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Full text of "La insurrezione pugliese e la conquista normanna nel secolo xi"

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1 


60003961 ex 


^ 


LA 

INSURREZIONE  PUGLIESE 

LA  CONQUISTA  NORMANNA 

NEL  SECOLO  XI 

DA 

GIUSEPPE  DE   BUSIIS 

PROFESSORE  STRAORDINARIO   DI   STORIA   MODERNA 
NELLA  VMVERSITX  DI  NAPOLI. 


VOL.   I. 


Napoli 

EDITORE  ALBERTO  DETKEN 
1864 


*]/^é.   ^.  .  sé 


Stamperia  <1c1l' Iride 


TOMMASO  «AR 


CAPITOLO  I. 


Le  province  Italiane  del  mezzodì  furono  durante  il 
medio  evo  il  legame  storico  che  congiunse  l'Oriente  al- 
r  Occidente.  Assalite  dai  popoli  Germanici ,  disputate  dai 
Bizantini ,  opposero,  per  lunga  età  le  antiche  tradizioni 
agli  ordinamenti  barbarici ,  serbarono  nel  contrasto  della 
duplice  influenza  almeno  in  parte  la  loro  autonomia.  Poi- 
ché Greci  e  Longobardi  non  valsero  a  soggettarle  in  un 
solo  dominio,  fra  quelli  e  questi,  piuttosto  per  forza 
d'equilibrio  che  per  propria  possanza,  si  tennero  più 
0  meno  indipendenti ,  Gaeta ,  Napoli ,  Sorrento ,  Amalfi , 
e  più  oscuramente  altre  città.  L' invasione  dei  Musul- 
mani, venuti  terzi  fra  i  dominatori,  afforzò  un  siste- 
ma di  mutabili  alleanze  e  di  politiche  transazioni ,  che 
ne  fecero  intricata  per  tenebrosi  e  continui  rivolgimenti 
la  Storia,  e  ne  crebbero  le  debolezze  e  le  sciagure. 
Domestiche  fazioni,  aiutate  dalla  vicinità  dei  dominii 
nemici  e  dalle  incessanti  correrie,  rese  atroci  dall'odio 
di  stirpe  e  di  fede;  mutarono  e  rimutarono  lo  stato  dei 
vinti  e  dei  vincitori ,  di  maniera  che  sarebbe  impossi- 
bile dire  ordinatamente  le  qualità  tutte  delle  fugaci  con- 
quiste e  delle  miserevoli  servitù. 

Dopo  il  comune  regno  dei  Goti ,  dal  Tronto  alla  Sicilia, 

TOL.  I.  1 


-2- 

si  videro ,  leggi ,  ambizioni ,  obbedienze ,  diverse  ;  mai  i 
popoli  si  restrinsero  ad  unità  di  governo  se  non  coi  Nor- 
manni ;  mai  più  si  ricongiunsero  alla  rimanente  Italia 
prima  dei  nostri  giorni.  Longobardi ,  Greci,  Franchi, 
Musulmani ,  ed  altre  straniere  genti  ;  Papi ,  Imperatori,  e 
Signorie  minori ,  ne  disputarono  i  brani  ;  Principali  e 
Repubbliche  furono  insieme  ;  costumanze,  religioni,  fa- 
velle, dissimili  e  contrarie,  v'allignarono  in  un  tempo. 
Tanta  varietà  doveva  fare  pertinaci  le  lotte ,  difficili  a 
cancellare  le  divisioni ,  le  quali  rispondevano,  può  dirsi , 
ad  altre  più  remote.  Anche  innanzi  ai  Romani  due  stirpi 
vi  avevano  predominato  ;  la  Sabellica  a  settentrione  e 
su  pei  gioghi  Appennini  ;  quella  avventizia  dei  Greci  nei 
lembi  marittimi  della  Campania ,  e  nelle  estreme  punte 
della  penisola.  Quasi  d'egual  modo  nel  medio  evo,  ten- 
nero le  più  alpestri  contrade  i  Longobardi;  durarono 
più  lungamente  i  Bizantini  dove  già  i  Greci;  fortuita 
analogia,  o  naturale  effetto  dell' indole  dei  conquista- 
tori e  dei  conquistati  e  delle  locali  tradizioni.  Ma  nel 
IX  secolo ,  quelli  che  già  vi  erano  dominii  Longobardi  e 
Greci,  si  suddivisero  ;  la  parte  più  settentrionale  seguì  le 
fortune  del  Regno  Italico;^  le  città  marittime  di  Campa- 
nia divennero  autonome.  Così  che  le  province  le  quali 
poscia  costituirono  il  Regno  parvero  allora  come  partite 
in  quattro  regioni.  Poco  meno  che  identico  T  ordinamento, 
nelle  terre  aggregate  al  Ducato  di  Spoleto  e  Camerino , 
0  sottoposte  alla  diretta  signoria  dei  Longobardi  di  Be- 
nevento ;  salvo  che,  gastaldi  e  conti  obbedirono  in  quelle 
mediatamente  o  immediatamente  ai  Re  d' Italia  ed  agli 
Imperatori  d'Occidente;  dove  in  queste  s'incentrava 


—  3  — 

ogni  potestà  nei  Principi  che  si  estimavano  indipen- 
denti. D'una  medesima  guisa  presso  i  popoli  sottratti 
alla  conquista  germanica,  le  misere  reliquie  delle  mu- 
nicipali costituzioni,  decadevano  sotto  la  prepotenza  dei 
greci  ministri,  o s' accoglievano  in  mano  di  più  autono- 
mi reggitori ,  Consoli ,  Ipati,  o  Duci  che  si  chiamassero. 

Questa  distinta  condizione  influì  diversamente  sulla 
sorte  degli  indigeni;  nomi,  tradizioni,  istituti,  sparvero 
0  sopravvissero  oscuramente ,  dove  prevalse  la  invasione 
germanica,  e  si  tennero  più  interi  nei  paesi  grecizzanti. 
Laonde  frequenti  in  questi  furono  le  ribellioni,  più  vivi 
gli  umori  di  libertà,  maggiore  l'operosità  dei  commer- 
ci ;  finché  in  mezzo  ad  essi  s' accese  il  desiderio  d' indi- 
pendenza, che  sottraendo  al  predominio  Alemanno  e  Bi- 
zantino il  mezzodì  d'Italia ,  ne  congiunse  le  sparte  mem- 
bra in  un  solo  Stato. 

A  fronte  ai  popoli  Germanici  una  sola  nazionalità 
aveva  prima  raccolti  Greci  ed  Italiani  ;  ma  lentamente  si 
venne  disciogliendo  per  dar  luogo  a  quella  più  naturale 
delle  schiatte  e  dei  confini  geografici.  Questa  trasforma- 
zione, inavvertita,  inviluppata  nelle  straniere  invasioni 
che  n'affrettarono  o  ritardarono  i  progressi,  nel  Seco- 
lo XI  assunse  il  suo  vero  carattere ,  ed  ingenerò  la  lotta 
contro  l'uno  e  l'altro  Imperio. 

Le  vicende  della  greca  dominazione  in  Italia  sono  con- 
formi a  questo  successivo  sviluppo  di  una  distinta  au- 
tonomia, ma,  a  ritrarle  tutte,  troppo  lungo  e  svariato 
cammino  si  vorrebbe  seguire.  I  suoi  confini ,  per  guerre , 
per  alleanze ,  per  trattati,  crebbero  e  si  restrinsero ,  alcu- 
ne volte  si  ridussero  a  poche  città,  più  raramente  minac- 


ciarono  ampliarsi  e  divenire  stabili.  .Stretti  d*ogni  parte 
(la  nemici,  sconvolti  da  generazioni  nuove  di  barbari ,  i 
Greci  durarono  nella  penisola  per  quella  comunanza  di 
memorie  che  univa  Roma  a  Bizanzio.  Ma  infine  anche 
questa  si  cancellò  nei  teologici  furori  degli  imperanti , 
nella  nequizia  dei  ministri ,  nella  vanità  di  estimarsi  soli 
eredi  delle  glorie  latine.  Ed  a  misura  che  si  fecero  più 
esclusivo  il  nome  di  Romani,  lasciando  P  altro  d'Ita- 
lioti 0  di  Longobardi  agli  indigeni ,  sempre  più  da  que- 
sti si  disgiunsero  ^ 

Allora  il  nome  di  Romani,  che  nelle  regioni  divenule 
soggette  ai  Longobardi  ed  ai  Franchi  aveva  contrasse- 
gnata la  condizione  servile  dei  vinti ,  in  persona  dei  Greci 
si  perpetuò  come  titolo  di  dispregio,  come  appellativo 
d'una  schiatta  decaduta  e  corrotta^;  e  fu  non  ultima 
cagione  perchè  nella  penisola  si  venne  allargando  quel- 
lo d'Italiani.  Cresceva  la  divisione  il  misero  abban- 
dono delle  province,  lasciate  in  balla  dei  patrizii,  dei 
duci,  degli  esattori,  di  quanti  erano  favoriti  della  cor- 
te lontana;  dilapidate  dai  rettori  ,  corse  dai  nemici, 

'  ìniorno  al  nome  di  Longobardi  dato  dai  Greci  in  generale  agli  lla^ 
liaiii  del  mezzodì  sono  freqnenti  gli  esempii  presso  i  Cronisti  del  tempo, 
t»  molti  ne  raccolse  il  Pellegrino  nella  Disc,  sul  Ducato  di  Benevento. 
Lo  Slesso  si  dica  per  quello  d'Italioti.  I  tre  popoli  sono  distinti  da  Micir, 
Glycas  (Ann.  p.  IV.  p.  577.  ed.  Bonn.)  così:  Quippe  coniucti  IjOn- 
GOBAjtms  Italis  contra  Romanos  ,  quo  nomine  Graeci  sunt  accipiendi. 

»  LuiTPRANDO  diceva  a  (al  proposito  air  Imperatore  Niceforo  Foca  : 
inimicos  nostros  commoti  nil  aliud  c&ntumcliarum ,  nisi:  Romane  !  di- 
Camus,  Iute  solo  idest  Roman(yrum nomine ,  quicquid  ignobilitatis,  quic- 
quid  timiditatis^  quic^id  avaiitiae,  quicquid  mendacii,  immo  quic» 
quid  vitiorum  est  comprendentes.  Legai,  §.  4%. 


ammiserite  dalle  rapine,  trabalzate  d*uno  in  altro  ser- 
vaggio. 

Antiche  ed  inutili  querele  si  erano  sempre  levate  con- 
tro la  tirannide  dei  greci  dominatori.  Restaurati  appena 
da  Narsete,  lamentavano  gli  Italiani,  che  il  nuovo  go- 
verno vincesse  in  avarizia  il  Gotico  *.  Preferivano  più 
tardi  ricoverare  presso  i  Longobardi  a  fuggirne  le  op- 
pressioni *.  «  I  Greci,  diceva  un  cronista  del  IX  secolo , 
»  come  pel  costume  sono  nell'animo  simiglianti  alle  be- 
»  stie,  Cristiani  nel  nome,  nelle  opere  più  nefandi  dei 
»  Saraceni.  Rapiscono  uomini  e  donne  di  lor  medesima 
»  fede ,  ne  comprano  dai  Musulmani ,  per  mercatarnc 
)>  nei  lidi  lontani  dell'Oceano,  o  per  tenerli  in  servi- 
»  tu  ^.  » 

Respinti  e  circoscritti  dai  Longobardi ,  minacciati  dal- 
la sollevazione  degli  Italiani  contro  l'iconoclastia  ,  ave- 
vano lasciati  estendere  i  primi ,  affrancarsi  in  parte  i 
secondi  in  alcune  città  della  Campania  ,  aggravandosi 
suUiB  terre  rimaste  negli  estremi  confini  di  Puglia  e  Ca- 
labria e  nella  Sicilia.  Ma  le  invasioni  dei  Franchi  ,  le 
ambizioni  dei  Romani  Pontefici,  l'Imperio  d'Occidente 
rinnovato ,  attemperarono  gii  odii  fra  i  Longobardi  di  Be- 
nevento ed  i  Greci .  Onde  resistere  all'  avanzarsi  dei  Ca- 


*  Paol.  Diac.  de  Gest.  Long.  IL  5  —  Costantio  Imp.  tcdem  af- 
fliclionem  posuU  in  populo  seu  habitatoribus  .  vcl  possesswibus  irrovin- 
riaì^m  Caiahriae ,  Siciliae ,  Africae ,  Sardiniae  ,  per  diagrapha  sea  ca- 
pite, aut  nauticationes  per  anm)s  plurimos,  quales  a  meculo  nunquam 
fuerant.  Anast.  Bibl.  in  VitaL  et  pa'is.  in  Joan.  ili. 

»  Greg.  Magn.  L,  V.  Ep.  a,  /4%  L.  Vili,  cp.  2. 

^  Hercuemp.  Bist,  h  8L 


—  6^ 

rolingi,  si  strinse  traessi  un^ alleanza  imposta  dalla  co- 
mune difesa,  che  valse  a  perpetuare  il  dominio  Bizanti- 
no. Quando  però  la  debolezza  e  le  gare  dei  figliuoli  di 
Carlomagno  potevano  favorirne  una  più  ampia  restaura- 
zione, la  conquista  della  Sicilia  fatta  dai  Musulmani,  e 
l'ignavia  dell'Imperatore  Michele  li  ne  travolsero  la 
malferma  possanza.  Le  città  che  ancora  rimanevano  sog- 
gette, 0  caddero  in  balia  dei  Saraceni  o  divennero  tribu- 
tarie*; e  fuori  la  vanità  do' pomposi  titoli ,  ed  il  pos- 
sesso di  qualche  porto,  nella  metà  del  secolo  IX ,  il  nome 
e  l'imperio  dei  Greci  parvero  cancellati  dall'Italia. 

Rimanevano  i  Longobardi  di  Benevento,  e  le  città  di 
Campania  disfrancate  ora  sin  dell'apparente  soggezione 
verso  la  corte  Orientale.  Ma  deboli  erano  queste  e  di- 
scordi ,  piene  di  sospetti  pel  mancato  equilibrio  ,  che  po- 
nevale  a  fronte  ai  cupidi  vicini  senza  certezza  di  alcuno 
aiuto.  Perciò  si  volsero  ad  altra  alleanza,  posero  i  Mu- 
sulmani in  luogo  dei  Greci ,  e  strinsero  patti  ed  amistà 
con  essi.  Così  anche  i  Longobardi ,  per  natura  proclivi  a 
scomporre  l'unità  del  Principato,  subitamente  lo  divise- 
ro; Radelchi  e  Siconolfo  da  Benevento  e  da  Salerno  ne 
disputarono  il  possesso,  lo  partirono  tra  loro  fautori, 
chiamarono  in  sostegno  a  lor  gare  i  Saraceni.  E  questi 
in  ultimo  preponderarono  su  tutti;  di  Sicilia,  d'Africa, 
da  Creta ,  accorrevano  arditi  venturieri  a  depredare ,  a 
tentare  conquiste. 

Taranto  ed  altre  terre  in  Puglia  ed  in  Calabria  furono 

»  Michael  Imperat&r  negUxisset  omnis  prope  quae  ad  Romanum 
pertinebant  imperìum ,  Italia  et  pleraque  SicUiac  partes  a  (Jarthagi- 
nensibusdebellataeet  tribtUariaefactaeerant,  Cjipren,  il  220  ed.  Bonn, 


-7  — 

occupate  ;  Khalfùn ,  un  berbero  liberto  della  tribù  araba 
di  Rebi  'a ,  invocato  da  Radelchi ,  sorprese  Bari ,  e  vi  si 
tenne  in  signoria  indipendente,  a -lui  dubbio  alleato, 
nemico  agli  altri,  spandendo  intorno  sue  gualdane  ^ 

Le  perdurate  divisioni  dei  Longobardi ,  gli  umori  in- 
quieti delle  Repubbliche,  lasciarono  crescere  i  nuovi  in- 
vasori in  una  potenza  maggiore  di  quella  che  i  Greci  vi 
avevano  avuta  ;  ed  in  breve  ogni  contrada  fu  piena  di 
scompiglio,  di  stragi,  di  mine,  padroneggiando  quasi 
dovunque  i  Musulmani  ^. 

L*  universale  spavento  quetò  le  discordie.  Richiesto 
r  aiuto  di  Lodovico  II  re  d^  Italia  ed  Imperatore ,  fu  stret- 
ta una  lega  tra  Longobardi  Franchi  e  Greci  contro  i 
comuni  nemici  ;  ma  gli  opposti  interessi  impedirono  se 
ne  avesse  altro  vantaggio  fuorché  la  liberazione  di  Bari 
dopo  quattro  anni  d' assedio.  Il  lieve  trionfo  riaccese  le 
gare  ;  cresciuta  V  autorità  dei  Franchi,  i  Longobardi  n'eb- 
bero sospetto ,  favorirono  le  pretensioni  dei  Greci  meno 
temute  nel  contrasto,  s'unirono  ad  essi,  e  Lodovico  II 
fu  abbandonato  e  distolto  dall'impresa. 

Poco  innanzi  a  quel  tempo  Basilio  il  Macedone  aveva 
usurpato  il  trono  Orientale  al  dappoco  Michele  III ,  por- 
tandovi animo  e  propositi  sufficienti  a  scuotere  V  inerzia 
consueta.  Rifece  gli  eserciti,  ordinò  la  disciplina ,  riprese 

*  Amari.  Storia  dei  Musulm,  in  Sic.  T.  i.  p.  360.  e  seg. 

«  Cedreko  dopo  aver  parlato  delV  occupazione  di  Bari  iaua  dai  Mu- 
sulmani ,  aggiunge  :  ibique  conMent.  Inde  pautatim  proxima  quaeque 
aggressa  et  potiti  universam  Longobardiam ,  et  aliquando  quidquid  ad 
ipsam  usque  Romam,  olim  gloriosiossimam  ^  interest  regtonisobtinW' 
runt.  L  e.  Nel  nome  di  Lombardia  comprendevano  i  Greci  gran  parie  del- 
l'lulia  meridionale.  V.  Pellegr.  JHss. 


—  8  — 

in  Sicilia  coji  vigore  la  guerra ,  inviò  in  Italia  navi  e 
milizie  alle  quali  s'arresero  Bari  ed  altre  terre. 

Questo  fu  il  principio  della  seconda  dominazione  dei 
Greci  nella  penisola  ,  con  varia  vicenda  durata  sino 
al  secolo  XI.  Un  esercito  di  Traci  e  di  Macedoni ,  che  i 
Bizantini  proprie  armi  non  usavano ,  condotto  da  Proco- 
pio Protovestiario  e  Leone  Patrizio  occupò  gran  parte  di 
Puglia  e  Calabria.  Aiutavano  i  rapidi  progressi  gli  interni- 
dissidii  della  colonia  musulmana  di  Sicilia  ^,  lo  con- 
tese della  successione  di  Lodovico  II  morto  senza  eredi , 
r alleanza  dei  Longobardi,  il  consentimento  dei  popoli 
oppressi  dai  Saraceni.  Debolmente  Stefano  Massenzio  , 
strenuamente  Niceforo  Foca ,  succeduti  ai  primi  duci, 
continuarono  le  conquiste.  L'ultimo,  levate  ai  Musulma- 
ni Amantea,  Tropea,  S.  Severina,  li  ricacciò  nell'isola; 
rimase  caro  agli'  indigeni ,  perchè  le  barbare  milizie  as- 
soldate volendo  trascinarsi  appresso  come  schiavi  nu- 
meroso stuolo  d'Italiani ,  impose  si  rilasciassero  \  E  fu 
singolare  virtù  ma  inutile  a  sperdere  l'infausto  augurio 
della  rinnovata  dominazione  perversa  sin  dagli  inizii. 
Tornavano  i  Greci  in  sembianzia  di  liberatori ,  pure  né  la 
memoria  delle  passate  sciagure ,  né  la  presente  miseria 
dei  popoli ,  infrenarono  le  rapine,  sminuirono  l'orgoglio. 

•  Amari  Stor.  dei  Uus,  in  Sic.  T,  IL  p,  42  ec. 

*  Omnia  e  barbar omm  maniìms  eripuU ,  Romana£  dicioni  restituii, 
Cedren.  II,  234  —  Romani  (così  chiamavansi  Traci ,  ìfacedooi ,  ed  al- 
tre mercenarie  genti  )  domum  eum  duetore  mo  reversuri ,  mullas  Ita- 
lorum  camprehenderant ,  quos  volani  in  servUtUem  eeeum  abducere 
eco,  ivi  354.  Leo  Imp.  Taci.  §.  58.  p,  74j2.  A  memoria  del  fatto  dicesi 
sorgesse  un  tempio  presso  Brindisi,  otc  le  milizie  avevano  condotti  i 
prigioni  per  imbarcarsi. 


—  9  — 

Le  terre  divenute  deserte  d'  abitatori  ed  infruttifere 
furono  aggravate  di  balzelli,  e  in  alcuni  luoghi  ripopo- 
late di  colonie  greche,  di  barbari  e  di  servi  affrancati  , 
che  le  tenessero  in  maggiore  obbedienza  *.  Altro  vincolo 
di  servaggio  fu  la  soggezione  delle  Chiese  al  Patriarca 
Orientale.  Già  innanzi  fervendo  l'ire  iconoclaste  le  aveva 
Leone  Isauro  nella  prima  metà  del  secolo  Vili  sottratte 
alia  giurisdizione  dei  Romani  Pontefici  ;  un  altro  Leone 
ora,  detto  il  Sapiente,  succeduto  a  Basilio,  confermava 
gli  antichi  decreti  per  avventura  trasandati  nelle  passate 
vicende,  e  forse  li  ampliava^.  Oppresse  Puglia  e  Ca- 

'  Basilio  inviò  in  Puglia  e  Calabria  tremila  schiavi  affrancali  perchè 
vi  stanziassero.  Cont.  di  Theoph.  V.  p.  77.  ed,  Bonn,  Le  numerose  co- 
lonie di  Greci  che  poscia  s*  incontrano ,  in  gran  parte ,  non  anno  origine 
più  antica.  Sembra  che  anche  Armeni  vi  si  stabilissero ,  poiché  in  un  di- 
ploma di  Simpaticio  Imperiale  Protospatario ,  dato  nel  892  in  favore  di 
Montecasino  ,  s^  impone  di  rispettarne  i  beni  ai  :  protospathariU  ,  spa- 
thariis  candidaiù  et  ipathanU ,  eartulariU ,.  et  protonotarei  thromarm. 
Armeni  ,  Greci ,  seu  et  Longibardie  gastaldeis  ec.  Ex  Reg.  Petri  Diac. 
Fot.  LXV  ,  n.**  456,  Questo  diploma  farà  parte  della  Collezione  di  carte 
bizantine  che  per  cura  deir  egregio  signor  Trincherà  Sopraintendento 
deir  Archivio  di  Napoli ,  verranno  pubblicate. 

*  I>E  Marca  ;  Pagi  ,  Tomasino  ,  Rodotà  ecc.  sostengono  imposta  la 
prima  dipendenza  dal  Patriarca  intorno  al  730 ,  quando  a  cagione  della 
contesa  delle  immagini  V  Imperatore  Leone  Isauro  fece  sequestrare  i  pa- 
irimonii  del  Papa  in  Calabria  ed  in  Sicilia.  Da  quel  tempo  le  conquiste 
Longobarde  ,  e  le  correrie  Musulmane  è  probabile  avessero  in  gran  parte 
spezzati  quei  vincoli  di  obbedienza ,  riponendo  molte  Chiese  sotto  T  au- 
torità del  Pontefice.  Si  spiegherebbe  così  la  :  Dispositio  facta  per  Impera- 
torem  Lemem  Sapimtem  :  ^^jiem  ordinem  habeant  Throni  Ecdesiarum 
PcUriarchae  C.  P.  subiectarum ,  pubblicata  la  prima  volta  dal  Lem- 
davio  Jur,  Graec,  Lat,  T,  1,  L.  4i,  p.  89,  la  quale  raffermò  la  giù-  ' 
risdizione  orientale.  Leone  Allacci  de  Ecdes,  Occid.  et  Orwnt.  perp, 


—  40  — 

Ubria  ,  non  furono  più.  securi  i  vicini  ;  profittando  delle 
contenzioni,  sempre  vive  nei  divisi  Principati  Longobar- 
di, i  Greci  ne  presero  l'alto  dominio;  posero  in  più  stretta 
dipendenza  le  città  di  Campania;  s'abbandonarono  ai 
modi  usati  e  pessimi  di  governo. 

Intanto  morto  l'ultimo  dei  Carolingi  sconvolgevasi 
r Imperio  d'Occidente.  E  mentre  Guido  duca  di  Spelati 
e  Berengario  Marchese  del  Friuli  contendevano  la  co- 
rona del  Regno  Italico  ,  richiamato  Niceforo  Foca  dal 
mezzodì ,  i  Saraceni  riprendevano  le  correrie  in  terra 
ferma  *.  Tra  queste  mutazioni  Aione  Principe  di  Bene- 
vento ,  cognato  a  Guido  di  Spoleti  ,.  o  l'incitassero  i 
domestici  esempii ,  o  ve  lo  sforzassero  i  progressi  dei 
Greci ,  e  le  usurpazioni  fatte  in  suo  danno  ^ ,  si  sot- 
trasse alla  dipendenza  della  Corte  Bizantina.  Riaccesa 
così  la  lotta  presto  vi  s' infrapposero  i  Pugliesi ,  quasi 
che  i  moti  del  Regno  subalpino  suscitassero  tra  essi  le 
medesime  speranze  di  affrancarsi  dalla  straniera  domi- 
nazione. Perciò  mentre  Aione  e  lo  Stratego  Trapezi  com- 

eoH8,  p,  424 ,  vorrebbe  attribuirla  a  Leone  Armeno  ,  e  quindi  riportarla 
air  anno  814  ;  ma  non  pare  che  la  supposizione  abbia  solido  fondamento. 

