  Meteor. ,  II  ).  L'  OlUmo  ciu  li  U- 


Nel  congiungersi  insieme  e  nel  trapasso.  '^ 

38  Cosi  si  vesgion  qui  diritte  e  tórte, 
Veloci  e  tarde,  rinnovando  vista, 
Le  minuzie  de*  corpi  lunghe  e  corte 

39  Moversi  per  lo  raggio  onde  si  lista 
Tal  volta  l'ombra  ,  che  per  sua  difesa 
La  gente  con  ingegno  ed  arte  acquista. 

40  E  come  giga  ed  arpa  in  tempra ,  tesa 
Di  molte  corde ,  fan  dolce  tintinno 

A  tal  da  cui  la  nota  non  è  ntesa  ; 
kì    Cosi  da'ltuni  che  11  m^apparinno 
S'accogliea  per  la  croce  una  melode 
Che  mi  rapiva  senza  intender  Tinno. 

42  Ben  m'accors*  io  ch'ell'era  d'alte  lode; 
Perocch'a  me  venia:  riturgi  e  vinci , 
Com'  a  colui  che  non  intende  e  ode. 

43  io  m'innamorava  tanto  quinci  , 
Che  *nGno  a  11  non  fu  alcuna  cosa 


bro  De  proprittatibut  rerum:  Che  Galassia  è 
uno  eirculo...  per  figura  e  per  bellezza  più 
candido  di  tutti  gli  altri,  passante  per  mezzo 
il  cielo,  e  comineiante  da  orierUe  infino  a  set- 
tentrione per  Canoro  e  Capricorno, 

34.  SI.  Di  lami  più  o  meno  grandi  secondo 
il  merito.  -— Giunturb  (Arist.,  De  anima.  \). 
Due  diametri  di  circolo  intersecantisi  fanno 
una  croce.  La  croce  di  Marte  prendeva  tutto 
il  pianeta.  —  Tondo.  Circolo.  Petr.  (  Tr.  Fa- 
ma ,  IH  )  :    Di   triàngoli ,  londt ,    e  forme 

quadre. 

35.  ViNCB.  Quel  eh'  io  rammento  ,  noi  sa- 
prei dire. 

36.  CnocB.  Vessillo  di  gloria  giasU.^Cai- 
STO.  Che  gli  aveva  ispirati.  Matth.  ,  XVI  : 
ToUat  crucem  suam ,  et  sequatur  me, 

38.  MiifcziB.  GorpicciuoU  notanti  in  no 
raggio  solare  ch'entra  in  istanza  oscura  »  o 
non  chiarissima. 

41.  AccoGUBA.  Purg.,  I:  Dolce  color.,.  S'ac- 
coglieva nel  sereno  aspetto  Dell' aer  puro.  — 
Mblodb.  Gr.,  jrsLos,  opis.  L'osa  ftior  di  rima 
(  e.  XXIV ,  38). 

42.  LoDB.  Jer.  ,  XXX  :  Egredietur  de  eie 
laus ,  voxque  ludentium,  —  Risdbgi.  Nelle 
preci  della  Chiesa  :  Jfortem  nostram  morien- 
do  destruxit,  et  vitamreturgendo  reparavit... 
Dux  vilae  mortuvs,  regnat  vivus  ...  Scimue 
Christum  surrexisse  a  mortuis  vere  :  tu  nobis, 
Victor  rex,  miserere...  Regnavit  a  Ugno  Deue. 
Anon.  :  Leva  su ,  e  vinci  ti  mondo  e  le  tu» 
battaglie. 

43.  Viwci.  Da  vineio:  e  vineulum  vico  fona 
da  vincus.  Mnco  è  in  CreK.  (Il»  23). 


VS6 


DEL    FARAD  ISO« 


Cbe  mi  legasse  eoo  si  dolci  ^ìdci. 
&fc    Forse  la  mìa  parola  par  tropp*  osa 

Posponendo  1  piacer  deglioccni  belli 

Ne*  quai  mirando  mio  disio  ha  posa. 
&5    Ma  chi  s*  avvede  che  i  vivi  suggelli 

D' ogni  bellezza  più  fanno  più  suso 

44.  Mirando.  Id  una  caoz.:  Chi  veder  tmol 
la  ialute.  Faccia  che  gli  occhi  d*  9ita  danna 

45.  Suggelli.  Gli  occhi  portanti  T impronta 
d*  ogni  divina  bellezza.  In  una  canz.  :  /^r 
esemplo  di  lei  btltà  ti  prova.  Altrove  :  Cute 
apvariicon  nello  tuo  atiteUo  Che  mottrande' 


E  ch*io  non  m*  era  11  rirolto  a  quelli, 

46  Escusarpuorfmidiquel ch'io  m'accuso 
Per  iscusarmi ,  e  vedermi  dir  vero  : 
Che  *J  piacer  santo  non  è  qtil  dischiuso; 

47  Perchè  si  fa,  montando,  più  sincero. 


piacer  di  paradieo^  Dico  negli  occhi  t  nel  ava 
dolce  rito  Che  le  tfi  reca  Amor  come  a  avo 
loco, 

46.  DiscBivso.  Escluso  (  e.  VII  ).  11  crt- 
scere  della  bellezza  di  Beatrice  <^  detto  nel 
canto  seguente,  v.  32. 


457 


CANTO 


XV. 


A  R  a  0  M  E  .V  T  0. 


Cacciaguìda  gli  parla  :  gli  narra  la  ma  progenie  ;  e  %  be'  tempi  della  non 
peranche  corrotta  Firenze.  Questo  canto  e  il  seg.  tono  insieme  genealogia  é>me$ti' 
ca  ,  t  civile  epopea,  L  uomo  ed  il  cittadino  ,  la  famiglia  ed  il  secolo  ,  vi  stanno 
dipinti. 

Forse  la  prima  parte  del  canto  è  nrien  piena  :  e  nel  Farad,  aaeor  più  che  Bfl  Parg. 
poasiam  notare  qua  e  là  cena  larghezza  che  nell'  Inf.  non  è.  Perché  troppe  cose  a?eva  egli 
iieir  Inferno  a  dire  ,  e  il  dolore  più  lo  incalzava,  e  lo  sdegno.  Nella  pittura  dell' antica  Fi- 
renze la  seroplicilù  dello  stile  fa  bella  armonia  di  contrasto  con  la  severità  soliu  del  P.  La 
satira  qna  e  là  sparsa  in  mezzo  a  tanta  dolcezza,  pare  men  bella. 

Nota  le  terzine  i,  3,  4,  5»  7,  8;  la  11  alia  16;  la  19,  21,  23«  24,  25,  26;  la  31 , 
alla  line. 


1    Denìima  volonlade  in  cui  sì  liqua 
Sempre  l'amor  che  drillamenle  spira, 
Come  cupidità  fa  oeir  iniqua  , 

3    Silenzio  pose  a  quella  dolce  lira  , 
E  fece  quietar  le  sante  corde 
Che  la  destra  del  cielo  allenta  e  tira. 

3  Come  saranno  a' giusti  prieghi  sorde 
Quelle  sustanze  che  per  darmi  voglia 
Ch'io  le  pregassi,  a  tacer  fùr concorde! 

4  Ben  è  che  senza  termino  si  doglia 
Chi  per  amor  di  cosa  che  non  duri 
Eterualmente ,  queir  amor  si  spoglia. 

1.  LiouA.  Lat.  Uquet ,  si  palesa.  Bello  co- 
minciare da  amore  il  canto  dove  canta  de'pro- 
«ii  morti  in  giusta  battaglia. 

2.  Lira.  Li  paragnnò  a  giga  o  ad  arpa  di 
molte  corde.  —  Destra.  La  poUnxa  di  Dio 
i  V  Ott.  ). 

4.  Spoglia.  Dispogliar»  di  dolore  (  disse 
oell'Inf.,  \VI). 

ff.  </UALB.  Virg.  :  Coeto  ceu  taepe  refxa 
Tran$€urrunt  erinemque  volantia  ndera  du- 
cuia,  Siat.  :  Laptisque  eitatior  astris.  Lue,  , 


8 


Qnaìo  per  II  seren  tranquilli  e  puri 
])iscorre  ad  ora  ad  or  subito  fo^tco. 
Movendo  gli  occhi  che  stavan  sicuri, 

E  pare  stella  che  tramuti  loco. 
Se  non  che  dalla  parte  onde  s' accende 
Nulla  sen  perde ,  ed  esso  dura  poco; 

Tale  dal  corno  che'n  destro  si  stende , 
Al  piò  di  quella  croce .  corse  un  astro 
Della  costellazìoD  che  11  risplende. 

Nò  si  parti  la  gemma  dal  suo  nastro. 
Ma  perla  lista  radiai  trascorse 
Che  parve  fuoco  dietro  ad  alabastro. 


X  :  Quam  toUt  aethereo  lampas  decurrere  sul- 
co ,  Materiaque   carene ,  atque  ardens   aere 

solo, 

6.  Nulla.  Stelle  noi  sono  ;  e  perche  la 
stella  non  cade ,  e  perchè  quel  foco  è  fug- 
gevole. 

7.  Corno.  Cresceni.  (li ,  29):  Corni  dile- 
guo ,  a  modo  di  era ea  fatti. 

8.  Fuoco.  Sap. ,  III  :  Futgebunt  jutti ,  et 
tamquam  sctntitlae  tu  arutidiiieto  ducurranf. 

S8 


i^ 


DEL    PARADISO 


9  SI  pia  r  ombra  d*ÀncIiise  si  porse 
^Se  fede  merta  nostra  maggior  musa  ) 

Quando  in  Elisio  del  figliuol  s*accorse. 

10  0  sanguis  me%u  !  o  super  infusa 
Gratia  Dei  !  sicut  Ubi,  cui 
Bisunquam  coelijanua  reclusa  ? 

1 1  Cosi  quel  lume  :  ond*io  m'attcsia  lui  ; 
Poscia  rivolsi  alla  mia  donna  il  viso, 

E  quinci  e  quindi  stupefatto  fui. 

1 2  Che  dentro  agli  occhi  suoi  ardeva  un  riso 
Tal,  ch*io  pensai  co'miei  toccar  lo  fondo 
Della  mia  grazia  e  del  mio  paradiso. 

13  Indi  a  udire  e  a  veder  giocondo 
Giunse  Io  spirto  al  suo  principio  cose 
Ch'  io  non  intesi ,  si.parlò  profondo. 

ih    Ne  per  elezion  mi  si  nascose, 
Ma  per  necessità  ;  che  '1  suo  concetto 
Al  segno  de*mortai  si  soprappose. 

15  E  quando  farco  dell*  ardente  affetto 
Fu  si  sfocato  che  *I  parlar  discese 
Invér  lo  segno  del  nostro  intelletto  ; 

16  La  prima  cosa  che  per  me  s'intese, 
Benedetto  sie  tu ,  fu,  Trino  ed  Uno, 
Che  nel  mio  seme  se' tanto  cortese. 

17  E  seguitò  :  grato  e  lontan  digiuno, 
Tratto  leggendo  nel  maggior  volume 
U*  non  si  muta  mai  bianco  né  bruno, 

18  Soluto  hai,  figlio  .dentro  a  questo  lume 
In  ch'io  ti  parlo ,  mercè  di  colei 

Ch'alPalto  volo  ti  vestì  le  piume. 

« 

9.  Pi  A.  Bisillabo,  come  nel  e.  I.~  Porse. 
Virg.  :  In  ad  contpeetum  cari  genitorit  et  ora, 
Alacrit  palmoM  utratque  tetendit  ;  Effusa^que 
genis  laerimae ...  —  Musa.  Per  cui  Mostrò 
ciò  che  potea  la  lingua  nostra  \  (Parg.  VII). 

10.  Sanguis.  Parole  che  in  Virg.  Anchise 
volge  a  Cesare.  Parla  latino  per  indicare  il 
tempo  ÌD  cjie  Cacciagaida  vìsse.  0  forse  per 
iodizio  di  digoiiÀ.  Cosi  nella  V.  Nuova,  Amore 
gli  parla  latino  :  Ego  dominus  tuus,  —  Bis, 
Ora  ,  e  dopo  la  morte.  C.  X,  29:  U' senza 
risalir,  nessun  discende»  A  s.  Paolo  fa  aperto 
Il  cielo  ;  ma  qui  pirli  degli  uomini  del  suo 
tempo. 

12.  Pbnsai.  V.  Nuova  :  EgU  mi  parve  al- 
lora vedere  tutti  li  termini  della  beatitudine. 

13.  Giocondo.  Di  luce  e  d'armonìa. 

14.  Soprapposb.  Volò  più  alto  (  Purg.  , 
XXXIII). 

15.  Arco.  Avea  già  detto  fe^no. 

17.  Grato.  Virg.  (VI,  687-8:  )  Venisti  ian- 
dem ,  tuaque  spedata  parenti  Kìctc   iter  du- 


19  Tu  credi  che  a  me  tuo  pensier  mei 
I)a  Quel  eh*  è  primo ,  cosi  come  raia 
Deir  un  ,  se  si  conosce,  il  cinque  e'Isei. 

20  E  però  eh* io  mi  sia ,  e  perch'io  paia 
Più  gaudioso  a  te  non  mi  dimandi. 
Che  alcun  altro ,  in  questa  turba  gaia. 

21  Tu  credi*lvero,cheimiuorieigrandi. 
Di  questa  vita  miran  nello  speglio 

In  che  prima  che  pensi,  il  pensier  pandi. 

22  Ma  perchèlsacroamorein  che  io  veglio 
Con  perpetua  vista  e  che  m'asseta 

Di  dolce  disiar  s* adempia  meglio; 

23  La  voce  tua  sicura  ,  balda  e  heta 
Suoui  la  volontà,  suoni  '1  desio 

A  che  la  mia  risposta  è  già  decreta. 
2i    Fmi  volsi  a  Beatrice:  e  quella  udio 
Pria  ch*io  parlassi  ;  e  arrisemi  un  cenno 
Che  fece  crescer  Tale  al  voler  mio. 

25  Poi  cominciai  cosi  :  Tafletto  e  1  senno, 
Come  la  prima  Egualità  v'apparse. 
D'un  peso  per  ciascun  di  voi  si  fenno. 

26  Perocché  al  sol  che  v'allumò  e  arse 
Col  caldo  e  con  la  luce ,  en  si  iguaii 
Che  tutte  simiglianze  sono  scarse. 

27  Ma  voglia  e  argomento  ne*  mortali, 
Per  la  cagion  eh*  a  voi  è  manifesta. 
Diversamente  son  pennuti  in  ali. 

28  Ond  io  che  son  mortai^  mi  sento  iiiqueita 
Disaguaglianza  ;  e  però  pon  ringrazio 
Se  non  col  cuore  ,  alla  paterna  festa. 


rum  pietM  I  —  Lontan.  Per  lungo  teme  al- 
lungare per  allontanare.  -  Digiuno.  P«r  d*- 
siderio  (  Petr.  ,  son.  197  ).  —  Magaiob.  La 
prescienza  di  Dio. — Bruno.  Né  più  si  scrive 
né  meno  di  qael  eh' è  scrìtto  ab  eterno. 

18.  Soluto.  Ov.:  Ifjunia.,,  Soli>erai,  Bocc.: 
Solver  il  digiuno  di  veder  lei,  —  Piumb.  BoeL  : 
Sunt..,  pennae  volucres  mUn,  Quae  cttMcott* 
scedant  poli  :  Quas  sibi  quum  veùx  mmks  ài- 
duit ,  Terras  perosa  despicit. 

19.  Mbi.  lof.  ,  XXIll:  Peritano  i  tuaipm' 
sier  tra  i  miei.  —  Primo.  Codv.  (II  ,  4)  :  i« 
prima  mente,  la  quale  i  Greci  ekiasnano  IVo- 
tofioa.  Lett.  a  Cane  :  Principio ,  sem  ptime  • 
videlicet  Deo, 

23.  Decreta.  C.  I  :  Sito  decreto. 

25.  Senno.  L'intelletto  è  ne* beati  ogoak 
al  volere  ,  perete'  e*  sono  in  Dio  ,  duve  tolto 
s' agguaglia. 

27.  Argomento.  Inf.,  XXXI  :  L'ar^omemie 
della  mente  S'aggiunge  al  mal  voUr9  e  olle 
poMa.— Manifesta.  In  Dio. 


e  A  N  T  O    XV. 


iSO 


29  Ben  si^pplico  io  a  te,  vivo  topazio 
Che  quest'I  gioia  preziosa  iDgctnmi , 
Perchè  mi  facci  del  tuo  norpe  sazio. 

30  O  fronda  mia  in  che  io  compiacemmi 
Pure  aspettando ,  io  fui  la  tua  radice. 
Cotal  principio ,  rispondendo  ,  femmi. 

31  Poscia  mi  disse  :  quel  da  cui  si  dice 
Tua  cognazione,  e  che  cent  anni  e  piue 
Girato  ha  *1  monte  in  la  prima  cornice, 

32  Mio  figlio  fu  ,  e  tuo  bisavo  fue. 
Ben  si  convien  che  la  lunga  fatica 
Tu  gli  raccorci  con  l'opere  tue. 

33  Fiorenza  ,  dentro  dalla  cerchia  antica 
Ond*  ella  toglie  ancora  e  terza  e  nona, 


S9.  Topazio.  Chiamò  il  pianeta  di  Mer- 
curio, margherita  (e.  VI).  Anoo.  :  Gemma  in- 
fra r  altre  tnaygior$,,»  Riceve  in  tè  la  ehia- 
ressa  di  tutte  V  altre...  Dicesiehe  a  colui  che'l 
porta ,  non  può  nuocere  nemico. 

30.  Compiacemmi.  Matth.:  Bic  est  fiUus  tneus 
diìrrtus,  in  quo  mihi  complacui. 

31.  CoGNAZìONB.  AUighieri.  —  Monte.  Co' 
superbi  (  Parg.  ,  X,  XI).  Visse  aita  fine  del 
XII  secolo.  E  sé  medesimo  destìoa  alla  pena 
delia  superbia  il  P. 

33.  Cerchia.  Dal  Duomo  a  Badia  prende- 
vano le  prime  mura  della  ritta.  E  a'  suon 
dell'ore  di  Badia  la  città  prendeva  misura 
del  lavoro  e  del  tempo.  Benvenuto  :  Abbatta 
fnonasterU  s.  Benedieti  ,  ubi  certiut  et  ardi- 
natiut  puUabantur  horae,  quam  in  aliqua  alia 
Mcclesia  eivitatit.  Della  Firenze  d'  allora  V. 
Vili.  (VI ,  70).  ^  SobrYa.  Vili.  :  I  cittadini 
di  Firenze  vivevano  tobrU  e  di  grosse  vivan- 
de ,  e  con  piccole  spese ,   e  di  molti  eostunù. 

34.  Corona.  Come  regine.  —  Contigiatb. 
AnoD.  :  Come  femmine  mondane.  Contigie , 
calze  suolate  col  cacio ,  stampate  intorno 
al  pie  ,  dice  il  Boti.  Ma  vale  per  ogni  orna- 
mento.— Più.  Ov.  (  Rem.  ):  Auferimur  cultu: 
gemmis  auroque  teguntur  Omnia  :  pars  mi- 
nima est  ipta  puella  sui,  Conv.  :  GU  ador- 
namenti delV  aszimare  e  deUe  vestimenia  la 
fanno  più  annumerare  ch€  essa  medesima  : 
onde  ehi  vuol  bene  giudicare  di  una  donna  , 
guardi  quella  quando  solo  sua  naturai  bellexsa 
ti  sta  con  lei ,  da  tutto  accidentale  adorna- 
ménto  discompagnata,  V,  Vili.   (  X,  152  ). 

35.  FuQGiAN.  Non  si  maritafano  ionaozi 
tempo  ,  nò  con  dote  si  roYinosa  :  non  era  ac- 
corciato il  tempo  ,  la  dote  ingrossata.  Ou.  : 
Oggi  te  maritano  nella  culla...  Ora  sono  tali 
(  le  dote  )  f  che  se  ne  va  una  con  tutto  quella 
«Jbe  ha  il  padre  p  e  s$  rimam  vedova,  toma 


Si  stava  in  pace  sobria  e  pudica. 
39k    Non  avea  catenella ,  non  corona, 
Non  donne  contigiate,  non  cintura 
Che  fosse  a  veder  più  che  la  persona. 

35  Non  faceva  nascendo  ancor  paura 
La  figlia  al  padre  ;  che  1  tempo  e  la  doto 
Non  fuggìan  quinci  e  quindi  la  misura. 

36  Non  avea  case  di  famiglia  vAte; 
Non  v'  era  giunto  ancor  Sardanapalo 
A  mostrar  ciò  che  *n  camera  si  punte. 

37  Non  era  vinto  ancora  Montemalo 
Dal  vostro  Uccellatoio,  che,  com'è  vinto 
Nel  montar  su ,  cosi  sarà  nel  calo. 

38  Bellincion  Berti  vidMo  andar  cinto 


spogliando  la  casa  del  marito  con  ciò  ch'elli 
aveva  ;  si  che  prima  fa  povero  il  padre ,  poi 
fa  povero  il  marito, 

96.  VOTE.  A  pompa.  Anon.  :  Tale  che  non 
avrà  figliuoli ,  fa  palagio  di  re.  —  Sardana- 
palo. Jnv.  :  Et  venere  ,  et  eoenis  ,  et  piuma 
Snrdanapali  (Jostin.,  I,  3).  Petr.,  a  Roma: 
Per  le  camere  tue  fanciulli  e  vecchi  Vanno 
trescando.  Ott.  :  Dice  P.  Orosio^  l,  l:  Il  se%- 
zaio  re  appo  quelli  di  Siria  fu  Sardanapnlo, 
uomo  corrotto  più  che  femmina.  —  Camera 
In  detizie,  ed  in  voluttà. 

37.  UccBLLATOio.  Sovrssta  a  Firenze  come 
Mnntemario  a  Roma,  che  allora  dicevasi  Mon- 
temalo. La    via  cbq  da    Viterbo  va  a    Ruma 
per  Moniemarìo ,  era  forse  la  più  battuta  a' 
tempi  di  Dante:  e    come  da    quel    monte  si 
veggono  gli  ediiizii  di  Roma  ,    così  da  Bolo- 
gna ,  venendo,  dall'  Uccellatolo  ,  si  vede  Fio- 
renza. Le  grandi  fabbriche  di  Roma,  traone 
le  antiche  rovine  sod  più  moderne  che  le  Fio- 
rentine, Vili.  (  XI ,  93):   Intorno   alla  città 
sei  miglia  ,    avea  ^ù  d' abituri  riechi   e  no- 
bili ,  che  recandoli  insieme  due  Firenze  avreb- 
bono  fatte.  Uccellatoio  si  pronunzia  come  Teg* 
ghiaio  (  Inf.  ,  VI  ,    37  ).  —  Calo.    Purg. , 
XXIV  :  A  trista  mina  par  disposto.  Ott.  :  Le 
quali  edificazioni  (  in  contado  )  sono    cagio- 
ne di  grande  rovina  in  tempo  di  guerra  e  in 
tempo  di  pace;  imperò  che  prima  nello  edi' 
fieio  consumano  ismisurate  facuUadi  ;  poinelr 
lo  abitare  si  circa  la  propria  famiglia,  fi  cir- 
ca U  amici...  richieggono  molte  spese  ;venon' 
do  la  guerra ,  per  conservare  quelle ,  doman- 
dano per  guernimento  e   guardie  molta  pecu- 
nia ,  ed  a  molti  fu  cagione  di  presura  »  o  di 
morte;  finalmente  attre^ggono  dalla  lungi  Uni- 
mici  col  fuoco  9  col  ferro. 

38.  Berti.  Nobile  famiglia.  Ravignani  pa- 
dn  di  Gualdrada  (  lui.,  XVI ,  13;,  la  qnala 


*.• 


^60 


DEL    PARADISO 


Di  cuoio  e  d' osso,  e  venir  dallo  specchio 
La  donna  sua  senzai  viso  dipinto. 

39  E  vidi  quel  de*  Nerli  equel  del  Vecchio 
Esìger  contenti  alla  pelle  scoverta, 

E  le  sue  donne  al  fuso  ed  al  pennecchio. 

40  Oh  fortunatel  e  ciascuna  era  certa 
Della  sua  sepoltura  ;  ed  ancor  nulla 
Era  per  Francia  nel  letto  deserta. 

hi    L*  una  vegghiava  a  studio  della  culla 
E  consolando  usava  ì  idioma 
Che  pria  li  padri  e  le  madri  trastulla. 

&2    1/  a  lira ,  traendo  alla  rocca  la  chioma, 
Favoleggiava  con  la  sua  famiglia 
De  Troiani  e  di  Fiesole  e  di  Roma. 

h^    Saria  tenuta  allor  tal  maraviglia 
Una  Cianghella  ,  un  Lapo  Salterello, 
(Jual  or  saria  Cincinnato  e  Corniglia. 

hk    A  cosi  riposato,  a  cosi  hello 

si  maritò  ne*Gaidl ,  onde  i  Gnidi  redaron  da' 
nérti.  —  Cuoio.   Casacca  di  cuoio  ,   bottoni 
d'osso;  n:  cinlara  di  caoio,  fibbia  d'osso. 
89.  Nerli.  Nobili  case.  Nerli  e  Vecchietti. 

—  Pelle.  Senza  drappo.  Ott.:  Ed  tra  tpe- 
sial  grazia  e  grande  eofa.— Fuso.  Ott.  :  Oggi 
non  vuole  /ilars  la  fanU,  nùn  che  la  donna. 

40.  Frància.  A  mercantare  vi  andavano  i 
Fiorentini ,  e  in  Inghilterra ,  e  in  più  lonta- 
ni paesi  :  e  Filippo  il  Bello  ne  fece  morire 
moUissimi. 

41.  Culla.  Ott.:  Oggi  per$è  è  la  eamerie- 
fa,  pir  $è  la  balia,  per  $è  la  fante,  O'Connell 
parlando  al  popolo  scoizese  nel  settembre  del 
1835  diceva  :  Più  d'una  madre  irlandese,  cul- 
lando mi  $eno  il  faneiuUo  addormentato  al 
canto  delle  patrie  canzoni ,  lo  interromperà 
per  alternare  ai  eoiKt  d*  Irlanda  i  canti  di 
Scozia,  e  Vinno  di  fallace;  e  tra  il  sonno 
del  figlio  innalzerà  una  preghiera  per  chiamare 
U  benedizioni  del  cielo  sul  popolo  generoso  che 
stese  amica  la  mano  aW  inanda  ne*  giorni 
del  suo  dolore, 

43.  CuNGHELXA.  Della  Tosa:  cugina  a  Rosso 
ed  a  Pino,  di  parte  Nera.  Maritata  in  un  Ali- 
dosi  imolese.  Vedova ,  ai  diede  a  lassarìa. 
AnoD.:  AiWanCe  senta  alcuna  fronte,  o...  abito 
e  atto  pertinente  a  condizione  di  donna.  Pie- 
tro :  Una  delle  piik  superbe  donne  del  mondo, 

—  Lapo.  Giareconsnlto  fiorentino ,  maledico 
e  nemico  ai  P.,  cultor  delia  zaizera  e  del  ve- 
stire. Anon.  :  Di  tanti  vezzi  in  vestire  e  in 
mangiare ,  in  ravalU  e  famigli,  che  infra  nullo 
termine  di  sua  condizione  et  contenne:  il  quale 
morì  poi  ribello  della  sua  patria,  Pietro  lo 
chiama  diffamalo  e  superbo.  Nel  marzo  del- 


Viver  di  cittadini,  a  cosi  fida 
Cittadinanza ,  a  cosi  dolce  ostello 

45  Maria  mi  die,  chiamata  in  alte  grida  ; 
£  nelPantico  vostro  battisteo 
Insieme  fui  cristiano  e  Cacciaguida. 

46  Moronto  fu  mio  frate ,  ed  Eliseo  : 
Mia  donna  venne  a  me  di  Val  di  Pado; 
E  quindi*!  soprannome  tuo  si  feo. 

47  Poi  seguitai  lo  'mperador  Currado  : 
Edei  mi  cinse  della  sua  milizia  ; 
Tanto  per  bene  oprar  gli  venni  in  grado. 

48  Dietro  gli  andai  incontro  alla  nequizia 
Di  quella  legge  il  cui  popolo  usurpa. 
Per  colpa  del  pastor ,  vostra  giustizia. 

49  Quivi  fu'io  da  quella  gente  turpa 
Disviluppato  dal  mondo  fallace. 

Il  cui  amor  molt*  anime  deturpa  ; 

50  £  venni  dal  martirio  a  questa  pace. 

1302  fa  condannato  cOu  Dante  ad  essere  bra- 
ciato  vivo.  Fa  priore  con  Ini.  Guastò  Figtioe: 
poi  con  altri  esuli  n*andò  verso  Genova.  Au- 
tore di  versi.  —  Cormglia.  per  Corndim. 
Anco  nel  IV  dell'  Inf.  Figlia  di  Scipione ,  fi- 
spose  alla  matrona  capuana  cbe  le  additava 
i  propri!  ornamenti  :  i  miei  vezzi  sono  i  mkl 
figU.  Donna  eloquente  e  magnanima.  Alni: 
Cornelia,  moglie  di  Pompeo,  di  coi  tante  lodi 
in  Lucano,  Vili. 

M,  Chiamata.  Da  mia  madre.  Purg. ,  XX: 
Udì:  dolce  Maria,,,  chiamar.,.  Come  fa  donna 
ehe*n  partorir  sia,  —  Battisteo.  lì'ù  uno  M 
taf»  Giavanni  (  Inf. ,  XIX  ,  6 }.  Iksiisb.  Col 
battesimo  si  dà  il  nome. 

46.  MoaoKTO  (  Pelli,  V.  Dante  ).  —  Tal. 
Ferrara.  Cacciaguida  era  degli  Elise!  ftoùgUa 
ghibellina  (  ViU. ,  VI  ).  Gli  Aldighierì  tnm 
gnein.  Gli  Elisei  avevano  terre  e  in  eoatada 
e  iq  Firenze.  Degli  Aldigliieri  ve  n'era  aaeo 
a  Parma  :  un  Paolo  AUighieri  panniglaQa  III 
reltor  di  Bologna  nel  1328  (  Murat.,  R.  It^ 
t.  XVIII ,  p.  ItfS  e  330  ).  Nella  piazieiu  di 
a.  Margherita  era  una  torre  che  ni  della  fa- 
miglia di  Dante.  —  Soprannomi.  AldigbierL 

47.  Currado.  Terzo.  Nel  1148  andò  eoa 
Luigi  di  Francia  ,  con  Tedeschi ,  Francesi , 
ed  Inglesi ,  e  altri  molti  oltremare:  toraalo, 
morì.  Fu  questa  la  seconda  crociata  ,  e  fa 
predicata  da  s.  Bernardo.  -  Cinsi.  Il  fece  ca- 
valiere  per  sue  vQlenzie,  dice  TOtt. 

48.  Colpa  (  e.  IX).  ^  Giustizia.  Ciè  chr 
a  voi  giustamente  si  deve ,  a  voi  Cristiaol. 
Modo  biblico. 

50.  Pace.  Beatrice  nella  V.  Nuova:  Io 
a  vedere  il  principio  delU  paca. 


i 


461 


CANTO    XVI. 


ARGOMENTO. 


Cacciaguida  ragiona  ancora  della  propria  famiglia  e  delV  antica  Firenze.  De* 
fiora  i  nuoti  cittadini  venutile  dal  contado.  Qui  si  ditnostrano  le  poliliche  opimo* 
ni  di  Dante  circa  la  civile  uguaglianza.  Le  ptù  grandi  famiglie  dcUa  città  son  qui 
rammwkUe  ;  e  molte  di  loro ,  a  tempi  di  Dante  ,  o  senza  erede  ,  o  potere  ,  o  in 
esilio  ,  0  macchiate  d  infamia.  Spira  da  gmste  memorie  una  profonda  tristezza* 
Il  tocco  deUe  città  che  muoiono  come  gli  uomini ,  è  tanto  più  profondo  ,  guanto 
mMo  parole  più  semplice.  Molti  si  nominano  congiunti  al  P.  di  sangue ,  parecchi 
de'  mai  nemici. 

V  eDomerazione  proeede  con  ischietiezza  di  storia ,  con  epica  dignità,  con  impeto  lirico. 
HoU  le  terzine  1  ,  8  ;  la  tt  alla  12  ;  la  14,  15,  16 ,  20  ;  la  22  alU  30  ;  U  32,  34 , 
35»  97 ,  40 ,  41  ;  la  43  alla  48 ,  coli' nltime  dne. 


1    O  poca  nostra  nobiltà  di  sangue, 
Se  ^oiiar  di  te  la  ^ente  fai 
(>iaggiù  dove  Tafletto  nostro  langue, 

S    Mird)!!  cosa  non  mi  sarà  mai  ; 
Che  là  dove  appetito  non  si  torce> 
Dico  nel  cielo,  io  me  ne  gloriai. 

i.  NobiltI.  Jqt.:  NobiUttu  sola  est  atque 
uniea  virtus.  Boet.,  ili  :  Quam  sit  inane , 
fmam  futile  nohilitatis  nomen ,  quis  non  vi- 
«Mrt?  Nobiltà  di  sangue  è  anco   nel  Bocc, 

Er  distingaerla  da  ogni  altra   sorte   di  no- 
U. 

3.  Appoii.  Boet.:  Si  quid  est  nobilitate  ho- 
•«fii,  ié  ette  arbUror  tolum  ,  ut  imfotita  no- 
èili^  neeettitudo  videatur,  ne  a  majorwm  vtr- 
tmte  éegtntrent.  —  Force.  Per  forbiei  (  Ario- 
sto ,  XV  ,  8ò  }. 


3    Ben  se'  tu  manto  che  tosto  raccorce, 
Sì  che  se  non  s  appon  di  die  in  die. 
Lo  tempo  va  d' intorno  con  le  force« 

k  Dal  voi ,  che  prìma  Roma  sofferie. 
In  che  la  sua  famiglia  ben  persevra, 
Rlcominciaron  le  parole  mie. 

4.  Roma.  Parlando  a  Cesare,  perché  Omnia 
Costar  eroi.  Lacan.:  Ifamque  omnet  voeet , 
per  quat  jam  tempore  tanto  Mbntimur  domi- 
mi,  haec  primum  reperit  aetas.  Fazio  ,  I  ; 
Colui  a  cut  U  roman  prima  Voi  disse,  O  forse 
intende  di  qualunque  sia  fonnola  d*  adulazio- 
ne ,  nsitata  da  Roma  serva.  —  Bbn.  I  Ro- 
mani ,  dice  Pietro,  padan  oggi  nel  singolare 
ad  nomo  qaalanqae  :  a  i  Napoletani  tuttora 
osano  il  fu. 


il 


i 


4G2 


DEL    PARADISO 


5  Onde  Beatrice  ch'era  un  poco  scevra, 
Ridendo  parve  quella  che  tossio 

Al  primo  fallo  scritto  di  Ginevra. 

6  lo  cominciai:  voi  siete'l  padre  mio; 
Voi  mi  date  a  parlar  tutta  haldezza  ; 
Voi  mi  levate  si  ch'i'  son  più  eh' io. 

7  Per  tanti  rivi  s*  empie  d' allegrezza 
La  mente  mia,  che  di  se  fa  letizia, 
Perchè  può  sostener  che  non  si  spezza. 

8  Ditemi  dunque,  cara  mia  primìzia, 
Quai  son  gli  nostri  antichi,  e  quaifiìr  gli  anni 
Che  si  segnare  in  vostra  puerizia  ? 

9  Ditemi  dell' ovil  di  san  Giovanni , 
Quant'era  allora  ;  e  chi  eran  le  genti 
Tra  esso  degne  di  più  alti  scanni  ? 

10  Come  s'avviva  allo  spirar  de'  venti 
Carbone  in  fiamma,  cosi  vidi  quella 
Luce  risplendere  a'miei  blandimenti. 

11  £  come  agli  occhi  miei  si  fé  più  bella, 

5.  Scevra.  Discosta.  In  questo  colloqaio  la 
teologia  non  ha  parto.  —  bidbndo.  Dell'usar 
queste  formole  in  cielo  ,  e  del  rispettare  nel- 
i'  avo  suo  la  nobiltà  della  schiatta  :  però  nel 
canto  seguente  ritoma  al  (u.  —  Ginrvra. 
Nella  Tavola  Rotonda  sì  narra  come  la  came- 
riera della  regina  ,  dama  di  Malehault ,  s' ac- 
corgesse del  fallo  di  lei  con  Lancillotto 
(  Inf.,  V  ) ,  cioè  dell'  essersi  lasciata  bacia- 
re. Ma  quella  tossì  per  approvarli  :  Beatrice 
al  «contrario. 

9.  Giovanni.  Patrono  di  Firenze. 

11.  MoDRRNA.  Parla  latino:  connine  alla 
i;ente  non  rozza  nel  secolo  XII. 

12.  AvB,  Incarnazione  (  Purg.  ,  X  ). 

13.  Suo.  Il  leone  è  veramente  la  casa  del 
sole.  Anon.:  Leone  (  secondo  alcuni  )  era  a- 
scendtnte  nella  nativitade  di  M.  Caceiagui- 
da.  —  FTatb.  Che  nel  1300  fa  duocentosei 
anni.  —  Fuoco.  Marte.  —  Pianta.  Piedi. 
Marte  compie  il  suo  giro  in  seicentottantasci 
giorni ,  ore  22  ,  min.  29.  Vitruvio  gli  dk  sei 
ccntottantatrè  giorni  circa  (  IX  ,  4  ).  Ma  gli 
Àrabi  e  i  Peripatetici  del  1300  credevano  il 
giro  dì  Marte  compiersi  in  circa  due  anni  (  V. 
Conv.  ).  E  il  Cod.  Cass.  dice  nato  Cacciaguida 
nel  1106-  Mori  dunque  d'anni  quarantuuo.'Se 
adottiamo  il  giro  minore,  convien  leggere 
trenta  fiate  ,  e  porre  la  nascita  di  Cacciaguida 
nel  1190.  L'ottimo  conU  1160. 

li.  Antichi.  Anon.  ant.  :  Ottaviano  li  cui 
antichi  furono  di  VeUetn,  11  Vili,  dice  di 
Dante  :  Onorevole  anHeo  cittadino  di  Porta 
s.  I^'f  ro.  —  Sesto.  Era  divisa  la  città  in  sei 
parti.  Segno  di  antica  nobiltà  gli  era  aver 


Cosi  con  voce  più  dolce  e  soave  . 
Ma  non  con  questa  moderna  Ti  velia. 

12  Dissemi  :  da  quel  di  ch«*  fu  detto  :  Are, 
AI  parto  in  che  min  mndrech'èor santa, 
S'alleviò  di  me  ond'  era  grave. 

13  Al  suo  leon  cinquecento  cinquanta 
E  tre  fiato  venne  qiie<»to  fuoco 

A  rinfiammarsi  sotto  la  sua  pianta. 
Ith     Gli  antichi  miei  ed  io  nacqui  nel  loco 
Dove  si  trova  pria  l'ultimo  sesto 
Da  quel  che  corre  il  vostro  annual  uiuoco. 

15  Ihsti  desinici  maggiori  udirne  questo: 
Chi  ei  si  furo ,  e  onde  venner  quivi, 
Più  è  tacer  ,  che  ragionare,  onesto. 

16  Tutti  color  eh*  a  quel  tempo  er^n  ivi. 
Da  potere  arnie  tra  Marte  e*l  Battista , 
Erano *l  quinto  di  quei  che  son  vivi. 

17  Ma  la  cittadinanza  che  or  mista 
Di  Campi  e  di  Ccrtaldo  e  di  Fì^hioe, 

casa  neir  antica  cerchia  di  Firenie  :  poirkè 
le  famìglie  venute  poi  di  fuori  sj  femant 
ne' borghi,  n  all'estremo  della  città*  ìBoaa- 
delmonti  in  Borgo  s.  Apostolo ,  perrbé  ve» 
vano  da  Montebuoni  ;  gli  Albizzi  ìnBorfOS- 
Piero,  i  Cerchi  a  Porta  s.  Piero,  perete  va- 
nivan  da  .\cone.  —  CoaaB.  Nel  palio  ài  t. 
Giovanni  nel  giugno,  i  cavalli  venivaoo  Ina 
porta  s.  Piero  ;  e  in  certi  palli  veognao  OM^ 
tavia.  Le  case  di  Dante  erano  allato  all'i 
trionfale. 

15.  Onesto  (  Inf. ,  XV ,  25  ).  Ifoo 
parlare  di  Roma  origine  della  ma  (irhialia  , 
e  di  Firenze  {  Vili..  I  .  38  ;.  lof.,  IV  :  f^ 
landa  cose  che  *l  lacere  è  bello  ,  Sì  con*  •!• 
il  parlar  colà  dov*  era.  Qoesi'  atto  di  moda- 
stia  dopo  le  cose  dette  della  sua  aobillà,  aaa 
è  Strano  in  uomo  che  tanto  si  loda  ,  ajial 
chiede  scusa  del  rammentare  nel  Purg.  •  Xllt 
il  proprio  nome.  0  forse  perch'egli  cic4cf» 
discendere  da'  Frangipani  in  Rnma.  nonfaUe 
rammentare  per  tacere  del  tradimento  fkt  • 
Frangipani  ordirono  a  Corradino,  dandola  ìi 
mano  a  Carlo  d'  Angiò  che  1*  accise. 

16.  Tra.  Tra  la  statua  di  Marte  sai  tm- 
tevecchio  (  Inf. ,  XIII  ;  e  il  batistero  éi  •- 
Giovanni  (  lof.,  XIX  }:  poiché,  dice.  ilTOt 
(  IV,  13  ):  Olir* Arno  non  eradeUn  eitiàmt 
tiea;  e  il  batistero  rimaneva  addoseù  fli> 
mura  dell'  aniica  città  (  Bon^h.  ,  Orig.  di 
Fir.  ).  —  Quinto.  Nel  1300  Fireoze  fìM« 
da  settantamila  anime  ;  nel  1200  ,  qMilif 
dicimila  :  ma  non  v'  eran,  dice  il  P.» 
di  contado. 

17.  Cam»i.  I  Muiingbi  TeniTta  da 


CANTO    XVI. 


463 


Pare  vedeasi  nell  ultimo  artista. 

18  0  quanto  fora  meglio  esser  \icine 
Quelle  genti  ch'io  dico  ,  ed  al  Galluzzo 
E  a  Tredpiano  aver  vostro  confin^N 

19  Che  averle  dentro ,  e  sostener  lo  puzzo 
Del  \illan  d'Agu^lion,  di  quel  da  Signa, 
Che  già  per  barattcre  ha  l'occhio  aguzzo! 

20  Se  la  gente  eh'  al  mondo  più  traligna 
Non  fosse  stata  a  Cesare  noverca, 

Ma,  come  madre  asuofigliuol,  benigna, 

21  Tal  fatto  ò  Fiorentino ,  e  cambia  e  merca , 

i  Reoa  e  i  Boccaccio  da  Certaldo  ,  i  Serri- 
stori  da  Figline.  Ott.:  Li  uomini  del  conta- 
do ,..  li  quaU  p$r  U  guem  e  diifaeimenti 
9mm$ro  ad  abitarB  lungo  la  eiitade ,  erano 
per  si  ,  non  meicolati  (  si  coma  non  degni  ) 
in  tra  li  cittadini ,  né  erano  tratti  agli  ono- 
ri, però  che  con  poca  fede  e  cim  poco  amore 
vi  vennero  ;  e  però  abitavano  nel  iesto  ultima' 
wmnte  edificato ,  chiamalo  Oltrarno. 

18.  ViciNB.  Non  cit(adilu^.  —  Gallvxxo. 
Lontano  tre  miglia  de  Firenze.  —  Twupia- 
ao.  Cinque  miglia. 

19.  Pujxo.  Volg.  Eloq.:  Morum  habitum- 
fM  diformitate  praeeunctii  foetere,  —  Villan. 
Baldo.  Priore  nel  1311.  Fulminò  contro  Dante 
quattro  o  cinque  sentenze.  —  Agvglion.  Ca- 
•fello  in  Val  di  Pisa  ^  Signa.  Bonifazio  ,  o 
Faxio  ,  giudice  de'  Mori  Ubaldini. 

SO.  GiiiTB.  Preti.  —  Noverca.  Petrarca  : 
OMomiii  eif  mea  Roma  noverca.  Purg.,  VI  : 
Ahi  gente  ehe  dovresti  .  .  .  Lasciar  seder  Ce- 
aor  netta  sella.  Madrigna  a  sé  dice  Federigo 
II 9  io  ona  lettera  la  corte  di  Roma.  —  Ma- 
BBB.  Della  Chiesa  parlando,  dice  nella  Mon.: 
Illa  nroeranrta  freius»  quam  pttis  fUut  debet 
patri,  quam  pius  filius  matri,  Ou.:  Roma.,. 
come  pkotrigna  gli  ha  trattati  (  gì'  imp.  }  ;  e 
lo  imperio ,  che  di  lei  ed  in  lei  nacque  ,  ha 
oaeciat'o  di  sé;  laonde  gì*  imp.  essendo  assenti 
dalla  sedia  imperiale ,  non  creano  li  censori, 
mon  li  prefetti  delle  pHfvincie ,  non  li  legati, 
non  li  difensori  delle  cittadi ,  non  li  avvocati 
•  procuratori  del  fisco ,  non  li  altri  offixiali 
por  U  quali  H  purgassono  le  provincie  delti 
rei  e  contagiosi  uomini ,  e  per  lo  quale  im- 
perio la  monarchia  del  mondo  s^  ordinasse  e 
disponesse ,  tè  che  guerre  non  fossono ,  e  da- 
steue  contento  in  fra  li  suoi  termini. 
31.  SiMiroNTi.  Castello  in  Val  d' Elsa ,  da 
'  feonero  i  Pitti.  Firenze  nel  1202  lo  di- 
BUnase.  Ln  Tillano  di  s.  Donato  tradì  a'  Fio- 
reaiini  la  rocca  di  Simifonte  ,  allora  ribelle, 
a  patto  eh'  egli  e  i  suoi  discendenti  Tobscro 
«itudini  di  Firenze  ,  e  con  certe  imiiMUiilÀ. 


Che  si  sarebbe  vólto  a  Simifonti 
Là  dove  andava  l'avolo  alla  cerca. 

22  Sariesi  Montemurlo  ancor  de*  G)nti  : 
Sariensi  i  Cerchi  nel  pivier  d'Acone. 

E  forse  in  Valdi;zrieve  i  Buondelroonti. 

23  Sempre  la  confusion  delle  persone 
Principio  fu  del  mal  della  cittade, 
Come  del  corpo  il  cibo  che  s*  appone. 

24  E  cieco  toro  più  avaccio  cade 

Che  cieco  agnello:  e  molte  >olte  tagha 
Più  e  meg;lio  una  che  le  cinque  spade. 

Ott.:  n  quale  easteUofu  con  moUo  dispendio 
di  guerra  acquistato  e  disfatto  per  li  Fioren- 
tini ;  onde  U  uomini  della  corUrada  in  pareo 
vennero  ad  abitare  la  eiitade,  che  non  so- 
rebbono  venuti  ,  se  la  sedia  di  Roma  avesse 
avuto  in  pace  il  suo  imp.,  però  che  i  Fioren- 
tini non  avrebbono  mosso  guerra  contro  lo 
imperio. 

22.  MoMTBMUBLo.  Nel  1208  i  conti  Gnidi 
signori  di  quel  castello  micino  a  Pistoia , 
noi  potendo  difendere  da*  Pistoiesi ,  lo  ven- 
derono al  comune  di  Firenze  (  Vili.  V , 
31  )  per  cinquemila  Gorini.  Se  Firenze ,  diet 
il  P. ,  non  fosse  voluta  ingrandirai ,  ma  teno- 
re in  rispetto  ì  vicini ,  Montemurlo  sarebbe 
de'  Conti,  né  per  cagione  di  quel  castello  ch*è 
prossimo  ai  contini  pistoiesi ,  tante  discordia 
sarebbero.  —  Aconb.  Bieca  e  popolosa  pieve 
tra  Lucca  e  Pistoia.  I  Cerchi  pel  castello  di 
Montecroce  nella  pieve  d' Acone,  ebbero  con 
Firenze  assai  guerre.  Nel  11&3  i  Fiorentini  pre- 
sero e  disfecero  detto  castello  ,  onde  i  Cerchi 
vennero  in  Firenze  ;  e  poi  menarono  parie 
Bianca.  —  Valoigbibvb.  Dal  iìume  Greve  che 
mette  nell'  Arno.  —  Buonubliionti.  Ott.  :  Per 
la  guerra  che  fecero  li  Fiorentini  contro  a*  no- 
bili del  paese»  ne  vennero  alla  cittade. 

23.  Sbkprb.  Tom.  (  De  Beg.  Princ.  )  :  Bm- 
traneorum  conversatio  corrumpit  civium  ma- 
ree. Arist.  (  Polit.  ):  Più  giova  che  il  popolo 
lavori  ne*  campi,  che  non  sempre  dimori  nella 
città.  Davanzali  :  Quindi  si  può  argumenta- 
re ,  vedendo  i  paesi  rossi  e  salvatici ,  per  la 
venuta  de' forattieri  perdere  la  loro  beata  semr 
plicitade  ,  e  acquistare  lumi  e  splendori  di 
nuove  arti ,  scienxe  e  costumi ,  ma  con  essi 
misera  servitù,  guerra  desolazioni,  e  ritoma- 
re  alla  piimaia  salvatichessa  dopo  lungo  giro 
di  secoli.  —  Cibo.  Arist.  dal  P.  eiuio  nel 
Conv.  dice  che  l'alterazione  precede  sempre 
alla  corruzione  (  Phys. ,  VII ,  2  ;  Macr.  , 
Sat.,  II  ). 

24.  CiBco,  S«p.,  VI  :  Melior  est  sapientia 
quam  vires.  -  L'ma.  ne*  Prov. ,  al  conUario 


&6fr 


DEL    PARADISO 


25  Se  tu  riptiardi  Ldni  ed  Urbisagfia 
G>ine  800  ite,  e  come  se  ne  vanno 
Diretro  adesse  Chiosi  e  Sinìgaglia; 

26  Udir  come  le  schiatte  si dishnoo 
Non  ti  parrà  noova  cosa  né  forte. 
Poscia  chele  cittadi  termine  hanno. 

27  Le  vostre  cose  tutte  hanno lor  morte, 
Si  come  voi  :  ma  celasi  in  alcuna 

Che  dura  molto,  e  le  vite son  corte. 

28  E  come'l  volger  del  ciel  della  luna 
Coopre  e  discuopre  i  liti  senza  posa. 
Cosi  fa  di  Fiorenza*  la  fortuna. 

29  Perchè  non  dee  parer  mirabil  cosa 
Ciò  eh*  io  dirò  degli  alti  Fiorentini 
Onde  la  fama  nel  tempo  è  nascosa. 

30  Io  vidi  gli  Ughi  e  vidi  i  Catelliiii, 
Filippi,  Greci,  Ormanni  e  Alberichi, 
Già  nel  calare,  illustri  cittadini  : 

(  XXIV  ,  1  )  :  Erit  toZuf  uhi  multa  eomilia 
jtmr.  Ma  il  »isleoia  politico  di  Dame  era 
meno  amico  a  libertà  qiial  ofpgi  s' ìiiieDde , 
che  molti  non  credano.  E  pensava  dovere  tn- 
tellectu  vigentet  alus  maiuraliUr  prineipari, 
Nel  dispregiare  le  moUilndini  mal  governate, 
il  P.  DOD  inteodeva  però  spregiare  in  latto  il 
senno  de*  più  ,  ch'anzi  nel  Conv.  (  I,  9  )  di- 
ce :  Vuole  9st9r€  evidenti  ragione  che  partire 
faccia  l'uomo  da  quello  ehe  per  gU  altri  è 
itato  Miralo  lungamente, 

25.  Urbisaglia.  Castello  del  Maceratese  : 
anticamente  città  ,  Urbe  Salvia  :  la  nomina 
Plinio.  -  Chiusi.  Era  sede  de*  principi  etru- 
schi. Un'  enumeraiione  simile  di  città  cadute 
é  in  Ov.  (  Met.,  XV  ). 

27.  Morte.  Vetr.  :  Se*l  viver  voitro  non 
fotse  si  6rcv6  Totto  vedreete  in  polve  ritor- 
narle. Bussuet  (  Dise.  hist..  Ili,  eh.  1  ): 
Si  U$  hommee  apprennent  à  te  modèrer  en 
voyant  mourir  let  rois ,  comfnen  plu$  eeroni 
Ut  frappèt  en  voyant  mourir  let  royaumet 
mémet  ;  et  où  peuton  recevoir  une  pUit  beUe 
lefon  de  la  vanite  det  grandeurt  humainet  ? 

28.  Luna.  Flusso  (  Tolomeo,  Alroag.  ;0U 
timo  ), — Liti.  Aen. ,  XI:  Qualit  ubi  alterno 
procurrent  gurgite  pontut.  Nuno  ruU  ad  tir- 
ras  ,  tcopulotque  tuperjaeit  tindam...  iVuiic... 
Saxa  ,  fugit ,  Uttutque  vado  labent  reUnquit. 

30.  Ugoi.  Da  loro  una  chiesa  in  Firenze 
fu  nominata  s.  Maria  Ughi  ,  e  il  poggio  vi- 
cino a  Firenze  Mont'l'ghi.— Catbllim.  Spenti 
all'età  dell' Anon.,  e  similmente  i  Fiiipui.  — 
<ìREci.  Da  loro  si  nomina  in  Firenze  il  borgo 
'  de'  Greci.  Al  tempo  dell'  Ott.  abiiavan  Bolo- 
gna. —  Ormaknk  Poi  chiamali  Forabosco- 


Si    E  vidi  cosi  grandi  ernne  antichi. 
Con  quel  della  Sannella,qafil  dell' Area^ 
E  Soldanierì  e  Ardinghi  e  Bostichi. 

32  Sovra  la  porta  ch'ai  presente  è  cara 
Di  nuova  fellonia,  di  tanto  peto 

Che  tosto  fia  iattura  della  barra, 

33  Erano  ì  Ravignani,  ood'  è  disoeao 
Il  conte  Guido ,  e  qualunque  del  Domo 
Dell'  alto  Bellincione  ha  poscia  preso. 

3th    Quella  della  Pressa  sapeva  già  coma. 
Regger  si  vuole  ;  ed  avea  Galigaio 
Dorata  in  casa  sua  gii  Telsa  e1  pome. 

33    Grande  era  già  la  colonna  dei  vaio  : 
Sacchetti ,  Giuochi ,  Fifanti  e  Banieci 
£  iìalit,  e  quei  ch'arrossan  per  lo  staio. 

36    Lo  ceppo  di  che  nacquero  i  Calbied 
Era  già  grande  ;  e  già  erano  tratti 
Alle  curule  Sizii  ed  Arrigucci. 

li  :  grande  famiglia.  -»  Alibrichi.  Da  loto  la 
chiesa  s.  Maria  Alberichi  :  spenti  nel  me^ 
lo  XIII. 

31.  Grandi.  DI  potere  —  Sajikblla.  Bi- 
caduti  nel  sec.  XIV.  —  Arca.  Anogaatli  ;  a 
nel  see.  XIV ,  pochi  e  imposaenii.  —  SoiM» 
KiBRi.  Esuli  come  ghibellini  iof.,  XXXIL  — 
Aroincbi.  Nel  sec.  XIV,  io  baaso  siattt  • 
pochi.  R  cosi  de' Bostichi. 

32.  Sovra.  1  Ravignani  abitavano  arili 
poru  5.  Piero  (  Vili.,  IV,  10  )  :  panò  ^hìì 
casa  a  Bellincion  Berti  ,  poi  a'  conti  GmI  • 
poi  la  comprarono  i  Cerchi  Neri  (  III,  S; 
VII.  117)  i  e  però  Dante  li  chiama  ralloni.  chi 
divisero  la  ciuà  in  Bianchi  e  Neri.  Ben?M«la 
chiama  i  Cerchi  rustici  molto  e  pfotcrri.  * 
Barca.  Simile  metafora  nei  e.  VUl.Acccaaa 
agli  esili!  che  ne  seguirono. 

33.  Nona.  BerU  ,  o  Guidi  Berti  (  Vii. , 
III.  2  ). 

34.  PoMS.  Della  spada.  Proprio  de*  caia- 
lieri.  Nel  sec.  XIV  i  Galigai  eran  baaai. 

35.  Colonna.  I  Pitti ,  o  Pigli.  Ama  Iva 
fa  :  scudo  rosbO  con  entro  coIodor  di 
Sacchetti.  Nemici  ali* A.  e  superbì» 
(  Inf.,  XXIX  ).  — Giuochi  Decadoti  in 
secolo,  e  ghibellini.  —  Fifanti.  Decadali, a 
ghibellini.  —  Barccci.  Anon.  :  Pimù  di  Ht 
chesze  6  di  leggiadrie  :  oggi  tono  pocAi  m  a»^ 
mero,  e  tenza  ttato  d* onore:  §  soiia^AMk* 
ni.  —  Galu.  Al  tempo  di  Daale  cadalL* 
Staio.  Da  un  de' loro  falsato  con  trarw  aaa 
doga  (Purg. ,  XII,  35).  Chiaramooiaiì ,  • 
Chermoutesi  :  caddero  quando  i  Cercki  Biìa- 
chi  tùTon  cacciati. 

36.  Calfucci.  Questi ,  i  Donati  a  gli  ìkté- 


CANTO  xvr. 


465 


S7    O  qoali  vidi  quei  che  «oo  dif  fatti 
Per  lor  superbia  !  E  le  palle  dell'  oro 
Fiorian  Fiorenza  in  tutti  suoi  gran  fatti» 

38  Cosi  facèti  li  padri  di  coloro 

Che,  sempre  che  la  vostra  chiesa  vaca, 
Si  fanno  grassi  stando  a  consistoro. 

39  L' oltracolata  schiatta  che  s*  indraca 
Bietroachi  fogge ,  e  achi  mostra'!  dente 
Ovver  la  borsa,  com*  agnel  si  placa  , 

(0    Già  venia  su ,  ma  di  pìcdola  gente  ; 
Si  die  non  piacque  ad  (Ibertin  Donato 
Che  1  suocero  il  (aoesse  br  parente. 

%1    Già  era  '1  Caponsacco  nel  mercato 
Disceso  giù  da  Fiesole,  e  già  era 
Buon  cittadino  Giuda  ed  infangato. 

kSt    Io  dirò  cosa  incredibile  e  vera  : 
Nel  picciol  cerchio  s'entrava  per  porta 
Che  hi  nomava  da  quei  della  Fera. 

Hai ,  eran  tolti  d' nn  ceppo.  I  Donali  spen- 
sero poscia  i  Calfticcì  ghibellioi.  —  GuauLS. 
Primi  Mfizii ,  qnal  era  a  Roma  la  sedia  co- 
mie. .»  Siili.  Quasi  spemi  nel  soc.  XIV.  — 
Anieucci.  Cadali  ;  ed  esali  nel  1302. 

97.  Qcu.  Gli  Abati.  Altri  dice  gli  Uberti. 
—  Palli.  Lamberti  (  Inf.,  XXVIll  ).  Ebbero 
poi  le  palle  i  Foraboschi  ed  i  Medici. 

38.  Vaca.  Della  Tosa,  Visdomioi,  Allotti, 
patrooi  e  fondatori  del  irescovado  ,  tatti  del 
nMdesimo  ceppo.  Se  la  sedia  vacava  ,  eglino 
•BministravaDo ,  e  nel  vescovado  roangiava- 
■0  e  dormivaBO  fino  alla  eleiione  nuova. 

40.  Dow ATO.  Bellinciooe  maritò  una  figliuola 
ad  Ubertino ,  aobilissimo  ;  onde  gli  spiacque 
ohe  l'altra  fosse  data  ad  odo  Adlmari.  La  fa- 
■liglia  Donati  si  spense  nel  1620  (Pelli). 

41.  CAroHSACGO.  Ghibellini,  esuli  al  tempo 
di  Dante.  Una  Caponsacco  fu  moglie  di  Fol- 
co •  BMdre  di  Beatrice  (  Rie,  Chiese  fiorent., 
TIII,  p.  SSl  ).  —  BfaacATo.  Presso  la  bocce 
n  mercato  vecchio ,  ia  pib  nobile  parte  della 
cItU  (Vili. ,  VUl ,  71  ).  —  Giuda.  Guidi  : 
italio  animo,  dice  i'  Oti.,  ghibelUni,  e  moUo 
mktanati  d*  onors  e  di  ricehezs$  $  di  persone. 
Cacciati  co'  Cerchi.  —  lifFAitOATo.  Bassi  In 
Ottore,  e  pochi  in  numero  :  ghibellini  disde- 
gnosi. 

41.  PamA.  Porta  Pemzia  :  da  una  privata 
Amiglia  denominavasi  una  porta  :  tanto  la  fa- 
miglia era  «rande ,  e  il  pericolo  di  tirannide 
e  di  discordia  lontano.  Ott.:  Chi  enderMe, 
eko  ^nalit  della  Fera  fouono  onftcAt?  Io  dico 
eh*§Ui  Mono  si  anItcAt,  che  una  porta  delpri" 
me  torokio  della  ciUade  fu  dinominata  da 
loro;  li  quali  vennero  tè  maiio^  che  di  loro 


ki  Ciascun  che  della  bella  indegna  porta 
Dei  gran  barone  ilcal  nomee'l  cui  pregio 
La  Mata  di  Tommaso  riconforta, 

hk    Da  6890  ebbe  milizia  e  privilegio  ; 
Avvegna  che  col  popol  si  rauni 
Oggi  colai  che  la  fascia  col  fregio. 

45    Già  eran  Goatterotti  ed  Importuni  : 
E  ancor  saria  Borgo  più  quieto, 
Se  di  naovi  vidn  fosser  digìnoi. 

M    ^  casa  di  che  nacque  il  vostro  fleto  , 
Per  lo  giusto  disdegno  che  v*  ha  morti 
E  posto  fine  al  vostro  viver  lieto, 

VI  Era  onorala ,  essa  e  suoi  conaorti  » 
0  Buondelmonte,  quanto  mal  fuggisti 
Le  nozze  siie  per  gli  altrui  conforti  ! 

i8    Molti  sarebber  Ceti  che  son  tristi. 
Se  Dio  t*  avesse  conceduto  ad  Ema 
La  prima  volta  eh'  a  città  venisti. 

non  fu  memoria^ 

43.  Ciascun.  Pulci ,  della  Bella  ,  Ganga- 
laudi  ,  Nerli ,  Giandonati ,  nell'  arme  loro  in- 
quartavano quella  del  conte  Ugo ,  del  quale 
tottod)  si  (h  commemorarione  alla  badìa  di 
Firenze  nel  giorno  di  s.  Tomaso  ;  in  decem- 
bre.  Ugo  mori  in  Toscana,  vicario  d'  Ottone 
III.  Quelle  (hmiglie  ebbero  da  Ugo  militari 
onori  e  privilegii  :  ma  a'  tempi  di  Darne  Gia- 
no della  Bella  tenne  dal  popolo  contro  i  no- 
bili ;  e  quesU  fascia  l'arme  d'Ugo  con  un 
fregio  d*oro:  queU'arme  fu  doghe  bianche 
e  vermiglie. 

48.  GuALTiaoTTi...  Impoetuni.  lo  borgo 
8.  Apostolo  (  Villani,  IV,  13  ).  Eran  già  gran- 
di ghibellini,  e  ora  caduti. — Vicin.  Buondel- 
monti. 

46.  Casa.  Amidei.  Ora  sbanditi  (  Vili.  . 
VI,07).L' Ott. dice:!  Donati. -^Flbto.  L'usa 
lacopone  (  IV  ,  8  ).  *•  Giusto.  Booudelmonie 
non  isposò  come  doveva,  nna  Amidei  :  fu  mor- 
to da  quelli  ;  onde  le  parti  ghibellina  e  guel- 
fa (  Vili.,  V,  38  ). 

47.  CoNSouTi.  Gli  Amidei  ed  i  Gherardini. 
L' Ott.:  gli  Uccellini.  —  Conforti  !  Dalla 
madre  di  queUa  Donati ,  a  cui  si  sposò  nel 

i2itt. 

48.  TaiSTi.  Anon.:  La  rieehiuima  e  nobi- 
liisima  città  per  la  dioieione  delle  parti  è  et- 
euta  vedovata  molte  volte  d^  onori,  di  eiltadini. 
e  di  iue  facuUadi ,  ripiena  di  vitupera  .  di 
pionii,  e  di  povertà,  e  di  eacetamatiit.-^EMA. 
Fiume  che  si  passa  venendo  da  Montebooni* 
a  Firsaie  :  dove  entrarono  i  Bnoodeiroonii 
nel  1138.  Ma  qui  paria  a  lui  insieme  e  al  pri- 
aw  di  sua  ratta  ebt  scese  la  Firentc.  0  forse 

S9 


46C 


BEL    PARADISO 


hQ    Ma  conveniasi  a  questa  pietra  scema 
Che  guarda  il  ponte,  che  Fioreiaa  fesse 
Vittima  nella  sua  pace  postrema. 

SO    Con  queste  genti,  e  con  altre  con  esso 
Vid'  io  Fiorensa  io  si  latto  riposo 

questo  Boondèlmoiiie  ,  causa  di  Unti  mali , 
nacque  nella  eoe  terre. 

49.  ScBHA.  CU.:  Sceaio...  j^rh  bm^  sfa- 
re ck$  f§ee  fiflir  acqua  d^Arno  qitando  Upon^ 
te  vecchio  cadde ,  anm  1178  o  di  V$  di  no- 
t?em6re,  e  /Vi  ripofto  per  lì  ciroiuianH  di  Se 
mifontc  (  Inf.,  XIII  ).  M  ponte  vecchio  Baon* 
delmonte  fu  oeclso  (  Vili. ,  Y,  38  )  :  quasi 
Yittima  offerta  a  Marie  nell'ultima  pace  della 


Che  non  avea  cagione  onde  piangesse. 

51  Con  queste  genti  vid*io  glorioso 

E  giusto  il  popol  suo,  tanto  che  1  giglio 
Non  era  ad  asta  mai  posto  a  ritroso , 

52  Né  per  division  fatto  vermiglio. 

città ,  al  cominciare  dell' orribile  gaena. 

80.  Eiposo.  Otu:  Won  auma  oouCo  biiogno 
di  /bnitieri  rutori. 

81.  Giglio.  I  Gaelfi  di  Firenie  presero  per 
insegna  il  giglio  rosso  ,  in  scado  bianco  ;  a 
dlflisrenza  de*  Ghibellini  che  lo  mantcnoero 
bianco.  U  porlo  a  ritroso,  dico  l'Ott.,  era  per 
Titoperio  di  sconfitta. 


M7 


CANTÒ      XVII. 


mmt 


ARGOMENTO. 


Questo  tanto  ,  fieno  delle  eveniure  e  delle  tperanxe  di  DeLnie  ,  rammeiUa  il 
iato  dfW  Eneide  ,  la  dove  Anchite  pronunzia  ad  Enea  i  suoi  futuri  destini.  Ma 
in  Enea  erano  i  destini  di  Roma  :  e  qui  le  angosce  e  i  sogni  d*un  povero  citta- 
dino. Pure  nel  nostro  è  poesia  ptù  profonda^  perchè  piU  vera.  E  le  speranze  e'po^^ 
wiva  in  colui  che  il  segno  Cesareo  portava  per  arme:  e  il  suo  dire  percoteva  le  ptVi 
alte  cime;  e  neU' eternità,  non  nel  tempo  cominciava  già  egli  ù  porre  le  sue  più 
forti  speranze. 

Nota  le  terzine  1  alla  9;  la  11 ,  12;  U  14  alla  33;  la  35  alla  45,  con  V  ultima. 


Qual  \enDe  a  Clìmenè  per  accertarsi 
Di  ciò  eh*  aveva  incontro  a  sé  udito , 
Quel  ch'tncor  fa  li  padri  a  figli  scarsi  ; 

Taf  era  io  ,  e  tale  era  sentito 
E  da  Beatrice  e  dalla  santa  lampa 
Che  pria  per  me  avea  mutato  sito. 

Perchè  mia  donna  :  mandafuor  la  vampa 
Del  tuo  disio ,  mi  disse  ;  si  eh*  eli*  esca 
Segnata  hene  dell'  intema  stampa. 


1.  Qual.  Fetonte  va  a  Climene,  madre  sua» 
ber  sapere  se  fipafo  gli  dicesse  vero  negando 
mi  esser  Gglio  d'Apollo  (Ot.,  Met.,  1,  744). 
*  ScAMi.  In  concedere.  Pnrg. ,  XIV  :  Non 
ti  sarò  scarso. 

%.  Sentito.  Inf.,  lY:  Quella  pista  che  tu 
m§r  twìa  sm^.  —  Sito  f  e.  X?»  7  ). 

3.  Donna.  Beatrice  lo  consiglia  a  conosceil 
le  vicende  di  soa  viu  :  per  Beatrice  giimgi 
egli  à  saperle.  Elman  vero  adonqoe  il  verso 
dell*  Inf.,  X  :  JDa  M  ioprai...Coov.  :  Ht  «mi 


Non  perchè  nostra  conoscenza  cresca 
Per  tuo  parlare ,  ma  perchè  t'ausi 
A  dir  la  sete ,  si  che  l'uom  ti  mesca. 

O  cara  pianta  mia  che  si  t*  insusi 
Che,  come  v^gion  le  terrene  menti 
Non  capere  in  trìangol  due  ottusi. 

Cosi  vedi  le  cose  contingenti 
Anzi  che  sieno  in  sé,  mirando  *1  Punto 
A  cui  tutti  li  tempi  son  presenti  ; 


donna  intendo  snmprt  ffMlla  luce  vfrfHoitMi' 
nm»  fUosofia,  U  cui  raggi  fanno  ijtori  rinfron- 
twe,  e  fruttifiears  la  verace  degù  uownni  no- 

5.  PuMTA.  C.  XV:  fé  fui  la  Iva  radice.^ 
Ottusi.  I  tre  angoli  d' un  triangolo  aon  sem- 
pie  ugnali  a  dae  retti  :  or  se  l'ottaso  è  mag- 
glore  del  retto ,  non  possono  io  on  triangolo 
capire  due  ottusi. 

6.  Pusbnti.  Boet.:  Quae  sint ,  quae  fms- 


fini ,  veniantqm  Uno  mentis  ctrntl  in  ietu. 


^€8 


DEL    PARA  D  I  S  0. 


7  Mentre  eh'  io  eri  a  Vinilio  eoogiunto 
Su  per  lo  monte  chel*  aiunieeara, 

E  discendendo  nel  nuondo  defunto, 

8  Dette  mi  fùr  di  mia  vita  futura 
Parole  gravi  ;  avvegna  ch*io  mi  senta 
Ben  tetragono  ai  colpi  di  ventura. 

9  Perchè  la  voglia  mia  saria  contenta 
D' intender  qual  fortuna  mi  s' appressa  ; 
Che  saetta  previsa  vien  più  lenta. 

1 0  Cosi  diss'io  a  quella  luce  stessa 
Che  pria  m*avea  parlato  ;  e  come  volle 
Beatrice ,  fu  la  mia  voglia  confessa. 

11  Né  per  ambage  in  che  la  gente  folle 
Già  8*  invescava  pria  che  fosse  anciso 
i;  agnel  di  Dio,  che  le  peccata  tolle, 

l!2    Ma  per  chiare  parole  e  con  preciso 
Latin  rispose  queil'  amor  paterno, 
Chiuso  e  parvente  del  suo  propio  riso: 

13    La  cootingena  cbe  ftaor  del  quaderno 

7.  Su.  Intese  predire  di  sé  nell'  Inf. ,  X  , 
XV;  Porg.,  vili,  XI,  XXiV.— Cura.  Pnrg., 
XXV  :  Con  tal  cura  eoiwwins...  Che  la  piaga.., 
fi  riweia.  —  I>ipmiT0.  Inf.»  Vili»  29:  Morta 
^ent«.  Porg.»  XXIU  :  Véri  marti. 

8.  Tbtbagoiio.  Figura  a  forma  di  dado , 
che  io  qaelanque  lato  cada ,  posa  sempre  in 
pieno.  Arist.  (  Eth.,  I  )  :  Virtuotui  fortuna» 
frotpera»  fC  advonas  fertukiqué  ommnopm- 
dinier ,  ut  houm»  tetragomu.  Porg. ,  Y  :  Sta 
come  torre  ferma. 

9.  iMTBiinBa.  Virg.,  VI  :  Te  Ina  foia  doecko, 
—  Prbvisa.  Al.:  Nam  pracmia  ménui  laedcrc 
tela  $oUmt,  S.  Greg.  ha  seoieoza  simile.  Al- 
bertano:  Mono  fa  dainno  ciò  eh*  è  provveduto 

dilMUNUt. 

11.  Abbasb.  Virg.  (VI ,  9S-100)  :  Cumaca 
Sibylla  Borrondoi  cauU  ambagu ,  antroquc 
rcmugit,  Ob$eurù  vera  ifitM»ÌMfw.— Pbja.  Jo., 
XII:  iViMM  prinecpi  hugus  mundi  tjieicturf 
£  con  lai  i  filisi  oracoli.  E  aoco  prima»  di 
quel  di  Delfo,  Cic.  dicere:  nihil  pouit  ette 
conUmpHu».  —  Aanbl.  Jo.»  I  :  Agnui  Dei,,, 
qui  toUU  peccata  «hmmìì. 

19.  Latim.  Fer  tw^toiiars  (e.  XII). 

13.  CoMTmGBiiiA.  Le  oosa  non  neeessarie 
«he  non  hao  luogo  se  non  se  nel  mondo»  si 
Teggono  in  Dio.  G.  XXXII  »  18  :  Dcuiro  ol- 
l'atnptcìsa  di  fnsffo  ncniie  Coniai  jNmfo  Man 
pMoCe  over  liCo. 

14.  SraccBU.  Pwg.  t  XXXI  :  Cofiie  tu  (e 
specchio  il  eoi  ...  la  doppia  fera  dcmtro 
vi  raggiava  (  negli  occhi  ).  —  Navb.  La 
na?e  é  Tedou  dall' occhio,  bm  l'occhio  non 

obbliga  il  cono  di  lei.  Inagiae  siayie  li 


Della  vostra  materia  non  si  stende. 
Tutta  è  dipìnta  nel  cospetto  etemo. 
ik    Necessità  però  quindi  non  prende 
Se  non  come  dal  viso  in  che  si  specchia 
Nave  che  per  corrente  giù  discende. 

15  Da  indi ,  si  come  viene  ad  orecchia 
Dolce  armonia  da  organo ,  mi  viene 

A  vista  1  tempo  che  ti  s'apparecchia* 

16  Qual  si  parti  Ippolito  d'Atene 
Per  la  spietata  e  perfida  noverca. 
Tal  di  Fiorenza  partir  ti  conviene. 

17  Questo  si  vuole  e  qii  osto  già  si  cera , 
E  tosto  verrà  btto  a  chi  ciò  pensa 

Là  dove  Cristo  tutto  di  si  merca. 

18  La  colpa  seguirà  U  parte  olfensa. 
In  grido ,  come  suol:  ma  la  vendiftta 
Fia  testimonio  al  ver  che  la  di>  pensa. 

19  Tu  lascerai  ogni  cosa  diletta 

Più  caramente  :  e  questo  è  quello  strab 


Boexio ,  V  :  SicuH  voe  guum  pariier 
lare  in  terra  hominem  ,  te  oriA  ...  èokm  «i» 
detie...  hoc  voluntanum^  illud,.. 
judieati».  Ita  igitur  cuneta  dmpìciom 
intuitue,  quaUiatcm  rerum  miiitme 
Qai  Pietro  ciu  Origene ,  Ugo  da  sT  Vltlen , 
s.  Agostino  (  G.  D.,  XV  ) ,  il  Maestro 
sentenie  (li,  83). 

16.  Indi.  Dal  cospetto  di  Dio.  — 

Anco  il  dolore  ,  se  da  Dio  •  è  dolce.  Od,  : 
Per  ra/f«fionf...  che  coetui  ha  a  Damie.  Uè 
dolce  eh*  elU  eia  corretto  onst  usi 
fnondOf  che  nello  etemale. 

16.  iprouTo  (  Ot.,  Mei.  ).  — 
Fedra.  lof.  »   XV.'  Ti  sì  farà,   per  tm 

(or,  mmtco.  In  nn  son.  del  Bone.  pMa  f A- 
ighieri:  #ìorffMa  glorioea  cèbi  per  wmàm^ 
Ansi  matrigna,  a  me  pietoio  /giìo.— Fjàma. 
Cacciato  il  %  gennaio  laos.  OtL  :  F^elr  d^ 
re...  ch'elii  foste  richiesto  dalla  parta  ifemm. 
d'alcuna  grande  e  disonesta  ceea;  e perektK 
non  voUe  assentire  ^  sì  lo  géudicarano  mt 
«lieo. 

17.  La.  Da  BoniAzio.  —  MincA.  Per  li* 
nenie. 

18. Colpa.  Etcì.» XIH.-Amilìt  decepieaetk 
ituuper,  et  argtntur.  Si  darà  la  coIm  airep* 
presso;  ma  la  pena  Tenaladal  vero,  dirà  dov*  i 
il  vero  fallo.  Accenna  alle  sventure  della  gadli 
Firenze.  Ovvero  :  I  vinti  saran  chìMBatl  ne- 
mici a  Dio  ;  ma  Die  punirà  ben  altri  clM  i 
vinti. 

19.  Lascsmai.  Ott.:  il  vkuaea  opermre^  si 
folftieo  reggere ,  e  'I  hene  essmite,  la  wsmiset 
i  AiMiaiii  U  porgati  #  U  aatfei,  e  firfce  me 


CANTO    XVII. 


m;9 


Che  r  gno  dell'eiilio  [iria  saetta. 

90    Ta  proTerai  ti  come  sa  di  sale 
Lo  pane  alUni ,  e  com'è  duro  calle 
Lo' scendere  e'I  salir  per  T  altrui  scale. 

Si  B  quel  che  più  ti  graverà  le  spalle, 
Sarà  la  compagnia  raìalTagla  e  scempia 
GoQ  la  qual  la  cadrai  in  questa  yalle. 

foieuUaàL  Jer.,  XII  :  DnéUqid  domum  «Man» 
éimM  koindUat^m  m$am  •  •  •  Butoru  «wM 
Ì9m9hH  MNit  nftitam  aieam  «  oonetifeaoemnl 
pmt9m  mmm.  •—  Cakahuits.  Ovid.:  iVò- 
fiM,  fMi  lol  mM  cara  réUqm  ...  Della  ma- 
gàt  BOB  parla;  bm  né  maBco  de*  figli;  né  fi 
tlkaiio  dimostra  eh'  egli  odiasse  la  moglie 
od  i  figli.  Eli'  era  sì  eongiaou  de'  Donali  ; 
ma  con  elM  dolci  parola  noo  ?ediam  noiram- 
maBtata  Plccarda  sorella  di  Corsoi  Danio  noo 
la  Boarioò  per  la  stessa  ragiona*  che  non  osò 
prooonsiare  nella  cantica  li  ano 
Ebbe  di  Id  molti  figli  :  altri 
In  tenera  età ,  parecchi  sopra?visso- 
tigU  di  gran  tempo.  PìeUo  comentó  il  ano 
fisama.  Iacopo  ne  diede  il  sonto  in  tersine: 
BBa  figlinola  là  monaca  in  Rafenna  ;  e  la 
VBp.  di  Firense  le  inriò  sossidii  per  man  del 
Boccaccio.  Nel  1381  era  a  Rareona  anche 
Piatto,  segno  alle  angherie  del  card,  del  Pog- 

rto.  Danio  medesimo  raccolse  in  RsTenna 
figlia  allora  di  18  anni  circa.  Nel   1344 
trofiamo  aui  aegnati  da  Pietro  di  Danio,  eoi 

^1  fendo  alconi  de'sooi  beni  di  Firenie  e 
contado  :  nna  ?illa  è  comprata  da  un 
FsfUnarl,  forse  a  commemorazione  di  Bice.  Pie- 
no Hi  dotto  di  latino  e  di  greco  ;  e  la  me- 
BMrin»  sa  non  l'ingegno,  gli  sarà  sUta  fè- 
ooBdata  dal  consorzio  del  padre. 

BB.  Tu.  Anon.:  Ptieslo  è  mmaro  a  chiofo 
uno.  Pro?.,  XXm  :  Quando  M§d9ri$ ,  «1  eo- 
BWios  emn  principe ,  d9U90mi§r  aU§nd$,  qma§ 
Opnasfln  nmf  onle  faeUm  tmam  ...  sì  f amen 
Mas  è»  pofaftoce  animam  fnam...  ne  defuto- 
ffw  4s  eiiit  tdm ,  tn  ^o  ssl  panii  mandoeii. 
Soci.,  XXìXiimproperiumforwfrmafioniMnon 
wmdiu;  XL:  MettM  sjf...  mort,  quam  indir 
fsre.  CooT.  (1 ,  3)  :  Né  altri  contro  a  me  avria 
lM§io,  né  io  soffèrto  awU  ptna  ingnutanun- 
le;  pena,  dteo,  d'Mtiio  e  di  poosrtd.  Bnokè 
fk  pioet i«  de*  ctìfodini  dtUa  b^Uiuima  e  fa- 
wtotimma  figlia  di  Boma^  Ftormita  ,  di  fsf* 
fflimi  /Wofi  del  no  doUitsimo  itno.  Hr  te 
parti  quoii  imce  oiie  ^noii  fueiCn  linfiM  si 
sesnde ,  pwtpino  quoii  mendieondo  sono  on- 
èsto •  mostrando  eonim  mia  voglia  la  jfiagé 
Mia  fortuna  eh»  mtolo  ingimtamonto  m  pio» 
^o  molle  voHo  estere  impoCala.  V§rammUo 
io  sono  stato  Ugno  sema  osto  e  Sinsa  f  o- 


.22    Chetuttaingrata,tuttamattaedempia, 
Si  farà  contra  te  :  ma  poco  appressa 
Ella ,  non  tu,  n*  avrà  rossa  la  tempia. 

23    Di  soa  besitialitate  il  suo  processo 
Farà  la  prova  ,  si  eh'  a  te  mi  boDo 
Averti  latta  parte  porte  stesso. 

ik    Lo  primo  tuo  rifugio  e  1  primo  ostello 

vomo,  portano  a  dhorsi  porti  e  /bei  e  lifidal 
«enf o  f eceo  e/be  vapora  (a  dolorosa  povortà  : 
e  sono  mio  appariio  agli  oeeki  di  mtM  eho 
forss  p§r  aUnma  fama  in  altra  forma  mi  avoa* 
no  immaginato  ;  nei  coipeffo  df"  quali  non 
joiamenf  e  mia  porsona  inoUio ,  ma  di  minor 
prsgio  si  fso  ogns  opera  si  già  faita,  coms  qutUa 
.eks  fosse  a  fare*  , 

iu  GBATmul.  Eecl. ,  yill  :  Cum  eutdaeo 
non  eoi  MI  eia ,  ne  forte  graoei  mala  »m  in 
te  :  ipso  enim  seeundum  vohmiatem  snam  oe^ 
dit ,  et  «tmtii  eum  stnUitia  ilUue  pertes  •  ^^ 
GoHPAoniA.  Degli  esnU  ebe  saran  teeo.  — 
Valu.  aammenu  la  valle  del  I  dell' inf.,  o 
dei  XV:  Mi  smarri'in  una  valle. 

^8.  Rossa.  Di  sangue. 

83.  PnocBsso.  Conv.  (1,2):  Lo  processo 
della  sua  vita,  lo  quale  fu  di  malo  in  (mono. 
Vieri  de'Cerehi  de'Bianchi,  cadde  a  mal  fine. 
E  i  Bianchi  tentarono  invano  nel  giugno  del 
1304  tornare  in  Firenze  per  fona  d'armi.  De' 
consiglieri  di  qaella  spedisiona,  al  dire  dei* 
l'Aretino,  Ut  Dante  :  bm  forse  e*  non  isietto 
alla  batuglia ,  che  fti  BMlemente  guidata  dal 
conte  Alessandro  di  Bomena  •  da  ini  caedato 
in  Inf.,  XXX.  L'Anon.:£a  vooieofa  dioenne 
quando  elli  sé  oppose ,  e^  parte  ^tonen... 
non  riekiodeise  H  amici  ilvemo  digonte,  mo- 
iCfondo  le  ragioni  del  piccolo  frutto;  ondo 
poif  «eniifa  la  siale ,  non  trovarono  T  amicO 
eom'  elli  ero  dispoHo  il  verno:  onde  molto  odio 
ed  ira  ne  portarono  a  Dante  ;  di  e^  elli  fi 
pani  da  loro,,,  B  ,„  eUi  ne  fitrono  morti  e 
diserti  in  pia  parti  groesawmtte,  sH  quando 
eUi  vennero  alla  eittade  con  li  BomagnmoU  , 
tè  o  Piano ,  li  m  piti  luoghi ,  e  •  Pistoia  ed 
altrove,"^  PAnTi.  Inf.,  XV:  Che  |r  inmi porle  e 
l'olirà  avranno  fame  IH  le.  Ma  hmgifadal 
becco  l'erba.  Dapprima  e' sperava  d'essere 
invocete  da  aini>e  le  parti  :  oa  nitimo  si  vide 
ridotto  a  forsi  parte  da  aé.  Non  conosceva 
in  ani  primo  i' iofólice  che  «olessedire  follo- 
ne politica. 

S4.  Pmmo.  Otiimo:  Signori,  ovvero  tiranni^ 
della  Scala,  Reggeva  allora  Verona  Bertolo- 
BMo  della  Scala ,  morto  nel  maggio  del  1804, 
ch'aveva  per  insegna  mi*  aqnNa  sovra  scala, 
prima  assai  che  Arrigo  foeesaa  Gan  Glande 
0  Alboino,   viearii  dell'Impero.  D'Alboino 


470 


DEL    PAKAt^lSO 


Sarà  la  cortesia  del  gran  Lombardo 
Qie  n  su  h  scala  porta  il  santo  uccello; 

25    Ch*  avri  in  te  si  benigno  riguardo, 
Òie  del  fare  e  del  chieder  tra  voi  due 
Fia  primo  quelchetraglialtri  è  pKi  tardo. 

2G    Con  lui  vedrai  colui  cbeimpressofue, 
Nascendo ,  sì  da  questa  stella  torte 
Che  notabili  fien  l' opere  sue. 

27  Non  se  ne  sono  ancor  le  genti  accorte 
Per  la  novella  età ,  che  pur  nov*  anni 
Son  queste  ruote  intorno  di  lui  torte. 

28  Ma  pria  che  1  <iuasco  l' alto  Arrigo  in- 
Parran  faville  della  sua  virtute  (  gannì 
In  non  curar  d'argento  né  d' affanni. 

nel  Gonv.  è  pailato  con  spregio;  eiaiiKasco- 
nosceoza,  perché  Cane  e  Bartolomeo  ftirono 
benefattori  al  P.  :  né ,  durante  la  signoria 
d'Alboino  con  Cane,  vige' egli  in  Verona. Al- 
1h>ìqo  muri  Dell*  ottobre  o  nel  decerobre  del 
1311  (Zagata,  Storia,  par.!).— Santo.  C.  VI  : 
V  uccei  di  Dio.  £  quivi  dice  che  all'  aquila 
soggiace  il  regno  mortale.  In  Cane  vedev'egli 
un  successore  di  Cesare,  cioè  d'Enea,  un  mini- 
stro di  Dio.  Virg.yXI:  Aceijfiur.,,$ac§r atei ,.. 

25.  Fabb.  Ott.:  Sewea  tul  libro  de*  Bene- 
/icit.. .:  Gnuiotitiimi  tono  li  benefUii  oppa- 
recehiaii ,  e  tfca  agevolmeniB  «t  fanno  veno 
altrui,  ne'pioU  nulla  dimoronsa- tnferotefie , 
se  non  por  la  itorgogna  del  rieevenie.  Il  libro 
di  Seneca  era  neUe  mani  frequente  a  Barto- 
lomeo ,  dice  r  Ott.  Conv.  (1,9)  t  Jcetoe- 
ché  nel  dono  na  pronta  liberalità  e  che  eeea 
CI  poeta  in  etto  notare  . . .  conviene  ettere  lo 
dono  non  domandato.  Perchè  ti  caro  eotta 
quello  che  si  priega ,  non  intendo  (imi  ragiO' 
nana.  Più  sotto  l' avarìzia  pone  Dante  contra- 
ria ad  ogni  nobiltà  d'animo. 

M.  Colui.  Cane  fratello  d'Alboino  e  di  Bar- 
tolomeo, ligliuoli  d'Alberto.  —  Stella.  Marte. 
.  27.  RiroTB*  Non  di  Marte  ,  ma  le  celesti. 
Nel  1300  aveva  Cane  nov'  anni  (  Rerum  it. , 
t.  Vii!  ,  Chr.  Ver.  ). 

28.  Guasco.  Clemente  V  ,  di  Guascogna  , 
ingannò  Arrigo  VII  ;  e  dopo  coronatolo,  gli  fe- 
ce contro.  Ciò  fa  nel  1310.  Anon.  :  Vabban» 
donò  del  tutto  il  detto  papa ,  perchè  li  devo- 
ti deUa  Chiesa  non  T  ubbiéioano,  —  Favilli. 
Fin  dal  1308  Cane  a  istania  di  Dante  mandò 
aiuti  a' Bianchi  sotto  il  comando  di  Scarpet- 
U  degli  Ordelaffi  (  Gio.  della  Corte ,  t.  II , 
1.  10  ).  Forse  il  P.  combattè  contro  1  Guel- 
fi ;  ma ,  vinto  ,  si  riftagiò  in  Lunigiana  ,  do- 
ve lo  troviamo  neiranno  medesimo.  Aiutò  pò- 
9cU  i  Ghibellini  di  Brescia (  Ferreto,  1.  IX). 
nel  marzo  dal  1312  ebbe  Vicenza.  Si  nostro 


29  Le  sue  ndagnificenze  conosciute 
Saranno  ancora,  siche  i  suol  nimici 
Non  ne  potran  tener  le  lingue  mute. 

30  A  lui  t!  aspetta  ,  e  a'suoi  benefici. 
Per  lui  fia  trasmutata  molta  gente , 
Cambiando  condizion  ricchi  e  mendid. 

31  £  porteràne  scrìtto  nella  mente 
Di  lui ,  ma  noi  dirai.  —  E  disse  cose 
Incredibili  a  quei  che  fia  presente. 

33    Poi  giunse:  figlio,  queste  son  le  chiose 
Di  quel  che  ti  fu  detta.  Ecco  V  insidie 
Che  dietro  a  pochi  giri  son  nascose. 

33    Non  vo*  però  ch*  a'tuoi  Ticini  ìnfkiir , 
Poscia  che  s*  infutura  la  tua  vita 

crudele  nella  guerra  di  Padova ,  prode  fai  t* 
te.  Fa  per  consiglio  d'L'goccione  della  Fa^ 
gioia  eletto  capo  della  gran  lega  ghibefliaa  in 
Italia.  Aiutò,  ma  invano  ,  Uguccione  aleaiea 
tornarsene  in  Lunigiana.  Accompagnò  tùetn 
Cremona  Arrigo  VÌI ,  ed  in  Miiant)  léce  gran 
prove  di  regia  magnificenza.  Benvenuto  di  W: 
Fra*  tiranni  fu  riputato  aetai  prode  •  pruàm 
le  ;  e  fu  veemente  tignare  di  maramgÙùee  at^ 
dtrf,  franco  m  battaglia,  e  forte  per  grandi 
vittorie,  —  AafiBNTo.  V.  Inf.  { I  •  35 }. 

29.  MAGNiriCKN».  Sin  da  fanciullo  ai  dh 
mostrò  spreizatore  della  riccbetia.  Il  padre  la 
condusse  a  vedere  un  tesom  ;  ed  egli  ietoiti 
palimi  miiuBiC  tuper  eum.  Nel  ano  palaaia*- 
rano  stanze  per  gli  uomini  di  sapete,  di  ala- 
to ,  di  guerra  ,  con  motti  appropriati  a  cia- 
scuna condizione  :  e  quivi  eran  acni  par  un- 
ti ,  e  gli  agi  tuui  del  vivere  ;  e  auoai  e  e§mL. 
Quel  che  si  narra  dei  motti  pungenti  dal  F« 
rivoltigli ,  dimostra  più  1*  acerbo  nutra  di 
Dante  che  la  miseria  di  Cane.  Quando 
le  dette  novelle  sien  vere. 

30.  ASPBTTA.  Purg.  (  XVIil ,  16  ):  P 
ta  Pure  a  Beatrice.  —  BbneficI.  Nella  M. 
a  Cane  :  Urget  me  rei  familiarie  anguetia  ••• 
Vidi  benefìeia  timul  et  tetigi.  —  Cammaioo* 
L'n  ant.  post.:  MutabU  eurialet  «utios  D.  Bei^ 
tholomaei  fratrie*  Ma  più  largo  concettu  è  qoilr 
lo  di  Dante. 

31.  Cosi.  Lettera  a  Cane  :  Audita  ukiqm 
magnolia  vettra  vidi  ,  , ,  Et  quemadmodmm 
priut  dietofum  tuepieabar  exeeteum  ,  sic  po" 
jCen'wi  fcuta  exeeteita  eognovi. 

3S.  CniosB.  Inf.  ,  XV  :  Saròoio  a  ekioeee 
eon  altro  tetto.  —  Giri.  Di  sole. 

38.  Viciifi.  CiUadini  (  Purg.  ,  XI  ,  47  ).  — 
INVUTCIA.  L*Anon.:  ifori  in  eeiUo  a  Maieetr 
na ,  doof  aUa  eua  tepoUura  ebbe  liwyiaia 
onore  a  nullo  faUo  pia  da  Ottamamo  Ceem 
in  qua. 


e  A  N  t  Ò    XVIL 


471 


Via  più  là  che  1  punir  di  lor  perfidie. 

34  Poi  che  tacendo  si  mostrò  spedita 
L*  anima  santa  di  metter  la  trama 
In  quella  tela  eh*  io  le  porsi  ordita  ; 

35  Io  cominciai  come  colui  che  brama  , 
Dubitando ,  consiglio  da  persona 

Che  vede  e  vuol  dirittamente,  ed  ama: 

36  Ben  veggio,  padre  mio,  slcomesprona 
Lo  tempo  verso  me ,  per  colpo  darmi 
Tal  ch'è  più  grave  a  chi  più  s'abbandona. 

37PwchèdiproYvedenzaè  buon  ch'io m*ar- 
81  ehe,8e  luogo  m*ò  tolto  più  caro,  (mi 
Io  non  perdessi  gli  altri  per  miei  carmi. 

88    Giù  per  lo  mondo  senza  fine  amaro  » 
E  per  lo  monte  del  cui  bel  cacume 
Gli  oechi  della  mia  donna  mi  levare , 

SO    E  poscia  per  lo  ciel  di  lume  in  lume 
Ho  io  appreso  quel  che ,  s*  io  ridico  , 
A  0)olti  uà  savor  di  forte  agrume. 

IO    E  s*  io  al  vero  son  timido  amico. 
Temo  di  perder  vita  tra  coloro 
Cbo  questo  tempo  chiameranno  antico. 

S8.  OccBi  (ci). 

SO.  A6MU1U.  Aagast.  :  Bsceata  el  vitia  ma- 
Aì^tfan  deftemuf  ad  utHitat9m  unitenaUtn, 

40.  VsEO.  ProY.  Vili:  r«rì(al«m  mBditahi- 
tHr  ^«ffiir  mettili ,  et  lalria  mea  (felei faòmifur 
Mipvm.  —  Timido.  Chrysost.  :  Noliu  timere 
0Of  qui  eorpttt  oceidunt ,  ne  forte  propter  ti- 
Wkorem  wioriis  Ubere  diealte  quod  auditti».  Is. 
XL  :  JKsMlf a  in  fortUudiM  voemm  tuam ,  qui 
i»oii|eiiiae  JtrueaUm  :  earolla  ,  noli  timere. 

4S.  Altkoi.  Da  sa  permessa  ,  o  non  lava- 
ta ,  povendo. 

43.  Rimossa.  Virg.  ,  XII  :  Sine  me  haea 
kaud  moUia  fatu  Sublatii  aperire  dotis,  — 
Tutta.  Is.  ,  LVIII  :  Clama,  ne  ceieee,  quaii 


i\  La  luce  in  che  rideva  il  mio  tesoro 
Ch'  io  trovai  li ,  si  fé  prima  corrusca. 
Quale  a  raggio  di  sole  specchio  d' oro. 

k^    Indi  rispose  :  coscienza  fusca 
O della  propria  o  dell'altrui  vergogna 
Pur  sentirà  la  tua  parola  brusca. 

th3  Ma  nondimen ,  rimossa  ogni  menzogna  > 
Tutta  tua  vision  fa  manifesta  ; 
E  lascia  pur  grattar  dov'  è  la  rogna. 

kh  Che  se  la  voce  tua  sarà  molesta 
Nel  primo  gusto  ,  vital  nutrimento 
Lascerà  poi  quando  sarà  digesta. 

k&    Questo  tuo  grido  farà  come  vento 
Che  le  più  alte  cime  più  percuote. 
E  ciò  non  fa  d' onor  poco  argomento. 

th6    Però  ti  son  mostrate  in  queste  ruote, 
Nel  monte ,  e  nella  valle  dolorosa, 
Pur  r  anime  che  son  di  (ama  note. 

VI    Che  lanimo  di  quel  eh'  ode ,  non  posa, 
Nò  ferma  fede  per  esemplo  eh'  baia 
La  sua  radice  incognita  e  nascosa, 

48    Né  per  altro  argomento  che  non  paia, 

tuba  exalta  voeem  tuam ,  et  armuntia  pvpu 
lo  meo  seelera  eorum.  —  Rogna.  Basso,  ma 
acconcio. 

44.  Gusto.  Boet.  Degtutata  ...  mordeant  , 
tnfenui  ...  reoepta  duleeseant,  Ezech. ,  III  : 
Comedi  iUud  (  vulumen  )  ;  et  factum  eie  in 
ore  meo  eieut  mei  dulee. 

47.  Esemplo.  Dccrel.  ;  Exempla  praesentia 
eatfere  noe  praemonent  in  futurum,  Sen.  (  £p. 
89  )  2  imtruenda  ut  vita  exempUe  illuelribu$. 
^  Baia.  Abbia  (Inr...XXI).  Negli  esecni)li 
oscuri  DÒ  i  razionali  argumenii  possono  tanto 
SOfflì  animi.  Jer.  ,  VI  ;  5rafe  tuper  vias  ,  et 
miete,  et  interrogate  de  semitie  antiqui$,  (juuc 
tic  via  bona ,  et  ambulate  in  tu. 


vti 


DEL 'PARA  DI  so 


CANTO    XVIII. 


À  R  G  0  IH  E  y  T  0. 

Caeeiaguida  gli  addita  altri  otto  ipòriii  che  eombatlirotiù  per  tausa  Mute;  mi 
dell'  eto  medio  ,  e  eifkque  princifn  o  re.  Pòi  salgono  a  Gioiee  :  quivi  U  emime  m 
atteggiano  in  modo  da  dingnare  kttore  e  parole  intere  j  e  si  eompongot^  àa  «IhM 
tfi  forma  Sun  aquila.  L aquila  gli  rammenta  Boma  ,  e  Jkma  i  papi.  R  eaetb 
fniice  con  lirica  audacia  ,  e  con  poteente  ironia.  Nofoe  eimiliiudini  ha  U  emtto;  e 
tutte  nuof>e  :  e  una  tra  t  altre  ,  dedotta  dal  sentimento  4eW  umana  per/èfliMdé  :  n- 
militudine  proprio  cristiana  ,  *^  ^ale  per  dieci  d  Omero. 

Questo  è  tra'caoti  della  terxa  cantica  na  de*  più  belli.  E  il  passaggio  dalla  croce  al- 
l'aquila, dalla  famiglia  all'impero  è  poesia  vera. 

Nota  le  terzine  1 ,  2 ,  3  ;  la  5  alla  8  ;  U  12,  14 ,  15  ,  17,  19  ,  20 ,  SS;  U  25  ali 
29  ;  U  31  alla  36  ;  la  38  ;  la  41  »  alla  fine.    . 


1  Già  si  godeva  solo  del  suo  verbo 
Qtiello  spirto  beato  ;  ed  io  gustava 

Lo  mio ,  temprando*!  dolce  con  l'acerbo. 

2  C  quella  donna  eh*  a  Dìo  mi  menava, 
Disse  :  muta  pensier.  Pensa  eh*  io  sono 
Presso  a  Colui  eh'  ogni  torto  disgrava. 

3  r  mi  rivolsi  all'  amoroso  suono 

Del  mio  conforto  ;  e  quale  io  allor  vidi 
Negli  occhi  santi  amor,  qui  l'abbandono. 
^    Non  perch'  io  pur  del  mio  parlar  diffidi, 
Ma  per  la  mente ,  che  non  può  reddire. 
Sovra  sé  tanto ,  s'altri  non  la  guidi. 

i.  Taaio.  Concetto.  Arìst.  :  Coneepius  men- 
tis inierior ,  etiam  antequam  per  voeem  desi" 
gnatwr,  proprie  fierìmm  dicitur. 

2.  DisfiaAVA.  Ap.  (  Bom.,  XII)  :  Utibi  vtn- 
dieta  :  ego  retribuam. 

3.  Suoico.  Inf. ,  \l:  Qui  pose  fine  al  la- 
eriwsahU  suono. 

4.  llBNTi.  Memoria  (larenio^  II,  3).— 


8 


Tanto  poss'io  di  quel  punto  ridire , 
Che ,  rimirando  lei ,  lo  mio  affetto 
Libero  fu  da  ogni  altro  disire. 

Fin  che  1  piacere  eterno  ,  che 
Raggiava  in  Beatrice ,  dal  bel  viso 
Mi  contentava  col  secondo  aspetto, 

Vincendo  me  col  lume  d'un  sorrìso  f 
Ella  mi  disse  :  volgiti  e  ascolta  ; 
Che  non  pur  ne' miei  occhi  è  paradiso. 

Come  si  vede  qui  alcuna  volta 
L'affetto  nella  vista,  s'ello  è  tanto 
Che  da  lui  sia  tutta  l'anima  tolta  ; 


Altm.  Dio.  Inf.  XXVI  :  Compatirmi  piasqm 

6.  Fin  CHS.  Intanto  che.  Inf.  (XIX  ,17): 
Fin  ehe  ffirtute  al  suo  tnarito  piacque.  — 
coNDo.  Lame  riflesso. 

7.  Pus.  Non  nella  scienia  divina 
è  felicità  ,  ma  negli  esempi  do'giaflli  ( 
Cast.  ]. 


CANTO   xvin. 


473 


9  Cosi  nel  fiammeggiar  del  fulgor  santo 
A  eh'  io  mi  volai ,  conobbi  la  voglia 

In  lai  di  ragionarmi  ancora  alquanto. 

10  E  cominciò  :  in  questa  quinta  soglia 
Beir  albero  che  vive  della  cima  , 

E  frutta  sempre,  e  mai  non  perde  foglia, 
li    Spiriti  son  beali,  che  giù,  prima 

Che  venissero  al  ciel ,  fùr  di  gran  voce , 

81  eh*  ogni  musa  ne  sarebbe  opima. 
13    Però  mira  ne' corni  della  croce  : 

Quel  eh'  io  or  nomerò ,  11  farà  l' atto 

Che  fa  in  nube  il  suo  fuoco  veloce, 
13    Io  vidi  per  la  croce  un  liyne  tratto 

Dal  nomar  losuè ,  com'  ei  si  feo  ; 

Né  mi  fu  noto  il  dir  prima  che  1  fatto. 
ik    E  al  nome  dell'  alto  Maccabeo 

Vidi  moversi  un  altro  roteando  ; 

E  letiiia  era  forza  del  palèo. 

15  C^  per  Carlo  Magno  e  per  Orlando 
Due  ne  sc^  lo  mio  attento  sguardo, 
Com'  occhio  segue  suo  falcon  volando. 

16  Poscia  trasse  Guglielmo  e  Rinoardo 
E  '1  duca  Gottifredi  la  mia  vista 

Per  quella  croce,  e  Ruberto  Guiscardo. 


10.  SooLU.  Virg.  chiama  tabulata  gli  or- 
dini Tarli  de'rami  (  Georg. ,  11 ,  361  )  :  0  N. 
li  chiama  soglia ,  traslalo  più  atrano.  — 
ALUao.  Il  ParadiaO'  che  fhe  di  Cristo.  — 
Pbsdb.  Ezech. ,  XLVII  :  Non  da/luet  foUum 
€X  eo ,  €t  non  defieiét  fmttui  iju$, 

13.  Sì.  SI  loalo  com'egli  »  Gacciagnida  lo 
aominò. 

14.  Maccabeo.  Giada  ,  figlinolo  di  Mau- 
Uà  ,  liberatore  del  sao  popolo  da  Antioco 
tiraolio.  —  PaUo.  Virg.  (  VII ,  378^  )  :  Ceti 
quondmn  torto  volitanM  mb  verbnt  turbo,., 
m§  a€tui  .Aaàffia  Curvati!  fortut  ipaiu»  . . . 
Dami  amimoi  plaga§.  Simile  comparazione  ìd 
TibuUo. 

10.  Caelo.  Ott.  :  CMamaio  daUa  China 
emuro  i  Longobardi  ,  9r9tiei  »  a  porncutori  M 
Jfùfa  f  detta  Ubertade  d*ttaUa . . .  CombiUtè 
per  la  fed$  in  Calavria  con  i  Saraoini  pattati 
4^Àffrita  ptr  occupare  lo  impèrio  di  Roma , 
ollortt  ahoandonato  datti  vUittimi  impcradori, 

16.  GiiALiBUio.  CoDte  d'Orlnga  in  Proven- 
pa  »  figliuolo  al  conte  di  Narbona.  •—  Rimoai- 

».  Cognato  di  Guglielmo  ,  dice  Pietro.  E  l'A* 
:  Con  li  Samcini  venuti  d*  Affrica  •  • .  r 
imamente  eoi  re  Tedaldo ,  ffcero  ^mn- 
éiuime  battaglie  per  la  fede  critiiana  ...  il 
detto  conte  &UgUelmo  ,  a  Bettrando  tue  na- 
pete  loiciaiQ  ti  conioflo  d^Orie^ga,  jnraia  oètto 


17  Indi  tra  Y  altre  luci  mota  e  mista 
Mostrommi  l'alma  che m*avea parlato 
Qual  era  tra  i  cantor  del  cielo  artista. 

18  Io  mi  rivolsi  dal  mio  destro  iato 
Per  vedere  in  Beatrice  il  mio  dovere, 
O  per  parole  o  per  atto  ,  segnato. 

19  £  vidi  le  sue  luci  tanto  mere. 
Tanto  gioconde,  che  la  sua  sembianza 
Vinceva  gli  altri  e  1*  ultimo  solere. 

20  E  come ,  per  sentir  più  dilettanza, 
Bene  operando  Fuom  di  giorno  in  giorno 
S'accorge  che  la  sua  virtude  avanza; 

21  SI  m'accors*io  che  1  mio  girare  intomo 
Col  cielo  'nsieme  avea  cresciuto  V  arco. 
Yeggendo  quel  miracolo  più  adorno. 

22  E  quale  è  il  trasmutare,  in  picciol  varco 
Di  tempo,  in  bianca  donna  quando'l  volto 
Suo  si  discai'chi  di  vergogna  il  carco; 

23  Tal  fu  negli  occhi  mi^  quando  fui  vólto  ' 
Per  lo  candor  della  temprata  stella 
Sesta,  che  dentro  a  sé  m'avea  ricolto. 

24  lo  vidi  in  quella  giovial  facella 
Lo  sfavillar  dell'  amor  che  11  era 
Segnare  agli  occhi  miei  nostra  favella. 

di  monaco.  ..edi  chiamato  s.  Golgi jelmo  del 
Diserto.  —  GoTuraim.  Di  Bagliooe  ,  conqui- 
stò Gerusalemme  ,  e  regnò  circa  il  1090.  — 
RiruaTO.  Di  lui.  Inf.  (  XXVIH  ,  tf).  Sulla 
metà  del  secolo  XI ,  venne  in  Italia  di  Nor- 
maudia  ,  in  aiuto  de*  fratelli.  Unfredo  re  di 
Puglia  e  Roggeri  re  di  Sicilia  :  liberò  la  Si- 
cilia da' Mori ,  e  Gregorio  VII  aaaediato  in  Ca- 
stel a.  Angelo  da  Arrigo  III. 

17.  Mota.  L'usa  nel  Porg. ,  XXni.  -~  Can- 
Ton.  Si  mise  anch'agli  a  cantare. 

19.  Miai.  Salomone ,  della  Sap.  (  VII,  10 J: 
IVopofui  prò  luce  hahere  tUam  :  quoniamine' 
xtinguibite  ett  lumen  iUiut.  —  SoLimi.  Parg. 
XXVU  :  Di  lor  tolere  . . .  maggiori. 

21.  Aaco.  Salendo ,  cresce  la  circonferania 
de*  cieli.  —  Mimacolo.  Cosi  la  chiama  nella 
V.  Nuova  ;  e  nel  Conv.  dice  eh*  ella  fli  cre- 
dibili col  suo  aapetto  i  miracoli.  Cani.  :  Di- 
venne  tpirital  bettexza  grande ,  Che  per  lo 
cielo  epande  Luce  d*  amor  che  gU  angeli  sa- 
ltila ,  B  lo  kìUUeuo  loro  atto  a  fofliia  Face 
maratrigliar  :  tanto  è  gemile. 

SS.  Gabco.  Sordello:  DeWonia  deteargan» 

SS.  CAMnoa.  Conv.  :  ^tova  intra  tutte  le 
ffaUa  ÒMifiaa  ai  mostra  e  guati  argentata.  — 
TBHPaATA.  Lucano' ,  eiuto  da  Pietro  non  so 
perchè:  Sub  Jove  temperietf  et  fwfifiiam  tuf' 
eiéee  em.  Conv.  :  Jfuooa  Ira  dm  éM  raim- 

60 


47^ 


DEL    PARABISO 


à5    E  come  augelli  sarti  di  riviera, 
Quasi  congratulaDdo  a  lor  pasture  , 
Fanno  di  so  or  tonda  or  lunga  schiera; 

26  SI  dentro  a'  lumi  santi  creature 
Volitando  cantavano  ,  e  facénsi 
Or  D ,  or  I ,  or  L  in  sue  figure. 

27  Prima  cantando  a  sua  nota  moviénsi: 
Poi ,  diventando  l  un  di  questi  segni, 
Un  poco  s'arrestavano  ,  e  tacénsi: 

28  O  diva  pegaséa  che  gì*  ingegni 
Fai  gloriosi ,  e  rendili  longevi, 
Ed  essi  teco  le  cittadi  e  i  regni, 

29  Illustrami  di  te ,  si  eh'  io  rilevi 
Le  lor  figure  com'  io  V  ho  concette: 
Paia  tua  possa  in  questi  versi  brevi. 

30  Moslràrsi  dunque  cinque  volte  sette 
Vocali  €  consonanti  :  ed  io  notai 

Le  parli  si  come  mi  parver  dette  : 

31  JHligitejuitUiam ,  primai 

Fur  verbo  e  nome  di  tutto  1  dipinto; 
QuijudicalU  terram  ,  fùr  sezzai. 

32  Poscia  neir  M  del  vocabol  quinto 
Rimasero  ordinate  ;  si  che  Giovo 
Pareva  argento  li  d' oro  distinto. 


gnanti  aUa  iua  hnona  tempwansa  ,  tteeome 
quello  di  Marte  e  9ti«tto  di  Saturno  :  ondt 
Tolomeo  dice ,  che  Giove  è  nella  di  tempe- 
rata eomplemone  in  mezzo  deUa  freddura  di 
Saturno  e  del  calore  di  Marte. 

24.  Giovi  AL.  Lo  dicevano  in  questo  senso 
anco  in  prosa.  L' Ott.  trae  dal  libro  De  prth 
prieUUibus  rerum  le  influenze  di  Giove  beni" 
volo  e  bene  temperato  ...  onde  li  antichi  die- 
Hro  ,  che  la  cagione  della  felieitade  era  nel 
eirculo  di  Giove  ...  Solfo  Giove  sono  onori , 
ricchezze  e  vestimenti  ...  significa  sapienza  e 
ragione ,  ed  è  veridico.  Però  pone  il  P.  in 
Giu?e  le  anime  giuste. 

26.  Volitando.  Volito,  osa  l'Ott.  in  prosa. 
—  Or.  Prime  sillabe  di  diligite, 

37.  Nota.  G.  VII  :  Volgendosi  alla  nota 
sua.  —  S' AERBBTAVAiio.  Per  lasciar  vedere 
la  lettera. 

28.  Pbgasba.  Tutte  le  Muse  diconsi  pega* 
see  :  qui  dunque  invoca  la  musa  in  genere , 
ovvero  Calliope  chiamata  nel  1  del  Purgato- 
rio. »  Regni.  Ben  rammenta  la  gloria  che 
dair  ingegno  viene  ai  regni  ed  al  popoli  ;  qui 
dove  parla  dei  re. 

29.  Paia^  lof.  ,  li  :  O  menle  ...  Qui  si 
parrà  la  tua  nobilitate. 

30.  Gi!fQLs.  Xrentacioqie  lettere  sono  in 


33  E  vidi  scendere  altre  luci  dove 
Era  1  oolmo  dell'  M ,  e  li  quetarsi 
Cantando,  credo,  il  Ben  ch'asè  le  more* 

3k  Poi  come  nel  percuoter  da'  ciocchi  arsi 
SurgODO  innumerabili  faville. 
Onde  gli  stolti  sogliono  agurarsi; 

35  Risurger  parver  quindi  più  di  mille 
Luci ,  e  salir  quali  assai  e  qua' poco. 
Si  come  'I  sol  che  Y  accende  ,  sortille. 

30    E,  quietata  ciascuna  in  suo  loco, 
f^  testa  e  'I  collo  d' un'  aquila  vidi 
Rappresentare  a  quel  diitinto  foco 

37  Quei  che  dipinge  11 ,  non  ha  chi  1  gokR» 
Ma  esso  guida  ;  e  da  lui  si  rammeoli 
Quella  virtù  eh'  è  forma  per  li  nidL 

38  L' altra  beatitudo  che  contenta 
Pareva  in  prima  d'ingigliarsi  ali* 
Con  poco  moto  seguitò  la  'mpreota. 

39  O  dolce  stella,  quali  e  quante  geo 
Mi  dimostraron  che  nostra  giustizia 
Effetto  sia  del  ciel  che  tu  ingemme! 

iO    Perch'io  prego  la  Mente  in  cheslniai 
Tuo  moto  e  tua  virtute  ,  che  rimiri. 
Ond'eacel  fummo  che'l  tuo  raggio  viiit* 


DiUgite  juititiam ,  qwi  judiaoKt  Wrmm.  Di> 
role  della  Sap,  1. 

32.  Quinto.  Terram. — AaasHTO.  La  drii- 
mò  nel  Gonv.  stella  argentcUa* 

33.  Bbn.  La  giostiiia  divina. 

34.  AouKAasi.  Fortuna.  Agura  na  il  ?f|- 
lani. 

35.  SoETiLLi.  G.  XI:  CoMtk^atmmokm 
sortillo. 

36.  Aquila.  Nel  pianeta  di  Giove  e'icanM 
l' aquila  ,  uccello  di  Giove,  simbolo  Mia  !■> 
periate  giustiiia.  ^  Distinto.  Nel  ▼.  96  di- 
ce che  neir  emme  Giofe  pareva  argento  #* 
stinto  d' oro. 

37.  GuioA.  Boet.  z  Ts  . . .  dux.  —  Rasmb!I* 
TA.  Si  riconosce ,  si  rammeaia  da  Ini  disct* 
sa  quella  virtù  eh'  é  forma  ,  dante  vigori  a 
quanto  si  produce  o  si  genera.  C.  I:  QmtSI9 
è  forma  Che  i*  universo  a  Dio  fa  sJmigliawÈt» 

38.  Bbatitudo.  Per  beati.  Come  gimisM 
per  giovani.  -^  SaouiTÒ.  Que'che  posavan  sai- 
r  emme  ,  presero  furroa  d'aquila,  quasi  in* 
pressi  di  quella. 

39.  NosTUA.  Nel  e.  IV,  SO  ,  disse  toraare 
alle  ruote  celesti  r  onore  dell'  Infloema  ed  II 
biasimo.  Albuiiiazar  :  Da  Giove  re  éeUm  tth 
ra  viene  ai  re  t  influenza  della  ^'«teista. 

40.  Mbntb.  Dio.  —  RiHimi.  Boti.  :  O  jtm 


CANTO    XVIII. 


ATS 


M    Si  eh*  un*  altra  fiata  ornai  s'adiri 
Del  comperare  e  vender  dentro  al  tempio 
Che  si  murò  di  segni  e  di  martiri. 

kS    O  milizia  del  ciel ,  cu*  io  contemplo  , 
Adora  per  color  che  sono  in  terra 
Tutti  sviati  dietro  al  malo  esemplo. 

(^3    tiià  si  solea  con  le  spade  far  guerra  : 
Ma  or  si  fa  to^ndo  or  qui  or  quivi 


ffMMfiof  rupC9  terrof ,  QuUgwM  nrum  foeden 
n9cti$,  —  Esci.  Di  Roma.  Parg.  XVI  :  La  ma- 
la eamdoUa  • .  .*L  mondo  ha  fatto  reo. 

41.  S'AiMmi(Jo.9  II].— Vbndbr.  Cassiodor.: 
Jfigotiatom  abominalrilu  iunt  qui  juttitiam 
D$i  not^  cotuidaronfef.— Siaai.  Miracoli. Voce 

42.  ADotA.  Eteeh. ,  XLVI  :  JngndUwr .  • . 
«I  méorM.  —  SvTati.  Parg.,  XVI  :  La  gente, 
eh$  $ua  guida  vede  Pur  a  quei  ben  fenre . . . 

quel  ii  paeee. 
49.  Gu.  A  Roma.  —  ToaLiiiiDO.  Per  aoa- 


Lo  pan  ch'I  pio  Padre  a  ne<;sun  serra. 
54    Ma  tu  che  sol  per  cancellare  scrivi , 
Pensa  che  Pietro  e  Paolo  ,  che  morirò 
Per  la  vigna  che  guasti ,  ancor  son  vivi. 

45  Ben  puoi  tu  dire  :  i'  ho  fermo  il  disiro 
Si  a  colui  che  volle  viver  solo  , 

E  che  per  salti  fu  tratto  a  martìro  , 

46  Ch'io  non  conosco  il  PescatornèPoIo. 


temi.  —  Pan.  Ailer .  • .  Aifiam  noflfum  ^no- 
tidianum  da  ,  , , 

44.  Tu.  E'  si  volge  al  papa  allora  vivente, 
Clemeote  V.  *—  Scbivi.  Gli  aoaterai  per  cas- 
cellarU  a  prezzo.  —  Vigna.  Jer.  ,  li  :  JBgo... 
plantatn  te  vineam  eleetam .  . .  eonvena  et 
mihi  in  pravurn  . .  7-»  Vivi.  Oli.  :  Il  rinm- 
nereranno  delle  tue  opere. 

45.  Colui.  Ne'  fiorini  di  Firenze  era  rima- 
gine^  del  Batisu.  G.  IX  :  Il  maladetto  fiore. 
—  Salti  (  MaUh. ,  XIV  ;  Marc. ,  Vi.  ) 

46.  Polo.  Per  Paolo;  tattora  a  Venezia. 


476 


DEL   PARADISO* 


CANTO      XIX. 


ARGOMENTO. 

Bvria  V  aquila  ardente  ,  come  foae  una  iola  persona  :  poetica  imàgim  M- 
V  unità  del  volere  nel  cuore  de*  buoni.  E  ecioalie  un  antico  dubbio  di  Dante,  ek*i 
il  dubbio  $u  cui  iutli  $*  aggirano  gli  umani  deetini.  V  uomo  che  non  erode  im  (r. 
C.  perrhi  noi  conosce ,  e  pure  adempie  le  leggi  di  natura  ,  andrà  egli  ealvato  f 
L  aquila  risponde  ,  con  poetiche  imagini,  che  C  uomo  non  può  penetrare  t  seermi 
di  Dio.  Boi  conchiude  con  un  bd  pano  deW  Evangelo.  L  uccello  comincia  con  la 
teologia  ,  e  finisce  in  satira. 

Nota  le  teriioe  1,  S,  4;  la  6  alla  9  ;  la  13  alla  15  ;  la  17,  18,  91,  SS,  t7;  b  il 
alU  34  ;  la  36,  87,  38,  40,  42,  43 ,  45,  colle  oltime  tre. 


1  Parea  dinanzi  a  me  con  1*  ale  aperte 
La  bella  image  che  nel  dolce  firui. 
Liete  facevanl*  anime  conserte. 

2  Parea  ciascuna  rubinetto  in  coi 
Raggio  di  sole  ardesse  si  acceso 
Che  ne' miei  occhi  rifrangesse  luì. 

3  E  quel  che  mi  convien  ritrar  testeso, 
Non  portò  voce  mainèscrisse  inchiostro, 
Né  fu  per  fantasia  giammai  compreso. 

h    Ch'io  vidi  e  anche  udi'  parlar  lo  rostro, 
E  sonar  nella  voce  ed  io  e  mio 
Quand'  era  nel  concetto  noi  e  nostro, 

5    E  cominciò  :  per  esser  giusto  e  pio, 
Son  io  qui  esaltato  a  quella  gloria 
Che  non  si  lascia  vincere  a  disio. 

1.  Ih AGB.  (  Porg.  ,  XXV  ,  9  ).  L'  osa  1'  Ar. 
(  XUI ,  29  ).  ~  Fruì,  Come  altrove  patte  , 
velie  ,  etti ,  t  simili.  —  Goiisbrtb.  A  forma 
d' aquila  (  e.  XVlll ,  36  ). 

2.  Lui.  Il  sole. 

4.  Nostro.  Porg.  ,  XV  :  Che  per  quatui  H 
dice  pie  lì  nostro  ,  Tonio  possiede  piik  di  ben 
eiateuno. 

tt.  Disio.  La  Chiesa  :  j^e  omnem  deside- 


6  Ed  in  terra  lasciai  la  mia  memoria 
Si  fatta ,  che  le  genti  11  malvage 
Commendan  lei,  manonseguoDltateria. 

7  Cosi  un  sol  caler  di  nnolte  brago 
Si  fa  sentir ,  come  di  molti  amori 
Usciva  solo  un  suou  di  quella  image. 

8  Ond'  io,  appresso  :  o  perpetui  fiori 
Deli'  eterna  letizia,  che  pur  uno 
Sentir  mi  fate  tutti  i  voaUì  odori  ; 

9  Solvetemi  spirando ,  il  gran  dioono 
Che  lungamente  m'ha  tenuto  in  nune, 
Non  trovandoli  in  terra  cibo  alcooo. 

10  Ben  so  io  che,  se  io  cielo  altro  reaaie 
La  divina  giustizia  fa  suo  specchio, 

li  vostro  non  apprende  con  velame. 

rium  tuperant.  0?vero  :  che  col  solo  dcsM^ 
rio  non  si  ha  ma  eoa  le  opere.  E  «turtnii 
tal  senso  sarebbe  eonquieiare  ;  come  in  Hat, 
XI  :  Regnum  eoelorum  vim  patiiur ,  et  viUi 
rapiwU  illud.  Io  intendo  al  primo  dmnÌo. 
6.  Lii.  La  memoria. 

9.  Spibando.  Segoe  il  traslato  de'  fiori. 

10.  So.  La  giustizia  si  specchia  ae'Tr 
I  (  e.  IX ,  SI  ).  onde  rlAilge  a  tuta  i  beaU . 


i 


CANTO    XIX« 


4T7 


1 1  dapeCe  come  attento  iom'apparecchio 
Ad  ascoltar  :  sapete  qoale  è  quello 
Dubbio  che  m'è  dìgiun  cotanto  vecchio. 

12  Quasi  falcone  eh*  esce  di  cappello, 
Move  la  testa,  e  con  l'ale  s'applaude, 
Yodia  mostrando  e  facendosi  bello  ; 

18    Yid'io  farsi  quel  segno  che  di  laude 
Della  divina  grazia  era  contesto, 
GoD  canti  quai  si  sa  chi  lassù  gaude. 

ih    Pòi  cominciò:  Colui  che  volse  il  sesto 
Allo  stremo  del  mondo  e  dentro  ad  esso 
Dbtinse  tanto  occulto  e  manifesto, 

15  Noo  potéo  suo  valersi  fare  impresso 
fu  lutto  Y  universo ,  che  'I  suo  Verbo 
Non  rimanesse  in  infinito  eccesso. 

16  E  ciò  fa  certo ,  che  'I  primo  superbo 
Che  fo  la  somma  d' ogni  creatura, 
Per  non  aspettar  lume  j  cadde  acerbo. 

17  E  quinci  appar  ch'ogni  minor  natura 
É  corto  ricettacolo  a  quel  Bene 
Ch*è  senza  fine  ,  e  sé  in  sé  misura. 

18  Dunque  nostra  veduta ,  che  conviene 
E«er  alcun  de'raggi  della  Mente 

Di  che  tutte  le  cose  son  ripiene. 

Dio  (iodicaiila:  ma  i  re  posti  in  GÌo?e,  veg- 
fMM  anch'essi  apertissima  essa  ginsiiiia  ; 
fireliè  i  minori  e  i  grandi  di  qaesU  vita  mi- 
nno  tatti  nel  medesimo  specchio  (  e.  XV  ). 
M  ai  re  .placche  agli  altri  s' addice  conoscere 
la  eaaa  dell'  eterna  giostida.  —  Spicchio.  La 
aaptasa  é  chiamata  :  Sp$euhm  tm§  maetUa 
JW  wmutatii  (  Sap. ,  VII  ). 

iS.  Falgohi.  Bocc.  :  Non  aifHflMfifi  ch§ 
/Wiim  meiio  di  eappelio  pìaudsndomi  . . . 
Mm  iUtrimmii  U  faUon* ,  tratto  di  eappMo, 
M  ftfé  tulio ,  a  tovra  sé  toma. 

II.  Lauhi.  Inf.,  II:  Boatrieo,  loda  di  Dio 
«ars.  —  Si.  Parg. ,  V  :  SalH  eoìm.  —  Chi. 
Soia  un  beato  poò  intenderne  la  dolceiia. 

14.  Sisto.  Sap.:  Omnia ìii meniura. .. dt- 
afwmiitU.  Anon.:  Iddio ,  eko  ...  U  tuo  eom- 
pmM$o  volto  ...  alla  ritondiià  dèi  mondo.  Si- 
■Ola  Idea  in  Milton (  VII,  S34  ).  Eccl.,  XUil: 
GpfooU  eotlum  in  drcmiu  gloriat  tua$. 

ÌA.  Eccesso.  In  boon  aenso.  Lett.  a  Cane: 
Qmomadmodmm  jfriut  dietorum  tutpieabar 
,  aie  potlertus  /bela  wetttiva  eo- 


16.  Sumao.  Isaia  ,  LI  :  Btnuttittituptr- 
èmm .  vulntruiH  draeontm  ?  «  Lumi.  Gli 
••geli  anch'essi  ebbero  on  tempo  di  prova  ; 
LMCifero  non  voUe  aspettare  che  la  prova 
teiaae,  per  conoKcre  ii  vero  delie  reUzioni 


19  Noo  può  di  sua  natura  esser  possente 
Tanto  che'l  suo  principio  non  discema 
Molto  di  li  da  quel  eh'  egli  è  parvente. 

20  Però  nella  giustizia  sempiterna 
La  vista  che  riceve  il  vostro  mondo, 
Com'  occhio  per  lo  mare,  entro  s'interna. 

21  Ghe,benchòdallaprodaveggiail  fondo, 
In  pelago  ix>l  vede  ;  e  nondimeno 
Egli  è,  ma  cela  lui  l'esser  profondo. 

22  Lume  non  è ,  se  non  vien  dal  sereno 
Che  non  si  turba  mai ,  anzi  è  tenèbra 
Od  ombra  della  carne  o  suo  veneno. 

23  Assai  t'ò  mo  aperta  la  latebra 
Che  f  ascondeva  la  Giustizia  viva 

Di  che  facéi  quistion  cotanto  crebra. 

24  Che  tu  dicevi  :  un  uom  nasce  alla  riva 
Dell'  Indo  ,  e  quivi  non  è  chi  ragioni 
Di  Cristo ,  né  chi  legga  ,  né  chi  scrìva  ; 

25  E  tutti  suoi  voleri  e  atti ,  buoni 
Sono  ,  quanto  ragione  umana  vede. 
Senza  peccato  in  vita  od  in  sermoni. 

26  Muore  non  battezzato  e  senza  fede: 
Ov'è  questa  giustizia  che'l  condanna  i 
Ov'  è  la  colpa  sua,  sed  ei  non  crede  f 

tra  là  creatura  ed  il  creatore.  Lo  dice  nella 
y.  El.  (  1.  I ,  e.  2  ). 

17.  MmoR.  Creau.  —  Costo.  Marc,  XIII: 
Do  dio  ...  vtl  hora  nomo  teit ,  ntqut  angeH 
in  eotlo,  fiefiM  FtUut.  —  Finb.  Confine.  — > 
MisumA.  Conv.  (  II ,  4  )  .*  QueUa  iomma  dtità 
eko  ti  iota  eofli|»fttlamenl0  vede, 

18.  RipiBNS.  Jer.,  XXIII  :  Numquld  non 
eoelmm  ,  el  terram  eoo  tmp(eo..?yirg.(  Ecl. 
Ili  )  :  Jovit  omnia  piena. 

19.  PaiNCiPio.  Non  vegga  Dio  in  molto  mi- 
nor lace  di  quello  ch'egli  è. 

SO.  Ricavi.  Concessagli  da  Dio. 

S3.  SiRSNO.  Al.  :  Ptrpetuum  ntdla  turba- 
tum  nube  serenum.  —  OifiaA.  D' ignoranza 
che  ci  venga  dall'  esser  noi  nella  carne  con- 
fitti ,  0  culpa  che  ci  venca  daU'  obbedire  alla 
carne  ,  e  sperar  cosi  d' elevarci.  Sap.:  Corpi» 
^liod  eorrumjritur,  aggravai  animam,  et  ter- 
rena ni^aòtlalto  dspréiiiil  seiuiftii  muUa  eogi- 
taniem. 

34.  INBO.  Parte  ,  a  qae'tempi  •  più  remota 
da  Roma.  Pnò  r  Indiano  salvarsi.  Dice  s. 
Pietro  negli  Atti.       ^%. 

se.  Battizzato.  Jo.,  VI:  Niti  qmt^ena- 
tut  fuerit  ex  aqua ,  et  Spiritu  taneto  »  non 
potett  tnlroirs  in  regnmm  ihi.  Quod  naium 
atl  ox  eamo ,  «aro  esl:  el  quod  natum  §tt 
$a  tpirUu,  tpirim  ut. 


»8 


DEI    PARADISO. 


ti.    Or  tu  chise'che  vuoi  sedere  a  scranna 
Per  giudicar  da  lungi  mille  miglia 
Con  la  veduta  corta  d'una  spanna  t 

S8    Certo  a  colui  che  meco  s  assottiglia , 
Se  la  Scrittura  sovra  voi  non  fosse, 
Da  dubitar  sarebbe  a  maraviglia. 

29  0  terreni  animali ,  o  menti  grosse  ! 
La  prima  Volontà  eh*  è  i)er  so  buona, 
l)u  sè,ch'è sommo  ben, mainonsimosse. 

tv;    Cotanto  ègiusto, quantoaleiconsuona. 
Nullo  creato  bene  a  sé  la  tira  ; 
Ma  essa ,  radiando  ,  lui  cagiona* 

3)     Quale  sovresso  il  nido  si  rigira 
Poi  ch'ha  pasciuti  la  cicogna  i  figli , 
£  come  quel  eh' è  pasto  ,  la  rimira; 

:]2    Cotal  si  fece  (  e  si  levai  li  cigli  ) 
La  benedetta  immagine  ,  che  l' ali 
Movea  sospinta  da  tanti  consigli. 

33    Roteando  cantava  e  dicea  :  quali 
Son  le  mie  note  a  te  che  non  le  'ntendi, 
Tal  è  il  giudicio  etemo  a  voi  mortali. 

27.  Cm.  Apost.:  Arwina  v&ba.,*  non  Ueet 
homini  loqui.  Eccl. ,  XVill  :  Quii.,,  invétti- 
gìiìnt  magnalia  ejus  ?  Conv.:  Oh  ttoUiuime  6 
vilitiime  bestiuole  ,  che  presutnel$  condro  la 
noitra  fede  parlare,  e  volete  iaperep  tappando 
e  filando  ,  ctò  c/m  iddio  con  tanta  prwUnxa 
ha  ordinato  ! 

28.  Mbco.  Chi  s' assotUglii  a  guardare  in 
me  che  sodo  imagioe  della  divioa  giostixia. 
C.  XXVIII,  21  ;  intorno  da  mio  rassottiglia. 
Ott.:  Se  la  Scrittura  non  fos^e  sopra  voi,  al- 
lora sarebbe  da  dutntare  e  da  maravigliare 
di  quella  giustizia  :  ma  la  Scrittura  U  Pi  di- 
thiara.., 

29.  Priva.  Is.,  LXV  ;  Anteguam  eìanMnt, 
ego  exaudiam  :  adhuo  iUis  loquinlUntt ,  ego 
audiam, 

SO.  RaoTando.  C.  XIII:  Ciò  che  non  muo- 
re ^  e  ciò  che  può  morire,  Non  i  gè  non  splen- 
dor di  queUa  idea  , , .. 

32.  Cotal.  Simile  costniUo  nell'  Inf. , 
XXIX  :  Barte  sen  già  (ed  io  dieiro  gU anda- 
va) Lo  duca,        

33.  iNTBNDi.  C.  XVIII ,  33 1  Cantando ,  cre- 
do ,  li  i^ffi  ch*a  sé  le  move* 

34.  Poi.  Poiché  (  Parg.  .  X ,  i  ). 

35.  Mai.  Maestro  delle  aent.  (  1.  III,  dist. 
25  ).  —  Chiavassb.  Pr.  Jacop.  :  Chiavato  m 
questa  croca.  Similmente  il  Sacchetti.  Chiodo 
da  clopus, 

36.  CusTO.  Matt. ,  VI!  :  /Vbn  omms ,  qui 
imt,., Domine,  Domine,  ttifraòìl  in  regnmm 
eesUrum:sed  qui  faeit  voluntatem  FiatHe  mei. 


34  Poi  si  quotare  que'  lucenti  incendi 
Dello  Spirito  santo  ,  ancor  nel  tegop 
Che  fé  i  Romani  al  mondo  revereodi  ; 

35  Esso  ricominciò  :  a  questo  regno 
Non  sali  mai  chi  non  credette  in  Griffo 
Né  pria  né  poi  che'l  si  chiavasse  al  legpio. 

36  Ha  vedi  :  molti  gridan  :  Cristo,  CrìsM 
Che  saranno  in  giudicio  assai  fnen  jarsyt 
A  lui,  che  tal  che  non  conobbe  Crialo. 

37  E  tai  Cristian  dannerà  Y  Etìope 
Quando  si  partiranno  i  duo  coUeglt  « 
L' uno  in  etemo  ricco  e  V  altro  inope* 

38  Che  potran  dir  li  Persi  ai  vostri  regi 
Com'  e'  vedranno  quel  volume  apeito 
Nel  qual  si  scrivon  tutti  suoi  dispragit 

39  LI  si  vedrà  tra  T  opere  d*  Alberto 
Quella  che  tosto  moverà  la  penna  • 
Perché  1  regno  di  Praga  sia  deseitob 

(hO    Li  si  vedrà  il  duol  che  sopra  Senna 
Induce ,  falseggiando  la  moneta , 
Quel  che  morrà  di  colpo  di  cotenna. 


37.  EtTópb.  Mattb. ,  Vili  :  MMU  mk 
te, .  .  venient,  et  recumbent  eum  AkreJiem^» 
in  regno  coelorum  :  FUii  autem  regni  ^jicìm^' 
tur  in  tenebras. —  Coi.LSct  (Malth.  ,  XXV). 

38.  Rbgi.  Peggiori  dcgl'  idolatri.  Seìome- 
ne  :  Quoniam  quum  essetis  minietri  repd  # 
Uus  ,  non  reetejudie(utis...Ugemjuetitime^^ 
VoLCMi.  Jo.  (Ap.,  XX):  Libri  averti  m 
etjudicati  sunt  mortui.  Evang.:  NihU,.. 
tum,  quod  non  revelabitur.  Oli.: 
l'opere  loro  li  Afri t  con  quelle  dot  principe  «At 
dee  essere  governo  del  mondo  tutto,  e  ' 
quello  più  sosse  delle  loro ,  potra% 
verare  ,  e  dir^:  0  prineipe,,,  U  quak  eri 
minato  dalle  divine  ed  umane  (affit 
r  inchiruuti  a  ai  vituperosi  peecaH  ,  dbt  et 
piò  a  basso  che  noi  infedeU  e  ciechi  di  Imi 
di  grazia  ? 

3».  Albiato  (  Parg. ,  VI.  SS  ).  Csinrpè  h 
Boemia  nel  1303  ,  morto  Veaeeslao  ;  a  lajli^ 
de  al  daca  di  Gblarenia,  suo  geoero.« 
SA,  Sol  gran  volarne  che  ha  delio. 

40.  iNDuca.  Filippo  U  Bello  fece 
moneta  falsa,  e  con  essa  pagò  Ptaefciteai* 
soldato  contro  f  Fiamminghi ,  dopo  la  ratta 
di  Cambra^.  Da'  tempi  di  lai  ,  cioè  dal  ISM 
ebbe  nomo  il  Bontauchange  a  Parigi.  M 
1291  Filippo  sotto  specie  di  pooire  l'oavat 
fa  prendere  tutti  gì'  luliani  ch'erano  in 
Francia,  e  li  ruba.  Cacciò  di  Frància  |i 
Ebrei  :  e  come  che  desse  primo  a  Farifi  m 
parlamento  stabile  ,  primo  consolidò  <|m1  è^ 
minio  d'usflau  monarchia  che  Mlaa  In  taa> 


CANTO    XIX. 


(79 


41  LI  si  Todrà  la  superbia  eh'  asseta  , 
Che  fa  lo  scotto  e  1*  Inghilese  lolle  , 

Si  che  non  può  soffrir  dentro  a  sua  meta. 

42  Vedrassi  ia  lussuria  el  viver  molle 
Di  quel  di  Spagna,  e  di  quel  di  Buemme 
Che  mai  valor  non  conobbe  né  volle. 

43  Vedrassi  al  Ciotto  di  Gerusalemme 
Segnata  con  un  I  la  sua  boutade, 
Quando  1  contrario  segnerà  un'  emme. 

44  Vedrassi  l' avarizia  e  la  viltado 
Di  quel  che  guarda  T  isola  del  fuoco 

ti  parieoU  i  suoi  successori.  Morì  andando  a 
caccia  «  ferito  da  od  cignale  che  diede  nel 
floo  cavallo  (  Vili.  ,  IX  ,  66 }.  ^  Cotbnica. 
In  Romagna  dlcesl  il  porco:  e  forse  cosi  si 
diceva  in  Toscana. 

41.  AssBTA.  ly  impero.  —  Scotto.  Edoar- 
do I  d*  IngbUlerra  e  Roberto  re  di  Scoila  era- 
w>  allora  in  goerra:  uno  voleva  occopare  la 
Scozia  ,  V  altro  negava  ogni  soggezione.  — 
IiioHU.BSB.Cosi  si  pronunzia  in  Toscana  (Con v., 
1 ,  7>.  —  Mbta.  Purg.  ,  XIV:  /(  duro  eamo 
ChB  dovria  V  uom  twer  dentro  a  stia  meta, 

49.  Spagna.  Alfonso  per  la  coi  mollezza 
Ita  la  Spagna  infettau  da'Saracini.  —  Bùbm- 
■B.  Yenceslao.  Pnrg.  (  VII ,  34  )  :  Cui  lustu- 
Ho  ad  ozio  pasce.  Il  suo  regno  andò  a'  sac- 
cessori  esterni ,  Alberto  in  prima,  poscia  En- 
rico Imperatore.  Buemme  scrive  anco  il  Vili. 
(IX»  67).  Ar.  XXVIII:  PeUegrin  Boemme. 

43.  Ciotto.  Zoppo.  Carlo  re  di  Gerasalem- 
■M  Aglio  di  Carlo  re  di  Foglia.  Combattè  I 
OUbellini.  nel  VII  del  Purg.  lo  dice  peggio- 
W9  del  padre ,  nel  XX  venditor  della  figlia. 
COBV.  :  Beata  la  terra  lo  cui  ree  nobile,  e  U 
md  primeipi  man  lo  tuo  tempo  a  bisogno,  non 
a  iMMirio.  Ponetevi  mente  voi  che  le  verghe 
d§i  nggimmui  d'haUa  prese  avete;  e  dico  a 
voi  Cario  e  Federigo ,  e  voi  altri  principi  e 
Urwmi:  e  guardate  chi  allato  vi  siede  per 
consiglio,  MegUo  sarebbe  voi  come  rondine  vo- 
lar baiso  ,  che  come  nibbio  altimmo  rote  fan- 
Tt  f opra  le  cose  viUssime.  Fa  dissoluto ,  cor- 
ruttore di  vergini ,  pien  di  vizii  ;  ma  fu  li- 
berale (  e.  VIU»  38).  E  questo  è  il  numero 
buo  cbe  segnerà  la  bontà  di  ini  fra  migliaia 
di  vizii.  L*Ott.  intende  cbe  la  bontà  dello  Zop- 
po sarà  com*  uno  ,  e  quella  del  tuo  nemico  il 
Boldairo  di  Genisalemme,  per  mille.  Non 
panni. 

44.  QoBL.  Federigo  figlio  di  Pier  d'Arago- 
BB ,  e  dopo  lui ,  re  di  Sicilia ,  dov'è  Tinfoca- 
to  monte  Etna.  Piero  fu  largo  e  magnanimo; 
qp/telU  «ile  ed  avaro.  —  Guabda.  Non  regge 

guarda  :  guarda  il  suo  domlDio  non  l'an* 


Dove  Anchise  fini  la  lunga  etade. 

45    £  a  dare  ad  intender  quanto  è  poco» 
La  8ua  scrittura  Gen  lettere  mozzo 
Che  noteranno  molto  in  parvo  loco* 

k6    E  parranno  a  ciascun  V  opere  sozze 
Del  barba  e  del  fra  tei,  che  tanto  egregia 
Nazione  e  due  corone  han  fatte  bozze» 

Vt  E  quel  di  Portogallo  e  di  Norvegia 
LI  si  conosceranno  ;  e  quel  di  Rascia 
Che  male  aggiustò'!  conio  di  Vioegia. 

hS    0  beata  Ungheria  se  non  si  lascia 

Sila  •  come  già  il  padre.  Vulg.  Eloq.  :  Raeka, 
[aeha  I  guùìmim  porsonat  tuba  Federici  T  • , 
Quid  aUorum  magnaiiitm  fiòioa?  Niei  veniu 
eamipces ,  venite  avariiiae  sectatores.  Fu  Fe- 
derigo a  dispetto  di  Bonifazio  e  degli  Angioi- 
ni,  re  di  Sicilia  :  e  però  Dante  In  sol  primo 
l'amò  f  e  bene  sperava  di  lui.  Diede  aiuti  ad 
Enrico  VII  ;  ma  dopo  la  morte  di  questo , 
mutò.  —  AifCHisB.  (  Aen.  ,  III ,  708  ). 

45.  Intbnimir.  Cavalca  (  Spec. ,  or.  VII  ]: 
Cristo  disse  tre  volte  pasci  ,  per  dare  ad  tn- 
tendere  che  ,  ,,  —  Poco.  D'auimo.  Inf. ,  XX, 
Ne*  fianchi  i  così  poco.  —  Mozzb.  Abbrevia- 
ture. 

46.  Barbai  Iacopo  re  di  Bfaiorica  e  Mino- 
rica ,  fratello  di  Piero.  Si  lasciò  torre  dal  fra- 
tello risola  f  cbe  poi  gliela  rese  per  grazia.  — 
Fratel.  Re  d'Aragona.  Iacopo  fratello  di  Fe- 
derigo abbandonò  la  Sicilia  conquistata  dal 
padre.  —  Nazionb.  Nascita.  -^  Bozzb.  Bozzo, 
becco  :  qui  aggettivamente  ,  infame. 

47.  PoBTOOALLO.  Dionisio  l'Agricola  ,  ava- 
ro e  mercante:  regnò  dal  1279  al  1325. — 
Norvegia.  Anon.  :  Si  come  le  sue  isole  sono 
ad  ultimo  estremo  dalla  terra ,  così  la  sua 
vita  è  tfi  wCrtmo  di  razionabilitade  e  di  dvi- 
Utade.  —  Rascia.  Parte  della  Scbiavonla  :  cbe 
falsifica  i  ducati  veneti.  —  Malb.  Inf. ,  IX  : 
Mal  non  vengiammo  «ii  Teseo  VatsaUo,  Ott.: 
Avendo  uno  figliuolo  ,  e  d'esso  tre  nipoti ,  jver 
paura  che  non  gU  togUessero  U  regno ,  U  man- 
dò in  Costantinopoli  allo  impt  $uo  oognato  ; 
e  scrissegli  ,  il  coma  ti  dite ,  ch*egU  cercava- 
no sua  morte ,  e  che  gU  ttnosse  in  pregione. 
E  eos\  fece ,  tarUo  che  per  orribilitade  del  car- 
cere il  padre  de*  tre  perde  guati  la  veduta  ;  li 
due  ti  lervtoaiio  ,  ed  il  terzo  fu  rimandato 
allo  avolo.  Fhtalmente  U  padre  uccise  Vuno 
die*  due  suoi  figliuoli ,  e  con  Valtro  si  fuggì  di 
carcere  e  tornò  in  Rascia ,  e  prese  il  padre, 
di  cui  tÀ.  parla  ,  e  fottio  morire  tn  prigione. 
Alt  e*  poco  reset  il  regno  ;  che  da*  tuoi  figliuoli 
rietvttte  il  cambio. 

48.  llALHBN ABI  I  JùiOD.  :  Riprtndt  lo  fos- 


kSO 


DEL    PARADISO 


Più  malmenare!  e  beata  Navarro 
Se  a*  armaste  del  monte  che  la  fascia! 
49    E  creder  deeciaacun  che  già,  per  arra 


%a.*.tUa  ddU  n  d*Ungh9ria ,  fMfoft  m  fi- 
no a  Andrioi  ;  la  cut  wta  imperò  <t  Unghiri 
lodarono  ,  «  la  morto  ptani ero  ,  che  retpetti- 
vamoni9  oUt  aUri  ora  pitk  ctoile  e  poUtiea.  E 
poro  dU$  :  ee  U  Ungh»ri  et  poitùno  oomorva- 
re  in  quoiia  eho  iono ,  boati  loro  •  •  1  —  Mon- 
te. Pireneo.  Nei  1284  GiovanDa  figlia  di  En- 
rico I  di  Navarra ,  ed  ultima  di  quella  casa, 
moglie  di  Filippo  il  Bello  :  ma  fin  che  fisse 
gOTeniò  la  Navarra  da  sé  egregiamenfe.  Mori 
nel  1304 ,  e  le  soccesse  Luigi  ultimo  suo  fi- 
gUo ,  che  nel  1307  si  fece  eoronar  re:  t,  mo^ 


Di  questo ,  Nicos  la  e  Famagosta 
Per  lalor  bestia  si  lamenti  e  garra« 
50    Che  dal  fianco  deU*  altre  non  si  scosta. 


to  ,  il  padre,  fti  primo  a  dirsi  re  di  Fran- 
cia e  Navarra. 

49.  Arra.  Segno  alla  Navarra  del  dm]  go- 
verno francese  che  l'attende  sin  il  mal  gover 
no  de*  Francesi  là  in  Cipro.  E  codm  già  Ci- 
pro è  vicino  a  moversi ,  così  si  mova  Navar- 
ra. —  Nigosìa.  Il  re  di  Cipro  ha  per  insegna 
un  leone ,  il  qual  segue  le  tracce  degli  altri 
re  bestie.  Era  re  allora  di  Cipro  Arrigo  II . 
de'  Losignani  »  dissoluto  e  credulo  ;  aweleit> 
tor  del  fratello.  Ott.  :  Continuo  Ha  toffs  ìt 
Mjnaeee  dei  ioldano. 


kSi 


CANTO 


XX  ; 


ARGO  ME  N  T  0. 

Le  antme  cantano  etcMCtma  da  »h,  dolcitnente  ;  jm  Mie  ingiemé  per  lo  eolio 
deìt  aquila.  Questo  principio  j  e  la  iimilUudine  eh'  4  fa  de'  canH  minori  e  vani 
otr  apparir  ddle  itelle  ,  è  cosa  di  cielo.  L  occhio  ddV  aquila  è  compotto  di  sei 
amirne:  la  pupilla  è  Datide;  pOs  basso  nel  ciglio  è  Traiano ,  piis  su  Ezechia, 
poi  Cogtaniino ,  poi  Guglielmo ,  e  IRifeo.  L  aquila  spiega  come  due  pagani  si  tro* 
Tino  in  gloria  ;  e  dice  eh*  ei  divennero  cristiani  :  l' uno  per  sua  umanità  tratto 
dall'  inferno  per  le  preci  di  fapa  Gregorio  ,  afpnehè  acquistasse  merito  di  salute  ; 
r  altro  per  sua  giustizia  illuminato  in  vita  da  Dio.  Questa  invenzione  fondata 
tuli  opinione  sparsa  nel  tolgo  ai  tempi  ieWautore,  tempera  la  severa  dottrina  dei- 
r  altro  canto. 

Nota  le  terzine  1,  2,  4,  5.  7,  8,  1f.  13,  15,  17;  la  ^0  alla  23;  la  25  alla  29;  U  32, 
39,  35,  37;  la  40  alla  43;  la  45,  46,  43,  49. 


1   Quando  colai  che  tuttol  mondo  alluma, 
Dell'  emisperio  nostro  ai  discende, 
E  1  giorno  d*  ogni  parte  si  eonsiuna; 

S    Lo  eie)  che  sol  di  lui  prima  a'  accende, 
Subitamente  si  rifl  panrente 
Per  molto  luci  in  che  una  risplende. 

3  E  queat*  atto  del  ciel  mi  venne  a  mente 
Come  1  segno  dei  mondo  e  de'  suoi  duci 
Nel  benedetto  rostro  fu  tacente. 


%  CiiL.  La  nona  sfera.— Paetihti.  L'o- 
M  nel  Codyìtìo  pia  Tolte.  —  Una.  Cobv.  : 
£o  iole ,  iè  prima  9  e  poi  tutte  U  corpora  ee- 
imtiali  e  «(«manlalt  aUmmina.  Seneca  dice  al- 
cuni antichi  aTsr  fatto  la  stelle  totte  attioga- 
rc  II  lame  dal  sole  (  Qaaest.  oat. ,  VII  ). 

3.  MoNpo.  Poiché  odo  dev'  esaere  l' impe- 
ratote ,  e  gli  altri  tatti  Ticarii  di  lai. 


i    Però  che  tutte  quelle  vive  luci, 
Vie  più  lucendo ,  cominciaron  canti 
Da  mia  memoria  labili  e  caduci« 

5  0  dolce  Amor  che  di  riso  t'  ammanti. 
Quanto  parevi  ardente  in  quo' favilli 
Ch'  aveano  spirto  sol  di  pensier  santi  ! 

6  Poscia  che  i  cari  e  lucidi  lapilli 
Ond'  io  vidi  'ngemmato  il  sesto  lume 
Poser  silenzio  agli  angelici  squilli, 

5.  Ajioa.  Divino.  —  Favilu.  Favillo  e 
favilla  •  come  briciolo  e  briciola.  Meglio  che 
/latiti  da  flars.  Brutta  voce:  a  poi  l'ardere 
de'  flailll  non  s'  è  mai  visto. 

6.  Lapilli.  DI  dodici  pietre  preiiose ,  V. 
r  Apoc.  —  Sisto.  Giove.  —  SgvaLi.  Tace 
eiascan'  anima  ,  e  parla  T  aquila  ,  cioè  tutu 
insieme  In  una  armonia, 

61 


182 


DEL    PARADISO 


7  Udir  mi  parve  od  mormorar  di  fiume 
Che  scende  chiaro  giù  di  pietra  in  pietra 
Mostrando  Y  ubertà  del  suo  cacume. 

8  E  come  suono  al  collo  della  cetra 
Prende  sua  forma ,  e  si  come  al  pertugio 
Della  sampogna  vento  che  penetra; 

9  Cosi ,  rimosso  d' aspettare  indugio, 
Quel  mormorar  dell*  aquila  salissi 
Su  per  lo  collo ,  come  fosse  bugio. 

10  Fccesi  voce  quivi ,  e  quindi  uscissi 
Per  lo  suo  becco  in  forma  di  parole, 
Quali  aspettava  1  cuore  ov'  io  le  scrissi. 

11  La  parte  in  me  che  vede  e  paté  il  sole 
Neiraguglie  mortali ,  incominciommi» 
Or  fisamente  riguardar  si  vuole. 

1 2  Perchè  deTuochi  ond'  io  figura  fommi , 
Quelli  onde  Tocchio  in  testa  mi  scintilla, 
Di  tutti  i  loro  gradi  son  li  sommi. 

13  Colui  che  luce  in  mezzo  per  pupilla, 
Fu  il  cantor  dello  Spirito  santo, 

Che  r  arca  traslatò  di  villa  in  villa, 
li.    Ora  conosce  1  merto  del  suo  cantoj 

7.  FiuHK.  Vi>|^.  (  G. ,  I  )  :  Ecce  gup^reiUo 
cUvoii  tramitis  undam  BHciif  ilia  e€Ld$n$  raw 
€um  ptT  l9via  murmur  Saxa  eùt,  se(U$bri$- 
f  uè  arerUia  tmnp$rat  arva. 

8.  Collo.  Maoico.  —  Vento.  Il  fiato  del 
sonatore  prende  forma  d*  acato  o  gra?e  dal 
diiodere  o  aprire  i  pertugi. 

9.  Salissi.  Qqì  V  imagine  fisica  fa  bella 
armonia  col  simbolo  morale:  ed  è  prova  della 
potenza  d*  amore  cl|'  era  nel!'  anima  del  P.  , 
tuttoché  inacerbita  o  indebolita  dall'  odio. 

li.  Fate.  C.  i:  RiguardarMltoU*  Aquila 
$ì  non  yU  «*  affitS9  unquaneo. 

12.  Occhio.  La  vede  in  profilo,  cod  no  solo 
occhio  dunque.  In  profilo  era  V  aquila  delle 
insegne  imperiali,  r.  lo  stemma  degli  Sca- 
ligeri nella  Serù  d*  aneddoti ,  n.  II ,  e.  6. 

13.  PuNLLA.  Come  più  nobile  (  Parg.  X). 
—  SpmiTo.  Eeg. ,  I  :  Dinetus  «iC  ^riiui 
Domini  a  die  iUa  in  David,  —  AacA.  (  Reg. 
11 ,  6  ).  —  Villa.  Città  (  laf. ,  I»  87). 

14.  OiA.  Conosce  il  merito  del  sao  canto, 
o  quanto  lo  spirito  che  lo  consigliava  ,  1*  a- 
masse  ;  lo  conosce  pel  premio  che  corrispon- 
de a  quel  merito.  Eatn  in  affetto  per  etsen 
«tmcUo,  Lat.  :  In  amore  eue.  V.  N.  :  Lo  cui 
nome  fu  sempre  in  grandisiima  rivertnta  di 
questa  Beatrice»  Altri  legge  eletto ,  ed  inten- 
de :  il  merito  del  canto  in  quanto  fu  ispira- 
to ,  non  in  quanto  ha  delle  umane  passioni 
ed  affetti.  C.  VI  :  Jlfa  nel  commenturar  dei 


In  quanto  efletto  fu  de!  aoo  consiglio. 
Per  lo  remunerar  ch*è  altrettanto. 

15  De'cinque  che  mi  fan  cerchio  per  ciglio» 
Colui  che  più  al  becco  mi  s*  accosta. 
La  vedoYclIa  consolò  del  figlio. 

16  Ora  conosce  quanto  caro  costa 
Non  seguir  Cristo ,  per  l' esperienza 
Di  questa  dolce  vita  e  dell'  opposta. 

17  E  quel  che  segue  in  la  circonfereosa 
Dì  che  ragiono  ,  per  l'arco  superno, 
Morte  indugiò  per  vera  penitenza. 

18  Ora  conosce  che  1  giudìcio  eterno 
Non  si  trasmuta  perchè  degno  praoo 
Fa  crastino  laggiù  dell'  odierno. 

19  L*altro  che  segue ,  con  le  leggi  e  meco. 
Sotto  buona  'ntenzion  che  fé  mal  tn^ 
Per  cedere  al  pastor  sì  fece  greco. 

20  Ora  conosce  come  1  mal  dedotto 
Dal  suo  bene  operar ,  non  gli  ò  nocifo, 
Ayvegoa  che  sìa  1  mondo  indi  distratto. 

21  E  quel  che  vedi  nell'  arco  declivo. 
Guglielmo  fu  ,  cui  quella  terra  plora 

noitfi  gaggi  Col  merto  è  parte  di  nostm  kh 
tizia  Forche  non  ti  vedém  minor  né  maggi 

15.  Pbr.  a  modo  di  ciglio. — Colui,  ifaii- 
no  (  Purg.  ,  X  ).  Di  lui  Pietro  :  De  ^n/^as 
ubi  erat  non  definitive ,  ad  eorpme  nukà: 
et ,  poenitentia  aeta  ,  tanatue  est, 

16.  Opposta.  Patita  in  Inferno. 

17.  Anco.  La  parte  piCi  alta  del  ciglto.^ 
HoRTB.  Ezechia  (  Is.  ,  XXXVIII  ;  Beg. ,  IT, 
20  )  indugiò  di  quìndici  anni  la  morte.  — 
Vera.  Disse  Ezechia  :  Reeogitaho  Hki  ...  M- 
noi  meos  in  amaritudine  animae  meae.  lVk~ 
eruitti  animam  meam  ,  %a  non  perirei  ^  ff^ 
j ecisti  post  tergum  ...  omnia  peoeaea  «aa. 

18.  DsoKo.  Aececto  a  Dio.  L'immoubWià 
de*  divini  decreti  non  é  tolta  dalla  preghìn 
che  ottiene  dilazione  od  affrellameBio  di  e^ 
sa:  poiché  già  la  preghiera  era  antifedaia, 
e  l'effetto  di  quella  prestahllfio.  AagQft.(Ci 
D. ,  XXII,  93):  Deus  ...  poteet  ad  opusist 
tmm  ,  non  nooum  ted  sempitemum  adkikm 
eontilium.  Purg.  ,  VI  :  Chi  eitna  di  gmàefe 
non  s^  avvolta  Btreké  foco  d'amor  eompiaie 
un  punto  ... 

19.  Altro.  Costantino.  —  Buo!Ca.  (latt 
XIX  ).  Monarch.  :  O  fetieem  poputum  .«•  l> 
nunquam  sua  ipso  intentio  ipeum  fiffettieed* 
—  Gedbri.  Per  cedere  a  papa  SiWettrt  9ut 
ma  ,  se  n*andò  a  Costantinopoli  (  e.  Vi). 

20.  Indi.  Inde.  Virg.  in  simile  tenso. 

21.  GcGLiEUao.  Secondo.  Ra  di  Sìciliif 


CANTO    XX. 


tsa 


hp  liange  Giflii  e  Federigo  vivo. 
Ora  coDoaca  ^«hdo  s'  iDoamora 
Lo  ciel  di  giufto  rege  :  ed  al  sembiante 
Del  suo  fulgóre  il  mi  vedere  ancora. 

Chi  crederebbe  ^ù  nel  mondo  errante 
Che  Rifeo  troiano  m  questo  tondo 
Foaae  la  quinta  delle  luci  sante  ? 

ih'  Ora  tonosce  assai  di  quel  chel  monda 
Veder  non  può  della  divina  grazia, 
Ben^ò  soa  vista  non  discema  il  fondo% 

S5    Qual  lodoletta  che  'n  aere  si  spazia. 
Prima  cantando  >  e  poi  tace  contenta 
Ddl'  ultima  dolcezza  che  la  sazia  ; 

26   Tal  mi  sembiò  Timago  della  ^mprenta 
Dell'eterno  piacere,  al  cui  disio 
Ciascuna  cosa,  quale  ell'è ,  diventa* 

TI    E  avvegna  cb*io  fossi  al  dubbiar  mio 
li,  quasi  vetro  allo  color  che  1  veste, 
Tempo  aspettar  tacendo  non  patio. 

S8    Ma  della  bocca:  che  cose  son  queste? 
Hi  pinse  con  la  forza  del  suo  peso: 
Perch*  io  di  corruscar  vidi  gran  feste» 

detto  il  buon  re  ;  saocero  d' Bnrico  di  Svevla; 
padre  di  Go  starna  ,  la  qual  geoerò  di  Arri- 
^  y  Federico  11.  Adod.  :  Fu  ...  giusto  a  m- 
piontoolty  afflava  lì  tudditi,  e  fafiaalt  tfi  tati* 
fu  pae9,  che  ti  potta  stimare  H  viven  sieir 
Uano  d*  allora  esssrs  un  vivere  del  Paradiso 
tffTMfo.  Era  ItfreraltMtffio  a  tutti  »  e  propor- 
tianatore  d^  benefUii  a  varrò  ;  a  tefiaa  ^yai (a 
rff ola  •  eke  se  un  uomo  di  corte  cattivo  o  mal 
porlanla  tfi  stia  corla  vefita  >  ara  tmfnafifa- 
n^nte  eonoseiuto  per  U  fiiaatcri  dai  tv,  a  prov- 
veduto  di  doni  e  di  rohe ,  perehi  avesse  ca- 
gione di  partirti.  Se  era  eonoseenie ,  sì  si 
partia  ;  h  non ,  cortesemente  U  era  dato  co- 
msiato.  Se  era  virtuoso  ,  ai  It  ara  aifniifnafiCa 
éonaio  ;  ma  continuo  il  tendano  a  speranxa 
éi  maggiore  dono,  in  sua  corte  si  trovava  d* 
ogni  gente  perfezione:  buoni  dicitori  in  rima, 
od  acaallafUtaftffit  cantatori  »  a  persone  d' ogni 
iotiaxf 0  m'rltiofo  ed  onesto^  Nel  lltttt  scomu- 
nicato ,  nel  77  ai  ricoDCiliò  con  la  Chiesa. 
—  GAtLo.  Il  Stoppo  (  e.  XIX  )  >  il  qaal  guer- 
reggiava la  Sicilia  per  averla  ,  e  Federigo  d' 
Aragona  ,  re  di  Sicilia  ,  bratto  ed  avaro. 

23.  Rino.  Yirg.  (  11 ,  426  )  :  Justissimus 
unus  Qui  fuit  in  Jeticnf ,  ef  servantissimus 
ttoqui.  Mori  per  la  patria.  Poae  in  cielo  Ri- 
feo non  Enea  ,  percJiè  d' Enea  non  poteva  di- 
re cb'  e*  non  sufferisse  il  puizo  pagano.  — 
Tondo.  Ciglio. 

24.  F«M»o.  Augast.  (  aerm.  38  ,  De  verb. 


9^    poi  appros«>  ccn  rocchio  più  acceso 
Lo  benedetto  aegoami  rispose, 
Per  non  tenermi  in  ammirar  sospeso: 

30  Io  veggio  c^e  tu  credi  queste  cose 
Perch'io  le  dico,  ma  non  vedi  come: 
SI  che,  se  soncredtile,  sono  ascose. 

31  Fai  come  quei  che  la  cosa  per  nome 
Apprende  ben,  ma  la  sua  quidditate 
Veder  non  puote  s  altri  non  la  preme. 

33    Regnum  codorum  vìolenzia  paté 
Da  caldo  amore  e  da  viva  speranza. 
Che  vince  la  divina  volontate  ; 

33  Nona  guisa  cheluomoairuornsovranza, 
Ha  vince  lei  perchè  vuole  esser  vinla  ; 
E,  vinta,  vince  con  sua  beninanza. 

3b    La  prima  vita  del  ciglio  e  la  quinta 
Ti  b  maravigliar  perchè  ne  vedi 
La  regìon  degli  angeli  dipinta. 

35  De*corpi  suoi  non  uscir,  come  credi, 
Gentili  ma  cristiani,  in  ferma  fede 
Quel  de'p^ssuri,  e  quel  de^passi  piedi. 

36  Che  luna  dallo  'nfemo,u* non  si  riede 


Dom.  ):  ^{n^ra  aUquantuUim  mante  Ùeum, 
magna  hea$iÌudo  est  i  tomprehondere  omnino, 
impossibile» 

26.  Imaoo.  L' aquila  è  da  Pietro  cbiamata 
integrale  judicium  justitiae.  Ed  è  una  improo- 
ta ,  un  segno  del  divino  beneplacito  ,  cb'  è 
giustlifa. 

27.  YiTAO.  Petr.  :  Cristallo  o  vetro  Non  mo- 
strò mai  di  foTe  Nascosto  altro  colore  Che  l'air 
ma  sconsolata  aUrui  non  mostri  Pia  chiari  i 
pensier  nostri,  —  Vbstb.  Petr.  :  Vestisse  d'un 
color  conforme.  —  Patìo.  Il  mio  dubbio  non 
sofferse  indugio. 

31.  QuinniTATt.  Quel  che  la  cosa  è ,  l*as- 
sema.  S.  Tom.  distingue  la  quiddità  delle  co- 
se dalle  condizioni  materiali  di  quelle  (  11.3, 
qu.  95  ).  —  Promb.  L'usa  Lor.  de  Medici. 

32.  RsoiWM,  M att. ,  XI  :  Vim  patitur ,  et 
violenti  rapiunt  illud.  Cioè  i  virtuosi  impren- 
dendo ardue  cose  ,  e  sopportando  le  avverse, 
e  dai  pericolosi  diletti  astenendosi. 

33.  SoTBANZA.  Sopravanaa  (e.  XXUI,  12). 

34.  Prima.  Traiano  e  Rifeo. 

36.  Fbob.  Jo.  :  Quis  ut  qui  vicit  mundum 
nisi  qui  credit  quod  Christus  est  lUius  Dei  ? — 
Passi.  L'usa  un  Aoon.  trecentista  nella  trad. 
della  Monarchia^  Credettero  ,  Traiano  in  Cri- 
sto nato ,  Rifeo  in  Cristo  venturo.  —  PiKbi. 
Ps.  :  Fodeninf  ffionui  meas  et  pedes  meos. 

36.  'Nfbrno.  Di  Traiano  e  simili  dice  s. 
Tom.  (  Snppl.  ,  qu.  73  ,  art.  5  ade  );  De 


kto 


DEL    PARABISO. 


Giammai  a  bnott  Toler,  tomo  alTossa; 
E  ciò  di  Tiva  speme  Ita  aiaraade: 

37  Di  Tiya  speme,  che  mise  soa  possa 
Ne  prìeghi  fatti  a  Dio  per  soscitarla , 
Si  che  potesse  saa  yopia  esser  mossa. 

38  L* anima  gloriosa  onde  si  parla, 
Tornata  nella  carne,  in  che  fu  poco, 
Credette  in  Lni  che  poteva  ajutarla. 

39  £  credendo,  s'accese  in  tanto  fuoco 
Di  vero  amor,  ch'alia  morte  seconda 
Fu  degna  di  venire  a  qpesto  giuoco. 

40  L'altra  (  per  grazia  che  da  si  profonda 
Fontana  stilla,  che  mai  creatura 

Non  pinse  l'occhio  insino  aUaprìm'onda) 
hi  Tutto  suo  amor  laggiù  pose  a  drittura. 
Perchè,  digraziaingrazia,Iddiogliaper8e 
L*  occhio  alla  nostra  redenzion  futura. 

42  Onde  credette  in  quella;  e  non  sofferse 
Da  indi  '1  puzzo  più  del  paganesmo; 

E  riprendeane  le  genti  perverBO. 

43  Quelle  tre  donne  gli  far  per  battesmo 

omnibus  taWms  dici  oporiet  quod  non  $nm$ 
in  inferno  /inalàer  deputati» 

37.  Mossa.  La  voglia  di  Traiano  potesse 
moversi  a  hene  :  non  come  in  Inferno,  dove 
mai  ranima  non  si  maove  a  buon  volere. 

38.  Poco.  Tanto  da  meritare  salute. 

39.  Giuoco.  Per  gioia  somma.  C.  XXXII  : 
Quat  è  quelVangel  che  con  tanto  giuoco  .  •? 

40.  Altra.  Rifeo.  —  Pinsi.  Porg. ,  Vili  : 
Colui  che  si  nasconde  Lo  tuo  primo  perchè , 
che  non  gli  è  guado, 

41.  Drittuba.  L'osa  fn  una  eanz.  Un  ined. 
della  Magliabeccbiana  :  Cntutissimo,  doè  ope- 
ratore di  virtù  :  del  quale  dice  Virg,  che  solo 
era  fra*  Troiani  che  osservava  tutta  dirittura, 
K  iptesta  è  la  cagione  che  mosse  Dante  a  far 
menatone  di  Un^^  Apbrsi.  Dion.  (Dellier.): 


Che  tu  vedesti  dalla  destra  ruota. 
Dinanzi  al  battezzar  più  d  un  inillnsi 

44  O  predestinazioo,  quanto  rimota 
E  la  radice  tua  da  quegli  aspetti 

Che  la  prima  eagion  non  veggion  foli  t 

45  E  voi,  mortali,  tenetevi  stretti 

A  giudicar:  che  noi  che  Dio  vederne. 
Non  conosciamo  ancor  tutti  gli  eletti. 

46  Ed  ènne  dolce  cosi  fatto  scemo; 
Perchòl  ben  nostro  in  questo  beo  s'afltaa: 
Che  quel  che  vuole  Iddio,  e  noi  voleflM. 

47  Cosi  da  quella  immagine  divina. 
Per  farmi  chiara  la  mia  corta  vista  «  * 
Data  mi  fu  soave  m^icina. 

48  E  come  a  buon  cantor  buon  citariita 
Fa  seguitar  lo  guizzo  della  corda. 

In  che  più  di  piacer  lo  canto  acquista; 

49  Si,  mentre  che  parlò,  mi  ai  fìoorda 
Ch*  io  vidi  le  due  luci  benedette. 
Pur  come  batter  d'occhi  ai  concorda, 

50  Con  le  parole  muover  le  fiammette. 

Multi  gentHes  perangéhs  redueti  sunt  odDmm. 
4^  Tei.  Fede,  Speranza  ,  Carità  (Pm. 
XXIX ,  41 }.  —  MuxBSM o.  Rifeo  viste  itti 
anni  ionanzi  6.  C.  istilntor  del  K^n^t^ 

44.  0.  Qol  Pietro  e  l'Ou.  citano  a.  Piol» 
(Rom. ,  Eph.),  s.  Tom.  e  s.  il^ailoo.  —  I^ 
TA  !  L'osa  nei  e.  VII. 

45.  Tutti.  Deus  cui  soli  cogmitms  est  m- 
merus  eleòtorum  in  superna  felidtau  locmiwi 

4e.  VoLBM o.  Conoscano  per  conpsetaaso  ad 
Conv.  (II,  1). 

47.  Divina.  DipinU  da  Dio  (e.  XVIII,  3f7]. 

48.  GiTxaiSTA.  Conv.  ( I ,  lì):  U  mai  ce- 
terista biasima  la  eetera* 

49.  DuB.  Traiano,  Rlfeo.  —  CosccoiAA. Va- 
narc.  :  Concordia,  uniformit  mofm 
voluntatum. 


M5 


CANTO    XXÌ. 

I 


^mmmmH^ 


A  R  G  O  M  ÈN  T  0. 

Guarda  in  Beatrice ,  e  sale  in  Saturno.  Ella  non  sorride  quiti ,  perchè  l  uo- 
mo non  poirebbe  sostenere  la  dolcezza  delt  alto  sorriso  ;  e  gli  spiriti  per  la  ragione 
islessa  non  cantano.    YeS  egli  una  scala  simile  a  quella  di  Giacobbe ,   simboleg- 

K*  nte  l"  altezza  del  contemplare  j  e  per  essa  l*  anime  de  santi  eremili.  S.  Pier 
miano  gli  parla,  e  risponde  circa  la  predestinazione;  domanda  alquanto  far- 
xaia  in  questo  luogo  ,  ma  tiratavi  dal  P.  per  poter  toccare  di  quesV  alto  dogma  ^ 
si  che  nessuna  sublimità  della  fede  foss^  esclusa  dal  suo  Paradiso.  Dalla  semplicità 
dofjU  antichi  monaci  gli  s*  apre  facile  via  a  maledire  le  pompe  de*  nuovi  prelati. 

Piena  di  ▼]!«  lirica  è  la  fine  del  canto  ,  e  di  mistiea  altezza  il  principio. 
NoU  le  terzine  2,  4,  5,  8,  10^  11,  13,  14,  16,  31,  24;  la  33  alla  3G,'  la  39,  40; 
la  4S  fino  ali'  nltima. 


a 


8 


Cià  eran  gli  occhi  miei  rifissi  al  volto 
Della  mia  donoa,  e  Vaoimo  con  essi; 
E  da  ogni  altro  intento  s'era  tolto. 

Ed  ella  non  ridea;  ma:  8*io  ridessi^ 
Mi  eominciòy  la  ti  faresti  quale 
Fa  Semole  quando  di  cenar  fessi. 

Che  la  bellezza  mia  f  che  per  le  scale 
I>ell'eterno  palazzo  più  s'accende, 
Com*  hai  veduto,  quanto  più  si  ssJe) , 


S.  SainU  (  Or. ,  Met. ,  III ,  294  ). 

4.  FaoMDA.  Ramoscello.  Bocc.  (Ninf. ,  89): 
CoIm  due  frondi ,  E  d'eue  una  ghirlanda  si 
/beeva.  —  Sgosgindb.  Porg. ,  Xll  :  Cofne  tuon 
ohe. . .  Subito  la  nuvola  seoieende, 

5.  Settimo.  Satarno,  pianeta  freddo,  che, 
al  dire  di  Tolomeo,  fa  V nomo  malinconico , 
DODCorante  del  vestire  ,  né  d'  altro  ornamen- 
to. Però  Ti  colloca  gli  eremiti.  Da  questo  pia- 
■eta,  secondo  Macrob.  (  Som.  Se.,  I,  12) la 
virtù  contemplatifa  discende.  —  Lioiiit  ^atnr- 


4  Se  non  si  temperasse,  tanto  splende. 
Che  1  tuo  mortai  podere  al  suo  fulgore 
Sarebbe  fronda  che  tuono  scoscenoe. 

5  Noi  sem  levati  al  settimo  splendore 
Che  sotto  1  petto  del  lione  ardente 
Raggia  mo  misto  giù  del  suo  valore. 

6  Ficca  dirietroagli  occhi  tuoi  la  mente, 
E  fa  di  quelli  specchio  alla  figura 
Che'n  questo  specchio  ti  sari  parvente. 

no  era  allora  nel  grado  otto ,  minati  quaran- 
tasei del  Leone  i  il  sole  in  Ariete  in  princi- 
pio. -—  Ardbntb.  Ott.  :  Leo  è  di  natura  eoi* 
da  e  secca;  ed  era  nett  ottavo  grado.  -^  Va- 
LOBi«  Conv.:  Valore  è  quasi  potensa  di  na* 
tura ,  ovvero  bontà  da  queUa  dola. 

6.  SPBCcnio.  Specchio,  dice  il  sole  (  Purg., 
IV,  21  ).  V.  Arist.  (  li ,  De  An.  ).<^Spbcqbio. 
Petr. :  Di  viva  nsve ,  in  ch'io  mi spscekie  e 
torgot 


&86 


DEL    PARADISO 


7  Qaal  sapesse  qaal  era  la  pastan 
Del  viso  mio  neir  aspetto  beato 
Quand*  io  mi  trasmutai  ad  altra  cara, 

8  Conoscerebbe  quanto  m' era  a  grato 
Ubbidire  alla  mia  celeste  scorta  , 
Contrappcsando  Y  un  con  1*  altro  lato. 

9  Dentro  al  cristallo  che  *l  vocabol  porta, 
Cerchiando  il  mondo,  del  suocarcduce, 
Sotto  cui  giacque  ogni  malizia  morta  , 

10  Di  color  d'oro  in  che  raggio  traluce, 
Vid*  io  uno  scalèo  eretto  in  suso 
Tanto  che  noi  seguiva  la  mia  luce. 

11  Vidi  anche  per  li  gradi  scender  giuso 
Tanti  splendor.ch'  i'pensai  eh* ogni  lume 
Che  par  nel  ciel,  quindi  fosse  diffuso. 

12  E  come  per  lo  naturai  costume 

Le  polo  insieme  al  cominciar  del  giorno 
Si  moYono  a  scaldar  le  fredde  piume , 

13  Poi  altre  vanno  via  senza  ritorno , 
Altre  rivolgon  sé  onde  son  mosse , 
E  altre  roteando  fan  soggiorno  ; 

1&    Tal  modo  parve  a  me  che  quivi  fosse 
In  quello  sfavillar  che  'nsieme  venne , 
Si  come  in  certo  grado  si  percosse. 

15  E  quel  che  presso  più  ci  si  ritenne  , 
Si  fé  si  chiaro  eh'  io  dicea  pensando  : 
Io  veggio  beo  V  amor  che  tu  m'accenno. 

16  Ma  quella  ond'io  aspetto  il  come  e'I  quando 
Del  dire  e  del  tacer,  si  sta  :  ond'io 
Centra  1  disio  fo  ben  s' i'  non  dimando. 

17  Perch'  ella  che  vedeva  il  tacer  mio 
Nel  veder  di  Colui  che  tutto  vede, 

[i  disse:  solvi  iltoo  caldo  disio. 


7.  Aspetto.  Di  Beatrice. 

8.  ALTRO.  Se  tanto  era  il  piaeer  di  veder- 
le.  e  s' io  pur  r  ubbidii  con  ugual  piacere 
per  vedere  altre  cose,  or  pensa  la  gioia  di 
tale  spettacolo. 

9.  Cristallo.  V.  18  :  5pecc^to.  —  Suo.  Del 
Biondo*  —  Morta.  Int. ,  XiV  :  Sotto  *i  cut  re- 
^e  già  fu  *l  mondo  casto. 

10.  Oro.  Taoto  preziosa  è  la  vita  contem- 
plativa. —  Scalèo.  Gradi  del  contemplare*  In 
Marte  pone  per  iscala  la  croce,  segno  di  mar- 
tirio; in  Giove  l'aquila,  segno  d' impero.  — 
Luca.  Occhio.  P. t  Orbo iWMa  lu€9.  Inf. ,Xt 
Quoi  cV  Ka  moto  luc9, 

11.  LOMR.  Degli  astri» 

12.  Poli.  Lat.  eumùc.  ^  PRtoni.  Simili* 
tttdine  conveniente  a  Saturno ,  non  ai  beati 
che  ardono  in  Dio* 


18  Ed  io  incominciai  :  la  mia  mercede 
Non  mi  Ca  degno  della  tua  risposta  ; 
Ma  per  colei  che  '1  chieder  mi  concede* 

19  Vita  beata  che  ti  stai  nascosta 
Dentro  alla  tua  letizia ,  fammi  nota 
La  cagion  che  si  presso  mi  t*  accosta: 

20  E  di*  perchè  si  tace  in  questa  mota 
La  dolce  sinfonia  di  paradiso 

Che  giù  per  Y  altre  suona  si  divota. 

21  Tu  hai  r  udir  mortai  si  come  1  viso  » 
Rispose  a  me  :  però  qui  non  si  canta  « 
Per  quel  che  Beatrice  non  ha  riso. 

22  Giù  per  li  gradi  della  scala  saola 
Discesi  tanto  ,  sol  per  farti  festa 

Col  dire  e  con  la  luce  che  mi  ammanta. 

23  Nò  più  amor  mi  fece  esser  più  presta; 
Che  più  e  tanto  amor  quinci  su  ferve, 
Si  come  1  fiammeggiar  ti  manifesta. 

24*    Ma  r  alta  carità  che  ci  fa  serve 
Pronteal Consiglio  che'!  mondo  governa. 
Sorteggia  qui ,  si  come  tu  osserve. 

25  Io  veggio  ben,  diss'  io ,  sacra  lucerna, 
Come  libero  amore  in  questa  corte 
Basta  a  seguir  la  provvidenza  eterna. 

26  Ma  questue  quel  ch'a  cerner  mi  par  forte: 
Perchè  predestinata  fosti  sola 

A  questo  ufficio  ^ra  le  tue  consorte. 

27  Non  venni  prima  all' ultima  parola. 
Che  del  suo  mezzo  fece  il  lume  centro, 
Girando  sé  come  veloce  mola. 

28  Poi  rispose  Y  amor  che  v'era  denlro: 
Luce  divina  sovra  me  a*  appunta  • 
Penetrando  per  questa  onaio  m'mvenlro. 


14.  Pbrcossb.  Gianse  a  certo  grado  ddk 
acala. 
16.  Stji.  TaciU. 

18.  Mrrcbdr.  Uerito.  Inf.,  IV:  $*  taliteR* 
no  «itrcedt. 

19.  Nascosta.  C.  V:  IVr  più  letitia  ^m 
$i  nascoie  Dentro  al  iuo  raggio  la  figura  mrH» 

20.  Taci.  Anco  perchè  gU  eremiti  tadlant 

33.  FiAMHtcoiAa.  C.  XIV:  Lammthimm' 
Ma  iégmta  V  ardor9  ;  L*  aréor  la  «tmì ona. 

34.  SoRTBAGiA.  M' elegge  a  parlarti.  Serli. 
nel  senso  virgiliano,  non  è  casoale. 

26.  Consorti.  Per  contorti  p  eone 
per  ftfi^iit  (  e.  XXIII }. 

27.  CiitTRO.  Purg.,  XIII.*  Fect  M 
lato  ol  mowr  ctnfro.  —  Mola  (  e.  XII ,  i  )• 

2S.  lifVimtRO.  Nel  eoi  veotrt  io  son  ekéa* 
so.  Non  bello. 


CANTO    XXL 


487 


SO    La  cui  virtù  col  mio  veder  congionta 

Hi  leva  sovra  me  tanto  eh'  io  veggio 

La  somma  Esseozia  della  quale  è  munta. 

30QuÌDCÌvlenrallegrezzaoDd*iofiammeggio: 

Perch'alia  vista  mia,  quant*ella  è  chiara, 

La  chiarità  della  fiamma  pareggio. 

31  Ma  quell'alma  nel  elei  che  più  si  schiara, 
Quelserafinche'nDiopiùrocchiohafisso, 
Alla  dimanda  tua  non  soddisfarà. 

32  Perocché  si  s*  innoltra  neir  abisso 
Dell'  etemo  statato  quel  che  chiedi , 
Che  da  ogni  creata  vista  è  scisso. 

33  E  al  mondo  mortai ,  quando  tu  riedi, 
Questo  rapporta ,  s)  che  non  presumma 
A  tanto  segno  più  mover  li  piedi. 

3h  La  mente  che  qui  luce,  in  terra  fumma. 
Onde  riguarda ,  come  può  laggiùe 
Quel  che  non  punte,  perchèi  ciel  Tassumma 

85  SI  mi  prescrisser  le  parole  sue, 

Cb*  io  lasciai  la  quistione,  e  mi  ritrassi 
A  dimandarla  umilmente  chi  fue. 

86  Tra  duo  liti  d*  Italia  surgon  sassi 

19.  Munta.  Da  cui  scende  essa  lace.  Al- 
tra metafora  dod  gentile.  G.  XX:  Groìrìa  che 
da  ȓ  profonda  Fontana  itilla. 

30.  Vista.  Di  Dio. 

31.  Sqdpisfaea.  Come  podétta  (  Inf.,  VI  ). 
I>eIIa  predesUnaiione,  s.  Tom.  (  Coni.  Gent.  ); 
il att. ,  XXIV  ;  Agost.  (  Hom.  in  festo  s.  Jac. 
CI  Pbil.  ). 

32.  Scisso.  Aog.  (  sop.  Jo.  ):  Quan  Dati 
aUquoi  pftMdesftnaviC ,  aliqtun  improbavit  ? 
non  9itdan  rationem,  niii  gtiod  Dtutvolìut, 
Pnrg. ,  VI  :  Beno  In  tutto  daW  accorger  no- 
Biro  letMo. 

34.  PiACBÈ.  Gaarda  se  io  terra  si  può  ve- 
dere, quel  ebe  non  pnossi  in  cielo.  Inf.  (XXXII. 
31  ):  Pìnthè  tu  mi  ditehiomi ,  Né  ti  dirò. . . 

33.  PuscEissBR.  Restrinsero  11  mio  colera. 
Petr.  :  L'onorata  fronda  che  preecrive  L'ira 
dtl  del. 

30.  Liti.  Tra  *ì  Tirreno  e  l'Adriatico.  — 
ftAsai.  Apenninj.  In  qaesto  senso  osa  saxum 
Virg.— Patiia.  Qoanta  poesia  in  questo  verso 
al  semplice  !  —  Tcovi.  Cbe  si  formano  nella 
seeooda  ragione  dell'  aria  (  Arist. ,  Meteor.  ). 

37.  Gatbia.  Gigante  desìi  Apennini.  Nel 
ducato  d*  Urbino  tra  Gubbio  (  ove  dimurò 
Pante  )  e  la  Pergola.  —  Ermo.  S.  Croce  del- 
la Villana.  —  Latria.  Culto  a  Dio:  dulia  al- 
la creatura. 

38.  Terzo.  Parlò  gU  due  volte  (t.  21,  28). 
bBRMO  (  lof. ,  XUl,  46  ). 


SE  non  molto  distanti  alla  tua  patria) 
Tanto  che  i  tuoni  assai  suonan  più  bassi, 

37  E  fanno  un  gibbo  che  si  chiama  Catria, 
Disotto  al  quale  è  consecrato  un  ermo 
Che  suol  esser  disposto  a  sola  latria. 

38  G)8l  ricominciommi  il  terzo  sermo  ; 
E  poi  continuando  disse  :  quivi 

Al  servigio  di  Dio  mi  fei  si  fermo , 

39  Che  pur  con  cibi  di  liquor  d' ulivi 
Lievemente  passava  e  caldi  e  geli 
Contento  ne'  pensier  contemplativi. 

kO  Render  solca  quel  chiostro  a  questi  cieli 
Fertilemente  ;  ed  ora  è  fatto  vano , 
SI  che  tosto  convien  che  si  riveli. 

&1    In  quel  loco  fu*  io  Pier  Damiano: 
E  Pietro  Peccator  fui  nella  casa 
Di  nostra  Donna  in  sul  lito  addano. 

43    Poca  vita  mortai  m*  era  rimasa 
Quando  fui  chiesto  e  trattoaquel  cappello 
Che  pur  di  male  in  peggio  si  travasa. 

&3  Venne  Cephas ,  e  venne  il  gran  vasello 
Dello  Spirito  santo  ,  magri  e  scalzi, 

40.  Vano.  Di  bene.  G.  X:  U' ben  «' tmpm* 
gua  se  non  si  vaneggia. 

41.  Peccator.  Petrarca  (V.  solit.,tr.  Ili, 
1.  1 ,  e.  17  )  :  Pstrus  nune  oeeurrit  ille  qui 
Damiani  eognomen  habet  :  quamvis  et  de  hoc 
ipso ,  et  de  vita  rebusqìie  viri  hujus  agentiurn 
discordatio  muUa  iit,.,Quum  exactius  verum 
quaerens ,  usque  ad  coenobium  ubi  is  fioruit 
misitsem  qui  mihi  eomperta  omnia  reportarent 
religiosorum  loci  illius  assertione  didici ,  /uti- 
se  eum  primo  quidem  soUtarium  ,  inde  altiut 
eveetum  ,  do  munì  uUro  ad  soUtudinem  redOi' 
se.  —  Adriano.  Per  adrioltoa:  ha  nel  Conv. 
Pietro  degli  Onesti  »  detto  il  Peccatore ,  mori 
d*  anni  ottanta  nel  1119 ,  e  fondò  il  mona- 
stero di  s.  Maria  del  Porto  presso  Ravenna: 
Pier  Damiano  mori  nel  1080  :  e ,  giovane , 
era  entrato  al  monastero  di  Fonte  Avillano, 
dove  r esule  P.  soggiornò  qualche  tempo:  di 
che  rimane  a  memoria  un'effigie  di  lui.  Pare 
che  alcuni  confondessero  al  tempo  di  Dante 
Pier  Damiano  con  Piero  Peccatore  ,  s' egli 
qui  discende  a  siffatta  awertenia. 

42.  Tratto.  Quasi  di  fona.  —  Cappello. 
Di  cardinale.  Ott.  :  Ber  digrUtade  di  eappeUo 
non  mutò  abito  d'  animo  ,  ni  velo  di  vesti- 
mento ,  e  di  lui  si  leggono  laudabili  opere. 

43.  Cephas.  Jo.  ,  II  :  IW  vocaberis  Cephas: 
quod  interpretatur  Mr«f.  — Vaseu.0.  S.  Pao« 
lo.  Vai  eieetionis  (  Inf.  »  II.  ) 


hSS 


DEL    PARADISO 


Prendendo  il  cibo  di  qualunque  ostello. 
hk  Or  voglion  quinci  e  quindi  chi  rincalzi 

Li  moderni  pastori ,  e  chi  gli  meni, 

Tanto  8on  gravi  ;  e  chi  dirietro  gli  alzi. 
45    Copron  de'  manti  lor  gli  palafreni, 

SI  che  duo  bestie  van  sott'  una  pelle. 

O  pazienzia  che  tanto  sostieni  ! 


Ai.  RuccALzi.  Regga  quando  vanno. 

4IS.  Bbstib.  Bestia  arrabbiata  chiamò  Fede- 
rigo la  corte  di  Roma.  —  Pbllb.  S.  Bem.  : 
In  itinere  incedunt  nitidi  et  omaH ,  etreiim- 
amidi  varietatibue  ,  tanquam  fponia  proee* 
den$  de  thalamo  mo. 


46  A  questa  voce  vid*  io  più  fianuneUe 
Di  grado  in  grado  scendere  e  girarsi; 
Ed  ogni  giro  le  facea  più  belle. 

47  Dintorno  a  questa  Tennero,  e  fermarsi; 
E  fero  un  grido  di'  si  alto  suono 

Che  non  potrebbe  qui  assomidiarsi. 

48  Né  io  lo  'ntesi  :  si  mi  vinse  il  tuono. 


46.  Gbado.  Della  scala. 

47.  Questa.  Il  Damiano. 

48.  Tuono.  Ott.  (t.  II,  p.  923  ): 
no  ,  perocché  'fu  voce  divina  .  non  intelligi- 
bile a  uomo,  Cootro  i  tristi  usi  de^  chierici, 
V.  Gregorio  Nazianzeno  (  Orat.  XXZII }. 


489 


CANTO     XXIL 


A  H  G  O  M  K  \  T  O. 

H  tanto  grido  lo  onorila  ,  ma  non  lo  fa  cadere  tramortito,  poich*  egli  è  nella 
regùm  della  vita.  S.  Benedetto  gli  parla:  Dante  desidera  vederlo  ,  tanto  ne  ama 
ì^imagine.  Meritamente  ,  jmchè  Benedetto  fu  autore  ali*  Italia  di  doppia  civiltà. 
Quindi  prende  oceoiione  a  dannare  %  nuoti  frati  corrotti,  E  tutto  il  Paradiso  è 
fieno  iT  anatemi  contro  %  frati.  Poi  tale  al  cielo  stellato ,  net  Gemini  j  ino  segno 
natale^  segno  di  scienza:  e  questo  gli  rammenta  il  dolce  luogo  nel  guale  egli  na- 
cque. Di  lì  guarda  in  giù  le  sette  spere ^  e  la  piccola  terra:  poi  torna  cogli  occhi 
atta  danna  sua. 


Cinto  tìto  di  poesia  vera. 

Noia  le  prime  sei  terzine  ;  la  8,  10,  11,  12,  14  :  la  1G  alla  20  ;   la  22  alla  20  ;  la 
28.  30;  la  33  alU  37;  la  39,  40;  U  42  alla  45;  la  48  ,  50 ,  51. 


1    Oppresso  di  stupore  ,  alla  mia  guida 
Mi  yol^i  come  parvol  che  ricorre 
Smopre  colà  dove  più  si  conGda. 

S"   E  quella,  come  madre  che  soccorro 
Subito  al  figlio  pallido  e  anelo 
Con  la  sua  voce  che  *l  suol  ben  disporre  , 

3    Mi  disse  :  non  sai  tu  che  tu  se'  n  cielo? 

1.  OrFmisso.  Boct.  (1,2):  r«  ...  stupor 
tipfressit,  —  Fabvol.  Simile  comparazione  è 
nel  Porg. ,  XXVll,  parlando  del  suo  Virgilio. 
Virgilio  (  (à  già  notato  )  è  il  simbi»lo  dell' i- 
•piraxione  pagana  ;  llpairice  della  cristiana. 

S.  Mainìb.  Altra  rom^raziaue  usata  par- 
lando di  Yirg.  nell'  Inf.  ,  XXIII.  —  Anilo. 
L'  osa- il  Poliz.  (  l .  1)5).  I  due  epiteti  dipin- 
gono :  e  si  noti  come  Dame  sia  scarso  d*  e- 
piteli ,  come  il  Petrarca  paia  uno  scolaro  al 
»no  paragone.  Nel  principio  del  canto  T affet- 
to ,  alla  sesta  terzina  una  sentenza  ,  alla  ot- 
tava una  pittura ,  alla  undecima  un  concetto 
gentile  ;  poi  storia,  poi  di  nuovo  affetto,  poi 
Mtira ,  e  allustoai  bibliche ,  e  ceuni  astroao- 


E  non  sai  tu  che*l  cielo  è  tutto  santo, 
E  ciò  che  ci  si  fa ,  vien  da  buon  zelo? 
Come  t* avrebbe  trasmutatoli  canto 
Ed  io  rìdendo  :  mo  pensar  lo  puoi  ) 
^oscia  che  '1  $;rido  t*  ha  mosso  cotanto  ? 
Nel  qu  >1  se  *ójte8o  avessi  i  prioghi  suui , 
Già  ti  sarebbe  noia  la  vendetta 


1 


mici  ;  poi  alla  trentesima  terza  una  pittura  , 
e  alla  trentesimaottava  un  volo  llriòo,  cuna 
vera  ed  alia  moralità  di  poesia  nella  fine.  In 
centocinquanta  versi  quanti  generi ,  e  quanti 
ingegni  ! 

4.  Canto  (  c.  XXI  .  2;  e.  XXlll  ,  16).  Il 
grido  potè  con  la  lui  za  ;  ma  il  suono  V  avreb- 
be vinto  di  dolcezza  :  e  la  dolcezza  è  più  po- 
tente sugli  animi  della  forza.  Dante ,  il  fiero 
ingegno  di  Dante  ,  con  questo  cenno  lo  dice. 

5.  QuAL.  Grido.  —  VsnniTTA.  Pena  (  e. 
VI  ).  Parla  con  tanto  sigira  severità  della 
Chiesa  profanata  dagli  scifidall ,  perchè  se- 
condo i  principii  della  sna  Monarcb.':  sueces» 
sor  i^tri  non  aequivalst  divinas  austoritati, 

62 


MO 


DEL    PARADISO 


La  qaal  vedrai  innanzi  che  tu  miioi. 

6  La  spada  di  quassù  non  ta^ia  in  fretta 
Né  tardo  ,  ma  cite  al  piacer  di  itului 
Che  desiando  o  temendo  l'aspetta. 

7  Ma  rivolgili  omai  inverso  altrui  ; 
Ch*  assai  illustri  spiriti  vedrai  « 
Se ,  com'  io  dico,  la  \i<ta  reduì. 

8  Com^  a  lei  piacque ,  gli  occhi  dirizzai , 
E  vidi  cento  sperule  che  'nsieme 

Più  s^  abbellì van  con  mutili  r;ii. 

9  lo  stava  come  quei  che  ^u  sé  repreme 
La  punta  del  disio,  e  non  s*  attenta 
Del  dimandar ,  si  del  irop|)o  si  teme. 

10  E  la  maggiore  e  la  più  lucalenta 
Di  quelle  margherite,  innanzi  fessi 
Per  far  di  sé  la  mia  voglia  contenta. 

1 1  Poi  dentro  a  lei  udì*  :  se  tu  vedessi 
Coni*  io,  la  carità  che  tra  noi  arde. 
Li  tuoi  concetti  sarebbero  espressi. 

12  Ma  perchè  tu  aspettando  non  tarde 
Air  alto  fine,  io  ti  farò  risposta 

Pure  al  pensier  di  che  si  ti  riguardo. 

13  Quel  monte  a  cui  Cassino  è  nella  costa, 
Fu  frequentato  già  in  su  la  cima 
Dalla  gente  ingannata  e  inai  disposta. 

totltm  in  operaHofiB  naìuraè  martalu.  Jer. , 
XI  :  DomtiM  5a6aol4  ,  qui  judieas  junU ,  et 
ffoba»  renés ,  el  eorda ,  videum  uUioutm  luam 
ex  «ti.  —  Muoi.  Forse  predice  la  inurie  di 
Bonifaxio  (  Porg. ,  XX  );  u  meglio  il  viuciior 
della  lopa.  Oli.  :  Tulio  dì  ,  chi  guata  con  la 
mente  tana  ,  si  vede  di  ^ueete  vet^tle  e  yiu' 
Btixie  di  Dio, 

6.  Spada.  Sap. ,  XII  :  Cum  tranquiUitate 
jwUeoi.  Kccl.  ,  V  :  iilltsitimif  est  ...  paiiene 
redditor,  V.  Mass.  ;  Cerfo  gradu  ad  vindietam 
eui  divina  procedit  ira ,  tardiiatemifue  suppti- 
eu  gravitate  eompefual.  Simili  sentenze  boiio 
io  8.  G.  Grisost. ,  e  iu  Seneca.  —  Ma  cub 
(  lof.  ,  IV  ,  9  ). 

7.  EsDui.  Eeducii  recooducl;  come  /et  per 
/bei, 

tt.  RspRBHB.  Reprime  :  come  nel  e.  |V , 
ipreme  per  eeyrime,  —  Punta.  C.  i  :  Dteio 
Mai  non  tentilo  di  cotanto  acume.  —  Trop- 
Fo.  Dell*  eccedere ,  e  divenire  molesto. 

10.  MAGeiotB.  Post.  Caet.  :  5.  Benedietus, 
^iM  non  luAbuit  parem  in  religione.  Aoon.  : 
Fu  prima  eremita ,  pai  eirea  U  anni  del  Si- 
gnore tt30  fdt/Scò  U  ...  monitterio  (  di  Monie 
Cassino  )  ...  Fa  natio  di  Norcia  ,  e  etudiò  a 
ttoma.  —  1IAB6HBBITB.  Chiaiuò  (e.  VI)  mar*- 
Iberila  U  piaoait  Mercurio. 


H    Ed  io  son  quel  che  su  vi  portai  prima 
Lo  nome  di  Colui  che  *o  terra  addudiìe 
La  verità  che  tanto  ci  sublima  ; 

15  E  tanta  grazia  sovra  me  rilusse 
Ch*  io  ritrassi  le  ville  circonstanti 
Dall'  empio  eulte  che  '1  mondo  seduftse. 

16  Questi  altri  fuochi,  tutti  contemplanti 
Uomini  furo,  accesi  di  quel  caldo 

Che  fa  nascere  i  fiori  e  i  frutti  santi. 

17  Qui  è  Maccario,  qui  è  Romoaldo  ; 
Qui  son  h  fra  ti  miei  che  dentro  a' chiostri 
Fermar  li  piedi  e  tennero  *1  cuor  saldot 

18  Ed  io  a  lui  :  l  aiTetto  che  dimostri 
Meco  parlando ,  e  la  buona  sembianza 
Ch'iove^fzioenotointuUi  gli  ardor  vostri 

19  Cosi  m'ha  dilatata  mia  fidanza 
Come  1  sol  fa  la  rosa  quando  aperta 
Tanto  divien  quant*  dia  ha  di  possaua. 

20  Però  ti  prego,  e  tu,  padre,  m'accerta 
S*  io  posso  prender  tanta  grazia  ch'io 
Ti  veggia  con  immagine  scoverta. 

21  Ond'egli  :  frate ,  il  tuo  aito  disio 
S*  adempierà  in  su  V  ultima  spera 
Ove  s*adempion  tutti  gli  altri  e  1  mio. 

22  Ivi  è  perfetta,  matura  ed  intera 

12.  FiKb.  Salire  a  Dio. 

13.  Cima.  V  era  il  tempio  d' Apollo  t  è 
Diana.  S.  Benedetto  eresse  una  chiesa  in  oneit 
dei  ss.  Batista  e  Martioo  »  non  la  cìmm»  mft 
sulla  costa  del  mttnte.  S.  Gregor.  :  Mhme  fet 
tria  mitUa  in  altum  $e  eubriyene  ...  C/'ftt  fi^ 
tuititiimum  fanuw  fuit  . . .  eircumt^m&^em  i» 
euUu  daemonuin  luci  sueerevenuU.  Ife»  «o# 
Dei  perveniene  contrivit'  idolum  ,  emkmrUi^ 
ratti,  tuccidit  lueoe  ...  eC  commormmum eèh 
cumifuaque  multitudin«m  ynMaUiouimne  emaJ* 
nua  ad  fidem  vocabat. 

16.  Caldo.    C.   XXXIII  :   V  amore  Hr  k 
cui  ealdo  neW  eteuim  jioce  Caeì  é 
questo  fiore, 

17.  Maccario.  Eremita  del  Y  secolo. 
saudrino,  rettore  di  cinquemila  noaaci:  srfii' 
se  le  regule  niuuastiche.  —  Homoaldo.  Fee* 
datore  dell*  urdiue  camaldolese;  vUaesdi»- 
colo  X  •  nacque  a  Havenua.  Di  Ivi  nane  ». 
Pier  Damiano.  —  Cuor.  Moa  soli  i  piadit 
com'  ora  faiiuo. 

18.  AmDur.  C.  V:  Più  di  miiU  sflmkn 
Trani  ver  noi. 

20.  ScoviRTA.  Del  lane  che  li  cela. 

21.  Ultima,  (e.  XXII,  12).  Dove  son  Ioaii 
beati.  Qui  gli  si  mostrano  sotto  forma  dà  luatm» 

22.  30LA*  In  quella  sper»  è  itnmuiàls 


CANTO    XXII. 


Wì 


Ciasctirui  disKanza  ;  in  quella  sola 
È  ogni  parte  là  dove  sempr'  era  : 

23     Perchè  non  è  in  liiogoe  non  s*  impola. 
E  nostra  scala  infino  ad  essa  varca  : 
linde  C06Ì  dal  viso  ti  s'invola. 

SSk  Infin  lassù  la  vide  il  patriarca 
lacob  isporger  la  supeiìna  parte 
Quando  gli  apparve  d*angeK  si  carca. 

S5    Ma  per  salirla  mo  nissiin  diparte 
Sa  terra  i  piedi  ;  e  la  regola  mia 
Rimasa  è  giù  per  danno  delle  carte^ 

96  Le  mura  che  solcano  esser  hadia  , 
Fatte  sono  spelonche  ;  e  le  cocolle, 

•  Sacca  son  piene  di  farina  ria. 

97  Ma  grave  usura  tanto  non  sì  tolte 
Ointra  1  piacer  diDio^qiiantoquelfrutte 
Che  (a  il  cuor  dr'  monaci  sì  folle. 

98  Che  qua ntumiue  in  OvU^n  guarda  »  tutto 
£  della  gente  che  per  JHo  dimanda  » 

Vìm  Lvoao.  11  mAta  è  mntaxfone  di  tao^rf^: 
cfù  file  non  è  in  luogo  non  «i  paò  dun«|ue 
movere.  Gonv.  (  II,  4  ),  dell' uliWno  cielo:  Ed 
•sso  fiOA  è  in  ìuogQ ,  ma  fotrmalg  fu  $olo  nella 
ftrima  metile  •  • .  CioMcuno  eiela  di  ioUo  dal 
ariMtaUino  ka  du$  voli  fermi  »  in  qwanto  aie; 

•  Iv  mono  ffU  ha  férmi  e  fini  e  non  mutabiii 
secondo  alcuno  riepetto  —  Scala.  Di  perfezìoi- 
••  MMiastica.  —  Viso  (e.  lY,  4). 

S4.  lACOB.  Gen.,  XXVIIl:  Viditque  tueam- 
fili  eeedam  eiantem  euper  lermam,  et  coeumefi 
•IMw  tanfone  eoelum,  —  Anosli.   ▲seesdenll 

•  élcaadeotl  :  e  coeì  dica  Pietro  ,  dovrebbe 
tea  gli  aomlni  religiosi  da? vero  »  e  I  prioci* 
fA  della  Chiesa:  ascendere  a  Dio  per  la  pre- 
glllara»  per  la  misericordia  sceadere  agli  ao- 

■liBI. 

M.  DAinfo.  Gli  è  vn  batter  via  carta  a 
iraacriverla.  Nessuno  V  adempie. 

M.  SntLONCHB.  Dice  Gesù  Cristo  ai  Yendi- 
tori  Bel  tempio  (  Maith.,  XXI  ):  Feciflts  Ulom 
M^luneam  latronum,  Jer.,  VII:  Numqmidtr^ 
pi»  Mpelunea  Uurofiutn  facia  eit  domui  tfia. 
in  yma  invocatum  e$l  nomei»  meum  in  ocuUt 
«efirù? 

S7.  Usua  A.  Alessandro  III ,  rimprovera  ai 
■Kinaci  ed  egh  abaii  cisterciensi  l'usura.  S. 
Bcm.:  FacuUatB»  eccletiarum  pahiwumia  iuni 
pmuperum  :  et  eavnlega  mente  eie  iurripitur 
fwieyu^  eibi  ménuir i  et  diepeneatore»  ,  uitra 
eneltim  ec  veiiitum ,  tuteipnmt,  Pietro  di  Dan- 
sa  i|tti  cita  sentenza  simile  di  s.  AgostiDo. 

SM.  GuABDA.  ^«llsa  spenderli  a' suoi  usine' 
ccasarii.  L'UU.  riia  s.  Giruleroo  :  Ciò  che  han* 
na  U  eheriei ,  è  de*  poveri  •  • .  Airfe  di  eagritfi- 


Non  di  parante,  nò  d'altfnpm  brutto, 

29  La  carne  de*  mortali  ò  tanto  blanda, 
Che.giù  non  basta  buon  eominciamento 
llal  nascer  della  quercia  al  farlaghiand;i. 

