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Full text of "La diplomazia pontificia nel secolo XIX"

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Appiani  pinx. 


Il  generale  Bonaparte 


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Vol.  V  p_  ILARIO  RINIERI 


LA  DIPLOMAZIA  PONTIFICIA 


NEL   SECOLO  XIX 


RICONCILIAZIONE  DEL  TALLEYMND  E  DE' PRETI  DI  SECOND' ORDINE 

IL  CONGRESSO  DI  LIONE 

CONCORDATO  TRA  LA  S.  SEDE  E  LA  REPUBBLICA  ITALIANA 

ANNO  1802-1805 


DA  DOCUMENTI  INEDITI  DELL'  ARCHIVIO  VATICANO 


Volume  Secondo 


EOMA 

UFFICIO  DELLA  CIVILTÀ  CATTOLICA 
19  0  2 


L'Autore  aveticlo  soddisfatto  a  tutte  le  prescrizioni  della  legge,  intende 
di  valersi  dei  diritti  che  per  essa  gli  competono  circa  le  riproduzioni  e 
le  traduzioni  di  quest'  oj)era. 


IMPEIMATUR 

Prato,  Maggio  1902.  —  Can.  Arcid.  G.  Gori,  Vie,  Gen. 


Prato,  tip.  Giachetti,  Figlio  e  C. 


HAf^OLD  8.  LEE 

PROVO.  UTAH 


INDICE  DEI  CAPITOLI 


Al  Lettore Pag.  vn 

PARTE  PRIMA 

La  Santa  Sede  e  la  nuoya  Chiesa  Gallicana. 

Gap.  I.        Allocuzione  del  Pontefice  Pio  VII  sul  Concor- 
dato e  sugli  articoli  organici  (24  maggio  1802).     »  1 
»      II.      La  riconciliazione  dei  preti  costituzionali    .     .     »        21 
■»     III.     La  riconciliazione  colla  Chiesa  dell'antico  Ve- 
scovo  di  Autun  Carlo   di  Talleyrand    Péri- 
gord »        55 

PARTE  SECONDA 
Congresso   di  Lione. 

»      IV.    Il  Congresso  di  Lione ...»        79 


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PARTE  TERZA 

Concordato  con  la  Repubblica  Italiana. 

»      V.       Prime  trattative  e  primi  disegni  di  concordato.     »  141 
»      VI.     La  conclusione  delle    trattative  per  il  Concor- 
dato tra  la  S.  Sede  e  la  Repubblica  italiana.     »  170 
»      VII.  Gli    articoli    organici    del    Concordato    tra    la 

Santa  Sede  e  la  Repubblica  italiana  ...»  202 

Epilogo  ....:,... »  225 

PARTE  QUARTA 

Appendice  di  documenti  inediti. 

DocuM.  I.  Voto  del  card.  Antonelli  sulle  decisioni  da  pi- 
gliarsi dal  S.  Padre  intorno  alla  pubblica- 
zione degli  articoli  organici,  fatta  dal  governo 
francese  contemporaneamente  con  la  pubbli- 
cazione del  Concordato »      229 


IV  INDICE   DEI   CAPITOLI 

DocuM.     IL         Voto  del  card.  Gerdil Pag.  229 

»  III.         Pro-Memoria  sulla  pubblicazione   della 

Convenzione  fra  la  Santità  di  N.  S.  ed 
il  Governo  Francese,  segnata  li  15  lu- 
glio 1801  e  pubblicata  in  Parigi  li 
18  aprile  dell'anno  corrente  (1802)  .     »      230 

»  IV.         Lettera  in  cifra  del   card.  Consalvi   ai 

Nunzii,  25  maggio  1802 »      240 

V.  Altra  de' 5-9  giugno  1802 »      242 

»  VI.  Lettera  del  consigliere  di  Stato,  Por- 
talis,  al  Cacault  ministro  francese  in 
Roma  (20  prairial,  an  X),  9  giu- 
gno 1802 »      244 

»  VII.       Lettera  del  card.  Caprara  al  Consalvi, 

80  maggio  1802 »      245 

»  VIII.     Lettera  Portalis  a  Caprara  (19  prairial, 

an  X)  8  giugno  1802 »      251 

»  IX.  Lettera  Caprara  a  Portalis,  8  giu- 
gno 1802 »      252 

»  X.  Lettera  Portalis  a  Caprara  (20  prairial, 

an  X)  9  giugno  1802 »      253 

»  XI.  Risposta  del  Caprara  al  Portalis,  9  giu- 
gno 1802 »     256 

»  XII.  Lettera  Caprara  al  Pancemont,  9  giu- 
gno 1802 »       ivi 

»  XIII.     Disegno  di  circolare  del  card.  Caprara.     »      257 

»  XIV.  Lettera  Pancemont  a!  Caprara,  10  giu- 
gno 1802 »       ivi 

»  XV.        Circolare  a'  vescovi   del  card.  Caprara, 

10  giugno  1802 »      258 

»  XVI.      Formola   di   riconciliazione   per  i  preti 

costituzionali »       ivi 

»  XVII.    Lettera  in  cifra  del  Consalvi  ai  Nunzii, 

1  luglio  1802 »      259 

»  XVIII.  Lettera  del  Caprara  al  Consalvi,  4  ago- 
sto 1802 »      260 

*  XIX.  Altra  dello  stesso  allo  stesso,  29  novem- 
bre 1802 »      262 

»  XX.        Nota  trasmessa  da  Parigi,  la  quale  dava 

ragione  della  domanda  del  Talleyrand 


INDICE   DEI   ©APITOLI 


intorno  la  sua  pretensione  di  potersi 

ammogliare Pag.  263 

DocuM.  XXI.         Copia  del  Breve,  scritto   a  Talleyrand 

già  Vescovo  d'Autun,  col  quale  vien 
riconciliato  colla  Chiesa  cattolica. .  .  »  265 
Memorie  sul  congresso  di  lione,  te- 
nuto in  gennaro  1802  dai  deputati 
Cisalpini  (scritte  dall'abbate  Benedetto 
Conventi  di  Bologna) »      267 

»  XXII.  Osservazioni  sopra  li  IX  articoli  del 
Concordato  proposto  dalla  republica 
italica »      294 

»  XXIII.  Projet  d' arrèté  concernant  les  attribu- 
tions  du  Ministre  de  la  république 
italienne,  chargé  de  la  partie  du  eulte.     »      299 

»  XXIV.  Projet  d' arrété  sur  le  mode  d' exécution 
des  lois  organiques  de  Lyon,  concer- 
nant le  clergé  de  la  république  ita- 
lienne  300 

»  XXV.  Projet  de  convention  entre  Sa  Sainteté 
le  Pape  Pie  VII  et  la  république  ita- 
lienne      »     302 

»  XXVI.  Sunto  de' voti  de' Cardinali  (del  Bertaz- 
zoli,  elemosiniere  del  Papa,  segretario 
della  Congregazione  de'  12  Cardinali).     »      304 

»  XXVII.  Esame  del  Concordato  italico,  fatto  dal 
card.  Antonelli  per  ordine  del  S.  Pa- 
dre, 2  ottobre  1803 »      306 

»        XXVIII.  Processo   verbale    sullo    scambio    delle 

ratificazioni  del  Concordato  italico     .     »     314 

»  XXIX.  Testo  del  Concordato  italico,  con  la  ra- 
tificazione di  Pio  VII »     315 

Indice  analìtico  delle  persone  e  delle  cose  principali,  onde 

si  fa  memoria  in  questo  volume »     325 


AL  LETTOEE 


Questo  secondo  volume  compie  le  negoziazioni  del  Bona- 
parte,  per  ciò  che  riguarda  i  concordati,  concimisi  colla 
S.  Sede. 

Nella  prima  parte  .si  tratta  della  riconciliazione  del  clero 
francese,  detto  di  second'  ordine.  Come  fu  fatto  per  i  ve- 
scovi costitiisionali,  ossia  come  fu  loro  impedita  per  parte 
del  governo  repiMlicano  di  Francia,  una  puhMica  ahiura 
e  formale  della  costituzione  civile  del  clero,  da  essi  giurata  ; 
così  incontrò  a' preti  costituzionali.  Il  governo  della  repuh- 
hlica  francese  non  volle,  che  il  suo  clero  fedele  commettesse 
fumili  azione  di  dichiarare  solennemente,  che  nel  giurare 
la  costituzione  civile,  condannata  si  può  dire  dogmatica- 
mente dal  Pontefice  Pio  VI,  esso  aveva  commesso  un  errore, 
e  si  era  cacciato  in  un  vero  scisma  da  Roma,  e  dalla  Chiesa 
cattolica. 

La  maniera  poi,  con  cui  tutto  questo  negozio  fu  condotto 
dal  Bonaparte,  dal  Talleyrand,  e  dal  Portalis,  era  finora 
del  tutto  sconosciuta.  La  narrazione  del  Jauffret  è  insuf- 
ficientissima ;  quella  del  P.  Theiner  è  non  solamente  ine- 
satta^ ma  esposta  con  pregiudizio,  e  falsata  addirittura. 

La  seconda  parte  versa  intorno  ad  un  grave  avvenir 
mento,  che  interessò,  più  di  quello  che  non  si  crede  dalla 
comune  degli  storici,  tanto  la  Francia  come  e  sopratutto 
r Italia  de^ primi  anni  del  secolo  XIX. 


vili  AL   LETTORE 


Il  Congresso  di  Lione,  decemdre  1801-gennaio  1802,  segna 
la  prima  ìnossa  deW Italia  verso  F unità  nasionale,  di  cui, 
fino  aW  apparizione  deW  astro  naiwleOnico,  non  era  sorta 
Videa  se  non  nella  mente  di  qualche  lìensatore  o  sognatore 
])olitico. 

S' ingannereMe  però  chi  s' immaginasse,  che  il  Bonaparte 
avesse  mirato  in  quel  congresso  ad  un  tal  concetto  favore- 
vole aW Italia,  Ivi  egli  ehhe  in  vista  princixìalmente  Vam^ 
dizione  propria  e  la  propria  grandezza,  e  il  vantaggio  della 
Francia.  Per  parte  de'  quattrocento  cinquanta  due  maggio- 
renti italiani,  coìivenuti  per  ìina  dieta  nazionale,  in  terra 
straniera  e  sotto  la  direzione  di  stranieri  comandanti,  si  può 
dire,  ch'essi  non  fecero  se  non  confermare  V antico  detto 
della  serva  Italia  o  vincitrice  o  vinta.  Infatti  i  patri  otti  ita- 
liani  Melzi,  Marescalchi,  Aldini,  Serdelloni,  Vicini...  con- 
corsero generosamente  alV  opera  di  dare  alla  loro  patria 
un  sovrano  straniero  ! 

Ma  se  per  questa  parte  il  congresso  di  Lione  non  offre 
nulla  di  nuovo,  non  è  così  per  ciò  che  si  riferisce  alla 
parte  politico-religiosa.  In  quel  congresso  convenne  e  prese 
parte  una  eletta  del  clero  italiano;  arcivescovi,  vescovi,  e 
preti  vi  trattarono,  al  cospetto  del  Primo  Console  francese 
e  de'  deputati  italiani,  per  la  maggior  parte  patriotti  ossia 
avversi  alla  chiesa  ed  amici  singolari  de'  heni  ecclesiastici,  vi 
trattarono  dico  gV  interessi  della  religione  e  della  patria. 

Botto  questo  rispetto  si  può  dire,  che  quanto  è  qui  nar- 
rato del  congresso  di  Lione,  è  cosa  pure  inedita  e  nuova. 
Gli  autori,  che  ne  hanno  trattato,  come  il  Botta,  il  Thiers, 
il  Theiner,  il  Cantù,  lo  Zanolini,  il  Malamani,  V Oderici..., 
0  non  si  sono  occupati  se  non  della  sola  parte  j^olitica,  o 
hanno  travisato  assai  con  insinuazioni,  inesattezze,  e  fal- 
sità la  parte  della  religione  e  degli  uomini  del  clero,  che 
in  quell'assemblea  fu  trattata,  la  quale  fu  pure  grande  e 
importante. 


AL    LETTORE  IX 


Ivi  propriamente  furono  deposti  i  primi  germi  di  un 
concordato  religioso,  che  assestasse  la  cosa  ecclesia sticaj  scon- 
volta e  depauperata  dalle  rapine  de^ patriotti  francesi  e  ita- 
liani^ e  mettesse  in  armonia  gV  interessi  jmlitici  della  nuova 
repul)hlica  e  nuovo  regno  italico  con  quelli  della  religione 
e  del  clero,  a  hene  della  comune  patria  italiana,  allora 
sorgente. 

Del  quale  concordato,  come  delle  sue  poco  durevoli  for- 
tune, si  occupa  la  terza  parte  di  questo  volume. 

Nella  composisione  del  quale,  ho  seguito  il  criterio  sto- 
rico, che  mi  ha  guidato  nel  primo  di  questa  serie.  Ossia 
mi  sono  tenuto  alla  norma,  unica  e  vera,  de' documenti 
cavati  dagli  archivii,  o  dalle  memorie  di  uomini,  che  furono 
non  solamente  presenti  agli  avvenimenti  che  narravo,  ma 
ne  fecero  parte. 

In  questa  maniera,  e  tralasciando  il  modo  classico  d'in- 
venzione, e  certe  piacevolesse  di  descrizione  più  o  meno  sog- 
gettive, ho  avuto  cura  di  presentare  al  Lettore  la  pura 
storica  verità. 

Koma,   18  Maggio  1902. 


PARTE  FRIiydlA. 


LA  SANTA  SEDE 
E  LA  NUOVA  CHIESA  GALLICANA 


CAPITOLO  PEIMO 

Allocuzione  del  Pontefice  Pio  VII 
sul  (Concordato  e  sugli  articoli  organici 

(24  maggio  1802) 

SOMMARIO: 

I.  Grande  rammarico  prodotto  in  Roma  dalla  notizia  dell'essersi  insieme 
col  Concordato  pubblicati  gli  articoli  organici. 

II.  Congregazione  de'  Cardinali  a  ciò  deputata.  Famosa  allocuzione  del 
S.  Padre,  recitata  nel  Concistoro  de'  24  maggio  1802  ;  sua  lettera  al 
Primo  Console. 

III.  Risentimento  del  Primo  Console  per  l'allocuzione  del  Papa  ;  ne  la 
presentare  lamentanza  al  Cacault  per  mezzo  del  Portalis  ;  sua  lettera 
al  Papa. 

IV.  Come  i  vescovi  costituzionali  accolsero  male  1'  allocuzione  pontifìcia. 
Loro  lamentanze  giudicate  in  Roma. 

I. 

Dal  18  aprile,  giorno  delP  accaduta  promulgazione  del 
Concordato  in  Francia,  fino  agli  8  di  maggio  dello  stesso 
anno  1802  (1),  non  erano  arrivate  in  Koma  se  non  le  notizie 


(1)  Agli  8  di  maggio  il  Consalvi  scriveva  a'Nunzii:  «...  Sono  final- 
mente giunte  le  tanto  aspettate  e  tanto  temute  lettere  del  sig.  Card.  Le- 

BiNiERi.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX.  —  Voi.  II.  1 


CAPITOLO    PRIMO 


del  fatto.  Mancaudo  tuttora  i  ragguagli  del  come  si  erano 
passate  le  cose,  fu  grande  la  apprensione  del  S.  Padre  e  del 
card.  Consalvi.  Laonde  questi  scrivendone  a'  Nunzi,  così  li  in- 
formava a' 30  di  aprile: 

«...  Si  sta  in  sommo  pensiero,  non  avendosi  in  tanti  giorni  dal 
di  di  Pasqua  in  qua  nuova  alcuna  sulla  funzione  di  detto  giorno 
nella  Chiesa  di  notre  Dame.  Si  trema  che  le  cose  sieno  andate  si 
male,  che  il  Legato  non  siasi  creduto  nel  caso  di  farle  sapere  più 
presto  con  un  corriere.  Spaventa  l' affare  degli  Intrusi,  cioè  della 
,  formola  della  sommissione  per  la  loro  riconciliazione,  su  di  che  Dio 
faccia  che  niuna  sorpresa,  niun  equivoco,  niun  timore  abbia  fatto 
dipartirsi  il  Legato  dalle  prescritte  istruzioni  avute,  il  che  se  fosse. 
Ella  vede  che  ne  risulterebbe.  Questo  affare,  e  per  quello  che  già 
si  è  colà  recentemente  fatto,  e  per  quello  che  temiamo  che  siasi 
fatto  in  seguito,  è  veramente  amarissimo  (1).  » 

Quando  si  ebbe  esatta  conoscenza  di  ogni  cosa,  fu  grande 
il  rammarico  provato  da  Pio  VII,  dal  Consalvi,  e  da  tutto  il 
sacro  collegio.  Buona  parte  de' costituzionali,  voluti  nominare 
dal  Primo  Console  alle  nuove  sedi,  avevano  ricevuto  V  isti- 
tuzione canonica  con  un  atto  simulato  di  sommissione  alle 
ingiunzioni  richieste  dal  Capo  della  Chiesa;  al  cardinal  Legato 
si  era  fatto  prestare  un  giuramento,  col  quale  lo  impegnavano 
a  patrocinare  le  libertà  gallicane  ;  al  Concordato  pattuito 
eransi  aggiunti  articoli  organici,  distruggitori  in  buona  parte 


gato.  Esse  sono  de' 10...  e  18  di  adirile. ..  »  A' 24  dello  stesso  mese  il 
Caprara^  rimandando  a'  pubblici  fogli  i  ragguagli  della  gran  festa  del 
giorno  di  Pasqua,  dava  scarse  notizie  delle  cose.  Ed  in  una  particolare, 
data  nello  stesso  giorno,  diceva  così  :  «  Per  non  rinnovar  le  piaghe  aper- 
tesi nel  mio  cuore  per  1'  avvenuto  il  giorno  di  venerdì  santo,  tocco  sol- 
tanto di  volo  coir  odierno  mio  dispaccio  il  passato.  Dirò  solo,  che  avendosi 
potuto  riuscire  in  ciò  che  il  S.  Padre  e  V.  Emza  hanno  desiderato,  ed 
a  che  io  avevo  dirette  unicamente  tutte  le  mie  premure,  il  passato  giorno 
di  Pasqua  sarebbe  stato  giorno  di  completa  esultanza.  »  Quell'avendosi 
jmtnto  riuscire  equivale  nella  lingua  del  Caprara  a  dire  :  se  fossi  potuto 
riuscire. 

(1)  Archiv.  Vatic,   Cifre  a'  Nunzìì,  Princìpi,  voi.  276. 


ALLOCUZIONE  DI   PIO   VII   SUL   CONCORDATO 


del  bene  sperato  dal  primo;  e  ad  «  ambedue  essendosi  data 
la  denominazione  di  contratto  (1)  »,  poteva  facilmente  credersi 
dal  pubblico,  che  quelP  aggiunta  fosse  stata  fatta  dMntesa  con 
Koma.  Erano  altrettanti  motivi,  i  quali  impedirono  al  Papa 
la  piena  gioia  di  contentezza,  che  provava  nel  vedere  dopo  sì 
lunghi  e  procellosi  anni  rimessa  nella  nazione  francese  Pan- 
tica  religione.  Ed  una  tale  disdetta  sentiva  il  Papa  tanto  mag- 
giormente, in  quanto  tutte  quelle  cose  si  erano  operate  con 
astuzia  e  con  violenza  dalla  parte  del  governo,  con  manca- 
mento alle  combinazioni  prese  insieme,  e  con  determinazioni 
ignorate  dalla  Santa  Sede. 

Per  le  quali  cose  tutte,  trovavasi  la  Santa  Sede  in  una 
condizione  assai  delicata  :  per  una  i^arte  non  poteva  approvare 
la  legislazione  degli  articoli  regolatori  della  convenzione  ap- 
provata e  firmata  dal  Papa,  e  molto  meno  tollerare  anche  il 
solo  sospetto  di  una  intesa  diretta  o  indiretta  intorno  a  quegli 
articoli,  dal  Papa  non  conosciuti,  nonché  mai  approvati  ;  e 
dalP  altra  non  poteva,  senza  pericolo  di  irritare  il  governo  ; 
consolare,  esprimere  un  biasimo  solenne  di  quelP  opera  gal- 
licana. Il  partito  migliore,  che  la    prudenza  potesse  dettare. 


(1)  A  queste  parole,  scritte  dal  Consalvi  al  Card.  Cai)rara,  il  De  l,a 
Meurthe  (Docum.  Concord.f  V,  581)  fa  1'  osservazione  che  segue  :  «  Por- 
talis  n'  a  point  dit  que  les  articles  organiques  du  eulte  catholiqne  étai- 
eut  un  contrat  fait  avec  le  St.  Siége.  Il  a  dit,...  que  ces  articles  jpar- 
ticijjent  à  la  nature  cV  un  contrat  entre  frangais.  »  Il  eh.  uomo  si  sbagli.-i, 
avendo  il  Portalis  recitate  nel  suo  discorso  queste  precise  parole  :  «  La 
convention  avec  le  Pape,  et  les  articles  organiques  de  cette  convention,  j)ar- 
ticipent  à  la  nature  des  traités  diplomatiques ,  e'  est-à-dire  à  la  nature 
d^m  véritable  contrat.  »  Evidentemente  la  natura  de' trattati  diploma- 
tici è  di  ben  diversa  specie  dalla  natura  di  un  contratto  sociale,  che  il 
De  la  Meurthe  vorrebbe  mettere  in  capo  al  Portalis.  Quindi  la  idea  di 
contratto,  affacciata  dal  Portalis  nel  suo  discorso,  non  può  se  non  rife- 
rirsi ad  un  contratto  passato  col  Papa,  e  non  con  la  nazione.  È  vero, 
che  1'  oratore  francese  non  intendeva  di  dire,  che  gli  articoli  organici 
fossero  stati  intesi  col  Papa:  è  vero  però,  che  la  sua  espressione  lo  dava 
ad  intendere  :  e  questo  appunto  affermava  il  Consalvi,  e  non  altro. 


CAPITOLO   PRIMO 


era  quello  di  significare  entrambe  quelle  due  cose  in  maniera 
abbastanza  chiara  per  non  offendere  il  mondo  cristiano,  e 
velata  abbastanza  da  non  destare  le  ire  di  un  Bonaparte.  E 
così  fece  il  Papa  dopo  matura  consultazione. 

«  Le  dirò,  scriveva  il  Consalvi  a'  Nunzii  (15  maggio  1802),  che 

il  di  18  del  corrente  si  terrà  innanzi  a  N".  S.  la  Congregazione  dei 

12  Cardinali  che   è  stata   sempre   consultata   in   questo   affare   di 

Francia,  ed  in  essa  si  proporrà  l'esame  della  direzione  da  tenersi 

in  si  difficile  frangente,  in  cui  nella  necessità  di  far  conoscere  che 

specialmente  alle  leggi  organiche  non  si  è  avuta  dal  Papa  alcuna 
parte,  e  che  anzi  (e  questo  è  il  più   arduo  a  dirsi)  le  disapprova, 

si  farà  in  modo  che  combini  insieme  il  farsi  intendere  dal  mondo 
e  il  non  rovinare  tutto  in  Francia,  mentre  bene  Ella  vede,  che  di- 
chiarando tale  sentenza  potrà  temere  il  Governo  che  gli  si  metta 
la  discordia  e  la  refrazione  in  casa;  ond'è  facile  immaginare  a  quali 
passi  potrebbe  condursi.  Fra  questi  pensieri  sommamente  si  af- 
fligge il  S.  Padre,  e  può  Ella  immaginare  quanto  io  ancora  ne  sia 
trafitto  (1).  » 

Quanto  si  discusse,  e  quanto  venne  deciso  in  quello,  congre- 
gazione, è  assai  importante  a  sapere.  Nelle  lettere  che  il  Con- 
salvi scriveva  al  card.  Caprara,  egli  non  poteva  aprire  piena- 
mente Pauimo  suo,  e  manifestare  al  vecchio  Cardinale  in  tutta 
la  sua  ampiezza  lo  scontento  provato  in  Roma  dal  Papa  e  dal 
sacro  collegio,  per  la  maniera  onde  si  erano  passate  le  cose  a 
Parigi.  E  ciò  naturalmente  aveva  per  motivo  sia  il  non  ama- 
reggiare soverchio  il  Legato  pontificio,  che  si  era  adoperato 
del  suo  meglio,  sia  il  non  voler  afiìdare  alla  posta  i  sentimenti 
secreti  di  Koma^  la  cui  conoscenza  giunta  alP  orecchio  del 
Primo  Console  avrebbe  potuto  cagionare  sconcerti,  che  si 
volevano  evitati.  Ma  neMispacci, che  inviava  ai  Nunzii  pontificii 
residenti  nelle  varie  Corti  cattoliche,  il  Consalvi  descriveva 
le  cose  comperano  veramente.  In  uno  dunque  di  questi,  in 
data  de^22  di  maggio,  egli  così  narra  le  determinazioni  con- 


ci) Archiv.  Vatic,   Cifre  a'  Nunzii,  voi.  276. 


ALLOCUZIONE  DI  PIO  VII  SUL   CONCORDATO 


sigliate  e  prese  in  quelP  adunanza  de' cardinali  consultori.  È 
la  seguente  cifra  (1)  ; 

«  Il  di  18  si  tenne  la  Congregazione  dei  12  Cardinali,  deputati 
per  gli  affari  di  Francia,  dinanzi  al  Papa,  de' quali  N.  S.  ha  voluto 
sentire  il  parere,  prima  di  parlare  nel  Concistoro  di  lunedì  prossimo 
della  pubblicazione  del  Concordato.  Il  risultato  fa  questo,  che  non 
poteva  non  essere  amarissimo  ciò  che  risguarda  l'affare  degli  arti- 
coli organici,  i  quali  si  è  riconosciuto  contenere  cose  contrarie  del 
tutto  alle  massime  della  Chiesa  e  sovversive  intieramente  della  di- 
sciplina. E  lo  stesso  e  più  ancora  si  disse  sul  discorso  di  Portalis. 
Si  concluse  parimenti  essere  dolorosissimo  l'accaduto  intorno  agli 
Intrusi,  si  nell' esser  cadute  le  nomine  su  di  essi,  si  nel  non  essersi 
essi  prestati  pienamente  a  ciò,  che  N.  S.  aveva  esatto  nel  pessimo 
caso  che  la  nomina  di  alcuni  di  essi  fosse  inevitabile,  lo  che  si  era 
procurato  di  scansare  ad  ogni  costo.  E  finalmente  si  convenne  an- 
cora sul  disgustoso  incidente,  che  il  Sig.  Card.  Legato  si  lasciasse 
indurre  a  fare  oltre  il  complimento  francese  anche  la  lettura  di  quella 
carta  latina,  in  cui  se  non  esiste  (come  non  esiste  veramente)  la 
promessa  sulla  osservanza  delle  libertà  Gallicane,  esiste  però  quella 
del  servaturum  statuta  et  consuetudines  Reipuhlicae  (2). 

«  Si  convenne  però,  che  tutto  ciò  non  ostante  trattandosi  di  cose 
fatte,  non  era  possibile  di  dare  indietro,  senza  esporre  la  religione 
a  conseguenze  funestissime,  irritando  un  Governo  ed  un  corpo  nu- 
merosissimo di  Magistratura,  che  tutto  ha  partecipato  nel  fatto. 
Quindi  si  fini  per  dire  che  circa  la  promessa  del  Card.  I^egato  con- 
veniva metter  facoltà  vera,  che  per  una  parte  ci  libera  dalla  fal- 
sità toccante  le  libertà  Gallicane,  e  che  solo  esige  il  doversi  pro- 
curare di  dare  una  spiegazione  al  senso,  in  cui  si  deve  intendere 
il  servaturum  statuto.^  cioè  che  nell'  esercizio  della  sua  legazione 
non  attenterebbe  contro  i  statuti,  come  di  fatti  dice  il  contempo- 
raneo discorso  francese,  che  egli  fece.  E  quanto  agli  Intrusi  nomi- 
nati si  concluse  doversi  far  conoscere,  che  essi  si  sono  effettivamente 
riconciliati  con  la  Chiesa,  producendo  insieme  con  le  loro  lettere  (in 
cui  benché  dicano  solamente  di  abbandonare  la  costituzione  civile, 


(1)  Nel  margine  della  minuta,  che  qui  diamo,  è  scritto  dalla  mano 
medesima  del  Consalvi  V  avviso  ai  copiatori,  di  non  farne  copia  per  il 
Cardinal  Carrara. 

(2)  Vedi  voi.  I,  p.   153. 


6  CAPITOLO   PRIMO 


pure  implicitamente  potrebbe  intendersi,  che  abbandonandola  accet- 
tano i  giudizi!  della  S.  Sede  che  l'ha  condannata,  e  la  riprovano 
e  se  ne  dolgono)  nonché  il  decreto  di  assoluzione  di  censura,  da 
essi  accettato,  in  cui  sebbene  essi  non  siansi  sottoscritti,  pure  il 
Vescovo  di  Orléans  attesta  che  avendo  l'ordine  di  loro  non  conse- 
gnarlo, se  non  avessero  prima  adempite  le  cose  in  esso  prescritte,  lo 
ha  consegnato,  perchè  attestassero  che  le  hanno  adempite,  cioè  hanno 
accettato  espressamente  i  giudicj  della  S.  Sede,  e  resipiscentiae  si- 
gna  dederunt  (1). 

«  Quanto  poi  alle  leggi  organiche  si  concluse,  che  N.  S.  dovesse 
almeno  dire  apertamente  che  non  vi  ha  avuto  alcuna  parte  e  che 
le  disapprova.  Ma  su  questa  ultima  espressione,  si  riflettè  che  una 
forte  maniera  di  dirlo  potrebbe  gittare  un  incendio  in  Francia 
ed  altamente  infierire  il  governo,  che  quasi  temerebbe  che  gli  si 
eccitasse  contro  i  cattolici,  senza  parlare  della  cattiva  figura  che 
gli  si  farebbe  fare.  Onde  in  vista  dei  temibili  mali  che  se  ne  pos- 
sono temere,  si  disse  che  il  Papa  bastava  che  dicesse  che  tali  leggi 
erano  di  tal  natura,  che  egli  non  poteva  non  desiderarne  le  oppor- 
portune  modificazioni  e  cambiamenti  (dunque  non  le  approva),  e  che 
ciò  implorerebbe  dal  governo  francese. 

«  E  si  concluse  infine,  che  il  Papa  poteva  benissimo  cantare  il 
Te  Deum  (la  di  cui  omissione  sarebbe  dispiacentissima  al  Governo 
Francese,  e  sommamente  pericolosa),  purché  facesse  conoscere,  che  il 
ringraziamento  a  Dio  cadeva  sulla  pubblicazione  del  suo  Concordato 
e  non  sul  resto. 

«  Tutto  ciò  si  farà  nella  allocuzione  che  il  Papa  farà  nel  con- 
cistoro, la  quale  si  stamperà  con  gli  atti  del  Concordato  e  della 
Legazione,  nei  quali  non  inserendo  le  leggi  organiche,  sempre  più 
risulterà  non  essere  del  Papa.  Non  è  però  che  non  si  sia  in  un'an- 
goscia di  morte,  ben  vedendo  N.  S.  la  delicatezza  estrema  di  tali 
oggetti,  e  quanto  sia  quasi  impossibile  di  parlare  in  modo,  che  ap- 
parisca innanzi  al  mondo  cattolico  la  disapprovazione  del  Papa,  e 
non  si  offenda  il  governo  francese.  Dio  faccia  che  ci  si  riesca,  ma 
se  ne  trema  (2).  » 


(1)  Vedi  voi.  I,  p.  473,  576. 

(2)  Arcliiv.  Vatic,  Cifre  a'  Nunzii,  Principi,  voi.  276.  Anche  in  questa 
congregazione  i  Cardinali  furono  pregati  di  portare  in  iscritto  i  loro  pa- 
reri. Quelli  del  card.  Antonelli  e  Gerdil  vedili  nell'Appendice  (Docum. 
1,  II).  Quivi  pure  è  da  considerarsi  il  Pro-Memoria  sulla  pubblicazione 
della  Convenzione...,  che  si  riferisce  a  questa  circostanza  (Docum.  III). 


ALLOCUZIONE   DI   PIO  VII   SUL   CONCORDATO 


II. 

Molto  agitata  per  diversità  di^areri  fu  certamente  quella 
congregazione,  e  non  tatti  i  cardinali  consigliarono  quella 
linea  di  condotta,  che  nel  precedente  dispaccio  vedesi  trac- 
ciata con  mirabile  chiarezza  dal  card.  Oonsalvi.  Alcuni  cardinali 
avrebbero  desiderato,  che  il  S.  Padre  alzasse  alto  la  voce  e  ri- 
provasse con  piiì  zelo  che  senno^  quanto  negli  articoli  organici 
e  nella  soverchieria,  usata  al  card.  Legato  per  la  presentazione 
del  giuramento  e  per  V  abiura  de' costituzionali,  scorge  vasi  di 
riprovevole  (1). 

Invece  Fautore  del  Pro-memoria^  citato  (2),  confutando  co- 
testi consigli,  mette  innanzi  alcune  considerazioni,  che  poi  fu- 
rono seguite  dal  S.  Padre,  a  fine  di  scusare  per  piìi  rispetti  la 
condotta,  se  non  l'opera  del  governo  francese.  Egli  osserva, 
che  leggi  forse  peggiori  degli  articoli  organici  esistevano  in 
Francia  prima  della  rivoluzione,  né  per  questo  la  religione 
cattolica  in  Francia  fu  reputata  distrutta.  Perchè  dunque,  dice 
egli,  «  non  dovrà  credersi  ora  ristabilita  almeno  come  era,  non  ' 
ostante  la  pubblicazione  degli  articoli  indicati  ?  Si  abbia  infine 
un  paziente  riflesso  al  modo,  al  tempo,  ed  alle  circostanze,  nelle 
quali  gli  articoli  sono  emanati.  Si  avverta  che  sono  stati  letti 
almeno  in  compendio  al  Cardinale  Legato;  che  alcuni  a  suo 
suggerimento,  come  egli  riferisce  (3),  sono  stati  modificati,  al- 


(1)  Archiv.  Vatic,    Cifre  a'  Nunsii,  voi.   276. 

(2)  Vedi  la  nota  superiore  ;  e  voi.  I,  p.   432. 

(3)  Questa  notizia,  che  qui  incontro  per  la  prima  volta,  è  gravissima  ; 
e  deve  necessariamente  esser  vera,  avendo  1'  autore  di  questo  Pro-Me- 
moria  avuto  in  mano  le  lettere  del  Caprara,  con  1'  altro  incartamento 
dato  ai  cardinali  della  Congregazione.  Siccome  le  lettere  del  Caprara 
non  le  ho  trovate  nelP  Archivio  Vaticano,  almeno  tutte,  non  è  maravi- 
glia che  tra  quelle  che  mancano,  vi  sieno  appunto  le  qui  mentovate, 
nelle  quali  il  Cardinale  riferiva  di  aver  letto  gli  articoli  organici.  Es- 
sendo così,  non  si  potrà  mai  deplorare  tanto  che  basti  la  poca  influenza 


8  CAPITOLO   PRIMO 


cuni  tolti  j  dal  che  se  ne  dedurrà,  clie  lia  mostrato  di  tolle- 
rare almeno  quelli  che  sono  rimasti.  Si  avverta  quante  difficoltà 
ha  dovute  superare  il  Primo  Console  istesso,  per  dare  ese- 
cuzione alla  Convenzione,  e  quanti  beni,  non  ostante  gli 
articoli  organici,  ha  questa  già  prodotti.  Si  mediti  infine 
seriamente  quali  sarebbero  le  conseguenze,  se  contrariato  il 
Primo  Console  da  una  pubblica  clamorosa  riprovazione  degli 
articoli  organici  (che  produrre  non  potrebbe  in  Francia,  che 
X  un  pericoloso  fermento)  opponesse  la  previa  esistenza  di  al- 
trettante leggi  a  questi  consimili,  ed  esigesse  non  solo  che  i 
vescovi  ne  giurassero  l'osservanza,  ma  giungesse  anco  forse 
a  chiederne  alla  Santa  Sede  V  impossibile  sanzione.  » 

Dopo  tali  osservazioni  tanto  assennate  quanto  calzanti, 
questo  cardinale  consigliere  suggerisce  la  maniera  pratica,  con 
cui  il  Papa  deve  parlare  al  mondo  cattolico.  «  Xon  può  cer- 
tamente, così  continua,  guardare  il  S.  Padre  in  silenzio^  anzi 
deve  parlare;  ma  perchè  non  può  annunziar  al  Sacro  Collegio 
de' cardinali  la  pubblicazione  della  Convenzione  nel  modo  che 
è  stata  fatta,  e  tutti  i  beni  che  ne  sono  derivati,  e  con  una 
ben  tessuta  allocuzione  da  rendersi  pubblica  colle  stampe 
.  dichiarare,  che  improvvisi  gli  son  giunti  gli  articoli  organici 
pubblicati  insieme  alla  Convenzione^  che  né  Egli  ne  i  suoi 
Ministri  vi  hanno  avuta  veruna  parte,  e  che  non  lascerà  di 
reclamare  al  Primo  Console  un  sollecito  riparo  alle  massime 
fatte  ora  rivivere  in  Francia,  contro  le  quali  i  Pontefici  suoi 
Predecessori  hanno  sempre  reclamato?  (1)  » 


del  Legato,  nel  non  essere  riuscito  ad  impedire  la  sopraggiunta  di  que- 
gli articoli,  che  sono  stati  il  fomite  originale  d'  onde  deriva  da  un  se- 
colo V  infermità  del  governo  francese,  e  il  danno  della  nazione,  in  ma- 
teria religiosa.  Si  noti  sempre,  che  tutta  l' importanza  del  ristabilimento 
della  religione,  come  l'intendeva  la  S.  Sede,  consisteva  in  una  ristau- 
razione  perfetta,  che  fosse  sgombra  delle  antiche  pastoie,  con  le  quali 
r  antico  regime  legando  al  suo  trono  la  religione  e  separandola  dalla 
unità  e  dal  centro,  di  Koma,  rovinò  se  stesso  e  la  religione.  Ora,  cogli 
articoli  organici  tutta,  questa  importanza  fu  distrutta! 
(1)  Pro-Memoria,  cit.  {Docum.  III). 


ALLOCUZIONE   DI   PIO   VII   SUL   CONCORDATO  9 

Secondo  le  norme  di  una  direzione  così  assennata,  il  Con- 
salvi fece  comporre  la  celebre  Allocuzione  «  Quam  luctuosam  », 
€he  il  S.  Padre  recitò  dinanzi  al  sacro  collegio  adunato  so- 
lennemente a^24  di  maggio. 

In  essa  il  Sommo  Pontefice  accenna  imprima  a'  guasti 
orrendi  dalla  rivoluzione  arrecati  alla  Chiesa  e  alla  religione, 
^  rileva  quindi  i  meriti  del  Primo  Console,  il  quale  prevenne 
la  Santa  Sede  nel  desiderio  dì  arrecarvi  riparo.  Espone  le 
trattative  clie  riuscirono  a  esito  felice  il  15  luglio  1801,  e 
11  successivo  invio  del  card.  Legato  per  il  compimento  delPopera, 
^  presenta  ai  cardinali,  stampata  per  suo  ordine,  la  serie  degli 
atti  autentici,  che  alla  lunga  trattativa  si  riferiscono. 

Colla  presentazione  di  questi  attiy  ne^  quali  la  formola  del 
giuramento  del  card,  Caprara  è  restituita  al  suo  tenore  genuino^ 
e  gli  articoli  organici  non  vi  figurano,  il  Papa  dichiarava  in 
maniera  indiretta,  ma  chiara  ed  efficace,  c¥  egli  non  aveva  avuto 
nessuna  parte  né  dato  approvazione  alcuna  «'  detti  articoli,  e 
scolpava  il  suo  Legato  di  quanto  nella  formola  del  suo  giura- 
mento,  pubblicata  dal  Moniteur,  gli  era  attribuito. 

Annunzia  in  seguito  la  pomposa  promulgazione,  data  al 
Concordato  nel  giorno  di  Pasqua,  menzionando  i  soli  17  arti- 
coli della  convenzione,  e  tacendo  affatto  de'  77  articoli  organici. 
Dopo  ciò  esprime  la  gioia  di  soddisfazione,  che  per  un  tanto 
avvenimento  sente  tutta  la  Chiesa,  ed  Egli  in  special  maniera 
•che  di  tutta  la  Chiesa  è  il  Capo. 

E  soggiunge  di  presente  :  «  Non  è  però  tanta  la  letizia  dì 
«  cui  ci  sentiamo  penetrati,  che  non  ci  si  pari  innanzi  una 
«  qualche  cosa,  la  quale  non  istimolì  la  nostra  sollecitudine 
«  e  non  esiga  le  nostre  cure.  Ma  dì  una  tal  sollecitudine  Noi 
«  confidiamo  di  venir  liberati  dalla  sapienza  e  dalla  religione 
«  del  Primo  Console  e  della  nazione  francese^  la  quale  per 
«  tanti  secoli  fu  tanto  benemerita  di  quella  religione  cattolica, 
«  cui  ora  essa  riabbraccia  e  raccoglie  con  amore  nel  suo  seno. 
«  Osserviamo  infatti,  che  insieme  con  la  convenzione  nostra 


10  CAPITOLO    PRIMO 


«  sono  stati  promulgati  alcuni  articoli,  a  noi  ignoti;  dei  quah\ 
«  nel  seguire  che  noi  facciamo  le  orme  de'  nostri  predecessori, 
«  non  possiamo  non  richiedere  le  necessarie  modificazioni  e  i 
«  cambiamenti  dovuti.  Noi  ci  adopereremo  certamente  con 
«  ogni  studio  presso  il  Primo  Console,  affinchè  una  tal  cosa 
«  ci  sia  dalla  sua  religione  conceduta.  Ed  abbiamo  fiducia  di 
«  conseguirla  da  lui  e  dal  popolo  francese.  Imperocché  il 
«  governo  francese,  nel  ristabilire  la  religione  e  nel  ricono- 
«  scerne  la  santità  e  Futilità,  non  può  non  volere  che  quanto 
«la  santissima  costituzione  di  lei  esige,  venga  eseguito,  e  si 
«  mantenga  in  armonia  con  quella  salutare  disciplina,  che  è 
«  stabilita  dalle  leggi  della  Chiesa.  » 

Con  ciò  si  protesta  il  Santo  Pontefice  di  non  avere  in  mira 
se  non  gF interessi  spirituali  della  Chiesa,  ed  esorta  i  nuovi 
vescovi  a  non  ingerirsi  in  cose  che  alla  loro  dignità  e  mini- 
stero si  disconvengono. 

E  qui  appunto  si  occupa  de' nuovi  vescovi.  Loda  con  grandi 
parole  l'obbedienza  degli  antichi  e  l'unione  da  loro  mantenuta 
colla  Santa  Sede;  dichiara  i  meriti  di  santa  vita  de'  novella- 
mente inalzati  alla  dignità  vescovile;  però  non  dimentica  quelli, 
che  negli  ultimi  sconvolgimenti  occuparono  le  sedi  episcopali, 
ponendosi  fuori  delV  unione  con  la  Chiesa  e  con  la  Sede  apo- 
stolica :  la  quale  anche  ad  essi  non  ristette  tuttavia  dallo  sten- 
dere maternamente  le  braccia. 

Come  si  vede,  l'argomento  qui  trattato  era  delicatissimo  :  il 
S.  Padre  pure  si  esprime  ne'  seguenti  termini  precisi  :  «  Non 
«  vi  sgomentate.  Venerabili  Fratelli:  la  costoro  istituzione  negli 
«  officii  de' legittimi  pastori  delle  nuove  diocesi  loro  affidate, 
«  fu  preceduta  dalla  loro  riconciliazione  con  quella  Apostolica 
«  Sede.  Dagli  atti,  che  vi  presentiamo  a  leggere,  intenderete 
«  che  quegli  uomini  feos  virosj  compirono  colla  Chiesa  un  tal 
«  debito  necessario  (1).  »  Per  le  quali  cose  trova  il  S.  Padre 


(1)  Il  testo  intiero  si  può  leggere  nel  Bullarii  Romani  continuatio  (Eo- 
mae,  1846),  XI,  355;  Theiner,  Histoire  des  deux  Concordats,  Pièces  justi- 
ficatives,  pag.  117  ;  Boulay  de  la  Meurthe,  Docum.  Concord.,  V,  n.  1273. 


ALLOCUZIONE   DI   PIO   VII   SUL   CONCORDATO  11 


motivo  a  bene  sperare,  che  i  nuovi  pastori  adempiranno  nella 
nuova  diocesi  i  propri  doveri. 

Termina  colP  implorare  da  Dio  la  grazia  fecondatrice  del 
bene  già  iniziato,  affinchè  da  essa  venga  condotto  al  felice 
desiderato  compimento. 

Questa  allocuzione  di  Pio  VII  è  un  vero  monumento  di 
sapienza  pontifìcia;  in  essa  spiccano  per  una  parte  la  verità^ 
e  per  V  altra  la  prudenza.  La  prima  era  dovuta  al  mondo 
cattolico,  il  quale  dalla  Santa  Sede,  che  s^  intitola  cattedra 
della  verità,  aspettava  un  criterio  giusto  per  giudicare  gli 
articoli  organici  e  P accettazione  de^ vescovi  costituzionali;  la 
seconda  esprimeva  sì  veramente  una  chiara  disapprovazione,, 
ma  insieme  la  disapprovazione  ricopriva  col  velo  della  speranza 
e  attutiva  con  parole  di  preghiera.  Per  siffatta  guisa  quell'atta 
di  Pio  VII  presenta  la  forma  e  la  sostanza  di  un  vero  capa 
d'arte,  di  una  diplomazia  accorta,  ma  insieme  santa,  e  soa- 
vemente imperterrita  (1). 

Il  Consalvi  si  affrettò  di  comunicarne  (25  maggio)  il  con- 
tenuto al  ministro  francese  in  Eoma,  signor  Gacault,  affinchè 
ne  riferisse  al  suo  governo  il  vero  senso,  conforme  lo  avevana 
dettato  le  circostanze  (2).  E  subito  spedì  a  tutte  le  nunziature 


(1)  Nel  Cracas,  o  Diario  (di  Roma)  ordinario,  n.  146,  26  maggio  1822, 
non  si  leggeva,  intorno  al  grande  avvenimento,  se  non  il  seguente  an- 
nunzio : 

«  Lunedì  mattina,  24  maggio,  la  Sant.  di  Nostro  Signore  tenne  nel 
suo  Palazzo  Apostolico  Quirinale  il  Concistoro  segreto,  ed  in  esso  la 
Santità  Sua 

Chiuse  la  bocca  secondo  il  costume  agli  Emi  Sigg.  Cardinali  Carlo 
Crivelli  e  Giuseppe  Spina. 

Quindi  con  una  Allocuzioìie  partecipò  al  Sagro  Collegio  la  pubblicazione 
fatta  in  Parigi  della  Bolla  contenente  i  17  Articoli  del  Concordato  fra  la  San- 
tità Sua,  e  il  Governo  francese  (p.  11).  » 

(2)  Questa  notificazione  è  riferita  dall' Artaud,    Storia  della    vita 

di  Pio  VII  (traduz.  ital.,  1844)  I,  249.  Ivi  trovasi  pure  la  risposta  a 
voce  fatta  dal  Cacault,  come  anche  nel  Theiner,  I,  434  ;  e  nel  Iager,. 
Misioire  de  V  Église  catholique  en  France,  XX,  435. 


12  CAPITOLO   PRIMO 


insieme  col  testo  delP  allocuzione,  le  traduzioni  in  francese  e 
in  italiano,  e  vi  aggiunse  tutti  i  documenti  in  prova  delle 
verità  che  in  essa  si  contenevano.  Il  testo  o  le  traduzioni 
degli  altri  documenti  dovevano  i  Nunzii  far  pubblicare  nelle 
gazzette 5  degli  altri  documenti  si  dovevano  servire  nelle  rela- 
zioni diplomatiche  colle  varie  corti  (1). 

«  È  da  sperarsi,  scriveva  poi  a  tutti,  che  questa  allocuzione 
appaghi  il  mondo,  e  insieme  non  urti  in  Francia,  essendosi 
fatta  con  tanta  saviezza  e  circospezione.  Ohe  se  accadesse  il 
contrario,  altro  non  ci  è  da  dire  se  non  che  rassegnarsi  alla 
disposizione  di  Dio  (2).  » 

Insomma,  a  iìne  di  prevenire  e  spianare  in  anticipato  le 
asprezze  che  un  tal  linguaggio,  proferito  in  maniera  aperta 
«  chiara,  al  cospetto  del  mondo,  avrebbe  cagionato  nelPanimo 
del  Primo  (Jonsole,  lo  stesso  Pio  VII  gli  rivolse  una  lettera 
a' 2  7  di  maggio.  Nella  quale  il  Santo  Padre  esprimeva  piti 
in  breve,  ma  in  una  maniera  paterna  e  confidenziale,  gli  stessi 
sentimenti  già  fatti  conoscere  nelP allocuzione:  ossia  lo  lodava 
per  il  bene  operato,  lo  scusava  del  non  averlo  potuto  operare 
compiutamente  per  cagione  delle  circostanze  ;  sperava  però 
dalla  sapienza  e  religione  del  primo  rappresentante  della  cat- 
tolica Francia,  ch^egli  per  il  bene  appunto  della  religione 
€  pel  vantaggio  del  popolo,  supplirebbe  in  un  miglior  tempo 
a  ciò  che  cagionò  al  Capo  della  Chiesa  non  piccola  amarezza. 
Il  perchè,  conchiudeva  :  «  Noi  vi  supplichiamo  caldamente  di 


(1)  Nello  inviare  quegli  atti,  il  Consalvi  scriveva  (Cifre  a' Numii, 
25  maggio  1802):  «  ...  Si  desidererebbe  che  Ella  facesse  inserire  (V allocu- 
zione) nelle  Gazzette,  a  scanso  del  pericolo  che  i  Gazzettieri  vi  inseriscano 
altre  traduzioni  non  esatte,  il  che  deve  in  sì  delicata  materia  assoluta- 
mente evitarsi.  Nel  procurare  Ella  la  inserzione  di  tal  pezza  nelle  gazzette^ 
veda  di  farlo  come  da  sé,  e  anche  (potendo)  per  altrui  mezzo,  senza  aver 
l'aria  di  farlo  per  commissione,  ma  ad  ogni  modo  procuri  che  tale  in- 
serzione succeda.  » 

(2)  Vedasi  intiera  questa  lettera  nell'Appendice  {Docum.  IV). 


ALLOCUZIONE   DI   PIO   VII   SUL   CONCORDATO  IS 

fare  in  modo,  che  gli  articoli  organici,  che  ci  erano  ignoti, 
ricevano  le  dovute  modificazioni  (l).  » 

Non  erano  inutili  coteste  precauzioni  ;  perchè,  veramente 
in  Francia,  quale  che  ne  fosse  il  secreto  intendimento,  vari 
fatti  davano  a  vedere  che  il  governo  francese  gabellava  in 
pubblico  il  Concordato  e  gli  articoli  organici,  come  una  merce 
ottenuta  di  comune  intesa  con  Koma.  E  dalPaltra  parte,  es- 
sendosi sparsa  la  notizia  della  sommissione  ed  abiura  de^ ve- 
scovi costituzionali,  questi  ne  menavano  fiero  scalpore,  dando 
ad  intendere  colle  parole  e  cogli  scritti  tutto  ciò  essere  una 
invenzione.  Informato  di  tutte  queste  cose,  il  card.  Consalvi 
era  in  gran  timore,  che  non  accadesse  qualche  nuova  tempesta, 
quando  V  allocuzione  pontificia  fosse  venuta  in  Francia  a 
notizia  di  tutti  (2). 

Tuttavia  la  prima  impressione,  sentita  in  Francia  nelle 
sfere  governative  dalle  parole  del  Papa,  fu  buona,  e  diede 
occasioue  a  sperar  bene.  «  In  sostanza,  scriveva  il  Consalvi,  si 
è  che  la  cosa  (se  in  seguito  i  sempre  forti  nemici  della  reli- 
gione non  giungono  a  guastarla)  è  andata  bene.  L^allocuzione 
è  stata  comendata,  e  P  hanno  ritrovata  vera,  savia,  delicata, 
tenera,  e  che  salvando  le  massime  non  poteva  non  essere  al 
tempo  stesso  di  edificazione  insieme  e  di  soddisfazione...  Ne 
sia  sempre  ringraziato  il  Signore  (3)!  » 


HI. 


Se  non  che  di  lì  a  pochi  giorni,  le  notizie  ricevute  dal 
card.  Caprara,  le  quali  informavano  il  S.  Padre  di  una  udienza 
accordata  al  Legato  dal  Primo  Console,  cambiarono  le  prime 
speranze  in  forti  timori. 


(1)  Theiner,  op.  e  voi.  cit.,  p.  433;  Iager,  op.  e  voi.  cit.,  p.   433. 

(2)  Vedi  Ci/re  Consalvi  a'  Nunzii,  5,  9  giugno  1802   (Docum.  V). 

(3)  Archiv.  Vatic,   Cifra  a'  Nunzii,  Principi,   15  giugno  1802. 


14  CAPITOLO    PRIMO 


Ed  infatti  seppe  assai  reo  al  Primo  Console,  che  il  Papa 
avesse  avuto  Fardimento  di  pronunziare  un  biasimo  sebbene 
garbato  su  gli  articoli  organici;  e  quindi  volle  egli  pure  alla 
sua  volta  significare  al  S.  Padre  Pio  YII  la  sua  disapprova- 
zione delle  parole  papali.  Incaricò  pertanto  il  ministro  Portalis, 
direttore  de^  culti,  di  far  conoscere  a  Eoma  qualmente  un 
linguaggio,  di  quella  fatta,  usato  dal  Papa  in  un  concistoro 
solenne,  passava  i  limiti  della  convenienza.  Insistendo  su  ciò, 
che  «  le  proteste  del  Capo  della  Chiesa  contro  atti  della  so- 
vranità governativa  non  dovevano  farsi  con  V  uso  di  forme 
così  solenni,  essendovi  pericolo  che  arrechino  qualche  incer- 
tezza nelle  anime,  e  riescano  di  Ostacolo  al  bene  (1).  »  Inoltre 
rilevò  il  silenzio  serbato  dal  Papa  su  i  vescovi  emigrati,  con- 
servatisi ribelli  alP  invito  e  alPordine  pontificio  di  dimettersi, 
dì  fronte  al  biasimo  usato  dal  S.  Padre  verso  i  vescovi  costi- 
tuzionali. 

A  questo  ammonimento  indiretto  aggiunse  qualche  altro 
mezzo,  onde  impedire  nel  pubblico  quelP  effetto  che  appunto 
il  Papa  intendeva  di  conseguire  con  la  sua  allocuzione.  Egli 


(1)  D'Haussonville,  1j^ Église  romaine  et  le  premier  empire,  I,  252.  Questo 
autore  però  non  arreca  la  data  precisa,  e  si  contenta  di  scrivere  a  pie  di 
pagina  :  «  Dépèche  à  M.  Cacault,  1802  ».  D'un  tal  dispaccio  si  trova  un  ac- 
cenno più  lungo  nel  Jauffret,  Mémoires  Insto rìques...,  I,  72  ;  e  siccome  le 
parole  di  costui  sono  riferite  tra  virgolette  dal  x^rimo,  lio  sospetto  che  il 
primo  abbia  copiato  il  secondo,  senza  aver  consultato  il  documento  clie 
deve  trovarsi  neìV  Arcliivio  del  ministero  degli  Esteri  di  Parigi.  Il  De  la 
Meurthe  (DocMm.  Concord...  V,  nota  2  a  pag.  593)  scrive  che  Portalis 
incaricò  il  Cacault  di  far  sapere  a  lioma,  che  «  dans  des  imprimés  de 
cette  nature,  le  Pape  ne  doit  jamais  se  permettre  de  blàmer  publique- 
nient  des  choses  qui  peuvent  porter  du  trouble,  surtout  dans  une  église 
naissante.  »  In  quanto  al  P.  Theiner,  impegnato  com'era  a  far  l'apologia 
religiosa  del  Bonaparte,  di  tutto  ciò  non  tìata  una  sillaba.  Eppure  scri- 
veva per  confutare  il  Card.  Consalvi  e  il  conte  d'Hausson ville  !  Cf.  Mé- 
moires du  Card.  Consalvi  (1866)  II,  386.  Il  vero  si  è,  che  l'autore  di  questo 
dispaccio  è  il  Portalis,  il  quale  lo  indirizzò  al  Cacault.  Vedilo  nel  Do- 
€um.   VI. 


ALLOCUZIONE   DI   PIO   VII   SUL   CONCORDATO  15 

nel  giorno  stesso  di  Pasqua  aveva  fatto  pubblicare  un  grosso 
volume,  col  titolo  Concordai.  Xelle  prime  pagine  vi  aveva 
inserito  i  diciassette  articoli,  stipulati  con  Roma,  togliendovi 
la  firma  del  card.  Consalvi,  e  nel  rimanente  volume  diede 
posto  e  svolgimento  a' settantasette  articoli  organici:  la  com- 
prensione di  cose  tanto  diverse  sotto  un  medesimo  titolo 
svelava  evidentemente  il  pensiero  di  una  comune  origine  degli 
articoli  organici  e  del  Concordato,  che  si  voleva  dare  ad  in- 
tendere (1).  Inoltre,  non  potendo  tener  celata  ufficialmente 
^allocuzione  del  Papa,  che  era  una  promulgazione  del  trattato, 
fatta  dalP  altra  parte  contraente,  le  diede  sì  veramente  pub- 
blicazione nel  Moniteur  de' 19  pratile  (8  giugno  1802),  met- 
tendo di  fronte  al  testo  latino  il  francese.  Vi  fece  però  ag- 
giungere in  nota,  che  il  contegno  del  Papa  e  il  suo  linguaggio 
intorno  agli  articoli  organici  non  era  se  non  P  antica  disap- 
provazione delle  libertà  gallicane^  cosa  tradizionale  nella  corte 
Romana.  E  di  più  nella  traduzione  francese  di  alcuni  testi 
latini  si  fecero  delle  aggiunte  e  delle  omissioni  non  indiffe- 
renti (2). 

Egli  però  nel  rispondere  alla  lettera  del  S.  Padre  si  seppe 
temperare,  dissimulando  in  parte  la  propria  scontentezza,  ed 


(1)  Mémoires  du  Consalvi^  II,   386;  D'Haussonville,  I,   250. 

(2)  Mons.  Di  Pietro  (17  maggio  1802),  inviava  al  Consalvi  «  quelle 
inesattezze,  che  ha  trovate  nella  traduzione  in  lingua  francese  delle 
Bolle  apostoliche  :  Pag.  20  :  «  Illustrem  virum  penes  quem  =  (p.  21)  :  «  De 
P  homme  célèbre  et  juste  qui  exerce...  » 

Pag.  48  :  «  Quarum  singulis  possent  ad  prima  nominari  =  pag.  51  : 
«  Le  Premier  Consul  doit.  » 

Pag.  52  :  «  Audito  concilio  plurìum  Venerabilium  Fratrum  nostrorum  : 
«  C  est  pourquoi  de  V  avis  de  nos  vénérables  frères  (omessa  intieramente 
«  la  parola  de  plusieurs).  » 

Pag.  56  :  «  Quod  idem  decerni  mus  relate  ad  eas  Metropolitanas  et 
cathedrales  ecclesias,  quas  supra  nominatim  suppressimus  et  extinximus 
si  eae  forte  partem  aliquam  suarum  dioecesium  haberent  extra  fines  actua- 
lis  territorii  Gallicanae  reipublicae.  »  —  Nella  traduzione  ciò  è  omesso 
interamente.  »  (Archiv.  Vatic,  Francia  Appendice  Epoca  Napoleonica,  vo- 
lume XIV).  Cf.  D'Haussonville,  op.  e  voi.  cit.,  p.  254. 


16  CAPITOLO    PRIMO 


in  parte  dando  corda  alle  speranze  pontificie.  Non  era  ancora 
giunto  il  tempo  delle  strepitose  sfuriate,  e  de^  comandi  impe- 
riosi, acquali  dal  1805  in  giù  intendeva  dMmporre  al  Vicario 
;  di  Gesù  Cristo  obbligo  di  sottomettersi,  come  se  fosse  un 
fantaccino  della  sua  guardia. 

«  Santissimo  Padre,  scrivevagli  a' 14  giugno  (25  pratile, 
an.  X),  ho  ricevuto  la  vostra  lettera  del  25  (27)  maggio. 

«  Ho  fatto  conoscere  al  cardinal  legato,  che  le  circostanze 
della  religione  esigevano  che  si  facesse  per  questa  Chiesa  tutto 
quello  che  si  può;  che  non  bisognava  ricordarsi  del  passato, 
ma  badare  all'avvenire:  la  continuazione  di  uno  scisma  non 
potendo  avere  se  non  la  cattiva  conseguenza  di  accrescere  il 
numero  de^  calvinisti,  e  arrecare  alla  Chiesa  di  Francia  un 
danno  irreparabile.  Il  card.  Legato  ha  intorno  a  se  alcuni 
teologi,  i  quali  non  hanno  vedute  abbastanza  lunghe.  I  vescovi 
sono  accolti  da  tutte  le  parti  con  edificazione  e  con  onore. 
Si  sono  prese  nuove  provvidenze  per  migliorarne  resistenza 
temporale.  Ho  fatto  dotare  tutti  i  vicarii  generali,  i  canonici, 
e  i  seminarli.  Tutti  i  preti  e  monaci,  anche  gli  antichi  con- 
dannati, hanno  pensioni  e  quindi  vita  onorevole...  (1).  » 

Con  questa  lettera  il  Primo  Console  alludeva  alla  maniera, 
scaltra  ancora  e  violenta,  con  cui  aveva  fatto  a  suo  talento 
regolare  dal  card.  Caprara  la  riconciliazione  de' preti,  detti  di 
second^  ordine.  Prima  di  trattarne,  deve  conoscersi  come  si 
risentirono  i  vescovi  costituzionali  delP  allocuzione  del  Papa, 

IV. 

Questi,  prima  eziandio  che  il  Papa  avesse  fatto  sentire  la 

sua  voce,  avevano  dato  di  sé  e  della  loro  conversione  prova 

Z  non  solo  dubbia   ma  cattiva,  in  private    conversazioni  ed  in 


(1)  Correspondance  de  Napoìéon  /er^  yn^  n,  6130.  Gli  originali  delle 
lettere  del  Bouaparte  a  Pio  VII,  ossia  32  lettere  (1802-1806)  firmate  di 
sua  mano,  si  trovano  nell'Arcliiv.  Yatic,  Francia  Appendice  Epoca  Napo- 
leonica, voi.  Vili,  Fascio  B. 


ALLOCUZIONE   DI   PIO   VII   SUL   CONCORDATO  17 


pubblico  per  la  stampa  (1).  Ma  dopo  pubblicata  in  Francia 
l'allocuzione  pontificia  non  servarono  piìi  misura.  Laonde  in 
Eoma  si  pensò  seriamente  se  non  fosse  quello  il  caso  di  farli 
deporre  dalle  sedi,  che  occupavano  con  tanto  scandalo;  e  si 
diede  ^incarico  a  Monsignor  Bertazzoli,  arcivescovo  di  Edessa 
e  limosiniere  del  Papa,  di  raccogliere  i  documenti  necessari 
e  di  riferirne  allo  stesso  Pontefice.  Ed  egli  nella  sua  relazione, 
che  dovette  comporre  nel  giugno  di  quest'anno  1802,  fra  le 
altre  cose  osservava: 

«  Tutti  questi  documenti...  non  giungono  forse,  come  stanno,  a 
formare  una  prova  legale.  Si  rileva  però  in  essi  quanto  basta  al- 
l'oggetto  presente,  che:  Le  Coz  arcivescovo  di  B esamone,  Eeymond 
vescovo  di  Dijon,  e  La  Conibe  vescovo  d'Angoulème  sono  tuttavia 
apertamente  contumaci  nel  loro  attaccamento  agli  erronei  principj 
della  Costituzione  civile  del  Clero,  nel  non  volersi  assoggettare  ai 
giudizj  delia  S.  Sede  sopra  la  medesima  e  sopra  gli  affari  eccle- 
siastici di  Francia,  ad  onta  di  ciò  che  annunziò  S.  S^»  nel  conci- 
storo segreto  delli  24  maggio  1802... 

«  La  Combe  nella  sua  lettera  al  Prete  Binos  protesta  espressa- 
mente, e  con  una  impudenza  che  fa  fremere,  d'avere  amate  e  ri- 
spettate le  disposizioni  della  Costituzione  civile  del  clero,  e  di  segui- 
tare tuttora  a  rispettarle  e  ad  amarle;  che  lungi  dal  biasimarsi  per  j- 
avervi  ubbidito,  giudica  anzi  questi  atti  come  i  migliori  della  sua 
vita;  e  nega  quindi  apertamente  d'aver  mai  ritrattato  e  d'aver  ri-  -^ 
cevuto  decreto  veruno   d'  assoluzione. 

«  Altrettanto  dice  Le  Coz  in  un  estratto  di  lettera  fatto  stampare 
da  Silvain  Cadet,  giudice  del  tribunale  di  Fcennes,  come  si  può 
scorgere  da  vari  documenti...  e  da  due  lettere  scritte  da  lui  stesso 
all'Emo  Legato  (2).  Fra  le  quali  la  seconda,  delli  14  giugno  1802... 


(1)  Vedi  voi.  I,  p.  474  segg.  Per  esempio  la  lettera  di  Dominique  La- 
coììibe  évèque  (V  Angoulème  au  rév.  Charles  Brault...  ha  la  data  de' 22  mag- 
gio 1802. 

(2)  Dalla  diocesi  di  Besanzone  così  scrivevasi  al  card.  Legato,  contro 
il  Le  Coz  arcivescovo:  «  ...  Ils  (i  costituzionali)  disent  hautement  qii'  ils 
out  gagné  leur  cause,  et  que  le  schisme  et  tout  le  tort  est  dii  coté  de 
ceux  qui  ne  les  ont  pas  imités.  Cependaut  ees  derniers  sont  au  nonihre 
de  2000  cantre  300  ;  ils  ont  toujours  suivi  et  suivent  les  Brefs  des  Papes 

BisriERi.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX.  —  Voi.  II.  2 


38  CAPITOLO   PRIMO 


è  veramente  detestabile  per  l'impudenza,  con  cui  nega  sfrontata- 
mente, che  fossero  fuori  dell'unità  i  vescovi  costituzionali,  suoi  pari, 
per  non  aver  ricevuto  l'istituzione  di  Pio  VI  (1).  E  finalmente  in 
una  sua  pastorale  degli  11  giugno  1S02,  che  da.ì  piccoli  estì'attì  che 
se  ne  hanno,  lo  manifesta  per  quel  pessimo  mobile,  ch'egli  è. 
«  Lo  stesso  finalmente  dice  Reymond  in  una  sua  lettera,  di  cui 
i'  si  ha  copia,  scritta  da  Parigi  li  16  aprile  1802  a  M.^"  Le  Maitre, 
curato  costituzionale  di  Grenoble,  dove  Reymond  era  stato  vescovo 
intruso...;  e  lo  stesso  ripete  da  una  pastorale  di  lui  stampata,  nella 
quale  al  riferire  dell'Emo  Legato,  che  non  ne  ha  trasmesso  copia, 
dice  d'essere  stato  chiamato  per  la  seconda  volta  al  vescovato.  » 

Gli  altri  vescovi,  che  dai  documenti  che  si  hanno,  restano 
piti  o  meno  gravati  di  contumacia,  sono: 

Primat,  arcivescovo  di  Tolosa;  Bel  mas,  vescovo  di  Cambrai, 
e  Saurime  vescovo  di  Strasburgo.  Oltre  ai  quali  resta  qualche 
sospetto  sopra:  Beaulieu,  vescovo  di  Soissons;  Perrier  vescovo 
eli  Avignone. 

Fa  quindi  delle  gravissime  considerazioni.  Essi,  dice,  met- 
tono fuori  il  solito  ritornello  di  tutti  gli  eretici:  di  avere  la 
medesima  fede  della  Chiesa.  Ma  la  Chiesa  non  ha  mai  ricevuto 
i   eretici  nel  suo  seno,  se  non  esplicitamente  anatematizzassero  i 
l^  loro  errori.  Poi  prosegue: 

«  Il  governo,  che  non  ha  in  vista  che  la  pace...  ha  creduto  di 
conseguirla  con  appoggiare  la  contumacia  di  costoro.  Ma  si  disin- 
ganni. Non  può  aversi  la  pace  che  nella  verità  e  nell'ordine:  onde 


Pie  VI  e  Pie  VII,  et  Diontrent  à  l'égard  des  premiers  ime  cliarit<^.  \'Tai' 
uient  <5yaiigclique.  Cette  coiulnite  des  Constitutioniiels  produit  le  plus 
luauvais  eiìet  x)aTmi  le  i)euple.  » 

A'  14  giugno  il  Le  Coz  scriveva  al  Legato:  «  ...  On  a  osé  faìve  dire 
à  S.  Saiiiteté  que  des  dvèques  étaient  hors  de  V  unite  de  l'Eglise  catho- 
lique,  parce  qu'  ils  n'avaient  eu  V  institution  de  Pie  VI.  * 

Nella  pastorale  de'  22  pratile  (11  giugno)  esordiva  così  :  «  La  divine 
Providence,  M.  T.  C.  F.,  par  Porgane  du  Premier  Consul  de  notre  ré- 
publique  m' a  cominandé  de  venir  vers  vons...  » 

(1)  E  riferita  in  appendice  alla  relazione  del  Bertazzoli,  insieme  con 
altri  parecchi  documenti  a  ciò  relativi. 


ALLOCrZIOSE  DI  PIO  VII  SCL  COSCOKDATO  19 

findié  vi  sarà  divinone  di  teniimeatìL^  £nehè  vi  sarà  ìnsobordì- 
nazione  fra  le  membra  ed  il  o^qu^  la  pace  bob  n  oMenà.  » 

E  e"  é  ditwme,  Lol  S,  Sede,  con  coi  convengctio  toite  le  Chiese, 
inclusive  alle  Chiese  ài  Francia,  ha  parlato  ed  ha  dedso  il  loro 
giuramento  ear  prinrjpng  coalegeere  ah  ìioeresi  profeetìs.  adeoqijut 
in  j)ÌMr9jU9  dioretU  haf^etiaxm  e^te  et  eathoUeo  dognutti  advenari: 
in  aliist  vero  iacriUjpj/n,  dviciplinae  arai  veUri  tum  wjtae  cantra- 
riarn.  nr/a  cUio  deaique  cr/rmdUo  t^xogitatura,  rtisi  ad  cathoUcarn  reli- 
gionern  prarsug  abolendam  (1),  Cosà,  la  questioiie  non  è  pàù  d'opimonL 

<  Xé  serre  il  dire,  che  i  gindiip  della  S.  Sede  non  sodo  stati 
pubblicati,  e  ricevuti  in  Francia  nelle  solite  ferme. 

«  Suppongasi  per  un  momento,  die  il  govono  di  Francia  divenisse 
maomettano:  non  si  pnbblichiavbbero  certamente  iȈ  in  qnd  vasto 
impero,  nelle  solite  ferme,  né  veron  giudizio  né  verona  ordinazkne 
sia  essa  della  Chiesa  o  del  suo  Capo  il  romano  pootefioe^.  Poveri 
Chiesa,  se  sempre  richieste  si  fessero  queste  ferme!... 

«  Si  lusingano  ogni  giorno  i  governi  di  una, scurezza  ;iaggiore. 
quanto  più  tengono  schiava  ed  in  catene  la  Chiesa  e  gli  eedesia- 
sticL  Ma  questa  è  anzi  la  maniou  di  perdace  ogni  ìcfro  risorsa. 
Tosto  che  i  popoli  vengano  ad  aocorgrarsì,  che  la  Chiesa  e  g^  ec- 
clesiastici dipendono  dal  govomo  intieramente,  rovescaranno,  ve- 
nendo il  caso,  l'uno  e  l'altra,  né  più  al  torrente  vi  sarà  riparo.» 

Venendo  in  ultimo  a  suggerire  un  qualche  provvedimento 
da  pigliarsi  dal  S.  Padre^  egli  è  di  parere  «  che  i  .sei  vescovi 
soprannominati,  se  vogliono  avere  la  comunione  di  Sua  .San- 
tità, non  basta  che  chieggano  le  bolle  confirmatorie  della  loro 
istituzione,  come  debbono  fare  dentro  sei  mesi,  ma  uopo  è 
che  facciano  la  dichiarazione,  con  cui  pìenam  o  almeno  reram 
obedienUam  et  ^ubmis^ionem  profiteantur  etc.  (2).  > 

Laonde  que' vescovi  pertinaci  furono  considerati  dal  Papa 
si  può  dire  come  relapsi.  Ed  il  Consalvi  avvisava,  che  <  circa 


(1)  Litterae  Apostolicae  Pii  TI  «  Qnod  aliqnaiitaiii  »  10  marzo  1791^ 
«  Cbarìta^  ».  13  aprile  1791.  Vedi  BmTlarii  Bomaui  eomtimmatw...  IX,  11, 
in  cui  la  prima  lettera  non  è  registrata. 

i'2)  Beìaziome  di  Mom^guor  BertazzoU,  ardrtM/eoro  di  Edesem,  ornilo  wtmU» 
àé  eoftituzionalif  dopo  la  loro  i^tituziome  emmamicn.  ArehiT.  Yatie..  Francia 
Appendice  Epoca  Sapoìeonica,  toI.  Ij  Fascio  C. 


20  CAPITOLO    PRIMO 


la  condotta  de*  costituzionali  (nominati  alle  nuove  Sedi  in 
numero  di  11),  cinque  di  essi  sono  quelli  che  possono  con- 
siderarsi veri  relapsi,  cioè  Privat,  Le  Coz,  Delmas,  De  Beaulieu, 
Keymond,  i  quali  e  in  y(»cc  e  in  iscritto  osano  di  negare  gli 
atti  da  loro  fatti  per  la  riconciliazione.  Il  S.  Padre,  se  essi 
continueranno  in  tale  condotta,  negherà  loro  le  Bolle  defini- 
tive, che  sono  obbligati  a  chiedere  ne'  6  mesi,  inviando  le 
lettere  patenti  per  via  del  card.  Legato  (1).  » 

Di  fatto  quella  pìenam  submissionem,  che  si  richiedeva  per 
aver  da  Roma  le  bolle  confermatone  della  loro  istituzione,  i 
<^    cinque  vescovi   costituzionali  non   la  fecero:  essendo   quindi 
-     passati  i  sei  mesi,  furono  considerati  a  dirittura  come  ricaduti. 
La  loro  vera  riconciliazione  non  si  fece  se  non  nel  decembre 
_del_lS04,  dinanzi   allo  stesso  Pio  VII,  alla   cui  presenza   fu 
combinato  di  farli  venire  da" cardinali  che  avevano  accompa- 
gnato il  Papa  a  Parigi  e  dal  Portalis.  Il  Papa  parlò  loro  da 
padre,  li  commosse,  e  li  strinse  al  suo  seno.  Tutti   si  sotto- 
misero allora  pienamente  e  con  amore,  alla  riserva  del  solo 
Le  Coz,  il  quale  ebbe  V  ardimento  di  uscire  al  cospetto  del 
Papa  in  isproloquii  teologici.  Alla  fine  i)erò,  pregato  e  sup- 
plicato dal  Portalis.  anch' egli  si  arrese  ali- amorevolezza  del 
Santo  Pontefice,  e  cosi  tutti  i  vescovi  di  Francia  si  trovarono 
"^     allora  in  piena  unione  ed  armonia  col  Capo  della  Chiesa. 


(1)  Cifra  a'  Shu-H.  15  giugno.  Ed  a'  3  luglio  dava  loro  le  seguenti 
disposizioni  :  «  Le  aperte  falsità,  con  cui  alcuno  dei  vescovi  costituzio- 
nali empie  i  pubblici  fogli  di  negative  di  aver  fiatto  alcuna  ritratta- 
zione »  ci  obbligano  a  rispondere.  Quindi  il  S.  Padre  comanda  che  si 
pubblichino  «  le  due  i»ezze.  francese  e  latina,  della  jjromessa  fatta  dal 
card.  Legato  innanzi  al  Primo  Console  :  la  lettera  dei  costituzionali  al 
Papa  ;  e  specialmente  il  decreto  di  assoluzione  dalle  censure  dato  ad  essi 
«lai  card.  Legato  sotto  la  condizione  di  sottomettersi  ai  giudizii  ema- 
nati dalla  S.  .Sede  sulle  cose  ecclesiastiche  di  Francia,  e  del  dover  dare 
segni  di  resipiscenza  :  alle  quali  due  condizioni  attesta  con  giuramento 
essersi  essi  sottomessi  il  Vescovo  di  Orléans,  Mons.  Bemier,  il  quale  era 
incaricato  di  dar  loro  un  tal  decreto,  solo  dopo  eseguite  tali  condizioni 
CArchiv.  Vatic,   Principi,  voi.  276)  ».  Vedi  voi.  I.  p.  475. 


CAPITOLO  SECOXDO 
La  riconciliazione   dei  preti  costituzionali 

(maggio-gingno  1802). 


SOMMARIO  : 

I.  Forinola  per  la  riconciliazione  de'  preti  del  secondo  ordine,  acconsen- 

tita prima  e  jwi  rigettata  dal  Portalis,  perchè  non  volata  dal  Primo 
Console, 

II.  Formnla  repntata  dal  Primo  Console  come  nect9saria  e  SMfficiemte.  ed 
imposta  al  card.  Caprara  in  una  celebre  udienza  concessagli  a'  di  8  di 
maggio '1802,  al  quale  rimprovera  le  sofisticherie  teologiche.  Come  si 
circonviene  il  card.  Legato  con  lettere  ed  intimazioni  minacciose. 

III.  n  Talleyrand.  l'arcivescovo  di  Aix.  il  vescovo  di  Vannes  fanno  so- 
nare agli  orecchi  del  Cardinale  il  ritornello  :  o  cedere  o  rovinare  ogni 
cosa.  Il  Cardinale  cede. 

IV.  Ricapitolazione  delle  soperchierie  usategli  nello  spazio  di  tre  giorni. 
Circolare  del  Portalis  a*  vescovi  gallicani.  Falsità  storiche  del 
P.   Theiner. 

V.  Come  in  Roma  fu  disapprovata  l'opera  del  card.  Legato. 
TI.  Propria  difesa  del  card.  Caprara. 


Eiconciliati  i  vescovi  costituzioDali  e  rientrati  neir  unione 
col  Capo  della  Chiesa,  nella  maniera  che  abbiamo  veduto  più 
sopra,  doveva  fare  pure  lo  stesso  l'altro  clero,  detto  di  secondo 
ordine,  il  quale,  dietro  le  orme  de*  suoi  pastori,  aveva  del  pari 
giurato  la  costituzione  civile,  imposta  a  tutti  i  preti  dalla 
costituente  del  1791,  sotto  pena  di  multa  o  di  sfratto  dalla 
patria.  L^  opera  di  cotesta  riconciliazione  fu  per  parte  del 
governo  francese,  o  del  Primo  Console  nel  quale  esso  governo 
s' impersonava,  più  scaltra  e  più  riroìuzionaria  che  non  fosse 
stata  quella  eziandio  che  si  usò  yet  la  riconciliazione  dei  ve- 
scovi; x)er  parte  del  card.  Caprara  fu  di  grande  umiliazione. 


22  CAPITOLO   SECONDO 


e  di  debolezza  maggiore  ;  ed  alla  Santa  Sede  riuscì  dolorosa 
soprammaniera. 

I  vescovi,  che  non  erano  dello  stampo  de'  La  Oombe  e  dei 
Le  Coz,  prima  di  partirsi  da  Parigi  alla  volta  delle  loro 
diocesi,  avevano  chiesto  al  card.  Legato  istruzioni  e  norme  a 
fine  di  rimettere  nella  comunicazione  colla  Santa  Sede  quei 
preti  della  loro  diocesi,  eh'  erano  stati  giuratori.  Il  Caprara, 
conformandosi  agli  ammaestramenti  romani  e  seguendo  Puso 
costante  nella  Chiesa,  di  non  accogliere  mai  scismatici  pub- 
blici senza  una  abiura  in  qualche  modo  pubblica  decloro  errori, 
aveva  dettato  loro  una  formola,  cui  i  preti  scismatici  dove- 
vano ammettere  per  essere  riconciliati.  Quella  formola,  molto 
moderata,  esigeva  che  rinunziassero  al  benefizio  da  loro  oc- 
cupato senza  istituzione  canonica;  che  accettassero  i  giudizii 
della  Santa  Sede  sulle  cose  ecclesiastiche  di  Francia,  profes- 
sandosi obbedienti  al  Sommo  Pontefice  e  al  loro  vescovo 
legittimo  (1). 


(1)  È  la  seguente  ;  fu  inviata  a  Roma  dal  Caprara  nella  sua  lettera 
de'  26  maggio,  notandola  con  la  lettera  A. 

«  J'  ahandonne  le  Béuéjice  que  f  avois  ocmpé  sans  V  instHution  canonique. 
Je  me  soumets  eiitièrement  aux  jur/emeuts  portés  par  le  S.  Siége  sur  les 
affaires  ecclésiastiques  de  France,  et  je  professe  une  vraie  et  sincère  obéissance 
au   Souverain  Pontìfe,  et  à  mon  Ecéque  légititiie. 

«  Après  la  signature  de  cette  formule,  les  Evèques  devront  donner  le 
dócret  d'absolution  des  censures,  et  la  dispense  de  V  irrégularité.  » 

Questa  formola,  come  si  vede  è  officiale.  Ecco  come  è  j)resentata  dal 
P.  Theiner  : 

«  Cette  formule  était  congue  ^9?«s  on  moìns  dans  les  termes  que  x^rescri- 

vaient  ces  Brefs  (di  Pio  VI,  19  marzo,  13  giugno  1792,  intorno  alle  facoltà 

concesse  a'  vescovi  francesi).  Ces  prètres,  s'  ils  désiraient  revenir  à  l'unito 

de  l'Eglise,  et  obtenir  eusuite  charge  d'  àmes,  devaient  condamner  par 

:    écrit  les  erreurs  contenues  dans  la  Coustitution  civile  du   clergé,  abju- 

'    rer  en  general  le  scliisme,   demander  le  décret  d'absolution  des  censures 

j    et  la  dispense    des   irrégularités   qn'ils  avaient   encourues,  faire  la  pro- 

i   fessi  on  de  foi  et  le  serment  de  fidélité  à  l'évèque,  et  entin  adhérer  aux 

jugements  du  Saint-Siége  sur  les   affaires    ecclésiastiques  de  France;  et 

tont  cela  en  présence  de  temoins,  bien  entendu  ecclésiastiques^  désignés 

par  l'évèque  (I,  155).  » 


LA    RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI    COSTITUZIONALI  23 

Se  non  che  una  tal  forinola  non  incontrò  probabilmente 
Papprovazione  de' vescovi,  giuratori  essi  stessi^  e  certamente  -*<*■ 
non  andò  avversi  al  consigliere  Portalis.  Il  quale  infatti  nella 
mattina  de' 26  di  maggio,  inviò  un  certo  signor  Peine  «  capo, 
come  scrive  il  Caprara,  del  dipartimento  degli  affari  concer- 
nenti i  culti  »,  per  manifestargli,  che  «  molti  vescovi  si  tro- 
vavano costernati,  per  il  come  poter  riconciliare  gli  ecclesia- 
stici del  second'  ordine.  »  Il  motivo  consisteva  in  ciò,  che 
questi  vescovi,  s'intende  costituzionali,  trovavano  la  formola 
indetta  dal  Cardinale  per  i  preti  diversa  da  quella,  ossia  dalla 
lettera  ch'essi  avevano  sottoscritta  di  sommissione  al  Papa; 
la  qual  lettera,  come  abbiamo  visto,  era  stata  composta  dal 
Beruier.  Si  dimenticavano  però  que' vescovi  della  dichiarazione 
da  essi  fatta  a  voce,  nella  quale  supplivano  a  ciò,  che  per  vo-  ? 
lontà  propria  e  protezione  del  governo,  non  avevano  voluto 
dichiarare  in  iscritto. 

L'affare  dunque  si  riduceva,  fino  dal  principio,  a  far  sì  che 
non  si  esigesse  per  i  preti  quello  che  non  si  era  ottenuto  dai 
vescovi,  ossia  a  fare  rientrare  nell'ovile  anche  i  primi  per  le 
lìnestre  e  non  per  la  porta,  come  avevano  fatto  i  secondi. 

Il  card.  Gaprara  risponde  all'inviato  del  ministro  de'culti, 
dichiarando  che  con  quanti  vescovi  si  era  egli  intesò,  tutti  erano 
convenuti  nel  doversi  esigere  quelle  condizioni  che  si  contene- 
vano nella  formola;  e  che  se  qualche  vescovo  dissentiva,  lo  ri- 
mettessero pure  a  lui.  Insistendo  il  messo  governativo  per 
fargli  cambiar  parere,  il  Cardinale  gli  suggiunse:  «  Ed  Ella,  ed 
il  governo  saranno  persuasi,  che  per  il  bene  della  pace  ho  cer- 
cato di  agevolare  la  riunione  degli  animi  nel  modo  che  poteva. 
Ma  ne  Ella,  ne  verun  altro  potranno  mai  credere,  che  io 
oltrepassi  di  una  linea  ciò,  che  non  è  compatibile  coi  doveri 
di  coscienza,  e  che  non  è  compatibile  colle  facoltà  di  cui  posso 
far  uso.  » 

Vedremo  fra  breve,  come  il  baon  Caprara  oltrepassasse  non 
solo  di  una  linea,  ma  di  tutto  il  fosso,  quanto  ora  reputava  — 
non  compatibile  co' doveri  di  coscienza  e  colle  facoltà  ricevute. 


24  CAPITOLO  SECONDO 


Tornato  il  Peine  dal  Portalis  riferì,  non  si  saprebbe  dire 
né  perchè  ne  come,  che  il  Cardinale  acconsentiva  ad  esigere 
per  la  riconciliazione  de' preti  la  sola  formola  sottoscritta  dai 
vescovi.  Il  Pancemont,  vescovo  di  Vannes,  che  si  trovava 
presente,  non  ebbe  difficoltà  ad  osservare  che  il  Peine  aveva 
frainteso,  constando  a  lui  delle  intenzioni  contrarie  del  Legato. 
Ed  infatti  andato  egli  stesso  dal  Cardinale,  ne  riferì  le  in- 
tenzioni al  Portalis,  con  una  lettera,  nella  qjiale  gli  diceva, 
il  Cardinale  riconoscersi  obbligato  a  richiedere  da'  preti  tali 
condizioni  per  la  loro  riconciliazione,  perchè  i  vescovi  costitu- 
zionali vanno  spacciando  non  avere  essi  prestato  nessun  atto 
di  sommissione  alla  Chiesa.  E  ciò  si  diceva,  dopoché  tutti  i 
detti  vescovi  avevano  dichiarato  al  Bernier  di  aver  adempiuto 
le  tre  condizioni  richieste  nel  decreto  di  assoluzione  loro  con- 
cesso, conforme  il  Bernier  attestò  con  giuramento.  Egli  quindi, 
per  non  indurre  i  fedeli  in  errore,  sentirsi  costretto  in  co- 
scienza a  un  tal  modo  di  conciliazione,  il  quale  poi  non  è  se 
non  la  formola  addolcita  della  dichiarazione  acconsentita  dai 
vescovi,  di  cui  egli  stesso  ha  veduto  gli  originali. 

In  questo  medesimo  senso  il  card.  Legato  scrisse  al  Portalis, 
il  quale,  se  crediamo  a  quanto  il  Cardinale  ne  riferì  al  Con- 
salvi nella  sua  lettera  de' 30  maggio,  fu  colpito  della  giustezza 
e  necessità  delle  misure  prese  dal  Caprara,  e  ne  parve  con- 
vinto egli  stesso. 

Se  non  che,  recatosi  il  Portalis  a  la  Malmaison  per  in- 
formarne il  Primo  Console,  questi  dichiarò  a  lui,  e  fece  in- 
tendere al  card.  Caprara  non  voler  egli  «  altra  formola  che 
quella  approvata  dal  governo  (1).  » 


(l)  Caprara  a  Consalvi,  30  maggio  1802.  ArchW.  Yatic.,  Francia  Ap- 
pentUce  Epoca  Napoleonica,  voi.  I,  Fascio  C,  e  voi.  XIV.  Yed.  la  lettera 
intiera  nell'Appendice  (Docum.  VII),  con  le  aggiunte  ivi  citate  B.  C.  D.  ; 
l'A.  si  trova  citata  qui  sopra.  Di  tutto  quanto  qui  è  riferito,  il  Theiner 
non  fiata  una  sillaba,  e  si  capisce  perchè. 


LA   RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI   COSTITUZIONALI  25 


II. 


La  maniera,  con  cui  il  Portalis,  aiutato  da  vescovi  e  da 
ministri  e  capitanato  dal  Primo  Console,  riuscì  a  estorcere 
dal  card.  Oaprara  quella  formola  di  sommissione  de'  preti 
costituzionali  che  piacesse  al  governo,  ha  quasi  del  comico, 
se  la  rilevanza  della  materia  e  V  alta  dignità  delle  pèrsone 
che  entrarono  in  quella  scena,  permettessero  V  uso  di  una  tal 
parola.  L'apparato  delle  persone  e  degli  argomenti,  e  il  gioco 
delle  lettere  incrociatesi  quinci  e  quindi  nello  spazio  di  due 
soli  giorni,  fu  addirittura  straordinario  :  e  tutto  questo  ar- 
meggìo veniva  diretto  ad  espugnare  la  resistenza  del  vecchio 
Cardinale,  il  quale  erasi  questa  volta  trincerato  nella  cerchia 
sacra  della  coscienza,  i  cui  penetrali  credeva  rispettabili  anche 
da  gente,  che  la  propria  coscienza  aveva  rivestita  e  penetrata 
delle  massime  severe  del  rigido  giansenismo,  se  non  almeno 
di  quelle  tanto  decantate  dell'  onestà  naturale  e  dell'onore. 

Di  che  tempera  fosse  composta  l'indole  del  card.  Caprara, 
abbiamo  già  avuto  occasione  di  conoscere  nella  prestazione  di 
un  giuramento,  le  cui  parole  contenevano  obblighi  eh'  egli 
assolutamente  non  poteva  contrarre  ;  e  in  quel  memorabile 
congresso,  in  cui  una  mezza  misura,  si  può  dire  carpitagli, 
per  la  riconciliazione  de' vescovi  costituzionali,  accrebbe  di 
questi  l'audacia,  ed  appena  mise  in  salvo  la  dignità  del  Le- 
gato della  Santa  Sede.  In  questi  cimenti,  e  in  qualche  altro 
rammentato  piti  sopra,  il  Caprara  lasciò  scoprire  soverchia- 
mente il  lato  debole  dell'  armatura  :  il  timore  cioè,  che  col- 
l'eseguire  fedelmente  gli  ordini  e  le  norme  datigli  da  Eoma, 
egli  rovinasse  il  ristabilimento  della  religione,  facendolo  nau- 
fragare nello  stesso  porto. 

Di  quell'  apertura  di  corazza  si  giovarono  egregiamente 
gli  scaltri  avversarli,  i  quali  col  mettergli  innanzi  il  quadro 
fosco  d'infinite  rovine,  la  cui  responsabilità  veramente  avrebbe 


26  CAPITOLO   SECONDO 


gravato  loro  e  non  lui,  indussero  il  Cardinale  a  loro  conce- 
dere quanto  ebbero  voluto. 

Siccome  V  argomento  è  grave  quanto  delicato,  per  non 
iscrivere  due  volte  in  un  volume  una  stessa  cosa,  servando 
alP  appendice  i  documenti  allegati,  riferirò  qui  la  lunga  let- 
tera in  cui  il  Caprara  espone  fedelmente  egli  stesso  le  sover- 
chianti  intimidazioni_,  onde  fu  assalito  e  come  a  dire  costretto 
a  concedere  a' preti,  condannati  già  dal  Pontefice  Pio  VI  come 
pubblici  professori  di  scisma,  il  rientrare  nelP  unione  della 
Chiesa  romana,  senza  pubblica  confessione  del  loro  errore.  Egli 
dunque  così  racconta  quanto  gli  avvenne  in  questa  faccenda, 
nella  seguente  lettera  al  card.  Consalvi  de' 13  giugno  1802: 

Caprara  a  Consalvi,  13  giugno  1802  (n.  305). 

Tutto  ciò,  che  ha  relazione  all'oggetto  della  riconciliazione  degli 
ecclesiastici  del  secondo  ordine,  V.  Emza  già  lo  conosce  dai  pre- 
cedenti miei  Dispacci,  incominciando  da  quello  dei  15  dello  scorso 
Maggio,  Conosce  pure  esattamente  come  da  me  siasi  su  tale  affare 
proceduto,  in  virtù  di  quali  motivi,  e  con  qual  fine  :  e  ciò  dagli 
ultimi  due  miei  Dispacci  dei  30  Maggio,  e  5  corrente  (1). 

Rimanevano  le  cose  nello  stato,  in  cui  descrissi  coi  mentovati 
Dispacci  a  tutto  il  Lunedì  mattina  7  andante,  quando  alle  ore  4 
dopo  il  mezzogiorno  mi  si  presentò  un  ufiSziale  spedito  espressa- 
mente dal  Primo  Console,  che  trovasi  a  Malmaison,  dicendomi  che 
esso  Primo  Console  mi  avrebbe  veduto  la  sera  stessa  a  ore  \)  pre- 
cise, per  il  che  aveva  già  dati  ordini,  che  una  delle  due  mute  a 
quattro  cavalli  si  trovasse  alla  mia  abitazione,  prima  delle  ore  8. 
Quantunque  spossato  affatto  di  forze  fisiche,  e  quindi  non  troppo 
capace  ad  espormi  a  lunghi  e  importanti  discorsi,  non  esitai  un 
un  momento  a  dire,  che  all'ora  indicatpvmi  avrei  avuto  1'  onore  di 
essere  dal  Primo  Console. 

Parti  l'Uffiziale  colla  mia  risposta,  che  data  gli  avevo  di  voce,  e 
due  ore  dopo  circa  tornò  nuovamente  a  dirmi,  che  il  Primo  Con- 
sole voleva  che  in  mia  compagnia  si  trovasse  Monsignor  Sala,  al 
che  pure  replicai  che  il  Primo  Console  sarebbe  stato  servito. 


(1)  Questo  dispaccio  del  5  non  si  è  trovato. 


LA    RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI    COSTITUZIONALI  27 

La  ragione  di  avermi  fatto  prendere  in  compagnia  Monsig.  Sala, 
immaginai  fosse  quella  di  sapersi  da  esso  Primo  Console,  che  io 
non  stavo  bene,  e  che  perciò  non  avrei  potuto  reggere  ad  un  lungo 
abboccamento  se  mai  il  medesimo  fosse  occorso. 

Qualche  poco  prima  delle  9  mi  trovai  con  Monsignor  Sala  a  Mal- 
maison.  Passai  io  prima  solo  dal  Primo  Console,  il  quale  immedia- 
tamente mi  disse,  che  per  la  riconciliazione  dei  Preti  bastava  :  che 
questi  abbandonassero  la  Costituzione  civile  del  Clero,  e  che  pro- 
mettessero obbedienza  al  loro  legittimo  Vescovo  ;  che  Vesiggere  di  jnù 
era  superfluo  ed  inùtile,  ed,  aggiunse,  anco  un  tratto  di  superbia 
per  parte  di  Roma.  Disse,  che  in  vista  anco  delle  difficoltà  sover- 
chie, che  si  facevano  per  parte  mia  in  tale  affare,  venivano  angu- 
stiati i  Vescovi  pusillanimi,  ed  i  popoli  ;  e  che  per  tal  motivo 
molte  migliaia  di  cattolici  facevano  istanza  per  passare  al  Prote- 
stantismo. 

—  Io  mi  studiai  nel  miglior  modo  possibile  di  persuaderlo,  che 
i  fattili  rapporti  non  combinavano  né  colla  condotta  da  me  tenuta, 
né  coi  principj  che  avevo  esternato  ai  Vescovi,  ed  a  qualunque 
degli  Ecclesiastici  si  era  affacciato  da  me  per  essere  riconciliato, 
come  era  in  molti  avvenuto  con  reciproca  soddisfazione;  che  al  pari 
d'ogn'altro,  per  non  dire  superiormente,  desideravo  si  componesse 
questo  interessantissimo  affare  della  riconciliazione  dei  Preti,  ma 
che,  in  ordine  a  questa,  in  coscienza  io  non  potevo  prescindere  da 
quello,  che  oltre  il  prescritto  dai  Sacri  Canoni,  per  sentimento  della 
stessa  Chiesa  di  Francia,  debbesi  indeclinabilmente  esiggere  in 
circostanze  eguali  alla  presente. 

—  Egli  m' interruppe  parlando  lungamente  secondo  i  proprj  prin- 
cipj, vedendo  pericoli  per  la  quiete  pubblica,  che  distruggevano, 
diceva  esso,  V  opera  del  ristabilimento  della  Religione,  che  tanto  gli 
aveva  costato. 

—  Io  ripresi  l'interrotto  filo  del  discorso,  e  dissi  quel  che  uma- 
namente potevo  :  ma  esso  né  cedette  alle  mie  rimostranze,  né  in 
minimo  mostrò  di  persuadersi,  che  io  non  potevo  dipartirmi  dai 
principj  0  massime  che  avevo  manifestate,  e  disse  : 

— .  Già  so,  che  questo  è  il  sentimento  dei  vostri  Preti,  che  a 
forza  di  sofisticherie  teologiche,  invece  di  accomodare  guastano  gli 
affari. 

—  Risposi  anco  a  questo,  che  le  massime  degli  Ecclesiastici,  che 
meco  avevo,  erano  pienamente  conformi  alle  mie  :  ma  questa  uni- 
formità se  fatalmente  era  contraria  a  quanto  ad  esso  poteva  essere 


28  CAPITOLO  SECONDO 


stato  esposto,  non  da  altro  nasceva,  se  non  da  che  ognuno  di  noi 
era  convinto  in  coscienza  di  non  potere  tenere  nn  linguaggio  di- 
verso, né  adottare  massime,  o  principj  contrarj  alle  massime  o  prin- 
cipi cattolici,  e  che  questi  unicamente,  e  niun  'altra  veduta,  avevano 
regolato  e  regolerebbero  la  condotta  mia,  e  di  tutti  gli  Ecclesia- 
stici, che  meco  avevo. 

Qui  fu,  che  il  Primo  Console  fece  venire  in  terzo  Monsig.  Sala, 
cui  ripetè  all'incirca  quello  stesso,  che  aveva  detto  a  me  sull'affare 
in  quistione.  Al  che  esso  Monsignore  rispose  in  modo  conveniente 
e  tendente  a  sminuzzare  tutto  ciò,  che  poteva  contribuire  a  per- 
suadere il  Primo  Console,  ed  a  fargli  conoscere,  che  anzi  di  met- 
tere in  campo  cose,  che  potessero  allontanare  il  mezzo  della  ricon- 
ciliazione degli  Ecclesiastici,  si  era  studiato  di  trovare  la  maniera 
e  via  più  dolce,  che  togliesse  ogni  ostacolo  e  conducesse  al  bramato 
fine.  Le  (gli)  si  mostrò  quindi  copia  di  quella  modula,  che  io  pri- 
vatamente avevo  fatta  vedere  ad  alcuni  Vescovi  da  potersi  usare 
per  la  riconciliazione  degli  ecclesiastici  (1).  Se  gli  notò  contempo- 
raneamente, che  l'espressioni  contenute  in  essa  non  potevano  essere 
più  miti. 

Il  discorso  andò  molto  in  lungo,  giacché  fummo  tenuti  dal  Primo 
Console  di  là  da  due  ore,  senzacché  né  esso,  né  noi  recedessimo 
dal  primo  sentimento,  di  che  Egli  grandemente  impazientato,  disse: 

—  Dunque  se  voi  sostenete  di  non  poter  far  ciò,  che  io  credo  in- 
dispensabile, necessario,  ed  idile  al  bene  della  Religione  e  del  popolo 
francese,  di  cui  una  gran  parte  è  in  allarme  e  quasi  sommossa^  è 
superfluo  che  vi  trattenghiate  ulteriormente  in  Francia.  Rimangono 
ancora^  continuò,  undici  Vescovi  da  nominarsi^  e  questi  saranno,  in 
conseguenza  delle  sofisticherìe  romane  e  teologiche^  tanti  Costituzio- 
nali. —  Cosi  disse  il  Primo  Console  e  ci  pose  in  libertà. 

Tralascio  di  riferire  qui  qualche  altra  quistione,  che  con  del  ca- 
lore fu  trattata,  essendovi  in  quarto  il  Consigliere  Portalis,  chia- 
mato dal  Primo  Console;  perché  sono  in  necessità  di  darlene  rag- 
guaglio nei  precisi  termini,  che  con  nota  Ministeriale  fummi  esposta, 
la  susseguente  mattina  di  martedì  8  corrente. 

E  dirò  solo,  che  il  Primo  Console  avendo  per  incidenza,  durante 
la  conversazione,  parlato  della  lettera  ricevuta  da  N.^^  Sig.^®,  e  di 
fuga  anco  dell'allocuzione  in  Concistoro,  si  espresse  con  umore  : 


(1)  È  la  riferita  sopra. 


LA    RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI   COSTITUZIONALI  29 

—  E  bene,  cosa  ha  il  Papa  contro  le  leggi  Organiche,  delle  quali 
mi  dice  nella  risposta  (1)  che  voi  mi  parlerete  f 

—  Io  allora  soggiunsi,  che  realmente  N.^®  SigJ®  aveva  creduto 
suo  indispensabile  dovere  il  commettermi  di  sottoporre  ad  esso  Primo 
Console  varie  osservazioni  relativamente  alle  mentovate  leggi  orga- 
niche, ma  che  mi  riservavo  di  potergliele  esporre  in  altra  occasione, 
stanteché  fino  allora  la  mia  salute  non  aveva  permesso  di  appli- 
carvi sopra,  per  farmi  padrone  della  materia  in  modo  da  essere  in 
stato  di  rendergliene  conto  ancora  di  bocca. 

Come  però  egli  insistette  per  sentire  da  me  cosa  ne  pensassi,  io 
risposi  brevemente:  «  Piango  nel  riflettere  a  simili  leggi,  poiché 
«  trovo  in  esse  un  totale  calpestamento  de'  principj  e  massime  ca- 
«  noniche.  E  rilevo,  che  con  ciò  viene  a  porsi  la  Chiesa  e  Suoi  Mini- 
«  stri  in  una  vera  schiavitù.  »  Il  primo  Console  allora  rispose  : 

—  La  base  di  esse    leggi  è  formata   dalle    antiche    leggi  della  I 
Chiesa  di  Francia.   Onde  non  so  come  esserne  rimproverato.  Quanto 
al  resto  poi.,  ed  il  Papa,  ed  ogni  altro  deve  sapermi  buon  grado y. 
che  io  abbia  fatto  moltissimo  di  piii  di  quello,  chs  mi  ero  obbligato 
di  fare. 

—  La  mattina  del  martedì  venne  da  me  Monsig.  di  Pancemont 
Vescovo  di  Vannes  per  portarmi  la  lettera,  di  cui  compiego  copia 
con  foglio  di  lettera  A  (2);  e  mi  disse  di  voce,  che  tutto  era  in 
combustione  :  che  il  Console  era  irritatissimo  al  punto,  che  niuno 
aveva  coraggio  di  proporre  cosa  diversa  da  quella,  che  Esso  aveva 
adottata,  e  conchiuse  :  —  «  Tutti  i  Vescovi  diventeranno  la  vit- 
tima della  volontà  del  Governo,  e  per  quanto  buone  e  rette  pos- 
sano essere  le  intenzioni  di  questi,  nulla  mai  potrassi  fare  di  bene, 
perchè  in  tutte  le  azioni  contrariati  dal  Governo  medesimo  :  non 
dirò,  soggiunse,  cosa  parlisi  del  Legato,  della  legazione,  e  di  Roma 
tutta,  perchè  io  medesimo  tremo  nel  ripensarvi.  » 

—  Ripetei  a  tutto  questo,  nel  modo  che  V.  E.  può  supporre  ;  ma 
in  quel  momento  conveniva  occuparsi  del  modo  di  replicare  alla 
lettera,  e  senza  compromettersi,  procurare  di  estinguere,  e  non  ac- 
cendere il  fuoco,  che  d'altronde  mi  constava  essere  già  ad  un  punto^ 
da  riguardarlo  per  assai  serio  e  funesto  sotto  tutti  gli  aspetti. 


(1)  È  la  lettera  de'  27  di  maggio,  scritta  da  Pio  VII  al  Bonaparto, 
a  fine  di  attenuare  il  biasimo  che  il  S.  Padre  aveva  fatto  nella  sua  al- 
locuzione de'  24  del  detto  mese.  Vedi  cap.  1,  j).   12. 

(2)  Ved.  Docum,  Vili. 


30  CAPITOLO   SECONDO 


Fatte  dunque  quelle  mature  riflessioni,  che  V  animo  agitato  e 
l'angustia  del  tempo  assegnatomi  a  rispondere  potevano  permettere, 
combinai  la  risposta  alla  lettera  ricevuta,  che  lo  stesso  Monsig.  di 
Vannes  portò  al  Consigliere  Portalis:  V.  E.  ne  ha  qui  la  copia  in 
foglio  di  lettera  B  (1). 

È  una  lettera  del  tenore,  che  TE.  V.  osserverà,  e  del  cui  con- 
tenuto in  gran  parte  mi  ero  succhiato  i  rimproveri  si  del  Primo 
Console,  che  dello  stesso  Consigliere  Portalis  a  Malmajson,  come  ho 
accennato  di  sopra. 


III. 


Interrompo  qui  la  narrazione  del  Caprara,  per  dar  con- 
tezza della  lettera  del  Portalis  e  della  risposta  fattagli  dal 
Cardinale;  delle  quali,  per  essere  scritte  in  francese  e  trovarsi 
unite  a  dieci  documenti  annessi,  riserbo  il  testo  nelPappendice. 

Il  Consigliere  di  Stato  Portalis,  incaricato  del  ministero 
de' culti,  abbiamo  visto  come  rimanesse  appagato  e  quasi  con- 
vinto della  condotta  e  delle  ragioni  seguite  dal  card.  Legato. 
Né  egli  poteva  ignorare  la  lettera  circolare  dal  Caprara  in- 
viata, dopo  loro  richiesta,  a'  vescovi  di  Francia,  colla  quale  il 
card.  Legato  continuava  loro  quelle  facoltà,  che  Pio  VI  co' suoi 
j  Brevi  de' 19  marzo  e  13  aprile  1792  aveva  concesso  e  rinno- 
vato a'  vescovi  francesi,  per  cagione  degli  sconvolgimenti,  onde 
j  il  pubblico  ordine  e  l'antico  regime  erano  già  scossi  allora 
nella  Francia  fino  da' fondamenti.  Nella  qual  lettera  appunto 
il  Legato  aveva  prescritta  la  formola,  che  abbiamo  già  citata, 
di  riconciliazione   per  i  preti. 

Si  fu  solo  dopo  l' abboccamento  avuto  col  Primo  Console, 
che  il  Portalis  cambiò  sentimenti,  e  solo  allora  si  avvide,  che 
^  quel  documento  del  Legato  non  era  rivestito  del  placito  go- 
vernativo ! 

Contuttociò  egli   così  ne  fa  rimprovero    al  Cardinale,  in 


(1)  Veci.  Docum.  IX. 


LA    RICONCILIAZIONE   DEI    PRETI    COSTITUZIONALI  31 


V 


questa  sua  degli  8  giugno:  «  Voi  pur  sapevate,  scriveva,  che 
secondo  il  decreto  consolare  verificatore  de' vostri  poteri,  nessun 
atto  vostro  o  di  Roma  non  può  essere  spedito  nelle  diocesi, 
né  aver  corso  in  Francia  per  via  diretta  o  indiretta,  senza 
il  placito  del  governo.  » 

Ma  forse  quell'atto  del  Oaprara,  del  quale  conoscevasi  V  in- 
dole per  verità  non  pericolosa  per  la  repubblica  ne  per  i  colei 
consoli,  non  premeva  tanto  al  governo,  quanto  la  memoria 
di  Pio  VI,  de' cui  giudizii  sulla  costituzione  civile,  il  Legato 
aveva  fatto  menzione  :  non  avendo  egli  badato  quanto  la 
memoria  di  quel  Pontefice,  la  cui  morte  era  stata  opera  della 
vendetta  della  repubblica,  ne  bruciasse  tuttavia  i  nuovi  reg- 
gitori come  un  rimprovero  di  fiamma  ! 

«  Come  mai,  esclama  il  Portalis,  avete  potuto  spedire  un 
decreto,  il  quale  comanda  1'  esecuzione  di  giudizii,  che  non 
sono  mai  stati  presentati  al  governo,  che  erano  espressi  in 
forme  contrarie  a  tutte  le  nostre  leggi,  e  le  cui  disposizioni 
fondamentali  non  sono  conciliabili  con  la  dignità  nazionale 
né  co' diritti  di  nessun  governo?  »  E  conchiude: 

«.  Le  nostre  leggi  particolari,  i  iDrincipii  del  diritto  delle 
genti  e  quelli  della  stessa  religione  esigono,  in  un  tanto 
frangente,  che  voi  disdiciate  subito  il  vostro  decreto  con  tutte 
le  sue  sequele.  I  vescovi  e  gli  ecclesiastici  che  obbedissero  a 
un  tal  decreto,  sarebbero  rei  di  Stato,  e  voi  vi  assumereste 
la  terribile  responsabilità  de'  mali  che  ne  potessero  conse- 
guire (1).  » 


(1)  Veramente  il  Portalis  aveva  la  memoria  corta.  I  brevi  di  Pio  VI 
erano  entrati  in  Francia  e  giunti  alla  conoscenza  di  tutti  i  vescovi,  i 
quali  li  avevano  chiesti  essi  stessi.  Il  pretendere  poi  che  fa  il  Portalis, 
che  que'  brevi  fossero  stati  presentati  alla  Costituente,  della  quale  come 
di  una  nemica  accanita  della  Chiesa  i  giudizii  del  Papa  sentenziavano 
la  condanna,  è  una  vera  ingenuità  nella  bocca  di  un  magistrato  anche 
gallicano.  In  ultimo  che  le  disposizioni  delle  bolle  pontificie,  le  quali 
insomma  giudicavano  essere  scismatica  o  eretica  una  proposizione  o  una 
legge,  non  sieno  conciliabili  co'  diritti  di  nessun  governo,  o  è  un'eresia 


32 


CAPITOLO   SECONDO 


Quando  Pio  VII  fu  informato  di  queste  cose,  egli  che  era 
così  mite,  così  umile,  così  candido,  non  si  potè  temperare  di 
esprimere  al  rappresentante  del  terribilissimo  Bonaparte  la 
vergogna  fui  per  dire,  che  provava  per  lo  stato  a  cui  vedeva 
ridotta  la  nazione  primogenita  della  Chiesa.  E  sfogandosi  col 
ministro  Cacault,  unico  forse  tra  i  rappresentanti  della  re- 
pubblica Consolare,  schiettamente  cattolico,  così  gli  disse  : 
«  Ah!  noi  non  abbiamo  pur  troppo  vera  pace  e  vera  quiete, 
«  se  non  nel  governo  di  que^ cattolici  che  sono  sudditi  degli 
«  infedeli  e  degli  eretici!  I  cattolici  di  Russia,  d'Inghilterra, 
«  di  Prussia  e  di  Levante  non  ci  cagionano  alcun  dispiacere. 
«  Ci  domandano  essi  le  Bolle,  e  le  direzioni  di  cui  abbiso- 
«  guano,  e  con  ciò  procedono  nella  loro  condotta  nel  modo 
«  pili  tranquillo  e  conforme  alle  leggi  ecclesiastiche...  (1).  » 

Alla  lettera  del  Portalis,  veramente  più  degna  del  ministro 


o  è  semplicemente  ima  menzogna.  Ma  mi  sembra  certo,  die  cotesto  pa- 
role venivano  dal  Talley ranci  inìi  che  dal  Portalis. 

Del  resto  a  cotesta  necessità  del  sindacato  governativo  in  materia 
spirituale,  aveva  già  risposto  Pio  VI,  nella  sua  Eiprovazione  della  costi- 
tuzione civile  del  Clero,  di  cui  ecco  le  parole  importantissime  :  «  X'  altra 
fraudolenta  fallacia  e  finzione  degV intrusi  appartiene  al  difetto  d'una  certa 
forma  civile  nella  pubblicazione  delle  nostre  lettere.  Imperciocché  sanno 
essi  benissimo,  e  non  può  essere  ignoto  ad  alcuno,  che  non  poteva  usarsi  una 
forma  siffatta  nel  presente  stato  delle  cose  di  Francia  :  di  maniera  che  coloro,  che 
questa  forma  ricercano,  ìiiuna  cosa  pia  ardentemente  desiderano,  se  non  se 
che  lo  scisma  e  V intrusione  vada  impunemente  serpendo.  Non  è  ignoto  altresì, 
clic  questa  forma  civile  non  è  necessaria,  massime  allorché  si  tratta  di  causa 
maggiore,  la  quale  e  spetta  a  Noi  ed  è  stata  portata  a  Nostra  cognizione  per 
mezzo  de'  Vescovi;  verità  confessata  da  tutti  i  cattolici  e  dichiai'ata  da  Va- 
lentiniano  Augusto...  E  la  riconol)he  lo  stesso  clero  gallicano,  allorché  si  trattò 
di  pubblicare  V enciclica  di  Benedetto  XIV,  dicendo:  Non  avete  voi  alcun  bi- 
sogno dell'autorità  del  re,  per  pubblicare  come  regola  di  condotta  una 
risposta  della  sede  apostolica  in  una  materia  puramente  spirituale  {Pro- 
cesso verbale  delV  assemblea  generale  del  clero  di  Francia  delV  anno  1765, 
sess.  XV,  p.  11).  »  Bnllarii  Eomani  continuatio,  IX,  175. 

(1)  Cacault  à  Talleyrand,  9  termidor  an  X  (28  luglio  1802).  Artaud, 
Storia  di  Pio  VII  (ediz.  1845)^  I,  270  ;  D'Haussonville,  UEglise  de  Rome 
et  le  premier  empire,  1,  267. 


LA   RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI   COSTITUZIONALI  35 

di  un  Sultano  che  di  un  regno  cattolico,  il  card.  Capraia 
rispose  tuttavia  e  di  presente  ne^ seguenti  termini: 

«  È  vero,  che  col  mio  ultimo  decreto  degli  8  maggio  ho 
prorogato  a'  vescovi  per  sei  mesi  le  facoltà  staordinarie,  di 
cui  gli  amministratori  delle  diocesi  già  godevano,  come  tutti 
sanno... Mi  basta  di  sapere,  Cittadino  Consigliere,  che  il  governo 
può  essere  urtato  ed  offeso  dalla  spedizione  di  cotali  atti, 
perchè  io  mi  aftretti  di  appagare  la  domanda,  ch'esso  mi  fa 
per  il  vostro  mezzo.  In  conseguenza  ritiro  il  decreto  e  la 
formola,  considerandoli  come  non  spediti  ;  e  scriverò  subito 
a' vescovi,  dicendo  loro  che  ritiro  i  poteri  nel  decreto  conte- 
nuti... »  Così  il  Caprara. 

Fin  qui  il  governo  aveva  disfatto  P opera  del  card.  Legato; 
ora  dobbiamo  vedere  come  si  maneggiò  per  imporre  al  Legato 
la  propria  volontà,  di  non  acconsentire  cioè  nessun  atto  di 
sommissione,  richiesto  dalla  Santa  Sede  e  dal  più  semplice 
senso  comune  cristiano,  per  la  riconciliazione  del  clero  costi- 
tuzionale detto  di  second' ordine. 

Eipigliamo  quindi  il  filo  interrotto  della  storica  lettera  del 
card.  Caprara. 

Parlando,  continua  il  card.  Legato,  di  questione  trattata  con  ca- 
lore, non  poteva  che  essere  il  foriero  di  un  urto  più  forte,  il  quale 
0  compromettesse  la  Legazione,  o  obbligasse  il  Legato  a  delle  con- 
discendenze per  il  meno,  meno  pericolose.  Purtroppo  il  mio  pre- 
sagio si  è  verificato,  come  V.  E.  sentirà  in  appresso. 

Prima  però  di  scendere  alla  narrativa  del  fatto,  debbo  premettere 
che  nel  giorno  medesimo  di  martedì  (8  giugno)  verso  la  sera,  com- 
parve da  me  il  Sig.  de  Talleyrand,  Ministro  degli  affari  esteri,  il 
quale  pateticamente  mi  disse  : 

«  Vengo  da  Lei  per  manifestargli,  che  siamo  al  momento  di 
«  vedere  perdute  tutte  le  cure  impiegate  nel  ristabilimento  della 
«  Religione:  ne  il  Primo  Console,  né  veruno  del  Governo  vogliono 
«  sentire,  che  si  esigga  dai  preti  costituzionali  quel  che  da  lei  si  è 
«  esatto  finora,  e  che  ha  suggerito  ai  Vescovi  di  esiggere.  Se  i 
«  Vescovi  lo  tentano,  passeranno  guai  senza  fine.  I  popoli  sono  per 
«  questo  in  tumulto.  I  cattolici  disgustati  dell'austerità^  con  cui  vo- 

RiNiERi.  —  La  Diplomazia  Pontifìcia  nel  secolo  XIX.  —  Voi.  II.  3 


34  CAPITOLO  SECONDO 


«  gliono  trattarsi  i  preti  per  parte  della  Corte  di  Roma,  tentano  di 
À  «  passare  al  Protestantesimo,  ove  dicono  di  trovare  quella  carità,  che 
«  non  trovano  nel  cattolicismo.  In  una  parola,  conchiuse,  tutto  an- 
«  derà  a  fuoco  e  fiamma,  e  Roma  e  Lei  saranno  debitori  di  avere 
«  rovesciata  la  Religione,  per  non  avere  in  si  luttuose  circostanze 
«  voluto  condiscendere  a  condizioni  di  conciliazione.  » 

—  Comecché  ogni  ragionamento  da  me  fatto  non  servi  né  a  per- 
suadere il  Ministro,  né  a  farlo  smontare  un  apice  dalle  massime 
manifestatemi,  gli  dissi  :  «  Signore,  il  bene  dell'unità  e  della  pace 
mi  stanno  a  cuore,  quanto  a  chiunque;  ma  io  non  posso  procurarlo 
se  non  nei  modi,  che  né  offendano  la  mia  coscienza,  né  mi  rendano 
prevaricatore.  » 

Il  Ministro  soggiunse  :  «  Ella  ha  inteso  la  mente  del  Console  e 
«  del  Governo.  Ella  sa,  che  stabilita  una  massima,  quella  si  vuole  ; 
«  onde  rifletta  alla  situazione,  in  cui  sono  le  cose  e  calcoli  le  con- 
«  seguenze,  che  ne  deriveranno  dal  rovescio  totale  religioso  della 
«  Francia,  e  da  quello  che  potrà  avere  ogni  altro  Stato,  o  limitrofo, 
«  0  con  lei  congiunto.  Procuri  pertanto  di  conciliare  le  cose  in  modo, 
«  che  faccia  cessare  la  tempesta  che  insorge,  e  pensi,  che  da  ciò 
«  unicamente  dipende  o  la  conservazione,  o  il  rovescio  della  Reli- 
«  gione  e  della  Chiesa.  » 

—  V.  Emza  capirà  agevolmente  quali  angustie  si  aggiunges- 
sero al  mio  spirito,  che  d'altronde  era  bastantemente  abbattuto,  e 
da  quanto  aveva  sofferto  nell'abboccamento  col  Console,  e  da  ciò 
che  era  passato  la  mattina  medesima  in  seguito  della  citata  let- 
tera del  Consigliere  Portalis. 

La  mattina  del  immediato  mercoldi  venne  da  me  1'  antico  le- 
^  gittimo  Arcivescovo  di  Bordeaux,  ora  Arcivescovo  di  Aix,  e  tutto 
tremante  ed  afflitto:  —  «  Eccoci,  mi  disse,  ridotti  in  uno  stato 
«  si  deplorabile,  che  io  stesso  inorridisco  a  pensarvi.  »  E  qui  mi 
ripetè  quanto  io  sapevo  ed  avevo  inteso  dalla  bocca  del  Ministro 
degli  affari  esteri:  «  Conviene,  continuò  il  Prelato,  che  Ella  scriva 
«  una  circolare  ai  Vescovi,  in  cui  dichiari  essere  sufficiente,  per  la 
«  riconciliazione  dei  Preti  Costituzionali,  il  protestare  che  aderi- 
«  scono  al  Concordato,  e  che  obbediscono  al  Vescovo  canonicamente 
«  istituito  per  mezzo  del  Papa  ;  e  ciò  finché  sia  dalla  Santa  Sede 
«  deciso,  se  questa  dichiarazione  basti,  o  no.  Senza  di  questo,  tutto 
«  va  a  fuoco  e  fiamme.  » 

—  A  progetto  di  tal  natura  é  facile  il  persuadersi,  come  non  mi 
conveniva  in  modo  alcuno  di  aderire.  Manifestai  quindi  al  Prelato 


LA    RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI   COSTITUZIONALI  35 

i  miei  seDtìmenti,  e  per  quanto  egli  insistesse,  e  tentasse  di  per- 
suadermi, non  potei  venire  d'  accordo  con  esso  ;  non  perchè  non 
vedessi  la  necessità  indeclinabile  di  trovare  qualche  temperamento, 
ma  perchè  una  riconciliazione,  allegata  a  condizione  futura,  è  con- 
traria alle  regole;  perchè  tal  condizione  veniva  ad  impegnare  po- 
sitivamente la  Santa  Sede,  dal  che  io  ho  la  massima  di  decli- 
nare ;  e  perchè  finalmente  dal  Governo  non  sarebbe  stata  permessa! 
Appena  partito  l'Arcivescovo  d'Aix,  venne  Monsig.  Vescovo  di 
Vannes  colla  lettera  di  cui  accludo  copia  con  foglio  di  lettera  0  (1) 
6  mi  disse: 

—  «  Eminenza,  alla  decisione  e  risoluzione  che  Ella  prenderà, 
«  sta  attaccata  o  l'esistenza  o  la  perdita  totale  della  Religione  Cat- 
«  tolica  sia  in  Francia,  sia  altrove,  non  meno  che  la  pace  politica 
«  e  civile  dei  popoli.  Non  le  parlo  di  noi  Vescovi,  perchè,  come 
«  Ella  stessa  conosce,  mai  ci  siamo  trovati  in  più  critica  situazione. 
<  Io  ho  commissione  di  non  ritornare  dal  Consigliere  Portalis,  se 
«  non  colla  risposta.  » 

—  Momenti  più  duri,  chi  può  immaginarli?  Dovevo  dare  una 
risposta,  e  non  si  voleva  differita.  Mi  posi  dunque  a  riflettere,  che 
una  mia  negativa  comprometteva    la  Santa  Sede,  i  Vescovi   della 


(1)  In  questa  lettera   il   consigliere   Portalis  è  tutto  nel  dimostrare, 
che  col  Concordato  la  rinconciliazione  è  fatta  :  ogni  imposizione  di  clau- 
sole, che  sappiano  di  penitenza   cristiana,  non  solo  riescono  inutili,,  ma 
tornano    a    disonore  per    que'  preti,    i    quali    soli    portarono    ne'  giorni 
^  della  rivoluzione  il  peso  della  giornata  e  del  calore,  ed  essi  soli  manten-  y 
nero  nelle   popolazioni   le  reliquie    della   religione    esulante  e  persegui- 
tata. D'altra  parte  le  leggi  di  onore,  fortunatamente  vigenti  nella  na  ì 
zione^  non  acconsentono  alcun  atto  di  umiliazione  :  una  cosa  sola  s'impone  j 
sopra  tutte  le  altre:  ed  è  la  .dimenticanza  delle  cose  passate.  Il  perchè,  ; 
la    sola    dichiarazione    da   richiedersi  ai    preti    costituzionali,  la   quale 
sol  una  il  governo  può  riconoscere,  dev'essere  espressa  ne'  seguenti  ter- 
mini :  Aderisco  al   Concordato,  e  sono  in  comunicazione  col  mio  vescovo  no- 
minato dal  Primo  Console  e  istituito  dal  Papa.   —  Si  esagera  poi  a  lungo 
il  Portalis  nel  provare   qualmente  col  tenore  di  cotesta  formola,  la  so- 
stanza delle  pretensioni  romane  è  implicita  e  salva  ;  e  sentenzia  inoltre, 
che  :   la  suffisance  de  cette  declaration  est  evidente.  La   quale  evidenza  in- 
fatti era  così  luminosa,    che    tutti  i  teologi    della   Legazione,  e   tutti  i 
Cardinali  incaricati  di  esaminarla,  alla  riserva  del  solo  cardinal  Borgia, 
dichiararono  insufficiente  quella  dichiarazione,  come  vedremo  in  breve  ora. 
Vedi  la  lettera  nel  Docum.  X. 


36  CAPITOLO  SECONDO 


Francia,  e  tutto  il  Cattolicismo.  Mi  feci  presente  che  le  misure  più 
severe,  che  prende  la  Chiesa  nell'incominciamento  e  progresso  dello 
scisma,  devono  restare  moderate  al  momento,  in  cui  si  tratta  di 
^\  fargli  fine;  che  nella  riconciliazione  di  moltitudine,  non  si  possono 
1  esiggere  quelle  rigorose  ed  eguali  condizioni,  che  si  esiggono  nella 
riconciliazione  di  pochi;  che,  se  per  evitare  un  pubblico  scandalo, 
per  ottenere  la  publica  pace/ e  per  ovviare  il  pericolo  del  peggio- 
ramento nei  censurati,  possono  questi  restare  assoluti,  benché  in- 
viti; finalmente  riflettendo,  che  dalla  mia  decisione  dipendeva  o  la 
conservazione  o  il  rovescio  totale  della  Religione  e  della  Chiesa;  e 
che  altresì  l'una  e  l'altra  di  queste  cose  produceva  o  la  calma,  a 
la  tempesta  publica  :  risolvetti  di  non  oppormi  alla  decisa  volontà 
del  Governo,  adattandomi  alla  formula  espressa  nella  lettera  del 
Consigliere  Portalis  di  Lettera  C  ;  formula  da  esibirsi  dai  preti 
costituzionali  per  la  di  loro  riconciliazione  al  proprio  legittimo  Ve- 
scovo, da  cui  in  seguito  si  dirà  a  ciascun  riconciliando,  che  prov- 
vedano alla  propria  coscienza,  come  V.  E.  rileva  dal  foglio  di  mia 
replica  al  sudetto  Consigliere  Portalis,  segnato   di  Lettera   D  (1). 

10  mi  astengo  dal  raziocinare  intorno  a  tal  misura  da  me  presa 
per  il  bene  dell'unità  e  della  pace,  restringendomi  ad  accennare, 
che  deve  essere  ponderata  in  tutte  le  parti  nella  massima  saviezza. 
Neppure  voglio  entrare  a  calcolare  l' immensità  dei  mali,  che  sa- 
rebbe derivata  dal  mio  rifiuto.  Non  posso  però  dissimulare,  che  in 
questa  occasione  mi  sono  io  personalmente  caricato,  non  solamente 
per  esimere  dall'imbarazzo  il  Santo  Padre,  ma  moltoppiù  per  il  ri- 
flesso, che  il  mio  giudizio  ed  il    mìo   operato    essendo  riformabile,. 

/  qualora  la  Santa  Sede  lo  crederà  tale,  potrà  allora  venirne  alla  ri- 
forma; 0  se  non  potrà  riformarlo,  resterà  nello  stato  di  tolleranza^ 
senza  vedere  compromessa  la  propria  dignità,  e  senza  esserne  re- 
sponsabile. 

11  foglio,  che  sopra  di  lettera  D  (2),  fa  da  me  inviato  jper  mezzo 


(1)  Vedilo  qui  sotto  riferito  in  nota,  e  nel  Docum.  XI. 

(2)  Per  essere  breve,  do  qui  voltata  in  italiano  questa  lettera  del 
Cardinale,  è  la  seguente  (8  giugno  1802)  : 

«  Ho  ricevuto  la  vostra  lettera  in  data  di  oggi.  Vi  lio  fatto  sopra 
quelle  considerazioni,  clie  lio  pesato  con  tutta  la  saggezza  di  cui 
sono  capace  ;  ed  ecco  il  partito,  a  cui  mi  appiglierò  :  lio  speranza  che 
il  governo  ne  sarà  soddisfatto.  Dirò  scrivendo  a  tutti  i  vescovi,  che  i 
preti  costituzionali  clie  hanno  volontà   di  riconciliarsi  colla  Chiesa,  fa- 


LA  RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI   COSTITUZIONALI  37 

dello  stesso  Monsig.  Vescovo  di  Vaiines  al  Consigliere  Portalis  (1). 
Esso  Prelato  di  gran  riputazione  per  la  pietà,  è  pienamente  nel 
mio  sentimento;  e  stacciata,  come  suoi  dirsi,  con  il  medesimo  la 
materia,  mi  assicurò  Egli  pure,  che  questo  era  1'  unico  mezzo  di 
evitare  il  rovescio  della  Religione,  e  di  liberare  i  Vescovi  dalle 
vessazioni. 

Può  TE.  V.  ben  supporre,  che  la  mia  risoluzione  è  stata  guidata 
da  rettitudine  d'intenzione  e  dalla  credenza  di  non  ledere  la  mia 
coscienza.  Se  mai  sfortunatamente  mi  fossi  ingannato,  supplico  la 
benignità  Pontificia  a  volere  traquillizzare  il  mio  spirito,  ed  a  per- 
suadersi, che  non  da  altro  scopo  sono  stato  indotto  a  simil  passo, 
che  per  il  bene  dell'unità,  e  della  pubblica  pace. 

Portatasi  da  Mons.  di  Vannes  al  Consigliere  Portalis  la  citata 
mia  risposta  di  lettera  D.,  mi  fece  scrivere  nei  termini,  che  l'È.  V. 
rileva  dal  foglio  di    lettera   E  (2);   ciò,  che  poi  nella  mattina  del 


ranno  la  seguente  dichiarazione:  Aderisco  al  Concordato,  e  sono  nella  co- 
munione del  mio  vescovo  nominato  dal  Primo  Console  e  instituito  dal  Papa. 
«  Sottoscritta  questa  dicliiarazione^  i  vescovi  aggiungeranno,  che  prov- 
veggano alla  loro  coscienza.  »  —  Ved.  Docum.  XI. 

(1)  Il  lettore  si  accorgerà,  che  in  questa  frase  il  senso  non  scorre.  Nelle  tre 
copie  di  questa  lettera  del  Caprara,  che  ho  confrontate  nell'archivio  Vati- 
cano, mancano  le  lìarole  seguenti  che  sono  riferite  dal  Theiner  (I,  465)  e  dal 
d'Haussonville  (I,  530)  in  francese  :  (Dopo  la  parola  responsaMle)  «  Mgr  Sala, 
Mgr  Mazio  et  V ahhé  Bubhi  ne  partagèrent  pas  mon  avis ;  ils  n^ approuvèrent 
ni  la  maxime,  ni  V  arrangement.  Malgré  cette  opposilion,  je  ne  crus  pas  de- 
voir  clianger  de  sentiment,  et  en  présence  des  circostances  iìnpérieuses  oii  nous 
nous  trouvions,  f  envoyai  ina  lettre  au  conseiller  Portalis  par  monseigneur 
Vévèque  de   Vannes,  le  prélat...  » 

Il  card.  Legato  nel  leggere  questo  dispaccio  deve  aver  dato  ordine, 
che  si  togliesse  il  periodo  qui  riferito:  evidentemente  l'impressione  di 
queste  parole  sarebbe  stata  in  Roma  per  lui  assai  sfavorevole.  Infatti 
mancano  nelle  tre  copie,  che  si  conservano  tuttora  nelP  archivio  Vati- 
cano {Nunziatura  di  Francia,  voi.  599  ;  Francia  Appendice  Epoca  Napo- 
leonica, voi.  I,  Fascio  C  ;  voi.  XIV).  Le  parti  riferite  di  questo  dispaccio 
importantissimo  dal  Theiner  e  dal  d'Haussonville  non  sono  né  intiere  né 
originali.  Entrambi  questi  scrittori  lo  hanno  avuto  dagli  archivii  parigini. 

(2)  La  lettera    E  del  vescovo   di    Vannes    annunziava    al    Caprara  la 
gioia  e  la  consolazione,  che    il    Portalis  aveva  provato    jDcr   la    vittoria/ 
ottenuta  compiutamente.  E    questa  arrecavagli    tale    soddisfazione,    che 
aveva  subito  spedito  corriere  alla  Malmaison  a  fine  di  renderne  informato 
il  Primo  Console.  —  Ved.  Docum.  XII. 


38  CAPITOLO   SECONDO 


giovedì  seguente,  dopo  che  1'  affare  era  già  stato  conosciuto  dal 
Primo  Console,  mi  fu  confermato  di  voce  dal  mentovato  Consigliere, 
insinuandomi,  che  senza  dilazione  io  facessi  dar  corso  alle  lettere 
per  i  Vescovi. 

Prima  però  che  il  Consigliere  Portalis  venisse  da  me,  era  vi  stato 
Monsig.  Vescovo  di  Vannes,  il  quale  mi  disse  essere  occorso  un 
equivoco  nella  circolare  combinata  il  giorno  innanzi,  quale  io  tra- 
smetto con  foglio  di  lettera  P  (1);  e  per  mezzo  di  suo  Biglietto 
segnato  di  lettera  Gr  dimandò,  che  riformata  la  lettera  ai  Vescovi, 
lo  che  si  fece  colla  nuova  di  lettera  H,  che  spedissi  immediata- 
mente a  ciascun  Vescovo  col  foglio  di  lettera  I,  il  quale  in  so- 
stanza altro  non  è  che  una  copia  di  quanto  vedesi  nel  foglio  di  let- 
tera D,  con  cui  risposi  al  Consigliere  Portalis  (2). 

(Parole  cancellate):  Alli  nove  fogli  qui  compiegati  dall' A  fino 
all'I,  aggiungo  copia  della  lettera  scritta  a  N.  S.  dal  fu  intruso  di 
Avignone  La  Rovere,  il  cui  originale  conservasi  presso  di  me,  ed 
in  seguito  della  quale  esso  intruso  è  stato  assoluto  e  rispettivamente 
dispensato.  Nel  giorno  del  passato  venerdì  il  Consigliere  Portalis 
era  andato  espressamente  a  Malmaison,  per  convenire  col  Primo 
Console  sulle  nomine  dei  residuali  vescovi.  Ma  siccome  contempora- 
neamente giunse  un  corriere  spedito  dal  generale  Le  Clerk,  colla 
notizia  della  totale  conquista  dell'isola  di  S.  Domingo,  successa  colla 
presa  dello  stesso  Toussaint  l'Ouverture,  il  travaglio  che  voleva 
farsi  circa  le  nomine  fu  differito  ;  né  io  a  tutt'  oggi  conosco  quando 
il  medesimo  sarà  ultimato. 