•  Amari,  i.  425, 

•  Hi8  quoque  diehus  Tehophilactus  stratigo  a  Bari  Theanum  ìiosti- 
lUer  advenU  hyemis  tempore ,  Saracenos  temptans  impugnare ,  nichil- 
que  poficiens ,  infructuoms  abscessU  ,  aìfiensque  Neapdim ,  Marinum 
gcLstaldum  S.  Agathae  Ajonem  rébellem  percepii ,  et  Apuliam  rediens 
funmuUas  munUiones  ejusdem  Ajonis  apprehendit.  Unde  occamné  ac- 
cepta  idem  Aio  adversus  augmtiUe  dominium  rebeUionis  iurgium>  ini' 
tiavit,  Herchem.  n.  66  —  Anno  secundo  regnante  l£onc  ,  Agneo  (Aio) 
Longobardiae  Dux ,  regis  Frandae  gener ,  cognita  BasUii  morte ,  a  «o-. 
cintate  RomanoTum  vindicavit.  Cedren.  //.  25o, 


battevano,  Bari  insorgeva,  e  scacciati  i  Greci  sì  dava  al 
Principe  vittorioso  ^ 

Dal  tempo  della  prima  conquista  i  Longobardi  di  Be« 
nevento  ebbero  fortune  diverse  da  quelli  stanziati  nelle 
altre  province  Italiane.  Gli  accordi  antichi  coi  Pontefici 
contro  i  Re  di  Pavia ,  e  contro  i  Greci  ;  le  guerre  ,  la  vi- 
cinità, i  commerci  con  le  Repubbliche  di  Campania  ,  mi- 
tigarono le  acerbe  nimistà  di  stirpe  fra  i  vincitori  ed  i 
vinti.  V  invasione  dei  Franchi  favorì  sempre  più  la 
loro  trasformazione;  che  persistendo  nella  difesa  contro 
i  nuovi  stranieri,  fu  necessità  accomunarci  proprii  de- 
stini a  quelli  degli  indigeni.  Pure  non  orano  ancora  di- 
sparite in  tutto  te  distinzioni  tra  le  due  schiatte  ,  ma  ve- 
nivano ogni  dì  scemando,  mentre  crescevano  gli  odii 
tra  Italiani  e  Greci.  Varie  ragioni  non  per  tanto  vietaro- 
no ai  Longobardi  compiere  V  unificazione  deir  Italia  me- 
ridionale, che  non  parve  grave  impresa  ai  Normanni  ; 
gli  ordini  sciolti  del  Principato  che  si  divise  e  suddivi- 
se; la  ricordanza  ancor  viva  del  Romanismo  ;  gli  aiuti 
che  le  città  di  Campania  trovarono  ,  nei  Greci ,  nei 
Musulmani,  nella  libertà  del  mare  aperto  ai  loro  traf* 
liei,  intentato  sempre  dai  Longobardi.  Nò  fu  più  stabi- 
io  ora  il  trionfo  d'Aione  quantunque  si  fosse  allargato 
a  tutta  la   Puglia  ^.  Leone  VI  Imperatore  inviava  Co- 

*  Facta  fuU  prodilio  m  Baro ,  mense  Junii ,  quando  princeps  (Aio) 
fecìt  proelium  cum  Stratigo  Trapezi  et  Graecis,  Lupo  Prot.  ad  886. 
Ma  deve  essere  888  ,  come  anche  si  k  nella  Chr.  S.  Sofiae.  Lupo  chiama 
Trapezi  lo  «Iralego ,  che  Ercheuperto  dice  Teofilallo ,  e  forse  ebbe  en-* 
trambi  i  nomi. 

»  Sibique  totam  dicionem  vidicavU,  Cedr.  IL  233^ 


—  12  — 

stantino  Patrizio  e  numerosi  eserciti  a  contrastargli  ,  e 
sebbene  vinti  nei  primi  scontri ,  i  Greci  alleati  ai  Napo- 
litani ,  costrinsero  il  Principe  a  chiudersi  in  Bari  *.  In- 
vocati quivi  invano  soccorsi  da  Capua,  da  Spoleti,  dai 
Saraceni  ,  patteggiava  la  resa  delle  terre  acquistate , 
e  moriva  poco  appresso  in  Benevento. 

Vantaggiandosi  della  facile  vittoria  e  di  quella  mor- 
te, i  Bizantini  assalivano  il  Principato  e  n'occupavano 
la  sede  ,  spodestandone  l'imbelle  fanciullo  che  l'aveva 
redato  ,  estendendosi  a  signoreggiarne  le  dipendenze. 
Guido  di  Spoleti ,  involto  nelle  guerre  con  Berengario 
pel  possesso  del  Regno  ,  non  aiutò  i  congiunti  ,  e  Be- 
nevento rimasto  ai  Greci  senz' altra  difesa,  allargando 
i  confini  del  loro  dominio  aggiunse  maggiore  baldanza 
agli  ambiziosi  disegni.  Imponevano  allora  alle  Chiese  di 
Puglia  .e  Calabria  celebrassero  con  rito  greco;  Vescovi  e 
monaci  Greci  inviavano  in  Italia  ,  docili  istrumenti  d'im- 
perio^, quando  altre  cure  turbavano  il  Papato  e  vieta- 

'  tmitra  eum  Leo  Costantinum  patricimn  wnisae  praefectum  cuin 
OccideiUalibus  mittit  copiis,  Commissa  pugna  Costantinus  succumbuif 
vix  cacdem  ipse  evasit ,  exercitu  suo  ocdsione  deleto.  Cedr.  I.  e.  Er- 
CHEMPEKTO  iiarra  ,  che  Aione  lasciuto  Aleuolfo  ,  conte  di  Capua ,  che  lo 
aveva  .riconosciuto  come  signore,  a  combauere  contro  Attanasio  Vescovo 
duca  di  Napoli ,  mosse  contro  i  Croci  e  li  vinse ,  ma  sopraggiunto  Co- 
stantino con  tre  mila  cavalli  Io  respinse  in  Bari.  §.  73-80. 

*  Cariirba  Serie  Ciwwlogica  dei  Pastori  Baresi ^  p.  81.  Cum  autem 
nniversae  Lotigabardiae  Ducatus ,  quae  vetus  Hellas  eroi  sub  impera- 
tore erat  Costantinopolitano  ,  Papa  vero  separatus  sub  aliis  Gentibus 
vivebat ,  propterea  Patriarca  Ecclesias  obtinebat  ;  nam  Bi^ndusium.  , 
et  Tarentum  a  Costantinopolitano  Sacerdotes  accipiebant.  Nilo  Doxopatr. 
de  quinque  Trhonis  Patìiarch.  ap.  Schelstrat.  Antiq.  Illus. 


—  13- 

vano  s'opponesse*  Che  succedendosi  rapidamente  i  Ponle- 
liei  ,  parecchi  in  una  volta  disputandosi  il  seggio,  non 
si  mosse  querela  contro  l'usurpazione,  già  più  antica- 
mente tentata.  Laonde  con  più  grande  ardimento  osava- 
no perfino  volgersi  all'acquisto  di  Sicilia,  e  profitlando 
degli  umori  che  s'erano  desti  tra  i  Musulmani,  lo  Stra- 
tego di  Calabria  dava  aiuti  ai  Cristiani  di  Val  di  Demo- 
na, e  Leone  Imperatore  apprestava  armi  e  danari  a  più 
valido  assalto  ^  Mentre  con  la  forza  e  gli  inganni  ,  in- 
tenti a  spegnere  le  ultime  reliquie  del  dominio  Longo- 
bardo, da  Benevento  minacciavano  Capua,  e  tramava- 
no in  Salerno  ^. 

Ma  i  grandi  apparecchi  non  produssero  effetti  duratu- 
ri,  e  la  mala  signoria  troncò  anche  ora  il  nerbo  alla  nuo- 
va potenza.  Insofferenti  del  giogo  ignominioso  ^,  primi  i 
beneventani  si  levarono,  e  se  ne  sottrassero,  aiutati  da 
Lamberto  con  fortuna  e  virtù  maggiore  succeduto  al  re 
Guido  suo  padre.  In  pari  tempo  sospinti  a  vendetta ,  i  Mu- 
sulmani ,  che  la  prepotente  tirannide  di  Ibrahim-ibn-Ah- 
med  aveva  ridotti  in  quiete ,  invadevano  la  Calabria  ,  fu- 
gandone i  vili  difensori ,  depredandola  più  vòlte  finché  lo 
stosso  Ibrahim,  che  tra  l'universale  spavento  s'avanza- 

'   Amari  .  Stor.  Musi  li.  70  e  seg. 

^  A!«ON.  Saler.  Rer.  léaL  T,  IL  p,  29i. 

*  Beneventi  qnidem  eius  cives  veluli  proprm  servulos  traclabant , 
nrinU  ,  verbeì'ibus ,  angarii  diversis,  terroribus  assiduis  ,  nulli  honoievi 
ret'crentiam  servantes ,  nìdli  credcnies ,  nulli  unquavi  veritatem  dicen- 
tes  ,  nullique  fidem  cust odimi es ,  penuria  quoque ,  scu  adulteria  puhlica 
vei  privata  ,  et  diversas  fomicationes ,  et  multimoda  [urta  eie.  Chi*. 
S.  Besed.  Pertz.  Scrip.  HI.  p,  205. 


-44-- 

va  minacciando  volersi  aprire  la  via  a  Roma  ed  a  Co- 
stantinopoli ,  colto  d'improvvisa  morte  giacque  presso 
Cosenza  ^ 

Questo  molestie  piegarono  gli  animi  a  pace;  e  segui- 
vano alquanti  anni  di  tregua  tra  Greci  e  Longobardi ,  o 
che  la  garentisse  la  potenza  di  Lamberto,  o  la  impones- 
se la  necessità  della  difesa.  Poiché  spento  Ibrahim,  non 
cessavano  i  perigli,  essendosi,  in  mezzo  a  quelle  disunio- 
ni ,  stanziata  una  colonia  Musulmana  sul  Garigliano , 
che  per  cinque  lustri  vi  rimase  desolando  lo  propin- 
que terre  e  le  lontane.  Non  dirò  dopo  quanti  travagli , 
e  per  quali  accordi,  dalle  forze  congiunte  di  tutta  Italia 
e  dei  Greci  fu  distrutto  quel  ricovero  di  ardimentosi 
masnadieri  ;  noterò  soltanto  come  ,  mancato  quel  fla- 
gello, altri  ne  sorgessero  a  funestare  le  infelici  con- 
trade. 

Costantino  Porfirogenito  imperiava  in  Oriente  ,  ma 
fanciullo  ancora,  aveva  lasciato  usurpare  il  titolo  e 
l'autorità  di  Cesare  a  Romano  Lecapeno.  La  corte  agi- 
tandosi per  faziose  trame ,  e  per  sospetto  dei  Bulgari, 
Puglia  e  Calabria  obbliate  in  mano  d'infidi  ed  avari  ret- 
tori ,  non  posavano,  benché  l' imperatrice  Zoe  nel  916 
avesse  comprata  la  pace  dai  Musulmani  con  l'annuo 
tributo  di  ventiduemila  bizantini  d'oro  ^  S'aggravarono 
perciò  i  balzelli  ;  costretti  i  popoli  a  satisfare  a  quel 
debito ,  alle  usate  imposte  a  prò  del  fisco,  alla  cupidi- 
gia dei  ministri.  E   la  rapacità  di  questi   tolse  anche 

*  AìlARt  1.  e. 

•  Cedren.  //.  35S. 


—  15  — 

la  vergognosa  sicurtà  del  trattato ,  che  rubando  il  dana- 
ro,  sovente  il  negarono  ai  Saraceni  incitandoli  cosi  a 
continui  assalti  K 

Quindi  tra  le  turbolenze  di  Costantinopoli,  e  le  rivo- 
luzioni di  Sicilia  e  d'Africa,  dove  s' innalzava  la  più 
fiera  dinastia  dei  Fatemiti ,  rotti  gli  accordi  si  rinnova- 
rono i  saccheggi  e  gli  oltraggi  degli  infedeli.  Il  Califfo 
di  Mehdia  vi  sospingeva  non  pure  i  Musulmani ,  ma  i 
servi ,  i  liberti ,  gli  assoldati  Slavi  *.  I  mari  nuovamente 
furono  turbati  dalle  ruberie,  le  messi  distrutte,  le  città 
prese  di  forza ,  gli  uomini  uccìsi  o  tratti  in  miserabile 
servitù.  Per  viltà  ,  per  impotenza  non  opponevano  di- 
fesa i  Greci  ;  'contro  i  quali  altra  volta  irrompevano 
le  armi  dei  Principi  di  Benevento  Landolfo  ed  Atenolfo. 
Se  a  vendetta  ,  se  sospinti  dalla  fiacchezza  dei  jiemici, 
se  chiamati  dai  popoli  oppressi  ed  indifesi ,  s' ignora  ; 
che  il  silenzio  dei  cronisti  e  la  ferocia  dei  tempi  nasco- 
sero le  cagioni  ed  i  successi  della  guerra. 

Volse  allora  il  periodo  più  oscuro  della  storia  d'  I- 
talia  ;  quando  le  contese  tra  Lamberto  e  Berengario 
si  perpetuarono  innestandosi  in  quelle  dei  Re  e  degli 
Imperatori  Franchi ,  Borgognoni,  Alemanni.  Quando  il 

>  Quantiinqne  posteriore  non  è  meno  veridica  la  testimoniauza  dello 
Anonimo  Scrittore  deU*  Istoria  Sicula  :  Erat  tanta ,  et  tam  miserabilis 
utrìusque  gentis  oppressio ,  quod  praeter  importabile  onus  servita ,  et 
infinitus  redditus ,  et  tributa  quae  praedicto  Tyranno  ipsos  oportebat 
solvere ,  non  minus  Saracenis  per  singulos  annos  tributariae  per  redem" 
ptione  suorum  capUum  indefensi  a  suis  Graecis  cogerentur  reddere,  vel 
fine  dubio  mqrtem,  aut  captivUatem  perpetuarli  siM ,  et  uworibus  suis 
et  liberis  expectare.  Anon.  Vatic.  Hist,  Sic.  R,  J.  T.  Vili.  747. 

*  Amari.  II.  468  e  seg. 


—  46  — 

Papato,  nella  generale  corruttela,  trascorso  dai  sacerdoti 
in  balla  dei  signori  potenti ,  diveniva  mercimonio  di  ree 
femine;  e  gi^erre ,  sedizioni,  ogni  qualità  di  ruine,  con- 
turbavano il  mezzodì.  Laonde  i  contemporanei  esterre* 
fatti,  giudicando  vicina  l'estrema  ora  del  mondo,  i  pò* 
steri  affrettati  a  trapassare  al  racconto  di  tempi  più 
sereni ,  appena  in  parte  ne  ritrassero  T  orrore  ;  il  quale 
rimase  nella  tradizione  comune  anziché  nelle  speciali 
notizie. 

Dove  e  come  si  pugnasse  allora  tra  Greci  e  Longobar- 
di non  si  trova  con  certezza  *;  però  l'impresa  dei  Prin- 
cipi di  Benevento  fu  assecondata  dai  Calabresi ,  e  dai 
Pugliesi  ;  incitati  a  sottrarsi  all'ignavia  di  un  governo 
che  non  sapeva  assecurarli  dalle  depredazioni  nemiche.  I 
Calabresi  insorti  contro  Giovanni  Muzalone  Imperiale  Pa- 
trizio r  uccisero  arrendendosi  a  Landolfo  ;  e  la  Puglia 
ne  seguì  l' esempio  *. 

Gli  effetti  derivati  da  questa  alleanza  non  è  possibile 
indagare  dalle  confuse  memorie ,  pure  due  fatti  sem- 
brano indubitati  :  il  dominio  dei  Bizantini  fu  abbattuto 
quasi  in  ogni  parte  ,  e  solamente  rimase  in  alcune  città 

'  Bis  temporibus  mpradicti  principes  multa  cum  Saracenis  et  (jh^ae- 
cis  certamina  luibuerunt ,  sed  Dei  misericordiam  victoriam  acceperurU. 
ClIR.  VOLTUR.  R.  J.  T.  L  p.  U. 

«  Joannem  patricium  cognomento  MuzcUonem  Calabnae  praefecerunt, 
Ì8  cum  imperiosus  subditos  gereret  ,  est  ab  vis  interfectus  ,  atque  ii  se 
dederurU  Dandulpho  regi  Longibardiae,  Cedren.  H.  355.  —  Intereit 
UrsHeo  stratigo  in  praelio  de  Asculo  mense  Aprilis  et  apprehendit  Pan- 
dulphus  (  Landulfus  )  Apuleam.  Lupo  Prot.  ad  an.  920  —  Entrami 
d,  Atenulphus  Sypontum,  ann.  S.  Soph.  -— 


marittime  :  il  Principato  Beneventano  s'allargò  in  Puglia 
ed  in  Calabria,  ma  decadde  con  eguale  prontezza.  Furono 
le  risorte  differenze  fra  gli  Italici  ed  i  Longobardi  che 
lo  prostrarono  ?  o  le  armi  dei  Greci ,  avvantaggiate  da 
quelle  discordie ,  e  sorrette  da  altri  aiuti  stranieri?  Si 
vorrebbe  dire  che  tutte  insieme  queste  cause  vi  contri- 
buirono, se  bastassero  ad  argomentarlo  i  lievi  indizii 
che  ne  rimangono. 

Due  Storici ,  V  uno  straniero  air  altro ,  narrano  diver- 
samente la  restaurazione  della  dominazione  Bizantina 
dopo  le  sconfitte  sofferte.  Secondo  Cedreno  ,  T  Impera- 
tore Romano  Lecapeno  inviò  una  flotta  e  con  essa  il 
Patrizio  Gosmas  Tessalonicense ,  il  quale  con  accorti 
trattati  persuase  Landolfo  a  rilasciare  le  conquiste  ^ 
Luitprando  Vescovo  di  Gremona  scrive  invece,  che  Tlm- 
2)eratore  d'Oriente  comprata  a  grandissimo  prezzo  V  ami- 
stà diligo  re  d'Italia  ,  disposandone  anche  la  figliuola 
Sk\  figlio  di  Gostantìno  Porfirogenito  ,  costrinse  Landolfo 
clopo  sette  anni  ad  abbandonare  le  terre  occupate  ^.  Ma 
c|uali  soccorsi  porgesse  Ugo  tacque ,  né  da  altri  si  de- 
sume ;  anzi  egli  stesso  racconta  altrove ,- che  Romano 
Lecapeno  inviati  grandi  doni  ai  Musulmani  d'Africa  ne 
ottenne  milizie  con  le  quali  soggettò  nuovamente  Puglia 
^  Calabria  ^ 


•  •  Cedr.  i4.  355. 
*  LciTPB.  Legai.  §.  10.  . 

s  Ad  Africam  mox  Imperator  dirigit  Regem  cum  predo  rogans  ut 

^^  adiuvet  ,  virtutitque  eius  auxUii  Apuliam  $Un ,  atque  CalàMam 

^"Ubdat,  Hac  ex  legatwne  Rex  Africanus  accitus  innumerabUes  ratibut 

^opiw  in  Cahìyriam  Apuliamque  direxit,  ìrìnasque  ha$  RegUmes  Im- 

voL.  I.  2 


-18- 

La  diversità  dei  modi  che  si  dicono  adoperati  a  ri- 
prendere le  perdute  province  ,  non  m'induce  ad  esclu- 
derne alcuno  ,  ma  piuttosto  a  vederli  usati  successiva- 
mente. Poiché  la  guerra  durò  più  lungo  tempo  che  non 
lasciano  sospettare  i  due  Storici  riferiti,  e  fu  alternata 
da  fazioni  varie  e  tregue ,  con  i  Principi  e  con  le  città  , 
alcune  delle  quali  rimasero  ribelli  o  quetate  insorsero 
altre  volte  sino  al  950  *. 

Come  che  sia  non  si  vogliono  trasandare  questi  moti 
che  congiunsero  Pugliesi  e  Galabri  ai  Longobardi  nelle 
medesime  nimistà;  questi  primi  ed  incomposti  desideri ì 
d' indipendenza  involti  nelle  ambizioni  dei  Principi,  nelle 
ostili  invasioni  dei  vicini,  negli  accorti  negoziati  dei  Gre- 


peraiofm  dominatui  suòdit,  Lvitpr.  HUt,  L.  If.  e.  55.  V.  Nota  1.  infiae 
al  volume. 

'  Ritenendo  le  subite  persuasioni  volute  da  Cedbeno  ,  o  anche  ì  setto 
anni  di  dominio  che  concede  Luitprando,  la  guerra  sarebbe  finita  al  più 
nel  927  —  Pure  due  anni  dopo  troviamo  :  PandtUphus  (Landvlphus)  et 
Guaimarius  (  di  Salerno  )  principes  Longobardi  entraverunt  in  Apu- 
team.  Lupo  ad  an.  929.  Onde,  se  fu  pace,  si  ripresero  poi  le  nimistà,  con- 
giungcndosi  al  principe  di  Benevento  quello  di  Salerno ,  e  come  pare 
anche  il  Duca  di  Spoleti  ;  mentre  d'  una  strana  pena  imposta  da  questi 
ai  prigionieri  Greci  novella  LurrpRAMDo  (  Jlist,  L,  IV,  §.  8),  Combat- 
tevasi  ancora  nel  941  :  Et  factum  est  praelium  in  Matera  a  Graecis 
cum  Longobardis  cum  Stratigo  Imologapto  et  necavit  eum  cum  Pao  in 
mari.  Lupo.  Ma  che  intercedessero  tregue  ed  accordi,  o  sconfitte  vicende- 
voli, lo  mostrano  i  diplomi  del  955  e  957,  nei  quali  Landolfo  di  Bene- 
vento riconosce  Talto  dominio  dei  Greci.  De  Meo  Ann.  ad  an,  Chr.  Vol- 
TURM.  ad  an.  Similmente  accadde  delle  città ,  alcune  delle  quali  più 
vicine  ai  confini  Longobardi  si  sostennero  lungamente:  an.  947  Pianto- 
pidi  sedit  eivitate  Ctiper«am.  an.  950.  Greci  obsiderunt  Asculum  et 
obtinuerunt.  Lupo. 


^i9  — 

ci,  i  quali  tornati  presso  a  poco  negli  antichi  confini  ^ 
non  vi  rimasero  lungamente  senza  altri  contrasti. 

Poiché  intorno  la  metà  del  X  secolo  fallita  la  poten- 
za dei  Principi  di  Benevento,  cadeva  anche  il  Regno 
Italico  subalpino.  Infievolito  dairoltracotanza  dei  gran- 
di, e  dall'indifferenza  dei  volghi  asserviti;  diviso  fra 
le  opposte  preponderanze  dei  vicini  Franchi  ed  Ale- 
manni ;  dopo  una  vita  ingloriosa  e  travagliata  ,  sog- 
giacque in  fine  ai  Tedeschi.  Prima  Arnolfo  Tambì ,  lo 
tenne  poscia  Ottone  I  il  Sassone,  ed  insieme  air  Impe- 
rio Romano  Germanico  ,  volle  perpetuarlo  nella  sua 
stirpe  e  nel  servaggio.  Allora  alle  cause,  che  già  face- 
vano diverse  le  condizioni  del  settentrione  dltalia  da 
quelle  del  mezzodì,  un'altra  ne  sopravvenne  che  più 
apertamente  le  disgiunse.  Dalla  morte  di  Lodovico  II,  gli 
Imperatori  d'Occidente  poca  o  niutìa  ingerenza  avevano 
presa  nelle  mutazioni  dei  popoli  meridionali;  e  la  dubbia 
autorità  loro  e  quella  dei  Re  Italiani  non  s' era  vista 


■  La  restaurazione  della  dominazione  bizantina  sembra  compiuta  verso 
la  metà  del  secolo  X  ;  poiché  Costantino  Porfirogeniio  rimasto  allora  si- 
gnore deir  Imperio ,  non  solo  negò  il  tributo  ai  Musulmani ,  ma  inviate 
numerose  milizie  in  Italia  (  Cedreno  //.  358  ) ,  volle  respingerli  con  le 
armi  ;  però  ne  fu  vinto ,  e  seguirono  altre  depredazioni  ed  altri  patti , 
951-52.  (AxARi.  44.  i46),  Rintentau  la  guerra  nel  954 ,  il  patrizio  Ma- 
riano Argino ,  avendo  sottomesso  le  terre  che  ancora  restavano  ribelli , 
e  costretta  Napoli  air  ubbidienza  (  Cedr.  44.  559  —  Contin.  Theopi. 
p.  455-4)  ,  si  provò  malamente  contro  i  Musulmani  (Amari  952  e  seg.) 
finché  fu  rinnovata  la  tregua.  A  questo  tempo  anche  si  riduce  la  testf- 
monianza  di  Leone  Osi.  44.  57  «  dove  dice  che  i  Greci  «  tempore  àcUi- 
cet  primi  OcUmis ,  Apuliam  iibi  Calalniamque  sociatù  m  auxUium 
suum ,  Danii  ,  Ru$si$ ,  et  Gualanis  ,  vindicavemnt. 


—  20  — 

valere  oltre  i  termini  del  Marchesato  di  Spoleti.  Ma 
Ottone  I,  vinti  Berengario  II  ed  Alberto,  ultimi  re,  as- 
servito il  Papato,  rinnovate  le  pretensioni  dei  Caro- 
lingi su  tutta  la  penisola,  si  giovò  a  conseguirle  del- 
r  antagonismo  degli  indigeni  e  dei  Longobardi  contro  i 
Greci,  e  del  valore  di  Pandolfo  Capodiferro.  Questi, 
oltre  Tereditario  Principato  di  Benevento  ,  investito 
d air  Imperatore  Alemanno  del  Marchesato  di  Spoleti  , 
divenne  precipuo  istrumento  a  sue  ambizioni. 

Da  t|uel  tempo  i  nemici  dei  Bizantini  si  strinsero  ai 
Principi  tedeschi ,  e  gli  avversarli  del  dominio  germa* 
nico  alla  corte  Orientale.  Funesto  sistema  d'equilibrio, 
che  se  impedì  l'assoluta  preponderanza  dell'una  e  del- 
l'altra servitù  in  Italia  ,  entrambe  le  mantenne  più  du- 
rature. Perchè  nella  lotta  per  rifarsi  autonomi  si  trova- 
rono i  popoli  divisi  in  due  campi ,  ed  ebbero  centro  e 
sostegno  nella  rivalità  i  due  Imperii  che  si  dicevano  Ro- 
mani ed  erano  nel  fatto  stranieri  egualmente. 

Favorirono  Ottone  I,  oltre  Pandolfo,  i  civili  dissidii 
di  Costantinopoli,  e  gli  inquieti  umori  delle  città  sog- 
gette ai  Greci.  Perciò  mentre  richiedeva  pel  figlio  Teo- 
fania nata  di  Romano  Joniore  ,  fatto  pretesto  dello  stesso 
parentado,  scendeva  alla  conquista  del  mezzodì.  I  EH^ 
zantini  s'univano  con  Adalberto  figliuolo  a  Berengario  li 
e  con  Giovanni  XII,  privati  da  Ottone  del  Regno  e  del 
-  Papato ,  davano  speranze  alla  parte  antitedesca ,  s' allea-- 
vano  ai  Musulmani  nella  comune  difesa  ^   E  rotta  la 

*  Oltre  le  minacce  di  Ottone ,  stringevano  in  quella  lega  il  Califfo 
Moezz  di  Mehdia  e  V  Imperatore  Niceforo  Foca  le  comuni  nimistà  ooniro 
gli  Abassidi  d'  Egitto.  Amari.  41.  279. 


—  2<  — 

guerra  ,  Alemanni  e  Longobardi  di  Benevento ,  entrati 
in  Puglia  ed  in  Calabria,  e  nel  Principato  di  Salerno 
allora  nemico,  depredando,  uccidendo,  disertavano  le 
iDisere  contrade ,  fugavano  i  Greci  ,  soggiogavano  i  po- 
poli *. 