30  Kiorcominciò  senz*oreespii/a  argento^ 
Ed  io  con  orazione  e  con  digiuno, 

£  Francesco  umilmente  il  suo  convento. 
SI     E  ae  guardi  al  princtpio  di  ciascuno  , 
Poscia  riguardi  là'dov'  è  trascorso. 
Tu  vederai  drl  bianco  fatto  bruno. 

32  Veramente  Giordani  vòlto  retrorso 
Più  fik,  e  *i  mar  fuggir,  <|u:mffo  Dio  volse; 
Mirabile  a  veder,  che  qui  1  soccorso*. 

33  Cosi  mi  disse,  e  indi  si  ricolse 

Al  suo  collegio  ;  cf  'I  collegio  ai  strinse  ; 
Pòi  come  turbo  in  su  tutto  a*  aceolsc 
3fc    La  dolce  donna  dietro  a  ìor  mi  piuse , 
Con  un  sol  cenno,  su  por  qiieMe  scala  ; 
Si  sua  virtù  la  mia  natura  vinae.. 

gio  è  ,  la  eo$a  de'  poteri  non  (farla  a'  powri* 
K  a.  Bem. ,  pur  eitato  dairOtt.  :  Gridana  U 
nudi ,  yridano  li  affamati ,  e  lamentanei  de' 
eheriei ,  dicendo  :  A  noi ,  che  miteralrilmente 
appeniamo  per  fame  e  per  freddo  ,  ohe  ffiova- 
no  tante  vette  da  mutare  ,  ite*e  in  sulle  per-  ' 
tiche^  a  piegate  nelle  catte  J  Etti  4  noeiro  quel- 
lo che  voi  ependete» 

Ì9.  Blanda.  Monarth.  :  5»dal»f  ftuetihue 
Maiuiae  cupùÈitatie,  —  Basta.  Non  dura  il  be- 
ne dal  primo  seme  allo  svolger  di  quello. 

SO.  Pila.  Act. ,  III  :  >4f^enltlm  ,  ef  aurum 
non  art  miAi.  Questo  disse-  facendo  il  primo 
miracolo  onde  comiaciò  la  sua  cbiesa.  —  U- 
■iLiniirTi  (e.  XI). 

32.  ViaAiiiNTB.Ma.— GioaiiAN.Ps.  CXIII: 
'Mare  vidit ,  et  fugi$  .*  Jordanie  convereme  eei 
retrortum  (  Joa. ,  III  ).  Qael  Dio  cbe  fece  con- 
tro le  leggi  naturali  ri«Mcsi  il  mare  ,  e  riiro- 
cedere  il  Lume  ,  ben  potrà  con  minore  mira- 
colo ,  per  adempimento  delle  leggi  morali 
porre  riparo  allo  scaodaW  della  Chiesa^  — 
Soccoaso.  Mon.  :  JIIUìim  etf  propotitum  cum 
persegui ,  et  eub  pio  ftleiifio  Salvatori»  nostri 
exepeetare  rationem.  Ott.  :  Non  dice-  il  modo 
(  del  soccorso  )  ;  alcuno  diee ,  vendicando  ;  al- 
cuna  dico-,  eon  migliori  pastori!  ooi^ggéndo, 

33.  HicoLSi  (  V.  29). 

34.  Scala.  Ascende  contemplando  al  segno  = 
de'  Gemiul  sotto  il  qoale  egli  nacque.  Inf. , 
XV  :  à^  Itt  segui  tua  stella ,  Non  puoi  fallire 
a  glorioso  porto.  —  Natura.  L'umanità  per  sé 
sola  nou  sale  age? olmenie  per  l'ardue  contem- 
plazioni. 


1^92 


DBL    PARADISO 


35    Né  mai  quagf^ù  dove  si  monta  e  cala. 
Naturalmente  fu  si  ratto  moto 
Ch*  a^ua^iar  si  potesse  alla  mia  ala. 

3G    S*  io  torni  mai,  lettore,  a  quel  devoto 
Trionfo  perle  quale  io  piango  spesso 
Le  mie  peccata,  e  1  petto  mi  percuoto  ; 

37  Tu  non  avresti  in  tanto  tratto  e  messo 
^        Nel  fuoco  il  dito,  in  quantoiovidi'lsegno 

Che  segue  '1  tauro  e  fui  dentro  da  esso. 

38  Oh  gloriose  stelle,  oh  lume  pregno 
Di  gran  virtù,  dal  quale  io  riconosco 

'    Tutto  (  qual  che  si  sia  )  il  mio  ingegno  i 

39  Con  voi  nasceva  e  s*  ascondeva  vosco 
Quegli  eh'  è  padre  d'  ogni  mortai  vita, 
Quand'  io  senti'  da  prima  Taer  tosco. 

40  E  poi  quando  mi  fu  grazia  largita 
D*  entrar  nell'alta  rupta  che  vi  gira. 
La  vostra  regìon  mi  fu  sortita. 

41  A  voi  divotamente  ora  sospira 
L*  anima  mia,  per  acquistar  virtute 
Al  passo  forte  che  a  sé  la  tira. 

42  Tu  se'  si  presso  ali*  ultima  salute. 
Cominciò  Beatrice,  che  tu  dèi 
Aver  le  luci  tue  chiare  e  acute. 

.    43    E  però  prima  che  tu  più  t' iulei, 
Rjqiira  in  giuso,  e- vedi  quanto  mondo 

38r  Trsgno.  Albumaitr:  In  quo  Mereurim 
0tt  firmatvi ,  disponit  hominem  ad  Uiteratu- 
Tarn  et  teienliam. 

39.  Padre.  Àrist.  :  Sol  et  homo  generata 
httminem,  £d  egli  lo  chiama  il  maggiore  mi- 
nistro della  natura ,  che  tempera  e  soggella 
la  cera  mondana.  —  Asa.  Petrarca  :  Dal  mio 
.  natio  dolcer.fier  tosco» 

41.  Passò.  Di  dipingere  il  sommo  de' deli. 

43.  iNLBi.  C.  IX  ,  25  :  Inluiare.  —  Vedi. 
Elevato  dalla  scienza  di  Dio,  le  cose  del  mon- 
do gli  paiono  vili.  Laean.  :  Postqtuim  te  lu- 
fnina  vero  Implevit .  •  .  vaga  miratur  et  astra 
Fixa  polis  ,  vidit ,  quanta  sub  noete  jaceret 
Nostra  dies ,  risitque  tui  ludibria  trunei 

45.  Sorrisi.  Sen.  :  Punctum  ut  in  quo'bel' 
latis  ,  in  quo  bella  disponUis, 

47.  Ombra,  (c.  11). 

48.  Nato.  Ov.  (  Met.  )  :  Hgperione  nate.  — 
Maia.  Virg.:  Maja  genitum  demittit  ab  alto, 

•  — iDYoNB.  Madre  di  Venere.  Virg.  :  Dionaei,. 
Caesari».  Nomina  Maia,  Dione»  Iperìone,  il 
padre  e  le  madri. 

49.  Giove.  Tra  Marte  e  Satoroo  temperando 
Tardoro  dell'uno,  la  freddezza  dell'altro.  È 
idea  di  Marx.  Capella.  —  Dove.  Or  più  or  men 
distanti  dal  sole  ;  or  dinanzi ,  ora  dietro. 


Sotto  II  piedi  già  esser  ti  fei.        (condo 

44  SI  che'l  tuo  cuor,  quantunque  pud,  gio- 
S'  appresenti  alla  turba  trioofantc 

Cile  lieta  vien  per  questo  etera  tondo. 

45  Col  viso  ritornai  per  tutte  quante 
Le  sette  spere ,  e  Tidi  queste  globo 
Tal  ch*io  sorrisi  del  suo  tII  sembiante. 

46  E  quel  consiglio  per  migliore  approbo 
Che  P  ha  per  meno  ;  e  chi  ad  altro  pensi, 
Chiaihar  si  puote  veramente  probo. 

47  Vidi  la  figlia  di  Latena,  incensa. 
Senza  queir  ombra  che  mi  fu  cagioM 
Perchè  già  la  credetti  rara  e  densa. 

48  L*  aspetto  del  teo  nate,  Iperiona, 
Quivi  sostenni  ;  e  vidi  com'  ai  mova 
Circa  e  vicino  a  lui  Maia  e  Dione. 

49  Quindi  m'apparve  il  teropererdHsiofe 
Trai  padre  e  *l  figlio,  equindi  miiiiGiiiMO 
Il  variar  che  fanno  di  lor  dove* 

50  E  tutti  e  sette  mi  si  dimostrare 
Quanto  son  grandi  e  quanto  aon  velodi 
E  come  sono  in  distante  riparo. 

51  L' aiuola  che  ci  fa  tanto  feroci, 
Volgendom*  lo  con  gli  etemi  geonidH, 
Tutta  m'  apparve  da'  colli  alle  foci. 

52  Poscia  rivolsi  gli  occhi  agli  occhi  befi. 

50.  RiPAHO.  Loogo  di  dimora  :  psicbè  f^ 
parare  valeva  soggiornare. 

tfl.  Aiuola.  Mon.  :  In areoia  wmrimlkMm B^ 
bere  eum  pace  vivatur.  Boat.  : 
ambitmm ...  od  coeit  ipattiisi , 
obtinere  rationem  :  id  est ,  ut 
globi  magnitudinem  conferaiur  t  mI^ 
prorsns  hahere  judieetur. .  •  Tix 
inhabitandi  cum  hominihue  area 
—  VoLOBNDOM*.  Tanto  si  gira  che  ne  veda  an* 
bidue  gli  emisreri  ;  e  la  soa  vista  già  cMan 
ne  disceme  ogni  parte.  Dante ,  aaoaeda  fa- 
stronomia  del  soo  tempo,  era  in  Gaaiiitt 
il  sole  in  Ariete  ;  il  sole  allora  era  daafM 
pressoché  al  meridiano  d' Italia  ,  tra  ora  dh 
stante  dal  meridiano  di  Gerosaknuna  (e 
XXVII,  29).  —  ETsaKi.  IncornittibUi  (Si 
XU  ).  —  Foci.  LI  dov^  f  fiumi  sboceaaa  ai 
panto  roeu  alio  del  suolo.  Foce  ftt  doaqet  i^ 
portano  contrasto  con  eolie.  Noe  conia  Eif- 
giero  neir  Ar.  :  Lì  sotto  rimaner  ooii 
cima  ,  Ed  abbaeearsi  in  guisa  efco  tioe , 
Dov*é  piano  il  terren  e  doveeorgu. 
...  pennae  volìteres  mt'At,  Quae 
dant  poU  :  Quas  eibi  quum  velo» 
Ter  ras  perosa  deepieit,  Aerie 
globmm  ,  ftubteque  poet  terpem  eMif. 


193 


CANTO   xxni 


ARGOMENTO. 

Setmàon^  Cnfio  e  Maria  co'  beati ,  dalTaUo.  Danti  è  già  farit  a  toitenen  il 
$orri$o  éHla  nta  domna  :  ma  pereh*  e*  po$$a  vedere  il  trionfo  di  Crieto  ,  CtUton  ri" 
trae  neWempireo  :  «  Gabriello  scende  in  forma  di  fiamma  a  coronare  Maria  ;  e 
cantando  ti  gira.  Maria  §ale  anehella  con  l'Angelo  eke  la  inghirìav^.  I  beati  ri- 
mumgono. 

Canto  d'eterea  bellezza  :  s)  cbe  nesauno  è  più  bello  ;  né  »  dopo  la  Bibbia  »  é  più  aha 
poesia  •  uè  più  semplice.  Delle  dieci  similitodioi  le  più  sod  nuove  e  divine.  NoUsi  flreqnen- 
ta  di  sirnilitudioi  tratte  dagli  occellì ,  ch'ò  nel  Farad. ,  e  di  similitadiDi  tratte  dall*  affetto 
filiale  e  materno  ch'ò  in  tutto  il  poema»  e  di  tratte  dal  sogno.  E  si  paragoni  questo  al  trion- 
td  del  Purgatorio. 

Nou  le  prime  sei  terzine  ;  la  8  alla  11  ;  la  13  alla  17  ;  la  19  alla  S)  ;  la  Ì4  alla  45. 


1    Come  r  aafrello  intra  V  amate  fronde 
Posato  al  nido  de  suoi  dolci  nati. 
La  notte  che  le  cose  ci  nasconde, 

S    Glie  per  veder  gli  aspetti  desiati 
E  per  trovar  lo  cibo  onde  IL  pasca. 
In  che  i  gravi  labor  gli  sono  aggrati, 

S,    Previene  1  tempo  in  su  l*aperta  frasca, 
.£  con  ardente  aiìetto  il  soie  aspetta, 
Fiso  guanlando  pur  che  l'alba  nasca  ; 
•  4    Cosi  la  donna  mia  si  stiva  eretta 
E  attenta,  rivolta  invérla  plaga 
Sotto  la  quale  il  sol  mostra  meo  fretta. 

i.  FacNDB.  Tirg. ,  degli  uccelli  :  iiUer  $e 
feiiii  ttrtpilant  ;  juwit  imbrUnu  actie^  Froge- 
miem  porvom  dufet  «gue  teoiiere  nidos. — Dolci. 
Vfr§.:  Nee  •••  Dulcet...  tuitoi.  —  Nasconob. 
.Virg.:  Rebui  futx  abitulit  atra  eotorem. 

1.  Gbavi.Adco.  Virg.,  VI:  Graves..,labor$s. 
—  Lasob.  L'usa  nel  Purg.  (XXII.,  3).  —  Ag- 
•BATi.  Agtjratare  è  Dell'  Inf.,  Xi. 

4.  Mbn.  Bfezzo  del  cielo.  Purg.  (XXXiiI , 
SS  )  :  Con  piik  lenti  paui  Teneva'l  i o/e  ti  eer- 
^lio  di  merigge.  E  perchè  Gerusalemme  è  nel 
Mazzo  della  terra,  il  P.  imagioava  il  seggio 
de'beati ,  le  Gerusalemme  celeste ,  soprastare 
a  perpendicolo  alla  terrena. 


1 5    SI  che  veggendola  io  sospesa  e  vaga  , 
Fecimi  quale  è  quei  che  disiando 
Altro  vorria,  e  sperando  8*appaga. 

6    Ma  poco  fu  tra  uno  ed  altro  quando  « 
Del  mio  attender  ,  dico,  e  del  vedere 
Lo  ciel  venir  più  e  più  rischiarando. 

T    E  Beatrice  disse:  ecco  le  schiero 
Del  trionfo  di  Cristo  ;  e  tutto  il  frutto 
Ricolto  del  girar  di  queste  spere. 

8    Pareami  che  1  suo  viso  ardesse  tutto  ; 
E  gli  occhi  avea  di  letizia  si  pieni 
Che  passar  mi  convien  senza  costrutto. 

5.  SospBSA.  Aspettando  con  desiderio.— -Air 
TBO.  Oltre  quel  cb'è. 

6.  Quando.  G.  XIX  :  Ogni  ubi  ed  ogni  quan- 
do. Sostantivare  gli  avverbii,  i  verbi,  gli  ag- 
gettivi, ò  gran  comodo  delia  lingua. 

7.  TaìONPO.  Inf. ,  IV  :  Con  segno  di  vitto- 
ria ineoronatoi    Trasseei   V  ombra.».  E  altri 

moUi  :  e  feeegli  beati Fbutto.    Del  tuo 

viaggio. 

8.  PiBNi.  C.  IV:  JMi  guardò  eon  gli  oeeki 
pieni  Di  faville  d'amor.— Costbotto.  Senza 
dirlo  in  parole.  D'ora  innanzi  queste  reticenze 
verranno  frequenti. 


kSk 


DBL    PARADISO 


9"  Quale  ne'  plenilanli  sereni 
Trìvi»  ride  tra  le  ninfe  eteme 
Che  dipingonol  ciel  per  tiittl  i  seni; 

10  Yid'  io  sopra  migliaia  di  lucerne 
Un  sol  che  tutte  quante  le  accendea  « 
Come  fa'!  nostro  le  viste  superne. 

11  E  per  la  viva  luce  trasparea 
La  lucente  sostanzia  tanto  chiara 
Nel  viso  mio  ,  che  non  la  sostenoa. 

12  O  Beatrice  ,  dolce  guida  e  cara  \ 
Ella  mi  disse  :  quel  che  ti  sobranza 
É  virtù  da  cui  nulla  si  ripara, 

13  Quivi  è  la  sapienza  e  la  possanza 
Ch'apri  le  strade  irai  cielo  e  h  terra , 
Onde  fu  già  si  lunga  disianza. 

1(    Come  fuoco  di  nube  si  disserra 
Per  dilatarsi ,  si  che  non  vi  cape, 
E  fuor  di  sua  natura  in  giù  s' atterra  ; 

15  Cosi  la  mente  mia  tra  quelle  dape» 
Fatta  più  grande,  di  sé  stessa  uscio  ; 
E  che  si  fftsse ,  rimembrar  non  sape. 

16  Apri  gli  occhi  e  riguarda  qtial  son  io. 
Tu  hai  vedute  cose  che  possente 

9.  TrivTa.  Virg.,  XI,  eo%\  chfamti  Diana. 
—  NiRPB.  Porg.,  XXXI  :  JVot  tm  yiit  «tti/b, 
9  flit  ciel  Mino  itelle. 

10.  LucBRirB.  G.  I  :  £<i  he§ma  del  mim" 
do.  —  Visn.  C.  li:  Lo  del  eeguente  ch'ha 
tante  vedute» 

11.  SusTANiiA.  L'omanftàdi  G.  CCome  il 
corpo  traloea  nella  luce  dell*  aDim«,  F.c.XIV. 

12.  Dolci.  Petr.  :  Tn  dolci  e  cari  nomi 
hai  'fi  te  raeeaUi...Caro9  dolce,  alto  èfatieoio 
poggio.  — -  SoBaANiA.  G.  XX:  Sovfunxn. 

13.  Apal.  Porg. ,  X  :  Della  moW  anni  la- 
grimaia  pace  Ck'  ap^no  U  del  dal  euo  lungo 
dideto...  Quella  Ck'ad  e^^  Caào  anwr  uolee 
la  chiave* 

14.  Giò.  G.  I  :  Come  veder  «t  può  cadere 
JWoeo  di  nube,,.  Ott.:  ilei  vapore  eeeeo  nella 
mnola  H  genera  fuoco  ,  lo  g^le  perck*è  di 
pia  rara  forma  occupa  pia  luogo ,  e  conviene 
per  fona  uecin  della  detta  nuvola  ,  per  fona 
dico,  in  quanto  la  nuvola ,  perch*  è  fredda  , 
etrigne  ;  lo  quale  fuoco  per  la  detta  fona  cade 
a  terra ,  però  che  tale  nuvola  veno  la  terra 
è  più  dehole  :  lo  qucUe  moto  è  cantra  la  na- 
iuta  del  fòco  che  tende  in  $u, 

15.  Dapb.  S.  Ambr.  :  Dapet  eupemae  oh- 
einet.^SAPB.  L'08t  oel  Porg.,  XVIII. 

la.  Biso.  Già  pool  più  alio  seniire  delle 
cose  divine. 
18.  Q«Ano.  Porg.,  Vili:  Arr  quel  eingeUtr 


Se*  fatto  a  sostener  lo  riso  mio. 

17  Io  era  come  quei  che  si  risenta 
Di  vbYone  obblìta,  e  che  s'Ingegna 
Indarno  di  ridnriasi  alia  mente  ; 

18  Quand'io  udì*  questa  profferta  ,  degna 
Di  tanto  grado,  che  mai  non  si  afingua 
Del  libro  che'l  preterito  rassegna. 

19  Se  mo  sonasser  tutte  quelle  lingoa 
Che  Potinnia  con  le  suore  fero 

Del  latte  lor  dolcissimo  più  pingue  • 

20  Per  aiutarmi  ;  al  millesmo  dlel  vero 
Non  si  verria  cantando  il  santo  riso  • 
E  qiianto  il  santo  aspetto  boea  naro. 

91    E  cosi ,  figurando  il  paradiao, 
Convien  saltar  k)  sagrato  poema , 
Com'uom  che  trova  suo  canMEiiin  ittkè» 

S2    Ma  chi  pensasse  il  ponderoso  tanu  • 
E  l'omero  mortai  che  se  necarca. 
Noi  biasmerebbe  ae  sott'  etfo  tram. 

23    Non  è  Dileggio  da  picdola  barca 
Quel  che  fendendo  va  T  ardita  profa. 
Né  da  nocchier  ch'a  sé  medesmo  parok 

3A    Perchè  la  faccia  mia  si  t' innamora, 

grado  Che  tu  dèi  a  Colmi,..  <—  Llaao.  Uh: 
5tcon<fo  che  ei  trova  I9el  Ukro  della  isan... 
E  sé*l  libro  non  erra, 

19.  PolinnTa.  La  nomina  Oraila  (  I»  1  )• 
Oli.:  FoUnnia  i  proprio  quella^  a  evi  è  eMfi- 
buita  la  uìemoria.  —  Latti.  Parg . ,  Xlll  : 
Che  le  Mue%  lattar  più  ch*aUro  mai. 

21,  Saltah.  Altrove  :  Salta  lapmma^mea 
lo  scrivo. 

S3.  PaBoaio.  Boce.  (Flloe.,  TII):  Saii- 
dtiro  nave  correr  lungo  piteggio  con  aente  pia- 
jperp.  Ant.  oomoi.  :  ìntentitium  èa  eneéia  en^ 
rie.  Marco  Sanfito  contemporaiieo  di  Dean 
(  L  II ,  p.  IV  ,  e.  5  )  :  Traneen 
dicH  marie,  quae  pericuUe  quati 
reni,  E  cap.  14  :  Propier  aqu/aruuk 
oportet  ire  utque  ad  medium  paripi , 
fuartam  venti  detuper  a  egroca ,  fin  - 

traneitue  parigium  nuncupatue ,  eirua  q 

genti  quinquagiuta  milUaria  oeHimaimr^tmii 
quidam  quingenti  milliaria  traneitmm  eeu  pà' 
rigium  foro  auermnt  eupradietum.  He*  PM 
aol.  (  ed.  Fior. ,  iai6 ,  v.  1,  p.  401  )  èpe- 
reggia.  Da  pereggio  il  veneto  avrà  ratto  ptf^ 
gio ,  il  toscano  pUeggio.  —  PaoaA.  RaMan 
(  Garg. ,  L  V  ):  Moie  pUte  ouUre  me  /braf» 
le  mon  eequie  entn  cee  goufree  ei  quae  md 
plaisante.  —  Parca.  Si  risiMmi. 

!I4.  PiacalE.  Simile  nel  e.  XXXI. —  fina* 
nino.  Beradteo  In  gr.  vale  gieudéma. 


CANTO    XXllL 


495 


Che  tu  non  ti  riyolfQ  al  bel  giardino 
Che  sotto  i  raggi  di  Cristo  8*in6ora? 

95    Quivi  è  la  rosa  in  che*l  Verbo  divino 
Carne  ai  fece  :  quivi  son  li  gigli 
Al  cui  odor  si  prese  1  buon  cammino. 

26    Cosi  Beatrice  :  ed  io  ch*a'8uoi  consigli 
Tutto  era  pronto ,  ancora  mi  rendei 
Alla  battaglia  de'  debili  cigli. 

37    Come  ,  a  raggio  di  sol  che  puro  mei 
Per  fratta  nube,  gii  prato  di  Cori 
Vider,  coperti  d* ombra,  gli  occhi  miei; 

28  Yid*io  cosi  più  turbe  di  splendori 
Fulgurati  di  su  di  raggi  ardenti. 
Senza  veder  principio  diTulgori. 

29  O  benigna  Virtù  che  si  gliniprenti* 
Su  t'esaltasti  per  largirmi  loco 

Agli  occhi,  II,  che  non  eran  possenti. 

30  li  nome  del  bel  fior  ch'ioscmpre invoco 
E  oiane  e  sera,  tutto  mi  ristrinse 
L'animo  ad  avvisar  lo  maggior  Tuco. 

31  E  come  ambo  le  luci  mi  dipinse 
Il  quale  e  '1  quanto  della  viva  Stella 
Che  lassù  vince,  come  quaggiù  vinse* 

S5.  &OSA.  Mistica  ,  li  chiama  la  Chiesa. 
«—  Gmu.  Apoftioli.  Gani.  :  Ego  fUu  eam]^ , 
•f  Ulmm  «OMvaiitMflH.  Sieut  lUium  int§r  i^mat 
Beel.  •  XXXIX  .*  Ftorf  floru  ,  qua$i  Ulium, 
et  daU  odanm,  —  Passa.  Caui.  :  CummuM 
•A  odortm  «m^nsfilonim  tuorum. 

16.  BAjTAauA.  Inf. ,  11  :  SoiUMrlaguer- 
«•  ...  D§1  cammino, 

27.  Cova.  Vede  i  beali  illamioati  da  Cri- 
ale,  aoa  Cristo,  salilo  più  in  allo;  come  l' uo- 
BBO  che  sta  all'umbra  vede  un  prato  irraggia- 
sa  da  no  raggio  di  sole  che  rompa  la  nuvola. 

39.  InpaaifTi.  Del  lume  tuo.  —  Possenti. 
▲  rifoardac»  te  preseuie ,  il  tuo  trionfo. 

30.  Fioa.  Maria. —  RisraiNsa.  Furg.,  Ili: 
Mm  wrnmto  mia  clu  prima  aro  ritirslta ,  Lon- 
Umio  foUatgò. 

Si.  QuAXTO.  C.  II:  Lumi,  liquali  n§l  qua- 
Ì$  9  nel  liuanto  ...  —  Vinse.  Qui  vince  il  iu- 
aa  ,  come  già  vinse  in  ? irtù. 

IS.  FjicBLLA.  Gabriele.  Gira  s^  ratto  che 
pare  cerchio  di  fiamma.  Nel  secolo  XVI  in  Pa- 
rigi Al  visu  una  Testa  dove  gli  Angeli  scen- 
ilavano  a  coronare  non  la  Vergine  ma  la  re- 
giaa  di  Francia.  Questa  scena  dipinge  la  uà- 
aioae  ancor  più  che  il  secolo. 

3S.NnsB.  Tas.:  In  laono  allato  a  cui  Banbbo 
roea  Qual  jnù  dolce  i  quaggiù»  Fetr.  :  Ogni 
miio  umile  Fora  unotdegito  alialo  a  quel  ch'io 
èlica. 


33     Per  entro  il  cielo  scese  una  facella 
Formata  ìd  cerchio  a  guisa  di  corona  » 
E  cinsela,  e  girossi  intorno  ad  ella. 

33  Qualunque  melodia  più  dolce  suona 
Quaggiù,  e  più  a  sé  Tanima  tira, 
Parrebbe  nube  che  squarciata  tuona» 

34  Comparata  al  sonar  di  quella  lira 
Onde  si  coronava  il  bel  zaffiro 
Del'quale  il  elei  più  chiaro  sinzaffira. 

35  Io  sono  amore  angelico  che  giro 
L'alta  letizia  che  spira  del  ventre 
Che  fu  albergo  del  nostro  disiro. 

36  E  gireromnii.  Donna  del  ciel,  mentre 
Che  seguirai  tuo  Figlio,  e  farai  dia 
Più  la  spera  suprema,  peréhò  gli  entro. 

37  Cosi  la  circulata  melodia 

Si  sigillava:  e  tutti  gli  altri  lumi 
Facén  sonar  lo  nome  di  Maria. 

38  Lo  real  manto  di  tutti  i  volumi 

Del  mondo,  che  più  ferve  e  più  s*aTVÌTa 
Nell'alito  di  Dio  e  ne'costumi, 

39  Avea  sovra  di  noi  Tinterna  riva 
Tanto  distante  che.  la  sua  parvenza 

34.  Liaa.  Cosi  chiamò  (  e.  XV  )  il  canto  dei 
giusti  militi  nel  pianeu  di  Marte.  —  ZArFiao. 
Purg. ,  l:  Dolce  color  iPoriental  zaffiro.  Che 
i*aeeogtieva  nel  ureno  aspetto  Deltaer  puro. 

3tf .  Disiro.  Gen. ,  XLIX  :  Deeiderium  co^ 
lium  aeitmorum. 

36.  HBNTaa.  Finché.  Inf.  (  XIII ,  6  )  :  5<i- 
rat  «lenire  Che  tu  verrai ...  —  Dia  (  e.  XIV, 
12  )  :  Nella  luce  più  dia, — Entrb.  Perchè  qui* 
vi  ta  sei,  e  però  la  fai  dia.  Ovvero,  inteso 
perchè  in  sensu  di  iebbene,  e  enfre  per  prima 
persona  ,  si  spieghi  :  sebbene  io  entri  nella 
spera  suprema ,  girerò  nondimeno  intorno  a 
te  eternamente,  lo  m'attengo  al  primo. 

37.  Sigillava.  Gonchiudeva.  lo  senso  si- 
mile è  altrove. 

38.  Manto.  Nodo  cielo  eh' è  sotto  l'empi- 
reo. CoDv.  (II,  3,  4  )  :  Questo  è  il  sovrana 
edifieio  del  mondo,  nel  quale  tutto  U  mondo 
s'inchiude  ,  e  di  fuori  dal  quale  nulla  è.  — 
Volumi.  Cieli  :  i  quali  egli  move  ,  mosso  da 
da  Dio.  Volume ,  da  volgere ,  e  da  rinoof^tfa 
le  sfere  soggetta.  Virg.  :  Volumina  eaudae. 
Dice  nel  Conv. ,  che  il  primo  BM>bile ,  coma 
più  prossimo  all'empireo  ,.e  più  divino  degli 
altri  (  e.  XXVII ,  37  ).  —  FaavB.  D'amore  e  di 
lume. 

39.  AraA.  Il  primo  mobile  è  (  cosi  nel  Coav.) 
Cristallino  ,  cioè  tutto  fnupafsnfi.  Sola  duo- 
qiM  la  disunza  può  celare  qoivi  gU  oggetti» 


(96 


DEL    PARADISO 


Là  dov'  r  era,  ancor  non  m'appariva, 

40  Però  non  ebber  gli  occhi  miei  potenza 
Di  seguitar  la  coronata  fiamma, 

Che  81  levò  appresso  sua  semenza. 

41  E  come  fantolin  che  '  nvér  la  mamma 
Tende  le  braccia,  noi  che  1  tatte  prese, 
PerFanimo  che'nnndi  fuor  s'infiamma; 

42  Ciascun  di  quei  candori  in  su  si  stese 
Con  la  sua  cima,  si  che  l'alto  afletlo 
Ch'egli  aveano  a  Maria,  mi  fu  palese. 

43  Indi  rimaser  11  nel  mio  cospetto» 
Regina  eoAi  cantando  si  dolce 

non  l'opaeltà  del  mezzo.  — *  Irtiriia.  La  par- 
te coDcaYt  è  pia  vicina  al  P.  —  Rita.  Qaasi 
fosse  no  mare  di  luce  e  di  vita.  Ma  fina  con 
manto  non  istà. 

40.  Levò.  Verso  la  spera  suprema  (t.  36). 
^-  ^M izfZA.  O.  Cristo.  Beda  (  in  Lue. ,  XI): 
Camtm . .  .  materna  traxit  ex  carne. 

41.  Fuor.  Simile  nel  e.  XVII. 

43.  Regina.  Coeli  laetare,  aUeluia.  Anti- 
fona del  tempo  pasquale. 

44.  Ubirta.  di  premio.  —  Seminar.  Paul. 
(  Gal. ,  VI  )  :  Quae . .  •  eemìnavent  homo^  hace 
Bt  metet.  Eccl. ,  VII  :  Fili,  non  leminas  ma- 
la in  nUcii  if^MiUiae  ,  et  non  metes  ea  in  tr- 
pfufiitiiii.— BOBOLGB  !  Femm.  di  huMeue  (  Po- 
lii.,  1,  93  ) :  Le  tre  On,  eké*n  cima  son  bo- 
beUe  9  Fùecon  d^aa^broiia  i  fior.  Altri  inten- 


Che  mai  da  me  non  si  parti  1  diletto. 

44  O  quanta  e  l'ubcrtà  che  si  soflblcc 
In  queirarche  ricchissime  che  foro 
A  seminar  quaggiù  buone  bobolce! 

45  Quivi  si  vive,  e  gode  del  tesoro 
Che  s'acquistò  piangendo  neiresilio 
Di  Babilonia,  ove  si  lasciò  Toro. 

46  Quivi  trionfa,  sotto  l'alto  Filio 
Di  Dio  e  di  Maria,  di  sua  vittoria, 
E  con  l'antico  e  col  nuovo  concilio. 

47  Colui  che  tien  le  chiavi  di  tal  gloria. 


de  bobolea  per  misura  di  terra ,  come  liiM- 
ea  nel  Crescenzio  ;  e  spiega:  furono  buooe  terre 
ad  essere  seminate.  I  notai  enti  chi  chiama- 
vano bubulea  il  iogero:  cosi  U  Muratori.  Ma 
le  arche  che  divengono  terre,  parali  pie  stia- 
no delle  arche  che  coUivan  la  terra  seminanda 
il  grano  in  esse  raccolto.  Ott.  :  #«nmo .  • . 
buoni  bifolchi;  onde»  ucondo  il  Katiffllfi,  fi- 
colgono  per  ogni  uno  cento  :  teminarono  m  la- 
crime ,  f  nco^ono  in  allegretto,  BifoUi ,  ptr 
bifolchi  il  Petr.  Esech. ,  XXXVl  :  Armbiwmd , 
et  aceiirietii  eementem* 

4tf.  Babilonia.  Ps.  :  Super  flumina  Balf- 
Umitf  iUic  tedimui  et  flevimut:  quum  f«co^ 
daremur  Sion. 

46^  Antico.  Innanzi  G:  C. 

47.  GoLCi.  Pietro. 


J 


*w 


CANTO 


ARGOMENTO. 

S.  Pietro  interroga  il  P.  della  sua  fede  ;  egli  la  definisee  con  Paolo  ;  spiega  la 
^•fimzione  ;  soggiunge  che  la  fede  gii  viene  dal  vecchio  e  dal  nuovo  Testamento  ; 
eh'  §gii  erede  a  qut*  libri  perchè  confermati  dai  miracoli  ;  che  se  il  cristianesimo  fu 
propagato  senza  miracoli ,  questo  de*  miracoli  *tutti  sarebbe  rattissimo.  Professata  che- 
4fli  Me  la  fede  nella  Trinità ,  s.  Pietro  lo  cinse  della  sua  luce  a  coronare  la  schiet- 
ia  fede  di  lui,  E  se  uomini  quali  Dante  ,  Tomaso  ,  Agostino  ,  credono  %  cristiani 
im'ff tri ,  bello  è  sitare  con  loro^  ed  aver  contro  sé  i  filosofi  poveretti  del  secolo  andato. 

Nou  le  terzine  2  alla  tf  ;  la  7  alla  10  ;  la  12 ,  13 ,  14 ,  il,  18,  20 ,  22  ,  25 ,  26  , 
37 ,  30,  32  ;  la  36  alla  41  ;  la  47  ,  alla  fine. 


1     O  sodalizio  eletto  alta  gran  cena 
Del  benedetto  Agnello,  il  quel  vi  ciba 
Si  che  la  vostra  voglia  è  sempre  piena, 

3    Se  per  grazia  di  Dio  questi  preliba 
Di  quel  che  cade  della  vostra  mensa  , 
Anziché  morte  tempo  gli  prcscriba; 


1.  Sodalizio.  Compagni  di  mensa.  Catall.: 
JFìmUmùm  vere  dulee  sodalitium, —  Agnello. 
A0nu»  Dei,  Apoc.  :  Beati ,  qui  ad  eoenam 
mftiarum  Agni  vacati  sunt,  Ev.  :  Edatis,  et 
MOlw  super  mensam  meam  in  regno  meo, — 
Ta»A,  C,  JX:  Le  tue  voglie  tutte  piene  Ten 
porti, 

2.  Ss.  Poiché.  Petr.  :  Cerchiamo  il  del,  se 
4pù  nuUa  ne  piace,  —  Qubsti.  11  P.  —  Mbn- 
Aà.  Mattb.  ,  XV  :  Et  cateUi  edunt  de  micie, 
qmae  eadunt  de  mensa  dominorum  suorum  : 
dice  la  Cananea  (Marc.  ,  VII).  Conv.  :  lo  che 
non  seggo  alla  beata  mensa  ,  ma  fuggito  dal- 
ia pastura  del  volgo,  ai  piedi  di  coloro  che 
seggono  ricolgo  di  quello  che  da  loro  cade;  e 
t:imoseo  la  misera  vita  di  quelli  che  addietro 
io  ho  lasciati ,  per  la  dolcezza  ch'io  sento  m 
^elio  che  a  poco  a  poco  ricolgo  ,  mitericor- 
devolmente  mosto  ...  per  li  miseri  alcuna  co- 


Ponete  mente  alla  sua  voglia  immensa 
£  roratelo  alquanto.  Voi  bevete  (pensa. 
Sempre  del  Fonte  onde  vien  quel  ch*ei 

Co<l  Beatrice:  e  quelle  anime  liete 
Si  fero  spere  sopra  fissi  poli , 
Fiammando  forte  a  guisa  di  comete. 


fa  ho  riservata.  Poi  :  AUi  loro  piedi  si  pongo- 
no tìitti  quelli  che  per  pigrizia  si  sono  stati , 
ohe  non  sono  degni  di  tanto  vedere,  —  Prs- 
SCEIBA.  Finisca  il  sao  tempo ,  e  lo  lanci  nel- 
l'eternità. C.  XXI  :  Sì  mi  irescrisser  le  parole 
sue,  Petr.  :  L'onorata  fronda  che  prescrive  L'i- 
ra del  del  quando  il  gran  Giove  tuona. 

3.  Immensa.  Oy.  (  Uet. ,  XIII  )  :  SUùque 
immensa.  Queste  parole  di  espressione  mate- 
rialmente forte  •  son  rade  nel  Nostro.  —  Fon- 
te. Jo. ,  IV:  Qui  ...  biberit  ex  aqua ,  quam 
ego  daho  et ,  non  sitiet  in  aetemum.  Gustato 
eh*  egli  ha  il  cibo  dategli  bere  :  il  bere ,  come 
più  sottile,  e  meno  materiale,  è  cosa  più  al- 
ta. —  Pensa.  Desiderando. 

4.  Spbee.  Girano  Intorno  al  P.  e  a  Beatri- 
ce ,  come  nel  e.  XIII ,  7.  —  Comete.  Qui  Pie 
tro  cita  le   definizioni   che  àk  della  cometa 
Arist.  Virg.  :  affare  eomafae. 

63 


ìM 


DEL    PARADISO 


^    E  come  cerchi  in  tempra  d' oriuoli 
Si  ftiran  fil  che  '1  primo  a  chi  pon  mente 
Quieto  pare,  e  l'ultimo  che  voli  ; 

6  Cosi  quelle  carole ,  differente- 
Mente  danzaodoi  della  sua  ricchezza 
Mi  si  facean  stimar  veloci  e  lente* 

7  Di  quella  Ch'io  notai  di  più  bellezza 
Vid'io  uscire  un  fuoco  si  felice 

Che  nullo  vi  lasciò  di  più  chiarezza. 

8  E  tre  Hate  intorno  di  Beatrice 
Si  volse  con  un  canto  tanto  divo 
Che  la  mia  fantasia  noi  mi  ridice. 

0    Però  salta  la  penna  e  non  lo  scrivo  : 
Che  l'immaginar  nostro  a  cotai  pieghe, 
Non  che  *l  parlare,  è  troppo  color  vivo. 

10    0  santa  suora  mia ,  che  si  ne  preghe 
Devota  ,  per  lo  tuo  ardente  affetto 
Da  quella  bella  spera  mi  disleghe. 


H,  Oriuoli.  Dell*  oriuolo  altra  siroilitodioe 
nel  e.  X.  —  Voli.  Quante  imagini  varie  gli 
purta  ad  esprimere  le  idee  splriiaali,  il  mo- 
to de*  corpi  !  Ed  in  vero  il  moto  é  la  parte 
spirituale  della  natnra  visibile. 

6.  Carolb.  Dame  eoo  salti.  —  DiFraatzi- 
TB-.  Neirinf.,  VI:  con  tn  goU  canina' 
mente  latra,  la  voce  ò  rotta  In  simile  modo.  Ar. 
(  .XXVIU ,  41  )  :  Ancor  eh'  egli  conosca  che  di- 
retta-Bf  ini»  a  tua  Maestà  danno  ii  faccia, — 
Lbntc.  La  frase ,  non  in  tatto  evidente ,  va- 
le: dalla  velocità  o  lentezza  mi  si  facevano 
siimare  più  ricche  o  meno  in  grazia  ed  in 
gloria.  Le  più  veloci  erano  le  più  ricche.  C. 
Vili:  Moversi  tu  ^l'V»  jn^  e  men  correnti  Al 
modOt  credo p  di  tortfiitc  eterne;  XXI II,  44: 
Arche  ricchissime. 

7.  Quella.  Carola.  —  Filici.  Epiteto  di 
paradiso.  —  Più.  Inf. ,  II  :  Maggior  Piero. 

8.  Volsi  (  e.  XXIII  ).  Gabriele  Intorno  a 
Maria  ;  Pietro  il  fondatore  della  Chiesa  Intor- 
no alla  Teologìa»  la  sapienza  delle  cose  di 
Dio.  —  Fantasia.  La  fintasia  è  parte  di  me- 
moria ,  anzi  è  memoria  più  viva ,  congianta 
or  al  desiderio  or  alla  speranza. 

9.  PiBOHi.  Preso  da' pittori.  Non  v'è  sfd- 
matura  di  colore  si  delicato  ad  esprimere  tan- 
ta spirituale  soavità.  Rime  :  E  'i  parlar  no- 
stro ehe  non  ha  valore  Di  rilrar  tutto  ciò  che 
pmote  Amore ...  —  Parlari  (  e.  XXXIII  ). 

10.  Suora.  Nella  gloria.  Cosi  chiama  s. 
Pietro  Beatrice.  —  Appetto.  Verso  il  P.  — 
DisLB«BB.  Mostra  la  dolcezza  dello  stare  con 
gli  altri  compagni.  G.  XIY  :  Che  wU  legatee 
con  sì  dolci  vinci. 


11  Poscia  fermato ,  il  fuoco  benedetto 
Alla  mia  donna  dirizzò  lo  spiro. 
Che  favellò  cosi  com'  io-  v'  ho  detto. 

12  Ed  ella  :  o  luce  etema  del  gran  viro 
A  cui  nostro  Signor  lasciò  le  chiari 
Che  portò  giù  di  questo  gaudio  miro, 

13  Tenta  costui  de'  punti  lievi  e  gravi  » 
Come  ti  piac^,  intomo  della  tede 

Per  la  qual  tu  su  per  lo  mare  andavi. 
ii    S*  egli  ama  bene  e  bene  spera  e  crede. 
Non  t*  è  occulto,  perchè  'I  viso  hai  quiii 
Dove  ogni  cosa  dipinta  si  vede. 

15  Ma  perchè  questo  regno  ha  latto  dfì 
Per  la  verace  fede ,  a  gloriarla  , 

Di  lei  parlare  è  buon  eh'  a  lui  arrivi. 

16  SI  come  il  baccellier  scanna  e  noii  paih 
Fin  che'l  maestro  la  quistionproMae 

'    Per  appi^varla ,  non  per  tenmnana; 


li.  Snao.  SI  paragoni  II  parlare  delle 
me  divine  con   quel  della  fianuna   iafèiiala 
(Inf..  XXVII). 

12.  Viro.  Più  eh'  nomo  (  Inf. ,  IT  ).  — 
Chuvi.  C.  XXIII:  Tien  te  chiavi  di  CalfU- 
Ha,  Matth.,  XVI:  Tibidabo  clavee  repii  tee- 
(orum.  —  Portò.  C.  XXI II:  Ch* mirile mtr 
de  tra  'l  cielo  e  la  terra. 

13.  LiRvi.  Accessori!.  —  La.  MalUi.,  XIT: 
Domine  , .  ,jube  me  ad  te  venire  emper  ofm 
, . .  Ambulabat  super  ugtsam  »  ut  vessiret  ed 
Jesum. 

14.  Vbdb.  Petr.  :  Nel  voUo  di  Emilie  tutte 
vede  f  Vedi  '<  mio  amore. 

15.  Civi.  L'  usa  nel  e.  Vili ,  e  mal  Pwg., 
XXXII.  Poiché  la  vera  fede  popola  tlTaraà- 
so,  è  buono  che  a  Ini  venga  occaslooe  di  tcav- 
ne  parola ,  a  gloria  di  lei.  Io  «fneito  taais 
arrivare  varrebbe  avvenire  al  moda  fraMan* 
Ovvero:  è  buono  che  tu  gli  i'accosli  a 
lame.  Meglio  il  primo.  Se  fossa  il 
direbbe:  a  ben  parlare.  Ma  nel  pr^ 
arrivare  non  ha  esempi  eh'  io  sappia.  Dict- 
vano  si  arrivar  bene  o  male ,  per 
ma  non  impersonalmente  cosi  conM  é 
Non  è  questo  però  il  solo  modo  e 
da  unico  esempio;  né  il  solo  franceaiama  ip 
parente,  che  si  rincontri  nel  predo  iialiaai 
antico. 

16.  Bacccllisr.  Primo  grado  nell'aiiiw- 
sita  :  e  ben  conviensi  a  Dante  noviaio  ad  le- 
gno di  Dio.  —  Aa«A.  Di  risposta.  —  Arsa»- 
VARLA.  Il  maestro  pone  la  questiona  chcfie- 
It  dil^a  ^  ma  non  la  risohe. 


CANTO    XXIV. 


499 


17  Cosi  m*  armava  'io  d*  ogni  ragione 
Mentre  eh'  ella  dicea,  per  esser  presto 
A  tal  querente  e  a  tal  professione. 

18  Di*,  buon  cristiano,  fatti  manifesto: 
Fede  che  è?  Ond'  io  levai  la  fronte 

In  quella  luce  onde  spirava  questo. 

19  Poi  mi  volsi  a  Beatrice  :  e  quella  pronte 
Sembianze  fémmi  perchè  io  spandessi 
L*  acqua  di  fuor  del  mio  interno  fonte. 

SO    La  grazia  che  mi  dà  ch*io  mi  confessi , 
Comincia*  io  ,  dall*  alto  primipilo^ 
Faccia  li  miei  concetti  essere  espressi. 

21    E  seguitai  :  come  1  verace  stilo 
Ne  scrisse^  padre,  del  tuo  caro  frate 
Che  mise  Roma  teco  nel  buon  filo  : 

52  Fede  è  sustanzia  di  cose  sperate 
E  argomento  delle  non  parventi. 

E  questa  pare  a  me  sua  quidditate. 

53  Allora  udii  :  dirittamente  senti , 
Se  bene  intendi  perchè  la  ripose 

Tra  le  austanze ,  e  poi  tra  gli  argomenti. 

9k    Ed  io  appresso  :  le  profonde  cose 
Che  mi  largbcon  qui  la  lor  parvenza , 
Agli  occhi  di  laggiù  son  sì  nascose 

S5    Che  l' esser  loro  v'  è  in  sola  credenza, 
Sovra  la  qaal  si  fonda  Talta  spene  : 
E  però  di  sustanza  prende  intenza. 

16    E  da  questa  credenza  ci  conviene 
Sillogizzar  senz*  aver  altra  vista  : 
t^rò  intensa  d' argomento  tiene. 


17.  QcniNTB.  Onde  ehntn  per  ehUdtn. 

19.  Volsi  (XXI,  1). 

20.  Prìhipilo.  Condottier  d' ana  squadra. 
—  Bspatssi.  Inf. ,  XIX  :  BaroU  v$n  espresse, 

21.  Fkatb.  Paolo. 

22.  Fimi.  Ap.  (  Heb. ,  XI  )  :  Est .  , ,  fides 
Mf§remdafum  sStbstantia  rerum,  argumerUum 
non  appar«fi(nim.  ^^  Svstanzu.  Fa  essere 
le  cose  operate  come  esistenti  già.  —  Arco* 
SBirro.  Dimostrazione.— Pahvbnti.  Delle  Tu- 
tvrt .  —  QimmTATB  (  XX,  31  ). 

25.  iNTBiiZA.  Intenzione,  senso.  R.  Aot.: 
Ma  . . .  Che  Itane  interna  d'  orgogliosa  genie 
(  diba  titolo  di  superba  ). 

26.  Vista.  Sema  prova  positiva  dei  4ivi- 
wà  nrisieri. 

28.  Spir6«.  V.  54  :  Onde  spirava  questo.  — 
Ahorb.  C.  XIX  :  Di  molti  amori  Usciva  solo 
mn  snofi.  —  Trascorsa.  Scorrere  per  esami- 
nare ,  é  comune. 

29.  Borsa.  Credi  ta  a  questa  definizione? 
La  iotcDdi?  L'  liai  tua  ?^  Tonda.  Intera.— 


27  Allora  udii:  se  Quantunque  s'acquistst 
Giù  per  dottrina ,  fosse  cosi'nteso, 
Non  v'avria  luogo  ingegno  di  sofista. 

28  Cosi  spirò  da  queir  amore  acceso  ; 
Indi  soggiunse  :  assai  bene  è  trasco^^a 
D*  està  moneta  già  la  lega  e  1  peso. 

29  Ma  dimmi  se  tu  lliaì  nella  tua  borsa . 
Ed  io  :  si,  r  ho  si  lucida  e  si  tonda  , 
Che  nel  suo  conio  nulla  mi  sMnforsa. 

30  Appresso  usci  della  luce  profonda 
Che  11  splendeva  :  questa  cara  gioia 
Sovra  la  quale  ogni  virtù  si  fonda  , 

31  Onde  ti  venne?  ed  io  :  la  targa  ploia 
Dello  Spirito  santo  eh'  è  diflusa 

In  su  le  vecchie  e  'n  su  le  nuove  cuoia, 

32  É  sillogismo  che  la  mi  ha  conchiusa 
Acutamente  ,  sì  che 'n  verso  d*eUa 
Ogni  dimostrazion  mi  pare  ottusa. 

33  Io  udi'  poi  :  1*  antica  e  la  novella 
Proposizione  che  si  ti  conchiude  , 
Perchè  V  hai  tu  per  divina  favella  ? 

Zk    Ed  io:  la  prova  che  1  ver  mi  dischiude 
Son  r  opere  seguite ,  a  che  natura 
Non  scaldò  ferro  mai  né  battè  ancude. 

35  Risposto  fummi  :  di' ,  chi  ti  assicura 
Che  queir  opere  fosser  ?  Quel  medesmo 
Che  vuol  provarsi  ;  non  altri  1  ti  giura. 

36  Se  *1  mondo  si  rivolse  al  cristianesmo, 
Diss'io  ,  senza  miracoli ,  quest'  uno 

É  tal  che  gli  altri  non  sono'l  centesmo« 

Iktorsa.  Petr.:  Ogni  mio  stato  inforsa. 

30.  Gioia.  Fede.  —  Ogni.  Apost.  :  Sine  fi' 
d«  . . .  impossibile  est  piacere  Deo,  Marc. ,  cap. 
alt.  :  Qui  crediderit,  et  baptiiaius  fuerit ,  sai- 
vuf  erit, 

31.  Ploia.  L'asa  nel  e.  XlV,  9.  —  Cuoia. 
Pergamene  del  nuovo  Testamento  e  del  vec- 
chio. G.  VI  :  Avete  *l  vecchio  e  'l  nuovo  Testa- 
mento . . .  (guelfo  vi  basti. 

32.  Ella.  La  fede  mi  è  più  forte  d*  ogni 
amano  sillogismo.  —  Ottusa.  S'  oppone  ad 
acutamente,  inf.»  XX:  /  tuoi  ragionamenti 
Mi  son  sì  certi  e  prendon  sa  mia  fede  Che  gli 
attri  mi  sarien  carboni  spsnti. 

33.  Proposi xiozfB.  Legge.  Segue  la  mela* 
fora  del  sillogismo  che  ha  due  proposixiooi 
ad  una  consegueoza.  Poi  rammenta  1  piani 
della  proposizione. 

34.  Opbrb.  Miracoli. 

35.  FossBR  ?  Fossero  veramente  miracoK. 
86.  Se.  August.  (  C.  D. ,  XXI ,  7  ;  XXii, 

5  )  :  5i  per  apottolos  ut  eie  erederetur ...  tifo 


500 


DEL    PARADISO. 


37  Che  tu  entrasti  povero  e  digiuno 
In  campo  a  seminar  la  buona  pianta 
Che  fu  già  vite  ,  ed  ora  è  fatta  pruno. 

38  Finito  questo  ,  V  alta  corte  santa 
Risonò  per  le  spere  un  Dio  lodiamo 
Nella  nirlode  che  lassù  si  canta. 

30    £  quel  baron  che  si  di  ramo  in  ramo, 
E'^aminando  ,  già  tratto  m*avea  , 
Che  air  ultime  (ronde  appressavamo, 

40     Ricominciò  :  la  grazia  che  donnea 
Con  la  tua  mente,  la  bocca  t'aperse 
Insino  a  qui ,  com'  aprir  si  dovea: 

hi  SI  ch'io  approvo  ciò  che  fuori  emerse. 
Ma  or  conviene  esprimer  quel  che  credi, 
£  onde  alla  credenza  tua  s' offerse. 

42    O  santo  Padre,  o  Spirito  che  vedi 
Ciò  che  credesti  si  che  tu  vincesti 


tniracula  facta  non  eredunt  hoc  nobU  unum 
grande  miraculum  tufficit ,  quod  ea  tetrarum 
orbis  tin$  uUis  miraculitendidit,  Bossaet  (Di- 
sc, sor  l' Uist.  OD. ,  par.  II ,  e.  20  )  :  Si  ce 
*  monde  a  vu  det  miracU$^  Dieu  $*e$t  mèle  vi- 
siblement  dans  cet  ouwrage:  et  t*il  se  pouvait 
faire  qu" il  n'  en  eùt  pcu  vu  ,  ne  seraitee 
pat  un  nouveau  miracle  plus  grand  et  plus 
incroyable  que  eeux  qu*  on  ne  veut  pat  eroi- 
re  ,  d'  avoir  converti  le  monde  sane  miraelee, 
d'  avoir  fait  entrer  tant  d*  ignoranti  dans  des 
myttires  si  hauts ,  d"  avoir  inspiré  à  tant  de 
savants  une  humble  soumission ,  et  d'  avoir 
persuade  tant  de  ckoses  ineroyables  à  des  in- 
crédules  ?  Mais  le  miracle  des  miracles  ,  fi  j'e 
puis  parler  de  la  sorte  ,  e*  est  qu"  avec  la  foi 
des  mystères  ,  les  vertus  les  plus  éminentes  se 
sont  répandues  par  toute  la  terre. 

37.  Povero.  G.  XXI  :  Venne  Cephas  ... — 
Vite.  C.  XIII  :  La  vigna  che  tosto  imbianca 
se  'l  vignaio  è  reo, 

38.  Dio.  Te  Deum  (  Parg. ,  IX }.  —  Me- 
roDE.  (  e.  XIV  .  41  ). 

39.  Baron.  Bocc.  ,  60  :  Baron  messer  i. 
Antonio. 

40.  Donnea.  Coirispondenza  d*  amore  tra 
la  grazia  e  lo  spìrito.  Io  questa  voce  é  latta 
la  soavità  della  caotica  (  e.  XXVII  ,  30).  S. 
Dionigi  :  Avenos  et  resiUentes  a  se  amatorie 
sequitur.  Prov.  ;  Deliciae  meae  ,  esse  cum  /(- 
liis  hominum.  —  Aperse.  Fa  grazia  ,  doo 
inerito  tuo ,  che  t*  infuse  la  fede. 

41.  Onde.  Per  qual  via. 

42.  Giovani.  Entrò  prima  di  Giovanni  che 
pur  r  aveva  preceduto  al  sepolcro  di  Cristo. 
Monarcb.,  Ili  :  Dicit  Joannes  Pétrum  introi- 
vitse  iubUo  quum  verni ,  in  monumtntum  vi-  ! 


Vèr  lo  sepolcro  più  giovani  piedi , 

hZ    Comincia  io,  tu  vuoi  eh'  io  manifeiti 
La  forma  qui  del  pronto  creder  mio  ; 
E  anche  la  cagion  di  lui  chiedesti. 

h^k    E  io  rispondo  :  credo  in  uno  Dio 
Solo  ed  eterno,  che  tutto  'J  eie!  move  , 
Non  moto,  con  amore  e  con  disio. 

^5    Ed  a  tal  creder  non  ho  io  pur  prove 
Fisiche  e  metafìsiche  ;  ma  daimi 
Anche  la  verità  che  quinci  piove. 

^6    Per  Moisè ,  per  profeti,  e  per  salmi  ; 
Per  r  evangelio,  e  per  voi  che  scrìveste 
Poiché  r  ardente  spirto  vi  fece  almi. 

47   E  credo  in  tre  Persone  eterne;  e  queste 
Credo  una  essenza  si  una  e  si  trina 
Che  sofferà  congiunto  iutU  et  ette, 

k%    Della  profonda  condizioD  divina 

dens  alium  cfttctpulum  ctmctonfem  ad  ottmm. 
Jo. ,  XX  :  Currebant  ...  duo  iimul,  et  Hke- 
lius  discipulus  praecueurrit  citius  Petra,  etm- 
nit  primus  ad  monumentum.  Et  quum  ssim- 
clinasset ,  vidit  posila  Unteamma .  non  tamm 
introivit.  Venit  ergo  Simon  Petrus  sequenseim, 
et  introivit  in  monumentum.  Ambros.  :  Fiidà 
factus  est  Petrus ,  postquam  fidém  se  perdtdàr 
se  deflevit.  —  Vedi.  C.  II  :  lÀ  si  vedrà  ciò 
cke  ienem  per  fede.  A  conforto  dei  retori , 
vindici  del  buon  gusto ,  che  temono  come  et- 
litto  obbrobrioso  la  ripetizione  delle  parole, 
noterò ,  che  in  questo  canto  le  voci  crtdm 
e  credenza  son  ripetute  ondici  volle,  grsM 
due  ,  bellezza  due  ,  benedetto  due  ,  spiro  tre, 
fonte  tre  ,  cose  tre  ,  6er»e  tre  ,  caro ,  buomo, 
amore,  mente,  alto  due. —  Crbobsti.  Quan- 
do dicesti  :  Deus  Christus  »  fUius  Dei  vivL 

43.  Cagion.  L'  accennò  nel  v.  91.  Ora  di- 
chiara vìa  meglio. 

44.  Moto.  Per  mofso  (  Parg.  ,  XXIII  ). 
Boet.  :  Siabìlisque  manens  das  euneta  moeiri. 
S.  Tom.  (  Cont.  Gent.  ,  I  )  :  Omnis  moti*  a 
principio  immobili.  —  Disio.  11  primo  mobi- 
le è  mosso  da  Dio  ;  e  gli  altri  cieli  deside- 
rano unirsi  al  moto  del  primo  mobile ,  per» 
corrono  armonizzando  con  quello  (  Cobt.  , 
II  y  4  ).  C  I  :  La  rota  che  tu  sempiterni  De- 
siderato ;  XXXUI  ;  L*  amor  cke  muove  il  sek 
e  l'  altre  stelle. 

45.  Dalmi.  Tal  credere.  —  Pioti.  V.  91: 
Ploia. 

46.  Voi.  Apostoli.  —  Aliii.  Fast.:  Alwm. 
sanctus  ,  sive  pulcher.  Alla  lettere,  dante  ci- 
ta. Virg.  ,  XI  :  Alma  ...  LaUnùa  virgo. 

48.  Sigilla.  lof. ,  XiX  :  Smggel  eh'  ogni  w- 
mo  sganni» 


CANTO    XXXV. 


50i 


Ch'io  tocco  mo ,  la  mente  mi  sigilla 
Più  volte  l'evaogelica  dottrina. 

^9    Questue '1  principio,  quest'è  la  favilla 
Che  si  dilata  in  fiamma  poi  vivace, 
E  come  stella  in  cielo,  in  me  scintilla. 

50  Cornei  signor  ch'ascolta  quel  che  piace, 


19.  PuiNciPio.  August.  (  in  Ps.  CXVIII  , 
serm.  lo  )  :  Jpsa  fide  qua  credit ,  tanatur  ut 
intelligat  ampliora  ...  Nitiessent  aiiqua  quae 
inietti fjen  non  pottumut ,  nisi  ante  eredamus. 


Da  indi  abbraccia  il  servo,  gratulando 
Per  la  novella ,  tosto  eh'  el  si  tace; 

51  Cosi  benedicendomi  cantando  , 
Tre  volte  cinse  me ,  si  com'io  tacqui, 
L' apostolico  lume ,  al  cui  comando 

52  l'avea  detto  :  si  nel  dir  gli  piacqui. 


intelUgetis. 

tfi.  Cinse.  Con  corona  di  lace  ,  come  Ga- 
briello Maria  (  XXlll ,  32). 

52.  Piacqui.  Nella  disputa  del  Sacramento, 


propheta  non  dicent  :  nisi  eredideritii  ,  non  \  Raffaello  tra  i  teologi  colloca  Dante. 


S03 


DEL    PARADISO. 


CANTO    XXV. 


ARGOMENTO. 

Viene  t.  Iacopo  e  lo  interroga  della  $peranza.  Beatticé  risponde  per  lui,^ 
grande  è  nelV  anima  sua  la  speranza  :  e  cerio  era  forte  non  tnen  che  la  fede.  Pai 
Dante  dà  la  definizione  di  questa  rtrlù  :  dice  che  le  parole  del  salmo  e  della  jm- 
stola  di  s.  Iacopo  gli  sono  cagione  a  sperare ,  eh*  egli  spera  la  resurrezione  ài 
corpi ,  e  la  vita  immortale.  Poi  viene  s,  Giovanni  ,  e  gli  rivela ,  sè^  eonu  tutti, 
essere  morto ,  non  già  rapito  colla  salma  terrena.  Il  lume  eh*  esce  dei  ire  apostoli, 
delle  tre  virtis,  gli  toglie  la  vista  deU^  alta  donna. 

I 

Il  canto  iDComincia  da  on'  aifettaosa  ioYOcaxione  alla  patria.  L' amore  »  il  dolori  ,  U 
religione,  la  memoria  delle  cose  passate,  la  coscienia  della  dignità  propria,  fanno  InqMf 
'versi  soave  armonia. 

Nou  le  prime  quattro  terzine;  la  7,  9;  la  14  alla  19;  la  22,  23,  26,  27,  28,  33. 34, 
35;  la  37  aUa  40;  U  42,  43,  46. 


1    Se  mai  contioga  che'i  poema  sacro 
Al  quale  ha  posto  mano  e  cielo  e  terra, 
SI  che  m'ha  fatto  per  più. anni  macro, 

i.  CisLO.  Tratta  le  divine  cose  e  le  umane 
per  grazia  celeste  e  per  umana  arte.  —  Ma- 
aio.  Juv.:  Ut  dignus  venias  hederit,  et  ima- 
fine  maera.  Era  già  famoso  il  poema  di  Dante. 

2.  Bello»  C.  XW  :  A  eot\  ripotalo  ,  a  cosi 
bello  Viver  di  cittadini.  lof.,  XXlIi  :  Sovrani 
bel  fiume  d"  Amo  alta  gran  viltà.  In  una  can- 
zone :  O  montanina  mia  canton,  tu  vai.  Forte 
ftedrai  Fiorenza  ta  mia  terra  Che  fuor  di  tè 
mi  terra ,  Vota  d*  amore  e  nuda  di  pietate. 
Se  dentro  V  entri,  va  dicendo  :  Ornai  Non  vi 
può  fare  il  mio  signor  piò  guerra.  Desiderava 
egli  ardentemente  rivedere  la  patria,  ma  per 
vie  vergognose  entrare  sdegnava.  Celebre  è  la 
lettera  latina  da  lui  scritta  ad  un  vecchio 
Fiarentina  che  gii  proponeva  il  ritorno  a  pat- 


2    Vinca  la  crudeltà  che  fuor  mi  ferra 
Del  bello  ovile  ov'  io  dormii  agnello 
Nimico  a*  lupi  che  gli  danno  guerra  ; 

to  volesse  nmllìarsi  col  cero  in  mano  a  na 
chiesa,  e  chiedere  perdonanza.  Conv.  (1,3): 
Del  suo  dolcissimo  teno,  nelquale  nato  a  nmtrUe 
fui,  Ano  al  colmo  delia  mia  vita,  •  nei 
con  buona  pace  di* quella  desidero  con 
il  cuore  di  riposare  l* animo  stanco,  a 
fiora  to  tempo  che  m*  è  dato.  —  àMsasJtM» 
Eccl. ,  XIIl  :  Si  eommumcabit  Utpue  agme  eìt 
quando,  tic  peccator  justo.  Is. ,  XI:  Aalila- 
bit  lupus  cum  agno ,  et  pardut  cum  kmeéo  nr 
cuhabit  :  vitulut ,  et  leo,  et  ovit  simul  mar*' 
buniur.  Ecco  qoi  le  tre  fiere  di  cui  nel  pria» 
Id. ,  LXV  :  Lupus  et  agnus  pascentur  simd. 
Jer. ,  XI  :  Ego  quoti  agnut  ...  af  non  eogm- 
vi ,  quia  eogitaverunt  tuper  me  Consilia. 


CANTO    XXV. 


503 


3    Con  altra  voce  ornai,  con  altro  vello 
Ritornerò  poeta  ,  ed  in  sul  fonte 
Del  mio  battesmo  prenderò  '1  cappello. 

k    Perocché  nella  fede  che  fa  conte 
L*  anime  a  Dio  ,  quiv*  entra*  io;  e  poi 
Pietro  per  lei  si  mi  girò  la  (ronte. 

5  Indi  si  mosse  uo  lume  verso  noi 

Di  quella  schiera  ond'  usci  la  primizia 
Che  lasciò  Cristo  de*  vicari i  suoi. 

6  E  la  mia  donna  piena  di  letizia 

Mi  disse  :  mira,  mira;  ecco  il  barone 
Per  cui  laggiù  si  visita  Galizia. 

7  Si  come  quando  '1  colombo  si  pone 
Presso  al  compagno,  l'uno  e  l'altro  pande. 
Girando  e  mormorando,  V  affezione; 

3.  Voce.  E  chioma,  mutate  dal  tempo.  O?- 
▼ero  :  DOD  più  Qomo  di  parte ,  ma  amato  poe- 
ta. —  Vello;  Petr.  :   Pettinando  al  tuo  vte- 
càio  i  bianchi  «fUt  Or  le  andrò  dtefro  ornai 
CPU  olirò  pHo,  —  Poita.  Approvato  nella  fe- 
de ,  Tool  essere  anco  nella  poesia  :  cosi  Pie- 
tro. —  Mio.  Inf. ,  XIX  :  Mio  M  ian  Giovanni. 
llOB  nel  Campidoglio  o  in  simile   laogo  pro- 
fano ,  ma  in  chiesa  e'  sarà  coronato.  —  Cap- 
rsLLO.  Per  corona  (  Bocc,  ■.  I  ).  L*  Ott.  dice 
che  ai  maestri  in  segno  di  veneraiioDe ,  da- 
vasi  noa  berretta.  E  il  Bocc.  nella  V.  D.:  ^e- 
f«fi^  per  la  poeita  aUo  intuitalo  e  pompofo 
onore  della  coronazione  detto  aUoro  poler  ve- 
nire ,  cullo  o  lei  ft  diede ,  ttudiando  e  comr 
ponendo  :  e  certo  il  tuo  detiderio  gli  veniva 
intero  te  .,,  egU  fotte  giammai  poMo  tornare 
in  Firenze,  netta  qwU  tela  topra  le  fonti  di 
a.  Giovanni  t*  era  ditpotto  di  coronarti  :  ac- 
ciocché quivi ,   dove  per  lo  baltetiino  aveva 
preto  il  primo  nome  •  quivi  wìcdetimo  per  la 
coronazione  orendette  tt  tecondo.  La  memo- 
ria del  fonte  battesimale  era  cosa  a  qae*  tempi 
meritameote  sacra.  Compagni  :  Sopra  quetto 
eacralo  fonte ,  onde  traette  ti  Mmf o  hattetitno, 
gimrau.  Papa  Loremo  de^  Medici  coronò  so- 
teDDemente  d'  alloro  la  tUtna  del  P.  e  Mar- 
«ilió  Ficino  ne  disse  le  lodi.  Alto  lodatore  ; 
ma  coronatore  non  degno  :  e  qnttt'  onore  là 
■noY'  onta  all'  esale  citudino.  Nel  1381  Glo- 
▼anai  di  Virgilio  lo  invitaTa  nella  gnelOi  Bo- 
logna a  prendere  la  corona  d'alloro  ;  ed  egli 
rifiaUTa  aspettando  essere  incoronato  soli'  Ar- 
ac. Abbiamo  gli  esametri  di  GloTanni  ,  e  la 
riaposu  di  Dante  :  Nonne  triumfkaltt  meUm 
pexaire  eapittot.  Et,  patriae,  reitam  ti  guanr 
do  ,  abteondeu  eanot  Fronde  tmh  incerta  . . . 
Qumm  mundi  eircumflua  eorpora  cantu,  Àttrir 
eoimeque  meo  ,    «fini  infera  regna  poltònnt , 
Devineire  eaput  hedtra  lanro^ne  juvabit. 


8  Cosi  vid*  10  r  un  dall*  altro  grande 
Principe  glorioso  essere  accolto , 
Laudando  il  cibo  che  lassù  si  prande. 

9  Ma  poi  che  1  gratular  ai  fu  assolto  , 
Tacito  coram  me  ciascun  s*  affisse . 
Ignito  si  che  vinceva  il  mio  volto. 

10  Ridendo  allora  Beatrice  disse  : 
Inclita  vita  per  cui  la  larghezza 
Della  nostra  basilica  si  scrisse  , 

11  Fa  risonar  la  speme  in  Questa  altezza . 
Tu  sai  che  tante  Gate  la  nguri. 
Quante  Gesù  a'  tre  fé  più  chiarezza. 

12  Leva  la  testa ,  e  fa  che  t*  assicuri  : 
Chèciòchevienquassùdalmortal  mondo, 
Convien  eh' a' nostri  raggi  si  maturi. 

4.  CoNTB.  S.  Greg.  (  in  Eieeh. ,  I  ,  hom. 
3  )  :  PBr  fidem  a  Beo  eognoteimur, 

6.  Babonv.  Un  autore  del  medio  evo:  Vi- 
rot  fortet  qui  poztea  vulgo  barones  appettati. 

7.  Pandi  (  e.  XV  ). 

8.  PaAKDB  (  e.  XXIV ,  1  ):  Atta  gran  cena. 

9.  Assolto.  Lat.  afriolvo ,  finire.  —  Coaj jr . 
G.  XI  :  Coram  patre. 

10.  Larghezza.  S.  Jac:  Si  quiz  .  .  .  ve- 
ttrum  indiget  tapientia  ,  pottulet  a  Deo ,  qui 
dat  omnibut  affluenter ,  et  non  improperat  , 
et  dabitur  ci.  Fottulet  autem  in  fide  nihil  hae- 
titant  :  qui  antm  defilai ,  timilit  ezt  fiuctui 
marie  ,  ^t  a  vento  movetur . . .  Omne  dal  ih» 
opltmiim ,  et  omne  donum  perfeetum  de  tur- 
tum  ezt ,  deteendent  a  Batre  luminum.  Altri 
legge  oUe^rexsa.— Basilica.  Il  cielo  è  Chiesa 
vera  e  trionfante.  L' epistola  qnl  citata  ,  altri 
la  ToglioQO  di  Giacomo  figlio  di  Alfeo  il  mag- 
giore, percbè  primo  chiamato  da  G.  C.  e  cu- 
gino di  lai  :  il  Yenerato  in  Galizia.  Altri  del 
minore ,  figlio  di  Zebedeo. 

11.  Altezza.  Dorè  ogni  speranza  ò  com** 
pinta.  —  Tre  (  Pnrg.,  XXXII  ).  Alconi  inter- 
preti pensano  che  eleggendo  tra  gli  altri  Pie« 
tro ,  Giacomo ,  Gioranoi  a  far  loro  più  chia- 
ra  manifestazione  della  propria  divinità  (Mat- 
th.,  XVU  ),  «'volesse  in  loro  figurare  le  tre 
virtù  ,  fede  ,  speranza  ,  ed  amore  :  le  quali 
nelle  epistole  di  ciaschedano  più  notabilmente 
si  predicano.  Netta  elezione  dei  tre  (  coȓ  nel 
Convivio  )  ti  può  inlendere  che  atte  zeeretizzi- 
ma  eoee  noi  dovemo  avere  poca  compagnia, 
V  Ottimo  spiega  :  Tti  la  figuH  tanto  più  chia- 
ra di  nullo  che  ne  zerivette,  quanto  Crizto  pm 
chiaro  ti  moztrò  a  te,  a  Piero,  e  a  Oiovanm. 

19.  Rami.  Convien  mirar  fiso  nelle  tre  virt^ 
per  salire  all'  empireo.  Altri  :  le  anime  che 
qui  salgono  ,  eon  forti  a  sostenere  i  nostri 
splendori. 


tsoi. 


DEL    PARADISO 


IH    Questo  conforto  del  faoco  secondo 
Mi  venne:  ond'  io  levai  gli  occhi  a'monti 
Che  gFincurvaron  pria  col  troppo  pondo. 

1  ^   Poiché  per  grazia  vuol  che  tu  t' affronti 
Lo  nostro  imperadore  ,  anzi  la  morte, 
Neir  aula  più  secreta  co'  suoi  conti, 

lo    Si  che,  veduto  il  ver  di  questa  corte, 
La  speme  che  laggiù  bene  innamora 
In  te  ed  in  altrui  di  ciò  conforte; 

10  Di  quel  che  eli*  è  ,  e  come  se  ne  nfiora 
La  mente  tua  :  e  di'  onde  a  te  venne. 
Cosi  seguio  '1  secondo  lume  ancora. 

17  £  quella  pia  che  guidò  le  penne 
Delle  mie  ali  a  cosi  alto  volo. 
Alla  risposta  così  mi  prevenne  : 

18  La  chiesa  militante  alcun  Ogliuolo 
Non  ha  con  più  speranza ,  com*  e  scritto 
Nel  Sol  che  raggia  tutto  nostro  stuolo. 

19  Però  gli  è  conceduto  che  d' Egitto 
Vegna  in  Gerusalemme  per  vedere. 
Anzi  che  '1  militar  gli  sia  prescritto. 

!20  (jli  altri  duo  punti,  che  non  per  sapere 
Son  dimandali ,  ma  perch*  ei  rapporti 

13.  Levai.  Ps.  CXX  :  Lwavi  oeulos  tneoi 
in  montes  .  unde  veniet  aìixiUum  miki.  Il  passo 
4Ìel  salmo  LXXXVl  :  Fundamenta  ejus  in  mon- 
iibus  sanctìs  ,  dagl'interpreti  intendesi  deUa 
Chiesa,  fondata  sulle  virtù  degli  Apostoli  e  d'al- 
tri santi.  E  spesso  nella  Bibbia  monte  significa 
eminenza  simbolica  (Ezech.,  XXXVl  ).  — Pon- 
do. Furg. ,  XV:  Sentf  a  me  gravar  la  fronte 
Allo  splendore, 

14.  Conti.  Nel  Conv.  (  II ,  6  )  chiama  Dio 
sonatore  celestiale. 

15.  Ver.  Conv.  (  II ,  6  )  :  La  verità  non 
videro  delle  creature  spirituali,  —  Bene.  A 
diritto.  Purg.  ,  X  :  '£  mal  amor,  —  Di.  Con 
la  tua  visione. 

17.  Pia.  Bisillabo  (  e.  I  ).^Pbnnb.  C.  XV. 
Colei  C/i'  all'  alto  volo  ti  vestì  le  piume.  — 
Prevenni.  Bello  è  questo  rispondere  di  Bea- 
trice per  attestar  la  speranza  del  P. 

19.  Gerusalemme.  Aug.  (  C.  D.,  XVIII  ): 
Jerusalem  mystice  dicitur  Visio  paeis ,  et  finis 
noslrorum  honorum.  Ps.  :  Tibi  reddetur  votum 
sn  Jerusalem.  —  Militar.  Job. ,  VII  :  MilUia 
est  vita  hominis  super  lerram.  —  Prescritto. 
C  XXIV  :  JHorte  tempo  gli  preseriba. 

20.  Non.  Non  già  che  san  Giacomo  avesse 
bisogno  di  sapere  i  pensieri  di  Dante:  e' ve- 
deva ogni  cosa  in  Diu.  Ma  la  prima  doman- 
da s'  egli  abbia  speranza ,  è  la  più  rilevante  ; 
n  come  e  il  perche  si  concbiudein  quell'olla.  | 


Quanto  questa  Tirtù  t  è  io  piacere, 

21  A  lai  lasc*  io:  che  non  gli  saran  forti 
Né  di  iattanzia.  Ed  elli  a  ciò  risponda; 
£  la  grazia  di  Dio  ciò  gli  comporti. 

22  Come  discente  eh'  a  dottor  seconda 
Pronto  e  Kbentejn  quel  ch*egli  è  esperto. 
Perchè  la  sua  bontà  si  disasconda  : 

23  Speme ,  diss'  io ,  è  uno  attender  certo 
Della  gloria  futura  ,  il  qual  produce 
Grazia  divina  e  precedente  merto. 

24  Da  molte  stelle  mi  vien  questa  luce: 
Ma  quei  la  distillò  nel  mio  cor  pria. 
Che  fu  sommo  cantor  del  sommo  Duce. 

25  Sperino  in  te ,  nella  sua  teodia 
Dice ,  color  che  sanno  1  nome  tuo. 
£  chi  noi  sa  s*  egli  ha  la  fede  mia  1 

26  Tu  mi  stillasti,  con  lo  stillar  suo. 
Nella  pistola  poi  ;  si  eh'  io  son  piecto. 
Ed  in  altrui  vostra  pioggia  repluo. 

27  Mentr*  io  diceva ,  dentro  al  vivo  seno 
Di  quello  incendio  tremolava  un  lampo 
Subito  e  spesso  a  guisa  di  baleiio. 

28  Indi  spirò  :  l'amore  ond* io  avvampo 

21.  Forti.  Non  gli  sarà  così  difficile  im 
il  perchè  egli  in  Dio  speri  :  come  dire  s'egli 
abbia  questa  virtù.  Cosa  che  V  nomo  nvo  ^ 
sapere  per  l'appunto;  e  ,  sapendo,  non  deM 
affermare. 

22.  Discinte.  Nel  conv.  (  li ,  i }.  —  Bmt* 
TÀ.  In  ubbidire  e  in  sapere. 

23.  Spbmb.  Il  maestro  delle  seDleuefflI, 
dist<  26  ):  Spes  est  eerta  exspeetaiio  fmturee 
beatitudinis  ,  veniens  ex  Dei  gratta  al  profce- 
dentibus  meritis, 

24.  Stille  (  e.  XXIV  ).  Della  verìU:  Sat- 
ina stella  in  cielo ,  in  me  sciniiUa.  Dan. ,  5U1: 
Fulgebunt .  .  .  qui  ad  jusHtiam  erueUeuu  «a^ 
tos,  quasi  steUae  in  perpeiuas  aacantiialtt.— 
Sommo.  G.  XX  :  Cantor  deUo  Spirito  fault. 

25.  Spirino.  Ps.:  Sperent  in  te,  fmimem- 
runt  nomen  tuum.  —  Tbodia.  Ode  »  canto  ii 
lode  di  Dio.  Altre  parole  de'  Salmi ,  qui  cita 
r  Ott.  ;  invitanti  a  speranza.  —  Fisi.  CM 
crede  in  Dio  ,  non  può  non  sperare. 

26.  Suo.  Ripetesti  ii  detto  di  Davide.  Jac* 
I  :  Beatus  vir  ,  qui  sufferi  tentationeeii ,  fm^ 
niam  quum  probatus  fuerU ,  accipiet  eor*Hmm 
vitae  f  quam  repromistt  Deus  diùgentikme  aa. 
E  il  salmo  1  :  Beatus  vir,  qui  non  oMt  im 
Consilio  impiorum  ...  Fructum  euum  dabU  ia 
tempore  suo.  Et  folium  ejus  non  deflimet. 

2S.  Campo.  Segue  la  meta  ri*  ra  dei  fflilitaie* 


CANTO    XXV. 


505 


Ancor  Ter  la  Tìrtù  che  mi  seguctte 
Infin  la  palma  ed  air  uscir  del  campo  , 

29    Vuol  ch'io  respiri  a  te,  che  ti  dilette 
Di  lei  :  ed  emmi  a  grato  che  tu  diche 
Quello  che  la  speranza  ti  promette. 

SO  Ed  io:  le  nuove  e  le  Scritture  antiche 
Pongono  il  segno,  ed  esso  lo  m*  addita  , 
Dell'anime  che  Dio  s*ha  fatte  amiche. 

31    Dice  Isaia  ,  che  ciascuna  vestita 
Nella  sua  terra  fia  di  doppia  vesta. 
E  la  sua  terra  è  questa  dolce  vita. 

SS    E 1  tuo  fratello  assai  vìe  più  dìgesta , 
Là  dove  tratta  delle  bianche  stole , 
Qvesta  rivelazion  ci  manifesta. 

33    E  prima  ,  e  presso  1  fin  d' cste  parole, 
Sperent  in  te  di  sopra  noi  s*udi  ; 
A  che  risposer  tutte  le  carole. 

3h    Poscia  tra  esse  un  lume  si  schiari. 
Si  che,  sei  cancro  avesse  un  tal  cristallo, 
Linvemo  avrebbe  un  mese  d' un  sol  di. 

35    E  come  surge  e  va  ed  entra  in  ballo 
Vergiue  lieta ,  sol  per  farne  onore 

99.  RsspiRi.  Spiri  di  nuovo  ,  riparli. 

SO.  Nuove.  Il  nuovo  Testamento ,  ed  il  vee- 
cbio  mi  pongono  il  segno  a  cui  tenda  la  spe- 
ranza dell'  anime  amiche  a  Dio  :  ed  esso  se- 
gno mi  addita  quello  che  la  speranza  promet- 
ta, cioè  la  beatitudine  piena  del  corpo  e  del- 
Taoima.  Altri  pone  tra  parentesi:  ed  esso  (  Ia- 
copo disse }  lo  mi  addita  (  mostrami  questo 
aegno }  :  a  che  poscia  il  P.  risponde.  Ma  è 
troppo  contorto  costrutto. 

ai.  Doppia.  Is.  ,  LXI  :  M  ferro  iua  dupli- 
€ia  fouidebuni ,  lattaia  umjpitwna  erti  eù . 
Prov.  :  OmnM  ...  domutiei  9ju$  vestiti  gunt 
émplieibue.  Gioia  del  corpo  e  daJl*  anima. 

aa.  Fbatbllo.  Jo.  (Ap. ,  VII):  Stantee 
mnte  tkronum,  et  in  eontpeetu  Agni,  amieti 
Mótie  albit. 

aa.  SpsRBfiT  (  Ps.  IX  ). 

a4.  Lui».  S.  Giovanni.  —  Cancro.  Una 
Mio  dodici  costellazioni  dello  zodiaco.  — 
CniSTALLO.  Quando  nel  Terno  il  sole  è  nel 
Capricorno  (  opposto  al  Cancro  ) ,  al  cader  del 
aote  spunta  il  Cancro  in  oriente,  al  tramon- 
tare del  Cancro  rinasce  il  sole.  Onde  se  nel 
Cancro  fosse  una  stella  A  lucida  come  1*  a- 
■ina  di  Giovanni,  la  notte  avrebbe  il  suo  sole, 
a  totto  il  mese  che  il  sole  è  in  Capricorno 
aarebbe  un  sol  di.  E  cosi  dicasi  di  qualunque 
altro  segno  ;  che  se  fosse  lucente  al  par  del 
aule  ,  lucerebbe  la  notte  si  come  il  sole  ;  e 
sarebbe  tutto  V  anno  un  sol  di. — DI.  Da  mez- 
so  dicembre  a  mezzo  gennaio. 


Alla  novizta  ,  non  per  alcun  fallo  ; 

36  Cosi  vid*io  lo  schiarato  splendore 
Venire  a'  due  che  si  volgeano  a  ruota  , 
Qual  conveniasi  al  loro  ardente  amore. 

37  Misesi  U  nel  canto  e  nella  nota  ; 

E  la  mia  donna  in  lor  tenne  V  aspetto  , 
Pur  come  sposa  tacita  ed  immota. 

38  Questi  è  colui  che  giacque sopra'l  petto 
Del  nostro  Pellicano  :  e  questi  fue 

D'in  su  la  croce  al  grande  ufficio  eletto. 

39  La  donna  mia  cosi  :  né  però  pii&e 
Mosser  la  vista  sua  di  stare  attenta, 
Poscia  che  prima  ,  alle  parole  sue. 

40  Quale  è  colui  che  adocchia  e  s  argo» 
Dì  veder  ecclissar  lo  soleun  poco,  (menta 
Che  ,  per  veder,  non,  vedente  diventa; 

kì    Tal  mi  fec*io  a  quell* ultimo  fuoco  , 
Mentre  che  detto  fu  :  perchè  t*abba.trli 
Per  Veder  cosa  che  qtiì  non  ha  loco  ? 

42  In  terra  è  terra  il  mio  corpo,  e  saragli 
Tanto  con  gli  altri,  che*l  numero  nostro 
G)n  r  etemo  proposito  s' agguagli. 

35.  Notizia.  Sposa.  —  Fallo.  Di  vanità. 

36.  Schiarato  (  v.  100  ).  —  Ruota.  Cin- 
gendo e  quasi  incoronando  Beatrice.  —  Dub. 
Pietro  e  Giacomo.  —  Qual.  Ha  detto  che  il 
più  0  men  rapido  volgere  è  segno  della  bea- 
titudine. 

37.  Canto.  Anco  i  due  Apostoli  dunque 
cantarono  Sperent,  —  Nota.  Aria.  —  Tbnnk. 
in  queste  virtù  è  tutta  la  scienza  divina. 

38.  Giacqui.  Jo.,  XIII:  Erat  . .  .  recum- 
lene  . .  .  tn  tinu  Je$u ,  quem  diUgebat  Je$ut. 
-^  Pellicano.  Quest'  uccello  ria  i  suoi  pulcini 
morsi  dalla  serpe  col  sangue  proprio  :  e  per- 
ciò s*  apre  il  petto  col  rostro.  E  l'imagine  è 
degl'  interpreti  sacri  applicata  a  Gesù  Cristo 
che  ci  riebbe  col  sangue.— Ufvicio.  Di  figlio. 
Jo. ,  XIX  :  Quum  vidùtet  . . .  Jesus  matretn, 
et  discipulum  stamem  ,  quem  diUgehai ,  didt 
matti  suae  .  Afulter,  ecce  fUius  tuus.  Deind9 
dieit  discipulo  ,  Ecce  molar  tua.  Et  ex  iUa 
hora  accepit  eam  disciputus  m  sua, 

39.  Né.  Parlando ,  li  guardava  sempre  feo 
(  V.  ili  ). 

42.  Tbkea.  Petr.  :  Spirito  ignudo  sono  . .  • 
Quei  ehe  tu  cerchi ,  è  terra  da  molV  anni. 
Dalle  parole  di  Gio.  ,  XXI  :  sic  eum  voto 
manere  donec  veniam.  Alcuni  dedussero  cbo 
Giovanni  dovrebbe  rimaner  vivo  in  corpo ,  fino 
al  di  del  giadizio.  Il  P.  smente  la  falsa  cre- 
denza. Le  parole  del  Vangelo  valgono  che 
Giovanni  non  doveva  morir  di  marUrìo.  — 
Saragli.  Vi  sarà. —  Altbi.  Corpi.— Numero. 

64» 


506 


DEL    PARADISO. 


Vi    Con  le  due  stole  nel  beato  chiostro 
Son  le  due  luci  sole  che  salirò. 
E  questo  apporterai  nel  mondo  vostro. 

kk    A  questa  voce  V  infiammato  giro 
Si  quietò  ,  con  esso  il  dolce  mischio 
(]he  si  facea  del  suon  nel  trino  spiro  ; 

45    SI  come ,  per  cessar  fatica  o  rischio  , 

Che  sia  pieno  il  nomerò  degli  eletti ,  e  il 
mondo  abbia  lìnp.  Ap. ,  VI  :  Donee  complean- 
tur  ronsfervi  eorum  ,  et  fratrtt  eorum. 

43.  Stole.  Kccl. ,  XLV:  induit  9um  itolam 
gloriae.  Sola  Maria  ron  Gesù  son  qui  in  ani- 
ma e  corpo.  Di  Maria  dubita  S.Girolamo  ;e 
pili  di  Giovanni  :  e  dice  che  nella  tomba  di 
lui  non  si  uovo  se  non  manna.— Salirò  (c. 
1X111  ,  2»  30  ,  40  ). 


Li  remi  •  pria  oeU'  aeqaa  ripercossi  , 
Tutti  si  posano  al  sonar  d*un  fischio. 

h6    Ahi  quanto  nella  mente  mi  commossi 
Quando  mi  volsi  per  veder  Beatrice, 
Per  non  poter  vederla ,  bench'  io  fossi 

VI    Presso  di  lei  e  nel  mondo  felice  1 


44.  TaiNO.  De'  tre  apostoli. 

45.  SI  COMI.  G.  XII  :  Itmemm  a  jnmt9  •  • 
volar  gu9tàni.  •—  Gbssaa.  Inf.  ,  XYII  :  Cm- 
iar  la  rma. 

46.  Non.  GioTanni  l' abbaglia  :  la  sopreaa 
rìvelaiiona  gli  toglie  la  vista  fin  della  scica- 
la  divina ,  eh'  é  dichiaraiioDe  della  Teità  ri- 
valata. 


507 


CANTO    XXVL 


ARGOMENTO. 


Rimane  abbagliato  :  e  intanto  Giovanni  l' esamina  circa  T  amor»  di  Dio.  Ei 
•a  adduce  argomenti  filoBofici ,  e  autorità  di  scritture.  Il  sommo  bene  dev*  essere  a* 
malo  al  sommo.  E  che  Dio  sia  tale  ,  gliel  dicono  Aristotele  ,  Mosi ,  s.  Giovanni. 
Questo  e  auanto  alla  mente  :  ma  quanto  agli  stimoli  dell  affetto  ^  Dio  merita  amo* 
ve  ,  perche  creatore  del  mondo  ,  e  nottro  ;  liberatore  a  prezzo  di  sangue ,  datore  di 
eiema  vita.  Ih  Dio  ama  il  P.  tutti  gli  uomini  tanto pixt  quanto  più  da  Dio  sono  amati. 
A  tal  professione  tutto  il  cielo  e  Beatrice  ,  cantano  tre  volte  Santo:  e  torna  al  P. 
la  vista.  Adamo  gli  parla  del  suo  peccato  ,  del  quanto  visse  e  quando ,  della  Un- 
gua  da  sé  creata  j  del  quanto  abitò  il  sacro  monte. 

Nota  le  terzine  1,2,4»  6,  9,  14,  16,  20.  21,  22,  23,  24,  25,  26,  27,  29,  30, 
Si,  33,  35,  37,  38,  39,  41,  43,   44,  46,  47. 


1    Mentr*  io  dubbiava  per  lo  viso  spento , 
Della  fulgida  Oamma  che  k>  spense 
Usci  uno  spiro  che  mi  fece  attento; 

%  Dicendo  :  intanto  die  tu  ti  risensa 
Delia  vista  che  hai  in  me  consunta, 
Ben  è  che  ragionando  ia  compenso. 

S    Comincia  dun(}ue  ,  e  di*  ove  s*  appunta 
L' anima  tua  :  e  fa  ragion  che  sia 
La  vista  in  te  smarrita  e  non  defunta* 

k    Perchè  la  donna  che  per  questa  dia 
Regì'on  ti  conduce,  lia  nello. sguardo. 

La  virtù  cb'  ebbe  la  man  d'  Anania. 

« 

i.  Spiro.  (  c.  XXT  ,  28). 

2.  CoMPBNSB.  Iiif. ,  XL:  Alcun  «ompeiuo... 
truova  ,  che  '(  tempo  non  passi  Perduto. 

3.  Appunta.  Che  è  qucUu  che  più  ama.  A- 
nore  è  appoggio  all'  anima  umana. 

4.  Ananìa.  (  Act.  ,  IX  ).  Ridiede  la  vista 
•  s.  Paolo  abbarbagjiato  dalla  visione. 

5.  E.  Qual  più  piace  a  lei  ,  losto  o  tardo. 
—  Porte.  Tetr^  (  1 ,  3  )  ;  Aperta  la  via  per 
gli  eeehi  al  con. 


5  Io  dissi  :  al  suo  piacdre  e  tosto  e  tardo 
Yegna  rimedio  agli  occhi,  che  fùr  porte 
Quand'olia  entrò  col  fuoco  ond'io  sempr  ar- 

6  Lo  ben  che  fa  contenta  questa  corte,  (do. 
Alfa  ed  omega  è  di  quanta  scrittura 
Mi  legge  amore  o  lievemente  o  forte* 

7  Quella  medesma  voce  cbe  paura 
Tolta  m' avea  del  «ubitaabbarbaglio, 
Di  ragionare  ancor  mi  mise  in  cura  ; 

8  £  disse  :  certo  a  più  angusto  vaglio 
Ti  conviene  schiarar  :  dicer  convienti 
Chi  drizzò  l'arco  tuo  a  tal  bersaglio. 

0.  Alfa.  Modo  dell*  Apocalisse.  Lett.  a  Ca- 
ne :  Quum  Deus  sii  alpha  et  omega  ,  idett 
principium  el  fink.  -*  LsGGB.  Aletafora  fami- 
liare al  P.  Dio  ò  priocipio  e  Une  dì  quanti 
amori ,  piccoli  o  grandi,  si  svolgono  in  me. 

7.  Voci.  Di  Giovanni. 

8.  Vaglio.  Devi  passare  per  esame  più  stret- 
to e  severo.  Vagliare  per  esaminare  asasi  tut- 
tavia. 


508 


DEL    PARADISO. 


9  Ed  io  :  per  filosofici  argomenti , 
E  per  autorità  che  quinci  scende  , 
Cotale  amorconvienchenmes'iniprenti. 

10  Chè'ibene,  inquantoben,comes'iutende 
Cosi  accende  amore;  e  tianto  maggio 
Quanto  più  di  boutade  in  sé  comprende. 

1 1  Dunque  all'Essenza  oy'è  tanto  vantaggio 
Che  ciascun  ben  che  fuor  di  lei  si  trova, 
Altro  non  è  che  di  suo  lume  un  raggio, 

12  Più  che  in  altra  convien  che  si  mova 
La  mente,  amando,  di  ciascun  che  cerne 
Lo  vero  in  che  si  fonda  questa  prova. 

13  Tal  vero  allo  'ntelletto  mio  sterne 
Colui  che  mi  dimostra  il  primo  Amore 
Di  tutte  le  sustanzie  sempiterne. 

1  iik    Sternel  la  voce  del  verace  Autore 
Che  dice  a  Moisè ,  di  sé  parlando: 
Io  li  farò  vedere  ogni  valore. 

15    Stérnilmi  tu  ancora,  incominciando 
L*dlto  preconio,  che  grida  l'arcano 
Di  qui, laggiù,  sovra  ad  ogni  uitro  bando. 


9.  QoiNCi.  Dal  cielo.  —  Amor.  La  cariti, 
*  dice  Paolo  ,  è  pleoiiudioe  della  legge.  E  lo 
ripete  il  Grisosi.  E  V  Oit.  cita  la  Sapienza  . 
!'  Ecclesiast.  e  i  seg.  Gio. ,  XV  .'  Quuto  è  il 
€omandamerUo  mio ,  che  voi  vi  amiate,  Taolo 
(  1  ,  Cor.  ,  e.  iV  )  :  Cresciamo  in  caritade  ; 
XIV:  Seguitate  caritade;  XVI  ;  Oyni  voure 
opere  si  facciano  in  caritade.  Fil.,  I  :  io  vi 
prego  ,  Hie  la  vostra  caritade  piti  e  piti  ab- 
bondi, Coloss.  ,  111  .'  Sopra  tulle  le  coie  ab- 
biate caritade.  S.  Agost.  :  Guata  alti  doni 
della  Chiesa,  e  nullo  ne  troverai  più  eccellen- 
te della  caritade  .,,  La  caritade  è  U  primo 
bene  dell  anima  ...  Caritade  è  luogo  di  lume, 
E  Gio.  (I  Ep.  ,  e.  il  )  :  Chi  ama  il  suo  fra- 
te ,  sta  in  lume  ;  V  am,ore  del  mondo  accie- 
ca ,  ma  V  amore  di  Dio  allumina  ...  Carita- 
de è  luogo  di  seeuritade  e  di  gaudio.  Dio  è 
caritade  ...  Chi  dimora  in  caritade  ,  in  Dio 
dimora, 

10.  BoNTABK.  e.  VII  :  L'opra  tanto  eptù 
gradita  DelC  operante ,  quanto  più  appresenta 
Della  bontà  del  cuore  ond"  i  uscita, 

il.  Raggio.  Jo.  :  Omnia  per  ipsum  faeta 
sunt, 

i2.  Mota.  Porg. ,  XVIII  :  Quel  piegare  i 
amor.  ^  Vebo.  Della  eccellenza  di  Dio  sopra 
«^gni  cosa. 

i3.  Stbbnb.  Appiana.  L'  osa  nel  e.  XI,  8. 
—  ('OLDi.  Platone  nel  Gonv.  Di  qui  concbiu- 
^0  ,  come  cosa  chiarissima ,    1'  amore  degli 


16  Ed  io  udii  :  per  intelletto  umano 
E  per  autoritade  a  lui  concorde. 

De*  tuoi  amori  a  Dio  guarda  1  sovrane. 

17  Ma  di*  ancor  se  tu  senti  altre  corde 
Tirarti  verso  lui,  si  che  tu  suono 

Con  quanti  denti  questo  amor  ti  morde. 

18  Non  fu  latente  la  santa  intenzione 
Dell'aquila  di  Cristo,  anzi  m'accorsi 
Ove  menar  volea  mia  professione. 

19  Però  ricominciai:  tutti  quei  morù 
Che  posson  far  lo  cuor  volgerà  Dio. 
Alla  mia  cantate  sou  concorsi. 

20  Che  Tessei  e  del  mondo,  e  ressor  lue. 
La  morte  eh'  el  sdftenne  percIT  io  Tifi, 
E  quel  che  spera  ogni  fede!  com'io, 

21  Con  la  predetta  conoscenza  viva, 

'  Tratto  m'hanno  del  mar  dell'amor  lorCe, 
E  dei  dirillo  m*  han  posto  alla  riva. 

22  Le  frondi  onde  s'infronda  tutto  i'oite 
Deir  ortolano  eterno  ,  am'io  cotanto 
Quanto  da  lui  a  lor  di  bene  è  pòrto. 


Dei  essere  di  tatti  antichissimo  ed  aogiiste. 
Il  Post.  Caet.  intende  d'Aristotele  che  diiee: 
Unus  est  princeps,  E  nella  Fisica  e  nella  Ut- 
talisica  Aristotele  pone  uno  iddio.  E  Bel  li- 
bro De  caussis,  e'  pone  Iddio  come  cesee  n* 
prema  ,  cioè  sommo  bene. 

14.  Valohb.    Ex.  ,  XXXIII  :  Oirtii^  «lilf 
gloriam  tuam.,.Ostendam  omne  bonumtékim 

iff.  Pbbcomo.  Evaog.  :  /n  principi*  etmi 
verbum  ...  Vita  erat  lux  hominum, —  AlCA* 
NO.  Della  incarnazione  ,  il  qual  ci  fk  meglie 
cunoscere  la  natura  di  Dio ,  ed  è  il  accrtie 
del  cielo  rivelato  alla  terra.  Apocel.  (I,  ft): 
Dilexit  nos,  et  lavit  nos  aveecatie  ...  mim»> 
guine  suo  ...  Ego  sum  alpha  ,  et  ofmega,  «— 
Bando.  Fracco  cbiamavasi  il  i^anditore. 

16.  Guabda.  Serba. 

17.  SuoNB.  Purg. ,  XVI;  Com9  tu  mi  eumte, 

18.  Aquila.  August.  (  Tr.  in  Jo.  ,  XllV): 
Aquila  tpse  est  Joannes  ,  subUmiusm  praeéi- 
cator, 

19.  Concorsi.  Conv.  (I,  13):  Essere  a  que- 
sta amistà  concorte  tutte  le  cagioni  fenerutir 
ve  e  accrescitive  dell'amistà, 

20.  Mio.  Ps.  :  Gloria  ,  et  honor^  eonmùsH 
eum.  —  QuBL.  il  cielo  (  e.  XXV  J. 

21.  Conoscenza.   Di  ragione  e  d'antorilA. 

22.  Frondi.  Vedremo  negli  aitimi  canti  il 
mistico  tìore.  —  Obtolano.  G.  C.  risorto  ap- 
parve in  tal  forma.  —  (Quanto  (Parg.,  XV  ;. 
Simile  nel  Conv. 


CANTO    XXVI. 


S09 


23    Si  com'io  tacqui,  ud  dolcissimo  canto 
Risonò  per  lo  cielo;  e  la  mia  donna 
Dicea  con  gli  altri:  Santo,  Santo,  Santo. 

ik    E  come  ai  lume  acuto  si  disonna  , 
Per  lo  spirto  visivo,  che  ricorre 
Allo  splendor  che  va  di  gonna  in  gonna  ; 

55  E  lo  svegliato  ciò  che  vede,  abborre  ; 
SI  nescia  è  la  sua  subita  vigilia , 

Fin  che  la  stimativa  noi  soccorre  ; 

56  Cosi  degli  occhi  miei  ogni  quisquilia 
Fugò  Beatrice  col  raggio  de*  suoi 
Che  rifulgeva  più  di  mille  milia. 

97  Onde  me*  che  dinanzi  vidi  poi  ^ 
£  quasi  stupefatto  dimandai 

D*un  quarto  lume  eh'  io  vidi  con  noi. 

98  E  la  mia  donna:  dentro  da  que'rai 
Vagheggia  il  suo  Fattor  l'anima  prima 
Che  la  prima  Virtù  creasse  mai. 

99  Come  la  fronda  che  flette  la  cima 
Nel  transito  del  vento,  e  poi  si  leva 
Per  la  propria  virtù  che  la  sublima, 

30    Fec'io,  in  tanto  in  quanto  ella  diceva, 
Stupendo:  e  poi  mi  rifece  sicuro 
Un  disio  di  parlare  ond'  io  ardeva. 


93.  Santo.  Grido  dell' Ap.,  IV.  Is.,  VI  : 
CUiwuUfanl  aU$r  ad  alterum ,  el  dicebant  : 
Smmetut ,  Sanctus  ,  Saneius  ,  Domine  Dnu 
9Sì9reUuum  ,  pUna  $$t  omnis  terra  gloria  ejus. 

34.  CoMB.  Simile  comparazione  nel  Purg., 
XVII,  14.  Qoi  V  Oit.  cita  il  V  De  proprietà- 
iikui  rerum,  cap.  4. —  Si.  Impersonale,  come 
€•  XXIII  :  Quivi  si  vive.  '—  Visivo.  V.  Nuo- 
va :  Xi  deboletti  spiriti  del  viso,  —  Gonna.  Le 
toolche  0  membrane  del  rocchio  (Plinio  XI.  37). 

15.  Abkgrrb.  Ne  fugge  la  vista.  —  Mkscia. 
L'  osa  il  fiocc.  (  Filoc.  ). 

M.  Quisquilia. Rammenta  il  Purg.,  I,  quan- 
do la  rugiada  lo  purga  dalla  fuliggine.  Qui 
noova  puritìcazione  lo  fa  degno  di  visione  più 
■lu. 

S7.  MB'.  Meglio  (  Inf.  .  I  ). 

28.  Anima.  Adamo  prima  tra  Taoime  ama- 
ne. Non  parla  di  spiriti. 

SO.  Flri  TB.  Paolo  Aquilano  :  Se  lo  tuo  ca- 
po flettendo  <'  abbassa. 

31.  Pomo.  C.  XV  :  O  froìvda  mia.  ~  Solo. 
Eva  è  pai  te  di  lui.  —  Nuro.  Ciascuna  donna 
è  figlia  d'Adamo  ,  e  aposa  a  un  lìglio  di  lui. 

33.  CovKRTo.  Di  drappo  ,  l'agita  in  modo 
rba  fi  coiioscuoo  i  suoi  movimenti.  Ovvero: 
l'animale  iuur  delle  membra ,  qua*>i  attraverso  I 
«I  ìu\o1l«.i(>  ,  fa  trasparire  i  suoi  sensi.  I 


31  E  cominciai:  o  pomo  che,  maturo» 
Solo  prodotto  fosti;  o  padre  antico 

A  cui  ciascuna  sposa  è  figlia  e  naro  , 

32  Devoto  quanto  posso  a  te  supplico 
Perchè  mi  parli.  Tu  vedi  mia  voglia , 
E  per  udirti  tosto ,  non  la  dico. 

33  Talvolta  un  animai  coverto  broglia  » 
SI  che  l'aiTetto  convien  che  si  paia 
Per  lo  seguir  che  face  a  lui  la'nvoglia  : 

34  E  simihnente  l' anima  primata 
Hi  facea  trasparer  per  la  coverta 
Quant'  ella  a  compiacermi  venia  gaia. 

35  Indi  spirò:  senz'essermi  profferta 
Da  te,  la  voglia  tua  discerno  meglio 
Che  tu  qualunque  cosa  V  è  più  certa. 

36  Perch'  io  la  veggio  nel  verace  Speglio , 
Che  fa  di  sé  parégli  Taltre  cose  , 

E  nulla  face  lui  dì  so  pareglio. 

37  Tu  vuoi  udir  quant'è  che  Dio  mi  pose 
Nell'eceelso  giardina  ove  costei 

A  cosi  lunga  scala  ti  dispose; 

38  E  quanto  fu  diletto  agli  occhi  miei , 
E  la  propria  cagion  del  gran,  disdegno , 
E  l' idioma  ch'usai  e  ch'i'  feL 


34.  PrimaIa.  Pnrg.,  XZXIII  :  L*  anima  pri- 
ma, D'  Adamo  e  delle  cose  io  questi  versi 
toccate  (  V,  Thom. ,  Som.  2.  2.  q.  90,  94 
ad  102). 

36.  Speglio.  Cosi  chiama  il  sole  (Parg., 
IV  )  e  Dio  (  Par..  XV).  —  Parkglio.  Dio  in 
ogni  cosa  riflette  sua  imagine  :  non  riflette 
io  sé  r  imagine  di  cosa  alcuna.  Conv.  :  Si 
prima  allumina,  e  poi  le  creature.  Molte  si- 
militudini trae  dal  sole,  perchè,  dice  nel  Conv., 
nullo  sensibile  è  più  degno  di  farsi  assempro 
di  Dio  che  *l  sole.  Lettera  a  Cane  :  Omnis  es- 
sentia  et  virtus  proeedit  a  prima,  et  tnlefZt- 
^enitaa  inferiores  rectptunt  quasi  a  radiante. 

37.  Ove.  Paradiso  terrestre (Purg.,  XXXUI). 
—  Scala.  C.  X:  5tt  perqueÙa  scala  U',  sen- 
za risalir ,  nusun  discende, 

38.  Fd.  Quanto  durò  quel  diletto  del  Para- 
diso tenestre. —  Propria.  Vera.  —  Fri.  Ben 
dice  :  prima  uiai ,  poscia  fei.  Usò  il  linguag- 
gio da  Dio  rivelatogli  io  poche  radicali  parole 
contenenti  le  sommità  del  vero;  face  il  restan- 
te ,  da  quelle  poche  per  analogia  derivando 
la  lingua  intera  e  i  nomi  di  tutte  le  cose. 
Geo.,  II:  Adduxit  ea  ad  Adam,  ut  videret , 
Vvtd  vocaret  ea:  omne.,.  quod  vocavU  Adam 
animae  viventis,  ipsum  est  nomen  ejus.  Tratta 
di  ciò  oel  I  della  Yulg.  Eloq. 


510 


DEL    PARADISO 


39    Or  figliuolmio,  non  il  gustar  del  legno 
Fu  per  sé  la  cagion  di  tanto  esilio , 
Ma  solamente  il  trapassar  del  segno* 

kO    Quindi,  onde  mosse  tua  donna  Virgilio, 
Quattromila  trecento  e  due  volumi 
l3i  sol  desiderai  questo  concilio. 

41  £  vidi  lui  tornare  a  tutti  i  lumi 
Della  sua  strada  novecento  trenta 
Fiate ,  mentre  eh*  io  ia  terra  fuoìi. 

42  La  lingua  eh'  io  parlai ,  fu  tutta  spenta 
Innanzi  che  all'ovra  inconsumabile 
Fosse  la  gente  dj  Nembrotte  attenta. 

43  Che  nullo  edotto  mai  razionabile 

(  Per  lo  piacere  umao ,  che  rinnovella 

39.  Lbgno.  Geo.,  H  :  De  tigno  ...  fci'en- 
tiae  boni»  et  mali  neeomedat, — Trapassar. 

Disubbidire. 

40.  Onde.  Nel  limbo  (  Inf.,  IV  ).  — Mosse 
(  Inf. ,  II,  17  ).  —  VoLCMi.  Dalla  creazione 
alla  morte  di  G.  C.  5232  anni.  Tolti  i  930 
che  Adamo  visse ,  restano  4302.  S'aggiunga- 
no i  1266  da  Cristo  a  Dante  ,  e  sono  6500 
(Inf. ,  XXI  ).  Ovid.  (Il,  70):  Amdua  rapi- 
tur  vertigine  coeLum  ;  Sideraque  alta  trahit  , 
eelerique  volumine  tnrquet,  —  Concilio.  Purg., 
XXI  :  Nel  beato  eonciiio, 

41.  Lui.  Sole.  —  Lumi.  Segni  del  zodiaco* 
—  Mentre  (  Gpu.  ,  V  ). 

42.  Inconsumabile.  Da  non  mai  finire.  Fino 
alla  gran  torre.  Gen.  ,  XI  :  Erat  .  .  .  terra 
labii  unius.  Nella  Vn^lg.  Eloq.  dice  che  da  Ada- 
IQO  a  Babele  fu  sempre  un  linguaggio.  Ma  non 
fa  contro  al  presente,  il  linguaggio  andò  nelle 
piccole  cose  mutandosi;  la  fabbricazion  della 
torre  che  deve  essece  lungamente  durata  fu 
spazio  assai  lungo  per  corrompere  V  intero 
linguaggio.  E  chi  sa  che  il  P.  non  intendesse 
in  sensfo  simbolico  Nembrotte  e  la  torre?  Nel- 
r  Inf. ,  XXXI,  ne  parla  nel  proprio. 

43.  Nullo.  L'umapo  volere  cangia,  e  con 
esso  gli  elTriti  dell'amana  ragione.  —  RazÌo- 
]f ABILE.  Couv.,  Ili:  Irrazionabite.  — Seguen- 
do. Il  corpo  dciraomo  sente,  com'ogni  cosa, 
gl'influssi  celesti.  —  Durabile.  C.  XV:  Le 
«oslfft  cote  tutte  hanno  lor  morte  ,  5i  come 
90Ì  .   .   • 

44.  Abbblla.  Piace.  Inf.,  XIX:  Tanto  m* è 
bel  quanto  a  te  piace,  Purg.  (  XXVI  ,  47  }. 
Conv.  (  1  ,  5  )  ;  il  latino  è  perpetuo  e  non 
corruttibile  ,  ti  volgare  è  non  istabile  e  corrul- 
ii/'tU.  (Inde  vedemo  nelle  città  d' Italia  ,  te 
bene   volemo  agguardare   a'  emanane'  anni , 


Seguendo  1  eielo }  sempre  fb  darakile. 
kk    Opera  naturale  è  ,  eh*  uom  favella. 
Ma  così  o  cosi ,  natura  lascia 
Poi  fare  a  voi  secondo  che  v'abhella. 

65  Pria  eh*  io  scendessi  ali* infernale  amba- 
£/ s'appellava  in  terra  il  sommo  Bene  (scia. 
Onde  vien  la  letizia  che  mi  fascia. 

66  Eli  si  chiamò  poi  :  e  ciò  conviene  ; 
Che  Tuso  de*  mortali  è  come  fronda 
la  ramo  ,  che  sen  va  ,  ed  altra  viene. 

VI    Nel  monte  che  sì  leva  più  dall'onda 
Fu*  io  ,  con  vita  pura  e  disonesta , 
Dalla  prim'  ora  a  quella  eh*  è  seconda  ^ 

h&    Cornei  sol  muta  quadra,  all'ora 


molet  vocaboli  euere  eptnti  §  naH  a 
onde ,  se'l  piccolo  tempo  co^  trasmmta , 
più  traemuta  lo  maggiore.  Sì  eh*  i9  die«  cfte 
te  coloro  che  $i  partirò  di  questa  vi$a  già  tom 
miWanni,  tornarono  alle  loro  eittadi,  in- 
derebbero  la  loro  cittade  essere  oeeuptitada  gem- 
te  strana  per  la  lingua  da  loro  diMcordmsn^ 

45.  Ambascia  (  Inf.,  XXIV  ).  ~  Et.  S.  In- 
doro (  Etym.  ,  VII  ,  i  )  :  Primum  apuà  Bh 
hraeos  Dei  nomen  SI  dicitur  »  ieewiémm  ••* 
men  Eloi  est.  Altri  legge  /  cioè  Jehooak  ,  m- 
me  santo ,  e  solo  al  labbro  de'  saceréaU 
permesso.  Altri  Un ,  eome  Daaie  lo  chia- 
ma nella  lettera  a  Cane,  t  coma  a.  Miiiiaa 
dice  cbe  gli  antichi  chiamassero  Dio  (  Seat 
io  Dyon.,  De  div.  nom.,  IV  ).  Anco  i  filesaA 
pagani  Uno  o  V  Uno  chiaroavaoo  Iddio.  M 
e.  XIX ,  43  ,  ns6  già  la  lettera  I  per  dira  «m. 
E  questa  lettera  può  tasto  signiAcara  «■• 
quanto  Jekovah  :  però  ci  parrebbe  laiJBai  flk 
vera:  se  non  che  nella  Valg.  E\oq,  (I,  4)JQ 
die'  egli  essere  in  prima  stato  il  nooie  dì  Dia. 

46.  Eu.  Il  medesimo  che  Eloi.  6.  Crina 
gridò  sulla  croce  Eli  secondo  Matteo,  XXTII;. 
Eloi,  secondo  Marc,  XV.—  FaoimA.  HaciL 
(  Poet.  ):  Ut  silvae  foUis  pronos  muteiuir  à^ 
annos.  Prima  cadunt  :  ita  verborum  «thif  «a* 
ferir  aelof  .  .  .  Multa  renasesntur,  qmae  jmk 
cecidere  ,  cadentque,  Quae  nune  timi  m  kt^ 
fiore  ,  vocabula  ,  fi  voUt  usus  .  .  . 

47.  Lbva.  Altiesimo  (  lof.  ,  XXVi  :  P«|.. 
IV.  —  Pura.  Tra  innocente  e  colpevole. 

48.  Sksta.  Vi  stolte  circa  seti'  ore.  CiA 
Pietro  Comestore  al  e.  XXIV  della  Stor. 
Gen.  Da  oriente  a  nvezzodl  dov*  è  1*  ora 
è  un  quadrante  di  circolo  ,  o  quadro.  L* 
settima  è  secondo  alla  sesta  ;  la  segna,  ih 
cundus  da  sequur. 


su 


CANTO    XXVII. 


ARGOMENTO. 

Pietro  tuona  t  tfaft^la  coniro  gV  indegni  pastori  :  e  a  quel  dolore  tutto  il  cielo 
ti  vela  di  mesto  colore.  Il  P.  frattanto  gira  co*  Gemini  e  col  cielo  stellato.  La  dot- 
€ixxa  del  mirare  in  Beatrice  lo  porta  nel  cielo  mobile  ,  dove  non  è  ne  luogo  ,  né 
misura  umana  di  tempo.  E  dalla  bellezza  deiV  alte  cose  piglia  occasione  di  nuovo 
o  danuare  la  cupidigia  che  di  là  ci  distoglie  ;  e  delia  cupidigia  umana  riversa 
la  colpa  sui  pessimi  esempi  e  suU*  incuria  di  chi  governa. 

CtDto  di  alta  poesia,  ma  iraconda:  tì  si  mesce  il  cielo  e  rinferno:  la  eontemplazlont 
•  la  passione;  un  ideale  qnal  non  pose  a  sé  moi  arte  umana,  e  le  triste  realtà  della  vita. 

Nota  It  terzine  1  alla  4;  la  6  alla  12  ;  la  14  alla  21  ;  la  23  aUa  31  ;  la  33  aUa  43  ; 
la  45  con  le  ultime. 


AI  Padre,  al  Figlio  ,  allo  Spirito  santo 
Cominciò  ,  gloria  ,  tutto  '1  paradiso  ; 
Si  che  m' inebbriaTa  il  dolce  canto. 

Ciò  eh'  io  vedeva ,  mi  sembrava  un  riso 
Deir  universo  ;  perchè  mia  ebbrezza 
Entrava  per  l' udire  e  per  lo  viso. 

O  gioia  l  0  ineffabile  aUef^rezza  l 
O  vita  intera  d*  amore  e  di  pace  ! 
O  f  senza  brama  ,  sicura  ricchezza  ! 

Dinanzi  agli  occhi  miei  le  quattro  face 
Stavano  accese:  e  quella  che  pria  venne 
Incominciò  a  farsi  più  vivace. 

9.  Eiso.  Escbilo  :  Jtito  infinito  del  cielo. 

3.  Sbnxa.  Peir.,  del  Paradiso:  N^piàii  bru- 
ne bramar  più  lic«.   Nel  Conv.  dice  che 

si  desiderio  non  può  stare  eolla  beatitudine , 
mcciocehè  {  perciocché  )  la  beatitudine  na  per- 
fetta cota,  9  U  desiderio  tia  cosa  difettosa. 

4.  QuATTBo.  Pietro ,  Giovanni ,  Giacomo  , 
Adamo.  ~  Pria.  Pietro. 

0.  Pinne.  Marte  imbiancasse,  e  rosseggiasse 
Ciofe.  La  mansuetudine  di  Pietro  tramutasi 
io  ira  .  eh'  è  iodegnazione  pietosa  del  male. 

6.  PaovTBOBNZA.  Aoco  in  prosa  (  Conv.,  I, 
8  ).  Tutto  il  cielo  era  intento  alla  Indegoazio- 
ne  del  santo  :  e  Dio  lo  voleva.  Sublime  prin- 
cipio. 

7.  Trascolobo.  Ott  :  Dopo  questo  vigerimo 
MMttimo  canto  tA.  intende  aUisterttarii  della 


8 


E  tal  nella  sembfanza  sua  divenne 
Qual  diverrebbe  Giove  ,  s' egli  e  Marta 
Fossero  augelli  e  cambiassersi  penne. 

La  Provvedcnza  che  quivi  comparto 
Vice  e  ufficio  ,  nel  beato  coro 
Silenzio  posto  avea  da  ogni  parte. 

Quand*  io  udì'  :  se  io  mi  trascoloro  • 
Non  ti  maravigliar  ;  che ,  dicend'io  , 
Vedrai  trascolorar  tutti  costoro. 

Quegli  eh'  usurpa  in  terra  il  luogo  mio 
Il  luogo  mio  ,  il  luo^o  mio  ,  che  vaca 
Nella  presenza  dei  Figliuoi  di  Dio  , 


divina  eorte,  ed  al  yiardiVio  del  primo  ama- 
re;  e  però  in  questo  eapitolo  qu<ui  riepUoga 
e  nsceotjli»  la  bassezza  mondana .  nella  quaU 
ii  ficca  V  occhio  mortale ,  e  poi  sale  sopra  il 
firmamento, 

8.  Mio.  Jer.  (  VI!  ,  4-11  )  :  Templum  D&i 
mini,  templum  Domini,  templum  Domini  est... 
Ego  ,  ego  sum  :  ego  vidi ,  dieii  Dominus.  — 
Vaca.  Decret.  :  Non  habent  Bstri  haeredita- 
tem.  Anon.:  Dirizza...  la  $ua  indignazione ... 
cantra  Bonifazio  ...  ti  quale  per  ingantto  ,  • 
per  simonia  fu  eletto  in  papa  nel  1294  ...  M 
dice  ,  che  lo  detto  luogo ,  cioè  papale  sedia , 
vaca  nel  cospetto  di  Dio  ...  ehi  la  sleziona 
non  fu  fatta  giuridica ,  ni  per  dispensasione 
tntervimia  legittima. 


51S 


DEL    PARADISO 


9  Fatto  ha  del  cimiterio  mio  cloaca 
Del  sangue  e  della  puzza;  oode1  perverso 
Che  cadde  di  quassù  y  laggiù  si  placa. 

10  Di  quel  color  che,  per  lo  sole  avverso, 
Nube  dipinge  da  sera  e  da  mane  , 
Vid*  io  allora  tutto  '1  ciel  cosperso. 

11  E  come  donna  onesta  che  permane 
Di  sé  sicura  ,  e  per  \  altrui  fallanza 
Pure  ascoltando  timida  si  fané  ; 

12  Cosi  Beatrice  trasmutò  sembianza. 
E  tale  eclissi  credo  che  'n  ciel  fue 
Quando  pati  la  suprema  Possanza. 

13  Poi  procedetler  le  parole  sue 
Con  voce  tanto  da  sé  trasmutata 
Che  la  sembianza  non  si  mutò  piùe  : 

Ib    Non  fu  la  sposa  di  Cristo  allevata 
Del  sangue  mio ,  di  quel  di  Cleto 
Per  essere  ad  acquisto  d'oro  usata. 

15    Ma  per  acquisto  d' esto  viver  lieto 


9.  Sangue.  Iniquamente  versato. 

10.  AWKRSO.  Virg.  :  AdvBrto  iole. 

la.  Trasmutò.  Dan.,  Ili:  Repletui  est  fu- 
tx»fe  ,  cf  ofpeeCiii ...  iUiu»  immutatut  est. 

13.  Ttàm.  Così  moto  voce  come  colore:  di 

sdegno. 

14.  Lm.  Di  Volterra.— -Cleto.  Di  Roma. 
16.  Sisto.  Romano:  papa  Dell* anno  128.  — 

Pio.  D'Aqailea,  nell'anno  154.  —  Callisto. 
Romano  ,  anno  218.  —  Urbano.  Di  Roma  , 
anno  231. 

16.  Destra.  Guelfi  e  Ghibellini:  altri  dalla 
Chiesa  dannati ,  altri  amici. 

18.  Sigillo.    Nelle  bolle.  ~  Disvatillo. 
D'ira.  L'usa  il  Petr. 

19.  Vesta.  Monarch.  :  Corvorum  plumU 
epertifOoei  aUnu  in  gnge  Domini  gejaetant. — 
Lun.  Garalca  (  Spec.,  e.  Vii  )  :  Poiché  sono 
fatti  pnUui,  li  dimmuieano  ciò  che  in  prima 
r^igioiam$nte  avevano  pensato,  e  sono  come 
aani  e  lupi  affamati  sopra  U  popolo  di  Dio  : 
f  però  si  può  oggi  dire  santo  quel  prelato  , 
fognamo  che  non  dea  U  suo ,  pure  se  non  to- 
glie e  rapisce  V  altrui.  Contro  a  questi  cotaU 
jpastori ,  dice  Iddio  per  U profeta:  Guai  a*pa- 
aiori  ohe  pascono  sé  medesimiì  Cioè  che  non 
attsmdono  ad  essere  utiU  a  pascere  gU  sudditi 
msoi,  ma  pure  ad  emipire  la  borsa.  Una  satira 
d' Adalberone  è  flunosa  contro  i  vizii  del  cle- 
ro. — GuGiT  Ps.  XLIII:  Exwrgef  quare  ob- 
dormiSp  Dowììm  T  Machab.  :  Quousque  non 
fads  judieimm ,  ti  tindicas..7 

20.  Sanaub.  Delle  grazie  di  Dia,  fatte  ve- 
■ali.  ^  CAOBSim.  Giovanni  XXIi»  eletto  il 
IM.  -*  ChrAioiu  elemento  V.  Qaeno  canto 


E  Sisto  ,  e  Fio,  Callisto,  od  Urbano 
Sparser  lo  sangue  dopo  molto  fleto. 

16  Non  fu  nostra  intenzion  ch*ha  destra  ma- 
De*nostri  successor,  parte  sedesse,  (  do 
Parte,  dall'altra,  del  popò!  cristiano. 

17  Né  che  le  chiavi  che  mi  fùr  coacesse» 
Divenisser  segnacolo  in  vessillo 

Che  eontra  i  battezzati  combattesse. 

18  Né  eh'  io  fossi  figura  di  sigillo 
A*  privilegii  venduti  e  mendaci, 
Ond'  io  sovente  arrosso  e  disfavillo. 

19  Io  vesta  di  pastor  lupi  rapaci 
Si  veggion  di  quassù  per  tutti  i 
O  difesa  di  Dio  ,  perchè  pur  fàiici*. 

20  Del  sangue  nostro  Caorsini  e  Guaschi 
S'apparecchian  di  bere.  O  buon  principio, 
A  che  vii  iìne  convien  che  tu  caschi  ! 

21  Ha  l'alta  Provvidenza  che  con  Sdpia 
Difese  a  Roma  la  gloria  dei  mondo. 


fa  donqae  scritto  dopo  II  1316.-» 
Ezech. ,  XXXIV  :  Fili  hominis  ,  prophetm  às 
pastorihus  Israel  :  propheta ,  et  diets  posteri- 
bus  :  Haee  dteit  Dominus  ...  Vae  pastorém 
Israel ,  qui  pascebant  semetipsos  :  nomit  fff* 
ges  a  pastoribus  pascuntur7  Lae  eomedebaUs^ 
et  lanis  operiebamini,  et  quod  eratsum  ent, 
occidebatis  :  gregem  autem  moum  non  paseO' 
batis ...  Propterea  pastores  audite  verhmm  De- 
mini  ...  Ecce  ego  ipse  super  pastores  nqmirmm 
gregem  meum  de  manu  eorum ,  et  cessare  f^ 
ciam  eos,  ut  ultra  non  pascant  gregem,  nso- 
pascant  ampUus  pastores  semetipsos  :  et  tibo- 
rabo  gregem  msum  de  ore  eorum  ,  et  non  erit 
ultra  eis  in  eseam ...  Ecce  ego  ipse  ihmii— 
oves  meas ,  et  visitabo  eas. 

21.  Scipio.  Portò  la  guerra  in  Africa  ,  eli* 

berò  dall'armi  d'AnoìMe  Italia.   Della  pie- 

videoza  per  coi  Roma  fu  grande  disse  e.  TI, 

e  Inf. ,  II  ,  e  Monarchia.  Codv.  :  Non  pose 

Iddio  ie  mani  quando  por  la  guorra  di  Jiw' 

baie ,  avendo  perduti   tanti  cittadini  cks  tte 

moggia  d*  anelli  in   Africa  erano  portate  •  li 

Romani  vollero  abbandonare  la  terra  ^  se  qua' 

lo  benedetto  Scipione  giovane  non  atesse  mh 

presa  la   sua  andata  in  Africa   per  lm  sm 

franchezza?  —  Soccorra.    Come  tmrria  pet 

saUria  (  Purg.  ,  VII  ).  ~  Tosto.  Accenna  a 

Can  Grande.  Altri  intende  di  Castmcdo ,  |M- 

bellino  possente»  il  quale  invocò  Lodovica  il 

Bavero  ,  gli  corse  incontro  e  lo  accompagiè. 

e  n'  ebbe  titoli  e  patrimonio.  Ma  Cane  fa  gii 

lodato  da  Dante  ;  ed  era  più  forte;  a  pie  alM 

nome ,  a  più  alto  titolo  aTeva. 


i 


CANTO    XXVIII. 


613 


Soccorra  tosto  ,  si  com*  io  concìpio. 

3S    E  tu  figliuola  che  con  lo  mortai  pondo 
Ancor  giù  tornerai ,  aprì  la  bocca, 
E  non  nasconder  quel  ch'io  non  nascondo. 

23    Siccome  di  vapor  gelati  Gocca 
In  giuso  r  acr  nostro  ,  quando  '1  corno 
Della  capra  del  ciel  col  sol  si  tocca  ; 

2V  In  su  \id'  io  cosi  T  etera  adorno 
Farsi ,  e  fioccar  di  vapor  trionfanti 
Che  fatto  avean  con  noi  quivi  soggiorno. 

25  Lo  viso  mio  seguiva  i  suo' sembianti  ; 
£  segui ,  fin  che  ì  mezzo ,  per  lo  molto, 
(ìli  tolse  '1  trapassar  del  più  avanti. 

26  Onde  la  donna  che  mi  vide  asi^ollo 
Dell*  attendere  in  su  ,  mi  disse:  adima 


22.  Nascondbi.  Jer. .  L  :  Levate  tignum , 
praBdieate,  «I  noHte  celare. 

23.  Fiocca.  Att.  come  piovere.  Bellincioni: 
JK  eorbi  Vaer  fiocca:  Bocc.  (Am.,  94  );  Vae- 
re  non  altramente  pieno  di  piume  miravano, 
che  allora  che  la  nutrice  di  Giove  tiene  Apol- 
lo, $i  vegga  fioccare  la  bianca  neve. — Capra. 
Capricci  Bo.  Da  mezzo  dicembre  a  mezzo  gen- 
naio. 

24.  Soggiorno.  Dopo  salito  G.  C.  e  Maria 
(iXllI.  42). 

25.  Mezzo.  Aria  o  acqna  o  altro  trasparen- 
te lr«  r  occhio  e  1*  oggetto.  —  Dbl.  Come 
inf.  (  III ,  42  )  :  Al  trapastar  del  rio. 

26.  Assolto.  Altrove  edotta  [  Parg. ,  iV). 
' —  Volto.  Girano  col  primo  mobile. 

27.  Dall*.  Dal  primo  guardare  eh' e'  fece 
in  giù  (  e.  XXIU  ,  18  )  a  qaesto  ponto  ,  il 
liegDo  di  Gemini  era  passato  dal  meridiano 
«U*  occidente  ;  erano  cioè  corse  sei  ore  ,  e  il 
F.  s'  era  mosso  per  un  intero  quadrante.  £i 
BOD  conta  i  climi  se  noo  per  1'  emisfero  no- 
alro,  U  quale  solo  e' credeva  abitato  e  all'o- 
riente ,  e  all'  occidente  del  nostro  emisfero 
•'  fissa  i  termini  d' essi  climi.  Or  la  declina- 
zione del  principio  di  Gemini  dall'  eclittica  è 
di  gradi  20 ,  2  ;  e  Mer^e  città  d' Etiopia  pres- 
>o  la  quale  facevano  gli  antichi  passare  il  pri- 
mo clima  credevasi  ai  tempi  del  P.  posta  a 
gradi  20,  31  di  latitudine  boreale.  Or  se  il 
segno  circolare  del  primo  clima  di  qua  dal- 
l' equatore  è  a  20  gradi  circa  di  latitudine 
boreale  ,  e  se  il  tropico  di  Cancro  é  a  gradi 
2.1»  min.  28  della  medesima  latitudine,  dun- 
t\v.o  il  circolar  giro  de'  Gemini  ,  che  precede 
a\  Cancro,  a  un  dipresso  combacia  coli' arco 
del  primo  clima.  E  il  P.  riguarda  due  volte 
la' terra  per  misurare  lo  spazio  di  tempo  ch'ei 


Il  viso ,  e  guarda  come  in  se*  vólto. 

27  Dair  ora  eh'  io  avea  guardato  pririi.i 
Io  vidi  mosso  me  per  tutto  Y  arco 

Clic  fa  dal  mezzo  al  fine  il  primo  cliirt;!. 

28  SI  eh* io  vedea  di  là  da  Gade  il  varrò 
Folle  d' Ulisse  ;  e  di  qua  presso,  il  lit» 
Nel  qual  si  feee  Europa  dolce  carco. 

29  £  più  mi  fora  discovcrto  il  sito 
Di  questa  aiuola;  ma  1  sol  procedea 
Sotto  i  miei  piedi,  un  sQgno  e  piti,  partito. 

30  La  mente  innamorata  che  donnea 
Con  la  mia  donna  sempre,  di  ridure 
Ad  essa  gli  occhi  più  che  mai  ardea. 

31  £  se  natura  o  arte  fé  pasture 

Da  pigliare  occhi ,  per  aver  la  meiitc. 


stette  in  Gemini.) —  Clima.  Isidoro  pon  sctit* 
climi  ;  altri ,  quattro.  I  èlimi ,  oice  Pinru  , 
son  linee  stese  d'oriente  in  occidente  che  fau- 
no variare  il  temperameote  degU  animali  egli 
umani  costumi.  Ecco  nel  figliuolo  di  Dante  il 
sistema  di  Montesquieu.  L'Arabia  segue  egli, 
è  nel  primo  clima  ,  Roma* nel  quinto,  nel  se- 
sto la  Lombardia  ,  la  Germania  nel  settimo. 
L'  Ott.  spiega  come  ciascuna  de'  sette  climi 
ha  vario  numero  di  gradigli  primo  15,  il  set- 
timo 48. 

28.  Vedrà.  K'si  trova,  girando  co' Gemini 
perpendicolarmente  sull'orizzonte  occidentale 
del  nostro  emisfero,  che  secondo  la  soa  scien- 
za (  Purg.  ,  XXVll  )  è  il  lido  occidental  della 
Spagna  di  là  da  Cadice.  Vedeva  dunque  il 
pelago  follemente  tentato  da  Ulisse  (  Inf.  , 
XXVI  ,  35  )  chiamat;>  altrove  da  lui  folle  vo- 
lo. Di  là  vedeva  oltre  a  Cadice;  di  qua  |  e iut* 
dalla  parte  orientale  del  nostro  emisfero,  ve- 
deva il  lido  Fenicio  ;  dove  Europa  fu  rapita 
da  Giove  mutato  in  toro. — Lito.  (Ov.,  Met.. 
Il,  843).  Fulgenzio  citato  dall'  Ottimo  spiega 
storicamente  la  favola.  Petr.  :  Or  vedi  inne- 
me  l'  uno  e  V  altro  polo  ,  Le  stelle  vaghe, 

29.  Sotto.  Le  stelle  fisse  aon  sopra  il  so- 
le. —  Un.  Egli  era  ae'  Gemini ,  il  sole  io  A- 
ricte  ;  v'era  il  Toro  di  mezzo.  Doveva  dun- 
que una  parte  orientale  dell'  emisfero  terre- 
stre esser  priva  del  sole. 

30.  Donnea.  Vagheggia  amorosa.  —  Hinv- 
RE.  Ritrare  disse  iu  una  canz.  per  ritrarre. 
Da  riducere  ,  come  dire  da  dietre.  C.  XXI 1  : 
La  vista  redui.  -^  Piv.  SvogliaU  deii'Kitima 
terra. 

31.  Pasture.  C.  XXII;  La  pattun  Dtlvi- 
so  mio  ueW  aspeiio.  —  Aver.  Possedere.  AL: 
Kos  AmaryltiM  habet. 


5H 


DEL    PARADISO 


In  carne  umana  o  nelle  sue  pinture; 

32  Tutte  adunate ,  parrebber  niente 
Vèr  lo  piacer  divin  che  mi  rifube 
Quando  mi  volsi  al  suo  viso  ridente. 

33  E  la  virtù  che  lo  sguardo  m' indulse, 
Del  bel  nido  di  Leda  mi  divelse 

£  nel  ciel  velocissimo  m' impulse. 

3&.    Le  parti  sue  vivissime  ed  eccelse 

Si  uniiormi  son  eh'  io  non  so  diro 

Qua!  Beatrice  per  luogo  mi  scelse. 

35  Ma  ella  che  vedeva  U  mio  disire, 
Incominciò  ridendo  tanto  lieta 
Che  Dio  parca  nel  suo  volto  gioire: 

36  La  natura  del  moto  che  quieta 

Il  mezzo,  e  tutto  l'altro  intorno  move, 
Quinci  comincia  come  da  sua  metu. 

37  E  questo  cielo  non  ha  altro  dove 
(^lie  la  mente  divina,  in  che  s'accende 
L*amor  che'l  volge  e  la  virtù  eh  ei  piove. 

82.  Tutti.  Le  scienze  latte  nulla  sono  ap> 
petto  ali*  eterna. 

33.  Lbda.  Madre  di  Castore  e  di  Polluce 
(  Parg.»  IV  ).  — -  CiBL.  Nono:  invisibile  e 
Irasparente.  Arìst.  (II  ,  De  coelo  et  mundo  ) 
lo  dice  de*  cieli  il  velocissimo ,  eoroe  più  lon- 
tano dall'asse.  Gonv.  (  tr.  il,  4)  :  Fuori  di 
tutti  queiti  9  U  eattoìiei  ci  pongono  lo  eÌ9lo 
empireo,  eh'é  a  din  cielo  di  fiamma,  ovvero 
luminoso  :  e  pongono  euo  eieere  immobile,  per 
avere  in  si,  tecondo  eiaeeuna  parte ,  ciò  che 
la  iua  materia  vuole,  E  questo  è  cagione  al 
primo  mobile  per  avere  velocissimo  movimen- 
to :  che  per  lo  ferventittimo  appetito  che  eia- 
eeuna parte  di  quello  nono  cielo ,  che  è  im- 
ffiei^ofo  a  quello,  di  eeeere  congiunta  con  cia- 
scuna parte  di  quello  nono  eieh  divinierimo, 
in  quello  n  rivolve  con  tanto  detiderio,  che 
la  sua  velocità  è  quasi  ineomprensibile. 

34.  Vivissime.  C.  XXII1:Lo  real  manto.,, 
che...  piik  s^ avviva  Neil*  alito  di  Dio.  —  Uni- 
l'ORMi.  Conv.,  II:  FUoiofia ,  che  di  necessità 
vuole  un  primo  mobile  ecmpliciisimo,  —  Lue 
Go*  Si  determina  un  luogo  dalla  differenza 
ch'è  tra  gli  spazi!  vicini. 

36.  Moto.  Nel  moto  circolare  il  mezzo  sta 
fermo:  qui  il  mezzo  è  la  terra.  QcTbtq.  Conv. 
(Il,  4  ):  Nono  ciclo  diviniitimo,  cielo  quie- 
to... Quieto  e  pacifico  è  lo  luogo  di  quella 
somma  deità  che  sétola  compiutamente  vede. — 
Quiffa.  Dal  primo  mobile.  Arist.  citato  dal- 
V  Ott.:  Natura  i  di  moto  e  di  7«i'ef«.— Meta. 
OlUe  cui  non  può  Ire.  Meta  per  aiCremo.  Ov. 
(Met.,  Ili  )  Sol  ex  aequo  meta  distabat  utraque. 

37.  Dova.  G.  XXIX  :  Ogni  ubi.  —  Mbmtb. 


38Luce  ed  amord*uncercliio lui  comprende. 
Siccome  questo  gli  altri  ;  e  quel  precinto 
Colui  che  'l  cinge  solamente  intende. 

39    Non  è  suo  moto  per  altro  distinto. 
Ma  gli  altri  son  misurati  da  queilo 
Si  come  diece  da  mezzo  e  da  quinto. 

kO    E  come  1  tempo  tenga  io  cotal  testo  * 
Le  sue  radici,  e  negli  altri  le  fronde. 
Ornai  a  te  puot*  esser  manifesto* 

ili    O  cupidigia  che  i  mortali  affonde. 
Si  sotto  te ,  che  nesstmo  ha  podere 
Di  ritrar  gli  occhi  fuor  delle  tue  onde! 

42  Ben  fiorisce  negli  uomini  1  volere. 
Ma  la  pioggia  continiia  converte 

In  bozzacchioni  le  susine  vere. 

43  Fede  ed  innocenzia  son  reperte 
Solo  ne*  pargoletti  ;  poi  ciascuna 

Pria  Tugge ,  che  le  guance  sien  coperte. 

44  Tuie  balbuzìendo  ancor,  digiuna. 

Il  primo  mobile,  spirito  movente  la  mateiia 
soggetta  :  e' si  move  per  amor  dell'Empérea 
eh'  è  Dio. 

38.  Luca.  L'Empireo  è  luce  ed  amore.— 
Pbbcinto.  Cerchio  (  Inf.,  XXIV,  12).  — Ix- 
tbndb.  Gli  Angeli ,  intendendo  movono  gli  al- 
tri cieli  :  Dio  solo  intende  1'  Empireo.  Kel 
Conv.  disse  che  i  cieli  sono  scienze. 

39.  Moto.  Il  moto  dell'Empireo  non  è  mi- 
surato da  altro  moto ,  poiché  U  distinzioaa 
suppone  misura.  Il  più  rapido  di  tutti  deve 
misurarli  tutti.  E  gira  in  ventiquattro  ore. 

40.  Tbmpo.  Arist.  (  Fis.  ):  Il  tempo  non  è 
altro  che  numero  di  movimento.  Quivi,  dice 
Pietro,  il  tempo  è  unito,  continovo,  fermo.  E 
il  moto  de'  pianeti,  misuratore  del  tempo  alla 
terra,  è  fronda  in  quelli,  neir  Empireo  radi- 
ce. L' Ott.  cita  Arist.,  Delle  cause:  Il  aelo  è 
elemento  quinto,  dalli  altri  eletncnii  diihnio. 
Non  è  Ueve,  non  grave.  Ed  è  in  quiete  e  aie- 
bile,  U  cui  moto  ò  revolubile  sopra  il  mezse, 
cioè  sopra  P  asse  intra  due  poli.  Ed  è  finite 
quanto  a  distendimento  di  luogo  :  ma  i  scmr 
pitemo  quanto  al  moto,  ElU  è  mosso  conti- 
nuamente dal  motore  della  infinita  potcnsa , 
cioè  da  Dio, 

42.  SusiNB.  Is.:  Expectavi,  ut  facete  ucas, 
et  fecit  labruscas  ? 

43.  EuGGB.  Ovid.  :  Coepisti  melius ,  fMiai 
desinis:  ultima  primis  Cedunt  :  dissimilcs  kic 
vir  et  Ulepuer.  — Coperte.  Virg.  :  Prima  gè- 
nas  veslibat  fiore  juventa. 

44.  Digiuna.  Astiueole  iu  sul  primo  ,  licci- 
zioso  dipoi.  — LuM.  ScDza  riguardo  a'digia- 
ni  dalla  Chiesa  impusii. 


CANTO    XXVIII. 


S15 


Che  poi  divora  con  la  lingua  sciolta 
Qualunque  cibo  per  qualunque  luna. 

45  E  tal  balbuzìendo  ama  ed  ascolta 
La  madre  sua,  che ,  con  loquela  intera, 
Disia  poi  di  vederla  sepolta. 

46  Cosi  si  fa  la  pelle  bianca ,  nenij 
Nel  primo  aspetto ,  della  bella  figlia 

Dì  quel  eh*  apporta  mane  e  lascia  sera. 

47  Tu ,  perchè  non  ti  facci  maraviglia,' 


46.  AsPKTTo.  Prima  età ,  iooanzi  che  le 
goaoce  sien  coperte  di  barba.  —  Figlia.  La 
viu  amana,  figlia  del  sole,  eh* è  padre  d*ogni 
mortai  viia  { XXII,  89)  divien  aera  di  bian- 
ca, par  coir  andare  del  tempo.  Sol  et  komo 
^ittaniffif  hommem, 

47.  Non.  Cony.  :  E  la  intiero  haUa  che 
senza  meno  aletmo  alla  tua  governatone  è 
rima$a.  Is.,  XIII:  Terra  ...erit  quoti  damula 
.fm§tent,  et  quoti  ovit:  et  non  erti ,  9«m  coa- 
Sreset. 

48.  Gbiwaio.  Di  doe  sillabe  come  Parg. 
(  XJII,  8;  XIV,  22  ).  — Svbbni.  Non  cada  nel 
fcrno.  Non  ostante  il  bissesto,  innanzi  la  cor- 
rezione gregoriana  ,   ogni  secolo  doTeta  ere- 


Sappi  che'n  terra  non  è  chi  governi: 
Onde  si  svia  V  umana  famiglia. 

hS    Ma  prima  che  gennaio  tutto  si  sverni, 
Per  la centesma  eh*  è  laggiù  negletta, 
Ruggeran  si  questi  cerchi  superni, 

k9    Che  la  fortuna  che  tanto  s  aspetta, 
Le  poppe  volgerà  u*  son  le  prore, 
SI  che  la  classe  correrà  diretta: 

50    E  vero  frutto  verrà  dopo'l  fiore. 


scer  d'  on  giorno:  onde  in  capo  a  4500  anni 
il  gennaio  dofOTa  escir  dell'inferno,  ed  es- 
sere primavera.  Pone  alla  yendetu  lontanis- 
simo termine,  per  modo  di  dire,  come  il  Pe- 
tr.  (I,  Tr.  Am.  )  :  Fiati  ooio  piana  Anzi  mil' 
e  anni.  —  RuGGBBAN.  Nel  volgere  dan  forte 
soono.  Par.  (1,26):  Con  l'armonia  che  tem- 
peri, E  allora  sooneranno  più  forte  per  {sde- 
gno e  vendetU.  Parg.,  IX:  Non  ruggio  li ... 
Tarpeia. 

49.  FoATVNA.  Tempesta  (Parg.,  XXXII,  39). 
—  PoPFB.  Farà  agli  oominl  matar  via. 

50.  Vbao.  Buono ,  non  acerbo  né  mezze. 
K.  verso  126. 


516 


DEL    PARADISO. 


CANTO        XXVIII. 


ARGOMENTO. 


Riguarda  in  Reairiee  ;  poi  ri  rivolge,  e  vede  un  punto  di  luce  ineffabile.  Dio: 
e  intomo  a  lui  nove  cerchi ,  le  angeliche  gerarchie  ;  le  più  prossime,  più  Imitai 
e  pia  rapide  al  volgere  :  meno  ,  le  più  lontane;  al  contrario  de*  cieli.  Reairiee  gH 
dà  ragione  di  tal  differenza.  De'  corpi ,  die'  ella ,  il  più  vasto  è  da  Dio  men  (o»> 
fatto  ,  però  corre  più  rapido  :  come  quei  degli  angelici  spiriti  eh'  è  più  protnmù  al 
punto.  Ma  i  cieli  san  simbolo  delle  angeliche  gerarchie  :  e  per  tal  modo  f  intero 
universo  diventa  emblema  di  cose  spirituali. 


Alta  poesia  è  in  questo  canto:  ma  forse  non  lacidamenle  espresso  così  come  aoole. 
Nota  le  terzine  1,  2,  3;  la  6,  alla  il;  la  13,  14,  18,  23,24,  26,  27,  30,31,31; 
la  36  alla  39;  la  43,  45. 


1  Poscia  che,  contro  alla  vita  presente 
De*  miseri  mortali,  aperse  il  vero 
Quella  che  *mparadisa  la  mia  mente; 

2  Come  in  ispecchio  fiamma  di  doppiero 
Vede  colui  che  se  D*ai]uma  dietro, 
Prima  che  Tahbia  in  vista  od  in  pensierOi 

H    E  sé  rivolve  per  veder  se  il  vetro 
Li  dice  '1  vero,  e  vede  ch*el  s'accorda 
Con  esso,  come  nota  con  suo  metro; 

k^    Cosi  la  mia  memoria  si  ricorda 
Ch'io  feci,  riguardando  ne'begli  occhi 
Onde  a  pigliarmi  fece  Amor  la  corda. 

2.  Comi.  Simile  comparazione  in  s.  Ago* 
stino. 

3.  Nota.  Il  canto  al  verso. 

4.  CoBDA.  Corde  d'amore  (e.  XXVI  ).  Petr.  : 
yostr*oeehi ,  donna  ,  fui  Ugaro,  Ma  il  traslaio 
non  è  assai  gentile. 

6.  Volumi.  Cielo.  Nel  e.  XXIII ,  chiamò  vo- 
lumi ì  cieli. 
6.  Punto.  Prima  di  trature  degli  Angeli , 


5  E  com*  io  mi  rivolsi,  e  furon  tocchi 
Li  miei  da  ciò  che  pare  in  quel  volume. 
Quantunque  nel  suo  giro  ben  s'adocchi; 

6  Un  punto  vidi  che  raggiava  lume 
Acuto  si  che  1  viso  eh  egli  affuoca 
Chiuder  conviensi  per  io  forte  acuflae. 

7  E  quale  stella  par  quinci  più  poca. 
Parrebbe  luna  locata  con  esso. 
Come  stella  con  stella  si  colloca* 

8  Forse  cotanto,  quanto  pare  appresso 
Alo  cinger  la  luce  che  *l  dipigne 
Quandoi  vapor  che1  porta  più  è  spesso. 

vede  un  simbolo  della  deità  negli  oecki  a  Bea* 
trice. 

7.  Poca.  Inf. ,  XX:  N^  fianchi  è  cesi  p9e9. 

8.  Alo.  Halo,  alone  cerchio  colorato  tks 
cinge  il  sole  o  la  Iona.  Quando  il  vapore  4 
più  denso  ,  il  panto  da  coi  traspare  il  piane- 
ta è  più  pìccolo.  Ezech.  ,  I  :  Velut  aspetSwm 
mrcus  quum  fuerit  in  nube  in  die  plutUu  :  kie 
eroi  arptctus  tplendoris  per  symm. 


CANTO    XXVIII. 


»  I 

M7 


9  Distante  intorno  al  ponto  mi  cerchio 
Si  girava  si  ratto  che*avria  vinto  (d'igne 
Quel  moto  che  più  tosto  il  mondo  cigne. 

10  E  questo  era  d*un  altro  circuncioto  , 
E  quel  dal  terzo,  e  1  terzopoi  dal  quarto. 
Dal  quinto*!  quarto,  e  poi  dal  sesto  ilquìn- 

11  Sopra  seguiva  il  settimo,  si  sparto  (to. 
Già  di  larghezza ,  che  '1  messo  di  luno 
Intero,  a  contenerlo  sarebbe  arto. 

12  Cosi  f  ottavo  el  nono:  e  ciascheduno 
Più  tardo  si  movea,  secondo  eh'  era 
In  numero  distante  più  dall'uno. 

IS    E  quello  avea  la  fiamma  più  sincera 
Cui  men  distava  la  favilla  pura: 
Credo,  però  che  più  di  lei  s'invera. 

ih    La  donna  mia  che  mi  vedeva  in  cura 
Forte  sospeso,  disse:  da  quel  punto 
Depende  il  cielo  e  tutta  la  natura. 

ISMira  quel  cerchio  chepiùf;liè  congiunto, 
E  sappi  che'l  suo  movere  è  si  tosto 
Per  Taflòcato  amore  ond'egli  è  punto. 

'  ••  Moto.  Del  primo  mobile  in  ventiqoat* 
Ifo  ore.  L'Ott.  Dello  spiegare  le  gerarchle, 
«^ineDe  al  libro  Db  proprietatibus  e  lascia  il 
Maestro  delle  sentenze  (1.  II ,  d.  9).  In  eia- 
•eana  gerarchia  egli  distingue  Tordlne  ,  il  sa- 

at ,  l'operare  :  primi  i  Serafini ,  poiché  più 
idi  d'amore  ;  e  dopo  l'amore  la  sapienza  ne' 
Cherabini  ;  e  poi  il  giudizio  ne'  Troni  ;  poi  le 
Dominazioni ,  che  insegnano  ,  secondo  Grego- 
rio ,  r  arte  del  dominare  a  bene;  poi  le  Vir- 
tù ,  operatrici  di  miracolo  :  poi  le  Potestà  che 
reprimono  i  maligni  spiriti  ;  poi  i  Principati 
che  ammaestrano  gli  nomini  a  rispettare  l'ao- 
lorità  di  ciascuno  nel  grado  suo  ;  poi  gli  Ar- 
cangeli ,  messaggi  di  Dio  ;  poi  gli  Angeli , 
messaggi  minori.  L'Ott.  ella  pure  Isidoro  :  e 
dice  che  i  tre  primi  ordini  mirano  specialmen- 
te nel  padre ,  i  tre  poi  nel  Figliuolo ,  gli  ul- 
timi nello  Spirito. 

10.  CiRcuNciNTo.  Conv.  :  Airfa  la  ehietn 
fé  prime  creature  per  tre  gerarchie ,  eh'è  adi- 
re tre  principati  ganti  ovvero  divini ,  e  da- 
e^una  gerarchia  ha  tre  ordini  :  eiechè  nove  or- 
dini di  creature  epirituaU  la  Chiesa  tione  e  af- 
ferma. Lo  primo  è  quello  degli  Angeli,  loee- 
eondo  degli  Arcangeli ,  lo  tgrxo  delU  Troni  : 
•  queeti  tre  ordini  fanno  la  prima  gerarchia: 
non  prima  quanto  a  nohiUà^  non  a  cteaeio- 
«e  •  che  più  iono  Maitre  noUli,  e  tutte  furono 
ineieme  create:  ma  prime  quanto  a  noeti o sa- 
tire a  loro  altezta.  Poi  sono  le  Dominationi^ 
oppresso  le  VtrtuU  ,  poi  U  Principati .  e  que- 
iti  fanno  la  seconda  gerarchia,  Soj^ra  qiiesti 


16  Ed  io  a  lei:  se  *ì  mondo  fosse  posto 
Con  Tordine  ch*io  veggio  in  quelle  ruote, 
Sazio  m'avrebbe  ciò  che  m'è  proposto. 

17  Ma  nel  mondo  sensibile  si  puote 
Veder  le  vòlte  tanto  più  divine, 
Quantfelle  son  dal  centro  più  remote. 

18  Onde,  se  *1  mio  disio  dee  aver  fine 
In  questo  miro  ed  angelico  tempio 
Che  sok)  amore  e  luce  ha  per  confine  , 

19  Udir  conviemmi  ancor  come  l'esemplo 
E  l'esemplare  non  vanno  d'un  modo; 
Che  io  per  me  indarno  a  ciò  contemplo. 

20  Se  li  tuoi  diti  non  sono  a  tal  nodo 
Sufiic'jenti  non  è  maraviglia. 
Tanto  per  non  tentare  è  fatto  sodo. 

21  Cosi  la  donna  mia;  poi  disse:  piglia 
Quel  eh'  io  ti  dicerò,  se  vuoi  saziarti; 
Ed  intorno  da  esso  t'assottiglia. 

22  Li  cerchi  corporei  sono  ampi  ed  arti 
Secondo  il  più  e  'I  men  della  virtute 
Che  si  distende  per  tutte  lor  parti. 

sono  le  Potettati  e  li  Cherubini  e  sopra  tutti 
sono  li  Serafini  ,  e  questi  fanno  la  terza  y<- 
rarehia. 

12.  Uno.  L'otto  è  più  distante  dall'uno  che 
il  sette  ,  il  nove  che  l'otto. 

13.  Cui.  Da  cui.  Dicevano ,  e  dicesi  tutta- 
via ,  ma  più  rado  :  distante  a,  lontano  a.  — 
Invbia  Più  sotto  :  Nel  Vero  in  che  si  queta 
ogni  intelletto. 

14.  Cura.  Purg.  :  Di  ragiotMr  •..  mi  mise 
in  cura.  —  Dbpbnob.  Arist.  (Met. ,  Xil):Ex 
tali  principio  dependet  eoelum  et  natura. 

16.  Amorb.  Come  il  primo  mobile  è  mos- 
so da  amor  dell'Empireo  (  Conv.  ). 

16.  Sb-  Nel  mondo  la  sfera  più  vicina  si  mo- 
ve più  lenta;  e  qui  all'incontro  più  ratta. 

17.  DiviNB.  Conv.  (Il  ,  ff)  :  Vita  più  divi- 
na. Più  piene  di  moto  impresso  da  pio.  -r 
Cbntbo.  La  terra. 

18.  Tbmplo.  Dan. ,  III  :  Jn  tei^^  sanct'o, 
gloriae  tuae,  ^  Solo  (  e.  XXVI(  ,  3$  ). 

19.  EsBMPLO.  Le  sfere  de'^^eli  sono  esenv 
pio  ,  imagine  di  Dio  esempljM'^  suprèmo  ,  in- 
torno a  cui  girano  le  iotflljgenze  ,  e  più  le 
più  prossime  a  lui.  Boat  :  Cuncta  etij^mo  Dm- 
eis  eìk  exemplo,  pulcru^  p^errUnue  ipso  Mun^ 
dum  monte  gerens ,  ^t^ilìque  imagine  formane, 
—  CoNTBMPLo.  N^i  Con.  (  Il ,  6  ) .-  Vsa  con,- 
4emplare  col  d\, 

to,  Nooa.  Metaf.  frequenti  n^l  nostro  (Iqf.^ 
X  •  e  altrove), 
2),  i:oB«oRÌu.  De* cieU  (e.  Il ,  41  )• 


518 


DEL    PARADISO 


23  Maggior  bontà  vuol  far  maggior  salute; 
Maggior  salute  maggior  corpo  cape, 
S'egli  ha  le  parti  ugualmente  compiute. 

2&.    Dunque  costui  che  tf^tto  quanto  rape 
L'alto  universo  seco,  corrisponde 
Al  cerchio  che  più  ama  e  che  più  sape. 

25  Perchè,  se  tu  alla  virtù  circondo 
La  tua  misura,  non  alla  parvenza 
Delle  sustanzie  che  tappaion  tonde, 

26  Tu  vederai  mirabil  convenenza 
Di  maggio  a  più  e  di  minore  a  meno, 
In  ciascun  cielo,  a  sua  intelligenza. 

27  Come  rimane  splendido  e  sereno 
L*emisperio  deli'  aere,  quando  soflia 
Borea  da  quella  guancia  ond'è  più  leno, 

28  Perchè  si  purga  e  risolve  la  roflìa 
Che  pria  turbava ,  si  che  1  ciel  ne  ride 
Con  le  bellezze  d  ogni  sua  parroflla  ; 

29  Cosi  fec  io  poi  che  mi  provvide 

23.  Maggior.  Più  è  buona  la  cosa ,  più  fa 
del  bene  :  e  no  corpo  più  è  grande  e  più  (  se 
imperfeUo  non  sia  )  è  buono  e  forte. 

24.  Costui.  Nodo   cielo.  —  Cbrchio.   De' 

Serafini. 

25l.  Misura.  Tu  de?i  misurare  li  cerchi  dal- 
la virtù ,  non  dalla  grandezza. 

26.  GoNVBNiNZA.  Il  più  piccolo  cerchio  in- 
torno al  punto ,  ch*è  Dio ,  corrisponde  al  più 
grande  intorno  alla  terra.  Cosi  via  via  :  Noi 
et  vogliam  co*  pnnctpt  eeUtti  D'un  giro,  d*  un 
girare  (  e.  Vili ,  12  ).  Onde  ì  Serafini  gover- 
nano il  primo  mobile  ;  i  Cherubini  lo  stellato; 
j  Troni  Saturno  ;  le  Domazloni  Giove  ;  le  Virtù 
Marte  ;  1  Pnncipati  Venere  ;  gli  Arcangeli  Mer- 
curio ;  gli  Angeli  la  Lana.  E  Arìst.  diede  an- 
ch' egli  a  ciascun  cielo  un'  intelligenza  motri- 
•e.  £  Dante  nel  Con?,  fa  corrispondere  a  cia- 
scun cielo  una  scienza. 

27.  CoMB.  Boet.  :  Tane  me  diseusta  lique- 
funt  nocte  tenebrae ,  Luminibunpie  prior  rediit 
vigor  :  Vt  quum  praeeipiti  glomerantur  tidera 
Coro  ,  /Vimòoftsftie  poìut  f Calti  imbribus ,  Sol 
latet,  QC  nondum  eoelo  venientibut  attris,  De- 
fuper  tn  terram  nox  funditur.  Hane  si  Threi- 
fio  BoreoM  emiaug  ab  antro  Verberet,  et  ciati- 
ium  reseret  di9m,  Emieat,  et  iuhito  vibratui 
lumine  Pfioebut,  Mirantei  oeulos  radUt  ferit, 
Horat.  :  AUna  ut  obteuro  deterget  nubUa  eoe- 
la  Saepe  Notui,  —  Guancu.  I  dodici  venti  si 
riducono  r  quattro.  Borea  ne  caccia  tre  ;  or 
da  piena  la  bocca ,  or  da  una  or  dall'altra  guan- 
cia. Dalla  sinistra  caccia  aquilone  ,  dalla  de- 
stra un  vento  più  mite.  —  Lbno.  Ì  nel  Bocc. 
Tra  aquilona  e  levante  più  lene  che  tra  aqi|i- 


La  doona  mia  del  suo  risponder  chiaro, 
E  come  stella  in  cielo^  il  ver  si  vide. 

30  E  poi  che  le  parole  sue  ristaro, 
NoQ  altrimeoti  ferro  disfavilla 
Che  bolle,  come  i  cerchi  sfavillare. 

31  Lo'nceodiolor  st?guiva  ogni  scintilli  : 
Ed  eran  tante  che*l  numero  loro 

Più  chel  doppiar  degli  scacchi  s  immilli. 

32  lo  sentiva  osannar  di  coro  in  coro 
Al  punto  fisso  che  gli  tiene  airtifri. 

E  terrà  sempre  ,  nel  qual  sempre  foro. 

33  E  quella  che  vedeva  i  pensier  dabi 
Nella  mia  mente ,  disse  :  i  cerchi  primi 
Thanno  mostrato  i  Serafi  e  i  Cheriibi. 

3^    Cosi  veloci  seguono  i  suoi  vimi« 
Per  somigliarsi  al  punto  quanto  poono  ; 
E  posson ,  quanto  a  veder  son  sublimi. 

35Quegli  altri  amor  che  d*intorno  gli  voom. 
Si  chiaman  Troni  del  divino  aspetto. 

Ione  e  ponente.  Virg.  (XII .  365^67  )  :  Mn- 
lui  Edoni  Boreae  quum  epiritue  alto  initMl 
Aegaeo . . .  Qua  venti  incubtiere,  f»$am  éuà 
nubila  eoelo. 

28.  RoPFU.  Boti  :  Der^à  ài  voforH  iMi 
Roffia  viene  a  dire  dispetta  coaa  :  onde  nf* 
fieno.  L*  etimologia  non  è  da  accettare;  aa 
la  definizione  si.  —  Farroffia.  Comitifa.  t 
nel  Pataffio  e  nel  Bocc.  (  Teseide ,  VII»  il4|. 
Che  Dante  imaginasse  le  stelle  come  wm 
schiera,  cel  dice  il  e.  XXIU  :  IVtoki  ridMtm 
le  ninfe  eteme  Che  dipingono^  eiU. 

29.  Stblla.  C.  XXIV  :  Come  eteUm  m  aria, 
tu  me  eeintiUa. 

30.  Ferro.  C.  I  :  Qual  ferro  che  Mbnli 
^eice  dei  /beo. 

31.  Scintilla.  Ogni  scintilla  girava  Inccr- 
chio  ancor  essa,  e  diveniva  altro  giro. —  !■" 
MILLA.  Dan.,  VII  :  MilUa  millium  «nniUra' 
bant  ei.  L' Indiano  (  raccontano  }  inventar 
delli  scacchi,  presentato  ch'ebbe  il  nuovo  già* 
co  al  re  della  Persia  e  ofTertogli  cbiedesaa  a 
talento,  ed  avrebbe,  chiese  un  chicco  di  gia- 
no duplicato,  e  sempre  moltiplicato  perlaM 
volte  quanti  erano  scacchi  nella  tcaeckim. 
Il  qual  numero  è  di  venti  cifre. 

32.  Ubi.  Predestinato  ab  eterno  4  il  Inagi 
da  Dio  a  ciascun  ente. 

33.  Primi.  Più  prossimi  al  ponto. 

34.  ViMi.  Per  legami  (  e.  XXIX.  IS  ).  tf 
legami  d' amore ,  V,  verso  44»  45.  —  So» 
oliarsi.  Jo,  (  Ep.  I,  3  )  :  Siwùlee  at 
quoniam  videbimus  eum  eieuti  est. 

3ff.  Amor.  Cosi  chiama   gli    Angeli , 
I  Beati  (  e.  XIX,  7  ).  —  Von.no.  Vanow.  Fraa 


CANTO    XXVIII. 


519 


Perchè  *1  primo  temaro  ierminonno. 

36  E  dèi  saper  che  tutti  hanno  diletto 
Quanto  la  sua  veduta  si  profonda 

Nel  vero  in  che  si  queta  ogni  intelletto. 

37  Quinci  si  può  veider  come  si  fonda 
L' esser  beato  nell'atto  che  vede  , 

Non  in  quel  ch'ama,  che  poscia  seconda. 

38  E  del  vedere  è  misura  mercede , 
Che  grazia  partorisce  e  buona  voglia* 
Cosi  di  grado  in  grado  si  procede. 

39  L*  altro  teraaro  che  cosi  germoglia 
In  questa  primavera  sempiterna  , 
Che  notturno  ariete  non  dispoglia, 

kO    Perpetiialemente  osanna  sverna 
Con  tre  melode ,  che  suonano  in  tree 
Ordini  di  letizia  onde  s*  intema. 

^1     In  essa  gerarchia  son  le  tre  dee  : 
Prima  Dominazioni,  e  poi  Yirtudi  ; 

cese  vont,  —  Troni.  Cosi  detti  dalla  sobli- 
mila  (  Dion.  Caet.,  Hier.,  e.  7.  ).  —  Aspet- 
to. C.  iX:  Su  tono  ipeccM,  voi  dietU  Troni, 
Omde  rifulge  a  noi  Dio  giudicante,  —  Tbrmi- 
Momco.  TermlDarono,  terminomo.  DesineDie 
Qsitaie  al  sao  tempo. 

36.  QuBTA.  CoDT.;  il  vero  nelqual  it  queta 
l' anima  nostra  (  Parg.,  IV  ).  Plotino  dice  che 
unti  gì*  intelletti  s'aniscono  in  Dio  come  raggi 
nel  sole  (  Tasso  XIV,  9  ). 

37.  \ede.  Codv.,  I  :  La  ici$nxa  i  VuUima 
fwrfeiione  della  nottra  anima»  nella  quaU  età 
tu  noura  ultima  felicità.  ^kuA^  Era  questio- 
ne scolutica  (  Martioez  al  IV  ,  dei  Maestro 
delie  seni. ,  dist.  49,  qaest.  2)  :  in  quo  eonr 
fltHal  beatitudo  formalii  ,  an  in  visione  an  in 
amore,  S.  Tom.  la  pone  nel  vedere.  Scoto  in 
amare. —  Skconda.  Segae  al  vedere  l'amare. 

38.  Mbrcbdb.  Merito  creato  dalla  omaoa 
volontà  e  dalla  grazia.  L'usa  in  questo  senso 
(Inf..  IV,  12).— Grado.  G.  XX  :  Di  grazia  in 
gratia.  Iddio  gU  apcree  VoecMn,,, 

39.  Notturno.  Neil' autunno,  l'Ariete  oppo- 
sto al  sole  ,  eh'  è  in  Libra ,  gira  sol  nostro 
emisfero  di  notte. 

40.  PBRPBTttALBMBim.  È  lu  Albertano. 
Nel  CoDv.  (I,  11)  usa  parpeinaif.  —  Svbrn a. 
Svernare,  cantare  degli  uccelli  all'  uscire  del 
verno.  —  Interna.  Così  nel  e.  IX ,  14 ,  in- 
cinQua- 

41.  J>rb.  Io.  ,  X  :  nioi  i|tstf  deos ,  ad 
cmoj  termo  Dei  factue  eet.  Chiamò  dea  la 
fortuna   voigitrice   della  sua  ruota   nell'alto 


L' ordine  ter/o  di  Podestadi  ée. 

ki  Poscia  ne*duo  penultimi  tripudi 
Principati  ed  Arcangeli  si  girano  : 
L' ultimo  è  tutto  d'angelici  ludi. 

hZ    Questi  ordini  di  su  tutti  rimirano, 
E  di  giù  vincon  ;  si  che  verso  Dio 
Tutti  tirali  sono  e  tutti  tirano. 

hk    E  Dionisio  con  tanto  disio 
A  contemplar  questi  ordini  si  mise, 
Che  li  nomò  e  distinse  com*io. 

&-5    Ha  Gregorio  da  lui  poi  si  divise  : 
Onde  si  tosto  come  gli  occhi  aperse 
In  questo  ciel,  di  sé  medesmo  rise. 

&6    E  se  tanto  segreto  ver  proflTerse 
Mortale  in  terra,  non  voglio  ch'ammiri  ; 
Che  chi  1  vide  quassù,  gliel  discoverse  , 

Vt    Con  altro  assai  del  ver  di  questi  giri. 


(  Inf. ,  VII  ). 

42.  Argangili.  Conv.  (II,  6);  Coneto«fta- 
ekè  la  maestà  divina  sia  in  tre  persone  the 
hanno  una  sostanza  ,  di  loro  si  puote  tripU- 
cemente  contemplare, 

43.  Su.  A  Dio  lendooo  e  attraggono  a  sé  gli 
aTtri  cieli.  Simbolo  dell'  attrazione  neutooia- 
na  :  dicono  alcuni  ,  oell'  aoimi/azioDe  so- 
verchi. 

45.  Grvoorio.  Magno.  Pose  in  luogo  de' 
Troni  le  Potestà,  e  i  Troni  in  luogo  de'Prin- 
cipati,  I  Principati  in  laogo  delle  Domina* 
zioni,  le  Dominazioni  nel  luogo  delle  Potestà. 
Assegnò  poi  alle  varie  gerarchie  uffizi!  varii: 
disse,  per  esempio  ,  che  gli  Arcangeli  promo- 
von  la  fede  ;  t  Dionisio:  che  rivelano  le  pro- 
fezie. Tomaso  però  è  con  Gregofìo  (2.  9.  q. 

1 108 ,  a.  5). 

I     46.  Chi.  Paolo  a  cui  s.  Dionisio   Areopa- 
gita  fa  diticepolo. 

47.  Assai.  C  X:  Fià  addentro  vide  Von- 
geUea  natura.  Delle  gerarchie  angeliche  K. 
s.  Tom.  (Som.  2.  2.  quaest.  108, 110).  Conv. 
(II,  3)  :  Avvegnaché  quelU  cose  per  rispetto 
detta  verità  assai  poco  sapere   si  possano  , 

rUo  tanto  che  t  «mafia  ragione  ne  vede  , 
ptA  dJdsitaJtioms  che  il  molto  e  il  certo  delle 
cose  delle  quaU  si  giudica  per  lo  senso,  Codt. 
(II,  5)  :  intelligense  le  quaU  la  volgare  gento 
chiamano  angeli.  E  di  queste  creature  sicco- 
me detti  cieli»  diversi  diversamente  hanno  sen- 
tito, avvegnaché  la  verità  sia  trovala.  V-  an* 
co  il  cap.  6. 


sao 


DEL    PARADISO 


i 


CANTO    XXIX. 


ARGOMENTO. 

Beatrice  dichiara  qttando  e  come  f osterò  gli  Angeli  creati  ;  fuori  dei  limili 
dello  spazio  e  del  tempo ,  con  un  puro  atto  :  ed  insieme  con  loro ,  i  cieli  ck  e  do- 
vevano volgere  ,  quan  mezzo  tra  l  angelica  dignità  e  la  materia  terrena.  Caddero 
taluni  tra  gli  Angeli  e  scesero  più  prossimi  alla  materia:  gli  altri  furono  premiali 
di  gloria  uguale  al  merito  di  ciascuno,  £*  non  hanno  memoria ,  perchè  veggono  w 
Dio  continuamente  ogni  cosa,  Innumerahili  sono:  e  in  ciascuno.  Dio  opera  tnmoio 
differente  ,  secondo  V  intelligenza  e  la  carila  di  cia»cuno.  Ciascuno  di  quegli  t'umi- 
mcrabili  è  un  intero  universo.  L  alla  contemplazione  e  interrotta  dai  biasimi  dipre- 
dicanti  S  allora  ,  e  F  inno  diviene  commedia. 

Nou  le  terzine  1  alla  4;  la  6  alla  10;  la  12,  17,  19,  27,  29,  31,  33,  36.  40,  41. 
46,  47,  48. 


3 


Quando  amboduo  li  figli  di  Latona , 
Coperti  del  Montone  e  della  Libra, 
Fanno  dell'  orizzonte  insieme  zona. 

Quant'èdal  punto  che  il  zenit  inlibra, 
Infin  che  V  uno  e  l' altro  da  quel  cinto, 
Cambiando  T  emisperio  ,  si  dilibra  ; 

Tanto,  col  volto  di  riso  dipinto  , 
Si  tacque  Beatrice,  riguardando 
Fiso  nel  punto  che  m' aveva  vinto. 


h 


1.  Figli  (c.  XX).  Il  sole  e  la  lana,  in  due 
segni  del  zodiaco  opposti  come  1*  Ariele  e  li 
Libra  ,  sono  nel  medesimo  orizzonte  1'  ano 
uir  altro  di  faccia. 

2.  Punto.  Il  punto  in  che  il  sole  e  la  luna 
sono  nel  medesimo  orizzonte  qulisi  bilanciali 
dallo  zenit ,  è  un  istante  menomo  ;  or  un 
isiauie  Beatrice  guardò;  poi  si  voUe.  —  Cin- 
to. Orizzontale.  Poc'anzi  V  ha  cbiautaia  zona, 
—  Cambiando.  L'  uno  sale  al  nostro,  l' altro 
scende  al  sottoposto  emisfero.  —  Dilibba. 
Contrario  di  inlibra  ,  si  squilibra  ,  si  sbi- 
lancia. 

4.  Ubi  (  c.  XXVIIl.  32  ).  Questo  verso  è  un 
germe  del  sistema  Mallebrancbiano. 

5.  SiMs-i^fFo.  Porche   iTcuaSc    ad  sxlra.  Ot- 


Poi  cominciò  :  io  dico,  non  dimando 
Quel  che  tu  vuoi  udir  ;  perch*  ioriio\i»lo 
Ove  s'appunta  ogni  ubi  ed  ogni  quando. 
5Non  per  avere  a  sé  di  bene  acquisto!  dorè 
(Ch'esser  non  può),  ma  perche  suo  spleo- 
Potesse  rìsplendendo  dir  :  subsisto , 
G    In  sua  eternità,  dì  tempo  fuore,  (eque 
Fuor  d'ogni  altro  comprender,  come  i  fMft- 
S*  aperse  in  novi  amor  l'eterno  Amore. 

vero  :  perchè  la  creatura  splendore  dell'  ito 
divina  (e.  Xlli  )  sentisse  d"  essere ,  e  ne  i«t- 
desse  onore  a  Dio.  Ovvero  :  percbé  Dio  fossa 
sostanza  ,  sostegno  delle  cose  create.  Meglio 
il  secondo.  C.  XIII:  H  suo  raggiare  adttm* 
Quasi  ipeeehiato ,  in  nove  suuistenze.  S.  lo*. 
(  11,  Cont.  gent.,  q.  45  )  presso  POtùBo: 
Nulla  cosa  moue  iddio  nella  produiiont  i^ 
creatun,  se  non  la  sua  hontadc  ,  la  qual  \^ 
eomunican  con  V  altre  cose ,  secondo  uno  ow»^ 
d'  asiinUg nazione  ad  esso. 

6.    GoMPRfiNDEB.    Fuor  d' o^i    spazio.  Il 
tempo  e  lo  spazio  cominciano  colla  rreitÌMe 
del  mondo.  —  Novi.  Contrappi>»to  all'  clern* 
C.  Xlll  :  IS'ove  sussistenze.  —  Amor.  Cosi  «k* 
\  ma  gli  Angeli  (  XXVI li  .  -Vó  ,. 


CANTO    XXIX. 


521 


7  Né  prima  qua^  torpeote  si  giacque  : 
Che  oè  prima  nò  poscia  procedette 

Lo  discorrer  di  Dio  sovra  quest'  acque. 

8  Forma  e  materia  congiunte  e  purette 
Uscirò  ad  atto  che  non  avea  fallo, 
Come  d'arco  tricorde  tre  saette. 

9  Eccome  in  vetro,  in  ambra  od  in  cristallo 
Raggio  risplende ,  si  che  dal  venire 
All'esser  tutto  non  è  intervallo; 

10  Cosi  *\  triforme  effetto,  dal  suo  Sire, 
Neil' esser  suo  raggiò  insieme  tutto, 
Senza  distinzion,  nelF  esordire. 

1 1  Concreato  fu  ordine  e  costrutto 
Alle  susta nzie  :  e  quelle  furon  cima 

Nel  mondo  in  che  puro  atto  fu  produtto. 
IS    Pura  potenzia  tenne  la  parte  ima  : 
Nel  mezzo,  strinse  potenzia  con  atto 
Tal  vime  che  giammai  non  si  divima. 

7.  Nfe.  La  creazione  è  fuori  dì  tempo  ;  non 
poò  donque  dirsi  che  Dio  nolla  facesse  innanzi 
qoella.  —  Discorrbb.  Principio  della  crea- 
alone.  Qen. ,   I  :  ^trtCìii  Dei  ferebatur  iuper 

8.  FoiMA.  Gli  Aristotelici  pongon  la  forma 
eosa  sostanziale,  che,  nnita  alla  materia  pri- 
ma, costituisce  le  varie  specie  de' corpi.  — 
Matibia.  Prima  ,  comune  a  tutti  i  corpi , 
•oggetto  di  tutte  leiorme.  —  Congiuntb.  Alla 
fórma  ,  ma  pure  prette  :  l' oro ,  preito  oro  ; 
1*  argento  ,  puro  argento  ;  e  via  discorrendo, 
•eoza  mistura  seguita  per  corruzion  d'eie- 
senti.  —  Atto.  Coi  fiat.  —  Fallo.  Gen.  , 
I  :  Vidit  ...  quod  euet  bonum.  —  Tas.  Gli 
ABgeli ,  la  rorma  deli'  altre  cose ,  e  la  loro 
Materia.  Altri  intende  :  gli  Angeli  forme  pu- 
le; la  materia  sola,  che  son  gli  elementi  ; 
la  forma  congiunta  con  la  materia.  Meglio  il 
primo. 

9.  €oMB.  Fa  istantanea  la  creazione  in- 
aerà. 

li.  Puao.  Gli  Angeli ,  puro  atto  ,  non  pas- 
sivo ,  agenti  sul  mondo. 

12.  Potenzia.  Passiva  :  sotto  la  luna.  — 
IIkxzo.  Ne' cieli  ehé  di  n»  prendono  e  di  sotto 
fa/mno  (  e.  Il  »  41  ).  Ott.  :  Atto  puro  ,  cioè 
che  non  è  in  potmta  a  divenire  altra  cosa  ; 
•  ftrò  sono  incorruttibili  :  pura  potenza,  cioè 
che  sempre  è  acconcia  a  trasmutaiione  ,  e 
jMfd  continuo  genera  nuova  forma  ^  e  cor- 
rompe la  precedente  :  potenza  con  atto ,  ctoé 
anpo  umano  con  la  sua  anima  ...  eU cielo 
eolia  tua  inteUigenMa, 

13.  iBRONiMo.    Epist.  ad  tit.:  5^  mUlia 
nondum  nostri  temporis  complentur  annorum; 


13    leronìmo  vi  scrisse  limgo  tratto 
De*  secoli  degli  angeli  creati 
Anzi  che  laltro  mondo  fosse  fatto. 

ih    Ma  questo  "vero  è  scritto  in  molti  lati 
Dagli  scrittor  dello  Spirito  santo  : 
E  tu  lo  vederai  se  ben  ne  guati. 

15  Ed  anche  la  ragione  il  vede  alquanto, 
Che  non  concederebbe  che  i  motori 
Senza  sua  perfezion  fosser  cotanto. 

16  Or  sai  tu  dove  e  quando  questi  amori 
Furon  creati,  e  come  ;  si  che  spenti 
Nel  tuo  disio  già  son  tre  ardori. 

17  Né  giugneriesi ,  numerando  >  al  venti 
SI  tosto,  come  degli  angeli  parte 
Turbò  1  suggetto  de' vostri  elenienti. 

18  L*  altra  rimase,  e  cominciò  quest'arte 
Che  tu  discerni,  con  tanto  diletto 

Che  mai  da  circiiir  non  si  diparte. 

et  quantas  prius  aetemitates  ,  quanta  tempo- 
ra ,  quantas  quoque  saeculorum  origines  fuisse 
arbitrandum  ,  in  quibus  Angeli ,  Throni ,  Do- 
minationes  caeteriqtie  ordines  Deo  seroierunt 
abtque  temporum  vicissitudinibus  atque  men- 
suris  ?  S.  August.:  Quarta  die  facto  suntsy^ 
dera  ,  et  jam  Angeli  erant.  Opinione  d'  Ori- 
gene, Basilio,  Damasceno,  e  altri  dottori 
greci  ,  rigettata  da  s.  Tom.  (  I ,  qu.  61 ,  a. 
3  ).  Dice  che  se  gli  Angeli  son  parte  dell'u- 
niverso ,  dovevano  dunque  esser  creati  con 
esso. 

14.  ScaiTToa.  Davide  cantor  dello  Spirito 
tanto  (  e.  XX  ).  —  Vbdbeai.  EccL,  XVIIl  : 
Qui  vivit  in  aetemum  ,  creavtì  omnia  itmul. 

IK.  HoToai.  Gli  Angeli  non  avessero  cosa 
alcuna  da  movere,  da  infonderci  loro  virtù. 

16.  DoYB.  Nell'alto  del  mondo  (  v. 32-3). 

—  Quando.  Di  tempo  fkiore.  —  Com.  A  oa 
tratto. 

17.  Venti.  Questo  pronto  peccare  degli 
Angeli  è  creduto  da  s.  Tom.  (  1 ,  63 ,  a.  6  ). 

—  Elementi.  Apoc:  Braco  magnus  ...  eau- 
da  .  >  >  trahebat  tertiam  partemstellarum  eoeìi 
(  Inf.,  XXXIV  ,  41  ).  La  terra  è  suggetto  dei 
quattro  elementi  :  aria  ,  fuoco ,  acqua ,  e  ter- 
ra. Gli  angeli  mali ,  al  dire  de'  Padri ,  sono 
nell'  aria  inferiore  ,  «  la  turbano  soventi  vol- 
te ;  e  turban  la  terra,  che  stanno  nel  centro 
di  quella. 

18.  L'altba.  Gli  angeli  pnrì.  Conv.  (II,  5): 
AUa  speculazione  di  certe  (  sostanze  separata) 
le^e  la  cireulasione  del  cielo,  ck*è  del  mon- 
do governo  :  il  quale  è  quasi  una  ordinata  ci- 
viliiade ,  intesa  nella  speculazione  delU  mo- 
tori. —  ARTI.   Di  movere    i  cieli.  Auco   gli 

66 


522 


DEL    PARADISO 


19  Principio  del  cader  Ih  1  maladetto 
Superbir  di  colui  che  tu  cedesti 

Da  tutti  i  pesi  del  mondo  costretto. 

20  Quelli  che  vedi  qui,  furon  modesti 
A  riconoscer  sé  della  Bontate 

Che  gn  avea  fatti  a  tanto  intenderpresti. 

21  Perchè  le  visto  lor  furo  esaltate 
Con  grazia  illuminante  e  con  lor  morto, 
Sì  ch'hanno  piena  e  ferma  volontate. 

22  £  non  voglio  che  dubhi ,  ma  sie  certo 
Che  ricever  la  grazia  è  meriterò 
Secondo  che  Tafletto  l'è  aperto. 

23  Ornai  d*  intorno  a  questo  concistoro 
Puoi  contemplare  assai,  se  le  pdix)le 
Mie  son  rìcolte,  senz'altro  aiutoro. 

^k    Ma  perchè  'n  terra  perle  vostre  scuole 
Si  leg^  che  l'angelica  natura 
É  tal  che  'ntende  esi  ricorda  e  vuole  ; 

25  Ancor  dirò,  perchè  tu  veggi  pura 
La  verità,  che  faigsiù  si  confonde 
Equivocando  in  sì  fatta  lettura. 

26  Queste  sustanzie ,  poiché  fùr  gioconde 

Angeli  prima  di  essere  degnati  «ìln  somma 
comprensione  di  Dio,  sostennero  loro  prova 
(  Maestro  delle  sent.,  1.  Il ,  d.  4  ;  s.  Thom. 
I  ,  62,  art.  8  ). 

19.  Pesi.  Inf. ,  XXXIV  :  A  punto  Al  qual 
ft  traggon  d*  ogni  parie  %  pui. 

20.  Modesti  (  s.  Thon^.,  2.  2  »  q.  161  » 
art.  4  ). 

21.  Mebto.  Alla  illaminante  segai  la  con- 
samante  ,  fratto  de*  meriti  loro. 

22.  Mbbitobo.  Come  nel  e.  IX  ,  v.  nU.  : 
adultero.  S.  Tom.  (  1 ,  62 ,  art.  2  )  dice  che 
r  Angelo  ebbe  grazia  innanzi  che  fosse  bealo. 
Ma  Dante  aggiunge:  il  merito  sta  Dell'apri  re 
r affetto  alla  grazia  che  viene. 

25.  LiTTUBA.  Dottrina  :  così  detta  dal  leg- 
gere 0  insegnar  nelle  scaole. 

27.  Non.  Pnrg.,  XXX:  Voi  vigilate  neWe 
temo  die,  S.  Tom.  (  I  ,  q.  55  ,  a.  2  }  dice 
che  r  Angelo  non  intende  per  ispecie  eh' egli 
tragga  dalle  cose,  ma  per  ispecie  o  idee  a 
Ini  proprie;  e  non  intende  componendo  e  di- 
videndo e  raziocinando  per  discorso  cosi  come 
r  uomo  (  r.  anco  q.  58»  a.  5  ;  e  q.  54 ,  a. 
4  ).  Agostino  dà  agli  Angeli  la  memoria»  ma 
per  modo  di  dire.  —  Diviso.  Arist.  (  De  me- 
moria )  tradotto  da  nn  antico  :  Rammentar» 
non  4  altro  che  ridueere  nella  femiatia  le  epe- 
sia  iHit6tii  che  la  memoria  ha  per  lo  patsato 
tempo  ripoite, 

28.  Lag«i6.  Alb.  Magno  domanda  utrum 


Della  faccia  di  Dio,  non  volser  rìso 
Da  essa,  da  cui  nulla  si  nasconde. 

27  Però  non  hanno  vedere  interciso 
Da  nuovo  obbietto  ;  e  però  non 
Rimomorar  per  concetto  diviso. 

28  Si  che  laggiù  non  dormendo  ai  sogna , 
Credendo,  e  non  credendo  dicer  vero: 
Ma  nelluno  è  più  colpa  e  più  vergogni. 

29  Voi  non  andate  giù  per  un  sentiero 
Filosofando  :  tanto  vi  trasporta 

L' amor  delK  apparenza  e1  suo  pensiero. 

30  Ed  ancor  questo  quassù  si  comporti 
Con  men  disdegno,  che  quando  è  posposta 
La  divina  Scrittura  o  quando  è  tòrta. 

31  Non  vi  si  pensa  quanto  sangue  costa 
Seminarla  nel  mondo,  e  quanto  piace 
Chi  umilmente  con  essa  s'accosta. 

32  Per  apparer  ciascun  s' ingegna ,  e  Cm6 
Sue  invenzioni  ;  e  quelle  son  trascorse 
Da*  predicanti,  e*l  vangelio  si  tace. 

33  Un  dice  che  la  luna  si  ritorse 
NeUa  passion  di  Cristo,  e  s*  interpose, 

MMìt  angelii  memoria.  Chi  la  negava ,  e  cM 
la  dieeva  differente  dal  la  memoria  «lelTMa». 
L'nna  e  1*  altra  opinione  condanna  il  ?.  :  aa 
più  la  prima.  —  Colpa  (  s.  Thom. ,  1 ,  1 1 
qn.  78,  a.  4).  Quanto  il  movimiento  del  ^ 
cato  è  più  proprio  alla  volontà ,  tanto  il  pec- 
cato è  più  grave  degli  altri  peccati  pari  M 
quello.  Un  antico  ;  QuelH  è  pi^  dieeràim&to. 
che  pia  conosce  U  peccato  ,  e  falla ,  ehe  la 
ignorante, 

29.  Apparenza.  Del  parere  ingegnosi.  Fr. 
Barberino  .*  £d  un  parla  a  piaeore  ooW  aUro* 
eoi  perchè  vìwle  apparere, 

30.  ScBiTTUSA.  e.  XIII  :  Furon  towee  epaée 
alle  Scritture  In  render  tòrti  li  diritti  viUu 

31.  Sbminarla.  Purg.,  XXII  :  Cndfiua, 
seminata  Per  li  messaggi  delt  etemo  regno. 

32.  Trascorse.  Discorse,  trattate.  C.  XIIT. 
Bene  è  trascorsa  D'  està  nùmeta  già  la  tege 
e  *l  peso,  —  Predicanti.  S.  Agottìao  e  s. 
Girolamo  movono  lo  atesso  lameolo.  Hier.  : 
Adducto  svpercUio  ,  grandia  varòa  trutìmamr 
tee  ,  inter  mulierculae  de  eaerie  Itltt rts  phUe- 
tophantur. 

33.  Luna.  La  pasqua  de*  Giade!  cadeva  ari 
di  del  plenilunio ,  essendo  il  sole  in  Aricit. 
G.  C.  morì  il  dì  seguente  alla  pasqua  :  la  la- 
na dunque  era  piena  e  al  sole  opposta  :  do- 
veva dunque  retrocedere  di  sei  segni ,  cioè  di 
qoatiordici  di  e  meno ,  per  interporsà  tra  il 
sole  e  la  terra.  Ma  questa  cagione  avrHbU 


CANTO    XXIX. 


523 


Permeile  1  lume  del  sol  giù  non  si  porse . 

Si"  Ed  altri  che  la  luco  8t  nat»cose 
Da  sé:  però  agl'lspaui  o  agl'Indi, 
Come  a' Giudei,  tale  eclissi  rispase. 

35    Non  ha  Firenze  tanti  La  pi  e  Hindi 
Quante  si  fatte  favole  per  anno 
In  pergamo  si  gridan  quinci  e  quindi. 

3Q    SI  che  le  pecorelle  che  non  sanno, 
Toman  dal  pasco  pasciute  di  vento» 
E  non  le  scusa  non  veder  lor  danno. 

STNon  disse  Cristo  al  suo  primo  convento: 
Andate  e  predicate  al  mondo  ciance  ; 
Ma  diede  lor  verace  fondamento. 

38    E  quel  tanta  sonò  nelle  sue  guanbe, 
SI  ch'a  pugnar  per  accender  la  fede 
DeU*  evangelio  fero  scudi  e  lance. 

39.  Qra  si  va  con  n\otti  e  con  iscede 
A  predicare;  e  pur  che  ben  si  rida^ 
Gonfia  '1  cappuccio,  e  più  non  si  riciiii^de. 

V^    Ma  tale  uccel  nel  becchetto  s'unnida 


prodotto  una  perniale  eclissi  :  ond*  altri  dice 
die  ì{  BoJe  di^  sé  si  nascose ,  e  fùroo  tenebre 
so  tutta  la  terra.  Altri  legge  :  E  mente  ...  e 
il  che  IXante  corregga  l'errore  de* predicanti 
•  si  faccia  colpevole  di  quelle  interpretai iooi 
scientifiche  da  lui  condannale.  £  lo  prova  il 
dire  eh' e' fa  :  quinci  ^quindi.  Sacrobosc:  De- 
fo  quod  d§  ipta  obscuriHate  muUae  fuerunt  o- 
ffmionet,  AUqui  dieunl  quod  ijua  obscuriia^ 
fWtC  «X  mferpoitttone  aUcujut  eometae  . . .  Afèi 
éinmi  quod  Ma  ecUpfit  fuit  in  Jeruialem  vir- 
tuU  BUiropiae  . . .  Àjlii  dieunt  quod  iUa  fuit 
imUrfotUionie  Yenwi»  et  Mfifeufii,  qui  vadumt 
HK^r  eum  sole. 

34.  Ispani.  La  Giudjea,  secondo  Dante»  è 
QMssa  tra  l'India  e  la  Spagna. 

35.  Lapi.  Da  Iflcopo.  Nomi  comuni  in  Fi- 
leoxe.   K.  l'ind.  del  Vili. 

3d.  Vinto.  Jer.  ,  XXl^  :  Omnei  paHoree 
|»os  pascei  ventut. 

37.  Convinto.  Apostolico  (e.  XXII  ).  Il  con- 
tento di  s.  Francesco.  E  nella  Bibbia  é  fre- 
quente in  questo  senso.-— Via ace.  Marc.» 
XVI  :  Praedieaie  EvangeUuwL 

38.  Tant(x.  Solo.  —  Sub.  Loro.  —  Pugn^b. 
Ap.  (  Ueb. .  \I  )  :  Qui  per  pdém  vicerunt  re- 
$na  .  .  .  furtes  (adi  funi  in  belio. 

39.  IscBOK.  Cu  ant.  post.  :  VerbiM.  truffato' 
i^iii.  —  GoNFU.  D'  orgoglio.  — Cappuccio.  U- 
Mto  allora  da  lutti,  anco  da'  preti.  Da' frati  no. 

40.  UccKi..  Non  la  colomba ,  per  cui  Spi- 
ritu  sancto  tn*pirati ,  loquuii  tunt  Dei  honù- 

{  Fetr.  ,  li  ,  i) ,  ma  il  diavolo.  —  Bue- 


Che,  se  1  vulgo  il  vedesse,  vederebbe 
La  perdonanza  di  che  si  confida. 

%  i    Fer  cui  taDta  stoltezza  ìd  terra  crebbe 
Che  seosa  prova  d'alctin  testimonio 
Ad  ogni  promission  si  converrebbe. 

Vìtìk  questo  ingrassa  il  porco  sant'Antonio, 
Ed  altri  assai  che  son  peggio  che  porci» 
Pagando  di  moneta  senza  conio. 

O  Ma  perchò  sem  digressi  assai,  ritorci 
Gli  occhi  oramai  verso  la  dritta  strada  » 
Si  che  la  via  col  tempo  si  raccorci. 

Xh  Questa  natura  si  oltre  s' ingrada 
In  numero,  che  mai  non  fu  loquela 
Né  concetto  mortai  che  tanto  vada. 

ki    E  se  tu  guardi  quel  che  si  rivela 
Per  Daniel,  vedrai  clie  'n  sue  migliaia 
Determinato  numero  sì  cela. 

1^6    La  prima  Luce  che  tutta  la  raia. 
Per  tanti  modi  in  essa  si  ricepe 
Quanti  son  gli  splend^ori  a  ohe  s'appaia. 


CBBTTO.  Varchi  (  St. ,  IX  )  :  StrUeia  doppia 
del  medèiimo  panno  che  il  cappuccio ,  cke  Da 
iino  in  terra ,  e  ti  ripiega  in  tulla  tpaUa  de- 
etra y  a  6ena  tpeeeo  ti  avvolge  al  collo  ,  . .  • 
intomo  alla  tetta. 

41.  Ogni.  Senza  fede  duella  sante  scritture,, 
si  crede  ad  ogni  indulgenza  da  costoro  pro- 
messa. 

42.  KnTQnio,  Era  allora  in  gran  culto  la 
ehieaa  di  s.  AiiM>dìo  di  Vienna.  S.  A^Qtonio  K- 
bate  si  dipingeva  col  porco  a'  piedi ,  simbolo 
del  vinto  demonio.  I  venditori  d'indulgenze 
fùcoa  condannati  dal  conc.  di  Trento  (  sess. 
21»  art.  9).  —  Pbggio*  Un  ant.:  Bjutie,  e<i 
uomini  pegyio  che  bestie^ ,  ch$  per  itchifare  fa- 
tica ti  fanno  eromti  e  frati.  —  Mo.neja.  Pec- 
donanze  non  vere. 

44.  Natuba.  Aiigelica.  Terz.  24  :  Vange^ 
lica  natura. 

45.  Daniel.  Dan.,  VII  :  mUia  fnUlium  mi- 
nàtrabant  ci,  et  decet  mlUet  centena  nuUto. 
cutittebant  ei . .  .  Conv.  :  Questo  noifro  Saf- 
vafore  colla  tua  bocca  ditte  che  'l  Padre  gli 
potea  dare  moUe  Ifigìoni  d'angeli . . .  Perché 
tnanifetto  è  a  noi  quelle  crtaCure  ettere  in  lun- 
ghittimo  numero  :.  perocché  la  tua  tpotaete^ 
cretaria  t,  Chieta . . .  dice  »  crede  „  e  predica 
qufilU  creature  quati  innumerabiU  »  a  paride 
per  tre  gerarchie,  cioè  principati  tanti,  ov- 
vero etteri  divini  :  e.cicLtcuua  gerarchia  ha  tre 
ordini  ;  ticché  nove  ordini  di  enature  tpiri- 
tuali  la  Chieta  tiene  e  afferma.  —  Cbla.  Non 
è  deiermioato  quei  nomerò ,  ma  indica  no  ou- 


52V 


BEL    PARADISO 


kl    Onde ,  però  eh*  all'  atto  che  concepe 
Segue  r  affetto,  d*  amor  la  dolcezza 
Diversamente  in  essa  ferve  e  tepe. 

hS    Vedi  r  eccelso  ornai  e  la  larghezza 


mero  senza  fine. 

47.  Segue.  G.  XW  :  Onde  la  vittori  crescer 
conviene.  Crescer  Vardor  che  di  quella  s'ac- 
cende, V,  e.  XXVIIl. 

48.  Speculi.  Vul.  Eloq.,  I  :  JUud  fidgen- 
tissimum  speculum  in  quo  cuncti  (  Angeli  ) 
reprauentantur  pulcherrimi  atque  avidissimi 
speculantur.  Lettera  a  Cane  :  Omnie  essentia 
et  virtut  procedit  a  primo   (  La  prima  Luce 


Dell*  eterno  Valor,  poscia  che  tanti 
Speculi  fatti  s'ha,  in  che  si  spezza, 
k9    Uno  manendo  in  sé  come  davanti. 


che  tutta  la  raia  )  :  ei  intelUgeniiae  inferiorts 
recipiunt  quasi  a  radiante,  et  reddunt  radies 
superiores  ad  suum  inferius  ad  modum  spent- 
lorum.  G.  XllI  :  il  suo  raggiare  aduna,  Quìioi 
specchiato,  in  nove  sussistenze,  EtemalmmiH 
rimanendon  una, 

49.  Manendo.  Sap.,  VII:  In  s$ p§rmmnt 
omnia  innovat. 


52d 


CANTO     XXX. 


ARGOMENTO. 

Alt  apparire  della  luce  delV  empireo,  in  cui  Dante  è  portato  ,  la  luce  degli 
Angeli  pare  più  languida ,  la  bellezza  di  Beatrice  cresce  in  ineffabile  modo.  Un 
lampo  lo  ferisce  ;  e  lo  dispone  a  vedere  un  fiume  di  luce.  Le  due  rive  dipinte  di 
mirabili  fiori  :  e  del  fiume  escivan  faville  ,  e  si  posavan  su  fiori ,  e  nelf  onde  fiam- 
manti cantando  scendevano.  E*  guarda  nelC  acque  ;  e  ,  fatto  più  acuto  al  vedere  , 
vede  il  fiume  cambiarsi  in  forma  di  cerchio  ,  e  sopra  il  cielo  empireo  mille  gradi 
e  più ,  disponi  in  forma  di  rosa  ,  e  il  mii^imo  grado  più  ampio  del  sole  ;  e  per 
r  ampia  sublimità  t  occhio  correva  chiarissimo  ,  e  la  prendeva  tutta,  VeS  egli  un 
seggio  vuoto  :  il  seggio  Ì  Arrigo, 

Qaesto  di  tatto  forse  il  poema  é  il  canto  piC^  alto. 

Nou  le  tenioe  1 ,  3  ;  la  6  alla  9;  la  il ,   14 ,  15,  17  ;  la  19  alla  23  ;  la  28 ,  30 , 
31 ,  32  ;  35  ;  la  37  ,  alla  fioe. 


1  Forse  gemila  miglia  di  lontano 

Ci  ferve  Torà  sesta  »  e  questo  mondo 
China  già  \  ombra  quasi  al  letto  piano, 

2  Quando'!  mezzo  del  cielo  a  noi  profondo 
Comincia  a  farsi  tal  eh*  alcuna  stella 
Perde  I  parere  infino  a  questo  fondo  : 

3  E  come  vien  la  chiarissima  ancella 
Del  sol  pili  oltre,  così  1  eie!  si  chiude 
Di  vbta  in  vista,  infino  alla  più  bella. 

1.  Lontano.  Da  Doi  abitanti  la  terra.  — 
Sbsta.  Siccome  la  lace  del  non  ancora  ve- 
duto sole  Ci  impallidire  le  stelle,  cosi ,  dice 
il  P.,  la  DOD  fedota  gloria  di  Dio  toglieva  a' 
miei  occhi  la  luce  degli  Angeli.  Aoon.  :  la 
lerro  tutta  $ifu,..  ventùfuattiromita  di  miglia,,, 
ed  U  SoU  la  gira  tutta  m  ventiquattro  ore,., 
•  cosi  il  Sole  ogni  ora  cireuùee  U  veniiquat' 
ÉTÉSimo ,  che  è  mills  miglia.  Adunque,  quan- 
do r  ora  sesta  é ,  e*  e*  è  di  lungi  snnùia  mi- 
glia, ed  è  segno  che  siamo  nel  principio  della 
prima  ora,,,  del  dì.  Seimila  miglia  é  il  qaarto 
del  corso  diurno.  —  China.  Il  globo  nostro 
china  1'  ombra  sna  a  forma  di  cono  in  linea 


I  fc    Non  altrimenti  '1  trionfo  che  lude 
Sempre  d'intorno  al  punto  che  mi  vinse. 
Parendo  inchiuso  da  quel  ch'egli  inchiude, 

5  A  poco  a  poco  al  mio  veder  si  stinse  : 
Perchè  tornar  con  gli  occhi  a  Beatrice 
Nulla  vedere  ed  amor  mi  costrinse. 

6  Se  quanto  infino  a  qui  di  lei  si  dice 
Fosse  conchiuso  tutto  in  una  loda. 
Poco  sarebbe  a  fornir  questa  vice. 

orizzontale,  poiché  il  sole  sta  per  sorgere  sai- 
l'orizzonte. 

3.  Pboponik).  Che  sta  sopra  noi.  Virg. 
(  Egl.  IV  )  :  Coelumque  profundum.  —  Al- 
cuna. SqU  primo  albeggiare  non  latte  spari- 
scono, ma  le  minori. 

3.  Ancblla.' L' aurora.  •»  Chiudi.  Parg. , 
XXVII  :  E  notte  avuse  tutte  sue  dispense,  — 
Vista.  Stella.  Nel  e.  11,  39,  le  chiama  vedute, 

4.  Inchiddb.  Dio  eonlinet  omnia  (Sap.,  I). 

5.  Stinsi.  Conuario  dell' ilcceffuiil  tumina 
Vssper  (  Virg.  ).  ^ 

t.  Vici.  A  compiere  Toffiiio  che  a  me  spetta, 
di  dire  di  lei.    * 


596 


DEL    PARADISO. 


7  La  beUeza^  eh'  io  Tidi,  si  trasmoóa 
Non  pqr  di  là  da  noi,  ma  certo  io  credo 
Che  solo  il  suo  Fattor  tutta  la  goda. 

8  Uà  questo  p^sso  vinto  mi  concedo 
Più  che  giammai  da  punto  di  suo  tema 
Soprato  fosse  comico  o  tragedo. 

9  Che  cpme  sole  il  viso  che  più  trema, 
Cosi  lo  rimembrar  del  dolce  riso 

La  mente  mia  da  sé  medesma  scema, 

10  Dal  primo  giorno  eh  io  vidil  suo  viso 
In  questa  vita,  insino  a  questa  vista 
Non  è  'l  seguire  ai  mio  cantar  preciso.. 

11  Ma  or  convien  chel  mio.  seguir  desiata 
Pi^  dietro  a  sua  bellezza  poetando, 
Come  air  ultimo  suo  ciascuno  artista. 

12  Cotal .  qual  io  la  fascio  a  maggior  bando 
Che  quel  della  mia  tuba,  che  deduce 

L*  ardila  sua  materia  terminando , 

13  Con  atto  e  voce  di  spedito  duce 
Ricominciò  :  noi  semo  usciti  fuore 
Del  maj^gior  corpo  al  eie!  eh'^  pura  luce. 

h    Luceiutellettual  piena  d*  amuro  , 


7.  Bbilizia.  Per  ess#  intende  la  sapienza 
delle  cose  divinef  che  nel  Codv.  chiama  eter- 
nale imperatrice  dell'  universo»  E  fin  nella  Y. 
Nuova  racconMi  com*  e*  pregasse  che  la  sua 
anima  se  ne  possa  gire  a,  vedere  la  gloria 
della  sua  donna.  Nelle  Rime  :  CA'  io  diverrei 
beato,  Ui  guardando,  A  $uita  d*  angel  che  di 
9ua  natura.  Statuto  tu  in  tùtura,  D^vien  beato, 
sol  vedendo  Iddio, 

9.  Tbbm A.  Convivio  :  Queete  cote  che  paio: 
no  nel  euo  aspetto^,  eoverehiano  lo  'nteUetto 
nottro.  B  dioo  conif  quetio  tovmthiare  è  fat- 
to :  eh'  è  fatto  per  lo  modo  eh9  eoverchia  il 
iole  lo  fragile  viso,  non  che  lo  $ano  e  forte, 

10.  Paeciso.  C.  XXIl^  :  Convien  eal/iar  lo, 
tagrato  poema  Com'uom  che  trotta  euo  cam- 
min  reciso,  Petr.  :  M* hanno  la  via  sì  d*  alio, 
amor  precisa. 

11.  Ultimo.  Ogni  arte  ha  an  confine. 

12.  TuEA.  Inf.,  XIX  :  Or  convien  che  per, 
voi  suoni  la  tromba,  —  DBDOcn.  Oy.  :  Ab  ori- 
gine mundi  Ad  meo.  perpetumn  de^citei  lemr 
|>ora  Carmen. 

13.  MAGGioa.  Primo  mobile.  Oit.  :  Corpo. 
primo,  per  natura  semplicissimo,  poco  di  corpo 
avente,  però  che  sottHissimp,  primo  firmamento 
del  mondo  ;  per  quantitade  grandissimo ,  per 
gualitade  lucido,  per  figurazione  sperico,  per 
ampiezza  contenente  le  creature  visibili  ed  in- 
visibiUf  —  Chl.  Empireo  r eh'  è  crisf^ilino  , 
secondo  Isidoro.  * 


^or  di  vera  ben  pien  di  letoia , 
Letizia  che  trascende  comi  dolzore. 