(1)  Questo  allegato  F  contiene  una  lettera  dello  stesso  vescovo  di 
Vannes^  assai  significativa.  Essa  informa  il  Cardinale,  del  non  essere 
intenzione  del  Portalis  l'impedirgli  la  comunicazione  a'  vescovi  di  quella 
parte  del  decreto,  clie  riguardava  la  prorogazione  delle  facoltà,  da  Pio  VI 
concesse  a'  vescovi  di  Francia  nel  1792.  Dunque  l'opposizione  delle  leggi 
francesi  e  del  diritto  delle  genti  a  quei  famosi  brevi  di  Pio  VI,  tanto 
decantata  dal  Portalis  il  giorno  innanzi,  ora  che  il  Caprara  aveva  di- 
sdetto la  formola  di  riconciliazione  che  il  Primo  Console  non  A^oleva, 
era  caduta  come  per  un  incanto  nel  solo  spazio  di  ore  ventiquattro.  Ep- 
pure non  quella  formula,  si  bene  la  proroga  delle  facoltà  contenevasi 
ne'  brevi  di  Pio  VI.  Si  vede  che  la  logica  di  quel  Consigliere,  incari- 
cato de' culti  per  la  repubblica  francese,  era  uguale  alla  sua  memoria! 
(2)  Vedi  {Docum.  XIV-XVI). 


LA    RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI   COSTITUZIONALI  39 


IV. 


Fin  qui  il  Cardinale.  Ora  ricapitolando  le  cose  descritte 
alquanto  alla  scucita  in  questa  lunga  lettera  del  Oaprara,  si 
scorge  evidentemente  il  disegno  tracciato  e  seguito  di  una  vera 
macchinazione,  montata  a  fine  di  ottenere  dal  card.  Legato, 
quanto  questi  aveva  dichiarato  alP  arci  vescovo  di  Aix  di  non 
poter  concedere  in  coscienza.  La  scena  ha  tre  parti:  vale  il 
pregio  di  studiarle. 

Nella  sera  de^  sette  giugno,  il  Primo  Console  rimprovera 
acerbamente  al  Cardinale  il  suo  decreto  de'  10  maggio;  chiama 
sofisticherie  le  decisioni  canoniche  di  Eoma;  ed  affaccia  P in- 
timazione minaccievole  della  partenza  del  Legato.  Alla  dimane, 
giorno  8  di  giugno,  il  Pancemont  arreca  lettera  del  Portalis, 
con  la  quale  si  esigeva  che  il  Legato  ritirasse  la  sua  circo- 
lare ai  vescovi,  cosa  che  il  Caprara  adempì.  È  la  prima  parte 
della  macchinazione  :  far  ritirare  al  Cardinale  il  suo  Decreto. 

La  seconda  parte  più  grave  ancora,  di  fargli  cioè  accet- 
tare una  nuova  formula,  è  aperta  dal  Talleyrand,  il  quale  si 
reca,  verso  la  sera  del  medesimo  giorno  8,  dal  card.  Caprara, 
e  gli  rappresenta  i  grandi  rumori  sollevati  di  nuovo  scisma, 
con  minacce  generali  di  uno  sconvolgimento  in  tutta  la  Francia. 
Dormì  aff'annoso  il  Cardinale  in  quella  notte  ;  e  nella  mattina 
del  9,  sopraggiunto  improvviso  l'arcivescovo  di  Aix  annunzia  e 
fuoco  e  fiamma,  qualora  il  Legato  non  eseguisca  i  voleri  del 
Primo  Console,  col  non  esigere  dai  preti  se  non  una  formola, 
la  quale  non  contenesse  ritrattazione  di  nessuna  sorte.  E  poco 
dopo,  eccoti  il  vescovo  di  Vannes,  che  arreca  la  formola  de- 
terminata: o  il  Cardinale  Faccetta,  e  subito;  o  gli  immensi 
mali,  che  sovrastano  alla  religione,  saranno  imputati  a  lui. 
Era  troppo!  il  vecchio  Caprara  perde  il  lume;  e,  non  ostante 
la  disapprovazione  di  tutti  i  teologi  della  Legazione,  cede  e 
capitola. 


40  CAPITOLO   SECONDO 


r^^K 


La  terza  parte  si  apre  e  si  termina  colla  gioia  del  Portalis, 
significata  al  card.  Legato  per  lettera  recatagli  dal  vescovo 
di  Vannes! 

Il  non  vedere,  e  il  non  ammettere  in  tutto  questo  andi- 
rivieni di  uomini  e  di  lettere  una  soperchieria  preparata  e 
condotta  a  bello  studio,  è  cosa  impossibile. 

Il  che  è  tanto  vero,  si  era  così  sicuri  di  ottenere  dal  vecchio 
rappresentante  pontificio  quanto  si  voleva  da  lai,  che  nel  giorno 
stesso,  nella  cui  sera  il  Caprara  fu  chiamato  dal  Primo  Con- 
sole, già  il  Prefetto  di  polizia  spediva  a  tutti  i  prefetti  delle 
province  della  repubblica  una  lettera,  con  la  quale  comandava 
di  badare  a  ciò;,  che  non  si  esigesse  da'  preti  nessuna  dichia- 
razione contraria  ai  principii  della  chiesa  gallicana  (1).  E  ciò 
per  ordine  del  Primo  Console,  il  quale  appunto  in  quel  me- 
desimo giorno  7,  prima  certamente  di  abboccarsi  col  Cardinale, 
ne  aveva  dato  F  ordine  preciso  al  Chaptal^  ministro  per  le  cose 
interne  (2);  e  nello  stesso  giorno  aveva  fatto  scrivere  per  il 


(1)  Lettre  du  ministre  de  la  police  géuérale_,  concernant  la  déclara- 
tion  des  prétres.  —  Paris,  le  18  x>rairial  an  X  de  la  République  (7  giu- 
gno 1802). 

«  . . .  Je  Y0118  recomande  de  veiller  attentivement  à  ce  qii'  on  n'  exige 
des  pretrés    aucune    déclaration    contraire    aux   principes    de   liberté  de 
j     l'église  gallicane,  et  au  serment  qui  lie  le  citoyen  à  l'Etat. 

«  Vous  devez  porter  une  égale  attentiou  à  ce  qu'aucun  des  partis  qui 
,    ont  divise  1'  église,  n'  exige  aucune  espèce    de   rétractation.  Je  vous  ai 
I    déjà  fait    connaitre  la   volonté   du    gouvernement  à    cet   égard  ;    ou   ne 
1    peut,  sans  la    méconnaltre,  demander  aux  prètres,  ni   serment,  ni    for- 
mule, autre  q  uè  la  déclaration  qu'ils  adhèrent  au  concordat. . .  »  (Archiv. 
Vatic,  Francia  Appendice  Epoca  Napoleonica^  voi.  I,  Fascio  C). 

(2)  «  Je  vous  prie,  citoyen  Ministre  d'écrire  une  circulaire  à  tous  les 
préfets,  i)our  leur  faire  connaitre  qu'  on  ne  doit  exiger  aucune  rétracta- 
tion ni  des  évèques  constitutionnels,  ni  des  autres.  Le  passe  est  passe, 
et  les  évèques  et  les  préfets  ne  doivent  exiger  des  prètres  d'autre 
déclaration  que  celle  qu'  ils  adhèrent  aux  loia  organiqnes,  qu'  ils  sont 
dans  la  communion  de  1'  évèque  nommé  par  le  Premier  Consul  et  insti- 
tué  par  le  Pape.  »  {Correspondance,  VII,  n.  6122). 

Si  notino  le    seguenti  fal8Ìtà_,  qui   accumulate  dal    Theiner  in  j)oche 


LA    RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI   COSTITUZIONALI  41 

vescovo  di  Kancy  una  lettera  iusolentissima  sul  medesimo  ar- 
gomento. 

Facevagli  dire  essere  egli  sopramaniera  scontento  delle 
ritrattazioni,  che  il  vescovo  esige;  i  preti  costituzionali  non 
aver  a  fare  nessuna  ritrattazione,  essere  questa  contraria  alla 
politica  ed  alla  carità.  Alla  politica,  perchè  costituzione  civile 
ed  articoli  organici  fioriscono  da  identici  principii,  i  quali  danno 
al  sovrano  il  diritto  di  ingerirsi  nelle  materie  ecclesiastiche: 
il  disdire  la  prima  significa  dare  a  Eoma  pretesto  di  esigere 
lo  stesso  per  i  secondi.  Alla  carità,  con  ciò  sia  che  quelle  cose, 
le  quali  non  sono  di  diritto  divino  e  di  necessità  stretta  per 
la  salute  delle  anime,  non  si  debbano  comandare,  allorché  ar- 
recano disturbi. 

Soggiunge  quindi  queste  testuali  parole:  «  Enfin  il  sait 
parfaitement  que  les  évéques  qui  ont  confesse  et  exercé  sans 
Vinstitution  du  Saint-SiégCj  n^ont  pas  fait  eux-mémes  la  rétra- 
ctation;    et  que  le  Gouvernementy  regardant   un  liomme   qui  se  <- 

rétracte  comme  un  liomme  déshonoré,  n^eut  certes  pas  confié  Vad-  - — > 
ministration  d'un  diocèse  à  un  homme  qui  sefiìt  rétracte..,  (1)  ». 

Informandosi  a  cotesti  principii,  i  quali  se  uscivano  dalla 
penna  di  un  Bonaparte  non  furono  mai  quelli  che  insegnò 
Gesù  Cristo,  il  consigliere  Portalis  mandava  nel  giorno  se- 
guente, 8  giugno,  una  lettera  enciclica  a  tutti  i  vescovi  della 
Repubblica,  colla  quale  ammaestravali  de'  loro  doveri  pasto- 
rali. Esorta  vali  ad  estinguere  ogni  reliquia  dello  scisma  che 
aveva  diviso  il  clero;  e  come  vincolo  di  concordia  ordinava 


linee  :  1)  Fa  dare  questo  ordine,  dopo  V  udienza  del  Cardinale  ;  2)  la 
circolare,  la  fa  dirigere  dal  Portalis  ;  3)  a  tutti  i  vescoyi  e  prelati  ;  4)  in- 
vece delle  parole  «  anx  loie  organiques  »,  adopera  «  au  Concordat  », 
cosa  molto  diversa  !  5)  fa  andare  nella  mattina  degli  8  il  Portalis  in  casa 
del  Ca^irara,  e  proporre  quegli  e  negare  questi  la  nuova  formula  per  i 
preti....:  cose  tutte,  che  non  si  sa  d'onde  il  Theiner  le  abbia  cavate 
(Histoire  des  deux  Concordats,  1,  457). 
(1)  Corresyondance ,  VII,  n.   6121. 


42  CAPITOLO   SECONDO 


che  intimassero  a'  loro  preti,  per  la  costoro  riconciliazione,  non 
già  la  formola  volata  dal  Papa,  ma  quella  comandata  dal  Primo 
Console.  «  Il  giorno  di  Pasqua,  scriveva  egli,  è  stato  il  trionfo 
della  religione,  non  quello  di  un  partito;  nessun  partito  deve 
quindi  trionfare,  nò  quello  de'  fuorusciti  ne  quello  de'  costi- 
tuzionali. >  Parole,  che  erano  evidentemente  smentite  dal  fatto 
della  nuova  formola:  poiché  Fuso  di  questa  dava  vittoria 
a'  preti  giuratori  ! 

Dava  quindi  varie  disposizioni,  alcune  delle  quali  furono 
reputate  a  Roma  gravissime.  Ogni  vescovo  scelga  per  uno 
de'  suoi  gran  vicari,  un  prete  costituzionale  :  nella  distribu- 
zione delle  parrocchie  e  de'  canonicati,  i  preti  costituzionali 
entrino  per  la  terza  parte,  e  gli  ortodossi  per  la  quarta  :  le 
'  eccezioni  a  questo  provvedimento  debbona  essere  significate 
al  Primo  Console.  I  preti  rimpatriati,  prima  della  loro  nomina 
sieno  messi  in  prova  per  un  anno;  il  governo  considerandoli 
come  sospetti,  per  il  loro  pertinace  rifiuto  di  sottomettersi  alle 
ìeggi^  non  permette  che  sieno  preferiti  a  quelli  che  hanno  dato 
il  primo  esempio  delia  fedeltà. 

Li  ammonisce  poi  intorno  alla  pratica  del  divorzio,  il  quale 
è  permesso  dalla  legge;  i  parroci  ed  i  vescovi  si  devono  accon- 
ciare a  queste  nuove  disposizioni,  se  non  col  benedire  1  di- 
vorziati, almeno  col  tacere.  Si  trattino  bene  i  preti  ammogliati, 
-  i  quali  «  ne  doivent  point  ètre  écart^s  par  des  mesures  tiétris- 
santes.  » 

Hichiama  una  attenzione  speciale  sulle  cappelle  private, 
perchè  il  loit)  uso  è  dannoso  alle  parrocchie,  e  perchè  P  espe- 
rienza le  ha  additate  siccome  combriccole  avversanti  il  go- 
verno. Per  la  facoltà  di  averne,  si  ricorra  al  governo,  «  à  qui 
Seul  il  appartient  de  permettre  ou  de  ne  pas  permettre  ces 
sortes  d'ctablissemeuts.  »  In  quanto  alla  dottrina  e  alla  mo- 
rale, e  alla  maniera  di  ammaestrare  il  popolo,  porge  buoni 
consigli:  si  lascino  le  questioni  oziose  e  sottili,  e  si  stia  alla 
semplicità  e  schiettezza  del  vangelo.  Però,  da  buon  settario 


LA   RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI   COSTITUZIONALI  43 

giansenista,  esorta  il  clero  a  risalire   alle   prime   origini  del  * 
cristi anesimX),  ed  a  modellare  su  quei  tempi  la  disciplina  ec-  --^ 
clesiastica,  per  qnanto  venga  acconsentito  da'  tempi  nuovi.  In 
breve,  disimpegnino  i  loro  doveri  sacerdotali,  conformandosi 
sopratutto  alle  massime  e  regole  consacrate  nel  prezioso  deposito  —- 
delle  libertà  gallicane. 

Infine  soggiunge:  «  L' abuso  delle  minacce  spirituali  per 
temporali  cagioni  va  prevenuto;  percbè,  secondo  T espressione 
del  giudizioso  abbate  de  Fleury,  le  censure  ecclesiastiche  non 
sono  reputate  siccome  pene,  se  non  da  quelli  che  ne  hanno 
paura:  gli  uomini  lìotenti  le  tengono  in  non  cale  impunita- 
mente (1).  » 

Tale  si  era  il  tenore  di  questa  famosa  enciclica,  che  destò 
tanta  ammirazione  ne'  vescovi  di  Francia.  Ma  ogni  maraviglia 
cesserà,  o  meglio  crescerà  di  molto,  quando  si  sappia  che  il 
Portalis,  nel  farla,  obbedì  al  Primo  Console;  che  il  Primo  Con-  , 
sole  ne  ricevette  l'idea,  il  senso  e  quasi  le  parole  da  Carlo 
Maurizio  Talleyrand  ;  e  che  il  Talleyraod  scriveva  cotali  cose. 


(1)  «...  Vous  ne  devez  ni  pouvez  exiger  aucune  rétractation  de  la 
part  des  prètres  constitutionnels,  pas  plus  que  les  évéques  constitution- 
nels  ne  pourraient  exiger  de  nouvelles  déclarations  des  autres  prètres. 
La  seule  chose  à  exiger  est  la  déclaration:  qu^  lìs  adhèrent  au  Concordata 
et  qu^ils  sont  dans  la  Communion  de  V  Ecéque  nomine  par  le  Premier  Consul 
et  institué  par  le  Pape... 

«  L' intention  du  Premier  Consul  est  que  pour  réaliser  un  système 
d'impartialité  équitable,  yous  clioisissiez  un  de  yos  grands  Vicaires  panni 
les  éeclésiastiques  du  second  ordre  qui  ont  appartenu  à  ce  qu'on  appe- 
lait  le  Clergé  Constitutionnel,  et  que  les  éeclésiastiques  de  la  méme 
classe  soient  appelés  dans  une  proportion  du  tiers  au  quart  à  remplir 
les  fonctions  de  curés,  de  chanoines  et  de  desservants.  Quand  les  cir- 
constances  locales  ne  permettront  pas  que  cette  proportion  soit  exacte- 
ment  gardée,  vous  voudrez  bien  me  mettre  à  portée,  citoyen  Evéque,  de 
justifier  auprès  du  Premier  Consul  les  exceptions  que  vous  aurez  jugées^ 
indispensables...  »  Le  conseiller  d'  Etat  cliargé  de  ioutes  les  affai res  concer- 
nant  les  eultes...  Au  citoyen  Evéque.  Paris  le  19  Prairial  an  X  de  la  Ré- 
publique  (8  giugno  1802).  Arcbiv.  Vatic,  Francia  Appendice  Epoca  Napo- 
Iconica,  Yol.  XIV). 


44  CAPITOLO   SECONDO 


quando  appunto  stava  chiedendo  a  Roma  la  sua  secolarizza- 
zione e  facoltà  di  pigliare  moglie^  e  che  infine  il  Primo  Con- 
cole e  il  card.  Legato  scrivevano,  che  il  già  vescovo  Talleyrand 
si  era  adoperato  assai  a  favore  della  religione!  Farsi  una  idea 
di  tanta  impudenza,  è  veramente  difficile  (1)  ! 

Forse  di  tutte  le  battaglie,  nelle  quali  il  diritto  della  Chiesa, 
che  sMmpersonava  nella  persona  di  un  cardinale  rappresentante 
del  Sommo  Pontelìce,  nel  far  fronte  alP  astuzia  e  alla  violenza, 
le  quali  nella  persona  del  Portalis  e  del  Bonaparte  maschera- 
vano i  rappresentanti  della  rivoluzione,  ossia  della  guerra  alla 
Chiesa  cattolica^  di  tutte  queste  battaglie,  quella  in  cui  il  Le- 
gato del  Papa  toccò  maggiore  sconfìtta,  fu  P  opera  della  ri- 
conciliazione dei  preti  scismatici,  accaduta  nella  maniera  che 
abbiamo  veduto.  Veramente  è  cosa  inaudita,  che  un  governo, 
il  quale  si  diceva  protettore  della  religione  (senza  però  pro- 
fessare religione  alcuna),  esigesse  che  a  sacerdoti  della  Chiesa 
cattolica  non  si  applicassero  quelle  leggi,  cui  la  Chiesa  cat- 
tolica ha  sempre  imposto  a  pubblici  prevaricatori.il  perchè, 
difficilmente  si  può  esprimere  il  sentimento  di  disgusto,  onde 
fu  amareggiata  Panima  del  S.  Padre  Pio  VII  e  del  card.  Con- 
salvi, quando  loro  ne  fu  giunta  la  notizia. 

«  Due  gravi  disgusti,  scriveva  il  Consalvi  a'  rappresentanti 
pontificii  in  tutte  le  corti  di  Europa,  e  di  imbarazzo  tale  da 
non  saper  come  uscirne,  ci  recano  le  lettere  di  Francia  giunte 
oggi...  Consiste  il  secondo  nelP aliare  della  riconciliazione  degli 
ecclesiastici  costituzionali  del  second' ordine.  »  E  dopo  aver 
loro  descritto  come  la  cosa  fosse  andata,  e  riferito  la  formola 


(1)  La  relazione  del  Talleyrand  al  Primo  Console,  consegnata  verso 
gli  ultimi  di  febbraio  1802,  lia  per  titolo  :  Ohservations  de  Talleyrand  sur 
le  rapport  de  Portalis  {Docum.  Concord.,  V.  n.  1164).  —  E  il  Primo  Con- 
sole scriveva  al  Portalis,  a'  3  giugno  :  «  Je  vous  prie,  Citoyen  Conseiller 
d'Etat,  de  me  faire  remettre  demain  la  circulaire  que  vous  devez  écrire 
aux  évèques,  et  doni  je  vous  ai  envoyé  le  canevas  (Correspondance ,  VII, 
n.  6112).  » 


LA   RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI   COSTITUZIONALI  45 

dal  card.  Legato  approvata  per  forza,  esclama:  <^  Una  formola 
di  tal  natura  sarà  qui  ora  presa  in  esame;  ma  oh!  Dio,  qual    — ■- 
prognostico  farne?  Come  si  farà  a  condannare  P operato  dal  . 
Legato,  o  ad  approvarlo?  Lascio  immaginare  a  Y.  E.,  in  quale 
mortale  angoscia  si  trovi  N.  S.,  e  noi  tutti.  Bisogna  chinare  )  ) 
il  capo  ai  giudizj  di  Dio,  che  ci  visita  ogni  giorno  con  nuove  '  i 
e  sì  terribili  tribolazioni.  Io  assicuro  V.  E.,  che  la  natura  ormai 
pili  non  regge  a  tali  scosse  (1).  » 

Oontuttociò  il  P.  Theiner  non  si  perita  di  asserire,  che  il 
card.  Caprara  fu  altamente  lodato  a  Roma!  E,  falsando  ad- 
dirittura una  lettera  del  Oonsalvi,  gli  fa  scrivere  alla  volta 
del  Caprara  le  seguenti  espressioni:  che  «  S.  Santità  è  con- 
tentissima della  formola,  aggiustata  dal  card.  Legato,  e  che 
ha  visto  colla  massima  soddisfazione,  qualmente  essa  formola 
contiene  quanto  si  richiede  indispensabilmente  allo  scopo  che 
s'intende...  (2)  » 

Il  Theiner  ha  preso  qui  un  abbaglio  incredibile:  egli  cita 
una  lettera  del  Consalvi,  nella  quale  questi  dice  sì  veramente 
che  il  Papa  è  contento  della  formola  combinata  dal  Legato j 
ma  la  formola  a  cui  si  riferisce,  è  appunto  quella  che  fu  sfa- 
tata dal  governo_,  e  acremente  biasimata  dal  Bonaparte  e  dal  -j. 
suo  consigliere  incaricato  de'  culti  I  Quando  il  Consalvi  scri- 
veva quella  lettera  lodatrice  dell'opera  del  Caprara,  ossia  a' 23  di 
giugno,  le  lettere  del  Legato,  le  quali  arrecavano  l'amara  no-  | 
tizia  dell'imposizione  delP altra  formola,  non  erano  ancora  ar- 
rivate a  Roma!  Inquanto  poi  alla  corruzione  del  testo  fatta 
dal  Theiner  di  questa  medesima  lettera,  basta  a  confrontare 


(1)  Archivio  Vaticano,  Cifre  a^ Nunzii,  Principi,  voi.  276  ;  3  luglio  1802. 
Ved.  la  lettera  intiera  nel  Bocum.  XVII. 

(2)  «  Heiireusement,  à  Rome,  on  avait  bien  compris  la  gravite  de 
cette  affaire,  et  le  cardiual-légat,  au  lieu  d'étre  désapprouvé,  comme  il 
le  craignait,  flit  liautement  Ione  i^our  l'avoir  conduite  à  un  terme  si 
lieureux  (Theinfjr,  Histoìre  dcs  denx  Concordais ,  1,  466).  » 


46 


CAPITOLO   SECONDO 


la  versione  francese   cbe  ne  ha  fatto  egli,  od  altri,  colP ori- 
ginale clie  sottopongo  in  nota  (1). 

Ma  questa  parte  della  riconciliazione  del  clero  di  secon- 
da ordine,  siccome  quella  in  cui  veramente  trasparisce  lo  spi- 
rito del  Primo  Console  e  de^  suoi  consiglieri,  più  chiaramente 


(1)  Lettera  del  card.  Consalvi  al  card.  Caprara,   23  giugno  1802. 


TESTO    AUTENTIOC  : 

«  Dal  dispaccio  di  V.  E.  7i.  128 
Sua  Santità  avendo  rilevata  e  la 
formola  combinata  da  V.  E.  i)er  la 
riconciliazione  degli  ecclesiastici  di 
secondo  ordine,  e  le  traccie  da  lei 
tenute  per  portarla  alla  pratica,  è 
stata .  contenta  e  di  quella  e  di  que- 
ste. Ha  la  Santità  Sua  veduto  colla 
maggior  soddisfazione,  che  la  for- 
mola contiene  ciò  clie  era  indisi)en- 
sabile  all'  oggetto  ;  e  questo  basta 
al  S.  Padre,  il  quale  non  cerca 
niun' altra  cosa,  fuori  di  quello  che 
è  puramente  necessario.  In  conse- 
guenza di  che,  la  medesima  San- 
tità Sua  approva  la  suddetta  for- 
mula ;  e  commenda  la  prudente  e 
savia  condotta,  dalPE.  V.  usata  in 
questo  difficile  affare  con  sì  buon 
successo.  »  Archiv.  Vatic,  Nunzia- 
tura di  Francia,  voi.  599. 


VERSIONE    DEL    THEINER  : 

«  Sa  Sainteté  a  vu  aree  heaucoup 
d'intérét  la  dépèche  de  Votre  Emi- 
nence,  du  13  de  ce  mois,  et  y  a 
troìivé jointe  la  formule  arrangée  par 
vous,  i^our  la  réconciliation  du 
clergé  constitutionnel  du  second 
ordre  ;  de  méme  elle  est  très  -  con- 
tente de  la  manière  dont  cette  for- 
nmle  doit  ètre  mise  en  pratique. 
Sa  Sainteté  a  vu  avec  la  plus 
grande  satisfaction,  que  cette  for- 
mule contient  ce  qui  est  indispen- 
sablement  requis  pour  obtenir  ce 
but,  et  cela  lui  suffit,  puisqu'  elle 
ne  veut  que  ce  qui  est  de  néces- 
sité  absolue.  C  est  pour  ce  motif 
que  le  Saint-Pére  approuve  cette 
formule  en  loiiant  aussi  la  sage  con- 
duite  que  Votre  Eminence  a  tenue 
dans  cette  difficile  affaire,  avec  un 
si  bon  succès.  »  (Theiner,  Hist.  des 
deux  Conc,  I,  466). 


Come  si  scorge  a  occhio,  le  jiarole  «  du  13  de  ce  mois  »  sono  una 
vera  invenzione  del  Theiner.  Nel  testo  genuino,  il  dispaccio,  il  cui  con- 
tenuto è  lodato  dal  Consalvi,  ha  il  n.  128;  e  questo  numero  indica  la, 
lettera  del  Carrara  de'  30  maggio,  che  abbiamo  sopra  arrecata.  Il  dispaccio 
du  13  de  ce  mois  porta  il  n.  135;  e  non  fu  ricevuto  a  Roma  se  non  al 
primo  di  luglio.  Oltre  la  testimonianza  formale  del  Consalvi,  che  dico 
tutto  ciò  nella  cifra  circa  soj)ra  riferita  del  1  luglio,  si  sa  che  il  corriere 
ordinario  non  poteva  portare  a  Roma  al  23  giugno  lettere  da  Parigi  scritte 
a'  13  dello  stesso  mese.  In  dieci  giorni  si  poteva  fare  il  viaggio  da  Parigi 
a  Roma,  solamente  con  corrieri  straordinari!. 


LA   RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI   COSTITUZIONALI  47 


antiromano  clie  altrove,  il  Theiner  si  adopera  con  un'  arte  mal 
dissimulata  a  nascondere  il  vero  e  a  scusare  V  opera  del  Bo- 
naparte,  rilevando  P  impossibilità  di  fare  altrimenti.  Egli  im- 
prima tesse  quasi  una  certa  apologia  de'  preti  costituzionali, 
col  mostrarne  il  numero,  la  potenza,  e  i  non  pochi  meriti  verso 
la  religione.  E  dà  ad  intendere,  che  «  V  abbandonare  un  tal 
clero,  disingannato  e  rinvenuto  oramai  de'  suoi  passati  errori 
(il  che  era  falso,  come  si  è  visto),  lo  escluderlo  dalla  nuova 
ricostituzione  della  Chiesa  e  della  gerarchia,  o  lasciarlo  diso- 
norare dalle  censure  e  dalle  severità  della  disciplina  ecclesia- 
stica, sarebbe  considerato  siccome  una  offesa  ed  un'ingiuria 
per  la  stessa  nazione.  »  Osservazioni  tutte  errate:  che  non 
si  trattava  allora  di  escludere  il  clero  costituzionale,  ma  di 
obbligarlo  a  disdire  i  suoi  errori.  Questo  era  il  punto  vero 
della  questione,  e  dal  Primo  Console  non  voluto  in  nessuna 
maniera  :  che  poi  la  confessione  del  proprio  errore  sia  un  di- 
sonorare un  sacerdote,  è  massima  novissima  nella  penna  non 
dirò  di  un  religioso,  ma  di  uno  scrittore  semplicemente  cri- 
stiano. 

Si  fa  quindi  a  descrivere,  qualmente  non  appena  fu  cono- 
sciuta da'  preti  costituzionali  la  formola  di  riconciliazione  pro- 
posta loro  dal  card.  Legato,  e  subito,  scrive  il  P.  Theiner, 
«  risonò  un  grido  di  sgomento  in  tutte  le  diocesi  della  Francia.  » 
Del  che  spaventato,  il  Primo  Console  si  studiò  di  dissipare 
la  nuova  tempesta  che  stava  per  ingombrare  l'orizzonte  (1). 

Il  voler  dare  per  motivo  del  non  volere  nessuna  ritratta- 
zione di  scisma,  il  grido  di  sgomento  che  risuonò  in  tutte  le 
diocesi  della  Francia,  sarebbe  un  motivo  plausibile  che  scu- 
serebbe in  un  certo  senso  il  Primo  Console  dell'aver  fatto 
quello  che  fece.  Ma  un  cotal  grido  si  fece  sentire  in  una  sola 


(1)  «  Un  cri  d'alarme  se  fìt  entendre  aussitót  dans  tous  les  diocèses  de 
France.  Bonaparte,  à  peine  informe  de  ce  qui  se  passait  au  sujet  des 
constitutionnels,  s'empressa  de  conjurer  la  tempéte  (I,  455-56).  » 


48  CAPITOLO   SECONDO 


diocesi,  quella  di  Nancy!  Di  tutte  le  altre  diocesi  della  Francia 
il  P.  Theiner  non  ci  fa  sentire  nessuna  lamentanza!  C'è  quindi 
assai  ragione  di  credere,  che  un  cotal  grido  non  sia  se  non  un 
grido  retorico. 

In  quella  vece  una  voce,  mossa  quasi  da  tutte  le  province 
della  Francia,  fu  rivolta  al  card.  Legato:  ed  era  la  voce  di 
sacerdoti  numerosi,  di  vescovi,  o  di  vicarii  generali,  che  chie- 
devano al  rappresentante  del  Papa,  se  potevano  tuta  conscientia 
dare  cura  di  anime  a  que'  preti,  i  quali,  scismatici  pubblici 
una  volta,  non  avevano  fatto  altra  abiura  del  loro  errore,  al- 
P infuori  della  sottoscrizione  della  formola  loro  acconsentita 
dal  governo.  NelP archivio  Vaticano  si  conservano  piii  di  venti 
lettere  originali,  scritte  in  questo  senso  da'  seguenti  paesi  : 
Clermont,  Sedan,  Pamiers,  Toulouse,  Ambre,  Mende,  Coblentz, 
Yendée,  Périgueux,  Rouen,  Besan^on,  Angoulème,  Bordeaux, 
Bourges,  Agen  (Lot  et  Garonne  et  Normandie),  Laudes^ 
Dijon,  ecc.  (1)! 


Y. 


Ma  a  Roma  veramente  il  giudizio,  portato  sulP  opera  del 
cardinal  Legato,  fu  ben  diverso  da  quello  che  declama  il 
P.  Theiner.  E  quanto  dispiacere  vi  producesse  nell'animo  del 
S.  Padre  la  notizia  che  vi  giunse  verso  i  primi  di  luglio,  si 
può  dedurre  dal  malinconico  dispaccio,  che  il  card.  Consalvi 
spediva  a  tutti  i  I^unzii  subito  dopo: 

«  L'amaro  dolore,  cosi  il  ministro  di  Pio  VII,  provato  da  N.  S. 
per  l'affare  della  formola  di  riconciliazione  degli  ecclesiastici  del 
second'  ordine,  che  proposta  dal  governo  il  Sig.  Card.  Legato  ha  cre- 
duto di  dover  adottare,  a  riparo  degli  estremi  mali,  dai  quali  era 
minacciata  la  religione,  e  la  Chiesa,  (e  che  forma  ora  il  soggetto  degli 
esami,   che  qui  se  ne  fanno),  è  stato  accresciuto  con   V  altro  colpo 


(1)  Archiv.  Vatic,  Francia  Appendice,..,  voi.  I,  Fascio  A. 


LA   RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI   COSTITUZIONALI  49 

della  circolare  diretta  a'  vescovi  dal  Sig.  Portalis,  che  per  la  mol- 
tiplicità  e  natura  degli  oggetti  che  contiene,  e  per  le  dottrine  che  vi 
s'insegnano,  non  può  non  farsi  rimarcare  al  maggior  segno. 

«  Un  terzo  oggetto  di  immenso  dolore  è  pure  la  condotta  di  molti 
de'  vescovi  già  costituzionali,  che  non  potendo  negare  il  decreto  di 
assoluzione  dalle  censure,  dato  dal  Card,  Legato,  ora  danno  una 
mentita  a  M.  Bernier  circa  l'averlo  essi  accettato.  E  dicono  anzi 
di  averlo  foulé  aux  pieds. 

«  Come  farà  N.  S.  a  poter  permettere,  che  questi  seguitino  ad  esser 
pastori,  perseverando  cosi  nell'  errore,  e  dando  tanto  scandalo  ?  Questo 
è  il  suo  cruccio  di  giorno  e  di  notte,  per  le  terribili  conseguenze, 
che  da  ogni  partito,  che  si  prenda,  ne  ridondano  (1).  » 

Il  S.  Padre  diede  ad  esaminare  a  quattro  teologi  la  formola 
riconciliativa  de' preti,  che  il  Legato  ebbe  approvata,  sebbene 
sforzatamente.  E  non  contento  ancora  del  giudizio  de' teologi,  la 
presentò  allo  studio  di  una  congregazione  di  cardinali,  affinchè 
dessero  il  loro  parere  e  sulla  sufficienza  della  formola  e  sulla 
maniera  di  portarvi  rimedio.  Lo  studio  e  V  esame  degli  uni 
e  degli  altri  si  fecero  ne'  mesi  di  luglio-settembre  di  questo 
anno  1802.  Quale  ne  fosse  l'esito,  ci  è  indicato  dalla  seguente 

Relazione  al  S.  Padre  del  voto  di  quattro  teologi  e  di  alcuni  car- 
dinali^ intorno  alla  formola  di  sommissione  de' preti  costituzionali j 
usata  e  permessa  dal   Card.  Legato. 

Dopo  aver  descritta  e  narrata  la  parte  storica,  come  è  stato  detto, 
e  dopo  riferite  le  due  formole,  delle  quali  la  prima  del  Card.  Legato 
fu  esclusa  dal  governo,  e  la  seconda  dallo  stesso  governo  coman- 
data, l'autore  della  relazione  cosi  prosegue  (2): 


(1)  Archiv.  Vatic,  Cifre  ai  Nwnziì,  Principi,  voi.  276,  10  luglio  1802. 

(2)  È  bene,  che  si  abbiano  sott' occhio  le  due  formole.  Quella  del  Le- 
gato, ossia  V  ordinata  dal  S.   Padre  diceva  : 

«  Je  me  soumets  entièrement  aux  jugemcnts  portés  par  le  S.  Sie'ge  sur  les 
afaii'es  ecclésiastiques  de  France,  et  je  proteste  une  vraie  et  sincère  ohéissancc 
mi  Souveraiìi  Pontife  et  à  mon  éveque  légitime.  » 

L'imperata  dal  Primo  Console  era  la   seguente: 

«  J^  adhère  au  Concordata  et  je  suis  dans  la    communion  de   mon   éveque 

RiNiEKi.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX.  —  Voi.  II.  4 


50  CAPITOLO   SECONDO 


«  Diede  in  seguito  il  Card.  Legato  contezza  dell'  accaduto,  sfor- 
zandosi nei  suoi  Dispacci  di  giustificare  il  suo  operato,  e  di  dimo- 
strare la  sufficienza  dell'  annessa  dichiarazione.  Questa  notizia  penetrò 
del  più  grande  dolore  l' animo  della  S.  V.  Quindi  pensando  al  riparo, 
credè  di  dover  prendere  nella   più   seria   riflessione  tutto  l'affare. 
Ordinò  pertanto  a  quattro  Teologi,  cioè  a  Monsig.^   Arcivescovo  di 
Sida  ora  Cardinale  Caselli,  a  Mons.  Bertazzoli  arcivescovo  di  Edessa, 
a  Monsig.^   Patriarca  di  Gerusalemme  ora  Cardinal  Di  Pietro,  e  al 
P.  Fontana  Barnabita  Consultore  del  S.  Offizio,  di  stendere  ciascuno 
sulla  materia  un   voto.    Nel   disimpegnare   questi  l'addossata   loro 
incumbenza,  convennero  tutti  nel  dichiarare  insufficiente  la  formola 
ammessa  dal  Cardinale  Legato.  Ed  in  seguito,  assegnando  i  mezzi 
onde  riparare  il   disordine  nato   da   questa  debolezza   del   Legato, 
Mons.^  Caselli  suggerì  una  Lettera  al  Primo  Console,  per  prevenirlo 
che  la  S.  V.  non  può  tacere,  ed  un  Breve  al  Legato  di  disappro- 
vazione del  suo  operato,  e  di  esortazione  a  riparare  il   mal   fatto; 
qual  Breve  si  possa,  se  sarà  necessario,  pubblicare  in  appresso  colle 
stampe.  Monsig.  Bertazzoli,  di  adoperare,  o  presso  il  Primo  Console 
o  presso  chi  si  crederà  opportuno,  dei  mezzi  di  mansuetudine  e  di 
dolcezza,  che  possano  convertire  ì  traviati  ;  e  quando  questi  si  ren- 
dano inutili,  dichiarare  pubblicamente  insufficiente  la  suddetta  for- 
mola. Monsig.^   Di  Pietro  e  il  P.  Fontana  due  Brevi,  uno  al  Primo 
Console  e  l' altro  al  Cardinale  Legato,  per  disapprovare  la  condotta 
del  Legato,  e   far   sentire   che    la   S.  V.  non   può  sulla  medesima 
tacere. 

«  Questi  quattro  voti  insieme  coli'  altre  carte  relative  all'  affare 
volle  eziandio  la  S.  V.  che  si  comunicassero  ad  alcuni  SS^^^  Cardi- 
nali, che  si  degnò  consultare;  ed  avendo  i  medesimi  dopo  la  più 
seria  deliberazione  manifestato  i  loro  sentimenti,  io  ne  umilio  alla 
S.  V.  il  risultato. 


nomine  par  le  Premier  Consnl  et  institué  par  le  Pape.  »  —  Alla  quale  fu 
aggiunto  dal  Caprara  :  «  Les  e'véques  leur  ajoiiteront  de  pourvoir  à  leur  con- 
science.  » 

Crederei  di  non  errare  nelP  asserire,  che  uno  de'  motivi  impellenti 
il  Bonaparte  a  non  ammettere  la  formola  romana,  fu  il  non  avervi  letto 
il  suo  nome  !  Il  motivo  è  psicologo,  anzicliè  storico  ;  ma  lo   reputo  vero. 


la  riconciliazione  dei  preti  costituzionali  51 

Quesito  1° 

«  Se  per  la  riconciliazione  alla  Chiesa  degli  ecclesiastici  intrusi 
di  secondo  ordine,  debba  aversi  per  sufficiente  la  dichiarazione  am- 
messa dal  Cardinal  Legato. 

«  I  SS.  ri  Cardinali,  interpellati  dalla  S.  V.,  rispondono  comune- 
mente, che  la  formola  ammessa  dal  Sig.  Card.  Legato,  è  insufficiente 
per  la  riconciliazione  degli  Ecclesiastici  intrusi  di  secondo  ordine. 
Si  deve  eccettuare  il  Sig.  Card.  Borgia,  il  quale  crede  la  sudd.  for- 
mola tollerabile,  si  perchè  reputa,  che  non  costi,  che  i  Costituzio- 
nali siano  Eretici  o  Scismatici,  come  anche  perchè  crede  che  la  me- 
desima indichi  una  communione  indiretta   colla  S.   Sede. 

^  •  Quesito  11° 

«  Stante  V  insufficienza  della  dichiarazione  approvata  dalVEmo 
Legato  per  la  riconciliazione  alla  Chiesa  de' preti  intrusi,  qual  par- 
tito dovrà  pì'endersi  ? 

«  11  Sig.  Cardinale  Decano  (Albani),  e  quasi  tutti  gli  altri  SS.^*  Car- 
dinali convengono  nel  progetto  di  scrivere  due  Brevi  di  disapprova- 
zione, uno  al  Cardinale  Legato,  l'altro  al  Primo  Console.  Sono  però  un 
poco  divisi  sulla  forma  dei  medesimi,  e  sopra  varie  altre  circostanze. 
Il  Sig.  Cardinale  Decano  vuole,  che  il  Breve  diretto  al  Cardinale 
Legato  sia  in  termini  forti,  e  che  gli  s'ingiunga  che  consulat  con- 
scientiae  suae^  e  che  al  contrario  umile  sia  il  Breve  da  scriversi  al 
Primo  Console,  e  che  si  faccia  forza  nel  medesimo  sulla  tranquil- 
lità pubblica,  la  quale  può,  e  deve  temer  molto  dai  falsi  Cattolici; 
da  quelli  cioè,  che  chiamandosi  tali,  non  vogliono  fare  ciò  che  da 
loro  esige  la  Chiesa.  Il  Sig.  Card.  Caraffa  aggiunge:  1.°  che  s'in- 
giunga al  Legato,  di  non  dipartirsi  mai  più  in  avvenire  dalle  istru- 
zioni che  gli  saranno  date;  2.o  che  colla  riforma  dei  costumi  si 
procuri  di  placare  lo  sdegno  di  Dio,  e  con  ferventi  preghiere  si 
procuri  di  ottenere  dall'  Altissimo  la  grazia  necessaria  a  rischiarare  le 
menti,  e  ad  ammollire  i  cuori  di  quelli,  da  cui  dipende  l'esito  o 
infelice  o  fortunato  delle  premure  della  Santità  Vostra. 

«  Il  Sig.  Cardinale  Carandini  vuole  che  l' oggetto  de'  Brevi  sia, 
oltre  la  disapprovazione  dell'  operato  del  Cardinal  Legato,  l' indurre 
gli  Ecclesiastici  di  secondo  ordine  a  fare  una  dichiarazione,  con  cui 
protestino,  che  adoperando  la  formola,  di  cui  si  parla,  hanno  inteso 


52  CAPITOLO  SECONDO 


di  rinunziare  alla  Costituzione  Civile  del  Clero,  e  di  aderire  al  giu- 
dizio della  Chiesa,  e  della  S.  Sede  sulla  medesima.  In  caso  che  que- 
sti Brevi  non  producano  il  loro  effetto,  vuole  che  si  renda  pubblica 
la  disapprovazione  della  S.*^  V. 

«  Questa  medesima  pubblica  disapprovazione,  nel  caso  che  i  Brevi 
da  scriversi  non  producano  l'effetto  bramato,  consigliano  i  SS.^^  Car- 
dinali Roverella  e  De  Lorenzana.  Il  Sig.  Cardinale  Della  Somaglia 
trova  plausibile  la  modula  dei  due  Brevi,  che  suggerisce  nel  vota 
Monsignor  Caselli;  e  come  necessario  a  togliere  lo  scandalo,  il  richiama 
del  Cardinal  Legato,  credendo  sufficiente  a  prevenir  qualunque  rot- 
tura col  governo  francese  il  mandare  in  Francia  un'  altra  Persona,, 
rivestita  di  un  carattere  di  nuova  apparenza. 

«  Il  Sig.  Cardinal  Consalvi  suggerisce  di  scrivere  due  Brevi,  una 
esortatorio  al  Primo  Console,  l' altro  di  riprensione  al  Card.  Legato, 
per  avere  permessa  la  si  mal  concepita  protesta  de'  Ministri  del 
secondo  ordine,  con  una  seria  intimazione  perchè  procuri,  nel  modo 
che  gli  verrà  indicato,  di  riparare  il  mal  fatto.  Vuole,  che  si  usi 
neir apprestare  questo  riparo,  la  maggior  benignità  possibile;  e  perciò 
propone  di  contentarsi  di  una  particolare  dichiarazione  da  rendersi 
in  seguito  pubblica  (di  cui  anche  presenta  una  modula)  da  farsi  dai 
suddetti  Ministri  del  secondo  ordine,  in  cui  siano  salvi  ed  intatti 
questi  due  articoli  :  1°  di  recedere  e  di  riparare  la  civile  costitu- 
zione del  Clero;  2^  di  sottomettersi  con  sincera  ubbidienza  alla  Sede 
Apostolica. 

«  Il  Card.  Di  Pietro  crede,  che  ai  Brevi  minutati  secondo  la  modula 
suggerita  nel  suo  voto,  e  in  quello  del  P.  Fontana,  si  debbano  ag- 
giungere due  memorie,  una  al  Cardinal  Legato,  l'altra  al  Consi- 
glier  Portalis  ;  V  oggetto  delle  quali  debba  essere  il  dimostrare  l' ir- 
regolarità dell'operato  del  Card.  Legato,  e  delle  pretensioni  del 
Governo,  ed  il  ribattere  le  ragioni,  che  il  Cardinale  e  Consigliere 
suddetto  recano  nelle  respettive  loro  memorie. 

«  Ho  detto,  che  quasi  tutti  i  SS.^^  Cardinali  convenivano  nel  pro- 
getto dei  due  Brevi.  Non  è  però  in  questo  numero  il  Sig.  Cardinal 
Borgia,  il  quale  credendo  tollerabile  la  suddetta  formola  adoperata,, 
non  vuole,  che  si  scriva  in  disapprovazione  della  medesima.  Sug- 
gerisce invece  di  scrivere  una  istruzione  ai  Vescovi  della  Francia, 
relativa  all'assoluzione  dalle  Censure,  in  cui  sono  incorsi  gl'Intrusi; 
di  richiamare  chi  (a  di  lui  sentimento)  tanto  male  assiste  il  Cardinal 
Legato  neir agire  e  nello  scrivere;  e  di  ammonire  seriamente  il  med.^ 
cardinale  delle  tante  prevaricazioni  finora   commesse. 


LA   RICONCILIAZIONE   DEI   PRETI   COSTITUZIONALI  53 

«  Il  Sig.  Card.  Antonelli  suggerisce,  come  Egli  dice,  un  colpo  d'au- 
torità. Vuole  adunque,  che  si  uniscano  insieme  tutti  i  disordini  che  "/ 
attualmente  opprimono  la  religione  in  Francia,  e  che  si  aspetti  a 
parlarne,  allorché  saranno  spirati  i  sei  mesi  determinati  ai  nuovi 
Vescovi  per  domandare  alla  S.  V.  le  Bolle.  A  quell'epoca  prenden- 
dosi occasione  della  disobbedienza  di  quelli,  che  non  avranno  do- 
mandato le  Bolle  suddette,  propone,  che  si  scrivano  un  Breve  al 
Primo  Console,  un  altro  ai  Vescovi  già  Costituzionali  nominati  alla 
nuova  Circoscrizione,  che  si  mostrano  refrattarii,  ed  una  Enciclica 
a  tutti  i  Vescovi  ed  Arcivescovi  della  Francia  per  disapprovare  tutti 
gli  accennati  disordini,  e  fra  questi  la  riconciliazione  de'  Preti  Co- 
stituzionali coir  insufficiente  Formola  di  cui  si  questiona.  Crede,  che 
il  primo  ad  essere  spedito  debba  essere  il  Breve  per  il  Primo  Con- 
sole, e  che  si  potrà  sospendere  per  qualche  tempo  la  pubblicazione 
delle  altre  due  carte,  per  aspettare  se  questo  produce  il  suo  effetto. 

«  Quando  poi  questo  si  renda  inutile,  vuole  che  si  mandino,  ovun- 
que si  potrà,  le  copie  stampate  dell'altro  Breve,  o  dell'Enciclica, 
procurando  di  farle  penetrare  in  Francia. 

«  E  da  osservarsi,  che  il  Sig.  Cardinal  Decano  (Card.  Albani), 
benché  sia  del  sentimento  di  sopra  indicato,  pure  aggiunge  di  non 
dissentire  dal  sentimento  di  unire  questo  alle  altre  rappresentanze 
da  farsi  al  Primo  Console,  purché  sia  questa  una  discreta  dilazione 
•che  non  ritardi  di  molto  la  troppo  necessaria  disapprovazione  della  \ 
<5ondotta  del  Legato  (1).  » 

VI. 

Il  card.  Oonsalvi,  scrivendo  in  nome  del  Papa,  aveva  si- 
gnificato delicatamente  ed  in  maniera  indiretta  al  Caprara  la 
disapprovazione,  che  in  Eoma  erasi  fatta  delP  operato  da  lui 
in  questa  faccenda.  Il  Capraia  da  parte  sua  insisteva  per 
sapere  chiaramente  il  giudizio  del  Papa  e  de'  cardinali,  e 
lamentavasi  del  silenzio  serbato  nelle  lettere  del  Consalvi  su 
<30sa  che  gli  premeva  assai,  mentre  intanto  rispondeva  alle 
osservazioni  fattegli  da  Roma,  difendendo  Peperà  sua,  come 
meglio  si  potesse  (2).  Ma  con  sua  lettera  de^  29  ottobre,  il 


(1)  Arcliiv.  Vatic,  Francia  Appendice  Epoca  Napoleonica,  voi.    I,    Fa- 
scio C. 

(2)  Ved.  lettera  del  Caprara  al  Consalvi,  4  agosto  1802  (Docum.  XVIII). 


54  CAPITOLO   SECONDO 


Oonsalvi  gli  manifestò  «  senza  ambiguità,  che  né  il  S.  Padre 
né  alcuni  dei  signori  Cardinali  componenti  la  congregazione 
sugli  affari  di  Francia,  avevano  trovata  ammissibile  la  formola 
in  questione  (1).  » 

A  propria  difesa  il  card.  Legato  spedì  allora  a  Roma,  per 
mezzo  del  Canova,  che  vi  ritornava  da  Parigi,  una  memoria 
nella  quale  esponeva  le  ragioni  che  lo  avevano  consigliato  ^ 
pregando  il  Consalvi  di  farla  conoscere  al  S.  Padre  ed  ai 
Cardinali  della  congregazione  per  le  cose  francesi.  Così  al 
Caprara,  come  alP  autore  di  quella  memoria  sembrava  di  aver 
compiuto,  almeno  indirettamente,  quanto  si  esige  dalle  leggi 
canoniche  circa  la  ritrattazione  pubblica  di  pubblici  errori^ 
coir  aver  imposto  ai  preti  riconciliandi  la  clausola  di  prov- 
vedere alla  propria  coscienza.  La  qual  cosa,  scrive  il  Caprara^ 
gli  attirò  rimproveri  dal  Primo  Console,  il  quale  «  arrivò  per- 
sino a  dirmi,  che  per  permettere  P  aggiunta  di  provvedere  alla 
propria  coscienza  nella  formola  di  riconciliazione,  non  ci  voleva 
che  uno  stordito  come  il  Portalis,  il  quale  non  ebbe  tanta 
capacità  da  distinguere  il  peso  e  la  forza  delP  aggiunta  pre- 
detta (2).  » 

Ma  anche  un  tale  scritto  fu  giudicato  inefficace.  «  Benché 
steso  con  riflessione,  così  il  card.  Di  Pietro  informandone  il 
Consalvi,  non  basta  a  mio  sentimento  a  dimostrare  la  suffi- 
cienza della  formola  proposta,  principalmente  perchè,  ad  onta 
degli  sforzi  del  di  lui  autore,  non  si  potrà  mai  dimostrare, 
•  che  nella  medesima  si  contenga  una  condanna  degli  errori 
de^  costituzionali  vera,  chiara,  non  equivoca,  e  tale  finalmente 
quale  la  Chiesa  ha  sempre  ricercato  ed  è  obbligata  di  ricer- 
care dagli  eretici  e  scismatici,  che  si  vogliono  riconciliare 
con  lei  (3).  » 


(1)  Consalvi  a  Caprara,  29  novembre  1802.  Ved.  lettera  intiera  nel 
Docum.  XI. 

(2)  Lett.  cit. 

(3)  Di  Pietro  a  Consalvi,  dicembre  1802.  Archiv.  Vatic.  Francia  Ap- 
jaendiec.f  voi.  I,  Fascio  C. 


CAPITOLO  TEEZO 

La  riconciliazione  colla  Chiesa  dell'antico  Ve- 
scovo di  Autun  Carlo  di  Talleyrand  Perigord. 


SOMMARIO  : 

I.  Tratti  storici  della  sua  vita:  educazione,  sacerdozio  e  vescovado  senza 
vocazione.  Sua  apostasia  ;  sue  geste  infami  ;  è  ammonito  da  Pio  VI  nei 
suoi  celebri  brevi  contro  la  costituzione  del  clero  e  i  giuratori  di  essa. 

II.  Suoi  maneggi  a  fine  di  ottenere  da  Roma  l'essere  ridotto  a  vita  se- 
colare. Primo  breve  a  ciò,  inviato  da  Roma,  ma  non  accolto  ne  pre- 
sentatogli. 

III.  Il  Primo  Console  s'  interpone,  e  chiede  per  lui  altro  breve,  con  una 
nota,  nella  quale  intendeva  di  provare  la  licenza  del  matrimonio 
per  il  Talleyrand,  con  esempi  storici.  Questi  sono  trovati  essere  falsi. 
Si  concede  al  Talleyrand  la  riduzione  alla  comunione  laica,  con  un 
breve  pontificio. 

IV.  Il  Talleyrand  si  ammoglia  sacrilegamente,  intendendo  d' ingannare 
la  pubblica  opinione.  Il  card.  Consalvi  si  adopera  a  fine  di  fargli 
dare  la  mentita. 


I. 


Non  si  può  chiudere  la  narrazione  della  riconciliazione  del 
clero  costituzionale,  tralasciando  quella  del  già  vescovo  di 
Autun,  poi  costituzionale^  poi  convenzionale,  poi  emigrato,  ed 
ora  ministro  delle  relazioni  estere  del  governo  consolare  della 
Eepubblica.  Il  quale  ebbe  P  ordine  di  rivolgersi  in  questo 
anno  1802  al  card.  Oonsalvi  e  a  Pio  VII  a  fine  di  ottenere 
assoluzione,  secolarizzazione,  facoltà  di  ammogliarsi.  Prima  di 
esporre  la  condotta  e  Pesito  di  co  tali  domande,  è  bene  che 
diamo  qualche  contezza  storica  delP  uomo,  per  vedere  i  meriti 
che  ne  dovevano  suffragare  la  riuscita. 

Questo  celebre  Ahbé  malgrc  lui,  dopo  essere  stato  educato 
nel  seminario  di  S.  Sulpizio  e  poi   alla  Sorbona,  fu  creato 


56  CAPITOLO   TERZO 


vescovo  di  Autun  a'30  di  settembre  del  1788,  essendo  indegno, 

^  sk  cagione  della  sua  vita  più  che  galante  e  della  sua  filosofìa 

addirittura  volterriana,  di  occupare  una  carica  così  alta  e  così 

santa.  Eletto  dal  baliagio  della  sua  diocesi  a  far  parte  dell'  as- 

-  semblea  dei  notabili,  nel  luglio  di  quest'anno  perorò  dalla  tri- 

-  buna  per  la  uguaglianza  di  tutti  i  cittadini  dinanzi  agP impieghi 
'     della  nazione.  Nel_1789  jl2  ottobre)  propone  l'incameramento 

o  la  vendita  de' beni  del  clero  a  sollievo  dell'erario  nazionale,  e 
l'alienazione,  allo  stesso  scopo,  delle  argenterie  delle  chiese. 

-  Nel  gennaio  del  1790  fa  dare  la  cittadinanza  agli  ebrei;  e  nel 
,    luglio  propone  e  fa  passare  la   costituzione  civile  del  clero. 

A' preti  della  sua  diocesi,  che  di  quest'atto  gli  porsero  lamen- 
tanza,  rispose  invitandoli  a  seguire  l'esempio  del  loro  pastore, 
/  «  non  vi  essendo  nel  giuramento  della  costituzione  civile  nulla 
I    che  debba  inquietare  la  piti  timorosa  coscienza.  »  Ed  intanto 
a' 14  di  luglio,  adunatisi  nel  campo  di  Marte  i  deputati  di  tutti 
gli  ordini   civili  e  militari  e  religiosi  con  il  re  alla  testa,  a 
fine  di   commemorare   la   presa  della   Bastiglia  e  giurare    la 
difesa  della  costituzione,  il  vescovo  Talleyrand  celebrava  pon- 
tificalmente la  messa    suU'  altare   della   patria.  Nel    gennaio 
^del  1791  prestò  il  giuramento  civico,  e  nel  febbraio  consacrò 
i   nuovi  vescovi  costituzionali,  quindi,  rinunziando  al  vesco- 
vado, entrò  nella  vita  secolaresca. 

Era  costui  un  essere  veramente  singolare!  Con  maniere  che 
risentivano  l'aristocratico  sibarita,  con  un  ingegno  pieno  di 
accorgimenti.  Paride  ed  Ulisse  nel  medesimo  tempo,  egli 
celava  un'anima  spaventosamente  malvagia:  compiva  gli  atti 
y  più  sacrileghi  con  tale  una  riposatezza  di  pensiero,  che  non  si 
incontrò  neppure  nel  cinico  di  Ferney.  Dal  1791  al  1800  passò 
la  vita  tra  gli  amorazzi  e  i  giuochi  di  danaro,  guizzando  come 
un'  anguilla  in  mezzo  al  fango,  al  sangue,  ed  a'  pericoli  di 
quegli  anni  :  ambasciatore  a  Londra  nel  1792,  condannato 
all'  ostracismo  nell'  anno  seguente,  espulso  dall'  Inghilterra 
rifuggì  negli  Stati  Uniti  nel  1794.  Per  intrighi  della  signora 


LA  RICONCILIAZIONE  COLLA  CHIESA  DEL  VESCOVO  DI  AUTDN      57 

di  Stael,  famosa  figlia  del  famoso  Necker,  rimpatriò  nelPanno  — 
seguente  mei  1797  dirigeva  gli  affari  come  ministro  per  l'estero, 
■e  caduto  d'impiego  nel  1799  vi  fu  rimesso  dopo  il  18  brumaio 
dal  Bonaparte,  il  cui  astro  già  sorto  egli  salutò  ed  accompagnò 
fino  all'apogeo. 

La  notizia  delle  sue  geste  sacrileghe  commosse  assai  il  vec- 
chio pontefice  Pio  VI,  il  quale  nella  celebre  Bolla  «  Oharitas  » 
de' 13  aprile  1791,  denunziando  al  mondo  cristiano  i  pochis- 
simi vescovi  spergiuri,  che  si  erano  prestati  alla  consecrazione 
di  vescovi  scismatici  eletti  dalla  Costituente,  menzionò  appo- 
sitamente il   Talleyrand  in  questi  termini  :  Tra  quelli  che  si    ì 
lasciarono  vincere  dalV  altrui  malizia  e  frode^  figura  in  capo  di    \ 
lista  Carlo  vescovo  di  Autun,  acerrimo  fautore  della  Costituzione,    '\ 
Questi  già  macchiato  del  delitto  di  spergiuro^  e  reo  di  tradimento^ 
per  avere  di  propria  autorità  e  dinanzi  a  laici  abbandonato  la     \ 
mia  Chiesa  e  il  suo  clero,  nel  giorno  24  febbraio ,  assistito    da 
due  altri  vescovi,  ebbe  V  ardire  d^  imporre  le  mani  sacrileghe ,  in 
Parigi^  nella  Chiesa  de' preti  delV  Oratorio,  senza  facoltà  delV  Or- 
dinario, senza  mandato  della  Sede  Apostolica.,,  violando  e  cal- 
pestando tutte  le  leggi,.. 

Quindi,  insieme  con  gli  altri  due  che  lo  avevano  assistito,  il 
S.  Padre  Pio  VI  dichiarò  sospeso  da  ogni  esercizio  delV  Ordine 
episcopale  il  sacrilego  consacratore,  Carlo  vescovo  di  Autun  (1). 


(1)  «  Hos  inter  aliorum  malitia  et  fraude  devictos  x)rimus  extitit  Ca- 
rolus  ej)iscoinis  augustoduuensis,  constitutionis  fantor  acerrimus...  Illa 
die  (24  febr.)  Lutetiae  Parisiorum  Augustadunensis  episcopiis,  iam  per- 
iurii  crimine  infectus,  et  reus  defectionis  ob  dimissam  auctoritate  pro- 
pria et  coram  laicis  Ecclesiam...  ausus  est  in  ecclesia  presbyterorum 
Oratorii,  irrequisito  ordinario,  sacrilegas  manus  imponere...  sine  ullo  Apo- 
stolicae  Sedis  mandato...  cunctisque  praeterea  legibus  neglectis,  violatis, 
pessumdatis...  Declaramus...  suspensum  esse  ab  omni  exercitio  episcopalis 
ordinis  Carolum  episcoj)um  augustadunensem...  Si  fiet  unquam  ut  Nostrae 
paternae  monitiones...  in  irritum  sint  recasurae...  sibi  certo  persuadeant 
se  per  Nos  anatbemati  subiectum  iri,  Nosque  illos  anatbemate  perculsos 
denunciaturos  Ecclesiae  universae,  tamquam  scliismaticos,  a  communione 
ecclesiae  Nostraque  segregatos.  »  Bullarii  romani  continuatio,  Vili,  13, 17, 18. 


58  CAPITOLO   TERZO 


K'on  però  gastigavalo  di  pena  maggiore,  ma  lo  avvisava  cìie^ 
qualora  egli  avesse  ricevuto  invano  la  paterna  ammonizione  ponti- 
ficittf  sarebbe  colpito  di  anatema,  e  così  colpito  di  anatema  verrebbe 
proclamato  dinanzi  a  tutta  la  Chiesa  siccome  scismatico  e  segre- 
gato dalla  comunione  della  Chiesa  e  della  Santa  Sede  (1). 

Colla  sua  lettera  apostolica  de' 19  marzo  1792,  scritta  in 
italiano  al  clero  di  Francia,  Pio  VI  si  asteneva  ancora  «  dal 
fulminare  la  sentenza  di  scomunica...  ammonendo  i  sacrileglii 
consecratori  de' vescovi  intrusi  (nominando  pel  primo)  Carlo 
Maurizio  vescovo  di  Autun...  con  perentoria  monizione,  con 
cui  assegnamo  sessanta  giorni  da  correre  dal  dì  della  data 
di  queste  lettere  per  la  seconda,  ed  altri  sessanta  giorni  im- 
mediati per  la  terza  ammonizione  (2).  » 

Passati  i  quattro  mesi  interposti  dal  Papa  per  il  loro 
ravvedimento,  non  mi  consta  che  nessuno  destre  vescovi  conse- 
cratori minacciati  abbia  dato  segno  alcuno  di  resipiscenza:  del 
pari  non  trovo  nessun  documento,  col  quale  apparisca,  che  il 
Papa  abbia  poi  fulminato  di  fatto  quella  scomunica.  Kel  breve 
dei  13  giugno  1792,  col  quale  ampliava  le  facoltà  concesse  al- 
l'episcopato di  Francia  a  cagione  de'  tempi  scellerati  in  cui 
vivevano,  il  Papa  riserva  a  se  la  facoltà  di  assolvere  i  vescovi 
e  gli  arcivescovi  o  consecratori  od  intrusi:  ma  di  scomunica 
yc  nominale  non  si  parla  più.  Questa  dunque  non  credo  che  sia 
stata  mai  scagliata  formalmente  a  tenore  della  fatta  minaccia» 


(1)  Ibid.,  p.  176.  Nella  pagina  seguente  ripete:  «  Questi,  tutti  così 
ammoniti,  se  a  Noi  non  costerà  che  dentro  lo  spazio  stabilito...  abbiano 
soddisfatto  ciascuno  al  suo  debito  colla  dovuta  ammenda  alla  Chiesa,  al- 
lora... non  ci  affligeremo  per  modo...  che  cioè  non  fulminiamo  contro- 
di  loro  la  sentenza  di  scomunica.  » 

(2)  Ibid. 


LA  RICONCILIAZIONE  COLLA  CHIESA  DEL  VESCOVO  DI  AUTUN      5i> 


IL 


Tale  si  era  Puomo  e  tale  il  già  vescovo,  il  quale  nel  febbraio 
di  quest'anno  1802  si  adoperò  col  card.  Legato  a  fine  di  ot- 
tenere dal  Vicario  di  Gesti  Cristo  e  il  perdono  delle  sue  colpe^ 
e  la  sua  riconciliazione  con  la  Chiesa,  e  la  propria  restituzione 
alla  vita  secolare  in  tal  guisa,  che  gli  fosse  lecito  di  legittimare 
dinanzi  alla  legge  civile  e  dinanzi  alla  Chiesa,  da  lui  ripu- 
diata, la  sua  unione  con  una  donna,  con  la  quale  conviveva 
da  cinque  anni  sacrilegamente,  disonestamente,  e  adulteri- 
namente (1). 

Per  riuscire  nel  suo  intento,  egli  si  maneggiò  imprima 
presso  il  card.  Caprara  con  grande  accortezza,  manifestando- 
glisi  pentito  delle  gravissime  colpe  commesse,  e  pronto  a 
rientrare  nel  seno  della  S.  Madre  Chiesa.  Il  Caprara,  solle- 
citato strettamente  dalle  insistenze  del  Talleyrand  e  dalle 
raccomandazioni  dello  stesso  Primo  Console,  prese  la  cosa  a 
petto,  e  nel  febbraio  del  1802  ne  scrisse  a  Eoma  partecipando 
le  intenzioni  dell'antico  vescovo,  ed  il  colui  pentimento,  ed  in- 
sieme mettendo  in  rilievo  l'importanza  del  personaggio  e  la  sua 
influenza^  che  veramente  era  grande  allora,  presso  il  Primo 
Console.  Lo  stesso  Talleyrand  scriveva  una  letterina  al  car- 
dinal Consalvi,  raccomandando  questo  affare  alla  discrezione 
di  lui  a  titolo  di  amicizia  che  gli  professava,  ed  incaricandolo 
di  presentare  al  S.  Padre  la  supplica  che  gì' inviava  scritta  in 
latino  per  la  sua  riconciliazione  (2). 


(1)  Vedi  più  innanzi. 

(2)  La  lettera  del  Caprara  è  de'  7  febbraio;  di  questa  come  della  let- 
tera e  della  supplica  del  Talleyrand  al  Consalvi  non  s' è  rinvenuto  il 
testo.  Il  Consalvi  rispondeva  al  Caprara  (3  marzo  1802)  dicendogli  : 
«  Vostra  Emza  ed  il  ministro  (Talleyrand)  possono  assicurarsi,  che  io 
metterò  in  questo  affare  tutto  quello  impegno  e  zelo  di  cui  sono  capace, 
perchè  la  cosa  sia  nel  più  gran  secreto  trattata  con  la  maggior  solleci- 


60  CAPITOLO   TERZO 


Quale  fosse  il  tenore  di  questa  supplica  del  Talleyrand,  ci 
è  appalesato  dalla  nota  seguente,  che  il  Di  Pietro,  incaricato 
delP  esame  di  quella  faccenda,  spediva  al  Oonsalvi  verso  gli 
ultimi  di  febbraio  : 

«  Non  pare,  diceva  il  Di  Pietro,  che  si  possa  esser  contenti  della 
supplica,  che  viene  presentata  a  S.  S.tà  da  Carlo  Maurizio  Tal- 
leyrand. Non  vi  è  in  essa  alcuna  espressione,  dalla  quale  senza 
equivoco  risulti  che  egli  detesta  le  massime  eretiche,  scismatiche 
della  costituzione  civile  del  clero,  alle  quali  à  egli  aderito  colla  pre- 
sentazione del  civico  giuramento.  La  confessione  che  egli  fa  de  er- 
roribus  gravissimis  a  se  commissis  nelle  passate  vicende  della  Francia, 
de'  quali  errori  domanda  perdono  al  S.  Padre,  non  denota  bastan- 
temente la  suddetta  detestazione  delle  massime  suddette,  potendosi 
comodamente  riferire  alla  condotta  sommamente  biasimevole,  che  à 
■egli  in  detta  epoca  tenuta. 

«  Neppure  si  può  riguardare  come  una  detestazione  delle  malvagie 
massime  suddette,  la  protesta  e  dichiarazione  eh'  egli  fa  :  se  religioni 
catholicae  apostolicae  romanae  fìrmiter  adhaerere,  ac  Sedi  Apostolicae 
filiali  prorsus  óbsequio  et  obedientia  piene  suhiectum  esse;  giacché 
questa  contiene  una  protesta  o  dichiarazione  generale,  tutto  al  più 
analoga  a  quella,  che  si  legge  nella  professione  di  fede  di  Pio  IV: 
Sanctam  catholicam  et  apostolicam  Romanam  JEcclesiani  omnium 
Ecclesiarum  matrenfi  etmagisiram  agnosco:  Romano  Pontifici  B.  Petri 
■apostoloruni  Principis  successori  ac  lesu  Christi  Vicario  veram 
óbedientiam  spondeo  ac  iuro. 

«  In  secondo  luogo,  dagli  intrusi  il  S.  Padre  à  esatto  che  espres- 
samente professino  óbedientiam  et  submissionem  Romano  Pontifici; 
«  dichiarino  iudiciis  Sedis  Apostolicae  super  ecclesiasticis  Galliarum 

j  negotiis  emanatis  sincero  et  obsequenti  animo  adhaerere  ac  piene  sub- 

\  iectos  esse.  Ora  il  supplicante  non  è  intruso;  ma  circa  F  adesione 
alle  perverse  massime  si  è  certamente  più  segnalato  degli  intrusi 
medesimi,  essendo  stato  dichiarato   dalla  S.  Mem.  di  Pio   VI,  nel 

.'  breve  Charitas,  come  Constitutionis  f autor  aceì'rimuSj  e  come  quello 

'    «he  schismati  culmen  imposuit. 


tudine  possibile,  e  perchè  abbia  il  miglior  successo.  Io  farò  ogni  sforzo 
per  provare  al  ministro,  che  non  sono  indegno  dei  riguardi  di  amicizia, 
de' quali  ba  dimostrato  a  Vostra  Emza  di  onorarmi  (Docìim.  Concord.,  V, 
n.  1136).  » 


LA  RICONCILIAZIONE  COLLA  CHIESA  DEL  VESCOVO  DI  AUTUN      61 

«  Par  dunque,  che  dal  ricorrente  debba  esigersi  almeno  la  mede- 
sima dichiarazione  o  protesta.  Si  è  detto  «  almeno  » ,  avendo  la  Chiesa 
costantemente  usato  maggior  rigore  con  gli  autori  o  capi  dello  scisma, 
quale  appunto  è  stato  l'oratore,  che  non  i  semplici  fautori. 

«  Nella  lettera  confidenziale  che  scrive  Caprara  a  V.  Emza,  ri- 
ferisce avergli  detto  il  ricorrente,  che  data  aveva  legalmente  e  ma- 
terialmente la  sua  dimissione.  Se  in  questi  ultimi  tempi  à  il  ricor- 
rente data  nelle  debite  forme  la  dimissione  della  sua  Chiesa,  niente 
si  trova  a  ridire;  ma  qualora  alludesse  a  quella  data  nel  principio 
dello  scisma,  l'espressione  sarebbe  molto  riprensibile...  (1).  » 

E  riferisce  il  biasimo  di  riprovazione  datogli  da  Pio  VI^ 
appunto  per  quella  defezione  della  sua  Chiesa,  come  abbiama 
veduto  piti  sopra. 

Tenendo  ragione  di  tali  osservazioni  giuste  quanto  delicate, 
il  card.  Antonelli  compose  un  breve  di  riconciliazione  pel  già 
vescovo  Talleyrand,  e  la  S.  Penitenzieria  una  lettera  originale,, 
con  la  quale  si  proscioglieva  Pantico  giuratore  della  costitu- 
zione civile,  di  questo  e  di  altri  peccati,  ed  insieme  gli  si  asse- 
gnavano le  dovute  penitenze  (2). 


(1)  Archiv.  Vatic,  Francia  Appendice  Epoca  Napoleonica,  voi.  I,  Fa- 
scio B. 

(2)  La  prima    comijosizione   del  breve  sembra  lavoro  del  Di    Pietro, 
conforme  cor  ne  chiarisce  il  seguente  biglietto  che  a  lui  mandava  il  P.  Ca- 
selli da  S.  Marcello,  2  marzo  1802  :  «  Al  corto  mio  intendimento  sembra, 
che  il  breve  stia  benissimo,  poicbè  la  delicatezza  dell'affare  non  permette  y 
di  estendersi  di  più.  Il  Card.  Legato  potrà  in  iscritto  o  in  voce  snjìplire 

a  quelle  esortazioni,  clie  per  giuste  ragioni  si  crede  doversi  omettere. 
Intanto  per  la  felice  estensione  sinceramente  mi  congratulo  seco  lei.  » 

D'altra  parte  il  card.  Antonelli,  il  card.  Consalvi  e  Mgr  Spina  vi 
fecero  alcune  modificazioni,  secondo  la  seguente  letterina  che  l' Antonelli 
rivolgeva  al  Consalvi  a'  13  di  marzo  : 

«  Spedisce  il  Card.  Antonelli  la  minuta  del  breve  e  la  lettera  origi- 
nale della  S.  Penitenzieria  per  M^'  de  Talleyrand.  L'uno  e  l'altra  sono 
stati  emendati  appuntino,  secondo  le  giustissime  riflessioni  di  Vostra  Emza 
e  di  Mgr  Spina. 

«  Ma  mi  è  venuto  anche  un  altro  pensiero,  che  se  sarà  ardimentoso, 
potrà  perdonarmelo  per  la  buona  volontà,  per  cui  l'ho  eseguito.  Ho  stefso 
lina  breve  istruzione  per  il  sig.  Card.  Legato,  la  quale  potrà  esser  messa 


€2  CAPITOLO   TERZO 


Nel  detto  breve,  il  S.  Padre  esprimeva  la  contentezza  del 
buon  pastore,  che  vede  tornare  alPovile  la  pecora  smarrita  j  di- 
<3liiara  le  disposizioni  del  Talleyrand,  manifestategli  nella  costui 
supplica,  ossia  le  gravissime  colpe  passate  e  il  presente  penti- 
mento, e  si  esclama:  «  O  sanctum  profecto  ac  beatum  pudorem, 
numquam  satis  praedicandum  !  » 

Quindi  lo  avvisa  delle  facoltà  trasmesse  dal  Papa  al  suo 
Legato  a  latere,  di  assolverlo  cioè  da  tutte  le  censure  ond'  era 
ohhligatOy  di  restituirlo  aW  unità  della  Chiesa^  serbate  le  dovute 
condizioni,  e,  rimessolo  alla  comunione  laica^  di  dargli  licenza 
d^ indossare  vesti  secolari  e  di  attendere  agli  ufficii  della  repub- 
blica. Lo  esorta  infine  a  rifare  colla  parola  e  colle  opere  il 
danno,  già  da  lui  arrecato  alla  Chiesa. 

Procedendosi  nel  foro  interno^  ossia  nel  tribunale  della  pe- 
nitenza, il  Talleyrand  doveva  insieme  con  l'assoluzione  sacra- 
mentale ricevere  T assoluzione  dalle  censure  «  ed  individual- 
mente dalla  scomunica  »,  e  quindi  sentirsi  intimare  le  dovute 
penitenze. 

Se  poi  non  ricorreva  se  non  al  foro  esterno,  doveva  sottoscri- 
vere «  iuratam  declarationem  sese  Bomanae  CatJiolicae  Ecclesiae 
tanquam  obsequentissimum  filium  subiectum  esse,  eiusque  iudicio 
adìiaererCf  abdicatis  erroribus  quibus  quomodocumque  hue  usque 
adhaesit.  »  Quindi  verrebbe  assolto  «  dalle  censure  ed   indi- 


in  cifra  o  lasciata  in  piano,  come  a  lei  piacerà.  Ho  inteso  così  di  ri- 
sparmiarle qualche  fatìga,  tra  le  tante  che  dee  subire  ;  e  ho  inteso  ancora 
di  prevenire  l'obiezione,  che  faceva  ier  sera  Mgr  Spina  tra  le  assoluzioni 
•che  si  danno  pel  solo  foro  esterno,  e  le  altre  pel  foro  della  coscienza  ; 
e  finalmente  ho  inteso  d' istruire  il  sig.  Card.  Legato,  e  abilitarlo  in  qua- 
lunque maniera  a  contentare  il  ministro  Talleyrand  suddetto.  » 

Infine  pochi  giorni  dopo,  il  Di  Pietro  scriveva  la  seguente  lepida  no- 
ticina:  «  Insomma  vuole  (il  Consalvi)  che  tutto  (nel  breve)  si  lasci  come 
sta  nella  minuta  di  Antonelli,  eccetto  i  piccoli  cambiamenti...  Absit  di 
mandarlo  noi  a  sottoscrivere  a  Marotti  ;  si  deve  mandare  Serculi,  il  quale 
chiamerà  Marotti,  e  gli  farà  dare  il  giuramento  de  secreto  servando  (Archiv. 
Vatic,  1.  e).  » 


LA  RICONCILIAZIONE  COLLA  CHIESA  DEL  VESCOVO  DI  AUTUN      63 


vidualmente  dalla  scomunica,  avvalendosi  delle  orazioni  o  preci 
«he  sono  prescritte  nel  rituale  romano,  faceadogli  ad  un  tempo 
bene  intendere,  clie  con  tale  assoluzione  Foratore  restituitur 
oommunioni  et  unitati  fidelium,  et  sanctis  Fxclesiae  sacramentis  », 
lasciandolo  in  libertà,  quando  Iddio  gli  toccherà  il  cuore,  di 
ricorrere  ad  un  confessore  per  ricevere  nel  sagramento  della 
penitenza  P  assoluzione. 

Così  dunque,  seguendo  questa  seconda  via  del  foro  esterno, 
Pex-vescovo  scismatico  Talleyrand  veniva  restituito  alla  comu- 
nione della  Chiesa  ;  ma   rientrava   nella   comunità  de^  fedeli 
^  siccome  un  membro  putrido,  ossia  conservava  nelP  anima  le  ) 
immense  colpe  che  la  macchiarono. 

Se  non  che  tutto  questo  corredo  di  norme  tanto  paterne, 
quanto  sapientissime,  tracciate  dalla  mano  del  card.  Antonelli, 
-andò  a  vuoto.  Perchè  il  Caprara,  dopo  letto  il  breve,  non  si 
sentì  P animo  di  darlo  al  Talleyrand:  infatti,  in  quelle  forme 
in  cui  era  scritto,  avrebbe  destato  il  riso  di  quel  profondamente 
pervertito^  e  degli  altri  che  gli  stavano  attorno  (1). 


III. 


Questo  affare  della  riconciliazione  dormi  dal  marzo  al 
seguente  giugno  di  quest'  anno  1802,  per  cagione  de'  gravi 
avvenimenti  religiosi  e  politici,  ne'  quali  furono  occupati  il 
Primo  Console,  il  Talleyrand,  ed  il  card.  Legato.  Ma  appena 
terminata  la  faccenda  del  Concordato,  il  Primo  Console  stesso 
se  ne  occupò  di  proposito,  inviando  a  Eoma  nientemeno  che 
un  corriere  straordinario^  che  giunse  in  questa  città  a'  9  di  giu- 


(1)  In  una  nota  storica,  che  si  conserva  nell'Archi v.  Vatic,  insieme 
con  altri  documenti  relativi  a  questa  materia,  trovo  la  seguente  notizia  : 
«  Non  fu  dal  Card.  Legato  neppur  presentato  questo  breve  al  ministro 
(Talleyrand),  avendo  il  Legato  avuta  contezza  dagli  amici  del  medesimo, 
che  lo  avrebbe  sicuramente  disgustato.  » 


64  CAPITOLO   TERZO 


gno.  Tanto  sappiamo  dalla  seguente  cifra,  che  il  Consalvi  spe- 
diva a^Nunzii  nel  seguente  giorno,  10  dello  stesso  mese: 

«  Ieri  giunse  un  Capo  di  Battaglione,  spedito  come  straordinaria 
dal  P.  Console  a  N.  S.  con  una  sua  lettera.  Annunzia  la  evacuazione  di 
Ancona.  Dice  qualche  parola  in  giustificazione  della  necessità,  in  cui 
ha  creduto  di  essere,  di  nominare  alcuni  Costituzionali.  Ma  l'og- 
getto principale  della  lettera  è  un  nuovo  affare  doloroso  per  N.  S. 
Prende  il  Primo  Console  un  personale  interesse,  che  M.  Tallej^rand 
^  sia  autorizzato  a  prender  moglie.  In  una  nota,  che  annette,  cita  varii 
esempii  di  vari  secoli  di  simili  dispense,  e  porta  le  ragioni  di  pub- 
blico bene  della  Religione,  e  dice  infine  che  tale  affare  gli  è  a 
cuore  personalmente.  E  inoltre  nelle  espressioni  del  Breve  di  ri- 
conciliazione e  piena  secolarizzazione,  chiede  che  si  usino  forme  ac- 
cettabili nelle  circostanze  attuali  in  Francia,  che  vuol  dire  che  non 

\  si  parli  di   perdono,  di  pentimento,  di  delitti   commessi,  di  resipi- 

\  scenze,  le  quali  frasi  sempre  in  addietro  usate  in  simili  cose,  ora 

I  assolutamente  non  si  vogliono  più  sentire. 

«  V.  E.  vede  in  qual  nuovo  terribile  incastro  va  a  ritrovarsi  il 
S.  P.,  se  il  dovere  venisse  a  costringerlo  a  disgustare  non  solamente 
il  Console,  ma  il  Ministro,  che  bisogna  confessare  essere  stato ,  ed  essere 
K"  il  solo  che  colà  ha  assistito  il  Console  e  sostenuti  gli  affari  della  Re- 
ligione per  quanto  ha  potuto,  la  qual  cosa  è  conosciuta  iìi  Parigi  (1). 
Ed  è  anche  certo,  che  tutto  il  buono  che  si  è  fatto  in  Lione  per  la 
Hepubblica  Italiana,  tutto  si  deve  dopo  il  Console  a  lui,  come  tutti  i 
y/  V^escovi  che  colà  furono,  ne  fanno  fede.  Sicché  l' irritare  un  tal  uomo, 
egli  è  vero  che  può  essere  alla  Religione  di  danno  grande.  Si  prenderà 
in  esame  la  materia,  e  si  riscontreranno  gli  esempii,  i  quali  si  dubita 
che  in  parte  non  sieno  di  Vescovi  ma  di  Preti,  e  che  nemmeno  siano 
adducibili,  essendo  stati  in  caso  di  persone  Regie;  e  di  più  si  ri- 
flette qui  alla  circostanza  di  fare  una  si  gran  grazia  a  chi  ha  avuto 
si  ffrandi  torti  con  la   Chiesa.  Sua   Santità   fa  fare  delle   orazioni, 

i   per  ottenere  lume  e  assistenza  dal  Signore  in  questi  continui  amari 

i!  frangenti. 


(1)  Queste  parole  del  Consalvi  sono  assai  notabili.  Da  (xuanto  i)erò  si 
è  visto  nel  corso  delle  trattative  pel  Concordato,  è  mestieri  dare  a  questa 
notizia  un  senso  del  tutto  cUpìomaiico  ;  non  potendo  ammettere  un  va- 
lore storico.  Ciò  vuol  dire,  clie  i  Nunzii  dovevano  pensare  e  forse  parlare 
alle  Corti,  nel  senso  indicato.  Ved.   voi.  I,  p.   170-171. 


LA  RICONCILIAZIONE  COLLA  CHIESA  DEL  VESCOVO  DI  AUTUN      65 


«  Invio  a  V.  E.  la  traduzione  francese  anche  della  Bolla  di  ra- 
tifica del  Concordato,  acciocché  si  degni  di  procurare  di  farla  in- 
serire per  mezzi  indiretti  in  cotesta  Gazzetta,  mentre  è  una  pezza 
interessantissima,  e  che  nei  fogli  di  Francia  è  stata  mal  tradotta: 
ed  interessa  che  sia  conosciuta  nel  suo  vero  e  fedele  tenore.  Spero 
che  sarà  riuscito  all'È.  V.  di  fare  inserire  l'allocuzione;  e  desidero 
di  sapere  cosa  ne  abbia  detto  il  publico. 

«  P.  S.  Quanto  le  ho  indicato  con  questa  cifra  su  M.  Talleyrand, 
dovrà  esser  da  lei  tenuto  sotto  il  più  alto  segreto,  dovendo  servire 
a  sola  di  lei  notizia  (1).  » 

Quanto  dice  il  Con  salvi  iutorno  alP  essere  stato  solo  il 
Talleyrand,  iielPaver  assistito  il  Primo  Console  e  sostenuto  gli 
affari  della  religione^  sarà  vero  in  nn  qualche  senso;  inquanto 
cioè  il  Talleyrandj  uomo  moderato  e  pacifico,  avrà  trattenuto 
V  impetuoso  Bonaparte  dalP  esorbitare  nelle  sue  pretensioni. 
Ma  è  cosa  provata,  essere  stato  P  antico  vescovo  augustodu- 
nense  colui,  che  diede  al  Primo  Console  il  mal  consiglio  della 
creazione  degli  articoli  organici  ;  è  certo  inoltre,  eh'  egli  fu 
Fautore  e  il  primo  suggeritore  del  non  doversi  esigere  dagli  * 
antichi  costituzionali  nessuna  ritrattazione  di  errori.  La  qual 
cosa,  oltre  la  prova  del  fatto,  era  motivata  in  lui  dalP identità 
di  circostanze,  nelle  quali  colloca  vaio  la  sua  condizione  di 
vescovo  giuratore,  aggravata  di  quella  di  consacratore  ille- 
gittimo. 

Ma  egli  si  trovava  nella  condizione  di  vescovo  concubi- 
nario,  il  che  non  saprei  se  si  avverò  di  altri  vescovi  costi- 
tuzionali. E  d'  altra  parte,  la  sua  frequenza  alla  corte  del 
nuovo  governo  per  cagione  delPalta  carica  che  disimpeguava 
con  innegabile  valentia,  lo  costringeva,  dopo  la  conclusione 
del  Concordato  massimamente,  a  dare  alla  sua  vita  pubblica 
di  ministro  del  governo,  ed  alla  privata  di  uomo  di  onore, 
un'apparenza  di  persona  ammogliata  legittimamente,  almeno  \ 
secondo  le  leggi  dello  Stato.  Egli  però  pretese  di  legittimare 


(1)  Archiv.    Vatic,  Cifre  a^  Nuuzii,   Pr'uìciin,  voi.  276. 
RiNiERi.  —  La  Diplomazia  Pontifìcia  nel  secolo  XIX.  —  Voi.  II. 


66  CAPITOLO   TERZO 


la  sua  vita  maritale  eziandio  dinanzi  alla  Chiesa:  il  perchè, 
raccomandatosi  strettamente  al  Primo  Console,  questi  vi  prese 
tutto  quelP  interesse,  che  abbiamo  visto  dalla  lettera  citata 
del  Consalvi  (1). 

Una  raccomandazione  del  Primo  Console,  in  quelle  circo- 
stanze, piti  che  un  suggerimento  o  l'espressione  di  un  desi- 
derio era  un  impero.  Al  quale  tuttavia  essendosi  sottratta  la 
coscienza,  se  non  F estrema  potenza  del  Papa,  il  Talleyrand, 
che  nella  mente  feconda  aveva  lacciuoli  a  gran  dovizia, 
supplì  con  P  inganno  alla  negazione  delle  sue  richieste,  come 
vedremo. 

Intanto  trattandosi,  dice  la  nota  storica  già  citata,  di  una 
I  istanza  straordinaria,  prima  di  tutto  si  ordinò  a  Monsignor  Ma- 
rini, archivista  del  Vaticano,  di  verificare  gli  esempi  addotti 
dalla  nota  che  accompagnava  la  lettera  del  Primo  Console; 
e  al  Di  Pietro  di  stendere  una  relazione  sulP  istanza  medesima. 
Il  Marini  provò  in  uno  scritto  assai  erudito,  che  di  tutti 
quegli  esempi  di  dispense  arrecati  nella  nota  del  Primo  Con- 
sole, neppure  uno  era  vero,  inquanto  si  riferiva  a  vescovi  (2). 


(1)  Il  Primo  Console  terminava  la  sua  lettera  a  Pio  VII  (24  mag- 
gio 1802)  dicendo  :  «  J'envoie  à  Votre  Sainteté  une  note  qui  m'est  remise, 
relative  à  une  domande  d'un  bref  de  sécularisation  pour  le  citoyen  Tal- 
leyrand. Cette  demande  m'est  particuUèrement  agréable  (Correspondance.  VII, 
n.  6099).  »  La  nota  è  riferita  in  parte  dal  Theiner  (I^  -Ai^l),  e  intiera  dal 
Lecestre,  Lettres  inédites  de  Napoléon  I.  voi.  I,  p.  36.  Vedila  nell'Appen- 
dice (Doeum.  XX). 

(2)  Gli  esempi  citati  erano  i  seguenti  : 

—  Le  Card.  Pampliili,  fut  séctdarisé  et  mournt  laiqne  —  Fatto  car- 
dinale da  Innocenzo  X  suo  zio  (21  gennaio  1647)^  fu  sciolto  del  giura- 
mento, e  sx)osò  Olimpia  Aldobrandini  nipote  di  Clemente  Vili  ;  ma  «  non 
era  legato  da  impedimento    alcuno  di  ordine  sacro.  » 

—  Cesar  Borgia^  arclteréque  de  Valence,  due  de  Valence,  éponsa  une  prin- 
cesse de  ìa  maison  d' Alhret,  et  mourut  ìaique.  —  Da  giovane  il  famoso  Ce- 
sare, tanto  caro  al  Machiavelli,  ebbe  dal  P.  Alessandro  VI  Vamministra- 
zione  di  alcune  diocesi  e  la  dignità  cardinalizia.  Ne  fu  sciolto  nel  concistoro 
del  1498  :  ma  non  era  ne  prete,  uè  vescovo.  Apparteneva  all'ordine  de' 
diaconi,  ed  ottenne  la  disx)ensa  di  quest'ordine,  per  contrar  matrimonio. 


LA  RICONCILIAZIONE  COLLA  CHIESA  DEL  VESCOVO  DI  AUTUN      67 

E  il  Di  Pietro  da  parte  sua  dimostrò  in  una  lunga  sa- 
pientissima dissertazione,  qualmente  una  tale  facoltà  non 
abbia  riscontro  nella  storia  di  tutta  la  Chiesa.  Il  celibato 
essere  stato  istituito  fino  dalle  prime  origini  della  Chiesa,  non 
su  documenti  scritti  ma  sulPesempio  degli  Apostoli.  La  stessa 
Chiesa  Orientale,  sebbene  per  la  mollezza  de^suoi  ecclesiastici 
permetta  la  continuazione  del  matrimonio  a  ministri  che  lo 
avessero  contratto  precedentemente  alla  loro  ordinazione^  si  è 
però  mantenuta  uniforme  alla  Chiesa  latina  nel  negare  la 
licenza  di  prender  moglie  do]^o  essere  stati  ordinati^  e  nel  ne- 
gare altresì  ai  vescovi  non  meno  la  facoltà  di  prenderla^  ma 
pur  anco  il  permesso  di  ritenere  quella  che  prima  avessero.  » 


—  Ferdinaudo  di  Gonzaga,  cardinale,  divenuto  di  Mantova  :  non  aveva 
ordine  sacro.  Fu  liberato  del  giuramento  cardinalizio  nel  concistoro  dei 
16  novembre  1615. 

—  Maurizio  di  Savoia,  dispensato  dal  cardinalato  (23  aprile  1643)  «  non 
era  costituito  in  verun  ordine  sacro,  ma  soltanto  aveva  gli  ordini  minori.  » 

—  De' quattro  cardinali  Borboni,  che  furono  scardinalati,  «nessuno 
tornò  allo  stato  laicale,  e  nessuno  contrasse  matrimonio.  » 

—  Di  Casimiro,  da  monaco  fatto  re  di  Polonia  (1040)  e  sciolto  dei 
voti  monastici  da  Benedetto  IX,  si  dicliiara  :  1°)  Non  è  questa  se  non 
una  tradizione  popolare  (Mabillon,  Ann.  Bened.  IV,  1.  58,  u.  4)  ;  2")  è 
certo  clie  non  fu  mai  vescovo. 

—  Di  Casimiro,  tiglio  a  Sigismondo  III,  è  certo  non  esser  stato  mai 
vescovo.  Fu  gesuita  x)er  soli  6  anni,  e  fu  dis^iensato  de' voti  semplici 
nel  1649  ;  e  del  1'^  grado  di  affinità,  per  potere  sposare  la  vedova  regina 
sua  cognata. 

—  Il  card.  Arrigo,  Arcivescovo  di  Lisbona,  successe  nel  trono  al  nepote 
Sebastiano  nel  1578.  A  istanza  de'  grandi  del  regno,   sebbene  di  QQ  anni,   sg: 
chiese  a  Gregorio  XIII  la  facoltà  di  ammogliarsi,  ma  gli  fu  negata. 

—  Il  card.  Nicola  Francesco  di  Lorena,  fratello  di  Carlo  IV,  contrasse 
matrimonio  con  Claudia  sua  cugina  nel  1634.  Ebbe  la  necessaria  dispensa 
dalla  S.  Sede  ;  ma  non  aveva  mai  ricevuto  nessun  ordine  sacro,  non  che 
quello  di  vescovo. 

Pertanto  da  tutta  la  esposta  narrazione  di  fatti,  risulta  non  aver  mai 
la  Sede  apostolica  accordato  dispensa,  affinchè  persona  insignita  del  carat- 
tere vescovile  potesse  contrarre  legittimo  matrimonio  {Estratto  dal  lavoro 
del  Marini,  Archiv.  Vatic,  Francia  Appendice...,  voi.  I,  fascio  B). 


68  CAPITOLO   TERZO 


Fermo  così  esseudo  Puso  della  Chiesa  iu  tale  disciplina, 
modellata  siilP esempio  degli  Apostoli,  così  prosegue: 

«  Onde  quante  volte  per  ottenere  il  ristabilimento  della 
cattolica  religione  in  un  qualche  dominio,  la  Sede  Apostolica 
ha  creduto  di  usare  sulP oggetto  una  straordinaria  condiscen- 
denza, si  è  sempre  limitata  alla  convalidazione  di  matrimonii 
già  nullamente  contratti  dai  preti,  diaconi  e  suddiaconi,  non 
mai  si  è  prestata  alla  convalidazione  di  quelli  (matrimonii) 
attentati  dai  V escori.  Questa  fu  precisamente  la  condotta 
tenuta  da  Giulio  III,  nella  sua  bolla  dell!  8  marzo  1554, 
che  incomincia  Dudum  cum  carissima,  e  colla  quale  dando  al 
card.  Reginaldo  Polo  potestatem  Ecclesiae  Bomanae  reuniendae, 
gli  concedette  fra  le  altre  facoltà  quella  di  rivalidare  i  ma- 
trimonii contratti  di  fatto  dai  chierici  secolari,  cioè  preti,  dia- 
conif  e  suddiaconi  con  alcune  opportunissime  cautele.  » 

Viene  quindi  alle  seguenti  conclusioni  : 

Dagli  schiarimenti  contenuti  negli  annessi  fogli  si  rileva, 
essere  affatto  insussistenti  gli  addotti  esempii  di  pretesa 
dispensa  per  contrarre  legittimo  matrimonio  concessa  dalla 
S.  Sede  a  persone  insignite  del  carattere  vescovile. 

Il  celibato  dei  sagri  ministri  è  venuto  a  noi  sino  dagli 
Apostoli;  e  riguardo  ai  soggetti,  ordinati  vescovi,  è  stato  pre- 
scritto ed  osservato  nella  Chiesa  tanto  Occidentale  quanto 
Orientale,  benché  in  questa  sia  stato  permesso  di  ritenere  la 
moglie  ai  semxMci  sacerdoti^  che  P  avevano  innanzi  alla  loro 
ordinazione. 

Quando  in  alcuni  casi  straordinarii  hanno  creduto  i  Sommi 
Pontefici  di  estendere  P  apostolica  indulgenza  di  Santa  Chiesa 
ad  abilitare  a  legittimo  matrimonio  persone  legate  da  ordine 
sacro,  si  sono  sempre  astenuti  dallo  ampliarla  a  persone  insi- 
gnite del  vescovile  carattere. 

Né  a  concedere  una  tale  dispensa  a  chi  dianzi  era  stato 
ordinato  vescovo,  si  è  mai  indotta  la  Sede  Apostolica  neppure 
in  quei  casi,  nei  quali  si  trattava   di   provvedere    alla  tran- 


LA  RICONCILIAZIONE  COLLA  CHIESA  DEL  VESCOVO  DI  AUTUN      69 

quillità  di  un  regno  col  procurare  la  successione  della  fa- 
miglia reale,  che  andava  ad  estinguersi. 

Da  tutto  ciò  chiaramente  si  deduce^  non  dovere  per  nessun 
patto  S.  Santità  concedere  una  tal  dispensa  in  favore  di  Carlo 
Maurizio  Talleyrand,  antico  vescovo  scismatico  di  Augusto- 
duno  (1). 

Fu  tenuta  quindi,  verso  i  20  di  giugno,  per  ordine  del 
Papa  una  congregazione  particolare,  composta  de' cardinali 
Antonelli,  Spina,  Consalvi,  e  de'  monsignori  Bertazzoli  teologo 
del  Papa,  e  Di  Pietro  segretario.  Nella  quale  si  decise  d'in- 
viare al  Primo  Console  le  ragioni  in  iscritto,  in  forza  delle 
quali  il  S.  Padre  non  poteva  acconsentire  ad  una  richiesta  di 
quella  fatta.  E  «  finalmente  si  convenne,  che  dal  S.  Padre 
si  scrivesse  un  nuovo  Breve  al  suddetto  Talleyrand  (2)  »,  se- 
condo il  quale  egli  veniva  restituito  alla  semplice  comunione 
laica,  dandosi  al  card.  Legato  amplissime  facoltà  «  ut  te  No- 
biscum  et  cum  Ecclesia  reconciliet,  quemadmodum  a  te  po- 
stulatum  est  (3).  » 


(1)  Arcliiv.  Vatic,  Francia  Appendice,  voi.  I,  fiiscio  B.  Nella  posizione 
Talìeyrand,  collocata  in  questo  volume,  i  due  lavori  sopirà  citati  hanno 
le  indicazioni  seguenti  :  Di  Pietro  :  Fogli  di  riflessioni  tendenti  a  far  cono- 
scere non  potersi  dal  S.  Padre  annuire  a  simile  istanza,  segnati  lettera  E.  — 
Mgr  Marini  :  Fogli  di  schiarimenti  diretti  a  far  conoscere  V  insussistenza,  \)er 
il  divisato  oggetto,  degli  esempii  qua  trasmessi  nelV  accennata  nota  di  Parigi, 
segnati  lettera  F.  —  Tutti  questi  scritti  furono  spediti  al  Card.  Legato 
a  Parigi,  il  30  giugno  1802. 

(2)  Nota  storica  citata  (Archiv.  Vatic,  loc.  e). 

(3)  Nella  posizione  citata  (Arcliiv.  Vatic,  Francia  Appendice...,  voi.  I, 
Fascio  B)  si  trovano  due  copie  del  breve  composto  per  il  Talleyrand.  Quella 
(;lie  è  riferita  dal  Theiner  a  p.  198  (Pièces  justificatives)  è  a])punto  la  copia 
che  non  fu  consegnata.  Invece  delle  parole  da  noi  citate,  vi  si  leggono 
le  seguenti  :  «  plenitudine  potestatis  nostrae  te  ahsolvimns  ah  omni  rinculo 
excommunicationis,  quo  adhuc  quocumque  modo  obstrictus  fueris...  »  Vedasi 
il  breve  nell'apx)endice  (Docum.  XXI). 

Il  seguente  lepido  biglietto  del  Card.  Consalvi  a  Mons.  Di  Pietro  dà 
a  comprendere  le  varie  mani,  che  furono  adoperate  alla  composizione  del 
detto  Breve. 


70  CAPITOLO   TERZO 


Intanto  il  Consalvi  fino  da'  15  giugno  avvisava  per  cifra 
i  vari  Nunzii  della  soluzione  di  questo  affare,  scrivendo  loro  : 

«  Si  manda  la  risposta  negativa  air  istanza  di  M.  Talleyrand,  ap- 
poggiata dal  Primo  Console,  rapporto  al  pigliar  moglie,  non  essendosi 
\  trovato  nessun  esempio  vero  nella  Chiesa  ;  e  riducendolo  alla  comu- 
I  nione  laica,  e  ciò  (nella  maniera  più  delicata,  e  con  le  frasi  più  dolci 
possibili  salvando  le  massime),  giacché  pur  troppo  al  giorno  d'oggi 
non  si  vuol  dire  né  sentirsi  dire  che  si  ha  errato.  »  —  E  a'  19  dello 
stesso  mese  : 

«  Le  più  impegnate  ricerche,  per  vedere  se  veramente  sussiste 
alcun  esempio  di  dispensa  data  ad  un  vescovo  consacrato  di  prender 
moglie,  hanno  dimostrato  l'insussistenza  del  supposto.  Quindi  si 
é  nella  necessità  di  non  poter  contentare  chi  ciò  desidera,  né  chi 
1  ha  approvata  la  dimanda.  Questa  combinazione  è  disgraziata,  per 
non  potersi  certamente  non  prevedere,  che  il  dispiacere  che  ciò  ar- 
recherà, sarà  di  danno;  ma  dal P altro  canto  N.  S.  non  vede  esser 
possibile  di  fare  altrimenti,  benché  ciò  gli  sia  molto  sensibile.  » 


lY. 


Insieme  con  la  spedizione  del  Breve  al  Talleyrand,  Pio  VII 
inviava  una  sua  lettera  al  Primo  Console,  nella  quale  gli  espri- 
meva le  ragioni  del  rifiuto  ch'era  costretto  a  fare  alla  domanda 


Consalvi  a  Di  Pietro,  34  giugno  1802  : 

«  Ne  sutor  ultra  crepidas.  lo  ho  riflettuto,  che  non  è  mio  mestiere  il 
fare  un  breve  e  specialmente  un  breve  come  questo.  Dunque  appena  mi 
alzo  dal  letto,  per  non  |)iti  prolungare  questo  aifare,  le  scrivo  queste 
righe  e  le  rimando  il  breve  da  lei  già  schizzato,  unendovi  quello  di 
Mgr  Bertazzoli  e  dell'  Emo  Spina,  pregandola  a  porre  subito  mano  al- 
l'opera, a  formare  il  breve  nel  senso  che  fu  convenuto  ieri  sera.  La  prego 
di  tutta  quella  sollecitudine  che  può,  tralasciando  tutt 'altro,  e  la  prego 
ancora  di  avere  dinanzi  agli  occhi  la  negativa  che  gli  si  dà  circa  la  mo- 
glie, l' interesse  che  ci  prende  il  Primo  Console,  e  la  fatale  disgrazia  che 
certe  frasi  non  se  le  vogliono  assolutamente  sentir  dire. 

«  Subito  che  Ella  mi  avrà  inviato  il  suo  lavoro,  lo  passerò  a  Marotti. 
Resto...  »  —  Su  questo  breve,  e  su  ciò  che  ne  riguarda  le  conseguenze, 
vedi  L.  Bastide,  Vie  reUgieiise  et  politique  de  Talleyrand,  p.  237;  Me'moires  dn 
Priìice  du  Talìeymnd,  I,  284  ;  Artaup,  Storia  di  Pio  VII  {eàìz.  cit.)  I,  262-63. 


LA  RICONCILIAZIONE  COLLA  CHIESA  DEL  VESCOVO  DI  AUTUN      71 

appoggiata  da  lui  a  favore   del  suo  ministro   delle  relazioni 
estere  (1):  sono  appunto  le  ragioni  esposte  sopra. 

Non  si  era  però  senza  un  qualche  timore  in  Roma,  intorno 
al  come  sarebbero  accettate  dal  Bonaparfce  e  dal  Talleyrand 
le  sofisticherie  romane^  conforme  essi  chiamavano  le  ragioni  \r^ 
fortissime  della  teologia  e  della  storia  ecclesiastica.  «  Circa  la 
risposta  di  Talleyrand,  così  il  Cousalvi  scriveva  a'Nunzii,  non 
è  ancor  giunta;  ma  si  crede  che  sarà  di  disgusto,  mentre  scrive 
il  card.  Legato  che  pretende  fil  Talleyrand)  che  anche  senza 
esempio,  il  suo  caso  sia  tale,  che  possa  e  debba  essere  il  primo, 
e  così  pensa  anche  il  Primo  Console  (2).  » 

Ma  poco  appresso  ebbe  ricevuto  lettere  del  card.  Legato, 
nelle  quali  questi  dicevagli  che  tanto  il  Primo  Console  come 
il  Talleyrand  erano  soddisfatti  delle  facoltà  concesse  e  delle  \ 
garbate  maniere,  onde  queste  erano  state  scritte  (3). 

Se  non  che  la  soddisfazione,  arrecata  al  Papa  per  una  tale 
notizia,  fu  di  poca  durata.  Infatti  il  Primo  Console  aveva, 
per  decreto  governativo  pubblicato  nel  giornale  officiale  di 
Parigi  ed  inserito  nel  bollettino  delle  leggi,  dato  esecuzione  a 
modo  suo  al  breve  ponti tìcio  (4).  ■ 


(1)  Si  trova  in  francese  nel  Theineb,   I,   447. 

(2)  Arcliiv.  Vatic,  Cifra  a^  Ntnizii,  24  luglio  1802,  Principi,  voi.  276. 

(3)  A' 4  di  agosto  il  Consalvi  soggiungeva  a' Nunzii  :  «L'affare  flel 
8Ìg.  Talleyrand  ha  avuto  un  esito  felice.  Ha  avuto  corso  il  Breve,  con 
cui  è  stato  autorizzato  il  Card.  Legato  a  riconciliarlo  alla  Chiesa,  con 
tradurlo  alla  comunione  laica.  Non  si  è  fatta  più  altra  parola  sopra  la 
negata  concessione  di  ammogliarsi,  onde  giova  sperare  che  non  si  pensi 
a  far  nuove  istanze  su  di  ciò,  ne  che  egli  ne  abbia  concepito  dell'umore 
(Ibid.).  » 

(4)  A'  3  fruttidoro  anno  X  (21  agosto  1802),  il  Primo  Console  scriveva 
al  cittadino  Abrial,  ministro  per  la  giustizia:  «  J'ai  l'honnenr  de  vous 
adresser,  Citoyen  Ministre,  une.expédition  de  Parrete  portant  que  le  bref 
du  Pape  qui  rend  à  la  vie  séculière  et  laique  le  citoyen  Charles-Maurice 
Talleyrand,  aura  son  plein  et  entier  eff'et.  Je  vous  invite  à  vouloir  bien 
le  faire  insérer  au  Bulletin  des  lois^  quoiqu'il  ne  porte  pas  cette  disposition. 


72 


CAPITOLO   TERZO 


La  qual  cosa  era  dal  card.  Cousalvi  annunziata  a'  rappre- 
sentanti pontificii  nelle  varie  corti,  ne' termini  che  seguono: 

«  Ella  avrà  veduto  nei  fogli  francesi  il  decreto  consolare,  in  cui 
si  dice  che  con  un  Breve  del    S.  Padre   il  ministro   Talleyrand   è 
/  stato  reso  alla  vita  secolare  laica.    Questa   esj)ressione,  che   io  mi 
contenterò  di  chiamare  inesatta,  e  che  devo  credere  che  siasi  usur- 
pata per  voler  dire  ridotto  alla   comunione   laica,  ha   fornito  una 
occasione  incredibile  di  scandalo  al  pubblico,  avendone  tutti  inferito 
che  sia  stato,  direm  cosi,  spretato  e  disvescovato,  e  abilitato  a  pren- 
der moglie.  Sarebbe  necessarissimo  di  formare  un  articolo  di  gazzetta 
I  con  la  data  di  Parigi,  e  farlo  inserire  con   naturalezza   in.  codesti 
fogli  forastieri,  dicendo  che  V  essersi  ridotto  il  Sig.  Talleyrand  alla 
vita  secolare  laica  altro  non  è,  secondo  il  Breve,  se  non  che  essere 
ridotto  alla  comunione  laica,  rimanendo  privo  dell'esercizio  dei  suoi 
il  ordini  sacerdotali  e  pontificali:  fermo  però  restando  il  voto  di  ca- 
ij  stità,  e  partecipando  soltando  dei  Sacramenti  come  i  laici  che  sono 
ii  tornati  in  comunione  con  la  Chiesa  (1).» 


Pur  oidre  du  Premier  Consul  {Correspondance ,  Vili,  ii.  6261).  »  —  La  de- 
<;isione  consolare  era  la  seguente  : 

Ade  du   G Oliver nement. 
Arnie  du  2  fructidor,  an  X  (20  agosto  1802). 

Les  Consuls  de  la  JRépuhlique  :  vu  le  href  du  Pape  Pie  VII  donne  à  S.  Pierre 
de  Pome  le  29  juin  1802  : 

iSur  le  rapport  du  Conseiller  d' Eiat  chargé  de  tontes  les  afaires  concernant 
les  cultes  : 

Le  Conseil  W  État  entendu: 

Arrétent  : 

Le  href  du  Pape  Pie  VII  donne  à  S.  Pierre  de  Pome,  le  29  juin  1802,  par 
leqiiel  le  citoyen  Charles-Maurice  de  Talleyrand,  ministre  des  relations  extérieures 
de  France,  est  rendu  à  la  vie  sévulière  et  laique,  aura  son  plein  et  entier  effct. 

Le  Premier  Consul,  Bonaparte 
Le  secrétaire  d'État,  H.-B.  Maket 

{Mémoires  du  Prince  de  Talleyrand,  I,  284). 

(1)  Cifra  a^ Nunzii,  11  setteml)re  1802  (Archiv.  Vatic.^  voi.  cit.).  E  l'ac- 
corto uomo,  considerando  la  delicatezza  della  cosa,  scrisse  egli  stesso  il 
tenore  della  nota  che  doveva  essere  inserita  nella  gazzetta.  È  la  seguente, 
inviata  in  cifra  : 

Per  mezzo  di  un   hreve  pontificio,  dal    Card.  Legato  è   stato   riconciliato 


LA  RICONCILIAZIONE  COLLA  CHIESA  DEL  VESCOVO  DI  AUTUN      73 

Se  nou  che,  dopo  la  pubblicazioiie  e  legalizzazione  di  un 
breve  del  S.  Padre,  cosa  del  tutto  straordinaria  nella  repub- 
blica francese,  il  cardinal  Consalvi  intuì  di  presente  dove 
a,ndava  a  parare  la  novità  di  un  tal  fatto,  e  si  rese  subito  ra- 
gione della  contentezza  significata  da  Parigi  per  quel  breve 
di  secolarizzazione.  Il  Talleyrand  intendeva  di  farsi  un  man- 
tello di  quel  breve  papale,  a  fine  di  procedere  con  tal  veste  a 
<)ontrarre  legittimamente,  o  meglio  a  darlo  ad  intendere  a 
tutta  P  Europa,  il  matrimonio  con  una  donna  non  sua  per 
soprassello,  al  qual  fine  veramente  erano  state  dirette  tutte 
le  istanze  e  tutte  le  macchinazioni  che  abbiamo  veduto. 

La  lettera  seguente,  scritta  in  cifra  a  tutti  i  Nunzi i,  ci 
appalesa  tutte  queste  cose: 

«  Benché  non  ufficialmente,  si  ha  però  la  notizia,  che  sia  già  se- 
guito, 0  almeno  sul  punto  di  seguire  il  matrimonio  del  Signor  di 
Talleyrand  con  mad.  Grand  (1).  US.  P.  nel  gemerne  nel  suo  cuore, 


nlla  Chiesa  il  cittadino  Talleyrand,  ministro  delle  relazioni  estere,  con  essere 
ridotto  alla  comunione  dei  laici,  fermo  rimanendo  il  voto,  da  cui  rimase  legato 
dopo  la  sua  ordinazione.  (Ibid.). 

(1)  Era  costei  una  creola,  ossia  nata  nelle  Indie  da  un  parente  eu- 
ropeo. Secondo  la  signora  di  Remusat^  egli  la  conobbe  a  Parigi  nel  1797 
essendo  ministro  degli  esteri,  quando  essa  gli  chiese  il  passaporto  per  Pln- 
ghilterra,  dove  doveva  ritrovare  il  suo  marito  cbe  abitava  colà.  Era  una 
donna  bellissima,  ma  sciocca,  e  battagliera  un  pò  al  modo  della  Xantippe 
del  filosofo  Socrate.  Presa  in  casa  dal  Talleyrand,  essa  vi  faceva  gli  onori. 

Ma  incontrò  naturalmente,  che  le  mogli  degli  ambasciatori  si  ricu- 
sarono a  ricevere  gli  onori  della  casa  del  ministro,  da  una  donna  di 
quella  fatta.  La  cosa  giunse  agli  oreccchi  del  Primo  Console,  il  quale 
intimò  al  Talleyrand  di  spedirla  fuori  di  casa.  Ma  la  Grand,  saputolo, 
corse  dalla  Giuseppina,  e  la  pregò  con  lacrime  di  ottenerle  un  abbocca- 
mento col  Primo  Console.  Ricevuta  da  costui,  se  gli  buttò  ginocchioni  e 
gli  chiese  piangendo  di  rivocare  quel  baiulo  che  la  colpiva.  Egli  vi  ac- 
consentì col  patto  tuttavia,  che  il  Talleyrand  la  sposasse,  e  che  essa  ne 
portasse  il  nome  :  tutto  doveva  decidersi  nello  spazio  di  24  ore.  Si  dice, 
che  lo  facesse  per  nflétrir  il  ministro  degli  esteri!  » 

Il  Talleyrand  acconsentì,  si  appartò  nel  paesello  di  Montmorency, 
dove  trovò  un  prete  che  lo  benedisse  sposo  ! 


74 


CAPITOLO    TERZO 


vuol  pur  lusingarsi,  che  non  si  abbia  il  coraggio  di  celebrarlo  in 
faccia  la  Chiesa  dopo  celebrato  innanzi  alla  Municipalità,  facendosi 
dare  dal  Parroco  la  benedizione  nuziale.  Il  S.  P.  vede  tutta  la  tela  di 
questo  amaro  affare,  e  comprende  oggi  vieppiù  come  nel  monitore  si 
inseri  (1)  quel  Decreto  contenente  una  espressione  tanto  lontana  da 
quella  del  Breve  di  S.  Santità,  che  lo  riduce  solamente  alla  comu- 
nióne dei  laici,  e  lo  priva  dell'esercizio  degli  ordini,  permettendogli  di 
vestire  da  secolare,  e  servire  negli  impieghi  secolareschi;  ma  non 
mai  gli  accordò  di  prender  moglie,  il  che  anzi  gli  fu  detto  anche 
nella  lettera  a  lui  scritta,  (non  meno  che  in  quella  scritta  dal  Papa 
al  P.  Console  stesso),  che  assolutamente  gli  si  ricusava. 

«  Il  S.  P.  ha  procurato,  per  toglier  lo  scandalo,  che  in  Italia  tutte 
le  Gazzette  inserissero  un  articolo  in  data  di  Parigi,  con  naturalezza, 
da  cui  si  rilevasse  la  verità  della  cosa,  cioè  in  che  veramente  consiste 
il  Breve;  e  ci  si  è  riuscito.  Desidera  il  S.  P.  che  lo  stesso  si  faccia 
nel  miglior  modo  possibile  in  codeste  Gazzette,  secondo  la  piccola 
formola  che  io  già  le  trasmisi;  onde  ora  più  che  mai  raccomando 
alla  di  lei  attenzione  e  diligenza,  di  farlo  eseguire  (senza  però  com- 
parire direttamente),  se  mai  non  fosse  ancora  eseguito,  rendendosi 


Il  signor  Grand,  il  quale  minacciava  di  far  rumore  su  quel  matrimo- 
nio, pare  clie  ricevesse  delle  grandi  somme  di  denaro. 

Dopo  MM  tal  pateraccliio,  il  Talleyraud  divenne  la  favola  di  tutti,  e 
nelP  interiore  fu  infelicissimo,  pieno  di  pentimenti  e  di  disgusti.  Sembrava 
che  avesse  paura  di  trovarsi  riposatamente  presente  a  se  stesso.  Tutta 
la  giornata  la  passava  in  udienze  e  in  circoli,  e  la  sera  a  giocare  ;  e  non 
pigliava  il  sonno,  se  non  quaìido  la  fatica  lo  costringeva  a  cliiudere  jjjli 
occhi  !  —  Mémoires  de  Madame  de  Rémusat,  II,   174-181. 

Secondo  il  Pasquier,  quel  matrimonio  nascondeva  un  (/ran  secreto  ;  si 
fu  un  certo  signor  de  Mouville,  che  aggiustò  la  cosa  col  })arroco  del  pae- 
sello di  Epinay  nella  valle  di  Montmorency  :  quel  signore  nel  1815  fu 
fatto  pari  dì  Francia  {Mémoires,  I,  2.50-251).  Il  Thiébault  scrive,  che  la 
signora  Grand  conosceva  tal  secreto,  da  fare  andare  il  Talleyraud  sul 
])alco;  laonde  essagli  intimò:  Si  vons  ne  m'épousez  pas,  je  rous  fais  rac- 
courcir  d^  un  pied  {Mémoires,  V,  335).  In  questi  ragguagli  convengono  sot- 
tosopra :  Bastide,  op.  cit.,  p.  239;  Michaud,  Histoire  politique  et  privée..., 
30,  segg.;  H.  L.  Bulwer,  Historical  Characters...  TaUeyrand,  p.  137  segg., 
341  segg.  ;  questo  autore  dice  che  il  TaUeyrand  condusse  seco  dall'Ame- 
rica la  signora  Grand  ;  Cf.  Lady  Blennehasset,  Madame  de  Stael  et  son 
temps,  II,  340. 

(1)  Nel  margine  :  A  tutti  fuori  che  al  Caprara. 


LA  RICONCILIAZIONE  COLLA  CHIESA  DRL  VESCOVO  DI  AUTUN       iO 

troppo  necessario.  In  Francia  è  il  peggior  male,  non  essendo  ciò 
riuscibile,  e  se  ne  scrive  al  Signor  Cardinale  Legato,  acciò  almeno 
Io  sparga  con  la  voce,  perchè  tal  falsa  credenza  riesce  al  S.  P.  ve- 
ramente sensibilissima. 


Al  Card.   Capraia: 

«  Da  varie  lettere  di  Francia  si  è  saputo  clie  è  accaduto,  o  sta 
per  accadere  il  matrimonio  del  Sig.  Talleyrand,  e  quel  che  più  duole 
al  S.  P.  è,  che  si  crede  per  tutta  la  Francia,  come  indicano  le  let- 
tere suddette,  che  ciò  è  per  sua  dispensa.  Dice  Sua  Santità  che  gli 
è  impossibile  di  dar  questo  scandalo  alla  Chiesa,  che  abbia  egli 
data  una  dispensa  mai  data  in  18  secoli.  Non  arriva  a  intendere 
come,  dopo  essersene  scritto  si  chiaramente  da  lui  al  P.  Console,  e 
da  me  al  Signor  Talleyrand,  si  possa  da  questo  fare  un  passo  si- 
mile. Ma  l'interesse  del  S.  P.  si  limita  almeno,  che  non  si  creda 
che  ci  è  il  suo  consenso,  e  vuole  anche  lusingarsi  che  non  siasi 
contratto  in  faccia  alla  Chiesa  un  tal  matrimonio  (1). 

«  Non  posso  non  dire  a  V.  E.,  che,  avendo  rilevato  il  Papa  si  da 
Mgr  Erskine,  che  dalle  lettere  scritte  a  varii  dal  Cav.  Azara,  e 
da  altri,  che  tutti  credono  che  ci  sia  il  permesso  della  S.  Sede,  gli 
ha  fatto  specie  che  da  V.  Emza  non  siasi  detto  nemmeno  a  questi  più 
confidenti  una  parola  a  disinganno  di  ciò,  arguendone  che  V.  E.  ne 
ha  tenuto  molto  più  con  altri  un  rigorosissimo  silenzio,  il  quale  non 
smentendo  in  niun  modo  la  voce  publica,  l' autorizza.  Ciò  duole 
molto  a  Sua  Santità,  che  desidera  che  V.  E.,  nei  modi  che  le  sono 
possibili,  faccia  trapelare,  che  non  ci  è  stato  il  permesso  della  S.  Sede  ; 
il  che  si  crede  dal  Papa  necessario  a  reprimere  lo  scandalo,  che  dopo 
tutto  se  ne  concepisce.  Non  avendo  V.  E.  scritta  mai  una  riga  di 
tal  matrimonio,  di  cui  parlano  tutte  le  lettere,  la  cosa  è  giunta  al 
S.  Padre  tanto  più  improvvisa,  e  inaspettata.  » 

Come  si  scorge  da  questa  lettera  in  cifra  del  Coiisalvi,  lo 
scandalo  del  matrimonio  di  un  vescovo,  che  anche  ridotto  alla 
convivenza  laica  il  Talleyrand  era  sempre  vescovo,  e  di  un  ma- 
trimonio contratto  dinanzi  alla  Chiesa  da  un  personaggio  già 
celebre  in  tutta  Europa,  lo  scandalo  dico  era  immenso.  Né, 
dall'altra  parte,  poteva  il   Papa  opporvi  il  rimedio  radicale, 


■-y^ 


(1)  Vedi  nota  superiore. 


76  CAPITOLO   TERZO 


pnbblicaudo  cioè  il  breve  stesso  di  secolarizzazione  concesso 
e  mandato  al  Talleyrand;  perchè  questi  nel  chiederlo  aveva 
>/  raccomandato  un  alto  secreto,  e  di  un  tal  secreto  aveva  otte- 
nuto da  Roma  parola,  e  la  parola  di  Eoma  si  osserva  sicu- 
ramente, anche  quando  è  impegnata  a  fine  di  favorire  un 
indegno  che  ne  abusa  con  detrimento  di  Eoma  stessa.  Tale 
era  appunto  il  caso  del  Talleyrand. 

«  Non  crede  Nostro  Signore,  cosi  sfogavasi  il  Consalvi  informando 
i  Nanzii,  non  crede  di  pubblicare  il  Breve,  perchè  sarebbe  un  ir- 
ritarlo all'eccesso  con  danno  della  religione,  essendoglisi  data  pa- 
rola di  non  pubblicarlo,  quando  egli  lo  chiese,  facendo  conoscere 
allora  che  ciò  esigeva  un  certo  suo  decoro  in  Francia,  sebbene  il 
Breve  fosse  moderatissimo,  appunto  avendogli  un  tal  riguardo  giac- 
ché gli  si  negava  la  moglie. 

«  Debbo  prevenirla,  che  siccome  il  Breve  corrisponde  al  memoriale 
che  fece  (il  Talleyrand),  in  cui  non  faceva  istanza  di  pigliar  moglie 
ma  solo  di  essere  riconciliato  alla  Chiesa,  e  di  potere  ritenere  gì'  im- 
pieghi secolareschi,  non  più  esercitando  gli  ordini  ;  cosi  il  Breve 
non  parla  di  moglie  ne  in  bene  né  in  male,  come  suol  dirsi;  e  que- 
sto basta  per  dimostrare  che  non  può  farlo,  perchè  non  esiste  la 
concessione  (1). 

€  Ma  contemporaneamente  al  Breve,  fu  a  lui  trasmessa  una  let- 
tera ed  una  al  Primo  Console,  anche  responsiva  alla  istanza  trasmessa 
dal  Primo  Console  al  Papa  con  una  sua  lettera,  in  cui  dimandava 
per  esso  Sig.  Talleyrand  la  grazia  anche  della  moglie;  ed  in  am- 
bedue le  lettere  (2)  fu  risposto  negativamente  a  chiarissime  note,  ed 
adducendo  i  più  forti  argomenti  con  una  nota  in  scritto  che  li  con- 
teneva. Del  resto  ora  si  capisce  il  perché  chiese  allora,  che  il  Breve 
non  si  pubblicasse. 

«  Ancora  noi  qui  non  sappiamo  se  il  matrimonio  lo  abbia  vera- 


(1)  Il  testo  della  sux)plica  del  Talleyrand  non  V  ho  jiotiito  rinvenire 
intiero  ;  va  notato  però,  che  nell'  istanza  presentata  dal  Bonaparte  con- 
tenevasl  appnnto  la  richiesta  della  moglie.  E  se  nel  breve  diretto  al 
Talleyrand  non  si  faceva  motto  di  moglie,  ne  in  senso  negativo  ne  po- 
sitivo, se  ne  faceva  però  allusione  e  parola  nella  lettera  di  risposta  del 
Papa  al  Primo  Console. 

(2)  Della  lettera  al  Talleyrand  non  ho  rinvenuto  nulla.  Probabilmente 
dovett'essere  scritta  dal  Consalvi. 


LA  RICONCILIAZIONE  COLLA  CHIESA  DEL  VESCOVO  DI  AUTUN       77 


mente  contratto  anche  in  faccia  alla  Chiesa.  Si  è  scritto  più  volte 
fortemente  su  di  ciò  al  Card.  Legato  ;  ma  egli  ha  risposto  una  volta  [[ 
sola  in  cifra  due   righe,    dicendo  che  con   un  poco   di  pazienza  si 
conoscerà  da  tutti  il  vero^  senza  nostro  danno.  Ecco  tutto  (1).  »        \ 

Ed  insieme  scriveva  al  card.  Capraia,  il  quale  non  si  era 
fatto  per  nulla  vivo  in  una  faccenda  che  pure  tanto  amareg- 
giava il  Papa,  chiedendo  notizie  in  questi  termini: 

«  S.  Santità  è  sommamente  amareggiata  dell'affare  del  matrimonio 
del  Sig.  Talleyrand,  di  cui  sono  pieni  tutti  i  pubblici  fogli;  e  lo 
scandalo  che  se  ne  concepisce  contro  la  S.  Sede  è  generale  ed  urta 
sommamente  la  coscienza  della  Santità  Sua.  V.  Emza  ha  risposto 
due  sole  righe  nel  suo  foglio  a  colonna  de'  3  ottobre,  dicendo  che 
col  tempo  si  conoscerà  il  vero,  senza  nostro  danno. 

Il  S.  Padre  vorrebbe,  che  V.  E.  dicesse  precisamente  se  il  ma- 
trimonio è  seguito,  e  molto  più  se  e  seguito  in  faccia  anche  alla 
Chiesa,  il  che  il  S.  Padre  non  può  mai  arrivare  a  supporre,  essendo 
costà  V.  E.  e  dopo  la  sua  lettera  si  chiara  al  Primo  Console,  e  la 
mia  al  Sig.  Talleyrand  medesimo.  V.  E.  è  pregata  a  dare  sfogo  a 
questi  desiderii  espressamente  ingiuntimi   dalla  Santità   Sua  (2).  » 

Ohe  cosa  rispondesse  il  card.  Legato  a  questa  lettera  se- 
verissima del  secretarlo  di  Stato  di  Pio  VII^  non  saprei  : 
come  ho  già  osservato  altre  volte,  mancano  nelP archivio 
Vaticano  la  maggior  parte  delle  lettere  del  card.  Caprara.  Il 
Talleyrand  però  si  sposò  veramente  dinanzi  alP  autorità  ci- 
vile, e,  per  quanto  sembra,  riuscì  a  carpire  eziandio  la  bene- 
dizione di  un  prete  al  suo  pubblico  pateracchio. 


(1)  Cifra  rt'  Nunzii,   23  ottobre  1802  (Arcliiv.   e  voi.   citati). 

(2)  Cifra  a  Caiu-ara,  23  ottobre  1802  (Ibid.).  Al  card.  Casoni,  die  era 
Nunzio  pontificio  in  Madrid,  soggiungeva  nella  sua  cifra  de'15  novembre  : 
«  È  dolorosissimo  tutto  ciò  che  Vostra  Emza  dice  nella  sua  cifra  de'  24  ot- 
tobre, sul  non  potersi  costì  smentire  la  falsa  opinione  della  concessione 
della  S.  Sede  sul  matrimonio  del  sig.  Talleyrand.  Bisognerebbe  pure 
elle  Vostra  Emza,  in  termini  decenti  e  savi  lo  dicesse  ancora  a  quanti 
può,  e  vedesse  anche  di  trovare  un  modo  di  farlo  conoscere  dal  jnibblico, 
essendo  lo  scandalo  troppo  grande  (Ibid.).  » 


CAPITOLO  TERZO 


V 


Ma  di  un  tal  uomo  tanto  basti  per  ora.  Ne  ho  voluto  qui 
discorrere  alquanto  alla  ragguagliata,  tra  perchè  P  argomento 
stesso  e  la  celebrità  del  personaggio  lo  richiedevano,  e  perchè 
di  lui  ritornerà  necessariamente  il  discorso,  mentre  nel  con- 
gresso di  Vienna  lo  vedremo  imprima  contrastare  e  poi  mer- 
canteggiare la  restituzione  alla  S.  Sede  de^  principati  di  Be- 
nevento e  di  Pontecorvo  (1). 


(1)  La  letteratura  intorno  a  quest' uomo  è  addirittura  imiuensii.  Diluì 
si  sono  occupati  abbastanza  distesamente,  oltre  gli  autori  citati  nella 
nota  superiore:  Boukkienne,  Mémoires,  (ediz.  cit.)  IV,  254,  282;  V,  134; 
X,  371,  378  ;  Roederer,  Oenvres,  II,  314  segg.  ;  Sainte  Beuve,  Nonveaux 
Liindis,  XII,  28  segg.  ;  Louis  Blanc,  Histoire  de  dix  ana,  II,  91  segg.  ; 
Achille  de  Vaubabelle,  Chute  de  l'empire,  Histoire  dee  deux  restaurations , 
I,  217  i^Qg^.  ;  GuizoT,  Mémoires,  I,  37  ;  Iager,  Histoire  de  V  Église  catholiqne 
en  Franee,  XIX,  122,  295,  328;  Gosselin,  Vie  de  M.  Emery,  I,  255  segg.  ; 
Las  Cases,  Mémorial  de  Saint- He'leine  (1824),  II,  73  segg.,  ecc.  ecc.  Se  fosse 
esatto  quanto  riferisce  il  Las  Cases  (loc.  cit.)  i)are  che  Bonaparte  nel  1802 
avesse  idea  di  x)roporre  il  Talleyrand  come  Cardinale  :  in  tutti  i  docu- 
menti dell' Arcliiv.   Vatic.  non  ho  rinvenuto  traccia  di  una  tal  cosa. 

Il  Bastide  riferisce  intorno  a  lui  le  seguenti  parole,  c(mie  dette  da 
Napoleone  a  S.  Elena  :  «  Le  triomphe  de  Talleyrand,  est  le  triomj)he  de 
1'  immoralité  :  un  prétre  marie  à  la  fenime  d'un  autre,  et  qui  a  donne  une 
forte  somme  d'argent  à  son  mari  pour  qu'  il  permette  à  sa  femme  de 
rester  avec  lui  ;  un  homme  qmi  a  tout  vendu,  trahi  tout  le  monde  et 
tous  les  partisi  J'ai  défendu  l'entrée  de  ma  cour  à  sa  femme,  première- 
ment  parce  que  sa  réputation  était  décriée,  et  parce  quej'ai  découvert 
que  quelques  marchands  génois  lui  avaient  payc  quatre  cent  mille  francs 
dans  l'espérance  d'obtenir  par  l'entremise  de  son  mari  quelques  faveurs 
(;()nnuerciales.  Elle  était  très  belle  femme,  des  Indes  Orientales,  mais 
sotte  et  de  la  xdus  grande  ignorance  (o]ì.   cit.,  jì.  242).  » 

Intanto  però  il  Bonaparte  dimentica,  che  la  grandezza  del  Talleyraiul 
è  dovuta  a  lui,  e  che  prima  di  partire  per  l'Egitto  ne  aveva  ricevuto 
la  somma  di  100  mila  franchi  (M.me  de  Bémusat,  I,  109).  Delle  somme 
favolose,  ricevute  da  lui  dall'  Inghilterra,  dall'Austria,  dal  Papa,  da  Na- 
poli... per  conclusioni  di  i^ace,  si  trova  l'elenco  nel  Bastide  (p.  216): 
l'accusa  sarà  quindi  esagerata,  ma  non  priva  di  fondamento.  Le  seguenti 
espressioni  sulla  viltà  dell'uomo,  sono  del  Mirabeau  :  «  C'est  de  la  bone 
et  de  1' argent  qu' il  lui  faut  ;  j)0ur  de  l'argent,  il  a  vendu  son  honneur 
et  son  ami;  pour  de  l'argent,  il  vendrait  son  àme,  et  il  aurait  raison, 
car  il  troqnerait  san  fnmier  contre  de  V  or.  »  Vaulabelle,  op.  cit.,  II, 
149,  nota. 


PARTE    SECONDA. 


CONGRESSO  DI  LIONE 


CAPITOLO  QUAETO 
Il    Congresso    di   Lione 

(11  dicembre  1801-26  gennaio  1802). 

SOMMARIO  : 

I.  Costituzione  dettata  dal  generale  Bonaparte  alla  rejiubblica  Cisal- 

l)ina  nel  1797.  Deliberazioni  per  il  cambiamento  di  essa,  pas- 
sate tra  il  Primo  Console,  Talleyrand,  e  Melzi. 

II.  Coìtf/resso  di    Lione  :  atteggiamento    prudente    del    Papa    dinanzi    a 

quella  assemblea  ;  imprudenza  del  card.   Legato. 

III.  Memorie  sul  congresso  scritte  da  MgT.  Gazola,  vescovo  di  Cervia, 

che  vi  assistè  come  uno  de'dei)utati  del  clero  cisalijino.  Prima 
dell' arrivo  del  Primo  Console.  Grande  parlata  del  vescovo  a  fa- 
vore della  religione. 

IV.  Arringa  stringata,  colla  quale  il  Gazola  in  nome  del  popolo  sovrano 

chiede  che  la  religione  cattolica  sia  dichiarata  religione  dello 
Stato.   Grande  dibattimento  col  j)residente  Aldini. 

V.  Dopo  V  arriro  del  Primo  Console.  Questi  vUole,  che  la  religione  cat- 

tolica sia  dichiarata  religione  della  Repubblica. 

VI.  Quesiti  proposti  dal  Primo  Console  al  Comitato  ecclesiastico  sullo 

stato  delle  chiese  e  sulle  relazioni  ecclesiastico-politiche  della 
rex)ubblica  cisalpina  (15  gennaio  1802).  Risposta  del  vescovo  di 
Cervia.  Il  Primo  Console  detta  le  leggi  organiche  per  la  re- 
pubblica. 

VII.  Aggiunta  alle  memorie  del  vescovo  di  Cervia.   Il  perchè  di  quelle 

leggi  organiche. 

VIII.  Continuazione  delle  memorie  del  Gazola  :  leggi  organiche  votate. 


80  CAPITOLO   QUARTO 


IX.  Elezione  del  Boiiaparte  ii  presidente  della  rei)nbblica   cisalpina  ! 

X.  Nota  del  vescovo,  di  Cervia  ;  «na  vita  anteriore  :  nemico  a'Fraìicesi 

e  a' frammassoni.   Colloqnio  col  Primo  Console;  aneddoti. 

1. 

Nel  luglio  del  1797  Napoleone  Bonaparte  riposava  le  glo- 
riose membra  nella  villa  e  campagna  di  Mombello,  vicino  a 
Vercelli.  Da^  primi  di  gennaio  al  mezzo  di  aprile  aveva  con 
rapide  vittorie  sterminato  gli  austriaci  dalle  terre  lombardo- 
venete^  ed  aperto  le  prime  trattative  di  pace  in  Leoben.  Ora, 
spartendo  gli  ozii  tra  le  amorevolezze  della  sua  madre  e  delle 
sorelle  e  i  plausi  de^  suoi  ammiratori,  volse  la  mente  ad  as- 
sestare le  cose  dell'Italia,  creando  una  nuova  repubblica  nel 
milanese,  cui  volle  dare  il  nome  di  Eepubblica  Cisalpina,  com- 
ponendola deHerritorii  di  Bergamo,  Brescia,  Crema...  antiche 
appartenenze  della  repubblica  veneta^  e  di  quelli  di  Mantova, 
Modena,  Massa  e  Carrara:  alle  quali  città,  pochi  mesi  innanzi 
aveva  congiunto  le  legazioni  di  Bologna,  Ferrara  e  Eavenna,^ 
rapinate  al  Papa  e  alla  Chiesa  colla  famosa  ladreria  del  trat- 
tato di  Tolentino  (19  febbraio  1797). 