Ma  tornato  Ottone  in  Germania  ,  e  rimasto  Pandolfo 
£1  continuare  l' impresa  ,  combattendo  i  Greci  era  preso 
a  condotto  prigione  in  Costantinopoli.  Quivi  per  nuove 
turbolenze,  ucciso  Niceforo  Foca,  salito  air  Imperio 
(Giovanni  Tzimisces,  mutavansi  i  consigli,  e  la  guerra 
allentava;  le  nozze  di  Teofania  consentite  ne  toglievano 
1^  apparenti  cagioni ,  V  aggiornava  la  sopraggiunta  morte 
^i    Ottone. 

Dai  corsi  perigli  non  pare  restasse  altro  danno  ai  Gre- 
^  ■     ,  che  la  cresciuta  miseria  di  loro  province,  e  la  man- 
^^^  la  influenza  sui  Longobardi  ;  poiché  liberato  Pandolfo , 
?*i  antichi  ed  i  nuovi  stati  tenne  in  omaggio  ai  Tede- 
^^lii.  Dalle  origini  sue  non  aveva  mai  il  Principato  di  Be- 
lì^^ento  raggiunto  un  si  alto  grado  di  possanza,  che  in- 
cominciando dalla  Marca  Spoletina,  stendevasi  sin  pressò 
^*la  Calabria  da  una  parte ,  e  dall'altra  toccava  al  Gar- 
gano. Il  disegno  d' Ottone  d' indebolire  e  suddividere  <i 
§^^ndi feudi  in  Italia,  aveva  subila  un'eccezione  rispetto 
^*  dominii  Longobardi  nel  mezzodì ,  per  necessità  di  porre 
"^^  freno  contro  Greci  e  Musulmani,  per  farsi  di  quello 
Stato  obbediente  e  forte  una  base  ad  ulteriori  acquisti. 
Perciò  ì*  aveva  ampliato  ;  mentre  con  la  separazione 

*  CaUibnae  fines  venit,  ineendiis  et  depredation'^ku  eam  vélumenter 
^i<Mnt ,  et  millia  damna  vel  oppressiones  gessit  in  principatu  Soler- 
^^ano,  Anok.  Saler.  ad,  art. 


—  22  — 

delle  città  dai  contadi,  con  l'equilibrio  tra  Vescovi  e  si- 
gnori laici,  ed  il  vassallaggio  del  Pontificato,  in  Lombar- 
dia ed  al  centro  della  penisola  abbassati  i  potenti ,  ecci- 
tando gelosie  ed  emulazioni  infinite,  cercò  assicurarne  il 
possesso  alla  casa  di  Sassonia. 

Ma  questo  mirabile  edificio  di  grandezza  ruinò  innanzi 
che  se  ne  vedessero  gli  effetti.  Tre  anni  dopo  Ottone  mo- 
riva Pandolfo  Capodiferro  nel  vigore  degli  anni ,  e  i  suoi 
discendenti  disputandosi  il  retaggio  lo  divisero  altra  vol- 
ta,  e  lo  ressero  senza  virtù. 

Ottone  II  entrato  in  quelle  gare  le  quetò  per  poco , 
sforzandosi  a  ripigliare  e  compiere  i  disegni  di  suo  pa- 
dre. Riassalì  i  Greci ,  occupò  Bari  Taranto  e  Metapon- 
to*, ebbe  alcuni  vantaggi  contro  i  Musulmani  tornati 
alla  consueta  lega  contro  i  Tedeschi.  Ma  in  mezzo  a  que- 
sti successi  fu  sopraffatto  dai  Saraceni  sulla  marina  di 
Stilo,  e  campato  per  ventura  trafugandosi,  mancò  dì 
vita  nel  seguente  anno.  Lasciava  erede  un  fanciullo  del 
nome  medesimo,  contrastata  la  tutela  tra  l'ava  di  que- 
sto, la  madre,  ed  Arrigo  di  Baviera;  sconvolta  quindi  la 
Germania  ,  assalita  in  pari  tempo  dagli  Slavi  ;  accesi 
in  Italia  umori  diversi  contro  la  straniera  dominazione. 

Primo  a  giovarsi  di  tali  condizioni  fu  l'Imperio  Qre- 
co ,  dal  debole  governo  di  Giovanni  Tsimisces  venuto 
a  quello  di  Costantino  Vili  e  Basilio  II  figliuoli  a  Romano 
Lecapeno,  infingardo  rotto  ai  vizii  l'uno,  operoso  cu- 
pido di  gloria  l'altro,  ma  in  tanta  diversità  d'indole 
concordi.  Cominciavasi  dal  riacquistare  il  perduto  ;  Ba— 

'  De  Meo  ad  ann,  985-84. 


—  sa- 
ri, 0  vinla  da  Ottone  II,  o  ribelle  ai  Greci ,  che  è  dub- 
bio *,  era  schiusa  al  Patrizio  Colocyres  Delphinas ,  poi 
Ascoli  e  r altre  terre  s'arrendevano,  malamente  difese 
dai  Longobardi  ridivisi ,  contrastanti. 

Basilio  II,  domata  in  Costantinopoli  una  sedizione , 
repressi  i  moti  eccitati  in  Puglia ,  si  volse  ad  allargarsi 
in  Italia,  dove  oltre  la  diretta  signoria  delle  sue  provin- 
ce, riprese  Talto  dominio  sulle  città  di  Campania  ed  i 
Principati  Longobardi  ^. 

L'  oscura  e  spesso  nefanda  successione  dei  Romani 
Pontefici  da  quasi  due  secoli  s' alternava  a  seconda  del- 
le prepotenze  dei  grandi  e  delle  meretrici,  della  forza  di 
quella  0  questa  fazione.  Fortuneggiò  alcun  tempo  fra  le 
parli  il  Papato,  finché  in  ragione  della  politica  autori- 
tà   usurpata  ,  nella  comune  servitù  divenne  anch'esso 
''^udo  dei  tedeschi  dominatori.  Ma  increbbe  presto  alle 
PMlenti  stirpi  gentilizie  di  Roma,  più  che  il  giogo  im- 
posto, il  tolto  privilegio  dell'elezione  ;  laonde  ai  Ponte- 
'^c^ì  imperiali   opposero  Antipapi,  congiure,   violenze; 
Contaminando  di  sangue  quel  soglio  già  bruttato  di  la- 
^^ì  vie  e  simonie. 

Alla  morte  di  Ottone  I ,  un  Bonifacio  Francone ,  con 
«liuto  di  Crescenzo,  nobile  e  temuto  signore,  tentò  oc- 
cuparlo, e  respinto  fuggì  in  Oriente.  Fervevano  in  quel 
••^lìDpo  le  ire  tra  i  due  Imperii ,  e  come  opposizione  al 
Predominio  Alemanno ,  sorgeva  in  Roma  una  parte  pro- 
Pensa  ai  Greci.  Da  essa  sorretto  tornava  Bonifacio  dal- 


'    De  Meo  ad  an, 
*   ivi. 


—  34  — 

r  esilio  quando  mancò  Ottone  II,  e  quali  accordi  reoas* 
se  dalla  Corte  Orientale  la  brevità  della  vita  non  lasciò 
trasparire  ;  ma  più  tardi  ai  mostrarono  in  persona  di 
Crescenzo  suo  fautore.  Questi  preso  il  titolo  di  Patrizio, 
afforzatosi  in  Castel  S.  Angelo,  padroneggiò  Roma  sino 
a  che  Ottone  III  disceso  in  Italia  noi  costrinse  a  rico«: 
noscere  suo  nipote  come  Papa.  Piegando  alla  forza  dis- 
simulò e  accolse  Gregorio  V;  partiti  però  i  Tedeschi,  ri- 
prese Crescenzo  il  nome  fastoso  ed  il  dominio ,  scacciò 
il  Pontefice ,  invocando  il  sostegno  dei  Bizantini. 

Era  Basilio  II  potentissimo  allora ,  Puglia  e  Calabria 
obbedivano,  i  Veneziani  erano  resi  propensi  e  devoti  dal- 
le larghe  concessioni,  i  Bulgari  vìnti  ,  e  la  brama  d'ac- 
crescere r Imperio  secondavano  gli  eventi.  Ottone  III 
istigalo  da  una  classica  tendenza  verso  Roma  richiede* 
vaio  di  parentado,  Crescenzo  sollecitava  con  più  grandi 
promesse  i  suoi  aiuti.  L'Imperatore  d'Oriente  trattò  con 
r  uno ,  congiurò  con  l' altro ,  sedusse  gli  stessi  ambascia- 
tori d'Ottone  perchè  servissero  a  sue  mire.  Giovanni  Fi- 
lagato  surto  d'umile  progenie  greca  in  Rossano,  terra 
ferace  di  bollenti  spiriti,  più  che  ogni  altra  Calabrese  *  , 
sagace,  procacciante,  sperto  nelle  dottrine  dei  tempi, 
era  piaciuto  a  Teofania,  greca  anch'essa  e  madre  al  terzo 
Ottone.  Questa  di  suo  cappellano  lo  volle  Abate  in  No- 
nantola,  poi  Vescovo  di  Piacenza,  e  negoziatore  delle 
nozze  imperiali  a  Costantinopoli.  Ivi  s'intese  a  proprio 
vantaggio  con  Basilio  II,  e  venne  in  Italia  propugnatore 

'  Quo  iUi  gemper  inardescunt  prac  Calabrù  omnibm.   Vit.  S.  Ni- 
lo e.  IX. 


—  25  — 

della  restaurazione  Bizantina.  Dicesi  scopo  delia  trama 
tornare  ai  Greci  l'onore  dell'Imperio  di  Roma  S  dove 
ministri  di  Basilio  sarebbero  stati ,  Pontefice  Filogato, 
Patrizio  Crescenzo.  Infatti  fugato  Gregorio  V  non  fu  diffi- 
cile al  Calabrese  occupare  la  sede,  all'  altro  la  potestà. 
Ma  0  che  tardassero  i  disegnati  soccorsi ,  o  li  prevenisse 
Ottone ,  non  si  trovarono  i  congiurati  parati  a  resiste- 
re ;  e  l'Alemanno  avuto  in  mano  l'intruso  Pontefice  lo 
depose  e  mutilò  con  feroce  strazio,  uccise  dopo  Crescen- 
zo   che  sotto  fede  di  salvezza  gli  aveva  aperto  Gasici 
S  •    Angelo. 

Ultime  scoppiarono  le  vendette  contro  i  Greci;  Lan- 
dolfo conte  di  Capua  e  Sergio  IV  Duca  di  Napoli,  loro 
al  I  cati ,  e  forse  partecipi  agli  accordi  romani ,  venne- 
ro spodestati.  Capua  ricongiunta  al  Ducato  Spoletino  fu 
rf^tta  ad  Ademario,  Gaeta  e  Benevento  e  Napoli  costret- 
ta a  dichiararsi  vassallo,  la  Puglia  invasa  sino  al  Garga- 
no *.  Ma  il  trionfo  s' arrestò  a  cagione  dei  tumulti  di  Ro- 
'^^  '^,  e  dei  rumori  che  turbavano  la  Germania  ;  quindi  la- 
scoiata  a  mezzo  la  vittoria  Ottone  III  rivalicò  le  Alpi  ^. 

AA  osteggiarlo  Basilio  II  aveva  inviato  Gregorio  Tra- 
^•^tuoto  cai  titolo  di  Catapano ,  poco  innanzi  conferito  al 
S^eco  ministro  in  Italia  a  designarne  là  cresciuta  poten- 
^^  '*.  E  questi  spente  le  deboli  faville  della  ribellione  in 

*    De  quo  dktum  eH,  quod  Romani  decus  Imperii  astute  in  Grae- 
^^*    transferre  teniasset.  Arnclph.  Med.  Hist,   L.  I.  e.  //. 
^  De  IIeo  ad  an, 

^  Provana  Studii  Critici  pag,  174  e  seg. 

^  Insino  allora  i  reggitori  di  Puglia  e  di  Calabria  s*  erano  detti  Stra- 
^^fl'o ,  aggiungendo  a  questo  titolo  quelli  personali  di  Anlipato ,  Patri- 


—  26  — 

Puglia ,  si  congiunse  ai  Longobardi,  restaurò  i  Principi 
spodestati ,  scacciò  Ademario  *,  resistè  ad  un'ultima  in- 
vasione di  Ottone  tentata  con  esito  più  infelice  *. 

La  prematura  morte  deirimperatore  tedesco  pose  ter- 
mine alla  perpetua  gara  con  la  quale  i  due  Imperii  si 
contrastarono  il  possesso  delle  estreme  province  d'Italia, 
e  preparò  nuove  lotte.  Entrambi  i  Cesari  avevano  voluto 
ritemprare  i  loro  pretesi  dritti ,  riaccostandosi  al  Cam- 
pidoglio; Ottone  III  meditò  trasferirvi  sua  sede  ^,  Basi- 
lio li  si  sforzò  rioccuparlo  ;  ma  la  tradizione  che  cerca- 
rono far  rivivere  come  neo-romanismo  germanico  o  bi- 
zantino ,  risvegliavasi  già  sotto  più  veraci  apparenze. 


zio  f  o  Imperiale  Vrolospatario,  Il  nome  di  Catapano  s  incontra  la  pri> 
ma  volla  nel  975.  Michael  Anlhypatus,  Fatricius  et  Catapanus  Ita- 
liae  ecc.  è  scriUo  in  un  diploma  originale  che  conservasi  a  Monteca- 
sino ,  e  farà  parte  della  collezione  delle  carte  Greche  che  saranno  pub- 
blicate dall'Archivio  Napoletano,  le  quali  mi  fu  dato  consultare  per  cor- 
tesia deir  egregio  Sopra  intendente  sig.  Trincherà.  Intorno  air  origine  del- 
la voce  Catapano ,  ed  alla  sua  giurisdizione,  fu  variamente  disputato. 
(  Du  Fresne  in  Not,  ad  Alex.  Giannone  L.  Vili.  e.  3.  ecc.)  Ma  come 
si  deduce  dalle  parole  di  Guglielmo  Pugliese,'  fu  quello  ufìicio  nuovo  iu 
Italia  e  supremo. 

Quod  Caiapan  Graoci ,  nos  juxta  dicimus  omne. 
Quisquis  apud  Danaos  vice  fungitur  huius  honoris , 
Dispositor  populi  parat  omne  quod  expedit  illi. 
Et  juxta  quod  cuique  dari  docet ,  omne  ministrat. 

L.  I. 

»  De  Meo  ad  an.  Murai.  Diss.  VI.  p.  337. 

*  De  Meo  ad  an. 

^  Mascovu.  Comment.  de  Ott,  HI. 


CAPITOLO  II. 


La  casa  di  Sassonia  tiniva  in  Ottone  IH.  Logorato  in 
una  lotta  maggiore  alla  virtiì  sua,  era  morto  più  giova- 
ne che  il  padre,  spento  anch'esso  sul  fiore  dell'età.  Il 
retaggio  del  primo  Ottone,  così  fatale  alla  sua  stirpe , 
veniva  ora  conteso  in  Germania  ed  in  Italia,  separate 
nnche  una  volta  dalla  forza  degli  eventi. 

Appena  il  feretro  imperiale,  che  i  seguaci  conduce- 
vano aprendosi  la  via  con  le  armi,  ebbe  valicate  le  Alpi, 
Arduino  marchese  d'Ivrea  fu  proclamato  Re  in  Pavia;  e 
la  subitanea  elezione  mostrò  pronti  gli  animi  ad  un  ri- 
volgimento, fecondo  di  nuovi  destini. 

Il  Regno  restaurato,  ultimo  nell'  alterna  vicenda  del- 
le due  preponderanze  Longobarda  e  Franca,  non  ritras- 
se quasi  il  suo  carattere  da  quella  emulazione;  meglio 
apparve  reazione  contro  la  signoria  Alemanna ,  e  contro 
l'invaditrice  potestà  Episcopale  che  n'era  conseguita  ; 
e  respingendo  i  tedeschi,  afforzandosi  nell'ordine  de' mi- 
liti e  dei  minori  vassalli  aspirò  a  rendersi  nazionale  ^ 
Tentò  un'  alleanza  tra  popolo  e  re ,  prematura  nei  tem- 

■  La  memoria  di  Arduino  oppressa  dai  cronisti  nemici  e  stranieri ,  tu 
rilevata  ai  nostri  giorni  dal  Provana  nei  suoi  Studii  Critici  iulla  Sto- 
ria d*  Italia  ai  tempi  d*  Arduino. 


—  28  — 

pi ,  ma  non  priva  d'effetti,  perchè  diede  impulso  ad  al- 
tre riscosse,  preparò  i  Comuni,  diffuse  in  quella  parte  di 
Italia  il  moto  che.  destavasi  in  ciascuna  provincia.  Onde 
avvenne  che  in  un  tempo,  ma  sotto  forma  diversa  secon- 
do la  singolare  condizione  politica ,  si  commovesse  tutta 
la  penisola  tra  il  declinare  del  secolo  decimo  ed  il  prin- 
cipio deir  undecime. 

In  Roma  Alberico,  e  poi  Crescenzo,  avevano  ambita 
una  civile  signoria,  sottraendosi  ai  Papi  ed  agli  Inapera- 
tori;  e  quasi  nei  medesimi  anni  con  fortuna  e  virtù  più 
grande  s'innalzava  Venezia.  Il  Doge  Pietro  Orseolo  H 
quotate  le  interne  discordie,  con  le  armi  disfrancavai  la 
cittù  dal  tributo  imposto  dagli  Slavi  Croati  e  Narentini, 
con  accorti  negoziati  V  esentava'  dal  pallio  dovuto  al- 
l'Imperatore d'Occidente,  e  le  otteneva  grandi  privilè- 
gi da  quello  d'Oriente  *.  Più  oscuramente  svolgevasi  il 


'  A  Croatorum  et  Slavorum  oppressionibus  suo»  poienter  liberavU  ; 
viriliter  ahsistendo  sui  compos  in  omnibus  manebat;  estraneis  vero  suae 
resisteìUibus  dUùmi  vicissitudine  recompensabat,  Chr.  Sagorn.  ap.  Filias. 
n  tributo  agli  Slavi  pagavasi,  secondo  opina  il  Filusi,  dal  tempo  della 
morie  di  Pietro  Candiano  IV.  La  guerra  fatta  dall' Orseolo  per  liberar- 
ne Venezia  fu  la  prima  origine  della  grandezza  di  questa  città  ;  poiché 
non  solo  i  nemici  furono  vinti,  ma  molte  delle  città  marittime  della  Dal- 
mazia riconobbero  la  signoria  del  Doge.  Opina  lo  stesso  scrittore  isti- 
tuita allora  la  festa  delle  spousalizie  con  rAdriatìco  in  segno  deir  acqui- 
stato dpminio.  Intorno  poi  ai  rapporti  con  i  due  Imperli,  vivente  ancor^s 
Ottone  in ,  r  Orseolo  ne  ottenne  diploma  che  sciolse  la  Repubblica  dal- 
l' omaggio  del  pallio  d' oro  e  di  50  libbre  d'  argento ,  che  da  190  anni 
i  Veneziani  retribuivano  agli  Imperatori  d' Occidente  per  la  concessione  di 
commerciare  liberamente  nel  Regno  Italiano.  Altre  esenzioni  e  privilegi 
furono  accordati  da  Basilio  II  e  da  Costantino  Vili  favorevoli  al  traffico 


—  29  — 

desiderio  d'autonomia  in  Sicilia  involto  in  una  duplica 
tendenza,  dei  Cristiani  contro  i  Musulmani;  di  quelli  tra 
questi  che  erano  stanziati  conlro  gli  Africani ,  onde 
sottrarsi  da  ogni  ossequio.  Pure  nella  resistenza  degli 
antichi  abitatori  y  nelle  contese  sanguinose  della  succes- 
sione degli  Emiri,  nel  dualismo  fra  Àrabi  e  Berberi,  si 
intravedono  fazioni  e  voglie  poco  dissimili  da  quelle  che 
agitarono  la  rimanente  Italia  ,  e  pel  modo  e  pel  tempo 
mirabilmente  concordi.  Prevalsa  infìne  la  tendenza  del- 
la colonia  Musulmana  sullo  scorcio  del  secolo  decimo , 
l'isola  si  fece  in  tutto  indipendente  dai  Califfi  ^ 

Maggiore  somiglianza  fu  tra  gli  eventi  di  Lombardia 
e  quelli  di  Puglia,  in  quanto  al  carattere  della  rivo- 
luzione ,  non  per  gli  efletti  che  ne  derivarono.  In  ambe* 
due  le  contrade  cominciò  dalle  ambizioni  di  alcuni  Prin- 
cipi, da  Guido,  dai  Berengarii,  da  Arduino  pressoio  AU 
pi;  da  Aione,  da  Landolfo,  dai  Guaimari,  nel  mezzodì; 
fu-  ccyitinuata  dalle  città ,  centro  Milano  e  Bari  ;  fu  ri- 
volta contro  i  due  Imperli,  il  Germanico  ed  il  Bizantino. 
Solamente  la  gloria  che  rimase  intera  ai  Lombardi,  ven- 
ne tolta  in  gran  parte  ai  Pugliesi  dai  Normanni  ;  e 
questi  raccolsero  il  premio  di  quella  insurrezione  e  la 
mutarono  nel  fine ,  fondando  una  Monarchia  ,  quando 
altrove  s'ordinavano  i  municipali  reggimenti.  Ma  prima 
che  si  giungesse  a  tanta  diversità  di  condizioni  furono 
vicende  varie  ,  degne  di  essere  rammemorale,  e  che  io 
prendo  a  narrare ,  perchè  si  sappia  come  si  originarono 

nei  porli  deU* Epiro,  deU'Àcaja,   deUa  Grecia   e  della  Macedònia  ec. 
FiLiASi  MemoT.  dei  Feti«lt.  Voi.  VI.  p.  245  e  seg. 

«  Amavi  II.  p.  40.  #4/.  m.  m.  m  e  seg.  357  t  seg. 


—  30  — 

e  vennero  a  compiersi  l'indipendenza  e  l'unità   delle 
meridiorali  province. 

Delle  città  che  dispiegarono  maggior  potenza  maritlì* 
ma  nel  medio  evo ,  non  ve  n'  à  forse  alcuna  che  possa 
ripeterla  dai  tempi  Romani.  Nel  Tirreno,  Luni  Populo- 
nia  Baia  Stabia ,  spariscono  innanzi  a  Genova  Pisa  Gae- 
ta Napoli  Amalfi;  neir Adriatico,  a  Brindisi,  a  Ravenna, 
subentrarono  Bari  Trani  Ancona  Venezia.  Primi  ad  ac- 
quistare importanza  furono  i  porti  del  mezzodì  ;  gli 
emporii  di  Puglia  a  cagione  dei  traffici  si  fecero  ricchi 
e  popolati  ;  perchè  respinte  dalle  correrie  nemiche  , 
per  l'opportuna  difesa  del  mare  vi  si  raccolsero  le  genti 
propinque,  e  vi  si  sostennero  più  facilmente  i  Greci, 
fvi ,  come  dovunque ,  la  vita  e  V  operosità  italiana  quan- 
do sembra  in  tutto  mancata  nell'interno  delia  penisola 
si  diffonde  lungo  i  suoi  lidi  in  un  campo  incontrastato 
dagli  invasori. 

Bari,  che  primeggiò  in  mezzo  alle  città  Adriatiche,  e 
divenne  sede  della  dominazione  Bizantina,  e  centro  del- 
l'insurrezione che  la  prostrò,  ebbe  oscure  origini.  *  È 
fama  si  sollevasse  primieramente  contro  i  suoi  reggitori 
in  occasione  dello  scisma  iconoclasta  nell'ottavo  secolo 
prescegliendo  un  proprio  Duca;  ma  s'argomenta  da  in- 
certe testimonianze.  ^  D'ogni  modo  ribelle  o  no  nell'  aa- 


>  Di  Bari  antica  quasi  nulla  si  conosce.  Tacito  la  ricorda  come  JIfu' 
nicipio  Ann.  XVI.  9.,  Orazio  per  le  sue  moenia  pUcosi  L.  I.  Sat.  V. 
Altri  le  aggiunge  il  nome  di  Egnatia. 

•  11  Carrubba  (Eoniade)  ed  altri  lo  anno  attestato  sulla  fede  di  uosi 
Leggenda  mtamo  la  traslazione  della  Gran  Madre  di  IHo  che  si  tuo* 
le  scritta  nel  IX  secolo  da  un  prete  Gregorio ,  ma  essa  evidentemente 


-34- 

no  808  era  venuta  in  potere  dei  Longobardi  *  ,  che  vi 
tennero  a  reggerla  un  Castaldo.  Tale  era  Pandone  quan- 
do nel  848  i  Saraceni  chiamati  da  Radelchi  di  Beneven- 
to contro  l'emulo  Siconolfo,  occuparono  la  città  e  la 
fecero  stanza  d'un  lor  Principato  *.  Liberata  da  Ludovi- 
co II,  tornò  nuovamente  ai  Greci  nel  876,  e  questi  con- 
tro i  patti  giurati  trassero  il  Castaldo  ed  i  principali  cit- 
tadini prigioni  in  Goslantinopoli  ^. 

Era  allora  città  munita  ^  ,  già  volta  ai  traffici,  pei  qua- 
li oltre  i  proprii  cittadini  e  i  Croci  e  i  Longobardi  v'ac- 
correvano Ebrei  ed  altre  genti  diverse,  così  che  poco 
più  che  un  secolo  dopo  le  danno  i  Cronisti  una  popola- 
zione di  cinquantamila  abitanti ,  meravigliosa  pei  tem- 
pi. *  Ed  o  fosse  quella  mistione  di  popoli,  o  altre  più 

è  apocrife.  Meglio  potrebbe  valere  qneUo  che  affemta  delle  ciuà  Anast. 
in  vii.  Greg.  II  ^  sibi  omnes  ubique  in  Italia  Duas  elegerunt  ». 

•  De  Meo  ad  an. 

*  Moforeg-ibn-Salem  la  resse  quasi  per  quattordici  anni  come  princi' 
pc  indipendente.  Amari  I.  p.  ^71. 

3  Herchemp.  Ihst,  n.  38. 
.  4  Un  monaco  Bernardo  che  verso  la  metà  del  secolo  IX  (865)  pelle- 
grinò al  Gargano  ne  fece  questa  descrizione:  De  mùnte  autem  Garga* 
no  abeuntes  per  centum  quinquaginta  miliaria  venimus  ad  civitatem 
Barrem  Saracenorum ,  quae  dudum  ditioni  subiacebat  Beneventanùmm 
quae  eivitas  super  mare  est  sita  duobus  et  a  meridie  latissimis  muris 
munita,  ab  aquiUme  vero  pnminet  mare  exposita-r^  Mabill.  Saee,  in. 
P.  lì,  p.  472.  n.  5. 