15  Qui  vederai  V  una  e  l'altra  mìliiia 
Di  paradiso  ;  e  i'  una  in  quegli  aspatki 
Che  tu  vedrai  all'  ultima  giustizia. 

16  Come  subito  lampo  che  diseeiti 
Gli  spiriti  visivi,  si  che  priva 
QeU*  atto  l' occhio  di  più  forti 

17  Cosi  mi  circonfulse  luce  viva, 
E  lasciommi  fasciato  di  tal  velo 

Del  suo  fulgor,  che  nulla  m' appariva. 

18  Sempre  TAmorchequietiiquesto  deh», 
Accoglie  in  se  con  si  fatta  salute. 

Per  far  disposto  a  sua  fiamma  il  caodeb. 

19  Non  fùr  pif^  tosto  dentro  a  me  veouta 
Queste  parole  brievi,  ch'io  compresi 
Me  sormontar  di  sopra  a  mia  virtate. 

90    E  di  no^velh  vista  mi  raccesa. 
Tale  che  nulla  luce  è  tanto  mera 
Che  gli  occhi  iniei  non  sì  fosser  difesi. 

21     E  vidi  li^me  in  forma  di  riviera 
Fiuyido  di  fulgori,  intra  duo  r^ve 


14.  Tbascimdb.  Apost.  :  Bus  Dm  ^ 
exiuperat  omnem  sensum* 

15.  Una.  Gli  angeli,  e  gli  oomiai.  Gliaa- 
minl  nell'  imagine  di  qae'  corpi  che 
^annodopoil  dì  4el  giudizio.  Is.,  XLV: 
meae  tetenderùnt  coelos,  ^t  tMfmi 
rum  mjOLndavi. 

16.  FoBTk  Altra  luce  più  viva  noi  fllaai- 
^à  rocchio  abbagliato  dal  lanipo. 

18.  Amor.  Jo.  (Ep.  ,  (,  4)  :  Htnt 
4i(.  Dtmasc:  Divina  virtus  inempfft 
manifestius  operatur  :  subest  ens^m  ti 
msnti  dtvtnoe.  —  Salute.  Per  saluto:  è  aella 
Rime.^CANDBLQ^.  Per  preparare  gli  aoiiMtfl 
alla  gloria  ,  preparargli  con  la  luce  vì?a  alla 
Gamma  d'amore.  Bo^t.:  Lumina  tius,  «arfa- 
lium  rerum  nube  caligantia  ,  tergàmme, 

20.  DiPKsi.  Pelr.:  Si  aì^eta  Yiela,  ekeim- 
cofUnji;  *l  sol  pur  si  d^fend§* 

31.  RiviBRA.  Dan.,YU:  l^roptia  9» /te» 
flioa  ignis  :  rotM  ejus  ignis  aceensus.  Flmmm 
igneus  ,  rapidusi^ue  egrediebatur  a  fm  ' 
Ps.:  A/iuae.,,  quae  super  coelos  eunt , 
nomen  DominiJ  Ajioc.,  XXII  :  OsUmdU 
flwvium  aquae  vitae  ,  spUndtdum 
orystallum  ,  proi^edentem  de  sede  Dei,  Opéaiia 
d'Origene.  S.  Ambros.  (  de  saoctis  ):  Cim- 
tas  Dei  dia  Jerusalem ,  non  meatu  alàeefid 
fiuvii  terrestris  ,  sed  ex  fonte  vitae  procoéms, 
qui  est  S.  S,  -^  Fluvido.  Per  fkùdo  ,  casa 
continovu.  —  PaiXAvaaA.  lu  (|ue»lo  wernse  è 


CANTO    XXX. 


527 


Dipinte  di  mirabil  primaYera. 
SS    Di  tal  fiumana  iisoian  favilla*  vive 

É  d' ogni  parte  si  metteati  ne*  fiori 

Quasi  mbin  rh^oro  circonscrive. 
S3    Pòi  «  come  inebbriate  dagli  odori, 

ftìprofondaVan  sé  nel  miro  gurge  ; 

E  s' una  entrava,  un  altra  n  uscia  fuori. 
9k    L*  altodisiochemot' infiamma  ed  urge 

D*  aver  notitia  di  ciò  che  tu  vei, 

t*anto  mi  piace  più  quanto  più  turge. 

55  Ha  di  quest'acqua  convieo  che  tu  bei 
Prima  che  tanta  sete  in  te  si  sazi. 
Cosi  mi  disse  il  sol  degli  occhi  miei. 

56  Anche  soggiunse:  il  fiume  e  li  topazi 
Ch*entranoed  escono,  e1  rìder  delPerbe, 
Son  di  lor  vero  ombrìferi  prefazl. 

27  Non  cho  da  sé  sien  queste  cose  acerbe; 
Ma  è  difetto  dalla  parte  tua. 
Che  non  hai  viste  ancor  tanto  superbe, 
t    Non  è  fantin  che  s)  subito  rua 
Col  volto  verso  il  latte,  se  si  svegli 
Molto  tardato  dalF  usanza  sua  ; 


Bel  Purg.,  UVni.  Apoc.,  kXt ,  presso  ira 
tot.:  Bd  io  vidi  novello  cielo  e  no^Ma  I0r- 
rai  9  il  primo  ete/o  e  la  prima  terra  te  na 
amia  , . ,  Ed  io  ,  GioaniU ,  vidi  ^erutalem  » 
là  MfUa  tittade  deeeendente  del  Cielo  novel- 

tpoea 

12.  ttcani.  iDcastoDato  in  oro. 

13.  GvBCi.  ^ror^o  per  fiume  io  Tlrg.  e  nel 
PMT.  (  8.  191  ). 

14.  TvaaB.  C,  X:  D^  amor  turge» 

15.  Bbi.  Rammenta  V  Baooè  del  Parg., 
XXVIII. 

16.  TopAzt.  Cosi  chiamò  Gacciagoida  (  e. 
XV  ).  Diodor.  Sic:  Topatim  lapis ,  vitro  it- 
«n'Itf ,  colore  aureo,  A  poca!.,  I  ,  presso  no 
aat.:  Mi  menò  in  ispirito  in  una  grande  mon* 
Mmgna  e  alta  e  mi  mostrò  ierusalem  ta  santa 
CtCUMJe...  il  euo  lume  era  come  pietra  diiaf- 
prò ,  t  come  ia*pe  e  erntàllo,  —  Loa.  DÌ  ciò 
che  son  feraroeiUe.  —  OMBRiraai.  Adombrano 
e  Din  pregumare.  Frase  affettata  ed  impro- 
pria. Oli.:  Lo  fiume  è  U  lume  divino  e  la  glo- 
ria di  Paradiso:  le  icinftUe,  fi  Angioìi;  li 
tapazii  •  li  cori  beati» 

17.  ACBBBB.  Dare  ad  intendersi.  Porg.,  XXV: 
Ciò  che  par  duro  H  parrebbe  visxo,  —  Su- 
VSBBB.  Alte.  Pvrg.,  IV  :  Costa  superba» 

18.  EuA.  L' osa  laf.,  XX.  Non  sempre qoe- 
Éo  verbo  significa  predf»t(or«.  Virg.,  X  :  Versi, 


e  apparecchiata  a  Dio  ricevere ,  come 
I  ttdofMisia  per  tuo  mariio. 


29  Come  fec*  io,  per  far  migliorì  spegli 
Ancor  degli  occhi ,  chinandomi  all'onda 
Che  si  deriva  perchè  vi  s' immegli. 

30  E  si  come  di  lei  bevve  la  gronda 
Delle  palpebre  mie ,  cosi  mi  parve  » 
Di  sua  lunghezza ,  divenuta  tonda* 

31  Poi  come  gente  stata  sotto  larve, 
Che  (Mire  altro  òhe  prima  se  si  sveste 
La  sembianza  non  sua  in  che  disparve  ; 

38    Cosi  mi  si  cambiare  in  maggior  feste 
Li  fiori  e  le  Eaville,  si  ch'io  vidi 
Ambo  le  cotti  del  ciel  manifeste. 

33    0  isplendor  di  l3io  per  cu'io  vidi^ 
L*  alto  triionfo  dei  regno  verace. 
Dammi  virtù  a  dir  com'  io  lo  vidi. 

,  Zk    Lume  è  lassù ,  che  visibile  face 
Lo  Creatore  a  quella  éreatura 
Che  solo  in  lui  Vedere  ha  la  sua  pace. 

35  E  si  distende  in  circuiar  figura, 
Irt  tanto  che  la  sua  circonferenza 
Sarebbe  al  sol  troppo  larga  cintura. 

36  Passi  di  raggio  tutta  sua  parvenza  , 


rétroiiuie  fuenfai. 

19.  Spègli.  Per  veder  meglio.  C.  XXI  :  B 
fa  di  quelli  (  occhi  )  ipeceAto  alla  figura» 

90.  Gbouda.  Il  coppo  del  ciglio  (  lof., 
XXXIII  ).  «—  To!niA.  La  lunghezia  6gora  il 
diffondersi  di  Dio  nelle  creature  ;  la  roton- 
dità il  ritornare  delle  cose  io  Dio  come  in 
fine  perfetta.  Idea  svolta  dal  Vico. 

31.  Labvb.  Maschere  (Parg.,  XV  ).  —  Di- 
SPABVB.  Parve  altra  da  quei  ch'ara. 

31.  Ambo  (  terr.  15  ). 

83.  0.  Pnrg. ,  XXXI  :  0  isplendor  di  viva 
luce  etema.  Nel  fiume  si  figoi  ila  graiia  il- 
luminante. —  Vidi.  Ripete  ,  perch'  è  voce 
sacra  ,  com'  indicano  i  derivati  :  veggente  , 
t^'one,  providenza. 

84.  Pacb.  S.  Aogust.  :  Feeisti  noe  ad  te  , 
et  tnftfteium  est  cor  nostrum  donee  requie- 
scat  m  le.  Qui  l' Anoo.  ci  • .  s.  Ambrogio. 
Boat.:  Eie  erit  vobis  requies  laborum, 

38.  Sol.  Pietro.  Il  sole  è  otto  volte  mag- 
gior della  terra.  Apoc.  trad.  da  no  ant.  : 
La  cittade  (  di  Dio  J  era  in  quadro ,  e  sua 
lunghezza  era  tale  come  larghezza  ;  e  nùturò 
la  cittade  siodici  mila  ttadii  ...  e  mtmrò  li 
muri  di  centoquarantaquattro  eubiti  ;  e  la 
fattura  del  muro  era  di  pietra  di  iaspit. 

36.  RAfioio.  Di  Dio ,  riflesso  nel  primo  mo- 
bile (Conv.,  II,  4)  e  di  là  in  tutti  i  cieli 
(e.  Il,  41). 


528 


DEL    PARADISO 


Reflesso  al  sommo  del  mobile  primo 
Che  prende  quindi  vivere  e  potenza. 

37  E  come  clivo  in  acqua  di  rào  imo 
Si  specchia  ,  quasi  per  vedersi  adorno 
Quante  nelPerbe  e  ne' fioretti  opimo; 

38  Si.  soprastando  al  lumeintomoiotomo, 
Vidi  specchiarsi  in  più  di  mille  soglie 
Quanto  di  noi  lassù  fatto  ha  ritomo. 

39  E  se  l'infimo  grado  in  sé  raccoglie 
Sì  grande  lume,  quanta  èia  larghezza 
Di  questa  rosa  neirestreme  foglie  ! 

40  La  vista  mia  nell'ampio  e  nell'altezza 
Non  si  smarriva ,  ma  tutto  prendeva 

Il  ouanto  e'I  quale  di  quella  allegrezza. 
hi    Presso  e  lontano  11  né  pon  né  leva  ; 
Che  dove  Dio  senza  mezzo  governa , 


38.  SofiLnr  Gradi  (  e.  Ili,  28;  XVIII,  9). 
—  Quanto.  Gli  spiriti  beati.  Eccl.,  XII  :  Re- 
vertatur  pulvit ...  et  iffiritui  ndeat  ad  Dgum. 

89.  Si.  Soo  più  di  milla  gradini  ,  e  V  io- 
fimo  è  più  largo  del  sole  :  or  pensa  gli  altri. 
E  questi  gradi  si  spandono  in  forma  di  rosa. 
Nella  rosa  mistica  il  Verbo  si  fece  carne. 
GoDT.  (  II ,  4  )!  Questa  è  qu§Ua  magnificBMa 
deUa  quale  paria  U  Salmista  quando  diee  a 
Dio  :  levata  è  la  magnifieensa  tua  sopra  t 
eteli.  —  EsTRf  MB.  Eiec.  :  XLl  :  XoltiM  erot 
templum  ir^  superioribui. 

40.  Pbbndbva.  Inf. ,  VIII  :  '£  potea  Voe- 
ehio  torre.  —  Quanto.  Altrove  :  Jl  quale  e 
*l  Quanto  della  viva  steUa. 

41.  PoN.  Né  vicinanza  rischiara,  né  lonta- 
nanza abbaia  gli  oggetti.  —  Marzo.  C.  VII: 
Ma  nostra  vita  ,  seikza  mezzo  ,  spira.  Imme- 
diatamente. Conv.  (  II ,  4  ):  Xo  notu>  cielo  lo 
quale  chiamano  molti  cristallino  »  cioè  diafa- 
no ,  ovvero  tutto  trasparerite» 

42.  Giallo.  Il  circolar  lame  ch'era  nel  roez- 
xo  e  nel  fondo  de' gradi  ascendenti,  come  il 
giallo  nella  rosa. 

43.  Quanto.  Apoc. ,  VII  :  Vidi  turham  ma- 
gnam  ,  quam  dinumerare  nemo  poterat ,  ex 
omnibus  gentibus,  et  tribubus,  et  popuUs,  et 
Unguis  :  $tanles  ante  tkronum  . .  .  atnicti  sto- 
là  albis.  Baruch ,  III  :  O  Israel,  quam  magna 
est  domus  Dei ,  et  ingens  locus  potsessionis 
ejus  !  Magnus  est ,  et  non  habet  fnem  :  excel- 
stM,  et  immensus, 

44.  Scanni.  Evang.  :  M  domo  Patris  mei 
fnansiones  muUae  suru,  —  Poca.  S.  Thom.  : 
Soli  Deo  cognUus  est  numtrus  eleciorum. 

45.  Sbggio.  In  una  leggenda  del  medio  e? o 
si  narra  coon  an  povero  conta^oo  il  qoal 


La  legge  naturai  nulla  rileva. 

VI    Nel  giallo  della  rosa  sempiterna  , 
Cne  si  dilata  ,  rìgrada ,  e  rìdole 
Odor  di  lode  al  sol  che  sempre  verna, 

i|i<3    Qual  è  colui  che  tace  e  dicer  vuole, 
Mi  trasse  Beatrice  ,  e  disse:  mira 
Quanto  è1  convento  delle  bianche  stole! 

44  Vedi  nostra  città  quant'  ella  gira  ! 
Vedi  li  nostri  scanni  si  ripieni 

Che  poca  gente  ornai  ci  si  disira  ! 

45  Io  quel  gran  seggio  a  che  tu  gliocchi  tieni 
Per  la  corona  che  già  v*è  su  posta , 
Prima  che  tu  a  queste  nozze  ceni. 

46  Sederà  1*  alma  che  fia  giù  agosta , 
Dell*  alto  Arrigo,  ch'a  drizzare  Italia 
Verrà,  io  prima  eh*  ella  sia  disposta. 


doveva  per  tirannia  del  signore  essere  fra  tit 
giorni  impiccato,  andasse  in  viiiooe  airit> 
femo.  E  in  una  notte  diventasse  canoto.  E  vi- 
de i  poveri  meno  tormentati  de*  ricchi  ;  e  i  re 
sedere  sopra  sedie  infocate  ,  rinvolti  di  por- 
pora che  toccata  bruciava  :  e  i  signori  eraao 
ancor  pia  tormentati ,  ed  erano  sedie  vaote 
col  nome  de' dannati  veotari.  Una  ne  vidi,  di- 
ceva il  villano,  segnata  d'an  nome.  Quale t 
domandò  quegli.  Il  tuo.  —  Ceni.  Ap. ,  XIX: 
Ad  coetham  rvuptiarum  Agni  vocali. 

46.  Fia.  Enrico  VII  ,  fu  creato  imperatora 
nel  novembre  del  1308  :  nel  1311  coronato  a 
Milano  :  combattè  in  Roma  per  aver  la  coro- 
na :  dopo  assaltata  Brescia  ed  altre  cttià , 
fh  in  Toscana  a  domare  la  guelfa  Firenze  • 
dove  il  P.  con  acerba  lettera  lo  invitava.  Ma 
Dante  non  lo  segui.  Quaranta  giorni  spese  in 
vani  apparecchi.  E  dopo  invano  tentata  la 
vittoria  ,  si  pensò  di  proscrivere  i  resìstcmi. 
Mite  di  natura  ,  pur  commise  non  poche  Et- 
foci  e  ;  e  ricevè  danari  da  que'  che  ambivaaa 
il  governo  delle  italiane  città;  concesse  liccaia 
dibattere  moneta  falsa,  cagionò  grandi  mali 
in  Toscana.  Mori  nell'agosto  dei  1313  a  Boea* 
convento ,  avvelenato ,  dicono ,  da  un  frale  ad- 
l'ostia  :  altri  nega.  Il  Villani  ne  tace.  E  saie 
forse  calunnia.  A  lui  Dante  scriveva  codm  a 
santissimo  trionfatore  e  singoiar  signore;  per 
divina  providenza  re  de*  Romani ,  e  seaipra 
Augusto.  Lo  vide  non  si  sa  dove ,  e  gli  bacie 
i  piedi ,  attesta  il  Mussato.  L*  Ott.  dice  d'A^ 
rigo  :  Uomo  di  bwma  coidenia ,  oaloroto  ài 
anne  ,  largo  e  cortese ,  pietoso  •  dolce  .  • .  JK 
consentimmUo  di  papa  Clemente ...  /W  efaCltài 
re  de'  Romani  ,  ed  o  Roma  venne  ,  e  /k  e» 
nmolo  per  due  cordmoli ...  poi  Ti  ~ 


CANTO    XXX. 


&S» 


VI     La  cieca  copidigia  che  v  ammalia , 

Simili  fatti  V  ha  al  fantolino 

Ohe  muor  di  fame  e  caccia  Tia  la  balia. 
Ve     E  fia  prefetto  nel  foro  divino 

Allora  tal  che  palese  e  coverto 

«Ul  tutto  il  detto  papa ,  perché  li  devoti  del- 
la Chiega  non  Vubbidivano.  —  Agosta.  Infer- 
no (  1 ,  34  )  :  Aguito.  Quindi  il  mese  d'  a- 
^osio. 

47.  McoR.  L'Italia,  die' egli  ,  ha  bisogno 
4'aniU,  e  par  si  lacera  con  le  sae  mani. 

48.  Tal.  Clemente  V.  Aveva  cooperato  al- 


Non  anderà  con  lui  per  un  cammino. 

1^9    Ma  poco  poi  sari  da  Dio  sofferto 
Nel  santo  ufficio  ;  ch*el  sarà  detruso 
Là  dove  Simon  mago  è  per  suo  merCo, 

50    £  farà  quel  d' Alagna  esser  più  giuso. 

l'elezione  d'Arrigo, mandati  quattro  cardinali , 
ad  accompagnarlo  in  Italia:  poi  gli  fé  contro 
{Iter  italieum). 

49.  Poco.  Fa  papa  dal  giagno  del  1305  al 
febbraio  del  1314. —  LÀ  (Inf.,  XIX,  26}. 

50.  Quel.  Bonifazio. 


C7 


S39 


DEL    PARADISO 


CANTO        XXXI. 


ARGOMENTO. 

Narra  il  Boccaccio,  che  gli  ultimi  canti  della  Commedia  furono ,  aito  mtn 
dopo  morto  il  P.,  rinvenuti  per  visione  eh'  ebbe  un  discepolo  di  lui,  il  ^tMltemii 
a  Iacopo,  figliuol  di  Dante,  e  disse  come  V  esule  gli  si  fosse  mostro  in  candida  m»'f , 
splendente ,  e  gli  avesse  additati  i  fogli  nascosti  dietro  una  stuoia  entro  una  f^e- 
stretta  a*  cut  nessuno  aveva  posto  mente,  E  certo  non  so  che  di  rivelazione  è  i«i 
questi  ultimi  canti;  come  d* anima  che  già  sta  per  sabre  alle  cose  descritte,  «  U 
indovina  nel  profondo  dell*  anima.  Né  verso  umano  salì  mai  più  aUo,  Gli  AnjtH 
volano  tra  i  beati  spiriti  e  Dio  :  vien  Bernardo,  ultima  guida  ;  e  gli  mostra  Bea* 
trice,  nel  sublime  suo  seggio.  E'  la  prega  :  ed  ella  gli  arride  da  immensa  dtstansa. 
Quindi  e*guarda  a  Maria. 

Nota  le  terzine  1  tilt  18  ;  la  20  alla  29;  la  31 ,  33 ,  35,  36,  37  ;  la  39,  aUa  te. 


1  In  forma  dunque  di  candida  rosa 
Mi  si  mostrava  la  milizia  santa  , 

Che  nd  suo  sangue  Cristo  fece  sposa. 

2  Ma  r  altra  che  \olando  vedo  e  canta 
La  gloria  di  Colui  che  X  innamora , 

E  la  bontà  che  la  fece  cotanta  ; 

3  Si  come  schiera  d' api  che  s' infiora 
Una  fiata,  ed  una  si  ritorna 

Là  dove  suo  lavoro  s'insapora, 

1.  DuNQUB.  Si  Doti  la  semplicità  dei  co- 
miociaraenti  e  si  paragoni  alla  boria  della 
moderna  poesia. — Candida.  Apoc,  yW'.Àmicti 
siolis  af6ù.  — Rosa  (  XXX,  39  ).— Milizia. 
Degli  uomini  beati  (e.  XXX.)— Sposa.  Apost.: 
Acquisiva  in  sanguine  suo. 

2.ALTBA.  Gli  angeli. ^Cotanta.  Virg.:  Qui 
te  talem  genuire  parentes, 

3.  Afi.  Virg.,  I  :  Qualis  apes  aestate  nova 
per  ftorea  tura  Exercet  sub  sole  labor.  —  In- 
•APOBA.  Converso  in  miele. 

4.  Risalita.  Rammenta  il  e.  pree.  —  LÀ* 
Goethe  :  Come  le  intelUgenze  eetetti  ascen- 
dono e  discendono  ,  e  sporgami  V  auree  ice- 


I  k    Nel  gran  fior  discendeva  che's'  adorot 
Di  tante  foglie ,  e  quindi  risaliva 
Là  dove  il  suo  amor  sempre  soggiorna* 

5  Le  facce  tutte  avean  di  fiamma  viva, 
E  r  ali  d*  oro ,  e  V  altro  tanto  biioco 
Che  nulla  neve  a  quel  termine  arriva. 

6  Quando  scendean  nel  fiordi  banco  in  banco, 

Porge van  della  pace  e  dell*  ardore 
Ch'egli  acquistavan  ventilando  il  fianco* 


cAie  ,  e  sovr*  àXi  spiranti  benedisiùne . 
di  cielo  in  terra ,  e  tutto  penetrano  e 
nioiamente  risuonano  per  contro  ti  SmUo. 

5.  Fiamma.  Pietro:  li  rosso  è  amore;  feto 
sapienza  incorruttibile  siccom'  oro  ;  il  èìooco 
innocenza  ;  e  i  tre  colori  fifurano  la  Trwàà» 

—  L' ALTRO.  Per  il  resto.  Ila  eseoipi  in  pio- 
sa  ,  del  tempo.  —  Nivi.  Daniel  ,  VII  :  fe> 
stimentum  «ju$  candidum  quasi  nix. 

6.  Banco.  G.  Ili:  Di  soglia  in  sogUa.  Hat 
è  però  bella  metafora  ,  parlando  d' on  Boia. 

—  Pack.  Fiamma  e  pace  :  io  Dio  solo  è  qot- 
sta  tnblimo  concordia. 


CANTO    XXXI. 


S31 


7  Né  lo  'oterporsi  tra  1  disopra  e  *l  fiore 
Di  tanta  plenitudine  volante, 
Impediva  la  vista  e  lo  splendore: 

8  Che  la  luce  divina  è  penetrante 
Per  r  universo  ,  secondo  eh'  è  degno, 
Si  che  nulla  le  puote  essere  ostante. 

9  Questo  sicuro  e  gaudioso  regno, 
Frequente  in  gente  antica  ed  in  novella, 
Viso  ed  amore  avea  tutto  ad  un  segno. 

10  O  trina  Luce  che  in  unica  Stella 
Scintillando  a  lor  vista ,  sì  gli  appaizn, 
(ìuarda  quaggiuso  alla  nostra  procella. 

11  Se  i  barbari  venendo  da  tal  plaga 
Che  chiascun  giorno  d*  Elice  si  cuopra, 
Rotante  col  suo  figlio  ond'  ella  è  va^a  , 

12  Veggendo  Roma  e  l'ardua  su*  opra 
Stupefacenti ,  quando  Laterano 

Alle  cose  mortali  andò  di  sopra; 

13  Io  che  era  al  divino  dall'  umano, 
Ed  air  etemo  dal  tempo  venuto, 

E  di  Fiorenza  in  popol  giusto  e  sano, 

ik    Dì  che  stupor  doveva  esser  compiuto! 

Corto ,  tra  esso  e  1  gaudio  ,  mi  facea 

8.  Pknbtbantb.  C.  \  :  La  gloria  di  colui 
cfce  ludo  move  Per  V  univeno  penetra ,  e  ri- 
splende  hi  una  parte  pia  ,  e  meno  altrove. 

tt.  Antica.  La  vecchia  e  la  nuova  legge. 

10.  Stilla.  Essenza  di  lame.  —  Procel- 
la. Boet.  :  O  jam  mieeras  respiee  terrai,  Quit- 
qitit  return  foedera  nectis,  Operie  tanti  pars 
non  vili»  Uomines  ,  ^uatimur  fortunae  salo. 
Bapidoi  rector  comprime  fi^ctui ,  Et ,  quo 
coeium  regie  immensum.  Firma  ttabiles  foe- 
iUre  ferrai. 

11.  Cuopra.  Sulle  regioni  settentrìonaU  ro- 
ta sempre  1'  orsa  maggioro ,  che  »  per  le  fa- 
vole, è  la  ninfa  Callisto  od  Elice  (  Ov.,  Fast. 
II,  156;  e  Mei.,  Vili):  e  il  figlio  è  Boote  od 
Arturo.  Lucan.  :  Ifoete  sopora,  Parrhasis  obli 
quos  Heliee  quum  verteret  axes.  Ov.  :  Ncc  se- 
quar  aut  Helicen^aut,  qua  Tyro»  utitur,  Arclon. 

12.  Ardua.  Per  alta  :  spesso  in  Virg.  — 
l.ATBRAiiio.  Gli  ediGzii  di  Roma  superano  tutti 
i  monumeoti  dell'  arte.  Ott.  :  Il  palagio  a  La- 
terano ...fu  il  palagio  di  Nerone  imperadore; 
M  quale  dicB  Martino  diacono,  card, ,  nella 
sua  Cronica  ,  che  la  larghezza  a  'l  componi- 
mento e  V  adornamento  fatto  d'  oro  e  d'  a- 
riento  e  di  gemme  e  d' avorio  ,  in  brieve  ser- 
mone non  si  puote  comprendere.  Ammian. 
(  IVI ,  10  )  !  Jovis  Tarpeji  delubra ,  quantum 
terrenie  divina  ,  praecellunt.  Virg.  :  Tecla  vi- 
dent,  qua$  nune  Romana  potentia  9oelo  A$- 
quojrit. 


Libito  non  udire  e  starmi  muto. 

15    E  quasi  peregrin  che  si  ricrea 
Nel  tempio  del  suo  voto  ,  Tiguardan<lr»« 
E  spera  già  ridir  com'ello  stea; 

10    Si  per  ia  viva  luce  passeggiando, 
Menava  io  gli  occhi  per  li  gradi 
Mo  su,  mo  giù  ,  e  mo  ricirculando. 

17    E  vedea  visi  a  carità  suadi, 
D*  altrui  lume  fregiati  e  del  suo  riso, 
Ed  atti  ornati  di  tutte  onestadi. 

i8     La  forma  general  di  paradiso 
(ìià  tutta  lo  mio  sguardo  avea  compresa,' 
In  nulla  parte  ancor  fermato  fiso, 

19    E  volgeami  con  voglia  riaccesa 
Per  dimandar  la  mia  donna  di  cjse 
Di  che  la  mente  mia  era  sospesa. 

•20     Uno  intendeva  ed  altro  mi  rispose; 
Credca  veder  Beatrice ,  e  vidi  un  sene 
Vestito  con  le  genti  gloriose. 

21  DifTuso  era  per  gli  occhi  e  per  le  gene 
Di  benigna  letizia ,  in  atto  pio, 
Qaale  a  tenero  padre  si  conviene. 

22  Ed  :  ella  ov  è  ?  di  subito  di^is'io. 

14.  Compiuto  I  Compiei  per  tn^I^r,  in  Virg. 
ed  in  altri. 

16.  Passeggiando,  lof.  ,  IX:  L*  occhio  in- 
torno invio;  XVll:  Frocsdendo  di  mio  eguar- 
do il  curro. 

17.  Suadi.  Virg.:  àfalesuada.  ^  Ornati. 
Poir.  :  E  di  doppia  pietade  ornata  il  ciglio... 
E  di  lagrime  oneste  il  viso  adorna.  —  Oni- 
stadi.  Otl.  .*  A  differenza  del  riso  di  qua  giù, 
nel  quale  è  poca  onutade ,  quando  hanno  al- 
cuna allegrezza. 

18.  Forma.  Ott.  :  Sì  di  figura ,  come  di 
gloria. 

20.  Risposi.  Inf.  ,  XVl  :  Convien  che  no- 
vità risponda. ..al  nuovo  cenno.  —  Crbdra. 
Per  iscienza  nun  possiamo  veder  Dio ,  ma  per 
grairia  e  contemplazione  amorosa.  Bernardo , 
tigura  della  contemplazione  ,  e  amoroso  di 
Maria,  gì' impetra  dalla  Vergine  veder  quella 
cose  che  con  la  lettura  delle  sacre  carte  non 
li  raggiungono.  Bernardo  consacrò  la  crociata 
del  1147  guidata  dall' imp.  Corrado  11,  dove 
Cacciaguida  mori  (  e.  XY  ).  —  Srni.  Fnor  di 
rima  (  v.  94  ).  E  comunemente  seniore;  e  nel 
Conv.  senio  e  seuetta.  —  Con.  Come.  Porg. 
(  XXIX ,  49  )  :  Col  primaio  stuolo  Erano  abu 
tUati. 

21.  Pippuso.  Si  paragoni  qatsta  pittura  a 
quella  di  Catone  (  Purg. ,  1  ) ,  §  di  Caronti 
(  lof.  ,  ai  ). 


&32 


DEL    PARADISO 


Ond'  egli  :  a  terminar  lo  tuo  disiro , 
Mosse  Beatrice  me  del  luogo  mio. 

23  £  se  riguardi  su  oel  terzo  giro 
Del  sommo  grado ,  tu  la  rivedrai 
Nel  trono  che  suoi  morti  le  sortirò. 

2%    Senza  risponder ,  gli  occhi  su  levai, 
£  vidi  lei  che  si  facea  corona 
Uiflettendo  da  sé  gli  eterni  rai. 

25  Da  quella  reg'ion  che  più  su  tuona 
Occhio  mortale  alcun  tanto  non  dista» 
Qualunque  in  mare  più  giù  s'abbandona, 

'liì    Quanto  II  da  Beatrice  la  mia  visti: 
Ma  nulla  mi  facea  ;  che  sua  effige 
Non  discendeva  a  me  per  mezzo  misti. 

27  0  donna  in  cui  la  mia  speranza  vige , 
E  che  soffristi  per  la  mia  salute 

In  inferno  lasciar  le  tue  vestige, 

28  Di  tante  cose,  quante  i'ho  vedute, 
Dal  tuo  podere,  e  dalla  tua  bontate 
Riconosco  la  grazia  e  la  virtute. 

29  Tu  m*  hai  di  servo  tratto  a  libertate 
Per  tutte  quelle  vie,  per  tult'  i  modi 
Che  di  ciò  fare  avean  la  potestate. 

30  La  tua  magniGcenza  in  me  custodi, 
SI  che  l'anima  mia  che  fatt'hai  sana. 
Piacente  a  te  dai  corpo  si  disnodi. 

31  Cosi  orai  :  e  quella  si  lontana 
Come  parea,  sorrise  e  riguardommi; 
Poi  si  tornò  all'  eterna  fontana. 


1 3*2  E 1  santo  sene  :  acclocchò  ta  «Asoami 
Perfettamente ,  disse ,  il  tuo  cammioo; 
A  che  prego  ed  amor  santo  mandommi: 
33  Vola  con  gli  occhi  per  questo  giardino; 
Che  veder  lai  t'acuirà  lo  sguarào 
Più  a  monUr  per  lo  raggio  dÌTino. 
3Ì.    E  la  regina  del  cielo ,  ond'  io  ardo 
Tutto  d'amore,  ne  farà  ogni  grazia; 
Perocch*  i'  sono  il  suo  fedel  Bernardo. 
35    Quale  è  colui  che  forse  di  Croazia 
Viene  a  veder  la  Veronica  nostra. 
Che  per  l' antica  fama  non  si  sazia, 
3G  Ma  dice  nel  pensier,fin  che  si  mostra: 
Signor  mio  Gesù  Cristo ,  Dio  verace, 
Or  fu  si  fatta  la  sembianza  vostra? 
37    Tale  era  io  mirando  la  vivace 
Carità  di  colui  che  'n  questo  mondo 
Contemplando  gustò  di  quella  pace. 
38Figliuol  di  grazia,questo  esser  giocondo. 
Cominciò  egli ,  non  ti  sarà  noto 
Tenendo  gli  occhi  pur  quaggiuso  al  fondo. 
39   Ma  guarda  i  cerchi  fino  al  più  remuto» 
Tanto  che  veggi  seder  la  regina 
Cui  questo  regno  è  suddito  e  devoto. 
kO    Io  levai  gli  occhi  ;  e  come  da  mattioa 
La  parte  orientai  dell'  orizzonte 
Soverchia  quella  dove  1  sol  declina, 
1^1    Cosi,  quasi  di  valle  andando  a  monto 
Con  gli  occhi,  vidi  parte  nello  stremo 


23.  Del.  Contando  dall'alto. 

26.  Nulla.  Non  oocevami  la  distanza.  C. 
XXX  :  Che  dove  Dio  $enza  mezzo  governa  , 
La  legge  naturai  nulla  rileva. 

27.  Soffristi  (  lof.  ,  Il  ). 

29.  LiBBRTATK.  Purg. ,  I  :  Libertà  va  eer- 
eando.  —  Tutt' i.  Purg.  ,  XXX:  Tutti  argo- 
menti Alla  salute  sua  eran  già  eorti  Fuor  che 
mostrargli  le  perdute  genti. 

30.  Sana.  Is.  ,  LVII  :  Vias  ejus  vidi  :  et 
tanavi  eum  ,  et  reduxi  eum  ,  et  reddidi  eon- 
solationes  ipti,  Jer. ,  Iti  :  Convertimini ...  al 
eanabo  avertiones  vestrat» 

31.  Fontana.  Proci.:  Deus  aetemitatit  font. 
C.  XX  :  Grazia  che  da  $ì  profonda  Fontana 
stilla  ... 

32.  Assommi.  L'asa  nel  Parg. ,  XXI.  — 
Pbigo.  Di  Beatrice.  —  Mandommi.  Beatrice 
mosse  me,  ed  ella  fa  mossa  da  amore  (Inf., 
II). 

33.  GiAioiNO  (  e.  XXIII  ). 

35.  CmoAJriA.  Antico  :  Gente  salvatiea  e  sco- 
stumata ,  nella  riviera  del  mare  Adriatico,  — 


Nostra.  In  Roma,  in  Italia.  Da  veni,  icom. 
y.  Nuova  :  QuelV  immagine  benedetta  la  ((uaU 
G.  C.  lasciò  a  noi  per  esemplo  della  beotòst^ 
ma  sua  figura.  V.  il  son.  del  Petr.  :  Movan 
U  veeehiarel  ...  —  Fama.  Dell' antichità  e  u* 
nerabilttà  dell'  imagine. 

38.  Esser.  S.  Bern.:  Co^oiccri  DeumetH 
vita  aetema  ,  beatitudo  perfecta ,  summa  «•- 
luptas.  Oculus  non  vidit ,  nec  auris  auiàU^ 
nec  in  cor  hominis  ascenda ,  quanta  eariiM, 
quanta  tuavitas  et  jucundittu  mancai  in  «•- 
bis  in  illa  visione.  Ad  quam  recolendam,itir 
spiciendam  ut  recordor  ejus ,  ea  deUetor»  eam 
contemplor ,  intueor  quid  sii  Deus  tu  seipee, 
quid  in  angelis ,  quid  in  sanetis ,  quid  in 
turis.  Jn  seipso  incomprehensibiìis ,  quia 


cipium  et  finis ,  prineipium  fine  fine.  Di  ^ 
forse  il  P.  avrà  presa  l' idea  di  rare  Ber•i^ 
do  sna  gaida  all'  altissime  gioie. 

40.  SoTiRCHiA.  Di  luce. 

41.  Fronte.  Un  de' punti  più  alti  del  ce^ 
chio  splendeva  più  che  tutta  l' immensa  ci^ 
conferenxa. 


e  A  N  T  O    XXXI. 


S33 


Vincor  di  lume  tutta  T  altra  fronte. 

k2    E  come  quivi  ove  s*  aspetta  il  temo 
Che  mal  guidò  Fetonte,  più  s*  ìnnamma, 
E  quinci  e  quindi  il  lume  si  fa  scemo; 

&3    Cosi  quella  pacifica  oriaiìamma 
Nel  mezzo  s*  avvivava,  e  d'oì^ni  parte 
Per  igual  modo  allentava  la  fiamma. 

hh    Eii  a  quei  mezzo ,  con  le  penne  sparte 
Vid*io  più  di  mille  angeli  festanti  , 
Ciascun  distinto  e  di  fulgore  e  d'  art^. 

42.  Mal.  Purg. ,  IV  :  Ch9  ,  mal ,  non  tep- 
pe carreggiar  Fe(on, 

43.  Oriafìamm A.  Guerriera  insegna ,  comu- 
ne già  a  molti  popoli  :  che  i  Reali  di  Francia 
dicono  portila  da  on  angelo  al  Gglioolo  di 
Costantino  ,  ed  invitta.  Così  Fleury  (  t.  XV): 
ìm  Roi  Philippe  vint  à  S.t-Denit ,  prendre  t' 
étendard  nommé  Voriflamme ,  suivant  la  coi2- 
lume  des  roti  tei  prédéeesteur»  quand  ile  al- 
laient  à  la  guerre  :  ear  on  étaii  persuade  que 


45  Vidi  quivi  a'ior  giuochi  ed  a'Ior  canti 
Ridere  una  beUezza  ,  che  letizia 

Era  negli  occhi  a  tutti  gli  altri  santi. 

46  £  s' io  avessi  in  dir  tanta  divizia 
Quanta  ad  immaginar ,  non  ardirei 
Lo  minimo  tentar  di  sua  delizia. 

47  Bernardo,  come  vide  gli  occhi  miei 
Nel  caldo  suo  caler  fissi  ed  attenti , 

Li  suoi  con  tanto  alletto  volse  a  lei 

48  Che  i  miei  di  rimirar  fé  più  ardenti. 

la  VU0  de  eet  étendard  avait  souveni  mie  «fi 
(uUe  les  ennemii.  La  chiama  pacitica  per  op> 
porla  all'  altra  militare  ,    per  dire  che   Maria^ 
vince  per  forza  d'amore. — Mezzo.  Dì  beali. 
44.  Arti.  Nel  movere. 

46.  ISIX.IGINAR.  Petr.  :  Mio  ben  non   eipe 
in  intelletto  umano, 

47.  Caldo  .  ..  calor.   Int.  ,  I  :  S^.Uya  sel- 
vaggia. 


Wk 


DEL   PARADISO. 


CANTO     XXXIL 


ARGOMENTO. 

La  roga  ha  due  parti  :  a  destra  i  credenti  in  Cristo  tenuto ,  a  manca  i  or- 
denti  in  Cristo  lienturo.  Tra  questi  e  quelli.  Maria; sotto  Maria  donne  ebree.  Mia 
parte  de' credenti  in  Cristo  venuto,  il  Batista;  e  sotto  lui,  i  padri  d*  ordini  rtti- 
giosi.  Dalla  metà  in  giìt  della  rosa  ,  di  qua  e  di  là  ^  le  anime  de  bambini  circem- 
citi  0  battezzati ,  o  morti  innanzi  T  una  e  l  altra  istituzione ,  ma  salvi  per  fedi 
eh'  ebbero  i  genitori  nel  Cristo  :  grazia ,  dice  il  P^,  gratuita,  non  casuale,  tiurà- 
vestigabile  ali*  uomo.  Accanto  a  Maria  dall' un  lato  Adamo,  Pietro  dal  !^  altro;  ac- 
canto a  Pietro  Giovanni ,  accanto  ad  Adamo  3Iosè.  Di  contro  ad  Adamo  Anna  : 
di  contro  ad  essa  ,  Lucia,  Beatrice  di  faccia  a  Rachele  ,  ma  dalla  parte  dei  cn- 
dtnti  nel  Cristo  venuto. 


Nola  le  terzine  2,  3,  4,  6,  8»  9,  11,  12,  IC,  19,  21,  22,  24,  25;  U  30  alla  37;  U 
40.  45,  49,  50. 


1  A(Tetto  al  suo  piacer  quel  contemplante 
J.ibero  ufficio  di  dottore  assunse  , 
E  cominciò  queste  parole  sante  : 

2  La  piaga  die  Maria  richiuse  ed  unse, 
Quella  di'  e  tanto  bella  da' suoi  piedi 
É  colei  che  i'  aperse  e  che  la  punse. 

1.  ArrsTTo.  Fiso  nella  Vergine  ,  piacer 
suo;  pieno  dell'  affetto  di  lei. —  Libero.  Spon- 
taneo. —  Santi.  Finirà  il  canto  con  dire:  E 
eominciò  quetta  santa  orazione.  Non  bada  alle 
ripetizioni  ,  lo  scolare  inesperto  1 

2.  Richiusi.  S.  Aug.  (  serra.  XVIII  ,  De 
«anctis  )  :  Illa  pereustit ,  ista  sanavit.  Petr.: 
Amor  con  tal  dolneiza  m*  unge  e  punge.  — 
Bella.  C.  XIII  :  La  bella  guancia  il  cui  po- 
tato a  tutto  *l  mondo  costa.  —  Piedi.  «Nelle 
rappresentazioni  del  paradiso  che  si  facevano 
ne'  vecchi  drammi  francesi  ,  erano  le  figure  1 
disposte  una  sotto  l'altra  cosi  :  accanto  a  Dio  . 
la  misericordia  e  la  giustizia  ,  sotto  la  giu- 
stizia la  verità,  sotto  la  misericordia  la  pace. 
—  Golii.  Eva.  —  Pcnsi.  S' oppone  ad  urue. 
Ed  è  forse  antitesi  alquanto  minuta.  Ma  pure 
ha  un  senso.  Il  peccato  è  non  solamente  pia. 
ga  ,  ma  piaga  irritata. 


3    Neir  ordine  che  fanno  i  terzi  sedi 
Siede  Rachel  di  sotto  da  costei 
Con  Beatrice ,  si  come  tu  vedi. 

h    Sarra ,  Rebecca  ,  ludit ,  e  colei 
Che  fu  bisava  al  cantor  che,  per  doglia 
Del  fallo  ,  disse  miserere  mei  , 

3.  TiRZi.  Primo  Maria  ,  teeondo  Eva.  -^ 
Sedi.  Seggio  viene  da  sedia,  e  1*  usano  molti 
antichi.  V.  Bar.  ,  Liv.,  P.  Orosio.  — RaciiIì 
(  Inf.,  II  ;  Purg.,  XXVII  ).  Lt  contempUzioit 
siede  di  faccia  alta  scienza  divina,  rnatiMl 
semicircolo  dell'  antico,  l'altra  del  noovo  le* 
stimonio.  Quello  che  Innanzi  Cristo  dìTinavasi 
per  contemplazione ,  or  dichiarasi  per  iseicB* 
za.  —  Beatrici.  Nelle  rime  gioviBili  cffU 
1'  aveva  già  posta  Nel  del  delt  unkiUà,  imfé 
Maria.  E  nella  V.  Nuova:  stonare  solfo  la*»- 
iegna  di  quella  regina  benedetta  Maria  ,  lo  c«i 
nome  fu  in  grandiuima  riverenza  di  qutSts 
Beatrice  beata.  Sap.,  IX  :  Da  mifU  stdimm 
tuarum  assistricem  sapientiam.  —  Vibi.  Il  «if- 
glliano  :  Cemis  ut . .  , 

4.  Sarra.  Madri  de'  patriarchi  ebrei ,  cre- 
denti in  Cristo  venturo.  — Colii.  Eoi,  biia- 
va  di  Davide  (Ruth,  IV). —MisERERi.  SaiaoL. 


CANTO    XXXII. 


535 


5  Puoi  tu  veder  cosi  di  soglia  in  soglia 
Giù  digradar,  com'io  ch*a  proprio  nome 
Vo  per  la  rosa  giù  di  foglia  in  foglia. 

6  E  dal  settimo  grado  in  giù  ,  si  come 
Insino  ad  esso  ,  succedono  Ebree , 
Dirimendo  del  fior  tutte  le  chiome. 

7  Perchè  ,  secondo  lo  sguardo  che  fée 
La  fede  in  Cristo,  questo  sono  il  muro 
A  che  si  parton  le  sacre  scalee. 

8  Da  questa  parte  onde  '1  fiore  è  maturo 
Di  tutte  le  sue  foglie ,  sono  assisi 
Quei  che  credettero  in  Cristo  venturo. 

9  Dall'  altra  parte  onde  sono  intercisi 
Di  vóto  i  semicircoli ,  si  stanno 
Quei  eh*  a  Cristo  venuto  ebber  li  visi. 

10  E  come  quinci  il  glorioso  scanno 
Della  Donna  del  cielo  e  gli  altri  scanni 
Di  f otto  lui  cotanta  cerna  fanno  ; 

1 1  Cosi  di  contra  quel  del  gran  Giovanni, 
Che,  sempre  santo,  il  diserto e*l  martire 
SofTerse  ,  e  poi  1*  inferno  da  due  anni. 

12  E  sotto  lui  cosi  cerner  sortirò 
Francesco ,  Benedetto  e  Agostino, 
E  gii  altri  sin  quaggiù  di  giro  in  giro. 

5.  Soglia.  Siccome  la  soglia  è  grado  ad 
entrare  p  ad  uscir  della  porta,  così  pon  gai 
taglia  per  grado. 

6.  Giù.  Sotto  Maria,  di  nazIoDO  ebrea,  son 
V  Ebree  :  hanno  a  diritta  e  a  manca  i  vissoti 
innanzi  G.  C. ,  di  faccia  a  loro  sodo  i  vissuti 
dopo  lai.— DiMMBHDo.  Separando.  Latinismo 
eh'  altri  esempi  a  me  noti  non  ha.  Golamella: 
Omnem  modum  agri  in  temijugera  dirimere. 
—  Cniom.  Virg.  (G.,  IV)  :  Sera  comantem 
Nareissum, 

7.  FÉB.  Secondo  che  rignardavano  gli  oo- 
tnini  a  Cristo  Tenuto  o  a  Cristo  venturo,  8o> 
DO  distinti  ;  e  la  distinzione  è  fatta  visibile 
da  questa  parete  di  dooDe  posta  tra  mezzo , 
che  separa  insieme  ed  noisce.  Tra  il  vecchio 
e  il  nuovo  testamento  le  doDoe  sod  vincolo, 
vincolo  di  maternità,  di  aspettazione,  d'amore. 

è,  Pabtb.  Sioistra  alla  Vergine. — Hatubo. 
Anco  questo  traslato  non  è  de*  più  propri!. 
Plinio  coDirappone  il  fiore  alla  maturità.  Ep. 
(  y  ,  9  )  :  tn  flore  primo  iantae  indoli  juve- 
m*  exttinetut  est ,  tumma  coneequuimrut  ti  tn> 
tutet  ejua  maturauent.  Pur  meno  improprio 
dare  al  fiore  la  maturità,  che  congiungere  in- 
sieme le  imagini  :  flore ,  ettinto,  tommo, 

9.  I?rTBBcisi.  Interrotti.  Il  vuoto  taglia  la 
•ootiouità.  —  VAto.  Aspettando  r  anime  che 
dovranno  occuparli. 


13    Or  mira  V  alto  provveder  disvino  : 
Che  r  uno  e  1*  altro  aspetto  della  fede 
Igualmento  empierà  questo  giardino. 

ìk    E  sappi  che  dal  grado  in  giù,  che  fiede 
A  mezzo *1  tratto  le  due  discrezioni. 
Per  nullo  proprio  merito  si  siede  , 

15  Ma  per  Taltnii,  con  certe  condizioni: 
Che  tutti  questi  sono  spirti  assolti 
Prima  eh' avesser  vere  elezioni. 

16  Ben  te  ne  puoi  accorger  per  li  volti. 
Ed  anche  per  le  voci  puerili , 

Se  tu  li  guardi  bene  e  se  gli  ascolti. 

17  Or  dubbi  tu  ,  e  dubitando  sili. 
Ma  io  ti  solverò  forjte  legame 

In  che  ti  stringon  li  pensier  sottili. 

18  Dentro  all'ampiezza  di  questo  reame 
Casual  punto  non  puote  aver  sito  , 

Se  non  come  trif^tizia  o  sete  o  fame. 

19  Che  per  eterna  legge  è  stabilito 
Quantunque  vedi ,  si  che  giustamente 
Ci  si  risponde  dall'  anello  al  dito. 

20  E  però  questa  festinata  gente 
A  >  era  vita  ,  non  è  tine  causa  , 
Intra  sé ,  qui  più  e  meno  eccellente. 


11.  Contra.  Di  faccia  alla  santa  tra  le 
donne,  siede  il  santo  tra  gli  uomini,  pudro 
di  anime  a  Dio  conquistate.  Sotto  lui  i  fon- 
datori d'ordini  religiosi ,  vengon  di  contro 
alle  madri  giudee  ,  come  padri  d'anime  an- 
ch' essi.  —  Gran.  Lue.  :  Major  inter  nato» 
mulierum  ...  Joanne  Baplitta.  —  Sempre.  Fin 
nel  ventre  materno.  —  Due.  Morì  in  agosto,  e 
G.  C.  in  aprile  due  anni  poi  :  stette  dunque 
nel  Limbo  da  venti  mesi  a  ventuno. 

13.  Protvedir  (  s.  Tbom. ,  1 ,  13  ;  Cont* 
gent.,  Ili  ,  q.  163). 

14.  Grado.  DaUa  metà  in  giù  della  rosa, 
e  dalla  pane  de'  preceduti  a  Cristo ,  e  dalU 
parte  de'succedutigU,  sono  i  barobini  salvati 
osservata  la  condizione  della  circoncisione  io 
prima,  del  battesimo  poi. 

15.  Altrui.  Inf. ,  IV:  Uteinne  mai  alcuno, 
o  per  tuo  meno  O  per  aUrui ,  che  poi  fou$ 
beato  J  —  Assolti.  Sciolti  dai  corpo.  Virg.: 
restie  itlo  torpore  solvo»  C.  XXYIl:  AttoUo 
Dell*  attendere  in  su, 

19.  Eterna.  Paolo  (  Epbes.,  1  ),  trad.  dal- 
l'Ott.  :  Elette  noi ...  anzi  V  ordinazione  dei 
mondo. 

20.  Festinata.  FùHnare  osa  nel  Purg. , 
XXXIII.  —  l^iTEA.  Qua!  più  qoal  meo  alu  i« 
gloria.  Dan.,  VII  :  Diversae  inter  #•• 


596 


DEL    PARADISO 


'Zi    Lo  r^e  per  cui  questo  regno  pausa 
In  tanto  amore  ed  in  tanto  diletto , 
Che  nulla  volontade  è  di  più  ausa  , 

32    Le  menti  tutte  nel  suo  lieto  aspetto 
Creando  ,  a  suo  piacer  di  grazia  dota 
Diversamente  :  e  qui  basti  V  efletto. 

23  E  ciò  espresso  e  chiaro  vi  si  nota 
Nella  Scrittura  santa ,  in  que*gemeUi 
Che  nella  madre  ebber  Tira  commota. 

2^    Però  ,  secondo  il  color  de*  capelli , 
Di  cotal  graziai  altissimo  lume 
Degnamente  convien  che  s*  incappelli. 

25    Dunque,  senza  mercédi  ior  costume 
Locati  son  per  gradi  diflerenti , 
Sol  diflerendo  nel  primiero  acume. 

36    Bastava  U  ne'  secoli  recenti , 
Con  r  innocenza  ,  per  aver  salute  , 
Solamente  la  fedo  de*  parenti. 

27    Poiché  le  prime  etadi  Tur  compiute, 
Convenne  a* maschi,  airinuocenli  penne, 

21.  PàcsA.  Sempre  It  bettitodine  e  la  sa- 
pienza il  P.  rappresenta  con  imagini  di  quie- 
te.—  Nulla.  La  Chiesa:  Bona  quae  omne 
deiiderium  superant.  —  Acsa.  L'  usa  an  tre- 
centista in  una  trad.  ined.  della  Monarchia. 
C'.  XIV  :  La  mia  parola  par  tropp'osa. 

22.  Lieto.  Purg. ,  XVI  :  Mossa  da  lièto 
FattorB.  —  Effetto.  Non  cerchiamo  la  ragio- 
ne de'  gratuiti  suoi  doni  inaccessibile  a  noi. 
Pietro  Lombardo  (  IH ,  dist.  32  )  :  Electorum 
aUos  magis,  alios  minus  dilexit  ab  aelemo. 
r.  Paolo  (Cor.,  I,  2). 

23.  Gemelli  (  Gen.,  XXV;  Ap.,  ad  Rom., 
IX;  Malach.,  1;  s.  Thom.,  1,  q.  23,  e.  III). 
Pier  Lomb.  (  I  dist^  41  ) ,  di  Giacobbe  par- 
lando e  d'Esaù:  Non  fuit  prò  meritis  eorum 
quae  lune  hahehant ,  quoniam  nee  ipti  existè- 
hani ,  nee  propter  futura  merita  quae  praevi- 
éeret.  Questa  seconda  parte  si  può  negare  : 
ma  a  difendere  Dante ,  basta  la  prima  della 
predestinazione  gratuita  ,  per  la  quale  tfd  uno 
é  concesso  il  battesimo ,  ad  altro  no.  V.  Au- 
^ust. ,  De  dono  perseverantiae  ,  lib.  IX.  — 
CoimoTA.  AltroTe  mota  (  Purg.  ,   XXIU  ). 

24.  Capelli.  Ott.  :  Secondo  che  Dio  vuole 
largire  la  sua  grazia ,  sì  fa  diversità  ,  cosi  in 
lume  ,  come  in  iscanno  ...Li  quali  colori  de- 
notano le  compUseioni  delVuomo,  e  per  con- 
eeguente  la  inckinazione  del  iuo  animo.  Ac- 
cenna al  colore  vario  de'  capelli  d'  Esaù  e  di 
Giacobbe.  V  uomo  nasce  con  la  disposizione 
a  tale  o  tal  altro  color  de' capelli:  cosi  ,  di- 
«e  Dante,  è  la  grazia;  e  secondo  la  grazia , 
Yìtna  la  gloria.  11  costrutto  è:  secondo  il  co- 


Per  circoncidere,  acquistar  virtute. 

28  Ma  poichè'l  tempo  della  graiia  veonei 
Senza  battesmo  perfetto  di  Cristo 
Tale  innocenza  laggiù  si  ritenne. 

29  Riguarda  omai  nella  faccia  ch'i  Cristo 
Più  8*  assomiglia  :  che  la  sua  chiiiezza 
Sola  ti  può  disporre  a  veder  Cristo. 

30  Io  vidi  sovra  lei  tanta  allegrezza 
Piover  ,  portata  nelle  menti  sante 
Create  a  trasvolar  per  quella  altezza. 

31  Che  quantunque  io  avea  visto  davaote. 
Di  tanta  ammirazion  non  mi  sospese. 
Ne  mi  mostrò  di  Dio  tanto  sembiante. 

32  E  queir  amor  che  primo  lì  discese, 
Ciìntando  Ave  Maria  gratta  plma  « 
Dinanzi  a  lei  le  sue  ale  distese. 

33  Rispose  alla  divina  cantilena 
Da  tutte  parti  la  beata  corte, 

SI  eh*  ogni  vista  sen*  fé  più  serena. 
3b    O  santo  padre  che  per  me  comporta 


lore  de'  capelli ,  Il  lame  della  grazia 
che  degnamente  s'incappelli ,   ai  fàccia  cap- 
pello ,  ghirlanda  agli  spiriti. 

25.  MEack.  Merito  di  loro  virtù.  —  AcvMs. 
Ch'  ebbero  dalla  grazia  gratuita  a  veder  Dio. 

26.  Rbgsnti.  NeU'età  prima  del  moodo.— 
Fide.  Nel  Messia ,  sempre  oecessarìa  a  sate* 
te  (  Par. ,  XIX ,  35  ;  Tbom. ,  111 .  q.  71 .  a. 
4,  e  q.  52  a.  7  ;  Pier  Lombardo  ,  III.  19  ). 

27.  PoiGHfe  (Thom.,  pars  HI,  q.  71,  a. 
2  ).  —  Maschi  (  s.  Thom.,  I,  2 ,  q.  SI ,  a. 
5  i.-' Penne.  L'aU  dell'anima.  OfTcro:  la 
mascotti  penne  dell'  Inf. .  XX.  —  CitcancnB- 
RE.  Gen. ,  XVll  :  Cireumeidetmr  ex  vakù  aai* 
ne  maseuUnum  ...  MascuUa ,  eujue  ffmeffdìi 
caro  drcumeisa  non  fuerit ,  delekUwr  mniwm 
iìla  de  papulo  suo. 

28.  Baitesmo.  Et.:  Nin  quii  rtiiafatfW- 
rit  ex  aqua,  et  Spiritu  eaneto,  non  peteei 
introire  in  regnum  Dei,  —  Pbepetto.  Eia  ia»> 
perfetto  battesimo  il  circoncidere  (,Tli(Mii.,IU» 
q.  67,  a.  3  ).  —  Laggiù.  Nel  Limbo. 

29.  Faccia.  Maria.  —  Assohiolu.  IN  kwa. 
C.  VII  :  Ckè  V  ardor  santo ,  eh*  ogni  eeea  rag- 
gia f  Nella  piik  timigUante  è  pia  vivace. 

30.  Piover.  Petr.:  Tania  negU  oedbìki... 
Air  che  Amore  dolcezea  e  grazia  fiova.  -^ 
Menti.  Angeliche. 

31.  Sospese.  C.  XX  :  Tenermi  imatnwmrar 
sotpuo,  —  Sembiante.  Conv. ,  CXV  :  Qummie 
la  cosa  è  più  divina,  è  più  di  Dio  eiaùgiiamit, 

32.  Paino.  Gabriele  (  XXIll  ,  35  ). 

33.  EisposE.  Sefuitandu  la  saluiaiioot  aa* 
gelica. 


CANTO    XXXII. 


537 


L*  esser  quaggiù ,  lasciando'!  dolce  loco 
Nel  qual  tu  siedi  per  eterna  sorte, 

35  Qual  è  quell'angel  che  con  tantogiaoco 
Guarda  negli  occhi  la  nostra  regina  » 
Innamorato  si  che  par  di  fuoco? 

36  Cosi  ricorsi  ancora  alla  dottrina 
Di  colui  eh*  abbelliva  di  Maria  , 
Come  del  sol  la  stella  mattutina. 

37  Ed  egli  a  me  :  baldezza  e  leggiadria  , 
Quanta  esser  puote  in  angelo  ed  in  alma, 
Tutta  è  in  lui  :  e  si  volem  che  sia. 

38  Perch'egli  è  quegli  che  portò  la  palma 
Giuso  aliarla,  quando  1  fìgliuol  di  Dio 
Carcar  si  volle  della  nostra  salma. 

39  Ma  Viene  omai  con  gli  occhi ,  si  com'io 
Andrò  parlando  ;  e  nota  i  gran  patricl 
Di  questo  imperio  giustissimo  e  pio. 

iO  Quei  duo  che  seggon  lassù  più  felici 
Per  esser  propinquissimi  ad  Augusta^ 
Son  d*  està  rosa  quasi  due  radici. 

41  Colui  che  da  sinistra  le  s*  aggiusta, 
È  1  padre  per  lo  cui  ardito  gusto 

L*  umana  specie  tanto  amaro  gusta. 

42  Dal  destro  vedi  quel  padre  vetusto 
Di  santa  Chiesa  a  cui  Cristo  le  chiavi 
Raccomandò  di  questo  fior  venusto. 

35.  Giuoco.  Gioia.  G.  XX:  Fenirg  a  questo 
giuoco. 

37.  Saldezza.  Ardenza  d'  amore  e  bellez- 
za di  moti.  —  VoLBM.  G.  Ili,  27:  Una  fanti 
nostn  voglie  nette. 

38.  Palma.  Sa  latte  le  donne.  Benedieta,,. 
tM  wliuUeribue. 

39.  PATEict.  Gome  ufUeU  per  uffizii, 

40.  Augusta.  Hegina  del  cielo,  madre  del 
re.  —  Radici.  Adamo  e  s.  Pietro,  padri  del- 
l'amaoitÀ  creala  da  Dio,  e  ricreata  da  G.  C. 

41.  Aggiusta.  Da  juxta^ — AharcG.  XIII: 
Il  cui  palato  a  tutto  *l  mondo  eotta. 

42.  Desteo.  La  redenzione  più  nobile  della 
creazione.  —  Chiavi.  Matth. ,  XVI  :  libi  da- 
ho  elavet  regni  eoelorum.  Ma  le  chiavi  d*  un 
fiore  ,  non  è  bel  modo. 

43.  Quei.  Gio?.  Apostolo.  —  Geavi.  Nel- 
r  Apocalisse.  —  Acquistò.  Act. ,  XX:  EecU- 
jiom  Dei ,  quam  acquitivit  tanguine  tuo,  C. 
XI  :  La  tpota  di  Colui  eh*  ad  aliè  grida  Di- 
Bpotò  lei  col  tangue  benedetto. 

44.  Lungo.  Accanto  ad  Adamo  da  stnistrt 
Mia  Vergine.  —  Manna  (  Ez. ,  XYl  ).  — 
Biteosa.  Mosè  :  Bopulut  durae  eervieie. 

45.  CoNTEO.  A  manca^  di  Giov.  Batista. — 
FioLU.  Maria.  Virg.  :  Latonat  toeiium  ptr- 


43    E  quei  che  vide  tntt'  i  tempi  gravi, 
Pria  che  morisse ,  della  bella  sposa 
Che  s' acquistò  con  la  lancia  e  co* chiavi, 

Vk  Siede  lungh*es8o  :  e  lungo  Taltro  posa 
Quel  duca  »otto  cui  visse  di  manna 
La  gente  ingrata ,  mobile  e  ritrosa. 

45  Di  contro  a  Pietro  vedi  sedere  Anna, 
Tanto  contenta  di  mirar  sua  figlia 

Che  non  move  occhio,  per  cantare  otanna, 

46  £  contro  al  maggior  padre  di  famiglia 
Siede  Lucia,  che  mosse  la  tua  donna 
Quando  chinavi  a  ruinar  le  ciglia. 

47  Ma  perchè'!  tempo  fugge  che  t'assonna; 
Qui  farem  punto,  come  buon  sartore 
Che  com*^li  ha  del  panno,  fa  la  gonna. 

48  E  drizzeremogli  occhi  al  primoAmore, 
SI  che,  guardando  verso  lui,  penetri, 
Quant*  è  possibii ,  per  lo  suo  uilgore. 

49  Veramente  (  ne  lorse  tu  t*  arretri 
Movendo  Tale  tue»  credendo  oltrarti] 
Orando ,  grazia  convien  che  s' impetri  ; 

50  Grazia  da  quella  che  puote  aiutarti. 
E  tu  mi  seguirai  con  1*  affezione. 

Si  che  dal  dicer  mio  lo  cuor  non  parti. 

51  E  cominciò  questa  santa  orazione. 


tentoni  gaudia  peetut,  Conv.  (II,  6):  Maria ^ 
femmina  veramente,  e  figlia  di  Giovaechino  e 
d'  Anna.  —  Pbr.  Canta ,  in  lei  fisa  (  e.  XXV  ). 

46.  Contro.  Rimpetto  ad  Adamo,  a  destra 
del  Batista.  —  Lucìa  (  Inf. ,  II  ,  33  ).  Sim- 
bolo della  grazia  che  illamina  (  Porg.  ,  IX). 
—  RciNAR  (  Inf.  ,  1 ,  21  ).  In  Virg.  (  Aen., 
XI  )  per  salvare  Camilla  Diana  manda  Opi  : 
Veloeem  interea  tuperit  in  tedibut  Optm,  U- 
nam  ex  virginibut  tociit  tacraque  caterva  , 
Compellabat ,  et  hat  trittit  Latonia  vocet  Ore 
dabat  :  graditur  bellum  ad  crudele  Camilla , 
O  virgo  . . .  Cara  mihi  ante  aliat  :  ncque  é- 
nim  novut  itte  Dianae  Venit  amor ,  tubitaqu9 
animum  dulcedine  movit ...  Verum  age,  quan- 
doquidem  fatit  urgetur  aeerbit  »  Labere,  Nym- 
pha  ,  polo  ,  finesque  invite  Latinot  ...  DudU: 
at  illa  Isvet  coeli  delapsa  per  aurat. 

47.  Assonna.  Nell'alta  visione. — Sartori. 
Più  similitudini  trae  dal  sartore  (  Inr.,  XV  ). 

49.  Ni.  Latinismo  ,  acciocché  non  ;  usato 
da  Albertano.  Ma,  perchè,  credendo  penetrare 
nella  luce  divina,  tn,per  orgoglio,  non  ri- 
troceda  ,  convien  pregare  per  fartene  degno. 

50.  Quella.  La  Vergine.  —  Parti  (  Is.  )• 
Marc,  r  VII  :  AipuJvf  hic  labOt  me  honùroi^ 
cor  auiem  eorum  Umg§  a  m§  mt. 

68 


338 


DEL    PARADISO 


CANTO     XXXIIL 


ÀRÓOMENTO. 

Bernardo  f¥>gà  ta  Vergine,  Hvéli  al  P.  Vulf&na  ìoerttà,  e  gli  fueUi  k 
triplice  visióne  fruttifera  di  salute,  È'riguarda ,  e  tede  un*  iinagine  delia  trim 
unità  di  Dio ,  e  detla  divina  umanità  di  Gesà.  Troppe  volte  parrà  foru ,  e  a 
ragione  ,  eh'  e'  si  confessi  impoteMe  a  descrittte  A  alte  cose  :  ma  e  t  aUezsa  H 
quel  eh*  e  dice  ,  e  l*  altezza  con  ta  quale  egli  esprime  la  propria  imp^enza^  «w 
cose  sovrane  ;  né  fnai  pih  altamente  da  umana  poesia  fu  panato  di  Dio.  Col  ■!•• 
desimo  verso  finiscono  le  tre  cantiche  :  verso  éhe  canta  f  Amore ,  doi  Dio  e  Timm- 
nità ,  Beattióe  e  Id  scienza  ;  il  moto ,  cioè  la  cfeazùme  e  t  universo  ;  U  sole  • 
le  stelle ,  cioè  la  luce  e  timmtnsità ,  il  soggiorno  degli  Angeli  e  dilla 
speranza. 

NoU  la  lenine  1  élla  4;  la  6^  7,  8.  10,  12,  13,  15,  17»  18;  U  SO  alU  i«;  la 
27,  29;  la  32  alla  36;  la  ^  alla  42;  la  44,  alla  fine. 


1    Vergine  madre,  figlia  del  tuo  Figlio , 
Umile  ed  alta  più  che  creatura  , 
Termine  fìsso  d*etemo  consiglio; 

S  Tu  se'  colei  che  T  umana  natura 
Nobilitasti ,  si  che  1  suo  Fattore 
Non  disdegnò  di  farsi  sua  fattura. 

3  Nel  ventre  tuo  si  raccese  V  amore 
Per  lo  cui  caldo  nell*  eterna  pace 
Cosi  è  germinato  questo  fiore. 

4  Qui  se'a  noi  meridiana  face 
Di  cantate  ;  e  giuso  intra  i  mortali 
Se*  di  speranza  fontana  vivace. 

• 

1.  Figlia.  La  Chiesa:  Genuisti  qui  te  feeit. 
Bime  antiche  :  Ss*  madre  di  ehi  tu  se*  figlia. 
Petr.:  Tre  dolci  e  carinomi  ha*  *n  te  raccolti. 
Madre»  figliuola  e  sposa ^  Vcrgins  gloriosa.,* 
Dei  tuo  parto  gentil  figliuola  e  madre.  — 
Tbrhinb.  Virg.  :  Et  sic  fata  Jovis  poscunt ,  | 
hic  terminus  haeret.  Non  coDveofiva  appresta- 
re la  rendeDziooe  né  subito  dopo  il  Tallo,  né 
alla  Goe  de*  secoli.  Prov.  :  Dominus  pousdit 
me  in  tniCio  viarum  suarum  ...  Ab  aetemo 
0rdinata  tum. 

2.  Tu.  K.  la  Cam.  del  Petr.  a  Maria. 

3.  Raccbsb.  intiepidito  per  il  fallo  d'Adamo. 

4.  SpiaAifXA.  La  Chiesa  :  Spu  nostra. 

5.  Vali.   Aen.  (Xli,  8IIÌ-V2):  Quidguid 
Sìi0§  animis  ,  sive  arte  ,  vat9S* 


8 


Donna,  se*  tanto  grande  e  tanto  tdi 
Che  qua!  vuol  grazia  e  a  te  non  ricoiff , 
Sua  disianza  vuol  volar  senz'ali. 

La  tua  benignità  non  pur  soccorre 
A  chi  dimanda  «  ma  molte  fiate 
Liberamente  al  dimandar  precorre. 

In  te  misericordia  ,  in  te  pietate  « 
In  te  magnificenza  ;  in  le  s'aduna 
Quantunque  in  creatura  è  di  boalata. 

Or  questi  che  dall'infima  keuna 
Dell'  universo  infin  qui  ha  vedale 
Le  vite  spiritali  ad  una  ad  una. 


6.  BizfiGNiTÀ.  Olt.:  Liberalitadt ...  per  b 
affetto  ,  diciamo  benignitade ,  •  par  la  e§ilKSs 
beneBcenza.  Alb.  (I,  6  )  :  Maggior  uam  m 
la  benignità  del  dare  che  non  sana  la  /iiaal- 
tà.  —  Dimanda.  Petr.:  Ben  sempre  rispose,  W 
la  chiamò  con  fede.  —  LiuaAiniiiTi.  Càa  li- 
beralitè.  Liheraiità  e  Ubertà  eraao  aniif a— 
te  promiscui.  Arist.  neir Etica  dica  che  lftt> 
ralità  vera  è  dare  dod  chiesto.  Tatto,  TU: 
B  con  la  graxia  i  preghi  altrui 

7.  Magnificbnxa.  Si  noli  couMlah 
za  di  molte  parole  doni  maestà  a  qnesta  pit* 
ce.  —  Di.  Virg.  :  Qmdquid  ...  jiMfiifl»  fmmÈr 
tere  eurae. 

8.  Lacuna  (  Inf.,  XXXIV  ).  Lacerna  és  p- 
lo  dissa  Lacraito:  a  Yirf.  :  M 


CANTO    XXXlll. 


539 


9    Supplica  a  te  per  grazia  di  virtute 
Taqto  che  possa  con  gli  occhi  levarsi 
Più  alto  Terso  Y  ultima  salute  ; 

1^  Ed  io  che  mai  per  mio  veder  non  arsi 
Più  ch'Io  fo  per  lo  suo ,  tutti  i  miei  prìcgki 
Ti  porgo,  e  prego  che  non  sieno  scarsi, 

1  i     Perchè  tu  ogni  nube  gli  disleghi 
Di  sua  mortalità  co*  prieghi  tuoi, 
Si  che  1  sommo  Piacer  gii  si  dispieghi. 

i2  Ancor  ti  prego.  Regina  che  puoi 
Ciò  che  tu  TuoU,  che  conservi  sani 
Dopo  tanto  yfe&ev  gli  affetti  suoi. 

13    Vinca  tua  guardia  i  movimenti  umani. 
Vedi  Beatrice  con  quanti  beati 
Per  li  miei  prieghi  ti  chiudon  le  mani. 

ifc    Gli  occhi  da  Dio  diletti  e  venerati. 
Fissi  neH'  orator  ne  dimostrare 
Quanto  i  devoti  prieghi  le  son  gratk 

15  Indi  all'  etemo  Lume  si  drizzare, 
Nel  qiial^non  si  de^  creder  cbes*  in  vii 
Per  creatura  V  occhio  tanto  chiaro. 

16  Ed  io  che  al  Fine  di  tutti  i  disii 

l«re  lacuna^.  Jereoi.  (  Thr«,  .Ul  )  :  k^ocani 
fiiHiMn  luum  ...  de  lacu  noutisimo.  Lago  usa 
la  Bibbia  per  cavi^  profonditi^  Di  qai  fprte 
sarà  venato  al  P.  l'iflea  di  finire  i' lÀferao  in 
■o  lago  di  ghiaccio.  Daniel»  VI  :  La^nm  ka- 
mmrn*  —  Vitb.  pannate,  purganti,  beate. 

9.  LiVAa&i.  S.  Tom.  (  I ,  q.  12  ,  a.  5  ) , 
presso  I'  Ott.,  dice  cAt  ogni  co$a  che,  n  Uva 
sopra  ma  tmivro  •  fa  Insogno  eh$  sin.  dupor 
fla  per  aUuna  ditj^zùmt  ioprannatumU» — 
Ultima.  Apoc.  :  PÌrineifnum  et  /ipis. 

10.  Più.  Maub.,  XIX:  DiUgn.  proaimum 
atcMf  tnptum.  Questa  legge  è  perfetta  su  'o 
cielo.  —  Pasco.  S.  Bern-  cit.  dall'  Ott.  (  li  » 
177  ):  L* orazione,  che  cpn  paterno jnonm  in- 
doUisee  ,  mi  dà  fidanza  (f  impptrarB  tutte,  (a 
flme  donuind^. 

11.  DiSLBGui.  Lai.  :  SoZiM^rs  iMiiem.  Ma  dù- 
Ugare  non  è  bel  traslato.  Cbe  Tuoniti  legato 
al  corpo  non  possa,  ve^cc.  Dio ,  4i  ^^  s«  l'onit 

13.  Sani.  Juv.  :  Metu  $af^, 

14.  OsAToa.  Barnarclo. 

15.  Invìi.  Inf.  ,  IX  :  J^'  occhio  wilama  in^ 
010.  —  CHiAao.  C.  VI  :  Con  ocfikio  chiaro  «. 
aM»  affetto  purp. 

16.  Finii.  Mi  si  quetò  il  deslderiQ,  rivolto 
ad  un  solo  oggetto.»  e  cerio  d'essere  soddis- 
fallo di  quello. 

18.  Piò.  Sincera.  Nel  e.  Vili  chiamò  sin- 
fiffo  paese  il  cielo.  Palladio  :  Sincero  latte^^ 
VsBA.  Jo.  :  Erat  lux  vera  qua§  iUatynat  ft- 
hominem. 


M'  appropinquava ,  si  com'  io  doveva, 
V  ardor  del  desiderio  in  me  finii. 

17  Bernardo  m*  accennava  (je  sorrideva  ) 
Perch'  io  guardassi  in  suso  :  ma  io  era 
Già  per  me  stesso  tal  qual  ei  voleva. 

18  Che  la  mia  vista  venendo  sincera, 
E  più  e  più  entrava  per  lo  raggio 
Dell*  alta  Luce  che  da  sé  è  vera. 

19  Da  quinci  innanzi  il  mio  veder  fu  maggio 
Che  *l  parlar  nostro,  eh*  a  tal  vista  cede, 
E  cede  la  memoria  a  tanto  oltraggio. 

20  Qual  è  colui  che  somniando  vede, 
Che  dopo'l  sonno  la  passione  impressa 
Rimane,  e  l'altro  alla  mente  non  riede; 

21  Cotal  sòn  k>  :  che  quasi  tulta  cessa 
Mia  visione ,  e  ancor  mi  distilla 

Nel  cuor  lo  dolce  che  nacque  da  essa, 

22  Cosi  la  neve  al  sol  si  dissigilk; 
Cosi  al  vento  nelle  foglie  levi 

Si  perdea  laaentenzia  di  Sibilla. 

23  0  somma  Luce  che  tanto  ti  lievi 
Da'  concetti  mortali ,  alla  mia  mente 

19.  1IA6GIQ,  A  Firenze  ò  una  via  detta  Via 
Maggio  ,  forse  dji  maggiore  ;  e  alcuni  poderi 
cosi  si  dtiamano.  —  Memoria.  Adst.  (  111 , 
De  an.  )  ,  presso  V  Ott. ,  dice  che  ^i  memo- 
ria ...  é  fondata  in  organo  corporale ..,  elo 
intelletto  éviriiLipirituale^ ...  £  così  ti  con- 
chiude  •  che  la  memoria  ppr  tua  natura  noiK 
i.  Mo/H^uUe  a  potfire  ritenere  tai  spfizie  intel- 
ligihiU.t  pcr&  che  la  mrtù  quanto  è  pii^  con- 
giunta co:  corpi ,  tanto  è  meno  soffiaeiìte  alle^ 
astratte  cote.  —  Oltraosio.  Da  oltre.  Ecces- 
so d'alteua.  Petr.  (tx.  )  :  Patso  qui  cose  glo- 
riose^ e  magne  CV  io  vidi  e  dir  non  oso. 

20.  Altro.  V  imagìne  del  sogno  svanisce: 
lUH.V.  impressione,  di  piacere  q  d*  aCTanno  ri* 
mane. 

S^2.  Dissigilla..  Il  ghiaccio  la  tiene  stretta, 
qpasi  sigillo.  Metafora  non  niolto  acconcia. 
Meglio  si  spiegherà  se  si  badi  air  origine  di. 
sigillo  eh;  è  signum-  H  sigillo,  segna  e  dà  forr 
ma. alla.  cosa.  La  neve  al  sole  perde  s^ta/or- 
m^^  —  SiiiLLA.  Aen.  (  III.,  443-41)  )  :  Rupe 
s^b  ima  ^ta  oafìit ,  foliisque  notqs  et  nomi- 
na fondai.  Quaecumqu^.in  foliis  de^cripsit 
carmina  virgo ,  Digerii  in  num^rum ,  atque 
antro  esclusa  relinquit  :  Illa  manent  immota, 
loeis,  ncque,  ab  ofdine  cedunt.  Verum  eadem, 
verso  tenuis  quum,  cardine  ventus  ImpuUt ,  e$ 
teneras  turbavit  janua  fronde^  .  . . 

93.  RvRiSTA,  G.  I  :.  0.  divina  virtù,  semi 
ti, presti  Tanto  che  t  ombra  d^l  beato  regt^Q 
Sognaia  nel  mio  capa»  to,  manifetii. 


540 


DEL    PARADISO* 


Ripresta  un  poco  di  qael  cbe  parevi» 

24  E  fa  la  lingua  mia  tanto  posaente 
Ch'  una  favilla  sol  della  tua  gloria 
Possa  lasciare  alla  futura  gente. 

25  Chè,per  tornare  alquantoamiamemoria 
E  per  sonare  un  poco  in  questi  versi, 
Più  si  conceperà  di  tua  vittoria. 

26  Io  credo ,  per  1*  acume  eh*  io  soffersi 
Del  vivo  raggio,  eh*  io  sarei  smarrito 
Se  gli  occhi  miei  da  luì  fossero  avversi. 

27  £  mi  ricorda  eh'  io  fui  più  ardito^ 
Per  questo  a  sostener,  tanto  ch'io  giunsi 
L*  aspetto  mio  col  Valore  inGnito. 

28  O  abbondante  grazia  ond'io  presunsi 
Ficcar  lo  viso  per  la  Luce  eterna 
Tanto  che  la  veduta  vi  consunsi  l 

29  Nel  suo  profondo  vidi  che  s' interna 
Legato  con  amore  in  un  volume 

25.  CoxcbpbaI  .  C.  II  :  Cono9p9.  —  Vit- 
toria. Come  tu  vinci  ogni  imagine  umana. 
G.  X  :  Fulgor  ...  vinemdù 

26.  Avviasi.  Loc,  IX:  Tf^mo  miUBm  ma- 
fiiim  $uam  ad  arairum  ,  et  ruficien»  refrp , 
aptus  est  regno  Dei.  Più  si  guarda  nella  lace 
mortale  ,  e  più  1'  occhio  indebolisce  :  più  in 
Dio  ,  e  più  rinforza.  Avverti  nel  senso  virg. 
averti  tenuere  faeem, 

27.  Per.  Per  questa  ragione,  cbe  più  mi- 
rando ,  e  meglio  si  vede.  —  Giunsi.  Inf. , 
XVIII  :  La  faccia  ben  con  gii  eechi  aiiinghe. 

28.  Pbr.  V.  tt3  :  Entrava  per  lo  raggio. 
Dipinge  la  luce  profondissima.  —  Consunsi  ! 
Compii.  Inf.  (  II,  14  )  :  Pensando ,  consumai 
l'impresa.  Altri  intende  :  comechè  avvalorato 
a  vedere  ,  pur  tanto  mi  profondai ,  che  la  vi- 
sta si  smarrì. 

29.  Vidi.  Il  mondo  è  quasi  comento  della 
divinità.  —  Amore.  Boet.  :  Hane  rerum  seriem 
ligat  Terras,  ac  pelague  regens,  Et  eoelo  tm* 
peritans  amor . . .  Strin^iaique  ligans  irresoluto 
Shìpàa  nexu.  —  Volume.  Delle  immutabili 
idee.  Altri  :  Si  vede  trino  ed  ano  (  internare 
come  nelXXVIII,  40)  ciò  che  per  l' universo 
tfi  mostra  fattura  del  Verbo.  Meglio  il  primo. 

SO.  Costume.  Proprietà ,  modo  d'  operare. 
Questo  senso  ha  talvolta  il  mos  ne'  Lat.  Virg., 
X  :  Turbinis  atri  More  furent.  —  Lume.  Bar- 
lume. 

31.  Nodo.  D'amore  profondo,  d'eterne  idee. 
Forma  universale ,  perchè  Dio  è  forma  infor- 
mante tutte  creature. 

32.  Letargo.  Pietro  lo  definisce  :  oppru- 
mìo  eerebri  cum  oblivione  in  somnio.  V  intel- 
ligenza materiale»  Pietro  la  paragona  ai  filisi 


Ciò  che  per  1*  anivterso  si  squaderna^ 
30    SusUozia  ed  accidente  e  lor  costume» 
Tutti  conflati  insieme  per  tal  modo 
Cbe  ciò  ch*io  dico  è  un  semplice  lume. 
3i    La  forma  uoiversal  di  questo  nodo 
Credo  eh'  io  vidi ,  perchò  più  di  krigo, 
Dicendo  questo,  mi  sento  eh'  io  godo. 

32  Un  punto  solo  m' è  maggior  letargo 
Che  venticinque  secoli  alla  'mpresa 
Chefe  Nettunoanmiirarrombra 

33  Cosi  la  mente  mia  tutta  sospesa 
Blirava  fissa  »  immobile  e  attenta  » 
£  sempre  di  mirar  faceasi  accesa. 

3<h    A  quella  Luce  cotal  si  diventa 
Che  volgersi  da  lei  per  altro  aspetto 
È  impossibil  che  mai  si  consenta. 

35  Perocchèl  beo  ch*ò  del  volere  obbìetto. 
Tutto  s*  accoglie  in  lei;  e  fuor  di  quella 


sogni.  —  Argo.  Lue.  i  Vt  .Pegaia§a  fmiù 
ret  quum  Phasidos  undas,  Cyanmtt  $eUm 
tit  in  aequora  eautes.  Un  punto  nella  Mia  vi- 
sione mi  par  più  lontano  dalla  meouirla  e  dal 
dire  umano,  che  non  s*io  dovessi  nsrvtrt  Is 
geste  degli  eroi  di  Coleo ,  oscnrt  per 
chlià  di  domila  cinqueeent'anni.  Rai 
che  nel  e.  II ,  e'  dice  :  Que'  gloriati  ckt 
Saro  a  Coleo,  Non  #*  ammiraron  ,  eoaM  «•» 
farete  ,  Qtiando  iason  vider  faUo  UfoUm,  I 
invero  da  Dante  agli  Argonauti  sono  S5S9, 
se  da  G.  C.  a  Roma  fondata  se  ne  conlina 
750  .  e  da  Roma  a  Troia  distmlU  431  •  e  da 
Troia  agli  Argonauti  42  (  PeUv.  •  p.  Il  •  I.  li* 
e.  9).  V  Ott.  :  Uno  punto,  eh' è  deUtsttsem 
fa  para'  i'iina  cTun'  ora^  U  farebkt  maggiort 
dimenticanza ,  o  maggiore  impedimento,  che 
I  non  sarebbono  etsuti  venticinque  tecoU  .  . .  • 
Nettuno  a  rimirare  la  nave  i  Argo,  E  te  im 
così  poco  di  tempo  ,  come  è  uno  punto ,  ti  ri- 
coglie  pia  d*  ammirazione  in  Cielo ,  che  in  dm 
mila  cinqtseeento  anni  in  terra  ;  eAtorp  ap- 
pare ,  coma  è  impostibile  a  notificaHe  tu  p&tr 
siero ,  e  in  detto  ,  e  ti»  teritta.  Noo  mi  par 
questo  il  senso  vero. 

33.  Accrsa.  Jo.  ,  XIV  :  Qui,..  diHgit  me, 
diligetur  a  Aif re  meo ,  et  ego  diligam  «««  t 
et  manifutabo  ei  meiptum.  Greg.  (Uobb.  XX^I. 
in  Evang.  ):  Augent  spiritales  delieiae  demde- 
rium  in  mente ,  dum  tatiani. 

35.  PiFBTTivo.  G.  V  •*  E  sr  altra  cosa  ve^ 
ttro  amor  seduce ,  Non  è  se  non  di  quella  et- 
cun  vestigio  Mal  conosciuto,  che  quivi  Croia* 
ce.  Conv.  (l ,  6)  :  Ptrfetta  conotccma  e  nea 
difettiva. 


CANTO    XXXIIL 


541 


É  difettivo  ciò  eh'  è  11  perfetto. 

36  Ornai  sarà  più  corta  mia  raven,a 
Pure  a  quel  ch*io  ricordo, che  d'infante 
Che  bagni  ancor  la  lingua  alla  mammella. 

37  Nonperchèpiùch'unsemplicesembiaote 
Fosse  nel  vivo  Lume  eh'  io  mirava  « 
Che  tal  è  sempre  qual  era  davante  ; 

38  Ha  per  la  vista  che  s*  avvalorava 

In  me,  guardando ,  una  sola  parvenxa , 
Mutaodom'io  j  a  me  si  travagliava. 

39  Nella  profonda  e  chiara  sussistenza 
Dell'  alto  Lume ,  parvemi  tre  giri 

Di  tre  colori  e  d'una  contenenza  : 
kO    E l'un  dall'altro,  come  iri  da  iri, 
Parea  reflesso  :  e  1  terzo  parea  fuoco 
Che  quinci  e  quindi  igualmente  si  spiri. 
M    O  quanto  è  corto!  dire  e  come  fioco 
Al  mio  concetto!  E  questo  a  quel  ch'i'vidi 
È  tanto  che  non  basta  a  dicer  poco. 
42    O  Luce  eterna  che  sola  in  te  sidi. 
Sola  t'intendi  ;  e  da  te*intelletta , 

37.  Tal.  G.  XXIX  :  Uno  wumtndo  in  iè  co- 
me datante  . . .  Lt  Chiesa  :  hnmotus  in  Ce 
pormanMM, 

38.  Travagliava.  Alterava.  Travagliatori 
cìiiaiiiavaDsi  i  presUdigiUlori. 

39.  GiBi.  Agosl.  (  G.  D.  )  narra  ohe  Merca- 
rio  Trismeglsto  dipingeva  Dio  come  ana  sfera, 
che  ha  dappertutto  il  eentro  ,  e  la  clrconre- 
reoxa  in  luogo  oessano.  —  Colori.  Persone  di- 
stinte ,  ma  ugnali,  —  Gomtkhbmza.  Anco  in 
prosa. 

40.  V  KN.  Il  figlio  dal  padre.  Lumon  de 
lumine:  Lumen  et  splendor  patrie.  C.  XUl  : 
Che  tfuella  viva  luce  che  eì  mea  Bai  euo  iu- 
eente ,  che  non  si  dieu$ia  Dakdpni  dàW  Amor 
che  *n  lor  e'  intrea.  —  Spiri.  G.  X  :  Guardan- 
do nel  eua  Finito  con  V  Amore  Che  V  uno  e 
l*  altro  eternaimeute  epira  ,  1*0  primo  ed  inef- 
fahiU  Valore.  Questo  è  contro  l'eresia  de'  Gre- 
ci ,  che  dicono  lo  Spirito  santo  procedere  so- 
lamente dal  Padre. 

41.  Corto.  Bocc:  Ogni  parlare  sarebbe  car- 
io e  poco.  Campanella  :  Le  parole  non  arri- 
vano a  dir  t  cedenza  delle  cose  :  né  tutte  le 
€oee  note  hanno  la  lor  propria  voce  ;  •  le  igno- 
te ,  nulla.  —  E.  Petr.  (I,  67  )  :  Era  ben  forte 
la  nemica  mia  ;  E  lei  vid'  io  ferita  .  .  • 

43.  SiDi.  Altrove  :  Uno  manendo  in  i4.  Dio 
é  sostanza  a  sé  stesso.  Conv.  :  La  prima  bon- 
tà ch'è  iddio ,   che  solo  colla  inpnila  capo-] 


E  intendente  te ,  ami  e  arridi  ! 

43    Quella  circulazion  che  si  concetta 
Pareva  in  te ,  come  limie  reflesso, 
Dafdi  occhi  miei  alquanto  circonspetta , 

hk    Dentro  da  so  del  suo  colore  istesso 
Mi  parve  pinta  della  nostra  effige  : 
Perchè  1  mio  viso  in  lei  tutto  era  messo. 

(5    Qual  è  il  geometra  che  tutto  s' affige 
Per  misurar  lo  cerchio ,  e  non  ritrova , 
Pensando,  quel  principio  ond*egli  indige; 

fc6    Tale  era  ¥o  a  quella  vista  nuova  : 
Veder  voleva  come  si  convenne 
L'imago  al  cerchio,  e  come  vi  s' indova. 

VI    Ha  non  eran  da  ciò  le  proprie  penne: 
Se  non  che  la  mia  mente  fu  percossa 
Ite  un  fulgore  in  che  sua  vo^ia  venne. 

48  All'  alta  fantasia  qui  mancò  possa. 
Ha  già  volgeva  il  mio  disiro  e'I  velie  , 
SI  come  ruota  eh*  igualmente  è  mossa , 

49  L*Amor  che  muoveilsole  e  l'altre  stelle. 


cita  tn/inifo  comprende. ^'Iktmllwit A,  Petr.: 
Parole  itUellette  da  noi  ioU, 

43.  Circulazion.  Tre  giri.— Rrvlisso.  Co- 
me iri  da  iri. 

44.  Svo.  Divinità  di  G.  C. .  Id  quod  fitti 
permaneii  ,  ei  quod  non  fvoC ,  aimnipnl.— 
pRRCHfc.  Onde. 

45.  Misurar.  Gonv.  :  H  eerehio  per  lo  su^ar- 
co  è  impoieibile  a  q%tadrare  perfettamente  : 
però  è  impouibile  a  mieurare  appunto.  — Prin- 
cipio. Proporzione  Ira  il  diametro  e  la  cir- 
conrerenza. 

40.  L'Imago.  L'umana  alla  natura  divina. — 
Indoya.  Come  immiare,  e  simili.  A  quel  modo 
èrumanitÀ  nella  divinità. 

47.  Voglia.  V  oggetto  del  suo  volere.  Parg., 
IV  :  Qui  è  vostro  dimando.  Conosce  T  anione 
deir  umana  alla  divina  natura  ;  •  ia  ^uesU 
visiono  Unisce. 

48.  Fantasia.  La  visione  delle  cose  celesti 
spegne  e  rende  inutile  U  faotasia ,  che  fa  luo- 
go  al  poro  intelletto.  —  Vrllk.  Desiderio,  di- 
ce Pietro  ,  da  parte  dell'oggetto ,  veÀU  da  parte 
di  lui.  11  suo  valere  era  sazio  »  si  volgeva  in 
libera  pace.  Lett.  a  Cane:  tnvenio  principio 
seu  primo  ,  videlicet  Deo ,  nihil  est  quod  ul- 
terius  quaeratur ,  quum  sU  Alpha  et  Omega, 
idest  principium  et  finis, 

49.  Amor.  Jo.:  Deus  coniai  Mi. 


FINE. 


DIZIONARIO 


cai    8VII«A 


Lt    FRASI    I   TUTTE    LB   PIÙ   DIFFICILI   BHUDIZIONI 


DELLA  DIVINA  COMMEDIA 


»  1 


DANTE  ALLZOBZERI 


DIVISO  IN  TUE  PARTI. 


■  ■  ■  ■ 


PARTE   PRIMA 


^BSTA.  PBIMA  PARTB  COMPRENDE  LA.  SPIEGA  DI  TUTTE   LE  TOCI  ,   E   MODI   DI  DIRE 
USATI  DA  DANTE  ALLIGHIERI   NELLA   DiVINA  CoMMEDtA,  E  CON  CIÒ  SI  VENGONO  A 
DICHIARARE  NON  POCHI  LUOGHI  OSCURI  CHE   IN   ESSA  8*  INCONTRANO  ,  RISGUARDANTI, 
PER  LO  PIÒ   LE  SCIENZE  ,  O  ARTI  LIBERALI. 


lo  qaeste  e  nelle  parti  segaenti ,  le  lettere  la.  sìgniQeano  Inferno  ;  Pg.  Pargatorio  ;  Par. 
Buradiio;  ▼.  vtdi.  Il  primo  numero  dinota  il  canto  ;  gli  altri ,  dopo  i  qaali  si  mette  il 
ponto ,  dinotano  il  verso  dei  canto. 


A -per  è.  In.  2,  68.  7.  118. 
A' -per  ài.  Pg.  3.  lU.  6.  Ut. 

Ab  antico  -  anticamente  ,  Junghissimi  tem- 
pi avanti.  In.  15,  62. 
Abbaglia  -  Di  fuor  dorate  $oti ,  sicch*egli 
abbaglia,  cioè,  abbagliano.  In.  23,  6^. 
il  verbo  singolare  in  vece  del  plurale, 
quando  non  fosse  una  elissi  che  si  do- 
vesse supplir  cosi:  quella  doratura ,  o 
quel  color  d'oro  abbaglia. 
Abbaiare  -  per   dimostrar   gridando.  In. 

7.  M. 

Abbandonare  -  per  lasciare  una    impresa 

dillìcile.  Par.  18  ,  9.  Abbandonani  a 

che  che  sia,  per  darsi  in   preda.  Pg. 

17,  136.  Abbandonarsi  diche  che  sia, 

ritirarsi,  diffìdarsi.  In.  2,  3V,  Abban- 

donani  in  mare,  per  cacciarsi  nel  più 

profondo  di  esso.  Par.  31,  75. 

Abbarbaglio -abbagliamento.  Par.  26,  20. 

Abbarbicarsi  -  radicarsi ,  appigliarci.   In. 

25.  58. 
Abbeìlare  -  piacere.   Par.   26  ,  132.  Di 
qu(*sta  voce  vedi  il  Varchi  nell'Ercola- 
no,png.  63.  e  il  dottissimo  abate  Anton- 
Maria  Salviiii  ,    a  carte  153.  della  2. 
centuria  de  suoi  Discorsi  Accademici. 
Abbellire  -  per  divenir  bello.  Par.  32, 107. 
Abbicarsi -ammucchiarsi.  In.  9,  78. 
Abbo  -  per  ò,  in  rima.  In.  32,  5.  fuor 
di  rima.  Io.  15,  86. 


Abborrare  e  aberrare  -  errare  ,  smarrirsi, 
diviare  dal  dritto  sentiero  o  discorso. 
In.  25,  IH.  31.  2^. 

Abborrire  -  per  paventare.  Par.  26  ,  73. 

Abbuiarsi  -  divenir  notte.  Pg.  17.  62.  e 
per  oscurarsi  sempIicemente.Par.9,  71. 

Abituati  col  primalo  stuolo -cioè,  vestiti 
alla  stessa  foggia  e  del  color  medesi- 
mo che  i  primi.  Pg.  29 ,  Itó.  co^l  , 
Vestito  colle  genti  gloriose.  Par.  31,  60. 

A  brano  a  brano -a  pezzo  a  pezzo.  In. 
13,  128. 

Accanare -toglier  per  forza.  In.  21,54-. 

Accapricciarsi  -  sbigottirsi.  In.  22,  31. 

Accarnare  lo  'ntendimento  -  ben  penetrare 
r  intenzione  di  chi  che  sia.  Pg.  1^  ,  22. 

Accasciarsi  -  aggravarsi  delle  membra  , 
divenir  pigro.  In.  2ik,  5^. 

Accattare  -  per  acquistare.  In.  11,  84. 

Accedere  -  accostarsi  ,  voce   latina.  Pg. 

30,  n. 

AccelTare  -  prender  col  ceffo  ;  e  dicesi 
delle  bestie.  In.  23,  18. 

Accendere  -  C  un' anima  som' altra  in 
noi  a'  accenda,  cioè ,  nasca,  e  comin- 
ci a  vivere.  Pg.  i,  6. 

Accidente  -  termine  de*  loici  ;  e  significa 
ciò  che  vien  retto  dalla  sostanza  e  per 
sé  stesso  non  può  stare.  Par.  33,  88. 

Accismare  -  fendere  ,  tagliare  in  due  par- 
ti. In.  28,  37. 

69 


5^6 


DIZIONARIO 


Accline  -  piegate  ed   inchinate.  Par.  1 , 

109.  qui  è  metafora. 
Accoccare,  attaccare.  In.  21,  102. 

Accoccarla  -  far  qualche  beffa  o  dispiace- 
re a  chi  che  sia.  In.  21,  102. 

Accogliere-  per  condurre  o  cogliere.  In. 
30 ,  H6.  Accogliersi  a  chi  che  sia , 
per  raccogliersi ,  ristrignersi.  Par.  22 
99.  per  accostarsi  bene.  In.  29,  100.' 

Accoi;litore  -  raccoglitore.  In.  4,  139. 

Acculo -per  accoglilo,  accogU  hii.  Pg. 
U  ,  6.  Cosi  il  Burchiello  nel  3.  so- 
netto della  2.  parte  disse  iólo  per  to- 
glilo. V.  il  Varchi  nell'Ercolano  ,  a 
carie  17G. 

Accompiiune  -  per  accompagni,  in  rima. 
Pg.  6,  IH. 

Accorare  e  accuorare  -  cagionar  doglia  ec- 
cessiva e  di  cuore.  In.  13  ,  8i.  e  per 
incoraggire,  dare  animo.  Par.  8,  73. 

Accorgimento  -  giudizio  ,  astuzia  ,  acu- 
tezza d' ingegno.  In.  27  ,  76.  Par. 
4,  70. 

Accorto  -  per  pratico ,  esperto  Pg.  9,  88. 

Accosciarsi- In.  18, 132.  v.  Raccosciarsi. 

Accostarsi  con  che  che  sia  -  cioè ,  a  che 
che  sia.  Par.  29,  93. 

Accrescere  -  per  aggiugnere.  Par.  8,  fc7. 

Acerbo  -  per  colui  che  non  possiede  an- 
cora la  grazia  confirmante.  Par.  19  , 
kS,  per  oscuro  e  diilicile  da  intendersi 
Par.  30 ,  79. 

Acerbo  a  conversione  -  cioè,  duro  al  con- 
vertirsi,  ritroso.  Par.  11,  103. 

A  che  -  a  quale  indizio.  In.  5,  119.  A 
che,  da  cui.  Pg.  15 ,  25. 

A  ciancia  -  a  beffe.  Par.  5,  6%, 

A  ciò  s'accorse -di  ciò.  In.  23,  IH. 

Acqua  -  per  lagrime.  Pg.  30  ,  98.  Cosi 
Properzio ,  nobil  poeta  latino ,  nella 
k.  elegia  del  3.  libro  : 

Siccine  eam  incomlis  viditti  fiere  eapU" 
'  lis  /    ^ 

lUiui  ex  oculis  mfdta  cadtbat  aqua  ! 
Il  medesimo   chiamò  pure  il    sudore 
con  questo  nome ,  nella  elegia  18.  del 
2.  libro,  giusta  la  numerazione  delio 
Scalitzero  ; 

Quae  si  forte  aliquid  vultu  mihi  dura 
negttrat , 


Frigida  de  tota  fronte  cadebat  aqua, 

'y.  Acque  >  Rugiada, 
Acquattarsi  -  chinarsi  bene  per  non  eisser 
veduto.  In.  21,  59. 

Acque -per  lagrime.  Pg.  15,  94.  Exitus 
aquarum  deduxerunt  ocul*  mei  ,  dicesi 
nel  salmo  118  vers.  136. 

Acque  -  per  creature  ,  o  massa  Inrorme 
dell'universo.  Par.  29,  21.  Spiritus 
Domini  ferebalur  super  qì^ims  ,  legge- 
si  nel  1.  capo  del  Genesi. 

Acquistar  carco -per  aggravar  la  coscien- 
za. In.  27.  136. 

Acquistare  su  al  monte  -  avanzarsi  oelii 
salita  del  monte.  Pg.  4,  38. 

Aera  -  per  isdegnosa,  crucciata,  in  rima. 
Pg.  9,  136. 

Acro  -  acre,  pungente,  in  rima.  Pg.  31  3. 

Acume  -  per  fervore  e  stimolo  di  deside- 
rio. Par.  1,  84.  Acume  primiero,  per 
la  prima  grazia  comunicata  da  Dio  al* 
Tuomo.  Par.  32,  75. 

Acuto  -  per  intenso.  Pg.  24.  110.  AenU 
al  cammino,  cioè,  molto  voglioso  dì 
viaggiare.  In.  26,  121. 

Adagiarsi-  per  istare  a  bada,  trattenerti, 
operar  lentamente  e  con  freddezza,  lo. 
3,  111. 

Adagiarsi  dentro  -  per  appagar  pienamen- 
te la  curiosità  di  sapere.  Pg.  25.  28. 

Ad  alto- in  alto,  nel  luogo  di  ^opra.  lu. 
17,  95. 

Adamante -diamante.  Par.  2,  33. 

Ad  asta  -  in  asta ,  in  gonfalone.  Par. 
16,  153. 

Addare -  accorgersi ,  avvedersi.  Af  dèi- 
demmo.  Pg.  21 ,  12.  quando  non  sia 
sincope ,  in  vece  di  avvedemmo. 

Addentare  -  per  afferrare,  come  si  (a  eoi 
denti.  In.  21,  52. 

Additalo -cioè,  l'additai.  Pg.  23,  131. 

Addolciare  -  addolcire,  e  far  contento,  b. 
6,  84. 

Adduarsi  -  raddoppiarsi.  Par.  7,  6. 

Adergersi  -  drizzarsi ,  sollevarsi.  Pg.  19, 
118. 

Adescare  -  allettare ,  quasi  con  esca.  k. 
13 ,  55. 

Ad  esso  -  per  intomo  ad  esso.  Pg.  8,  IL 

Ad  eUde  -  in  età.  Pg.  12  ,  104. 


BELLE  PAROLE  E  FRASf. 


ar 


idkaesit  palmento  anima  mea  -  detto  del 
salmo  118.  vers.   25.    L'anima  mia 
•*  attaccò  al  pavimento.  Pg.  19,  73, 
Mimare -abbassare.  Par.  27,  77. 
kdiroarsi- scendere  ad  imo ,  abbasso.  Pg. 

19  ,  100. 
M  imo  -  fino  al  fondo.  In.  29,  39.  Par. 

1,  138. 
Ad  imo  ad  imo  -  bene  abbasso,  nel  pro- 
fondo. Pg.  1,  100. 
Adivenire -avvenire.  Par.  fc,  100.  8, 130. 
Adocchiare-  guardar  fiso  ,   attentamente 
In.  15.  22.  18,  123.  29,  138.  Pg.  k 
.109.  Par.  25,  118.  28,  15.  per  ve- 
dere semplicemente.  Pg.  21,  30. 
Adombrare  -  per  coprire  ,    o  far  tetto. 

Pg.  31,  IW. 
Adonare  -  abbassare  ,  deprimere  ,  fiacca- 
re. In.  6.  3.V.  Adonarsi.  Pg.  11,  19. 
Adontare  -  per  chiamarsi  offeso  ,    pigliar 
onta  ,  sdegnarsi ,  crucciarsi.  In.  6,  72 
Pg.  17,  121. 
Adoperare  -  per  operare.  In.  2^,  25. 
Adoprare  -  per  operare ,  produrre  l' effet- 
to suo.  Pg.  28,  131. 
Adorare  -  per  pregar  Dio.  Pg.  5,  71.  Par. 

18,  125. 
Adorezzare  -  essere  ombra  o  rezzo.   Pg* 

1,  123. 
Adornamento  -  ornamento.  Pg.  12,  51. 
Adorno  -  per  adornato  Par.  1,  63. 
Adovrare  -  adoprare.  Pg.  17,  102. 
Adro  -  atro  ,  nero,  in  rima  Pg.  30,  54-. 
Aduggia re  -  adombrare  con  denso  vapore. 
111.  15  ,  2.  e  per  togliere  i  rn;:L!Ì  del 
sole ,  a  guisa   delle   piante  fronzute. 
Pg.  20,  kk.  ma  qui  e  metaroM. 
Adulterare-per  corrompere,  sporcare.  In. 

19  ,  i^. 
Adultero-  cioè  ,  adulterio,  in  rima.  Cosi 
chiama  Dante  il  pontificato  di  Bonifa- 
zio \m.  ottenuto  con  arti  non  buone. 
Par.  9,  li2. 
Ad  una  t^  cioè,  ad  una  iroce.  Pg.  b,  17. 
21 ,  35.  Ad  una.  per  insieme.  Pg.  9, 
63.  Par.  12,  35. 
Adunar  pensiero  -  pensare.  In.  7,  52. 
Ad  voeem  tanti  lents-  alla  voce  d' un  vec- 
chio si  riguardevole.  Pjj.  30,  17. 
ker  o   aere  -  in   genere   femminino*  In. 
31,  37. 


Aere  amaro  -  per  nebbia  pungente.   Pg. 

16  ,  13. 
A  fede -con  fede.  Par.  11,  Hi. 
Affaticare  -  per  agitare.  Lat.  faiigare.  In. 

26,  87. 
Affatturare  -  nuocere  a  chi  che  sia    con 

malie.  In  11 ,  58. 

Affermare  -  V  affermar  che  fa  credere  al* 

imi,  cioè,  il  giuramento.  Pg.  26,105. 

Affetto  -  avere  affetto  a  conoscere,  esser 

curioso  di  sapere,  tolto  da  Virgilio  che 

disse  nel  2.  deli'Eneida,  v.  10.:  Sed, 

si  tantus   amor  casus  cognoscere   no- 

stros  ec.  In.  5,  125. 

Affetto  -  addietlivo,  per  pieno  d'affezione. 

Par.  32 ,  1. 
AfIìge  -  con  una  sola  g,  per  la  rima.  Par. 

33  ,  133. 
Affiggere  -  per  pugnerò.  Pg.  25 ,  106. 
Affiggersi -jper  trattenersi,  fermarsi,  col- 
locarsi. Pg.  11 ,  135.  13.  33.  25,  k. 
33  ,  106.  per  affissarsi,  applicar  forte. 
Par  33  ,  133. 
Affigurare  -  discernero  la  figura.  In  2i  , 

75. 
Affinare -per  purgare.  Pg.  26,  U8.  Af- 
foiarsì.  per  divenir  più  perfetto.  Par. 
^u  ,  1«57. 
Affisso  -  fermato.  Pg.  17 ,  77. 
Affollare  -  T  affollar  del  casso  ,    chiama 
Dante  il  batter  frequente  del  cuore  e 
del  polmone  ;  le  quali  viscere  stanno 
nel  casso ,  cioè  nel  busto  che  da  me- 
dici s' appella  torace.  Pg.  2i  ,  72. 
Affranger  la  possa-  debilitare.  Pg.  27,  74. 
Affranto  -  infievolito.  Pg.  30  ,  36. 
Affrontarsi  con  chi  che  sia  -  per  abboc- 
carsi. Par.  25 ,  40. 
Affuocare-infocare.  In.  8, 74.  Par.  28.17. 
A  fidanza  -  colla  fiducia.  Pg.  13  ,  16. 
Aforismo  -  sentenza,  massima,  e  detto  as^ 
solutamente  ,  s*  intende  di  quelli  d'Ip- 
pocrate,  principe  de'  medici.  Par.  11,4. 
A  fronte  a  fronte  -  l'uno  rimpetto  all'ai* 

tro.  In.  25 ,  100. 
A  frusto  a  frusto  -  a  pezzo  a  pezzo.  Par. 

6,  141. 
Agevolare  -  per  aiutare.  Pg.  9  ,  57. 
Agevolemente  -  agevolmente.  Pg.  12, 93. 
Agevolezza  -  per  attrattiva,  e  maniera  dol- 
co. Pg,  31  ,  28. 


5i8 


DIZIONARIO 


Aggi  -  per  abbi.  Pg.  33,  55.  Par.  5, 127. 
Aggia  -  per  abbia.  Pg.  6 ,  102. 
Aggirata  -  nome  verbale,  giro  ,  circuito. 

In.  8  ,  79. 
Aggiungéno  -  aggiungevano.  In  3k  ,  40. 
Aggiungersi  -  per  unirsi,  congiungersi.  In. 

32  ,  129. 
Aggiustar  male  il  conio  -  per  fakiGcar  la 

moneta.  Par.  19  ,  likl. 
Aggiustarsi  a  chi  che  sia  -  per   sedergli 

allato.  Par.  32  ,  121. 
Aggrappare  -  afferrare,  abbracciare  strel- 
tameikte.  In.  16,    134.  Aggrapparti, 
attaccarsi  bene  colle  mani,  in  24,  29. 

34,  80. 
Aggratare  -  piacere,  dilettare.  In.  11,  93. 
Aggrato  *  per  grato,  gradito.  Par.  23,  6. 
Aggrava -in  vece  di  aggravano.  In.  6,  86. 
Cosi  ancora  fra'  Greci  gli  Attici  diceva- 
no tà  paudia  trecei/in  vece  di  trecousi. 
Agguagliare  -  cke*l  numero  nostro  Coli*  e- 
temo  proposito  s  agguagli,  cioè  ,  che  'i 
numero  de* beati  s'adempia  secondo  i 
decreti  di  Dio.  Par.  25,  126. 
Aggueffare  -  congiugnere.  In.  23,  IG. 
A  Giudice  -  cioè,  al  Giudice.  Pg.  8, 109, 
A  giuoco- da  scherzo.  In.  29,  112. 
A  giuoco r  sentirsi  a  giuoco,  cioè,  acco- 
modato ,  in  punto,  in.  17  ,  102. 
Agno  -  agnello.  Par.  4,  4.  9,  131.10, 

94.  Lat.  agnus. 
Agnus  dei -Agnello  di  Dio.  Pg.  16,  19. 
Ago- per  aculeo  0  pungolo  di  vespa.  Pg. 

32,  133. 
Ago  -  V  ago  si  volge  alla  stella,  cioè,  alia 
tramontana,  nel  bossolo  marinaresco, 
per  cagione  della  calamita.  Par.  12, 29. 
Agognare  -  desiderare  ardentemente.  In. 
26  ,  9.  30  ,  138.  Pg.  13,  66.  qui  piut- 
tosto chiedere, 
Agosta  alma- cioè,  augusta,  imperiale. 

Par.  30,  136. 
A  gran  divizia  -  in  gran  copia.  In.  22,109. 
A  gnito  -  a  grado,  in  piacere.  Par.  21^  22. 
Agricola  -  agricoltore.  Par.  12, 71.  è  voce 

latina. 
Agro-  per  acerbo,  fiero. In.  24,  147.  per 

difficile  ad  intendersi.  Pg.  25|,  24. 
Agrume  -  nome  generico  d' alcuni  erbaggi 
di  sapor  forte  ed  acuto  ;  come  cipolle, 
agli ,  porri  e  simili.  Par.  17,  117. 


Aguato  -  insidia.  In.  S6,  59. 

Aguglia  -  per  aquila.  Pg.  10,  80.  32, 125, 
33,  38.  Par.  t20,  32.  Aguglia  di  Cristo, 
chiamar  Dante  s.  Giovanni  Evangelista, 
perchè  intese  più  che  gli  altri,  de* (fi- 
vini  misteri^  Par.  26  ,  53. 

Agugnare-  bramare  con  troppa  aviditi, 
come  sogliono  i  cani  affamati.  In.  6,28. 

A  guida  -  cioè  ,•  per  guida.  Pg.  7  ,  42. 

Agurarsi  -  augurarsi ,  gli  stolli  soriano 
agurarsi ,  quando  nel  percuoter  decite- 
chi  arsi  Surgono  innumerabili  fttiUe; 
perchè  allora  dicono  :  lo  vorrei  avere 
tanti  beTiorin  d'oro,  quante  sobo queste 
faville,  e  altre  inezie  simili.  Par.  18, 
102. 

Aguto  -  acuto.  In.  27,  59, 132.  33,  35. 

Aguzzar  le  ciglia  -  atto  di  chi  ristrigne  It 
pupilla  dell'  occhio  per  vedere  più  esat- 
tamente. In.  15,  20.  Aguzzar  C ceekie. 
In.  29,  134. 

Aguzzo  occhio -per  cupida,  avido.  Par. 

16,  57. 
Aia  -  per  abbia,  in  rima.  In.  21,  60.  Par. 

17,  no. 

A  inganno  -  ingannevolmente.  In.  19,  SS^ 

Aiuola  -  per  lo  globo  terrestre.  Par.  W, 
86.  Aiuola  che  ci  fa  tanto  feroci,  cioè, 
la  terra  che  da  noi  posseduta  io  qual- 
che picciola  sua  parte,  ci  fa  insoleali 
e  superbi  ;  la  quale  se  si  potesse  ve- 
dere dal  cielo  stellato,  parrebbe  un'aiuo- 
la ,  0  piccola  aia.  Par.  22  ,  151.  ma 
qui  è  necessario  leggere  T  annotaiioaa 
degli  Accademici  della  Crusca. 

Aiutare -Atti/a mi  da  lei,  cioè ,  cootra  di 
lei.  In.  1,  89.  M'aiuti  mettere^  snou 
la  particella  a.  Pg.  29,  41. 

Aiutar  r  arsura  -  cioè  ,  accrescerla.  Ty 
26 ,  81.  forse  della  voce  francese  c^ia- 
ter  0  ajouter. 

Aiuterò  -  aiuto.  Lat.  adjutorium.  Par.  Ì9, 
69. 

Aizzare  -  irritare  ,  stimolare  ;  e  ai  dici 
propriamente  de*  cani ,  quando  ai  ecci» 
tano  a  mordere  altrui.  In.  27,  SI. 

Al  -  per  dal.  Pg.  20  ,  126. 

Ala  -  fece  crescer  i  ale  al  voler  mia.  he. 
15  ,  72. 

Alber  -  voce  accorciata  da  albero.  la.  7, 
14.  Pg.  22,  131 ,  139.  e  alIroTt. 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


5»» 


Albero  chetate  della  dma  ,  chiama  Dante 
il  Paradiso  ,  perchè  Tiene  avvivato  dal- 
r  essere  sovrano  ,  eh'  è  Dio  ;  al  con- 
trario degli  altri  alberi  che  traggono  il 
sago  vitale  e  il  nutrimento  dalla  radice. 
Par-  18,  29. 
Albóre  -  candore  che  apparisce  in  cielo 
sul  far  del  giorno.  Pg.  16 ,  ik±  Al- 
bóri. Pg.  2b,  145.  Albóre,  per  candore 
semplicemente.  Par.  \k,  108. 
Alchimia  -  arte  di  trasmutare  e  di  falsare 

i  metalU.  In.  29,  119,  137. 
Al  dassezzo  -  ultimamente.  In.  7,  130. 
Ale -in  numero  singolare,  per  ala.  Pg. 

29,  109. 
Aleppe  -  lo  stesso  che  aleph  ,  prima  let- 
tera deir  alfabeto  degli  Ebrei ,  qui  si- 
gni6ca  dolore  e  confusione.  In.  7,  1. 
Alfa  ed  omega-  cosi  chiamasi  Dio  nell'Apo- 
calisse  di  s.  Giovanni  ;  cioè ,  principio 
e  fine  di  tutte  le  cose  :  come  di  quelle 
due  lettere  ,  l' una  comincia  1'  alfabe- 
to de*  Greci  ,  e  Y  altra  il  termina.  Par. 
2(>,  17. 
Alito -per  spiramento.  Par.  23,  114. 
Alla -nome  d'una  misura  d'Inghilterra, 
eh' è  due  braccia  alla  Fiorentina.  In. 
31 ,  113. 
Alla  fiata  -  qualche  Tolta.  Par.  U,  20. 
Alla  pelle  dipinta  -  cioè  ,  dalla  pelle  di- 
pinta. In.  16,  108. 
Alleggiare  -  alleggerire ,  render  leggiero. 

In.  22,  22.  Pg.  12 ,  U. 
Alleluia  -  voce  ebraica  che  significa  lodar 

Dio  ,  ed  allegrezza.  In^  12 ,  88. 
Allentare  -  per  allentarsi.   Pg.  31  ,  21, 
detto  della  fiamma  che  a  poco  a  poco 
perda  il  vigore.  Par.  31 ,  129.  v.  Ath 
vivant. 
Allentarsi  •  i'  allenia  la  ripa,  cioè,  si  ren- 
de più  facile  a  salire.  Pg.  12,  106. 
Allettare  -  per  dare  albergo.  In.  2, 122. 

9,  93. 
Alleviare  -  alleggerire.  Pg.  30 ,  15.  Alle- 
viami, per  partorire.  Par.  16 ,  36. 
AllotU  -  allora.  In.  5 ,  53.  31 ,  112.  34, 

7.  Pg.  3 .  86.  20 ,  103.  27  ,  85. 
Allumare  -  illuminare.  Pg.  21,  96.  24, 

151.  Par.  15,  76.  20.  1.  28,  5. 
Alluminare •iUumioare.  Pg.  SS,  66. 


Alluminare  -  per  miniare;  e  in  questo  si- 
gnificato è  voce  francese.  Pg.  11,  81. 

Allungarsi  -  per  discostarsi.  Pg.  13,  32. 
Par.  7     32. 

Almi -In. '31,  67.  v.  Rafel. 

Almo  -  per  santo  e  divino.  Par.  24,  138. 

Alpe  -  per  montagna  altissima.  In.  14,30. 

Al  su- air  in  su.  Pg.  19,  95. 

Alterazione  -  per  mutazione  accidentale  di 
qualche  cosa.  Pg.  21 ,  43.  è  termine 
de*  filosofi. 

Alto  -  per  nobile.  Par.  16^  86.  Aliouni'^ 
verso,  per  li  cidi.  Par.  28,  71. 

Alto  terrà  le  fronti  -  cioè,  alte.  In.  6,  70. 

Altro  -  che  altro  è  da  voi  all'idolatre!  cioè, 
qual  altra  diflereiiza  I  In.  19,  113. 

Altura  -  altezza.  Pg.  9  ,  69.  18,  28. 

A  lui  fu  vista  -  cioè  ,  da  lui.  In.  19, 108. 

Alvo  della  fiamma  •»  cioè  ,  seno ,  mezzo. 
Pg.  27 ,  25.  V.  Cuor  della  luce. 

A  mancina -a  man  sinistra.  Pg.  4.  101. 

A  man  manca-  a  man  sinistra.  In.  23,  68. 

A  mano  stanca*a  mano  sinistra.  In.  19^  41 . 

Amanza  -  per  donna  amata.  Par.  4,  118. 

Amara  veduta  -  cioè ,  infelice ,  e  cagiono 
di  male  estremo.  In.  28,  93. 

Ambage  in  che  la  gente  folle  Già  s'tnre- 
scava,  chiama  Dante  gli  oracoli  della 
Gentilità  ,  profferiti  con  parole  oscure 
e  dubbiose.  Par.  17,  31. 

Ambascia  -  difficultà  di  respirare  cagio- 
nata da  stanchezza.  In.  24,  52.  per 
affanno  estremo.  In.  33,  96.  Pg.  16, 
39.  Par.  26,  133. 

Ambodue  -  amendue.  In.  29,  92. 

Ambedue  -  amendue.  Par.  29,  1. 

Ambrosia  -  per  erba  0  composizione  di 
soavissimo  odore.  Pg.  24,  150. 

Amech-ln.  31,  67.  v.  Bafel. 

Àmendui-  amendue,  in  rima.  In.  1 ,  69. 

Amenduo  -  ambedue.  In.  17^  14. 

Amica  -  divenne  Al  padre  ,  fiior  del  dritto 
amore  ,  amica,  cioè ,  divenne  concu-* 
bina  der  padre  suo.  In.  30,  39. 

Ammaliare  -  offendere  con  malie,  e  figu* 
ratamente ,  guastare,  corrompere.  Par. 
30  ,  139.  V.  anchel  Varchi  neirErcp- 
Udo  ,  a  e.  190. 

Aoimanoare^ippareechiare.  Pg.  SS,  i07« 
S9,  49. 


sso 


D  I  Z  I  O  N  A  a  I  o 


Ammantare  -  por  cuoprire.  Par.  8,  138. 
per  vestire  semplicemente.  Par.  21 , 

66. 

Ammantarsi  di  riso -per  vestirsi  di  chia- 
rissima luce.  Par.  20 ,  13. 
Ammassicciarsi-ammassarsi,  stivarsi.  Pg. 

9,  100. 
Amme-perammen,  in  rima.  Par.  lb.62. 
Ammen  -  amen,  voce  ebraica ,  colla  quale 
chiudonsi  dalla  chiesa  cattolica  tutte  le 
orazioni  che   a  Dio  si  fanno  ;   e  vuol 
dire  ♦  cosi  avvenga  ,  cosi  sia  ;  e ,  qual- 
che volta,  in  verità.  Un  ammen  non  sa- 
rta potuto  dirsi,  per  dimostrare  somma 
velocità,  in.  16  ,  88. 
Ammenda  -  correzione  del  fallo.  In.   13, 
53.  Pg.  20  ,  65 ,  67,  69.  Fare  ammen- 
da j  correggersi  ,  e  soddisfare    per  le 
sue  colpe.  In.  27  ,  68. 
A mmentarsi- ricordarsi,  tenero  a  memo- 
ria. Pg.  ih,  56.  25,  22. 
Ami»»iccare-accennar  cogli  occhi.  Pg.  21, 
109.  V.  il  Varchi  nell'  Krcolano ,  a  car- 
te 86. 
Ammiraglio  -  capitano  d' armata   navale. 
Pg.  13 ,  154. 

Ammiraglio  -  per  ispccchio;  dal  mirarvisi 
dentro  :  come  i  Francesi  dicono  le  mi- 
roir,  Pg.  27  ,  105. 

Ammogliarsi  -  per  congiugnersi  carnal- 
mente, detto  di  bestie,  tu.  1, 100.  ma 
qui  è  allegoria. 

Amntortare  -  ammorzare  ,  spegnere.  In. 
U  ,  90. 

Ammorzarsi  -  detto  della  volontà.  Par.  ì, 
76. 

Amniusnrsi' scontrarsi  muso  con  muso. 
Pu.  26,  35. 

AmtiiUtare-  perder  la  favella ,  divenir  mu- 
to. Pg.  20 ,  68. 

Amouìo  -  arbuscello  orientale  che  produ- 

'   ce  droga  preziosa.  In.  24  >  110. 

Amor  che  nella  monte  mi  ragiona  -  que- 
sto è  il  principio^d'  una  delio  tre  can- 
zoni di  Dante  ,  sposte  da  lui  medesimo 
nel  suo  Convivio.  Pg.  2  ,  112. 

Amor  d'animo- per  l'appetito.  Pg.  17,  93. 

Amor  del  bene ,  scemo  di  suo  dover  - 
cioè  ,  i'  accidia.  Pg.  17  ,  85. 

Amore  -  amor  che  drìtiamenie  spira  ,  chia- 


ma Dante  la  vera  carità.  Par.  15  ,  3. 
Amor  che  muove  7  sole  e  C  altre  stelle. 
cioè  ,  il  sommo  Iddio.  Par.  33  «  iÙ. 
AmorCf  per  la  concordia  che  ,  secondo 
alcuni  filosoG  ,  molte  volte  fa  cagione 
che  il  mondo  ritornasse  nel  primiero 
caos.  In.  12 ,  42.  t.  Sentir  amori. 
Amore,  per  lo  Spirito  Santo.  Par.  13, 
57.  per  1*  arcangelo  Gabbriello.  Par. 
32  ,  94.  per  anima  beata.  Par.  21 , 
82.  Amore  acceso  ,  per  anima  beata. 
Par.  24  ,  82.  Amore  angelico,  per  an- 
gelo. Par.  23  ,  103. 
Amor  e  natura -per  amor  naturale,  fg, 

18,  26. 
Amori  -  per  anime  elette ,    accese  di  ca- 
rità. Par.  -19  ,  20.  per  cori  d'  angeli. 
Par.  28 ,   103.  per   creature ,    ao^i 
principalmente.  Par.  29,  46.  Amornmh 
vi ,  chiama  forse  Dante  le  creature , 
ovvero  Tatto  medesimo  del  creare.  Par. 
29  ,  18. 
Amoroso -«' anciie  amorosa,  cioè,  s'am- 
mazzò per  amore.  In.  5,  61.  Cosi  Vir- 
gilio j  parlando  della  dea  Venere  ap- 
parsa ad  Enea  suo  figliuolo,  nel  1.  li- 
bro al  verso  318.  :  Namgue  humeris  di 
more  habilem  suspenderat  arcum  Fc- 
natrix.  e  Tibullo  nella  1.  elegia  del  1* 
libro  :  Ipse  s^ram  teneras  maturo  to»- 
pore  vites  Busticus, 
A  muta  a  muta  -  a  vicenda.  In.  14 ,  55. 
Anca  -  r  osso  eh'  è  tra  '1  fianco  e  la  co* 
scia.  In.  19 ,  43.  21 ,  35.  23,  72.24, 
9.  34 ,  77. 
Ancella  chiarissima  del  sole  - 1  aurora  o 

r  alba.  Par-  30 ,  7. 
Ancella  sesta  del  di  - 1*  ora  sesta.  FìKir 
no.  i  poeti ,  che  1'  ore  siano  ancelle  drl 
sole.  Pg.  12  ,  81.  £  già  le  quattro  m- 
celle  eran  del  giorno  Rimase  addiètro^ 
Pg.  22 ,  118.  Cosi  Ovidio  nel  2.  ddlf 
Trasformazioni,  al  verso  118.:  Jui^ 
gere  equosTitanvelocibus  imperai  Herit* 
Anche  -  colla  negativa,  per  quello  che  i 

Latini  dicono  nondum,  Pg.  30,  56. 
Anche  -  in  luogo  d' altri.  In.  21 ,  39. 
Ancidere  -  uccidere.  In.  5,  61.  Pg.  1^ 

133.  15,  107.  è  voce  poetica. 
Anciso  -  ucciso.  Par,  17  ,  32. 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


5S1 


Anco- ancora  ,  per  quello  che  i  Latini 
dicono  eUamnum,  In.  17,  67.  e  colla 
negativa  ,  per  nondum.   Pg.  10  ,  28. 

Aoooi-oggi,  ma  è  voce  lombarda.  Pg. 
13  ,  52.  20  .  70.  33 ,  96. 

Ancora  -  per  cosi  tosto.  Pg.  23  ,  82. 

Ancor  sie- ancorché  sii.  In.  8.  39. 

Ancude  •  incudine.  Par.  2i  ,  102. 

Andare -per  avanzarsi.  Par.  29,  132.  iln- 
.dare  oMa  fudice  del  vtro.  Par.  ìk  ,  12. 
Andare  a  ruotat  per  fare  il  ballo  ton- 
do. Par.  ìk ,  20.  Andar  di  sopra,  per 
avanzare,  vincer  d'eccellenza.  Par.  31, 
36.  Andar  in  filo,  cioè ,  in  riga.  Pg. 
a>  j  66.  Andar  l*  uno  al  primo  y  e  Val- 
tro  al  poij  dotto  di  due  cerchi  di  per- 
sone ,  che  girino  l'uno  al  contrario  del- 
l' altro.  Par.  13 ,  18.  Andar  per  pace^ 
cioè,  per  aver  pace.  Pg.  24,  141. 

Andi  •  per  vadi.  In.  4 ,  33.  oggi  è  disu- 
sato. 

Anelo  -  anelante  ,  ansante.  Par.  22 ,  5. 

Anfesibena  -  serpente  di  due  teste,  in. 
21  ,  87. 

Angelica  farfalla,  chiama  Danto  \*  anima 
dell'  uomo ,  perchè  a  guisa  del  verme 
da  seta  esce  dalla  prigione  del  corpo 
e  quasi  mettendo  le  penne  sen  vola  a 
presentarsi  al  divin  tribunale..  Pg.  10 
125. 

AngtU  neri,  chiama  Dante  i  demoni.  In. 
23.  131. 

Angelo  d*  Inferno  -  per  demonio.  Pg.  5  , 
104. 

Anguinaia  •  parte  del  corpo  tra  la  coscia 
e1  ventre.  In.  30,  50. 

Animali  che  Natura  à  più  cari  -  cioè  gli 
uomini.  Pg.  29,  138. 

Animai  perfezione  -  cioè,  propria  dell'ani- 
ma.  Par.  13,  83. 

Anima  prima  -  cioè.  Adamo.  Par.  26.  83. 

Animo -per  volontà  Pgi  17,  93. 

Animo  non  sciolto  -  cioè  ,  occupato  e  fis- 
so a  contemplare  qualche  cosa.  Ps. 
12,  75.  ^ 

Annegare  -  per  annegarsi.  In.  19  ,  20. 
Pg.  6.  15. 

Annerarsi  -  divenir  nero  oscurarsi.  Pg. 
8,  49.  27,  63. 

Amni  di  nostra  salute  Ì106.  eirconseritti 


perSO'J.  rivoluzioni  della  Hella  di  Mar^ 
te  ,  che  compie  il  suo  *yiro  in  due  an- 
ni. Par.  16,  37. 

Annottare  -  per  imbrunirsi  la  notte.  In. 
34,  5. 

Annottarsi  -  venir  notte.  P.::.  20,  101. 

Annual  giuoco  ,   chiama   Dante  il  palio 
che  si  corre  in    Firenze   ogn'anno  il 
giorno  di  s.  Giovanni.  Far.  16,  42. 

Annunziatrice  -  Pg.  24  ,  145. 

Annunzio -per  invito.  Pg.  12,  94. 

Ansare  -  respirare  con  fatica.  In.  34,  83. 

Antelucani  splendori  •  quel  chiarore  che 
si  fa  in  cielo  poco  prima  che  nasca  il 
sole  ;  Y  albóre  ,  lalba.  Pg.  27  ,  101). 
antelucani  è  voce  latina. 

Anteriore  -  per  quello  che  sta  dinanzi. 
In.  25 ,  53. 

Anzi  -  per  innanzi  ,  avanti.  In.  8  ,  33. 
15 ,  9.  Pg.  16,  43.  27.  93.  Par.  14, 
66.  24,  6.  25.  41,  57,  29.  39. 

Anzi -davanti,  detto  di  luogo.  Pg.  31, 30. 

Anzi  -  piuttosto.  Pg.  9,  128. 

Anziani  -  nome  di  magistrato  in  alcune 
città.  In.  21  ,  38. 

A  paro  a  paro  -del  pari,  Pg.  24,  93. 

A  peggio  -  a  stato  peggiore.  Pg.  10, 110. 

Aperta  -  per  apertura.  Pg.  4,  19. 

Aperto  -  per  apertura.  Pg.  19,  36. 

Aperto  -  per  noto  ,  manifesto ,  spiegato. 
Pg.  22,  154.  Par.  5,  52. 

A  piede  a  pie  -  in  forza  di  superlativo. 
In.  17,  134. 

A  piedi  De*  suo'  comandamenti  era  devo- 
to -  cioè  ,  riverente  e  inchinato  come 
stanno  i  servi  a'  piedi  del  padron  loro 
Pg.  32,  106. 

A  posta-fissamente.  In.  29,  19.  Pg.  6,  58. 

A  posta  di  chi  che  sia  -  a  requisizione  , 
a  riguardo  d'alcuno.  In.  10.  73.. 

Appaiarsi  -  per  congiugnersi.  Par.  29, 
138. 

Apparare  •  imparare.  Pg.  13  ,  93. 

Apparerò  -  apparire ,  esser  noto.  Pg.  18, 
34.  per  far  bella  mostra  di  sé.  Par. 
29,  94. 

Apparinno  -  apparvero.  Par.  14,  121. 

Apparto  -  appari ,  apparve.  Pg.  2,  22.  • 
molte  simili  terminazioni. 

Apparsione  -  apparizione.  Pg*  31.  78» 


553 


DIZIONAftlO 


Appastarsi  -  attaccarsi  a  guisa  di  pasta. 

Io.  18.  107. 
Appellare-  nominare.  In.  33,  90.  è  voce 
latina  in  sua  origine  ,  ma  da  gran]  tem- 
po falla  nostra. 
Appetibile  -  per  l*oggetto  che  s*  appetisce. 

Pg.  18,  57. 
Appiattarsi  -  nascondersi.  Io.   13,  127. 
Appiccarsi  -  per  attaccarsi  insieme,  in. 
25,  GÌ.  detto  del  seme  che  s*  appiglia 
al  terreno ,  e  germoglia.  In.  29,  129. 
Appigliarsi  -  per  attaccarsi.  In,  25  ,  5i. 
È  abbraccioUo  ove  'l  minor  i*  appiglia, 
cioè  ,  sotto  le  braccia ,   in  segno  di 
riverenza,  come  solevano   gV  inferiori 
colle  persone  di  grado.  Pg.  7,  15.  cosi 
spiegano  i  cementatori. 
Apporre  altrui  falsamente  qualche  delit- 
to -  In.  2i^,  139. 
Apporre  cibo  -  metter  cibo  sopra  cibo. 

Par.  16,  69. 
Apportare  -  per  riferire,  ragguagliare.  In. 

10,  104. 
Apprendere  -  per  incontrare  ,  o  prender 

semplicemente.  Pg.  14 ,  133. 
Apprensiva  -  facoltà  dell'  animo  ,  che  ap- 
prende gli  oggetti.  Pg.  18,  22. 
Appreseiìtare  -  per  rappresentare.   Par. 

7,  107. 
Appresentarsi  -  per  comparire  ,  nascere. 

detto  del  sole.  Par.  10,  33. 

Appreso  -  non  $ono  apprese  ,  cioè  ,  non 

anno  appreso ,  imparato.  In.  18 ,  60. 

Gli  spositori  spiegano,   apparecchiate. 

Appressare  -  accostare.  In.  23,  129.  per 

appressarsi.  Par.  24,  117. 
Appresso  -  per  dopo.  in.  3,  113.  9,  105. 
23,  145.  29,  13.  Par.  1,  100.  e  al- 
trove. 
Apprubo  -coir  accento  acuto  sulla  secon- 
da ;  in  rima,  approvo.  Par.  22,  136. 
Approcciare  -  per  accostarsi.  In.  23,  48. 
Approcciarsi  -  appressarsi  ,   avvicinarsi. 

in.  12,  46.  Pg.  20,  9. 
Approdare-  per  appre83ar8Ì.  Pg.  13,  67. 
Approdare-  per  essere  a  prò  ,    piacere. 

in.  21 ,  78. 
Appropinquarsi  -  avvicinarsi.  Par.  33,  47. 
Appropriare  a  parte  -  far  divenir  privata 


Appulcrare  -  abbellire ,  dare  ommieiite* 

In.  7,  60. 
Appuntarsi  -  per  tendere  t  che  che  aia, 
come  ad  ultimo  iine.  Par.  26,  7.  per 
fermarsi.  Pg.  15,  49.  Par.  6, 28.  par 
arrivare  coli' estrema  punta.   Par.  9, 
118.  Y.  Venere  ,  neir  ladice  delle  Sto- 
rie, per  terminarsi.  Par*  29,  12.  psr 
pontare.  Par.  21  ,  83. 
Appunto  -  per  appuntino  ,  esattameeto. 
Par.  13,  73.  per  in  quel   punto  Me- 
desimo. Par.  12,  25. 
Appuzzare  -  apportar  puzzo.  Io.  17,  3. 
Aprii)  •  in  rima,  aperse.  Par.  1,  87. 
Aprir  la  piaga  -  Par.  32,  6. 
Aprirsi  -  per   diffondersi ,   comunicars. 

Par.  29,  18. 
Aprir  troppo  Tali  a   spendere  •  Kìala- 

cquare.  Pg.  22,  43. 
A  pruova-a  gara.  In.  8,  114. 
A  pruovo  -  parola  lombarda  ;  e  vale  a^- 

presio.  in.  12 ,  93. 
A  quando  a  quando  -  otta  per  TÌeeoda  ; 
quando  in  qua,  quando  io  là.  Pg.iS, 
126. 
Aquila  -  insegna  de*  Romani.  Par.  6,  1. 
A  randa  a  randa  -  rasente  rasente  ;  cioè, 
appresso  in  maniera ,  che  più  non  si 
poteva.  In.  14,  12. 
Arbucello  -  picciolo  albero.  Pg.  27, 134. 
Arca  del  Signore  traslalata  dal  re  Danàài 

di  città  tn  città.  Par  20 ,  39. 
Arcanamente  -  Quando  fu  Giace  arcoMr 
mente  giunto,  cioè ,  nella  segretezza  e 
nei  mistcrio  del  suo  consiizlio.  Pg.  29. 
120. 
Arche  ricchiisime ,  chiama  Dante  gii  ap- 
postoli. Par.  23.  131. 
Archimandrita  -  per  fondatore  d^ordioe re- 
ligioso. Par.  11 ,  99.  è  voce  greca. 
Arcioni  -  per  sella  da  cavalcare  Pg.  €  « 

99.  qui  è  metafora. 
Arco  -  la  ruota  Che  fé  r  orbita  nm  ooa  so- 
nore arco ,  cioè ,  la  ruota  destra ,  if 
pra  la  quale  il  carro  si  voltava.  Pg.  & 
29. 
Arco  -  Già  discendendo  C  arto  démitinr 
ni,  cioè ,  cominciando  io  ad  invecchii* 
re.  Pg.  13,  114. 


una  cosa  di  ragion  pubblica.  Par.  6, 101.  |  Arco  -  metaforicamente ,   per  opiniais  * 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


551^ 


sentenza  di  rilosoFo.  In  altìtn  vero  «vo 
arco  percuote.  Par,  4  ,  60.  per  la  di- 
ifina  provvidenza  che  drizza  tutte  le 
cosealoro  fini.  Par.  8, 103.  per  amore. 
Par.  26,  ^.k. 

Arco  deir  ardente  afletto  -  Par.  15  ,  k3. 

Arco  dell'  esilio  .  Par.  17 ,  57. 

Ardente 'per  desideroso.  Par.  31  .  142. 

Ardere  -  per  <le8iderare  ardentemente.  In. 
2  ,  Sk.  Par.  27  ,  90.  33  ,  28.  Cosi 
Virgilio  nel  1.  dell'Eneida,  verso  580.  : 
Rumpere  nubem  Ardebani, 

Ardere  -  ardeva  un  riso  dentro  agli  oc- 
chi. Par.  15 ,  34.. 

Ardore  -  per  gran  desiderio.  In.  26,  97. 
Par.  29.  kS. 

Ardori  -  per  anime  beate.  Par.  22 ,  54>. 

Aniuo  -  per  eccelso.  Par.  31  ,  ^k.  Lat. 
arduus, 

A  retro  -  addietro.  Par.  2,  93. 

Argomentare  -  per  discorrere  e  delibera- 
re in  consiglio  pubblico.  Pg.  6,  129. 

Argomentarsi  -  per  ingegnarsi ,  procaccia- 
re. In.  22,  21.  per  deliberarsi.  Par. 
25,  118.  per  prepararsi.  Pg.  25,  15. 

Argomento  -  per  fìgurazione,  o  dimostra- 
zione ,  come  spiega  il  Vellutello.  in. 
19,  110«  per  discorso.  In.  31,  55.  per 
aiuto  ,  mezzo.  Pg.  2  ,  31.  per  medi- 
cina ,  rimedio.  Pg.  30 ,  136.  per  ser 
gno  ,  indizio.  Par.  &•  ,  68.  17  ,  135. 
per  ingegno.  Par.  15,,  79. 

Arguta  faccia  -  pronta ,  vivace ,  e  con  oc- 
chi penetranti.  Pg.  29,  ìhk. 

A  rimpetto  -  di  rimpetto.  Pg.  29, 89, 151. 

Aringo  -  giostra  ,  battaglia,  impresa  dif- 
ficile.  Par.  1 ,  18. 

A  ritroso -a  rovescio.  Par.  10,  153. 

Armarsi  -  per  prepararsi  a  sostenere  una 
disputa.  Par,  2Ì  ,  46.  Armarsi  dt  prò- 
vedenza.  Par.  17.  ÌÙÌ.  Anna rsi  di  vi- 
vanda, provvedersi  di  vettovaglia.  In. 
28  ,  55. 

Armonizzare- rendere  armonia.  Pg.  31  , 
H4. 

Arnese  -  ornamento ,  o  strumento.  In.  20, 
70.  per  nobile  suppellettile.  Pg.  29  , 
52. 

Arnia  -  alveare,  cassetta  in  cui  le  pec* 
chic  fabbricano  il  mele.  In.  16  ,  3. 


Arra  -  caparra? .  parte  M  pn^amento  r!i« 
si  dà  innanzi  per  sicurtà  del  contntlo 
stabilito.  Pg.  28  ,  93.  e  figuratamente, 
dimostrazione  d'accidenti  futuri.  In. 
15  ,  94.  per  annunzio  di  doversi  ar- 
mare. P^r.  19-,  145. 

Arredo  -  suppellettile.  In.  24  ,  138. 

Arrestarsi- fermarsi.  In.  15.  38. 

Arretrarsi  -  tirarsi  indietro.  Par.  32.  145. 

Arridere  -  per  mostrarsi  benigno.  Par. 
33 ,  126.  è  voce  latina. 

Arridere  un  cenno  -  cioè  ,  accennar  sor- 
ridendo. Par.  15  ,  71. 

Arrivare  -  per  accostare  alla  riva.  In. 
17,  8. 

Arrivare  -  è  buono  e*  a  /tw  arrivi  di  lei 
parlare,  cioè,  farai  bene  a  cominciare 
a  parlargli  di  essa.  Par.  24  .  45. 

Arroncii^liare  -  pigliare  col  ronciglio.  Io. 
22  ,  35.  V.  Ronciglio. 

Arrossare  -  arrossire.  Par.  27  ,  54. 

Arrostarsi -volgersi  in  qua  e'n  U  ,  scher^ 
mendosi  colle  braccia  e  coir  altre  mem- 
bra. In.  15  ,  39. 

Arsiccio  -  riarso  dal  sole  o  dal  fuoco.  Io. 
14  ,  74. 

Arie  prima  ,  chiama  Dante  la  graoMitica  , 
perchè  suole  impararsi  avanti  dell'ai* 
tre.  Par.  12.  138. 

Artezza  -  strettezza,  angustia  di  sito.  Pg. 
25,  9. 

Articolare  -  T  articolar  del  cerebro,  cioè, 
la  struttura  de*  supi  organi.  Pg.  25  , 
69. 

Artigli  -  per  le  mani  d*on  furioso.  In. 
30,  9. 

Artigliare  -  prendere  coli' artiglio.  In.  22. 
140. 

Artimone  -  la  maggior  vela  e'  abbia  la- 
nave.  In.  21  ,  15. 

Artista  -  artefice  ,  artigiano.  Par.  13,  77. 
16  ,  51.  30  ,  33.  per  cantore  eccel- 
lente. Par.  18  ,  51. 
Arto  -  angusto  ,  stretto  ,  malagevole.  In. 
19  ,  42.  Px.  27  .  132.  Par.  28,  33. 
64.  Lat.  arctw. 
.Arzanà  -  luogo  dove  si   fabbricano  i  na- 
vili  e  ogni  strumento  da  guerra  nava- 
le. In,  21 ,  7.  ogg   più  comunemente- 
'    arsenale. 

70 


55/^ 


DIZIONARIO 


Ascella  -  parte  concava  del  corpo  ,  dove 
si  congiugne  il  braccio  colla  spalla.  In. 
17  .  13.  25 ,  112. 

Asciolto  -  per  distrigato  ,  spedito.  Par. 
27 ,  76. 

A  senno  di  chi  che  sia -a  suo  piacere. 
In,  21  ,  i9h. 

A  servo  -porre  a  servo  ,  cioè ,  acconcia- 
re per  servitore.  In.  22 ,  49. 

A  sommo  *1  petto  -  Pg.  3  ,  111. 

Asperges  me  -  m*  aspergerai ,  mi  spruzze- 
rai, principio  d*un  versetto  del  salmo 
Miserere.  Pg.  31  ,  98. 

Aspettare  -  I*  aspetta  a  Beatrice ,  cioè  , 
aspetta  d'esser  pervenuto  a  Beatrice. 
Pg.  18  ,  47.  Aspettarsi  a  chi  che  sia. 
Par.  17  ,  88. 

Aspetto  -  nome,  Vuno  e  V  altro  aspetio 
della  fede  ,  cioè  ,  il  credere  de'  santi 
che  furono  avanti  la  venuta  di  Cristo, 
e  di  quelli  che  furono  dopo.  Par.  32,3S. 

Aspetto  secondo  -  cioè  ,  dopo  quello  di 
Dio.  Par.  18  .  18. 

Assaggiare  -  gustare  ,  prender  saggio.  Pg. 
2 ,  54. 

Assannare  -  per  afferrare.  Pp.  14,  69.  per 
afferrare  co*  denti.  In.  30  ,  29.  figu- 
ratamente ,  per  costrignere  ,  rinserra- 
re. In.  18 ,  99. 

Assassino  -  il  tormento  degli  assassini  an- 
ticamente era  T  esser  propagginati  , 
cioè  fitti  col  capo  in  terra.  In.  19,  50. 

Assederò  -  sedere  appresso.  In.  15  ,  35. 
Lat.  assidere, 

Assemprare -sembrare ,  somigliare.  In. 
24 ,  4. 

Assennare-avvertire,  aggiugner  senno.  In. 
20  ,  97. 

Assetare -figuratamente,  per  eccitar  de- 
siderio ,  invaghire.  Pg.  31 ,  129.  Par. 
1  ,  33,  3 ,  72.  per  indurre  gran  brama 
di  signoreggiare.  Par.  19,  121.  Asse- 
tare di  dolce  disiar.  Par.  15  ,  65. 

Assettare  -  per  ordinare  ,  disporre.  Par. 
1,  121. 

Assettarsi  -  comporsi,  aggiustarsi.  In.  17, 
22,  91. 

Assidere -per  assediare.  In.  14,  69. 

Assieparsi-  per  farsi  siepe  ,  e  impedire  il 
prospetto.  In.  30 ,  123. 


Assolto -per  finito,  terminato.  Par.  25, 
25.  per  sciolto,  scevro.  Spirto  assolto ^ 
cioè  •  anima  separata.    Par.  32  ,  44. 

Assomniare  -  ridurre  a  buon  termine.  Pg. 
21,  112.  Par.  31,  94. 

Assonnare  -  per  addormentarsi.  Pg.  32 , 
64.  Par.  7.  15.  per  addormentare.  A 
tempo  fugge  ,  che  f  assonna  j  cioè ,  1 
tempo  del  tuo  lungo  sogno  o  visìooe 
è  quasi  finito.  Par.  32 ,  139.  queata 
luogo  non  è  stato  inteso  dagli  esposi- 
tori. 

Assonnare  - 1  assonnare  ,  per  1'  atto  stesso 
dell'addormentarsi.  Pg.  32  ,  69. 

Assottigliarsi -per  aguzzar  V  ingegno.  Par. 
19  ,  82.  28 .  63. 

Assumere  -per  accogliere  ,  ricevere  ia 
sé.  Par.  21  ,  102.  Assumer  libero  «/^ 
ciò  di  dottore  ,  cominciar  di  buona  vo* 
glia  ad  insegnare.  Par.  32 ,  2« 

Astallarsi  -  fermarsi  e  soggiornare  io  oa 
luogo.  Pg.  6 ,  39. 

Asticciuola  -  picciola  asta ,  freccia,  quello 

.  che  i  Latini  dicono  jactdum ,  ktutHe. 
In.  12  ,  60. 

Astio  -  odio  segreto  ,  maligniti  d*  animo. 
Pg.  6  ,  20. 

Astori  celestiali,  chiama  Dante  gli  angeli. 
Pg.  8  ,  104. 

A  tanto  -  intanto.  In.  9.  48. 

Atare  -  aitare ,  aiutare.  Pg.  11  •  34.  A" 
tar  lavare ,  aiutare  a  lavare  ,  ivi* 

A  te  mi  scalda  -  cioè  ,  verso  di  te.  Pg. 
21 ,  134. 

A  tempo  -  al  suo  tempo.  Par.  8 ,  60. 

Atleta -per  combattitore.  Par.    12,56. 

Attaccarsi  in  vedere  -  guardare  attentis- 
simamente. In.  28  ,  28. 

Atteggiato  -  dipinto  o  scolpito  con  atti  a 
gesti  ch'esprimano  al  vivo  gli  affetti. 
Pg.  10 ,  78.  atteggiata  di  paure  e  éo- 
glie ,  chiama  '1  Poliziano  Europa,  nella 
106.  delle  sue  Stanze. 

Attemparsi  -  invecchiare.  In.  26  ,  12. 

Attendere  -  per  isperare.  In.  9Ù6  ,  67 , 
per  indugiare.  In.  28  ,  99.  Attemim 
in  su ,  guardare  in  alto.  Par.  27, 77. 

Attendersi  -  per  attendere  o  aspettare. 
In.  16  ,  13.  per  guardare  atteniamet- 
te.  Par.  13  ,  29.  15 ,  31. 


DELLE  PAROLE  E  FRA3L 


553 


Attenersi  -  per  soffermarsi ,  fermarsi  al- 
quanto. 1d.  18,  75. 

Attentarsi  •  arrischiarsi  ,  osare.  Pg.  25 , 
11.  33,  23.  AnenUgni  dd  dimandare. 
esser  oso  di  chiedere.  Par.  22 ,  26. 

Attergarsi  al  ventre  a  chi  che  sia  -  op- 
porre il  dosso  al  ventre.  In.  20 ,  46. 

Atterrare-per  chinare  a  terra.  Pg.  3^  81. 

Atterrarsi  -  per  giacere  ,  prostrarsi.  Pg. 
7  ^  133.  9  •  129.  per  scendere  abbas- 
so. Par.  23 ,  i2. 

Atteso -per  attento,  inteso  ,  intento.  In. 
13.  109.  26^  46.  Pg.  12,  76.  Par. 
1  .  77. 

Attingere  cogli  occhi  -  per  discernere.  In. 
18,  129.  è  voce  latina. 

Attìnghe-per  attinghi,  in  rima.  In.  18, 
129. 

Atto  -per  cielo  che  agisce  ed  imprime  la 
sua  virtù  nelle  cose  inferiori.  Par.  13, 
62.  per  effetto.  Par.  20  ,  7. 

Atto  che  concepe  -  cioè ,  l' intendere ,  il 
concepire.  Par.  29  ,  139. 

ilf(o  di  piti,  forti  obbietti  ,  chiama  Dante 
il  vedere  che  facciamo  d'alcune  cose 
che  molto  feriscono  la  vbta  nostra.  Par. 
30 ,  48. 

Atto  puro ,  chiama  Dante  le  intelligenze 
che  agiscono  nelle  cose  inferiori ,  senza 
patire.  Par.  29  ,  33. 

Attoscare  -  attossicare ,  e  render  misero. 
In.  6 ,  84. 

Attuffare  -  immergere.  In.  18,  113. 

Attutare  -  offuscare,  e  mettere  il  cervello 
a  partito.  Pg.  33,  48.  voce  disusata. 

Attutarsi  -  quietarsi  ,  scemarsi.  Pg.  26  , 
72.  V.  il  Varchi  nell*  Ercolano  ,  a  car- 
te 96. 

Avacciare  -  affrettare.  Pg.  4  >  116.  6^  27. 

Avaccio  -  tosto  ,  in  fretta.  In.  10,  116. 
33 .  106.  Par.  16 ,  70. 

A  valle  -  al  basso ,  nella  valle.  In.  12  , 
46.  20 ,  35. 

Avante  -  avanti,  in  rima.  In.  5  ,  138.  34 
16.  Pg.  7  ,  32.  21 ,  52.  29,  73. 

Avante  -  per  fuori  di  misura.  Pg.  11 ,  64> 

Avanzare  -  per  preferire ,  distinguere  so- 
pra gli  altri.  In.  4 ,  78.  innalzare  a 
grado  maggiore.  In.  19 ,  71.  portare 
innanzi.  In.  23,  12. 


Avanzare  a  chi  che  sia -cioè,  prevenir- 
lo. In.  22  ,  128. 

Avanzo -guadagno.  Pg.  31  ,  28. 

Avarizia  descritta  eotto  figura  di  una  don- 
na. Pg.  19  ,  7  ,  e  segg. 

Audienza-per  l'udire.  Par.  11  ,  134. 

Audivi -voce  latina,  udii.  In.  26,  78. 

Ave  '  voce  latina.  Dio  ti  salvi  ,  principio 
della  Salutazione  Angelica.  Pg.  10,  40. 

Ave  ,  Maria  -  Dio  ti  salvi ,  Maria.  Par. 
3,  121.  16,  34. 

Ave  ,  Maria  ,  gratia  piena  -  Dio  ti  salvi. 
Maria ,  piena  di  grazia.  Par.  32 ,  95. 

Ave' -aveva.  Pjg.  3,  108. 

Avei-per  avevi.  In.  30,  110. 

Avello  -  sepolcro.  In.  9,  118.  11,  7. 

Avém  -  abbiamo.  In.  23  ,  23.  28  ,  40. 
34,  69.  Nel  poema  di  Dante  leggonsi 
molte  simili  terminazioni  in  altri  verbi. 

Avemo  -  abbiamo.  Par.  3  ,  72. 

Avén  •  aveano.  In.  34 ,  49. 

Avéno  -  aveano.  In.  9  ,  39. 

Avere  -  per  essere ,  quivi  non  avea  pian- 
to. In.  4  ,  26.  Non  aveaeaee.  Par.  13, 
106.  e  in  luoghi  altri  assai.  Cosi  il  Pe- 
trarca nella  canzone  31.  :  Neil*  isole  fa" 
mose  di  Fortuna  Due  fonti  à. 

Avere  acquisto  di  bene  a  sé  -  acquistar 
bene  a  sé.  Par.  29 ,  13.  Aver  elezion 
vera^  esser  pervenuto  ad  età  in  cui  si 
possa  meritare,  eleggendo  il  bene  ,  e 
rifiutando  il  male.  Par.  32  ,  45.  Ave- 
re a  vicino,  cioè  ,  vicino.  In.  25 ,  30. 
Aver  grazie,  ringraziare.  In.  18  ,  134. 
Avere  il  desiro  a  giìsstizia,  cioè  ,  desi- 
derarla. Pg.  22  ^  4.  Avere  il  viso  a  che 
che  sia,  guardare ,  attendere.  Par.  32, 
27.  ma  qui  figuratamente.  Avere  in  di- 
spregio, per  ricuperare.  In.  23 ,  93. 
Avere  in  grado,  gradire-  I«r.  15 ,  86. 
Aver  manco,  per  esser  privo.  Pg.  10, 
30.  Aver  per  meno^  cioè  ,  stimar  po- 
chissimo. Par.  22  ,  137. 

Augello  -  Qual  diverrebbe  Giove  s*  egli  e 
marte  Fossero  augelli,  e  eambiassersi 
penne,  cioè  ,  se  H  pianeta  di  Giove  ri- 
splendente d'un  bel  candore,  s'infuo- 
casse e  divenisse  vermiglio  come  11  pia- 
neta di  Marte  ,  cambiando  con  hii  co- 
lore. Par.  27  ,  14. 


556 


DIZIONARIO 


Augusta  -  per  la  Beata  Vergine.  Par.  32, 
119. 

A  vicino  -  Avere  a  vicino.  In.  25 ,  30. 

A  vizio  '  cioè  ,  al  vizio,  lo.  5 ,  55. 

Aula -per  sala  imperiale.  Par.  25 ,  k% 
è  voce  latina. 

A  volere  -  cioè  ,  ad  una  medesima  e  co- 
mune volontà.  Par.  12 ,  25. 

A  voto  -  vanamente ,  indarno.  In.  31,  79, 
Pg.  2^ ,  28.  Par.  3  ,  28. 

Aura  -  per  aria.  In.  &•,  27.  Pg.  14,  142. 

Ausarsi -avvezzarsi.  In.  11  j  11.  Pg.  19, 
23.  Par.  17  ,  11. 

Auso -oso,  ardito,  nulla  volontade  è  di 
più  awa,  sottintendi ,  desiderare.  Par. 
32  ,  63. 

Autor  verace  j  chiama  Dante  Iddio.  Par. 
26,  ko. 

Avvallare  -  piegare  ,  inchinare  ,  abbassa- 
re. Pg.  J3  .  63.  28  ,  57.  per  scende- 
re in  valle.  Pg.  8 ,  43. 

Avvallarsi -piegarsi,  torcersi  abbasso.  P^. 
6  ,  37.  per  scendere  in  valle.  In.  34, 
45. 

Avvalorarsi  -  acquistar  valore^  Par.  33  , 
112. 

Avvantaggiarsi  -  per  esser  privilegiato. 
Par.  7 ,  76. 

Avvantaggio  -  per  eccesso  col  quale  una 
cosa  sopravanza  l*  altra.  Par.  26,  31. 

Avvegnaché  -  benché.  P^.  3  ,  1.  12 ,  8. 
13 ,  109.  Par.  16.  131.  17 ,  23.  20. 
60,  79. 

Avverare  -  affermar  per  vero.  Pg.  18  , 
35.  per  dar  colore  di  verità.  Pg.  22,  •*)! . 

Avversato- per  avversario,  in  rima.  Pg. 
8  ,  95.  11 ,  20. 

Avverso -opposto.  In.  9.  68.  Par.  27, 
28.  per  rivolto  in  altra  parte.  Par.33,78. 

Avverso  -  per  centra,  in  forza  d'  avver- 
bio. Par.  2 .  63. 

Avvinghiare -cignere  intorno.  In.  5,  6. 
34  ,  70. 

Avvisare -per  riguardar  bene,  cooside^ 
rare  ,  discemere ,  osservare.  In.  16 , 
23.  Pg.  10 ,  71.  Par.  23 ,  90.  per  ri- 
conoscervi. Pg.  19 ,  84. 

Avviso  -  per  parere ,  sentimeato.  Pg.  13 , 
4h  29 ,  80.  Par.  7  ,  19. 

Avviso  -m' era  avviso  ^  io  mi  peBiaya , 


stimava.  In.  26 ,  50.  JUt  fu  avviso, 
stimai.  In.  27  ,  107. 

Avviticchiare  •  cignere  intorno  ,  come  lo 
viti  Canno  gli  olmi.  In.  25  ,  60. 

Avvivare  il  cielo  di  sereno  -  cioè  illtuni- 
narlo.  Par.  13  ,  5. 

Avvivarsi  -  per  prender  vita.  Par.  23  , 
113.  detto  di  fiamma  che  acqui^^ti  mag- 
gior vigore.  Par.  31,  128.  v.  AUetUm. 

B 

Babbo  r  padre,  ma  è  voce  de*  piccioli  fan- 
ciulli ,  e  ancor  balbettanti.  In.  82.  9. 

Baccelliere  -  grado  nelle  scuole  de  frati* 
inferiore  a  quel  del  maestro.  Par.  2k, 
46. 

Baco -per  Bacco,  in  rima.  In.  20,  59. 
V.  il  Varchi  nell*  Ercolano,  a  carte  191. 
e  il  Salvini  nella  2.  parte  de'Discorn 
Accademici  ,  a  carte  505.  e  506. 

Badare  -  per  attendere ,  considerare.  P|« 
4  ,  75. 

Badia  -  monistero.  Par.  22  ,  76. 

Baiulo  -  per  gonfaloniere  ,  il  qual  titolo 
dà  il  nostro  poeta  all'  imperadore  Ot- 
taviano Augusto.  Par.  6  ,  73. 

Baiaselo  -  sorta  di  pietra  preziosa.  Par. 
9 .  69. 

Balbutire  -  parlar  balbo  ,  come  fanno  t 
bambini.  Par.  27 ,  130 ,  133.  è  voce 
latina. 

Baldezza  -coraggio,  baldanza.  Par.  16, 
17.  32 ,  109. 

Baldo  -  baldanzoso  ,  franco.  Par.  15  ,  67. 

Balenare  -  mi  mise  in  forse  di  InUinartp 

.  cioè  mi  fecondi ibita re  o  temere  cboÌM- 
lenasse.  Pg.  29  ,  18. 

Bab^strare  -  per  avventare  ,  gettare  ,  sca- 
gliare. Lat.  jaculari.  In.  13  ,  96.  Pg. 
25  ,  112. 

Balestro  -  balestra  ,  arco.  io.  31  ,  83* 
Pg.  31  .  16. 

Balia  -  arbitrio  ,  custodia  ,  governo ,  p^ 
desta.  In.  19 ,  92.  Pg.  1  ,  66. 

Balzo  -  rupe  ,  luogo  alto  e  scosceso. 
11 ,  115. 

Balzo  di  oriente ,  chiama  Dante  la  patti 
orientale  dell'orizzonte,  0Qd'#sce  ì'^ 
rora  e  l  ^ie.  P|^.  9  »  2. 


DELLE  PAROLE  E  FRÀSL 


557 


Banco  -  per  ordine  di  sedie.  Par.  31  ,  IG. 
per  sedia  sulla  quale  si  studia.  Par. 
10  ,  22. 

Bando  -  per  denunzi  amento  fatto  a  chiara 
voce.  Pg.  30,  13.  Par.  26  ,  45.  per 
encomio  ,  preconio.  Par.  30 ,  3k. 

Baratta  •  contrasto  ,  zuffa,  o  per  lo  luogo 
dove  si  puniscono  i  barattieri.  In.21,63. 

Barattare  -  per  far  mercato  d'  uffici  e  di 
cariche  ;  o  \ender  la  giustizia.  Par. 
16 ,  57. 

Baratteria  -  per  traffico  d*  uffici  e  di  ca- 
riche. In.  22 ,  53. 

Barattiere-  truffatone ,  mariuolo.  In.  21, 
41.  22,  87. 

Baratto  -  baratteria  ,  mariuoleria  ,  ingan- 
no sottile.  In.  11,  60. 

Barba -per  zio.  Par.  19,  137. 

Barba  -alza  la  barba  ;  in  vece  di  dire , 
alza  il  viso^  per  far  vergognare  un  adul- 
to de*  suoi  errori  ,  più  convenienti  a 
fanciullo,  che  ad  uomo  fatto.  Pg.  31,68. 

Barbagia  -  propriamente ,  luogo  montuoso 
in  Sardigna  ,  dove  gli  uomini  e  le  don- 
ne vanno  pressoché  ignudi,  ma  pren- 
desi ancora  per  chiasso  o  bordello. 
Pg.  23  ,  94 ,  96. 

Barca  -  figuratamente  »  per  regno  o  stato. 
Par.  8 ,  80. 

Barone -per  illustre  personaggio,  con  tal 
nome  chiama  il  Poeta  s.  Pietro.  Par. 
24  ,  115.  Barone  per  cui  ti  visita  Ga- 
lizia ,  chiama  Dante  l'apostolo  s.  Ia- 
copo maggiore  ,  il  cui  sacrato  corpo 
riposa  in  Cnmpo<itella  città  di  Galizia. 
Par.  25 ,  17.  Il  gran  barone  ec.  v. 
Uf^o  conte  di  Lueimborgo  ,  nell'  Indice 
d«rlle  Storie. 

Basilica  -  per  beata  corte  e  reggia  del  Pa- 
radiito.  Par.  25  ,  30. 

Ba^so  -  per  chi  parla  o  canta  con  Yoce 
bassa.  Pg.  25  ,  129. 

Bas^o  -  mettere  in  ba$so^  cioè ,  abbassare. 
Pg.  17  ,  117. 

Bastardo  -  per  tralignante.  Pg.  14 ,  99. 

Bastare  -  badi  l  effetto,  sottintendi  ,  senza 
VfUer  cercar  la  cagione.  Par.  32  ,  66. 

Basterna  -  spezie  di  carro.    Pg.  30  ,  16. 

Baiisteo  -  luogo  dove  si  battezza.  Par.  15^ 
134. 


Battéo  -  battè.  Pg.  12  ,  98. 

Battersi  a  palme -^ cioè,  colle  mani  aper- 
te ,  in  segno  di  gran  corruccio  e  do- 
lore. In.  9,  50. 

Battesmo  -  battesimo.  Pg.  22  ,  89.  Par. 
20  ,  127.  ed  in  altri  luoghi. 

Battezzatore  -  chi  battezza.  In.  19  ,  18. 

Beali  con  $itio  -  cioè  ,  come,  spigano  gli 
spositori;  beati  giù  esuriunt  et  eitiunt 
justitiam;  beati  coloro  che  anno  fame  a 
sete  della  giustizia,  detto  di  Cristo  nel 
Vangelo  di  s.  Matteo,  al  capo  5.  verso 
6.  Pg.  22,  5. 

Beati  mitericordei  -  beati  i  miserìcordio« 
si,  detto  di  nostro  signore  in  s.  Mat- 
teo ,  al  capo  5.  verso  7.  Pg.  15,  38. 

Beati  mundo  corde  -  beati  i  mondi  di  cuo- 
re, detto  del  Signore  in  s.  Matteo,  al 
capo  5.  verso  8.  Pg.  27,  8. 

Beati  pacifici 'detto  del  Signore  in  s.  ÌSaU 
teo  ,  al  capo  5.  verso  9.  Pg.  17,  68, 

Beati  pauperes  spiritu  -  beati  i  poveri  di 
spirito,  detto  del  Signore  in  s.  Matteo, 
al  capo  5.  verso  3.  Pg..l2^  HO. 

Beati  gui  lugent  -  beati  coloro  che  pian- 
gono detto  di  Cristo  in  s.  Matteo,  al 
capo  5.  verso  5.  Pg.  19,  50. 

Beati  guorum  teda  sunt  peccata  -  beati 
coloro  ,  i  peccati  de'  quali  sono  coper- 
ti ;  cioè  ,  colla  veste  della  penitenza 
e  della  carità ,  questo  è  il  primo  ver- 
setto del  salmo  31,  cb'è  il  secondo  da' 
sette  penitenziali.  Pg.  29,  3. 

Beatitudo  -  per  numero  d'  anime  beate, 
come  dicesi  nobiltà ,  per  numero  di  no- 
bili ;  e  gioventià,  per  numero  di  gio- 
vani. Par.  18,  112. 

Becchetto  -  per  fascia  di  cappuccio.  Par. 
29  >  118. 

Becco  -  pronunziato  colf  e  aperta,  dar  di 
becco  in  che  che  sia,  mangiarselo.  Pg. 
23,  30. 

Belletta  -  posatura  che  fa  Y  acqua  torbi- 
da poltiglia,  fango.  In.  7,  124. 

Bello  -  per  caro.  In.  19  ,  37. 

Bello  -  bella  vita ,  chiamano  i  dannati 
quella  che  vissero  qui  nel  mondo,  in 
paragone  della  infelicissima  che  mena- 
no giù  negli  Abissi  :    tanto  più ,   ehm 

dimorando  eteroamwUi  nella  Yotonli 


&o8 


DIZIONARIO 


di  far  male ,  bramano  sempre ,  ma 
senza  frutto  ,  di  poter  soddisfare  i  loro 
disordinati  appetiti,  come  su  nel  mondo 
facevano.  In.  15,  57. 

Beilo-  è  btUo,  per  ìstàbene.  In.  k^  10ft>. 
Pg.  25,  i3.  Fta  hello,  cioè,  sarà  buona 
e  lodevol  cosa.  Par.  17,  68. 

Bel  salutare  -  per  quelle  parole  di  cor- 
tesia, che  si'usano  ne*saluti.  Pg.  8,  55. 

Ben  creato  -  per  beato ,  eletto  da  Dio 
air  etema  gloria.  Par.  3,  37. 

Bene  -  per  benefizio.  Pg.  10  ,  89.  per 
anima  beata.  Par.  13,  48. 

Bene  -  Iddio  fece  V  uomo  a  bene  ,  cioè  , 
atto  a  bene  operare  ;  ovvero  perchè 
arrivasse  al  possedimento  del  sommo 
bene.  Pg.  28,  92. 

Bene  ascolta  chi  la  nota  -  cioè,  allora  è 
utile  r  udire  una  sentenza  morale  , 
quando  si  manda  alla  memoria  per  va- 
lersene in  pratica.  In.  15,  99. 

Bene  che  $è  in  $è  misura ,  chiamasi  da 
Dante  Iddio  eh*  essendo  infinito  ,  può 
solamente  da  sé  stesso  esser  misurato. 
Par.  19.  51. 

Benedietue  qui  vems  -  benedetto  tu  che 
vieni,  parole  delle  turbe  di  Gerusalem- 
me ,  che  festeggiavano  la  venuta  del 
Signore  in  quella  città.  Pg.  30,  19. 

Bene  nato  -  felice,  avventuroso.  Par.  5. 
115. 

Ben  fatto  -  per  buona  operazione.  Lat. 
benefaetum.  Pg.  28,  129. 

Ben  finito  -  per  colui  che  muore  in  grazia 
di  Dio.  Pg.  3,  78. 

Benifìzio  -  benefizio.  Par.  17,  83. 

Beninanza-  benignità,  bontà.  Par.  7, 1&3. 
20,  99.  voce  disusata. 

Ben  punito  -  cioè,  giustamente  gastigato. 
In.  19,  97. 

Ben  richiesto  al  vero  e  al  trastullo  -  cioè, 
r  onesto  e  il  dilettevole.  Pg.  H,  93. 

Benvoglienza  -  benevolenza.  Pg.  22,  16. 

Berza  -  parte  della  gamba  dal  ginocchio  al 
piede,  letar  le  berze,  affrettarsi  a  cor- 
rere. In.  18,  37.  Alcuni  per  berze  in- 
tendono vesciche  o  bolle  che  levansi 
nella  pelle  a  forza  di  battiture.  Lat. 
vibìcest  puUulae. 

Betiaglio  -  scopo ,  yerso  coi  A  Urano  le 


frecce.  Par.  26 ,  2ii^.  qui  è  metaiora. 
Bettemmia  di  fatto,  chiama  Dante  il  it- 

crilegio,  il  violare  cosa  a  Dio  sacrata* 

Pg.  33,  59. 
Bestia  -  per  uomo  bestiale.  In.  24,  126. 

Par.  19.  IM. 
Bestiai  itade  e  bestialitate  -  bestialità.  In. 

11,  83.  Par.  17.  67. 

Severo  -  castoro,  animai  noto,  da  eoi  si 
cava  il  muschio  :  e  vive  in  acqua  ed  io 
terra;  perciò  da* Greci  chiamato  am- 

eiion  zoon.   Era    detto   dagli  antichi 
atìni,  castor ,  fiber  ;  e  da  questa  s^ 
conda  voce  corrotta  pare  che  sia  de- 
rivata la  voce  bevero.  In.  17,  22. 
Bianche  bende  ,    usavano  di    portare  le 
donne  vedove  a'  tempi  di  Dante.   Pg. 

8,  n. 

Bianco  -  i  primi  bianchi ,  cioè  il  prioo 

candore.  Pg.  2,  26. 
Bianco  -  vestita  -  in  veste  bianca.  Pg. 

12,  89. 

Bica  -  monticello  di  terra  ;  e  figuratamea- 
te,  mucchio  di  qualsivoglia  cosa.  In. 
29,  66. 

Bieco  -  per  bieche ,  in  rima.  Io.  25,  31. 
Par.  6,  136. 

Bieci  -  per  coloro  che  fanno  yoto  teme- 
rarìamente.  Par.  5  ,  65. 

Bieco  -  per  malvagio  ,  pravo.  In.  25 , 
31. 

Biforme  -  di  due  forme  o  nature.  Pg. 
32 ,  96. 

Biga  -  per  carro  di  due  mote.  Par.  12, 
106.  Presso  gli  antichi  Latini  òt^  e 
bigae  significava  carro  o  carretta  tirata 
da  due  eavalli;  siccome  quadriga  e  ^la- 
drigae  significava  carro  o  carretta  tirata 
da  quattro  cavalli  accoppiati  in  filo. 

Bigio  -  color  simile  al  cinerizio.  In.  7 , 
101|i>.  Far  bigio,  per  oscurare,  disco- 
lorare. Pg.  26  ,  108. 

Bigoncia  -  vaso  di  legno  senza  coverchìa 
ad  uso  principalmente  di  som^f*iir 
Tuva  premuta  al  tempo  della  yemkstt' 
mia.  Par.  9  ,  55. 

Binato  animale  ,  chiama  Dante  il  grìCo- 
no ,  per  lo  quale  intende  Gesù  Crìsta 
il  quale  nacque  due  volte  :  una  elet- 
namente ,  dal  seno  dei  Padre  ;  Tattia 


DELLE  PAROLE  £  FRASI. 


559 


nel  tempo  ,  dalla  Beata  Vergioe.  Pg. 
32  ,  47. 

Biscazzare  -  giucarai  il  suo  avere.  In.  11, 
U. 

Bisogna  -  faccenda  ,  affare ,  cosa.  In.  33, 
ÌM.  per  ciò  che  fa  dì  mestieri  ,  bi- 
sogno. Pg.  13 ,  62.  33  ,  29. 

Bizzarro  -  stizzoso ,  forte  iracondo.  In. 
8,  62. 

Blandimento  -  lusinga,  carezza.  Par. 
16,  30. 

Blando  -  per  dilìcato  ,  lusinghevole.  Par. 
22  ,  85.  per  piacevole ,  affabile.  Par. 
12,  24.  Lat.  blandui. 

Bobòlce-per  bifolche,  seminatrici.  Par. 
23 ,  132. 

Bogliente- bollente,  che  bolle.  Pg.  27, 49. 

Bollor  vermiglio  -  per  sangue  bollente.  In. 
12,  101. 

Bontà  -  per  suflQcienza  ,  valore.  Par. 
25,  66. 

Bordello  -  postribolo  ,  dove  stanno  le  me- 
retrici ,  cosi  chiama  Dante  l' Italia  ,  ai 
suoi  tempi  estremamente  corrotta.  Pg. 
6  ,  78.  V.  r  Ercolaoo  del  Varchi ,  a 
carte  293. 

Bordone  -  recavasi  il  bordone  cinto  di 
palma  da'  pellegrini  eh'  erano  stati  ai 
luoghi  santi  di  l^alestina  ;  per  dino- 
tare che  venivano  da  quelle  contrade. 
Pg-  33  ,  78. 

Bordone- tener fronfoiM^  sostenec  la  mu- 
sica con  quella  voce  che  si  chiama  te- 
nore. Pg.  28 ,  18. 

Borni  -  quelle  pietre  che  sogliono  avanzar 
fuori  d*  alcun  muro  che.  si  lascia  im- 
perfetto. In.  26  ,  14. 

Borsa  -  pregio  della  bona ,  chiama  Dante 
la  liberalità  e  la  magnificenza.  Pg.  8, 
129.  V.  Spada. 

Borsa  -  per  luogo  concavo.  Io.  19,  72. 

Botolo-  spezie  di  can  picciolo  e  vile.  Pg. 
14  ,  46.  qui  è  metafora. 

Bozzacchione  -  per  susina  vizza  e  vana. 
Par.  27,  126. 

Bozzo  -  per  vituperato  ,  ma  bozxù  è  pro- 
priamente colui  a  cui  la  moglie  Ca  fallo, 
Par.  19  ,138. 

Braco  e  brago  -  pantano.  P^.  5 ,  82.  In. 
8,  50. 


Bragia -fuoco  senza  fiamma,  che  resta 

delle  legno  abbruciate.  In.  3 ,   109. 
Brama -dtttf  brame  di  fieri  l^pij  cioè, 

due  lupi  fieri  e  bramosi.  Par.  4,4. 
Branca  -  propriamente  zampa  dinanzi  col- 

r  unghie  ;  o  piede  d*  uccello  di  rapina. 

In.  17,  13.  ma  figuratamente^  aver  tra 

branche,  cioè  in  sua  balia,  disse  Dante. 

In.  7 ,  69. 
Brancolare  -  andare  al  tasto.  In.  33,  73, 
Breve  -  in  forza  d'avverbio ,  brevemente, 

in  poche  parole.  In.  3,  45. 
Briga  -  per  noia  ,  fastidio.  In.  5  ,  49. 
Brigare- procacciare,  ingegnarsi.  Pg.  20, 

125. 
Broda  -  oer  acqua  imbrattata  di  fango.  In. 

8 ,  5o. 
Brogliare  -  sollevarsi  e  commuoversi.  Par, 

26 ,  97. 
Brollo  -  spogliato  ,  scorticato.  In.  16, 30. 
Brolp  -  per  ghirlanda.  Pg.  29  ,  147. 
Bronco -tronco,  sterpo  grosso.  In.  13, 26. 
Brullo  -  scorzato  ,  ignudo.    Io.  34  ,  60. 

Pg.  14 ,  91.  V.  Brollo. 
Bruna    bruna  -  molto    adombratlT.    Pg. 

28,  31. 
Bruno  -  atto  bruno,  cioè ,  dispettoso  ,   e 

dimostrante  noia  esdegno.Pg.  24,27. 
Brusca  parola  -  aspra  ,  disgustosa.  Par. 

17,  126. 
Bruttare  -  sporcare.  Pg.  16  ,  129. 
Brutto,  -  per  lordo  di  fango.  In.  8 ,   35. 

per  disonesto.  Par.  22  ,  84. 
Buca-  per  buco.  In;  34  ,  131. 
Buca  sepulcrale- sepolcro.  Pg.  21  ,  9. 
Buccia  -  superfizie  ,   scorza  ,    pelle,   lo. 

19  ,  99. 
Buccia  itrema  ,  pelle  arida ,  che   tocca 

rossa.  Pg.  23,  25. 
Bucolici  carmi  -  cioè  ,  versi  pastorali ,  e 

trattanti  di  cose  che  a' bifolchi  s'appar- 
tengono. Pg.  22 ,  57. 
Bufèra  -  aria   gravemente  commossa  ,  o 

sia  turbine    con  pioggia   e  neve.  Io, 

5     31. 
Buffa -per  baia  ,  vaniti.  In.  7,  61.  per 

ischerzo.  in.  22 ,  133. 
Bugiare  -  dir  bugie.  Pg.  18  ,  109. 
Bugio  -  bucato  ,  forato.  Par.  20  ,  27. 
Buio  "  oscuro  ,  tenebroso.  In.  3, 130. 


S60 


DIZIONARIO 


Sui  iegm ,  per  mscchid  del  coqx)  lu- 
nare. Par.  2,  49. 

Bulicame- propriamente  acqua  bollente, 
che  surge  dalla  terra.  In.  12  ,  117  , 
128.  ma  qui  sangue  bollente  ,  e  In. 
14,  79.  qui  s'intendono  i  bagni  caldi 
del  Pian  di  Viterbo. 

Bulla  -  bolla  o  rigonfiamento  d*  acqua. 
Pg.  17 ,  32. 

Buono  -  per  vero.  Par.  9,  63. 

Buono  -  e  buono ,  cioè  ,  sta  bene.  In. 
12 ,  27.  15  ,  103.  Pg.  7  ,  45.  12  , 
5  ,  14.  18  .  93.  e  in  altri  luoghi. 

Burchio  -  barca  da  remo  coperta.  In. 
17,  19. 

Burella  -  per  luogo  scuro ,  ove  non  si  veda 
lume  di  sole.   In.  34,  98. 

Burlare  -  per  buiare  che  in  ling«ia  are- 
tina vuol  dir  gettare.  In.  7 ,  30.  cosi 
Cristoforo  Landino  :  ma  ^li  Accademici 
della  Crusca  nel  Vocabolario  spiegano, 
dispregiare  ;  che  quanto  al  concetto 
viene  «d  essere  il  medesimo ,  perchè 
lo  scialaquatore ,  mentre  getta  il  suo 
avere  ,  mostra  di  non  farne  conto. 

Burraio  -  luogo  scosceso  e  profondo.  In. 
12  ,  10.  16  ,  114. 

Burro  '  butirro.  In.  17,  63. 


Ca-  per  casa  ,  voce  lombarda.  In.  15  , 
54.  V.  l'abate  Anton -Maria  Salvini 
nella  2.  parte  de' suoi  eruditissimi  Di- 
scorsi Accademici,  a  carte  504. 

Cacciare-per  dar  fretta.  In  4,  146. 

Cacume  -  sommità,  cima.  Pg.  4,  26.  Par. 
17,  113.  20,  21,  è  voce  latina. 

Cadere  -  detto  di  fiume  che  si  scarica  in 
mare.  Pg.  27,  3. 

Caduci  -per  caduchi,  in  rima.  Par.  20. 12. 

Caggia  -  cada.  In.  6,  67.  Par.  7,  78. 

Cagionare  -  per  produrre.  Par.  11,  21. 

Cagione  al  mio  rider -cioè,  del  mio  ri- 
dere. Pg.  21 ,  127.  M*  era  cagione  a 
sperar  bene.  In.  1  ,  41.  Ca'jitme  per- 
chè la  credetti,  Cìoì:,  di  crederla.  Par. 
22,  140. 

Cagnazzo  -  per  brutto  e  deforme.  In.  32, 
70. 


Calcagno  -  calcagni.  Pg.  12,  21.19^  61. 

Calendi  o  calende  -  il  primo  giorno  di  cia- 
scun mese,  e  si  prendono  per  iioen 
medesimi.  Pg.  16,  27. 

Calere-  curarci,  aver  premura.  Pg.  25  , 
123.  32,  5. 

Caligare  -  per  mandar  nebbia  e  fummo  : 
come  fa  la  Cicilia  per  lo  monta  £toa. 
Par.  8,  67. 

Calla  -  calle  ,  via  stretU.  Pg.  4 ,  2i. 
9,  123. 

Callaia-passo,  valico,  apertura.  Pg.  25, 7. 

Calme  -  mi  cale.  Pg.  8,  12. 

Calo  -  per  abbassamento  ,  depressione  , 
mina.  Par.  15,  111. 

Calore-per  oggetto  amato.  Par.  31 ,  140. 

Camminata -per  sala  dove  si  passegj^.  In. 
34.  97. 

Cammino  -  per  cammini,  verbo,  io  rioM. 
Per.  8.  106. 

Camo  -  freno.  Pg.  14  ,  143.  e  voce  la- 
tina. 

Campare  -  per  fuggire  ,  liberarsi  dal  p^ 
ricolo  ,  scampare.  In.  1  ,  93.  %  US. 
16,  82. 

Campare  -  per  salvare.  In.  39,  21. 

Cainpioni-per  lottatori  antichi.  In.  16,  22. 

Campo  -  per  piazza.  Pg.  11,  134. 

Cancellare  -..  scrivere  solo  per  canesttMre, 
detto  di  chi  scriva  censure  contra  per- 
sone ricche,  le  quali  poi- debbano  spen- 
der molto  per  farle  annullare.  Par.  18, 
130. 

Cancro  -  uno  de' segni  dello  zodiaco,  sei 
Cancro  avesse  un  tal  cristallo,  il  ttrm 
avrebbe  un  mese  d  un  sol  di,  cioè:  Se 
nella  co«;tellazione  del  Cancro  fosse  uaa 
stella  di  quello  splendore  eh*  era  1*  a- 
nima  di  s.  ftiovanni  Evangelista,  corno 
fìnge  d' averla  veduta  il  noi»tro  Poeta; 
tutto  quel  mese  che  il  sole  sta  in  Ca- 
pricorno, sarebbe  un  giorno  solo,  cioè 
non  verrebbe  mai  notte,  perchè  quando 
il  sole  è  in  Capricorno,  la  notte  sem- 
pre leva  il  Cancro  :  e  cosi  il  giorao 
farebbe  lume  il  sole,  e  la  notte  quelli 
stella  lucidissima.  Par.  25,  101.  ma 
questi  luoghi  di  Dante,  che  abbisogna- 
no di  si  lunga  spiegazione ,  pare  che 
non  debbano  imitarsi. 


LELLE  PAROLE  £  FRASI. 


561 


Candelabro  •  candelliere.  Pg.  29,  50. 
Candelo  -  candela.  Par.  11  •  15.  30,  S&>. 
Candente  -  per  rilacente.  Par.  ik,  TI. 
Candori  -  per  anime  beate.  Par.  23, 124. 
Cangiar  carte  nel  suo  volume  -  cioè,  mu- 
tar faccia,  variare  aspetto.  Par.  2,  78. 
Cangiar  Vaequa^  per  intorbidarla  col 
sangue  sparso.  Par.  9,  VI. 
Cangiare  -  per  rimonerare,  ricompensare. 

In.  32,  138. 
Cani  -  per   genti  mabate  ,   canaglia.  In. 

8,  42. 

Caniculari  di  •  giorni  di  state ,   quando 

sorge  in  cielo  la  costellazione  detta  da* 

Latini  canicula ,  e  da'  Greci  frocùon 

Io.  25,  80. 

Caninamente-  a  foggia  di  cane.  In.  6, 14. 

Cannuccia -diminutivo  di  canna.  Pg.5,  82. 

Cansare  -  scansare,  dar  luogo.  In.  12,99. 

I^nsarsi  -  per  ischermirsi.  Pg.  15,  144. 

Cantica  -  numero  determinato  di  canti  o 

lib>i  di  poema.  Pg.  33,  140. 
Cantilena  -  canzone.  Par.  32,  97. 
Canto  -  per  banda ,  lato  ,  parte.  In.  26, 

138.  Par.  3  ,  57. 
Cantor  dello  Spirito  Santo  -  Par.  20,  38. 
Cantar  che  per  doglia  Del  fallo  diete: 
Misererò  mei.  Par.  32.  11.  CatUoreom- 
mo  del  eommo  Duce.  Par.  25,  72.  ne* 
suddetti  tre  modi  circoscrìvesi  dal  Poeta 
il  re  Bavidde. 
Canzone^  chiama  Dante  ciascuna  delle 
tre  cantiche  del  suo  poema ,  che  in 
più  canti  si  dividono.  In,  20,  3. 
Cape  -  capisce  ,  acquista.  Pg.  18  ,   60. 
Capere  -  per  essere  eontenuto.  Par.  3  , 

76.  23,  41. 
Capestro  -  fune ,  corda.  Io.  27 ,  92.  Par. 

11,  87.  12,  132. 
(^po  à  cosa  fatta  -  detto  di  Mosca  degli 
liberti ,  passato  in  proverbio ,  per  di- 
notare ehe  dopo  il  fatto  ogni  cosa  s'ag- 
giusta ,  e  ad  ogni  disordine  fi  trova  ri- 
medio. In.  28 ,  107. 
Cappa  di  monaco  -  Par.  11  ,  132. 
Cappello-per  corona  di  lauro  dovuta  a'poe- 

ti.  Par.  25 ,  9. 
Cappello  cardinalizio  -  Par.  91  ,  125. 
Cappello  del  falcone  -  Par.  19 ,  84. 
Cappia  -  mi  eappia  nelle  Ute  paiole ,  cioè , 


io  intenda  per  le  tue  parole.  Pg.  21,  81. 

Capra  del  cielo -cioè,  il  Capricorno,  uno 
de'  segni  dello  zodiaco.  Par.  27 ,  69. 

Carato- la  ventiquattresima  parte. dèllon- 
cia  ;  e  dicesi  propriamente  dell'oro.  In. 
30,  90. 

Carcare  -  caricare.  Pg.  18  ,  84. 

Carcare  -  per  portare  il  carico.  In.  21, 35. 

Carcalo  -  caricato.  In.  30  ,  6. 

Carco >- peso,  carico.  In.  12,  30.  Carco 
di  vergogna  ,  cioè ,  ingombramento. 
Par.  18  ,  66.  Acquistar  carco,  per  ag- 
gravar la  coscienza.  In.  27,  136. 

Carcossi  il  Figliuol  di  Dio  della  nostra 
salma-quando  prese  carne  umana.  Par. 
32,  114. 

Caribo -sorta  di  ballo.  Pg.  31  ,  132. 

Carizia  -  carestia.  Par.  5 ,  111. 

Carmi  -  versi.  Lat.  carmina.  Par.  17,  111. 

Caro -per  carestia.  Pg.  22  ,  141. 

Caro  -per  pieno  di  carità.  Pg.  14 ,  127. 
per  prezioso.  Pg.  9  ,  124.  24  ,  91. 

Carole-  per  balli ,  e  geote  che  danzi.  Par. 
24 ,  16.  25  ,  99. 

Carpare  -  andar  carpone  ,  cioè ,  colle  ma- 
ni in  terra.  Pg.  4 ,  50. 

Carpire  -  per  pigliar  colla  rete.  Par.  "9, 51. 

Carpone  -  avverbio  ,  cioè  colle  mani  in 
terra ,  a  guisa  di  quadrupede.  Io.  25, 
141.  29  ,  68. 

Carreggiare  -  per  guidare  il  carro  ,  o  pas- 
sar col  carro.  Pff.  4  ,  72. 

Carro  -  nome  di  celeste  costellazione,  v. 
la  Parte  Seconda  delle  Storie. 

Carta  -  per  frate  d' ordine  religioso  ;  stan- 
do sulla  metafora  del  volume.  Par. 
12,  122. 

Carta  -  la  regola  mia  Rimaea  è  gii$  per 
danno  dtUe  carte  ,  cioè  ,  non  è  d'al- 
cuna utilità  ,  e  ad  altro  non  sei*ve , 
che  a  consumar  la  carta  dove  si  sci  i- 
ve.  Par.  22 ,  75. 

Casa  di  nostra  Donna  -  cioè  ,•  chiesa  di 
Maria  Vergine.  Par.  21  ,  122. 

Case  -  per  casa.  In.  13,  151. 

Cassare  -  annullare  ,  distruggere.  Par. 
2,  83. 

Casso  -  sustantivo  ;  e  significa  busto ,  la- 
race,  parte  concava  del  corpo,  cir- 
condata dalle  coitole,   lo.  12»   122. 

71 


882 


DIZIONARIO 


20,  la.  25.  7*.  Pg.  24.  72. 
Ca^so  -  addieUivo  ;  e  significa  aoDieotato, 
aDDulìato  ,  estinto ,  spento  ,  cancella- 
to. In.  25  ,  76.  26 ,130.  30  ,  15. 
Par.  h .  89. 
Casta  intenzione  -  cioè  ,  retta.  Pg.  32  , 
138. 

Casual  |ninto-per  minima  cosa  che  suc- 
ceda a  caso.  Par.  32  ^  53. 

Catenella  -  sorta  d' ornamento  donnesco. 
Par.  15 ,  100. 

Catto  -  preso.  Pg.  20  .  87.  Lat.  eaptus. 

Cava  -  per  grotta.  In.  29  ,18. 

Cavalcare  -  metaforicamente,  per  istimo- 
lare  ,  spronare.  Pg.  18 ,  96. 

Ceffo  -  muso.  In.  17  ,  50. 

Celestiale  -  celeste.  Pg.  8 ,  10%.  Par. 
4 ,  39. 

Cenerò  -  sorta  di  serpente  molto  vdeoo- 
so.  In.  24  ,  87.  I  testi  di  Dante,  an- 
che quello  degli  Accademici  della  Cru- 
sca ,  in  questo  luogo  sono  corrotti , 
e  leggono  eenirt  in  vece  di  ceneri. 

Cennamella  -  sorta  di  strumento  musico 
che  si  suona  colla  bocca.  In.  22, 10. 

Cenno -per  ogni  segnale.  Pg.  22,  27. 

CefUtiim'  anno ,  chiama  il  Poeta  il  MCCC. 
dalla  natività  del  Signore.  Par.  9.  40. 

Centeima  o  cenimma^  chiama  Dante 
quel  poco  più  di  lunghezza  eh'  era  ai 
suoi  tempi  nell'anno  comune  sopra  il 
vero  solare  ;  la  qual  maggior  lunghez- 
za ,  secondo  alcuni  «  in  cento  anni  im- 
portava un  giorno.  Par.  27,  143. 

Centesmo  -  per  centinaio  d*  anni«  Pg.  22, 
93.  per  la  centesima  parte.  Par. 
24,  108. 

Centomilia  -  In.  26,  112. 

Cera  -  per  materia.  Par.  13  ,  67.    73. 

Cera  mondana  -  chiama  Dante  la  terra, 
o  tutta  la  regione  sottolunare,  rispetto 
a' raggi  del  sole;  stando  sulla  metafora 
del  suggellare.  Par.  1 ,  41. 

Cera  mortale  -  per  li  corpi  elementari. 
Par.  8  ,  128. 

Cerasta -spezie  di  serpente  cornuto,  molto 
velenoso.  In.  9  .  41. 

Cercare  •  per  esaminare  con  istudio.  Lat. 
scrutari ,  vetiigare.  In.  1 ,  84. 

Cerchia  -  cerchio ,   circolo,  o  serraglio 


rotondo.   In.  18,  3.    72.    23.   134. 

31  ,  40.  Pg.  22  ,  33.  Par.  15  ,  97. 
Cerchiare  -  andare  attorno  ,  girare ,  €ir> 

còndare.   Pg.  2,4.  14 ,   1.  19,  69. 

32 ,  38.  Par.  21 ,  26. 
Cerchiétto  -  picciolo  cerchb.  In.  11, 17. 
Cerchio  che  più  ama ,  e  che  più  sape- 

cioè  ,  il  coro  de'  Serafini ,  che  sono  i 

più  vicini  a  Dio.  Par.  28 ,  72. 
Cerchio  di  merigge  -  cioè ,  il  meridiana, 

uno  de'  maggiori  della  sfera.  Clu  fd 

e  là  ,  conia  gli  aepetti  ,  fa$n;  cioè,  chs 

si  cangia  e  varia  secondo  le  diverse 

abitazioni  degli  uomini  sopra  la  terra, 

che  riguardano  il  corso  del  sole;esei> 

condo  i  diversi  orizzonti.  Pg.  33, 105. 
Cerebro  -  cervello.  In.  28  ,  140.  Pz.  25, 

69. 
Cerna  -  per  separazione ,  dìvisiooe.  Fv. 

32,  30. 
Cernere  •*•  discemere,  vedere»  lo.  8,  71. 

Par.  21 ,  76.  26 ,  35. 
Cernere  -  per  iscerre  ,  distinguere  .  s»> 

parare.  Par.  3  ,  75.  32  ,  34.  quìMo- 

dimeno  potrebbesi  anche  inteodoe, 

diicemere  ,  «edere. 
Cero  -  cereo  ,  torcia  grande  ;  e  figontt- 

mente ,  uomo  di  grandiasioio  iogqpM 

e  dottrina.  Par.  10,  115. 
Cerro -sorta  d'albero.  Pg.  31  ,  71. 
Certi  -  per  alcuni.  Pg.  26  ,  14. 
Certificato  -  per  certo.  Par.  9  ,  18. 
Certo  -  per  vero ,  reale.  Io.  1 ,  66. 
Cervice  -  parte  deretana  del  capo  ,  cot- 

finante  evi  collo.  Pg.  11 ,  53. 
Cesare  -  per  ogn'  imperadore.  Par.  1,  S9. 
Cessare  -  per  ischivare.  In.  17 ,  33.  hi. 

25,  133.  per  uscir  di  mente.  Pv.SS, 

61. 
Cessare  stallo  -  per  dipartirsi  ,  molali 

stanza.  In.  33  ,  102. 
Cesso  -  itare  in  ee$$o^  cioè  ,  cessare.  la. 

22,  100. 
Cesto  -  pianta  di  frutice  o  d'  erba  :  bì 

più  propriamente  quella  pianta  cbes»> 

pra  una  radice  produce  molti  genMh 

gli.  In.  13 ,  142. 
Che -per  dove,  nella  quale.  Io.  1,4. 
I     per  quando.  In.  32  ,  125.  per  di  cka, 
I     deUe  quali.  Par.  1 ,  27. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


S83 


Che  -  questa  partieella  qualche  volta  noo 

'  non  par  la* 
8k.  e  io  altri 


ai  esprìme/  E  per  dolor  non  par  la* 
érima  ipanda.  Io.  18 ,  ^ 


luoghi. 
Che  che  -  quabiroglia  cosa  che.   Pg. 

SS,  5. 
Ched  -  che  ;  quando  segue  vocale.  Io.  7, 

84.  SI  ,  138 ,  34.  113.   Pg.  1 ,  17. 

ma  ciò  non  s'osserva  sempre. 
Cheggia  -  per  cerchi ,  vert>o.  Pg.  16, 83. 
Ghesgio  -  chiedo.  Io.  15 ,  120.  Par.  8 , 

Cbelidro  -  sorta  di  serpente  acquatico.  In. 
S4  ,  86. 

Ch*  el  sostenne  -  cioò  ,  ch'egli  sostenne. 
Par.  26 ,  59. 

Cherco  -  cberico  «  uomo  di  chiesa.  In. 
7,  38.    46.  15,  106.  18,  117. 

Chereuto  -  che  à  la  cherìca.  In.  7 ,  39. 

Chi- in  vece  di  persona  che.  In.  1,  63. 

Chiamare  -  per  gridare,  dai  latino  etama" 
r$.  Pg.  22 ,  38. 

Chiamare  -  per  riconoscere  ,  o  chiedere. 
Pg.  7  ,  123.  per  aver  bisogno.  Par. 
10,  15. 

Chiamar  mercè  -  dimandar  guiderdone. 
Pg.  29 ,  39. 

Chiappa-per  cosacomoda  a  potersi  chiap- 
pare. In.  24 ,  33. 

Chiarire  *  per  cavar  di  dubbio.  Par.  9 , 
2.  per  rilucere.  Par.  9 ,  15. 

Chiarità  -  chiarezza.  Par.  21 ,  90. 

Chiaro  -  per  manifesto ,  noto.  Par.  22 , 
146.  Far  chiaro ,  per  isoienre ,  scio* 
gliere  un  dubbio,  rar.  o,  91, 

Chiaro  -  per  chiaramente  ,  in  forza  d'av- 
verbio. In.  11 ,  67. 

Chiavare* per  senior  con  chiave.  In. 
33  j  46.  per  inchiodare.  Pg.  8 ,  137. 
Par.  19.  105. 

Chiave  bianca  e  gialla -le  due  chiavi 
del  sommo  pontefice ,  1*  una  d'argento, 
l'altra  d' oro;  simbolo  della  sua  suprema 
potestà  e  giurisdizione  ecclesiastica: 
quella  d*  argento  significa  la  dottrina 
o  scienza;  e  quella  d'avo,  f auto- 
rità. Pg.  9 ,  117  •  «  aegg.  Par.  5 ,  à7. 
Chiave  di  eenso  - 1' aiuto  de'  sensi  a  co- 

ooaeer  le  cose.  Par.  9 ,  54. 
Chiavo  •  per  chiodo.  Par.  32 ,  129. 


Chi  eran  '  le  genti  -  cioè  ,  quali.  Par. 
16,26. 

Ghiere -chiede.  Par.  3;,  93. 

Chinare  •  quato  mondo  China  aia  T  om- 
bra qucui  al  letto  piano  ,  ciò  succede 
poco  prima  che  levi  il  sole  ;  perchè 
allora  V  ombra  che  surge  la  sera ,  e 
di  mezza  notte  è  altissima  ,  viene  a 
chinarsi ,  e  quasi  ad  appianarsi  affat- 
to. Par.  30  ,  2. 

Chinato  d*  una  torre  -  per  quella  parte  , 
verso  dove  pende  essa. torre.  In.  31, 
137. 

Chioccio  -  rauco ,  e  che  imita  il  suon 
della  voce  della  chioccia.  In.  7  ,  2. 
32,  1. 

Chioma  -  per  li  rami  d'  un  albero  spo* 
ghati  di  frondi.  Pg.  32 ,  40. 

Chioma  della  rocca  -  il  lino  o  la  lana  che 
si  fila.  Par.  15  ,  124. 

Chiome  del  fiore -cioè,  foglie , là  ne(a(a 
Par.  32 ,  18. 

Chiosa  -  spiegazione.  Pg.  20  ,  99.  Par. 
17  ,  94. 

Chiosare  -  spiegare  col  mezzo  di  chiosa 
0  cemento.  In.  15  >  89.  Pg.  11,  1^1. 

Chiostra -per  vallone  o  bolgia  dell'in- 
ferno. In.  29,  40.  Pg.  7,  21.  Cosi 
il  Petrarca  nel  sonetto  159.:  Per  qui- 
tta di  bei  colli  ombroea  ehioitra, 

Chiovo  -  chiodo,  Pg.  8,  138. 

Chiudere  -  per  chiudersi.  Par.  12  ,  27. 

Chiudere  •  n*  ehime  la  mente  ,  cioè  ,  si 
smarrì ,  lasciò  di  esercitare  le  sue  fut^ 
ziooi.  In.  6,  1. 

Chiuder  le  mani  a  chi  che  sia  -  per  pre- 
garlo a  man  giunte.  Par-  33  ,  39. 

Chiudessi  -  per  chiudesse  ,  in  rima.  In. 
9,  60. 

Chiusa  chiusa -benissimo  serrata,  in  forza 
di  superlativo.  Par.  5 ,  138.  cosi ,  bnn' 
na  bruna ,  quatto  quatto  ;  ed  altre  ma- 
niere simili. 

Chiuso  •  per  occulto.  In.  25  »  147.  Pg. 
22 ,  90.  per  oscuro  ,  coperto.  Pg.  12. 
87.  Par.  11 ,  73. 

Chiuso  ad  altro  intendere  -  cioè ,  occu- 
pato in  maniera  che  altro  non  possa 
intendere.  Pg.  32  ,  93. 

Ci  à-in  rima  con  oncia.  Io.  30 ,  87. 


sci 


DIZIONARIO 


«.*iacco  -  porco ,  in  lingua  fiorentina.  In. 
6  ,  52. 

Cibare  -  per  pascersi*  In.  1  ,  103.  Altri 
spiegcino  ,  pascere  :  ma  pare  a  noi  ma- 
lamente ;  perchè  dicendosi  »  Questi 
non  ciberà  terra  né  peltro  ;  questi  non 
può  essere  che  caso  retto  ,  nel  nu- 
mero singolare. 

Cibi  di  liquor  d'  ulivi  -  sottintendi ,  con- 
diti. Par.  21.  115. 

Cicognino  -  figli uol  picciolo  della  cicogna, 
Lat.  ciconiae  putlus.  Pg.  25 ,  10. 

Cieco  fiume  -  cioè  ,  occulto  ,  che  passa 
per  luoghi  bui,  Pg.  1 ,  ft>0. 

Cielo  ,  chiama  Dante  V  anima  eh'  è  so- 
stanza spirituale.  Pg.  21  ,  kk. 

Ciclo  primo  j  chiama  Dante  l'Empireo. 
Pc,  30  .  1.  Cielo  eh*  è  pura  luce ,  lo 
slesso.  Par.  30,  39.  Cielo  della  pace 
divina ,  lo  stesso.  Par,  2 ,  112.  Sem- 
pre quieto.  Par.  1,  122. 

Cielo  stellato -Par.  2.  115. 

Ciel  velocissimo ,  chiama  Dante  il  primo 
mobile  ,  secondo  il  sistema  di  Tolom- 
meo  ,  allora  comunemente  ricevuto. 
Par.  27    99. 

Cigli  -  per  ciglia.  Par.  19 ,  9k. 

Ciglio  -  dicesi  la  stella  di  Venere  vagheg- 
giare U  sole  da  ciglio  ,  quando  ella 
comparisce  in  cielo  la  mattina  ,  in- 
nanzi di  esso.  Par.  8  ,  12. 

Cigner  -  per  cerchio.  Far.  28  ,  23. 

Cigolare  -  quello  stridere  e  soffiare  che 
fa  il  tizzon  verde  ,  quando  è  posto 
sul  fuoco.  In.  13  ,  42.  per  lo  stridere 
delle  bilance.  In.  23 ,  102. 

Cilestro  colore  •  proprio  del  cielo  ;  eh*  è 
un  azzurro  alquanto  men  carico.  Pc. 
26.6, 

Cima  -  per  fraschetta  ,  ramuscello.  In. 
13,  U. 

Cima -per  dignità,  splendore.  Pg.  19, 
102. 

Cima  dell*  albero  del  Paradiso  •  è  lo  stesso 
Dio.  Par.  18 ,  29. 

Cima  nel  mondo  -  sono  le  sostanze  incor- 
poree ,  0  vogliamo  dire  intelligenze. 
Par.  29.  32. 

Cimiterio  di  s,  Pietro  ,  chiama  Dante  la 
città   di  Roma ,  oTe  il  grande  apo- 


stelo  fu  seppellito.  Par.  27  ,  23. 

Cinghiare -cignere,  fasciare ,  comprende* 
re.  In.  5,  2. 

Cinghio  -  per  balzo  di  montagna.  Pg.  4, 
51.  per  cerchio,  o  luogo  in  giro.  Io. 
18,  7.  Pg.  13,  37.  22,  103.  perrifi 
intorno^  che  serra.  In.  24,  73. 

Cinquecentesimo  anno- In.  24,  108. 

Cinquecento  diece  e  cinque  -  intride  ì 
Poeta  per  questi  numeri  (  il  prìmodflT 
quali  vien  segnato  appresso  i  Roman 
colla  lettera  D  ,  il  secondo  colla  let- 
tera X ,  e  il  terzo  colla  lettera  V  ) , 
intende ,  dico>  la  parola  DV^X,  che  si- 
gnifica capitano ,  condottiere  d'esercir 
io  ;  forse  Arrigo  VI.  imperadore.  Pg. 
33 ,  43. 