Quindi  diede  ordine  a  un  comitato  di  uomini  scelti  di  raf- 
fazzonare, dentro  lo  spazio  di  un  mese,  la   costituzione  e  le 
, .   leggi  organiche  della  nuova  repubblica  (1)  :  de'  quali  lo  studio 
j    affrettato  diede  la  Costituzione  cisalpinaj  che  fu  una  copia  piìi 
y  o  meno  brutta  della  costituzione  francese  del  1790. 
j         Quella  nuova  legislazione,  al  cui  stampo  dovevano  model- 
larsi improvvisamente  i  popoli  dell'Italia  settentrionale,  come 


(1)  «  Je  fais  rediger  ici,  par  qnatre  comités  difterents,  tontes  los  lois 
militaires,  civiles^  linancières  et  administratives  qui  doivent  accompa- 
gner  la  Constitntion...  J^  espère  que  le  bieti  inestimahle  de  la  libert e  don- 
nera  à  ce  peuple  une  energie  nouvelle,  et  le  niettra  dans  le  cas  d'aider 
pnissamment  la  République  francai  se  dans  Ics  guerres  futures  que  nous 
pourrions  avoir  (Correspondauce  (8  mai  1797),  III,  n.  1780).  »  Con  queste 
parole,  solite  sempre  a  dirsi  da' conquistatori,  il  Bonajiarte  intendeva 
di  dichiarare  l'alta  Italia  preda  francese,  e  niente  altro. 


IL    CONGRESSO   DI    LIOXE  81 

se  fossero  altrettanti  fantocci  eli  cera,  cagionò  inuumerabili 
guasti  in  tutti  gli  ordini  della  cittadinanza;  generò  grande 
confusione  in  ogni  ordine  di  cose;  mise  sottosopra  quanto  era 
stato  stabilito  dall'opera  di  lunghi  secoli;  e  non  fruttò  utile 
alcuno  se  non  ai  mestatori,  i  quali  nel  torbido  ascendono  dal 
fondo  a  galleggiare  nelPalto(l).  Se  non  che  al  Bonaparte,  e 
molto  meno  ai  cinque  tiranni  del  direttorio  della  Senna,  del 
bene  delP Italia  premeva  poco  o  nulla:  alPItalia  davano  paro- 
loni, onde  si  trastullavano  o  meglio  sMmpinguavano  ebrei  e 
patriotti,  mentre  le  carpivano  milioni  di  monete  sonanti,  di 
ori  e  di  argenti,  di  cai^i  d'arte  d'inestimabile  valore! 

La  corte  romana  vide  subito  il  veleno,  che  in  quella  co- 
stituzione si  nascondeva.  Tra  i  vari  studi  che  se  ne  fecero 
allora,  credo  che  valga  il  pregio  di  citare  qui  una  relazione, 
la  quale  in  breve  dichiarava  di  che  tenore  si  fosse  quella  le- 
gislazione, che  era  stata  scomx^icciata  in  un  mese  a  fine  di 
governare  i  popoli  italiani  in  fatto  di  religione  e  di  morale. 

Esame  della  Costituzione  Cisalpina. 

La  Costituzione  Cisalpina  in  varii  Articoli  combina  con  la  no- 
tissima Dichiarazione  dei  diritti  dell'  uomo,  fatta  dalla  prima  As- 
semblea nazionale,  contro  la  qual  dichiarazione  ha  già  pronunziato 
il  suo  supremo  giudizio  il  defonto  Sommo  Pontefice  d' immortai  me-  r 
moria  in  due  suoi  brevi,  in  quello  cioè  dei  10  Marzo  1791  e  in 
quello  dei  13  Aprile  di  detto  Anno,  ma  specialmente  nel  primo.  Si 
anderà  adunque  facendo  qualche  riflessione  sopra  alcuni  degli  Ar- 
ticoli contenuti  nella  Costituzione  Cisalpina,  seguendo  qualora  sia 
possibile  le  traccie  del  prelodato  Breve. 

Nella  dichiarazione  dei  diritti  e  dei  doveri  dell'  uomo  e  del 
Cittadino,  che  si  premette  alla  menzionata  Costituzione  Cisalpina, 
si  dà  la  seguente  nozione  della  Libertà  nell'Art.  II  :  La  libertà 
consiste  in  poter  far  ciò  che  non  nuoce  ai  diritti  altrui.  In  confor-\ 


(1)  «  La  costitnzione   cisalpina,  magro    rimpasto    delhi  francese    del-  c^ 
1'  anno  III,  era  per  nulla  adatta  all'  indole  ed  ai  bisogni  dei  ])opoli  lom- 
bardi. »  CusAXi,   Storia  di  Milano,   V,   139. 

RiNiERi.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX.  —  Voi.  II.  6 


82  CAPITOLO   QUARTO 


mità  di  una  tal  massima,  nell'Articolo  354  generalmente  si  stabi- 
le lisce  che:  A  nessuno  può  essei'e  impedito  dì  dire,  scrìvere,  stampare 
i  SUGI  pensieri^  né  vi  si  aggiunge   alcuna   limitazione  circa  gli  og- 
getti relativi  alla  Religione. 

Or  circa  queste  due  massime,  prese  unitamente  in  considerazione, 

ecco  come  si  esprime  il  prelodato  Pontefice  nel  menzionato  Breve  : 

\    «  Eo  Consilio  decernitur,  in  iure  positum  esse,  ut  homo  in  societate 

!     «  constitutus  omnimoda  gaudeat   libertate,  ut  turbavi  scìlicet  circa 

«  Religionem  non  debeat,  in  eiusque  arbitrio  sit  de  ipsius  Relìgionis 

«  argumento,  quidquìd  velit,  opinari,  loquì,  scribere,  ac  typis  etiam 

«  evulgare.   Quae  sane  monstra  ab  illa  hominum  inter  se  aequali- 

;     «  tate,  naturaeque  libertate  derivari  ac  emanare  declaravit.  » 

bell'accennata  dichiarazione  dei  diritti,  e  dei  doveri  dell'uomo, 
e  del  cittadino  nell'articolo  17  si  stabilisce,  che  :  La  sovranità  ri- 
siede essenzialmente  'nella  universalità  dei  cittadini.  Ove  poi  s' in- 
comincia a  riportare  la  costituzione  della  Repubblica  Cisalpina,  sotto 
il  n.  2  si  stabilisce  che  La  universalità  del  Cittadini  della  Repub- 
blica Cisalpina  è  il  sovrano.  Su  di  questa  seconda  asserzione  con- 
siderata da  sé,  ossia  isolatamente  non  si  troverebbe  a  ridire,  giacché 
in  linea  di  fatto  può  esser  vero  verissimo,  che  l'universalità  dei  citta- 
dini di  un  luogo  sia  il  sovrano.  Ma  non  si  può  tollerar  detta  asser- 
zione, se  si  prende  in  considerazione  come  ogni  ragion  vuole,  uni- 
tamente all'altra  massima  poc'anzi  riferita,  che  la  sovranità  risiede 
essenzialmente  nella  Universalità  dei  Cittadini.  La  parola  essenzial- 
mente appalesa  più  che  a  sufficienza  la  pravità  di  una  tal  massima, 
e  va  direttamente  a  distruggere  qualsivoglia  forma  di  governo  o 
Monarchico  o  Aristocratico.  La  cosa  parla  da  sé  e  perciò  non  è 
duopo  diffondervisi. 

Nella  summenzionata  dichiarazione,  allorché  si  riportano  i  doveri 
dell'uomo,  e  del  cittadino,  nell'Art.  II  si  stabilisce  che  :  Tutti  i  do- 
/^veri  dell'uomo  e  del  Cittadino  derivano  da  questi  due  principii  scolpiti 
dalla  natura  in  tutti  i  cuori:  Non  fate  agli  altri  ciò  che  non  vor- 
reste fatto  a  Voi;  fate  costantemente  agli  altri  il  bene,  che  vorreste 
riceverne. 

Notinsi  attentamente  quelle  parole  tutti  i  doveri;  notisi  inoltre, 
che  nell'accennato  articolo  si  enunziarono  tutti  i  doveri  non  solo 
del  cittadino,  ma  anche  dell'  Uomo.  Dunque  non  ha  l'uomo  in  virtù 
dell'articolo  suddetto  verun  dovere  verso  Dio.  Dunque  non  ha  verun 
dovere  verro  se  stesso.  L'empietà  salta  agli  occhi  di  chicchessia; 
empietà  che  si  rende  vieppiù  manifesta  e  palpabile,  giacché  in  tutta 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  83 

la  Costituzione  Cisalpina  non  vi  è  una  minima  parola  con  la  quale, 
o  si  eccitino  o  si  ricordino  ai  sudditi  della  Repubblica  Cisalpina  i 
doveri  verso  Dio  e  verso  se  stessi;  quello  poi  che  reca  maggior 
ammirazione  si  è,  che  sotto  il  titolo  10,  concernente  V  istruzione  puh- 
hlicaf  si  suggeriscono  varie  avvertenze  per  l' istruzione  della  gio- 
ventù, ma  si  usa  nello  stesso  tempo  una  troppo  affettata  diligenza, 
per  non  dir  neppure  una  parola  dell'  istruzione  della  gioventù  nei 
rudimenti  della  Religione  Cattolica.  Si  prescrive,  è  vero,  nell'arti-  '^ 
colo  294,  che  i  Governi  siano  istruiti  sui  loro  doveri  per  mezzo  di 
un  Catechismo,  ma  questo  Catechismo  qual'  è?  È  il  Catechismo  i 
Civico. 

Nell'articolo  353  si  stabilisce  quanto  segue  :  La  legge  non  rico- 
nosce alcuna  obbligazione   contraria  ai  diritti  dell'uomo  in  società. 
La  legge  determina  gii  effetti  dei  voti  religiosi  già  fatti.  Non  s' in-    ^ 
dica  in  quest'articolo  quali  sieno  le  obbligazioni  contrarie  ai  diritti 
■  dell'uomo  in  società,  che  la  legge  non  riconosce;  è  peraltro  facilis- 
simo congetturare,  che    vogliano   sott'  intendere  i  voti   Religiosi,   i 
quali  dai  Filosofi,  o  sia  dai  Libertini  dei  nostri  giorni  si  vogliono 
far  passare  come    contrari  ai  diritti  dell'uomo   in   Società,    giacché 
dai  medesimi    s' insegna  che  nuocono  alla  popolazione,  e   che    sono 
direttamente  contrari   alla  pubblica  felicità.  Sia  per  altro   come  si 
vuole,  certa  cosa  è  che  non  può  in  verun  conto  tollerarsi  quel  tratto 
del  surriferito  articolo,  in  cui  si  dice:  «  La  legge  determina  gli  ef- 
fetti de' Voti  Religiosi  già  fatti.  »  Se  questa  massima  prende  piede, 
si  sentiranno  quanto  prima  nelle  provincie,  ove  sarà  di  nuovo  pub- 
blicata questa  Costituzione,  sciolti  dalla  podestà  laicale,  dai  voti  so- 
lenni già  fatti,  tutti  quei  Religiosi  i  quali  malcontenti  dello   stato 
religioso,  che  hanno  professato,  avran  piacere  di  vivere  nel  secolo, 
e  anche    di    unirsi    in    figura   e   forma   di  matrimonio  con  qualche 
donna. 

Nell'Art.  354  leggesi  quanto  segue:  A  nessuno  può  essere  impe-  \ 
dito  di  dire,  scrivere,  stampare  i  suoi  pensieri.   Gli  scritti  non  pos-   1 
sono  essere  sottomessi  ad  alcuna  censura  prima  della  loro  pubbli-  f 
cazione.  Nessuno  può    essei'e   responsabile   di  quanto  ha   scritto,  o 
pubblicato^  se  non  nei  casi  preveduti  dalla  legge.  \ 

E  stata  questa  massima  già  di  sopra  riportata  per  un  altro  in- 
tento, per  far  conoscere  cioè  fin  dove  si  estende  la  libertà,  che 
viene  accordata  dalla  Costituzione  Cisalpina.  La  massima  suddetta 
peraltro  esige,  che  sia  presa  in  considerazione  anche  da  per  se  stessa, 
giacché  prout  iacet  ossia  tu  obvio  verborum  sensu  può  essere  la  ca- 


84 


CAPITOLO   QUARTO 


gione  delle  più  funeste,  e  lagrimevoli  conseguenze.  L'articolo  adun- 
que 354,  nei  termini  con  i  quali  è  concepito,  è  lesivo  dell'  autorità 
della  Chiesa,  la  quale  ha  fatto  varie  provvide  leggi,  per  porre  qualche 
freno  alla  libertà  della  stampa,  come   apparisce    dal  V  Concilio  di 
Laterano,  celebrato  sotto  Leone  X,  Sess.  X.  Il  qual  concilio  vietò, 
che  si  stam})assero  libri  di  qualunque  argomento  trattassero  o  sagro 
o  profano,  se  non  fossero  stati  prima  approvati  dall'autorità  eccle- 
siastica. Ed  in  seguito  il  Concilio  di  Trento,  Sess.  IV,  in  Decreto 
«  De  Editione  et  usu  sacrorum  librorum  » ,  vietò  espressamente  la 
stampa  di  libri  che  trattano  de  rebus  sacris,  nisl  primum  exami- 
nati,  prabatique  f aerini  ab  Ordinario.   Nulli  liceat  imprimere  vel 
imprimi  facere  quosvis  libros  de  rebus  sacris,  sine  nomine  auctoris, 
neque  illos  in  faturum  vendere,  aut  etiam  apud  se  retinere,  nisi  pri-  , 
mum  examinati  probatique  f aerini  ab  Ordinario,  sub  poena  anaihe- 
matis,etpecuniae  in  canone  Conciliì  novissimi  Lateranensis  apposita. 
Inoltre  la  libertà  suddetta  può  essere  oltremodo  nociva  non  solo 
alla  Religione,  ma  anche  al  Principato  secolare.  Né  può  tale  effre- 
nata  libertà  rimaner  giustificata,  in  vista  della  modificazione  o  cor- 
rettivo che  tosto  si  soggiunge  «  di  esser  cioè  responsabile  di  quanto 
ha  scritto  pubblicato  nei  casi   previsti    dalla    legge.  »    Giacché   in 
primo  luogo,  quali  sono  i  casi  preveduti  dalla  legge,  nei  quali  sarà 
uno  responsabile  di  quanto  ha  scritto  e  pubblicato?  Nella  Costitu- 
zione Cisalpina   certame  ate    non    si    accenna  neppur   uno  di  questi 
casi,  nei  quali  l'Autore  sia  responsabile  di  quanto  ha  scritto  e  pub- 
blicato. Inoltre   come   si  rimedierà    ai  danni   spirituali    gravissimi, 
che   potranno  derivare   ai   Fedeli   dall'  accennata  libertà,  se  questi 
danni  s' ignorano  e  in  realtà  ignorar  devonsi,  poiché  consistono  pri- 
mariamente e  principalmente  nella  persuasione?  Questa  riflessione 
se  in  ogni  tempo  ha  avuto  gran  forza,  molto  maggiore  deve  averla 
presentemente,   attesa   V  arte  sopraffina   della   quale   si  valgono  gh 
empi  autori,  per  insinuare  nell'animo  di  chi  legge  l'incredulità,  il 
libertinaggio.  Una  cercaria  di  semplicità  e  di  franchezza,  lenocinlo 
di  espressioni,  uno  zelo  affettato  dell'umana  felicità,  obiezioni  esposte 
con  forza,  e  confutate  con  debolezza,  dubbii  su  la  religione  seminati 
a  proposito,  declamazioni   patetiche  contro   del  sacerdozio,  formano 
in  sostanza  il  tessuto  degli  empi   volumi,  i  quali  da   molti  avida- 
mente si  leggono,  0  per  amore  di  novità,  o  per  darsi  aria  di  bella 
spirito.  In  leggendoli  beono  incautamente  il  veleno,  e  non  han  finito 
di  leggere,  che  han  già  finito  di  essere  e  timorati  e  cristiani.  Tal 
sorta  di  libri  venivano   una   volta  solamente  di  là  dai    monti;  ma^ 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  85 


r 


in  oggi  in  seno  dell'Italia  stessa  e  si  scrivono  e  si  stampano  e  tro- 
vano nel  centro  della  Cattolica  Chiesa  avidità  nel  leggerli,  mania 
di  spargerli  e  pubblicarli,  fanatismo  a  proteggerli  e  difenderli. 

Non  è  tutto  ciò  una  pura  immaginazione.  Iddio  volesse,  che  la 
nostra  Italia,  che  la  età  nostra  non  fosse  anche  troppo  lagrimevol- 
mente  feconda  di  somiglianti  esempi.  Or  persuaso  che  sia  1'  uomo, 
€  imbevuto  di  perverse  massime  per  la  lettura  che  ha  fatta  di 
qualche  perverso  libro,  (lo  che  sarà  facilissimo  ad  accadere  in  se- 
quela dell'articolo,  in  cui  viene  decretata  la  libertà  della  stampa) 
qual  prò  che  risponder  debba  l'Autore  di  quanto  ha  scritto,  e  pub- 
blicato nei  casi  preveduti  dalla  legge?  Con  la  modificazione  adunque 
o  correttivo  che  si  soggiunge  alla  libertà  della  stampa,  accordata 
nel  trascritto  articolo,  o  non  si  previene  il  male  che  può  derivare 
dalla  lettura  di  libri  malvagi,  ma  si  procura  soltanto  di  dare  ad 
esso  riparo,  quando  di  già  è  seguito;  o  al  più  si  procura  di  preve- 
nirlo, ma  in  una  maniera  molto  debole  ed  insufficiente  all'intento. 

Nell'articolo  355  si  dispone  che:  A  nmno  può  essere  impedito 
V esercitai'e,  conformandosi  alle  leggi,  il  culto  che  ha  scelto.  Il  pò-  ) 
tere  esecutivo...  impedisce  V  esercizio  delle  loro  funzioni  a  quei  mi- 
nistri di  qualunque  culto,  che  hanno  demeritata  la  confidenza  del 
governo.  Ninno  può  esser  forzato  a  contribuire  alle  spese  di  qua- 
lunque culto. 

Con  il  tratto  riportato  in  primo  luogo,  si  ammette  la  tolleranza 
di  qualunque  culto  anche  pubblico.  Ora,  e  chi  non  comprende  quanto 
una  tal  massima  sia  opposta  a  quei  sodissimi  riflessi  della  religione 
cattolica  contro  la  tolleranza  di  qualunque  culto  anche  pubblico,  nei 
luoghi  particolarmente,  nei  quali  la  sola  religione  cattolica  è  la  re- 
ligione dominante? 

Con  il  tratto  riportato  in  2^  luogo  (per  lasciar  da  parte  tutte 
le  altre  sode  riflessioni,  che  subito  si  appresentano),  il  potere  ese- 
cutivo si  tiene  aperta  la  strada  per  impedire  ai  ministri  della  re- 
ligione cattolica  l'esercizio  delle  loro  funzioni.  Per  impedire  l'esercizio 
sudetto,  basta  che  i  ministri  di  qualunque  culto  abbiano  demeritata 
la  confidenza  del  governo.  Or  chi  non  vede  quanto  facil  cosa  sia 
il  trovare  o  fingere  un  pretesto  per  dire,  che  i  ministri  del  culto 
cattolico  hanno  demeritato  la  confidenza  del  governo,  onde  il  potere 
esecutivo  sia  autorizzato  ad  impedirgli  l'esercizio  delle  loro  funzioni? 

Si  sa  benissimo,  che  la  religione  cattolica  non  piace  agli  autori, 
promulgatori,  fautori  della  Costituzione  Subalpina.  Si  sa  di  più,  che 
abborriscono  sommamente  e   detestano  la  religione  suddetta  e  tutti 


86  CAPITOLO   QUARTO 


quegli  che  la  professano.  Quindi  niente  più  facile  ad  accadere,  che 
si  trovi  un  qualche  mendicato  pretesto  per  asserire,  che  i  ministri 
del  culto  cattolico  hanno  demeritata  la  confidenza  del  governo,  e 
ciò  per  ottenere  l' intento  che  il  potere  esecutivo  gì'  impedisce  l'eser- 
cizio delle  loro  funzioni. 

Circa  il  tratto  riportato  in  terzo  luogo,  è  evidente  il  torto,  che 
si  fa  ai  ministri  della  religione  cattolica,  di  esser  cioè  mantenuta 
dai  fedeli  in  mancanza  di  rendite  fisse. 
,  Neil'  articolo  373  si  dice  che  :  La  Costituzione  adotta  negli  atti 
pubblici  Véra  francese^  che  comincia  ai  22  settembre  1792,  epoca  della 
fondazione  di  quella  repubblica. 

Merita  di  essere  ben  rimarcata  l'espressione  «  negli  atti  pub- 
blici. »  Negli  atti  pubblici  adunque  vuole  abolita  1'  èra  cristiana. 
Una  si  stravagante  maniera  di  pensare  e  di  agire  non  ad  altro  è 
diretta,  se  non  a  far  si  che  vengano  a  confondersi  i  mesi,  le  setti- 
mane, le  domeniche  e  i  giorni  secondo  il  calendario  ecclesiastico,  e 
con  ciò  rimangano  confuse  e  col  tempo  obliterate  le  feste  e  le  solen- 
nità di  nostra  santa  religione,  le  vigilie,  l'astinenza  quaresimale,  ecc. 
Che  questo  in  verità  sia  l' intento  degli  autori  e  fautori  della  pre- 
sente Costituzione,  si  deduce  dall'osservare  la  mutazione,  che  hanno 
indotta  nei  giorni,  nelle  settimane,  mesi  ecc.,  come  ognuno  sa  be- 
nissimo. 

Sono  questi  non  già  tutti  gli  articoli  contenuti  nella  Costituzione 
Subalpina,  che  meritino  riprensione,  censura  teologica;  ma  sono 
bensì  i  principali,  quegli  cioè  dei  quali  può  dirsi  essere  la  sorgente 
di  alcuni  altri  errori  nella  medesima  contenuti.  Or  gli  accennati 
articoli  della  Costituzione  Cisalpina,  non  possono  non  detestarsi  dal 
Capo  della  Chiesa,  se  non  vuol  vedere  interamente  perduta  la  re- 
ligione cattolica  nei  luoghi  ove  si  pubblica,  e  ove  ne  vuole  che  si 
giuri  obbedienza  alla  medesima  (1). 

Fin  qui  la  relazione  sulla  Costituzione  cisalpina,  le  cui  ten- 
denze verso  r  emancipazione  da  ogni  morale  e  da  ogni  legge 
religiosa,  sono  esposte  in  maniera  chiara  ed  elementare. 


(1)  Archiv.  Vatic._,  Italia  Ajyjyendice  Epoca  Napoleonica,  voi.  IX,  Fa- 
scio G.  Questo  lavoro,  di  notabile  im2)ortanza  come  ognun  vede,  dev'  es- 
sere stato  composto  verso  il  1802_,  quando  cioè  le  nuove  circostanze  ebbero 
chiamato  lo  studio  e  l'attenzione  della  S.  Sede  verso  la  nuova  repubblica 
milanese. 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  87 

Ma  la  repubblica  cisalpina,  come  le  altre  repubbliche 
figliate  dalla  francese  che  si  diceva  loro  madre,  si  squagliò  nel 
giugno  del  1799  dinanzi  alle  schiere  austro-russe  capitanate  _. 
dal  Souvarof.  L'Austria  allora  ricuperò  la  Lombardia,  e  potè 
ammirare  le  rovine  vandaliche,  onde  giacobini  e  patriotti 
italo-galli  avevano  segnato  le  loro  orme,  non  ancora  cancel- 
late, massimamente  nelle  chiese  e  ne'  monasteri,  comecché 
Parte  e  P antichità  rendessero  venerabili  que' monumenti.  Ma 
la  fatale  battaglia  di  Marengo,  combattuta  dal  Bonaparte  re- 
duce fortunato  dall'Egitto,  e  vinta  nelle  campagne  piemon- 
tesi a'  14  giugno  1800,  distrusse  con  un  colpo  maestro  le  "ì 
conquiste  austriache,  e  ridiede  una  tal  quale  nuova  vita  alla 
repubblica  cisalpina.  In  Milano,  ov'era  entrato  vittorioso 
a' 16  di  giugno,  il  Bonaparte  già  Primo  Console  le  diede  un 
assetto  provvisorio.  Non  facendo  piti  conto  dell'  abborracciata 
costituzione  del  1797,  creò  una  consulta  di  cinquanta  cittadini 
per  la  parte  legislativa;  ad  una  commissione  straordinaria  di 
nove  membri  confidò  il  potere  esecutivo;  e  le  impose  a  pre-  j 
sidente  il  francese  Petiet.  Quindi  nel  seguente  anno,  24  set- 
tembre 1801,  per  ordine  suo  tutti  i  poteri  furono  ridotti  ad 
un  triumvirato,  nominato  da  lui  nelle  persone  del  marchese 
Visconti,  e  degli  avvocati  Ruga  e  Sommariva. 

In  questo  tempo  il  Primo  Console,  che  meditava  già  di 
cingere  al  suo  capo  la  corona  de'  re  lombardi  o  meglio  quella 
di  Carlomagno,  pensò  alla  maniera  onde  dare  esecuzione  al 
suo  disegno.  La  cosa  non  era  facile  per  motivi  interni  alla  stessa 
cosa  pubblica,  allora  sommamente  scomx)igiiata  nella  Lom- 
bardia (1);  e  d'altra  parte  bisognava  salvare  le  apparenze  di- 


(1)  All'avvocato  Aldini,  inviato  a  Parigi  (13  giugno  1801)  a  fine  di 
far  invocare  il  decreto,  con  cui  la  madre  repubblica  comandava  alla  figlia 
l'allestimento  di  un  esercito  cisalpino  regolare  {Correspondaìice,  VII, 
n.  5590)  il  Bonaparte  disse:  «  Di  tante  cose  che  feci  in  mia  vita,  ninna 
mi  si  presentò  cosi  ardua  quanto  il  creare  una  costituzione  adatta  al  vostro 
paese.  »  Intanto  però  questo  paese  doveva,  per  il  mantenimento  dell' eser- 


88  CAPITOLO    QUARTO 


naiizi  alP Italia  e  dinanzi  alle  potenze,  colle  quali  si  andavano 
già  dibattendo  le  trattative  della  pace  europea,  che  si  cou- 
chiuse  in  Amiens  a' 25  di  marzo  1802. 

Ma  il  Bonaparte  in  fatto  di  scaltrezza  e  di  raggiri,  non  era 
secondo  a  nessun  conquistatore  antico  e  moderno.  Laonde  il 
suo  giuoco  in  questa  faccenda  dovea  essere  quel  medesimo, 
che  fu  usato  in  antico  dal  Console  Marcello  co' Siracusani,  e 
consisteva  nel  farsi  pregare  ad  accettar  la  conquista  del  loro 
paese.  Aiutatore  e  consigliere  nella  preparazione  del  colpo 
^li  fu  il  Talleyrand,  al  quale  si  aggiunse  in  breve  il  conte 
Melzi,  fatto  chiamare  a  posta  a  Parigi  in  nome  del  Primo 
Console  da  Saragozza,  dove  il  patrizio  milanese  erasi  ritirato 
"  in  casa  di  sua  sorella  contessa  di  Palafox  per  non  essere  spet- 
tatore dello  sconquasso  della  sua  patria  (1). 

Tra  il  Talleyrand  e  il  Melzi  si  discussero  propriamente  i 
prossimi  destini  della  Cisalpina.  Discordi  ne' mezzi,  entrambi 
concordavano  nel  fine:  il  primo  propose  una  confederazione 
degli  Stati  lombardi  e  limitrofi,  P altro  affacciò  idee  unitarie. 
Ma  entrambi  convenivano,  che  siccome  capo  della  Cisalpina^ 
o  confederata  o  unita  in  repubblica,  Puomo  indicato  era  il 
Primo  Console  della  Repubblica  francese:  e  ciò  era  appunto 


cito  gallo,  spendere* ogni  auiio  la  somma  di  72  milioni  di  franchi;  nel- 
l'agosto del  1801  erano  assegnati  al  Mnrat,  per  convenzione  provvisoria, 
2,750,000  franchi  al  mese  per  il  mantenimento  di  quell'esercito:  «La 
Cisalpine,  (V après  mi  ahonnement  nomeUement  conelu,  doit  verser  par  mois, 
<lans  la  caisse  de  l'armée,  2,750,000  francs  {Con'espondance,  VII,  n.  5740)  »; 
dal  Petiet,  ministro  francese  governatore  della  repubblica,  uomo  che  dal 
Thiers  viene  reputato  homme  suge,  e  dal  Cicognara  fu  detto  «  ladro  di 
tre  cotte  »  {Memorie,  I,  191),  erano  stati  alienati  «  diversi  cospicui  la- 
tifondi per  lenocinlo  di  una  sua  bella  »  (così  il  Cicognara,  weWArcliiv. 
renet.,  1871,  I,  240)  ;  al  Massena,  nel  partirsi  da  Milano,  il  municipio 
fu  costretto  a  sborsare  300,000  lire,  e  così  via  (Cubani,  VI,  6,  70).  In- 
tanto le  gravezze  pubbliche  s' imjìonevano  coli'  enorme  pondo  di  180  mi- 
lioni !  Vedi  più  innanzi  la  rimostranza  del  popolo  cisalpino,  letta  al  Primo 
Console  in  Lione,  a'  14  gennaio  del  1802. 
(1)  V.   Cantù,    Cronistoria,   I,   255. 


IL    CONGRESSO    DI    LIONE  89 

quanto  voleva  e  quanto,  probabilissimamente,  il  Bonaparte 
aveva  in  anticipato  stabilito  col  Talleyrand  suo  ministro  degli 
tester!  (1). 

Il  Bonaparte  era  massimamente  uomo  d'ordine  (2),  e  cal- 
colatore soprammaniera.  Quindi  per  venire  al  termine  de'  suoi 
lontani  divisamenti,  egli  volle  imprima  assestata  seriamente 
la  repubblica  milanese  nella  parte  amministrativa  e  politica; 
ed  in  secondo  luogo  intendeva  di  darle  un  assetto  religioso 
tale,  elle  assicurasse  a'  popoli  il  patrimonio  delle  sue  avite 
credenze,  ed  insieme  porgesse  al  Capo  della  cristianità  come 
una  solenne  malleveria  della  conservazione  e  tutela  delP  antica 
religione.  Per  la  prima  di  queste  cose  chiamò  nella  città  di 
Lione  a  solenne  assemblea  i  maggiorenti  di  tutta  la  repub- 
blica cisalpina,  come  per  consultarli  ed  avere  il  loro  parere 
intorno  alla  forma  con  cui  si  dovessero  governare,  il  che  ac- 
cadde verso  il  decembre  del  1801.  E  per  la  seconda,  divisò  di  \ 
fare  col  Papa  per  la  cisalpina  un  Concordato  religioso,  sic- 
come aveva  proposto  e  stava  allora  compiendo  per  la  repub-  j 
blica  francese.  DelP  uno  e  dell'altra  ci  dobbiamo  necessaria-  / 
mente  occupare. 


II. 


Una  circolare  della  Consulta  legislativa  (1.2  novembre  1801  ) 
convocava  per  gli  11  del  mese  di  decembre  un'assemblea 
.straordinaria  de' maggiorenti  di  tutti  gli  ordini  della  Cisal- 


.(1)  CusANi,  VI,   71  segg.  ;  G.  Melzi,   Francesco  Meìzi  cV Eril    duca  dì 
Lodi,  Memorie-documenti,  I,  265-273. 

(2)  In  mia  udienza  diceva  all'Aldini,  e  questi  riferiva  al  Pancaldi  mi- 
nistro per  gì'  interni  della  Cisalpina  :  «  A  Milano  le  cose  vanno  male  ; 
non  si  commettono  che  bestialità  ;  si  ruba  a  precipizio,  e  non  faceste 
elle  sciocchezze.  »  E  insistendo  sul  pessimo  andamento  della  cosa  pubblica, 
l)er  essersi  sostituito  agli  onesti  la  canaglia,  esclamò  :  «  Questa  genia,  nata 
in  bassa  condizione,  si  è  fitta  in  testa  di  straricchirc  nei  posti  che  occupò; 
ma  andrò  laggiù  e  punirò  severamente  i  ladri  (cit.  dal  Cusani,  VI,  70).  » 


90  CAPITOLO   QUARTO 


pina,  la  quale  dovevasi  riunire  nella  città  di  Lione  in  Francia. 
Lo  scopo  era  di  concorrere  coi  lumi  e  coi  pareri  di  tutti  ad 
aiutare  il  Primo  Console  nelP  opera  di  fissare  le  basi  e  le  leggi 
organiche  della  nuova  costituzione  da  darsi  in  maniera  defi- 
nitiva ai  popoli  cisalpini.  E  così  verso  il  mezzo  del  detto  mese 
trovavansi  adunati  in  Lione  magistrati,  professori,  vescovi, 
preti,  artisti:  ossia  tutto  il  fiore  degli  uomini  della  Lombar- 
dia, nel  numero  di  452  (1). 

Per  quanto  sappia,  non  consta  che  per  ciò  che  riguar- 
dasse rinvio  di  tanto  clero  a  pigliar  parte  di  quella  novis- 
sima dieta,  il  Papa  fosse  consultato  direttamente,  e  fosse 
direttamente  invitato  ad  inviare  un  qualche  suo  rappresen- 
tante. E  la  faccenda  era  assai  delicata,  perchè  tra  i  convocati 
figuravano  i  vescovi  delle  legazioni  di  Bologna,  di  Ferrara, 
e  di  Ravenna;  ed  inoltre  il  vescovado  d^  Imola,  conservatosi 
dal  Papa,  era  governato  da  un  suo  vicario.  Per  tanto  una 
partecipazione  del  Papa  nelP  invio  de'  deputati  di  quelle  città 
avrebbe  dato  un'  apparenza  di  approvazione  al  trattato  di  To- 
lentino; cosa  che  Pio  VII  e  il  card.  Oonsalvi  evitarono  con 
ogni  studio,  riguardando  essi  quel  trattato  siccome  nullo  in 
se  stesso,  per  essere  stato  imposto  dalla  forza  armata,  e  poi 
annullato  dagli  stessi  francesi,  che  ne  ruppero  il  patto  col- 
F  invasione  del  territorio  e  della  città  di  Roma. 


(1)  Questo  mimerò  di  452  è  dato  dal  Melzi,  Memorie-documenti ,  1,  283, 
il  quale  a  pag.  542  riferisce  i  nomi  di  tutti  i  convocati  ;  Theixek,  II,  8  ; 
BouLAY  DE  LA  Meukthe^  DocHm.  Coìicord.,  V,  18,  u.  1  ;  Odorici,  Storie 
Bresciane,  X,  142;  Thiers,  Hist.  dn  Cons.  et  de  V Emp.  (1851),  I;,  695; 
Malamani,  Memorie  dei  conte  Leopoldo   Cicognara,  1,  ?Aó. 

Ne  danno  solamente  450  :  Eotta,  Storia  d'Italia  (1789-1814)  (Italia  1834), 
pag.  451;  Cantìt,   Cronistoria.  I,  246. 

I  convocati  erano  veramente  452,  ma  all'  ax)pello  nominale,  fatto  al- 
l'arrivo  del  Primo  Console,  non  risposero  se  non  450  (Thiers,  a^oI.  c, 
X).  696).  Infatti  all'appello  mancarono  tre:  il  Visconti  e  l'Arauco,  morti 
a  Lione  ;  e  il  Coddè  di  Mantova,  morto  in  viaggio  (Cubani,  VI,  78-79)  : 
dunque  i  jìresenti  al  congresso  non  poterono  essere  se  non  449. 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  91 

A  Ogni  modo  due  cose  sono  certe  in  questa  materia;  vale 
a  dire,  che  sì  veramente  il  Primo  Console  avrebbe  desiderato 
Ja  partecipazione  officiale  del  Papa  a  quel  congresso,  coli' in- 
viarvi un  qualche  suo  rappresentante.  Ma  nessuna  apertura 
diplomatica  fa  fatta  in  maniera  diretta.  Ed  in  secondo  luogo^ 
il  card.  Dugnani,  il  quale  amministrava  la  chiesa  di  Cesena  ' 
in  nome  del  Papa  che  si  era  conservato  quel  vescovado,  non 
andò  a  Lione  né  come  rappresentante  del  Papa,  ne  come 
vicario  del  già  card.  Chiaramonte  vescovo  d'Imola  (1). 

I  vescovi  deputati  significarono  naturalmente  al  Pontefice 
la  loro  andata  a  Lione,  e  ne  ottennero  in  risposta  parole  di 
esortazione  e  di  zelo  per  il  bene  delle  loro  chiese.  Ma  a  di- 
sturbare le  intenzioni  della  corte  di  Roma  in  questa  delicata 
materia,  occorse  P opera  dello  stesso  card.  Caprara,  il  quale 
colla  sua  importuna  e  soverchia  premura  di  andare  ai  versi  Y 
del  Primo  Console,  fu  causa  di  dispiaceri  non  piccoli  per  la 
S.  Sede,  anche  in  cose  come  questa  che  non  riguardavano  le 
sue  attribuzioni  di  Legato. 

Come  andasse  la  faccenda,  ci  è  narrato  dal  Consalvi,  in 
un  suo  dispaccio  diretto  a'Nunzii  a' 23  gennaio  1802,  il  quale 
è  di  non  piccola  importanza  e  ci  porge  i  seguenti  ragguagli. 

Cifra  Consalvi  a'  Nunziiy  23  Gennaio  1802, 

Confidentissimamente,  e  solo  per  sua  istruzione,  se  Fuso  e  le 
circostanze  lo  esigeranno,  comunico  a  V.  E.  quanto  siegue.  Una 
grande  amarezza  ha  provato  N.  S.  per  una  svista  commessa  a  Pa- 
rigi. Convien  sapere,  che  il  Vicario  di  N.  S.  in  Imola  (il  qual  Ve- 
scovado ha  ritenuto)  essendo  stato  invitato  da  Milano,  per  andare 
come  gli  altri  al  Congresso  di  Lione,  o  mandarvi  un  Deputato,  ed 
avendo  egli  su  di  ciò  scritto  a  N.  S.,  questi  che  non  voleva  in  conto 
alcuno  avere  alcuna  parte  a  ciò  che  colà  si  facesse,  prese  il  partito  \ 
di  farmi  rispondere  al  detto  Vicario  una  lettera  assai  breve  ed  osten- 


(1)  Grande  sbaglio  si  legge  nelle  Memorie-documenti  del  Melzi  :  «Vistesso 
pontefice  inviava  rappresentante  il  cardinale  Dugnani  (I,  284).  »  Queste  pa- 
role errate  sono  ivi  riferite,  siccome  parole  del  Verri  (Ibid.). 


92  CAPITOLO    QUARTO 


sibile,  in  cui  si  diceva  che  essendo  giunta  al  S.  P.  la  lettera  al  1^ 
di  decembre,  ed  essendo  il  Congresso  intimato  agli  11,  Sua  San- 
tità vedendo  essere  fuori  di  tempo,  credeva  inutile  di  occuparsi 
dell'affare. 

Questa  risposta  inviata  d  al  Vicario  al  Governo  di  Milano  per- 
suase, e  tutto  andò  benissimo.  Intanto  se  ne  diede  di  qui  notizia 
contemporanea  al  Card.  Legato,  perchè  se  mai  gliene  parlassero,  si 
regolasse  sullo  stesso  tenore  ;  e  se  non  gliene  parlassero,  non  ne  fa- 
cesse parola.  Egli  rispose  che  ancora  non  gliene  avevano  parlato; 
e  che  se  lo  facessero  in  seguito,  avrebbe  esattamente  eseguite  le 
istruzioni.  Quand'  ecco  che,  con  la  lettera  da  lui  scritta  ai  2  Gen- 
naro e  qui  ricevuta  jeri  l'altro,  si  sente  con  dolore  infinito,  che  in 
una  udienza  datagli  dal  P.  Console,  questo  sul  fine  gli  parlò  della 
mancanza  della  rappresentanza  della  Chiesa  d' Imola  al  Congresso 
di  Lione,  non  essendovi  andato  il  Vicario  di  N.  S.  ;  al  che  avendo 
il  Card.  Legato  risposto  come  si  era  da  me  scritto  al  Vicario,  il 
P.  Console  si  tacque  e  fini  V  udienza. 

E  per  vero  dire,  qualunque  segno  di  dispiacere  potesse  avere 
il  Card.  Legato  scorto  in  tal  silenzio,  sempre  era  da  rimanerne 
soddisfatto,  per  quanto  la  natura  della  cosa  portava,  non  potendosi 
pretendere  che  egli  dicesse  :  ha  fatto  bene  /  e  non  essendo  poco  di 
esserne  usciti  senza  che  o  facesse  querela,  o  anche  dicesse  espres- 
samente di  scrivere  a  Roma,  che  si  destinasse  qualcuno,  essendoci 
ancora  un  certo  tempo.  Subito  che  il  P.  Console  aveva  avuto  il 
riguardo  e  la  delicatezza  di  nulla  dire,  pareva  che  la  cosa  fosse 
andata  in  fondo  non  male.  Ma  il  Card.  Legato  scrive  che  tornato 
a  casa,  e  pensando  fra  sé  che  gli  pareva  di  non  essere  in  ciò  stato 
^  felice  (sono  le  sue  parole)  si  risolvè  a  far  sapere  al  P.  Console  il 
rincrescimento  che  ne  provava,  e  a  chiedergli  il  permesso  di  autoriz- 
zare in  nome  di  N.  S.  il  Card.  Bellisomi  a  colà  rappresentarlo;  al 
che  il  P.  Console  avendo  assai  applaudito,  egli  scrisse  subito  subito  al 
Card,  predetto,  autorizzandolo  a  ciò  ;  e,  quel  che  è  più,  disse  nella 
lettera  di  averne  avuto  F  espresso  comando  da  N.  S.,  ben  conoscendo 
forse  che  le  sue  facoltà  di  Legato  non  si  estendevano  a  ciò,  che 
non  aveva  a  che  fare  con  le  cose  ecclesiastiche  di  Francia. 

Egli  trasmette  la  copia  di  questa  lettera,  ed  implora  di  tutto 
questo  l'approvazione  pontificia.  Io  non  so  dire  abbastanza  quanto 
questo  fatto  abbia  trafitto  il  Papa,  che  vede  la  difficoltà,  e  dirò 
anche  V  impossibilità  di  le  désavouer,  e  vede  insieme  le  conseguenze 
che  seco  porta.  Lascio  andare  la  difficoltà  minore,  (che  pure  è  gran- 


ii 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  93 


dissima),  qual'è  quella  di  non  essere  del  nostro  interesse  lo  sere-  y^ 
ditare  in  Parigi  stesso,  non  che  altrove,  il  Legato,  sopra  di  un 
simile  arbitrio  che  si  è  preso.  Dico  solamente,  come  si  può  andare 
incontro  ad  un  irritamento  terribilissimo  del  P.  Console,  col  pro- 
cedere a  manifestargli  tale  disapprovazione,  anche  in  privato?  E 
che  sarebbe  poi,  facendola  in  modo  che  la  conoscesse  il  pubblico 
coi  cattivi  effetti  procedenti  da  una  tal  rappresentanza  del  Papa  in 
Lione  (benché  come  Vescovo  d' Imola)  ?  Una  pronta  disapprovazione 
a  nulla  gioverebbe.  Questi  ed  altri  riflessi  che  tralascio,  dimostrano- 
la  difficoltà,  e  forse  la  impossibilità  di  far  nulla  in  contrario. 

Dall'altro  cant(',  quali  conseguenze  seco  non  porta  una  tal  rap- 
presentanza in  Lione?  Senza  parlare  di  cose  ecclesiastiche  (questo 
è  da  credersi,  che  i  Vescovi  colà  non  si  presteranno  a  cose  che 
offendessero  gli  interessi  della  Religione,  né  lo  permetterà  lo  stessa 
P.  Console)  io  parlo  delle  viste  temporali,  cioè  della  approvazione 
della  Costituzione  Cisalpina,  e  della  comprensione  nel  territorio  Ci- 
salpino delle  Legazioni,  per  cui  ecco  che  si  pretenderà  d' inferirne^ 
che  il  Papa  presente  abbia  con  ciò  fatto  un  atto  positivo,  analoga 
al  trattato  di  Tolentino,  dopo  tanto  studio  e  fatiche  fatte  finora 
per  astenersene,  e  dopo  il  coraggio  mio,  ed  il  rischio  di  avere  su 
di  ciò  parlato  lealmente  e  francamente  allo  stesso  P.  Console,  e 
dettogli  alla  sua  presenza  in  si  delicato  tasto,  che  il  Papa  non  in- 
tendeva di  stare  a  quel  trattato,  rotto  almeno  dai  stessi  Francesi, 
e  che  mai  farebbe  atto,  o  direbbe  parola,  che  ne  portasse  l'appro- 
vazione, anzi  si  condurrebbe  sempre  nel  contrario  senso,  sperando 
anche  nella  di  lui  magnanimità  etc. 

Nell'imbarazzo  e  nel  dolore,  in  cui  si  trova  il  Papa  in  questo 
momento,  mi  ordina  però  di  informarne  V.  E.  in  gran  segretezza, 
perchè  possa  tale  notizia  servirle  di  lume,  onde  con  prudenza  rego- 
larsi nei  casi  che  si  dessero,  per  evitare  ogni  danno  che  ne  venisse 
alla  S.  Sede  dalla  opione  che  ci  fosse  stata  veramente  l' autorizza- 
zione di  qui,  sebbene  la  sua  gran  bontà  non  inferirebbe  forse  di 
reclamare  (1). 

Nello  stesso  tenore  fu  scritto  al  card.  Legato,  rimprove- 
randogli soavemente,  ma  chiaramente  il  passo  imprudentissimo 
da  lui  mosso  senza  necessità  e  senza  autorizzazione.  In  quanto 


(1)  Archiv.   Vatic,    Cifre  a'  XunsU.    Principi,  voi.   276. 


94  CAPITOLO   QUARTO 


a  dar  pubblicità  alla  disapprovazione  delPoperato  dal  card.  Oa- 
prara,  «  si  aspetterà,  soggiungeva  il  Gonsalvi,.  di  sapere  Pesito 
del  congresso;  ed  il  tempo  darà  lumi  e  consiglio  per  la  ma- 
niera di  rimediare  nel  modo  che  sarà  possibile  »  (1).  In  se- 
guito poij  la  cosa  fu  lasciata  cadere  (2). 

III. 

Trattenuto  a  Parigi  per  il  grande  affare  della  pace  di 
Amiens  e  per  la  pubblicazione  non  lontana  del  Concordato, 
il  Primo  Console  inviò  a  Lione  i  due  ministri  Talleyrand  e 
Marescalchi  a  fine  di  avviare  il  congresso,  e  dare  uu^ appa- 
renza di  discussione  a  ciò  che  già  era  stato  determinato  dallo 
stesso  Primo  Console,  prima  ch^egli  di  persona  venisse  a  co- 
gliere il  frutto  già  maturo  della  presidenza  della  repubblica 
italiana.  Infatti  a' 3  di  settembre  1801  fa  presentare  due  dise- 
gni di  costituzione,  per  essere  riveduti  secretamente  da  Melzi, 
Marescalchi,  Aldini,  e  Serbelloni  ;  a'  20  dello  stesso  mese  mo- 
difica il  numero  de^  corpi  elettorali  della  repubblica,  che  do- 
vevano essere  tre:  de' possidenti,  decotti,  e  de' commercianti; 
a' 29  si  attribuisce  le  prime  nomine  a  tutti  gli  impieghi,  e 
fa  inviare  il  disegno  della  costituzione  a  Milano,  affinchè  sia 
approvata  dalla  consulta  di  governo;  a' 14  di  ottobre  ha  da 
Milano  ogni  approvazione,  e  fa  egli  stesso  la  minuta  del  decreto, 
con  cui  il  presidente  della  Cisalpina,  Petiet,  doveva  convo- 
care i  notabili  a  Lione;  ed  infine  a' 31  dello  stesso  mese  an- 
nunzia al  governo  cisalpino,  ch'egli  farà  bensì  le  nomine  dei 


(1)  Coiisalvi  a  Caprara,  27  gennaio  1802  (Docnm.  Concord.,  Y,  u.  1122). 

(2)  Il  Bonaparte  però,  o  chi  lo  serviva,  diede  a  credere  o  finse,  che 
veramente  il  card.  Bellisonii  rappresentasse  il  Papa  nel  congresso  di 
Lione.  Infatti  il  Moniieur  de'  12  gennaio  annunziava  :  «  Le  card.  Bellin- 
zona  (sic),  envoyé  dn  Pape  à  la  Consulta,  et  député  à  la  méme  Consulta 
comme  évèque  de  Cesène,  a  dine  hier  (12  gennaio,  corrisiìondenza  da  Lìoìie) 
civec  le  P.  Consul.  »  E  a'  2  di  febbraio  riferiva,  che  «  le  P.  Consul,  avant 
de  quitter  Lyon,  a  fait  reconnaltre  par  le  Préfet  dn  palais,  au  card.  Bel- 
lisomi,  que  le  Pape  avait  envoyé  au  congrès  de  Lyon,  une  tabatière  sur 
laquelle  se  trouve  son  portrait...  » 


IL  CONGRESSO   DI   LIONE  95 


uuovi  impieghi  governativi,  ma  che  per  ciò  è  necessaria  la 
sua  presenza  nel  mezzo  delle  persone,  che  potranno  convenire 
a  Lione  (1). 

Per  conseguenza  di  tutte  queste  cose,  la  discussione  po- 
litica nel  congresso  non  fu  se  non  di  apparenza.  Invece  il 
congresso  riuscì  di  qualche  vantaggio  per  il  lato  religioso 
della  costituzione:  e  ciò  fu  dovuto  alla  presenza  e  alP  efficacia 
del  clero,  che  colà  operò  colla  voce  e  colP  esempio. 

Di  quanto  colà  fu  trattato  relativamente  a  questa  parte,  si 
conservano  nelP archivio  Vaticano,  due  documenti  di  prim^ or- 
dine. Sono  le  memorie  che  ne  scrissero  Mgr.  Gazola,  ve- 
scovo di  Cervia,  poi  cardinale;  e  un  tal  Benedetto  Conventi, 
provicario  capitolare  di  Bologna.  Premetto  qui  solo  alcune 
notizie  storiche  di  quest'ultimo,  lasciando  Pintiero  documento 
alP  appendice.  Stimo  però  conveniente  di  riferire  intiera  la 
memoria  del  vescovo  di  Cervia,  tra  perchè  il  Gazola  ebbe 
gran  parte  nelle  discussioni  religiose,  e  perchè  mettendoci  in 
meclHs  rebus,  nelle  quali  egli  fu  attore  senza  paura,  ce  ne  pre- 
senta le  scene  e  i  personaggi  nel  loro  colorito  u aturale.  Le 
citazioni  che  farò  delle  memorie  di  Benedetto  Conventi,  saranno 
indicate  con  MC. 

MEMORIE    SUL    CONaRESSO   DI   LIONE 
TENUTO    IN    GENNARO    1802    DAI   DEPUTATI    CISALPINI 

Memorie  deW  Ordine  tenuto  nel  Congresso  Cisalpino  di  Lione. 
(DelPabb.  Benedetto  Conventi) 

«  A  dì  28  di  decembre  del  1801  essendo  già  arrivati  a 
Lione  tutti  i  deputati  Cisalpini,  per  la  Consulta  straordinaria 
nominati  nella  nota  stampata  del  Ministro  Marescalchi,  giunse 
da  Parigi  Monsieur  Talleyrand  Ministro  delle  relazioni  estere, 
che  fissò  la  sua  dimora  alP Hotel  d'Europe. 


(1)  Correspondance,   VII,  mi.  5728,  5758,  5771,  5807,  5846,  5853.  Cf. 
CUSANI,  VI,  71. 


96  CAPITOLO   QUARTO 


«  Nel  gioruo  29  detto,  raduuatisi  i  Cisalpini  (senza  prece- 
dente invito)  presso  il  Ministro  3[arescalclii  furono  condotti 
al  detto  Hotel,  e  presentati  al  Ministro  Talleyrand  divisi  in 
cinque  truppe  dette  sezioni  secondo  gli  antichi  governi,  ai 
quali  appartenevano  i  Paesi  Cisalpini  prima  della  rivoluzione. 
La  prima  Sezione  era  di  ex-Austriaci:  La  seconda  di  ex-Pon- 
tificii: La  terza  di  ex- Veneti:  La  quarta  di  ex-Estensi:  La 
quinta  di  ex-Piemontesi  con  alcuni  Valtellinesi.  Tutti  furono 
presentati  ad  uno  ad  uno,  previo  P  appello  nominale  fatto  da 
INrarescalchi  al  predetto  IVrinistro. 

«  Nel  giorno  M)  cominciarono  a  darsi  pranzi  di  formalità 
dal  Ministro  suddetto  (1).  Ma  il  primo  pranzo  cominciò  con 
un  successo  ben  tristo,  perchè  sul  bel  principio  1- Arcivescovo 
Filippo  Visconti  di  Milano,  appena  mangiata  la  minestra,  fu 
sorpreso  da  un  fierissimo  colpo  di  apojdessia,  e  spirò  quasi  al 
momento  sulle  braccia  dello  stesso  ^Ministro  che  gli  sedeva 
accanto  (2). 


(1)  Ossia  dal  Talleyrand.  Axtonu)  /andmxi.  deputato  al  itarlamenro. 
scrive  iiiveee  che  Serbelloni  e  Marescalchi  banchettavano  a  rutto  spiano. 
«  imbandendo  pranzi  quotidiani  di  trenta  v  p'ni  convitati.  »  Antonio  Aldini 
id  i  snoi  tempi  (1864-1867),  I.  li>5.  —  V.  le  Memorie  del  Convknti.  in- 
tiere. t\eir  ap])endice   (Docnm.   XXII). 

(2)  Passava  uli  ottant'anni  :  e  si  mosse  a  valicare  le  Alpi  nel  tempo 
rigido  del  verno/  a  tìiu^  di  arrecare  alla  reliiiione  il  bene  che  j»otesse 
majjgiore,  conforme  egli  stesso  scrivevamo  al  8.  Padre,  a "21  novembre  di 
quell'anno  (7>()('«m.  Convord..  dalPArchiv.  Vatic.  V.  n.  1090).  Mgr  De  Gre- 
gorio. pro-Xun/io  in  Firenze,  scriveva  (16  gennaio  1802)  al  Consalvi,  di- 
cendo che  «  ad  un  colpo  simile  il  Talleyrand  non  potè  resistere,  e  sì  ritirò 
lasciamlo  i  suoi  connueiisali  a  tavola.  Nel  gii>rno  a])presso,  si  trovò  car- 
atelli) soi)ra    la  porta    della  cavsa  da    lui  abitata:  e' <>/   nn  avix   dn  del... 

(Arobiv.  Vatic,  yun:iatnra  di  Firenj:e).»ln\eeo  il  Gaprara  scriveva  al  Con- 
salvi (10  genn.  1802)  :  «  la  morte  spaventò  tutti  in  iimdo  che  si  alzarono 
da  tavola.  (  ìofieiato  mìo  J/.  Tallet/rand.  ciascuno  ritirossi  alle  proprie  case 
{Domm.    Coneord..   IV.   n.   1071).  » 

11  P.  Theiuer  fa  morire  l'arcivescovo  di  Milano  «  le  matin  de  ce  mcme 
jour  ».  ossia  a '26  di  gennaio  1802  {Histoire  dett  denx  Coneordata.  II,  9). 
Questo  scrittore,  nelle  poche  pagine  in  cui  discorre  «lei  congresso  di 
Lione,  è  addirittura  pieno  di  inesjUtezze  di   fatto  e  di  giudizii  errati. 


à 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  97 

«  Ne' primi  quattro  giorni  delPaiino  (1802),  il  cadavere  del 
suddetto  Arcivescovo  fu  esposto  in  cassa  nella  casa  di  sua 
abitazione,  dove  in  tre  altari  si  celebrarono  molte  messe  dai 
sacerdoti  Cisalpini,  che  vi  accorsero  spontaneamente. 

«  Nel  giorno  5  di  gennaro,  essendo  stato  trasportato  di 
notte  e  privatamente  nell'Oratorio  interno  del  Collegio,  già 
dei  Gesuiti,  destinato  alle  sedute  del  Congresso,  vi  fu  cele- 
brata la  gran  messa  di  requiem  dalPEmo  card.  Bellisomi 
colP assistenza  di  nove  vescovi,  quattro  de' quali  fecero  le 
assoluzioni  secondo  il  rito  Eomano,  e  monsignore  Bonsignori, 
Teologo  della  Cattedrale  di  Milano,  vi  recitò  P  orazione  fu- 
nebre. 11  dottor  Parisi,  Parroco  di  Bologna,  fu  il  Cerimoniere 
a  questa  funzione.  » 

Così  il  Conventi  in  questo  principio  delle  sue  memorie. 
Ed  ora  lasceremo  parlare  il  vescovo  di  Cervia,  il  quale  a 
mano  a  mano  clie  descrive  e  racconta  quanto  vide  e  fece, 
presenterà  a  noi  eziandio  il  ritratto  di  un  uomo  imperterrito, 
che  si  rende  anche  a' nostri  giorni  assai  commendevole  non 
dirò  per  eleganza  di  scrittore,  ma,  che  monta  più  assai,  per 
fortezza  di  carattere.  Sono  le  seguenti: 

MEMORIE  STORICHE  SUL  CONGRESSO  DI  LIONE 

TENUTOSI  IL  GENNAIO  DEL  1802,  RELATIVAMENTE  AGLI  AR- 
TICOLI DELLA  Costituzione  civile,  che  proponeva  il 
Primo  Console  alla  repubblica  cisalpina  per  la  sua 

accettazione,  e  RISaUARDANTI  LA  RELIGIONE  CATTOLICA, 
apostolica,  romana,  le  LEGGI  ORGANICHE,  E  LI  STABILI- 
MENTI ECCLESIASTICI,  CHE  AL  CLERO  IVI  RADUNATO  SI  PRO- 
PONEVANO DALLO  STESSO  PRIMO  CONSOLE  PER  LA  LORO 
ACCETTAZIONE    E    OSSERVANZA. 

Stese  e  di  propria  mano  scritte  da  me  Fr.  Bonaventura 
(Gazola)  vescovo  di  Cervia,  mentre  era  in  Lione  sul  finire  del 
dicembre  1801,  e  principio  del  1802,  e  colà  chiamato  dal  Primo 

RiNiERi.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX.  —  VoL  II,  7 


98  CAPITOLO    QUARTO 


Console  Bonaparte^  con  particolare  suo  invito^  mentre  io  risie- 
deva in  Roma  presso  la  Santità  Sua,  e  con  suo  permesso  per 
non  dir  comando  a  quella  volta  messomi  in  viaggio^  il  dì  3  di- 
cembre 1801^  e  a  Lione  giuntovi  il  dì  di  San  Stefano  martire^ 
per  essermi  fermato  più  giorni  nelle  principali  città;  sentendo 
die  Bonaparte  non  vi  era  ancora  arrivato. 

Fr.  Bonaventura  (1). 

PRIMA   dell'arrivo   DEL   PRIMO   CONSOLE 

Voto  del  vescovo  di  Cervia:  la  religione  dev'essere  la  base  della 
costituzione  cisalpina. 

Gennaro  (1802J. 

Dopo  l'arrivo  del  Ministro  degli  affari  esteri,  d'ordine  suo  per 
lettera  comunicata  alla  Consulta  di  Lione,  incominciarono  le  as- 
semblee. 

La  prima  fu  la  lettura  della  Constituzione  Cisalpina,  mandata 
dal  Primo  Console  Bona  Parte  (2)  dopo  la  battaglia  di  Marengo 
alla  Consulta  provvisoria  di  Milano  e  da  questa  già  approvata  (3). 
Fu  letta  in  ciascheduna  sessione;  giacché  la  Consulta  Cisalpina  di 
Lione  era  divisa  in  varie  sessioni  :  v.  g.  gli  ex-Papalini  ne  forma- 
vano una;  gli  ex-Milanesi  un'altra  ecc.  Fu  letta  questa  costituzione. 


(1)  Neil'  archivio  Vaticano  si  conservano  due  esemplari  di  qneste  nie- 
mone.  Snl  frontispizio  dell'originale  leggesi  qnesta  nota.  «L'Emo  Ga- 
zola,  in  quel  tempo  vescovo  di  Cervia,  raccolse  queste  memorie,  scriven- 
dole di  sua  mano  ;  e  me  ne  fece  poi  dono,  unitamente  alla  copia  netta.  » 
Chi  ricevette  questo  dono,  probabilmente  è  il  Bertazzoli  :  le  parole  qui 
soprascritte  sono  di  sua  mano.  Tuttavia,  nel  dosso  di  (]uesto  foglio,  nella 
])iegatura  interiore  si  legge:  All' 111. mo  Sigr  Mongr  Giuseppe  Sala,  Segre- 
tario della  Gap.  Doni,  (cappella  domestica f)  (Archiv.  Vatic,  Italia  Ap- 
pendice..., voi.  XX). 

Gli  antecedenti  della  vita  del  vescovo  di  Cervia  sono  descritti  da  lui 
medesimo  in  una  sua  nota,   aggiunta  in  fine  di  queste  Memorie. 

(2)  E  caratteristica  la  maniera,  con  cui  il  Gazola  scrive  il  nome  di 
Napoleone  :  o  con  un  B  seguito  da  Parte,  o  separando  Parte  da  Buona. 
E  certo,  cbe  né  il  Bonaparte  ne  i  giacobini  francesi  o  x>atriotti  andavano 
a  sangue  al  vescovo  di  Cervia. 

(3)  Vedi  il  detto  sopra  al  n.  III.  Questa  costituzione  è  posteriore  di 
un  anno  alla  battaglia  di  Marengo. 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  99 


(1)  Autonio  Aldini,  avvocato  bolognese,  ebbe  nella  sua  vita  pubblica 
ima  doppia  caratteristica:  avversione  al  Papa,  suo  sovrano  legittimo^  e 
servitù  al  Bouaparte,  ingiusto  conquistatore  dell'Italia.  Questa  servitù 
reselo  però  padrone  di  danari  parecchi  ;  cbè  siccome  secretarlo  di  Stato 
del  regno  italico  sfruttavasi  V  annuo  stipendio  di  120  mila  franchi,  con 
lire  100  m.  di  Milano  per  ispese  di  segretario,  e  lire  200  m.  ricevute  in 
principio  a  titolo  di  spese  straordinarie.  Egli  era  gran  settario,  amico 
de' piaceri,  del  denaro,  e  gran  fautore  di  ribellioni,  dopo  il  tramonto 
dell'astro  napoleonico. 


tr' 


affinchè  ognuno  ne  dasse  poi  in  iscritto  il  suo  sentimento,  sotto- 
scritto col  proprio  nome.  Cosi  disse  alla  nostra  Sezione  ex-papalina 
il  Presidente  della  medesima  Avv.  dott.  Aldini  (1)  di  Bologna,  pre- 
venendo però  li  Notabili  Cisalpini,  che  questa  costituzione  era  già 
stata  approvata  ed  accettata  dalla  Consulta  straordinaria  di  Milano, 
eretta  dal  detto  Primo  Console  dopo  la  Battaglia  di  Marengo;  e 
dopo  la  quale,  come  dopo  avere  parlato  ai  Parrochi  e  clero  Mila- 
nese, in  favore  della  religione  Cattolica  Apostolica,  Romana,  dichia-  ' 
rande  che  la  voleva  dominante  etc.  e  in  vigore,  com'era  nel  1796, 
inviò  alla  prelodata  Consulta  la  costituzione  sudetta,  senza  in  essa  ^    ^^^^ 

far  mai  parola,  né  di  Dio,  né  di  questa  Religione,  ma  solo  del  culto 
cattolico  nell'articolo  98,  dove  si  dice  potersi  esso  solo  esercitare 
pubblicamente,  lasciando  però  ad  ogni  cittadino  il  potere  esercitare 
liberamente  il  suo  culto.  Ogn'  uno  nello  spazio  brevissimo  di  un 
giorno  0  due,  diede  il  richiesto  suo  sentimento.  Quel  del  Vescovo  di 
Cervia  è  questo  e  porta  per  titolo: 

Rimostranza  Cattolica  del  Vescovo  di  Cervia  sulla  costituzione 
civile,  proposta  alla  Consulta  straordinaria  della  Repubblica  Cisal- 
pina radunata  in  Lione,  per  la  sua  accettazione,  previe  le  rifles- 
sioni di  ogn'  uno  e  sentimeuto  sugli  articoli  che  la  compongono  /  e 
a  ricevere  le  riflessioni  e  sentimento  de'  Notabili,  fu  nominata  dagli 
stessi  Notabili  una  Deputazione  —  Lione  6  Gen^  1802. 

Alla  Cisalpina  Consulta  radunata  in  Lione  per  V  accettazione 
della  nuova  Costituzione  Civile  ecc.  ecc. 

Sentimento   del   Vescovo   di    Cervia,   Fr.  Bonaventura   Gazola: 

«  Un  Governo,  uno  Stato,  un  Regno,  una  Nazione,  una  Repub- 
«  blica,  un  Popolo  che  per  base  fondamentale  del  Codice  delle  sue 
«  leggi  civili  e  politiche  non  abbia  la  Religione  de'  suoi  Padri,  che   -  >- 
«  professa,  in  cui  é  nato  ed  educato,  e    a  cui   é   sinceramente   at- 
«  taccato,  non  è  mai  stato,    non  è,  né  sarà  mai   pacifico,  né  dure- 


100  CAPITOLO   QUARTO 


«  vole,  né  florido,  né  felice  ;  e  gl'individui  che  lo  compongono,  non 
«  l'ameranno  giammai  sinceramente,  né  vi  saranno  mai  attaccati  di 
«  cuore  e  di  genio,  mancandogli  la  base  e  la  fonte  della  loro  fe- 
«  licita.  La  Keligion,  vi  dirò  anch'io,  Cittadini,  con  un  dotto  Fran- 
«  cese  (Etrennes  religieuses  pour  Van  de  grdce  mil  huìt  cent  un)  est 
^«pour  un  Cìtoyen  le  plus  grand  des  biens.  Cosi  le  storie  sacre  e 
«  profane  a  prova  di  fatto  ci  contestano  questa  incontrastabile 
«  verità. 

«  Non  avendo  pertanto  la  detta  costituzione  per  base  la  Religione 
«  cattolica,  apostolica  e  romana,  la  sua  dottrina,  morale  e  disci- 
«  plina,  io  non  posso,  né  debbo  ammettere  ed  accettare  questa  Co- 
«  stituzione,  che  jeri  il  Presidente  alla  nostra  Sessione  ci  fece  leg- 
«  gere,  affinché  ogn'uno  dei  Notabili  Cisalpini  che  la  compongono 
«  vi  facessero  le  loro  sagge  e  mature  riflessioni,  e  manifestassero  in 
«  iscritto  ancora  liberamente  li  loro  sentimenti;  essendo  questa  la 
«  voluntà  dell'Eroe  guerriero  del  secolo  e  del  Pacificatore  dell'Europa,. 
«  Bona  Parte,  Generale  P.<^  Console  del  Governo  Francese. 

«  Eccovi,  Cittadini,  la  ragione,  per  cui  io  in  coscienza  né  posso,. 
»  né  debbo  ammetterla^  approvarla,  accettarla  ;  e  del  mio  sentimento 
«  sarà  qualunque  buon  Cattolico,  che  l'ama,  che  la  desidera  di  cuore 
«  e  la  vuole  salva,  e  dominante  nell'attuale  Governo. 

«  E  a  questa  Costituzione,  (é  dovere)  di  voler  per  base  fonda- 
«  mentale  la  Religione  Cattolica  Apostolica,  Romana,  che  tranne 
«  pochissimi  di  altro  culto  e  sono  li  soli  Ebrei,  noi  tutti  quanti  qui 
«  siamo  r  abbiamo  professata,  nel  santo  battesimo  e  ci  gloriamo 
«  santamente  di  professarla,  come  l' anno  professata  e  si  gloriano 
«  santamente  di  professarla  gli  altri  nostri  Cattolici  cisalpini,  ri- 
«  masti  nel  Cisalpino  suolo  e  Republica,  e  de'  quali  noi  vescovi  e 
«  con  noi  li  Parrochi  qua  radunati  portiamo,  rapporto  alla  Reli- 
«  gione,  la  loro  decisa  e  costante  volontà  :  ne  abbiam  noi  e  1'  anno 
«  anch'essi  il  diritto,  come  noi  di  volerla  salva,  pura  e  intatta  quale 
«  ce  l'anno  conservata,  e  a  noi  tramandata  li  nostri  Padri.  E  non 
«  solo  perché  siamo  la  Dio  mercé  cattolici  apostolici  e  Romani,  ma 
«  ancora  per  le  replicate  promesse  fatte  al  Cattolico  Popolo  Cisalpino 
«  dal  Primo  Console  Bona  Parte,  per  le  quali  promesse,  molto  più 
«  pel  cattolicismo  che  noi  professiamo,  abbiamo  il  dovere  e  il  diritto 
«  di  professare  publicamente  questa  santa  religione,  di  attenerci 
«  alla  sua  divina  dottrina,  morale  e  disciplina  ecclesiastica,  e  di 
«  esercitare  publicamente  il  suo  divino  cattolico  culto,  senza  che 
«  alcuno  ce  lo  contrasti,  impedisca  o  derida;  come   li  nostri  Padri 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  101 


«  anno  sempre  professata  questa  santa  Religione  per  tanti  e  tanti 
«  secoli  pacificamente,  ed  esercitato  publicamente  il  suo  divino  culto.  » 

«  Mancando  pertanto  alla  Costituzione  propostaci  la  sua  base  fon- 
«  damentale,  che  per  noi  cattolici  è  la  nostra  santa  religione  cattolica 
«  apostolica  romana,  e  chi  non  vede,  che  proponendocela  perchè  l'ac- 
«  cettiamo,  dobbiam  rispondere,  che  accettar  non  la  possiamo,  quale 
«  ce  la  proponete,  senza  mai  nominar  Dio  e  del  suo  unigenito  figliuolo 
«  la  Religione?  Dove  trovate  voi  società  su  questa  terra,  il  cui  co- 
«  dice  non  abbia  cominciato  da  Dio  o  da  una  qualunque  siasi  Re- 
«  ligione?  dacché  l'uomo  vive  sulla  terra,  non  Tho  ancora  veduto 
«  né  letto. 

«  E  chi  non  sa,  e  a  chi  di  noi  e  a  tutto  il  mondo  non  é  noto, 
«  avere  il  non  mai  abbastanza  encomiato  Primo  Console,  tutte  le 
«  volte  che  in  Italia  e  tra  noi  vittorioso  ci  é  comparso,  promessoci 
«  e  assicurati  tutti  e  singoli  gl'individui  cattolici  cisalpini,  clero  e 
«  Popolo,  che  la  Religione  de'  nostri  Padri  sarebbe  lor  rimasta  salva  ; 
«  che  non  soffrirebbe  nel  nuovo  politico  Governo  Repubblicano  verun 
«  cangiamento  ;  che  il  di  lei  culto  sarebbesi  da  noi  come  prima  publi- 
«  camente  e  liberamente  esercitato?  E  di  tanto  per  di  lui  espresso 
«  comando  il  clero  del  primo  e  secondo  ordine  ne  anno  assicurati 
«  li  popoli  alla  loro  cura  spirituale  soggetti. 

«  Promessa  ella  é  questa  da  lui  solennemente  ratificata,  e  sot- 
«  scritta  di  proprio  pugno  relativamente  a  noi  delle  tre  provincie 
«  di  Bologna,  Ferrara  e  Romagna  nel  trattato  di  Tolentino.  E  il 
«  Generale  Berthier,  dietro  le  istruzioni  del  Primo  Console,  dopo  la 
«  battaglia  di  Marengo  ha  di  bel  nuovo  solennemente  promesso  al 
«  Popolo  Cisalpino,  che  la  Republique  Cisalpine  sera  organisée  sur 
«  les  bases  fixes  de  la  Religion.  In  seguela  di  ciò  l' amministrazione 
«  provvisoria  di  Milano  si  é  detta  autorizzata  a  publicare,  che  il 
«  libero  esercizio  della  Religione  Cattolica  sarà  conservato  nel  me- 
«  desimo  Stato,  che  era  nel  1796,  all'  epoca  della  prima  conquista 
«  d'Italia.  Qui  vi  é  tra  Notabili  più  d'uno,  che  ha  seco  questo  pro- 
«  clama. 

«  Ora  questa  promessa  si  solenne  e  si  reiterata,  fattaci  dal 
«  Primo  Console  fondatore  della  Cisalpina  Repubblica,  non  può  avere, 
«  né  avrà  mai  il  suo  pieno  e  vero  effetto,  qual'ora  la  Costituzione 
«  nostra  che  ci  si  vuol  dare,  non  abbia  per  base  e  fondamento  la 
«  nostra  santa  Religione  Cattolica,  Apostolica,  Romana:  come  non 
«  la  praticherem  mai  liberamente  secondo  la  sua  divina  dottrina, 
«  qual'  ora  sopra  basi  fisse  della  medesima  non   venga   formata  la 


102  CAPITOLO   QUARTO 


€  civile  nostra  costituzione,  ossia  il  codice  delle  civili  future  nostre 
*  leggi. 

«  L'  accadutoci  fin'ora  in  materia  di  nostra  santa  Religione  e 
«  del  cattolico  suo  culto,  quasi  vicini  a  veder  mancarci  quella  e  to- 
«  glierci  affatto  questo,  dacché  è  mai  derivato  ?  Appunto  da  ciò,  che 
«  tutte  le  costituzioni,  che  ci  sono  state  date,  non  anno  mai  avuta 
«  questa  base,  né  verun  articolo  che  le  assicurasse  la  protezione  e 
«  l'onoranza  del  Governo.  Per  la  qual  cosa,  a  ciò  riflettendo  il  pre- 
«  lodato  Primo  Console  rinnovò  1'  ultima  volta  che  fu  in  Milano 
«  questa  promessa  al  Popolo  Cisalpino. 

«  L'articolo  98  della  propostaci  Costituzione,  che  é  il  solo  che 
«  parli  in  termini  permissivi  anziché  assoluti  e  precettivi  del  cat- 
«  tolico  culto,  non  forma  né  può  formare  la  base  della  Costituzione 
«  civile  per  una  nazione,  che  è  tutta  cattolica,  che  ha  sempre  avuta 
«  la  sola  e  la  dominante  Religione  Cattolica,  Apostolica,  Romana, 
«  e  nel  cui  seno  e  cattolicismo  è  nata  la  Republica  Cisalpina,  e  la 
«  si  vuole  organizzare  con  un  nuovo  codice  di  leggi. 

«  Tant'  è  !  Questo  articolo  :  Ogni  cittadino  può  esercitare  libera- 
«  mente  il  suo  culto,  ma  il  solo  Cattolico  è  il  solo  che  può  eserci- 
«  tai'si  puhlicamente,  senz'altri  (articoli)  che  assicurino  ai  Cattolici 
«  Cisalpini  la  lor  Religione  e  in  quanto  ai  suoi  dommi  e  in  quanto 
«  alla  sua  dottrina,  alla  sua  morale  e  disciplina,  e  impediscano  qua- 
«  lunque  innovazione,  o  cangiamento  in  essa,  non  é  bastevole  ad 
<'  acquietare  le  coscienze  dei  Cattolici,  e  a  salvarci,  quale  l'abbiamo 
«  sempre  professata  pura  e  immacolata,  la  nostra  santa  Religione 
«  Cattolica,  Apostolica,  Romana.  E  tanto  più,  quantocché  accordando 
«  quest'articolo  la  libertà  ad  ogn'  uno  di  esercitare  liberamente  il 
«  proprio  particolare  culto,  oltre  l'essere  il  disprezzo  di  tutti  li  culti, 
«  è  un  pretesto  che  si  prende,  per  disfarsene  di  quello  che  una  na- 
«  zione  professa  ed  ha  sempre  solo  professato.  Ciò  è  si  chiaro,  che 
«  non  abbisogna  di  prova.  E  chi  la  desiderasse,  volga  il  pensiero 
«  su  quel  che  si  é  fatto  e  ordinato  fin'  ora  contro  la  Religion  dei 
«  nostri  Padri,  e  l'avrà  incontrastabile  (1). 


(1)  Gli  eccessi,  i  guasti,  le  empie  e  oscene  pazzie  de'patriotti  cisal- 
pini furono  simili  a  quelle  de'  giacobini  in  Francia,  e  degli  altri  patri  otti 
in  Roma,  Napoli,  e  altra  Italia.  Basti  questo  solo  saggio  :  nel  circolo  de- 
mocratico, aperto  nella  chiesa  della  Rosa,  de' Domenicani,  furoreggiavano 
i  Porro,  Sacco,  Ranza,  Pellegata,  Sangiorgio.  In  una  tornata  sali  in  bi- 
goncia la  figlia  di  questo  demagogo  Sangiorgio;  ed  accesa  di  inverecondo 


IL   CONGRESSO  DI   LIONE  103 


«  Non  avendo  per  tanto,  torniamolo  a  dire,  la  propostasi  Costi- 
fi  tuzione  per  base  la  Religione  Cattolica,  Apostolica,  Romana  ;  e 
«  quanto  le  si  spetta  per  diritto  divino,  ed  ecclesiastico  e  ancora 
«  civile  non  essendo  salvo  in  questa  costituzione:  non  posso  né  debbo 
«  accettarla,  né  acconsentire  in  coscienza,  che  la  si  dia  al  cattolico 
«  popolo  Cisalpino.  Non  posso  né  debbo  accettarla,  né  acconsentire 
«  che  la  si  dia  ai  miei  confratelli  cittadini,  come  Vescovo  cattolico  : 
«  che  m' incombe  per  espresso  comando  divino  conservare  intatto, 
«  puro,  immacolato  il  deposito  della  fede  di  Gesù  Cristo  nel  mio 
«  gregge  e  nella  mia  chiesa,  a  regger  la  quale  mi  ha  posto  lo  Spi- 
«  rito  Santo.  Non  posso  né  debbo  accettarla  etc,  anche  conside- 
«  ratomi  come  semplice  cattolico  cittadino,  e  membro  di  questa  Re- 
fi publica:  perché  conosco  evidentemente,  che  non  avendo  per  base 
fi  la  indicata  Costituzione  la  nostra  santa  Religione,  non  può  feli- 
«  citare,  né  feliciterà  mai  la  Republica,  né  li  suoi  cittadini  ;  né 
«  pacifico  potrà  mai  essere  o  sarà  il  di  lei  civile  politico  governo; 
fi  e  il  popolo  Cisalpino  mai  sarà  attaccato  a  questo  governo,  ma 
fi  sempre  desidererà  l'antico. 

fi  Verità  ella  è  questa  che  conosciutasi  e  rilevata  dai  fatti  stei&i 
fi  che  alla  Republica  di  G-enova  sono  accaduti,  dacché  si  é  voluto 
fi  far  cangiamenti  dai  rivoluzionari  alla  Religione  dei  suoi  Padri, 
fi  ha  Ella  voluto  per  base  della  sua  Costituzione  la  Religione  su- 
fi detta  e  la  sua  libertà,  siccome  sempre  aveale  promesso  il  Gene- 
fi  rale  Primo  Console  Bonaparte.  E  verità  ugualmente  conosciuta,  e 
fi  rilevata  (e  qual'  é  mai,  Dio  immortale  !  quel  popolo  colto  e  reli- 
«  gioso,  che  non  l'abbia  conosciuta  e  rilevata?)  dall'Elvetico  corpo 
fi  legislativo,  il  quale  nella  nuova  ultima  loro  Costituzione  decretò 
fi  anche  un  particolare  articolo  che  qui  sotto  riferirò,  il  quale  for- 
fi  masse  la  base  della  loro  Costituzione.  Il  quale  articolo  si  desidera 
«  e  si  vuole  dal  cattolico  popolo  Cisalpino  tra  li  molti  che  si  desi- 
fi  derano  espressi  nella  nuova  nostra  Costituzione,  onde  poter  dire 


odio,  inuominalbile  in  una  donna,  promise  la  sua  mano  e  il  suo  corpo 
a  chi  gii  avesse  portata  la  testa  del  Papa  !  L' infame  proi)osta  fu  accolta 
(la  plausi,  ma  verameute  i  plausi  furono  accompagnati  da  tìschi.  Forse 
la  cosa  sarebbe  finita  male,  quando  un  le^jitlo  vecchio  gridò  ridendo  : 
«  Sei  tro^ìpo  brutta  x^erchè  alcuno  ti  voglia  per  moglie.  »  Il  riso  ammollì 
le  gare,  e  V  energumena  Sangiorgio  ne  stette  colla  peggiore  ferita,  di  cui 
possa  essere  colpita  una  donna  (Cubani,  V,  203).  Cf.  Baldassari,  Pio  TI 
(I,  265  segg.). 


104  CAPITOLO   QUARTO 


«  e  lasciar  nelle  storie  inserito  a  lode  della  Cattolica  nazione  Cisal- 
«  pina,  che  noi  ora  qui  rappresentiamo,  vale  adire:  che  ha  voluto 
«  che  nella  sua  Costituzione  vi  si  esponga  e  vi  si  esprima  per  sua 
«  base  la  professata  sua  Religione  Cattolica,  Apostolica,  Romana, 
«  non  che  la  sua  Cattolica  Apostolica,  Romana  dottrina  espressa  nei 
«  sacrosanti  ecumenici  Concili,  e  rinovata  da  chiesa  santa,  specifì- 
«  cata  e  spiegata  nell'ultimo  concilio  di  Trento,  tanto  rapporto  al 
«  domma,  che  alla  morale  ed  ecclesiastica  disciplina.  Concilio  che 
«  noi  tutti  abbiamo  accettato  ed  ammesso,  e  da  cui  senza  le  apo- 
«  stoliche  facoltà  non  ci  possiamo  alloctanare  neppure  in  cose  di 
«  pura  ecclesiastica  disciplina. 

«  Eccovi  l'articolo  Elvetico,  che  mei  riporta  il  già  citato  autore 
«  diQ\V Etrennes  Religieuses  pour  Fan  de  grdce  mil  huit  cent  un  :  «  La 
«  Religion  des  chrétiens,  selon  la  profession  catholique  et  reformée 
«  (Noi  cattolici  alla  parola  riformata  sostituiamo  queste  due:  Apo- 
«  stolica  Romana)  deìneure  intacte  et  libre  pour  chacun,  ainsi  que 
«  leurs  cultes  et  exercices  religieux.  Elle  jouit  de  la  protection  dio 
«  gouvernement.  »  Protezione  troppo  necessaria,  perchè  non  soffra 
«  quegli  urti  e  quel  disprezzo,  che  dall'empietà  e  dai  filosofi  del  se- 
«  colo,  atei  ed  increduli,  ha  sofferto  anche  tra  noi  finora.  E  voi  vel 
«  sapete,  ottimi  cittadini  cattolici,  e  lo  sa  il  Primo  Console,  e  però 
«  vuole,  e  questa  stia  volontà  nessuno  di  noi  la  può  ignorare,  che 
«  la  nostra  santa  Religione  Cattolica,  Apostolica,  Romana,  sia  la 
«  base  del  civile  politico  nostro  governo  ;  e  la  nostra  Republica 
«  venga  organizzata  sopra  basi  fisse  della  predetta  nostra  santa 
«  Religione. 

«  Cittadini  ornatissimi,  vi  dirò  anch'  io,  e  vel  ripeterò  spesso,  quello 
«  che  in  simile  circostanza  disse  l' Elvetico  Messaggio  al  Consiglio 
«  legislativo,  radunato  per  istendere  e  formare  la  nuova  Elvetica 
«  Costituzione  e  lo  stabilimento  dei  Tribunali  dei  costumi  cristiani 
«  in  ogni  Parrocchia  della  loro  Repubblica  :  fogni)  tribunale  com- 
«  posto  di  un  curato,  di  un  Ministro  della  Repubblica  e  di  sei  citta- 
«  dini,  li  quali  si  avrebbon  a  unire  ogni  quindici  giorni,  la  domenica 
«  dopo  il  divino  servizio.  Il  loro  oggetto  primario  di  lor  competenza 
«  sono  gli  atti  Esteriori,  che  feriscono  il  rispetto  dovuto  al  culto  re- 
«  ligioso;  in  secondo  luogo,  la  mancanza  ai  doveri  e  diritti  paterni. 

«  Un  simile  articolo  o  decreto  quanto  mai  sarebbe  necessario  alla 
«  nostra  Costituzione  civile  !  Lo  vi  si  chiede  con  tutto  il  calore,  e 
«  voi  di  per  voi  stessi  ne  vedete  l' importanza  e  il  bene,  che  ne  avver- 
se rebbe  da  un  tale  tribunale  al  pubblico  e  al  privato.  Se  volete  sapere 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  105 

*  quello  che  nel  suo  Messaggio  al  corpo  legislativo,  intento  a  formare 
«  la  nuova  Costituzione,  denunziò  la  commissione  esecutiva,  dopo 
«  aver  rilevata  la  strage,  che  la  rigenerazione  filosofica  avea  fatta 
«  nei  pubblici  costumi,  affinchè  sollecitasse  il  ristabilimento  dei  tri- 
«  bunali  dei  costumi,  lo  vi  dirò  :  «  Citoyens  ReprésentanSy  il  est  temps  ^ 
«  cUahandonner  ces  théories  funestes,  qui  veulent  mettre  un  mur  de  sé- 
«  paration  entre  Dieu  et  V  homme,  entre  la  religion  et  la  loi.  Fovtifiez 
j<  celle-ci  de  toute  la  puissance  de  celle-là.  »  E  non  solamente  questo 
«  saggio  Elvetico  Consiglio  legislativo  assicurò  la  libertà  della  co- 
«  scienza  in  cose  della  sua  Religione  alla  Elvetica  nazione;  non  solo 
«  le  promise  che  non  avrebbe  ricevuto  mai  alcun  urto  ;  non  solo,  che 
«  dal  Governo  sarebbe  stata  protetta,  ma  di  più  onorata.  Questo  è 
«  ben  voler  salva  la  Religion  de'  loro  Padri,  libero  e  sicuro  l'esercizio 
«  del  suo  culto,  onorato  e  rispettato  come  questo,  cosi  la  Religione 
«  stessa  che  lo  determina,  lo  vuole  e  lo  comanda. 

«  E  qui  non  si  fermò  il  corpo  legislativo  dell'  Elvetica  Repub- 
«  blica  ;  né  credette  di  aver  provveduto  abbastanza  agi'  interessi 
<  dellf^.  sua  Religione  con  ciò  che  vi  ho  riferito.  Volse  il  pensiero 
«  e  le  sue  cure  ancora  sopra  li  ministri  della  sua  Religione,  e  sopra 
«  gì' institutori  della  sua  gioventù;  e  se  ne  formò  un  oggetto  della 
«  sua  attenzione.  Ammaestrato  questo  Elvetico  corpo  legislativo  dai 
«  mali,  che  sono  venuti  gravissimi  alla  nazion  Elvetica  persegui- 
«  tando  li  ministri  del  loro  culto  religioso;  e  che  la  Religione  non 
«  può  esistere  senza  ministri,  e  questi  senza  un  decente  decoroso 
«  mantenimento,  li  anno  assicurati,  che  saranno  indennizzati  dei 
«  danni,  che  in  passato  anno  sofferto,  e  avranno  in  avvenire  onde 
«  vivere  decorosamente;  e  si  è  occupato  tutto  anche  in  questo  im- 
«  portantissimo  afìfare  con  tutto  il  calore  e  l' impegno,  come  nell'  altro, 
<f  che  risguarda  gì'  istitutori  della  loro  gioventù. 

«  Cose  tutte  son  queste,  che  mancano  alla  propostaci  Costituzione, 
«  e  che  li  Cattolici  Cisalpini  desiderano  e  pregano  caldamente  la 
«  rispettabile  adunanza  ad  inserirle  nella  medesima,  come  la  pregano 
«  caldamente  a  voler  togliere,  ora  che  è  il  tempo  veramente  oppor- 
«  tuno,  1'  empia  massima  invalsa  nei  tempi  rivoluzionari,  inventata 
«  e  predicata  dai  sedicenti  filosofi  del  secol  nostro,  per  poter  agli 
«  occhi  del  volgo  ignorante  rapire  impunemente  le  ecclesiastiche 
«  proprietà:  cioè  di  tenere  ed  insegnare,  che  le  proprietà  dei  beni 
«  si  mobili  che  immobili  della  Chiesa,  Vescovati,  Capitoli,  Seminari 
«  e  de' corpi  religiosi  ecc.  ecc.,  non  sieno,  né  sieno  mai  state  vere  pro- 
«  prietà  loro,  ma  della  nazione,  a  cui  solo  appartengono.  Errore  di 


106  CAPITOLO   QUARTO 


«  Lutero,  Marsiglio  e  di  altri  innovatori  e  sedicenti  riformatori  della 
«  Chiesa,  condannato  dalla  Santa  Sede  e  anatematizzato  dalla  stessa 
«  Madre  Chiesa,  di  cui  noi  tutti,  la  Dio  mercè,  siamo,  eccettuati 
«  pochi  Ebrei,  figli  suoi  carissimi  e  sudditi  amatissimi;  e  senza  ri- 
«  e  usar  pace,  unità,  comunione  con  lei,  e  con  il  suo  capo  visibile,  non 

<  possiamo  disubbidirle,  e  violare  li  suoi  comandi,  e  le  sue  leggi. 

«  Notabile  quest'empia  ereticale  massima,  che  la  filosofia  sedicente 
«  regeneratrice  dell'  uman  genere  ha  sparsa,  dettata,  predicata  e  posta 
«  per  base  delle  sue  rapine  alla  Chiesa  e  ai  suoi  Ministri:  coli' andar 

<  del  tempo,  se  non  la  distruggete  presto,  neppur  le  vostre  sostanze, 
«  le  proprietà  vostre,  li  vostri  beni,  che  ora  legittimamente  e  legal- 
«  mente  possedete  quai  veri  e  legittimi  padroni  de' medesimi,  saranno 
«  salvi  ne  vostri.  Ma  si  diranno  e  si  vorranno  della  Nazione,  o  da 
«  questa  vi  si  rapiranno.  Difatti  se  li  titoli  di  eredità,  di  donazione, 
«  e  di  compera  legalmente  e  canonicamente  fatta,  non  hanno  salvati 
«  li  beni  e  le  proprietà  della  chiesa,  titoli  che  soli  di  una  cosa  ci 
«  rendono  veri  padroni  e  proprietari,  non  salveranno  mai  le  vostre, 
«  E  quando  mai  la  nazione  intiera  ha  dati  alla  chiesa  e  agli  eccle- 
«  siastici,  ai  conventi,  vescovati,  capitoli,  li  beni  tutti  che  ha  dichia- 
«  rati  suoi  ?  E  dove  il  Principato  ha  dati  alla  Chiesa,  ai  capitoli,  ai 
«vescovati,  ai  conventi  beni  e  case:  ov'è  la  clausola  in  tutte  le 
«  cose  date,  donate  lasciate  per  testamento  ai  medesimi,  la  riserva 
«  (cioè)  di  riprendersele  a  solo  beli'  agio  ? 

«  Ricordatevi,  Cittadini,  che  siam  tutti  cattolici,  e  siam  cattolici 
«  prima  di  essere  stati  fatti  e  dichiarati  Republicani,  e  che  nel 
«  seno  del  più  puro  e  pretto  cattolicismo  è  stata  formata  la  Cisal- 
«  pina  Republica.  Impegnatevi  dunque  perchè  sia  nella  nostra 
«  Republica,  come  lo  era  nel  passato  governo,  salva  la  nostra  santa 
«  religione,  sia  difesa,  sia  sempre  protetta  dal  nostro  governo  e  da 
«  governati  nostri  onorata;  e  non  soffra  mai  più  verun  cangiamento 
«  la  Religione  dei  nostri  padri,  che  è  appunto  la  cattolica  aposto- 
«  lica,  romana.  E  ciò  avverrà  senza  meno,  se  la  base  della  nuova 
«  nostra  Costituzione  sarà  questa  nostra  sacrosanta  Religione,  che 
«  sola  può  salvarci  eternamente  ;  sarà  la  sua  dottrina  divina,  sarà 
«  la  sua  celeste  morale,  che  sola  può  felicitare  la  nostra  Republica 

<  e  rendere  durevole  e  pacifico  il  republicano  nostro  Governo:  la 
«  qual  dottrina  e  morale  è  di  essa,  che  ci  vieta  di  approvare  legale 
«  e  canonica  la  vendita  e  la  compera  dei  beni  ecclesiastici,  fatte 
«  senza  il  beneplacito  apostolico,  o  con  lesione  di  contratto  a  danno 
«  del  terzo. 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  107 

«  Nulla  vi  dico  sugli  onorarj  fissati  nella  costituzione  al  Pre- 
«  sidente  e  ai  consiglieri:  perchè  so,  che  altri  su  quest'articolo, 
«  come  sopra  moltissimi  altri,  ve  ne  faranno  parola.  Ricordatevi  però, 
«  e  spesso  ricordatevelo,  che  la  Republica  Cisalpina  non  ha  ora  che 
«  nella  Costituzione  il  suo  tesoro.  L' erario  publico  e  de'  partico- 
«  lari  cittadini  ha  un  assoluto  deficit  (1).  Quando  la  Republica 
«  avrà  pieno  il  suo  erario  col  prodotto  delle  sue  finanze;  e  li  par- 
«  ticolari  si  saranno  sollevati  dalla  miseria,  in  cui  son  caduti  per 
«  divenir  ricchi  e  felici  :  allora  si  potrà  allargar  la  mano. 

«  Questo  è  quello  che  ho  creduto  mio  dovere  di  esporvi,  ricer- 
«  cato  del  mio  sentimento  sulla  propostaci  costituzione,  e  come  ve- 
«  scovo  cattolico,  apostolico  romano,  e  come  cattolico  e  apostolico 
«  cittadino.  » 

Aggiunta  dello  stesso  vescovo  di  Cervia. 

Se  si  avesse  il  sentimento  e  il  voto  degli  altri  ecclesiastici  di 
primo  e  secondo  ordine,  qui  si  trascriverebbe;  e  ai  medesimi  farebbe 
onore  presso  chiunque  lo  leggesse.  Tutti  però,  chi  più,  chi  meno  dif- 
fusamente anno  battuta  questa  stessa  via.  Il  Vescovo  di  Lodi,  Mon- 
signor Beretta,  parlò  molto  sulla  usurpazione  dei  beni  ecclesiastici, 
sulle  vendite  e  compere  fatte  da  medesimi  senza  beneplacito  della 
Santa  Sede  etc.  Sull'articolo  che  riguarda  le  compere  de'  detti  beni, 
usurpazioni  etc.  nessuno  della  sessione  dei  Papalini  fece  parola  in 
tribuna,  perchè  l'Avv.o  Aldini  disse,  che  avrebbe  la  Republica  fatto 
come  la  Francia  anch'essa  un  concordato  colla  Santa  Sede;  e  tanto 
più  non  si  montò  in  tribuna  per  arringare  contro  quest'articolo, 
quando  lo  si  lesse,  in  quanto  che  l'arcivescovo  di  Ravenna,  giunto 
il  lettore  a  quest'  articolo,  chiedette  all' Avv.®  Aldini  Presidente  cosi  : 
«  Già  su  di  ciò  mi  avete  detto,  che  farete  un  Concordato  colla 
Santa  Sede.  Non  è  vero  ?»  —  E  Aldini  rispose  :  «  Cosi  è.  »  —  «  Non 
occorre  altro  » ,  ripigliò  l' arcivescovo.  —  In  tal  guisa  essendo  ciò, 
ogn'uno  si  credette  dover  tacere  su  detto  articolo. 

Questo  voto  come  quelli  degli  altri  ecclesiastici.  Vicari  generali 
e  parroci  delle  tre  Legazioni,  fu  consegnato  a  Monsignor  Arcivescovo 
di  Ravenna,  affinchè  alla  nostra  sezione  degli  ex-Papalini  venisse 
riferito  e  comunicato,  essendo  (V arcivescovo)  uno  degli  eletti  Depu- 
tati  a  ricevere  e  riferire  questi  voti  e  sentimenti. 


(1)  «  Quanto  alle  attività,  risultò  (1801)  una  mancanza  annua  di  circa 
trenta  milioni  (Cusani,  VI,   67).  »  Vedi  quanto  abbiamo  detto  sopra. 


108  CAPITOLO   QUARTO 


Anche  le  altre  sezioni  avevano  fatte  simili  deputazioni  a  que- 
st'oggetto. E  qui  è  da  avvertirsi,  che  tutta  la  consulta  di  Lione  fu 
divisa  in  varie  sezioni:  ognuna  delle  quali  avea  la  sua  sala  nel 
collegio  degli  ex- Gesuiti,  avea  il  suo  presidente,  avea  li  suoi  secre- 
tarli e  redattore  (1).  La  cabala  massonica  e  patriotica  era  ben  or- 
dinata per  riuscire  in  ciò,  che  già  li  principali  ambiziosi  e  i  reli- 
gionari  aveano  stabilito  anche  prima,  che  li  notabili  si  radunassero 
in  assemblee  particolari  e  generali  ;  le  quali  assemblee  non  potevano 
essere,  per  li  buoni  ecclesiastici  e  per  tutta  la  nazione  Cisalpina  e 
Italiana,  più  umilianti.  Ma  si  sperava  deluse  le  loro  mire  dalla  Re- 
ligione del  Primo  Console  e  dal  cattolicismo  spiegato  nei  suoi  proclami. 

ly. 

A  nome  del  poj>olo  sovrano  della  Cisalpina^  rappresentato  dal 

olerò  nel  congresso,  il  vescovo  di   Cervia   esige  che  la  religione 

^  cattolica^  apostolica,  romana  sia  dichiarata  religione  dello  Stato. 

Radunata  la  Sezione  degli  ex-Papalini  li  8  Gennaio  1804  nella 
solita  sala,  come  si  radunaron  le  altre  nelle  loro  rispettive  sale  del 


(1)  La  prima  sezione  era  dei  Lombardi,  presidente  Melzi  ;  la  seconda 
degli  ex-pontilicii  o  Bolognesi  e  Romagnoli,  presidente  Aldini  ;  la  terza 
comprendeva  i  Modenesi,  presidente  Paradisi  ;  la  quarta  i  Veneti  del  di 
qua  dell'Adige,  presidente  Bargnani  ;  e  la  quinta  dei  Novaresi  e  Valtelli- 
nesi,  presidente  Bernardi. 

Ogni  sezione. aveva  eletto,  a  pluralità  di  voti,  una  commissione  in- 
caricata di  ricevere,  riferire,  ed  esaminare  i  A^oti  e  le  sentenze  de'  de- 
putati. La  commissione  eletta  dalla  sezione  seconda,  ossia  degli  ex-Stati 
pontifìcii,  componevasi  de' seguenti  notabili^  eletti  in  numero  di  cinque 
per  ogni  dipartimento  : 

Diiìartimento  del  Beno:  Luigi  Valeriani,  professore;  Salina,  avvocato; 
Vicini,  avvocato;  Bologna  Sebastiano,  possidente;  Dalfìume  Filijìpo, 
l>ossidente. 

jDijiartirnento  del  Bnbicone  :  Felici,  ex-ministro;  Galeppini  Tommaso; 
Mgr  Codronchi,  arcivescovo  di  Ravenna;  Lovatelli  Ix)polito  ;  Strocchi 
Dionigi. 

Dipartimento  del  Basso  Po  :  Cicognara  Leopoldo  ;  Costabili  Contadini; 
Facci  Giudice;  Rangoni  Giuseppe;  Bentivoglio  Carlo. 

Cotesta  commissione,  dopo  esaminati  i  voti  de' deputati,  formava  le 
proposizioni,  e  le  riferiva  alla  sezione  ;  la  quale  le  approvava  o  rigettava 
pluralità  di  voci. 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  10f> 

detto  Collegio,  affine  di  comunicare  a  tutte  le  rispettive  Sessioni  i 
riflessi  e  li  sentimenti  e  voti  de' rispettivi  Notabili  sulla  propostaci 
costituzione  civile  dal  Primo  Console,  giunta  la  lettura  de' senti- 
menti, riflessioni  etc.  sull'articolo  98,  che  riguardava  il  culto  catto- 
lico, sentendo  Mgr  Arcivescovo,  che  il  Redattore  Vicini  di  Bologna 
preteriva  li  voti  e  sentimenti  de' Vescovi  e  Curati  su  tale  articolo, 
e  per  fino  quello,  che  si  era  stabilito  nel  Congresso  particolare  della 
nominata  Deputazione,  di  levar  via  dal  detto  articolo  il  «  può  eser- 
citarsi »  ;  e  a  queste  due  parole  sostituirvi  questa  «  conserva  »  ;  e  di 
.aggiungere  al  «  Cattolico  »  anche  1'  «  Apostolico  e  Romano  »  :  Si  alzò  in 
piedi,  e  disse  al  Presidente  Avv."  Dott.  Aldini,  che  quel  che  riferiva 
il  Redattore  Vicini^  non  era  quello^  che  si  era  convenuto.  —  A  ciò 
rispose  il  Presidente  cosi  :  «  Cittadino,  se  volete  qualche  cosa,  andate 
in  Tribuna.  »  —  E  vi  andò  difatti;  e  oltre  il  lagnarsi  di  vedersi 
cosi  sfacciatamente  mutar  le  carte  e  violare  il  convenuto,  disse  quelle 
ragioni  teologiche  e  cattoliche,  che  potevano  e  dir  si  dovevano  da 
un  Vescovo,  che  vedeva  malmenata  la  Religione  cattolica^  apostolica, 
romana  e  assolutamente  dispreggiata  dagli  empi  filosofi  republicani 
patrioti  e  increduli.  Ma  a  queste  mostraron  costoro  di  non  volersi 
arrendere,  anzi  le  disprezzarono  e  le  derisero,  forti  a  volere  1'  ar- 
ticolo 98  tal  quale  l'avea  mandato  Bona  Parte,  e  accettato  con  il 
resto  della  Costituzione  dalla  Consulta  Provisoria  di  Milano. 

Ciò  sentendo  il  Vescovo  di  Cervia,  calato  dalla  Tribuna  Mgr  Ar- 
civescovo, si  rivolse  al  Presidente,  e  gli  disse:  «  Domando  anch'io, 
Presidente,  la  parola.  »  —  Cui  egli  rispose  :  «  Servitevi  cittadino.  »  — 
Montò  in  tribuna  (il  vescovo  di  Cervia)  ;  e  lasciati  gli  argomenti 
teologici,  cattolici  e  politici  già  da  lui  espressi  nel  suo  voto,  cosi  si 
fece  a  ragionare,  pieno  di  zelo  non  men  che  di  quel  fuoco,  che  gli 
è  proprio,  e  naturale: 

«  Il  Popolo  cattolico  Cisalpino,   rispondetemi  Cittadini,  è  ancora   *> 
«_si  0  no,  Sovrano  ?  » 

A  questa  interrogazione,  si  ammutolì  e  s' imbruti  la  sezione,  non    — 
sapendo  né  potendo  prevedere  dove  andasse  a  ferire  e  terminare.  — 
Nessuno  rispondendo  alla  interrogazione,  ripigliò  il  Vescovo  di  Cervia 
il  discorso  in  questi  precisi  termini: 

«Bene.  Il  vostro  silenzio  mei  dà  ancora  e  mei  dichiara  Sovrano; 
«  e  la   stessa  Costituzione   mei  conferma  tale  ancora.  Noi  Vescovi    -- 
«  non  siam  già  qua  venuti  per  trattare  gli  affari  politici,  ma  sibbene    -"^ 
«  quelli  che  riguardano  la  nostra  santa  Religione  Cattolica  Aposto-  — 
«  lica  Romana,  la  sua  dottrina,  la  sua  morale  e  la  sua  disciplina.    ^ 


110  CAPITOLO   QUARTO 


«  Qui  venuti  siamo  per  sostenerla  e  difenderla,  quando  vi  fosse  uopo 
«  col  dare  sangue  e  vita  etc.  Qua  siam  venuti  a  portarvi  e  mani- 
«  festarvi  la  volontà  del  Sovrano  popolo  cattolico  Cisalpino,  che  noi 
«  spiritualmente  reggiamo  ;  e  dirvi  quel  che  egli  vuole  in  materia 
«  di  Religione.  Questo  popol  dunque  Sovrano  vuole,  che  la  Religione 
«  Cattolica,*  Apostolica,  Romana,  la  sua  dottrina,  la  sua  morale  e 
«  disciplina  ecclesiastica,  il  di  lei  divino  culto  apostolico  e  romano; 
«  in  una  parola  questo  Popolo  vuole,  che  la  Religion  de'suoi  Padri, 
«  che  è  appunto  la  Cattolica  Religione  Apostolica,  Romana,  sia  nella 
«  Cisalpina  la  sola  dominante  Religione,  e  vengagli  mantenuta  ne'' 
«  suoi  diritti.  Vuole  professarla  e  praticarla  e  liberamente,  come  la 
«  professava  e  praticava  prima  della  rivoluzione.  Vuole,  che  questa 
«  sacrosanta  Religione  sia  protetta  e  onorata  come  prima,  anche  dal 
«  republicano  governo. 

«  Non  si  oppone  questo  Popolo  alla  tolleranza  degli  Ebrei,  che 
«  sono  li  soli  Cisalpini  che  abbian  culto  diverso  dal  nostro  cattolico. 
«  A.bbian  pure  le  loro  scuole,  le  loro  Sinagoghe  e  i  loro  Ghetti,  come 
«  li  aveano  prima  sotto  il  Papa. 

«  Vuole,  che  la  civile  costituzione  abbia  per  base  la  religione 
«  cattolica  apostolica  romana,  e  che  sopra  basi  fisse  di  questa  santa 
«  Religione  sia  organizzata  la  Republica  Cisalpina:  che  è  appunto 
«  quello  che  il  Generale  Primo  Console  Bona  Parte  gli  ha  promesso 
«  le  pur  tante  volte,  e  ratificatagli  costantemente  questa  promessa 
«  coi  public!  proclami  del  governo,  e  con  nostre  lettere  circolari  d' or- 
«  dine  e  suo  e  del  Governo.  Vuole,  che  la  sua  dottrina  e  morale 
«  siagli  predicata  dai  ministri  dell'altare  liberamente  e  publicamente, 
«e  vuole  in  pieno  vigore  la  disciplina  ecclesiastica  e  quanto  c'in- 
«  segna  e  ci  prescrive  e  comanda  Chiesa  santa  nel  sacrosanto  ecu- 
«  menico  Concilio  di  Trento  congregata. 

«  Cittadini  ecclesiastici  del  P."  e  secondo  Ordine,  Cardinale  Bel- 
«  lisomi,  Arcivescovo  di  Ravenna,  Vicarj  Generali,  Curati,  tutti 
«  quanti  siete  qui  congregati  e  che  qua  siete  venuti  a  portare  la 
«  parola  .de' rispettivi  popoli  che  reggete  spiritualmente,  e  a  mani- 
«  festare  la  decisa  loro  voluntà  in  materia  di  religione  :  alzatevi  in 
«  piedi,  e  dite  alla  Sessione  qual  sia  la  volontà  del  Popolo,  che  cosa 
«  vuole  e  pretende  in  materia  della  nostra  sacrosanta  Religione  ?  » 
Qui  si  alzarono  tutti  in  piedi,  e  confermarono  quanto  già  avea  detto 
il  Vescovo  di  Cervia. 

Avuta  Egli  questa  contestazione  pubblica  della  precisa  volontà 
del  popolo  circa  la  nostra  sacrosanta  Religione;  ripigliò  e  fini  così 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  IH 


i  1  detto  Vescovo  di  Cervia  il  suo  arringo  in  favor  della  Religione 
Cattolica,  Apostolica,  Romana: 

«  Il  Popolo  dunque  Cisalpino  Cattolico  è  il  Sovrano  della  nostra 
«Republica;  Popolo,  che  si  può  dire  il  solo  ed  è,  tranne  pocliis- 
«  simi  Ebrei,  che  compone  questa  Republica  Cisalpina.  Questo 
«  popolo  vuole  che  la  nostra  santa  Religione  Cattolica,  Apostolica, 
«  Romana,  sia  la  dominante  ;  e  sopra  basi  fìsse  di  questa  Religione, 
«  della  sua  dottrina,  morale  e  disciplina,  sia  organnizzata  la  detta 
«  nostra  Republica,  abbia  il  primo  luogo  la  Religione  Cattolica, 
«  Apostolica  Romana  nella  propostaci  Costituzione,  aggiungendo  alle 
«  parole  «  culto  cattolico  » ,  anche  «  l'apostolico  e  Romano  » .  Rispet- 
«  tate  adunque,  o  Cittadini,  la  volontà  del  Popolo  Sovrano,  e  ubbe- 
«  ditegli.  » 

Qui  fini  l'arringo  del  Vescovo  di  Cervia. 

Calato  egli  dalla  Tribuna,  prese  la  parola  anche  il  Canonico 
Zoilo  di  Rimini,  deputato  come  suo  Vicario,  dal  Vescovo  di  quella 
città;  e  parlò  egli  pure  e  arringò  in  favore  della  Religione,  esigendo 
espresso  e  unito  al  «  culto  cattolico  »  queste  due  parole  «  apostolico, 
Romano  »  ;  cosa  che  assolutamente  non  volevano  li  notabili  ex-Pa- 
palini. 

Calato  dalla  Tribuna  il  detto  Sig.  Canonico,  la  montò  il  Redat- 
tore Vicini  di  Bologna,  e  disse:  «che  il  patto  sociale  dell' uomo  era 
il  primo  che  avesse  ad  osservarsi  tra  lui  e  il  Dio  della  Natura;  e  > 
che  nella  Costituzione  civile  non  si  dovea  cercar  altro.  »  A  queste 
bestemmie  ed  errori  ne  disse  e  ne  pronunziò  degli  altri  senza  or- 
dine, raziocinio  e  criterio.  Solo  la  sua  empietà  fece  comparsa  nel 
suo  discorso. 

Domandò  la  parola  dopo  il  cittadino  Vicini  anche  il  Vescovo  di 
Comacchio,  e  disse  che  si  poteva  benissimo  conciliar  tutto.  E  che 
bastava  esprimere  la  Religione  colla  parola  «  cattolica  »  ;  mentre  la 
Religione  l' abbiamo  nel  cuore  e  nella  mente,  e  qui  la  dobbiam  con- 
servare :  «  A  me  pare  fconchiuse),  che  sia  sufficientemente  espresso 
l'articolo  98:  colla  sola  parola  Cattolico.  »  Ciò  detto,  calò  il  Vescovo 
di  Comacchio;  e  nel  calare,  li  notabili  secolari  gli  batterono  le  mani 
palma  a  palma! 

Nota  (ossia  altra  aggiunta  del  Vescovo  di  Cervia) 

Il  Vescovo  di  Cervia,  udito  questo  discorso  del  Vescovo  di  Co-j^ 
macchio,  che  lo  conosceva  diretto  a  favorire  chi  contrastava  e  ri- 
cusava il  mettere  per  Religione  dominante  la  sola  cattolica,  e  alla 


112  CAPITOLO   QUARTO 


parola  cattolica  unirvi  anche  le  altre  due  Apostolica^  Romana,  giacché 
tutti  gli  Eretici  pretendono  e  si  dicono  Cattolici  anch'essi;  disse, 
rivoltatosi  all' Arcivescovo  di  Ravenna  :  «  Avete  intese  le  bestialità 
-^  del  Cappuccino  ?  Io  il  credeva  un  pò  teologo  ;  ma  noi  veggo  neppur 
nelle  espressioni  Cattolico,  giacché  di  cuore  e  d'intelletto  lo  credo 
tale.  »  E  l'Arcivescovo  rispose  al  Vescovo  di  Cervia:  «  State  buono; 
che  mi  credeva  di  peggio.  » 

Per  altro,  ne' giorni  susseguenti,  discorrendo  sulla  contrarietà  dei 
secolari  notabili  ex-papalini  alla  Religione  cattolica  nel  volerla  do- 
minante etc,  andava  dicendo:  «  Questa  sola  deve  essere  la  dominante,^ 
e  deve  essere  la  Cattolica  Apostolica,  Romana.  »  E  alle  risposte  ai 
quesiti  del  P.  Console  fatti  al  Clero,  mostrava  di  avere  espresso  an- 
che l'apostolica  e  la  romana  cattolica  religione. 

Dopo  il  Vescovo  di  Comacchio,  prese  la  parola  il  Vicario  Gene- 
rale di  Sarsina,  e  arringò  in  favore  della  Religione,  dicendo  che  in 
realtà  non  bastava  l'articolo  98,  tal  quale  veniva  espresso  nella  Co- 
stituzione. 

Ma  forti  gli  ex-Papalini  a  non  voler  mutarlo,  né  aggiungervi 
cosa  alcuna;  e  il  Presidente  Aldini,  che  già  avea  spiegata  contra- 
rietà al  clero  del  primo  e  second'  ordine  e  alla  Religione  stessa,  alla 
sua  Cattolica  apostolica  Romana  dottrina  e  a  suoi  ministri,  propose 
di  mandar  all'ordine  l'art.  98,  tal  quale  stava  espresso  nella  Costi- 
tuzione. 

Ciò  sentendo  il  Vescovo  di  Cervia,  e  temendo  che,  mandato  al- 
l'ordine, passasse  e  sarebbe  stato  approvato  sicuramente,  considerata 
l'approvazione  in  ragion  de'  voti,  che  erano  numerosissimi  relativa- 
mente agli  opponenti  al  detto  articolo,  ch'erano  li  soli  pochi  eccle- 
siastici, domandò  un'altra  volta  la  parola,  e  montò  in  Tribuna.  Pre- 
mettendo al  nuovo  suo  arringo  in  favor  della  Religione  Cattolica, 
che  non  facesse  specie  a  veruno  il  fuoco,  con  cui  egli  arringava  in 
favor  della  Religione,  perché  gli  è  naturale,  ed  é  stato  sempre  cosi 
assuefatto,  argumentando  nelle  cose  di  Religione;  e  che  non  attri- 
buissero li  Notabili  questo  suo  calore  a  mancanza  di  rispetto  alPas- 
semblea:  credette  di  dover  ciò  premettere,  imperocché  il  Presidente 
nel  concedergli  la  parola  gli  disse  :  «  Cittadino  Vescovo,  men  fuoco.  » 
Cui  però  rispose  francamente  il  Vescovo  di  Cervia  :  «  Trattandosi 
di  sostenere  e  difendere  la  Religion  di  Cristo  e  li  diritti  della  8.  Madre 
Chiesa^  non  ho  tanto  fuoco  che  basti.  » 

Montato  in  tribuna,  cosi  si  fece  di  nuovo  a  parlare  :  «  Cittadini, 
«  siete  si  0  no  cattolici  ?  Volete   dare  a  tutta  l' Europa  e  alla  pò- 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  113 

«  sterità  tutta  una  vergognosa  memoria  di  voi  e  di  questa  sessione? 
«  Possibile,  che  non  veggiate  l' eterno  obbrobrio  che  vi  tirereste 
«  addosso,  quando  si  dirà,  o  si  leggerà  nelle  storie,  che  un'adunanza 
«  di  cittadini  cattolici,  chiamati  dal  P.  Console  in  Lione  ad  esami- 
«  nare  la  Costituzione  civile,  ossia  il  codice  delle  leggi  che  anno  a 
«  reggere  la  Republica  Cisalpina,  e  che  ora  qui  noi  rappresentiamo, 
«  non  anno  voluto  per  base  della  lor  Costituzione  e  del  lor  governo 
«  la  Religione  cattolica,  apostolica,  romana,  che  anno  professata 
«  nel  S.  Battesimo  e  professano;  né  essere  organizzata  sopra  basi 
«  fisse  di  questa  santa  religione  la  sua  Republica  ;  e  nemmeno 
«  aggiungervi  all'articolo  98  queste  due  sole  parole  «  apostolico, 
«  romano  » ,  per  cui  il  vero  cattolico  si  distingue  da  qualunque  altro 
«  culto  de'settarj,  cristiani  sì,  ma  non  mai  cattolici,  apostolici  romani? 
«  Ma  giacché  voi  non  volete  rispettare  la  volontà  del  Popolo, 
«  manifestatavi  dal  clero  del  primo  e  secondo  ordine,  e  a  voce  e  in 
«  iscritto;  io  propongo,  che  sia  rimesso  quest'articolo,  e  tutti  li  pro- 
«  cessi  verbali  su  d'esso,  al  Primo  Console.  Il  quale,  persuadete  vene, 
«  vuole  per  base  della  Costituzione  la  Religione  cattolica,  apostolica 
«  romana;  e  vuole  organizzata  la  nostra  Republica  sopra  basi  fisse 
«  di  questa  Religione.  » 

Qui  interruppe  il  presidente  Aldini  il  discorso  al  Vescovo  di 
Cervia  cosi:  «  Che  volete  riportare  al  P.  Console  li  processi  verbali 
«  e  la  decisione  di  questo  articolo,  se  debba  o  no  lasciarsi  cosi,  se 
«  egli  ha  data  questa  Costituzione  ?»  —  Ma,  rispose  subito  il  Vescovo 
di  Cervia  dalla  Tribuna  al  presidente  Aldini:  «  E  perchè  voialtri 
«  fate  tante  mutazioni  agli  altri  articoli?  Solo  non  se  n'ha  a  fare 
«  veruna  all'articolo  98,  che  riguarda  la  nostra  santa  Religione  ? 
«  Si  rimetta  almeno  l'articolo,  e  li  sentimenti  del  Clero,  e  le  sue 
«  petizioni,  che  sono  del  Popolo,  al  Primo  Console.  » 

Il  Presidente  però  non  si  attenne  alla  proposta  del  Vescovo; 
ma  volle  mandare  all'ordine  l'articolo,  tal  quale  era  nella  Costitu- 
zione, e  lo  si  disse,  appena  mandatovelo,  passato  già  dalla  sessione. 
E  come  passato?  Ecco  il  modo  che  si  teneva  nel  mandare  all'ordine 
le  cose,  che  si  proponevano:  —  Chi  le  approva,  diceva  il  Presidente, 
si  alzi  in  piedi.  —  E  chi  non  si  alzava  in  piedi,  alzava  la  mano  o  il 
cappello.  Indi  il  Secretarlo  Belmonti  usciva  dal  tavolino,  quando 
dal  suo  posto  non  scorgeva  tutti  li  Notabili,  e  contava  quelli  ch'erano 
in  piedi,  E  il  più  delle  volte,  appena  contati  alcuni,  quando  l'affare 
premeva  loro,  diceva:  è  passato,  approvato.  Altra  volta  si  dava  per 
approvato,  allo  sbattere  delle  mani  di  alcuni.  Cosi  si  aggiornavana 

RmiERi.  —  La  Diplomazia  Pontifìcia  nel  secolo  XIX.  ~  Voi.  II.  8 


114  CAPITOLO   QUARTO 


e  si  approvavano  gli  articoli  della  Costituzione,  e  le  riflessioni  che 
vi  si  facevano  (1). 

Nella  seconda  assemblea,  radunata  con  lettera  del  Ministro  degli 
affari  esteri,  si  propose  dal  Presidente  ai  Notabili  di  pensare  a  no- 
minare li  soggetti  per  la  Consulta  di  Stato  pel  corpo  legisla- 
tivo etc.  etc.  E  dispensò  alcune  schede  per  notarvi  li  soggetti,  che 
si  giudicavano  li  più  atti  per  le  cariche  e  uffici  principali  e  im- 
pieghi della  Republica.  S' indicò  ancora  il  numero  dei  soggetti  per 
i  dipartimenti;  e  mancando  a  questi  qualch'uno,  si  dessero  in  li- 
bertà dei  Notabili  di  proporne  altri  degli  altri  dipartimenti.  Segnati 
li  nominati  nella  scheda,  si  consegnarono  piegati  al  Presidente,  che 
uniti  insieme  fece  sigillare  il  piego  per  portarlo  al  Ministro  sudetto 
Talleyrand.  Cosi  fini  questa  sessione. 

Y. 

DOPO  l'arrivo  del  primo  console 

Parlata  del  Primo  Console  al  clero:  vuole  che  la  religione 
della  Cisalpina  sia  la  cattolica  apostolica  romana. 

Arrivato  Bonaparte  (2),  furono  avvisati  li  Notabili  tutti  dalli 
rispettivi  loro  Presidenti,  a  ritrovarsi   tutti  nella  gran   sala  della 


(1)  Praticando  il  metodo    di  votazione    qui  descritto  dal  vescovo    di 
Cervia,  fu  proiìosta   alle  voci  la    forinola    seguente,  da   esprimersi   nel- 
l'art. 98:   La   religione   cattolica    esercita    il  suo   culto  jpuhMicameute.  Sarà 
però  libero  ad  ogni  cittadino  esercitarne  privatamente  qualunque  altro.  Passò 
con  voti  37  contro  12.  Vedi  docum.  MC. 

(2)  «  La  sera  delli  11  gennaro  a  ore  9  giunse  da  Parigi  a  Lione  il 
gran  Console  Bonaparte,  circondato  da  pressoché  tutti  li  Cisalpini.  »  Così 
il  Conventi  (Ved.  Docum.  MC)  ;  Cf.  Melzi,  Memorie,  I,  283.  Partito  da 
Parigi  a' 9  di  gennaio,  dopo  il  lento  e  trionfale  viaggio  di  ore  60  arrivò 
a  Lione  il  giorno  11  alle  nove  di  sera  {Correspondance ,  VII,  n.  5916^  5917). 
Secondo  un  dispaccio  del  Cobenzl  a  Colleredo  (9  gennaio  1802),  «e' est 
ce  matin  que  ce  départ  a  eu  lieu,  après  avoir  été  dilféré  d'nn  jour  à 
l'autre  »  (Arcliiv.  Vienna,  nei  Docum.  Concord.,  IV,  n.  1070).  Infatti,  cal- 
colando le  60  ore  di  viaggio,  dal  suo  arrivo  a  Lione  alle  9  della  sera 
dell'  11,  egli  partì  da  Parigi  il  giorno  9  alle  ore  9  del  mattino.  Dunque 
la  sua  partenza,  da  lui  annunziata  al  fratello  Giuseppe  (7  gennaio)  per 
la  dimane  a  mezza  notte  (Je  pars  demain,  à  mìnuit,  pour  Lyon.  Corresp., 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  115 

Maison  comììiune  (1),  ov'egli  abitava  con  un  treno  da  Monarcha, 
alle  due  e  mezzo  dopo  mezzodì,  per  esser  presentati  da  loro  al 
Primo  Console;  e  ciò  accade  alli  (12)  gennaro  1802  corrente  (2). 

Entrati  sezione  per  sezione  li  Notabili  nella  sala,  dov'egli  ri- 
ceveva e  dava  udienza  (3);  e  a  lui  avvicinatisi  specialmente  li  Ve- 
scovi e  il  Card.  Bellisomi  e  il  clero  della  nostra  Sezione,  ch'entrò 
dopo  la  prima  degli  Ex-austriaci;  rivoltatosi  egli  a  noi,  cosi  ci  si 
fece  a  parlare: 

«  State  certi,  che  la  Religion  Cattolica  Apostolica  Romana  dovrà 

«  essere  e   sarà  la   Religione  della   Republica    Cisalpina;   ed  avrà 

«  luogo  nel  primo  articolo  della  Costituzione.  »  —  Qui  li  Vescovi  e 

il  Clero  ringraziarono  Bona  Parte;  e  gli  diedero  lodi  e  benedizioni. 


11.  5916)  fu  sbagliata  di  nove  ore.  Tuttavia  il  Theiner  (II,  8)  lo  fa  arri- 
vare a  Lione  le  13  janvier  1802!  Ha  probabilmente  copiato  il  Wouters, 
il  quale  nella  Histoire  chronologique  de  la  Ee'p.  et  de  Vemp.,  assegna  il 
«  12  janvier  (22  iiivose)  »  pel  giorno,  in  cui  il  Primo  Console  quitte  Paris 
et  prend  la  route  de  Lyon,  dove  lo  fa  arrivare  a' 13  (p.  325).  A.  Thiers 
lo  fa  partire  da  Parigi  «  le  8  janvier  (18  nivose).  »  Consult.  et  Emp. 
(1851),  I,  688. 

(1)  Ossia  il  palazzo  di  città,  o  del  governo. 

(2)  «  I  deputati  ricevettero  un  viglietto,  che  servisse  di  contrasegno 
per  entrare  nel  iialazzo  del  governo,  indi  a  ore  quattro  e  messo  andarono 
a  far  visita  in  corpo  al  Primo  Console  (MC).  » 

(3)  Nota  dello  stesso  vescovo  di  Cervia  :  Alli  Notabili  secolari  (Notabili, 
cosi  chiamavansi  gì'  invitati  al  Congresso  di  Lione  dal  Primo  Console) 
fece  sapere  Bona  Parte  :  che  li  voleva  all'udienza  con  abito  nero,  e  co- 
dino :  e  li  venuti  già  a  Lione  erano  tutti  vestiti  alla  Cisalxìina,  tosati 
alla  Brutta!  bisognò  che  alcuni,  impotenti  a  farselo  a  proprie  spese, 
ricorressero  ai  Preti  che  v'intervenivano  in  sottana,  per  avere  un  abito  ^ 
nero. 

Al   caffè  poi  degli  Italiani  e  prima  dell'udienza,  ma  assai  più  dopo 

la  medesima,   sentiti  gli  elogi  ai  Vescovi  e  al  ceto  ecclesiastico,  e  a  loro 

acri  rimiiroveri,  che  non  dissero  di  male  contro  Bona  Parte,  e  contro  i 

Preti?  Bona  Parte,  B.  F.  etc.  Imi)Ostore  etc,    che  era  venuto  a  Lione 

per  fare  il  Missionario  etc,  li    Preti    che   l'avevano    vinta    etc.    etc.  E 

tante  bestemmie  contro  Bona  Parte  e  i  Preti  dissero  li  riscaldati  Notabili, 

Republicani,  e  Massoni^  filosofi  etc.  rexiublicani,  cbe  scandalizzarono  tutti 

<.  i  buoni  Lionesi.  Bona  Parte  non  ne  fece  caso;  perchè  li  temeva,    e    di     ' 

l  loro  si  abbisognava  nella  esecuzione  delle  sue  empie  idee  e  massime  di 

I distruggere  col  tenix)o  e  il  trono  e  l'altare:  dimenticatosi,  cbe  vi  è  Dio 

che  veglia  alla  loro  conservazione. 


116  CAPITOLO    QUARTO 


E  il  vescovo  di  Comacchio,  credendo  di  dir  molto  e  secondare  il  di- 
scorso del  Primo  Console  aggiunse  :  «  State  certo,  che  la  nostra  santa 
«  Religione  favorisce  la  libertà  :  »  —  E  Bonaparte  replicò  con  qual- 
che calore  :  «  Ma  non  quella  che  spoglia  le  altrui  proprietà  e  favo  • 
«  risce  il  libertinaggio,  e  se  la  prende  con  la  Religione  e  co'  suoi 
«  Ministri  eccetera  eccetera.  » 

Dopo  ciò  si  rivolse  ai  Notabili  secolari  e  disse  loro  :  «  Come  vo- 
«  lete,  che  i  Preti  amino  questo  governo,  se  voi  li  strapazzate  con- 
«  tinuamente,  e  lor  portate  via  tutto?  Bisogna  rispettar  la  Religione 
«  e  li  Ministri;  e  questi  il  Governo.  » 

E  poi  conchiuse:  «  che  il  Groverno  ha  di  bisogno  della  Religione 
«  e  dei  Ministri  per  l'influenza,  che  ha  quella  sul  Governo,  e  questi 
«  sui  popoli,  che  li  devono  rendere  affezionati  al  medesimo,  e  tanto 
«  più  ora  con  impegno,  quanto  che  gli  antichi  nostri  Sovrani  ci 
«  aveano  rinunziato.  » 

Questo  discorso  che  fece  agli  Ex-Papalini,  lo  fece  ancora  alle 
altre  Sezioni.  Dimandò  conto  del  Card.  Mattei,  del  Vescovo  di  Ber- 
tinoro,  e  degli  altri  Vescovi  che  non  erano  intervenuti. 

E  gli  fu  risposto  come  conveniva  e  in  lor  favore  dai  vescovi  e 
curati  e  vicarj  rispettivi. 

Si  ebbe  il  giorno  susseguente  dal  Ministro  Marescalchi  altro 
invito  di  presentarsi  all'indomani  prima  di  mezzogiorno  al  detto 
P.  Console,  ma  separatamente:  v.  gr.  gli  Ecclesiastici  tutti  da  per 
sé;  li  Militari  da  per  sé;  etc.  etc. 

Ci  recassimo  dunque  Noi  ecclesiastici  all'ora  prefissa  al  Palazzo 
Publico;  e,  poco  dopo  giuntivi,  fossimo  introdotti  da  lui  all'udienza^ 
presente  Murat,  il  Ministro  degli  affari  esteri,  Marescalchi,  il  Pre- 
fetto du  Palais,  e  credo  anche  Aldini.  Qui  replicò,  che  la  Religione 
Cattolica  Apostolica  Romana  dovea  essere  la  Religione  dello  Stato. 
Si  discorse  dei  Capitoli,  delle  Catedrali  e  delle  Collegiate,  delle 
Monache  e  dei  frati;  e  dai  Vescovi  si  tentò  di  far  rivivere  tutti, 
mostrando  la  necessità  e  l'importanza  di  avere  li  detti  Capitoli  e 
Collegiate;  nonché  la  esistenza  dei  Religiosi,  di  cui  ne  han  sempre 
li  Vescovi  colla  Chiesa  conosciuta  la  necessità  e  l' utilità.  Ma  ora 
che  il  numero  de'  preti  è  divenuto  si  scarso,  maggiormente  ne  anno 
di  bisogno.  Le  monache  ancora  per  la  educazione  cristiana  e  civile 
delle  fanciulle.  Si  mostrò  al  Primo  Console^  che  alla  Religione  era 
ì  di  necessità  l'avere  degli  asili,  com'erano  le  Religioni  claustrali,  si 
"i  per  gli  uomini  che  per  le  femmine,  onde  potersi  osservare  da  chi 
'  volevasi  li  consigli  evangelici. 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  117 


Ma  Bona  Parte  si  mostrò  pe' frati  e  monache  renitente  a  rimet 
tere  i  loro  soppressi  conventi  ;  al  più  quelli  ch'erano  rimasti  coi  loro 
Religiosi  e  Monache,  finché  vivono.  E  poi  soggiunse:  «  Li  frati  sono 
li  sbirretti  del  Papa  !  Mi  guardo  avanti  dai  Cappuccini,  e  dietro 
spalle  ho  li  Recolletti,  che  mi  danno  una  schioppettata.  »  E  qui 
l'Arcivescovo  di  Ravenna  rivoltatosi  al  Vescovo  di  Cervia:  «  Sta 
a  lei,  come  regolare,  a  difendere  la  causa  dei  frati.  »  Ed  egli  in 
ristretto  fece  vedere  il  bene  anche  temporale,  che  avean  fatto  li 
monachi  e  li  frati.  Non  solo  nello  scientifico,  e  nel  morale,  ma 
anche  nell'economico:  le  paludi  asciuttate,  li  terreni  incolti  renduti 
fertilissimi,  molte  arti  inventate,  molti  luoghi  pii  eretti,  soccorsi 
prestati  ai  regni  e  alle  provincie  ne'  loro  più  pressanti  bisogni  ecc.  ecc. 

Inteso  tutto  ciò^  e  le  premure  de'  Vescovi  di  riavere  i  loro  Capitoli 
le  loro  Collegiate,  li  loro  Seminari,  li  frati  e  le  monache,  ci  fece 
sperare  molto  di  ciò,  che  chiedevamo  ed  anco  la  indennizzazione  dei 
beni  venduti  ai  Capitoli  e  Seminarj,  e  Vescovati  con  altri  beni  ec- 
clesiastici, rimasti  in  Cisalpina  invenduti. 

Come  l'ora  si  faceva  tardi,  pose  fine  a  questa  udienza  col  dire, 
che  noi  facessimo  una  deputazione  di  ecclesiastici  di  sei,  o  nove 
persone,  presidente  però  il  Cardinale  Beliisomi  ;  le  quali  riferissero 
a  lui  li  nostri  sentimenti  e  petizioni  ;  e  a  noi  le  sue  risposte  e  de- 
terminazioni. Indi  voltatosi  a  Marescalchi,  dissegli  :  «  Assegnate 
loro  una  sala,  acciò  faccian  questa  deputazione.  E  stasera  si  pre- 
senterà a  me  dopo  le  10  (1).  » 


10     j 


(1)  Nell'arrivo  del  Primo  Console  a  Lione,  i  Notabili  Cisalpini  gli 
presentarono  il  seguente  indirizzo,  che  qui  va  riferito.  È  un  monumento, 
che  fa  sangue  :  tanto  mostra  al  vivo  le  rovine  accumulate  nella  ricchissima 
Lombardia  da  quella  mano  di  pubblici  ladroni,  che  si  diedero  il  nome 
di  patriotti  !  È  il  seguente,  e  fu  esteso  dall'avvocato  Salina. 

Bimostransa  a  nome  della  commissione  delli  così  detti  Notabili  della  Ci- 
salpina fatta  al  Primo  Console  B.  Parte,  appena  giunto  a  Lione.  14  gen- 
naio 1802  alle  ore  12. 

Cittadino  Primo  Console, 

La  commissione  de'  Notabili  tradirebbe  se  stessa  e  la  Patria,  se  in  faccia 
al  Primo  Console  della  Repubblica  francese  guardasse  un  reo  silenzio  sulle 
spaventose  miserie  della  Cisalpina.  Nel  volgere  di  dieciotto  mesi  enorme  è  stato 
il  carico  delle  imposizioni,  barbaro  non  rare  volte  il  modo  di  eseguirlo.  Lo  \ 
scutato  salito  a  cento  denari,  le  anticipazioni  percette  di  mesi  sei,  i prestiti  for- 
zati, le  tasse  sul  commercio,  le  azioni  le  imposte  indirette  montano  a  cento  ot- 


^ 


118  CAPITOLO   QUARTO 


YI. 


Quesiti  proposti  dal  Primo  Console  al  Gomitato  ecclesia- 
stico^ sullo  stato  delle  chiese  e  sulle  relazioni  ecclesiastico-poli- 
fiche  della  Bepuhhlica  Cisalpina  (lo  gennaio  1802), 

Gì  adunassimo  nella  sala  assegnataci,  e  per  schede  si  elessero 
tre  Vescovi,  tre  Vicari  Generali  e  tre  curati,  e  si  procurò  di  pren- 
derne da  tutti  li  dipartimenti.  Li  Vescovi  eletti  furono  l'Arcive- 
scovo di  Ravenna,  il  Vescovo  di  Lodi  e  quello  di  Cremona.  Li 
Vicari  Generali:  l'Avv"*  Conventi  di  Bologna,  il  Vicario  di  Brescia 
Ab.  Canonico  Caprioli,  l'altro  Vicario  non  mi  sovviene,  come  non 
mi  sovvengono  li  tre  Curati  (1). 