^  Barum  civitatem  valde  muniiam, . . .  praeter  eives  quinquaginta 
tniilia  habitantium.  Falco  Ben.  1130.  Molte  famiglie  greche  si  trovano 
stanziale  in  Bari  in  quel  tempo ,  dalle  quali  si  fonno  derivare  i  Dotto- 
la  »  i  loannaei ,  \  Gi%%% ,  gli  Effrem  ecc.  distinte  col  nome  di  Kiuri 
(  K^  ).  Il  Bbatillo  pone  la  trasmigrazioBe  ai  tempi  di  Carlomagno 


-32  — 

intrinseche  cagioni,  mostrossi  sempre  pronta  alle  sedi- 
zioni ed  ai  rumori.  L'avvicendata  dominazione  dei  Lon- 
gobardi e  dei  Bizantini,  vi  lasciò  i  semi  delle  due  parti, 
che  sembrano  allora  comuni  alle  altre  città  di  Puglia  ed 
ingenerarono  le  frequenti  discordie  e  quelle  costumanze 
improntate  dalle  leggi  romane  e  barbariche  *. 

Le  due  fazioni ,  avversai' una  propensa  l'altra  ai  Gre- 
ci, perdurarono  lungamente  in  Bari,  e  secondo  che  quel- 
la 0  questa  prevalse ,  i  Principi  di  Benevento  furono  ac- 
clamati, 0  favoriti  i  Bizantini.  Ma  questi  civili  umori 
divennero  più  vivi  verso  la  metà  del  secolo  decimo, 
quando  caduta  la  signoria  dei  Longobardi ,  le  partì  as- 
sunsero il  nome  dai  cittadini  che  se  ne  fecero  capi  ,  e 
le  rivalità  e  le  gare  dei  più  potenti  sì  confusero  negli 
odii  politici.  D'allora  la  città  si  mostra  in  preda  a  conti- 
nue turbolenze  ,  alle  quali  assegna  la  tradizione  un'ori- 
gine diversa  da  quella  che  i  fatti  lasciano  sospettare  ^. 
Oscure  memorie  ricordano  venuti  a  guerra  nel  960  A- 
dralisto  ed  Ismaele  ^  senza  ricordare  la  cagione  e  gli  ef- 
fetti della  pugna.  Giudicando  però  dai  successi  posterio- 
ri, doveva  il  primo  parteggiare  pei  Greci,  l'altro  essere 
fautore  e  capo  della  nemica  fazione;  la  quale  rumoreg- 
i^iò  probabilmente  dentro  e  fuori  la  città  nel  tempo  che 

Star,  di  Bari  p.  i4.  Petroni  Star,  di  Bari  T.  L  p.  36  seguendo  il 
\oLn  Star,  dei  Viicanti,  ii.  p.  85  nel  672.  Meglio  è  crederle  ^eame 
in  tempi  diversi.  Circa  gli  Ebrei  la  loro  presenza  è  attestata  da  parecchi 
luoghi  dei  cronisti  sincroni ,  e  vi  rimasero  lungo  tempo  dopo. 

»  Che  in  Bari  avessero  vigore  alcune  delle  leggi  Longobarde  è  atte- 
stato dalle  sue  consuetudini. 

•  Vedi  NoU  2  in  fine  al  volume. 

*  Et  fwit  pradium  inter  Adralistum  et  Ismaet.  Lupo  %0. 


-33- 

Hoinano  Lecapenp  usurpava  il  trono  in  Oriente  »  ed  Ot- 
tone I  ne  assaliva  le  province. 

Ricomposta  quindi  la  pace  fra  i  due  Imperii ,  e  restau* 
fati  in  Italia  i  Bizantini ,  Ismaele  era  ucciso  nel  975 ,  e 
BitontOi  ove  forse  s^era  ricoverato,  veniva  presa  da  un 
Zaccaria,  Greco  certamente  al  nome  ^ 

Però  non  quotarono  gli  animi.  Nel  976  Niceforo  Im- 
periale Maestro  in  Calabria  aggravando  i  cittadini  di 
Rossano  perchè  armassero  salandre  a  loro  spese  ,  il  po-^ 
polo  tolte  le  armi  ammazzò  i  protocarebi ,  bruciò  le  na- 
vi *.  Poi  nel  979  yn  Porfirio  Protospata  uccideva  An- 
drea Vescovo  di  Oria  ^.  Crebbero  i  rumori  fra  i  rinnovati 
tentativi  di  conquista  di  Ottone  II,  quando  Bari  ed  A- 
scoli  ed  altre  terre  si  risollevarono.  Ma  disfatto  a  Stilo 
l'Imperatore  d'Alemagna,  alcun  tempo  si  sostennero  i 
Baresi,  finché  nel  984 «  due  fratelli  Sergio  e  Teofilatto 
rendevano  la  città  al  Patrizio  Galocyres  Delfìna,  che  ap- 
presStO  riprendeva  Ascoli  *.  Pure  ogni  volta  che  in  Italia 


*  Ismael  inierfeetus  est  et  Zacharias  Bottmtum  aeeepit,  Lvpo,  ad  an. 
9.75.  Ismaele  sembrò  aU' Amari  Musulmano,  condouiero  ausiliare  o  di  ven- 
tura ,  T.  n.  p.  13.  Quindi  sospetta  rotto  V  accordo  tra  i  Bizanlini  ed 
1  Fatemiti.  Anche  il  Muratori  vide  in  Ismaele  «  un  capitano  dei  Sara- 
ceni »  ad  an.  Ma  non  si  pose  mente  che  V  Ismaele  del  960  poteva  avere 
rapporto  con  questo  Ismaele  e  con  queUo  del  1010 ,  del  quale  si  dirà 
innanzi.  Beatulo  fa  venire  allora  Basilio  lì  e  Costantino  VII!  in  Italia , 
e  saccheggiare  Bari ,  e  porvi  i  Catapani.  Ma  il  primo  fatto  ^  falso. 

*  Vita  S.  Nilo,  ironia  1621,  p.  112  e  seg.  Questo  fatto  che  si  vuo- 
le accaduto  alcun  tempo  innanzi ,  è  determinato  dall'  Amari  verso  il  976 
Star.  n.  p.  513.  n.  2. 

3  Lupo  ad  an,  979. 

4  De  Meo  ,0^  an.  982.  •  984.  LIl^  mf  an.  993.     

TOL.  I.  3 


—  34  — 

0  in  Oriente  appariva  una  speranza  d'aiuto  riaccende- 
vasi  il  sopito  incendio.  L'infiammava  nel  987  la  ribeV- 
lione  di  Bardas  Foca  e  di  Sclero  contro  gli  imperanti 
Basilio  U  e  Costantino  Vili,  nella  quale  entrato  anche  il 
Patrizio  Delfìna,  o  richiamato  prima  o  accorso  da  per  se, 
si  pugnava  fìn  sotto  le  mura  di  Costantinopoli  ^  Allora 
in  Bari  la  parte  depressa  insorgeva  nel  febbraio  del  me- 
desimo anno,  uccidendo  Sergio  Protospata,  quello  stes- 
so pare,  che  aveva  innanzi  resa  la  città ,  e  n'aveva  forse 
ottenuto  in  premio  l'ufficio  di  Protospatario.  Insolentiva- 
no quindi  gli  antichi  seguaci  ed  i  congiunti  di  Ismaele  , 
e  uno  fra  essi,  Nicola  Criti,  spegneva  nell'agosto  a  ven- 
detta Adralisto  avversario  suo  e  di  sua  parte  *. 

Se  la  fama  di  queste  turbolenze ,  ed  i  travagli  dell'  Im-^ 
perio  Greco ,  eccitassero  i  Musulmani  ai  danni  dei  popo- 
li di  terraferma  non  si  può  dire.  Certo  in  quel  tempo  ri- 
prese in  Puglia  ed  in  Calabria  le  correrie,  nel  988  deso- 
lati anche  i  borghi  di  Bari,  gli  abitanti  furono  tratti  in 
ischiavitù  ^.  Sopravvennero  quindi  le  ire  imperiali  ;  e 

I  Cedren  II.  445.  Delfina  caduto  prigione  fu  impalalo. 

•  Occisus  est  Sergius  Protospata  (  al.  Protospatarius  )  a  BarenHs 
m.  Februarii,  et  mortuus  est  Adralistus  a  Nicola  Criti  m.  Aug.  XV 
die.  Lupo  987.  al.  JVtc.  Crioti,  e  TIgn.  Barese  Ni€,  CalaArUi,  In  pro- 
sieguo si  troverà  menzione  di  altro  Nicola  Criti  Melopezzi.  La  voce  greca. 
Criti  risponde  al  titolo  di  Giudice  ;  e  probabilmente  anche  V  uccisore 
d' Adralisto  fu  dei  Meli  o  dei  Melopezzi,  congiunti  ad  altro  Ismaele ,  co-^ 
me  si  vedrà.  Questo  titolo  di  Criti  sembra  fosse  ereditario  nei  Blelopeszi. 
Vedi  Doc.  I. 

^  Lupo  ad  an.  Nel  876  fu  assalita  Gravina ,  nel  977  Taranto,  Oria , 
Bovino  e  Gallipoli,  e  dopo  l'alleanza  contro  Ottone  II,  nel  986  Gera- 
race  ,  nel  988  Cosenta  e  Bari.  Amari  515^2S9-40  —  Ma  noa  si  può 


—  36  — 

domata  in  Oriente  V  insurrezione,  s'avviò  a  prostrarla  in 
/(alia  Giovanni  Patrizio  ed  Ammiraglio. 

Disceso  nel  989  ebbe  in  mano  e  spense  Nicola  Oriti 
uccisore  d^Adralisto,  Porfirio  uccisore  del  Vescovo  d'O- 
ria ,  e  Leone  Cannato ,  che  s'ignora  di  qual  delitto  fosse 
reo,  se  pure  non  fu  dei  principali  ribelli  ^ 

Seguì  ai  supplizii  un  più  lungo  periodo  d'apparente 
tranquillità.  Era  il  tempo  che  raffermata  ed  estesa  la 
potenza  di  Basilio  II  in  Oriente  ed  in  Italia ,  durante  la 
fanciullezza  del  terzo  Ottone ,  imbaldanziva  sino  ad  a- 
spirare  allo  stesso  dominio  di  Roma.  Quindi  per  dispe- 
rato consiglio  s'ode  appena  trucidato  qualcuno  dei  ret- 
tori *,  e  fuggiti  presso  i  Saraceni  a  più  sicuro  ricovero 
alcuni  altri  cittadini.  Sforzi  incomposti,  violenti,  incitati 
daWira,  dai  nuovi  e  dagli  antichi  rancori,  rimasti  oscu- 
ri a  noi,  che  nulla  più  possiamo  vedervi  se  non  gli  in- 
dizii  della  continuata  oppressione  e  della  insofferenza  dei 
soggetti.  Così  un  Maraldo  ed  un  Pietro  fratelli,  in  Oria, 
dove  s'è  detto  d' altre  morti ,  ucciso  nel  997  1' Escubìto 
Imperiale ,  e  congiuntisi  ad  un  condottiere  Musulmano 
eh' è  chiamato  Caito  Busito,  Kàid  Abu-sa'ìd  si  crede, 

accertare  se  le  ultime  fazioni  fossero  fatte  in  aiuto  dei  Greci  cqntro  i  ri- 
beUi.  Le  parole  del  Sigonio  :  (  de  Regn,  Itah  Lih.  7  )  qtdppe  Basilius  et 
CVwtotUitiiK  ImpercUores  turpe  ratt ,  te  vetere  tot  annorum  Apuliae , 
Calairiaeque  funse  possessione  dejectos  Saracenis,  quos  nuper  Creta  exe-- 
gerani  magna  mercede  conductis ,  Italiam  invaserunt  ee, —  non  anno 
alcun  fondamento  storico. 

'  IHsccndit  Ioannes  Patritius  qui  et  Admiropolus ,  et  ocàdit  Leonem 
Cannatum,  et  Nicolaum  Criti,  et  Porphirium — Lcpo  ad  an,  889. 

*  Oecitus  est  Bubalus  et  Petrus  Excubitus  (guardia  imperiale)  men* 
se  marin.  Lo?,  ad  an,  990.  /  « 


-36- 

assalivano  Bari.  V'entrò  Maraldo  sforzando  una  porta, 
ma  0  gli  fallissero  gli  accordi ,  o  disperasse  mantenervi- 
si,  n'usciva  prontamente  senz'altro  effetto  ^.  A  quei  moti 
forse  davano  ardimento  gli  apparecchi  di  Ottone  III,  ve- 
nuto contro  i  Longobardi  ed  i  Greci ,  e  trascorso  sino  al 
Gargano,  perchè  d'altri  ribelli  si  à  notizia.  Ma  partito 
l'Imperatore,  prima  un  Teofilatto  in  Gravina,  poi  anche 
Maraldo  furono  presi  *.  Vinse  entrambi  Gregorio  Traca- 
moto,  inviato  nel  999  ad  arrestare  i  progressi  dell'in- 
surrezione, a  combattere  gli  Alemanni.  Unito  perciò  ai 
Longobardi,  riacquistò  ad  essi  Gapua,  concessa  da  Otto- 
ne ad  Ademario;  e  in  questa  lega  rinnovato  l'alto  domi- 
nio sui  Principati,  padroneggiò  dalla  Campania  allo  stret- 
to. Respinti  i  Musulmani  alleati  ai  ribelli  ^,  largheggiò 

•  OccUus  est  Macro  Theodoro  ea:cubitu8  a  Maraldo  et  Petra  gernut' 
ni  in  ùrie  —  Ghr.  Bar.  a4  an.  Lupo  h  in  luogo  di  Maraldo  Smaragdus 
che  suona  lo  slesso  ed  aggiunge  :  Venit  Busitus  Caitus  cum  Smarag-^ 
do  praefato  in  Barum  mense  Octobris ,  et  praefatus  Smaragdus  eques 
entravU  in  Barim  per  vim  a  porta  occidentali ,  et  exiit  Uerum^  tunv 
Busito  cognita  f rande  discessit,  ad  an,  998.  —  Amari  crede  che  il  Ba- 
sito Caiio  sia  Kàid  Abu-sa'-ìd.  II  540.  Lunghi  e  contrarii  commenti  furo- 
no fatti  alle  parole  di  Lupo  dai  nostri  storici  ;  e  sembra  che  Maraldo 
avesse  intelligenze  in  Bari ,  ma  i  suoi  fautori  o  spaventati  o  temendo  dei 
Saraceni ,  non  avendo  risposto  alle  promesse ,  lo  costrinsero  ad  uscire. 

*  Descendit  Trancamoti  Catepanus  qui  et  GregoriuSy  et  obsedU  ci- 
vitatem  Gravinam  ,  et  eomprehendit  Theophilactum  —  Loro  ad  an. 
999.  Captus  est  praedictus  Smaragdus  a  Tra^chamoto  mense  J^ii  44 
die.  Ivi  1000. 

^  Oltre  r  impresa  condotta  da  Maraldo  ,  si  à  memoria  di  altre  zuffe 
dà  un  diploma,  dato  nel  999  mens.  Nov.  Ind.  XIII,  a  Cristofaro  Spataro 
Candidato,  ove  è  detto  :  Quandoquidem  invenerimus  te  dietum  Christo^ 
phorum  fideìem  et  probum  servum  sancti  ìwstri  imperatoris  et  nostrum^ 
quippe  prò  sancto  ejus  imperio  decertaveriset,,»  pugnaveris  adversìtm 


-  37  — 

di  privilegi  e  ricchezze  ai  Vescovi ,  al  Clero,  ai  Monaci, 
devoti  alla  maestà  di  Basilio  II  ^;  riunì  il  reggimento  ci- 
vile e  militare  nel  titolo  di  Catapano. 

Favorivano  l'insolita  grandezza  dell'Imperio  Bizanti- 
no la  morte  di  Ottone  III,  e  le  recenti  vittorie  sopra  i 
Bulgari  venuti  insino  alle  coste  Adriatiche  *.  Ivi  nel- 
998  caduta  in  potere  degli  eserciti  imperiali  Dnrazzo,  e 
poco  appresso  quasi  tutto  il  paese  che  fu  detto  Bulga- 
ria ^,  rimanevano  i  Greci  padroni  del  mare  che  prospet- 
tava i  possessi  italiani.  Anche  gli  Slavi  v'erano  stati  de- 
pressi dalla  guerra  quasi  contemporanea  deirOrscolo 
Doge  di  Venezia;  il  quale  stretto  a  Basilio  in  amistà,  ri- 
cevendone il  titolo  di  Protospata  Imperiale  ,  suggellò 
l'alleanza  con  le  nozze  tra  suo  figlio  e  Maria,  nipote  al- 
l'Augusto, figliuola  a  Romano  Argirio  che  poscia  gli 
successe  *. 

aerunvMios  Agarenos ,  multasgue  rerum  novarum  moUtwnes  et  dam- 
na  itutinuerU,  et  mortis  deserimen  adieris....  monasterium  sancti  Ve- 
M  ee.  Ex  memb.  arìg.  Moìitecas.  N,  4, 

*  Rimane  del  Tracamoto  un  diploma  dalo  air  Arcivescovo  di  Bari,  che 
allora  reggeva  anche  la  Chiesa  di  Trani ,  nel  quale  ordina  agli  ufficiali 
Greci  di  non  imporre  servigi ,  ed  arrecare  molestia  ai  preti  ed  ai  frati 
di  entrambe  le  Chiese ,  senza  esentarli  però  dal  concorrere  alla  restau- 
razione delle  mura ,  e  delle  castella  come  gli  altri  abitanti.  Gli  concede 
di  sedere  a  giudizio  nelle  cause  ecclesiastiche  insieme  ai  Turmarchi ,  e 
di  partecipare  alle  multe.  Petrom  St.  di  Bari  /.  p,  407.  Così  anche 
un'  altro  diploma  di  concessione  o  esenzione  fu  dato  nel  Decembre  999 
da  Ascoli  ai  Monaci  di  Montecasino,  che  avevano  conventi  e  beni  in  Pu- 
glia. Ex  Reg.  Pet.  Due.  fot.  LVl,  n,  UO. 

*  LEBEAC  X.  76.  p.  479  e  xeg. 
^  Cedr.  il.  476. 

A  Fili  ASI.   K.  T7,  p.  247  —  Tunc  etiam  principi  Venetiae  imperafor 


—  38  — 

Puglia  e  Calabria  ubbidirono  nella  pace  universale; 
gli  sfessi  assalti  dei  Saraceni ,  provocati  forse  dagli  esu- 
li ,  furono  impotenti  o  minori  *  ;  un  solo  minacciò  peri- 
gli e  fu  vinto.  Conduceva  l'esercito  Musulmano  il  Kàid 
Safi,  che  è  detto  rinnegato,  e  forse  fu  Pugliese,  scampa^ 
to  dalle  persecuzioni  presso  i  nemici  di  sua  fede,  tornato 
ora  nel  lOOi  con  essi  alle  vendette.  Quésti  nel  maggio 
cinse  Bari  per  mare  e  per  terra,  v'assediò  Gregorio  Tra- 
camoto,  e  senza  altri  aiuti  avrebbe  presa  la  città.  Ma 
nel  settembre  il  Doge  Veneziano  venne  al  soccorso ,  in- 
cuorò gli  assediati ,  li  condusse  a  contemporanea  batta- 
glia fuori  le  mura  e  sul  mare ,  e  dopo  tre  dì  si  ritrasse- 
ro gli  assalitori  ^ 

Questo  fu  V  ultimo  trionfo  del  Tracamoto ,  né  più 
di  lui  si  favella  insino  al  1006;  quando  venne  a  sosti- 
tuirlo Alessio  Xifea  ,  meno  illustre  per  fama  ^  ,  poco 

nuptum  tradidit  filiam  Argyri,  sororem  ejw  Romani,  qui  post  imperio 
potitut  est ,  hoc  modo  sibi  gentem  deviciens  Venetam,  Cedreno  i  1 .  452. 

■  Dal  998  segui  qualche  anno  di  tregua  alle  correrie  Musulmane;  nel 
i002  si  volsero  contro  Benevento  Capua  e  Napoli ,  s' ignora  con  qual 
successo.  \j  Amari  11  540  suppose  vi  l'ossero  sospinti  dagli  stessi  Bizan- 
tini, ma  non  pare.  Recenti  accordi  erano  stati  tra  Longobardi  e  Greci, 
e  contro  quelli  e  questi  infierirono  i  Musulmani  che  nel  1005  entrati  nel 
golfo  di  Taranto  assalirono  senza  prò  Montescaglioso.  Lupo  ad  an. 

*  ObsedU  Sapi  Caytus  Barum  adstante  maio  2  die  usque  ad  san- 
cium  Lucam  mense  Octobris ,  tumque  liberata  est  per  Petrum  Ducem 
Venetorum.  Ixv,  ad  an,  1005.  Obsessa  est  civitas  Bari  a  Saphi  apo' 
stata  et  Catti,  Chr.  Bar.  ad  an*  1005,  Joh.  Diacon.  al  1004,  così  anche 
la  Chr.  Sagorm. — \\  Beatillo  crede  a  memoria  del  soccorso  dei  Veneziani 
innalzata  in  Bari  la  Chiesa  di  S.  Marco ,  e  posto  un  gran  Leone  di  pie- 
tra che  ancora  rimane  e  servì  più  tardi  alla  gogna,  p.  42,  43, 

3  Georeno  11.  452.  Lupo  ad  an,  1007. 


—  39  — 

avventuroso  in  Italia,  dove  solamente  un'anno  rima- 
se ^  Succeduto  Giovanni  Gurcuas,  Catapano,  Patrizio, 
Antipata  ^,  ebbe  anch' egli  governo  breve  e  travagliato. 
A  cagione  del  rigido  verno  del  1009,  disseccati  gli  al- 
beri., inaridite  le  messi,  uomini  ed  animali  cadevano 
per  fiera  morìa.  Nevi,  fame,  morti  dovunque  ;  così  che 
in  quelle  sciagure  videro  gli  Storici  Greci  presagi  di  più 
luttuosi  eventi  ^  Né  forse  errarono  giudicando  che  le 
cresciute  miserie  aggiungessero  fomite  alla  mala  conten- 
tezza dei  popoli,  incitandoli  ad  insorgere.  Ma  innanzi 
d^ entrare  nel  racconto  di  questa  ribellione,  dalla  quale 
nacque  la  ruina  ultima  dei  Greci,  e  la  conquista  Nor- 
manna, non  è  superfluo  vedere  le  condizioni  contempo- 
ranee della  penisola. 

Il  Regno  d'Arduino  nou  era  stato  fortunato  di  lieti 
successi;  l'alterigia  dei  grandi  feudatarii  laici  ed  eccle- 
siastici, e  più  la  riluttanza  di  questi  a  piegarsi  all'impo- 
sta obbedienza,  volgeva  gli  animi  di  molti  a  cercargli  un 
emulo  in  Germania. 

Arrigo  II,  già  Duca  di  Baviera,  eletto  Re  a  Magonza, 


'  Lupo  ad  an.  i008.  In  un  diploma,  che  si  conserva  neir  Archivio  dì 
Napoli ,  è  detto  :  Alexn  Protoip.  et  Catap.  ìtal.  Xifea  mense  martii 
Ind,  V. 

*  Le  note  dì  un  suo  dipi,  nel r Archivio  di  Napoli,  portano:  Joan, 
Antip.  Pairicii ,  Catap.  Ital,  de  Curcua,  Discendeva  da  un  più  cele- 
bre omonimo  valoroso  guerriero,  Gedren.  II.  405:  ed  era  imparentato 
alla  ^simiglia  imperiale  dei  Tzimiscè  —  Ducange  fam,  Byzanf. 

5  CeddU  maxima  nix ,  ex  qua  siccaverunt  arbores  olivae  ,  et  pisces 
et  vdatUia  mortua  sunt.  Lupo  ad  an.  Anno  inseguenti  iems  fuit  gra- 
vissima Itàlieis  mota  indida.  Gedr.  II  4o7.  Haec  autem  portendebant 
eam  seditionem  qtmein  Italia  fuit  excitata.Ghicks  Ann.  P.  IV\  p.  577. 


—  40  — 

por  se  volenteroso  d'Italia,  e  dagli  altri  invitato,  com- 
mise al  suo  congiunto  Ottone  di  Garinzia  di  opprimerò 
Arduino;  ma  vinti  i  Tedeschi  alle  chiuse  dell'Adige, 
iflsino  al  1004  non  più  ridìscesero.  Allora  Arrigo  sedate 
le  gare  domestiche,  mosse  egli  stesso,  favorito  aperta- 
mente dai  Vescovi ,  in  segreto  da  molti  tra  i  Conti ,  che 
simulando  fedeltà  congiuravano,  più  che  dell'onore  e 
dei  giuramenti,  solleciti  dei  privilegi  e  delle  ricchez- 
ze ^  Fu  lieve  perciò  la  difesa,  ed  Arduino  abbandonato 
dai  traditori,  ricoverò  nelle  sue  terre  d'Ivrea*.  Arrigo 
entrò  in  Pavia  come  Re  d'Italia;  ma  nel  di  medesimo  sur- 
ta briga  tra  cittadini  ed  Alemanni  seguiva  ferissima  zuffa 
e  l'incendio  della  città;  onde  soddisfatto  a  questi  trionfi 
tornava  oltr'alpe  ^  Non  prese  corona  d'Imperio,  né  ven- 
ne a  Roma  ,  dove  nel  1003  morto  Silvestro  II,  ultimo 
dei  Papi  eletti  dagli  Ottoni ,  era  caduto  il  Pontificato  in 
potestà  dell'avversa  fazione  che  dicevasi  Spoletina.  Que- 
sta elesse  due  Giovanni  XVII  e  XVIII,  l'uri  dopo  l'altro, 
e  poscia  al  1009  Sergio  IV.  Mancipii  di  lor  fautori  e  mo- 
lestati dai  nemici,  non  ebbero  questi  Pontefici  alcuna 
influenza  sugli  avvenimenti  die  si  apparecchiavano  ;  vi 
entrarono  sì  i  successori. 

Pago  alle  apparenti  dimostrazioni  d' ossequici  Arrigo 
lasciava  il  Regno  Italico  senza  provarsi  a  mutarvi  nul- 

'  In  medio  prindpes  Regni  fraudoienter  iìicedentes  Arduino  paìam 
militahant ,  Henrico  latenter  favébant ,  avaritia  lucri  sectanfes,  Ar- 
.NOLI*.  Hist,  Med,  £.  /.  e.  14» 

*  Veeeptu$  perfidia  principum ,  majori  militum  parte  d^stUuitnr — 
Ivi  e,  46, 

^  pROVAMA  StndU  critici  p,  $29, 


la,  oltre  il  nome  del  supremo  signore.  In  Lombardia,  in 
Toscana  ,  dovunque  fervevano  inquieti  umori  ;  gareg- 
giavano Conti  e  Vescovi  tra  essi  e  coi  vassalli,  libere 
voglie  destavansi  nei  borghesi.  Prepotenze  antiche  ca« 
devàno  o  s'afforzavano,  nuove  ne  sorgevano ,  subite  va- 
ria2Ìonie  confusi  rivolgimenti  suòcedevansi.  Singoli  epi* 
sodii  d'una  lolla,  generata  dalla  natura  stessa  della 
feudalità,  dalle  inimicizie  di  sangue,  dagli  accidenti 
di  una  politica  società  che  si  trasforma. 