Cinto  di  Delia  -  quel  cerchietto  di  colori 
diversi ,  che  apparisce  intomo  alla  Inn 
quando  l'aria  è  turbata.  Pg.  29,  78. 

Cintura  Che  fosse  a  veder  più  che  la  pei^ 
sona-  cioè,  che  più  tirasse  a  sé  roc- 
chio de' riguardanti  per  la  sua  prezio- 
sità ,  che  non  faceva  la  donna ,  ÌDlor> 
no  a  cui  era.  Par.  15  ,  101.  imitato 
forse  da  quel  d'Ovidio,  al  verso 313. 
de'  suoi  Rimedi  d' Amore  : 

Auferimur  euUu:  gemmis  auroque  teguntf. 

Omnia ,  pars  minima  est  ipsa  pudla  mi. 

Ciocca  di  capelli -In.  32»  104.  v.  af- 
fetto. 

Ciocco -ceppo  da  ardere.  Par.  18, 100. 

Cionco  -  mozzo ,  tronco.  In.  9  >  18. 

Ciotto  -  per  zoppo.  Par.  19,  127.  il  Ctoè- 
to  di  Gerusalemme,  y.  Carlo  IL  re  H 
Puglia  e  di  Gerusalemme,  nella  parto 
seconda  delle  Storie. 

Circa  -  per  intorno.  Par.  12,  20. 22,  lU. 

Circondar  la  misura  a  che  che  sia -per 
misurare.  Par.  28,  73. 

Circonfulse  -  risplendette  attorno.  P^*  30« 
49. 

Circonscritto -terminato  ,  contenuto,  tp 
11,  2.  Par.  14,  30. 

Circonscrivere  -  terminare.  Pg.  25 ,  H. 
per  legare  attorniare.  Par.  30,  66. 

Circonspetto  -  guardato  bene  attorno.  Ptf* 
33,  129. 

Circuire  -  per  attorniare  ,  stare  attorM< 
Par.  12,  86.  29,  54.  ò  yoce  latioi. 


DELLE  PAROLE  £  FfLVSL 


565 


Circolare  -  andare  intorno.  Par.  13,  21. 
Circular  natura  -  per  la  sostanza  de*  corpi 
celesti.  Par.  8.  127. 

Circulata  melodia  •  canto  di  chi  si  gira  in- 
torno. Par.  23,  109. 

Circulazione-giro,  cerchio.  Par.  33,  127. 

Circiinciiito  -  circondato.  Par.  28,  28. 

Cirro  negletto  -  per  cai)ello  rabbudato  e 
mal  pettinato.  Par.  0,  46.  dalia  voce 
latina  cirrus. 

Ci^^terna  -  per  luogo  profondissimo.  In. 
33.  133. 

Citarista  -  sonator  di  cetra.  Par.  20,  ìk^. 

Citerna-cisterna, fonte, pozzo.  Pg.  31, 141. 

Cive  -  per  cittadino,  in  rima.  Pg.  32, 101. 
Par.  8,  116.  Lat.  civis. 

Cive  -  por  animale  politico  ,  che  vive  in 
cittaiiiiiaiiza  come  fanno  gli  uomini.  Par. 
8.  116. 

Ciiitretto  -  ciocca  di  capegli,  eh*  è  sopra  la 
fronte.  In.  28.  33. 

Civi  -  cilladini,  far  civi ,  per  salvar  gli 
uomini.  V  tarli  cittadini  del  regno  eter- 
no. Par.  24.  43. 

Ctot7ì,  chiama  il  Poeta  nostro ,  alla  fog- 
gia de*  Latini ,  Atene  e  Sparta  ;  cioè , 
Sovernate  con  ottime  leggi,  e  nemiche 
ella  prepotenza  e  della  tirannide.  Pg. 
6,  140. 

Classe  -  per  armata  navale.  Lat.  elastit. 
Par.  27,  147.  qui  Gguratamente. 

Claustro-chiostro,  serraglio,  steccato.  Pg. 
32,  97.  Lat.  daustrum. 

Clima  -  spazio  di  terra  e  di  cielo,  conte- 
nuto da  due  circoli  paralleli,  tanto  lon- 
tani fra  di  loro,  che  il  maggior  di  dei- 
r  uno  avanzi  quel  dell'altro  d'una  mez- 
z'  ora  ,  questi  climi  sono  molti.  Clima 
primo,  di  qua  dall'equatore,  verso  il 
tropico  del  Cancro.  Par.  27,  81. 

Clivo  -  per  riva  di  fiume,  posta  a  pendio. 
Par.  30,  109.  Lat.  elitus. 

Co  -  per  capo,  termine,  ma  è  parola  lom- 
barda. In.  20  ,  76.  21  ,  64.  Pg.  3  , 
128.  Par.  3,  96. 

Coagulare-  quagliare,  rapprendere,  nella 
maniera  che  del  latte  si  fa  il  formag- 
gio. Pg.  25,  50. 

Coartare  -  per  troppo  ristrigoere.  Par.  12^ 
126.  Lat.  eoarctare. 


Cocca  -  tacca  della  freccia  ,  nella  quale 
entra  la  corda  deli*  arco.  In.  12 ,  77. 
17,  136.  Par.  8.  103. 
Cocco  -  grana  colla  quale  si  tingono  i  pan- 
ni in  vermiglio.  Pg.  7,  73. 
Cocolla  -  abito  di  monaco.  Par.  22.  77. 
Cogliere  -  per  unire  ed  accordare.  Par. 

12,  6. 
Cogliere  suo  viaggio  -  cioè  ,  ritrovare  il 

dritto  cammino.  In.  27,  16. 
Cola  -  per  cole,  riverisce.  In.  12,  120. 
Colei  -  per  quella,  riferito  alla  rena  o  sab- 
bia. In.  14,  14. 

Collegi  duo-per  le  due  grandissime  schie- 
re, una  de^li  eletti,  l'altra  de' reprobi, 
nel  giorno  fìnale.  Par.  19,  110. 

Collegio  -  per  popolo  che  si  governi  a  re- 
pubblica. Par.  6,  45. 

Colletto  -  raccolto.  Pg.  18,  51.  Lat.  col- 
lectus. 

Collo  -  per  colle,  in  rima.  Par.  4,  132. 

Collo -Jmzare  il  collo  a  che  che  sia  , 
alzare  gli  occhi  verso  qualche  cosa,  e 
cominciare  a  contemplarla.  Par.  2,  10. 

Colloca  -  coir  accento  acuto  sulla  secon- 
da sillaba ,  in  grazia  della  rima.  Par. 
28,  21. 

Collo  della  cetra  -  cioè  ,  manico  dove  si 
congegnano  i  bischeri  o  legnetti  a'quali 
s' attaccano  le  corde.  In  quella  parte 
dello  strumento  viene  a  darsi  forma 
al  suono  ,  colle  dita  del  sonatore.  Par. 
20,  22. 

Colmo  -  per  meridiano  ;  cioè ,  punto  dove 
il  sole  arriva  nel  mezzogiorno.  In.  34, 
114. 

Colonna  del  vaio  •  arme  de*  Billi  j  fami- 
glia nobile  fiorentina.  Par.  16 ,  103. 
V.  Fato. 

Colorato  -  colorito,  infiammato, Pg.  33,  9. 

Colorato  in  rosso -In.  10,  86.  Cosi  il 
Petrarca  nella  canzone  5.:  E  Unto  in 
rosio  il  mar  di  S<Uamina. 

Colore  -  per  fiore  colorito.  Pg,  28  ,  68. 
Cosi  Properzio  nella  2  elegia  del  1  libro: 

Aspiee  quos  iummittit  humus  formoia  eo- 
Unts. 

Colore  Che  fa  1*  Qom  di  perdon  talvolta 
degno  •  intendi  l' onesto  rossore,  la  Ter- 
gogna.  Pg.  5^  SO. 


ÌS66 


DIZIONARIO 


Coloro  Che  qaeflto  tempo  diiameranno 
antico  -  cioè ,  la  posteriti.Par.  17, 
119. 

Colpa  -  per  accusa  »  o  sinistra  opinione 
che  scabbia  di  chi  che  sia.  Par.  17.  52. 

Colpa  di  quella  -  cioè,  per  colpa  di  quella. 
Pg.  32 ,  32. 

Colpo  -  per  piaga.  Pg.  22,  3. 

Colto  -  coir  o  stretto ,  per  colto ,  sacrifi- 
zio,  in  rima.  Par.  5 ,  72.  fuor  di  ri- 
ma. Par.  22.  ^5. 

Colubro  -  coir  accento  acuto  sulla  secon* 
da  sillaba,  in  grazia  della  rima  ,  per 
serpente  ,  aspide.  Par.  6,  77,  Lat.  co- 

Colui  che  mai  non  vide  coda  nuova  -  cioè, 
Iddio ,  il  quale  fino  da*  secoli  etemi 
ebbe  in  mente  1*  esemplare  di  tutte  le 
cose.  Pg.  10,  9^. 

Com  -  per  come  ;  benché  seguiti  conso- 
nante, in  grazia  del  verso.  In.  26, 12. 
Pg.  11,  92.  32,  129.  Par.  22 ,  IW. 
Cosi  il  Petrarca  nel  sonetto  229.  : 
Corni  perde  ageioolmente  in  un  matti" 
no  ec. 

Combattéo -per  combattè.  In.  5,  66. 

Combattere  alcuno  *  per  assaltarlo.  Pg. 
24,  123. 

Combusto-  abbruciato.  In.  1  ,  75.  Pg. 
29 ,  118.  Lat.  combuitus. 

Come  -  per  quando  ,  in  quella  che.  Pg. 
15,  82.  Par.  26,  U2.  30,  7.  per  se- 
condo che.  Par.  32  ,  141.  per  tosto 
che.  Par.  12,  58.  15,  74. 

Come  - 1(  come  ,  per  la  quistione.  Pg. 
25  ,  36.  Il  come  e  7  quando  Del  dire 
e  del  tacer,  cioè,  la  maniera  e1  tempo 
del  parlare  e  del  silenzio.  Par.  21,  46. 

Comechè  -  per  ovunaue.  In.  6  ,  5  .  6. 

Come  pria  -  per  subito  che.  Lat.  iimul 
ac.  Par.  9  ,  17. 

Comiociarsi-  per  cominciare.  Pg.  26,11. 

Commedia  -  coli'  acuto  sulla  penultima  sil- 
laba, per  lo  poema  di  Dante.  In.  16, 
128.  21  ,  2.  V.  r  Ercolano  del  Var- 
chi ,  a  carte  275.  Perchè  Dante  cosi 
chiami  questo  suo  poema ,  v.  sotto  , 
alla  voce  Tragedia. 

Commendare  -  per  consegnare,  raccoman- 
dare. Par.  6  ,  25. 


Gommeosarare  -  paragonare  ona  cosa  col» 

l' altra ,  bilanciare.  Par.  6  ,  118. 
Commettere  -  mani  commette^  cioè,  dita 

d' ambe  le  mani ,  intrecciate  insknie. 

Pg.  27 ,  16. 
Commisa  -  per  commessa ,  io  rima.  I^ 

6 ,  21.  e  voce  latina. 
Commoto  -  conunosso.  Par.  32 ,  00.  Lai 

eommofiM. 
Comò  -  per  come,  in  rima.  In.  24 ,  113. 

Pg.  23 ,  36. 
Corfipage  -  per  densità.  Par.  13  ,  6.  Lai. 

compages. 
Compagna  -  per  compagnia.  In.  26, 101. 

Pg.  3 ,  4.  23 ,  127. 
Compartire   vice  e  uGcio  -  distribuire  i 

ministeri.  Par.  27 ,  16. 
Compatire  ad  alcuno  -  Pg.  30 ,  95. 
Compenso  -  per  modo  ,  maniera ,  mezu. 

In.  11 ,  13.  Metter  compemo^  pet  Ur 

tollare ,  soddisfare.  Par.  9  ,  19. 
Compiacemmi  -  mi  compiacqui,  in  rima. 

Par.  15 ,  88. 
Compiangersi  -  per  aver  pieti.  Io.  2, 94. 
Compianto  -  sustantivo,  pianto  di  molti  in* 

sieme ,  condoglienza.  In.  5 ,  Sk 
Compier  -  coir  acuto  sulFultima,  compire. 

Pg.  20  ,  38.  e  per  si  compirono,  b. 

21  ,  114. 
Compìési  -  per  compiessi  o  si  compiè,  io 

rima.  Pg.  20 ,  141.  v.  U  Varchi  nel- 

r  Ercolano  ,  a  carte  206. 
Compilare  -  per  ordinare.  Pg.  21 .  27. 
Compio  -  compi.  In.  23  ,  34. 
Comportare  -  per  concedere.  Par.  25.  €3. 

per  soflerìre ,  sostenere.  Par.  32, 100. 
Compugnere  il  cuor  di  paura  •  In.  1,  IS. 
Con  amore  -  cioè ,  per  forza   d' amore. 

Par.  33 ,  86. 
Conca  -  per  valle.  In.  9  ,  16. 
Concedere  •  per  confessare.  Par.  90, 21. 
Concedette  -  concesse.  In.  5 ,  119. 
Concepe  -  concepisce,  in   rima,  fu»  2 . 

37.  29 ,  139.  fuor  di  rima.  Pg.  28 . 
•    113. 

Conceperi  -  concepirà.  Par.  33 ,  75- 
Concetto  -  per  isMnagine.  Par.  3  >  60. 
Concetto  ditiso  -  chiama  Dante  il  pessiafo 

deir  uomo  ,  che  va  e  toma  ,  e  s  ia- 

terrompe.  Par.  29 ,  81. 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


567 


Concetto  mortale  •  iuteodimento  umano. 
Par.  33 ,  68. 

Concilio  -  per  coropagnia  di  molti.  Par. 
26,  120. 

Concilio  antico  e  nuovo-  i  santi  del  vec- 
chio e  del  nuovo  Testamento.  Par.  23, 
138. 

Concipio-  immagino,  concepisco.  Par.  27, 
63.  è  voce  latina. 

Concolore  -  d*  un  medesimo  colore.  Par. 
12,  11.  Lat.  coficolor. 

Concorde  -  per  concordi ,  in  rima.  Par. 
15,  9. 

Concreato -insieme  creato.  Par.  29,  31. 
Concreata  sete ,  per  desiderio  innato. 
Par.  2 ,  19. 

Condizionare  -  per  abilitare,  render  atto. 
Par.  ih,  kS. 

Condolémi-io  mi  condoleva.  Pe.  21  6. 

Conducere  -  condurre.  Pg.  1 ,  69.  è  voce 
latina. 

(>>nducitrice  -  donna  che  conduce.  Pg. 
32,  83. 

Condurre -per  muovere,  come  fa  V  ani- 
ma le  membra  del  corpo.  In.  16, 6h, 
Dum  tpirùui  hot  reget  arhUj  disse  Vir- 
gilio. 

Conesso  i  due  -  co*dne.  Pg.  ih,  96.  Comìso 
'l  iòUe  mischio,  col  dolce  mischio.  Par. 
25,  131.  Conesso  i  fiit  co' piedi.  Pg. 
h ,  27.  Cernesse  «n  eolpo^  con  un  colpo. 
In.  32 ,  62. 

Confesso  -  per  chi  à  fatta  la  confessione 
de  suoi  peccati.  In.  27,  83.  pi^r  con- 
fessato. Par.  17 ,  30. 

Confidar  del  cammino  -  cioè  «  di  non  fal- 
lare la  strada.  Pff.  ih,  129. 

Confitto  -  per  crocifisso.  In.  23  ,   115. 

Conflato  -  per  mescolato  insieme  ,  e  ri- 
dotto a  formare  una  sola  cosa.  Par, 
33  ,  89.  Lat.  confiaius. 

Conformato  -  per  conforme.  Par.  2 ,  I3(k. 

Confortar  la  memoria  di  chi  che  sia  - 
cioè  ,  ristorare  la  buona  fama  che  al- 
cuno abbia  perduta  non  per  sia  colpa. 
In.  13^  77.  V.  Riconfortare. 

Conforti  -  per  consigli ,  esoitaiioui.  In. 
28 ,  135. 

Congaudete  -  cioò ,  godete  d'  accordo.  P^. 
21  ,  78. 


Congiungnersi  a'qualche  luogo  -  per  avvì- 
cinarvisi  bene.  In  31  ,  25. 

Congiurare  -  per  iscongiurare.  In.  9,  23. 

Congratulando  a  lor  pasture  -  cioè ,  ralle- 
grandosi insieme  de' lor  pascoli.  Par. 

18,  n. 

Coniare -batter  moneta.  In.  30,  ili. 

Conio -per  quel  ferro  nel  quale  è  inta- 
gliata la  ngura  che  à  da  imprimersi 
nella  moneta.  In.  30,  115.  Par.  19, 
1^1.  24 ,  87.  29 ,  126. 

Conio  -  femmine  da  conio ,  cioè ,  diso- 
neste ,  da  corrompere  con  pecunia.  In. 

18 ,  66.  y.  sopra ,  Com. 

Con  meco  -  In.  33 ,  39.  Il  Petrarca  pa- 
rimente, nel  sonetto 28.  :  C ilmornon 
venga  sempre  Bagionando  con  meco^ 
ed  io  con  lut. 

Conoscitore  -  che  conosce.  In.  5  ,  9. 

Conquiso  -  ridotto  a  mal  termine ,  quasi 
estinto.  Pg.  23 ,  hi. 

Consegue  vicenda  -  cioè  ,  patisce  muta- 
zione di  stato.  In.  7,  90. 

Consentire  a  sé  stesso  -per  credere  a  se 
stesso.  In.  25 ,  48. 

Conserto  -  per  intrecciato,  inserito.  Par. 

19,  3. 

Conservo  -  compagno  nel  servire.  Pg.  19, 
134. 

Consiglio  -  per  consigliere.  Pg.  13 ,  75. 
per  Tolontà.  Par.  19,  96.  20,  41. 

Consiglio  -  il  primo  consiglio  efie  die  Cri- 
sto ,  fu  quello  della  povertà.  Par.  12 , 
75. 

Consiglio  che*l  mondo  governa-  la  divina 
provvidenza.  Par.  21 ,  71. 

Consisterò  -  per  adunanza  di  soggetti  no- 
bili. Par.  16,  114.  per  lo  collegio  de- 
gli angeli.  Par.  29,  67.      . 

Consonare  -  per  accordarsi.  Pg.  22,  80. 

Consorte  *  per  compagno  e  condannato 
alla  medesima  pena.  In.  19,  32.  per 
congiunto.  In.  12,  84. 

Consorte  -  per  consorti,  in  genere  fem- 
minino, in  rima.  Par.  21,  78. 

Consorti'  -  per  diiceodenti  da  uno  stesso 
ceppo.  Pg.  11,  69* 

Consorto  -  per  compasno,  consorte,  par- 
tecipe dello  stesso  bene.  Par.  1  $  69. 
Là  V  è  mssUcr  M  contorfo,  o  divieto. 


508 


DIZIONARIO 


l)arla  de*  beni  di  fortuna  ,  ne*  quali  o 
bisogna  aver  compagno,  e  cosi  posse- 
derne meno  ;  o  è  necessario  che  molti 
ne  i-estino  aflatto  senza,  e  cosi  ne  pa- 
tiscano divieto.  Pg.  ìk ,  87.  15 ,  ^5. 
A  tal  proposito  cosi  divinamente  Boe- 
zio ,  nella  prosa  5.  del  2.  libro  de  Con- 
solatione  Philosophiae  :  0  igilur  an- 
§usta$  inopesque  divitias  ,  quas  nec  ha- 
bere  totas  pluribus  licet  ,  et  ad  quem* 
libet  sine  ceterorum  paupertate  non  ve- 
niunt ! 

Consperso  -  sparso.  Pg.  5  ,  20. 

Consumare-per  finire,  compire.  In.  2,  &>!. 

(^onsunsi  -  consumai.  Par.  33  ,  84. 

Consunto  -  per  consumato.  Lu.  11,  66. 
Par.  26 ,  5.  per  morto  ,  ucciso.  In. 
34,  IH.  Lat.  consumius. 

Consuonare -per  accordarsi.  Par.  19,  88. 

Contare  -  per  riputare.  Pg.  20 ,  78. 

Contastare  -  contrastare.  In  28  ,  14. 

Con  teco  •  Pg.  22  ,  58.  v.  Con  meco. 

Contegno-  per  condizione,  qualità.  In.  22, 
17. 

Contemplante- che  contempla.  Par.  32,  1. 

t^ontemplare  a  che  che  sia  -  Par.  28 ,  57; 

Contendere  -  per  attendere  j  por  mente. 
Pg.  23  ,  W. 

Contentato  -  contento.  Pg.  24  ,  63. 

Contente  a  breve  festa  •  cioè  ,  di  breve 
festa.  Pg.  26  ,  33.  v.  Contento  alla 
pelle. 

Contento  -per  conteoato.  In.  2,  77.  Par. 
2,  114. 

Contento  -  per  lieto.  In.  19  ,  122.  Altri 
spiegano  ,  attento. 

Contento  «Ila  pelle -cioè,  della  pelle.  Par. 
15  ,  116. 

Contezza  -notizia.  Pg.  20  ,  29.  24,  36. 

Conti  -  per  li  santi  del  Cielo.  Par.  25, 42. 

Contigiato  -  ornato  di  oontigia.  Contigie 
erano  calze  solate  col  cuoio ,  stampate 
intomo  al  pie  ,  ma  prendevasi  questa 
voce  per  ogni  maniera  di  leggiadro  or- 
namento. Par.  15  ,  101. 

Continenza  -per  misura.  Par.  33  ,  117. 

Continga  -  avvenga.  Par.  25 , 1.  Lai.  con- 
tinuai. 

Contingente  -  por  cosa  che  non  aia  nnoes- 
aahamente ,  ma  che  possa  essere  e  non 


essere.  Par.  13 ,  99.  17  ,  16. 
Contingenza  -  per   cosa  che  duri  picciol 

tempo.  Par.  13,  63.   64.  per  le  cose 

contingenti ,  cioè  che  non  esistono  per 

necessità.  Par.  17  ,  37. 
Continuare  al  primo  detto  -  cioè  ,  aggiu- 

gnere  altre   parole  alle  già  dette.  In. 

10 .  76. 
Conto  -  cognito  ,  certo,  chiaro,  illustre, 

manifesto  ,  noto.  In.  3,  76.  10,  39. 

21,  62,  33.31.  Pg.  2,  56.   13,103. 

15,  12.  Par.  25,  10. 
Contraddir  con  alcuno  -  cioè,  ad  alcuno. 

Par.  4,  99. 
Contraddizione  -  per  due  proposizioni  con- 
traddittorie ,  una  delle  quali  bisogna  per 

necessità  che  sia  vera  ,    V  altra  fabm. 

Par,  6,  21. 
Contra  *1  corso  del  ciel  -  verso  V  oriente. 

Par.  6,  2.  Contro  7  «ole ,  verso  Torieo- 

te.  Par.  9,  85. 
Contrappasso -la  pena  del  taglione;  cioè, 

quando  il  gastigo  è  in  tutto   simile  al 

delitto.  Oculum  prò  oculo  ,  dentempn 

dente  ,  animam  prò   afiima  ,    legge^ 

nella  divina  scrittura.  In.  28,  142. 
Contrappcsare  -  adeguar  eoo  peso  ,  bilan- 
ciare. Par.  21 ,  24. 
Contraro -contrario,  in  rima.  Pg.  18, 15. 
Contrarre  -  per  unire  a  so.  Par.  7 ,  45. 
Contro  a  grato  -  di  mala  voglia,  contrai 

proprio  piacere.  Par.  4 ,  101. 
Gontnmacia-tnorire  in  cof/Uumacia  dimoia 

chi0ia  9  cioè ,  scomunicato.  Pg.  3>  136. 
Con  tutto  che -benché.  In.  27  ,  11. 
Convegno  •  per  condizione  «  patto.  In.  S, 

135. 
Convegnon  essere-è  necessario  che  riaoo. 

Par.  2 ,  70. 
Conviene  -  convengono.  Par.  5  ,  43. 
Convenenza  -  convenienza*  Par.  88^76. 

per  patto.  Par.  5 ,  45. 
Conveoette  r  convenne ,  in  rima.  In.  25, 

42, 
Convenien  -  convenivano.  In.  31 ,  69. 
Convenire  •  per  adonarsi.  In.  3  ,  123. 
Convenirsi -per  aliarsi ,  esser  confDroe. 

In.  4 ,  91.  34  ,  30.  per  congiogoeni. 
Pg.  5  ,    121.  per  accordarsi  ,  ooadi- 

scendere,  dar  piena  fede.  Par.  26»  1S3* 


I 


DELLE  PAROLE  £  FRASL 


S(i9 


3.1  ,  137. 

Convento  -  adunanza ,  congregazione.  Pg. 
21  ,  62.  Par.  30 ,  129.  Lat.  eonvenlm. 

Convento  primo  dì  Cristo  -  cioè  ,  gli  apo- 
stoli. Par.  29 ,  109. 

Conversi  -  per  abitatori  d*  una  chiostra  o 
bolgia,  allude  a' conversi  de' frati,  per 
aver  detto  chiostra.  In.  29  ,  &1. 

Convertire  -  per  digerire.  In.  30 ,  53. 

Convien  esser  diverse  -  cioè  ,  che  siano 
diverse.  Par.  8 ,  123. 

Convolto  -  imbrattato,  sporcato.  In.  21, 
&6.  Cosi  spiegano  gli  Accademici  della 
Crusca  nel  Vocabolario. 

Coperchiare  -  coprire.  In.  23,  136.  Pg. 
Xh  »  o. 

Coperchio  piloso  -  perii  capelli.  In.  7,  46. 

i^oppa  -  per  la  parte  di  dietro  del  capo. 
In.  25 ,  22.  Lat.  occiput.  Dicesi  la  stella 
di  Venere  vagheggiare  il  sole  da  cop- 
pa ,  quando  la  sera  sL  vede  rilucere 
dopo  ch'egli  è  tramontato.  Par.  8  ,  12. 

Coppo -per  lo  concavo  del  ciglio.  In.  33, 

Coprir  le  guance  -  per  metter  la  barba. 
Par.  27  ,  129.  Virgilio  disse  in  questo 
senso  ,  neir  8.  dell'  Eneida  ,  al  verso 
160.  :  Tum  mihi  prima  genas  vestìbai 
fiore  juvenlas  ;  e  Lucrezio  prima  di  lui 
aveva  scritto  ,  al  verso  886.  del  5.  li- 
bro della  Natura  delle  Cose  :  Tum  de- 
nwm  pueris  aevo  fiorente  juventas  Oc' 
^  cipit ,   el  moUi  vestii  lanugine  malas* 

Coram  me-  voci  latine,  alla  presenza  mia. 
Par.  25  ,26. 

Coram  patre  -  voci  latine ,  al  cospetto  del 
padre.  Par.  11 ,  62. 

Corata  -  polmone.  In.  28  ,  %6. 

Corcare  -  coricare  ,  era  il  sole  nel  corca- 
re, cioè  ,  nel  tramontare.  Pg.  17 ,  9. 

Corcarsi  -  coricarsi ,  mettersi  a  giacere. 
^In.  17,  30. 

Cordigliero  -  cioè  ,  frate  zoccolante  di 
».  Francesco,  i  quali  frati  vanno  cinti 
a  traverso  con  una  còrda.  In.  27  ,  67. 
I  Francesi  chiamano  cordeliers  tutti  i 
religiosi  francescani. 

Cornice -per  girone  di  montagna.  Pg.  17, 
131.  Par.  15,  93. 

Comi  della  croce  -  cioè  »  punte  de'  suoi 


Iati.  Par.  18 ,  9k. 
Corno  -  per  polo.  Par.  13 ,  10.  per  pun- 
ta 0  lato  di  che  che  sia.  Par.  14 ,  109. 
come  la  Puglia  è  detta  dal  Poeta  nostro. 
corno  d^  Ausonia»  Par.  8,  61.  v.  Cor- 
ni  della  Croce. 
Corollario  -  conclusione  che  da'  flIosoG  e 
da  matematici   si  ricava  oltre  le  prin- 
cipali. Pg.  28  ,  136.  Par.  8  ,  138. 
Corona  -  per  ghirianda  ,  ornamento  fem- 
minile. Par.  15 ,  100. 
Corpo  maggiore ,  chiama  Dante  il  primo 
mobile  eh*  è  il  cielo  più  vasto  di  tutti 
gli  altri.  Par.  30  ,  39. 
Corporai  -  corporali.  Par.  28,  64. 
Corravàm  -  correvamo.  In.  8,  31, 
Corredarsi  -  fornirsi  ,  adornarsi.  Par.  6, 

112. 
Correggere- per' reggere  ,  governare.  Io. 

5,l60. 
Corrente  dell'acqua -acqua  che  corre  ve- 
locemente. Par.  17  ,  42.    « 
Correre  il  drappo  verde  -  cioè,  correre  il 
palio  per  ottenere  il  drappo  verde  pro- 
posto in  premio  a  chi  vince.  In.  15, 
122. 
Correre  in  guerra  di  chi  che  sia-incontrar 
l'inimicizia  di  qualcuno.  Par.  11 ,  59. 
Corridore -per  chi  fa  correrie.  In.  ^,  4. 
Corruccio  -  cruccio ,  sdegno ,  stizza ,  wom 
di  corrucci,  cioè,  sdegnoso,  collerico. 
In.  24 ,  129. 
Corruscare -lampeggiare,  folgorare.  Pìz;. 
21  ,  50,  per  risplendere.  Par.  5  ,  126. 
20 ,  84.  è  voce  latina. 
Corrusco  -  splendido.  Pg.  33,  103.  Par. 

17  ,  122.  Lat.  coruscus. 
Corte-  per  foro  ,  luogo  dove  si  rende  ra- 
gione. Par.  7  ,  51. 
Cortese  -  detto  per  ironia.  Par.  9  ,  58. 
Corto  -  per  inefficace.  Pg.  30 ,  137. 
Corto  -  per  brevemente ,  in  forza  d*  avver- 
bio. Pg.  11  ,  41.  per  po(:o  ,  in  forza 
pure  d*  avverbio.  Par.  11  ,  53. 
Corto  a  che  che  sia  -  cioè  ,  non  sufficien- 
te a  giiìgnerti.  Par.  33 ,   106  ,  121. 
Coscia  del  carro  •cioè  ,  sponda.  Pg.  30, 

100. 
8oscienza  fusea  4i  vargogna  -  Par.  17  , 

194. 

7» 


570 


DIZIONARIO 


Cosi  come  -  in  vece  di  lesto  che.  Par. 
k,  85. 

Così  0  cosi -in  questa  o  in  queli'alira 
guisa.  Par.  26 ,  131. 

Cosperso  -  sparso.  Par.  27  ,  30. 

Costa  -  per  salita  o  banda.  In.  12  ,  62. 
13  ,  115.  Costa  dei  monte.  Pg.  2«  131. 
Par.  11,&5.  Coste  detta  nave.  In.  21, 
12. 

Costellato  -  congiunto  in  costellazione. 
Par.  14  ,  100. 

Costinci  -  ditostà'.  In.  12 ,  63.  Pg.  9,  83. 

Costo  -  per  fatica.  Pg.  23  ,  9. 

Costrutto  -  per  una  ])arte  del  ragionamen- 
to. Pg.  28 ,  147  ,  per  utilità,  prò.  Par. 
23,  24. 

Co^rutto  -  per  fabbricato  insieme.  Par. 
29  ,  31. 

Costui  e  colui  -  detto  di  persone  indefini- 
te. Pg.  4  ^  73.   74. 

Costai -dimostrativo  di  cielo.  Par.  28,  70. 

Costuma  -  per  costume.  In.  29  ,  127. 

Costume  -  per  maniera  gentile  ed  umana. 
In.  33 ,  152 ,  per  qualità.  Par.  33  , 
88 ,  per  vita  buona.  Par.  32 ,  73. 

Costura-cucitura  chefa  costola.  Pg.13,83. 

Cotai  -  cotali.  Par.  24  ,  26. 

Cotal  -  per  cosi.  Pg.  32  ,  128. 

Cotale- per  in  tal  guisa,  similmente.  In. 
12 ,  25  ,  qui  à  forza  d*  avverbio. 

Cotanto  -  per  tanto  perfetto  ed  eccellente. 
Par.  31,  6. 

Cotenna  -  la  pelle  del  porco ,  e  figurata- 
mente ,  por  lo  porco  cinghiale.  Par. 
19,  120.  ^ 

Cotesti -accusativo  mascolino  ,  del  nume- 
ro del  meno.  Lat.    iste.  Pg.  11^  55. 

Ceto  0  quoto  -  pensiero  ,  dal  latino  cogito. 
In.  31  ,  77.  Par.  3  ,  26.  voce  disusata. 

Coverchiare  «coprire.  In.  34  ,  114.  Pg. 
2,2. 

Coverta  -  per  coperta  o  cosa  che  cuopre. 
Par.  26,  101. 

Coverto  -  coperto.  Par.  Sjft ,  97 ,  29  ,  2. 
30 ,  143. 

Cozzo  -  urto ,  incontro  impetuoso.  In.  7  . 
55.  Dar  di  cozzo,  cozzare ,  urtare.  In. 
9.  97.  Pg.  16,  11. 

Crastioo  -  del  giorno  di  dimani ,  ò  voce 
latina ,  far  crostino  dell*  odierno  ,  per 


impetrare  a  forza  d'  opzioni  ,  che  la 
morte  si  difierisca  ,  e  dove  ogfii  dovea 
succedere  ,  avvenga  dimani.  Par.  20, 
54. 

Creature  alte ,  chiama  il  Poeta  nostro  le 
intelligenze  celesti ,  ovvero  1*  anime  de- 
gli eletti  ;  o  pure  gì*  ingej^ni  più  sottili 
e  più  illuminati.  Par.  1  ,  106. 

Creature  prime  -  le  intelligenze  celesti. 
In.  7 ,  93. 

Crebro  -  frequente.  Par,  19.  69.  Lat.  ere- 
ber. 

Credesse -per  credessi ,  in  rima.  In.  13, 
23. 

Crescere- accrescere.  In.  9,  90. 

Creso -per  credette,  in  rima.  Pg.  32,  32. 

Criare- creare.  Pg.  16  ,  80.  Par.  3,  87. 
Co^l  qualche  volta  il  Petrarca. 

Crìcch  -  il  suono  del  ghiaccio  e  del  vetro 
quando  si  spezza.  In.  32  ,  30. 

Crine  -«fare  a  crini,  stare  appresso  di  chi 
che  sia  ,  per  aiTorrarlo  opportunamente 
ne' capelli.  In.  27,  117. 

Cristallo  -  per  anima  beata  risplendentis- 
sima. Par.  25  ,  101.  per  pianeta.  Par. 
21 .25. 

Croce  -  per  qualsivoglia  tormento.  In.  16, 
43.  33 .  87. 

Croce  •  porre  a  croce  ,  per  far  morire  di 
fame.  In.  33  ,  87.  Porre  in  croce ,  per 
is  villaneggia  re  ,    bestefnmiare.  In.  7 , 
91.  e  per  gastigare,  cruciare.  In.  16, 
43. 

Croio  -  duro  ,  simile  al  cuoio  bagnalo  e 
poi  rasciutto.  In.  30 ,  102. 

CroUonne  -  crollò,  in  rima.  Pg.  32.  27. 

Crosciare  -  mandar  giù  d*a)to  con  violen- 
za ,  come  si  fa  ddlo  sferzate,  lo.i^i 
120. 

Crucciarsi  -  sdegnarsi.  In.  3  ,  94. 

Crucciato-sommamenle  sdegnalo.  In.30,i. 

Crucifisso  -  crocifìsso.  Pg.  6  ,  1 19. 

Crudo  -  per  severo.  In.  20  ,  ^2. 

Crudo  al  dovere  -  per  ingiusto.  Par.  9., 
48. 

Cruna  -  picciol  foro  dell*  ago.  In.  15,  SI* 
per  via  stretta  ,  a  sonn<:lianza  delli 
cruna  dell*  ago.  Pg.  10  ,  IG. 

Cruna  -  dare  ai  alcuno  per  la  cruna  id, 
suo  ditto,  vale ,  farsi  incontra  al  v» 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


871 


desiderio.   Pg.  21  ,  37.   v.  anche  il 
.  Varchi  nell'  Ercolano  ,  a  carte  87. 
Cubarsi  -  per  giacersi  nella  sepoltura.  Par. 

6  ,  68.  Lat.  cubare. 
Cuculia  -  per  cocolla  ,  veste.  Par.  9,  78. 
Cui  distava  -  cioè ,  dai  quale.  Par.  28  , 

38. 
Cuota  -  dimoranza.  Lat.  cunctatio.  Pg. 

Cuoia  vecchie  e  nuove  -  per  te  divine 
scritture  si  dell'  antico  Testamento  , 
come  del  nuovo ,  solite  scriversi  un 
tempo  nelle  carte  pergamene  che  son 
cuoia  ,  cioè  pelli  d' animali.  Par.  2h, 
93. 

Cuor  della  luce  -  cioè ,  centro  di  essa. 
Par.  12 ,  28. 

Cuore  -  per  coraggio ,  valore.  In.  18, 86. 

Cupa  fame  -  cioè  »  profonda ,  insaziabile. 
Pg.  20  .  12. 

Cupe  -  per  desidera.   Lat.   cupU.   Par. 

Cura  -  per  ardente  carità ,  o  atto  di  essa. 
Par.  13  ,  30. 

Cura  -  per  curiosità  ,  e  gran  desiderio  di 
sapere.  Par.  28 ,  W.  e  in  altri  luoghi. 

Cura  -  avere  in  cura^  cioè,  curare,  prez- 
zare. Pg.  13  ,  87. 

Curare  -  per  purgare  ,  nettare.  Par.  17, 
20. 

Curro  -  legno  ritondo  e  non  molto  lungo, 
il  qual  si  mette  sotto  pietre  o  altre  co- 
se gravi ,  per  farle  muovere  agevol- 
mente, e  per  metafora ,  il  curro  delio 
fguardo^  cioè  ,  l'andare ,  il  procedere 
delia  vista.  In.  17  ,  61. 

Curule  0  curuli ,  si  chiamavano  presso 
gli  antichi  Romani  le  sedie  de*  primi 
magistrati.  Par.  16 ,  108.   . 

Custodi  -  per  custodisci.  Par.  31 ,  88.  è 
voce  latina. 

Cuticagna- collottola,  parte  di  dietro  del 
capo ,  vicina  al  collo.  In.  82  ,  97. 

D 

B  -  lettera  formata  nel  pianeta  di  Giove 
dagli  spiriti  beati.  Par.  18  ,  78. 
'  Da  che  -  per  dopo  che ,  poiché.  In.  k  , 
97.  Pg.  ik ,  118.  per  giacché.  In.  % 


85.  13  ,  79.  Pg.  1  .  55. 

Da  Ciel  piovuti  -  dal  Cielo.  In.  8 ,  83. 
Da  ciò  non  erano  le  proprie  penne  -  cioè, 

atte  a  ciò,  buone,  suUicienti.  Par.  33, 

139. 
Da  due  anni  -  cioè  ,  intorno  a  due  anni. 

Par.  32.  33. 
Da  essa  -  degno  di  essa.  In.  5, 10.  Cosi 

il  Petrarca  nel  sonetto  293.:  Dio,  per 

adomarne  il  Cielo  ,  La  sì   rttoUe  :  e 

cosa  era  da  lui. 
Da  imo  -  dal  fondo.  In.  18 ,  16. 
Da  indi  -  poscia.  Par.  3  ,  68. 20  ,  125. 
Dalla  lungi  -  da  lontano.  In.  31  ,  23. 
Dalle  reni  -  dalla  parte  delle  reni.  In.  20, 

13. 
Dalli  fior  -  da'  fiori.  Pg.  7 ,  76. 
Dalmi  -  mei  dà.  Par.  24  ,  184. 
Dal  principio  del  mattino -Lat.  primo 

mane ,  éummo  mane.  In.  1  ,  37. 
Dama  -  daino ,  animale.  Par.  4 ,  6.  qui 

con  una  sola  m  ,  per  la  rima. 
Da  mane  -  da  mattina.  Lat.  mane.  Par. 

27 .  29. 
Da  mattina -Lat.  mane.  Par.  31,  118. 
Da  me  non  venni  -  cioè  ,  di  mio  capric- 
cio. Pg.  1  ,  52. 
Dannaggio  -  danno.  In.  30  ,  136. 
Dà  noi  -  dacci ,  dà  a  noi.  Pg.  7 ,  38. 
Da  ogni  parte  ad  esso  -  cioè  ,  da  ogni 

lato  intorno  ad  esso.  Pg.  2  ,  22. 
Da  onde  -  donde.  Par.  6  ,  70. 
Dape  -  per  cibi.  Par.  23,  43.  Lat.  dapet. 
Da  prima  -  nel  principio.  In.  1 .  40.  Par. 
.  3.  129. 
Dare  -  per  concedere.  Par.  24 ,  58.  per 

esser  dato.  Par.  1  ,  15.  pur   vulcere 

Pg.  3  ,  14.  32  ,  lOS. 
Dar  delle  calcagno  -  per  i.^pronare  ,  sli- 
molare. Pg.  12,  21. 
Dar  di  cozzo  -  cozzare.  In.  9  ,  97.  Pg. 

16,  11. 
Dar  di   piglio  in   che  che   sia  -  rapire  , 

metter  le  mani  violentemente.  In.  12, 
105. 
Dare  il  dosso-  voltar  le  spalle.  In.  31. 

7.  Lat.  dare  terga. 
Dare  il  punto  •  termine  proprio  degli  a- 
strologhi,  quando  dimostrano  Fora  pro- 
pizia da  far  qualche  oosa.  In  10,  110. 


b7i 


DIZIONARIO 


i)dr  guerra  '  muover  guerra.  Par.  25,  6. 

Dar  le  reni  -  volger  le  spalle.  Par«  4, 141. 

Dar  materia  a  dubitare  -  cioò  ,  di  dubi- 
tare. Pg.  22  ,  29. 

Dar  paura  -  impaurire.  Io.  1 ,  44. 

Darsi  mal  vanto -appena  vantarsi.  In.  31, 
64. 

Darsi  nel  petto  -  percuotersi  il  petto.  Pg. 
9  ,  Ili. 

Dar  volta  a  chi  che  sia  -  per  venir  verso 
di  lui.  Pg.  5,  41. 

Da  sera  -  Lat.  vesperi.  In.  15,  18.  Par. 
27 ,  29.  V.  Da  mattina ,  Da  mane. 

Dassezzo  -  piaga  dassezzo,  cioè  ,  ultima 
in  ordine.  Pg.  25  ,  139.  Al  dastezzo. 
ultimamente.  In  7  ,  130. 

Da  tal  parte  -  per  in  tal  modo.  In.  18, 
97. 

Dattero  -  frutto  della  palma,  dattero  per 
figo ,  maniera  proverbiale  ,  simile  a 
qUell'  altra  più  trita  ,  pan  per  focaccia. 
e  significa  esser  gastigato  secondo  i 
suoi  meriti ,  patir  la  pena  del  taglione. 
In.  33 ,  121. 

Da  tutte  parti  -  da  tutte  le  parti.  In.  12, 
40.  Pg.  2 ,  55. 

Davante  -  per  davanti ,  avverbio  di  luo- 
go, io  rima.  In.  6 ,  39.  Par.  5 ,  90. 
per  innanzi  ,  prima  ,  avverbio  di  tem- 
po, pure  in  rima.  Par.  9  ,  66.  32  , 
91.  33,  111. 

Davanti  -  avanti,  avverbio  di  tempo.  Par. 
29,  145. 

Dea  -  per  dia ,  verbo.  In.  33 ,  126.  Pg. 
21,  13. 

Deano  -  diano.  In.  30,  96. 

Debbia  -  debba.  In.  24  ,  151. 

Debile  immagine  •  cioò ,  tenue ,  poco  e- 
spressa.  Par.  3,  14. 

Debilemente  -  debolmente.  Pg.  17 ,  6. 

Decenne  -  di  dieci  anni.  Pg.  32,  2  Lat. 
decennis. 

Deciso  -  per  rimosso ,  allontanato.  Pg. 
17,  111.  per  tolto,  separato,  partito. 
Par.  4,  53. 

Declivo  -  che  scende  o  declina.  Par.  20, 
61. 

Decretali  -  v.  la  Parte  seconda  delle  Storie. 

Decreto  -  per  detonnioato .  prefisso.  Par. 
1,  124.  15,  69. 


Decurio  -  decurione ,   caporale  di  dieci, 

uomini.  In.  22,  74.  è  voce  latina. 
Dedurre  -  per  passar  di  cosa  in  cosa.  Par. 

30,  35. 
Dedursi- per  disporsi,  ridursi.  Pg.  14,77. 
Dedutto  -  per  proveniente  ,  procedente  , 

disceso.  Par.  20^  58. 
Dedutto  -  cera  dedutta^  cioè ,  menata,  e 

fatta  molle.  Par.  13 ,    73.  qui  ò  me 

tafora. 
Dee  -  per  intelligenze  eelesti.  P^r.  28 . 

121. 
Defunto-* per  tolto  via  aflatto,  perdalo. 

Par.  26,  9, 
Defunto  mondo,  chiama  Dante  1* Inferno. 

Par.  17, '21. 
Deggio  -  debbo.  In.  15,  118.  27,  109. 
Degli  -  Sanza  conttringer  degli  angeli  ntri , 

cioè,  alcuno  degli  angeli  neri.  In.  2}, 

131. 
Degli  caldi  rai-  Par.  2,  106.  Degli  mali. 

In.  19.  19.  Degli  versi.  In.  9,  63.  per 

de  caldi,  de*  quali,  de' versi. 
Degnare  -  per  giudicar  degno  ,  dicevole. 

Pg.  30,  74. 

Degno-  per  conveniente,  giusto.  Pa.  Il, 
5.  tar.  12,  34.  ^ 

Degno  a  ciò  -  degno  di  dò.  In.  1,  122. 
2,  33. 

Dei  -  per  angeli,  intelligenze.  In.  7, 87^ 
Deiforme  regno  -  la  beatitudine  di  rita 
etema,  di  cui  Dio  ò  forma.  Par.  2,20. 
Delectasti  me.  Domine,  in  factura  taa-SI- 
gnore  ,  tu  m' ài  dilettato  neUa  tua  fot- 
tura,  narole  del  salmo  91.  al  verso  5. 
Pg.  2oj  oO. 

Delinquere- peccare.  Pg.  33,  45.  èvoeo 
latina. 

Deliro  -  delirante ,  che  vaneggia.  P^.  1, 
102. 

Della  paura  -  cioè ,  per  la  paura.  Io.  23, 
20.  cosi ,  dello  invento  ,  per  lo  spa- 
vento. In.  3 ,  131.  e  molte  altre  na- 
niere  simih*. 

Del  suo  lume  -  conduce  del  tuo  /«ma,  doi, 
il  suo  lume.  Pg.  4 ,  63. 

Del  ver  si  sogna  -  doò,  si  sogna  a  Vero. 
In.  26,  7. 

Delubro -per  tempio.  Par.  6,  81.  Lat 
UéMrum. 


DELLE  PAROLE  E  FA  ASI. 


••Mt 


o73 


Den- debbono.  In.  33.  7.  Pg.  13  ,  il. 
Denno  -  debbono.  In.  16  ,  118. 
Dente  "  metter  li  denti  in  chi  che  Aia.  In. 
13  ,  127.  Pórre  li  denti  a  che  che  «la. 

1d.  32 ,  128. 
IT  entro  alle  leggi -cioè,  fuor  del  corpo 

delle  leggi  civili.  Par.  6  ,  12. 
Dentro  da  esso  -  Par.  22»  111.    Dentro 

dal  del.  Par.  2  .    112.    Dentro  dalla 

rete.  Pg.  26 ,  2^.  Dentro  dal  ìpionte. 
In.  U ,  103.  Dentro  dal  tempio.  Ps. 
12  ,  53.  Dentro  da  me.  In.  26  ,   97. 

Demmo  da  quelV  arche.  In.  9 ,  125. 
Dentro  da  tè.  Pg.  17,23.  Par.  2, 119. 

33  ,  130. 
Deo-Dio.  in  rinaa.  Pg.  16.  108* 
Deono  "^  debbono.  In.  19»  3. 
Dependero  -  dipendere.  Par.  28,  42. 
Derelitto -abbandonato*  tralasciato.  Par. 

9.  13i.  12.  113. 
Derivarsi  -  per  ispaudersi  e  scorrere.  Par. 

30.  87. 
Deserto -per  abbandonalo.  Io.  26,  102. 

Par.  15.  120. 
Desirare  -  desiderare*  Pg*  15 ,  lOilh.  17, 

128. 
Destra  del  Cielo  -  per  mano  di  Dio.  Par. 

15,  6. 
Destro  abito  -  cioè,  virtuoso.  Pg.  30, 116. 
Determinato  numero  si  cela  -  cioè  ,   non 

apparisce  termine  di  numero ,  perchè 

i  soggetti  sono  innumerabili.  Par.  29, 

135. 
Detruso  -  cacciato  abbasso.  Par.  30,  146. 

Lat.  delrusHi. 
Deturpare  -  bruttare  ,   macchiare.   Par. 

15,  IW. 
Deui  .  veneruni  gentee^Dìo,  vennero  le 

genti,  principio  del  salmo  78.  dove  il 

Profeta  predice  gli  strapazzi  che  dovea 

ricevere  la  Chiesa ,  e  1  tempio  del  Si- 

gjDore  da' suoi  nemici.  Pg.  33,  1. 
Dia  -  per  divina.  Par.  23,  107.  26.  10. 

Dia  lìice,  per  vivissima  e  risplendentis- 
sima. Par.  ìk,  34^. 
Dianzi-  avanti ,  poco  prima.  Pa.  9  »  52. 

91,  35. 
Dibarbare  -  avellere  dalle  radicL  Pg.  31, 

70. 
Di  botto  -  iQ  un  attimo.  In,  93,  130. 


Di  butto -di  botto,  d'improvviso,  tosto. 

in  rima.  In.  24.  105.  Pg.  17.  40. 
Dicén  -  dicevano.  Pts.  18.  133. 
Dicere  -  diro.  Li.  10  ,  20.  16  .  17.  28, 
2.  102.  32.  6  ,  19.  Pg.  8,  103.  10 , 
60.  25,  15.  28,  88.  30.  46.  Par.  5, 
67.    11,    i4.  14,  62.  26  ,  23.  28, 
62.  29,  83.  30.  127.  32,  150.  33. 
123.  è  voce  latina. 
Dicerólti  -  tei  dirò.    In.  3  ,  45.  v.  V  Er- 

colano  del  Varchi ,  a  carte  211. 
Dicessi  -  per  dicesse  ,  in  rima.  hi.  4,  6V. 
Diche -per  dichi ,  io  rima.  In.  25,  6. 

Par.  25.  86. 
Di  che -per  de' quali.  In.  18,  24. 
Di  che  -  in  luogo  di  perchè.  Pg.  29,  76. 
Dichiarare  '  per  discoprire.  Pg.  8.  51. 
Dichiareraulti  -  tei  dichiareranno.  Pg.  24, 
48.  V.  anche  V  Ercolano  del    Varchi  ! 
a  carte  208. 
Dichinare  -  scendere  abbasso.  In.  28.  75 

Pg.  1,  113.  7,  43. 
Dlchinarsi  -  lo  stesso  che  dechinare,  lo 

32.  56. 
Dici  -  di',  dal   verbo  dicere  o  dire.  In. 

2.  13.  Pg.  7.  62.  Par.  7.  55. 
Di  ciò  •  per  in  ciò.  In  4.  93. 
Di  colpo  -  tostamente  ,  immantinente.  In. 

22.  124. 
Di  centra  -  dirimpetto.  In.  22 ,  34.  Pìt. 

10.  67.  14,  132.  Par.  32  .  31. 
DI  contro  -  è  lo  stesso  che  di  centra.  Par. 
•    32.  133. 

Di  costa  -  allato,  al  fianco.  Pg.  32,  152. 
Di  die  in  die  -  di  gionio  in  gionio.  Par. 

16,  8. 
Die  -  di ,  giorno,  in  rima.  Pg.  30,  103. 
Par.  16,  8.  /Vìnto  die ,  chiama  Dante 
il  principio  del  mondo.  Par.  7,  112. 
Die  -  per  di' ,  dici,  in  rima.  Pg.  25.  36. 
Diece  -dieci.  Pg.  29,  81.  Diece  men  mi- 
turato  da  mezzo  e  da  quinto ,  perchè 
il  cinque  è  la  metà  del  dieci  ;  e  cin- 
que volte  due  fanno  dieci.  Par.  27 
117. 
Diemì-mi  diedi,  in  rima.  Pg.  30,  51. 
V.  il  Varchi  Dell' Ercolano  ,»  a  cart» 
206. 

Dieone-  per  ne  diede,  mi  diede,  io  rima. 
In.  9,  13. 


nu 


DIZIONARIO 


Dienno- diedero.  In.  18.  90.  21.  186.    |  Dignitoso  •  che  i  dignità  e  ripaUzioM. 
Dierno  -  diedero,  in  rima.  In.  30,  9k.    1     Pg.  3,  8. 


Dieta  -  per  sobnetà,  digiuno.  Pg.  24, 18. 
Difendere  -  per  contendere  ,  togliere ,  al^ 
lontanare.  In#15,  27.  Cosi  Orazio  nel- 
ì*oda  17.  del  1.  libro  :  Defendit  aesta- 
lem  eapeUiSt  per  mantenere.  Par.  27, 
62. 

DIfensione- per  custodia,  guardia.  In.  8, 
123.  per  difesa ,  schermo ,  riparo.  In. 
7,  81. 

Difesa  -  per  vendetta.  Par.  27,  57. 

Difettivo  -  difeltuoso.  Par.  11  ,  2.  33  , 
105. 

IXffalta  -  difetto ,  colpa ,  peccato.  Pg.  28, 
94,  95.  Par.  9,  52. 

DffTerente-mente  -  questa  è  parola  divisa 
in  due  parti ,  Tuna  in  fine  d'un  verso, 
l'altra  in  principio  del  seguente.  Par. 
24,  16. 

Diffuso  di  letizia -pieno  di  gioia  che  tra- 
sparisca di  fuori.  Par.  31,  61. 

Dificio  -  edificio  ,  macchina  ,  ordigno.  In. 
34,  7.  Pg.  32,  142.  qui  per  carro. 

Di  forza  •  con  veemenza  e  calore.  In.  14. 
59. 

Di  fuori  -  il  di  fHori.  Pg.  27,  88. 

Di  furi  -  cioè  ,  di  fuori,  in  rima.  Pg.  19. 
81. 

Di  galoppo  -  per  velocemente.  In.  22  , 
114. 

Digesto  -  per  ordinato  ,  distinto.  Par.  25, 
94. 

Digesto  a  divozione  -  per  compunto  ,  ri- 
dotto alla  pietà.  Par.  10,  55. 

Digiuno  -  sustantivo,  per  dubbio  ,  curio- 
sità di  sapere.  Par.  19.  33. 

Digiuno  -  io/ver«  il  JUgiuno^  per  appagare 
la  voglia.  Par.  15,  49.  v.  il  Petrarca 
nel  sonetto  197. 

Digiuno  -  addiettivo,  per  esente.  Par.  16. 
135.  Digiuno  (f  esser  cmUeiUo ,  cioè  , 
lontano  assai  dall* esser  pago.  Pg.  15, 
58.  Dietimo  di  vedere^  che  non  à  ve- 
duto, in.  28,  87.  Non  $on  digiuno  di 
vtdtT  coiiui.  cioè  ,  il  vidi  altra  volta. 
In.  18  .  43.  DigiuAo  di  tua  materia , 
cioè ,  raro  ch*ò  contrario  al  denso;  pro- 
venendo la  rarità  di  un  corpo  da  acar* 
tazza  di  materia.  Par.  2 ,  75. 


Digradare  -  scendere  di  grado  io  grado. 
Io.  6,  114.  Par.  32,  14.  per  andana 
strignendo  ,  quasi  in  figura  conica.  Pg. 
22,  133.  Fifttula  ,  cui  semper  deerueU 
arundinis  ardo  ;  disse  Tibullo  nella  5. 
elegia  del  2.  libro,  parlando  della  san- 
pogna ,  composta  di  sette  canoe  di  lun- 
ghezza diseguale  ,  come  si  veggono  le 
canne  de'  moderni  organi,  ciò  potrebbe- 
si  dire  ,  digradare. 

Digrosso  -  colui  eh*  è  uscito  alquanto  fuor 
di  cammino  ,  che  à  fatto  digressiooe. 
Par.  29,  127.  Lat.  digresuu. 

Digrignare  i  denti  -  mostrare  i  denti  fre- 
mendo ,  come  fa  il  cane.  In.  21 ,  131, 
134.  22,  91. 

Dilaccare- per  guastare,  stracciare.  la. 
28,  30. 

Dilacerare  -  fare  in  pezzi.  In.  13 ,  128.  è 
voce  latina. 

Di  là  da  nostra  usanza-  oltre  a  nostro 
uso.  Par.  13,  22. 

Di  là  da  quello  eh*  egli  è  parveote-cinè. 
diverso  da  quello  chei  pare.  Par. 
19,  57. 

Di  largo  -  largamente.  Par.  33.  92. 

Dilatar  la  fidanza  -  accrescere  il  coraggioi. 
Par.  22.  55. 

Dilettanza  -  diletto.  Pg.  4.  1.  Par.  18.  58. 

Dilettar  malo  -  diletto  peccaminoso,  hr. 

7,  84. 

Dilettoso  -  dilettevole.  In,  1,  77. 
Dilibrarsi  -  uscire  di  bilico  ,  tracollare. 
Par.  29,  6. 

Di  lieve  -  agevolmente  ,  facilmente.  Fr. 

8,  76. 

DiligiU  juttitiam  ,  ^t  judieatii  temm. 
Amate  la  giustizia  ,  voi  che  giodietlc 
la  terra.  Con  queste  parole  comiocia 
il  libro  della  Sapienza,  che  s*  annofe- 
ra  tra  quelli  delle  divine  scrittore  :  e 
queste  parole  finge  Dante  che  fossero 
formate  nel  pianeta  di  Giove  datt*  or- 
dinanza deir  anime  beate.  Par.  18. 
91,  93. 

Dilmi  «  dimmelo.  Pg.  16,  44. 

Di  lungi  -  Lat.  procul.  In.  4.  70. 
I  Dimagrarsi  -  per  ifminairn.  h.  24,  lU. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


575 


Dimandai  <i'  un    lume  -  cioò  ,  che  lume 

fosse.  Par.  26,  80. 
Dimandar  per  Dio  -  mendicare  ,  chieder 

la  limosina  per  amordi  Dio.  Par.  22, 

83. 
Dimando  -  nome,  per  dimanda,  richiesta , 

preghiera.  In.  2,  97. 10,  126.  15,  79. 

19 ,  78.  Pg.  6,  69,  per  cosa  dimandata. 

Pg-  fc,  18. 
Kmane  -  per  lo  principio  del  giorno.  In. 

33,  37. 
Di  men-meno.  Io,  15,  100. 
Dimensione-  per  corpo  il  quale  à  lun- 
ghezza ,  larghezza  e  profondità,  colle 
quali  tre  misure  occupa  spazio  in  cui 
non  può  stare  insieme  naturalmente  un 
altro  corpo.  Par.  2,  38. 

Dimesso- per  condonato,  rilasciato.  Par. 
5.  59. 

Dltneltcre  -  per  concedere.  In.  29  ,  15. 
per  rimettere  ,  perdonare.  Par.  7,  92. 
117. 

Di  mezzo  1  ciel  -  dal  mezzo  del  cielo.  Pg. 
2,  57. 

IMmon-per  demoni.  In.  ìk,ki.  18,  35. 

Dimoni  •  per  demoni.  In.  22,  13. 

Dimooio  -  demonio.  In.  3,  109.  30, 117. 
33,  131. 

Dimoro  -  nome,  per  dimora.  In.  22,  78. 

Dimostrato  -  cioè,  conosciuto  per  via  d'ar- 
gomentodimostrativo  che  produce  scien- 
za, non  già  opinione.  Par.  2 ,  kk. 

Dinanzi  -  per  prima,  avanti.  In.  k ,  62. 
10,  98.  Par.  26,  79.  Dinanzi  al  Cri- 
itianesmo.  In.  k,  37,  e  in  altri  luoghi, 
per  poco  avanti.  Par.  11,  25. 

Dinanzi  -  non  mi  $i  parità  dinanzi  al 
f>oUo,  non  cessava  di  starmi  davanti. 
In.  1.  31^. 

Dindi  -  parola  colla  quale  i  fanciulli  chia- 
mano i  danari.  Pg.  11,  105. 

Di  parte -per  fazionario,  partigiano.  Par. 
9  ,59. 

Dipartire  -  per  rompere.  Pg.  9  ,  75.  per 
separare.  Par.  6 ,  105. 

Dipartirsi  da  chi  che  sia  *  per  essergli  dis- 
somigliante.  Par.  8,  130. 

Dipelare  -  levare  il  pelo.  In.  25 ,  120. 

Dipelato- pela to,  prìvo  di  pelo.  In.  16, 35. 

Di  piano  -  liberamente.  In*  22  ,  85. 


Dipignere- volto  dipinto  di  riso.  Par.  29,  7. 
Dipinio  di  primavera ,  cioò  ,  smaltato 
d*erbe  e  di  fiori.  Par.  30,  63.  Dipi- 
gnern  di  maratiglia.  Pg.  2  ,  82.  Di- 
pinla  genie,  chiama  Dante  gì* ipocriti, 
la  bontà  de'  quali  tutta  consiste  nellap- 
parenza.  In,  33 ,  58. 
Dipigner  le  luci  -  per  affacciarsi  agli  oc- 
chi ,  e  figurarvi  dentro  la  propria  im- 
magine» Par.  23 ,  91,  v.  Idolo. 

Di  poco-  da  poco  tempo  in  qua.  In.  9,  25. 

Diporre -deporre.  In.  19 ,  kk.  Pg.  18, 84. 

Di  presso  -  d'  appresso.  In.  12  ,  65, 

Di  prima -prima.  Pg.  15,  11. 

Di  qua  entro -fuor  di  qua.  Lat.  hinc.  In. 
32,  113. 

Di  que*-per  di  quello.  In.  32,  114. 

Di  quel  modo -in  quel  modo.  In.  30,  26. 

Diramarsi  -  per  diffondersi ,  stendersi  da 
più  parti.  Par.  10  ,  13. 

Di  ramo  in  ramo -figuratamente,  cioè  , 
di  punto  in  punto ,  d'  articolo  in  arti- 
colo. Par.  24 ,  115. 

Dlretano  -  ohe  sta  di  dietro.  In.  25  ,  55. 

Diretato  -  per  tralignante  ,  che  non  ere- 
dita la  virtù  de'  suoi  antenati.  Lat.  de- 
gener.  Pg.  U,  108. 

Diretro  -  dietro.  In.  14 ,  140.  Pg.  4  ,  29. 
Par.  1 ,  35. 

Diretro -t(  diretro ^  cioè,  la  parte  dere- 
tana del  corpo,  il  dosso.  Pg«  19,  97, 

Diretto  -•  per  dritto ,  bene  incamminato. 
Par.  27  ,  147. 

Dirietro-per  dietro.  In.  13,  124,  23, 
77,  25,  115.  Pg.  6,  5.  Par.  9,  6. 
Il,  47.  12,  117.  21,  16,  132,  per 
indietro.  In.  20  ,  39. 

Di  rimbalzo -non  dirittamente,  ma  quasi 
di  riflesso  ,  traslato  da  coloro  che  giuo- 
cano  al  nallone.  In^  29 ,  99. 

Dirimere  -  aividere ,  distinguere.  Par.  32, 
|8.  è  voce  latina. 

Di  rintoppo- oppostamente,  allo'ncontru. 
In.  32 ,  112. 

Dirivare  -  derivare.  In.  7  ,  102. 

Dirizzami -mi  dirizzai.  Pg.  15  ,  43. 

Dirla  sete- per  manifestarla.  Par.  17,  12. 

Dirocciarsi  -  diflbodersi ,  cadendo  di  mon« 
te  in  valle ,  e  dicesi  dell'  acque.  Ih. 
14  ,  115. 


576 


D  I  Z  I  0  N  A  a  1  O 


Dirompere-  frangere ,  romper  eoo  violen- 

xa.  In.  9k  ,  55. 
Dirubare-  rubare ,  spogliare.  Pg.  33,  57. 
J)isagguagUaDza  -  disparità.  Par.  15 ,  83. 
JMsagiare  -  apportare  incomodo»  Pg»  19, 

HO. 
Disagio-per  penuria,  mancamente.  In.3&, 

99. 
Disanimato  -  senz*  anima.  Pg.  15,  135. 
J)isascondere  -  per  manirestare.Par.25.66. 
Disbramare-adempier  le  brame.  Pg.  32, 2. 
Disbrigare  -  levar  la  briga  ,  V  impedimen- 
to. In.  33  ,  116. 
Discarcare  -  per  deporre  dalle  spalle.  In. 

17  ,  135. 
Discarcarsi  il  carco  di  vergogna  -  lascia* 

re  di  vergognarsi.  Par.  18  ,  66. 
Discamarsi  -  dimagrarsi.  In.  30  ,  69. 
Disceda  -  per  si  parta,  in  rima.  Pg.  20. 

15.  ò  voce  latina. 
Discente  *  discepolo,  scolare  ,  che  impa** 

ra.  In.  11  ,  10^.  Par.  25  ,  64.  Lat. 

diicens, 
JHscernere  -  |H^r  uiuriicare.  In.  1 ,  112. 
Discettare  -  per  disgregare,  disunire.  Par. 

30 ,  46. 
i)ischiavarsi  -  per  iscoccare,  detto  d'uno 

strale.  Par.  2  ,  24. 
Dischiomare  -  svellere  i  capelli  >  levar  le 

chiome.  In.  32  ,  100. 
Dischiudere  -  per  disciogliere.   Pg.  31  , 

9.  per  aprire ,  svelare.  Par.  24, 100. 

per   escludere  ,  dichiarare  incapace. 

Par.  7  ,  102. 
Dischiuso  *  per  aperto  ,  esposto  ,  mani* 

festo.  Pg.    33 ,  132.  Par.    14  ,  138. 

per  colui  eh'  è  arrivato  in  luogo  aper* 

to.  Pg.  19  ,  70. 
Discindere  -  per  distaccare ,  svellere ,  co* 

me  frutta  d' alberi.  Pg.  32 ,  43.  è  \  o* 

ce  latina. 
Disciplina  -  per  correzione.  Pg.  23, 105. 

Così  qualche  volta  1'  Ariosto. 
Discolorare  -  levare  il  colore.  Pg.  11  , 

116. 
Disconfortarsi  -  perdere  il  cora^io  ,  av* 

vilirsi.  In.  8  ,  94. 
DisconveneTole  -  per  mal  atto  ,  inabile. 

In.  24 .  66. 
Discoprife  -  per  inventare.  In.  29  ,  128. 


Diacordanti  liti  o  lidi  -  cioè  ,  abiUti  da 

gente  di  religione  diversa.  Par.  9, 85. 

Discordarsi  *  per  esser  distante.  Pg.  33, 

89. 
Discosceso  *  dirupato.   In.  12  ,8.  16  , 

103. 
Discoverse  -  discoperse.  Par.   28  »  138. 
Discoverto  -  discoperto.  Par.  27  ,  85. 
Discrezione  -  per  luogo   separato   da  m 

altro.  Par.  32,  41. 
Discrivere  -  descrivere.  Pg.  29  ,  97. 
Disdire  -  per  negare.  Pg.  3  ,  109. 
Diserto  -  sustantivo,  deserto  ,  solilodiae, 
luogo  disabitato-.  In.  1 ,  64.  Pg.  tt  , 
152.  Par.  32 ,  32. 

Diserto  -  addietUvo,  deserto ,  abbandoiia- 
to  ,  solitario.  In.  1 ,  29.  Pg.  1, 130. 
6  ,  105. 

Diserto  -  per  ispogliato.  Pg.  16  ,  58. 

Disfamare  -  levar  la  fame  ,  satollare.  Pg. 
15 ,  76. 

Disfatto -per  abbandonato  d'ogni  iocco^ 
so  e  guida.  In.  8 ,  100. 

Disfavìllare  -  sfavillare  ,  fiammeggiare. 
Par.  28  ,  89.  per  ardere  di  vergogna. 
Par.  27 ,  54.  per  uscire  con  ispieoda* 
re.  Pg.  15  ,  99. 

Disfiorare  il  giglio  -  guastare  la  sua  bel- 
lezza. Pg.  7, 105.  qui  uietaforìcamea- 
te ,  per  macchiare  la  gloria  della  ca- 
rena di  Francia  ,  l' armi  della  qoalo 
sono  i  gigli. 

Disfrancare  -  privar  di  libertà  «  far  di  li- 
bero servo.  Par.  7  ,  79.  Il  Vocabola- 
rio della  Crusca  spiega  ,  torre  la  fraar 
chezza  ,  la  forza  ;  infiebolire. 

Disfrenata  saetta  -  sciolta  dalla  corda  del- 
l' arco,  scagliata  per  ì  aria.  Pg.  32.  35. 

Disgiunto  -  disunito  ,  separato  ,  rotto. 
Pg.  9 ,  51. 

Disgravare  -  per  alleggerire.  Par.  18.  6. 

Disgravarsi  f  alleggerirsi,  sgombrarsi,  la. 
30  ,  144. 

Disgrevare  -  per  isgravare  ,  alleggerire. 
Pg.  11 ,  37. 

Disìante  "  disioso ,  desideroso.  Par.  5,81. 

Disianza  -  disio  ,  desiderio.  Par.  22,  65. 
23  .  39.  33  ,  15. 

Disiare  -  desiderare.  Pg.  7  .  86.  ,  Ptf. 
4,  72.  7,  144,  90»  132. 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


bài 


Disigillasi  la  neve  al  sole  •  cioè,  si  strag- 

gè.  Par.  33,  6i. 
Disioso  a  più  letizie  *  cioè  ,  di  più  leti- 
zie. Pg.  29,  33. 
Disire  -desiderio.   Pg.  18  ,  31.  per  og- 
getto desiderato.  Par.  1,7. 
Disiri  -  nel  numero  del  più  ,  da  disire  o 

disiro.  Pg.  31  ,  22. 
Disiro-  desiderio.  Pg.  22  ,  k.  Par.  8, 
30.  31  ,  65.  33,  Ìi3,  Aver  fermo  il 
disiro  a  chi  che  sia  ,  cioè  ,  desiderar 
lui  solo  ardentemente.  Par.  18  ,  133. 
Disiro  nostro  -  per  Gesù  Crìste.  Par.  23, 

105. 
Dislagarsi  -  stendersi  o  dilatarsi   a  guisa 
di  lago  o  di  fiume  che  innondi.  P;;. 
3  ,  15. 
Dislegare  -  per  dispieeare.  Pg.  25  ^  31 . 
Dislegare  ogni  nube  di  mortalità  -  cioè  . 
sgombrare  ogn'  ignoranza  cagionata  al- 
l'anima  dal  corpo.  Par.  33  ,  31. 
Dislegarsi  da  colpa -giustificarsi,  discol- 
parsi ,  far  sua  scusa.  I^.  33  ,  120. 
Dismagare  -  disviare  ,  trar  dal  dritto  sen- 
tiero. Pg.  3  ,  11.  19  ,.  20.  ma  questa 
voce  nel  primo  luogo  da  altri  viene 
spiegata  altrimenti. 
Dìsmagliare  -  rompere  e  disunir  le  ma- 
glie ;  scrostare ,  levar  la  crosta.    In. 
29,  85. 
Dismalare  -  liberare  dal  male  ,    iniarire. 

Pg.  13 ,  3. 
Dismentare  -  dimenticare,  Pg.  21 ,  135. 

voce  disusata. 
Dismisura  -  per  superfloità  ,  lusso  smo- 
derato ,  scialacquo ,  eccesso.  In.  16, 
7k.  Pjg.  22 ,  35. 
Disnebbiare  -  sgombrar  dalla  nebbia.  Pk. 
28.81.  * 

Disnodare -per  rivelare.  Pg.  Ib  ,  57, 
Disnodarsi  dal  corpo  -  uscire  di  esso  , 

morendo.  Par.  31,  90. 
Disonnarsi  -  svegliarsi.  Par.  26  ,  70. 
Di  sopra  - 1(  diiopra  ,  la  parte  superio- 
re ,  come  soffitto.  Par.  31  ,  19. 
Dispaiare  -  disunire  ,  disgiugnere.  In.  7, 
io.  per  iscompagnare  due  che  vadano 
a  paio.  Pg.  25 ,  9.  per  levar  la  pro- 
porzione e  la  forma.  In.  30 ,  52. 
Disparì  •  per  dissimile.  Pg.  29 ,  134. 


Dispari  ad  ogni  altra  -  cioè  ,  smisurata, 

eccessiva.  Pg.  13 ,  120. 
Dispario  •  disparve.  Pg.  15,  93. 
Disparito  -  dileguato.  In.  22,  136. 
Disparmente  -  disegualmente.  Pg.  11 ,  28. 
Dispensa  -  per  luogo  da  occupare ,  stanza 
o  parte.  Pg.  27  ,  72.  per  distribuzio- 
ne ,  digestione.  Par.  5,  39. 
Dispensare  o  due  o  tre  per  sei  -  rendere 
una  picciola  parte  di  tutto  il  mal  tol- 
to. Par.  12,  91. 
Dispensar  la  vendetta  -  per   apparec- 
chiarla. Par.  17,  5i.  Cosi  spiega    il 
Landino. 
Dispetto  -  addiettivo  ,  per   disprezzato  , 
mal  accetto ,  o  dispettoso.  In.  9,  91. 
Par,  11  ,  65,  90. 
Dispiccare  -  spiccare  ,    trarre  ,    cavare. 

Pg.  15  ,  6& 
Dbpiegare-per  rivelare.  Par.  33,  33. 
Dispiegarsi  -  per  diffondersi.  Pg.  33. 1 16. 
Dispitto  -  sustantivo  ,  dispetto  ,  in  rima. 

In.  10 ,  36. 
Dispogliare  •  per  levare  le  frondi  agli  al- 
beri ,  come  fa  l'autunno.  Par.  28, 117. 
per  iscancellar  dalla   mente  qualche 
impressione.  In.  16 ,  5i. 
Disposare  -  sposare.  Pg.  5  ,  136.   Par. 

11  ,  33. 
Disposto  -  per  assegnato.  Pg.  20  ,  100. 
Disposto  agli  occhi  -  agevole ,  comodo  a 

vedersi.  Pg.  10  ,  5^ 
Dispregio  -avere  in  dispregio  ,  per  isde- 

gnare.  In.  23  ,  93. 
Disserrare  la  porta  del  piacere  -  cioè  . 
accettare  di  buon  grado.  Par.  11,60. 
Dlsserarsi  -  per  isprigionarsi ,  sciogliersi. 

Par.  23  ,  hO. 
Dissi  lui  -  cioè ,  a  lui.  In.  7  ,  67. 
Dissimile  -  coli' accento  acuto  sulla  penul- 
tima sillaba.  Par.  7 ,  80. 
Distanti  alla  tua  patria  -  cioè ,  dalla  tua 

patria.  Par.  21  ,  107. 
Distender  V  arco  -  per  allentarlo ,  centra- 
no di  tendere.  Pg.  16 ,  48. 
Dutesa  lingua  -  per  favellare  aperto  ,  co- 
pioso e  piano.  Par.  11  ,  23. 
Disteso  lago  -  cioè  ,  largo  ,  spazioso.  Par. 

1,  81. 
Distillare  -  io  dolce   distilla  nd  cmre. 

73 


jprt 


DIZIONARIO 


Par.  33  ,  62.  Co^i  Lucrezio  nel  k.  li- 
bro ,  al  verso  1052.  :  Hinc  tUae  pri- 
mum  VenerU  dulcedinis  in  cor  Stilla- 
ffU  guUa. 

Distorto  -  torto  ,  contrario  di  diritto.  Pg. 
9,  133.  19,  8. 

(Distretta  -  nome  sustantiyo  verbale,  stret- 
ta •  Decessile.  Pg.  k  ,  99. 

Distrettamente  -  per  attentissimamente. 
Par.  7 .  96. 

Distretto  -  addiettivo  ,  per  oppresso ,  an- 
gustiato. Pg.  6  ,  lOV. 

Distributo  -  distribuito.  Pg.  15  .  61.  Par. 
2 .  69. 

Distrutto  -  per  dannato.  In.  9  ,  79. 

Di  su  - 1(  di  su ,  cioè  ,  la  parte  superiore 
del  corpo.  In.  19.  h&. 

Di  subito  -  subitamente.  Pg.  8  »  63.  Par. 
1 ,  61.  31  ,  6^. 

Disvellere  -  distaccar  con  yiolenza.  In. 
13 .  95. 

Disvestito -spogliato  ,  sgombro.  Par.  1 , 

Disviare  -  per  uscir  del  dritto  sentiero. 

Par.  6 ,  116. 
Dlsviluppare  dal  mondo -per   uccidere. 

Par.  15  ,  1^6. 
Disviticchiare  -  per  isvìluppare   e  distin- 
guer bene  coir  occhio.  Pg.  10  ,  118. 
Disunarsi  -  disunirsi.  Par.  13 ,  56. 
Disvolere-  lasciar  di  volere  ciò  che   s*è 

voluto.  In.  2,  37. 
Di  tanto-  Unto.  In.  4  ,  ki.  30,  82.  per 

intanto.  In.  k  .  99. 
Dito  -  Se  li  tnoi  diti  non  iono  a  tal  nodo 

Sufficienti ,  cioè  ,  se  il  tuo  raziocinio 

non  è  valevole  a  sciorre  tal  diffìcoltà. 

Par.  28 ,  58. 
Dittare -per  narrare.  Pg.  H,  12. 
Dittatore  -  per  colui  che  detta.  Pg.  24 , 

59. 
Divallarsi  -  scendere  in  valle.  In.  16, 98. 
Divellere  -  per  dipartire.  Par.  27,  98.  è 

voce  latina. 
Divellersi  -  per  dipartirsi.  In.  34  ,   100. 
Divenire-per  arrivare,  riuscire  a  qualche 

luogo.  In.  14,  76.  18, 68.  Pg.  3,  46, 

Par.  13,  62. 
Di  ver  ponente  -  dalle  parti  occidentali. 

In.  19,  83. 


Diverse  allo  prime  -  cioè  dalle  prime,  la. 
9,  12. 

Diversi  d*ogni  costume  -cioè,  lontani  da 
ogni  virtù  e  umanità.  In.  33.  151. 

Diverso  -  per  istrano  ,  deforme,  mostruo- 
so ,  di  nuova  foggia.  In.  6,  13.  22 , 
10. 

Diverso  -  non  divino  al  colar  della  pie- 
tra ,  cioè,  simile ,  non  differente.  Fg. 
13,  48. 

Dividersi  -  per  discordar  d' opinione.  Par. 

28,  133. 

Di\imarsi-per  dislegarsi,  sciogliersi.  Par. 

29.  36. 

Divino -per  velocissimo,  rapidissioM).  Par. 

28,  50. 

Divisare  -per  descrivere  esattamente.  Pg. 

29.  82. 

Divizia  -  per  abbondanza,  copia.  Par.  31. 

136.  A  gran  divixia  ,  in  gran  copia. 

In.  22,  109. 
Divo  -  per  divino.  Par.  24.  23. 
Diurno  -  addiettivo,  del  di,  apparteoeiito 

al  di.  Pg,  19,  1.  Lat.  diurmu.  dalla 

qual  voce   è  derivata    poi    la  parola 

giorno. 
Doccia  -  canale,  In.  14,  117.  S3,  46. 
Doga  -  per  intrisela  di  legno,  delle  qioK 

si  compone  lo   staio  o  altra    misura. 

Pg.  12,  105. 
Dogare  -  fasciare  a  somiglianza  <fi  doga 

0  lista.  In.  31,  75. 
Doglienza  -  dolore,  male.  In.  6,  108. 
Dolce  -  per  dolcezza.  Par.  33.  63. 
Dolorare  -  avere  e  sentir  dolore.  Io.  27. 

131. 
Dolve  -  per  dolse,  in  rima.  In.  2.  51. 
Dolzore  -  dolcezza^  Par.  30,  42. 
Dome  -  per  domi.afDiggi.  purghi,  io  rima, 

Pg.  13,  103. 
Domine  ,   labia  mea  aperiet  -  Signore , 

aprirai  le  mie  labbra,  detto  del  salmo 

50.  al  verso  17.  Pg.  23,  11. 
Donna  •  per  signora,  padrona.  Pg.  19. 

51.  Donna  diprovineie^  chiama  Daale 
l'antica  Italia.  Pg.  6,  78. 

Donna  amata  da  s.  Francesco  d'Assìsi-ii- 
tesa  per  la  povertà.  Par.  11,  58. 

Donna  e*  avea  tre  occhi  in  testa  •  ìnteM 
dal  Poeta  per  la  prudenza  cha  coaÀ- 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


m 


dera  le  cose  passate,  presenti  e  future. 

Pg.  29,  132. 
Donna  che  dà  per  altri  Va$fen$o,  chia- 
ma Dante  la  comare  che  tiene  a  bat- 
tesimo. Par.  12,  64. 
Donna  del  Cielo  -  per  la  Beata  Vergine. 

Par.  23.  106. 
Donna  della  torma,  chiama  il  Poeta  una 
bellissima  cavalla  ;  quasi  signora  del- 
r  armento.  In.  30,  Ì3. 
Donna  di  virtù  -  cioè  ,  virtuosa.  In.  2  , 
76.  preso  forse  dalla  divina   scrittura 
che  parlando  di  Ruth,  al  capo  3,  ver- 
so 11,  del  suo  libro,  cosi  dice  :  Scit 
fflitm  omnit  populus  qui  habitat  iiUra 
portai  urbis  meae,te  mulieremetsevir' 
tutii. 
Donna  è  gentil  nel  Ciel  -  intende  il  Poeta 

la  grazia  preveniente.  In.  2,  9ì. 
Donneare  -  per  fare  alFamore  ,  figurata- 
mente. Par.  24, 1 18.  27,  88.  Nel  pri- 
mo luogo  il  Vocabolario  della  Crusca 
spiega ,  signoreggiare  ;  non  sappiamo 
quanto  bene. 

Donne  e'  avete  intelletto  d^ amore  -  questo 
è  il  principio  d'una  canzone  amorosa 
del  nostro  Poeta.  Pg.  24,  51. 

Donnescamente  -  in  signoril  modo.  Pg. 
33.  135. 

Donne  tre  -  significanti  la  fede ,  la  spe- 
ranza e  la  cariti,  vedute  da  Dante  nel 
Paradiso  terrestre.  Par.  20,  127. 

Donno  -  per  signore.  In.  22,  83.  33,  28. 

Donno  -  titolo  di  persona,  il  latino  barba- 
ro dice,  domnut»  In.  22,  88. 

Doppiare  -  raddoppiare.  Par.  28  ,  93. 

Doppiero  -  torcia  di  cera.  Par.   28,  4. 

Dcfp(  petti^  chiama  Dante  quelli  de*  Cen- 
tauri che  sono  mezzo  uomini,  e  mezzo 
eavalli.  Pg.  24,  123. 

Dosso  della  mano  -  la  parte  di  sopra  di 
essa  mano,  opposta  alla  palma.  Pg.  3, 
102. 

Do*io  d  Italia  ,  chiama  Dante  il  monte 
Apennino.  P2.  30,  86. 

Dotar  di  salute  mutua  •  per  obbligarsi  a 
salvar  V  un  l' altro  scambievolmente. 
Par.  12.  63. 

Dotta  -  sustantivo,  cioè,  paura,  forse  dal 
latino  Mfitatio.  Io   31,  110. 


Dotto  -  per  accorto,  cauto.  Pg.  22,  69. 

Dottore  -  per  maestro,  guida.  In.  5,  70. 
16,  13.  48.  Pg.  18.  2. 24 ,  143.  Par.  ' 
25,  64.  32.  2. 

Dove  -  per  luogo.  Par.  3  .  88.  12 ,  30. 
22,  147.  27,  109. 

Dovrien  -  dovrebbero.  Par.  2,  55. 

Draco  -  per  drago,  o  serpente  con  gambe, 
in  rima.  In.  25,  23. 

Drago  '  figura  di  Maometto  e  del  suo  sci- 
sma. Pg.  32,  131. 

Dritto  -  »*  è  dritto  ,  cioè  ,  s' è  rizzato  -in 
pie.  In.  10,  32. 

Dritto  -  addiettivo,  per  giusto,  retto.  Ps. 

19.  132. 

Dritto,  chiama  Dante  quel  punto  dove  lo 
zodiaco  s'incrocicchia  coli' equatore. 
Par.  10,  19. 

Dritto  di  saliU- dritta  salita.  Pg.  10.  30. 

Drittura-per  giustizia.  Par.  20,  121. 

Drizzami  -  mi  drizzai.  Par.  3,  35. 

Drudo  -  questa  voce  per  lo  più  significa 
amatore  disonesto,  vago,  damo.  In.  18, 
134    Pg.  32,  155. 

Drudo  amoroso  della  fede  cristiana,  cioè 
grande  amatore  di  es<;a,  chiamasi  dal 
Poeta  nostro,  s.  Domenico.  Par.  12  , 
55.  Sopra  la  voce  drudo  è  da  vedersi 
il  dottissimo  Salvini,  a  carte  184.  della 

2.  centuria  de  suoi  Discorsi   Accade- 
mici. 

Du'  -  per  dove.  Par.  10,  96.  11  .  139. 

12,  123.  15.  51. 
Du*  angeli  -  due  angeli.  Pg.  8,  26. 
I>ubbiare  -  per  dubitare.  In.  11, 93.  Pe. 

3,  72.  18.  42.  Par.  11,  22.  14.  99. 

20,  79.  29,  64.  32.  49.  per  trovarsi 
confuso.  Par.  26.  1. 

Dubbiare  -  per  temere.    In.  4  ,  18.  Pf^. 

20.  135.  Co<«i    Virgilio  nel    2.    della 

Georgica,  al  verso  433.  ;  Et  du^tant 

homines  serere  ,  atque   impendrre  cu- 

ram  ! 
Dubbiosi  deliri  -  per  amore  non  ben  co- 

nosciuto.  In.  5 ,  120. 
Dubi  -  per  dubbiosi ,  in  rima.  Par.  28 , 

97. 
Duca  •  per  guida  ,  duce.  In.  2, 140. 16, 

62.  Par.  32,  131.  e  in  altrì  luoghi. 
Duca  •  per  fondatore  d*  ordina  religi^iso. 


L60 


DIZIONARIO 


Par.  12  ,  32.  qai  dee  intendersi  il  pa- 
triarca s.  Domenico. 

Duce  -  per  guida  ,  scorta.  Pg.  13  ,  21. 
18 ,  18.  per  capitano.  Par.  30 ,  37. 

Ducere  -  per  tirare  ,  assottigliare ,  come 
Fi  fa  il  ferro ,  la  cera  ,  la  pasta.  Par. 
13  ,  67.  è  voce  latina.  Cosi  Tibullo 
nella  3.  elegia  del  1.  libro  :  Nee  en- 
ies  Immiti  fatxìu  duxerat  arte  fabcr. 

Duce ,  Sotto  cui  giacque  ogni  malizia  moT' 
la ,  chiama  Dante  Saturno  ,  sotto  il 
cui'  regno  fiorirono  gli  anni  dell  oro. 
Par.  21  ,  26. 

D*  un  modo  -  egualmente.  Par.  ky  %  8. 

D'un  peso  -  di  peso  eguale.  Par.  15,  75. 

Duro  -  per  difficile ,  o  spiacevole.  In.  1 , 
k.  3 ,  12. 

E 

E  -  congiunzione,  per  altresì ,  anche.  In. 

30,  126.  per  cosi ,  relati\o  di  come. 
In.  25 ,  50.  Pg.  8  ,  94.  per  tanto  , 
relativo  di  quanto.  Pg.  k ,  90. 

F  -  per  egli.  In.  3 ,  90. 25 ,  40.  Pg.  16, 

136.  e  in  altri  luoghi  :  per  eglino.  In. 

10 ,  49.  e  in  altri  luoghi. 
Ebbre  parole  -  cioè  ,  stolte  ,  convenienti 

ad  ubbriaco.  In.  27  ,  99. 
Ebbrezza  -  ubbriachezza.  Par.  27  ,  5,  qui 

figuratamente. 
Eccelso  -  sustantivo  ,  per  altezza.   Par. 

29,  142. 
Eclissare  nell*  obblio  -  uscire  afbtto  della 
.  memoria  di  chi  che  sia.  Par.  10,  60. 
£e  -  verbo ,  per  è,  in  rima.  In.  24,  90. 

Pg.  32 ,  10.  Par.  28 ,  123.   fuor  di 

rima.  In.  30 ,  79. 
Effige  -  effigie ,  figura  ,  immagine.  Par. 

31 ,  77.  33 ,  131. 

Effigiato  -  figurato  ,  scolpito.  Pg.  10,  67. 
Egli  -  particella  riempitiva.  In.  23  ,  64. 

Pg.  28  ,  37.  e  in  altri  luoghi. 
Egli  -  per  eglino.  Par.  7 ,  130. 23,  126. 

31  ,  18. 
Egualità  prima  -  cioè  ,  Iddio  in  cui  tutto 

è  perfettamente  eguale.  Par.  15 ,  74. 
Ei-per  a  lui,  gli.  In.    10,  113.  Pg. 

12    83. 
Ei-ptr  e^o.  lo.  4,  34.6,  104.16, 


19.  ma  qui  altri  testi  leggono  ^<i ,  vo- 
ce latina  che  significa  cime.  Pg.   27, 
86. 
Ei  -  per  loro  ,  in   quarto  caso   plunif . 

In.  5,  78.  18,  18. 
EI  -  per  egli ,  esso.  In.  27  .  12.  Pg.  i, 
51.  17,  117.    Par.   2  ,  91.   28,8. 
30,  146. 
Elelta  -  sustantivo ,  elezione,  scelta,  par- 
tito da  prendersi.  Pg.    13,  12.  qad 
che  i  Latini  dicono  optio. 
Eletto  -  per  iscelto  ,  principale.  Io.  li. 

109.  Par.  9 ,  139. 
EH  -  parola  ebraica ,  significante  Dio  mi». 

Pg.  23  ,  74. 

Entropia  -  sorta  di  pietra  che  ,  secondo 

alcuni ,  portata   addosso  ,  à   virtù  di 

render  l'uomo  invisibile.  Io.  24, n. 

Ella  -  per  lei.  Par.  8 ,  13.  23  ,  96. 2i, 

95. 
Elli  -per  egli.  Pg.  19  ,  86.  Pair.  25,61 
Eili  -  per  eglino.  Par.  12  ,  35. 
Elli  -  per  loro  ,  in  rima.  In.  3  ,  42.  I^. 
27 ,  138.   Par.   12 ,  133.  e   in  iltrì 
luoghi. 
Elio  -  per  egli ,  esso.  In.  18  ,  88.  Pkr. 

18 ,  23.  31  ,  45. 
Elio  -  per  lui ,  in  sesto  caso.  Io.  29,  il. 
32,  124.  34,  51.  Pg.29,  117.  Fv. 
4,  11. 
Elsa  e  pome  della  spada   dorato  -  iose- 

gna  de'  cavalieri.  Par.  16 ,  lOi. 
Emergere  -  per  uscire.   Par.    24  ,  121. 

è  voce  latina. 
Emisperio  -  quella  mezza  parte  di  cielo, 
che  si  vede  dagli  abitatori  della  terra; 
0  la  metà  del  cielo  abbracciante  h  tir- 
ra,  terminata  dall'  orizzonte.  Io.  4, 9L 
34,  5,  112.  Par.  1,  45.  20,  2. 
Emisperio  dell'  aere  -  Par.  28  ,  80. 
Emispero  -  emisperio.  Pg.  4  ,  71. 
Emme  o  M  -  una  delle  lettere  deU*  alfa- 
beto. Pg.  23  ,  33.  Par.  18 ,  US.  Mi 
numeri  romani  significa  wMle.  Par.  19. 
129. 
Emmi  -  mi  è.  Par.  25 ,  86. 
Empiezza  -  empietà,  scclleragsioe  atroce. 

Pg.  17 ,  19. 
En  -  per  sono  ,  terza   persooa   plorale* 
Pg.  16 ,  121.  Ftf .  15 ,  TI. 


DELLE  PAROLE  £  FRìVSI. 


581 


Ènne  -  ci  è  ,  è  a  noi.  Par.  90 ,  136. 
Enno-  per  sono  ,  terza  persona  plurale, 

in  rima.  Par.  13 ,  97. 
Entoniata  -  vermicelli ,  insetti.  Pg.  10  , 
128.  dal  greco  ià  éntoma.  Dante  à  po- 
sposto r  articolo  che  dovea  premettersi. 
Entrerai -m'entrai.  Par.  10,  41. 
Entrare  innanzi  -  precedere.  Pg.  24, 100. 
Entro  -  per  entri ,  in  rima.  Pg.  19,  36. 
Par.  23 ,  108.  e  simili  mutazioni  molte. 
Epa  -  pancia.  In.  25  ,  82.  30 ,  102, 119. 
Epiciclo  ,  vien  chiamato  dagli  astrologhi 
seguaci  del  sistema  di  Toiommco  quel 
picciol  cerchio   o  picciola   sfera  che , 
secondo  essi ,  descrivono  i  pianeti  col 
moto  del  corpo  loro  ,  movendolo  e  gi- 
randolo per  la   circonferenza   d*  essa. 
Par.  8  ,  3.  Sopra  questa  parola  sono 
da  vedersi  i  comentatori. 
E  più  e  più  -  Lat.    tnapti  atqw  magis. 
Par.  33  .  53.   Cosi  il   Petrarca  nella 
canzone  9.  : 
La  stanca  tecchitrella  peregrina 
Raddoppia  i  poeti ,  e  più  e  pi%$  t*  af- 
fretta. 
Equatore  -  Pg.  4  ,  80.  v.  Mezzo  eerehio. 
Equivocare  -  per  pigliare  abbaglio.  Par. 

29  ,  75. 
Eràm  -  eravamo.  In.  33  ,  43. 
Eràmo  -  eravamo.  Pg.  32,  35. 
Erha  ,  chiama  Dante  la  messe  spirìtnale 
che  raccoglie  un  predicatore.  Par.  11, 
105.  , 

Eroda -erede,    in  rima.   Io.  31,  116. 

Par.  11  ,  112. 
Eresia  -  intesa  dal   nostro  Poeta   per  la 

volpe.  Pg.  32^  119. 
Eresiarche  -  in   rima  •  per   eresiarcbi  ; 
cioè  ,  seminatori   di  eresie ,    principi 
degli  eretici.  In.  9 ,  127. 
Eretto  -  alzato.  In.   32 ,  45.  Lat.    ere- 
ctus  ,  per  erto ,  scosceso.  Pg.  15 ,  36. 
Ermafrodito  -  propriamente  è  colui  che  à 
r  uno  e  r  altro   sesso.  Dante   chiama 
ermafrodito  il  peccato  centra  natura , 
dove  il  uiascbk)  viene  in  eerto  modo 
a  cangiarsi  in  femmina ,   ovvero   in- 
tende le  disordinate  maniere  d'oaare 
r  atto  venereo  naturale.  Pg.  96  ,  82. 
Ermo  -  auatantiYo  »  eremo  ,  folitodioe.  i 


Pg.  5  ,  96.  Par.  21  ,  HO. 
Erro  -  nome  ,  errore.  In.  34  ,  102. 
Errore -per   quistione    diffìcile,  da  cui 
si  prenda  occasione  d*  errare.  In.  10. 
114. 
Errore  -  io  e*  avea  (f  error  la  testa   cìn- 
ta ,  cine ,  che  non  comprendeva  bene 
le  cagioni   di  quel    eh'  io   udiva.    In. 
3,  31. 
Erta  -  sustantivo  ,   luogo   per   lo  quale 

s'  ascende.  In.  1  ,  31. 
Esaltare  -  per  montare    in   superbia  ,    o 

aver  compiacenza.  In.  4  ,  120. 
Esaminar  del  cammino  -  cipè  ,    conside- 
rar seco  medesimo  il  cammino.    Ptr. 
3,  56. 
Esausto  -  per  ismorzato  ,   svanito.  Par. 

14  ,  91. 
Esemplare-  per  mondo  intelligibile  di  cui 
è  come  una  copia   il  sensibile.    Par. 
28,  56. 
Esemplo  -  esempio  ,  somiglianza  addotta 

per  pruova.  Par.  1  ,  71. 
Esemplo  -  per  pittura  originale,  che  vien 
ricopiata.   Pg.   32,    67.   per   mondo 
sensibile ,  il  quale  è  copia  del  mondo 
esemplare,    cioè    intelligibile.    Par. 
28.  55. 
Esercito  -  per  folla  di  popolo ,  gran  tur- 
ba. In.  18 ,  28.  Pg.  8  ,  22. 
Esordia  -  esordi  ,    cominciamenti.    Pg. 

16  ,  19. 
Esordire  -  principiare.  Par.  29 ,  30.  Lat. 

exordiri. 
Esperto  -  per  provato ,   ingegnato.  Pg. 

1  ,  132. 
Espresso  -  per  espressamente  ,  a  chiare 

note.  Pg.  6,  29. 
Esse  -  voce  latina ,  V  essere.  Par.  3 ,  79. 
Esaere -nome,  per  vita,  durata.   Par. 
4  ,  33.  Eteer  giocondo  ,  per   lo  stato 
de' beati.  Par.  31  ,  112. 
Essere  -  verbo  sostantivo.  E  che  aUro  è 
da  ffoi  aie  idoUUre  I  cioè  ,  quale  altra 
cosa  distingue  voi  dagl*  idolatri  I    In. 
1»,  113, 
Essere  -  non  i  moU*  aiuti  ,  non  sono  an- 
cora molti  anni   passati.  In.  19 ,  19. 
Essere  -  per  darsi ,  troYanri.  Pg.  17»  1 15, 
118 ,  121. 


S82 


DIZIONARIO 


IBssere  a  grato  -  piacere  ,  essere  accetto. 
Par,  25  ,  86. 

Essere  buono  a  chi  che  sfa* per  giova- 
re ,  essere  di  profitto.  Pg.  13,  93.  e 
forse  in  altri  luoghi. 

Essere  con  alcuno  r  per  accordarsi ,  e 
sentire  con  lui  neir  opinione  roedesi- 
ma.  Pg.  29 ,  105. 

Essere  in  cura  -  cioè ,  curioso  ,  sollecito. 
Par.  28 ,  kO. 

Essere  in  disio  a  chi  che  sia-  cioè  ,  de- 
siderarsi da  chi  che  sia.  Par.  5,  113. 

Essere  in  forse  -  per  temer  molto ,  e  dif- 
fidare di  sé  stesso.  Par.  12 ,  il. 

Essere  in  piacere -per  esser  caro.  Par. 
25.  60. 

Essere  per  guida  -  servire  di  scorta.  Par. 
11  .  36. 

Essere  per  sé  -  in  significato  di  starsi 
neutrale  ;  cioè ,  quando  contendono  due 
tra  di  loro  ,  non  appigliarsi  né  ali*  uno 
né  air  altro  partito.  In.  3 ,  39, 

Esser  nulla  -  per  morire.  Pg.  17  ,  36. 

Eiìtatico  -  visione  e$tatica ,  cioè ,  estasi , 
elevazione  di  mente.  Pg.  15 ,  86. 

EsU  -  per  €it.  latino  ,  in  rima.  Par.  2k, 

ni. 

Esto  -  questo.  In.  1  ,  93.  2  ,  93.  6  , 
103.  9  ,  93.  13  ,  29  ,  73.  U ,  132. 
P)^.  18  ,  68.  28  ,  133  ,  141  ,  e  in  al- 
tri luoghi. 

Estrema  ghirlanda  -  cioè  ,  quella  di  fuo- 
ri j  che  un'  altra  ne  contenga  dentro 
di  sé.  Par.  12,  21. 

Esurire  -  voce  latina,  che  significa  appe- 
tire con  fame  grande,  Pg.  24  ,  lo4. 

Etati  gro$*e  ,  chiama  Dante  i  secoli  bar- 
bari ,  ne'  quali  sogliono  perdersi  le  belle 
arti.  Pg.  11  ,  93.  v.  Grouo. 

Etera  -  etere  ,  cielo.  Par.  22^  132.  Lat. 
aeiher. 

Etere  -  cielo.  Par.  27,  70.  Uii.  aether, 
ed  è  parola  di  greca  orìgine. 

Eternale  -  eterno.  In.  14  ,  37.  Par.  5  , 
116. 

Eternalmente  -  eternamente  ,  in  eterno, 
lu.  29  ,  90.  Pg.  3  ,  42.  Par.  10,  2. 
13  ,  60.  14  ,  15.  15  .  12. 

Etemo  duro  -  cioè  ,  eternamente.  In. 
3,8. 


Eterno  piacere  -  per  h  divina  toIobIì. 
Par.  20 ,  77. 

Etica  -  scienza  morale   o  sia   de*  costu- 
mi ,  in  greco  ètici  In.  11 .  80. 

Etico  -  che  à  la  febbre  etica ,  cioè  abi- 
tuale. In.  30  ,  56. 

Etsi  -  voce  latina  ,   significante   bmM. 
Par.  3 ,  89. 

E  via  col  viso  altiero  -  sottintendi  , 
date.  Pg.  12  ,  70. 


Fabbro  del  parlar  materno  -  cioè  ,  com- 
positore in  lingua  del  suo   paese.  Pg. 

26,  117. 

Faccia  -  per  facciata  o  pagina    di   scrit- 
tura. Pg.  3 ,  126. 
Face  -  per  faci  ,  facelle  ,    in  rima.  Plr. 

27,  10. 

Face  -  verbo  ,  per  fa  ,  in  rima.  In.  1 . 

56.  10,  9.  21^    111.    Par.    3,  87. 

fuor  di  rima.  In.  25  ,  132.    Pg.   7 , 

68,  Par.  4,  77. 
Facci  -  per  facevi.  Par.  19  ,  69. 
Facella  formata    in  cerchio  -  intesa  per 

r  angelo  Gabbrielio.  Par.  23 ,  94. 
Facon  -facevano.  Pg.  16  ,  108.  23,  9. 

Par.  14  ,  100, 
Facéno  -  facevano.  In.  12,  102,  e  simili 

altre  mutazioni. 
Facénsi  -  facevaiisi  Par.  18,  77. 
Faci  -  per  fai,  in  rima.  In.  10.  16.  14, 

135. 
Falcare  suo  passo- torcersi,  girando  .  a 

guisa  di  falce.  Pg.  18,  94. 
Falconiere  -  chi  à  cura  di  falconi,  o  chi 

li  tiene  in   pugno  a  caccia.    In.  17 , 

129. 
Falda  -  materia  pieghevole,  dilatata  in  fi- 
gura piana,  falda  di  fuoco.  Id.  14,  29. 
Fallanza  -  (allo.  Par.  27,  32. 
Fallare -per  mancare.  Pg.  13,  61. 
Fallarsi  -  per  fallare  ,  peccare.    Pìir.  6  . 

102. 
Fallire  -  per  mancare.  Pg.  31,  52. 
Fallire  -  Non  puoi  fallire  a  glo¥%'»$o  porU, 

cioè,  converrà  che  tu  giunga  a  gloria- 

80  porto.  In.  15,  56. 
Fallo -per  difoito.  Par.  29,  23. 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


58S 


Falsare  -  corrompere  la  sincerità  di  che 
che  sia.  Io.  29,  137. 

Falsare  -  falsava  nel  parere,  cioè,  faceva 
apparire,  faceva  vedere  falsamente  Pg. 
29,  h%. 

Falsatore  -  falsario,  che  corrompe  la  sin- 
cerità di  alcuna  cosa.  In.  29,  57. 

Falseggiar  la  moneta*batter  moneta  falsa. 
Par.  19,  119. 

Falsificare  -  per  dimostrar  falso.  Par. 
2.  8V. 

Famiglia  •  ester  famiglia^  cioè,  uno  de*  fa- 
migliari. In.  22,  52. 

Famiglia  -  per  compagnia.  In.  30  ,  88  , 
per  popolo  ,  cittadinanza.  Par.  16,  11. 

Famiglia  dvl  Cielo  -  per  gli  angeli.  Pg. 
15,  20. 

Famiglia  rilosoHca  -  per  istuolo  e  setta  di 
filo-ofi  che  abbiano  abbracciato  le  dot- 
trine d' alcun  grande  autore.  In.  k , 
132.  Cosi  M.  Tullio  nel.  2  libro  de 
Divinationt  :  Magnus  loeus  ,  phUoso- 
phiaeque  proprius ,  a  Platone^  Arish»- 
tele,  Theophrasto,  totaque  Peripateiko- 
rum  familia  ,  traetatus  uberrime,  E 
I>erciò  il  Petrarca,  nel  3.  capitolo  del 
Trionfo  della  Fama  ,  chiama  Zenone 
Cittico,  t{  padre  degli  Stoici. 

Fané -per  fa,  in  rima.  Par.  27,  33. 

Fante  -  per  bambino  ,  o  embrione  nelFu- 
lero.  Pg.  25,  61. 

Fantino  -  bambino  di  latte.  Par.  30,  82. 

Fantolino  -  barobino  ,  picciolo  fanciullo. 
Pg.  2i,  108.  Par.  23,  121.  30,140. 

Far  calle-  per  camminare.  In.  20,  39. 

Far  caso  nella  mente  -  cadere  in  mente, 
venire  a  mente.  Par.  H,  4.' 

Far  certificato  •  cioè  certo,  sicuro,  Par. 
9,  18. 

Far  colorato  -per  colorare.  In.  10,  86. 

Far  centra  -  per  nuocere.  Par.  6 ,  130. 

Far  credenza  -  per  assicurare.  Pe.  27, 29. 

Far  dire  a  chi  che  sia  -  cioè,  dar  cagio- 
ne di  dire.  lo.  17,  129. 

Far  dono  di  che  che  sia  -  In.  6,  78. 

Faro  -  per  nuocere.  Par.  31,  77.  per  ope- 
rare, agire  ;  contrario  di  patire.  Par. 
2,  123,  U.  134. 

Fare  -  Che  C  anima  ed  corpo  moria  fanno, 
cioè,  tengono  che  morto  il  corpo,  sia 


morta  Tanima  ancora.In.10,15.  L'Ario- 
sto nello  stesso  significato,  al  canto  20, 
stanza  42.  : 
Aon  concedo  però,  che  qui  Medea 
Ogni  femmina  sia,  come  tu  fai  ; 
cioè,  come  tu  stimi  o  pensi. 

Fare -per  descrivere,  rappresentare.  In. 
1,  135. 

Faréa- sorta  di  serpente.  In.  24,  8C. 

Fare  accorto  -  avvisare.  Pg.  9,  131. 

Fare  assalto  -  per  assalire.  Par.  9 ,  30. 

Fare  impresso  -  imprimere.  Par.  19  ,  43. 

Fare  insegna  -  per  accennare.  Pg.  3 ,  102. 

Farfalla  angelica -Pg.  10,  125.  v.  An- 
gelica farfalla, 

Farieno  •  farebbero.  Pg.  12 ,  66. 

Far  la  barba  indietro -cioè,  tirarla o  vol- 
gerla indietro.  In.  12  ,  78. 

Far  letizia  di  sé  -  per  ispanderla  fuori  di 
sé,  non  potendola  tutta  contenere.  Par. 
16 ,  20. 

Far  male -per  nuocere.  In.  2  ,  89.  Pg. 
29,  111.  ^ 

Far  motto  -  parlare.  In.  19  ,48.  33  , 
48.  34 ,  66.  Pg.  2  ,  25.  9 ,  78.  13, 
141.  e  in  altri  luoghi. 

Far  nulla  -  per  non  impedire  in  verun  mo- 
do. Par.  31  ,  77. 

Far  più  chiarezza- per  disvelare  più  chia- 
ramente. Par.  25  ,  33. 

Far  principio  -  principiare.  Par.  15  ,  90. 

Far  privato  -  per  privare.  Io.  18 ,  87. 

Far  pruova  a  chi  che  sia  -  per  assicu- 
rarlo. Par.  9  ,  20. 

Far  punto  -  per  terminare.  Par.  32,  140. 

Far  ragione -far  conto  ,  stimare,  imma- 
ginarsi. In.  30  ,  145.  Par.  26 ,  8. 

Far  scemo  volere  -  per  appagare  la  cu- 
riosità ,  far  scemo  il  desiderio.  Pg.  26, 

Far  sembiante  -  per  accennare  ,  significar 
colla  faccia.  Par.  9 .  64. 

Farsi  bello -detto  di  falcone  che  si  riz- 
za 6  pavoneggia.  Par.  19 ,  36. 

Farsi  nel  vero  -  cioè  ,  accordarsi  colia 
medesima  verità.  Par.  13  ,  51. 

Farsi  verso  di  chi  che  sia  -  appressarsi 
ad  alcuno.  Pg.  15  ,  142. 

Far  soggiorno  -  per  dimorare  in  un  lot- 
go.  Par.  21 ,  39. 


58fc 


DIZIONARIO 


Far  sue  iovenzìoni-per  trovar  nooTe  cose 

o  maoiere.  Par.  29  ,  94. 
Fascia -per  corpo  mortale.  Pg.  16,  37. 
Fasciati  dalla  grotta  -  cioè ,  rinchiusi  in- 
torno da  essa  grotta.  Pg.  27  ,  87. 
Fata  •  nel  numero  del  più ,  per  fat[,  o  de- 
stini. In  9 ,  97.  è  voce  latina. 
Fato  di  Dio -cioè,  decreto,  provvidenza, 

ordinazione  divina.  Pg.  30,  142. 
Fatti  -  per  successi ,  effetti.  Pg.  33 ,  49. 
Fatto  presso -cioò,  avvicinato.  Pg.  29, 

46. 
Fattore  lieto  -  cioè ,   Iddio  felicissimo  e 

sommo  bene.  Pg.  16  ,  89. 
Fatturo  -  per  colui  che  à  a  fare  qualche 

cosa.  Lat.  facturus.  Par.  6 ,  83. 
Favella  della  mente  è  una  in  tutti  -  cioè, 
i  pensamenti ,  i  concetti  dell'  animo  si 
formano  in  tutti  nella  stessa  maniera; 
benché  i  parlari  che  gli  esprimono  al 
di  fuori  ,  siano  differenti   secondo  le 
diverse  nazioni.  Par.  14,  89. 
Favelle  -  Fu  imperadhce  di  moUe  faveUe , 
parla   di  Semiramide  che  signoreggiò 
molte  nazioni  le  quali  parlavano  varie 
lingue  ;  ovvero  ,  fu  regina  di  Babillo- 
nia  dove  prima  furono  confusi  i  Unguag^ 
gi.  In.  5  ,  54. 
Favilla  •*  tolta ,  Gguratamente,  per  segnale. 

Pg.  23  ,  46. 
Favilla  di  gloria» per  una  minima descri* 

zione  di  essa.  Par.  33 .  71* 
Favillo  -  splendore.  Par.  20,  14. 
Favoleggiare  di  che  sia  •  raccontar  favole, 
o  storie  milito  con  favole.  Par.  2  ,  51. 
15  .  125. 
Favorare  <•  favorire.  Par.  9.  124. 
Fausto  -  prospero ,  felice.  Par.  14  ,  93. 

Lat.  /btMiiM» 
Fazione -per  aria  di  viso  o  fattezza*  In. 

18 ,  49. 
Fé  -  per  fede.  Pg.  7  ,  8. 
Fé -verbo,  fei,  feci.  Pg.  11,  72.24, 
35.  Par.  9  ,  96  ,  per  fece.  In  4,  60. 
e  in  altri  luoghi. 
Febbre  superba-  per  ardente  desideri j di 

signoreggiare.  In.  27  ,  97. 
Fede  -  fa$ar%  $  fermar  fed$ ,  cioè  ,  crede- 
re fermamente.  Par.  17  ,  140. 
f^do -brutto,  laido.  Lat;  fotdui.  lo.  12,  M>. 


Fee  -  per  fece ,  in  rima.  Pg.  32 ,  12.  Par. 

32  ,  19. 
Feggere  -  fiedere ,  ferire.  In.  15 .  S9. 18, 

75.  qui  •  stare  incontro  a  dirittura. 
Fei-feci.  Pg.  1,  87,  8,  52. 
Fele-  per  miseria.  In.  16.  61. 

Felicitare  -  render  felice.  Par.  13,  90. 

Felle  -  fele  ,  in  rinu,  quiaioné  eh$  piki 
di  felle ,  cioè  di  veleno,  di  falsiti.  Pìv. 
4,  27. 

Fello  -  per  malvagio ,  di  mal  animo ,  cru- 
dele ,  aspro  ,  severo.  la  11  ,  88,  21, 
72.  28  .  81.  per  ritroso.  In  17,13i, 
per  restio.  Pg.  6,  94. 

Femmi  -  per  mi  feci.  Pg.  31  ,  89.  per 
mi  fece.  Par.  15 ,  90. 

Fene-per  fece,  in  rima.  In.  18,  87. 

Fenno  -  fecero.  In.  4 ,  100.  8 ,  9  ,  16, 21. 
Pff.  6,  139,  19  ,  90,  22.  25,27. 
137,  Par.  13,  99.  15,  75. 

Fensi-per  facevansi,  o  si  fecero,  io  ri- 
ma. Pg.  10.  63.  Par.  7.  148 

Feo-  per  fece ,  in  rima.  Io.  k  ,  144.  Pì|. 
16,  106,  17,  33.  Par.  12.  85. 

Fé  privati  -  doè ,  privò.  In.  18  ,  87, 

Ferci  -  ci  fecero,  (n.  7 ,  42. 

Férmalvi  -  coir  accento  acuto  aolla  priai 
sillaba,  iérmavelo.  Par.  5,  41. 

Fermar  fede* creder  fermamente.  Ptf. 
17  ,  140. 

Fermi  -  per  mi  fecero.  Par.  9  ,  18. 

Fermo  -  nome ,  atert  per  fermo,  credere 
con  costanza.  In.  29,  63. 

Fermo-per  vigoroso.  In  5, 83.  Lat.  fnm». 

Fero  -  per  fecero  ,  in  rima.  Par.  4  ,  86. 

Feroce  -  per  insolente  ,  bizzarro  ,  super- 
bo. Par.  22,  151. 

Feroce  pruno  -  per  ispido  ,  selvimoi  «* 
rido.  Par.  13  ,  134. 

Feron  •  fecero.  Pg.  26  ,  14. 

Ferrato» guarnito  di  ferro.  In.  29.44. 

Ferrigno  -  che  à  o  tien  del  ferro,  lo.  18. 1 

Fer^a  -  per  forza  e  caler  gagliardo  det  «h 
le  ,  in  rima.  In.  25,  79. 

Fertilemeiite  ^  fertilmente.  Par.  21.  119. 

Fervere -per  tramandar  caler  graode, 
cuocere,  Pg.  27.  79.  è  voce  latioa. 

Ferule  -  per  ferite.  In.  1  ,  108. 11.  SI. 

Feruto  .  ferito.  Ip.  21,  87.^4.  150.  ft 

m. 


SELLE  PAROLE  E  FRÀSL 


oH5 


Ferza  -  gfcrza  ,  flagello.  Io.  18 ,  35.  Pg. 
13  ,  39.  Par.  18 ,  Vi. 

Fesse  -  tagliò  ,  divise  »  dal  verbo  fende- 
re. In.  12  ,  119. 

Fesse  -  per  facesse.  Par.  5 ,  20. 23,  i^5. 

Fessi  -  per  facessi.  In.  33  ,  59. 

Fesso  -  sustantìYO ,  per  fessura  ,  apertu- 
ra. Pg.  9,  75. 

Festa  -  per  allegrezza  ,  giubbilo  ,  o  spet- 
tacolo allegro.  Pg.  30  ,  65.  Par.  20, 
84. 

Festante  -  giubbilante.  Par.  31,  131. 

Festa  paterna  -  accogiieliza  da  padre.  Par. 
15  ,  84. 

Festinare  -  per  aflrettarsi.  Pg.  33  ,  90. 
è  voce  latina 

Festinato  a  vera  vita  -  pargoletto  che  a- 
vanti  di  poter  meritare ,  muore  e  si 
salva.  Par.  32 ,  58. 

Festino  -  addiettivo  ,  per  celere  ^  impe- 
tuoso. Par.  8 ,  23.  per  pronto ,  pre- 
sto. Par.  3  ,  61.  Lat.  fatimu. 

Festuca  -  fuscellino  di  legno  o  di  paglia, 
picciolo  stecco.  In.  34 ,  12.  è  voce  la- 
tina. 

Feto  -  per  embrione  nell'  utero.  Lat.  foe- 
iut.  Pg.  25 ,  68. 

Ff -figliuolo»  figlio.  Par.  11,89.  Il  dot- 
tissimo monsignor  Giusto  Fontanini , 
a  carte  271.  del  suo  Atninta  difuo  , 
aflerma  che  questa  voce  non  è  toscana 
accorciata,  ma  piuttosto  intera  friula- 
na. Ma  qualche  autore  fiorentino  con- 
traddice a  questa  opinione,  v.  /tota. 

Fiaccare  -  per  ispeizare.  Pg.  7 ,  75.  per 
minare  ,  andare  abbasso  con  impeto. 
Io.  7  ,  14. 

Fiala  -  sorta  di  vaso  di  vetro  j  corpac- 
ciuto ,  e  eoo  collo  stretto  ;  guastada, 
carafla.  Lat.  phiala.  Negan  il  vin  del- 
ia $ua  fiala  a  chi  che  sia ,  è,  meta- 
foricamente ,  non  voler  apparare  la  cu- 
riosità d'alcuno.  Par.  16 ,  88. 

Fiamma  coronata  -  per  la  Beata  Vergi- 
^  ne.  Par.  23 ,  119. 

Fiammare  -  fianameggìare.  Par.  24  ,  12. 

Fiammeggiare  -  risplendere  a  guisa  di 
fiamma.  Par.  5,  1.  10  ,  103. 21, 69. 

oo. 

Fiauuneggiani  hice  eoo  luce  •  eioè  ,  ri- 


Splendere  una  luce  a  gara  e  a  vista 
deir  altra.  Par.  12 ,  23. 

Fiammella  -  fiammetta.  Par.  21 ,  136. 

Fiamme  sempiterne  -  per  apime  beate. 
Par.  14  ,  66. 

Fiamnt^tta  -  picciola  fiamma.  Par.  20  , 
148. 

Fiata  -  volta.  In.  30, 3.  JLnit^a  fiata,  per 
buono  spazio  di  tempo.  Pg.  26,  lUl. 
29 ,  30.  30  ,  27. 

Fica,  dicesi  quell'atto  che  colle  mani 
si  fa  in  dispregio  altrui  ,  messo  il  di- 
to grosso  tra  1*  indice  e  1  medio.  Io. 
25,  2.  V.  anche  il  Varchi  neUErco- 
lano ,  a  carte  100. 

Ficcar  lo  viso  per  che  che  sia  -  guatarvi 
ben  entro.  Par.  33  ,  83. 

Fidare  -  per  assicurare.  Par.  3 ,  27.  per 
esporre  con  fidanza.  In.  2 ,  12. 

Fie  -  per  fia  ,  sarà  ,  io  rima.  Par.  7  , 
114. 

Fiedere  -  per  dividere.  Par.  32 ,  40. 

Fiedere  -  per  ferire  ,  percuotere  ,  com- 
battere. Pg.  9 ,  25.  per  nuocere  sem- 
plicemente. Pg.  28,  90. 

Tiedere-fitde  ad-tina  voUe,  cioè,  va  a 
riuscire ,  sbocca.  In  10  ,  135. 

Fien  -  verbo,  per  saranno.  In.  3  ,  76. 
Par.  19  ,  134. 

Fieno -verbo,  per  saranno.  Pg.  13, 133. 
25  ,  36.  Par.  9 ,  60. 

Fier  -  verbo,  lo  stesso  che  fien  ,  saran- 
no. Pg.  7,  48.  se  però  il  testo  è  sa- 
no. 

Fier -verbo,  per  ferisce.  In.  9 ,  69. 

Fiere  -  verbo,  per  ferisce.  In.  10  ,  69. 
11 ,  37. 

Fleti -ti  sarà,  ti  fia.  Pg.  15,  32.  18, 
17.  V.  r  Ercolano  del  Varchi ,  a  car- 
te 209. 

Fievole -di  poca  lena.  In.  24.  64. 

Figlia  del  Sole  ,  chiama  Dante  V  umana 
spezie ,  perch*  egli  aiuta  a  generarla. 
Par.  27  ,  137. 

Figliastro-  figliuolo  della  moglie,  ma  d'al- 
tro marito  ;  x>  del  marito  ,  ma  d*  al- 
tra moglie.  Lat.  j^nti^iMis*  In.  12, 
112.  Vogliono  alcuni*  che  Danto  pren- 
da qui  aueata  voce  io  sigoifiitio  di 

cattilo  wliuolo. 

74 


^86 


DIZIONARIO 


Fijili  della  Terra  -  sono   i  Giganti ,  se-, 
condo  le  favole.  In.  31 ,  121. 

Figliuoi  -  figliuoli.  In.  33  .  48  ,  87. 

Figliuol  di  grazia  -  per  diletto  da  Dio. 
Par.  31  .  112. 

Figliuole  -  in  «caso  vocativo,  posto  in  ve- 
ce di  figliuolo,  in  rima ,  del  latino  fi- 
Itole.  Pg.  23  ,  4. 

Figo  -  fico,  in  rima.  In.  33,  120.  è  vo- 
ce lombarda. 

Fifzuiare  -  per  discerner  bene.  In.  18  , 
W.  piT  descrivere.  Par.  23  ,  61. 

Filio  -  figliuolo.  Par.  23 ,  136.  Lai.  fi- 
Utu. 

Filo  -  mettere  nel  buon  filo,  rassettare  , 
ordinare  ,  ridurre  a  stato  migliore. 
Par.  24  ,  63. 

Filo  che  fa  la  zona ,  chiama  Dante  quel 
cerchio  che  si  vede  intorno  al  disco 
lunare  ne'  tempi  umidi  e  nuvolosi  ;  il 
quale  viene  a  formarsi  per  la  rifles- 
isione  de'  raggi.  Par.  10 ,  69. 

Filosofare  -  indagare  le  cagioni  delle  CO7 
se ,  come  fanno  i  filosofi.  Par.  29  , 
86. 

Filosofica  famiglia  -  In.  4  ,  132.  v.  Fa- 
miglia fUoiofica. 

Fine  di  tutti  i  disti  -  cioè  ,  la  visione  d* 
Iddio.  Par.  33 .  46. 

Finestra  -  per  esito ,  uscita.  In.  13 ,  102. 

Finito  ,  -  per  morto.  Pg.  3,  73. 

Fio  -  vai  feudo,  pagare  il  fio ,  cioè  ,  le 
pene;  in  quella  guisa  che  i  feudatari 
pagano  tributo  al  signore  del  feudo , 
in  segno  di  vassallaggio.  In.  27 ,  135. 

Fioccare  di  vapor  gelati  -  mandar  giuso 
la  neve  dal  cielo  Par.  27 ,  67. 

Fioccare  di  vapor  trionfanti  -  detto  del- 
l' etere  ,  nel  quale  finge  il  Poeta  d' 
aver  veduti  gli  spiriti  beati  a  migliaia 
volare  in  alto,  come  la  neve  d' inverno 
fiocca  abbasso.  Par.  27  ,  71. 

Fioco  •  per  chi  à  la  voce  cosi  tenue  , 
che  appena  si  può  udire.  In.  1  ,  63. 
34  ,  22.  Par.  Il  ,  133.  33 ,  121. 

Fioco  -  far  fioco  ^  per  oscurare  ed  aflb» 
gare  il  suono  di  che  che  sia  con  uno 
strepito  maggiore.  In.  31 ,  13. 

Fioco  lume  -  detto  ,  figuratamente  ,  per 
barlume  0  lume  debole*  Uu  3^  75. 


Fiordaliso  •  giglio  ,  dal  france^c  fieur  ie 
li8.  Pg.  29  ,  84.  per  li  gigli  d'  oro , 
insegna  dei  regno  di  Francia.  Pg.  20, 
86. 

Fiore  -  detto  per  similitudine.  Par.  31, 
10.  y.  Rosa. 

Fiore  -  per  giardino ,  figuratamente.  Par. 
32  ,  126.  per  la  Beata  Vergine.  P^r. 
23  ,  88.  ner  lo  convento  de  beati. 
Par.  83,  9.  per  lo  giglio  ,  impronta 
del  fiorino  battuto  da*  Fiorentiiii.  Pir. 
9 ,  130. 

Fiore  -  chiome  del  fi/are^  cioè  ,  foglie  ti 
pelala.  Par.  32,  18. 

Fiore  -  avverbio  ,  per  punto  ,  niente  , 
qualche  picciola  cosa.  In.  25 ,  iàV. 
Pg.  3  ,  135.  Fior  if  ingepio,  pooto 
d'  ingegno.  In.  34  ,  26.  v.  il  Varciù 
neir  Ercolano  ,  a  carte  96. 

Fiorìn  d' oro  -  inteso  per  a.  Giovanni  Ba- 
tista ,  impronta  del  fiorino  battuto  òa' 
Fiorentini.  Par.  18  ,  134. 

Ftort  perpetui  delt  eterna  Inizia ,  chit- 
ma  Dante  1*  anime  de'  beali.  Par.  19, 
22. 

Fiorire  -  per  render  florido-  Par.  16 , 
111.  qui  è  metafora. 

Fiotto  -  gonfiamento  di  mare,  oedeg- 
giamento  ,  marèa.  Lat.  fludui.  lo. 
15,  5. 

Fisamente  -  con  attenzione.  Pg.  13 ,  13. 

Fisico  pruove  -  cioè ,  fisiche  ,  tratte  dal- 
la scienza  naturale.  Par.  24  •  134. 

Fiso  -  intento  ,  attento.  Pg.  11 ,  77. 
32 ,  9.    V.  Un  troppo  fiào. 

Fiso  guardare  -  Par.  23  ,  9. 

Fittizio  corpo  -  aereo  ,  apparente  ,  vaoD. 
Pg.  26  ,  12. 

FiUo-cioè,  trafiUo.  Pg.  12,  28. 

Fiumana  •  fiumo  grasso  ,  allagazione  di 
molte  acque.  Pg.  19  ,  101. 

Fiumana-ki  fiumana  ove  l  mar  n§nà  tan- 
to ^  intende  qui  Dante  i*  impero  dele 
umane  concupiscenze  che  agitano  e 
mettono  in  tempesta  il  cuore  di  qosli 
che  si  danno  loro  in  preda;  e  vinai- 
no  lo  stesso  mare  »  di  strepito  e  é 
furore.  In.  2,  108.  codl  spiegano  i  €^ 
mentatori.  Si  potrebbe  anche  intevtae 
la  forza   del  catti\o  ooslume ,  e  4' 


DELLE  PABOLE  E  FRASL 


587 


malvagi  esempli ,  che  da  sani*  Agosti- 
no vien   detta  ,  flumen  mofis  humani. 

Fiumana  -  detta  per  aimilitudine.  Par. 
30,    64. 

Fiume  della  mente  ^  par  che  chiami  Dan- 
te le  voglie  che  nascono  in  essa  ;  co- 
me spiega   il  Vellutello.   Pg.  13 ,  90. 

Fleto  -  pianto.  Lat.  flettu.  Par  16 ,  136. 
27  ,  45. 

Flettere  -  piegare.  Lat.  fkctere.  Par.  26, 
85. 

Foce -per  entrata.  Pg.  12,  112.  peri- 
stretto  di  mare.  Io.  26  ,  107.  per  la 
parte  donde  nasce  il  sole.  Par.  1,  37. 
per  un  de  cerchi  dell*  Inferno.  In.  13, 
96.   per  uscita.  In.  23 ,  129. 

Foci  -  bocche  de'  fiumi  che  mettono  io 
mare.  Par.  22,  153. 

Focile  -  picciolo  strumento  d*  acciaio  , 
col  quale  si  batte  la  pietra  per  trar- 
ne il  fuoco.  In.  14 ,  39. 

Foco  maggiore  -  per  la  Beata  Vergine, 
la  cui  perfetta  caritè  superò  quella  di 
tutti  gli  altri  santi.  Par.  23 ,  90. 

Foga-  impeto  ,  furia.  Pg.  5, 18.  31,  18. 
per  corso  velocissimo.  Par.  12 ,  50. 

Foga  ardita  del  montare  -  salita  ripida  e 
malagevole.  Pg.  12,  103. 

Foggia -modo  ,  guisa.  In.  il,  75. 

Fólgore  -  in  genere  femminino  ,  per  fui* 
mine.  In.  14,  53. 

Folgoreggiare  -  per  istrìsciar  cadendo ,  a 
guisa  di  fulmine.  Pg.  12,  27. 

Folle  strada  -  cioè ,  follemente  intrapresa. 
In.  8.  91. 

Folletto  -  propriamente  è  nome  degli  spi- 
riti maU  che  vanno  per  V  aria ,  ma 
Dante  11  prende  per  anima  dannala.  In. 
30,  32. 

Fondere  -  spandere.  Pg.  90, 7.  per  iscia- 
lacquare.  In.  li,  44.  Lat.  fiindere. 

Fondo  -  per  folto,  profondo.  In.  20, 129 
per  kiogo  basso.  Par.  30,  6. 

Feniaita  eterna ,  chiamasi  dal  Poeta  no- 
stre ,  Iddio.  Par.  31,  93. 

Fontana  vivace  di  speranza  -  Par.  33,  12. 
cosi  chiama  Dante  la  Beata   Vergine. 

Fora  -  nome,  nel  numero  del  pili ,  per 
fori,  buchi  0  piaghe  Pg.  21,  83. 

Fora  -  verbo  ,  per  sarebbe.  In.  32,  90. 


Pg.  9 ,  116.  Mi  fora ,  mi  sarei.  Pi'. 
26,  25. 

Foracchiato  -  pieno  di  fori.  In.  19 ,  42. 

Forare  il  mondo -Vffmo  reo  che*l  mon- 
do  fora,  chiama  Dante  Lucifero  eh' e- 
gli  finge  esser  piantato  nel  centro  della, 
terra  ,  con  mezza  la  persona  nel  no- 
stro emisperio ,  e  mezza  nell'  altro  emi- 
sperio  opposto.  In.  34,  108. 

Forar  V  aere  grossa  e  scura  -  cioè,  tagliar 
la  nebbia  col  moto  della  persona.  In. 
31,  37. 

Forbire  -  nettare  ,  purgare  .  pulire.  In. 
15,  69. 

Forcata  -  per  quella  parte  dal  corpo  do- 
ve termina  il  busto,  e  comincian  le  co- 
sce. In.  14,  108. 

Forcatella  -  picciola  forcata  che  è  quan- 
to si  può  prendere  con  una  forca.  Pe. 
4,  20. 

Force-  per  forbici.  Par.  16,  9. 

Forcuto  -  diviso  in  due  a  guisa  di  forca. 
In.  25,  134. 

Forma  -  per  anima.  Pg.  9,  58. 

Forma  d' ossa  e  di  polpe  -  l'anima  umana 
eh*  è  forma  del  corpo.  In.  27,  73. 

Forma  universale  -  idea  generale.  Par. 
33,  91. 

Formare  -  per  istruire ,  ammaestrare;  se- 
condo il  Landino.  Pg.  10  ,  125.  ma 
questa  spiegazione  pare  alquanto  for- 
zata. 

Formativa  virtù  -  che  forma  ,  che  di  fi- 
gura. Pg.  25,  89. 

Formato  del  suo  ordine  -  nato  nel  suo 
grado,  cosi  il  Landino.  Par.  3,  54. 

Formazione  -  per  la  virtù  formativa  che 
ammettevano  le  scuole  antiche.  Pg.  10, 
129. 

Fornito  - 17  fomiio  Sempre  con  danno 
f  attender  eofferu ,  cioè  ,  non  bisogna 
frapporre  indugio  all'esecuzione  delle 
cose  già  preparate.  In.  28,  98.  tolto 
da  quel  di  Lucuno  ,  nel  1.  libro  della 
Farsaglia ,  al  verso  281 .  :  Semper  no- 
cuil  differre  parati*. 

Foro  -  verbo  ,  per  furono  ,  in  rima.  In. 
3,  39.  22,  76.  Pg.  12,  36.  Par.  23, 
131.  28,  96. 

Foro-Timo  a  VaUro  foro,  cioè,  lagiu< 


ZSÒ 


DIZIONARIO 


risdizione  secolare  i  e  1*  ecclefiiastica. 
Par.  10,  104. 
Foro  divino  -  cioè  •  giarisdizioDe  eccle- 
siastica. Par.  30,  1&2. 
Forse  -  per  intorno  «  in  circa.  Par.  30,  1. 
Forsennato  -  uscito  del  senno.  In.  30. 20. 
Forte  -  avverbio ,  per  gravemente.  Par. 

26,  18. 
Forte  -  per  aspro ,  difiScile ,  malagevole , 
arduo  ;  quello  che  i  Greci  dicono  ca- 
Upós.  In.  1,  5.  Par.  22,  123.  per  diffi- 
cile da  intendersi  o  da  spiegarsi,  oscu- 
ro ,  intrigato.  Pg.  29,  42.  33,  50.  Par. 
6,  102.  7,  49.  9,  36. 16,  77.  21,  76. 
25,  61. 
Forte  obbietto  -  per  molto  sensibile.  Par. 

30 ,  48. 
Fortuna -sua  descrizione.  In.  7,  68,  e 
segg.  Cicerone;  riferendo  le   opinioni 
,  degli  antichi  filosofi  intorno  alla  natu- 
ra delle  cose ,  nelle  sue  Quistioni  Ac- 
cademiche a  ìf .  Varrone ,  scrìve  che 
coloro  insegnavano  non  esser  altro  la 
Fortuna ,  che  Dio  medesimo  :  Eam- 
dem  (vim)  Forlunam  appellante  quod 
effieiai  multa  impraviia  haec,  nec  opi- 
nata nobii  propter  obieuritaiem  ,  t^nio- 
rationemque  cautsarum.  Ma  Dante  la  fa 
creatura,  e  una  delle  intelligenze  celesti. 
Fortuna  -  per  tempesta  di  mare.  Pg.  32, 

116. 
Fortuna  maggiore  -  v.  nella  Parte  terza 

de' Nomi  propri. 
Fossa  -  per  l' Inferno.  In.  14 ,  136.  17 , 
66.  per  una  delle  bolge  dell'  Inferno. 
In.  23,  56. 
Fossato  -  fosso  ,  canale.  Io.  7,  102.  Pg. 

5,  119. 
Fosse  -  verbo  ,  per  fosse  stato.  In.  27 , 
70.  per  fossi,  in  rima.  Pg.   17,  46, 
30.  42.  per  fossero.  In.  8, 78. 29;  39. 
Fossi  -  verbo  ,  per  fosse.  Pg.  24 ,  136. 
Fra*l  sonno-  cioè  ,  sognando.  In.  33,  38. 
Francescamente  -  io  lingua  o  alla  manie- 
ra francese.  Pg.  16,  12^. 
Francheggiare  -  incoraggire ,   assicurare. 

In.  28,  116. 
Franco  -  ardito  ,  coraggioso.  In.  2,  132. 

per  libero.  In.  27,  54. 
Franger  la  rattezza  -  detto  d*  uq  monte , 


laddove  comincia  ad  esser  meo  erto. 
Par.  11 ,  49. 

Frangerai  -  per  intenerirsi.  In.  29,  22. 

Frasca  -  ramo  d' albero   con    foglie.  In. 
13,  114.  Pg.  24,  118.  Par.  23,  7. 

Frasca  vedova  -  per  arbore  sterile  e  seo- 
za  foglie.  Pg.  32,  50. 

Fraschetta  -  ramuscello  fromnito.  Io.  13, 
29. 

Frate  -  per  fratello.  Par.  7,  58.  24, 0- 

Fratei  -  fratelli.  In.  32,  21. 

Frati  -  per  compagni,  amici,  fratelli.  In. 
26,  112. 

Fratto  -franto,  rotto.  Pg.  17,  42.  Par. 
23..  80. 

Fredda  parte  -  per  lo  aettentnooe.  Pg. 
29,  101. 

Freddura  -  freddo.  Io.  31, 123.  32,  53. 
33,  101. 

Fregare  i  piedi  per  qualche  luogo -cioè 
camminarvi.  In.  16,  33. 

Fregiar  di  lume  -  per  illuminare.  Pg. 
1,  38. 

Fresco  -  per  venuto  di  nuovo  «  soprggian- 
to  di  fresco.  In.  14,  42.  Pg.  2. 130. 

Fretta  -  andare  a  fretta  ,  cioè  ,  in  fretti 
Pg.  6,  49,  /{  del  che  à  maggior  /fit- 
ta ,  cioè  il  primo  mobile  die  girasi 
tutto  in  ore  24.  da  levante  in  ponen- 
te ,  e  seco  rapisce  i  cieli  infenorì , 
secondo  il  sistema  di  Tolonmeo*  Par. 
1,  123. 

Froda  -  nome ,  per  frode.  In.  17 , 7. 20, 
117.  S^,  82.  Pg.  14,  53. 

Frodare- per  involgere,  oscurare.  In.  2D. 
99. 

Frodolente  -  ingannevole.  Io.  25 ,  29. 37, 

116. 
Frodolento  -  fraudolento.  Io.  11,27. 
Fronda  -  per  discendente  ,  uno  de'  posteri; 
stando  sulla  metafora  dell'  albero  o  del 
ceppo.  Par.  15,  88. 
Fronda  grande  -  per  bosco.  Io.  99  ,  131. 
Fronde  -  nel  numero  del  più.  L»  frmà 
onde  s' infronda  tuUo  /'  orto  Delt  OneU- 
no  etemo  j  chiama  Dante  le  ranoneiai 
creatore ,  o  l' anime  de*  beati.  Par.  2S. 
64. 
Fronde  di  Minerva,  chiama  Dante  l'ulivo, 

.  arboresacro  a  quella  De«,  Pg«  80»  M. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


589 


Fronte  •  per  parte  davanti  di  che  che  sia. 

Par.  31  ,  123. 
Fronte  -  tener  frùnte  ,  per  comparire  ^  la^ 

sciarsi  vedere.  .In.  27  ,  57* 
Fronteggiare  -  essere  a  fronte ,  o  su' con- 
fini. In.  20  ,  71.    . 
Frugare  -  per  pugnerò  e  gastigare.  In.  30, 

70.  per  ispignere ,  stinìolare.  Pg«  3 , 

3.  U ,  39.  15 ,  137.  18 .  4. 
Frui  -  per  fruire,  gioire.  Par.  19 ,  3.  voce 

latina. 
Frustatore  -  chi  frusta ,  cioè  percuote  con 

verghe.  In.  18 ,  23. 
Frustra  -  indarno  ,  voce  latina.  Par.  k , 

129. 
Fruttare -far  frutto.  In.  15,  66. 
Frutte- nome,  per  frutti.  In.  33,  119. 
Frutto-per  rendita  di  monistero.  Par.  32, 

80. 
Fu'-  per  fui ,  In.  33 ,  13.  34  ,  101.  Pg. 

1,  61.  13,  55.  Par.  1  ,  6.  18,  67. 

21,  121. 

Fu  -  gii  fu  caduto  V  orgoglio ,   gli  cadde 

r  orgoglio.  In.  21  ,  85. 
Fuci  -  per  fu  •  io  rima.  Pg.  29 ,  66.  v. 

il  Varchi  neir  Ercolaoo ,  a  carte  206. 
Fue  -  per  fu ,  io  rima.  In.  3 ,  141 ,  25, 

58.  28  ,  127.  32 ,  57.  Pg.  15 ,   38. 

22,  111.  Par.  11,38.  21 ,  105.  fuor 
di  rima.  In.  14  ,  49. 

Fuga  -  mettere  in  fuga  i  ioepiri  ,  cioè  , 
sospirare  con  aflanoo  maggiore.  Io.  30, 
72. 

« 

Fuggémi  -  mi  fug^.  In.  31 ,  39. 

Fuggia-per  fugga,  in  rima.  Io.  15,  6. 

Fugglo  -  fuggi.  Pg.  8  ,  107. 

Fuggir  la  misura  -  cioè  ,  passare  i  giusti 
termini  ,  eccedere.  Par.    15  ,  105. 

Fuio-  per  furo ,  cioè  ladro ,  assassino.  In. 
12  ,  90.  Pg.  33,  44.  per  oscuro.  Piar. 
9 ,  75. 

Fui  volto  -  per  mi  volsi.  In.  1 ,  36.  e  si- 
mili maniere  di  dire. 

Fulgere  -  rilucere.  Par.  8 ,  64.  è  voce  la- 
tina. 

Fulgóre -splendore.  Par.  Ò ,  70.  14 ,  55. 
21,  li.  23,  84.  30,  51.  81,  132. 
32 ,  144.  33 ,  141.  Ut.  fulgor. 

Fulgóre  -  per  anima  beata.  Par.  10  ,  64. 
18,  25.  20,  66. 


Fulgurato- risplendente,  o  gettato  a  guisa 
di  raggio.  Par.  23,  83. 

Fui vido- fulgido,  risplendente.  Par.  30, 62. 

Fumare  -  per  tramandar  vapore.  Pg.  24, 
153.    qui  è  metafora. 

Fumi- per  mi  fu  ,  in  rima.  Par.  13 ,  33. 
per  mi  fui ,  in  rima.  Pg.  22 ,  90.  Par. 
20,  123. 

Fummare  -  per  essere  ignorante.  Par.  21, 
100. 

Fummo  -  per  qualsivoglia  macchia  o  ap- 
pannamento. Par.  18 ,  120.  qui  è  me- 
tafora. 

Fungo  marino  -  coagulazione  di  schiuma 
d'  acqua  marina  ,  che  si  fa  in  mare  ; 
e  muoveSi  e  sente  (  come  alcuni  voglio- 
no ) ,  ma  non  à  membra  formate.  Pir. 
25  56. 

Fuochi  pii  Che  di  sei  ale  fannosi  cuculi- 
la -  per  li  Serafini  ;  secondo  la  visione 
del  profeta  Isaia.  Pnr.  9 ,  77. 

Fuoco  -  per  anima  beata.  Par.  20.  34.  22. 
46.  25 ,  37.  per  lo  pianeta  di  Marte! 
Par.  16  ,  38. 

Fuor  -  per  eccetto ,  salvo.  Par.  9  ,  84. 

Fuor  d'ogni  comprendere -cioè  ,  sopra  le 
forze  d' ogn' intelletto.  Par.  29,  17. 

Fu  queta  la  paura -cioè,  s'acquetò.  In. 
1  ,  19. 

Furare  -  rubare.  Lat.  fitrari.  In.  25 ,  29. 
Pg.  20,  110. 

Furi  -  avverbio ,  per  fuori  ,  in  rima.  P"?. 
19 ,  81. 

Furo  -  ladro.  In.  21  ,  45.  Lat.  far.  per 
chiunque  invola  e  nasconde.  In.  27 , 
127. 

Fusco  -  fosco  f  in  rima.  Par.  17 ,  124. 
Lat.  fuscus. 

Fusi  -  per  si  fu  ,  in  rima.  Par.  3  ,  108. 
V.  anche  il  Varchi  nell*  Ercolano ,  a 
carte  207. 

Fusto  -  per  corporatura.  Io.  17 ,  12. 

FttU-fuga.  Pg.  32  ,  122. 

G 

Gabbo  -  pigliare  a  gabbo  ,  cioè ,  a  giuoco, 

in  ischerzo.  In. '32,  7. 
Gafflio  -  per  ricompeosa ,  premio.  Par.  6, 


590 


DIZIONARIO 


(ìaietto  -  diminutivo  di  gaio  ,  piacevole  , 
di  bello  aspetto  ;  gaietta  pelle,  per  mac- 
chiata ,  e  di  vari  colori.  In.  1,  ^2. 

Gaio  -  allegro  ,  festoso,  ilare,  pronto,  com- 
piacente ,  volonteroso.  Par.  15  ,  60. 
26,  102. 

Galassia  -  la  Via  Lattea  ,  cioè  quel  cer- 
chio biancheggiante  che  apparisce  in 
cielo  ,  fatto  forse  da  un  gruppo  di  mi- 
nutissime stelle.  Par.  li ,  §9.  è  voce 
di  greca  origine. 

Galeoto  -coD  un  t  solo,  in  rima.  Io.  8,  IT. 

Gallare  -  per  galleggiare  ;   e  metaforica- 
mente ,  star  di  sopra  come  fanno  i  su- 
ferbi.  Pg.  10  ,  127.  per  uscire  a  galla, 
n.  21 .  57. 

Galle -per  ghiande ,  cibo  di  porci.  Pg.  ik, 
kd. 

Garra-per  garrisca,  mormori.  Par.  19, 
IW. 

Garrire -per  isgridare.  Purché  mia  co- 
scienza non  mi  gorra ,  cioè  ,  non  mi 
rimorda.  In.  15  ,  92. 

Gaude-gode.  Par.  19 ,  39.  Lat.  gaudet. 

Gaudioso  -  pieno  di  gioia  o  gaudio.  Par. 
12  ,  2fc.  15 ,  59.  31 .  25. 

Gelata  -  verbale  sustantivo  ,  gielo ,  ghiac- 
cio. Io.  33 ,  91. 

Gelatina  -  brodo  rappreso  ,  nel  quale  sia 
stata  cotta  carne  viscosa ,  e  infusovi 
poi  aceto  0  vino.  In.  32 ,  60.  ma  qui 
per  similitudine. 

Gelsa  -  per  gelso  albero  Pg.  33  ,  69. 

Gelso  -  albero  noto  ,  che  altri  menti  si 
dice  moro.  Pg.  27  ,  39. 

Gemere  -  per  deplorare.  In.  26  ,  58.  per 
gocciolare.  Pg.  25 ,  kt^.  per  mandar 
fuori  fummo  sottile.  In.  13,  M. 

Gemma  -  per  cosa  risplendente.  Par.  15, 
22. 

Gemme ,  chiama  Dante  le  stelle.  Pg.  9, 
k.  e  le  anime  beate,  ^r.  18,  115. 

Gena  -  guancia.  Par.  31 ,61.  è  voce  la- 
tina. 

Generante  -  che  genera.  Pg.  25  ,  59. 

Genitrice  dell*  onor  di  Cicilia  -  Pg.  3  , 
115,  V.,  €o§iansa  ,  nella  parte  seconda 
delle  Storie. 

Grn$$  e*  al  mondo  pOt  traligna ,  chiama 
Danto  i  prelati  do*  tempi  suoi. Par.  16, 58. 


Gentili  -  per  nobili,  signori.  Pg.  6,  110. 

Geomante  -  che  indovina  per  geomaoxia, 
cioè  per  quella  spezie  di  divinazione 
che  si  fa  con  certe  linee  segnate  sai 
terreno  ;  della  quale  sono  da  vedersi 
gli  spositori  del  Poeta.  Pg.  19  «  k. 

Geometra  -  studioso  di  geometria,  la  qua- 
le è  una  scienza  che  versa  intomo  al- 
la quantità  continua.  Par.  33 ,  133. 

Gerarchia  -  per  ordine  d*  aogeU  diviso  io 
tre  cori.  Par.  28  121. 

Germogliare- propriamente,  mandar  fuo- 
ri rampolli  e  giovani  ramicelU,  ma  6- 
guratamente.  Par.  28.  115. 

Gesta -per  grandMmpresa.    In.  31,  17. 

Gestare  -  voce  latina  ;  e  vale  portare  , 
condurre.  Pg.  25 ,  51. 

Gettare  1'  occhio  a  terra  -  per  abbassar- 
lo. In.  18  ,  hS. 

Ghermire  -  pigliar  colle  branche  ,  ed  è 
proprio  degli  animali  rapaci.  In.  21, 
36.  22  ,  138. 

Ghiaccia  -  nome,  per  ghiaccio.  In.  32 , 
35.  33,  117.  34,  29,  103. 

Ghiacciato  -  agghiacciato.  In.  32 ,  123. 

Ghiotto-  per  curioso.  Pg.  8  ,  85.  per  de- 
sideroso. In.  16  ,  51.  Ghiotto  itUa 
vendeUa.  Pg.  17  ,  122. 

Ghiottone  -  mangione  o  bevitore.  Io.  22, 
15. 

Giacén  -  giacevano.  In.  6  ,  37,  f^.  20, 
1V3. 

Giacere  -  detto  d*  una  riva  o  montagna 
che  penda  e  dia  comodo  a  chi  vuol 
calare  o  montare.  In.  19,  35.  P|^.  3, 76. 

Giardin  delb  'mpeno  ,  chiama  Dante  l'I* 
Ulia.  Pg.  6,  105. 

Giardino  -  per  le  schiere  de*  beati.  Pir. 
23  ,  71.  per  k>  Paradiso.  Par.  31 . 
97.  33 ,  39. 

Gibbo  -  sustantivo,  per  un  rialto  di  rooa- 
tagna.  Par.  21 ,  109. 

Giga  -  per  istruQiento  musicale  di  corda. 
Par.  14  ,  118. 

Gigli -per  gli  apostoli.  Par.  23,  74. 

Gigli  gialli  0  d^  oro  -  insegMi  dd  rep» 
di  Francia.  Par.  6  ,  110. 

Gi|;lio  -  insegna  della  repubblica  6om- 
fina.  Par.  16  ,  152. 

Gio-andò.  Ih.  20,  60. 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


591 


Giocondo  a  udire  e  a  vedere  -  cioè ,  di- 
lettevole. Par.   15  ,  37. 

Giocondo  deìla  faccia  di  Dio  -  cioè ,  bea- 
to per  la  visione  di  esso.  Par.  29,  76. 

Gioì  -  per  gioisci,  in  rima.  Par.  8 ,  33. 

Gioia -per  unione  di  molte  gemme.  Par. 
15 ,  86. 

Gioia  del  Cielo  -  per  anima  beata  che  , 
come  una  gemma  o  pietra  preziosa ,  lo 
adorna.  Par.  9  ,  37. 

Giostre  grame  '  cioè  infelici,  chiama  Dan- 
te gli  scontri  de'  prodighi  e  degli  ava- 
ri ,  descritti  da  lui  nel  canto  7.  dell'  In- 
ferno. Pg.  22 ,  42. 

Giovare  -  mi  giova  di  te ,  cioè ,  io  prendo 
piacere  della  tua  persoim  ,  mi  sei  gra- 
to. Par.  8  ,  137, 

Giovare  -  col  quarto  caso.  Pg.  22  ,  68. 
per  dilettare.  In.  16  ,  Sk. 

(filare  -  per  circondare.  Par.  23  ,  103. 
25 ,  12. 

(firarsi  per  mente  o  per  occhio  -  cioè  , 
intendersi  o  vedersi.  Par.  10,  &• 

(firi-per  anni.  Par.  17,  96. 

(ìirone  -  giro  grande  ,  strada  rotonda  e 
ampia.  In.  11,  30.  13,  17.  Pg.  12, 
107.  15,  83.  per  cielo.  Par.  2,  118. 

(ìiro^ primo  -  per  lo  ciel  della  Luna,  se- 
condo r  antico  sistema  di  Tolommeo. 
Pg.  1 .  15. 

Girsi  -  per  morirsi.  Pg.  ìk  ,  119. 

iVìs^ì  '  6  andò.  In.  26  ,  8k. 

(jittare  -  quel  dinanzi  a  quel  dirietro-  far 
contrario  cammino  al  cammino  di  chi 
che  sia.  Par.  12  ,  117. 

Gittatore  -  chi  gitta  o  scaglia  di  lontano 
Pg.  3  ,  69. 

(jìù  -  cioè  ,  neirinfemo.  Par.  9  ,  71. 

Giubbetto  -  forche  ,  patibolo  ,  dalla  pa^ 
rola  francese  gibel.  In.  13  ,  151. 

Giubbileo  -  V  anno  del  giuhbileo ,  cioè  di 
plenaria  indulgenza ,  che  una  volta  si 
dorea  celebrare  in  Renna  ogni  cento 
anni  :  ma  poi  questo  spazio  si  è  ridot- 
to a  cinquanta ,  e  Gnalmente  a  venti- 
cinque. In.  18  ,  29. 

(uudicante  -  che  giudica.  Par.  9  ,  62. 

Giue  -  già  t  in  rima.  In.  32 ,  53.  Pg.  8, 
25.  12  .  13. 

Giù  e  su  -  T.  5u  giit. 


Giuggiare  -  giudicare.  Pg.  20,  48,  è  vo- 
ce messa  in  disuso. 

Giugnémi  -  mi  giugnè ,  mi  giunse.  In.  31, 
39. 

Giugnere  -  per  far  giugnere.  In.  19 ,  44. 
copi  il  Petrarca  nel  sonetto  138:  Ciun- 
to  m*  à  Amor  fra  belle  e  crude  braccia, 
per  aggiugnere.  Par.  17  ,  94.  per  con* 
giugnere.  Par.  33,  80. 

Givi  -  andai.  Pg.  12  ,  69. 

Giungono  -  giungevano.  In.  34 ,  42. 

Giunta  -  per  commessura  o  articolo  del 
corpo.  In.  19,  26. 

Giunto  -  per  unito  ,  congiunto.  In.  28  , 
139. 

Giuoco  -  per  allegrezza ,  letizia.  Par.  20, 
117.  32  ,  103. 

Giuso  -  per  giù  ,  in  rima.  In.  9  ,  53  , 
33  ,  136.  Par.  30^  148.  fuor  di  rima. 
In.  14  ,  109.  16  .  114.  Par.  1  ,  138. 
10,  116.  27,  68.  33,  11. 

Giustizia  -  per  dovere.  Pg.  18  ,  117.  per 
cosa  dovuta.  Par.  15 ,  144. 

Giustizia  ultima  -  il  giorno  del  giudizio 
finale.  Par.  30  ,  45. 

Gli -per  loro.  Par.  6,  114.  29.  66.  v. 
il  Varchi  nell'  Ercolano  ,  a  carte  175. 
dove  nega  potersi  ciò  dire. 

Gli  -  avverbio  di  luogo  .  ivi.  In.  23,  54. 
Pg.  8 ,  69.  13  ,  7.  Par.  25.  124.  v. 
Saragli. 

Gliela  -  per  glieli.  In.  33  ,  149.  per  glie- 
lo. In.  10  ,  44,  cosi  sempre  il  Boccac- 
cio. 

Gloria  Che  non  si  lascia  vincere  a  diuo , 
chiama  Dante  l'eterna  beatitudine,  ot- 
tenuta la  quale  ,  non  resta  che  più  de- 
siderare. Par.  19  ,  14. 

Gloria  in  excelsis  Deo  -  Gloria  a  Dio  ne' 
luoghi  eccelsi ,  o  nelle  creature  eccel- 
se, principio  deirinno  degli  Angeli ,  nel- 
la nascita  di  nostro  signor  Gesù  Cri- 
sto. Pg.  20  ,  136. 

Gloriare  •  per  dar  gloria.  Par.  24  ,  44. 

Gocciolo-nome,  pieciola  goccia.  In.  30,63. 

Gola  -  infino  a  gola^  cioè  ,  infine  alla  go- 
la. Pg.  31 ,  94. 

Gola  -  alto  della  gola ,  chiama  Dante  la 
respirazione  a  cui  serve  l*>^rA  'ct»- 
ria  che  sta  nella  gola.  In.  23,  88. 


593 


DIZIONARIO 


Gola  -  per  appetito  .  (ame.  Par,  3.  93.       Orando  -  grandine.  Pg.  21  ,  U.   è  yoee 
Gola  -  aver  gola ,  per  desiderare.  Par  10,       latina,  v.  Beatiiudo. 

ili.  Gran  prete  -  per  lo  sommo  pontefice.  la. 

Gola  -  per  fosso  spalancato.  In.  2<t,  183.       27 ,  70. 

Gola  del  fono.  In.  26 ,  40.  1  Grasso-per  grosso ,  vaporoso,  caligiiioio, 

Gonfiare-pergonfiarsi.invanire.  Par*  29,       denso.  In.  9,  82. 

117.  Grato  -  sostantivo  ,  per  pìacl(re  ,  grado , 

Gonna  -  veste ,  per  lo  più  di  donna.  Par.       desiderio.  Pg.  26  ,  52.  Par.  k  ,  IW. 
.32,  141.   per  membrana  deirocchio.    Gratulare  -  per  rallegrarsi.  Par,  24,  1(9. 
Par.  26,  72.  Usò  la  stessa  metafora  Ci^       25  ,  25.  Lat.  gratulari. 
cerone  nel  2.  libro  de  Natura  Deorum:   Gravare- per  dar  noia.  Pg.  18  ,  6. 
Natura  oculos  membranU  tenuissimie  ve-   Gravar  le  ciglia  -  per  avvilire ,  privar  di 
etifoit  et  iep$U.  coraggio.  Par.  11  ,   88.  In  questo  si* 

(ìora  -  canale  per  lo  quale  si  cava  1*  a-       gniGcato  parimente  disse  Propenio  nel» 
equa  de*  fiumi  ;  morta  gora ,  cioè,  a-       la  1.  elegia  del  1.  libro  :  dejicere  hth 
equa  stagnante  e  pantanosa.  In.  8,  31.       mina* 
Gorgiera  -  per  gola.  In.  32,  120.  Gravar  le  penne  in  gioso  -per  far  cadere  a 

«Gorgo  -  per  fiumicello  dove  Tacqua  trovao-  terra  cosa  che  voli.  Pg.  31,  58.  qui  r 
do  intoppo  ,  si  rigiri  per  iscorrer  poi  metafora;  e  significa  richiamare  un  inge- 
liberamente.  In.  17,  118,  gno  elevato  dalle  sublimi  contemplaiio» 

Gorgogliare  -  per  mormorare  in  gola  pa-       ni ,  a  pensieri  bassi  e  volgari, 
role  che  non  si  distinguono  da  chi  a-    Grave  -  per  misero ,  infelice.  In.  8  ,  69, 
scolta.  In.  7 ,  125.  per  difficile.  Par.  24 ,  37.  per  gravido. 

(n)U- per  bocca.  Pg.  31.  40.  Par.  16,  36. 

(jovernare  -  per  conciar  malamente  ,  fare   Grazia  illuminante  -  significata  col  nona 

strazio.  Pg.  23 ,  35.  di  Lucia.  In.  2 ,  97. 

Governo  «per  istrazio  ,  scempio.  Pg,  5  ,    Grazia  perfioiente  -  significata  col  nome  C 

108.  Beatrice.  In.  8,  103. 

Gozzo •  per  gola.  In.  9  •  99.  Grazia  preveniente  "In.  2  ,  94. 

Gracidare  -  far  la  voce  della  rana,  I#at.   Grazioso  -  per  caro  ,  che  di  piacere.  Fr. 

coaxare.  In.  32,  31.  8  ,  45.  13 ,  91,  Par.  3 ,  40. 

Grada  •  per  graticola.  Par.  4 ,  83.  Grazioso  -  di  tre  sillabe.  Pg.  13  ,  91. 

Gradire  -  in  forza  di  nome ,  per  buon  ge>  Greppo  •  sommità  di  terra,  cigliare  di  te* 

nio ,  volontà.  Par.  10 ,  57.  sa.  In.  30  .  95. 

Grado«perriconosoenxa,  gratitudine.  Pg.    Greve  «per  grave.  In.  3,  43. 

8  ,  67.  Par.  23 ,  53.  Grìdare-per  chiamare  o  chieder  con  grida. 

Graffio  -strumento  di  ferro  auncioato,  for^       In.  1 ,  117.  per  pubblicare  ad  alta  looe. 
se  dal  greco  grafion.  In.  21 ,  50,  ma       Pg.  8 ,  125.  Par.  26 ,  44. 
qui  pare  che  debba  prendersi  per  lo  Gride  «verbo ,  per  gridi ,  io  rima.  Io.  1, 
graffiare.  1     94. 

Gramigna -erba  notissima  ,  figuntanaeiH   Grifagno  «  aggiunto  di  sparviere.  Io.  % 


te  ,   per  ischiatta  vile,  Pg.  14 ,  102. 

Gramo  -  mesto ,  tapino  ,  infelice.  In.  1 , 
51.  15,  109.  20,  81.  30^  59. Pg. 
22  ,  42.  Parole  grame ,  atte  a  destar 
compassione.  In.  27,  15. 

Grande  lume  <-  in  vece  di  gran  lume*  Par. 
1  ,  82. 

Gran  di  -  per  lo  giorno  dell'universale  giu- 
dizio. Pg.  1.  75. 


139. 
Grifagno  occhio  -  lucido  e  rispleodentp  co* 

me  quello  dello  sparviere  o  del  ffrifooe. 

In.  4 .  123. 
Grifo  -  per  muso  semplicemente.  In,  3i. 

126. 
Grifone  •  animale  alato  ,  di  quattro  piedi; 

aquila  la  parte  dinanzi ,  e  lione  qjeftì 

di  dietro.  Dante  sotto  la  figuri  di  <pio< 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


593 


Bt«  animale  intende  Gesù  Cristo ,  capo 
della  Chiesa  ,  il  quale  à  una  sola  per- 
sona 0  ipòstasi ,  e  due  nature  :  la  di- 
vina ,  intesa  per  V  aquila  ;  e  1*  umana , 
intesa  per  lo  lione.  Pg.  29  ,  108  ,  30, 
8.  e  in  altri  luoghi. 

Grigio  -  color  nero ,  dentro  cui  sia  mesco- 
lato bianco;  e  dicesi  per  lo  più  di  pelo 
e  di  penne.  In.  7 ,  108. 

Gromma  -  crosta  che  fa  il  vino  dentro  la 
botte  ;  che  da'Lombardi  chiamasi  grip' 
pela.  Dof)  era  la  gromma  ,  om  è  la 
muffa;  proverbio  che  significa  :  Dov'era 
il  bene  ,  ora  è  il  male.  Par.  13 ,  iti. 

11  Daniello  da  Lucca  spiega  questo  luo- 
go in  altra  maniera. 

Grommato  -  impiastrato  »  incrostato  da 
gromma.  In.  18,  106. 

Gonda  -  per  V  estrema  parte  delle  palpe* 
bre.  Par.  30  ,  88. 

Groppone-  groppa ,  parte  del  corpo  vici- 
na alle  natiche.  In.  21 ,  101. 

Grosse  resistenze -cioè  ,  gagliarde.  Par. 

12  ,  102. 

Grosso -per  istupido  ,  sciocco.  Par.  1  , 
88.  19  ,  85.  etati  grane  ,  cioè ,  secoli 
barbari ,  ne'  quali  non  si  coltivano  le 
beir  arti.  Pg.  11 ,  93.  M.  Boileau  De- 
spreaux ,  poeta  francese  di  chiarissima 
fama ,  usò  una  simile  espressione  nel 
1  ,  canto  della  sua  Arte  Poetica  ,  al 
"terso  117  : 
Villon  $ùt  le  premier,  dane  cee  iiéeles  groe* 

$ien , 
DébrouiUer  Vari  eonfiu  de  noe  vieux  ro- 

maneien. 
Gente  grona ,  cioè,  d*  igporanti,  gTidio- 
ti ,  In.  84  ,  92. 

Grotta  -  per  ooata  del  monte.  Pg.  13 ,  45. 

Gru  -  i  gru  uccelli.  In.  5 ,  46.  lor  pas- 
saggio descritto.  Pg.  24 ,  64. 

Guadagno  misero-  per  danno.  Pg.  24  , 
129.  Cori  il  Petrarca  nel  eap.  4.  del 
Trionfo  d'Amore:  Edannoeo  gnadagno, 
td  util  danno. 

Guadare  -  passare  il  guado  eh'  è  quei  Inogo 

.  del  fiume ,  ove  Facqua  è  poco  profonda. 
In.  12  ,  94. 

Guado  •  per  apertura,  passo,  transito.  Pg. 
8.  69.  Par.  2,  126.  7,  90. 


Guai  -  alti  stridi  e  lamenti.  In.  3  ,  22,. 
Traggerguai,  guaire,  lamentarsi  ad  al 
ta  e  pietosa  voce.  In.  13 ,  22. 

Guaio  -  pugnere  a  guaio ,  cioè ,  fino  a  far 
mandare  altissimi  guai  e  lamenti.  In. 
5.  3. 

Gualdana-truppa  di  gente  armala. In.  22, 5. 

Guance  -  per  bocca.  Par.  29  ,  112. 

Guancia  bella  -  per  una  bella  donna ,  qual 
fu  Eva  ,  madre  comune.  Par.  13  ,  38. 
Alluse  forse  V  Ariosto  a  questa  frase  di 
Dante  >  là  nel  canto  28.  nella  novella 
della  Fiammetta ,  dove  cosi  scrive  : 

E  quante  ne  vedean  di  heUa  guancia , 
Tromvan  tuUe  a*  preghi  lor  corteei. 

Guardare  •  per  considerare,  avere  rispetto. 
In.  27  ,  92.  per  custodire  ,  serbare. 
Dtf*  tuoi  amori  a  Dio  guardaci  iowano, 
cioè  ,  tu  dei  serbare  a  Dio  il  massimo 
de'  tuoi  anK>ri ,  e  amarlo  sopra  tutte 
le  cose.  Par.  26 ,  48.  per  reggere  , 
governare.  Pg.  27 ,  80.  Par.  19,  131. 

Guardia  -  per  custodia  «  protezione  ,  as- 
sistenza. Par.  33  ,  37. 

Guari -molto.  In.  8,  113. 

Guastatore  -  chi  dà  il  guasto  aUe  campa- 
gne, lì).  11 ,  38. 

Guasto  -  addiettivo  ,  oer  saccheggiato  e 
deserto.  In.  14 ,  94. 

Guatare -guardare,  cercar  coU'occbio.  In. 
1,  24.  29,  4.  Pg.  5,  58.  Par.  29  , 
42. 

Guatasse  *  per  guatassi ,  in  rima.  Pg.  8, 
96. 

Guazzo  -  luogo  pieno  d'acqua  o  di  sangue, 
che  molto  fondo  non  abbia.  In.  12  , 
189.32,72. 

Guercio  della  mente  -  cioè ,  stolto.  In.  7, 
40.  Cosi  il  Petrarca  nel  sonetto  221.  : 

Per  fi^gir  queet  ingegni  iordi  e  loichi. 

Guerra  -  per  angoscia  e  travaglio.  In.  2^,  4. 

Guidato*  per  governata.  Pg.  12  ,  102, 

Guizzare  -  per  muoversi  semplicemente. 

Pg.  as  »  S6. 

Guizzo  -  per  movimento.  In.  27  ,  17.  Pg. 

25     2b. 
Guizzo  della  corda  -  cioè  ,  croUamento  , 

tremito.  Par.  20 ,  143. 
Gurge-per  fiume.  Par.30,68.Lat.firr9es. 

75 


594 


DIZIONARIO 


H 

Hui  -  oiiDÒ.  Pg.  16,  64. 


I  -  lettera  ,  ne*  numeri  roinaiii  ngnifica 
ano.  Par.  19,  128.  formaU  nel  piane- 
ta di  Giove  dagli  spiriti  beati.  Par. 
18,  78. 

Iaculo  -  aorta  di  serpente  velenosiasimo. 
In.  ìk,  8G.  V.  Lucano  nel  9.  libro  del- 
la Faraaglia  ,  in  più  luoghi. 

laltaotìa  -  >ana^loria.  Par.  25,  62. 

Iattura  -  per  danno ,  eccidio  ,  naufragio. 
Par.  16,  96. 

Idea  -  per  forma  inlelligibile  ed  etempla- 
re delle  cose.  Par.  13,  &3. 

Ideale  segno  •  impressione  d'una  qualche 
idea  particolare.  Par.  13,  69. 

Idioma  Che  pria  li  padri  e  le  madri  tra- 
stulla* cioè  ,  Quelle  parole  scilinguate 
che  si  dicono  a  bambini  in  vezzeggian- 
doli. Par.  15, 122.  Tibullo  parimente, 
nella  5  ,  elegia  del  2.  libro  : 

Aite   taedtbU  atwn  parvo  advigHar$  ne- 

Balbuque  cum  pu$ro  dicere  vmòa  eenem. 

Idolo  •  per  immaginetta  che  si  veda  nella 
pupilla  dell' ocdiio.  Pg.  31. 126.  Pres- 
so i  Greci  quella  parie  dell'  occhio  , 
nella  quale  s'osserva  sempre  dipinta 
r  immagine  ,  dìiamavasi  eore^  per  ana- 
logia ;  significando  per  altro  quella  vo- 
ce ,  fanoMa  o  tergime.  Similmente  i 
Latini  la  chiamarono  pujnllat  come  a 
dire  parta  p^fa,  fanciulletta  ;  e  ciò  per 
la  picciolezza  ddle  figure  che  ivi  s'os- 
servano impresse. 

Idra  0  idre  -  serpente  acquatico.  In.  9,  hO. 

Igne  -  fuoco,  in  rima.  Pg.  29,  102.  Par. 
28 ,  25.  Lat.  t^nii. . 

Ignito  -  infiammato.  Par.  25  ,  27.  Lat. 
ipiiiui 

Iguale  -  eguale.  Pg.  8,  108.  15, 20. 27, 
120.  Par.  15,  77.  31 ,  129. 

Igualmente-  egualmente.  Pg.  29, 11.  Par. 
»,  5.  26.  32,  39.  33,  120.  lU. 

Il  chi  -  cioè,  la  sostanza.  In.  2,  16. 


Illuiarsi  -  entrare,  penetrare  in  hn.  F^. 

9,  73. 
11  quale  -  cioè,  la  qualltii.  In.  2,  18. 
Imase  -  immagine.  Pg.  25,  26.  Par.  S , 

13!2.  13,  2.  19,  2.  21. 
Imago  -  immagine.  In.  20,  123. 
Imago  deUamprenia  DeW  ettrmo  piatm; 
chiama  Dante  l'aquila  formata  dalTa- 
nime  beate,  cb*ei  finge  d' aver  vedttta 
nel  pianeta  di  Giove.  Par.  20,  76. 
Imbarcare  esperienza  •  per  acquistar  pe- 
rìzia. Pg.  26,  75.  Questo  e  molti  al- 
tri simili  modi  di  dire  sono  fenati,  e 
usati  dal  Poeta  nostro  per  servire  alla 
difiicoltà  della  rima.;    e  perdo  pare 
che  non  debbano  imitarsi.  Imkaràm , 
per  imbarchi,  in  rima.  ivi. 
Imbestiarsi  -  divenir  bestia,  operar  dabe- 
sUa.  Pg.  26,  87.  v.  Aui/s ,  neUa  Ptele 
seconda  delle  Storie. 
Imbestiato  -  che  i  preso  fonna  di  bestia. 

Pg.  26 ,  87. 
Imbiancare- per   seccarsi,  detto  d'on 

vigna.  Par.  12  ,  87. 
Imbiancare  il  vero -per  Iscoprìrlo,  e  tv- 

lo  disceroer  meguo.  Par.  8 ,  IIS. 
Imbiancarsi  -per  bianche^re.  Pg.  i,  1 
Imbiancarsi  del  lume-per  esterne  riscUi- 

rato.  Par.  7 ,  81. 
Imboccare  -  per  apprendere.  In.  7,  79. 
Imbolare  -  involare ,  rapire.  In.  29, 103. 
Imborgarsi  -  per  empiersi  di  twrghi  e  di 

terre  murate.  Par.  8 ,  61. 
Imborsare  -  mettere  in  borsa  ,  e  figon* 
tamente,  accoglaave.  in.  li  ,  Sé.  v. 
Imbarcare. 
Imbrunare  -  ^immìo  ('«m  tflièrMMi,cioi, 
quando  comincia  a  maturare ,  e  dive- 
nir nera.  Pg.  ^ ,  21.  Questo  iabn- 
narsi  dell'uva  ,  da' Latini  era  detto  ii- 
efre.  Properzio  nella  2.  elegia  dd  4. 
libro  : 
iVìfiw  mhi  tariai  Utmtibm  mcm  ramnif. 
Immaginativa  -  fantasia  ,   una    deRe  po- 
tenze  dell'  anima  ,   in  quanto  è.  eoa- 
giunta  al  corpo  :  dove  si  foriMns  le 
immagini  raccolte  dagli  oggetti  semi- 
bili.  Pg,  17 ,  13. 
Immaginato  -  per   iscoipito.    Ps.    10, 
41,  62. 


DELLE  PAROLE  t  FRASL 


595 


Immagine  -  per   immaginativa.  Pg.  17, 

7 ,  21.  Par.  1 ,  55. 
Immegliarsi  -  dlTeoir  migliore.  Par.  30 , 

87. 
immiarsi  •  penetrare  in  me.  Par.  9,81.* 

V.  Intumti. 
IromiUaréi  -multiplicarsi  eccessivamente. 

crescere  a  migliaia.  Par.  28 ,  93.  v. 

Scaechù 
Immollare  •  immergere ,  ioioppare.    In. 

12 ,  51. 
Imo  -  basso ,  inferiore.  Lat.   imus.    Ad 

imo  9  imo  al  fondo.  In.  29,  39.  Par. 

1 ,  138.  29 ,  Sk.  30 ,  109.  Da  imo , 

<lal  fondo.  In.  18 ,  16. 
Impacciata  via  -  cioè  ,  intrigata ,  ingom- 

braU.  Pg.  21,  5. 
Impaludare -far  divenir  palude.  In.  20, 

80. 
Impaniato- invischiato.  In.  22,  IM. 
Imparadisare -beatificare,  mettere  in  Pa* 

ndiso.  Par.  28 ,  3. 
Incielare  •  coprir  di  pelo.  Pg.  23  ,  110. 
Impennarsi  -  per  metter  I*  ali  o  le  pen- 
ne. Par.  10 ,  Ik. 
Imperare  e  reggere  -  Jii  latta  parti  im- 

Ììtra  ,  e  quivi  regge ,  •  cioè  ,  in  tutte 
*  altre  parti  stende  il  potere  del  suo 
dominio;  ma  quivi  propriamente  fa 
sua  residenza ,  e  tien  sua  corte.  In. 
1,  127. 

Imperché  -  lo  'inpertM  ,  cioè ,  la  cagio- 
ne. Pg.  3 ,  84. 

Impietrate  -  per  divenir  doro  a  guisa  di 
pietra.  In.  33  ,  M. 

Impigliare  -  intrigare.  Pg.  5  ,  83. 

Impigliarsi  •  arrestarsi  in  qualche  impe- 
dimento ,  intrigarsi.  Pg.  5  ,  10.  per 
prenderti  briga.  Pg.  14.  117. 

Impelarsi  -  per  girarsi  intomo  a*  poli.  Il 
cielo  empireo  flou  i*  iwnpola ,  cioè,  non 
si  ruota  intomo  a  poli ,  come  fanno 
f^i  altri  cieK  inferiori;  m»  sempre  sta 
queto.  Par.  22  ,  67. 

Impenno  -  con  doppia  «  ,  in  grazia  della 
rìma.  Pg.  SS ,  135. 

Imporre  *  per  collocare.  Pg.  10 ,  52. 
impor  Hle ,  per  ordirle.  In.  17 ,  18. 

Importo  -  per  assegnato ,  prescritto.  Pj. 
23,  5. 


Impregnare  -  per  infonder  qualità  e  virtù. 
Pg.  28,  110.  per  ingombrare,  riempie- 
re. In.  33,  113. 

Imprendere  a  fare -cioè,  accingersi.  Pg. 
25;'  56. 

Impronta  •  impronto,  figura.  Par.  7, 69. 
18.  114.  20,  76. 

Improntare  •  imprimere  ,  sigillare  ,  dar 
figura.  Par.  7.  109.  10 ,  29.  28, 85. 
26,  27. 

Imprentarsi  -  imprimersi,  ricever  forma. 
Par.  9,  96. 

Impresa  Che  fe  Nettunno  ammirar  I*  om- 
bra d' Argo  -  Par.  33  ,  95.  intende  il 
Poeta  per  queste  parole  la  spedizione 
degli  Argonauti  in  Coleo  per  l'acquisto 
del  vello  dell'  oro.  È  da  Todersi  sopra 
questo  luogo  la  nota  degli  Accademici 
della  Crusca ,  i  quali  oltimamenle  Fan- 
no inteso  e  spiegato.  Io  aggiugnerù  che 
pare  dal  nostro  Poeta  essere  stato  imi- 
tato Catullo  il  quale  nel  suo  leggiadro 
poema  sopra  le  Nozze  di  Peleo  e  di 
Teti ,  parlando  deHa  medesima  impre- 
sa degli  Argonauti,  così  scrìve  al  ver- 
so 12.  : 

Quae  simtil  ae  ro$iro  venioiwm  prouMt 
aequor. 

Tortaque  remigio  ijmmi$  ineanuit  unia  , 

Emerser9  feri  eandeiUi  e  gwrgitm  vultui  , 

Aequoreae  momtrum  Nereideg  admirantez. 

Impresso-eMsr0  impreao  da  qualche  iteUat 
cioè ,  partecipare  delle  sue  influenze. 
Par.  17,  76. 

Impresso  di  grande  affeUo  -  cioè  ,  inve- 
sUto.  Par.  8,  45. 

Impromettere- promeUere.  In.  2,  186. 

Improntare  -  per  mettere  avanti,  effigian- 
do. Pg.  17,  123. 

Imprunare  -  per  chiudere  con  proni  o  spi- 
ne. Pg.  4,  19. 

Impulse  -  cioè,  spinse.  P<ir.  27,  90. 

In  -  per  centra ,  tuperho  tu  Dio.  in. 
25.  14. 

In  andando -per  andando.  Pg.  5,  45.  e 
altri  modi  simili. 

Io  basso  -  abbasso.  Par.  11,  S. 

Incappellare  -  forse  detto  per  ineoHMNK 
re,  come  spiega  il  Oamelloti  Par. 
33,72. 


£96 


DIZIONARIO 


locarcato  -  aggravato  di  carico.  In.  S3  , 

IW. 
Incarco  -  carico ,  peso.  In.  30 ,  18.  Pg. 

6,  1S3. 
Incendi  dello  Spirito  Santo  -  per  anime 

beate ,    ardenti  di  carità.  Par.  19 , 

100. 
Incendio -per  anima  beata.  Par.  85,80. 
liicenerarsi-risoWersi  in  cenere.  In.85, 11. 
Incenso-addiettivo»  per  acceso,  illuminato. 

Par.  82,  189. 
Inceso  -  acceso.  In.  32,  18.  86,  48. 
Inceso  -  piaghe  ineege  daUe  fiamme,  cioè, 

fatte  a  forza  di  fuoco,  come  la  cottura 

del  cauterio.  In.  16,  11. 
Inchiedere-  per  interrogare.  Pg.  6 ,  71. 
Inchinare -per  inchinarsi,  coricarsi.  Pg. 

9,  il. 
Inchinare  ad  alcuno  -  per  salutarlo  inchi- 
nandosi. In.  9.  87. 

Inchiudere  -  per  contenere  dentro  di  so. 
Par.  30,  12. 

Incielare  -  porre  in  cielo.  Par.  3,  97. 

Incignerai  in  alcuno  -  per  ingravidarsi  d'al- 
cuno. In.  8,  V&, 

Incinquarsi  -  per  raddoppiarsi  cinque  vol- 
te. QueiU)  ceMestWafmo  ancor  t*  ineif^ 
qua^  cioè ,  si  roultiplica  fino  a  divenire 
cinquecentesimo.  Par.  9.  fcO. 

Inconsumabile  ovra  -che  non  può  ridursi 
a  compimento  ,  cosi  chiamasi  da  Dante 
la  Torre  di  Babeiie ,  di  cui  le^ga^i  la 
Scrittura  Sacra  nel  libro  del  Genesi. 
Par.  26  ,  125. 

Incontanente  -  immantinente.  Lat.  eonii" 
nuo.  In.  3  ,  61. 

Incontrare -per  accadere ,  intervenire.  In. 
9,  20.  82,  32.  Pg.  22,  5fc. 

Incontro  -  particella  ,  per  centra.  Par.  17, 
2.  28 ,  1. 

In  costruito  -  in  effetto.  Par.  12 ,  67. 

Incrocicchiarsi  -  congiugnersi  o  attraver- 
sarsi in  figura  di  croce.  In.  18 ,  101. 

Incuorare  -  per  dar  animo  ,  far  coraggio. 
Pg.  30 ,  60.  per  mettere  in  cuorerPg. 
11  ,  118.  V.  il  Varchi  nell*£rcolano, 
a  carte  81. 

Indegno -j)er  isconvenevole ,  indecente. 
In.  a ,  19. 

Indiaf^'a<^<^os^fsì  ^  unirsi  t  DiO|  e  fruir*  | 


ne  ;  o  farsi  partecipe  delU  sua  beati- 
tudine ,  e  divenir  simile  a  lui.  Par.  k, 
88. 
Indico  legno -Pg.  7,  7fc.  v.  Legno  itH^. 
Indige-  coir  accento  acuto  sulla  aeiOB4a 
sillaba  ,  in  rima  ,  cioè  ,  à  bisogno.  Lat 
indiget.  Par.  33 ,  135. 
In  Dio  -  per  centra  Dio.  In.  85  ^  14. 
In  Dio  -  per,  nella  Sacra  Scrittori,  rife- 

lata  da  Dio.  Pg.  3 ,  136. 
Indistinto  -  per  confusione  ,  meseolaiBa. 

Pg.  7 ,  81. 
Indonnarsi-insignorirsi,  impadronirsL  Par. 

7,  13. 
Indovarsi  -  accooKxlarsi  in  luogo.  Par.  33, 

138. 
Indracarsi-per  istizureo  incroddirecoiiie 

un  drago.  Par.  16,  115. 
Indugio  -  rimotio  indugio ,  senza  dimoffa. 

Par.  80 ,  85. 
Indulgere  -  perdonare.  Par.  9  ,  S4.  pif 
concedere ,  donare.  Par.  37  ,  97.  è  vo- 
ce latina. 
Indurre  -  per  introdurre.  Par.  13  •  31. 
Indurre  duolo  sopra  d'alcuno  -  per  addo- 
lorarlo. Par.  19,  119. 
Inebriato  dagli  odori  -  Par.  30  ,  67. 
in  entro  -  verso  al  di  dentro,  in.  33 ,  9S. 
infante  -  bambino  che  non  aa  pariate.  la. 

k  .  30.  Par.  33 .  107. 
Infernal  -  per  infernali.  In.  9  ^  38. 
Iiifema  valle  -  cioè ,  V  Inferno.  Pg.  1 ,  45. 
Inferno-per  quel  luogo  dove  stavano  Tam- 
me  de'  Santi  Padri  prima  della  molto 
di  Cristo.  Par.  33  ,  33. 
Infiato  -  enfiato,  in.  30,  119. 
Infin  la  palma  -  cioè ,  infino  alla  palBii« 

Par.  85 .  84. 
Infin  r  ascelle-  cioè ,  infino  all'ascelle.  la. 

17  ,  13. 
Infiorar  di  luce-per  illuminare.  Par.  14.13. 
Infiorarsi  -  empiersi  o  adomarsi  di  fiofi 
Par.  10,  91.   per  discender  ne* fiori, 
e  posar  su  quelli  ;   od  esprimerne  la 
sostanza ,  come  fanno  le  api.  Par.  31. 
7.  e  figuratamente ,  per  abbellirsi,  fu» 
85,  46. 
Inforcare  -  prender  colla  forca.  In.  SB,  W. 
per  serrare ,  quasi  con  forca.  Pg.  8  » 
135. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


597 


Inforcare  gli  arcioni  •  stare  a  cavallo;  chia- 
mandosi foreaia,  per  simililudine,  quella 
parte  del  corpo  ,  dove  cominciano  le 
cosce.  Pg.  6,  99. 

Informante -che  informa ,  che  dà  forma. 
Par.  7 .  137. 

Informar  di  luce  -  Gguratamente ,  per  dar 
chiara  notizia  di  che  che  sia.  Par.  3, 
110. 

Informarsi  -  per  pigliar  forma  o  figura.  Pg. 
17  .  17.  28  .  a*. 

Informativa  virtu-cioò,  facoltà  che  forma, 
che  dà  figura.  Pg.  25,  ki. 

Inforsare  -mettere in  forse.  Par.  24^  87. 

Infrondarsi  -  vestirsi  o  adomarsi  di  fron- 
de. Par.  26  ,  64. 

In  fuore  da  questa  ripa  -  cioè  ,  fuori  di 
questa  ripa.  Pg.  3 ,  138. 

Inftiturarsi- stendersi  nei  futuro.  Par.  17, 
98. 

Ingemmare  -  adomar  di  gemme.  Par.  15, 
86.  20  ,  17.  per  fregiar  di  luce ,  co- 
me fanno  i  pianeti  e  le  stelle  il  cielo. 
Par.  18,  117. 

Ingesto  -  addiettivo,  messo,  insinuato.  Par. 
2  ^  81.  Lat.  ifigestui. 

Inghirlandare -per  attorniare,  drcondar 
d' orlo  0  di  sponda  ;  abbracciare  ,  con- 
tenere. Pg.  13  j  81.  Par.  9  ,  8k. 

Ingigliarsi  -  per  rappresentar  quasi  un  gi- 
glio. Par.  18 ,  113. 

Inginocchione  -  Lat.  flemis  gmSnUf  in  ^e- 
fnua.  In.  10,  5fc. 

Ingiura  •  per  ingiuria,  in  rima.  Par.  7,  h3. 

In  gli  -  negli.  Par.  8  ,  27.  qui ,  tra  sii. 

Ingombro  -  per  ingombrato.  Pg.  31 ,  142. 

Ingozzare- inghiottire.  In.  7,  129. 

Ingradarsi  -  per  innoitrarsi.  Par.  29 ,  130. 

Ingrassare  il  porco  -  per  nutrire  sente  vi- 
ziosa e  disutile.  Par.  29 ,  124. 

In  grembo  a  Dio  -  cioè ,  nel  sacro  tem- 
pio. In.  12,  119. 

In  grido -cioè,  per  fama.  Par.  17,  53, 

Iniziare  -  cominciare  ,  dar  principio.  Pg. 
16 .  73.  Par.  5 ,  109.  8  ,  87. 18,  118. 

Inizio  -  principio.  Lat.  ùUimm.  Pg.  7,  39. 
26  ,  10. 

In  la  -  per  nella.  In.  6 ,  51.  7 ,  41.  12, 
47.  13,  97.  15,  82.  Par.  20,  49. 

In  le-per  nelie.  Pg.  9 ,  38.  22 ,  5. 


nlearsi  -  per  entrare  in  lei.  Par.  22  ,  127. 
nlibrare- tenere  in  bilancia,  sicché  la  Un- 

guella  d'  essa  non  esca  fuori  ;  aggiustar 

bilanciando.  Par.  29,  4. 
n  lo -per  nello.  Pg.  31  ,  121. 
nnaneUare  -  per  mettere  in  dito  1*  anello. 

Pg.  5,  135. 
nnanzi  dall'ardore  -  innanzi  F  ardore.  In. 

25  ,  64. 

nnebbriare-per  empiere  di  dolcezza.  Par. 
27  ,3. 

nnebriare  le  luci  -  per  empiere  gli  occhi 

di  lagrime.  In.  29 ,  2. 
nnovarsi  -  rinnovarsi.  Pg.  32  ,  59. 
nópe  -  povero  ,  coir  accento  acuto  sulla 

seconda  sillaba,  in  rima.  Par.  19  ,  111. 

Lat.  tfiops. 
n  parte  -  per  in  disparte.  Io.  4 ,  129. 
n  poco  -  cioè  ,  in  poco  tempo.  In.  25  , 

107. 
n  pria-  in  prima.  In.  24 ,  143.  Pg.  16, 

91.    17  .  9. 
n  quella  -  in  quel  mezzo  .  in  quel  punto. 

In.  8.  16.  12.  22.  lo  ,  53. 
nsaiarsi  -  detto  d*  un  fiume  che  sbocca 

nel  mare  dove  di  dolce  diventa  salso. 

Pg.»2 ,  101. 
nsano- pazzo ,  mentecatto.  Lat.  insanus. 

Io.  30,  4. 
nsaporarsi  -  divenir  saporito  ,  acquistar 

sapore.  Par.  31  ,  9. 
n  so  -  centra  sé.  In.  28.  136.  v.  sopra. 

In. 

nsegna- per  segno  ,  indizio.  Pg.  22.  124. 
nsembre  -  insieme  ,  in  rima.  In.  29.  49. 
nsemprarsi  -  per  durar  sempre.  Pdr.  10.. 

148. 
nsiiìo  -  dal  capo  ùuin  le  pianti,  Pg.  32. 

156. 
nsollare  -  per  render  vano  ,  annientare. 
Pg.  5.  18. 
nstanzia-  per  insistenza  e  perseveranza 

nelFargomentare.  Par.  2.  94. 
nsurgere  a  tanto  -  per  arrivare  tant  oltre. 

Pg.  26 ,  96. 
musarsi  -  portarsi  in  suso  ,  poggiare.  Par. 
17,  13,  voce  poco  leggiadra. 

tanto  -  cioè  ,  in  tanto  tempo.  Pg.  32, 
140. 

tanto -cfoèy  tanto  ^  sempUcemente. 


598 


DIZIONARIO 


Par.  30 ,  lOfc. 
In  tanto ,  in  quanto  -  cioè ,  in  tanto  tem- 

DO ,  in  quanto.  Par.  2 ,  23.  23 ,  109. 

26,  88. 
In  te  ,  Damine  $f  travi  -  in  te  •  Sisnore, 

ò  sperato  ,  principio  del  salmo  30.  Pg. 

30.  83. 
Integra  -  intera  ,  in  rinaa.  In.  7»  126. 
Intelletti  che  muovono  le  stelle  -  cioè,  i*in- 

telllgenze ,  gli  angeli.  Par.  8 ,  109. 
Intelletto  -  per  Tatto  dell*  intendere.  Pg. 

18 ,  55. 
Intelletto  -  uomo  dtnlMdto ,  cioè  ,  uomo 

savio»  che  giudica  dirittamente,  lo.  2, 

19. 
Intelletto-  addiettivo  »  per  inteso.  Par.  33, 

125. 
loldletto  primo -cioè .'Iddio.  Par.  8,  111. 
Intelligenza  -per  angelico  spirito  che  in- 
tendendo muove  i  cieli.  Par.  28,  78. 
Intende  -  per  intendi ,  in  rima.  Pg.  17» 

125. 
Intendente  sé  -  che  intende  sé  stesso.  Par. 

33  ,  126. 
Intendere-per  attendere.  Pg.  32,  93.  Par. 

9,  136. 

Intendimento  -  per  concetto.  Pg.  26,60. 

Intento  -  sostantivo  ,  per  attenzione.  Pg. 
17.  kS  ,  per  intenzione  ,  pensiero,  di- 
segno. Pg..  3 ,  13.  19 ,  18. 

Intento  -  addiettivo  ,  per  disposto  ,  appa- 
recchiato. Pg.  5.  117. 

Intenza  -  per  vece ,  o  forza.  Par.  24,  75, 
78. 

Intenzione  -  per  movimento  dell' animo  , 
0  spezie  formata  in  esso.  Pg.  18 ,  23. 

Interciso  -  disgiunto  ,  spezzato.  Par.  29, 
79.  per  distinto  ,  variato.  Par.  32,  25. 

Interdetto  -  sustantivo  ,  divieto  »  proihi- 
lione.  Pg.  33,  71. 

Interdetto  -  addiettivo  ,  vietato ,  proibito. 
Pg.  23 ,  100.  29 ,  153. 

Internarsi  •  per  farsi  temo  »  trino  ,  distin- 
guersi in  tre  ;  come  spiega  ottioMmen- 
te  ,  a  nostro  parere ,  il  Vellutelk).  Par. 
28,  120. 

Intero  -  per  buono  ed  incontaminato.  Pg. 
17  •  30.  Orazio  parimente  disse  nel- 
l'oda  22.  del  1.  libro  :  Integer  viiae, 
iederiitqìu  purui. 


Intero -vantM  ùUero  U  eni$rwiio,4iakf 
non  andava  fallito.  Io.  27,  60. 

Intesa  -  sustantivo ,  per  ioteodlmeQto,  ap- 
plicazione. In.  22,  16. 

Inteso  -  per  coopaciuto,  ascoltato»  stimato. 
In.  6,  73. 

Inteso  -  per  iotento,  addiettiro.  Pg.  9,  2L 

Inteso  di  mirare-  intento  a  Biinre.  Io.  7, 
109. 

Intiepidare  •  intiepidire  »  render  ttepido , 
scemare  il  calore.  Pg.  19,  2. 

Intopparsi  -  per  avvenirsi,  riseoBlnm.  Io. 

Intoppo  -  per  lo  aeontrarai  col  ■amieo. 
Pg.  2tk,  96. 

Intorno  -  intorno  dalla  ripa ,  doè  ,  alla 
ripa.  Io.  31,  32.  IiUomodalU  fni$^ 
intorno  alle  prode.  Pg.  6,  85.  Mamo 
da  «fio,  intomo  ad  esso.  Par«  28,  €3. 
e  simili  altre  maniere, 

lofcra  -  fra,  tra.  Par.  9,  26.  12,  «2. 23, 
1.  30,  62.  33,  11. 

Intrambe  •  amendue.  In.  19,  25,  è  tea- 
minino. 

Intrambo  -  amendue.  Par.  7,  lU.  qà  è 
mascolino. 

Intrearsi  -  unirai  io  tre.  Par.  IS.  57. 

Intrigare  -  awiloppare.  Pg.  7,  57. 

Introcque  -  vocabolo  messo  io  ditwo  . 
pare  formato  dal  latino  inier  h^  ;  e 
significa  intanto.in  queito  meulrr.  Dante 
il  tolse  dal  1.  verso  delle  terzine,  io- 
titolate  Pataffio,  di  Brunetto  Latiai  too 
maestro,  v.  la  2.  centuria  de'  DiscorM 
Accademici  dell*  abate  Salvini,  a  carte 
71,  e  r  Ercolano  del  Varchi,  a  carte 
332.  III.  20,  130. 

Intronare  -  ass(u*dare,  od  offender  rodtb 
con  eraiìde  strepito,  come  fanno  itnooi. 
In.  6,  32.  17,  71  ;  v.  U  Varchi  nri- 
r  Ercolano,  a  carte  61. 

Intuarsi  -entrare,  penetrare  in  te.  Par. 
9,  81.  V.  Immiani. 

Invaia  -  nome  ,  in  rima  ,  ioTidia.  Pfe* 
6,20. 

Inveggiare-invidiare,  portare  invidia.  Pv. 
12,  U2. 

Inventrarsi  -  per  interaarn.  o  star  diiofa 
come  in  ventre.  Par.  21,  8i. 

Iiiver  -  verso  ,  particeiia.  Pg.  9,  69. 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


599 


Inverarsi  -  assomi^rsi  al  vero.  Par. 
28,  39. 

Inverso  di  che  che  sia  •  cioè  ,  in  para- 
gone. Par.  24,  95. 

Invertere  -  chinare»  curvare.  In.  3fc,  15. 
è  voce  latina. 

Invescarsi  -per  invilupparsi ,  intrigarsi. 
Par.  17,  32. 

Invescarsi  a  ragionare  -  cioè ,  innoltrar- 
si,  aUungarsi.  In.  13,  57. 

Inviar  roc<£io  atfetenio  lunie-Par.33,  hh. 

Invidia  «descrìtta.  In.  13,  64  »  e  se^. 

Invidiosi  veri -cioè  ,  verità  che  partori- 
scono invidia  e  odio.  Par.  10  ,  138.  se- 
condo quel  di  Tereuiio  nell'Andria:  06- 
iequium  amiet»$  ,  veritoi  odium  pariL 

In  vista  -  cioè  ,  in  aenbiante  ;  come  pa- 
reva. Pg.  13 ,  101  ,  e  in  molti  altri 
luoghi. 

Invoglia  -  nome  ,  per  tela  grossa  da  in- 
volgere. Par.  26 ,  99. 

Involuto  •  involto  9  avviluppato.  In.  24, 
146. 

Inurbarsi  -per  venir  di  campagna  in  cit- 
tà. Pg.  26 ,  69. 

Inzaffirarsi  -  per  ornarsi  di  zaflDri.  Par. 
23,  102. 

Io  e  Mio  sonava  nella  voce ,  Quand*  era 
nel  concetto  Noi  e  Nostro  -  cioè  ,  la 
figura  dell*  aoutla  composta  nel  piane- 
ta di  Giove  da  molti  spiriti  beati,  par- 
lando diceva  Io  e  Milo  ^  ^piando  nel 
suo  concetto  intendeva  Noi  a  NoHro, 
perchè  una  sola  di  quell'anime  parla- 
va per  tutte.  Par.  19 ,  11. 

Ira  -  avere  in  ira  ,  odiare ,  abbonire. 
In.  11  ,  74. 

Ire  retro  -  seguitare  ,  tener  dietro.  Par. 
1  ,  9.  è  latino. 

Irretito  -  inviluppato  ,  intrigilo.  Lai.  ir- 
retitui.  Par.  1  »  96. 

Isceda  -  Par.  29  ,  115.  ▼•  Seiia. 

Isplendore  -  splendore.  Pg.  81 ,  139.  Par. 
30,  97. 

Isporgere  -  per  Istendere.  Pìir.  22 ,  71. 

Isquatrare  -  per  ésquartare  »  lare  in  bra- 
ni. In.  6,  18. 

Issa  -vocabolo  roraagmiob ,  die  tignil- 
cà  ora  al  frmtiU^  In.  13  »  7.  Ì7 , 
21.  Pg.  24  ,  S&  I 


Isso  -  stesso ,  in  rima.  Par.  7 ,  92.  Lat. 

ip$e. 

Ita -per  si,  particella  affermativa.  In. 
21 ,  42.  è  voce  latina. 

Iterare  -  replicare.  Pg.  7 ,  2.  è  voce  la- 
tina, 

lube  -  comanda.  Lat.  luief ,  per  la  rima. 
Par.  12,  12. 

Ivi  elegge  -  cioè ,  a  tal  luogo ,  a  tal  com- 
pagda.  In  1 ,  129. 

lura  -  per  gli  studi  delie  leggi ,  è  voce 
latina.  Par.  11 ,  4. 


L  -  lettera  formata  nel  pianeta  di  Giove 

dagli  spiriti  beati.  Par.  18 ,  78. 
La  -  articolo  ,  aggiunto  a   nome  proprio 

di  femmina,  la  GMiola.  In.  18  ,  55. 

La  NeUa.  Pg.  23 ,  87.  la  AnlMilsa. 

In.  4 ,  124.  la  Pia.  Pg.  5  ,  133. 
La  -  per  ella.  Par.  2  ,  140. 
Là  -  avverbio  ,  più  là ,  cioè ,  più  in  là. 

In.  31 ,  t03.  M  ,  122.   Pg.  5  ,  78. 

e  in  altri  luoghi. 
La  bella  donna  -  per  la  santa  chiesa.  In. 

19,  57. 

Labbia  -  per  viso  »  faccia  »  ceffo .  aspet- 
to. In.  7  ,  7.  14,  67.  19»  122.  25, 
21.  Pg.  23,  47. 

Labi  -  per  discendi  »  mini.  Par.  6 ,  51» 
Lat.  laberii. 

Labile  e  caduco  dalla  memoria  -  cioè  , 
che  non  si  può  tènere  a  mente.  Par. 

20,  12. 

Labore  -  fatica.  I^  22 ,  8.  Par.  23,  6. 
è  voce  latina. 

Lacca  -  per  ripa  ,  riva.  In.  7  ^  16.  12, 
11.  Pg.  7,  71. 

Lacerto  •  parte  del  braccio  dal  gomito  al- 
la mano  :  prendesi  ancora  per  carne 
moscoloBa.  In.  22  »  72.  Lat  Uuortui. 

Laci  -  m  veee  di  là ,  in  rima.  Pg.  24  , 
105. 

Lace  -per  Iago,  in  rinaa.  Im  20»  61. 
25,  ^.  Pg.5,84. 

Lacrimabile  -  lagrimevole.  Io.  6 ,  76. 

iMcmaimima  4eltwmo$no  ^  ckiana  Da»» 
te  rWemo.  Par.  83,  22. 


GOO 


DIZIONARIO 


Ladro  alla  sagrestia  *  cioè  ,  della  sagre- 
stia. In.  24 ,  138. 

laggiù  -  per  lo  luogo  di  laggiù.  Pg. 
9 ,  54. 

Laggiùe-  per  laggiù ,  io  rima.  Par.  SI , 
101. 

Laggiuso  -  laggiù.  Par.  2 ,  SO. 

J.dgna  -  nome  ,  afflizione  ,  pena  ,  trava- 
glio, In.  32 ,  95. 

Lago  del  cuore  -  concavità ,  seno  del 
cuore.  In.  1 .  20. 

Lagrimare  -  per  deplorare.  Pg.  23  ,  55. 
per  dimandar  con  lagrime.  Pg.  13  , 
108. 

Lagrimato  -  per  desiderato  con  lagrime. 
Pg.  10 ,  35. 

Lagrime  d' incepso-  cioè ,  gocciole.  In. 
24  .  110. 

Lai  -  lamenti ,  voci  dolorose  e  compas- 
sionevoli. In,  5  ,  46.  Pg.  9  ,  13. 

Lama  -  per  vallone ,  pianura ,  campagna. 
In.  20  .  79.  32 ,  96.  Pg.  7 ,  90. 

La  maggior  valle  in  che  Y  acqua  si  span- 
da ec.  -  cioè ,  il  mare  Mediterraneo. 
Par.  9 ,  82. 

La  mi  à  conchiusa  *  cioè ,  me  1*  à  con- 
cliìusa  ,  dimostrata.  Par.  24 ,  94. 

Lampa -per  anima  beata  risplendentis- 
sima. Par.  17 ,  &. 

lancia  Con  la  guai  gioitrò  Giuda  ,  chia- 
ma Dante  il  tradimento.  Pg.  20 ,  73. 

Lanciare  -  per  ferire  .  passare  il  cuore, 
quasi  con  lancia.  Pff.  7 ,  Ili. 

Landa  -  pianura  ,  prateria.  In.  14  «  8. 
Pg.  27  ,  98. 

Languire  -  per  esser  debole  ,  infermo  , 
disordinato.  Par.  Ifl  ,  3. 

Lanoso  -  per  coperto  di  profonda  barba. 
In.  8,  97. 

Lapillo -per  gemma,  pietra  preziosa,  e 
figuratamente  per  anima  beata.  Par. 
20  .  16.  è  voce  latina. 

Larghezza  •  per  larga  e  copiosa  limosina. 
Pg.  20,  31.  per  liberalità.  Par.  5, 19. 

Largire  -  concedere  ,  donare.  In.  14 ,  92. 

.    Par.  23  ,  86.  24 ,  71.  Largir  di  tè  , 
cioè ,  comunicar  sé  stesso*  Pg.  13  , 
69.  Lat.  largiri. 
Largito-  per  concesso  ,  donato.  Pg.  11 , 
m   Par.  22,  118. 


Lar^o  -sustantivo ,  per  larghezza.  In.  19 , 
15. 

Larva  -  per  masdiera.  Pg.  15 ,  127.  P^. 
30  ,  91. 

La^oa  -  sorta  di  pesce.  Dadte  la  pone  per 
li  Pesci  ,  uno  de*  dodici  segni  dello  zo- 
diaco. Pg.  Si,  54. 

Lasso  -  per  infelice.  In.  17  ,  78. 

Lasso  *  esclamazione  di  dolore  ,  misera 
me  ,  infelice  me.  In.  28  ,  140.  e  in  al- 
tri luoghi  molti.  11  Petrarca  n'è  pieno. 

Latebra  r  coll'accento  acuto  sulla  secon- 
da sillaba  ,  per  nascondiglio ,  io  rima. 
Par.  19\  67.  è  voce  latina. 

Latente  -  celato  ,  nascosto.  Par.  26 .  58 , 
è  vooe  latina. 

Latino -per  ragionamento.  Par.  12,  lU. 

Latino  -  per  facile .  chiaro ,  agevole  ,  (òr- 
se  contrario  di  barbaro  ,  strano.  Pftr. 
3  ,  63.  Noi  Lombardi  in  questo  sigsi* 
ficato  diciamo  ladin. 

Latin  preciso  -  parlar  latino  proprio  e  ti* 
gnificante  ,  senz*alcuna  oscuriti  o  atra* 
nezza.  Par.  17,  35. 

Lato  -  sustantivo',  per  parte.  Par. 21. 24. 
per  luogo  0  passo  di  libro.  I^r.  29 . 
40. 

Lato  -  addiettivo ,  largo.  In.  18, 13.  Lai. 
latui. 

Latrare  •  per  dolersi  con  grìdL  Par.  6 , 
74. 

Latria  -r  culto  e  servitù  del  vero  e  som- 
mo Dio.  Par.  21 ,  IH.  ma  qui  in 
grazia  della  rima  si  porta  raoeeoUra- 
cuto  sulla  prima  sillaba,  è  voce  greca. 

Latte  dolcissimo  delle  Muse  -  figorataom- 
te  ,  per  vena  poetica ,  facilità  di  com- 
porre in  versi.  Par.  23 ,  57. 

Laude  -  nel  numero  del  più  «  io  riosa  , 
per  lodatori.  Par.  19  ,  37. 

La  virtù  e*  a  ragion  discorso  ammanaa  - 
la  potenza  intellettiva  dell*  anima  «  o 
r  estimativa.  Pg.  29 ,  49.  v.  Ammam- 
nare. 

V  Avversario  d' ogni  male  -r  Iddio ,  um* 
ma  bontà.  In.  2 ,  16. 

Là  'vunque  -  là  ovunque.  Pg.  25  •  98. 

Lazzo  -  di  sapore  aspro  e  attringeMe, 
Io.  15  ,  65.  Sopra  questa  voce .  e  ia- 
tomo  a  ciò  che  con  easa  volte  aspo* 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


«01 


mer  Dante  ,  è  da  vedere  il  discono 

84.  della  1.  centuria  del  dottìfisimo  a- 
bate  Anton-Maria  Salvinì. 

Lebbre  -  per  lebbra.  In.  27  ,  95. 

Le  bianche  e  le  vermiglie  guance  -  in 
questo  luogo  il  secondo  U  soprabbon^ 
da  ;  non  dovendosi  intender  altro  che 
le  guance  dell'Aurora  prima  bianche, 
e  poi  vermiglie.  Pg.  2,7. 

Lega  ^  per  eongiugnìmento.  Par.  S,  139. 

Lega  -  per  qualità  e  mistura  di  metallo. 
Par.  2ih ,  84.  ma  qui  figuratamente. 
Lega  suggellata  «  per  metallo  coniato , 
o  moneta.  In.  30  ,  74. 

I^a  -  p^  numero  di  miglia.  I^gr  15, 121. 

Legame  -  per  difficoltà.  Par.  32 ,  50. 