TANTA  MILIONI  DI  LIRE  MILANESI.  -S'amnMO.DUCENTO  ED  ASSAI  PIÙ,  se  SÌ  Cal- 
colano i  residui  prezzi  di  ÌB(eni)  N(azionali)  e  le  infinite  ì^equislzioni  non  compen- 
sate. Qual  peso  enorme  per  uno  Stato  già  afflitto  per  antecedenti  contribuzioni, 
avvolto  iudi  fra  gli  orrori  a  un  tempo  stesso  d' inondazioni,  di  epizoozia,  di 
carestia,  di  guerra  !  Alti  sei  maggiori  Estimati  d''  ogni  dipartimento  si  diede 

V  immediato  soddisfacimento  delV arretrato  scudato.  Piombano  azioni  forzate 
ogni  giorno  su  i  più  creduti  facoltosi.  Contro  degli  uni  e  degli  altri,  che 
esausti  di  denaro  offrono  mobili  e  campi,  si  usa  la  forza  armata.  Il  momento 
stesso,  in  cui  Notabili  Cisalpini  passano  per  vostro  invito  le  Alpi  nevose,  in- 
vadon  soldati  le  loro  case,  avvolgendone  i  figli  e  le  spose  in  disperazione  ed  in 
pianto  ! 

Comune  è  poi  V  angustia  per  la  somministrazione  degli  alloggi  militari,  e 

V  affanno  per  le  non  pagate  pensioni,  ad  onta  delle  apposite  tasse,  agV  indi- 
vidui delle  corporazioni  soppresse,  il  fremito  finalmente  generale  alV  aspetto 
d' infiniti  impiegati  senza  patria,  senza  talenti,  senza  morale. 

Si  cancelli  la  dura  legge  che  percuote  i  sei  maggiori  Estimati.  Si  porti 
fine  a  tante  insopportabili  tasse  ed  azioni.  Non  si  adoperi  la  mano  militare 
a  turbare  li  asili  domestici  e  violare  la  proprietà. 

Voi,  Primo  Console,  giusto  qual  siete,  ristorate  sollecito  i  nostri  mali. 
Fedeli  interpreti  dei  comuni  voti,  ve  lo  chieggono  i  Notabili  della  Cisalpina, 
a  cui  siccome  ad  opera  vostra,   voi  stesso  dovete  un  fiorente  stato  preparare. 

(1)  Nel  giorno  15  i  deputati  del  clero,  usciti  dall'udienza  del  Primo 
Console,  si  adunarono  -per  ordine  di  lui  in  una  sala  del  Palazzo  ;  e  pre- 
sidente il  card.  Bellisomi,  elessero  un  comitato  di  nove  nella  maniera 
detta.  Gli  eletti  furono  :  Presidente,  il  card.  Bellisomi,  vescovo  di  Ce- 
sena.   Vescovi:  Codronchi,  arcivescovo    di  Ravenna;  Offredi,  vescovo  di 


IL  CONGRESSO  DI   LIONE  119 

Presentatisi  questi  a  Bona  Parte  all'ora  fissatagli,  furono  accolti 
con  tutta  mai  la  benevolenza  e  affabilità,  e  li  fece  mettere  a  tavo- 
lino, dettando  egli  le  seguenti  ricerche  e  discussioni,  da  comuni- 
carsi al  clero  per  averne  e  le  risposte  e  il  sentimento  (1). 

STATO   DI   CIASCUNA   DIOCESI 

1°  Far  conoscere  a  quanto  ammontavano  le  rendite  di  ciascun 
Vescovo y  avanti  la  Rivoluzione;  e  quanti  beni  restano  a  ciascuno,  li 
quali  non  siano  venduti,  appartenenti  ad  essi. 

2°  Quante  entrate  godevano  le  fabbriche  delle  chiese,  e  quante 
loro  ne  restano. 

3°  Quante  Parrocchie  vi  siano  in  ciascuna  Diocesi. 
4°  Quale  era  il  maximum,  ed  il  mini^num  delle  entrate,  che 
loro  erano  addette. 

5°  Quanti  conventi  di  mendicanti  esistono  attualmente. 
6°   Quante  abbazie  vi  erano.  Che  rendite  aveano.   E  quante 
vi  restano  invendute. 

7°  Quanti  conventi  vi  erano  di  Religiose.  Quanti  ve  ne  sono 
ancora.  Quanti  beni  loro  restano. 

Le  discussioni  che  può  avere  Vautorità  spirituale  colla  tempo- 
rale si  riducono  a  ciò  che  segue: 

Domanda  —  Quale  autorità  nominerà  li   Vescovi? 
Risposta  —  Li  vescovi  non  saranno  riconosciuti,  avanti  V  istitu- 
zione della  8.  Sede.  , 
B.  —  Quale  autorità  nominerà  li  Curati? 
R.  —  Li  Vescovi,  dopo  aver  ottenuta  l'approvazione  del  Governo. 
D.  —  Se  un  prete  manca  alla  disciplina  ecclesiastica,  quale  sarà 
Vautorità  che  potrà  aver  il   Vescovo  per  punirlo? 

R.  —  Il   Vescovo  lo  interdirà  dalle  sue  funzioni  ;  e  s'egli   non 


Crema;  Beretta,  vescovo  di  Lodi.  Vicarii:  Oppizzoni,  arciprete  metro- 
politano di  Milano  ;  Caprioli,  vicario  generale  di  Brescia  ;  Conventi,  pro- 
vicario  capitolare  di  Bologna.  Parrochi  :  Nava  parroco  di  Milano  ;  Carena, 
parroco  di  Faenza.  Secretario,  Conventi;  sottosecretario,  dottor  Gozzi, 
parroco  di  Faenza,  (Ved.  MC). 

(1)  Nella  sera  del  15  gennaio,  il  comitato  ecclesiastico  fu  ricevuto  dal 
Primo  Console,  che  lo  trattenne,  sempre  ragionando  degli  affari  eccle- 
siastici, dalle  10  all'una  dopo  mezzanotte.  Gli  articoli  qui  riferiti  furono 
dettati  dal  Primo  Console  al  Talleyrand  :  vedili  nelle  MC,  come  furono 
dettati  in  francese,  al  n.  9. 


120  *  CAPITOLO   QUARTO 


ubbidirà,  il   Vescovo  reclatnerà  alla  forza  pubblica,  che  sarà  tenuta 
prestargli  soccorso. 

D.  —  Se  un  prete  nelle  sue  funzioni  fa  qualche  cosa  di  contrario 
alla  tranquillità  dello  Stato,  quale  rimedio  l'autorità  civile  avrà  per 
reprimere  quest'abuso? 

R.  —  Domandare  al  Vescovo,  che  lo  interdica  ;  e  se  il  Vescovo 
non  lo  punisce,  la  parte  pubblica  ha  il  suo  ricorso  all'autorità  ci- 
vile ordinaria. 

D.  —  Come  si  faranno  li  matrimonj  ? 

R.  —  Si  faranno  come  per  il  passato  avanti  ai  Curati,  che  non 
potranno  essere  sforzati  di  amministrare  il  sacramento  del  matri- 
m,onio  a  chi  avesse  fatto  divorzio.  All' incontro,  un  Curato  non  può 
rifiutarsi  alla  amministrazione  de' sacramenti  a'  cittadini,  che  non 
avranno  alcuna  eccezione,  secondo  le  leggi  della  Chiesa.  Se  lo  facesse, 
vi  avrebbe  luogo  il  ricorso  al  Vescovo  dalla  parte  dell'autorità  ci- 
vile; e  nel  caso  che  il  Vescovo  rifiutasse  d'accordare  al  detto  citta- 
dino li  sacramenti,  vi  sarebbe  luogo  allora  ai  tribunali  di  appello, 
che  sarebbono  obbligati  di  giudicare  secondo  le  leggi  ecclesiastiche, 
e  non  secondo  le  leggi  civili. 

Li  Preti,  0  ecclesiastici  non  saranno  tenuti  ad  alcuna  funzione 
tnilitare.  Quando  un  Prete  sarà  condannato  ad  una  pena  infamante, 
non  potrà  essere  eseguita,  se  preventivamente  non  sarà  data  al  Ve- 
scovo la  sentenza  del  giudicato,  che  prima  a  lui  infliggerà  la  pena 
canonica. 

Bisogna  regolare  il  giuramento,  che  li  Vescovi  ed  altri  ecclesiastici 
devono  prestare  al  Papa,  ed  all'autorità  civile  sovrana. 

Risposta  del   vescovo  di  Cervia  ai  quesiti  del  Primo  Console. 

Comunicate  queste  ricerclie  e  discussioni  al  Clero  in  Lione,  ra- 
dunato dalla  ecclesiastica  deputazione,  si  accinsero  a  rispondere  ai 
quesiti,  e  a  dire  il  suo  sentimento  sulle  discussioni.  Se  si  avessero 
quelle  degli  altri,  qui  si  riferirebbero,  come  si  sarebbero  riferiti  i 
loro  voti,  e  sentimenti  sulla  Costituzione  già  indicata  (1).  Ma  non 
avendo  che  li  fogli  del  Vescovo  di  Cervia,  di  questo  solo  si  tra- 
scrivono. Il  tempo  prefisso  a  rispondere  fu  di  due  giorni. 

Il  Vescovo  di  Cervia  premise  al  suo  foglio,  relativamente  alle 
sette  domande,  che  non  avendo  maneggiata  Egli  dacché  è  vescovo 
l'entrata  della  sua  mensa,  ma  il  suo  mastro  di  casa,  e  il  suo  eco- 


(1)  Vedi  nell'appendice,   MC. 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  121 

nomo,  non  poteva  dare  una  giusta  nota  dello  stato  attivo  e  passivo 
della  detta  sua  mensa  :  non  ostante,  risponde,  che  prima  della  rivo- 
luzione la  sua  entrata,  come  che  Tavea  affidata  il  suo  antecessore 
Monsignor  Donati,  passava  li  quattro  mila  scudi. 

Tutti  li  beni,  che  avea  prima  la  Mensa  di  Cervia,  li  ha  ancora, 
toltone  dae  vigne,  un  podere  di  13  torna  ture,  alcune  pezze  di  prato, 
e  alcune  altre  tornature  di  terreno. 

Le  fabbriche  delle  chiese  di  sua  diocesi  non  hanno  entrata  fìssa: 
la  Cattedrale  è  a  carico  della  mensa,  la  quale  passa  ai  Canonici 
anche  la  prebenda,  come  sono  a  suo  carico  tutti  gli  ufficiali. 

Le  Parrocchie  sono  undici. 

Il  loro  maximum  et  minimum  delle  entrate  rispettive  non  lo  sa; 
ma,  presa  una  per  T  altra,  a  duecento  scudi  il  minimum  non  arriva,  e 
forse  neppure  il  maximum. 

Un  solo  convento  dei  Minori  Osservanti  di  S.  Francesco  esiste 
in  Cervia  presentemente;  vi  era  un  altro  de'PP.  Agostiniani,  ma 
questo  è  stato  soppresso  dalla  centrale  dell'Emilia,  prima  che  la 
Romagna  fosse  unita  alla  Cisalpina. 

Abbazie  nessuna;  porzione  della  Entrata  dei  Monaci  e  Abbazia 
■di  classe  di  Ravenna,  detta  la  tenuta  della  Ragazzina,  esiste  ancora 
invenduta:  il  restante  è  venduto. 

Nessun  convento  di  monache  vi  era  avanti  la  rivoluzione;  vi 
erano  monache  e  frati,  che  in  diocesi  aveano  vistose  entrate.  Alcuni 
beni  però  delle  medesime  Abbazie,  fraterie,  monache,  sono  rimasti 
ancora  invenduti. 

Alle  discussioni,  che  può  avere  l'autorità  spirituale  colla  tem- 
porale, proposte  dal  Primo  Console  al  Clero  per  sentirne,  e  sulle 
dimande  e  risposte  relativamente  ad  esse  dettate  e  comunicate  dal 
Primo  Console  al  Clero,  il  Vescovo  di  Cervia  cosi  ha  risposto. 

«  Sulle  discussioni,  che  può  avere  l'autorità  temporale  nell'attuale 
Ooverno,  non  può  né  deve  il  Vescovo  di  Cervia  interloquire.  Solo 
la  S.  Sede  può  interloquire,  e  determinare  e  decidere  li  punti  pro- 
posti; alle  cui  determinazioni,  e  decisioni  si  acquieterà  sempre  lo 
scrivente  Vescovo  di  Cervia,  e  vi  sarà  pienamente  sommesso;  come 
è  sempre  stato,  è  e  sarà  sempre  sommesso  all'autorità  civile  e  tem- 
porale, e  alle  sue  leggi  civili  e  temporali,  e  a  tutto  ciò  che  è  di 
suo  oggetto  e  pertinenza,  e  non  contrario  alle  leggi  di  Dio  e  della 
Chiesa. 

A  regolare  il  giuramento,  che  li  Vescovi  nostri  successori  e  clero- 
dovranno  fare  in  appresso  al  Papa,  spetta  pure  alla  Santa  Sede  il 


122  CAPITOLO   QUARTO 


regolarlo,  e  fissarne  la  forinola.  Noi  Vescovi  qua  presenti  l' abbiamo 
già  fatto,  come  la  Santa  Sede  ce  l'ha  richiesto,  né  lo  possiam  ritrat- 
tare. Il  giuramento  poi  di  fedeltà  alla  civile  autorità  sovrana,  si 
presterà  con  quella  formola,  che  il  Primo  Console  ci  ha  detto  avere 
determinata  e  approvata  il  Regnante  Sommo  Pontefice  Pio  settimo 
per  la  Francia. 

Il  P."  Console  discorrendo  su  questo  giuramento,  e  risponden- 
dogli li  Vescovi  come  doveano,  disse,  che  ci  avrebbe  mostrata  questa 
formola  e  il  Breve,  o  Bolla  del  Concordato  fatto  dal  Papa  con  la 
Francia,  non  ostante  che  fosse  ancora  segreto,  perchè  fra  poco  sa- 
rebbesi  pubblicato. 

Il  Primo  Console  cambia  le  sue  disposizioni  di  animo  verso  il  clero  ; 
e  invece  del  già  conceduto,  detta  le  leggi  organiche  per  la  re- 
pubblica cisalpina. 

Le  risposte  dei  vescovi  sulle  ricerche  del  P.<*  Console,  e  li  sen- 
timenti loro  sulle  discussioni  surriferite,  furono  consegnati  al 
Signor  Card.  Bellisomi,  come  presidente  della  nostra  deputazione 
ecclesiastica,  acciò  le  riferisse  al  detto  P.o  Console.  Infatti  si  por- 
taron  dalla  deputazione  ecclesiastica  al  P.°  Console;  e  lo  trovarono 
I  tutto  mutato  da  quello  che  si  era  dato  nella  altre  udienze  a  cono- 
scere con  noi;  anzi  pieno  di  collera  negò  di  aver  detto  quello  che 
detto  aveaci  prima,  diede  dell'  impostore  a  M.''  Oppizzoni,  il  quale 
però  ci  rispose  assai  bene  e  con  coraggio.  E  ricusati  li  foglj  sudetti, 
che  non  avea  tempo  di  leggerli  etc,  diede  altri  quesiti,  a'  quali  vo- 
leva in  poche  parole  e  per  l'indomani  la  risposta. 
Eccoli:  21  Gennaio  1802. 

1^  Quanta  era  l'entrata  del  Vescovato,  avanti  la  rivoluzione  ? 
Quanto  è  stato  venduto  dalla  nazione,  e  quanto  in  conseguenza  manca 
per  la  congrua,  fissata  a  20000  franchi? 

2"  Quanti  sono  i  canonici  della  Cattedrale,  quanto  prendevano 
prima,  quanto  loro  resta,  ed  in  conseguenza  quanto  manca  loro  per 
il  mantenimento  di  16  canonici,  comprese  le  dignità? 

3<^  Le  entrate  del  Seminario,  prima  e  dopo  la  rivoluzione.  Quanti 
alunni  comunemente  si  alimentavano?  Quanto  mancherebbe  al  loro 
sostentamento,  supposto  che  pagassero  qualche  piccola  porzione  di 
dozena? 

4°  Quanto,  prima  e  dopo  la  rivoluzione,  possedeva  la  fabbrica 
della  Chiesa,  e  quanto  manca  per  supplire  alle  spese? 

5°  Se  in  alcuna  Parrocchia  manca  al  Paroco  la  congrua? 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  123 

A  tutte  queste  dimande  fu  risposto  nel  più  succinto  modo,  che 
si  potè,  dai  Vescovi  e  con  quella  precisione,  che  si  poteva  dare, 
lontani  dalle  rispettive  diocesi  :  salvo  sempre  ogni  errore  nell'  indi- 
care le  entrate,  che  aveano  prima  della  rivoluzione,  ed  anno  presen- 
temente, indicando  il  venduto  e  il  rimasto  vendibile  (1). 

Ma  neppur  questo  ristretto  lo  contentò,  e  chiedette  un  maggiore 
ristretto  e  più  conciso  in  questi  termini. 

Vescovato  di  Cervia  v.  g.  Rendita  libera  —  Lire  Mi- 
lanesi  L.  20720 

Il  Capitolo  della  Cattedrale  ed  altri  servienti  la  me- 
desima      »      2373 

Pel  Seminario  (non  esiste;  ma  (essendo)  necessario  un 
numero  di  dodici  alunni)  ;  si  ricerca  un'entrata  di     .     .     »      4200 

Per  la  fabbrica  della  Cattedrale,  cera  ed  apparati.     .     »     2520 

A  questo  ristretto  si  rispose  colla  detta  somma  ;  prevenendo  però, 
che  il  preciso  non  si  poteva  dare,  per  le  ragioni  addotte;  ma  si  ri- 
cavava dall'ultimo  affitto,  terminato  nell'  1800. 

Questo  ristretto,  con  tutte  le  altre  carte  presentate  al  P.*'  Console, 
furon  poi  consegnate  al  Card.  Bellisomi  ;  e  per  quanto  s' insistette 
presso  il  P.°  Console,  a  voler  sanzionare  anche  F  esposto  rispettiva 
ristretto,  non  vi  fu  modo;  e  lasciò  l'esame  e  la  sanzione  alla  futura 
Commissione,  che  si  farà  in  Milano  sulle  rendite  e  beni  ecclesiastici. 

VII. 

Aggiunta  alle  memorie  del  vescovo  di  Cervia. 

Siccome  Mgr.  Gazola  non  apparteneva  al  comitato  eccle- 
siastico, che  trattava  col  Primo  Console,  perciò  tralascia  qui 
qualche  cosa  di  grande  importanza,  che  va  supplito  con  le 
memorie  del  Conventi,  il  quale  era  segretario  di  quel  comi- 
tato. Da  questo    sappiamo,  che  nel  giorno  21  di  gennaio,  il 


(1)  Qui  assai  probabilmente  il  vescovo  di  Cervia  si  sbaglia  :  gli  ar- 
ticoli ora  riferiti  appartengono  a  quelli  che  furon  dettati  dal  Primo  Con- 
sole al  Talleyrand.  Le  risposte  a  tutti  questi  articoli,  combinati  dal  co- 
mitato ecclesiastico  in  casa  del  Bellisomi,  sono  ben  diversi.  Li  riferisco 
nel  numero  seguente. 


124  CAPITOLO   QUARTO 


cardinal  Bellisomi  con  tutta  la  commissione,  di  cui  era  presi- 
dente, presentò  al  Primo  Console  il  lavoro  composto  ne^due 
giorni  precedenti,  nel  quale  figuravano  ridotte  ad  articoli  le 
cose  combinate  con  lo  stesso  Primo  Console.  Il  qual  lavoro 
essendo  poi  rigettato  da  lui^  è  necessario  che  qui  sia  rife- 
rito: col  elle  vedrassi  quanto  costava  poco  a  quelFuomo  il 
disdire  le  cose  da  lui  stesso  convenute! 

Le  cose  convenute  tra  lui  ed  il  comitato,  sono  le  seguenti, 
così  esposte  dal  secretarlo  dello  stesso  comitato  ecclesiastico  : 

inflessioni  e  petizioni,  presentate  al  primo  Console  dal  comitato 
Ecclesiastico,  lì  19  Gennaro  (1802),  colle  risposte  date  dal  medesimo 
a  ciaschedun  articolo. 

Riflessioni  e  Petizioni  umiliate  al  Primo  Console  di  Francia  dal 
comitato  Ecclesiastico  Cisalpino. 

Si  presenta  al  Primo  Console  di  Francia  il  comitato  ecclesiastico, 
pieno  di  fiducia  che  vorrà  accordare  alcuni  riflessi  fatti  sui  punti 
dettati,  come  pure  alcune  petizioni  analoghe  al  venerato  suo  de- 
creto, emanato  all'incontro  del  vittorioso  suo  ritorno  in  Italia:  il 
tutto  ricavato  dalle  rispettose  memorie  delle  diocesi  Cisalpine. 

Intorno  al  primo  punto,  circa  la  nomina  dei  Vescovi,  si  rimette 
il  Comitato  a  quello  che  sarà  concordato  colla  Santa  Sede. 

Risposta:  Approvato. 

Circg,  il  secondo,  si  supplica  il  primo  Console  a  voler  sostituire 
la  seguente  rioposta:  —  I  Parrochi  e  tutti  i  sacerdoti  in  cura  d'anime, 
e  gli  amministratori  di  Parrocchie  verranno  eletti  ed  istituiti  dai 
Vescovi,  come  prima  della  rivoluzione. 

Kisposta  :  Approvato,  ma  si  dovrà  aggiugnere  «  con  aggradimento 
del  Governo.  » 

Nella  risposta  al  S**  si  desidererebbe,  che  fra  le  pene  canoniche 
avesse  luogo  anche  la  sospensione  de'  redditi  beneficiali,  onde  so- 
stentare l'interinale  sostituto. 

Risposta:  Approvato. 

Quanto  al  5°,  avendo  per  base  della  Costituzione  Cisalpina  la 
Religione  Cattolica  Apostolica  Romana,  sarebbe  necessario  invece 
delle  parole  «  a  chi  avesse  fatto  divorzio  » ,  sostituire  «  a  chi  avesse 
impedimenti  canonici  » . 

Risposta:  Approvato. 


IL   CONGRESSO  DI   LIONE  125- 

Dove  poi,  dice,  che  il  parroco  non  può  negare  l'amministrazione 
de'  sacramenti,  si  dica  in  singolare  l' amministrazione  di  detto  sa- 
cramento; e  cosi  pure  ove  si  dice  «  i  sagramenti  » ,  si  esprima  il 
sagr amento  del  matrimonio. 

Risposta:  Approvato. 

Rapporto  all'appello  si  desidera,  che  questo  venga  limitato  al 
solo  matrimonio,  e  che  le  appellazioni  succedano  secondo  le  forme 
canoniche. 

Risposta:  Rigettato.  Ma  fu  però  moderato  in  parte  l'articolo 
proposto. 

Quanto  all'ultimo  paragrafo  si  brama,  che  venga  sostituita  invece 
della  parola  «  prete  »  quella  di  «  ecclesiastico  »  ;  e  cosi  in  ogni  altro- 
luogo  ;  e  dove  dice  «  pena  infamante  »  si  aggiunge  «  ed  afflittiva.  » 

Risposta:  Approvato. 

Ove  in  detto  paragrafo  si  legge:  «  Se  preventivamente  non  sarà 
data  al  Vescovo  la  conoscenza  del  giudicato  » ,  si  amerebbe  che  ve- 
nisse espresso  «  se  non  sarà  presentato  al  Vescovo  il  processo  avanti 
il  giudizio.  » 

Risposta:  Rigettato. 

Finalmente  dove  si  dice  «  infligerà  la  pena  della  degradazione  » ,. 
si  gradirebbe  si  sostituisse  «  ]:)otrà  infliggere  le  pene  canoniche.  » 

Risposta:  Approvato. 

Petizione 

A  trionfo  della  Cattolica,  Apostolica,  Romana  Chiesa,  a  gloria 
della  gran  Nazione,  a  felicità  de'  cittadini  si  accettano  con  ap- 
plauso e  giubilo  le  promesse  del  Primo  Console,  che  sia  il  primo 
articolo  della  Costituzione  Cisalpina  ne'  seguenti  termini  :  «  La  Re- 
ligione Cattolica  Apostolica  Romana,  è  la  Religione  della  Repub- 
blica Cisalpina,  che  sola  avrà  il  suo  culto  pubblico;  e  non  potrà 
occupare  le  prime  magistrature  chi  non  la  professa.  » 

Risposta  del  primo  Console:  «Il  primo  articolo  della  Costitu- 
zione sarà:  «  La  religione  Cattolica  Apostolica  Romana  è  la  Re- 
ligione dello  Stato,  e  sarà  la  sola  esercitata  pubblicamente  nel  ter- 
ritorio della  Repubblica.  » 

Quanto  alle  diocesi,  si  amerebbe  che  ritornassero  tutte  ai  loro 
confini,  che  avevano  avanti  la  rivoluzione,  senza  permetterne  alte- 
razione. 

Risposta:  Se  non  vi  è  stata  fatta  alcuna  mutazione,  si  lascie- 
ranno  tutte  le   diocesi  come   sono  al  presente  ;  all'  incontro,  se  già 


126  CAPITOLO   QUARTO 


fossero  state  fatte  delle  mutazioni,  si  ricorrerà  al  Papa  per  sistemar 
tutto  in  dette  diocesi. 

Si  domanda  rispettosamente,  che  sia  libero  ai  Vescovi,  Parrochi 
e  Sacerdoti  deputati  dai  Vescovi  e  Superiori  Ecclesiastici,  inse- 
gnare pubblicamente  la  morale  evangelica. 

Risposta:  Approvato. 

—  Che  vengano  rimossi  i  Parrochi  mancanti  di  Canonica  isti- 
tuzione. 

E/isposta:  Tutti  quelli,  che  non  hanno  la  Canonica  istituzione,  e 
che  non  ne  sono  indegni,  la  carità  obbligherà  li  Vescovi  a  loro  ac- 
cordarla. 

—  Che  i  Vescovi  assenti  possano  al  più  presto  ritornare  alle 
loro  sedi,  e  che  i  Parrochi  destituiti  possano  godere  degli  effetti  del- 
l' amnistia. 

Risposta:  Quanto  ai  Vescovi  non  vi  è  alcuna  difficoltà;  e  se  mai 
ve  ne  fosse,  si  potrà  andare  intesi  col  Papa  per  appianare  tutto. 
Quanto  poi  ai  Curati,  dovrà  farsi  il  caso  per  ciascuno  di  essi  in 
particolare. 

—  Che  in  ogni  città  della  Cisalpina  vi  sia  un  tribunale  per  la 
revisione  delle  stampe,  che  debba  essere  per  metà  composto  di  ec- 
clesiastici nominati  dal  Vescovo. 

Risposta:  Si  sostituisca  il  seguente  articolo:  Tous  les  lihelles  qui 
tendroient  à  avilir  la  religìon  et  ses  ministres,  doivent  étre  pour- 
siiivis  par  les  parties  puhliques. 

—  Che  possano  i  Vescovi  impedire,  che  ne'  pubblici  insegna- 
menti, anche  de'  Licei,  si  spargano  dottrine  contrarie  alla  Religione 
Cattolica  ed  al  buon  costume. 

Risposta:  Rigettato. 

—  Che  in  tutta  la  Cisalpina  siano  rimessi  ne'  loro  diritti  i  Ca- 
pitoli delle  Cattedrali  delle  Collegiate  insigni,  e  di  quelle  che  hanno 
a  sé  unita  cura  d'anime,  colle  loro  rendite  o  con  provvedimenti  equi- 
valenti; e  che  le  dignità.  Canonici  e  Beneficiati  di  ciaschedun  Ca- 
pitolo, debbano  essere  eletti  da  chi  e  nel  modo  che  si  teneva  avanti 
la  rivoluzione. 

Risposta  :  Vi  sarà  un  Vescovo,  la  cattedrale  col  Capitolo,  il 
seminario,  la  fabbrica;  e  se  vi  saranno  beni  a  sufficienza,  anche 
qualche  capitolo  insigne,  dove  già  fosse  prima,  ed  anche  altri  Ca- 
pitoli, se  si  potrà,  ma  specialmente  in  campagna.  Ciò  in  ciascheduna 
diocesi  della  Cisalpina. 

Nel  rimanente  l'articolo  è  approvato. 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  127 

—  Che  vengano  restituite  ai  Vescovi;  ai  Capitoli  e  ai  Parrochi  e 
corpi  ecclesiastici  le  canoniche,  e  locali,  che  loro  fossero  stati  o  in 
tutto  0  in  parte  levati,  od  occupati,  e  cosi  pure  gli  archivi,  e  le 
carte  appartenenti  ai  loro  offici. 

Risposta:  Approvato  quanto  alle  canoniche  e  locali  non  venduti. 
Per  tutto  il  rimanente  approvato. 

—  Che  siano  rimessi  i  seminari,  e  che  ai  medesimi  siano  restituiti 
i  locali,  e  gli  stabili  invenduti  ed  i  provvedimenti,  ove  fossero  ne- 
cessari, e  che  siano  immediatamente  sotto  la  sola  direzione  del 
Vescovo. 

E-isposta  :  Approvato  per  un  seminario  solo  in  ciascuna  diocesi. 

—  Che  sia  libera  ai  Vescovi  la  ordinazione  de'  chierici. 
E-isposta:  Se  ne  ordineranno  quanti  saranno  necessari  per  am- 
ministrare i  sagramenti,  e  per  occupare  li  benefici  e  le  cappellanie. 

—  Siccome  i  Vescovi  dovranno  tal  volta  far  uso  de'mezzi  loro  com- 
petenti, per  contenere  il  clero  ne'  propri  doveri,  si  domanda,  che 
debbano  essere  conservate  e  rimesse  le  cancellerie  ed  i  ministri 
vescovili  necessari,  onde  poter  formare  gli  atti,  ed  anche  qualche 
conveniente  luogo  di  custodia  per  l'oggetto  suddetto. 

Risposta:  Il  luogo  di  custodia  sarà  il  seminario  od  un  convento 
come  ritiro.  Nel  rimanente  è  approvato. 

—  Senza  parlare  delle  seguite  alienazioni  de'  beni  della  Chiesa,  si 
chiede,  che  non  se  ne  facciano  almeno  delle  ulteriori,  e  molto  meno 
che  si  venga  ad  altre  apprensioni  di  tali  beni  posseduti  o  da  corpi 
o  da  individui  del  clero,  e  che  si  assicurino  con  efficaci  mezzi  le 
pensioni  accordate  agli  individui  dei  corpi  soppressi. 

Risposta:  Approvato. 

Il  Primo  Console  inoltre  promise  d' informarsi  dell'  epoca  della 
vendita  di  beni,  per  annullare  le  vendite  fatte  dopo  la  partenza  dei 
deputati  Cisalpini  per  Lione,  trattandosi  però  de'  beni  de'Vescovi 
e  delle  cattedrali. 

—  Che  si  conservino  almeno  i  conventi  e  monasteri  tanto  di  uomini 
che  di  donne,  i  quali  ancora  esistono,  colla  continuata  loro  sussi- 
stenza ;  e  che  alle  monache  già  soppresse  si  accordino  gratis  gli 
antichi  locali  e  chiese  annesse,  ove  vi  siano;  e  in  caso  diverso,  se  ne 
assegnino  altri  opportuni  con  facoltà  di  chiudersi  ivi  in  clausura 
con  abito  uniforme,  sostentandosi  loro  vita  durante  colla  stabilita 
pensione. 

Risposta:  Approvato. 


128  CAPITOLO   QUARTO 


—  Che  vengano  soddisfatte  le  messe  ed  i  legati  pii,  fatti  da  te- 
statori a  loro  suffragio. 

Risposta  :  Approvato  ;  e  colle  messe  e  legati  potranno  provve- 
dersi i  Capitoli. 

—  Che  siano  rimesse  le  confraternite  del  SS.™^  Sagramento,  col- 
l'entrata  che  avevano  prima  della  rivoluzione,  dove  o  in  tutto  o  in 
parte  fossero  state  tolte. 

Risposta  :  Approvato;  e  li  beni  eh'  erano  delle  confraternite,  si 
applichino  ai  Capitoli  ed  alle  fabbriche  delle  cattedrali. 

—  Che  il  Vescovo  sia  in  ogni  diocesi  posto  alla  direzione  di  Con- 
servatorii,  opere  di  carità,  cumuli  di  misericordia,  ospedali,  e  di  ogni 
altro  luogo  pio. 

Risposta:  Il  Vescovo  sarà  sempre  il  Presidente  del  consiglio 
amministrativo  di  dette  opere. 

— ■  Che  non  sia  mai  precluso  ai  Vescovi  l'adito  di  communicare  col 
Sommo  Pontefice,  onde  potergli  sempre  dimandare  l'approvazione  di 
tuttociò  che  potesse  eccedere  la  facoltà  episcopale. 

Risposta:  Approvato  per  le  materie  spirituali. 

Fin  qui  il  Conventi,  nelle  sue  memorie. 

Delle  cose  contenute  in  queste  riflessioni,  il  Primo  Con- 
sole chiese  un  ristretto,  come  si  è  visto  accennato  dallo  stesso 
vescovo  di  Cervia.  E  fu  ordinato  dallo  stesso  Primo  Console, 
nella  sera  de^20  gennaio,  che  questo  ristretto  nello  spazio 
di  14  ore  fosse  composto  da^  rappresentanti  di  tutte  le  diocesi. 
Fatto  il  lavoro,  e  consegnato  da'varii  gruppi  al  card.  Belli- 
somi  nella  mattina  del  21,  nello  stesso  giorno  fu  presentato 
al  Console  dal  comitato  ecclesiastico. 

Si  fu  allora,  scrive  il  Conventi,  che  il  comitato  «  dovette 
lungamente  dibattersi  co^  presidenti  secolari  delle  sezioni  sopra 
nominate,  che  si  opposero  vivamente  agli  articoli  già  combi- 
nati ed  approvati  dallo  stesso  gran  Console,  come  (si  è  visto). 
E  di  qui  nacque,  che  avendo  il  Console  in  varie  cose  accon- 
sentito alle  loro  istigazioni,  ed  essendosi  cogli  ecclesiastici 
disdetto,  furono  poi  stese  le  leggi  organiche  del  clero,  senza 
varie  cose  già  (dal  Primo  Console)  fissate,  e  con    altre   non 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  129 

poco  da  quelle  variate  (1).  Anzi  convenne  molto  e  lungamente 
combattere  per  ottenere,  che  almeno  vi  fossero  quelle,  che 
ora  vi  si  leggono  (2).  » 

Ed  ora  è  da  udire  il  vescovo  di  Cervia: 

Continuano  le  memorie  del  vescovo  di  Cervia.  Leggi  organiche  pel 
clero  cisalpino. 

Rivolse  poi  (il  Primo  Console)  le  sue  cure  e  pensieri  alla  for- 
mazione di  leggi,  da  lui  dette  organiche;  e  a  certi  stabilimenti  ec- 
clesiastici, che  voleva  si  dovessero  conservar  nella  Cisalpina.  E 
queste  leggi  o  stabilimenti  furono  formati  dallo  stesso  Primo  Console, 
dalla  Deputazione  ecclesiastica,  e  da  alcuni  Notabili  secolari,  tra 
quali  l'avvocato  Aldini.  Per  altro  gli  ecclesiastici  della  deputazione, 
come  tutti  gli  altri  ecclesiastici,  hanno  sempre  protestato  di  non 
poter  essi  sottomettersi  alle  dette  leggi  e  stabilimenti,  né  accettarli, 
né  prestarvi  il  loro  consentimento,  prima  che  ai  medesimi  1'  abbia 
prestato  la  S.  Sede,  che  sola  può  far  leggi  ecclesiastiche,  e  mutare  la 
disciplina  della  Chiesa  in  vigore  e  accettata  da  noi  tutti  ed  espressa 
nel  concilio  di  Trento. 

Il  Primo  Console  non  contradisse  mai  a  queste  proteste;  ma 
sempre  disse,  che  la  intenderebbe  Egli  col  S.  Padre;  e  che  noi  alla 
Santità  Sua  inviassimo  lettera  su  quest'oggetto  e  affare. 

Le  leggi  e  gli  stabilimenti  sono  li  seguenti. 

Titolo  I. 
Nomine  ecclesiastiche. 

Art.  1.  —  Li  vescovi  della  Repubblica  Cisalpina  sono  nominati 
dal  Groverno  ed  instituiti  dalla  S.  Sede,  colla  quale  comunicano  li- 
beramente per  gli  aifari  spirituali. 

Arr.  2.  —  I  Parochi  sono  eletti  ed  instituiti  dal  Vescovo  col- 
l'aggradimento  del  Governo.  Dal  Vescovo  sono  deputati  li  Coadiu- 
tori delle  parrocchie  vacanti,  giusta  il  bisogno  delle  diocesi. 


(1)  Eppure  il  P.  Theiuer  è  stato  cosi  ardimeutoso  da  scrivere,  che 
gli  articoli  organici  del  clero  cisalpino,  dettati  dal  Bonaparte,  furono 
un  «  arrangement  préalable,  pris  de  comnmu  accora  avec  la  députation  da 
clergé  cisalinn  (II,  15)!  » 

(2)  Memorie  (MC),  Archiv.  Vatic.  Vedi  sopra  i  nomi  de'  presidenti 
già  riferiti. 

EiNiKRi.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX.  —  VoL  II.  9 


130  CAPITOLO   QUARTO 


È  libero  al  Vescovo  di  ordinare  a  titolo  di  benefizi,  cappellanie 
e  legati,  solamente  quel  numero  di  cherici,  che  sono  necessari  alla 
spirituale  assistenza  de'  popoli. 

Titolo  II. 
Stabilimenti  ecclesiastici. 

Art.  1.  —  I  limiti  delle  diocesi  non  sono  soggetti  ad  innovazione; 
e  dove  ne  fossero  seguite,  si  tratti  di  ordinamento  colla  Santa  Sede. 

Art.  2.  —  Ogni  diocesi  ha  il  suo  Capitolo,  o  metropolitano  o 
cattedrale,  colla  corrispondente  dotazione. 

Art.  3.  —  È  conservato  ai  Vescovi,  Capitoli  e  parrochi  il  pos- 
sesso delle  canoniche  e  locali  invenduti,  che  fossero  stati  o  in  tutto 
o  in  parte  presi  ed  occupati.  Si  rendono  ai  medesimi  gli  archivi  e 
le  carte  spettanti  agli  attuali  loro  possedimenti  e  rispettivi  uffizi. 

Art.  4.  —  Ogni  cattedrale  ha  un  fondo,  sotto  il  titolo  di  fab- 
brica, per  le  spese  di  riparazione  e  del  culto  nella  medesima. 

Art.  5.  —  Ogni  diocesi  ha  il  suo  seminario  vescovile,  con  una 
dotazione  correspettiva,  per  l'educazione  del  clero  affidato  all'  auto- 
rità del  Vescovo,  secondo  le  forme  canoniche. 

Art.  6  —  I  beni  e  le  dotazioni  dei  vescovi,  dei  capitoli,  del  se- 
minario, e  delle  fabbriche,  sono  fissati  da  una  tabella  entro  tre  mesi. 

Art.  7.  —  Li  conservatorii,  ospitali,  instituti  di  carità,  ed  altre 
pie  fondazioni  sono  sotto  la  direzione  di  un  consiglio  amministra- 
tivo di  publica  beneficenza,  di  cui  il  Vescovo  è  necessariamente  il 
presidente,  quando  sono  stati  instituiti  dai  Vescovi;  e  quando  non 
fossero  di  tale  instituzione,  il  Vescovo  sarà  sempre  un  membro  del- 
l'amministrazione. 

Art.  8  —  Non  ha  più  luogo  la  vendita,  ed  occupazione  de' beni, 
che  saranno  assegnati  dalla  legge  a  dote  dei  Vescovi,  Capitoli,  se- 
minarj,  efabriche;  e  li  beni,  attualmente  posseduti  da  questi  corpi 
e  dai  parrochi,  saranno  invendibili.  Si  assicura  intanto  con  mezzi 
efficaci  il  regolare  pagamento  delle  pensioni,  accordate  agl'individui 
dei  corpi  soppressi. 

Titolo  IH. 
Stabilimenti  disciplinari. 

Art.  1  —  Sono  conservate  le  cancellerie  vescovili  coi  rispettivi 
archivi,  ed  esercitano  i  loro  uffizi  i  ministri  necessarj  .  a  formare  gli 
atti  relativi  al  loro  istituto  ed  alla  disciplina. 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  131 

Art.  2  —  Può  il  Vescovo  ordinare  all'ecclesiastico  delinquente 
un  ritiro  di  penitenza  nei  seminarj,  o  in  qualche  convento;  se  il 
reato  è  rilevante,  lo  interdica  dalle  funzioni  del  suo  ministero,  ed 
anche  lo  sospenda  dalla  percezione  de' redditi  beneficiarj,  onde  sti- 
pendiare r  interinale  sostituto,  e  fare  adempiere  li  pesi  annessi  al 
beneficio;  qualora  al  Vescovo  ricusi  di  obbedire,  il  Vescovo  implora 
il  braccio  secolare. 

Art.  3  —  Se  un  ecclesiastico  perturba  la  pubblica  tranquillità 
nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  è  richiesto  il  Vescovo,  perchè  lo  in- 
terdica; e  se  il  Vescovo  non  si  presta,  si  ha  ricorso  alla  civile  au- 
torità ordinaria. 

Art.  4  —  Quando  il  reato  dell'  ecclesiastico  porta  una  pena  in- 
famante ed  af&ittiva,  si  da  notizia  del  giudicato  al  Vescovo,  che  può 
premettere  all'esecuzione  della  sentenza,  quanto  in  simili  casi  è 
prescritto  dalle  leggi  canoniche. 

Art.  5  —  Il  clero  è  dispensato  da  qualunque  servizio  militare. 

Art.  6  —  Tutto  ciò  che  tende  a  deprimere  pubblicamente  li  buoni 
costumi  ed  avvilire  il  culto  ed  i  suoi  ministri,  è  proibito. 

Art.  7  —  Il  parroco  non  può  esser  obbligato  da  alcuna  autorità 
ad  amministrare  il  sagramento  del  matrimonio  a  chiunque  è  vin- 
colato da  impedimento  canonico. 

IX. 

Elezione  del  Presidente  della  Repubblica  Italiana. 

Fu  adunata,  mentre  si  formavano  ^  queste  leggi  e  questi  stabi- 
limenti, altra  adunanza  delle  sezioni;  adunanza  però  generale  di 
tutte  assieme,  nella  chiesa  de'  PP.  Ex-Gesuiti,  ridotta  ad  anfiteatro 
avente  molti  gradini  coperti  di  marocchino  verde  con  suo  appoggio 
di  noce;  e  tutto  ciò,  fatto  a  spesa  della  Cisalpina,  alla  somma  di- 
cevasi  di  14  in  15  milla  scudi. 

Quest'adunanza,  per  ordine  del  Primo  Console  manifestatosi  per 
lettera  dal  Ministro  degli  affari  esteri  Telleyrand,  non  avea  altro 
oggetto,  che  di  nominare  trenta  soggetti,  cui  venisse  commessa  la 
facoltà  di  nominare  trenta  persone  tra  i  Notabili  le  più  probe,  le 
quali  avessero  dagli  stessi  Notabili  le  facoltà  di  eleggere  e  nominare 
il  Presidente  e  li  soggetti  per  le  prime  cariche,  secondo  prescrive 
la  Costituzione.  La  nomina  delle  trenta  persone  segui  con  contenta- 
mento universale  della  Consulta,  e  accadde  sopra  soggetti,  creduti 
comunemente  li  più  probi  tra  republicani,  e  li  meno  fanatici. 


132  CAPITOLO   QUARTO 


Adempirono  la  loro  commissione  e  nominarono  alle  cariche  di 
Presidente  etc.  quei  soggetti,  che  furon  da  loro  creduti  li  più  atti 
e  capaci.  Quali  fossero  però  non  sì  seppero.  Solo  s' intese,  che  non 
piacquero  al  Primo  Console;  quindi  fu  loro  intimato  di  riunirsi 
un'altra  volta  al  solito  sito,  ed  eleggerne  altri  (1). 

Si  unirono  difatti  (2)  e  come  intesero  che  il  Primo  Console  Bona 
Parte  voleva,  o  dovea  essere  il  Presidente  della  Cisalpina  ;  così 
vennero  a  questa  elezione,  facendo  uso  del  considerando  republi- 
cano  per  averne  V  approvazione  dalla  generale  Assemblea;  cui  fu 
cosi  manifestata  in  altra  adunanza,  tenutasi  il  giorno  dopo  che  eb- 
bero fissato  per  Presidente  della  detta  Republica  Bona  Parte  (3)  : 

«  Considerando,  Cittadini,  disse  il  Ministro  Marescalchi,  e  Presi- 
«  dente  della  generale  Assemblea,  che  la  nostra  EiCpublica  non  ha 
«  soggetti  per  ora  (atti)  ad  occupare  il  Presidentato  della  mede- 
«  sima;  che  non  ha  forza  di  difendersi  da  sé  dai  vicini   e  potenti 


(1)  Nel  giorno  20  gennaio  fu  tenuta  la  prima  consulta  generale^  ossia 
di  tutti  i  convenuti.  Il  Primo  Console  elesse  a  presidente  il  Marescalchi; 
e  questi  a  suoi  secretali  gli  avvocati  Aldini  e  Strighelli,  a  fine  di  eleg- 
gere dodici  deputati,  i  quali  formassero,  eleggendo  a  pluralità  di  voti, 
una  commissione  di  trenta  Notabili  :  i  quaJi  alla  loro  volta  illuminassero  il 
Primo  Console  nella  scelta  delle  persone  per  il  governo.  (I^trenta  scelti 
vedili  nelle  MC  al  n.  21). 

Questa  commissione  de'  trenta,  adunatasi  a'  21  del  mese,  elesse  il 
conte  Melzi  a  presidente,  e  presentò  al  Primo  Console  la  dupla  degli  eletti 
a  ministri  ed  a  legislatori  (Ved.  MC  al  n.  22,  e  23).  Se  non  che^  il  Melzi 
non  avendo  accettato  la  carica  di  presidente  della  Repubblica,  si  dovette  pro- 
cedere  ad  un'altra  elezione. 

Da  quanto  è  qui  raccontato  da  testimoni  presenti,  si  scorge  quanto  si 
debba  gittare  di  acqua  intorno  agli  entusiasmi  iironti  e  spontanei,  coi 
quali  il  Thiers  ci  descrive  accaduta  la  elezione  del  Primo  Console  a 
presidente  della  repubblica  italiana  (I,  698,  ed.  cit.).  Il  Thiers  è  stato 
copiato  dal  Theiner  (II,  10).  Veridico  invece  C.  Cantù  {Cronistoria  I,  257,. 
u.  19)  conta  la  cosa,  ben  diversamente.  E  meglio  ancora  e  x>iìi  partico- 
lareggiatamente se  ne  discorre  neìV Archivio  Veneto  (1871  I,  237  segg.)  ; 
ivi  dalle  Memorie  del  Cicoguara,  malamente  e  con  grande  confusione  e 
incertezza  pubblicate  dal  Malamani  (I,  220  segg.),  si  ricava  che  12,  sopra 
trenta  elettori  del  futuro  presidente  della  repubblica,  furono  costante- 
mente avversi  alla  nomina  del  Bonaparte. 

(2)  A'  24  di    gennaio,  nella  solita    chiesa    de'  gesuiti,    acconciata    ad 
anfiteatro. 

(3)  A'  25  del  detto  mese,  in  cui  fu  adunata  la  seconda  consulta  generale. 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  133 


«  nemici;  che  non  ha  ninno,  che  la  faccia  riconoscere  dalle  altre 
«  potenze;  che  vari  sono  ancora  e  molti  li  pareri,  eccetera...:  cre- 
«  dono  li  trenta  eletti  a  far  la  scelta  del  Presidente  eccetera...  dover 
«  nominare  per  Presidente  della  nostra  Repubblica  il  Primo  Con- 
«  sole  Bona  Parte;   Cosa  ve  ne  pare?  Che  ne  dite?» 

Gli  ecclesiastici  certamente  concorsero  volentieri  ad  approvare 
questa  nomina  ed  elezione,  e  alcuni  altri;  ma  non  li  Patrioti  e  gli  > 
ambiziosi  di  un  tal  posto.  Tant'  è  vero  questo,  che  alcuni  di  costoro 
dissero  anche  a  voce  intelligibile  :  «  Questi  preti  e.  f.  non  solo 
gli  danno  un  voto  col  alzarsi  in  piedi,  ma  di  più  colla  voce  e  col 
cappello  alzato  in  aria.  » 

Terminata  cosi  questa  generale  Assemblea,  fu  riferito  tutto  al 
Primo  Console,  che  si  degnò  di  accettare  anche  questa  carica  ono- 
revolissima, che  lo  costituiva  capo  e  sovrano  della  Repubblica  Ci. 
salpina. 

Intanto  si  preparava  la  Costituzione,  come  si  era  voluta  cor- 
retta in  vari  articoli.  E  per  primo  articolo  della  medesima  si  pose 
la  Religione  Cattolica,  Apostolica,  Romana  ;  e  la  si  dichiarò 
la  Religione  dello  Stato.  Ma  vi  fu,  chi  cosi  non  la  voleva,  non 
ostante  che,  a  cosi  esporre  detto  articolo  fosse  convenuto  col  clero 
il  Primo  Console;  e  questi  per  non  con  tradire  all'avvocato  Aldini^  X 
e  a  qualchedun  altro,  avea  permesso  qualche  cangiamento  (]). 

Fortunatamente  vi  fu  chi  avvisò  il  Signor  Canonico  Zoilo  di 
Rimini,  Vicario  a  tàone  del  Vescovo  di  quella  città,  di  questo 
nuovo  cangiamento.  Avuto  egli  questo  avviso,  si  portò  da  Monsig. 
Arcivescovo  di  Ravenna;  e  gl'indico,  che  il  primo  articolo  della 
Costituzione  risguardante  la  Religione  era  mutato.  Non  se  ne  voleva 
persuadere  l'arcivescovo  e  a  ragione  :  imperocché  fu  esso  stabilito 
con  consenso  dello  stesso  Bona  Parte.  Dio  però,  che  voleva  bene- 
dire lo  zelo  eia  costanza  del  clero  radunato  in  Lione  in  sostenere 
la  Religione  Cattolica  Apostolica  e  Romana,  fé  si  che  il  Primo  Con- 
sole scrives  se  un  biglietto  all'arcidiacono  sudetto,  invitandolo  a  re- 
carsi da  lui  la  sera  stessa.  Vi  si  recò  difatti,  e  con  destrezza  pro- 
curò di  avere  in  mano  la  Costituzione.  Dando  egli  un'  occhiata  al 
primo  articolo,  lo  trovò  in  realtà  mutato.  Allora  si  rivoltò  al  Primo 


(1)  Queste  osservazioni  del  vescovo  di  Cervia,  intorno  agii  Aldini  e 
socii,  che  erano  i  pianeti  giranti  intorno  al  Bonaparte,  sono  degne  di 
molta  ponderazione  dinanzi  alla  storia.  Cotestoro  erano  patriotti,  ciò  era 
dire  irreligiosi,  settarii,  nemici  della  patria,  ma  amici  del  loro  bene  stare. 


134  CAPITOLO   QUARTO 


Console,  che  tradiiceva  dal  francese  la  sua  allocuzione  da  recitarsi 
da  lui  in  generale  assemblea,  e  disselli:  «  Primo  Console,  non  è 
«  questo  Farticolo  che  abbiam  convenuto  doversi  porre  nella  Costi- 
«  tuzione.  Io  per  me  protesterò  contro;  e  sentirete  gli  altri  Ve- 
«  scovi.  » 

Si  voleva  daU^awocato  Aldini  sostenere,  la  mutazione  non  essere 
cosa  essenziale;  ma  l'arcivescovo  sostenne  forte,  che  come  si  era  con- 
venuto, cosi  dovea  restar  trascritto.  E  il  ministro  degli  affari  esteri 
(Talleyrand)  vi  convenne,  e  disse  al  Primo  Console  e  all'Avv.  Aldini, 
che  r  arcivescovo  e  il  clero  avean  ragione  e   diritto  di  volerlo  cosi. 

Allora  il  Primo  Console  disse  :  <  Se  T  Arcivescovo  sarà  dopo  di 
me  Foratore,  allora  si  porrà  1*  articolo  che  risguarda  la  Religione, 
come  vuole  lui.  »  —  L'Arcivescovo  si  scusò  col  dire  che  non  avea  co- 
raggio, che  non  avea  voce  e  petto,  eccetera.  Ma  Bonaparte  non  cedette 
a  questi  motivi;  e  insistette  perchè  l'Arcivescovo  parlasse  al  clero, 
lette  in  assemblea  generale  le  leggi  organiche,  e  gli  stabilimenti 
ecclesiastici  ma  riferiti.  Cedette  alle  istanze  di  Bona  Parte  l'Arci- 
vescovo,  e  accettò  questa  commissione. 

Accettata  che  Tebbe,  si  alzò  in  piedi  dal  tavolino  Bona  Parte, 
e  disse  all'Avv.  Aldini:  <  Si  rimetta  l'articolo  primo  della  Costitu- 
zione com'era  prima,  e  come  vuole  l'arcivescovo  e  il  clero.  »  E 
eoa  fa  (1). 

Fu  di  poi  intimata  Tultima  assemblea  generale,  cui  sarebbe  in- 
tervenuto il  Primo  Console  in  qualità  di  Presidente  della  Repub- 
blica Cisalpina,  e  si  sarebbe  letta  la  nuova  costituzione  e  tutti  li 
soggetti  nominati  aUe  diverse  cariche  e  impieghi  della  Repubblica . 

Radunata  alli  25  di  Cennaro  l'ultima  assemblea  generale,  com- 
parve il  Primo  Console,  e  prese  posto  al  luogo  destinato  pel  no- 
vello Presidente  di  questa  Repubblica,  accompagnato  dai  due  mi- 
nistri degli  affari  interni  Chaptal  e  degli  affari  esterni  Tellejrand, 
dal  generale  Murat,  dal  prefetto  del  Palazzo,  dagli  aiutanti  di 
campo,  dal  generale  Jordan,  e  Cervoni,  e  da  altri  francesi. 


(1)  Lia  seaLtrezza  bonapartesca^  coadinvata  rlalla  fredda  astazi^l  de  I 
TaUejrand,  qui  si  scorge  mirabilmente.  Premeva  oltremodo  al  Bonaparte 
una  parlata  in  pubblico  delF  arcivescovo  di  Eavenna,  in  conferma  na  - 
tnralmente  e  quasi  in  modo  di  sanzione  di  qnanto  erasi  detto  ed  ox»erato 
da  lui  nel  ccmgresso  !  Il  Codronchi  però,  sebbene  n  elle  sne  parole  non 
oltrepassasjiie  per  nnlla  il  decoro  e  la  verità,  si  accorse  poscia  del  passo 
arriacbiato,  in  eni  erasi  lasciato  andare^  e  n'ebbe  pentimento. 


IL   CONGRESSO    DI   LIONE  135 

In  faccia  a  Bona  Parte,  sul  coretto  della  Chiesa  ben  addobbato 
di  damasco,  eravi  Madama  Bona  Parte.  Al  di  sotto  del  Presidente, 
da  un  lato  eravi  Marescalchi  co'  suoi  secretar!,  dall'altra  parte 
eravi  Aldini  co'  suoi  secretar!.  Bona  Parte  lesse  la  sua  allocuzione, 
che  tendeva  a  unire  gli  animi,  a  far  dimenticare  li  mali  sofferti 
nella  rivoluzione,  e  le  reciproche  offese;  a  far  vedere  il  bisogno 
che  ha  il  Governo  della  Religione  e  de' suoi  ministri;  e  a  indur 
questi  a  rendere  li  popoli  che  ne  reggono,  affezionati  al  nuovo  go- 
verno, eccetera  (1). 

Di  poi  si  passò  alla  lettura  della  nuova  Costituzione  cosi:«  Co- 
stituzione della  Repubblica  Cisal...  Ita...  »  E  qui  Bona  Parte  disse  / 
all'assemblea:  «  Volete  Italiana,  o  Cisalpina?  »    E  alcuni  risposero  ^^ 
battendo  le  mani  :  «  Italiana,  Italiana  »  eccetera. 

Allora  il  lettore  della  medesima  ripigliò  la  lettura  della  Costi- 
tuzione cosi:  Costituzione  della  Repubblica  Italiana.  Letta  la  quale, 
si  lessero  le  leggi  organiche  del  clero  e  li  stabilimenti. 

Dopo  la  qual  lettura,  Mons.  Arcivescovo  si  alzò  in  piedi,  e  lesse 
anche  esso  la  sua  allocuzione  al  clero,  additandogli  il  rispetto,  e  la 
sommessione  a  chi  ci  governa  temporalmente  non  propter  vindictam^ 
sed  propter  conscientiam  ;  e  fece  un  elogio  al  Primo  Console. 

Terminato  egli  di  parlare,  riprese  la  parola  il  Primo  Console,  e 
lodò  l'arcivescovo  e  inculcò  di  rispettare  la  Religione  o  li  suoi  mi- 
nistri. 

Dopo  l'arcivescovo  vi  fu  altro  oratore;  ma  come  fu  lungo,  Bona 
Parte  gli  mandò  a  dire  che  finisse,  e  dispensò  il  quarto  oratore  dal 
dire  e  recitare  la  sua  allocuzione. 

E  qui  finiron  gli  atti  del  gran  Congresso  di  Lione.  Previa,  dopo 
letta  la  Costituzione,   anche  la  nomina  del  Vice- Presidente   che  il 


(1)  Il  discorso  del  Primo  Console  fu  da  lui  recitato  in  italiano  ;  la 
traduzione  fraucese  è  riferita  nel  voi.  VII  della  Co rrespon dance  :  un.  5938. 
5934.  Federico  Odorici  mette  in  bocca  al  Bonaparte  questa  i>arlata  : 
«  Le  elezioni  dei  magistrati  le  ho  fatte  io  stesso.  Quanto  al  supremo 
grado,  ninno  Jio  trovato  tra  di  voi  che  Vahhia  meritato,  ed  acconsento  ai 
desideri  vostri  :  io  sosterrò  la  gran  mole  delle  vostre  faccende.  Voi  non 
avete  né  ìcijgi,  né  ahitudini  nazionali  ;  ma  Dio  vi  salva,  perchè  avete  po- 
])oli  numerosi,  fertili  campi  d'esempio  francese  (^Storie  Bresciane,  X,  141.  » 
Pare  incredibile  come  sul  volgere  del  secolo  XIX  si  diossano  mettere  in 
capo  a  un  Bonaparte  i  pensieri  della  propria  testa,  e  scriverli  come  storia, 
rilevandone  alcuni  con  carattere  corsivo  ! 


136  CAPITOLO   QUARTO 


Primo  Console  fece  cadere  nella  persona  di  Melzi,  nomina  ed  elezione 
dipendente  dal  solo  Presidente  della  Repubblica,  previa  (ancora)  la 
lettura  de'  soggetti  componenti  la  Consulta  di  Stato,  il  Corpo  legi- 
slativo, eccetera,  e  quello  de'  Collegi  elettorali  de'  dotti,  cioè,  dei 
Possidenti,  e  de'  mercatanti. 

X. 

Nota  (del  vescovo  di  Cervia). 

Arrivato  a  Lione  da  Parigi,  Bona  Parte  Primo  Console  della 
Repubblica  francese  volle,  che  alla  sua  tavola  e  seco  lui  ogni  giorno 
vi  fossero  dodici  persone  de'  più  rispettabili  Repubblicani,  si  fran- 
cesi, che  Italiani;  e  tra  essi,  sempre  un  Vescovo  della  Cisalpina 
Republica  (1). 

Il  Vescovo  di  Cervia,  fu  invitato  dal  prefato  Primo  Console  con 
biglietto  del  ministro  degli  affari  esteri,  se  non  erro,  cittadino  Ma- 
rescalchi; e  fu  la  domenica  avanti  la  publicazione  della  Costitu- 
zione italiana,  toltogli  all'atto  della  publicazione  il  nome  che  por- 
tava ancora  di  Cisalpina. 

Fu  l'ultimo  il  Vescovo  di  Cervia  ad  essere  invitato  alla  tavola 
del  Primo  Console,  perchè  li  Patriot  ti  e  li  Massoni,  li  compratori 
de'  beni  ecclesiastici,  li  detentori  de'  medesimi  si  mobili,  che  immo- 
bili, li  spogliatori  e  derubatori  de'  sacri  arredi  delle  Chiese  o  Mo- 
nasteri soppressi,  l'aveano  contro  di  detto  Vescovo:  primo,  per  aver 
mandati  e  imbarcati  quanti,  li  Tedeschi,  dei  Patrioti  e  Massoni, 
aveano  arrestati  in  Rimini,  Pesaro,  Fano  e  Sinigaglia,  a  Venezia, 
al  comandante  della  marina  nell'Adriatico,  Cavaliere  Quirini;  ap- 
pena giunti  tutti    in    Cervia,    con    questa    direzione:  oXV ordine  di 


(1)  Il  Zaiiolini,  deputato  e  senatore  del  nuovo  regno  italiano,  scrivo 
che  «  nella  officiosità  e  riverenza  al  Primo  Console  prevalsero  i  vescovi 
ed  i  vicari,  per  la  speranza  di  conservare  il  temporale  (I,  197).  » 

Cotesto  patriotta  bolognese,  se  avesse  qualche  valore  di  storico  e 
portasse  nell'animo  meno  livore  contro  i  Papi  sovrani  di  Roma  e  di 
Bologna,  avrebbe  dovuto  scrivere,  che  il  Primo  Console  vinse  tutti  nello 
stimare  e  rispettare  vescovi,  clero,  e  religione  cattolica  nel  congresso 
di  Lione.  E  se  non  fece  per  la  religione,  ossia  per  la  sicurezza  politica 
della  reiìubblica  italiana^  tutto  quello  che  pensava  di  fare,  la  colpa 
principale  è  dovuta  all'Aldini,  ribelle  bolognese,  e  perciò  grande  uomo  e 
meritamente  celebrato  come  tale  dallo  Zanolini  nel  suo  zibaldone,  che 
ha  per  titolo:  Antonio  Aldini  ed  i  suoi  tempi. 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  137 


Monsignor  Vescovo  dì  Cervia,  Preside  della  Reggenza  Imperiale 
Secondo,  per  aver  egli,  fatto  Preside  della  Reggenza  Imperiale,  a 
nome  e  autorità  dell'Imperatore  Francesco  II,  ripresi  i  beni  tutti 
venduti  e  non  venduti  dalla  Centrale  dell'Emilia,  spettanti  alla  sua 
mensa  vescovile;  e  autorizzati  preti,  frati,  monache.  Capitoli,  Com- 
pagnie, a  fare  lo  stesso,  come  fecero  sollecitamente.  Terzo,  per  avere 
con  sua  lettera  stampata  in  Cesena,  riveduta  prima  e  approvata 
dall'Emo  Card.  Bellisomi  (obbligando  di  più  S.  Eminenza,  nel  Con- 
gresso di  Teologi,  cui  intervenne  anche  Monsig.  Pietro  Galeffi,  in 
coscienza  a  renderla  pubblica,  come  fece)  dati  per  scomunicati  tutti 
1  venditori  e  compratori,  ritenitori  di  beui  mobili  e  immobili  di 
Chiese,  Monasteri  etc. 

Bugiardamente  poi  hanno  accusato  il  Vescovo  di  Cervia  presso 
1  ministri  Talleyrand  e  Marescalchi,  come   nemico  dei  Francesi   e 
della  Repubblica  e  unito  ai  briganti  (1).  Solo  vera  fu  l'accusa  contro 
detto  Vescovo  datagli  presso  i  Ministri,  e  si  disse  anche  presso  il 
Primo  Console  Bona  Parte,  di  avere  sovvenuto  Pesaro,  e  il  Generale 
Poths   comandante    la   Marina  delPAdriatico,  mentre  dal  Generale 
Mounier,  veniva  assediato  con  40  (?)  mila  uomini  Pesaro,  e  questa 
citta  ne  sosteneva  l'assedio  con  1'  armata  tedesca  e  10  mila  Briganti 
che   Poths  avea  chiamati   in   aiuto   della  sua  piccola   armata,  non 
avendo  più,  come  sostenerla,  dopo  altri  tre  giorni,  mancante  di  fieno, 
di  vino  e  di  pane. 

Ricorse  Poths  per  essere  sussidiato  al  Vescovo  di  Cervia,  pre- 
venendolo che  non  sussidiato  sollecitamente,  era  costretto  ad  aprire 
le  porte  della  città  a  Mounier,  e  consegnargliela  in  suo  potere  etc. 

Ricevuta  per  corriere  straordinario  questa  tristissima  notizia  e 
dimanda  del  Generale  Poths;  prevedendo  che,  entrato  Mounier  in 
Pesaro  con  la  numerosa  sua  truppa,  avrebbe  dato  il  sacco  alla  città; 
e  quanti  cittadini  avrebbe  uccisi  e  fatti  prigionieri;  e  dopo  Pesaro 
Rimini,  Cesena,  e  tutta  la  Romagna  messa  in  armi  all'arrivo  della 
piccola  truppa  Austra-Angla-Russa,  e  in  armi  ritrovandola  Mounier: 

(1)  È  da  notarsi,  che  i  giacobini  francesi  e  i  patriotti  italiani,  allora 
«oine  adesso,  chiamayaiio  col  uomo  di  hriganti  tutti  gli  uomini  che  pre- 
sero le  armi  (1797-1799)  a  fine  di  cacciar  dall' Italia  ^mco&f/n  e  patrioti,  che 
da  veri  briganti  avevano  invaso  terre  italiane,  saccheggiato  e  rubato 
chiese  e  tesori  italiani,  e  col  fuoco  e  col  ferro  avevano  rovinato  e  de- 
vastato ogni  cosa  italiana.  Cotal  rovescio  nella  significazione  de' nomi, 
è  veramente  infame. 


138  CAPITOLO   QUARTO 


scrisse  subito  a  tutti  i  Magistrati  delle  città  e  terre  vicine,  e  fece 
conoscere  il  pericolo,  in  cui  tutti  della  Romagna  erano  di  vedersi 
senza  difesa  alcuna  degli  Austro-Galli-Russi,  già  partiti  verso  la 
Lombardia,  prendendo  la  strada  di  Lugo,  Ferrara,  Modena  etc.  ; 
quindi  facessero  ogni  sforzo  di  sovvenir  Pesaro,  per  quanto  ogni 
uQ  poteva  di  fieno,  vino  e  grano.  E  il  Vescovo  di  Cervia  ne  diede 
l'esempio  per  terra  e  per  mare.  Egli  riusci  di  provvedere  Pesaro  e 
renderlo  atto  a  sostener  valorosamente  la  difesa  (e  tanto  valorosa- 
mente, che  Mounier  dovette  abbandonare  l'assedio,  e  prender  cam- 
mino per  Modena,  tra  Pesaro  e  Urbino,  onde  battersi  con  il  Gene- 
rale Otto,  che  lo  attendeva  per  la  via);  a  combattere  contro  Mou- 
nier con  8  mila  uomini,  ma  sempre  in  ritirata,  non  avendo  truppa 
a  far  fronte  a  quella  di  Mounier;  come  avvenne,  e  potè  il  Generale 
Otto  unirsi,  con  si  fatto  ritiro,  all'armata  grossa  Austra-Galla-Russa 
in  Piacenza,  eccetera. 

A  tutte  queste  accuse  dei  Patrioti  e  Massoni  Romagnoli  non  fu 
prestata  credenza;  o  se  si  ebbero,  come  erano,  vere,  pure  credettero 
i  ministri  francesi  e  Itali,  e  per  prudenza  e  per  politica  e  giusti 
riflessi,  a  non  farne  parola  ne  col  Vescovo  stesso,  né  con  il  Primo 
Console  Bona  Parte,  che  non  le  poteva  ignorare.  Quindi  a  pranzo 
più  volte  dai  Ministri  si  francesi,  che  italiani,  vi  fu  invitato  cogli 
altri  Vescovi  Cisalpini,  e  col  Cardinale  Bellisomi,  unico  Cardinale 
al  Congresso  di  Lione. 

Invitato  dunque,  con  sorpresa  e  dispiacere  de'  suoi  accusatori, 
Patrioti  e  Massoni,  alla  tavola  del  Primo  Console  ;  ricevuto  da  lui, 
e  da  tutta  la  Comitiva  con  tutto  rispetto  e  famigliare  accoglienza; 
e  posto  a  sedere  alla  destra  di  Madama  Giuseppina  di  lui  moglie, 
in  faccia  alla  quale  sedeva  il  marito  Bonaparte,  tra  il  Ministro  Ma- 
rescalchi e  il  Milionario  Banchista  Regny  di  Lione,  indi  alla  sinistra 
della  Giuseppina  il  cittadino  Caleppi  di  Bergamo,  vicino  al  Vescovo 
di  Cervia  il  Generale  Murat,  poi  il  Generale  Berthier,  eccetera. 

A  lungo  Bona  Parte  tenne  ragionamento  col  Prefato  Banchista 
Regny;  e  finito  ch'ebbe  egli  con  questo  Banchista,  rivolse  il  discorso 
al  Vescovo  di  Cervia;  e  cosi  gli  si  fece  a  parlare:  «  Monseigneur, 
je  suis  bien  content  du  Pape.  Il  se  porte  fort  bien.  »  —  E  il  Ve- 
scovo subito  gli  rispose  cosi:  «  Io  posso  assicurarvi  che  il  Papa, 
«  meco  di  voi  discorrendo,  mi  disse,  che  pregava  Dio  che  vi  conser- 
«  vasse  a  lungo  in  salute  e  in  vita,  sperando  col  mezzo  vostro  e  per 
«  voi  di  veder  risorta  la  Religione  Cattolica,  dove  già  erasene  ita.  » 

Mentre  il  Vescovo  ne  attendeva  la  risposta,  Madama  Giusep- 
pina si  rivolse   al  Vescovo:  (e  fu  causa   che   Bona   Parte   non  gli 


IL   CONGRESSO   DI   LIONE  139 

dicesse  qualche  cosa  sul  detto  asserto,  ed  era  vero  :  perchè,  non  ap- 
provando egli  (Mgr  Gazala)  essendo  all'udienza  un  giorno  del  Santo 
Padre,  il  concordato  col  Direttorio  francese,  gli  disse,  quanto  so- 
pra) —  «  Mais  pour  son  Epousée  (sic),  il  ne  prie  pas,  le  Pape  ?»  — 
Rispose  il  Vescovo:  «  Croyez-vous  qu'il  ne  prie  pas  pour  son  Epou- 
sée? »  —  E  Madama  Giuseppina,  soggiunsegli  subito:  «  Il  m'a  en- 
voyé  un  très  riche  chapelet.  (Il  Vescovo  lo  sapeva,  che  gliel' avea 
detto  Turlonia:  ed  era  dei  più  bei  carnei,  del  Museo  Pio  dementino; 
e  a  portarglieli  a  nome  di  Sua  Santità,  Turlonia  stesso  li  consegnò 
al  Generale  Murat).  Et  pourquoi  vous  ne  venez  pas  à  voir  Paris?  » 
—  «  Madame,  je  vous  dirai  une  seule  raison,  et  est  de  ne  pas  avoir 
argent  pour  faire  cette  voyage  (sic).  » 

Madama  non  era  ancora  legittima  sovrana  (1),  e  però  non  le 
disse,  come  dir  dovea.  Sentita  la  ragione,  per  cui  non  poteva  atte- 
nersi al  gentile  suo  avviso,  soggiunse  la  Giuseppina  :  Penserò  io 
alle  spese  di  questo  viaggio. 

Bona  Parte,  dopo  questo  breve  colloquio  della  Giuseppina  col 
Vescovo  di  Cervia,  riprese  la  parola,  e  gli  disse  :  «  Croyez-vous, 
Monseigneur,  que  Marescalchi  croie  en  Dieu,  et  qu'il  soit  chrétien?»  — 
«  Je  vous  répondrai  :  il  sera  une  heure,  qu'  il  ma  demandò,  si  il 
étoit  dimanche.  »  Allora  Marescalchi,  rivoltatosi  verso  il  Vescovo, 
gli  disse  :  «  Monsignore,  badate  bene  a  quel  che  dite,  perchè  voi  ora 
mi  accusate  presso  il  Primo  Console.  »  —  «  No,  cittadino  Ministro, 
quando  a  quell'ora  (ed  erano  forse  anche  le  due  della  notte,  quando 
si  andò  in  quella  Domenica  a  pranzo)  stando  col  cittadino  Melzi  in 
gabinetto  soli  in  lunghi  discorsi,  mi  chiedeste  se  era  festa,  io  cre- 
detti, che  ciò  mi  chiedeste  per  santificar  almeno  quel  poco,  che  di 
festa  ancor  rimaneva.  »  Si  fece  una  risata. 

Finito  di  pranzare,  si  andò  alla  sala  del  caffè.  Al  camino  vi 
si  portò  la  Giuseppina,  e  attorno  di  essa  i  ministri  e  tutti  li  com- 
mensali. Il  Vescovo  t  di  Cervia  col  Primo  Console  restarono  fuori 
del  Circolo  e  lontani  dal  fuoco.  Prendendo  il  caffè,  ebbe  campo  il 
Prelato  di  parlare  con  libertà  al  Primo  Console  sulle  cose  sue,  sui 


(1)  Noti  il  lettore  queste  parole,  qui  non  buttate  a  caso  dal  vescovo 
di  Cervia.  Sono  importantissime,  siccome  quelle  che  ci  significano  l'opi- 
nione, che  allora  avevasi  nella  Corte  Romana  intorno  all'  unione  del  Bo- 
naparte  colla  Giuseppina:  dalla  S.  Sede  quell'unione,  che  non  era  re- 
putata sacramento,  non  era  reputata  valida.  E  sì  che  a  Roma  dovevasi 
conoscere  l'estensione  delle  facoltà  concesse  da  Pio  VI  a'  vescovi  di 
Francia,  sulla  celebrazione  delle  nozze  alla  repubblicana  ! 


140  CAPITOLO   QUARTO 


Visogni  della  sua  diocesi,  città  di  Cervia,  saline  e  salinarii;  e  lo 
senti  molto  volentieri.  E  lo  pregò  di  un  suo  passaporto  per  ritor- 
narsene a  E/Oma,  da  quella  città  partito  per  Lione  al  di  lui  invito 
con  permesso  della  Santità  Sua.  Gliel  promise,  e  vel  trovò  a  Milano 
di  ritorno  da  Lione. 

Marescalchi,  veggendo  il  Vescovo  di  Cervia  parlare  cosi  franca- 
mente col  Primo  Console,  disse  alla  comitiva  :  «  0  guardate,  come 
il  Vescovo  di  Cervia  tratta  bene  li  suoi  affari  !»  —  Il  Vescovo  gli 
rispose:  «  Che  vi  credete,  cittadino,  che  li  minchioni  vengano  in 
questo  luogo?  »  Si  fece  una  risata. 

E  il  Primo  Console  prese  per  mano  il  Vescovo  di  Cervia,  e  più 
lontano  lo  ritirò  dalla  comitiva.  E  gli  chiedette,  cosa  voleva  e  de- 
siderava il  Conte  Gregorio  Chiaramonti  fratello  del  Papa,  avendogli 
portata  una  di  lui  lettera,  raccomandata  al  generale  Murat  da  Mon- 
signor Caleppi.  Risposegli  il  Vescovo:  «  Un  ordine  vostro,  onde  sia 
quieta  e  sicura  la  sua  persona  e  dimora  in  Bologna;  giacche  in 
tempo,  che  i  Francesi  se  la  battevano  con  li  Tedeschi,  fu  posto  in 
prigione.  »  —  E  allora  gli  chiedette  se  erano  stati  i  Francesi.  »  — 
Egli  (il  vescovo)  gli  rispose,  che  noi  sapeva.  —  Bien,  Bien,  soggiunse 
Bonaparte.  —  Gli  domandò  conto  del  Cardinale  Mattei,  e  mostrò 
dispiacere,  che  non  fosse  venuto;  e  più  spiacere,  sentendo,  che  i 
Ferraresi  lo  aveano  scacciato  dopo  la  battaglia  di  Marengo;  locchè 
mostrò  d' ignorarlo.  E  fini  ogni  discorso  ;  e  con  la  Giuseppina,  pre- 
sasela Bonaparte  sotto  il  braccio,  discese  le  scale,  montò  in  legno 
con  essa  e  partirono  a  diporto  (1). 


(l)  Fin  qui  le  memorie  del  vescovo  di  Cervia.  Come  si  scorge,  non 
mancano  d'interesse  storico,  e  per  la  originalità  del  dettato  e  per  la 
tempera  dell'uomo,  tutto  di  un  pezzo.  Egli  si  partiva  subito  da  Lione 
alla  volta  di  Eoma,  a  fine  di  recare  al  Papa  le  vive  notizie  di  quanto 
aveva  visto  ed  operato  in  quella  famosa  andata,  che  fece  l' Italia  in 
Francia  per  farvi  testimonianza  della  sua  eterna  servitù. 

Il  Bonai)arte  ripigliava  la  volta  di  Parigi,  nel  giorno  28  di  gennaio 
alle  ore  7  della  mattina.  E  chi  avesse  voglia  di  seguirlo  nel  viaggio, 
dando  carriera  alla  fantasia,  legga  la  seguente  ipotiposi,  che  ne  fa  il 
P.  Theiner:  «  Ce  fut  une  grande  journée  pour  le  héros  de  Marengo.  On 
eùt  dit  Charlemagne,  assistè  des  évéques,  des  grands  vassaux  de  l'em- 
pire, des  nobles  et  des  généraux,  rédigeant  des  lois  pour  l'Egiise  et  pour 
l'Etat,  aux  comìces  de  Worms,  de  Mayence  et  d' Aix-la-Chapelle  (II,  10).  » 


I^^RTE  TERZA. 


CONCORDATO  CON  LA  REPUBBLICA  ITALIANA 


CAPITOLO  QUINTO 
Prime  trattative  e  primi  disegni  di  concordato 

SOMMARIO  : 

I.  TI  Primo  Console  con  corriere  S]3eciale  intavola  le  trattative  per  nn 
Corcordato  tra  la  Rei)ubblica  italiana  e  la  S.  Sede.  Prime  negative 
del  Papa. 

II.  Ragioni  onde  il  Papa  non  poteva  acconsentire  alle  richieste  del  Pre- 
sidente della  repubblica  italiana.  Lettera  di  Pio  VII  e  risposta  del 
Primo  Console. 

III.  Decreti  antiecclesiastici  del  Melzi,  23  giugno  1802,  non  fatti  ne 
pubblicati  senza  il  Presidente  Bonaparte.  Questi  con  minacce  vuole 
il  Concordato  e  ne  invia  un  primo  disegno.  Sgomento  e  provvidenze 
della  S.   Sede. 

IV.  Si  risponde  da  Roma  con  1'  invio  di  un  altro  schema  di  concor- 
dato. Intervento  nella  faccenda  di  Mgr  Bernier,  vescovo  di  Orléans. 

V.  Il  disegno  romano  s' incrocia  per  via  con  un  secondo  disegno  in- 
viato da  Parigi,  alla  cui  comi)OSÌzione  avevano  lavorato  in  un  con- 
gresso il  Caprara,  il  Bernier,  il  Marescalchi. 

I. 

Kitornato  a  Parigi^  il  Primo  Console  si  affrettava  di  far 
sapere  a  Pio  VII  (2  febbraio  1802),  che  nella  grande  consulta 
e  ne'  decreti  di  Lione  la  religione  cattolica  era  stata  procla- 
mata religione  della  Eepubblica   italiana  ;  eli'  egli  era   stato 


142  CAPITOLO   QUINTO 


1*^ 


contento  della  deputazione  del  clero  ivi  contenuto.  Chiedeva 
poscia  i  poteri  necessari  per  il  card.  Oaprara  a  fine  di  aggiu- 
stare le  faccende  religiose,  che  ancora  rimanevano  a  comporre 
relativamente  ai  beni  ecclesiastici  ed  ai  limiti  delle  nuove  dio- 
cesi della  Repubblica.  Quindi  con  finissima  precauzione  preoc- 
cupando una  sfavorevole  risposta,  soggiungeva  :  «  Mi  rimane 
di  conoscere  col  ritorno  del  mio  aiutante  di  campo,  qualmente 
Vostra  Santità  sia  soddisfatta  di  tutte  le  provvidenzej  che  si 
sono  prese  per  V  accomodamento  degli  affari  ecclesiastici 
datalia  (1).  » 

Inoltre  presentava  alcune  nomine  di  vescovi,  e  di  cardinali  : 
chiedeva  per  Mgr  Oodronchi,  arcivescovo  di  Ravenna,  il  tra- 
sloco alla  sede  di  Bologna  con  il  cappello  di  cardinale;  e  per 
Mgr  Oppizzoni,  arciprete  di  Milano,  la  sede  di  Ravenna,  oltre 
la  traslazione  del  card.  Oaprara  nella  chiesa  di  Milano,  già 
proposta  poco  tempo  dopo  la  morte  delParciv.  Visconti. 

Di  queste  notizie,  della  elezione  del  Primo  Console  a  pre- 
sidente della  Repubblica  italiana,  delle  leggi  organiche  vo- 
tate nel  congresso  di  Lione,  e  della  lettera  de'  vescovi  colà 
convenuti  diretta  al  Papa,  il  S.  Padre  fece  parte  ad  alcuni 
Cardinali  consiglieri  e  confidenti.  Delle  quali  cose  tutte  il 
card.  Antonelli  scrivendo  al  Consalvi  dicevagli:  «  sono  tutte 
pezze  che  fanno  arricciare  i  capelli.  »  Ed  intorno  alla  costi- 
tuzione della  nuova  repubblica  discorrendo,  dichiarava  sen- 
yJ  altro  quella  costituzione  inammissibile  dal  S.  Padre,  e  sog- 
giungeva : 

«  Doversi  rigettare  da  S.  Santità,  e  ciò  per  lo  spirituale,  e  pel 
temporale.  Il  titolo  2°  e  S^,  che  concerne  gli  ecclesiastici,  è  pessimo 


(1)  Questa  lettera,  insieme  con  un'altra  al  re  di  Napoli,  era  conse- 
gnata al  capitano  Lebrun,  suo  ufficiale  di  campo,  con  ordine  di  rimet- 
terla in  proprie  mani.  Il  biglietto  a  esso  Lebrun,  col  quale  gPindicava 
l'itinerario  da  seguire  nelFandata  e  ritorno,  può  essere  citato  come  uno 
de'  mille  capi  d'arte  del  genere,  onde  le  lettere  di  quel  portentoso  nomo 
forniscono  veri  modelli  (Cor resjmn dance,  V.  n.  5940,  5941). 


PRIME    TRATTATIVE   E   PRIMI   DISEGNI   DI   CONCORDATO        143 


si  per  quel  che  dice,  si  per  quel  che  tace.   E  Mgr   arciv.   di  Ra- 
venna ha  avuto  il  coraggio  di  arringare  in  pubblica  assemblea,  com-  . 
mendando  questa  costituzione?  I  vescovi  non  hanno  ribrezzo  di  pre- 
sentarla al  Papa,  acciocché  vi   dia   la  sua  apostolica  benedizione? 
Il  Primo  Console  pretende,  che  il  sig.  card.  Caprara  vi  dia  l' ultima 
mano  in  nome  di  Sua  S.tà,  per  fissare  i  limiti  delle  diocesi  e  per 
terminare  ogni  differenza.  V^  Emza  ben  vede  in  quale   imbarazzo 
si  vuol   mettere  l'ottimo  Nostro  Papa,  obbligandolo  con  un   tratto: 
di  penna  a  sacrificare  i  diritti  spirituali    della  Chiesa,  e  i  tempo-/ 
rali  del  suo  Stato.  ' 

«  Passo  alle  nomine.  Quella  del  sig.  card.  Caprara  alla  chiesa  di 
Milano,  transeat;  sebbene  la  Chiesa  di  Milano  non  era  di  nomina 
dell'Imperatore.  La  nomina  di  Mgr  Codronchi  al  cardinalato  si  può 
facilmente  differire.  —  Le  altre  due  nomine  alla  Chiesa  di  Ravenna 
e  di  Bologna,  se  si  ammettono,  saranno  un  sigillo  autentico  del 
trattato  di  Tolentino  (1).  » 

Il  S.  Padre  giudicò  dunque  le  cose  della  Repubblica  ita- 
liana, degne  di  ponderata  riflessione  5  il  perchè  volle  udire 
i  pareri  di  alcuni  cardinali  (2),  che  adunò  in  congregazione 
j)  articolare  a^  26  di  febbraio  (3);  e  quindi  si  decise  a  rispon- 
dere alla  lettera  del  Primo  Console,  e  ad  istruire  il  card.  Le- 
gato della  condotta  ch^egli  doveva  seguire  in  questo  impor- 
tante affare  (4). 


(1)  Archiv.  Vatic,  Italia  Appendice....)  voi.  XX. 

(2)  La  congregazione  fu  tenuta  verso  gli  ultimi  di  febbraio  1802.  Si 
componeva  degli  Emi  Albani,  Antonelli,  Gerdil,  Gius.  Doria,  Carandini, 
Consalvi.  Fu  imj)osto  il  solito  rigoroso  secreto  del  S.  Uffizio,  con  proibi- 
zione di    «  prevalersi  di    alcun'  opera  altrui.  »  (Archiv.  Vatican.,  Ibid.). 

(3)  Dox)o  udita  la  elezione  del  Bonaparte  a  Presidente  della  Repub- 
blica italiana,  il  card.  Consalvi  ne  fu  sgomentato.  Ed  a'  6  di  febbraio 
ne  scriveva  in  cifra  a'  Nunzii  in  questi  termini  : 

«  Può  immaginare  V.  E.  se  la  nuova,  cbe  qui  si  è  sparsa,  della  ele- 
zione del  Primo  Console  in  presidente  perpetuo  della  Repubblica  italica, 
abbia  sorpreso.  Clie  credere  ora  del  ricupero  delle  Legazioni?  Cbe  della 
confermazione  della  Repubblica  suddetta  ?  11  tempo  i)otrà  solo  determi- 
nare fissamente  queste  idee.  »  (Archiv.  Vatic. ^  Cifre  «'  Nunzii,  Principi, 
voi.   276). 

(4)  Vi  si  discussero,  riguardo  alla  Repubblica  italiana  i  seguenti  capi  : 
«...2.   Quali    cose   non  ammissibili   dalla  S.  Sede  contengansi  nelle 


144  CAPITOLO   QUINTO 


Nella  sua  lunghissima  lettera  di  risposta  (7  marzo  1802), 
il  Pontefice  Pio  VII  tributava  al  Primo  Console  lodi  e  feli- 
citazioni per  il  bene  operato  dalP  opera  sua  nel  congresso  di 
Lione  5  ma  insieme  gli  dichiarava  apertamente  non  essere  pieno 
il  suo  gaudio  per  quella  parte  di  bene  mancante  tuttavia,  che 
però  sperava  dalla  magnanimità  e  religione  di  esso  Primo 
Console,  di  veder  supplita  e  compiuta  in  avvenire.  Ma  il  con- 
tenuto e  la  maniera  di  questa  lettera  pontifìcia  sono  espressi 
chiaramente  nella  seguente  circolare,  che  il  card.  Consalvi  spe- 
diva a'  N^unzii,  a  fine  di  tenerli  ragguagliati  di  cotali  avve- 
nimenti secreti  (1). 

Cifra  ai  Nimzii  20  marzo  1802. 

Eccomi  a  ragguagliare  in  breve  l'È.  V.  del  tenore  delle  risolu- 
zioni, prese  da  N.  S.  in  seguito  d'una  segretissima  Congregazione  di 
Sig.  Cardinali,  che  si  è  tenuta  relativamente  agli  affari  della  Re- 
pubblica Italica,  con  farle  conoscere  a  Parigi  per  mezzo  dell'aiutante 
di  campo  Lebrun,  che  parte  dimani.  Prego  però  V.  E.  a  tenere  tali 
cose  segretissime f  servendosene  solo  per  lume  nei  casi  che  le  si  pos- 
sono dare  ;  mentre  ben  vede  quanto  sia  rischioso  l' aggiungere,  di 
faccia  al  P.  Console,  qualche  cagione  di  mal  umore,  per  la  pubbli- 
cazione del  tenore  delle  nostre  risposte,  per  un  sopra  più  alla  im- 
pressione che  possa  fargli  il  tenore  stesso  delle  medesime,  che  V.  E- 


leggi  organiclie  sul  clero,  trasmesse  dai  vescovi  della  Cisalpina;  ed  in 
quai  termini  convengasi  sia  risposto  dal  S.  Padre  alla  lettera  di  tali 
vescovi. 

3.  Se  si  giudi clii  necessario  il  farsi  carico  dei  due  articoli  conte- 
nuti nella  costituzione,  e  risguardanti  1'  uno  V  alienazione  dei  beni  ec- 
clesiastici^ e  l'altro  la  libertà  di  tutti  i  culti. 

4.  In  quai  termini  convenga,  clie  S.  S.tà  replichi  a  ciascun  caxio 
della  lettera  confidenziale  del  Primo  Console,  e  quai  partito  sembri  espe- 
diente di  usare  intorno  alle  nomine  già  da  lui  fatte. 

5.  Del  cardinale  Caprara  ad  arcivescovo  di  Milano  —  di  mons.  Co- 
droncbi  ad  arcivescovo  di  Bologna  —  di  mons.  Opizzoni  ad  arcivescovo 
di  Ravenna  —  e  del  suddetto  Mgr  Codroncbi  al  cardinalato  (Arcbiv.  Va- 
tic,  Italia  Aiypendìce. . .,  voi.  XX).  » 

(1)  La  lettera  del  Papa  è  riferita  intiera  dal  Theiner  (II,  249)  ;  e  dal 
BouLAY  DE  LA  Meurthe  {Docitììi.   Coticord.  V,   n.   1139). 


PRIME    TRATTATIVE   E    PRIMI    DISEGNI    DI    CONCORDATO        145 

può  bene  imaginare  essersi  procurato  di  vestire  della  più  onesta  e 
delicata  forma. 

Alla  petizione  adunque  risguardante  le  leggi  organiche  sul  clero, 
e  anche  la  costituzione  di  ciò  che  risguarda  la  Religione,  si  è  fatto 
conoscere  la  soddisfazione  di  N.  S.  per  la  solenne  dichiarazione,  che 
la  Religione  Cattolica  è  la  Religione  dello  Stato;  ed  anche  per  gli 
altri  vantaggi,  che  risultano  alla  Chiesa  in  conformità  della  situa- 
zione in  cui  si  trovavano  ridotte.  Non  si  è  lasciato  però  di  rilevare 
quali  cose  restano  ancora  da  implorare,  a  compimento  dell'  opera  ; 
quali,  da  chi,  e  dove,  che  si  modifichino.  Cosi  con  dolcezza,  ma  in- 
sieme con  aperta  significazione  si  è  procurato  di  far  conoscere,  che 
cosi  si  è  soddisfatti  si  delle  cose  asserite  ed  omesse,  che  di  varie 
cose  che  vi  si  trovano  stabilite. 

Alla  nomina  del  Card.  Caprara  per  la  chiesa  di  Milano,  non  si  ^ 
è  fatto  difficoltà  nelle  debite  forme.  A  quella  per  la  (chiesa  di  Bo- 
logna e  Ravenna  non  si  è  fatta  difficoltà  sopra  i  soggetti,  ma  bensì  ■-^■ 
sulle  nomine   stesse,   dicendo   delicatamente   ma    apertamente,   che 
nella  speranza  di  ottenere  dalla  magnanimità  del  P.  Console  la  re- 
stituzione delle  Legazioni  (1),  Sua  Santità  si  lusinga  di  non  essere 
obbligata  a  fare  atti,  che  possano   in    qualche    modo   pregiudicare 
agli  interessi  della  Santa  Sede.  E  quanto  alla  nomina  di  Mgr  Co- 
dronchi  al  cardinalato,  si  è  risposto  che  se  intende    di    farsi  come 
P.  Console  di  Francia  a  tenore  del  Concordato,  non  ci  è  difficoltà, 
e   si  realizzerà  alla  occasione  della  promozione  delle  Corti;    se   poi 
s'inteiide  diversamente,  si  è  detto  che  N.  S.,  per  soddisfare  un  de- 
siderio del  P.  Console,  non  avrà  difficoltà  di  farlo  (dopo    vacati  i 
Cappelli  necessari  alle  Corti);  ma  che  conviene  ritirare  la  nomina,  ^ 
che  al  Preside  della  Repubblica  Italica  non  compete.  Mi  astengo 
dal  dettaglio  delle  altre  proposte  e  risposte,  che  meno  possono  in- 
teressare il  generale  degli  affari. 

Quanto  alle  risposte  ai  Vescovi,  in  se  stesse  delicatissime,  per 
evitare  non  meno  lo  scoglio  che  si  urti  il  P.  Console  (quasi  che  si 


(1)  Accennando  a  questa    lettera  del   Papa,  lo    scaltrissimo    dissiuui- 
latore,  ch'era  il  Bonaparte,  nella  sua  risposta  de'  24  maggio  non  fa  motto 
di   questa   richiesta,  mossagli    francamente  da  Pio  VII.   Gli    dice    ^oxò  : 
«  Ce  n'est  pas   comme  Premier    Consul  de  la  Répnbliqne  fran9aise    que  ! 
j'avais  nommé  monseignenr  Codronchi,  mais  comme  président  de  la  Ré-> 
pnblique  italienne  ;  c'était  dans  la  méme  qualité,  que  j'avais  nommé  aux  | 
difterents  évéchés  (Correspondance^  Y,  6099).  » 

RiNiERi.  —  La  Diplomazia  Pontiflcia  nel  secolo  XIX.  —  Voi.  II.  10 


146  CAPITOLO   QUINTO 


eccitino  i  Vescovi  a  non  conformarsi  alle  massime  e  ordinazioni 
del  Governo)  che  le  regole  della  Chiesa  non  permettono  (potendo 
tutto  al  più  N.  S.  soffrire  alcune  cose,  ma  non  sanzionarle),  si  è 
tenuto  anco  di  questo  lo  stesso  linguaggio,  che  ho  accennato  es- 
sersi tenuto  nello  scrivere  a  Parigi,  usando  tutta  la  cautela  e  de- 
licatezza e  saviezza  possibile  (1). 

Creda  però  V.  E.,  che  si  è  continuamente  nelle  più  grandi  an- 
gustie di  spirito,  e  che  incontrando  come  suol  dirsi  ad  ogni  passo 
un  sasso,  anzi  per  lo  più  un  monte  insalibile,  il  minor  male  che 
ne  ridonda  è  una  angosciosa  continua  contenzione  dello  spirito,  che 
logora  la  vita,  mentre  si  vede  sempre  l'assai  maggior  rischio  della 
rovina,  che  da  un'alterazione  di  buona  armonia  può  ridondare  alla 
causa  della  Religione,  non  che  dello  Stato;  alterazione  assai  ri- 
schiosa con  chi  crede  anzi  di  dovere  essere  lodato  e  ringraziato  per 
quel  bene  che  fa,  e  che  essendo  solo  a  farlo  a  traverso  anche  d'in- 
finiti ostacoli,  ha  ben' anche  un  diritto  di  cosi  credere.  E  qui  ripeterò, 
che  chi  vorrà  rettamente  giudicare  del  Concordato,  quando  si  co- 
noscerà, dovrà  arguire  qual  difficoltà  ci  sia  stata  in  farlo,  quando 
tanta  ne  prova  di  pubblicarlo,  quello  stesso  che  pare  che  abbia  tutta 
la  fama  (2). 

IL 

Il  Oonsalvi  poi  avvisava  in  cifra  (10  marzo  1802)  il  car- 
dinal Caprara  «  non  essere  possibile  al  S.  Padre  il  dimostrare 
una  piena  soddisfazione  delle  leggi  organiche  sul  clero  (italiano), 


(1)  I  vescovi,  convocati  a  Lione,  avevano  (17  gennaio  1802)  inviato 
al  Papa  nna  lettera,  sottoscritta  da  tntti,  colla  quale  lo  informavano 
sommariamente  del  come  erano  andate  le  cose  ;  e  gli  chiedevano  e  tutte 
quelle  facoltà  che  vedrà  esserci  necessarie.  »  Il  S.  P.  rispondeva  a  tutti, 
nella  persona  del  card.  Bellisomi,  lodando  il  bene  operatosi  in  quel  con- 
gresso, e  sperando  un  gaudio  pieno  per  quello  che  il  Primo  Console  farà 
in  avvenire.  In  quanto  alle  facoltà  da  essi  richieste,  li  avvisa  che  non 
saranno  per  mancare  «  ne'  casi  che  possano  occorrere  (Dociim.  Concord.  VI, 
n.  1116-1144).  » 

(2)  Archiv.  Vatic,  Cifre  ai  NnnzU,  Principi,  voi.  276.  Il  Concordato, 
a  cui  qui  accenna  il  Consalvi,  è  quello  con  la  Kepubblica  francese.  Della 
repubblica  italiana,  scriveva  agli  stessi  Nunzii  (6  marzo  1802)  :  «  Non 
si  lascia  però  di  capire,  che  si  ha  veramente  la  vista  di  voler  fare  un 
Concordato  anche  per  la  Repubblica  italiana  :  un  atto  pubblico  non  potrà 
un  giorno  scansarsi  (Ibid.).  » 


PRIME   TRATTATIVE   E   PRIMI   DISEGNI   DI   CONCORDATO        147 

e  della  costituzione  della  repubblica  italiana,  rapporto  alle  cose 
ecclesiastiche  j  »  e  tra  le  cose  omesse  e  quelle  decretate  trovare 
«  motivi  insuperabili,  che  impediscono  N.  S.  dall' approvare, 
che  è  differente  dal  tollerare...  »  E  in  sedici  altri  fogli  cifrati 
{18,  19  marzo)  d' istruzioni  particolari^  lo  premuniva  di  non 
lasciarsi  indurre  in  nessuna  maniera  a  intavolar  tratti  ve  per 
uu  Concordato  italiano,  accampando  la  ragione  fondamentale 
della  nessuna  necessità  di  un  tal  concordato,  non  essendo 
mai  in  Italia  venuta  meno  la  religione.  Incaricavalo  poi  di 
insistere  appo  il  Primo  Console  per  la  correzione  di  quelli 
articoli,  che  «  tacitamente  sembrano  escludere  la  ordinazione 
a  titolo  di  patrimonio  sacro,  l'esistenza  delle  collegiate,  la 
restituzione  delle  canoniche  ed  episcopii,  la  giurisdizione 
de'  vescovi  sulla  stampa  de'  libri  in  materia  di  religione,  la 
immunità  personale  e  locale,  la  conservazione  delP  esistenza 
de' regolari  dell'uno  e  dell'altro  sesso... 

«  N.  S.,  soggiungevagli,  è  in  somma  angustia 5  e  riguarda 
in  sostanza  queste  leggi  organiche  come  un  nuovo  concilio  di  - 
Trento,  che  va  a  fissarsi  in  Italia  per  ìa  disciplina  ecclesia- 
stica. È  spaventata  8.  S.  non  meno  dalla  natura  intrinseca 
di  queste  leggi,  che  dalla  stessa  origine,  cioè  dall'arrogarsi  la 
potestà  laica  il  diritto  di  fare  e  regolare  con  esse  le  cose  della 
Chiesa.  »  Osserva,  che  «  nemmeno  nel  Concordato  colla  Fran- 
cia si  è  fatto  così,  giacché  in  esso  è  il  Papa  che  parla...  Quindi 
il  Papa  non  crede  di  potere  in  coscienza  acconsentire  ad  ap- 
provare in  conto  alcuno  tali  leggi,  e  tutto  al  piìi  può  tacita- 
mente tollerare...  (1).  » 

Per  verità  erano  assai  spinose  e  delicatissime  cotali  incom- 
benze, per  essere  trattate  dal  card.  Caprara  presso  il  Primo 
Console.  Tuttavia  il  vecchio  Legato  vi  si  adoperò  con  zelo, 
con  accorgimento,  e  con  molta  industria.  Già  verso  i  10  di 
questo  mese  di  marzo,  abboccatosi  col  Primo  Console  in  casa 
di  Luciano  Bonaparte,  questi  gli  aveva  fatto  intendere  di  aver 


(1)  Docum.   Concord.,  V,  n.  1138,  e  1237  not.  3. 


148  CAPITOLO   QUINTO 


diritto  di  nomina  a'  vescovadi  lombardi,  essendo  sottentrato 
ai  diritti  che  aveva  Giuseppe  II  in   conformità   del   concor- 

'^  dato  (del  1784)  (1).  »  E  che  come  presidente  della  repubblica 
italiana  «  si  riguardava  in  diritto  di  nominare  al  cardinalato.  » 
In  quella  occasione  il  Caprara  gli  toccò  con  molta  accor- 
tezza il  tasto  assai  delicato  della  restituzione  delle  Legazioni , 
mettendo  ìq  campo  la  estrema  miseria,  in  cui  trova  vasi  il 
S.  Padre,  per  le  rovine  passate  e  le  presenti  spese,  alle  quali 
le  poche  rendite  dello  Stato  pontificio  non  gli  permettevano 
di  far  fronte.  —  «  Ha  inteso  tutto  pazientemente,  riferisce 
il  Caprara,  e  mi  ha  soggiunto,  che  di  mano  in  mano,  come 
suol  dirsi,  gli  avrebbe  fornito  di  tanto  in  tanto  un  miglione... 
Ha  detto,  che  quando  V.  Emza  venne  qui,  parlando  seco  sulle 
Legazioni,  Ella  destramente  scansò  di  rispondere  apertamente 
sulla  sua  espressione  relativa  al  trattato  di  Tolentino  ;  ma 
questo  era  riconosciuto  dalie  corti,  e  che  volerlo  impugnare, 
perchè  esso  abbia  lasciato  il  Papa  in  pace  con  quel  possiede 
senza  avere  voluto  da  lui  condizioni,  gli  faceva  pena.  Ha 
detto  queste  ultime  cose  con  untarla  d^  impazienza.  » 

A  coteste  parole  gravissime,  dette  con  impazienza  dal  Bo- 
naparte,  il  card.  Caprara  rispose,  che  non  intendeva  di  entrare 
in  discussione  intorno  ad  un  tale  argomento  ;  e  fece  bency 
perchè  quella  materia  non  poteva  destare  neir  autore  di  quel 
trattato  altra  memoria  se  non  quella  di  un  commesso  ladro- 

i  cinio  e  sacrilegio.  —  Tuttavia  avendo  il  Caprara,  con  un  giro 
veramente^ squisito  di  diplomazia,  osservato  che  la  repubblica 
italiana,  ampliando  per  altre  parti  (forse  intendeva  quelle  di 
Piemonte)  le  sue  possessioni,  le  tornerebbe  profìcuo  di  resti- 
tuire al  Papa  le  tre  Legazioni,  a  fine  di  diminuire  le  gelosie 
delle  altre  potenze. 


(1)  Ved.  RiNiERi,  Della  rovina  di  una  moìiarchia,  p.  63,  65,  528.  Con 
quel  Concordato  però  (clie  non  fu  tale,  ma  un  semplice  modus  vivendi) 
i  vescovi  nominati  avevano  obbligo  della  visita  a  Roma,  che  il  Bonaparte 
non  volle  ammettere. 


PRIME   TRATTATIVE   E   PRIMI   DISEGNI   DI   CONCORDATO        149 

«  Mi  rispose,  soggiunge  il  Cardinale,  della  miglior  buona 
grazia:  La  terra  non  è  stata  fabbricata  in  un  giorno^  o,  come 
egli  disse f  la  chiesa  di  S.  Pietro;  concludendo:  il  Papa  deve 
fidarsi  di  me.  E  fece  capire  non  voler  egli  per  ora  far  sospet- 
tare, elle  voglia  diminuire  la  potenza  di  quella  repubblica, 
che  lo  ha  eletto  a  presidente  (1).  » 

Intanto  però,  quando  ebbe  ricevuto  le  nuove  istruzioni  del 
Oonsalvi,  si  adoperò  il  Caprara  come  potè  meglio  a  line  di 
far  giungere  al  Primo  Console  e  la  lettera  del  Papa  e  il  con- 
tenuto di  quanto  il  Consalvi  avevagli  raccomandato.  I^on  po- 
tendo allora,  per  trovarsi  tutti  nelle  grandi  occupazioni  del 
Concordato  francese,  avere  udienza  dal  Primo  Console,  gli 
diresse  una  nota^  nella  quale  insomma  significava  brevemente 
e  assai  bene  quanto  il  Papa  diceva  nella  sua  lettera  (2). 


(1)  Caprara  a    Consalvi,  cifra  del  13  maggio  1802  {Docum.   Concord., 
V,  n.   1180). 

(2)  È  la  seguente,  e  fu  data  verso  i  primi  di  aprile:  «  Nell'atto  che 
alla  Santità  di  N.  S.  furono  fatte  conoscere  e  la  costituzione  e  le  leggi 
così  dette  organiche,  stabilite  nella  dieta  di  Lione,  non  potè  non  esal- 
tare nel  vedere,  che  la  base  della  costituzione  posava  su  di  un  articolo, 
degno  veramente  del  Presidente  scelto  al  governo  della  Repubblica  ita- 
liana. Per  quanto  nella  lettura  dell'  una  e  delle  altre  abbia  ritrovate 
cose  di  suo  disgusto  e  rammarico,  e  come  opi)oste  alla  base  medesima 
della  Costituzione,  come  si  è  la  tolleranza  de'  culti,  ed  alla  costante  di- 
sciplina della  Chiesa  universale,  ed  ai  canoni  stessi  del  S.  Concilio  di 
Trento,  come  sono  nella  massima  parte  gii  articoli  delle  leggi  organiche 
sul  clero,  non  si  è  ciò  non  ostante  smarrito,  poiché  persuaso  che  gli 
oggetti  in  questione  sono  certamente  per  inavvertenza  usciti  di  sott'oc- 
c  hio  alla  saviezza  e  religione  del  Presidente.  Cogniti  essendo  pertanto 
al  S.  Padre  i  sentimenti  del  medesimo,  il  quale  non  altro  ha  voluto  con 
tali  stabilimenti,  che  i^rovvedere  all'assoluto  bene  della  religione  e  della 
C  hiesa  in  tutta  l'estensione  della  Repubblica,  si  tiene  per  certo  che  jn-esi 
in  matura  considerazione  gli  oggetti,  sia  della  Costituzione  sia  delle  men- 
t  ovate  leggi,  e  trovatili,  come  lo  sono,  non  conducenti  allo  sco]io  propostosi, 
esso  Presidente,  spontaneamente  e  generosamente,  in  vista  del  bene,  si 
degnerà  correggere  ciò  che  merita  correzione,  togliere  quel  che  è  lesivo 
della  disciplina  ecclesiastica,  e  finalmente  aggiungere  quel  che  in  ordine 
a  questa  fosse  ommesso  (Docum.   Concord.,  V,  n.  1237,  nota  3).  » 


150  CAPITOLO   QUINTO 


Indugiò  due  mesi  il  Bonaparte  a  rispondere  alla  lettera  di 
Pio  VII.  Quindi  in  una  lettera  de'  24  maggio  si  contentava 
di  far  sapere  al  S.  Padre  aver  egli  ricevuto  la  sua,  relativa 
alla  Eepubblica  italiana:  dicevagli  non  come  Primo  Console 
aver  egli  chiesto  le  nomine  a  Vescovadi,  ma  siccome  presidente 
della  repubblica  italiana.  In  quanto  alla  restituzione  delle 
Legazioni,  egli  non  fiatò  una  sillaba  (1). 


III. 


Da  quanto  gli  fu  significato  e  per  lettera  direttagli  dal 
S.  Padre  e  per  altri  indizii  indiretti,  potè  il  Primo  Console 
intendere,  che  a  Roma  non  si  voleva  sentir  parlare  di  concor- 
dato religioso  con  la  repubblica  italiana.  Ma  nuove  circostanze, 
delle  quali  non  è  giudizio  temerario  attribuire  a  lui  o  la  causa 
o  almeno  una  certa  connivenza,  ne  fecero  nascere  la  necessità, 
anche  per  la  parte  della  Santa  Sede,  avendone  già  egli  grande 
desiderio,  divenuto  poi  una  specie  di  smania,  come  chiamavala 
il  card.  Caprara. 

Quelle  circostanze  furono  alcuni  decreti  in  materia  eccle- 
siastica, assai  lesivi  delP  autorità,  delP  indipendenza,  e  dei 
diritti  della  Chiesa  nella  nuova  repubblica  italiana;  i  quali  de- 
creti erano  stati  pubblicati  con  grande  solennità  dal  vice-presi- 
dente Melzi  d'Eril,  duca  di  Lovi.  Quest'uomo,  cui  l'esperienza 
delle  leggi  giuseppine  avrebbe  dovuto  rendere  accorto  del 
poco  frutto,  che  leggi  cosiffatte  avevano  portato  nel  regno 
lombardo-veneto,  non  api^ena  fu  insediato  nella  sua  nuova 
dignità,  che  subito  mise  mano  a  ritentare  Fopera  di  Giuseppe  II. 
Egli,  come  buona  parte  degli  avvocati  della  Lombardia,  era 


(1)  «  J'ai  regu  les  brefs  de  Votre  Sainteté,  doiit  un  relatif  à  la  Ré- 
publique  italienue.  Ce  u'  est  pas  cornine  Premier  Coiisul  de  la  Réjjii- 
blique  fraiifaise  que  j'avais  nommé  monseigneur  Codronchi,  mais  comme 
président  de  la  Républiqne  italienne. . .  {Correspondance,  VII,  n.  6099).  » 


PRIME   TRATTATIVE   E   PRIMI    DISEGNI   DI   CONCORDATO        151 

stato  formato  alle  dottrine  del  Tamburini,  famoso  abbate  gian- 
senista, bevute  alla  costui  scuola  nell'universi tà  di  Pavia;  le 
quali  dottrine,  che  erano  un  buon  terreno,  sul  quale  le  massime 
filosofiche  germogliarono  ed  arrecarono  il  frutto  maturato  della 
rivoluzione  francese,  ossia  delP  incredulità  e  del  libertinaggio 
intellettuale,  formarono  di  lui  un  incredulo  se  non  un  empio  (1). 
Egli  dunque  a^  23  di  giugno  1802  pubblicava  il  seguente 
decreto  : 

Il  Vice-Presidente  della  Repubblica  Italiana  decreta: 
I.  Il  ministero  per  il  Culto  è  diviso  in  tre  Sezioni. 

III.  La  prima  Sezione  ha  per  oggetto  le  massime,  l'istruzione 
sacra,  e  de'  Seminarj,  la  disciplina,  e  polizia  del  clero  e  di  qualun- 
que altra  corporazione  ecclesiastica. 

IV.  La  seconda  le  materie  beneficiarie,  gli  Istituti  di  pubblica 
beneficenza. 

V.  La  terza  le  rendite  delle  pie  fondazioni,  e  di  cui  i  beni  ap- 
plicati per  dotazione  del  culto. 

Melzi 

n  consigliere  segretario  di  Stato 

GUICCIARDI 

E  in  virtù  di  cotale  disposizione  governativa,  pubblicava 
altro  decreto  in  27  articoli,  co'  quali  la  nuova  repubblica  si 
arrogava  il  governo  di  tutta  la  disciplina  ecclesiastica,    det- 


(1)  Monsignor  Codronchi,  arcivescovo  di  Ravenna,  che  aveva  trat- 
tato familiarmente  col  Bonaparte  e  col  Melzi  a  Lione,  icario  di  entrambi^ 
col  nuovo  Nunzio  di  Vienna  Mgr  Severoli,  che  incontrò  in  Milano, 
in  maniera  poco  favorevole.  «  Crede  l'arcivescovo,  così  il  Nunzio  rife- 
rivane  al  Consalvi  (febbraio  1802),  cbe  il  Bonaparte  jiensi  al  rove- 
sciamento di  tutto  il  sistema  politico  dell'  Europa.  L'arcivescovo  ri- 
sguarda  il  vice-presidente  Melzi  come  un  vero  incredulo,  da  cui  nulla 
vi  è  a  sjierare,  e  tutto  si  ha  a  temere.  Lo  dicono  scolare  di  Voltaire  ^ 
(Archiv.  Vatic,  Dociim.  Concord.,  V,  n.  1125).  »  Ved.  Cusani,  VI,  128  ; 
Melzi,  Memorie-documenti,  I,  311  ;  Cantù,  Cronistoria,  I,  255  ;  Botta, 
Storia  d' Italia,  (ediz.  cit.),  pag. -459. 


152 


CAPITOLO   QUINTO 


tava  norme  per  chiese  e  per  seminarii,  per  Pinsegnaraento  e 
per  le  dottrine,  ed  assoggettava  al  repubblicano  sindacato  ogni 
scritto  che  venisse  da  Roma  (1). 

Ootali  decreti,  oltre  al  far  cadere  le  speranze  di  ristaura- 
zione  religiosa,  già  concepite  nella  dieta  lionese,  gittarono  lo 


(1)  Eccone  i  jirincipali  articoli  : 

1.  Il  ministro  per  il  Culto  è  incaricato  degli  affari  ecclesiastici, 
della  disciplina,  e  polizia  del  Clero,  delle  Corporazioni  dirette  all'eser- 
cizio di  Religione,  degli  istituti  pii,  e  degli  stabilimenti  di  pubblica 
beneficenza. 

2.  Conosce  delle  massime,  e  de'  diritti  spettanti  alla  podestà  ci- 
vile ne'  suoi  essenziali  rapporti  col  ministero  ecclesiastico,  onde  si  con- 
servi quella  reciproca  armonia,  che  molto  può  contribuire  alla  sicurezza 
ed  alla  prosperità  della  nazione.  La  Costituzione  protegge  la  religione 
cattolica,  apostolica  romana,  che  è  dichiarata  religione  dello  Stato,  ed 
essa  nell'esercizio  de'  sacri  suoi  doveri  cospira  al  pubblico  bene. 

3.  Invigila  sulle  dottrine  che  s'insegnano,  o  si  spargouo  in  ma- 
teria di  religione,  ed  ha  cura  perchè  questa  parte  attiva  dell'istruzione 
ecclesiastica  he'  seminarj  corrisponda  adeguatamente  ai  veri  principj  di 
religione,  e  della  morale  ordinata  a  consolidare  il  sistema  dello   Stato. 

4.  Conosce  delle  pratiche  iiubbliche,  ed  esteriori  della  religione^ 
e  pone  riparo  agii  abusi,  per  cui  esse  più  volte  sogliono  degenerare 
ne'  pregiudizj   della  superstizione. 

5.  Tutte  le  bolle,  canoni,  brevi,  rescritti,  e  carte  di  Roma,  dei 
vescovi  e  delle  loro  curie  ecclesiastiche  devono  essere  j)resentate  alla  pia- 
citazione,  prima  della  esterna  loro  esecuzione  nello  Stato.  Il  ministro 
le  esamina,  e  prima  della  placitazione,  osserva  se  in  esse  si  contengono 
articoli,  che  sieno  in  qualche  opposizione  coi  diritti  della  sovranità,  e 
colle  legittime  costumanze  canoniche  delle  diocesi. 

6.  Riconosce  la  convenienza  di  estendere,  concentrare,  e  limi- 
tare i  confini  delle  diocesi,  e  delle  i)arrochie,  e  dove  occorre  : 


10.  S'  informa  delle  regole  essenziali  di  qualunque  stabilimento 
e  corporazione  ecclesiastica,  che  dirige  al  servizio  spirituale  del  popolo, 
ed  alla  pubblica  utilità.  Delega  per  l'assistenza  ai  capitoli  de'  regolari, 
ed  approva  i  loro  atti  capitolari. 

11.  La  conservazione  della  discix)lina  interessa  le  sue  ispezioni  ; 
epperò  determina  i  casi,  ne'  quali  la  potestà  civile  deve  prestare  il  braccio 
forte  ai  voscovi,  per  richiamare  all'ordine  le  persone  ecclesiastiche  col- 
Puso  dei  mezzi  opportuni,  qualora  siano  insufficienti  al  fine  suddetto  le 
ammonizioni,  le  esortazioni,  le  pene  spirituali  riservate  ai  vescovi. 


PRIME   TRATTATIVE   E   PRIMI   DISEGNI   DI   CONCORDATO        153 

scompiglio  ne' migliori  vescovi  della  repubblica,  e  diedero  a  ' 
temere  il  ritorno  del  regno  di  Giuseppe  II.  De'  ricorsi  fatti 
a  Eoma,  per  averne  regola  e  conforto,  basti  riferire  quanto 
seri  ve  vane  al  card.  Oonsalvi  il  vescovo  di  Cremona,  Mgr  Omo- 
bono,  a'  3  di  luglio  1803,  il  quale  così  annunziavagli  l'appa- 
rizione de'  nuovi  decreti  : 

«  In  conseguenza  delle  leggi  organiche  sul  culto,  proclamate  so- 
lennemente nei  Comizj  di  Lione,  e  approvate  dalla  8.  Sede  con  breve 
20  marzo  del  1802  (1),  le  Chiese  cattoliche  di  questa  Repubblica 
Italiana  erano  nella  più  dolce  lusinga  di  veder  ripristinata  l'augu- 
sta nostra  religione,  secondo  i  principj  inalterabilmente  stabiliti  dal 
Supremo  Autore  della  medesima;  ma  il  qui  compiegato  editto  di- 
strugge tutte  le  belle  speranze,  che  si  erano  nel  proposito  concepite. 

«  In  un  affare  di  tanta  importanza  non  ho  voluto  ommettere  di 
consultare  la  congregazione  de'  miei  teologi.  Dopo  il  più  maturo 
esame,  essi  hanno  concordemente  qualificato  detto  editto,  lesivo  dei 
diritti  inalienabili  dell'episcopato.  (Acchiude  il  voto  de' teologi). 

«  In  tale  situazione  dolorosa  altro  non  mi  resta,  che  rivolgermi 
alla  prima  cattedra,  al  centro  dell'  unità,  al  Padre  e  Maestro  di  tutti  ' 
i  fedeli,  implorando  dalla  di  Lei  autorevole  assistenza  una  valida  | 
difesa  ai  diritti  dell'episcopato,  e  una  sicura  direzione,  onde  proce- 
dere ne'  casi  difficili,  che  potrebbero  da  tali  promesse  emergere,  qual 
figlio  irremovibilmente  attaccato  alla  S.  Sede,  subordinato  alla  me- 
desima, i  di  cui  oracoli  faranno  sempre  per  me  la  norma  e  i  pre- 
cetti della  mia  condotta. 

«  Dopo  queste  sincere  proteste  della  mia  insuperabile  sommes- 
sione,  ho  l'onore  (2)...  » 

Contemporaneamente  si  può  dire  alla  pubblicazioue  di  co- 
tali  decreti  in  Milano,  e  quasi  all'improvviso,  il  Primo  Console 
dichiarava  al  card.  Legato  in  Parigi,  e  faceva  conoscere  al 
Santo  Padre,  ch'egli  era  deciso  a  volere  un  concordato,  il 
quale  regolasse  le  relazioni  religiose  tra  la  repubblica  italiana 


(1)  Un  tal  breve  mi  è  ignoto. 

(2)  Archiv.  Vatic,    Italia    Appendice...,  voi.    XIX.  Erano    iuchiusi    i 
decreti  milanesi,  e  la  condanna  fattane  da'  teologi  del  vescovo. 


154  CAPITOLO   QUINTO 


e  la  Santa  Sede;  chiedeva  a  ciò  per  pieni poteiiziario  del  Papa 
lo  stesso  card.  Capraia,  e  presentava  senz'altro  un  disegno  di 
concordato  già  fatto  comporre  da  lui,  avendone  già  concertato 
e  discusso  antecedentemente  gli  articoli  con  la  Consulta  di 
Milano. 

Per  siffatta  maniera  noi  ci  troviamo  dinanzi  alla  quinta 
insidia,  che  F aquila  grifagna  tendeva  alla  colomba,  volteg- 
giando alla  larga  prima  di  calare  con  volo  più  o  meno  violento 
sopra  P inerme  preda  e  ghermirla  rapacemente.  Dico,  fuori 
d'immagine,  che  il  Melzi  non  aveva  di  propria  autorità  ema- 
nato que' decreti,  non  avendo  egli  a  ciò  ne  potenza  ne  audacia 
sufficiente:  il  Bonaparte  li  aveva  comandati  o  permessi,  a  fine 
d'intimorire  Eoma  e  spingerla  ad  un  Concordato  da  cui  Eoma 
abborriva. 

Infatti,  proprio  nel  mese  di  giugno,  tra  il  Primo  Console  e 
la  Consulta  milanese  si  concertava  il  tenore  del  concordato 
da  concludersi  con  la  Santa  Sede.  E  verso  la  fine  del  mese 
seguente,  lo  stesso  Bonaparte  se  per  un  verso  temperava  le 
grandi  cupidigie  de' nuovi  Marcelli  milanesi,  i  quali  pensavano 
di  risarcire  l'erario,  sparnazzato  in  pazzie  e  regali  giacobine- 
schi,  con  lo  spogliamento  o  la  riduzione  de'vescovadi  e  delle 
chiese;  per  un  altro  verso  li  addottrinava  in  fatto  di  scaltri- 
mento,  in  cui  quelli  non  erano  a  petto  di  lui  se  non  scolari 
novelli. 

Essi  volevano,  che  la  diminuzione  delle  sedi  vescovili  fosse 
lasciata  al  loro  arbitrio.  Ma  il  Primo  Console  oppose  loro,  essere 
cosa  contraria  alla  religione  il  sopprimere  vescovadi  senza  il 
concorso  del  Papa;  bensì  con  l'assentimento  di  lui  potersene 
sopprimere  quanti  se  ne  vuole.  Essi  brigavano  d'impedire 
a' vescovi  l'andata  a  Eoma;  ed  il  Primo  Console  li  avvisava 
di  altri  mezzi,  che  riuscirebbero  allo  stesso  scopo,  senza  in- 
contrare l'urto  col  Papa.  Circa  i  beni  ecclesiastici,  salvati  tut- 
tavia dal  naufragio  ossia  dal  latrocinio  comune,  la  Consulta 
li  voleva  dichiarare  intangibili,  a  fine  di  togliere  al  Papa  ogni 


PRIME   TRATTATIVE   E   PRIMI   DISEGNI   DI   CONCORDATO        155 

inferenza  sopra  di  loro.  Il  Bonaparte  invece  ne  li  dissuadeva^ 
a  fine  di  avere  facilità  di  alienarli:  per  lui  il  frammettervi 
Pautorità  del  Papa  non  era  se  non  un  mezzo  di  riuscirvi  con  ^ 
più  sicurezza  e  con  istrepito  minore.  Intorno  agli  ordini  re- 
golari^ erano  di  accordo  le  due  repubbliche  madre  e  figlia: 
conservare  a  pena  que^  monasteri  superstiti,  e  che  fossero  oc-  — 

cupati  alP  istruzione  e  alla  beneficenza  pubblica.  Infine  il  go-* 

verno  milanese  desiderava  un  qualche  inciso,  che  confermasse 
alla  Eepubblica  le  tre  Legazioni:  il  Bonaparte  disse  bastare 
il  trattato  di  Tolentino;  tornar  quindi  inutile  il  far  ripetere  al 
Papa  la  rinunzia  a  quelle  province.  Che  d'altra  parte  il  Papa 
a  ciò  non  consentirebbe  mai:  quando  dunque  riconosca  la 
Repubblica  italiana,  con  ciò  stesso  ne  acconsente  la  posses- 
sione di  fatto  e  di  diritto»  Il  perchè,  è  necessario  sbrigare  il 
negozio  di  ogni  impaccio:  imperocché,  osservava  egli  stesso, 
«  negoziare  non  è  far  tutto  quello  che  si  vuole.  Il  giorno  della 
signatura  del  concordato  sarà  per  la  repubblica  un  giorno 
fausto  e  un  trionfo  novello.  »  Cotali  sensi  il  Bonaparte  faceva 
esprimere  alla  Consulta  repubblicana  milanese,  a'  dì  27  lu- 
glio 1802  (1). 

Giunse  inaspettata  a  Roma,  come  fu  osservato,  la  notizia  del 
richiedere  che  faceva  il  Primo  Console  un  tal  concordato,  con 
le  seguele  accennate.  Fu  un  vero  sgomento  :  si  tenne  quindi 
una  congregazione  particolare  di  cardinali,  a' 25  di  luglio,  per 
decidere  e  riferire  al  Santo  Padre  intorno  alla  cosa  e  alla 
risposta  da  farsi  all'affrettato  ed  imperioso  governatore  delle 
due  repubbliche  (2).  Che  cosa  vi  si  fosse  deciso,  ci  viene  in- 


(1)  Tutto  ciò  fu  cavato  dagli  archivi  di  Stato  di  Milano,  e  si  trova 
nella  Correspondance,  VII,  n.  6212.  Il  P.  Theiner  nelle  poche  linee,  in 
cui  ne  parla,  falsa  addirittura  il  tenore  di  questa  corrispondenza;  egli, 
coli'  annerire  le  tinte  a  carico  de'  Milanesi,  illumina  di  gloria  religiosa 
il  Primo  Console,  che  pure  la  sapeva  più  lunga  di  tutti  {Histoire  des  denx 
Concordats,  II,  28). 

(2)  Con  questo  biglietto  il  Consalvi  faceva  avvisare  i  Cardinali  Al- 
bani, Antonelli,  Roverella,  Litta,  24  luglio    1802.  «  Con    istraordinaria 


156  CAPITOLO   QUINTO 


dicato   dal   seguente  dispaccio,  che  il  Oonsalvi   pochi  giorni 
dopo  spediva  a'Nunzii. 

Consalvi  ai  Nunzii,  cifra  31  agosto  1802. 

Una  nuova  tempesta  si  è  caricata  a  gran  rischio  di  Roma  dalla 
parte  della  Francia.  Il  Card.  Legato  è  stato  chiamato  dal  P.  Con- 
sole a  sottoscrivere  un  Concordato  con  la  Repubblica  Italiana  sugli 
afifari  di  religione.  Non  avendone  egli  i  poteri,  questo  stesso  ha  ec- 
citato gran  malcontento,  e  gli  si  è  detto  di  farli  venire  immedia- 
tamente da  Roma. 

Esaminatosi  qui  l' affare,  si  è  creduto  da  N.  S.  di  non  prestarsi 
per  tre  ragioni.  Prima,  per  la  preesistenza,  al  Concordato  da  farsi, 
degli  articoli  organici  di  Lione,  e  di  quelli  recentemente  usciti  in 
Milano.  Sebbene  di  tali  articoli  non  si  parli  nel  proposto  Concor- 
dato, pure  preesistendo  essi,  e  continuando  ancora  a  sussistere,  il 
mondo  crederebbe  che  N.  S.  non  li  disapprovasse  ed  anzi  li  ammet- 
tesse, subito  che  alla  occasione  di  un  Concordato,  in  cui  si  ha  ra- 
gione sempre  degli  interessi  reciproci,  non  ne  ottenesse  la  revoca 
e  cambiamento.  In  tanto  si  è  potuto  fare  il  Concordato  di  Francia,  in 
quanto  che  gli  articoli  organici  colà  emanati  non  preesistevano,  ed 
•essendo  usciti  dopo,  per  poter  pubblicare  il  Concordato,  si  è  dovuto 
dire  al  Mondo  da  N.  S.  ignaris  nobis,  acciò  non  si  credessero  nem- 
meno contemporanei.  La  seconda  ragione  è,  perchè  manca  per  la 
Repubblica  Italiana  la  causa  finale  di  tal  Concordato,  giacché  per 
la  Repubblica  Francese  si  fece  per  il  ristabilimento  della  religione 


sorpresa,  il  S.  Padre  lia  ricevuto  da  Parigi  l' istanza  di  bramarsi  sta- 
bilita senza  il  minimo  ritardo  una  convenzione  tra  la  S.  Sede  ed  il 
governo  della  Repubblica  Italica  ;  ed  ba  insieme  ricevuto  il  progetto  di 
simile  convenzione,  per  cui  dal  Primo  Console  si  vorrebbe  deputato  in 
Plenipotenziario  di  Sua  Santità  il  Sig.  Card.  Caprara,  affinchè  come  tale 
potesse  in  nome  pontificio  trattare  la  faccenda  e  sottoscrivere  la  mento- 
vata convenzione. 

«  Conoscendo  però  la  S.  S.  di  quale  importanza  sia  un  simile  affare, 
desidera  cbe  il  medesimo  sia  esaminato  da  una  particolar  congregazione 
composta  di  cinque  Cardinali,  notati  di  contro,  per  indi  prender  quelle 
determinazioni  che  giudicherà  piìi  convenienti. 

«  A  seconda  pertanto  della  volontà  del  S.  Padre,  dovrà  simile  congre- 
gazione adunarsi,  alle  ore  24  in  punto  della  i^rossima  domenica,  25  del 
corrente  mese,  nelle  camere  del  Card.  Pro  Vicario  (Boverella).  »  Archivio 
Vatic,  Italia  Appendice... ^  voi.  XIX. 


PRIME   TRATTATIVE    E    PRIMI    DISEGNI    DI    CONCORDATO        157 

che  si  era  sbandita;  ma  nell'Italia  ha  seguitato  a  sussistere  anche  ^ 
nelle  rivoluzioni.  Il  cambiamento  politico  non  esige  un  Concordato 
religioso,  potendosi  provvedere  ai  bisogni  di  qualche  provincia  parti- 
colare con  Brevi,  Decreti,  o  altro,  senza  fare  un  Concordato  ;  il  che 
porterebbe  di  farne  altri  con  la  Ligure,  e  con  altri  Stati  dove  siano 
accaduti  dei  cambiamenti.  La  terza  ragione  è  stata  la  inamissibi- 
lità  intrinseca  dei  stessi  articoli  proposti,  i  quali  tutto  al  più  pos- 
sono essere  tolerati  da  N.  S.,  quando  è  nell'impotenza  di  rimediarvi: 
ma  non  possono  essere  da  lui  autorizzati,  e  sottoscritti. 

Si  è  dunque  risposto  negativamente;  ma  non  si  lascia  di  pre- 
vedere F  urto  grandissimo  che  ciò  produrrà,  per  la  somma  efficacia 
con  cui  la  cosa  si  vuole;  e  quindi  è  da  doverne  temere  le  più  amare 
conseguenze. 

In  genere  parlando,  può  dirsi  con  verità,  che   il   quadro   della 
situazione  attuale  della  S.  Sede  non  può  essere  dipinto  a  più  oscuri 
colori.  E  quelli,  che  la  servono  da  40  o  50  anni,  assicurano  che  mai 
r  hanno  vista  in  situazione  più  critica,  considerando  da  quante  parti,   ' 
e  in  quali  sostanziali  materie  si  trovi  ora  essa  attaccata,  senza  ap-  | 
parenza  alcuna  di  poterne  uscire  (1).  ' 

Con  queste  ultime  parole,  il  Coiisalvi  dava  un  cenno  delle 
traversie  che  provenivano  alla  S.  Sede  per  una  parte  dalle 
tarlate  monarchie  cattoliche,  e  per  V  altra  dalP  opera  della 
rivoluzione,  rovinatrice  profonda  e  sorda  della  Chiesa  catto- 
lica per  mezzo  del  Bonaparte,  che  ne  era  allora  dissimulata- 
mente il  braccio  e  il  genio  latente.  Infatti  la  Spagna  mandava 
le  ultime  fiammate  di  energia  col  pretendere  dal  Papa  la  suc- 
cessione al  governo  di  tutti  i  benefizi!  ecclesiastici,  e  la  se- 
parazione da  Roma  degli  ordini  regolari,  ossia  la  costoro 
distruzione.  Napoli  continuava  nelle  antiche  pretese,  negate 
per  lo  spazio  di  cinquanta  anni,  dal  Tanucci  a  Giovanni  Acton, 
di  far  approvare  di  diritto  le  rapine  ecclesiastiche  che  quel 
governo  si  godeva  di  fatto.  DelP  altra  Italia^  Piemonte,  Gè- 1^ 

nova,  Toscana,  Parma,  Modena,  Piacenza  non  è  a  dire  nulla,  / 

/ 
stando  per  seguire  le  tracce  della  repubblica  italiana  imprima^ 


(1)  Archiv.  Vatic,   Cifre  a'  Nunzii,  Principi^  276. 


158  CAPITOLO   QUINTO 


6  poscia  per  essere  ingoiate  dalla  Eepubblica  madre,  divenuta 
impero. 

Della  Germania  cattolica  era  appunto  in  questo  tempo 
sgomentata  sopramaniera  la  Sede  Apostolica  di  Roma.  Gli 
elettori  f'enani  delF  antico  Palatinato  già  stavano  compiendo 
l'opera  della  secolarizzazione  de'beni  ecclesiastici.  LL4ustria, 
<  ossia  V  impero  che  si  andava  morendo,  spargeva  piìi  che  mai  e 
sosteneva  le  dottrine  giuseppine,  e  stava  per  pubblicare  nella 
stessa  Venezia  il  codice  delle  leggi  di  Giuseppe  II! 

Solo  a  contrastare  alla  cospirazione  di  tanti  potenti  si  può 
dire  essere  stato  Pio  VII.  Lo  sforzo  del    Consalvi,  come   si 
manifesta  dalla   sua  corrispondenza  di  questi  anni,  ha  a  di- 
j  rittura    delP  incredibile  :    lettere,  avvisi,    preghiere,  minacce, 
,  consulte,  tutto  quanto  la  ragione  e  il  diritto    potevano   sug- 
gerire fu  adoperato  per  fare  aprire  gli  occhi  alla  Spagna,  al- 
j  Fltalia,  alP Austria,  alla  Baviera,  agli  altri  Stati  elettorali.  Ma 
^       ogni  cosa  fu  opera  perduta  :  la  rivoluzione,  ossia  Femancipa- 
zioue  dalla  Chiesa  e  dal  cristianesimo,  che  per  nuova  evolu- 
zione incarnavasi  nel  Bonaparte,  occupava  le  menti  di  tutte 
le  corti  cattoliche,  e  per  parecchio  tempo  le  abbarbagliò.  Ma 
la  tempesta  stava  per  iscatenarsi  su  i  capi  di  tutti! 

Eppure  è  mestieri  confessare,  che,  per  quanto  ho  potuto 
scorgere  dalle  lettere  e  dalle  azioni  di  questi  quattro  primi 
anni  del  secolo  XIX,  la  corte  romana,  non  escluso  Pargutissimo 
Consalvi,  non  intese  il  gioco  del  Bonaparte  per  il  tempo  di 
tutto  il  consolato  e  per  il  primo  anno  delF  impero  napoleonico. 
Credette  sì  veramente  e  da  senno,  che  il  Bonaparte  procedesse 
verso  Roma  con  rispetto  e  con  affezione.  E  sentiremo  non  già 
il  card.  Caprara,  ma  lo  stesso  Consalvi  a  dire  e  a  ripetere,  che 
il  solo  uomo  che  volesse  il  bene  della  religione  tra  i  cinque- 
cento e  più  legislatori  della  repubblica  italiana,  era  il  Primo 
Console.  Per  verità  questi  vinse  tutti  siccome  in  potenza  così 
in  iscaltrezza;  ma  in  fatto  di  tenerezza  per  la  religione  non 
e'  era  tra  le  due  parti  altra  differenza  se  non  quella  che  passa 
tra  il  chiaro  e  F  oscuro. 


PRIME   TRATTATIVE   E   PRIMI    DISEGNI   DI   CONCORDATO        159 


lY. 