Fuori  il  Regno  erano,  Longobardi,  Musulmani,  Greci. 
I  primi,  venuta  meno  la  prisca  ferocia,  secondo  la  virtù  e 
le  ambizioni  dei  Principi,  trapassavano  dall'alto  dominio 
degli  Imperatori  di  Occidente  a  quello  dei  Greci,  con  in- 
certa dipendenza, sovente  scossa  o  mutata.  Dopo  la  morte 
Ji  Pandolfo  Gapodiferro,  si  era  rinnovata  l'antica  divisio- 
ne, che  lasciava  un  Duca  a  Benevento,  e  due  Princi,pi 
a  Gapua,  ed  a  Salerno.  Niuno  accordo  o  lega  tra  essi, 
niun  ordine  buono  che  accentrasse  il  civile  reggimento, 
mancando  gli  stessi  legami  feudali,'  che  sopperirono  in 
quell'età  ai  vincoli  più  stretti  degli  Stati  moderni.  Gen- 
ti e  Gastaldi  secondo  il  volere  e  la  forza  obbedienti  o 
sciolti  da  ogni  omaggio  ,  divenuti  in  alcuni  luoghi  indi- 
pendenti, come  in  Aquino,  in  Teano,  a  Pontecorvo,  a 
Sora.  Difficile  a  scorgere  è  la  condizione  degli  indige- 
ni dopo  cinque  secoli  che  conquistati  e  conquistatori 
per  tante  vie  si  erano  confusi.  Longobarde  le  leggi  , 
longobardi  i  nomi  anche  degli  uflSciali ,  dei  chierici,  dei 
villici,  compiuta  tale  mistione  che  il  diverso  slato  più 
non  vale  a  distinguerli.  Pure  nei  volghi  la  più  antica 
progenie  preponderava,  e  con  essa  la  lingua,  la  quale, 


—  42  — 

salvo  alcune  voci  d'armi  di  leggi  d'ufficii,  non  si  trova 
diversa  nemmeno  in  Benevento,  prima  e  stabile  sede 
degli  stranieri. 

Variarono  i  confini  delle  tre  signorie  Longobarde  per 
mutabili  successi  che  sempre  li  resero  incerti.  Sul  fini* 
re  del  secolo  X  erano  circoscritte  al  nord  dalle  contee 
dei  Marsi  e  da  quella  di  Chieti ,  che  prima  ne  furono 
parte ,  poi  entrarono  nel  Ducato  Spoletino ,  ed  ora  reg- 
gevansi  quasi  autonome.  Tra  levante  e  mezzodì  sten* 
devansi  al  Gargano  ed  alla  catena  Appennina  ;  termini 
contrastati  dai  Greci,  varianti  per  vicendevoli  invasio- 
ni. Antico  confine  dall'altra  parte  formavano  le  città 
di  Gaeta,  di  Napoli ,  di  Amalfi,  di  Sorrento;  a  fronte  al- 
le quali  erasi  rotto  l'impeto  della  conquista.  Nelle  lun* 
ghe  guerre  contro  queste,  contro  i  Franchi  ed  i  Greci, 
r  indole  dei  Longobardi  s' era  infievolita  ,  aveva  par- 
tecipato a  quella  corruzione  delle  schiatte  signoreg- 
gianti  ,  cosi  profonda  ,  così  universale  in  tutta  Italia 
nel  IX  e  X  secolo.  Gli  interni  rivolgimenti  di  quei 
Principati  e  di  quelle  Contee  in  quest'  ultimo  perio-  . 
do  presentano  quindi  una  storia  uniforme  di  perfidie , 
di  tradimenti,  di  debolezza;  simile  in  tutto  a  quella  del- 
le piccole  tirannidi  italiane  del  secolo  XIV  e  XV,  posta 
la  differenza  dei  tempi.  Intorno  al  1010  reggevano  Be^^ 
nevento  Pandolfo  II  e  Landolfo  V  suo  figlio,  Gapua  Pan- 
dolfo  II  detto  il  Rosso,  Guaimaro  III  Salerno. 

Tra  Longobardi  e  Greci  erano  rimaste  le  Repubbliche 
marittime  di  Campania ,  con  quella  incerta  costituzione, 
che  più  non  era  la  prima  forma  dei  Municipii ,  né  anoo- 
pa  presentava  immagine  dei  Comuni.  Oscuro  il  politico 


—  43- 

ordinamento,  indefinita  la  partecipazione  del  popolo  nel 
governo y  antichi  i  titoli  ma  non  T autorità  dei  reggitori, 
che  ancor  si  dicono  Maestri  dei  militi  e  Consoli,  Duchi 
ed  Ipati;  quando  più  sovente  sono  Principi  assoluti.  Sta- 
bile e  riconosciuto  reggimento  non  v'era,  ma  per  molli 
rapporti  simigliante  a  quello  che  Venezia  ebbe  nei  suoi 
primordi!;  turbato  dalle  interne  fazioni,  dalla  violenza 
d' un  usurpatore ,  o  di  famiglie  privilegiale  ,  e  dai  tu- 
multi delle  plebi.  Ed  in  mezzo  a  queste  frequenti  com- 
mozioni, il  tradizionale  ossequio  all'Imperio  Romano 
spesso  le  stringeva  alla  Corte  Bizantina ,  ora  come  sud- 
dite,, ora  con  pompose  concessioni .  d' onori  ;  e  spesso 
per  insolito  ardimento  le  faceva  nemiche.  Raramente 
invaditrici  contro  i  vicini,  ne  sostennero  l'urto  equili- 
brandosi in  altre  alleanze ,  accrescendo  loro  forze  con 
l'operosità  delle  industrie  e  del  commercio.  Ma  divise, 
anch'esse,  chiuse  intorno,  lacerate  da  intrinseci  dissidii, 
perdevano  ogni  importanza  ;  mentre  sorgevano  già  emu- 
le sui  mari  Pisa  e  Genova,  destinate  ad  ecclissarne  la 
possanza,  della  quale  soltanto  la  fama  rimase  più  dura- 
tura ad  Amalfi. 

Altre  cagioni  influivano  alla  debolezza  della  colonia 
Saracenica  in  Sioyia,  sconvolta  dagli  odii  delle  sette  re- 
ligiose e  delle  razze,  e  dal  pessimo  governo  di  Giafar, 
che  preparò  la  ruina  della  dinastia  Kelbita  e  della  do-  « 
minazione  Musulmana  ^ 

A  questo  simultaneo  decadimento ,  ed  alla  dissoluzio* 
ne  crescente  degli  Stati  Italiani ,  partecipavano  i  posses- 

'  AaAKt  IL  349  e  seg. 


—  44  — 

si  dei  Greci.  Benché  si  fossero  ampliati  e  raffermati  a 
misura  che  gli  Alemanni,  i  Principi  Longobardi,  e  gli 
Emiri  Siciliani  perdevano  ogni  vigoria,  soltanto  apparenti 
erano  stati  quei  progressi.  I  loro  variabili  confini  allar- 
gavansi  allora  dalle  radici  del  Gargano  al  promontorio  di 
Minerva  ,  nella  parte  più  meridionale  d' Italia ,  e  più 
fertile;  dove  erano  grandi  città  e  marine  portuose,  che 
la  recente  conquista  della  Dalmazia  rendeva  più  secure. 
Ma  la  depressione  degli  esterni  nemici ,  non  aggiunse 
nerbo  al  decrepito  Imperio  dei  Cesari,  dai  suoi  medesi- 
mi vizii  consunto.  Il  Tema  d'Italia  come  chiamavano 
quelle  province,  dividevasi  in  Puglia  e  Calabria,  ret- 
te quella  da  un  Catapano ,  questa  da  uno  Stratego ,  o  da 
un  Patrizio.  Minori  ufficii  tenevano  Protospatarii ,  Spa- 
tarii  ,  Cartulari!,  Protonotarii  ,  Toperiti,  Turmarchi  , 
ed  altri  numerosi  maestrali;  i  quali  surti  sulle  rovi- 
ne delle  Curie  *  e  dei  Municipii  ,  negli  istituti  e    nei 
nomi  fatti  Greci,  restano  non  dubbio  segno  del  predo- 
minio Bizantino  sugli  indigeni.  E  come  foisse  invalso  ed 
esteso  Tuso  del  Greco  idioma  è  inutile  cercare  qui,  e 
se  più  antiche  ragioni  v'influirono,  ed  alcuni  più  intimi 
rapporti ,  che  non  si  trovano  rispetto  al  linguaggio  Lon- 
gobardo. Ma  per  quanto  antichi  e  for^i  sembrano  i  vin- 

'  E  noto  come  dopo  lunga  decadenza  le  Curie  fossero  abolite  fra 
Fanno  886  e  Vanno  893  dall' Imperatore  Leone  il  Sapiente,  il  quale 
così  no  scriveva  a  Stillano  :  CuriU  autem  piivUegium  ut  quosdam 
Magistrata  constUuerent,  suaque  auctoritate  dvUates  gubemarent 
praeìmerunt.  Quae  ntinc,  eo  quod  res  dvUes  in  alium  statum  tran^ 
sfarmatae  tint,  omniaque  ab  una  Imperatoria^  Majestatis  solliciiudine 
atque  administratione  pendeant ,  ne  incasium  circa  legale  Molum  ober- 
reni  ,  nostro  decreto  illinc  submoventur.  Nov,  XLVI,  Uv.  Leon«s« 


-As- 
coli con  i  quali  Puglia  e  Calabria  si  trovavano  avvinte 
air  Oriente,  non  è  men  vero,  che  quel  servaggio  fu  il 
primo  a  rompersi  in  Italia.  Singolare  precedenza  che 
non  può  attribuirsi  se  non  ad  una  sola  e  precipua  ca- 
gione, cioè  alla  perpetuità  dell'idea  Romana  rimasta 
più  intera  nei  popoli  meridionali.  In  altre  parti  d'Italia, 
ora  i  Longobardi  contro  i  Franchi,  ora  questi  contro  gli 
Alemanni,  ora  un  Principe,  o  una  casta  intera  si  solle- 
varono e  commossero;  ma  sempre  indarno,  insino  a  che 
l'impulso  non  si  propagò  nei  volghi  risvegliandovi  quel 
medesimo  sentimento. 

Discordano  i  Cronisti  intorno  al  principio  della  Pu- 
gliese insurrezione  ,  e  V  incerta  cronologia  si  fa  più 
dubbia  pei  falli  dei  trascrittori,  e  Terrore  degli  Storici 
più  lontani  dal  tempo,  che  ne  confusero  gli  eventi.  Ppi- 
chè  se  probabile  opinione  è  l'assegnarne  l'epoca  al  mag- 
gio del  lOlO  * ,  quando  di  latente  si  fece  manifesta  ;  al- 
tre ribellioni  erano  state  innanzi  meno  note  e  meno 
durature,  delle  quali  la  memoria  e  gli  effetti  restava- 
no. Le  cause  remole  però  che  ora  l'eccitarono,  e  che 
sarebbe  difficile  determinare ,  tutte  si  comprendono  nel- 
le parole  di  Leone  Ostiense  :  «  i  Pugliesi  insofferen- 
»  ti  della  superbia  ,  dell'insolenza  ,  e  della   nequizia 

'   *  Mense  Maii  incepta  est  rebellio.  Lupo  ad  an,  4009,  Hoc  ann»  re" 

èdiavit  Longobardia  cum  Mele  ad  ipsum  Cnrcua ,  mense  Maja  nona 

die  entrante.  Ghr.  Bar.  od  an,  40U,   Quesla  discordanza   tra    i   du« 

CronisU  »  forse  unicameote  è  da  attribuire  ai  trascrittori  ,  poiché  Lupo 

« 
Bella  eopia  di  Pacca  segna  T  aooo  1011,  e  nel  Cod,  d''  Andria  T  ao- 

BP  1010.  AUo  stessa  anco  riferisce  Ceoreno  la  ribellione ,  segnandola 

nella  Ind.  YIIl  an.  6518  T.  11.  437. 


-46  — 

D'dei  Greci ,  si  levarono  finalmente  contro  il  loro  gio- 
»  go  *.  » 

La  morte  del  Catapano  Gurcua  sopraggiunta  poco  do- 
po 2,  occasione  forse  perchè  l'incendio  più  rapidamente 
avvampasse,  svegliò  le  speranze  degli  esuli  e  degli  op- 
pressi ,  i  quali  rannodarono  gli  accordi  altra  volta  stret- 
tf  coi  Saraceni.  Questi  fra  i  rinnovati  tumulti  nell'ago- 
sto del  medesimo  anno  irrompevano  sopra  Cosenza  e  fò 
occupavano  ;  oscura  fazione  che  si  collega  alle  anteriori 
correrie  fatte  in  aiuto  dei  ribelli  Baresi  ^. 

Infatti  i  moti  che  si  destarono ,  furono  continuazione 
delle  precedenti  lotte  contro  i  Greci,  e  delle  civili  gare 
che  avevano  divise  le  città  di  Puglia ,  come  chiaramen- 


'  Sed  cum  superMam  insoUntiamque  ae  nequitiam  Graeeorum  Apu* 
li  (erre  rum  possent  tandem  rebellant,  Leo  Ost.  //.  e.  37. 

*  Chr.  Bar.  Lupo  ad  an.  1010  —  Lebeau  sospeua  fosse  ucciso  dt 
ribelli.  Z.  XVIL  p.  /9/--Petroni  Star,  di  Bari  L  455,  vuole  mo- 
risse innanzi ,  ed  attribuisce  V  insurrezione  alle  gravezze  imposte  da  Ba- 
silio Mesardoniti  successore  di  Curcua.  Ma  nella  Chr.  Bar.  è  detto  : 
rebellavit  Longobardiam.,,  ad  ipsum  Curcua. 

3  Mense  Maii  incepta  est  rehellio ,  et  mense  Augusti  apprehenderwU 
Saraceni  Civitatem  Cosentiam,  rupto  foedere  Cayti  Sati.  Lupo  L  c.  Di 
quale  alleanza  intenda  qui  parlare  il  Cronista  non  è  facile  comprendere  ; 
ma  Cayto  Sati  o  Safi  è  lo  stesso  che  nel  1004  assediò  Bari.  Vedremo 
in  prosieguo  più  chiaramente  indicato  questo  accordo  tra  gli  insorti  ed 
ì  Musulmani ,  ed  anche  air  Amari  piacque  notarlo.  »  Che  gli  Emiri  KeN 
n  biti ,  egli  dice  ,  abbiano  aiutato  a  cotesti  movimenti  di  Puglia  dod  può 
»  chiamarsi  in  dubbio  :  e  se  ci  fossero  ignote  lor  fazioni  di  guerra ,  ba« 
»  sterebbe  la  cura  che  posero  le  cronache  Pugliesi  a  notare  le  mutazioni 
»  di  signoria  dei  Musulmani  dal  millequindici  al  mille  e  venti ,  tacendo 
»  ai  tptto  quelle  che  precedettero  e  che  seguirono.  Storia  dei  Mus. 
?  Il  34S, 


—  47  — 

te  apparisce  dal  nome  stesso  di  Melo ,  che  ora  se  ne  ta 
capo,  e  ne  raccoglie  l'onore  e  le  sciagure.  Tutti  lo  pon- 
gono nato  in  Bari;  ma  variamente  fu  creduto  disceso  da 
una  delle  diverse  schiatte  che  albergavano  sul  medesir» 
rao  suolo.  Di  greca  progenie  lo  chiamano  alcuni ,  e  dal 
vederne  il  figliuolo  ed  il  fratello  detti  entrambi  Argiro  , 
argomentano'  fosse  per  sangue  congiunto  agli  Argirii  di 
Costantinopoli,  nobile  schiatta  che  poscia  tenne  l'Im* 
perio  ^  e  che  con  uno  dei  suoi  rami  sarebbe  trasmigrata 
in  Italia,  come  già  diverse  famiglie  Bizantine.  Ma  troppo 
leggiero  fondamento  porge  quella  simiglianza  di  nome  , 
che  non  si  trova  mai  congiunto  a  .quello  di  Melo,  né  fu 
ritenuto  come  proprio  dai  discendenti.  Parimenti  in- 
certa è  l'origine  Longobarda  ricordata  dal  poeta  Puglie- 
se *;  perchè  Longobardi  chiamavansi  quanti  non  erano 
Greci,  e  perchè  vi  si  oppongono  le  parole  d'altri  stori- 
ci ,  che  lo  dicono  cittadino  di  Bari  o  Pugliese  ^  Perciò 
tralasciate  alcune  pretensioni  strane  che  lo  vorrebbero 
Tedesco  *,  sembra  che  a  ritenerlo  indigeno  forse  soltanto 

'  Eodem  dato  cognomine  odio  incettum  iit  on  ea^  Costantinopoli 

^igraverit,  ibique  sedes  suas  fixerit,,..  an  vero  ex  catu  aliquo^  alia' 

^^  de  causa  id  sUn  nomenclatura  arrogaverit,  Ducakge  Fam.  Byzant,' 

^^gyr.  Ital, 

*   Longobardum  ìidtù Guil.  App.  1.  «  Melo  fu  di  sangue  Umgo^ 

*  ÌHirdo ,  ma  di  famiglia  dimorante  da  molto  tempo  in  Bari ,  e  am» 

*  emessa  àUa  nobile  cittadinanza.  »  Beatil.  St.  p.  44.  «  Di  sangue 
^^^^gobardo  »  Petroni  Stor.  di  Bari  i.  444. 

^  Barensium  civium  immo  totius  Apuliae  primus  ac  elarior  eroi 
*^*^Bntiiminu#  piane  ac  prudentissimus  vir.  Leo  Ost.  ///,  p.  37.  Un 
^    PuHli  qui  se  damoil  Melo.  Amato  i,  20.  Quidam  enim  vir  potens 
«ntu  de  iù  qtsi'Barum  incolebant.  Cedren.  ii,  457. 

^  MiRTiNO  HoFFMAMO  stoFÌco  tedesco  del  secolo  XVII  lo  dice  nipote 


—  48  — 

poti'cbbc  esser  cagione  di  lieve  dubbio  il  nome  che  da 
alcuni  gli  si  attribuisce.  In  parecchi  Cronisti  sincroni  in 
luogo  di  Melo,  leggendosi  Ismaele,  ed  un  diploma  con- 
temporaneo affermando  che  Melo  ed  Ismaele  fossero  una 
stessa  persona  ^ ,  parrebbe  doversene  conchiudere  che 
Ebrea  o  Musulmana  ne  fu  la  stirpe;  di  quelle  genti  cioè 
ch'ebbero  in  costume  denominarsi  dal  figliuolo  d' Àbra- 
mo ^.  Ma  questa  e  le  altre  supposizioni  sono  in  egual 
modo  prive  di  sicure  testimonianze ,  e  quale  che  voglia 
immaginarsi  il  primo  suo  stipite,  da  un'epoca  più  re- 
mota gli  antenati  di  Melo  si  mostrano  Baresi.  Quel  nome 
d'Ismaele  ch'egli  serltò,  ricorda  un  altro  omonimo,  che 
trentacinque  anni  innanzi  aveva  combattuto  in  Bari  con 
Adralisto  fautore  dei  Greci ,  e  ne  fu  spento  nel  975.  Se 
ciò  non  basta  a  crederlo  uscito  dallo  stesso  sangue, 
valga  ad  accrescerne  la  probabilità  ,  il  vederli  seguaci 

deir  Inpcnuire  Anrìj^o  U ,  nu  seaza  addaire  ;ilciiiia  pmof  a  di  <|aeslo 
isverosimile  paKBUjo.  tfj».  Lckwic  Ser^.  Anr.  £pù€op.  Mumkerg, 
T.  1.  S  7S. 

'  IfM'ti'ie  lo  diismiai  il  Cuìmi.  Bau»,  od  4Em.  40H ,  e  eoa  aneke  Lo» 
mi  <n.  KHO,  set  €ad,  éT  Jmtria  ^  U  Cn.  S.  Sota.  nel  cutf.  Rorgiamb 
mi  a».  KM7  >  il  biogmJb  dt  S.  Arrigo  »  e  «quello  M  Vescovo  Me»- 
wercL  Ttxn^  Seripi.  T.  IL  To^  g^  equivoco  A  diploau  «fi  Am- 
yo  Bl  ditf  sarà  dato  mi  DoenoKiui  ove  sì  dke  :  iamui  4mx  JfmSmt . 
^  K  Mdo  wcoAshir. 

^  ^ìoa  credo  si  trovi  esmipio  dei  none  dTIamaiiLe  fin.  i  QiadaoÀ.  rw* 
russerò  Ebrei  in  qnel  tempo  ia  Bari  è  ctsrto  ^  e  i  limai  lmai»i  ^^  aaao 
jtaii  ;  onde  si  dovrebbe  sapporre .  che  da.  qneUi  o  d»  <{iiesti  nnciaBe  bi 
6iBÌ|$iia  del  ribelle  Barese  ;  ma  sono  «luesti  appemi  probabili  aoipeitì. 
Melo  e  Milo  poi  si  trovano  osati  tn  ì  Latini  ed  ì  ledescbi  ;  «d  «lue 
famaele,  è  ricordato  fin  L  cittadini  di  B^  ub  Gmia  Proia,  Uai.  iL.>^> 
màim.  MÌ38. 


-.49  — 

d'  una  medesima  fazione.  I  semi  delle  passate  discor* 
die  non  erano  mai  venuti  meno ,  e  dalla  morte  del  pri- 
mo Ismaele  essendosi  innalzata  la  parte  avversa  col  fa- 
vore dei  Bizantini ,  inferocirono  gli  sdegni ,  e  come  av- 
viene nei  politici  rivolgimenti ,  si  congiunsero  i  priva- 
ti rancori  alle  pubbliche  querele  ;  e  ragioni  antiche  e 
nuove  infiammarono  gli  animi.  Questi  odii  tramandati 
d'una  air  altra  generazione,  aggravati  da  nimistà  scono- 
sciute a  noi ,  spiegano  perchè  Melo  ,  reputato  cittadino 
e  dei  principali ,  si  trovasse  per  ereditario  dritto  capo 
a  quella  parte  che  s*  era  mostrata  nemica  ai  Greci.  Ed 
il  numeroso  seguito  nella  patria  ed  in  Puglia ,  secon- 
dandolo anche  la  qualità  dei  tempi  pr^opensi  a  muta- 
zioni ,  mostra  riacceso  ora  da  lui  V  antico  desiderio 
d'affrancamento.  Sembra  però  che  gli  inizii  della  ri- 
bellione cominciassero  fuori  Bari ,  d' onde  forse  era 
esule  Melo ,  poiché  i  primi  scontri  tra  gli  insorti  ed  i 
Greci  avvennero  a  Montepeloso  in  prossimità  del  con- 
fine Longobardo.  Ivi  Melo,  o  Ismaele,  come  lo  chiama 
l'Anonimo  Barese,  vinse  i  nemici  ed  un  Pasiano  che 
n'era  il  duce  vi  mori  *. 

La  dubbia  cronologia  dei  narratori ,  segna  questi  av- 
venimenti con  varia  lezione,  ma  non  si  può  collocarli 
fuori  Tanno  1010^.  Allora  eccitate  dal  primo  successo 
ottenuto  molte  città  di  Puglia  si  levarono  in  armi ,  e 
dalla  montuosa  regione  ove  s' era  combattuto  ,  3in  pres- 

»  Et  Ismael  fecit  pugnam  in  Montepelusio  cum  ipsis  Graeeis  et 
ceddit  Ulic  Vasiano.  Chr.  Bar.  lOH. 

*  Le  varianti  dei  éodici  pongono  la  bauaglia  nel  1010  o  nel  iOil  ^ 
ma  sempre  nelU  anno  stesso  della  ribellione. 

vot.  I.  4 


—  50  — 

so  Bari,  a  Bitonto  o  a  Bitetto ,  dove  nuovamente  si  pu- 
gnò, trascorsero  i  ribelli  senz'altro  ostacolo.  Un  secon- 
do trionfo,  sulla  contraria  fazione  dei  Baresi  usciti  a  re- 
spingere gli  assalitori ,  fu  contrastato  con  più  grande 
strage  ^ ,  ed  aprì  Bari  ai  vincitori  ;  i  quali  quanti  fos- 
sero ninno  dice ,  e  se  aiutati  o  no  dai  Longobardi  \ 

<  FecerufU  beUum  tti  Betete  uln  multi  Baremes  cedderuni,  Chb. 
Bar.  ,  nel  cod.  d' Andria.  Bitonto  »  e  le  due  ciiià  sono  quasi  ad  egual 
disunza  da  Bari.  Un'  altra  lezione  di  Lopo  porta  :  Longobardia  ribella- 
vU  a  Cesare  opera  Melo  ducis.  hque  accurrens  praeliatus  est  Barum 
contra  Barenses  tUn  ipsi  óbierunt.  In  ogni  modo  nei  Baresi  vinti  non  sì 
possono  scorgere  i  seguaci  di  Melo ,  che  entrò  in  Bari  »  deve  perciò  cre- 
dersi fossero  della  fazione  avversa. 

*  11  solo  Gltcas  parla  d' un'  alleanza  co'  Longobardi ,  possibile ,  ma 
da  non  ritenersi  suir  autorità  di  uno  storico  posteriore  ed  inesatto  che 
dice  Melo  inviato  dall'  Imperatore  contro  i  ribolli  :  quippe  conjuncti  Lon^ 
gobardis  Itali  contra  Romanos  (quo  nomine  Graeci  sunt  accipiendij  se 
commoverunt,  Adversus  eos  Meles  ab  imperatore  missus  trophaeum 
sane  splendidum  victoriae  potitus  statuii.  Ann.  P.  IV.  p.  577.  Non 
si  può  dire  se  queste  parole  indussero  in  più  strano  errore  il  Beatillo, 
che  scrisse  :  Con  V  occasione  di  questa  vacanza  di  Catapano ,  e  pre» 
ciso  nel  4045  alcuni  nemici  del  Greco  Imperio  f  Normanni  scrivono  che 
fossero  J  cominciarono  ad  infestare  la  Puglia ,  per  toglierla  ai  Greci 
e  soggiogarla  al  loro  dominio.  Della  qual  cosa  tostq  che  s' avvidero  i 
Greci,  ch'erano  in  Puglia,  si  elessero  per  Duce  il  più  illustre  e  rù 
putato  gentiluomo ,  die  fosse  in  Bari ,  anzi  in  tutta  la  Puglia ,  nO' 
minato  Melo...  Uscì  questi  con  soldati  Greci  e  Pugliesi  in  campagna, 
e  data  ai  nemici  sconfitta  tale ,  che  per  un  pezzo  non  poterono  alzar 
la  testa ,  se  m  ritornarono  trionfanti  in  Bari ,  e  diedeio  avvito  a 
Costantinopoli  del  successo.  Non  si  sa  come  pigliassero  queW  Impera* 
tori  a  bene  V  dettione  di  Melo  a  quel  grado ,  ma  si  sa  certo ,  che  ri- 
saputo i  Baresi,  come  in  quella  Corte  si  trattava  mandare  un  Cata- 
pano (he  li  tenesse  più  a  freno  di  prima ,  crearono  et  acdamaanmo  a 
loro  Preneipe  il  medesimo  Mdo^  e  si  ribellarono  ali* Imperio^  p,  44-45» 


—  61  — 

Tornato  Melo  in  patria  vi  assunse  il  titolo  di  Duca 
probabilmente  ^,  e  resse  la  città  insieme  alla  sua  parte, 
nella  quale  primeggiava  Datto  suo  cognato,  fratello  alla 
moglie  Maralda  *.  Ma  se  l'autorità  di  Melo  si  estendesse 
su  tutte  le  città  insorte,  e  si  riserbasse  la  preminenza  a 
Bari,  0  si  formasse  una  tacita  alleanza,  è  vano  cercare; 
perchè  le  vicende  di  quella  rivoluzione  lasciarono  ap- 
pena orma  in  Trani  ed  in  Ascoli  ^ ,  e  surse  e  cadde  con 
tanta  rapidità  di  fortuna,  che  ogni  altra  memoria  fu  can- 
cellata dal  furore  dei  nemici. 