Legare  ^£  q^  di  lei  a  lei  kucib  legar 
Pi,  cioè  ,  leffò  il  carro  alla  pianta  con 
un  ramo  della  atessa  pianta.  Pg.  32, 

51. 

Legarsi  per  tede  ad  alcuno  -  cioò  ,  pro- 
mettere in  parola  d'uomo  da  bene.  Pg. 
16,  52. 

Leggeramente  *  leggermente.  In.  18,70. 

Leggere  -  per  dire  ad  alta  voce.  Pg.  25, 

85.  per  ispiegare  pubblicamente  qual- 
che scienza  ùA  arte.  Par.  10 ,  137. 

Leggiavamo  -  leggevamo.  In.  5 ,  127. 
Leggiero*  per  facile.  Pg.  8 ,  21. 17,  7. 
L^ìsta  -  per  legislatore.  In.  k ,  57.    , 
Legno  -  primo  legno  dei  carro  ,  cioè  ,  il 

timone.  Pg.  32 ,  24. 
Legno  diletto  d*  Apollo  -  cioè ,  l'alloro. 

Par.  1 ,  25. 

Legno  indico  -  forse  una  sorta  di  legno 
straniero ,  di  cui  servonsi  i  tintori  per 
colorire  i  panni  ;  o  deesi  intender  l' e- 
bano.  Pg.  7  ,  74.  I  cementatori  ma- 
lamento  intendono  l'azzurro  oltramari- 
no  ;  perchè  questo  colore  si  cava  del 

lapislazzuli. 
Lei  -  per  colei.  Pg.  17 ,  19.  21  ,  25. 
Lei  -  riferito  a  cosa  inanimata.  Pg.  5, 120. 
Lembo  «  propriamente,  estremità  della  ve- 

.ste.  In.  15,  24.  Pg.  27,  30.  per  con- 

tavità  di  vallone.  Pg.   7  ,  72.  cosi  il 

Landino. 
Lena  -  respirazione,  respiro.  In.  1  »  22. 

Pg.  4, 116.  Lena  <M  fH>(moiie.  Io.  24, 


Leno -per  fiacco,  debole,  mite,  in  ri- 
ma. Par.  28 ,  81.  dal  latino  lenit. 

Lento  lento  -  pian  piano ,  a  bell'agio.  In. 
17,  115.  Pg.  28,  5. 

Leone  -  per  questo  animale  viene  intesa 
dal  Poeta  nostro  la  superi)ia  eJ'ambi- 
zione  ,  0  sia  il  desiderio  degli  onori. 
In.  1  .  45. 

Leone  -  arme  del  regno  di  Castiglia.  Par. 
12 ,  54.  V.  Caftiglia ,  nella  Parte  se- 
conda delle  Storie. 

Leonino  -  di  leone.  In.  27  ,  75. 

Leppo  -  coir  e  stretta  ,  fiamma  che  s'ap. 
prende  in  materie  untuose  ^  onde  poi 
n'esce  fetore.  In.  30 ,  99.  Lat ,  nidor. 

Lercio  -  lordo ,  sporco.  In.  15  ,  108. 

Leso  -  offeso.  Lat.  laems.  In.  13 ,  47. 

Lesso  •  addiettivo,  lessato ,  bollito.  In.  21 . 
135. 

Letane  -  processioni  o  supplicazioni  che  si 
fanno  tra'  Cristiani ,  nelle  quali  si  can- 
tano le  litanie ,  cioè  le  preci.  In.  20,  9. 

Letargo -per  obUivione,  dimenticanza. 
Par.  33  ,  94. 

Letizia  -  per  anima  beata.  Par.  9  ,  67.  i)er 
lume.  Par.  21 ,  56.  26 ,  135. 

Letiziare  -  aver  letizia ,  gioire  ,  giubbila- 
re. Par.  3,  54.  9,  70. 

Lettere  mozzQ  -per  abbreviature ,  cifre. 
Par.  19,  134. 

Letto  -  per  suolo  ;  fondo.  In.  14 , 9.  £el- 
io  delle  piante ,  pei  suolo  che  si  cal- 
pesta. Pg.  12,  15. 

Letto  piano-per  superfizie  piana.  Par.  30 ,3. 

Levimi  -  levaimi ,  mi  levai.  In.  24 ,  58. 
Pg.  27  .  113. 

Levare -per  imbarcare.  Pg.  2,  95. 

Levare -per  togliere.  Par.  30,  121.  v. 
Porre. 

Levarsi-per  innalzarsiallontanandosi.Par. 
ja ,  67. 

Levarsi  -  per  andare  in  alto,  detto  di  bal- 
zo di  montagna.  Pg.  24 ,  120.  Levarsi 
e  eorgere ,   detto  d*  un  colle.  Par.  9  , 

.  28.  In  simil  guisa  il  Petrarca  nel  s*>- 
netto  10.  attribuì  alla  colonna  ilcam- 

.  mino\  cioè  l'andare  in  suso;  la  qual 
forma  di  dire  molto  bella  e  poetica  , 
non  à  gran  tempo ,  a  torto  fu  ripresa. 
Anzi  la  colonna  si  dice  in  Wnguà  gra- 

76 


602 


DIZIONARIO 


ca  chion  ;  e  Varino  Canierte  nel  suo 
Lessico  ne  deduce  rorìgine  àpo  tou  cAte- 
tfi  cai  àniinai  éit  up^oi  iàìYaniare  e  te- 
vani  in  alto  ;  ora  questo  è  il  cammi- 
nare delle  colonne. 

Leve  "  per  levi ,  in  rima.  Pg.  SB  ,  89. 

Lavorsi  -  levaronsi ,  io  rima.  Io.  S6,  36. 
33,  60. 

Lerre -lepre.  In.  23,  18. 

Lezzo  »  puzzo.  In.  10 ,  136. 

Li  -  articolo  ,  (t  parenti  »  per  i  parenti. 
In.  1, 68.  e  somigliantemente ,  in  molti 
altri  luoghi. 

Li* per  loro.  In.  20  ^  U. 

LI  -  avverbio^    per  allora.  Pg.  20  ,  6fc. 

Libello  -  libro  picciolo  ,  libretto.  Lat.  ti- 
beUui.  Par.  12 ,  135. 

Libeote-che  opera  tolentieri.  Lat.  libmg. 
Par.  25 ,  65. 

Liberamente  -  per  liberalmente ,  con  libo* 
raliti.  Par.  33  ,  18. 

Libero  è  qui  da  ógni  alterazione  -  cioò, 
qui  non  a  luogo  Falterazione.  Pg.21,<h3. 

Libito  -  ciò  che  piace.  Lat.  quoa  Utnium 
$$t.  In.  5  •  56.  Mi  faeea  tittito ,  cioò, 
mi  rendeva  caro.  Par.  31  ,  U. 

Ltbrv  che  7  prHerilo  rauegna  ,  chiama 
Dante  la  memoria.  Par.  23  »  54. 

Liei  -  per  lì ,  là ,  in  rima*  In.  H ,  8k. 
Pg.  7 ,  6*. 

Licito  -  lecito.  In.  5 ,  56.  Pg.  6 ,.  118. 
7,  ki.  26,  128.  Par.  1,  55. 

Lieto  •  per  felice  »  beato.  Par.  1 ,  126. 

Lieto  d* acque  e  di  fronde  -cioò,  vago, 
ameno  per  le  fonti  e  por  gli  alberi. 
In.  i% ,  97. 

Lieve  -  per  facfle  o  men  faticoso.  In.  28, 
60.  Pg.  1  .  106.  Par.  24  ,  37. 

Lievemente  -  per  facilmente ,  senza  noia. 
Par.  21 ,  116.  per  aoavemeate.  Par. 
26,  18. 

Lievi  -  levi ,  dal  verbo  l$eù.  Par.  33,  67. 

Limbo  -  luogp  d'Inferno ,  ore  molti  teolo- 
gi  tengono  che  stiano  l'anime  de' bam- 
bini morti  senza  battesimo ,  e  quivi  pa- 
tiscano solamente  la  pena  del  danno. 
D^te^  ripone  in  questo  luogo  anche  i 
Gentili  ch'esercitarono  gli  ufflct  delle 
virtù.  In.  4,  45.  lÀmbQédio'nfèfnQ. 
P|.  fa ,  14. 


Limo- fango.  In.  7  ,  121.  figuratamela 

te ,  per  carne  unfiana  ;  essendo  slsta 

formato  Adamo  del  fango.  Pg.  17, 114. 

Lat.  Kmm. 
Linci  -  avverbio  ,  di  quivi.  Pg.  15 ,  37. 
Lingua -per  palato.  Par.  27  ,  131. 
Liquare  -  per  manifestare ,  scoprire,  ht. 

15     1. 
Liquor  d'ulivi  -  olio.  Par.  21,  115. 
Lira-per  l'angelo  GabbrieUocaiitaBle.Bu!. 

23,  100. 
Lista  -  striscia ,  linea ,  rigo ,  o  lungo  pea- 

zo  di  che  che  sia.  In.  25,  73.   h. 

4,  42. 
Lista  radiale  -  cioò,  linea  dei  raiBne.  P^. 

15  ,  23. 
Listare  -  segnare  o  fregiar  di  lista.  Fu; 

14  ,  115. 
Litare  -  sacrificare.  Par.  14,  93.  ò  voce, 

latina. 
Littorano-nato  in  lido  o  spiaggia  dina* 

re.  Par.  9 ,  88. 
Locato  -  per  situato ,  oolloc«to«  Par.  tt , 

20.  32 ,  74. 
Locusta  •  cavalletta ,  spezie  d*  insello  wh 

Ussimo.  Pg.  22 ,  151. 
Loda -nome  ,  per  lode.  In.  2^  108.  P||. 

20,  36.  Par.  10,  122.  30,  17. 
Lodo-  nome  »  per  lode ,  in  rima.  In.  3, 

36. 

Lodoletta  -  picciola  lodola.  I^.  20 ,  73. 

Loglio  -  U  logtio  Si  lagnerà  eketmea  fU 
eia  ioUa  ,  perchò  non  sarà  liposlo  mi 
granai ,  ma  piuttosto  abbrucialo.  Far. 
12  ,  119. 

I/f  oro  -  sustanlivo  ,  per  iatnuiMBlo  bl- 
to  di  cuoio  e  di  penne ,  a  modo  dTw^ 
la  ,  con  che  si  richiama  il  bJcoae  dil- 
la sua  caccia ,  girandolo  e  gridando,  b. 
17 ,  128.  e  figuratamente ,  per  lo  cie- 
lo ,  colla  vista  del  quale  Iddio  lira  t 
so  le  persone  ;  tolta  la  mataiDra  U 
falconiere.  Pg.  19 ,  62. 

Lolco  -  logico ,  dialettico  ,  che 
ta  bene.  In.  27 ,  123. 

lM>me^per  lume,  in  rima.  la.  10,  n. 

Longevo  -  di  lunga  vita.  Lai.  lummeem 
Par.  18  .  83.  ' 

Loatanare  *  per  aÌiooliiiare.Sg.  SS^llT. 
perdurare»  steodersi  io  luogo.  la.  2,11. 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


603 


Lontano  -  avverbio.  Io.  10,  101. 
Lontra  -  animai  rapace  che  vive  ne'  la- 
^i ,  e  8i  ciba  di  pesci.  In.  22  ,  36. 
Lonza  -  pantera ,  sorta  d' animai  salvati- 
co  che  i  la  pelle  di  vari   colori.  In. 
1 ,  32.  16  ,  108.  per  essa  intende  il 
nostro  Poeta  V  appetito  de*  piaceri  di- 
sonesti. 
Loquela  intera  -  cioè .  favella  spedita  co- 
m' è  quella  degli  adulti.  Par.  27 ,  13i. 
Loto -fango.  In.  8,  21,  Lat.  lutum. 
Luce  •  per  occhi ,  vista.  Par.  21  ,  30. 
per  stella.  Par.  2, 145.  per  beato  spi- 
nto. Par.  6 .  128.  20  ,  1(6. 
Luce  ed  amore  -  per  lo  cielo  Empireo  « 
dove  la  beatitudine  consiste  io  vedere 
ed  amar  Dio.  Par.  27,  112. 
Incelile  ,  chiama  Dante  il  Padre  Etemo. 

Par.  13 ,  56. 
Lucerna  -  per  luce.  Par.  8 ,  19. 
Lucerna  -  intesa  per  la  grazia  prevenien- 
te. Pg.  8 ,  112. 
iMcerna  del  mondo ,  chiama  Dante  il  so- 
le. Par.  1 ,  38.  v.  il  Salvici ,  a  carte 
183.  della  2.  centuria  de*  suoi  Discor- 
si Accademici. 
Lucerna  sacra -per  anima  beata.  Par. 

21 ,  73. 
Lucerne  -  per  occhi.   Io.  85  ,  122.  per 

anime  beate.  Par.  23 ,  28. 
Luce  viva  -  per  la  divina  Sapienztt  il  Fi- 
gliuolo di  Dio.  Par.  13 ,  55. 
Luci  -  per  occhi.  Par.  22 ,  126. 
Lucido  -  per  diafano  ,  trasparente.  Pg. 

15  •  69. 
Lucore  «*  splendore.  Par,  li ,  9i. 
Luculento  -  lucido  ,  risplendente.  Par.  9. 

37.  22 ,  28.  è  voce  latina. 
Loderò  •  per  dar  aegoi  di  grande  allegrez- 
za. Par.  30 ,  10.  è  voce  latina. 
Lodo  •  nome  »  cioè ,  giuoco.  Lat.  tochii. 
Io.  22  •  118.  per  ballo  «  danza ,  coro, 
ftr.  28 .  126. 
Lui  -  detto  di  qualche  azione  ;  come  del 
dire.  Pg.  2( ,  1 .  detto  del  giardino  ce- 
leste. Par.  31 ,  98. 
Lui  -  per  a  lui:  ener  vittam  lui.  In.  83, 

150.  Ri^poBi  lui.  In.  1 ,  81. 
Lai  •  per  colui.  Par.  2 ,  47. 
Lulla  -  parte  dei  fondo  della  botte ,  che  I 


sta  di  qua  e  di  là  dal  mezzule.  In.  28, 
22.  V.  Mezzule. 
Lnmaccia  -  lumaca.  In.  25,  132. 


Lume  -  per  anima  beata.  Par.  23 ,  HO. 

25,  13.  e  in  altri  luoghi. 
Lume  -  per  scienza.  Par.  13  ,  hk. 
Lume  altissimo  della  grazia  divina  -  Par. 

32 ,  71. 
Lume  di  gloria ,  col  quale  i  beati  sono 
resi  capaci  della  visione  di  Dio  -  Par. 
U,  »,  hS. 
Lume  di  totto  dalla  luna ,  chiama  Dante 
la  faccia  di  quel  pianeta ,  che  riguar- 
da verso  la  terra  •  quando  il  sole  la 
illumina.  In.  26,  131. 
Lume  d*  un  sorriso  •  Par.  18  »  19. 
Lumi  della  strada  del  solo  -  i  segni  dello 
zodiaco  ,  per  1*  eclittica  del   quale  il 
sole  cammina.  Par.  26 ,  121. 
Lumiera  -  lume ,  splendore.  In.  4,  103. 

Par.  5,  130.  9,  112.   11,  16. 
Luna  -  per  mese ,  o  tempo  delFanno.  Par. 
27,  132.P<itt  lune,  cioè ,  molte  appari- 
zioni della  luna  in  più  mesi.  In.  33  , 
26. 
Lunari  -  per  mesi.  Pg.  22  ,  36. 
Lunga  -  In.  9 ,  5.  v.  Menare  a  lunga. 
Lunghesso  *  accanto  ,   accosto  ,  rasente. 

Pg.  2 ,  10.  19,  27. 
Lungi  al  percuotere  -  cioè  ,  lontano  dal 

percuotere.  Par.  12,  49. 
Lungo  -  particella  ,  lo  stesso  che  lunghes- 
so ,  rasente.  Lat.  ncundum ,  propter. 
in.  15  ,  7.  Par.  32  ,  130. 
Lupa -per  questo  animale  sommamente 
ingordo  ,  vuol  significare  il  no!«tro  Poe- 
ta ravarizia.  Ii|.  1,  49.  «  in  altri  luo- 
ghi. 
Lupicini  -  lupi  giovinetti.  In.  83,  29. 
Lorco  -  goloso ,  bevitore.  Lat.  lureo.  In. 

17 ,  21. 
Lastra  -  per  covile  di  fiera.  Par.  h ,  127. 

Lat.  Itftitniiii. 
Lustro  -  sustantivo  ,  per  lume  ,  splendo- 
re. Pg.  29,  16.  Par.  U,  68. 
Luttare  -  per   querelarsi  piangendo.   Pg. 

17 ,  38.  Lat.  luaen. 
Lutto  -  per  istato  degno  di  cotipaaaione. 
Io.  13,  69. 


ak 


DIZIONARIO 


M 

M  -  lettera  ,  ne*  numeri  romani  signiGca 
miUe^  Par.  19  ,  129.  formata  nel  pia- 
neta di  Giòve  dagli  spiriti  beati.  Par. 
18  ,9i. 

Ha'  -mali ,  cattivi.  In. 28, 135.  33, 16. 

Ma  che  -  se  non  ,  salvo  ,  eccetto ,  fuor- 
ché. In.  li',  26.  21  .20.28  ,  66.  Pg. 
18 .  53.  Par.  22 ,  17. 

Macigno  -  sorta  di  pietra  durissima.  In. 
15,  63. 

Maciulla  -  strumento  di  legno  per  dirom- 
pere e  nettare  il  lino.  In.  34 ,  56. 

Macro  -  magro  in  rima.  In.  27 ,  93.  Par. 
25  ,  3,  per  ispogliato  ,  svaligiato.  Pg. 
9,  138. 

Maculato  -fatto  a  macchie ,  dipinto  a  mac- 
chie. In.  1,  33.  29t  75.  è  voce  latina* 

Madre  •  nella  madre  ,  cioè  neirutero  ma- 
terno. Par.  32 ,  69. 

Madre  comune  -  per  la  terra.  Pg.  11 ,  63. 

Magagna  -  menda  ,  vizio  ,  difetto,  in,  33, 
152.  Pg.  6 ,  110.  15 ,  46. 

Maggio  -  per  maggiore.  In.  6  ,  48.  31  , 
84.  Par.  6 .  120.  14  ,  97.  26  ,  29. 
28,  77.  33,  55. 

Maggiore  -  per  primo.  Par.  32  #  136. 

Maginare  -  immaginare ,  fingersi  colla  fan- 
tasia. In.  31  ,  24. 

Magno-  grande.  Lat.  magnui.  In.  4  ,  119. 
Pg.  18  ,  98.  19 ,  63.  Par.  9,  133. 

Mal  -  In.  31 ,  67.  v.  Rafel, 

Maio  -  sorta  d'albero  alpino,  ma  preso  dal 
Poeta  nostro  per  qualunque  pianta.  Pg. 
28,  36. 

Maladizione- maledizione.  Pg.  3,  133. 

Malaoth  -  parola  ebraica  ,  che  significa  re- 
^t ,  o  de  regni.  Par.  7,  3. 

Malcreato  -  per  malnato  ,  infelice,  sciagu- 
rato, in.  32,  13. 

Male  -  per  malo  ,  cattivo.  Pg.  17  ,  95. 

Male  -  avverbio,  cioè,  eoo  danno.  In.  9, 
54.  Pg.  4,  72. 

Mal  governo  -  cioè  >  scempio,  uccisione. 
In.  27.  47. 

Malignamente  -  cioè,  con  discoriesia.  Pg. 
17,  60. 

Maligno  aere  -  cioè ,  tempestoso  In.  5, 86. 

Maligno  campo  -  cioè ,  brutto ,  spavente- 


vole; ov\ero  sterile,  in.  18,  4. 

Maligno  terrcno-cioè,  sterile.  Pg.  30. 1 18» 

Jlklalisealco- per  uomo  moko  prinrip.nie . 
segnalato  e  famoso.  Pg.  24,  99. 

Malizia  -  per  qualità  nociva  dell'aere,  lo. 
29,  60.  Parimente  VirgUio,  nell'eglo- 
ga 7,  al  verso  57 ,  cosi  cantò  :  Arti 
ager  :  vitio  moriem  sitit  airi»  ke9b§. 

Mal  mondo -per  lo 'nfema.  Io.  19,  11. 

Malnato  -  per  infelice.  Io.  30,  48. 

Mal  per  Tolommeo  -  cioè,  eoo  danno  à 
Tolomraeo.  Par.  6.  69. 

Mal  toilette  -  mal  tolto.  Par.  5,  33. 

Malvagio  cammino  -  cioè,  aspro,  dilGcile. 
In.  34,  95. 

Mal  volere ,  chiama  Drùì»  il  Deomio. 
Pg.  5,  112. 

Mamma  -  voce  finciiillesca,  che  signi6ei 
madre.  In.  32  ,  9.  Pg.  21 .  97.  Par. 
14,  64.  23,  €21. 

Mammella  -  a//a  destra  mammella,  àsè, 
a  man  ritta,  in.  17,  31. 

Manchi  voti  -  cioè  ,  noo   adempiti.  Far. 

4,  137.  5,  14. 

Mancia  -  per  iscontro  di  geote  che  ci  sa- 
luti, e  ci  paghi  il  buon  giorno  con  tim- 
pani ed  altri  strumenti  odusicali.  Par. 

5,  66.  Mancia   irUta  e   bwma ,   per 
incontro  cattivo  e  fortunato.  Io.  31,6. 

Mancino  -  sinistro.  In.  20,  126.  i4  ma»r 
eina^  cioè,  a  man  sinistra,  a  banda  àr 
nistra.  Pg.  4,  101. 

Manco  -  sustantivo,  mancanza ,  roofiiieo- 
to.  Par.  3,  30. 

Manco  -  addiettivo,  per  mancante.  In.  13, 

6,  per  imperfetto,  difettuoso.  Par.  9, 
110.  Ili. 

Mandria  -  per  brigata.  Pg.    3  ,  86.  (M 

dagli  antichi   latini   chiamavasi  gnx 

un'intera  compagnia  di  comiei. 
Mandriano  -  custode   delia   maodra  ,  P' 

store.  Pg.  27,  82. 
Manducare  -  mangiare.    In.  39  ,  127.  è 

voce  latini. 
Mane  -  mattina.  In.  84,  105.  Far.  U  U* 

23,  89.  è  voce  latina. 
Mane  -  da  mane  o  da  mcM,  di  mattìB* 

In.  34,  118. 
Manere  -  rimanere^  durare.  Par»  29,  lU. 

è  voce  latina. 


BELLE  tAftOLE  E  FflASI. 


10& 


Manibus  o  datelitia  p/enti-orsù  vìa,  da- 
te gigli  a  man  piene.  Pg.  30,21.  pa- 
role tolte  dal  6.  libro  deli'  £neida  di 
Virgilio,  al  verso  884.  ma  trasportate 
ad  altro  proposito. 
Manicare  -  mangiare.  In.  3S  ,  GO, 
Manifesto  -  per  manifestato.  Pg.  26,  26. 
Manna  verace  -  per  la  sapienza   celeste. 

Par.  12  ,  Hk. 
Mano  -  per  banda  ^  parte.  In.  7  ,  32.  9, 

110. 
Manso  -  per  quoto  ,  mansoeto.  Pg.  27  , 
76.  V.  la  2.  centuria  de'  Discorsi  Ac- 
cademici deH'  ab.  Anton*Maria  Salvini, 
a  carte  122^ 
Mantaco  -  mantice  ,  strumento  co)  quale 
si  soffia  nel   fuoco.  Pg«    15  ,  51.  ma 
qui  prendesi  figuratamente  per  lo  poi- 
mone  che  ,  a  guisa  di  mantice ,  nella 
inspirazione  si  dilata  e  si  gonfia ,  e  nella 
r(*«piraziafìe  si  ristrìgne  e  appassisce. 
Manto  nate  di  $utti  i  volumi    del  mon- 
do ,  chiama  Dante  il  primo  mobile  che. 
a  guisa  di  mantello ,  cuopre   tutti  gli 
altri  cieli  inferiori.  Par.  23  ,  112« 
Maravigliare  ^  per  isiupirst ,  maravigliar- 
si. Pg.  28 ,  79. 
Maravigliose  grazie  -  ringraziamenti  sopra 
ogni  credere,  mj/enle^,  come  disse  Te- 
renzio neir  Éutiuco.  In.  18 ,  13o« 
Marca  -  per  paese  ,  provincia  ,  contrada* 

Pg.  19 .  45.  26 ,  73. 
Mare  -  t(  gran  mar  dell'  estere  ,  cioè ,  1* 
ampiezza  immensa  delle  narture  create. 
Par.  1  .  113. 
Mareggiare  -  ondeggiare.  Pg.  28  ,  74. 
Maremma  -  campagna  vicina  al  mare.  In. 
25  ,  19.  e  accenna  spezialmente  quella 
di  Pisa  in  Toscana. 
Margherita  -  per  lo  corpo  risplendente  del 

pianeta  di  Mercuria.  Par.  6 ,  127.  ' 
Margherita  etema  -  chiama  Dante  il  cor- 
po  illuminate  e  biancheggiante  deUa 
luna.  Par.  2  ,  34. 
Margherite  -  per  anime  beate.  Par.  2S , 
29.  Poco  innanzi  avea  detto  iperule. 
Marito  primo  della   povertà  -  detto  dal 
Poeta  il  Salvator  nostro;  il  secondo  noi 
fa  8.  Francesco  d'  Aasiai.  Par.  il»  64. 
Marra  -  ^trument»  ruatico  da  radere  il  I 


terreno*  In.  15  ,  96. 

Martellare  -  percuotere  con  martello  :  e 
figuratamente  ,  tormentare.  In.  11,  90. 

Martirare  -  cruciare ,  tormentare.  In.  26, 
55.  Pg.  15 ,  108.  17 ,  132. 

Maschio  naso  •  cioè  ,  grande ,  virile ,  ben 
formalo.  Pg.  7,  113-  L'uomo  po.ir- 
nito  d'  un  tal  naso  era  detto  da'  Gre- 
ci grupói. 

Masnada  -  per  brigata ,  compagnia  di  gen-* 
le.  In.  15  ,  41.  Pg.  2 ,  130. 

Masso  -  sasso  grandissimo  ,  radicato  in 
terra.  Pg.  3  ,  70. 

Mastino  -  cane  grosso  da  guardia.  In.  21, 
44<  per  tiranno  crudele.  In.  27  ,  46. 

Mastro  -  maestro.  In.  24  ,  16. 

Hatera  -  per  materia  ,  in  rima.  Pg.  18, 
37.  22  ,  29.  fuor  di  rima.  Par.  1,27. 

Matre  -  per  madre,  in  rima.  In.  19, 115. 

Mattia  -  permattezza,  stoltezza.  In.20,9S. 

Mattinare  -  far  la  mattinata  ,  cioè  canta- 
re e  sonare  in  sul  mattino ,  innanzi  le 
finestre  dell'  amata  o  dei  vago,  e  figu- 
ratamente ,  dire  e  cantar  mattutino. 
Par.  10  ,  141. 

Maturare -per  fiaccare,  affievolire,  levar 
l'orgoglio  di  t^sta.  In.  14,  48. 

Maturo  -  fiore  maturo  di  tutte  le  $ue  foglie, 
per  ordine  di  beati  già  pieno  e  com- 
piuto. Par.  32,  22. 

Mazzerare  -  gittare  alcune  in  mare  in  un 
sacco  legata,  con  una  pietra  grande  ; 
ovvero  legate  le  mani  e  i  piedi ,  con 
un  gran  aasso  al  collo.  In.  28,  80. 

Me  -  di$$er  me ,  cioè  ,  dissenni  »  dissero 
a  me.  In.  23^  91. 

Me  •  pronome  soprabbondante.  Pg^  16  , 
143. 

Me'  -  per  meglio  e  migliore.  In^  1,  112. 
2,  36.  14, 36.  32,  15.  Pg.  12,  68.  16, 
125.  22,  74.  Par.  26,  79. 

Me' -per  più.  Pg.  31,  43. 

Meare  -  per  trascorrere,   passare.  Par. 

15,  55.  23,  79.  è  voce  latina. 
Hearsi  -  per  procedere  r  derivare.  Par. 

13,  55. 
Mee  -^  me,  in  rima.  In.  26,  15. 
Melo  •  r  arbere  che  fa  le  mele.  Lat.  ma^ 
(ta,  pomus.  Melo  Che  del  $uo  pomo  gli 
angeli  fa  ghiotti  ^  cbiama  Dante  Gesù 


606 


DIZIONARIO 


Cristo  e  la  sua  gloria.  Par.  33,  T3. 
Meloda  -  melodia,  musica.  Par.  28,  119. 
Melode  -meloda,  melodia. Par.  ik,  122. 

21^,  lU. 
Membro  -  membri,  membra,  in  rima.  Io. 
29,  51.  Pg.  6,  U7.V.  il  Salvini  nella 
2.  centuria  de*  Discorsi  Accademici,  a 
carte  258. 

Membruto-di  buona  corporatura,  di  gros- 
se membra.  In.  3fc,  67.  Pg.  7,  112. 

Memorare  -  ricordare.  Pg.  23,  117.  ò  vo- 
ce latina. 

Mena  -  nome,  per  condizione.  In.  17,  39. 
21^,  83. 

Menare  -  Che  Vecchio  noi  potea  tncnare 
a  lunga,  cioè,  che  la  vista  non  gli  po« 
tea  far  discernere  le  cose  lontano.  In. 
9,  5.  Menai  leir  arte^  cioè ,  esercitai. 
In.  27,  77. 

Menare  ^i  occhi  -  per  andar  guardando 
attorno.  Par.  31,  47. 

Meno  -  avverbio,  per  non.  Par.  16,  11. 

Menrenti  •  cioè,  meoerenti,  ti  meneremo, 
ti  condurremo.  Pg.  31,  109. 

Mensola  -sostegno  di  trave  o  cornice  ch'e- 
sce dalla  dirittura  del  piano  ov*è  aOls- 
aa.  Pg.  10,  131. 

Mente -per  anima  umana.  Par.  32,  64. 
per  memoria.  In.  3,  132. 

Mente  Di  che  tutte  le  cose  son  ripiene, 
cioè,  il  sommo  Dio  che  tutto  riempie 
colla  sua  immensità.  Par.  19,  53. 

Mente  in  che  s' inizia  il  moto  die*  cieli  e 
delle  atdie-  cioè.  Iddio,  primo  motore 
d'  ogni  creata  natura.  Par.  18,  118. 

Mente  torta  -  cioè  ,  offesa  da  furore.  In. 
30.  21. 

Mentire  -  per  ingannare.  In.  19,  54. 

Menti  sante  •  cioè,  gli  angeli ,  le  intelli- 
genze celesti.  Par.  32,  89* 

Mentre  che  -  finché  ,  fino  a  tanto  che. 
In.  5,  96.  13,  18.  17,  U.  33.  132. 
Pg.  20,  61.  23,  1.  27,  63.  Pftr.  23. 
106.  »,  122. 

Menzionare  -  br  menzione,  nominare.  Pg. 
15,  45. 

Meraviglioso  -  maraviglioso.  In.  16 ,  132. 

Mercè  -  per  merito.  Par.  SS  ,  73. 

Mercede -per  merito.  In.  4,  34.  Par. 
21,  52.  28,  112. 


Mergere  -  per  affondare  »  deprimere.  Pg. 

19 ,  190.  è  voce  laUna. 
Meridiano  •  il  Mar  Mediterraneo  Tento 
te»  va ,  cioè  tanto  si  stende ,  che  fa 
meridiano  Li  dove  T  orizzonte  pria  far 
tuole.  Par.  9 ,  86.  Per  intendere  qoe- 
sto  luogo  del  Poeta  nostro  ,  eooviea 
sapere  che  quelli  che  abitano  presso 
lo  Stretto  di  Gibilterra ,  dove  comincia 
il  mare  Mediterraneo ,  anno  il  loip 
orizzonte  a  Gerusalenmne  •  intorno  a 
cinquemila  miglia  lontano  da  esso  Stret- 
to ;  eh' è  quasi  una  quarta  parte  et 
tolta  la  circonferenza  della  terra.  Chi 
dunque  s'avanzerà  dallo  Stretto  di  Gi- 
bilterra fino  alle  spiagge  di  Palestioa 
dov*  è  Gerusalemme  ,  fin  dove  quasi 
arriva  il  Mediterraneo  «  verri  ad  arere 
il  meridiano  dove  prima  avea  V  orìz- 
tonte. 

Meridiano  -  marì^Mna  face  ,  fiaccola  ri- 
splendente come  il  sole  di  wa^mogkt^ 
no.  Vat.  33 ,  10.  qui  è  metafora. 

Meridiano  cerchio  -  uno  de'  maggiori  cir- 
coli delia  stara  armillare ,  clie  la  di- 
vide in  due  parti  eguali ,  ed  è  agaà* 
mente  distante  dall'oriente  e  daBT oc- 
cidente. Al  qoal  circolo  quando  è  ar- 
rivato il  sole ,  U  mezzogiorno  a  tolti 
coloro  che  anno  uno  stesso  orizzonte. 
Ma  come  sono  innumerabili  gii  oriz- 
zonti ,  cosi  parimente  i  merìduiBi.  I^. 
2,  2. 

Merùiiano  è  tocco  dal  sole  -  cioè ,  è  mez- 
zogiorno. Pg.  4 ,  138.  V.  Meridiane 
cerchio* 

Merigge  -  meriggio  ,  mezzogiorae.  Lat. 
m^ridiee.  Cerchio  di  ai^mgfe.  Pg.  25. 
2.  33  ,  104.  V.  Meridiano  eerdùe. 

Meritare  di  chi  che  sia  -  per  beneficare. 
I^t.  mereri  ,  benemereri  de  edifoo.  la. 
26,80,  81. 

Meritoro  -  per  meritorio  ,  in  rima.  Par. 
29,  65. 

Mero-  per  lucido ,  netto ,  puro ,  lispisa- 
dente.  Par.  Il  ,  18.  18,  55.2S«60 
30  ,  59.  Acqua  mera  ,  cioè ,  tepiéi 
non  mescolata  di  fèccia.  Pkir.  9  «  114 

Merrò  -  menerò ,  condurrò.  Pg.  7  .  4T 

Mertare  -  meritare.  Pg.  17»  105.  ai ,  M 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


6or 


Merto-  per  merito.  Par.  25 ,  69é 

Herto  -  per  castigo.  In.  81 ,  93. 

Mescere  ad  aicuoo  -  per  darli  bere.  Pkr. 
17,  12.  alla  foggia  de' Latini. 

Meschine -per  ancdie.  In.  9,  43. 

Meschini  -  forse  schiavi.  In.  27.  115. 

Mesciuta -per  torre  o  campanile.  In. 
8,  70. 

Messo  da  Cielo -angelo  mandato  dal  Ge- 
lo. Pa.  SO ,  10. 

Messo  di  Dio  -  cioè  »  mandato  da  Dio. 
Pg.  33 ,  kk. 

Mestiere  -  per  bisogno.  In.  21  ,  66. 23 , 
119.  31,  110.  Meitier  non  era  pano- 
rir  Maria ,  cioè  ,  che  partorisse.  Pg. 
3,  39. 

Mestieri  -  mestiere ,  bisogno  ^  ciò  che  à 
mestieri,  dò  eh' è  necessario.  In.  2,  68. 

Mestiero -  mestiere  ,  bisogno,  è  meitie- 
roy  si  richiede.  Pg.  8,  Ili. 

Meta  -  per  confini.  Pg. .  ìk ,  ìkh. 

Metafiiice  pruove  -  cioè ,  tratte  dalla  me- 
tafisica* scienza  nobilissima  che  si  dice 
ancora  frima  filoio^.  Par.  21 ,  134. 

Metro  -  per  misura.  Pg.  27 ,  51.  A  que- 
sto metro,  in  questa  maniera.  In.  19, 
89.  per  le  parole  che  si  cantano.  Par. 
28,  9. 

Metro  ontoso  -  per  grido  con  beffe  e  con 
parole  ingiuriose.  In.  7 ,  33. 

Metropolitano  -  Tescovo  della  principal 
chiesa  d*  una  provincia  ,  il  quale  ab- 
bia sotto  di  se  altri  vescovi  suffraga- 
nei.  Par.  12  »  136. 

Metter  co  o  capo  -  dar  principio.  In.  20, 
76. 

Metter  compenso  -  per  aatoUare»  aoddi- 
sfare.  Par.  9 ,  19. 

Mettere  il  viso  in  che  che  aia  •  doò  , 
guardare  alcuna  cosa.  Par.  33  ,  19S. 

Mettere  in  arca -^  per  accunuilar  pecunia. 
Par.  8  ,  84. 

Mettere  in  cura  •  per  soUedtare*  Par.  26, 
21. 

Mettere  in  fuga  i  sospiri  «In.  30  ,  72. 
V.  Fuga. 

Mettere  innanzi  ^  per  portar  la  vivanda 
in  tavola  ;  e  figuratamente ,  proporre 
alcuna  materia  o  quistione  <tai  studiare. 
Par.  10 ,  25. 


Mettersi  -  ti  wìettemmo  jm  un  hotco ,  cioè, 
e*  incanuninammo.  In.  13  ,  2.  Cosi  il 
Petrarca  ,  nel  cap.  1.  del  Trionfo  dì 
Amore  :  Vago  d^  udir  notselle ,  atra  mi 
miti.  Mettersi  oltre  a  fare  che  che  sia, 
per  avanzarsi  in  qualche  cosa.  Pg.  24, 

Mettersi  nel  canto  e  nella  nota  *  porsi  a 
cantare  insieme  cogli  altri.  Par.  25  , 
109. 

Metter  voci  -  gridare.  Pg.  19  ,  35.  alla 
maniera  de*  Latini.  Properzio  ,  nella 
7.  elegia  del  4.  libro  :  Sfirantesquc 
amimoi  et  toeem  mini. 

Mezza  terza  •  per  Torà  mattutina.  In.  34, 
96. 

Mezzo  -  per  aria  ,  acqua  ,  o  altro  corpo 
trasparente  ,  interposto  tra  1'  ometto 
visibile  e  1'  occhio.  Par.  31  ^  78.  Il 
mezzo  ,'  per  lo  mollo  ,  Gli  tolse  7  tra- 
passar M  più  atMuii  ;  cioè  ,  la  quan- 
tità deH*  aria  interposta  tra  V  oggetto  e 
la  vista  ,  vale  a  dire  la  molta  distan- 
za ,  impedì  essa  vista ,  che  non  po- 
tesse più  innoltrarsi.  Par.  27 ,  74. 

Mezzo  -  eoH*  e  stretto ,  per  bagnato  d*  a- 
cqua ,  molle ,  putrido.  In.  7 ,  1*28. 

Mezzo  cerchiò  dd  moto  ftfpsnio ,  chiama 
Dante  l'equatore,  o  sia  il  circolo  equi» 
oozlale  che  è  posto  in  mezzo  aj  tro- 
pico del  Cancro  ,  e  al  tropico  del  Ca- 
pricorno ;  fuor  deT  quali  cancelli  noti 
esce  il  sofe  »  girando  per  lo  zodiaco. 
Pg.  4 .  79. 

Mezzodì  -  per  r  equinozio  ,  cioè  quelbr 
stagione  che  pareggia  il  di  colle  notti; 
il  che  accade  due  volte  1*  anno  ,  una 
in  principio  di  primavera  ,  1*  altea  in 
principio  d*  autunno.  In.  24 ,  3. 

Mezzule  -  la  parie  di  mezzo  del  fondo  di- 
nanzi della  boUe.  In.  28 .  22. 

Mffia-miglia.  Par.  26,78. 

Milizia  -  per  insegna  di  casato  nobile. 
Par.  16 ,  180. 

Mifizia  -  eigncr  mtlMi ,  cioè ,  annarca- 
valiere.  Par.  15,  140. 

MUizia-r«Nia  ctaUra  miUziei  A' Jb- 
rwHio  ,  cioè ,  gP  angeli  e  T  anime  dei 
beati.  Più*.  80 ,  43.  81 ,  9 ,  4. 

MQiiia  elw  Pietro aqpiette - 1  satiHmar- 


fM 


DIZIONARIO 


tiri  della  chiesa  primitiva.  Wr.  9«  ikU 

Ifilizia  santa  ,  fatta  sposa  da  Cristo  nei 
sangue  suo  -  cioè,  la  compagnia  de'bea- 
ti ,  che  trionfa  in  Qelo  »  dopo  uver 
militato  qiiaggiù  in  ternu  Par*  31.  2. 

Blillesmo  -  por  millesio^Oi  io  rimi*  Par. 
20,  129. 

llillesmo  del  vero- la  miliesima  parte  delb 

.  verità.  Par.  23 ,  SS. 

Ministrare  -  eseguire  i  comandi ,  esoreitar 
qualche  ministero.  Pg,  30  ,  SO. 

Ministro  maggior  della  Natura  ^  cioò  •  il 
sole  che  a  una  grandissima  parte  qella 
generazion  delle  cose.  Par.  10  ,  28. 

M' insegni  *  per  insegnami.  Io.  $^7,  101. 

Minugia  -  budelle ,  intestini.  In.  28  ,  2S. 

Minuzie  de' corpi  r-que' minutissimi  corpi- 
celli  che  si  veggono  muoversi  con  somma 
velocità  ne' raggi  del  sole.  Par.  ik,  114. 

Miracolo  »  per  donpa  di  bellezza  maravi- 
diosa ,  qual  era  Beatrice,  Par.  18.  63. 
Cosi  ii  Petrarca  della  sua  Inaura  già 
morta ,  nel  sonetto  268.;  L'alto  e  novo 
miraeoi  e  d'ai  nostri  Apparw  al  fnQn- 
do ,  e  $tar  seco  non  volse  ec. 

Mirare  -  per  ammirare ,  maravigliarsi,  Pgp 

12 ,  66.  ^ ,  m. 

Miro  ^  maravislioso ,  pirabile.  Par,  2^ , 
36  ,  ì^,  S3.  30  ,  68.  è  voce  latina. 

Miro  -noia  mira  ,  cioò  ,  canto  mirabile. 
Par.  ik  ,  2fc. 

Mirra  -  lagrima  o  gomma  d' un  albero  che 

nasco  in  AnJ>i|i  »  molto  prezioso.  In. 
24,  111. 

Mirrare  -  ugnerò  con  mirra  che  impedi- 
sce la  cornijKione  ;  e  figuratamente  , 
conservare ,  e  consacrare  air  io^morta- 
lità.  Par.  6»  ^.  V.  il  Varchi  neir  Er- 
colano  ,  a  car^e  190.  Non  mancano  spo- 
sitori  che  spieghino  mirro  per  miro , 
io  grazia  della  rima. 

Miscliio  -  sustantivo ,  per  mescugUo  •  odOr 
scolanza.  Par*  ^ ,  131. 

Mùerere  -  abbi  misericordia  »  principio  del 
salmo  SO,  e  nrendesi  per  tutto  il  sal- 
mo. Pg.  S  ,  w.  Cosi ,  Miser$re  mei , 
abbi  misericordia  di  me.  Par*.  32  ,  12.' 

Miicrere  di  me  -  abbi  compasaionp  di  me. 
In.  1 .  65.  Usarono  i  poeti  toscani  ,  e 
doche  i  prosatori  qual'phe  Yplta  t  di  spar? 


ger  ne*  loro  componimenti  %'oci  laim. 
Il  Petrarca  nella  canzone  alla  Beata  Ver> 
gina  :  Miserare  dun  cor  eonirùo .  «■»- 
'  /e ,  e  nel  sonetto  292-  :  Or  ab  expcrto 
vottr§  frodi  intendo.  Il  Boccaccio  pure, 
nella  novella  di  Martellino  :  Domina . 
fallo  triito.  T.  Sub  Julia. 

Miso  -  messo ,  posto  .  collocato,  io  rima. 
In.  26  .  ih.  Par.  7 .  21. 

Misture  -  per  corpi  misti  ,  formati  dagS 
elementi.  Par.  7^  (25. 

Misuratamente  -  con  misura  ed  ordine. 
Pg.  8,  8^. 

Misurrebbe  -  misurerebbe.  Pg.  10  ,  2^. 

Mi(riare-  mettere  in  capo  la  mitra  ve»c<i- 
vile.  ma  figuratamente  ,  coocadeie  mi- 
periorità.  F^  27 ,  142. 

Mo  -  ora  ,  testé ,  poco  avanti.  Lat.  «««/a. 
In.  10.  21.  23,  7,28.  27,  20.25. 
109.  33  ,  136.  Pg.  8  ,  28.  21  ,  61 
23  ,  56 ,  IH.  Par.  4  ,  32.  7 ,  %. 
12,  82.  J9,  67.  21,  15.  22.  11. 
73.  23  ,  55.  24 ,  U3.  30 .  70. 31.  i8. 

Mobile  primo r cielo  superiore,  chemv^ 
vendosi ,  trae  seco  e  gira  tutte  le  sla> 
fé  ìpreriori  d*oriente  in  occidente,  fi- 
no alio  stesso  punto,  nello  spazio  d'o- 
re ventiquattro  ;  secondo  il  sistema  di 
Tolommeo,  Par.  30 ,  107. 

Modicum  ,  et  non  videbitis  me  ;  et  itenem 
modicum ,  et  inos  videbìiin  me  -  cioè  • 
passerà  un  poco  di  tempo  ,  e  oonini 
vedrete  ;  e  passerà  un  altro  poco  di 
tempo ,  e  voi  mi  vedrete  ,  parole  di 
Gesù  Cristo  nel  Vangelo  dj  s.  Giovaa* 
ni  ,  al  cap.  16.  Pg.  33 ,  10. 

Modo  -  per  condizione ,  foggia ,  qualità. 
In.  28 ,  21.  3t^ ,  50.  por  volontà,  cea- 
no  ,  comando.  Pg.  29 ,  131. 

Modo  -  tenere  alcun  modo  ,  cioè  ,  u^ar  di 
fare  che  che  sia.  \n.  3  ,  3ì. 

Mola  -  macina  da  mulino.  Par.  21  •  81. 
è  voce  latina. 

Mola  -  per  ruota  o  corona  di  persone  che 
danzino.  Par.  12 ,  3, 

Molle  -  per  facile  e  coadiscendeote.  lo. 
19.  86. 

Moncherini  -  estrosità  delle  bracia  ,  ti* 
gliate  via  le  mani.  In.  28  ,  104. 

If  onco  -  senza  mano ,  o  cop  roano  sto^ 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


60<i 


piata,  figaratameote ,  /biW  numeo ,  per 
isvanire,  dileguarsi.  In.  13,  30. 

Jimdt,  cbiama  Dante  i  tre  regni  spiri- 
tuali da  lui  descritti.  Pg.  5 ,  63. 

ìlondigjia  -  feccia  ,  parte  inutile  che  si  le- 
Ta  dalle  cose  le  quali  si  purgano.  In. 

30,  90. 

Mondizia -purità.  Pg.  21,  61. 

Mondo -^^<<o  niondo ,  per  rcmisperio  no- 
stro. Par.  30  ,  2.  per  lo  Purgatorio. 
Pg.  26,  131. 

Mondo  amaro  senza  fine-  i'  Inferno.  Par. 
17 ,  112. 

Mondo  defunto,  chiama  Dante  T Inferno. 
Par.  17  ,  21. 

Mondo  felice  -  per  lo  Cielo  ch'è  Tabitazio- 
ne  de*  beati.  Par.  25 ,  139. 

Mondo  pulcro  -  il  Cielo  ,  il  Paradiso.  In. 
7 ,  58.  ▼.  Fulcro. 

Mondo  senza  gente  •  cioò  ,  disabitato.  In. 
26,  117, 

Moneta  -  figuratamente  ,  per  la  fede.  Par. 
2b,  84. 

Moneta  senza  conio  -  per  indulgenze  fal- 
se e  senza  autorità.  Par.  29  ,  126. 

Monetiere  -  chi  falsifica  la  moneta.  In.  30, 

iìh. 

Mònimento  •  per  sepolcro.  In.  9, 131. 

Monistero  -  monasterio.  Pg.  18  ,  122. 

Montar  per  io  raggio  divino  -  ascendere 
a  contemplar  la  Divinità.  Par.  31,  99. 

MonU  che  $%  leva  ptò  dalConda  ,  chiama 
Dante  il  monte  del  Purgatorio,  ch'egli  fin- 
ge superare  tutti  gli  altri  in  altezza. 
Par.  26 ,  199. 

Monte  del  Purgatorio -Par.  15  ,  93,  17, 
113 ,  137. 

MonH ,  chiama  Dante  gli  apostoli.  Par. 
25,  38. 

Mora  •  nome  ,  per  monte  di  sassi.  Pg. 
3 ,  129. 

Moralità-per  dottrina  morale.  Vg.  18, 69. 

Mordere- per  tormentare  abbruciando.  Pg. 
27  ,  10. 

Mordere  -  Con  quanti  denti  qunto  amor 
ti  morde ,  cioiè  ,  quanti  motivi  à  l'amo- 
re che  t'infiamma.  Par.  26  ,  51. 

Morire  -  muore  U  lembo ,  cioè  ,  termina, 
sparisce  ,  lascia  d' esser  lembo.  Pg* 
*T,  72. 


Morisse  -  per  morissi ,  in  rima.  In.  5  , 
Ul. 

Mormorare  -  per  parlar  coperto  ,  o  fra' 
denti.  Pg.  2h' ,  k7.  per  nominar  sotte 
voce.  Pg.  32  ,  37. 

Morso  -  sustantive  ,  per  istimolo.  Par. 
26,  55. 

Morso  deli'  unghie  •  per  lo  grattare.  Io. 
29 ,  79. 

Morta'- per  mortali.  Pg.  13  ,  ìkk. 

Mortai  -  mortali.  Par.  5  ,  129.  15  ,  k2. 

Mortale -t7  mortale,  sottintendi  »  corpo. 
Pg.  26 ,  60. 

Morta  poesia  -  che  tratta  del  regno  dei 
morti  ;  cioè  ,  dell'  inferno  :  e  perciò 
tetra ,  malinconica  ,  il  Petrarca  nel 
sonetto  16  :  Tacito  vo  ;  che  le  parole 
morte  Farian  pianger  la  gente ,  ovve- 
ro ,  abbandonata  ,  tralasciata  per  lun- 
ghissimo tempo  ;  colpa  de'  Barbari 
che  innondarono  l'Italia  negli  ultimi 
anni  dell'  imperio  romano  ,  e  distrus- 
sero tutte  le  belle  arti ,  ma  la  prima 
spiegazione  ci  sembra  la  vera.  Pg. 
1,  7. 

Morta  scritta  -  cioè  ,  lettere  di  colore  o- 
scuro  e  funebre.  In.  8,  127. 

Morti  veri ,  chiama  Dante  i  dannati*  Pg. 
23  ,  122. 

Mossa  neve  -  cioè ,  neve  caduta  da  cie- 
lo. Pg.  29 ,  126. 

Mosson -mossero.  Pg.  fc,  122. 

Mosterrà  -  mostrerà.  Pg.  1 ,  107. 

Mosterrolti  -  tei  mostrerò.  In.  32,  101. 

Mota -per  mossa  ,  partieipio.  Pg.  23  , 
19.  è  voce  latina. 

Moto  -  participio  ,  per  mosso.  Par.  18 , 
(9.  3A ,  132.  è  voce  latina. 

Moto  che  più  tosto  il  mondo  cigno  -  cioè, 
il    primo    mobile    velocissimo.    Par. 

28,  27. 

Motore -che  muove.  Pg.  25,  70. 
Motori  beati  -  le  intelligenze  che  muovono 

i  cieli.  Par.  2 ,  129. 
Motto  -  per  detto   breve  e  faceto.  Par. 

29,  115.  per  le  parole  semplicemCL- 
te.  Pg.  5 ,  7.  V.  Far  motto* 

Movéo  -  movevano.  In.  18  ,  17.  Zh  , 
51.  Par.  Ik ,  110.  e  simili  termioa- 
aioni  molte. 

77 


610 


DIZIONARIO 


Moveodo-per  movendosi.  Par.  13,  66. 

Moviéno  -  movevano.  Pg.  3  ,  59.  10  , 
81.  29,  59. 

Moviéosi  -  per  movevaosi  •  in  rima.  In. 
12  ,  29.  Par.  18  ,  79. 

Movimento  umano  -  per  malvagia  iocli- 
nazione ,  reo  appetito.  Par.  33,  37. 

Mozzo* -per  disgiunto,  scompagnato. Pg. 
16 ,  15.  per  tolto.  In.  9 ,  95. 

Mucciare  -  per  trafugarsi ,  fuggirsi.  In. 
24  ,  127, 

Muda  *  è  propriamente  quel  luogo  oscuro 
dove  si  rinchiudono    gli  sparvieri    ed 
altri  uccelli  di  rapina  ,  perchè  mutino 
le  penne  ;   ma  Dante   usurpa    questa 
voce  .in  significato  di  prigione»  In.  33, 
22.  £  simile   quel    del  Petrarca   nel 
cap.  ^.  del  Trionfo  d' Amore  : 
In  coli  tenehroML  e  stretta  gabbia 
Rinchiuii  fummo ^  ove  le  pevme  ueate 
Mutai  per  ttmpo  ,  ^  la  mia  prima 
labbia. 

Mulo  -  per  bastardo.  In.  24,  125. 

Mungere  -  munger  la  Una  del  polmone  , 
per  levare  il  respiro,  affannare ,  fiac- 
care. In.  24 ,  43.  Munger  le  lagrime, 
trarre  il  pianto  dagli  occhi.  In.  12  , 
135.  Mungere  per  gli  occhi,  per  ecci» 
tare  a  piagnere.  Pg.  13,  57.  Munger 
via  la  sembianza  per  la  dtt-ta  ,  disfi- 
gurare a  forza  di  soverchio  digiimo. 
Pg.  24.  17. 

Muno  -  dono,  in  rima.  Lat  munue.  Par. 
14.  33. 

Munto  di  che  che  sia  -  per  tolto,  estratto. 
Pur.  21,  87. 

Muovere  -  per  muoversi  di  luogo,  dipar^ 
tirsi,  mettersi  in  cammino.  In.  2,  07. 
18  .  17.  Pg.  10  ,  92.  19 ,  96.  Par. 
7,  7. 

Muovere  il  piede  nel  bene  appreso-cioè, 
avanzarsi  più  e  più  nella  cognizione  del 
bene.  Par.  5,  6. 

Muovere  i  piedi  colla  Chiesa  -  cioè,  sen- 
tire come  sentono  i  Cattolici  ,  essere 
ortodosso.  Par.  6,  22. 

Muover  la  penna -per  dar  materia  e  ca- 
gione di  scrivere.  Par.  19,  116. 

Murare-  fabbricare:  Tempio  Che  si  mu- 
ro di  Signi  t  di  martiri,  chiama  Dan- 


te la  Chiesa  che  fu  stabilita  con  insi- 
gni miracoli,  e  col  sangue  sparso  de' 
martiri.  Par.  18,  123. 

Muro  -  per  coaa  interposta»  che  separi , 
ed  impedisca  il  transito.  Pg.  27,  3C. 
Par.  32 ,  20.  il  Petrarca  parimente , 
nel  sonetto  43.  : 

Tra  la  spiga  elaman  guai  muto  è  wusse! 
cioè  quale  impedimento  ?  quale  osti- 
colo? 

Musare  -  stare  oziosamente  ,  a  guisa  di 
stupido  o  trasognato.  In.  28 ,  43.  v. 
però  il  Varchi  neir  Ercolaoo  ,  a  carte 
67.  deir  edizion  fiorentina. 

Mutamento  -  mutazione.  Pg.  28,  7. 

Mutarsi  in  sé  -  per  voltarsi ,  detto  di 
schiera  che  marci.  Pg.  32,  21. 

Muto  -  nome,  aspettar  le  nottUe  dal  mute, 
cioè  bramare  che  ^i  siano  spiegate 
quelle  cose  che  per  la  loro  sublimiti 
non  si  possono  spiegare.  Par.  10.75. 

Muto  -mute  potenzie^  chiama  Dante  quefie 
deir  anima  vegetativa  e  sensitiva,  do- 
po la  morte  dell'  uomo  ;  che  allora  noi 
si  riducono  all'  atto.  Pg.  25,  82. 

Muto  d*02ni  luce  -cioè,  oscurìssimo,  per 
quella  figura  che  da*  Greci  è  cbiani- 
ta  caiachresis,  cioè  abusione.  Io.  5.  %• 

N 

Nanna  -  voce  della  balie  quando  collao- 
do  t  bambini ,  procurano  d'addoruieo* 
targii.  Pg.  23,  111. 

Nardo  •  pianta  indiana  odorifera,  lo.  U, 
111. 

Nasetto  -  per  uomo  di  picciol  na^.  K 
7,  103. 

Nastro  -  per  continuazione  di  raggio ,  fi- 
guratamente. Par.  15,  22. 

Nasuto  -  ben  fornito  di  naso.  Pft.  7 . 
124.  ^ 

Nato  -  per  figliuolo  ,  alla  maniera  de'Li- 

tini.  In.  4.  59.  10,  111.  Par.». 

142.    e   per  uccellino  di  uido.  hr* 
23,  2. 

Nato  -  per  natio.  In.  22  ,  48. 
Navicare  -  navigare.  In.  21 ,  10.  Pto.  l 

131.  ^ 

Ne  -  particella  riempitiva  o  enclitica  ^ 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


611 


me  dicevano  i  Greci  •  per  le  vene  ta- 
ne ,  cioò ,  va  0  ne  va.  Pg.  25  ,  h2. 
e  cosi  io  altri  luoghi,  v.  il  Varchi  nel- 
rÉrcolano  ,  a  carte  193. 

Nebuloso  -  coverto  di  nebbia ,  caliginoso. 
Lat.  fUbuloeui.  lo.  &,  10. 

Necesse  -  per  necessiti.  Par.  13 ,  98,  99. 
per  necessario.  Par.  3  ,  77.  è  voce  la- 
tioa. 

Necessità  fa  esser  veloce  la  Fortuna  -  di- 
pendendo anche  gli  accidenti  che  pa- 
iono a  noi  fortuiti ,  dalla  indeclinabile 
provvidenza  di  Dio.  In.  7  ,  89.  M. 
rullio  ,  nelle  sue  Quistioni  Accademi- 
che a  M.  Varrone,  scrive  che  gli  an- 
tichi filosofanti  chiamavano  qualche  vol- 
ta Dio  col  nome  di  Necessità  :  Quam 
(  tim  ,  idest  Deum)  interdum  Necessi- 


Neque  nubent  •  e  non  si  aromoglieranno 
detto  di  Gesù  Cristo  nel  Vangelo  di 
8.  Matteo ,  al  capo  22.  vers.  30.  per 
dare  ad  intendere  che  in  Paradiso  non 
vi  saranno  più  né  mariti  né  mosii.  Pc. 
19 ,  137. 

Nequizia  •  malvagità.  Par.  k  ,  69.  15  , 
li^2.  per  desiderio  ingiusto ,  e  discor- 
dante dalla  divina  volontà.  Par.  6, 123. 

Nerbo  -  nervo  ,  o  vigore.  In.  21  ,  36. 

Nerbo  del  viso  -  vigore  o  forza  degli  oc- 
chi. In.  9 .  73. 

Nervi  mal  protesi  -  per  parte  del  corpo 

vergognosa  ,  male  usata,  in.  15,  iìk. 

Cosi  Orazio  »  neir  oda  12.  degli  Epodi: 

Cujus  in  indomito   eonstantiar  injuine 

nervus. 

I    Quatn  nova  collibus  arbor  inhaeret. 


tatem  appellant ,  quia  nihil  aliter  es- 1  Nescio  -  per  ignorante  ,  che  non  sa.  Lat. 


$e  possU ,  atque  ab  ea  constitutum  iU  : 
tnler  quasi  fatalem  et  immutabilemcon' 
tinuationem  ordirne  eempitemi. 
Necessitato  -  per  necessario  ,  ingiunto  di 
necessità  ,  cioè  eoo  obbligo   indispen- 
sabile. Par.  5  ,  k9. 
Ned  -  scrivesi  in  vece  di  né  particella  ne- 
gativa ,  quando  seguita  vocale.  Pg.  k, 
102. 
Ne'  Dei  -  cioè  ,  fra  gli  Del.  Pg.  15 ,  98. 
Necnte  -  niente.  Par.  k  ,  Ik. 
Né  fiamma  non  m' assale  -  questa  doppia 
negativa  maggiormente  niega.  In.  2  . 
93.  Cosi  VirgUio  ,  nell'  egloga  5.  :  Nul- 
la neque  amnem  lÀbavii  quadrupee  , 
nee  graminie  attigit  herbam. 
^*e^ghieoz»  -  pigrizia  ,  trascuraggine ,  o- 

ziositó.  Pg.  k ,  105. 
Negligere  -  trascurare.  Pg.  7 ,  92  ,  è  vo- 
ce latina. 
N»»20  -  mettersi  al  neao ,  disporsi  a  nega- 
re. Pg.  17  .  60. 
Ne  la  -  per  nella  ,  in  rima.  Pg.  17 ,  55. 
Nella  chiesa  Co*  santi ,  e  io  taverna  coi 
ghiottoni  -  maniera  di  proverbio ,  che 
dinota  doversi  T  uomo  savio  accomoda- 
re a'iuo^t  a*  tempi  •  e  alle  circostan- 
ze, lo.  23 ,  U. 
Nella  madre  -  cioò  ,  Dell'  olerò  materno. 

Par.  32 ,  69. 
Ne  la-  per  nello ,  io  rima.  Piar.  11,  IS. 


nescius.  Par.  26 ,  Ik. 

Nicchiarsi  -  dolersi  e   rammaricarsi  con 

voce  sommessa ,  alla  guisa  che  fanno 

le  donno  quando  cominciano  a  sentire 

i  dolori  del  parto.  In.  18 ,  103. 

Nidio  -  nido.  In.  15  ,  78. 

Nido  -  fare  il  nido  ,    per  alloggiare.  Pg. 

20,  131. 
Nido -per  luogo  proprio  d*  anima  beata. 

Par.  18  ,  111. 
Nido  di  Leda -per  lo  segno  de*  Gemini. 
Par.  27 ,   98.  v.  Leda  ,    nella  Parte 
Seconda  delle  Storie. 
Niego  -  far  niego  ,  per  negare.  In.  26  , 

67.  Pg.  25  ,  33.  V.  Nego. 
Niente  -  di  levarsi  era  niente  ,   cioè ,  in 
vano  tentavano  di  levarsL  In.  ^  , 
lb3. 
Nigri  -  per  negri  ,  in  rima.  Pg.  33 ,  HO. 

è  voce  latina. 
Nitido  -  netto ,  purgato.  Lat.  nitidue.  Par. 

3,  11. 
No* -noi.  Pg.  5,  52. 
Nobilita  -  nobiltà.  Par.  7  »  78.  Lat.  tu»- 

bilUas. 
NobiUtate-Dobiltate.  Io.  2,  9. 
Nocchio  -  nodo.  lo.  13  ,  89. 
Noce -per  quella  parte  della  balestra  , 
dove  s*  appicca  la  corda  quaado  si  ca- 
rica. Par.  2  ,  ik. 
Nedo -per  diffieoltà.  Pg.  SI,  55.  Par. 


612 


DIZIONARIO 


28  ,  58.  per  misterio  »  o  visiooe  mi- 
sterìosa.  Pg.  29 ,  133.  per  la  maccbina 
del  mondo.  Par.  33  ,  91. 
Noiare  -  annoiare  ,   rincrescere  »   dispia- 
cere ,  'dar  molestia,   e  a'adopra   col 
terzo  e  col  quarto  caso.  In.  23,  15. 
Pg.  9 .  87.  Par.  9  ,  35 ,  98.  li,  18. 
Noi  vi  dice  -  non  vel  dice.  Par.  14 ,  10. 
Temendo  no  *l  mio  dir  gli  fu$$e  gra- 
ve ,  cioè  ,  che  1  mio  dire  grave  non 
gli  fosse.  In.  3 ,  80.  17  »  76. 
Nomare  -  nominare.  In.  5,  71.  25,42. 
80  ,  101.  Pg.  11 .  55.  21 .  91.  ih  , 
26.  Par.  18 ,  35.  28 ,  132. 
Nomato  -  Dominalo.   In.  23 ,    105.  32  , 

65.  Par.  6  ,  W.  7 ,  133. 
Nome-  Col  nome  che  più  dura  ,  e  più  o- 
nora ,  cioè  ,  eoi  titolo   di  poeta.  Pg. 
21  ,  85. 
Nominanza  -  nome ,    fama.  In.    k  ,  76. 

Pg.  11  .  115. 
Nominare  a  dito  -  cioè  ,   additando.   In. 

5,  68. 
Non  -  particella  soprabbondante.  Ib.  30^, 

2fc. 
Non  altri   il  ti  eiura  -  cioè ,    niuno   tei 

giura.  Par.  2Ì  ,  105. 
Non    buono  -  per  cattivo.  In»  21  ,  99. 
Cosi  Catullo  ,  earm.  XI.  ;  Pàuca  nun- 
tiate  meae  fuellae  Non  bona  dieta,    * 
Non  credi  tu  me  teco  ?  -  cioè  ,  me  esser  | 

teco  ?  Pg.  3  ,  24. 
Non  decimai  quae  iunt  paupentm  Dei  - 
non  le  decime  che  sono  de'  poveri  di 
Dio.  Par.  12 ,  93. 
Non  guardasti  in  li ,  si  fa  partito- cioè, 
appena  guardasti  in  li  ,  eh*  ei  si  partii 
In.  29 ,  30. 
Non  n*  usciresti ,  pria  saresti  lasso  -  sot- 
tintendi ,  che.  Par.  k  ,  93. 
Non  possa  -  in  forza  di  nome  ,  cioè,  di- 
fetto di  potere.  Pg.  5  ,  66. 
Non  poterne  ad  essa  -  sottintendi ,  arri- 
vare. Pg.  11  ,  8. 
Non  puote   esser   senza   gustare  -  cioè , 
non  può  non  gustare  ;  è  forza  che  gu- 
sti. Par.  10  ,  5. 
Non  sarria  ,  che  non  poteaee-  cioè ,  po- 
trebbe; Pg.  7  ,  51.  y 
Non  ,  $i  9$t  don  rriawm  tiodMi  «m  -|  Noi 


cioè ,  non  dimandò  a  Dio  Salomeoe , 
se  convegna  concedersi  o  darsi  che  d 
sia  il  primo  moto  ,  o  pure  se  i  mori- 
menii  procedano  da  una  serie  d*  infiuile 
cagioni.  Par.  13  ,  100. 
Nosco  -  in  compagnia  nostra  ,  dal  Ma» 

nobiicum.  Pg.  22  ,  106. 
Nostra  Donna  -  cioè ,  nostra  Signora  ;  per 

la  Beata  Vergine.  Par.  21  ,  123. 
Nostra  labbia  -  per  aspetto  o  figura  uat- 

na.  In.  25  ,  21. 
Nostrale-  domestico  ,  all'usam  del  no- 
stro paese.  In.  ^ ,  9. 
Nota-  per  accento  r  suono ,  voce ,  grido. 
In.  5 ,  25^  32 ,  36.  per  ricordo  scritto. 
In.  20 ,  104.  32 ,  93. 
Notare  -  per  accennare ,   significare.  f%, 
6  ,  93.  per  cantaro  secondo  lo  noie  inh 
sicali.  Pg.  30,  92. 
Note -per  macchie.  P^.  11 ,  34.  per  pi- 

role  o  rime.  In.  16,  127. 
Note  -  verbo ,  per  noti,  in  rima,  h  M, 

101.  Par.  13  ,  103. 
Noto  di  fama  -  cioè ,  per  fama.  Par.  17, 

138. 
Notricare  •  nutrire.  P^r»  16> ,  78. 
Notte  uUima  -  per  la  fine  dei  mondo.  Ptf. 

7.  112. 
Novella  -  per  ragionamento.  In.  25 ,  38. 
Novellamente  -  per  aggiorni  nostri  •  o  ne- 
gli ultimi  tempi.  Pg.  20  ,  51. 
Noverca  -  madrigna  ,  è  voce  latina.  Par. 
16  ,  59.  qui ,  figuratamente ,  contraria, 
avversa  come  sogliono  essere  le  maAri» 
goe  ai  figliastri. 
Novissimo -per  ultimo,  alla  maniera  deXa> 

tini.  Pg.  30  ,  13. 
Novizia -per  isposa.  Par.  35  ,  105. 
Nozze  -  per  V  eterna  beatitudine.  Par.  90, 

135. 
Nube  -  nuvola.  Lat.  nuòe^.  Par.  12 .  10. 
Nube  di  mortaltti  -  cioè  ,  impedimento  die 
il  corpo  mortale  cagiona  ali*  anima  ioh 
mortale.  Par.  33  ,  31. 
Nuca -la  spinai  midolla  eh'  è  come  un  pro- 
cesso del  cervello,  secondo  i  professori 
di  notomia.  Io.  32 ,  129. 
Nude  parole  -chiare ,  tacili  ad  easere  i^ 
tese.  Pg.  33,  100. 
per  wÀ,  in  rima.  Iiir  9  »  90. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


6ia 


Nulla  -  per  niuoa«  Io.  5  ,  kh. 

Nulla -particella;  Nulla  iarebbe  del  tornar 
mai  iiMo,  cioè ,  non  ritorneresti  mai  di 
sopra.  In.  9,  57.  Sarebbe  nulla  d'ag- 
guagliare ,  cioè  ,  non  potrebbe  in  al- 
cuna maniera.  In.  28  ,  20. 

Nullo  •  per  niuno.  In.  5  ,  103.  7 ,  42,  14, 
65.  31 ,  81.  33  ,  123.  Pg.  8 ,  55.  23  . 
9.  Par.  15  ,  119. 19  ,  89.  24  .  21.  80. 
59.  31,  15,  54.  32, 42,  63.  Lat.  nullue. 

Numi* per  anime  beate.  Par*  13,  31. 

Nuocere  in  altrui  -  cioè  ,  ad  altrui.  In. 
12,  48. 

NuùTte  cose ,  chiama  Dante  le  creatore  , 
avendo  riguardo  all'  eternità  del  Crea- 
tore. Par.  7  ,  72.  In  Daniello  ,  al  7. 
capo  ,  chiamasi  Dio ,  Antiquus  dierum. 

Nuovo -per  disusato  e  strano.  In.  18,  22, 
per  giunto  di  fresco  ,  e  perciò  inesper- 
to ,  mal  pratico.  Pg.  28 ,  76.  per  igno- 
to. Par.  9  ,  22.  per  insolito  ,  maravi- 
glioso.  Pur.  33 ,  136. 

Nuovo  augelletto  -  per  quello  che  non  à 
messe  ancora  le  peone  interamente. 
Pg.  31,  61. 

Nuovo  di  compagnia  -  per  chi  à  dqovo 
compagno.  Io,  23,  71. 

Nuro  -  per  onora  ,  io  rima.  LaL  wurue. 
Par.  26,  93. 


0 

O  -  esc1ama2ionedi  maraviglia.  Pg.  5,  27. 

Obbediendo  -  obbedendo.  Par.  7,  99. 

Obbietto  -  oggetto.  Par.  33,  103. 

Obbietta  comune,  chiama  Dante  il  desi- 
derio di  sapere,  comune  a  tutti  gli  no- 
mini ,  cosi  spiega  il  Vellutello.  Pg. 
29.  47. 

Obblieo  -  obbKquo  ,  contrario  di  retto. 
Par.  10,  ìk.  V.  Zodiaco ,  oella  Parte 
Secooda  delle  Storie. 

Occaso  -  occidente.  Pg.  30,  2. 

Occhi  -  per  vista,  togliere  gli  occhi ,  per 
impedire  il  vedere.  Pg.  15^  145. 

Occhiaia  -  cassa  dell*  occhio  ,  sito  dove 
sta  riposto.  Pg.  23,  31. 

Occhi  del  cielo,  chiama  Dante  Apollo  e 
Diaoa,  cioè  il  iole  e  la  luoa.  Pg.  30. 
132. 


Occhi  della  mente  -  cioè,  l*  intelletto.  Pg. 
33,  126. 

Occhio  *  sovra*!  sol  non  fu  occhio  e'  andas^ 
8^,  cioè ,  che  vedesse  mai  cosa  più  ri- 
splendente del  sole.  Par.  10,  48. 

Occhio  deli*  aquila  -  circooscrilto.  Par. 
20,  31. 

Occupa  -  con*  accento  acuto  sulla  secooda 
sillaba,  in  rima.  Pg.  20.  8. 

Occupare -per  vincere,  Pg.  14,  54. 

Odio  proprio  -  cioè,  di  sé  stesso.  P<r. 
17,  108.  ^ 

Odor  di  lode  -  quasi  sacriGzio  ;  tolta  la 
metafora  dall*  incenso  che  si  abbrucia 
ne'  sacrifizi.  Par.  30,  126. 

Offensa  -  per  colpa  ,    peccalo.   Par.  4  , 

OfTense-per  offese,  participio,  in  rima. 

In.  5,  109. 
Offensione  -  offesa,  danno,  scempio.  In. 

6,  66. 21,  61.  per  peccato.  PJ,^  17, 82. 
Offenso  -  offeso.  Pg.  31  ,  12.  Par.  17  . 

52.  Lat.  offemw. 

Offerer^-  offerire,  sacrificare  ,  dar  culto 
a  Dio.  Par.  5,  50.  13.  140. 

Offerirsi  dinanzi  agli  occhi  -  cioè  ,  pre- 
sentarsi. In.  1,  62. 

Offese  di  ciò  -  peccò  in  ciò.  Pg.  26,  76. 

Offeso  sembiante  -  cioè  ,  cruccioso.  In. 

7,  111. 

Oggimai  -  omai.  In.    34  ,  32.  Pg.  16  , 

127. 
O  lasso -oimè.  Io.  5,  112. 
Olezzare  -  mandar  odore.  Pg.  24 ,  146. 
Olimpo  -  per  lo  Cielo.  Pg.  24,  15. 
Olire  -  mandar   odore.  Lat.    okre.  Pg. 

28,  6. 
Olivo  -  per  segno  di  pace.  Pg.  2 ,  70. 
Oltracotanza  -  per  arroganza  insoffribile. 

In.  9,  93. 
Oltracotato  -  per  arrogante  ,  di  superbia 

intollerabile.  Par.  16,  115. 
Oltraggio -per  eccesso,  avanzamento  fuor 

di  misura.  Par.  33,  57. 
Oltrarsi  -  ioottrarsL  Par.  32 ,  146. 
Oltre  -  cioè  ,  da  uoa  superficie  all'  altra 

opposta.  Par.  2  ,  74. 
Ombra-per  aoima  aemplicemeote,  Pg.  13, 

7,  per  aoima  beata.  Par.  5  ,  107.  per 

anima  daooata  ,  o  demoBio»  Fur.  9 , 


611 


DIZIONARIO 


72.  pe?  immagine.  Par.  1 ,  23.  per  ri- 
paro di  ietto  o  d'imposte.  Par.  ìk,  116» 
Ombra  -  romper  lombra ,  disse  Dante  d'a- 
no che  feri  un  altro  si  fattamente  ,  che 
il  sole  passò  per  l'apertura  della  fidrì- 
ta ,  e  venne  a  cancellare  Tombra  del 
corpo.  In.  32 ,  61.  La  prim^ombra  che 
gittano  i  monii  ^  si  è  quella  della  mat- 
tina verso  la  parte  occidentale.  Pg.  28, 
12.  Terra  che  perde  ombra,  chiama  Dan- 
te quella  eh'  ò  situata  sotto  il  circolo 
equinoziale  ,  dove  non  è  ombra  >  o  al- 
meno picciolissima  ,  perchè  i  raggi  del 
sole  sono  ad  essa  terra  quasi  perpen- 
dicolari. Pg.  30  ,  89. 
Ombra  della  carne  -  per  la  ignoranza  uma- 
na ,  contratta  dal  primo  peccato.  Par. 
19  ,  66. 
Ombra  della  nave  Argo  ,  ammirata  da 

Nettuno  -  Par.  33  ,  96. 
Ombrare  -  per  farsi  paura  di  cosa  vana, 
e  conviene  principalmente  a'  cavalli.  In. 
2,  hS. 
Ombrato  -  adombrato ,  coperto  d'ombra. 

Pg.  30 ,  25. 
Ombrìfero  -  che  fa  ombra.  Lai.  umbrifer. 

Par.  30  ,  78  »  qui  è  metafora: 
O  me  -  oimè  t  in  rima.  In.  28  ,  123. 
Omè  -  oimò  ,  fuor  di  rima.  In.  21  ,  127. 

22  .  91  ,  25 ,  68.  Pg.  19  ,  106. 
Omega  -  l'ultima  lettera  dell'alfabeto  de* 
,  Greci.  Par.  26  ,  17.  v.  Alfa. 
Òmero  -  coll'accento  acuto  sulla  prima  sil- 
laba, spalla.  Lai.  humerue.  in  17  ,  42. 
Pg  ,  16 ,  9. 
Omicide  -  per  omicidi.  In.  11.  37. 
OMO  leggesi  nel  viso  degli  uomini - 
perchè  le  due  tempie  fanno  le  due  gam- 
be laterali  dell'  Jf ,  e  il  naso  quella  di 
mezzo  ;  eli  occhi  poi  fanno  i  due  0. 
Pg.  23  ,  32.  Queste  sono  di  quelle  cose 
che  la  poesia  abborrìsce  ,  non  essen- 
do capaci  d'  alcuno  ornamento,  t.  Ora- 
zio neir  Arte  Poetica ,  al  verso  149. 
Omore  -  per  umore.  In.  30,  53.  cosi  sem- 
pre il  volgarìziator  manuscritto  di  Pal- 
ladio. 
Oncia -per  minimo  spazio  di  cammino  ; 
^oè  ,  quanto  è  lungo  il  dito  grosso  del- 
'  la  mano.  In.  3o  ,  83. 


Onda  -  per  mare.  Par.  26,  139. 

Onde  -  particella ,  per  di  cui.  lu.  2 ,  25« 
32  ,  14.  Pg.  21 ,  2.  in  luogo  di  per 
cui  ,  o  in  cui.  Pg.  25 ,  1.  in  sigiiiB- 
cato  di  perchè.  Pg.  6,  136.  Par,  8, 
55. 

Ondeggiar  del  tanto  rio ,  chiama  Dan- 
te le  parole  di  Beatrice ,  che  aveaoa 
sciolte  le  sue  quistioni  ;  chiamando  poi 
fonie  essa  Beatrice.  Par.  4 .  115. 

Onestato  -  pien  d'onesti.  Pg.  29 ,  f ^. 

Onesto  parlando -cioè ,  onestamente,  gen- 
tilmente. In.  10 ,  23. 

Onranza  -  onoranza  ,  onore ,  riputazione. 
In.  26 ,  6. 

Onrata  impresa  -  cioè  ,  onorata  ,  onesta. 
In.  2 ,  47. 

Onrato  -  onorato ,  degno  d' onore,  le.  4. 
76.  Pg.  8 ,  128. 

Onta  -  ingiuria ,  ali  onta ,  cioè  ,  a  dispet- 
to. In.  32  ,  110. 

Ontoso  -  ingiurioso.  In.  7  ,  33. 

Operare  ogni  arte  -  cioè  .  adoperare ,  «- 
sare  ogni  arte.  Pg.  28 ,  15. 

Opere  a  che  Natura  Non  scaldò  ferro 
mai  ,  né  battè  ancude  -  cioè  ,  i  ntra- 
coli  operati  dalla  divina  onnipotenu . 
che  oltrepassano  le  ristrette  forze  della 
Natura.  Par.  24.  101. 

Opimo  -  abbondevele  ,  fornito  a  doTìzij. 
adorno.  Lat.  opimui.  Par.  18,  33. 
30  .  111. 

Oppilazione  -  per  morbo  caduco ,  o  li- 
tro accidente  che  nasca  da  ragunanza 
d'umori  per  li  quali  vengano  aduppi- 
larsi  e  serrarci  le  vie  d^U  spiriti,  la. 
24,  114.  ^ 

Opposito  -  avverso ,  posto  tlTiocootro. 
Lat.  oppositu$.  Pg.  2  ,  4. 

Oppressura  -  oppressione.  Pg.  6  ,  109. 

Opra  per  fabbrica.  Par.  31  ,  S5. 
Ora  -  nome ,  per  tempo  ,  stagione.  Pg. 
2  ,  93.  Perder  Vora,  cioè  il  tempo, 
r  occasione ,  l' opportunità.  In  13 ,  88. 
Freico  emeraUo  in  T  or»  eh»  at  /toccf. 
cioè,  allora  quando  viene  spezzalo.  Pg. 
7,  75. 
Ora  prima  -  per  le  sei  prime  ore  del  gior 
no,  cosi  ora  seconda^  per  In  sei  fecoflidi. 
Par.  26,  141. 


'  DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


61$ 


Orare  -  per  adorare.  ìu.  19  ,  lli^. 

Oratore  -  per  chi  priega.  Par.  33  «  Ihl. 

Orazione -per  semplice  dimaDda.  Par.  ik, 
22. 

Orbita  -  segno  che  lascia  in  terra  la  ruota 
dei  carro.  Pg.  32 ,  30.  Par.  12 ,  112,  è 
Toce  latina. 

Ordigno  -  per  artifizio  ,  o  cosa  fatta  con 
artifizio.  In.  18 ,  6. 

Orezza  -  per  venticello  ,  auretta.  Pg.  2b, 
ISO. 

Organare  -  organizzare ,  formare  gli  or- 
gani del  corpo  dell'  animale.  Pg.  25  , 
57,  101. 

Organi  del  mondo  ^  chiama  Dante  le  crea- 
ture superiori  ed  inferiori ,  maneggiate 
dalla  divina  provvidenza.  Par.  2,  121. 
A .  il  Salvini ,  a  carte  99.  della  2.  cen- 
turia de*  suoi  Discorsi  Accademici. 

Oriafìamma-  fiamma  d'oro.  Par.  31,  127. 
Sopra  questa  parola  è  da  vedeni  la 
nota  degli  Accademici  della  Crusca. 

Oriente- circonscritto.  Par.  31,  12b. 

Originare  -  dedurre  l' origine.  In.  20 ,  98. 

Orivolo^rumento  che  misura  Y  ore.  Lat. 
horologium.  Par.  24 ,  13. 

Orìzzon  -  in  rima ,  orizzonte.  Pg.  k  ,  70. 

Orizzonta  -  per  orizzonte  ,  in  rima.  In. 
11 .  113.  V.  OrizzonU. 

Orizzonte  -  uno  de*  maggiori  cerchi  della 
sfera  armillare ,  il  quale  separa  Temi- 
sperio  superiore  dall'inferiore,  prenda 
si  ancora  per  quella  circonferenza  che 
termina  d*  ogni  parte  la  nostra  vista. 
Par.  29,  3.  31,  119. 

Orma  -  per  segno  impresso  nella  fantasia. 
Pg.  17 ,  21. 

Orme  -  per  piedi.  In.  23,  105.  Nello  stes- 
sa significato  usarono  di  dire  i  poeti 
latini,  vestigia .  Catullo,  in  quella  ele- 
gia dote  introduce  a  parlare  la  Chio- 
ma di  Berenice ,  divenuta  una  delle 
celesti  costellazioni ,  cosi  dice  : 

Sed  quamquam  me  noete  prtmuni  vesti' 
già  Div4m, 
e  fu  imitato  dal  Sanaszaro  nell'egloga 

*  5,  dell'Arcadia,  dove  piange  la  morte 
d'  Androgeo  : 

E  eoi  vestigi  janti 
Calchi  U  stelk  sminli. 


Orranza  -  onoranza,  onore,  in  4-  ,  74>. 

Orrevole  -  onorevole*  magnifico,  splendi^ 
do.  In.  4,  72.  Pg.  22,  U3. 

Orribil  -  per  orribili.  Pg.  3,  121. 

Orsatto  -  orsacchio ,  picciolo  orso.  Lat. 
ursae  cattdus.  In.  19,  71. 

Ortica  -  r  ortica  dd  pentere  ,  cioè  .  lo 
stimolo  del  pentimento.  Pg.  31,  85. 

Ortp  •*  per  oriente.  Pg.  30,  2,  per  nasci^ 
mento  d'uomo.  Par.  li,  55. 

Orto  cattolico  -  cioè,  la  sunta  chiesa  cat^* 
tolica.  Par.  12,  104. 

Orto  dell'  Ortolano  eterno  «  per  l' univer^ 
so.  Par.  26,  64. 

Ortolano  etemo  "  Iddio,  stando  sulla  me- 
Ufora  dell'  orto.  Par.  26,  65. 

Orza  -  quella  corda  che  si  lega  nel  capo 
dell'  antenna  del  navilio ,  da  man  sini« 
stra  ,  da  orza  ,  da  man  sinistra.  Pg, 
31,  117.  V.  Pòggia. 

0  sanguis  meus  ,  o  super  infusa  Gra» 
tia  Dei  !  sicìU  tibi  ,  cui  Bis  unquam 
Coeli  janua  reelusa  !  -  cioè  :  0  sangue 
mio,  0  grazia  di  Dio  sopra  infusa  !  a 
chi  mai  fu  due  volte  disserrata  la  por- 
ta del  Cielo,  siccome  a  te?  Parole  di 
messer  Cacciaguida  al  nostro  Poeta. 
Par.  15.  28. 

Osanna  -  parola  ebraica,  che  significa  fa 
salvi.  Pg.  11,  11. 29,  51.  Par.  8,29. 
28,  118.  32,  135. 

Osannare  -  cantare  osanna.  Par.  28,  94. 

Osanna^  sanctus  Deus  sabaoth.  Superillu* 
strani  daritate  tua,  Felices  ignes  horum 
malaòth  :  cioè  :  Salva  ,  ti  prego  ,  o 
santo  Dio  degli  eserciti,  illustrando  di 
sopra  colla  tua  chiarezza,  i  felici  fuo- 
chi, cioè  i  beati  spiriti  di  questi  re^ 
eni.  Par.  7,  1. 

Osbergo- usbergo,  corazza.  In.  28  ^.  117. 

Oscuro  -  posto  avverbialmente,  essere  no^  . 
malo  oscuro,  cioè,  io  maniera dispre-» 
gevole.  In.  30,  101. 

Oso  -  per  audace,  superbo.  Pg.  11,  126. 
Par.  14,  130. 

Ospizio  -  per  palagio,  corte  di  gran  prin- 
cipe. In.  13,64. 

Ossame-gran  mucchi  d*  ossa.  In.  28,  15. 

Ostanlp  -  per  cosa  che  osti,  e  impedisca 
a  vedere.  Par.  31,  24. 


C26 


DIZIONARIO 


Ostello  -  alber^^o,  magione.  Pg.  6  ,  76. 
Par.  15,  132.  21,  129,  per  lo  corpo 
umano  ,  albergo  deir  aoìma.  Par.  6  , 
129. 

Otta  «nome,  ora.  In.  21,  112. 

Ottuso  -  rintuzzato  opposto  d*  acutOi  per 
poco  ingegnoso.  Par.  2&>,  96. 

Ottuso  •  due  angoli  ottusi ,  cioè  maggiori 
deir  angolo  retto,  non  possono  stare  in 
un  triangolo.  Par.  17,  15. 

Ov'  è  più  bello  Tacer  ,  che  dire  -  inten- 
de il  Poeta  le  membra  spettanti  alla 
generazione ,  che  onestamente  non  si 
possono  nominare  col  proprio  lor  no- 
me. Pg.  25  ,  43. 

Ove  s*  appunta  ogni  ubi  e  ogni  quando- 
cioè ,  Iddio ,  il  quale  tuttoché  sia  im- 
menso ed  eterno  ,  è  nondimeno  il  fon- 
te d' ogni  luogo  e  d'  ogni  tempo.  Par. 
29,  12. 

Ovra-  opera ,  azione.  In.  13  ,  51.  16 , 
59.  Par.  2 ,  27.  7  ,  106.  per  fabbri- 
ca. Par.  26  ,  125.  per  mezzo ,  forza, 
virtù.  Pg.  30  ,  109. 

Ovrare  -  operare.  Pg.  25,55.27,  108. 


PaciGcato  -  per  riconciliato.   Pg.  5  ,  56. 

J^dre  ,  vien  chiamato  Apollo  dal  Poeta 
nostro  ,  alla  foggia  de*  Latini.  Par.  1, 
28. 

Padre  maggior  di  famiglia  -  cioè.  Adamo, 
Par.  32 ,  136.  v.  Maggiore. 

Paese  •  Del  bel  paese  là  dove  7  si  suona. 
cioè  ,  r  Italia  dove  per  affermare  si 
usa  la  particella  «i ,  a  differenza  d*  al- 
tre napsioni.  In.  33.  80. 

Paese  sincero ,  chiama  Dante  i  cieli.  Par- 
7,  130. 

Paganesmo  -  Paganesimo ,  profana  religio* 
ne  de*  Pagani.  Par.  20 ,  125. 

Pdgha-metaforicamente,  per  dubbio.  Par. 
13,  34. 

Pai -palo.  In.  19,  47. 

PaU  -  per  uno  degli  strumenti  del  muli- 
no ;  cosi  detto  dalla  forma.  In.  23 ,  48. 

Paladino  .  chiama  Dante  a.  Domenico  ; 
cioè  «  forte  campione  della  chiesa  cat- 
tolica. Par.  12 ,  142, 


Palafreno-  cavallo.  Par.  21  .  138. 

Palèo-strumento  col  quale  giuocano  i  fan- 
ciulli ,  facendolo  girare  con  una  sfer- 
za. Par.  18,  42, 

Le  Palle  dell'  oro  -  insegna  forse  di  timi- 
glia  nobile  fiorentina.  Par.  16  ,  110. 
I  cementatori  passano  questo  luogo 
sotto  silenzio. 

Palma  -  per  segno  di  vittoria.  Par.  9 , 
121. 

Palma  -  Le  palme  ,  cioè  le  mani,  del  Sal- 
vatore ,  conficcate  alla  croce ,  otten- 
nero la  gran  vittoria  sopra  'I  Demonio 
e  1  peccato.  Par.  9  .  123. 

Palude  -  in  genere  mascolino.  Pg.  S  ,  8S« 
Par.  9,  46. 

Pana  o  pania  *  per  pegola ,  pece*  Io.  21. 
124. 

Pandere  -  manifestare.  Par.  15  »  63.  25, 
20.  è  voce  latina. 

Pane  -  per  li  sacramenti  di  chiesa  saota, 
Par.  18 ,  129. 

Pane  degli  angeli  -  per  la  contomplasioas 
delle  cose  divine  ,  Par.  2  ,  11, 

Panno  •  venire  a*  panni ,  per  camminari 
appresso  chi  che  sia.  In.  15 ,  40. 

Pape  -  voce  latina  ,  significaute  ammira- 
zione. In.  7  .  1. 

Papiro  -  per  carta  ;  cosi  detta  ,  perchè  an- 
ticamente si  faceva  d'  una  pianta  ed- 
ziana  del  medesimo  nome.  In.  25 ,  &. 

Pappo-  voce  puerile  ,  che  significa  ftiis* 
Pg.  11  ,  105. 

Par  -  in  luogo  di  pari ,  verbo.  Pg.  24, 40. 

Paralleli  archi  -  cioè ,  egualmente  distanti 
in  ogni  lor  punto.  Par.  12,  11. 

Parcere  -  perdonare  ,  rispiarmare.  Par. 
23 ,  69.  è  voce  latina. 

Parco  air  andar  su -cioè ,  pigro.  Pg.  11, 
45. 

Paro  -  nome  ,  in  rima  .  per  pari.  Par.  13, 
89. 

Parecchio  -  per  pari ,  simile.  Pg.  15  ,  18. 
è  voce  disusata. 

Pareggiare -per  agguagliare.  Par.  21,90. 

Pareggiare  i  suoi  passi  con  quelli  d'al- 
cun altro-Pg.  17  ,  IO. 

Pareggiarsi  -  accordarsi ,  convenirsi ,  ag- 
guagliarsi. In.  23  ,  7. 

ParegUo -«  que*  raggi  cbo  si  regiooo  iM^ 


DELLE  PAROLE  E  i  liASL 


617 


DO  0  \iciiio  a)  sole,  per  li  quali  ci 
sembra  talvolta  d  veder  più  soli ,  dal 
greco  parélios.  Par.  26,  107,  108.  So- 
pra questa  voce  ,  nel  significato  che 
Dante  la  prende ,  ò  da  vedere  la  nota 
degli  Accademici  della  Crusca. 

Parémi-pareami.  Pg.  20,  148. 

Parén  -  parevano.  In.  19  ,  16.  Pg.  7, 
84..  12  ,  67.  19 ,  46.  20  ,  30. 

Parente  -  per  genitore  e  genitrice.  Lat. 
parens.  In.  1 ,  68.  2 ,  13.  4  ,  55.  Par. 
32 ,  78.  Cosi  il  Petrarca  ndla  canto- 
ne ,  Italia  mia  : 

Non  è  questa  la  patria  in  ch*io  mi  fido^ 
Che  copre  luno  e  Valtrxf  mio  parente  l 

Parenti  primi -cioè,  Adamo  ed  Eva  ,  pri- 
mi autori  dell'umao  genere.  Par.  7, 
148. 

Parere  -  verbo ,  per  apparire ,  darsi  a  ve- 
dere. In.  18.  117.  26,33.28,  «6. 
29  ,  42.  33  ,  134.  Pg.  7  ,  84.  16  . 
144.  21 ,  49  22, 12.  24,  103.  Par. 
5  ,  25.  9  ,  135.  13  ,  75.  17  ,  83.  18. 
87.  19  .  1.  21 ,  33.  30,  6.  e  in  altri 
luoghi  :  per  essere  illustre.  Par.  17 , 
142. 

Parersi -per  apparire,  vedersi.  Pg.  13. 
7.  Par.  26 ,  98.  Qui  $i  parrà  la  tua 
nobilitate;  cioè  ,  qui  sì  darà  a  conosce- 
re. In.  2 .  9. 

Parete  -  mascolino.  Pg.  19,  48. 

Parete-per  balzo  di  montagna.  Pg.  3,  99. 

Parete  -  aver  parete  di  non  calere ,  cioè, 
avere  tal  non  curanza  d'altri  oggetti, 
che  r  attenzione  resti  assorta  tutta  in 
un  solo.  Pg«  32,  4. 

Pargoleggiare -far  atti  da  bambino.  Pg. 
16 ,  87. 

Pargoletta  -  per  oovinetta ,  di  cui  altri  sia 
innamorato.  Pg.  31  ,  59. 

Pari  di  lei-cioè.  a  paro  con  lei.  Pg.  29,  8. 

Parlari  •  per  parole.  Par.  9 ,  63. 

Parlasia  -  risoluzione  di  nervi ,  che  ca- 
giona storcimento  d*  alcuna  parte  del 
corpo ,  dal  greco  pardlusis.  In.  20 ,  16. 

Parlumi  -  con  una  sola  m  ,  in  grazia  della 
rima.  Pg.  14  ,  76. 

Parola  integra  -  cioè>  bene  espressa  ,  ben 
formata.  In.  7 ,  126. 

Parole  sciolte -cioè,  slegate  dal  metro,  I 


com*  è  la  prosa.  In.  28 ,  1. 

.Parrà  -  parerà.  In.  2  ,  9. 

Parrieno  -  parrebbero.  Pg.  28  ,  29. 

Parroffia-per  parte  e  coadunazione  di  che 
che  sia.  Par.  28 ,  84.  è  voce  disusata. 

Parte  ove  'l  mondo  è  più  vivo  ,  chiama 
Dante  1*  oriente  donde  cominciano  i  ri- 
volgimenti delle  sfere  celesti.  Altri  in- 
tendono la  parte  equinoziale.  Par.  5, 87. 

Parte  -  quella  parte  che  su  si  rammenta, 
cioè  ,  r  Ariete  ,  il  primo  de'  segni  dei- 
Io  zodiaco  ;  col  quale  il  sole  era  con- 
giunto Quando  il  nostro  Poeta  intrapre- 
se il  suo  viaggio  per  li  tre  mondi.  Par. 
10,  31. 

Parte  -  per  fazione.  In.  27  ,  51.  Fani 
parte  per  sé  stesso ,  cioè  ,  allontanarsi 
dalle  fazioni ,  e  vivere  a  sé  e  da  sé. 
Par.  17  ,  69. 

Parteggiare  -  prender  parte  ,  entrare  in 
fazione.  Pg.  6  ,  126. 

Partine  -  per  parli ,  in  rima.  Pg.  4.  24. 

Parilo  -  parti .  in  rima.  In.  27.  131. 

Partire  -  per  separare .  disgiugnere.  Par. 
32,  150.  per  diitribuire ,  compartire. 
Par.  2.  116. 

Partito  -  participio  .  diviso  ,  separato.  In. 
28  ,  140.  Pg.  19  .  112. 

Partito  -  per  allontannto.  Par.  27  .  87. 

Partito  -  per  diviso  in  due  fazioni.  In. 
6,  61. 

Parturie  -  partorì  ,  in  rima.  Pg.  23^  12. 

Parturire  -  partorire.  Pg.  20  ,  132. 

Parve  -  per  apparve.  In.  10  ,  72. 

Parvemi  tre  giri  -  sottintendi ,  di  vedere, 
ovvero ,  m'  apparvero  tre  giri  ,  il  sin- 
golare per  lo  plurale.  Par.  33  ,  116. 

Parvente-  per  visibile ,  c'apparisce.  Par. 
10 ,  42.  17 .  36.  19  .  57.  21  .  18. 
24 .  65.  //  cielo  si  rifa  parvente  Per  molle 
luci ,  cioè ,  il  cielo  che  di  giorno  si 
vede  coli' unica  luce  del  sole,  venuta 
la  sera  ,  torna  a  vedersi  col  mezzo  di 
molte  stelle.  Par.  20  ,  5. 

Parvenza  -  apparenza  ,  veduta.  Par.  14, 
54.  23.  116.  24,  71.  28,  74.  30. 
106.  33 .  113. 

Parvenze  -  per  le  stelle  che  appariscono 
di  prima  sera.  Par.  14 ,  71.  Similmen- 
te i  Greci  dicono  id  faisiómma. 

78 


C18 


DIZIONARIO 


Parto  -  picciolo.  Lat.  partus.  Pg,  15  , 
129.  Par.  k  .  138.  19  ,  135. 

Parvolo  -  fanciulUno  ,  bambino.  Pg,  7  , 
31.  Par.  2-2 ,  2.  Lai.  parmlus. 

Paruta  -  apparenza  ,  sembianza.  Pg.  25. 
100:  26 ,  70.  29  ,  lk2. 

Pasciuto  dì  vento  -  cioè  ,  di  cose  inutili 
e  di  nluna  sostanza.  Par.  29 ,  107. 

Pasco  -  pascolo  ,  ma  figuratamente,  chie- 
sa ,  0  benefìzio  ecclesiastico.  Par.  27, 

56. 
Passeggiar  anzi  -  per  fare  all'amore  ;  pas- 
sando sovente  i  vagheggini  dayanti  al- 
le case  delle  innamorate  loro.  Pg.  31, 

30. 

Passeggiare  colla  vista  -  discorrer  coir  ce- 
duo d*una  in  altra  cosa.  Par.  31,  46. 

Passeggiati  marmi  -  cioè  ,  sopra  i  quali 
si  è  passeggiato.  In.  17 ,  6. 

Passion  -  di  due  sillabe.  Pg.  21  ,  107. 

Passo  -  per  colui  che  à  patito.  Lat.  pas- 
tus.  Par.  20  .  105. 

Passuro  -  chi  dee  una  ^volta  patire.  Lat. 
passurut.  Par.  20  ,  105. 

Pasti  -  per  esempi  di  virtù  ,  co*  quali  si 
pasce  la  mente  ;  dicono  gli  espositori: 
ma  noi  intendiamo  ,  figuratamente  ,  la 
dieta  prescritta  dal  medico  a  chi  sia 
ferito,  per  guarir  della  piaga.  Pg.25, 

138. 
Pesto  -  per  pasciuto.  Lat.  pa$tus.  Far. 

19,  93. 

Pastura  -  pascolo.  Pg.  2  ,  125.  U,  42. 
Par.  18,  74.  21,  19. 

Pasturalo  -  per  pastorale ,  baston  vesco- 
vile. Pg.  16,  110. 

Pasturare  -  figuratamente ,  per  tener  cu- 
ra d' anime.  Pg.  24  ,  30. 

Pasture  da  pigliar  occhi  -  cioè  ,  cose  bel- 
le che  traggono  a  sé  gli  occhi ,  come 
rcsca  gli  uccelli.  Par.  27.  91. 

Paté  -  per  patisce.  Par.  4 ,  73.  20.  31 . 
94. 

Paternostro  -  fare  ad  alcuno  un  dir  di 
paternostro ,  cioè ,  recitarlo  in  su/Tra- 
gio  dell*  anima  di  quel  tale.  J*g.  26  , 
130. 

Patio  "  pati  »  sofferse  ,  sostenne  ,  in  ri- 
ma. Par.  2,  38.  20.  81. 

PdLti-«-p«r  padre»  iarima.  In*  19,117, 


Patricida  -  per  chiunque  amoiazza  perso- 
na a  so  congiunta  di  sangue.  Pg.  SO, 
104. 

Patrici  delt  imperio  giusiissimo  ,  chiama 
Dante  i  santi  e  i  beati.  Par.  32,  116. 

Patteggiato  -  di  cui  si  è  tenuto  patto,  ti 
è  convenuto.  In.  21 ,  95. 

Pavento  -  nome  ,  spavento  ,  gran  timo- 
re. In.  23  ,  22. 

Pauroso  -  per  terrìbile  e  spaventoso,  la. 
2 ,  90.  Cosi  tra^Latini  Orazio  nell'  o- 
da  5.  de*  suoi  eiK>di:  Formidolasae  dum 
laient  $ilvis  ferule ,  cioè ,  le  bestie  sal- 
vatiche  che  mettono  altrui  paura. 

Pausare  -  posare ,  tranquillarsi.  Par.  32, 
61. 

Pecca  -  colpa  ,  peccato.  Io.  32 ,  137. 34, 
115.  Pg.  22  ,  47. 

Peccata  -  peccati.  In.  5  ,  9*  Pg.  16,18. 
Par.  17  ,  33.  22 ,  108.  è  voce  Uti- 
na  ;  dicesi  però  in  Italiano  a  quella 
foggia  che  si  dice  carra  ,  iacea .  fh 
ia  ,  ginocchia  ,  membra  ed  altre  5iaiili\ 
voci  ;  per  carri  ^  $aechi ,  fiui ,  jràor- 
chi ,  membri  ec. 

Peccatrice  -  per  femmina  di  mondo,  m^ 
retrìce.  In.  14 ,  80. 

Peculio  -  per  mandra  ,  greg^  ,  bestiamf . 
Pg.  27 ,  83.  Par.  11 ,  124. 

Pedagogo  -  per  guida  ,  conduttore.  Lat. 
paedagogw.  Pg.  12  ,  3. 

Pede$  meo*  -  i  miei  piedi ,  nel  quarto  ca- 
so .  cosi  termina  il  versetto  9  del  sal- 
mo 30  ,  che  principia:. in  tt ,  Domi- 
ne ,  sperati*  Pg.  30  ,  64. 

Pelago -per  larghezza  d*  acque.  Pg.  Il, 
52.  Lat.  pelagus. 

Pelle  scoverta  -  cioè ,  liscia  ,  senza  |^ 
lo ,  di  essa  vestivansi  anticameote  g^ 
uomini  savi  e  d'animo  nioderatiK  Par* 
15,  116. 

Pellegrina  dalla  carne- sciolta  dalia  pai- 
sioni  corporee.  Pg.  9  ,  16. 

Pellicano  -  uccello  in  Egitto  ,  che  di  vili 
col  proprio  sangue  a*  figliuoli  morti . 
secondo  alcuni ,  con  questo  nome  chit* 
ma  Dante  il  Redentor  nostro.  Par.  A 
113. 

Pelo  -  per  cosa  ruvida  ,  cho  oOcnda  ^ 
occhi.  Pg.  16,  6. 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


619 


Pelo  •  figuratamente  ,  per  età.   Par.  9  , 1  Pcnsc  -  per  pensi,  in  rima.  In.  5  ,  HI. 
99»  Pensieri  chinati  e  acemi  -  per   orgoglio 

fiaccato  e  depresso.  Pg.  12,  9. 


Peltro  •  per  ogni  metallo  ;  e  conseguen- 
temente ,  per  la  pecunia.  Questi  non 
ciberà  iena  né  peltro  ,  Ma  sapienza  , 
cioè ,  questi  non  appagherà  il  suo  ap- 
petito coi  possedere  molto   paese ,  e 
gran  tesoro  ;  ma  colla  sapienza  ec.  In. 
1  ,  103.  11   Petrarca  parimente   con- 
giunse queste  due  cose  nel  Trionfo  del- 
la Divinità:  Che  vi  fa  ir  superbi ,  oro 
§  terreno  ;  e  fra'  Latini  Orazio  ,  nell* 
Arte  Poetica  al  verso  421.  :  Vives  a- 
grii  ,  dives  positis  infoenore  nummis. 
Alla  stessa  guisa  che  Dante  disse  pel- 
tro per  danaro ,  dicevano  i  Latini  aes; 
e  i  Greci  àrgurios^  imitati  oggidì  dai 
Francesi  che  in  questo  signihcato  di- 
éono  argeni. 
Pendice  -  rupe,  fianco  di  monte,  o  spon- 
da. In.  ìk,  82.  Pg.  23,  132. 
Penetra  •  coli*  accento  acuto  sulla  seconda 
sillaba,  in  grazia  della  rima.  Par.  20  , 
"ìk.  cosi  penéhi.  Par.  32 ,  IW. 
Penetri  -  in  rima.  Par.  32 ,  IM.  v.  A- 

nétra. 
Penitenza  -per  supplicio,  gastigodel  fallo. 

In.  11.  87. 
Penne  -  figuratamente ,  per  intelletto.  Par. 

33,  139. 
Penne  innocenti  -  detto  figuratamente,  per 
r  ali  della  innocenza,  colle  quali  si  vola 
al  Cielo.  Par.  32,  80.  Altri  spiegano 
altrimenti. 
Penne  maschili  -  per  membra,  dice  il  Vo* 
eabolario  della  Crusca.  In.  SO  ,  45. 
Volle  forse  Dante  esprimere  la   ruvi- 


Pensieri  vani  -  stupidi  è  ottusi  ;  chiamati 
dal  nostro  Poeta,  per  enigma  ,  acqua 
dElsa.  Pg.  83,  68.  v.  Elsa,  nella  Parte 
seconda  delle  Storie. 

Pentémi  •  mi  pentei  o  pentii.  Pg.  22,  hk. 

Pentendo-per  pentendosi.  Pg.  3,  55. 

Pentere  -  pentirsi.  In.  27  ,  119. 

Pentere  -  in  forza  di  nome ,  il  pentirsi, 
il  pentimento.  Pg.  17 ,  132.  22 ,  h». 
31,  85. 

Penluto  -  pentito.  In.  26,  83.  C(Apa  pen- 
tuta,  cioè,  cancellata  colla  penitenza. 
In.  14,  138. 

Per  -  mantovani  per  patria,  cioè,  di  pa- 
tria. In.  1.  69.  Non  vuoi  che*n  sua 
città  per  me  si  vegna,  cioè,  che  io  ven- 
ga in  sua  città.  In.  1,  126.  P^r  crea- 
tura, cioè,  da  creatura.  Par.  33,  45. 
Pregar  per  pace ,  cioè ,  di  pace.  Pg. 
16,  17. 

Ver -per  circoncidere  ,  cioè  ,  per  mezzo 
della  circoncisione.  Par.  32  ,  81.  Pmt 
sonare,  cioè ,  perchè  suoni.  Par.  33  , 
74.  Per  tornare ,  cioè  ,  perchè  torni. 
Par.  33,  73.  Per  trionfare  o  Cesare  o 
poeta,  acciocché  trionfi  o  cesare  o  poe- 
ta. Par.  1,  29.  r 
Per  acche  -  tornare  per  ancM.cìót^  per 
pigliarne  altri.  In.  21,  39!HL'  Ariosto 
parimente,  in  fine  del  canto  34  : 
Pùrtarne  via  wm  si  tedea  mai  stanco 
Un  vecchio^  e  ritcmar  tempre  per  unco. 
Per  ben  dolermi -cioè,  perch'io  mi  son 

ben  dcAuto.  Pg.  26,  93. 
Perchè  -  in  vece  di  benché.  In.  32,  100. 


dezza  del  pelo  e  della  barba  ;  più  prò* 

pria  deiruomo  ,  che  della  donna,  v.l     1%  8,  131.  Par.  20.  53  ,  122.  e  in 

Piume.  altri  luoghi  molto  frequentemente. 


Pennecchio  -  quella  quantità  di  lino  o  di 

lana,  che  si  mette  in  sulla  conocchia; 

per  filarla.  Par.  15,  117. 
Penneìleggiarc  -  lavorar  col  pennello»  di» 

pignere,  miniare.  Pg.  11,  88. 
Pennuto  -  per  uccello  già   cresckrto ,   e 

che  abbia  messe  tutte  le  penne.  Pgi 

31,  61 
Pennuto  in  ali  diversamente  -  per  disc* 

guaio,  e  d'attività  diversa.  Par.  15, 81, 


Perchè  -  in  vece    di  per    la  qual   cosa. 

Lat.  quamobrem ,  quapropier.  In.  2  , 

41.  7,  63.  82.  Pg.  22,  153.  Par.  16. 

21 .  17,  «5.  29 ,  99.  e  in  molti  altri 

luoghi. 
Perchè  -  in  forza    di  nome  ,    lo  perchè 

primo,  la  prima  cagione.  Pg.  8  ,  69. 
Percuotere  -  quella  parte  Dove  t  un  moto 

ali*  altro  si  percuote,  cioè,  f  equatore  , 

0  circolo  equinoziale,  uno*  de'ùiaggiori 


C20 


DIZIONARIO 


circoli  della  sfera  armillare  ,  che  la 
divide  in  due  parti  eguali ,  aettentrìo- 
nale  e  meridionale  ;  nel  quale  si  fa  la 
.maggior  ripercussione  di  due  contrari 
moti  :  di  quello  del  primo  mobile  che 
nello  spazio  d*  ore  ventiquattro  volge- 
si  tutto  d*  oriente  in  occidente ,  e  di 
quello  del  sole  e  degli  altri  pianeti  j 
che  di  corso  lor  proprio,  in  differenti 
spazi  di  tempo  volgousi  d*  occidente  in 
oriente,  e  tutto  ciò  secondo  il  sistema 
di  Tolommeo ,  comunemente  abbrac- 
ciato ne*  tempi  di  Dante.  Par.  10,  9. 
Perde'  -  perdetti.  In.  13,  63. 
Perdere  di   speranza  -  per  farla  perdere 

altrui.  Pg.  13,  152. 
Pcrdési- coir  accento  acuto  sulla  seconda 
sillaba,  in  gcazia  della  rima,  cioè  ,  si 
}>erdette ,  ovvero  ,  si  perde.  Pg.  19, 
122. 
Perdesi  operare  -  cioè  ,  guastasi  il  valo- 
re deir  opere.  Pg.  19.  122. 
Perdonanza-  per    indulgenza.   Par.  29  , 

120. 
Perdonare  -  per   rispiarmare ,   e  render 

esente.  In.  5,  103. 
Perdono  -  per  indulgenza   concessa   dal 
sommo  pontefice  a  chi  visita  chiese. 
Pg.  13,  62. 
Perduto -per  trasformato.  In.  25,  72. 
Perentro  -  dentro.  Pg.  22,  HO.  26,  34. 

27,  64.  31,  22.  Par.  23.  94. 
Perfetto  -  in  vece  di  perfezionato.  Par. 

8,  Hi.  Lat.  perfectui. 
Pergamo  -  pulpito ,  luogo  dove  si  predi- 
ca. Par.  29,  105. 
Pericle  -  cioè ,  pericolo  ,  in  rima.  Lat. 
peridum.  Ptriclo  del   mondo ,  chiama 
Dante  que*  tempi  infelici ,  ne'  quali  si 
adoravano  gli  Dei  falsi  e  bugiardi.  Par. 
8,  1. 
Per'  indi  -  per  quel  luogo.  In.  9, 75.  Pc. 

32.  124. 
Per  iscritto  parea  beato  •  quasi  la  sua 
beatitudine  si  leggesse  scritta  nel  suo 
volto.  Pg.  2,  44. 
Perizoma  -  voce  greca,  perizoma,  propria- 
mente, veste  che  ricuopre  le  parti  ver- 
gognose. In.  31  •  61.  ma  qui  per  si- 
militudine. 


Per  lui  gissi  -  cioè  ,  egli  aodò.  |q.  26 , 

84.  V.  sopra,.  JRsr. 
Permanere  -  cioè,  rimanere,  dorare.  P^r 

2,  36.  27,  31.  è  voce  latina. 
Per  me -cioè,  da  me.  In.  4,  79.Ar«r 

H  Stette  di  là  ,    cioè  ,  io  stetti  di  ii 

Pg.  22,  85. 
Permutanza  -  permutazione.  Par.  5,  58. 
Permutazioni  -  per  vicende.  In.  7,  88. 
Per  narrar  più  volte  -  ancorach'  io  le  nar- 
rassi più  volte.  In.  28j  3. 
Pernottare -consumar  la  notte.  Lat.  0«r- 

noctare.  Pg.  27  »  83. 
Però  -  in  luogo  di  per  questa  cagione. 

In.  19 ,    68.    Pg.  6  .  24.   e  in  altri 

luoghi. 

Perocché  -  in  vece  di  perchè  ,  acciocché. 
Par.  11,  31. 

Perpetualemente  -  perpetaamente.  Par 

28 ,  118. 
Per  poco-  cioè,  da  poco  tempo  in  qui. 

In.  16,  71.  per  facilmente,    di  leg- 
gieri. Pg.  25  ,  120. 
Per  poco  è  -  poco  manca.  In.  30 ,  133, 
Per  punta  -  Pg.  Hi ,  2.  v.  PutUa. 
Perse  -  verbo  ,  cioè .  perdette  ,  in  iwm. 

Par.  3,  125.  8,  126. 
Perseguette  -  perseguitò  ,   in  rima.  h. 

22 ,  83.  ' 

Perseguir  suo  regno  -  cioè  ,    continuare 

il  suo  dominio ,  e   T  esercizio   dì  sua 

giurisdizione.  In.  7  »  86. 
Persevra  -  persevera  ,  contìnua,  io  linia. 

Par.  16,  11. 
Perso  -  nome  •  è  un  colore  misto  di  pur- 
pureo e  di  nero  ;  ma  vince    il  nen. 

In.  5  .  89.  7 ,  103.  Pg.  9  ,  97.  P^. 

3.  12. 
Persona  -  per  corpo.  In.  6  ,  36.  Pk.  1 

110.  3:  118.  * 

Per  taglio -Pg.  31  .  3.  v.  Taglio. 
Pertrattare  -  disputare.  Lat.  ptrtraeUn. 

In.  11  ,  80. 
Pertrattato  nodo -cioè,  misterìo  di  ciìfl 

è  ragionato.  Pg.  29 ,  133. 

Pertugiare- foracchiare,  aprire.  Io.tt, 
23. 

Pertugio  -  buco  ,  picciola  apertura,  la. 
24.93.  34,  138.  Pg.  iS;  IH.I^ 
tuffio  della  eampogtMt  buco  dotocili 


D£LLH  PAROLE  E  FiUSl. 


621 


dita  del  sonatore  ^if  ne  a  darsi  forma 
al  suono.  Par.  20  ,  23. 

Ptr  verba  -  con  parole  ,  sono  voci  lati- 
ne. Par.  1 ,  70. 

Pen'erso  -  pessimo.  In.  5  ,  93.  per  tra- 
sGgurato.  In.  25 ,  77. 

Pesare  -  per  dolere.  In.  13  ,  51.  '  e  al- 
trove. 

Pescar  per  lo  vero  -  cioè  ,  usar  dili- 
genza per  trovare  la  verità.  Par.  13, 
123. 

Piesol  o  peaolo  -  avverbio  .  che  significa 
penzolone,  pendente.  In.  28  ,  122. 

Petraia  -  massa  di  pietre.  Pg.  13 ,  9. 

Petrina  -pietra.  Pg.  9  r  98. 

Petrone  -  pietra  grande.  Pg.  S- ,  101. 

Pe' verdi  paschi  -  per  li  verdi  paschi.  In. 
20 ,  75.' 

Piacente  •  che  piace  ,  eh'  è  in  grazia. 
Par.  31  ,  90. 

Piacere  -  verbo  ,  per  soddisfare.  Par.  9, 
U. 

Piage  -  piaghe  ,  in  rima.  Pg.  25  ,  30. 

Piaggia -per  lido  o  riva.  In.  3  »  92.  Pg. 
2  ,  50.  e  in  altri  luoghi. 

Piaggiare  -  per  istar  di  mezzo ,  non  pi- 
gliar partito  ,  non  risolversi ,  operar 
lentamente  ;  tolta  la  metafora  da'noc- 
chieri  che  per  paura  delle  tempeste 
vanno  costeggiando ,  e  non  s*  arrischia- 
no d'avanzarsi  nell*  alto  mare.  In.  6, 
69.  In  questo  significato  disse  Proper- 
zio nella  2.  elegia  del  3.  libro  : 

ÀUer  remus  aqtias ,  alter  tibi  radat  arenai: 
Tutus  eris. 

Pianeta  -  stella  errante.  Lo  bel  pianeta 
e*  ad  amar  conforta  ,  cioè  la  stella  di 
Venere  ,  che  dicesi  inchinare  gli  animi 
a*  piaceri  amorosi.  Pg.  i.  19. 

Piangere -per  dar  qualsivoglia  segno  di 
dolore.  In.  19  ,  45. 

Piino-per  mansueto  ed  affabile.  In.  2, 56. 

Pianta  -  per  piede  o  zampa   d' animale  , 

pianta  del  Leone  celeste.  Par.  16,  39. 

Pianta  -  per  antenato  ,  progenitore.  Par. 

17,  13. 
Pianta-  per  ischiatta  ,  famiglia.  Pg.  SO, 

i3. 
Plknte  -  per  anime  de'  Fedeli  già  beate. 
Par.  12 ,  96. 


Piato  -  litigio.  In.  30  ,  >47. 

Piatto  -  addiettivo  ,  appiattato  »  nascosto. 

In.  19  ,  75. 
Picchiare  -  battere  ,  percuotere.  In.  18, 
105.  per  tormentare.  Pg.  ÌO  ,  120. 
Picciol  corso  -  cioè  ,  breve.  In.  33  ,  34. 
Piche-  V.  questa  voce  nella  Parte  secon- 
da delle  Storie. 
Piedi   dell'  anima  -  sono  gli    affetti.  Pe. 

18,  W. 

Piedi  di  Cristo  passuri  e  passi  -  per  pas- 
sione  di  Cristo  creduta   innanzi  che 
seguisse  ,  e  dopo  che  fu  seguita.  Par. 
20,  105. 
Pieghe  delle   vesti  -  s'esprimono  da'  pit- 
tori con  colori  oscuri.  Par.   24  ,  26. 
Pien-per  pieni.  In.  33  ,  152. 
Pieno  -  per  pago.  In.  15  ,  79.  Par.  9 , 

109. 
Pieno  -  età  piena  ,  cioè  .  matura  ,   per- 
fetta. In.  15  ,  51.    Piena  volontate  , 
cioè  ,  libera.  Par.  29  »  63,  Portar  piene 
le  voglie  ,  j)er  saziare  il  suo  desiderio. 
Par.  9.  109. 
Pietà  -  coir  accento  acuto  sull*  e ,  ango- 
scia, strettezza  di  cuore.  In.  1  ,  21. 
2 ,  106.  7  ,  97.  18,  22.  per  pietà , 
compassione.  In.  26  ,  94. 
Pietra  scema  -  per  base  da  cui  sia  tolta 

via  la  statua.  Par.  16  ,  145. 
Piggiore  -  peggiore.  In.  9,  15. 
Pigliar  poco  del  cammino  -  andar   molto 
lentamente.  Pg.  11 ,    109.  v.    Pren- 
dere, 
Piglio  -  dar  di  piglio  ,  pigliar  con  prestez- 
za ,  rapire.  In.  12,  105.  Pg.  1,  49. 
Piglio  -  per  un  certo  modo  di  guardare. 

In.  22  ,  75.  24 ,  20.  Pg.  3  ,  64. 
Piloso-  peloso.  In.  7  ,  47.  17 ,  13.  20^ 

54.  Lat.  piloeut. 
Piluccare  -  detto  figuratamente,  per  con- 
sumare a  poco  a  poco.  Pg.  24  ,  39. 
Pina  -  per  cupola  di  tempio  ,  fatta  a  si- 
militudine del  frutto  del  pino.  In.  31, 
59. 
Pineta  -  selva  di  pini.  Pg.  28  »  20.  Lat. 

pinetum. 
Pingere  -  per  ispignere.  In.  8 ,  13.  24  , 
128.  27,  106.  Pg.  9,  130.  12,  6. 
24 ,  3.  Par.  k,  132.  Pinger  t  oteAi» 


1622 


DIZIONARIO 


a  che  che  sia  ,  innoltrarsi  colla  vista 

a  discernere   che  ohe   sia.  Par.  20  , 

120.  cosi  fingere  il  viso.  In.  18,  127. 

PìDgersi  oltre  -  cioè ,   spingersi.  Pg.  S , 

Pinghe  -  per  spinghi ,  in  rima.    In.  18, 

127. 
Pingue  -  per  pingui ,  in  rima.  Par.  S3  > 

57. 

Pinto  -  per  dipinto.  Pg.  28,  42.  Par.  33, 
131. 

Pinto  -  per  spinto.  Par.  1  ,  132. 

Pintore  -  pittore  ,  dipintore.  Pg.  32, 67. 

Pintura  -  pittura  ,  dipintura.  Pg.  11,94. 
Par.  27 ,  93. 

Pioggia  -  figuratamente  ,  per  dottrina. 
Par.  23 ,  78.  per  malvagi  appetiti  che 
guastano  i  buoni  propositi.  Par.  '27  , 
125. 

Piombare  -  per  sovrastare  a  perpendicolo, 
a  piombo.  In.  19,  9. 

Piombo  «  figuratamente  ,  per  maturità  di 
consiglio.  Par.  13 ,  112. 

Piorno  aere  -  pieno  di  nuvoli  acquosi.  Pg. 
25.  91. 

Piota  -  pianta  del  piede.  In.  19  ,  120. 

Piova  -  nome ,  pioggia.  In.  6,  7. 14,  132. 
Pg.  30  ,  113. 

Piovén  -  piovevano.  In.  14  ,  29. 

Piovere  nella  fantasia  -  cader  nella  imma- 
ginazione. Pg.  17,  25. 

Piovvi  -  prima  persona  singolare  del  tem- 
po passato  dell'indicativo  del  verbo  pio- 
vere. In.  24  ,  122.  30 ,  95.  in  questi 
luoghi  significa  ,  caddi  d*alto  ,  precipr* 
tai  nell'abbso. 

Pira  -  quella  catasta  di  legna  ,  dove  an** 
tieatnente  si  ponevano  ad  abbruciare 
i  cadaveri.  Lat.. fojus  ,  pyra.  In.  26, 
33. 

Pirati  -  corsari.  Lat.  piratue.  In.  28, 64. 

Pispigliare  -  bisbigliare ,  favellare  con  vo- 
ce molto  sommessa.  Pg.  S  ,  12.  11  , 
111. 

Fistola  -  coli* accento  acuto  sulla  prima  sil- 
laba, lettera.  Lat.  $pi$idU.  Par.  25  , 
77. 

Più  -  cioè  ,  per  più  tempo.  Iti.  6  ,  21. 

Più  di  mille  milla  -^1  là  da  mille  miglia. 
Par.  26 ,  78. 


Piùe  -  più  ,  in  rima.  Pg.  22  ,  107.  Par. 
6,  14.  8,  46.  13,  88.15,  92.25. 
115.  pef  maggiormeute.  Par.  27,39. 

Più  e  più  -  Lat.  magis  atque  magii,  Pg. 
29  ,  20. 

Piviere  -  contenuto  della  giurìsdizioo  dei- 
la  pieve  la  quale  è  una  chiesa  parroc- 
chiale che  à  sotto  di  sé  priorie  e  ret- 
torie. Par.  16,  65. 

Piume  -  per  li  peli  della  barba.  I^.  1 , 
42.  V.  Penne. 

Più  oltre  ,  che  le  fronde  -  cioè  ,  i  fiori 
altresì  e  i  fratti.  Par.  8  ,  57 ,  ma  qui 
è  metafora. 

Più  pruova  -  maggior  praova.  Io.  28, 

Più  sommo -In.  15,  102.  È  notabile  ia 
questo  luogo  il  comparativo  agginolo 
al  superlativo,  che  gli  dà  maggior  tòrta. 

Più  tosto  -  cioè  ,  con  maggior  prontezza, 

Eiù  tostamente.  Lat.  ciiiu» ,  celerim. 
g.  13  ,  6.  33  ,  19. 

Plaga  -  per  clima  ,  o  regione.  Par.  31 . 
31.  per  sito  di  cielo ,  plagm  SbCI»  la 
quale  il  svi  mostra  men  freua^  doè.  It 
regióne'  meridiana ,  dove  pare  che  i  so- 
le proceda  più  lentamente  ,  benché  dà 
non  sia  vero.  Par.  23  ,  11.  è  voce  la- 
tina. 

Plage  -  in  rima  ,  regioni ,  o  siti  del  «do. 
Par.  13 .  4. 

Plaustro  *  carro.  Lat,  plnmirum.  Pg.  31. 
93. 

Plenilunio  -  tempo  in  che  la  lima  è  pie- 
na. Par.  23 ,  25. 

Plenitudine- per  moltitudine,  folla  di  jn*iits. 
Par.  31 ,  20. 

Floia  -  in  rima  ,  pioggia  ;  e  per  sifflilitii- 
dine ,  grazia  ,  dono.  Par.  14  ,  27.  2^. 
91.  voce  antica  ,  dicono  gli  Accademi- 
ci della  Crusca  nel  loro  Vocabolano: 
ma  secondo  il  parere  deHertiditiiijp» 
monsignor  Giusto  Fontanini  ,  a  cirti 
271.  del  suo  Amiti ta  l)ife9o  ,  è  vmi 
IHuIana  ;  e  ne  rende  ivi  la  ragieoe.v* 
sopra ,  JV. 

Plorafe  -  piagnere.  Par.  M  ^  M.  è  ted 
latina. 

Po*  che  -  PoMiè.  Ifi.  5,  93. 

Poco  -  per  abbietto  .  mì^ier*  ,  tilt  a  U- 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


623 


pino.  Par.  19 ,  133.  per  picciolo.  In. 
28 ,  6.  Par.  1  .  3i^.  28 ,  19. 

Poco  •  E  totito  «  che  non  basta  a  dieer 
poco,  cioè  ,  perchè  bisognerebbe  dirlo 
pochissimo.  Par.  38 ,  123. 

Poco  ne*  fianchi  -  cioè  ,  stretto.  In.  20, 
115.  Cosi  forse  Terenzio  nelfEnnuco, 
alla  scena  3.  dell'atto  2.  : 
Haud  imilii  virgo  estvirginum  noiUa- 
rum  ,  quM  matres  student. 
Dimisiii  humerù  ejtie,  nindoptctore,  tU 
gracilae  sient. 

Poco  sole  •  per  picciola  parte  del  giorno, 
che  rimanga.  Pg.  7,  85. 

Podere  -*  per  potere  ,  forze.  In.  7,  5. 
Pg.  17  ,  118.  20 ,  126.  Par.  1 ,  131. 
21,  11.  27,  122.  31,  83. 

Podestà  -  per  potestà  ,  potere  ,  forza,  va- 
lore, coir  accento  acuto  sulla  seconda 
sillaba  ,  in  rima.  In*  6.  96.       < 

Poetare  -fare  il  poeta,  in.  25.  99.  Par. 
30  ,  32.  Poetaro  Cetà  delCoro ,  cioè,  fin- 
sero e  favoleggiarono  ne*  lor  poemi  l'e- 
tà dell'oro.  Pg.  28 ,  139. 

Poggia  -  nome  ,  quella  corda  che  si  le<;a 
all'un  de*  capi  della nteuna  ,  da  man  de- 
stra, da  poggia,  da  man  destra.  Pg. 
32,  117. 

Posffiare  -  andare  in  suso ,  innalzarsi.  Par. 
T  115. 

Poggiato  -  per  appoggiato.  In.  20  ,  25. 
Pg.  27. ,  81. 

Fogna  -  per  ponga  ,  in  rima.  Pg.  13  ,  ^k^. 
Par.  8,  81. 

Pognam  che  -  ponghiamo  che  ,  supposto 
che.  Pg.  18 ,  70. 

Poi  -  per  poiché  ,  posciachè.  Pg.  10  ,  1, 
128.  H ,  130.  15 ,  3i.  Par.  2 .  56. 
I,  27. 

Pota  -sorta  d'uccello ,  altrimenti  detto  mu- 
lacchia ,  cornacchia.  Par.  21 ,  35. 

Poieggio  -  passaggio  ,  cammino.  Par.  23, 
67. 

Póltro  -  per  pigro.  Pg.  2&  ,  135. 

PoIto  -  per  corpo  mortale  ,  che  dee  risol- 
versi in  polvere.  Par..  2 ,  133. 

PoWeroso  -  asperso  di  poUero.  in.  9.  71. 

Pome  -  per  pomo.  Pg.  27 ,  45.  figurata- 
mente ,  per  bene  e  Micilà  somma.  Pg. 
27,  115. 


Pome  della  spada  -  cioè ,  pomo.  Par.  16, 

102. 
Pomi   -  per  frutti  di  consolazione.  In. 

16 ,  61. 
Pomo  che  maturo  solo  prodotto  fu  -  Par. 

26 ,  91.  V.  Adamo,  nella  Parte  secon- 
da dello  Storie. 

Ponavàm  -  ponevamo.  In.  6 ,  35. 

Ponderoso  -  grave,  pesante.  Par.  23,  64. 

Pondo  -  peso.  Lat.  pondu$.  Par.  25  ,  89. 
37,64. 

Poner  mano  allarte  -  Par.  12  ,  138. 

Pontare-  spingere  e  aggravare  in  manie- 
ra ,  che  tutto  lo  sforzo  o  aggravamen- 
to si  riduca  in  un  punto.  In.  32,  3. 
Par.  4  ,  26. 

Póppa  -  per  mammella  ,  per  forza  di  pop- 
pa ,  cioè  ,  spignendo  col  petto.  In.  7, 

27.  In  nUla  destra  poppa  ,  cioè,  a  man 
ritta.  In.  12,  97.  v.  Mammella. 

Porco  -  il  porco  e  la  caccia  ,  cioè ,  il 
porco  o  il  cinghiale  cacciato.  In,  13, 
113.  Simil  figura  di  parlare  usò  Vir- 
gilio nel  2.  della  Georgica  ,  al  verso 
192.  :  Poterti  libamui  et  auro ,  cioè, 
paterii  aureis. 

Por  cura  -  osservare  ,  attendere.  Pg.  10, 
135.  * 

Porger  della  pace  e  dell*  ardore  •  cioè ,  co^ 
muniear  pace  ed  ardore.  Par.  31,  17. 

Porgere  -  per  mandare ,  gettare.  Par. 
29.  99. 

Porgere  il  passo  a  chi  che  sia  -  per  an- 
dar verso  d*alcQno,  In.  34 ,  87. 

Porger  gli  occhi  a  ebe  che  sia  -  cioè,  guar- 
dar qualche  cosa.  Pg.  13 ,  13.  nrgsr 
gli  occhi  nel  viso  a  qualcuno  ,  cipè  , 
guardarlo  bene  in  (accia.  In.  17 ,  53. 

Porger  gravezza  -  attristare ,  o  render  gra- 
ve e  meno  atto  al  salire.  I9.  1,  53* 

Porger  parole  -  per  favellare  .  ragionare. 
In.  2 ,  133.  Pg.  35 .  52. 

Porgersi-  per  farsi  incontra.  Par.  15  , 
25. 

Poria  -  potrebbe.  In.  28 .  1.  Pg.  7  ,  58. 
17,63.  Par.  1  ,  71.  4  .  «5. 

Por  menttt-attendt^re ,  osservare.  Par.  S, 
142.  24  ,  7  .  14. 

Porr»  r  per  dar  vantaggio.  Par.  30  ,  121. 
V.  Letare. 


^•2'* 


DIZIONARIO 


Porre  -  f  ofif  U  moindò  e  ca$o ,  cioè,  in- 
segna che  '1  inondo  sia  fatto  a  caso;  il 
suppone  fatto  a  caso.  In.  k  ,  136.  In 
questo  significato  adoperavano  bene 
spesso  i  filòsofi  greci  il  loro  verbo  titemi 
che  corrisponde  al  nostro  porre.  Basti 
per  molti  che  si  potrebbero  addurre, 
Porfirio  nella  sua  Introduzione  alle  Ca- 
tegorie d'Aristotile  ,  a  cap.  2,  testo 
'òO/diee,  Ciò  ckè  paidifnezzo  tra  gli 
estremi  (  cioè  tra  il  genere  generalim- 
mo  .  e  la  spezie  $peziali8$ima  )  ,  chia" 
mano  spezie  e  generi  subalterni  ;  e  pon- 
gono che  ciascuno  di  loro  sia  genere  e 
spezie  .  ma  relativamente  ad  altra  e  ad 
altra  cosa. 

Porre  a  croce -in  croce.  ▼.  Croce. 

Porre  ad  asta  a  ritroso  -  cioè  ,  voltar  sos- 
sopra  rinsegne  de' nemici  vinti  in  bat- 
taglia. Par.  16  »  153. 

Porre  a  servo  -  ¥•  ^  servo. 

Porre  gl'ingegni  a  ben  fare  •  darsi  all'ope- 
re virtuose ,  dalle  quali  tragga  giova- 
mento la  repubblica.  In.  6,  81. 

Pirro  in  trejjue  -  p<*r  riposare  ,  o  aflBe- 
volire.  Pg.  17  ,  75. 

Porre  tutto  il  suo  amore  a  drittura  •  cioè, 
innamorarsi  dell'  operar  giustamente. 
Par.  20,  121. 

Portare  -  per  avere  alcuna  proprietà.  In. 
2^,  39. 

Portare  -  per  importare.  Pg.  k  ,  127.  per 
produrre.  Pg.  1  ,  102.  33  .  IH.  per 
annunziare.  Par.  19 ,  8.  per  esser  ca- 
gione. Par.  28  ,  24. 

Portar  delf insegna  -cioè  ,  portar  Tinse* 
gua.  Par.  16 ,  127. 

Portare  esperienza  *  per  informarsi.  In. 
17,  38. 

Portar  fede  -  per  esser  fedele.  In.  13  , 
62. 

portamo  •  portarono  ,  in  rinata.  Par,  11, 
108. 

Purtar  passione  a  che  che  sia  -  cioè,  do- 
lersi di  ohe  sia.  Io.  20.  30. 

Portar  scienza  -per  sapere.  In. 33,  123. 

Portar  vergogna  -  cioè  ,  yergogoarsi.  Pg. 
31.  43. 

poruto  o  sustantivp  ,  per  parlo.  Pg.  90, 

ih. 


Porteràne  -  ne  porterai.  Par.  17  ,  91* 

Portiere  -  portinaio  ,  usciere.  Pg.  9.  78. 

Porto  -  per  termine  a  cui  tende  ogni  coti. 
Par.  1 ,  112. 

Porto  -  participio  da  porgo.  In.  17 ,  88. 
Par.  26  ,  66.  per  disteso.  Lai.  porf 
ctus.  In.  25, 117.  cosi  spiega  il  Lut- 
dino. 

Posa  -  nome  ,  quiete.  In.  3  ,  54.  Pg.  6, 
150. 

Posar  fede  -  creder  fermamente.  Par.  17, 
139. 

Posasse -per  posassi,  in  rima.  Pg.S.  85. 

Possa  -  per  potenza  ,  facoltà  ,  fona.  Pg. 
17 ,  75.  25 ,  57.  Par.  33 ,  142, 

Posse  -  per  possi ,  in  rima.  Par.  13, 94. 

Posseditore  •  chi  possiede.    Pg.  15 ,  62. 

Possendo  -  potendo.  Pg.  11  .  90. 

Possessivo  -  possessivo  nome  si  è  qqaUo 
che  dinota  possessione  ,  come  «  patrt 
paternus  ,  a  domino  I>omÌDÌcus  ^  «^ 
mare  del  possessivo.  Par.  12  .  68.  v. 
s.  Domenico,  nella  Parte  seconda. 

Possibile  a  salir  persona  -  cijè  ,  da  etf er . 
salito  da  persona.  Pg.  11  ,  51. 

Possibile  intelletto  -  P(^.  25  .  65.  di  es» 
è  da  ve<iere  Aristotile  nel  3.  libro  del- 
rAiiima.  Insegnano  i  filosofi  ,  che  tali 
intelletto  stiasi  da  sé  medesimo,  e  ooa 
si  vaglia  ,  neir  operare  ,  d'akuo  orga- 
no corporale. 

Posta  -  luogo  dove  si  posa  ,  o  agnato. 
In.  22, 148.  per  quel  sito  ove  ù  mei- 
tono  i  ca(!ciatori ,  aspettando  le  fietc 
al  varco.  In.  13 ,  113.  per  oceasioaa^ 
In.  34  ,  71.  per  orma  ,  vestigio,  pe- 
data. In.  23 ,  148.  per  sito  ,  ììMfsp. 
In.  33,  111.  Pg.  8,  108.  29,70. 

Posta  -  parlare  a  sua  posta  ,  cioè ,  isli- 

cemente  esprimere  i  concetti  dell*aa^ 

mo.  In.  16  ,  81.  A  questo    proposilt 

Orazio  nell'epistola  4.  del  1.  libro: 

Quid  voveatdulci  nutricula  majus  aìumm, 

Quam  sapere,  et  faripossit  quat  senM^ 

Postilla  -  per  immagine  della  cosa  spe^ 
chiata.  Par.  3  ,  13. 

Postremo  -p  ultiaig.  Lat.  postrtsmu.  Pir. 
16 ,  147. 

Potav&m  -  potevamo.  In.  24  ,  33. 

Potei  -  per  potevi.  In.  15  ,  1 12. 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


625 


Potém  -  possiamo.  Pg.  11.  8.  18  »  116. 

Potemo  -  possiamo.  1d.  9 ,  33. 

Potén  '  per  potevano.  Io.  4  ,  117.  Pg. 
15,  UO. 

Potenze  -  per  gli  dementi ,  e  per  le  co- 
se di  essi  composte.  Par.  13  ,  61. 

Potenzia  con  atto  -  è  stretta  ne'  corpi  ce- 
lesti ,  i  quali  sono  potenza  ,  rispetto 
alle  intelligenze  che  li  muovono  ;  e  so- 
no al/o,  rispetto  alla  parte  elementare 
del  mondo  ,  nella  quale  influiscono. 
Par.  a9,  35. 

fiÀenzia  ffura  «  chiama  .Dante  la  parte 
elementare  del  mondo,  che  ubbidisce 
alle  influenze  celesti.  Par.  29 ,  34. 

Potenziato  -  che  à  yirtù  potenziale}.  Par. 
7  ,  IM).  Y.  sopra  tótenze  e  Potenzia. 

Pòtéo  -  potè.  Pg.  22 ,  22.  Par.  19,  43. 

Potere  arme  -  cioò ,  poterle  portare ,  es- 

.  ser  atto  a  portarle.  Par.  16 .  47. 

Poterebbe  -  potrebbe.  In.  7 ,  66. 

Piitési-  potevasi,  Pg.  19,  HO. 

Povero  cielo  -  per  annuvolato  ,  e  privo 
de'  suoi  ornamenti  che  sono  le  stelle 
in  tempo  di  notte.  Pg.  16 ,  2. 

Povertà  -  intesa  per  la  donna  amata  da 
s.  Francesco  d'Assisi.  Par.  11  ,  58 , 
113. 

Pozza  -  piscina  ,  o  luogo  pieno  d*  acqua 
stagnante.  In.  7,  127. 

Praodere  -  per  mangiare  a  pranzo ,  è  vo- 
ce latina.  Par.  25 ,  24.  qui  figurata- 
mente. 

Pranso  -  per  satollo ,  jiasciuto.  Lat.  jmm- 
§u$.  Pg.  27 ,  78.  X 

Pravo  -  iniquo ,  malvagio.  Lat.  mrafms. 
In.  3,  84.  16,  9.  Par.  9,  25. 

Prece  -  per  preci ,  preghiere  ,  in  rima. 
Pg.  20 ,  100. 

Precinto  -  sustantivo  ,  cerchio  che  aerra. 
In.  24 ,  34. 

Precinto  -  addiettivo  ,  compreso  ,  conte- 
nuto. Par.  27 ,  113.  potrebbe  però 
spiegarsi  anche  in  forza  di  sustantivo. 

Preciso  -  per  tolto  ,  vietato.  Par.  30,  30. 

Preciso  latino  -  Par.  17  ,  34.  v.  Latino. 

Preclaro  -  per  chiarissimo ,  rìsplendentis- 
•imo.  Lat.  praeelarus.  hr.  9 ,  68. 11, 
115. 

Proco  -  nome ,  prego ,  pr^iera  ,  in  ri- 


ma. In.  28 ,  90.  Par.  20 ,  53. 
Proco  -  verbo ,  prego  ,  in  rima.  In.  15, 

34. 
Preconio  -  per  Evangelio.  Par.  26  ,  44. 
Predella  -  per  quella  parte  della  briglia, 

dove  si  tien  la  mano  quando  si  cavai* 

ca.  Pg.  6,  96. 

Predestinazione  occultissima  -  Par.  20  , 
130. 

Predicante  -  per  predicatore.  Pg.  22,  80. 
Par.  29 ,  96.  oggi  questa  parola  pre- 
dicante significa  i  ministri  degli  Eretici. 

Predone  -  ladrone.  Lat.  praedo.  In.  Il, 
38. 

Prefazio  -  per  saggio  di  qualche  cosa.  Par. 

30 ,  78. 

Prefetto  nel  foro  divino  -per  la  sommo 

pontefice.  Par.  30 ,  142. 
Pregno  -  per  abbondante  d'acque.  Pg.  14, 

31.  per  pieno.  Pg.  18  ,  42.  detto  fi- 
guratamente. Pg.  22.  76. 

Pregno  aere  -  per  nuvoloso,  piovoso.  Par. 
10,  68. 

Pregno  di  gran  virtù.  Par.  22 ,  112. 

Prelibare  -  gustare ,  assaggiare.  Par.  24, 
4.  e  figuratamente ,  trattar  con  bre- 
vità ,  in  compendio.  Par.  10 ,  23.  Lat. 
pradihare. 

Premere  -  per  isprem^re.  Pg.  25  ,  48. 

Premere  a  chi  che  sia  -  per  istrignersi  a 
lui.  Pg.  5 ,  43. 

Prendemo  -  prendiamo.  Pg.  20,  102. 

Prender  del  nome  -  pigliare  il  nome.  Par. 
16,  99. 

Prendere  «  per  comprendere.  Par.  30  , 
119. 

Prendere  <-  gran  duol  mi  prese  al  cor.  In. 
4 ,  43.  A  cui  mal  prenda^  è  maniera 
d'imprecazione.  In.  27,  70. 

Prendere  il  monte  -  cioè  ,  cominciare  a 
salirlo.  Pg.  1  ,  108,  così  ^prender  la 
icala.  Pg.  25 ,  8.  Prender  t  acqua  , 
per  mettersi  in  mare.  Par.  2,7.  Pren- 
der la  campagna  ,  cioè  ,  avanzarsi  per 
essa  camminando.  Pg.  28 , 5.  Prender 
più  della  ripa.  In.  7  ,  17. 

Prender  grazia  -  per  esserne  fatto  degno. 
Par.  22 ,  59. 

Prender  il  cerchiare  «per  incominciare 
una  strada  in  giro.  Pg.  19 ,  69. 

79 


t>26 


D  I  Z  I  0  xN  A  R  I  O 


Prender  in.magire  -  per  imprimere  alcu- 
na cosa  nella  fantasia.  Pg.  9 ,  HS. 

Prendersi  -  per  appigliarsi ,  aggrapparsi. 
In.  34 ,  107. 

Prescriba  -  prescriva  ,  determini ,  prefi- 
nìsca  ,  in  rima.  Par.  24 ,  6. 

Prescrìtto  -  per  terminato.  Par.  45  ,  57. 

Presente  -  per  regalo  ,  dono.  Par.  7,  24. 

Pressa  -  nome ,  per  calca  ,  urgenza  Pg. 
6,8.      ^ 

Presso  del  mattino  -  avvicinandosi  il  mat- 
tino. Pg.  2 ,  13. 

P)resso  di  qui  -  vicino  a  questo  luogo.  In. 
31  ,  101. 

Prestare  -  per  concedere  ,  donare.  Lat. 
pracslare.  Fg.  13 ,  108. 

Presti  •  per  presta ,  imperativo.  Par.  1 , 
22. 

Presto  -  per  pronto  ,  apparecrhiato.  Pg. 
18,  19.28,  83.  Par.  8,  32.  24,50. 
29 ,  CO. 

Presto  del  venire  -  pronto  ai  venire.  In. 
2,  117. 

Pre>unsi  -  presumetti ,  in  rima.  Par.  33, 
82. 

Presunzione  -  per  ostinazione  ,  contuma* 
eia.  Pg.  3,  140. 

Previso  -  preveduto.  Lai.  praevisus.  Par. 

17,  27. 

Prezza  -  per  prezzo  ,  far  prezza  ,  cioè , 
prezzare,  lare  stima  ,  far  conto.  Pg. 
24 ,  34. 

Primaio  -  primo.  In.  5,  1.  7,  41.  Pg. 
9  ,  94.  13  ,  5.  14,  66.  Par.  2, 108. 

18,  91.  26,  100.  per  primiero ,  pri- 
stino. In.  25  ,  76. 

Prima  Luce  -  cioè  ,  Iddio.  Par.  29, 136. 
cosi  ,  prima  Virtù.  Par.  26 ,  84. 

Primavera  -  per  li  fiori  che  nascono  in 
tale  stagione.  Pg.  28,  51. 

Primavera  sempiterna  -  il  Paradiso.  Par. 
28  ,  116. 

Prima  volta  -  Pg.  28  ,  104.  v.  Volta 
jìrima. 

Primi  - 1  miei  primi ,  cioè  ,  i  miei  pro- 
genitori ,  i  miei  maggiori.  In.  10,  47. 

PrimipUo ,  appresso  gli  antichi  Romani 
si  chiamava  il  condottiere  di  400.  sol- 
dati nella  prima  squadra  ;  ed  era  capo 
di  legione ,  con  questo  nome  chiamasi 


dal  nostro  Poeta  s.  Pietro  apostolo, 
capo  della  Chiesa.  Par.  24  ,  59. 
Primizia  -  per  antenato  ,  o  radice  deHi 

schiatta.  Par.  16  ,  22. 
Primizia   de*  vicari  di  Cristo  -  cioè .  s. 

Pietro.  Par.  25  ,  14. 
Primo  -  Quel  eh'  è  primo  ,  cioè  ,  iikHo. 

Par.  15,  56. 
Primo  Amore  -  cioè  ,  Iddio  ,  lo   Spinto 
Santo.  In.  3  ,  6.    Par.  6,  11.  32. 
142. 
Primo  a^ctto  -  per  faccia  ,  o  sup^rfìiie 
del  corpo.  Par.  27 ,  137.  qui  figura- 
tamente. 
Primo  giro  -  per  lo  cielo  empìreo.  Par. 
4  ,  34.    per  lo  cielo  della  Luna  U 
quale  vien  chiamata  da  Marco  Tullio 
nel  sogno  di  Scipione  :   Ultima  cotto, 
citima  terris,  Pg.  1  ,  15. 
Primo  mobile  -  accennato.  Par.  13 .  Si. 
circonscritto.  Par.  2  ,  113.  28 ,  70. 
Primo   mondo  -  cioè  ,  prìstino  ,  n«pelto 

a'  morti.  In.  29  ,  104. 
Primo  vero  -  per  li  principi  delle  «den- 
ze  ,  che  non  abbisognano  d' etser  di- 
mostrati ,  ma  sono  per  sé  noti.  Pir. 
2,  45. 
Prince  -  principe.  Pg.  10  ,  74. 
Principi  celesti  -  Par.  8  ,  34.  v.  /Vt«f.- 

pati ,  nella  Parte  seconda. 
Principio  -  per  cognizione  da  cui  nn'altra 

dipenda.  Par.  33,  135. 
Principio  alla  \ia- cioè,  della  via.  In.  2. 

30. 
Principio  del  cervio ,  chiama  fonte  Dante 
la  midolla  spinale  ,  eh' è  della  stessa 
sostanza  col  medesimo ,  ed  è  quasi  un 
suo  processo  ,  quando   non  si  ròkmt 
intendere  il  cuore.  In.  28  .  141. 
Privare  -  per  togliere.  Pg.  33 ,  125. 
Privato  -  sustantivo  ,  cesso  ,  agiaroeola, 
luogo  dove  suoWJeporsi  il  soverchio  pe- 
so del  ventre.  In.  18  ,  11%. 

Pri>ilegij:re- conceder  privilegio.  Pt.  8, 
130.  V        f>        ìè     ^ 

Probità  te  -  bontà.  Lat.  nrubitat.  ftr.  7, 

122. 
Probo  -  buono.  Lat.  prolmi.  Par.  22.  138. 
Procedere  -  p«»r  camnìinnr  lentamente.  In. 

20,  103.  23,  81. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


627 


Processo  •  per  esito  d'  afTaro.  Par.  17  , 
67.  per  maniera  di  procedere.  Par.  7, 
113.  per  seguitameDto  di  parlare.  Par. 
5,  18. 
Proda -lido,  orlo,  riva.  In.  4,  7.  8,  55. 
12,  101.  17.5.  22,  80.24,97.31, 
42.  Pg.  6,  85.  Par.  19,  61.  per  prora 
di  nave.  In.  21,  13. 
Prode  -  sustantivo  ,  per  prò ,  utilità ,  gio- 
.  vamento.  Pg.  15,  42.  Par.  7,  26.  Far 
prode ,  per  giovare.  Pg.  21 ,  75. 
Producerebbe-  produrrebbe.  Par.  8, 107. 
Produtto  -  prodotto.  Par.  29,  33. 
Profferere  -  proferire.  Par.  3 ,  6. 
Profferire  -  per  far  vedere  ,  disvelare  , 
scuoprire ,  manifestare.  In.  29 ,  132. 
Par.  28,  136. 
Profferto  -  per  manifestato  con  parole.  Par. 

26,  103. 
Proffiiare  -  per  ornare  1  estrenoità  di  che 
che  sia.  Pg.  21 ,  23.  cosi  1* antico  Co- 
mentatore. 
Profonda  canzone  -  cioè  ,  di  concetti  al- 
tissimi. Pg.  32  ,  90. 
Profonde  cose  -  altissime ,  sublimi ,  e  vin- 
centi la  capacità  dell*  intender  nostro. 
Par.  24 ,  70. 
Profondo -per  centro.  Par.  9,  23. 
Profondo  -  per  altissimo.  Par.  30 ,  4. 
Profondo  -  avverbio  ,   mirar  profondo  , 
cioè  ,   veder  bene  addentro.  Pg.  31  , 
111. 
promere  •  per  manifestare ,  è  voce  latina. 

Par.  20,  93. 
Promessione  -  promissione.  Par.  29, 123. 
Promettere-  prome$$a  tanto  s' avea ,  cioè, 
s' era  offerta  al  mio  piacere  con  tanta 
cortesia.  Par.  8  ,  43. 
Promissione  -  promessa.  Pg.  90,  132. 
Promotore  -  che  promuove*  Lat.  promo- 

tor.  Par.  1  ,  116. 
Prontare  -  importunare.  I^.  13  ,  30. 
Prope  -  presso ,  è  voce  Mina.  Par.  19 , 

107. 
Propinquissimo  -  vicinissimo*  Par*  32  , 

119. 
Propinquo  -  vicino.  In.  17  ,  36.  Pg.  33, 

41.  Par.  9,  38.  ò  voce  latina. 
Proposizione  antica  e  novella  -  cioè,  V  an- 
tico e1  nuovo  Teslamento.  Par.  84, 98. 


Proposta  -  per  proponimento.  In.  2,  38. 
Proposto  -  per  proposito ,  proponimento. 

In.  2 ,  138. 
Proposto  -  per  proposito  ,  caposquadra  , 

capitano,  In.  22 ,  94 ,  123. 
Proprio- /atto  per  propno,  acciocché  fosso 
'   proprio.  Par.  1  ,  57. 
Prossimano  -  prossimo  ,   congiunto.   In. 

33,  146. 
Protendersi  -  per  allungar  le   memfira  , 
scontorcendosi.  Pg.  27 ,  16.  per  allun- 
garsi semplicemente ,  farsi  avanti.  Pg. 
19 ,  65. 
Protervo -per  altiero,  Pg.  .30,  70. 
Proteso  -  per  disteso ,  in  significato  osce- 
no ,  quello   che  i  Latini  dicono  arre- 
ctus.  In.  15,  114. 
Provedenza  -  provvidenza.  Par.  8  ,   99. 

17 ,  109.  27 ,  16. 
Provveder    difino  -  divina   provvidenza. 

Par.  8 ,  135. 
Provvedere  del  suo  risponder  chiaro-cioè, 
dar  chiara  ed  evidente  rbposta.  Par. 
28,  85. 
Pruno  -  virgulto  pieno  di  spine.  In.  13 , 
32.  Par.  13,  134.  24,  111.  ma  qui 
figuratamente. 
Pruova-  far  prwma  ,  per. allignare.  Pg. 
30,  117.  Far  mala  pruova ,  per  male 
allignare.  Par.  8 ,  141. 
Pubblico   segno  -  per   V  aquila  •   insegna 

dell'  imperio  romano.  Par.  6 ,  100. 
Pugna  -  nome ,  nel  numero  del  più  ,  per 

pugni.  In.  6  ,  26. 
Pulcdla-  zitella,  donzella.  Ps.  20  ,  32. 
Pulcro  -  beUo,  Lat.  pdcìur.  Ip.  7 ,  58. 
Pullulare  -  fer  gonfiarsi  in  bolle  ,  detto 

dell'acqua.  In.  7,  119. 
Punga-  per  pugna  o  battaglia ,  o  contra- 
sto .  in  rima.  In.  9 ,  7. 
Pungelli  -  stimoli  ;  e  figuratamente ,  cat- 
tivi consigli.  In.  28,  138. 
Pungémi  -  pungevami.  Pg.  21  ,  4. 
Pungere  -  per  travagliare,  malmenare.  Pg. 

18,  102. 
Punger  sé  stesso  -  per  eccitarsi  al  cam- 
mino. In.  31 ,  27. 
Punta  -  per  puntura.  In.  13  ,  137- 
Punta  -  per  punta  ,   cioè  ,   a  dirittura  , 
direttamente  ;   ma  in  senso  figurato. 


G23 


DIZIONARIO 


Pg.  31  ,  2.  y.  TojiUo. 

Punta  del  desio  -  per  desiderio  molto  ac- 
ceso. Par.  22,  26. 

Punto  •  per  articolo.  Par.  ìk ,  37.  per 
momento  di  tempo.  Par.  33  ,  9k.  per 
proposizione  o  massima.  Pg.  6 ,  40. 

Punto  -  V.  sopra .  Dare  U  jmnto. 

Punto  -  participio  da  pongo,  punio  i  amo- 
m,  cioè ,  stimolato.  Par.  28 ,  Vi. 

Punto  A  cui  tutti  li  tempi  son  jpresenti* 
cioè ,  r  etemiti.  Par.  17 ,  18. 

Punto  Al  qoal  si  traggon  d*ogDÌ  parte  i 
pesi  -  cioè ,  il  centro  della  terra,  verso 
cui  si  portano  i  corpi.  In.  34,   ItO. 

Punto  che  l  zenù  inlibm ,  chiama  Dante 
quel  momento  in  cui  il  sole  e  la  luna 
vengono  a  fasciarsi  dell*  orizzonte  , 
stando  l' un  d*  essi  per  tramontare  , 
r  altro  per  levare  ;  e  sono  egualmente 
distanti  dal  zenit ,  cioè  dal  punto  ver- 
ticale ,  il  quale  fa  allora  con  essi  un 
triangolo  isoscele ,  cioè  die  i  due  laii 
eguali.  Par.  29,  &-. 

Punto  fisso -per  Iddio.  Par.  28  ,  95. 

Puntone  della  spada  -  per  punta  di  essa 
spada.  Pg.  9,  113. 

PuoUo  -  a  può.  Par.  h ,  128. 

Puóne  -  per  può,  in  rinaa.  In.  11 ,  31. 

Pur  e  pure  -per  solamente.  In.  11  ,  20, 
56.  31 ,  78.  Pg.  5 ,  112.  7 ,  79. 10, 
46.  Par.  17 ,  138.  18 ,  21.  27 ,  33. 
e  in  altri  luo^  molti» 

Puretto  -  puro  ,  schietto  ;  che  anche  pret- 
to si  dice.  Par.  29  »  22. 

Por  li  -in  rima  ,  per  pur  H  ;  cioè ,  tut- 
tavia in  quel  luogo*  In.  7,  28. 

Pusillo  -  per  mnile  ,  abbietto.  Latfmijt- 
lui.  Par.  11 ,  ili. 

Putire  -  spirar  mal  odore ,  mandar  poz- 
zo. In.  6 ,  12. 

Putta  -  per  meretrice  ,  o  donna  svergo- 
gnata e  vilissima,  che  a  tatti  si  ven- 
de e  prostitoisce.  Pg.  li  ,  114.  qoi 
figuratamente. 

Puttaneggiare  -  per  usar  modi  e  procede- 
re di  puttana.  In.  19,  108. 

Putto  addietti\o  ,  puttanesco.  I0. 13, 65. 


Q 


Qua'- per  quali.  In.   i  ,  121.  19, 
Par.  18 ,  104. 

Qoademo  -  libro  di  conti.  Pg,  12.  lOS. 
e  figuratamente  ,  per  confine ,  canec^ 
li.  Par.  17  ,  37. 

Qoadra  -  per  qoarta  parte  di  cielo,  tm. 
26 ,  142. 

Quadrante  -  è  la  quarta  parte  di  qoelo 
strumento  che  gli  astrologhi  chiama» 
astrolabio  'A  qoale  è  fatto  a  gm'sa  d'i» 
tagliere  ,  la  coi  circonferenza  dividen 
in  360.  gradi  ;  roaiccbè  il  quadrante 
ne  e  interra  90.  Pg.  4 ,  42. 

Quadratura  del  cerchio  -  cioè  ,  ridozioae 
di  e^so  cerchio  in  figura  quadrata,  ah 
sicché  Taia  0  superazie  del  quadralo 
9ia  di  grandezza  afiàtto  ^uale  a  qaA-^ 
la  del  cerchio  ;  cosa  da'  geometri  pia 
volte  cercata  ,  ma  non  mai  finora  tro- 
vata ,  e  forse  impossibfle  a  trovata. 
Par.  39  ,  184. 

Quadralo -per  saetta,  freccia,  slrak. 

Par.  2,  SS. 
Quaggiuso  -  quaggiù.  In.  2 ,  8S.  Par.  M, 

Qual  -  per  chi ,  chiunque  ,  qualunque  ; 
0  colui  che  ,  gu^li  che.  In.  12 ,  74. 
Pg.  19  ,  23.  Par.  1  ,  6.  10,88. 11, 


122.  14,  25.21,  19.  33,14. 
Qual  che  -  chionque  sia  che.  In.  8, 12S. 

per  qualunque.  In.  12  ,  48.  15,  IL 

19,  46. 
Qualche  -  da  qualche  oaru ,  perda  qoa- 

lunque  parte.  Pg.  14  ,  69. 
Qual  che  si  sia  - qualooqoe  e'aiaia.Pv. 

22  ,  114. 
Qual  c*uom  prende-  doè  ,  quahinqae  ì'w^ 

mo  prenda.  Par.  11  ,  41. 
Quale- per  come  ,  qualmente  ,  in  oodh 

fiiisa  appunto  che.  In.  2, 137.  18,  Id 
g.  30 ,  13.  31 ,  64.  Par.  25 ,  106. 
Qoale  -per  qualità.  In.  2,  18.  4  ,  139. 

Par.  2,  65.  23,  92.  30,  120. 
Quale  -  per  lucente.  Par.  8  ,  46. 
Qual  vuol  sia  -  sia  qualsivoglia.^.  32, 69. 
Quando-per  giacché.  Lat.  fnniìdo ,  m»- 
dofuiim.  Ffe.  81 ,  67.  ftr,  19, 8i 


DELLE  PAROLE  E  FÌLVSL 


629 


13  ,  3&  ,  35.  per  tempo.  Par.  S3|  16« 

29  ,  12. 
Quando  che  sia -in  alcun  tempo  ,  una 

volta.  Lat.  olim  ,  aliquando.   In.  1  , 

120.  Pg.  26  ,  ih. 
Quandunque  -  ogni  volta  che.  Lat.  quo^ 

Uescumque.  Pg.  9,  121.  Par.  28  ^  15. 
Quanto  -  per  grande.  Par.  8 ,  46^ 
Quanto  -  per  quantità.  Par.  2 ,  65, 103. 

23  ,  92.  30 ,  120. 

Quanto  di  noi  lassù  fatto  è  ritomo  -  cioè, 
quante  sono  V  anime  degli  uomini,  che 
dopo  la  morte  de' corpi  sono  ritornate 
in  Cielo*  Par.  30  ,  114. 

Quantunque  -  per  quanto  ,  quanto  mai  , 
in  forza  dì  nome  ,  ma  è  indecliaabile. 
In.  32,  84.  Pg.  12.  6.  15,71.30, 
52.  Par.  8 ,  103.  13 ,  43.  22 ,  130. 

24  ,  79.  32 ,  56  ,  91.  33,  21.  yian- 
tunque  gradi ,  per  quanti  gradi*  In. 
5,  12. 

Quantunque  la  Chiesa  guarda  -  cioè ,  tut- 


Quella  parte  donde  prima  è  preso  Nostro 
alimento  ,  chiama  Dante  fi  bellico  , 
per  lo  quale  il  fanciullo  nel  ventre  ma- 
terno si  nutrisce.  In.  25  ,  85. 

Quelli  -*  per  quegli ,  In  caso  retto  singo- 
lare. In.  18  ,  86.  28,  134.  Pg.  13, 
104. 

Quello  -  p€fr  quegli.  Par.  8 ,  125. 

Quel  mar  che  la  terra  inghirlanda  -cioè, 
r  Oceano.  Par.  9  ,  84. 

Quercia  ^  Dal  nascer  della  guercia  al  far 
la  ghianda ,  cioè  ,  dal  principio  al 
compimento  di  qualche  impresa.  Par. 
22 ,  o7. 

Quefente  -  per  M  ejaLiina  ed  interroga. 
Lat.  qriaerens  ,  quaesitor.  Par.  24,  51. 

Questi  -  dimostrativo  di  bestia.  In.  1,  46. 

Questi  -  dimostrativo  di  cosa  inanimata. 
Par.  1,  115,  116.  117. 

QuetAmi  «  mi  quotai.  In.  33 ,  64. 

Quetare  -  per  appagare  ,  render  conten- 
to. Par.  30  ,  52. 


te  le  rendite  ecclesiastiche  e  de'  mo-  1  Quotare  il  passo  -  per  soffermarsi.   Pg. 


nisteri ,  custodite  dalla   Chiesa.  Par. 
22,  82. 

Quantunque  perdéo  V  antica  madre  •  cioè, 
tutte  le  delizie  del  terrestre  Paradiso, 
perdute  da  Eva.  Pg.  30  ,  52. 

Quare  -  perchè  ,  è  voce  latina,  in.  97, 
72. 

Quarta  famiglia  DeHV  alto  Padre  ,  chia- 
ma Dante  una  porzione  de' beati  spi- 
riti ,  posta  da  lui  nella  quarta  sfera, 
anzi  nello  stesso  corpo  del  Sole.  Par. 
10  ,  49. 

Quatto  quatto  -  più  quattamente  e  nasco- 
stamente che  si  pud.  In.  21 ,  89. 

Que'  -  per  quedi ,  nominativo  singolare 
di  persona.  In.  8 ,  46.  Par.  32,  127. 
e  in  caso  obbliquo.  In.  32  ,  114. 

Quei  -  per  quello ,  m  secondo  caso.  In. 
19 ,  45.  in  terzo  caso.  Pg.  3  ,  120. 
Par.  17 ,  93.  in  caso  accaBativo.  In. 
2  ,  104. 

Quei  -  dimostrativo  di  cosa  IrragioDeTole. 
Par.  19 ,  93. 

Quel  che  in  etemo  rimbomba  -  cioè ,  ¥ 
ultima  sentenza  di  Cristo  contri  i  re- 
probi ,  che  dirà  :  Andate  «  maledetti, 
nel  fuoco  etomot  In.  6,  99. 


5,  \8. 
Quia  -  state  conienti  al  quia  ,  cioè  ,  po- 
nete freno  alla  soverchia  curiosità ,  né 
vogliate  che  vi  si   renda  ragione  di 

Juelle  cose  che  non  potete  intendere, 
g.  3  ,  37. 

Quid  -  qui ,  in  rima.  Pg.  7,  66.  Par. 
8,  121.  12,  130. 

Quià'tate  -  essenza  o  definizion  della  cosa, 
termine  delle  scuole  di  filoso6a  e  teo- 
logia. Par.  20 ,  92.  24 ,  66. 

Quinc'  entro  -  qui ,  in  questo  luogo*  In. 
29 .  89.  Pg.  13 ,  18. 

Quirltta  -  qoi  appunto  appunto.  Pg.  4  , 
125.  17 ,  86/ 

Quisquilia  degli  occhi  -  cioè ,  cispa ,  ion 
mondizia  ,  e  voce  latina.  Par.  w,  76. 

Quistione  -  per  dimanda ,  interrogazione. 
Par.  6 ,  28. 

Quive  -  quivi ,  in  rima.  Par.  14 ,  26. 

Quivi  -  per  qui ,  in  questo  luogo.  Pg.  33, 
57.  per  altro  questa  voce  quivi  più 
comunemente  appresso  gB  ottimi  scrit- 
tori significa  m,  in  quel  luogo. 

QaM  -  per  in  quel  puntq.  Pg.  & ,  54. 

Quoto  0  ceto- pensiero^  Torse  dal  latino 
I    cogito.  Far.  3 ,  26. 


630 


DIZIONARIO 


R 


Rabbuffarsi  -  per  mettersi  in  iscompiglio. 

e  pigliarsi  molti  fastidi.  In.  7,  63. 
Raccapricciare  -  mettere  un  tale  orrore  , 
sicché  s'arriccino  i  peli.  In.  \h  ^  78. 
Raccendere  -  accender  di  nuovo.  Pg.  8, 

78  ,  qui  è  metafora. 
Raccendere  la  conoscenza  -  cioè  ,  rinno- 

varia  ,  suscitarla.  Pg.  23  ,  iC. 
Raccendersi  di  vista  novella  -  per  ripren- 
dere e  riacquistar  nuovo  lume  e  vigore 
agli  occhi.  Par.  30 ,  58. 
Raccertarsi  -  certificarsi  ,  accertarsi  di 

nuovo.  Pg.  9 ,  64. 
Racceso-  di  nuovo  acceso.  In.  26,  130. 
Raccogli  -  per  raccoglie  ,    in   rima«   In. 

18  ,  18. 
Raccogliere  la  parola  -  per  intendere  il 

parlare.  Pg.  14,  72. 
Raccolto  -  per  contenuto.  Par.  5  ,  60. 
Raccolto  a  chi  che  sia  -  per  avvicinato» 

Pg.  8 ,  109. 
Raccorce  -  per  raccorci ,  ti  raccorci ,  in 

rima.  Par.  16  »  7. 
Raccorciare  -  abbreviare.  Par.  15  ,  96. 
Raccorciar  la  via  -  per  affrettarsi  al  cam- 
mino. Par.  29  ,  129. 
Raccorse  -  per  raccolse  ,   in  rima.  Par. 

12.  45. 
Raccosciarsi  -  ristrignersi  nelle  cosce ,  ab- 
bassandosi. In.  17 ,  123. 
Raccostarsi  -  per  accostarsi  di  nuovo.  Pg. 
26 ,  49.  per  accostarsi  semplicemente. 
In.  11  .  6. 
Racquefafsi  -  tornar  queto.  In.  6 ,  29. 
Rada -nome,  rara.  Par.  4,  87. 
Rade  -  per  radi ,  verbo  ,  in  rima.  In.  33, 

127. 
Radere  -  le  ciglia  avea  rase  0'  ogni  bal- 
danza ,  cioè,  umili,  dimesse.  In.  8, 
118. 

Radiale  lista -cioè,  del  raggio,  o  pieoa 

di  raggi.  Par.  15,  23. 
Radiare  •  tramandare  il  raggio.  Par.  19, 

90.  è  voce  latina. 
Radice  umana  -  per  li  primi  uomim.  Pg. 

28,  142. 
Rado  -  in  forza  d*  avverbio ,    per  rade  o 


rare  volte.  Lat.  raro.  Pg.  19\  24. 20, 

45.  e  in  altri  luoghi. 
Rafel  mai  amach  zalÀ  almi  -  parole  che 

nulla  significano ,    poste  dal   Poeta  in 

bocca  di   Nembrotto   per   dinotare  la 

confusione  delle  lingue   cagionata  per 

di  lui  colpa.  In.  31  ,  67. 
Raffinare  -  per  divenir  più  fioo.    Pg.  8  , 

120. 
Raffio  -  strumento  di  ferro  oocioato.  Io. 

21 ,  52 ,  100.  22  ,  147. 
Raffrettare  -  affrettar  di  nuovo.  Pg.  24  , 

68. 
Raffrontarsi  -  per  incontrare  ,  e  (arsi  a 

fronte  delf  oggetto  bramato.  Pg.  17, 51. 
Ragazzo  -  per  famiglio  di  stalla.  In.  29. 

77.  V.  il  Boccaccio   nella   novella  del 

conte  d*Ànguersa. 
Raggiare  -  per  diffonder  raggi ,  rìsplende- 

re.  Pg.  25,  89.  26,  5.  27,  93.  28. 

33.  31,  122.  32,  54.  Par.  8.  53. 13 

58.  18,  17.  21,  15.  28.  16.perillQ- 

minare  ,  illustrare  co*  raggi.  Par.  7 , 

17,  74.  25,  54.  e  forse  in  altri  luo- 
ghi ,  per  infondere  a  forza  di  raggi  e 
di  lume.  Par.  8 ,  3.  per  uscire  eoo 
quella  velocità,  che  esce  il  raggio.  Hr. 
29  ,  29.  Si  raggerà  dùUomo  eUal  te- 
sta ,  cioè ,  si  tesserà  a  forza  di  raggi. 
14,  39. 

Ra^gielare  -  di  nuovo  congelare.  Io.  33, 

114. 
Raggiornare  -  Carsi  giorno  di  nuovo.  Pz. 

12,  84. 
Raggiugnersi  -  congiugnersi  di  nuovo,  lo. 

18 ,  67. 

Ragionare  -  per  argomentare  o  conclude- 
re. Pg.  17 ,  138. 

Ragionarsi  -  per  conehludersi  ragionando. 
Pg.  17 ,  138. 

Ragione  -  per  conto  o  interesse.  Pg.  14, 
126.  per  ragionamento.  Pg.  22,  130. 
Far  ragione,  per  immaginarsi.  In.  30» 
145. 

Ragna  -  per  ragno.  Pg.  12,  44.  per  soffia 
di  rete.  Par.  9,  51.  qui  figuratamente. 

Raiare-per  isfavUlare»  risplendere,  illu- 
minare, raggiare.  Pg.  16, 142.  Par.  29, 
136.  per  brsi  manifesto.  Par.  15, 56. 

Rallargare  •  allai|;ar  di  nuovo.  Pg.  3, 13. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


631 


per  allargare  o  dilatare  semplicemente. 

Pg.  9 ,  W. 

Rallignarsi  -  per  metter  nuove  radici ,  al- 
lignare di  nuoYo  ;  e  figuratamente,  per 
divenir  di  plebeo  gentile  a  forza  di  vir- 
tuose operazioni.  Pg.  ih,  100. 

Ramarro  -  serpentello  noto,  di  color  ver- 
de 0  bigio  0  vario  ,  con  quattro  piedi. 
Lat.  lacertus.  In.  25 ,  79. 

Rammarca -  rammarica ,  affligge,  in  rima. 
In.  8.  23.  Pg.  32,  127. 

Rammentare  -  per  riconoscere.  Par.  18, 

Ito. 

Rammentarsi  -  ridursi  a  memoria.  Pg. 
33 ,  95. 

Ramogna  -  continuazione  del  viaggio.  Pg. 
11  ,  25.  è  voce  antica  ,  e  da  non 
usarsi. 

Ramerà  -  rami.  Pg.  32 ,  60. 

Rampognare  -  svillanesaare ,  riprendere 
acerbamente*  In.  32 ,  87.  Pg.  16  , 
121. 

Rampollare  -  per  germogliare.  Pg.  5, 16. 

.    ma  qui  figuratamente* 

Rampollare  nella  mente  -  per  nascervi , 
produrvisi.  Pg.  27 ,  tó. 

Rancio  •  per  dorato.  In.  23  ,  100. 

Rancio  colore  -  quello  della  melarancia 
matura ,  che  i  Latini  dicevano  croeeus. 
IPg.  2 ,  9.  Cristoforo  Landino  male  spie- 
ga questa  parola. 

Rancura  -  rancore ,  dolore ,  compassione, 
in  rima.  Pg.  10  ,  133.  è  voce  proven- 
zale. V.  rÈrcolano  del  Varchi,  a  car- 
te 65. 

Rancurarsi  -  dolersi  amaramente  ,  attri- 
starsi.  In.  27 ,  129.  è  verbo  proven- 
zale. V.  Rancwra. 

Rannicchlare-ristrìngere  tutto  in  nn  grun- 
po  ,  a  guisa  di  nicchio.  Pg.  10  ,  110. 

Rape-  verbo  ,  rapisce,  in  rima.  Lat.  ra- 
pii. Par.  28,  70. 

Rappaciare  •  pacificare»  acquetare.  In.  22. 
70. 

Rappresentare  a  quel  foco  -  cioè,  da  quel 
foco.  Par.  18 ,  108. 

Rassegnare  il  preterito  -  cioè ,  conserva- 
re e  mettere  in  ordine  le  passate  co- 
se ;  il  che  è  ufficio  della  memoria. 
Par.  23  ,  54^  Y.  Libro. 


Rattento  -  rattenimento  ,  cosa  che  ralfre* 
na.  In.  9 ,  69. 

Rattezza  -  per  ripidezza  e  difficile  salita 
di  montagna.  Par.  11  ,  50* 

Ratto  -  addiettivo ,  frettoloso ,  veloce.  In. 
2,  109.  Par.  22,  ÌOk. 

Ratto  -  participio,  rapito.  Pg.  9,  24.  Lat. 
raptus* 

Ratto  -  avverbio ,  subitamente  ,  tostamen- 
te. In.  3  ,  102.  6  ,  38.  8 ,  102.  9  , 
37.   Pg.   18 ,  103  ,  e  in  altri  luoghi. 

Rattrapparsi  -  per  rannicchiarsi  e  racco- 
gliersi. In.  i6,  136 

Raunare  -  ragunare  ,  raccogliere.  In.  14, 
2  ,  32  .  74. 

Raunarsi  -  ragunarsi.  Pg.  10.  18. 

Razionabile  affetto  -  cioè  deìruomo  eh'  ò 
animai  ragionevole.  Par.  26 ,  127. 

Realmente  -  cioè  ,  in  maniera  ed  atto  re- 
gale. Pg.  30  .  70. 

Reame  -  per  ordine  e  stato  di  beati.  Par. 
19,  2j. 

Recare  -  per  portare.  Pg.  33  ,  78* 

Recara  alle  mente  -  ridurre  alla  memo- 
ria. In.  6 ,  89. 

Recar  la  cagione  a  chi  che  sia  -  per  in- 
colpare. Pg.  16,  67. 

Recarsi  a*  denti  -  cioè  ,  mettersi  in  bocca 
per  mangiare.  Par.  4.  3. 

Recarsi  a  mente  alcuna  cosa  *  per  ricor- 
darsene. In.  18 ,  63.  Rtcani  a  rwt^ 
U  a  chi  che  sia.  Pg.  6 ,  6. 

Recarsi  a  noia  •  per  i^egnarsi.  In.  30  , 
100. 

Recepe  -  riceve  ,  in  rima.  Lat.  recepii. 
Par.  2.  35. 

Recettacolo  -  ricetto ,  luogo  dove  si  può 
ricoverare.  Par.  19.  50. 

Recetto  -  ricevuto,  ammesso.  Lat.  recepius. 
Pg.  17  ,  24. 

Reda  -  discendente  ,  erede.  Pg.  7  ,  118. 
18 ,  135.  33 ,  37.  Par.  12 ,  66. 

Reddire  -  ritornare.  Lat.  redire.  Par.  18, 
11. 

Reddissi  -  ritornossi.  Par.  11,  lOo. 

Reddita  -  ritorno  ,  in  rima.  Pg.  !♦  10(1. 

Redimito  -  coronato.  Par.  11,  97.  è  vo- 
ce latina. 

Reflesso  -  addiettivo  o  participio  da  rt- 
Oettere.  Par.  33,  119,  128. 


mi 


D  I  2  I  O  N  A  n  1  O 


deflettere -ritorcere.  Pg.  25,  11*.  Lat. 
reflecUre. 

Reflettere  in  alcuno  ciò  che  si  pensa  -  cioè 
comunicargli  il  suo  pensiero.  Par.9t  21. 

Refulgere  ^  risplendere.  Par.  9,  32.  è  vo- 
ce latina. 

Hecalmente  -  con  animo  regio  e  signorile. 

Par.  11,  91. 

Kege  -  re.  Pg.  16.  95.  19.  63, 

Regge  ^  per  porta.  Pg.  9,  134. 

Re{2ge  -  verbo,  per  ritorni,  riedi,  in  rima* 
In.  10,  82, 

Re^'uia  -  verbo ,  per  regga  ,  in  rima.  In. 
2i.  30. 

Re^^imento  -  per  modo  e  maniera.  Pg. 
31,  123. 

hegina  Coeli  -*  Regina  del  Cielo  ,  prìnci- 
pio  d'  un*  antifona  che  canta  la  Chiesa 
nel  tempo  pasquale  ,  in  lode  di  nostra 
Donna.  Par.  23,  128. 

Rt'gione  -  per  teneno.  Par,  8,  1&-1, 

Regione  che  più  su  tuona  -  cioè  ,  la  più 
suprema  regione  dell*  aria ,  ove  si  pos* 
sano  generare  i  tuoni.  Par.  31.  73, 

Rfsno  mortale-  per  Timperio  del  mondo 
ottenuto  da'  Romani.  Par.  6,  84. 

Regno  santo  -  per  il  Paradiso.  Par.  1 , 
10.  cosi  reg̥^  beato.  Par.  1,  23,  e  ra- 
ffio verace.  Par.  30,  96. 

Regnum  Coelorum  vfolenzìa  paté -Il  re- 
gno de*  Cieli  patisce  for^a  ;  cioè ,  s' a- 
cquista  con  fona,  detto  di  Cristo  pel 
Vangelo  di  s.  Matteo  ,  al  capo  11. 
verso  12.  Par.  20,  94. 

Reiterare  «-  far  più  Tolte  I4  stessa  cosq,  Pg. 
13,  30. 

Religione  della  montagna  «-  cioè  ,  monte 


santo  e  pieno  di  religione.  Pg.  %1,  41* 
elinquere  •  lasciare  do| 
42.  è  voce  latina. 


le.  M. 
di  sé. 


Par.  9, 


Remoto  -  per  volto  In  altra  parte.   Par* 

1.  66. 
Remunerare  -  lo  remunerare  ,   cioè  ,   il 

premio.  Par.  20,  42. 
Ren  -  reni.  In.  25,  57, 
Rena  -  sabbia  ,  arena.  In,  14,  13. 
Rendéle^le  rendetti  ,  (eresi.  In,  14,3, 
Rendere  -  per  esprimere  alcuna   <?osa  in 

iscrittura.  Pg.  31,  143. 
J\endere  -  per  attribuire  pome  fidinolo. 


Par.  8.  133. 

Rendere  in  dispetto  -  cioè  ,  far  ooioao  » 
mal  gradito.  In.  16,  29. 

Rendere  intera  la  promissione  •  mantener 
ciò  che  si  promette.  Pg.  30,  132. 

Render  fertilemente  -  produrre  in  abbon- 
danza. Par.  21,  118. 

Render  T  aspetto  a  che  che  sia  -  tornare 
a  guardarlo.  P^.  29,  58. 

Rendersi  Alla  battaglia  de  debili  cigli  • 
per  metter  di  nuovo  eli  occhi  a  cimea- 
to ,  guardando  cosa  d  eccessivo  splen- 
dore, che  possa  abbagliarli.  Par.  23, 77. 

Render  voi  -  per  rendere  a  voi.  Par.  4, 
122. 

H«^nduto  in  panni  bigi  -  cioè  ,  lattosi  mo» 
naco.  Pg.  20,  54. 

Reni  -  dar  le  reni  ,  per  volger  le  spaDr, 
Par.  4,  141. 

Reo  -  sustantivo ,  per  male  o  g^atigo.  b. 
30,  190.  31,  102. 

Repente  -  tosto  ,  in  un  tratto.  In.  21, 
149.  è  voce  latina. 

Repere  -  per  penetrare  ,  insinuarsi.  Par, 
%  39.  è  ?Dce  latina. 

Reperte  sono  ^  pioò  ,   si    trovano.  Fv. 

27,  127. 

Repleta -  rìpieqa  ,  in  rima.  In.  18,  24. 

Pg.  25,  72.  è  voce  latina. 
Replico  -  coir  accento  acute  sulla  seconda 

sillaba,  in  grazia  della  rima.  Air  6,  91. 
Replqo  ^  coir  accento  aci|to  sulla  penntr 

tim« ,  ripiovo ,  toriK)  a  piovere.  Par. 

25,  78.  qui  figuralameote ,  è  voce  la- 
tina. 
Reqqievi  Di  grande  ammirazion  -  cessa 

dal  grande  stupore.  Par.  i,  97.  fv- 

ymevi  è  voce  latina. 
Respirare   ad  alcuno -per  parlargli  é 

nuovo,  Par.  ^,  85. 
Restare  -  per  cessare*  In,  25,  135.  Par. 

28,  88.  per  fermarsi  o  soQermarsi.  Io. 
10,  24.  34  ,  19.  Pg.  20 ,  139.  per 
fermarsi  maravigliando.  Pg.  5,  34. 

Retaggio  -  eredità.  ^  7.  120.  16,  131. 
Reticenza  -  figura  réttorica.  In.  9.  8. 
Retro  -  dietro.  In.  7,  29.    11  ,  55.  18. 

36.  29,  IQ.  34.  8.  Pg.  7,  116.  37. 

47.  è  vece  latina. 
Retro  ire-  seguitare,  teper  dieIro.Par.li'i 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


033 


Retrorso  -  indietro ,  in  rima.  Laf.  reiror- 
$utn.  Par.  22,  DI. 

Retto  -  per  angolo  retto,  il  quale  \iene 
a  formarsi  quando  una  linea  cade  n 
perpendicolo  sopra  un'altra.  Par.  13, 
102. 

Reverendo  -  degno  di  riverenza,  temuto, 
ri^pettato.  Par.  19,  102. 

Reverente  -  riverente.  Pg.  26,  17. 

Rezzo  -  ombra  sul  muro  o  per  terra.  In. 
17,  87.  32,  75. 

Riacceso-  accesso  di  nuovo.  Par.  31,  55. 

Riarmare  -  fornir  di  nuove  armi ,  armar 
di  nuovo.  Par.  12,  38. 

Riarso  -  diseccato  per  troppo  calore  adu- 
sto. Pg.  27,  k. 

Riarso  d'invidia  -diseccato  ,  rouMmto  da 
quHla  passione.  Pg.  14-,  82.  Orazio, 
nell'epistola  2,  del  1.  libro. 
Invidus  alUrius  macrescit  rebus  opimis, 
ci  Sanazzaro,  neir  egloga  0.  dell  Ar- 
cadia. 

L' invidia,  figliuol  mio,  iè  ttessa  macera, 
E  $i  dilegua  come   agnel  per  fascino. 

Ribadire  -  ritorcere  la  punta  del  chiodo , 
e  ribatterla  inverso*!  suo  capo  nella  ma- 
teria confitta.  Dante  figuratamente  il 
disse  di  una  serpe.  In.  25,  8. 

Ribellante  -  ribelle.  In.  1,  125. 

Ribelli  -  \)0T  discordanti  ,  avversar!.  In. 
28,  130. 

Ricepe  -  riceve  ,  in  rima.  Lat.  recipil. 
Par.  29,  137. 

Rjcemere  -  per  dichiarar  meglio.  Par. 
11,  22. 

Richesge  -  in  rima  ,  \ìct  riclicggi ,  sog- 
giuntivo. Pg.  1,  93. 

Richiamo  -  per  allettamento  da  far  cade- 
re gli  uccelli  alla  reto  o  al  vischio. 
In.  3.  117. 

Richiedere  -  la  rischiesi  di  comandare  , 
cioè  ,  le  dissi  che  comandasse.  Jn. 
2,  54. 

Richinare  -  chinar  di  nuovo.  Par.  7,  15. 
Richiudere  la  piaga  -  per  chiuderla  sem- 
plicemente. Par.  32.  k, 

Bicidere- tagliare:  e  figuratamente,  per 
traversare.  In.  7,  lÒO. 

Ricidere  il  volere  -  cioè  ,  renderlo  vano. 
Pg.  5,  66. 


Ricignere  -  cignere  intorno.  Pg.    1 ,   94. 

Ricirculare  -  girare  intorno.  Par.  31,48. 

Ricogliere  -  raccogliere.  Pg.  18,  86.  Par. 
23,  21. 

Ricogliere  -  per  osservare  attentamente  o 
intender  bene.  Par.  4,  88. 

Ricopliersi  -  per  ritirarsi.  Par.  22,  97. 

Ricolta  -  messe  ,  raccolta.  Par.  12.  118. 

Ricolto  -  participio  ,  raccolto.  In.  3,  09. 
Pg.  2.  102.  iM?r  accollo,  Par.  18,  09 
per  appreso  ,  compreso ,  b^ne  inteso. 
Par.  4,  88.  10,  81.  29,  09. 

Ricominciò  diletto  agli  occhi  miei  -  cioè 
a  dar  diletto.  Pg.  1.  10. 

Ricompiere  -  compier  di  nuovo.  Pg.  18, 
107.  di  questi  e  somiglianti  verbi  com- 
posti V.  r  Ercolano  dei  Varchi  ,  a 
carte  71. 

Riconfortare  il  nome  -  per  rinfrescare  e 
rinnovare  la  memoria.  Par.  10,  129. 

Ricorcarsi  -  tornarsi  a  coricare.  Pg.  8. 
133.  10,  15. 

Ricordare  -  per  ricordarsi.  In.  18,  120. 
per  sovvenire,  tornare  in  memoria. 
In.  20.  1-28.  Pg.  17,  1.  33,  91.  Mi  si 
ricorda  ,  mi  sovviene.  Par.  20  ,  145. 

Ricorderati  -  ti  ricorderai.  In.  28,  100. 

Ricorrere  -  per  correr  di  nuovo,  o  indie- 
tro. In.  8,  114.  Par.  20,  71. 

Ricreduto  -  chiarito  ,  sgannato.  Pg.  24 , 
1 12. 

Ricucire  la  piaga  -  cioè,  risaldarla,  ram- 
maruinnrla.  P^'.  25,  139. 

Riddare  -  menar  la  ridda  ,  cioè  aggirarsi 
come  coloro  che  ballano  in  ballo  ton- 
do. In.  7,  24. 

Ridere  -  fuuratamente  ,  faceta  rider  l  o- 
ricnie,  Pg.  1,  20.  Il  del  ne  ride,  cioè 
se  n  abbellisce.  Par.  28.  83.  Vidi  ra- 
dere una  bellezza ,  cioè  ,  risplendere. 
Par.  31,  134.  Il  rider  dell  erbe.  Par. 
30.  77.  Ridon  le  carte  ,  cioè  dilettano 
colla  varietà  e  bellezza  de' colori.  Pg. 
11 ,  82.  Orazio  parimente  ,  nelf  oda 
XI.  del  4.  libro  :  Ridet  argento  domu$. 

Ridire  -  narrare.  Par.  31 ,  4o. 

Ridole  -  rende  odore.  Lat.  redolet.  Par. 
30.  125. 

Ridolersi  -  tornare  a  dolersi.  In.  20,  19. 

Riducvrlil^i  -  ridur*ela.  Par.  23.  51. 

80 


tI3^ 


DIZIONARIO 


Ridure  yer  ridurre,  io  rima.  Par.  27, 89. 

Ridui-  per  riduci ,  in  rima.  Par.  22,  21. 

Riede  -  ritorna.  Lat.  redit.  In.  13,  76. 
Pg.  15.  138. 

Rledi  -  ritomi.  Lat.  redii.  Id.  21 ,  90. 
Pg.  3,  lU. 

Rietro  -  dietro,  in.  12,  81. 

Rirare  -  far  di  nuovo  ,  rifar  fano  ,  per 
restituire  la  sanità.  Par.  h ,  48.  Ri- 
far sicuro  ,  per  restituire  il  coraggio. 
Par.  26,  89.  Rifarai  parvente ,  tornare 
ad  apparire.  Par.  20,  5.  Rifarsi  sanlo^ 
purgarsi  da  ogni  colpa.  Pg.  23,  66. 

Rifémi  -  mi  rifeci.  Pg.  12  ,  7. 

Rifìecare- ficcar  di  nuovo.  Pg.  15,  6k. 

Rifisso -fisso  di  nuovo.  Par.  21  ,  1. 

Rifigliare  -  riprodurre  ,  germogliare.  Pg. 
ih,  115. 

Rifondamo-  per  rifondarono  ,  in  rima .  In. 
13  ,  U8.  V.  rErcolano  del  Varchi ,  a 
earte  253. 

Rifondere  -  per  mandar  fuori  di  sé  cosa 
simile  a  sé  ;  come  lo  splendore  rifon- 
de altro  splendore.  Par.  12,  9. 

Rifondersi  -  per  tornare  addietro  ,  detto 
del  raggio.  Par.  2  ,  88. 

Riformarsi  -  per  ristorarsi ,  rifarsi  ,  pren- 
der nuova  forza.  Pg.  32,  13. 

Rifrangere  il  raggio  -  Par.  19  ,  6.  v.  Ri- 
fratta* 

Rifratta  ,  chiamasi  la  luce  quando  si 
torce  dal  suo  dritto  cammino,  incon- 
trando diverso  mezzo  ;  come  allorché 
passa  dall'aria  nell'acqua  ,  o  dall'acqua 
nciraria.  Pg.  15  ,  22. 

Rifratto  -  addiettivo  da  rifrangere  ,  detto 
del  lume.  Par.  2.  93. 

Rifulgere- risplendere.  Lat.  re/ìi/jere. Par. 
9  ,  62.  26  ,  78.  27  ,  95. 

RSgagno-picciol  rivo  ,  ruscelletto.  In.  Ih^ 
121. 

Rigirare  sé  in  sé  -  qualità  propria  dell'a- 
nima ,  doé  ,  muoversi  da  sé  stessa  , 
riflettere  sopra  le  proprie  operazioni. 
Pg.  25 ,  75. 

Rìgistrare  -  registrare.  Pg.  30 ,  63. 

Rigìugnere  -  tornare  a  giugpere  Pg.  10, 
15. 

Rigradare  -  digradare  ,  distinguersi  per 
gradì.  Par.  30 ,  125. 


Riguardarsi  di  che  che  sia  -  guarda 
Lat.  eavere.  Par.  23 ,  36. 

Riguardo -per  avviso  «  segno.  In.  2S, 
108.  per  lo  riguardare.  Par.  10, 131 

Riguardo  -  aver  benigno  riguwrio  t»  atm- 
'  no  ,  cioè  ,    riguardarlo   eoo  occhio  à 
cortesia.  Par.  17  ,  73. 

Rilt^are-  per  confinare  in  qualche  loo^). 
Pg.  21  j  18.  Lat.  relegare. 

Rilegato  -  per  confinato.  Lat.  relegaim. 
Par;  3,  30. 

Rilevare -per  cavare  e  raccoglier  lapi- 
rola  dalla  tessitara  de'oaiatteri.  Par. 
18 ,  85. 

Rima  -  per  parola  semplicemeole  ;  o  per 
componimento  poetico  «  anche  in  ver- 
si latini.  In.  lo  ,  48. 

Rimaritare  -  per  riconciliare  ,  ricoagiu- 
gnere.  Pg.  23,  81. 

Rimase  aringo- cioè ,  impresa  difficile  cbe 
resta  a  couipirsi.  Par.  1 ,  18. 

Rimbalzo  -  il  risaltare  di  aoasivc^  co- 
sa che  ritrovi  intoppo.  In.  29  ,  99.  y. 
Di  rimbalzo. 

Rimbeccare  •  per  opporai  dirittamerite , 
detto  degli  estremi  viziosi.  Pg.  22. 49. 

Rime  -per  canti  d'uccelletti.  Pg.  28, 18. 

Rimembro  -  rimembri ,  ricordi ,  io  rima. 
Pg.  6  ,  IW, 

Rimemorare  -  rammemorarsi ,  ridursi  a 
memoria.  Par.  29  ,  81. 

Rimondare  -  per  nettare  ,  pidire  ,  par- 
gare.  Pg.  13  ,  107. 

Rimontare  -  montar  di  nuovo.  In.  19, 126. 

Rimorto  •  più  che  morto.  I^.  2i  ,  i. 

Rimpalmare  i  legni  o  le  navi  -  cioè,  ria- 
peciare  ,  ugner  di  nuovo  coUa  pegoii. 
In.  21 ,  9. 

Rimproverio  -  rimprovero ,  aspra  rìpra- 
sione ,  Pg.  16  ,  135. 

Rincalzare  -  per  fortificare ,  stabilire.  I^ 
9  ,  72.  per  mettere  attorno  soste^, 
0  per  far  largo  a  chi  passa  ,  teneado 
indietro  la  turba  ;  che  TibuUo ,  Delh 
5.  elegia  del  1.  libro  ,  disse 
viam.  Par.  21 ,  130. 

Rincalzo  -  per  appoggio  e  puntello,  b. 
29  ,  97. 

Rincominciare -cooiiDciar  di  nuovo.  Par. 
16 ,  12. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


C35 


Rioramarc  -  render  la  fama.  Pg.  13,  150. 
Riofarciare  -  per  riempire.  Jn.  30 ,  126. 
Rinfiammarsi  -  per  accendersi  di  nuovo. 

Par.  16  ,  39. 
Ringavagnare  -  rifugliare.  In.  2&  ,  12.  è 

voce  da  non  invaghirsene. 
Ringhiare  -  digrignare  i  denti ,  mostran- 
do di  Yoler  mordere  ,  dicesi  propria- 
mente de' cani  ;  ma  si  trasferisce  an- 
che agli  uomini  adirati.  In.  5,  k.  Lat. 
ringi  ,  usato  da  Terenzio  e  da  Orazio. 
Ringhioso  -  che  ringhia.  Pg.  ìk  ,  kl.  Y. 

Ringhiare. 
Ringraziare  a  che  che  sia  -  cioè  ,  di  che 

che  sia.  Par.  15 ,  83. 
Rinnovellare  -  per  eangiarsi  di  tratto  in 

tratto.  Par.  26 ,  128. 
Rinselvarsi  -  per  tornar  selva  di  nuovo. 

Pg.  14 ,  66. 
Rintoppare  -  ricucire  ,  rappezzare  ,   rac- 
conciare. In.  21  ,  15. 
Rintoppo  -  impedimento.  In.  33  ,  95. 
Rinverdire -per  far  verde  di  nuovo.  Pg. 

18,  105. 
Rio  -  per  delitto ,  reità  ,  scelleraggine.  In. 

h  ♦  kO.  Pg.  7  ,  7.  V.  Reo. 
Rio  •  addiettivo  ,  scellerato.  In.  22  ,  6k. 
Riparar  T  uomo  a  sua  vita  -  restituirlo  a 
sua  salute ,  riscattarlo ,  redimerlo.  Par. 
7  ,  ÌOk. 
Riparo -per  chiusura.  Pg.  8  ,  97. 
Riparo  de  pianeti- cioè,  rìtomamento  al 
principio  del  loro  moto  ;  come  spiega 
'  alcuno  de*  comentatorì.  Par.  22  ,  15Ò. 
Ripensare  -  pensar  di  nuovo  »  o  ben  con- 
siderare. Par.  7 ,  Ìk6. 
Ripentuto  -  per  ripentito.  Pg.  31 ,  66. 
Ki|>etere  -  per  ruminare  colla  mente.  Pg. 

6,  3. 
Ripieno  -  è  ripieno  ,  cioè  ogni  cosa  è  ri- 
piena. Pg.   ik ,  9h. 
Ripiì^nere  -  spìgnere  indietro.  In.  1,  60. 
per  ispigner  cosa  al  luogo  dond'ella  è 
tolta.  Pj?.  20 ,  69. 
Ripinto  -  ri«pinto.  Par.  h ,  85. 
Piipogna  -riponga  ,  in  rima.  Pg.  16, 123. 
Hiporgere  -  porger  di  nuovo.  In.  31 , 3. 
Riposato  vivere -cioè,  quieto  ,  tranquil- 
lo. Par.  15  ,  130. 
Ripregare  -  di  nuovo  pregare.  In.  26,  66. 


Ripreme  -  reprime.  Par.  22  ,  25. 
Riprender  via  •  mettersi  di  nuovo  in  caii- 

mino.  In.  1  ,  29. 
Riprender    virtù  -  cioè  ,  ripigliar  vigore. 

Par.  U ,  82. 

Riprestare -ridonare,  di  nuovo  concede- 
re. Par.  33,  69. 

Riprezzo  -  per  Io  freddo  e  sbigottimento 
che  apporta  la  febbre.  In.  17  ,  85.  32, 
71. 

Ripriso-per  ripigliato, in  rima.  Pg.  i,  126. 

Riprofondare  -  di  nuovo  sommergere  nel 
profondo.  Par.  30,  68. 

Riprovare-per  provare  con  argomenti  nuo- 
vi. Par.  3  ,  3. 

Risalire -di  nuovo  salire.  Par.  1  ,  50. 
Scala  ir  tanza  risalir ,  neisun  diteti^ 
de  ,  chiama  Dante  il  Paradiso  dov'egli 
finge  d' essere  andato  ancor  vivo  ;  e 
dopo  d' essere  calato  in  terra  ,  dovervi 
ritornare  già  morto.  Par.  10 ,  87. 

Rischiarare  -  per  rischiararsi.  Par.  H, 
69.  23 ,  18. 

Risedere  -  per  fermarsi ,  essere  intento. 
In.  20 ,  105.  per  isgonfiarsi ,  ricader 
giuso.  In.  21  ,  21. 

Risegare -tagliare  ,  segare  ,  dividere  ,  se- 
parare. Pg.  13,  2. 

Risensarsi -ripigliare  il  senso.  Par.  26  ,  k. 

Risentirsi  -  per  isvegliarsi ,  o  accorgersi. 
Par.  23 ,  W. 

Risma  -  per  ordine  di  gente  o  setta.  In. 
28,  39. 

Riiso  -per  bocca  ridente.  In.  5  ,  133.  ptT 
lume.  Par.  17  ,  36. 

Riiio  -  ardeva  un  rito  dentro  agli  occhi. 
Par.  15  ,  34.  Riso  affocato ,  per  lume 
dì  color  di  fuoco.  Par.  ìk  ,  86.  Riso 
dfW universo,  per  allegrezza  e  gloria 
grandissima.  Par.  27  ,   4.  v.   Ridere. 

Rispiannare -risparmiare,  rispiarmar  le 
viste,  lasciar  di  guardare ,  quello  che 
i  Latini  dissero  parcere  oculis.  Pg.  31. 
115. 

Rispitto  -  rispetto  ,  timor  filiale ,  in  rima. 
Pg.  30,  43.  v.  il  Salvini ,  a  carte  257. 
della  2.  centuria  de  suoi  Discorsi  Ac- 
cademici. 

Rispondere*  per  corrispondere.  In.  .16  . 
115.  30,  54.  Par.  i ,  129.  4 ,  123. 


G3G 


DIZIONARIO 


Rispondere-  per  poter  esser  veduto.  Par. 
29  ,  102.  La  faccia  mia  ben  ti  rispon- 
da ,  cioè .  ti  si  lasci  ben  vedere.  In. 
29,  135. 

Risponderò  per  alcuno -difenderlo  ,  farsi 
suo  avvocato.  Pg.  22  ,  ìkk. 

Risponder  lei  -cioè  ,  a  lei.  Pg.  15,  103. 

Risponderei  dall'  anello  al  dito  -  maniera 
proverbialo  elio  dinota  cosa  fatta  con 
provvidenza  ,  o  non  a  caso.  Par.  32 , 
57. 

Rispose  lui-  Pg.  1 ,  52.  Risposi  lui ,  cioè, 
a  lui-  In.  1  ,  81.  19 ,  89.  e  simili  ma- 
'  niere. 

Rissarsi  con  alcuno -adirarsi  centra  d'esso. 
In.  30  ,  132. 

Ristare -fermarsi.  In.  2,121.  12.  58. 
16.  19.  20,  86.  21,  k.  Pg.  4,  4^5. 
18.  116.  23  ,  18. 

Ristarsi -per  non  partirsi.   Pg.  33,  15. 

Ristoppare- turar  di  nuovo  le  fessure  colla 
stoppa.  Id.  21  ,  11. 

Risurgere- risorgere.  Pg.  7,  121. 

Ritendere  -  per  tendere  ,  distendere.  In. 
25 ,  57. 

Ritorcersi  -  per  tornar  addietro.  Par.  29, 
97. 

Ritornarci  -  per  ritornarne.  In.  8  ,  96. 

Ritorta  -  fune.  In.  19  ,  27. 

Ritrarre -per  descrivere,  trattare.  In.  2. 
6.  'i- ,  145.  per  imprimere  nella  memo- 
ria. In.  16  ,  60.  perrilerire.  Pg.  5,  32. 

Ritrosi  passi -per  le  operazioni  viziose, 
colle  quali  l'uomo  si  discosta  da  Dio. 
Par.  10.  123. 

Ritroso  calle  -  cammino  air  indietro.  Lat. 
iter  praeposterum.  In.  20,  39. 

Ritto -dritto  in  piedi.  In.  19,  52. 

Riva  -  essere  a  riva,  cioè  al  suo  termine 
di  perfezione.  Pg.  25,  54.  Luna  delle 
rive  :  o  quella  d' Acheronte ,  dove  van- 
no i  dannati ,  secondo  l' antiche  favo- 
le ;  0  quella  d*  Ostia  Tiberina  .  donde 
si  partono  ,  secondo  il  Poeta  nostro  , 
r  anime  che  vanno  a  purgarsi.  Pg. 
25,  86. 

Rivada  -cioè,  torni  ad  andare.  In.  28,  42. 

Riva  del  mare  -  per  lido.  In.  30,  18. 

Bita  intema  ,  chiamasi  da  Dante  la  cir- 
conferenza concava  del  primo  mobile. 


Par.  23,  115. 
Rìudirc-udir  di  nuovo.  Par.  8,  30. 
Rivenire  -  di    nuovo    venire  ,    ritornare. 

Par.  7,  82.  10,  70. 
Riverire -tinrcnre,  cioè  ,  la  riverenzi. 

Pg.  19,  129. 
Riverso  -  il  riversare  .    il   minare,    lo. 

12,  45. 
Rivertere  -  per  rivoltare.  In.  30  ,  57. 
Riviera  -  per  fiume.  In.  3,  78.  V.:,  14, 
26.  Par.  30 ,  61  ,  per  rivo.  P-.  28. 
47.  per  stagno.  In.  12  ,  47. 
Rivivere  -  tornare  a  vivere.  Io.  15,  76. 
Rivoche  -  per  rivochì,  in  rima.  Par.  11 , 

135. 
Rivolvere  -  rivolgere.  In.  11,  94.  Pg.3, 

123.  Par.  3,  28.  28,  7. 
Riuscire  in  qualche  luogo -|>er  arrivani. 

Pj:.  2,  132. 
Robbi  -  rossi,  in  rima.  Par.  Ifc,  94. 
Rocca -per  rupe.  In.  17,  134. 
Rocchio  -pezzo  di  sasso,  di  Ggura  quasi 
cilindrica.  Lat.  saxum  teres.    In.  20, 
25.  26,  17. 
Roccia  -  rupe  o  ripa  scoscesa  ,  balzo  di 
montagna.  In.  7,  6.  12 ,  8 ,  36.  18. 
16.  23.  44.  32,  3.  Pg.  3,  47.  Ì2, 
137.  Par.  6,  51. 
Rocco  -  per  pasturale  d'arcivescovo,  fatto 
in  cima  come  un  rocco  di  sacchu  Pn. 
24,  30. 
Roflìa  -  densità  di  vapori  umidi.  Par.  28, 

82.  voce  disusata. 
Roggio  -  rosso  ,  infuocato-   Io.  11  ,  73. 

?g.  3.  16.  Par.  14,  87. 
Rombo  -  il  remore  e  suono  che  tanno  le 
api,  le  vespe,  i  calabroni,  e  anche  gli 
uccelli,  con  1'  ali.  In.  16,  3. 
Romito  in  sé  -  cioè,  raccolto  io  sé  stesso. 

Pg.  6,  72. 
Rompóo  -  ruppe,  in  rimi.  Pg.  17,  31. 
Rompiéno  -  rompevano.  In.  13  ,  117. 
Roncare  -  nettare  i  campi  dall'  erbe  iou- 

li!i.  In.  20,  47. 
Ronchione  -  ronchio  grande,  lo.  24 ,  28. 

26,  44.  V.  Rocchio, 
Ronchioso  -  aspro,  scabroso ,  quasi  pici 

di  rocchi.  In.  24,  62. 
Roncigliare  -  pigliar  con  ronciglio.  In.  SI, 
75.  V.  Ronciglio. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


637 


Ronciglio  -  ferro  adanco  a  guisa  d'  uncino. 
In.  2),  71. 

Rorare-  per  inaffiaré.  Par.  24,  8,  è  vo- 
ce latina. 

Rosa  -  per  la  Beata  Vergine.  Par.  23,  73. 