Tornando  alle  trattative  di- concordato,  aperte  per  una  parte 
e  respinte  dalP  altra  come  si  è  visto,  il  Primo  Console  alle 
prime  aperture  fatte  per  suo  ordine  si  aspettava  una  negativa 
dalla  parte  di  Eoma.  Ed  una  tal  negativa  egli  se  Pebbe  dallo 
stesso  Pio  VII  a  parole  chiarissime.  Infatti,  rispondendo  alla 
lettera  scrittagli  dal  Primo  Console  a'4  di  agosto,  il  S.  Padre 
così  gli  parlava  intorno  al  Concordato  propostogli:  «  ...  Un 
Concordato  della  natura  di  quello,  di  cui  sono  state  proposte 
le  basi  da  Parigi,  darebbe  ai  fedeli  della  Eepubblica  Italiana 
una  scossa  terribile  e  dolorosa,  e  spargerebbe  in  quella  con-, 
tràda,  che  ha  sì  gran  bisogno  di  riposo  e  di  calma,  una  fer- 
mentazione religiosa  deplorabile.  E  Noi  possiamo  assicurarvi 
che  il  Papa,  che  nella  qualità  di  Sommo  Pontefice  e  di  Pri- 
mate d'Italia  firmasse  un  tale  Concordato,  perderebbe  V  opi- 
nione e  la  fiducia,  e  si  gitterebbe  ancora  in  un  abisso  di 
amarezze  e  di  imbarazzi,  giacché  gli  sarebbe  impossibile  di 
ricusarsi  a  fare  la  stessa  cosa  con  tutte  le  altre  Potenze  Cat- 
toliche (1).  » 

Capì  ilBonaparte.  E  quindi  badò  a  due  cose:  in  prima  a  far 
credere  a  Roma,  ch'egli  era  il  protettore  della  religione  contro 
i  consultori  di  Milano  che  Posteggiavano;  ed  in  secondo  luogo 
a  rilevare  i  vantaggi  di  un  concordato  per  la  religione  me- 
desima (2).  Di  questa  maniera,  era  impossibile  che  Roma  non 
venisse  a  capitolazione. 


(1)  Pio  VII  al  Primo  Console,  28  settembre  1802.  La  lettera  intiera 
lunghissima  è  riferita  dal  Theiner,  (II,  252;. 

(2)  A'  14  agosto,  cosi  il  Consalvi  informava  i  Nuuzii  :  «...  Oltre  l'in- 
teresse particolare  clie  prende  a  ciò  il  Primo  Console,  si  dà  la  combi- 
nazione che  egli  sostiene  una  vivissima  guerra  da  Milano  per  tal  progetto 
di  Concordato,  come  vantaggiosissimo  (dicono  essi)  alla  S.  Sede  ;  onde  al 
Primo  Console  riuscirà  più  sensibile,  che  qui  siasi  ricusato.  Questo  affare 
si  prevede  poter  riuscire  molto  doloroso  (Archiv.  e  1.  ce).  » 


160  CAPITOLO   QUINTO 


A 


«  Il  Signore  Iddio,  scriveva  il  Consalvi,  ha  fatto  che  il  no 
detto  di  qui,  non  ha  prodotto  urto,  benché  abbia  fatto  gran 
dispiacere.  Il  Primo  Console  ha  detto,  che  egli  rimetteva 
questo  affare  al  card.  Legato  per  trattarne  col  ministro  ita- 
lico (1)  :  che  se  riusciva  di  conciliar  le  cose,  egli  avrebbe  conti- 
nuato ad  essere  il  protettore  di  Roma,  anche  per  gli  affari  di 
religione  nella  Repubblica  Italiana;  ina  che  se  non  riusciva,  il 
Papa  si  avvedrebbe  fra  un  anno,  che  gli  affari  della  religione 
ritornerebbero  in  Italia  in  assai  men  buona  condizione  che  in 
Francia  (2).  » 

Lo  stesso  Primo  Console,  a'  4  di  agosto,  aveva  scritto  a 
Pio  VII:  «  ...  Il  me  parait  convenable,  pour  Pintérét  de  la 
religion,  qua  Votre  Sainteté  donne  au  cardinal-légat  les  pou- 
voirs  nécessaires  pour  conclure  et  signer.  J'ai  pris  en  consi- 
dération  les  observations  du  cardinal,  et  je  lui  ai  fait  remettre 
un  projet  très  avantageux  au  Saint-Siége^  mais  sur  lequel  on 
fait  beaucoup  d^  objections  à  Milan  ;  il  me  parait  donc  impor- 
tant  definir  promptement  (Correspondance,  VII,  6231).  » 

A  sollecitare  e  stimolare  meglio  la  faccenda,  il  Primo  Con- 
sole oltre  il  Marescalchi  mise  attorno  al  card.  Legato  lo  stesso 
Bernier,  che  aveva  avuta  tanta  parte  nella  stipulazione  del 
Concordato  Francese.  Questi  si  adoperò  con  la  solita  facondia  a 
voce  presso  il  Caprara,  e  con  lettere  (3)  e  memorie  al  card.  Con- 


(1)  Conte  Ferdinando  Marescalchi,  bolognese  ;  il  quale  nell'armistizio 
di  Bologna  (1796)  servì  male  il  suo  sovrano  Pio  VI  ;  e  passò  al  servizio 
de'  francesi.  Ora  era  ministro  degli  esteri  della  repubblica  italiana,  e 
dimorava  in  Parigi  presse/  Bonaparte.  Il  Theiner,  nonostante  meriti  sto- 
rici cosiffatti,  non  si  perita  di  denominar  Marescalchi  «  honmie  généreux, 
dévoué  à  l'Église  (II,   43)!  » 

(2)  Cifra  a'  Nunzii,  11  settembre  1802  (Archiv.  e  1.  ce). 

(3)  Come  saggio,  valga  il  seguente  brano  della  lettera  de'  24  set- 
tembre 1802  :  «...  Les  événements  pressent,  tonte  deliberati  on  prolongée 

•devient  nuisible.  On  se  lasse  ici,  on  s'impatiente  des  refus  et  des  retards. 
L'anarchie  religieuse  s'accroit  de  jour  en  jour  dans  le  République  Ita- 
jlienne.  Bientót  ce  pays  n' aura  plus  rien  à  vous  reprocher.  Le  torrent 
[dévastateur  se  grossit  à  vue  d'oeil.  Encore  quelques  jours  et  personne 


PRIME   TRATTATIVE    E    PRIMI    DISEGNI    DI    CONCORDATO        16 1 


salvi,  mettendo  in  campo  i  soliti  motivi  della  volontà  del  Primo 
Console,  de' grandi  danni  provenienti  dal  resistere  a  quella 
onnipotenza,  e  deWantaggi  di  un  concordato  rimediatore  e 
preservatore.  E  soggiungeva,  che  il  mezzo  migliore  per  Pas- 
secuzione  di  cotali  vantaggi,  era  quello  di  un  concordato,  e 
da  usarsi  di  preferenza  alla  via  di  brevi  o  rescritti  pontificii  (1),. 
che  già  il  Primo  Console  aveva  fìnto  di  accettare  (2). 


ne  pourra  calcnler  jusqu'oh  les  ravages  s'étendront.  Le  Coiicordat  est  la 
seule  digiie. , .  »  Della  lettera  intiera  si  conservano,  con  l'originale,  varie 
copie  a  mano  e  stampate,  come  anche  delle  memorie  inviate,  ne' volumi  XIX 
e  XX  delPArchiv.   Vatic,  Italia  Appendice  Epoca  Napoleonica. 

(1)  Con  la  lettera  de'  24  settembre  inviava  una  lunga  memoria,  di 
cui  ecco  il  titolo  ed  il  principio  : 

«  Mémoire  sur  le  projet  de  Concordat  entre  Sa  Sainteté  et  la  Répu- 
blique  italienne. 

«  Le  projet  de  Concordat,  que  1'  on  adresse  à  Sa  Sainteté,  pour  la 
République  Italienne,  doit,  sous  tous  les  rapports,  mériter  son  appro- 
bation.  Il  ne  renferme  aucun  iirincipe  que  l' Egiise  ne  puisse  recon- 
naitre,  il  sauve  du  naufrage  commun  une  x>artie  considérable  des  biens 
ecclésiastiques,  il  assure  les  revenus  des  évèques,  ceux  des  curés,  des 
cbapitres,  des  seminaires  et  autres  établissements  ;  il  garantit  leur  exi- 
stence,  lenrs  droits  et  leur  durée;  il  les  arracbe  à  1' incertitude  crucile 
qui  les  agite;  il  leur  adoucit  le  présent,  et  leur  offre  pour  1' avenir 
une  prospective  plus  attrayante.  En  un  mot,  il  redonne  à  la  religion 
dans  la  République  Italienne,  ce  crédit,  cette  intìuence,  ce  caractère  de 
respect  et  de  vénération,  dont  elle  a  besoin  pour  le  salut  et  le  bonheur 
des  peuples. 

«En  vain  dira-t-on  qu'il  n'y  apaspour  la  République  Italienne  les  mé- 
mes  raisons  pour  établir  un  Concordat,  que  pour  la  République  Frangaise  ; 
que  la  religion  existe  encore  dans  la  première,  tandis  qu'elle  etait  mé- 
connue  dans  la  seconde.  Cette  raison  ne  peut  ètre  alléguée.  Elle  sup- 
poserait  que  l'on  acquiert  des  droits  aux  bienfaits  i)ar  1'  excès  du  mal,  -, 
et  que  Sa  Sainteté  ne  doit  accorder  tout  qu'à  ceux  qui  ont  tout  méconnu. 
Un  pareil  motif  porterait  au  mal  un  gouvernement  irreligieux,  loin  de 
l'en  détourner;  il  pourrait  dire  avec  une  apparence  de  vérité  :  detruisons 
la  religion,  puisque  nous  n'obtiendrons  l'accomplissemeut  de  nos  voeux.  V 
que  quand  il  sera  vrai  de  dire  qu'elle  n'existe  plus. . .  (Ibid.)-  » 

La  via  de'  brevi  la  dice  malsicura,  perchè  per  quella  via  non  contrae 
obbligazione  se  non  la  sola  S.   Sede. 

(2)  Rispondendo  alla  lettera  del  Papa  de'  28  settembre,  il  Primo  Con- 
sole   gii  riscriveva:  «Le  bien  de    la   religion    me    fait    paraìtre    instant 

EmiERi.  —  La  Diplomazia  Pontifìcia  nel  secolo  XIX.  —  Voi.  II.  11 


162  CAPITOLO   QUINTO 


Da  lettere  del  card.  Oaprara  e  da  quelle  del  vescovo  di 
Orléans  si  conobbe  in  Roma,  che  il  concordato  volevasi  dal 
Primo  Console  assolutamente;  anzi  se  ne  era  inviato  da  Parigi 
un  secondo  diseguo,  non  però  accettabile  in  nessuna  ma- 
niera (1).  Perciò  trovossi  il  S.  Padre  in  un  momento  di  grande 
incertezza.  «  La  situazione  delle  cose,  scriveva  il  Oonsalvi,  re- 
lativamente alla  religione,  è  assolutamente  da  far  spavento.  E 
^  chi  è  dentro  agli  affari  e  vede  il  fondo,  ha  di  che  sentirsi  tra- 
figgere fino  ad  divisionem  animae  et  spiritus.  È  terribile  la  po- 
sizione del  Santo  Padre,  se  accorda  e  se  non  accorda  le  ri- 
chieste. Si  assicuri  che  sono  due  cimenti,  dei  quali  non  si 
vede  il  fondo;  e  di  essi  è  forse  piti  profondo  quello  del  non 
accordare,  secondo  che  dimostrano  gli  indizii  che  di  fuori  si 
ricevono. 

«  Veramente  la  tempesta  non  è  stata  mai  per  la  Chiesa  più 
burrascosa,  e  ci  è  un  bisogno  estremo  che  Iddio  ci  aiuti.  Io 
ne  ho  Panima  trafitta  alPeccesso,  e  quasi  ho  perduto  tutto  il 
coraggio  (2).  » 

Visto  dunque  il  partito  fermato  dal  Primo  Console  di  voler 
a  ogni  costo  un  concordato  tra  la  nuova  repubblica  italica 
e  la  Santa  Sede;  e  non  avendo  giudicato  accettabili  un  primo 
schema  ne  un  secondo  trasmessi  da  Parigi,  il  card.  Secretarlo 
di  Stato  indisse  una  congregazione  de' 12  cardinali  deputati 


qu'  on  iìxe  l'organisation  religieuse  de  la  République  italienne,  soit  par 
un  concordat,  soit  par  des  drefs  {Correspondance,  Vili,  u.  6371).  »  Che 
queste  ultime  x>arole  fossero  una  finzione^  si  scorge  dalle  istanze  del 
Bernier  presso  il  Consalvi,  e  sopratutto  dalle  sollecitudini  furiose,  fatte 
da  lui  stesso  a  voce  presso  il  card.  Caprara,  come  vedremo  j>iù  innanzi. 

(1)  «  Da  Parigi  ci  si  fa  sapere,  che  si  vuole  onninamente  un  Con- 
cordato con  la  Eepubblica  Italiana^  ciò  che  N.  S.  voleva  onninamente 
evitare.  E  si  vuole  in  sostanza  quel  Concordato  che  ci  fu  inviato,  mentre 
sebbene  ora  ci  sia  trasmesso  un  altro  foglio  che  si  chiama  emendato,  in 
sostanza  però  le  variazioni  sono  di  poco  momento,  e  non  toccano  i  prin- 
cipali punti  (Consalvi  in  Cifra  a^  Nanzii,  16  ottobre  1852,  Archiv.  e  1.  ce).  » 

(2)  Cifra  a'  Niinzii,  23  ottobre  1802  (Ibid.). 


PRIME    TRATTATIVE    E    PRIMI   DISEGNI   DI    CONCORDATO        163 

a  ciò,  da  tenersi  per  il  16  di  novembre.  E  li  avvisava,  che: 
«  non  potendosi  ammettere  il  progetto   ne'  termini   qua  tra- 
smessi da  Parigi,  ha   creduto  la   Santità  di   Nostro   Signore 
espediente  di  ordinare  la  formazione  qui  di   un  nuovo   prò-  '-^^ 
getto  in  termini  convenienti...,  e  questo  venga  sottoposto  al-  - 
Pesame  della  congregazione.  » 

Terminato  il  lavoro  a'27  di  novembre,  il  S.  Padre  ne  an- 
nunziava le  decisioni  al  Primo  Console,  con  una  sua  del  primo 
decembre.  Nella  quale  avvisavalo  de'  poteri  conferiti  al  car- 
dinal Caprara,  per  abilitarlo  a  trattare  il  concordato  italiano; 
gli  diceva  essere  stato  spedito  al  detto  Cardinale  un  disegno 
di  convenzione  composto  a  Eoma,  i  cui  termini  non  potere 
essere  oltrepassati  dalla  Santa  Sede.  Ed  aggiungeva  queste 
parole  testuali,  che  quanto  furono  specchio  de' sentimenti  del- 
l'anima candida  di  Pio  Yll,  altrettanto  rimasero  dai  non  lon- 
tani avvenimenti  smentite. 

«  Ben  voi  conoscete,  scriveva  Pio  VII,  la  Nostra  maniera 
di  pensare.  Pieni  di  una  vera  e  costante  fiducia  in  Voi,  abban- 
doniamo nelle  vostre  mani  i  temporali  interessi  della  Sede  Apo- 
stolica, e  ci  prendiamo  cura  di  assicurare  quelli  spirituali  della 
Chiesa.  IN'oi  non  avremo  mai  a  pentirci  d^  aver  preso  con  voi  v 
questo  partito  (1).  » 

Il  Consalvi  da  parte  sua  informava  di  ogni  cosa  il  card.  Le- 
gato, e  lo  rendeva  avvisato  di  un  punto  preliminare,  ed  assai 
importante  in  questa  faccenda,  scrivendogli  (1  decembre  1802): 
«  ...  Non  può  il  Santo  Padre  fare  un  Concordato  con  la  Re- 
pubblica italiana,  finche  esistano  quelle  leggi,  contro  le  quali 
ha  reclamato  già  ne'fogli  precedenti,  e  che  sono  in  opposizione 
con  le  massime  della  religione  e  con  le  leggi  della  Chiesa. 

«  La  loro  abolizione  è  perciò  indispensabilmente  necessaria, 
almeno  contemporaneamente  al  Concordato.  » 

Non  essendo  poi  giudicati  accettabili  gli  articoli  del  1^  e  2° 


(1)  Tutta  la  lettera  trovasi  nel  Theiner,  (II,  261). 


164  CAPITOLO    QUINTO 


disegno  venuto  da  Parigi,  gli  s^invia  da  Roma  un  nuovo  schema 
in  21  articoli  con  un  proemio  (1).  E  soggiungeva  :  qualora 
«  questi  siano  accettati  nella  sostanza  e  ne^  termini,  il  Legato 
ha  facoltà  di  sottoscrivere.  »  Nel  caso  contrario,  deve  «  infor- 
mare la  Santità  Sua^  la  quale  in  sì  grave  materia  vorrebbe 
prendere  da  se  medesima  in  esame  i  cambiamenti  proposti.  » 


lY. 


Ora  il  corriere,  che  portava  a  Parigi  tutto  i]  corredo  del  la- 
voro romano,  s'incrociava  per  via  con  il  corriere,  che  appunto 
da  Parigi  spedito  dal  card.  Legato  arrecava  a  Roma  per  una 
parte  domande,  alle  quali  si  soddisfaceva  con  le  lettere  con- 
tenute nel  lavoro  romano,  e  per  P  altra  apportava  materia 
per  nuovi  tormenti  e  nuovi  tormentati.  In  breve,  il  Caprara 
annunziava:  1°  non  aver  egli  potuto  evitare  conferenze  col 
Bernier  e  col  Marescalchi  intorno  al  concordato  italico,  voluto 
con  ismania  dal  Primo  Console;  2^  dopo  aver  egli  dichiarato 
le  ragioni  venutegli  da  Roma,  e  quelli  le  ragioni  venute  da 
Milano,  essersi  dal  Primo  Console  pensato  a  temperare  i  de- 
creti milanesi  del  23  giugno  passato;  e  quindi  da' negoziatori 
essersi  composto  un  terzo  disegno  di  concordato,  che  si  spe- 
diva a  Roma,  chiedendo  al  Santo  Padre  facoltà  di  trattare  e 


(1)  Il  j)roemio  era  espresso  in  questi  termini  :  Il  governo  della  Bepuh- 
hlica  Italiana,  volendo  che  con  Vantorità  del  supremo  Capo  della  Chiesa  sia 
fissato  uno  stahile  regolamento  di  ciò,  che  spetta  alle  cose  ecclesiastiche,  abo- 
lite tutte  le  leggi,  decreti,  e  ordinazioni  emanate  finora  dalla  Bepuhhlica  sopra 
oggetti,  che  risguardano  la  Beligione  e  la  disciplina  ecclesiastica,  è  convenuto 
con  la  Santità  di  Pio  VII  ne'  seguenti  articoli.  (Archiv.  Yatic.,  Italia  Ap. 
'pendice, ..,  Yo\.  XX). 

Non  j)reme  di  tener  conto  degli  altri  articoli,  perchè  non  furono 
oggetto  di  grande  contrasto.  Il  punto  arduo  a  sux)erare  stava  in  questo 
proemio  ;  vedremo^  che  questo  in  un  terzo  disegno  francese  divenne  il 
secondo  articolo,  ed  in  un  quarto,  che  fu  il  definitivo,  occuj)ò  il  posto 
dell'  articolo  ventunesimo. 


PRIME   TRATTATIVE   E    PRIMI   DISEGNI   DI   CONCORDATO        165 


di  sottoscrivere  per  il  card.  Caprara.  Le  quali  cose  tutte,  in- 
sieme coli  i  documenti  annessi,  il  card.  Legato  spediva  ed 
annunziava  nella  lettera  seguente,  con  la  quale  si  chiusero  le 
trattative  delPanno  1802.  È  la  seguente: 

Caprara  a  Consalvi,  Parigi  25  novembre  1802. 

Con  mia  a  Colonna  dei  18  Agosto  (1),  spedita  per  corriere  stra- 
ordinario diretto  a  Napoli,  ragguagliai  V.  E.  di  ciò  clie  il  Primo 
Console  aveva  manifestato,  in  ordine  alla  nota  convenzione  colla 
Repubblica  Italiana. 

Le  riferii  pure  con  altra  dei  cinque  corrente  (2),  che  esso  Primo 
Console  mi  aveva  fatto  intendere,  che  circa  gli  articoli  della  me- 
desima convenzione,  dovevo  intendermela  prima  col  vescovo  di  Or- 
léans, e  quindi  venire  a  lingua  simultaneamente  con  Marescalchi. 

Tanto  l'uno  quanto  l'altro  cominciarono  ad  insistere  meco,  dicen- 
domi che  il  Primo  Console  voleva  assolutamente,  o  che  si  conchiu- 
desse, 0  che  io  dichiarassi  decisivamente  rotta  la  convenzione  da 
lui  proposta  (su  di  che,  come  le  accennai  colla  citata,  mi  parlò  il 
medesimo  durante  il  pranzo  in  tuono  deciso,  e  senza  darmi  campo  X 
d'interloquire).  Onde  io  mi  trovai  in  necessità  di  loro  manifestare, 
quali  erano  i  sentimenti  di  nostro  Signore,  in  ordine  a  simile  con- 
venzione; ed  anzi,  per  convincerli  delle  sode  ragioni,  che  la  Santa 
Sede  aveva  di  desiderare,  che  si  prescindesse  da  ogni  concordato, 
t)  che  si  procurasse  di  provedere  all'  occorrente  per  altre  vie,  ine- 
rendo alle  stesse  insinuazioni  di  V.  E.,  messi  sotto  i  loro  occhi  le 
carte  ostensibili  da  lei  trasmessemi,  incominciando  da  quelle  che 
io  ricevei  nel  passato  mese  di  marzo,  relative  alle  leggi  organiche 
fatte  in  Lione,  e  proseguendo  colle  consecutive,  sia  sul  progetto 
della  convenzione  stesa  dal  Primo  Console,  sia  sul  decreto  di  attri- 
buzioni al  ministro  per  il  Culto,  ultimamente  publicato  in  Milano. 

La  lettura  di  esse  carte,  per  parte  di  Monsignor  Bernier  produsse 
quei  tre  fogli  di  riflessioni,  che  io  spedii  a  V.  E.  colla  più  volte 
citata  dei  5  andante;  e  la  vista  di  esse  riflessioni  partorì  il  foglio 
di  Marescalchi,  che  pure  le  inviai  insieme  coi  tre  mentovati  fogli  (3). 


(1)  Non  si  è  trovata. 

(2)  Manca  del  j^ari. 

(3)  Di  questi  documenti  non  ho  rinvenuta  traccia,  se  si  eccettua  la 
memoria  del  Bernier,  di  cui  sopra  ho  dato  notizia. 


166  CAPITOLO   QUINTO 


Non  era  difficile,  come  V.  E.  avrà  rilevato,  di  combattere  i  ra- 
gionamenti contenuti  nei  quattro  fogli  nominati.  Difficile  fa  però  di 
declinare  dal  venire  a  lingua  sugli  articoli  del  Concordato,  perchè  il 
Primo  Console  cosi  voleva;  ed  ogni  volta  che  vedeva  o  Mons.  Bernier^ 
0  Marescalchi,  dimandava  se  il  Concordato  fosse  stato  conchiuso. 

Posto  dunque  in  un  bivio  indeclinabile,  o  di  ricusare  ogni  trat- 
tativa (cosa  che  per  tutti  i  riflessi  non  conveniva),  o  d'intrapren- 
derla per  riferire  tutto  a  nostro  Signore,  ed  attenderne  la  sua  de- 
cisione, dichiarai,  che  se  così  il  Primo  Console  voleva,  io  mi  sarei 
prestato  ad  un  congresso  da  tenersi  ;  ma  premessi,  che  le  due  lettere 
ultimamente  scritte  da  Nostro  Signore  al  Primo  Console  (1),  e  le 
carte,  che  loro  avevo  comunicate,  chiaramente  davano  a  conoscere, 
che  era  assolutamente  impossibile  di  potersi  combinare  nella  nota 
convenzione  :  sia  per  la  preesistenza  delle  leggi  organiche  di  Lione, 
e  per  le  attribuzioni  al  ministro  per  il  Culto;  sia  per  la  natura,  ed 
espressioni  di  varj  articoli  del  proposto  Concordato. 

Si  venne  dunque  nelli  scorsi  giorni  a  congresso,  ed  io  nell'aper- 
tura del  medesimo  ripetei  le  stesse  cose  ;  ed  insistei,  che  prima  di 
procedere  all'esame  degli  articoli  della  convenzione,  si  esaminassero 
le  due  nominate  leggi  preesistenti,  ed  a  ciascuno  degli  articoli  delle 
medesime,  opposi  le  osservazioni,  che  V.  E.  mi  aveva  trasmesse  (2). 

Per  dire  tutto  in  poco,  non  mi  si  negò,  che,  rispetto  alle  attri- 
buzioni per  il  ministro  del  culto  in  Milano,  si  era  sommamente  ec- 
ceduto: ma  nel  tempo  stesso  mi  si  fece  sentire,  essere  un  diman- 
dare r  impossibile,  che  il  decreto  fosse  rivocato.  Tanto  più,  che  da 
Milano  si  è  rappresentato  qui,  die  le  attribuzioni,  date  al  ministro 
per  il  culto,  non  erano  cosa  nuova  ;  che  esistevano  fino  dal  tempo 
di  Maria  Teresa  ;  ed  anzi  hanno  qua  trasmesso  le  carte,  che  da  me 
stesso  sono  state  lette  (3). 


(1)  Del  7  marzo  e  del  28  settembre,  sopra  accennate,  e  riferite  in- 
tiere dal  Theiuer  (II,  249  segg.). 

(2)  Vedile  nel  Dociim.  XXII,  (Lettera  F). 

(3)  Quanto  qui  il  card.  Caprara  dice  di  cotali  attribuzioni,  trovasi 
stampato  in  un  opuscolo  anonimo,  clie  aveva  per  titolo:  Teofilo  a  Cal- 
listo. Milano  1802.  Anno  I.   Presso  Federico  Agnelli. 

Forse  l'autore  era  lo  stesso  ministro  de'  culti  della  Repubblica,  citta- 
dino Bovara,  che  per  20  anni  aveva  insegnato  diritto  canonico  nell'uni- 
versità di  Pavia.  Il  P.  Fontana,  che  poi  fu  cardinale,  presentava  al 
card.  Consalvi  (23  agosto  1803)  alcune  considerazioni  intorno  ai  contenuto 
di  quell'opuscolo,   clie  si  possono  ridurre  alle  seguenti  : 


PRIME   TRATTATIVE   E   PRIMI    DISEGNI   DI   CONCORDATO        167 

Altrettanto  fammi  detto,  in  ordine  alle  leggi  organiche  di  Lione. 
Ma  finalmente  a  forza  di  disputare  da  una  parte  e  dall'altra,  fui 
assicurato,  che  sarebbesi  preso  un  temperamento,  che  ponesse  freno 
si  agli  attributi  del  ministro  per  il  culto,  si  alle  leggi  organiche 
di  Lione.  Il  temperamento  progettato,  e  quale,  secondo  le  promesse, 
sarà  posto  in  esecuzione,  se  avrà  luogo  il  Concordato.  V.  E.  lo  vede 
dai  due  qui  uniti  fogli  di  lettura  A  e  B  (1). 

Fatto  ciò,  si  procedette  all'esame  di  ciascuno  articolo  del  Concor- 
dato; ed  io  ad  ognuno  di  essi  opposi  quanto  da  V.  E.  mi  era  stato 
comandato,  e  che  tanto  Monsig.  Bernier,  quanto  Marescalchi  ave- 
vano sotto  gli  occhi  (2). 


Il  libretto  è  inteso  a  giustificare  gli  attributi,  arrogatisi  dal  governo 
repubblicano^  nel  governare  le  materie  ecclesiastiche,  secondo  i  regola- 
menti «  già  introdotti  nella  Lombardia  dal  cessato  governo  austriaco, 
in  esecuzione  di  certe  scerete  istruzioni,  date  dall'imperatrice  Maria  Te- 
resa a  quella  giunta  ecclesiastica.  »  Si  osserva  : 

1*^  Furono  introdotti  clandestinamente  negli  ultimi  anni  di  Maria 
Teresa,  ed  apertamente  e  con  clamore  da  Giuseppe  II.  Erano  una  in- 
frazione delle  convenzioni,  passate  già  fra  Benedetto  XIV  e  il  governo 
austriaco  della  Lombardia. 

2*^  Non  avevano  forza  Mlaterale.  Ciò  essere  tanto  vero,  clie  Giu- 
seppe II  invocò  ed  ottenne  un  modus  vivendi  con  Pio  VI  nel  1784. 

30  Quei  regolamenti  gittarono  lo  scompiglio  nel  i)opolo  e  nel  clero, 
i  quali  veneravano  gli  statuti  della  Chiesa  di  Milano,  composti  da  S.  Carlo 
Borromeo  secondo  lo  spirito  di  antichità  apostolica  e  le  leggi  del  con- 
cilio ecumenico  di  Trento.  Il  perchè,  il  governo  austriaco  introdusse  le 
innovazioni,  come  si  fa  di  una  merce  oberata  ;  Nelle  istruzioni  scerete  del- 
V Imperatrice  Maria  Teresa  per  la  Giunta  economale  di  Milano  dell'anno  1768, 
si  raccomandava  un  secreto  geloso,   ed  una  cauta  applicazione  ! 

4"  La  Chiesa  reclamò  contro  tali  innovazioni,  che  poi  esorbitarono 
con  Giuseppe  II.  E  gli  arcivescovi  Pozzobonelli,  e  Visconti  alzarono  Toce 
di  protesta,  ed  il  popolo  se  ne  sdegnò.  Protestò  il  Papa  VI,  ed  è  co- 
nosciuto lo  scambio  di  lettere  tra  il  Garampi,  nunzio  in  Vienna,  ed  il 
principe  di  Kannitz  su  tal  negozio. 

5*^  Pio  VI  le  condannò,  rinnovando  il  breve  dogmatico  Sn2)er  va- 
Uditate,  col  quale  si  sfolgoravano  le  massime  regaliste,  per  esenip.  quest.a  : 
Pontifices  nihil  posse  in  aliena  dioecesi,  praeterquam  extraordinario  casu.        ^ 

6^^  Confrontando  poi  insomma  le  istruzioni  austriache  con  i  decreti 
melziani,  si  dimostra  essere  questi  informati  di  uno  sjiirito  anche  peggiore 
dei  primi.  —  Cf.  Rinieri,  Della  rovina  di  una  monarchia. . .,  p.  63,  65,  528» 

(1)  Ved.  Documenti,  XXIII,  XXIV. 

(2)  Queste  osservazioni  si  trovano  nel  Docnm.  XXII. 


168  CAPITOLO   QUINTO 


Sarebbe  troppo  lungo  il  riferire  a  V.  E.  quel  che  hinc  inde  fu 
■detto,  e  segnatamente  per  parte  mia,  sulla  mutazione  di  ciò,  che  ri- 
guarda il  quadro  dei  Vescovati,  citato  nell'articolo  di  progetto  del 
■Concordato,  che  io  trasmessi  a  V.  E. 

Esso  articolo,  com'ella  osserverà  dal  foglio  di  lettera  C  (1)  (che 
contiene  il  nuovo  Progetto  del  Concordato)  è  onninamente  cambiato  ; 
ed  io  perciò  mi  limitai  a  dire,  che  essendo  questo  un  oggetto  to- 
talmente nuovo,  né  dovevo,  né  potevo  interloquirci.  Vidi  ocular- 
mente le  carte  della  Consulta  di  Milano,  fatte  presentare  al  Primo 
Console  col  progetto  di  sopprimere  dieci  Vescovati,  con  un  ammasso 
di  motivi  per  persuadere  della  convenienza  e  necessità  di  devenire 
alla  soppressione,  con  altrettanti  per  mostrare,  che  ciò  poteva  farsi 
indipendentemente  dall'autorità  ecclesiastica,  e  con  infiniti  altri  ri- 
trovati, che  fanno  pena  (2). 

Non  ostante  le  indicate  mie  dichiarazioni  ed  altre  simili,  ambidue 
i  nominati  e  destinati  a  trattare  continuarono  a  sostenere  l'imma- 
ginata novità.  E  non  sapendo  darmi  torto,  si  limitarono  a  dirmi  che 
il  Primo  Console,  il  quale  contro  il  sentimento  di  tutti  i  compo- 
nenti il  Governo  di  Milano,  voleva  il  Concordato,  potesse  sperarsi, 
che  invece  della  soppressione  di  dieci  Vescovati,  si  contentasse  di 
cinque;  e  quindi  senza  che  io  annuissi,  o  negassi,  perchè  dissi  sem- 
pre: «  giacché  cosi  si  vuole,  io  riferirò  tutto  alla  Santità  di  Nostro 
Signore  » ,  fu  esteso  V  articolo  II  nei  termini,  che  V.  E.  vedrà. 

Varie  altre  variazioni  ed  aggiunte  furono  fatte,  come  avrà  luogo 
di  rilevare  dal  foglio  citato  di  lettera  C  (3)  ;  cui  unisco  anche  altro 
foglio  di  lettera  D  che  sono  le  osservazioni,  state  fatte  da  Mon- 
signor Bernier  coli' idea  di  persuadere,  che  gli  articoli  del  Concor- 
dato non  debbono  ammettere  difficoltà  per  parte  della  S.  Sede. 

E  inutile,  che  io  dica  a  V.  E.  quanto  mi  studiassi  per  persua- 
derli ad  indurre  il  Primo  Console  a  contentarsi  di  qualunque  altro 
espediente  e  via,  fuori  di  quella  del  Concordato.  Ma  essi  sempre 
mi  ripeterono  :  «  Il  Primo  Console  lo  vuole,  e  questo  è  l' unico  mezzo 
«  per  comporre  gli  affari  di  Religione  ed  ecclesiastici  nella  Repub- 
«  blica  Italiana;  dove,  in  caso  diverso,  si  vedrà  succedere  cose  molto 
«  peggiori  di  quelle  accadute  in  Francia.  » 


(1)  Docum.  XXV. 

(2)  Cotali  motivi  certamente  uou  poterono  essere  legittimati  con 
l'autorità  di  Maria  Teresa,  né  di  Giuseppe  II  ;  ma  con  quella  sola  dei 
consultori  della  Consulta  milanese,  e  del  loro  vice-presidente  Melzi. 

(3)  Vedilo  nel  Docum.  XXV. 


PRIME   TRATTATIVE   E   PRIMI   DISEGNI   DI   CONCORDATO        169 

Nostro  Signore  nella  sua  saviezza  peserà  questo  nuovo  progetto 
e  deciderà.  Io  per  me,  non  posso  non  confessare,  che  in  seguito  delle 
cognizioni,  che  ho  su  tutto  questo  intero  affare,  vedo  indispensabile 
di  venire  ad  un  Concordato  colla  Repubblica  Italiana  ;  e  che  il  non 
farlo,  produrrà  certamente  degli  effetti  i  più  funesti,  sotto  qualunque 
aspetto  voglia  o  possa  prendersi  la  cosa.  Il  Governo  di  Milano  non 

10  vorrebbe;  e  non  lo  vorrebbe  appunto,  per  avere  le  mani  libere. 

11  Primo  Console,  all'  opposto,  non  ascolta  ragioni  in  contrario,  per 
parte  di  chi  si  è  studiato  di  farlo  declinare  da  tale  idea.  Le  conse- 
guenze dunque,  che  ne  possono  risultare,  non  sfuggono  certamente 
né  alla  saviezza  di  Nostro  Signore,  né  alla  penetrazione  di  V.  E. 

Qualora  pertanto,  come  desidero,  per  il  bene  della  pace,  della 
religione,  e  della  Chiesa,  nella  Repubblica  Italiana,  Nostro  Signore 
<ìondiscenda  al  Concordato,  degnisi  V.  E.  farmi  munire  di  quelle 
facoltà,  che  giudicherà  opportune  per  la  segnatura  e  conclusione 
del  medesimo  :  cosa,  di  cui  sinceramente  il  Primo  Console  é  in  vera 
smania... 

Ho  veduto  e  pesato  nel  suo  intiero,  quanto  Ella  mi  accenna 
sopra  i  sentimenti  che  manifesta  il...  (sic).  Ne  sono  afflitto,  e  se  il 
Primo  Console  per  un  effetto  di  mal' umore  ci  lascia  colà  in  balia 
della  volontà  di  quelli,  succederanno  contro  la  religione  cose  lacri- 
mevoli (1). 


(1)  Archiv.  Yatic,  Nunziatura  di  Francia,  voi.  589;  Italia  Appen- 
dice. . .,  voi.  XIX,  XX.  Probabilmente  si  accenna,  con  queste  ultime  pa- 
role del  Caprara,  a  quanto  l' arcivescovo  di  Eavenna,  Mgr  Codronchi, 
disse  al  Severoli,  e  questi  riferì  al  Consalvi  intorno  i  sentimenti  del 
vice-presidente  Melzi.  Vedi  il  capitolo  sul  Congresso  di  Lione. 


CAPITOLO  SESTO 


La  conclusione  delle  trattative  per  il  Concordato 
tra  la  S.  Sede  e  la  Repubblica  italiana 


SOMMARIO  : 

I.  Contestazioni  tra  il  card.  Legato  e  il   Marescalchi  :  convengono  in 

nn  quarto  disegno  di  concordato,  che  è  spedito  a  Roma  siccome 
un  nltimatum. 

II.  Esaminato  iu  Roma   questo    quarto    disegno,  se  ne    esigono    alcune 

modificazioni.  E  si  compone  un  secondo  schema  romano,  che  si 
spedisce  al  Caprara  con  istruzioni  speciali. 

III.  Congresso    tenuto    da'  negoziatori    a'  29    di    agosto    1803,    e    nuovo 

schema  in  cui  convengono.  Il  Primo  Console  sconfessa  l'operato 
del  suo  negoziatore  ;  ed  egli  stesso  detta  il  tenore  di  due  articoli 
più  controversi  :  imbarazzo  del  card.   Caprara. 

IV.  Composto  un  quinto  disegno  di  convenzione,  è  sottoscritto  da'  nego- 

ziatori a'  16  di  settembre  1803. 

V.  Esame  fattone  in  Roma  dalla  congregazione  de'  Cardinali. 

VI.  Scambio  delle  ratificazioni  a'  16  di  novembre,  e  2  di  decembre  1803. 


I. 


Col  nuovo  anno  1803,  o  die  le  grandi  occupazioni  del 
Primo  Console  lo  trattenessero,  o  perchè  carteggiasse  con  il 
vicepresidente  della  Consulta  milanese  per  brighe  e  contesta- 
zioni sorte  in  Milano  tra  alcuni  consultori  e  il  Murat  (1),  o 


(1)  Voglio  dire  della  pretesa  congiura  di  Giulio  Ceroni,  democratico 
veronese,  poeta  discepolo  del  Cesarotti-  Il  quale  verso  la  fine  del  1805 
compose  alcuni  versi  sciolti,  col  titolo  :  AlV amico  suo  Cicognara.  In  quella 
poesia  egli  declamava  poeticamente  contro  la  serva  Italia  !  Murat  esagerò 
la  cosa  ;  ne  scrisse  al  Bonaparte,  questi  andò  in  furia.  Nel  marzo-aprile  1803, 
il  Cicognara,  e  il  Teulié,  che  in  lettere  private  avevano  lodato  i  versi  e 
il  Ceroni  autore,  furono  condannati  all'esilio!  Ved.  Cusani,  VI,  109  segg.; 
Cantù,  Cronistoria^  I,  263  segg.  ;  Botta,  Storia  d'Italia  (ediz.  cit.),  p.  453; 
Archivio  Veneto,  I,  259  ,*  Malamani,  Memorie  del  conte  Leopoldo  Cicognara .- 


CONCLUSIONE   DELLE   TRATTATIVE   PER   IL   CONCORDATO        171 

per  checclie  altro  si  fosse^  sul  concordato  italico  non  ci  fu- 
rono novità,  salvo  le  solite  conferenze  tra  il  Caprara  e  il 
Marescalchi,  le  quali  approdarono  a  poco. 

Tuttavia  a^22  di  gennaio  il  card.  Consalvi  scrivendone  con- 
fidenzialmente al  Severoli,  nunzio  in  Vienna,  gli  ritesseva  «  i 
dolorosi  riscontri,  clie  si  hanno  da  Parigi  del  niente  buon  esito 
deirimmenso  travaglio,  qui  fatto  e  colà  trasmesso,  sopra  i  due 
affari  dei  vescovadi  del  Piemonte  (1),  e  del  Concordato  ita- 


questo  autore  tra  coloro  che  brigarono  in  quel  losco  affare  comprende 
«  il  general  Lecchi,  birbone  matricolato,  uno  de'  capisaldi  dell'  anarchia 
in  Italia  (I,  233)  »;  Zanol:^^!,  Antonio  Aldini  e  i  suoi  'temjJÌ,  I,  325  ;  Cor- 
respondance  de  Napoléon  I,  Vili,  n.  6622.  Questa  lettera  al  Melzi,  tutta 
intorno  alla  faccenda  Ceroni^  è  citata  dal  Theiner  come  riferentesi  al 
concordato  (II,   40)  ! 

(1)  L'affare  della  contestazione  jjer  i  vescovadi  e  beni  ecclesiastici 
del  Piemonte,  è  così  narrata  dal  Consalvi  nella  sua  cifra  a'Nunzii,  19  feb- 
braio 1803  (quando  scriveva  la  lettera  citata,  si  era  nel  forte  delle  trat- 
tatile) : 

«  Un  corriere  straordinario  ha  recato  le  risposte  di  Parigi  le  più 
ferme  e  decisive  sull'affare  della  riduzione  de'  vescovadi  del  Piemonte. 
Ella  sa,  che  in  principio  il  Primo  Console  da  17  voleva  ridurli  a  4.  A 
forza  di  resistenze  fatte  da  qui,  si  indusse  a  conservarne  non  4  ma  6. 
Ora  per  effetto  delle  nuove  resistenze  del  S.  Padre,  si  è  indotto  a  ri- 
durlj  a  8  :  ma  non  è  più  sperabile  di  farlo  avanzare  di  una  linea.  Se  sì 
cede,  ci  possiamo  consolare  di  aver  guadagnato  4  sul  numero,  che  egli 
aveva  stabilito  in  principio. 

«Oltre  tutte  le  ragioni,  che  egli  adduce  non  meno  politiche  e  di  Stato,^ 
che  toccanti  anche  il  regime  ecclesiastico,  pretendendo  secondo  i  prin- 
cipii  consueti,  che  ciò  non  toccando  il  dogma  e  non  essendo  nemmeno 
soppressioni,  ma  unioni,  ci  ha  tutta  la  parte  anche  l'autorità  del  sovran<v 
del  luogo  (avendo  su  di  ciò  trasmessa  una  memoria  gagliardissima). 

«  Finisce  in  sostanza  con  questo  dilemma  :  «  o  il  Papa  accetta  tal  ri- 
«  duzione,  ed  io  non  faccio  pubblicare  in  Piemonte  le  leggi  organiche,  e 
«  così  resteranno  alla  Chiesa  tutti  i  beni  fondi  dei  vescovadi,  capitoli, 
«  fabbriche,  seminari  ;  o  il  Papa  non  l'accorda,  ed  io  le  faccio  pubblicare 
«  subito,  e  così  le  chiese  del  Piemonte  saranno  ridotte  al  salario,  come 
«  tutte  le  altre  della  Francia.  » 

«  Il  Papa  può  dunque  ora  riguardar  l' affare  sotto  il  punto  di 
vista:  se  per  allontanare  il  gravissimo  danno  che  risulta  dal  ridurre  ai 
salariati  la  chiesa  e  i  suoi  ministri,  gli  convenga  di  compiacere  il  go- 


172  CAPITOLO   SESTO 


liane.  La  resistenza  di  Nostro  Signore  urta  sommamente  il 
Primo  Console,  non  avvezzo  a  contradizioni  de' più  potenti 
principi  di  Europa,  che  tutti  piegano.  I  principii,  coi  quali  si 
-cammina,  sono  troppo  diversi  nelle  due  parti  contendenti;  e  in 
tal  caso  Ella  ben  capisce,  che  non  vi  è  argomento  che  convinca. 
«  Si  fa  sentire  di  là,  che  si  procederà  da  se  a  cose  fortissime 
su  tali  oggetti,  e  dalle  quali  ridonderà  alla  religione  immenso 
■danno.  La  disposizione  è,  che  fatalmente  è  vero  che  colà  fra 
i  potenti  uno  solo  è  quello  che  vuole  la  religione,  benché 
disgraziatamente  la  voglia  a  suo  modo,,  ma  pur  la  vuole,  ed 
è  il  Primo  Console:  di  tutti  gli  altri  pur  troppo  colà  ninno 
la  vuole.  Ed  Ella  imagini  se  profittano  del  di  lui  maPumore 
per  inasprirlo.  Il  card.  Legato  scrive  lettere  di  sangue,  per  ot- 
tenere di  andare  al  suo  vescovado  ;  e  dice,  che  non  può  reg- 
gere più  a  battersi  ogni  giorno  e  in  tal  sorta  di  conflitto, 
€he  Ella  può  experto  credere  essere  superiore  ad  ogni  imma- 
ginazione. So,  che  colà  si  è  malissimo  contenti  di  tutti  noi. 


verno  francese,  diminuendo  il  numero  dei  vescovadi  del  Piemonte,  dove 
a  vero  dire  ce  ne  sono  molti  di  recentissima  erezione,  e  più  piccolissimi, 
«ome  a  tutti  è  noto.  » 

A'  17  si  tenne  congresso  di  12  cardinali  in  casa  del  Consalvi  intorno 
a  questa  faccenda;  ed  a' 5  di  marzo  così  lo  stesso  Consalvi  ne  informava 
il  Nunzio  di  Vienna:  «  La  Congregazione  ha  deciso  di  aderire...  con  due 
condizioni.  Una  è,  che  ci  sia  la  volontaria  dimissione  de' vescovi  di  piti 
<lel  numero,  che  il  P.^pa  non  vuol  forzare,  anzi  nemmeno  ufficiare  ne  ri- 
cercare. L'altra,  che  ne'  vescovadi  che  si  conservano  si  concentrino  tutti 
i  beni  di  vescovadi  da  sopprimersi,  e  così  di  capitali,  fabbriche  e  semi- 
narli. La  difficoltà  consiste  nel  trovar  la  causa  da  esprimersi  nella  bolla. . . 

«  Creda  pure,  Mgr  mio,  che  per  queste  ed  altre  simili  cose  veramente 
«i  provano  i  veri  dolores  mortis,  e  gli  effetti  di  quelle  acque  che  intra- 
verunt  usque  ad  animam.  (Archiv.  Vatic,  1.  cit.).  » 

Le  condizioni  furono  poi  accettate  dal  Primo  Console.  Rifletta  però 
il  lettore,  che  tutte  le  cedevolezze  del  Primo  Console  di  questi  anni  in 
materia  ecclesiastica,  non  furono  se  non  precarie.  Nel  180.5,  già  impera- 
tore, egli  pretese  di  stendere  a  tutta  l'Italia  il  concordato  francese,  con 
le  leggi  organiche,  a  fine  di  pareggiare  tutti  i  paesi  conquistati  nelle 
condizioni  religiose  e  politiche  del  suo  grande  imiterò. . .  efimero. 


CONCLUSIONE   DELLE   TRATTATIVE    PER   IL   CONCORDATO       17.^ 

per  le  resistenze  continue  che  qui  si  fanno.  (Eppure  ci  sona 
quelli  che  credono,  che  alla  Francia  si  dica  sempre  di  sì,  non 
pensando  che  la  prudenza  esige,  che  dicendo  di  no  non  ne  fa- 
remmo niente;  e  ciò  che  ci  regge  è  la  sola  particolare  amore- 
volezza del  Primo  Qonsole  alla  persona  di  Nostro  Signore, 
per  cui  ha  tenerezza  e  stima  (1).  » 

Qui  è  da  notare  di  passata,  che  veramente  la  tenerezza  e  la 
stima  del  Primo  Console  verso  Pio  VII,  era  poca  in  parole 
e  ne'  fatti  eziandio  meno  poca.  Brevissimo  nelle  sue  lettere  al 
Papa,  il  Bouaparte  si  mostrava,  in  quel  tempo,  sì  veramente 
rispettoso,  ma  non  usava  mai  di  quelle  parole,  con  le  quali 
tutti  i  fedeli  cristiani  signiiìcauo  affetto,  o  almeno  riverenza,.  -; 
se  non  venerazione  per  P  augusto  Capo  della  cristianità.  In 
quanto  poi  ai  fatti,  la  generosità  del  Primo  Console  verso  il 
Papa  si  ridusse  al  regalo  di  un  rocchetto  di  seta  inviato  dalla 
Giuseppina,  ed  a  due  brigantini  armati,  il  S.  Pietro  e  il 
S.  Paolo,  regalati  e  fatti  condurre  a  Civitavecchia  dal  Boua- 
parte (2).  Ma  da  questi  piccoli  doni  e  interessati,  alle  dona- 


(1)  Arcliiv.  Yatic,  Nunziatura  di  Vienna;  Cifre  a'  Nunzii^  Principi, 
voi.  276  A. 

(2)  Sul  dono  de'  due  Ibrick,  il  Consalvi  dava  ai  Nuuzii,  14  di  ago- 
sto 1802,  le  seguenti  interessanti  notizie  :  «  Poclii  giorni  sono,  questo  mi- 
nistro di  Francia  (Cacault)  partecipò  una  offerta  del  P.  Console  a  N.  S., 
di  un  corpo  di  cavalleria,  uno  d'infanteria,  e  uno  di  artiglieria  leggiera 
a  tutte  spese  della  Francia,  ad  oggetto  di  oj)porsi  alle  incursioni  e  sbar- 
chi dei  Barbareschi,  dai  quali  si  rischia  di  avere  per  tutta  Italia  la 
peste,  oltre  gli  altri  danni  che  producono.  È  stato  risposto  ringraziando 
e  dimostrando  che  tal  misura  a  nulla  gioverebbe,  giacché  nella  estate, 
in  cui  i  Barbareschi  si  presentano,  V  aria  pestifera  vieta  alle  trup^ie  lo 
stare  alla  spiaggia,  e  si  è  dimostrato  che  non  una  forza  di  terra,  ma  di 
mare  è  a  ciò  necessaria:  del  che  si  è  detto  che  N,  S.  si  occupa. 

«  Ci  ò  luogo  a  credere,  che  questa  risposta  non  sarà  mal  presa,  perchè 
otto  giorni  dopo  tale  offerta,  si  è  ricevuta  una  nuova  diversa  ;  ed  è,  che 
il  Primo  Console  fa  un  regalo  al  Papa  di  due  brick,  coi  necessari  at- 
trezzi a  tal  uopo,  da  equipaggiarsi  dal  Papa,  avendo  probabilmente  co- 
nosciuto da  sé,  che  non  era  luogo  a  quella  prima  idea,  di  cui  in  questa 
seconda  più  non  si  parla.  Si  accetta  questa  seconda,   e  si  ringrazia  come 


174  CAPITOLO   SESTO 


zioni  di  un  Oarlomagno,  ed  a  quanto  fece  Pio  VII  per  lui, 
quanto  ci  corre! 

ITe^  seguenti  mesi  vennero  più  volte  a  congresso  il  Capraia 
ed  il  Marescalchi;  ma  costretti  com'erano,  il  primo  dagli  or- 
dini di  Eoma,  il  secondo  da  quelli  del^Primo  Console,  non 
poterono  venire  ad  una  intesa.  Il  Caprara,  nel  darne  conto 
alla  sua  Corte,  scriveva  (16  aprile  1803)  di  avere  avuto  «  ...di- 
versi abboccamenti  con  questo  ministro  Marescalchi  incaricato 
dal  primo  Console  di  tale  affare.  Non  abbiamo  in  molte  sedute 
"potuto^  non  dirò  combinare^  ma  neppure  avvicinarci^  stante  che 
ripeteva  egli,  che  ciò  che  si  chiedeva  da  Eoma  era  inammis- 
sibile, ed  io  d'altronde  sostenevo  sempre  che  il  Papa  aderendo 
al  Concordato,  con  gli  articoli  mandati  da  Eoma  già  faceva 
sacrilìzii  e  concessioni.  » 

Soggiungeva  quindi  al  card.  Consalvi  :  «  Oggi  non  è  stato 
possibile  di  avvicinarsi  maggiormente  di  quello,  ch'Ella  vedrà 
dal  qui  unito  progetto  C,  fatto  in  un  congresso  col  Marescal- 
chi. Il  quale  assolutamente  ha  voluto,  che  si  usino  quelle 
frasi,  che  Y.  E.  vede,  quali  gustate  dal  Primo  Console,  aveva 
scritte  in  margine  del  progetto  qui  annesso  con  lettera  B  (1).  » 


•è  dovere  per  questa  graziosa  attenzione.  Circa  la  prima  offerta  è  meglio 
•che  Ella  non  ne  parli,  fuori  del  caso  di  essere  interpellato  (Archiv.  Vatic., 
Cifre  a'  Nunzii,  Princìpi,  voi.  276).  » 

Del  rocchetto  così  parla  a'  28  di  gennaio  1804  : 

«  E  giunto  un  uffiziale  della  guardia  consolare,  spedito  dal  Primo 
"Console^  recando  a  S.  S.tà  il  rocchetto,  clie  gli  regala  Madama  Bona- 
parte,  che  lo  commise  in  Bruxelles  all'occasione  del  suo  viaggio.  Il  detto 
rocchetto  è  bellissimo.  N.  S.  ne  farà  uso  per  camice,  fiacche  Ella  sa 
che  il  rocchetto  che  porta  il  Papa  è  differente  ;  ne  questo  potrebbe  a  ciò 
adattarsi  (Ibid.,  voi.  276  A).  » 

(1)  Il  progetto  (lettera  C),  voluto  dal  Marescalchi,  è  già  il  terzo  fran- 
cese ;  non  si  differenzia  guari  dal  definitivo,  che  vedremo  poscia.  Quello 
di  lettera  B  era  un  nuovo  disegno^  combinato  e  composto  dal  Caprara 
su  quello  inviato  da  Roma.  Le  note  marginali  di  questo,  dice  il  Ca^^rara, 
riferiscono  le  frasi  volute  dal  Primo  Console.  Ne  citerò  alcune  nelle  note 
seguenti . 


CONCLUSIONE   DELLE   TRATTATIVE    PER    IL   CONCORDATO       175 

La  grande  contesa  fu  agitata  intorno  al  proemio  del  disegno 
romano  sulla  abolizione  delle  leggi,  decreti...  eccetera  della 
Eepubblica  italiana:  «  non  si. è  voluto  assolutamente,  così  il 
card.  Legato,  ammettermi  la  cosa  semplice...,  ma  unicamente 
colle  espressioni,  che  si  veggono  nel  citato  progetto  di  let- 
tera C,  dicendomi:  con  tali  espressioni  tolleriamo  l'articolo, 
ma  senza  di  queste  non  lo  vogliamo  in  modo  alcuno  (1).  » 

Grande  contrasto  ci  fu  in  secondo  luogo  intorno  a' rego- 
lari: gli  articoli  10  e  11  del  disegno  francese  li  dichiaravano 
soppressi!  «  Piti  tosto,  dice  il  Caprara,  che  porsi  il  sigillo 
alla  soppressione  nella  dichiarazione  che  in  essi  articoli  si 
legge,  ho  creduto  minor  male  il  proporre  che  di  tale  affare  non 
se  ne  parli  (2). 


(1)  È  il  seguente:  Proemio.  «  La  Santità  di  Nostro  Signore  Papa  Fio  VII 
ed  il  Presidente  della  Reimhhliea  Italiana,  animati  da  eguale  desiderio,  che 
in  detta  Bepuhhlica  sia  fissato  uno  stabile  regolamento  di  quanto  spetta  alle 
cose   ecclesiastiche,  sono  convenuti  ne'  seguenti  articoli.  » 

Seguono  22  articoli.  Il  primo  dice  :  La  religione  cattolica  apostolica 
Romana,  continua  ad  essere  la  Religione  della  Repubblica  Italiana.  Ed  il 
ijecondo  :  Le  leggi,  decreti,  ed  ordinazioni  emanate  finora  dalla  Repubblica 
Italiana  sopra  oggetti  ecclesiastici  o  di  religione,  rimangono,  per  tutto  quello 
che  per  essi  si  oppone  alla  costante  disciplina  della  Chiesa,  rivocate  e  abolite. 

Nel  margine  di  questo  Progetto  del  Caprara  erano  scritte  le  seguenti 
modificazioni,  gustate  dal  Primo  Console,  sebbene  poi  dovettero  essere 
cambiate  esse  pure  :  Sa  Sainteté  et  le  Président  de  la  République  Italienne 
également  animés  du  désir  de  mettile  ordre  dans  la  dite  République  à  plusieurs 
objets  de  discipline  e'ccle'siastique,  et  d'  y  établir  à  cet  e'gard  un  système  ré- 
gulier  et  uniforme,  sont  convenus  des  dispositions  suivantes: 

Art.  Premier  :  La  religion  catholique  apostoliqne  et  romaine  est  la  reli- 
gion  de  la  République  Italienne  —  Art.  2  :  Toutes  lois,  ordonnances,  décrets 
qui  auraient  été  rendus  jnsqu'  au  moment  actuel  par  les  différentes  autorités 
qui  ont  gouverné  la  République  Italienne,  sont  rapportés  en  tout  ce  qui  serait 
contraire  aux  présentes  stipulations . 

(2)  Art.    10  —  :  La  République  Italienne  maintimit  les    Ordrcs    religieux 
qui  servent  à  Vinstruction  publique  et  aux  hójntaux,  Les  religieux  apparte-i 
nani  à  d' autres  Ordres  pourront  rester  dans  des  couvents  soumis  à  leurs  rè- I 
gles,  et  auront  le  droii  de  porter  leurs  habits  jusqu'  à  ce  qu'  ils  s'  éteignent. 
—  Art.   11  —  :  Il  sera    nécessairement    conserve   dans  la  R.  P.  un  nomb 
sujffisant  de   couvents  de  Religieuses.   Chacun  de  cts  couvents  sera  temi  de  re- 
cevoir  des  pensionnaires,  et  resterà  soumis  à  la  règie  de  son   Ordre. 


ìt.y 
re  I 


176  CAPITOLO   SESTO 


«  Dissi,  continua,  che  mi  sono  sfiatato  sul  punto  Regolari  ! 
Ma  quello  è  stato  un  nulla  in  confronto  di  ciò  che  ho  detto, 
rispetto  agli  acquirenti  di  beni  ecclesiastici;  perchè  non  è 
stato  possibile  di  fare  intendere,  che  questa  straordinaria  in- 
dulgenza pontificia  doveva  fissarsi  ad  un'epoca.  Impossibile 
bene  è  stato  di  ottenere  una  sillaba  di  più  di  quello  che  vede 
nel  progetto  lettera  G  (1).  » 

Con  ciò  chiede  il  Caprara  facoltà  di  sottoscrivere  un  tale 
disegno.  «  Altrimenti,  prosegue,  prevedo  pur  troppo,  che  in- 
felicemente veritìcherassi  ciò,  che  molte  volte  mi  ha  detto  il 
Primo  Console:  che  se  non  si  conviene  nel  Concordato,  gli 
affari  della  religione  e  della  Chiesa  nella  Repubblica  Italiana 
(per  il  modo  di  pensare  delle  Autorità  costituite  sia  in  Milano 
sia  neMipartimenti)  si  ridurranno  in  peggiore  stato  di  quel 
che  erano  in  Francia.  » 

Soggiunge  in  fine,  che  le  trattative  sono  tenute  nascoste 
alla  legazione  italiana,  a  cagione  delle  opposizioni  da  questa 
manifestate:  la  quale  in  una  «  memoria  ha  dichiarato  espli- 
citamente, che  non  doveva  condursi  P affare,  senza  prima  sen- 
tirne il  primo  tribunale  della  Repubblica  Italiana  (2).  » 


(1)  Art.  16  —  :  Attese  le  straordinarie  vicende  dei  passati  tempi,  e  gli 
eletti  die  ne  sono  derivati,  e  principalmente  in  vista  della  ntililà  che  da 
questo  Concordato  ridonda  alle  cose  concernenti  la  religione,  ed  anche  per  lo 
oggetto  di  provvedere  alla  tranquillità  pnhhlica,  Sua  Santità  dichiara  che  né 
egli  uè  i  romani  pontefici  suoi  successori  recheranno  alcuna  molestia  a  quelli, 
che  hanno  acquistato  dei  beni  di  Chiesa  alienati;  ed  in  conseguenza  la  pro- 
prietà degli  stessi  beni,  le  rendite,  e  i  diritti  a  quelli  annessi  saranno  immu- 
tabili presso  dei  medesimi,  e  di  quelli  che  hanno  causa  da  loro. 

(2)  Coiicliinde  :  «  Nel  dare  il  progetto,  ho  preso  il  mezzo  termine  di 
usare  la  lingua  italiana,  perchè  la  latina  non  conveniva  a  loro,  e  la 
francese  non  conveniva  a  me.  »  Archiv.  Vatic,  Italia  Appendice,  voi.  XX. 


CONCLUSIONE   DELLE   TRATTATIVE   PER   IL   CONCORDATO       177 


IL 


Con  queste  ultime  parole  11  card.  Legato  annunziava,  che 
il  nuovo  disegno  spedito  a  Roma,  ossia  il  quarto,  doveva  es- 
sere reputato  siccome  un  iiltwiatum.  E  a  Roma  così  fu  inteso 
veramente  (1). 

Fu  quindi  indetta  una  congregazione  deModici  cardinali, 
deputati  allo  studio  di  questo  concordato.  La  quale  però,  a 
fine  di  non  destar  sospetti  per  cagione  del  veder  concorrere 
Cardinali  in  gran  numero  nella  casa  del  segretario  di  Stato, 
non  fu  adunata;  ma  furono  tutti  invitati  a  trasmettere  i  loro 
pareri  in  iscritto  a  Monsignor  Bertazzoli,  secretarlo  della  con- 
gregazione (2). 

Quasi  alPananimità  gli  Eminentissimi  Cardinali  sconsiglia- 
rono il  Santo  Padre  dalP  accettare  intiero  il  nuovo  schema 
francese  di  Concordato,  cui  il  Caprara  con  sua  lettera  dei 
16  aprile  chiedeva  come  abbiamo  veduto  licenza  e  pregava 
di  sottoscrivere  di  presente  (3).    Ma  daMoro   voti,  esaminati 


(1)  Infatti,  a'  4  di  giugno,  il  Consalvi  informava  i  Nunzii  in  questi 
termini  : 

«  Torna  a  rivivere  l'affare  del  Concordato  con  la  Repubblica  italiana, 
che  fin  qui  erasi  riuscito  di  tener  sopito.  Si  sta  esaminando  il  i3rogetto, 
che  è  stato  trasmesso  da  Parigi  come  un  Ultimatum.  E  può  V.  E.  im- 
maginare, che  si  cammina  per  un  sentiero  pieno  di  triboli  e  spine.  Vo- 
glia il  Cielo,  che  se  ne  jjossa  uscire  il  meno  male  che  si  possa  (Archiv. 
Vatic,    Cifre  a'  Nunzii,  Principi,  voi.  276  A.  » 

(2)  I  Cardinali  comi)onenti  la  congregazione  destinata  all'  esame  di 
questo  Concordato,  erano  gli  Emi:  Albani,  Antonelli,  Carafa  di  Tra- 
vetto, Giuseppe  Doria,  Borgia,  Roverella,  Della  Somaglia,  Di  Pietro,  Ca- 
selli, Braschi,  Carandini,   Consalvi. 

(3)  Per  dare  un'  idea  della  maniera  di  pensare  dei  Cardinali,  basti 
citare  una  parte  del  voto  di  uno  di  essi.  Il  card.  Della  Somaglia  cosi 
esprimevasi  nella  sua  al  S.   Padre  : 

Di  casa,   5  giugno  1803  . 

«  I  timori  del  S.  Cardinal  Legato,  espressi  nel  suo  dispaccio  dei 
16  d'aprile,  nel  caso  che  non  si  ammetta  da  S.   S.   il  progetto    segnato 

RiNiERi.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX.  —  VoL  II.  12 


178  CAPITOLO   SESTO 


da  una  cougregazione  particolare  di  quattro  cardinali,  si  de- 
dusse clie  Paccomodamento  era  vicino;  e  non  mancava  se  non 
l'ottenere  la  modificazione  di  pochi  articoli  (1).  Quindi  fu  for- 
mato un  altro  disegno,  che  conteneva  alcune  variazioni  sopra 
alcuni  articoli  dello  schema  francese;  e  di  coteste  variazioni 
il  card.  Oonsalvi  cosi  avvisava  ed  iscaltriva  il  card.  Legato: 
«  Le  variazioni  di  alcuni  articoli,  nella  redazione  dei  quali 
Sua  Santità  ha  trovato  un  ostacolo  nei  sacri  doveri  del  suo 
ministero  a  poter  convenire,  sono  appoggiate  dalle  ragioni 
espresse  nelle  osservazioni  marginali:  V.  E.  ne  vedrà  a  colpo 
d'occhio  la  necessità  e  P importanza  (2).  » 

Queste  osservazioni  marginali  erano  scritte  a  lato  del  di- 
segno spedito  da  Eoma;  e  versavano  massimamente  intorno 


lett.  C,  quando  anche  fossero  (di  clie  ho  motivo  di  dubitare)  ben  fon- 
dati, non  dovrebbero  a  parer  mio,  influir  nella  risoluzione  da  prendersi. 
Se  gli  affari  di  S.   Chiesa  si  avessero  a  trattare  con  le  sole  viste  della 

I  comune  politica,  se  gli  effetti  delle  risoluzioni  ecclesiastiche  si  ristrin- 
gessero a  un  breve  tempo,  se  fossero  per  un  solo  determinato  jiojiolo  o 
j  nazione^  vorrei  ancor  io  esaminare  il  fondamento  dei  timori  del  Legato, 
'   e  forse  entrerei  a  parte  dei  medesimi  ;  ma  negli  interessi  della  religione 
e  della  Chiesa  non  si  verificano  le  condizioni  indicate,  e  quindi  parmi 
che  questi  medesimi  interessi  debbano  riguardarsi  sott'altro  aspetto.  » 
Detto  de'  Concordati  in  genere,  che  riuscirono  sempre  fatali  alle  pre- 
rogative della  S.  Sede,   come  versanti  solo  intorno  a  materia  beneficiaria 
y  o  di  giurisdizione,  venendo  a  questo  soggiunge  :  «  Comunque  sia,  ha  cre- 
duto la  S.  Sede,  prò  hono  pacis,  di  offrire  il  Concordato  F  (ossia,  lo  schema 
romano)  :  stiamo  dunque  fermi  a  quello  stesso  ;  e  se  viene  ricusato,  benché 
ridondante  di    grazie   e   di  sacrifizi^  si    ringrazi  la   Divina  Provvidenza 
r     che,  nell'  altrui  pertinacia,  faccia  nascere  l'impedimento.  » 

Egli  ammette  qualche  modificazione  accidentalissima  ;  «  ma  ben  molto 
importa  che  non  si  adotti,  come  è  steso,  l'art.  20  del  progetto  C,  di  cui 
vsi  esige  la  sottoscrizione  ad  verhum  (Le  leggi  etc,  sopra  citato).  » 

(1)  Questa  piccola  congregazione  componevasi  de' Cardinali  Antonelli, 
Di  Pietro,  Caselli,  Consalvi  e  di  Mgr  Bertazzoli  secretario.  Fu  tenuta 
ai  26  di  giugno  nella  casa  dell' Antonelli.  Vedine  il  conclusum  nel  curio- 
sissimo Docum.  XXVI. 

(2)  Consalvi  a  Caprara,  3  agosto  1803  (Archiv.  Vatic,  Italia  Appen- 
dice..., voi.  XX)- 


CONCLUSIONE   DELLE  TRATTATIVE   PER   IL   CONCORDATO       179 


alParticolo,  contrastatissimo  per  una  parte  e  per  P  altra,  col 
quale  si  dicliiaravaiio  abolite  le  passate  leggi  della  Consulta 
milanese  in  materia  religiosa.  Perchè  questo  punto  sia  bene 
inteso  ed  a  vista  d'occhio,  come  si  esprime  il  Consalvi,  pongo 
qui  in  confronto  il  diverso  tenore  de^due  articoli: 


Art.  Il»  Francese 

Le  leggi,  decreti  ed  ordina- 
zioni emanate  finora  dalla  Re- 
pubblica Italiana  sopra  oggetti 
■ecclesiastici,  o  di  religione,  ri- 
mangono, per  tutto  quello  che 
per  esse  si  oppone  alla  costante 
disciplina  della  Chiesa,  rivocate 
ed  abolite. 


Art.  IP  Romano 

Le  leggi,  decreti,  e  ordinazioni 
emanate  dalla  Repubblica  Ita- 
liane sopra  oggetti  di  religione 
o  di  disciplina  della  Chiesa^  ri- 
mangono, per  tutto  quello  che  si 
oppone  alla  medesima  religione 
0  disciplina  della  Chiesa,  revo- 
cate ed  abolite. 


Nelle  osservazioni  marginali,  dichiarava  il  Consalvi  non 
potersi  ammettere  la  formula  francese,  per  «  due  ragioni  rile- 
vantissime: La  prima^  perchè  non  si  fa  in  essa  menzione  della 
revoca  delle  leggi,  decreti,  ed  ordinazioni  che  si  oppongono 
alla  religione.  »  Che  queste  realmente  si  trovino  da  quella  re- 
pubblica emanate,  il  S.  Padre  già  lo  ha  dimostrato  sino  alV  evi- 
denza: e  se  nella  circostanza  di  un  Concordato  non  ne  esigesse 
la  rivocazione,  verrebbe  a  legittimare  resistenza  di  leggi  op- 
poste alla  religione.  Né  può  il  governo  incontrarvi  difficoltà  : 
giacché,  dichiarata  nel  1°  articolo  religione  dello  Stato  la  re- 
ligione cattolica...:  «  qual  difficoltà  può  esservi  di  abolire  ciò 
che  si  oppone  ad  essa!  » 

Accenna  quindi  alle  concessioni  delle  nomine  a' vescovadi, 
fatte  dal  S.  Padre  al  Presidente  della  repubblica,  ed  alla 
soppressione  di  una  qualche  sede  vescovile  in  tempo  di  sede 
piena,  per  accondiscendere  aMesiderii  del  Primo  Console.  Poi 
prosegue  : 

«  Inoltre  Sua  Sa^itità...,  viene  a  condiscendere  al  generale 
sacrifizio  di  tutti  i  beni  ecclesiastici  alienati  finora,  senza  re- 


180  CAPITOLO    SESTO 


stringerlo  alla  limitazione  sino  al  gennaro  1802,  come  erasi 
proposto.  Siccome  un  tal  sacrifizio,  a  differenza  del  concordato 
colla  Francia,  non  è  fondato  sulla  estinzione  di  uno  scisma 
(che  nella  Eepubblica  Italiana  non  esiste),  né  sul  ristabili- 
mento della  cattolica  religione  (che  nella  Repubblica  Italiana 
non  ha  sofferto  le  vicende,  che  ha  sofferte  nella  francese  in 
occasione  della  rivoluzione):  cosi  non  potendo  tal  sacrifizio 
aver  altro  fondamento,  che  la  revoca  delle  leggi  emanate 
nella  repubblica  italiana  per  ciò  che  si  oppone  alla  religione  e 
I  disciplina^  quindi  Sua  Santità  si  trova  nella  necessità  assoluta 
ì  di  esigere,  che  questa  revoca  sia  vera  e  reale  :  ciò  che  non  si 
verificherebbe  ne^termini  delParticolo  11  spedito  da  Parigi.  » 
L' altra  ragione  si  riferiva  a^  termini  delParticolo  :  leggi  op- 
poste alla  costante  disciplina  della  Chiesa.  Cotali  termini  sono 
evidentemente  equivoci,  e  presteranno  nelP  incontro  delle  dif- 
ficoltà pratiche  occasioni  a  contese,  potendo  il  governo  cisalpino 
pretendere  come  costante  disciplina  della  Chiesa  le  leggi  giusep- 
pine  e  i  decreti  pistoiesi,  insegnati  nelle  università  lombarde. 

Insieme  col  nuovo  disegno  romano,  il  card.  Oonsalvi  spediva 
al  Caprara  i  due  seguenti  dispacci  in  cifra. 

Consalvi  a  Caprara^  3  agosto  1803. 

Inserto  in  questa  cifra  TE.  V.  troverà  uà  altro  foglio  pure  in 
cifra,  il  quale  però  s'intende  che  possa  da  V.  E.  mostrarsi  scifrato, 
se  il  caso  porterà  che  vi  si  trovasse  astretto.  Mi  spiego  :  Siccome 
dalle  variazioni  del  progetto  di  Concordato  che  le  trasmetto,  con 
quello  (lettera  C)  che  mi  trasmise  1'  E.  V.^  alcune  sono  messe  da 
S.  Santità  come  indispensabili  et  sine  quibus  non;  altre  poi  desi- 
dera, che  siano  adottate,  e  le  crede  utili,  convenienti,  e  buone  e 
decorose,  ma  non  però  tali  da  dover  rompere  non  attenendovisi.  Cosi 
siccome  era  necessario  di  additare  a  V.  E.  in  foglio  a  parte  sotto 
cifra  quali  sieno  quelle,  sulle  quali  in  caso  di  assoluta  negativa  si 
rilascia,  si  è  qui  riflettuto,  che  volendosi  costà  che  da  tali  varia- 
zioni V.  E.  in  alcune  dopo  lunga  discussione  verrà  a  rilasciarsi, 
potrebbero  da  ciò  desumere  che  come  ha  facoltà  di  farlo  in  alcune, 
cosi  possa  farlo  per  tutte. 


CONCLUSIONE   DELLE   TRATTATIVE   PER   IL   CONCORDATO      181 

Quindi  si  è  creduto  necessario  di  fornire  V.  E.  di  un  docu- 
mento, di  cui  possa  farsi  scudo,  e  produrlo  a  un  caso  estremo,  e 
dire  :  «  Ecco,  io  mostro  le  mie  istruzioni  scifrate,  ed  espongo  tutto  1 
«  con  sincerità.  Sulle  tali  e  tali  variazioni  ho  la  facoltà  di  rila- 
«  sciarmi,  se  non  giungo  ad  ottenerle  :  ed  ecco  perchè  in  questo 
«  cedo.  Ma  sulle  tali  e  tali  il  cedere  mi  si  vieta  assolutamente  e 
«  mi  manca  la  facoltà;  e  se  non  mi  accordano  queste,  il  Concordato 
«  non  ha  luogo.  » 

Un  tal  documento  dunque  lo  fornisco  a  V.  E.  con  1'  annesso 
foglio  in  cifra  in  cui  io  spiego  in  margine  tal  distinzione;  e  noto 
quale  può  V.  E.  rilasciare,  quale  no  decisamente,  secondo  la  deci- 
sione di  S.  Santità. 

Le  istruzioni,  che  ridotto  alle  strette  11  card.  Oaprara  po- 
teva mostrare  e  far  leggere  alla  parte  avversaria,  secondo  il 
tenore  di  questa  lettera  del  Consalvi,  sono  le  seguenti: 

Istruzioni  scerete  al  Big.   Card.  Legato^  3  agosto  1803. 

«  Sua  Santità  mi  ordina  di  scrivere  a  V.  E.  questo  foglio  di 
■segreta  istruzione,  che  deve  servirle  di  norma  nella  trattazione  del- 
l' Ultimatum  del  Concordato  con  la  Repubblica  Italiana.  In  caso  che 
occorra,  V.  E.  è  autorizzata  a  mostrarlo,  acciò  niun  dubbio  possa 
nascere  sulla  precisa  volontà  di  Sua  Beatitudine  su  tale  oggetto.  » 

Erano  quindi  passati  in  rassegna  i  vari  articoli  alla  spic- 
ciolata. Intorno  al  secondo,  distruzione  era  del  seguente 
tenore  : 

Articolo  II. 

La  variazione  in  questo  articolo  consiste  nell'avere  aggiunto^  che 
i  decreti  devono  rivocarsì  anche  in  ciò  che  si  oppone  alla  re- 
ligione; e  nelVaver  tolto  la  parola  «  costante  »  innanzi  alla  «  di- 
sciplina » .  Da  questa  variazione^  la  quale  è  essenzialissima  per  le 
ragioni  addotte  nell'osservazione  in  margine  del  progetto  di  concor- 
dato che  contemporaneamente  si  trasmette^  S.  S.  non  permette  in 
<ionto  cdcuno  di  recedere. 


182  CAPITOLO   SESTO 


III. 


Munito  così  di  nuove  istruzioni,  ed  espresse  in  maniera 
così  ragguagliata,  per  parte  sua  il  card.  Caprara  si  adoperava 
strenuamente  a  Parigi  col  Marescalchi  e  con  gli  altri  socii 
italiani,  a  fine  di  adempiere  come  meglio  poteva  le  prescrizioni 
chiare  ed  aperte  del  S.  Padre.  Ma  le  difficoltà  che  incontrava 
a  far  accettare  a'  suoi  contrastatori  la  piccola  variazione  del- 
l' articolo  secondo,  commessagli  strettamente  da  Poma,  erano 
grandissime.  «  Le  difficoltà,  scriveva  egli  da  Parigi  (28  ago- 
sto 1803),  che  insorgono,  non  sono  poche  uè  indifierentij  e  le 
nuvole  che  oscurano  il  cielo  sono  molto  spesse  e  procellose.. 
Vedremo  quale  ne  sarà  il  risultato.  » 

E  il  risultato  per  verità  non  poteva  essere  di  difficile  in- 
dovinazione :  il  card.  Oaprara,  stanco  di  combattere,  e  pauroso 
^  delle  conseguenze  fatali  alla  religione,  secondo  il  solito  bucina- 
tegli a  grandi  voci  dal  Primo  Console,  dal  Marescalchi,  dal 
Bernier  e  dalla  x^ropria  prudente  paura,  se  non  i)Otè  conseguire 
la  sottoscrizione  semplice  e  pura  del  disegno  venuto  da  Roma, 
ottenne  però  in  un  nuovo  disegno,  composto  da  ambe  le  parti 
contendenti,  tali  vantaggi  da  potersene  dire  abbastanza  sod- 
disfatto. 

Intorno  al  successo  questa  negoziazione,  a  cui  avevano  mano 
Roma,  Milano,  Parigi,  è  mestieri  udire  lo  stesso  card.  CJaprara, 
il  quale  tre  giorni  dopo  il  lungo  dibattimento  e  la  conclusione 
delPultimo  disegno  da  lui  sottoscritto,  ne  riferiva  a  Roma  colla 
lettera  seguente,  che  va  citata  intiera: 

Dispaccio  del  Sig.  Card.  Legato  al  Sig.  Card.  Segretario  di  Stato. 

Parigi  2  Settembre  1808. 

Con  mia  precedente  dei  28  dello  scorso  Agosto,  dissi  a  V.  E., 
che  rapporto  al  Concordato  italiano,  le  difficoltà,  che  insorgevano 
non  erano  né  poche  né  indifferenti,  e  che  le  nuvole  che  comparivano 


CONCLUSIONE   DELLE  TRATTATIVE   PER   IL   CONCORDATO      183- 

erano  spesse  e  procellose.  Eccomi  oggi  ad  annunziarle  l' intero  stato 
della  cosa,  e  il  risultato  dei  congressi,  che  per  ordine  del  Prima 
Console,  il  quale  aveva  comunicato  le  sue  ultime  intenzioni  al  Mi- 
nistro Marescalchi,  sono  stati  tenuti  sino  al  presente  giorno. 

Il  Concordato  Italiano,  unicamente  voluto  dal  Primo  Console  (e 
per  quanto  asserisce  in  ogni  circostanza,  immaginato  per  sostenere 
la  Religione  nella  Repubblica  Italiana,  ove  senza  di  esso  Concor- 
dato, le  cose  vanno  più  oltre  di  quello  che  è  avvenuto  in  Francia) 
è  stato,  ed  è  tuttora  occasione  di  contrasti  fra  il  capo  della  Re- 
pubblica ed  i  membri,  ed  oggetto  insieme  di  critica  e  di  censure 
le  più  sanguinose,  anche  per  parte  di  alcuni,  che  non  appartengono 
alla  Repubblica  Italiana,  e  che  in  scritto  hanno  preteso  di  far  ve- 
dere al  Primo  Console  l' inconvenienza,  e  il  poco  suo  decoro  nel 
prestarsi  (soffra,  che  io  usi  li  stessi  termini)  alle  proposizioni  di 
Soggetti,  che  col  fatto  dimostrano  di  essere  se  non  suoi  nemici  al- 
meno indisposti  di  animo  contro  di  lui,  perchè  attaccati  non  alla 
sostanza  delle  cose,  ma  alle  parole,  le  quali  cambiano  per  solo  spi- 
rito di  contradizione  e  non  perchè  sostanzialmente  meritino  di  esser 
cambiate. 

Tali  scritti  non  han  lasciato  di  fare   impressione  all'animo  del 
Primo  Console,  il  quale  annoiato  anche  dal   ritardo    delle  risposte 
di  Roma  sul  progetto  ultimamente  inviato,  più  volte  si  è  espresso 
con  diversi  in  queste  parole:    «  Gran  dire,  che  il   Papa   sia  consi- 
«  gliato  da  persone,  che  non  prevedono  le   conseguenze   della   loro  ' 
«  durezza,  che  non  conoscono  né  le  circostanze,  né  i    tempi,  e  che  > 
«  finalmente  non  piegano  se  non  minacciati,  e  quindi  fanno  perdere   j 
«  il  merito  al  Papa  medesimo,  quando  si  presta  alle  altrui  istanze  (1).  » 

Con  questi  antecedenti,  che  io  già  infelicemente  conoscevo,  può 
V.  E.  bene  immaginare,  con  quale  animo  ed  aspettativa,  io  mi  ac- 


(1)  Tutto  questo  preambulo  è  pieno  di  riflessioni,  che  reputo  esage- 
rate. In  quest'anno  1803  non  trovo  documenti,  che  mostrino  opposizione 
al  concordato  dalla  parte  della  consulta  milanese.  Le  ox^posizioni,  o  i 
ditterii  provenienti  da  un  Aldini,  dovevano  far  poca  impressione  nella 
mente  del  Primo  Console,  che  ne  conosceva  P animo  venale:  e  sapeva 
inoltre,  che  l'Aldini  era  nemico  dichiarato  di  Melzi,  e  di  Marescalchi, 
e  che  quest'ultimo  valeva  più  di  lui.  L'Aldini  apparteneva  inoltre  alla 
fazione  che  avversava  la  Francia;  e  durò  in  questi  sentimenti,  finché 
Bonaparte,  divenuto  imperatore,  accolse  l'offerta  della  servitù  di  lui^V 
piagandolo  con  fortissimo  salario. 


184  CAPITOLO   SESTO 


cinsi   alla   conferenza,  che  era  stata  fissata   nel  giorno   di   lunedi 
29  Agosto. 

Tanto  il  Primo  Console  quanto  i  da  lui  incaricati  delF  affare  del 
Concordato,  conoscevano  le  carte  comunicabili  da  V.  E.  trasmessemi 
in  data  dei  3  Agosto;  ed  io,  per  quanto  conoscessi  ciò  che  natu- 
ralmente si  sarebbe  opposto  alle  osservazioni  e  cambiamenti  in  esse 
carte  tracciati  mi  facevo  forte  colle  armi,  colle  quali  ero  munito 
da  V.  E.  (1). 

Si  aperse  dunque  il  Congresso  nelle  mie  Camere,  la  mattina  di 
lunedi  29  Agosto,  cui  intervenne  il  Ministro  Marescalchi  e  Mon- 
sieur  Jacobi,  Capo  della  divisione  degli  affari  Esteri  della  Repub- 
blica Italiana  (2). 

Sarebbe  paruto  naturale,  che  siccome  dal  progetto  antecedente- 
mente concordato,  non  differivano  le  variazioni  fatte  costi,  che  su 
sei  articoli,  questi  soli  dovessero  essere  considerati,  e,  rese  le  ra- 
gioni Mnc  inde^  vedere  di  trovare  i  mezzi  da  venire  d' accordo.  Ma 
no!  Dovette  passarsi  in  rivista  ciascuno  articolo  (effetto  come  sopra 
accennai  delle  rappresentanze  e  critiche  fatte  in  scritto  sul  progetto 
medesimo),  e  poco  meno,  che  ad  ogni  espressione,  tutto  fu  forza  pas- 
sare in  rivista,  e  quasi  direi  mettere  in  bilancia. 

La  prima  battaglia,  che  fu  sostenuta  da  ambe  le  parti  col  mas- 
simo calore,  fu  il  contenuto  del  secondo  articolo.  La  revoca  delle 
leggi  non  si  voleva  più  nei  termini  concertati;  e  in  quei  venuti 
/  da  Roma,  assolutamente  si  escludeva  (3).  Adducevano  per  ragione, 
che  supponendosi  nelP  articolo,  da  loro  antecedentemente  offerto,  la 
revoca  delle  leggi  etc.  in  quanto  che  si  opponevano  alla  disciplina 
della  Chiesa,  non  credevano  vero  un  tal  supposto,  perchè  gli  oggetti 
delle  leggi  erano  di  pertinenza  anche  della  Potestà  Civile  (4). 

Molto  ci  volle  per  far  deporre  questa  falsa  idea,  per  sostenere 
la  quale,  erano  muniti  di  riflessioni  politiche,  conformi  alle  massime 
che  infelicemente  corrono. 


(1)  Intendi  le  istruzioni  del  Consalvi,  riferite  sopra. 

(2)  Quale  si  fosse  questo  Jacobi,  non  ho  potuto  rinvenire  in  nessun 
documento. 

(3)  Vedi  più  sopra  questo  articolo  con  il  parallelo  romano. 

(4)  È  veramente  notabile  codesto  cambiamento  di  parere  dei  depu- 
tati italiani  :  nelP  agosto  non  concedevano  più  quanto  avevano  concesso 
due  mesi  prima!  Dinanzi  a  un  tale  atteggiamento,  avrebbe  potuto  il  car- 

^  dinal  Caprara  alzare  la  voce  fortemente. 


CONCLUSIONE  DELLE   TRATTATIVE   PER   IL   CONCORDATO      185 

Maggiori  difficoltà  poi  s'incontrarono  contro  l'articolo  venuto 
•da  costi,  in  cui  si  parlava  della  revoca  delle  leggi,  in  quanto  che 
^rano  contrarie  anche  alla  Religione.  Uno  impugnava  tale  opposi- 
zione alla  Religione,  e  tutti  due  convenivano  nel  sentimento,  che 
simile  espressione  fosse  troppo  ingiuriosa,  e  non  esigibile  in  un  trat- 
tato, che  devesi  rendere  pubblico,  e  che  si  spera   perpetuo. 

Io  non  detti  quartiere  a  tali  assertive,  asserendo  costantemente 
che  dalle  leggi  emanate  era  attaccata  anche  la  Religione,  ciò  che 
loro  provai.  * 

Nel  bollore  della  questione,  ebbi  occasione  di  prevedere,  che 
l'abolizione  delle  leggi  etc,  in  quanto  che  si  opponevano  alla  Re- 
ligione e  alla  disciplina,  ben  lungi  di  produrre  il  sospirato  effetto, 
avrebbe  piutosto  aperta  la  strada  a  nuove  contese,  perchè  si  sarebbe 
da  loro  sempre  impugnato,  che  tale,  o  tal'  altra  legge,  fosse  opposta  n 
alla  Religione,  e  disciplina,  conseguentemente  non  rivocata  ed  abo- 
lita; e  cosi  l'articolo  nulla  avrebbe  definito:  Penetrato  da  questa 
riflessione,  mi  prestai  all'esame  di  un  nuovo  articolo,  esibito  in 
questi  termini:  Le  présent  Concordai  devant  servir  dès  à  présent 
et  pour  Vavenir^  de  base  aux  règlements  relatifs  à  la  Religion;  tout 
•ce  qui  est  émané  Jusqu'à  ce  jour  de  la  République  Italienne  sur  la^ 
Religion  et  la  Discipline  Ecclésiastique,  est  oboli. 

Accortomi  subito  della  erroneità  del  predicato  di  «  base  »  che  si 
dava  al  Concordato,  rapporto  al  regolamento  della  Religione  e  della 
disciplina,  gli  dimostrai,  che  la  Religione  ed  il  suo  regolamento 
relativo  al  domma,  non  conosce  altra  base,  se  non  la  divina  scrit- 
tura e  la  tradizione  della  Chiesa,  e  non  già  un  atto  umano;  cosi 
anche,  che  la  disciplina  ha  per  base  originaria  l'autorità  della  Chiesa, 
e  per  prossima  le  leggi  da  essa  emanate. 

Ebbi  la  soddisfazione  di  vedere  tutti  colpiti,  ma  non  affatto  ri- 
mossi dalla  determinazione  di  fare  qualche  uso  della  medesima  pa- 
rola base.  Stabilito  però  di  salvare  la  massima  coerente  ai  sopra 
esposti  principii,  si  convenne  nei  termini,  che  V.  E.  trova  nell'Ar- 
ticolo II,  da  cui  ella  rileverà  la  forza  dell'espressione  taniquam 
basis  (1). 


(1)  Art.  II.  —  Cum  praesens  conventio  ah  hac  die  in  posterum  inservire 
débeat  tamquam  hasis  ad  immutabilem  constituendum  ordinem  rerum,  quae 
ecclesiastica  ohjecta  respicinnt  :  leges  omnes,  decreta  et  ordinationes  ah  italica 
repuhlica  eiusque  nomine  hactenus  emanatae,  religionem  et  ecclesiasticam  di- 
^sciplinam  spectantes,  revocantnr  et  aholentnr. 


186  CAPITOLO   SESTO 


Salvata  cosi  la  massima  intorno  all'  uso  di  tal  parola,  si  venne 
alla  revoca.  Io  non  mi  contentai,  che  si  dicesse  tuttociò,  ma  volli r 
elle  si  esprimessero  le  «  Leggi,  Editti,  e  Ordinazioni.  »  Volli,  che 
fossero  rivocate  non  solo  le  riguardanti  la  disciplina,  ma  anche  la 
Religione;  e  mi  riusci  ancora  di  farvi  comprendere  non  solo  le 
emanate  dalla  Repubblica,  ma  anche  le  promulgate  a  nome  della 
Repubblica,  a  scanso  di  ogni  equivoco.  Ed  in  tal  guisa  fu  compito 
il  secondo  importante  articolo,  come  apparisce  dalla  qui  unita  copia  (1), 

E  vero,  che   in   quest'articolo   non   si   aboliscono   le   leggi   per 
1  tutto  quello  che  si  oppone  alla  Religione,  o  disciplina.  Ma  io  trovai 
Itale  omissione  più  vantaggiosa  alla  Chiesa:  si   perchè   in  tal  ma- 
rniera abolendosi  tutte,  non  rimaneva  luogo  a  disputa,  quali  fossero 
^contrarie  alla  Religione,  o  disciplina,  come  di  sopra  ho  fatto  riflet- 
tere; si  perchè  abolendosi  tutte,  restavano  abolite  non  solo  per  la 
opposizione  alla  Religione  e  alla  disciplina,  ma  anche  per  l'incom- 
petenza della  emanazione.  E  di   questa    revoca  finalmente   in  tali 
termini,  io  dovevo  essere  contento,  perchè  1'  articolo  è  pienamente 
concepito   nei   termini,    coi   quali   venivano   rivocate    le   leggi   nel 
proemio  del  primo  progetto  di  Concordato,  trasmessomi  da  V.  E.: 
e  dall'altra  parte  non  s'incontrava  la  disgustosa    espressione,  che 
ho  di  sopra  accennata. 

Dato  fine  in  tal  guisa  al  secondo  articolo,  e  non  trovatasi  dif- 
ficoltà sul  terzo,  si  passò  al  quarto,  di  cui  non  volevasi  ammettere 
l'ultimo  periodo:  ma  quale,  fra  bene  e  male  riusci  di  poterlo  la- 
sciare intatto. 

Sull'articolo  V  insorsero  delle  dispute  accanite  (2).  Non  si  volle 
più  sentire,  che  in  esso  si  tornasse  a  citare  l'articolo  II;  perchè, 
come  essi  dicevano,  non  si  mostrasse  di  farne  un  trionfo!  E  di  più 
accusando  di  non  esatta  la  traduzione  latina,  in  cui  dicevasi:  con- 
cedit  privilegium,  vollero,  che  l'articolo  fosse  ridotto  senza  il  pri- 
vilegium,  al  che  fu  sostituito    «  concedit  ut  nominare  possit.  » 

L'articolo  VI  e  VII  passò   senza  '  difficoltà.  Qualcuna  però   ne 


(1)  Non  credo  riferirla  nei  documenti,  perchè  fu  poi  moditìcata. 

(2)  Art.  V.  —  Attenta  utilitate,  quae  ex  Jiac  conventione  manat  in  ea, 
quae  ad  res  Ecclesiae  et  religionis  pertinent,  Sanctitas  Sua  concedit,  ut  Praeses 
EeipuMicae  italicae  nominare  possit  ad  omnes  archiepiscopatus  et  episcopatns 
eiusdem  Beipuhlicae,  et  ecclesiasticis  viris  ah  eodem  Praeside  nominatis,  iis 
dotibus  praeditis  quas  sacri  canones  reqiiirunt,  eadem  Sanctitas  Sua  canoni- 
cani  institntionem  dàbit  iuxta  formas  constitutas. 


CONCLUSIONE   DELLE   TRATTATIVE   PER   IL   CONCORDATO       187 

incontrò  r articolo  Vili,  sulle  parole  «né  il  Governo  civile  frap- 
porrà veruno  impedimento  » ,  come  da  essi  riguardate  ingiuriose  ; 
ed  unicamente  fu  potuto  conservare  colla  semplice  parola:  Ahsque 
ullo  impedimento  (1).  Avverto  di  più,  che  (senza  cambiamento  nella 
seconda  parte)  fu  questo  articolo  diviso  in  due. 

Il  IX,  che  ora  diventa  X,  non  sofferse  cambiamento.  Il  consecu- 
tivo riusci  di  farlo  adottare,  all' incirca,  nei  termini  del  progetta 
ritornato  di  costi,  coli' aggiunta  cioè  delV  lìisegnamento.  Dissi  al- 
l'incirca,  perchè  unicamente  fu  tolto  «  sono  raccomandati.  » 

L'articolo  XI,  ora  XII,  fu  soggetto  a  vari  contrasti.  Ma  final- 
mente si  convenne,  che,  in  luogo  di  parlare  di  diritto  (parola,  che 
insieme  colle  altre  «  Autorità,  e  Privilegio  »  non  volevano  in  modo 
alcuno,  che  si  usassero  in  tutto  il  Concordato)  si  prescindesse  da 
tale  espressione,  alla  quale  si  surrogò  l' altra  del  «  liberum  erit  »   (2). 

Nell'articolo  XII  ora  XIII,  fu  preteso  che  non  essendovi,  al 
parere  loro,  tutta  la  chiarezza,  vi  si  contenesse  una  qualche  novità. 
Io  potei  facilmente  disingannarli,  citandoli  la  disposizione  del  Con- 
cilio di  Trento.  Onde  diviso  ciò,  che  in  detto  articolo  andava  unito^ 
ed  aggiuntovi  poche  parole  del  Concilio  di  Trento,  potè  farsi  ces- 
sare la  questione,  e  fu  stabilito  nel  modo  che  V.  E.  vedrà  (3). 

Gli  articoli  XIII  e  XIV  ora  XIV  e  XV  furono  lasciati  tali  quali. 

Gran  contrasto  però  insorse  sull'  articolo  XV,  ora  XVI  (4),  sulla 
parola  «  senza  l'Autorità  della  S.  Sede.  »  Già  dissi  poc'  anzi,  che  la 
parola  «  autorità  »  non  voleva  intendersi,  e  qui  molto  meno. 


(1)  Art.  Vili.  —  Cnilihet  episcopo  lìherum  semper  erit,  super  rebus  omni- 
htis  spirittialibus  atque  negociis  ecclesiasticis,  absque  ullo  impedimento  cum 
Sancta  Sede  communicare. 

(2)  L'art.  XII  versa  intorno  alle  Opere  pie.  Vi  si  diceva,  che  a  go- 
vernarle si  nominerà  una  congregazione  composta  di  ecclesiastici  e  di 
secolari  in  numero  eguale,  i  primi  da  eleggersi  dai  vescovi,  i  secondi  dal 
governo.  Praeses  congregationis  semper  erit  Episcopus  ;  cui  liberum  erit  vi- 
sitare ea  loca,  quae  legitime  a  laicis  administrahuntur. 

(3)  Art.  XIII.  I  vescovi  conferiranno  le  j)arroccliie,  quelle  di  libera 
collazione,  con  previo  il  concorso,  ai  giudicati  migliori  ;  quelle  di  pa- 
dronato ecclesiastico,  agli  approvati  dopo  concorso,  e  presentati  dai  pa- 
droni ecclesiastici  ;  quelle  di  padronato  laicale,  ai  presentati  che  dop» 
esame  sieno  giudicati  idonei.  In  tutte  le  dette  presentazioni,  si  abbia 
ragione  del  gradimento  del  governo. 

(4)  Art.  XVI.  —  Nulla  suppressio  fundationum  ecclesiastica  rum  quarum- 
cumque  absque  Apostolicae  Sedis  auctoritatis  interventu  j^aL 


188  CAPITOLO   SESTO 


Il  contrasto  arrivò  al  punto  di  fare  sciogliere  la  conferenza  e 
separarsi.  Vi  fu  chi  propose  di  sostituire  «  Absque  Apostolicae  Se- 
dis  auctoritatis  interventu.  »  Io  mi  ci  opposi  con  tutta  la  forza,  e 
dissi  quanto  seppi  ;  ma  più  tosto,  che  vedere  sciolta  la  tratti  va,  mi 
prestai  ad  ammetterlo,  purché  soggetto  alla  ratifica  di  Nostro  Si- 
gnore. 

L' articolo  XVI,  ora  XVII,  non  poteva  per  parte  loro  incontrare 
opposizione.  Validissima  però  l' incontrò  il  susseguente,  già  XVII, 
sulla  inalienabilità  dei  Beni  Ecclesiastici  (1). 

Questo  articolo  nei  termini  venuti  da  Homa,  fu  onninamente 
rigettato.  E  V.  E.  potrà  facilmente  immaginare  i  motivi.  Io  dal- 
l'altra parte  non  doveva,  ne  ero  autorizzato  ad  ammettere  il  loro.  Il 
dibattimento  fu  lunghissimo,  ed  arrivò  al  punto,  che  si  sciolse  la 
conferenza,  avendo  dovuto  soffrire  anche  il  rimprovero  :  che  per  te- 
nere dietro  a  quel  che  non  sì  ha,  uè  si  avrà  mai,  si  abbandoni  ciò 
che  è  sostanziale  che  è  la  Religione;  aggiungendomisi  di  più  che: 
sapendosi  ciò  da  chi  conviene,  non  può  prevedersi  quel  che  avverrà, 
ed  a  quali  peHpezìe  saranno  esposti  in  tutta  la  Repubblica  Ita- 
liana i  Ministri  stessi  della  Chiesa. 

Nei  successivi  giorni  si  è  nuovamente  fatto  insistere,  per  parte 
del  Ministro  Marescalchi,  sull'ammissione  dell'articolo  XVII,  nei 
termini,  che  di  qui  era  stato  mandato  a  Roma.  La  massima,  che 
veniva  lesa,  è  stata  la  ragione,  per  cui  io  costantemente  mi  ci  sono 
ricusato  ;  e  dall'  altra  parte  pure  si  è  continuato  a  rifiutare  l' arti- 
colo venuto  di  costi. 

Le  cose  adunque  erano  ridotte  al  punto  di  rompere  la  tratta- 
tiva, con  sicuro  disgusto  del  Primo  Console,  e  colla  certezza  di  ve- 
dere rovesciato  affatto  ogni  ordine  religioso  e  disciplinare  nella 
Kepubblica  Italiana. 

In  questa  trista  posizione  mi  posi  a  riflettere,  se  l'omissione  di 
un  simile  articolo  potesse  essere  di  pregiudizio.  Considerai,  che  li 
beni  ecclesiastici,  avendo  intrinsecamente  e  per  tante  leggi,  la  qua- 
lità di  essere  inalienabili,  non  avevano  bisogno  di  una  nuova  san- 
zione. Considerai  ancora,  che  1'  omissione  di  tale  articolo  nulla  po- 


(1)  Art.  XVII.  —  «  ...  declarat  Sanctitay  Sua:  eoa,  qui  bona  Ecclesiae 
alienata  acquisiverunt,  molesti  am  nullam  habitnros,  neque  a  se  neque  a 
ronianis  Pontifìcibus  successoribns  suis  ;  ac  consequenter  proprietas  eo- 
rundem  bonorum,  reditus  et  iiira  iis  inbaerentia,  immutabilia  penes  ipsos 
erunt,  atque  ab  ipsis  causam  babentes.  » 


CONCLUSIONE    DELLE    TRATTATIVE    PER   IL   CONCORDATO       181> 

neva  in  essere  a  favore  della  Repubblica,  ed  in  pregiudizio  della 
Chiesa.  E  dietro  queste  riflessioni,  venni  a  concludere  fra  me,  che 
simile  omissione  non  portava  alcun  pregiudizio. 

Prima  però  di  ciò  esternare,  feci  proporre  per  terza  persona,  un 
articolo,  il  quale  in  generale  salvava  la  massima  ed  era:  Bona 
Ecclesiastica  non  poterunt  alienavi,  neque  ullam  mutationem  subire 
sine  auctoritate  Sedis  Apostolicae  ;  ma  questo  egualmente  fu  rigettato. 

Fu  allora  dunque  che  io  mi  proposi,  se  in  coscienza  potessi  per- 
mettere una  rottura,  o  più  tosto,  salvando  ciò  che  è  di  sostanza  in 
virtù  degli  articoli  convenuti,  ammettere  quello  in  questione.  E  mi 
decisi,  che  il  bene  della  Religione  esigeva  una  tale  pretenzione,  la 
quale,  come  dissi,  non  ledeva  la  qualità  dei  beni  ecclesiastici,  e 
nulla  accordava  alla  Repubblica.  Quindi  è,  che  ne  feci  fare  la  pro-fV" 
posizione,  la  quale  dopo  molta  ripugnanza,  fu  adottata. 

Venuti  in  tal  guisa  d' accordo,  hanno  dimandato,  che  si  proceda 
alla  sottoscrizione,  alla  quale  io  mi  sono  determinato  (1),  e  in  vista 
delle  esposte  ragioni,  e  per  la  riflessione  della  ratifica,  che  deve 
farsene  da  Nostro  Signore.  Esso  nella  sua  saviezza  peserà  quel  che 
conviene.  Vostra  Eminenza  si  è  trovata  in  simili  circostanze,  onde 
mi  saprà  compatire.  Concludo  però,  che  avrei  creduto,  altrimenti, 
di  tradire  la  mia  coscienza,  e  di  malamente  servire  la  Santa  Sede. 

P.  S.  Venuto  in  cognizione,  che  sta  per  partire  a  cotesta  volta 
un  corriere  di  questo  Signore  Ambasciatore  di  Napoli,  io  ne  pro- 
fitto, trasmettendo  a  V.  E.  insieme  con  questo  dispaccio  una  esatta 
copia  latina  del  Concordato  stabilito,  alla  qual  copia  corrisponderà 
di  parola  in  parola  la  traduzione  italiana,  giacché  l' una  e  l' altra 
insieme  si  sottoscriveranno  etc. 


(1)  Va.  notato_,  che  non  vsi  era  ancora  giunti  all'atto  di  sottoscrivere 
questo  disegno  di  convenzione,  convenuta  dai  negoziatori  ;  essendo  che 
il  Marescalclii  non  ne  aveva  ancora  il  potere.  La  stessa  facoltà  di  sola- 
mente trattare  non  gli  fu  data  officialmente  dal  Primo  Console,  se  non 
ai  5  di  settembre,  ossia  otto  giorni  dopo  il  congresso  qui  descritto  dal 
card.  Caprara.  Infatti  così  scriveva  il  Boiiaparte  «  au  citoyen  Marescal- 
chi »,  Saint  Cloud,   18  fructidor  an  XI  (5  settembre  1803)  : 

«  Je  vous  envoie,  Citoyen  Ministre,  des  pouvoirs  ponr  négocier  le 
concordat  de  la  République  italieuue.  Vous  entamerez  une  n(^gociatioii 
sur  l'article  2  ( siilV abolizioìie  delle  lef/gi,  decreti...  di  Melzi),  et  vous  ne 
signerez  rien  jusqu'  à  ce  que  je  vous  aie  fait  connaìtre  nies  intentions  défi- 
nitives  sur  cet  article  (Corresiìondanee.  Vili,  n.   7076).  » 


190  CAPITOLO   SESTO 


Dalla  descrizione  del  congresso  co^  negoziatori  italiani,  fatta 
dal  Caprara  in  questa  sua  lettera,  si  vede  clie  il  plenipotenziario 
pontificio  si  era  condotto  benissimo:  aveva  dato  prova  di  ac- 
cortezza, di  sapienza,  e  di  fedeltà  alle  istruzioni  particolareg- 
giate, inviategli  da  Eoma.  Egli  dunque  poteva  dirsi  contento 
in  massima  parte,  e  soddisfatto  delP  esito  ottenuto. 

Ma  quando  il  Primo  Console,  ossia  il  Presidente  della 
italiana  repubblica,  ebbe  letto  gli  articoli  convenuti,  se  ne 
mostrò  scontento  assai,  e  fece  intendere  la  sua  disapprovazione. 
A.quelPuomo  superbissimo  non  accomodava  punto  il  dover  di- 
"Chiarare  abolite  quelle  leggi,  ch'egli  stesso,  come  ho  già  ac- 
•cennato,  aveva  approvate,  se  pure  non  le  aveva  comandate 
addirittura  alla  Consulta  repubblicana  di  Milano.  Protestò 
dunque  in  iscritto  al  Marescalchi,  ed  a  voce  al  card.  Caprara, 
<3h'egli  non  poteva  acconsentire  alFarticolo  secondo  del  Con- 
cordato. E  quindi  egli  stesso  di  questo  articolo  mandò  il  te- 
nore al  Marescalchi,  ossia  un  cambiamento  tale,  che  se  non 
ne  alterava  in  un  certo  modo  la  sostanza,  ne  diversificava 
moltissimo  la  forma,  oscurandola  e  rendendola  equivoca  som- 
mamente. 

Ecco  come  di  questo  e  di  alcuni  altri  articoli,  il  Bonaparte, 
presidente  della  repubblica  italiana,  comunicava  il  nuovo  testo 
al  Marescalchi,  dalla  Malmaison,  25  fructidor  an  XI  (12  septem- 
bre  1803): 

«  J'approuve  la  rédaction  de  l'article  2  de  la  manière  salvante: 
Art.  2.  Le  présent  concordai  est  substitué  à  toutes  les  lois,  ordon- 
nances  et  règlements  émanés  Jusqu^à  ce  jour  de  la  République  ita- 
lienne  sur  les  matières  de  religion. 

Art.  7.  On  veut  bien  consentir  à  ce  qne  les  administrateurs 
des  hòpitaux,  qui  étaient  jusqu'à  présent  composés  d'ecclésiastiques, 
soient  composés  moitié  civils,  moitié  ecclésiastiques;  mais  il  fau- 
drait  qu'ils  fussent  nommés  par  le  Président  de  la  République,  sur 
la  présentation  de  l'évèque. 

Art.  8.  Il  faudrait  bien  exprimer  que  les  évéques  ne  pourront 


CONCLUSIONE   DELLE   TRATTATIVE   PER   IL   CONCORDATO       191 


nommer  les  curés  et  les  mettre  en  possession,  avant  d'avoir  l'at- 
taché du  gouvernement. 

Et  je  vous  autorise  à  signer  avec  ces  modifica tions  (1).  » 

Si  può  intendere  facilmente  in  quale  imbarazzo  una  co- 
municazione cosiffatta  metteva  il  card.  Oaprara,  ed  insieme  il 
Papa  e  la  S.  Sede,  a  cui  il  Legato  aveva  già  dato  notizia  di 
quanto  erasi  stabilito  e  concertato  nel  congresso:  non  sospet- 
tando mai,  ch'egli  dovesse  trovarsi  nelP obbligo  di  dovere  '>y 
annunziare  siccome  disfatto  o  sospeso  il  già  conchiuso  ! 

Egli  dunque  si  affrettò  di  informar  subito  il  Papa  delle 
mutazioni  sopraggiunte,  col  seguente  importante  dispaccio^ 
dato  in  Parigi  agli  11  di  settembre  1803  : 

«  A  mezzo  il  decorso  sabbato^S  del  corrente,  erano  le  cose  re- 
lative al  Concordato  italiano  nello  stato  e  modo,  che  da  me  fu  de- 
scritto a  V.  E.  con  mia  del  giorno  innanzi.  Ed  io  non  mi  aspet- 
tavo che  di  essere  richiesto  per  la  segnatura  ;  al  quale  effetto,  avendo 
io  fatto  vedere  il  Breve  credenziale  con  le  facoltà  che  mi  ci  auto- 
rizzavano, non  rimaneva  se  non  che  il  Ministro  Marescalchi  fosse 
nelle  debite  forme  rivestito  dal  Primo  Console  dei  pieni  poteri  alla 
segnatura  medesima.  La  mattina  di  Domenica  (4  agosto),  io  vidi  il 
Primo  Console;  ma  non  mi  fece  parola  alcuna  di  Concordato,  né 
io  giudicai  bene  di  promuoverne  discorso.  Nella  sera  stessa  però, 
in  seguito  di  qualche  discorso  fattomi,  ebbi  luogo  di  dubitare,  che 
il  Primo  Console  non  era  soddisfatto  di  quel  che  erasi  concluso  fra 
Marescalchi  e  me;  e  che  in  quei  termini  non  avrebbe  acconsentito, 
che  in  suo  nome  fosse  il  Concordato  sottoscritto. 

«  Un  tal  dubbio  diventò  evidenza  per  me  il  giorno  seguente, 
quando  io  stesso  vidi  avere  scritto  di  proprio  pugno  il  Primo  Con- 
sole, che  assolutamente  non  poteva  né  doveva  ammettere  T  articolo 
secondo,  nei  termini  convenuti,  e  da  esso  letti;  giacché  gli  era  stato 
posto  sottocchio  l'intero  Concordato  modificato  nel  modo,  che  V.  E. 
ha  veduto,  mediante  la  citata  mia  dei  2  corrente. 

«  Quale  io  mi  rimanessi  a  tale  notizia,  lascio  a  V.  E.  l' immagi- 
narlo. In  tutto  il  corso  della  passata  settimana  ho  fatto  quanto 
umanamente  era  possibile  per  garantire  l'Articolo  predetto.  Ho  ri- 


(1)   Correspondance,  Vili,  n.  7099. 


192  CAPITOLO  SESTO 


petuto  mille  volte  l' impedimento  assoluto  di  fare  il  Concordato  senza 
di  quello  articolo;  ed  ho  procurato  per  tutte  le  vie,  che  il  Primo 
Console  si  degnasse  di  ammetterlo.  Tutto  però  è  stato  inutile.  Egli, 
benché  disposto  a  proteggere  la  Religione,  trova  di  non  poter  am- 
inettere  l'articolo  in  questione;  perchè  non  ha  l'autorità  di  abolire 
le  leggi,  ordinanze  emanate  dalla  Repubblica.  E  se  lo  facesse,  in- 

;  frangerebbe  la  Costituzione;  perchè  è  certo,  che  la  Consulta  non  lo 
passerebbe;  perchè  non  vuole  fare  un  atto  cosi  arbitrario,  special- 
mente nelle  convulsioni,  in  cui  è  quella  Repubblica  ;  e  perchè  final- 
mente gli  è  di  troppo  sgradevole,  né  vuole  autorizzare  innanzi  al 

.  mondo,  con  l' ammissione   di   tale   articolo,  di  aver  permesso  delle 
I  leggi,  che  meritano  di  essere  rìvocate. 

«  Io  continuo  a  pratticare  le  possibili  diligenze;  ma  resto  fino  a 
questo  momento  afflitto  per  le  difficoltà  che  affaccia  il  Primo  Con- 
sole, e  più  per  il  passo,  che  ha  dato  scrivendo  al  Ministro  Mare- 
scalchi di  non  potere  ammettere  il  nominato  articolo.  A  questa 
afflizione  si  aggiunge  l' altra,  che  mi  dà  la  previsione,  per  non  dire 
certezza,  delle  più  triste,  e  per  la  Religione  e  per  la  Chiesa  troppo 
funeste  conseguenze,  che  deriveranno  dalla  non  conclusione  del  Con- 
cordato. » 


IV. 


Come  si  può  intendere  di  leggieri,  il  Concordato  già  sta- 
bilito nella  conferenza  de'  29  di  agosto  dovette  rifare  il  cam- 
mino a  ritroso;  e  gli  articoli,  la  cui  modificazione  fu  dettata 
dal  Primo  Console,  più  che  accettati,  furono  imposti  neces- 
sariamente. Ne,  d^  altra  j)arte,  il  Caprara  era  uomo  da  tener 
testa  al  Bonaparte;  quindi  il  buon  Cardinale,  messo  alle  strette 
o  di  ammettere  il  Concordato  con  la  modificazione  degli  articoli 
voluta  dal  Primo  Console,  o  di  rompere  le  trattative  con  la 
sequela  degP  infiniti  mali  datigli  a  vedere  in  prospettiva  foschi 
e  vicini,  dopo  alquanto  di  supplichevole  insistenza  più  che  di 
combattimento,  diede  le  mani  vinte:  e  a' 16  di  settembre  sot- 
toscrisse il  Concordato  nella  sua  quinta  forma  o.  definitiva. 

I  ragguagli  di  questo  ultimo  atto,  che  terminò  le  lunghe 
e  laboriose  negoziazioni  di  due  intieri  anni,  sono  descritti  in 


CONCLUSIONE   DELLE   TRATTATIVE   PER   IL   CONCORDATO       193^ 

una  lettera  in  cifra  che  il  card.  Legato  spediva  al  Consalvi y 
due  giorni  dopo  la  sottoscrizione.  Da  questa  lettera,  dalle 
circostanze  del  tempo  e  soprattutto  delle  persone,  dalla  stessa 
sostanza  degli  articoli  approvati  e  sottoscritti,  da'  giudizii  che 
intorno  a  questo  concordato  furono  portati  dai  cardinali  e 
soprattutto  dal  Consalvi,  ed  infine  da  quanto  poi  in  maniera 
addirittura  fedifraga  fu  operato  dalla  Consulta  milanese  contro 
di  esso,  si  è  costretti  a  giudicare  che  il  card.  Caprara  nel  sot- 
toscrivere quel  Concordato  operò  giudiziosamente.  Egli  seppe 
essere  pieghevole,  e  se  si  vuole  anche  corrivo  nello  stare  alle 
istruzioni  ricevute  da  Eoma,  le  quali  non  gli  acconsentivano 
variazione  alcuna  di  momento  sulParticolo  secondo.  Ma  egli, 
candido  e  schietto,  non  seppe  vedere  differenza  di  sostanza 
in  queste  due  maniere  di  elocuzione:  le  leggi  contrarie  alla 
religione  soìio  abolite  da  questo  Concordato;  oppure:  questo  Con- 
cordato è  sostituito  alle  leggi  passate.  La  videro  grande  alcuni 
cardinali  della  cougregazione  deputata  alP  esame  di  quegli  ar- 
ticoli, e  la  rilevarono  con  assai  accorgimento.  Ma  fu  vera  prov- 
videnza, così  almeno  ne  sembra,  che  il  card.  Caprara  fosse  stato 
scelto  a  quelPopera  :  se  invece  di  lui  si  fosse  trovato  il  card.  Di 
Pietro,  Dio  sa  se  gli  avvenimenti  avrebbero  permesso,  che 
di  lì  a  non  poco  Pio  VII  deponesse,  insieme  col  crisma,  il 
paludamento  imperiale  sulle  spalle  del  Bonaparte. 

Ora  odasi  il  Caprara  a  raccontare  quanto  fece  nel  giorno 
16  settembre  del  1803. 

Cifra  del  Sig.  Card.  Legato  al  Sig.   Card.  Segretario  di  Stato. 

Parigi  18  Settembre  1803. 

La  resistenza  per  parte  del  Primo  Console  nel  non  volere  am- 
mettere r  articolo  II,  nei  termini  conosciuti  da  V.  E.  per  mezzo 
della  copia  di  Concordato  da  me  inviatale  in  data  dei  2  corrente, 
anziché  diminuire  si  è  resa  maggiore,  ed  è  giunta  alla  decisiva  di- 
chiarazione di  non  volerne  intendere  parlare. 

Con  mia  antecedente  degli  11  descrissi  a  V.  E.  le  ragioni,  per 
le  quali  esso  Primo  Console  si  ricupera  dal  prestarvisi.  Seguitò  poi 

RxNiERi.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX.  —  VoL  II.  13 


^ 


194  CAPITOLO   SESTO 


il  medesimo  con  chi  ne  ha  seco  parlato  ad  esprimersi,  che  il  ten- 
tare solo  di  persuaderlo  è  una  patente  ingiuria;  come  è  una  mas- 
sima ingiustizia  di  pretendersi  che  esso  segni  un  atto  cosi  umi- 
liante: cosa  a  cui  il  mondo  intero  non  potrà  mai  indurlo. 

«  Io,  prosiegue  a  dire  (il  Primo  Console)^  ho  avuto  bisogno  di 
«  impiegare  tutta  la  mia  autorità  per  indurre  tutti  i  componenti  la 
«  Consulta  a  condiscendere,  che  si  faccia  un  Concordato,  quale  però 
'<  ho  sempre  detto,  che,  se  deve  porre  un  ordine  stabile  nelle  cose 
«  ecclesiastiche,  non  deve  però  in  modo  alcuno  né  essere  ingiurioso, 
«  né  umiliante,  né  insultante  :  e  tale  sarebbe  il  Concordato  col  se- 
«  condo  articolo.  Se  il  Santo  Padre,  e  chi  agisce  per  esso  vogliono 
«  conoscere  e  procurare  il  vero  bene  per  la^^  Religione,  si  contentino 
«  di  temperamenti  che  salvino  loro,  e  non  disonorino  la  Repubblica. 
«  Questi  sono,  conclude,  i  sentimenti  che  nudrisco,  e  dai  quali  non 
«  mi  dipartirò  giammai.  » 

Obbligato  a  conoscere  e  la  fermezza  del  Primo  Console,  e  lo 
stato  infelice  della  Repubblica  Italiana,  ove  certamente  l'esempio 
della  Baviera  sarebbe  seguito  e  oltrepassato,  se  non  ha  luogo  il 
Concordato;  mi  sono  studiato  di  scoprire  quali  fossero  quei  tem- 
peramenti, che  potrebbero  riguardarsi  di  comune  convenienza.  Mi  è 
stato  allora  replicato:  «  tutto  quello  che  suona  direttamente  o  revoca, 
«  0  abolizione  di  leggi,  decreti  ecc.,  é  impossibile  che  si  ammetta 
«  dal  Console.  Egli  stesso,  si  é  continuato  a  dirmi,  non  per  altro 
«  fine  desiderando  il  Concordato,  che  per  proteggere  la  religione 
«  nella  Repubblica  Italiana,  e  mettere  in  salvo  i  suoi  Ministri,  ha 
«  steso  un  articolo  con  cui,  senza  dirlo,  vengonsi  ad  abolire  le  leggi 
«  e  decreti,  precedentemente  emanati  in  materie  religiose,  poiché 
«  a  tali  leggi,  e  decreti  sostituisce  il  Concordato:  in  tal  guisa  Roma, 
«  continuossi  a  dirmi,  non  può  più  dire  che  la  preesistenza  di  tali 
«  leggi  la  mette  fuori  di  stato  di  fare  convenzioni,  né  può  dolersi 
«  che  le  leggi  sostituite  non  sieno  secondo  i  principii  di  disciplina; 
«  e  sfido  chiunque,  dice  il  Primo  Console,  che  in  questi  tempi 
«  faccia  un  Concordato  con  articoli  della  natura  di  quelli,  che  pos- 
«  sono  concretarsi  nella  convenzione  di  cui  si  tratta.  » 

A  tale  proposizione  io  dissi  allora  :  «  desidero  che  il  Primo  Con- 
«  sole  si  degni  persuadersi,  che  tanto  Nostro  Signore,  quanto  chi 
«  agisce  per  lui,  nulla  più  bramano  se  non  che  esso  Primo  Console 
«  continui  a  proteggere  la  religione,  e  la  Chiesa;  che  ben  cono- 
«  scono  il  gran  sbilancio  che  ad  esse  ne  risulterebbe,  se  egli  si  po- 
«  nesse  solo  nello  stato  d'  indifferenza  ;  e  che  io   stesso   principal- 


CONCLUSIONE   DELLE  TRATTATIVE   PER   IL   CONCORDATO      195 

«  mente,  incaricato  della  trattativa  del  Concordato,  alle  condizioni 
«  da  esso  Primo  Console  conosciute  dalle  stesse  mie  particolari  istru- 
«  zioni,  mi  sarei  fatto  carico  di  sottoporre  alla  decisione  di  Sua  San- 
«  tità  il  nuovo  articolo  da  esso  imaginato  per  surrogarsi  a  quello, 
«  che  sfortunatamente  Egli  crede  di  non  potere  ammettere.  » 

«  Questo  è  appunto,  mi  fu  risposto,  ciò  che  il  Primo  Console 
«  non  vuole;  dicendo  che  appunto  per  aver  veduto  le  mie  istru- 
«  zioni,  io  non  mi  posso  tirare  indietro  dal  sottoscrivere  il  Concor- 
«  dato;  perchè,  se  il  nuovo  articolo  differisce  nelle  parole,  salva  la 
«  intera  sostanza^  e  conduce  allo  scopo  che  Roma  si  era  prefisso, 
«  senza  che  manchisi  alle  convenienza  di  chicchessia.  » 

Facilmente  V.  E.  imaginerà,  che  ridotte  le  cose  allo  stato  fin 
qui  descritto,  e  vedendo  Fimpossibilità  di  rimuovere  il  Primo  Con- 
sole dalla  presa  risoluzione,  tutto  il  mio  studio  ha  consistito  nel- 
l'ottenere,  che  mi  si  permettesse  di  rimettere  al  giudizio  del  S.  Padre 
un  oggetto  si  sostanziale,  e  di  tanta  importanza,  ed  essere  dispen- 
sato dal  segnare  il  Concordato  fino  all'arrivo  delle  risposte. 

Questo  ancora  mi  è  stato  negato,  dicendomisi  che  ciò  è  un  sut- 
terfugio  di  mia  parte,  che  non  fa  che  maggiormente  irritare  il  Primo 
Console,  e  confermarlo  nella  idea,  che  tutti  quelli  che  tengono  alla 
Corte  di  Roma  non  vogliono  che  quello  che  vogliono  ;  e  che  col 
prender  tempo  si  lusingano  di  trovar  mezzi  da  cambiare  le  cose. 
Mi  è  stato  aggiunto,  che  universalmente  si  è  detto  al  Primo  Con- 
sole, che  io  non  posso  ricusare  ragionevolmente  di  prestarmi  alla 
segnatura  nei  termini  da  esso  progettati;  poiché  dicono  non  potersi 
trovare  espediente  più  savio;  il  quale  metta  a  coperto  le  parti  con- 
traenti. E  finalmente  mi  è  stato  concluso,  che  dalla  segnatura  da 
farsi  ora  del  Concordato  concepito  nei  termini  da  esso  Console  pro- 
gettati, sia  rispetto  al  secondo  articolo  che  ora  diviene  XXI,  sia 
in  ordine  alle  variazioni,  dal  medesimo  pure  volute  nei  due  arti- 
coli XI  e  XII,  dipendeva  o  la  esistenza  della  religione  cattolica 
e  la  conservazione  dei  suoi  ministri  nella  Repubblica  Italiana,  o  il 
rovescio  totale  dell'una  e  degli  altri:  di  che  sarò  responsabile  col- 
l'ostinarmi. 

Ho  messo  in  opera  tutti  i  mezzi  per  trarmene  fuori,  ma  inu- 
tilmente; e  non  trovando  modo  da  impedire  il  rovescio  minacciato, 
e  quale  purtroppo  avrebbe  luogo;  facendomi  presente,  che  il  Primo 
Console  cosi  vuole;  che  il  non  prestarcisi  lo  allontana  affatto  dai 
sentimenti  chenudre  in  favore  della  religione  e  della  Chiesa;  che  un 
tale  allontanamento  produce  delle  conseguenze  troppo  orribili  e  funeste 


196  CAPITOLO   SESTO 


in  tutti  i  sensi  e  rapporti  ;  ho  creduto  di  prestarmi,  come  ho  fatto 
avanti  ieri,  alla  segnatura  del  Concordato,  il  quale  se  da  N.  S.  sarà 
giudicato  nella  sua  saviezza  di  ratificare,  avrà  il  suo  effetto  :  in 
caso  diverso  la  mia  segnatura  non  porrà  niente  in  essere. 

Non  debbo  pero  in  coscienza  lasciare  di  far  osservare,  che  per 
parte  del  Primo  Console  il  partito  è  preso  ;  e  che  per  parte  della 
Eepubblica  Italiana  tutto  è  da  aspettarsi  con  celerità  e  precipizio. 
Quindi  assolutamente  diminuiti  i  Vescovati,  le  Parrocchie  ridotte 
a  quel  numero  che  Dio  vorrà;  i  parrochi  condotti  alla  miseria;  ab- 
bandonato in  mano  dei  secolari  ogni  esercizio  di  giurisdizione  ec- 
clesiastica; illaqueate  cosi  sommamente  le  coscienze  de'  Vescovi,  e 
generalmente  dei  parrochi,  con  quel  di  più  che  può  vaticinarsi  da 
una  sovversione  di  tal  natura. 


V. 


Saputosi  in  Roma  Pavvenuto  cambiamento,  e  conosciuta 
la  sottoscrizione  del  nuovo  Concordato,  fatta  dal  Oaprara  nella 
maniera  e  nelle  circostanze,  che  vengono  riferite  nella  sua  let- 
tera de'  18  settembre,  si  diede  conoscenza  di  ogni  cosa  a'  car- 
dinali della  congregazione.  Furono  loro  consegnati  gli  ultimi 
atti  di  tutta  la  trattativa,  stampati  a  bella  posta,  tra  i  quali  un 
foglio  conteneva  gli  articoli  modificati  posti  in  confronto  degli 
approvati  prima.  Questi  si  riducevano  a  tre:  L^XI  relativo  alle 
persone  da  eleggersi  alla  direzione  delle  opere  pie  ;  il  XII  che 
regolava  le  nomine  alle  parrocchie;  e  il  XXI,  che  versava 
sul  punto  capitale  della  rivocazione  delle  leggi  e  decreti  con- 
trarli alla  religione  (1).  Intorno  alP  approvazione  di  cotesti 
articoli,  chiedevasi  a'  dodici  cardinali  della  congregazione  il  loro 
parere  in  iscritto. 

Si  può  dire,  che  tutti  in  somma  approvarono  e  gli  articoli 
e  Poperato  dal  card.  Legato.  Molti  cardinali  però  fecero  delle 
gravi  osservazioni  intorno  al  tenore  massimamente  delParti- 


(1)  Vedine  sopra  il  teucre. 


CONCLUSIONE   DELLE   TRATTATIVE   PER    IL   CONCORDATO       197 

colo  Xi,  e  intorno  alla  maniera  scaltra  sempre  e  violenta,  colla 
quale  il  Bonaparte  veniva  a  capo  de'  suoi  voleri. 

Kiservo  all'appendice  de' documenti  il  voto  grave,  riposato, 
eruditissimo  del  card.  Antonelli;  il  quale,  dopo  avere  esposte 
storicamente  le  vicende  delle  trattative  durate  lo  spazio  di 
due  anni;  e  dopo  aver  dichiarato,  che  negli  articoli  XI  e  XII  il 
governo  si  piglia  una  dominazione,  che  non  gli  compete,  sulle 
nomine  de'parrochi  e  de' preposti  alle  congregazioni  per  le 
opere  pie,  i  quali  articoli  egli  dice  che  il  S.  Padre  se  non  li 
approva,  li  può  tollerare,  passa  all'esame  dell'articolo  XXI, 
«ol  quale  alla  soppressione  delle  leggi  antiecclesiastiche  si  sur- 
roga la  sostituzione  del  nuovo  Concordato. 

«  Questo,  dice  l'Antonelli,  è  tutto  il  nodo  della  presente 
disputa.  Sostiene  il  Primo  Console,  che  con  questo  nuovo  ar- 
ticolo di  sostituzione  o  surrogazione  vengasi  ad  abolire  le  leggi,  y^ 
e  decreti  precedentemente  emanati  in  materie  religiose:  poiché 
a  tali  leggi  e  decreti  si  sostituisce  il  Concordato.  Ora  io  penso 
altrimenti;  e  credo,  che  oltre  l'incoerenza...,  non  vi  sia  nel 
progettato  articolo  XXI  ne  la  verità  dell'abolizione  ricercata, 
ne  la  dignità  del  Papa  se  l'accettasse,  uè  la  pubblica  edifica- 
zionCj  e  riparazione  dello  scandalo,  se  fosse  eseguito  (1).  » 

E  come  FAntonelli,  sottosopra  giudicarono  quasi  tutti  i 
Cardinali:  è  da  sentire  il  voto  di  alcuni,  che  furono  rimessi 
al  S.  Padre  colla  data  de'  2  ottobre  1803. 

Il  card.  Della  Somaglia  esordisce  con  queste  considerazioni, 
degne  di  essere  riferite:  «  Grand' è  la  pena  e  la  indignazione 
che  provar  debbono  nell'interno  dell'animo  loro  le  persone 
dabbene,  alla  vista  della  ingiusta  e  violenta  condotta,  che  si 
tiene  col  venerando  Capo  della  Chiesa  nell'affare  dell'italico 
Concordato.  Né  di  siffatta  ingiustizia  e  violenza  occorre  ad- 
ditamele prove,  poiché  ad  evidenza  risultano  dalla  serie  istorica 
de' fatti  precedenti  e  concomitanti  il  trattato  infelice. 


(1)  Vedi  l'intero  testo  nel  Docum.  XXVII. 


198  CAPITOLO   SÈSTO 


«  Ma  questa  violenza  medesima,  che  tanto  più  dee  stringere 
nel  luogo  ove  si  tratta  l'affare,  serve  di  qualche  scusa  al  card.  Le- 
gato, il  quale  io  non  comprendo  come  abbia  riferito  senza  con- 
futarlo il  detto  del  Primo  Console,  che  ha  preteso  dal  Legato  la 
soscrizione  in  vigore  delle  istruzioni  stesse  di  Eoma,  cVei  van- 
tavasi  di  sapere.  Or  com'è  questo  mai?  Non  toglievano  anzi 
quelle  istruzioni  al  Legato  la  facoltà  di  scrivere,  quando  non 
si  fosse  convenuto  su  due  o  tre  punti,  e  specialmente  sull'ar- 
ticolo XI  nella  forma  di  qua  spedita?  Se  questo  è,  come  il 
Legato  si  lascia  strappare  dalle  mani  la  soscrizione,  ed  egli 
stesso  riferisce  il  fatto,  nulla  rileva  in  contrario!  Io  non  com- 
prendo questo  mistero;  e  così  pure  non  intendo  perchè  il 
card.  Legato,  vedendo  l'importanza  di  guadagnar  tempo  nella 
crisi  attuale,  che  può  aver  grande  influenza  sul  futuro  Stato 
d' Italia,  non  siasi  giovato  di  una  opportunità,  che  la  parte 
medesima  contraente  gli  somministrava.  Ma  checche  sia  di  ciò, 
venghiamo  più  strettamente  alle  questioni  propostB.  » 

Alle  quali  rispondendo,  il  card.  Della  Somaglia  approva  poi 
tutti  gli  articoli.  E  del  XXI  così  discorre:  «  Questo  articolo, 
unito  all'antecedente  XX,  pare  anzi  mettere  sotto  quel  migliore 
aspetto,  di  cui  era  suscettibile,  il  medesimo  Concordato;  il 
quale  coli'  essere  sostituito  a  tutte  le  leggi,  ordinazioni,  de- 
creti..., viene  a  togliere  realmente  e  sostanzialmente  di  mezzo 
tutte  esse  leggi,  costituzioni  e  decreti.  » 

Né  diversamente  giudicava  questo  stesso  articolo  il  card. 
Stefano  Borgia.  Egli  dimostra,  che  nel  comandarne  il  tenore,  il 
Primo  Console  ha  contradetto  a  se  stesso.  Infatti,  secondo  la  let- 
tera del  card.  Legato  (11  settembre  1803),  il  Bonaparte  dichia- 
rava di  non  avere  autorità  di  rivocare  le  leggi  della  repubblica, 
anzi  d' infrangere  la  costituzione^  come  sembra  vagli  di  fare,  se 
dichiarava  abolite  quelle  leggi  votate  dalla  repubblica  italiana 
contro  la  religione,  secondo  il  tenore  dell'articolo  romano  da  lui 
non  voluto.  E  poi  nell'altra  lettera  del  Legato  (18  settembre) 
lo  stesso  Bonaparte  annunziava,  che  col  nuovo  articolo  sosti- 


CONCLUSIONE   DELLE  TRATTATIVE   PER   IL   CONCORDATO       199 

tuito  al  romano,  «  senza  dirlo,  vengonsi  ad  abolire  leggi,  ecc., 
poiché  a  tali  leggi...  sostituisce  il  Concordato.  Felicissima  in- 
terpretazione !  esclama  il  card.  Borgia.  Ma  io  non  trovo  nel 
codice  questa  nuova  foggia  di  abolire  le  leggi,  senza  dirlo;  ^y^ 
trovo  però  bene,  che  la  legge  si  presume  vigente,  se  non  si 
prova- essere  andata  in  desuetudine  (lib.  I,  tit.  17,  Leg.  I,  De 
veteri  iure  enucleando);  ovvero,  se  non  vi  è  una  legge  contraria 
(Ibid.  Leg.  2).  Così  con  tutto  il  suhstituitur,  ci  troveremo  da 
un  canto  colle  leggi  veglianti  contro  la  religione,  e  dalP  altro 
avremo  il  Concordato.  Quelle  in  pieno  vigore;  questo  in  piena 
osservanza,  ma  in  quelle  parti  che  favoriscano  la  Repubblica 
ed  il  suo  Presidente.  » 

Questa  riflessione  del  card.  Borgia  è  assai  acuta,  ma  dava  ,->. 
nel  segno.  Venuto  però  al  punto  di  consigliare  al  Papa  P  am- 
missione o  no  dell'articolo,  il  Borgia  si  contiene  nel  dubbio^ 
Il  segretario  della  congregazione,  Mgr  Bertazzoli,  così  di- 
scorre intorno  a  questo  medesimo  articolo:  «  Veggo  pur  troppo,^ 
che  Fabolizione  non  è  espressamente  dichiarata  (come  si  era 
promesso  di  fare).  Veggo  ancora,  che  questa  sostituzione  ci 
dice  al  più  implicitamente  la  cessazione  delle  leggi,  ma  non 
significa  che  le  leggi-  sieno  cattive,  o  emanate  da  illegittima 
autorità. 

«  Tuttavia  quest^  articolo  (sebbene  in  sostanza  ed  in  sé  non 
cattivo)  resta  imperfetto,  e  non  quieta.  Quindi  non  troverei 
altra  strada,  che  attaccarsi  alla  promessa  e  buona  fede  del 
Presidente...  » 

Giudicarono  cosi  'tollerabili  questi  articoli  il  Di  Pietro,  il 
Caselli,  Albani,  Carandini,  Carafa,  Consalvi,  ecc.  Che  cosa  pen- 
sasse in  maniera  piìi  esplicita  il  card.  Consalvi  di  questo 
Concordato,  vedremo  tra  breve. 


^00  CAPITOLO   SESTO 


VI. 