Dopo  le  prime  sconfitte  essendosi  i  Greci  rinchiusi  nel- 
le città  munite  o  fedeli,  aspettarono  soccorsi,  phe  non 
giunsero  innanzi  il  marzo  del  1011.  Allora  Basilio  Ar- 
dirò di  Mesardonia  Prefetto  di  Samo,  e  Contaleonte  Pre- 
fetto di  Cefalonia  condussero  in  Puglia  un  esercito  di 
mercenarii  Macedoni  ^  a  difesa  dei  presidii  Bizantini.  La 
guerra  cosi  si  rinnovò  ;  e  in  Trani  i  cittadini  assediato 
in  una  torre  Sellitto  ed  altri,  o  Greci  o  fautori  di  lor 
domìnio ,  v'  appiccarono  il  fuoco ,  e  ve  li  bruciarono  **; 
mentre  Melo  uscito  da  Bari ,  s'azzuffava  con  le  milizie 

*  Lupo  glie  lo  attribuisce  dal  1010. 

*  Quodam  aeque  mbilUtimo  ipsiu»  Meli  cognato,  Leo  Ost.  44 ,  57. 
'M^'ére  camd  de  la  moUUer  de  Melo.  Amato  1.  25.  d^  Meo  ingannato 
daH*  apocrifo  Cromista  Cavense  lo  dice  fratello. 

'La  Cronaca  Ca\ense  compilata  dal  Pratillo  pone  insorte  tra  le  pri- 
mule Ruvo ,  Ascoli  e  Minervino ,  ma  soltanto  è  certo  della  seconda. 

4  Gedr.  //,  457.  I  cronisti  chiamano. diversamente  Basilio  ilfejanfo- 
Htct,  Meiordoniti,  Sardonia,  de  Macedonia;  nei  diplomi  è  detto  de 
Mesardonia. 

^  SUlictus  incendit  iptos  hominfis  in  civUate  IWint.,  Lcrood  an. 
(Oli.  Ma  il  testo  anche  a  giudizio  di. de  Meo  è  erroneo.  NcII^bron.  Ba- 

* 


—  52  — 

allora  venute,  riportandone  splendida  vittoria, ucciden- 
do molti  dei  nemici;  dei  quali  pochi  rimasero  prigioni, 
i  più  camparono  con  vituperosa  fuga  *. 

Fallite  le  armi ,  meglio  riuscivano  gli  accorgimenti  e 
le  seduzioni,  che  alla  signoria  Bizantina,  come  ad  ogni 
altra  che  per  se  abbia  Tuso  del  comando,  non  manca- 
vano partegiani  in  Puglia,  ai  quali  s'accostavano  le  tur- 
be dal  lungo  servaggio  snervate,  gli  ambiziosi  ed  i  ti- 
midi. E  Brindisi  ed  Oria  tenute  in  fede  dall'  Arcivescovo 
Giovanni  *  fanno  argomentare  anche  altrove  V  alto  Clero 
aiutatore  della  restaurazione  Imperiale.  0  afforzato  da 
nuovi  eserciti ,  o  sperando  nelle  domestiche  divisioni  , 
Basilio  Argiro  al  20  aprile  di  queir  anno,  venne  a  porre 
l'assedio  contro  Bari  ^  Quaranta  giorni  vi  rimase^  op- 
ponendo i  cittadini  ostinata  difesa  ;  ma  la  contraria  fa- 
zione .  cominciò  con  segrete  congiure  a  tramare  ,  per 
porre  in  sua  mano  i  principali  ribelli  *.  Melo  e  Datto 

REN.  leggesi  :  Et  SellUus  et  alii  homines  incensi  sunt  ab  ipsi  Trani- 
si  in  wia  turre.  Che  i  Tranesi  fossero  ribeUi  si  desume  daUa  condanna 
di  Ifaraldo  da  Trani  ricordata  in  prosieguo. 

'  Cedr.  //,  437.  1  Cronisti  PugUesi  non  parlano  di  questa  baiU' 
glia ,  ina  lo  storico  Greco  merita  fede ,  poiché  narra  fatti  contrari!  aUa 
sua  gente. 

»  Un  diploma  di  Basilio  Argiro  dell'agosto  101  i  ,  letto  ed  emendato 
da  DE  Meo  (  ad  an,  1010  ),  confermando  le  esenzioni  dei  Catapani  Xifea 
e  Curcua  a  prò  del  sudetto  Arcivescovo  e  del  Clero  dice  :  justum  est 
ut  etmservetur  et  custodiatur  tanquam  fideli  et  grati  animi  servo  Im' 
perii  ejus  potentis  et  sacrati ,  sed  etiam  universum  ejus  Clerum ,  et 
omnia  dictae  Ecdesiae  et  subwrìna  et  praedia  ec.  ordina  perciò  che 
ninno  dia  molestia. 

^  XI  die  astante  mense  aprUis.  Chr.  Bar.  an.  1012  erroneo. 

4  Barenses  resistere  non  vakrent^  post  non  Umgum  tempus  tìirpiier 


-53  — 

impotenti  a  resistere  più  oltre,  visti  invilirsi  i  loro  se- 
guaci ,  e  prevalere  gli  interni  nemici ,  prima  che  il  tra- 
dimento avesse  effetto  in  segreto  fuggirono,  abbando- 
nando ogni  cosa  diletta.  La  <)ittà,  patteggiatala  resa , 
aprì  le  porte  ai  Greci  ^  e  le  prime  vendette  si  volsero 
sopra  le  famiglie  degli  esuli.  Maralda  sorella  a  Datto  e 
moglie  di  Melo ,  il  fratello  e  il  figliuolo  di  questo  ,  che 
avevano  il  nome  stesso  d'Argiro,  presi  come  ostaggi  fu- 
rono inviati  in  Costantinopoli  *. 


'e  suaque  dedentes ,  eundem  quoque  Melum  GrecU  tradere  cmaòcmlur. 
Leo  Ost.  II ,  37.  Chr.  Bar. 

'  CepU  eam  cum  quihusdam  conditionibus.  Leo  Ost.  L  c.  La  Chr. 
Bar.  neU'  esemplare  del  Freccia  dice  soltanto  :  Et  habit  pacificc, 

*  Interea  Barenses  captam  uxorem  ipsius  Uaraldam  et  filium  Ar- 
^  CostarUinopolim  ad  imperaiorem  trasmittunt.  Leo  OsTr  II,  57, 


CAPITOLO  III. 


Dalla  forza  delle  armi  e  dalla  viltà  dei  suoi  concitta- 
dini, costretto  Melo  a  fuggire,  ricoverò  con  Datto  in 
Ascoli  ;  sperando  presso  il  confine  longobardo  resistere 
più  validamente.  Ma  inseguito  ed  assediato  dai  nemici  , 
temendo  d' altri  tradimenti,  e  diffidando  d'esser  sovve- 
nuto, dopo  breve  dimora,  di  notte  si  ridusse  col  cognato 
a  Benevento  ^  Se  ivi  non  erano  stati  prima  intimi  ac- 
cordi ,  il  sospetto  che  vi  destava  la  possanza  dei  Bizan- 
tini procurò  oneste  accoglienze  agli  esuli.  E  questi,  sen- 
za indugio ,  dalla  corte  di  Pandolfo  II  e  Landolfo  V  *  , 
passati  a  Salerno  e  di  là  a  Capua  ,  sollecitando  aiuti  , 
a  cercarono  per  ogni  via  abbattere  la  dominazione  dei 
»  Greci ,  e  liberare  la  patria  dalla  loro  tirannide  3.  » 

'  Una  cum  Datto  clam  fugit,  et  Asculum  introivU;  atque  post 
paucos  dies ,  timens  ne  etiam  ipsi  Graecis  qui  eum  requirebant  fai. 
obMébaìU)  contraderent ,  noctu  egresms  cum  Datto,  eie.  Leo  Ost. 
//.  57. 

*  Io  queUo  stesso  anno  i  due  Prìncipi  adottarono  Pandolfo  III  detto 
Guaio  figlio  di  Landolfo  V.  de  Meo,  ad  an. 

^  Beneventum  perrexU ,  inde  Satemum ,  ae  deinde  Capuam  ;  nulla 
interim  otto  indulgens  quin  modis  omnibus  satageret ,  qufUiter  Grae* 
corum  dominationem  abieere ,  atque  ab  eorum  tyrannidem  suam  fot* 
set  patriam  liberare.  Leo  Ost.  l,  e. 


—  55  — 

Ma  i  Prìncipi  di  Capua  e  Benevento  per  affinità  di  pa- 
rentado congiunti  tra  essi  e  con  Atenolfo  Abate  di  Mon- 
tecasino  * ,  prevalendo  sugli  Stati  propinqui ,  vi  suscita- 
vano le  consuete  invidie.  L'antica  emulazione,  o  recenti 
dissidii,  vietarono  si  concordasse  in  quella  alleanza  Guai- 
maro  III  di  Salerno  ;  e  gli  eserciti  greci  minacciavano  da 
vicino  innanzi  che  si  provvedesse  a  respingerli.  Basilio 
Argiro  appena  fu  entrato  in  Bari ,  destinandola  a  stabile 
sede  dei  Catapani,  attese  a  fabbricarvi  una  fortezza  *,  a 
quotarvi  i  tumulti.  Che  s'infierisse  contro  i  ribelli  non  è 
detto,  ma  il  silenzio  dei  Cronisti  non  è  argomento  della 
temperanza  dei  vincitori,  quando  gli  odii  cresciuti  in 
prosieguo  lasciano  supporre  crudeli  persecuzioni.  Ninna 
altra  zuffa  però  si  ricorda^;  gli  insorti  dispersi  esula- 
rono ,  0  prigioni  furono  inviati  in  Oriente ,  i  beni  ven- 
nero confiscati;  e  compiute  le  vendette,  Basilio  mosse 
ad  intimidire  i  Longobardi,  ospiti  di  Melo.  Accoglievalo 
neir ottobre  lOH  Guaimaro  in  Salerno;  v'inviava  suoi 
messi  l'abate  Atenolfo,  ad  implorare  la  sicurtà  dei  beni 

>  Pandolfo  li  di  Capua  era  nipote  a  Pandolfo  11  dì  Benevento ,  e  cu- 
gino di  Atenolfo  figliuolo  di  quest'  ultimo. 

'  Mesardoniti  laboravU  castello  Domnico,  Ignot.  Barens.  ap.  Murai. 
ArU.  Med,  Aevi  T.  I.  Bari  facta  est  sedes  tnagnorum  virorum  Grae- 
corum  Chr.  Bar.  ap.  Freccia. 

3  11  Beatillo  narra  che  Melo  dopo  la  sua  fuga  aiutato  dai  Longo- 
bardi vincesse  i  Greci  presso  Bitonto,  poi  vedendo  aver  necessità  d'al- 
are forze  lasciato  a  mezzo  il  trionfo ,  si  recasse  in  Germania  a  richie- 
derne Arrigo.  Invece  la  Cronaca  Cavense  edita  dal  Pratilli  ,  dice  :  i 
Greci  esser  venuti  insieme  ai  Saraceni  loro  alleati  contro  i  Longobardi. 
Nel  primo  racconto  è  un  evidente  anacronismo  ;  V  altro  poggia  sopra  un 
documento  apocrifo  o  per  lo  meno  interpolato. 


—  se- 
di Montecaslno  ch'erano  in  Puglia  *,  e  piegavansi  forse 
anche  i  Principi  di  Capua  e  Benevento  ;  perchè  né  di 
guerra,  né  dei  ricoverati  Pugliesi  piii  si  fa  memoria,  in- 
aino a  che  le  mutazioni  sopravvenute  a  Roma  e  nelFIm- 
perio  non  rinnovarono  le  offese. 

Al  ritorno  d'Arrigo  in  Germania,  Arduino  avendo  ri- 
preso il  nome  e  l'autorità  regia,  combattè,  punì  i  ne- 
mici, tenne  per  suo  il  Regno*.  Intanto  in  Roma  man- 
cato Sergio  IV  a  mezzo  1'  anno  1012,  contrastavansi  r 
pretendenti.  Eletto  Benedetto  Vili,  lo  scacciò  poco  dop(^ 
un  Gregorio  e  furono  due  Papi;  ma  il  primo  invocatS^ 

gli  aiuti  tedeschi,  promise  la  corona  imperiale  ad  Arri • 

go  ^.  E  questi  posta  tregua  alle  domestiche  sedizioni  eu2r:i 

agli  assalti  stranieri,  potente  in  armi,  discese  altra  voi 

ta  ,  sorretto  dai  Vescovi  lombardi  e  dai  feudali  vassall  -iJ 
propensi  più  al  loatano  signore.  Nel  Natale  del  lOlcn^ 
rientrò  in  Pavia  ;  e  Arduino  abbandonato  nuovamente  s  — i 
ritrasse  in  Ivrea,  e  sparve  nell'obbllo  dei  Cronisti,  cornerà 
Melo.  Però  la  restaurazione  del  predominio  Alemanncr*^ 
rimase  maggior  ricordanza  e  fu  più  efficace  di  quella  de  ' 
Greci.  I  partegiani  dell'Antipapa  Gregorio,  intimiditi  crr^ 
senza  aspettare  l'arrivo  dei  Tedeschi,  lasciarono  Romc^ 

'  BasUiu*  Protospatliarius  et  Catepano  Italie ,  de  Mesardonia.  Cutr^ 
e%$et  me  in  terram  principibus  atque  in  dvitate  Salerno  applicatum  ^ 
vcnerunt  ad  me  monachi  de  Monte  Cassenum;  de  monasterio  éancti 
Benedica,  et  mostraveruni  mihi  traditionem  de  diversis  heredUcUibus; 
qui  sunt  in  terram  Apulie  ec.  Dedimus  mm$e  octub.  Ind.  decima. 
Anni  ah  initio  mundi  sex  milia  quingentos  viginti.  Ex  Reg,  Petr. 
DiAC.  Fd.  L,  tt.  44%. 

•  Arnul.  HU,  Med.  L.  I ,  e,  16, 

»  Thietmar.  Chr.  L.  VI. 


—  57  — 

in  balla  di  Benedetto  Vili  *  ;  per  mano  del  quale ,  nel  fe- 
braio  1014,  ebbe  Arrigo  la  promessa  corona,  vietandolo 
indarno  una  sommossa  spenta  nel  sangue  ^. 

La  rinnovazione  dell' Imperio  d' Occidente ,  risvegliò 
l'antagonismo  di  quello  Orientale,  non  increbbe  ai  Prin- 
cipi Longobardi,  usati  a  mantenersi  in  quell'equilibrio, 
diede  speranze  ai  nemici  dei  Greci.  Laonde  Tesser  ve- 
nuto a  quella  cerimonia  Atenolfo  Abate  di  Montecasino, 
cugino  al  Principe  Capuano,  figliuolo  e  fratello  ai  Princi- 
pi Beneventani,  non  è  senza  significato.  Quel  Monastero, 
che  stendeva  l'ampia  famiglia  dei  suoi  frati  principal- 
mente nelle  terre  longobarde ,  e  v'aveva  giurisdizioni  e 
possessi  molti,  consideravasi  quale  Stato  indipenden- 
te in  mezzo  alle  Signorie  confinanti.  Rispetto  alla  origi- 
naria costituzione  l'ordine  di  S.  Benedetto  era  l'emulo 
dell'ordine  Basiliano,  milizia  pretoria  della  Chiesa  Gre- 
ca, come  l'altro  s'estimava  sostegno  della  Chiesa  Latina. 
Ma  la  rivalità  degli  istituti ,  che  ne  determinò  le  politi- 
che tendenze,  non  si  mantenne  senza  variazioni  in  quel- 
l'età di  sconvolgimenti  continui ,  tra  la  debolezza  del 
Papato,  e  gli  sforzi  che  Vescovi  e  Monaci  facevano  per 
sottrarsene.  L'ordine  Cassinese,  a  cagione  di  tutelare 
ed  ampliare  i  proprii  possedimenti,  o  per  tenersi  meno 
soggetto  a  Roma,  si  piegò  sovente  ai  Greci  Ministri  e  ne 
impetrò  donazioni  ed  esenzioni.  Spesso  anche  gli  Abati 
uniti  per  sangue  ai  Principi  Longobardi,  o  loro  devoti , 

■  Rex  Henricus  a  Papa  Benediclo ,  qui  tunc  prae  ceterU  arUeces- 
wribu»  suis  maxime  dominabatur ,  mense  februario  in  urbe  Romulea 
cum  ineffabili  kanore  suscipUur,  Thiethar.  Chr,  X,  VJ, 

»  Provana  Studii  critici ,  p.  280, 


—  58  — 

secondandone  i  disegni,  si  trovarono  obbligati  a  parteg* 
giare  con  essi  ed  a  dividerne  le  fortune.  Perciò  più  che 
gli  intenti  religiosi ,  le  ambizioni  e  gli  interessi  diedero 
norma  ai  rapporti  che  Montecasino  ebbe  con  gli  Stati 
vicini,  con  i  Papi  e  gli  Imperatori. 

L'Abate  Atenolfo,  che  recavasi  in  Roma,  ancor  gio- 
vane dato  ostaggio  dal  padre  ai  Tedeschi ,  fu^ito  poi 
d'Alemagna  in  abito  da  frate,  ed  ammalatosi  per  via  si 
era  votato  a  S.  Benedetto  ^  Ma  i  rancori  dell' esilio  sof- 
ferto cedevano  ora  ad  altri  consigli ,  e  per  se  ed  i  Princi- 
pi suoi  congiunti  trattava  con  Arrigo  per  infrenare  i  pro- 
gressi dei  Greci.  L'erede  degli  Imperatori  Sassoni  d'ai* 
tronde  determinato  a  far  valere  i  suoi  pretesi  dritti  sul 
mezzodì,  ne  apparecchiò  i  modi.  Dei  segreti  accordi ,  ri- 
mase documento  l'ampia  investitura,  che  dichiarò  sot- 
toposto al  diretto  dominio  imperiale  il  Monastero  Casr 
sinese,  assicurandone  i  possessi,  sottraendo  l'Abate  ad 
ogni  altra  dipendenza  *.  Rifermolla  il  Papa  e  largheggiò 
alla  sua  volta  di  privilegi  ^,  ligio  anch' egli  all'Impera- 
tore, favorevole  alle  sue  mire  per  sospetto  delle  usur- 
pazioni dei  Bizantini,  ai  quali  l'avversa  fazione  Romana 
soleva  piegare.  Dicesi  anche  Arrigo  concedesse  a  Bene- 
detto VIII  città  e  patrimonii  in  Campania,  in  Puglia  ed 
in  Calabria,  e  persino  in  Sicilia;  e  sebbene  il  diploma 
che  se  n'  assegna  sia  falso  *  ,  altre  prove  dimostrano 
la  comunanza  dei  disegni ,  pei  quali  il  Papa  fu  lascia- 

•  Tosti,  Sior»  di  M<mteca$.  T.  I,  p.  173. 

•  Diploma  edilo  dal  Tosti,  ivi  p.  349. 
3  Ivi  247. 

h  Paronio  Ann.  Hurat,  Piena  Esposiz.  ec. 


—  Bo- 
to potente  in  Roma  ^ ,  e  sostegno  ai  Principi  Longo- 
bardi. 

Fra  i  timori  e  le  speranze  cbe  si  destarono  alla  coro* 
nazione  d'Arrigo,  gli  esuli  Pugliesi  non  rimasero  indif- 
ferenti. Gli  sforzi  degli  Ottoni  altra  volta  secondati  dai 
ribelli ,  il  refugio  trovato  in  Benevento  ,  fanno  suppor- 
re che  non  fossero  estranei  alle  pratiche  fatte  contro  i 
Greci.  Chiaramente  si  deduce  dagli  amichevoli  rapporti 
cbe  Melo  ebbe  poscia  col  nuovo  Imperatore  e  col  Papa, 
e  dal  barlume  che  ne  danno  alcune  memorie  che  vi  si 
riferiscono.  Il  biografo  del  Vescovo  Meinwerci ,  vissuto 
nel  secolo  XII ,  narra,  che  Arrigo  celebrato  il  Natale  in 
Pavia  discese  nella  Puglia,  e  la  restituì  nella  soggezio- 
ne del  suo  Imperio  ;  vi  prepose  Ismaele  come  Duca ,  e 
poi  che  l'ebbe  ordinata,  sorpreso  dal  mal  di  pietra  tornò 
in  Germania  ^.  In  questo  racconto  evidentemente  sono 

<  Jl  fratello  di  Benedetto  Vili  fu  dichiarato  Console ,  Duca ,  e  Sena- 
tore di  Roma.  Nella  Chron.  Farf.  v'è  un  Placito  del  1015  tenuto  per 
Damnum  Romanum  Consulem  et  Ducem  et  omnium  Romanorum  Se* 
natarem ,  atque  germcmum  praenominati  Domni  Pontificii.  R/ 1, 
T.  i/,  p.  U. 

*  Rex  aiUem  tubiectis  omnibus  et  in  dedicionem  redactis  quae  re* 
heUare  temptaverint  urbUms,  proximum  Natale  domini  Papiae  cele* 
bravU ,  idemque  profectus  Apuleam  a  Graecit  diu  possessam  Roma* 
no  Imperio  recuperava ,  eidemque  provinciae  Ismhablbm  ducem  prae* 
fedt,  Cum  autem  civitates  Apulae  pertransisset ,  et  quae  ad  hono* 
rem  et  utilitatem  regni  pertintòat  uinque  prudentisnme  disposuisset , 
infirmatus  morln  calculiecc.  Vita  J^imwerci  Epis.  §  23,  Pertz,  R.  G, 
Scrip.  XI,  Le  identiche  parole  sono  ripetute  nella  vita  di  Arrigo  I| 
scritu  da  Adalberto  §.  22  ,  ivi  T.  IV.  Lo  storica  Tedesco  Hoffmam- 
HO  che  scriveva  nel  secolo  XVII  aggiunge  particolari  in  tutto  falsi; 
FrosHmo  anno  iOU  Romam  profectus..,,  Tum  versus  Apuii^m  et  Cq\ 


—  60  — 

confuse  in  una  sola  le  due  spedizioni  d'Arrigo,  del  1014 
e  del  1021.  Tutti  i  fatti  però  ricordati  si  riferiscono  alla 
seconda,  eccetto  reiezione  di  Ismaele  o  Melo  a  Duca  di 
Puglia;  perchè  in  queir  anno  questi  era  morto.  Parreb- 
be quindi  che  Melo  venuto  in  Roma  presso  T  Impera- 
tore ,  vi  ricevesse  conferma  del  titolo  già  assunto  ,  e 
promessa  d* aiuti;  ma  vera  o  no  T investitura ,  il  riac- 
cendersi dell*  insurrezione  aggiunge  fede  ai  trattati.  E 
più  certi  si  fanno  gli  accordi  col  Papa ,  vedendo  ricove- 
rati intorno  quel  tempo  da  Benedetto  Vili  in  un  suo  ca- 
stello sul  Garigliano  ,  Datto  cognato  di  Melo  ed  altri 
Pugliesi  ^ 

Arrigo  uscì  d'Italia  nel  giugno  del  1014?,  e  poco  dopo 
tornava  ad  una  terza  riscossa  il  perseverante  Arduino,  ma 
vinto  da  mortale  infermità ,  deposte  le  terrene  ambizio- 
ni ,  finiva  la  vita  nel  Monastero  di  Fruttuaria.  Ultimo 
che  aspirasse  a  fondare  una  monarchia  nelle  regioni  su- 

labriam  directis  aciebus  Graecos  pariter  et  Saracenos  a  Capua  expulU^ 
et  Bubaganum  Graecorum  duce  acri  prelio  superatum  e  Troja  ejecU , 
et  post  reparatam  et  Imperio  redditam  Apuliam ,  Ismaelem  nepotem 
suum  ,  quem  Bambergae  in  sepulchreto  Canonicorum  Cathedralium 
septUtum  diximus ,  ducem  ejus  instituit  ecc.  Ann.  Bamberg.  T,  J,  f. 
18  ap.  LuDEwiG  script.  Rer,  Bamher.  EcceUo  la  impossibile  parentela 
fra  Melo  ed  Arrigo  pel  rimanente  concorda  con  i  precedenti.  Anche  il 
Beatillo  dice  andato  Melo  in  Germania  prima  che  Arrigo  fosse  Impera- 
tore ,  cioè  innanzi  al  1014 ,  ma  confonde  al  solito  stranamente  le  epo- 
che ed  il  racconto,  p.  46. 

'  Dattus  Uaque  ad  nostrum  abbatem  confugiens ,  cum  apud  $um 
diebus  aliquantis  mansisset ,  demum  a  Benedicto  Papa  in  turre  de  Ga- 
riliano ,  quam  idem  Papa  tunc  retinebat ,  una  cum  suis  ad  habUan- 
dum  receptus  est.  Leo  Ost.  //.  37,  Pone  il  fatto  prima  della  venuta 
dei  Normanni. 


-61  — 

balpine,  lasciava  incontrastato  il  Regno  ai  Tedéschi ,  di- 
visi per  nimistà  i  signori  feudali,  tracotante  la  possanza 
dei  Vescovi,  impazienti  i  popoli  delle  diverse  oppressio- 
ni. E  quasi  nel  tempo  stesso  le  tenebre  che  involgono  le 
vincende  meridionali  cominciano  a  dileguarsi  ;  Melo  ri- 
com-parisce  nella  Storia  non  più  esule  e  fuggitivo,  ma 
come  ardimentoso  condottiero  dei  Normanni. 