Rosa ,  chiama  Danto  il  gran  circolo  do' 
beati  ,  eh*  ei  finire  d*  aver  veduto  in 
Paradiso.  Par.  30,  117,  124.  31,  1. 

Rosato  -  di  color  comic  di  rosa.  Pì:.  30,23. 

Uose  -  per  aninie  beato.  Par.  12.   19. 

Rosta -per  raniuscello  con  frasche.  In. 
13.  117. 

Rotanti.'-  che  ruota,  che  gira.  Par.  31,33. 

Rotare  -  aggirare  a  guisa  di  ruota.  In. 
30,  11. 

Rotato  -  aggirato  a  guisa  di  ruota.  Pg. 
9,  28. 

Roteare  -  volgersi  in  giro  ,  o  danzare  a 
guisa  di  ruota.  Par.  18,  41.  19  ,  97. 
21,  39. 

Rotella  -  per  piccioja  ruota  o  cerchio.  In. 
17,  15. 

Rotto-  sustantivo  ,  per  rottura,  foro.  In. 
19,  44.  Pg.  9.  74. 

Rotto -addiettivo,  per  dedito,  inchinato 
assai.  In.  5,  55.  per  malconcio.  In.  22, 
132. 

Rovente  -  affuocato ,  infuocato,  o  del  co- 
lore del  fuoco,  forse  dal  latino  rubens, 

,  In.  9,  36.  Pg.  26,  7. 

Rubecchio  -  rosseggiante.  Pg.  4,  64^ 

Rubesto  -  per  feroce.  Pg.  5  ,  125.  per 
ispaventevole  ,   tremendo.  In.  3t,  106. 

Rubinetto  -  picciolo  rubino.  Pai;.  19,  4. 

Rubro  lito  -  cioè,  mar  Rosso,  vicino  al- 
l' Arabia.  Par.  6  ,  79. 

Rude  -  rozzo,  in  rima.  P3.  33,  102.  Lat. 
rudis* 

Ruere  -  per  correre  in  troppa  fretta.  Par. 
30,  82.  è  voce  latina. 

Ruggero  -  per  fare  strepito  in  volgendo- 
si. Par.  27,  144.  Il  Vocabolario  della 
Crusca  mette  questo  esempio  sotto  il 
verbo  ruggire. 

Rugghiare-  per  mormoreggiare.In.27, 58. 
Ruggio  -  ruggì.  Pg.  9.  136. 

Rugiada  *  per  lagrime.   Pg.  30  ,  53.  v. 

Acqua. 
Rui  -  per  cadi,  io  rima.  Io.  20,  33.  y. 
Ruer$. 


Ruina  ,  chiama  forse  Dante  quella  rot- 
tura la  quale  ei  finge  che  fosse  fatta 
infino  al  centro  della  terra  ,  quando 
gli  angeli  ribelli  giù  dal  Cielo  precipi- 
tarono. In.  5  y  34.  Altri  spiegano  al- 
trimenti. 

Ruminare  -  per  bene  esaminare.  Pg,  16, 
99. 

Runciglio  -In.  22,  71.  v.  Ronciglio. 

Ruota  -  per  corpo  rotondo  di  pianeta.  Par. 
21,  58.  cosi  Tibullo,  nella  9.  elegia 
del  1.  libro  : 
Dum  rota  Luciferi  provocei  orla  dicm . 
per  lo  giro  de* cieli,  i  quali  continua- 
mente rivolgendosi  in  sé  stessi  j  pare 
che  bramino  Dio  ,  e  cerchino  ,  a  lor 
modo,  di  fruirlo  come  tutte  T  altre  crea- 
ture. Par.  1,  76. 

Ruota  -  andare  a  ruota  ,  per  menare  il 
ballo  tondo.  Par.  14,  20. 

Ruota  -  la  ruota  rivolge  sé  cofUr'al  taglio. 
cioè  la  divina  giustizia  rintuzza  la  spa- 
da della  sua  vendetta  :  presa  la  mi^- 
tafora  dalla  cote  0  pietra  d*aguzzare, 
la  quale  volgendoài  centra  la  schienri 
del  coltello,  viene  ad  aguzzarlo;  ni.i 
se  si  volga  contrai  taglio  di  esso  , 
viene  a  guastarlo.  Pg.  31,  42. 

Ruota  destra  del  carro-  ciroonscritta.  Pj:. 
32,  29. 

Ruota  gloriosa  -  per  cerchio  d'  anime  bea- 
te. Par.  10  ,  145. 

Ruote -per  le  sfere  celesti.  Par.  4,58. 
6 ,  126.  e  cosi  ruote  eteme.  Par%  1  , 
64.  e  ruote  magne.  Pg.  30.  109. 


Sa* -sai.  Par.  22,  7,  8. 

Sabaoth  -  parola   ebraica  ,    che  significa 

eserciti  0  degli  eserciti.  Par.  7 ,  1. 
Sacca -per  sacchi.  Par.  22,  78. 
Sacco  -  per  ventricolo  dove  si  concuoco 

il  cibo.  In.  28  ,  26. 
Sacrate  ossa  ,  chiama  Diinte  quelle  dei 

regi.  Pg.  20 ,  60. 
Sacro  poema  ,  chiama  Dante  questa  sua 

Divina  Commedia.  Par.  25.  1. 
Sacro  -  por  escrabile ,  fame  sacra  dtl- 


638 


DIZIONARIO 


V  oTfi ,  appetito  malragio  delle  ricchez- 
ze. Pg.  23 ,  M. 
Sacrosanto  segno  -  per  1*  aquila  ,  indegna 

del  romano  imperio.  Par.  6  ,  32. 
Saettare -figuratamente.  In.  29  >  &-3. 
Saettare  -  per  iscagliare  ,  gittare  di  lon- 
tano come  si  gittano   le  saette ,  saet- 
tare il  fuoco.  In.  16  ,  16.  Il  sole  saet- 
tava il  atomo  y  vibrava  i  suoi  raggia 
guisa  di  strali.  Pg.  2  ,  55.  Cosi  Lu- 
crezio usa  di  dire  :  Lucida  tela  àtei. 
Saggio  -  savio ,  far  saggio ,  per  informa- 
re ,  dar  notizia.  Pg.  5 ,  30. 
Saggio  -  pruova.  Lat.  specimen  ,    levare 
i  saggi,  per  far  pruova.  Pg.  27,  67. 
Sagrato  poema-  per  la  Commeidia  di  Dan- 
te. Par.  23  ,  02. 
Salavàm  -  salivamo.  Pg.  h  ,  31.  10  ,  7. 
Sale  -  per  mare  ;  alla  foggia  de'  Latini. 

Par.  2 ,  13. 
Salendo -per  salendosi.  Pg.  13  ,  3.  Pa- 
rimente 9  Petrarca  nel  sonetto  6.: 
Acerbo  fruito  che  le  piaghe  altrui , 
Gustando,  affligge  pA  che  non  conforta, 
gustando,  per  gustandosi. 
Sali  -  seconda  persona  singolare  del  pre- 
sente deirindicativo  ,  dal /irerbo  sahVé. 
In.  1  ,  77. 
Saline  -per  sali ,    in  rima.  Pg.  k  ,  22. 
Salire  di  carne  a  spirito  -  passare  da  que- 

sU  all'  altra  vita.  Pg.  30 ,  127. 
Satiri  -  per  luoghi  erti  da  sormontarsi  ; 

o  per  le  scale.  Pg.  19  ,  78. 
Salissi  -  sali ,  si  sali.  Par.  2Ò ,  26. 
Salita -nome  9  per  grado  di  gloria.  Par. 

ìk  ,  39. 
Saiitore  -  che  sale.  Pg.  25  ,  9. 
Salma  -  soma  ,  peso.  Par.  32  ,  IH. 
Salmodia  -  canto  di  salmi.  Pg.  33  ,  2. 
Salsa  -  per  pena  o  tormento.  In.  18,  51. 
Sahe-per  sali.  Par.  11  ,  72. 
Salsi  -  cioè  ,  sei  sa  ,  sasselo.  Pg.  5, 135. 

31  ,  90. 
Saltare  -  per  passare  sotto  silenzio ,  tra- 
«andare  alcune  cose  più  difficili,  senza 
descriverle.  Par.  23  ,  62.  2^ ,  25. 
Saltellare  -  saltare    spessamente ,   e    a 
piccioli  salti  ;   sbalzar   qua  e  là.  In. 
12 ,  2i. 
Salto  •  per    selva  ,    foresta  ,   pascolo  , 


luogo   deserto.  Lat.  talius.   Pir.  11, 
126. 

Salvazione* salute.  In.  2  ,  30. 

Salne  ,  Regina  -Dio  ti  salvi  ,  Regina  , 
principio  d*  una  divota  antifona  che 
suol  cantarsi,  dalla  Chiesa  in  lode  della 
Beata  Vergine.  Pg.  7  ,  82. 

Salute  -  per  la  gloria  de  beati.  Par.  U, 
8^. 

Salute  -  per  cosa  salutifera.  Par.  30,  53. 

Salute  ultima  -  cioè  ,  Iddio.  Par.  22,  12^. 
33 ,  27. 

SalutevoI  cenno  -  cioò  ,  atto  di  taluto. 
In.  ^  ,  98. 

Sanatore-che  sana.  Pg.  25  ,  30. 

Sangue -uomo  di  sangue  ,  cioè,  san^i- 
narìo  ,  omicida  ,  ed  è  frase  tolta  dalla 
divina  scrittura  :  Viri  sanguinmm.  la. 
2i  ,  129. 

Sangue  -  per  entrata  o  patrìmooio.  tu. 
27 ,  58. 

Sangue  e  puzza  con  cui  si  placa  Imi- 
fero  ,  chiama  il  Poeta  nostro  gli  omi- 
cidi e  r  altre  brutte  scelleratexze.  Far. 
27,  26. 

Sanguinare  -  insanguinare  ,  sporcare  di 
sangue.  Pg.  5  ,  99. 

Sanguinente  -  sanguinoso.    Io.  13  ,  139. 

Sanna  -  dente  grande  e  proroineote  dì 
fiero  animale.  In.  6,  23.  22.  56. 

Snnnuto  -  armato  di  sanne ,  cioè  di  gran 
denti.  In.  21  ,  122. 

Sano  popolo  -  cioè  ,  unito  «  concorde  ; 
perchè  le  discordie  e  le  gaerrc  civili 
sono  i  morbi  dello  repubbliche.  Par. 
31 ,  39. 

Santo  ,  Santo  ,  Santo  -  inno  degli  Ansig- 
li ,  usato  dalla  Chiesa  nel  prefaiio  de«li 
messa.  Par.  26  ,  69. 

Sanza  -  senza.  In.  3 ,  36,  9.  33  ,  106. 
e  in  altri  luoghi. 

Sapavàm  •  sapevamo.  P^.  1^  ,  127. 

Sape  •  sa  ,  in  rima.  Pg.  18  ,  56.  Par. 
23 ,  45.  28 .  72. 

Sapei  -  sapevi.  Pg.  30  ,  75. 

Sapem  -  sappiamo.  In.  10  ,  \05. 

Sapén  -  sapevano.  Par.  13  ,  126. 

Saper  del  mondo  -  cioè  ,  esser  pratica 
de*  negozi.  Pg.  16 ,  47. 

Saper  di  salo  -  lo  pane  altrui  sa  iì  m/i. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


68» 


maniera  proverbiale  ,  che  signiGca  es- 
ser aspra  e  dura  cosa  l'aver  bisogno 
di  mangiar  l'altrui  pane.  Par.  17,  58. 

Sapere  -  per  esser  soggetto ,  né  oecaso 
mai  ieppe  né  orto ,  cioò ,  dod  conobbe 
mai  principio  nò  fine ,  essendo  etemo* 
Pg.  30 ,  2. 

Sapere  -  per  conoscere  ,  semplicemen- 
te. Par*  25 ,  74.  per  potere.  In.  6  » 
kU  12 ,  24. 

Sappiendo  -  sapendo.  In.  32  ,  137.  Pg. 

3  ,  93.  23 ,  67. 

Saputo -per  savio,  accorto.  Pg.  16,8. 

SaragU  -  per  vi  sarà.  Par.  25  ,  124. 

Sarien  -  sariano  ,  sarebbero.  In.  20,  102. 
Pg.  3 .  48.  15  ,  128. 

Sariensi  -  sarebbero.  Par.  16 ,  65. 

Sariesi-  si  saria,  si  sarebbe.  Par.  16,  64. 

Sarte  -  corde  della  vela  del  navilio ,  le- 
gate all'antenna.  In.  21 ,  14.27,81. 

Sassi  -  per  si  sa.  Pg.  31  ,  39. 

Satiro  -per  componitore   di  satire.    In. 

4  ,  o9» 

Savere  -  sapere.  In.  7  ,  73  ,  85. 11,  93. 
Pg.  22  ,  147.  Par.  5 ,  IH.  10,  113. 
21  ,  19.  28 ,  106. 

Savore  -  sapore,  iavor  di  forte  agrume , 
figuratamente  ,  per  cosa  che  molto  di- 
spiaccia. Par.  17  ,  117. 

Savoroso  -  saporito.  Pg.  22  ,  149. 

Saziare  -  per  saziarsi.  Pg.  21  ,  1. 

Sazio  -  per  saziato.  Pg.  33  ,  138.  Par. 
28  ,  48.  Fareazio  del  eno  nome,  cioè, 
manifestarlo,  appagando  l' altrui  curio- 
sità. Par.  15 ,  87. 

Sbarrar  1'  occhio  -  per  aprirlo  bene,  spa- 
lancarlo. In.  8,  66. 

Sbarro  -  per  ostacolo  ,  impedimento ,  ri- 
tegno. I^.  33  ,  42. 

Sbuffare  •  respirar  con  impeto  per  cagio- 
ne di  sdegno.  In.  18 ,  104. 

Scabbia  -  rogna.  Lat.  fcaòies .  In.  29,  82. 

Scacchi  -  doppiar  degli  teaeehi ,  à  lo  scac- 
chiere sessantaquattro  quadretti ,  tra 
bianchi  e  neri  ;  al  primo  de*  quali  chi 
ponesse  nome  uno ,  al  seconao  due  , 
al  terzo  juaUro ,  al  quarto  otto  ;  e  eo- 
si  andasse  raddoppiando  sempre  fino 
air  ultimo  ,  verrebbe  ad  aver  fatto  un  1 
Diaero  innumerabile.  Par.  28  »  98.  ^ 


V.  Immillarti. 
Scagionare  -  scolpare ,  scusare.  Iq«  32 , 

69. 
Scaglione  •  grado  di  scala.  Pg.   9  ,  94. 

12.  115. 

Scalappiare  -  uscir  del  calappio  ,  o  sia 

della  rete.  Pg.  21  ,  77. 
Scale  deir  etemo  palazzo ,  chiama  Dante 

i  cieli.  Par.  21 ,  7. 
Scalèe  -  scale  ,  gradi ,  in  rima.  In.  26, 

13.  Pg.  12,  104.  Par.  32  ,  21. 
Scalèo  -  scala.  Pg.  15  ,  36.  Par.  21,  29. 
Scalpitare  -  calpestare*  In.  14  ,  3i. 
Scaltrire  -  far  divenire  altrui  sagace  ,  di 

rozzo  e  inesperto.  Pg.  26  ,  3. 
Scana  -  zanna  o  saona  ,  cioè  dente  gran-* 

de  d' animale.  In.  33 ,  35. 
Scandere  -  per  ascendere  ,  salire,  è  voce 

latina.  Par.  8 ,  97. 
Scanni  -  per  gradi  di  beatitudine.  Par. 

6,  125. 
Scanno'- per  sedia,  trono.  In.  2,  Ut. 

Par.  30,  131.  32,  28,  29. 
Scapigliato  -  chi  à  i  capelli  scomposti  • 

mal  pettinati.  In.  18 ,  130. 
Scarco  di  pietre  -  sustantivo ,  per  luogo 

discosceso ,  dove  molte  pietre  si  sieno 

scaricate  o  ruinate  al  liasso.  In.  12 , 

28. 
Scardova  *  spezie  di  pesce  di  scaglia  lar- 
ga. In.  29 ,  83. 
Scarso  •  per  difettuoso  ,  inefficace.  Par. 

33  ,  30.  per  ritroso.  Pg.  14 ,  80. 
Sceda  -  per  Dufltmeria  ,  motto  ridieoio. 

Par.  29 .  115. 
Scemare  la  mente  da  so  medesima  -  cioè. 

togliere  o  sminuire  l'intendimento.  Par. 

30  ,  27. 
Scemo  -  sustantivo  ,  per  scemamentp  , 

mancanza.  Par.  20  ,  136. 
Scemo  -  addiettivo,  laeciare  scemo  alcun» 

di  $é  ,  abbandonarlo  ,  privarlo  della 

sua  compagnia.  Pg.  30 ,  49. 
Scemo  -  per  dimagrato  assai.  Pg.  23^18. 
Scemo  luogo  -  per  vuoto  e  scavato.  la. 

17,  36. 
Scempie  gote-  per  prive  d'orecchie,  la. 

25 .  126. 
Scempio  •  sustantivo ,  per  tormento  tra- 

dele ,  fiera  strage.  Pg.  12,  U. 


(V^O 


DIZIONARIO 


Scempio  -  ad  dietti  vo  ,  per  semplice,  eoo- 
trariò  di  doppio.  Pg.  16 ,  55.  per  di- 
sunito ,  disgiunto  e  dissipato.  Pg.  12, 
133.  Par.  17  ,  62. 

Scendesse  -  per  scendessi ,  in  rima.  Pg. 
8,  46. 

Scernere -per  discernere.  In.  15  ,  87. 
per  additare ,  mostrare.  Pg.  26,  115. 

Scerpare  -  rompere  ,  guastare  ,  schianta- 
re. In.  13  ,  35. 

Scesa  -  calata  ,  precipizio.  In.  16,  101. 

Scevro  -  per  chi  stassi  in  disparte.  Par. 
16  ,  13. 

Scheggiò  inibesiiate  ,  chiama  Dante  il  to- 
ro di  legno  ,  fabbricato  da  Dedalo  per 
soddisfare  alla  lussuria  di  Pasife.  Pg.' 
26 ,  87. 

Scheggia  -  per  ischiena  di  scoglio  gros- 
samente tagliato.  In.  18,71.  per  tron- 
co di  pianta.  In.  13  ,  43. 

Scheggiare  -  levar  le  schegge  o  picciole 
assicelle  da  un  legno.  Par.  li ,  137. 
ma  qui  figuratamente. 

Scheggio  -  piT  un  pezzo  di  scoglio.  In. 
21 ,  60 ,  125. 

Scheggione  -  scheggio  grande.  In.  21,  89. 
Y.  Scheggio. 

Schermare  ^  per  difendere  ,  schermire. 
Pg.  15  ,  26.  per  ischifare.  Pg.  6,  151. 

Schermidore  -  per  colui  che  parte  i  com- 
battenti. In.  22,  142. 

Schermo  -  riparo  ,  difesa.  Io.  13  .  134. 
e  in  altri  luoghi.  Avere  schermo  a  chi 
ciie  sia  ,  per  difenderlo  ,  senirgli  di 
scliermo.  In.  21  ,  CO. 

Sciiermo  -  per  arma  da  oflendere.  In. 
21,  81. 

Scliiacciari»  -  rompere  e  infrangere  pre- 
mendo. In.  18  ;  81. 

Schiantare  -  sterpare  ,  svellere  ,  dislnc- 
care  con  violenza.  In.  l) ,  70.  Pj:.  20. 
45.  28 .  120. 

Schianto- per  ischianli.  in  rima. In.  13.33. 

Schianza  -  crosta  o  pelle  che  si  secca  so- 
pra la  carne  ulcenita.  In.  29  ,  75. 

Schiarare  -  per  manifeslnre.  Par.  20,  23. 

Schiararsi  -  per  divenir  più  lucido.  Par. 
21  ,  91. 

Schiarato  -  per  molto  rispleodente.  Par. 
35,  106. 


Schiudersi  -  uscire  di  luogo  chiuso ,  ile- 
garsi.  In.  30,  27. 

Schiuso  -  aperto.  Pg.  25  .  115. 

Sciagurato  -  infelice.  In.  22  ,  44. 

Scialbo  -  pallido  ,  biancastro.  Pg.  19,  9. 

Seias  quod  ego  fui  succestor  Petri  -  Sappi 
ch'io  fui  successore  di  Pietro.  Pg.  19, 
99. 

Sciagurato  -  per  tapino  ,  abbietto  ,  vile. 
In.  3  ,  64. 

Scimia«-per  imitatore.  In.  29,  139. 

Scindere  -  per  separare  ,  svellere,  è  voce 
latina.  Pg.  11 ,  103. 

Sciolto -per  libero.  Par.  27  ,  131. 

Sciolto  da  ballo  -  uscito  di  ballo.  Par.  10, 
79. 

Sciorinarsi-  per  uscire  ali  aria,  procurar» 
refrigerio.  In.  21  ,  116. 

Scipare  r  lacerare  ,  malmenare  ,  straziare 
In.  7,  21.  24,  84. 

Scisma  -  discordia  e  divisione  io  materia 
di  religione ,  in  greco  scisma,  lo. 
28,  35. 

Scisso  -  disgiunto  .  diviso  ,  separato,  lon- 
tano. Pg.  6. 123.  Par.  21,  96.  v.  S«ii- 
(ìere. 

Scoccare  -per  manifestare  ,  palesare.  In. 
25  ,  96.  per  pronunziarsi.  Pg.  6  ,  190. 

Scoccare  l'arco  del  dire  -  per  isfogarsi  par- 
lando ,  o  risolversi  di  parlare.  P^;.  25. 
17. 

Scofilio  -  per  iscorza  ,  ovvero  per  osta- 
colo ed  impediment'j.  Pg.  2,  122. 

Scolparsi  -  per  purgar  le  colpe  cornine*- 
se.  Pg.  24  .  84. 

Scommettere- perseminardi>cordioc  ><•«»- 
d.'Hi  ;  quafii  disunire  le  cose  cnnìim-v 
se  ,  cioè  congiunte.  In.  27^  136. 

Sconìuniclie  -  loro  abuso  ripreso.  Par.  18. 
128. 

Sconcia  novella  t  per  fnlsa  ,  inverisimilr. 
corrotta.  In.  18  ,  57. 

Sconcio  -  ncr  bruito  ,  difforme  ,  vergo- 
gnoso. In.  29,  107.  Par.  9,  53.  per 
difficilo,  aspro.  In.  19,  131.  per  di- 
sadatto ,  8i»roporzionato.   In.  30  ,  85. 

Sconoscente  vita  -  cioè  ,  ignobile  ,  oscy- 
ra.  In.  7.  53. 

Scoperchiato  -  senza  coperchio  ,  aperto, 
lu.  10  ,  52. 


DELLE  PAROLE  E  FBASL 


641 


Scoperto -a  maDiera  di  sustantivo.  In.  31, 
89. 

Scoprire  -  per  impiegare.  Pg.  28 ,  135. 

Scorgere -per  insegnare,  adciitare.  In. 
8.  93. 

Scornato  -deluso,  svergognato.  In.  19,60. 

Scorno  -  la  Natura  gli  averebbe  scorno , 
cioè  ,  quegrintagli  farebbero  scorno  al- 
la Natura.  Pg.  10  ,  33  ,  o  la  particel- 
la gli  in  questo  luogo  significa  tet. 

Scorto  -  per  pronto  ,  spedito  ,  sciolto.  Pg* 
19,  12. 

Scoscendere  -  per  dirompere ,  spaccare 
o  stracciare.  Pg.  ik  ,  135.  Par.  21  , 
12.  per  dirupare.  In.  24. ,  42. 

Scoscio  -  precipizio.  In.  17,  121. 

Scostarsi  dai  Ganco  -  figuratamente ,  per 
non  imitare  i'  esempio.  Par.  19,  148. 

Scotto  -  per  \q  pagamento  del  desinare 
o  della  cena  che  si  mangia  nelle  ta- 
verne. Pg.  30,  144.  ma  qui  figurata- 
mente ;  benché  non  sia  voce  da  ser- 
virsene in  cose  gravi  ed  illustri. 

Scranna  -  sedia ,  cattedra,  sedere  a  scran- 
na ,  cioè  j  prò  tribunali  ;  farla  da  giu- 
dice o  da  maestro.  Par.  19,  79. 

Scriba  -  per  iscritlore.  Par.  10  ,  27.  è 
voce  latina. 

Scritta  -  per  iscrizione.  In.  8,  127.  11,  7. 

Scritto  -  per  profezia  scritta.  In.  19,  54. 

Scrittura  -  per  regola  di  frati.  Par.  12 , 
125, 

Scudo  -  per  arme  di  famiglia  o  di  regno. 
Par.  12,  53. 

Scuoiare  -  spogliar  del  cuoio  ,  levar  la 
pelle,  scorticare.  In.  6,  18.  22,  41. 

Scuriada  -  sferza  di  cuoio.  In.  18,  65. 

Scuro  -  oscuro.  Par.  6,  85. 

Scusare  -  per  ricusare.  Pg.  15,  130. 

Sdebitarsi  -  sgravarsi  del  suo  debito.  P<;. 
14,  29. 

Sdrucire-  per  aprire,  fendere,  spaccare. 
In.  22,  57. 

Se  -  per  cosi ,  detto  con  affetto  di  desi- 
derio ,  e  di  pregare  altrui  prosperi  avr 
veiiimenti ,  in  quella  giuiia  che  i  poeti 
latini  adopravauo  il  loro  ne.  In.  16, 
64.  Pg.  26,  61.  e  in  altri  luoghi. 

Se  -  per  benché.  Par.  4,  78.  19,  28. 

Secca -per  terra,  che  dalla  difina  scril- 


I     tura  chiamasi  arida  ,  a  differenza  del- 
l'acqua.  In.  34  ,  113. 

Secchezza  -  per  magrezza.  Pg.  24 ,  32. 

Secoli  recenti  -  cioè  ,  i  primi  secoli  del 
mondo  ,  avanti  Abramo.  Par.  32,  76. 

Secondamente  -  nel  secondo  luogo.  Pg. 
13,  2. 

Secondar  coli' occhio-  cioè  ,  accompagna- 
re 0  seguire  colla  vista.  In.  16,  117. 

Secondare  -  per  seguire  ,  seguitare,  suc- 
cedere ,  e  Dante  T  adopera  col  quarto 
e  alcuna  volta  col  terzo  caso.  Pg.  16, 
33.  23,  123.  29,  91.  Par.  1,  34.  23, 
64.  28,  111. 

Secondare  alle  percosse  -  cioè  ,  piegarsi 
jB  cedere  soavemente  senza  rompersi* 
t>g   1,  105. 

Secondo  -  ora  seconda  alf  ora  sesta,  cioè 
r  ora  settima  che  immediatamente  se- 
gue la  sesta.  Par.  26,  141. 

Secondo  che  per  ascoltare  -  questa  è  una 
elissi  ;  e  cosi  supplir  si  dee  :  secondo 
che  mi  parve  di  comprendere  per  ascol- 
tare ;  cioè  ascoltando,  Id.  4,  25. 

Secondo  regno  -  per  lo  cielo  di  Mercurio 
Par.  5.  93. 

Sed  -  per  se  ,  particella  ;  quando  seguita 
vocale.  Par.  19.  78.  Cosi  Pietro  Bem- 
bo nelle  stanze. 
Allor  ti  va  per  gioia  e  per  diporto 
Il  signor,  quando  può,  sed  egli  è  saggio. 

Sedavamo -sedevamo.  Pg.  9,  12. 

Sedere  -  detto  di  luofso  .  cillà  o  provincia; 
alla  io^'Ah  de'  Latini ,  cioè ,  esser  si- 
tuato. Par.  9,  26. 

Sedere  in  sul  sangue  -  detto  dell'  anima 
la  quale ,  mentre  Y  uoro  vi\e,  sta  con- 
giunta col  sangue  e  couli  spiriti  pro- 
dotti dai  sangue.  Pg.  5,  74. 

Sedia  apostolica  -  Par.  12,  88. 

Sediero  -  sedettero.  Pg.  2,  45. 

Sedie  -  nome  ,  seggio.  Par.  32,  7. 

Segare  dell'acqua  -  fender  T  acqua,  detto 
d' una  barchetta.  In.  8,  29. 

Seggendo  -  sedendo.  In.  22,  102. 

Segnacolo  -  per  segno ,  insegua.  Pur. 
27 ,  50. 

Segnare  -  per  benedire   col   segno   della 

I     Croce  ,   come  fanno   i   vescovi.    In. 
20,  «9. 

81 


c^s 


DIZIONARIO 


Segnare  nostra  favella  -  cìoò  ,  formare  i 
caratteri ,  per  mez^o  de' quali  vengono 
a  significarsi  le  >oci  umane  articuiate. 
Par.  18.  72. 

Segno  •  per  atto  ,  dimostrazione  di  cor- 
tesia. In.  18,  91. 

Segno  -  per  lettera  d'alfabeto  scritta.  Par. 
18 .  80. 

Segno  -  per  miracolo.  Pnr.  18,  123- 

Segno  benedetto  -  per  1*  aquila  ,  insegna 
de'  Romani.  Par.  20,  86.  cosi  pure  il 
Poeta  la  chiama  ,  segno  Che  fé  i  Ro- 
mani al  mondo  reverendi.  Par.  19,  101. 
e  segno  del  mondo  e  de  suoi  duci.  Par. 
20,  8. 

Segno  de*  mortai  ,  e  segno  delC  initlUUo 
nostro ,  chiama  il  Poeta  la  picciola  for- 
za dell'intelletto  umano,  ristretta  Tra 
molto  angusti  confini.  Par.  15  ,  <^2  , 
ko. 

Segno  di  maggior  disio  -  oggetto  più  che 
altro  desiderato.  Par.  3,  126. 

Segno  venerabile»  Che  fan  giunture  di 
quadranti  io  tondo  -  la  Croce  ,  lo  due 
lince  della  quale  ,  che  insieme  s' attra- 
versano ,  se  in  un  cerchio  si  tirino  da 
un  punto  della  circonferenza ,  per  lo 
centro,  al  punto  opposto,  dividono 
esso  cerchio  in  quattro  quadranti  Par. 
H,  101. 

Sego- per  seco,  con  sé,  o  con  altri  della 
sua  natura  medesima  ,  in  rima.  Pg. 
17,  58. 

Seguace  alla  passione  •  cioè  ,  della  passio- 
ne. Pg.  21,  106. 

Seguentemente  -  per  subito  dopo.  Pe. 
20,  25.  ' 

Seguette  -  per  seguì,  in  rima.  In.  25.  kO, 
Par.  9,  Ul.  25,  83.  fuori  di  rima.  Par. 
9.  24. 

Seguio  -  segui.  Par.  3, 124. 6,  2. 25, 48. 

Seguir- per  seguirono,  non^e^tiir /a  mente, 
cioè,  non  rimasero  nella  memoria.  Par. 
U,  81. 

Seguire  e  seguitare  -  per  accadere.  In. 
25,  40,  41. 

Seguir  la  storia  -  per  imitare  i  fatti  vir- 
tuosi narrati  nelle  storie.  Par.  19, 18. 

Seguitare  a  chi  che  sia  -  cioè  ,  dopo  di 
«hi  che  sia.  Pg.  5,  132. 


Seguiteria  -  seguiterebbe.  Par.  6,  63. 

Seguiterieno  -  seguiterebbero.  Par.  2,  Ti 

Seguito  -  per  accaduto  ,  succeduto.  ?u. 
24,  101. 

Seguito  -  per  colui  che  segue.  Par.  2,  ì. 
Cristoforo  Landino  spiega  diversameiìlf; 
ma  la  sua  spiegazione  non  può  soste- 
nersi, perchè  contraddice  a  quello  dk; 
leggesi  poco  dopo: 
Tornate  a  riveder  li  ìDottri  Uii. 

Selva  di  spiriti  spessi  -  cioè,  folla  ,  mol- 
titudine. In.  4,  66. 

Selvaggio  -  per  fuoruscito.  La  parte  set- 
raggia  ,  appresso  Dante,  è  la  laiiooe 
de'  Rianchi ,  opposta  a  quella  de'  Ne- 
ri ;  che  dagli  avversari  era  stata  cac- 
ciata fuori  di  Firenze;  di  onesti  Bian- 
chi era  anche  lo  atesso  Baote.  lo. 
6,  65. 

Selvaggio  del  loco  «cioè,  mal  pratico;  a 
guisa  di  forestieri.  Pg.  2,  52. 

Sem  -  siamo.  In.  3,  10. 13,  37.  Par.  3, 
82 .  21.  13.  29.  127. 

Sembiante  -  per  immagine  deiranimo.  fi. 
21,  111. 

Sembianza  -  far  iembianze  ,  per  accen- 
nare. Par.  24,  56. 

Sembiare  -  sembrare,  parere,  somigliare. 
In.  1,  50^  Pg.  9,  105.  10,  ;19.  Par. 

20,  76. 

Sembiare  -  parere.  Pg.  10.  113. 

Seme  -  per  la  fede  cristiana.  Par.  12,  95. 

Seme  -  per    cagione,    lu.    33  ,   7.  Pg. 

21,  94. 

Seme  del  piangere  -  origine  e  pensiero  del 
piangere,  spiegano  gli  Accademici  dei- 
la  Crusca  nel  Vocabolario  :  le  lagrime, 
spiega  Cristofaro  Landino.  Pg.  31 , 
46.  Dante  forse  intende  il  dolore  che 
di  sua  natura  produce  il  pianto.  An- 
drea Navageio  ,  in  que' vera!  ch'egli 
tradusse  da  un  frammento  di  Filetna- 
ne,  comico  greco  :  At  dolor  ,  lì  ifsa 
fructus  arbor  ,  ite  tacrimas  hotel. 

Seme  di  lor  semenza  -  cioè  ,  gU  antidà 
loro  progenitori  eh'  erano  le  cagioni  ri- 
mote  che  gli  avean  fatti  natcere.  la. 
3,  104. 

Sementa  -  semenza  ,  seme.  In.  15  76. 
23 ,  123.  Pg.  17 ,  104. 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


643 


Semente -semenza.  Pg.  35,  57.  Par.  8, 

IM). 
Semenza  -  per  figliuolo.  Par.  33 ,  120. 
Semenze  -  per  cagioni  effettive.  Par.  2  » 

120. 
Semicircoli  intercisi  di  voto  -  cioè  ordini 
di  seggi ,  in  forma  di  mezza  luna  che 
qua  e  là  siano  Yuoti  di  gente.  Par. 
32,  26. 
Semila  miglia  di  lontano  Ci  ferve  Fora 
sesta  -  poco  avanti  che  *1  sole  salga  il 
nostro  orizzonte,  fa  mezzogiorno  a  quei 
popoli  che  sono  dittanti  da  noi  seoiila 
miglia.  Par.  30,  1. 
Seminatore  -  che  semina.  In.  28,  35. 
Semo  -  siamo.  In.  4  ,  41.  17  ,  34.  Pg. 

17 .  83. 
Sempiternare  -  perpetuare  ,   conserrare 

in  sempiterno  Par.  It  76. 
Sene  •  vecchio ,    dal  latino  $enex.  Par. 

31 ,  59,  94. 
Seno  -  per  capacità.  In.  28, 6.  per  cuore  , 
animo.  In.  18,  63.  per  sito  e   parte 
di  cielo.  Par.  23,  27. 
Senno  -  a  l(n'  $tni&o  »  a  lor  piacere.  In. 

21.  134. 
Sensato  -  per  siensibile  ,  soggetto  a*  sensi 

Par.  4,  41. 
Sensibile  poco  e  molto  -  oggetto  che  poco 
o  molto  ferisca  il  senso.  Pg.  32, 14, 15. 
Sensibilmente  -  cioè  ,  co'  sensi,  col  corpo 

vivo.  In.  2,  15. 
Sentenzia  e  sentenza  -  per  concetto   del- 
l'animo.  In.  9,  15.  10,  96.  per  opi- 
nione di  filosofo.  Par.  4,  24.  per  ora- 
colo ,  responso.  Par.  33,  66. 
Sentimmo  corcare  il  sole  •  cioè ,  ci  ac- 
corgemmo che  il  sole  si  corcava ,  tra- 
montava. Pg.  27,  69. 
Sentio  -  senti.  In  28,  13. 
Sentir  amore  - 1*  ventai  che    V  univerto 
Senlmt  amor.  In.  12,   41.  cioè,  io 
temetti  che  il  mondo  fosse  vicino  a 
sfasciarsi ,  a  ruinare.  Credesi  comune- 
mente ,  che  in  questo  luogo  Dante  ac- 
cenni la  famosa  opinione  d'  Empedocle 
siciliano ,  filosofo  ,  tra  gli  antichi ,  di 
somma  riputazione  ;  il  quale  insegnava 
che  la  Contesa  ,  o  sia  la  Discordia  , 
per  cui  separavansi  dal  caos  e  distin- 


guevansi  tra  di  loro  i  quattro  elementi 
fosse   cagione  della  generazione   del 
mondo  ;  e  che  per  lo  contrario  dopo, 
dopo  un  corso  detcrminato  di  molti  se- 
ooli ,  r  Amore  per  cui  si  confondeva- 
no gli  elementi  e  ritornavano  nell'  an- 
tica massa  ,  cagionasse  la  corruzione 
e  la  mina  deir  universo.  Voleva  di  più 
che  questo  giro  scambievole  di  gene- 
razioni e  di  corruzioni  durasse  etema- 
mente.  Ma  forse  allude  il  Poeta  alla 
opinione  d' Eraclito  d"  Efeso ,  anch'  egli 
antichissimo  filòsofo,  il  quale  teneva 
che  il  fuoco  fosse  la  materia  comune 
di  tutte  lo  cose ,  e  che  dopo  un  certo 
intervallo  di  tempo  tornasse  il  mondo 
a  risolversi  in  fuoco.  Insegnava  di  più 
che  la  Discordia   e  la  Guerra,   cioè 
quando  le  particelle  del  fuoco  si  varia- 
vano ,  e  si  condensavano,  lasciando  la 
f propria  semplicità  ,  veniva  a  produrre 
e  generazioni  ;  e  che  all'incontro ,  la 
Concordia  e  1*  Amore  con  cui  le  sud- 
dette particelle  di  nuovo  s*  assottiglia- 
vano ,  riprendendo  la  natura  primiera 
cagionava  la  distruzione  dell'universo: 
e  ciò  molle  volte  a  vicenda.   Leggasi 
Diogene  Laerzio  nella  Vita  d*  Eraclito 
e  Plutarco  de  Placitis  Philoeophorum. 
Sentir  d'amaro-  cioè  ,  avere  in  sé  ama- 
rezza ,   riuscire  amaro  al  gusto..  Pg. 
30,  81. 
Sentir  di  che  che  sia  -  per  averne  odo- 
re. Lat.  redolere,  Pg.  24  ,  150. 
Sentire-  per  lo  sen^o.  Pg.  25,  102.  per 

I  intelletto.  Par.  11  ,  24. 
Sentire-  per  sapere,  aver  contezza. Pg.l6, 
138.  per  esser  di  parere.  Par.  4,  51. 
Sentire  dirittamente  -  aver  buona  e  retta 
opinione  ,  essere  ortodosso.  Par.  24 , 
67. 

I  Senza  e  s&nza  mezzo  -  cioè  ,    immedia- 
tamente. Par.  7  ,  67 ,  70  ,  142. 
Senza.morte  -  cioè,  vivo  ancora.  In.  8,84ir 
Senza   tempo- cioè  i   eterdtmento.  In. 

3,  29. 
Sepulcro  -  sepolcro,  In.  7  ,  56. 
Sepulto-per  nascosto.  Par.  7  ,  58. 
Sequestrare  -  per  dìsgiugnere  ,  allontana- 
re. Pg.  25  ,  114. 


6ki 


DIZIONARIO 


Serafico  -  che  partecipa  defla  carità  dei 
Serafini  ;  aggiunto  che  irieo  dato  a  s. 
Francesco  d'Assisi.  Par.  11.  37. 

Sere  -  titolo  antico  di  prete  o  di  notaio. 
In.  33  ,  137. 

Sermo  -  per  parlare  ,  ragionamento  »  in 
rima.  Lat.  sermo.  In.  13 ,  138.  Par. 
21  ,  112. 

Sermone  -  per  parlare  ,  ragionamento. 
In.  13,  21.  15,  116.  28,  5.  29. 
70.  31,  9.  32,  67.  Pg.  12,  111. 
22 ,  128.  24  ,  7.  Par.  19 ,  75.  per 
fama  o  racconto.  Pg.  8  ,  138.  per  di- 
scorso fatto  in  pulpito  ,  uomo  da  ser- 
mone ,  cioè ,  atto  a  farsi  religioso.  Par. 
8  ,  U7. 

Sermone  -  tener  sermone  ,  cioè  ,  parlare. 
In.  21 ,  103. 

Serotino  -  per  tardo  e  Tcspertino.  Pg.  15, 
HI. 

Serpentello  •  picciolo  serpente.  In.  9  ,  41. 

Serrarne -serratura.  In.  8,126.  Pg.  9, 
108. 


Setta  -  per  ordine  religioso.  Par.  8  ,  IflK, 

Sette  e  sette  -  per  quattordici.  Pg.  12.  99. 

Stttenlrione  del  primo  cielo,  chiama  Dante 
i  sette  candellieri  d*  oro ,  che  precedeva- 
no la  processione  da  lui  veduta  nel  ter- 
restre Paradiso  ;  intesi  da  lui  per  li  setto 
doni  dello  Spirito  Santo  :  percliò  sic- 
come vicino  al  polo  artico  risplendono 
sette  stelle  che  formano  la  fi^ra  d'oa 
plaustro  o  carro ,  dagli  anHchi  detta 
Septemiriones  ;  cosi  nel  cielo  Empireo 
i  sette  doni  dello  Spìrito  Santo  riluco- 
no di  una  luce  maravigliosa.  Pg.  30 , 
1.  V.  Cielo  primo. 

Settimo  splendore  -  per  lo  pianeta  di  Sa- 
turno. Par.  21 ,  13.  y.  Sesto  iiiMc^a 
Secondo  regno. 

I  Setto  da  materia  -  cioè ,  separato ,  diviso, 
dal  latino  sectus.  Pg.  18 ,  49. 
Sezzaio  -  ultimo.  Par.  18  ,  93. 
Sfavillare  -  per  rilucere  ,  o  scoppiar  foori. 

In.  23 ,  99. 
Sfocato  -  per  temperato.  Par.  15  ,  44. 


— — -  -f —  — I — —  — '-'•  ----- 

Serrare  -  per  nascondere.  Pg.  8  ,  51.  per  |  Sfogliare  -  per  dimagrare.  Pg.  23 ,  58. 


congelare ,  indurare.  In.  31  ,  123. 
Serto  •*  per  corona  di  persone.  Par.  10, 

102. 
Servare,  per  osservare.  Pg.  26  ,  83.  Par. 

5,  68. 
Servare  il  solco  -  non  uscir  del  solco.  Par. 

2,  14. 
Servato  -  per  osservato.  Par.  5  ,  47. 
Servo  de' servi -il  sommo  pontefice  che 
suol  chiamare  sé   stesso  per  umiltà  , 
sfmii  servorum  Dei.  In.  15.  112. 
Sesta  compagnia -per  compagnia  di  sei. 

In.  4,  148. 
Sesta  ora  -  per  lo  mezzogiorno  ,  secondo 
r  usanza  degli  antichi ,  da'  quali  era  di- 
viso il  giorno  civile  in  dodici  ore.  Par. 
80 ,  2. 


Sfregiarsi-  per  perdere  il  fregio.  I^.  8, 

*  ito. 

Sgagliardare-torreo  levare  la  gagliardia. 
In.  21 ,  2r. 

Sgannare- toglier  d'inganno ,  diiimniioaro. 
In.  19,  21. 

Sghembo  -  torto  ,   obbliquo.  I^  7 ,  70. 

Sgombrare  -  per  dipartire  ,   mudar  via. 
Pg.  23 ,  133. 

Sgomentare -impaurire.  Pg.  14,  60. 

Sguardo  -  sfTOfkfo  lo  sguardo  che  fu  la 
fede  in  Cristo;  cioè  ,  secondo  i  tenp 
ne' quali  credette  la  gente  io  Cristo; 
che  furono  tre:  il  primo,  avanti  cb'egK 
nascesse  ;  e  allora  si  credeva  io  Cristo 
venturo  :  il  secondo ,  nello  spazio  cKtfi 
visse  quaggiù  ;  e  allora  credevasi  ia 
Cristo  presente  :  il  terzo,  dopo  la  sua 

morte  ;  e  allora  si  cominciò  a  credere 


Sesto -per  compasso  o  sesta  con  cui  si 

forma  un  circolo.  Par.  19,  40. 

Sesto- per  una  delle  parti  in  che  era  di-  |     in  Cristo  già  venuto.  Par.  32, 19. 

visa  la  citta  di  Firenze.  Par.  16  ,  41.  1  Si  •  particella  soprabbondante  ,  per  ceita 
Sesto  lume -per  lo  pianeta  di  Giove.  Par.  j     forza  di  lingua.  In.  4  ,  101.  e  in  akh 

20,  17.  y.  Secondo  regno.  I     luoghi. 

Sete -per  desiderio  ardente.  Pg,  21 ,  1.  jS'i' ancor  Io  veggia  -  cosi  iopoaaa  ancora 

Par.  2  ,  19.  Sete  del  martiro ,  brama  1     vederlo,  particela  che  dinota  desiderio. 

di  morir  martire.  Par.  11,  lOO.         |    Pg.  2  ,  16. 


DELLE  CAROLE  E  FRASI. 


645 


Siccome -per  tosto  che«  Par.  24  ,  152. 

26.  67. 
Sicuramente  -  per  francamente  ,   libera- 
mente. In.  21 ,  90.  Par.  5,  123. 
Siciirare  -  assicurare.  Par.  5,  15. 
Sicuro  •  per  intrepido  ,  coraggioso.  In.  16, 
132.  Par.  11  ,   67.  per   ardito.  Par. 
13,  130. 
Sicurtà  -  per  confidenza  e  f&mìgliaritji  so- 
verchia. Pg.  22,  20. 
Sidere  io  sé  -  riposarsi  in  sé  ,    starsi  in 

sé.  Par.  33,  124.  é  voce  latina. 
Sie  -  per  sii.  In.  17,  81.  33,  10.  Pg.  5, 
70.  20, 10.  42.  25,  32.  31,  45.  Par. 
29,  64. 
Sie  -  per  si ,  cosi,  in  rima.  Pg.  23.  8. 
Sieti   reo  -  cioè  ,   mal  ti  sia.   In.   30  , 

120. 
Si  fur  girati  •  si  girarono.  Par.  10,  77. 
Sigillare -per  finire,  chiudere.  Par.  23, 

110. 
Sigillar  la  mente  -  per  imprimervi  den- 
tro   qualche    cognizione.    Par.    24  . 
143. 
Sigillarsi -per  segnalarsi,  distinguersi.  Par. 

9,  117. 
Sigillo  -  per  bolla   pontificia.  Par.   11  , 
93.  per  le  sacre  stimate  di  s.  France- 
sco. Par.  11,  107. 
Significare  -  per  esprimere  il  suo  concetto 

io  iscrìtta.  Pg.  24,  54. 
Signorso  -  signor  suo.  In.  29,  77. 
Si  ò- cioè,  si  rò.  Par.  24,  86. 
Sili  *  taci.  Lat.  $ilt$.  Par.  32,  49. 
Sillogizzare-  per  dimostrar  con  sillogismi. 

Par.  10,  138.  24,  77. 
Silvano  •  abitatore  di  selva  ;  contrario  di 
citUdino.  Pg.  32 .    100  ,  qui .   fore- 
stiero. 
Silvestro  -  silvestre,  salvatico.  In.  2, 142. 

21.  84.  Pg.  30,  118. 
Similemeote  -  similmente.   In^  3  ,   115. 
7,  77.  13.  112.  Pg.   10  ,  61.  Par. 
13.  77. 
Simoneggiare  -  usar   simonia  ,   cioè   far 
mercato  di  cose  sacre ,  imitando  Si- 
mon Mago.  In.  19,  74. 
Simonie  riprese  -  Par.  18.  122.  e  segg. 
Sincero  -  per  netto,  purgato,  chiaro.  Par. 
33,  52, 


SiM  cauta  -  senza  cagione.  Par.  32,  59, 

sono  voci  latine. 
Singulare  -  singolare.  Pg.  8,  67. 
Sinistra  cura  ,  chiama  Dante  quella  che 
anno  i   prelati   delle  cose  -temporali. 
Par.  12,  129. 
Sinistrare  -  per  volgersi  a  sinistra;  secon- 
do la  lezione  degli  Accademici ,  Pur$ 
$iniitra  giù  calando  al  fondo.  lu.  14  . 
126,  ma  pare  a  noi ,  che  non  sia  d» 
seguitare,  essendo  la  comune,a  iinistra, 
più  chiara  e  facile. 
Sin  mei»  portò  -  sino  che   me  ne  portò. 

In.  19,  128. 
Sin  mi  giunse  -  sino  che  mi  giunse.  In. 

19,  44. 
Sipa  -  voce  bolognose  ,  che  significa   <l. 

In.  18,  61. 
Sire  .  per  signore.   In.  4 ,  87.  29  ,  56. 
Pg.  11,  112,  15,  97,  112.  19.125. 
Par.  13,  54.  29,  28. 
Sirocchta  -  sorella.  Pg.  4.  111. 
Si  sa  -  per  sa.  Par.  19.  39. 
Sitisti  -  per  avesti  sete.    Pg.  12  ,  57.  è 

voce  latina. 
Slacciarsi  -  uscir  del  laccio  ,  sciocliersi. 

In.  12,  22.  ^ 

Smagare  -  per  far  smarrire.  Par.  3,  36. 
Smagarsi  da  che  che  sia  -  cioè  ,  rimuo- 
versi. Pg.  10,  106.  27,  204. 
Smagato  -  smarrito  ,  avvilito.   In.   25  , 

146. 
Smalto  -  per  cosa  dura  come  pietra.  In. 

9,  52. 
Smalto  sommo  •  piano  o  pavimento  deUa 
sommità.  Pg.  8,  114. 

Smalto  verde -per  suolo  erboso.  In.  k, 
118. 

Smarrito -per  isbigottito.  In.  13,  24. 
per  privo  di  buon  colore.  Pg.  19, 14. 

Smeraldi  -  per  occhi  lucentissimi  ;  o  pia- 
cevoli e  mansueti ,  che  ricreino  chi 
gli  guarda,  come  fa  Io  smeraldo.  Pe, 
31,  116. 

Smozzicato  -  mozzo  ,  storpiato  ,  guasto  , 
che  à  le  membra  lacere.  In.  29,  6. 

Snclletto  vasello  -  cioè,  vaselletto  snello. 
Pg.  2.  41.  in  vece  di  sminuire  0  so- 
stantivo, si  sminuisce  l' addiettivo.  Cosi 
Catullo  negli  endecasillabi  :  Tarn  gnh 


€46 


DIZIONARIO 


tum  e$t  mihiy  guam  ferwU  puellae 
pimici  aureolum  fuùte  malum;  e  Ci- 
cerone neir  epistola  7.  del  3.  libro 
ad  Q.  Fratrem  :  Hane  icripsi  ante  Zu* 
eem  ad  lychnum  Hgneolum;  e  nel  libro 
3.  de  Oratore,  al  cap.  60.  :  Cum  Aur- 
neda  fistula,  e  nel  2.  de  Natura  Beo- 
rum  :  Auree  durot^  et  quati  comeolai 
habent  xntroitus. 
Snello  -  leggiero,  agile  ,  veloce.  In.  13  , 

76,  e  altrove. 
So*  -  per  sono,  prima  persona  del  verbo 

sostantivo.  In.  22,  103. 
Sobbarcarsi  -  sottoporsi   al   carico.    Pg. 

6.  135. 
Sobranzare  -  per  sovrastare ,  sopravanza- 
re. Par.  23 ,  35. 
Soccorra  -  per  soccorrerà.  Par.  27 ,  63. 
Soccorrén  -  soccorrevano.  In.  17,  47. 
Sodalizio  "  compagnia  ,  principalmente  di 
convitati.  Lat.  eodalitium.  Par.  24,  1. 
Soddisface  -  soddisfa.  Par.  9,  79. 
Soddisfammi  a' miei  desiri -In.  10,  6. 
simil  frase  leggesi.  nello  stesso  canto, 
verso  126. 
Soddisfarà  -  per  soddisfarla,  in  rima.  Par. 

21,  93. 
Sodo  -  per  aggruppato  fortemente.   Par. 

28,  éO. 
Sofferà  -  sostenga ,  patisca.  Par.  24,  141. 
Sofìerie- sofferse,  in  rima.  Par.  16,  10. 
Sofferire  -  per  sostenere  ^  portare  addos- 
so. Pg.  13,  59,  60. 
Sofferire  odio  da   alcuno  -  essere  odiato. 

-Pg.  28.  73. 
Sofferson  -  soffersero.  Pg.  92,  123. 
Soffiato  -  per  ispinto  dal  vento.  Pg.  30, 87. 
Soffolcere  -  per  riporre,  appoggiare.  Lat. 

suffUcire.  Par.  23,  130. 
SoiTolgere  -  2a  vieta  tua  et  eoffotge,  cioè  si 
Appoggia,  si  ficca,  s'affissa.  In.  29,  5. 
Soffrir  déntro  a  sua  meta  -  cioè  ,  di  sta- 
re dentro  a' suoi  confini.  Par.  19,  123. 
Soffrire  alla  virtù  che  vuole  Freno  a  suo 
prode -moderare  il  suo  libero  volere, 
a  cui  giova  1*  esser  tenuto  a  freno.  Par. 
7   25. 
Soffriri  -  per  patimenti.  Pg.  19,  76. 
Sofismi  -  per  frodi ,  ed  arti  ingannevoli. 
Par.  11,  6. 


S(^-  coreggia  o  striscia  di  cuoio,  eot 
cui  si  lega  qualche  cosa.  Io.  SI ,  73. 
Soggiogare  -  per  sovrastare  ,  star  di  so- 
pra ,  detto  di  luogo  o  altra  cosa  posta 
rispettivamente  in  sito  più  alto.  Pr«  12. 
101.  Par.  12,  54. 
Soglia -per  soglio,  scanno,  sedia  dreo- 
lare.  Par.  30,  113.  per  grado.  Par.  3, 
82.  18,  28. 
Sogliare  -  soglia ,  limitare.  In  14,  87. 
Soglio -per  soglia,  limitare.  In.  18,14. 

Pg.  10 ,  1. 
Sognare  -  per  avvolgersi  in  errore  ,  o  an- 
che insegnare  falsa  dottrina,  sapendo 
quella  esser  falsa.  Par.  29  ,  82. 
Solaio  -  palco ,  tavolato.  Pg.  10,  130. 
Sola  strada  -  cioè  solitaria.  Pg.  34,  130. 
Sole  -  detto  dal  Poeta ,  padre  d  o§td  mar» 
tal  vita;  concorrendo  ^  col  ino  ca- 
lore alla  generazion  delle  cose.  Par. 
22, 116.  circonscritto.  Par.  27,  138. 
Sole ,  chiamasi  da  Dante  Iddio.  Par.  18, 
105.  25,  54.  cosi,  &<  che  Mem^nter-' 
na,  cioè,  che  fa  primavera  eterna.  t%x. 
30, 126.  e  Sol  degli  angeU.  P^r.  10.  SS. 
Sole  -  per  anno.  Pg.  21 ,  101.  per  aior- 

no.  In.  33,  54.  v.  SoU. 
Solecchio*  ombrella,  narasole.  Fa.  15,14. 
Solemo  -  sogliamo.  Pg.  22,  1S3. 
Solere  -  in  forza  di  nome,    per  àollta  ii« 
sanza  o   maniera.   Pa.  27,  90.   Par. 
18,  57. 
Soli  -  per  anni  ;  venendoci   fatto  V  ano 
dal  corso  del  sole  per  lo  zodìaco.  In. 
6,  68.  per  giorni,  tempi.  In.  2»,  105. 
Solido  -  sodo.  Lat.  eolidue.  Par.  2 ,  Si. 
Solingo  -  per  solo ,  unico.  In.  23  ,  106. 
Sollo  -  contrario  di  denso  ;  $oUo  ,  eWaaia 
Dante  un  luogo  tutto  coperto  di  ma , 
la  quale  non  si  rassoda  ,  ma  stasseas 
sollevaU.  In.  16  ,  28. 
Sollo  -  per  tenero.  Pg.  27  ,  40. 
Solo  -  per  nodo  ,  spogliato.  Pg.  32,  M. 
Solo  -  voce  $ola  ,  per  voce  di  molti  d» 
aridino  insieme  lo  stesso.  In.  4  ,  tt. 
Cosi  Marziale  nel  libro   degli  Spelta- 
coli  ,  a  Tito  Vespasiano  cesare  : 
Vox  diversa  sonat  :  popuUntm  e$i  ms 

tamen  una , 
Cum  Virus  patriae  dicerie  ejsa  peaer. 


BELLE  PAROLE  E  FRASL 


6Vt 


Solfe-  per  soWi ,  lo  rima.  In.  2  ,  h9. 

Solvere  -  per  iftciogliere.  In.  2  ,  49. 10, 
95.  U  ,  135.  Pg.  16 .  24. 23,  15. 25, 
80.  Par.  7  ,  22.  32,  50.  per  iscoprire 
Pg.  31  ,  145. 

Solvere  il  digiuno  -  per  appagare  la  cu- 
riosità. Par.  19,  25. 

Soluto  -  sciolto.  Lat.  iolutus.  In.  10, 114 
Par.  15  ,  52. 

Somma  d'  ogni  creatura  -  per  Lucifero  , 
angelo  una  volta  di  somma  bellezza  , 
ora  principe  degli  angeli  ribelli.  Par. 
19.  48. 

Somma  parte  della  ruota  -  per  la  sua  cir- 
conferenza esteriore.  Par.  12  ,  112. 

Sommergere  il  creder  nel  falso  -  cioè , 
lasciarsi  ingannare  da  falsa  opinione. 
Par.  2 ,  61. 

Sommerse  il  dubitare  -  cioè ,  spense,  levò 
ogni  dubbio  e  timore,  in.  28  .  97. 

Sommerso  -  per  dannato.  In.  20  ,  3. 

Sommessa  -  sostantivo  ,  contrario  di  so- 
prapposta. In.  17 ,  16.  v.  Soprap- 
posta. 

Sommo  -  per  estremità,  orlo,  riva ,  som- 
mità. In.  4 ,  68.  Pg.  6 ,  132.  e  in  al- 
tri luoghi. 

Sommo  •  per  eccellente,  lo*  15  ,  102. 

Sonar  con  le  mascelle-  cioè ,  batterle  per 
lo  freddo.  In.  32 ,  107. 

Sonare-per  celebrare.  Pg.  11, 110. 16,59. 

Sonare  in  versi  -  per  esser  narrato  o  de- 
scritto in  versi.  Par.  33  ,  74. 

Sonni  maggiori ,  rotti  dalla  parola  di  Gesù 
Oisto  -  cioè ,  morti  risuscitati.  Pg.  32, 
78. 

Sono  et  est0  -  congiunto  nella  Santissima 
Trinità  ;  perchè  delle  persone  si  dice 
Htnt ,  e  dell'  essenza  si  dice  ut.  Par. 
24.  141. 

Soperchiare  -  per  avanzar  di  fuori ,  osci- 
re  ,  soperchiata  li  piedi ,  cioè  ,  soper- 
chiavano, in.  19 ,  22. 

Soperchio  -  per  eccesso.  In.  11,  4. 

Soperchio  •  soverchio,  troppo.  In.  7,48. 

Soppresso  -  per  abbassato ,  umiliato.  Pg. 
17  ,  115 ,  per  calpestato.  In.  14  ,  15. 

Soprannome  •  cognome.  Par.  15,  138. 

Soprapporsi  al  segno  de'  mortai  -  cioè  » 
passare  i  limiti  a  quali  possono  arri- 


vare gli  uomini.  Par.  15 ,  42. 
Soprapposta  -  quel  risalto  che  ne*  lavori 

rilieva  dal  fondo.  In»  17  ,  16.  v.  Som- 

messa. 
Soprato  -  per  superato.  Par.  30 ,  24. 
Sorbo  -  albero  noto  ,  che  produce  i  frutti 

d'acerbo  sapore.  In.  15,  65.  può  es- 
sere che  qui  sia  detto  per  sorba  eh*  è 

il  frutto  di  tal  albero. 
Sorco- per  topo  o  sorcio ,  in  rima.  In.  22. 

58. 
Sordo  -  materia  sorda  a  rispondere ,  cioè. 

difettuosa .  e  che  resiste  alla  perfezio- 
ne della  forma  che  vi  si  deve  iiitrodur- 

re.  Par.  1 ,  129. 
Sorella  -  per  suora,. monaca.  Par«  3 ,  46 , 

113. 
Sorella  bianca  della  brina  ,  chiama  Dante 

la  neve.  In.  24,  5. 
Sormontato  -  per  colui  che  sormontò.  Ps. 

19,  54.  ^ 

Sorpreso- per  dato  in  iacambio  d'altra  cosa 

promessa.  Par.  5  ,  59. 
Sorpriso  -  in  rima  ,  per  sorpreso  ,  oecu- 

pato.  Pg.  1  ,  97. 
Sorrise  parolette-  cioè ,  dette  sorridendo. 

Par.  1  ,  95. 
Sorteggiare  -  per  assortire ,  eleggere.  Par. 

21 ,  72. 
Sortire-pereleggere  io  sorte.  Par.18,105. 
Sortire  altrui-per  dare  in  sorte.  In.  12,75. 
Sortito  -  per  assegnato  in  sorte.  Par.  4 , 

37.  22 ,  120 ,  per  eletto  a  sorte.  In. 

19,  95. 
Sorvenire  -  sopravvenire.  Pg.  23  ,  80. 
Soso-per  suso  ,  in  rima.  In.  10  ,  45. 
Sospeccione  -  sospetto.  Lai.  suspieio.  Pg» 

19  ,  55. 
Sospeccioso  -  sospettoso.  Par.  12  ,  39. 
Sospeso -per  uomo  che  non  siane  salvo, 

né  dannato  alla  pena  dal  senso.  In.  2, 

52.  4  ,  45. 
Sospetto  -  per  dubbio  ,  quistion  dii&cile 

Pg.  6  ,  43.   per  paura  ,  timore.  In. 

9,  51.  22,  127.  23,  54. 
Sospicciare  -  sospettare.   Lat.  sutpicari. 

In.  10  ,  57.  Pg.  12  ,  129. 
Sospignere  gli  occhi  -  per  incitarli  ad  oi^« 
chiate  vicendevoli ,  ovvero  alle  lagri- 
me. In.  5 ,  180, 


«i8 


DIZIONARIO 


Sospirare  a  chi  che  Bia  •  per  dimandar 
con  sospiri.  Par.  22 ,  121. 

Sosta  -  quiete  ,  posa.  Pg.  29  ,  72. 

Sostare  -  fermare  ,  far  pausa.  In.  16,  8. 
Pg.  19  ,  93. 

Sostenere  -  per  aver  cuore ,  animo  di  far 
che  che  sia.  In.  30,  Vi.  per  ritenere, 
raffrenare.  In.  26,  72. 

Sottigliarsi  -  per  ismagrirsi.  Pg.  23  ,  63. 

Sottosopra  "  co' piedi  all'insù^  In.  19,  80. 

Sottrarre  -  per  nascondere.  In.  26  ,  91. 

Soverchiare  -  per  ascendere  ,  salire.  Pg. 
3,  99.  per  superare.  Pg.  26,  119. 
Par.  13  ,  6.  1(^ ,  53.  31  ,  120.  per 
trapassar  Y  uguaglianza  «  dicesi  la  not- 
te soverchiare,  quando  passato  l'equi- 
nozio d'  autunno  ,  comincia  ad  esser 
più  lunga  del  giorno.  Pg.  2  ,  6. 

Soverchiar  la  i^t^ada  -  per  avanzarsi  nel 
cammino.  Pg.  20 ,  125. 

Soverchio  -  che  avanza  ,  troppo,  per  so- 
verchio, sottintendi ,  lume.  Pg:  17,  53. 

Soverchio  -far  sourchio  ,  per  venire  a 
galla.  In.  21 ,  51. 

Soverchio  del  salire  *-  cioè  ,  tempo  in  ab- 
bondanza per  salire.  Pg.  22  ,  96. 

Sovrano  -  per  colui  che  sta  di  sopra.  In. 
32  ,  128.  per  eccellente.  In.  22  ,  87. 

Sovrano  dcgb  amori  -  cioè ,  Tamor  mas- 
simo. Par.  26  ,  48. 

Sovranzare  ^  sovrastare  ,  superare.  Par. 
20  ,  97.  V.  Sobranzare. 

Sovresso  -  sovra ,  sopra^  sovresso  7  nido. 
Par.  19  ,  91.  Sovresio  V  acqua.  Pg, 
31  ,  96.  Sovresio  7  mezzo.  In.  34,  41. 
Sovresxo  noi.  In.  23  ,  54. 

Sovvenire  alcuno  delia  sua  compagnia  - 
cioè  ,  aiutarlo  con  farsegli  compagno. 
Pg.  1  ,  54. 

Spada  -  pregio  della  spada  ,  chiama  Dan- 
te il  valor  militarp.  Pg.  8  ,  129.  v. 
Borsa. 

Spada  •  etsere  come  spada  alle  scritture. 
cioè  ,  torcere  in  mala  parte  i  detti  del- 
la scrittura  sacra  ;  come  si  vede  il 
viso  torto ,  se  si  guarda  in  una  spada 
forbita.  Par.  13  ,  128. 

Bpaldo  -  muro  di  fortezza  ,  o  ballatoio 
v.ìic^sì  fiu:eva  anticamente  in  cima  alle 
mura  n  nll<*  torri,  in,  9  ,  133. 


Spallaccia  -  peggiorativo  di  spalla.  Io.  17» 

91. 
Spalle  d'  un  colle  -  i  lati  vicini  alla  soa* 

mità  di  quello.  In.  i  ,  16. 
Spanna  -  lunghezza  della  mano  aperta  dal 

dito  mignolo  al  grosso.  In.  6  ,  25.  Par. 

19.  81. 
Sparto  -  cioè ,  sparso.  In.   20  ,  88.  P^ 

12,  33.  28,  13,  31  ,  51.  Par.  28, 

31.  31  ,  130.  per  disteso.  Pg.  1, 124. 
Spaventare  -  non  vi  spaventi  di  palesar' 

vi  a  me,  in  questo  signiGcato  diceva- 
no gli  antichi  Latini ,  deterrere.  In.  29, 

108. 
Spaurato  -  impaurito.  In.  22 ,  98. 
Spaziarsi  -  per  diffondersi  «  dilatarsi,  steo^ 

dorsi.  Pg.  26 ,  63.  Par.  4  ,  126.  5 , 

118. 
Spazzo  -  pavimento.  In.  14  ,  13.  Pg.SS, 

70. 
Specchi  -  per  li  Troni  ,  ordine  d*  angei 

in  Paradiso.  Par.  9  ,  61. 
Specchiarsi  nel  viso  -  per  esser  veduto. 

Par.  17,  41. 
Spcechiati  sembianti  -  cioè  ,  immagini  à 

chi  si  specchia.  Par^  3  ,  20.. 
Specchio,  chiama  Dante  il  sole.  Pg. 4, 

62.  e  il  pianeta  di  Saturno.  Par*  21, 

18. 
Specchio  di   Narcisso  •  per  1*  acqaa.  In. 

30  ,  128.  v^  Narcisso  ,  nella  Parte  s^ 

conda. 
Spece  -  spezie ,  in  rima.  Par.  1 ,  57.  fuor 

di  rima.  Par,  32 .  123. 
Specifica  virtute  -  particolar  proprietà  A 

ciascuna  cosa.  Pg.  18  ,  51. 
Speculo  -  specchio.   Lat.  speeulum.  Par. 

29  ,  144.  qui  Qguratameote  ,  per  ao- 
gelo. 

Speglio  -  specchio.    In.    14  ,  105.   Par. 

30  ,  85.  e  (iguratauìeute  ,  Iddio  iii  cui 
veggousi  da'  beati  tutte  le  cose.  Par. 
15  ,  62.  cosi ,  speglio  verace.  Par.  26, 
106. 

Spelta -sorta  di  biada.  In.   13  ,  99. 
Speme  -  speranza.  Par.  25 ,  67.  e  io  aliti 

luoghi. 
Spendio  -  spesa  ,  dispendio.    In.  7  ,  41 
Spene  -  speranza  ,  io  rima.  Pg.  31,  ÌT» 

Pur,  24  .  74. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


6&9 


Spennare  -  spogliar  delle  penne.  In.  17, 

HO. 
Spenta  ogni  veduta  -  cioè ,  tolta.  In.  17, 

113. 
Spera  -  sfera  ,  plobo.  In.  Sk  ,  116.  Par. 
3,  Ili.  9,  HO.  per  cielo.  Pg.   15, 
2  .  altri   r  intendono  per  li  raggi  del 
sole. 
Spera  -  farsi  spera  ècrra  fissi  poli,  cioè, 
girarsi  attorno  '1  suo  centro.  Par.  24^,  11. 
Spera  Che  si  tela  a*  mortai  cogli  altrui 
Tagqi  ,  chiama  Dante  il  pianeta  di  Mer- 
curio ,  il  quale  vien  quasi  sempre  co- 
perto da*  raggi  del  sole ,  non  discostan- 
dosi da  lui   più  che  trenta  gradi  che 
sono  lo  spazio  d' un  segno.  Par.  5,  128. 
Spora    del  sole  -  cioè  ,   i  raggi    di  esso. 

Pg.  17 ,  5. 
Spera  ottava  •  il  cielo  delle  stelle  fisse  , 
giusta  il  sistema    di  Tolommeo.  Par. 
2.  64. 
Spera  pii$  tarda  ,  chiama  Dante  il  ciel 
della  luna  ;  forse    perch'  è  la  più  di- 
stante dal  primo  mobile.  Par.  3,  51. 
Sperent  in  te  -  Sperino  in  te ,  coi^ì  prin- 
cipia il  versetto  11.  del   salmo  9.  di 
Davide.  Par.  25  ,  98. 
Sporgere- per  dispergere.  Pg.  27,  Sh. 
Spermentare  «  sperimentare  ,  mettere   a 

cimento.  Pg.  11  ,  20. 
Spernere  -  per  discacciare  ,    rimuovere 
Par.  7  ,  64 ,   e  voce    latina  ;  ma    in 
questo  significato  gli  ottimi  autori  di- 
rebbero piuttosto ,  aspemari. 
Sperso  -  disperso.  In.  33,  153. 
Sperto-per  praticò.  In.  31  ,  91.  Pg.2, 

62.  Lat.  €xpertus. 
Sperula  -  plcciola  spera  e  globo.  Par.  22, 

23.  e  nguratamente  ,  anima  beata. 
Spesa  -  metaforicamente  ,  per  descrizio- 
ne. Pg.  29 ,  98. 
Spesso  *  per  denso,  Pg.  32  ,    110.  e  in 
altri  luoghi. 


Spia -per  uno  che  semplicemente  rife- 
risca. Pg.  16 ,  84. 

Spiacente -che  spiace.  In.  3,  63.  6  ,  48. 

Spiccarsi  -  slaccarsi ,  levarsi.  In.  30,  36. 

Spicciare-  per  fuggire  o  sbalzar  via  con 
prestiaza.  Io.  ^  ,  33.  per  iscaturire, 
sgorgare ,  UKir  con  impeto  ;  e  dicesi 


propriamente  de 'liquori.  In.  14  ,  76. 
Pg.  9 ,  102. 
Spiegarsi  -  per  isvilupparsi.  In.  13,  90, 
Spigarsi  d' un  dubbio  -  cioè  ,  sviluppar- 
sene. Pg.  16  ,  54. 
Spigolare  -  raccoglier  le  spighe  rimase  nel 
campo  dopo  la  messe.  Lat.  spicas  {e- 
gere.  In»  32  ,  33. 
Spigolo  -  per  r  impòsta    che  serra    V  u- 
scio  ;  presa  la  parte  per  lo  tutto.  Pe. 
9,  134.  ^ 

Spingare  -  per  guizzare   colle  piante  dei 

piedi.  In.  19  ,  120. 
Spirare  -  per  ispirare.  Par.  6  ,  88.  per 
mandar  vento,  Pg.  30  ,  89.  per  par- 
lare. Par.  19  ,  25.  25  ,  82.  per  pro- 
cedere. Par.  2  ,  129.  per  uscire.  Par. 
4  ,  18.  24  ,  54  ,  82. 
Spirazione- ispirazione.  Pg.  30,  133. 
Spire -per  quelle  rivoluzioni   che  fa  il 
sole  passando   da  un  grado   all'  altro 
dello  zodiaco  ,  e  non  ritornando ,  nel 
suo  nascere  o  nel  suo  tramontare,  allo 
stesso    punto.  Par.  10,  32.  5/nra'  è 
propriamente  quella  linea  che  benché 
s'  aggiri  ,  pure  non  ritorna  in  sé;  co- 
me ,  per  grazia  d' esempio ,  una  fune 
avvolta  ,  o  un  serpente.  Spire  in  che 
il  sole  piik  tosto  ogni  ora  s*  appresen- 
ta  ,  chiamahsi  quelle  che  descrive  quel 
pianeta  dopo  T  equinozio  di  primavera 
fino  al  solstizio  di  state.  Par.  10,  32. 
Spiritai  corte  -  per  foro  ecclesiastico.  Par. 

11 ,  61. 
Spiritale  -  spirituale.  Pg.  18,    32.  23  , 

105. 
Spiritai  vita  -  cioè  ,  Io  stato   dell*  anim« 

separate  da' corpi.  Par.  33,  24. 
Spiriti  visivi  -  cioè  ,  che  servono  a  man- 
tener la  vista.  Par.  26  ,  71.  30,  47. 
Spirito  -per  fiato  ,  sospiro.  Pg.  30  ,  98. 
Spiro -per  spirito  ,   favella  ,  voce.  Par. 
10  ,  130.  14.  76.    24  ,32.    26 ,  3. 


per  lo  Spirare  e  mandar  fuori  la  voee. 
Par.  25  ,  132. 
Spiro  eterno  -  per  la  gloria  che  Dio  spira 
disugualmente  nelle  anime  de  beati , 
secondo  i  meriti  di  ciascuno.  Par.  4 , 
36.  per  lo  Spirito  Santo.  Par.  1 1 , 
98. 

82 


GdD 


DIZIONARIO 


Spirto  -  avere  spirto  ,  cioè ,  spirare*  Par. 
20  ,  15. 

Splendore  -  forse  per  cosa  creata  ;  es- 
sendo le  creature  come  tanti  raggi  u- 
£centì  dell'  infinito  e  lucidissimo  sole 
eh'  è  Dio.  Par.  29  ,  1^.  v.  Submto. 

Splendori  -  per  angeli.  Par.  29  ,  138. 

Spola- strumento  di  tessitori. :^Pg.  31  , 
96.  Par.  3 ,  96.  v.  Spuola. 

Spoltrarsi  -  gittar  via  la  pigrizia  o  pol- 
troneria, sjjollre  ,  per  spoltri.  In.  2i, 
&6. 
«     Sponsalizie  -  per  lo  battesimo  ove  l'anima 
si  sposa  alia  vera  fede.  Par.  12,  61. 

Sporgersi -per  istendersi.  In.  34^ ,  122. 

Sporgersi  -  per  tempo  non  $i  sporge^  cioè, 
si  fa  in  un  attimo  ;  senza  consumar 
tempo.  Par.  10 ,  39. 

Sporre  -  per  dare  in  luce  ,  partorire.  Pp. 
20 ,  2^.  per  deporre.  In.  19  ,  130. 

Sporto-  por  disteso.  Lat.  porrectui  ,  ex- 
pan$u9.  Pg.  6  ,  16. 

Sposa  bella ,  cbe  Cristo  s*  acquistò  con 
la  lancia  e  co'  chiavi  <-  cioè ,  la  Chie- 
sa ,  guadagnata  da  Cristo  colla  sua  pas- 
sione. Par.  32  ,  129.  cosi ,  $posa  di 
Cristo,  semplicemente.  Par.  12,  hS. 
27,  40.  allemta  dd  sangue  dei  primi 
pontefici  che  furono  martirizzati,  ivi, 
cosi  pure,  sposa  di  Dio,  Par.  10, 140. 
11  ,  32. 

Spose  di  bontade  deono  essere  le  cose  di 
Dio  -  cioè  ,  non  debk>ono  darsi  i  sacra- 
menti e  gli  ecclesiastici  benefizi  a  chi, 
per  averci ,  sborsa  danari  o  prezzo 
equivalente  a'  danari  ;  perchè  un  tale 
sarebbe  adultero,  e  non  già  sposo  :  ma 
a  chi  se  ne  mostra  degno  colla  bontà 
e  colla  virtù.  In.  19 ,  3. 

Spranga  -  legno  o  ferro  che  si  conficca 
a  traverso  ,  per  esempio  ,  di  due  ta- 
vole ,  per  tenérne  insieme  unite  Je 
commessure.  In.  32  ,  49. 

Sprazzo  -  per  ispruzzo  d' acqua  sottilissi- 
mo. Pg.  23  ,  68. 

Spremere-  per  esprimere  con  parole. 
Par.  4 ,  112. 

Spronare  -  per  correre  a  spron  battuto. 

Par.  17  ,  106. 
Spuola  •  strumento  di  legno ,  per  uso  del 


tessere.  In.  20  ,  122.  t.  Spola. 
Squadernare  -  per  volger  le  carte  d'un 
libro  ;  o  dislegarlo ,  e  cavarne  i  fogli. 
spargendoli  qua  e  là  ,  e  figuratamen- 
te ,  spargere  ,  distribuire.  Par.  33,  87. 
Squadrare  -  per   mostrare   apertamente. 

In.  25  ,  3. 
Squama  -  per  pelle  ruvida.  Pg.  23,  39. 
Squilla  -  per  picciola  campana.  Pg.  8, 5. 
Squillo  -  suono.  Par.  20,  18. 
Stabilito  per  luogo -cioè,  eletto  ad  esser 

luogo.  In.  2,  23. 
Stadera  -  strumento  da  pesare.  Lat.  sUi" 

tera.  Par.  4,  138.  qui  è  metafora. 
Stagliato -tagliato  grossamente,  scosceso. 

In.  17,  134. 
Stallo  -  per  dimora  ,    stanza.    In.   33  , 

102. 
Stimane  e  ftaman  -  questa  mattina.  Pg. 

8  ,  59 .  92. 
Stampa    interna  -  metaforicamente  ,   per 
desiderio  che  si  concepisce  nel  cuore. 
Par.  17 .  9, 
Stanca  mano  -  per  sinistra.  In.  19  ,  41. 
questa  voce  in  questo  significato ,  al 
parere  del  dottissimo  Salvini  ,  a  earte 
63.  della  2.  centuria  de' suoi  Discorsi 
Accademici ,  non  ò  toscana  ,  ma  d'al- 
cun altro  linguaggio  d' Italia. 
Stancare  -  per  istancarsi,  infievolire.  Par. 

8 ,  114. 
Stante  in  piede  -  cioè  ,   ritto.  In.  18  , 

132. 
Stante   per  aè  -  che  sussiste  da  sé  stes- 
so ,  come  la  sustanza  rispetto  a^  ac- 
cidenU.  Pg.  17  ,  110. 
Stanziare  -  per  diliberare,  ordinare.  In. 
25  .  10.  per  giudicare  ,  riputare.  Pìl 
6,  54. 
Stare  -  per  convenire.  Che  meglio  sfestc 
a  te  ,  e' a  lor ,  la  fretta.  In.  16,  18. 
Stare  -  [»er  fermarsi.   In.  27  ,  63.    per 

gettare  il  tempo.  Par.  11  ,   104. 
Stare  a  bada  -  attendere  ,  aspettare.  li. 

31 ,  139. 
Starsi  -  per  rimanersi .  fermarsL  In.  19, 
97.  Pg.  17 ,  84.  per  non  far  motto. 
Par.   21  ,  47. 
Star  suir  ali  -  detto  del  falcone  che  ai  sa- 
stenga in  aria,  volando.  In.  17 ,  197. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


631 


Statuto  -  per  decreto.  Par.  SI  .  95. 

Stea  -stia  ,  verbo.  In.  33  ,  122.  Pg.  9, 
133.  Par.  2,  101.  31,  45, 

Stella  -  la  stella  ,  detto  assolutameote , 
per  lo  pianeta  di  Venere .  bellissimo 
e  iacentissinio  ,  il  quale  fu  dagli  an- 
tichi appellato  Fosforo  e  Lucifero , 
quando  la  mattina  resta  nel  cielo  dopo 
le  altre  stelle  ;  e  quando  la  sera  primo 
comparisce  ,  Espero  e  Vespero.  In.  2, 
55.  Non  manca  chi  per  la  stella  in- 
tenda il  sole.  Air  opinione  di  costoro 
pare  che  dia  favore  l'ultimo  verso  della 
Divina  Commedia;  L  Amor  che  muovevi 
sóle  e  l  altre  stelle  ;  dinotando  la  voce 
altre ,  che  anche  il  sole  debba  tra  I& 
stelle  annoverarsi. 

Stella  prima  -  per  la  luna.  Par.  2  ,  30. 

Stella  sesta  temprata  -  cioè  ,  il  pianeta 
di  Giove  ,  che  vogliono  gli  astrologhi 
sia  di  temperata  natura.  Par.  18 , 
68. 

Stelle  chiamate  dagli  astronomi,  di  prima 
grandezza  -  Par.  13  ,  4. 

Stelle  -  dette  dal  Poeta  ,  Ninfe  eteme. 
Par.  23  ,  26. 

Stelle  *  per  1!  profeti,  e  dottori  della  Chie- 
sa. Par.  25 ,  70. 

Stelo  -  per  gambo  del  fiore.  In.  2 ,  129. 
per  r  asse  o  perno  ,  sopra  1  quale  gi- 
rasi la  ruota.  P^.  8 ,  87.  per  r  asse 
del  mondo  ,  che  nngesi  dagli  astronomi 
passare  da  un  polo  all'  altro  opposto , 
per  lo  centro  ;  i  quali  due  poli  sono 
l'estremità  immobili  di  detto  asse.  Par. 
13  ,  11. 

Stemprare  -  per  consumar  di  dolore,  dar 
martello.  Pg.  30 ,  96. 

Sfendale  -  stendardo.  Pg.  29,  79. 

Stendersi  in  destro -cioè,  nel  destro  la- 
to. Par.  15,  19. 

Stenebrare  -  levar  le  tenebre  dinanzi,  il- 
luminare. Pg.  22,  02. 

Sternere  -  voce  latina,  i>er  appianare,  di- 
chiarare. Par.  11,  24.  26,  37,  40. 
in  questi  luoghi  è  metafora. 

Stérnilmi  -  cioè,  me  lo  stemi,  mei  dichia- 
ra. Par.  26,  43. 

Sterpi  eretici  -  metaforicamente,  per  dot- 
trina falsa  ed  eretica.  Par.  12 ,  100. 


Stessi -per  istesso,  stesso,  io  rima.  In. 

9.  58.  Par.  5,  133. 
Stien  -  stiano.  In.  22,  100. 

Stile  -  per  quello  strumento  acuto  di  me- 
tallo ,  col  quale  disegnano  i  pittori.  Pii. 

12.64.  6  F  e 

Stilo  -  per  islilo  ,  scrittura  ,    penna.  Pa. 

24,  62.  Par.  24,  61  ^ 

Stimare -per  considerare.  Ih.  24,  25. 
Stimativa  -  immaginazione,  giudizio.  Par. 

26.  75. 
Stingere -per  levar  via.  Pg.  1,  96. 
Stinguere- per  estinguere,  spegnere.  In. 

14,  36.  per  cancellare.  Par.  23,  53. 
Stinguersi  -  per  isparire,  dileguarsi.  Par. 

30 ,  13. 

Stinto  -  per  cancellato.  Pg.  12 ,  122. 

Stipa  -  per  mucchio,  quello  che  i  Latini 
dicono  strues.  In.  24 ,  82.  per  siepe 
che  chiude  e  circonda.  In.  11,  3. 

Stipare  -  stivare,  addensare,  ammucchia- 
re. In.  7 ,  19.  ;^1 ,  36.  è  voce  latina. 

Stizzo  -  tizzone.  In.  13,  40. 

Stizzosamente  *  con  istizza,  con  rabbia. 
In.  8,  83. 

Stola  -  per  veste.  Pg.  32.  81.  Par.  30, 
129.  per  cappa  di  monaco.  In.  23.  90. 
Stole -per  corpi  beati.  Par.  25.  127. 
Storiato  -  per  Iscolpito  distintamente.  Ps. 

10 ,  73. 

Stormire -far  remore.  In.  13,  114. 

Stormo  -  adunanza  d' uomini  per  combat- 
tere ,  e  anche  lo  stesso  combattimen- 
to. Lat.  turma.  In.  22,  2.  Stormo  di 
cani ,  disse  il  Petrarca  nella  caozoa 
grande. 

Storneì  -  stornelli ,  uccelli.  In.  5  ,  40. 

Storpio  -impedimento,  interrompimento , 
contrarietà,  dimora.  Pg.  25,  1. 

Strale  -  per  disavventura ,  colpo  di  fortu- 
na. Pg.  31,  55.  Strale  d  intenzione. 
Par.  13,  105.  Strali  d^  ammirazione. 
cioè ,  punture.  Par.  2 ,  55. 

Stralunare  gli  occhi  -  travolgerli  in  qua 
e  in  là  ,  dopo  averli  bene  aperti.  In. 
22.  95. 

Stramba -fune  fatta  d  erba.  la.  19,27. 

Strame  -  fieno  o  paglia  per  dare  in  cibe 
o  per  fame  letto  alle  bestie.  Lat.  stfa" 
man.  In.  15,  73. 


652 


DIZIONARIO 


Straniare  -  per  dipartire,  disunire,  alioo- 
lanare.  Pg.  33 ,  92. 

Slreggliia  -  strumento  di  ferro  dentato  , 
coi  quale  si  ripuliscooo  i  cavalli,  lo. 
29 .  76. 

Stremi  -  per  ultimi  momenti  del  vivere. 
Tg.  22,  kS. 

Stremo  -  per  estremità ,  orlo,  stoonda.  In. 
17,  32.  Pg.  4,  32.  22,  121. 

Stremo  -  per  ultioto  tempo  del  vivere. 
Pg.  26  ,  93.  cosi ,  stremo  della  tUa. 
cioè ,  ultimo  orlo.  Pg.  13 ,  124^. 

Stremo  -  addiettivo,  estremo ,  ultimo.  In« 
17,  b3.  per  lontanissimo.  Par.  31  , 
122. 

Stremo  della  luna  -  estremità  del  corpo 
0  disco  lunare.  Pg.  10 ,  H. 

Stremo  del  mondo  -  ultima  circonrerenza 
dell'  universo ,  che  da  Lucrezio,  in  più 
l(K)ghi  del  suo  poema  vieo  chiamata 
moenia  mundi.  Par.  19,  il. 

Strenna  -  mancia.  Lat.  arena.  Pg.  27  , 
119. 

Stretta  -  per  oppressione ,  soflbcamento. 
In.  31 ,  132. 

Stretta  di  neve  -  cioè,  gran  caduta  di  ne- 
vi ,  che  costringa,  in.  28,  58. 

Stretto  -  tenersi  stretto  a  giudicare,  cioè, 
andar  riservato  ne*  suoi  giudizi;  ridursi 
a  dar  sentenza  con  gran  difficoltà.  Par. 
20,  133. 

Stretto  a  consiglio  -  cioè ,  ridotto  insieme 
con  altri  a  consigliare.  Pg.  7  ,  103. 

Stretto  air  Orse  -  cioè ,  molto  vicino  ad 
esse.  Pg.  4 ,  65.  V.  Orse ,  nella  Par- 
te seconda ,  così ,  piedi  stretti  al  bosco. 
In.  ik ,  75. 

Strignere  -  per  congiugnere.  Par.  29,  35. 
per  costrignere ,  necessitare.  Pg.  29 , 
98. 

Strìgner  la  mente  -  cioè,  commuover  l' a- 
nimo.  Pg.  14,  126.  maniera  de*  Lati- 
•    ni.  Virgilio  nel  9.  dell'  fineida ,  al  ver- 
so 294  : 

Atque  animmì  patriae  ifrinxil  pietatis 
imago. 
Stringersi  a  chi  che  sia -cioè,  accostar- 
si quanto  più  si  può.  Pg.  14,  140., 
Striscia  -  per  serpe  che  si  va  strisciando, 
forse   dalla  figura  che  i  di  striteia  ,  I 


cioè  di  cosa  molto  più  lunga ,  che  lai* 
ga.  Pg.  8,  JOO. 
Stroscio  -  strepito  ;    ed   è   propriamente 
quello  che  fa  1*  acqua  cadendo.  In.  17. 
119. 

Strozza  -  canna  della  gola.  Lat.  jv^ic^m. 
In.  7,  125.  28,  101. 

Strupo  -  stupro,  in  rima.  In.  7,  12.  ma 
qui  prendesi  per  la  ribellione  degli  an- 
geli cattivi  da  Dio.  Parimente  le  divi- 
ne scritture  sogliono  chiamare  V  idola- 
tria del  popolo  ebreo,  aduUtrio  eft*r- 
nicazions. 

Stucco  -  per  sazio.  In.  18  ,  126. 

Studiare  -  per  affrettare  ,  sollecitare.  Ps. 

.    27 ,  62. 

Studiare  a'  Decretali  -  cioè,  attendere,  ap- 
plicar r  animo  ad  essi.  Par.  9^  135. 
V.  DecretaU ,  nella  Parte  seconda. 

Studio -per  cura.  Par.  15,  121. 

Studioso  -  per  sagace ,  o  frettoloso,  ag- 
giunto di  cane.  In.  33  ,  31. 

Stopefacénsi  -  stupefacevansi.  Par.  31, 35. 

Stupire  -  per  rimanere  come  inseosalo. 
Par.  26 ,  §9. 

Stupore  -  stupor  m*  eram  U  cose  wm  etm- 
Cd.  cioè,  mi  facevano  maravigliare.  Pg* 
15,  12. 

Su  -  cioè  nel  mondo  di  sopra  ,  rispetto 
all'  Inferno.  In.  19 ,  72. 

Su  -  ombre  che  Dio  su  non  degni,  che  a- 
nime  che  Dio  non  faccia  degpc  dei  Pa- 
radiso. Pg.  21 ,  20. 

Sua  -  per  loro.  Par,  28,  107. 

Suado  a  carità  -  che  persuade  la  carili. 
suadus  è  voce  latina.  Par.  31,  49. 

Subitano  •  subito ,  improviso.  Pg.  3.  1. 
Subitana  morte.  Par.  6 ,  78. 

Sub  Julio  '  sotto  r  imperio  di  Giulio  Ce» 
sare.  In.  1 ,  70.  v.  Misertrt, 

Sublimare  -  levare  in  alto.  Par.  36,  87. 

Subsisto  -  sussisto,  che  qui  pare  che  vo» 
glia  dire  soUogiaccio ,  come  baae  e  bth 
damento  d' ogni  creata  cosa  ;  paria^ 
dosi  del  Creatore.  Par.  29,  15.qua8. 
do  questo  verbo  non  si  dovesse  pnil- 
tosto  riferire  alle  creature  ,  le  quali 
sussistono  perchè  Dio,  avendole  crea> 
te  ,  le  conserva  tuttavia,  v.  SfUt^ 
don* 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


653 


Succedette  *  successe.  In,  5,  59. 
Successione  -  per  quello  che  dee  succe- 
dere. Pg.  10,  Ilo. 
Succhio  -  per  trapano,  trivella.  In.  27,  48. 
Succiare  -  per  attrarre  a  sé  Tumore   e'I 

sugo,  diseccare.  In.  19,  33. 
Sue  -  per  Loro.  Par.  11.  k%.  15,  117. 
Sue  -  per  su,  in  rima.  I^.  8,  23. 16, 30. 
Su  e  giù  -  per  queste  due  particelle  in- 
tende il  Poeta  i  due  poli  artico  ed  an- 
tartico ,  il  primo  de  quali  sempre  da 
noi,  abitatori  della  zona  temperata  set- 
tentrionale, si  vede;  1*  altro ,  non  mai. 
Par.  10,  21.  Conrorme  a  quel  di  Vir- 
gilio ,  nel  1.  della  Georgica   al  verso 
2i2.  : 
Hic  vertex  nobis  iemper  tublimis  :  ai 

iUum. 
Sub  pedibus  Siyx  alra  videi ,  Manaque 
profundi. 
Svergognato  -  per  privo  di  vergogni.  Pg. 

23,  106. 
Svernare  -  prima  che  aennaio  tutto  soemt, 
cioè  ,  prima  che  il  mese  di  gennaio 
non  appartenga   più  air  inverno  ,  ma 
cada  in  primavera  ;  per  V  errore  ch*era 
nel  calendario  attempi  di  Dante,  il  quale 
fu  poi  corretto  per  comando  di  papa 
Gregorio  XIII,  ranno  di  nostra  sa- 
lute 1582.  Par.  27,  U2.  v.   Cento- 
$ma. 
Svernare  -  per  cantare  «  come  fannogli 
uccelli  passato  il  verno.  Par.   28, 
118. 
Svestirsi  •  spogliarsi.  Par.  80,  92. 
Suflicente  -  sufficiente.  Par.  7,  116. 
Sufficiente  •  per  abile,  atto.  Par.  13, 96. 
Sufolare  -  6schiare.   In.  22  ,   lOi.  25  , 

137. 
Suggellare  del  suo  segno  -  cioè ,  sigillare 

serrando.  In.  11,  Ì9. 
liuggeUi  vivi   D*ogni  beUetza,  chiama 
Dante  gli  ottchì  di  Beairke.  Par.  14 , 
133. 
Suggello  -  per  influenza  celeste.  Par.  18, 
75,  per  segno  evidente ,  e  siouro  testi- 
monio. lUé  19,  21» 
Suggetto  -  per  suolo.  P&r.  S.  107. 
Soggetto  dell'  afliore  •  coliri  che  ama.  Pg. 
17,  107. 


Suggetto  de' fioifrt  oftmena',  chiama  Dante 
la  terra   in    cui   stanno  le  biade ,  le 
piante  e  gli  animali  che  ci  nutriscono. 
Par.  29.  51- 
j  Suggiuga re  -  soggiogare.  Pg.  18,  101. 
Sviare  -  per  uscir  di   strada.  Pg.    29  , 

118. 
Sviarsi  •  uscire  del  dritto  cammino.  Par. 
.   27,  141. 

Summae  Deus  elemefUiae  -  Dio  di  somma 
*  clemenza,  principio  d'un  inno  che  canta 

la  Chiesa.  Pg.  25.  121. 
Summo  -  per  sommo  ,  in  rima.  In.  7  , 

119. 
Suo  -  per  loro.  Par.  31,  50. 
Suoi -per  loro.  Par.  19,  lU. 
Svolazzare  le  ali -per  dibatterle,  venti- 
larle. In.  34.  50. 
Suolo  marino  -  la  superfizie  del  mare,^  e  ' 
spiega  appunto  V  aequor  de  Latini.  In. 
26,  129.  Pg.  2,  15. 
Svolvere- svolgere,  sviluppare.  In.  11,96. 
Suonare  -  per  dire,  proiterìre,  manifestar 
con  parole.  Par.  15,  68.  26,  50,  p  in 
altri  luoghi. 
Suono -per  fama.  In.  27,  78,  per  par- 
lare, in.  15,  105. 
Suora  -  per  sorella.  Par.  24 ,  28.  Bea- 
trice, intesa  per  la  teologia ,  è  sorella 
della  cattolica  chiesa,  tm. 
Superba  costa  -  per  balzo  di  montagna  , 
erto  sommamente  e  discosceso.  .Pa. 
4.  41. 
Superbe  viste  -  per  occhio  finissimo  e  pe- 
netrantissimo. Par.  80,  81. 
Superbo  omero-cioò,  s^la  spinta  alllnaù. 

In.  21.  34. 
Sunerbire  •  insuperbirsi.  Pg.  12,  70.  Par. 

29,  56,  è  voce  latina. 
Superno  -  superiore  >  più  alto  di   tutti. 
Pg.  27 ,  125 ,  e  in  altri  luoghi.  Lat. 
tupemus. 
Supino  -  avverbio ,  supioameote  ,    eolla 

faccia  supina.  In.  14,  22. 
Suppa  •  pana  intinto  nel  vinp.  Pg.  38 , 
36,  Se  Dante  in  questo  luogo  alludesse 
al  sacrifizio  della  messa,  eome  alcuni 
vogliono  ;  sarebbe  degno  di  molta  ri- 
preosiooe  per  V  irriverenza  del  motto. 
Alcuni  spoaitori  però  iatarpairaiio  fie^ 


G5^ 


DIZIONARIO 


sto  luogo  in  nltra  maniera ,  come  il 
Landino  e*i  Yellutcllo  ,  seguendo  Ben- 
-venuto  da  Imola  ;  e  dicono  che  a'tempì 
di  Dante  era  opinione  in  Firenze,  che 
chi  avesse  commesso  omicidio,  e  den- 
tro il  termine  di  nove  giorni  mangiasse 
sopra  la  sepoltura  deir  ucciso  una  sup* 
pa  ,  non  potea  dopo  per  vendetta  es- 
ser morto  :  la  quale  spiegazione  noi 
ancora  seguitiamo. 

Supplicare  a  chi  che  sia  -  Par.  15  ,  85. 
2C,  %.  33,  25.  è  costruzione  latina. 
Tibullo  nella  7.  elegia  del  1.  libro  : 
Arida  nec  pluvio  supplicai  herba  Jovi, 

Supplico  -  coir  accento  acuto  sulla  penul- 
tima sillaba,  in  grazia  della  rima.  Par. 
26,  9k. 

Surgere  -  sorgere.  In.  13 ,  100.  Pg.  17, 
34.  è  voce  latina. 

Surto  -  sorto,  levato.  In.  26,  43.  Pg.  8, 
9.  21,  9.  Par.  18,  73. 

Suscitare  -.  per  risuscitare  ,  chiamar  da 
morte  a  vita.  Par.  20,  110. 

Susina  -  sorta  di  frutto.  Lat  •  pmnuiii. 
Par.  27.  126. 

Suso  -  su  ,  sopra.  In.  9  ,  57.  32  ,  138* 
Par.  33,  50,  e  in  altri  luoghi,  per  poco 
avanti.  Par.  13,  k(L 

Sussistenza  -  per  cosa  che  da  sé  sussista, 
sostanza,  essenza.  Par.  13  ,  59.  33  ; 
115. 

Sustanzia  -  per  ipostasi  o  persona.  Par. 
13,  27. 

Sustanzial  forma  -  dicesi  T  anima  ragio- 
nevole da'  filos^G.  Pg.  18,  49. 

Subtanzie  -  per  creature.  Par.  29.  32. 

Sustanzie  pie  •  per  gli  angeli.  Pg.  30 , 
101. 

Sutto  -  sotto,  io  rima.  In.  11,  26. 


Tacente  -  fu  tacente,  cioè,  si  tacque.  Par. 
20.  9. 

Tacere  -  dofa  el  $U  tace,  cioè,  dove  il  sole 
non  porge  suo  splendore  ,  detto  per 
quella  figura  che  i  Greci  chiamavano 
caldcre$it ,  e  i  Latini  alm$%o.  In  1 ,  00. 
simil  guisa  dicevano  gli  antichi  «i/entta 
kknae  agl'interlfint ,  «ioè  a  quel  tem- 


po che  la  luna  di  Dotte  dod  si  lascia 
vedere. 

Tacere-/^  vento $%  iace^  cioè,  rista,  cessa, 
lascia  di  soffiare.  In.  5,  96. 

Tacette  -  per  tacque.  In.  2.  75.  Pg.  21, 
63.  Par.  9.  64. 

Tacetti  -  per  tacqui.  In.  27.  98. 

Tafano  -  sorta  d' insetto  fastidioso,  simile 
alla  mosca.  In.  17,  51. 

Taglia  -  per  foggia,  assisa ,  livrèa,  forma 
d*  abito.  In.  23,  62. 

Taglio  •  per  taglio^  cioè ,  iDdirettameote , 
obbliquamente ,  ma  io  seoso  figurato. 
Pg.  31,  3.  Y.  Punta. 

Talpe  -  per  talpa ,  animai  noto,  io  rima. 
Pg.  17,  3. 

Tane  -  per  le  bolge  deirinfemo.  descritta 
dal  nostro  Poeta.  Io.  21,  126. 

Tange  -  tocca.  Lat.  fan^.  In.  2.  9L 

Tan  m*  abbelii  ec.  -  parole  proveozali 
miste  eoo  catalane,  poste  dal  Poeta 
nostro  in  bocca  d'Arnaldo  Daniello, 
poeta  eccellentissimo  di  Provenza  ;  le 
quali  lo  liogua  nostra  saonano  eoa: 
Tanto  mi  piace  la  totira  eortw  di- 
manda y  cK  io  nonpono  né vofUo  am- 
prire  a  voi  U  nome  mio.  Io  $ono  M- 
naldo ,  che  piango  $  vo  canlanio  rà 
queeto  ro$$o  guado  la  possale  follia  : 
e  veggio  dinanzi  a  me  il  giamo  ch'io 
spero.  Ora  vi  priego  per  fuel  vd/er  eko 
vi  guida  al  iommo  della  hoUl  ,  fieor- 
divi  a  tempo  ,  cioè  opportnoameote  . 
del  mio  dolore.  Pg.  96 .  140.  e  se^ 

Tante  -  per  altrettante.  In.  26.  31. 

Tanto  •  per  solamente.  Lat.  tantum.  Par. 
2,  67.  20,  112. 

Tanto  ad  ogni  cosa  -  cioè,  capace  di  rie» 
piere  ogni  cosa,  secondo  la  mimiid 
ciascheduna.  Par.  9,  9. 

Tapino  -  per  infelice,  tribolato,  dal  g^eco 
tapeinot.  In.  30,  91. 

Tardare  -  per  sembrar  tardo.  In.  9  •  1 
21,  25. 

Tardare  ali*  alto  fine  *  cioè  ,  di  gìupeft 
all'alto  fine.  Par.  22,  34. 

Tardato  dair  usanza  -  più  tardi  del  aoK- 
to,  Par.  30,  84. 

Tardi  avverbio  ,  m' i  tardi  t  Miiin. 
cioè,  mi  par  tardo,  lo.  2,  80. 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


«55 


Tastare  -  per  toccare,  ma  detto  figiirnta- 
mente,  per  accennare.  Pg.  22  ,  58  , 
cosi ,  Toccando  un  poco  la  vita'  futura. 
In.  6,  102. 

Te  Deum  laudamu$  -  Te  Dio  lodiamo  , 
principio  deirinno  de* santi  Ambrogio  ed 
Agostino,  con  cui  la  Chiesa  suol  ringra* 
ziarc  iddio  de*suoi  benefizi*  Pg.  9«  IM. 

Togghìa-vaso  di  rame,  piano  o  diden- 
tro stagnato  ,  dove  si  cuocono  torte , 
migliacci  e  simili  cose ,  e  il  suo  coper- 
chio pure  ,  eh*  è  di  terra  cotta ,  colio 
btesso  nome  si  chiama.  In.  29,  li. 

Tegghiaio  -  Farinata  e*l  Tegghiaio  che  fur 
«i  dryni.  In.  6,79,  Nel  pronunziarsi 
questo  verso ,  per  ridurlo  al  giusto  nu- 
mero delle  undici  sillabe ,  si  dee  levar 
la  sillaba  io  nella  voce  Tegghiaio.  Così 
usavano  di  far  qualche  volta  gli  anti- 
chi. Basti  per  tutti  il  Petrarca  nel  cap. 
k.  del  Trionro  d' Amore  : 

Ecco  C in  da  Pistoia,  Guitton  d^  Arezzo, 
V.  anche  Par.  15,  HO. 

Tela  Onde  non  trasse  insino  al  co  la  spo- 
la -  figuratamente ,  per  vita  religiosa  in- 
trapresa da  chi  cbe  sia ,  e  poi  non 
condotta  a  fine,  ma  abbandonata*  Par. 

3,  95. 

Telo  celestiale  -  per  fulmine.  Pg.  12,  S8. 

Te  ludi  ante  terminum  -  Te  prima  che 
termini  il  giorno  ec.  principio  dell*  in- 
no cbe  canta  la  Chiesa  nell'ora  di  com- 
pieU.  I^.  8 ,  13. 

Tema -per  argomento  di  poema.  Par.  23, 
64.  30 ,  23.  per  soggetto  di  ragiona- 
meato.  In.  4 ,  1V6. 

Temendo  no '1  mio  dir -temendo  che  non 
il  mio  dire.  In.  3 ,  80.  cosi  »  temendo 
no  7  ptA  $lar.  In.  17 ,  76. 

Temersi -per  temere.  Par.  22.  27. 

TemetU  -  Lat.  timui.  In.  31 ,  109. 

Temo  -  coir  e  larga  ,  per  timone.  Pg.  22, 
119.  32,  W,  UO.  Par.  13,  9. 

Temo  Che  mal  guidò  Fetonte -per  lo  car- 
ro del  sole.  Par.  31  ^  Oh.  v.  Fetonie, 
nella  Parte  seconda. 

Temperanza  -  per  cosa  che  tèmpera  e 
mitiga  r  eccesso  d'una  qualità.  Pg.  80^ 
26.  Par.  5 ,  135. 

Temperar  di  Gioye  trai  padre  al  figlio- 


cioè  •  Giovo  ,  pianola  temperato  ,  po- 
sto tra  'I  padre  Safumo  ,  di  fredda 
qualità  ;  e  tra  'I  figliuolo  Marte  ,  di 
calda.  Par.  22 ,  145.  • 

Temperare  il  giorno  apli  occhi -cioè, 
moderare  il  lume  del  sole  in  maniera, 
che  possa  esser  sofTerfo  dalla  vista  de 
riguardanti.  Pg.  28,  3. 

Tempesta -per  impeto  e  violenza.  In. 
21 ,  67. 

Tempia  -  aver  la  tempia  ro$ita  ,  per  ac- 
cendersi di  vergogna.  Par.  17 ,  66. 

Tempie -forse  per  occhi,  figuratamente. 
Par.  9  .  12. 

Tempi  gravi -cioè  ,  calamitosi.  Par.  32/ 
127. 

Tempio  del  suo  voto  -  cioè ,  dove  s*  è  fatto 
voto  d'  andare  in  pellegrinaggio.  Par. 
31  ,  44. 

Tempio  -  tempio.  Lat.  templum.  Par.  18. 
122.  28 ,  53, 

Tempo  '  poco  tempo  era  a  rolgere  *  cioè , 
restava  da  trapassare.  Pg.  1 ,  60. 

Tempo  della  Grazia  -  cominciò  qiiesto 
tempo  dopo  la  pubblicazione  delf.Evan- 
gelio.  Par.  32  .  82. 

Tempo  di  maritar  le  fanciulle ,  troppo  af- 
rettato a' tempi  di  Dante -Par.  lo,  104. 

Tempra  -  per  nota  musicale.  P?.  30,  94. 
Par.  10 ,  146.  per  consonanza.  Par. 
14,  118. 

Tempra  di  penna  -  cioè ,  temperatura  , 
taglio,  ma  qui  figuratamente.  In.  2V,  6. 

Tempra  d' orivoli  -  manifattura  ,  concer- 
to d'  orivoli.  Par.  24 ,  13. 

Temprare  -  Temprava  t  paesi  in  angelica 
nota,  cioè ,  accordava  i  passi  col  can- 
to degli  angeli.  Pg.  32 ,  33. 

Tenavamo  -  tenevamo.  In.  21 ,  3. 

Tendere  -  per  istendere ,  spiegare.  Pg. 
29,  109. 

Tenebra  -  per  tenebre.  Pg.  7  ,  56. 

Tenèbra  -  coir  accento  acuto  sulla  secon- 
da sillaba,  in  rima.  Par.  19  .  65. 
Tenebrato -ottenebrato,  oscuro.  Pg*  16, 3. 
Tenera  nube -cioè,  sottile,  trasparente. 

Par.  12,  10. 
Tener  del  monte  e  del  macigno  -  cioè  , 
conservare  ,  anche  In  mezzo  alle  città  ^ 
coatomi  ruvidi  e  confenientl  a  perso- 


«s« 


DIZIONARIO 


Da>  discesa  da  progeoifori  villaài  ed  al- 
pestri. In.  15,  63. 

Tenere -per  impedire,  vietare.  In.  7,  6. 

Tenere  gli  occhi  a  ^jhe  che  sia  -  guarda- 
re attentamente.  Par.  30.  133. 

Tenere  il  viso  a  che  che  sia-  per  ben 
conoscerlo,  e  tenere  U  dosso  a  che  che 
sia,  per  non  intenderlo.  Par.  8  ,  96. 

Tenere  i  piedi  -  per  allentare  il  passo.  In, 
23 ,  77. 

Tener  fronte  -  v.  Fronte. 

Tener  Y  aspetto  in  che  che  sia  -  guardar 
fissamente  alcuna  cosa.  Par.  25.  HO. 

Tener  lo  campo  -  figuratamente,  per  esser 
il  primo  in  qualche  arte.  Pg.  11,  95. 

Tener  lo  guado  -  per  non  torcere  dal  drit- 
to sentiero.  Par.  2 ,  126.  Cosi  diceva- 
no i  Latini ,  tenere  viam. 

Tener  sentenzia  -  per  significar  con  pa- 
role. In.  9  ,  15. 

Tenersi  -  per  reggersi  in  piedi.  Pg.  15 , 

120.  .   ^ 

Tenersi  a  che  che  sia  -per  fidarsi  dì  che 
che  sia.  In.  9  ,  59. 

Tenersi  stretto  a  giudicare  -  cioè ,  andar 
cauto  nel  dar  giudicio.  Par.  20,  133. 

Tenne  a  sinistra  -  sottintendi ,  suo  cam- 
mino. In.  18,  21. 

Tentar  di  costa  -  urtar  leggiermente  nel 
fianco  per  avvisare.  In.  27 ,  32.  e 
t tritare  semplicemente ,  nello  stesso  si- 
gnificato. In.  12,  67. 

Tentare  -  per  ingegnarsi  di  sciogliere  una 
difficoltà.  Par.  28  .  60.  per  vuler  e- 
sprimere.  Par.  31 ,  138. 

Tenzione  -  tenzone  ,  per  dubbio  o  diffi- 
coltà di  vedere.  Pg.  10.  117. 

Tenzonare -contendere,  contrastare.  In. 
8,  111. 

Teodla  -  voce  greca  ,  che  vale  canto  in 
lode  di  Dio,  cosi  chiama  Dante  i  sal- 
mi di  Davide.  Par.  25  ,  73. 

Tepe  -  divien  tepido.  Lat.  tepet.  Par.  29, 
Ul. 

Terminare  il  disiro  -  trarsi  la  voglia.  Par» 
31 ,  65. 

T(Tmine-per  cosa  determinata.  Par. 
33  ,  3. 

Terminonno  -  per  terminano,  \u  rima  Par. 
28,  105. 


Temaro  -  per  ordine  e  gerarchla  d*  an* 
geli  ,  distinta  in  tre  cori.  Par.  28  . 
105,  115. 

Terragno  -  che  s*  alza  poco  da  terra  , 
eh*  è  *n  sulla  piana  terra.  Io.  33,  ^7. 
Pg.  la ,  17. 

Terra  vera  -  cioè  ,  piena  del  suo  natu- 
rai vigore  ,  qual  finge  il  Poeta  esser 
quella  del  Paradiso  terrestre.  Pg.  32, 

Terrestre  -  terrestre  ,  in  rima.   Pjg.  30  , 

120. 
Terzeruolo- vela  minore  della  nave.  Io. 

.21 ,  15.  V.  Artimone. 
Tesa  -  cioè ,  il  tendere.  Pg.  31 ,  17. 
Teschio  -  cranio  ,  parte   superiore  de  lU 

tesU.  In.  32,  132. 
Teso  in  tempra  di   molte  corde  -  cioè  , 
accordata  in    consonanza.    Par.  11^  • 
118. 
Tesoro  -  far  tetoro  di  che  che    sia  ndU 
mente y  cioè,  depositare  nella  memoria. 
Par.  1 ,  11. 
Testa  -  per  estremiti  della  lungb^za  di 
qualsivoglia  cosa.  In.  17,  Ì3.  cosi!*- 
sta  del  ponte.  In.  24 ,  79. 
Testare  -  far  testamento,  la.  SO ,  45. 
Testé  -  in  questo  punto ,  o  poco  avaolL 
In.  6,  69.  Pg.  29,  26,  126.32,11. 
Tcsteso  -  testé ,    ora  ,    poco  innanzi ,  ia 

rima.  Pg.  21  ,  113.  Par.  19 .  7. 
Testo  -  per  lo   componimento  che  ^ieo 
chiosato ,  a  difTerenza  della  sua  chio- 
sa 0  cemento.  In.  15,  89.  ma  qui  per 
pronostico  oscuro. 
Testo  -  per  vaso  in  che  si  piantano  fiori. 

ma  figuratamente.  Par.  27,  118. 
Tetragono  -  voce  greca  che  significa  fw- 
I     drato  ,  quadrangolare,  e  figuratameili 
prendesi  per  uomo  costante  ,  iiac>di 
la  figura  quadrata  e  cubica  molto  sodi 
e  stabile.  Par.  17,  24. 
Tetro -per  oscuro.  Par.  a,  91. 
Tien'-per  tieni.  In.  19,  46.  Cosi  l  P^ 
trarca  nella  canzone  :  O   mtpeitMta  in 
Citi  : 
E  che  'l  nobile  ingegno  che  dal  Cieh. 
Per  grazia  tien'  ddC  immortale  AfMi^ 
parla  col  pontefice  di  quel  loapo. 
Tieotl  col  corno  -  attiriti  al   ci^no .  fr 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


637 


glia  in  mano  il  conio»  fn.  31 ,  71. 

Tiepidezza  -  per  accidia  o  pigrizia  nelT  o- 
perar  bene.  Pg.  ^,  92. 

Tigna  -  ulcere  sulla  cotenna  del  capo , 
ond'esee  mareia.  In»  15,  111. 

Tintin-voce  eh'  esprime  il  suono  del  cam* 
panello.  Par.  10,  143. 

Tintinno  -  per  suono  di  musicali  strumen- 
ti. Lat.  tinnituB.  Par.  14,  119. 

Tinto  -  per  oscuro,  caliginoso.  In.  S,  29. 
per  vermiglio.  In.  16,  104.  Itnlo  in 
peccato,  cioè,  ingombrato  dalle  passio- 
ni peccaminose.  Pg.  33 ,  74. 

Tizzo  "  tizzone .  pezzo  di  legno  abbrucia- 
to da  un  lato.  Pg.  25.  23. 

Toccare  -  per  far  menzione.  In.  6 ,  102. 
7  ,  68.  25,  94.  per  trattare.  Par.  24. 
143. 

Toccare  -  non  tocca  V  uopo  di  nutrire. 
cioè .  non  v*  à  bisogno  di  nutrimento. 
Pg.  25.21. 

Toccar  la  memoria  a  chi  che  sia  -  per 
rirordarsigli,  tornargli  a  mente.  Par.  9, 
126. 

Toccar  lo  fondo  Della  mia  grazia  e  del 
mio  Paradiso  -  cioè  ,  arrivare  all'  ul- 
timo segno  della  mia  grazia,  ec.  Par. 
15 ,  33. 

Toccato  -  per  mentovato,  di  cui  si  è  det- 
to poco  avanti.  Par.  1 ,  108. 

Togliere  -  v.  sotto ,  Torre. 

Togliersi  -  per  allontanarsi,  traggersi  in- 
dietro. In.  2 ,  39. 

ToUe  -  toglie.  In.  2 ,  39.  23  .  57.  Par. 
6 ,  57.  17 .  33.  Lat.  tollit. 

Tolletta-per  latrocinio.  In.  11,  36. 

Tolletto  -  per  tolto ,  rapito.  Par.  5,  33. 

Tdlto  -  per  rapito  a  sé.  Par.  18,  24. 

Tornare  -  per  cadere.  In.  32  ,  102.  per 
discendere,  semplicemente.  In.  16,  63. 

Tomba  -  per  pozzo ,  o  per  tutta  la  cavi- 
tà deir  Inferno.  In.  34.  128.  per  val- 
lone. In.  19,  7. 

Tonar  -  per  tuono.  In.  14  ,  138. 

Tondo  -  per  arco  del  ci^lio•  Par.  20,  68. 

Topazio  -  sorta  di  pietra  preziosa.  Par. 
30 ,  76.  qui  ,  Gguratamente  »  per  an- 
gelo. 

Topazio  tfoo,  chiama  Dante  l'anima  bea- 
la di  Cacciaguida.  Par.  15,  85.     . 


Toppa  -  serratura  di  ferro ,  per  la  quale 

si  volge  la  chiave.  Pg.  9  ,  122. , 
Torcere  -  per  cruciare  ,  addolorare.'  Pg. 

32 ,  45.  per  far  uscire  del  seminato  , 

disviare.  Par.  4 ,  61. 
Torcere  nell'  amor  suo  -  per  innamorare 
di  sé.  Pg.  31 .  86. 
Torma  -  per  armento.   In.  30 ,  43.  per 

ischiera ,  brigata,  in.  16  «  5. 
Tor  modo  -  per  trovar  maniera,  compeo* 

so.  In,  18 ,  30. 
Tornami  -  mi  tornai  .  In.  17 ,  78. 
Tornare -per  cangiarsi,  tramutarsi.  In. 

13 ,  69.  Mr^ voltare.  In.  20 ,  13. 
Tornare  -  Noi  ci  allegrammo  :  e  tot^o  tor- 
nò, in  piamo;  cioè ,  e  tosto  1*  allegrez^ 
za  nostra  si  converse  in  tristezza.  In. 
26 ,  136. 

Tornare  all'  os^a  -  rientrare  nel  corpo  . 
risuscitare.  Par,  20 ,  170. 

Tornare  il  %iso  ad  alcuno  -  cioè  ,  rivol- 
gerlo verso  di  lui.  Pg.  28,  148. 

Tornare  in  volta  -  voltarsi  per  ritornare 
addietro.  In.  9,  2. 

Tornato  -  per  cangiato.  Pg.  14  ,  99. 

Tonieamento  -  giostra  che  si  fa  nel  fé* 
steggiare  pubblicamente.  In.  22 ,  6. 

Torneare  -  per  muoversi  in   giro.   Par. 

14 ,  24. 

Torpente  -  per  ozioso  ,  scioperato.   Lat. 

torpens.  Par.  29 ,  19. 
Torre  -  verbo;  Tanto  ,  e  a  pena  7  potea 

t  occhio  torre ^  cioè ,  discemere,  vedt>- 

re.  In.  8,  6. 
Torre  -  per   menar  moglie.    Par.  6  ,  3. 

e  figuratamente.  In.  19,  56. 
Torre  e  terza  e  nona  da  qualche  luogo 

•  cioè ,  aver  ivi  V  orivolo  che  tali  ore 

dimostra.  Par.  15 ,  98. 
Torreggiare  -  per  ornare  e   circondar  di 

torri.  In.  31 ,  43. 
Torre  1'  Ultima   parola   oer  dire  -  cioè  , 

profferirla.  Par.  12,  ^, 
Torre  via  -  per  distruggere  >  levar  di  mez- 
zo. In.  10.  92. 
Torrien  -  terrebbero.  In.  13,  21. 
Torto  -  per  vizio.  In.  19  ,  36. 
Torto  e  diritto   amore  -  cioè ,   malvagio 

e  buono.  Par.  26 ,  62 ,  63. 
Tortura-  per  torcimento,  giro,  luogo  che 

83 


658 


DIZIONARIO 


torce.  Pg.  25,  109. 

Torza  -per  torca ,  pieghi,  in  rima.  Par. 
4.,  78. 

Tosco  di  Venere ,  chiama  Dante  il  piacer 
disonesto  e  carnale.  I^.  25 ,  132. 

Tossio  -  tossi.  Par.  16  ,  Ib. 

Tostamente  -  subito.  In.  23  ,  22. 

Tosto  -  addiettivo  ,  per  breve  ,  spedito. 
Pg.  6 ,  60.  per  frettoloso  ,  impetuoso. 
In.  2  ,  42.  12 ,  66. 

Tota  -  tutu.  Par.  7  ,  85.  20  ,  132.  è 
voce  latina. 

Traccia-  per  truppa  che  vada  in  fila, e 
r  un  dietro  all'  altro.  In.  12 ,  55. 15, 
33.  18,  79. 

Tracotanza  -  insolenza  ,  arroganza.  In. 
8  ,  124. 

Trade  -  tradisce  ,  in  rima.  In.  11  ,  66. 
33     129. 

Traéli-  traevali.  Pg.  32 ,  6. 

Traén  -  traevano.  Pg.  8  ,  30. 

Trafugare  -  trasportare  di  nascosto.  Pg. 
9,  38. 

Tragedia  ,  chiama  Dante  il  poema  di 
Virgilio  ,  per  esser  dettato  in  istile  au- 
blime  ,  a  differenza  del  suo  eh'  egli 
chiamò  Commedia  per  modestia ,  co- 
me fosse  scrìtto  in  istile  umile  e  po- 
polare. In.  20,  113.  y.    Commedia. 

Tragedo  -  per  componitor  di  tragedie. 
Par.  30  ,  24.  Tragoedi  erano  chia- 
mati da'  Greci  e  da*  Latini  gì'  istrioni 
che  le  tragedie  rappresenta\ano. 

Tragetto  -  tragitto  ,  passaggio.  In.  19  , 
129. 

Tralucere  -  per  rilucere.  Par.  13  ,  69. 

Tra  r  ultima  notte  ,  e  1  primo  die -cioè, 
dal  principio  al  fine  del  mondo.  Par. 
7  .  112. 

Tranare  -  per  trainare  ,  strascinare,  con- 
durre di  luogo  in  luogo.  Par.  10  i 
121. 

Trangugiare -inehiottire  con  grande  in- 
gordigia. In.  28  ,  27. 

Tranquillarsi  -  per  godere  ,  aver  pace  , 
esser  beato.  Par.  9,  115. 

Trapassar  del  segno  •  cioè,  trasgressione, 
rompimento  di  legge.  Par.  26  ,  117. 

Trapasso  -  per  lo  trapassare.  Par.  14  , 
111. 


Trapassonne  -  trapassò ,  in  rima.  Pg.  31, 

Trapelare  -  per  distillare ,  gocdolare.  Pe. 
30,88.  ^ 

Trapunto  -  per  isfigarato  ,  steouato,  tpa- 
nito.  Pg.  24 ,  21. 

Trar  d'  ale  -  detto  dell*  occhio  ,  per  fe- 
dere o  guardar  di  lontano.  Vg.  10,  25. 

Trar  del  regno  non  si  possono  alcune 
gioie  troppo  care  -  cioè ,  non  si  pos- 
sono descrivere  alcuni  misteri  più  se- 
greti della  gloria  del  Paradiso,  tolta 
la  metafora  da  certe  merci  più  rare, 
come  pittore,  statue  ed  altri  bforì  di 
celebri  [artefici  ;  le  quali ,  per  la  Imo 
preziosità,  non  è  lecito  asportate  fuo- 
ri di  paese.  Par.  10  ,  72. 

Trar  fuori  -  per  inventare.  Pg.  24 ,  50. 
I  Latini  direbbono  proferre  ,  cosi  Th 
bullo  nella  10.  elegia  del  1.  libro - 
Quis  fuit  horrendos  primus  qui  proitdit 
entei  I 

Trar  guai  -  lamentarsi  a  erau  voce.  In. 
5,48.13,22. 

Trarre  -  per  accorrere.  Pg.  2  ,  71.  Par. 
5,  101. 

Trarre  -  per  eccettuare.  TrdM  lo  Srie- 
ca  ,  cioè  ,  cavane ,  eccettuane,  lo.  29. 
125. 

Trarre  -  per  ridursi.  Pg.  30  ,  77.  cosi 
spiega  il  Landino. 

Trarre  di  servo  a  liberiate -ricbiamara 
di  servitù  a  libertà.  Par.  SI ,  85. 

Trarre  la  chioma  alla  rocca  -  filare.  Par. 
15 ,  124. 

Trarre  la  conocchia  -  per  fiair  di  filate 
quanto  lino  sì  pone  sopra  la  coaoc- 
chia.  Pg.  21  ,  26. 

Trarre  le  armi  -  per  iscagliar  saette.  Pfe. 

31 ,  117.  ^ 

Trarresi  -  trarsi.  Pg.  2 ,  76. 
TrarreU  -  trarti.  Pg.  28,  46. 
Trarsi  -per  farsi  indietro.  Pg.  7,8. 
Trarsi  di  parlare  -  cioè  ,   asteaeni  à 

parlare.  In.  3  ,  81. 
Trascendere  -  sopravanzare  ,  oltrepasM- 

re.  In.  7 ,  78.  Par.  1  ,  99.  30 ,  41 
Trascolorare  -  mutarsi  di  colore.  Par.  27 , 

19  t  21. 
Trascorrere  -  per  dare  una  scoria,  coas 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


659 


leggendo  ,  o  riandando  colla  memoria.  |  Trei  -  tre  ,  in  rima.  In.  16  ,  21. 

Par.  2k  ,  83.  I  Tremuoto  e  tremoto  -  terremoto*  In.  12, 


Trasmodarsi  -  passare  il  modo  e  la  mi- 
sura. Par.  30 .  19. 

Trasmutabile  -  che  può  trasmutarsi.  Par. 
5.  99. 

Trasmutare  -  per  far  passare   d*uno    in 


6.  Pg.  21 ,  70. 
Tresca  -  propriamente  ,   spezie  di  ballo 
antico  ;  e  figuratamente  ,    moto    fre- 
quente ,  inquieto    ed  avviluppato    di 
più  persone.  In.  14  ,  40. 


Trescare -per  ballare  semplicemente.  Pg. 


P?.  3  ,  132. 

Trasmutare  chi  che  sia  -  per  farb  cam- 
biar fortuna.  Par.  17  ,  89. 
Trasmutarsi  -  per  muoversi  di  luogo.  In. 

29 ,  69. 
Trasmutarsi  ad  altra  cura  -  cioè,  Tolger- 

si.  Par.  21 .  21. 
Trasparere  -  trasparire.  Par.  2,  80. 
Trasseci  -  per  trasse  di  qua.  In.  4 ,  55. 
v.  il  Varchi  neirErcolano,  a  carte  211. 
Trassi -cioè,  mi  trassi,  mi  ridussi.  Pg. 

30  ,  77. 
Trasumanare-  passare  in  certo  modo  dal- 
l'umanità  alla  divinità.  Par.  1  ,  70. 
Trasvolare-velocissimamente  volare.  Par. 

32,  90. 
Tratta  -  per  distanza ,   spazio.  Pg.  15  , 
20.  per  moltitudine  ,  serie  ,    seguito. 
In.  3  ,  55. 
Tratta  d' oo  sospiro  -  cioè  ,    Y  atto    del 
gittarlo  ,   il  cavarselo  dal   petto.  Pg. 
31 ,31. 
Trattare  -  per  muovere   ed  agitare.  Pg. 

2,  35. 
Tratti  pennelli  -  cioè  ,  tratti  di  pennelli. 

Pg.  29,  75.  V.  TraUo  di  piUvra. 
Tratto  -  per  lunghezza.  Par.  32 ,  41.  per 

ispazio,  distanza.  Pg.  29,  44. 
Tratto  di  pittura  -  quel   segno  ,    che  si 
lascia  ,  strisciando  il  pennello.  Pg.  12  , 
65. 
Travaglia -per  travaglio,  in.  7,  20. 
Travagliarsi  -  per   alterarsi.    Par.    33  , 

114. 
Travasare  -  per   trasmutare.   Par.  21  , 

126. 
Travi  vive  -  cioè  ,  alberi.  Pg.  30 ,  35. 
Tree-tre,  in  rima.  Pur.  28,  119. 
Tregua  -  aver  tregua  éaUa   «oee  ,  cioè , 
non  udirla  più.  Pg*  14  ,  186. 


10  ,  65. 

Tribo  -  per  ischiatta  ,  famiglia  ,  dal  la- 
Uno  trihus.  Pg.  31  ,  130. 

Tricorde  arco -che  à  tre  corde.  Par. 
29  ,  24. 

Triema- trema.  In.  17,  87. 

Triforme  -  di  tre  forme  ,  di  tre  manie- 
re. Pg.  17  ,  124.  Triforme  ejfetto  , 
cioè  ,  triplice.  Par.  29  ,  28. 

Trina  Luce  in  unica  Stella  -cioè ,  le  tre 
Persone  divine  in  una  sola  essenza. 
Par.  31  ,  28. 

Trionfar  di  sua  corona -Pg.  24,  14. 
Trionfar  di  sua  vittoria.    Par.   23  , 

136. 
Tripartito -diviso  in  tre  parti.  Pg.  17, 

138. 
Tripudio-  per  letizia  d' anime  beate.  Par. 
12 ,  22.  per  coro  d*  angeli.  Par.  28  , 
124. 


TriftUtia  -  per  cagione   di  tristezza.  Pg* 
22  ,  56.  per  malinconia.  In.  29 ,  58. 


per 

Tritare  •  per  calpestare.  In.  16  ,  40. 

Troncone  -  per   busto   senza   capo.   In. 
28.  141. 

Trono  -  per  tuono  o  fólgore.  Par.  21  , 
12. 

Troppa  d' arte  -  cioè ,  troppa  arte,  trop- 
po d*  arte.  Pg.  9  ,  124. 

Trottare  -  per  correr  forte.  Pg.  24, 70. 

Trovami  -  mi  trovai.  Pg.  20  ,  55. 

Trullare  -  mandar  fuori  del  corpo  la  ven- 
tosità. Lat.  pedere.  in.  28 ,  24. 

Tuba  -tromba  ,  è  voce  latina.  Pg.  17  , 
15.  Par.  6,  72.  12,  8.  80  .  35. 

Tóe  -  per  tu  ,  in  rima.  Pg.  16 ,  26. 29, 
85.  Par.  1  ,  19. 

Tumore  -  per  superbia  ,  faalo.  Pg*  H  » 
^19. 

Tuo' -tuoi.  Pg.  12,  124.  Par.  11  ,21. 

Trepie  -  per  tregMa  7  in  rioiat  Pg*  17  1 1  Tuono  - 1  tuoni  iwmano  più  hat$i ,  cioè , 

175.  I     si  generano  in  una  regione  dell*  aria  » 


6G0 


DIZIONARIO 


t 


ì\ù  bassa  Hella  cima   dell*  Apennino. 
^ar.  il ,  108. 
Turbare-  degli  angeli  part$  Turhb*l  iug- 
getto  de-  vottri  alimenti ,  cioè ,  gli  an- 
geli ribelli  a  Dio  seguaci  del  superbo 
Lucifero  ,  cadendo   dal  Cielo  ,  turba- 
rono ,  cioè  ruppero  e  penetrarono    le 
viscere  della   terra   eh'  è  il  suggello  , 
cioè  la  ba^e,  il  fondaniento,  il  luogo, 
dove   nascono  i  nostri    alimenti.  Par. 
29  ,  51.  Questa  è  una  maniera  d'espri- 
mersi quanto  ricercata  ed  oscura ,  al- 
trettanto degna  di   riprensione ,    e  da 
non  imitarsi. 
Turbare  -  per  turbamento.  Pg.  28  ,  97. 
Turbe  di  splendori  -  cioè,  quantità  di  lu- 
mi. Par.  23  ,  8-2. 
Turbo  -  turbine,  è  voce  latina.  Par.  22, 
.    99. 
Turbo  -  addiettivo  .  per  oscuro  ,  torbido. 

Lat.  turbidu».  Par.  2,  ihS. 
Turge  -  si  gonfia  ,  cresce ,  abbonda.  Lat. 

turget.  Par.  10  ,  ikk.  30.  72. 
Turpa  gente-  cioè  ,  turpe  ,  disonesta,  in 

rima.  Par.  15 ,  H5. 
Tuto- sicuro.  Lat.  tutus;  Pg.  17,  108. 
Tutta  gioia -ogni  gioia,  compiuto  place- 
re.  In.  1,  78. 
Tutta  quanta  -  intera.  Par.  l<i> ,  WS.  e  in 

altri  luoghi. 
Tutte  brame  -  ogni  brama.  In.  1 ,  49. 
Tutt*e  cinque -tutti  cinque.  Pg.  9,  12. 
Tutte  e  sette  -  Pg.  33  ,  13. 
Tutte  fiammelle  -  cioè  ,  tutte  le  fiammel- 
le. In.  U,  90. 
Tutte  guise  -  cioè  ,  ogni  maniera.  Par.  5, 

99. 
Tutte  onestadi  -  ogni  onesti.  Par.  31 ,  51 . 
Tutte  quante  -  Par.  22 ,  133.  23, 29.  e 

in  altri  luoghi. 
Tutti  e  trei  -  tutti  e  tre ,   in  rima.  In. 

16,  21. 
Tuttoché-  avvegnaché  ,  benché,  lo.  6  , 

109.  U,  lil5.  Pg.  30,  67. 
Tutto  chin  -  molto  inchinato.  Pg.  U  ,  78. 
Tutto  di -per  tuttovia.  Par.  14,  57. 
Tutto  solo  -  solo  affatto.  In.  17  ,  4^. 


ir  .  dove.  In.  2 ,  24.  9  ,  33.  Pg.  24. 79- 
Par.  7,  31.  10,  87,  112.  12,  63. 
20  .  106. 
Vacante -per  privo.  In.  16,  99. 
Vacante-  fortuna  di  primo  vacante  ,  cin^« 
il  prìnio  benefìzio  di  chiesa  ,  clic  fa- 
cherà.  Par.  12  ,  92. 
Vacare -t7  luogo  mio  che  rara  Sella  prt- 
tenza  del  Figliuol  di  Dio,  parole  pa- 
ste dal  Poeta  in  bocca  a  s.  Pietro,  col- 
le quali  vuol  significare  che  sedendo 
nella  sede  apostolica   Bonifaiio  Vili , 
il  quale  con  male  arti  era  giunto  al 
papato ,  in  Gelo  era  riputato  pastore 
illegittimo;  e  perciò  la  sededo\ra  sti- 
marsii  vacante.  Par.  *i7  .  23. 
Vafiaboirlo  da  chi  che ^ia  •  cioè,  allonta- 
nato ,  disviato.  Par.  Il  .   128. 
Vagheggiare  in  che  che  8ia  -  per  contem- 
plare che  che  sia.  Par.  10 ,  10. 
Vaghezza -per  curiosità.   In.   29,  ll«. 

per  desiderio.  Pf?.  18,  144. 
Vagina  delle  membra  -  per  la  pelle.  Par. 

1,  21. 
Vaglio  -  strumento  noto  da  vagliare,  cioè 
da  nettare  le  biade  dalla  moodigfia.  fi 
conviene  $chiarare  a  più  augmto  vaglio, 
cioè ,  bisogna  che  tu  li  dichiari  a  pie 
stretta  esamina  ,  più  minutamente,  più 
esattamente.  Par.  26  ,  22. 
Vaso- per  desideroso.  Pg.  3  ,  13.  15  , 

84.  Par.  3 ,  34.  31 ,  3^. 
Vago  -  girsene  vago  vago  ,  cioè,  stìarsi . 
avvolgersi  d*uno  errore  in  un  altio.  Pg. 
32 ,  135. 
Vaio  -  per  la  pelle  della  pancia  di  m  ani- 
male simile  allo  scoiaàolo,  col  dosfo 
di  color   bigio  ,  e  *l  ventre  bianco  ;  il 
quale  animale  pnrimente  chiamasi  ra- 
to.   La  colonna  del  vaio  ,    cioè  ,   di- 
pinta a  pelle  di  vaio  nell'arme  ìTiim 
principal  famiglia  fiorentina.  P^r.  16 , 
103. 
Valco  -  valico  ,  passo.  Pg.  24  ,  97. 
Valere -per  significare.  Par.  12,  81. 
Valer  poco-  per  ester  privo  di  virtù,  ti* 
20,  63. 


DELLE  PAROLE  E  FBASf. 


661 


Vallare -per  cigner  di  fossa.  In.  8,  77. 

è  voce  Ialina. 
Valle  -  per  mare.  Par.  9 ,  82 ,  88.  per 

precipizio  ,  mina.  Par.  17  ,  63. 
Vallèa  -  valiaU  ,  valle.  In.  26,  29.  Pg. 

8,  98. 
Valle  dolorosa  -  cioè ,  rinferno.  Par,  17  , 
137.  cosi,  tàlie  ove  mai  non  $i  mcoI" 
pa  ,  perchè  i  tormenti  delllnfemo  non 
vagliono  a  purgare  l'anime  de* reprobi, 
nelle  quali  dura  eternamente  il  pecca- 
to. Pg.  24 ,  8^. 
Valor  c'ordinò  e  provvide  -  cioè  ,  la  divi- 
na provvidenza.  Par.  9  ,  105. 
Valore  primo  ed  ineffEibUe ,  chiama  Dante 
lEterno  Padre  a  cui  s'attribuisce  l'on- 
nipotenza. Par.  10 ,  3. 
Vacare  -  per  vaneggiare.  Pg.  18 ,  87. 
Vine  -  per  va,  in  rima.  Pg.  25,  <^2. 
Vaneggiare  -  per  aprirsi,  spalancarsi,  mo- 
strare un  gran  vuoto.  In.  .J8,  5,73. 
Vanire  -  svanire,  tanio ,  svanì.  Par.  3  , 

122. 
Vanità  dell'  ombre  de'  morii  -  cioè,  qua- 
lità spirituale,  per  la  quale  non  si  pos- 
sono toccare.  In.  6 ,  36.  Pg.  21 ,  135. 
Vanni  -  ali.  In.  27 ,  42.  è  voce  propria 

de'  poeti. 
Vano  -  per  vuoto.  In.  17 ,  25.  per  iste- 

rile.  Par.  2Ì  ,119. 
Vano  •  il  vocabol  tuo  divenia  vano,  cioè, 
si  perde  il  suo  nome.  Pg.  5,  97.  Ren- 
der vano  r  «uftr»,  doò ,  lasciar  d*  udi- 
re ,  essendosi  Tatto  silenzio.  Pg.  8,  7. 
Vano  corpo  -  cioè ,  morto ,   vuoto  d*  a- 

nima.  In.  20 ,  87. 
Vapore  -  per  ardore  di  carità  ,  eccitato 
dallo   Spirito   Santo.  Pg.  11,*  6.  per 
cagione  o  materia  di  guerre.  In.  24 , 
U5. 
Vapor  trionfanti  -  per  anime  beate.  Par. 

27  ,  7t. 
Varcare  •  passare.  In.  23,  135.  Pg.  7, 

54.  Par.  2 ,  3. 
Varco  folle  -  cioè  ,  iMissàggio  follemeole 

intrapreso.  Par.  27  ,  82. 
Varco  picciol  di  tempo  -  cioè ,   picciolo 

spazio.  Par.  18,  64. 
Variazione  -  per  varietà,  differeoza.  Pg. 
28,  36. 


i  Varo  -  curvo  :  dal  latino  varai:  altri  in- 
tendono vario  ;  dal  latino  varius»  In. 

9,  115. 

Vas  -  vaso,  voce  latina,  lo  va$  d'elezione. 
s.  Paolo  Apostolo.  In.  2,  28.  v.  Mi- 
»erere. 

Vasello  -  per  navicella  ,  legnotto.  P^.  2, 
41.  per  ricettacolo.  In.  22,  82.  figu- 
ratamente ,  per  città ,  patria.  In.  28, 
79.  • 

Vasello -t7  gran  vasello  Dello  Spirito  San- 
to, cioè,  s.  Paolo  Apostolo.  Par.  21, 
127.  V.  sopra ,  Vas. 

Vasello  naturale  -  per  l' utero  o  matrice 
della  donna.  Pg.  25 ,  45. 

Vaso  -  per  qualunque  ricettacolo  o  cosa 
che  altra  cosa  contenf<a.  Par.  1,14. 

Vaso  -  per   Y  arca  del   Testamento.  Pg. 

10 ,  64. 

Vassallo  -  per  guattero  di  cuoco.  Fn.  21 , 

55. 
Ubbidente  -  ubbidiente.  In.  4  ,  57. 
libertà  -  abbondanza,  dovi/ia.  Lat.  Uber- 

tat.  Par.  20,  21.  23.  130. 
Ubi  -  per  sito  ,  luogo.  Par.  28  ,  95.  29, 
12. 

Uccello  -  per  il  Diavolo.  In.  34,  47.  Par. 
29,  118. 

Uccello  di  Dìo  -  Par.  6 ,  4.  e  ìircellu  tan- 
to. Par.  17,  72.  cioè,  l'aquila  che  era 
sacra  a  Giove,  e  insegna  dell'  imperio 
romano. 

Uccello  di  Giove  -  V  aquila  ,  ministra  di 
quel  Nume,  secondo  le  tavole.  Dante 
per  essa  intende  i  cesari  di  Roma  , 
che  perseguitarono  la  Chiesa.  Pg.  32, 
112. 

UeceUo  divino ,  chiama  Dante  un  angelo, 
a  cui  si  attribuiscono  V  ali  per  dinotare 
la  sua  prontezza  in  eseguire  1  divini 
comandi.  Pg.  2,  38i 

U*  che  -  ovunque.  In.  7,  120. 

Udfe  -  per  udì,  in  rima.  Pg.  23 ,  10. 

Ve  -  dove ,  ove  ;  elisa  la  prima  sillaba 
per  quella  figura  che  i  Greci  chiama- 
no aphaeresià.  In.  26,  33.  30,  114. 
Pg.  5,  97. 

Ve*  -  per  vedi.  Pg.  5 ,  4. 

Vedén  -  per  vediamo.  Par.  6  ,    120» 

Vedente  -  che  vede.  Par.  25 ,  120. 


66S 


DIZIONARIO 


Vedere  -  per  ben  provvedere,  esser  pru- 
dente. Par.  13  ,  lOi. 
Vedere  -  Non  vede  più  dalV  «no  air  altro 
'   itilo,  cioè,  lo  sUle  de*  tempi  di  Dante 
avanza  tanto  lo  stile  de*  secoli  prece- 
denti ,  che  tra  \  uno  e  1*  altro  à  una 
distanza  da  non  potersi  misurare  col- 
l'occhio.  Pg.  24,  62. 
Vedere  -  in  forza  di  nome,  per  fantasma. 

Lat.  tt>um.  In.  2  ,  48. 
Vedesiù  -  vedesti  tu.  In.  8 ,  127. 
Vedova   corona -cioè,  regno  senza  re. 

Pg.  20 ,  58. 
Vedovo  sito  settentrionale  -  per  esser  pri- 
vo di  quattro  lucidissime  stelle  che  il 
nostro  Poeta  finge  d' aver  vedute  intor- 
no al  polo  antartico  nell*  altro  emispe- 
rio.  Pg.  1 ,  26. 
Vedrà'  -  vedrai.  In.  31 ,  25. 
Vedràmi  -  mi  vedrai.  Par.  1  ,  25. 
Veduta  amara  -  cioè  ,  sfortunata ,  e  ca- 
gione di  male.  In.  28 ,  93. 
Vedute  -  per   le   stelle  fisse  ,    che  sono 
come  tanti   occhi  del  cielo.  Par.  2  , 
115.  Catullo  negli  endecasillabi  : 
Autquam  sidera  mulla,  cum  tacet  nox^ 
Furtivos  hominum  vident  amom. 
Veggia  -  per  botte  •  In.  28 .  22. 
Vegliare  nell'  amor  sacro  -  Gli  spiriti  bea- 
ti vegliano  sempre  nell'  amore  di  Dio  , 
perchè  sono  liberi  dal  peso  della  mor- 
talità ,  per  cui  s*  addormentano  qual- 
che volta  e  illanguidiscono  anclie  l'a- 
nime più  perfette ,  nella  vita  presen- 
te. Par.  15 ,  64. 
Veglio  -  vecchio  ,  è  voce  poetica.  In.  14  , 

103.  Pg.  1  ,  31.  29 ,  143. 
Vegne  -  per  venghi ,  seconda  persona  sin- 
golare del  presente  del  soggiuntivo ,  in 
rima.  In.  14 ,  140. 
Vegnon  -  vengono.  Pg.  3 ,  66.  8  ,  37.  12, 

94. 
Vci-per  vedi,  in  rima.  Par.  80,  71. 
Vciculo  •  carro.  Lat.  vehieulum.  Pg.  32, 

119. 
Velare  •  per  cuoprire  a  forza  di  molto  lu- 
me. Pg.  1 ,  21. 
Volare -per  monacare.  Par.  3,  99. 
Velare  il  sole -per  lar  ombra.  Pg.  33, 
114. 


Vele  -  figuratamente  ,  per  voglie.  I^.  20, 
«lo. 

Veleno  deirargomento  -  cioè  ,  finezza  e 
e  sottigliezza  d'entimema  ,  il  quale  pu- 
gne altrui  con  poche  parole  ,  dicendo 
poco ,  e  accennando  molto.  1^.  31 , 

Velie  -  volere  ,  è  voce  latina  ,  il  velie , 
per  la  volontà.  Par.  4 ,  25.  33.  143. 

Vello  -  pelo  lungo.  In.  34 ,  74.  Pir.  6. 
108.  Lat.  viUut. 

Vello -per  barba  e  capelli.  Par.  25,  7. 

Velluto  -  addietlivo  ,  peloso.  Io.  8k,  73. 
Lat.  viUosui. 

Velo  -  itar  %oUo  tdo  ,  per  non  sapere. 
Pg.  29  ,  27.  ^ 

Velo  -  per  vela  di  nave.  Pg.  S ,  32. 

Vdo  del  cmr$,  chiama  Dante  raflezioo 
religiosa  di  una  donna  che  maritata 
centra  sua  voglia,  nudriaca  sempre  de- 
siderio di  esser  monaca.  Par.  3,117. 

Velo  di  fulgóre -per  hice  che  abbagli,  e 
tolga  il  poter  vedere.  Par.  30 ,  50. 

Veltro  -  can  levriere.  In.  13  .  126.  eoo 
questo  nome  chiama  il  nostro  toéta  m. 
Ci.n  Grande  della  Scala ,  signor  di  Ve- 
rona ;  prìncipe  d'animo  geoeroso ,  e 
suo  libéralissimo  beneCattore.  Io.  1. 
110. 

Vena  -  per  sangue.  Pg.  23  ,  75. 
VendetU  eterna  -  cioè  ,   di  Dio  eterno  , 

immutabile  ne'  suoi  decreti.  Pg.  25 ,  31. 
Veneno  -  veleno.  Par.  19  ,  66.  Lat.  te- 

nenum, 

Venenoso  -  velenoso.  In.  17 ,  26.  Pg.  U. 
95.  ^ 

Venesse-  per  venisse  ,  in  rima.  In.  1 . 
46. 

Vengiare  -  vendicare.  In.  9,  54.  26 ,  3i. 

Vengiato  -  vendicato.  Par.  7,  51. 

Venien  -  venivano.  In.  16  .  7.  Pg.  3  , 
92.   29,  122.  ^ 

Venire  -  per  divenire.  In.  20 ,  59.  Par. 
2  ,  12.  33  ,  52. 

Venire  a  vista  -  darsi  a  vedere.  Par.  17. 
44. 

Venire  in  grado  a  chi  che  sia  -  acquista- 
re la  sua  grazia.  Par.  15  ,   141. 

Venir  meno  -  per  tramontare,  nasconder- 
si. Par.  13,  9.  in  questo  scuso  i  Latioi 


DELLE  PAROLE  E  FRÀSL 


663 


dicevano  defUire,  e  per  dileguarsi,  spa- 
rire. Par.  3  ,   15  ,  e  in  altri  luoghi. 

Venir  per  alcuno  -  cioè  ,  venire  a  pigliar- 
lo. In.  2f7,  112. 

Venirsene  cogli  occhi- andar  correndo  col 
guardo.  Par.  9^  ,  115. 

Veni ,  Spoma,  de  Lt^ano  -  Vieni,  o  Sposa , 
dal  Libano  ,  parole  della  Cantica  di  Sa- 
lomone ,  al  cap.  k.  vers.  3.  Pg.  30, 
11. 

Venite  a  noi  parlar  -  cioè  ,  a  parlare  a 
noi.  In.  5  ,  81. 

Venite  ,  benedicU  jRafrMUiet.- Venite,  o 
benedetti  del  Padre  mio ,  parole  di  Ge- 
sù Cristo  nel  Vangelo  di  s.  Matteo,  al 
cap.  25.  vers.  3^.  colle  quali  egli  chia- 
merà gli  eletti  in  Paradiso  nel  giorno 
del  finale  giudìzio.  Pg.  27  ,  58. 

Veniva  intero  il  creder  mio  -  cioè ,  mi 
riusciva  ciò  chìo  credeva.  In.  27,  69. 

Ventare  -  tirar  vento ,  soffiare.  In.  17 , 
117.  Pg.  17  ,  68. 

Ventiduo  -  ventidue.  In.  29  ,  9. 

VentUare  U  fianco -batter  l'aU.  Par.  31, 
18. 

Vento  -  forse  per  gloria  mondana.  Par.  3, 
119. 

Ventraia  -  sito  del  ventre,  in.  30 ,  5%. 

Venusto  -  bello ,  gentile.  Lat.  venmiui. 
Par.  32     12ÌS. 

Ver  -  particella  .  cioè ,  in  paragone ,  ri- 
spetto. Par.  27  ,  95. 

Veramente  -  per  quello  che  i  Latini  dico- 
no ieilieet  ,  nttntrum  ,  o  in  luogp  di 
f^erumlamen.  Par.  1 ,  10,  7,  61.32. 

Verba  -  parole.  Par.  1 ,  70 ,  è  voce  la- 
tina. 

Verbo  -  parola.  Lat.  verìmm.  In.  2S,  16, 
.  per  ragionamento.  Par.  18,  1. 

Verbo  -  la  Sapienza  divina ,  il  Flgliuol  di 
Dio.  Par.  19  ,  ki. 

Verdissimo  -  verde  in  sommo.  In.  9,  40. 

Verghetta-picciola  verga.  In.  9,  89. 

Vergine  sorella  -  per  monaca ,  suora.  Par. 
3,  46. 

Vergogna  -  per  le  parti  vergognose.  In. 
32 ,  34. 

Vergognare  -  per  vergognarsi.  Pg.  26 ,  81. 
31 ,  64. 


Veri  -  per  verità.  Par.  10  ,  138. 

Vermena  -  sottile  e  giovane  ramicello  dt 
pianta.  In.  13  ,  100. 

Verme  -  verme  ,  in  rima.  In.  6 ,  22. 29. 
61.  34  ,  108.  Verme ,  verme  ,  serpen- 
te ,  cosi  chiama  Dante  il  can  Cerbero. 
In.  6  ,  22.  Tibullo  parimente  ,  nella  3. 
elegia  del  1.  libro  : 
Tutn  niger  in  porta  serpentum  Cerberui  ore 
Stridete 

Vernaccia  -  spezie  di  vin  bianco  squisito. 
Pg.  24  .  24. 

Vernare  -  per  isvemare  ,  passare  il  ver- 
no. Pg.  24  ,  64  ,  per  patir  gran  fred- 
do. In.  33 ,  135 ,  per  far  primavera. 
Par.  30,  126. 

Vero  -  per  giustizia.  Par.  17 ,  54. 

Vero  -  luce  che  da  ȏ  e  vera ,  chiama  Dan- 
te la  divina  essenza ,  la  quale  non  ri- 
ceve da  verun  altro  la  sua  perfezione. 
Par.  33 ,  54. 

Vero  -  $e  *l  vero  è  vero^  cioè  ,  se  la  scrit- 
tura sacra  non  mente.  Par.  10 ,  113. 

Ver  primo  ,  che  l'oom  crede  -  sono  que- 
gli assiomi  semplicissimi ,  che  non  ab- 
bisognano d*es9er  dimostrati  a  forza  di 
discorso  ,  ma  sono  per  sé  noti ,  apzi 
per  mezzo  loro  si  vengono  a  provare 
gli  altri  teoremi  più  composti.  Par.  2, 

Verso  -  particella ,  per  in  paragone  ,  col 
secondo  e  col  quarto  caso.  In.  34  , 
59.  Pg.  6 ,  142. 

Vespero  -  sera.  Lat.  veeper.  I^.  3  ,  25. 
15.  139. 

Veste  -  figuratamente  ,  per  lo  corpo.  Pg. 
1,  75. 

Vestige-per  vestigi.  Par.  31.  81. 

Vestigge  -  per  vestigio  ,  in  rima.  Pg.  33, 
108. 

Vestire  -  per  monacare.  Par.  3 ,  99. 

Vestire -co/ore  che  veete  veiro,  cioè,  che 
trasparisce  per  vetro.  Par.  20,  80. 

Vestir  le  piume  a  chi  che  sia  -  cioè , 
mettergliele  intorno.  Par.  15,  54. 

Vestito  colle  genti  gloriose  -  cioè,  vesti-  ^ 
to  d*un  abito  della  stessa  foggia  e  co- 
lore cogU  altri  beati.  Par.  31 ,  $0.  v. 
Abituati. 

Vetta  -  sommità  -  cima.  Pg.  6 ,  47. 


66^ 


DIZIONARIO 


Vetusto  -  antico  ,  secchio.  Lat.  vihuUu. 
Par.  6  ,  139.  32  »  124. 

Yexìlla  regis  prodeunt  Inferni  -  Escooo  i 
gonfaloni  del  re  infernale.  In.  34,  1. 
Contraffa  in  questo  Terso  il  Poeta  F  in- 
no che  canta  la  Chiesa  in  lode  della 
ganta  croce. 

Ufi) ciò  apostolico  -  intendi  la  carica  d'in- 
quisitore contra  Teretica  pravità  ,  con- 
ferita dalla  santa  sede  al  glorioso  s.  Do- 
menico. 4*ar.  12  ,  98. 

Via  -  per  modo  e  ragione.  Pg.  3 ,  35. 

Via -particella  significante  abbominio.Lat. 
apage  ,  apage  te.  In.  18 ,  65.  Via  c<h 
$tà  j  levati  di  qua.  In.  8  ,  42. 

Via  via  -  tosto  tosto.  Pg.  8  ,  39. 

Vicario  di  Pietro  -  per  Tangelo  da  cui 
finge  Dante  aprirsi  la  porta  del  Purga- 
torio. Pg.  21 ,  64. 

Vice  -per  vece  ,  scambio.  Par.  27  ,  17. 
per  volta ,  fiata.  Par.  30,  18. 

Vicino -per  cittadino  o  concittadino.  In. 
17  ,  68.  Pg.  11  ,  140.  Par.  16 .  135. 
17  ,  9T.  Cosi  i!  Petrarca  ,  ucl  sonet- 
to 71  ,  dove  piange  la  morte  di  m.  Ci- 
no  da  Pistoia  : 
Pianga  Pistoia  ,  e  t  citiadin  perrersi , 
Che  perduC  anno  i\  dolce  vicino» 

Vicino  -  per  quello  che  la  scrittura  sacra 
chiama  prossimo,  Pg.  17,  115. 

Vicino  tal  -cioè  ,  a  tale.  In.  33  ,  15. 

Vico  -  per  contrada  ,  luogo.  Pg.  22  ,  99. 
Par.  lO  ,  137.  Lat.  vtcus. 

Viddi  -  per  vidi ,  in  rima.  In.  7  ,  20. 

Vidili  -  per  vidi  lui.  Io.  34  ,  90. 

Vieii  -  per  avviene.  In.  7  ,  90. 

Vien'  -  per  vieni.  Pg.  6  ,  117.  7  ,  21. 16, 
66.  v.  T%en\ 

Vienne  -  cioè  ,  ne  vieni  ,  vientene.  Pg. 
23,  5. 

Vie  più  che  *ndarno  -  cioè  ,  indarno  af- 
fatto. Par.  13,  121. 

Vieto-  per  invecchiato  ,  disusato  In.  14. 
99.  dal  latino  metu$  che  significa  (an- 
guido  f  ipoisato. 

Vige  -  si  conserva  in  vigore.  Lat.  viget. 
Par.  31  ,  79. 

Vigilare  nell'eterno  die-  Pg.  30  ,  103.  v. 
Vegliare  ncU'anior  $acro. 

Vigila  de*  een^i ,  chiama  Dante  la  vita. 


Tn.  26  ,  114. 

Vigliare -per  iscegliere  a  separare.  1^ 
18 ,  66* 

Vigna  -  per  la  chiesa.  Par.  12 ,  86.  18, 
132. 

Vignaio  -  custode  della  vigna  ;  e  figura- 
tamente ,  il  sommo  pontefice.  Par.  12, 
87. 

Villa  «  per  città  ;  alla  maniera  de*  Fran- 
cesi. In.  1  .  109. 23  .  9o.  Pg.  15,  97. 
Par.  20  ,  39.  22 ,  44. 

Vime  -  per  legame ,  dal  latino  vimen.  Pv . 
28  ,  100.  29  ,  36. 

Vincastro-  verga  ,  bacchetta,  lo.  24 ,  14. 

Vincente  -  che  avanza  e  vince.  Par.  10, 
64. 

Vincere  -»  per  attrarre  a  sé.  Par.  28 ,  128. 
per  abbagliare.  Par.  29 ,  9.  30 ,  11. 

Vinci  •  nome  ,  per  vincoli  ,  lesami.  Par. 
14  ,  129. 

Vincia  -  per  vincea  ,  in  rima.  In,  4, 69. 

Vinum  non  habeni  -  Non  hanno  vino,  pa- 
role della  Beata  Vergine  al  suo  diria 
Figliuolo ,  nel  convito  di  Cana  di  Ga- 
lilea. V.  TEvangelio  di  s.  Giovaoni,  al 
capo  2.  vario  3.  Pg.  13 ,  29. 

Viro -per  uomo  fatto.  Lat.  vtr.  In.  4, 
30.  per  illustre  personaggio.  Par.  24, 
34.  Più  che  viro  ,  cioè  uomo  di  straor- 
dinario valore.  Par.  10  ,  132. 

Virtù  -  U  tre  sante  virtù  ,  cioè  ,  U  fede, 
la  speranza  e  la  carità  •  proprie  de*  Cri- 
stiani ,  e  non  conosciute  da  Gentili.  Pt. 
7,  35. 

Virtualmente  -  in  virtù   e   potenza.  Pg. 

25  ,  96.  30  ,  116. 
Virtù  che  vuole ,  chiama  Dante  la  voloa- 

tà.  Pg.  21  ,  105. 
Virtù  che  vwde  Freno  a  mo prode, ààh 

ma  Dante   V  appetito  il  quale  ricefa 

d'esser  frenato  per  sua  utilità.  Par.  7. 


Ftrum  non  cognoeco  •  Io  non  conosco 
mo  ,  parole  della  Beata  Vergine  alTaa- 
gelo  Gabriello  ,  registrate  nel  Vaanr- 
lo  di  s.  Luca ,  al  cap.  1 ,  yers.  K. 
Pg.  25 ,  128. 

Visaggio  -  viso ,  faccia  ,  in  rima.  In.  16, 
35. 

Visibile  parlare  *  cioè  ,  scultura  cheatoT' 


DELLE  PAROLE  E  FRASL 


665 


za  di  atteggiamenti  rappresenti  al  tìvo 
gli  affetti  delle  persone  ,  come  se  si 
udissero  le  parole.  Pg.  10  ,  95. 

Visibile  soverchio  -  per  eccessivo  splen- 
dore. Pg.  15 ,  15, 

Visione ,  chiama  Dante  T  argomento  di 
questo  suo  Poema.  Par.  17 ,  128.  v. 
Assonnare. 

Viso -per  occhi,  vedére  ,  vista.  In.  4, 
11.  9,  55,  74.16.123.20,10.31. 
11.  Pg.  9  ,  84.  15 ,  26.  17  .  41.  Par. 
3,  129.  17  ,  41.  21 ,  20  ,  61.  22  , 
69  ,  133.  23  ,  33.  27  ,  6 ,  73.  per 
vista  0  intendimento.  Par.  31 ,  27. 

Viso  -  fu  viso  a  me  ,  cioè  ,  parve  a  me. 
Lat.  visum  est  mihi.  Par.  7  »  5. 

Viso  bello -Par.  18,  17.  evisoOv*ogni 
cosa  dipinta  si  vede,  cioè,  la  faccia 
d'Iddio.  Par.  24  ,  41. 

Viso  che  più  trema  -  cioè  .  gli  occhi  più 
infermi  e  deboli.  Par.  30 ,  25. 

Viso  spento  -  occhi  abbagliati.  Par.  26, 1. 

Vispistrello  -  nottola.  In.  34  ,  49. 

Vista  -  per  faccia  ,  sembiante.  Pg.  18  , 
3.  per  cosa  veduta ,  o  prospetto.  In. 
1  ,  45.  Par.  32,  99.  33 ,  136.  per 
finestra.  Pg.  10  ,  67.  per  stella.  Par. 
30,  9. 

Vista  -  in  vista  si  moviino ,  cioè  ,  pare* 
va  che  si  movessero.  Pg.  10,  81. 

Vista  etema  -  per  visione  beatifica.  Par. 
8.  21. 

Viste  -  per  vista.  Pg.  31 ,  15. 

Viste  -  per  guardature ,  occhiate.  Pg. 
31 ,115. 

Viste  alla  prima  gente  -  cioè ,  vedute  dal- 
la prima  gente.  Pg.  1 .  24. 

Viste  superbe  -  Par.  30,  81.  v.  Superbe. 

Viste  superne  -  per  le  stelle  da  noi  vedu- 
te. Par.  23  ,  30. 

Vita  -  per  anima  beata.  Par.  9,  7.  12. 
127.  14 ,  6.  20 ,  100.  21  ,  55.  25  , 
29. 

Vita  -  per  azioni.  Pau  19  ,  75.  Cosi  Ora- 
zìo  :  Integeif  vitae ,  scelerisque  puruf. 

Vita  lieta  ,  chiamano  i  dannati  quella  che 
vissero  al  mondo.  In.  19 ,  102.  v.  Bel- 
la vita.  *" 

Vita  Nuova  -  per  la  gioventù  e  adolescen- 
za. Pg.  30 ,  115.  e  forse  in  questo  luo- 


go allude  il  Poeta  ad  un  certo  libro  da 
lui  composto  ,  intitolato  Vita  Ifuova , 
che  ancor  si  legge. 

Vita  serena  -  In.  6 ,  51.  15  ,  49.  v.  Fi- 
fa Itela. 

Vittoria  -per  tal  valore  ed  eccellenza,  che 
vinca  e  trapassi  ogn' altra.  Par.  33  , 
75. 

Viva  foresta-selva  sempre  verde.Pg.28,2. 

Viva  giustizia  -  cioè  ,  vera  ,  immutabile. 
Par.  19  ,  68. 

Vivagno  -  orlo  ,  estremità.  In.  14  ,  123. 
23  ,  49.  Pg.  24  ,  127.  orlo  di  drap- 
po. Par.  9  ,  135.  e  qui  prendesi  per 
tutta  la  veste;  come  spiegano  comune- 
mente gli  spositori ,  quando  non  si  vo- 
lesse intendere  gli  orli  delle  carte  de' 
libri ,  logori  e  bisunti  dal  troppo  vol- 
targli. 

Viva  voce  -  per  chiara  e  articolata.  Pg. 
33  .  27. 

Vivemo  -  viviamo.  In  4  ,  42. 

Vive  travi  -  alberi.  Pg.  30 ,  85. 

Vivette-per  visse.  Pg.  14,  105. 

Vivissimo  -  per  veloctissimo  ,  sommamen- 
te mobile.  Par.  27 ,  100. 

Vivo- risto  più  viva,  che  meglio  e  più 
esattamente  discerne.  In.  29,  54. 

Vivo  aere  ,  sembra  che  il  nostro  Poeta 
chiami  la  parte  più  sublime  e  pura  di 
esso  ,  la  quale  trascende  i  confini  del- 
Fatmosfera ,  cioè  della  regione  ingom- 
brata da'  vapori  e  dalle  esalazioni.  Pg. 
28.  107. 

Viziare  -  per  offuscare.  Par.  18  ,  120. 

Viziato  -  per  vizioso,  Pg.  7  ,  110. 

Vizzo -dicesi  delle  cose  che  anno  perdu- 
to la  lor  sodezza  o  durezza ,  per  fa- 
cile ad  intendersi.  Pg.  25,  27. 

Ultimare  •  finire ,  terminare.  Pg.  15,  1. 

Ultima  sera  -  per  la  morte.  Pg.  1 ,  58. 

UltimQ-  per  compimento  e  perfezione  del- 
lopera.  Par.  30  ,  33. 

Umana  colpa,  chiama  Dante  il  peccato 
originale.  Pg.  7  ,  33. 

Umilemente  -  umilmente.  Pg.  9,  108. 

Uncinare-  pigliar  coll'uncino.  In.  23  .  141. 

Unghia  -  per  unghie  ,  aunghia  stoMrte.  In. 
17 ,  86. 

Unghiato  -  armato   d*unghie.  In.  6 ,  17. 

84 


666 


DIZIONARIO 


Unghie  '  aver  runghie  fene ,  per  ben  di- 
ftceroere  tra  cosa  e  cosa,  ma  princi- 
palmeote  tra  le  cofe  spirituali  e  le  tem- 
porali. Pg.  16 ,  99. 

Uno-  QuelCuno  e  due  e  tre  che  sempre  vi- 
ve  ,  retema  Trinità  delle  divine  Perso- 
ne, Par.  li  .  88. 

Uno  -  veder  colCuno  ,  cioè  ,.  con  un  sol 
occhio.  In.  28  ,  85. 

Unquanche  -  mai ,  giammai ,  unqaa ,  s'ac- 
compagna sempre  col  tempo  passato. 
In.  33 ,  140. 

Unqaanco  -  lo  stesso  che  unquanche.  Pg. 
l ,  76.   Par.  1 .  kS. 

Unque  -  unqua  ,  mai.  Lat.  unquam.  Pg. 
3,  105.  5,  k9.  Pftr.  8,  29. 

Un'  È*aff  eliaca  in  terra  il  gommo  bene  , 
quando  Adamo  ancora  viveva  -  cioè  ,  si 
chiamaya  con  voce  ebraica  che  signi- 
ficava uno  ,  altri  leggono  EU  Par.  26, 
13&.. 

Un  :  Troppo  fiso  -  cioè ,  troppo  fiso  mira- 
re è  il  tuo.  Pg.  32 ,  9. 

Vocale  spirto  r  per  canto  ,  o  vena  poeti- 
ca. Pg.  21 ,  88. 

Voce  •  per  fama.  In.  33  ,  85.  Pg.  26 , 
121.  per  nome.  In  16  ,  41.  Par.  18, 
32 ,  25,  7.  Dar  mala  voce  a  chi  che 
sia,  per  dirne  male.  In.  7,  93. 

Voce  di  pianto  -  cioè ,  flebile  ,  compas- 
sionevole. In.  19,  65. 

Voce  ferma ,  dicesi  quella  del  tenore ,  che 
sostenta  la  musica  :  tM>ce  che  va  e  rie- 
de ,  quella  del  soprano ,  e  contralto  , 
che  sovente  si  spezza ,  e  vassene  co- 
me vagando.  Par.  8 ,  18. 

Voi  -  Dal  voi  che  prima  Roma  sofferie  , 
cioè  ,  dairuBO  del  voi  che  fu  dato  da' 
Romani  a  Giulio  Cesare  prima  d'ogn  al- 
tro ,  quando  fu  creato  dittatore  perpe- 
tuo ;  per  essere  in  lui  solo  raccolta  lau- 
torità  di  tutti  i  magistrati ,  dandosi  per 
altro  del  tu  ad  ogni  persona  singolare; 
come  facevasi  nella  medesima  città  an- 
che attempi  di  Dante  ,  senza  eccezio- 
ne alcuna.  Par.  16  ,  IO. 

Fot  che  ,  intendendo  ,  t7  terzo  del  more- 
te  -  principio  d*  una  canzone  di  Dante 
Par.  8  ,  37. 

Volen  -  vogliamo.  Par.  32,  111. 


Voler  dirittamente  -  per  esser  giusto.  Par. 

17.  105. 
Volere -aoer  volere,    desiderare.   Par. 

11,  22. 
Volere  -  si  vuole  ,  cioè  ,  si  dee  ,  si  coik 
viene  ,  bisogna.  In.  16  ,  15.  Pi.  13, 

18.  23.  6.   Par.  U,  81.   Ì6;m. 
20 ,  33.  e  in  altrì  luoghi. 

Volgénsi  -  volgevansi.  Par.  12 ,  20. 
Volgere  -  per  circondare  ,  ftsciafe.  In. 
18  ,  3.  per  estendersi  in  dro.  In.  29 

9.  30  ,  86. 
Volger  le  poppe  u  sob  le  prore  -  per  can- 
giar maniera  di  governo.  Par.  27,  146. 

Volgersi  in  su  che  che  sia  -  per  consi- 
derare qualche  cosa.  Pg.  3t ,  80. 

Volitare  -  svolazzare  ,  è  voce  latiiu.  Par. 
18,  77. 

Volontier  -  volentieri.  In.  33  ,   127. 

Volpe -figura  dell'eresia.  Pg.  32,  IH. 

Volta  -  per  volgimento ,  giro. Par.  28. 50. 

Volta  della  chiave  -  per  lo  volgimento  di 
essa  chiave  ,  che  si  b  neir  aprire  e 
serrare.  Par.  5 ,  56. 

Volta  prima ,  chiama  Dante  il  primo  mo- 
bile ,  cielo  che  in  so  contiene  tutti  gli 
altri  cieli ,  e  produce  il  moto  diurno, 
volgendosi  d'oriente  in  occidente  in  vah 
tiquattr' ore.  Pg.  28  .  104. 

Volto  -  per  vista.  Par.  25 ,  27. 

Volvere  -  volgere  ,   è   voce  latina.   In. 

10,  5. 

Volume  -  per  cielo  che  si  volge.  Par.  28, 
14.  Anche  da'  poeti  latini  fu  adopera- 
ta la  parola  volumen  per  esprimere  il 
giro  continuo  delle  sfere  celesti.  Basii 
per  tutti  Ovidio  nel  2.  libro  delle  tra- 
sformazioni ,  al  verso  70.  : 
Adde^  quod  aaidua  rapiiur  vertigine  c§i- 

lum  , 
Sideraque  alta  trahit,  celeriq%M  «ofwnt- 
ne  torquet. 

Volume  di  sole  -  per  1'  anno.  Par.  26 . 
119. 

Volume  in  cui  si  lega  Ci^  che  per  Fa- 
ni verso  si  squaderna  -  cioè  ,  il  somino 
Iddio  in  cui  stanno  emineolemeote  tii- 
te  le  perfezioni  delle  cose  create  ,  cb0 
in  esse  qua  e  là  sono  S|)ar8e.  Par.  33. 
86.  In  questo  significato  prendono  al- 


DELLE  PAROLE  E  FRASI. 


667 


cuoi  -epositori  della  scrittura  sacra  quel- 
le parole  del  salmo  k9  al  verso  11.  : 
Et  pulehritudo  agri  mecum  est;  poste 
dal  Profeta  in  bocca  allo  stesso  Dio. 
Volume  maggiore  ,  Du*non  si  muta  mai 
bianco  né  bruno  -  cioè ,  lo  stesso  Dio 
immutabile,  e  i  suoi  eterni  decreti. 
Par.  15  ,  SO.  Allude  il  Poeta  a' libri 
di  cartapecora  •  ne'  quali  Y  una  facciata 
è  candida ,  Y  altra  fosca. 
Uomo  -  in  vece  d' altri ,  o  ciascuno.  Pg. 

2&  ,  i5.  e  in  altri  luoghi. 
Uomo  d'intelletto  -  cioè  ,  savio ,  accorto,. 

di  senno.  In.  2 ,  19. 
Uomo  di   sangue   e  di   corrucci  -  cioè  , 
sanguinario ,  omicida  ,  facile  a  montare 
in  collera.  In.  24 ,  129. 
Uom  senza  cura  -  uomo  trascurato  ,  spen- 
sierato ,  negligente.  Pg.  6  ,  107. 
Vonno- per  vanno,  in  rima.  Par.  28, 103. 
Uopo  -  bisogno  ,  mestieri.   Pg.   17  ,  59. 
18,  93,  130.  26,  19.  Par.  8,  Ili. 
dal  latino  opus  ett ,  opus  habeo. 
Vosco  -  con  voi.  Lat.  vobi»cum,  Pg.  11, 
60.  U,  105.  16.  141.  Par.  22,  115. 
Voti  manchi  -  cioè  ,   non  adempiti.  Par, 

4,  137. 
Votivo  grido  -  voto  fatto   ad  alta  voce. 

Par.  8,  5. 
Urge  -  per  incalza,  stimola  ,  spigne.  Lat. 

urget.  Par.  10,  142.  30,  70. 
Usare  -  per  praticare.   In.  22,   88.  e  in 

altri  luoghi.  11  Boccaccio  n'  è  pieno. 
Usata  -  per  usanza.  Pg.  22,  81. 
Uscio '  per  usci,  io  rima.  In.  27,  78. 
Usciere  -  guardiano  dell*  uscio  ,  portinaio. 

Pg.  4,  129. 
Uscinci  incontro  -  ci  uscirono  incontro. 

In.  14,  45. 
Uscio  -  per  usci.  In.  2,  105. 
Uscio  -  per  le  'mposte  che  serrano  l'uscio 

Pg.  9,  130. 
Uscio  de'  morti  -  porla  dell'  Inferno.  Pg. 
30,  139*  maniera  4^'  Latini.  Properzio 
neir  ultima  el^a  del  4,  libro  : 
Duine  ,  PàuU$ ,  meum  lacrimis  urgere 

sepulcrum  : 
Panditur  ad  nuUa$  janua  nigra  prece$. 
e  più  sotto  : 


Vota  movent  Superos,  ubi  Portttor  aera 

recepii, 

Obserat  umbroson  lurida  porta  rogos. 
Uscire  ad  atto  -  per  quel  congiugnersi  che 

fanno  insieme  la  materia  e  la  forma  a 

costituir  qualche  cosa.  Par.  29,  23. 
Uscissi  -  s' usci.  Par.  20,  28. 
Uscita   ne' rami -il  germogliare.   Pg.  7; 

132. 
Uso  -  per  avvezzo  ,  usato.  Par.  3,  106. 
Uso  del   suo   ammonire  -  cioè ,   avvezzo 

alle  sue  ammonizioni.  Pg.  12.  85. 
Usuriere  -  usuraio ,  chi  presta  danari  ad 

usura.  In.  11,  109. 
Vui-  voi  ,  in  rima.  In  5,  95. 
Vuo.sli  -  vogli ,  da  voglio.  Par.  4,  30. 
Vuoii  "  per  vuoi ,  in  rima.  In.  29,  101 . 
Vuoisi  -  per  si  dee ,  sì  conviene.  Pg.  12, 

7.  V.   Volere. 
Vuóml  -  mi  vuoi.  Pg.  14,  78. 


Zal)i-In.  31,  67.  v.  Rafel. 

Zaffiro  -  per  la  Beata  Vergine.  Par.  23 , 

101. 

Zanca -gamba.  In.  19,  45.  34,  79. 

Zara  -  sorta  di  giuoco  che  si  fa  con  tre 
dadi.  Pg.  6,  1.  V.  gli  spositori ,  e  il 
Vocabolario  della  Crusca. 

Zavorra-  per  valle  di  terreno  arenoso  , 
com'  era  la  settima  bolgia  dell'Inferno. 
In.  25.  142. 

Zeba  -  capra.  In.  32,  15. 

Zenit  -  il  punto  verticale  o  perpendicolare 
sopra  il  capo  di  ciascheduno  ;  secondo 
gli  astrologhi.  Par.  29,  4. 

Zona  -  cintura  ,  è  voce  latina.  Il  sole  e 
la  luna  Fanno  dell'  orizzonte  insieme 
zona,  quando,  essendo  l'uno  in  Ariete, 
Y  altro  in  Libra,  segni  opposti  dello  zo- 
diaco ;  r  uno  d*  essi  tramonta ,  e  1*  al- 
tro si  leva  :  perchè  allora  vengono  co- 
me a  fasciarsi  delf  orizzonte.  Par. 
29,  3. 

Zona  intomo  alla  luna  -v.  Filo, 

Zucca  -  per  capo.  In.  18,  124. 

I Zuffa -rissa  ,  combattimento.  Io.  7,  59. 
18,  108.  22,  135. 


Fine  della  parte  prima. 


aoe 


PARTE  SECONDA 

NE  LI  A  OVALE  SI  RAPPORTANO  TUTTI  I  NOMI  PROPRJ  COSÌ  DI  PERSONE  ,  COME  DI 
LUOGHI  ,  TOCCATI  DA  DANTE  ALUGHIEHI  NEL  SCO  POEMA  ;  E  SE  XE  SPIEGA- 
B&tVEMENTE   LA   STORU  ,   O   LA   FAVOLA. 


Abati  o  degli  Abati  -  TamigUa  nobile  fio- 1  Achille  -  figliuolo  di  Paleo  e  di  Teti  dea' 


reotioa.  In.  32  ,  106.  y.  Bocca,  ac 
cennata  ,  secondo  alcuni  spositori ,  per 
quei  che  fon  dii fatti  Ptr  lor  $uperòia. 
Par.  16  ,  109. 

y  j4bbagliato  -  sanese  ;  uomo  goloso ,  che 
consumò  il  suo  in  crapule.  In.  29, 132. 

Abele  «  patriarca ,  figliuolo  6*  Adamo;  ac- 
cetto a  Dio  pernia  sua  innocenza;  uc- 
ciso da  Caino  ,  suo  fratello  ,  per  in- 
vidia, y.  la  sacra  Genesi.  In.  k.  56. 


marina  ;  uomo  ,  sopra  tutti  i  Greci  che 
andarono  a  Troia ,  fortissimo  ,  egli  è 
r  eroe  d*  Omero  nella  Illiade.  In.  5  , 
65.  Dice  Dante  ,  Che  con  amore  aì 
fine  combattéo  ,  io  intendo  ,  che  si  ri- 
dusse finalmente  a  combattere ,  e  ad 
aiutare  i  suoi  nazionali  oppressi  da'  Tro- 
iani ,  mosso  dall'  amore  eh*  ei  portava 
al  suo  compagno  Patroclo  che  gli  era 
stato  ucciso  da  Ettore. 


Abido  -  castello  sull*  Ellesponto  ,   dalla  i  Achille  -  nudrito  da  Chirooe  centauro.  la. 
parte  delV  Asia  ;  uno  de  due  Darda-I     12  ,  71. 

nelii  ;  patria  di  Leandro  »  giovane  a-|  Achille  -  ama  e  poi  abbandona  Deidamfa, 
moroso  ,  celebre  nelle  antiche  favole.  1  figliuola  di  Licomede  re  di  Sciro.  In' 
Pg.  28  ,  7&.  26  ,  62.  v.  Deidamia. 

Abraàm  -  patriarca  ;  personaggio   notis- 1  Achille  -  La  lancia  d' Achille  ,  eh*  egli  a- 
simo  nelle  sacre  scritture.  In.  i^ ,  58.  |      veva  ricevuta  in  eredità  da  Peleo  suo 


Absalone  -  figliuolo  del  re  Davidde  ;  gio- 
vane bellissimo  ,  ma  ribelle  al  padre; 
la  cui  morte  è  notissima  per  lo  sacre 
scritture.  In.  28  ,  137. 

Acàm  -  soldato  ebreo  ,  il  quale   dopo  la 


espugnazione  di  Gerico  ,  centra  il  co-|      In.  31  ,  4. 
mandamento  di  Giosuè ,  lasciatosi  vin-    Achille  - 


padre  ,  era  di  tal  virtù  »  che  la  sua 
ruggine  applicata  in  forma  d'empiastro 
alle  ferite  con  essa  fatte ,  le  risanava: 
come  appunto  avvenne  a  Telefo  figliuo- 
lo d' Ercole  ;  del  quale   v.  le  favole. 


cere  aQ*  avarizia  ,  furò  una  parte  del- 
la preda  la  quale  Iddio  non  voleva  che 
fosso  tocca ,  e  nascosela  sotterra  nel 
suo  padiglione  :  il  che  inteso  ,  Giosuè 
il  fece  lapidare.  Pg.  20  ,  109. 
d'Accorso  ,  Francesco  -  In.  15 ,  HO.  v. 
Franceeco,  I 

Acheronte  -  uno  de' fiumi  dello  Inferno; 
cosi  chiamato  con  greco  nome,  dalla 
privazione  d*  ogni  allegrezza.  In.  3,  78. 
Ik  ,   116,  Pg.  2  ,  105.  e   perciò  ben 
disse  Dante ,  triéta  rivitra  iAckmnìte.  \ 


tolto  dalla  madre  Teti  a  Chiro- 
ne  centauro  ,  suo  precettore  ;  e  tra- 
sportato ,  mentr  egli  dormiva,  nell'  i- 
sola  di  Sciro  ,  dove  dimorò  alquanto 
tempo  in  casa  del  re  Licomede  ,  ve- 
stito da  donzella ,  sino  che  fu  scoperto 
per  astuiia  d'  Ulisse  ,  e  condotto  alla 
guerra  di  Troia.  Pg.  9 ,  34. 

Achille  -  Azioni  di  questo  eroe  ,  materia 
d'un  poema  di  Stazio,  intitolato  Achil- 
leide ,  lasciato  dall'autore  imperfetto. 
Pg.  21 ,  92. 

Achitofele  -  fu  colui  che  mise  diicordià 


670 


DIZIONARIO 


tra  AbsaloDe  e  il  re  DaTidde  suo  pa- 
dre ;  come  si  à  nella  scrittura  sacra, 
lo.  28  ,  137. 

'Acone  -  piviere  sul  Fiorentino.  Par.  16, 
65. 

Acquacheta  -  cosi  chiamasi  il  fìume  Mon- 
tone .  avanti  che  dall'  Apenniuo  scen* 
da  alla  pianura.  In.  16  ,  97. 

Acquasparta  -  villa  nel  contado  di  Todi, 
Par.  12  ,  i2k.  v.  Matteo. 

Acri  -  città  nobile  della  Soria  ;  altrimenti 
detta  Tolemaide  ;  tolta  a'  Cristiani  dai 
Saracini  ,  e  data  al  Soldano.  In.  27, 
89. 

Adamo  -  primo  padre  del  genere  umano. 
In.  3,  115.  i.  55.  Pg.  11  ,  W.29, 
86.  32  ,  37.  Par.  13  ,  111.  accenna- 
to. Par.  32 ,  122 ,  136.  circoscritto. 
Par.  13 ,  37.  ebbe  da  Dìo  la  scienza 
infusa ,  ivi,  terra  di  cui  fu  composto, 
fu  fatta  degna  Di  tutta  V  animai  ;>er- 
fe:sione.  Par.  13  ,  82.  Quei  (f  Adamo, 
chiama  il  Poeta  nostro  la  carne.  Pg. 
9,  10. 

Adamo  -  detto   anima  prima,   Pg.    33  , 
62.  Par.  26 ,  83.  Anima  primaia.  Par. 
26,  100.  QuelVuom  che  non  nacque, 
perchè  usci  immediatamente  dalle  ma- 
ni di  Dìo,  Par.  7  ,  26.  pomo  che  ma- 
turo Solo  prodotto  fu,  cioè,  uomo  che, 
fuor  dell'  uso  d*  ogni  altro ,  fu  creato 
da  Dio  in  età  matura.  Acuì  ciascuna 
$po$a  e  figlia  e  nuro.  perchè  essendo 
egli  padre  comune  degli  uomini  e  delle 
donne  ,  viene  la  donna   per  sé  mede- 
sima ad   esser  figliuola   d'  Adamo  e  , 
per    ragion  dei  marito  ,  nuora.   Par. 
26  ,  91  ,  e  segg. 
Adamo  -  maestro  Adamo ,  bresciano  ;  il 
quale  richiesto  da'  conti  di  Romena  , 
luogo  vicino  a' colli  del  Casentino  ,  fal- 
sificò la  lega  del  Batista ,  cioè  del  fio- 
rin  d*  oro  che  à  da  una  banda  s.  Gio- 
vanni Ratista  ,  e  dall'  altra  il  giglio  : 
per  la  qual  cosa  fu  preso  e  abbrucia- 
to. In.  30  ,  e  61  ,  e  segg. 
Adamo  ed  Eva  -  detti  dal  Poeta  ,  radi- 
ce umana.  Pg.  28,  U2. 
Adice  o  Adige  -  fiume  celebre  d' Italia , 
nasce  nell*  Alpi  del  Tirolo  ;  e  bagnan- 


do le  città  di  Trento  e  di  Verona  , 
viene  a  scaricarsi  nell'Adriatico.  In. 
12  ,  5.  Pg.  16  ,  115.  confine  della 
Marca  Trivigiana.  Par.  9  ,  kk. 

Adimarì  •  famiglia  nobile  fiorentÌDa  ,  ac- 
cennata dal  Poeta  ,  secondo  gli  sposi- 
tori.  Par.  16  ,  115. 

Adriano  lito  -  cioè  ,  dell'  Adriatico;  ov'è 
posta  Ravenna.  Par.  21 ,  123. 

Adriano  Y.  -  sommo  pontefice  ;  detto  pri- 
ma m.  Ottobuono  (iè'Fifsc^t  genovesi, 
conti  di  Lavagno ,  visse  nel  papato  oo 
mese  ,  e  giorni  nove.  Pg.  19  ,  99  ,  e 
«egg. 

Adriatico  mare  -  riceve  briga  dal  vento 
Euro.  Par.  8  ,  68. 

Affricano  ,  fu  detto  Scipione  il  maggiore. 

*    Pg.  29  ,  116.  V.  Scipione. 

Agabito  o  Agapito  I.  -  sommo  pontefice, 
converte  dall'eresia  Eutichiana  Gioiti- 
niano  imperadore.  Par.  6 ,  16. 

Agamennone  -  chianuto  dal  Poeta  nostro , 
lo  gran  duca  de  Greci  che  andarono 
all'  assedio  di  Troia  ;  come  da  Onero 
è  detto  re  de're.  Costai  per  ottenere 
vento  propizio  all'  annata  sua  navale 
che  era  trattenuta  nel  porto  d*  Aubde 
acconsenU  che  sua  fig^ola  Ifigenia 
fosse  sacrificata  alla  dea  Diana  ch'era 
contra  di  lui  sdegnata.  Ma  la  Dea  mof- 
sa  a  compassione  della  innocente  gio- 
vane ,  la  fé  rapire  ,  e  portare  nella 
regione  taurica  ;   e  In  tua  vece   snp- 

?[)se  una  cerva  per  lo  sacrifìzio.  Par. 
.  69. 

Agatone  -  poeta  greco  antico  «  d*  una  fa- 
vola del  quale ,  intitolata  {*  Anto  o  ti 
Fiore  ,  fa  menzione  Aristotile  nella  sua 
Poetica.  Pg.  22,  107. 

Aglauro  -  figliuola  d*  Eritteo  re  d* Atene. 
Costei  portando  estrema  invidia  alla 
sorella  Erse  amata  da  Mercurio.  • 
opponendosi  con  ogni  sua  possa  a*  la- 
ceri di  quel  Dio,  fu  da  lui  convertita 
in  sasso.  Pg.  ik,  139.  v.  Ovidio  nel 
2.  delle  Trasformazioni. 

Agnelo  0  Angelo  Rrunelleschi  -  fiorentino 
inteso  da  Dante.  In.  25,  68.  coom  vo- 
gliono gli  antichi  spositori. 

I  Agobbio  o  Gubbio  -eitti  dallo  sUto  detta 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


671 


Chiesa ,  nel  ducato  d' Urbino.  Pg.  11, 
80. 

0.  Agostino  -  dottor  esioaio  di  santa  chie- 
sa ,  fu  di  Cartagine  ,  e  vescovo  d*  Ip- 
pona  in  Affrica.  Par.  Iq,  120.  32,  85. 

Agostino  -  frate  Minore  ;  uno  de'  primi 
compagni  di  s.  Francesco.  Par.  12, 
130. 

Agosto -Tettavo  mese  dell'anno,  cosi 
nominato  dall' imperadore  Augusto.  Pg. 
5,  39. 

Aguglione  -  v.  Baldo. 

Agusto  -  cosi  scrivevano  gli  antichi  To- 
scani ,  in  vece  d*  Augusto.  Questi  fu  il 
secondo  imperadore  di  Roma  ;  sotto 
cui  nacque  Gesù  Cristo.  In.  1,  71. 

Alagia  de'  conti  Fieschi  di  Genova  -  nipo- 
te di  papa  Adriano  V.  maritata  come 
alcuni  scrivono  ,  al  marchese  Marcello 
Malespini.  Pg.  19,  1(^2. 

Alaqna  o  Anagni  •  città  della  Campagna 
di  Roma.  Pg.  20,  86.  Par.  30,  148. 

Alardo  -  gentiluomo  francese,  capitano 
del  re  Carlo  d' Angid ,  vince  Curradino 
nipote  del  re  Manfredi.  In.  28,  18. 

Alba  Lunga  -  città  del  Lazio ,  ove  i  di- 
scendenti d*  Enea  regnarono  per  trecen- 
to e  più  anni,  fino  a*  tempi  di  Romo- 
lo. Par.  6,  37. 

Alberichi  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16,  89. 

Alberigo  de'  Manfredi ,  signori  di  Faen- 
za -  frate  Godente ,  il  quale  essendo  in 
litigio  cogli  altri  frati  del  suo  ordine , 
fìnse  di  volersi  comporre  e  rappacifi- 
care con  loro ,  e  invitolli  ad  un  lautis- 
simo  convito  ;  e  dato  il  segno  a*  suoi 
sgherri ,  che  quando  comandasse  che 
si  portassero  le  frutte ,  uccidessero 
tutti  i  convitati ,  venne  a  fine  de'  suoi 
perversi  disegni.  In.  33,  118. 

Albero  da  Siena  -  figliuolo  del  vescovo  di 
quella  città  ;  giovane  di  grossa  pasta. 
In.  29,  109.  V.  GriffoUno. 

degli  Alberti,  Alessandro  e  Napoleone-  In. 
32,  55,  e  segg.  v.  AU$$andro  ec. 

Alberto  -  abate  in  s.  Zeno  a  Verona  uo- 
mo di  santi  costumi ,  a'  tempi  di  Fe- 
derigo Barbarotsa  imperadore.  Pg.  18, 
118. 


Alberto  -  duca  d' Austria ,  figliuolo  primo- 
genito di  Ridolfo  imperadore;  e  dope 
Adolfo ,  anch'  egli  assunto  alla  imperiai 
dignità.  Pg.  6,  97.  uccide  il  re  di  Pra- 
ga ,  cioè  di  Roemmia  ;  ed  occupa  quel 
regno.  Par.  19,  115. 

Alberto  degli  Alberti  -  signore  della  valle 
di  Falterona  in  Toscana  ,  padre  d'Ales- 
sandro e  di  Napoleone.  In.  32,  57.  v, 
Metiandro  e  Napoleone. 

Alberto  della  Scala  -  signor  di  Verona. 
Costui  fece  abate  di  s.  Zeno  io  quella 
città  un  suo  figliuolo  naturale  ,  dlfet^ 
tuoso  di  corpo  e  d' animo  ,  accennato. 
Pg.  18.  121. 

Alberto  Magno  -  di  Cotogna  ,  città  di 
Germania;  frate  dell'ordine  de' Predi- 
catori, uomo  dottissimo  in  tutte  le  scien- 
ze ,  scrittore  di  molti  volumi ,  e  mae- 
stro di  s.  Tommaso  d' Aquino.  Par. 
10,  98. 

Albia  0  Albi  fiume  grossissimo  di  Roem« 
mia.  Pg.  7,  99. 

Alboino  della  Scala  -  accennato.  Par.  17, 
71.  V.  Bartolommeo  della  Scala. 

Alcide  -  ama  Iole.  Par.  9,  101. 

Aldobrandesco ,  Guiglielmo  •  Pg.  11  ^  59. 
r.  Guiglielmo. 

Aldobrandi ,  Tegghiaio  -  fiorentino  ,  della 
nobil  famiglia  dògli  Adioiari  ;  uomo  per 
li  suoi  consigli  molto  eccellente.  In. 
16,  41. 

Alessandria  della  Paglia  -  città  dello  stato 
di  Milano.  Pg.  7,  135. 

Alessandro  -  conte  di  Romena.  In.  30, 
77.  V.  Maestro  Adatno. 

Alessandro  e  Napoleone  degli  Alberti  -  fi- 
gliuoli d*  un  Alberto  signore  della  valla 
di  Falterona  in  Toscana  ;  i  quali  dopo 
la  morte  del  padre  tiranneggiarono  ì 
paesi  circonvicini  ;  e  finalmente  venuti 
in  discordia  tra  di  loro  j  Y  uno  uccise 
r  altro.  In.  32,  55,  e  segg. 

Alssandro  Fereo  -  tiranno  di  Tessaglia , 
molto  crudele  ,  come  bene  spiega  il 
Vellutello  centra  il  Landino  ed  altri 
cementatori ,  i  quali  malamente  inte- 
sero Aleesat^Aro  Magno.  In.  12 ,  107. 

Alessandro  Magno  -  figliuolo  di  Filippo  re 
di  Macedonia  »  e  di  Olimpiadi  sua  me- 


.672 


DIZIONARÌO 


glie  ;  personaggio  nelle  storie  notissuno. 
In,  U,  31.  - 

Aletto  -  una  delle  tre  Furie  infernali.  In. 
9.  W. 

Alfonso  -  re  di  Spagna ,  a'  tempi  di  Dan- 
te ;  uoDQO  effemminato.  Par.  19,  125;^ 

Alfonso  -  terzo  figliuolo  di  d.  Piero  di 
di  Navarra  ,  re  d' Aragona  ;  il  quale 
non  ereditò  di  suo  padre  altro  che  1 
valore  ,  accennato.  Pg.  7,  116. 

Alfonso  -  zio  di  d.  Federigo  re  di  Sicilia 
Costui  fu  coronato  re  di  Maiorica  e  Mi- 
nerica  ;  ma  con  brutte  operazioni  mac- 
chiò la  corona  ,  Par.  19,  137. 

AH  -  discepolo  e  seguace  di  Maometto , 
Dia  io  alcune  cose  discordante  da  lui; 
sicché  venne  a  formare  una  nuova  setta 
seguita  infin  oggi  dalla  gente  soggetta 
al  Soft  ,  cioè  al  re  di  Poesia^  in. 
28,  32. 

Alichinp  -nome  di  demonio.  In  21,  118. 
22,  ti2. 

AMghiorì  -  famiglia  nobile  in  Ferrara.  Una 
donna  di  questa  casa  fu  maritata  a  m. 
Cacciaguida  cavalier  fiorentino,  ante- 
nato del  nostro  Poeta  ;  de*  quali  due 
consorti  nacque  Alighieri ,  da  cui  Dan- 
te ricevette  il  suo  cognome  ,  accennasi 
ciò.  Par.  15,  138. 

Alighieri  -  figliuolo  dì  Cacciaguìda ,  e  bi- 
savo  del  nostro  Poeta  ;  punito  per  la 
sua  superbia  nel  primo  girone  del  Pur- 

.  gatorio ,  accennato.  Par.  15  ,  91. 

Almeone  -  figliuolo  d*  Anfiarao  e  d' Erifile, 
Costui  fu  uccisor  della  madre.  Pg.  12, 
50.  Par.  k ,  103.  v.  Enfile. 

Alpe-Pg.  17,  1.  33,  111. 

Alpi  donde  nasce  il  Po  -  Par.  6  ,  51. 

Altaforte  -  rocca  d'Inghilterra,  tenuta  e 
difesa  da  Bertramo  dal  Bornio  ;  dove 
fu  assediato  il  principe  Giovanni  dal  re 
Arrigo  d' Inghilterra  ,  suo  padre.  In. 
89  ,  29. 

Alverna  -  monte  asprissimo  tra  il  Tevere 
e  r  Amo  ,  dove  s.  Francesco  ricevette 
le  sacre  stimmate  del  Salvator  nostro. 
Par.  11 ,  106. 

Aman  -  gran  capitano  dell'  esercito  d'As- 
suero re  di  Persia.  Costui  odiando  a 
morte  Mardocheo  zio  della  regina  Es- 


ter •  perchè  non  èra  da  itii  eome  di 
tutti  gli  altri  adorato  ,  persuase  il  re 
a  far  morire  tutti  gli  Ebrei  che  nego- 
ziavano nel  suo  reame,  eome  gente  imi- 
tile ,  e  che  niente  lo  stimava  ;  e  di  pì&. 
a  far  crocifiggere  Mardocheo.  La  re- 
gina Ester ,  mossa  a  compassione  e  del 
zio  e  della  sua  nazione ,  tanto  suppK- 
oò  il  re  suo  marito ,  che  il  fece  mutar 
proposito ,  e  ritrattar  la  sentenza.  Cosi 
Mardocheo  fu  innalzato  ad  onori  sublt- 
ini ,  e  il  snperbo  Aman  fu  crocifisse 
a  quella  trave  medesima  eh*  egli  avea 
fatta  innalzare  per  crocifiggerai  Mar- 
docheo ,  accennato.  Pg.  17 ,  26. 
Amata  -  moglie  di  Latino  re  degli  Abo- 
rigini ,  popoli  d*  Italia  antichissimi ,  U 
quale  per  tema  grande  eh*  Enea  avesse 
ucciso  Turno  a  cui  sua  figliada  Lavi* 
nia  era  stata  promessa  in  isposa ,  di- 
sperata s' impiccò ,  accennata.  Pg.  17. 

Amiclate  -  povero  pescato  re  ,  il  quale  . 
come  rìferìsce  Lucano  nel  5.  della  Far- 
saglia  ,  tragittò  colla  sua  barchetta  ffi 
Diirazzo  in  Italia  Giulio  Cesare  che  de- 
siderava di  trasportare  nell'Epiro  il  re- 
stante delle  sue  genti.   Par.  11 ,  68. 

Amidei  -  famìglia  nobile  fio  rentina ,  da  cui 
nacquero  le  discordie  e^le  nrine  deìh 
città  i  per  essere  stata  una  di  questa 
famic^lia  ,  ripudiata  da  Buoodelmoate 
de'  Buondelmonti  ,  accennata.  Par.  16, 
136. 

Amore  -  ferisce  Venere  sua  madre.  Pjt. 
28,66. 

Anacreonte  -  nato  in  Teo  »  città  delf  anti- 
ca Ionia  ;  poeta  lirico  I^;giadrìssioio. 
Pg.  22 ,  106. 

Anagnl.  v.  Alagna. 

Anania  -  uno  de  discepoli  del  Signore:  il 
quale  rendette  la  perduta  vista  a  s.  Pao- 
lo. Par.  26  ,  12. 

Anassagora  Clazomenio  •  filosofo  dogma- 
tico antichissimo  ed  eccellente.  In.  k . 
137. 

Anastagi  -  famiglia  nobilissima  di  Raven- 
na. Pg.  ìk  ,  107. 

Anastagio*papa  ,  che  visse  a' tempi  di 
Teodorìco  re  d' Italia  ;  penrerllto  da  Fo- 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


673 


tino  eretico  »  secondo  Dante  :  il  che  è 
falsissimo.  v.  gli  scrittori  delle  ^Ite  de* 
ponteGci.  Io.  11 ,  8.  t.  Fatino. 
Anchise  -  troiano ,  figliuolo  di  Capi ,  che 
della  dea  Venere  generò  Enea  ,  sog- 
getto notissimo  per  Io  poema  di  Vir- 
gilio. In.  1 ,  7<k.  Pg.  18  ,  137.  mori 
e  fu  seppellito  in  Sicilia.  Par.  19 ,  182. 
r  ombra  di  lui  accoglie  con  tenerezza 
il  figliuolo  ne*  campì  Elisi.  Par.  15  »  25. 
T.  Virgilio  nel  6.  dell'  Eneide. 
Anfiarao-  figliuolo  d*Oicleo;  indovino  a'snoi 
tempi  celebratissimo.  Costui  fu  uno  de' 
sette  regi  che  assediarono  Tebe  per  ri- 
mettervi Polinice.  Andò  alla  guerra  mal 
^volentieri ,  indottovi  dalle  astute  ma- 
niere d)  Enfile  sua  moglie.  Mentre  un 
giorno  ,  assiso  in  un  cocchio  ,  valoro- 
samente combattea  ,  fu  assorbito  vivo 
insieme  col  cocchio  e  co*cavalli  da  una 
voragine  che  all'  improvviso  nella  terra 
s'aperse.  In.  20,  Zi. 

▲nfione  -  figliuolo  di  Giove  e  d'Antiope, 
musico  eccellentissimo ,  il  quale  ,  se- 
condo le  favole ,  colla  forza  della  sua 
cetre  fece  discendere  i  sassi  dal  monte 
Gterone  ,  e  formar  con  essi  le  mura 
di  Tebe.  In.  32,  11. 

Angeli  -  ultimo  coro  degli  spiriti  celesti 
della  terza  gerarchia.  Par.  28  ,  126. 
11  Poeta  qui  dice  angelici  ludi. 

Angeli  ribelli  -  precipitati  all'Inferno.  Par. 
29.  50. 

Aogìolello  da  Cagnano-onoratissimo  gen- 
filoomo  di  Fano  ,  fatto  annegare  alla 
Cattolica  da  Malatestino  di  Rimini ,  in- 
sieme eoo  Guidodel  Cassero.  In.  28, 77. 

s.  Anna- madre  di  Maria  Verdoe.  Par. 
82 ,  183. 

Anna  -suocero  di  Caifas  pontefice  de*  Giu- 
dei, accennato.  In.  ^>  121. 

Annibale  -  capitano  de*  Cartaginesi ,  gran- 
dissimo nemico  de'  Romani ,  vinto  da 
Sdpione.  In.  31  ,  117.  Par.  6 ,  50. 

s.  Anselmo  -  fu  normando  »  e  arcivescovo 
di  Conturbia ,  scrisse  molti  trattati  di 
teologia.  Par.  12,  137. 

Anselmuccio- figliuolo  del  conte  Ugolino 
della  Gerardesca  ;  morto  di  fame  insie- 
BC  tot  padre.  In.  38  »  80.  t.  Uidkio. 


Antaodro- città  marittima  della  FrigU  Mi- 
nore ;  donde  Enea  fece  vela  per  venire 
in  lUlia.  Par.  6 ,  67. 
Antenóra  -  prigione  d' Inferno ,  dove  sono 
puniti  i  traditori  delle  lor  patrie  ;  detta 
da  Antenore  troiano ,  il  quale  ,  secon- 
do alcuni  storici,  se  la  intendeva  co'Gre- 
ci.  In.  32  ,  88. 
Antenati ,  chiama  0ante  i  Padovani ,  |a 
città  de'  quali  fu  fondata  da  Antenore. 
Pg.  5 ,  75. 
Anteo  -  gigante  di  Libia  ,  nato  di  Netton- 
no  e  della  Terra  .  alto  quarante  cubiti. 
Costui  lottando  con  Ercole  ,  ogni  volto 
che  in  terra  cadeva  ,  riprendeva  nuove 
forze  ,   e   risorgeva  più  vigoroso  ,  la 
qual  cosa  osservando  Ercole ,  alzandolo 
di  terra  ,  e  stringendoselo  al  petto  ,  il 
soflbcò.  In.  31 ,  100  ,  e  segg. 
Antigone  -  figliuola  d'  Edipo  re  di  Tebe. 
Costei  fessi  guida  del  cieco  suo  padre  , 
cacciato  in  esilio  da  Creonte  :  per  la 
qual  cosa  dal  tiranno  fu  fatta  morire, 
ma ,  come  scrive  Sofocle  in  una  sua 
tragedia  di  questo  nome ,  fu  seppellita 
viva  per  aver  dato  sepoltura  al  corpo 
di  Polinice  suo  fratello,  centra  il  re- 
gio divieto.  Pg.  22 ,  110. 
Antioco  -  re  di  Siria  e  di  Gerusalemme, 

accennato  da  Dante.  In.  19 ,  87. 

s.  Antonio  -  padre  antichissimo  de*  mona- 

.  ci ,  uomo  di  subDme  e  maravigliosa 

Tiftù.  Suoi  frati  de*  tempi  di  Dante , 

biasimati.  Par.  29 ,  124^. 

Anziani  -  nome  del  supremo  magistrato  di 

Lucca.  In.  21,  38. 
Apennino-  monte  famosissimo,  che  si  sten- 
de co'  suoi  gioghi  da  ponente  in  levan- 
te ,  dividendo  I'  I  talia  tetta  in  due  par* 
ti ,  runa  settentrionale ,  verso  il  mare 
Adriatico  ;  l' altra  meridionale  ,  verso 
il  Tirreno.  In.  16 ,  96.  20 ,  65.  Pg. 
S  ,  96.  14  ,  92.  chiamato  dal  Poeta 
nostro  ,  dono  d!  Italia.  Pg.  30  ,  86  , 
circoscritto.  Io.  27  ,  29.  Pg.  14 ,  31, 
e  segg.  Par.  21 ,  106,  e  segg. 
Apocalisse-libro  profetico  oscorissimo  del- 
la divina  scrittora ,  dettato  da  s.  Gio- 
vanni Vangelista.  Questo  è  nome  gre- 
co ,  che  rJBfbuteiis  significa  , 


en 


DIZIONARIO 


nato.  Io.  19 ,  106.  Pg.  29  ,  105. 

Apolline  *  cioè ,  il  sole  ,  detto  dal  Poeta, 
occhio  del  cielo.  Pg.  20  ,  132. 

Apollo-  figliolo  di  Giove  e  di  Latona  ,  Dio 
della  poesia  o  della  medicina.  Par.  1, 
13.  2,  8. 

Apostoli  -  detti  dal  Poeta ,  messaggi  dd- 
r  etemo  regno.  Pg.  22  ,  78. 

Aquario -l*  undecime  segno  dello  zodiaco. 
Finsero  i  poeti,  che  costui  fosse  Ga- 
nimede coppiere  di  Giove.  In.  24  ,  2. 

Aquilone  -  vento  che  spira  dal  settentrio- 
ne ;  detto  altrimenti  Borea  e  Tramon- 
tana. Prendesi  ancora  pel  settentrione 
medesimo.  Pg.  4 ,  60.  32 ,  99. 

Arabi  -  coir  accento  acuto  sulla  seconda 
sillaba  ,  in  grazia  della  rima.  Per  Ara- 
bi pare  che  intenda  il  Poeta  i  Numidi, 
ed  altre  genti  barbare  dell'  Aflrica ,  che 
passarono  in  Italia  con  Annibale  cen- 
tra i  Romani.  Par.  6 ,  k9. 