Insieme  con  la  lettera,  clie  annunziava  V  avvenimento  del 
concordato  sottoscritto,  il  card.  Caprara  ne  significava  la  ma- 
niera della  conclusione  con  un  biglietto,  dato  nello  stesso  tempo 
(18  settembre),  nel  quale  diceva: 

«  Premesse  tutte  le  consuete  formalità,  nel  giorno  di  venerdì  16 
:andante,  fu  da  me  segnato  il  Concordato  colla  Repubblica  Italiana, 
e  dal  cittadino  Marescalchi  in  nome  e  vece  del  Primo  Console,  da 
<5ui  ne  era  stato  autorizzato  nelle  forme  debite  «  consuete. 

«  I  termini  coi  quali  è  stato  concluso  il  Concordato,  V.  E.  li  vede 
dalle  qui  unite  carte,  che  sono  le  originali,  sottoscritte  da  ambidue, 
e  munite  dei  respettivi  sigilli. 

«  Come  TE.  V.  osserverà,  debbono  qui  cambiarsi  le  ratifiche  dentro 
lo  spazio  di  due  mesi.  Ella  dunque,  qualora  Nostro  Signore  si  degni 
condiscendere  alla  ratifica,  abbia  la  bontà  di  farmela  giungere  a 
tempo  opportuno  (1).  » 

La  ratificazione  del  S.  Padre  partì  da  Eoma  a'  6  di  no- 
vembre (2);  quella  del  Primo  Console  essendo  pronta,  i  due 
plenipotenziarii  se  ne  cambiarono  mutualmente  gli  esemplari, 
sottoscritti  da'  rispettivi  sovrani,  a'  16  di  novembre  1803  in 
Parigi  (3). 

E  così  ebbero  termine  le  trattative  per  la  conclusione  di 
un  concordato  tra  la  S.  Sede  e  la  Eepubblica  italiana.  Il  quale, 
per  essere  stato  concepito  e  generato  sotto  gli  stessi  auspicii 


(1)  Archiv.  Yatic,  Italia  Ajipendice,  voi.  XIX.  In  questo  volume,  e 
nel  XX  trovansi  tutti  i  documenti  sopra  citati.  Le  carte,  di  cui  qui 
jjarla  il  Caprara,  comprendono  il  processo  verbale  della  segnatura;  ve- 
dile nel  Docum.  XXYIII. 

(2)  Vedila  nel  Bocum.   XXYIII. 

(3)  Vedine  il  processo  verbale  e  il  testo  delle  ratificazioni  nel  Docu- 
mento XXVIII.  Ai  16  di  novembre  fu  fatto  il  cambio  materiale  degli  atti  ; 
Sbì  2  decembre,  essendo  pronte  le  ratificazioni,  fu  fatta  la  reciproca  tra- 
dizione degli  strumenti. 


CONCLUSIONE   DELLE   TRATTATIVE   PER   IL   CONCORDATO       201 


del  suo  germano  concordato  con  la  Eepubblica  francese,  fu 
sottoposto  alla  stessa  fortuna  di  trovarsi,  nel  suo  stesso  na- 
scere, accompagnato  e  sopraffatto  da  aggiunte,  le  quali  col 
nome  di  articoli  organici,  ossia  di  una  vera  superfetazione , 
fecero  perdere  la  significazione  genuina  del  contratto  bilate- 
rale, pattuito  tra  le  due  Potenze;  e  così  il  concordato  divenne 
discordia. 


CAPITOLO  SETTIMO 

Gli  articoli  organici  del  (concordato 
tra  la  S.  Sede  e  la  Repubblica  italiana 


SOMMARIO  : 

I.  Soddisfazione  provata  in  Roma  per  il  concordato  italiano,  conchiuso 

e  ratificato  solennemente. 

II.  I  decreti  pubblicati  in  Milana  dal  vicepresidente  Melzi  a'  26  di  gen- 
naio 1804  guastano  il  concordato,  oifendono  la  S.  Sede,  clie  ne  con- 
sidera come  sospesa  V  obbligazione.  Lamentanza  del  Papa  al  Primo 
Console;  avvisi  e  istruzioni  del  Consalvi  al  card.  Legato. 

III.  Risposta  del  Primo  Console  al  Pajia  ;  e  provvedimenti  presi  in  Milano 
j  intorno  alle  cose  ecclesiasticbe  coi  decreti  del  22  maggio  e  8  giugno  1805. 

Il  Papa  disapprova  quei  decreti,  come  contrari!  alla  disciplina  della 
Chiesa. 

IV.  Il  concordato  italiano  fu  il  primo  germe  della  dissensione  tra  Na- 
poleone e  Pio  VII  in  materia  ecclesiastica. 

V.  Epilogo. 


I. 


Tra  tutte  le  opere  politico-religiose,  nelle  quali  il  Bona- 
parte  ebbe  messo  la  mano,  il  Concordato  tra  la  Santa  Sede 
e  la  repubblica  francese,  e  in  ispecie  quello  conchiuso  con  la 
lepubblica  italiana,  fu  Fopera  che  riscosse  maggiore  approva- 
zione dai  buoni,  e  dalla  stessa  Sede  Apostolica.  «  Si  è  fatto, 
scriveva  il  Oonsalvi  '  dandone  notizia  a'  rappresentanti  pon- 
titicii  nelle  varie  corti  europee,  si  è  fatto  il  concordato  ec- 
clesiastico con  la  repubblica  italiana;  e  nella  posizione  delle 
cose  in  quella  repubblica,  e  nel  secolo  in  cui  viviamo,  credo 
^che  ci  sia  da  esserne  contenti  non  poco  (1).  » 


(1)   Cifra  a'  Nunzìi,  15  ottobre  1803  (Archiv.  Vatic,  voi.  cit.). 


GLI   ARTICOLI   ORGANICI   DEL   CONCORDATO  203 

Entrando  più  ne^  particolari  e  nello  spirito,  onde  fu  com- 
posta questa  convenzione  tra  le  due  potestà  governatrici  dei 
popoli,  così  ne  scriveva  lo  stesso  Oonsalvi  dopo  lo  scambio 
delle  ratificazioni,  cioè  quando  poteva  comunicare  a^  Nunzii 
i  ragguagli  sicuri  del  tenore  e  delP  importanza  delle  cose,  che 
erano  state  conchiuse  in  quel  concordato  a  vantaggio  della 
religione. 

Cifra  a'  Nunzii^  16  Gennaio  1804. 

Tutte  le  relazioni  mi  portano  che  la  Republica  Italiana,  e  per 
essa  il  corpo  legislativo,  è  rimasta  assai  mal  soddisfatta  dal  nuovo     -  / 

Concordato,  dicendo  che  E-oma  vi  sta  assai  meglio  che  ai  tempi  di 
Giuseppe  II.  Io  mi  lusingo,  eh'  Ella  ravviserà  in  questo  Concor- 
dato, riflettendo  alle  circostanze  dei  tempi,  un  vero  trionfo  della 
Religione. 

La  revoca  di  tutte  le  leggi  fatte  in  materia  di  religione  dalla 
Repubblica  Italiana  è  una  cosa,  che  ha  del  miracoloso  che  siasi  ot-  /^ 
tenuta,  se  ben  ci  si  riflette.  L'altro  articolo  che  fissa,  che  in  tutto 
ciò  che  non  è  espressamente  stabilito  nel  Concordato,  si  proceda  con 
le  regole  della  Chiesa,  è  pure  un  altro  punto  che  ha  un  prezzo  ve- 
ramente infinito.  Tanti  altri  articoli  disciplinari  sono  di  un  merito 
impareggiabile,  fissando  massime,  che  da  qualche  tempo  sono  pur  j 
troppo  attaccate  e  violate  in  quasi  tutti  gli  Stati,  non  che  nella  | 
Republica  suddetta.  I  sacrifizi  che  si  sono  fatti  delle  nomine  ai 
Vescovadi,  e  nel  rilascio  dei  beni  alienati  nella  rivoluzione,  oltreché 
nelle  circostanze  erano  indispensabili,  hanno  un  abbondante  com- 
penso in  quel  che  si  è  guadagnato  ;  e  cosi  la  cessione  delle  nomine 
alle  Parrocchie.  Due  soli  piccoli  Vescovadi  si  sono  soppressi,  e  sal- 
vati i  loro  Beni.  Insomma  mi  sembra,  che  ci  sia  di  che  veramente 
rallegrarsi  di  un  Concordato  simile  in  si  fatti  tempi,  e  averne  buon 
grado  alla  religione  e  ragionevolezza  del  Primo  Console. 

Devo  su  di  ciò  avvertirla,  che  nella  copia  ratificata  dal  Primo 
Console  si  scorge  una  alterazione,  che  qui  è  sommamente  dispia- 
ciuta; ed  è  che  in  ogni  articolo,  in  cui  si  nomina  il  Papa  e  il  Pre- 
sidente, si  è  inverso  l'ordine,  e  data  a  questo  la  pi-eferenza  contro  — 
la  dignità  del  Capo  della  Chiesa,  e  lo  stile  antichissimo  di  tutti  ,^_ 
i  Sovrani.  Si  ha  luogo  a  credere,  che  ciò  sia  stato  alterato  in  Mi- 
lano. Ella   lo  sappia  per  distruggere  lo  scandalo,  e   forse  il  fatale 


^04  CAPITOLO   SETTIMO 


esempio  che  possono  prendere  altri;  e  dica  pure,  che  gli  originali 
sono  diversi,  avendo  ìq  essi  il  Papa  e  il  suo  plenipotenziario  la 
preferenza  (1). 

I  vantaggi,  de'  quali  il  Oonsalvi  rialza  V  importanza  per 
la  religione  in  questo  concordato,  vanno  considerati  in  rela- 
zione delle  circostanze,  in  mezzo  alle  quali  fu  conchiuso.  In- 
fatti essendosi  la  repubblica  cisalpina,  o  giacobina,  che  fa  lo 
stesso,  impossessata  di  tutti  i  beni  ecclesiastici;  avendo  di- 
strutto gli  ordini  religiosi,  e  perseguitato  tutto  il  clero  che 
non  avesse  benedetto  gli  alberi  della  libertà,  o  chiuso  occhi 
e  bocca  dinanzi  alle  ladrerie  ed  alle  empietà  di  ogni  fatta 
commesse  da'  nuovi  governatori  de'  popoli  ;  e,  per  dire  tutto 
in  poco,  dopoché  la  repubblica  cisalpina  si  era  arrogato  il 
pieno  governo  delle  chiese  e  del  clero,  fu  una  vera  benedizione 
-che  la  repubblica  italiana  di  un  cotal  pieno  governo  cedesse 
la  metà  al  Papa  ed  ai  vescovi  :  questo  è  il  lato  giusto,  dal 
-quale  il  Consalvi  considerava  il  concordato  teste  conchiuso,  e 
ne  dichiarava  1  vantaggi. 

Ed  in  oltre,  a  considerarlo  come  norma  che  stabiliva  l'ac- 
<}ordo  tra  le  due  potestà,  in  quel  trattato  si  trovavano  molte 
«ose,  che  a' nostri  giorni  si  desidererebbero  assai.  Per  addi- 
tarne alcune,  l'articolo  XI  esigeva  che  le  opere  pie  fossero 
governate  da  un  egual  numero  di  ecclesiastici  e  di  secolari.  — 
L'articolo  XVII  diceva  :  Eesta  severamente  proibito  tutto  ciò, 
<ìhe  o  colle  parole  o  col  fatto  o  in  iscritto  tenda  a  corrompere  i 


(1)  Quest'  alterazione  si  può  scorgere,  confrontando  il  testo  come  è 
riferito  nell'Appendice  di  questo  volume  {Documento  XXIX)  con  quello  ri- 
ferito dal  Theiner  (II,  270).  In  fatti  nel  testo  di  questo  autore  si  legge: 
«  Il  Presidente  della  Repubblica  Italiana,  Primo  Console  della  Repub- 
blica Francese,  e  Sua  Santità  il  Sommo  Pontefice  Pio  VII,  hanno  re- 
spettivamente  nominato  :  il  Presidente  della  Repubblica  Francese  il 
Cittadino  Ferdinando  Marescalchi.. .  Sua  Santità  l' Eminentissimo  Si- 
gnor D.  Giovanni  Battista  Caprara »  Un  tale  stile,  non  mai  adoperato 

né  dagli  imperatori  ne  dai  re    delle  stirpi   passate,  dimostra  nel  Bona- 
parte  il  lato  debole  del  parvenu. 


GLI   ARTICOLI   ORGANICI   DEL   CONCORDATO  205- 

buoni  costumi^  o  al  disj^rezzo  della  religione  cattolica  e  de'  suoi 
ministri.  —  E  Particelo  XVIII  :  Il  clero  sarà  esente  da  ogni 
sorta  di  servizio  militare.  —  E'  nel  XX  si  dichiarava,  che  gli 
Oggetti  ecclesiastici  non  compresi  nel  Concordato,  sarebbero 
trattati  a  tenore  della  vigilante  disciplina  della  chiesa;  e  che 
le  difficoltà,  possibili  a  sorgere,  sarebbero  concertate  tra  il 
Papa  e  il  capo  del  governo.  Cose  tutte,  della  cui  assenza  tal 
governo  che  si  dice  liberale  si  adorna  e  si  glorifica! 


IL 


Ma  la  concordia,  che  doveva  portare  alla  nuova  repubblica 
frutti  di  prosperità  duratura,  e  brillare  dinanzi  a'  popoli  come 
stella  di  pace  e  ara  di  cittadina  sicurezza,  morì  quasi  nel  suo 
stesso  nascere  per  colpa  insigne  di  coloro  medesimi,  che  ave- 
vano concorso  alla  sua  faticosa  apparizione  alla  luce  del  ciela 
repubblicano.  Se  il  Primo  Console  ebbe  il  primo  merito  nella 
conclusione  di  quel  concordato,  non  gli  si  può  negare  il  bia- 
simo di  avere  acconsentito  alLi  pubblicazione  contemporanea 
di  quegli  articoli,  i  quali  per  opera  della  Consulta  milanese  ne 
accompagnarono  la  promulgazione  e  ne  guastarono  fino  dal 
principio  P  efficacia  riparatrice. 

Infatti  sino  dagli  ultimi  del  decembre  del  1803  si  ebbero 
notizie  in  Eoma,  che  il  governo  di  Milano  non  era  contento 
del  trattato,  ma  che  il  Prino  Console  aveva  resistito  e  richie- 
stone l'approvazione  solenne: 

«  Si  hanno  sicure  notizie,  scriveva  il  Consalvi  (17  decembre  1803) 
dal  Card.  Legato,  che  la  Consulta  legislativa  di  Milano  siasi  prote- 
stata a  Parigi,  ne'  più  solenni  termini,  di  non  volere  ammettere  nella 
massima  parte  il  Concordato  fatto  con  la  Repubblica  Italiana,  sti- 
mandolo troppo  vantaggioso  a  Roma  e  contrario  alle  correnti  mas- 
sime del  secolo;  ma  il  Primo  Console  ha  tenuto  fermo;  e  malgrado 
tutto  ciò  lo  ha  ratificato,  sicché  fra  pochi  giorni  si  dovevano  con- 
signare  e  cambiare  le  rispettive  ratifiche. 

«  Questa  contrarietà  del  corpo  legislativo  di  Milano,  che  deve  poi 


206  CAPITOLO   SETTIMO 


darne  la  sanzione,  non  so  se  produrrà  che  il  Concordato  tardi  a 
pubblicarsi,  finché  il  Primo  Console  lo  creda  opportuno,  come  ac- 
cadde di  quello  con  la  Francia...  Tanto  è  vero,  che  è  al  solo  Primo 
Console  che  si  deve  tutto  il  bene  della  religione  in  detti  luoghi.  Ella 
su  questa  opposizione  del  Corpo  legislativo  di  Milano  osservi  il  più 
profondo  silenzio  (1).  » 

Ora,  fìao  da^  30  di  settembre,  nel  qual  giorno  il  Melzi  in- 
viava a  Parigi  la  confermazione  del  concordato,  fatta  dalla 
Consulta  con  atto  formale,  lo  stesso  Melzi  nel  ringraziar  che 
faceva  il  Primo  Console  della  pace  conchiusa  con  Eoma,  ^ià 
pensava  alla  maniera  di  supplire,  con  una  aggiunta  posteriore, 
a  molte  cose^  sulle  quali  era  allora  necessario  di  chiudere  gli  oc^ 
chi  ;  ed  accennava  ad  una  promessa  del  Primo  Console,  che  un 
tal  supplemento  differiva  al  tempo  delV esecuzione  del  Concordato. 
Del  rimanente  rammenta  vagli,  siccome  massima  non  discara 
al  Bonaparte,  che  cioè  nel  comporre  il  concordato,  oltre  che 
le  finanze  non  bastavano  a  compiere  i  desiderii  dé'preti,  non 
potevasi  non  tener  conto  e  ragione  de' diritti  della  sovranità  (2). 


(1)  Arcliiv.    Vatic.^    Cifre  a'  Niinzii,  Principi,    voi.  276  A. 

(2)  «  J'ai  l' lionneiir^  così  il  Melzi  al  Primo  Console,  de  voiis  euvoyer 
Vacte  formel  d'  aplìrobatioii   de  la    Consulte    d'Etat  ponr   le  Concordata 

i  accompagné  des  expressions  de  la  jusie  et  profonde  reconnaissance  que  lui 
'  insj)ire  ce  nonvean  hienfait,  que  la  Nation  Italienne  vons  doit.  J'  adhère  et 
partage  ces  sentiments  de  tonte  mon  àme,  sentant  profondément  Pinipor- 
tance  d'ètre  eu  paix  avec  Rome. 

«  Vons  avez  senti,  dans  votre  sngesse,  combien  ponr  obtenir  cette  paix 
il  était  nécessaire  de  fermer  Ics  yettx  sur  hien  des  clioses,  et  vous  avez  ren- 
voyé  à  V exécution  le  comiìlément  de  votre  ouvrage.  C^  est  ponr  cette  exécution 
que  j'invoqne  votre  ax)x>ni,  je  dirai  mème  votre  sévérité.  » 

E  più  sotto  dà  il  motivo  della  necessità  di  un  tale  aiuto  :  «  Sans 
prendre  des  mesnres  convenaMes,  nos  finances  ne  pourraient  suffire  à  rem- 
pìir  les  voeux  des  prétres.  »  Conchiude  poi  con  queste  parole:  «  J' espère 
que  vous  appronverez  que  ma  condiiite  soit  dono  régiée  sur  le  principe 
que  l'on  n' a  pii  ni  voulu,  dans  le  Concordai^  déranger  ni  diminuer  en  rien 
le  droit  de  la  sonveraineté  (Melzi,  Lettere-Documenti,  11^   189).  »         '^ 

L' atto  della  ratificazione  del  Concordato,  decretata  dalla  consulta 
milanese  è  riferito  dal  Theinek  (II,  277).  Porta  la  data  de' 27  settem- 
bre 1803. 


GLI   ARTICOLI  ORGANICI   DEL   CONCORDATO  207 

Più  esplicitamente  poi  iii  un'altra  lettera  al  Primo  Con- 
sole (15  decembre  1803),  il  Melzi  avvisavalo  della  neces- 
sità di  accompagnare  la  pubblicazione  del  concordato  con 
quelle  regole  di  esecuzione,  le  quali  ne  dovevano  determinare 
il  vero  senso.  E  ne  accennava  come  pretesto  Pavere  già  la 
corte  romana  divulgato  colla  stampa  il  testo  del  concordato, 
come  per  preoccupare  lo  spirito  del  pubblico  e  cattivarsene 
Popinione  in  anticipato  (1).  Quando  invece  è  per  me  cosa  certa, 
che  da  Koma  non  si  diede  ordine  di  una  tale  pubblicazione, 
prima  del  mezzo  di  gennaio  1804  (2). 

Il  Melzi  compì  quanto  ebbe  divisato.  Né  io  lio  trovato 
nessun  vestigio  di  documento  nelPimmensa  corrispondenza  del 
Bonaparte,  né  in  altri  documenti,  dal  quale  risulti  che  il  Primo 
Console  o  prima  o  dopo  lo  abbia  mai  dissuaso  o  disapprovato. 
Sopra  di  lui  dunque,  come  sopra  il  duca  di  Lodi,  ricade  il 
guasto  di  un'opera  ben  fatta  e  la  cagione  delP  immenso  do- 
lore che  ne  risentì  il  Pontefice  Pio  YIII 

Quelle  che  il  Melzi  chiamava  regole  di  esecuzione  del  con- 
cordato, le  quali  ne  dovevano  accompagnare  la  pubblicazione 


(1)  «  Je  suis  convaincu...  que  poiir  P  olbtenir  (1m  paix  des  couscien- 
€68)  d'une  manière  sùre  il  faudra,  à  Pacte  de  la  piiblication  du  Con- 
cordat,  publier  aussi  les  règles  d'  exécution  qui  en  expliquent  le  véri- 
table  sens  en  le  fìxant  ;  car  Rome,  par  une  divulgation  prématurée  dans 
tonte  l'Italie,  a  déjà  pris  le  devant  pour  gagiier  l'opinion  dans  la  di- 
rection qu'elle  voudrait  me  donner  (Ibid.,  p.  291).  »        f 

Da  tutto  il  carteggio  del  Consalvi,  che  lio  «corso  accuratamente, 
posso  dire  con  sicurezza,  che  in  quella  x)ubl)licazione  anticix)ata  Roma  non 
ebbe  nessuna  parte.  E  che  la  direzione,  che  il  Melzi  giudicava  volergli 
esser  data  da  Roma,  è  una  sua  invenzione. 

(2)  Così  il  Consalvi  dispacciava  ai  Nunzii  (13  gennaio  1804):  «  Il 
Primo  Console...  ha  spedito  a  Roma  il  tìglio  del  (Marescalchi)  a  recare 
la  sua  ratifica  del  Concordato  fra  la  S.  Sede  e  il  medesimo,  approvata 
già  anche  dalla  Consulta  di  Milano.  Si  è  quindi  fatto  luogo  a  puhììlicarìo  : 
e  mi  affretto  ad  accludergliene  un  esemiìlare,  desiderando  anche  che  Ella 
lo  faccia  inserire  in  codeste  gazzette  (Archiv.  Vatic,  Cifre  «'  Nnnzii, 
voi.  276  A).  » 


208  CAPITOLO   SETTIMO 


a  fine  di  spiegarne  il  vero  senso  ai  popoli  lombardi,  sono 
12  articoli,  cui  franca  veramente  la  spesa  di  riferire  intieri,  come 
uscirono  alla  luce  in  Milano  a'26  di  gennaio  1804,  anno  III 
della  Repubblica  italiana.  Senza  aver  bisogno  di  chiose,  ogni 
lettore  vi  scorgerà  la  quintessenza  dello  spirito  regalista,  come 
s^iusegnava  nelFuniversità  di  Pisa^  come  fu  praticato  ed  im- 
posto da  Giuseppe  II,  denominato  V  imperatore  sacri  stano. 
Eppure  si  era  in  tempo  di  repubblica,  la  quale  era  nata  a" 
distruggere  le  opere  della  tirannia!  Tutte  parole  :  per  la  Chiesa 
non  furono  distrutte  coteste  opere  della  tirannia;  in  quella  vece 
furono  conservate  le  antiche,  e  se  le  ne  imposero  delle  nuove. 
I  seguenti  decreti  lo  dimostrano:  secondo  i  quali,  per  un  esem- 
pio, un  cittadino  non  si  poteva  vestire  da  frate,  senz^ averne 
prima  ottenuto  il  beneplacito  del  Melzi,  vice-presidente  della 
Repubblica  italiana  ! 

Decreto  del  Vice- Presidente  della  Repubblica  Italiana  circa  il  Concor- 
dato colla  Santa  Sede.  —  Repubblica  Italiana.  Milano  26  Gen- 
naio 1804  anno  III.  Il   Vice-Presidente  della  Repubblica. 

Visto  il  Concordato  conchiuso  tra  la  Republica  Italiana  e  la 
Santa  Sede  Aplica  col  mezzo  dei  rispettivi  Plenipotenziarj,  e  firmato 
a  Parigi  li  26  Settembre  1803.  Anno  II. 

Veduto  l'atto  del  cambio  delle  rispettive  ratìfiche,  seguito  in 
Parigi  nel  di  26  di  novembre  1803. 

Veduta  e  considerata  la  serie  delle  trattative,  precedute  alla  con- 
clusione del  Concordato;  sentita  la  Consulta  di  Stato,  decreta: 

Art.  1. 

Le  leggi,  gli  ordini,  i  decreti  della  Repub.  Italiana  cessano  di 
aver  forza,  e  vigore,  laddove  il  Concordato  altrimenti  provvede. 

Art.  2. 

Il  Presidente  succeduto  agli  Imperatori  Duchi  di  Milano,  usa 
nella  Repub.^  dei  relativi  diritti  e  privilegj,  a  termini  delle  leggi 
e  convenzioni  precedenti. 

Art.  3. 

Il  Presidente  dichiara  e  determina  i  capitoli  piii  insigni  da  notarsi. 


GLI   ARTICOLI   ORGANICI   DEL   CONCORDATO  209 


Art.  4. 

La  legge  mette  a  disposizione  del  Governo  i  fondi  necessarj 
alle  dotazioni  contemplate  nel  Concordato. 

Art.  5. 

Fermo  stante,  che  nessuna  Fondazione  Ecclesiastica  si  possa  de- 
finitivamente sopprimere  senza  il  concorso  della  Santa  Sede,  la  fa- 
coltà di  vestire,  e  di  ammettere  alla  Professione  Religiosa  è  ristretta 
agli  Ordini,  Conventi,  Collegi,  Monasterj,  applicati  per  Istituto  al- 
l' istruzione,  all'educazione,  alla  cura  degli  Infermi,  o  ad  altri  simili 
Oificj  di  speciale  publica  utilità. 

Art.  6. 

Per  la  vestizione,  e  Professione  Religiosa  individuale,  e  per  la 
promozione  agli  Ordini  Sagri  si  richiede  la  placitazione  del  Groverno. 

Art.  7. 

La  libera  comunicazione  dei  Vescovi  colla  Santa  Sede  non  im- 
porta devoluzione  di  cause  da  trattarsi  in  via  contenziosa  avanti 
Tribunali,  né  dipendenza  alcuna  dall'Autorità  Spirituale  negli  og- 
getti di  privativa  competenza  della  Temporale  Sovranità. 

Art.  8. 

Le  Bolle,  i  Brevi,  e  Rescritti  della  Corte  di  Roma  non  possono 
emettersi  in  uso  esteriore  e  pubblico,  senza  la  placitazione  Gover- 
nativa. " 

Art.  9. 

Sotto  la  denominazione  di  Clero  esente  dal  servizio  Militare  si 
comprendono  i  Sacerdoti,  gli  iniziati  agli  Ordini  Sagri,  i  Chierici 
ammessi  nei  Seminarj  Vescovili,  ed  i  vestiti,  o  professi  negli  Ordini 
Religiosi. 

Art.  10. 

Il  Governo  informato  appoggia  le  disposizioni  Canoniche  corre- 
zionali dell'Autorità  Ecclesiastica  per  tutti  gli  etfetti  esterni,  e  non 
assiste  i  reclamanti  da  esse,  se  non  se  in  caso  di  manifesto  abuso,  • 
osservati  sempre  i  confini  ed  i  modi  della  rispettiva  competenza. 

Risieri.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX,  —  Voi.  II.  1^ 


210  CAPITOLO   SETTIMO 


Art.  11. 

La  vigente  Disciplina  della  Chiesa  è  mantenuta  nella  sua  atti- 
vità, salvo  il  diritto  della  tutela,  e  giurisdizione  politica. 

Art.  12. 

Il  Ministro  per  il  Culto  è  incaricato  dell'osservanza,  ed  esecu- 
zione del  presente  Decreto. 

Melzi 

Il  Consigliere  Segr.  di  Stato 
L.  Vaccari 


III. 


II  dolore  provato  ìd  Roma  dalla  pubblicazione  di  cotesti 
decreti  organici,  fatta  in  maniera  quanto  inaspettata  altret- 
tanto ingiuriosa  alla  fede  di  un  pubblico  trattato,  fu  così  si- 
gnificato a  tutti  i  Nunzii  pontifìcii  dal  card.  Oonsalvi  (11  di 
febbraio  1804): 

«  Il  decreto  pubblicato  dal  Vice-presidente  Melzi  contempora- 
neamente alla  pubblicazione  del  Concordato  con  la  Repubblica  Ita- 
liana, venendo  a  distruggere  in  gran  parte  la  disposizione  del  Con- 
cordato stesso  in  favore  della  Santa  Sede  e  della  causa  della  Chiesa, 
il  Santo  Padre  ne  ha  risentito  un  inesprimibile  rammarico;  né  si 
aspettava  (ma  tale  è  la  condizione  de'  tempi)  una  infrazione  del  Con- 
cordato stesso  nell'atto  che  si  rendeva  palese.  »  Reclamerà  al  Primo 
Console,  non  potendo  supporre  lui  conscio  di  una  tale  mancanza  ai 
trattati  (1).  » 

Il  Santo  Padre  fece  quindi  quel  tanto  che  poteva  fare,  scri- 
verne cioè  lamentandosi  al  Primo  Console  di  una  tanta  man- 


(1)  Ed  a  Mgr  Morozzo,  nunzio  in  Firenze,  soggiungeva  : 

«  Undique  angustiae!  Il  Vice-presidente...  ha  riunito  un  decreto,  che 

Tiene  in  sostanza  a  gettare  a  terra  le  più  utili  disposizioni  della  S.  Sede. 

Il  S.  Padre  ne  è  stato  stomacatissimo.  Dio  faccia  che  il  Primo  Console  ne 

si-a  stato  ignaro.  Ma  dicono  alcuni:  è  egli  da   supporsi  che  Melzi  ahhia   da 

<sè  osato  tanto  f  (Archiv.  e  loc.  cit.,  voi.   276  A).  » 


GLI   ARTICOLI   ORGANICI   DEL   CONCORDATO  211 

canza  ad  un  pubblico  contratto  e  internazionale,  fatta  in  ma- 
niera così  solenne  e  tanto  indecorosa  al  Capo  di  tutta  la  cristia- 
nità. Il  Papa  dunque  diresse  al  Bonaparte,  come  a  Presidente 
della  repubblica  italiana,,  le  sue  lamentauze  in  una  lunga  e 
ragionatissima  lettera  (29  febbraio  1804),  nella  quale  signi- 
ficava la  sua  maraviglia  per  la  pubblicazione  di  un  decreto, 
uscito  inaspettatamente  siccome  regola  del  concordato,  e  il  suo 
dolore  per  essere  da  quel  decreto  lo  stesso  concordato  si  può 
dire  distrutto.  E  faceva  al  Primo  Console  il  seguente  discorso: 

«  La  vostra  perspicacia  e  la  vostra  rettitudine  non  hanno  bi- 
sogno di  dettagliate  dimostrazioni,  per  intendere  che  ninna  aggiunta 
e  niuna  alterazione  poteva  permettersi  il  Vice-presidente  nel  de- 
creto, senza  ledere  non  meno  la  natura  del  Concordato,  che  la  spe- 
ciale convenzione  contenuta  nell'articolo  XX  del  medesimo.  Secondo 
l'uno  e  secondo  l'altro,  o  le  formole  del  Concordato  erano  chiare  (e 
lo  sono  in  sostanza  in  ogni  parte,  perchè  pesate  con  tanta  maturità 
prima  di  stipularle),  e  non  potevansi  cambiare  in  alcun  modo;  o 
includevano  qualche  difficoltà  o  interpretazione,  ed  allora  non  po- 
teva il  Vice-presidente  dichiararne  niente  di  suo  arbitrio;  ma  do- 
veva aspettare  la  dichiarazione,  che  nel  caso  di  difficoltà  si  era  nel 
suddetto  articolo  XX  riservato  al  concerto  della  Santa  Sede  e  del 
Presidente.  » 

Così  Pio  VII,  il  quale  aveva  già  premesso,  non  potere 
egli  persuadersi  che  il  Primo  Console  avesse  avuto  notizia  di 
cotale  rottura  della  convenzione  j  ma  ne  attribuiva  tutta 
Topera  «  alle  occulte  trame  »  degli  osteggiatori  del  concor- 
dato. «  Eglino,  dice  il  buon  Pio  VII,  (ne  siamo  convinti),  si 
studiano  però  invano  di  coprire  con  le  arti  delP  astuzia...  le 
infrazioni  del  piti  sacro  di  tutti  i  trattati...  Koi  conosciamo 
troppo  la  vostra  lealtà^  per  non  dubitare  nemmeno  un  istantey 
-che  artifizi  ^^^^  opposti  alla  scliiettezza  e  alla  magnanimità  con 
cui  voi  accompagnate  e  sostenete  gli  impegni  che  avete  contratti^ 
non  potranno  meritare  die  il  vostro  sdegno  e  la  vostra  disappro- 
vazione... » 


212  CAPITOLO   SETTIMO 


Non  c'è  dubbio,  cbe  qui  Pio  VII  usava  una  figura  di  ret- 
torica,  con  la  quale  si  accenna  di  non  credere  ad  una  cosa, 
mentre  vi  si  crede  pur  troppo! 

A  ogni  modo  si  protestava  il  Santo  Padre,  che,  sussistendo 
un  tal  decreto,  egli  per  parte  sua  alzerebbe  la  voce,  e  non 
reputerebbe  più  sussistente  lo  stesso  Concordato.  Si  rivolgeva 
dunque  al  Primo  Console  affiucliè  ciò  non  si  avverasse,  e  lo 
esortava  a  rivendicare  V  osservanza  del  trattato,  leso  da  quel 
decreto,  di  cui  doveva  togliersi  di  mezzo  resistenza  e  Pap- 
plicazione  (1). 

Questa  lettera  del  Papa  doveva  essere  officialmente  conse- 
-  guata  allo  stesso  Primo  Console  dal  card.  Legato.  Di  ciò  il  Con- 
salvi  nello  stesso  tempo  scriveva  al  Caprara,  e  glie  ne  dava 
Pordine  formale,  aggiungendogli  di  far  con  la  voce  quelle 
rappresentazioni  che  potesse  maggiori.  E  da  parte  sua  sfogava 
lo  sdegnoso  dolore  che  P  animo  nobile  del  Consalvi  risentiva 
per  Folìesa  recata  al  Santo  Padre  e  per  Pingiuria,  onde  si 
mancava  pubblicamente  astrattati  e  al  diritto  delle  genti.  Così 
infatti  scrivevagli  (29  febbraio  1804)  : 

Non  saprei  esprimere  abbastanza  all'Emza  Vostra  qual  sensa- 
zione abbia  prodotto  nel  Santo  Padre  la  inaspettata  comparsa  di 
^  un  decreto  del  Vice-Presidente  Melzi,  relativo  al  Concordato  con  la 
Repubblica  Italiana,  col  quale  decreto  viene  ad  infrangere  il  Con- 
cordato medesimo  nel  suo  stesso  nascere,  e  si  fa  rivivere  ciò  che 
<  col  Concordato  si  era  tolto  di  mezzo.  La  sensazione,  prodotta  nel- 
l'animo del  Santo  Padre,  è  stata  accompagnata  da  quella  prodotta 
negli  animi  di  tutti  i  buoni,  venendo  generalmente  da  tutte  le  parti 
alla  Santità  Sua  le  più  conformi  e  analoghe  rimostranze  sull'oggetto. 

Il  Santo  Padre  nel  suo  profondo  dolore  per  tale  non  atteso  av- 
venimento, si  è  determinato  a  rivolgersi  al  Primo  Console  con  l'an- 


(1)  Insieme  con  questa  lettera  inviava  una  memoria,  nella  quale  si 
dimostrarono,  in  un  confronta,  le  ojiposizioni  degli  articoli  Melzi  ani  agli 
articoli  del  Concordato.  Lettera  e  memoria  dovevano  essere  presentate 
al  Primo  Console  dal  Card.  Legato.  Si  trovano  intiere  nello  Archivio 
Vaticano,  Italia  Appendice.,.,  voi.  XIX,  e  nel  Theinek,  II,  281. 


GLI   ARTICOLI   ORGANICI   DEL   CONCORDATO  213 

nessa  lettera,  in  cui  è  anche  inserta  una  dimostrazione  della  oppo- 
sizione al  Concordato  del  decreto,  di  cui  si  querela.  E  troppo  sicura 
la  Santità  Sua,  che  il  Primo  Console,  di  cui  pienamente  conosce  la 
religione,  la  lealtà  e  la  magnanimità,  è  affatto  estraneo  a  un  tal 
decreto,  che  nemmeno  ne  porta  il  nome,  né  V  approvazione,  e  rav- 
visa chiaramente  in  esso  la  operazione  di  quelle  vive  opposizioni 
al  Concordato,  che  nelle  trattative  del  medesimo  si  sono  speri- 
mentate dalla  parte  di  Milano,  e  che  il  solo  Primo  Console  ha  po- 
tuto vincere. 

Una  sì  manifesta  infrazione  dalla  parte  della  Republica  Italiana 
del  Concordato  stesso,  dice  il  Santo  Padre,  che  metterebbe,  come 
ben  vede  TEmza  Vostra,  anch'esso  nella  dispiacevole  necessità  della 
non  esecuzione  del  medesimo  dal  canto  suo.  Anche  il  decoro  del 
Santo  Padre,  nonché  gli  interessi  della  religione,  ne  resta  grande- 
mente compromesso  in  faccia  al  mondo.  Purtroppo  non  mancano  le 
osservazioni  ed  i  rilievi  di  quelli,  che  opposti  sempre  alla  condotta, 
tenuta  dalla  Santità  Sua  nelle  accadute  vicende,  traggono  da  tali 
infrazioni  delle  stesse  convenzioni  solennemente  stabilite,  forte  mo- 
tivo di  condanna.  Ciò  che  non  lascia  di  fare  un  assai  cattivo  effetto 
nel  pubblico,  e  nuoce  ben  anche  agli  stessi  interessi  dei  Stati,  non- 
ché a  quelli  della  religione,  se  bene  vi  si  rifletta. 

Il  Santo  Padre  è  nelP  intima  persuasione,  che  né  la  sua  coscienza, 
né  il  suo  decoro  gli  permettono  di  tacere  su  questo  inatteso  avve- 
nimento, a  cui  se  non  si  provvedesse,  dice  che  si  vedrebbe  nella 
necessità  di  riparare  dal  canto  suo  in  una  maniera,  che  fosse  co- 
nosciuta. 

Quindi  mi  ordina  espressamente  di  scrivere  su  di  ciò  a  Vostra 
Emza  ne'  più  efficaci  e  premurosi  termini,  e  le  commette  che  pre- 
sentata la  sua  lettera  al  Primo  Console,  V.  E.  coadiuvi  presso  il 
medesimo  con  1'  efficacia  della  viva  voce^  e  con  le  più  calde  pre- 
ghiere, perché  voglia  sollecitamente  provvedere  all'oggetto  in  un  modo, 
che  n'empia  e  nella  sostanza  e  nell'apparenza  le  indicate  giustissime 
viste  della  Santità  Sua. 

E  nella  stessa  sua  doppia  qualità  di  suo  Legato  e  di  arcive- 
scovo di  Milano  ha  luogo  di  trovare  i  più  forti  stimoli  ad  assumerne 
con  efficacia  il  più  vivo  impegno,  giacché  in  questa  seconda  quali- 
fica si  troverebbe  assai  imbarazzata  nell'  esercizione  del  suo  mini- 
stero, qualora  il  decreto,  di  cui  si  querela,  dovesse  sussistere. 

Ma  la  religione  e  la  sapienza  del  Primo  Console  rassicurano 
l'animo  di  Sua  Beatitudine,  la  di  cui  giusta  rimostranza  è  garantita 


214  CAPITOLO   SETTIxMO 


dalla  santità  iuerente  per  natura  a  tutti  i  trattati;  santità,  che  il 
Primo  Console  stesso  con  tanta  energia  dimostra  quanto  Egli  voglia 
che  sia  inalterata,  e  intatta. 

Il  Santo  Padre  è  nella  più  viva  impazienza  de'  riscontri,  che 
suir  oggetto  attende  dall'  Emza  Vostra,  a  cui  rinnovando  il  mio 
più  profondo  ossequio  passo  a  baciare  umilissimamente  le  mani  (l). 

Il  Primo  Console  tardò  a  rispondere  alla  lettera  del  Santo 
Padre:  era  allora  occupato  alP  allestimento  della  grande  ar- 
mata per  la  leggendaria  discesa  nelPInghilterra,  al  processo 
per  V  attentato  di  Giorgio  Cadoudal^  alla  cattura,  processo 
e  morte  del  duca  di  Enghien,  alla  sua  nomina  ad  imperatole 
de'  francesi,  ed  infine  disponeva  le  cose  per  essere  coronato, 
consacrato  ed  unto  imperatore  dalla  mano  del  Papa,  siccome 
Carlomagno. 

Tuttavia  a^  22  di  aprile  rispose  al  Papa,  e  gli  diede  buone 
parole!  Non  vedeva,  così  scrivevagli,  altro  rimedio  da  ap- 
porre al  già  fatto  se  non  il  richiamare  a  se  la  direzione  di 
tutti  gli  affari,  che  avessero  relazione  con  il  concordato  ita- 
liano e  di  far  venire  a  Parigi  il  ministro  milanese  de'  culti. 
Egli  poi  vedrebbe  maniera  di  terminare  il  negozio  col  card.  Ca- 
prara,  al  quale  intanto  pregava  Sua  Santità  di  conferire  i  pieni 
poteri  necessari  a  quel  fine  (2)! 


(1)  Arcliiv.  Vatic,  Italia  Appendice...,  yo\.  X,  Fascio  C. — Veramente 
il  Card.  Caprara  non  aveva  aspettato  gli  ordini  di  Roma,  i)er  fare  al 
Primo  Console  grandi  e  nobili  proteste  in  nome  dei  S.  Padre.  Composo 
egli  pure  una  memoria,  in  cui  faceva  il  confronto  delle  differenze  fra 
gli  articoli  del  concordato  e  quelli  del  decreto  di  Melzi.  La  consegnò 
al  Marescalchi,  per  essere  rimessa  al  Primo  Console.  Di  tanto  avvisava 
il  Consalvi  ai  26  febbraio  1804,  inviandogli  copia  di  questa  sua  me- 
moria la  quale  si  trova  nel  voi.  XX,  Italia  Appendice...,  Archiv.  Vatic. 

(2)  «  ...Pour  sortir  de  l'embarras  où  mejettent  les  observations  que 
Votre  Sainteté  a  faites  sur  les  affaires  de  Milan,  j'ai  ]>ris  le  parti  d'at- 
tirer  directement  à  moi  tout  ce  qui  est  relatif  au  concordat  de  hi  Ré- 
publique  italienne,  et  j'ai  ordonné  que  celui  qui  est  cbargé  de  ces  affaires 
à  Milan,  se  rendit  à  Paris.  Je  verrai  à  les  terminer  avec  le  card.  Lé- 
gat.  Je  prie  donc  Votre  Sainteté  de  lui  donner  tous  ses  pouvoirs  à  cet 
effet.  Elle  sait  le  plaisir  que  j'épreuve  à  faire  quelque  chose  qui  lui 
soit  agréable  {Correspondance,  IX,  n.  7708).  » 


GLI   ARTICOLI   ORGANICI   DEL   CONCORDATO  215 

Con  ciò  si  aveva  aria  di  voler  come  a  dire  contrattare  per 
un  nuovo  Concordato!  Se  non  che  era  questo  un  dichiarare, 
che  il  decreto  del  Melzi  non  *  solo  non  veniva  abolito,  ma 
neppure  sospeso.  Altrettali  parole  diede  al  card.  Caprara;  ma, 
ciò  che  più  monta,  nulla  da  lui  fu  scritto  al  Vice-presidente 
della  Repubblica  italiana^  né  per  rimprovero  uè  per  disappro-j  ; 
vazione  di  quanto,  del  rimanente,  costui  aveva  decretato  dMn-  | 
tesa  col  Primo  Console  della  Repubblica  francese. 


lY. 


Per  tutto  Panno  1804  il  concordato  Italo-romano  rimase  dun- 
que come  sospeso,  almeno  dalla  parte  di  Roma,  per  ciò  che  ri- 
guardava la  nuova  aggiunta  de' decreti  melziani,  da  Roma  non 
voluti  né  potuti  accettare. 

Un  certo  cambiamento  accadde  solo  nel  maggio  del  1805, 
quando  già  il  Bonaparte  da  Primo  Console  di  repubblica  fu 
divenuto  imperatore  de' francesi.  In  quel  tempo  egli  lasciò,  per 
invito  e  per  viltà  de' servi  italiani,  eziandio  il  titolo  di  presi- 
dente dell'italiana  repubblica,  e  in  quella  vece  si  fece  nominare 
re  d'Italia  :  per  siffatta  maniera  finì  la  commedia,  il  cui  primo 
atto  erasi  rappresentato  ne' comizi  di  Lione,  un  tre  anni  innanzi. 

In  quell'  epoca  e  con  quell'avvenimento  ebbe  pure  una  so- 
luzione il  grosso  negozio  del  concordato  italiano,  che  in  quei 
comizi  propriamente  aveva  incontrato  il  suo  primo  nascere. 

Se  non  che,  la  risoluzione  ivi  presa  non  fu  la  fine,  ma  se- 
gnò il  principio  di  quelle  divergenze  religiose,  le  quali  dove- 
vano segnare  nella  storia  della  religione  e  della  politica  l' im- 
pronta più  memorabile,  che  si  ricordi  ne'  fasti  de'  popoli 
moderni. 

Egli  nell'aprile  di  quest'anno  1805  trovavasi  nel  Piemonte, 
incamminato  alla  volta  di  Milano,  per  cingervi  la  corona  degli 
imperatori  d'occidente.  Si  fu  in  quella  circostanza,  che  tro- 
vandosi ne' campi  di  Marengo,  volle  dare  una  mostra  guer- 


216  Capitolo  settimo 


resca,  col  rifare  alla  testa  delle  milizie  che  vi  si  trovavano, 
quelle  medesime  evoluzioni  tattiche,  che. in  quella  famosa  gior- 
nata, un  cinque  anni  prima,  gli  avevano  fruttato  la  celeberrima 
vittoria  di  quel  nome.  Per  ciò  aveva  fatto  venire  da  Parigi 
il  cappello  e  Pabito,  che  aveva  vestito  nel  giorno  di  quella 
memoranda  battaglia.  Ma  i  vermi,  che  non  rispettano  ne  gli 
abiti  né  i  corpi  degli  uomini  anche  grandi,  avevano  tarlato 

,f  quegli  abiti:  eppure  con  indosso  quegli  abiti  tarlati,  si  fece 

^  alla  parata  militare  (1)! 

Giunto  in  Milano  agli  otto  di  maggio  1805,  nello  spazio 
deMue  primi  giorni  compose  il  consiglio  di  Stato  italiano, 
di  cui  per  la  parte  politica  fece  il  Melzi  gran  cancelliere,  e 
della  parte  religiosa  incaricò  il  card.  Oaprara  col  titolo  di 
cappellano  maggiore  (grand-aumonier).  A' 13  del  mese  fu  adu- 
nata la  sezione  del  Consiglio  di  Stato  religiosa  e  finanziaria, 
e  con  Napoleone  alla  testa  si  regolò  il  bilancio  per  le  cose 
ecclesiastiche:  venuero  fissate  le  pensioni  ai  dignitari  della 
chiesa,  e  stanziate  le  doti  alle  mense  episcopali,  alle  fabbriche, 
a'  seminari,  a'  capitoli. 

A'  22  di  maggio  fu  pubblicato  un  decreto,  il  quale  doveva 
assestare  definitivamente  le  relazioni  in  materia  religiosa  tra 
la  Santa  Sede  e  il  nuovo  regno  italico,  ossia  dar  vigore  a  quel 
concordato,  al  quale  Pitaliana  repubblica  aveva  dato  la  morte 
insieme  colla  prima  vita.  Il  decreto  diceva  :  «  Il  Concordato 
conchiuso  a'  16  settembre  del  1803,  avrà  il  suo  pieno  adem- 

V  pimento  al  primo  di  giugno  (2).  » 

La  notizia  di  un  tal  decreto,  che  doveva  riuscire  certa- 
mente assai  gradita  al  Papa,  siccome  di  un  decreto  rivoca- 
tore  di  quello  di  Melzi,  fu  data  al  Santo  Padre  dallo  stesso 
imperatore  in  una  lettera,  che  questi  gli  spedì  da  Milano  (24  di 
maggio):   «  Una  delle  mie  prime  cure,  dice  vagli,  dopo  il  mio 


(1)  BouRRiENNE,  Mémoires,  VI,   280. 

(2)  Bollettino  delle  leggi  del  Kegno  d'Italia,  au.   1805,  n.  35. 


GLI   ARTICOLI   ORGANICI   DEL   CONCORDATO  217 

arrivo  a  Milano,  è  stata  quella  di  dare  con  un  decreto  esecu- 
zione al  concordato.  Vostra  Santità  può  fare  lo  stesso  a  Roma 
senza  nessun  dubbio.  Ecco  dunque  le  cose  terminate  in  una 
maniera  decente  (1).  » 

Se  una  tale  notizia  potè  dare  speranza  al  Papa  di  vedere 
una  volta  proceder  concordi  politica  e  religione,  contenendosi 
ciascheduna  nelle  linee  tracciate  da  un  concordato  convenuto 
solennemente  tra  le  due  autorità,  quella  speranza  andò  delusa 
dopo  due  soli  giorni  j  quando  cioè  giunse  a  Roma  conoscenza 
di  un  altro  decreto,  portato  dalP  imperatore  e  re  a'  dì  8  di 
giugno,  col  quale  Napoleone  governava  le  cose  ecclesiasticbe, 
come  se  egli  fosse  il  Capo  della  Chiesa. 

Quel  decreto  delPS  giugno  era  composto  con  molta  accor- 
tezza; e  non  si  può  negare,  che  conteneva  molte  cose  buone 
e  di  vantaggio  al  clero  ed  alla  religione,  massimamente  avuto 
rigurdo  allo  sperpero,  che  dal  giacobinismo  erasi  fatto  dal  1790 
nel  milanese  de' beni  ecclesiastici  e  delle  persone  sacre.  Il 
nuovo  re  d'Italia  fece  restituire  a'  vescovi  buona  i)arte  delle 
antiche  rendite,  facendo  stanziare  per  Crema  lire  16000;  per 
Forlì,  15100;  Modena,  15100;  Rimini,  12000;  Cesena,  12400; 
Comacchio,  10000;  Como,  11900;  Faenza,  11856;  Bre- 
scia, 30000  (essendole  stati  venduti  i  beni  della  mensa  nel  1797); 
Milano,  157013;  Ferrara,  56000;  Bologna,  51000;  Raven- 
na, 40000;  Vigevano,  42404;  Mantova,  27700;  Novara,  26500; 
Cremona,  23100;  Lodi,  20000  ;  Cervia,  20000;  Bergamo,  19700; 
Verona,  19000;  Pavia,  17100,  con  un  supplemento  di  L.  500; 
Reggio,  16000  con  un  supplemento  di  L.  10902  dall'abbazia 
di  Nonantola. 

Dotò  i  capitoli  delle  chiese  cattedrali  con  somma  comples- 
siva di  L.  555000  per  tutto  il  regno.  I  seminari  conservarono 


(1)  «  Un  de  mes  preuiiers  soins,  à  mon  arrivée  ici,  a  été  de  prendre 
mi  décret  pour  la  mise  à  exécution  du  concordat.  Votre  Sainteté  peut 
douc  le  faire  à  Rome,  sans  aiicuiie  espèce  de  doute.  Ainsi  toutes  Ics  choses 
sont  arrangées  d'ime   manière  couvenable  {Correspoiuìance ,  X,  n.  8781).  » 


218  CAPITOLO   SETTIMO 


^ 


le  rendite^  delle  quali  si  trovavano  in  attuale  godimento^  reinte- 
graudo  quelli  che  le  avessero  perdute  o  in  totalità  o  in  parte^ 
fino  alla  somma  di  annue  lire  settantaduemila.  Le  fabbriche 
delle  cattedrali  conservarono  il  loro  attuale  patrimonio,  con 
un  risarcimento  di  quattro  a  novemila  lire,  se  danneggiate. 

Di  ordini  religiosi  conservò  i  Barnabiti,  i  Somaschi,  gli  Sco- 
lopi,  gii  Ospitalieri,  i  Filippini,  i  Crociferi,  i  Preti  della  mis- 
sione; ridusse  le  loro  case  a  minor  numero,  ma  ne  rispettò 
i  beni.  I  mendicanti  di  tutto  il  regno  furono  ridotti  e  riuniti 
in  ottantotto  conventi  :  nessun  convento  doveva  contare  meno 
di  ventiquattro  sacerdoti,  e  di  un  numero  di  laici  proporzionato. 

Delle  monache  ritenne  le  Salesiane,  le  Orsoline,  e  altre  con- 
gregazioni insegnanti.  Gli  altri  ordini  femminili  divise  in  qua- 
ranta monasteri  di  prima  classe,  con  assegnamento  nelle  rendite 
dello  Stato  di  lire  diecimila,  ed  una  pensione  vitalizia  di  lire 
trecento  per  ogni  monaca;  ed  in  altri  quaranta  monasteri  di 
seconda  classe,  con  la  sola  pensione  di  lire  seicento  alle  pro- 
fesse, e  cinquecento  alle  converse. 

L'età  per  la  professione  religiosa  fu  fissata  ai  ventun'anni 
pei  religiosi,  ai  diciotto  per  le  monache.  I  beni  dei  conventi  e 
de' monasteri  soppressi  furono  addetti  al  demanio  come  beni 
nazionali,  e  ne  fu  versato  il  prezzo  di  vendita  nel  monte  Na- 
poleone, per  estinguere  il  debito  pubblico  (1). 

Come  si  vede,  i  vantaggi  da  questo  decreto  arrecati  alla 
religione,  chi  li  commisuri  a'  tempi  procellosi  degli  anni  teste 
passati^  non  erano  piccoli.  Quindi  se  si  ha  a  credere  al 
P.  Theiner,  che  qui  è  panegirista  esultante,  tutto  il  clero  del 
regno  italico  ne  salutò  Fautore  con  entusiasmo,  considerando 
Napoleone  come  il  suo  massimo  benefattore,  e  come  il  ristau- 
ratore  della  Chiesa. 

«J^j?i^re,  esclama  egli  dopo  poche  linee  e  non  senza  una  punta 
di  propria  scontentezza,  a  Roma  il  decreto  dell'  8  giugno  fu 


(1)  CusA^^I,  Storia  di  Milano  VI,   185-186. 


GLI   ARTICOLI   ORGANICI   DEL   CONCORDATO  219 


giudicato  in  ben  diversa  maniera  (1)!  »  La  sola  ragione,  veris- 
sima però,  clie  questo  autore  ne  accenna,  si  è  che  le  disposi- 
zioni di  quel  decreto  erano  opposte  alP  articolo  XX^  del 
Concordato,  secondo  il  quale  le  provvidenze  intorno  a  cose 
ecclesiastiche  dovevano  pigliarsi  con  previa  intesa  delle  due  -^ 
potestà  contraenti. 

Ma  il  Papa,  il  Consalvi  e  il  sacro  collegio  videro  in  quel 
decreto  qualche  cosa  di  più,  che  non  iscorse  il  P.  Theiner. 
Ci  videro  cioè  sottosopra  le  stesse  cose  che  si  contenevano 
nel  decreto  del  Melzi  dell'anno  scorso;  con  la  differenza  del- 
Pesterno  apparato  di  generosità  vistosa,  con  la  quale,  retri- 
buendo grandi  somme  ad  una  parte  del  clero  e  trattandolo 
con  mostre  pubbliche  di  onore,  Napoleone  copriva  Peperà  sua 
dominatrice  della  Chiesa,  ossia  mascherava  una  vera  usurpa- 
zione. Né  tengo  conto  della  soppressione  di  ordini  religiosi^ 
delPincameramento  de'  beni  ecclesiastici,  della  loro  disposi- 
zione a  suo  talento,  come  se  i  lasciti  e  le  donazioni  e  la  pro- 
prietà de'  cittadini,  quali  che  si  fossero  monaci  o  altro  clero, 
non  contassero  per  nulla  ne'  diritti  sociali. 

Il  card.  Consalvi,  d'ordine  del  Santo  Padre,  manifestava 
quindi  in  una  nota  officiale,  diretta  al  ministro  dell'  impero 
francese  in  Koma,  card.  Fesch,  quanto  un  tal  decreto  fosse 
contrario  alla  disciplina  della  chiesa,  come  offendeva  i  diritti 
del  Capo  della  cristianità,  ed  era  contrario  al  concordato  stesso^ 
cui  poco  innanzi  erasi  voluto  rimettere  in  vigore.  La  nota  è 
del  tenore  seguente: 

Nota  del  card.  Consalvi  al  card.  Fesche  ministro  plenipotenziario 
di  S.  M.  l'Imperatore  de^  francesi  e  re  d'Italia.  —  Dalle  stanze 
del  Quirinale,  SO  luglio  1805. 

Il  cardinale  Segretario  di  Stato  ha  ricevuto  l'ordine  di  Sua  San- 
tità di  significare  a  V.  Emza,  che  la  consolazione  che  aveva  pro- 
vato il  suo  cuore  per  il  decreto  emanato  in   Milano  da  S.  M.  I.  e 


(l)  «  ...Son  dccret  le  fìt  saluer  2)ar  le  clergé  italien  avec  eiithousia- 
sme  comme  son  lAns  grand  biciifaiteur,  corame  le  restaurateur  de  PEglise... 
A  Rome,  le  décret  du  8  ^uin  f ut  pò urtant  Men  autrement  jugé  (LI,  340,  342).  » 


220  CAPITOLO   SETTIMO 


Keale  nel  22  Maggio,  ia  cui  si  ordinava  che  il  Concordato  Italiano 
dovesse  avere  il  suo  pieno  adempimento,  dal  1  Giugno  in  poi,  è 
stata  seguita  dalla  più  viva  afflizione,  per  essere  pervenuti  nelle 
sue  mani  i  decreti  pubblicati  in  data  degli  8  e  22  Giugno  decorso, 
decreti,  che  la  Santità  Sua  trova  in  totale  opposizione  col  decreto 
anzidetto,  contenendo  varie  ordinazioni  le  quali,  lungi  dall'  esser 
conformi  al  Concordato,  il  di  cui  pieno  adempimento  in  detto  de- 
creto si  prescrive,  sono  anzi  in  una  piena  opposizione  col  Concordato 
medesimo.  Nelle  indicate  ordinazioni  ravvisa  anzi  la  Santità  Sua  lo 
stesso  spirito  del  decreto  già  pubblicato  dall'  ex  Vice-Presidente 
Melzi,  sul  quale  aveva  presentato  più  volte  a  S.  M.  I.  e  R.  i  suoi 
giusti  reclami,  e  le  sue  osservazioni  che  non  lasciarono  di  fare  nel- 
l'animo di  S.  M.  le  più  forti  impressioni,  come  ne  fu  direttamente 
assicurato  il  Santo  Padre  dalla  lodata  M.  S.  non  meno  con  Lettera 
dei  22  Aprile  dell'anno  scorso,  che  ripetutamente  con  la  viva  voce 
della  stessa  M.  Sua  in  Parigi. 

Le  speranze,  che  S.  M.  fece  concepire  al  Santo  Padre  con  detta 
lettera,  le  aveva  sentite  con  infinita  consolazione  graziosamente  rea- 
lizzate. 

Il  primo  graditissimo  annunzio  lo  aveva  Sua  Santità  ricevuto 
da  V.  E.  per  organo  di  Mons.  Isoard  (1),  il  quale  sotto  il  di  31  mag- 
gio significò  al  Cardinale  scrivente,  che  VEmo  Sig.  Cardinale  Fesch, 
appena  giunto  a  Milano,  si  è  occupato  delle  domande  da  farsi  a 
8  M.  I.  e  R.,  conformemente  ai  desiderii  di  Sua  Santità,  e  che 
S-  M.  in  conseguenza  di  queste  dimande  si  era  degnata  pronunziare 
l'abolizione  delle  leggi  organiche^  promulgate  dal  Governo  Italiano, 
in  seguito  del  Concordato  fatto  colla  Santa  Sede^  di  modo  che  questo 
Concordato  sarà  eseguito  in  tutta  la  sua  integrità. 

Di  questo  annunzio  ricevè  poi  il  Santo  Padre  le  assicurazioni 
direttamente  da  S.  M.  con  graziosa  lettera,  inviatagli  nel  mese  pas- 
sato (2),  in  cui  gli  partecipò  la  emanazione  del  suo  decreto  dei 
22  maggio  per  il  pieno  adempimento  del  Concordato  dal  1  giugno 
in  poi,  assicurandolo,  che  poteva  pubblicarlo  senza  alcun  dubbio. 

Con  meraviglia  e  dolore  ha  visto  il  Santo  Padre  un  opuscolo 
stampato  in  Bologna,  e  che  ha  per  titolo:  Decreto  della  riduzione 
e  respettiva  soppressione  dei  monasteri  attuali  nel  Regno  d' Italia. 


(1)  Monsignor  Isoard  era  nditore  francese  della  Rota  romana,  assai  sti- 
mato in  Roma. 

(2)  Dei  24  del  detto  mese,  citata  più  addietro. 


GLI   ARTICOLI   ORGANICI   DEL   CONCORDATO  221 


Nel  qual'opuscolo  è  riportato  il  Concordato  fra  la  Santa  Sede  ed  il 
Governo  Italiano  ;  e  immediatamente  dopo  il  medesimo,  alla  pag.  30 
il  Decreto  dell'  Ex-Vice-Presidente  Melzi  circa  la  esecuzione  del 
Concordato.  Ciò  ha  dimostrato  a  Sua  Santità,  che  nel  regno  ita- 
liano, sia  per  T  espressioni  forse  troppo  generiche  del  decreto  dei 
22  maggio,  sia  per  le  ordinazioni  posteriori,  analoghe  allo  spirito  del 
decreto  dell' Ex- Vice-Presidente  Melzi,  si  considera  questo  anzi  che 
revocato,  tuttora  in  vigore. 

Ma  il  fondamento  del  cordoglio  del  Santo  Padre  è  nella  decisa 
opposizione,  in  cui  sono  per  se  stesse  le  ordinazioni,  contenute  nei 
decreti  delli  8  e  22  giugno  col  Concordato  stesso,  come  si  è  detto 
di  sopra.  V.  Emza  se  ne  convincerà  alla  sola  lettura  delli  inserti 
fogli,  nei  quali  troverà  un  saggio  dei  principali  oggetti,  in  cui  le 
ordinazioni  suddette  ledono  essenzialmente  il  Concordato. 

Sua  Beatitudine  non  lascia  di  manifestare  con  Sua  lettera  a 
S.  M,  I.  e  R.  il  suo  cordoglio,  trasmettendole  il  saggio  anzidetto, 
e  confidando  che  la  M.  S.,  dopo  di  averne  ponderato  il  confronto  e 
i  rilievi,  non  soffrirà  che  rimangano  delusi  i  suoi  gloriosi  proponi- 
menti, e  che  sia  lesa  in  questi  oggetti,  dei  quali  ha  finor  cogni- 
zione, la  fede  e  la  inalterabilità  di  una  Convenzione  Sacra  ed  in- 
violabile in  tutti  i  rapporti. 

Non  ha  potuto  neppure  Sua  Santità  dispensarsi  dal  far  cono- 
scere a  S.  M.,  quanto  sia  stata  profonda  la  sua  afflizione  nel  sen- 
tire la  distruzione  di  tante  parrocchie  succedute  nel  regno  italiano, 
e  senz'alcuna  intelligenza  colla  Sede  Apostolica. 

Dopo  una  si  grande  diminuzione  di  regolari,  che  pur  erano  ausi- 
liatori  dei  parrochi,  la  ulteriore  restrizione  di  questi  produrrà  ne- 
cessariamente la  mancanza  dei  ministri  per  l'amministrazione  dei 
sacramenti,  e  per  la  istruzione  del  popolo. 

I  pochi  parrochi  che  rimangono  impossibilitati  a  sostenere  per 
sé  soli  il  peso  delle  anime,  tanto  maggiormente  accresciuto,  affidate 
alla  loro  cura,  restano  altresì  privi  dei  mezzi,  onde  supplire  col- 
l'opera  dei  vicarii  ai  bisogni  delle  parrocchie,  durante  la  vita  dei 
parrochi  esclusi  dall'esercizio,  perchè  le  rendite  delle  parrocchie  sop- 
presse non  si  accrescono  ai  primi,  cioè  ai  parrochi  conservati,  se 
non  dopo  la  morte  dei  secondi,  cioè  dei  Parrochi  delle  soppresse,  e 
la  Religione  sarà  quella,  che  dovrà  risentirne  un  danno  infinito. 

Finalmente  Sua  Santità  gli  rappresenterà  il  dolore  cagionatogli 
dalle  innovazioni  fatte  in  materia  d' istituzioni  religiose,  anche  negli 
Stati  di  Parma  e  Piacenza,  dopo  la  loro  aggregazione  all'  Impero 
francese. 


222  CAPITOLO   SETTIMO 


Se  le  passate  vicende  non  hanno  permesso  nella  Francia  di  rie- 
dificare quelle  ecclesiastiche  istituzioni,  che  si  trovano  estinte,  ri- 
flette Sua  Santità  che  ciò  non  si  verificava  nei  Stati  d'Italia,  per 
distruggere  nei  medesimi  quelle,  che  hanno  conservata  lo  loro  esi- 
stenza. 

Sebbene  il  Santo  Padre  scriva  direttamente  a  Sua  Maestà  su 
questi  oggetti,  ciò  nondimeno  le  tante  riprove  che  ha  dello  zelo  di 
V.  E.  per  il  bene  della  cattolica  religione,  e  la  certezza,  in  cui  è, 
che  la  di  Lei  mediazione  può  giovare  all'  oggetto  presso  la  M.  S., 
l'hanno  determinata  ad  ordinare  allo  scrivente  di  portare  alla  co- 
gnizione di  V.  E.  questi  oggetti  di  suo  profondo  cordoglio;  pregan- 
dola ad  interporre  presso  di  S.  M.  I.  e  E.  la  sua  mediazione,  onde 
siano  le  citate  ordinazioni  degli  8  e  22  giugno  rettificate,  secondo 
lo  spirito  e  la  lettera  del  Concordato,  ed  apprestato  al  resto  un 
conveniente  riparo  nei  modi,  che  la  penetrazione  e  la  rettitudine  di 
S.  M.  giudicherà  più  opportuni. 

Questa  è  la  commissione,  che  il  sottoscritto  ha  ricevuto  dal 
Santo  Padre:  e  mentre  si  dà  l'onore  di  eseguirla  con  V.  E.,  si  dà 
ancora  quello  di  rinnovarle  nel  suo  particolare  le  assicurazioni  del 
profondo  ossequio,  con  cui  le  bacia  umilissimamente  le  mani  (1). 

In  questa  lettera  al  card.  Fesch  erano  inclusi  alcuni  fogli 
in  essa  accennati,  ossia: 

Saggio  dei  principali  oggetti,  ne'  quali  le  ordinazioni  di  Mi- 
lano delVS  giugno  ledono  essenzialmente  il  Concordato. 

(Mi  sembra  in  queste  leggi  stampato  tutto  il  veleno  del  Decreto 
di  Melzi  (2). 

Il  §  26,  27  e  28  dell'art.  6  del  decreto  pubblicato  in  Milano 
li  8  giugno  1805,  come  anche  il  31  e  il  32  dello  stesso  articolo  sono 
in  perfetta  analogia  con  l'art.  5  del  decreto  di  Melzi,  e  perciò  in 
con  tradizione  coll'art.  15  del  Concordato,  come  si  mostrò  nelle  os- 
servazioni fatte  contro  il  Decreto.  Nei  §§  anzidetti  non  solo  si  ri- 
chiede la  placitazione  per  l'ingresso  nella  religione,  ma  si  alterano 
persino  le  leggi  Canoniche  sull'età  ricevuta  dalle  medesime. 


(1)  Archi V.  Vatic,  Nunziatura  di  Francia,  voi.  600. 

(2)  Le  parole  in   parentesi  sono   dell'estensore,  il    quale  dirigeva   al 
Oonsalvi  la  mìnufa  di  queste  considerazioni. 


GLI   ARTICOLI   ORGANICI   DEL   CONCORDATO  223 

Nel  §  10  dell'art.  1  si  parla  di  Capitolo  Generale,  da  congre- 
garsi nel  Regno  per  i  Barnabiti,  e  per  i  Somaschi.  Questo  è  contro 
l'attuale  disciplina,  ed  in  conseguenza,  contro  Tart.  20  del  Concor- 
dato; perchè  porta  il  distacco  di  questi  due  ordini  di  Chierici  Re- 
golari dal  Corpo  della  Religione.  Neppure  nel  decreto  Melzi  eravi 
vestigio  di  questa  separazione. 

Il  §  33  e  34  dell'art.  6,  nei  quali  si  prescrive  1'  aggregazione 
al  demanio  Nazionale  dei  beni  appartenuti  ai  conventi  non  conser- 
vati, è  in  diretta  opposizione  con  il  Concordato,  ossia  con  la  vigente 
disciplina  della  Chiesa.  Questa  stessa  non  conservazione  è  una  vera 
soppressione,  fatta  in  contradizione  dell'art.  15  del  Concordato. 

In  ultimo  tutta  la  legislazione  del  tit.  I  presentandosi  come  fatta 
dal  solo  Imperatore,  contradice  agli  articoli  del  Concordato,  nei 
quali  si  rìserhano  i  stabilimenti  da  farsi  di  concerto,  e  contradice 
molto  più  alla  disciplina  ecclesiastica. 

Questa  osservazione  ha  molto  più  luogo  nell'art.  2,  in  cui  com- 
parendo le  dotazioni  dei  Vescovati,  Capitoli,  Seminari,  Fabbriche, 
fatte  colla  sola  autorità  dell'  Imperatore,  senza  parlarsi  mai  di  Sede 
Apostolica,  e  senza  che  questa  vi  abbia  avuto  alcuna  parte,  si  con- 
tradice letteralmente  all'art.  9  del  Concordato,  in  cui  si  dice  che 
tali  dotazioni  si  faranno  di  concerto  fra  la  Santa  Sede  e  il  Groverno, 
e  si  seguono  le  traccie  insidiose  dell'art.  4  del  Decreto  Melzi. 

Dal  §  39  fino  al  §  46  apparisce,  che  o  ninno  o  un  solo  Capi- 
tolo di  Chiesa  Collegiata  insigne  viene  conservato,  in  opposizione 
del  suddetto  art.  9  del  Concordato,  ed  in  adesione  alla  insidiosa 
espressione  dell'art.  3  del  decreto  Melzi,  in  cui  artificiosamente  si 
ristringe  la  qualità  d' insigne  ai  Capitoli  delle  catedrali  (1). 

Queste  sono  le  osservazioni,  che  una  rapida  lettura  delle  leggi 
presenta  a  prima  vista.  Forse  i  fatti  intermedii  ignoti  a  chi  scrive, 
ed  il  dettaglio  individuale  a  lui  niente  cognito,  potranno  sugge- 
rirne delle  altre.   Oh  fides  quando  te  aspiciamf 

Queste  medesime  considerazioni  Pio  VII  scrisse  alPimpera- 
tore  Napoleone,  in  una  lettera  de^Sl  luglio,  che  questi  ricevè 
nel  campo  di  Bologna  a  mare,  dove  allestiva  gli  apparecchi 
di  guerra  per  la  espugnazione  dell'Inghilterra.  Di  là  Pimpe- 


(1)  Quanto  segue  è  cancellato. 


h 


224  CAPITOLO   SETTIMO 


rato  re  Napoleone  rispose  con  una  lettera  veramente  singolare: 
e^li  non  la  rompe  ancora  col  Papa,  anzi  in  parte  si  difende 
con  buone  ragioni,  in  parte  manifesta  lo  spirito  forse  sincero 
di  voler  compiacere  al  Santo  Padre,  e  qua  e  là  contiene  qualche 
verità,  di  cui  in  Eoma  si  sarebbe  per  avventura  dovuto  te- 
nere più  ragione  e  piìi  conto. 

In  quella  sua  lettera  esordisce  dicendo  aver  egli,  nelPas- 
sestamento  del  suo  reame  d^Italia,  inteso  di  fare  il  meglio.  Il 
Santo  Padre  non  sembra  di  volerci  credere;  ma,  meglio  istruito 
delle  condizioni  del  regno,  si  accorgerà  cbe  tutto  egli  ha  ope- 
rato per  il  bene  della  religione.  «  Santissimo  Padre,  Tho  detto 
qualche  volta  a  Vostra  Santità,  la  corte  di  Eoma  è  troppo 
lenta,  e  seguita  una  politica,  la  quale,  se  era  buona  in  altri 
secoli,  non  è  più  adattata  al  secolo  in  cui  viviamo.  »  Espone 
quindi  le  cose  buone  che  ha  fatte  in  Milano  :  dotazioni  di 
mense,  di  cattedrali,  di  seminarli  ecc.;  e  si  difende  delPaver 
mancato  al  concordato.  «  Un  solo  rimprovero,  soggiunge,  ho 
meritato,  di  avere  cioè  fatto  queste  cose,  senza  il  concorso 
della  Santa  Sede.  Ma  non  avendo  trovato  in  Milano  persona 
incaricata  de' suoi  poteri,  sapendo  per  esperienza,  che  la  Santa 
Sede  metterebbe  tre  o  quattro  anni  per  finire  gli  affari  eccle- 
siastici d'Italia;  e  giudicando,  che  sarebbero  andati  a  male 
qualora  non  ci  avessi  rimediato,  ho  pensato  che  per  ciò  appunto 
Vostra  Santità  non  baderebbe  a  cotali  disposizioni.  »  A  ogni 
modo  incarichi  S.  Santità  una  persona,  che  tratti  col  card.  Fesch 
di  queste  cose  :  egli  è  disposto  a  concedere  tutte  quelle  mo- 
dificazioni che  potrà,  perchè  in  cima  alla  sua  volontà  sta  quella 
di  piacere  a  Sua  Beatitudine,  e  di  non  darle  nessun  motivo 
di  scontentezza. 

Se  non  che,  aggiunse  subito:  «  Osservi  però  V.  S.,  che 
alcuni  principii  da  Giuseppe  II  in  qua  sono  talmente  anco- 
rati negli  spiriti  a  Milano,  che  riuscirebbe  impossibile  di  farli 
rinvenire.  »  Ripete  il  suo  desiderio  di  veder  contento  il  Santo 
Padre,  e  la  sua  intenzione  di  non  dargli  motivo  alcuno  di  scon- 


GLI   ARTICOLI   ORGANICI   DEL   CONCORDATO  225 


tentezza.  «  E  con  ciò,  conchiude,  prego  Iddio  clie  vi  conservi, 
Santissimo  Padre,  per  lunghi  anni  al  regime  e  al  governo  di 
nostra  madre  la  Santa  Chiesa  (1).  » 

V. 

EPILOGO 

Voler  qui  registrare  le  lettere  scritte  e  riscritte  intorno  a 
questa  prima  vertenza  tra  Pio  VII  e  Napoleone  I,  sarebbe  un 
volere  andare  nell'un  via  uno  :  né  d^  altra  parte  ho  inteso  di 
voler  qui  fare  un  codice  diplomatico,  che  registri  gli  atti  deMue 
governi.  La  conclusione  intorno  a  questo  concordato  mi  è 
suggerita  dagli  stessi  avvenimenti,  che  dalla  campagna  e 
dalle  vittorie  di  quest'anno  1805  precipitarono  Padempimento 
de' grandi  disegni  del  nuovo  imperatore  di  occidente. 

Col  trattato  di  Presburgo  (26  dicembre  1805),  Napoleone 
divenne  padrone  di  tutta  P Italia;  ed  allora  egli  applicò  a  una 
parte  dZItalia,  come  a  paese  conquistato  e  parte  dell'impero 
francese,  lo  stesso  concordato  onde  V  impero  francese  si  re- 
golava; ed  estese  a  Lucca,  a  Parma  e  a  Piacenza  il  concor- 
dato italiano.  Ora  ciò  egli  non  poteva  fare,  senza  una  nuova 
convenzione  col  Papa;  perchè  il  concordato  francese  era  stato 
fatto  per  la  sola  Francia,  e  le  condizioni  che  in  quel  paese  lo 
avevano  renduto  necessario,  non  militavano  in  Italia;  e  così 
pure  il  concordato  italiano  era  stato  con  chiuso  per  il  solo  regno, 
detto  italico.  D'altra  parte  ragioni  di  uuità  e  di  uniformità 
amministrativa  e  politica  spingevano  l' imperatore  a  volerne  la 
stessa  uniformità  nel  sistema  di  governo  religioso  in  tutte  le 
parti,  onde  componevansi  l'impero  francese  e  il  regno  italico. 

Pio  VII  alzò  la  voce  con  molte  lettere  di  protesta.  Napo- 
leone si  sdegnò  e  rivolse  amare  rampogne  al  Papa,  nel  genere 


(1)   Correspondance,  XI,  9092. 

Risieri.  —  La  Diplomazia  Pontifica  nel  uccio  XIX.  —  Voi.  II.  16 


226  CAPITOLO   SETTIMO 


di  quelle  che  Eiirico  III  d' Inghilterra  dirigeva  alParci vescovo 
di  Cantorbery. 

Anzi  sino  dalPautunuo  del  1805,  si  può  dire,  che  le  consi- 
derazioni di  rispetto,  conservate  fino  allora  dal  nuovo  conqui- 
statore verso  il  Successore  di  S.  Pietro,  erano  terminate.  In 
quel  tempo,  mentre  Napoleone  lanciava  nelPAlemagna  la 
grande  armata  che  doveva  assalire  PAustria  e  distruggerla, 
commise  lo  sbaglio  di  fare  occupare  dal  generale  S.  Oyr  la 
città  di  Ancona.  Il  Papa  con  sua  lettera  di  pngno  de^  13  no- 
vembre se  ne  lamentò  dolcemente  a  Napoleone.  E  questi  con 

f   la  sua  de'  6  gennaio  1806,  trattò  addirittura  il  Papa  come  un 

vassallo!  Ed  in  un'altra  de'13  febbraio  dello  stesso  anno  chiese 

a  Pio  VII;  che  lo  riconoscesse  nettamente  come  imperatore 

di  Eoma;  e  disse  a  S.  Santità:  «  Elle  est  souverain  de  Rome, 

\    mais  j'en  suis  Pempereur.  » 

Si  fu  allora,  che  Pio  YII  gli  riscrisse  quella  famosissima  let- 
tera, nella  quale  ebbe  la  forza  di  dire  a  Napoleone,  ebbro  della 
più  grande  vittoria  onde  sino  allora  si  gloriasse  un  capitano 

y  nel  mondo  intiero,  le  seguenti  parole:  «  Sire,  si  tolga  il  velo!  » 

E  il  velo  Napoleone    se  lo  tolse  a  poco  a  poco,  iniino  a 

tanto  che  nell'anno  1809,  colPespellere  da  Roma  il   suo    so- 

X-  vrano  e  pontefice,  mostrò  senza  velo   il   volto  della  persona 
ch^  egli  era  ! 


APPENDICE 


DOCUMENTI   INEDITI 


I 


'^^^ 


APPENDICE 


DOCUMENTO  I  (pag.  6)  (1). 

Voto  del  card.  Antonelli  sulle  decisioni  da  pigliarsi  dal  8.  Padre 
intorno  alla  pubblicazione  degli  articoli  organici^  fatta  dal  go- 
verno francese  contemporaneamente  con  la  pubblicazione  del 
Concordato. 

Questo  documento  contiene  le  stesse  idee  e  gli  stessi  consigli, 
■che  si  trovano  nel  Documento  III.  Vedilo  a  p.  230. 


DOCUMENTO  II  (pag.  6). 

(Francia  Appendice  Epoca  Napoleonica,  voi.  X,  Fascio  B). 

-  . .  Dubbio  30.  —  Se  Sua  Santità  debba  subito  manifestare  la  sua 
disapprovazione,  ed  in  quale  forma,'  oppure  se  debba  prima 
dare  un  passo  relativamente  a  queste  col  Primo  Console. 

Non  può  negarsi,  che  il  mondo  cattolico  non  sia  stato  grande- 
mente offeso  dalle  dottrine  contenute  negli  Articoli  detti  Organici, 
espressione  mondana,  che  non  ha  mai  avuto  luogo  nelle  ordinazioni 
concernenti  l'ecclesiastica  polizia:  tantoppiù,  che  nel  modo  in  cui 
furono  prodotti  colle  stampe,  si  sono  uniti  agli  articoli  della  Con- 
venzione, quasicchè  dovessero  aversi  come  altrettante  conseguenze 
della  medesima.  Riflesso,  che  sembra  esigere  la  più  pronta  disap- 
provazione del   S.  Padre,  per   togliere   dalla   mente  dei  fedeli  una 


(1)  La  fonte  de'  documenti  è  V Archivio  Vaticano.  —  Il  numero,  posto 
in  parentesi  accanto  alla  parola  «  Documento  »,  indica  le  pagine  del  pre- 
sente volume,  dove  è  fatta  menzione  del  documento. 


230  APPENDICE 


credulità,  che  ridonderebbe  in  pregiudizio  della  S.  Sede  ;  e  quanta 
al  modo,  convengo  in  quello  che  hanno  concordemente  abbracciato  i 
Signori  Cardinali,  consultati  nel  risultato  del  Congresso  (ved.  voi.  I^ 
pag.  533  segg.). 

DOCUMENTO  III  (pag.  6,  8). 
{Francia  Appendice  Epoca  Napoleonica,  voi.  X,  Fascio  E). 

Pro-Memoria  sulla  pubblicazione  della  Convenzione  fra  la  San- 
tità di  N.  S.  ed  il  Governo  Francese,  segnata  li  15  luglio  1801  e 
pubblicata  in  Parigi  li  18  aprile  dell'anno  corrente  (1802). 

Descrizione  dello  stato  religioso  della  Francia,  prima  del  concordato.  — 
Confronto  con  lo  stato  presente.  —  Esposizione,  ed  esame,  delle  oppo- 
sizioni al  concordato  per  parte  del  governo.  —  Condotta  da  seguirsi 
verso  i  vescovi  costituzionali,  non  sottomessi.  —  Riflessioni  sul  discorso 
del  Portalis,  e  sugli  articoli  organici.  —  Condotta  da  tenersi  dal  S.  Padre» 

Descrizione  dello  stato  religioso  della  Francia 
prima  del  concordato. 

Perchè  dar  si  possa  un  retto  giudizio  di  tutto  ciò,  che  è  accaduto 
in  Francia  in  seguito  della  convenzione  stipulata  fra  Sua  Santità, 
ed  il  Groverno  Francese,  e  perchè  si  possa  determinare  quali  misure 
prender  si  debbano  da  Sua  Santità  sopra  i  diversi  oggetti,  che  ne 
hanno  accompagnata  la  pubblicazione,  richiamar  conviene  alla  me- 
moria lo  Stato,  nel  quale  si  è  trovata  la  Cattolica  Religione  in 
Francia,  dopo  l'epoca  infausta  della  Rivoluzione  di  quel  Regno  fina 
air  epoca  presente,  quali  beni  dalla  convenzione  già  ne  siano  derivati, 
se  altri  ne  restino  ancora  a  sperare  ;  conviene  insomma  esaminare  tut- 
tociò  che  l' ha  preceduta,  che  l' ha  accompagnata,  e  che  vi  succede  in 
tutta  r  estensione  de'  rapporti,  de'  tempi,  de'  luoghi,  e  del  Governa 
istesso,  che  l' ha  pubblicata. 

Senza  rimontare  ai  tempi  dolorosissimi  delle  crudeli  persecuzioni 
esercitate  in  Francia  contro  i  Ministri  del  Culto  Cattolico,  e  richia- 
mare alla  mente  la  Catastrofe  dei  mali  accaduti  dopo  la  pubblica- 
zione della  cosi  detta  Costituzione  Civile  del  Clero,  si  dia  per  un 
momento  un'occhiata  allo  Stato  della  Religione  nel  tempo  che  dal 
S.  P.  fu  spedito  in  Francia  un  Ministro  per  trattare  col  Prima 
Console  del  ristabilimento  della  medesima.  Sessanta  e  più  Vescovi 
Costituzionali  occupavano  ancora  pacificamente  le  usurpate  Sedi^ 


DOCUMENTO   III.  231 


ed  istituivano  nuovi  Intrusi  alle  vacanti,  e  col  favore  se  non  di- 
rettamente del  Governo  almeno  de  suoi  Ministri  si  andavano  già  riu- 
nendo in  pseudo  Sinodi  Diocesani,  o  Provinciali  per  imporre  poi 
semf)re  più  per  mezzo  di  un  Concilio  Nazionale  all'  ignorante  volgo, 
e  consolidare  con  questo  mezzo  la  loro  autorità.  Si  studiavano  dai 
Vescovi  legittimi,  emigrati  dalla  Francia,  tutti  i  mezzi  per  prov- 
vedere al  Governo  delle  loro  Diocesi,  ma  scarsi  erano  i  Ministri,  e 
quelli  che  non  si  prestavano  alla  riprovata  promessa  di  fedeltà  alla 
Costituzione  non  potevano  che  di  nascosto  pascere  un  ben  ristretto 
numero  di  Fedeli  della  Divina  parola,  e  amministrare  a  questi  i 
Sacramenti.  Quegli  istessi,  che  in  forza  della  promessa  fatta  godevano 
di  una  maggior  libertà,  non  perciò  esercitar  potevano  pubblicamente 
il  Culto  Cattolico.  Perseguitati  dagl'  Intrusi  spesso  si  vedevano  ob- 
bligati di  cedere  a  questi  il  luogo  nelle  poche  Chiese  ancora  esi- 
stenti. Si  profanava  pubblicamente  il  Luogo  Santo  dai  Teofilantropi. 
I  Tempj  dedicati  al  culto  di  Dio  portavano  ancora  nella  facciata  le 
profane  iscrizioni  :=^  Al  Genio  =  Alla  Vittoria  =  AW Imeneo  = 
e  simili.  Non  un  Tempio,  non  un  luogo  vi  era  nella  Francia,  ove 
esternamente  alzato  si  vedesse  il  segno  della  nostra  Redenzione.  La 
Decade  ancora  esistente  rendeva  incerti  al  popolo  singolarmente 
delle  campagne  i  giorni  più  solenni.  Non  accadeva  la  vacanza  di 
una  Sede  Vescovile,  che  infinite  querele  non  insorgessero  nel  Clero, 
e  cosi  r  incertezza  sulla  legitimità  de'  Ministri,  la  scarsezza  de'  me- 
desimi, la  mancanza  de'  mezzi,  e  la  difficoltà  d'istruire  i  popoli  dei 
principii,  e  delle  massime  fondamentali  della  santa  nostra  Religione, 
rendeva  questi,  se  non  dirò  increduli  del  tutto,  almeno  per  questa 
molto  indifferenti. 

Confronto  con  lo  stato  presente. 

Questo  era  lo  stato  della  Religione  in  tempi  reputati  per  la 
Francia  dopo  la  Rivoluzione  i  più  felici.  Si  faccia  ora  di  questo  un 
rapido  paragone  col  tempo  presente.  Un  Cardinale  Legato  della 
S.  Sede  spiega  pubblicamente  in  Parigi,  se  non  con  tutta  quella 
pompa  proporzionata  alla  sua  dignità,  almeno  con  quella,  che  è 
proporzionata  al  tempo,  al  luogo,  ed  al  suo  Carattere.  A  sessanta 
Vescovi  intrusi  succedono  sessanta  legittimi  Pastori  tutti  canoni- 
camente istituiti  dalla  S.  Sede.  Legitimi  per  conseguenza  vanno  ad 
essere  tutti  i  Parrochi,  che  da  questi  esser  devono  istituiti.  Non  è 
a  questi  interdetta  la  comunicazione  col  Capo  dellla  Chiesa.  Si  ri- 
stabilisce nel  Clero  1'  Ecclesiastica  Gerarchia,  liberi  sono  resi  i  Tempj 


232  APPENDICE 


necessari  al  culto  di  Dio,  e  vietata  in  questi  la  promiscuità  di  altri 
culti.  Le  Decade  è  abolita^  e  il  Card.  Legato  con  Apostolica  autorità 
ristringe  il  numero  delle  feste,  e  determina  quello  delle  feste  mobili. 
Un  Giubileo  a  nome  del  Santo  Padre  si  publica  dal  Cardinal  Legato 
in  tutta  la  Francia.  Publico  è  il  culto  cattolico,  libero  l'insegna- 
mento, e  la  predicazione.  Alla  promessa  di  fedeltà  alla  Costituzione 
altra  ne  è  surrogata,  sanzionata  dalla  S.  Sede,  ed  è  estesa  non  solo 
agli  ecclesiastici,  ma  a  tutti  gli  emigrati.  Si  annunzia  con  tutta 
solennità,  e  si  sanziona  dalla  pubblica  autorità  il  ristabilimento  della 
Cattolica  Religione,  e  non  già  chi  compone  il  Governo  in  forza  della 
particolare  privata  sua  professione  di  Cattolicismo,  ma  il  Governo 
istesso  con  tutti  i  membri  che  lo  compongono,  e  con  tutto  quello 
sfarzo,  e  splendore,  che  gli  può  convenire  in  una  pubblica  rappre- 
sentanza va  al  Tempio  del  Signore,  e  con  un  solenne  Te  Deum  gli 
rende  grazie  e  della  conchiusa  pace,  e  del  ristabilimento  della  Cat- 
tolica Religione. 

Esposizione  ed  esame  delle  opposizioni  al  concordato 
per  parte  del  governo. 

Ma  non  è  che  pur  troppo  vero,  che  giorni  cosi  belli  stati  sono 
offuscati  da  densa  nebbia  per  non  dire  da  dense  tenebre,  che  riempir 
devono  di  amarezza  il  paterno  Cuòre  del  S.  P.  Mentre  che  per  un 
articolo  espresso  del  Concordato  si  conviene  di  una  nuova  formola 
di  promessa  di  fedeltà  al  Governo,  e  si  toglie  cosi  di  mezzo  la  pro- 
messa di  fedeltà  alla  Costituzione,  si  estorce  publicamente  e  vio- 
lentemente ancora  dal  Cardinale  Legato  una  formola  di  promessa, 
che  pare,  che  a  questa  si  avvicini,  e  si  pubblica  anzi  nel  giornale 
officiale  più  ampia,  e  con  espressioni  più  forti  ed  estese,  di  quelle 
che  dal  Cardinale  Legato  furono  pronunciate. 

Si  sopprimono  le  Sedi  degl'  Intrusi,  e  se  ne  esige  da  questi  l'ab- 
bandono, ma  frattanto  nove  già  se  ne  nominano  alle  Sedi  della  nuova 
Circoscrizione,  e  si  vogliono  sottratti  da  quella  solenne  ritrattazione, 
e  da  quegli  atti  di  sommissione,  che  esige  il  S.  P.  per  prova  del 
loro  ravvedimento. 

Si  sanziona  in  fine  la  convenzi(Jne,  si  proclama  il  pubblico  eser- 
cizio della  Cattolica  Religione,  ma  per  mezzo  di  un  discorso  del- 
l'oratore del  Governo,  pieno  di  errori  scandalosi,  d'ingiurie  alla 
S.  Sede,  e  di  massime  ereticali,  se  ne  deturpa  l' interpretazione,  e  si 
ammette  alla  convenzione  un  indigesto  annesso  di  Articoli  Organici 


DOCUMENTO    III.  233 


per  r  esecuzione  della  medesima,  i  quali  offendono  la  Primazia  del 
Capo  della  Chiesa,  ne  sconvolgono  per  cosi  dire  la  disciplina,  in- 
ceppano l'autorità  dei  Pastori,  e  rendono  servile  affatto  l'esercizio 
della  Cattolica  Religione,  e  non  senza  uno  scandalo  insopportabile 
si  giunge  a  voler  far  credere,  che  siano  tali  articoli  autorizzati  o 
dal  Capo  della  Chiesa  che  stipolò  la  convenzione,  o  almeno  dai  suoi 
Ministri. 

Esaminiamo  d' appresso  questi  atti,  che  meritano  tutta  la  Pastorale 
sollecitudine  del  S.  P. 

Non  può  negarsi,  che  il  Cardinal  Legato  ecceduti  abbia  i  confini 
delle  sue  istruzioni,  anco  colla  semplice  lettura  della  formola  latina 
di  promessa  fatta  al  Governo;  come  non  può  negarsi,  che  con  mala 
fede  siasi  presentata  questa  formola,  dopo  che  una  diversa  era  stata 
•col  Governo  istesso  convenuta.  Ma  ormai  la  formula  è  letta.  È  im- 
possibile che  ottener  si  possa  l' aggiunta  di  qualche  apostilla  nel 
registro  della  medesima,  che  ne  limiti  il  significato  alle  cose  civili^ 
■e  politiche^  come  da  alcuno  veniva  suggerito.  Oltre  di  che  la  promessa 
di  osservare  la  Costituzione  nelle  cose  civili,  che  vuol  dire  altro, 
che  osservarla  negli  articoli,  che  riguardano  la  alienazione  dei  beni 
ecclesiastici,  e  di  quelli  degli  emigrati?  Si  può  dare  però  un'in- 
terpretazione più  ristretta  alla  formola  latina,  che  è  stata  letta.  Il 
maggior  male  sta  nell'estensione  data  alla  medesima  nel  giornale 
officiale  al  di  là  delle  frasi  lette  dal  Sig.  Card.  Legato.  Pare  adunque, 
che  il  rimedio  più  proporzionato  all'accaduto  disordine  sia  quello 
di  parlarne  meno  che  sia  possibile,  e  di  fare  inserire  in  altre  gaz- 
zette, che  la  formola  latina  riportata  nel  Monitore  non  è  quella 
letta  dal  Card.  Legato,  senza  entrare  in  altri  dettagli,  e  di  inculcare 
al  Card,  medesimo  di  fare  tutti  i  sforzi  per  ottenere,  che  nelle 
Gazzette,  o  in  qualche  foglio  periodico  di  Francia  si  riferisca  lo  stesso. 

La  nuova  formola  di  giuramento  adottata  dal  Governo  farà  cessare 
in  Francia  tutte  le  questioni  relativamente  alla  promessa,  siccome 
andate  sono  in  oblivione  tutte  le  precedenti  relative  ad  altri  giu- 
ramenti, che  esatti  si  sono  in  diverse  epoche  dagli  ecclesiastici. 

Condotta  da  seguirsi  verso  i  vescovi  costituzionali,  non  sottomessi. 

Grave  certamente  è  l'ispezione,  che  merita  l'istituzione  data  dal 
Sig.  Card.  Legato  ai  nove  Vescovi  Costituzionali,  nominati  dal  Primo 
Console  ad  altrettante  Sedi  della  nuova  circoscrizione.  Si  può  pre- 
scindere  da  due,  perchè  già   fatta   avevano  una   solenne,  e  piena 


234  APPENDICE 


ritrattazione  dei  loro  errori.  Sarei  coraggioso  nel  supplicare  il  S.  P.  di 
offrire  a  tutti  i  Costituzionali,  i  capi  soli  del  passato  scisma  ec- 
cettuati, una  Sede  Vescovile,  se  essi  veramente  confessando  di  avere 
errato  ritrattassero  di  cuore,  e  d'anima  i  passati  errori,  e  l'esempio 
de'  PP.  Africani,  e  l'indulgenza  usata  da  Griulio  III  coi  Vescovi 
eretici  d'Inghilterra  giustificherebbe  il  mio  coraggio:  ma  che  pos- 
siamo sperare  da  gente,  che  non  ha  voluto  confessare  espressamente 
al  Capo  della  Chiesa  di  aver  errato,  e  che  ha  ricevuta  bensì  con 
sommissione,  e  ci  si  dice  con  aria  di  pentimento  l'assoluzione  dalle 
censure,  e  dall'irregolarità,  ma  che  nemmeno  l'ha  voluta  chiedere? 
Non  mancheranno  certamente  nell'  Istoria  Ecclesiastica  degli  esempj, 
che  a  questi  molto  si  approssimano;  e  nel  duro  cimento,  nel  quale  si 
è  trovato  il  Card.  Legato  o  di  tutto  perdere,  o  di  adottare  il  partito, 
che  ha  preso,  non  deve  Sua  Santità,  che  compatirlo,  e  non  potrà 
ricusarsi  alla  conferma  dell'istituzione  già  data  ai  Costituzionali. 
Ma  perchè  riparato  venga  al  gravissimo  scandalo,  che  questa  pro- 
durrebbe, se  i  Costituzionali  non  si  mostrassero  al  pubblico  ravveduti, 
non  solo  è  necessario,  che  si  renda  pubblico  il  decreto  della  di  loro 
assoluzione,  ma  inculcare  si  deve  al  Card.  Legato,  che  invigili  sulla 
condotta  di  essi,  e  faccia  tutti  i  sforzi  per  ottenere  almeno,  che 
nella  prima  pastorale  parlino  ai  popoli  alla  di  loro  cura  affidati 
in  modo  da  far  conoscere,  che  detestano  i  passati  errori,  e  che  sono 
di  cuore,  e  d' anima  uniti  al  Capo  della  Chiesa,  e  sottomessi  ai 
suoi  Decreti. 

Siccome  poi  il  contesto  della  lettera  del  Card.  Legato  fa  ancora 
presumere,  che  i  Costituzionali  già  nominati,  nel  costume  e  nelle 
qualità  morali  non  sono  dei  meno  redarguibili,  cosi  pare,  che  inculcar 
se  gli  debba  di  esser  su  di  ciò  vigilante  nel  caso  di.  nuove  nomine, 
e  di  ricusare  decisamente  la  Canonica  Istituzione  a  chi  non  solo  per 
lo  passato  scisma,  ma  ancora  per  il  mal  costume  ne  fosse  indegno  : 
l' affare  è  della  massima  delicatezza  ed  importanza,  e  deve  porsi  ogni 
studio  non  solo  per  giustificare  e  render  meno  pregiudizievole  il  già 
fatto,  ma  per  riparare  ancora  all'avvenire. 

Riflessioni  sul  discoì'so  del  Portalis,  e  sugli  articoli  organici. 

Che  si  dovrà  dire  in  fine  del  discorso  del  Consiglier  Portalis, 
e  degli  Articoli  Organici,  che  hanno  accompagnata  la  pubblicazione 
della  Convenzione,  e  in  conformità  soltanto  dei  quali  si  permette 
in  Francia  l'esercizio  della  Cattolica  Religione?  Se  si  esaminerà  la 


DOCUMENTO   III.  235 


cosa  pacatamente,  e  senza  prevenzione,  se  ne  vedranno  derivare 
dagliv  Articoli  Organici  de' mali  certamente  gravi,  ma  forse  men 
gravi,  e  più  sopportabili  di  quel-li,  che  derivar  possono  dalla  scelta 
dell'  Intrusi  alle  nuove  Sedi. 

E  prima  di  tutto  separare  si  deve  affatto  il  discorso  di  Portalis 
dalla  convenzione,  e  cosi  il  suo  rapporto  sulli  Articoli  Organici 
dagli  articoli  istessi.  È  il  Consigliere  Portalis  un'Oratore  del  Go- 
verno, è  vero,  ma  non  ne  viene  in  conseguenza  che  tutto  ciò,  che 
egli  dice,  sia  sentimento  di  chi  governa.  Destinato  egli  a  sostenere 
la  convenzione  in  faccia  al  Corpo  Legislativo,  e  ad  ottenere  la 
sanzione,  come  destinati  erano  dal  Tribunato  per  l' istesso  oggetto 
Luciano  Bona  parte,  e  Simeone,  e  considerando  che  parlava  ad  un 
ceto  misto  di  miscredenti,  di  atei,  e  di  qualche  protestante,  vo- 
lendo dileguare  tutte  le  difficoltà,  che  erano  già  nel  Tribunato  state 
suscitate  da  chi  aveva  furiosamente  declamato  contro,  ha  preteso 
di  tessere  un  discorso  filosofico,  che  si  adattasse  a  tutte  le  opinioni, 
che  persuadesse  tutte  le  menti  dei  Legislatori,  e  cosi  diminuendo 
anco  studiatamente  l' influenza,  che  aver  può,  non  dico  la  conven- 
zione, ma  la  Religione  istessa  nello  Stato,  non  senza  molta  contra- 
dizione ha  spinto  il  suo  ragionamento  fino  all'  eresia,  e  a  comparire 
egli  stesso  un  eretico.  Pare  adunque,  che  a  un  tal  discorso  dar  si 
debba  l' istesso  peso,  che  si  dà  a  quello  degli  oratori  del  Tribunato, 
riguardarlo  cioè  come  un  privato  sentimento,  che  dar  non  può  né 
alla  convenzione,  né  agli  articoli,  che  l'accompagnano,  alcuna  legale 
interpretazione.  Potrà  Sua  Santità,  se  crede,  che  lo  scandalo  lo  esiga, 
condannarlo  separatamente. 

Tutta  la  disamina  adunque  cader  deve  sugli  Articoli  Organici. 
Guardimi  il  Cielo,  che  io  pretenda  di  voler  scusare,  o  giustificare 
li  errori  che  in  essi  si  contengono,  e  le  massime  scandalose,  ed  ingiu- 
riose all'ecclesiastica  autorità,  che  in  essi  si  stabiliscono.  Ma  mentre 
ognun  conviene  che  non  si  contiene  in  essi  alcuna  espressa  eresia, 
si  deve  ancora  con  infinito  dolore,  ma  con  altrettanta  verità  rimarcare, 
che,  analizzati  gli  Articoli,  non  vi  è  pressoché  una  massima,  non  vi  è 
una  regola,  che  prescritta  non  fosse  in  Francia  nel  Governo  dei  Regi, 
o  dai  Monarchi  istessi,  o  dai  Parlamenti  in  nome  sovrano. 

Opera  sarebbe  assai  lunga,  se  si  volessero  ad  uno  ad  uno  pa- 
ragonare li  Articoli  Organici  colle  antiche  ordinanze  di  Francia;  e  per 
bene  eseguirla  vi  vorrebbe  il  soccorso,  e  di  tempo  e  di  molti  libri, 
ma  basterà  per  provare  l'assunto  il  riandare  li  articoli  principali, 
e  paragonarli  coi  più  noti  editti,  che  in  Francia  sono  stati  dai  Re 
pubblicati. 


236  APPENDICE 


Il  primo,  e  terzo  Articolo  è  lesivo  dell'Autorità  della  Chiesa,  che 
libera  esser  deve  ne'  suoi  insegnamenti.  Le  Bolle  dogmatiche  esser 
non  possono  soggette  né  all'esame,  né  alla  sanzione  della  Potestà  civile. 
Tutto  ciò  è  vero,  ma  é  vero  altresì,  che  da  antico  tempo  si  trova  sta- 
bilita in  Francia  la  massima  che  niuna  Bolla,  o  Breve  di  Roma, 
possa  avere  esecuzione,  se  non  è  dal  Governo  placitata,  e  per  tacere 
delle  antiche  ordinanze  su  tale  oggetto  emanate,  basta  il  rammentare 
quella  di  Luigi  XV  del  1754,  registrata  dal  Parlamento  di  Parigi, 
colla  quale  mentre  si  accorda  alla  Chiesa  il  diritto  di  insegnare,  e 
di  determinare  ciò  che  si  deve  credere  sans  que  la  puissance  tenipo- 
relle  puisse  en  aucun  cas  prononcer  su?'  lesdogmes,  si  aggiunge  ancora, 
che  la  Potestà  temporale  avant  cC  autoriser  la  puhlication  des  dé- 
cretSj  Bulles  etc.  a  le  droit  d' examiner  la  forme  des  ces  décrets,  leur 
conformité  avec  les  maximes  du  Royaume  en  tout  ce  qui  dans  leur 
puhlication  peut  altérer,  ou  intéresser  la  tranquìllité  puhlique.  Si 
veda  se  il  primo,  e  terzo  Articolo  in  questione  sono  perfettamente 
simili  a  questa  dichiarazione,  e  si  richiami  ancora  ad  esame  ciò  che 
si  osserva  in  altri  Stati  su  tali  materie,  e  s'osserverà,  che  quasi  ge- 
neralmente si  osservano  ristesse  massime,  e  se  pure  qualche  volta 
si  astengano  i  Sovrani  dall' apporre  V  Exequatur  nelle  Bolle  dogma- 
tiche, non  s' astengono  però  dal  voler  esaminare  prima  della  publi- 
cazione  se  riguardano  semplicemente  il  dogma,  o  se  abbiano  ancora 
rapporto  con  qualche  punto  di  disciplina. 

Succede  a  questi  il  sesto  Articolo,  che  ha  meritati  sempre,  e  me- 
rita i  reclami  de' Vescovi,  e  molto  più  del  Capo  della  Chiesa;  ma  però 
non  si  ha  che  da  dare  una  scorsa  al  notissimo  editto  di  Luigi  XIV 
del  1695,  per  vedere  che  mentre  si  lascia  libera  agli  Ecclesiastici  la 
cognizione  delle  cause  concernant  les  Sacraments,  les  voeux  de  Re- 
ligione V  Office  divin,  la  discipline  ecclésiastique  etc.  e  s' interdice  ai 
giudici  laici  d'ingerirsene,  s'aggiunge  però:  Si  ce  n' est  pas  qu'i 
y  eut  un  appel  comme  d' abus  interjeté  en  nos  dites  Cours  des  quel- 
ques  jugements,  ordonnances,  ou  procédures  faites  sur  ce  sujet  par 
les  juges  de  V  Eglise. 

Nell'Articolo  16  e  17  si  prescrive  l'età  de' novelli  Vescovi,  e 
che  presentar  debbano  al  Groverno  un  attestato  di  buoni  costumi. 
L' istesso  fu  già  prescritto  da  Enrico  III,  nell'  adunanza  detta  di 
Blois  del  1579. 

L' Articolo  24  fa  veramente  fremere  di  un  santo  sdegno,  e  se 
mai  vi  fu  tempo  nel  quale  V  istesso  Governo  Francese  doveva  inte- 
ressarsi, perchè  la  dichiarazione  del  Clero  Gallicano  eliminata  fosse 


DOCUMENTO    III.  237 


dalle  scuole,  è  il  presente.  Ma  disgraziatamente  aveva  ben  altra 
ampiezza  l'editto  di  Luigi  XIV,  emanato  sulP  istesso  oggetto.  Pro- 
mise egli  ai  reclami  d'Innocenzo  XI  «  qu'il  n' auroìt  pas  de  suite,  » 
ma  il  seguito  lo  ebbe  pur  troppo,  e  fino  ai  giorni  nostri  si  faceva 
dalla  Sorbona  giurare  dai  laureandi  l'osservanza  della  dichiara- 
zione. E  mentre  i  Monarchi  istessi  giuravano  nella  loro  coronazione 
di  osservare  la  libertà  della  Chiesa  Gallicana,  che  altro  volevano 
intendere,  che  di  fare  osservare  ancora  la  riprovata  sempre  dalla 
S.  Sede  dichiarazione  del  Clero?  Non  permette  la  ristrettezza  del 
tempo  di  rintracciare  se  dall'  antico  Governo  Francese  fosse  prescritta 
ciò  che  si  prescrive  ora  nell'Articolo  26,  cioè  che  i  Vescovi  sottometter 
debbano  al  Governo  la  nota  degli  ordinandi.  È  certo  però,  che  ciò  si 
è  praticato  in  Toscana  in  tempo  del  Gran  Duca  Leopoldo,  e  si  è  pra- 
ticato in  altri  Stati  ancora,  nei  quali  non  poteva  il  Vescovo  ammettere 
al  chiericato  alcun  soggetto,  se  non  aveva  questi  riportato  dal  Go- 
verno l'assenso. 

Egualmente  per  l'Articolo  52  non  si  può  asseverantemente  as- 
serire, se  nell'  antico  Governo  prescritto  fosse  ai  parrochi  di  astenersi 
nelle  istruzioni  da  qualunque  incolpazione  contro  le  persone  degli 
eretici,  o  dei  protestanti.  Converrebbe  aver  sotto  gli  occhi  V  editto- 
di  Luigi  XVI,  emanato  a  favore  dei  medesimi.  Se  però  i  Metro- 
politani e  per  conseguenza  i  loro  Suffraganei,  e  ordinatamente  i 
parrochi  a  tenore  dell'  Articolo  XIV  devono  invigilare  alla  con- 
servazione della  Fede,  e  della  Disciplina,  ne  viene  per  conseguenza, 
che  esser  debba  libero  ad  essi  il  predicare  ed  istruire  i  popoli  non 
solo  contro  il  vizio,  ma  contro  ancora  1'  eresia. 

Un  Articolo,  che  è  ben  degno  di  grave,  e  seria  ispezione,  è  l'Ar- 
ticolo 54,  relativo  ai  matrimonii.  Pare,  secondo  questo,  che  si  faccia 
consistere  il  matrimonio  nel  solo  contratto,  che  si  celebra  avanti  la 
Potestà  civile,  e  si  voglia,  che  questo  basti  per  farlo  essere  vero 
matrimonio.  Tale  diviene  l' interpretazione  di  questo  Articolo,  se  si  dà 
un'  occhiata  all'  ammasso  di  errori  che  si  pronunciano  dal  Dottor  Por- 
talis  nel  suo  Rapporto.  Per  altro  non  vi  è  alcuna  imposta  ai  par- 
rochi, che  ne  trasgrediranno  l'osservanza,  e  nemeno  si  dichiara  nullo 
il  matrimonio  contratto  avanti  il  solo  parroco.  Pur  troppo  infelice- 
mente alcuni  ecclesiastici  di  Parigi,  benché  di  sanissima  dottrina, 
hanno  creduto,  che  convenisse  far  questa  legge,  per  riparare  cosi 
allo  scandalo,  che  nasceva  nel  veder  separati  de'  matrimonii  contratti 
solamente  in  faccia  della  Chiesa,  per  la  sola  ragione,  che  mancava 
il    contratto   avanti  la  Potestà  civile;  e   l'esempio  dell'Olanda,  e 


238  APPENDICE 


molto  più  quello  ripetuto  tante  volte  dai  Re  di  Francia  di  dichiarare 
irriti,  ed  invalidi  i  matrimonii  mancanti  di  alcuna  delle  solennità 
prescritte  nelle  loro  ordinanze,  può  aver  spinto  ora  ancora  il  Governo 
Francese  a  stabilire  l'Articolo  in  questione.  L' ordinanza  di  Enrico  III, 
detta  di  Blois  del  1579,  l'Editto  di  Enrico  IV  del  1605,  e  il  succes- 
sivo del  1680  di  Luigi  XIV,  sono  gli  esempi,  dei  quali  si  è  inteso 
di  far  menzione.  Chi  non  vede  finalmente,  che  nell'Articolo  73  ri- 
chiamate sono  tacitamente  le  funeste  leggi  delle  manimorte,  contro 
le  quali  hanno  giustamente  in  tutti  i  tempi,  ma  non  con  gran  pro- 
fitto reclamato  i  Romani  Pontefici? 

Condotta  da  tenersi  dal  S.  Padre. 

Questi  sono  gli  Articoli  Organici  più  rimarchevoli,  e  più  degni 
di  censura,  e  non  fuor  di  proposito  si  è  creduto  di  far  questa  com- 
parazione fra  essi  e  le  leggi  veglianti  nell'antico  Governo  di  Francia 
relativamente  all'  esercizio  della  Cattolica  Religione,  per  poter  deter- 
minare cosa  convenga  di  fare  al  Capo  della  Chiesa  in  seguito  della 
^pubblicazione  dei  medesimi.  La  risposta  a  questo  quesito  sembra  che 
debba  essere,  che  faccia  Sua  Santità  ciò,  che  han  fatto  in  simili  casi 
i  suoi  Predecessori.  Lodare,  e  render  grazie  per  il  bene.  Far  co- 
noscere gli  errori,  e  chieder  riparo  al  male. 

Ma  ciò  non  basta,  avverte  alcuno  animato  da  giusto  zelo  per  la 
Cattolica  Religione.  Le  ferite,  che  si  fanno  a  questa  negli  Articoli 
Organici,  sono  gravissime.  Derivano  questi  da  fonti  ereticali.  Al  duro 
prezzo  di  conformarsi  ai  medesimi  si  è  permesso  in  Francia  il  culto 
cattolico.  Ma  gli  Articoli  non  son  Cattolici  ;  cattolica  non  è  adunque 
la  Religione,  che  ora  in  Francia  si  permette,  e  si  giunge  di  più  alla 
scandalosa  impudenza  di  far  credere  complice  di  tanti  errori  la  Santa 
Sede,  che  non  è  che  maestra  di  Verità.  Convien  dunque,  si  aggiunge, 
che  alto  gridi  il  Capo  della  Chiesa,  e  alzando  come  tromba  la  sua 
voce  annunzi  Populo  suo  scelera  eorum. 

Lodo  infinitamente  lo  zelo  di  chi  cosi  argomenta,  ma  non  credo 
né  giusto  1'  argomento,  né  applicabile  al  caso  il  rimedio  che  si  pro- 
pone. Sian  pure  derivanti  da  fonti  ereticali  gli  Articoli  in  questione, 
e  conducenti  eziamdio  all'eresìa,  sia  pure  da  questi  vincolato  l'eser- 
cizio della  Cattolica  Religione  nell'  integrità  della  sua  disciplina. 
Con  tutto  ciò  se  leggi  simili  (se  non  peggiori  degli  Articoli  ora 
publicati)  esistevano  in  Franpia  prima  della  Rivoluzione,  e  non  si 
è  non  ostante  mai  creduto,  che  estinta  fosse  la  Religione  Cattolica 


DOCUMENTO   IH.  239 


in  quelle  contrade,  perchè  non  dovrà  credersi  ora  stabilita  almeno 
come  era,  nonostante  la  publicazione  degli  Articoli  indicati?  Si  abbia 
infine  un  paziente  riflesso  al  modo,  al  tempo,  ed  alle  circostanze, 
nelle  quali  gli  Articoli  sono  emanati.  Si  avverta,  che  sono  stati  letti 
almeno  in  compendio  al  Cardinale  Legato,  che  alcuni  a  suo  sugge- 
rimento, come  egli  riferisce,  sono  stati  modificati,  alcuni  tolti,  dal 
che  se  ne  dedurrà,  che  ha  mostrato  di  tollerare  almeno  quelli  che 
sono  rimasti.  Si  avverta  quante  difficoltà  ha  dovute  superare  il  Primo 
Console  istesso  per  dare  esecuzione  alla  Convenzione,  e  quanti  beni, 
nonostante  gli  Articoli  Organici,  ha  questa  già  prodotti.  Si  mediti 
infine  seriamente  quali  sarebbero  le  conseguenze,  se  contrariato  il 
Primo  Console  da  una  publica  clamorosa  riprovazione  degli  Articoli 
Organici  (che  produrre  non  potrebbe  in  Francia,  che  un  pericoloso 
fermento)  opponesse  la  previa  esistenza  di  altrettante  leggi  a  questi 
consimili,  ed  esiggesse  non  solo  che  Vescovi  ne  giurassero  l'osser- 
vanza, ma  giungesse  anco  forse  a  chiederne  alla  S.  Sede  l' impossibile 
sanzione. 

Non  può  certamente  guardare  il  Santo  Padre  il  silenzio,  anzi  deve 
parlare:  ma  perchè  non  può  annunziare  al  Sac.  Collegio  dei  Cardinali 
la  pubblicazione  della  convenzione  nel  modo,  che  è  stata  fatta,  e 
tutti  i  beni  che  ne  sono  derivati,  e  con  una  ben  tessuta  Allocuzione 
da  rendersi  publica  colle  stampe  dichiarare,  che  improvvisi  gli  son 
giunti  gli  Articoli  Organici  publicati  insieme  alla  convenzione,  che 
né  Egli  né  i  suoi  Ministri  vi  hanno  avuta  veruna  parte,  e  che  non 
lascierà  di  reclamare  al  Primo  Console  un  sollecito  riparo  alle  mas- 
sime fatte  ora  rivivere  in  Francia,  contro  le  quali  i  Pontefici  suoi 
Predecessori  hanno  sempre  reclamato?  Un  Breve  in  seguito  del- 
l' istessa  natura  diretto  al  Primo  Console,  e  modellato  con  quelle 
tenere  e  paterne  espressioni,  colle  quali  per  cause  non  meno  gravi 
diretti  si  sono  tante  volte  agi'  Imperatori  da  tanti  Santi  Pontefici, 
esser  potrebbe  il  mezzo  per  ottenere,  se  non  in  tutto,  almeno  per 
molta  parte  il  bramato  fine. 

Non  è  difficile  l' immaginare,  che  chi  scorge  nella  pubblicazione 
ed  esecuzione  della  convenzione  tanti  vantaggi,  quanti  da  principio 
di  questa  memoria  ne  ho  enumerati,  ne  rende  nel  cuore  suo  grazie 
all'  Altissimo,  e  che  crede  perciò  giusto,  che  le  medesime  rese  siano 
publicamente  con  un  solenne  Te  Deum.  Non  dovrebbe  però  da  questo 
andar  disgiunta  una  publica  preghiera,  per  ottenere  da  Dio  il  riparo 
ai  mali,  che  minorano  il  bene,  e  che  affliggono  tutt'  ora  la  Chiesa.  Un 
pubblico  Giubileo  fu  prescritto   dopo  la  riconciliazione  del  Regno 


240  APPENDICE 


d' Inghilterra.  Saviamente  è  stato  ora  publicato  in  Francia.  Utilis- 
simo potrebbe  essere  ripetuto  in  Roma,  e  l' ottava  della  Pentecoste 
offre  appunto  un  tempo  oportuno  per  un'  opera  cosi  salutare  (1). 

DOCUMENTO  IV  (pag.  12). 
{Cifre  ai  Nmizìi,  Principi,  voi.   276). 

Consalvi  ai  Nunzii  —  25  maggio  1802. 

Espone  le  cose  dette  dal  S.  Padre  nella  sua  allocuzione  de' 24  maggio. 
Mette  in  rilievo  la  delicatezza  e  la  difficoltà  dell'argomento  ;  e 
come  credCj  che  si  sieno  dette  le  cose  chiaramente,  ed  insieme  si 
sia  usato  grande  riguardo.  Il  perchè  del  non  avere  dato  alle 
stampe  il  breve  per  la  riconciliazione  de' vescovi^  tanto  costitu- 
zionali come  legittimi. 

Leggendo  attentamente  l'allocuzione  di  N.  S.  fatta  jeri  nel  Con- 
cistoro, vedrà  V.  E.  come  si  è  procurato  di  uscire  (se  pur  ci  sarà 
riuscito  felicemente)  dal  terribile  labirinto,  in  cui  ci  troviamo.  Si  è 
fatto  il  quadro  dello  stato  della  religione  in  Francia  prima,  e  dopo 
il  Concordato,  per  rilevarne  la  differenza,  e  cosi  avere  in  faccia  al 
mondo  un  giusto  motivo  del  canto  del  Te  Deum,  che  senza  un  urto 
grandissimo  con  la  Francia  non  si  sarebbe  potuto  omettere.  Si  è 
procurato  di  far  capire  chiarissimamente,  che  il  7'e  Deum  cade  sulla 
publicazione  dei  soli  17  articoli  del  Concordato^  e  Bolla  che  li  con- 
tiene, e  per  i  vantaggi  risultanti  dai  medesimi,  e  non  sopra  qua- 
lunque altra  cosa.  Si  è  procurato  di  far  conoscere  che  essi  soli  sono 
opera  di  Roma,  e  che  solo  in  essi  si  è  da  noi  avuta  parte.  Il  che 
si  è  detto  a  chiare  note  nella  allocuzione,  e  risulta  anche  dalla 
stampa  qui  fatta  di  tutti  gli  atti  nostri,  nella  quale  stampa  gli  arti- 
coli organici  non  si  trovano.  Si  è  detto,  che  questi  sono  giunti  al 
Papa  improvisi. 

Quanto  poi  al  disapprovarli,  si  è  detto,  (sembra  a  me)  tanto 
chiaramente  quanto  mai  si  poteva,  mentre  si  dice  nella  allocuzione,, 
che  il  Papa  caminando  sulle  traccie  de'  suoi  Predecessori  non  può 
non  dimandare  che  essi  articoli  ricevano  le  opportune  e  necessarie 
modificazioni,  e  mutazioni,  e  che  per  ottenerle  si  rivolgerà  al  P.  Con- 


(1)  Nel  fascio  F  di  questo  medesimo  volume  X  deW Appendice...  si  trova 
la  minuta  di  questo  documento,  che  sembra  del  card.  Antonelli. 


DOCUMENTO    IV.  241 


sole,  e  che  ha  fondamento  di  sperare  di  conseguirlo,  non  potendo 
il  Governo  Francese  nel  ristabilire  la  Religione  Cattolica,  e  nel  co- 
noscere i  spirituali  e  temporali  vantaggi,  non  volere  che  le  cose,  che 
la  divina  costituzione  della  Chiesa  stabilisce,  siano  eseguite,  e  che 
tutto  sia  conforme  con  quella  disciplina  che  hanno  prescritto  le  leggi 
della  Chiesa. 

Tutto  questo  sembra  sufficiente  a  far  conoscere  la  non  approva- 
zione, e  il  dispiacere,  perchè  ciò  che  si  approva,  e  che  piace,  non 
si  desidera  e  richiede  che  si  muti.  Il  dire  di  più  poteva  essere  assai 
pericoloso,  e  N.  S.  vuol  confidare  che  la  saviezza  del  Governo  Fran- 
cese comprenda,  che  quello  che  egli  ha  detto,  gli  era  d'altronde 
impossibile  di  non  dirlo. 

Si  è  parlato  anche  della  ammissione  della  nomina  degli  intrusi^ 
e  si  è  fatto  vedere  che  in  fondo  si  sono  prima  riconciliati  con  la 
Chiesa,  e  che  se  si  è  usata  nella  forma  di  essa  riconciliazione  una 
certa  indulgenza,  lo  richiedeva  il  gran  bene  di  estinguere  lo  scisma, 
le  efficaci  istanze  del  Governo,  V  amor  della  pace,  e  gli  esempii  anche 
anteriori,  come  quei  di  S.  Melchiade,  di  Giulio  III,  e  di  altri  Papi. 

E  circa  la  promessa  fatta  dal  Legato,  oltre  il  venirsi  a  mostrare 
che  non  sussiste  la  parte  che  riguarda  la  libertà  Gallicana,  si  è 
fatto  conoscere,  che  l'altra  parte,  che  riguarda  le  consuetudini  e  i 
statuti  della  Republica,  in  sostanza  altro  non  porta,  se  non  che 
nelV  esercizio  della  legazione  niente  promettersi^  niente  attentare  contro 
le  medesime  consuetudini^  e  statuti,  e  dritti  del  Governo,  come 
dice  il  discorso  francese  fatto  dal  Cardinale  Legato,  di  modo  che 
il  latino,  fatto  nello  stesso  momento  dalla  stessa  persona,  non  può 
non  avere  la  stessa  intelligenza. 

È  da  sperarsi  che  questa  allocuzione  appaghi  il  mondo,  e  insieme 
non  urti  in  Francia,  essendosi  fatta  con  tanta  saviezza,  e  circospe- 
zione. Che  se  accadesse  il  contrario,  altro  non  ci  è  da  dire,  se  non 
che  rassegnarsi  alla  disposizione  di  Dio. 

Le  trasmetto  la  collezione  degli  atti,  in  cui  mancano  veramente 
il  Breve  di  invito  ai  Vescovi  legitimi  per  dimettersi,  e  quello  a 
Monsignor  Spina  per  procurare  che  gli  illegitimi  si  ravvedessero, 
e  tornassero  alla  unità  della  Chiesa.  Siccome  questo,  che  prima  ap- 
provato dal  Governo  Francese,  poi  per  le  opposizioni  dei  Costitu- 
zionali, che  non  si  volevano  sentir  dire  fuori  della  Chiesa,  non  fu 
avoiié  dal  Governo  stesso,  non  si  poteva  imprimere  nella  raccolta 
per  giusti  riguardi,  cosi  ad  oggetto  che  il  tralasciar  questo  solo  non 
fosse  quasi  un'argomento  che  anche  noi  non  lo  riconoscessimo  per 

RiNiERi.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX.  —  Voi.  II.  16 


242  APPENDICE 


vero,  come  i  costituzionali  hanno  sparso  dopo  che  Monsignor  Spina 
lo  pubblicò  in  Francia,  si  è  pensato  di  non  imprimere  nemmeno 
quello  ai  Vescovi  legitimi,  con  che  si  toglie  tutta  la  l'orza  all'argo- 
mento tratto  dalla  omissione.  Che  se  taluno  dicesse  perchè  in  tale 
collezione  non  stanno  quei  due  Brevi,  si  potrà  rispondere,  che  già 
si  trovavano  publicati.  Certo  bisogna  saltar  qualche  fosso.  Il  fin  qui 
detto  potrà  servirle  di  lume  nelle  occasioni,  nelle  quali  ella  si  potrà 
trovare,  per  regolarsi  con  la    sua  solita  circospezione,  e    prudenza. 

DOCUMENTO  V  (pag.  13). 

{Cifre  a'  Nìinzn,  Principi,  yoI.  276). 

Consalvi  ai  Nxmzii  —  ò-9  giugno  1802. 

Li  informa  del  dispiacere^  cagionato  al  governo  francese  ed  ai 
costituzionali^  dalla  pubblicazione  delV  allocuzione  del  Papa. 
I  costituzionali,  protetti  dal  governo,  pretendono  di  negare  di  es- 
sersi mai  sottomessi. 

Dai  riscontri  che  si  hanno  di  Francia,  apparisce  evidentemente 
non  meno  la  decisa  contrarietà  degli  Intrusi  a  far  trasparire  di 
aver  fatto  la  minima  sommessione  alla  S.  Sede  (stampando  anzi 
espressamente  di  non  averla  fatta),  che  il  farsi  credere  dal  Governo 
che  gli  articoli  organici  (1)  ancora  entrino  nel  Concordato  al  segno 
che  si  tenta,  che  ciò  si  accenni  anche  nella  risposta  data  dal  Primo 
Console  al  re  di  Etruria,  nella  quale  sebbene  non  l'obblighi  a  ri- 
tirare l'editto,  pure  gli  mostra  di  non  approvarlo,  ed  esaltando  le 
leggi  di  Leopoldo  le  dice  appoggiate  dalla  esperienza,  dall'averle 
seguite  anche  le  altre  Potenze  cattoliche,  e  dall'essere  ora  consa- 
crate dal  Papa  nel  Concordato  con  la  Francia  :  ciò  che  non  può  ri- 
ferirsi che  alle  leggi  organiche  (2). 


(1)  Qui  nel  margine  si  legge,  della  stessa  mano  volante  del  Consalvi  : 
«  A  Caprara  no  »;  cioè  non  s'  invii  quanto  segue. 

(2)  In  quest'anno  il  nuovo  re  di  Etruria  aveva  esso  pure  fatto  una 
specie  di  concordato  religioso  con  la  S.  Sede.  In  esso,  più  che  negli  altri 
concordati,  si  lasciava  gran  libertà  alla  potestà  spirituale.  Siccome  però 
il  re  era  già  infermo  (alcuni  lo  dicevano  pazzo)  e  morì  in  breve,  e  il 
reame  di  Etruria  fu  tosto  distrutto,  non  vale  il  pregio  di  occuparsi  di 
quel  concordato.   Cf.   Correspondance,  VII,  n.  6065,  6092,  6098. 


DOCUMENTO   V.  24B 


In  questo  stato  di  cose  è  sempre  più  da  prevedersi,  che  la  pu- 
blicazione  fatta  qui  delle  pezze  della  sommissione  degli  Intrusi,  e 
l'essersi  fatto  conoscere  che  le  ìe^gi  organiche  erano  ignote  al  Papa 
e  che  ne  chiederà  il  cambiamento,  non  potranno  non  dispiacere;  e 
resta  solo  a  desiderarsi,  che  la  cosa  resti  nella  linea  di  sola  dispia- 
cenza senza  altre  conseguenze,  sebbene  N.  S.  sia  rassegnato  a  tutto, 
dicendo  di  aver  fatto  il  suo  dovere  (1),  e  riconoscendo  anzi  nelle 
anzidette  cose  sempre  più  la  necessità  di  fare  ciò  che  ha  fatto. 

9  giugno  1802. 

Può  Ella  immaginare  se  si  stia  in  attenzione,  intorno  a  ciò,  delle 
nuove  di  Parigi.  Siccome  i  Costituzionali  (che  sono  sostenuti  da 
persone  potentissime)  non  solo  hanno  nascosto  di  essersi  sottomessi, 
ma  anzi  hanno  al  contrario  perfino  stampato  di  non  avere  fatto  al- 
cuna sommissione,  cosi  è  da  aspettarsi  di  tutto  per  loro  parte,  e 
anche  a  loro  istigazione,  per  la  pubblicazione  qui  fatta  segnata- 
mente del  decreto  di  assoluzione,  in  cui  espressamente  si  parla  di 
accettazione  dei  giudizii  emanati  dalla  S.  Sede  sulle  cose  di  Francia, 
e  disegni  di  resipiscenza.  Onde  conviene  prepararsi  a  nuove  ama- 
rezze, che  certamente  non  lasceranno  di  affliggere  al  sommo  il  S.  P., 
il  quale  però  non  dubita  che  almeno  il  mondo  crederà  più  alla  sua 
assertiva,  che  a  quante  altre  negative  essi  avanzeranno.  Lo  stesso 
timore  è  da  concepirsi  intorno  all'essersi  detto  chiaramente,  che  le 
leggi  organiche  erano  ignote  al  Papa,  e  che  non  le  approva,  subito 
che  si  vede  con  quanto  interesse  per  mezzo  del  Monitore  e  per 
cento  altri  modi  si  cerca  di  far  credere,  che  tutto  ciò  sia  stato 
fatto  di  concerto.  Onde  non  si  potrà  non  essere  sensibili  al  detto  da 
noi.  Ma  se  non  si  faceva  cosi,  era  impossibile  di  poter  approvare  il 
fatto  colà,  e  il  pubblicar  qui  il  Concordato,  ed  il  cantare  il  Te  Deum. 
E  dall'altra  parte  si  è  detto  con  tanta  delicatezza,  che,  se  non  si 
vuole   essere  ingiusti,  non  si  potrà  non  convenirne  da  chicchessia. 

In  questo  punto  ricevo  lettere  dal  card.  Legato,  che  la  condotta 
«he  si  tiene  dalla  maggior  parte  de'  costituzionali,  mostra  aperta- 
mente che  molti  di  essi  non  hanno  sinceramente  rinunziato  allo 
scisma.  Egli  dice,  che  a  motivo  delle  potentissime  protezioni  di  cui 
godono,  non  lascerà  mezzo  intentato  per  far  giungere,  se  è  possi- 
bile, la  verità  nell'orecchio  del  Primo  Console. 


(1)  In  questa  parola  e'  è  ima  croco  ;  è  il  segno  di  avviso  all'estensore 
delle  lettere,  clie  da  qui  in  giù  può  scrivere  anche  pel  Caprara. 


244  APPENDICE 


DOCUMENTO  VI  (pag.  14). 
{Francia  Appendice...,  voi.   XIV) 

Portalis  a  Cacaidt 

Biasima  la  pubblicità,  con  la  quale  il  Papa  ha  disapprovato  gli 
articoli  organici.  Invece  quelli  articoli  non  sono  se  non  l'espres- 
sione delle  libertà  della  chiesa  gallicana,  secondo  le  quali  il 
clero  è  stato  sempre  sotto  la  dipendenza  governativa.  Di  più, 
sono  un  vero  favore,  concesso  al  clero  dalla  repubblica.  Invet- 
tiva contro  i  vescovi  legittimi,  e  biasimo  del  silenzio,  dal  Papa 
serbato  nella  sua  allocuzione  verso  di  essi. 

Conseil  d' Etat.  Paris  le  20  Prairial  an  de  la  République  (9  giu- 
gno 1802). 

Le  conseiller  d'Etat  chargé  de  toutes  les  aiFaires  concernant 
les  cultes. 

Au  citoyen  Cacault,  Ministre  Plénipotentiaire  de  la  République 
Prancaise  à  Rome. 

Je  suis  chargé  par  le  Premier  Consul,  citoyen  Ministre,  de  vous 
faire  part  des  observations  qui  se  présentent  naturellement  à  la 
lecture  de  Fallocution  da  Pape.  La  partie  de  cette  allocution  rela- 
tive aux  articles  organiques  semble  annoncer  qu'  au  moins  quelques 
uns  de  ces  articles  comporteraient  des  modifications.  Un  tei  langage 
dans  un  discours  solennel  est  peu  convenable,  si  Ton  pense  surtout 
que  ce  langage  est  dirige  contre  une  loi.  lies  représentations  du 
Chef  de  la  chrétienneté  contre  des  actes  de  souveraineté  nationale 
ne  sauraient  comporter  une  publicité  capable  de  jetter  des  inquié- 
tudes  dans  les  esprits,  et  de  mettre  obstacle  au  bien. 

Dans  la  lettre  de  Sa  Sainteté  au  Premier  Consul,  le  Pape  se 
réfère  aux  explications  qui  seront  données  par  M.  Le  Card.  Légat. 
Le  Cardinal  Légat  invite  à  s'expliquer  a  observé  vaguement  que 
les  articles  organiques  paraissaient  imposer  une  trop  grande  gène 
au  Ministère  ecclésiastique.  Ces  articles,  citoyen  Ministre,  ne  sont 
qu'un  recueil  des  textes  consacrés  dans  le  dépot  de  nos  libertés, 
et  le  rappel  des  dispositions  des  anciennes  ordonnances  d' Orléans 
et  de  Blois.  Ils  ne  renferment  aucune  disposition  nouvelle.  Or  cer- 
tainement  la  France  ne  peut  faire,  et  ne  fera  jamais  Pabandon  des 
franchises,  qui  constituent  son  droit  public  ecclésiastique.  Les  sou- 


DOCUMENTO   VI.  245 


verains  fran9ais  se  sont  toujours  regardés  comme  les  Evéques  du  de- 
horSj  et  ils  ont  toujours  exercé  un  pouvoir  Constant  et  règie  sur  les 
matières  de  discipline,  sur  la  police  du  eulte,  et  sur  la  conduite 
des  Ministres.  Ce  qui  est  à  remarquer  c'est  qua  les  articles  organi- 
ques  sont  Vexécution  fidèle  de  la  convention  passée  entre  le  gouver- 
nement  et  le  Pape,  et  que  ces  articles  sont  plus  favordbles  à  VÉglise 
que  la  convention  méme,  car  le  gouverneinent  ne  s' était  point  engagé 
à  salarier  les  grands  vicaires,  les  chapitres,  et  autres  étahlissements, 
tandis  que  par  le  fait  tous  ces  établissements  se  trouvent  salarie's. 

Le  Gouvernement  protégera  toujours  avec  force  la  Religion: 
mais  il  défendra  aussi  ses  maximes,  parce  qu'elles  sont  la  sauve- 
garde  des  droits  essentiels  à  la  souveraineté. 

La  seconde  observation  que  l' allocution  du  Pape  fait  maitre  est 
relative  au  silence  profondément  gardé  sur  la  conduite  des  évèques 
non  démissionaires.  Puisque  l' on  parlait  des  Evéques  constitution- 
nels,  et  de  l'indulgence  dont  on  usait  à  leur  égard:  pourquoi  ne 
pas  blàmer  la  conduite  des  Evéques  non  démissionaires  qui  ne  mé- 
ritent  aucune  indulgence,  qui  résistent  avec  tant  de  scandale  à  la 
voix  du  Chef  de  la  chrétienté,  et  qui  foulent  aux  pieds  tout  ce 
qu'ils  doivent  à  leur  Patrie?  La  conduite  haineuse,  indocile,  et  en- 
tètée  de  ces  hommes,  qui  sacrifieraient  la  religion  et  l' Etat  à  leur 
passion,  méritait  d'étre  remarquée. 