Fra  il  Principato  -di  Benevento  ed  il  Tema  Greco  di 
Puglia  segnava  allora  il  confine  il  Promontorio  di  Garga- 
no. Prolungandosi  neir  Adriatico  circa  37  miglia ,  si  ele- 
va nelle  sue  più  alte  punte  sul  livello  del  mare  quasi  per 
1700  metri  e  torreggia  sulle  circostanti  pianure  dell' an- 
tica Daunia.  Il  fiume  Candelaro  che  ne  bagna  le  estreme 
pendici  lo  disgiunge  dalle  basse  terre ,  che  verso  il  golfo 
di  Siponto  diventano  maremmose  nel  Salso,  nel  Salpi,  ed 
in  altri  minori  stagni.  Il  Triolo,  la  Salsola,  il  Gelone,  rom- 
pendo nella  stagione  delle  pioggie  Tarenosa  landa,  gon- 
fiano di  lor  acque  il  Gandelaro,  o  si  perdono  nei  luoghi 
palustri.  Ultimi  a  mezzodì  scorrono  il  Cervaro  e  la  Gara- 
palla;  e  dall'altro  lato,  dove  più  ripida  scende  Terta  sul 
mare,  si  aprono  i  laghi  di  Lesina  e  Varano,  e  dove  s' avval- 
la a  gradi  per  unirsi  al  continente  serpeggia  maestoso  il 
Fortore.  Il  Promontorio  forma  così  un  sistema  isolato  di 
colline  e  di  monti,  di  pianure  e  di  valli,  compreso  in  una 
circonferenza  di  120  miglia.  Le  alte  giogaie  di.  Monte 
Calvo  e  Monte  Sacro ,  dello  Spigno  del  Rignano  e  di 
S.  Angel,  odistinte  in  quattro  montuose  catene,  vanno 
declinando  a  settentrione  in  colli  e  vallee  ridenti  per 
verdeggiante  coltura  e  limpide  acque,  e  dirompono  ripi- 
de e  frastagliate  in  ogni  altra  parte.  A  mezzodì  s'apro- 


-62  — 

no  nel  fianco  alle  rocche  calcaree  spelonche  e  cave  di 
alabastro,  e  sulle  cime  i  folti  querceti  percossi  dai  venti 
aquilonari  mugghiando  *  fanno  sacro  l'orrore  dei  boschi. 
Tra  le  valli,  e  alle  pendici  furono  già  porti  e  città  fioren- 
ti *,  perdute  sino  nel  nome;  ed  Eruli,  Goti,  Greci,  Lon- 
gobardi ,  Saraceni  ^,  si  fecero  trincea  degli  aspri  recessi 
a  vicendevoli  offese  *.  Fugate  le  silvestri  deità  dei  Pilun- 
ni,  nello  speco  del  monte  Laureto,  ove  innanzi  Apollo  a- 
veva  culto  **,  narrò  la  pia  leggenda  ,  disceso  T  Arcangelo 
Michele  intorno  al  finire  del  secolo  quinto.  L' ignoravano 
i  popoli ,  ma  un  toro  sbrancatosi  dalP  armento  s' arresta 
a  venerarlo  sul  ripido  ciglione  che  mena  all'antro,  e  tro- 
vato dal  mandriano ,  che  per  ira  gli  scaglia  un  dardo,  il 
ferro  retrocede  e  piaga  il  feritore.  Allora  con  digiuni  e 


*  Garganum  mugvre  putes  nemus.  Horat.  L,  II  ^  ep.  4. 

AquUonibus 

Querceti  Gargani  làborant,  ivi  X.  //,  od.  9. 
Questi  boschi  furono  ricordati  anche  dal  Fontano  :  Vestii  eam  parte 
superiore ,  qua  nativa  ipsa  quidem ,  oc  perimosa  testudo  est ,  e  quer- 
cu ,  vasta  proceritate  lucus,  Bell.  Neap.  X.  4L 

*  FoRGEs  D AVANZATI  \i  pono  Apeneste,  Merino,  Dardano,  Salapia  ec. 
Mem*  della  Società  Pontan.  T,  1,  Stradone  dice  :  AvJtiguUus  tatus  iUe 
tractus  /loruit  fecundus  rebus  :  sed  eum  Annibal  et  subsectita  bella  eva^ 
staverunt»  X.  Fi. 

^  Una  delle  punte  sulle  coste  meridionali  del  Gargano  è  detta  :  Jfoti* 
te  Saraceno ,  e  tra  Viesii  ed  il  lago  Varano  v'  ha  la  Punta  Saracena. 
Lean*  Alberti  ,  Descrittione  di  tutta  Italia ,  p.  Si4S. 

4  Ivi  presso  si  narra  un'ultima  impresa  d'Odoacre  mentre  era  asse- 
diato in  Ravenna  »  che  fece  saccheggiare  i  Sipontini  per  rifornirsi  di  vi- 
veri. Trota  Star.  It.  T.  II.  p.  4.  Una  leggenda  m  porta  Totila.  Sab- 
NELLi  in  Epist.  Sip.  p.  69. 

«  Cavaubrì,  Il  Pellegrino,  p.  òì%. 


—  63  — 

preghiere  Lorenzo  Vescovo  di  Siponto  impetra  si  sveli  il 
mistero,  ed  ecco  apparirgli  la  notte  il  divino  Aligero,  di 
sua  voce  annunziando  a  che  in  cielo  presso  Dio ,  ma  in 
terra  quel  monte  aveva  prescelto  a  sua  sede  *.  »  Tale 
principio  ebbe  la  nuova  religione  del  luogo,  che  mutò 
il  nome  di  Gargano  in  quello  di  S.  Angelo  ^,  e  lo  rese 
uno  dei  più  venerati  Santuario 

Singolare  riverenza  posero  nell'Angelo  Michele  i  Lon- 
gobardi, lo  dipinsero  nei  vessilli,  e  T  improntarono  nelle 
monete  ^;  ma  su  tutti  l'adorarono  quelli  di  Benevento,  e 
dopoché  i  Greci,  più  rapaci  che  devoti,  non  si  rattennero 
dal  saccheggiarne  gli  altari ,  e  furono  combattuti  e  vinti 
più  volte  ivi  presso ,  nella  tradizione  si  fece  del  celeste 
Cherubino  un  nemico  dell'Imperio  Orientale  *.  Alla  pie- 

'  Apparit.  S.  Mich.  29  Sept.  ap.  Agta  Sactor.  hi  sodo  riferite  le 
diverse  leggende,  e  determinala  T epoca  della  voluta  apparizione. 

*  A  chi  fosse  vago  vedere  quel*  che  possono  V  ignoranza  e  la  super* 
siizione  insienae  congiunte ,  legga  ;  Il  Ragguaglio  ddl'  insigne  e  vene' 
ràbile  Santuario  deW  Arcangelo  S.  Michele  nel  Monte  Gargano.  Na- 
poli  4827.  DaUa  Tipografia  del  Real  Ministero  ddla  Polizia  generale. 

*  Paol.  Diac.  L.  V,  c.  3  e  44.  Morat.  R.  It.  T.  I,  Tav.  1. 

4  Of^vo  Idus  Maji  quo  B.  Miduulis  Aróhangeli  solemnia  celebran* 
tur  eo  die  a  Beneventanorum  PoptUis  NeapolUanos  in  pradio  cae-- 
90S,  devictosque  fuisse,  et  ob  memofiam  tam  iimgnis  victoriae  in  Pa* 
tronum  «W  adscripserunt.  Vipera  ,  Chrond.  Epis.  Ecd.  Benev.  p.  54. 
Questa  tradizione  dì  una  vittoria  dei  Longobardi  sui  Napoletani  presso 
al  Gargano ,  e  del  favore  concesso  da  S.  Michele  si  trova  anche  in  Her- 
CBEXP.  §.  57,  ed  alcuni  la  credono  identica  a  quella  riportata  da  Gri« 
maldo  I  Duca  di  Benevento  contro  i  Greci  venuti  a  saccheggiare  il  San* 
luarìo  nel  647,  Assemakni,  7.  1,  Ital.  hist.  e.  44.  l'Agiografo  Sm- 
miGO  pone  T  intervento  del  Santo  nelle  guerre  tra  Giustiniano  e  i  Goti 
negli  anni  535-545.  Ma  negli  atti  dell'  apparizione  che  diedero  fonda- 
mento a  questa  credenza  i  Napoletani  vi  sono  detti  Pagani ,  appella- 


—  Ci- 
ta che  rese  desiderato  il  possesso  di  quel  monte  ai  Prin- 
cipi Longobardi ,  aggiungendosi  così  te  memorie  nazio- 
nali ,  e  la  sicurezza  che  offriva  a  tutelare  i  loro  confini , 
procurarono  sempre  di  mantenersene  padroni. 

Nel  668  ne  donava  il  Duca  Romualdo  la  Chiesa  e  le 
terre  dipendenti  a  Barbato  Vescovo  di  Benevento ,  che 
v'unì,  dicesi,  anche  la  sede  Sipontina.  Entrambe  le  con- 
cessioni furono  confermate  ai  successori  nei  secoli  se- 
guenti da  Imperatori  e  da  Papi  * ,  e  questi  allargando 
quella  Episcopale  giurisdizione  vollero,  che  mentre  col- 
tivo che  combaue  tutte  le  probabilità  storiche.  Che  fossero  state  però  • 
guerre  frequenti  tra  Greci  e  Longobardi  presso  al  Gargano  non  si  può 
dubitare ,  come  anche  del  sacco  dato  dai  primi  al  Santuario ,  Paolo 
Duo.  X.  Vty  e.  47;  onde  le  vendette  attribuite  air  Angelo. 

'  Negli  Atti  di  S.  Barbato  ^  nel  Vipera  l,  e,  p.  54 ,  ecc.,  si  riferi- 
sce la  donazione  di  Romualdo,  e  la  conferma  deir aggregazione  della 
Chiesa  Sipontina  a  Benevento  fatta  da  Papa  Vitale  ;  ma  quest*  ultima  è 
creduta  apocrifa  dal  Borgia  Mem.  star.  Ben.  /,  255.  Neir  895,  quan- 
do Benevento  fu  occupata  dai  Greci,  questi  nel  confermare  le  conce»* 
sioni  al  Vescovo  si  riserbarono  i  possessi  del  Galgano,  in  \ista  della 
loro  importanza  :  Cosmus  Ànthius  Protopatricius  et  BasUius  Protono- 
tarius  CostantinopolUani  Imperatoris  concesserunt  Conservato  Episco- 
po Benev.  omnia  mae  Ecdesiae  pertinentia ,  et  sub  potestate  sui  Epir 
scitpatus  redegerunt  praeter  Ecdesiam  S.  Angeli ,  quam  dispasiti(mi 
Imperatoris  reservarunt^  ecc.  Vipera  /.  e.  p.  59,  cìiOiBullam  p^nM* 
bo  signatam  men,  Januar.  Ind.  11^  ex  privU.  BtbL  Benev.  fas.  j82. 
Ma  la  giurisdizione  ne  tornò  ai  Vescovi  Beneventani ,  poiché  nel  944 
viun  confermata  da  Marino  11  Papa,  nel  957  da  Giovanni  XII  nel  969 
da  Giovanni  XIII ,  presente  Ottone  I  Imperatore ,  e  così  nel  978  dai 
Principi  Pandoifo  I  e  Landolfo  HI ,  e  negli  anni  sussecutivi  sino  al  tem- 
po di  Benedeito  YDI,  che  nel  1014  confermò  le  Chiese  di  Gargano  e 
Siponio,  enei  1054  ne  disgiunse  TulUma,  nuovaraenle  riunita  nel  1054 
da  Leone  IX ,  e  separata  altra  voltó  poi  nel  1066  da  Alessandro  II. 
Vipera  /.  e.  p.  Si-Si  ed  Urgh.  in  Epis.  Ben. 


—  65  — 

le  armi  i  Longobardi  infrenavano  i  loro  vicini,  i  Vesco- 
vi di  Benevento  elevati  a  Metropolitani  arrestassero  con 
la  loro  preminenza  i  progressi  della  Chiesa  Greca  ^  Ed  a 
difesa  del  Santuario  e  di  lor  gente  innalzarono  i  Vescovi 
fortilizii  sul  monte  *,  divenuto  baluardo  religioso  e  po- 
litico tra  i  due  popoli  confinanti. 

La  più  antica  memoria  che  si  fa  di  Melo  dopo  la  sua 
fuga  è  quella  serbata  da  Guglielmo  Pugliese ,  quando 
narra  che  s'incontrassero  in  lui  i  Normanni  pellegri- 
nanti al  Gargano  ^.  Ivi  si  dice  l'esule  ricoverato  a  fug- 

'  L*  accrescimento  della  giurisdizione  Episcopale  di  Benevento  si  fa 
rimontare  alla  BoUa  di  Papa  Vitale  innanzi  ciuta ,  dove  oltre  Siponto, 
che  è  riunita,  si  concede  la  supremazia  sopra  le  Chiese  di  Bovino,  Asco- 
li e  Larino.  Vipera  l,  e,  p.  J/.  Ma  dubitandosi  di  questa  Bolla  ricorderò 
quella  ìdentiéa  di  Blarino  II  p,  61 ,  e  quella  più  ampia  di  Giovanni  XII, 
che  oltre  le  città  menzionate ,  estende  il  primato  a  S.  Agata ,  AveUino , 
Volturara,  Qumtodecimo  ed  Ariano,  e  così  le  seguenti  dell'anno  984, 
998 ,  i012  ecc.  che  lo  confermano ,  ivi  p.  64-81.  Questi  legami  di  di- 
pendenza con  la  sede  principale  del  Principato  Longobardo ,  furono 
posti  dai  Papi  a  tutela  della  giurisdizione  della  Chiesa  latina. 

*  f^el  diploma  di  conferma  dato  da  Pandolfo  I  e  Landolfo  HI  air  Ar- 
civescovo Urso  nel  978  si  legge  :  simulque  eum  integro  ipso  Castelh 
ejnsdem  S,  Angeli  quod  quidam  Ursus  electus  praefatae  sedis ,  in  prò- 
pria  terrUorio  jam  dictae  Ecdesiae  a  novo  costruxit  fundamine.  Umor. 
/.  e.  Che  i  Greci  contrastassero  a  queste  preminenze  Episcopali  V  atte- 
stano le  suddette  Bolle  Papali ,  nelle  quali  sempre  è  fulminata  scomu- 
nica contro  quelli  che  vi  si  oppongono ,  a  sive  Graecorum  sU ,  sive 
quenUibet  hominem,  »  Questa  formola  in  tutte  ripetuta,  manca  in  quella 
di  Leone  IX  per  ragioni  che  si  vedranno  in  prosieguo. 

3  X.  /.  Il  culto  deir  Arcangelo  sembra  rimasto  come  speciale  nei  di- 
scendenti di  Melo  ;  e  tuttavia  in  Andrla  mostrano  una  cappella  anUchis- 
sima ,  conoseiìUa  sotto  il  nome  di  S.  Mictifle  deUi  Mele,  vi'  Urso  Stor, 
d'Andria  Lib,  IL  p.  %1, 

YOL.  I.  3 


—  co- 
lpire V  oppressione  dei  Greci  ;  e  la  vaga  fama  di  quel- 
r  esilio,  che  il  poeta  raccolse  ed  abbellì  per  crescer  van- 
to ai  nuovi  Signori ,  è  in  tutto  conforme  alle  probabili 
vicende  del  Barese.  La  natura  del  luogo  atta  alle  estre- 
me difese ,  ed  alle  improvvise  correrie  nelle  pianure 
sottostanti  di  Puglia  ;  la  prossimità  dei  Principati  Lon- 
gobardi ;  la  stessa  venerazione  del  Santuario ,  e  gli  au- 
spicii  suoi  stimati  avversi  ai  nemici,  lo  facevano  oppor- 
tuno rifugio.  E  intorno  a  questo  tempo,  vi  sursero  altre 
castella  per  opera  d'Alfano  Arcivescovo,  signore  imme- 
diato ;  le  genti  che  vi  si  accoglievano  furono  poste  in 
tutela  della  Chiesa  Beneventana ,  e  come  tali  ricono- 
sciute da  Benedetto  Vili  *.  'Leggieri  indizii,  ma  non  di- 
spregevoli ,  che  s' accordano  forse  alla  possibile  dimora 
di  Melo  sul  monte ,  e  potrebbero  far  credere  più  antico 
il  favore  concessogli  dal  Pontefice ,  che  poscia  divenne 
manifesto.  Come  che  sia  mossero  da  quel  luogo  gli  as- 
salti rinnovati  contro  i  Greci. 


'  Nella  Bolla  di  conferma  concessa  nel  1015  da  Bencdetio  Vili  al- 
r  Arcivescovo  Alfano  sono  annoverate  le  Chiese  di  Siponto  e  Gargano  ; 
e  vi  è  detto  :  Qui  ArchiepUcopus  Castrum  S.  Angeli  de  Monte  Gar- 
gano, quod  ipsemet  fundaverat  Beneventanae  Eedesiae  subdidii  etiam 
guo  ad  homines  ecc.  Vipera  /.  e.  p.  84 ,  cita ,  BUd,  fase.  U ,  Bull, 
n.  4ÒÒ ,  lU,  O. 


CAPITOLO  IV. 


Fuori  i  confini  degli  Imperli  d'Occidente  e  di  Oriente, 
nei  quali  si  unifica  la  storia  delle  genti  germaniche  e  di 
quelle  latine  nella  prima  metà  del  medio  evo ,  si  scor- 
gono due  schiatte,  TAraba  e  la  Scandinava;  nomadi , 
irrequiete ,  conquistatrici  ;  destinate  con  le  violenti  in- 
vasioni a  tramischiare  popoli  più  lontani  e  diversi,  e  ad 
affrettare  la  dissoluzione  dell'  antica  cosmopolitia.  Poco 
note  insino  allora ,  per  orìgini  e  costumi  disformi ,  qua- 
si in  un  tempo  irrompono  dal  settentrione  e  dal  mezzo- 
dì ,  si  diffondono  sui  mari  e  sulla  terra  ferma,  guerreg- 
giano ,  si  stanziano ,  decadono  con  fortuna  dissimile. 
*l'una  respinta  d'Europa,  disparisce  dopo  lunghe  lotte  , 
l'altra  confondendosi  mirabilmente  coi  vinti,  fonda  Re- 
gni e  Principati,  ancor  duraturi  *.  Da  questa  più  avven- 
turosa generazione  di  popoli  uscirono  i  Normanni ,  che 
presa  stabile  sede  in  Francia,  diedero  il  nome  ad  una  sua 

*  Normanni  possident  Apuliam ,  devicere  SkUiam ,  propugnant  Co- 
*^<intmìpolim ,  ingerunt  metum  Btibyloni,  Anglica  terra  tota  se  eorum 
P^itus  laefa  prostemit.  Guill.  Pictav.  His,  Will.  Due,  Audax  Francia 
^V»nonnoi'iiw  militiam  caperla  delituit  j  ferox  Angtia  capttva  sue- 
^?rttl ,  diva  Apulia  sortita  refioruit ,  Hyerosolima  famosa ,  et  insi- 
0^^  Antioehia  se  utraque  supposuit,  Rog.  Hoveden.  Ann, 


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provincia.  RoUoiie  ,  ricevuta  nel  912  rinvestitura  di 
quelle  terre  e  la  fede  cristiana  dai  degeneri  Carolingi, 
difese  il  dominio  dai  vicini,  ed  ampliò  il  Ducato  dal  qua- 
le  partirono  gli  ardimentosi  conquistatori  d'Inghilterra 
p  di  gran  parte  d'Italia. 

Prima  che  scendessero  nella  penisola  a  più  stabili  ac- 
quisti ,  le  sue  coste  ed  i  suoi  mari  non  erano  stati  im- 
muni dalle  loro  correrie.  Narra  una  leggenda,  che  ver- 
so la  metà  del  IX  secolo ,  Hasting,  il  più  celebrato  tra 
gli  eroi  dell'  Epopea  Normanna  ,  volendo  sorprendere 
Roma  ,  disceso  saccheggiando  lungo  le  rive  di  Spagna 
nel  Mediterraneo,  giungesse  presso  Luni  nella  solennità 
del  Natale.  Credendo  fosse  la  città  di  S.  Pietro,  e  non 
trovando  modo  d'  entrarvi ,  richiese  il  Vescovo  del  bat- 
tesimo ;  ma  poi  che  l'ebbe  fuori  le  mura,  s' infinse  in- 
fermo e  morto ,  ed  i  suoi  avuta  licenza  jèl  seppellirlo  in 
terra  sacra,  seguirono  in  chiesa  il  funebre  corteo.  Allo- 
ra scoperte  le  armi,  sorpresi,  massacrati  i  cittadini,  del- 
le donne  e  delle  ricchezze  fatto  bottino ,  si  partirono  ^ 

Negli  anni  stessi  per  improvviso  assalto  anche  Pisau 
ed  altre  città  sarebbero  state  distrutte  *;  e  vera  o  no  la 

»  Astingus  a  Francorum  terra  per  Oceanum  pelagus  Italiam  tendens, 
Lunae  poì^tum  attingit,  et  ipsam  urbem  continuo  cepit.  Fragm.  Hist. 
de  France,  1\  VII.  Lunae  civitas  in  Italia  a  JSormannis  dolo  capta, 
—  Fragm.  Chr.  ap.  Murai.  Ant,  Med,  Aev.  T.  I,  p,  25.  Dudox.  S.  Qdert. 
de  mtyrib.  Norm.  L,  I.  Guill.  Gemm.  c.  9'W.  Benoit  Chb.  L.  i.  —  Kìina- 
ne  memoria  di  Limi  iieUe  leggende  del  Nord  ,  ed  essa  divenne  il  campo 
delle  gesle  di  quegli  Eroi.  Verlauff.  Simb.  ad  Geograph.  Med.  aeri. 
Regnar  Lodbrokfsaga  e.  i4.  Depping  Expeditions  des  Norm,  p.  114.  Una 
diversa  tradizione  riferisce  Leand.  Alberti,  Descriz.  d*  Italia ,  p.  22. 

•  Italiani  petunt  et  Pisa»  civitatem,  aliasque  capiunt,  depratdan- 


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tradizione ,  molti  argomenti  provano  che  in  tempi  po- 
steriori/quando  la  nativa  ferocia  fu  attemperata  dalla 
cristiana  pietà,  i  Normanni  non  rimanessero  in  tutto 
sconosciuti  in  Italia.  11  fatto  stesso  che  s'adduce  come 
ragione  di  lor  venuta  a  Salerno,  mostrerebbe  che  v'ar- 
rivarono sovente  sotto  le  ruvide  vesti  di  pellegrini  visi- 
tando i  porti  d'Apulia  e  di  Campania.  Ma  intorno  l'epo- 
ca della  prima  dimora,  e  il  numero  e  l'occasione  che  li 
determinò  a  fermarvisi,  variano  cosi  i  racconti,  che  da 
tutti  gli  sforzi  fatti  per  concordarli  non  può  dirsi  ne  sia 
derivata  una  storica  certezza  *. 

In  conformità  delle  diverse  testimonianze  rimaste  , 
mutano  la  cronologia  e  le  circostanze ,  troppo  confuse 
spesso,  ed  alle  volte  rispondenti  a  quei  fatti  soltanto 
che  interessarono  la  qualità  del  Cronista  ed  il  fine  che 
si  propose  scrivendo.  Sono  Monaci,  Pugliesi,  e  Norman- 
ni, quelli  che  principalmente  tramandarono  questa  emi- 
grazione, e  per  ciascuno  il  tempo  ed  il  luogo  è  relativo 
a  speciali  intendimenti.  Quanto  agli  Storici  posteriori , 
la  maggior  parte  accettò,  senza  critica,  la  tradizione 
più  inverosimile,  ed  anziché  soffermarsi  a  confutarli, 
basterà  a  smentirne  gli  errori  l'esame  delle  fonti  ori- 
ginarie. 

11  racconto  comunemente  adottato,  è  quello  riferi- 
to da  Amato  Monaco  Cassi nese  vissuto  dopo  la  metà 
<iel  secolo  XI ,  quando  la  conquista  era  poco  meno  che 

éur ,  (Uque  deva$tafU.  Ann.  Bert.  an.  860,  Rodanum  intrant  fluvium, 
jiaiiam  poptUaniur.  Erxextaire  Trasl.  s.  Filib, 

■  Sì  troveraono  riuoile  nella  Nota  5  io  Gne^al  volume  le  diverse  nar- 
Tàmnì  dei  Cronisti  sulla  veuula  dei  Normanni,' 


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compiuta.  Egli  narra  l'arrivo  dei  Normanni  con  que- 
ste parole  :  «  Innanzi  al  mille  che  Cristo  s' incarnò  nel- 
»  la  Vergine  ,  comparvero  al  mondo  quaranta  valenti 
»  pellegrini  reduci  dal  S.  Sepolcro  di  Gerusalemme,  ove 
»  eransi  recati  ad  adorare  Gesù.  E  vennero  a  Salerno 
»  assediata  allora  dai  Saraceni  e  condotta  in  tali  estre- 
»  mi  che  i  cittadini  si  volevano  arrendere.  Salerno  s*era 
»  fatta  tributaria  dei  Musulmani ,  ma  questi  offesi  che 
»  non  si  pagasse  al  termine  d'ogni  anno  il  tributo,  Tas- 
»  salirono  con  numero  grande  di  navi;  malmenando  e 
»  trucidando  gli  uomini  e  ponendo  a  ruba  i  dintorni.  1 
»  pellegrini  Normanni  non  soffersero  tanta  ingiuria  da 
»  parte  dei  Saraceni ,  né  che  tenessero  soggetti  i  Cri- 
»  stiani;  e  venuti  perciò  a  Guaimaro,  Principe  serenissi- 
»  mo  che  reggeva  la  terra  con  giustizia ,  lo  richiesero 
»  d' armi  e  cavalli ,  offrendosi  a  combattere  gli  infedeli 
»  non  per  danaro,  ma  per  disdegno  di  lor  superbia.  Ar- 
»  mati  così ,  molti  uccisero ,  altri  fugarono  alla  marina 
»  e  pei  campi  ;  e  rimasti  vincitori  ,  liberarono  Salerno 
»  dalla  servitù  dei  pagani.  Quando  poi  questa  gran  vit- 
»  toria  fu  ottenuta  per  virtù  dei  quaranta  pellegrini  Nor- 
»  manni,  il  Principe  ed  il  popolo  di  Salerno  resero  gra- 
»  zie  e  doni ,  e  promettendo  largamente  rimeritarli  , 
»  pregarono  si  fermassero  in  difesa  dei  Cristiani.  Ma 
»  essi  non  volendo  mercede  di  quanto  avevano  operato 
»  per  amor  di  Dio  ,  scusaronsi  di  non  poter  rimanere. 
»  Perciò  preso  con  essi  consiglio  i  cittadini  di  rìchie- 
»  dere  altri  magnati  di  Normandia,  ne  fecero  invito  mo- 
»  strando  la  ricchezza  di  lor  regioni.  Gli  ambasciatori 
»  inviati  insieme  ai  Normanni  recarono  cedri ,  man* 


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»  dorle ,  noci  confette ,  drappi  imperiali ,  ed  istrumenti 
»  di  ferro  cesellati  d' oro  ;  per  invogliare  altri  a  recarsi 
I)  nelle  terre  ove  scorreva  latte  e  miele  ed  erano  cose 
w  tanto  belle  a  vedere;  come  i  reduci  ne  fecero  fede. 
»  Era  in  quel  tempo  nimistà  ed  odio  tra  due  signori  Nor- 
»  manni,  Giselberto  e  Guglielmo;  il  primo,  detto  anche 
»  Buatero ,  entrato  in  mal  volere  e  fatto  ardito  contro 
»  r altro,  che  contrastava  al  suo  onore  ,  lo  trabalzò  da 
»  una  rupe  e  lo  uccise.  Poiché  l'ebbe  morto  prese  Gi- 
V  selberto  la  dignità  di  Visconte  in  tutta  la  terra  ;  ma 
»  Roberto  che  n'  era  conte ,  se  ne  spiacque  e  volle  spc- 
»  gnere  l'omicida,  per  tema  che  T offesa  impunita  non 
»  facesse  agli  altri  lecita  l'uccisione  dei  suoi  Visconti. 
»  Allora  Giselberto,  che  aveva  quattro  fratelli,  Rainulfo, 
»  Anseligimo ,  Osmondo  e  Lofoldo  ,  quantunque  inno- 
»  centi  del  delitto ,  fuggì  con  essi  insieme  agli  amba- 
»  sciatori  Salernitani.  Armati,  furono  in  Italia  non  co- 
»  me  nemici  ma  come  Angeli  accolti  ;  il  necessario  a 
»  bci'e  ed  a  mangiare  diede  la  buona  gente  ed  i  Princi- 
»  pi  del  paese,  e  passati  da  Roma  a  Capua,  vi  trovarono 
»  uno  di  Puglia  chiamato  Melo,  che  v'era  sbandito  come 
»  ribelle  all'Imperatore  di  Costantinopoli  *.  » 

Questo  racconto  fonte  quasi  unica  della  leggenda  dei 
quaranta  Normanni  reduci  di  terra  santa ,  si  trova  ripe- 
tuto da  Leone  Ostiense,  anch'esso  Monaco  Cassinese  *, 

»  Amato  ,  Chr.  L,  I ,  e.  17-20. 