Aragne  -  donzella  di  Lidia  ,  eccellentissi- 
ma tessitrice  e  ricamatrice  ,  la  quale 
montata  in  superbia  ,  gareggiò  con  Pal- 
lade  in  queir  arte  :  ma  vinta  dalla  Dea, 
fu  da  lei  uccisa,  e  convertita  in  ragno. 
In.  17 ,  18.  Pg.  12 ,  kS.  v.  Ovidio  nel 
6.  delle  Trasformazioni. 

Aragona  -  provincia  del  regno  di  Spagna. 
Pg.  3,  116. 

Aragonese  nazione-  egregia.  Par.  19, 138. 
V.  Iacopo  re  d^  Aragona. 

Arbia  -  fiume  di  Toscana  ,  tra  Fiorenza 
e  Siena  ;  presso  il  quale  furono  scon- 
fitti i  Guelfi  da'  Ghibellini ,  a'  tempi  di 
m.  Farinata.  In.  10,  86. 

deir  Arca  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16,  92. 

Arca  del  Testamento  -  Di  essa  v.  i  libri 
delle  divine  scritture.  Pg.  10  ,  56. 

Arcangeli  -  secondo  coro  d' angeli  della 
terza  gerarchia.  Par.  28,  125. 

Archiano  -  fiume  che  nasce  in  quella  co- 
sta d*  Apennino  ,  eh*  è  soyra  V  eremo 
di  Camaldoli  ;  e  scende  in  Casentino,  e 
mette  in  Arno  tra  Poppi  e  Ribbiena. 
Pg.  5,  95,  125. 

Ardinghi  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16,  93. 

Aietioi  -  popolo  d' Arezzo ,  illustro  città 


di  Toscana.  In.  23 ,  5.  chiamati  da 
Dante  botoli,  cioè  cani  piccioli  e  ?ili 
Pg.  U,  W. 

r  Aretino  -  Fu  costui  m.  Benincasa  d  A- 
rezzo,  dottissimo  giuriscousulto,  il  qua- 
le essendo  vicario  del  podestà  di  Sìeiu 
condannò  a  morte  TurlnQ  da  Turrita, 
castello  nel  Sanese ,  fratello  di  (]hino 
di  Tacco  ,    e  Tacco  suo  zio  ,  perche 
insieme  con  Ghino   avevano   tolto  un 
castello  alla  repubblica  sanese  chiama- 
to Radicofani,  ed  in   Maremma  eser- 
citavano  latrocinio.   Dopo   di  ciò  m. 
Renincasa   andò  giudice    del   tribuno 
di  Roma  nel  pontificato   di  Ronifazio. 
li  che  intendendo  Ghioo,  andò  a  Roma 
e  con  grande  audacia  entrò  in  casa  e 
nella  sala  dove  m.  Renincasa  a  banco 
sedea  ,  e  quivi   in  presenza   di  molti 
r  uccise  •  e  se  ne  venne  a  salvamen- 
to colla  testa  che  gli  avea  tagliata.  Pg. 
6,  13. 

Aretusa  -  Ninfa  amata  da  Alfco  fiose 
d'  Arcadia  ;  la  quale  per  fuggire  gli 
abbracciamenti  di  lui ,  tanto  pregò  gK 
Dii ,  che  fu  convertila  in  fonte,  la. 
25,  97.  V.  Ovidio  nel  5.  delle  Trasfor- 
mazioni. 
Arezzo  -  città  nobile  di  Toscana.  Io.  29, 
109. 

Argenti,  Filippo  -  cavalier  fiorentìDo  del- 
la nobil  famiglia  de'  Cavicciuli  che  so- 
no un  de'  rami  degli  Adimari  ;  uomo 
ricchissimo ,  di  grande  statura ,  e  di 
maravigliose  fòrze  ;  ma  iracoodo  fuor 
di  misura.  In.  8,  61.  v.  il  Roccaccio 
nella  8.  novella  della  9.  giornata. 

Argia  -  figliuola  d'Adrasto  re  degli  Arp- 
vi,  moglie  di  Polinice.   Pg.  22,  110. 

Argo  -  nave  ,  prima  di  tutte  solca  il  ma- 
re ,   sua   ombra   viene   anunirata  da 

'    Nettunno.  Par.  33,  96. 

Argo  -  pastore  che  avea  nel  capo  cenVoc* 
chi ,  secondo  le  favole.  Fu  scelto  da 
Giunone  gelosa  per  custodire  Io  trasferì 
mata  in  vacca:  ma  addormeotato  da 
Mercurio  col  suono  ,  e  col  racconto  ifi 
varie  favole  ,  tra  le  quali  fu  quella  di 
Siringa  ;  fu  dal  medesimo  ucciso.  Pg. 
29 ,  95.  32 ,  65.  v,  ^ 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE, 


673 


Argolica  genie  -  cioè  ,  greca  ,  cosi  detta 
dalla  provincia  Argolide  nel  Pelopon- 
neso ,  dove  era  Argos  città  nobilissi- 
ma. In.  28  y  6k. 
Argonauti  -  circonscritti.  Par.  2  ,  16.  ac- 
cennati. Pbr.  33  ,  96. 
Arianna  -  figliuola  di  Minos  re  di  creta , 
e  di  Pasife  sua  moglie.  Costei  innamo- 
rata di  Teseo  principe  d'Atene  ,  am- 
maestroilo  come  dovesse   uccidere  il 
Minotauro,  e  dicdegli  un  filo  per  u- 
scire  del  laberinto  ,  accennata.  In.  12, 
20 ,  fu  rapita  e  poi  abbandonata  da 
Teseo  nell'isola  di  Nasso  ,  dove  trova- 
ta da  Bacco ,  fu  da  lui  sposata  ,  e  fi- 
nalmente una  sua  ghirlanda  fu  trasfor- 
mata ,  dopo  la  morte  di  essa  ,  in  un 
segno    celeste  di  otto  stelle  unite  in 
forma  di  corona.  Par.  13 ,  ìk. 
Ariete  -  segno  celeste ,  il  primo  dello  zo- 
diaco ,   accennato.  Pg.  32,  53.  chia- 
mato stella  migliore.  Par.  1,  40.  A- 
rieie  notturno  dUpoglia,  cioè  quando 
tal  segno  surge  di  notte ,  il  mondo  si 
sp<^Ua  delle  sue  bellezze  :  il  che  ac- 
cade r  autunno ,  quando  il  soie  è  in 
Libra.  Par.  28,  117. 
Aristotile  Stagirìta  •  maestro  del  grand  A- 
lessandro ,  e  di  color  che  sanno,  come 
dice  /)ante  ;  prìncipe  della  setta  Peri- 
patetica, e  Ira'  filosofi  il  più  famoso. 
In.  i ,   131.  Pg.  3 ,  la.  tra  gli  altri 
suoi  libri  scrìsse  quelli  che  trattano 
di  politica,  o  sia  della  buona  ammi- 
nistrazione delle  città  e  degli  stati.  Par. 
8,  120.  accennato.  Par.  26,  38. 
Arli  -  città  famosa  della  Gallia  Narbone- 

se.  In.  9  ,  112. 
Arnaldo  Daniello -poeta  e  romanziere  pro- 
venzale eccellentissimo.  Pg.  26,  115, 
segg.  e  lfc2. 
Arno  -  fiume  nobilissimo  di  Toscana,  che 
bagna  Fiorenza  e  Pisa  ,  e  mette  nel 
mar  Tirreno.  In.  13 ,  1(^6.  23  ,  95. 
30  ,  65.  33 ,  83.  Pg.  5 ,  126.  Par.  11, 
106.  circonscrìtto.  Pg.  ìk ,  17,  e  segg. 
chiamato  da  Dante  ,  fumé  reale.  Pg. 
5  ,  122.  fossa  maladetta  e  sventurula. 
Pg.  14  ,  51.  posto  per  Fiorenza.  In. 
15,  113. 


Aronta  o  A  ronte- famoso  indovino  della  To- 
scana ,  a'  tempi  antichi.  Costui  abitò 
ne'  monti  di  Luni  sopra  Carrara  »  nel 
Genovesato.  In.  20 ,  46.  v.  Lucano  nel 
1.  libro  della  Farsaglia  ,  al  verso  586, 
e  segg. 
Arpie  -  uccelli  favolosi  con  viso  e  collo  di 
donzella  ;  figliuole  di  Taumante  e  d'E- 
lettra.   Erano  tre  ,  e  si  chiamavano 
Asilo  ,  Oeipete  e  Celeno.  Predicevano 
i  destini  ,  ed  erano  Ippacissime  :  anzi 
i  poeti  le  dissero  Arpie  dal  verbo  gre- 
co drpcizetfi  che  significa  mptre.  In.  13, 
10,  101.  V.  Slrofade. 
Arrigo-magnìfico  cavalier  fiorentino, della 
nobile  famiglia  de'Fisanti ,  come  alcu- 
ni vogliono.  In.  6 ,  80. 
Arrigo  -  re  d' Inghilterra  ;  detto  t{  sempli- 
ce ,  per  la  candidezza  de'  suoi  costumi. 
Pg.  7  ,  131. 
Arrigo  Manardi  -  faentino  ;  cortese  e  va- 
loroso signore.  Pg.  14 ,  97. 
Arrìgo  y .  -  imperadore  ,  figliuolo  di  Fe- 
derigo Barbarossa  ;  chiamato  dal  Poe- 
ta ,  secondo  vento  di  Soave,  cioè  secon- 
da procella  o  seconda  tempesta  della 
famiglia  di  Soave ,  perchè  egli  e  suo 
padre  furono  superbi ,  e  amanti  della 
guerra.  Par.  3  ,  119. 
Arrigo  VII.-  imperadore  ,  accennato  for- 
se dal  Poeta.  Pg.  33 ,  43.  Par.  27 , 
63 ,  ingannato  da  papa  Clemente  V. 
Par.  17  ,  82.  v.  Clemente  V.  medita 
di  comporre  le  cose  d'Italia.  Par.  30, 
137. 
Arrìgucci-  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 

16 ,  108. 
Arrio  -  eretico  infame ,  il  quale  teneva  « 
il  Figliuolo  di  Dio  non  essere  consu- 
stanziale ai  Padre  ,  ma  minor  di  esso. 
Par.  13,  127. 
Artù  -  re  della  gran  Bretagna  .  soggetto 
notissimo  negli  antichi  romanzi,  in.  32, 
62.  V.  ModUe. 
Arzanà  de  Viniziani  •  luogo  celebre  in  Ve- 
nezia ,  dove  si  fabbrica  ogni  genere  di 
navili ,  e  ogni  strumento  da  guerra. 
In.  21 .  7. 
Ascesi  -  città  dell'Umbria,  v.  Asiifi. 
AscianO'Castelio  nifi  Sanese.  Io.  29, 131. 


676 


D  I  2^ì  0  N  A  R  I  0 


Asdente  -  calzolaio  pannigiaiio,  famoso 
indoirioo  a' tempi  di  Federigo  IL  im- 
peradore.  In.  20  ,  118. 

Afopo  -  fiume  di  Beozia  ,  provincia  della 
Grecia  :  presso  il  quale  si  celebravaoo 
i  sacrifici  0  misteri  di  Bacco.  Pg.  18, 
91. 

Assiri  -  popoli  dell'Assiria  »  provincia  del- 
l'Asia  ;  presso  i  quali  fu  anticamen- 
te il  primo  imperio  del  mondo.  Pg.  12, 
59.  « 

Assisi  0  Ascesi  -  città  dell'Umbria  ;  patria 
.dì  s.  Francesco  fondatore  delFordine 
de'frati  Minori  ;  posta  alle  radici  d' un 
alto  monte.  Par.  11 ,  53. 

Assuero* monarca  della  Persia  Pg.  17, 
28.  T.  Aman. 

Atamante  -  genero  di  Cadmo  ;  il  quale 
per  l'odio  che  Giunone  portava  alla  raz- 
za de'Tebani  ,  stimolato  da  Tesifone 
divenne  furioso  in  guisa  ,  che  veggen- 
do  Ino  sua  moglie  venir  verso  di  lui 
con  due  suoi  figliuolini  in  braccio,  chia- 
mati l'uno  Leareo  ,  l'altro  Melicirla  ; 
credendo  che  fosse  una  lionessa  con 
due  lioncini ,  preso  Learco  ,  lo  infran- 
se ad  un  sasso  ;  e  la  madre  fuggendo 
coll'aitro  ,  si  gittò  nel  mare, "e  per 
pietà  degli  Dei  celesti  furono  conver- 
titi in  Dei  marini  ,  Tuna  detta  Leuco- 
ita ,  e  Taltro  Pàlemone,  In.  30  .  k. 

Atene  -  città  principaiissima  dell'  antica 
Grecia  ;  metropoli  dell'  Attica  ;  patria 
di  Teseo  ,  ^  madre  di  tutte  le  scien- 
ze per  le  molte  sette  di  filosofi  che 
5uivi  fiorirono.  In.  12  ,  17.  Pg.  6 , 
39.  Par.  17  «  46.  Fingono  i  poeti , 
che  nascesse  contesa  tra  Nettunno  e 
Minerva  ,  chi  di  lor  due  dovesse  dar 
il  nome  a  quella  città  ;  e  che  s'accor- 
dassero insieme  ,  colui  doverla  deno- 
minare ,  che  all'improvviso  produces- 
se cosa  di  maggiore  utilità.  Percosse 
Nettunno  la  terra  coi  tridente,  e  ne  fe- 
ce uscire  un  eavallo  :  la  percosse  pa- 
rimente Minerva  coli'  asta  ,  e  ne  trasse 
un  ulivo.  Giudicarono  gli  Dei ,  l'ulivo, 
come  segno  di  pace  ,  esser  migliore  del 
eavallo  eh'  ò  segno  di  guerra  ;  e  per- 
ciò la  vittoria  tu  di   Minerva  che  in 


lingua  greca  si  chiama  Ai§ma  o  Àiemé, 
ciò  viene  accennato.  Pg.  15,  98. 

Atropos  -  una  delle  tre  Parche ,  le  qua- 
li ,  secondo  le  favole  ,  filano  le  vite 
degli  uomini.  Si  chiamano  Goto ,  JLo- 
chetis  e  Atropos.  La  prima  tien  la  co- 
nocchia, la  seconda  il  naapo  »  e  la  terza 
la  forbice  colla  quale  tagUa  il  filo.  lo. 
33,  126. 

Attila-  re  degli  Unni ,  tiranno  cmdelia- 
Simo ,  detto  fiagtUo  di  Dio  ;  il  quale 
calando  in  Italia  con  potentissinio  eser- 
cito r  anno  di  nostra  salate  U2*  asse- 
diò e  distrusse  la  gran  citti  di  Aquile- 
ia  j  iMiccbeggiò  molte  citti  di  Loinbar- 
dia  ;  e  mentre  deliberava  se  dovesse 
andarsene  a  Roma  ,  fu  persuaso  da 
s.  Leone  papa  che  gli  si  fece  incontra, 
a  tornare  in  Ungheria  ,  dove  avendo 
menata  moglie,  mori  soflbcalo  per  san- 
gue in  troppa  copia  uscitogli  dalle  na- 
rici. In.  12 ,  13fc.  Fu  opinione  di  Au- 
to ,  che  costui  smantellaase  Fiorenza; 
benché  molti  storici  il  neghino.  In.  13, 
11^9. 

Aventino  -  uno  de'  sette  colli  di  Roma.  la. 
25,  26. 

Averrois  o  Averroe  -  arabo  ,  gran  comen- 
tatore  d'Aristotile,  ma  empio  nelle  sue 
opinioni.  In.  fc,  lUh. 

Augusto -per  Federigo  lì.  imperadore* 
In.  13,  68. 

Augusto -successore  di  Giulio  Cesare  nel- 
r  imperio  romano.  Pg.  29,  116.  Sue 
grandi  azioni  toccate.  Par.  6 ,  73 ,  e 

Avicenna  -  arabo  ,  medico  eccellente,  b. 
Wy  H3.  Fiori  circa  gli  anni  di  nostra 
salute  lOihO. 

Aulide  -  città  della  Beozia  •  con  porto  do- 
ve convennero  i  Greci  a  deliberare  se 
dovevano  muover  guerra  a' Troiani.  In. 
20.  IH. 

Aurora  -  Dea  ,  foriera  del  Sole.  Pg.  2  . 
8.  chiamata  dal  Poeta  ,  coficuòtna  di 
1  itone  antico.  Pg.  9  ,  1.  v.   TVioik. 

Ausonia  -  così  fu  detta  l' Italia  anticamen- 
te ,  da  Ausone  f^liuolo  d' Ulisse  e  di 
Calipso.  Par.  8 ,  61. 

Austericch  o  Austria  -  nobilissioia  provio- 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


677 


eia  della  Germania.  In.  32 ,  26. 

Austro -vento  meridioDale,  accennato.  Pg. 
30  ,  89.  32  ,  99  ,  detto  deUa  ima 
d  larba  :  perchè  spira  dall*  Affrica,  in 
una  provincia  della  quale  ,  detta  Au- 
miiia  ,  r^^  anticamente  il  re  larba. 
Pff.  31     72. 

Aczo  degli Ubaidini  -Pg.  ih,  105.  v.  Ugo- 
lino ,  Vbaldini. 

Azzolino  0  Ezzelino  di  Romano -vicario 
imperiale  nella  Marca  Trìvigiana  ,  e 
tiranno  crudelissimo  de*  Padovani.  In. 
12,  110.  accennato.  Par.  9,  29. 

Azzone  III.  da  Este  -  marchese  di  Fer- 
rara ,  il  quale  fece  uccidere  da'  suoi 
sgherri  m.  Iacopo  del  Cassero  ,  citta- 
dino di  Fano ,  suo  nemico.  Pg.  6 ,  TI. 

6 

B  e  ICE  -  cioè ,  Bice ,  nome  accorciato  da 
Beatrice.  Par.  7,  ik.  v.  Beatrice. 

Babillonia  -  Chiama  il  Poeta  esilio  di  Ba- 
billonia  il  mondo  ;  come  all'  opposto  il 
Paradiso  chiamasi  la  eelette  GerueaUm' 
me  ,  alludesi  alla  famosa  trasmigrazio- 
ne del  popolo  ebreo  ,  di  Gerusalemme 
in  Babillonia  ,  città  metropoli  della  Cal- 
dea. Par.  23,  135. 

Baccanti -cioè ,  sacerdotesse  di  Bacco  ,  le 
quali  con  grandissime  strida  e  furore 
celebravano  i  sacrifici  di  quel  Nume , 
accennate.  Pg.  18,  92. 

Bacchiglione- fiume  che  passa  presso  Vi- 
cenza. Par.  9 ,  VI.  per  essa  città  il 
pose  Dante.  In.  15  ,  113. 

Bacco  -  figliuolo  di  Giove  e  di  Semele  , 
uno  degli  Dii ,  vincitore  dell  Indie  ,  e 
inventore  dell*  uso  del  vino  ,  secondo 
le  favole.  In.  20  ,  59.  Pg.  18  ,  93. 
Cantar  Bacco ,  cioè  ,  un  inno  in  lode 
di  quel  Dio  ,  che  appresso  gli  antichi 
solea  cominciare  :  Io  ,  Bacche.  Par.  13, 
25. 

Bagnacavallo- castello  tra  Imola  e  Raven- 
na ,  i  conti  del  quale  ,  a'  tempi  di  Dan- 
te ,  erano  già  estinti.  Pg.  iV  ,  115. 

Bagnoregio  -  luogo  della  Marca  d'Ancona  ; 
patria  di  s.  Bonaventura.  Par.  12 , 
128. 


Baldo  d*  Aguglioue  -  gran  barattiere  in 
Firenze,  a' tempi  di  Dante.  Par.  16,  56. 

Barbagia  -  luogo  montuoso  hi  Sardigna  , 
dove  gli  uomini  e  le  donne  vanno  quasi 
ignudi.  Pg.  23,  9k. 

Barbare  donne  -  Pg.  23,  103. 

Barbariccia  -  nome  di  demonio.  In.  21 , 
120.  22,  29,  59,  HA. 

Barbari  settentrionali  -  Par.  31,  31. 

Barbarossa  -  v.  Federigo  Barbarosta. 

Bari  -  città  di  Puglia.  Par.  8,  62. 

Bartolommeo  della  Scala  -  Par.  17  ,  71. 
V.  della  Scala. 

Barucci  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16,  lOlk. 

Batista ,  s.  Giovanni  -  precursore  di  Gesà 
Cristo,  visse  nel  deserto  con  sobrietà 
maravigliosa  ,  pascendosi  di  locuste  e 
di  mele  silvestre ,  e  bevendo  acqua  , 
avanti  d'uscir  fra  le  genti  a  predicar 
la  penitenza,  fu  canonizzato  dalla  bocca 
del  Redentore  ,  come  il  maggiore  tra 
tutti  i  nati  di  donne.  Pg.  22, 152,  fu 
fatto  decapitare  da  Erode  a  persuasion 
d'Erodiade  che  indusse  la  figliuola  , 
dopo  aver  con  un  ballo  meritata  la 
grazia  del  sovrano  ,  a  dimandargli  in 
premio  la  testa  del  santo ,  per  lui  s'in- 
tende il  fiorin  d' oro ,  che  si  batteva 
in  Fiorenza  coli'  immagine  sua.  Par. 
18,  ì^k.  intorno  a  due  anni  stette  nel- 
V  Inferno  ,  cioè  nel  Limbo,  aspettando 
la  discesa  del  Signore.  Par.  32,  31. 
tolto  da'  Fiorentini  per  protettore ,  su- 
bito che  abbracciarono  la  fede  cristia- 
na. In.  13,  1&3.  Par.  16,  kl.  Lovil 
di  I.  Giovanni,  per  la  città  di  Fiorenza 
che  vive  sotto  la  protezione  di  questo 
santo.  Par.  16  ,  25.  v.  s.  Giovanni 
Batieta. 

Batista  -  la  lega  del  Batista  ,  cioè  ,  il 
fiorin  d'oro  coli' impronta  di  s.  Gio- 
vanni Batista ,  moneta  fiorentina.  In. 

30,  n. 

Batisteo  di  Firenze  •  nel  tempio  di  s.  Gio- 
vanni. Par.  15,  134. 

da  Battifolle  -  v.  Federigo  Novello. 

Beatrice  -  marcliesotta  da  Esti  ,  moglie 
di  Nino  de  Visconti  da  Pisa  ;  e  dopo 
la  morte  di  lui  rimaritata  a  Galeazio 


678 


DIZIONARIO 


de'  Visconti  di  Milano,  s'accenna.  Pg. 

8,  73. 

Beatrice  «^moglie  di  d.  Federigo  re  di  Si- 
cilié^^^  7,  128. 

Beatrice'- nobilissima  gentildonna  di  Fi- 
renze, figKuola  di  Folco  Portinari,  detta 
corrottamente  Bice  ;  di  cui  Dante  fu 
innamorato  ,  intesa  in  questo  Poema 
per  la  teologia ,  prendesi  ancora  per  la 
grazia  perficiente.  In.  2 ,  70.  P^.  6  , 
46.  15,  77.  18,  W,73.  23.  128.27. 
36,  53.  31,80,  107.  e  in  altri  luoghi 
assai ,  particolarmente  nel  Paradiso  , 
accennata.  In.  10,  131.  12,  88.  15, 
9Ql  Pg.  1,  53.  27  ,  136.    discesa  di 

*  Cielo,  riprende  il  Poeta  nostro  del  suo 
scorretto  vivere.  Pg,  30,  73.  tassi  più 
risplendente  del  sole.  Par.  10,  37. 

di  Beccheria  -  Quel  di  Beccheria  fu  pa- 
vese ,  ed  abate  di  Vallombrosa  ;  al 
quale  fu  tagliata  la  testa  per  essersi 
scoperto  certo  trattato  che  fece  contro 
a*  GuelG  in  favore  de' Ghibellini  in  Fio- 
renza dove  il  papa  V  avea  mandato  le- 
gato. In.  32,  119. 

B^a  -  sacerdote  inglese ,  detto  t7  venera- 
bile ,  scrisse  molte  cose.  Par  10 , 
131. 

Belacqua  -  nome  di  persona  negligente  , 
trovata  da  Dante  nel  monte  del  Purga- 
torio. Pg.  4,  123. 

della  Bella  ,  lano  -  cavalier  fiorentino  , 
quando  rinunziò  aggrandì,  e  si  fece  di 
popolo  .  variò  Tarme  lasciatagli  dal 
conte  Ugo  di  Lucimborgo  ,  cignendola 
d'un  fregio  d'oro.  Par.  16,  132. 

Bellincion  Berti  -  ricchissioio  cavalier  fio- 
rentino, della  nobil  famiglia  de'Ravigna- 
ni  ;  ma  di  somma  moderazione.  Par. 
15,  112.  16,  99. 

Bellisar  o  Bellisario  -  capitano  valorosis- 
simo dell'  imperador  Giustiniano.  Costui 
riportò  de*  Gotti  molte  vittorie ,  e  gli 
costrinse  a  partir  d' Italia.  Par.  6,  ^. 

del  Bello,  Geri  -  In.  29,  27.  v.  Gerì. 

Belo  -  padre  o  progenitore  di  Didone.  Par. 

9,  97. 

Belzebù  -  nome  di  demonio  principale.  In. 

34,  127. 
Benaco  -  altrimenti  Lago  di  Garda ,  po- 


sto tra  Verona  e  Brescia.  Io.  20^  63. 
74,  77. 

s.  Benedetto  -  della  nobilissima  famislìa 
degli  Anici  romani,  gran  padre  demo- 
naci in  Occidente.  Converti  molte  genti 
in  Terra  di  Lavoro  dal  culto  degi'  idoli 
alla  cristiana  religione.  Mori  nel  roooi- 
stero  di  Monte  Cassino.  Par.  22 ,  40. 
32,  35.  v.  Cassino. 

8.  Benedetto  -  badia  ricchissima  dì  s.  Be- 
nedetto, situata  dove  il  fiume  Montone 
scende  al  basso  con  grande  strepito. 
In.  16.  100. 

Benevento  -  città  del  Principato  Ulteriore 
nel  regno  di  Napoli.  Pg.  3  «  li8. 

Benincasa  d' Arezzo  -  v.  /'  AretitM. 

Bergamasco  -di  Bergamo,  ciUà  montuo- 
sa di  Lombardia.  In.  20,  71. 

Berlinghieri ,  Ramondo  -  conte  di  Proven- 
za. Par.  6,  134.  v.  Romeo. 

Bernardin  di  Fosco  -  faentino  ;  uomo  ^i- 
loroso,  benché  di  picciola  nazione.  Pe. 
14,  101. 

8.  Bernardo  -  borgognone,  abate  deU' or- 
dine Cistcrciense  ;  uomo  d'  altissinui 
contemplazione,  divotissimo  della  Beata 
Vergine,  e  scriltore  di  molti  dotti  e  santi 
volumi.  Par.  31  ,  102  ,  sen.  e  139. 
32,  1.  33,  49. 

Bernardo  -  uno  de'  primi  frati  e  eompàffà 
di  s.  Francesco.  Par.  11,  79. 

Bernardone,  Pietro  -  padre  di  s.  FrfCMCO 
d'Assisi.  Par.  11,  89. 

Berta  -  donna  Berta  ;  per  quakuMMO  ioth 
nicciuola  ignorante.  Par.  IsTitt. 

Berti ,  Bellincione  -  Par.  15,  li9L  16^  9». 
v.  Bellincion  Berti. 

Bertramo  dal  Bornio  •  fu  ioriese ,  e  daU 
per  alo  dal  re  Arrigo  d*  Ii^hyterra  a 
Giovanni  suo  figliudo  ,'  che  FaccMB- 
pagnasse  alla  corte  di  Francia,  n»  es- 
sendo quel  giovane  un  grande  sciala- 
cquatore ,  né  potendo  supplire  alle  s^^ 
gelate  sue  spese  una  porzione  dd  re- 
gno assegnatagli  dal  padre  ,  iu  cod«- 
gliato  da  Bertramo  a  muoverai  guerra, 
nella  quale  il  suddetto  GioTanni  riaaie 
morto.  In.  28,  124. 

Bianchi  -  fazione  in  Toscana  ,  ateonà 
Dante.  In.  24,  150.  ^^ 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


679 


Billi  -  TariKglia  nobile  fiorentina  ,  accen- 
nata per  l'armo  sua  ch'è  una  colonna 
di  vaio  in  campo  rosso.  Par.  16.  103. 

Bindo  -  nome  usato  in  Fiorenza  ,  a'  lem- 
pi  del  nostro  Poeta.  Par.  29 ,  103. 

Bisenzio  fiume  di  Toscana  ,  il  quale  na- 
sce nella  valle  di  Falterona ,  e  scorre 
Ira  Prato  e  Fiorenza  ,  e  mette  nell'Ar- 
no. In.  32  .  56. 

Bismantova  -  montagna  altissima  del  ter- 
ritorio di  Reggio  in  Lombardia.  Pg.  4-. 

26. 

Bocca  degli  Abati  -  fiorentino .  traditore 
de' suoi  fazionari.  In.  32,  106. 

Boemmia  -  provincia  di  Germania  »  adia- 
cente al  fiume  Albia  o  Albi,  accennata. 
Pg.  7  ,  98.  V.  Butmme. 

Boezio  Severino  -  gran  senatore  di  Roma, 
e  uomo  di  prodigiosa  dottrina  ,  scrisse 
molti  volumi  ;  ma  i  più  famosi  sono  i 
cinque  libri  de  consolatione  Pkilo$o- 
phiae  j  composti  da  lui  in  prigione 
dov'era  stato  cacciato  dal  re  Teodori- 
co  ,  il  quale  poi  lo  fece  morire.  Il  suo 
corpo  giace  in  Pavia  nella  chiesa  detta 
in  Caelo  Aureo  ,  dov'è  un  altare  eret- 
to a  Boezio ,  come  a  santo  ,  aceenna- 
to.  Par.  10 ,  125.  ▼.  Cieldawro. 

Bologna  -  città  nobilissima  di  Lombardia. 
In.  23 ,  U2.  Pg.  14 .  100. 

Bolognese  -  Pg.  il  ,  83. 

bolognesi  -  In.  23  ,  103. 

Bolsena  -  oggi  castello  •  anticamente  cit- 
tà della  Toscana.  Quivi  presso  è  un 
lago  di  figura  quasi  rotonda  ,  che  gi- 
ra circa  22.  miglia,  e  che  produce  ot- 
time anguille  ,  chiamasi  t{  Lago  di  Boi- 
tena.  Pg.  24 ,  24. 

Bonatti ,  Guido  -  famoso  astrologo  a  tem- 
pi del  conte  Guido  di  Hontefeltro ,  a 
cui  fu  carissimo.  In.  20  ,  118. 

Bonifazio  -  arcivescovo  di  Ravenna ,  fi- 
gliuolo d'Ubaldino  della  Pila;  signore 
splendido.  Pg.  24 ,  29. 

Bonifazio  da  Signa  -  gran  barattiere  in 
Firenze  ,  a'  tempi  di  Dante.  Par.  16, 
56. 

Bonifacio  Vili.  -  sommo  pontefice  ;  chia- 
mato prima  Bonedetto  aAnagni ,  uomo 
di  grand'  animo ,  e  cupido  di  signoreg- 


giare. Costui  con  sue  arti  persuase  Ce- 
lestino V.  suo  antecessore ,  a  rinunzia- 
re il  papato  ;  e  ottenuto  il  suo  deside- 
rio ,  e  avendo  usurpata  la  sede  di  s. 
Pietro  ,  il  fece  incarcerare  nella  rocca 
di  Sulmone .  dove  Celestino  poco  do- 
po mori  in  gran  concetto  di  santità.  In. 
19,  53.  biasimato.  In.  27.  70,  85. 
e  segg.  Par.  9  ,  132 ,  e  segg.  12,  90. 
27  .  22.  30  ,  148.  imprigionato  in  A- 
lagna  da  Sciarra  Colonnese  per  ordi- 
ne di  Filippo  Bello  re  di  Francia.  Pg. 
20  ,  87.  inteso  per  una  meretrice,  per 
essere,  come  scrivono  alcuni  storici  , 
pervenuto  al  papato  con  arti  non  buo- 
ne :  benché  altri  neghino  ciò  ,  e  lo 
giustifichino.  Pg.  32  ,  149.  33  ,  44. 
trattasi  con  esso  lui  da'  Francesi  di  far 
passar  l'Alpi  a  Carlo  Senzaterra ,  per- 
chè fingendo  egli  di  riformar  la  città 
di  Fiorenza,  ne  cacciasse  la  parte  Bian- 
ca ,  della  quale  era  il  nostro  Poeta  , 
s'accenna.  Par.  17 ,  49  ,  e  segg. 

Borea  -  vento  che  spira  da  settentrione. 
Par.  28,  81. 

Borgo-  uno  de' sesti  di  Firenze.  Par.  16, 
134. 

dal  Bornio,  Bertramo-In.  28,  134.  v. 
Bertramo. 

Borsiere  ,  Guiglielmo  -  valoroso  e  gentil 
cavaliere  ,  pratichissimo  delie  corti , 
bel  parlatore  e  faceto.  In.  16 ,  70.  v. 
il  Boccaccio  nella  novella  8 ,  della  1. 
giornata. 

Bostichi  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16 ,  93. 

Brabante  -  provincia  di  Fiandra  ,  nobilis- 
sima. Donna  di  Brabante  ,  chiama  il 
Poeta  la  moglie  di  Filippo  Bello  re  di 
Francia  ,  eh'  era  della  casa  de'  signori 
di  Brabante.  Pg.  6 ,  23. 

Branca  d' Oria  -  genovese  ;  il  quale  uccise 
a  tradimento  Michel  Zanche  suo  suo- 
cero ,  per  torgli  il  giudicato  di  Logo- 
doro  in  Sardigna.  In.  33 ,  137 ,  140. 

Branda  -  bellissima  fontana  nella  piazza  di 
Siena.  In  30  ,  78.  Dell'  etimologia  di 
questa  fonte  v.  a  carte  125  .  del  to- 
mo 2.  de'  Discorsi  Accademici  del  ce- 
lebre sig.  ab.  Anton-Maria  Salvini. 


C80 


DIZIONARIO 


Brandizio  o  Brindisi  -  ciUi  marittima  io 
Terra  d' Otranto  ;  doxe  mori  Virgilio. 
Pg.  3,27. 

Breono- capitan  generale  de' Galli  Senoni, 
il  quale  mentr'  era  per  impadronirsi  del 
Campidoglio  di  Roma  ,  fa  rlspinto  e 
•cacciato  da  Furio  Cammillo  ,  ò  notis- 
sima la  storia.  Par.  6 ,  kk. 

Brenta  -  fiume  che  nasce  nell*  Alpi  che  di- 
vidono r  Italia  dalla  Germania  ,  passa 
per  Padova ,  e  si  scarica  nell*  Adriatico. 
in.  15  .  7.  Par.  9  .  27. 

Brescia  -  città  nobile  di  Lombardia  ;  capo 
de*Cenomani.  In.  20,  68. 

Bresciano -di  Brescia.  In.  20,  71. 

Breltinoro  -  cittadella  montuosa  di  Roma- 
gna ;  posta  sopra  Forlì.  Pg.  14^ ,  112. 
y.  Guido  del  Duca. 

Briareo  -  uno  de  Giganti  fulminati  da  Gio* 
Te  per  avergli  mosso  guerra  ;  il  quale 
fingono  i  poeti ,  che  cento  braccia ,  e 
cento  mani  avesse.  In.  31 ,  98.  Pg.  12, 
28. 

il  Brigata  -  uno  de*  figliuoli  del  conte  Ugo- 
lino della  Gerardesca.  In.  33  ,  89.  v« 
Ugolino. 

Brisso  -  filosofo  antichissimo  ,  di  cui  fa 
menzione  Aristotile  nel  1.  libro  Poste- 
ieriorum  Analylicorum ,  al  capo  9.  do- 
ve si  rapporta  e  si  biasima  la  sua  ma- 
niera di  provare  la  quadratura.  Par. 
13 ,  125. 1  cementatori  del  nostro  Poeta 
passano  costui  sotto  silenzio. 

dalla  Broccia ,  Piero  -  v.  Pier  dalla  Broc- 
cia 

Bruggia  -  nobilissima  città  di  Fiandra.  In. 
15 ,  k.  Pg.  20 ,  k6. 

Brunelleschi ,  Angelo  -  fiorentino  ,  inteso 
da  Dante ,  come  vogliono  gli  antichi 
spositori.  In.  25  ,  68. 

Brunetto  Latini-fiorentino;  uomo  di  gran 
•eienza  ,  maestro  di  Dante ,  scrisse  un 
libro  in  lingua  volgar  fiorentina  ,  chia- 
mato Teioretto;  e  un  altro  in  lingua 
francese,  intitolato  Tesoro.  In.  15,  30, 
32  ,  101. 

Bruto  ,  Marco  -  che  cacciò  di  Roma  il  re 
Tarquinio  Superbo  ,  e  diede  alla  patria 
la  Ubertà.  In.  4 ,  127. 

Bruto  ,  Marc*  «  occiiore  di  Gialio  Geure 


che  adottato  lo  avM  per  figliuolo.  Io. 
31^ ,  65. 

Bruto  e  Cassio  -  disfatti  in  Tessagli  da* 
Triumviri.  Par.  6 ,  71. 

Buemme  o  boemmia  -provlneia  d  Ger- 
mania. Par.  19  ,  1^. 

Buggea- città  dell' AflTrìca  ;  posta  <firiii- 
petto  a  Genova.  Par.  9  ,  92. 

F^iiamonti ,  Giovanni  -  cavalier  fiorentioo, 
grandissimo  usuraio  a*  tempi  di  Dante, 
accennato  per  li  tre  becchi ,  arme  H 
sua  famiglia  ,  detto  t7  cavalier  sovramo, 
per  ironia.  In.  17,  72. 

Bulicame  -  acqua  bollente  che  seatorìsee 
in  Viterbo ,  la  quale  dopo  alquanto  spa- 
zio arriva  nel  luogo  delle  meretrid;  e 
quivi  già  tiepida  divenuta ,  e  distribaì- 
la  fra  loro,  serve  agli  usi  domestica. 
In.  Ifc ,  79. 

Buonaggiunta  degli  Orbisaoi  -  laediese . 
buon  dicitore  in  rima  a'suof  tempL  Pg. 
2<h  »  19  ,  20  ,  uno  degli  antichi  mu- 
torì.  Pg.  2i  ,  35 .  56. 

s.  Buonaventura  o  Bonaveotora-da  Ba- 
gnoregio ,  luogo  della  Marca  d*Aoeoaa; 
dottore  di  chiesa  santa  ;  prima  fnta 
di  s.  Francesco ,  poi  generale  delTof- 
dine  ,  e  cardinale ,  per  U  sua 
dottrina  e  virtù.  Par.  12  ,  127. 

Buonconte  di  Montefeltro  -^figliuolo  del 
conte  Guido  ;  il  quale  nella  sconfitta  che 
ebbero  a  Certomondo  nel  Casentino  gii 
Aretini  ,  fu  combattendo  ucciso.  Ps* 
5,  88. 

Buondelmonte  de'Buondelmonti-ripodìa 
la  sua  sposa  di  casa  Amidei.  P^.  16, 
IM.  V.  Amidei. 

Buondelmonti  -  famiglia  fiorentina ,  nobi- 
le e  potente.  Par.  16 ,  66. 

Buonturo  -lucchese ,  della  nobO  Ìamig)ia 
de*  Dati  ,  come  alcuni  Yogiiono  ;  gna- 
dissimo  barattiere,  benché  Dante  il  oie- 
ghi  per  ironia.  In.  21 ,  41. 

Buoso  -  dicono  ,  costui  essere  atato  in  Fi- 
renze della  nobii  famiglia  degfi  Abati, 
è  posto  da  Dante  fra  ladri.  In.  35 , 

m. 

Buoèo  da  Duera  -  cremoneae  ;  il  quali 
nel  tempo  che  Guido  di  Monforte  pa^ 
sava  coU*esercito  di  Carlo  in  Pu^ 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


681 


tra  Mantiredi  ,  fu  mandato  da*  suoi  cit- 
tadini e  da  altri  Lombardi  Ghibciliiii, 
sotto  Parma  per  vietare  il  passo  a* 
Francesi  :  ed  avrebbel  fatto ,  quando 
non  fosse  stato  corrotto  da  ^ran  quan- 
tità di  danari  che  Guido  £:;li  diede,  on- 
do poi  il  popolo  di  Cremona  e' penso  tut- 
to il  lignaggio  del  traditore.  In.  32  , 
116. 
Buoso  Donati  -  fiorentino  ;  uomo  ricchis- 
simo. In.  30 ,  I^k»  V.  danni  Schicchi. 


Caccia  d*  Asciano  -  giovane  sanese  molto 
ricco  ,  il  quale  consumò  il  suo  patri- 
monio in  golosità.  In.  29  »  131. 

Cacciaguida- deirantica  famiglia  romana 
de'  Frangipani  ,  al  dir  del  Salvini  nel 
Discorso  Sk  della  1.  centuria  ;  padre 
d'Alighieri ,  bisavolo  di  Dante,  Par.  15, 
135.  e  segg.  18  ,  2  ,  25 .  50.  loda 
i  costumi  antichi  de*  Fiorentini ,  e  bia- 

■  sima  i  moderni.  Par.  15  ,  97  ,  e  segg. 
muore  in  battaglia  centra  Turchi.  Par. 
15  .  U5. 

Caccianimico,  Venedico  -  bolognese  ;  il  qua- 
le indusse  Ghisola  sua  sorella  a  farla  vo- 
glia del  marchese Obizio da Este, signor 
di  Ferrara.  In.  18  ,  50 

Caco  -  figliuolo  di  Vulcano,  d'aspetto  mol- 
toderorme,  e  grandissimoladrone;ilqua- 
Ic  abitanilo  in  una  grotta  del  monte  Aven- 
tino ,  rubò  i  buoi  ad  Ercole ,  eh*  egli  a  vea 
condotti  diSpagna  ,  ma  conosciuto  il  fur- 
to, fu  da  lui  uccisoa  colpidi  clava.  In.25, 
25.  v.  Livio  nel  1.  lib.  Virgilio  neirS. 
dell' Eneida;  Properzio  nella  10.  eleg. 
del  k.  lib.  e  Ovidionèl  1.  de'Fasti. 

Cadmo-  figliuolo d'  Agenore  re  di  Tiro; il 
quale  cercando  Europa  sua  sorella  da  Gio- 
ve rapita,  dopo  un  lungogirare  fermossi 
nella  Beozia,  e  vi  fabbricò  la  città  di  Te- 
be, finalmente  fu  trasformatoinserpente. 
ln.25  ,  97. V.Ovidio  nel  3.delleTrasfor- 
mazioni. 

Cagnano  -  fiume  di  Trevigi.Par.9,  i9. 

da  Cagnano,  Angiolello-  lo.  28  ,  77.  t. 
AngioleUo, 


Ca^nazzo  -  nome  di  demonio.  In.  21 ,  119. 
22.  106. 

Caifas  -  pontefice  de'Giu  lei  ,  cheli  consi- 
gliò a  far  morire  nostro  Signore  «perchè 
tutto  il  pop.ilo  non  perisse.  In.  23,115. 

Calila-  una  dellequattro  profondissime  pri- 
gioni che  fin^'o  Danle  essere  nel  pozzo 
d'  Abisso;  nella  quale  sono  puniti i  tra- 
ditori doMor  parenti.  In.  5,  107.  32. 
58. 

Caino  -  primogenito  d'Adamo;  il  quale  per 

invidia  uccise  il  suo  fratello  Abelj,  accen- 
nato. Pg.  14,  132. 

Caino  e  le  spine-  cioè,  una  certa  ombra 
che  osservasi  nella  luna  ;  la  quale  gli  uo- 
mini delvolgo  dicevano  ch'era  Cainoche 

.  portava  sulle  spalle  una  forcata  dispine. 
In. 20,  126.  Par. 2,  51. 

Calavrese  -  diCalavria  o Calabria.  Par.  12, 
HO. 

da  Calboli ,  Rinieri  -  v.  Rinier  e  Fulciert. 

Galcabrina-nomedidemi>nio. In.2l  ,  118. 
22  ,  133. 

Calcanta  o  Calcante  -nobile  indovino  nell'e- 
sercito de'Greci  contraTroia;  il  quale  per- 
suase Agamennone  a  sacrificare  Ifigenia 
sua  figliuola,  per  impetrar  buon  vento  ad 
uscire  del  porto  d'AuIide.  In.  20,  110. 

Calfucci  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16,106. 

Calisto  I- sommo  pontefice,  mori  martire 
Par.  27  ,  4V. 

Callaroga  o  Calahorra-  città  della Castiglia 
Vecchia  in  Ispagna  ;  nella  quale  nacque 
8.  Domenico.  Par.  12 ,  52. 

Calliopea  o  Calliope  -  una  delle  nove  Muse , 
presidente  all'eroico  poema.  Pg.  1,  9. 

Callisto-  Ninfa  ,  compagna  di  Diana.  Pg. 
25,  131.  v.  Elice. 

Camiciono  ,  Alberto  ,  de'  Pazzi  di  Valdar- 
no  -  il  quale  uccisea  tradimento  m.  Uber- 
tino Fuo  parente.  In.  32,  68. 

Camniiilu  -  donzella  guerriera .  che  armossi 
a  difesa  di  Turno  centra  Enea.  In*  1  « 
lOT.  4,  12i.  V.  Virgilio  lib.  7.  e  11. 
dell*  Eneide. 

da  Cammino  -  famiglia  nobile  epotente  di 
Trivigi.  Pg.  16.  12^.  V.  Ghavrdo. 

da  Cammino,  Ricciardo  -  Par.  9,  50*  t. 
KicciardQ, 

86 


082 


DIZIONARIO 


Cdmpdgnatico- luogo  del  contado  di  Sie- 
na. Pg.  11 ,  66. 

Campaldino  -  è  nome  d' un  piano  in  Ca- 
sentino, appiè  del  monte  di  Poppi.  Pg. 
5.  92. 

Campi  -  castello  presso  a  Prato  in  Tosca- 
na. Par.  16.  50. 

Canavese  -  contea  nel  Piemonte.  Pg.  7, 
136. 

Cancellieri  -  famiglia  nobilissima  di  Pistoia , 
accennata  In.  32,  63.  v.  Focaccia. 

Cancro  -  uno  de*  segni  del  zodiaco  ,  op- 
posto al  Capricorno.  Par.  25,  101. 

Can  Grande  della  Scala  -  signor  dì  Vero- 
na ;  uomo  di  gran  valore  ,  e  d' incre- 
dibile magnificenza,  giovanetto  d*anni 
diciotto  ,  ne  comincia  a  dimostrare  i 
segni.  Par.  17  ,  70. 

(]aorsa  -  città  di  Provenza  ;  a*  tempi  di 
Dante  piena  d*  usurai.  lu.  11  ,  50. 

Caorsini  -  cittadini  di  Caorsa  città  di  Pro- 
venza.  Par.  27,  58.  v.  Giovanni  XXI f. 

Caos -materia  indigesta  e  confusa  ,  la 
quale  alcuni  filosofi  credettero  che  Dio 
ordinasse  e  distinguesse  per  cavarne  il 
rielo  e  la  terra.  In.  12  ,  U. 

Capa  neo- uno  de' sette  regi  che  assedia- 
rono la  città  di  Tebe  in  Beozia ,  per 
rimettervi  dentro  Polinice ,  cacciatone 
da  Eteocle  suo  fratello.  Costui  per  le 
bestemmie  eh'  ei  profferiva  centra  Gio- 
ve ,  fu  da  lui  ucciso  col  fulmine.  In. 
U  ,  63.  25  ,  15. 

Capocchio  -  sanese  ;  alchimista  ,  e  falsa- 
tor  di  metalli ,  a*  tempi  di  Dante.  In. 
29,  136.  30 ,  28. 

Caponsacchi  •  famiglia  nobile  fiorentina  ; 
discesi  da  Caponsacco  da  Fiesole.  Par. 
1B.  121. 

Cappelletti  -  famiglia  potente  in  Verona. 
Pg.  6 ,  106.  V.  Montecchi. 

Capraia  -  isoletta  del  mar  Tirreno  ,  vicina 
alla  foce  d'Arno.  In.  33,  82. 

Capricorno  -  uno  de'  segni  dello  zodiaco  , 
distante  tre  segni  dall'  Ariete  :  al  quale 
arrivato  il  sole ,  ritorna  verso  il  cir- 
colo-equinoziale; e  le  notti  finiscono 
di  crescere ,  e  i  giorni  di  scemare* 
Pg.  2  ,  57.  Par.  27 ,  69. 

Caprona  -  castello  del  contado  di  Pisa  ; 


assediato  da'  Lucchesi  a'tempì  di  Da»- 
te;  il  quale  fu  reso  loro  eoo  questa 
condizione ,  che  i  fanti  del  presidio  ne 
uscissero  salve  le  persone  e  lo  aven. 
In.  21 ,  95. 

Cariddi  -  famosa  voragine  nel  Faro  di 
Messina,  incontro  a  Scilla.  In.  7,21 

Carisenda  -  torre  famosa  in  Bologna ,  che 
pende  molto  ;  fabbricata  dall'  aotici 
famiglia  de'Carisendi  ;  presso  T altra 
detta  degli  AsinelU,   In.  31  >  130. 

Carlino  de'  Pazzi  -  fiorentino.  Co>tui  oc- 
cupò Castel  di  Piano  in  Vald.irno  ,  e 
diedelo  a  Bianchi  eh*  erano  di  sua  fa- 
zione. Onde  i  Fiorentini  di'  erano  a 
Pistoia,  furono  costretti  a  lasciar  quella 
impresa,  e  andare  al  n'acquisi»  dc$so 
castello  ;  il  quale  dopo  ventotto  sùorni 
riebbero ,  dvcndo  corrotto  ron  danari 
il  detto  Carlino.  In.  32  ,  69. 

Carlo  Magno-  imperadore,  e  redi  Francia; 
grandissimo  difensore  della  chiesa  ro- 
mana. In.  31,  17.  Par.  18,^3.  vince 
Desiderio  lont^obardo  ,  re  d' Italia  ;  • 
soccorre  la  Chiesa.  Par.  6,  96. 

Carlo  Martello  -  se  ondogenito  di  Cario 
zoppo  re  di  Puglia.  Fu  costui  princi- 
pe virtuoso  ,  e  grande  amico  del  Poeta 
nostro.  Fu  signore  di  Puglia,  ài  Sicilia 
e  di  Provenza  ;  ma  essendo  poi  coro- 
nato re  d'  Ungheria  ,  Roberto  suo  fra- 
tello, principe  di  Durazzo ,  occopò  tutti 
i  suddetti  stati.  Visse  poco  tempo.  Par. 
8,  W,  e  segg.  9,  1. 

Carlo  I.  di  Yaiois  -  re  di  Puglia;  uomj 
valoroso  ,  fratello  di  Lodovico  fl  Santo, 
re  di  Francia ,  costai  fu  ben  guar- 
nito di  naso,  accennato.  Pg.  7,  113, 
12&. 

Carlo  Roberto  -  figliuòlo  di  Carlo  Mirttl- 
1o  ,  fa  re  d*  Ungheria  dopo  il  padri*. 
Par.  8,  72. 

Carlo  II.  -  re  di  Puglia,  figliuolo  di  Cario 
I.,  uomo  scellerato.  Pg.  11,  137,  a^ 
connato.  Pg.  7,  127.  fa  uccider  Cor- 
radino  figliuolo  di  Federigo  11.  impe 
radore  ,  e,  secondo  Dante,  avvelenare 
s.  Tommaso  d'  Aquino.  Pg.  20 ,  67. 
V.  Curradino^  TommoMo  ,  travaglia  b 
Sicilia.  Par.  20,  63,  spogliato  «tei  rea- 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


083 


me  di  Sicilia  da  papa  Nicola  HI ,  per 
aver  egli  negato  di  dare  una  sua  fi- 
gliuola in  moglie  ad  un  nipote  di  esso 
pontefice.  In.  19,  99.  preso  in  batta- 
glia navale  da  Ruggieri  delf  Oria,  am- 
miraglio del  Re  Pietro  d*  Aragona  ,  e 
condotto  prigione  a  Messina  dove  vi- 
vide uccidere  più  di  dugento  suoi  no- 
bili, a  lui ,  e  ad  alcuni  altri  pochi  fu 
mlvata  la  vita  per  clemenza  della  rei- 
Da  Co<itanza  ,  uscito  poi  di  prigione  , 
inariiò  sua  figliuola  ad  Azzo  IH.  mar- 
clìe^e  di  Ferrara  ,  per  gran  somma 
d'  oro.  Pg.  20. 79,  detto  anche  Novello, 
di  fdzion  Guelfa.  Par.  6,  lv6,  fu  an- 
che re  di  Gerusalemme,  zoppo,  scian- 
cato ,  e  di  picciolo  valore.  Par.  19  , 
127. 

Carlo  Senzaterra  -  conte  di  Provenza,  e 
re  di  Puglia.  Pg.  5.  69 ,  fratello  di 
Filippo  il  Bello  ,  re  di  Francia:  il  quale 
pregato  da  Neri  cacciati  di  Firenze,  ve 
li  rimesse,  accennato.  In.  6,  69.  man- 
dato da  Bonifazio  papa  a  Firenze,  sotto 
colore  di  voler  ridurre  a  stato  pacifi- 
co quella  città  ,  la  mette  in  maggiore 
scompiglio ,  e  la  spoglia.di  danaro,  ap- 
parecchia poi  grande  armata  contra  la 
Sicilia,  e  ne  torna  con  ignominiosa  pace. 
Pg.  20,  71,  esegg. 

€aron  o  Caronte  -  il  nocchiero  della  pa- 
lude infernale  ,  che  tragitta  Y  anime 
de  morti  ;  secondo  le  favole  de*  poeti. 
In.  3.  94.  128. 

dì  Carpigna  ,  Guido  -  y\  Guido. 

Carrarese  -  abitante  di  Carrara,  luogo  del 
(ìeiiovesato  appiè  de*  monti  ,  dove  si 
cava  il  marmo  bianchissimo.  In.  20,  kS. 

Carro  ,  si  chiama  tra  le  costellazioni  un 
jiruppo  di  sette  stelle  dis]K>ste  in  for- 
ma di  carro  ;  quattro  delle  quali  for- 
mano le  ruote ,  e  tre  il  timone  :  altri- 
menti detto  Ona  maggiore.  Questo  se- 
gno girasi  vicino  al  polo  artico  a  noi 
sempre  apparente  ;  o  per  aver  il  suo 
giro  assai  corto ,  non  tramonta  m«ii. 
^  In.  11,  Hi.  Pg.  1,  30.  Par.  13,  7. 

Casale-  terra  di  Piemonte,  donde  fa  frate 
Ubertino,  ministro  generale  dell'ordi- 
ne de*  Minori  ;  il  quale  allargò  troppo 


la  regola.  Par.  12,  1211. 

Casalodi  -  fu  un  castello  nel  contado  di 
Brescia  ,  i  cui  conti  s*  impadronirono 
di  Mantova  ;  ma  ne  furono  poi  cacciati 
con  fraudo  da  Pinamonte  Buonacossi. 
In.  20.  93. 

Casella -fiorentino,  musico  eccellente  a'tem- 
pi  di  Danto  ;  uomo  di  facile  nAtura  o 
di  lieti  costumi  ;  come  dice  il  Landino. 
Pg.  2,  91. 

Casentino  -  tratto  di  paese  contenuto  fra 
il  torrente  Duccaria  ed  il  fiume  Arno, 
insino  a* confilli  del  territorio  d'Arez- 
zo ,  come  scrive  fra  Leandro  Alberti 
neir  Etruria  Mediterranea.  Io.  30,  65. 
Pg.  5.  9k.  Suoi  abitatori  chiamati  perei. 
Pg.  14,  W. 

del  Cassero  ,  Guido  -  lo.  28  ,  77.  v. 
Guido. 

del  Cassero  ,  Iacopo  -  Pg.  5,  6fc.  v.  /a- 
copo. 

Cassino  -  monte  e  castello  io  Terra  di  La- 
voro. Io  cima  di  tal  monte  fu  antica- 
mente un  tempio  d*  Apolline,  molto  fre- 
quentato da*Gentili  ;  il  quale  fu  distrutto 
dal  patriarca  s.  Benedetto  che  vi  fab- 
bricò io  vece  uoa  chiesa  dedicata  a  s. 
Martioo,  e  uo  mooistero  di  solitari.  Par. 
22,  37. 

Cassio  -  uccisore  di  Cesare.  In.  3<k,  67. 

Cassio  e  Bruto  -  disfatti  io  Tessaglia  da' 
Triumviri.  Par.  6.  7fc. 

da  Castello  -  famiglia  nobile  reggiana.  Pg. 
16,  125. 

Castello  s.  Angelo  -  in  Roma.  Io,  18,  32. 

Castiglia  -  provincia  di  Spagna  ;  i  cui  re 
portavano  per  insegna  uo  leooe ,  alle 
volte  sotto  uo  castello ,  alle  volte  sopra. 
Par.  12.  5fc. 

Castore  e  Polluce  -  figliuoli  di  Giove  e  di 
Leda  ,  posti  fra*dodici  segni  dello  zo- 
diaco, e  chiamati  eoo  altro  nome  Ge- 
mini, perchè  nacquero  ad  no  parto.  Pg. 
fc,  61. 

Castrocaro  -  conti  diCastrocaro,  biasimati. 
Pg.  14,116. 

Catalano  de*  Malavolti  -  gentiluomo  bolo- 
gnese ,  e  frate  Godente  ;  di  fazioo  Guel- 
fa ,  eletto  da*  Fiorentini,  al  tempo  che 
fa  vinto  il  re  Manfredi  di  Puglia  dal 


68& 


DIZIONARIO 


re  Carlo  di  Ansio ,  per  podestà  di  Fi- 
renze, insieme  con  LodiTingo  de  Lian- 
dolo»  pur  bologne.-e  e  dell'  istessa  reli- 
gione ,  ma  di  fazione  Ghibellina.  Co- 
storo, preso  il  governo  della  città,  ac- 
cordatisi insieme,  cacciorono  i  Ghibel- 
lini di  Fiorenza,  e  fecero  gettare  a  terra 
le  case  decli  Uherti,  capi  di  quel  par- 
tito. In.  23,  10^,  Ili. 
Catalogna- provincia  di  Spagna;  i  cui 
popoli  erano  dati  alla  spilorceria.  Par. 
8.  77. 
Catellini  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 

i6.  88. 
Catone  il   minore  -  uomo  ,   tra'  Romani , 
d' incorrotti    e  severi   costumi  ;  detto 
Uticense  ,  perchè  odiando  la  servitù  , 
por  non  venire  in  mano  di  Cesare  vinci- 
tore, s*  uccise  da  se  stesso  in  Ulica  città 
dell'  AfTrica ,  dove  comandava  l*  armi , 
e  sosteneva  il  partito  della  repubblica. 
In.  H,  15.  accennato.  Pg.  1,  31  ,  e 
segg.  %  119. 
Catria  -  un  certo  gibbo  o  rialto  dal  monte 
Apennino,  sotto  il  quale  è  un  eremo  dove 
dimorò  s.  Pier  Damiano.  Par.  21,  109. 
la  Cattolica  -  terra  sul  lido  del  mare  tra 

Rimini  e  Fano.  In.  28,  80. 
Cavalcante  ,  m.  Francesco  -  fiorentino  po- 
sto da  Danto  fra*  ladri.  In.  25,  151. 
Cavalcante  de'  (Cavalcanti  -  cavalier  fioren- 
tino, padre  di  Guido.  Costui  fu  eccellen- 
tissimo filosofo  ,  e  vien  posto  da  Dante 
tra  coloro  che  non  credettero.  In.  10,53. 
Cavalcanti-In.  30, 32,  k^.  v.  GianniSchic- 

chi. 
Cavalcanti,  Guido -cavalier  fiorentino,  fi- 
gliuolo di  Cavalcante,  fu  filosofo  e  poeta. 
In.  10,  G3.  Pg.  11.  97. 
Cecilio  Stazio  -  poeta  latino  antichissimo, 
scrittore  di  commedie.   Pg.  22,  98. 
Cecina -fiume  che  mette  in  mare  ,  non 
ontano  da  Vada,  dove  termina  la  ma- 
remma di  Pisa.  In.  13,  9.  Altri  le^zgono 
Cecilia;  la  quale  è  una  terra  del  Patri- 
monio di  8.  Pit'tro,  o^gi  delta   Civita 
Vecchia,  o  dagli  antichi  Ceniumcellae^ 
e  questa  lezione  viene  approvata  dal 
Landino. 
Celestino  y. •  sommo  pontefice;  chiamato 


prima  Pietro  Morone;  uomo  di  santa  vi- 
ta, il  quale  per  darsi  alla  contemplazooe, 
rinunziò  il  papato,  accennato,  come  al- 
cuni vogliono.   In.   3»  59.  ma  cert^ 
mente.  In.  27,  105. 
Centauri -mostri  composti  di  due  nature, 
umana  e  cavalhna;  generati  da  Issiooe, 
e  da  una  nuvola  composta  in  figura  della 
dea  Giunone;  sopra  i  quali  molto  favole»» 
giarono  gli  antichi  poeti.  In.  12,  56.  i3, 
17.  v.  0\  idio  nel  12.  delle  trasfomiazio- 
ni,  invitato  da  Piritoo,  marito  d' Ippo- 
damia,  alle  suo  nozze;  lasciandosi  tra- 
sportare da  ir  ubbriachezza,  vollero  ra- 
pirgli la  sposa;  ma  da  lui  e  da  Teseo 
furono  sbaragliati  ed  uccisi.  Pg.  2^, 
121. 
Ceperano  -  luogo  di  Puglia,  dove  il  re  Man- 
fredi abbandonato  da  suoi,  fu  vìnto  dal 
re  Carlo  d'Angiò.  Io.  28,  16. 
Cephas  -  cioè ,  capo,  cosi  fu  detto  s.  Pie- 
tro ,  per  essere  il  capo    degli  aposto- 
li. Cosi  spiegano  Cristoforo  Lantlinn . 
0  Alessandro   Vellutcllo  ,    ma  questa 
loro    spiegazione  è   falsa  ,   iu  cUié*t 
Kefoi  ,    o   ermletai    Pétros  ,    leg;t»si 
nel  capo  1.  dell*  Evangdio  di  s.  Gio- 
vanni .  al  verso  i3.   cioè  :    Tu  farai 
chiamato  Cephas  che  $  interpreta  Pie- 
tro. Par.  21  ,  127. 
da  Cerbaia  -  v.  Conf  Orso. 
Cerbero -can  di  tre  teste,  crinito  di  sor- 
penti  ;  il  quale  finsero  gU  anliclti  \>oe- 
ti  essere  custode  della  porte   delbn- 
ferno.  In.  6  ,  13  ,  22.  9 ,  98. 
Cerchi  -  famiglia  nobile   fiorentina.  Par. 

IG  ,  65. 
Cerere  -  Dea  delle  biade ,  perdo  Proser- 

pina  sua  figliuola.  Pt;.  28,  51. 
Certaldo  -  castello  di  Valdolsa  ,  pres>o  Fi- 
renze ;  patria  del  Boccaccio.  Par.  Iti, 
50. 
Cervia-  picciola  città  di  Romagna,  ^ich 

na  a  Ravenna.  In.  27 ,  42. 
Cesare -per  lomperadore.  In.  13,  65. 
Pg.  6,  92,  lU.  Par.  6,  10.  P, r  li 
prelati  nemici  di  cesare  intende  il  Poe- 
ta le  due  fazioni  Guelfa  e  Ghil>eUiu. 
Par.  16,  59. 
Cesare  ,  Giulio  «Pg.  18  ,  101.  26  »  77. 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


685 


confortato  da  Cario  a  passare  il  Rubi- 
cone. In.  28  ,  98.  V.  Giulio  Cesare, 

Cesena  -  città  di  Romagna  ,  accennata.  In. 
27 ,  52. 

Cherùbi- coir  accento  acuto  sulla  penulti- 
ma. Par.  28 ,  99. 

Cherubica  luce  -  cioè  ,  de*  Chenibini .  or- 
dine d'  angeli  superiori  .  ne*  quali  rilu- 
ce la  divina  sapienza.  Par.  11  ,  39. 

Cherubini  neri ,  chiama  Dante  i  demoni. 
In.  27,  113. 

Chiana -fiume  che  lentamente  corre  tra 
Perugia  e  Montepulciano.  Par.  13  ,  23. 

s.  Chiara  d*  Assisi  -  fondatrice  di  mona- 
che sotto  la  regola  di  s.  Francesco , 
accennata.  Par.  3 ,  98. 

Chiarentana  -  parte  dell*  Alpi  che  dividono 
Italia  da  Lamagna  ;  dove  nasce  il  fiu- 
me Brenta.  In.  15 ,  9. 

Chiarmontesi  -  famiglia  nobile  fiorentina. 
V.  Tosinghi, 

Chiasi  -  fiume  che  corre  vicino  alla  città 
d* Assisi ,  accennato.  Par.  11  ,  43. 

Chiassi  0  Classe-  nome  di  luogo  distrutto, 
vicino  a  Ravenna  ,  presso  il  quale  à 
una  pineta  o  selva  di  pini  sui  lidi  del- 
l'Adriatico.  Pg.  28,  20. 

Chiaveri  -  terra  della  riviera  di  Genova. 
Pg.  19  ,  100. 

Chiesa  di  Roma  -  Pg.  16  ,  127. 

Chirone  -  uno  de*  famosi  Centauri ,  il  qua- 
le insegnò  i  costumi  al  grande  Achille  , 
mentre  egli  era  fanciullo.  Costui  non  fu 
fratello  degli  altri  Centauri ,  ma  fu  fi- 
gliuolo di  Saturno  che  in  forma  di  ca- 
vallo si  congiunse  con  Fillira.  In.  12, 
65.  71,  77,  97.  Pg.  9,  37. 

Chiusi  -  città  tra  Siena  e  Perugia  ,  che 
attempi  di  Dante  andava  dichinando. 
Par.  IG  ,  75. 

Ciacco  -  famoso  mangione  fiorentino  a' tem- 
pi di  Dante  ,  ma  morto  prima  di  lui, 
ciacco  in  lingua  toscana  significa  porco. 
In.  6  ,  52  .  58. 
Cianfa  -  secondo  che  alcuni  scrivono  ,  fu 
della  famiglia  de*  Donati  di  Firenze  ;  ed 
è  posto  da  Dante  fra*  ladri.  In.  25 ,  &3. 
Cianghella  -  donna  fiorentina  ,  della  nobii 
famiglia  di  (pielli  della  Tosa  ;  maritata 
in  Imola  a  Lito  degli  Alidosi  ;  donna  | 


molto  lasciva  e  superba  ,  la  quale  rima- 
sa  vedova ,  menò  una  vita  sommamente 
dissoluta.  Par.  15,  128. 
Ciapetta  ,  Ugo  -  Pg.  20  ,  W  .  W  ,  e  segg. 

v.  Ugo. 
Cicilia  o  Sicilia  -  una  dello  quattro  grao- 
d' isole  del  mare  Mediterraneo  ,  vicina 
air  Italia  ,  anzi  distaccata  da  essa  ,  co- 
me alcuni  vogliono ,  per  un  gran  tre- 
muoto,  fu  detta  Innacria  anticamente, 
dai  tre  promontori  ,  Peloro ,  Pachino 
e  Lilibeo.  In.  12,  108.  Pg.  3,  116, 
circonscritta.  Par.  8  ,  67.  v.  Trinacria. 
Ciciliane  bue  -  intende  il  toro  di  bronzo  . 
fabbricato  da  Perillo  ingei^nero  ateoiese 
a  Falari  tiranno  della  Sicilia  ,  il  qualo 
essendo  crudelissimo  ,  cercava  nuove 
maniero  di  tormentare  i  condannati.  In 
tale  ordigno ,  per  una  finestra  aperta 
in  uno  de*  suoi  fianchi ,  doveasi  mette- 
re il  reo ,  e  poi  accendersi  fuoco  all'io* 
torno  ;  cosicché  il  misero  arrostendosi 
e  gridando  forte ,  facea  parere  che  il 
toro  mugghiasse.  Falari  per  vedere  se 
la  cosa  riusciva  ,  comandò  che  T  arte- 
fico  fosse  il  primo  a  farne  la  pruova  ; 
e  cosi  lo  sciagurato   pagò  il  Ho  della 
sua  spietata  invenzione.  In.  27 ,  7. 
Ciclopi- tre  ministri  di  Vulcano,  che  l'aiu- 
tano a  fabbricare  i  fulmini  ;  secondo  le 
favole ,  i  loro  nomi  sono  Bronle ,  Ste^ 
topo  e  Piracmone  ,  accennati.  In.  ìk  » 
55. 
Cieldauro  -  cosi  chiamasi  un  monistero  in 
Pavia  ,  dove  dicesi  esser  sepolto  il  cor- 
po di  Severino  Boezio.  Par.  10 ,  128. 
Cimabue  -  occellonto  pittore  ,  e  ristorato- 
re di  queir  arte  che  per  molli  secoli 
era  stata  perduta  ,  fu  superato  da  Giot- 
to. Pg.  11.  9^. 
Cincinnato -Par.  15,  129.  v.  Quintio. 
Ciono  de'  Tarlati  -  potentissimi    cittadini 
d'Arezzo  ;  il  quale  perseguitando  i  Bo- 
stoli  ,  altra  famiglia  potente ,   fu  tra- 
sportato dal  cavallo  in  Arno,  e  quivi 
annegò ,  accennato.  Pg.  6,15. 
Cipri  -  grand'  isola  del  Mediterraneo  ,  la 
più  orientale  di  tutte  Taltre  ,  non  molto 
lontana  dall'Egitto;  una  volta  sacra  alla 
dea  Venere.  1d.  28  ,  82.  re  di  quel- 


680 


DIZIONARIO 


l  isola ,  a*  tempi  di  Dante  ,  bestialissi- 
mo.  Par.  19,  U7. 

Ciprigna  -  per  la  dea  Venere  che  si  ado- 
rava anticamente  nell*  isola  dì  Cipro. 
Par.  8  ,  2. 

Circe  -  figliuola  del  Sole  ,  maga  eccellen- 
tissima ,  che  con  sue  bevande  incanta- 
to tramutava  gli  uomini  in  bestie.  Co- 
stei innamorata  d*  Ulisse  ,  il  tenne  più 
d*  un  anno  presso  di  sé.  In.  26,  91. 
Pg.  U  ,  h% 

Ciriatto  -  nome  di  demonio.  In.  21 ,  122. 
S2,  53. 

Ciro  -  re  di  Persia  ,  preso  in  battaglia  , 
e  fatto  decapitare  da  Tamiri  reina  de- 
g^  Sciti.  Pg.  12  ,  56.  V.  Tamiri. 

Qrra- città  marittima  della  Focide,  ap* 
piò  del  monte  Parnaso ,  dove  i  citta- 
dini di  Delfo  fabbricavano  le  lor  navi , 
prendesi  da*  poeti  per  Y  Oracolo  d'Apol- 
lo. Par.  1 .  36. 

Citerea  »  vien  detta  da'  poeti  la  dea  Ve- 
nere ,  perchè  singolarmente  si  venera- 
va in  Citerà  ,  isola  poco  discosta  dal 
Peloponneso ,  la  quale  oggi  si  chiama 
Cerigo^  Dante  così  nomina  la  stella  mat- 
tutina. Pg.  27  ,  95. 

Clemente  IV.  -  sommo  pontefice.  Pg.  3 , 
125. 

Clemente  V.  -  sommo  pontefice ,  nativo  dì 
(ìuascogna  ;  il  quale  col  favore  di  Fi- 
lippo Bello  re  di  Francia  ,  fu  assunto 
alla  dignità  pontifìcia  ,  accennato.  In. 
19  ,  83.  mosso  dagrin>iti  del  suddetto 
re  ,  trasferisce  la  lede  apostolica  di 
Roma  in  Avignone  città  di  Francia ,  ciò 
accennasi.  Pg.  32  ,  158.  inganna  Ar- 
rigo VII.  imperadore  ,  il  quale  essen- 
do per  opera  di  esso  pontefice  perve- 
nuto air  imperio  centra  la  volontà  di 
Filippo  Bello  re  di  Francia  ,  che  desi- 
derava che  fosse  eietto  Carlo  di  Valois 
suo  fratello  ;  e  volendo  esso  Arrigo  pas- 
sare in  Italia  ;  dubitando  Clemente  e 
temendo  di  esso  Arrigo  ,  per  impedirlo, 
coronò  Ruberto  ,  figliuolo  di  Carlo  II., 
re  di  Puglia  e  di  Sicilia  ;  e  Carlo  Uni- 
iH^rto  ,  figliuolo  di  Carlo  Martello  ,  ini- 
micissimo  d' Arrìco  ,  re  d'  Ungheria. 
Piir.  17  .  82.  acccnuatu.  Par.  27  ,  58. 


80,  U3. 

Clemenza  •  figliuola  del  re  Carlo  Martel- 
lo ,  moglie  di  Lodovico  X.  re  di  Frari- 
eia.  Par.  9  ,  1. 

Cleopatras  o  Cleopatra  -  regina  d*E$!Ìt'o. 
donna  lussuriosissima ,  amica  di  M^rc  > 
Antonio  triunviro  de*  Romani ,  che  per 
non  esser  condotta  in  trionfo  d<i  Otta- 
viano Augusto  ,  da  cui  era  stato  vin- 
to il  suo  drudo  in  battaglia  navale,  at- 
taccossi  gli  aspidi  alle  braccia  ,  e  si 
sottrasse  al  pericolo.  In.  5,  63.  Par. 
6,  76. 

Cleto  -  successore  di  Lino  nel  pontificato, 
mori  martire.  Par.  27,  ki. 

Climene  -  madre  di  Fetonte  ,  alla  quale 
esso  venne  per  sapere  se  veramente  el- 
la r  avea  partorito  del  seme  d' Apollo, 
avendogli  detto  Epafo ,  figliuolo  di  Gio- 
ve e  della  ninfa  lo  ,  che  ciò  era  falso. 
e  che  sua  madre  gliele  dava  ad  inten- 
dere. Par.  17  ,  1. 

Clio  -  una  delle  nove  Muse.  Pg.  92 ,  58. 

Cleto  -  quella  delle  tre  Parche  fiUtrici  del- 
le vite  umane  ,  che  mette  il  lino  so- 
pra la  conocchia.  Pg.  SI  ,  27. 

Cocito  •  uno  de*  fiumi  infernali.  In.  li  , 
119.  31,  123.  3^,  52. 

Colchi  -  popoli  della  Colchide  ,  antica  pro- 
vincia dell'Asia  Minore  ,  sopra  il  Pon- 
to Bussino  ;  dove  regnò  il  re  Età  che 
fu  spogliato  da  Giasone  del  vello  dello- 
ro.  In.  18,  87. 

Coleo  -  città  della  Colchide  «  dove  rcRiiò 
anticamente  il  re  Età,  e  donde  gli  Ar- 
gonauti riportarono  il  vello  dell*  oro. 
Par.  2,16. 

Colle  -  città  picciola  ,  situata  sopra  d  u- 
na  collina  ,  presso  Volterra.  Pg.  13 . 
115. 

Cotogna  0  Colonia  Agrippina  -  nobilissima 
città  d'Aleinagna ,  sul  fiume  Reno.  P^r. 
10  .  99.  ivi  le  cappe  de* monaci  si  fan- 
no larghissime.  In.  23,  63. 

Colonnesi  -  nobilissima  famiglia  romana  , 
accennati.   In.  27  ,  86.  v.  LaitranQ. 

Conio  •  conti  di  Conio  ,  tralignanti,  pj. 
U,  116. 

Conti  Guidi -già  signori  di  MootemBrlo. 
Par.  16  ,  èk. 


DELLB  STORIE  E  FAVOLE. 


C87 


ContOrso -figliuolo  del  conte  Napoleone 
da  Cerbaia  ,  ucciso  dal  conte  Alberto 
da  Mangona  ,  suo  zio.  Pg.  6 ,  19. 
Corneto- castello  del  Patrimonio  di  s.  Pie- 
tro- In.  12  ;  137.  13  ,  9. 

Corniglia  o  Cornelia  •  figliuolo  di  Scipio- 
ne AiTricano  il  maggiore  ,  e  madre  de' 
due  Gracchi  uccisi  per  le  sedizioni  ; 
donna  prudentissima  ed  eloquente*  In, 
k  ,  128.  Par.  15  ,  129. 

Coro  -  vento  che  spira  tra  ponente  e  se- 
tentrione;  chiamato  anche  Pónente Mae^ 
itro.  In.  11 ,  Uh. 

Corsi  -  popoli  delVisola  di  Corsica  ,  adla- 
<!ente  airitalìa  ,  nel  mar  di  sotto.  Pg. 
18  ,  81. 

Corso  Donati  -  capo  della  parte  Nera  in 
Firenze,  il  quale  avendo  cacciato  i  Bian- 
chi di  quella  città  col  favore  di  Carlo 
Senzaterra  ,  divenne  potentissimo  ,  e 
insolente  oltremodo.  Costui  avendo  pre- 
so per  moglie  uua  figliuola  d'Ugoccio- 
ne  della  Faggiuola  signor  di  Pisa  ,  fu 
fatto  citare  ,  e  condannato  dal  popolo, 
sicché  corsa  la  gente  con  furia  alle  sue 
case  ,  e  facendo  empito  iu  quelle ,  e- 
gli  dopo  essersi  per  buono  spazio  di 
tempo  animosamente  difeso ,  finalmen- 
te abbandonato  da  tutti ,  si  mise  sfug- 
gire a  cavallo  ;  ma  di  esso  cadendo  , 
e  avendo  un  piede  intrigato  nella  staf- 
fa ,  fu  da  quello  strascinato  per  terra, 
e  poi  da'  suoi  persecutori  sopraggiun- 
to e  morto  ,  s'accenna  tutto  ciò,  Pg. 
22^ ,  82. 

Cortigiani •  famiglia  nobile  fiorentina;  con- 
sorti de'  Tosinghi  e  Visdomini.  Par. 
16  ,  112.  V.   rt.«moc/titt. 

Coaenza  -  città  capitale  della  Calabria  ct- 
tra  ,  Il  cardhial  di  Cosenza  fu  legato 
di  papa  Clemente  IV.  neir  esercito  di 
Cario  di  Valoi;) ,  quando  fu  rotto  ed 
ucciso  il  re  Manfredi ,  Egli  dopo  la  vit- 
toria fece  disotterrare  il  corpo  di  det- 
to re ,  come  scomunicato.  Pg.  3  ,  iìh. 

Costantino  Magno  -  imperadore ,  guarito 
della  lebbra  ,  convertito  alla  Me  cri- 
stiana e  battezzato  da  9.  Silvestro  gom- 
mo pontefice.  Questi  ,  come  comune- 
meat«  ti  crede  ,  donò  la  città  di  Ro- 


ma ,  e  molto  paese  all'intorno  ,  a'  pon- 
tefici romani  ;  trasportando  la  sede  im- 
periale in  Costantinopoli.  In.  19  ,  115. 
27  ,  94.  Pg.  32  ,  125.  Par.  6  , 1.  20. 
55.  V.  GoBtantinn. 

Costantinopoli  •  posta  ntUo  stremo  d'Eu- 
ropa. Par.  6  ,  5. 

Crasso-  ricchissimo  Romano  ,  ma  insie- 
me avarissimo.  Trovandosi  costui  nel- 
la spedizione  centra  Parti  ^  popoli  sa- 
gacissimi ,  fu  da  essi  ingannato  col  fìn- 
gere di  fuggirsi  1  e  col  lasciarsi  alle 
spalle  molta  preda  ;  intorno  alla  qua- 
le essendo  egli  insieme  coiresercito  oc- 
cupato ,  tornarono  i  nemici  a  far  testa» 
e  il  ruppero  r  ondagli  per  non  capitar 
vivo  in  lor  mano  ,  si  fece  uccidere  da' 
suoi.  Riconosciuto  il  cadavere  da' ne- 
mici ,  gli  spiccarono  il  capo  dal  busto, 
e  lo  immersero  in  un  vaso  d'oro  squa- 
gliato ,  dicendo  :  Aurum  fitisti  ,  au' 
rum  bibe.  Pg.  20  ,  116. 

Greti  o  Creta  -  una  delle  quattro  grand'i- 
sole  del  Mediterraneo  ,  poste  tra  l'Ar- 
cipelago a  tramontana  ,  e  Iu  spiagge 
dell'Affrica  a  mezzogiorno  ,  ebbe  una 
volta  cento  città.  In.  12,  12.  U,  95. 

Creusa  -  prima  moglie  d'Enea.  Par.  9  , 
9d. 

Crisostomo  -  t.  s.   Ginranni  CrÌ909tomo, 

Cristiani  -  In.  27  ,  88. 

Cristo  -  Pg.  20  .  87.  23  ,  74.  26  .  129, 
32,  102.  apparisce ,  dopo  la  sua  pas- 
sione j  a'  due  discepoli  che  andavano  in 
Emmaus  ,  castello  poco  distante  da  Ge- 
rusalemme ;  come  racconta  Tevangeli- 
sta  s.  Loca  ,  al  cap.  2k.  Pg.  21 ,  8, 
punì  in  sé  stesso  il  morso  che  diede 
Adamo  al  pomo.  Pg.  33 ,  63.  v.  /fsà. 

Croazia  -  provincia  confinante  eolla  Scbia- 
vonfa  e  colla  Dalmazia.  Par.  81 ,  103. 

Crotona  -  picciola  città  della  Calabria  ul- 
tra. Par.  8 ,  62. 

Conizza  -  sorella  d'Azzollino  da  Romano  , 
tiranno  di  Padova  ;  donna  inclinata  for- 
te a'  piaceri  amorosi.  Par.  9 ,  32. 

Cupido  -  figliuolo  di  Venere,  Dio  deli'  ano- 
re.  Par.  8,  7. 

Gurìazt  -  tre  fratelli  »  albani.  Par  6»  39. 
Y.  OrazU 


688 


DIZIONARIO 


Curio  0  Curione-dicilore  romano  eloqoen- 
tiS8Ìmo,  ma  sedizioso;  il  quale  sbandito 
dalla  patria  ,  si  fece  incontro  a  Cesare 

Stresso  Rimini ,  che  rilorvana  dalle  Cal- 
ie ,  e  confortollo  a  passare  il  Rubico- 
ne senza  deporre  il  comando  dell*  ar- 
mi ,  disubbidendo  agli  ordini  del  sena- 
to. In.  28  ,  .102.  Dante  il  chiama  ,  co- 
iai dalla  veduta  amara  ;  perchè  culi  vi- 
de Rimini  a  suo  gran  co^to.  In  28 ,  93. 

Curradino  -  figliuolo  di  Federigo  II.  impe- 
radore  ;  rotto  in  battaglia ,  fatto  prigio- 
ne ,  e  fatto  morire  in  Napoli  da  Carlo 
di  Valois.  Pg.  20  ,  68. 

Currado  da  Palazzo  -  gentiluomo  di  Bres- 
cia ,  molto  virtuoso.  Pg.  10  ,  12/i.. 

Currado  Malaspina  -  uomo  nobilissimo  e 
virtuoso.  Pg.  8  .  65  ,  109 ,  118.  di- 
scendente d'altro  Currado  più  antico. 
Pg.  8  .  119. 

Currado  I.  -  Imperadore  ,  guerreggia  con- 
tra  Turchi.  Par.  15 ,  139. 


D 


Damiata  -  città  d' Egitto.  In  U  ,  10i(^. 

Daniello  -  uno  de*  quattro  profeti  maggio- 
ri ,  fu  menato  in  servitù   da   Nabuc- 

.  codonosorre  ,  dopo  1'  espugnazione  di 
Gerusalemme  ;  e  quivi  nobilmente  alle- 
yato  insieme  con  altri  paggi  del  re: 
ma  egli  disprezzando  i  cibi  della  men- 
sa regale  ,  digiunava  per  acquistar  sa- 
pienza. Pg.  22  ,  U6.  spiega  un  sogno 
a  Nabuccodonossorre  ,  e  placalo  sde- 
gno di  lui.  Par.  k  ,  13.  v.  Nabucca- 
donosorre ,  ci  manifesta  ,  il  numero  de- 
gli angeli  essere  immenso.  Par.  29  ,  13^. 

Daniello  ,  Arnaldo  -  Pg.  26, 115,  e  segg. 
e  li2.  V.  Arnaldo, 

Danoia  o  Danubio  -  anticamente  Fstro;  fiu- 
me grossissimo  della  Germania ,  il  qua- 
le nato  nella  selva  Nera  ,  dopo  avere 
scorso  tratto  lunghissimo  di  paese  per 
sei  bocche  si  scarica  nel  mar  Nero  , 
dagli  anticlii  detto  Ponto  Eussino.  In. 
32,  26. 

Dante  -  accenna  la  nobile  e  antichissima 
sua  origine,  sotto  le  parole  di  (io/ce/ico. 


In.  15, 66.  V.  SaMni  nel  Discorso  84. 
della  1.  centuria;  scacciato  di  Firenze 
io  esilio.  Par.  25  ,  k.  ricoverato  in  ca^ 
sa  del  marchese  Marcello  Malaspioa  , 
mentr*  era  fuoruscito  della  sua  patria, 
s*  accenna.  Pg.  8 .  136  o  segg.  Dante 
accenna  sé   medesimo.    Pi;.    11 ,    99. 
chiamato  per  nome  da  Beatrice  disce- 
sa di    Cielo.   Pg.  30,    55.    suoi  anti- 
chissimi  progenitori,  di<:cendenti  da  Ro- 
mani ,  taciuti  per  modestia.  Par.  i6 , 
45.    nasce   sotto  il  segno   di   Gemini. 
Par.  22  ,  117.  Cacciaguida  gli  predice 
il  tenore  della   sua  futura   vita.  Par. 
17  ,  46  e  segg. 

Danubio -gran  fiume  d*  Europa.  Par.  8, 
65.  V.  Danoia, 

Davide  -  re  d'Israelle,  successor  di  Saule; 
personaggio  notissimo  nelle  Sante  Scrit- 
ture. In. ,4.  58.  28,  138.  Par.  25, 
72.  balla  dinanzi  ali  arca  di  Dio.  Pg. 
10  ,  65.  traslata  la  stessa  di  città  in 
città  ;  chiamato  dal  Poeta  ,  il  canicr 
dello  Sfnrilo  Santo.  Par.  20,  38,  pia- 
gne il  suo  peccato.  Par.  32,  11. 

Deci  -  Questi  furono  tre  cittadini  roma- 
ni ,  padri  figliuolo  e  nipote,  di  schiatta 
plebea,  ma  d' animo  generoso  ;  i  quali 
per  ottener  vittoria  ali*  armi  della  re- 
pubblica, consacrarono  le  proprie  per- 
sone agii  Dei  infernali,  cacciandosi  nel 
mezzo  de  nemici ,  dov*  era  maggiore 
il  pericolo  ;  e  cosi  rimanendo  uccisi , 
il  padre  nella  guerra  gallica,  il  fì^iuo- 
lo  nella  guerra  elrusca,  e  il  nipote  in 
quella  che  fece  il  re  Pirro  contra  i  R<^• 
mani  per  difendere  i  cittadini  diXaraotu, 
Par.  6,  47. 

Decretali  -  nome  d'alcuni  libri  di  legge 
canonica  ,  ne*  quali  si  contengono  re- 
scritti e  decreti  di  sommi  pontefici  ;  i 
quai  libri  la  maggior  parie  compilati 
furono  da  papa  Gregorio  IX.  Par.  9, 
134. 

Dedalo  -  ateniese  ,  grande  ingegnerò  ;  il 
quale  per  liberarsi  dalla  tirannia  di 
Minos  re  di  Creta ,  che  il  tenea  rin- 
chiuso nel  laberinto  da  lui  stesso  fab- 
bricato, scampò  dalla  prigione,  volai>do 
per  Tarla  insieme  qoa  ic«^  suo  Ggliuo- 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


689 


lo.  In.  S»,  116.  V.  lewro. 

Deianira  -  figliuola  d' Eneo  re  di  Etolia , 
moglie  d'Ercole;  che  per  farsi  amar 
dal  marito,  gli  mandò  a  donare  inno- 
centemente una  camicia  avvelenata  , 
come  le  avea  insegnato  Nesso  centaa* 
ro,  desideroso  di  vendicarsi  :  la  qual 
camicia  essendosi  Ercole  posta  indos- 
so ,  diede  in  furore.  In.  12  ,  68.  v. 
Nesso. 

Deidamla  -  figliuola  di  Lìcomede  re  di 
Sciro,  giovane  bellissima,  con  cui  ebbe 
che  fare  Achille  mentre  in  figura  di 
donzella  dimorava  in  quella  corte  ,  fu 
poi  abbandonata  dairamante,  quando  per 
astuzia  d'Ulisse  egli  fu  riconosciuto  ,  e 
menato  ali*  assedio  di  Troia.  In.  Ì6j  62. 
Pg.  22,  llfc. 

Deifiie  -  figliuola  d*  Adrasto  re  degli  Ar- 
givi ,  moglie  di  Tideo  ,  uno  de  sette 
capitani  che  assediarono  Tebe.  Pg.  22. 
110. 

Dellìca  Deità  -  Apollo  che  dava  gli  ora- 
coli in  Delfo  città  della  Focide  ,  si- 
tuata appiè  del  monte  Parnaso.  Par. 
1,  32. 

Delia  -  diceasi  dagli  antichi  Diama  ,  per 
esser  nata  in  Dolo.  Pg.  29  ,  78.  qui 
per  la  luna. 

Delo  •  isola  del  mare  Egeo  ,  oggi  chia- 
mato Arc%fdago\  ove  dicono  le  favo- 
le. L^tona  aver  partorito  Apolline  e 
Diana,  cioè  il  sole  e  la  luna.  i}uestl- 
sola  ,  primachè  ciò  seguisse  ,  andava 
errando  per  lo  mare,  e  tremava  :  ma 
Apollo ,  per  esservi  nato,  la  rese  fer- 
ma ed  immobile  come  T  altre.  Pg.  20, 
130. 

Democrito  Abderita  -  filosofo  d'acutissimo 
ingegno  che  seguitando  la  dottrina  di 
Leucippo,  insegcò  essere  il  mondo  com- 
posto di  certi  corpicciooli  indivisibili , 
a  caso  uniti  insieme.  Dicono  che  costui 
8*  accecasse  per  potere  attendere  senza 
distrazione  alla  contemplazione  della  na- 
tura. In.  (h,  136. 

Demofoonte  -  figliuolo  di  Teseo ,  abban- 
dona Filli  regina  di  Tracia,  sua  inna- 
morata. Par.  9,  101. 

Demonio  -  v.  Maiwirdo  Aiyaiit. 


Diana  -  sorella  d'Apollo  ,  Dea  della  ver« 
ginità ,  presa  per  la  luna  ;  e  detta  dal 
PoeU,  occhio  del  cielo.  Pg.  20 ,  132. 
scaccia  dal  coro  delle  Ninfe  sue  com- 
pagne e  tramuta  in  orsa  Callisto  violata 
da  Giove,  v.  Elice. 

Diana  -  nome  di  riviera  favolosa  ,  che 
i  Sanesi  credevano  passasse  sotterra 
per  la  loro  città  ;  e  fecero  far  molti 
scavamenti  per  trovarla.  Pg.  13  » 
153. 

Didone  o  Dido  -  detta  anche  Elisa  ;  fi- 
gliuola di  Belo  re  di  Tiro ,  moglie  di 
Sicheo  sacerdote  d'Ercole  ;  che  fug- 
gendo l'insidie  di  Pigmalione  suo  fra- 
tello ,  da  cui  r  era  stato  ucciso  il  ma- 
rito per  ispogliarlo  de'  suoi  tesori ,  se  ^ 
ne  fuggi  dalla  patria  ,  e  venne  sulle  ' 
spiagge  dell' Aflrica  ,  dove  fondò  Car- 
tagine. Finge  Vir^giUo^-che  costei  s'in- 
namorasse d' Enea  ;  e  che  da  lui  ab- 
bandonata ,  per  gran  dolore  si  ucci' 
desse.  In.  5,  61,  85.  lo  stesso  Virgi- 
lio nel  1.  deirEneide  finge  che  Cupido 
sedesse  in  grembo  a  Didone,  presa  la 
figura  d'Ascanio,  per  innamorarla  d'E- 
nea. Par.  8,  9. 

Diogenes  o  Diogene  Cinico  -  da  Sinope  ; 
filosofo  amatore  della  povertà  e  del  di- 
sagio ,  e  rigoroso  riprensore  degli  al- 
trui difetti.  In.  k,  137. 

Diomede •  figliuolo  di  Tideo;  uomo  di 
gran  valore ,  e  compagno  d'  Ulisse  in 
ogni  pericolo  al  tempo  dell' assedio  di 
Troia.  In.  26,  56. 

Dione  -  madre  della  dea  Venere ,  secon- 
do le  favole  :  il  qual  nome  poi  fu  dato 
alla  stessa  Venere.  Par.  8,  7.  per  Ve- 
nere pianeta.  Par.  22,  ìhk. 

Dionisio  -  tiranno  di  Siracusa  in  Sicilia  , 
notissimo  nelle  storie  greche.  In.  12» 
107. 

s.  Dionisio  Areopasita  -  che  scrisse  dot- 
tissimamente delle  angeliche  gerarchie; 
benché  alcuni  critici  moderni  ciò  ne- 
ghino, riferendo  quel  libro  ad  altro  au- 
tore. Par.  10,  115.  28,  130.  v.  Gui- 
glielmo  Cave  nella  sua  Storia  Lettera- 
ria degli  Scrittori  EcclesiasUci,  agUanoi. 

di  Cristo  362. 

87 


690 


JD  1  Z  1  0  N  A  R  I  O. 


Dioscorìde  Anazarbeo  •  detto  da  Dante  , 
f  ^  ottono  aceogliUir  M  p^le  ;  cioè  , 
della  qualità  de'  semplici,  di  cui  scrisse 
molti  libri  che  ancora  si  leggono.  In. 
4,  140. 
Dite  -  città  infernale  ;  detta  cosi  da  Plu- 
tone suo  re  ,  che  anche  DiU  ,  cioè 
ricco,  fu  chiamato  da'  poeti.  In.  8,  68. 
per  lo 'nfemo.  In.  11,  65.  12, 39.  per 
Lucifero.  In.  34,  20. 

'  Doagio  -  città  della^iandra.  Pg.  20 ,  46. 
Dolcino  -  Fra  Ddcino^  solenne  impostore 
al  Tempo  di  Clemente  V.  Costui ,  es- 
sendo bel  dicitore,  diede  ad  intendere 
a*  Novaresi ,  sé  essere  apostolo  man- 
dato da  Dio.  Riprendeva  i  prelati  con 
molta  libertà,  predicava,  la  vera  carità 
consistere  in  aver  tutte  le  cose  comu- 
ni, infino  alle  donne.  Finalmente  as- 
sediato da' Novaresi  sulle  montagne  do- 
ve s*  era  ritirato  ,    con    gran   seguito 

'  d' uomini  e  di  femmine  ,  a  menar  vita 
infame  e  dissolutissima  ;  e  per  gran  co- 
pia di  neve  caduta ,  non  avendo  più 
che  mangiare  ;  costretto  a  rendersi,  fu 
arso  vivo  insieme  con  una  sua  donna. 
In.  28,  55. 

Domenicani  de*  tempi  di  Dante  •  ripresi. 
Par.  11,  124  e  segg. 

s.  Domenico  -  spagnuolo  della  nobilissima 
famiglia  Gusmana  ;  fondatore  dell'or- 
dine de'  frati  Predicatori.  Par.  10,  95. 
collega  di  s.  Francesco  a  mantener  la 
barca  di  Pietro.  Par.  11 ,  119.  detto 
dal  Poeta  ;  splendore  di  luce  cherubica;  | 
per  la  sua  sapienza.  Par.  11,  39,  vita 
ili  esso  sposta  al  Poeta  da  s.  Rona- 
ventura.  Par.  12,  55  e  segg.  nominato 
Del  poisetsivo  di  Cui  era  tutto  ;  cioè, 
detto  in  latino  Dominieut ,  a  Domino, 
dal  Signore.  Par.  12,  69. 

Dominazioni  -  primo  coro  d' angeli  della 
seconda  gerarchia.  Par.  28,  122. 

Domiziano  •  imperadore ,  figliuolo  secon- 
dogenito di  Vespasiano  ;  principe  cru- 
dele e  scellerato.  Costui  perseguitò  i 
Cristiani.  Pg.  22,  83. 

Donati  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16,  119.  V.  Ubertino. 

Pjnati,  Ruoso-In,  SO,  44.  v.  Buoeo. 


Donati ,  Corso-  Pg.  24  ,  81  e  segg.  v. 

Corso. 

Donato-gramatico  antico  dotUssimo,  mae- 
stro di  s.  Girolamo.  Scrìsie  cosloi  ud 
libro  delle  otto  parti  dell*  oraziooe  ;  e 
cementò  le  (avole  di  Terenzio  :  beocbè 
alcuni  dicano,  l' autore  di  tali  comenti 
essere  stato  un  altro  diverso  dal  primo. 
Par.  12,  137. 

Draghignazzo  -  nome  di  demonio.  In.  21, 
121.  22,  73. 

del  Duca  -  famiglia  nobile  ,  partita  di 
Urettinoro.  Pg.  14  ,  113. 

del  Duca  ,  Guido  -  v.  Guido. 

Duera  -  In.  32,  116.  v.  Buo$o  da  Duerm. 

Durazzo- città  di  Macedonia  ,  con  porto; 
dove  Giulio  Cesare  fu  assediato  dalle 
genti  di  Pompeo.  Par.  6 ,  65. 


E 


Ebree  donne  -  in  Paradiso.  Par.  32,  17. 

Ebrei  -  Pg.  4 ,  83.  Par.  5 ,  49.  accemuti 
e  biasimati.  Par.  32 ,  132.  passano  il 
mar  Rosso  a  piedi  asciutti  :  due  soli  di 
secentomila  di  loro  arrìvano  alla  terra 
di  promissione;  cioò,  Caleb  e  Giosuè. 
Pg.  18  ,  13&.  compagni  di  Gedeone 
centra  Madianiti ,  furono  pochissimi. 
Pg.  2ih ,  tìk.  V.  Gcdeomc. 

Ebro  -  fiume  di  là  da  Genova ,  ai  confi- 
ni della  Provenza.  Par.  9  ,  89. 

Eco  -  bellissima  giovanotta  che  amando 
Narciso,  fanciullo  altrettanto  bello,  ma 
superbo  fuor  di  misura,  e  non  essen- 
do da  lui  corrisposta ,  consomossi  io 
maniera  ,  che  non  restò  di  lei  altro 
che  la  voce ,  la  quale  risponde  aaeo- 
ra  alle  grida  altrui  da'  sassi  e  dalle  spe- 
lonche, s'accenna.  Par.  13, 14.  chia- 
masi vaga  dal  Poeta ,  o  perchè  fu  in- 
nanìorata  ,  o  perchè  va  errando  ne'hio- 
ghi  deserti. 
Ecloga  quarta  di  Virgilio  •  accennata,  tg. 

22.  70. 
Ecuba  -  moglie  di  Priamo  re  di  Troia;  la 
quale,  dopo  l' uccision  del  marito  fatta 
da  Pirro,  e  la  mina  della  patria»  condot- 
ta da'  Greci  in  cattiviti,  approdando 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


691 


t*lidi  di  Tracia,  e  trovaiido  sulla  spiag- 
gia il  cadavere  di  Polidoro  suo  figliuolo; 
ucciso  da  Polinoestore  re  di  quel  paese, 

E9r  ispogliarlo  del  suo  tesoro;  al  quale 
riamo  1'  ayea  mandato  da  custodire, 
perchè,  se  Troia  fosse  caduta,  ayanzas- 
se  qualche  rampollo  della  stirpe  reale 
per  lo  dolore  e  per  la  rabbia  fu  con- 
vertita in  una  cagna.  In.  SO.  16. 

Egidio  UDO  de*  primi  frati  e  compagni  di 
8.  Francesco.  Par.  11,  83. 

Egina- isoletta  poco  lontana  dal  Pelopon- 
neso 0  Morea;  dove,  a' tempi  d'Éaco 
suo  re,  per  una  fierissima  pestilenza 
morirono  tutti  gli  uomini  e  gli  anima- 
li. Ora  il  re  molto  addolorato,  e  desi- 
deroso di  ristorare  le  perdute  sue  genti; 
vedendo  un  giorno  un  grandissimo  nu- 
mero di  formiche  andarsene  su  e  giù 
per  una  antichissima  quercia,  pregò 
istantemente  Giove  suo  padre  a  voler- 
gli concedere  tanti  cittadini,  quante 
erano  quelle  formiche:  e  ne  fu  esaudi- 
to, perchè  Giove  tramutò  tutti  quegli 
animalucci  in  uomini.  In.  29,  59.  v. 
Ovidio  nel  7.  delle  Trasformazioni. 

Egitto  -famosa  provincia  dell*  Affrica,  ba- 
gnata dal  fiume  Nilo;  dove  regnarono 
anticamente  i  Faraoni  e  i  Tolommei. 
Pg.  2,  46.  figuratamente,  per  questo 
buso  mondo.  Par.  25,  55. 

Elena  -  figliuola  di  Giove,  trasformata  in 
cigno;  e  di  Leda  spartana,  moglie  di 
Tindaro.  Fu  donna  di  bellezza  singola- 
rissima; ed  essendo  sposata  a  Mene- 
lao re  di  Sparta;  mentre  egli  era  as- 
sente, fu  rapita  da  Paride  Troiano,  suo 
ospite,  e  condotta  a  Troia:  per  la  qual 
cagione,  dopo  dieci  anni  d' ostinata 
guerra,  fu  quella  metropoli  arsa  e  sman- 
tellata da'  GrecL  In.  5,  6k.  v.  Coluto 
4$  Jloplii  HUemoéi  Omero  nella  Iliade, 
e  tutti  i  poeti. 

Elettori  sette  del  somnou)  pontefice  cioè 
tre  cardinali  vescovi,  e  quattro  preti 
intesi  per  le  sette  teste  che  fin^  il 
Poeta  d'  aver  veduto  spuntare  sopra  il 
carro  della  Chiesa  ,  cosi  il  Daniello. 
Ma  il  Vellutello  e  1  Landino  intendono 
i  sette  peeeati  mortali.   Pg.  32 ,  143. 


Elettra  •  figliuola  d'  Agamennone  re  di 
Micene  ,  e  di  Clitennestra  ;  che  non 
potendosi  dar  pace  delia  morte  del  pa- 
dre suo  ,  ucciso  mìseramente  dall*  im- 
pudica moglie  e  dall'adultero  Egisto, 
tanto  operò  con  Oreste  suo  fratello  , 
che  ne  vide  la  vendetta  nella  uccisio- 
ne d' ambedue  i  colpevoli.  Dal  suo  no- 
me intitolò  Sofocle  una  sua  tragedia 
che  ancora  si  legge.  In.  4,  121. 

Eli  -  nome  d*  Iddio  appresso  gli  Ebrei. 
Par.  26,  136. 

Elia -profeta  santissimo  e  di  gran  seve- 
rità ,  molto  noto  per  le  Sacre  Scrittu- 
re ,  il  quale  fu  rapito  da  un  carro  di 
fuoco,  lo.  26 ,  35.  assiste  alla  trasfi- 
gOtazìone  del  Signore.  Pg.  32 ,  80. 

Elice ,  dicesi  l' Orsa  maggiore  ;  costella- 
zione settentrionale  ,  nella  quale  fingo- 
no i  poeti  essere  stata  cangiata  Calli- 
sto figliuola  di  Licaone  re  d'Arcadia  , 
Ninfa  seguace  di  Diana  ,  la  quale  es- 
sendo stata  violata  da  Giove  in  forma 
di  quella  Dea  ,  fu  da  lei  convertita  in 
orsa  ,  ma  per  compassione  di  Giove 
trasportata  in  cielo.  Pg.  25,  131.  Par. 
31 ,  32.  V.  Ovidio  nel  2.  delle  Meta- 
morfosi. Rofa  col  tuo  figlio  ;  cioè  ,  col- 
r  Orsa  minore ,  detta  anche  Cinoiwra , 
in  cui  fu  tramutato  Arcade  ,  figliuolo 
della  ninfa  Callisto.  Par.  31 ,  83. 

Elicona  -  monte  della  Beozia  ,  sacro  alle 
Muse.  Pg.  29 ,  U>. 

Eliodoro  -  Costui  fu  mandato  da  Seleuco 
re  di  Siria  ,  in  Gerusalemme  per  torre 
i  tesori  del  tempio  :  ma  appena  posto 
il  piede  sulla  soglia  dì  quello,  gli  com- 
parve un  uomo  armato  sopra  un  gran 
cavallo  il  quale  co*  calci  lo  percoteva: 
onde  umiliato  davanti  a  Dio ,  se  ne 
ritornò  addietro  colle  mani  vuote.  Pg. 
20,  113.  V.  il  2.  libro  da  Maccabei, 
al  cap.  3. 

Eliós  -  in  ebraico  linguaggio  significa  er- 
ceUo  ;  ed  è  uno  de*  nomi  d*  Iddio.  Par. 
14 ,  96. 

Elisabetta  -  donna  santissima  ,  nooglie  di 
Zaccaria  ,  e  madre  di  u  Giovanni  Ba- 
tista, visitata  da  Maria  Vergioe.  ac- 
cennasi ciò.  Pg.  18,  100. 


693 


DIZIONARIO 


Eliseo  -  profeta ,  che  vedendosi  dileggiato 
da  certi  fanciulli ,  fece  uscire  delle  mon- 
tagne, cosi  spirandolo  Iddio,  una  trup- 
pa d*  orsi  che  fecero  in  pezzi  i  dileg- 
giatori, accennato.  In.  2o,  Zk. 

Eliseo  -  fratello  di  Caceiasuida ,  antenato 
di  Danto.  Par.  15,  136. 

Elisio -luogo  deliziosissimo,  oto,  secon- 
do le  favole,  andavano  ad  abitare  dopo 
la  morte  Y  anime  di  coloro  eh'  erano 
vissuti  virtuosamento.  Par.  15,  27. 

Ellesponto  -  stretto  di  mare  tra  1*  Asia  e 
r  Europa.  Pg.  28,  71.  v.  Xene. 

Elsa  -  fiume  di  Valdamo  di  sotto ,  che 
tra  Empoli  e  Fucecchio  metto  nell'Ar- 
DO  ;  il  qual  fiume  si  dice  far  divenir 
pietra  ciò  che  tocca.  Pg.  33,  67. 

Ema  -  fiume  che  si  convien  passare  da 
coloro  che  da  Hontebuono  vengono  a 
Firenze.  Par.  16,  ìkZ. 

Emmaus  -  castollo  poco  distante  da  Ge- 
rusalenune.  A  due  discepoli  che  colè 
se  n*  andavano  ,  apparisce  Cristo  risu- 
scitato. Pg.  31 ,  8. 

Empedocles  o  Empedocle  •  filosofo  d'A- 
grigento ,  città  di  Sicilia;  il  quale  com- 
pose un  bellissimo  poema  della  Natura 
delle  Cose  :  in  che  fu  poi  da  Lucre- 
zio, poeta  latino,  imitato.  Costui  per 
farsi  slimare  un  Dio ,  gittossi  nella  vo- 
ragine del  Mongibello.  In.  k ,  138. 

Enea  -  figliuolo  d' Anchise  troiano  ;  notis- 
simo nelle  storie  e  nelle  favole.  In.  2, 
32.  4,  122.  26,  93.  Pg.  18.  137.  detto 
dal  Poeta  ,  i'  antico  che  Lavina  tolse  ; 
cioè,  che  sposò  Lavinia,  (igliuola  di  La- 
tino re  d' Italia  ,  togliendola  a  Turno 
a  cui  era  stata  promessa  prima.  Par. 
6,  3.  visita  il  padre  morto  ,  ne'  campi 
Elisi.  Par.  15  ,  27. 

Eneida  di  VirgUio  -  lodata.  Pg.  21 ,  95  e 
8egg. 

Eolo  -  re  de'  venti ,  secondo  le  favole.  Pc. 
28.21. 

Epicuro  -  figliuolo  di  Neocle ,  nato  in  A- 
tene;  filosofo  celebre,  che  seguitando 
i  principi  di  Democrito  e  di  Leucippo, 
6  molto  cose  aggiungendo  del  suo,  disse 
il  mondo  esser  fatto  a  caso ,  e  V  ani- 
me morire  insieme  co'  corpi.  Ripose  I 


costui  il  sommo  bene  nei  piacere,  non 
gii  disonesto  e  carnale ,  ma  deU'aBì- 
mo.  In.  10,  ik. 

Equinoziale  orto  del  sole  -  ciroonscritto. 
Par.  1,  38.  Nel  principio  dell'Ariete 
e  della  Libra  »  che  sono  i  due  segni 
equinoziali,  quattro  cerchi  della  sfera, 
intorsecandosi  tra  di  loro ,  vengono  a 
formar  tre  croci.  Il  ooluro  degli  equi- 
nozi viene  a  tagliar  l' equatore ,  e  for- 
ma una  croce:  il  zodiaco  taglia  lo  stesso 
equatore ,  e  ne  forma  un'altra  :  1* oriz- 
zonte abbraccia  il  zodiaco ,  e  forma 
la  torza;  e  questo  vuol  dire  il  Poeta. 

Era  -  fiume  che  nasce  nel  monte  Vogeso, 
e  mette  nd  Rodano ,  in  latina  Arar. 
Par.  6,  59. 

Eraclito  d' Efeso  -  filosofo  antichissiiDo  , 
i  cui  scritti  intorno  alla  Natura  delle 
Cose  erano  ripieni  d' oscurità.  In.  k , 
138. 

Ercole  -  figliuolo  di  Giove  e  d*  Alemena, 
gran  domatore  de'  mostri ,  ed  uccisor 
de'  tiranni  ;  il  quale  per  la  grandezza 
delle  cose  operate,  fu  ricevuto  nd  nu- 
mero degli  Dei;  de*  costui  fatti  parlano 
quasi  tetti  i  poeti.  In.  25,  32.  ^ince 
Anteo.  In.  31,  132/- v.  Amieo. 

d'Ercole  colonne  che  Dante  chiama  ri- 
guardi- sono  i  due  monti  Abila  e  CaJpe, 
r  uno  in  Affrica  ,  Y  altro  in  hpagoa  ; 
da  lui  prefissi  come  termini  a'  viaggia- 
tori. In.  26,  108. 

Enfile  -  moglie  d*  Anfiarao  celebre  indo- 
vino. Costei  per  avidità  d*  un  ricco  gio- 
iello offertole  da  Argia  moglie  di  ?<»- 
linice ,  manifestò  il  marito  che  s  era 
appiattato  per  non  andare  cogli  altri 
capitani  alla  guerra  di  Tebe  :  per  ia 
qual  cosa  fu  uccisa  da  Almeone  suo 
figliuolo ,  accennate.  Pg.  12  ,  50. 

Eriue  -  le  tre  Furie  infernali.  Lat.  fhn- 
nyei.  Fingono  i  poeti  che  sieno  sorel- 
le, figliuole  deir  Èrebo  e  della  Notte, 
di  spaventevole  aspetto ,  crinite  di  ser- 
penti ec.  In.  9  ,  45. 

Erisitone  -  Fu  costai  di  Tessaglia  »  gran- 
dissimo sprezzatore  degli  Dei  ;  e  aven- 
do tegliata  un'  antica  quercia  oonsacra- 
te  a  Cerere ,  fa  da  lei  ponito  con  ooa 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


693 


ftiine  si  arrabbuta ,  che  non  potendola 
saziare,  dopo  aver  consumata  ogni  sua 
sostanza,  se  medesimo  divorando,  mi- 
aeramente  peri.  Pr.  23,  26.  v.  Ovidio 
neirS,  delle  Trasformazioni. 

Eritone  -  maga  di  Tessaglia,  che  ad  istan- 
za  di  Sesto  Pompeo  trasse  con  suo*  in- 
cantesimi un*  anima  dall'  Inferno  per 
intendere  qual  fine  fossero  per  avere 
le  guerre  civili  tra  Cesare  e  Pompeo 
il  grande,  suo  padre.  In.  9, 23.  v.  Lu- 
cano nel  6,  della  Farsaglia. 

Ermafrodito  ,  chiama  Dante  il  peccato 
centra  natura,  dove  il  maschio  viene 
ad  efiemminarsi.  Pg.  26, 82.  D'Erma- 
frodito,  bellissimo  giovane,  figliuolo  di 
Mercurio  e  di  Venere,  leggi  Ovidio  nel 
i,  delle  Trasformazioni. 

Ermo  -  per  V  eremo  di  Camaldoli.  Pg. 
5,96. 

Ero  -  donzella  bellissima,  amata  da  Lean- 
dro. Pg.  28^  73.  V.  Leandro. 

Esaù  -  gemello  del  patriarca  Giacobbe  , 
nell'  utero  materno  contende  con  luì. 
Par.  32,  68.  era  di  capei  rosso,  s*  ac- 
cenna. Par.  32,  70.  fu  uomo  scellera- 
rato,  e  figura  de'  reprobi.  Par.  8, 130. 
inteso  forse  per  colui  Che  fece  per  til- 
tate  il  gran  rifiuto.  In.  3,  60.  avendo 
venduta  la  sua  primogenitura  al  fratello 
Giacobbe  per  una  scodella  dì  lentic- 
chie ,  leggi  il  fatto  nel  cap.  25  ,  del 
Genesi. 

Ester  -  moglie  d*  Assuero  re  di  Persia  , 
ebrea  di  nazione,  nipote  di  Mardocheo  ; 
donna  bellissima  e  santissima.  Pg.  17, 
29*  V.  iiffuifi. 

Esti  o  Este  -  castello  antichissimo  del  Pa- 
dovano ,  donde  presero  il  cognome  i 
marchesi  e  duchi  di  Ferrara,  oggi  duchi 
di  Modena  e  Reggio.  Pg.  5,  77. 

da  Esti  -  V.  Axxone  IIL 

da  Esti-  Obizzo-  In.  12,  ili.  v.  Obizzo. 

Eteocle  e  Polinice  -  nati  del  nefando  con- 
giugnimento  d*  Edipo  re  di  Tebe,  con 
Cineasta  sua  madre,  chiamati  dal  Poeta 
nostro,  doppia  tristizia  di  locaeta  ;  per- 
chè vissero  sempre  discordi,  efinalmente 
s' uccisero  1*  un  Taltro  ,  combattendo  a 
ccnrpo  a  corpo.  Pg.  22 ,  &6«  v,  Staxio 


nell*  11.  della  Tebaìde. 

Eteocle  -  dovendo  regnare  in  Tebe  insie- 
me col  suo  fratello  Polinice,  impazien- 
te d*  aver  compagno  nella  signoria ,  il 
cacciò  in  esilio.  Ma  tornando  poi  lo  scac- 
ciato coir  aiuto  d' altri  sei  re,  per  esser 
rimesso  sul  trono  ;  dopo  un  lungo  as- 
sedio della  città,  vennero  i  due  fratelli 
alle  mani ,  e  si  uccisero  a  colpi  vlcen- 
devoU.  Furono  poscia  i  corpi  loro  messi 
ad  ardere  sopra  una  stessa  catasta  :  ma 
la  fiamma  si  divise  in  due,  ributtando 
indietro  il  corpo  di  Polinice  ;  segno  che 
ritenevano  anche  dopo  la  morte  la  pri- 
miera discordia.  In.  26,  54. 

Etiope -d'Etiopia,  coiraccento  acuto  soN 
la  penultima  sillaba,  in  rima.  Par.  19, 
109. 

Etiopi  -  aecennati.  In.  ik,  kk. 

Etiopia  •  provincia  meridionale  dell'Affri- 
ca ,  ferace  di  serpenti  ;  dove  gli  uomi- 
ni anno  il  colore  di  carboni  spenti.  In. 
24,  89. 

Etiope-  coir  accento  acuto  sulla  penulti- 
ma sillaba,  in  rima,  abitatore  dell'Etio- 
pia. Pg.  26,21. 

Etna  0  Mongibello  -  monte  di  Sicilia,  che 
getta  fiamme  ;  posto  tra' due  promon- 
tori ,  Pachino  e  Pelerò.  Par.  8.  67. 

Ettore  -  figliuolo  di  Priamo  re  di  Troia; 
che  avendo  per  nove  anni  difesa  con 
sommo  valore  la  patria,  finalmente  fu 
ucciso  dal  grande  Achille,  e  strascinato 
da  lui  tre  volte  attorno  le  mura  di  Troia. 
In.  k  ,  122.  suo  sepolcro  visitato  da 
Giulio  Cesare.  Par.  6,  68. 

Eva  -  moglie  d*  Adamo»  prima  madre  di- 
urni gli  uomini.  Pg.  8 ,  99,  2i^,  116. 
Ripresa  dal  Poeta.  Pg.  29 ,  24.  detta 
madre  antica.  Pg.  30 ,  52.  accennata. 
Pg.  32,  32.  circonscritta.  Par.  13,  38. 
32 ,  6.  mangia  il  pomo  vietato,  m.  Fi- 
gliuoli  d^  Eva  ,  chiama  Dante  gli  uo- 
mini Pg.  12,  71. 

Euclide- filosofo  Platonico,  e  geometra  in 
fligne.  In  4,  142. 

Eof ratea  -  gran  fiume  dell'  Asia,  che  na- 
sce De*BK)nti  dell'  Armenia,  e  unito  al 
Tigri  si  scarica  nel  seno  Persico.  Pg. 
83,  112. 


ÉtùL. 


DIZIONARIO 


Eumenio  e  Toante- figliuoli  d'Isifile.Pg. 

.  S6,  95.  Y.  lii/Ue. 

Eiinoè*  fiume  finto  dal  Poeta  nostro  nel 
terrestre  Paradiso  ;  al  quale  attribui- 
sce virtù  di  mettere  io  memoria  tutto 
il  bene  operato.  Pg.iS,  131.33, 127. 
è  vocabolo  di  greca  derivazione,  e  può 
significar  buona  mente. 

Eurialo  •  movane  bellissimo,  troiano.  In. 
i  ,  108.  V.  Virgilio  nel  9.  deU'  E- 
neide. 

Euripide  -.ateniese ,  poeta  tragico  eccel- 
lentissimo. Pg.  22,  106. 

Eurìpilo-  nobile  indovino  nelF  esercito  de' 
Greci  centra  Troia.  In.  20,  112. 

Euro  -jvento  orientale.  Par.  8 ,  69. 

Europa  -  la  più  nobile  e  colta  delle  quat- 
tro parti  del  mondo.  Pg.  8,  123.  Par. 
€.  5.  12,  48. 

Europa  -figlinola  d*  Agenore  re  de*  Fenici, 
rapita  da  Giove  convertito  in  toro.  Par. 
27,  84. 

£zzechia-re  di  Giuda,  e  profeta.  Costui 
veggendosl  infermo  a  morte,  pregò  Id- 
dio 9  che  gli  volesse  prolungare  la  vita 
per  poter  piagnere  i  suoi  commessi  er- 
rori :  onde  gli  fu  prolungata  ancora 
quindici  anni;  come  si  legge  in  Isaia  , 
al  capo  38.  Par.  20,  49,  e  segg. 

Ezzechiello  •  uno  de*  quattro  profeti  che 
maggiori  si  chiamano  ;  pieno  di  visioni 
misteriosissime.  Pg.  29,  100. 


Fabbrizio  •  consolo  e  capitano  de*Romani 
contra  Sanniti ,  e  centra  il  re  Pirro. 
Costui  fu  di  sommo  valore  ,  e  nemi*^ 
cissimo  dell*  avarizia  ;  cosicché  elesse 
di  vivere  poveramente,  e  ricusò  la  pe- 
cunia offertagli  dal  detto  re  per  corrom- 
perìo.  Pg.  20,  25. 

Fani  -  romani,  di  questa  famiglia  furono 
molti  uomini  segnalatissimi  e  in  pace 
e  in  guerra  ;  ma  uno  de*  più  famosi  fu 
Q.  Fabio  Massimo,  il  quale  colla  sua 
destrezza  e  pnidenza  raddrizzò  la  re- 
pubblica gii  cadente  per  le  continue 
vittorie  d'Annibale.  Par.  6,  47. 

Faenza  -  città  nobile  di  Romagna.  In.  82, 


123.  Pg.14,  101,  aeeeonata.  li  97, 
49.  V.  TribaUeUo  ,  Am^  Mamrdi , 
Pagani^  Fantolini. 

Fai  ari  -  tiranno  di  Sicilia,  accennalo,  lo. 
27,  7. 

Falterona  •  montagna  altissima,  parie  del- 
l' A  pennino  ,  dove  nasce  1*  Amo  fiume 
di  Toscana.  Pg.  14,  17. 

Falterona  -  valle  di  Toscana  ,  ove  nasce 
il  fiume  detto  Bis$nzio.  In.  32,  56. 

Famagosta- città  principale  dell' isola  di 
Cipri.  Par.  19,  146. 

Fano  -  città  marittima  del  ducato  d*  Ur- 
bino. In.  28  ,  76.  Pg.  5 ,  71. 

Fantolini  -  gentiluomini  di  Faenza,  già 
estinti.  Pg.  14 ,  121. 

Farfarello  -  nome  di  demonio.  In.  21. 
123.  22  ,  94. 

Farinata  -  figliuolo  di  m.  Marzuceo  de- 
gli Scoringiani  da  Pisa.  Costui  fu  uc- 
ciso da*  suoi  nemici.  Pg.  6,  17.  v.  Mot' 
zucco. 

Farinata  degli  Uberii  -  cavalier  fiorenti- 
no ,  e  capitano  valorosissimo  della  fa- 
zion  Ghibellina  ,  il  quale  presso  Monte 
Aperti  sconfìsse  i  Guelfi  ;  e  volendo 
quelli  di  sua  fazione ,  dopo  la  vitto- 
ria, smantellar  Fiorenza  perchè  i  Goi'Ifi 
più  non  vi  s' annidassero  ,  egli  di  ma- 
niera s'  oppose  ,  che  non  se  ne  fece 
altro  :  è  annoverato  da  Dante  fra  co- 
loro che  poco  credettero.  Io.  è ,  79. 
10 ,  32. 

Farisei  -  sorta  di  religiosi  tra*  Giudei  ;  uo- 
mini di  finissima  ipocrisia ,  spesso  no- 
minati  neir  Evangelio.  In.  23  ,  116. 

Farisei  nuoti ,  chiama  Dante  i  prelati 
viziosi  de'  tempi  suol.  In.  27 ,  85. 

Farsaglia  -  luogo  celebre  di  Tessaglia  , 
dove  Giulio  Cesare  diede  la  gran  rotta 
air  esercito   di  Pompeo.  Par.  6  ,  65. 

Federigo  -  secondo  figliuolo  di  Piero  d*A- 
ragona  ;  successor  di  suo  |>adr«  nel  re- 
gno di  Sicilia  ,  ma  tralig^nte,  quanto 
al  valore.  Pg.  7,  119.  uomo  avaro  e 
vile.  Par.  19  ,  131.  travaglia  il  suo 
stato  con  angarie.  Par.  20 ,  63.  v. 
Alfonso  ,  zio  ec.  e  Iacopo  ro  d  Ara- 
gona. 

Federigo  Novello  -  fig^uola  del  conta  Gai- 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


fi95 


do  da  Baltifolie.  Costui  fu  ucciso  da 
uno  de*  Bostoli ,  detto  Fomaiuoh.  Pg. 
6.  17. 

Federigo  L  •  imperadore  ,  detto  Barba- 
rossa  :  nemico  della  Chiesa  ,  prende 
Milano  ,  lo  disfà  ,  e  gli  fa  seminar  so- 
pra il  sale.  Dante  il  chiama  ottono  , 
forse  per  ironia.  Pg.  18  ,  119. 

Federigo  IL  -  imperadore,  figliuolo  d*  Ar- 
rigo V.  e  nipote  di  Federigo  Barba- 
rossa.  In.  13  ,  59.  fierlssimo  persecu- 
tor  della  Chiesa  ,  e  perciò  posto  d.i 
Dante  fra  gli  erotici.  In.  10,  119.  usò 
di  far  tormentare  i  colpevoli  di  lesa 
maestà  ,  in  quesiti  guisa  :  gli  facea  ve- 
stire d*  una  pesante  cappa  di  piombo; 
poscia  messili  in  un  gran  vaso  al  fuo- 
co ,  lasciava  che  il  corpo  insieme  col 
piombo  si  struggesse.  In.  23  ,  66. 
vinto  in  battaglia  da'  Parmigiani ,  men- 
tr*  egli  assediava  la  lor  città.  Pg.  16, 
117.  detto  dal  Poeta  ,  terzo  vento  di 
Soave.  Par.  3  «  120.  v.  Arrigo  e 
Soave. 

Federigo  Tignoso  -  da  Rimini.  Pg.  Ik  . 
106. 

Fedra  -  moglie  di  Teseo  ,  e  matrigna 
d' Ipolito  ,  calunnia  il  figliastro  presso 
il  marito.  Par.  17,  VI.  v.  Ipolito. 

Felice  Gusman  •  padre  di  s.  Domenico. 
Par.  12  .  79. 

Feltro  o  Feltre  -  città  picciola  della  Marca 
Trivigiana  ;  il  cui  vescovo  Alessandro, 
a*  tempi  di  Dante  ,  diede  nelle  mani 
del  govemator  di  Ferrara  alcuni  Fer- 
raresi rifuggiti  a  Feltre ,  i  quali  face- 
vano allora  guerra  col  papa  ,  onde  fu- 
rono fatti  tutti  crudelmente  morire. 
Par.  9  ,  52. 

Feltro  -  E  tua  naxion  earà  tra  Fdtro  e 
Feltro  ,  intende  il  Poeta  di  circonscri- 
ver  la  città  di  Verona  ,  posta  tra  Fel- 
tro o  Feltre  città  della  Marca  Trivi- 
giana ,  e  Monte  Feltro  città  della  Marca 
d' Ancona.  In.  1  ,  105. 

Fenice -uccello  famosissimo  nelle  favole, 
il  quale  dicono  trovarsi  nell*  Arabia  Fe- 
lice ,  ed  essere  unico  al  mondo.  Dopo 
500.  anni  di  vita  ,  abbrucia  sé  stesso 
a*  raggi  del  soie  sovra  una  catasti  di  I 


prezioso  droghe  ;  e  dalle  sue  ceneri 
rinasce.  In.  2^  ,  107. 

Fenicia  -  provincia  dell*  Asia  ,  accennata. 
Par.  27  ,  83. 

Ferrara  -  nobil  città  d*  Italia  ,  intesa  da 
Dante  per  Val  di  Pàdo.  Par.  15  , 
137. 

Ferrarese  sangue  -  Par.  9 ,  56.  v.  Feltro. 

Fetonte  o  Feton  -  figliuolo  del  Sole  e  di 
CUmene  ;  il  quale  mosso  da  gioveniì 
vaghezza  di  guidare  il  cocchio  di  suo 
padre  ,  e  dopo  moUe  istanze  ottenu- 
tolo per  un  sol  giorno ,  non  sapendolo 
ben  reggere  ,  e  uscendo  fuor  di  cam- 
mino ,  fu  da  Giove  fulminato ,  e  prò- 
cipiUto  nel  Po.  In.  17  ,  107.  Pg.  4, 
72.  29  ,  118.  Par.  31 ,  125.  accen- 
nato. Par.  17  ,  3. 

Fiaite-  uno  de*  Giganti  che  mossero  guer- 
ra agli  Dei.  In.  31 ,  94. 

Fiamminghi  -  popoli  della  Fiandra  ,  no- 
bilissima provincia  d*  Europa.  In. 
15  ,  4. 

Fiaschi  -  nobilissimi  Genovesi  ,  conti  di 
Lavagne.  Pg,  19 ,  101.  v.  Adriano  K 

Fiesolane  bestie  -  intende  i  Fiorentini,  a- 
yendo  riguardo  air  origine  loro ,  che 
fu  da  Fiesole.  In.  15  ,  73. 

Fiesole  -  antica  città  di  Toscana  ;  situata 
sopra  un  colle  poco  lontano  da  Firen- 
ze ;  abitata  un  tempo  da'  soldati  di  Siila 
ivi  mandati  io  nuova  colonia.»  i  quali 
avendo  in  odio  l' asprezza  del  sito,  sce- 
sero ai  piano  ,  e  fabbricarono  Firen- 
ze. In.  15,  62.  Par.  15,  126.  16  , 
122.  arsa  e  distrutta  da' Romani  ai 
tempi  di  Catilìoa.  Par.  6 ,  53. 

Figghine -  castello  in  Valdamo  disopra; 
presso  Firenze.  Par.  16  ,  50. 

Filippeschi  e  Monaldi  -  due  famiglie  di 
contraria  fazione  io  Orvieto  ,  a' tempi 
di  Danto.  Pg.  6 ,  107. 

Filippi  -  re  di  Francia  ;  molU.  Pg.  20  , 

Filippi  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 

16,  89. 
Filippo -re  di  Francia;  cognominato  Na- 

$eUo  ,  vinto  in  battaglia  da  Ruggieri , 

aomiiraglio  di  d.  Piero  d'Aragona.  Pg. 

7,  108. 


696 


DIZIONARIO 


Filippo  il  Bello-  redi  Francia,  accenna- 
to. In.  19,  87,  Y.  ClemitUe  V.  chia- 
mato dal  Poeta  ,  per  li  suoi  laidi  co- 
stumi ,  mal  di  Francia.  Pg.  7  ,  109. 
rotto  da*  Fiamminghi  a  Coltrai;  s'accen- 
na questa  rotta.  Pg.  20, 4^6»  col  mezzo 
di  Sciarra  Colonnese  fa  prigione  in  Ala- 
gna o  Anagni  Honifacio  Vili,  sommo 
pontefice,  distribuisce  ancora  a  suo  sen- 
no i  benefici  ecclesiastici  del  suo  regno. 
Pg.  20,  86«  inteso  per  lo  gigante  y  co- 
stui diede  molto  denaro  a  papa  Bonifa- 
cio Vili,  mentre  furono  amici.  Pg.  32, 
152.  33,  i^5.  in  una  spedizione  centra 
Fiamminghi  ingannò  i  suoi  soldati  col 
falseggiar  la  moneta  nelle  paghe:  mori 
ferito  da  un  cinghiale,  mentre  cacciava. 
Par.  19,  120. 

Filli  -  regina  di  Tracia  ;  abbandonata  da 
Demofooote  suo  vago,  figliuolo  di  Te- 
seo. Dante  la  chiama  Ròdopea^  perchè 
nella  Tracia  è  il  monte  Rodope  altis- 
simo. Par.  9,  100. 

Fiordaliso  *  i  gigli  d*oro,  insegna  del  r^no 
di  Francia.  Pg.  20,  86. 

Fiorentina  rabbia  -  Pg.  11,  118. 

Fiorentine  donne  -  biasimate,  Pg.  23  , 
101. 

Fiorentini  -  In.  17,  70,  discesi  da  Fieso- 
le, biasimati.  In.  15,  61,  esegg.  16. 
73.  V.  il  Discorso8i^,  della  1.  centuria 
del  Salvini. 

Fiorentini,  e  quelli  del  Valdamo  di  sotto  - 
chiamati  lupi,  per  la  ingordigia  ed  ava- 
rizia loro.  Pg.  14,  50. 

Fiorentini  Ghibellini  -  disfatti  a  Montea- 
perti.  Pg.  11,  113. 

Fiorentino  -  In.  8 ,  62.  33  ,  il.  Par. 
16,  61. 

Fiorentino  -  che  s' impiccò  poco  avanti  i 
tempi  di  Dante,  incerto  chi  fosse,  per- 
chè molti  a  que*  tempi  diedero  in  simil 
pazzia.  In.  13,  143,  151. 

Fiorenza  -  bellissima  città  d' Italia  ;  me- 
tropoli della  Toscana  ;  sopra  il  fiume 
Arno  ;  madre  d'uomini  valorosi,  e  d'in- 
gegni sublimi.  In.  10.  92.  16,  75.  32, 
120,  accennata.  In.  13, 143.  chiamata 
da  Dante,  la  grain  villa,  cioè  città.  In. 
23,  95,  biasimata.  Pg.  6 ,  127.  94  , 


79.  Par.  9.  127.  31 ,  39 .  detta  oer 
ironia,  la  htn  guidata.  Vg.  12,  102. 
impoverita  da  Carlo  Seozaterra.  Pg. 
20,  75.  è  vicina  al  colle  dove  un  ten- 
po  era  Fiesole.  Par.  6,  53.  governo 
e  costumi  antichi  de*  saoi  cittadini,  lo- 
dati ;  come  que'  de'  tempi  del  Poeta , 
biasimati.  Par.  15. 97,  e  segg.  chiama- 
ta da  Dante  ,  C  avil  di  s.  Gio^amni. 
Par.  16,  25.  ultimo  suo  sesto  o  parte, 
nella  quale  nacque  Cacciaguida  antena- 
to di  Dante.  Par.  16,  40.  Molto  sog- 
getta alle  vicende.  Par.  16 ,  84.  Jfer- 
calo  Vecchio  ,  contrada  di  essa.  Par. 
16 ,  121.  Borgo ,  uno  dei  sesti  di  Fio- 
renza. Par.  16  ,  134.  Giglio ,  insegna 
di  quella  repubblica ,  era  prima  bitteo 
in  campo  rosso  ;  ma  predominaBdo 
poi  la  fazion  Guelfa ,  fu  dipioto  rosso 
in  campo  bianco,  come  oggi  ai  vede. 
Par.  16 .  152.  e  segg.  chiamaU  Mia 
ovile.  Par.  25 ,  5. 

Firenze  -  lo  stesso  che  Fiorenza.  In.  21, 
144.  26  ,  1.  Par.  29 .  103  ,  chiamata 
trista  ulva.  Pg.  14,  64. 

Fisica  -  scienza  della  natura,  in  greco  fi* 
iiee  da  fueis  che  natura  vuol  dire.  li. 
11.  101. 

Flegetonta  o  Flegetonte  -  fiome  d"  In- 
ferno, cheàl'oiide  di  fuoco.  In.  14. 
116,  131 ,  134 ,  inteso  da  Dante  per 
la  riviera  del  eangue.  In.  12,  47. 

Flegias- figliuolo  di  Marte  ;  re  de'Lapi- 
ti  ,  popoli  della  Tessaglia  ;  il  quale 
per  avere  abbruciato  il  tempio  d*  Apol- 
line in  Delfo ,  fu  da  quel  Dio  ucciso 
colle  saette,  e  precipitato  allo'nfemo. 
In.  8,  19.  24.  V.  Virgilio  nel  6,  del- 
l' Eneida  ;  e  quivi  gli  spositori.  Fmge 
Dante  che  costui  sia  il  noccliiero  che 
guida  le  anime  alla  città  di  Dite. 

Flegra  -  valle  di  Teiisaglla  ,  dove  i  Gi- 
ganti restarono  fulminati  da  Giove  per 
aver  fatto  guerra  al  Gelo.  In.  14,  58. 

Focaccia  -  pistoiese  ,  della  nobil  Cami^ 
de' Cancellieri,  il  quale  moizò  lanata 
ad  un  suo  cugino  ,  ed  uccise  on  suo 
zio;  donde  poi  nacquero  in  Piatola  le 
fazioni  de  Guelfi  e  Ghibellini,  divideo- 
dosi  Ufamglia  in  due  partili,  detti  Caa- 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


697 


eMieri  Neri,  e  CaneéUieri  Bianehi.  Id. 
SS,  63. 
Focara  -  monte  altissiino  presso  la  Catto- 
lica ,  terra  posta  tra  Rimini  e  Fano  ; 
dai  quale  si  levano   venti  impetuosi. 
Iti.  28,  89. 
Folco  di  Marsiglia  -  valente  dicitore   in 
rima  a'  tempi  di  Dante,  e  molto  dedito 
alle  cose  d'amore.  Costui  nacque  in  Ge- 
nova, ma  dimorò  lungo  tempo  a  Mar- 
siglia dove  servi  la  moglie  del  sisoore 
di  quella  città  ;  e  dopo  la  morte  di  lei, 
si  rese  monaco  ,  e  di  monaco  fa  fatto 
vescovo  di  Marsiglia.  Par.  9, 67,  82  , 
94.  e  segg. 
Fole  -  uno  de'  famosi  Centauri  che  guer- 
reggiarono centra  Lapiti ,  popoli  di  Tes- 
saglia, quando  fu  rapita  da  Èurito  cen- 
tauro nel  convito  nuziale  Ippodamia , 
da  altri  detta  heomaehe^  sposa  di  Pi- 
ritoo.  In.  13,  72.  v.  Ovidio  nel  12.  delle 
Trasformazioni. 
Forese  •  uomo  dedito  alla  crapula,  fratello 
di  Francesco  d'Accorso  eccellente  giù- 
risconsulto  ,  e  di  Piccarda.   Pg.  ^  • 
48,  76.  24  ,  74.  v.  Franee$eo  e  JKtf- 
earda. 
Forlì  -  città  ragguardevole  della  Roma- 
gna ;  patria  a  uomini  illustri  ;  detta 
dagli  antichi,  Forum  Livu*  In.  16, 99. 
Pg.  24,  82.  Questa  città  essendo  as- 
sediata da  m.  Giovanni  de  Apia  gen- 
tiluomo francese'  per  ordine   di  papa 
Martino  IV  ,  fa  difasa   valorosamente 
dal  eonte  Gtiido  di   Montefeltro  ,  che 
allora  n  era  capitano;  il  quale  fingen- 
do di  renderla  a'  nemici ,  e  di  partir- 
sene colle  Sue  genti;  dopo  d'averli  as- 
sicurati, con  un  bellissimo  stratagem- 
ma militare  ritornato  subitamente,  gU 
mise  tutti  a  fil  dì  spada  :  ciò  successe 
r  anno  del  Signore  1282.  In.  27, 43. 
Fortuna  -  descrizione  di  essa.  In.  7, 78, 

e  segg. 
Fortuna  maggiore  -  chiamano  i  geomanti 
una  figura  di  stelle ,  che  si  compone 
del  fin  dell'Aquario  e  del  prindpio 
de* Pesci ,  e  nasce  un'ora  innanzi  l'ap- 
parir del  sole.  Pg.  19  *  4. 
di  Fosco  ,  Bernardino  -  Pg.  1*.  IW.  v. 


Potino  -  cherìco  di  Tessaglia,  eretico,  il 
quale  insieme  con  Acacie  teneva  che 
lo  Spirito  Santo  non  procedesse  dal  Pa- 
dre ,  e  che'l  Padre  fosse  maggior  del 
Figliuolo.Costui  sedusse  Anastagio  som- 
mo pontefice  a  tenere  lo  stesso,  se  deesi 
credere  a  Dante.  In.  11, 9.  il  che  però 
è  falsissimo. 

Francesca  -  figliuola  di  Guido  da  Polenta, 
signor  di  Ravenna  ;  che  visse  a'  tempi 
di  Dante  ;  femmina  bellissima  e  molto 
gentile,  maritata  dal  padre  a  Lanciotto 
figliuolo  di  Malatesta  signore  di  Rimi- 
ni ,  uomo  valoroso,  ma  deforme  della 
persona  ;  la  quale  innamoratasi  di  Paolo 
suo  cognato,  cavaliere  di  tratto  molto 
avvenente,  ebbe  con  lui  disonesta  pra- 
tica, sino  che  trovata  in  sul  latto  dal 
marito  ,  fu  da  lui  con  un  sol  colpo 
uccisa  insieme  col  drudo.  In.  5  , 
116. 

Francesca  gente  •  cioè,  francese  biasima- 
ta di  vanità.  In.  29,  123. 

Francescamente-in  lingua  o  alla  manie* 
ra  francese.  Pg.  16,  126. 

Franceschi  o  Francesi  -  In.  32, 115.  mes- 
si a  fil  di  spada  in  Ferii  dal  conte  Gui- 
do di  Montefeltro.  In.  27 ,  44.  per 
loro  angario  ed  insolenze  tegliati  tatti 
a  pezzi  in  Palermo  e  Messina,  città  di 
Sicilia,  a  un  sonar  di  vespro;  ciò  suc- 
cesse a'  tempi  di  Carlo  1.  re  di  Paglia. 
Par.  8,  75.  .    . 

Francesco  d'Accorso -fiorentino  ,  gions- 
consulto  a'  suoi  tempi  eccellenliBsimo  , 
il  quale  scrìsse  la  chiosa  alle  leggi  ci- 
vili. In.  15.  HO. 

8.  Francesco d' Assisi -fondator  dell'ordi- 
ne de'fraU  Minori.  In.  27,  112.  Par. 
22,  90.  82,  35.  sua  viU  deserìtta  al 
Poeta  da  s.  Tommaso  d' Aquino.  Par. 

'  11,  50,  e  segg.  detto  da  Dante,  ti  jk>- 
wd  di  Dio.  Par.  13,  33. 

Francescani  -  de' tempi  di  Dante,  ripresi. 

'    Par.  12.  112,  e  sera. 

ÌFrancesi  -  v.  Fhmetseki. 

JFrancia  -  nobilissimo  regno  d*  Europa.  In. 

i    19,  87.  Pg.  7,  109.  20,  71 .  sud  re 

Usafanati.  Pg.  »',  *».  •  ^-  «'"  ' 

88 


608 


DIZIONARIO 


i  Fioreotini  a*  tempi  del  Poeta  givano 
colà  per  trafficarvi.  Par.  15,  120. 

Franco  Bologneae  •  miniatore  eccellentis- 
simo, che  superò  in  quell'arte  Odori- 
si d'Agobbio.  Pg.  11,  83. 

Frisoni  -  uomini  di  Frisia,  provincia  d*Eu- 
ropa ,  che  sono  di  grande  statura.  In, 
31,  64. 

Fucci ,  Vanni  -  In.  2*  ,  125.  v.  Vanni 
Fueei. 

Fulcieri  da  Calboli  -  nipote  di  Kinicri.  Co- 
stui essendo  podestà  di  Firenze,  e  gran 
difensore  della  parte  Nera,  fece  pren- 
dere molti  gentiluomini  e  capi  di  parte 
Bianca  ,  opponendo  loro  »  che  avessero 
trattato  co*  Bianchi  fuorusciti  di  rimet- 
terli in  patria  ;  il  che  avendo  essi  con- 
fessato per  forza  di  tormenti ,  di  fece 
uccidere,  accennato.  Pg.  Ifc,  58. 


G 


Gahbriello  o  Gabriele-  arcangelo  che  portò 
la  nuova  a  Maria  Vergine,  esser  lei 
eletta  Madre  di  Dio.  I^.  10,  ik.  Par. 
k,  hi.  9, 138.  accennato.  Par.  ik,  36. 
23  ,  94.  32,  94,  112. 

(raddo  -  figliuolo  del  conte  UgoHno  della 
(ierardesca.  In.  33,  68.  v.  Ugolino, 

Gade  -  oggi  Cadice  ;  isoletta  dell'  Oceano 
occidentale,  vicinissima  all'  Andalusia  , 
provincia  di  Spagna.  Par.  27,  82. 

Gaeta  -  città  marittima  di  Terra  di  La- 
voro ;  fornita   d'  un   ampio  porto ,  fu 
.  fondata  da  Enea  che  le  pose  il  nome 
dulia  propria  nutrice.  In.  26,  92.  Par. 
8,  62. 

Gaia  -  figliuola  di  Gherardo  da  Cammi- 
no ,  gentiluomo  trivigiaoo  ;  donna  di 
singoiar  bellezza  o  bontà.  Pg.  16  , 
IM). 

Galeotto  -  mezzano  degli  amori  che  pas- 
sarono tra  Lancilotto  e  Ginevra  ,  per- 
sone ne*  romanzi  famose  ;  ed  è  preso 
da  Dante  in  significato  generale  d'ogni 
sensale  di  disonestà,  o  ruffiano.  In.  5,. 
137. 

Galieno  o  Galeno  -  da  Pergamo ,  città  del- 
r  Asia  minore  ;  medico  ecceUwtisjsiiDO. 


Fiori  ne'  tempi  d*  Anionino   aoguf lo , 
e  scrisse  infinite  cose.  In.  (  ,  143. 
GaHgai  -  famiglia  nobile   fiorentina.  Par. 

16  »  101. 
Galiua  -  provincia  di  Spagna  ,  in  una  città 
della  quale ,  detta  CompotieUa  ,  gìjc- 
ciona  le  ossa  di  s.  Iacopo  apostolo 
il  maggiore ,  visitate  cootinuameote 
da  infinito  numero  di  peUegrini.  Par. 
25.18.  .       ^ 

Galli  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par.  16» 

105. 
Gallo  r^sso  in  campa  d'  oro  -  imegna  del 
giudicata  di  Gallura    in  Sanfima.  fz. 
8,81.  * 

Gallura -un  certo   giudicalo    o  gìarìsdi- 
zinne  nell*  isola  di  Sardknia.  In.  2i  , 
82.  Pg.  8 ,  81. 
Galluzzo  -  luogo  nel  contado  di  Firenze, 
assai  vicino  alla  dtti.  Par.  16 ,  53. 
Ganellone  a  Gano  di  Maganca  -  Iradilor? 
infame  a*  tempi  di  Carlo    Magno,  h. 
32  ,  122.  V.  RmdtvaUe. 
Gange -fiume  d'India    groasissimo.  Pg. 

2,  5.  27,  4.  Par.  11,  51. 
Ganimede  -  figliuolo  di  Troe  re  di  Troia; 
fanciullo  bellissimo ,  rapito  da  Giove, 
e  trasportato  in  cielo  perchè  servisi 
a  lui  di  coppiere.  Pg.  9  ,  23. 
Garda -città  posta  nella  riva  diRenaco. 
verso  Verona  ;  oggi  distrutta.  In.  20, 
65. 
Gardingo- antica  via  di  Firenze,  ovee- 
rane  le  case  degli  liberti ,  smantellate 
poi  dalla  fazione   de*  Guelfi.  Io.  23  , 
108. 
Gaville  -  terra  in  Yaldamo  sopra  Firen- 
ze ;  dove  fu  ucciso  m.  Francesce  Guer- 
cio Cavalcante.  In.  25  ,  151. 
Gedeone  -  giudice  e  capitano  del  popolo 
ebreo.  Dovendo  egli  combattere  con- 
Ira  Madianiti ,  gli  commise  Iddio»  che 
di  trentaduemila  Ebrei  che  avea  seco, 
licenziasse  tutti  i  tìmidi ,  i  quali  fu- 
rono ventiduemila.  Restato  dunque  Ge- 
deone con  diecimila,  gli  comandò  il 
Signore  di  nuovo,  che  sul  mezzogiomo 
menasse  1*  esercito   al  fiume  ,  e  tutti 
coloro  che  bevessero  chinati  colla  t>occa 
in  esso  y  mandasse  via,  ritenendo  q«dli 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


G09 


-solamente  ,  che  'prendessero  l' acqaa 
nella  concavità  delle  mani ,  i  quali  fu- 
rono in  tutto  trecento  ;  e  con  que' po- 
chi solamente  uccise  centoventimila 
Madianiti.  Pg.  34  ,  125. 

Gelboè  -  monte  di  Palestina  ,  dove  Sanie 
sconfitto  da* Filistei ,  s'uccise  da  se 
medesimo.  Questo  monte  fu  poi  ma- 
ledetto da  Davide  con  quelle  parole  : 
Montet  Gelboe  ,  neque  ro$  ,  neque  plu- 
via ventai  iuper  vo$.  Pg.  12  ,  41. 

Geroeliì  o  Gemini  -  segno  dello  zodiaco, 
che  segue  il  Taurd.  Par.  22 ,  110  , 
152. 

Genesi  -  il  primo  de'  cinque  libri  sacri 
scritti  da  Mosè ,  e  di  tutta  la  divina, 
scrittura  ;  in  cui  si  narra  la  creazione 
del  mondo  ,  e  le  azioni  degli  antichi 
patriarchi.  In.  11  ,  107. 

Genova  -  posta  dirimpetto  a  Buggea>  città 
dell*  Affrica  ;  presa  e  distrutta  da*  Sa- 
racini ,  con  grande  uccirione  di  quel 
popolo.  Par.  9.  ^ 

Genovese  *-  cioè  ,  i  Genovesi  o  lo  stato 
loro.  Par.  9  ,  90. 

Genovesi  -  biasimati.  In.  33,  151. 

Gentucca  •  giovane  lucchese  ,  nobile  , 
bella  e  costumata  ;  di  cui  Dante  un 
tempo  fu  innamorato.  Pg.  24  •  37. 

della  Gerardesca  -  famiglia  nobilissima  di 
Pisa.  In.  33  ,  13.  v.  Ugolino. 

Gerault  de  Bemeil  -  di  Limoges  o  di  Le- 
mosi  ;  poeta  provenzale  famoso ,  ma 
dai  poco  intendenti  preferito  ingiusta- 
mente ad  Arnaldo  Daniello.  Pg.  26  , 
120. 

Gerico  -  famosa  città  di  Palestina ,  espu- 
gnata ,  prima  ,  cioè  somma  ,  glòria 
di  Giosuè.  Par.  9  ,  124. 

Gerì  del  Bello  -  fratello  di  m.  Giono  Ali- 
ghierì  ,  consorte  di  Dante.  Costui  fu 
uomo  di  cattivi  costumi ,  e  scanda- 
loso. Fu  morto  da  uno  della  fami- 
glia de*  SacchetU.  In.  29  ,  27. 

Gerìone  -  antichissimo  re  di  Spagna  ,  il 
quale  finsero  i  poeti ,  che  avesse  tre 
corpi ,  e  fosse  ammazzato  da  Ercole. 
Dante  il  pone  per  la  fraude.  In.  17, 
97,  133.  18,  20.  Pg.  27,  23. 

Gerusalemme  o  lerusalem  -  città  regia  , 


metropoli  della  Giudea;  mollo  nota 
per  le  scritture  sacre  ;  dove  mori  Gesù 
Cristo  ,  accennata.  In.  34 ,  114.  fu 
creduto  il  suo  sito  essere  in  mezzo 
del  mondo.  Pg.  2  ,  3.  fame  arrabbiata 
in  quella  città ,  mentre  che  i  Romani 
r  assediavano  ,  s*  accenna.  Pg.  28  , 
29.  per  la  gloria  de  beati.  Par.  25  , 
56.  V.  CarlD  IL  re  di  Puglia  ;  il  qua^ 
le ,  come  si  legge  in  fine  di  quel  pa- 
ragrafo ,  fu  anche  re  di  Gerusalemme. 
Par.  19    127. 

Geaù  0  Gièsù  Cristo-  Par.  11 ,  72, 102, 
107.  12  ,  71 ,  73  ,  75.  14  ,  104  , 
106  ,  108.  19  ,  72  ,  104  .  106 ,  108. 
20,  47.  23  ,  72  .  105  ,  136.  25,  lo, 
33  ,  128.  29 ,  98  ,  109.  31 ,  3,  107. 
32,  20  ,  24,  27  ,  83  ;  85,  87, 125. 
accennato.  Par.  13,  111.  22  ,  41. 
27  ,  36  ,  40.  L  uomo  che  nacque  e 
viue  $anxa  pecca.  In.  34, 115.  smar- 
rito dalla  Madre ,  e  poi  ritrovato  nel 
tempio.  Pg.  15,  89,  e  segg.  sua  tra- 
sfigurazione accennata.  Pg.  32  ,  73. 
sua  passione  d' infinito  valore  ,  circon- 
scritta. Par,  13  ,  40.  soddisfece  e  po- 
scia e  prima  ;  cioè ,  per  li  peccati 
che  si  commiseroavanti  la  morte  sua, 
e  per  tutti  quelli  che  si  sarebbero  dopo 
commessi  :  e  perciò  vien  chiamato  nelle 
Scritture  :  Agnus  qui  occidue  est  ab  o- 
rigine  mundi.  Par.  13  ,  41.  detto  da 
Dante ,  L  Agnil  di  9io  ,  che  le  pec- 
cata iolle.  Par.  17,  33.  chiamato  Pel- 
licano. Par.  25  ,  118.  v.  Amcano  , 
nella  Parte  prima  delle  parole  ,  sua 
umanità  congiunta  colla  divinità.  Par. 
33  ,  131.  £*  esercito  di  Cristo  ,  cioè  , 
la  congregazione  de*FedeK,  la  Chiesa. 
Par.  12 ,  37. 

Gherardo  da  Cammino  -  gentiluomo  di 
Trevegi ,  molto  virtuoso.  Pg.  16 , 
124. 

Ghibellini  -  persecutori  de*  pontefici,  e  da 
loro  perseguitati.  Par.  27  ,  48. 

Ghibellini  o  Guelfi  -  ripresi.  Par.  6,  100. 
e  segg. 

Ghin  di  Tacco  -  famoso  assassino  a*  tempi 
di  papa  Bonifacio  Vili,  che  eserci- 
tava latrocinio  nella  maremma  di  Sie« 


700 


DIZIONARIO 


na.  Pg.  6  ,  l(h.  y.  t  Aretino  ;  e  leggi 
il  Boccaccio  nella  giornata  10.  novel- 
la 2. 

Ghisola  -  sorella  di  Yenedico  CacdaDtini- 
co,  bolognese;  donna  bellissima.  In. 
18  »  55,  V.  Caeeianimieo. 

Giacobbe  o  Giacob-il  patriarca  lacob. 
Par.  8  ,  131.  v.  laeob ,  liraele. 

Giampolo  o  Ciampolo  -  navarrese.  Costui 
nacque  di  gentildonna  ;  ma  lasciato  dal 
padre  in  estrema  povertà  ,  fu  posto 
dalla  madre  per  servitor  d' un  barone 
di  Tebaldo  re  di  Navarro  :  e  tanto 
seppe  fare  colla  destrezza  dell'inge- 
gno suo  ,  che  venne  in  grande  stato; 
ma  per  la  troppa  cupidigia  d'avere»  si 
mise  a  traflBcare  gli  uffici  e  le  cari- 
che. In.  aa ,  48. 

Gianfigliacci  -  famiglia  nobile  di  Firenze; 
accennata  per  b  Uone  azzurro  in  cam« 
pò  giaUo ,  arme  antica  di  tal  fami- 
glia. In.  17,  59. 

Gianni  del  Soldanieri  -  In.  32 ,  131.  y. 
del  Soldanieri. 

Gianni  Schicchi  -  gentiluomo  fiorentino  , 
della  (amiglia  de'  Cavalcanti,  gran  mae- 
stro di  contraffar  ciascheduno.  Costui 
per  amore  d'un  Simon I>ottati  suo  ca- 
rissimo amico  ,  postosi  in  letto  onde 
il  detto  Simone  avea  tratto  il  cada- 
vere di  m.  Buoso  I>onati ,  uomo  ric- 
chissimo ,  seppe  si  ben  contraflare  il 
detto  m.  Buoao  ,  facendo  testamento, 
che  lasciò  Simone  erede  di  tutti  i  beni 
di  essso  m.  Buoso  ,  che  di  ragione  ai 
più  stretti  parenti  appartenevano ,  ri- 
cevendo da  Simone  in  premio  di  tal 
inganno  una  bellissima  cavalla,  lo.  30, 
32,  U. 

Giano  -  antichissimo  re  d' Italia ,  adorato 
poi  per  Dio  da'  Romani ,  si  figurava 
con  due  facce ,  V  una  dinanzi ,  l' altra 
di  dietro ,  il  suo  tempio  s' apriva  nel 
cominciar  delle  guerre  ,  chiudendosi 
poi  solamente  quando  erano  finite.  Au- 
gusto cesare  ,  dopo  la  rotta  di  Marco 
Antonio ,  il  serrò.  Par.  6 ,  81. 

Giasone  o  lasone-Par.  2,  18.  v.  la- 
ione. 

Gigwui ,  detti  fuiono  i  figliuoli  della 


Terra  »  uomini  di  enorme  atatnra,  eoa 
piedi  di  dragoni;  i  quali  nella  valle  di 
Flegra  in  Tessa^ia  ,  staccando  i  monti 
dalla  radice  ,  e  poneodoglà  T  oa  sovra 
r  altro  ,  mossero  guerra  a^  Dei,  ma 
Giove  a  forza  di  fulmini  precipttolli 
air  Inferno.  In.  81 ,  lA ,  e  99gg.  tg. 
12,  93. 

Giglio  o  Fiordiligi  -  inaegoa  de'  re  di 
Francia.  I^.  7 ,  105. 

Ginevra  •  baciata  da  Laneilotto  ,  perso- 
naggio celebre-  negli  antichi  nmand  « 

.  una  sua  compagna  a  quest'  atto  comin- 
ciò a  tossire,  per  mostrar  d'essertene 
accorta.  Par.  16  ,  15. 

Giocasta  o  locasta  -  moglie  di  Laioradi 
Tebe  ,  e  poi  da  Edipo  suo  fig^Hlo , 
uccisore  del  padre  suo  ,  il  quale  per 
madre  non  la  riconosceva ,  sposata  ed 
ingravidata  ;  al  quale  partorì  Eleocle 
e  Polinice.  Pg.  21 ,  56. 

Giordano  -  fiume  di  Palestioa  •  fnuso 
nelle  sacre  carte.  Pg.  18 ,  1S5.  Pn*. 
22,  94. 

Giosuè  o  losuè  -  capitano  geoeraie.  e 
giudice  del  popolo  ebreo  •  dopo  la 
morte  di  Mosò ,  espugna  la  otta  di 
Gerico.  Par.  9 ,  125w  fa  uccidere  Acam 

gir  aver  furata  patte  óMm  preda  ài 
erico  centra  il  suo  dtvielo.  Pg.  20 , 
Hi. 

Giotto  -  eccellentissimo  pittura  a  tempi 
di  Dante.  Costui  supwi  Gimaboe.  Pg. 
11 ,  95. 

Giovacchino  -  abate  in  Calabria  ,  nel  omh 
nistero  detto  Floreme  ;  uomo  di  poca 
dottrina ,  ma  dotato  di  profetino  spi* 
rito.  Par.  12 ,  140. 

Giovanna ,  fu  detta  la  madre  di  s.  Do- 
menico ;  il  qual  nome  significa  ,  fU* 
na  di  grazia.  Par.  12 ,  80. 

Giovanna  -  figliuoh  di  Nino  de'  Visconti 
di  Pisa,  e  mogliedi  Rioeardo  da  Cam- 
mino trivigiano.  Pg.  8»  71. 

Giovanna  -  moglie  di  Buoneonte  di  Moo- 
tefeltro.  Pg.  5  ,  89. 

Giovanni  -  figliuolo  d'Arrigo  re  d'Inghil- 
terra ;  ucciso  mentre  cooibatteva  coo- 
tra  il  padre.  Dante  il  chiama  re  «  par- 
chò  godeva  l' entrate  d' una  parte  óé 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


701 


rej;no  paterno.  In.  3S  »  135.  t.  Bir- 
tramo  dal  Bornio. 

§•  Giovanni  Apostolo  ed  Evangelista  -  fi- 
gliuolo di  Zebedeo ,  e  frateUo  di  s.  Ia- 
copo il  maggiore  ,  assiste  alla  trasfigu- 
mione  del  Signore*  Pg.  82,  76.  giace 
sopra  il  petto  del  Signore  neti' ultima 
cena ,  gli  vien  raccomandata  la  Beata 
Valgine  da  Cristo  moribondo.  Par.  35, 
112 ,  e  segg.  arriva  co' piedi  al  sepol- 
cro di  Cristo  risuscitato ,  prima  di  s. 
Pietro;  ma  a.  Pietro  colla  fede  v'ar- 
riva prima  di  Ini.  Par.  24  ,  126.  nel 
Jrincipio  del  suo  Vangelo  parla  ddla 
^vinità  altissimamente.  Par.  26 ,  43. 
chiamato  o^ii^iiayCioò  aquila,  dt  Cri- 
ito  ;  perchò  penetrò''  più  che  gli  altri 
neir  intelligenza  de'  misteri  divini.  Par. 
26 ,  58.  non  ò  in  Cielo  col  corpo.  Par. 
25  9  124.  accennato  come  scrittore  di 
Ire  epistole  canoniche.  Pg.  29  ,  142. 
scriHore  deU' Apocalisse.  In.  19, 106. 
Pg.  29  ,  106  ,  143.  Par.  32 ,  127. 
allegato  nella  suddetta.  Par.  25  ,  94. 

s.  Giovanni  BaUsta  -  Pg.  22, 152.  v.  Ba- 
tina ,  sua  chiesa  antichissima  in  Fi- 
renze. In.  19  ,  17.  dove  Dante  fu  bat- 
tezzata, s'accenna.  Par.  25,  8. 

s.  Giovanni  Batista,  e  Vnngdista  -  accen- 
nati. Par.  4 ,  29. 

s.  Giovanni  Ciisostooo  e  Grisostomo- 
doè  Boeea  i  oro  ;  eoa!  detto  per  la 
sua  maraviglioaa  elocpenzai  fa  oatri- 
arca  di  Costautinopoli  ;  e  perciò  dal 
Poeta  vienchiamatomedvpolt/aiio.  Par. 

12  j  136. 

Giovanni  XXII.  -  sommo  pontefice  ,  na- 
tivo di  Caorsa  città  di  Provenza ,  ac- 
cennato. Par.'  27  ,  58. 

Giove  -  figliuolo  di  Saturno ,  e  di  Rea  o 
Cibale  sua  moglie.  Costai  »  secondo  le 
favole ,  ò  re  degli  Dei ,  dopo  avere 
spogliato  suo  padre  del  regno*  In.  14  , 
52.  31  ,  45 ,  92.  Pg.  12 ,  32.  Par. 
4 ,  62.  a  lui  viene  attriboita  l' aqoila 
per  ministra  ,  e  il  fulmine  per  arme 
propria.  Pg.  32, 142.  fulmina  Fetonte. 
Pg.  29 ,  120. 

Giove  -  pianeta ,  di  temperata  natura.  Par* 

13  ,  68 ,  95  ,  115.  27  ,  14.  GUmial 


faetlla  ,  per  lo  stesso.  Par.  18  ,  70. 
poste  trai  padre  Saturno,  e^Tfigliua- 
lo  Marte.   Par.  22 ,  145. 

fiVoea  iommo  ,  vien  chiamato  dal  nostro 
Poeta  il  vero  Dio  de'  Cristiani,  ma  non 
dee  in  ciò  essere  Imitato.  Pg.  6 ,  118. 

Giovenale  -  della  città  d*  Aquino  ,  poeta 
latino  iamoso  ,  scrittore  di  satire.  Fio- 
ri a' tempi  delF  imperador  DoUfiiiano. 
Pg-22,14. 

Giuba  -  re  di  Mauritania,  favorisce  le  re- 
liquie dell'  esercito  di  PoAapeo  ,  dopa 
la  rotta  di  Farsaglia  ;  ma  vinto  in  bat- 
taglia da  Cesare  ,  si  uccide  di  propria 
mano.  Par.  6  ,  70. 

Giuda  -  cittadino  fiorentino.  Par.  16  , 
123. 

Giuda  Maccabeo  -  combatte  con  Antioco 
re  di  Siria  ,  che  avea  preso  Gerusa- 
lemme e  profanato  il  tempio  di  Dio,  e 
vietava  a'  Giudei  il  vivere  secoodo  la 
legge  loro ,  al  fine ,  dopo^  molte  bat- 
taglie ,  rimase  superiore  ,  liberando  il 
popolo  ebreo  da  quella  tirannide.  Par. 
18  ,  40. 

Giuda  Seariotto  -  uno  degU  apostoli  ;  il 
quale  tradì  Getò  Cristo  »  Signor  no- 
stro. In.  9  ,  27.  19 ,  96.  31,  143.34  , 
62.  Pg.  20  ,  74.  21  ,  84. 

s.  Giuda  Taddeo  -  apostolo ,  accennato 
come  scrittore  d' una  epistola  canonica. 
Pg.  29 ,  142. 

Gtudecca  -  prigione  profondissima  d'In- 
ferno ,  ove  sodo  poniti  i  traditori  dei 
lor  benefattori  ;  cosi  detta  da  Giuda 
Scarìotlo.  In.  34  ,  117. 

Giudei  -  popoli  di  Palestina  ,  una  volta 
diletti  da  Dio ,  poscia  reprobati  ;  notis- 
simi a  tutti.  In.  23 .  123.  27 ,  87. 
Par.  5 ,  81.  7  ,  47.  29  ,  102. 

Giulio  Cesare  -  primo  'mperadore  di  Ro- 
ma ;  personaggio  nelle  storie  notissi- 
mo. In.  1 ,  70.  4 ,  123.  da  giovanet- 
to praticò  nella  corte  di  Nicomede  re 
di  Bitinia ,  al  quale ,  come  raccontano 
^i  storici ,  fu  fama  che  di  so  stesso 
facesse  copia  :  il  che  poi  gli  fu  da'  li- 
cenziosi soldati  rimproverato ,  quand' 
egli  trionfò  delle  Gallie  ;  e  perciò  fu 
cfaiatoato  rogim.  Pg.  26 ,  77.  r.  Sue^ 


7«4 


DIZIONARIO 


tonio  nella  vita  che  di  lui  scrisse ,  al 
cap.  k9  ,  e  quivi  gli  si>ositori ,  cor- 
rendo in  Ispagna  per  soggiogare  la 
città  dJlerda,  oggi  Lerìda,  lascia  Bru- 
to con  parte  dell  esercito  ad  assediar 
Marsiglia  ,  nobile  città  di  Provenza. 
Pg.  18  ,  101.  vince  molte  nazioni.  Par. 
G  ,  58.  detto  dal  Poeta  ,  Colui  e*  a 
tutto  'l  mondo  fé  paura.  Par.  il  ,69. 
a  lui  fu  dato  del  tot  da*  Romani ,  pri- 
ma d' ogn*  altro.  Par.  16, 10. 

(lìunone  -  figliuola  di  Saturno  e  di  €ibe- 
le  ,  sorella  e  moglie  di  Giove,  nemicis- 
sima de'  Tebani  per  conto  di  Semo- 
le. In.  30 ,  1.  V.  Stmele ,  intesa  per 
r  aria.  Par.  12  ,  12. 

Giuochi  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16 .  lOi. 

B.  Giuseppe  -  sposo  della  Beata  Vergi- 
ne ,  accennato.  Pg.  15  ,  91. 

Giuseppo  0  Giuseppe  -  figliuolo  del  patri- 
arca Giacobbe ,  e  dì  Rachele  sua  mo- 
glie ;  giovane  bellissimo  e  castissimo  , 
che  non  volle  acconsentire  agi*  inviti 
e  alle  lusinghe  della  moglie  di  Putifa- 
re  :  onde  poi  da  lei  falsamente  accusa- 
to, fu  posto  in  prigione.  In.  30  •  97. 
l'altre  sue  avventure  si  leggono  nella 
sacra  Genesi. 

(Giustiniano  -  imperadore  ,  successor  di 
Giustino  neir  Imperio.  Costui  compilò 
e  ridusse  a  metodo  le  leggi  romane  , 
tagliandone  fuori  tutto  il  soverchio ,  e 
ritenendo  solamente  il  necessario  ;  com- 
ponendo le  Pandette  ,  il  Codice  e  le 
Istituzioni.  Pg.  6  ,  89.  errò  un  tem- 
po nella  fede  ,  e  credette  non  essere 
in  Cristo  se  non  una  sola  natura ,  cioè 
r  umana  ;  del  quale  errore  fu  tratto 
da  Agapito  sommo  pontefice ,  per  mez- 
zo de*  suoi  capitani ,  e  principalmente 
di  Bellisario ,  domò  la  nazione  de'  Got- 
ti ,  ed  altri  popoli  barbari.  Par.  6  , 
10 .  e  segg. 

Glauco  -  figliuolo  di  Polibo  ;  pescatore 
nell'isola  Eubea.  Costui  avendo  una 
volta  posati  sovra  un  prato  i  pesci  pre- 
si ,  e  veggendoli  all'  improvviso  risal- 
tar in  mare,  desideroso  di  saper  la 
cagione  di  ciò ,  diedesi  a  mangiar  del- 


l' erbe  nelle  quali  erano  giaciuti  ì  pe- 
sci. Non  si  tosto  ebbe  ciò  fatto,  che 
non  potendo  più  vivere  in  terra,  gel- 
tossi  anch'  esso  nel  mare ,  e  quivi  fa 
cangiato  in  un  I>io  marino.  Par.  1  , 
68.  V.  Ovidio  nel  13.  delie  Trasfor- 
mazioni. 

Godenti  o  Gaudenti  -  detti  anche  Frati  éi 
I.  Maria;  ordine  di  cavalieri  istìtoito 
da  alcuni  gentiluomini  di  Lombardia, 
e  confermato  da  papa  Urbano  IV  per 
combattere  centra  gV  Infedeli .  e  man- 
tener ragione  e  giustizia  :  oggi  spenti. 
In.  23 ,  103. 

Golfo  di  Catania  -  viene  agitato  dal  vesto 
Euro.  Par.  8  ,  68. 

Golfo  di  Gibilterra  -  posto  tra  la  Sptfeaa 
e  r  Affrica  ;  anticamente,  Frtimm  Btr- 
euleum,  accennato.  In.  26  ,  107. 

Gomita  -  fraU  Gomita  ,  fu  di  Sardigia; 
ed  era  molto  amato  da  Nino  della  ca- 
sa de'  Visconti  di  Pisa  ,  e  signore ,  ia 
oueU*  Isola ,  del  giudicato  di  Galfani. 
Ora  essendo  costui  io  gran  favore  ed 
autorità ,  cominciò  a  vender  le  senten- 
ze ;  e  dopo  molte  tnaShtìe  ,  essendo 
venuto  all'  orecchie  a  Nino  ,  eh'  €^  per 
danari  avea  lasciati  andare  certi  suoi 
nemici ,  fu  fatto  da  lui  appiccare.  In. 
22 ,  81. 

Gomorra  -  una  delle  cinque  città  di  Pa- 
lestina ,  dove  s' esercitava  il  vizk>  ne- 
fando ;  sopra  le  quali  cadde  fuoco  dai 
cielo.  Pg.  26  ,  kO. 

Gorgona  -  isoletta  del  mar  Tirreno  .  vi- 
cina alla  foce  d*  Amo.  In.  33 ,  82. 

Gorgone  -  la  testa  di  Medusa  ,  che  tra- 
sformava ^i  uomini  in  sassi.  In.  9 , 
56.  V.  lUeduM. 

Gostantino  o  Costantino  Magno  -  impera- 
dore ,  fatto  cristiano ,  e  data  la  pace 
alla  Chiesa  ,  lascia  Roma  a  s.  Silve- 
stro papa  e  suoi  successori  .  roigemiù 
V  aquila  eontra  *l  eorto  dtl  cieio  ,  cioè 
trasferendo  l' imperio  d'occidente  in 
oriente  ,  e  fermandone  la  sede  in  Bi- 
sanzio detto  poi  dal  suo  nome  ,  O- 
stantinopoli.  Par.  6.  1.  v.  Greco. 

Gostanza  -  figliuola  di  Manfredi  re  di  Pu- 
glia e  di  Cicilia ,  e  moglie  di  d.  Piero 


DELLE  STORIE  E  FAYDLE. 


70» 


re  d  Aragona.  Pg.  3  .  U3.  7  ,  129. 
detta  da  Dante ,  genitrice  DelV  onor  di 
Cicilia  e  d' Aragona  ;  per  essere  stata 

*  madre  di  d.  Federigo  re  di  Cicilia  ,  e 
di  d.  Iacopo  re  d'  Aragona  :  i  qaali 
por  altro  non  ebbero  alcuna  lodevole 
qualità  ,  fuori  che  1  regno.  Pg.  3  , 
115. 

Gostanza  -  figliuola  di  Ruggieri  re  dì  Pu- 
glia e  di  Sicilia  ;  la  quale  si  fece  mo- 
naca in  Palermo  :  poi  tratta  per  forza 
del  monistero  ,  fu  data  in  moglie  ad 
Arrigo  y.  imperadore  ,  che  fu  figliuo- 
lo di  Federigo  Barbarossa  ;  del  quale 
generò  Federigo  li.  Pg.  8  ,  113.  Par. 
3 ,  118.  k  ,  98. 

Gottifredi  Bullone  -  fu  duca  di  Lorena, 
e  re  di  Gerusalemme ,  avendo  conqui- 
stata quella  santa  città  ,  virilmente 
combattendo  contra  de'  Saraceni.  Par. 
18 ,  W. 

Governo  -  castello  situato  dove  il  Mincio 
mette  in  Po.  In.  90,  78. 

Grafiiacane  -  nome  di  demonio.  In.  21 , 
122.  22 ,  34. 

Greziano  da  Chiusi  -  monaco  di  professio- 
ni, compilatore  di  quel  libro  che  i  ca- 
nonisti chiamano  Decreto.  Par.  10,  ìOk. 

Greci .  In.  26.  75.  30,  98,  122.  Pg.  9, 
39.  22,  88,  sotto  Troia.  Par.  5.  69. 

Greci  -  famiglia  nobile  fiorentina,  passata 
poi  a  Bologna.  Par.  16,  89. 

Grecia  -  nobilissima  provincia  d*  Europa, 
verso  r  oriente  ;  madre  delle  scienze  e 
e  delle  arti  ;  oggi  desolata  da' Turchi. 
In.  20,  108. 

Greco  ,  si  fece  Costantino  Imperadore , 
trasferendo  l'imperio  da  Roma  a  Co- 
stantinopoli. Par.  20,  57. 

8.  Gregorio  Magno  -  somnK)  pontefice  ; 
uno  de'quattro  principali  dottori  della 
chiesa  latina  ;  uomo  santissimo.  Scris- 
sero alcuni ,  che  leggendo  e^i  la  vita 
e  le  azioni  virtuose  di  Traiano  impe- 
radore, si  sentisse  mosso  a  pregar  Dio, 
che  il  volesse  liberar  dairinremo  ;  ^ 
aggiungono  che  gli  fosse  rivelato  esse- 
re stata  esaudita  la  sua  orazione.  Ma 
tutto  questo  racconto  da'  più  savt  vien 
creduto  una  favola,  fg.  10,  75.  Far. 


20,  108,  e  segg.  discorda  da  s.  Dio- 
nisio Areopagita,  scrivendo  intomo  al- 
l'ordine delle  angeliche  gerarchie.  Par. 
28,  133. 

Griflblino  d' Arezzo  -  Costui ,  conosciuta 
la  semplicità  d'  un  Giovane  chiamato 
Albero ,  figliuolo  del  vescovo  di  Sie- 
na ,  diedegli  ad  intendere  ch'ei  sape- 
va volare  ;  e  avendo  promesso  al  gio- 
vane d'insegnarli  il  segreto,  ma  non  os- 
servando la  promessa,  fu  da  quello  ac- 
cusate al  vescovo,  il  quale  formatogli 
centra  un  processo,  il  feee  ardere  per 
negromante ,  diede  opera  ancora  all'al- 
chìmia ;  o  perciò  Dante  il  ripone  tra'  fal- 
satori. In.  29,  109.  30,  31. 

Gualandi -nobilissima  famiglia  pisana.  In. 
33,  32. 

Gualdo -terra  deir  Umbria  ;  soggetta  un 
tempo  a*  Perugini,  e  da  loro  aggravata 
di  molte  imposizioni.  Par.  11,  kS, 

Gualdrada  -  figliuola  di  Bellincion  Berti , 
uomo  nobilissimo  di  Firenze;  donna  bel- 
lissima e  castissima  ,  la  quale  per  la 
sua  virtù  fu  maritata  dall' imperadore 
Ottone  ad  uno  de*  suoi  baroni  chiamato 
Guidoguetra,  e  datogli  in  dote  tutto  il 
Casentino^  e  buona  parte  della  Rom»- 

già.  Di  costei  nacquero  due  figliuoli, 
uglielmo  e  Ruggieri  :  di  Ruggieri  nac- 
que Guidoguerra.  In.  16,  37.  v.  Gui" 
doguerra. 

GuaHerotti-  famiglia  nobile  fiorentina.Par. 
16,  133. 

Guanto  o  Gani  -  città  della  Fiandra.  Pg. 
20,  M. 

Guaschi  -  per  Guasconi  o  popoli  di  Gua- 
scogna, provincia  di  Francia.  Par.  17 . 
82.  27,  58.  V.  Qemenie  Y. 

Guascogna  -  provincia  di  Francia  ;  occu- 
pata dai  discendenti  d'  Ugo  Ciapetta. 
Pg.  20,  66. 

Guelfi  -  favoriti  da'  pontefici  e  loro  fautori. 
Par.  27,  W. 

Guelfi  e  Ghibellini -fazioni  eelebratissi- 
me  »  riprese  dal  Poeta.  Par.  6 ,  100, 
e  segg. 

Guglielmo  -  marchese  di  Monferrato  e  Ca- 
navese  ;  preso  in  guerra  da*  cittadini 
d'Atesiandria  della  Fa^ ,  aoo'radditi, 


704. 


DIZIONARIO 


appresso  de'  quali  fiol  la  sua  tita  in  pri- 
gione. Pg.  7,  184. 
Guglielmo  -  re  di  Navarra  «  suocero  di  Fi- 
lippo Bello  re  di  Francia  ,  accennato. 

Pg.  7,  10*. 

Guido  -  conte  di  Montefeltro  ;  uomo  va- 
loroso in  guerra,  e  d'ingegno  sagacis- 
simo ,  a*  tempi  di  Dante.  Questi  veg- 
geodosi  divenir  vecchio,  per  far  peni- 
tenza delle  sue  colpe,  fecesi  frate  Zoc- 
colante di  s.  Francesco.  Bicbiesto  poi 
da  papa  Bonifacio  Vili,  di  consiglio , 
come  dovesse  toglier  Peoestrioo  a*  Go- 
lonnesi»  risposegli  che  dovea  molto  pro- 
mettere ,  e  nulla  attendere  :  e  perciò 
vien  riposto  dal  Poeta  nell*  ottava  bol- 
gia, dove  si  puniscono  i  malvagi  con- 
siglieri. In.  Sn,  67,  e  segg. 

Guido  «-  conte  di  Romeiuu  In»  90,  77.  v. 
MoHtro  Adamo, 

Guido ,  conte  -  disceso  dal  ceppo  de*  Ra- 
vignani.  Par.  16,  98,  v.  RaPtgfMm. 

Guido  Bonetti  -  In.  30,  118.  v.  Bonatti. 

Guido  Cavalcanti  -  fiorentine  ,  eccellente 
filosofo  e  poeta.  Costui  nella  poesia 
oscurò  la  fama  di  Guidò  Guinicdli.  Pg. 
li,  97. 

Guido  da  Castello  -  gentiluomo  reggiano, 
molto  virtuoso  ;  detto  per  sopranno- 
me ,  U  $emplic$  Lombardo*  ¥g.  16 , 
125. 

Guido  da  Monforte  -  il  quale  per  vendicar 
la  morte  di  Simone  suo  padre,  ucciso 
giustamente  daÀdovardo  ngliuolo  d'Ar- 
rigo ili.  re  tf  Inghilterra  ,  ammazzò 
Arrigo  cugino  d*  Adovardo,  figliuolo  di 
Iticcardo  pure  re  d' Inghilterra,  perso- 
na innocente,  nella  cilU  di  Viterbo,  in 
chiesa,  mentre  il  sacerdote  mostrava 
al  popolo  l'ostia  sacra,  Tanno  del  Si- 
gnore 1S70,  accennato.  In.  12,  119. 

Guido  da  Prata  -  signor  liberale  e  valo- 
roso. Pg.  14,  104. 

Guido  del  Cassero  -  onoraUssimo  genti- 
luomo di  Fano,  fatto  annegare  alla  Gat^ 
tolica  da  Malatestino  di  Bimini ,  in- 
sieme con  Angidello  da  Cagoano.  In. 
28,  77. 

Guido  del  Duca  -  da  Brettinoro  ;  uomo 
invidiosissiiiio*  Pg«  14,  fti,  aoManato. 


Pg.  15,  44. 

Guido  di  Carplgia-  da  MontefelCro;  cor- 
tese e  valoroso  signore.  Pg.  14,  98. 

Gqidoguerrn  -  figliuolo  di  Ruggieri  e  mpo- 
te  della  buona  Gualdrada ,  uomo  pro- 
dentiasimo ,  e  valorosiaefano  in  guerra. 
In.  16.  38.  V.  Gualdmda. 

Guido  Guinicelli  -  bolognese  ,  poeta  ateoi 
tempi  stimato.  Pg.  11,  97. 96, 91.  lo- 
dato. Pg.  S6.  97,  e  aegg. 

Guiglielmo  -  eonte  d' Oringa,  fidinolo  del 
conte  di  Narbona,  e  valoroao  goeniefo. 
Par.  18.  46. 

Guiglielmo  -  re  di  Navarra  ,   suocero  di 
Filippo  Bello  re  di  Francia,  amniìtn 
Pg.  7.  104. 

Guiglielmo  -  re  di  Sicilia,  figUoolo  di  Ro- 
berto Guiscardo  ;  il  quale  da  queff  i- 
sola  era  pianto  morto,  per  la  ana  pidà 
e  giustizia.  Par.  20,  62. 

Guiglielmo  Aldobrandesco  -  conte  di  Santa 
Flore.  Pg.  11,  59.  t.  Ow^bmrio. 

Guiscardo  ,  Ruberto  o  Roberto  -  Ul  98, 
14.  Par.  18 ,  48.  v.  MAe^Ut. 

Guittone  d*  Arezzo  -  frate  Gaudente  ;  ubo 
degli  antichi  rimatori.  Pg.  24  ,  56. 
vinto  nel  poelare  da  più  moderuL  Pg. 
26,  124. 

Guzzante  -  plcciola  villa  di  Fiandra  ; 
lontana  cinque  leghe  da  Br^ggìa.  In. 
15  ,  4. 


lacob  o  Giacob  •  patriarca.  Par.  8, 131. 
neir  utero  materno  contrasta  con  Esaù 
suo  fratello.  Par.  32  ,  68.  v.  la  sa- 
cra Genesi ,  era  di  capei  nero,  s*  ac- 
cenna. Par.  82 ,  70 ,  dormendo  vede 
la  scala  misteriosa  dove  gli  angioli  con- 
tinuamente ascendono  e  discnsdonn 
Par.  22  ,  70  ,  e  segg. 

Incorno  o  Iacopo  -  primo  iigUuolo  di  d. 
Piero  di  Navarra,  e  fratello  di  Fede- 
rigo re  di  Sicilia  ;  ida  tralignaole  dsl 
padre ,  quanto  al  valore  ;  e  vit«perio 
della  corona  ,  per  le  pesainna  azioni 
sue.  Pg.  7  •  119.  Par.  19 ,  1S7. 

••  Iacopo  Apostolo  ,  il  maggiore  *  assi- 
site  alU  traat^gmnaxiooe  dal  Sigmft. 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


705 


Pg.  32  ,  76.  scrittore  d*  uo  epistola 
canonica ,  accennato.  Pg.  29 ,  142. 
Par.  25  •  30 ,  77.  figura  della  speran- 
za ,  come  8.  Pietro  della  fede  ,  e  s. 
Giovanni  della  carità.  Par.  25 ,  32. 
uno  de*  tre  apostoli  ammessi  da  Cri- 
sto a'  suoi  più  segreti  misteri.  Par. 
25  •  33.  interroga  della  speranza  il 
Poeta  nostro.  Par.  25 ,  46 ,  e  segg. 
detto  dallo  stesso  ,  il  barone  per  cui 
si  visita  Galizia  ;  riposando  le  sa- 
crate sue  ossa  in  Compostella  città  di 
Galizia  provincia  di  Spagna.  Par.  ^, 

17. 

Iacopo  da  Lentino  -  detto  il  Notaio;  uno 
degli  antichi  rimatori.  Pg.  24  ,  56. 

Iacopo  del  Cassero  -  cittadino  di  Fano  ; 
il  quale  avendo  contratta  inimicizia 
con  Azzone  lU.  da  Este  ,  marchese 
di  Ferrara  ,  fu  da  lui  fatto  uccidere 
in  Ofiago ,  villa  nei  contado  di  Pado- 
va,  mentre  andava  podestà  di  Milano. 
Pg.  5 ,  64  ,  e  segg. 

larba  -  re  antichissimo  di  Numidia,  prò-* 
vincia  dell'  Affrica.  Pg.  31  ,  72. 

lasone  o  Giasone  -  figliuolo  di  Esone  e 
d' Alcimede  ;  il  quale  andando  insieme 
cogli  Argonauti ,  per  comando  di  Pe- 
lia  suo  zio ,  re  di  -Tessaglia  ,  in  Col^ 
chide  a  rapire  il  vello  dell*  oro  ;  arri- 
vato all'isola  di  Lenno,  fu  raccolto  e 
alloggiato  benignamente  da  Isifile  re- 
clina di  quel  paese  ,  colla  quale  ebbe 
commercio  ;  ma  dopo  alquanto  tempo, 
desideroso  di  recare  a  fine  rincomin- 
ciata impresa  ,  aBbandonò  la  giovane. 
Pervenuto  poscia  in  Coleo  ,  e  riuscen- 
do r  affare  molto  malagevole ,  fu  aiu- 
tato dagV  incantesimi  di  Medea  figliuola 
del  re  Età ,  innamorata  di  lui ,  a 
superare  ogni  difBcoltà.  Ritornato  in 
Tessaglia  vinciìore,  lasciò  ingratamente 
Medea  per  Creusa  figliuola  di  Creonte 
re  di  Corinto  :  per  la  qual  cosa  Me- 
dea oltre  modo  sdegnata  ,  mapdò  alla 
novella  sposa  certi  doni  di  tale  artifi- 
cio ,  che  attaccarono  fuoco  ,  e  ridus- 
sero in  cenere  il  palagio  reale  e  gli 
abitatori  :  di  più,  ammazzati  due  pic- 
cioli figliuoli  che  avuti  avea  di  laso- 


ne ,  se  ne  fuggi  per  1*  aria  sopra  un 
cocchio  tirato  da  serpenti.  In.  18,  86. 
Par.  2  ,  18.  v.  le  favole ,  Apollonio 
Rodio  ,  e  Valerio  Fiacco  nell*  Argo- 
nautica. 

lasone  -  ebreo  ,  fratello  di  Onia  sommo 
sacerdote  ;  uomo  ambiziosissimo.  Co- 
stui patteggiò  con  Antioco  re  di  Siria 
e  di  Gerusalemme  ,  di  dargli  una  buo- 
na quantità  di  danari  ,  se  gli  conce- 
deva il  sommo  sacerdozio ,  privabdone 
il  fratello.  Venuto  a  fine  delle  sue 
brame,  cominciò  a  sacrificare  nel  tem- 
pio ,  non  più  secondo  la  legge  di  Mo- 
sè ,  ma  secondo  il  rito  profano  de*  Gen- 
tili. Finalmente  fu  spogliato  del  sacer- 
dozio da  Menelao  fratello  di  Simone , 
e  inandato  in  esilio.  In.  19,  85.  v.  i 
libri  'de*Maccabei  nella  divina  scrittura. 

lìbero -fiume  della  Spagna.  Pg.  27,  3. 

Icaro  -  figliuolo  di  Dedalo  ;  il  quale  fug- 
gendo a  volo  dal  laberinto  di  Creta  in- 
sieme col  padre ,  e  andando  troppo  in 
alto ,  disfattasi  la  cera  che  tenea  le 
penne  congiunte ,  per  lo  troppo  qalor 
del  sole  ,  precipitò  nel  mare  che  da  lui 
poscia  fu  detto  Icario,  In.  17 ,  109. 
Par.  8,  126.  v.  Dedalo. 

Ida -montagna  di  Creta,  dove  fu  nudri- 
to  Giove.  In.  14  ,  98. 

lepte  0  lefte- galaadite,  giudice  e  capi- 
tano del  popolo  ebreo.  Costui  andando 
coir  esercito  centra  i  figliuoli  di  Ammon, 
fé  voto  a  Dio,  se  otteneva  vittoria  de' 
suoi  nemici ,  di  offerirgli  in  sacrifizio 
il  primo  di  sua  casa ,  che  al  suo  ri- 
torno gli  venisse  incontra.  A  caso  gli 
si  fece  incontra  prima  d*ogni  altro  la 
propria  figliuola  col  timpano  e  col  co- 
ro ;  e  perciò  convenne  che  il  misero 
padre  la  sacrificasse.  Per  tal  voto  vien 
ripreso  lepte  ,  da*  santi  p^ìdri ,  e  parti- 
colarmente da  8.  Girolamo.  Par.  5, 66. 

8.  leronimo  o  Girolamo  •»  massimo  dotto- 
re della  chiesa  latina.  Lasciò  scritto 
che  gli  angeli  fossero  creati  da  Dio 
molti  secoli  avanti  che  le  creature  ma- 
teriali ;  la  quale  opinione ,  come  ialsa, 
fu  condannata  comunemente  dagli  al- 
tri sanU  dottori.  Par.  29 .  ^7. 

80 


706 


DIZIONARIO 


lenisalem  -  v.  Gemtalemme. 

Ifigenia  -  sacrificata  alla  dea  Diana  dai 
padre  Agamennone.  Par.  5  ,  70.  v. 
Agamennone, 

Ilcrda  -  oj^gi  Lerida ,  fortezza  di  Spagna  ; 
posta  sui  contini  della  provincia  d'Ara- 
gona ,  soggiogata  da  Cesare.  Pg.  18 , 
101. 

llion  -  lo  stesso  che  Troia.  In.  1 ,  75. 
IV'.  12,  62.  V.  Troia. 

Illuii  inalo  -  frate  Minore  ,  e  uno  de*  pri- 
mi compagni  di  s.  Francesco.  Par.  12, 
130. 

Imola  -  città  di  Romagna  ,  accennata.  In. 
27  ,  49. 

Importuni  •  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16  ,  133. 

Ittiii  -  liuliani ,  abitatori  deh'  India.  Pg. 
26 ,  21.  JPar.  29, 101.  presso  costello 
gli  alberi  sono  d'  una  altezza  biaravi- 
J:lio^^.  Pp.  32,  kì. 

India  «licntale- provincia  vastissima  del- 
i  Asia  ;  COSI  delta  dal  fiume  Indo,  dal 
quale  toii^inciando  ,'  si  stende  fino  alla 
Lhiua  ,  è  divisa  in  due  parti ,  Y  una 
delle  quali  si  chiama  India  di  guà  dal 
Gange;  V  altra ,  di  là  dal  Gange  ;  scor- 
rendo per  lo  suo  mezzo  quel  grandis- 
simo fiume.  In.  ih  ,  32. 

Iniiicu  legno -Pg.  7,  74.  v.  uelUa  Parte 
prima  delle  Parole. 

Indo  -  fiume.  Par.  19 ,  71.  v.  India. 

Infangati  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16 ,  123. 

Inghilese-Diglese,  d'Inghilterra.  Par. 
19,  122. 

Inghilterra  -  regno  nobib'ssimo  ,  a  gran 
porzione  dell'isola  della  Gran  Breta- 
gna. Pg.  7,  131. 

Innocenzo  III.  -  papa ,  conferma  V  ordine 
de'  frati  Minori.  Par.  11  »  92. 

Ino -moglie  d*Atamante.  In.  30,  5.  v. 
Atamante, 

Interminei  o  Interminelli ,  Alessio  -  no- 
bilissimo cavalier  lucchese ,  uomo  lu- 
smghiero  fuor  di  modo.  In.  18 ,  1SK2. 

Iole-  amata  da  Ercole  o  Alcide.  Par.  9, 
102. 

lof^afla  -  valle  di  Palestina ,  dove  ,  secon- 
do la  comune  opinione ,  si  dee  Iure  il 


giudicio  universale  di  tutte  le  genti  , 
alla  fine  del  mondo,  cosi  chiamata  ila 
Iosa/falle  ,  re  di  Giuda.  In.  10,  11. 

losuè-Pg.  20,  111.   Par.  18,  38.  \. 
Gioiui, 

Iperione  -  figliuolo  di  Titano ,  e  padre  del 
Sole.  Par.  22»  142. 

Ipolito  -  figliuolo  di  Teseo  e  d*  IpoliU  , 
una  delle  Amazoni  ;  bellissimo  e  ca- 
stissimo giovane ,  e  tutto  dedito  alh 
caccia.  Di  esso  innamorata  Fedra  Mia 
matrigna  ,  s*  indusse  a  ientailu  ,  mi 
senza  frutto  ;  e  perciò  sommamente 
sdegnata  ,  calunniullo  appresso  il  ma- 
rito ,  quasi  egli  avesse  voluto  macchia- 
re il  letto  del  padre.  Teseo  troppo  cre- 
dulo ,  cacciollu  d'Atene  i.i  esilu ,  nuv 
ledicendolo  ;  il  che  fu  poi  cagidne  <lcr 
la  morte  deirioiìocenle  j^ovaLC.  Par. 
17,  46. 

Ippocrate  -  medico  gnTo  antichissimo  ed 
eccellente ,  nato  nell'isola  di  Coti .  del!  : 
razza  d' Esculaino.  In.  4, 143.  Pg.2'^. 
137. 

Iri  0  Iride-figliuola  di  Taumaute ,  e  mes- 
sag^iera  dlGiufione  ,  secondo  le  favole. 
Costei  non  è  altro  che  Tarco  baleno. 
Pg.  21.  50.  Par.  12,  12.  33,  118. 
accennata.  Pg.  29  ^  78. 

Isaac  -  padre  d' Israele  ;  persona  inrio  no- 
tissimo nelle  sacre  scritture ,  accenna- 
to. In.  4  ,  59. 

Isaia  -  il  primo  de  quattro  proreii  magùo- 
rì  ,  allegato.  Par.  25 .  91 . 

bara  '^  fiume  della  Gallia  »  che  mette  nel 
Rodano.  Par.  6  ,  59. 

8*  Isidoro -di  Siviglia,  città  di  Spagna, 
scrìsse  le  Etinoologie ,  e  hd  libro  dt 
Summo  Bono^  e  altre  cose.  Piar.  10  > 
131. 

Isifile  -  figliuola  di  Toante  re  di  Lenno  ; 
la  quale  »  mentre  le  donne  di  queir  i- 
sola ,  divenute  gelose  de  lor  muri- 
ti ,  per  istigazione  della  Dea  Venere 
uccidevano  tutti  gli  uomini  crudelmen- 
te ,  sottrasse  Toante  suo  padre  al  pe- 
rìcolo ,  fingendo  dt  far  certi  sacrifici  a 
Bacco ,  e  nascondendolo  tra  festoni  d' 
edera  e  di  vite ,  raccolse  poi  Giasoce 
cogli  Argonauti  nella  sua  terra  ;  ma  fu 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


i07 


da  lui  abbandonati.    In.  18,    02,  v. 
Apollonio   Rodio  .   o    Valerio    Fiacco 
neir  Argonautica  ;  corro  ancora  Ovidio 
reir  epistola  .dell*  Eroine.  Costoi  essen- 
do stata  venduta  da*  corsari  a  Licurgo 
di  Nemea  ,  fu  da  lui  data  nutrice  ad 
un  suo  figliuolo  chiimnto  Ofrlte.  Ora, 
un  giorno  eh'  ella  era  andata  a  diporto 
fuori  della  città  ,  accadde  che  Adrasto 
ron  molti  de*  suoi  che   andavano  cer- 
cando acqua  per  bere  ,  la  vide ,  e  pre- 
golia  che  qualche  fontana  gì'  insegnas- 
se :  ond'  ella   lasciato  in   terra  il  fan- 
ciullo ,   mostrò  loro   nella  selva   una 
fontana   chiamata   Langia ,   ritornata 
poi  al  fanciullo  ,   trovò  quello  essere 
stato  ucciso  da  un  serpente.  Pg.  22, 
112.  Costei  ebbe  di  Giasone  due  fi- 
gliuoli ,  Toante  ed  Eumenio ,   i  quali 
ella  ,  fuggendo   dall'  isola  di   Lcnno  r 
avea   mandati   al  suo   padre  Toante. 
Ora ,  avvenne  che  cercando  questi  due 
fratelli  la  madre  ,   arrivarono  a  caso 
dov'  ella  si  stava  piangendo  Ofelte  oc- 


p'»tTÌ(ìrcì  Giacobbe,  impostogli  dall'an- 
gelo che  lottò  con  lui  :  rl<il  quale  poi 
furono  denominato  le  dodici  tribù.  In. 
fc.  59. 

Israele  -  per  lo  popolo  giudeo  ,  discen- 
dente da  Israele  o  sia  Giacobbe  pa- 
triarca. Pg.  2,  46.  passa  il  mare  a  pio- 
di  asciutti ,  fuggendogli  egli  dinanzi. 
Par.  22 .  95.  " 

Italia- nobilissima,  amenissima,  fecon- 
dissima provincia  d'Europa.  In.  9, 
iìk.  20,  61.  Pg.  6,  124.  7,  93. 
13  ,  96.  20  ,  67.  Par.  30 .  137.  l/'mi- 
le.  In.  1 ,  106.  vogliono  alcuni ,  che 
Dante  in  questo  luogo  prenda  la  par- 
te per  lo  tutto  ,  accennando  la  Puglia 
piana  ,  provincia  d' Italia.  Serra.  Pg. 
6  ,  76.  Giardin  dello  'mperio.  Pg.  6  , 
105,  Doeso  d^  Italia  ,  cioè  TApenni- 
no  F^.  30,  86.  Tmduo  liti  d Italia.. 
cioè ,  tra  1  mare  Adriatico  e  \  Tirre- 
no. Paf .  21  ,  106. 

Italica  erba  -  Par,    11  ,  105.  v.  Eiòa  , 
nella  Parte  prima  delle  Parole. 


rìsole  dal   serpente  ,   uditala   dunque  1  Italica  terra  -  chiamata  frata  dal  Poeta 
nel  pianto  ricordar  Lenno  e  Toante  ,       nostro.  Par.  9 ,  26. 

ludit-Par.  32,  10  v.  Oloferne. 


la  riconobbero,  e  corserla  ad  abbrac- 
ciare ,  facendole  festa  grande.  Pg.  26 , 
95. 

Ismene  -  figliuola  d' Edipo  re  di  Tebe  , 
promessa  io  isposa  a  un  certo  Cirreo, 
il  quale  avanti  le  nozze  fu  ucciso  da  1 
Tideo.  Pg.  22,  111.  j 

I^nieno- fiume  di  Beozia,  provìncia  del- 
la (ìrecia  ;  che  scaturiva  dal  monte  Ci- 
terone  ,  bagnava  la  città  di  Tebe ,  e 
andava  a  perdersi  neU'  Euripo:  presso 
di  questo  fiume  celebravansi  i  misteri 
di  Bacco.  Pg.  18,  91. 

Isopo  o  Esopo  -  nativo  della  Frigia ,  aer- 


lulìa  0  Giulia  -  figliuola  di  Cesare,  mo- 
glie di  Pompeo  ;  amantissima  del  ma- 
rito. In.  k,  128. 

luno  o  Giunone  -  Mt$%ò  di  luno ,  chia- 
ma Dante  X  iride  o  1*  arco  baleno. 
Par.  28 ,  32. 


Lacedemona  -  Sparta  ,  nobilissima  città 
del  Peloponneso ,  famosa  per  le  suo 
leggi  e  per  la  disciplina  militare.  Pg. 
6  ,  139. 


vo  di  Xanto  filosofo  ;  bruttissimo  d' a- 1  Lachesis  -  una  delle  tre  Parche ,  le  qua- 


spetlo ,  ma  d' ingegno  maraviglioso  ; 
il  quale  scrisse  gU  apologhi  morali ,  o 
vogliamo  dire  favolotte  ,  dove  intro- 
du<4He  le  bestie  e  gli  alberi  a  parlare; 
insegnando  con  tal  piacevole  maniera 
la  diotlrina  de' costumi.  In.  23,  4. 

Ispani  -popoli  della  Spagna,  è  voce  la* 
Una.  Par.  29,  101. 

Israele  -  questo  fu  il  secondo  none  del 


li ,  secondo  le  favole ,  filano  le  vile 
umane.  Pg.  25,  79.  accennate.  Pg. 

Ladislao  •  re  di  Boemmia  o  Bucmme ,  a 
tempi  di  Dante ,  uomo  lussurioso  ,  e 
nemico  d*  ogni  valore.  Par.  19 ,   125  » 

Lamagna  -  provincia  prìncipalìssima  tf  Eu- 
ropa ,  che  anello  Gennamia  si  dice. 
In.  20,  62. 


708 


DIZIONARIO 


Lambertaccio  -  fabbro   in  Bologna  ,   ma 
uomo  di  si  eccellente  virtù  ,  che  poco 
mancò  che  non  divenisse  assoluto  si- 
gnore della  patria  sua.  Pg.  ik  ,  100. 
Lamone  -  fiume  che  scorre  appresso  Fa- 
enza. In.  27  &9. 
Laocilotto  -  innamorato  di  Ginevra  ,  mo- 
glie del   re  Marco  ;   persona  famosa 
ne*  romanzi ,  ma  principaknente  nel  li- 
bro intitolato  Tavola  Rotonda  y  ch'era 
in  prezzo  a  tempi   di  Dante.    In.  5 , 
128.  V.  Ginevra. 
Lanciotto  -  marito  di  Francesca  da  Po* 

tenta,  accennato.  In.  5 ,  107. 
Lanfranchi  -  nobilissima  famiglia  pisana. 

In.  33 ,  32. 
Langia  -  fontana  della  selva  Nemea  ;  mo- 
strata da  Isifile  ad  Adrasto  e  a'  com- 
pagni suoi.  Pg.  22 ,  112.  V.  liifie. 
Lano  -  sanese.  Costui  avendo  consuma- 
ti tutti  i  suoi  beni ,  ed  essendo  nel- 
r  esercito  de'  Sanesi  mandato  centra  gli 
Aretini  in  aiuto  de'  Fiorentini  ;  veden- 
do i  suoi   disfatti  da' nemici  alla  pie- 
ve del  Toppo  ,  contado  d'Arezzo  ;  ben- 
ché potesse  colla  fuga  salvarsi,  dispe- 
ratamente si  cacciò  tra*  nemici,  e  volle 
essere  ucciso  piuttosto  che  vivere  in 
estrema  povertà.  In.  13 ,  120. 
Lapo  -  nome  corrotto  da  Iacopo  ;  frequen- 
te in  Firenze.  Par.  29  ,  103. 
Lapo   Salterello  -  giurisconsulto  fiorenti- 
no ,  molto  litigioso  e  maledico ,  e  av- 
versario del  nostro  Poetcì.  Par.  15,128.  [ 
Lalerano  •  parte  famosa  di  Roma,  quan- 
do Laterano  Alle  cose  mortali  andò  di 
$opra,  cioè  ,  quando  Roma  avanzò  di 
splendore  e  d'altezza  tutti  i  paesi  del 
mondo.  Par.  31  ,  35. 
Laterano  -  La  chiesa  di  s.  Giovan  Late- 
rano è  una  delle  principati  di  Roma  ; 
presso  la  quale  ermo  le  case  de*  si- 
gnori Colonnesi  ,  fatte   poi  disfare  da 
papa  Bonifacio  Vili.  In.  27 ,  86. 
Latina  terra  -  1*  Italia.  In.  27  ,  27.  28, 

71. 
Latini  ,  Brunetto  -  Io.  15  ,  33.  v.  Bru- 
netto. 
Latino  -  re  degli  Aborigini  ,  popoli  del- 
l' antica  Italia  ;  padre  di  Lavinia  ,  e 


suocero  d'  Enea.  In.  k  ,  125. 

Latino  -  per  Italiano.  In.  22 ,  65.  S7 
33.  29,  88,  91.   Pg.  7.  16.   ìì] 
58.  13 ,  92. 

Latona  -  figliuola  di  Geo  ,  la  quale  vio- 
lata  da  Giove ,  partorì   ad  un  corpo 
Apolline  e  Diana.  Pg.   20  ,  131.  Fi- 
glia di  Latona  per  la  luna.  Par.  10 
67.  22  ,  139.  Figli  di  Latona,  cioè, 
il  sole  e  la  luna.  Par.  29  ,  1.- 

Lavagne  •  fiume  della  riviera  di  Genova, 
tra  Siestri  e  Chiaveri  ;  da  cui  furono 


denominati  i  conti  di  Lavagno  di  casa 
Fieschi.  Pg.  19  ,  101. 
Lavina  o  Lavinia  -  figliuola  dì  Latino  re 
degli   Aborigini ,    popoli    antichissimi 
d'  Italia  ,  e  d'Amata  sua  moglie.  Co- 
stei fu  promessa  in  ìsposa  a  Turno  re 
de'  Rutuli  ;  ma   poi  fu  accoppiata  io 
matrimonio   ad  Ènea  ,  da  cui  Tomo 
rimase  ucciso.  In.  k  ,  126.  Pg.  n 
37.  Par.  6.3. 
Leandro  -  giovine  d*  Abido  ;  il  quale  in- 
namorato d*  Ero  ,  bellissima   donzella 
di  Sesto  ,  non  potendole  in  altro  modo 
parlare  ,  di  notte  passava  i'  Ellespon- 
to nuotando  ,  recandosi  in  lai  maniera 
in  braccio  dell'  amata  fanciulla.  Intor- 
no agli  amori  di  questi  due  gtovaoi , 
leggesi  un  elegante  poemetto  di  Musèo  * 
poeta  greco.  Pg.  28  ,  73.  v.  Àindo , 
Sesto. 
Learco  e  Melicerta  -figliuoli  d'Ataman- 

te.  In.  30  ,  5 ,  10.  v.  Atamanie. 
Leda  -  moglie  di  Tindaro  ;  della  città  di 
Amicla  in  Laconia.  Costei  ingravidata 
da  Giove  convertito  in  cigno  ,  partorì 
Castore  e  Polluce  ,  Elena  e  Cliteone- 
stra.  Nido  di  Leda ,  chiama  Dante  il 
segno  di  Gemini  che  ,  secondo  le  fa- 
vole ,  sono.  Castore  e  Polluce  nati  ad 
un  corpo.  Par.  27  ,  98. 
Lemosi  o  Limoges  -  citta  di  Francia;  po- 
sta nella   provincia  di   Guienna.    Pe 
26  ,  120.  V.  GerauU. 
Lenno  -  isola  dell*  Arcipelago  ,  detto  an- 
ticamente mare  Egeo  ;  dove  re&uò  I- 
sifile.  In.  18 ,  88. 
Leone  -  uno  de'  segni  dello  zodiaco  ;  do- 
micilio di  Marte  pianeta.    Par.  16 , 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


709 


37.  21  .  ik. 

Lerìci  0  Lerice  -  picciola  città  dello  stato 
di  Genova  ;  posta  nella  riviera  di  Le- 
vante. Pg.  3  ,  W. 

Lete-Pg.  26,  108.  28,  130.30,1*3. 

V.  Letto. 

Letéo  o  Lete  -  fìunie  infernale  ,  la  cui 
acqua  bevuta  induce  dimenticanza  di 
ogni  cosa  pa^^sata.  In.  H ,  131.  Pg. 
33  ,  06  ,  123.  V.  le  favole. 