Le  Premier  Consul,  citoyen  Ministre,  n'  est  anime  que  du  désir 
du  bien.  Il  connoit  la  sagesse  du  Pape,  et  il  maintiendra  les  insti- 
tutions  religieuses  d' après  les  principes  qui  ont  toujours  règi  l' église 
gallicane,  et  dans  la  mesure  à  la  fois  convenable  au  bien  de  la  re- 
ligion et  à  celui  de  l'Etat. 

Recevez,  citoyen  Ministre,  les  assurances  de  mon  inviolable  at- 
tachement. 

DOCUMENTO  VII  (pag.  24). 
(Francia  Appendice...,  voi.  I,  Fascio  C). 

Caprara  a  Consalvi  —  30  maggio  1802. 

Con  mia  precedente  in  piano  dei  26  cadente,  spedita  per  mezzo 
di  corriere  straordinario  inviato  costi  dal  Primo  Console,  riferii  a 
V.  E.,  che  le  contestazioni,  che  qui  si  hanno,  sono  continue,  e  che 
le  ripulse,  che  sono  obbligato  di  dare  su  varj  oggetti,  che  per  me 
sono  sostanziali,  e  qui  si  disprezzano,  sono  quotidiane.  Eccolene  una 
pruova  di  fatto,  accaduto  nello  stesso  giorno  in  cui  scrissi  la  citata. 


246  APPENDICE 


Pertossi  da  me  certo  Sig.^'®  Peine,  capo  del  dipartimento  degli 
affari  concernenti  i  culti,  ai  quali,  come  V.  E.  sa,  presiede  il  Con- 
sigliere Portalis,  e  manifestommi,  che  molti  Vescovi  si  trovavano 
costernati,  per  il  come  poter  riconciliare  gli  ecclesiastici  del  se- 
cond'  ordine,  atteso  che  la  modula  di  ritrattazione  approvata  dal 
Governo  (che  è  quella,  che  io  trasmisi  in  copia  a  V.  E.  con  mia 
dei  15,  additandone  anco  il  compilatore  (1),  non  combinava  colle 
facoltà,  che  da  me  eransi  comunicate  su  tal  proposito  ai  Vescovi. 
E  soggiunse  quindi,  che  conveniva  dar  fine  a  questa  collisione  e, 
recedendo  dalle  prescrizioni  contenute  nei  Brevi  Piani,  rimettere  alla 
prudenza  dei  Vescovi  l'ultimazione  di  questo  affare;  senza  di  che, 
conchiuse,  non  vi  sarà  mai  pace,  ed  i  Vescovi  saranno  soggetti  a 
infinite  vessazioni  per  parte  degli  Ecclesiastici  renitenti,  che  rivol- 
geranno le  loro  querele  al  Governo. 

10  rispondendo  al  Sig.^®  Peine  dissi:  —  che  molti  Vescovi,  coi 
quali  avevo  trattato  dell'affare  in  questione,  erano  venuti  piena- 
mente d'accordo  con  me,  e  che  avevano  dichiarato  che  credevano 
costantemente  di  non  potere  in  coscienza  diportarsi  differentemente 
dalle  prescrizioni  della  Chiesa  in  casi  simili.  E  soggiunsi,  che  fa- 
cessero il  piacere  di  passare  da  me  quei  Vescovi,  che  trovavansi 
costernati,  sperando,  che  con  essi  pure  sarei  venuto  d' accordo,  come 
coi  primi,  dei  quali  avevo  parlato.  Ripigliai  poi,  che  quanto  al  resto 
io  non  potevo  rimettere  l'ultimazione  dell'affare  alla  prudenza  dei 
Vescovi,  né  senza  taccia  di  prevaricazione  approvare  come  sufficiente 
la  modula,  di  cui  esso  parlavami,  poiché  mancante  di  tutti  gli  altri 
atti  e  dichiarazioni,  fatte  dai  Vescovi  Costituzionali  nell'atto  della 
loro  riconciliazione. 

11  Sig.^®  Peine  senza  ostinarsi  nella  dimanda,  poiché  senza  adu- 
lazione ha  carattere  anche  esteriore  di  probità,  continuò  a  tentare 
di  persuadermi,  perchè  io  cambiassi  di  massima.  Io  a  questa  nuova 
istanza  replicai  laconicamente;  —  Ed  Ella,  ed  il  Governo  saranno 
persuasi,  che  per  il  bene  della  pace  ho  cercato  di  agevolare  la  riu- 
nione degli  animi  nel  modo,  che  potevo;  ma  né  Ella  né  verun' altro 
potranno  mai  credere,  che  io  oltrepassi  di  una  linea  ciò,  che  non  è 
compatibile  coi  doveri  di  coscienza,  e  ciò  che  insieme  non  è  combi- 
nabile colle  facoltà,  di  cui  posso  far' uso. 


(1)  Vedila  a  pag.  22. 


DOCUMENTO   VII.  247 


Qui  fu  ove  tre  persone  della  Legazione,  quali  avevo  voluti  pre- 
senti a  questa  conversazione  interloquirono,  e  procurarono  in  det- 
taglio di  persuadere  il  Sig.  Peine,  che  quanto  egli  domandava  non 
poteva  da  me  accordarsi,  e  ripeterono:  «  Vengano  dal  Sig.^®  Cardi- 
nale Legato  quei  Vescovi,  che,  come  Ella  dice,  trovansi  costernati, 
quali  speriamo,  che  ad  imitazione  degli  altri  si  tranquillizzeranno, 
e  procederanno  alle  riconciliazioni  degli  ecclesiastici  a  norma  delle 
istruzioni  stateli  date.  » 

Conviene  credere,  che  il  Sig.^^  Peine,  che  parti  dalla  Legazione 
apparentemente  persuaso,  o  male  intendesse,  o  desse  una  interpre- 
tazione diversa  alle  espressioni,  che  i  Vescovi  venissero  alla  Lega- 
zione, ove  si  sarebbero  tranquillizzati  ;  giacché  ritornato  dal  Sig.^®  Con- 
sigliere Portalis  riferi,  che  io  ero  contento  della  conosciuta  modula, 
e  che  i  Vescovi  contentandosi  di  quella  dichiarassero  riconciliati  gli 
ecclesiastici. 

Trovossi  presente  a  questa  relazione  Monsig.^®  Pancemont  nuovo 
Vescovo  di  Vannes,  che  fa  le  veci  di  Monsig.^®  Bernier  finché  sta 
assente,  il  quale  senza  esitare  disse  :  «  In  questo  fatto  vi  è  del  ma- 
l' inteso;  giacché  a  me  costa,  che  tanto  il  Card.  Legato,  quanto  tutti 
i  membri  della  Legazione  hanno  sempre  e  parlato  ed  operato  al- 
l'opposto di  quanto  ora  si  asserisce.  »  —  La  fermezza  di  Monsig.  di 
Vannes  in  cosi  dire  fece  impressione  al  Consigliere  Portalis,  il  quale 
condiscese  che  il  Vescovo  venisse  alla  Legazione  ad  appurare  il  fatto. 
Venne  egli  dunque  e  facilmente  rimase  convinto  dello  sbaglio.  Disse 
per  altro,  che  conveniva  assolutamente  prendere  un  qualche  mezzo 
termine  da  salvare  la  coscienza,  di  liberare  i  Vescovi  dalle  vessa" 
zioni,  che  sicuramente  si  preparavano  contro  i  medesimi,  e  da  porre 
in  stato  i  preti  costituzionali  di  riunirsi  al  centro  dell'  unità. 

Fu  in  tale  circostanza  ripetuto  al  medesimo,  che  tali  erano  i 
desiderj  del  Legato,  e  della  Legazione;  che  a  questo  scopo  avevano 
teso,  e  tendevano  le  mie  premure;  e  per  convincernelo,  gli  si  mostra- 
rono le  diverse  suppliche,  e  rispettive  proviste  date  dalla  Legazione 
per  la  riconciliazione  dei  preti  costituzionali.  Egli  prese  memoria 
di  tutto,  e  pertossi  dal  Consigliere  Portalis,  quale  riusci  di  persua- 
dere dell'equivoco  preso  dal  Sig.^®  Peine;  soggiungendo,  che  asso- 
lutamente il  Legato  non  poteva  accudire  alla  dimanda,  e  che  per 
finire  ogni  disputa,  e  salvare  la  coscienza  del  Legato,  dei  Vescovi, 
dei  preti  e  del  governo,  era  indispensabile  lasciare  ai  Vescovi  la 
libertà  di  agire  a  norma  delle  istruzioni  avute  dal  Legato  medesimo. 
Quali  siano  le  istruzioni  e  modula  sul  proposito,  che  varj  Vescovi 


248  APPENDICE 


hanno  copiate  da  loro  stessi  in  Legazione,  V.  E.  le  vede  qui  segnate 
nel  Foglio  di  Lett.  A  (1). 

L'abboccamento,  che  in  seguito  ebbe  il  Prelato  col  nominato 
Consigliere,  parve  che  facesse  breccia  nell'animo  del  medesimo,  e 
quindi  tanto  Monsig.^®  Pancemont,  quanto  io  eravamo  quasi  entrati 
nella  lusinga,  che  l'affare  si  sarebbe  composto,  e  che  il  Governo 
avrebbe  appoggiata  la  modula  da  me  insinuata  o  per  finire  cosi  il 
cotanto  imbarazzante  affare  della  riconciliazione  dei  preti  costitu- 
zionali. 

La  cosa  però  è  andata  diversamente,  giacché  portatosi  a  Mal- 
maison  il  Consigliere  Portalis  per  manifestare  tutto  al  Primo  Con- 
sole, la  risposta,  che  ne  riportò,  e  quale  partecipò  al  Vescovo  di 
Vannes,  che  venne  a  riferirmela  la  mattina  di  Giovedì  27  andante, 
fu,  che  non  si  voleva  altra  formula,  che  quella  approvata  dal  Go, 
verno;  che  tanto  il  Primo  Console,  quanto  ogni  altro  si  maravigliava- 
€ome  io  avessi  cambiato  di  sentimento,  supponendo,  come  dicono 
essi,  che  avessi  dichiarato  di  esser  contento  di  simile  formula,  e 
conchiudendo,  non  comprendersi  da  chicchessia,  come  io  pretendessi 
di  più  per  la  riconciliazione  dei  preti  costituzionali,  di  quello  che 
avevo  esatto  dai  Vescovi,  che  avevano  appartenuto  alla  Costituzione  : 
dimentichi  sempre^  o  non  curanti  gli  atti,  che  avevano  accompagnato 
la  lettera  a  N.^<^  8igS^  per  parte  dei  Vescovi  menzionati  (2). 

Per  quanto  la  conversazione,  che  io  ebbi  con  il  Vescovo  di  Vannes 
alla  presenza  di  tutti  li  membri  della  Legazione,  fosse  lunga  e  con- 
tenesse tutti  i  dettagli  ed  i  fatti  relativi  allo  scopo,  fu  per  altro 
pacifica.  E  V.  Em.za,  senza  essere  da  me  soverchiamente  annoiata 
su  tal  proposito,  ne  vede  il  risultato  dal  foglio  lett.  B,  che  è  la 
copia  del  Biglietto,  con  cui  il  Prelato  diede  conto  dell'abbocca- 
mento al  Consigliere  Portalis.  Questi  rispose  al  Vescovo  di  Vannes, 
nei  termini,  che  Ella  osserverà  dal  foglio  di  lett.  C,  il  contenuto 
del  quale  communicatomisi  nella  sera  stessa  di  Giovedì,  mi  fece 
prendere  la  risoluzione  di  porre  in  scritto  per  esser  presentato  al 
Consigliere  Portalis,  quanto  l' E.  V.  vede  nel  foglio  di  lett.  D. 

La  modula,  di  cui  parlo  in  esso  scritto,  è  quella,  di  cui  ho  par- 
lato sopra  segnata  di  lett.  A. 


(1)  Già  citata  a  pag.   22. 

(2)  Vedi  voi.  I,  pag.   471. 


DOCUMENTO   VII.  249 


Allegato  A.  —  È  riferito  nel  testo  a  pag.  22. 

Allegato  B.  —  Copie  de  la  lettre  de  Monseig.  V  Evéque  de  Vannes 
à  M.  Portalis  Conseiller  d' Etat.  Paris,  le  7  prairial,  an  X 
(27  77iaggio  1802). 

Je  sors  à  l' instant  de  chez  son  Eminence.  Je  lui  ai  propose 
tout  ce  dont  nous  étions  convenus,  pour  arriver  au  but  tant  désiré 
de  la  paix  dans  le  mode  d'union  des  prètres  dits  constitutionnels. 
La  conférence  a  été  très  longue,  et  néanmoins  très  pacifique  de  sa 
part  et  de  la  mienne:  en  voici  le  résultat. 

Son  Eminence  pense  et  dit  que  si  les  circonstances  étaient  au. 
jourdhui  ce  qu'elles  étaient  il  y  a  un  mois,  c'est  à  dire  si  les  Evé- 
ques  qui  ont  appartenu  à  la  constitution  ne  s' obstinaient  pas  de 
répéter  partout  qu'ils  n'ont  nullement  satisfait  à  l'Eglise,  Elle 
n'exigerait  pas  pour  les  prétres  un  mode  autre  que  celui  qui  a  en 
lieu  par  rapport  aux  Evéques,  quoique  tous  les  Evéques  constitu- 
tionnels ayent  déclaré  verbalement  devant  l'Evéque  d'Orléans  s'étre 
soumis  et  conformés  à  la  teneur  et  aux  trois  conditions  exprimées 
dans  le  décret,  par  le  quel  ils  ont  été  unis  et  absons  ;  ce  qui  a  été 
attesté  par  l'évéque  d'Orléans  sur  la  foi  du  serment  et  des  saints 
Evangiles. 

Mais  comme  Son  Eminence  recoit  tous  les  jours  une  multitude  de 
lettres  de  tous  les  départemens,  qui  lui  apprennent  que  ce  scandale 
devient  general,  Elle  dit  qu'elle  est  obligée  en  conscience  de  fixer 
le  mode  de  réconciliation  qui  prévienne  tonte  surprise,  et  tonte 
erreur  de  la  part  des  fidèles. 

Ne  vous  affarouchez  pas,  Monsieur,  de  ce  mot  d'Union;  il  ne 
sera  que  l'extrait  adouci  de  la  déclaration  consentie  par  les  Evé- 
ques Constitutionnels,  et  signée  par  PEvéque  d'Orléans.  J'ai  vu 
moi  méme  les  originaux;  et  la  formule  dont  je  vous  ai  parie  avant 
hier  en  est  l'extrait  mitigé.  Vous  sentez  aussi  bien  que  moi,  re- 
spectable  Ministre,  combien  il  est  essentiel  que  cette  affaire  soit 
terminée  promptement,  et   dans  la  journée,  si  la  chose  est  possible. 

J'ai  dit  à  Monsieur  le  Légat,  que  je  le  reverrai  cet  après  midi. 
Recevez,  Monsieur,  l'assurance  de  mon  respectueux  dévouement,  et 
de  mon  zèle  à  défendre  et  les  intérèts  de  la  religion  et  les  intérèts 
de  ma  patrie. 


250  APPENDICE 


Allegato  C.  —  Copie  de  la  lettre  de  Monsieur  Portalis  à  Monsig. 
L'Evéque  de   Vannes  7  Prairial  an  X  (27  maggio  1802). 

Il  est  bien  important,  Monsieur  l'Evéque,  de  mettre  bientòt  fin 
aux  réclamations  qui  arrivent  de  toute  part  au  sujet  de  la  récon- 
ciliation  des  prètres  constitutionnels.  Vous  sentez  que  si  quelque 
éclat,  peut-étre  très  prochain,  appellait  l' intervention  du  Gouver- 
nement,  il  en  résulterait  certainement  des  mesures  funestes  pour 
la  religion  méme,  et  je  ne  vous  cacherai  pas  que  toutes  ces  tra- 
casseries  tendent  à  amener  incessamment  ce  résultat. 

C'est  donc  dans  des  considérations  prises   dans   l'intérèt  de  la 
religion,  que  Son  Eminence  doit  puiser  les  motifs  de  sa  conduite. 

On  m'avoit  assuré  qu'Elle  abandonnait  cette  affaire  à  la  pru- 
dence  de  MM.  les  Evèques. 

Je  compte  sur  votre  sagesse  et  votre  zèle  pour  la  religion,  pour 
faire  sentir  à  Son  Eminence  que  chaque  jour  rend  plus  pressant 
le  besoin  et  le  retour  de  la  paix  ;  et  que  la  plus  grande  responsa- 
bilité  peserà  sur  les  personnes  qui  par  des  mesures  et  des  préten- 
tions  exagérées  perpétueraient  le  trouble  et  la  division. 

J'ai  l'honneur  de  vous  saluer. 

Allegato  D.  —  Copie  de  la  lettre  de  Son  Eminence  à  M.  Portalis. 
Paris  le  27  mai  1802. 

D'après  la  communication  que  vient  de  me  faire  Monsieur  TEvé- 
que  de  Vannes  sur  le  mode  de  la  réconciliation  des  prètres  con- 
stitutionnels, je  dois  vous  assurer  premièrement  que  je  n'ai  jamais 
approuvé  la  formule  présentée  par  les  constitutionnels,  la  quelle 
consiste  à  déclarer,  qu'on  abandonne  volontiers  la  Constitution  Ci- 
vile du  Clergé,  qu'on  Se  soumet  au  Concordat,  et  que  l'on  promet 
obéissance  au  Pape,  et  à  son  Evéque  légitime.  Que  si  les  Evèques 
qui  ont  appartenu  à  la  Constitution  ont  signé  cette  formule,  ce 
n'est  pas  uniquement  en  vertu  de  cette  signature  qu'ils  ont  été 
unis  à  r  Eglise,  mais  e'  est  en  vertu  de  V  acte  par  le  quel  ils  ont 
déclaré  verbalement  en  présence  de  TEvèque  d'Orléans,  suivant 
l'accord  et  la  délégation  que  ce  Prélat  en  avoit  re9ue  de  moi,  qu'ils 
se  soumettaient  et  se  conformaient  aux  trois  conditions  exprimées 
dans  le  décret  cy-joint,  dont  je  vous  envoye  la  copie  exacte;  par 
le  quel  décret  ils  ont  été  absons  des  censures,  et  relevés  des  irre- 
gularités.  Ce  que  l' Evéque  d'Orléans  a  attesté  par  écrit  à  la  suite 


DOCUMENTO   VII.  251 


du  décret,  et  ce  qu'il  a  encore  confirmé  avec  serment  dans  les 
procès  verbaux  (ved.  voi.  /,  p.  410  e  segg.). 

Je  dois  vous  ajouter  en  second  lieu,  que  jamais  je  n'ai  assuré 
que  j'abandonnais  l'affaire  de  la  réconciliation  des  prétres  consti- 
tutionnels  à  la  prudence  de  MM.  les  Evèques. 

Enfin  je  finis  pour  vous  affirmer,  que  dans  la  formule  que  j'ai 
tracée,  et  que  j'ai  approuvée,  dont  je  vous  envoye  la  copie  et  que 
beaucoup  de  prétres  et  mème  un  Evéque  ont  signée  chez  moi  avec 
satisfaction,  j'ai  atteint  le  dernier  terme  de  Tindulgence,  au-delà 
du  quel  l'Eglise  ne  trouverait  qu'une  prévarication  :  c'est  ce  dont 
je  suis  bien  éloigné. 

Il  m'est  impossible  de  ne  pas  vous  représenter  ces  principes  et 
ces  faits  nécessaires  pour  l'éclaircissement  de  cette  affaire.  Vous 
verrez  par  vous  mème  que  la  formule  que  j'ai  tracée,  n'est  que 
l'extrait  adouci  de  l'acte,  que  j'avois  exigé  pour  la  réconciliation 
des  Evèques  Constitutionnels,  et  croyez,  Monsieur,  que  c'est  seu- 
lement  l'attachement  à  la  vérité  qui  peut  procurer  la  paix  des 
consciences. 

DOCUMENTO  Vili  (pag.  29). 
(Francia  Appendice... ,  voi.  XIV). 

Allegato  A  —  Le  Conseiller  d'Etat  charge  de  toutes  les  affaires  con- 
cernant  les  cultes  —  A  Son  Eminence  le  Cardinal  Caprara.  — 
Paris  le  19  Prairial  an  X  de  la  Repuhlique  (8  giugno  1802). 

Il  Circule,  Monsieur  le  Cardinal,  dans  le  diocèse  de  Nancy,  et 
dans  d'autres  diocèses,  une  formule  de  rétractation  par  vous  re- 
mise aux  Evèques,  et  que  ceux-ci  sont  chargés  d' exiger  des  prétres 
constitutionnels.  Vous  savez  que  d' après  l' arrèté  des  consuls  portant 
vérification  de  vos  pouvoirs,  aucun  acte  émanant  de  vous  ou  de 
Rome  ne  peut  ètre  envoyé  dans  les  diocèses  ni  autrement  circuler  en 
France  par  voie  directe  ou  indirecte  sans  l' annexe  du  gouvernement. 

La  circulaire  de  la  formule  dont  il  s' agit  est  une  infraction  ma- 
nifeste des  conditions,  sous  lesquelles  vous  avez  été  re9u  et  dont  vous 
avez  solennellement  promis  V  observance  par  un  serment  de  coeur. 
Une  telle  infraction  tend  à  compromettre  et  à  égarer  les  èvéques  et  les 
autres  ecclésiastiques  qui  connaìtraient  assez  peu  leurs  devoirs  pour 
exécuter  des  Brefs,  Bulles  venant  de  Home,  ou  de  votre  Légation, 
sans  avoir  préalablement  été  admis  ou  sanctionnés  par  la  Puissance 
publique.  •- 


252  APPENDICE 


Je  sais  que  si  quelques  évèques  vous  ont  demandé  une  formule 
de  réconciliation,  vous  les  y  àvez  induits  par  l' envoi  que  vous  leur 
avez  fait  de  votre  décret  du  10  mai  dernier  portant  exécution  des 
Brefs  de  Pie  VI  sur  les  affaires  ecclésiastiques  de  France.  Comment 
avez- vous  pu  faire  l' envoi  d'  un  décret  qui  ordonne  l' exécution  de 
jugements  qui  n'  ont  jamais  été  présentés  au  gouvernement,  qui  sont 
intervenus  dans  des  formes  contraires  à  toutes  nos  lois,  et  dont  les 
dispositions  foncières  sont  inconciliables  avec  la  dignité  nationale  et 
avec  les  droits  de  tout  gouvernement? 

Nos  lois  particulières,  les  principes  du  droit  des  gens,  et  ceux 
de  la  religion  exigent  de  vous  dans  une  aussi  grave  occurrence  que 
vous  retiriez  tout  de  suite  votre  décret,  et  tout  ce  qui  l' a  suivi.  Les 
évéques  et  les  ecclésiastiques  qui  obtempéreraient  à  ce  décret,  seraient 
criminels  d' Etat,  et  vous  awiez  la  terrihle  responsabilité  des  maux 
qui  en  seraient  la  suite,  et  qui  auraient  pour  principe  la  violation 
formelle  que  vous  auriez  faite  des  conditions  sous  la  foi  des  quelles 
on  a  reconnu  vos  pouvoirs. 

Recevez,  Monsieur  le  Cardinal.... 

DOCUMENTO  IX  (pag.  30). 
(Francia  Appendice...,  voi.  XIV  e  XXV). 

Allegato  B  —  Le  card.  Caprara  à  M.  le  Conseiller  d^  Etat,  Por- 
talis  —  Le  8  juin  1802. 

Citoyen  Conseiller  d'Etat. 

Il  est  vrai  que  par  mon  décret  du  8  mai  dernier,  j'ai  prorogé 
aux  Evéques  pour  six  mois  les  facultés  extraordinaires,  que  les  admi- 
nistrateurs  des  diocèses  avaient,  et  dont  ils  jouissaient  de  notoriété. 

J' avais  (yru  pouvoir  leur  accorder  cette  prorogation  des  facultés 
pour  leur  faciliter  T  exercice  de  leurs  fonctions  ;  et  comme  plusieurs 
évèques  m' avaient  consulte  sur  le  mode  d' exercer  ces  pouvoirs  pour 
la  réconciliation  des  prétres,  je  leur  ai  propose  en  particulier  une 
formule  que  j'ai  cru  appropriée  aux  circonstances. 

Il  me  suffit  de  savoir,  Citoyen  Conseiller,  que  le  gouvernement 
peut  étre  choqué  et  offensé  de  1'  émission  de  ces  pièces,  pour  m' em- 
presser  de  satisfaire  à  la  domande  qu'  il  me  fait  par  votre  ergane. 

En  conséquence  je  re  tir  e  le  décret  et  la  proposition  de  la  formule, 
les  regardant  comme  non  avenus,  etje  vais  ecrire  aux  évéques,  que 
je  retire  les  pouvoirs  contenus  dans  le  décret  en  question. 


DOCUMENTO   IX.  25S 


Soyez  persuade,  Citoyen  Conseiller,  du  désir  que  j'ai,  et  que 
j'aurai  toujours  de  concourir  autant  qu' il  est  en  moi  au  maintien 
de  la  religion  et  de  la  paix. 

Recevez,  citoyen  Conseiller... 


DOCUMENTO  X  (pag.  35). 
(Francia    Appendice...,  voi.    XIV). 

Allegato  C  —  Le  conseiller  d'Etat  chargé  de  toutes  les  affaires  con- 
cernant  les  cultes.  Paris  le  20  prairial  an  X  (9  giugno  1802) . 

A  M.  le  Cardinal  Légat. 

La  rétablissement  de  la  paix  religieuse,  Monsieur  le  Cardinal, 
a  été  le  but  du  Gouvernement  Francais,  et  celui  du  S*  Siége.  Ce 
but  serait-manqué,  si  par  de  fausses  mesures  on  aigrissait  les  esprits, 
on  éloignait  les  coeurs,  et  on  perpétuait  les  querelles.  La  convention 
passée  entre  le  Gouvernement  et  le  Pape  opere  le  retour  au  dernier 
état  de  la  discipline  generale.  Par  ce  retour  le  principe  de  l' unite 
ne  peut  plus  recevoir  aucune  atteinte:  les  Evéques,  les  curés,  et 
les  desservans,  et  généralement  tous  les  ecclésiastiques  recoivent  un 
nouveau  titre. 

L' adhésion  aux  principes  de  la  convention  ;  la  reconnaissance  pour 
Seul  et  légitime  Pasteur  de  FEvéque  institué  dans  chaque  diocèse 
par  le  Pape  sur  la  nomination  du  premier  Consul;  les  nouveaux 
titres  que  les  ecclésiastiques  recoivent  de  leur  Evéque,  supposent 
nécessairement  tout  ce  qui  est  de  règie  et  de  substance  dans  la  di- 
scipline par  rapport  aux  objets  qui  avaient  jusqu'icy  divise  les 
opinions. 

Vous  voulez  le  bien,  Monsieur  le  Cardinal,  il  ne  peut  s'opérer 
que  par  la  paix.  Vous  voudrez  donc,  en  conservant  tout  ce  qui  est 
de  règie  et  de  substance,  écarter  des  énonciations  ou  des  mots  qui 
ne  sont  pas  la  religion,  et  qui  peuvent  la  compromettre.  Le  Gou- 
vernement doit  s'opposer  à  tout  ce  qui  contrarierait  les  maximes 
de  r  Etat.  Il  ne  peut  reconnaìtre  des  jugements  qu'  il  n'  a  jamais  san- 
ctionnés,  dont  il  n'  a  jamais  autorisé  la  publication,  et  qui  sont  in- 
tervenus  dans  une  forme  contraire  à  toutes  nos  formes  nationales. 

Le  Gouvernement  peut  encore  moins  reconnaìtre  les  peines  et  les 
censures  portées  par  ces  jugements,  et  encourues  par  le  seul  fait, 
puisque  dans  nos  maximes  pareilles  peines  et  pareilles  censures  se- 


254  APPENDICE 


raient  un  attentai  à  nos  libertés,  et  un  renversement  absolu  de 
notre  droit  canonique  francais.  Il  faut  donc  au  lieu  de  chercher  à 
concilier  des  choses  inconciliables  aller  au  resultai  qui  a  le  doublé 
avantage  de  conserver  la  véritable  doctrine,  et  de  maintenir  la 
tranquillité. 

La  seule  déclaration,  Monsieur  le  Cardinal,  que  l' on  doit  exiger 

des  prètres  constitutionneis,  et  que  le  Gouvernement  peut  avouer, 

droit  étre  concue  en  ces  termes:  «  J'adhère  au  Concordai,  et  je  suis 

«  dans  la  communion  de  mon  Evéque  nommé  par  le  Premier  Consul, 

«  et  institué  par  le  Pape.  » 

La  suffisance  de  cette  déclaration  est  evidente  par  elle  méme. 
Car  on  ne  peut  déclarer  étre  en  communion  avec  son  Evéque  institué 
par  le  Pape,  sans  reconnaiire  qu'  on  ne  seroit  poini  dans  l' unite  de 
l'Eglise  si  r  on  se  conduisaii  autrement,  et  sans  abandonner  ioni  ce 
qui  peut  étre  coniraire  à  cet  ordre  de  chosts.  Le  fond  de  la  doctrine 
est  donc  maintenu,  protégé,  conserve:  des  quesiions  de  mots,  des  for- 
mules  variables  qui  réveilleraieni  touies  les  haines  sans  changer 
les  opinions,  ne  soni  pas  faites  pour  une  aussi  grave  occurrence  que 
celle-ci. 

Le  caracière  francais,  les  idées  d'  honneur  qui  soni  si  heureuse- 
meni  répandues  dans  la  nailon  ne  comporient  aucune  tournure  qui 
puisse  indisposer  ou  avilir:  veui-on  terminer  les  querelles?  Il  faut 
les  condamner  à  roubli.  Le  passe  n'est  plus;  le  préseni  a  besoin 
de  la  paix,  et  on  ne  peut  rien  craindre  pour  l' avenir  :  car  tous  les 
troubles  tenaient  à  des  insiituiions  qui  ont  cesse  d'exisier,  et  à  des 
opinions  passagères  qui  ne  peuveni  plus  se  reproduire,  et  qui  finis- 
seni  avec  les  hommes  qui  les  avaieni  propagées. 

Il  ne  faut  poini  oublier  que  dans  la  plus  pari  des  dépariemens, 
et  dans  les  iemps  les  plus  difficiles  ce  soni  les  prètres  constitu- 
tionneis qui  ont  parte  le  poids  du  jour  et  de  la  chaleur^  qui  ont 
mentre  un  aitacliement  courageux  à  leur  patrie,  et  qui  ont  conserve 
les  dernières  traces  de  religion  que  l'on  a  retrouvées.  Il  ne  faut 
poini  oublier  que  pour  f'aire  cesser  tous  les  partis,  il  ne  faut  en 
opprimer  aucun.  Le  jour  de  Pàques  a  été  le  triomphe  de  la  religion, 
et  non  celui  d' aucun  parti.  L'amour  propre  blessé  se  change  en 
fureur,  et  la  fureur  arme  touies  les  passions  qu'  il  est  indispensable 
d' éieindre.  Au  milieu  du  scandalo  des  dissensions  V  impieté  prévaut, 
elle  profite  de  toutes  les  fautes  et  de  tous  les  troubles,  pour  s' ac- 
croìtre  et  se  foriifier.  Le  ridicule  devient  son  auxiliaire  fidèle,  l' im- 
poriunité,  le  dégout  des  tracasseries,  l' ennui  des  querelles  de  mots 


DOCUMENTO   X.  255 


fatiguent  les  hommes  les  plus  sages,  irritent  les  ennemis  de  tout 
eulte,  et  aliènent  tous  les  esprits  et  tous  les  coeurs.  Les  indifFérents 
méme  sortent  de  leur  léthargie  pour  se  déclarer  contre  les  indi- 
scrétions  et  les  controverses  qui  éteignent  la  piété,  et  perpétuent 
le  mal  sans  aucune  sorte  de  retour  au  bien.  Les  indiscrétions  et  les 
imprudences  ont  plus  ébranlè  l'Eglise  dans  tous  les  temps  que  les 
hérésies. 

Le  Concordat  n'  a  pu  étre  fait,  consenti,  et  promulgué  que  comme 
la  fin  de  toutes  les  querelles  et  de  tous  les  troubles  :  s' il  en  étoit 
autrement,  on  n'auroit  pas  eu  besoin  d'une  mesure  qui  seroit  de- 
venue  un  nouveau  principe  de  divisions,  an  lieu  de  terminer  tout 
par  une  paix  absolue  et  universelle. 

Le  Seul  besoin  qu'  ayent  1'  Eglise  et  1'  Etat  est  celui  de  la  paix, 
et  tandis  que  V  Etat  n'  exige  rien  des  ministres  qui  rentrent  en 
France,  et  qui  lui  ont  été  plus  ou  moins  suspects,  il  serait  inoui 
et  souverainement  injuste,  que  1'  Eglise  qui  doit  se  conduire  d' une 
manière  bien  plus  douce  et  bien  plus  miséricordieuse  que  les  gou- 
vernemens  temporels,  exigeàt  avec  dureté  des  formules  inutiles,  et 
que  les  circonstances  rendent  évidemment  dangereuses. 

L'univers  entier  a  les  yeux  sur  la  conduite  du  gouvernement 
francais  et  sur  celle  de  la  cour  de  E-ome.  11  n'entrerà  point  dans 
de  vaines  querelles  théologiques.  Il  jugera  par  des  faits  publics  et 
extérieurs  comme  le  fera  un  jour  la  postérité.  Il  verrà  que  le  gou- 
vernement fran9ais  a  voulu  le  retour  de  la  religion;  que  ce  retour 
ne  pouvoit  s'opérer  que  par  la  paix;  que  la  paix  ne  pouvoit  étre 
rotabile  que  par  Toubli  du  passe;  et  que  conséquemment  la  poli- 
tique  d'accord  avec  la  religion  exigeoient  les  mesares  de  sagesse 
proposées  par  le  gouvernement.  Quelle  idée  se  formerait-on  de  la 
cour  de  Rome,  si  elle  n'opposait  que  des  obstacles,  des  difficultés, 
des  formules! 

C  est  donc,  Monsieur  le  Cardinal,  l' intérét  de  l' Eglise,  celui  du 
S*  Siége  autant  et  plus  que  celui  de  la  France  qui  commande  im- 
périeusement  qu'on  ne  se  livre  plas  à  des  recherches,  et  à  des  con- 
troverses qui  ne  peuvent  plus  réparer  le  passe,  qui  troubleraient 
le  présent,  et  qui  perdraient  tout  pour  l'avenir. 

Agréez,  Monseigneur  le  Cardinal,  les  nouvelles  assurances  de 
ma  haute  considération. 


256  APPENDICE 


DOCUMENTO  XI  (pag.  36,  54). 

(Francia  Appendice...,  voi.  XIX). 

Allegato  D.  —  Copie  de  la  réponse  adressée  par  8on  Éminence  à 
M.  Portalis,  au  sujet  de  sa  lettre  en  date  du  20  prairial  art  X 
(9  giugno  1802). 

Monsieur  le  Conseiller  d'Etat. 

J'ai  re9ii  votre  lettre  en  date  d'aujourdhui,  et  d'après  les  réfle- 
xions  que  j'ai  pesées  dans  toute  la  sagesse  dout  je  suis  capable^ 
voici  le  parti  que  je  prendrai,  et  j'ai  lieu  d'éspérer  que  le  gouver- 
nement  sera  satisfait. 

Je  vais  écrire  à  tous  les  évéques,  que  les  prétres  constitutionnels 
voulant  se  réconcilier  avec  l'Eglise  feront  la  déclaration  suivante  : 

«  J'adhère  au  Concordat,  et  je  suis  dans  la  communion  de  mon 
«  Evèque  nommé  par  le  Premier  Oonsul  et  institué  par  le  Pape.  » 

Cette  déclaration  souscrite,  les  Evéques  leur  ajouteront  de  pour- 
voir  à  leur  conscience. 

Vous  devez  juger,  Monsieur  le  Conseiller,  que  je  sens  aussi  pro- 
fondément  que  vous  mème  la  nécessité  de  la  paix. 

Recevez... 

P.  S.  Il  parait,  Monsieur  le  Conseiller,  que  d'après  cette  pré- 
sente lettre  que  je  vais  envoyer  à  tous  les  Evéques,  la  circulaire 
dont  j'étais  convenu  avec  vous  hier  devient  inutile  et  sans  effet. 
Si  cependant,  Monsieur  le  Conseiller  jugeait  autrement,  j'en verrai 
également  la  circulaire. 

DOCUMENTO  XII  (pag.  37). 

(Nunziatura   di   Francia,  voi.   589).  I 

Allegato  E.  —  Copie  de  la  lettre  adressée  a  Son  Éminence  par 

Monseianeur  VEvéoue  de   Vannes  en  date  du  9  luin  1802.  ] 

i 


Monseigneur  VEvéque  de   Vannes  en  date  du  9  luin  1802. 
Éminence 


Je  suis  chargé  de  la  part  de  Monsieur  le  Conseiller  d'Etat  Por- 
talis,  de  vous  témoigner  toute  la  joye  dont  il  est  pénétré.  Il  doit 
vous  écrire  lui-mème  demain.  Il  a  fait  partir  sur  le  champ  un 
courrier  pour  le  Premier  Consul.  Il  vous  prie  d'agréer  l'assurance 
des  sentiments  respectueux,  qu'il  a  toujours  eus  pour  votre  personne. 


DOCUMENTO    XII.  257 


Il  m'a  supplié  de  vous  dire  qu'il  désiroit  que  vous  fissiez  éga- 
lement  l'envoi  de  votre  circulaire  d'hier  à  tous  les  Evéques  ;  il  m'a 
aussi  ajouté  qu'en  reconnaissance'il  feroit  tout  ce  qui  seroit  en  lui, 
pour  que  vous  fussiez  pleinement  satisfait  des  nominations. 

Quant  à  moi,  Eminence,  j'espère  que  vous  ne  douterez  jamais 
du  respect,  de  l'affection,  et  de  la  confiance  la  plus  entière  que  je 
vous  ai  voués,  non  plus  que  du  tendre  attachement  que  je  dois  à 
toutes  les  personnes  qui  composent  la  Légation. 

Recevez,  Eminence,  Thommage  du  profond  respect  avec  le  quel 
je  suis. 

Mongeigneur 

Votre  très  humble  et  très  obéissant  Serviteur 
*  A.  X.  Ev.  DE  Vannes. 

DOCUMENTO  XIII  (pag.  38). 

Allegato  F.  —  Copie  de  la  Circulaire  projeitée,  mais  qui  n^a  point 
èie  envoyée  par  Son  Eminence. 

Monseigneur 

Je  vous  ai  adressé  le...  un  décret  portant  prorogation  pour  six 
mois  des  facultés  extraordinaires,  accordées  par  le  Souverain  Pontife 
Pie  VI  aux  Evèques  et  aux  Administrateurs  des  diocèses. 

D'après  la  demande  que  m'en  a  faite  le  Gouvernement,  je  retire 
les  pouvoirs  que  je  vous  avois  accordés  par  le  présent  décret,  et 
vous  voudrez   bien  le  regarder  comme  non  avenu. 

Je  vous  prie  d'étre  assuré  des  sentimens  de  mon  estime  re- 
spectueuse. 

Paris  9  Juin  1802. 

DOCUMENTO   XIV  (pag.  38). 
{Nunziatura  di  Francia,  voi.   .589). 

Allegato  G.  —   Copie  d^une  lettre  adressée  à  Son  Eminence  par 
Monseigneur  VEvéque  de  Vannes  en  date  du  10  Juin  1802. 

Monseigneur 

Je  suis  chargé  de  la  part  de  M.  Portalis  Conseiller  d'Etat,  de 
vous  dire  que  quand  il  a  demandò  à  Votre  Eminence  de  retirer  les 
pouvoirs  que  Vous  aviez  accordés  aux  Evèques   par   votre   décret 

RiNiERi.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX.  -  Voi.  II.  J"? 


258  APPENDICE 


du  10  mai  dernier,  il  n'entend  vous  demander  de  retirer  que  l' ar- 
ticle  qui  peut  concerner  l'affaire  de  la  réconciliation  des  prètres, 
puisque  vous  tracez  aux  Evéques  un  mode  particulier;  mais  qu'il 
n'entend  point  que  vous  retiriez  les  autres  pouvoirs  qui  peuvent 
concerner  tous  autres  objets. 

Recevez,  Monseigneur,  les  assurances  du  profond  respect  avec 
le  quel  je  suis  votre  très  humble  et  obéissant  serviteur. 

*  A.  X.   EvÉQUE  DE    VaNNES. 

DOCUMENTO  XV  (pag.  38). 
{Nunziatura    di    Francia^  voi.  589). 

Allegato  H,  —  Copie  de  la  Circulaire  adressée  par  Son  Eminence 
aux  Archevéques  et  Evéques  de  Franca. 

Monseigneur 

Je  vous  ai  adressé  le...  un  décret  portant  proroga tion  pour  six 
mois  des  facultés  extraordinaires  accordées  par  le  Souverain  Pon- 
tife  Pie  VI  aux  Evéques  et  aux  Administrateurs  des  diocèses. 

D'après  la  demande  que  m'en  a  faite  le  Gouvernemet,  et  pour 
le  plus  grand  bien  de  la  paix,  quant  à  la  partie  des  pouvoirs  qui 
concerne  la  réconciliation  des  prètres  constitutionnels,  vous  Texer- 
cerez  suivant  le  mode  que  je  vous  trace,  et  que  je  vous  envoye 
cy-joint.  Vous  regarderez  en  conséquence^  ce  qui  concerne  dans  ce 
décret  le  mode  de  la  réconciliation  des  prètres,  comme  non  avenu. 

Je  vous  prie  d'étre  assuré  des  sentimens  de  mon  estime  re- 
spectueuse. 

Paris  le  10  Juin  1802. 

DOCUMENTO  XVI  (pag.  38). 
(Nunziatura  di  Francia,  voi.  589). 

Allegato  I.  —  Copie  de  la  formule  de  réconciliation  pour  les  prètres 
constitutionnels f  adressée  par  Son  Eminence  à  tous  les  Arche- 
véques et  Evéques  de  France. 

Monseigneur 

Les  prètres  constitutionnels  voulant  se  réconcilier  avec  l'Eglise 
feront  la  déclaration  suivante: 

J'adhère  au  Concordat,  et  je  suis  dans  la  Communion  de  mon 
Evèque  nommé  par  le  Premier  Consul  et  institué  par  le  Pape. 


DOCUMENTO   XVI.  259 


Cette  déclaration   étant   souscrite  par  les   prétres   consti  tu  tion- 
nels,  les  Evèques  leur  ajouteront  de  pourvoir  à  leur  conscience. 
J'ai  l'honneur  d'ètre  avec  respect... 

Paris  le  10  Juin  1802. 

DOCUMENTO    XVII    (pag.    45). 
{Cifre  ai  Nunzii,  Frincipi,  voi.  276). 

Consalvi  ai  Nimzii  —  1  luglio  1802. 

Accenna  alla  disapprovazione  che  il  governo  francese  ha  fatto  del- 
Vallocuzione  del  Papa,  ed  alla  propria  difesa  dello  stesso  governo 
sugli  articoli  organici.  Non  sa  poi  come  si  farà  a  biasimare  la 
condotta  del  card.  Legato,  per  il  modo  seguito  nella  riconcilia- 
zione del  clero  di  second' ordine. 

Sempre  si  è  nel  doloroso  caso  di  ricevere  nuove  angustie  e  grandi 
amarezze,  sebbene  paia  che  dopo  usciti  or  da  uno  or  dall'altro  pro- 
fondo fosso  in  cui  ci  troviamo  gettati  ogni  tanto,  non  ci  possa  essere 
il  caso  di  trovarsi  in  guai  nuovi. 

Due  gravi  disgusti,  e  di  imbarazzo  tale  da  non  saper  come  uscirne, 
ci  recano  le  lettere  di  Francia,  giunte  oggi.  Consiste  il  primo  nel 
sentimento  di  disgusto,  che  manifesta  il  Governo  per  quella  parte 
dell'allocuzione  di  N.  S.  che  riguarda  le  leggi  organiche.  Si  vede 
che  la  prima  buona  impressione  che  l'allocuzione  aveva  fatta,  (se 
non  per  produrre  il  desiderato  effetto,  almeno  per  convenire  che  N.  S. 
non  poteva  non  dire  quello  che  con  tanta  delicatezza  ha  detto)  è  stata 
distrutta  dai  sempre  potenti  nemici  della  S.  Sede  e  della  Religione. 
Dice  il  Governo,  che  tali  leggi  organiche  non  contengono  niente  di 
nuovo,  e  che  le  stesse  cose  esistevano  prima  in  Francia,  riguardanti 
solo  le  libertà  Gallicane  (ciò  che  però  si  può  vedere  a  colpo  d' occhio 
quanto  si  verifichi  in  fatto);  ed  inoltre  dice,  che  tali  leggi  orga- 
niche essendo  una  Ugge,  non  si  doveva  dal  Capo  della  Religione 
con  la  disapprovazione  pubblica  attentare  all'esercizio  dei  diritti 
della  sovranità  che  ha  fatto  la  legge,  e  che  ne  ha  il  diritto,  soste- 
nendo in  cosi  dire  la  massima,  che  il  Sovrano  è  il  Vescovo  esteriore; 
e  tutte  le  altre,  che  sono  in  questi  tempi  in  voga;  e  questo  è  da 
rimarcarsi,  però  che  il  Governo  Francese  su  questo  primo  punto 
esprime  il  suo  sentimento  di  sostenere  tali  leggi,  e  la  sua  querela 
nell' essersi  pubblicamente  disapprovate;  ma  non  commette  di  far 
qui  alcuna  dimanda  né  insinuazione,  onde  la  cosa  si  lascierà  pen- 
dente cosi. 


260  APPENDICE 


Consiste  il  secondo  nell'affare  della  riconciliazione  degli  ecclesia- 
stici costituzionali  del  second' ordine,  intorno  a  cui  dopo  una  terribile 
battaglia,  sofferta  dal  Cardinal  Legato  non  meno  con  tutte  le  diverse 
autorità  costituite,  che  col  Primo  Console  medesimo,  avendo  veduto, 
come  egli  scrive,  che  tutto  andavano  a  foco  e  fiamma,  ed  essendo- 
glisi  già  intimata  la  partenza,  e  osservando  che  sovrastavano  alla 
Eeligione  e  alla  Chiesa  le  più  grandi  sciagure,  si  è  lasciato  piegare 
a  ritirare  il  decreto  e  la  formula,  che  aveva  pubblicata  di  concerto 
coi  Vescovi  per  tale  riconciliazione,  e  ne  ha  data  fuori  un'altra,  in 
cui  niente  altro  si  dice,  se  non  che:  io  aderisco  al  Concordato^  e 
prometto  obbedienza  al  Vescovo  nominato  dal  P.  Console,  e  istituito 
dalla  8.  Sede,  Una  formula  di  tal  natura  sarà  qui  ora  presa  in  esame  : 
ma  oh!  Dio,  qual  prognostico  farne?  E  quali  effetti  sono  da  pre- 
vedersi 0  in  un  senso,  o  nell'  altro  dalla  risoluzione,  che  ne  sarà 
presa?  Come  si  farà  a  condannare  l'operato  del  Legato,  o  ad  appro- 
varlo? Lascio  immaginare  a  V.  E.  in  quale  mortale  angoscia  si  trovi 
N.  S.  e  noi  tutti.  Bisogna  chinare  il  capo  ai  giudizi  di  Dio,  che  ci 
visita  ogni  giorno  con  nuove  e  si  terribili  tribolazioni.  Io  assicuro 
V.  E.,  che  la  natura  ormai  più  non  regge  a  tali  scosse. 

DOCUMENTO  XVIII  (pag.  53). 
{Nunziatura  di  Francia,  voi.  589). 

Caprara   a   Consalvi  —  4   agosto  1802. 

Dà  le  ragioni  del  perchè  non  coìnmise  ai  vescovi  V affare 
della  riconciliazione  de'  preti. 

Dalla  ultima  sua  a  colonna  in  data  de'  14  dello  scorso  luglio,  ri- 
levo il  vivo  desiderio,  che  si  avrebbe  avuto  costi,  che  io  nella  ne- 
cessità in  cui  mi  trovai  di  ritirare  il  decreto  dei  10  Maggio,  re- 
lativamente alla  riconciliazione  dei  preti,  avessi  rimesso  l'affare  ai 
Vescovi  e  mi  fossi  astenuto  dal  pronunziare,  poiché  una  mia  pro- 
nunziazione  produce  quelli  effetti,  che  V.  E.  annunzia  colla  citata  sua^ 

Su  tal  particolare  non  solo  dico,  che  io  non  l' ho  ceduta  a  qual- 
sivoglia in  tal  desiderio;  che  feci  di  tutto,  perchè  potesse  avere 
effetto;  ma  oso  dire,  che  avrei  avuto  vergogna  di  non  pensare  a 
simile  misura.  Ogni  mio  sforzo  però  si  rese  infruttuoso  e  rispetto 
al  Governo  e  rispetto  alli  stessi  Vescovi,  che  assolutamente  dichia- 
rarono a  me  medesimo  che  non  volevano  caricarsi  di  ciò,  e  che  in. 
tale  guisa  venivano  ad  essere  esposti  senza  rimedio.  V.  E.  degnisi 


DOCUMENTO   XVIII.  261 


di  non  chiedermi,  perchè  io  alla  presenza   del  Primo  Console  nel- 
l'occasione, che  era  meco  Mons.  Sala,  non  contestassi  ciò,  che  prece- 
dentemente era  stato  convenuto  col  Governo,  rispetto  alla  formula 
di  riconciliazione.  Non  nego  che  lo  avrei  potuto,  ma  come  il  farlo 
non  avrebbe  prodotto  il  bene,  che  la  mia   formula  fosse   preferita 
a  quella  già  stabilita  e   pubblicata   dal   Governo,   per   delicatezza 
verso  qualcheduno  (1)  m'astenni  dall'affacciarlo.    Il   Governo,  come 
V.   Emza  ha  avuto  luogo  di  rilevare  dal  mio  dispaccio  di  N.  135 
in  data  de'  13  Giugno,  mi  obbligò  a  pronunziare:  li  motivi,  che  mi 
indussero  a  farlo,  sono  pure  riportati  nell'anzidetto  dispaccio,  e  da 
esso  pure  apparisce,  che  io  non  contento   di  quanto  si  proponeva, 
feci  aggiungere  alla  formula  prescritta  (ciò  che  forma  il  sostanziale 
della  riconciliazione):  che  ad  ogni  riconciliando,  dopo  la   dichiara- 
zione voluta  dal  Governo  e  fatta  in  mano  del  Vescovo,  il  Prelato 
gli   dicesse  di  pensare  a  provvedere  alla  propria  coscienza.   Ninno 
meglio  di  V.  Emza  conosce  e  la  forza  e  l'estensione  di  tale  aggiunta 
(sia   per  ragione  della  notorietà  delle  obligazioni  che  corrono  ad  ogni 
riconciliando  ;  sia  per  la  prescrizione  da  me  fatta  fino  a  quell'epoca 
ai   riconciliandi  a   me   ricorsi:  obligazioni,  che  se  non  riusci  a  me 
espressamente  prescrivere,  furono  in  tale  maniera  tacitamente  esatte), 
la  quale  appunto,  perchè  in  seguito  conosciuta  qui,  mi  ha  attirato 
dei  rimproveri,  che  ho  dovuto  succhiarmi,  ma  che  ho  succhiato  vo- 
lentieri, perchè  nella  dura  necessità,  in  cui  mi  trovai  in  allora,  non 
vi  era  da  potere  scansare  la  taccia  di  prevaricatore,  che  con  quel 
mezzo. 

Rispetto  alla  mia  pronunziazione  su  tale  articolo,  ben  pochi  sono 
stati  quelli,  che  abbiano  dubitato  della  non  sufficienza  della  formula 
con  l'aggiunta  da  me  appostavi.  Tutti  poi  si  sono  uniti  a  dichia- 
rarla sufficientissima,  ma  dopo  che  non  so  da  chi,  ma  credo  da  un 
Vescovo^  è  stato  dato  fuori  uno  scritto  che  ormai  credo  alla  cogni- 
zione poco  meno  che  di  tutti,  di  cui  ho  procurata  averne  copia,  che 
trasmetto  qui  unita. 


(1)  Questo  quaìchechmo  non  potendo  essere  il  Card.  Consalvi,  credo  che 
sia  il    Portalis.  Infatti  questi  aveva  già  approvato  la  forniola  romana. 


262  APPENDICE 


DOCUMENTO  XIX  (1)  (pag.  54). 
~^  (Nunziatura  di  Francia,  voi.  589 J. 

Capibara  a  Consalvi  —  29  novembre  1802. 

Procura  di  difendere  la  sufficienza  della  formola  di  riconciliazione j 
da  lui  concessa  al  clero  di  second' ordine  ',  e  ciò,  dopo  aver  sa- 
puto, dalla  lettera  del  Consalvi  (27  ottobre  1802),  che  il  sacro 
collegio  V aveva  disapprovata. 

Quando  trattossi  di  dover  procedere  alla  riconciliazione  degli 
ecclesiastici  del  secondo  ordine,  di  che  diedi  conto  a  suo  tempo  a 
Vostra  Eminenza,  non  lasciai  certamente  di  fare  esaminare  la  cosa 
da  persone  di  probità,  di  capacità,  e  sottomesse  di  buona  fede  al 
Capo  della  Chiesa.  Oltre  l'avere  discusso  vocalmente  la  questione 
sotto  tutti  gli  aspetti,  ne  volli  avere  un  voto  in  scritto,  quale  però 
mi  guardai  bene  di  far  conoscere,  perchè  conosciutosi,  sicuramente 
dal  Gro verno  non  si  sarebbe  permesso,  che  dai  Vescovi  s'intimasse 
ai  riconciliandi  quel  che  da  me  fu  loro  prescritto  in  simile  occasione. 

Non  avendo  fatto  conoscere  all'È.  V.  un  tal  voto  nello  spazio 
di  alcuni  mesi,  che  sono  passati  da  che  segui  la  riconciliazione  dei 
mentovati  ecclesiastici,  più  certamente  non  avrei  pensato  tampoco  a 
rileggerlo  io  stesso,  se  non  ne  fossi  stato  consigliato  dal  veneratissimo 
di  lei  dispaccio  dei  27  del  passato  Ottobre,  col  quale  V  E.  V.,  senza 
ambiguità  mi  mostrò,  che  né  il  Santo  Padre,  né  alcuni  dei  Signori 
Cardinali  componenti  la  Congregazione  sugli  affari  di  Francia,  ave- 
vano trovata  ammissibile  la  formula  in  questione. 

Dal  voto,  che  io  qui  unisco  in  quattro  diversi  fogli,  prevalen- 
domi del  mezzo  del  Sig.  Canova,  che  costà  fa  ritorno,  V.  E.  potrà 
rilevare  i  fondamenti  di  ragioni,  per  i  quali  io  mi  determinai  alla 
risoluzione  a  lei  cognita,  e  che  prego  V.  Eminenza  di  far  conoscere 
non  solo  alla  Santità  di  Nostro  Signore,  ma  anche  agli  stessi  Emi- 
nentissimi  dell'anzidetta  Congregazione. 

All'analisi,  che  si  fa  nei  quattro  citati  fogli  della  formola  pro- 
posta, ha  generalmente  corrisposto  l' esecuzione  per  parte  dei  Vescovi^ 


(1)  Questo  documento  nel  testo,  pag.  54,  nota  (1),  è  indicato  per  er- 
rore col  n.  XI,  come  ne  souo  sbagliati  il  titolo  e  la  data  della  lettera 
del  Consalvi,  che  è  de'  27  (non  29)  di  ottobre  ;  è  accennata  in  questa 
autodifesa  del  Caprara.  —  Sul  voto,  a  cui  si  accenna  in  questa  lettera^ 
ved.  p.  54. 


DOCUMENTO   XIX.  263 


giacché  molti  l'hanno  cosi  analizzata;  altri  sono  stati  da  me  verbal- 
mente istruiti,  e  da  altri  essendo  stato  interpellato,  ho  loro  spiegato' 
il  senso  canonico. 

In  tali  precisi  sensi  è  stata  interpretata  la  formula  dal  Governo  ; 
ed  io,  come  V.  E.  ha  saputo,  all'opportunità  ho  dovuto  succhiarmi 
dei  rimproveri  dalla  bocca  del  Primo  Console,  che  arrivò  persino 
a  dirmi,  che  per  permettere  l' aggiunta  di  provvedere  alla  propria 
coscienza  nella  formula  di  riconciliazione,  non  vi  voleva  che  uno 
stordito  come  Portalis,  il  quale  non  ebbe  tanta  capacità,  da  distin- 
guere il  peso  e  la  forza  dell'aggiunta  predetta. 

La  forza  ed  il  peso  di  simili  parole  è  stato  ben  compreso  dai 
Costituzionali,  e  quindi  ne  nacque  in  Carcassone  quel  tumulto,  di 
cui  le  diedi  conto  con  mia  dei  14  Novembre  di  n.  232. 

Rinnuovo  in  questa  circostanza  all'È.  V.  le  proteste  del  mio 
profondo  ossequio,  e  le  bacio  umilissimamente  le  mani. 

Di  vostra  Eminenza 

Parigi  29  Novembre  1802. 

Umil.mo  oss.mo  servitore  vera 
G.  B.  Card.  Caprara 

DOCUMENTO  XX  (pag.  m), 
{Francia  Appendice...,  voi.  I,  Fascio  B). 

Nota  trasmessa  da  Parigi^  la  quale  dava  ragione  della  domanda  del 
Talleyrand  intorno  la  sua  pretensione  di  potersi  ammogliare. 

C'est  une  chose  convenable  à  la  dignité  du  gouvernement  de 
la  France,  et  utile  à  la  discipline  de  FEglise  que  d'accorder  un 
bref  de  sécularisation  au  citoyen  Talleyrand. 

Ce  ministre  a  renda  de  grands  services  à  1'  Eglise  et  à  V  Etat. 
Il  a  publiquement  et  irrévocablement  renoncé  aux  fonctions  et 
aux  dignités  de  la  cléricature.  Il  désire  que  cette  renonciation  soit 
consacrée  par  un  aveu  formel  du  Chef  suprème  de  la  religion,  il  me- 
rite  d'ailleurs  cette  faveur  speciale. 

Sous  le  rapport  de  la  politique,  lorsque  la  France  redevient  une 
nation  catholique,  il  ne  convient  pas  qu'un  ministre,  qui  a  une 
part  principale  dans  la  confiance  du  Gouvernement,  soit  un  objet 
d'incertitude,  et  de  controverse  relati vement  à  son  ancien  état. 

Sous  le  rapport  des  efforts  qu'il  a  fait  pour  rallier  T  Eglise  et 
le  Gouvernement,   il   faut   qu'il  puisse  recueillir  par  l'expression 


264  APPENDICE 


libre  de  la  gratitude  de  tous  les  amis  de  la   Eeligion   le   prix  du 
zèle  qu'il  a  montré  pour  son  rétablissement. 

D'autres  grandes  considérations  atteindront  aussitót  la  bienveil- 
lance  et  la  j  astice  du  S.  Pére.  On  ne  parlerà  pas  des  formes  re- 
quises  pour  un  tei  acte:  il  choisira  la  plus  convenable  et  la  plus 
complète.  Quant  aux  exemples  du  passe,  le  S.  Pére  en  trouvera 
de  fréquents  dans  l'histoire. 

Aux  dix-septième  siècle  sous  Innocent  X,  Camille  Pamphili,  Car- 
dinal et  neveu  du  Souverain  Pontife,  fut  sécularisé,  et  mourut 
laique. 

An  15°^^  Cesar  Borgia  archevèque  de  Valence,  devint  due  de 
Valentinois,  épousa  une  Princesse  de  la  Maison  d'Albret,  et  mou- 
rut laique. 

Ferdinand  de  Gonzague  d'abord  ecclésiastique,  et  ensuite  Due 
de  Mantoue;  Maurice  de  Savoye  qui  se  maria  en  1642,  aprés  avoir 
été  ordonné  ;  les  deux  cardinaux  de  Bourbon,  onde  et  neveu,  l'un 
et  l'autre  archevèques  de  Lyon,  après  avoir  abdiqué,  du  consen- 
tement  du  S.  Siége,  les  dignités  ecclésiastiques,  moururent  laìques. 

Deux  Casimirs  Roys  de  Pologne,  l'un  par  succession,  au  11  me  gjè- 
cle,  Tautre  par  élection,  au  17°^^^  furent  affranchis  non  seulement 
des  liens  de  l'état  clérical,  mais  encore  du  serment  monastique  :  le 
premier  avoit  été  bénédectin,  le  second  jésuite;  et  celui-ci,  outre 
le  laicat,  obtint  des  licences  pour  épouser  sa  belle-soeur. 

Henri  de  Portugal  archevèque  de  Lisbonne,  et  successeur  à  la 
couronne  de  Sébastien  en  1588,  mourut  roy  et  laique. 

Francois  de  Lorraine  cessionnaire  des  Etats  de  son  frère  Char- 
les IV  en  1634;  et  ensuite  pére  de  Léopold,  passa  de  l'état  du  sa- 
cerdoce  au  laicat,  et  resta  fidéle  à  l'Eglise. 

Tous  ces  exemples  sont  pris  des  tems,  où  le  S.  Siége  jouissait 
de  la  plénitude  de  son  autorité.  L'usage  que  les  Prédécesseurs  de 
Pie  VII  en  firent  alors  leur  fut  indiqué  par  des  motifs  d'utilité, 
pour  le  bien  de  l'Eglise:  ces  motifs  existent  aujourd'hui,  et  je  doute 
qu'à  aucune  de  ces  époques  la  mème  demande  ait  été  fondée  sur 
d'aussi  fortes  considérations. 


DOCUMENTO   XXI.  265 


DOCUMENTO  XXI  (pag.  69). 
(Francia  Appendice..'.,  voi.   I,  Fascio  B). 

Copia  del  primo  Bi-eve,  scritto  a  Talleyrand  già  Vescovo  d^Autun, 
ministro  degli  affari  esteri  in  Paingi,  col  quale  vien  riconciliato 
colla  Chiesa  Cattolica  Apostolica  Romana,  in  virtù  di  facoltà 
comunicate  al  Card.  Caprara  Legato  in  data  de' 29  giugno  1802 y 
mandato  al  Card.  Legato^  acciò  opportunamente  ne  facesse  uso, 
o  di  questo  o  dell'  altro f  che  segue  in  appresso. 

Dilecto  filio  Carolo  Maurilio  de  Talleyrand 
Pius  PP.    VII. 

Dilecte  Fili  Saluterà  et  Apostolicam  Benedictionem.  Gravissimas 
inter  sollicitudines  Apostolatus  Nostri,  maximo  gaudio  afFecti  sumus 
cum  de  ardenti  desiderio  quo  flagras,  Te  Nobiscum  ac  cum  Ecclesia 
Catliolica  reconciliandi,  ad  Nos  est  relatum.  Gommo verunt  etiam 
vehementer  animum  Nostrum  ea  omnia,  quae  Nobis  tuo  nomine  ac 
de  Te  scripsit  dilectus  Filius  Noster  Johannes  Baptista  Cardinalis 
Caprara,  Noster  apud  Primum  Consulem  Legatus.  Animi  tui  sensus 
quales  Nos  optabamus,  et  quos,  uti  decet  modo  aperis  Nobis,  submis- 
sio,  ac  piena  obedientia  quam  profiteris  huic  Apostolicae  Sedi;  con- 
stans  studium,  quod  ex  tua  parte  ad  magnum  opus  perficiendum 
restitutionis  catholicae  Religionis  in  Gallia  contulisti;  testimonium 
zeli  tui  in  eadem  catholica  religione  tuenda  ac  promovenda,  quod 
dederunt  Nobis  etiam  W.  Fratres,  qui  ex  Italiae  sedi  bus  profecti 
conventui  Lugdunensi  interfuere;  propositum  denique  animi  tui, 
curaturum  Te  minimum  in  posterum,  quantum  per  Te  fieri  poterit, 
ut  Religionis  atque  Ecclesiae  commodis  et  utilitatibus  consulatur, 
non  modo  ad  gaudendum  in  Domino  excitant,  Nos  verum  etiam 
persuadent,  ut  Te  benigno  favore  prosequamur,  utamurque  in  Te 
singulari  indulgentia  Nostra.  Dilatantes  itaque,  Dilecte  Fili,  erga 
Te  viscera  Paternae  Caritatis,  nulla  interposita  mora,  amplissimas 
facultates  eidem  Cardinali  Legato  Nostro  damus,  ut  Nostro  Nomine 
debitis  modis,  ad  explenda  tua  desideria,  Te  Nobiscum  ac  cum  Ec- 
clesia reconciliet,  quemadmodum  a  Te  postulatum  est.  Cum  vero 
Tua  Augustodunensis  Ecclesiae  dimissio  (quam  Nos  ratam  habuimus), 
Tuaque,  multis  abbine  annis,  ab  omni  Episcopali  munere  et  a  quavis 
ecclesiastica  functione  alienatio  eo  rem  adduxeriut,  ut  Tu  Te  ipse, 
uti  decuit.  ad  simplicem  laicam  communionem  a  Nobis  traduci  pò- 


266  APPENDICE 


stules,  Nos,  postquam  debitis  ut  sapra  modis  tua  reconciliatio  per- 
acta  faerit,  Tibi  potestatem  facimus  in  veste  laicali  incedendi,  ac 
saecularia  officia  gerendi,  sive  in  eodem  isto  ministerii  munere  per- 
manere volueris,  quod  Tibi  a  Gubernio  demandatum  est,  sive  alia 
obire,  ad  quae  idem  Te  gubernium  provexerit,  ita  tamen  ut  nullam 
amplius  in  posterum  functionem  sive  episcopalem,  sive  ecclesiasticam 
exerceas,  solaque  communione  laica  perfruaris.  Cogitandum  vero, 
Dilecte  Fili,  Tibi  est  etiam  in  medio  curarum  politicarum  quantum 
tibi  onus  incumbat  Dei  gloriae  et  Catholicae  Religioni  bene  stu- 
dendi,  eaque  ob  oculos  habendi  semper  quae  huic  tantae  rei  con- 
ferre  possunt.  Ad  quae  ut  Te  vehementius  excitemus,  S.  Leoni  s 
Praedecessoris  Nostri  verbis  utemur  :  «  Qaod  superest,  Te  exhorta- 
«  mur...  ut  nunc  Sedi  Apostolicae  collabores;  Victoria  enim  quam 
«  Christus  Dominus  Noster  suae  donavit  Ecclesiae...  licet  fiduciam 
«  majorem  tribuat,  non  tamen  in  totum  sollicitudinem  perimit,  nec 
«  ut  dormiamus  donata  est  sed  ut  suavius  laboremus,  unde  in  hoc 
«  quoque  Tuae  vigilantiae  soUicitudine  volumus  adjudicari.  »  Excita 
igitur  zelum  tuum,  exere  atque  adhibe  omnem  vim  animi,  ut  Catho- 
lica  Religio  altius  in  dies  radices  agat  in  regionibus  istis,  vete- 
remque  illum  splendorem  recipiat,  quo  semper  Natio  ista  potens 
prae  caeteris  est  illustrata.  Hoc  si  feceris,  prospicies  simul  verae 
paci  ac  tranquillitati  istius  Reipublicae,  ac  singularem  Dei  mi- 
sericordiam  Tibi  conciliabis.  Nos  interea  assiduis  precibus  Deum 
obsecrantes,  ut  Divinae  suae  gratiae  lumine  adsit  Tibi,  in  coele- 
stis  benedictionis  auspicium,  Apostolicam  Benedictionem  Tibi  pera- 
manter  impertimur. 

Datum  Romae  apud  sanctum    Petrum,   sub  annulo  Piscatoris^ 
Die  XXIX  lunii  MDCCCII,  Pontificatus  Nostri  Anno  Tertio  (1). 


(1)  Fu  sottoscritto  questo  Breve  da  Mous.  Marotti,  segretario  de' Brevi 
à' Principi. 


CONGRESSO   DI   LIONE  267 


CONGRESSO  DI  LIONE  (pag.  97). 
{Italia  Appendice....,  voi.  XX). 

Memorie  sul  congresso  di  Lione,  tenuto  in  gennaro  1802  dai  deputati 
Cisalpini  (scritte  dall'abbate  Benedetto  Conventi  di  Bologna). 

1^  Consulta  nella  2*  Sezione 

....  (1).  Terminatala  funzione,  fZeese^me^er  Z'amvesi;oi;o  Vi- 
sconti), si  tenne  la  prima  Consulta,  divisa  però  nelle  cinque  suddette 
Sezioni.  I  Presidenti  di  queste  furono  nominati  dal  Ministro  Tal- 
leyrand  secondo  le  istruzioni  del  primo  Console,  e  furono  della  prima 
Melzi,  della  seconda  l' avvocato  Aldini,  della  terza  Bergnani,  della 
quarta  Paradisi,  della  quinta  Bernardi. 

Ciascuno  di  questi  elesse  due  Segre tarj.  Nella  seconda  i  segretarj 
furono  Belmonti  e  Rangoni,  ma  poi  essendosi  Rangoni  ammalato  per 
qualche  giorno,  gli  fu  sostituito  Cicognara  dal  Presidente. 

Nella  prima  Consulta  si  lesse  tutta  la  Costituzione  per  esteso, 
quale  già  era  stata  preparata  ed  approvata  dalla  Consulta  di  Milano, 
fino  dal  giorno  15   Vendemiale,  ma  non  ancora  stampata. 

S' invitarono  i  deputati  a  fare  in  iscritto  le  loro  riflessioni  sulla 
Costituzione,  ed  a  proporre  modificazioni,  e  per  schede  segrete  fu 
nominata  una  Commissione  di  cinque  per  ciascheduno  de'  tre  dipar- 
timenti, avendo  ciascuno  nominati  soltanto  cinque  nel  proprio  dipar- 
timento. Ciò  s'intenda  della  2^  Sezione. 

La  scheda  segreta  da  me  data  per  d.»  commissione  è  al  Nu- 
mero 1°  de'  documenti  aggiunti  a  questi  fogli. 

La  nota  de'  15,  che  formarono  detta  Commissione,  è  al  N**  2°. 

Le  riflessioni,  date  in  iscritto  sopra  l' articolo  della  Religione  per 
la  diocesi  di  Bologna,  sono  al  N.  3°. 

Le  osservazioni  sopra  l'articolo,  che  riguarda  i  beni  nazionali, 
sono  al  N^  5°. 

2^  Consulta  nella  2^  Sezione 

La  seconda  Consulta  si  tenne  a  di  8  Gennaro.  Nella  sezione  2^  fu- 
rono lette  le  riflessioni  e  proposte  fatte  dai  deputati  in  iscritto, 
ridotte  però,  ed  accomodate  dalla  Commissione  con  modificazioni,  ag- 
giunte, alterazioni,  e  si  posero  a  partito  col  fallace  mezzo  di  alzarsi 
per  il  si,  e  di  restar  seduti  per  il  no. 


(1)  Quello  che  i  puntini  indicano  mancante  si  trova  a  p.  95-97. 


268  APPENDICE 


Qui  fu  dove  si  ebbe  un  lungo  dibattimento  sull'articolo  della 
Eeligione,  sul  quale  erano  state  esibite  N.  15  memorie  in  iscritto, 
e  molti  Ecclesiastici  parlarono  dalla  Tribuna,  fra  i  quali  l'Arcive- 
scovo di  Eavenna,  il  Vescovo  di  Cervia,  il  Vescovo  di  Oomacchio, 
ma  tutti  senza  prò. 

Qual  fosse  l'espressione  adottata  nella  Sezione  2*,  con  N.  12  voti 
contro  37  si  veda  al  numero  4o. 

3^  Consulta  nella  2^  Sezione 

La  terza  consulta  si  tenne  a  di  9  Gennaro.  Nella  Sezione  Seconda 
si  occuparono  i  deputati  circa  4  ore  ad  udire  varie  basi  di  Leggi 
organiche,  preparate  dalla  suddetta  Commissione  dei  15,  senza  che 
a  dir  vero  apparisse,  che  giammai  a  questa  fosse  stata  data  una  tale 
incombenza,  ed  il  potere  a  questa  corrispondente.  Si  ebbe  per  detto 
spazio  di  4  ore  il  lungo  incomodo  di  alzarsi  e  di  sedere  ad  ogni  pro- 
posta per  approvare  e  disapprovare  dette  basi,  e  cosi  pure  qualche 
altro  Articolo  che  si  progettò  di  aggiungnere  alla  Costituzione, 
sempre  a  dettatura,  per  non  dire  a  capriccio,  della  commissione 
suddetta. 

4^  Consulta  della  2^  Sezione 

La  quarta  consulta  si  tenne  il  di  10  Gfennaro.  Nella  seconda  sezione 
non  si  fece  altro,  che  nominare  in  una  scheda  vari  soggetti  da  pro- 
porsi al  gran  Console^  per  esser  messi  in  governo.  Ciò  si  fece  con 
una  lista  dupla,  detta  di  confidenza.  La  nota  da  me  esibita  è  re- 
gistrata al  Numero  6. 

La  sera  delli  11  Gennaro  a  ore  9  giunse  da  Parigi  a  Lione  il 
gran  Console  Bonaparte,  incontrato  da  pressoché  tutti  li  Cisalpini. 

A  dì  12  Gennaro  si  radunarono  nella  salla  della  2»  Sezione  i 
deputati,  riscossero  n.  300  franchi  ciascuno  a  conto  della  indenniz- 
zazione  da  stabilirsi  per  la  consulta  straordinaria,  ricevettero  un 
viglietto,  che  servisse  di  contrassegno  per  entrare  nel  palazzo  del 
Governo,  indi  a  ore  4  1^2  tutti  andarono  a  far  visita  in  corpo  al 
Primo  Console,  essendo  stati  ricevuti  per  Sezioni  secondo  1'  ordine 
delle  medesime. 

5^  Consulta  della  2*  Sezione. 

La  quinta  Consulta  si  tenne  nella  seconda  sezione  li  13  di  Gen- 
naro. In  questa  il  Presidente  da  sé  ed  a  suo  arbitrio  nominò  una 
commissione  di  10  deputati  della  Sezione  riportata  al  n.  2,  i  quali, 


à 


CONGRESSO   DI  LIONE  26^ 


per  quanto  disse,  dovessero  dare  al  Primo  Console  dei  lumi  per  la 
formazione  de' collegi  elettorali. 

Avendo  Pavazzi  parlato  delle  indennizzazioni  da  fissarsi,  a  tenore 
del  proclama  emanato  per  convocar  la  Consulta,  fu  fatta  per  questo 
effetto  la  deputazione  de'  Cittadini  Dottor  Miccoli,  Cavriani  e  Pa- 
vazzi per  la  2^  Sezione,  ai  quali  si  unirono  altri  deputati  nominati 
da'  respettivi  Presidenti  delle  altre  sezioni,  che  formarono  per  que- 
sto effetto  una  particolare  commissione. 

Fu  distribuito  a  tutti  li  deputati  un  viglietto,  per  andare  la  sera 
alla  festa  di  ballo  fatta  in  onore  del  Primo  Console.  Ciò  si  fece  con 
l'appello  nominale,  avendo  però  tutti  gli  Ecclesiastici  rinunciato  detto 
viglietto. 

Nel  giorno  15  Gennaio,  dietro  l' invito  del  gran  Console  fatto  a 
ciascheduno  in  particolare,  tutti  gli  Ecclesiastici  Cisalpini  si  reca- 
rono in  corpo  alla  sua  udienza,  e  si  trattennero  con  lui  circa  tre 
quarti  d'ora. 

Commissione  Ecclesiastica. 

Sortiti  dalla  udienza,  per  ordine  dello  stesso  gran  Console  si 
adunarono  in  uria  sala  del  palazzo  del  Governo,  per  formare  un 
comitato  Ecclesiastico  di  nove  soggetti  con  schede  segrete,  essendo 
già  stato  proclamato  Presidente  oltre  li  9  l'Emo  Bellisomi,  ed  es- 
sendosi convenuto,  che  il  comitato  fosse  composto  di  tre  Vescovi,  di 
tre  Vicari,  e  di  tre  Parrochi.  La  scheda  da  me  data  per  questo  ef- 
fetto, è  al  numero  8;  ed  al  numero  9  si  riportano  i  nomi  degli  eletti 
a  formare  il  comitato  suddetto. 

La  sera  dello  stesso  giorno  15  Gennaro,  il  comitato  a  ore  10  fu 
dal  gran  Console,  e  vi  si  trattenne  per  tre  ore  continue.  Si  parlò- 
sempre  di  affari  di  Religione,  e  lo  stesso  Primo  Console  dettò  al 
Ministro  Talleyrand  alcuni  quesiti  ed  articoli,  che  sono  trascritti  al 
numero  10,  i  quali  furono  comunicati  a  tutti  i  Vescovi  e  Vicari 
delle  diocesi  Cisalpine.  Il  Congresso  terminò  circa  ad  un  ora  dopo 
la  mezza  notte. 

Per  ciascuna  risposta,  fu  data  risposta  ai  quesiti  in  iscritto  ;  e 
furono  anche  fatte  petizioni  particolari,  a  tenore  de'  rispettivi  biso- 
gni delle  medesime,  ed  anche  delle  osservazioni  sulle  risposte  det- 
tate da  Primo  Console;  e  queste  in  termine  di  due  giorni  furona 
date  al  Presidente,  e  da  lui  passate  al  Segretario,  che  in  poche  ore 
dovette  farne  lo  spoglio  per  presentarne  al  Primo  Console  un  estratto. 

Le  risposte  e  petizioni  date  per  la  diocesi  di  Bologna  sono  ri- 


270  APPENDICE 


portate  alli  numeri  Ile  12,  e  fortunatamente  furono  lette  per  esteso 
dal  Priino  Console,  alla  presenza  della  commissione  Ecclesiastica,  la 
sera  delli  19  dello  stesso  mese  di  Gennaro. 

Frattanto  gli  Ecclesiastici  del  Comitato  si  erano  adunati  in  casa 
dell'Emo  Bellisomi,  le  sere  delli  16  e  delli  17  di  Gennaro;  ed  erano 
stati  in  assemblea  dalle  ore  6  fino  alle  10  in  ambidue  le  sere,  ad  og- 
getto di  preparare  le  materie  da  trattarsi  col  Primo  Console.  Si  erano 
quindi  stese  le  riflessioni  e  petizioni  dal  segretario;  e  nella  sera 
delli  19  detto,  avuto  l'accesso  al  gran  Console,  dopo  avergli  la  com- 
missione Ecclesiastica  esibiti  li  fogli  delle  diocesi  Cisalpine,  che  dal 
medesimo  furono  trascorsi  ad  uno  per  uno,  gli  furono  lette  le  ri- 
flessioni e  petizioni  già  concertate  precedentemente  nel  comitato,  e 
se  ne  riportarono  le  analoghe  risposte  ad  articolo  per  articolo.  Que- 
ste, unite  alle  proposte  e  domande,  possono  vedersi  al  numero  16. 
Il  congresso  col  Primo  Console  durò  4  ore  continue,  cioè  dalle  9  1/2 
della  sera  fino  alle  ore  2  1|2  dopo  mezzanotte,  e  gli  Ecclesiastici 
della  commissione  furono  trattati  a  rinfresco. 

Terminato  il  congresso,  il  gran  Console  propose  di  esibirgli  sol- 
lecitamente un  piano  per  ciascheduna  diocesi,  che  riguardasse  sol- 
tanto le  rendite  da  fissarsi  ai  Vescovi,  ai  capitoli  delle  Cattedrali, 
alla  fabbrica  delle  medesime,  ai  Seminari,  ed  alle  Parrocchie  che 
fossero  state  spogliate  in  tutto  o  in  parte,  durante  la  rivoluzione. 

Nella  mattina  del  seguente  giorno,  20  Gennaro,  si  radunarono  gli 
Ecclesiastici  della  commissione,  in  casa  di  Mons.  Arcivescovo  di  Ra- 
venna, dove  fissate  le  massime  generali,  ciascuno  o  almeno  molti 
de'  membri  della  medesima  si  distribuirono  le  diocesi  per  formarne 
il  rispettivo  piano.  Il  comparto  delle  diocesi,  fatto  in  tale  occasione, 
è  riportato  al  numero  17.  Così  pure  il  piano  presentato  per  la  dio- 
cesi di  Bologna  è  al  numero  13. 

La  sera  del  medesimo  giorno,  20  Gennaro,  si  tenne  l'adunanza 
della  commissione  alle  ore  6  presso  l'Emo  Card.  Bellisomi,  per  ri- 
durre ad  articoli  di  Leggi  tutto  quello  ch'era  stato  dal  Primo  Con- 
sole accordato,  a  tenore  di  quello  che  si  rileva  dal  numero  16;  di 
poi  alle  ore  10  si  portò  la  commissione  stessa  dal  Console,  dove  ebbe 
udienza  di  circa  due  ore.  Questo  ordinò  di  dare  più  in  ristretto 
uno  specchio  delle  annue  rendite  da  assegnarsi  a  ciascheduna  dio- 
cesi, e  ciò  entro  lo  spazio  di  ore  14.  Furono  pertanto  dal  Cardinale 
Presidente  invitati  tutti  gli  Ecclesiastici  Cisalpini  con  viglietti  par- 
ticolari alla  sua  casa  a  ore  10  della  mattina  delli  21  ;  ed  ivi  ciascuno 
diede  all'istante  lo  specchio  richiesto. 


CONGRESSO   DI    LIONE  271 


Quello  che  si  presentò  per  la  diocesi  di  Bologna,  può  vedersi 
al  numero  14.  E  ben  da  sapersi,  ch'essendosi  messo  nel  piano  ri- 
portato al  numero  13,  che  all'  Arcivescovado  di  Bologna  converrebbe 
assegnar  almeno  una  rendita  di  70  mila  lire  di  Milano,  il  Primo 
Console,  all'  udirlo  leggere  da  Mons.  Arcivescovo  di  Ravenna,  lo  ri- 
provò; e  disse,  che  sarebbero  state  anche  troppe  50  mila.  Perciò 
nel  replicare  lo  specchio,  si  prese  il  temperamento  di  mettere  almeno 
60  mila. 

Siccome  poi  più  volte  disse  il  Primo  Console,  che  non  voleva  che 
il  solo  capitolo  della  Cattedrale  in  ciascuna  diocesi,  ed  essendosi 
fatte  vive  premure  dallo  scrivente,  perchè  almeno  la  perinsigne  Ba- 
silica di  S.  Petronio  fosse  conservata,  non  ostante  replicò  sempre 
costantemente  lo  stesso  in  termini,  che  davano  poco  luogo  a  sperare 
di  vederlo  rimosso;  perciò  ad  oggetto,  che  potesse  sempre  avere 
sotto  rocchio  il  voto  del  Clero  Bolognese  per  la  conservazione  di 
quel  capitolo  si  cospicuo,  fu  aggiunto  ed  esibito  al  primo  Console 
in  foglio  a  parte  lo  specchio  della  rendita  annua  da  assegnarsi  al  me- 
desimo, come  al  numero  15. 

Nello  stesso  giorno  21  il  comitato  Ecclesiastico  si  presentò  al 
gran  Console  collo  specchio  richiesto,  ed  ivi  dovette  lungamente 
dibattersi  coi  Presidenti  secolari  delle  sezioni  sopra  nominate,  che 
si  opposero  vivamente  agli  articoli  già  combinati  ed  approvati  dallo 
stesso  gran  Console,  come  al  numero  16.  E  di  qui  nacque,  che  avendo 
il  Console  in  varie  cose  acconsentito  alle  loro  istigazioni,  ed  essen- 
dosi cogli  Ecclesiastici  disdetto,  furono  poi  stese  le  leggi  Organiche 
del  Clero,  senza  varie  cose  in  detto  numero  16  già  fissate,  e  con 
altre  non  poco  da  quelle  variate;  anzi  convenne  molto  e  lungamente 
combattere  per  ottenere,  che  almeno  vi  fossero  quelle,  che  ora  vi 
si  leggono. 

Grli  articoli  qui  non  si  riportano,  perchè  già  dovranno  stamparsi  ; 
e  cosi  saranno  colla  Costituzione  in  mano  di  tutti. 

Mentre  le  cose  passavano  come  si  è  detto,  non  mancò  lo  scri- 
vente di  rivolgersi  all'ambasciadore  del  Papa  a  Parigi,  l'Emo  Car- 
dinal Caprara,  per  avere  lumi  ed  aiuti  presso  il  gran  Console  sugli 
affari  di  Religione. 

La  risposta  di  questo  giunse  a  cose  già  terminate,  ed  è  affatto 
inconcludente,  come  può  vedersi  al  numero  19. 


272  APPENDICE 


Commissione  de'iiotahili. 

Contemporaneamente  ai  Congressi  della  Commissione  ecclesia- 
stica, si  adoperò  presso  il  Primo  Console  la  commissione  de'  Notabili, 
per  rappresentargli  le  miserie  e  le  vessazioni,  che  soffre  la  Cisalpina, 
e  per  dimandare  un  pronto  riparo.  E  degna  di  essere  letta  e  conser- 
vata la  memoria  stesa  dall'avv.  Salina,  e  presentata  al  Primo  Console 
per  tale  oggetto.  Questa  è  al  numero  18. 

1^  Consulta  generale. 

Impigliando  ora  gli  affari  di  tutto  il  corpo  della  consulta  straor- 
dinaria, conviene  riferire,  che  finalmente  nel  giorno  20  Gennaro  alle 
2  pomeridiane  si  adunò  nella  gran  sala  del  collegio  (già  Chiesa  dei 
Gesuiti)  dispendiosamente  preparata  ed  ornata,  la  Consulta  generale 
di  tutti  li  deputati  Cisalpini,  nella  quale  per  distinzione  del  Primo 
Console  fa  presidente  Ferdinando  Marescalchi,  che  fece  suoi  segre- 
tari r  Avv.  Vicini  e  Strighelli.  In  questa  consulta  dopo  l'appello 
nominale,  non  si  fece  altro  che  nominare  con  schede  segrete  12  sog- 
getti, per  formare  a  pluralità  di  voti  una  commissione  di  30,  che 
dassero  lumi  al  Primo  Console  sui  soggetti  da  scegliersi  per  il  Go- 
verno. Questa  operazione  protrasse  la  Consulta  fino  alle  ore  12 
e  mezzo. 

Quali  soggetti  fossero  da  me  nominati,  può  vedersi  al  n.  20. 

Con  quanti  voti  e  di  quali  soggetti  fosse  composta  la  Commis- 
sione dei  30,  è  appresso  al  numero  21. 

La  Commissione  dei  30  si  uni  la  mattina  del  seguente  giorno 
21  Gennaro  in  una  delle  camere  del  collegio,  scelse  per  presidente 
della  Repubblica  Cisalpina  Melzi,  diede  al  Primo  Console  la  dupla 
per  il  corpo  legislativo,  e  la  dupla  pel  ministero,  e  questi  si  ri- 
portano ai  numeri  22  e  23.  Ma  nella  prima  non  vi  sono  che  quelli 
nominati  per  il  dipartimento  del  Reno. 

Per  il  giorno  24  Gennaro  era  intimata  la  Consulta  alle  ore  7 
della  sera,  ma  due  ore  prima  fu  affisso  al  caffè  detto  degl'Italiani 
il  disintimo.  È  da  sapersi,  che  questo  era  il  mezzo  col  quale  Ma- 
rescalchi avvisava  i  deputati. 

Intanto  avendo  Melzi  ricusata  la  carica  di  presidente,  la  com- 
missione dei  30  dopo  lunga  deliberazione  creò  presidente  della  Re- 
pubblica Cisalpina,  che  poi  fu  detta  Italiana,  indi  Italica,  lo  stesso 
Primo  Console  della  Francia  Bonaparte,  e  nominò  Vice-Presidente 
Melzi,  ed  ambedue  accettarono,  ma  il  primo  con  sommo  gradimento. 


CONGRESSO   DI    LIONE  27S 


2^  Consulta  generale 

A  di  25  Gennaro  si  tenne  la  seconda  Consulta  generale  nella 
stessa  gran  sala,  alle  ore  11  della  mattina.  In  questa  fu  letto  un 
artificiato  foglio,  che  riferiva  la  determinazione  dei  30,  che  riguar- 
dava Bonaparte,  e  fu  accettata  a  pluralità  di  voti,  espressi  coll'atto 
di  alzarsi  in  piedi.  Non  si  è  potuto  aver  copia  per  verun  conto  di 
detto  foglio.  Si  parlò  quindi  sull'affare  della  indennizzazione  da  farsi, 
per  i  deputati  della  consulta  straordinaria,  e  fu  stabilita  a  voti 
unanimi  in  lire  3500  di  Milano  per  ciascheduno,  oltre  il  pagamento 
de'  viaggi  oltre  Milano  fino  al  capoluogo  dei  rispettivi  dipartimenti. 

3^  ed  ultima  Consulta  generale 

Nel  giorno  26  Gennaro,  ad  un'ora  dopo  mezzo  giorno,  si  tenne 
la  terza  ed  ultima,  ma  solenne  Consulta  alla  presenza  del  gran 
Console  seguito  da  tutti  i  Ministri,  Prefetti,  Consiglieri,  Guardie. 
Cominciò  questa  da  un'  applauditissima  parlata  del  medesimo  Con- 
sole, colla  quale  dichiarò  di  accettare  la  carica  di  presidente.  Fu 
quindi  letta  per  intero  la  costituzione  della  Repubblica  Italica  dal 
Dott.  Brunetti.  Dopo  tale  lettura,  Marliani  parlò  lungamente  sopra 
la  costituzione.  Si  passò  a  leggere  le  leggi  organiche  per  il  Clero, 
dopo  le  quali  parlò  acconciamente  Mons.  Arcivescovo  di  Ravenna, 
sull'utile  che  deve  attendersi  nella  Repubblica  dall'essere  la  Reli- 
gione cattolica  la  Religione  dello  Stato,  e  sullo  stesso  argomento 
parlò  lo  stesso  Bonaparte,  inculcando,  che  si  tenesse  questa  Reli- 
gione che  conduce  gli  uomini  ad  esser  buoni  cittadini,  non  per  timore 
delle  pene,  ma  per  intima  persuasione.  Queste  leggi  organiche  sul 
Clero  quali  furono  lette  nella  suddetta  Assemblea  generale,  sono 
riportate  per  esteso  al  n.  24. 

Si  lessero  poi  tutti  li  soggetti  nominati  al  Governo.  Il  Vice- 
Presidente  andò  all'abbraccio  di  Bonaparte,  e  dopo  molti  applausi, 
Xeina  fece  una  breve  parlata  di  ringraziamento;  e  fra  gli  evviva 
terminò  la  consulta,  e  rimasero  i  deputati  in  libertà. 

A  ciascun  deputato  furono  date  due  medaglie  di  argento,  una 
cioè  del  Gran  Console,  l'altra  del  Governo  di  Milano,  e  più  di 
lire  862  di  Francia  per  ciascheduno,  a  conto  della  indennizzazione 
già  come  sopra  stabilita. 

La  mattina  del  giorno  28  alle  ore  7  il  gran  Console  parti  da 
Lione,  e  ripigliò  la  strada  di  Parigi. 

RiNiERi.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX  —  Voi.  II.  l'^ 


274  APPENDICE 


Non  si  riporta  qui  la  Costituzione,  né  si  danno  i  nomi  de'nuovi 
soggetti  destinati  al  Governo,  perchè  tutto  sarà  al  più  presto  pub- 
blico colle  stampe. 

EACCOLTA  DI  DOCUMENTI 
RIGUAEDANTI  IL  CONGRESSO  DI  LIONE 

tenuto  in  gennaro  del  1802. 

Documenti  richiamati  nella  relazione  degli  atti  della  con- 
sulta STRAORDINARIA  CISALPINA  TENUTA  IN  LyON  DI  FRANCIA. 

Num.  1. 

Scheda  segreta  per  la  nomina  della  commissione  stabilita  per  le 
riflessioni  da  farsi  sulla  costituzione  per  il  solo  dipartimento 
del  Meno,  esibita  al  presidente  li  5  gennaro  1802  da  me  : 

Luigi  Valeriani,  professore  —  Salina  avvocato  —  Guastavillani 
Gio.  Batta  —  Cospi  Giorgio  —  Aldini,  Presidente. 

Num.  2. 

Commissione  stabilita  pel  suddetto  oggetto  il  dì  5  gennaro  a  pluralità 
di  voti,  di  5  per  ciascheduno  de'  tre  dipartimenti  ex-ponti ficj ,  che 
fanno  la  2^  sezione. 

Pel  dipartimento  del  Reno  :  Luigi  Valeriani,  professore  —  Sa- 
lina, avvocato  —  Vicini,  avvocato  —  Bologna  Sebastiano  —  Dal- 
fiume  Filippo. 

Pel  Rubicone:  Felici,  ex-ministro  —  Galeppini  Tommaso  — 
Mgr  Oodronchi,  arcivescovo  di  Ravenna  —  Lovatelli  Ippolito  — 
Strocchi  Dionigi. 

Pel  Basso  Pò:  Cicognara  Leopoldo  —  Costabili  Containi  — 
Facci  Giudice  —  Rangoni  Giuseppe  —  Bentivoglio  Carlo. 

Tra  questi  l'avvocato  Vicini  fu  eletto  segretario  e  redattore. 

Num.  3. 

Memoria  esibita  alla  sudetta  commissione  de'  15  per  gli  ecclesiastici 
di  Bologna  li  6  gennaro  1801  —  Riflessione  sulV articolo  98  della 
Costituzione,  che  riguarda  la  religione. 

Sembra,  che  questo  articolo,  limitandosi  a  dire  soltanto,  che 
potrà  esercitarsi  pubblicamente  il  culto  cattolico,  abbia  un  senso 
troppo  ristretto  e  coercitivo  di  quella  religione,  che  sempre  si  è  li- 
beramente professata,  ed  esercitata  in  Italia.  Sarebbe  pertanto  de- 


CONGRESSO   DI   LIONE  275 


siderabile,  che  si  esprimesse  nella  costituzione  l'articolo  come  qui 
appresso  : 

«  La  Religione  Cattolica  Apostolica  di  communione  col  Romano 
Pontefice  è  la  Religione  della  Repubblica  Cisalpina,  che  avrà  il 
suo  culto  pieno  e  libero  ad  esclusione  di  ogni  altra,  come  lo  ha 
avuto  prima  della  rivoluzione.  » 

Espresso  poi  che  fosse  in  tal  modo  1'  articolo,  sembra  che  do- 
vrebbe aver  luogo  sul  principio  e  fra  le  basi  fondamentali  della 
Costituzione;  e  sarebbe  altresì  conveniente,  che  la  Repubblica  pren- 
desse cura  de' ministri  della  Religione  medesima. 

I  motivi,  che  inducono  a  questo  sentimento  sono,  che  la  popo- 
lazione Cisalpina  è  composta  in  tutto  di  cattolici  di  communione 
col  Romano  Pontefice,  a  riserva  di  pochi  Ebrei  tollerati  in  alcune 
città.  Ora  questa  popolazione  Cattolica,  che  certamente  è  raguarde- 
vole,  nel  suo  voto  nulla  più  desidera,  nulla  più  cerca  che  di  vedere 
nella  Costituzione  deciso,  stabilito  ed  assicurato  che  la  Cattolica  Re- 
ligione non  sarà  mai  in  veruna  parte  pregiudicata,  ma  che  sarà 
sempre  la  Religione  dello  Stato. 

I  popoli  già  si  tengono  in  diritto  di  avere  questa  sicurezza  dalla 
Costituzione,  sul  fondamento  delle  reiterate  promesse  ben  note  del 
gran  Console  conquistator  dell'Italia,  che  fecero  parte  del  trattato 
di  Tolentino,  e  che  furono  poi  dal  medesimo  ripetute  nel  proclama 
pubblicato  in  tutta  la  Cisalpina,  al  momento  che  vi  rientrarono  in 
trionfo  le  truppe  Repubblicane.  Nel  primo  gli  assicurò  che  ninna 
innovazione  si  sarebbe  mai  fatta  nelle  ex-Legazioni  Pontificie,  in 
tutto  quello  che  riguarda  la  Religione.  Nel  secondo  disse,  che  in 
tutta  la  Cisalpina  la  Religione  si  sarebbe  sempre  conservata  qual 
era  nell'aprile  del  1796. 

La  Religione  Cattolica  Apostolica  di  communione  col  Romano 
Pontefice  era  la  Religione  di  tutta  l' Italia,  ad  esclusione  di  ogni 
altra,  e  questa  infatti  è  la  Religione,  che  si  professa  anch'oggi  e  si 
vuole  decisamente  dal  popolo,  nel  quale  secondo  la  Costituzione  ri- 
siede la  sovranità:  è  giusto  perciò,  che  l'articolo  sulla  Religione  si 
esprima  nel  modo  sopra  enunciato;  dal  che  poi  siegue  come  neces- 
saria conseguenza,  che  Particelo  sia  il  primo  della  Costituzione,  e 
che  sia  posto  come  la  prima  base  fondamentale  della  medesima,  e 
cosi  pure  che  la  Repubblica  debba  prendersi  cura  de'  ministri  della 
Cattolica  Religione,  siccome  quella,  che  veramente  è,  ed  è  ricono- 
sciuta per  la  sola  Religione  dello  Stato. 

Hanno  li  sottoscritti  tutto  il  fondamento  di  asserire,  che  quanto 


276  APPENDICE 


rispettosamente  hanno  esposto  è  il  voto  di  tutto  il  Clero  della  dio- 
cesi di  Bologna,  del  quale  hanno  l'onore  di  essere   rappresentanti 
alla  Consulta  straordinaria,  e  col  dovuto  rispetto. 
Salute  e  considerazione. 

Benedetto  Conventi,  Pro-Vicario  Capitolare  di  Bologna. 
Fabiano  Parisi,  Parroco  di  S.  Pietro  di  Bologna. 
Antonio  Pozzi,  Parroco  di  S.  Donato  di  Bologna. 

Num.  4. 

Espressione  adottata  nella  seconda  sezione  a  pluralità  di  voti  sul- 
l'articolo della  Religione^  già  combinata  precedentemente  dalla 
commissione  dei  quindici. 

Art.  98.  La  Religione  Cattolica  esercita  il  suo  culto  pubblica- 
mente. Sarà  però  libero  ad  ogni  cittadino  esercitarne  privatamente 
qualunque  altro. 

L'articolo  fu  approvato  in  questi  termini  nella  2*  Sezione  a 
pluralità  di  voti,  contro  le  istanze  degli  Ecclesiastici.  Ciò  segui  li 
8  Gennaro  1802,  e  tosto  io  ne  scrissi  al  Card.  Caprara,  per  avere 
lumi  ed  aiuto. 

Num.  5. 

Osservazione  sulV Articolo  ultimo  della  Costituzione^  che  riguarda  la 
sicurezza  che  si  dà  ai  compratori  di  beni  Ecclesiastici  sulle 
compre  da  essi  legalmente  fatte^  approvato  a  pluralità  di  voti 
il  dì  8  Gennaro. 

Sarebbe  degno  di  considerazione  questo  articolo,  né  avrebbero  tra- 
scurato gli  Ecclesiastici  di  avanzare  anche  su  questo  le  loro  rifles- 
sioni. Ma  siccome  fu  detto  pubblicamente  dal  presidente  Aldini 
nella  seconda  sezione^  essersi  già  fatto  un  concordato  col  Santo  Padre, 
nel  quale  si  parla  anche  della  vendita  già  eseguita  de'  beni  Eccle- 
siastici della  Cisalpina,  perciò  gli  Ecclesiastici  della  sezione  sud- 
detta hanno  protestato,  che  si  rimettono  in  tutto  a  quello,  che  sarà 
dalla  Santa  Sede  deciso  in  quel  Concordato,  e  questo  si  è  poi  ri- 
petuto ne' fogli  presentati  al  primo  Console  dal  Comitato  Ecclesia- 
stico, ai  quali  etc. 


CONGRESSO   DI   LIONE  277 


Num.  6. 

Nomina  fatta  per  scheda  segreta,  da  aversi  poi  in  vista  dal  Primo 
Console,  che  insieme  colle  altre  si  chiuse  e  si  mandò  al  ministro 
delle  relazioni  estere,  li  10  detto. 

Nel  dipartimento  dell'Agogna:  Rabaglietti  vie.  gen.  di  Novara 

—  Morandini  avvocato  —  Della  Croce  Giovanni  —  Fusi  Antonio. 
Nel  dipartimento  del  Crostolo  :  Paradisi,  presidente  della  4*  se- 
zione —  Lamberti  Giacomo  —  Nobili  —  Euffini  —  Torrelli  Carlo 

—  Re  Antonio. 

Nel  Basso  Po:  Conti  Gio.  Batta. 

Nell'Alto  Po:  Albertoni  Carlo. 

Nel  dipartimento  del  Mella:  Caprioli,  vie.  generale  di  Brescia. 

Nel  Panaro  :  Vaccari  Luigi  —  Pellicciari  di  Carpi  —  Valdrighi  ; 
avvocato  —  Testi  Carlo  —  Bavelli  —  Zerbini,  vie.  generale  di 
Modena. 

Nel  dipartimento  del  Lazio:  Volta  Alessandro  —  Martignoni 
Ignazio  —  Melzi  Luigi  —  Reina  di  Como,  il  primogenito  —  Raimondi 
Raffaele  —  Rovelli  Giuseppe  —  Riva  Pietro  —  Odescalchi  Tomaso. 

Nel  dipartimento  d' Olona  :  Castiglioni  Luigi  —  Bazzetta,  ex- 
consigliere —  Castiglione  Alfonso  —  Battaglia,  avvocato  —  Nava, 
prevosto  —  Melzi,  presidente  della  I^  Sezione  —  Bellinzaghi  — 
Litta  Modignani  —  Pedroli,  ex-consigliere  —  Gira  Alessandro  — 
Maestri,  avvocato  —  Villa^  ex-consigliere  —   Squadrelli,  avvocato 

—  Ottolini  Giulio  —  Litta  Alberto  —  Bosi,  ex-marchese. 

Del  dipartimento  del  Reno:  Salina,  avvocato  —  Monti,  ex-sena- 
tore —  Segni,  ex-senatore  —  Ugolini,  avvocato  —  Valeriani,  pro- 
fessore —  Bignami  Lorenzo  —  Bersani,  avvocato  —    Fava  Nicolò 

—  Contri  Paolo  —  Brizzi,  avvocato  —  Ruatti,  Dott.  Petronio  — 
Guastavillani  Gio.  Batta  —  Amorini  Antonio  —  Venturoli,  pro- 
fessore. 

Num.  7. 

Commissione  di  10  soggetti  della  2^  sezione^  nominati  ad  arbitrio 
del  presidente  Aldini^  li  12  Gennaro,  ad  oggetto  di  dare  al  Primo 
Console  de  lumi  sulle  persone  da  nominarsi  we'  collegi  degli 
Elettori. 

Dallavida  Samuelle,  ebreo  di  Ferrara  —  Magnani,  avvocato  di 
Bologna  —  Strocchi  Dionisio  di  Faenza  —  Bologna  Sebastiano  di 
Bologna  —  Caprara  Carlo  di  Bologna  —  Balcani  Dottor  Luigi  pi 


278  APPENDICE 


Bologna  —  Felici,  ex-ministro  del  Rubicone  —  Costabili  Containi 
di  Ferrara  —  Massari  Vincenzo  di  Ferrara  —  Faci  Giudice  di 
Ferrara. 

Num.  8. 

Scheda  secreta  da  me  data  colla  nomina  di  3  vicari,  che  devono 
entrare  nel  comitato  ecclesiastico ,  li  15  Gennaro. 

Mons.  Zerbini;  vicario  generale  di  Modena  —  Mons.  Zollio,  pro- 
vic.  di  Rimini  —  Mons.  Oppizzoni,  arcip.  metropolitano  di  Milano^ 
considerato  come  vie.  generale,  per  voto  uniforme  del  Clero  Cisal- 
pino di  Lione. 

Num.  9. 

Comitato  Ecclesiastico,  fatto  per  schede  segrete  d^ordine  del  Primo 
Console,  il  di  15  Gennaro,  da  tutti  gli  Ecclesiastici ^  diviso  in  tre 
classi^  di  Vescovi,  di  Vicari  Generali,  e  di  Parrochi,  essendosi 
da  ciascuno  nominati  tre  della  propria  classe. 

Presidente  Emo  Sig.  Card.  Bellisomi,  vescovo  di  Cesena  —  Ve- 
scovi: Mons.  Codronchi,  arcivescovo  di  Ravenna.  Mons.  Oifredi,  ve- 
scovo di  Crema,  Mons.  Beretta,  vescovo  di  Lodi  —  Vicari:  Oppiz- 
zoni, arciprete  metropolitano  di  Milano.  Caprioli,  vicario  generale 
di  Brescia.  Conventi,  provicario  capitolare  di  Bologna  —  Parrochi  : 
Nava  parroco  di  Milano,  Carena  parroco  di  Faenza. 

Fra  questi  fu  eletto  per  segretario  Conventi,  e  gli  fu  dato  per 
aiutante  il  dottor  Gozzi,  parroco  di  Bologna. 

Il  medesimo  Conventi  fu  anche  incombenzato  di  fare  l'estensione 
e  redazione  di  tutto. 

Num.  10. 

Copia  di  alcuni  quesiti,  dettati  dal  Primo  Console  al  Ministro  degli 
affari  esteri  M.  Talleyrand,  nel  comitato  Ecclesiastico,  tenuto 
alla  di  lui  presenza  li  15  di  Gennaro,  ad  effetto  di  distribuirli 
a  tutti  li  capi  delle  diocesi  Cisalpine,  invitandoli  a  rispondervi 
ed  a  fare  le  loro  riflessioni. 

Faire  faire  autant  de  tableaux,  qu'il  y  a  de  diocèses. 

Faire  connaìtre  à  quoi  montaient  les  revenus  de  chaque  Evéque 
avant  la  revolution,  et  combien  il  reste  à  chacun  de  biens  qui  ne 
soient  pas  vendus. 

Combien  y  avait-il  de  Chapitres  avant  la  revolution?  à  quoi 
montaient  leurs  biens?  combien  en  reste-t-il? 


CONGRESSO   DI   LIONE  279 


Combien  de  revenus  y  avait-il  d'affectés  aux  fabriques?  com- 
bien  en  reste-t-il  ? 

Combien  de  séminaires  y  avait-il  dans  chaque  diocèse?  quels 
étaient  les  revenus  des  séminaires?  et  combien  y  a-t-il  de  biens  à 
eux  appartenants  qui  ne  soyent  pas  vendus  ? 

Combien  de  paroisses  y  avait-il  dans  chaque  diocèse? 

Quel  était  le  mg-ximum  et  le  minimum  des  curés  avant  la  re- 
volution ? 

Combien  d'Eglises  succursales  y  avait-il  dans  chaque  diocèse? 
quel  était  le  maximum  et  le  minimum  des  revenus  qui  leur  étaient 
attachés  ? 

Combien  y  a-t-il  de  couvents  mendiants  qui  existent  actuelle- 
ment? 

Combien  y  avait-il  d'Abbayes?  quels  revenus  avaient-elles?  et 
combien  en  reste-t-il? 

Combien  y  avait-il  de  couvents  de  religieuses,  et  combien  y  en 
a-t-il  encore?  quels  biens  leur  reste-t-il? 

Les  discussions  que  peut  avoir  l'autorité  spirituelle  avec  l'au- 
torité  temporelle,  se  réduisent  a  ce  qui  suit  : 

1°  Quelle  autorité  nommera  les  Evéques?  Réponse:  Les  Evè- 
ques  ne  seront  reconnus  que  lorsque  ils  auront  l' institution  du 
S.^  Siége. 

2**  Quelle  autorité  nommera  les  curés?  Réponse:  Les  Evé- 
ques, après  avoir  obtenu  l'approbation  du  gouvernement. 

3°  Si  un  prétre  manque  à  la  discipline  ecclésiastique,  quelle 
sera  l'autorité  que  pourrait  avoir  l'Evéque  pour  le  punir?  Réponse: 
L'Evéque  l'interdirà  de  ses  fonctions,  et  s'il  n'obtempère  pas,  il  re- 
clamerà la  force  publique  qui  sera  tenue  de  lui  préter  secours. 

Si  un  prétre  dans  ses  fonctions  fait  quelque  chose  de  contraire 
à  la  tranquillité  de  l'Etat,  quel  remède  l'autorité  civile  aura-t-elle 
pour  reprimer  cet  abus?  Réponse:  demander  à  l'Evéque  qu'il  l'in- 
terdise,  et  si  l'Evéque  ne  le  punit  pas,  la  partie  publique  a  son 
recours  à  l'autorité  civile  ordinaire. 

Comment  se  feront  les  mariages?  Réponse:  Ils  se  feront  comme 
pour  le  passe  devant  les  curés,  qui  ne  pourront  pas  étre  forcés 
d'administrer  le  sacrement  de  mariage  à  des  divorcés. 

Par  contre  un  cure  ne  peut  pas  se  refuser  à  administrer  les 
sacrements  à  des  citoyens,  qui  ne  seraient  pas  dans  les  exceptions  de 
FEglise.  S' il  le  fesait,  le  recours  aurait  lieu  de  la  part  de  l'auto- 
rité civile  à  l'Evéque,  de  l'évéque  au  Métropolitain,  et  dans  le  cas 


280  APPENDICE 


que  le  Métropolitain  ne  soit  pas  dans  la  Cisalpine,  au  plus  ancien 
Evèque  de  la  Province,  et  dans  le  cas  où  ce  dernier  s'y  refuserait 
aussi,  le  recours  aurait  lieu  alors  aux  tribunaux  d'appel,  qui  se- 
rònt  tenus  de  juger  d'après  les  lois  ecclésiastiques  et  non  d'après 
les  lois  civiles. 

Les  prétres  ou  ecclésiastiques  ne  seront  tenus  à  aucune  fon- 
ction  militaire. 

Quand  un  prètre  sera  condamné  à  une  peine  infamante,  la  sen- 
tence  ne  pourra  étre  exécutée,  qu'au  préalable  la  connaissance  du 
jugement  n'ait  été  donnée  à  l'Evéque,  qui  préalablement  lui  infli- 
gera  la  dégradation  canonique. 

Il  faut  régler  le  sermenti  que  les  Evéques  et  autres  ecclésia- 
stiques doivent  préter  au  Pape,  et  à  Fautorité  civile  souveraine. 

Num.   11. 

Risposta  ai  primi  quesiti,  presentata  al  primo  Console  per  la  dio- 
cesi di  Bologna  li  19  Gennaro  1802,  e  da  tutti  letta  per  esteso 
ad  alta  voce  avanti  il  comitato  ecclesiastico. 

La  diocesi  di  Bologna  è  composta  di  anime  n.  308. 530. 

L'Arcivescovado  di  Bologna  aveva  in  addietro  l'annua  rendita 
di  franchi  75  mila  di  Francia,  che  sono  circa  L.  70  mila  di  Bo- 
logna. Ora  si  sono  venduti  dopo  la  rivoluzione  molti  fondi  frutti- 
feri, che  gli  appartenevano.  Ma  se  gli  venissero  lasciati  li  canoni, 
le  decime,  e  qualche  fondo  che  rimane  invenduto,  i  frutti  e  red- 
diti delle  quali  cose  si  percepiscono  attualmente  dalla  nazione,  gli 
rimarrebbe  all'  incirca  l'annua  rendita  di  franchi  35  mila,  se  pure 
non  sono  stati  venduti  altri  fondi  di  quell'Arcivescovado,  dacché 
la  deputazione  Cisalpina  è  partita  per  la  Consulta  straordinaria  di 
Lione,  secondo  che  ne  è  precorsa  la  voce. 

Prima  della  rivoluzione  erano  in  Bologna: 

Il  Capitolo  della  Metropolitana  con  cura  d'anime  di  quattro  di- 
gnità e  sedici  Canonici.  Il  Capitolo  della  Insigne  Basilica  di  S.  Pe- 
tronio, con  sei  dignità  e  venti  Canonici.  Il  Capitolo  di  S.  Maria 
Maggiore  con  cura  d'anime  con  quattro  dignità  e  dodici  Canonici. 
Il  Capitolo  della  città  di  Cento  con  cura  d'anime.  Il  Capitolo  di 
S.  Giovanni  in  Persiceto  con  cura  d'anime.  Il  Capitolo  della  Pieve 
di  Cento  con  cura  d'anime. 

La  rendita  de'  Canonici  della  Metropolitana  di  S.  Pietro  era  di 
franchi  mille  e  seicento  cinquanta,  che  corrispondono  all'  incirca  a 
1500  lire  di  Bologna  per  ciascheduno. 


CONGRESSO   DI    LIONE  281 


Quella  dei  Canonici  di  S.  Petronio  era  di  franchi  880  circa,  che 
corrispondono  all'  incirca  a  800  lire  di  Bologna  per  ciascheduno. 

Quella  de'  Canonici  di  S.  Maria  Maggiore  era  di  franchi  600 
per  ciascheduno,  considerati  l'uno  per  l'altro,  che  sono  540  lire  di 
Bologna. 

Quella  degli  altri  3  Capitoli  sopra  nominati  era  di  franchi  440 
a,nnui  all'  incirca,  che  sono  L.  400  per  ciaschedun  Canonico,  raggua- 
gliate a  moneta  di  Bologna. 

In  tutti  i  suddetti  Capitoli  oltre  i  Canonici  vi  erano  Beneficiati 
€  Mansionari,  addetti  al  coro,  i  quali  percepivano  all'  incirca  la  metà 
di  quello,  che  si  è  qui  sopra  assegnato  di  rendita  a  ciaschedun  Ca- 
nonico rispettivamente. 

I  fondi  de' suddetti  Capitoli  sono  stati  in  gran  parte  venduti, 
e  li  Canonici,  Mansionari  e  Beneficiati  non  hanno  presentemente 
che  una  mensuale  pensione,  la  quale  molte  volte  vien  loro  ritardata 
più  e  più  mesi,  benché  la  nazione  esiga  dai  possidenti  una  tassa 
imposta  per  pagare  le  pensioni  agi'  individui  delle  soppresse  Cor- 
porazioni. 

Si  noti,  che  nel  Capitolo  di  San  Pietro  la  qualità  di  Primicero, 
ed  un  Canonicato  in  quello  di  S.  Petronio,  non  che  uno  in  quello 
di  S.  Maria  Maggiore  sono  di  iuspadronato  laicale  ;  ed  i  beni  di 
questi  beneficj  si  amministrano  separatamente  dai  rispettivi  Bene- 
ficiati. 

Nella  diocesi  di  Bologna  vi  erano  due  seminari  arcivescovili, 
uno  cioè  nella  città  di  Bologna  e  l'altro  nella  città  di  Cento. 

I  beni  del  seminario  di  Bologna  davano  una  rendita  di  circa 
21  mila  franchi,  che  sono  L.   12600  di  Bologna. 

Questi  beni  ancora  sussistono,  ma  aflfittati  ed  alquanto  deteriorati. 

E  anche  da  notarsi,  che  la  provenienza  di  questi  beni  in  gran 
parte  si  deve  a  Benedetto  Papa  quartodecimo,  che  uni  al  seminario 
vari  collegi  di  particolari  istituzioni,  già  fondati  per  la  istruzione, 
di  giovani  Bolognesi,  ma  però  senza  l'obbligo  di  determinarsi  allo 
stato  ecclesiastico. 

II  seminario  di  Cento  dopo  la  rivoluzione  è  stato  affatto  sop- 
presso; ed  i  beni,  che  gli  erano  stati  assegnati  dalla  felice  memoria 
del  Card.  Malvezzi,  sono  stati  in  gran  parte  e  forse  tutti  venduti. 

Varie  Chiese  della  diocesi  di  Bologna  avevano  una  entrata  per 
la  fabbrica,  fra  queste  le  più  grandi  e  di  più  spesa  sono  la  Metro- 
politana di  S.  Pietro,  la  Basilica  di  S.  Petronio,  la  Chiesa  della 
B.  V.  di  S.  Luca  sul  monte  della  guardia  anche  per  la  manuten- 


282  APPENDICE 


zione    de'  Portici,  ed    oltre  a  queste  ve  ne  sono  altre  molte,  delle 
quali  sarebbe  impossibile  fare  un  preciso  dettaglio. 

I  beni  ch'erano  affetti  alla  fabbrica  della  Metropolitana  di  S.  Pie- 
tro, parte  si  amministravano  dall'Arcivescovo,  ed  erano  per  la  ren- 
dita di  circa  L.  5000  annue  di  Bologna,  che  sono  di  Francia  5500 
franchi,  e  parte  si  amministravano  dal  Capitolo,  e  questi  rendevano 
circa  L.  4000  annue  di  Bologna,  che  sono  franchi  4400  di  Francia. 
I  primi  ancora  sussistono,  ma  sono  in  mano  del  Governo;  e  le  ren- 
dite in  gran  parte  si  applicano  ad  altri  usi.  I  secondi  sono  stati 
quasi  tutti  venduti. 

La  fabbrica  di  S.  Petronio  aveva  una  rendita  annua  di  L.  14000  di 
Bologna  che  sono  franchi  15400  di  Francia,  quale  rendita  risultava 
parte  da  fondi  fruttiferi,  parte  da  luoghi  di  Monte,  e  parte  dal 
provento  di  lire  cinque  bolognesi  per  ogni  testamento.  Restano 
ora  dette  rendite  nella  somma  di  lire  8000  annue,  che  sono  di 
Francia  8800.  Ma  queste  non  bastano  per  continuare  le  spese,  che 
prima  si  facevano,  e  che  sarebbe  pur  necessario  che  si  continuas- 
sero. Che  però  sarebbe  assolutamente  indispensabile  ripristinare  la 
prima  somma  s  addetta  di  annue  L.  14000  bolognesi. 

La  fabbrica  della  B.  V.  di  S.  Luca  coi  portici  aveva  la  rendita 
annua  di  circa  L.  14000  di  Bologna,  che  sono  di  Francia  L.  15400. 
I  beni,  dai  quali  risultava  questa  entrata,  sono  stati  quasi  tutti 
venduti. 

Ma  senza  una  sola  rendita,  ovvero  l'equi  valente^  è  impossibile 
mantenere  quella  fabbrica,  che  si  estende  oltre  ad  una  lega  di 
Francia. 

Le  entrate,  ch'erano  assegnate  per  la  fabbrica  delle  altre  chiese, 
sono  state  in  gran  parte  incassate  dalle  amministrazioni  governa- 
tive, 0  dalle  rispettive  Municipalità  de'  Luoghi  ;  e  nulla,  o  quasi  nulla, 
più  resta  alle  Chiese. 

Cosi  pure  le  rendite  di  varie  parrocchie  della  città  e  della  cam- 
pagna, 0  sono  state  sospese,  se  le  parrocchie  dovevano  riscuoterle 
dalla  nazione,  o  sono  state  in  tutto  o  in  parte  apprese  dalla  na- 
zione, se  consistevano  in  fondi  fruttiferi;  e  ciò  anche  ad  onta  di  es- 
sere state  in  origine  tali  rendite,  per  istituzione  espressa  de'  testa- 
tori, destinate  a  sovvenire  infermi  o  dotare  zitelle  o  soccorrere  i 
cittadini  più  miserabili. 

Le  parrocchie  della  diocesi  Bolognese  erano  prima  della  rivolu- 
zione e  sono  tuttavia  n.  404,  cioè  53  nella  città  di  Bologna,  e  351 
in  campagna. 


CONGRESSO   DI    LIONE  283 


Il  maximum  delle  rendite  annuali  delle  dette  Parrocchie  prima 
della  rivoluzione  era  all'incirca  tre  mila  franchi,  che  sono  2700  di 
Bologna  all'  incirca. 

Ma  queste  erano  assai  poche,  e  queste  poche  nella  massima  parte 
erano  di  iuspadronato  laicale,  e  spettavano  a  famiglie  particolari. 
Fra  le  altre  poi,  che  si  conferivano  dall'Arcivescovo  ai  concorrenti, 
alcune  sono  gravate  di  annua  pensione  a  favore  di  parrochi  poveri 
della  medesima  diocesi. 

Il  minimum  era  ed  è  di  franchi  cento  cinquanta,  che  sono  di 
Bologna  L.  135.  Tali  sono  anche  al  presente  la  parrocchia  dei  Santi 
Filippo  e  Giacomo  de  Tiatesi,  quella  di  S.  Michele  del  Mercato  di 
Mezzo,  quella  di  S.  Arcangelo  del  Ponticello,  e  la  più  parte  delle 
parrocchie  della  città  di  Bologna;  e  cosi  quella  di  Santa  Giustina 
di  Piano  di  Setta,  di  Guzzano  sotto  Pianaro,  e  di  molte  altre  nella 
campagna.  Trenta  circa  sono  le  chiese  sussidiali  nella  diocesi  di 
Bologna,  i  Vicari  di  queste  chiese  sono  mantenuti  o  dal  parroco 
della  Matrice,  alla  quale  servono  di  sussidio,  o  dalle  oblazioni  con- 
suetudinarie de'  popoli,  che  però  sono  ora  assai  diminuite.  Il  maxi- 
mum delle  sussidiali  è  di  franchi  500  circa,  che  sono  L.  450  di  Bo- 
logna. Il  minimum  è  di  franchi  annui  200,  che  sono  L.  180  di  Bologna. 
Restano  nella  diocesi  di  Bologna  n.  7  conventi  di  frati  mendicanti, 
quattro  de' quali  sono  assai  piccoli,  cioè  uno  a  Cento,  uno  a  Persi- 
ceto,  uno  a  Budrio,  ed  uno  a  Loiano;  oltre  n.  3  Conventi  grandi, 
che  sono  presso  Bologna. 

Nella  diocesi  di  Bologna  vi  erano  n.  12  Abbazie  regolari,  che 
sono  state  tutte  soppresse,  le  rendite  delle  quali  erano  a  un  di  presso 
le  seguenti  : 

Quella  del  SS.  Salvatore  era  di  L.  annue  bolognesi  65  mila,  com- 
presevi le  Abbazie  di  Sala  e  di  Eeno.  Quella  di  S.  Giov.  in  Monte 
era  di  L.  25  mila  di  Bologna,  compresavi  l'Abbazia  di  S.  Vittore. 
Quella  di  S.  Procolo  era  di  L.  30  mila.  Quella  de'  Celestini  era  di 
L.  20  mila.  Quella  di  S.  Barbaziano  era  di  L.  5  mila.  Quella  di 
S.  Michele  in  Bosco  era  di  50  mila.  Quella  di  S.  Bernardo  di 
46  mila.  Quella  della  Riccardina  era  di  L.  6  mila.  Quella  di  Scarica- 
lasino era  di  L.  12  mila.  Quella  di  Pontecchio  era  di  L.  15  mila. 
Quella  della  Croara  di  L.  3  mila. 

I  beni  di  queste  Abbazie  sono  stati  nella  massima  parte  ven- 
duti, e  restano  soltanto  i  più  sterili,  i  più  incomodi,  i  più  difficili  a 
vendersi. 

Varie  Abbazie  secolari  erano  nella  diocesi  Bolognese,  che  si  con- 


284  APPENDICE 


ferivano  dal  Papa  per  lo  più  a  Cardinali.  L'abbazia  di  S.  Stefano 
già  goduta  dal  Card.  Corsini,  ora  vacante,  di  circa  15  mila  lire  di 
Bologna  di  annua  rendita,  che  sono  franchi  11500,  i  fondi  della 
quale  sono  stati  in  massima  parte  venduti. 

L'Abbazia  di  S.  Siro  in  S.  Gregorio,  che  ha  11  mila  lire  di 
Bologna,  già  conferita  al  Card.  Carandini. 

L'Abbazia  di  S.  Maria  delle  Grazie  si  crede  goduta  dall'  Emo 
Caprara,  ambasciatore  di  sua  Santità  a  Parigi,  della  quale  però  vari 
effetti  sono  stati  assegnati  ad  azionisti. 

I  conventi  di  religione  nella  diocesi  di  Bologna  erano  n.  32, 
ora  ne  rimangono  cinque  nella  città  di  Bologna,  ed  uno  nella  città 
di  Cento.  L^no  di  questi  che  è  il  più  numeroso,  vive  in  tutto  di 
elemosine.  Gli  altri  hanno  rendite  tenuissime,  che  non  basterebbero 
a  pagare  le  pensioni  agi'  individui,  se  si  sopprimessero,  e  fu  questo 
appunto  il  motivo,  per  cui  non  furono  soppressi. 

Oltre  a  questi  vi  sono  alcune  case  di  donne,  unite  senza  clau- 
sura, che  possono  dirsi  corpi  operosi.  Questi  hanno  ninna  o  pochis- 
sima rendita,  vivono  col  travaglio  delle  proprie  mani,  e  si  occupano 
della  educazione  delle  fanciulle.  Questi  corpi  operosi  sono  otto  nella 
città  di  Bologna,  e  sarebbe  molto  utile  che  si  sistemassero  e  si 
moltiplicassero  anche  nelle  terre,  e  ne'  villaggi  della  diocesi. 

Queste  sono  le  notizie,  che  per  mancanza  di  dati  certi  e  precisi 
si    danno    per    approssimazione,    potendo  ad    ogni  modo  servire  di 
qualche  regola  nelle  presenti  circostanze. 
19  Gennaro  1802. 

Benedetto  Conventi,  Provicario  Capitolare  di  Bologna. 
Fabiano  Parisi,  Parroco  di  S.  Pietro  di  Bologna. 
Antonio  Gozzi,  Parroco  di  S.  Donato  di  Bologna. 

Num.  12. 

Petizioni  particolari  per  la  diocesi  di  Bologna,  presentate  al  Primo 
Console  la  sera  delli  19  Gennaro,  e  da  lui  lette  ad  alta  voce 
per  esteso  alla  presenza  del  comitato  ecclesiastico. 

Molti  sarebbero  i  bisogni  di  questa  diocesi.  I  più  pressanti  sono  : 
1°  Che   si   solleciti   quanto   più   sia  possibile   la   elezione  ed 
istallazione  di  un  Arcivescovo,  che  sempre  suol  essere  Bolognese. 

2°  Che  si  rimettano  a  disposizione  dell'Arcivescovo,  per  la  li- 
bera amministrazione,  il  cumulo  detto  della  Misericordia,  1'  opera 
della  Carità,  V  opera  degli  agonizzanti,  gli  ospedali,   l' eredità  Du- 


CONGRESSO   DI   LIONE  285 


glieli,  i  Conservatori  di  putti  e  di  zittelle,  e  tutte  le  opere  pie,  che 
erano  state  dagl'  Istitutori  affidate  all'Arcivescovo  prò  tempore,  ed 
erano  sotto  la  di  lui  direzione  all'epoca  della  rivoluzione,  ma  sono 
ora  in  mano  dell'amministrazione  governativa  colla  totale  esclusione 
del  superiore  ecclesiastico. 

30  Che  si  provveggano  i  parrochi  della  città  e  della  campagna 
di  un  congruo  mantenimento,  giacché  la  maggior  parte  ne  manca 
specialmente  dopo  le  tasse  imposte. 

4°  Che  tutte  le  parrocchie  o  almeno  le  più  numerose  vengano 
provvedute  di  Vicari  o  Cappellani,  Curati,  che  aiutano  il  parroco 
nella  cura  d'anime,  e  che  sia  a  questi  assegnato  un  congruo  man- 
tenimento, qualora  ne  manchino. 

50  Che  l'entrate  delle  Parrocchie,  Monasteri,  Chiese,  Sagre- 
stie, Fabbriche,  e  Luoghi  Pii,  che  si  dovrebbero  percepire  dall'era- 
rio pubblico  0  per  credito  in  luoghi  di  Monte,  0  per  censi,  0  per 
qualunque  altro  titolo,  vengano  puntualmente  pagate,  trovandosi 
già  da  più  anni  sospesi  tali  pagamenti,  senza  che  detti  luoghi  più 
abbiano  altronde  alcun  compenso. 

6°  Che  i  parrochi  della  campagna  abbiano  azione  in  giudizio 
per  potere  obbligare  i  debitori  a  pagare  le  primizie,  come  l'avevano 
avanti  alla  rivoluzione;  e  ciò  nella  precisa  quota  già  stabilita  dal- 
l'uso, senza  di  che  non  potrebbero  vivere,  giacché  molti  non  hanno 
altro  capo  di  entrata  fuori  delle  suddette  primizie.  Così  potrebbe 
anche  dirsi  de'  diritti  di  stola,  già  stabiliti  in  una  assai  discreta 
tassa,  in  detta  diocesi  sia  in  città,  sia  in  campagna. 

7°  Che  sia  libera  all'  Arcivescovo  la  collazione  e  nomina  ai 
Benefici  residenziali,  eccettuati  soltanto  quelli  di  juspadronato  ;  e  che 
se  ne  lascino  al  medesimo  anche  de'  semplici,  sicché  possa  alle  oc- 
casioni premiare  ed  incoraggiare  li  chierici. 

80  Che  le  Chiese  una  volta  di  Regolari  e  di  Monache  ed  ora 
nazionali,  che  servono  al  popolo,  benché  non  vi  sia  cura  d'anime, 
siano  mantenute  ed  officiate  a  spese  del  Governo  stesso,  come  prima 
della  rivoluzione. 

9°  Che  nelle  Chiese  parrocchiali,  che  erano  di  Regolari  e  di 
Monache,  si  stabiliscano  canonicamente  i  parrochi,  previa  la  intel- 
ligenza ed  approvazione  della  S.  Sede. 

10®  Che  si  rimettano  i  Chierici  ne'  Seminari  in  abito  e  ton- 
sura, che  si  contengano  nella  disciplina  Ecclesiastica,  e  siano  total- 
mente diretti  e  dipendenti  dal  solo  superiore  ecclesiastico,  come 
prima  della  rivoluzione. 


286  APPENDICE 


11°  Che  vengano  ripristinati  gli  orfanotrofi,  e  li  conservatori 
di  zitelle  in  quelle  case  ed  in  quel  metodo  di  educazione,  che  ave- 
vano avanti  la  rivoluzione. 

12°  Che  si  richiamino  e  si  rimettano  i  chierici  ministri  degli 
infermi  di  S.  Camillo  di  Lellis,  per  assistere  gratuitamente  i  mo- 
ribondi. 

13^  Che  si  richiamino  i  frati  Ospedalieri  di  S.  Gio.  di  Dio, 
per  medicare  gli  ammalati. 

14o  Che  si  stabiliscano  le  donne  della  carità,  per  medicare  ed 
assistere  le  donne  inferme. 

15°  Che  in  generale  siano  moderate  le  tasse;  ma  specialmente 
per  quelli  che  hanno  piccolo  patrimonio,  cosicché  non  abbiano  più 
a  mancare,  come  ora  mancano,  del  necessario  sostentamento. 

Num.  13. 

Piano  presentato  al  Primo  Console  li  21  Gennaro  1802  per  la  dio- 
cesi di  Bologna^  sopra  li  cinque  oggetti  dal  medesimo  proposti^ 
e  letto  ad  alta  voce  alla  di  lui  presenza  nel  comitato  ecclesia- 
stico, la  sera  suddetta,  da  Monsig.  Arcivescovo  di  Ravenna. 

Arcivescovado.  L'Arcivescovado  di  Bologna  coi  beni  rimasti  in- 
venduti e  colle  annue  corrisposte  di  decime,  canoni,  che  prima  ri- 
scuoteva e  che  ora  si  è  appropriata  la  nazione,  potrebbe  avere  circa 
30  mila  franchi  di  Francia  di  rendita  annua  che  sono  37600  lire 
di  Milano  all' incirca. 

Questa  non  basta  agi'  impegni  di  quel  vasto  Arcivescovado,  che 
abbonda  di  poveri,  e  eh'  è  posto  in  una  città  assai  dispendiosa  per 
un  Arcivescovo.  Io  penso,  che  almeno  converrebbe  assegnargli  una 
rendita  di  annue  lire  50  mila  di  Bologna,  che  sono  lire  70  mila 
circa  di  Milano,  purché  però  gli  restino  nette  da  ogni  aggravio. 

Metropolitana.  Ventiquattro  canonici  sarebbero  necessari  per  la 
Metropolitana  di  Bologna,  ma  non  ve  ne  sono  che  venti,  cioè  quattro 
dignità  e  sedici  canonici.  Se  però  in  tutte  le  Metropolitane  della 
Cisalpina,  secondo  l'ottimo  pensiero  esternato  dal  Primo  Console,  nel 
comitato  ecclesiastico,  si  stabilirà  il  numero  di  24  canonici  per  si- 
stema generale,  dovranno  questi  anche  in  Bologna  aumentarsi;  ed 
è  desiderabile  che  si  aumentino  fino  a  detto  numero,  e  che  vengano 
eletti  i  Canonici  dall'Ordinario  come  in  passato. 

La  rendita  di  ciascun  canonico  potrebbe  fissarsi  in  lire  di  Bo- 
logna 1500  per  ciascheduno,  che  sono  L.  2150  circa  di  Milano. 


CONGRESSO   DI   LIONE  287 


Ai  Be^;ieficiati  e  Mansionari  potrebbe  assegnarsi  almeno  la  metà 
di  quello,  che  si  è  fissato  ai  Canonici,  salvi  quelli  di  juspadronato 
da  lasciarsi  quali  sono. 

I  beni  del  Capitolo  della  Metropolitana  sono  stati  venduti  per 
più  di  due  terzi,  ma  corrispondevano  ad  una  rendita  alquanto  mag- 
giore di  quella,  che  si  è  qui  sopra  assegnata;  e  però  basterebbe  ora 
aggiungere  almeno  li  due  terzi  suddetti,  in  tanti  beni  fruttiferi. 

Capitolo  di  San  Petronio.  Il  Capitolo  di  S.  Petronio,  Basilica 
insigne  di  Bologna  per  esservi  le  sagre  spoglie  del  sud.  principal 
Protettore,  è  di  n.  26  fra  dignità  e  canonici,  de'  quali  un  solo  è  di 
juspadronato  laicale. 

Questo  capitolo  converrebbe  sostenerlo;  e,  senza  fermare  il  nu- 
mero suddetto,  trattandosi  di  una  Chiesa  si  vasta  e  si  cospicua, 
non  che  si  frequentata  dal  popolo,  onde  sarà  per  lo  meno  neces- 
sario un  tal  numero  di  canonici  per  officiarla. 

La  rendita  di  questi  canonici  può  fissarsi  in  lire  1000  annue  di 
Bologna  per  ciaschedun  canonico,  che  sono  L.  1420  circa  di  Milano. 

La  metà  di  detta  rendita  può  fissarsi  ai  Mansionari,  come  sopra 
si  è  detto  parlando  della  Metropolitana. 

I  fondi  di  questa  insigne  Collegiata  sono  stati  venduti  quasi 
tutti;  ma  è  di  somma  importanza,  che  questo  Capitolo  si  mantenga. 

Capitolo  di  8.  Maria  Maggiore.  Poco  o  nulla  resta  invenduto 
del  Capitolo  di  S.  Maria  Maggiore,  altra  Basilica  e  forse  la  più 
antica  di  Bologna  dopo  quella  di  S.  Pietro.  Se  mai  si  potesse  ri- 
pristinare anche  il  Capitolo  suddetto,  converrebbe  assegnare  a  cia- 
scun Canonico  l'annua  rendita  di  lire  60Ò  di  Bologna,  che  sono 
lire  850  circa  di  Milano,  e  sarebbero  12  canonicati  con  6  Man- 
sionari. 

Capitolo  di  Cento  della  Pieve  e  di  Persicelo.  Un  Capitolo  era 
nella  città  di  Cento,  e  due  ne'  villaggi  di  Persiceto  e  della  Pieve, 
che  tutti  sarebbero  molto  utili. 

Questi  potrebbero  mettersi  secondo  le  regole  generali,  che  si 
stabiliranno  nel  ripristinare  le  Collegiate  di  campagna,  riflettendo 
che  poco  0  nulla  rimane  invenduto  de'  beni,  che  ad  esse  spettavano 
prima  della  Rivoluzione. 