Levi  0  Levi  -  uno  de'  figliuoli  del  patriar- 
ca Giacobbe  ,  e  capo  d*  una  delle  do- 
dici tribù  d*  Israele.  I  discendenti  di 
costui  furono  ,  per  comando  di  Dio , 
privati  del  patrimonio  temporale ,  e 
destinati  al  sacerdozio  e  alle  cura  del 
tempio  ;  e  vivevano  solamente  delie 
decime  che  al  Signore  si  offerivano. 
Pg.  16,  132. 

Lia  -  figliuola  di  Laban  ;  prima  moglie 
del  patriarca  Giacobbe  ,  intesa  per  l'a- 
zione, o  sia  vita  attiva.  Pg.  27^  101. 

Libano  •  monte  della  Seria ,  famoso  nelle 
scritture  sacre.  Pg.  30,  li. 

Libia  -  provincia  dell*  Affrica  ;  somma- 
mente arenosa ,  e  -piena  di  serpenti. 
In.  2*  ,  85. 

Libicocco  -  nome  di  demonio.  In.  21  , 
121.  22,  70. 

Libra  -  uno  de'  segni  dello  zodiaco  ;  di- 
stante sei  segni  dall'  Ariete.  Pg.  27  , 
3.  Par.  29  ,  2.  Dante  1'  accenna  per 
le  bilance,  Pg.  2  ,  5.  a  questo  segno 
quando  è  arrivato  il  sole  ,  comincia 
r  equinozio  d'  autunno  ;  cioè  le  notti 
SODO  eguali  a' giorni. 

Licurgo  di  Nemea  -  Pg.  26  ,  94.  v.  /- 
sifUe. 

Lilla  ^città  e  fortezza  della  Fiandra.  Pg. 
20  ,  46. 

Limbo  -  luogo  d'Inferno,  accennato.  Par. 

26,  118. 
Lino  -  figliuolo  d'Apolline  ,  e  della  mu- 
sa Tersicore  ;  sonatore  e  poeta  eccel- 
lentissimo. In.  4  ,  141. 

Dno  -  successore  di  s.  Pietro  nel  ponti- 
ficato ,  mori  martire.  Par.  27,  41. 
Livio  -  padovano  ,  istorico  delle  cose  ro- 
mane famosissimo.  In.  28 ,  12. 

Lizio  di  Valbona  -  cortese  e  valoroso  si- 


gnore. Pg.  14  ,  97* 

Loderingo  de  Liandolo  -  gentiluomo  bo- 
lognese ,  e  frate  Godente  ;  di  fazion 
Ghibellina  ;  eletto  ,  insieme  con  Cata- 
lano de' Malavolti,  podestà  di  Firenze* 
In.  23  ,  104.  V.  Catalano. 

Logodoro  -  un  certo  giudicato  o  giuris- 
dizione in  Sardigna.  Io.  22,  89. 

Lombardia  ,  e  Marca  Trivigiana  -  nobi- 
lissime province  d' Italia  ,  circonscrit- 
te. Pg.  16,  115.  Lombardia  intesa  per 
lo  dolce  piano  Che  da  YerceUo  a  Mar- 
cobo  dichina.  In.  28  ,  74. 

Lombardo  -  di  Lombardia.  In.  1  ,  68. 
23 ,  99.  Pg.  6 ,  61.  16  ,  46.  Il  gran 
Lombardo.  Par.  17  ,  71.  v.  della  Sca- 
la. Il  gemplice  Londìardo  ,  fu  detto 
Guido  da  Castello ,  gentiluomo  reggia- 
no. Pg.  16 ,  126.  Parlar  Lombardo^ 
cioè  ,  alla  foggia  de*  Lombardi.  In.  27, 
20. 

Longobardi  -  che  regnarono  in  Italia ,  ne- 
mici di  santa  chiesa  ,  sconfitti  da  Car- 
lo Magno.  Par.  6  ,  94.  e  segg. 

s.  Lorenzo  Martire  -  arrostito  sopra  una 
graticola.  Par.  4  ,  83. 

s.  Luca  Evangelista  -  Pg.  21  ,  7.  ciscon- 
scritto ,  e  accennato  come  scrittore 
degli  Atti  Apostolici ,  e  medico  di 
professione.  Pg.  29 ,  134  ,  e  segg. 

Lucano  -  poeta  spagnuolo  ,  da  Cordova. 
Scrisse  in  lingua  latina  dieci  libri  della 
Farsaglia  ,  ovvero  della  guerra  civile 
tra  Cesare  e  Pompeo.  È  candido  nello 
stile ,  e  abbonda  di  sentenze  ;  ma  i 
suoi  concetti  sono  troppo  Konfi  e  ri- 
cercati. In.  4  ,  90.  25  ,  94. 

Lucca  -  città  nobilissima  della  Toscana , 
che  a  modo  di  repubblica  si  governa. 
Ih.  18  ,  122.  33 ,  30.  Pg.  24  ,  20 , 
35.  accennata  da  Dante  sotto  il  nome 
di  santa  Zita.  In.  21  ,  38. 

Lucia  -  intesa  per  la  grazia  illuminante. 
In.  2  ,  97  ,  100.  Pg*  9,  56.  Par.  32, 
137.  forse  io  questo  luogo  s' intende 
s.  Lucia ,  vergine  e  martire  gloriosa* 

Lucifero  -  principe  una  volta  degli  ange-  « 
li  ribelli ,  e  ora  de'  demoni.  In.  31  , 
143.  34 ,  89.  accennato.  Pg.  12,  25. 
Par.  27  ,  26*  29 ,  56.  Colui  Che  pria 


710 


DIZIONARIO 


Tolse  le  spalle  al  suo  Fattore.  PiF.  9,  | 
127.  Il  primo  superbo  ,  e  la  somma 
d  ogni  creatura.  Par.  19  ,  {^6. 

Lucrezia  -  moglie  di  Tarquinio  CoUatkio, 
doDoa  castifisioia ,  che  violata  da  Sesto 
Tarquinio,  figliuolo  di  Tarquinio  Su- 
perbo re  di  Roma  ;  per  attentare  la 
ì<ua  innocenza  ,  di  propria  mano  s  uc- 
cise. In.  h  ,  128.  Par.  6,  M. 

Luigi  re  ài  Francia  ;  molti.  Pg.  20,  50. 

Luna  -  cagione  del  flusso  e  riflusso  del 
mare.  Par.  16 ,  82. 

Luui  -  antica  città  della  Toscana  »  nei 
con6ni  della  IJguria  ;  posta  sul  mare 
a  lato  alla  foce  della  Magra;  gii  di- 
chinata a*  tempi  di  Danto  ,  e  oggi  di- 
strutta ,  dal  suo  |)ome  però  il  paese 
d' intomo  si  chiama  Lunigiana»  in. 
20  ,  kl.  Par.  16 ,  73. 


M 


MaccabiM  -  cosi  si  chiamano  due  libri 
della  di^ina  scrittura,  dove  si  leggono' 
i  fatti  «r  una  valorosa  famiglia  ebrea 
di  ti  1  nome.  in.  19  ,  86. 

s.  Maccario  -  eremita  antichissimo.  Par. 
22  ,  49.  ma  di  tal  nome  furono  due 
uomini  santissimi. 

Macra  -  fiume  che  scendendo  dall' Apen> 
nino  ,  divide  la  Toscana  dal  Genove- 
sato.  Par.  9  ,  89. 

Madian  -  provincia  di  Palestina  ,  dove 
abitava  un  popolo  ferocissimo  ,  nemi- 
co degli  Ebroi.  Pg.  24  ,  126. 

M.iostro  Adamo  -  In.  30,  61.  v.  Adamo, 

Ma^ra  -  Val  di  Magra  ;  Luni^i^na,  pro- 
vincia posta  tra  la  To«icana  e  il  Ge- 
nove<»ato.  In.  24  ,  145. 

Maia  -  figliuola  iV  Atlar.te  ,  e  madre  di 
Mercurio  ,  prendesi  {k  r  io  pianeta  di 
Mercurio.  Par.  22  ^  144. 

Mainardo  o  Machinardo  Pagani  -  signore 
d' Imola  e  di  Faenza;  per  li  suoi  mal- 
vagi co.<(tumi  detto  per  soprannome  , 
Demonio  o  Diatxìlo.  Pg.  14 ,  118.  por- 
tava per  impresa  ub  leone  azzurro  o 
vermiglio  ,  in  campo  bianco.  Io.  27, 
50. 


Maiolica  -^  isola  del  Hediterraoeo ,  ricìoa 
alle  spiagge  di  Catalogna  provincia-  di 
Spagna  ;  anticamente  Balearù  aia/or* 
a  differenza^  di  Minorìca  ,  isola  vicioa, 
deità  Balearis  minor.  In.  28,  82. 

Maiorica  e  Minorìca  -  rette  e  vifaperate 
dal  re  Alfonso ,  zio  di  d.  Federigo  re 
di  Sicilia,  8  accenna.  Par*  19  ,  138. 

Malacoda  -  nome  di  demonio.  In.  21  , 
76  .  79. 

Malaspini  -  marchesi  di  Luoigiana  :  fami- 
dia  nobilissima  »  lodati.  Pg.  8,  118. 
124  ,  e  segg. 

Malatesta  il  vecchio ,  e  Malitestino  suo 
figliuolo  -  signori  di  Bimini .  intesi  da 
Dante  sotto  il  nome  di  mastinxteckio 
e  nuovo  da  Verrucchio.    In.  27  ,  46. 

Malatestino  -  tiranno  di  Rimini  ,  a  tempi 
di  Dante  ;  il  quale  avea  nn  occhio  so- 
lo ,  accennato.  In.  28 ,  85. 

Malebolge  ,  chiama  Dante  l*  ottaro  ff r- 
chio  del  suo  Inferno  il  quale  ai  àvi- 
de in  dieci  valloni  ,  dal  Poeta  hdfs 
chiamati;  bolgia  proprìamente  è  t^ 
già.  Io.  i8,  1.  21  ,  5.  24,  37.29. 
41. 

Malebranche ,  chiama  Dante  i  demoni 
che  guardano  la  quinta  bolgia  doveri 
puniscono  i  barattieri.  In.  21  ,  37. 
•22.  100.  23,  23.  33,  n2. 

Malta  -  rosi  chiamavasi  una  t^rre  di  Gt- 
tadella  ,  castello  nel  Padovano,  in  fon- 
do alla  quale  Azzolino  tiranno  cnidc^ 
lissimo  faceva  rinchiudere  al  buio  i 
suoi  nemici  :  cosi  il  Daniello  ;  ma  il 
Vellutello  e  1  Landino  scrivono ,  Mati- 
ta essere  un  fiume  che  n  etto  nel  1>- 
go  di  Bohena ,  dov*  è  una  torre  mi- 
la quale  in  perpetua  carcere  teneva  il 
papa  quei  cherici  che  avessero  com- 
messo peccato  irremissibile.  Par.  9. 
54. 

Manardi ,  Arrigo- v.  Arrigo. 

Manfredi  -  re  di  Puglia  e  ih  Sicilia ,  ai- 
pote  di  Gostanza  moglie  d*  Arrigo  V. 
imperadore.  Costui  fu  nemico  grandi»- 
Simo  della  Chiesa  «  e  fkialmente  mori 
scomunicato.  Pg.  3,  113.  ^ 

Manfredi  -  signori  di   Faenza.    In.  33 
118.  v.  Alberigo. 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


Tt 


71 1 


de*  Matifrodi ,  Trìbaldello  -  In.  82 ,  122. 
V.  TribaldeUo. 

Mangiadore ,  Pietro  -  v.  Pietro. 

Manto  -  donna  indovina  ,  figliuola  di  Ti- 
resia  tebano.  Costei  dopo  la  morte  del 
l>adre  ,  fuggendo  la  tirannide  di  Cre- 
onte ,  lascio  la  patria  ;  e  dopo  aver 
cercati  molti  paesi ,  venne  in  Italia 
dove  ingravidata  dal  fiume  Tiberino , 
partorì  Ocno  il  quale  poi  fondò  la  cit- 
tà di  Mantova  ,  chiamandola  dal  no- 
me di  sua  madre.  In.  20 ,  55.  accen- 
nata. Pg.  22.  ,113. 

Mantova  -  ciltà  forte  in  Lombardia ,  po- 
sta in  una  palude  fatta  dal  Alincio»  In. 
20,  93.  Pi^.  6,  72.  v.  Manto. 

Mantovana  villa  -cioè^a^m  \illa  del  con- 
tado di  Mantova.  Pg.  18,  83. 

Mantovani  -  cittadini  di  Mantu>a.  In.  1, 
CO. 

Mantovano-  In.  2,  58.  Pg.  6  ,  74.  7  , 
86. 

Mjonieltana  le^ge  -  Par.  15 ,  lt3. 

Maomelto  -  nativo  della  Mecca  ,  luogo 
in  Arabia  ;  uomo  di  viiissima  condizio- 
ne ,  il  quale  con  solenni  imposture  , 
afiermando  sé  essere  un  profeta  da  Dio 
mandato ,  sedusse  i  popoli  affricani 
ed  abiatici ,  e  lasciò  loro  una  nuova 
legge  contenuta  nel  libro  chiamato  Al- 
coruno  ;  apportando  infiniti  danni  alla 
Cristianità.  lu  28,  3L  6*2,  figurato 
dal  drago.  Pg.  32  ,  131. 

Marcabò  -  castello  sulla  foce  del  Po  ;  non 
molto  lontano  da  Ravenna  ;  disfatto 
dalla  famiglia  da  Polenta.  In.  28,  75* 

Marca  d' Ancona  -  provincia  d' Italia  ^  po- 
sta tra  la  Romagna  e  la  Puglia ,  ac- 
cennata. Pg.  5 ,  68. 

Marca  Trivigiaua  ,  e  Lombardia  •  Pro- 
vincie d  Italia,  circonscritte.  Pg.  16, 
Ilo.  Par.  9,  44-.  Una  parte  della  pri- 
ma ,  dov'  è  il  castello  di  Romano ,  cir- 
conscritta. Par.  9  ,  25. 

Marcello  -  di  questo  nome  furono  in  Ro- 
ma molti  uomini  segnalatissimi  ;  ma 
in  particolare  quegli  eh*  espugnò  Sira- 
cusa ,  e  l'altro  che  s*  oppose  alla  tiran- 
nide di  Giulio  Cesare.  Pg.  6 ,  125. 

m.  Marchese  de'  Rigogliosi  -  di  Forlì  ;  ca- 


valiere ;  grandissimo  bevitore.  Pg.  24  , 
31, 

Marco  -  nobile  viniziano  ,  dal  Poeta  no« 
stro  chiamato  Lombardo  ;  uomo  di  gran 
valore ,  e  pratico  delle  corti  ;  ma  fa- 
cile a  montare  in  collera.  Pg.  16  , 
46 ,  130. 

Mardocheo  -  padre  d' Ester  nàoglie  d' As- 
suero re  di  Persia.  Pg.  17,  29.  v. 
Aman. 

Maremma-  tratto  di  paese  tra  Pisa  e  Sie- 
na ,  lungo  la  manna  ;  d'aria  mal  sa- 
na ,  in  particolare  l'agosto.  le.  29  , 
48.  P^'.  5  ,  134. 

Margherita  -  nioglie  di  d.  lacouio  red'  A- 
ragona.  Pg.  7 ,  12o. 

Maria  -  donna  ebrea ,  che  in  tempo  de^ 
r  assedio  di  Gerusaleinnie  ,  vinta  da 
rabbiosissima  fame  ,  2>i  mauJò  un  suo 
fìgliuoliiio.  Pg.  23  .  30. 

Maria  Verdino-  Pg.  3  ,  ;]9.  5 ,  101.  8, 
37.  10,  41,  50.  13  .  oO,  20,  19, 
97.  Par.  3 ,  122.  4 .  30.  11,71.  13, 
84.  14,  36.  23,  88,  e  se^-.  ili  , 
126,  137.  32,  29.  95.  107,  113.  lo- 
data* Par.  33 ,  1  ,  e  st^gg.  accenouta. 
Par.  32  ,  85  ,  104  ,  134. 

Maria  Vergine -si  porta  con  fretta  a  vi- 
sitare s.  Elisabetta.  Pg.  18,  100.  suo 
parto*  Par.  16,  35.  smarrisce  il  suo 
Figliuolo  in  Gerusalemme ,  e  poi  Io  ri- 
trova nel  tempio  tra' dottori.  Pg.  15, 
88,  e  segg.  alle  nozze  di  Caua  Gali- 
lea »  muovesi  a  compassione  degli  spo- 
si, a' quali  mancara  il  vino.  Pg.  22, 
142.  alla  croce.  Pg.  33, 6.  accennasi  es- 
sere in  Cielo  coir  anima  e  col  corpo. 
Par.  25,  128.  Regina  del  Cielo.  Par. 
31 ,  100  ,  116.  detta  Oriafiamma  pa- 
cifica. Par.  31 ,  127.  v,.  la  nota  de- 
gli Accademici  sopra  questo  passo , 
chiamata  Aug%itta.  Par.  32 ,  ll9.  ri- 
chiude ed  unge  la  piaga  aperta  e  pun- 
ta da  Eva.  Par.  32  ,  4.  v.  £«a.  invo- 
cata dalla  madre  di  m.  Cacciaguida  , 
antenato  del  Poeta  ,  quando  stava  per 
partorirlo.  Par.  15 ,  133. 

Marrocco  -  anticamente  Mauritania,  pro- 
vincia litorale  e  occidentale  dell' Affri- 
ca. In.  26 ,  104.  Pg.  4  ,  139. 


712 


DIZIONARIO. 


Marsia -  satiro  di  Frigia,  eccellente  nel 
sonare  la  cornamusa  ;  per  la  qual  do- 
te montato  in  superbia  ,  ebbe  ardire 
di  sfidare  Apollo  a  suonare  con  esso 
lui  :  ma  vinto  dal  quel  Dio  ,  in  pena 
della  sua  temerità ,  fu  dal  medesimo 
scorticato.  Par.  1  ,  20.  v.  Ovidio  nel 
6.  delle  Trasformazioni. 

Marsilia  -  città  nobilissima  di  Provenza  in 
Francia ,  assediata  da  Bruto  per  co- 
mando di  Cesare.  Pg.  18,  102.  v.  Fol- 


co. 


Marte  -  figliuolo  di  Giunone  ,  resa  gravi- 
da neir  odorare  un  fiore.  Finsero  i  poe- 
ti ,  che  costui  fosse  il  Dio  delle  guer- 
re. In.  21.  H5  31,  51.  Pg.  12, 
31.  Par.  k ,  63.  figliuolo  di  Giove , 
secondo  Dante.  Par.  22 ,  146.  credu- 
to padre  di  Quirino  o  Romulo.  Par. 
8,  132.  protettore  di  Fiorenza  ancora 
pagana,  accenato.  In.  13,  IW.  Par. 

16 ,  W. 

Marte  -  appiè  della  base  ov*  era  la  statua 
di  Marte  ,  in  capo  al  Ponte  Vecchio 
in  Firenze,  fu  ucciso  Buondelmonte 
de' Buondelmonti.  Par.  16,  145.' 

Marte  -  uno  de*  sette  pianeti  o  stelle  er^ 
ranti ,  posto  tra  Giovò  e  il  sole.  Pg . 
2,  14.  Par.  14,  101.  27,  14.  à  il 
suo  domicilio  nel  Leone  celeste.  Par. 
16  ,  38.  compisce  il  suo  giro  nel  ter- 
mine d*  anni  du^.  Par.  16 ,  37.  17  , 

80. 

Martino  -  ser  Martino;  per  qualunque  o- 
miciattolo  idiota.  Par.  13,  139. 

Martino  IV.  -  sommo  pontefice  ,  nativo 
dì  Torso  0  Tours ,  città  di  Francia. 
Dicono  eh*  egli  si  dilettasse  di  cibi  mol- 
to squisiti ,  e  che  mangiasse  le  an- 
guille fatte  morire  nella  vernaccia.  Pg. 
24  ,  20  .  e  segg. 

Martia  -  moglie  di  Catone  Uticense.  In. 
4 ,  128.  Pg.  1  .  79 ,  85. 

Marzucco  degli  Scoringiani  -  da  Pisa ,  ca- 
valiere e  dottore  ;  il  quale  per  certo 
accidente  occorsogli ,  fattosi  frate  Mi- 
nore ♦  sopportò  con  gran  fortezza  d*  a- 
Dimo  r  uccisione  di  Farinata  suo  fi- 
gliuolo ,  e  baciò  la  mano  dell'  omici- 
da. Pg.  6 .  18. 


Mascheroni ,  Sassolo  -  GoraDtioo.  Io.  2B' 
65.  V.  SastoL 

Mastro  Adamo  -  In.   30  »  104.  3.  Aith 
ino. 

Matelda ,  contessa  -  figliuola  d*  liba  figUoo- 
la  deir  imperador  di  CosUntinopoli , 
che  possedette  in  Italia  molto  paese , 
ed  arricchì  la  chiesa  romana  di  quel- 
lo stato  che  chiamasi  Patrimonio  di 
s.  Pietro.  Fu  donna  prudentissima  e 
di  santi  costumi.  Dante  la  pone  per 
la  vita  attiva ,  ma  inoocente  e  since- 
ra. Pg.  28 .  40 .  e  segg.  31 ,  92.  32. 
28  .  82.  33 ,  119. 

Matteo  d*  Acquasparta  -  scrìvendo  sopra 
le  Sentenze ,  venne  a  ristringer  trop- 
po la  regola  di  s.  Francesco.  Par.  I2. 
124. 

s.  Mattia  Apostolo  -  successore  di  Giu- 
da Scariotto  nell*  apostolato.  In.  19, 
94. 

Medea  -  figliuola  d' Età  re  di  Coleo ,  gran- 
dissima maga  ;  la  quale  innamoratasi 
di  Giasone  venuto  a  ripetere  il  Tello 
deli*  oro ,  1*  ajutò  in  maniera  co*  sno' in- 
cantesimi ,  in  eh'  egli  rimase  vincitor 
dell'impresa.  Fuggì  poi  dalla  patria 
insieme  con  lui  ;  ma  poscia  dal  mede- 
simo abbandonata  per  altra  donna ,  fe- 
ce del  torto  ricevuto  memorabile  e 
crudel  vendetta.  In.  18,  96.  Di  co- 
stei si  è  parlato  abbastanza  alla  voce 
fanone. 

Medicina  -  luogo  nel  territorio  di  Bolo- 
gna.  In.  28  ,  73. 

Mediterraneo  mare  -  chiamato  dal  Poe- 
ta ,  La  maggior  valle  in  che  C  acque 
ii  spanda  >  eccetto  1*  Oceano.  Par.  9. 
82. 

M^usa  -  figliuola  di  Forco  ,  Dìo  del  mi- 
re  ;  giovane  di  bellissimo  aspetto .  U 
quale  essendo  stata  stuprata  da  Netta- 
no nel  tempio  di  Pallade  ,  sdegnata  la 
Dea,  le  trasformò  i  capelli  in  serpenti . 
e  fece  che  chiunque  la  mirasse,  in  sas- 
so fosse  convertito,  e.simil  forza  riten- 
ne la  sua  testa  ,  tagliatale  da  Perseo. 
In.  9 ,  !%. 

Megera -una  delle  Furie  infernali.  Is. 
9,  46. 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


713 


Melanesi  *  Milanesi.  Pg.  8.  80. 
Melano  -Milano»  città  nobilissima  dil^m- 
bardia;  disfatta  da  Federigo   Barba- 
rossa  imperadore.  Pg.  18 ,  120. 

Melchisedech  -  gran  sacerdote  dell*  Altis- 
simo ,  a'  tempi  di  Abramo;  è  posto  dal 
Poeta  per  qualunque  uomo  di  chiesa. 
Par.  8  ,  125. 

Meleagro  -  figliuolo  d*  Eneo  re  di  Cali- 
donia ,  e  'd' Altea.  Dicono  le  favole  , 
che  nascendo  costui ,  vide  la  madre 
sua  porre  alle  Fate  un  legno  sul  luo- 
co  ;  e  udì  loro  dire  che  tÌDinto  il  fan- 
ciullo vivrebbe  »  quanto  stesse  a  consu- 
marsi quel  legno  :  per  la  qualcosa  Al- 
tea fece  trarre  il  legno  dal  fuoco  ,  e 
smorzatolo  ,  il  conservò  diligentemen- 
te. Cresciuto  poi  Meleagro  ,  avvenne 
che  per  certa  ingiuria  fatta  ad  Atalan- 
ta  ,  sua  innamorata  ,  dadueziidi  lui, 
fratelli  d'Altea  (  del  qual  torto  è  da 
leggersi  Ovidio  neirS.  delle  Trasfor- 
mazioni )  ,  sdegnato  fieramente  il  gio- 
vane ,  amendue  gli  uccise.  La  qual 
nuova  portata  ad  Altea  ,  la  riempi  di 
tant'odto  centra  il  figliuolo,  che  pose 
di  nuovo  il  legno  fatale  sul  fuoco  ;  e 
mentre  quello  si  consumava  ,  stnigge- 
vasi  ancora  Meleagro  ,  fino  a  morir- 
ne interamente.  Pg.  25 ,  22. 

Mdicerta  e  Learco  -  figliuoli  d*  Ataman- 
te.  In.  30,  5.  v.  Auimante. 

Melisso  -  gran  filosofo  ,  nato  neir  isola 
di  Samo.  Par.  13  ,  125. 

Menalippo  -  tebano  ,  uccisore  di  Tideo. 
In.  32,  131. 

Mercurio  -  figliuolo  di  Giove  e  di  Maia, 
nunzio  degli  Dei ,  notissimo  nelle  fa- 
vole. Par.  h  ,  63. 

Mercurio  pianeta  ;  e  suo  cielo-  Par.  5, 
96 ,  e  segg. 

Metello  -  tribuno  della  plebe  ,  che  si  op- 
pose a  Giulio  Cesare  sulle  soglie  del 
tempio  di  Giove  Capitolino  ,  per  difen- 
dere dalla  rapacità  di  colui  i*  erario 
pubblico;  ma  indarno,  perchè  a  viva 
forza  ne  fu  rìspinto.  Pg.  9  ,  138. 

s.  Michele  Arcangelo  -  vinci tor  di  Luci- 
fero. In.  7,  11  ,  Pg.  13,  51,  Par. 
4,  W. 


Michele  Scotto-  famoso  astrologo  e  ma- 
go di  Federigo  11.  imperadore ,  a  cui 
predisse  il  luogo  e  la  maniera  della 
morte.  Pi  costui  si  narrano  mille  pro- 
digi. In.  20,  116. 

Michel  Zanche  -  In.  33  ,  ìhh.  y.  Zanche, 

Micol  -  figliuola  di  Saule  re  d*  Israele  , 
e  moglie  di  Davide  ;  donna  superba. 
Costei  disprezzò  il  marito ,  in  suo  cuo- 
re, perchè  Tavea  veduto  danzare;  in 
abito  succinto  avanti  Tarca  dal  Signo- 
re. Pg.  10  ,  68  ,  72. 

Mida  -  re  di  Fri^a,  il  quale  stimolato  da 
immensa  avarizia  »  impetrò  da  Bacco , 
che  tutto  ciò  eh*  ei  toccava ,  diventas- 
se oro,  ma  pentissi  poi  della  sua  scioc- 
ca dimanda,  quando  vide  anche  il  pa- 
ne e  le  vivande  in  oro  cangiarsi,  rg. 
20 ,  106. 

Mincio -fiume  di  Lombardia  ,  ch'esce 
del  lago  di  Garda  ,  e  mette  in  Po.  In. 
20,  77. 

Minerva  -«  Dea  dell'  arti  e  degl*  ing^i  , 
secondo  U  favole  ;  sempre  vergine  :  na- 
ta del  capo  di  Giove  ,  senz  aiuto  di 
donna.  Par.  2 ,  8.  Fronde  di  MMer- 
va,  V  uKvo ,  sacro  a  quella  Dea.  Pg. 
30.  68. 

Minói  -  per  la  rima,  lo  stesso  che  Minos. 
Par.  13 ,  Ifc. 

Minos  -  figliuolo  di  Giove  e  d*  Europa  ^ 
re  e  leglstore  de'  Cretensi  ;  uomo  d  in- 
contaminata e  severa  ghistizia  ;  il  qua- 
le finsero  i  poeti  che  fosse  giudice  all'In- 
ferno insieme  con  Eaco  e  Rada  manto. 
In.  6,  fc,  17.  13,  96.  20,  36.27, 
124.  29  ,  120.  Pfe.  1  ,  77. 

Minotauro  -  mostro  composto  di  due  na- 
ture ,  umana  e  bovina  ;  il  quale  fin- 
sero i  poeti  che  fosse  generato  da  nn 
toro  col  quale  si  congiunse  Pasife  mo- 
glie di  Minos  re  di  Creta  ,  donna  di 
lussuria  bestiale.  Costei  rinchiusa  in 
una  vacca  di  legno  fabbricata  da  De- 
dalo ,  recò  ad  effetto  il  suo  nefando 
proponimento  ;  e  fu  madre  del  Mino- 
tauro ,  il  quale  poi  fu  nasco.«to  in  un 
laberinto  a  tal  fine  fatto  edifioare  dal 
re,  e  finalmente  fu  ucciso  da  Teseo, 
principe  d'Atene,   paote  lo  chiama 

90 


7U 


DIZIONARIO 


infamia  Di  Cnii.  In.  12 ,  12  ,  25. 

la  Mira  -  luogo  del  Padovano  ;  posto  sul- 
la BrenU.  Pg.  5 ,  79. 

Uirra  -  Cgliuola  di  CiDara  re  di  Cipri , 
che  iDDamoratasi  del  padre,  operò  si , 
che  venne  a  giacersi  con  lui  senza 
eh'  egli  la  conoscesse.  Io.  30  ,  38.  v. 
Ovidio  nel  10.  delle  Trasformazioni  , 
dove  altre  cose  di  lei  si  leggono. 

Modite  -  figliuolo  di  Artù  re  della  Gran 
Bretagna  ;  il  quale  divenuto  ribelle  del 
padre  ,  si  pose  un  giorno  in  agùato 
per  ammazzarlo  :  ma  il  valoroso  re  , 
scoperte  V  insidie  ,  passò  da  banda  a 
banda  il  figliuolo  con  la  lancia  nel  pet- 
to ,  si  fattamente,  che  coloro  che  guar- 
davano ,  videro  passare  il  sole  per  la 
piaga.  In.  32 ,  GÌ. 

Modena  -  città  di  Lombardia  ;  espugnata 
da  Ottaviano  cesare.  Par.  6  ,  75. 

Moisè  -  capitano  e  legislatore  del  popolo 
ebreo  ;  personaggio  notissimo  nelle  sa- 
cre carte.  Io.  k  .  57.  Par.  &,  29.  26, 
41.  accennato.  Par.  32 ,  131.  scrive 
i  cinque  primi  libri  della  sacra  scrit- 
tura ,  che  sono  chiamati  il  PeiUateuco. 
Par.  24, 136.  assiste  alla  trasfigurazion 
del  Signore.  Pg.  89,  80. 

Molta  -  fiume  che  passa  per  Praga  città 
capitale  di  Boemmia  ,  e  si  scarica  in 
Albia.  Pg.  7  ,  99. 

Monaldi  e  Filippeschi  -  due  famiglie  con- 
trarie in  Orvieto  ,  a'  tempi  di  Dante. 
Pg.  6  ,  107. 

Monda  -  città  di  Spagna  ,  presso  )a  qua- 
le Giulio  Cesare  vinse  Labieno  e  i  due 
figliuoli  di  Pompeo  ,  cosi  imponendo 
fine  alla  guerra  civile,  s*  accenna.  Par. 
G,  72. 

Monferrato  -  ducato  d*  Italia  ,  posto  tra  1 
Milanese ,  il  Piemonte  e  1  Genovese. 
Pg.  7 .  136. 

Mongibello  o  Etna  -  monte  altissimo  di 
Sicilia ,  presso  la  città  di  Catania  ; 
donde  escono  fiamme  con  sassi  e  bi- 
tume ;  sotto  il  quale  finsero  i  poeti 
essere  la  fucina  di  Vulcano.  In,  14  , 
56.  Par.  8  ,  67.  v.  Etna. 

Montagna  -  nobilissimo  cavaliere  ,  capo 
di  parte  Ghibellina;  crudelmente  fatto 


morire  da  Malatesti,  aigoori  ìRimim. 
In.  27  ,  47. 

Hontaperti  -  luogo  di  Toscana  ,  dove  i 
Guelfi  in  nomerò  di  quattromila  furo- 
no tagliati  a  pezzi  da'  GbibeUioi ,  per 
tradimento  di  m.  Bocci  degli  AÙti 
fiorentino.  In.  32  ,  81. 

Monlecclii  -  famiglia  potente  in  Verona , 
che  insieme  co*  Cappelletti  cacciò  ài 
quella  città  Azze  II.  marchese  di  Fer- 
rara ,  che  n*  era  governatore  ;  btiicbe 
poi  egli  vi  ritornasse  coir  aiuto  de*  con- 
ti di  8.  Bonifazio.  Pg.  6  ,  106. 

Monte  di  s.  Giuliano  -  detto  anche  Monte 
Pisano  ;  posto  tra  Pisa  e  Lutea.  In. 
33  ,  29. 

Montefeltro  -  Y.  Guido  di  Carpiona. 

Montefeltro  -  famiglia  nobilissima  ;  coA 
nominata  dal  luogo.  Pg.  5  •  88  v.  £tio«- 
conte. 

Montemalo  -  luogo  vicino  a  Roma,  donde 
si  veggiono  i  superbi  edifici  posti  dentru 
e  fuori  della  città.  Par.  15  ,  109. 

Montemurlo  -  castello  in  Toscana  ,  non 
lontano  da  Prato  ;  che  fu  de*  conti  Gui- 
di. Par.  16,  64. 

Montereggione  -  castello  de*  Sanesi ,  cir- 
condato di  torri.  In.  31  ,  41. 

Montone  -  fiume  d* Italia,  il  quale  scenden- 
do dall'Apennino ,  corre  presso  le  mura 
di  Forìl  ;  e  quindi  partendo ,  di  là  da 
Ravenna  sbocca  nell*  Adriatico,  accen- 
nato. In.  16  ,  94. 

Montone  -  segno  dello  zodiaco.  Par.  29 . 
2.  V.  Ariete. 

Montone  dal  vello  dell*  oro  -  attaccato  in 
Coleo  da  Frisso  nel  tempio  di  Marta  ; 
e  dopo  molto  tempo  ricuperato  da  (ìia- 
sono  e  dagli  Argonanti.  In.  18  ,  87.  u 
Ia$one  e  le  favole. 

Morente  -  fratello  di  Cacciaguida  antena- 
to di  Dante.  Par.  15 ,  136. 

il  Mosca  -  In.  6  »  80.  v.  ilTos^a  degli  Vbtr- 
ti. 

Mosca  degli  liberti  o  de*  Lamberti  -  nobi- 
lissimo cavalier  fiorentino  ,  il  quale  die- 
de il  consiglio  che  si  dovesse  ammana- 
re  Buondelmonte ,  anch'  egli  uomo  prin- 
cipalissimo  di  quella  città ,  che  aven- 
do promesso  di  prender  per  moglie  una 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


7J5 


degli  Àmidei ,  non  attenendo  lor  la  pro- 
messa, sposò  in  vece  una  de'I>onati, 
r  uccisione  del  qual  giovane  introdusse 
in  Firenze  le  pestilenti  fazioni  de*  Ne- 
ri e  de*  Bianchi ,  con  danno  gravissi- 
mo degli  UberU.  In.  38 ,  106. 

de*  Mozzi,  Andrea  -  vescovo  di  Firenze; 
uomo  macchiato  di  brutto  vizio,  il  qua- 
le fu  da  Niccola  IH.  sommo  pontefice , 
secondo  il  Landino  ;  ma  secondo  l'aba- 
te UgheUi ,  da  Bonifazio  VIIL  fatto 
passare  dal  vescovato  di  Firenze  a  quel- 
lo di  Vicenza  ,  acennato.  In.  15  ,  112. 

Muse  -  Finsero  gli  antichi  poeti ,  che  que- 
ste fossero  nove  sorelle ,  figliuole  di 
(lieve  e  di  Mnemosine  ,  alle  quali  era- 
no sacri  i  monti  Pamasso ,  Pindo  , 
Elicona  ;  erano  presidenti  alle  arti  li- 
berali ,  ma  principalmente  alla  poesia 
e  alla  musica  ,  i  loro  nomi  furono  : 
Clio  ,  Calliope  ,  Euterpe  ,  Melpome^ 
ne  ,  Tersicore  ,  Pólinnia  ,  ErtUo  ,  Ta- 
lia,  Urania,  In.  2,  7.  Pg.  1,8.  Par. 
2  .  9.  12  ,  7.  23  ,  56.  Nutrici  de'poe- 
ti.  Pg.  22, 105.  Vergini  sacroiante.  Pg. 
29 ,  37.  accennate.  In.  32 ,  10. 

Muzio  Scevola  -  nobilissimo  Romano ,  il 
quale,  assediando  Persona  re  di  To- 
scana, la  città  di  Roma  ,  si  portò  agli 
alloggiamenti  del  nimico  per  ucciderlo  ; 
e  quivi  arrivato ,  non  conoscendolo  , 
uccise  in  vece  di  lui  un  suo  favorito  ; 
ma  accortosi  poi  dell*  errore  ,  mise  ad 
arder  la  propria  mano  nel  fuoco  pre- 
parato per  lo  sacrifizio.  Par.  i^ ,  84.  v. 
Tito  Livio  nel  2.  libro  delle  Storie. 


N 

>'abuccodonosorre  -  re  degli  Assiri,  dor- 
mendo vide  una  volta  un  orribil  so- 
gno ;  del  qual  sogno  non  ricordandosi 
poi  la  mattina  ,  mandò  per  tutti  li  sa- 
vi di  Babillonia ,  promettendo  premi 
a  coloro  che  glielo  avessero  ricordato 
e  spiegato,  e  minacciando  di  morte  gli 
altri  che  ciò  non  avessero  saputo  fare; 
ma  Daniello  ,  fatta  orazione  co*  suoi 
compagni ,  per  ispirazione  divina  ven- 
ne a  sapere  e  il  sogno  ,  e  come  si  do- 


vesse spiegare  ;  e  in  tal  maniera  quie- 
tò r  animo  del  re  ,  e  plUcò  1*  ira  di  es- 
so. Par.  i  ,  ik. 

Naiàde  -  coli'  accento  acuto  sulla  secon- 
da sillaba  ,  in  rima,  per  Naiadi ,  cioò 
Ninfe  de*  fonti  e  de' fiumi.  Narrano  Je 
favole  ,  che  essendosi  messe  tali  Dee 
a  predire  le  cose  future  »  sdegnata  Te- 
mi ,  come  quella  a  cui  più  non  si  di- 
mandavano i  responsi  ,  mandò  nel  di- 
stretto di  Tebe  un  ferocissimo  cinghia- 
le che  dava  il  guasto  alle  biade  ,  e  di- 
vorava le  greggio.  Pg.  33 .  49. 

Napoleone  degli  Alberti  -  In.  32,  55 ,  e 
segg.  V.  Mestandro. 

Napoli  -  città  principalissima  d' Italia,  po- 
sta in  Terra  di  Lavoro ,  e  capo  di  mol- 
te Provincie  ;  anticamente  chiamata  Par- 
thenope;  in  essa  fu  sepolto  Virgilio.  Pg. 
3,  27. 

Narcisso  -  bellissimo  giovane  ,  figliuolo 
del  fiume  Gefiso  ,  e  di  Lìriope  ;  il  qua- 
le non  volendo  corrispondere  in  amore 
alle  Ninfe  che  per  lui  si  struggevano, 
avvenne  che  guardandosi  egli  una  vol- 
ta in  un  limpidissimo  fonte ,  s'innamo- 
rò di  so  stesso  ,  e  dimenticatosi  del 
mangiare  e  del  bere ,  se  ne  mori ,  e 
fu  convertito  nel  fiore  del  suo  nome. 
In.  30 ,  128.  accennato.  Par.  3 ,  18. 

Nassidio  -  soldato  nell*  esercito  di  Cato- 
ne in  Affrica.  Costui ,  se  crediamo  a 
Lucano  nel  9.  della  Farsaglia  ,  punto 
da  una  serpe  velenosissima ,  si  gonfiò 
in  maniera ,  che  venne  a  scoppiare  , 
mandando  fuori  le  interiora.  In.  25,  95. 

Natan  -  profeta  ,  il   quale  per  comanda- 
mento di  Dio  riprese  J)avide  dell*  adul- 
terio da  Itti  comesso  colla  moglie  d*  Uria. 
Par.  12 .  136* 
Navarra  -  provincia  confinante  cdla  Spa- 
gna ,  e  divisa  dalla  Francia  col  mez- 
zo de*  monti   Pirenei  ;  oggi  posseduta 
da* Francesi.  In.  ^,48.  Par.  19 ,  143 
Navarrese-di  Navarra.  In.  22,  121. 
Nazzarette  -  città  di  Galilea  ,  dove  segui 
1*  incarnazione  del  Verbo  Divino.  Par. 
9 ,  137. 
Negri  o  Neri  -  fazione  in  Toscana ,  a*  tem- 
pi di  Dante.  In.  24 ,  143. 


716 


DIZIONARIO 


Nella  -  moglie  di  m.  Forese  fiorentino  ; 
donna  molto  pia.  Pg.  23  ,  87.  y.  Fo- 
nte. 

Nembrotto  o  Nembrotte  -  personaggio  no- 
tissimo per  la  sacra  scrittura  ;  uomo 
di  superbi  pensieri  il  quale  cominciò 
a  fabbricare  la  torre  di  Babelle  con 
animo  di  giugnere  sino  alle  stelle»  nra 
Dio  ,  confondendo  i  linguaggi  de'lavb* 
ratorì  ,  deluse  il  suo  pazzo  distegne. 
In,  31  ,  77.  Pg.  12  ,  3*.  Par,  26 ,  m. 
,  Nerli  -  famiglia  nobile  fiorentina»  «ino  de' 
suoi  consorti,  ma  senza  nome,  Vi6ne 
accennalo.  Par.  tS ,  115. 

Nesso  •  Ci^ntauro ,  ucciso  da  Ercole  egn 
una  freccia  ,  perchè  avendosegli  ofier« 
to  di  trasportare  sulle  sue  groppe  De- 
ianìra  moglie  di  lui ,  di  là  dal  fiume 
Eveno  ;  quando  fu  giunto  air  altra  ri- 
va ,  la  voile  f  (l)rz^'e«  In.  12 ,  67,  98. 
13,  i. 
Nettuno  o  Nettunno  -  Dtodel  m^QO;  figliuo- 
lo di  Saturno  e  di  Cibele.  In.  28  ,  83. 
ammira  1*  ombra  della  nave  Argo  che 

Srìma  d*  c^o'  altra  solcò  il  mare.  Par. 
3,  96. 
s.  Niccolao- vescovo  di  Bari,  che  sovven- 
ne con  tre  boise  d*oro  a  tre  fanciulla 
da  marito ,  dotate  di  somma  beQezza , 
ma  altrettanto  povere  ,   e  perciò   ]la- 
ste  in  pericola  di  vendere  T  onestà  io- 
ro.  Pg.  20  ,  32. 
Niccola  III.  •»  sommo  pontefice  ,  della  fa- 
miglia Orsiffii  di  Roma  ;  posto  tia  Dan- 
te fra'  simoniaci  :  ma  altri  tengono  che 
fosse  degno  pontelìcei    In.  19 ,  31.  e 

Niccolò  Salimben^  ricchissimo  giovane  $a« 
nese  ,  ma  scialacquatore  fuor  di  mi- 
sura ;  il  quale  fu  il  primo  a  condire 
fagiani  con  garofani  ed  altra  maniera 
di  spezierfe.  in.  29, 127.  v.  lo  Stricea, 

Nicosia  -  coir  accento  acuto  sulla  penul- 
tima; città  principale  dell'isola  di  Ci- 
pri. Par.  19  ,  ii^6. 

Nilo  -  fiume  grossissimo  d*  Egitto  ,  che 
nasce  nell'  Etiopia ,  e  si  scarica  per  set- 
te foci  nel  Mediterraneo.  In.  3& ,  45. 
Pg.  ^  ,  6i^.  Par.  6  ,  66.  qui  s'accen- 
na la  guerra  alessandrina  di  Giulio  Ce- 


sare. Le  fonti  del  Nilo  presM  gli  aa- 
tichi  erano  incognite. 
Ninfe  ,  propriamente  foroD  dette  le  Dee 
presidenti  ali*  acque  ,  che  Naiadi  e  Ne- 
reidi  ancora  si  chiamarono  ;  le  prime, 
abitatrici  de*  fiumi  ;  le  seconde ,  del  ma- 
re :  ma  per  figura  catacresi  ebbero  que- 
sto nome  altresì  le  Ortadi^  cioè  4e  Dee 
de'  monti  ;  e  le  Napet ,    o  Dee  deUe 
valli  ;  e  finalmente  le  Driadi  e  le  Awm- 
driadi .  Dee  delle  selve  e  d^li  alberi. 
Pg.  29  ,  4.  31  .  106. 
Ninfe  ,  chiama  Dante  le  virtù  teologali  e 

cardinali.  Pg.  32  ,  98. 
Ninfe  eteme  ,  chiama  Dante  le  stelle.  Par. 

89,  26. 
Nino  •  re  #agU  Atsjrl ,  marito  di  Semi- 
ramide, m.  &,  59.  V.  SbaUramii. 
Nirg>-4^1I«  casa  de' Visconti   di   Pba; 
uomo  gentlfe  .  e  m^Uo  cobusta  di  cor- 
po ;  giudice  del  dudli^to  di   Galhira 
in  Sardigna.  Pg.  8 ,  5» ,  t09. 
Niofae  -  figliuola  di   Tantalo  ,   e    moglie 
d' Anfione  re  di  Tebe.  Co^ei  e&e  di 
suQ  marito  sette  figliuoli  maschi  e  lette 
femmine;  per  la  qual  cosa  oltre  misura 
insuperbita  •  non  voleva  che  le  geliti 
sacrificassero  a  Latona  madre  d*  Apol- 
lo e  di  Diana ,  ma  piuttosto  a  lei.  Sde- 
goati  perciò  que'  Numi  ,  gli  uccisero 
colle  saette  i  figliuoìi  ,    Apollo  i  ma- 
schi, e  Diana  le  femmine;  e  lei  pian- 
gente convertirono  in  sasso.  P|.  i2«  37. 
Xiso  *  giovane  troiano  ,  amico  a  Eurialo. 
In.  1 ,  108.  V.  Viralo  nel  9.  deU'E- 
neida. 
Ko^rosi  0  Novaresi  -  popoli  di  Novara, 
città  (dello  stato  di  Milano,  in.  28  ,59. 
v«  Dolcino. 
Noc^ra-oittà  dell'Umbria;  soggetta  a' Pe- 
rugini a'  tempi  del  Poeta  «   e  da  loro 
molto  aggravata.  Par.  li  ,  i8. 
Noè  -  patriarca  •    che  rinchiuso  nell'ar- 
ca da  lui  fabbricata  ,  eoo  altri  sette 
delia  sua  famiglia  ,  scampò  dall*  uuivo^ 
sale  diluvio.  In.  k ,  56.  Pose  Dio  un 
patto  col  patriarca  Noè  ,   che  quando 
gli  uomini  vedessero  apparir  nelle  na- 
vale r  arcobaleno  ,  potf ebbero  ^issicu- 
rarsi  che  il  diluvio  universale  non  ri- 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


717 


tornerebbe  mai  più.  Par.  12,  17. 

Noli  •  terra  del  Genovese ,  posta  io  una 
vaile.  Pg.  k  ,  25. 

Normandia  •  provincia  di  Francia  ;  occu- 
pata da' discendenti  d' Ugo  Ciapetta.  Pg. 
20  .  66. 

.Norvegia  «  provincia  e  reame  settentrio- 
nale, suo  re  biasimato.  Par.  19,139. 

Notaio  •  Pg.  Si^i  56.  v.  Iacopo  da  Lentino. 

Mumidia  -  provincia  deli' Affrica;  dove  an- 
ticamente regnò  iarba.  Pg.  31,  72. 

0 

Obizzo  da  Estì  -  marchese  di  Ferrara  e 
della  Marca  d*  Ancona  ;  uomo  crude- 
le e  rapace,  che  finalmente  fu  ucciso 
da  un  suo  figliuolo.  In.  12,  111.  gode 
Gbisola,  sorella  di  Venedico  Caccia^ 
nimico.  In.  18,  56« 

Oceani  «^  chiamalo  cM  Poeta  t  quel  mar 
che  h  temi  i»gkizlania  ;  perche  in  so 
contiene  le  taire  ,  ed  ò  fuori  di  «sse. 
Par,  9 ,  84. 

Oderìsi  d' Agobbio  ^  «ceellenttssimo  ni* 
niaio^  a'  tempi  di  Dante.  Pg.  li ,  70. 

Olimpo- monte  altissimo  della  Tessaglia, 
il  quale  soipassa  le  nuvole  colla  cima; 
e  prendesi  da*  poeti  per  la  parte  più 
Qicelsa  del  olelo ,  ove  fingono  Qssei;e 
le  sjtanze  oegli  Dei*  P^*  2»,  15. 

Oloferne  -  capitan  generale  dell*  esercito 
degli  Assiri  sotto  Betulia  ,  città  della 
Giudea.  Costui  fu  ingannato  da  Ghidit^* 
ta ,  bellissima  e  santissima  vedova  di 
quella  città ,  che  avendosi ,  per  divi- 
na ispirazione  >  messo  Àvt  cuore  di  li- 
berare la  patria  ,  usci  a  visitarlo  ne* 
padiglioni  ;  e  dopo  d' averlo  invaghito 
di  aè ,  fingendo  di  volersi  giacere  con  lui 
la  notte  ,  rìtimlasi  a  fare  orazione , 
quando  il  senti  posto  a  letto  e  addor- 
mentato per  lo  molto  vino  ch'egli  avea 
bevuto,  colla  spada  di  lui  medesimo 
gli  tagliò  la  testa  ,  e  la  portò  seco  in 
Betulia  :  onde  poi  fu  sciolto  1*  assedio. 
Pg.  12,  59.  V.  la  scrittura  sacra  nel  li- 
bro  di  Giuditta. 

Omberto  -  uno  de'  conti  di  Santa  Fiore  in 
Maremma  di  Siena ,  figliuolo  di  Goi- 


glielmo  Aldobrandesco;  il  quale  (u  tanto 
superbo  ed  arrogante,  che  ton  potendolo 
i  danesi  più  tollerare,  il  fecero  ammaz- 
zare in  Campagnatico,  luogo  del  conta- 
do di  Siena.  Pg.  11 ,  58 ,  67. 

Omero  -  poeto  sovratte ,  scrittore  antichis- 
simo e  fallosissimo ,  che  compose  i 
due  poemi ,  V  Iliade  e  \  Ulissea.  In.  h , 
88.  lodato.  Pg.  22 ,  lOL 

Onorio  III.  -  papa  ,  concede  ali*  ordine 
de*  frati  Minori  di  potere  amministrare 
i  Sacramenti,  e  avere  la  dignità  del 
sacerdozio.  Par.  11  ,  98. 

Orazl  -  tre  fratelli  romani ,  combattono 
centra  i  tre  Curiaz!  ,  fratelli  albani. 
Par.  6 ,  39.  v.  Livio  nel  1.  libro. 

Orazio  -  poeta  lirico  e  satirico  ,  tra'  La- 
tini molto  eccellente  ;  fu  da  Venosa  , 
e  visse  a'  tempi  d'Augusto.  In.  4,  89. 

Orbisani,  Buonagiunta  -  Pg.  24,  19,20. 
V.  Bwma^unJUi. 

Ordelaffi-  già  signori  di  Forlì,  accennati 
da  Dante  per  lo  {fon  verde  ,  impresa 
di  quella  famiglia.  In.  ^,  15. 

Oreste  -  figliuolo  d*  Agamennone  redi  Mi- 
cene «  e  di  Clitonneska  ;  amici^imo 
dì  Pilade.  U  Poeta  lo  pone  per  esem- 
pio di  mutua  benevolenza.  Pg.  13,  32. 

Orfeo  -  nativo  di  Tracia  «  figliuolo  d*"  Ea- 
gro e  della  «us^  Calliope.  Fingono  i 
poeti  t  che  costui  usasse  lanta  mae- 
stria nel  sonar  la  cetsa,  che  i  più  fie- 
ri animali ,  e  gli  alberi  stessi  concor- 
ressero ad  udirlo.  In.  fc ,  ìhQ.  v.  le 
favole. 

d' Oria  ,  Branca  -  genovese.  In.  33  ,  140. 
V.  Branca. 

Oriaco  -  luogo  del  contado  di  Padova  ; 
presso  alle  lagune.  Pg.  5,  80. 

Orlando  -  conte  d'Anglante;  uno  de  più 
valorosi  paladini  di  Cario  |^gno.  In. 
31  ,  18.  Par.  18  ,  43. 

Ormanni  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16  ,  89. 

Orse  -  maggiore  e  minore  ;  costellazioni 
vicinissime  al  polo  artico  ,  che  a  noi 
che  abitiamo  nella  zona  temperata  set- 
tentrionale, non  tramontano  mai.  Colla 
veduta  di  queste  drizzavano  il  corso 
loro  i  naviganti ,  prima  dell'  invenzio* 


718 


DIZIONARIO 


ne  del  bossolo.  Pg.  4 ,  65.  Par.  3  ,  9. 

Orsini  -  famiglia  romana  nobOissima ,  del- 
la quale  fu  Niccoia  III.  sommo  pon- 
tefice,  accennata.  In.  19,  70. 

Orso  -  y.  comi  Orso. 

Orto  -  Chiama  Dante  la  città  di  Siena  , 
urto  dov$  f*  appicca  U  seme  d' ogni  va- 
nità. In.  39 ,  129. 

Ostia  Tiberina  -  dove  il  Tevere  entra  nel 
mare,  accennate  da  Dante.  Pg.  2 ,  101. 
Quivi  finge  il  Poeta  nostro  ,  che  s*  im- 
biàuxhino  V  anime  che  vanno  al  Pur- 
gatorio. 

Ostiense  -  cardinale ,  cementatore  de'  De- 
cretali. Par.  12 ,  83. 

Ottachero  -  redi  Boemmia,  genero  delVim- 
peradore  Ridolfo  ;  uomo  di  molto  va- 
lore. Pg.  7 ,  100. 

Ottaviano  Augusto  -  successore  di  Giulio 
Cesare  neir  imperio  romano  ;  personag- 
gio nelle  storie  notissimp.  Pg.  7,  6.  v. 
Augusto. 

Ovvidio  -  sulmonese ,  poeta  ingegnosissi- 
mo tra*  latini  ;  i  cui  scritti ,  e  le  di- 
Kaventure  sono  a  tutti  note.  In.  k,  90. 
25  ,  97. 

Oza  -  punito  da  Dio  con  repentina  mor- 
te ,  per  aver  voluto  drizzare  V  arca  dei- 
Testamento  ,  che  stava  per  cadere  , 
mentre  sopra  un  carro  si  conduceva 
di  Gabaa  in  Sionne  :  e  ciò  ,  perchè 
questo  non  era  uiDcio  che  a  lui  s*  ap- 

.  partenesse,  accennato.  Pg.  10 ,  57. 


Pachino  -  promontorio  della  Sicilia  ;  ri- 
guardante la  Grecia.  Par.  8  ,  68. 

Pado  -  Po.  Val  di  Pado  ;  per  Ferrara. 
Par.  15^137. 

Padova  -  per  li  Padovani  uccìsi  presso 
Ytcenza  dalle  genti  degli  Scaligeri.  Par. 
9.  46.    ^ 

Padovani  - 1  cittadini  di  Padova  ,  nobilis- 
sima ed  antichissima  città  della  Mar- 
ca Trivigiana  ;  fabbricata  da  Anteno- 
re troiano  ;  madre  denomini  segnala- 
tissimi.  In.  15  ,  7. 

Padovano  -  In.  17  ,  70. 


Pagani  -  gentiluomini  di  Faenza  ,  de*  qua- 
li fu  Hainardo  signor  d*  Imola  e  éi 
Faenza  ,  detto  per  soprannooie ,  Dt- 
monio  o  Diavolo.  Pg.  14,  118. 

Pagano  ,  Hainardo  -  accennato  per  lo  leon- 
cello azzurro  in  campo  bianco  ,  por- 
tato da  lui  per  insegna.  In.  37  ,  50. 

da  Palazzo  -  famiglia  nobile  bresciana. 
Pg.  16 ,  124.  V.  Currado. 

Palermo  -  città  capitale  della  Sicilia.  Pir. 
8,  75.  V.  Franeui. 

Palestina  -  Terra  Santa  o  di  Promissione. 
Par.  9.  125. 

Pallade  -  che  anche  Jlftfi€nMS  si  dice.  Pg . 
12 ,  31.  T.  Minerva. 

Palladio  -  picciola  statua  di  Pallade  ;  la 
quale  gelosamente  si  custodiva  ad 
castello  di  Troia  ,  per  la  sicurecza  di 
quella.  Ma  Ulisse  introdottosi  con  ar- 
tifizio ,  la  rubò  ,  e  portoUa  nel  campo 
de'  Greci ,  i  quali  ^k>  dopo  espugna- 
rono la  città.  In.  96  ,  63. 

Pallante  -  figliuolo  d*  Evandro  ;  mandato 
dal  padre  in  aiuto  d*  Enea  contra  Tor- 
no ,  e  da  esso  Turno  ucciso.  Par.  6, 
36.  V.  Virgilio  neir  8.  e  neU*ll.  del- 
r  Eneide. 

Paolo  -  cognato  di  Francesca  da  Polenta. 
In.  5 ,  101  ,  e  segg.  v.  Francesca. 

fi.  Paolo  Apostolo  -  In.  2  ,  32.  Parv  18  . 
131 ,  136.  circonscritto.  Pg.  29,  139. 
detto  dal  Poeta  ,  il  gran  taseUo  Dello 
Spirito  Santo.  Par.  21  ,  127.  FraitW  , 
cioè  compagno  ,  dì  $.  Pietro.  Par.  i^ . 
62.  ancor  vivente,  vien  rapito  al  ter- 
zo cielo  ,  cioè  all'Empireo,  e  torna- 
to giù ,  ammaestra  s.  Dionisio  Are^*- 
pagita  intomo  all(  cose  celesti.  Par. 
28  ,  138. 

Paolo  Orosio-il  quale  scrisse  sette  libri 
di  storie  contra  i  Gentili  calunniatori 
della  cristiana  religione  ;  dedicati  d;i 
lui  a  s.  Agostino  ,  e  de*  quali  servcsi 

?  lesto  gran  dottore  neTsuoi  libri  d* 
ivitate  Dei.  Vtr.  10  ,  119.  U  Vellu- 
tello  intende  s.  Ambrosio ,  la  qual* 
spiegazione  pare  a  noi  falsa. 
Parca -per  una  delle  Dee  che  filano  \f 
vite  umane  ;  ed  assiste  a  chi  nasce  . 
secondo  le  tavole.  Par.  8 ,  83. 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


719 


Paris  -  È  incerto  se  Dante  voglia  inten- 
dere Paride  troiano  ,  figliuolo  di  Pria- 
mo ,  e  rapitore  di  Elena  ,  notissimo 
nelle  favole  ;  o  pure  uno  degli  erranti 
cavalieri,  famosi  ne* romanzi, ch'ebbe 
tal  nome.  Io.  5  ,  67. 

Parisi  0  Parigi  -  città  capitale  del  regno 
di  Francia ,  e  una  delle  più  illustri  del 
mondo.  Pg.  11  ,  81.  20  ,  52. 

Parmenide  -  filosofo  oleate  ,  uditor  di  Se- 
nofane. Par.  13 ,  125. 

Parnaso  -  monte  della  Beozia  ,  sacro  alle 
Muse.  Pg.  22  ,  65.  28  ,  ìki.  31  , 
ikì.  Par.  1  ,  16.  accennato.  Pg.  22, 
104. 

Pasife  -  figliuola  del  Sole ,  e  moglie  di 
ìlinos  re  di  Creta ,  accennata  da  Dan- 
te. In.  12 ,  13.  Pg.  26  ,  bl  ,  86.  v. 
Minotauro. 

Pazzi  -  famiglia  nobile  fiorentina.  In.  12, 
137.  32,  68.  V.  Camicione  j  Carli- 
no ,  Atnter. 

Peana  -  inno  in  lode  d*  Apolline ,  il  quale 
cominciava  :  Io  Paean.  Par.  13  ,  25. 

Pegasea  Diva  -  cioè  ,  Calliope  ,  la  prin- 
cipale tra  le  Muse  ,  invocata.  Par.  18, 
82.  Chiamansi  le  Muse ,  Dive  Pega- 
iee  ,  dal  cavallo  Pegaso  da  esse  edu- 
cato ,  il  quale  nel  partirsi  aperse  loro 
il  fonte  Aganippe  con  un  calcio  ,  per 
dimostrarsi  grato. 

Peleo  -  figliuolo  d*  Eaco»  e  padre  d*  Achil- 
le ;  uomo  celebratissimo  nelle  favole- 
In.  31  ,  5.  V.  Achille. 

Peloro  -  uno  de*  tre  promontori  della  Si- 
cilia ,  staccato  ne*  tempi  antichissimi 
dair  Italia  ;  come  vogliono  le  storie. 
Pg.  U ,  32.  Par.  8 ,  68. 

Peneia  fronda,  chiama  Dante  1* alloro 
in  cui  secondo  le  favole  ,  fu  trasfor- 
mata Dafne  ,  bellissima  giovanotta,  fi- 
gliuola di  Penco  fiume  di  Tessaglia. 
Par.  1  ,  33. 

Penelope  -  figliuola  d' Icario  »  e  moglie 
d'  Ulisse  ;  donna  bellissima  e  castissima 
insieme  ,  la  quale  aspettò  il  marito 
che  andava  ramingo  pel  mondo,  venti 
anni  continui  ,  benché  fosse  da  molti 
*  dimandata  in  isposa.  La  sua  lunga  tela 
colla  quale  ingannò  gì*  innamorati ,    è 


celebre  nelle  favole.  In.  26  ,  96. 

Penestrino  -  oggi  PaUstrina ,  anticamente 
Prameite  ;  castello  de*  Colonnesi  nella 
Campagna  di  Roma.  In.  27  ,  102* 

PentesUea  -  regina  delle  Amazon!,  ve- 
nuta in  soccorso  de*  Troiani  centra 
Greci ,  e  poi  uccisa  da  Achille.  In. 
4,  124. 

della  Pera  -  famiglia  nobile  fiorentina  , 
ora  spenta  ,  da  costoro  nomossi  Arto 
Peruzza  anticamente  in  Firenze.  Par. 
16 ,  126. 

Penilo  -  ingegnerò  ,  accennato  da  Dante. 
In.  27  ,  8.  V.  Cieiliano  bue. 

Persi  -  Persiani ,  cioè  della  Persia  ,  no- 
bilissima regione  orientale  di  là  dal- 
l' Arabia.  Par.  19  ,  112. 

Persio -nativo  di  Volterra,  cittadella  To- 
scana ;  scrittore  oscurissimo  di  satire 
latine.  Pg.  22  ,  100. 

Perugia -ciUà  nobile  dello  stato  della  Chie- 
sa ,  fu  presa  ne*  tempi  antichi  da  Ot- 
taviano Cesare  ,  a  forza  di  fame.  Par. 
6  ,  75.  poco  lontana  da  un  alto  mon- 
te. Par.  11  ,  46. 

Peschiera  -  castello  mollo  forte  della  dio- 
cesi di  Verona  ,  posto  in  fine  del  lago 
di  Garda.  In.  20 ,  70. 

Pesci  - 1*  ultima  costellazione  o  segno  dello 
zodiaco  che  è  il  circolo  formato  dalla 
strada  de*  pianeti.  In.  11  ,  113.  Pg. 
1 ,  21.  32  ,  54. 

Pettinagno  ,  Piero  -  v.  Pier  PtUinagno. 

la  Pia  -  gentildonna  sanese  ,  moglie  di  m. 
Nello  della  Pietra  ;  la  quale  ,  come  fu 
creduto  ,  trovata  dal  marito  in  adul- 
terio ,  fu  da  lui  condotta  in  Marem- 
ma ,  e  quivi  uccisa.  Pg.  5  ,  133. 

Piava  0  Piave  -  fiume  della  Marca  Tri- 
vigiana.  Par.  9  ,  27. 

Piccarda  -  sorella  di  Francesco  d' Accor- 
so,  e  di  m.  Forese  ;  bella  e  buona 
ciovane,  la  quale  fecesi  monaca,  ma 
ni  tratta  per  forza  di  montetero  e  ma- 
riUta.  Pg.  24  ,  10.  Par.  3 ,  49.  4  , 
97  ,  112. 

Piceno- Campo  Piceno^  luogo  vicino  a 
Pistoia,  dove  a' tempi  di  Dante  fu  scon- 
fitta la  fazione  de*  Biandìi.  In.  24, 148. 

Piche  ,  furono  chiamate  nove  sorelle ,  fi« 


720 


DIZIONARIO 


gUuoIe  dì  Pierio  di  Polla  ciUà  d*  Egit- 
to ;  le  qvali  non  oieao  any^anti ,  ehe 
di  varie  scienze  ed  arti  dotate ,  eb- 
bero ardire  di  provocar  le  Muse  a 
cantare  con  essoloro  :  daHe  quali  vin^ 
te  ,  in  pena  della  superbia  furono  tra- 
sformate  In  piche  o  gazze  che  voglia- 
mo dire.  Pg.  1.  11.  V.  Ovidio  nel  5, 
dellt  Trasformazioni. 

Pier  -  r  apostolo   s.  Piero.  Pg.  9  ,  127. 

Pier  dalla  Broccia  -tu  segretario  e  consi- 
gliere di  Filippo  Bello  re  di  Francia. 
Costui ,  perchè  molto  potea  appi^so  il 
re  ,  fu  per  invidia  de*  baroni  tatto  ca- 
dere in  disgrazia  della  regina,  la  quale 
falsamente  l*  accusò  al  marito  ,  come 
avesse  voluto  corrompere  la  sua  ca- 
stità ,  laonde  il  re ,  troppo  credulo ,  il 
fece  uccidere.  Pg.  6  ,  22. 

Pier  da  Medicina  ,  luogo  dol  contado  di 
Bolopia  •  seminator  di  discordie  tra  i 
cittadini  di  quella  città  ,  e  poi  tra  il 
conte  Guido  da  Polenta  ,  e  Halatestino 
da  Rimini.  In.  28  ,  73. 

s.  Pier  Damiano  •  prima  canonico  in  s. 
Maria  di  Ravenna  ,  poi  eremita  nella 
solitudine  di  Catrìa  ;  fondatore  de' mo- 
naci della  Colomba,  e  ultimamente 
fatto  cardinale.  Par.  21,  121.  22,  88. 

Pier  delle  Vigne  -  capuano  ;  uomo  di  vi- 
lissima  condizione ,  ma  per  la  sua  e- 
loquenza  ,  e  per  la  cognizion  eh'  egli 
avea  delle  lem  ,  divenuto  cancelliere 
di'  Federigo  IT-  imperadore ,  a  cui  so- 
pra tutti  gli  altri  di  sua  corte  fa  un 
tempo  carissimo.  Accusato  poi  falsa^ 
mente  da*  maligni  e  Invidiosi  cortigiani 
d' inCedeltà  ,  e  d*  aver  rivelati  i  segreti 
alla  sua  fede  commessi  ,  fu  da  Fede- 
rigo ,  troppo  credulo ,  privato  della 
dignità,  e  fatto  accecare:  la  qual ca- 
lanuta non  potendo  egli  beA  soflferire, 
s*  uccise  da  se  stesso,  iirtaqdo  di  tutta 
forz9  col  capo  nel  maro  d'  una  ctùesa. 
Leggonsi  ancora  le  sue  Epistole.  In. 
13,  58,  e  segg. 

Piero  di  Navarra  *  re  d*  Afagal^  ;  uo- 
mo di  corpo  robustissimo  ,  accennato. 
Pg.  7  ,  112 .  125.  V.  lacomo ,  Fede- 
rigo ,  Mfimio. 


Piero  il  maggiore  -  1*  apostolo  ,  cosi  det- 
to per  esser  capo d^ apostoli.  Ia2, 

Pier  Pettiaaeno  -  Bftntinof  uomo  di  santi 
constumi.  Pg.  18,  128. 

Pier  Traversare  «^  sigopr  di  Jiavrenoa  : 
uomo  di  Valore*  Pg.  ik,  86. 

Pietola  -  villa  del  Mantovano  ,  ne'  tempi 
antichi  chiamata  Ande$  ;  ove  nacque 
YirgUip.  Pg.  18 ,  83. 

Pjetrapana  -  monte  altissimo  di  Toscana . 
poco  distante  dalli  città  di  Locca ,  in 
quella  partedél  sua  contado,  che  Graf- 
fagnana  si  chiama.  In.  32,  29. 

s*  Pietro -^  Chiesa  di  s«  Pietro  in  Koma. 
In.  18  ,  32.  La  pina  di  $.  A'dr»,  cioè. 
la  cupola  della  sudetta  chiesa.  ln.3l , 
59. 

s.  Pietro -Porta  s.  Pietro  io  Flreme. 
Par.  16 ,  9k. 

$.  Pietro  Apostolo  «-In.  19 ,  91  ^  9i. 
Pg.  13,  51.  19,  99.  Par.  9,  lU. 
18  ,  131.  21 ,  127.  23 ,  139.  24. 
34.  25  ,  12.  32  ,  133.  accennato.  P<r. 
82  ,  124.  inteso  da  Dante  per  lo  /V- 
•catore.  Pg.  22 ,  83.  Par.  18 ,  ISTi. 
assiste  alla  trasfigurazion  del  Signore. 
Pg.  32,  76.  cammina,  su  per  lo  ma- 
re ,  senza  affondarsi.  Par.  24 ,  39.  ar- 
riva coH*  affette  al  sepolcro  di  Cristo 
risuscitato»  prima  di  s.  Giovaoni.  Par. 
24 ,  126.  chiamato  dal  Poeta ,  fri- 
mipih  ,  cioè  caposquadra  ,  della  cat- 
tolica chiesa.  Par^  Ttk ,  59.  chiamato 
nrimiiia  de'ticarj  di  CriUo.  Fat.  25, 
14.  scrittore  di  due  episMe  canonichr. 
accennato.  Pg.  à9  •  142.  Sarca  dì 
Pietro,  cioè,  la  chiesa  catt^Hica.  Par. 
11  «  119.  introdotto  a  riprendere  i 
cattivi  pastori.  Par.  27  ,  11  ,  e  se-jg. 
Ftcario  di  Pietro^  chiama  Dante  Tao- 
gelo  da  cni  fìnge  esser  custodita  la 
porta  del  Purgatorio,  P^.  21  ,  54. 
£»  poftB  di  $•  Pietro  «  ^i  (ìjÈ  iira- 
diso.  in.  1  «  iS^ 

Pietro  BcrB^rdoUo  -  uomo  plebeo  ,  padre 
di  a. Francesco  d*  Assisi.  Par.  li ,  89. 

Pietro  Ispano  -  siaì^e  «ledici  libri  in  du* 
lettica.  Par.  12  ,  134. 

Pietro  Lombardo  -  chiamato  ti  Maturo 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


721 


dtUe  $enlenz$.  Costui  scrisse  quattro 
libri  di  teologia ,  molto  famosi ,  che 
furono  poi  consentati  da  moltissimi  dot- 
lori  scolasUci ,  e  letti  in  parecchie  uni- 
versità. Par.  IO  ,  107. 

Pietro  Hangiadore  -  fu  lombardo,  e  scris- 
se la  Storia  Scolastica.  Par.  12 ,  134. 

Pigmalione  -  fii^liuolo  di  Belo  re  di  Tiro, 
e  fratello  di  Didune  regina;  il  quale 
uccise  a*  tradimento  Sicbeo  sacerdote 
d  Ercole ,  marito  di  sua  sorella ,  per 
toglierli  i  suoi  tesori  ;  ma  indarno ,  per- 
chè Didone  con  quelli  se  ne  fug^  in 
Affrica  dove  fondo  la  ciùtà  di  Cartagi- 
ne. Pg.  20.  103. 

la  Pila  -  luogo  nel  contado  di  Firenze.  Pg. 
24  ,  29.  Y.  Ubaldino. 

Pilato  nuovo  -  chiama  Dante  Filippo  Bel- 
lo re  di  Francia.  Pg.  20 ,  91.  v.  Fi- 
lippo ,   Bonifazio  Vili. 

Pinamonto  Buonacossi  •  tiranno  di  Man- 
tova ,  dopo  averne  cacciati  con  astu- 
zia i  conti  diCasalodi ,  eh' n*  erano  si- 
gnori. In.  20 ,  96. 

Più  1.  -  sommo  pontefice,  mori  martire. 
Par.  27  ,  44. 

Piramo  alla  gelsa  -  posto  dal  Poeta  enig- 
maticamente per  dinotare  il  piacere 
delle  cose  vane ,  che  fa  divenire  la 
mente  ,  di  lucida  ,  oscura.  Pg..  33  j 
69.  v.  Piramo  e  lìtbe, 

Piramo  e  Tisbe  -  Pg.  27  ,  88.  Piramo  fu 
un  giovinetto  di  Babillonia ,  secondo  le 
favole  ;  il  quale  innamorato  di  Tisbe 
fanciulla  bellissima,  sua  vicina,  e  da  lei 
corrisposto  in  amore;  per  poterla  gode- 
re la  persuase  ad  uscire  tacitamente 
della  sua  casa,  e  a  portarsi  in  certo  luo- 
go solitario,  sotto  una  pianta  di  gelso  o 
moro  ,  dov*  egli  T avrebbe  attesa.  Ven- 
ne la  fanciulla  prinia  dell'  amante  ;  ma 
impaurita  per  la  vista  d' una  lionessa 
tutta  lorda  di  sangue  d  ibuoi  scannati, 
se  n*  andava  alla  fonte ,  fuggissi  dentro 
una  grotta  ,  lasciando  Jvi  per  la  fretta 
un  suo  velo  che  trovato  clalla  fiera  , 
fu  da  essa  lacerato  ed  insanguinato.  Po- 
co dopo  giugnendo  Piramo  al  pattuito 
luogo  e  riconoscendo  il  velo  delFamata 
nciulla  ,  pensò  che  fosse  stata  divo- 


rata ;  e  sopraffatto  da  un  estremo  do- 
lore, colla  propria  spada  si  passò  il 
petto.  Tisbe,  intanto ,  già  deposto  il  ti- 
more ,  ritorna  dalla  grotta  ;  e  veduto 
ramante  languir  moribondo  per  la  f(^ 
rita  ,  dopo  molti  pianti  e  lamenti  ,  col- 
lo stesso  ferro  di  Piramo  disperata  si 
uccide.  Scrivono  i  poeti ,  che  innanzi 
questo  avvenimento  il  gelso  produ^eva 
i  frutti  bianchi  ;  ma  che  spruzzati  del 
sangue  degl*  infelici ,  divennero  tosto 
di  color  vermiglio  nereggiante ,  come 
sono  al  di  d*oggi.  v.  Ovidio  nel4.  Ir- 
bro  delle  Metamorfosi. 

Pirenei  monti  -  fasciano  la  Navarra.  Par. 
19,  144. 

Pirro  -  re  degli  Epiroti,  perpetuo  nemico 
de* Romani  avidissimo  d'imperio;  per- 
sonaggio notissimo  nelle  storie.  Di  co- 
stui dee  intendersi  Dante.  In.  18,135. 
Par.  6,  44.  non  di  Pirro  figliuolo  d* 
Achille. 

Pisa  -  nobilissima  città  di  Toscana  ;  ba- 
gnata dal  fiume  Amo.  Pg.  6,  17.  bia- 
simata. In.  33  ,  79. 

Pisani  -  cittadini  di  Pisa.  In.  83,  30.  in- 
tesi per  le  volpi  piene  di  froda»  Pg. 
14  ,  53. 

Pisistrato  -  tiranno  d*  Atene  ,  uomo  di 
temperati  costumi  ;  il  quale  si  portò 
assai  benignanoente  collo  stupratore  di 
sua  figliuola.  Pg.  15  ,  101. 

Pistoia  -  città  nobilissima  della  Toscana. 
In.  24 ,  126 ,  143.  biasimata,  in.  25  , 
10. 

Plato  -  cioè ,  Platone.  Pg.  3  ,  43. 

Platone  -  ateniese  ,  detto  t7  divino  ;  filo- 
sofo sapientissimo  ,  principe  della  set- 
ta degli  Aoeademici ,  e  maestro  d' Ari- 
stotile. Io*  4,  134.  insegnò  che  l'ani- 
me degli  nomini  uscite  de*  corpi  loro, 
tornassero  alle  stelle  ond*  erano  prima 
discese.  Par.  4 ,  24. 

Plauto  -  nativo  di  Sarsina  eittà  dell*  Um- 
bria ,  scrittore  elesantis9Ìmo  di  com- 
medie latine.  Pg.  z2 ,  98. 

Pluto  -  Dio  delle  ricchezzze  che  in  gre* 
co  si  chiamano  vlòuiot.  In.  6  ,  115. 
7  ,  2.  Altri  credono  lui  essere  il  me- 
desimo che  Plutone  re  dell*  inferno  t 

91 


722 


DIZIONARIO 


figliuolo  di  Saturno  e  d*  Opi ,  fratello 
di  Giove  e  di  Nettiuioo. 

Po  -  re  de'  fiumi  d' Italia,  scende  dall*  Al- 
pi ;  e  ricevendo  ,  nel  discorrere  ,  den- 
tro 1  suo  seno  molti  fiumi  più  piccio- 
li,  viene  a  scaricarsi  nell'Adriatico. 
In.  5  ,  98.  20  ,  78.  Pg.  ih ,  92. 16, 
115.  Par.  6  ,  SI. 

Podestadi  -  terzo  coro  d' angeli  della  se- 
conda gerarchia.  Par.  28,  123. 

Pola  -  antichissima  cittÀ  di  Schiavonia , 
presso  i  confini  dell'  Istria.  In.  9, 113. 

da  Polenta -famiglia  nobilissima,  che  si- 
gnoreggiava in  Ravenna  a  tempi  di  Dan- 
te. Portava  per  impresa  V  aquila  mez- 
zo bianca  in  campo  azzurro ,  e  mez- 
zo rossa  in  campo  d' oro  In*  27 , 4.1. 

da  Polenta  ,  Francesca  -  In.  5»  116.  v. 
Francesca, 

Policreto  o  Policleto  -  sicionio  ,  discepolo 
d*  Agelade  ;  scultore  antico  eccellentis- 
simo. Pg.  10  ,  32. 

Polidoro  •  figliuolo  di  Priamo  re  di  Troia, 
e  d' Ecuba  ;  ucciso  a  tradimento  da 
Polinnestore  re  di  Tracia.  In.  30,  18. 
Pg.  20  ,  115.  V.  Ecuba  e  Polinestore. 

Poiinestore  o  Polinnestore  -  re  di  Tracia. 
A  costui ,  come  a  carissimo  amico  , 
Priamo  re  di  Troia  ,  essendo  assedia- 
ta da'  Greci  quella  città ,  mandò  un  suo 
figliuolo  detto  Polidoro,  ^  con  buona  par- 
te de'  suoi  tesori  ;  acciocché  se  la  cit- 
tà fosse  espugnala,  e  ucciso  il  re  col- 
r  altra  sua  prole  ,  non  s' estinguesse 
affatto  la  stirpe  reale.  Ha  il  tradito- 
re ,  intesa  la  caduta  di  Troia  e  la 
morte  di  Priamo  ,  fece  morire  il  gio- 
vane •  e  converti  in  uso  proprio  tutto 
il  tesoro.  Pg.  20,  115.  v.  Virgilio  nel 
3  dell'  Eneide. 

Polinice  -  fratello  di  Eteocle,  accennato. 
In.  26 ,  54.  Pg.  22 ,  56. 

Polinnia-una  delle  muse,  cosi  detta  dalla 
moltitudine  degl'inni.    Par.  23,  56. 

Polisena  -  figliuola  di  Priamo  re  di  Tro- 
ia,  e  d'  Ecuba  sua  moglie  ;  sacrificata 
da  Pirro  al  sepolcro  d' Achille  suo  pa- 
dre ,  per  far  vendetta  di  lui  eh*  era 
stato  ucciso  a  tradimento  da  Paride 
itaì  tempio  d'Apollo  sotto  colore  di  dar- 


gliela in  isposa.  In.  30 ,  17. 

Polluce  -  V.  Coitore. 

Polo  -  per  s.  Paolo.  Piur.  18 ,  136. 

Polo  aoUrtiGO  -  opposto  all'artico.  Pg.  I, 
23. 

Polo  artico  o  settentrionale  -  I^ .  1 ,  29. 

Pompeiana  tuba  -  per  I*  esercito  di  Pom- 
peo. Pg.  6 ,  72. 

Pompeo  il  Grande  -  ancor  gìoTanelto,  sog- 
gioga diversi  popoli  air  imperio  roma- 
no. Par.  6 ,  53. 

Ponte  di  Castel  s*  Angelo-  in  Roma.  lo. 
18,  29. 

Ponti  -  luogo  della  Fraoeia ,  occupato  da* 
re  francesi ,  discendenti  da  Ugo  Ga- 
petta.  Pg.  20  ,  66. 

Portogalla- provincia  di  Spagna,  soore 
biasimato.  Par.  19  ,  1^. 

Praga  -  città  metropoli  di  Boemmia;  oc- 
cupata dall'  imperadore  Alberto  d'Au- 
stria. Par.  19 ,  117. 

Prata -luogo. tra  Ravenna  e  Faenza.  Pg. 
ik ,  104.  V.  Guido  da  Prata. 

Prato  -  città  vicina  a  Fiorenza.  In.  26, 9. 

Pratomagoo  -  monte  tra  Val  d*  Amo,  e  il 
Casentino.  Pg.  5  ,  116. 

della  Pressa -famiglia  nobile  fiorentina. 
Par.  16,  100. 

Priamo  -  re  di  Troia,  ucciso.  In.  30,  15. 

Principi  celesti  o  Principati  -  primo  cmo 
d' angeli  della  terza  serarcbia  ,  i  qua- 
li ,  secondo  Dante  ,  ihuoYono  il  cielo 
di  Venere.  Par,  8  .  34.  28,  t2o. 

Prisciano  -  graomiatico  eccellentissimo  . 
fu  di  Cesarea  di  Cappadocia,  e  scrisse 
molti  libri  della  sua  professione,  i  quali 
ancora  si  leggono.  Vogliono  alcuni  >po- 
sitori ,  che  Dante  il  prendesse  per  ogDt 
gramatico.  In.  15  ,  109. 

Proenza  o  Provenza  -  provincia  marittim.! 
delia  Francia  ;  di  cui  fu  conte  Carla 
I.  re  di  Puglia.  Pg.  7  ,  126.  posta  a 
sinistra  del  regno  di  Francia  ,  riguar- 
dando verso  occidente.  Par.  8  .  "58. 

Progne  -  moglie  di  Te  reo  re  di  Tracia  , 
che  per  vendicar  la  sorella  FQomeoa 
da  lui  violata ,  diede  a  mangiare  al 
marito  il  suo  figliuolo  Iti  :  e  fu  poi 
convertita  in  rondine  ;  altri  dicono  in 
rosìgnuolo  ,   accennata.  Pg.    17  ,  19. 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


7-23 


V.  Ovidio  nel  6.  delle  Trasforma- 
zioni. 
Proaerpina  -  figliaola  di  GioTe  e  di  Ce- 
rere ;  rapita  per  iaposa  da  Plutone , 
mentre  coglieva  fiori  ne'  prati  d*  Enna 
in  Sicilia.  In.  9,  U.  dove  si  dice  la 
ngina  dèff  eterno  pianio.  Pg.  38  ,  50. 
è  la  stessa  che  la  Lana.  In.  10 ,  80. 
Dì  essa  leggonsi  questi  due  Tersi  : 
Terret,  bulratj  agitj  Proitrfina^  L%h 
na ,  Diana. 

Imuj  superna  j  ferae  ^  $eepUro  ^  fulgore, 
sagitta. 
Provenzale  dote -cioè,  la  Provenza,  ag- 
giunta al  regno  di  Francia  da  Luigi  il 
Santo  ,  e  da  Carlo  suo  (rateilo  ,  di- 
scendenti da  Ugo  Ciapetta  ;  i  quali  eb- 
bero per  mogli  due  ngliuoie  di  Beriin- 
ghierì  di  Tolosa  ,  signor  di  Provenza. 
Pg.  30 ,  61. 
Provenzali-  uomini   di  Provenza.   Par. 

6,  130. 
Provenzan  Salvani  •  prima  cittadino  ,  e 
poi  tiranno  di  Siena  ;  il  quale  sulla 
piazza  di  quella  città  «  fattosi  recare 
un  tappeto  ,  si  mise  a  scongiurare  i 
suoi  cittadini ,  che  V  aiutassero  a  trar 
di  prigione  un  suo  carissimo  amico  il 
quale  Carlo  II.  re  di  Puglia  avea  fatto 
incarcerare^  e  minacciava  ancora  di 
far  decapitaiji  se  non  eran  tosto  tro- 
vati e  pagati  p^r  lui  diecimila  fiorini 
d*  oro.  La  ciual  somma  trovata  per  di- 
ligenza di  Provenzano  ,  1*  amico  ricu- 
però la  Uberti.  Pg.  11  ,  131 ,  133  , 
e  segg. 
Puccio  Sciancato  -  ladro  famoso  a'  tempi 

di  Dante.  In.  35  ,  148. 
Puglia  -  provincia  dT  Italia  ,  oggi  nel  re- 
gno di  Napoli.  Pg.  7  ,  136.  Dante  la 
chiama  /brduuifa  ,  cioò  pingue  e  fe- 
conda. In.  38  ,  8.  signoreggiata  ai 
tempi  del  Poeta  dal  re  Carlo  Sema- 
terra  ,  signor  di  Provenza  ,  accenna- 
ta. Pg.  5 ,  69.  circonscritta  insieme 
con  altri  paesi  da  Dante.  Par.  8,  61. 
V.  itomosit. 
Pugliesi  -  abbandonano  il  re  lianflredl.  In. 

38,  17: 
Putifare  -  ministro  dei   re  Faraone  ;    la 


moglie  di  costui  vien  chiamata  da 
Dante ,  la  fd$a  che  aceusb  Giuieppv. 
In.  30  ,  97.  V.  Giuieppo. 

Q 

Qu  amaro  o  Cantaro  -  golfo  di  Schiavo- 
nia  ,  presso  il  quale  sono  campagne 
piene  di  sepolture.  In.  9 ,  113. 

Qiiintio  Cincinnato  -  dittatore  de  Roma- 
ni ,  uomo  di  gran  virtù  o  moderazio- 
ne ,  cosi  nominato  dalla  chioma  rab- 
buffata. Par.  6  ,  k6. 

Quirino  -  altrimenti  Romulo  ,  fondatore 
di  Roma  ;  generato  da  padre  incerto, 
ma  per  lo  suo  valore,  attribuito  al 
dio  Marte.  Par.  8,  131. 


R 


Raab  -  meretrice  di  Gerico  ,  la  quale  per 
aver  salvate  in  sua  casa  alcune  spie 
di  Giosuè  capitano  del  Popolo  eletto, 
fu  da  lui  preservata  ed  accolta  nel 
sacco  di  quella  città  :  ond'  essa  poi 
passò  al  culto  del  vero  Dio  d'Israe- 
le. Par.  9 ,  116. 

Rabano  -  inglese  ,  fratello  del  venerabile 
Reda  ;  uomo  dotto.  Par.  13 ,  139. 

Rachele  -  figliuola  di  Laban  ;  bellissima 
giovane  ,  moglie  del  patriarca  Giacob- 
be ,  intesa  per  la  contemplazione.  In. 
3  ,  103.  ( ,  60.  Pg.  37  ,  10^.  Par. 
32,  8. 

Raffaello  Arcangelo  -  guarisce  il  vecchio 
Tobbia  dalla  cecità  col  fele  d*  un  pe- 
sce. Par.  k  ,  48. 

Ramondo  Rerlinghieri- conte  di  Proven- 
za. Par.  6 ,  134.  v.  Jtomso. 

Rascia  -  parte  della  Schiavonia  o  Dalma- 
zia. Par.  19,  140.  il  suo  re  attempi 
di  Ikinte  ialsifioò  i  ducati  veneziani , 
ivi. 

Ravenna  -  nobOisfima  città  di  Romagna, 
tra  Ferrara  e  Rimini  ;  vicina  al  ma- 
re. In.  37 ,  40.  Par.  6 ,  61.  descrit- 
ta. In.  5  ,  97.  circonseritla.  Par.  21, 
133.  V.  IVatenari  e  Anoitagi. 


Tl% 


DIZIONARIO 


Ravigoani-  famiglia    antìcliissima    e  no- 
bile   di    Firenze  »    onde  discesero    i 
confi  Guidi.  Par.  t6  ,  97.  v.  J?eW/n- 
cion  Berti. 
Rea  -  chiamata  anche  Berecìntia  ,  C  òe- 
le ,  Opi,  Terra  ,  e  la  gran  Madre;  fu 
figliuola  di  Celo  e  di  Vesta.  Data    in 
n:og!ie  a  Saturno  ,  gli  partorì  Giove, 
Giunone  ,  Ntttunno  e  Plutone  :  e  per- 
chè il  marito  divorava  i  figliuoli    ihe 
di  lei  nascevano  ,  fece   nutrir   Giove 
segretamente   nel  monte   Ida  ;   e  per 
supprimere  i  vagiti ,  faceva  fare  grandi 
sir(  piti  .    e  batter   cembali.  A  costei 
attribuiscono  le  favole  la  corona  delle 
torri ,  e  il  carro  tirato   da'  leoni  :  le 
danno    ancora    i   sacerdoti    castrati  , 
detti   Cureti  ,  Galli  e  Coribanti.  In. 
U,  100. 
Rebecca  -  moglie  del  patriarca  Isacco.  Par. 

32,  10. 
Reno  -  gran  fiume  d*Alomagna.  Par.  6,  58. 
Reno -fiume  che  corre  presso  Rologna, 
dalla  parte  occidentale  ,  verso  là  Lom- 
bardia ,  detto  fi  picciolo,  a  difierenza 
del  grande  d*Alemagna.  In.  18  ,  61. 
Pg.  U.  92. 
Rialto  -  contrada  di  Venezia  ;  e  prendesi 

per  la  stessa  Venezia.  Par.  9 ,  26. 
Riccardo  -  fratello  di  Ugo  da  s.  Vittore; 

dottor  della  Chiesa.  Par.  10,  131. 
Ricciardo  da  Camnsino -signor  di  Trevi- 
ri ;  uomo  superbo ,  a' tempi  di  Dante  , 
accennato.  Par.  9  ,  50. 
Ridolfo  -  figliuolo  di  Carlo  Martello.  Par. 

8,  72. 
Ridolfo  (fAustria  -  imperadore  ,  primo  di 
quet4o  nome.  Costui  non  si  prese  molto 
pensiero  delle  cose  dltalia.  Pg.  7,  9^. 
Rife  montagne  o  Rifóe  -  sono  poste  sotto 
il   settentrione  ;  e  sono  altisnme ,   e 
piene  sempre  di  neve  congelata.  Pg. 
26 ,  43. 
Rifeo  troiano -uno  da' compagni  d'Enea; 
amantissimo  della  giustizia  ;   il  quale 
finge  Dante  essersi  salvato  per  aver 
creduto  in  Cristo  venturo.  Par.  20,  68, 
103,  118. 
Rigogliosi  -  famiglia  nobile  di  Forlì.  Pg. 
n,  31.  Y.  m.  Marchese. 


Rìmini  -  città  di  Romagna  ;  tìrannecgrv 

ta  da' Malatesti ,  accennata.  In.  28,  86. 

Rinier  da  Calboli  -  uomo  di  gran  valore. 

Pg.  U  ,  88. 
Rinier  da  Corneto  -  famoso  assassino  r'i 
strada  a'  tempi  di  Dante  •  che  ìn(c^U\ 
co'  suoj  ladronecci  la  spiaggia  maritti- 
ma di  Roma.  In.  12  ,  137. 
Rioier   Pazzo  -  cioè  ,    della   famiglia  de* 
Pazzi;  grande  assassiro  di  strada  a'  teir- 
pi  di  Danto.  In.  12  ,   137. 
Rinoardo  -  fortissimo  combattitore  contra 
gì'  Infedeli  ,  e  parente  del  corite  Gu- 
glielmo d' Oringa.  Par.  18  ,  U. 
Roberto  -  re  di  Francia  ,  figliuob  di  Uso 

Ciapetta.  Pg.  20  ,  59. 
Roberto  •  re  di  Puglia  ,  fratello  di  CaHo 
Martello;  uomo  dedito  all'avarìzia.  Par. 
8  ,  76. 
Roberto  Guiscardo- fu  di  Nonnandia.  Vin- 
se la  Sicilia ,  e  tolse  la  Puglia  a  Sa- 
raceni. Fu  padre  di  Ruggieri  che  ten- 
ne Sicilia  ;  e  di  lui  nacque  Go^tanri, 
madre  di  Federigo  li.  imperadore.  P^r. 
18,  48. 
Roboan  o  Roboamo  -  re  d' Israele  ,   do- 
po Salomone  suo  padre.  Costui Jfu  mol- 
to superbo  ,  e  di  costumi  tirannici  ;  o 
dopo  d'aver  fatto  lapidare  un  aào  uf- 
ficiale ,   temendo  che  a  sé  non  avve- 
nisse il  medesimo ,  se  ne  fuggi  sopra 
un  carro.  Pg.  12  ,  46. 
Rodano  -  grosso  fiume  della  Francia ,  chi* 
misto  con  Sorga  lava  la  Provenza,  a 
si  scaqjca  nel  mar  Tirreno.  In.  9.  112. 
Par.  6 ,  60.   8 ,  59. 
Rodopea-Par.  9,  100.  v.  Fi7/i. 
Roma  -  città  capo  del  mondo,  lo.  1 ,  71. 
2,  20.  14,  105.31,59.  Pg.  6.  Ili. 
16,  106,  127.  21,89.29.115.  Par. 
9  ,  140.  15  ,  126.  16  ,  10.  difesa  da 
Scipione.  Par.  27  ,  62.  ammirata  an- 
ticamente da'  barbari.  Par.  31  ,  34.  dà 
il  comando  dell'armi  a  Giulio  Cesare. 
Par.  6  ,  57.  convertita  da'  principi  de- 
gli apostoli.    Par.  ^  ,    63.  detU  et- 
miterio  di  s.  Pietro;  perchò  quivi  fu 
seppellito.  Par,  27,  25. 
Roma  -  la  chiesa  romana  intesa  da  Din* 
.  te  per  la  bella  donna.  In.  19,  57.  io* 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


72$ 


tesa  per  il  luogo  Là  dove  Griffo  Mio 
dì  si  merca.  Par.  17  ,  51.  alludasi  al- 
le simonia. 
Roma  -  quel  da  Roma  ,   cioè  ,  colui  che 

abita  in  Roma.  Pg.  18,  80. 
Romagna  -  nobilissima  provincia  d'[talia. 
In.    27  ,   37.    33  ,  I5i.  Pg.  5  ,  69. 
15,  hk,  circonscritta  e  biasimata.  Pg. 
U  ,  92. 

Romagnuoli  -  popoli  di  Romagna.  In.  27, 
28.  Pg.  H  ,  99. 

Romane  antiche  -  bevevano  acqua.  Pg. 
22  .  145. 

Romani  <  In.  i8  ,  28.  Par.  19,  102.  di- 
scesi da' Troiani.  In.  26.  60.  Disfatti 
dairesercito  d'Annibale  presso  a  Canne 
castello  di  Puglia  ,  dove  le  anella  d'o- 
ro tratte  dalle  dita  de*  nobili  uccisi  ar- 

*  rivarono  ad  empiere  tre  misure  e  mez- 
zo di  quello  che  gli  antichi  Latini  chia- 
mavano modius  ;  come  scrive  T.  Li- 
vio nel  23.  libro  delle  sue  Storie.  In. 
28,  11. 

Romani  che  rimasero  inFirenze-In.lS,77. 

Romani  imperadori  che  perseguitarono  la 
santa  chiesa  -  intesi  drl  Poeta  per  Ta- 
quita.  Pg.  32  .  112. 

R(»mani  regi -sette  furono  innanzi  la  re- 
pubblica ;  i  nomi  de* quali  sono  :  ffo- 
muio  ,  iVwma  Pompido  ,  Tulio  OftiUo, 
Anco  Marzio  ,  Targumio  Prisco  ,  Ser^ 
vio  T\illio  ,  e  Tarquinia  Supeibo,  Par. 
6.  il. 

Romano  -  cartello  posto  nella  Marca  Tri- 
vigiana  ,  tra  la  Brenta  e  la  Piave ,  cir- 
confcritto.  Par.  9,  28.  Di  tal  castello 
usci  ,  la  famiglia  di  Azzolino ,  tiranno 
di  Padova. 

Romano  pastore  -  il  ponteGce,  Pg.  19  , 
107. 

Roman  prlnce  -  per  lo*  mperadore  di  Ro- 
ma. Pg.  10 .  71. 

Roma  onde  Cripto  è  romano  ,  chiama  Dan- 
te il  Paradiso  de*  beati.  Pg.  32,  102. 

Romena  -  luogo  vicino  a*  colli  del  Caseb- 1 
tino.  In.  30  ,  73.  • 

Romeo  -  fu  un  pellegrino  ,  uomo  di  pic- 
ciola  nazione ,  che  tornando  dal  viag- 
gio di  s.  Giacomo  di  Galizia,  capitò  in 
Provenza  ,  ed  accondoasi  in  casa  del 


conto  Berlinghieri  ,  dal  quale  ebbe  il 
maneggio  e  il  governo  dellentrate  8\ie; 
è  si  bene  e  fedelmente  le  seppe  augu- 
mentare ,  che  fu  cagione  che  quattro 
figliuole  del  conte  si  maritassero  a  quat- 
tro re  :  uno  di  Francia ,  chiamato  £tft« 
gi ,  che  fu  poi  santo  ;  l'altro,  Carlo  I. 
d'Angiò  re  di  Puglia ,  e  fratello  d'es- 
so Luigi  ;  il  terzo  ,  Arrigo  re  d'Inghil- 
terra ;  il  quarto  ,  un  fratello  del  dét« 
to  ,  che  fu  re  de'Romani.  Ma  il  con- 
te ,  ingratissimo ,  lasciatosi  vincere  al- 
le istanze  de*  suoi  baroni  i  quali  per 
invidia  perseguitavano  Romeo ,  diman- 
dolli  conto  dell'amministrazione,  ilqna- 
le  puntualmente  Romeo  gli  diede ,  fa- 
cendogli vedere  Fentrate  raddoppiate  ; 
e   non  volendo  più  servire  al  conte , 
partissi  povero  e  vecchio  ;  e  da  indi 
in  poi  sostentò  sua  vita  mendicando. 
Par.  6  ,  128  ,  135. 
s.  Romoaldo  -  fondatore  de*  monaci  Ca- 
maldolesi. Par.  22,  49. 
Romulo-Par.  8,  131.  v.  Quirino. 
Roncisvalle  -  famosa  badia  di  Navarra  ; 
presso  la  quale  Carlo  Magno  ,  per  tra- 
dimento ordito  da  Gano  da  Pontieri , 
fu  rotto  dall'  esercito,  di  Marsilio  re  di 
Spagna,  e  tntti  i  suoi  paladini  messi 
a  fil  di  spada.  In.  31  ,  17. 
Rosso  mare  -  tratto  dell* Oceano,  vicino 
alle  co<te  della  Persia  e  dell*  Indie.  In. 
2^,  90. 
Rubaconte  •  nome  di  ponte   in  Firenze  , 
che  traversa  l'Arno;  detto  cosi  da  m. 
Rubacunto  da  Mandello,  cavalier  mi- 
lanese, podestà  di  quella  città  l'anno 
1200.  Pg.  12,  102. 
Ruberto  Guiscardo  -  fratello  di  Ricciardo 
duca  di  Normandia,  Tanno  del  Signo- 
re 1070.  diede  una  gran  rotta  a  Pu- 
gliesi. In.  28  ,  U.  V.  Roberto. 
Rubicante  -  nome  di  demonio.   In.  21 , 

123.  22  ,40. 
Rubicone  -  fiume  tra  Ravenna  e  Rimini  ; 
termine  anticamente  della  Gallia  Cisal- 
pina ,  passato  da  Giulio  Cesare  tenu 
deporre  il  comando  dell'  armi ,  contra 
i  severi  divieti  doUa  Repubblica.  Par* 
6,  62. 


726 


DIZIONARIO 


Ruggieri  degli  Ubaldini  -  arcivescovo  di 
Pisa.  In.  33,  14.  v.  Ugolino. 

jRmiiui  che  ptfeosu  P  Aiiee  nel  fianco  j 
chiama  Dante  una  caduta  d*  una  gran 
parte  di  Monie  Barco ,  posto  tra  Tre- 
vigi  e  Trento  ;  la  qual  caduta  fece  di- 
scostare il  ihime  Adice  buono  spazio 
da  piedi  del  monte  »  dove  prima  scor- 
reva. In.  12,  k, 

Rusticucci ,  Iacopo  -  onorato  e  ricco  ca- 
valier  fiorentino,  ma  sfortunato  nella 
moglie  che  fu  donna  molto  ritrosa  e 
di  spiacevoli  costumi  :  sicché  non  po- 
tendo egli  vivere  con  lei ,  si  ridusse  a 
viver  solo  ;  e  venne  cosi  a  cadere  in 
brutti  vizi.  In.  6,  80.  16,  U. 

Ruth  -  Usava  del  re  Davide.  Par.  32, 10. 


Sabello  o  Sabellio  -  eresiarca  ,  il  quale 
confondeva  le  tre  ipostasi  nella  Santis- 
sima Trinità.  Par.  13 ,  127. 

Sabello  -  soldato  nelPessercito  di  Catone 
in  Affrica.  Costui ,  se  crediamo  a  Lu- 
cano nel  9.  della  Farsaglia  ,  fu  mor- 
so in  una  gamba  da  una  serpe  di  si 
maligna  qualità  ,  che  gli  consumò  il 
corpo  tutto.  In    25  ,  95. 

Sabine  -  femmine  rapite  da'  soldati  roma- 
ni ,  per  comando  di  Romulo,  la  storia 
è  notissima.  Par.  6,  kO. 

Sacchetti-  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16 ,  104. 

Safira  -  donna  gerosolimitana  ,  moglie  di 
Anania ,  a*  tempi  degli  apostoli.  Co- 
storo vendewro  le  loro  sostanze,  per 
vivere  in  comune  cogli  altri  primi  Cri- 
stiani :  ma  portando  solo  una  parte  del 
prezzo  ricavato  a  s.  Pietro ,  fingendo 
che  fosse  tutto  ;  ed  essendo  perciò  ri- 
presi da  lui ,  caddero  subito  in  terra 
morti  per  divino  miracolo.  Pg.  20 , 
112. 

Saladino  -  fu  questi  soldano  di  Babillo- 
nia  ;  guerreggiò  con  Guido  re  di  Ge- 
rusalemme ,  vinselo  in  battaglia,  il  fe- 
ce prigione ,  e  spogliollo  del  regno;  fu 
signor  potente,  valoroso,  e  di  gran 
f-ima.  in.  k ,  129. 


Salimbeni ,  Niccolò  •  In.  29 ,  127.  v.  Aur- 
colò. 

Salmista  -  cioè ,  il  re  Davide  che  cooi- 
pose  il  libro  de' salmi.  Pg.  10,  65.  v. 
Davide. 

Salomone  -  figliuolo  di  Davide ,  auecesso- 
re  del  padre  nel  regno  d'Israele;  ric- 
chissimo e  sapientissimo.  Par.  10, 112. 
chiede  a  Dio  la  sapienza  per  ben  go- 
vernare i  suoi  popoli ,  e  gli  vieo  da- 
ta in  grande  abbondanza.  Par.  13, 91 . 
e  segg.  solve  un  dubbio  a  Beatrice. 
Par.  ih,  35.  accennalo.  Par  l3,  48. 

Salterello  ,  Lapo  -  v.  Lapo. 

Sai  vani ,  l^venzano  -  Pg.  il  ,  121.  v. 
Provenzan. 

Sammaritana  -  donna  di  Sammaria ,  òt- 
ta della  Palestina  ;  alla  quale  nostm 
Signore  dhnandò  delF  acqua  da  bere  . 
e  disse  so  avere  un'  acqua  viva ,  di 
cui  chi  beo  una  sola  volta  ,  non  è  più 
sete  in  etemo  ;  come  leggesi  nel  Van- 
gelo di  8.  Giovanni ,  al  capo  i.  P?. 
21 ,  3. 

Samuello  Profeta  -  di  cui  sono  da  leg- 
gersi nella  scrittura  sacra  i  libri  de  Re. 
Par.  k  ,  29. 

Sanesi  -  cittadini  di  Siena.  In.  29,  13i. 
rotti  presso  a  Colle.  Pg.  13 ,  118.  tas- 
sati di  vanità.  In.  29,  122.  Pg.  13. 
151. 

San  Leo  -  terra  posta  nella  sommità  di 
Montefeltro.  Pg.  4,  25. 

San  Miniato  -  chiesa  di  s.  Miniato  ,  f<i<>- 
ri  di  Firenze  ;  posta  sul  colle ,  da  quel- 
la parte  che  il  ponte  Rubaccoote  tra- 
versa r  Amo  ,  accennata.  Pg.  12  . 
101. 

della  Sannelle  -  famiglia  nobile  fiorentina. 
Par.  16,  92. 

Santafiore  •  I  conti  di  Santafiore  sono  in 
Maremma  tra  1  contado  di  Pba  e  di 
Siena.  Pg.  6,  IH.  11^  58,  67. 

da  Sanf  Andrea  ,  Iacopo  -  Costui  fu  gen- 
tiluomo padovano  ,  di  Dobilissima  fa- 
miglia ,  e  molto  ricco  ;  ma  prodigo  ol- 
tre misura  ,  e  scialacquatore  del  suo. 
In.  13 ,  133. 

Santerno  -  fiume  che  bagna  Imola.  In. 
27  .  W. 


D£LLE  STORIE  E  FAVOLE. 


727 


Santo  Volto  -  cioè  ,  immagine  della  fac- 
cia di  nostro  Signore  ,  in  gran  venera- 
zione appresso  i  Lucchesi.  In.  21 ,  48. 

Sapia  -  gentildonna  sanese  »  che  bandita 
dalla  sua  patria  ,  viveva  in  Colle.  Co- 
stei portava  una  somma  invidia  a*  pro- 
speri avvenimenti  dello  stato  sanese  ; 
ed  essendo  rotti  una  volta  i  suoi  cit- 
tadini non  lontano  da  Colle  ,  n'  eb- 
be si  fatta  letizia  •  che  alzando  gli  oc- 
chi al  cielo  ,  disse  :  Fammi  ora  ,  Id- 
dio ,  il  peggio  ch$  pw>i  ;  eh'  io  viverò 
e  morirò  contenta.  Pg.  13 ,  109. 

Saracino  donne  -  Pg.  23 ,  103. 

Saracini  -  gente  barbara,  soggetta  al  sol- 
dano  di  Babillonia  ;  che  ne' tempi  pas- 
sati fece  mille  danni  alla  Cristianità. 
In.  27 ,  87. 

Sardanapalo  -  ultimo  re  degli  Assiri ,  uo- 
mo di  sfrenata  libidine,  ed  è  tolto  per 
ogni  uomo  di  laidi  e  vituperosi  costu- 
mi. Par.  15  ,  107. 

Sardi  -  popoli  di  Sardigna.  In.  26,  ìOi. 
Pg.  18,  81. 

Sardigna  -  isola  vicina  ali*  Italia  ,  nel  mar 
Tirreno  ;  d*  aria  mal  sana  ,  in  parti- 
colare r  agosto.  In.  22  ,  89.  29,  48. 
Pg.  23 .  94. 

Sarra  -  moglie  del  patriarca  Abramo.  Par. 
32  ,  10. 

Sassol  Mascheroni  -  fiorentino  ,  uccisore 
d*  un  suo  zio.  In.  32  ,  65. 

Satan  -  demonio  principale  ;  che  in  lingna 
ebrea  significa  avversario.  In.  7  ,  1. 

Saturno- pianeta  ,  settimo  in  ordine,  é 
il  più  lontano  dalla  terra  ,  e  ,  secondo 
l'opinion  degli  antichi  ,  freddo  o  sec- 
co. Pg.  19,3.  Par.  21 ,  13  ,  e  segg. 
accennato.  Par.  22 ,  146. 

Saturno  -  re  di  Creta  ,  figliuolo  di  Celo, 
e  padre  di  Giove  ;  a  cui  tolse  il  fi- 
gliuolo il  regno.  Sotto  costui  finsero  i 
poeti ,  che  vivessero  gli  uomini  con 
somma  innocenza  ,  e  corressero  gli 
anni  dell'  oro.  In.  14,  96.  Par.  21 ,  26. 

Savena  •  fiume  lontano  da  Bologna  circa 
due  miglia  ,  dalla  parte  orieutale.  In. 
18,61. 

Savio  -  fiume  che  bagna  Cesena.  In.  27, 
52. 


Saule  -  re  primo  d' Israele  ;  uomo  super- 
bo ,  e  disubbidiente  a  Dio.  Costui  es- 
sendo rotto  da  Filistei  sul  monte  Gel- 
boe  ,  e  temendo  di  capitar  vivo  in 
mano  de*  nemici ,  diedesi  la  morte  da 
sé  stesso.  Pg.  12 ,  40. 

della  Scala  ,  Alberto  -  v.  Alberto. 

della  Scala  ,  Bartolommeo  (secondo  al- 
cuni altri ,  Alboino  )  signor  di  Verona; 
gran  benefattore  del  nostro 'Poeta  ia 
tempo  ch'egli  era  sbandito  di  Firen- 
ze ,  chiamato  da  lui ,  ti  gran  Lom- 
bardo. Par.  17,  71.  L'insegna  de* si- 
gnor!  della  Scala  fu  la  scala  d*  oro  iu 
campo  rosso  ;  e  di  sopra ,  Y  aquila 
nera.  Par.  17  ,  72. 

della  Scala,  Cane  il  grande  -  signor  di  Ve- 
rona, s'accenna.  Par.  17,  76.  v.  Cane, 

Scarmiglione  -  nome  di  demonio.  In.  21 , 
105. 

Schiavo  «di  Schiavonia,  provincia  d'Eu- 
ropa ,  che  Illirico  anticamente  fu  det- 
ta. Venti  echiavi ,  chiama  Dante  i  set- 
tentrionali che  ,  rispetto  air  Italia  , 
vengono  di  Schiavonia.  Pg.   30  ,  87. 

Schicchi ,  Gianni-  In.  30  ,  32.  v.  Gianni 
Schicchi. 

Scliiro  o  Sciro  -  isola  dell'  Arcipelago  , 
dove  regnò  anticamente  il  re  Licome- 
de.  Pg.  9 ,  37. 

Scipione  o  Scipio  ,  il  maggiore  -  valoro- 
sissimo capitano  romano  ;  detto  V  Af- 
fricano  ,  perchè  ruppe  ,  ancor  giova- 
netto ,  e  disfece  Annibale  gran  capi- 
tano de'  Cartaginesi  ,  popoli  dell'  Af- 
frica. In.  31 ,  116.  Pg.  29 ,  11&.  Par. 
6  ,  53.  27 ,  61. 

Scirocco  -  nome  di  vento  meridionale  , 
che  anche  ilmfro  si  chiama.  Pg.  28, 21 . 

Scoringiani  •  famiglia  nobile  di  Pisa.  v. 
Marzucco, 

Scorpio  0  Scorpione  uno  de'  dodici  segni 
dello  zodiaco.  Pg.  25 ,  3.  accennato. 

Pg.  18  ,  79.  circonscritto.  Pg.  9,  5. 

Scotto  ,  Michele -In.  20,  116.  v.  Mi- 
chele. 

Scotto  -  per  lo  re  di  Scozia  ,  provincia 
settentrionale  della  Gran  Bretagna. 
Par.  19 ,  122. 

Scro vigni  -famiglia  nobile  di  PadoYa ,  ae- 


728 


DIZIONARIO. 


cennata  da  Dante  per  la  scròfa  azzurra 
in  campo  bianco  ,  arme  di  tal  casa- 
to, lo.  17  ,  6k. 
Semele  •  figliuola  di  Cadmo  fondatore   di 
Tebe  ,  e  d' Armonia   sua  moglie.  Co- 
rtei fu  bellissima  giovane ,   e  piacque 
in  maniera  a  Giove  ,  eh*  egli  scendeva 
ispesso  dal  Cielo  per  giacersi  con  lei. 
Onde  Giunone  »  ciò  risapendo  ,    som- 
mamente sdegnata  ,  la  venne  a  trovare 
in  forma  di  una  vecchia ,  e  consiglioUa 
a  pregar    T amante,    e  ad  obbligarlo 
con  giuramento  ,  eh'  egli  venisse  a  lei 
con  titta   la  sua  maestà.  Accettò    il 
consiglio  la  giovane  ;  ed  ottenuto  quanto 
avea  dimandato,  rimase  incenerita  dalle 
folgori  colle  quali  era  venuto  Giove  a 
trovarla.  Ma  egli  cavando  Bacco    dal 
>cntre  dell*  infelice  donna  ,  di  cui  essa 
era  gravida  ,  il  ripose    e  cucì  dentro 
il'  una  sua  coscia  ,  finché  arrivasse  il 
tempo  maturo   del  parto.  Io.  30  ,  2. 
Par.  21  ,  6. 

Semiramis  o  Semiramide  -  moglie  di  Nino 
re  degli  Assiri ,  a  cui  nello  *mperio 
huccesse  ,  dopo  averlo  fatto  morire. 
Edificò  la  città  di  Babillunia  sopra 
l' Eufrate  ,  vinse  in  guerra  molte  na- 
zioni ,  e  fu  donna  oltre  ogni  credere 
lussuriosa.  In.  5  ,  5S. 

Seneca  Morale*-  fu  spagnuolo  ,  e  maestro 
di  Nerone  ;  da  lui  |K>scia  fatto  ammaz- 
zare. In.  k  ,  141. 

Senese -Pg.  13,  106. 

Senesi -Pg.  11  ,  6S. 

Senna  •  in  latino  ISequana  ;  fiume  di  Fran- 
cia ,  che  passa  per  Parigi.  Par.  6,  59. 
19,  118. 

Sonnaar  -  campo  in  oriente ,  dove  i  primi 
uomini  vollero  fabbricare  la  torre  di 
Babelle.  Pg.  12  ,  36. 

Seonacherib  -  re  superbissimo  d^li  As- 
siri ,  ammazzato  da  due  suoi  figliuoli 
in  un  tempio ,  mentre  faceva  orazione 
agi'  idoli.  Pg.  12  ,  53. 

Serafi  -  per  Serafini.  Par.  28  ,  99. 

Serafini  -  ordine  supremo  di  tutta  Y  an- 
jzeljca  milizia  ,  e  più  vicino  a  Dio. 
Par.  t  ,  28.  8 ,  27.  21 ,  92.  vestonsi 
di  Bti  ale  ,  secondo  la  visione  del  pro- 


feta Isaia.  Par.  9  ,  77.   cireonscrìUi. 
Par.  28 ,  72. 
Serchio-  fiume  vicino  a  Lucca.  In.  91,  k9. 
Serena  o  Sirena  *  Le  Sirene  furono  Ire. 
secondo  i  poeti  ;    figliuole   del  fiume 
Acheloo  ,  e  della  ninfa  Calliope.  L*uoa 
di  loro  ebbe  nome  hirteiMpe ,  1  altra 
Ligia ,    la   terza    Leucosia  ;    benché 
presso  diversi  scrittori  con  altri  nomi 
siano  chiamate.  Dal  capo  ìnfino  alU 
coscia  aveano  sembianza  di  donzelle; 
e  dalle  cosce  in  giù  avean    figura   di 
galline  ,  e  non  già  di  pesci  come  vol- 
garmente si  dice  ,    e  come   le  dipin- 
gono i  pittori  seguendo  il  cenone  er- 
rore. Abitarono  prima  ne'  cootorm  di 
Pelerò  ,  promontorio  della  Sicilia;  poi 
neir  isole  Cafarée ,    vicino    a  lidi  del 
mare.  L*  una  di  esse  cantava  ecoeBen- 
temente  ,  l'altra  suonava  di  flauto,  <* 
r  altra  di  celerà  ;  con  dolcezza  tale  . 
che   allettando  i  naviganti    che  di  là 
passavano  ,  gli  addormentavano,  e  fat- 
tili cader    nel  mare ,  gli  divoravano. 
Pg.  19,    19.  Che    le  Sirene   fossero 
mezze  uccelli  o  galline ,  e  non  già  pe 
sci  ;  oltre  all'  autorità  delle  antiche  nit- 
daghe   che  tali    ce  le  rappreseotao  » . 
sono  testimoni  Giulio  Igino  alla  f«vol<i 
125.  dove  racconta  gli  efrori   d  Vìiy 
se  ;  Servio  (ìramatico  sopra  il  5.  di'l- 
r  Eneide  ,  al  v.  Sòi.  Etiano   nel  lìb. 
17.  cap.   23.  della   Storia    degU  Am- 
mali ;  Apollonio  Rodio  nel  4.  deir  Ar- 
gonautica  ,  v.  892.  Ovidio  nel  5.  delle 
Trasformazioni,  v.  552.  AnnibaI  Cari 
nella  lettera  H5.  del  2.  voi.  e  Giant) 
Broukhurìo  ollandese  iie'suui  C'jmof;- 
tari  sopra  il  Panegirico  di  Messala  . 
scritto  da  Tibullo  ,   al  v.  (39.  il  qual 
Broukhusio  tutti  i  sopraccennati  autori 
rapporta. 

Serse  -  re  della  Persia,  vien  posto  dal  Poe- 
ta per  chiunque  regni  e  combatta.  Par. 
8 ,  I2fc.  V,  Xene. 

Sesto  -  castello  sulF  Ellesponto ,  dalla  par- 
te d*  Europa  ;  uno  de' due  Dardanelh. 
Pg.  28,  n. 

Sesto  Tarquinio  -  figliuolo  di  Tarquinio 
Superbo  ultimo  re  de  Romani  ;    che 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


729 


Tìolò  Lucrezia  moglie  di  Collatino ,  don* 
na  castissima.  In.  12  ,  135. 
Setta -città  dell' Affrica  ,  \er80  occiden- 
te. In.  26  ,  IH. 
Settentrional  sito  -  Pg.  1  ,  26. 
Sette  regi  che  assediarono  Tebe  per  ri- 
mettervi Polinice  -  furono  i  seguenti  ; 
Adrasto  ,  Polinice  ,  Tideo  ,    Ippome- 
donte ,  Anfiarao .  Partenopeo  e  Capa- 
neo.  In.  1^,  68.  v.  Stazio  nella  Te- 
baide. 
Sfinge  -  mostruoso  animale  .  venuto  d' E- 
tiopìa  a  Tebe  dove  proponeva  a'  vian- 
danti un  enigma  oscuro  ,  e  coloro  che 
noi  sapevano  sciorre  ,  uccideva  ;  ma 
a  chi  sciolto  r  avesse  ,  prometteva  per 
premio  Giocasta  e  il  regno  di  Tebe. 
Edipo  solamente  seppe  interpetrarlo  ; 
e  perciò  sposò  Giocasta  sua  madre  non 
conoscendola  ;  e  fu  fatto   re  di  Tebe. 
La  Sfinge  ,  dolendosi  d'essere  stata  vin- 
ta in  sottigliezza  d' ingegno  ,  precipi- 
tossi  da  un'  altissima  rupe.  Pg.  33,  4-7. 
Sibilla  o  Siviglia  -  nobile  città  neir  ulti- 
me parti  deUa  Spagna;  vicina  allo  Stret- 
to, in.  20  ,  126.  26  ,  HO. 
Sibilla  Cumea  -  dava  le  risposte  a  coloro 
che  la  consultavano  ,  scritte  nelle  fo- 


glie le  quali  poi  il  più  delle  volte  era- 
no dissipate  dai  vento.  Par.  33,  66.  v. 
Virgilio  nel  6.  dell'Eneide. 

Sicheo  -  sacerdote  d*  Ercole  in  Tiro  ;  ma- 
rito di  Bidone.  In.  5 ,  62.  Par.  9  ,  > 
98.  T.  Didone. 

Sicilia  -  chiamata  dal  Poeta ,  V  Uola  del 
fuoco  ;  per  lo  monte  Etna.  Par.  19  , 
131. 


Silvestro  -  uno  de'  primi  frati  e  compa- 
gni di  s.  Francesco  d'  Assisi.  Par.  11 , 
83. 
8.  Silvestro  Papa  -  Par.  20  ,   57.  guari- 
sce Costantino  dalla  lebbra.  In.  27, 9V. 
chiamato  da  Dante  ,  U  primo  ricco  fa- 
ire.  In.  19  ,  117.  V.  Cottantino. 
Silvio  -  figliuolo  d'Enea  e  di  Lavinia;  da 
cui  discesero  i  re  d' Alba ,  e  finalmen- 
te Romulo  e  Remo.  In.  2  ,  13. 
Simifonti  -  castello  in  Toscana  ,  disfatto 
da'  Fiorentini  l' anno  1202.  Par.  16,  62. 
Simoenta  -  fiume  che  scorreva  presso  Tro- 
ia ,  nato  nel  monte  Ida.  Par.  6 ,  67. 
Simonide  -  nato  in  Cea  ,  isola  del  mare 
Egeo  ;  uno  de' nove  lirici  greci  famosi. 
Pg.  22  ,  107. 
Simon  Mago  -  Costui .  come  leggesi  negli 
Atti   Apostolici,   offerse   danari  a  s. 
Pietro  per  comprar  da  lui  la  potestà 
di  conferire  la  grazia  dello  Spirito  San- 
to ;  e  perciò  dall'  apostolo  fu  maledet- 
to ;  e  quindi  il  patteggiare  e  contrat- 
tare, cne  si  fa  delle  cose  sacre ,  chia- 
masi simonia.  In.  19 , 1.  Par.  30  ,  1^7. 
Sini^aglia  -  città  tra  Ancona  e  Fano,  nel 
lito  del  mare  Adriatico  ;  che  a*  tempi 
di  Dante  andava  dichinando.  Par.  16,75. 


Sinone  -  greco  ,  il  quale  co'  suoi  artifizi 
ingannevoli  persuase  i  Troiani  a  rice- 
ver dentro  le  mura  della  città  il  gran 
cavallo  di  legno,  in  cui  stavano  na- 
scosti i  principi  dell'  esercito.  In.  30  • 
98.  V.  Virgilio  nel  2.  dell'  Eneide. 

Sion  -  monte  della  Giudea ,  sopra  il  qua- 
le era  posta  la  rocca  di  Gerusalem- 


131.  me  ;  e  si  prende  alle  volte  per  la  stea- 

Siciliaoo  vespro  -  Psr.  8,  75.  v.  Francai.       sa  città.  Pg.  4  ,  68. 
Siena  -  città  nobilissima  di  Toscana.  In.    Sirati  -  monte  de'  Falisci ,  detto  da'  La- 


29.  109.  Pg.  5  ,  134. 11 ,  111 ,  123, 

Siestri  -  terra  della  riviera  di  Genova.  Pg. 
19  ,  100. 

Sifanti  •  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16,  iOb. 

Sigierl  -  professore  di  logica  nello  studio  di 
Parigi ,  invidiato  perchò  diceva  la  ve- 
rità. Par.  10 ,  136. 

éa  Sigoa  -  v.  Bonifaxio  da  Siana. 
.  aomo  di  Trerigi.  Pur.  9 ,  W.  • 


tini  Soraete ,  oggi  Jlfonle  di  i.  Siiti- 
Biro;  nelle  grotte  del  quale  abitava  s. 
Silvestro  Papa.  In.  27,  95. 

Sirene  -  Pg.  31 ,  ki.  Par.  12.  8.  v.  Se- 
rena. 

Siringa  -  Ninfa  belissima  d' Arcadia ,  ama- 
ta dal  dio  Pan.  Fuggendo  costei  l' aman- 
te ,  e  sentendosi  sopraggiugnere ,  invo- 
cò gli  Dil ,  e  fu  da  loro  trasmutata  in 
canna  palustre ,  della  quale  fabbricò 
poi  Pan  la  sua  sampogna.  1^.  82,  65. 


730 


DIZIONARIO 


Sismoodi  -  nobilbsima  famiglia  pisana.  Io. 
33  ,  32. 

Sisto  I.  -  sommo  pontefice;  mori  marti- 
re. Par.  27  .  k%. 

Sizi  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par.  16 , 
108. 

Soave  -  casa  di  Soave ,  della  quale  fu 
Federigo  Barbarossa  e  suoi  discenden- 
ti. Par.  3.  119. 

Socrate  -  ateniese  ,  maestro  di  Platone  ; 
giudicato  dall'  Oracolo  il  più  sapiente 
tra  gli  uomini  ;  che  falsamente  accu- 
sato d'  enormi  delitti ,  fu  condannato  a 
bere  la  cicuta.  In.  k  ,  134. 

Soddoma  -  una  delle  cinque  città  infami 
di  Palestina  ,  incenerite  dal  fuoco  ce- 
leste ;  dove  senza  alcuna  vergogna 
s*  esercitava  il  vizio  carnale  centra  na- 
tura. In.  11 ,  50.  Pg.  26  ,   U) ,  79. 

Soldanieri  -  famiglia  nobile  fiorentina.  Par. 
16  ,  93. 

del  Soldanieri ,  Gianni  -  fu  in  Firenze 
di  non  poca  autorità  ,  e  di  parte  Ghi- 
bellina ;  e  trattandosi  di  torre  il  go- 
verno della  città  a'  Guelfi ,  egli  acco- 
statosi al  contrario  partito,  ingannò  e 
tradì  la  sua  ,  e  focosi  capo  deU'  dtra. 
In.  32,  121. 

Soldano  -  titolo  di  gran  principe  che  si- 
gnoreggiava in  Babillonia.  In.  S  ,  60. 
ma  sono  da  vedersi  gli  spositori  sopra 
questo  passo.  In.  27 ,  90,  Alla  pre- 
senza del  soldano  s.  Francesco  d'  As- 
sisi predica  la  fede  di  Cristo ,  ma  con 
poco  frutto.  Par.  11  ,  101. 

Sole  -  Porla  sole  ,  una  delle  porte  di  Pe- 
nigia  ,  che  guarda  verso  il  monte.  Par. 
11 ,  H. 

Solone  •  legislatore  degli  Ateniesi ,  uno 
de'  sette  Savi  della  Grecia  ,  ed  è  po- 
sto dal  Poeta  per  chiunque  giudica,  e 
forma  leggi.  Par.  8 ,  124. 

Sordello  -  mantovano.  Costui  fu  studioso 
uomo ,  e  buon  rimatore  per  quo  tem- 
pi. Compose  un  libro  intitolato  TeiO' 
ro  dt*  Tttori ,  ove  tratta  degli  uomini 
che  in  alcun  tempo  furono  eccellenti 
io  dottrina  ,  o  in  consiglio.  Pg.  6,  74, 
e  segg.  7 ,  3  ,  52  ,  86.  8  ,  83  ,  43  , 
62,  94,  9.  58. 


Sorga  -  fiume  di  Provenza  »  si  mesce  col 
Rodano.  Par.  8  ,  59. 

Spagna  -  nobilissimo  regno  dEaropa ,  ver- 
so r  occidente  ;  anticamente  provioeia 
de'  Romani ,  soggiogala  da  Giulio  Ce- 
sare. In.  26  ,  103.  Pg.  18  ,  102.  Nr. 
6  ,  64.  12  .  46.  19  ,    125.  t.  Àlfon»: 

Stazio,  Papinio  -  illustre  poeta  latino,  to- 
losano  di  patria  ,  secondo  Dante .  rna 
secondo  altri  scrittori  »  napolitano.  Vii- 
se  a'  tempi  di  Domiziano  imperadore , 
appresso  il  quale  fu  in  grande  stima 
ed  onore.  Abbiamo  del  suo  cinque  li- 
bri delle  Selve  ,  dodici  della  Tebai^. 
e  due  dell'Achilleide.  Il  suo  stile  è  gon- 
fio ,  e  molto  ardito.  Finge  Dante,  cen- 
tra la  verità  dell*  istoria  ,  che  eoflui , 
leggendo  la  4.  egloga  di  Virgilio ,  si 
sentisse  mosso  a  farsi  Cristiano ,  ed  ese- 
guisse questo  suo  pensiero ,  benché  oc- 
cultamente per  timor  de' tiranni  chela 
Chiesa  perseguitavano.  Pg.  91  ,  IO,  e 
segg.  32  ,  64  ,  e  aegg.  24  .  119.  23. 
29 ,  32.  32  ,  29.  33 ,  134. 

s.  Stefano  •  suo  martirio.  Pg.  15 ,  107, 
e  segg. 

Stige  -  palude  inremale  «  per  cui  giurava- 
no gli  Dii.  In.  7  ,  106.  9 ,  81.  14  , 
116.  V.  le  favole. 

lo  Strìcca  -  giovane  sanese  nccbissimo  , 
ma  scialacquatore  fuor  dì  misura.  Fu- 
rono in  Siena  a*  tempi  di  Dante  alcu- 
ni giovani  facoltosi ,  i  quali  misero  in- 
sieme ben  dugentomila  fiorini  d*oro  e 
si  diedero  a  spendere  »  e  a  metter  ta- 
vola ;  sicchò  in  meno  -di  venti  mesi  li 
consumarono  tutti  ,  e  restarono  pove- 
ri :  tra'  quali  era  questo  Strìcca ,  e  Nic- 
colò Salimbeoi.  In.  29  ,  125. 

Strofade  o  Strofadi  -  due  insolette  del  ma- 
re Ionio  ,  dove  abitavano  le  Arpie,  con- 
finatevi da  Calai  e  da  Zete  figliuoli  di 
Rorea ,  che  le  aveano  scacciate  dalle 
mense  di  Finoo  re  di  Paflagonia.  In. 
13  ,  11.  y.  Arpi;  e  Virgilio  nel  3.  del- 
l' Eneida. 

T 

Tabemiccb  -  monte  altissimo  di  Scbia^^ 
alar.  In.  32 ,  28. 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


731 


Taddeo*  medico  fiorentino  eccellente.  Par* 
12 ,  83.  Altri  irogliono  che  foase  un 
Talento  giurisconsulto. 

Tagliacozio  -  luogo  di  Puglia  ,  dove  Alar- 
do francese ,  capitano  del  re  Carlo  d'An- 
giò ,  uomo  di  gran  consiglio,  vinse  Cur^ 
radino  nipote  del  re  Manfredi  ,  senza 
trarre  spada.  In.  28  ,  17. 

Tagliamento  -  fiume  che  separa  la  Marca 
Trivigiana  dal  Friuli.  Par.  9  ,  44. 

Taida  -  personaggio  comico  di  meretrice, 
presso  Terenzio  nell'Eunuco.  In.  18, 
133. 

Talamone  -  porto  de'  Sanesi ,  col  mezzo 
del  quale  speravano  di  farai  grandi  e 
possenti  in  mare.  Pg.  13  ,   152. 

Tale  o  Talete  Milesio  -  unoi  de*  sette  Sa- 
'  vi  della  Grecia.  In.  4  ,  137. 

Tamigi  -  fiume  che  scorre  per  mezzo  Lon- 
dra ,  metropoli  d'Inghilterra.  In.  12 , 
120. 

Tamiri  o  Tomiri  -  regina  <fi -Scizia  ;  la 
quale  avendo  preso  in  hattaglia  Ciro 
re  di  Persia ,  da  cui  le  era  stato  uc- 
ciso un  figliuolo  unico  ,  il  fece  deca- 
pitare ,  e  porre  la  sua  testa  in  un 
otre  pieno  di  sangue ,  dicendo  :  Salta- 
li di  quel  sangue,  M  gtuile  avesti  eem" 
pre  così  gran  sele.  Pg.  12 ,  S6. 

Tanai  o  Tana  -  fiume  settentrionale  ,  che 
mette  nella  Palude  Meotide;  ultimo  ter- 
mine tra  TArta  e  l'Europa  ,  perchè  so- 
pra di  esso  i  termini  di  queste  due  parti 
del  mondo  sono  confusi.  In.  32  ,  27. 

Tarlati  -  potentissimi  cittadini  d' Arezzo. 
Pg.  6  ,  15.  T.  Ciane. 

Tarpea-per  lo  Campidoglio  che  anche  Jlti- 
pe  Teurpea  si  chiamava ,  dove  nel  tem- 
pio di  Giove  Capitolino  si  custodivano 
i  pubblici  tcMri.  Pg.  9  ,  137. 
Tarquino  o  Tarquinio  Superbo -ultimo  re 
di  Roma  ,  cacciato  in  esilio  da  M.  Bru- 
to. In.  4  ,  127. 
Tartari  -  popoli  ferodasimi  dell'Asia  e  del- 
TEuropa  ,  verso  il  settentrione,  lo.  17, 
17. 
Taumante  -  padre  della  dea  Iride ,  secon- 
do le  favole.  Pg.  21  ,  50. 
Tauro  -  segno  dello  zodiaco  ,  che  prece- 
-  do  i  Gemini.  Pg.  25,  3.  Par.  22,  ili. 


Tebaldo  -  poema  di  Stazio,  che  tratta 
della  guerra  tebana.  Pg.  21  ,  92. 

Tebaldo  -  re  di  Navarra.  In.  22  ,  52. 

Tebani  -  citUdini  di  Tebe.  In.  20  ,  32. 
Pg.  18 ,  93.  T.  Tebe. 

Tebano  sani^ue  -  la  razza  de*  Tebani,  per- 
seguitati dalla  dea  Giunone.  In.  30  .  2. 

Tebe  -  famosa  metropoli  della  Beozia  ; 
fabbricata  da  Cadmo  figliuolo  d'Ageno- 
re re  di  Tiro.  In.  14  ,  69.  25  ,  15. 
32  ,  11.  Pg.  22  ,  89.  V.  Sette  regi. 
Capaneo  ,  chiamata  da  Dante  ,  la  ctV- 
ti  di  Bacco;  perchè  quel  Dio  in  es- 
sa nacque.  In.  20  ,  59.  Furie  di  Tebe. 
cioè  ,  quelle  che  stimolarono  e  fecero 
impazzire  Atamante.  In.  30,  22.  v. 
Aktmante. 

Tebe-  guerra  tebana,  materia  del  poema 
di  Stazio ,  detto  Ttbaide.  Pg.  21,  92. 

Tebe  -  Chiama  Dante  novella  Tebe  la  cit- 
tà di  Pisa  ,  per  le  molte  scelleratezze 
commesse  da'  suoi  cittadini ,  simili  a 
quelle  che  raccontano  i  poeti  dell'  anti- 
ca. In.  33,  89. 

Tedesche  ripe  •  che  fanno  sponda  al  Da- 
nubio. Par.  8,  66. 

Tedeschi  -  popoli  della  Germania.  In. 
17,21. 

Tedesco  -  uomo  di  Alemagna.  Pg.  6, 97. 

il  Tegghiaio,  o  Tegghiaio  Aldobrandi  -  In. 
6,  79.  16,  41.  V.  Àldcbrandi. 

Temi  -  Dea  presidente  del  giusto  e  del- 
r  onesto ,  la  quale  dava  ancora  gli  o- 
racoli,  ma  oscuri  molto  ed  inviluppa- 
ti. Pg.  33 ,  47.  V.  Ovidio  nel  1.  del- 
le Metamorfosi. 

Terenzio- poeta  latino  celebratissimo,  na- 
tivo di  Cartagine  città  dell*  Aflrica,  ma 
da  fanciullo  passato  in  Roma  ove  scrìs- 
se commedie  eccellentemente.  Pg.  22. 
97.' 

Terra -Dea;  supplica  Giove  a  voler  prov- 
vedere al  mondo  che  ardeva  quando  ' 
Fetonte  volle  reggere  il  carro  del  So- 
le suo  padre ,  e  usci  poi  di  cammino. 
Pg.  29,  119. 

Terra  Santa  -  usurpata  da'  Turchi  a'  Cri- 
stiani. Par.  15  ,  144. 
Teseo  -  figliuolo   d'  Egeo  re  d'  Atene  ,  e 
d*  Etra  sua  moglie.  Questi  per  le  mol- 


73-2 


D  1  Z  I  O  iN  A  H  1  0 


te  e  grandi  prodezze  operate  a*  annove- 
ra ira  i  molti  Ercoli  dell'  antichità. 
Discese  ali*  Inferno  insieme  con  Pirìtoo 
tuo  carissimo  amico,  per  rapirne  Pro- 
serpina.  In.  9 ,  Si*,  v.  le  favole;  chia- 
mato da  Dante ,  il  duca  <f  Alene.  In. 
12,  17.  domator  de  Centauri.  Pg.  2&., 
123. 

Tesifone  -  una  delle  Furie  infernali.  In. 
9 ,  W. 

Tesoro  -  libro  di  ser  Brunetto  Latini.  In. 
15,  119.  V.  Brunetto. 

Teti-Dea  del  mare,  madre  d'Achille. 
Pg.  9 ,  37.  22 ,  113. 

Tevere  -  fiume  trionfale ,  che  bagna  la 
città  di  Roma,  esce  dal!*  Apennino ,  e 
si  scarica  nel  Tirreno.  In.  27 ,  30. 
Pg.  3,  101.  Par.  11,  106. 

THomas  d'  Aquino  -  v.  Tommoio. 

Tiberio  -  terzo  cesare  romano.  Par.  6  , 
86.  sotto  costui  fu  crocifisso  nostro 
Signor  Gesù  Cristo. 

Tideo  -  figliuolo  d*  Eneo  re  di  Calidonia, 
e  padre  di  Diomede  ;  il  quale  con  al- 
tri sei  principi  andò  ali*  assedio  di  Te- 
be per  rimettervi  Polinice:  e  quivi  do- 
po molte  azioni  segnalatissime  fu  uc- 
ciso in  battaglia  da  un  certo  Menalip- 
patebano;  ma  avendolo  anch*egli  mor- 
talmente ferito,  ed  essendo  quegli  mor- 
to prima  di  lui,  fecesi  portar  la  testa, 
e  per  gran  disdegno  si  mise  a  roder- 
la. In.  32  ,  130.  V.  Papinio  Stazio  in 
fine  dell*  8.  libro  della  sua  Tebaide. 

Tifo  0  Tifeo  -  uno  de'  Giganti  che  mosse- 
ro guerra  agli  Dei.  In.  31  ,  12&..  Fu 
costui  cogli  altri  fulminato ,  e  subbis- 
sato sotto  r  isola  di  Sicilia  :  e  perciò 
finsero  i  poeti ,  che  il  fummo  e  le 
iìamme  eh*  escono  di  Mongibello,  fos- 
sero prodotte  da*  sospiri  di  esso.  Par. 
8,  70. 
Tignoso ,  Federigo  -  da  Rimini.  Pg.  Xk  , 

106. 
Tigri  -  gran  fiume  dell'  Asia.   Pg.   33  , 

112.  V.  Eufrales. 
Jimòréo,  fu  detto  Apollo  da   una  selva 
della  Troade  ,   do>'  era  adorato.   Pg. 
12.  31. 
Timeo  di  Locri  -  uomo  nobilissimo  ,  filo- 


sofo sapientissimo  ,  6  istorieo  eloqueo- 
tissimo.  Intitolò  Platone  col  nome  di 
costui  uiu>  de*  suoi  Dialoghi  dove  trat- 
ta dell*  università  delle  cose ,  e  delta 
natura  del  mondo.  Par.  k .  Ì9. 

Tiralli  -  cioè,  Tirollo  ,  contado  di  Lama- 
gna.  In.  20  ,  63. 

Tiresia- tebano  .  indovino  a' suoi  tempi 
molto  eccellente.  Fingono  i  poeti .  che 
costui .  trovati  una  volta  in  un  bosco 
due  serpenti,  maschio  e  femmina,  in- 
sieme congiunti  ,  gli  battesse  con  una 
verga  ;  e  ciò  fatto ,  subitamente  d'  uo- 
mo in  donna  si  cangiasse  :  ma  dopo 
sette  anni ,  trovati  ancora  que  due  ser- 
penti «  e  battutigli  nella  medesima  ma- 
niera ,  la  perduta  virilità  n'acquistasse. 
Dicono  ancora,  che  per  avere  in  una 
lite  scherzevole,  insorta  tra  Giove  e 
Giunone,  data  sentenza  in  favor  di 
Giove ,  fosse  dalla  Dea  sdegnata  pri- 
vato della  luce  degli  occhi.  Altri  scri- 
vono che  andando  egli  a  caccia  sul 
mezzogiorno ,  arrivasse  ad  una  fonte 
dove  Pallade  insieme  colla  ninfa  Cari- 
clo ,  madre  di  Tiresia  ,  si  lavava  ;  e 
vedutala  ignuda ,  rimanesse  snbitamen- 
te  accecato  :  ma  gli  fosse  poi  dalla  Dea 
questa  disgrazia  alleggerita  col  donar- 
gli la  scienza  delle  cose  avvenire,  lo. 

20,  kO.  Pg.  22.  113.  V,  Ovidio  nW 
3.  delle  Trasformazioni  ;  e  Callimaco 
neiriono  elisegli  fa  in  Latacm  AUla- 
dis ,  stampato  in  greco  e  con  tre  tra- 
duzioni latine  in  fine  delle  Poe>ie  e 
Prose  pur  latine  di  Gio.  Antonio  Volpi. 

Tisbe  -  Pg.  27 ,  37.  v.  Amato  e  Tùòt. 

Tito  -  imperadore,  figliuolo  di  Flavio  Ve- 
spasiano, dlstnigge  e  smantella  da*  fon- 
damenti la  città  di  Gerusalemme.  Pe. 

21 ,  82.  Par.  6 .  98. 

Titone- figliuolo  di  Laomedonte  re  di  Tro- 
ia ,  e  fratello  di  Priamo,  fingono  le 
favole ,  che  costui  essendo  bellissimo 
giovane .  fosse  amato  e  preso  per  ma- 
rito dair  Aurora  ,  della  quale  generò 
Mennone.  GU  ottenne  la  moglie  dagli 
Dii  l'immortalità;  ma  non  sl«  che  non 
divenisse  vecchio  fastidioso.  Finalmeo- 
te  dopo  la  morte  d«l  figliuolo  ucciso 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


733 


in  battaglia ,  fu  trasmutato  io  cicala. 

Pg,  9,  1. 

Tizio  -  uno  de*  Giganti  che  mossero  guer- 
ra a^ii  Dei.  In.  31  •  12&. 

Toanto  ed  Eumenio  •  figliuoli  d*  hifile. 
Pg.  26  ,  95.  V.  liofile. 

Tobbii  il  vec(  Ilio  -  guiiri^ce  ilolla  c«*cità 
col  fole  d*un  ptsco,  mostrata)  al  figliuo- 
lo di  lui  dnir  arcangHo  Kaflaello.  Par. 

Tolommea  -  prigione  d'Inferno,  ove,  se- 
condo il  Poeta ,  sono  puniti  i  tradito- 
ri di  coloro  che  in  e^si  confidavano. 
In.  33 ,  \^k.  detta  da  Toiomnìco  re 
d'  Egitto  ,  traditore  di  Pompeo  Magno 
eli*  era  a  lui  ricordo  dopo  la  rotta  di 
Farsaglia  ;  o  da  Tolommeo  principe  de- 
gli Ebrei ,  che  uccise  per  tradimento 
il  suocero  e  due  suoi  cognati,  t.  il  Lan- 
dino e  il  Vellutello. 

Tolommeo ,  Claudio  -  astronomo  eccellen- 
tissimo, in.  &• ,  H2. 

Tolommeo  -  re  d*  Egitto,  uccisore  di  Pom- 
peo il  grande;  disfatto  da  Giulio  Cesa- 
re. Par.  6,  69.  v.  T  istoria  de  Bello 
Alexandrino,  che  leggesi  dopo  i  Comen- 
tart  di  Cesare. 

Tolosano  •  dì  Tolosa  ,  città  di  Francia. 
Pg.  21 ,  89. 

Tomma  -  per  Tommaso.    Par.  12,  110. 

s.  Tommaso  Apostolo  -  Par.  16  ,  129. 

Tommaso  d'  Aquino  *  uomo  santissinto  e 
dolUssImo  ,  come  tutti  sanno.  Morì  al- 
la Badia  di  Fossa  Nuova  ,  mentr*  egli 
andava  al  concilio  generale  di  Lione; 
fatto  avvelenare,  secondo  il  Poeta  no- 
stro ,  da  Carlo  IL  di  Valois  re  di  Pu- 
glia, uomo  di  scellerati  costumi,  il  qua- 
le temeva  che  da  Tommaso  non  fosse- 
ro scoperte  e  processate  le  sue  malva- 
ge  opere.  Pg.  20,  69,  Par.  10,  99. 

12,  110,  lU.  13,  32.  U,  6. 
'Toppo  -  le  §io$tre  del  Toppo,  cioè,  la  bat- 
taglia seguita  tra  i  banesi  e  gli  Areti- 
ni alla  Pieve  del   Toppo ,   contado  di 
Arezzo  ;  dove  i  Sanesi  furono  rotti.  In. 

13,  121. 

Torquato  -  Tito  Manlio  Torquato ,  nobi- 
lissimo Romano  ,  il  quale  fece  prima 
batter  con  verghe  «  poi  decapitare  il 


suo  proprio  figliuolo,  perchè  nella  guer- 
ra de'  Latini ,  -centra  il  suo  comando, 
molto  pericolos^amente  avea  combattu- 
to ,  benché  avesse  ottenuta  vittoria. 
Par.  6,  46. 
Torso-  città  di  Francia;  patria  dj  Mar- 
tino IV.  sommo  pontefice.  Pg.  24-,  23. 
della  Tosn  -  famiglia  nobile  fiorentina,  v. 

CianghtVa, 
Tf>S('a  gente  -  In.  28 ,  108. 
Toscana -nobilissima  provincia  d'Italia. In. 
24, 122.  Pg.  11.  110. 13,  149.  14,  16. 
il  Toscano  -  cioè,  i  Toscani  o  la  Tosca- 
na. Par.  9 ,  90. 
To«ca  parola  -  In.  23  ^  76. 
Tosco  -  Toscano.    In.  10 ,  22.  22 ,  99. 
23,  91.  32,  66.  Pg.  11,  58.   14, 
103.  Par.  22,  117. 
Tosco  parlare  -  cioè ,  toaoanamenta.  Pg. 

16.  137. 
Tosinghi  -  famiglia  nobile  fiorentina,  det- 
ti dal  Poeta  ,'  ^et  e'  arro$$an  per  lo 
ilaio.  Par.  16, 105.  Uno  di  questi  es- 
sendo stato  proposto  sopra  le  biade  del 
comune ,  dicesi  aver  tratto  una  doga 
dello  staio ,  e  cosi ,  ristretta  la  misu- 
ra ,  aver  guadagnato  molto  ;  la  qual 
cosa  saputa<)i,  egli  ne  fu  punito  capi- 
talmente. Non  manca  però  chi  scrìva, 
colui  che  tal  delitto  commise  ,  essere 
stato  de'  Chiaramontesi. 
Tosinghi  -  consorti  de'  Cortigiani  e  Visdo- 

mini.  Par.  16,  112.  v.  Visdomìni. 
Traiano  impcradore  -  ottimo  e  giustissimo 
principe  ,  secondo  i  Gentili  ;  figliuolo 
adottivo ,  e  successore  di  Nerva  nel- 
r  imperio.  Trionfò  de'Daci,  e  di  mol- 
te altre  nazioni  barbare.  Fu  principe 
molto  clemente  ,  ed  ebbe  dal  senato 
il  soprannome  di  Ottimo.  Di  lui  e  del- 
le sue  virtù  ,  oltre  agli  storici  romani, 
è  da  vedere  il  Panegirico  di  Plinio  il 
giovane.  Pg.  10,  74,  76,  e  segg.  Par. 
20  ,  44 ,  112.  V.  a.  Gregorio  Magno, 
Trasfigurazione  di  Gesù  Cristo  sul  monte 

Taborre  -  accennata.  Pg.  32  ,  73. 
Traversara -famiglia  nobilissima  di  Ra- 
venna. Pg.  14  ,  107. 
Traversare  ,  Piero  -  Pg.  14 ,  98.  v.  Pier 
Travertaro. 


734 


DIZIONARIO 


Trentino  -  di  Trento.  In.  10 ,  S7. 

Trento  -  città  posta  ne'  confini  d' Italia  , 
nella  contea  del  Tirollo  ;  premo  il  fiu- 
me Adige.  In.  18 ,  5. 

Trespiano  -  luogo  nel  contado  di  Firenze^ 
assai  micino  alla  città.  Par.  16 ,  54. 

Tribaldello  de*Manfredi  -  faentino  ;  il  quale 
una  notte  aperse  una  porta  della  città 
a  m.  Giovanni  de  Apia,  francese,  fatto 
da  papa  Martino  conte  di  Romagna. 
In.  32 ,  1S2. 

Thnaeria  ,  fu  detta  anticamente  la  Si- 
cilia ,  da*  tre  promontori ,  Peloro ,  Pa- 
chino e  Lilibeo.  Par.  8  ,  67. 

ss.  Trinità  -  accennata.  Par.  13 ,  79.  a- 
dombrata.  33  ,  116.  e  segg. 

Tristano  -  fu  nipote  del  re  Marco  di  Cor- 
novaglia ,  e  grande  amatore  della  rei- 
na  Isotta  ,  moglie  di  esso  re  ;  e  per 
lei  fece  mille  pruoye  di  cavalleria  , 
come  leggesi  ne'  romanzi.  In.  5 ,  67. 

Trif  ia  -  uno  de'  cognomi  della  dea  Dia- 
na, intesa  per  la  luna.  Par.  23 ,  26. 

Troia -città  metropoli  della  Frigia  Mi- 
nore provincia  dell'  Asia  ,  che  anche 
l\rt)ade  si  chiamava;  notissima  perle 
favole  de' poeti.  In.  1  ,  74.  30  ,  98. 
Pg.  12  ,  61.  Di  Troia  usci  prima  1' 
aquila  ,  insegna  de'  Romani  ;  secondo 
r  opinione  del  Poeta  nostro.  Par.  6, 6. 

Troiane  furie  -  cioè  ,  quelle  che  stimola- 
rono Ecuba  per  la  morte  di  Polidoro. 
In.  30  ,  22.  v.  Ecuba. 

Troiani  -  In.  30  ,  14.  Par.  15  ,  126.  di- 
sfanno in  Puglia  l'esercito  di  Turno 
re  de'  Rutuli.  In.  28 ,  10. 

Troiani ,  a*  quali  convenne  partire  dalle 
isole  Strofade ,  cacciatine  dalle  Arpie- 
In.  13 ,  11.  V.  VirgiUo  nel  3  dell'E- 
neida. 

Troiani  che  accompagnavano  Enea  in  I* 
taha  -  Molli  di  loro  ,  annoiati  della  fa- 
tica del  viaggio  ,  elessero  di  restar  in 
Sicilia  con  Aceste.  Pg.  18  ,  136.  v. 
Virgilio  nel  5.  dell*  Eneida. 

Troni  -  cosi  si  chiama  il  terso  coro  de- 
gli angeli  della  prima  gerarchia.  Par. 
9  .  61.  28  ,  104. 

Tronto  -  fiume  d*  Italia  ,  che  divide  la 
Marca  d' Ancona  dall'  Abruzzo  ,   e  si 


scarica  nell'Adriatico.  Par.  8»  63. 

Tullio  Qcerone  -  uomo  eloquentitaioiotra 
Romani ,  •  tutti  noto.  In.  4  »  14t. 

Tupino  -  fiume  che  corre  presso  alU  dt- 
a^  d*  Assisi.  Par.  11  »  43. 

Turbia  •  castello  del  Genovesato.  Pg.  3, 
49. 

Turchi  -  popoli  dell'  Asia  Minore  ,  ogd 
detta  Natòlia ,  ma  prendonsi  general- 
mente per  li  Maomettani  sudditi  del 
gran  signore.  In.  17,  17.  osorpaocla 
Terra  SanU  a' Cristiani.  Par.  15. 143. 

Turno  -  prìncipe  de*  RutuU ,  popoli  deil* 
antica  Italia  ,  ucciso  da  Enea.  h.  1 , 
108.  V.  U  poema  di  Vii^ilio. 


di  Valbona  ,  Lizio  -  Pg.  14 ,  97.  v.  Jltrò. 

Val  Camonica  -  gran  Ttlle  nel  BresciaBo. 
In.  20,  65. 

Yaldamo  -  luogo  in  Toscana  ,  aceeosato. 
Pg.  14.  30,  41. 

Valdichiana  -  campagna  tra  Artiao,  Ov^ 
tona  ,  Chiusi  e  Montepulciano  ,  ove 
corre  la  Chiana  fiume  ;  paese  d  aria 
cattiva ,  masaimamenta  di  siate.  In. 
29 ,  47. 

Valdigrieve  -  luogo  sol  FiorenliBo,  doado 
vennero  i  Buondelmonti  che  qaivi  pos- 
sedevano terre  e  castella.  Par.  16,  66. 

Valdimagra  -  Magra  è  un  fiuma  Ab  di- 
vide la  Toscana  dalla  Liguria.  Chia- 
masi oggi  quel  paese  ,  Lmùfmmm^  di 
Luoi  città  antichissinoa.  Ivi  tono  T  an- 
tiche giurisdizioni  de'  marchesi  Mala- 
spini.  Pg.  8,  116. 

Vangelisti  quattro  -  intesi  per  quattro  am- 
mali di  maravigliosa  figura.  P|g.  29, 92. 

Vanni  della  Nona  -  notaio  in  Piaa  ,  io»- 
piccato  per  la  gola  .  benché  innocen- 
te accennato.  In.  24  ,  139.  ▼•  Vmm» 
fWoci. 

Vanni  Fucci  -  pistoiese  ,  bastardo  di  m . 
Fucdo  de'Laneri,  e  ladro  fanoosiisi- 
mo  a*  tempi  ;  suoi  compagai  rubò  U 
ricchissima  sacrestia  del  éaomo  di  Pi- 
stoia. Costui  imputando  U'  uo  furto  so- 
leone,  da  sé  aommesso.  il  suddetto  Va»- 


DELLE  STORIE  £  FAVOLE. 


73:> 


ni  della  Nooft  ,  notaio  ,  oomo  di  ot- 
tima fama  ;  tanto  fece  ,  oh'  egli  centra 
ogni  giustiiia  ne  fu  impiccato.  In.  24 , 
185. 

Varo  -  fiume  il  quale  divide  la  Gallia  Ci- 
salpina dalla  Transalpina.  Par.  6  ,  58. 

Varrò  o  Varrone  -  il  più  dotto  de*  Bo- 
inanl.  Visse  a*  tempi  di  Cicerone  ,  del 
quale  fu  amicissimo.  Scrisse  infinite 
cose  ;  ma  poche  ne  sono  arriyatefioo 
e' nostri  giorni.  Pg.  22,  98. 

Valicano  -  uno  de*  sette  colli  di  Roma  , 
dov'  è  al  presente  la  chiesa  di  s.  Pie- 
tro ,  e  1  palazzo  del  papa.  Par.  9 , 
139. 

Ubaidini  -  famiglia  nobilissima  e  molto  po- 
tente della  Toscana.  Pg.  ìk,  105-  v. 
Ugolin ,  Azza. 

degli  Ubaidini ,  Ottaviano  -  cardinale.  Fu 
costui  uomo  di  gran  governo  ,  e  d*  ani- 
mo Invitto  ;  ma  di  costumi  tirannici , 
piuttosto  che  da  uomo  di  chiesa.  Pro- 
tesse la  fazioo  Ghibellina  centra  i  pon- 
tefici. Era  chiamato  il  Cardinale  ,  per 
antonomasia.  Vien  posto  da  Dante  tra 
gli  Epicurei ,  come  crede  la  comune 
degli  spositori.  in.  10 ,  120. 

degli  Ubaldiai .  Ruggieri  -  In.  33  »  1%. 
V.  Ugclino. 

Ilbaldino  dalla  Pila  ,  luogo  nel  contado 
di  Firenze  -  persona  golosa.  Pg.24 ,  29. 

Ubaldo ,  beato  -  uomo  di  vita  penitente 
e  solitaria,  che  fu  poi  vescovo  d'Agob- 
bio ,  ed  è  ora  in  grandissima  veuera- 
zioiie  presso  que'  popoli.  Par.  11  »  44. 

Ubbriachi  -  broiglia  nobile  fiorentina,  ac- 
cennata da  Dante  per  T  oca  bianca  ia 
campo  rosso ,  arme  di  tal  famiglia.  In. 
17  ,  62. 

liberti  -  famiglia  io  Firenze  d*  antichis- 
sima  nobiltà  ,  capi  deUa  fazioo  Ghibel- 
lina ,  acceooati  da  Daote.  Io.  23 ,  106. 

'    y.  Catalano  e  Gardingo. 

degli  Uberti,  Mosca -in.  28,  106.  v. 
mo$ea. 

Ubertio  Donato  o  Donati  -cavatierfioien- 
tioo  ,  il  quale  avendo  presa  per  mo- 
glie una  figliuola  di  m.  BdUiociooe  Ber- 
ti ,  molto  si  dolse  che  il  suocero  oe 
desse  un'altra  od  uoo  degli  Adimari,  e 


cosi  il  facesae  lor  parente.  Par.  16, 119. 

Ubertino  -  frate  Ubertino.  Par.  12,124. 
▼.  C'osala. 

Uccellatolo  -  monte  lontano  da  Firenze  do* 
quo  miglia  ;  donde  si  veggono  i  super- 
bi edifici  posti  dentro  e  fuori  di  quel- 
la. Par.  15  ,  HO. 

del  Vecchio  -  famiglia  nobile  fiorentina. 
Par.  15 ,  115. 

Veltro  -  In.  1 ,  101.  Molti  spoaitori  vo- 
gliono che  il  Poeta  intenda  con  que- 
sta parola  ,  Gan  Grande  della  Scala , 
signor  di  Verona  ,  princ  ipe  magnanimo , 
liberale  ,  e  grande  amatore  degli  uo- 
mini valorosi  ;  alla  cui  corte  Dante  , 
sbandito  dalla  sua  patria  ,  per  alcun 
tempo  si  riparò.  Non  manca  però  chi 
dia  a  questo  passo  altra  spiegazione 
straiiis.HÌma. 

Venere  -  Dea  delle  libidini  e  degU  amo- 
ri nata  della  spuma  del  mare  ,  secoudo 
le  favole.  Pg.  25 ,  132.  ferita  dal  fi- 
gliuolo Cupido  per  inavvertenza  ,  s' in- 
namora d' Adone.  Pg.  28  ,  65. 

Venere  -  pianeU.  Pg-  1 ,  19.  Par.  8,2, 
e  segg.  Nel  cielo  di  Venere  i '  appttnta 
Vomirà  del  nottro  wwndo,  cioè,  l' ombra 
del  corpo  terrestre  ,  fatta  in  figura  co- 
nica ,  viene  à  tocrnre  colla  punta  del 
cono  detta  sfera  di  Venere  ,  e  non  pas- 
sa più  avanti.  Par.  9,  118. 

Vercello  o  Vercelli  -  città  posta  a'  confi- 
ni del  Piemonte ,  dove  principia  la  Lom- 
bardia. In.  28,  75. 

Verde  -  fiume  non  lontano  da  Ascoli ,  cit- 
tà della  Marca  d*  Ancona  ,  il  quale  va 
a  scaricarsi  nel  Tronto.  Pg.  3  ,  131. 
Par.  8 .  63. 

Verona -città  nobilissima  di  Lombardli; 
edificala  da*  Galli  Senoni  ;  madre  in 
ogni  tempo  d'uomini  eceéllenti.  Pg, 
lo  ,  118.  palio  ohe  ai  corre  in  essa. 
In.  15  ,  liai. 

Veronese -di  Verona.  In.  20,  68. 

Veronica  -*  il  santo  sudario  ,  dove  impres- 
sa rimase  l'immagine  del  Redentore, 
cosi  detto  ,  qiioai  «ano  ieon.  Par.  81 , 
104. 

Verruohio  -  cartelle  oel  terrilorto  di  Ri- 
mini, lo.  917 ,  46. 


736 


DIZIONARIO 


Veso ,  monte  -  parte  dell'  Alpi ,  dote  na- 
sce il  Po:  In.  16  ,  95. 

Ughi  •  famiglia  nobile  fiorentina.  Par.  16, 
88. 

Ugo  -  Il  conte  Ugo  da  Lacimborgo  fu  vi- 
cario in  Toscana  per  Ottone  impera- 
dorè.  Fu  eccellente  nel  governare  ,  e 
molto  religioso.  Fondò  più  badie.  Fé- 
cesi  amici  i  Pulci  ,  i  Nerii  ,  i  conti 
Gangalandi  ,  i  Giandonati  ,  e  quelli 
della  Bella  ,  a'  quali  tutti  donò  1*  ar- 
nie sue  ,  eh'  erano  liste  rosse  e  bian- 
che ;  e  altri  privilegi.  1  Pulci  sola- 
mente ritengono  V  arme  propria  del 
conte  :  gli  altri  tutti  V  anno  variata. 
Mori  il  conte  del  mese  di  decembre, 
il  giorno  di  s.  Tommaso  Apostolo  : 
laonde  ciascun  anno  in  detto  di  i  mo- 
naci di  Badia  celebrano  le  sue  esequie. 
Par.  16  ,  128. 

Ugo  Ciapetta  o  Capoto  -  uomo  potentissi- 
mo in  Parigi  a'  tempi  che  s' estinse  la 
seconda  razza  de'  re  di  Francia ,  di- 
scendenti da  Carlo  Magno  ,  essendosi 
l'ultimo  di  detta  stirpe  renduto  mona*- 
naco.  In  queir  occassione  Ugo  col  mez- 
zo de'  grandi  del  regno  ,  suoi  amici,  a- 
cquistò  la  corona  per  sé  e  per  suoi 
discendenti ,  la  prosapia  de'  quali  du- 
ra tuttavia  a  nostri  giorni.  Pg.  20  ,  b3. 
W,  e  sege. 
Ugo  da  s.  Vittore  -  Questi  fu  di  Pavia, 
e  monaco  del  monistero  di  s.  Vittore; 
uomo  dottissimo  nelle  sacre  lettere  ,  e 
scrittore  di  molti  libri.  Par.  12,  133. 

Ugolin  d*  Azze  -  della  nobilissima  e  poten- 
tissima famiglia  degli  Ubaldini.  Pg. 
1^ ,  105. 

Ugolino  de  conti  della  Gerardesca  -  nobi- 
le pisano ,  di  fazion  Guelfa  ;  il  quale 
s' accordò  coli*  arcivescovo  Ruggieri  de- 
gli Ubaldini ,  di  fazion  Ghibellina  ,  per 
cacciar  Nino  giudice  di  Gallura ,  Guel- 
fo ,  figliuolo  d*  una  figliuola  di  esso 
conte  ,  eh*  era  divenuto  signor  di  Pi- 
sa ;  e  con  tale  aiuto  cacciatolo  ,  fece- 
si  padrone  della  città  in  luogo  suo. 
Ma  r  arcivescovo  ,  mosso  da  invidia , 
gli  concitò  centra  11  popolo  ,  accusan* 
itolo  che  avesse  tradita  b  {latria ,  re- 


stituendo a'Fiorentini  ed  a*Lucche«  al- 
cune loro  castella  poasedute  da'  Pisa- 
ni ;  per  la  qual  cosa  il  popolo  mosso 
a  furore  ,  corse  alle  case  del  conte  . 
e  presolo  con  quattro  suoi  figUuoli  , 
il  misero  in  una  torre  sulla  piazza  de- 
gli Anziani  :  poi  ,  passati  alquanti  gior- 
ni, diedero  ordine  che  non  gli  io§ée 
più  dato  mangiare  ;  e  gittarooo  le  chia- 
vi della  torre  in  Amo  ;  e  quivi  insie- 
me co' figliuoli  il  lasciarono  miseramen- 
te morir  di  fame.  Per  la  qual  cosa  fu 
quella  prigione  chiamata  U  Tmnn  del- 
la Fame.  in.  33  ,  13  ,  e  aegg. 

Ugolino  de'  Fantolini  -  gentiluomo  di  Fa- 
enza ,  dotato  di  molte  virtù  •  ma  mor- 
to senza  successione.  Pg.  ik  ,  121. 

Uguccione  -  picciolo  figliuolo  del  conte  Ggo- 
lino  della  Gerardesca.  in.  33  ,  89  v. 
due  paragrafi  sopra. 

Vico  degli  Strami  -  contrada  in  Parisi. 
Par.  10,  137. 

delle  Vigne  ,  Piero  -  lo*  13 ,  58.  v.  Pier 
delle  Vigne. 

Vincenza  -  città  nobile  della  Marea  Tri- 
vigiana  ;  pòsta  intra  Padova  e  Vero- 
na. Par.  9 ,  i7. 

Vincislao  -  figliuolo  di  Ottachero  re  di 
Boemmia  ;  uomo  di  pessimi  costumi. 
Pg,  7  ,  101.^ 

Vinegia  -  Venezia  ,  una  delle  principali*  - 
sime  città  d' Italia  ;  sede  d' una  mol- 
to potente  e  ben  governata  repabbh- 
ca.  Par.  19  .  Ul. 

Viniziani  -  per  la  serenissima  repubbli- 
ca di  Venezia  -  In.  21 ,  7. 

Virgilio  -  poeta  eccellentissimo  ,  a  tutti 
noto.  Par.  17.  19.  circonscritto  djl 
luogo  ove  nacque.  Pg.  18  .  82.  lodi.- 
to.  Pg.  7  ,  16.  morì  a  Brindisi  ,  e  fu 
sepolto  a  Napoli.  Pg.  3,  27.  &og<?. 
Dante ,  essere  egli  stato  sua  guida  per 
.  r  inferno.  In.  1  ,  79.  e  in  altri  luo- 
ghi senza  numero,  chiamato  da  Dan- 
te ,  noslni  maggior  JAim  ;  cioè  ,  il 
principe  de* poeti  latini.  Par.  15,  26. 
a'  conforti  di  Beatrice  si  muove  dal 
Limbo.  Par.  26 ,  118. 

Virtudi  -  secondo  coro  d'  angeli  della  se- 
conda gerarchia.  Par.  28  ,  122. 


DELLE  STORIE  E  FAVOLE. 


737 


Vigconii-già  signori  di  MilaDo,ÌDte8Ì  per  la 
vipera,  insegna  di  tal  famiglia.  Pg.  8,80. 
Yisdomini  -  famiglia  nobile  fioreniina,con- 
aorti  de*  Cortigiani  e  Tosinghi.  I  aog* 
getti  di  queste  tre  famiglie  sono  fonda- 
tori del  vescovato  allora,  e  poi  arcive- 
scovato di  Firenze  ;  e  però  ogni  vdta 
che  esso  vaca,  sono  economi  e  dispen* 
satori,  e  quivi  si  ragunano  a  custodia 
del  luogo ,  e  vi  mangiano  e  dormono 
infino  a  tanto  che  il  nuovo  vescovo  en- 
tri in  possessione.  Par.  16,  112. 

Vitaliano  del  Dente-gentiluomo  di  Padova, 
a'  que'  tempi  famoso  usuraio.  In.l7, 68. 

s.  Vittore  -  monistero  in  Pavia.  Par.l2, 133. 

Ulisse  -  figliuolo  di  Laerte  ;  il  più  astuto 
de' Greci  che  andarono  all'assedio  di 
Troia.  In.  26 ,  56.  v.  DMavria,  Pai- 
ladio;  invitato  dal  canto  delle  Sirene  ; 
ma  indarno ,  perchè  turandosi  sii  orec- 
chi colla  cera,  e  fattosi  legare  idl'albero 
della  nave ,  passò  innanii  senza  volerle 
udire.  Pg.  19,  22.  v.  Settna,  annega 
in  mare ,  come  pare  che  tenga  Dante. 
Par.  27 ,  83.  altri  però  scrivono  che 
fosse  ucciso  da  Tdegono  suo  figlinolo 
bastardo,  ch'egli  avea  generato  diGrce. 

Ungheria  -  regno  d' Europa  ,  bagnato  dal 
Danubio.  Par.  8.  65.  19, 142.  di  essa 
fu  re  Carlo  MarteUo. 

Volto  Santo -In.  21,  (8.  v.  Sènio  FoUo. 

Uraida  -  una  delle  Muse  ,  presidente  agli 
studt  ddle  cose  celesti.  Pg.  29  ^  kì. 

Urbano  L  -  sommo  pont^ce,  morì  mar» 
tire.  Par.  27 ,  hk. 

Urbino- città  ddla  Romagna  ;  oggi  capo 
d*  una  provincia  ,  detta  ti  Diccofo  é^ 
Vftmo.  In.  27  ,  29. 

Urbiaaglla  -  città  nella  Marca  d'Ancona, 
non  lungi  da  Macerata  ;  già  ita  in 
ruina  a'  tempi  di  Dante.  Par.  16 ,  73. 

Utica  -  città  d*  Affrica ,  dove  Catone  il  mi- 
nore di  jpropria  mano  s' uccise.  Pg.  1, 
74.  V.  Caicm. 

Vulcano  -  Dio  del  fuoco  ,  secondo  le  fa- 
vole. Costui  fii  Stuolo  di  Giove  e  di 
Giunone  ;  ma  essendo  nato  deforme  , 


la  madre  il  precipitò  dal  Cielo  nell'i- 
sola di  Lenno  ;  e  per  la  caduta  rima- 
se zoppo.  Costui  è  il  fabbro  degU  Dii: 
fabbrico  insieme  co*  Ciclopi  le  folgori 
a  Giove  per  fulminare  i  Giganti.  Prese 
per  mo^ie  la  dea  Venere;  ma  trovatala 
in  adulterio  con  Marte,  con  una  rete  di 
roaraviglioso  artifizio  gli  prese  amen- 
due,  e  mostroUi  agli  altri  Dii.  In.  14, 57. 


Xerse  o  Serse  -  potentissimo  re  della  Per- 
sia. Pg.  28,71. 


Zanche ,  Michele  •  fu  siniscalco  di  Enzo 
figliuolo  naturale  di  Federigo  IL  im- 
peradore  ,  al  quale  il  padre  diede  il 
giudicato  di  Logodoro  in  Sardigna.  Ma 
essendo  Enzo  morto  in  carcere  a  Bo- 
logna ,  Michele  tanto  s' adoperò  colla 
vedova ,  che  la  indusse  a  prenderio  per 
marito  ;  e  cosi  divenne  signore  di  Lo- 
godoro. In.  22 ,  88.  33 .  144. 

Zeffiro  -  vento  che  spira  dall'  occidente , 
e  conduce  la  primavera  ;  detto  da' La- 
tini, Favoniui.  Par.  12,  47. 

s.  Zeno -abazia  e  chiesa  famosa  in  Ve- 
rona ;  dedicata  al  santo  vescovo  e 
martire  Zenone  •  protettore  di  quella 
cItU.  Pg.  18,  118. 

Zenone  Cittioo  -  cioè  da  Cittio  ,  antica 
città  di  Cipro  -  principe  degli  Stoici.  In. 
4  ,  138.  Fu  un  altro  Zenone ,  detto 
Eleaie  ,  dalla  patria  ;  dialettico  acu- 
tissimo. 

s.  Zita  -  è  molto  venerata  in  Lucca ,  e 
fu  di  quella  città.  In.  21  ,  38. 

Zodiaco  -  chiamato  dal  Poeta  nostro  «  I' 
abbliquo  emhio  che  %  ptanefì  porla;  per- 
chè questo  circolo ,  strada  del  sole  e 
de*  pianeti ,  eh*  è  uno  de  maggiori  del- 
la sfera  ,  viene  a  fasciare  obbliqua- 
mente  1*  equatore  e  i  due  tropici.  Par. 
10  ,  14.  r  obbliquità  dello  zodiaco  è 
cagione  della  temperatura  M  mondo* 
Par.  10 ,  16. 


Fine  détta  fmit  leeoiMla. 


PARTE   TERZA 


NELLA  QUALE  SI  SPIEGANO  LE  COSE  STOtlCHE  0  FATOLOSB  ,  ACCENNATE  DA  DANTE 
ALLIGHIEEI  NEL  SUO  POEMA  PER  VIA  DI  PERIFEASI,  0  DI  QUALCHE  ATTKIM7TO, 
SENZA  BSPBIMEBE  IL  NOME  PEOPEIO  ;  E  Si  EIMETTONO  I  LETTOEl  ALLA  PAETB 
PEECEDBNTE. 


Altro  testo  -  In.  15  ,  89.  inteDdi  la  pre- 
dizione di  m.  Farinata  al  nostro  Poe- 
ta, che  si  legge  nel  canto  10.  dell' in- 
ferno »  al  verso  79. 

Azzurro  in  una  borsa  gialla  •  In.  17.  59. 
y.  Gianfigliaeei. 

B 

Botoli ,  cioè  piccioli  cani ,  chiama  Dan- 
te gli  Aretini.  Pg.  H ,  46. 
Branche  verdi  -In.  27,  4.5.  v.  Ordelafi. 


Cavallo  che  fé  la  porta  Ond*  usci  de'  Ro- 
mani 1  gentil  seme  -  fu  il  cavallo  tro- 
iano ,  fabbricato  da  Epeo  ,  e  introdot- 
to con  inganno  da'  Greci  nella  città  di 
Troia,  gettando  a  terra  una  porta  di 
essa,  onde  usci  poi  Enea  che  venne 
in  Italia,  e  fu  T origine  de*  famosi  Ro- 
mani. In.  26,  59,  V.  Virgilio  nel  2. 
dell'  Eneida.  Di  questo  cavallo  parlan- 
do Properzio  nella  1,'f |e^^a  del  k.  li- 
bro ,  cosi  canta  : 

Vertite  equum ,  Danai  :  male  vincUis  , 
Ilia  tellus. 

Vivet  ;    et   huie   eifMri  JttpiUr   arma 
dabit^ 


Chi  1  vide  quassù  -  cioè ,  s.  Paolo  Apo- 
stolo ,  che  fu  rapito  Gno  al  terzo  cie- 
lo. Par.  28 ,  138. 

Ciascun  che  della  bella  insegna  porta  Del 
gran  barone,  ec>-Par.  16,  127.  v. 
Ugo  di  Lueimborgo, 

Colei  Che  fu  bisava  al  cantor  che  per 
doglia  Del  fallo,  disse:  Miiertre  wui. 
Par.  32 .  10.  v.  R^h. 

Colei  che  s'ancise  amorosa -In.  5,  6f. 
V.  Bidone. 

Colei  che  siede  sovra  1'  ac(nie  -cioè,  Ba- 
billonia ,  veduta  da  s.  Giovanni  nella 
sua  Apocalissi.  In.  19 ,  107. 

Coloro  Che  sempre  che  la  vostra  chiesa 
vaca  ,  Si  fanno  grassi,  ec.  -  Par.  16, 
112.  V.  Visdomini ,  Tosinghi  e  Ccr- 
ttgiani. 

Colui  e'  à  si  benigno  aspetto  -  Pg.  7 . 
lOì.  V.  Guiglielmo  re  di  Nararra. 

Colui  e'  a  tutto  'ì  mondo  fé  paura  -  Par. 
11 ,  69.  V.  Giulio  Cesare. 

Colui  che  dal  servo  de'  servi  Fu  trasmu- 
tato d*  Arno  in  Bacchiglione  -  In.  15. 
112.  V.  de' Mozzi,  Andrea. 

Colui  Che  fece  per  viltate  il  gran  rifiu- 
to -  In.  3  ,  59.  alcuni  intendono  Cele- 
stino Y.  sommo  ponteBce  ;  altri ,  £- 
saù  fratello  di  Giacobbe. 

Colui  che  fu  nobil  creato  Più  d*  altra  crea- 


DELLE  PERIFRASL 


739 


tura  -  cioè ,  Lucifero  ,  principe  degli 
angeli  ribelli ,  Pg.  12 ,  25. 

Colui  che  fuore  Trasse  le  nuove  rime- 
Pg.  2k,  kd.  qui  Dante  accenna  sé 
stesso. 

Colui  che  giacque  sopra  1  petto  Del  no- 
stro Peiacano  -  Par.  25,  112.  inten- 
di s.  Giovanni.  Vangelista. 

Colui  che  già  tenne  Altaforte  -  In.  29  , 
29.  V.  Bertramo  dal  Bornio, 

Colui  che  impresso  fuo,  Nascendo,  ec.- 
Par.  17,  76.  v.  Can  Grande  delia 
Scala, 

Colui  che  la  gran  preda  Levò  a  Dite  - 
In.  12 ,  38.  intendi  Gesù  Cristo  che 
scendendo  ali'  Inferno  dopo  la  morte, 
trasse  del  Limbo  V  anime  de'  santi  pa- 
dri. 

Colui  che  1  morso  in  sé  punìo  -  Pg.  33, 
63.  cioè ,  Gesù  Cristo  che  morendo 
sopra  la  croce,  soddisfece  all'ìetemo 
suo  Padre,  offeso  dal  primo  uomo  col 
mangiare  il  pomo  vietato. 

Colui  che  mi  dimostra  '1  primo  amore  Di 
tutte  le  sustanzie  sempiterne  -  Par.  26, 
38.  intendi  Aristotile. 

Colui  che  più  al  becco  mi  s' accosta  - 
Par.  20 ,  kh.  v.  Traiano, 

Colui  che  pria  volse  le  spalle  al  suo  Fat- 
tore -  Par.  9 ,  127.  v.  Lucifero. 

Colui  che  si  vengiò  cogli  orsi  -  in.  26 , 
3i!^.  V.  Eliseo. 

Cohii  che  tenni  ambo  le  chiavi  Del  cuor 
di  Federigo -In.  13,  58.  v.  Pier  del- 
le Vigne, 

Colui  che  volle  viver  solo  ,  ec.  -  Par. 
18,  13&'.  V.  Batista  f  s.  Giovanni, 

Colui  dalla  veduta  amara  -  In.  28  ,  93. 
V.  Curio. 

Colui  dal  maschio  naso  •  Pg.  7 ,  113.  v. 
Carlo  I.  re  di  Puglia. 

Colui  fesse  in  grembo  a  Dio  Lo  cuor 
che  'n  su  Tamagi  ancor  si  cola  -  In. 
12,  119.  V.  Gnido  da  Mbnfbrte. 


D 


Donna  che  *l  sapri  -  In.  15 ,  90.  v.  Meo* 
trice. 


Donna  più  su  ,  ec.  -  Par.  3  ,  98.  v.  «. 

Chiara. 
Duce  del  mondo.  Sotto  cui  giacque  ogni 

malizia  morta ,  chiamasi  dal  Poeta  » 

Saturno.  Par.  ii,  26. 

E 

Error  contrario  A  quel  c'accese  amor 
tra  r  uomo  e  1  fonte  -  Par.  3 ,  17.  v. 
Nareisso. 

P 

Figliuol  den*  Orsa  -  In.  19 ,  70.  v.  Nie- 
cola  HI,  sommo  ponte6ce. 

Fioretti  del  melo  Che  del  suo  pomo  gli 
angeli  fa  ghiotti  -  P^.  32 ,  73.  intendi 
la  trasfigurazione  di  nostro  Signor  Ge- 
sù Cristo,  che  fu  come  un  saggio  del- 
la sua  gloria,  nella  maniera  che  i  fio- 
ri sono  un  saggio  e  una  promissione 
del  frutto. 

Fiume  reale  ,  chiama  Dante  Y  Amo  ,  ri- 
spetto ad  altri  fiumicelli  minori  che 
in  esso  si  scaricano.  Pg.  5  ,  122. 

Forse  è  nato  Chi  1'  uno  e  1*  altro  caccerà 
di  nido  -  Pg.  11 ,  98.  qui  Dante  ac- 
cenna sé  medesimo. 

G 

Gemelli  Che  nella  madre  ebber  l' ira  com- 
mota -  Par.  32,  68.  V.  Bsaà  e  laM. 

Giusti  son  duo  ;  ma  non  y\  sono  'ntesi  - 
in.  6 ,  73,  questi  due  erano  Dante ,  e 
Guido  Cavalcanti. 

Gli  Anziani  di  santa  Zita  -  In.  21 ,  88. 
cioè,  i  magistrati  di  Lucca,  v.  «.  Zita* 

Gli  occhi  snietati ,  udendo  di  Siringa  - 
Pg.  32,  o5.  T.  Alno. 

Golfo  Che  riceve  da  Euro  maggior  ^*^f 
chiama  Dante  V  Adriatico.  ìfw.  8, 68. 

I 

F  Alt  abate  ia  san  Zeno  a  Verona  -  Pg. 

18  ,  118.  V.  Alberto. 
V  fui  della  città  che  nel  Batista  ,  ee.  - 

In.  13,  ìhS.  V.  Ficrmtim>. 


no 


D  I  Z  1  O  N  A  R  10. 


r  fui  del  regno  di  Navarra  nato  -  Io.  SS, 

48.  T.  Giampolo. 
r  fai  de*  irontì  là  intra  Urbino  -  Tn.  37, 

S9.  y.  Guido  conte  di  Montefeltro. 
11  baiulo  seguente  -  Par.  6 ,  73.  v.  Au- 
gusto, successore  di  Giulio  Cesare. 
Il  barha  di  d.   Federigo  re  di   Sicilia  - 
Par.  19 ,  137.  costui  Tu  d.   Alfonso  , 
re  dell*  isola  di  Maiolica. 
Il  barone  per  cui  si  visita  Galizia  -  Par 

S5 ,  17.  V.  $.  Iacopo  il  maggion. 
Il  bello  ovile  -  Par.  S5 ,  5.  intendi  Fi- 
renze donde  il  nostro  Poeta  era  stato 
scacciato. 
Il  bel  paese  là  dove  *1  si  suona  -  cioè  , 
r  Italia  dove  per  afleraiare  si  dice 
si ,  a  differenza  d' altre  nazioni.  In. 
33,  80. 

Il  cantor  dello  Spirito  Santo  •  cioè,  Da- 
vide. P«r.  20 ,  38. 

Il  Cardinale  -  In.  10  ,  ISO.  v.  degli  U- 
baldini ,  Ottaviano. 

Il  cavaliel*  sovrano  Che  recherà  la  tasca 
co'  tre  becchi  -  In.  17,72.  y.Buiamonti. 

II  Ciotto  di  Gerusalemme  -  Par.  16, 127. 
V.  Carlo  II.  re  di  Puglia. 

Il  crudo  sasso  intra  Tevere  ed  Arno  - 
Par.  Il ,  106.  intendi  T  aspro  monte 
dell*  Alverna  ,  dove  s.  Francesco  il  se- 
rafico ricevè  le  stimmate  di  Gesù  Cri- 
sto. 

Il  duca  d'  Atene  -  In.  12,  17.  v.  Teseo. 

lì  fratello  di  d.  Federigo  re  di  Sicilia  - 
Par.  19;  137.  costui  fu  d.  Alfonso  re 
di  Aragona. 

Il  gran  duca  de*  Greci  -  Par.  5 ,  69.  v, 
Agamennone. 

Il  gran  giogo -Pg.  5,  116.  intendi  la 
sommità  deirApennino. 

Il  gran  Lombardo  -  Par.  17  ,  71.  v.  del- 
la Scala,  Bartolommeo. 

U  gran  vasello  Dello  Spirito  Santo  -  Par. 
21 ,  127.  V.  i.  Pàolo. 

Il  leoDcel  dal  nido  bianco  -  Io.  27 ,  50. 
V.  Mainardo  Pagani. 

Il  lume  di  auelcero  Che,  giuso  in  car- 
ne, ec. -Par.  10,  115.  ▼.  i.  Diont- 
Ito  Areopagita. 

Il  maestro  di  color  che  sanno  -  In.  4 , 
131,  Y.  Aristotile. 


1  maestro  vostro  -  cioè,  Aristotile,  nel- 
1*  etica  e  nella  politica.  Par.  8 ,  120. 

i  maggior  padre  di  famiglia  -  cioè ,  Ada- 
mo. Par.  32  ,  136. 

I  messo  di  luno  -  Par.  38 ,  32.  v.  /• 
ride. 

I  monte  C*  à  le  nutrici  nostre  sempre 
seco-Pg.  22,  104.  v.  Parnaso,  Must. 

1  nome  del  bel  fior  cti*  io  cempre  invo- 
co -  cioè ,  il  nome  di  Maria.  Par.  23, 
88. 

1  padre  per  lo  cui  ardito  gusto  L*  uma- 
na specie  tanto  amaro  gusta  -  Par.  32, 
122.  intendi  Adamo. 

1  pescatore  -  cioè  ,  s.  Pietro.    Pg.  22  , 

1  primo  ricco  padre  -  In.  19  ,  117.  v. 
s.  Silvestro. 

1  primo  superbo  -  Par.  19  ,  46.  ▼.  Iii- 
eifero. 

I  suocero  di  Cailas-In.  23,  121.  v. 
Anna. 

ì  terzo  cesare-  Par.  6,  86.  v.  Tiberio. 

ì  tuo  fratello,  ec.  -  Par.  25,  94.  inten- 
di a.  Giovanni  fratello  di  s.  Iacopo  il 
maeeiore ,  nella  sua  Apocalisse. 

ntra  diestri  e  Chiaverì  s' adima  Una  fiu- 
mana bella -Pg.  19,  100.  v.  Latagno. 

ntra  Tupino  e  1*  acqua  che  discende  , 
ec.  -  Par.  11 ,  43.  vuol  descrìvere  il 
PoeU  la  città  d*  Assisi  ,  patria  di  s. 
Francese  il  serafico. 

0  sono  amore  angelico  -  Par.  23 ,  103. 
V.  Gabbriello. 

'  veggio  tuo  nipote  -  Pg.  14  ,  58.  v.fW- 
eieri  da  Calboli. 


La  ben  guidata ,  chiama  •  Dante  Firenze 

per  ironia.  Pg.  12  ,  102. 
La  casa  di  che  nacque  il  rostro  fleto  - 

Par.  16  ,  136.  v.  Amidei. 
La  città  che  nel  Batista  Cangiò  1  prìmo 

padrone  -  In.  13  ,    143.  v.  Fiorenza  , 

Marte. 
La  città  di   Lamone  -  In.   27  ,    49.  y. 

Faenza. 
La  città  di  Santemo  -  In,  27  ,  49.  v.  /. 

mola. 


^' 


BELLE  PERIFRASI. 


Ut 


La  concubina  di  Tttone  antico -cioè,  1* 
Aurora.  Pg.  9  ,  1. 

La  creatura  eli'  ebbe  il  bel  sembiante  - 
cioè  ,  Lucifero.  In.  Si  »  18. 

La  (lottna  che  qui  regge  -  in.  10 ,  80. 
intendi  Proserpina. 

La  donna  di  Brabanie-Pg.  6,  23.  in- 
tendi la  mobilie  di  Filippo  il  Bello  ,  re 
di  Francia  :  eh'  era  di  Brabante. 

La  doppia  tristizia  di  Jocasta  -  Pg.  22 , 
56.  V.  EUocle  e  Pdinice, 

La  figlia  di  Belo  -  Par.  9,  97.  v.  Didtme. 

La  figlia  di  Latona  -  Par.  10  ,  67.  inten- 
di la  luna. 

La  figliuola  di  Minói  •  Par.  13 ,  H.  i. 
Arianna, 

La  gente  a  cu*  il  mar  a*  aperse  -  cioè  , 
gli  Ebrei,  quando  uscirono  delKEgitto, 
sotto  la  condotta  di  Mosè.  Pg.  18.  13b. 

La  gran  villa  -cioè,  Fiorenza.  In.  23, 05. 

L'  aguglia  ùàì  scender  giù  nell'arca  -  Pg. 
32  ,  125.  qui  si  adombra  la  donazio- 
ne fatta  dall' imperador  Costantino  al- 
la santa  chiesa  romana. 

L'  aljpestro  monte  ond'  è  tronco  Pelerò 
•  Pg.  14  ,  32.  intendi  l'Apennino. 

L'  alta  luce  u'  si  profondo  Saver  fu  mes- 
so-Par* 10  ,  112.  V.  Salomone. 

V  altissimo  poeta  -  In.  b,  80.  intendi  Vir- 
gilio. 

L'  altro  e'  annegò  ,  correndo  *n  caccia  - 
Pg.  6,  15.  V.  Ciane  de  Tarìaii. 

L'altro  che  già  uscì  preso  di  nave-  Pg. 
20 ,  79.  V.  CaHo  II.  re  di  Puglia. 

L'altro  che  segue  ,  colle  leggi ,  ec.  -  Par* 
20  ,  55.  T.  Goitantino. 

La  meretrice  che  mai  dall'  ospizio  Di  ce- 
sare ,  non  torse  gli  occhi  putti  -  In. 
13  ,  64.  intendi  l' invidia. 

L'anima  prima  -  cioè,  Adamo.  Pg.  33,62. 
Par.  26  ,  83. 

L'anima  ria  -  lo.  19  ,  96.  y.  Giuda Sea. 
riotto. 

V  anima  santa  che  'I  mondo  fallace  Fa 
manifesto  -  Par.  10  ,  125.  v.  Boezio. 

L'antecessore  di  Bonifazio  YIIL  -  In.  27, 

105.  V.  Celtitino  Y. 
U  antico  che  Lavina  tolse  -  Par.  6 ,  3.  y. 

Enea. 
La  poverella  -  Par.  10 ,  107.  intende  la 


vedova  dell*  Evangelio ,  che  offerse  due 
minuti  nel  tempio ,  e  fu  lodata  da  no- 
stro Signor  Ge^ù  Cristo. 
La  terra  che  fé  già   la  lunga  pruova  , 

ec.  -  In.  27 ,  M.   v.  Forfl. 
La  terra  che  'I  soldan  corregge  -  Io.  5  , 

60.  intendi  Babillonia. 
La  terra  che  perde  ombra  •  Pg.  30,  89. 
intendi  l'Aflrica  ,  in  alcune  parti  del- 
la quale  l'ombre  son  piccioliasime  , 
per  essere  a  quelle  i  raggi  del  sole 
perpendicolari. 
La  terra  che  tal  è  qui  meco ,  ec.  -  In. 
28  ,  86.  V.  Rimini ,  e  Colui  dalla  re- 
duta  amara. 
La  terra  dove  1*  acqua  nasce  ,  ec.  -  Pg. 

7 ,  98.  V.  Boemmia, 
La  terra  ond' io  fui  -  Par.  9,  92.  y.  Mar- 

iiglia. 
La  turba  presente  Che  TagliamentoeA- 
dice  richiude  -  cioè ,  il  volgo  della  Mar- 
ca Trivigiana.  Par.  9  ,  W. 
La  vipera  che  i  Melanesi  accampa -Pg. 
8  ,  80.  intendi  V  arme  di  casa  Viscon- 
ti ,  potentissima  in  Milano  a'  tempi  del 
nostro  Poeta. 
Lei  che  di  ie  notte  fila  -  Pg.  21 ,  25.  v. 

Lacheeis. 
Lei  che  mutò  forma  Nell'uccel  che  a 
canUr  più  si  diletta- Pg.  17  ,  19.  v, 
*  rogne. 
U  figli  di  Latona -Par.  29,    1.  intendi 

il  sole  e  la  luna. 
L'infamia  di  Creti-  In.  12,  12.  v.  Mi- 

noiauro. 
Lo  bel  pianeta  c'ad  amar  conforta  -  cioè, 

la  stella  di  Venere.  Pg.  1  ,  19. 
Lo  ben  che  nella  quinta  luce  è  chiuso - 

Par.  13  ,  48.  v.  Salandone, 
Lo  ceppo  di  che   nacquero  i  Calfucci  - 
Par.  16,  106.  questi  furono  i  Dona- 
ti ,  famìglia  nobilissima  fiorentina. 
Lo  dolce  piano  Che  da  Yercello  a  Marca- 
bò  dichina-  In.  28,  74.  v.  Lombardia. 
Lo  giovinetto  che  retro  a  lui  siede  -  Pg. 
7,  116.  questi  fu  di  Alfonso,  figliuolo 
di  d.  Pietro  re  d'Aragona;  solo,  tra'  suoi 
fratelli ,  erede  delle  virtù  del  padre. 
L' oltracotato  schiatta  -  Par.  16,  115.  v. 
Adimari. 


71^ 


DIZIONARIO 


Lo  pareDte  di  Silvio  -  Io.  3, 13.  v.  EmQj 
Stimo, 

Lo  prìncipe  de*  nuovi  Farisei  -  In.  97, 85. 
.  \.  Bonifazio  Vili. 

L' ovil  di  fin  Giovanni  -  Par.  16 ,  25.  v. 
Fiorenza. 

L'uno  all'altra  Guido  è  tolto  La  gloria 
della  lingua  -  Pg.  11 ,  97.  v.  Guido  Ca- 
valeanii  e  Guido  Guinicelli. 

V  un  si  mostrava  alcun  de*  famigliari  Di 
i]ìw\  sooiDìo  Ippocràte  -  Pg.  29,  136. 
intende  s.  Luca  ,  come  scrittore  de- 
gli Atti  degli  Apostoli ,  il  quale  era 
medico  di .  professione. 

L'  uom  che  nacque  e  visse  senza  pecca 
-cioè,  Gesù  Cristo,  in.  34^,  115. 

Lupi ,  chiama  Dante  gli  abitatori  di  Val- 
darno  di  sopra  ,  e  parte  i  Fiorentini. 
Pg.  ik  ,  50. 

.    M 

Maladetti  Ne  nuvoli  formati  -  Pg.  2k  , 
121.  V.  Centauri. 

Mal  di  Francia  ,  chiama  Dante  Filippo 
Bello  ,  signor  di  quel  regno.  Pg.  7  , 
109. 

Mio  frate,  ec.  -  Par.  8,  76.  v.  Rober- 
to re  di  Puglia. 

Mostrava  l'altro  Ja  contraria  cura,  Con 
una  spada  -  Pg.  29  ,  139.  intendi  s. 
Paolo  Apostolo  ,  che  avanti  la  sua 
conversione  perseguitò  la  chiesa  di  Dio. 

N 

Nostra  maggior  Musa  -  Par.  15  ,  26.  in- 
tendi Virgilio ,  principe  de' poeti  latini. 

0 

O  regina  ,  Perchè  per  ira  Ài  voluto  es- 
ser nulla  ?-Pg.  17,  .^5.  v.  Amata. 

Orto  dove  tal  seme  s*  appicca  -  cioè  ,  Sie- 
na. In.  29  j  129. 


Paese  e'  Adice  e  Po  riga-  Pg.  16  ,  115. 
intendi  la  Marca  Trivigiana  ,  la  Lom- 
hardia  e  la  Romagna. 


Perchè  si  teme  uficio  non  commesso  -  Pg. 
10  ,  57.  V..  Oza. 

Per  suo  signore  a  tempo  m'  aspettavi  - 
Par.  8  ,  60.  V.  Carlo  Maneìln. 

Petto  onde  la  costa  Si  trasse  ,  ec.  -  Par. 
13  ,  37.  V.  Adamo. 

Poiché  gita  se  n'  è  la  tua  famiglia  -  Pg. 
ik ,  113.  V.  Guido  dd  JDuea. 

Porci  ,  chiama  Dante  gli  abitatóri  del  Ca- 
sentino ,  inGno  ad  Arezzo.  Pg.  14 ,  43. 


Q 


Quando  fu   Giove  arcanamente  giusto- 

Pg.  29  ,  120.  V.  Fetonte. 
Quattro   animali  ,   Coronato   ciascun  di 

verde  fronda  -  Pg.   29  ,  92.    ioteodi  i 

quattro  Vangelisti. 
Quattro  in  umile  paruta  -  cioè ,   i  santi 

apostoli ,  Iacopo  ih  minore  ,    Pietro  . 

Giovanni,  e  Giuda  Taddeo  ;  come  scrit- 
tori d' alcune  epistole  canoniche.  Ps. 

29.  142. 
Qué*  che  vide  tutt'  i  tempi  gravi ,  ec.  - 

Par.  32 ,  127.  v.  $.  Giotanni  Vange- 

lièta. 
Qué'  gemelli  Che  nella  madre  ebber  l' ira 

commota  -  Par.  32  ,  68.  v.   £taù  e 

lacob. 
Quegli  e*  usurpa  in  terra  in  luoao  mio  ec. 

-  Par.  27 .  22.  v.  Bonifazio    Vili.  .• 

Vacare  nella  parte  prima. 
Quei  e'  arrossan  per  lo  staio  -  Par.  16  . 

105.  V.  Toginghi. 
Qnei  Che  fu  sommo   cantor  del  sonmi»» 

Duce  -  cioè  ,  il  re  Davide.   P^r.  25  . 

71. 
Quei  che  morrà  di  colpo  di  cotenna  -  Par. 

19.120.  Y.  FUippo  Bello,  re  di  Francia. 
Quei  che  più  n  à  colpa -Pg.  24,  82.  >. 

Cono  Donati. 
Quei  che  son  disfatti  Per  lor  superbia  - 

Par.  16 ,  109.  v.  Abati. 
Quel  che  cadde  a  Tebe  giù  de  morì  - 

In.  25  ,  15.  V.  Capaneo. 
Quel  che  guarda  T  isola  del  fuoco  -  Par. 

19  ,  131.  V.  Federigo  re  di  Sicilia. 
Quel  che  par  si  membruto-  Pg.  7,  Ili. 

V.  Aero  di  Navarra. 


DELLE  PEKUKASI. 


7W 


Quel  che  segue  in  la  circonfereoza  -  Par. 

20,  M.  V.  Ezzechia. 
Quel   che  8u  vi  portai  prima   lo  nome 

di  Colui ,  ec.  -  Par.  22 ,  &2.  v.  s.  £e- 

nedetto. 
Quel  colle  ,  sotto  1  qual  tu  nascesti  -  Par. 

6  ,  53.  V.  Fieiole, 
Quel  confitto  che  tu  miri  -In.  23, 115. 

V.  Caifas. 
Quel  da  cui  si  dice  Tua  cognazione  -  Par. 

15  ,  91.  V.  Alighieri. 
Quel  d*Alagna  -  cioè,  Bonifazio  Vili.  Par. 

30  ,  U8. 
Quei  di  Buemme  -  Par.  19  ,  125.  v.  La- 

dislao. 
Quel  di  Carlo  -  Pg.  5 .    69.  v.  Puglia. 
Quel  di  Lemosl-  -  Pg.  26  ,  120.  v.  Gè- 

rauli  de  BemeiL 
Quel  di  Spagna  -  Par.   19  ,  125.   costui 

era  un  Alfonso  ,  uomo  di  costumi  ef- 

femminati. 
Quel  duca ,  sotto  cui  visse  di  manna  La 

gente  ingrata -Par.  32.  131.  v.Afow^. 
Quel  Greco  che  Le  Muso  lattar  più  c*ai- 

tro  mai-Pg.  22,  101.  v.  Omero. 
Quella  eh'  è  tanto  bella   da*  suoi  piedi  - 

Par.  32 ,  5.  v.  Età. 
Quella  (  città  )   a  cui  il  Savio  bagna  il 

fianco-  lo.  27  ,  52.  v.  Cesena. 
Quella   faccia  Di   là  da   lui  ,    ec.  -  Pg. 

24  ,  20.  V.  Martina  iT.  sommo  pon-. 

tefice. 
Quella  (  gente  )   che  V  affanno    non  sof* 

ferso  Fino    alla  fine -Pg.    18,    136. 

questi  furono  alcuni   do'  compagni    di 

Enea ,  i  quali  stanchi  del  lungo  viag- 
gio ,  non  vollero   accompagnarlo   fino 

in  Italia  ,  ma  elessero  di  rimanere  in 

Sicilia    presso   il  vecchio  Act^ste.   v. 

Virgilio  nel  5.  del  Eneida. 
Quella  (  luce  )  Che  raggia   dietro    alla 

celeste  Lasca  -  Pg.  32  ,  53.  v.  Ariete. 
Quella  parte  della  terra   prava  Italica  , 

che  siede  intra  Rialto  ,  ec.  -  Par.  9  , 

25.  V.  Marca  Trivigiana. 
Quella  parte  ove  surge  ad  aprire  Zeffiro 

dolce  le  novelle  fronde  -  Par.  12  ,  k6. 

intendi  la  Spagna  ,  provincia  occiden- 
tale ,    donde  spira  Zefliro ,   uno  dei 

quattro  venti  cardinali. 


Quella  pietra  scema  ,  ec.  -  Par.  16, 145. 

V.  Marte. 
Quella  Rodopea   che  delusa  ,  ec.  -  Par« 

9 ,  100.  V.  FiUi. 

Quella  sinistra  riva  che  si  lava  Di  Ro- 
dano -  Par.  8 ,  58.  intendi  una  parte 
di  Provenza ,  che  un  tempo  s' appar- 
teneva al  re  di  Puglia. 

Quella  terra  che  '1  Danubio  riga  Poiché 
le  ripe  tedesche  abbandona  -  Par.  8  » 
65.  v.  Ungheria. 
'  Quella  vaga  C*  amor  consunse  -  Par.  12, 
14.  V.  Eco. 

Queir  avvocato  de'  templi  cristiani*  Par. 

10,  119.  V.  Paolo  Orosìo. 

Quello  Che  volando  per  1'  aere  ,  il  figlio 

perse  -  Par.  8  ,  125.  v.  Dedalo. 
Queli'  uom  che  non  nacque  -  Par.  7.  26. 

V.  Adamo. 
Quel  Nasetto  che  stretto  a  consiglio,. ec.  - 

-  Pg.  7,  103.  intendi  Filippo  Nasello, 

figliuolo  di  s.  Lodovico  re  di  Francia. 
Quei    padre   vetusto   Di    santa   chiesa , 

ec.  -  Par.  32,  124.  intendi,  s.  Pietro  A* 

postolo. 
Quel  paese   Che   siede  tra    Romagna  e 

quel  di  Carlo  -  Pg.  5 ,  68.  v.  Marca 

d*  Ancona. 
Quel  Pietro  fu ,  ec.  -  Par,   10  ,  107*  v. 

Pietro  Lombardo. 
Quel   traditor  che  vede  pur  coli'  uno  - 

In.  28 ,  85.  v.  Maiatettino. 
Questa   luculenta  e   chiara  gioia ,  ec.  - 

Par.  9  ,  37.  v.  Folco  da  Marsiglia. 
Questi  eh'  io  ti  scerno  Col  dito  -  Pg.  26, 

it5.  V.  Arnaldo  Danidlo. 
Quindi  fu  io  -  Pg.  5 ,  73.  v.  Iacopo  del 

Cassero. 


Scias  ,  quod  ego  fui  succesior  Petri  -  Pg. 
19  ,  99.  T.  Adriano  V.  sommo  pon- 
tefice. 

Scudo  In  che  soggiace  il  leone  e  soggio- 
ga -  Par.  12 ,  d3.  intendi  l' arme  dei 
re  di  Castiglia,  provincia  della  Spagna. 

Secondo  e  terzo  vento  di  Soave  -  Par. 
3  ,  119,  120.  v,  Arrigo  Y.  e  Federi- 
co  IL  imperadori. 


nk 


DIZIONARIO 


Signor  dM  aliinimo  canto  ,  chiama  Dan- 
te Omero.  Io.  k ,  95. 

Stremo  d*  Europa  -  Par.  6,  5.  v.  CoBlan- 
tinopolù 


Tal  che  palese  e  coTorto ,  e^.  -  Par.  90, 
ik3.  intendi  Clemente  V.  sommo  pon- 

Tal  chetestè  piaggia  -  In.  6 ,  69.  ?.  Car- 

lo  Seiizafenra. 
.Tale  i  già  V  un  piò  dentro  la  fossa  -  Pg, 

18,  121.  V.  Alberto  della  Scala. 
Tal  è  qui  meco,  ec.-ln.38, 86.  y.  Curio. 
Tal  signoreggia ,  '  ec.  -  Par.'  9  ,   50.  v. 

Biedardo  da  cammino. 
Tal  si  parti  dà  cantare  alleluia  -  in.  12, 

88.  y.  Beatriec* 
Tre  a  tre  pugnar  -  Par.  6.,  89.  t.  Orati. 


Val  dì  Pado  -  Par.  15, 137.  intendi  Fer- 
rara. 

Vicino  ammonti  de* miai  prima  uscio- 
cioè .  a'  monti  di  Troia.  Par.  6 ,  6. 

Vidine  un*  altra  più  che  sangue  rossa , 
ec-  -  In.  17 ,  62.  v.  Ubbriachi. 

Villa  »  Dd  coi  nome  ne*  Dei  fu  tanta  li- 
te -  Pg.  15 ,  97.  Y.  Auiu. 

Una  donna  in  sull*  entrar  -  Pg^  15,  88. 


intendi  Maria  Vergine  e*  avea  perduto 
il  suo  Figliuolo. 

Una  donna  santa  e  presta  -  Pg.  19^  26. 
intendi  la  filosofia  morale. 

Una  donna  soletta  -  Pg.  28 ,  M.  y.  JMb- 
tMa. 

Una  fanciulla  -  Pg.  17  ,  34.  intendi  La- 
yinia. 

Un  che  d*  una  scroia  azzurra  ,  ec.  -  1d. 
17 ,  64.  y.Scrovignù 

Un  cinquecento ,  diece  e  dnqoe  -  Pg.  33, 
43.  y.  idrico  VIL  e  Ctn^iieeeiilo  nel- 
la parte  prima. 

Un  colle  Là  onde  scese  già  onaWella, 
ec.  -  cioò ,  il  castello  (U  Remate,  po« 
sto  sopra  un  colle  ;  patria  d*EzzdiBo 
tiranno.  Par,  9,  28.  y.  Atxolino. 

Un  crociasse  dispettoso  e  fiero -Pg.  17  j 
26.  Vi  ilmofi. 

Un  fiumicél  che  nasce  in  Falterona  -  Pg. 
14 ,  17.  intendi  Amo. 

Un  gioyinetto  andder»  ec.  •  Pg.  15 ,  107. 
y.  f .  SufiMo. 

Un*  ombra ,  ec.  -  In.  10,  53.  y.  Cavi* 
eanU  d€  OoLvaica^. 

Un  pastor  mza  legge  -  In  19 ,  83.  v. 
Uemeiilf  F. 

Un  yeglio  solo-Pg.  1  ,  31.  y.  CaUme. 

Un  yeglio  solo  -  ^.  29 ,  143.  intendi  s. 
Giovanni  Eyangdista ,  come  scnìtoro 

.  dell*  Apocalisse  ,  ultimo  fra  tutti  i  li- 
bri delle  divine  scrittore. 

Yolfi,  chiama  Dante  i  Pisani.  Pg.  14,53. 


FtM  deUa  itrza  %d  ìAlima  foif e.