Fabbrica  delle  chiese.  Sarebbe  ottima  cosa  assegnare  qualche 
annua  rendita  per  la  fabbrica  di  ogni  Chiesa  Collegiata  e  parroc- 
chiale, la  quale  si  amministrasse  distintamente  dalle  rendite  capi- 
tolari e  parrocchiali.  Queste  converrebbe  fissarle  secondo  la  varia 
estensione,  situazione    e    qualità  degli  edifizi,  non  che  delle   spese 


288  APPENDICE 


per  le  funzioni  del  culto,  richiamando  alla  considerazione  anche  altri 
riguardi,  che  saranno  rispettivi  per  ciascuna  chiesa,  e  però  non  può 
fissarsi  una  entrata  per  tutte  eguale. 

In  Bologna  tre  Chiese  specialmente  abbisognano  di  una  rendita 
fissa  e  vistosa  per  la  loro  vastità,  e  sono  la  Metropolitana  di  S.  Pietro^ 
la  Basilica  di  S.  Petronio,  e  la  Chiesa  della  B.  Vergine  di  S.  Luca 
coi  Portici,  che  vi  fanno  strada  per  tre  miglia  circa. 

Fabbrica  di  S.  Pietro.  Per  la  fabbrica  di  S.  Pietro  abbisognano 
un  anno  per  l'altro  lire  bolognesi  10000,  che  sono  di  Milano  L.  14280 
circa. 

Restano  de'  beni  invenduti  già  affetti  a  detta  fabbrica,  che 
danno  l'annua  rendita  di  L.  300  circa,  che  sono  di  Milano  circa 
L.  430.  Ma  sono  ad  altro  applicati  dalla  nazione.  Il  rimanente,  che 
manca  alla  predetta  somma  di  L.  10000  converrebbe  supplirlo  con 
altri  fondi  fruttiferi. 

Fabbrica  di  S.  Petronio.  La  fabbrica  di  S.  Petronio  aveva  l'annua 
rendita  di  L.  14000  di  Bologna,  che  sono  lire  20000  circa  di  Mi- 
lano, e  questa  rendita  rimane  ancora  in  essere  per  circa  lire  8000 
Bolognesi,  che  sono  di  Milano  circa  lire  11420,  computando  anche 
i  proventi  che  rimangono  per  i  testamenti.  Ma  se  si  volessero  colla 
detta  somma  rimasta  continuare  le  spese,  che  in  passato  si  face- 
vano a  carico  di  detta  rendita  di  fabbrica,  non  sarebbe  questa  suf- 
ficiente, e  sarebbe  necessario  ripristinarla  nella  predetta  somma  di 
lire  20000  di  Milano. 

La  fabbrica  di  8.  Luca  aveva  circa  14  mila  lire  di  rendita, 
che  sono  di  Milano  lire  20000.  I  beni  che  spettavano  a  detta  fab- 
brica sono  stati  quasi  tutti  venduti,  ma  sarà  necessario  rimettere 
l'equivalente,  perchè  la  fabbrica  dei  Portici  e  della  Chiesa  non  si 
potrà  mantenere  senza  questa  rendita. 

Colle  rendite  di  fabbrica  delle  due  chiese  di  S.  Pietro  e  di 
S.  Petronio  si  sogliono  anche  fare  in  gran  parte  le  spese  del  culto ,^ 
alle  quali,  senza  dette  rendite  nella  quantità  sopra  descritta,  non 
potrebbe  altronde  supplirsi. 

Le  chiese  che  erano  de' conventi  soppressi,  erano  mantenute 
colle  entrate  de'  Religiosi,  e  però  dovrebbero  ora  stare  a  tutto  ca- 
rico della  nazione,  che  ne  ha  apprese  le  rendite. 

Seminario.  Il  seminario  ancora  esiste  co'  suoi  fondi,  che  danno 
una  rendita  di  lire  12  mila  di  Bologna,  che  sono  lire  18  mila 
circa  di  Milano.  Siccome  sarebbe  necessario  aumentare  il  numero 
degli  alunni,  converebbe  perciò  applicargli  qualche  altro  fondo,  tanto 


CONGRESSO   DI   LIONE  289 


più  che  i  beni  del  seminario  sono  deteriorati,  e  la  rendita,  che  era 
tenue,  si  è  anche  diminuita.  Dissi  necessario  aumentare  il  numero, 
perchè  ora  mancano  i  Regolari. 

Le  cure  della  città  di  Bologna,  che  ora  sono  53,  secondo  V  ul- 
troneo divisamente  del  Primo  Console  esternato  nel  comitato  eccle- 
siastico, potrebbe  ridursi  a  30,  previe  le  necessarie  facoltà  da 
impetrarsi  dalla  Santa  Sede,  e  cosi  se  ne  sopprimerebbero  23.  Biso- 
gnerebbe assegnare  la  congrua  di  L.  2000  di  Milano  almeno  a  cia- 
scun parroco,  e  la  metà  a  ciascun  coadiutore  o  sia  Cappellano  delle 
medesime. 

Nella  campagna  di  Bologna,  poca  o  ninna  mutazione  può  occor- 
rere quanto  al  numero  delle  parrocchie.  Ma  molte  abbisognerebbero 
di  una  congrua,  poiché  mancano  quasi  affatto  di  rendita,  e  non  è 
conveniente  che  i  ministri  del  culto  siano  nella  mendicità. 

Indicazione  de'  mezzi  per  V  esecuzione  del  Piano  —  Per  fornire 
i  fondi  necessari  agli  oggetti  sopra  descritti,  potrebbero  servire  i 
beni,  che  già  erano  delle  Chiese  e  Monasteri  soppressi,  e  che  riman- 
gono tuttora  invenduti,  i  livelli,  censi,  risposte,  canoni,  decime  che 
alle  medesime  appartenevano  e  che  ora  si  riscuotono  dalla  nazione, 
i  locali  de'monasteri  soppressi  ed  i  locali  delle  parrocchie,  che  ve- 
nissero soppresse,  i  quali  potrebbero  affittarsi,  e  penso,  che  in 
questi  capi  qui  nominati  si  troverebbe  soprabbondantemente  come 
avere  le  necessarie  entrate.  Sarebbe  poi  giusto  il  prendere  anche 
de'  beni  invenduti,  de'  quali  è  ora  in  possesso  la  nazione,  perchè 
siccome  rimettendosi  i  Capitoli,  questa  si  libererebbe  dal  peso  di 
pagare  ai  Canonici,  Beneficiati  e  Mansionari  la  pensione  annua  di 
L.  800  di  Milano,  che  sono  circa  L.  560  di  Bologna  per  ciasche- 
duno, cosi  nulla  perderebbe  assegnando  ai  rispettivi  Capitoli  in 
tanti  fondi  una  rendita  corrispondente  al  risparmio. 

Bensi  converrebbe  stabilire  in  ciascuna  diocesi  un  comitato  od 
un  commissario  ecclesiastico,  munito  dal  Primo  Console  e  Presidente 
della  Repubblica  Italiana,  di  tutti  i  poteri  ed  istruzioni  necessarie 
ed  opportune  per  sistemare  gli  affari  ecclesiastici  e  norma  del  piano, 
che  ora  si  va  a  stabilire,  ad  onta  di  qualunque  opposizione. 

Benedetto  Conventi,  Pro-  Vicario  capitolare  di  Bologna. 
Fabiano  Parisi,  Parroco  di  8.  Pietro  di  Bologna. 
Antonio  Gozzi,  Parroco  di  S.  Donato  di  Bologna. 


RiNiERi.  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel  secolo  XIX.  —  Voi.  II.  1^ 


290  APPENDICE 


Num.  14. 

Specchio,  ^richiesto  dal  Primo  Console  li  23  Gennaro  1802,  delle 
annue  rendite  da  assegnarsi  nella  diocesi  di  Bologna  alV Arci- 
vescovado^ alla  Metropolitana,  alla  fabbrica  della  medesima 
ed  al  seminario,  presentato  al  medesimo  nel  giorno  suddetto. 

Per  la  diocesi  di  Bologna.  All' Arcivescovado  almeno  L.  60  mila 
di  Milano,  nette  da  ogni  aggravio  (si  era  detto  prima  L.  70  mila, 
ma  il  Primo  Console  non  ammise  tal  somma). 

Al  capitolo  della  Metropolitana,  compresi  li  cantori  ed  inservienti 
al  coro,  L.  20  mila  di  Milano.  Al  seminario,  L.  30  mila  di  Milano. 
Alla  fabbrica  della  Metropolitana,  L.  20  mila  di  Milano.  Sono  in 
tutto  L.  175000. 

Per  supplemento  ai  parrochi  che  mancano  di  congrua,  L.  20000 
di  Milano. 

Benedetto  Conventi,  Pro-Vicario  Capitolare  di  Bologna. 

Num.  15. 

Foglio  aggiunto  per  la  Collegiata  di  S.  Petronio,  lo  stesso  giorno 
23  Gennaro,  e  presentato  al  Primo  Console,  dopo  ch^  egli  di- 
chiarò al  comitato  ecclesiastico  di  non  voler  conservare  che  le 
sole  Cattedrali. 

Per  il  Capitolo  della  per  insigne  Basilica  di  S.  Petronio  di  Bo- 
logna, militando  per  conservarlo  le  ragioni  esposte  nel  piano  esibito 
al  Primo  Console  li  21  Gennaro,  come  al  n.  13. 

Per  il  suddetto  Capitolo,  Mansionari,  Ministri  ed  inservienti  al 
coro,  annue  L.  60000  di  Milano.  Per  la  fabbrica  e  spese  del  culto 
L.  20000  di  Milano. 

Benedetto  Conventi^  Pro- FzcaWo  Capitolare  di  Bologna. 
Fabiano  Parisi,  Parroco  di  Bologna. 
Antonio  Gozzi,  Parroco  di  Bologna. 

Num.  16  (vedilo  nel  testo  a  pag.  118). 


CONGRESSO   DI   LIONE  291 


Num.  17. 

Comparto  di  fogli  delie  diocesi  per  dare  al  Pnmo  Console  lo 
specchio  delle  medesime. 

Coìnparto  delle  diocesi  della  Cisalpina^  fatto  fra  i  membri  del  comi- 
tato Ecclesiastico  per  fare  lo  specchio  delle  medesime,  da  pre- 
sentarsi al  Primo  Console,  la  sera  delti  20  Gennaro  1802. 

All'Emo  Bellisomi  i  fogli  delle  diocesi  di  Cesana,  Imola,  Forlì, 
Cervia,  Pavia.  A  Mons.  Arcivescovo  di  Ravenna  i  fogli  di  Ravenna, 
Rimini,  Bertinoro,  Montefeltro,  Faenza.  A  Mons.  Vescovo  di  Cre- 
mona ed  al  di  lui  Parroco  Mons.  Carena  i  fogli  di  Cremona,  Crema, 
Bergamo,  Novara,  Mantova,  Vigevano.  A  Mons.  Vescovo  di  Lodi 
il  foglio  della  diocesi  di  Lodi.  A  Mons.  Oppizzoni  ed  al  Prevosto 
Mava  i  fogli  di  Milano,  Modena^  Reggio,  Como.  Al  Provicario  Ca- 
pitolare di  Bologna  i  fogli  di  Bologna,  Ferrara,  Carpi,  Comacchio, 
Sarsina,  Adria.  A  Mons.  Vicario  Grenerale  di  Brescia  i  fogli  di 
Brescia,  Verona,  Asola. 

Num.  18. 

Memoria  presentata  dal  comitato  di  Notabili  al  Primo  Console. 
(Vedila  nel  testo,  a  pag.  117,  nota). 

Num.  19. 

Copia  di  lettera  dell'Emo  Capr ara,  scritta  da  Parigi  in  risposta  ad 
una  delti  8  Gennaro  ed  aitila  delti  13,  scrittagli  a  nome  del 
Clero  Cisalpino  radunato  a  Lione,  per  avere  de'  lumi  sugli  af- 
fari, e  per  chiedergli,  che  facesse  qualche  officio  presso  il  Primo 
Console,  affinchè  proteggesse  la  Religione  nella  Repubblica  Ci- 
salpina. Questa  risposta  fu  ricevuta  li  27  Gennaro,  quando  gli 
affari  del  congresso  già  erano  terminati. 

Illmo  Signore 

Il  contenuto  della  sua  lettera  delli  13  andante  può  essere  ben 
«erto  quanto  mi  sia  stato  grato,  come  lo  fu  quello  della  precedente, 
sebbene  di  diverso  calibro.  Io  gliene  sono  riconoscente,  e  gradirei 
di  potere  corrispondere  ai  desideri,  che  mi  mostra  in  nome  proprio, 
ed  altrui.  Ma  fino  alla  pubblicazione  del  concordato  non  posso  sod- 
disfarla, senza  mancare  alla  espressa  volontà  del  Papa  e  di  questo 


292  APPENDICE 


Groverno.  Altrettanto  debbo  dirle  in  ordine  alle  facoltà  che  mi  ha 
dimandate  per  varii  di  codesti  ecclesiastici,  giacché  un  esercizio  di 
facoltà  di  tal  natura  fin  ora  non  mi  è  permesso.  Ella  però  assicuri 
gli  ecclesiastici,  de'  quali  mi  ha  trasmessa  la  nota,  che  immanca- 
bilmente riceveranno  il  conveniente  rescritto  a  tempo  opportuno. 
Profitto  intanto  di  questo  incontro  per  ripetermi  con  vera  stima  e 
sincero  attaccamento  di  V.  S.  Illma. 


Parigi  19  Gennaro  J802. 


a  Mons.  l'Abbé 
Benoit  Conventi  a  Lione 


afF.mo  per  servirla 
G.  B.  Card.  Caprara 


Num.  20. 

Nomina  fatta  da  me  di  12  soggetti^  che  a  pluralità  di  voti  dove- 
vano formare  la  commissione  dei  30 j  dalla  quale  doveva  orga- 
nizzarsi la  Repubblica  di  concerto  col  Primo  Console.  Questa 
nomina  fu  esibita  in  foglio  segnato  li  20  Gennaro  nelV Assem- 
blea Generale. 

Mons.  Codronchi,  arciv.  di  Ravenna,  Mons.  Zollio  provicario 
di  Rimini,  Mons.  Oppizzoni,  arciprete  metropolitano  di  Milano, 
D.  Montanari,  parroco  di  Faenza,  Avvocato  Salina,  Felici  del  Rubi- 
cone, Rosaspina,  Palo  Contri,  Gio.  Batta  Guasta  villani,  dott.  Fab- 
bri di  Bologna,  Giorgio  Caspi,  Mons.  Carena,  vicario  generale  di 
Cremona. 

Num.  21. 

Commissione  dei  30  fatta  secondo  la  pluralità  di  voti  il  giorno 
20  Gennaro  1802. 

Melzi  di  Milano  voti  256,  Antonio  Aldini,  avv.  di  Bologna 
voti  183,  Bargrani  ex  Veneto  170,  Guicciardi  di  Como  153,  Para- 
disi di  Reggio  120,  Containi  Costabili  di  Ferrara  107,  Ben  ti  voglio 
di  Ferrara  86,  Stocchi  di  Faenza  84,  Testi  di  Modena  82,  Caprara 
di  Bologna  81,  Gambara  di  Brescia  80,  Longo  di  Brescia  79, 
Bernardi  della  Consulta  76,  Aricci  di  Brescia  QQ^  Feneroli  di  Bre- 
scia 65,  Giovio  della  Consulta  64,  Serbellonì  di  Milano  63,  Mare- 
scalchi di  Bologna  59,  Smancini  della  Consulta  53,  Lamberti  di 
Reggio  52,  Codronchi   arciv.   di   Ravenna  47,  Salina  avvocato  di 


CONGRESSO   DI   LIONE  293 


Bologna  47,  Bertieri,  vescovo  di  Pavia  41,  Cicognara  di  Ferrara  38, 
Martinengo  Ettore  di  Brescia  37,  Oppizzoni,  arciprete  metropoli- 
tano di  Milano  37,  Luosi  della  Consulta  36,  Vertua  di  Bergamo  36, 
Felici  di  Ravenna  35,  Arrivabene  di  Mantova  32. 

Num.  22. 

Lista  dupla  per  il  co7yo  legislativo  data  li  23  Gennaro  dalla  com- 
missione dei  SO  al  Primo  Console  per  il  dipartimento  del  Reno, 

Giovanni  Aldini,  Vincenzo  Brunetti,  Alamano  Isolani,  Fran- 
-cesco  Monti,  Carlo  Caprara,  Ferdinando  Marescalchi,  Ignazio  avvo- 
cato Magnani,  Filippo  dal  Fiume. 

Antonio  avv.  Aldini,  Gio.  Batta  Guastavillani,  Sebastiano  Bo- 
logna, Luigi  avv.  Salina,  Lodovico  Savioli,  Luigi  Valeriani  e  Giu- 
seppe dott.  Fabri  con  voti  eguali. 

Num.   23. 

Lista  dupla  data  dai  30  al  Primo  Console  per  fare  i  Ministri  li 
23  Gennaro. 

Per  Ministro  della  Guerra:  Birago — Gio.  Batt.  Guastavillani. 
Per  Ministro  di   Giustizia  :  Luosi  —  Magnani  avv.  e  Gallino 
con  voti  eguali. 

Per  Ministro  dell'interno:  Guicciardi  —  Nobili. 
Per  Ministro  di  finanze:  Lambertenghi  —  Felici. 
Guardasigìllo  :  Peregalli  —  Calzoli. 
Tesoriere:  Veneri  —  Mazzuchelli. 

Num.  24. 

Leggi  organiche  sul  clero^  lette  nella  consulta  generale  delti  26  Gen- 
naro alla  presenza  del  Presidente  Bonaparte^  e  spedite  al  Sommo 
Pontefice  per  chiedergliene  V approvazione  prima  di  pubblicarle, 
uìiitamente  ad  una  lettera  sottoscritta  dai  Vescovi  che  erano  al 
congresso  in  data  delli  27  detto  (Vedile  a  pag.  129). 


294  APPENDICE 


DOCUMENTO  XXII  (pag.  166). 
(Italia  Appendice...  voi.  XIX). 

Osservazioni  sopra  li  IX  Articoli  del  Concordato 
proposto  dalla  Repuhlica  Italica 

Art.  ]. 

La  Religion  Catholique  Apostolique  et  Romaine  est  la  Religion 
de  la  Répuhlique  Italienne. 

Nella  Italia  la  Cattolica  Religione  è  sempre  stata  fin'  ora  Do- 
minante, cosicché  ognun  vede  facilmente,  che  la  Sede  Apostolica  è 
in  obbligo  di  procurare  per  quanto  è  da  sé,  che  tale  continui  ad 
essere  anche  in  avvenire. 

Non  può  quindi  sottoscrivere  cambiamento  verano  su  questo 
principalissimo  oggetto  per  la  Italia,  dove  non  sussistono  le  ragioni, 
che  indussero  al  Concordato  per  la  Francia,  in  cui  si  trattava  di 
ottenere  il  ristabilimento  della  Cattolica  Religione,  e  il  ritorno  della 
Unità. 

Se  il  Sommo  Pontefice  sottoscrivesse  il  proposto  Articolo,  mo- 
strerebbe di  dar  mano  ad  un  notabile  degradamento  della  stessa 
Religione,  mentre  in  seguito  di  altri  Articoli  posti  nelle  Leggi 
organiche  in  unione  con  l'Articolo  sopraccennato  (dichiarandone  per 
tal  modo  l'intelligenza)  invece  di  continuare  la  medesima  Religione 
Cattolica  ad  essere  la  sola  Religione  dell'Italia,  verrebbe  nella  stessa 
Italia  ad  insinuarsi  la  toleranza  delle  molte  false  religioni  con  pre- 
giudizio incalcolabile  della  Religione  vera,  e  con  dare  occasione  di 
grave  scandalo  per  un  tale  esempio  a  tutto  il  cattolicismo. 

Onde  lontana  Sua  Santità  dal  potersi  prestare  del  canto  suo  al 
tenore  del  proposto  Articolo,  trovasi  anzi  obbligata  a  reclamare, 
quanto  è  per  parte  sua,  contro  le  esistenti  Leggi  Organiche  sul 
Clero  pubblicate  nel  Congresso  di  Lione,  e  contro  i  successivi  De- 
creti di  attribuzioni  al  Ministero  del  Culto  pubblicati  in  Milano, 
e  concomitanti  il  Progetto  dell'anzidetto  Concordato,  affinché  dalla 
giustizia,  e  religione  del  Primo  Console,  e  Presidente  di  detta  Re- 
publica  se  ne  ottenga  la  revoca  conveniente. 


DOCUMENTO   XXII.  295 


Art.  2. 

Les  Aìxhéveche's,  et  Evéchés  éeront  organisés  conformément 
au  Tableau  cì-joint. 

Quantunque  non  vengano  dal  Governo  manifestate  le  sode  ra- 
gioni, per  le  quali  desidera  un  cambiamento  di  suffraganei  del  Gius 
Metropolitico  dell'uno  a  quello  di  un  altro  Arcivescovo,  e  insieme 
la  soggezione  ad  un  Metropolitano  di  alcune  Chiese,  stat^  fino  al 
di  d'oggi  soggette  immediatamente  alla  Sede  Apostolica,  nulladi- 
meno  su  questo  Articolo  il  Santo  Padre  non  difficulterà  prestarsi 
dal  canto  suo  per  la  parte  ^che  risguarda  la  perdita  della  soggezione 
immediata  di  alcuni  Vescovadi  alla  Santa  Sede,  e  per  domandare  i 
soliti  respettivi  consensi  degli  altri  Metropolitani,  per  indi  proce- 
dere ad  un  simile  novello  stabilimento. 

Art.  3. 

Le  Président  de  la  Répuhlique  Italienne  nommera  aiix  Aìxhevéchés, 
et  Evéche's  les  Ecclésiastiques  ayant  les  moeuvs,  et  les  qualités 
exige's  par  les  Saints  Canons. 

Per  quelle  Chiese  (come  sono  quelle  del  Ducato  di  Milano),  nella 
provvista  delle  quali  i  passati  Sovrani  hanno  goduto  in  addietro 
del  privilegio  di  nomina  accordato  loro  dalla  Santa  Sede,  non  farà 
il  S.  Padre  difficoltà  ad  accordare  il  medesimo  privilegio  a  favore 
del  Presidente  della  Republica  Italica,  alle  cui  premure  egli  sarà 
pronto  sempre  ad  aver  riguardo,  per  quanto  possa,  anche  rispetto 
ai  soggetti  da  proporsi  alle  altre  Chiese  (come  sono  quelle  degli 
Stati  aggiunti  ora  alla  antica  Lombardia),  nei  quali  Stati  la  nomina 
non  si  godeva  dai  passati  Sovrani,  ma  era  della  Santa  Sede,  sopra 
di  che  rammenterassi  facilmente  il  lodato  Presidente  non  essere 
stato  accordato  il  privilegio  di  nomina  nemmeno  alla  Maestà  del- 
l'Imperatore per  quelle  Chiese  dell'ex-Dominio  Veneto,  la  nomina 
delle  quali  apparteneva  alla  Santa  Sede,  e  non  a  quella  Republica. 
Su  questo  Articolo  Sua  Santità  si  concerterà  volentieri  con  il  Pre- 
sidente della  Republica. 


296  APPENDICE 


Art.  4. 

Ils  préteront  le  serment  entre  les  mains  du  Président  de  la  Répu- 
hlique  dans  la  formule  suivante  (ici  le  serment). 

Se  dai  Vescovi  della  Republica  Italica  bramasse  il  Governo  di 
esigere  un  giuramento  con  formola  interamente  conforme  a  quella 
stabilita  per  i  Vescovi  della  Republica  di  Francia,  si  indurrebbe 
Sua  Santità  ad  acconsentirvi,  quantunque  non  in  tutti  gli  Stati 
d'Italia  siasi  introdotto  l'uso  di  prestare  simili  giuramenti.  Ma 
poiché  nella  formola  proposta  per  l'Italia  oltre  qualche  espressione, 
che  non  può  non  recare  amarezza,  si  contiene  1'  obbligo  espresso 
dell'osservanza  delle  leggi  dello  stesso  Grò  verno,  molte  delle  quali 
sono  inammissibili,  trovasi  la  Santità  sua  affatto  inabilitata  a  per- 
mettere agli  Ecclesiastici  un  giuramento  di  tal  natura,  come  per 
simil  causa  avvenne  rapporto  al  giuramento,  che  prima  si  esigeva 
in  Francia  di  fedeltà  alla  Costituzione,  o  sia  alla  legge;  il  quale 
nel  Concordato  fu  cambiato  con  quello  di  fedeltà  al  Governo. 

Art.  5. 

Les  biens  qui  en  conséquence  de  la  loi  organique  de  Lyon  sont  af- 
fectés  à  la  dotation  des  Evéchés,  Archevéchés,  Chapitres,  Sémi- 
naires,  et  pour  la  fabrique  des  Eglises,  ne  pourront  etre  aliénés, 
ni  subir  aucun  chaìigement,  que  d'accord  avec  l' Eglise. 

Secondo  le  massime  della  cattolica  religione  tutti  i  beni  conse- 
crati  a  Dio  sono  inalienabili.  Quindi,  posto  ancora  che  potesse  aver 
luogo  un  Concordato  (il  che  peraltro  oltre  le  generali  ragioni  esposte 
non  potrebbe  aver  luogo,  dove  tutti  gli  articoli  non  contengono 
cose,  che  ridondino  parte  a  vantaggio  della  Santa  Sede,  e  parte  in 
utilità  del  Governo,  come  suole  avvenire  per  lo  stabilimento  di 
qualunque  Concordato  fra  due  parti  contraenti;  ma  contengono  uni- 
camente altrettanti  artifizi,  che  sì  vorrebbero  soltanto  dalla  Sede 
Apostolica)  non  può  il  Santo  Padre  allontanarsi  dal  canto  suo  dalle 
stesse  massime,  col  dichiarare  di  essere  inalienabili  quei  soli  fra  i 
beni  ecclesiastici,  i  quali  si  vogliono  conservati  per  applicarli  ai 
Vescovadi,  Seminari  etc. 

Non  si  lascia  nemmeno  di  rimarcare  su  questo  articolo,  che  la 
inalienabilità  fissata  puramente,  e  semplicemente  dalle  leggi  orga- 
niche, di    Lione    rapporto    ai  beni    non   alienati,  in   quest'  articolo 


DOCUMENTO   XXII.  297 


viene  a  soffrire  un  discapito,  supponendosi  che  in  alcuni  casi  deb- 
bano essi  alienarsi,  benché  di  consenso  della  Santa  Sede,  onde 
l'articolo  è  anche  esso  a  danno  della  Chiesa. 

Ciò  nonostante,  ciò  che,  ridotte  le  cose  in  buon  sistema,  potrebbe 
praticarsi  dalla  condiscendenza  di  Sua  Santità,  sarebbe,  che  cono- 
sciute le  precise  provenienze,  qualità,  e  quantità  dei  respettivi  beni 
in  questione,  si  prestasse,  abbisognando,  a  derogare  alle  precedenti 
fondazioni,  ed  ad  applicargli  agli  altri  ecclesiastici  oggetti  desiderati. 

Art.  6. 

Les  Ordres  Religieux,  qui  servent  à  F instruction  publique,  aux  Hò- 
pitauXf  seront  maintenus.  Tous  les  Religieux  appartenant  à 
d'autres  Ordres  devront  rester  dans  des  Couvents  soumis  à  leur 
Règie,  et  auront  le  droit  de  porter  leurs  habits,  Jusqu'  à  ce 
qu'ils  s' éteignent. 

Il  supremo  Capo  della  Chiesa  è  quello  appunto,  che  deve  soste- 
nere e  proteggere  dal  canto  suo  nel  miglior  modo  possibile  gli  or- 
dini Regolari  fondati  a  vantaggio  della  Religione,  e  dei  cattolici; 
onde  ognuno  si  persuaderà  assai  facilmente,  che  lo  stesso  Capo 
della  Chiesa  non  deve  contribuire  col  suo  assenso  all'abolizione  della 
massima  parte  degli  stessi  Ordini,  che  viene  ad  essere  contenuta 
in  queste  articolo. 

Art.  7. 

Il  sera  conserve  nécessaire ment  dans  la  Rèpublique  Italienne  un 
Couvent  de  Religieuses  par  Département.  Chacun  de  ces  Cou- 
vents sera  tenu  de  recevoir  des  Pensionnaires,  et  rester ont  soumis 
à  la  Règie  de  son  Ordre. 

L'istesse  ragioni  militano  per  procurare  la  sussistenza  dei  Mo- 
nasteri ancora  di  Religiose,  cosicché  non  potrebbe  il  Romano  Pon- 
tefice col  consentire  specificatamente  alla  conservazione  di  un  solo 
Monastero  in  ogni  Ripartimento,  dar  motivo  a  supporre,  che  egli 
venisse  insieme  a  consentire  indirettamente  alla  soppressione  di 
tutti  gli  altri  Monasteri. 

IC  per  quello  concerne  il  bramato  collocamento  di  donne  nei  Mo- 
nasteri, non  è  certamente  oggetto,  che  esigga  un  Concordato,  essendo 
una  facoltà,  che  a  richiesta  dei  Vescovi  suole  dalla  Santa  Sede  ac- 
cordarsi loro  communemente. 


298  APPENDICE 


Art.  8. 

Sa  Sainteté  pour  le  bien  de  la  paix  déclare,  que  ni  elle,  ni  se.9 
Successeurs,  ne  troubleront  en  aucune  manière  les  acquéreurs 
des  bieìis  Ecclésiastiques  aliénés,  et  qvJ  en  conséquence  la  pro- 
priété  de  ces  mémes  biens,  les  droits,  et  revenus  y  attache's  de- 
meureront  incommutables  entre  leurs  mainSy  ou  celles  de  leurs 
ayant  cause. 

Senza  qui  dilungarsi  a  rilevare  le  moltissime  ragioni,  che  pos- 
sono addursi  per  far  conoscere  questo  articolo  inammissibile  dalla 
Santa  Sede  per  l'Italia,  basterà  far  riflettere  al  principalissimo 
motivo  del  ristabilimento  della  Cattolica  Religione,  il  quale  fu  la 
Causa  finale^  che  indusse  Sua  Santità  a  condiscendere  a  simile  ar- 
ticolo per  i  beni  ecclesiastici  della  Francia,  secondo  che  fu  espres- 
samente enunciato  nell'articolo  XIII  di  quella  Convenzione.  La  Re- 
ligione Cattolica  non  avendo  bisogno  di  essere  ristabilita  nella 
E-epublica  Italiana,  dove  si  è  sempre  mantenuta,  manca  al  Santo 
Padre,  che  è  per  sua  essenza  il  Custode  dei  beni  della  Chiesa  con- 
secrati  a  Dio,  un  titolo  per  farne  il  grande  e  vasto  Sacrifizio  nella 
Republica  Italiana,  come  lo  ha  fatto  nella  francese. 

Se  si  revocassero  le  Leggi,  e  Decreti,  ed  Ordini,  che  sono  stati 
fino  ad  ora  emanati  dal  Governo  della  Republica  Italica  in  danno 
della  Heligione,  e  della  Chiesa,  in  pregiudizio  dei  di  lei  Sagri  Mi- 
nistri, e  contro  la  disciplina  Ecclesiastica  da  gran  tempo  vigente  ; 
se  si  confermasse  in  dominante  la  religione,  come  lo  era  antece- 
dentemente ;  e  se  si  togliessero  gì'  impedimenti  nell'  esercizio  del- 
l'Autorità della  Chiesa  in  modo  tale  da  poterne  assicurare  un  per- 
manente vantaggio  alla  Chiesa  stessa,  potrebbe  nella  correspettività 
di  tutto  ciò  trovare  il  Santo  Padre  un  titolo  per  una  straordinaria 
indulgenza  della  Sede  Apostolica  sul  proposito  dei  beni  in  questione, 
come  lo  trovò  per  la  Francia  nel  ristabilimento  in  essa  della  Reli- 
gione, che  n'era  bandita. 

Art.  9. 

Sa  Sainteté  reconnait  dans  le  Président  de  la  RépubUque  Italienne 
les  mémes  droits^  dont  jouissait  VEmpereur  comme  Due  de  Milan. 

Quei  diritti  e  privilegi,  che  dianzi  legittimamente  godeva  l' Im- 
peratore nell' accennata  qualità,  non  avrà  la  Santità  Sua  difficoltà 
di  riconoscere  trasferiti  nella  medesima  forma  in  persona  del  Pre- 
sidente della  Republica  Italica. 


DOCUMENTO   XXIII.  299 


DOCUMENTO  XXIII  (pag.  167). 
(Italia  Appendice...,  voi.   XIX). 

Allegato  A.  —  Projet  d' Avrete  concernant  les  attributions  du  Mini- 
stre de  la  Répuhlique  Italienne  chargé  de  la  partie  du  Culte.  — 
25  Settembre  1802. 

Le  Président  de  la  République  Italienne. 

Vu  le  Décret  du  premier  Mai  dernier,  Considérant  qu'il  est  in- 
dispensable  de  déterminer  d'une  manière  précise  quelles  sont  les 
attributions  du  Ministre  chargé  de  la  partie  du  Culte  et  créé  par 
ce  méme  Décret. 

Arrété  ce  qui  suit: 

Art.  le^. 

Le  Ministere  chargé  de  la  partie  du  Culte  est  divise  en  trois 
Sections. 

La  première  a  pour  objet  le  rapport  de  la  puissance  civile  avec 
le  Ministere  Ecclésiastique,  dans  l'ordre  de  la  police  et  de  la  tran- 
quillité  publique. 

La  seconde  embrasse  toutes  les  matières  appellées  bénéficiaires 
et  les  institutions  de  bienfaisance  publique. 

La  troisième  comprend  les  revenus  des  fondations  pieuses,  et  de 
tous  les  biens  servant  à  la  dotation  des  Ministres  de  la  Religion. 

Art.  2. 

Le  Ministre  est  chargé  de  présenter  les  projets  de  lois,  décrets, 
règlemens,  arrétés,  et  décisions  touchant  les  matières  du  Culte 
dans  ses  rapports  avec  l'ordre  civil. 

Art.  3. 

11  propose  au  président  de  la  République  les  sujets  propres  à 
remplir  les  places  ecclésiastiques  qui  sont  à  sa  nomination. 

Art.  4. 

Il  examine  avant  leur  publication  tous  les  rescrits,  bulles  et 
brefs  de  la  Cour  de  Rome  qui  peuvent  intéresser  le  tranquillité 
publique. 

Art.  5. 

Il  entretient  toute  espèce  de  correspondance  intérieure  relative 
à  ces  divers  obiets. 


300  APPENDICE 


Art.  6. 

Le  ministre  chargé  de  la  partie  du  eulte  veillera  à  rexécution 
du  présent  arrété  qui  sera  imprimé  et  publié. 

DOCUMENTO  XXIV  (pag.  167). 
(Italia  Appendice...,  voi.  XIX). 

Allegato  B.  —  Projet  d^ Arrété  sur  le  mode  d' exécution  des  Loix 
Organiques  de  Lyon,  concernant  le  Clergé  de  la  Mépublique 
Italienne.  —  25  Settembre  1802. 

Le  Président  de  la  République  Italienne. 

Vu  les  articles  organiques,  concernant  le  Clergé,  décrétés  à 
Lyon. 

Vu  aussi  la  Convention  signée  à  Paris  entre  le  saint  Siége  et 
le  Gouvernement  de  la  République  Italienne. 

Voulant  établir  dans  l'exécution  de  ces  deux  actes  le  plus  par- 
fait  accord. 

Arrèté  ce  qui  suit  : 

Art.  lei\ 

Les  Evéques  de  la  République  Italienne  nommeront  aux  cures. 
Leur  choix  ne  pourra  tomber  que  sur  des  personnes  agréées  par 
le  Gfouvernement. 

Art.  2. 

Ils  pourront  ordonner  le  nombre   de    prétres  qui  est  nécessaire 
pour  les  besoins  spirituels  de  leur  diocèse. 

Art.  3. 

Il  y  aura  dans  chaque  diocèse,  au  moins  un  chapitre  suffisam- 
ment  dote. 

Art.  4. 

Dans  le  cas  où  les  maisons  réservées  par  Farticle  3  du  titre  2 
des  Lois  organiques  pour  le  logement  des  Evéques,  Curés,  et  Gha- 
noines  seroient  vendues  ou  détruites,  elles  seront  remplacées  par 
autre  logement  convenable  et  décent. 

Art.  5. 

Les  biens  affectés  à  la  dotation  des  Eglises  et  de  leurs  mini- 
stres  seront  désignés  par  le  président  de  la  République  Italienne 


DOCUMENTO   XXIV.  301 


de  concert  avec  le  Saint  Siége,  sur  les  renseignemens  que  sera 
tenu  de  lui  donner  le  ministre  de  cette  République  résidant  à 
Paris. 

Art.  6. 

Les  chancelleries  des  Evéques  sont  conservées  avec  leurs  ar- 
chives,  et  les  officiers  de  ces  chancelleries  continuent  d'exercer 
leurs  fonctions  dans  tous  les  actes  qui  appartìennent  à  cette  insti- 
tution. 

Art.  7. 

Les  Evéques  pourront,  indépendamment  des  peines  canoniques^ 
ordonner  à  un  ecclésiastique  qui  s'est  rendu  coupable,  de  se  retirer 
pendant  un  temps  determinò  dans  un  séminaire,  ou  dans  un  cou- 
vent,  en  punition  de  sa  faute. 

Art.  8. 

Si  un  ecclésiastique  trouble  la  tranquillité  publique  dans  Fexer- 
cice  de  ses  fonctions,  l'Evèque  diocésain  sera  requis  de  l' interdire^ 
sauf  à  Tautorité  civile  à  prendre,  en  cas  de  refus  de  la  part  de 
VEvéque,  les  mesures  qu'exigerait  le  maintien  du  bon  ordre. 

Art.  9. 

Tout  ce  qui  tend  à  corrompre  les  moeurs,  à  avilir  le  eulte  et 
ses  ministres  est  absolument  défendu. 

Art.  10. 

Il  sera  libre  aux  Achevéques,  Evéques,  et  toutes  autres  Digni- 
tés  Ecclésiastiques,  d'ajouter  à  leur  nom  les  titres  d'usage. 

Art.  11. 

Le  ministre  des  relations  extérieures  de  la  République  Ita- 
Henne  résidant  à  Paris,  le  ministre  de  Finterieur,  le  ministre  des 
finances,  et  le  ministre  specialement  chargé  de  la  partie  du  eulte  ^ 
veilleront,  chacun  en  ce  qui  les  concerne,  à  l'exécution  du  présent 
arrété  qui  sera  imprimé  et  publié. 


302 


APPENDICE 


DOCUMENTO  XXV  (pag.  168). 
(Italia  Appendice...^  voi.  XIX) 

Allegato  C  —  Projet  de  Convention  Entre  Sa  Sainteté  le  Pape 
Pie   VII  et  la  Repuhlique  Italienne.  —  25  Settembre  1802. 

Art.  lei'. 

La  République  Italienne  déclare  que  la  Religion  Catholique, 
Apostolique  et  Romaine  continue  d'étre  la  Religion  de  la  Répu- 
blique. 

Art.  2. 

Il  y  aura  dans  la  République  Italienne  quatre  Archevèchés:  et 
vingt  Evécliés. 

Les  Arclievècliés  seront  ceux  de  Milan,  Bologne,  Ravenne,  et 
Ferrare. 

Les  Evéchés  seront  ceux  de  Brescia,  Bergame,  Pavie,  Como, 
Crema,  Novarre,  Vigevano,  Cremona,  et  Lodi,  sous  la  Métropole 
de  Milan. 

De  Modène,  Reggio,  et  Imola,  sous  la  Métropole  de  Bologne. 

De  Cesène,  Forlì.  Faenza,  et  Rimini  sous  la  Métropole  de  Ra- 
venne. 

De  Mantoue,  Commachio,  Verone,  et  Adria,  sous  la  Métropole 
de  Ferrare. 

Art.  3. 

Les  biens  et  revenus  des  Evèchés  supprimés  feront  partie  de 
la  dotation  des  Evéchés  conservés,  des  séminaires,  et  autres  éta- 
blissemens  ecclésiastiques. 

La  repartition  de  ces  biens,  et  celle  du  territoire  des  Evéchés 
supprimés  sera  faite  d'accord  avec  le  Saint  Siége. 

Art.  4. 

Les  Titulaires  actuels  des  Evéchés  supprimés  seront  nommés 
à  ceux  des  Evéchés  conservés  qui  sont  aujourd'hui  vacants. 

Art.  5. 

Le  président  de  la  République  Italienne  nommera  aux  Evéchés 
et  Archévechés,  des  ecclésiastiques  ayant  les  moeurs  et  les  qua- 
li tés  exigées  par  les  saints  canons.  Sa  Sainteté  conférera  l'institu- 
tion  canonique  dans  les  formes  établies. 


DOCUMENTO   XXV.  303 


Art.  6. 

Les  Archevèques  et  les  Evéques  prèteront  le  serment  de  fidelité 
entre  les  mains  du  président  de  la  République,  dans  la  forme 
suivante  : 

Je  jure  et  promets  à  Dieu  sur  les  Saints  Evangiles  de  garder 
obéissance  et  fidelité  au  Gouvernement  étàblì  par  la  Constitution  de 
la  Répuhlique  Italienne.  Je  promets  aussi  de  n'avoìr  aucune  intel- 
ligence, de  n'assister  à  aucun  conseil,  de  n'entretenir  aucune  ligue, 
soit  au  dedans,  soit  au  dehors,  qui  soit  contraire  à  la  tranquillité 
publique,  et  si,  dans  mon  Dioce'se,  ou  aillews,  f  apprends  qu'il  se 
trame  quelque  cJiose  au  préjudice  de  VEtat,  je  le  ferai  savoir  au 
Gouvernement. 

Art.  7. 

Les  curés  prèteront  le  méme  serment,  entre  les  mains  des  au- 
torités  civiles  désignées  par  le  Président  de  la  République. 

Art.  8. 

Les  biens  qui  sont  affectés  à  la  dotation  des  Evèchés,  Arche- 
véchés,  Curés,  Chapitres,  Séminaires,  et  pcur  les  fabriques  des 
Eglises  et  autres  établissemens  ecclésiastiques  continueront  à  ne 
pouvoir  pas  étre  aliénés,  ni  subir  aucun  changement  que  d'accord 
avec  le  Saint  Siége. 

Art.  9. 

La  République  Italienne  maintient  les  Ordres  religieux  qui 
servent  à  l'instruction  publique  et  aux  hòpitaux. 

Tous  les  religieux  appartenant  à  d'autres  Ordres  devront  re- 
ster  dans  des  couvens  soumis  à  leur  règie,  et  auront  le  droit  de 
porter  leurs  habits  jusqu'à  ce  qu'ils  s'éteignent. 

Art.  10. 

Il  sera  nécessairement  conserve  dans  la  République  Italienne 
un  nombre  suffisant  de  couvens  de  Religieuses.  Chacun  de  ces 
couvens  sera  tenu  de  recevoir  des  pensionnaires,  et  resterà  soumis 
à  la  règie  de  son  ordre. 

Art.  IL 

Les  Evèques,  prétres,  et  tous  autres  ecclésiastiques  sont  di- 
spensés  du  service  militaire. 


304  APPENDICE 


Art.  12. 

Sa  Sainteté,  pour  le  bien  de  la  paix,  déclare  que  ni  Elle,  ni  ses 
Successeurs,  ne  troubleront  en  aucune  manière  les  acquéreurs  des 
biens  ecclésiastiques  aliénés,  et  qu'en  conséquence  la  propriété  de 
ces  mémes  biens,  les  droits  revenus  y  attachés  demeureront 
incommutables  entre  leurs  mains,  ou  celle  de  leurs  ayant  cause. 

Art.  13. 

Sa  Sainteté  reconnoit  dans  le  président  de  la  République  Ita- 
lienne  les  mémes  droits  dont  jouissoit  l'Empereur,  comme  Due  de 
Milan. 

Nota.  Le  commencement  de  rarticle  9  pourra  étre  redige  comme 
il  est  ci-dessus,  ou  de  la  manière  suivante: 

Les  Ordres  religieux  qui  servent  à  l'instruction  publique  et 
aux  hòpitaux  seront  maintenus  etc.  etc. 

Le  choix  de  ces  deux  rédactions  dépend  entièrement  des  par- 
ties  contraetantes. 

DOCUMENTO  XXVI  (pag.  178). 
(Italia  Appendice...,  voi.  XX). 

Sunto  de' voti  de^  Cardinali  (del  BertazzoU,  elemosiniere  del  Papa^ 
segretario  della  congregazione  de'  12  Cardinali). 

Lia,  sera  dei  26  giugno  1803,  alle  ore  24  italiane,  si  tenne  in  casa 
di  Sua  Emza  il  Sig.  Cardinale  Antonelli  una  Congregazione,  in  cui 
intervennero  gli  Emi  Signori  Cardinali,  coll'enunciato  Sig.  Cardinale: 

Antonelli,  De  Pietro,  Caselli,  Consalvi  Segretario  di  Stato,  ed 
io  Segretario  della  Congregazione  degli  Affari  Ecclesiastici. 

L' oggetto  di  detta  Congregazione  fu  di  esaminare  V  estratto  dei 
voti  fatti  dagli  Emi  Signori  Cardinali  Albani,  Antonelli,  Caraffa, 
Trajetto,  Giuseppe  Doria,  Borgia,  Roverella,  De  Pietro,  Caselli, 
Braschi,  Carandini,  Consalvi  Segretario  di  Stato,  i  quali  voti  con- 
cernevano r  esame  di  un  progetto  di  Concordato  tra  la  Santa  Sede 
e  la  Repubblica  Italiana  spedito  da  Parigi,  e  già  dispensato  con 
altre  stampe  segnato  Lett.  C  ai  lodati  dodici  Emi  Signori  Cardinali. 

L'estratto  fu  compilato  da  me  Segretario,  e  presentato  e  letto 
a  mano  a  mano,  alla  suddetta  Congregazione  dei  quattro  Emi  Si- 
gnori Cardinali,  articolo  per  articolo. 


DOCUMENTO    XXVI.  805- 


Gli  stessi  Signori  Cardinali  ponderando  attentamente  tanto 
l'Estratto  quanto  nuovamente  il  Progetto  Parigino,  e  tutt' altro  ri- 
guardante un  si  grave  affare,  vennero  nel  seguente  sentimento  da 
me  Segretario  in  loro  presenza  esattamante  segnato,  e  che  riferisco 
nell'ordine  preciso,  con  cui  fu  da  loro  emanato. 

Proemio  —  Fu  approvato  dagli  Emi  Signori  Cardinali  Antonelli,. 
Caselli,  Consalvi  Segretario  di  Stato.  Fu  contrario  l' Emo  Sig.  Car- 
dinale De  Pietro. 

Art.  I.  Fu  approvato  da  tutti  quattro.  Li  Signori  Cardinali  An- 
tonelli, Caselli,  Consalvi  Segretario  di  Stato  furono  di  sentimento, 
che  nell'ultimo  sia  espresso  nei  seguenti  termini:  In  tutto  quello 
che  si  oppone  alla  medesima  Religione  e  Disciplina. 

Il  Sig.  Cardinale  De  Pietro  non  fu  contento  di  questa  emenda, 
perchè  gli  sembra  che  almeno  tacitamente  la  Santità  Vostra  venga  a 
riconoscere  nel  Governo  laico  una  potestà  di  emanare  Leggi  sulle 
cose  ecclesiastiche  rispetto  a  quelle  leggi,  che  già  emanò  la  Repubblica 
sovra  tali  materie,  e  che  qui  non  restarono  abolite. 

Art.  III.   Fu  approvato. 

Art.  IV.  Furono  di  sentimento  tutti  gli  Emi  Signori  Congregati, 
che  in  ultimo  si  apponga  —  ottenute  nelle  convenienti  forme  le  ri- 
nunzie  dei  detti   Vescovi  ed  Abbati.  — 

Art.  V.        Approvato. 

Art.  VI.      Approvato. 

Art.  VII.    Approvato. 

Art.  Vili.  Approvato. 

Art.  IX.     Approvato. 

Art.  X.  Fu  approvato  coli'  aggiunta  della  parola  —  Insegna- 
mento, —  e  fu  soggiunto  che  in  fine  si  apponga  questa  espressione 
—  secondo  le  forme  canoniche.  — 

Art.  XI.  Fu  approvato.  Si  disse  però  che  nella  Istruzione  al 
Sig.  Cardinale  Legato,  se  gli  facesse  sentire  che  si  riservi  il  diritto 
di  Visita,  se  pur  sarà  possibile. 

Art.  XII.  In  vece  della  parola  Trasmettte  (la  quale  sembra  non 
riconoscere  nella  Santità  Vostra  trasmittente  l'originaria  Suprema 
Potestà)  si  dica  Accorda.  Si  aggiunga  —  Loro  risulteranno. 

Art.  XIII.   Approvato. 

Art.  XIV.    Approvato. 

Art.  XV.      Approvato. 

Art.  XVI.    Approvato. 

Art.  XVII.  Invece  dell'art.  XVII  qui  esposto  come  sta  nel  pro- 

RiNiERi.  —  La  Diploviazia  Poiitiflcm  nel  secolo  XIX.  —  Voi.  II.  20 


306  APPENDICE 


getto  Parigino  Leti.  C,  che  si  giudicò  da  tutti  quattro,  dopo  seria 
riflessione,  almeno  indirettamente,  lesivo  dei  diritti  della  Chiesa  per 
le  ragioni  allegate  nell'  estratto  dei  Voti  ;  si  determinò  che  si  sosti- 
tuisse l'art.  XVII  del  nostro  progetto  spedito  a  Parigi,  concepito 
nei  seguenti  tennini  —  I  Beni  Ecclesiastici  non  compresi  nel  prece- 
dente articolo  continuano  ad  essere  inalienàbili,  ne  potranno  distrarsi 
o  soffrire  alcun  cambiamento  senza  V  autorità  della  Sede  Apostolica, 

Art.  XVIII.  Tollerato. 

Art.  XIX.     Approvato. 

Art.  XX.       Approvato. 

Art.  XXI.     Approvato. 

Art.  XXII.  Approvato. 

Dopo  ciò  si  lesse  da  me  Segretario  agli  Emi  Signori  Congregati 
un  estratto  dei  sentimenti  di  tutti  dodici  i  suddetti  Signori  Cardinali, 
espresso  nei  loro  rispettivi  voti,  circa  1'  articolo,  che  riguardava  la 
conservazione  dei  E-egolari,  inserito  nel  nostro  progetto  sotto  il  n.  14  j 
il  quale  articolo  è  stato  omesso  di  pianta  nel  progetto  parigino  se- 
gnato hett.  C. 

Da  questo  estratto  risulta,  che  la  pluralità  dei  nominati  Emi 
Signori  dodici  Cardinali  combina  potersi  tollerare  la  omissione  dello 
stesso  articolo,  per  non  romperla  col  Governo  ;  poiché  questa  omis- 
sione viene,  almeno  nella  sostanza,  sanata  nell'articolo  XV  del  Pro- 
getto Parigino,  in  cui  si  dice  —  Non  si  farà  alcuna  soppressione 
di  Fondazioni  Ecclesiastiche  qualunque  esse  siano,  senza  autorità 
della  Sede  Apostolica.  — 

Nello  stesso  sentimento  vennero  i  quattro  Emi  Signori  Cardinali 
della  stretta  Congregazione,  la  quale  terminò  dopo  questi  ultimi  riflessi. 
Francesco  Arcivescovo  d'Edessa,  Limosiniere  di  Sua  Santità,  e 
Segretario  della  Congregazione. 

DOCUMENTO  XXVII  (pag.  197). 
(Italia  Appendice...,  yoI.  XX;  Francia  Appendice...,  voi.  X,  Fascio  F). 

Esame  del  concordato  italico,  fatto  dal  Card.  Antonelli  per  ordine 
del  S.  Padre.  —  2  ottobre  1803. 

Non  voglio  rilevar  qui  alcune  leggiere  variazioni  sul  testo  latino 
del  Concordato  trasmesso  e  sottoscritto  dal  Sig.  Card.  Caprara,  e 
nettampoco  alcune  inesattezze  della  traduzione  italiana.  Vengo  subito 
all'  esame  delle  variazioni  descritte  nello  specchio  fog.o  num.  V  a  tenor 
del  comando,  che  n'è  stato  dato. 


^k 


DOCUMENTO   XXVII.  307 


PROEMIO 

Nulla  importa,  che  il  Presidente  della  Republica  Italica  abbia 
qui  assunto  anche  il  nome  di  Primo  Console  della  Republica  Francese: 
neppur  faccio  conto,  che  siasi  aggiunto  il  periodo  —  volentesque  ut 
relìgio  catholica  apostolica  Romana  in  siiis  dogmatibus  integra  ser- 
vetur.  — Comprendo  benissimo,  che  qui  vi  si  nasconde  qualche  materia, 
ma  non  è  qui  luogo  a  rilevarla,  avendo  connessione,  per  quanto  mi 
sembra,  coli'  articolo  II,  di  cui  si  dee  in  ultimo  ragionare.  Nel  suo 
semplice,  e  nudo  aspetto  non  può  quell'aggiunta  riprendersi;  anzi 
dovremmo  noi  vergognarci,  se  censurar  volessimo  il  comun  desiderio 
di  Sua  Santità,  e  del  Primo  Console  di  conservar  intatti  i  dogmi 
di  nostra  santa  Religione. 

Art.  XI. 

Si  era  concertato,  che  i  Luoghi  pii  governati  dagli  ecclesiastici 
•dovessero  in  avvenire  regolarsi  da  una  Congregazione  composta  in 
egual  numero  di  ecclesiastici,  e  di  laici:  i  primi  dovevano  esser 
eletti  dal  Vescovo,  i  secondi  dal  Governo.  Si  è  ora  cambiato,  e  vuoisi, 
che  tutti  sieno  eletti  dal  Presidente  della  Republica,  salvo  bensì  che 
per  gli  ecclesiastici  eliget  eas  personas,  quas  eidem  episcopus  praesen- 
tabit.  È  questa  una  servitù  più  grave,  non  rimanendo  ai  Vescovi  il 
libero  diritto  di  scelta,  ma  di  mera  nomina  e  di  presentazione.  Può 
nondimeno  tollerarsi,  mentre  l'effetto  è  quasi  lo  stesso  e  non  sarebbe 
stato  sperabile,  che  il  Vescovo  potesse  ammettere  tra  membri  di  dette 
<ìongregazioni  quegli  ecclesiastici,  che  non  fossero  graditi  al  Governo. 
Vi  è  altronde  anche  un  compenso,  stimando  io  meglio  che  le  nomine 
de' membri  secolari  si  facciano  piuttosto  dal  Presidente  della  Repu- 
blica, che  dal  Governo. 

Art.  XII. 

Il  cambiamento  di  questo  articolo  riguarda  la  scelta  de'Parochi. 
Prima  dicevasi,  che  i  vescovi  avrebbono  avuto  riguardo  di  sceglier 
quelli,  qui  sint  Gubernio  accepti;  ora  si  è  voluto  dire,  episcopi  per- 
sonas  non  seligent,  nisi  Gubernio  acceptas.  Veggo  quanto  è  più  stretto 
il  vincolo,  che  s'impose  ai  Vescovi  nella  scelta  de'Parochi,  ma  non 
crederei  per  questa  maggior  durezza  di  espressioni  di  rompere  il 
Trattato.  Pur  troppo  i  Vescovi,  sin'  a  tanto  che  dura  un  irreligioso 
Governo,  dovranno  accomodarsi  a  scegliere  quei  Parochi,  che  forse 
non  sono  i  migliori,  in  previdenza  che  i  migliori  sarebbono  dal  Go- 


308  APPENDICE 


verno  ricusati.  La  necessità  non  ha  legge;  le  Parocchie  non  possona 
stare  senza  pastore,  e  non  potendosi  avere  i  più  degni,  bisogna  con- 
tentarsi di  scegliere  i  meno  degni,  purché  non  abbiano  tali  eccezioni,. 
per  cui  sieno  affatto  indegni  ed  incapaci. 

Art.  II. 

Fin  qui  abbiam  condotta  la  nave  tra  sirti  e  scogli,  che  possona 
facilmente  superarsi:  ma  ora  se  ne  presenta  uno,  innanzi  al  quale 
io  temo  il  naufragio  di  questa  cosi  lunga  e  molestissima  trattativa^ 

Per  essere  coerenti  nelle  massime,  bisogna  rimontare  al  suo  prin- 
cipio. Fin  dal  mese  di  luglio  dell'anno  scorso  giunse  l'istanza  da 
Parigi,  che  volevasi  fare  un  Concordato  tra  la  S.  Sede  e  la  E,epu- 
blica  Italica,  e  ne  fu  anche  trasmesso  il  Progetto.  Esaminatosi  questi 
il  di  25  luglio  in  una  Congregazione  di  cinque  Cardinali  nelle  stanze 
dell'Emo  Pro-Datario,  fu  risposto,  che  non  si  potea  fare  in  alcun 
modo,  e  la  principal  ragione  fu,  che  innanzi  a  tuW  altro  il  Governo 
rìvocar  clovea  quelle  qualunque  leggio  decreti,  e  stabilimenti  publicati 
in  addietro  a  danno  della  Religione  etc. 

Più  e  più  volte  fu  replicata  e  sostenuta  questa  negativa,  e  fu 
sempre  affacciata  la  stessa  ragione.  Fu  riassunto  l' esame  di  questa 
materia  in  un'  altra  Congregazione  dei  1 9  ottobre  dello  stesso  anno,, 
e  furono  esaminati  alcuni  progetti  stesi  da  M.r  Bernier,  nei  quali 
veni  vasi  in  qualche  modo,  ma  non  in  tutto,  a  correggere  l'esorbitanza 
delle  leggi  organiche  di  Lione,  delle  altre  emanate  dalla  republica 
italica,  e  specialmente  quelle  sulle  attribuzioni  del  ministro  del  eulta 
di  Milano.  Tutti  questi  progetti  furono  ricusati,  e  fu  dichiarato,  che 
S.  Santità  era  nell'  indispensabile  necessità  di  chiedere,  che  o  pre- 
cedentemente 0  almeno  contemporaneamente  al  concordato^  si  aggiunga 
un  articolo,  per  cui  venga  con  parole  espresse  dichiarata  tolta  ogni 
osservanza  delle  precedenti  leggi  organiche  di  Lione,  e  decreti  di 
Milano  sulle  attribuzioni  del  Ministro  del  culto,  e  che  si  abbiano  per 
conseguenza  come  non  più,  esistenti. 

Per  facilitare  un  qualche  mezzo,  onde  compiacere  il  Primo  Console 
e  Presidente  della  Republica  Italica,  che  insisteva  per  questo  Con- 
cordato, comandò  Nostro  Signore  che  si  tenesse  una  Congregazione,, 
e  si  esaminassero  varj  articoli  di  un  nuovo  Progetto  in  termini 
convenienti  da  formarsi  in  E-oma,  e  trasmettersi  a  Parigi.  Questo 
esame  fu  fatto  in  una  Congregazione  dei  12  novembre  1802,  e  fu- 
rono proposte  varie  module,  per  concepire  un  articolo  concernente 
la  tanto  bramata  revoca  sudetta.  Tra  tante  module  fu  proposta  anche 


DOCUMENTO   XXVII.  309 


la  seguente  —  Tutte  le  leggi,  Decreti  e  Ordinazioni  finora  emanate 
dalla  Eepublica  in  ordine  al  culto,  saranno  riguardate  come  non  av- 
venute. —  Questa  modula  fu  unanimemente  rigettata,  e  si  convenne 
-che  dovesse  esigersi  una  chiara  e  specifica  abolizione  delle  leggi 
nel  Proemio,  e  ne  fu  trasmesso  il  piano  a  Parigi. 

La  forza  delle  ragioni  persuasero  finalmente  il  Primo  Console  di 
cedere,  e  acconsentire  a  questa  abolizione  delle  leggi;  e  in  una  lettera, 
che  scrisse  nel  Decembre  a  S.  Santità  si  dichiarò  —  Che  l'esistenza 
di  tali  leggi  non  doveva  trattenerlo  dal  Concordato,  essendo  facile  il 
rimedio:  e  che  coir  abolizione  di  dette  leggi  il  Concordato  non  sarebbe 
punto  gratuito.  —  E  quindi  non  essendosi  voluto  ammettere  il  pro- 
getto mandato  da  Roma,  ne  fu  da  Parigi  surrogato  un  altro,  che 
è  il  notissimo  contrassegnato  colla  lettera  C,  in  cui  con  articolo  se- 
parato si  dichiarava,  che  le  leggi,  Decreti  etc.  ^^e?'  tutto  quello  che 
per  essi  si  oppone  alla  costante  disciplina  della  Chiesa,  sieno  rivocati 
ed  aboliti.  Su  questo  articolo  furon  sentiti  i  soliti  Signori  Cardinali, 
diedero  il  loro  voto  in  iscritto,  cii'ca  la  metà  dello  scorso  mese,  senza 
adunanza  di  Congregazione.  Non  incontrossi  veruna  difficoltà  per 
accettar  questo  articolo,  per  quanto  apparteneva  al  punto  della  revoca 
e  abolizione  di  dette  leggi,  anzi  piacque  che  venisse  questa  proposta 
in  luogo  del  Proemio  in  un  articolo  separato.  Quali  fossero  le  diffi- 
coltà allora  proposte,  quali  le  osservazioni  mandate  a  Parigi  al 
Sig.  Card.  Legato,  quale  il  successivo  esame  dell'altro  piano  tra- 
smesso da  S.  Emza,  ed  esaminato  dalla  Congregazione  avanti  S.  San- 
tità nella  domenica  scorsa  23  Settembre,  è  superfluo  di  qui  rammen- 
tarlo, perchè  n'  è  recentissima  la  memoria. 

Da  questo  breve  epilogo  della  serie,  e  delle  varie  vicende  di 
questo  trattato,  io  vengo  a  ragionare  cosi:  Il  Papa  ha  ricusato 
sempre  di  prestarsi  ad  ammetter  discorso  di  Concordato,  per  la  gra- 
vissima ragione  delP  esistenza  delle  dette  leggi  ;  si  è  dichiarato,  che 
ne  voleva  una  o  previa,  o  almeno  contemporanea  abolizione;  ha 
piantato  per  ragione  di  questa  domanda,  che  esistendo  quelle  leggi, 
tradiva  il  suo  apostolico  Ministero;  è  stato  su  questo  punto  ineso- 
rabile, e  finalmente  colla  sua  costanza  ha  vinto  la  ritrosia  del  Primo 
Console,  il  quale  ha  solennemente  promesso,  che  quelle  leggi  sarebbono 
state  abolite.  Fissato  questo  punto,  si  è  disputato  sopra  i  varj  articoli, 
ma  suir  abolizione  delle  leggi  non  si  è  mossa  più  controversia.  Ora  in 
quale  incoerenza  di  massime  noi  cadremmo,  se  abbandonati  i  termini 
essenzialissimi  di  revoca  e  abolizione,  ci  contentassimo  ora  degli  altri 
di  sostituzione,  e  surrogazione,  che  si  propongono  nell'art.  XXI  del 


310  APPENDICE 


Progetto  sottoscritto  dal  Sig.  Card.  Caprara,  e  dal  Ministero  della 
Repubblica?  Fu  rigettata  col  voto  unanime  di  tutti  i  Signori  Car- 
dinali la  modula,  in  cui  dice  vasi,  che  quelle  leggi  si  avessero  come 
non  avvenute,  coi  quali  termini  non  potè  vasi  pur  intendere,  che 
quelle  leggi  più  non  sussistessero  ;  e  vogliam  noi  esser  cosi  da  bene 
di  credere,  che  una  simile  intelligenza  debba  darsi  alle  parole  di 
surrogazione  e  sostituzione? 

Questo  è  tutto  il  nodo  della  presente  disputa.  Sostiene  il  Primo 
Console,  che  con  questo  nuovo  articolo  di  sostituzione  o  surrogazione, 
vengonsi  ad  abolire  le  leggi  e  decreti,  precedentemente  emanati  in 
materie  religiose,  poiché  a  tali  leggi  e  decreti  si  sostituisce  il  Con- 
cordato, cosi  al  foglio  num.  III.  Ora  io  penso  altrimenti,  e  credo, 
che  oltre  l'incoerenza,  di  cui  ho  sopra  parlato,  non  vi  sia  nel  pro- 
gettato articolo  XXI  ne  la  verità  dell'  abolizione  ricercata,  ne  la 
dignità  del  Papa  se  l'accettasse,  né  la  pubblica  edificazione,  e  ri- 
parazione dello  scandalo,  se  fosse  eseguito. 

Incomincio  dalla  verità  —  suhrogatio  legis  censetur  fieri  cum 
omnibus  qualitatibus,  et  conditionibus  eius,  in  cuius  locum  fìt.  — 
Cosi  il  Pagnano  nel  Tit.  de  Praebendi,  cap.  Episcopus  num.o  45. 
La  surrogazione  dunque  del  Concordato  sarà  fatta  con  tutte  le  qualità, 
e  condizioni  delle  leggi,  in  di  cui  luogo  é  il  Concordato  sostituito. 
Dunque  non  è  vero,  che  le  leggi  sieno  abolite.  Tutto  al  più  ne  sarà 
sospeso  r  effetto  ;  ma  essendo  pur  questo  riposto  nell'arbitrio  e  nella 
potestà  de' legislatori  Repubblicani,  noi  non  possiamo  esser  certi, 
anzi  dobbiamo  entrare  in  molto  sospetto,  che  l'effetto  della  surro- 
gazione non  sia  ampio  ed  esteso,  come  sarebbe  l' effetto  dell'  abolizione. 

La  legge  abolita  non  è  più  legge;  e  siccome  per  noi  la  principal 
causa,  per  cui  avevamo  chiesta  l' abolizione,  era  V  incompetenza  del 
legislatore,  e  l' ingiustizia  della  legge,  che  sebbene  non  era  espressa 
nell'articolo  II  del  Concordato  da  noi  proposto,  era  però  sottintesa, 
e  vi  era  pure  esplicitamente  indotta  quell'altra  di  fissare  un  retto 
e  stabile  ordine  sugli  oggetti  ecclesiastici,  cosi  non  facendosi  più  parola 
di  abolizione,  ma  semplicemente  di  surrogazione,  noi  né  otteniamo 
l'effetto  dell'abolizione,  né  emendiamo  il  vizio  della  legislazione  e 
delle  leggi,  che  avevamo  inteso  di  correggere  coll'abolizione  medesima. 
Anzi  io  dico  che  pur  troppo  abolite  anche  le  leggi,  noi  temevamo,  che 
per  la  prepotenza  de'  magistrati  secolari  si  sarebbon  pur  troppo  ese- 
guite quelle  leggi,  che  pur  si  conveniva  nel  Concordato,  che  fossero 
abolite:  ma  non  essendo  in  poter  nostro  d'impedire  questi  abusi  di 
prepotenza,  ci  contentavamo  almeno  di  poter  sempre  affacciar   la 


DOCUMENTO   XX VII.  311 


ragione,  che  le  leggi  eran  abolite,  e  il  rimetterle  in  osservanza  era 
un'  infrazione  del  trattato.  Questo  non  si  potrà  dire  nel  caso  di  una 
semplice  surrogazione,  o  sostituzione,  imperocché  come  dissi  1'  effetto 
della  sostituzione  non  è  lo  stesso  che  quello  dell'abolizione;  e  il 
legislatore  che  sostituisce  conserva  sempre  la  potestà  di  far  nuove 
leggi,  come  certamente  le  faranno  i  Repubblicani,  non  ostante  il 
Concordato.  La  legge  abolita  per  patto  non  può  più  reviviscere  né 
essa,  né  altra  di  simil  natura;  ma  all'opposto  ad  una  legge  sostituita 
può  sostituirsene  un'  altra,  né  questa  nuova  sostituzione  è  proibita 
nell'articolo  XXI,  ora  inserito  nel  Piano  venuto  da  Parigi. 

Dico  in  secondo  luogo,  che  non  vi  é  neppure  la.  Dignità  del  Papa 

—  Subrogatum  sapit  naturam  rei,  cujus  loco  suhrogatur.  —  Cosi 
lo  stesso  Fagnano;  anzi  secondo  Ulpiano  nel  lib.  regularum  tit.  1° 

—  Lex  subrogari  dicitur,  cum  ei  aliquid  adjicìtur.  Subrogatus,  sive 
subrogatum  sapit  naturam,  et  omnes  qualitates  illius  in  cuius  locum 
subrogatur.  (Fasan.  in  §  Fuerat  num.<^  4  etc.  Institut.  de  actionibus. 
Grazian.  Disceptat.  Forens.  cap.  989  num.°  22.  Barbosa  de  axiomat, 
luris,  axiomate  213.  per  totum,  et  aliis  etc). 

Posto  questo  assioma  legale,  ne  viene  in  conseguenza,  che  il  Papa 
debba  confessare  almeno  tacitamente,  che  le  leggi  nuove  del  Concor- 
dato sono  dell' istessa  natura  di  quelle,  a  cui  queste  si  sostituiscono. 
E  chi  non  ne  vede  la  mostruosità  ?  Come  può  ammettersi  mai  la 
surrogazione  di  leggi  giuste  e  savie  a  leggi  empie,  irreligiose,  e 
temerarie  ? 

Inoltre  la  sostituzione  suppone  un'egual  potestà  del  legislatore 
nella  promulgazione  tanto  delle  leggi  sostituite,  quanto  delle  altre  a 
cui  le  nuove  si  sostituiscono.  Il  Papa  dunque  confessa  con  ammettere 
questa  surrogazione,  che  le  passate  leggi  repubblicane  sono  emanate 
da  una  competente  potestà;  dissimula,  e  forse  anche  è  connivente 
a  far  credere,  che  in  esse  non  vi  sia  alcun  vizio  d'ingiustizia  e  di 
empietà;  e  acconsente  alla  surrogazione  delle  nuove,  come  forse  più 
utili  e  più  conducenti  all'oggetto  proposto,  e  anzi  da  a  divedere,  che 
le  antiche  e  le  nuove  leggi  coincidono  nel  medesimo  fine,  e  sono  del- 
l'istessa  natura;  che  le  nuove  sono  un'aggiunta  alle  antiche;  e,  come 
il  nuovo  pone  in  disuso  l'antico,  cosi  le  nuove  leggi  del  concordato 
non  correggono  le  antiche  repubblicane,  ma  solo  le  mettono  in  disuso 
e  nell'inosservanza. 

Conviene  ripeterlo  per  chiarezza  dell'  argomento  —  Subrogatum 
sapit  naturam  eius,  cuius  loco  subrogatur  —  Lex  subrogari  dicitur, 
cum  ei  aliquid  adijcitur.   —  Or  questo  il  Papa  non  può  farlo  in 


312  APPENDICE 


verun  conto,  né  innocente  sarebbe  qualunque  anche  menoma  conni- 
venza, da  cui  apparisse,  eh.'  Egli  ammetta  o  la  potestà  dei  legislatori 
repubblicani,  o  la  giustizia,  e  rettitudine  delle  loro  leggi  —  Error^ 
cui  non  resistitur,  approhatur,  diceva  S.  Innocenzo  I.  —  E  S.  Celestino 
diceva  ancora  —  Timeo,  ne  connivere  sit,  hoc  tacere.  Timeo,  ne  magis 
ipsi  loquantur,  qui  permittunt  ilLis  taliter  loqui.  In  talibus  causis 
non  caret  suspicione  taciturnitas,  quia  occurreret  veritas,  si  falsitas 
displiceret.  — 

E  pur  troppo  io  temo,  che  parleranno  molti  e  per  questo  nostro 
connivente  linguaggio  di  surrogazione  e  sostituzione  non  saremo  di 
edificazione  ai  fedeli,  e  non  sarà  riparato  lo  scandalo,  che  dalle 
leggi  repubblicane  n'  è  derivato  alla  Chiesa.  Rammentiamoci  ciò, 
che  abbiamo  sempre  detto  in  questa  causa;  ripigliamo  alle  mani  i 
nostri  scritti,  e  le  stesse  lettere  di  Sua  Santità  al  Primo  Console. 
Ci  Siam  sempre  protestati,  che  l'abolizione  delle  leggi  era  una  con- 
dizione sine  qua  non,  per  venire  a  un  Concordato;  che  queste  leggi 
avean  recato  un  pubblico  scandalo,  che  offendevano  la  religione,  e 
la  disciplina  ecclesiastica,  che  il  Papa  non  potea  tollerarle  senza 
tradire  il  suo  apostolico  Ministero.  Che  dirà  dunque  il  pubblico,  ve- 
dendo che  ora  noi  abbiam  mutato  linguaggio,  e  ci  contentiamo  di 
una  semplice  surrogazione? 

Ci  convinceranno  col  fatto  e  colle  parole  stesse  del  Primo  Console. 
Egli  ha  detto  (come  dal  foglio  n.  Ili)  che  tutto  quello,  che  suona  di- 
rettamente 0  revoca,  o  abolizione  di  leggi  etc.  è  impossibile,  che  da 
lui  si  ammetta.  Francesco  I  Re  di  Francia  non  ebbe  rossore  :  abre- 
nunciare  Pragmaticae  Sanctioni...  ac  mandatis  apostolicis,  quae  a 
Sede  Apostolica  prò  tempore  emanarent,  parere,  ac  obedire.  Questa 
Pragmatica  sanzione  era  stata  annullata  dai  Papi  predecessori  di 
Leone  X,  e  Luigi  X  con  sue  lettere  Patenti  l'aveva  cassata  ed  abro- 
gata. Luigi  XIV  non  arrossi  di  dichiarare  a  Innocenzo  XII,  che  tutto 
ciò,  che  si  era  fatto  nei  Comizi  Gallicani  del  1682,  si  avesse  come 
per  non  avvenuto.  Dunque  egli  conosce,  che  vi  passa  una  gran 
discrepanza  tra  l'intelligenza  della  parola  abolire,  e  l'altra  sostituire' 
Ha  veduto,  che  nella  parola  abolire  si  ferisce  l'autorità  della  repu- 
blica,  e  riman  salva  colla  parola  sostituire. 

Ma  per  l'istessa  ragione  noi  crediamo,  che  colla  parola  sosti- 
tuire si  vilipende  l'autorità  della  Chiesa,  laddove  si  salva  colla  pa- 
rola abolire.  Quest'esempio  di  connivenza  e  di  taciturnità  ci  toglierà 
l'arme  per  combattere  le  tante  leggi,  che  pure  oggidì  si  promul- 
gano contro  la  religione,  e  contro  l'autorità  ecclesiastica.  E  massima 


DOCUMENTO   XXVII.  313 


inconcussa  e  sagrosanta,  che  la  potestà  secolare  non  può  lare  tal 
sorta  di  leggi;  e  questa  massima  resterà  vulnerata  e  debilitata, 
sempre  che  i  Principi  facendo  di-  tali  leggi,  potranno  sostenerne  il 
diritto  e  la  competenza,  pel  fatto  nostro  medesimo,  che  ci  siam  con- 
tentati di  sostituire  altre  leggi,  ma  non  di  abolire  le  precedenti. 

Il  signor  Card.  Legato  nella  sua  cifra  n.  Ili  ci  fa  vedere  V  in- 
ferno aperto,  se  non  si  conchiude  questo  Concordato  (1),  e  perciò  egli 
inavvedutamente  si  è  indotto  a  sottoscriverlo.  Sarà  quel  che  Iddio 
vuole;  ma  non  sarà  mai.  che  il  Papa,  in  vista  di  un  disordine  che 
non  può  impedire,  o  tradisca  la  verità,  o  avvilisca  l'autorità,  e  dia 
scandalo  al  pubblico. 

Conchiudo  dunque  il  mio  sentimento,  e  confesso  che  non  mi  dà 
l'animo  di  consigliare  Sua  Santità  a  ratificare  questo  nuovo  XXI  ar- 
ticolo del  Concordato,  almeno  prout  jacet. 

Se  vi  si  potesse  aggiungere  qualche  altra  espressione  che  sal- 
vasse la  massima,  come  per  esempio,  se  dopo  la  parola  «  a  Repu- 
hlica  Italica  »  si  aggiungesse  «  circa  res  religionis,  ac  disciplinae  ec- 
Kilesiasticae  hucusque  latis,  quae  imposter am  nunquam  vim  ac  róbur 
haberi  poterunt  » ,  allora  non  avrei  tanto  ribrezzo  di  acconsentire  a 
questo  articolo  surrogato. 

Io  vi  ho  aggiunta  la  parola  disciplinae  ecclesiasticae,  e  qui  mi 
•cade  in  acconcio  di  ripigliare  ciò  che  dissi  da  principio,  parlando  del 
Proemio,  della  maliziosa  aggiunta  che  si  era  fatta,  di  serbare  intera 
la  religione  in  suis  dogmatihus.  Collima,  ad  accrescere  il  sospetto  di 
questa  malizia,  la  parola  di  questo  articolo  XXI  res  religionis. 

Tutto  pare  diretto  a  far  cessare  l'effetto  degli  editti,  che  con- 
■cernono  il  dogma,  e  che  direttamente  risguardano  res  religionis.  E 
della  disciplina?  Non  se  ne  vuol  fare  neppure  motto.  Potrebbe  scu- 
sarsi questo  silenzio,  perchè  nel  Proemio  si  dice  stabilis  ordo  con- 
stituatur  in  iis,  quae  ad  res  ecclesiasticas  pertinente  ma  il  Proemio 
non  è  un  patto,  non  è  un  articolo;  laddove  nell'articolo  XXI,  che 
è  il  principale,  e  si  può  dire  il  cardine,  su  cui  poggia  tutto  il  Con- 
cordato, della  disciplina  non  si  fa  parola;  e  noi  dobbiamo  essere 
sommamente  solleciti,  affinchè  cessi  ogni  valore  e  ogni  efficacia 
tanto  delle  leggi,  che  concernono  il  dogma,  quanto  di  quelle,  che 
risguardano  la  disciplina. 

Colle  parole  da  me  imaginate,  che  in  posterian  nunquam  vim 
ac  robur  hahere  poterunt,  pur  mi  pare,  (ma  il  dico  con  trepidazione 
€  soggettando  il  mio  all'altrui  più  illuminato  giudizio)  che  per  equi- 


(1)  Vedi  la  cifra  a  i)ag.  193,  e  le  paure  del  Capraia  a  pag.  196. 


314  APPENDICE 


pollenza  vi  si  comprende  l'abolizione  delle  leggi  :  perocché  può  con- 
siderarsi per  abolita  quella  legge,  che  non  può  mai  più  in  avvenire 
avere  veruna  forza  e  vigore. 
Cosi  etc.  Salvo  etc. 

Roma,  questo  di  2  ottobre  1803. 

L.  Card.  Antonellt 

DOCUMENTO  XXVIII  (pag.  200). 
{Italia  Appendice,  voi.  XIX). 

Processo  verbale. 

Riunitisi  secondo  il  concertato  alle  ore  due  pomeridiane  del  pre- 
sente giorno  nella  casa  Richelieu  Trousac,  Faubourg  Honoré,  di 
questa  città  di  Parigi. 

Sua  Eminenza  Rma  il  Sig.  Card.  Grio.  Batta  Caprara,  Legato  a 
latere  della  Santa  Sede  apostolica  presso  il  Primo  Console  della 
Repubblica  francese  Presidente  della  Repubblica  Italiana,  ed  Arci- 
vescovo di  Milano  ; 

Ed  il  cittadino  Marescalchi,  Consultore  di  Stato,  Ministro  delle 
Relazioni  estere  della  Republica  Italiana,  residente  presso  il  Primo 
Console  e  Presidente: 

In  qualità  l'uno  di  ministro  plenipotenziario  di  N.  S.  Papa 
Pio  VII,  l'altro  di  ministro  plenipotenziario  del  Presidente  della 
Repubblica  Italiana,  nominati  espressamente  all'  infrascritto  singolare 
effetto. 

Riunitisi,  come  si  è  detto  sopra,  per  segnare  1'  atto  di  conven- 
zione già  concertato  e  stabilito  fra  detti  due  Plenipotenziarii,  a 
norma  delle  istruziani  avute  e  facoltà  loro  compartite  dai  loro  ri- 
spettivi Committenti,  premessa  la  lettura  delle  due  copie  da  con- 
traccambiarsi, e  ritrovatele  in  tutto  perfettamente  conformi  e  con- 
cordi, le  hanno  segnate  di  loro  proprio  pugno  e  carattere,  apponendovi 
i  loro  rispettivi  sigilli,  e  contraccambiandosele  reciprocamente. 

In  fede  di  che... 

Parigi,  16  novembre  1803.  Essi  approvano  le  postille  (1)  messe 
in  calce,  riguardanti  l'articolo  nono. 

L.  ^  sigilli  Emo 

G.  B.  Card.  Caprara  Legato. 

L.  y^  sigilli  Sig.  Cit.no 

Ferdinando  Marescalchi. 


(1)  Quelle  postille  riguardavano  uno  sbaglio  di  scrittura. 


DOCUMENTO   XXIX. 


315 


DOCUMENTO  XXIX  (pag.  200,  204). 
Testo  del  Concordato  italico  con  la  ratificazione  di  Pio   VII. 

Inspecfca  a  Nobis,  et  mature  perpensa  conventione  Parisiis  inita 
et  die  XVI  «eptembris  MDCCCIII  subscripta  a  Nostro  Plenipo- 
tentiario  Rmo  Johanne  Baptista  Tituli  Santi  Honuphrii  S.  R.  E. 
Presbytero  Cardinali  Caprara  Archiepiscopo  Mediolanensi  ac  Nostro 
et  Sedis  Apostolicae  Legato  a  Latere  in  Galliis,  simulque  a  Di- 
lecto  Filio  Plenipotentiario  Gubernii  Reipublicae  Italicae  Ferdi- 
nando Marescalchi  Consultore  Status  et  exterarum  Relationum  Ad- 
ministro  apud  Primum  Consulem  Reipublicae  Gallicanae  praesidem 
ipsius  Italicae  Reipublicae  ;  cuius  quidem  conventionis  tenor  est 
qui  sequitur  : 


CONVENTIO 


CONCORDATO 


SANCTITATEM   SUAM   PIUM   VII 

ET 

REMPUBLICAM   ITALICAM 

Sanctitas  Sua  Summus  Ponti- 
fex  Pius  VII,  atque  Praeses 
Reipublicae  Italicae,  Primus 
Gallicanae  Reipublicae  Consul 
in  suos  respective  Plenipotentia- 
rios  nominarunt 

Sanctitas  Sua  Erhum  D.  Joan- 
nem  Baptistam  Caprara  S.  R.  E. 
Tituli  S.  Honuphrii  Presbyte- 
rum  Cardinalem,  Archiepiscopum 
Mediolanensem,  et  Sanctitatis 
Suae  et  Sanctae  Sedis  in  Galliis 
de  Latere  Legatum,  munitum  fa- 
cultatibus  in  bona  et  debita 
forma, 

Praeses  Reipublicae  Italicae, 
Primus  Gallicanae  Reipublicae 
Consul  Civem  Ferdinandum  Ma- 
rescalchi, Consultorem  Status,  et 
Exterarum  Relationum  Admini- 
strum  apud  Ipsum  Residentem, 
plenis  facultatibus  munitum. 


SUA  SANTITÀ  PIO  VII 

E 

LA    REPUBLICA   ITALIANA 

Sua  Santità  il  Sommo  Pontefice 
Pio  VII,  ed  il  Presidente  della 
Republica  Italiana  Primo  Console 
della  Republica  Francese,  hanno 
respetti  vamente  per  loro  Pieni - 
potenzìarj  nominato 

Sua  Santità  r  Emo  Signor  D. 
Gio.  Battista  Caprara  della  S.  R. 
Chiesa  del  Titolo  di  S.  Onofrio 
Prete  Cardinale  Arcivescovo  di 
Milano,  e  della  Santità  Sua,  e 
della  S.  Sede  Legato  a  Latere 
in  Francia,  munito  di  facoltà  in 
buona  e  dovuta  forma. 

Il  Presidente  della  Republica 
Francese  il  Cittadino  Ferdinando 
Marescalchi  Consultore  di  Stato, 
e  Ministro  delle  Relazioni  Estere 
presso  Lui  Residente,  munito  di 
piene  facoltà. 


316 


APPENDICE 


Qui,  post  sibi  mutuo  tradita 
respectivae  Plenipotentiae  In- 
strumenta,  de  iis,  quae  sequun- 
tur  convenerunt. 


PROEMIUM 

Sanctitas  Sua  Summus  Pon- 
tifex  Pius  VII,  et  Praeses  Rei- 
publicae  Italicae  Primus  Galli- 
canae  Reipublicae  Corisul,  pari 
studio  cupientes  ut  in  eadem 
Hepublica  certus  stabilisque 
Ordo,  in  iis,  quae  ad  res  Eccle- 
siasticas  pertinent,  constituatur; 
volentesque,  ut  Religio  Catholica 
Apostolica  Romana  in  suis  Dog- 
matibus  integra  servetur,  in  se- 
quentes  Articulos  convenerunt. 

Art.  I. 

Religio  Catholica  Apostolica 
Romana  esse  pergit  Religio  Rei- 
publicae. 

Art.  II. 

Sanctitas  Sua  debitis  formis 
subiiciet  juri  Metropolitico  Ec- 
clesiarum  Archiepiscopalium  Me- 
diolanensis,  Bononiensis,  Raven- 
natensis,  Ferrariensis  infrascri- 
ptas  Ecclesias  Episcopales,  nimi- 
rum  Brixiensem,  Bergomensem, 
Papiensem,  Novocomensem,  Cre- 
mensem,  Novariensem,  Vigeva- 
uensem,  Cremonensem,  Lauden- 
sem  Archiepiscopatui  Mediola- 
nensi,  cujus  Suffraganeae  erunt. 

Ecclesiae     vero     Mutinensis, 


Li  quali,  dopo  essersi  scambie- 
volmente consegnati  V  Istromenti 
della  respettiva  Plenipotenza, 
hanno  convenuto  delle  cose,  che 
sieguono. 

PROEMIO 

La  Santità  di  Nostro  Signore 
Papa  Pio  VII,  e  il  Presidente 
della  Republica  Italiana  Primo 
Console  della  Republica  Francese, 
animati  da  egual  desiderio,  che  in 
detta  Republica  sia  fissato  uno 
stabile  regolamento  di  quanto 
spetta  alle  cose  Ecclesiastiche,  e 
volendo,  che  la  Religione  Aposto- 
lica Romana  sia  conservata  in- 
tatta nei  suoi  Dogmi,  sono  con- 
venuti nei  seguenti  Articoli. 

Art.  L 

La  Religion  Cattolica  Aposto- 
lica Romana  continua  ad  essere 
la  Religione  della  Republica  Ita- 
liana. 

Art.  IL 

Sua  Santità  nelle  debite  forme 
assoggetterà  alla  giurisdizione 
Metropolitana  delle  Chiese  Arci- 
vescovili di  Milano,  di  Bologna, 
di  Ravenna,  e  di  Ferrara  le  in- 
frascritte Chiese  Vescovili,  cioè 
quelle  di  Brescia,  di  Bergamo, 
di  Pavia,  di  Como,  di  Crema,  di 
Novara,  di  Vigevano,  di  Cremona, 
e  di  Lodi  all'Arcivescovato  di  Mi- 
lano, di  cui  saranno  Suifraganee. 

Le  Chiese  di  Modena,  di  Reg- 


DOCUMENTO   XXIX. 


317 


Eihegiensis,  Imolensis,  Carpensis 
Suffruganeae  erunt  Archiepisco- 
patus  Bononiensis. 

Caesenatensis,  Forlivensis,  Fa- 
ventina,  Ariminensis,  Cerviensis 
Suifraganeae  erunt  Archiepisco- 
patus  Ravennatensis. 

Mantuana,  Comaclensis,  Adri- 
ensis,  Veronensis  a  parte  Italica 
Suifraganeae  erunt  Archiepisco- 
patus  Ferrariensis. 

Art.  III. 

Sanctitas  Sua  ad  instantiam 
Praesidis  Heipublìcae  Italicae  in- 
dulget  suppressioni  duarum  Epi- 
scopalium  Ecclesiarum,  nimirum 
Sarsinae,  et  Brictinori,  et  duarum 
Abbatiarum  Nullius,  nimirum 
Asulae,  et  Nonantulae,  ea  tamen 
conditione,  ut  et  respectivae  Dioe- 
ceses,  collatis  cum  Praeside  ejus- 
dem  Reipublicae  consiliis,  aliis 
proximis  Dioecesibus  uniantur, 
et  Episcopi,  atque  Abbates,  nisi 
forte  translati,  aut  transferendi 
sint  ad  alias  Sedes,  juste  compen- 
sentur  prò  cessione  Jurisdictionis 
et  Congruae,  quibus  antea  frue- 
bantur,  et  debitis  formis  ab 
iisdem  resignationes  respectiva 
rum  Ecclesiarum  obtineantur. 
Bona,  redditusque  supradictarum 
Ecclesiarum,  et  Abbatiarum,  quae 
in  Bepublica  Italica  continentur, 
ab  eadem  Sanctitate  Sua,  collatis 
cum  Gubernio  consiliis,  aliis  Ec- 
clesiasticis  Fundationibus  distri- 
buentur. 


gio,  d' Imola,  e  di  Carpi  saranno 
Suffraganee  dell'  Arcivescovato  di 
Bologna. 

Quelle  di  Cesena,  di  Forlì,  di 
Faenza,  di  Rimino,  e  di  Cervia 
saranno  Suffraganee  dell'  Arcive- 
scovato di  Ravenna. 

Quelle  di  Mantova,  di  Comac- 
chio,  di  Adria,  e  di  Verona  dalla 
parte  della  Repubblica  Italiana 
saranno  Suffraganee  dell'Arcive- 
scovato di  Ferrara. 

Art.  III. 

Il  Santo  Padre  alle  istanze  del 
Presidente  della  Republica  Ita- 
liana condiscende  alla  soppres> 
sione  delle  due  Chiese  Vescovili  1 
di  Sar.sina,  e  di  Bertinoro,  e  delle  ì 
due  Abbazie  Nullius  di  Asola,  e 
di  Nonantola,  a  -condizione,  che 
le  rispettive  Diocesi  siano  riunite 
di  comune  concerto  ad  altre  Dio- 
cesi vicine,  e  gli  attuali  Vescovi,, 
ed  Abbati,  qualora  non  fossero 
trasferite  ad  altre  Sedi,  ricevano 
un' adequato  compenso  alla  ces- 
sione della  Giurisdizione,  e  Con- 
grua, delle  quali  godevano,  ot- 
tenute nelle  convenienti  forme  le 
rinuncie  dei  detti  Vescovi,  ed  Ab- 
bati. I  beni,  e  le  rendite  delle 
suddette  Chiese  ed  Abbazie,  si- 
tuati nella  Republica  Italiana, 
saranno  dalla  medesima  Santità 
Sua  ripartiti,  ed  incorporati  ad 
altre  Fondazioni  Ecclesiastiche 
di  concerto  col  Governo. 


ai8 


APPENDICE 


Art.    IV. 

Attenta  utilitate  quae  ex  hac 
conventione  manat,  in  ea,  quae 
ad  res  Ecclesiae,  et  Religionis 
pertinent,  Sanctitas  Sua  conce- 
dit,  ut  Praeses  Reipublicae  Ita- 
licae  nominare  possit  ad  omnes 
Archiepiscopatus,  et  Episcopatus 
ejusdem  Reipublicae;  etEcclesia- 
sticis  Viris  ab  eodem  Praeside 
nominatis,  iis  dotibus  praeditis, 
quas  Sacri  Oanones  requirunt, 
eadem  Sanctitas  Sua  Canonicam 
Insti tutionem  dabit  juxta  formas 
consuetas. 

Art.  V. 

Archiepiscopi,  et  Episcopi  emit- 
tent  Juramentum  fidelitatis  in 
manibus  Praesidis  Reipublicae 
iuxta  infrascriptam  formulam  : 
«  Ego  j  uro,  et  promitto  ad  Sancta 
«  Dei  Evangelia  obedientiam,  et 
«  fidelitatem  Gubernio  Italicae 
«  Reipublicae.  Item  promitto  me 
«  nullam  communicationem  habi- 
«  turum,  nulli  Consilio  interfutu- 
«  rum,  nullamquesuspectamunio- 
^  nem  ncque  intra,  ncque  extra 
«  conservaturum,  quae  tranquil- 
«  litati  publicae  noceat;  et  si 
«  tamin  Dioecesi  mea,  quam  alibi 
«  noverim  aliquid  in  Status  dam- 
«  num  tractari,  Gubernio  mani- 
«  festabo,  » 

Art.  VI. 

Parochi  idem  Juramentum 
emittent  coram  Potestatibus  Ci- 


Art.  IV. 

In  considerazione  dell'utilità, 
che  dal  presente  Concordato  ri- 
donda agli  interessi  della  Chiesa, 
e  della  Religione,  Sua  Santità 
accorda  al  Presidente  della  Re- 
publica  Italiana  la  nomina  di 
tutti  gli  Arcivescovati,  e  Vesco- 
vati della  Republica  Italiana  me- 
desima; ed  agli  Ecclesiastici  da 
esso  Presidente  nominati,  forniti 
delle  doti  volute  dai  Sacri  Ca- 
noni, Sua  Santità  darà  la  Canonica 
Istituzione,  secondo  le  forme  sta- 
bilite. 

Art.  V. 

Gli  Arcivescovi,  e  Vescovi  pre- 
steranno il  Giuramento  di  fedeltà 
nelle  mani  del  Presidente  della 
Republica  secondo  la  infrascritta 
formola  «  Io  giuro,  e  prometto  su 
«  i  Santi  Evangelj  ubbidienza,  e 
«  fedeltà  al  Governo  della  Repu- 
«  blica  Italiana.  Similmente  pro- 
«  metto,  che  non  terrò  alcuna  in- 
«  telligenza,  non  interverrò  in 
«  alcun  consiglio,  e  non  prenderò 
«  parte  in  alcuna  unione  sospetta 
«  0  dentro,  o  fuori  della  Repu- 
«  blica,  che  sia  pregiudizievole 
«  alla  publica  tranquillità,  e  ma- 
«  nifesterò  al  Governo,  ciò,  che  io 
«  sappia  trattarsi  o  nella  mia  Dio- 
«  cesi,  0  altrove,  in  pregiudizio 
«  dello  Stato.  » 

Art.  VI. 
Il  medesimo  Giuramento  pre- 
steranno i  Parrochi  alla  presenza 


DOCUMENTO   XXIX. 


319 


vilibus  a   Reipublicae   Praeside 
constitutis. 

Art.  VII. 

Cuilibet  Episcopo  liberum  sem- 
pier  erit,  super  rebus  omnibus 
spiritualibus,  atque  negotiis  Ec- 
clesiasticis,  absque  ullo  impedi- 
mento, cum  Sancta  Sede  commu- 
nicare. 

Art.  Vili. 

Liberum  pariter  erit  Episcopis 
Clericos  constituere,  atque  ad 
Ordines  promovere  titulo  Bene- 
ficii,  Cappellaniae,  Legati  Pii, 
Patrimoni],  aut  cujusvis  alterius 
legifcimae  assignationis,  eos  om- 
nes,  quos  necessarios,  utque  utiles 
esse  respectivis  Ecclesiis,  acDioe- 
cesibus  existimaverint. 

Art.  IX. 

Servabuntur  Capitula  Ecclesia- 
rum  Metropolitanarum,  et  Cathe- 
dralium,  itemque  Collegiatarum, 
saltem  insigniorum,  eaque  conve- 
nienti Bonorum  Dotatione  fruen- 
tur.  Convenienti  item  Bonorum 
Dotatione  fruentur  Mensae  Ar- 
chiepiscopales,  et  Episcopales,  Se- 
minaria,  Fabricae  Ecclesiarum 
Metropolitanarum,  Cathedralium, 
et  Collegiatarum,  saltem  insignio- 
rum, et  Paroeciae. 

Hae  Dotationes  quam  citius 
fieri  poterit  a  Sanctitate  Sua  col- 
latis  cum  Gubernio  consiliis  con- 
stituentur. 


delle  Autorità  Civili  costituite  dal 
Presidente  della  Hepublica. 

Art.  VII. 

Sarà  sempre  libero  a  qualunque 
Vescovo  di  communicare,  senza 
verun' ostacolo,  con  la  S.  Sede 
sopra  tutte  le  materie  Spirituali, 
e  gli  oggetti  Ecclesiastici. 

Art.  Vili. 

Parimenti  sarà  libero  ai  Ve- 
scovi l'ascrivere  tra  i  Chierici,  e 
promuovere  agli  Ordini  a  titolo 
di  Beneficio,  di  Cappellania,  di 
Legato  Pio,  di  Patrimonio,  o  di 
altra  legittima  assegnazione  tutti 
quelli  che  giudicheranno  essere 
necessarj,  ed  utili  alle  respettive 
Chiese,  e  Diocesi. 

Art.  IX. 

Si  conserveranno  i  Capitoli 
delle  Chiese  Metropolitane,  e 
Cattedrali,  e  similmente  quelli 
delle  Collegiate,  almeno  più  in- 
signi, e  tali  Capitoli  goderanno 
di  una  conveniente  dotazione  di 
Beni.  Similmente  goderanno  di 
una  conveniente  dotazione  di  Beni 
le  Mense  Arcivescovili,  e  Vesco- 
vili, li  Seminarj,  le  Fabbriche 
delle  Chiese  Metropolitane,  delle 
Cattedrali  almeno  più  insigni,  e 
le  Parrocchie. 

Tali  dotazioni  saranno  stabilite 
dentro  il  più  breve  spazio  di  tempo 
di  concerto  tra  la  Santità  Sua,  e 
il  Presidente  della  Republica. 


320 


APPENDICE 


Art.  X. 

Doctrinae,  ac  Disciplinae  In- 
sti tu  tio,  educatio,  et  administra- 
tio  Seminariorum  Episcopalium 
subjiciuntur  auctoritati  Episco- 
porum  respectivorumjuxta  formas 
(^anonicas. 

Art.  XI. 

Conservatoria,  Hospitalia,  Fun- 
dationes  Charitatis,  et  alia  huius- 
modi  Pia  Loca,  quae  antea  a  solis 
Ecclesiasticis  Personis  regeban- 
tur,  regentur  deinceps  in  singulis 
Dioecesibus  a  Congregatone  pari 
numero  Ecclesiasticorum,  et  Sae- 
cularium  constituta.  Reipublicae 
Praeses  eliget  Saeculares  Perso- 
nas  ;  Ecclesiasticas  vero  eas,  quas 
Episcopus  eidem  praesentabit. 


Congregationibus  praesidebit 
semper  Episcopus,  cui  etiam  li- 
berum  erit  visitare  ea  loca,  quae 
legitime  a  laicis  administrabun- 
tur. 

Art.  XII. 

Sanctitas  Sua  concedit  Epi- 
scopis  ius  conferendi  Paroecias, 
quae  quovis  anni  tempore  erunt 
vacaturae;  iique,  praevio  con- 
cursu,  Paroecias  liberae  collatio- 
nis  conferent  iis,  quos  ipsi  dignio- 
res  iudicabunt.  In  Paroeciis  vero 
iuris  patronatus  Ecclesiastici  in- 
stituent  eos,  quos,  praevio  pari- 
ter  concursu,  tamquam  digniores 


Art.  X. 

L'insegnamento,  la  disciplina,, 
educazione,  ed  amministrazione 
dei  Seminarj  Vescovili  sono  sog- 
getti all'  Autorità  de'  Vescovi  re- 
spettivi secondo  le  forme  Cano- 
niche. 

Art.  XI. 

I  Conservatori,  gli  Ospedali,, 
le  Fondazioni  di  Carità,  ed  altri 
consimili  Luoghi  Pii,  in  addietro 
governati  da  sole  Persone  Eccle- 
siastiche, saranno  per  l'avvenire 
amministrati  in  ciascuna  Diocesi 
da  una  Congregazione  di  Persone 
per  metà  Ecclesiastiche,  e  per 
l'altra  metà  Secolari.  Il  Presi- 
dente della  Republica  sceglierà 
le  Persone  Secolari,  come  le  Ec- 
clesiastiche, che  dal  Vescovo  gli 
verrano  proposte. 

Alle  Congregazioni  presiederà 
sempre  il  Vescovo,  cui  altresì 
sarà  libero  di  visitare  quei  luoghi,, 
che  legittimamente  sono  ammini- 
strati dai  Laici. 

Art.  XII. 

Sua  Santità  accorda  ai  Vescovi 
il  diritto  di  conferire  le  Parroc- 
chie, che  verranno  a  vacare  in 
ogni  tempo.  Premesso  il  concorso 
nelle  Parrochie  di  libera  colla- 
zione, i  Vescovi  le  conferiranno 
ai  soggetti,  che  eglino  giudiche- 
ranno i  più  degni.  Nelle  Parroc- 
chie poi  di  giuspadronato  Eccle- 
siastico,  premesso   pure   il   con- 


DOCUMENTO   XXIX. 


321 


inter  approbatos  ab  Examinatc- 
ribus,  Patronus  Ecclesiasticus 
praesentabit:  in  Paroeciis  vero- 
Laici  patronatus,  praesentatos 
instituent,  dummodo,  praemisso 
examine,  idonei  fuerint  inventi. 
In  omnibus  autem  praedictis 
casibus  Episcopi  Personas  non 
seligeut,  nisi  Gubernio  acceptas. 


Art.  XIII. 

Episcopus,  praeter  caeteras  ca- 
nonicas  poenas,  poterit  in  Eccle- 
siasticos  culpabiles  animadver- 
tere,  eos  etiam  claudendo  in  Se- 
minariis,  et  in  Domibus  Regu- 
larium. 

Art.  XIV. 

Nemo  ex  Parochis  adigi  pot- 
erit ad  administrandum  Sacra- 
mentum  Matrimonii  cuipiam,  qui 
obstrictus  sit  aliquo  ex  canonicis 
impedimentis. 

Art.  XV. 

Nulla  suppressio  Fundationum 
Ecclesiasticarum  quarumcumque 
absque  Apostolicae  Sedis  aucto- 
ritatis  interventu  fiet. 


Art.  XVI. 

Attenti»  extraordinariis  prae- 
teritorum  temporum  vicibus,  et 
efFectibus,  qui  eas  sunt  conse- 
quuti,  et  potissimum  attenta  uti- 

KiNiERi,  —  La  Diplomazia  Pontificia  nel 


corso,  daranno  l' istituzione  a 
quelli,  che  il  Patrono  Ecclesia- 
stico presenterà  come  i  più  degni 
fra  gli  approvati  dagli  Esami- 
natori: Finalmente  nelle  Par- 
rocchie di  Giuspadronato  Laico 
il  Vescovo  istituirà  il  Presentato, 
purché  nell'esame  sia  rinvenuto 
idoneo.  In  tutti  però  i  sopradetti 
casi,  i  Vescovi  non  sceglieranno 
se  non  Persone  accette  al  Go- 
verno. 

Art.  XIII. 

Il  Vescovo,  oltre  le  altre  pene 
Canoniche,  potrà  punire  gli  Ec- 
clesiastici colpevoli,  anche  col 
rinchiuderli  nei  Seminari,  e  nelle 
Case  dei  Regolari. 

Art.  XIV. 

Nessun  Parroco  potrà  esser 
astretto  ad  amministrare  il  Sa- 
cramento del  Matrimonio  a 
chiunque  sia  legato  da  qualche- 
duno  degl'  impedimenti  Canonici. 

Art.  XV. 

Non  si  farà  alcuna  soppres- 
sione di  Fondazioni  Ecclesiasti- 
che, qualunque  esse  siano,  senza 
intervento  dell'autorità  della  Sede 
Apostolica. 

Art.  XVL 

Attese  le  straordinarie  vicende 
dei  passati  tempi,  e  gli  effetti, 
che  ne  sono  derivati,  e  princi- 
palmente in  vista    della  utilità, 

secolo  XIX.  —  Voi.  II.  21 


322 


APPENDICE 


litate,  quae  ex  hac  conventione 
manat  in  ea,  quae  ad  res  Reli- 
gionis  pertinent,  atque  ut  etiam 
publicae  tranquillitati  consula- 
tur,  declarat  Sanctitas  Sua,  eos, 
qui  Bona  Ecclesiae  alienata  ac- 
quisiverunt,  molestiam  nullam 
habituros  neque  a  Se,  neque  a 
Romanis  Pontificibus  Successo - 
ribus  suis;  ac  consequenter  pro- 
prietas  eorumdem  Bonorum,  red- 
ditus,  et  iura  iis  inhaerentia  im- 
mutabilia  penes  ipsos  erunt,  atque 
ab  ipsis  causam  habentes. 

Art.  XVII. 

Districte  prohibetur  quidquid 
sive  verbo,  sive  factis,  sive  scrì- 
ptis  tendit  ad  bonos  mores  cor- 
rumpendos,  et  ad  contemptum 
Catholicae  Religionis,  eiusque 
Ministrorum. 

Art.  XVIir. 

Clerus  a  quolibet  servitio  Mi- 
litari exemptus  erit. 

Art.  XIX. 

Sanctitas  Sua  agnoscit  in  Prae- 
side  Reipublicae  Italicae  eadem 
iura,  ac  privilegia,  quae  in  Maie- 
state  imperatoris  uti  Duce  Me- 
diolani  agnoscebat. 

Art.  XX. 

Quoad  caetera  vero  res  Eccle- 
siasticas  spectantia,  quorum  nulla 
expressa  mentio  in  his  Articulis 
facta  est,  manebunt  omnia,  et 
administrabuntur  iuxta  vigentem 


che  da  questo  Concordato  ridonda 
alle  cose  concernenti  laBeligione, 
ed  anche  per  l'oggetto  di  prov- 
vedere alla  tranquillità  pubblica. 
Sua  Santità  dichiara,  che  quelli, 
i  quali  hanno  acquistato  dei  Beni 
Ecclesiastici  alienati, 'non  a  vranno 
alcuna  molestia  ne  da  Sé,  né  dai 
Romani  Pontefici  suoi  Successori, 
ed  in  conseguenza  la  proprietà 
degli  stessi  Beni,  le  rendite,  e  i 
diritti  a  quelli  annessi  saranno 
immutabili  presso  i  medesimi,  e 
quelli  che  hanno  causa  da  loro. 

Art.  XVII. 

Resta  severamente  proibito 
tutto  ciò,  che  0  colle  parole,  o 
col  fatto,  0  in  iscritto  tende  a 
corrompere  i  buoni  costumi,  o  al 
disprezzo  della  Religione  Catto- 
lica, e  de' suoi  Ministri. 

Art.  XVIII. 

Il  Clero  sarà  esente  da  ogni 
sorta  di  servizio  Militare. 

Art.  XIX. 

Sua  Santità  riconosce  nel  Pre- 
sidente della  Repubblica  Italiana 
gV  istessi  diritti,  e  privilegi,  che 
riconosceva  nella  Maestà  dell'Im- 
peratore come  Duca  di  Milano. 

Art.  XX. 

Quanto  agli  altri  oggetti  Eccle- 
siastici, dei  quali  non  è  stata  fatta 
espressa  menzione  nei  presenti 
Articoli,  le  cose  rimarranno,  e 
saranno  regolate  a  tenore  della 


DOCUMENTO   XXIX. 


323 


Ecclesiae  Disciplinam.  Si  qua 
vero  supervenerit  difficultas, 
Sanctitas  Sua,  et  Praeses  Rei- 
publicae  secum  conferre  sibi  re- 
servant. 

Art.  XXI. 

Praesens  Conventio  substitui- 
tur  omnibus  Legibus,  ordinatio- 
nibus,  et  Decretis  a  Republica 
Italica  circa  res  Religionis  huc 
usque  latis. 

Art.  XXII. 

Utraque  contrahentium  Pars 
spondet,  se,  Successoresque  suos 
omnia,  de  quibus  in  bis  Articulis 
utrinque  conventum  est,  sancte 
esse  servaturos. 


Ratificationum  traditio  fiet 
Parisiis  intra  duorum  mensium 
spatium. 

Datum  Parisiis,  die  decima 
sexta  Septembris,  anno  millesimo 
octingentesimo  tertio. 

L.  y^  S.  J.  B.  Card.  Caprara 
Legat. 

L.  ^i  S.  Ferdinandus  Mare- 
scalchi. 


vegliante  Disciplina  della  Chiesa  ; 
e  sopravvenendo  qualche  diffi- 
coltà, il  Santo  Padre,  e  il  Presi- 
dente della  Republica  si  riser- 
vano di  concertarsi  fra  loro. 

Art.  XXI. 

Il  presente  Concordato  è  so- 
stituito a  tutte  le  Leggi,  Ordi- 
nazioni, e  Decreti  emanati  fin'ora 
dalla  Republica  sopra  materie  di 
Religione. 

Art.  XXII. 

Ambedue  le  Parti  contraenti 
promettono,  che  tanto  esse,  quan- 
to i  loro  Successori  osserveranno 
religiosamente  tutte  le  cose,  delle 
quali  si  è  convenuto  per  l'una 
parte,  e  per  l'altra  nei  presenti 
Articoli. 

Il  cambio  delle  ratifiche  sarà 
fatto  in  Parigi  dentro  lo  spazio 
di  due  mesi. 

Fatto  in  Parigi,  il  giorno  se- 
dici di  Settembre,  dell'anno  mille 
ottocento  tre. 

L.  ^H  S.  G.  B.  Card.  Caprara 
Legato. 

L.  >^  S.  Ferdinando  Mare- 
scalchi. 


Praedictam  Conventionem  cum  omnibus  articulis  in  ea  contentis, 
a  Plenipotentiariis  Nostro  et  Gubernii  Reipublicae  Italicae  Parisiis 
subscriptam,  die  XVI  septembris  huius  anni,  ratificamus,  approba- 
mus,  confirmamus,  ac  prò  ratificata,  approbata,  et  confirmata  haberi 
volumus.  In  quorum  fidem  hanc  ratificationem,  approbatam,  confir- 
matam  Manu  nostra  sabscripsimus,  nostroque  Sigillo  muniri  man- 
davinus.  Datum  Romae  apud  S.  Mariam  Maiorem  die...  octobris 
anno  Incarnationis  Dominicae  millesimo  octingentesimo  tertio. 


INDICE  ANALITICO 

DELLE  PERSONE  E  DELLE  COSE  PRINCIPALI 


ONDE    SI    FA    MKMOKIA    IN    QUESTO    VOLUME 


Albani,  cardinal  decano,  51, 143, 
155,  177. 

Aldini,  avvocato  bolognese,  87, 
'  89  ;  cenno  biografico,  99  ;  è 
capo  della  sezione  ex-papalina^ 
nel  congresso  di  Lione,  99,  107, 
]09;  contrario  al  clero  e  alla 
religione,  112,  113,  116,  133, 
134, 136;  servo  fedele  de' domi- 
natori stranieri  dell'Italia,  99. 

Allocuzione  pontificia  (24  mag- 
gio 1802),  in  cui  Pio  VII  loda 
il  buono  del  Concordato  fran- 
cese, e  ne  biasima  le  aggiunte, 
9-11,  230. 

Antonelli,  cardinale,  suo  voto 
sulla  condotta  del  card.  Le- 
gato per  la  riconciliazione  del 
clero  di  second'ordine,  53;  com- 
pone un  breve  per  la  riconci- 
liazione del  Talleyrand,  61; 
come  giudica  le  richieste  del 
Bonaparte  per  nomine  a  di- 
gnità ecclesiastiche,  e  per  il 
Concordato  italico,  142;  suo 
voto  sopra  il  Concordato  italico, 
conchiuso  a  Parigi  dal  Ca- 
praia e  dal  Marescalchi  (16  set- 
tembre 1803),  197,  306. 


xIrrigo,  arcivescovo  di  Lisbona 
e  re  di  Portogallo,  67. 

Articoli  organici  del  Concordato 
italico,  202  segg.  ;  testo,  208. 

Bellisomi,  cardinale,  deputato 
al  congresso  di  Lione,  94,  118, 
122,  123,  128,  138. 

Belmas,  vescovo  costituzionale 
pertinace,  18.  (Vedi  costitu- 
zionali). 

Beretta,  vescovo  di  Lodi,  de- 
putato al  congresso  di  Lione, 
107,  119. 

Bernier,  vescovo  di  Orléans, 
sollecita  la  conclusione  di  un 
concordato  religioso  con  la  Ci- 
salpina, 160,  161,  164. 

Bertazzoli,  monsignore  limosi- 
niere  e  secretarlo,  roccoglie 
documenti  contro  i  costituzio- 
nali vescovi  pertinaci,  17,  50; 
riferisce  sulle  congregazioni 
per  il  Concordato  italico,  177, 
304. 

Bonaparte,  Primo  Console,  bia- 
sima l'allocuzione  di  Pio  VII, 
che  disapprovava  gli  articoli 
organici,  14;  sue  lettere  ori- 
ginali al  Papa,  16;  come    usa 

* 


326 


INDICE   ANALITICO 


l'astuzia  e  la  forza  per  la  ri- 
conciliazione de'  preti  costitu- 
zionali, senza  che  ne  facciano 
abiura,  25  segg.;  denomina  so- 
fisticherie teologiche  le  opposi- 
zioni di  Roma  a^  suoi  voleri, 
27;  chiede  la  secolarizzazione 
del  Talleyrand,  64;  sua  nota 
a  Roma,  di  esempi  simili  a 
quello  del  Talleyrand,  66,  263; 
fa  pubblicare  nel  bollettino 
delle  leggi  lo  stato  libero  del 
Talleyrand,  71,  72.  Fonda  la 
repubblica  cisalpina,  e  le  dà 
una  prima  costituzione  (1797) 
abborracciata  ed  insufficiente. 
80  segg.  ;  si  maneggia  per  es- 
sere nominato  presidente  della 
nuova  repubblica,  88;  convoca 
i  maggiorenti  della  repubblica, 
in  numero  di  452,  a  un  con- 
gresso in  Lione,  89,  90;  suo 
arrivo  al  congresso  di  Lione, 
114;  epiteti  ivi  regalatigli  dai 
patriotti  cisalpini,  115,  133  ; 
sua  avversione  agli  ordini  re- 
ligiosi, 117;  aduna  il  comitato 
ecclesiastico,  e  discute  gì'  in- 
teress-i  religiosi  con  domande 
e  risposte,  118  segg.  ;  negale 
concessioni  promesse,  e  dà  del- 
l'impostore all'  Oppizzoni,  che 
gli  tenne  testa,  122,  124;  detta 
allora  ed  impone  le  leggi  or- 
ganiche pel  clero  cisalpino,  128 
segg.;  si  fa  proclamare  presi- 
dente della  repubblica  cisal- 
pina, 135.  Informa  Pio  VII, 
delle  cose  del  congresso  di 
Lione,  e  propone   nomine   per 


la  Cisalpina,  141, 146;  ha  vera 
smania  di  un  concordato  reli- 
gioso, 150;  e  ne  chiede  le  trat- 
tative al  card.  Caprara,  dopo 
intesa  e  concerto  con  la  Con- 
sulta di  Milano,  153,  154  ; 
nuova  insidia  del  Bonaparte, 
maestro  d'infingimenti  a'  diret- 
tori della  Cisalpina,  154-155; 
regala  due  brick  a  Pio  VII, 
detta  le  condizioni  che  vuole, 
per  la  conclusione  del  Concor- 
dato italico,  190  ;  se  non  mo- 
tore, è  fautore  della  pubblica- 
zione degli  articoli  organici, 
che  guastarono  il  Concordato 
italico,  206;  la  redingote  di 
Marengo,  tarlata  dai  vermi, 
216;  largheggia  ingenerosità 
per  le  chiese  del  regno  italico^ 
217;  vuol  dominare  nelle  cose 
di  religione,  219  segg.  :  la 
rompe  col  Papa,  225. 

Borgia  Cesare,  già  cardinale, 
duca  del  Valentino,  66. 

Borgia  Stefano,  cardinale,  50, 
51,  52;  suo  voto  sul  Concor- 
dato italico,  198. 

BouLAY  DE  LA  Meurthe,  come 
intende  il  senso  di  contratto, 
dato  dal  Portalis  al  Concor- 
dato francese,  3,  14;  passùn. 

Cacault,  11,  14,  173,  244. 

Caleppi,  monsignore,  nunzio  in 
Firenze  poi  in  Portogallo,  e 
quindi  cardinale,  140. 

Caprara,  cardinale  Legato  a  la- 
tere,  sembra  che  avesse  letto 
gli  articoli  organici,  prima  che 
fossero  pubblicati,  6,  7;  dà  ai 


INDICE   ANALITICO 


327 


preti  costituzionali  le  norme 
della  loro  riconciliazione,  22  ;  la 
quale  non  è  accettata  dal  go- 
verno, 23;  suoi  dibattimenti 
col  Portalis,  e  con  altri  impie- 
gati del  governo,  23  segg.;  sua 
cedevolezza,  25  segg.;  celebre 
colloquio  col  Primo  Console, 
27  ;  si  arrende  alle  soperchie- 
rie  del  Portalis  per  la  ricon- 
ciliazione, 35  segg.;  è  disap- 
provato dal  sacro  collegio,  45, 
51;  sua  lettera  di  difesa,  54, 
262;  suo  sbaglio  nel  promet- 
tere al  Primo  Console  di  chie- 
dere al  Papa  un  rappresen- 
tante al  congresso  di  Lione, 
91;  chiede  al  Primo  Console 
la  restituzione  al  Papa  delle 
Legazioni,  148;  gli  notifica  la 
disapprovazione  per  parte  del 
Papa  delle  leggi  organiche  per 
la  costituzione  cisalpina,  149; 
concerta  un  disegno  di  concor- 
dato col  Marescalchi,  164;  con- 
chiude, 182  segg.;  ed  è  costretto 
a  modificare  il  concluso  per 
intimazione  del  Bonaparte,  190 
segg.;  scambia  le  ratificazioni 
col  plenipotenziario  del  Bona- 
parte, 230,  314. 

Caprioli,  vicario  generale  di 
Brescia,  deputato  al  congresso 
di  Lione,  119. 

Caraffa,  cardinale,  51. 

Carandini,    cardinale,  51,  143, 

li  i. 

Carena,  parroco  di  Faenza,  depu- 
tato al  congresso  di  Lione,  119. 
Caselli,  cardinale,  50,  61,  177. 


Casimiro,  re  di  Polonia  da  mo- 
naco, 67. 

Casimiro,  già  gesuita  poi  re  di 
Polonia,  67. 

Ceroni  Giulio,  soldato  e  poeta, 
sua  pretesa  congiura,  e  con- 
danna, 170,  171. 

Chiaramonti,  conte  Francesco, 
fratello  del  Papa  Pio  VII,  140. 

CicoGNARA,  88,  108,  170,  171. 

Cisalpina  repubblica,  sua  costi- 
tuzione del  1797,  danni  da  lei 
arrecati,  80,  81;  sua  trasfor- 
mazione (nel  1801-1802),  87, 
88,  133;  vedi  Congresso  di 
Lione, 

CoDRONCHi,  arcivescovo  di  Ea- 
venna,  deputato  al  congresso 
di  Lione,  109,  118,  122,  128, 
133,  134,  135,  142;  suo  giu- 
dizio su  Melzi  duca  di  Lodi, 
151,  169. 

Concordato  francese^  se  ne  aspetta 
in  Roma  la  pubblicazione  con 
ansia  ;  conosciuto  non  vi  ar- 
recò troppa  contentezza,  1-3  ; 
fu  detto  un  contratto  insieme 
con  gli  artìcoli  organici,  3  ; 
pubblicazione  in  Parigi  di  atti 
sul  Concordato,  15. 

Concordato  italico,  chiesto  dal 
Primo  Console  a  Pio  VII  per 
la  repubblica  cisalpina,  141;  è 
proposto  al  Cardinal  Caprara, 
153-155;  è  negato  da  Roma, 
159;  primo  disegno,  inviato  da 
Parigi,  154;  secondo,  162;  di- 
segno romano,  3  63;  terzo  di- 
segno concertato  dal  Caprara 
e  dal  Marescalchi,  164;  quarto 


328 


INDICE    ANALITICO 


disegno,  ultimatum.  111;  con- 
clusione, 170  segg.  ;  ratifica- 
zione, e  testo,  315;  vedi  arti- 
coli organici,  202;  sue  for- 
tune, 216. 

Congregazione  de'  cardinali  per 
l'allocuzione  del  Papa  sul  con- 
cordato francese,  7;  per  il  giu- 
dizio sulla  formola  di  riconcilia- 
zione de'  preti  costituzionali, 
concessa  dal  Legato,  49  ;  per  i 
vescovadi  di  Piemonte,  172;  pel 
concordato  italico,  143, 163  ;  per 
il  disegno  ultimatum  di  quel 
concordato,  177;  per  il  testo 
conchiuso,  196,  197,  305. 

Congresso  di  Lione,  cap.  IV,  90 
segg.;  267  segg.  ;  sezioni  e  pre- 
sidenti, secondo  la  cabala  set- 
taria, 108;  deputati  e  comitato 
del  clero,  118;  vi  si  proclama 
la  religione  cattolica  apostolica 
romana,  religione  dello  Stato, 
133;  Bonaparte,  presidente, 
135;  e  Melzi,  vice  presidente 
della  Cisalpina,  136. 

Consalvi,  come  annunzia  a'  mi- 
nistri pontificii  nelle  varie 
corti,  la  pubblicazione  del  Con- 
cordato francese,  e  la  condotta 
pericolosa  della  S.  Sede,  4-6  ; 
avvisa  e  sollecita  i  Nunzii,  a 
pubblicare  l'allocuzione  ponti- 
ficia de' 24  maggio  1802,  12, 
240  ;  li  informa  della  male  riu- 
scita riconciliazione  de'  preti 
costituzionali,  44,  259  ;  suo 
voto  sulla  formola  concessa 
dal  Caprara  per  la  riconcilia- 
zione   de' preti    costituzionali, 


52;  si  adopera  per  la  secola- 
rizzazione del  Talleyrand,  59 
segg.  ;  fa  smentire  le  costui 
notizie  sulla  facoltà  di  ammo- 
gliarsi, ottenuta  da  Roma,  73 
segg.;  perchè  non  acconsenti 
all'invio  di  un  rappresentante 
pontificio  al  congresso  di  Lione 
90,  91  ;  informa  i  Nunzii  dello 
stato  delle  cose  in  Italia  dopo 
il  congresso  di  Lione,  145;  av- 
visa il  Caprara  a  badare  di  non 
consentire  a  trattar  di  concor- 
dato per  la  Cisalpina,  147  ;  an- 
nunzia nuova  tempesta  per 
quel  concordato,  156;  dichiara 
al  Caprara,  esser  necessaria^ 
per  trattare  il  concordato,  la 
revoca  anteriore  de'  decreti  e 
leggi  del  Melzi,  163;  gl'in  via 
istruzioni  per  il  concordato  ita- 
lico, delle  quali  raccomanda 
strettamente  1'  osservazione', 
180  segg.  ;  esprime  il  vantag- 
gio spirituale  che  risulta  dalla 
conclusione  di  quel  concordato, 
202  seg.  ;  suo  disgusto  per  gli 
articoli  organici  del  concordato 
italico,  210  segg. 

Conventi  Benedetto,  sue  memo- 
rie sul  congresso  di  Lione,  95 
segg.;  117,  118,  267. 

Costituzionali  vescovi,  biasimati 
dal  Papa  nella  sua  solenne  allo- 
cuzione sul  Concordato  francese, 
10  ;  si  tratta  in  Roma,  se  sia 
il  caso  di  deperii  dalle  loro 
sedi,  16-19;  furono  conside- 
rati dal  Papa  come  relapsi  e 
decaduti,  19;  negano  di  essersi 


INDICE    ANALITICO 


329 


mai  sommessi,  49;  loro  tarda 
riconciliazione  nel  1805,  19. 

Costituzionali  preti,  ricevono  dal 
card.  Caprara  la  formola  ca- 
nonica della  loro  riconciliazio- 
ne, 22;  ultima  formola,  loro 
imposta  e  voluta  dal  governo, 
37,  256.. 

Costituzione  della  repubblica  ci- 
salpina (1797)  esaminata  in 
Roma,  81  segg.  (vedi  Cisal- 
pina). 

CVacas,  diario  di  JRoma,  11. 

De  Gregorio,  pro-nunzio  in  Fi- 
renze, 96. 

Di  Pietro,  monsignore  poi  car- 
dinale, 15,  50,  52  ;  disapprova 
la  supplica  di  secolarizzazione 
del  Talleyrand,  60;  dimostra 
non  esserci  esempio  di  conces- 
sione di  matrimonio  ad  un  ve- 
scovo, 67,  69,  70,  177. 

DuGNANi,  cardinale,  vescovo  am- 
ministratore d'Imola,  non  rap- 
presentò il  Papa  al  congresso 
di  Lione,  91. 

Fontana,  barnabita,  poi  cardi- 
nale, 50,  52;  suo  esame  e  giu- 
dizio sul!'  opuscolo  Teofilo  a 
Callisto^  di  autore  e  sapore 
giuseppinesco,  166. 

Gazola,  vescovo  di  Cervia,  sue. 
memorie  sul  congresso  di  Lio- 
ne, 95,  97  segg.  ;  suo  discorso 
per  la  religione,  99  ;  invoca  il 
diritto  religioso  del  popolo  so- 
vrano, 109-110;  altra  arringa, 
e  bega  colFavvocato  Aldini,  113; 
cenni  auto-biografici,  curiosi 
aneddoti  in  Lione,  166  segg. 


Giuseppe  II,  suo  concordato  con 
Pio  VI  (nel  1784),  148,  150, 
153,  158,  166,  168,  224. 

Giuseppina  (Beauharnais\  sposa 
civile  del  Bonaparte,  139. 

Gonzaga  (Ferdinando  di),  cardi- 
nale, secolarizzato,  67. 

Gozzi,  parroco  di  Faenza,  depu- 
tato al  congresso  di  Lione,  119. 

Grand,  signora,  già  moglie  di 
altri,  che  fu  sposata  dal  Tal- 
leyrand sacrilegamente,  73  seg. 

H A ussoN ville  (contede),  14,37. 

Jauffret,  14. 

La  Combe,  vescovo  costituzio- 
nale pertinace,  17  (vedi  Co- 
stituzionali). 

Lebrun,  capitano  aiutante  del 
Primo  Console,  142,  144. 

Lecchi,  generale,  «  birbone  ma- 
tricolato »,  171. 

Le  Coz,  vescovo  costituzionale 
pertinace,  17  (vedi  Costituzio- 
nali). 

Legazioni,  il  Primo  Console  dis- 
simula il  suo  pensiero  in  quanto 
a  restituirle  al  S.  Padre,  148. 

Libertà,  suo  concetto  secondo  la 
costituzione  della  Cisalpina 
(del  1797),  81,  82. 

Libertà  di  culto  religioso^  secondo 
la  medesima,  85. 

Libertà  di  stampa,  secondo  la 
medesima,  83. 

Malamani,  editore  a  modo  suo 
delle  Memorie  del  Cicognara, 
132. 

Marescalchi  ,  ministro  degli 
esteri  della  Cisalpina;  suoi  la- 
vori al  congresso  di  Lione,  94, 


330 


INDICE   ANALITICO 


95,  116;  presidente  di  quell'as- 
semblea, 132  ;  propone  il  Bo- 
naparte  a  presidente  della  re- 
pubblica cisalpina,  132,  133, 
135;  negozia,  come  incaricato 
dal  Bonaparte,  il  Concordato 
italico  col  card.  Caprara,  164, 
171,  173,  183;  aneddoto  col 
vescovo  di  Cervia,  139. 

Maria  Teresa,  167,  168. 

Marini,  archivista  del  Vaticano, 
66. 

Marotti,  secretarlo  de' brevi  ad 
principeSy  62. 

Massoni^  136,  138  (vedi  jpa- 
tì'iotti). 

Mattei,  cardinale,  140. 

Maurizio  di  Savoia,  cardinale 
secolarizzato,  67. 

Ma  ZIO,  ceremoniere  e  teologo  del 
card.  Caprara,  37. 

Melzi,  attende  col  Talleyrand 
alla  trasformazione  della  Ci- 
salpina, 88;  è  nominato  vice- 
presidente della  Cisalpina,  136; 
cenni  biografici,  sua  educa- 
zione alla  giuseppinesca,  151; 
decreti  (23  giugno  1802)  av- 
versi alla  libertà  della  Chiesa, 
139,  151,  152;  pubblica  gli 
articoli  organici^  come  aggiunta 
al  Concordato  italico,  207  segg. 

(vedi    CODRONCHl). 

Monnier,  generale  francese,  137. 

Massena,  uno  de'  grandi  sfrutta- 
tori della  ricchezza  italiana,  88. 

MuRAT,  88,  145  (vedi  Ceroni). 

Nava,  parroco  di  Milano,  depu- 
tato al  congresso  di  Lione,  119. 

Nicola  Francesco,  di  Lorena, 
cardinale  secolarizzato,  67. 


Odorici  Federico,  sua  orazione 
su  Bonaparte,  135. 

Offredi,  vescovo  di  Crema,  de- 
putato al  congresso  di  Lione, 
118. 

Omobono,  vescovo  di  Cremona, 
chiede  norme  per  i  decreti  mel- 
ziani  e  leggi  organiche,  153. 

Oppizzoni,  arciprete  di  Milano, 
deputato  al  congresso  di  Lione, 
119;  tiene  testa  alle  insolenze 
del  Bonaparte,  122. 

Pamphili,  cardinale  secolariz- 
zato, 66. 

Pancaldi,  89. 

Pancemont,  vescovo  di  Vannes, 
è  adoperato  dal  Portalis  per 
la  riconciliazione  de'  preti  co- 
stituzionali, 24. 

Patriotti,  115,  133,  136,137,138. 

Peine,  impiegato  arcuiti,  tratta 
col  Caprara  per  la  riconcilia- 
zione de'  preti  costituzionali,  23. 

Petiet,  capo  della  Consulta  mi- 
lanese, «  ladro  di  tre  cotte  » , 
88. 

Piemonte,  questione  sulla  ridu- 
zione de' vescovati  nel  1803, 
171. 

Pio  vi,  sua  riprovazione  della 
costituzione  civile  del  clero, 
32  ;  e  della  dichiarazione  dei 
diritti  dell'uomo,  81,  167;  mo- 
nitorio, brevi  e  condanne  del 
Talleyrand  e  di  altri  vescovi 
giuratori,  57  segg. 

Pio  VII,  imbarazzo  in  cui  lo  mette 
la  pubblicazione  del  Concordato 
francese,  e  perchè,  3  ;  biasima 
gli  articoli  or^antW solennemen- 
te, 9   (vedi    allocuzione]]  non 


INDICE   ANALITICO 


331 


trova  pace  pe'cattolici  nel  regno 
cristianissimo,  e  la  trova  ne're- 
gni  eterodossi,  32;  non  inviò 
rappresentanti  al  congresso  di 
Lione,  90;  ricusa  al  Primo  Con- 
sole la  facoltà  per  il  Talley- 
rand  di  ammogliarsi,  71  ;  non 
crede  necessario  un  Concordato 
con  la  Cisalpina,  147;  e  fa 
significare  la  sua  disapprova- 
zione delle  leggi  organiche^  vo- 
tate in  Lione,  149;  espone  al 
Primo  Console  le  ragioni,  per 
cui  non  crede  conveniente  un 
Concordato  religioso  con  la  Ci- 
salpina, 159;  dà  poteri  al  Ca- 
prara  per  trattarne,  163  ;  si- 
gnifica al  Bonaparte  il  suo  do- 
lore per  gli  articoli  organici 
sopraggiunti  al  concordato  ita- 
lico, 211  ;  espone  all'impera- 
tore le  mancanze  arrecate  al 
Concordato  italico,  223;  ed  in- 
fine gli  dichiara,  che  si  «  tolga 
il  velo  » ,  226. 
Porta Lis,  denomina  «  contratto  » 

il  Concordato  e  gli  articoli  or- 
ganici, 3;  lettera  a  Cacault, 
contro  l'allocuzione  pontificia, 
14,  244  ;  sue  grandi  brighe 
per  la  riconciliazione  de' preti 
costituzionali,  23  segg.  ;  sue 
strane  pretese  relativamente 
al  sindacato  de'  brevi  pontificii 
di  Pio  VI,  31,  38  ;  che  cosa 
esiga  da'  preti  costituzionali, 
35,  41,  253;  sua  contentezza 
per  aver  soperchiato  il  card. 
Caprara,  37,  257;  sua  circo- 
lare a'  vescovi,  40  segg. 


Primat,  vescovo  costituzionale 
pertinace,  18  ;  (vedi  costitu- 
zionali). 

Organiche,  leggi  dettate  dal  Bo- 
naparte a  Lione  per  la  nuova 
costituzione  della  Cisalpina, 
129,  143,   146,  149. 

Religione^  quadro  dello  stato  re- 
ligioso in  Europa  nel  1802, 
157,  158. 

Reymond,  vescovo  costituzionale 
pertinace,  17  ;  (vedi  costituzio- 
nali). 

KuBBi,  teologo  del  card.  Capra- 
ra, 37. 

Sala,  monsignore,  teologo  del 
Legato  in  Parigi,  27,  28,  37. 

Salina,  avvocato,  deputato  al 
congresso  di  Lione  ;  legge  al 
Bonaparte  gli  aggravamenti 
della  Cisalpina,  117. 

Sangiorgio,  signorina  demagoga 
milanese  cisalpina,  che  offre  la 
sua  mano  a  chi  le  porterà  la 
testa  del  Papa,  102  (nota). 

SerbellonIjUuo  de'revisori  della 
costituzione  cisalpina,  94. 

Severoli,  nunzio  in  Vienna,  15  J. 

Somaglia,  cardinale  della,  suo 
voto  sul  Concordato  italico,  197. 

Spina,  monsignore  poi  cardina- 
le, 69. 

Stael,  signora  di,  57. 

Talleyrand,  antico  vescovo  di 
Autun,  cenni  biografici,  55 
segg.  ;  ammonito  da  Pio  VI 
per  sue  sconcezze  sacrileghe, 
57  ;  chiede  la  secolarizzazione 
59  ;  primo  breve  concessogli, 
62  ;  non  accettato,  né  rimesso- 


332 


INDICE   ANALITICO 


gli,  63  ;  suoi  meriti  affacciati, 
65  ;  ottiene  un  altro  breve  che 
lo  restituisce  alla  comunione 
laica,  senza  abilitarlo  ad  am- 
mogliarsi, 69,  265;  egli  se  ne 
serve  come  di  pretesto  per  le- 
gittimare la  sua  unione  sacri- 
lega con  la  signora  Grand,  73 
segg.  ;  lavora  alla  riforma  della 
costituzione  cisalpina,  88  segg.  ; 
è  presente  alla  morte  dell'ar- 
civescovo Visconti  in  Lione, 
96,  passim. 
Theiner,  suo  silenzio  in  cose  di 
momento,  14  ;  esagerazioni  sulla 
formola  di  riconciliazione  per 
i  preti,  22  ;  suo  grande  abba- 
glio, e  scambio  di  una  lettera 


di  biasimo  con  quella  di  lode, 
45  segg.;  esagerazioni  ed  er- 
rori, 47,  96,  115,  129,  132, 
140,  155,  171. 

Vicini,  deputato  bolognese  al 
congresso  di  Lione,  relatore 
non  esatto,  109  ;  ammette  il 
dio  massonico.  111. 

Vaccari,  consigliere  di  Stato 
della  repubblica  cisalpina,  210. 

Visconti,  arcivescovo  di  Milano, 
morto  a  Lione  al  principio  del 
congresso,  90,  96. 

Zanolini,  storico  di  Antonio  Al- 
dini, 136  (nota). 

Zoilo,  canonico  di  Rimini,  de- 
putato al  congresso  di  Lione, 
111,  133. 


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