*  Leone  Ostiense  quasi  sempre  ricopiò  Amato  ,  ed  anche  ora  ne  rife- 
risce le  parole,  salvo  poche  modificazioni;  come  il  dire  rcnuli  i  Nor- 
manni prima  deir  assedio ,  mentre  V  altro  fa  giungerli  quando  era  co* 
miQciato  ponendo  Salerno  U'ibutaria  sino  allora  dei  Saraceni.  NeirO- 


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e  con  discordanti  variazioni  da  altri  Cronisti  ^  Due  fatti 
conviene  distinguervi ,  determinandone  il  tenipo  e  la 
connessione;  l'assedio  di  Salerno,  e  la  venuta  posterio- 
re di  Giselberto  e  dei  fratelli  invitati  da  Guaimaro  III.  " 
Veri  forse  entrambi ,  stranamente  furono  confusi  e  di- 
vennero cagione  d'anacronismi  e  di  errori. 

Il  tempo  nel  quale  pongono  Amato  e  V  Ostiense  *  questa 
correria  dei  Musulmani  con  epoca  incerta,  non  si  può  ben 
defìnire.  Frequenti  furono  le  depredazioni  dei  Saraceni 
lu  Ugo  le  coste  del  Tirreno  ^,  ma  non  rimane,  oltre  quel- 
la testimonianza,  altra  memoria  d'un  assalto  speciale 
sopra  Salerno  intorno  al  mjile  *.  Quello  ricordato  da  Lu- 

sTiENSE  poi  \i  ha  minore  semplicilà  di  particolari;  irpiaranta  peUegrìni 
diventano  per  lui  :  viri  equidem  statura  proceri ,  et  specie  pìdchri ,  et 
armorum  experienUia  summi  ;  e  Guaimaro  manda  in  Normandia  ',  vdut 
alter  Narses  poma  per  eos.  L,  li ,  e.  37.  Però  un'  altra  lezione  del 
medesimo  Cronista  riferita  dal  Pertz  sembra  con  tradire  a  questo  raccoo- 
to ,  ponendo  venuti  la  prima  volta  i  Normanni  a  Capua.  v.  p.  8Ì. 

■  GV6L.  Gemmetice^se  ,  VII.  30,  Ord.  Vitale  HI.  ed  altri  chiamano 
Osmondo  Drengotto  V  uccisore  di  Guglielmo  Repostello  ,  e  non  Gisel- 
berto Buterico ,  ed  attribuiscono  a  diversa  cagione  la  morte.  Vitale  , 
narra  la  liberazione  di  Salerno  ,  come  avvenuta  nel  i035  per  opera  di 
Drogone  e  cento  Normanni ,  reduci  da  Gerusalemme ,  e  dice  fugati  20 
mila  Saraceni.  Ivi. 

*  Secondo  Leone  nelP  anno  settimo  dell'  Abate  Atenolfo  entrarono  m 
Puglia  ì  Normanni  con  Melo ,  e  ante  kos  circiter  sededm  quadra^nt€^ 
numero  Normannos  ec.  Le.  ■       ^ 

3  Per  tacere  di  più  antiche  correrie,  quelle  ricordate  dai  Cronisti  ii> 
ten)po  più  prossimo  al  mille  sono  del  i002,  quando  assalirono  Bene- 
vento  e  Capua ,  e  corsero  sino  a  Napoli ,  s^  ignora  a  qual  fine  e  con 
qual   successo.  Chr.   S.  Soph.  ap,  Pertz  IH,  Script.  Anon.  Cass.  Ro* 

NI3ALD0  SaLER.    od  OH.    A  MARI  ,   li,   o40. 

4  È  probabile  che  insieme  a  Capua,  Benoento  e  Napoli ,  anche  Saler- 


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poPrùtospàta  e  dall' annalista  di  S.  Sofia,  si  dà  come 
avvenuto  nel  1016,  senza  però  farvi  prendere  parte  ai 
Normanni  *,  ed  in  tempo  mollo  posteriore  una  consimi- 
le impresa  in  altro  modo  è  narrata  da  Orderico  Vitale. 

Pure,  non  ostante  i  diibbii  che  ne  rimangono,  T in- 
cursione e  la  difesa  non  sono  improbabili  *;  ma  eviden- 
lemeote  si  errò  rannodando  la  fortuita  presenza  dei  Nor- 
manni in  Salerno,  alla  loro  venuta  posteriore,  e  ponen- 
dola confìe  precipua  causa  di  loro  emigrazione.  Il  secon- 
do fatto  che  a  quel  trionfo  si  cerca  collegare ,  V  invito 

no  venisse  moìesiato  nei  primi  anni  dopo  il  mille,  ma  fuorché  in  Amato 
e oell' Ostiense  ,  non  se  ne  fa  ricordo.  L'Anonimo  Cassinese,  nella  lezio- 
ne adottata  dal  Caracciolo  ,  dal  Pellegrino  ,  dal  Muratóri  e  dal  Pra- 
TtLu  4segoa  air  anno  iOOO  :  Otho  Imperaior  puer  Beneventum  venit. 
Quidam  Nortmanni  Hyerosolimis  venientes  Salemum  a  SaracenU  li- 
h^Tunt,  Ma  neir  edizione  del  Gattola  ,  e  nel  testo  più  antico  che  se 
ne  conserva  a  Montecasino  ,  da  me  riscontrato ,  non  si  legge  altro  che 
Otho  Imp,  puer  Beneventum  venit.  Quindi  è  da  supporre  inserita  da 
^llri  posteriormente  la  notizia  delP  assedio. 

'  Cwiias  Salemi  obsessa  est  a  Saracenis  per  mare  et  terram ,  et 
wtftif  prafecerunt,  Lci<o ,  an.  1016,  Rom.  Salern.  pone  una  correrìa  dei 
^nsubani  sopra  Capua  nel  secondo  anno  deir Imperio  d* Arrigo  li,  éhe 
sarebbe  questo  stesso  ;  ma  tace  assolutamente  di  Salerno  :  Hujus  tiw- 
P^  9imo  ieùundo  Saraceni  Campaniam  ingressi  Capuam  obsideruni, 
^  Chr.  S.  Soph-  edita  dal  Pratilli  segna  anche  all'  anno  1016  :  Sara- 
^^  dbnderunt  Salcìmum ,  et  vastavemnt  omnia  usque  Acrùpolis  et 
^^ttHm,  Ma  queste  ed  altre  giunte  si  credono  interpolate.  Amari  , 
H,S44. 

*  Ij' Amari  non  rigetta  l'episodio;  ma  stima  doversi  porre  nel  1016, 
^  fungere  nella  pugna  ai  venlurìeri  Normanni  gli  eserciti  Salernita- 
"'  4  11 ,  54S-5i«  Si  potrebbe  addurre  come  ai^omenlo  di  una  più  anti- 
ca emigrazione ,  il  diplonm  conservato  neir  Archivio  dì  Napoli  nel  qiia- 
^6  al  1008  si  ricorda  un  Sansguala  signore  di  Planisi  ex  genere  iVo?- 
^(^norum;  ma  io  Vb  jfer  sospetto,  v*  Doc.  II. 


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cioè  del  Principe,  che  per  se  anche  ha  sembianza  di  ve- 
ro; n'è  in  tutto  disgiunto  non  solamente  dalla  cronolo- 
gia ,  ma  dalle  circostanze  che  vi  si  aggiungono. 

Amato  e  Leone ,  fanno  accompagnare  in  patria  i  pel- 
legrini dai  messi  di  Guaimaro  III,  che  recavano  preziosi 
doni  per  invogliare  altri  Normanni  a  porsi  al  suo  soldo; 
e  senza  che  interceda  indugio,  dicono  l'uccisore  di  Gu- 
glielmo Repostello  aver  accettato  T  offerta,  onde  fuggire 
gli  sdegni  del  Duca  Roberto ,  ed  insieme  ai  fratelli  e  ad 
altri  seguaci  essersi  recato  in  Italia. Quasi  tutti  gliStori- 
ci  ritennero  la  narrazione  che  è  fondata  sopra  grande  ana- 
cronismo ;  e  se  alcuno  vi  pose  mente,  piuttosto  che  im- 
pugnarla, sì  sforzò  attribuire  Terrore  ai  copisti.  Ma  nel- 
l'epoca designata  non  vi  fu  alcun  Duca  Roberto  in  Nor* 
mandìa  ^,  ed  il   primo  ch'ebbe  questo  nome,  flgliuolo 
di  Riccardo  II ,  succeduto  al  fratello  Riccardo  III  dopo 
il  1027,  mori  nel  1035*.  Di  maniera  che,  le  pratiche 
degli  ambasciatori  di  Guaimaro  sarebbero  durate  dal 
mille  per  oltre  cinque  lustri  ;  impossibile  supposizione 
che  annulla  il  racconto  di  Amato,  e  distrugge  quel  nes- 
so ch'egli  volle  porre  tra  due  avvenimenti  lontani  e  di- 
sparati. Né  vale  credere  fallato  il  nome  del  Duca  Rober- 
to in  luogo  di  quello  di  Riccardo  II ,  che  resse  la  Nor- 
mandia dal  996  al  1026;  poiché  l'errore  sarebbe  comu- 
ne a  tutti  i  Cronisti  dell'  epoca  ^.  Altra  più  recondita 

«  RoUooe  primo  Duca  che  si  vuole  assumesse  col  baltesiBìo  il  nome 
di  Roberto ,  era  morto  al  più  tardi  nel  95i.  Cmt.  Tcbo:(.  —  Okd.  Yrr. 
X.  ///,  ed  Ugo  di  S.  Fum.  lo  fanno  morire  molto  prima.  Gli  successero 
Guglielmo  Lnngaspada,  e  poi  tre  Riccardi  sino  al  J027. 

•  Or».  Vn.  L.  lU,  Will.  Geim.  L.  V. 

'  Prima  il  De  Meo  ,  Pref.  Vd.  Vii  Ami.  poi  Gautier  d'Aro  ,    Coi*- 


—  75- 

ragione  indusse  forse  il  Monaco  Cassinese  a  raccozzare 
insieme  le  vaghe  ricordanze  dell'  assedio  di  Salerno  e 
delle  successive  migrazioni ,  confondendo  i  nomi  e  gli 
eventi.  L'avventurosa  conquista  che  abbassò  il  predo- 
minio della  Chiesa  scismatica  e  dell'Islamismo,  parve 
ad  esso,  ed  a  molti  un'impresa  sacra  e  voluta  da  Dio. 
Predizioni ,  miracoli ,  ed  t)gni  qualità  di  prodigi ,  v'  in- 
tervennero af  giudizio  dei  contemporanei  *  ;  Vescovi  e 
frati  grandeggiarono  per  quelle  mulaziotii;  la  stessa  Ro- 
mana Sede  se  n'  esaltò  *.  Laonde  non  è  meraviglia ,  se 

quétes  des  Norman,  en  Italie  p.  ^,  aflìermarono  erralo  il  nome  di  Ro- 
berlo  per  Riccardo  II  in  A  maio  e  Leone  Ostiense  ;  pure  Gcgliel.  Gem- 
METicENSE  L.  VII  c,  30,  narra  ancir  egli  l' uccisione  del  Rtpostdh,  km-» 
porìbus  Hewrìci  Imperatoris  fUii  Cononis ,  et  Roberti  Normanmrum 
Ducis,  Aggiunge  così  un'  allra  conlradizione ,  poiché  questo  Arrigo,  che 
111  il  m,  regnò  dal  1059  al  1046,  quando  Roberto  era  morto.  Ord.  Vit. 
i//,  invece  segna  il  delitto: /n  sede  Apostolica  Benedicto  residente  ;  ma 
egli  fa  posteriore  P  assedio  di  Salerno  e  ponendolo  nel  1055,  disgiungo 
eosì  i  due  fiitti  per  altra  via.  Non  è  da  riposare  però  sulla  fede  di  que« 
sto  Cronista  che  al  L.  V.  dice:  Maniehetiis  Imperator  Costantinopo* 
leos  ..,,  succedente  UH  Diogene,  Osmundus  Drengot ,  et  Drogo,  aliù 
qtie  Normanni  coeperunt  Apuliam  incolere,  I  due  Imperatori  riferiti  non 
sono  mai  stati. 

*  In  iisdem  temporibus  divina  flagellatio  cujus  occulta  sunt  judieia 
Uftam  Apìdiam  at  Calabriam  Costantinopolitano  Imperatori  non  re* 
qmndas  sed  lacerandas  reliquerat  ad  quorum  Uberatùmem  Deo  mise- 
rante certum  est  Normannos  advenisse.  Anok.  Vai.  Bist,  Sic.  p.  747 
^.  i.  —  Dieu  a  miséricorde  de  la  servitude  et  vergoigne  que  vous  souf^ 
frez  tms  le  jof^s ,  et  pour  ce  a  mandé  ces  chevaliers  pour  wms  dèli- 
^er  ^  U,  18.  Quar  cest  terre  de  Dieu  est  donnée  à  li  Normant.  Ili 
^^  «  Amato. 

*  Sed  haud  erant  secundum  Dei  consUium ,  qui  ut  exitus  declora- 
***  y  Northmannos  Ulic  voluit  sedes  figerepro  ecdesiae  romanae  subsi% 
^^o  adveréos  sthismaticos  prtnàpes.  Baronio  T,  XVU  ,  p.  158^ 


-  76  — 

volendo  che  gl'inizii ,  quasi  augurio  solenne,  rispon- 
dessero al  fine,  l'incerto  rumore  di  un  trionfo  sopra  i 
Saraceni  venisse  raccolto  ed  innestato  ad  altri  avveni- 
menti, onde  aggiungere  lo  splendore  di  portentose  vitto- 
rie ai  campioni  della  fede. 

Una  diversa  causa  servi  anche  ad  alterare  le  scarse 
memorie  della  venuta  dei  Normanni.  Quando  la  gloria 
della  conquista  tutta  si  raccolse  nei  figliuoli  di  Tancredi 
d'Altavilla ,  ed  essi  soli  primeggiarono  fra  gli  eguali ,  e 
furono  Duchi  e  poi  Re  potenti,  un  obblìo  naturale  o  vo- 
lontario ,  nascose  le  anteriori  imprese  ed  i  nomi  d'  altri 
avventurieri  più  antichi  e  meno  illustri.  Perciò  alcuni 
Cronisti  e  Storici  vissuti  al  tempo  delle  mutate  condi- 
zioni ,  dispregiando  gli  umili  principii ,  o  propensi  alla 
stirpe  avventurosa ,  le  attribuirono  ogni  vanto  come  ai 
primi  Normanni  discesi  nel  mezzodì  ^;  finché  la  narra- 
zione assunto  il  carattere  d' un  romanzo  cavalleresco  * , 
si  restrinse  a  magnificare  soltanto,  Guglielmo  Bracciodi- 
ferro  e  Roberto  Guiscardo  ^. 

'  Goffredo  MXlaterra  c  T Anonimo  Vaticano  che  iic  segue  le  orme, 
cominciano  le  loro  Cronache  solamente  dulia  venuta  dei  figliuoli  di  Tan* 
credi  senza  far  menzione  dei  precedenti  Normanni.  Similmente  agli  Al- 
tavilla attribuiscono  altri  la  prima  migrazione. 

*  Nel  secolo  XJll  gik  le  fole  avevano  trasformata  la  Storia  in  manie- 
ra che  sembra  piuttosto  un  racconto  di  Paladini  della  Tavola  Rotonda. 
V.  Nota  3. 

3  Tìtnc  GuUcaì-dus  Normannus  Apuliam  SicUiam  Cakibriam  cum 
XV  miUUms  Ntynnannorum  cepU.  Chr.  Tcron.  ap,  Marténe  VeU  Scrip. 
T.  F,  p,  1040,  ponendo  l'impresa  ai  tempi  di  Arrigo  IV.  Più  strana- 
mente un  altro  Cronista  riferisce:  Riccardus  quidam  Nomuinnus  eo 
tempore  (  dopo  il  1003  )  in  Apuliam  profectus ,  videns  eadem  provin- 
ciam  ab  iriertibiis  fuibitari  incolis  mandavU  suae  gentis  haminibus  ut 


-77- 

Ma  più  verace  tradizione  dovevano  serbarne  i  popoli 
Pugliesi  f  che  li  ebbero  compagni  nelle  pugne  contrQ  i 
Greci ,  e  rannodarono  quindi  il  primo  arrivo  ai  successi 
della  rivoluzione  Barese.  Questo  differente  carattere,  che 
prevale  nei  loro  racconti,  si  osserva  anche  in  Guglielmo 
Appulo,  che  innestando  la  pia  leggenda  al  civile  riscatto 
della  sua  patria,  parla  anch' egli  di  pellegrini  ;  ossi  però 
non  vengono  a  Salerno  bensì  al  Gargano ,  non  s' impe- 
gnano a  tornare  sollecitati  da  Guaimaro,  ma  cedono  in- 
vece alle  istanze  di  Melo  ^  11  debole  lume  che  si  ritrae 
da  queste  discordanze,  insufficiente  a  rischiarare  il  tem- 
po delle  più  remote  emigrazioni  dei  Normanni ,  serve  in 
parte  a  spiegarne  gli  eventi  immediati,  ed  a  congiungere 
con  più  naturali  legami  la  prima  occasione  di  lor  ve- 
nuta ai  progressi  che  ne  conseguirono. 

Dall'  anno  di  sua  coronazione  Arrigo  II  era  rimasto  in 
Germania,  veU  rattenessero  T indole  poco  ardimentosa, 
o  altre  più  gravi  cagioni.  Intanto  abbandonati  a  lor  ge- 
losie ,  Greci  e  Longobardi  tornavano  a  guerra ,  se  non 
aperta  e  campale,  di  fazioni  almeno  e  correrie  ignorate, 
che  si  volsero  in  ultimo  in  danno  dei  Principi.  Le  nimi- 
stà e  gli  effetti  si  deducono  chiaramente  dalle  parole 
di  Arnolfo  Milanese  ^  e  dai  sospetti  che  ne  prese  il  Papa. 


^pterentMr.  Qui  in  multitudine  eum  minime  sequi  praesumentes^  deni 

^  ^fieeni  de  Normannia  egrem ,  iandem.smmm  validam  mannm  ad 

*^  conUraacerunt.  Inter  quo$  nepoi  iprìus  Ricordi  RatbertuJt  nomine 

f^feetus  est.  Hi  sodati»  viribus  ineolas  illius  regùmis  sibi  suòjuffave' 

^^^.  HisT.  Fran.  Frac.  ap.  Ddcheshe,  T.  IV,  p.  86. 

*  GriLL.  Api».  L.  I. 

*  niis  diebus  primus  in  Apìdiam  Nùrtmannamm  fuit  adventns , 


—  78  — 

Benedetto  Vili  riuscito  a  trionfare  dei  suoi  avvcrsarii , 
usurpata  in  Roma  una  autorità,  che  da  lungo  tempo 
non  s*  era  vista  in  mano  ai  Pontefici ,  adoperavasi  ad 
estenderla  anche  suir  Italia.  Narrano  che  intomo  al  1016 
egli  avesse  riscattata  Luni  di  mano  ai  Saraceni  ^ ,  ed 
incitati  i  Pisani  a  scacciarli  di 'Sardegna  ^  ;  oscure  im- 
prese contemporanee  al  voluto  assedio  di  Salerno ,  col- 
legate forse  ad  altre  fazioni  di  guerra  in  terraferma;  ul- 
time incursioni  in  ogni  modo  dei  Musulmani  «  che  mo3* 
sero  d*  Africa,  a  quanto  pare,  e  non  da  Sicilia  ^.  Maggiori 
interessi  sospingevano  il  Papa  ad  intervenire  nelle  lot- 
te fra  i  Bizantini  e  le  Signorie  confinanti  ;  e  tolta  an- 
che ogni  ragione  religiosa,  la  necessità  di  arrestare  le 

Principum  terrae  consulta  vocaim ,  cum  Graeci  eam  innumeris  gra» 
varent  oppresiionibus.  Harnulf.  Med,  hi9.  L.  e.  17.  Ne  parla  dopo  la 
morte  di  Arduino. 

«  In  Longobardia  Saraceni  navigio  venientes  Lunam  dvitaiem,  fu- 
gato pastore  invadunt.,,  Quod  cum  domno  Apostolico,  nomine  Bene- 
dicto ,  fama  deferret ,  omnes  sanctae  matris  ecdesiae  tam  rectores 
quam  defensores  congregans ,  rogat  ac  praecepit ,  ut  inimicos  Christi 
ialia  praesumentes  viriliter  secum  irrumperent ,  et  adjuvante  Dùmhio 
occiderent,  Thietm.  Chr.  Pertz  Script,  VII,  p,  851, 

^  Benedictus  Papa  legatum  Episcopum  Ostiensem  ad  civitatem  Pi- 
sanam  misit ,  ut  Mugettum  de  Sardinea  expelleret,  Chr.  Pis.  R.  /. 
}/,  467. 

^  Amari  li,  345  pensa ,  considerando  i  rivolgimenti  che  agitavano  la 
Sicilia  e  vi  menomarono  le  forze  degli  Emiri,  venuti  d'Africa  i  Musul- 
mani che  assediarono  Salerno.  H  favore  concesso  dalla  dinastia  Ketbita 
ai  ribelli  Pugliesi  rafferma  questa  supposizione  ;  poiché  in  quel  tempo 
anche  Guaimaro  III  prestava  aiuto  a  Melo.  Né  sarebbe  ardito  sospetto  il 
credere ,  che  i  Greci  fossero  alleati  o  incitatori  dei  Saraceni  d' Africa , 
e  le  due  tradizioni  che  fanno  chiamati  i  Normanni  contro  i  Musulmani 
0  contro  i  Bizantini  si  troverebbero  cosi  concordate. 


-79- 

»surpazioni  della  Chiesa  scismatica  ^  e  la  volontà  di  ri- 
pristinare a  mezzodì  T influenza  del  Pontificato,  più  vi* 
vi  timori  lo  determinavano  ad  opporsi  ai  Greci,  che  ave- 
vano rivoltigli  sguardi  su  Roma  stessa.  Perciò  Bene- 
detto Vili  s^era  stretto  ai  Principi  Longobardi  ed  ave- 
va favoriti  gli  esuli  Pugliesi  ;  perciò  ora  vedendo  cre- 
scere i  perìgli  tentava  per  ogni  via  frastornarli. 

Dicesi ,  che  in  quel  tempo  Rodolfo,  un'  audace  Nor- 
manno ,  caduto  in  disgrazia  del  suo  signore  Riccar- 
do II  e  temendone  Tira,  con  quanti  vollero  seguirlo  ve- 
nisse in  Roma  per  querelarsi  delle  ingiurie  sofferte  al 
Papa  Benedetto.  E  questi  vistolo  aitante  della  persona 
e  pieno  di  baldanza,  cominciò  seco  a  dolersi  della  in-^ 
vasione  dei  Greci  nelle  terre  dell'  Imperio  ;  e  che  non 
fosse  ivi  virtù  d'uomo  bastevole  a  respìngerli.  Infiam- 
mato a  quelle  parole  Rodolfo,  s'offrì  a  combattere  i  Bi- 
zantini dove  altri  lo  sovvenisse ,  e  s' unissero  seco  co- 
loro che  avevano  a  cuore  di  tutelare  la  patria  dai  loro 
assalti.  Piacque  1'  offerta  a  Benedetto  e  lo  inviò  con  i 
suoi  seguaci  al  Principe  di  Benevento,  perchè  quale  a- 
mico  l'accogliesse,  e  adoperandolo  nelle  guerre  gli  ub- 
bidisse come  a  proprio  duce  ^ 

Questo  racconto  del  Glabro,  Cronista  della  prima  metà 
del  secolo  XI,  con  più  brevi  particolari  si  rinviene  in  Ade- 
marie  contemporaneo  suo,  che  afferma  anch' egli,  esu- 
lato Rodolfo  e  venuto  in  Puglia  per  consiglio  del  Papa 
a  combattere  i  Greci  *.  11  governo  del  secondo  Riccardo 

*  Glabei  L.  Ili ,  §  I ,  V.  Doc.  III. 

*  RU^iàrdi  veto  Comite  Boihimagi  filio  Riéhardi  NffmumnoÈ  gu* 
^ante ,  muUitudo  eorum  cum  duce  Rodulpho  armati  Bemam ,  ei 


—  so- 
di Normandia,  durato  dal  99G  al  10:36,  fu  inralti  agi- 
tato da  sedizioni  e  turbolenze ,  per  le  quali  molti  emi- 
grarono 0  furono  sbanditi.  Nei  suoi  primordii,  i  feuda- 
tarii  aggravando  d'imposte  e  di  servigi  i  vassalli  »  i  balii 
del  Duca  abusando  di  lor  podestà ,  si  erano  sollevati  gli 
indigeni,  e  solamente  dopo  fìerissima  strage  vennero 
depressi  ^  Alquanti  anni  dopo  ribellavasi  Guglielmo  fra- 
tello di  Riccardo  e  s'univa  ai  Francesi  per  combatterlo.. 
Vinto  e  prigione,  i  fautori  suoi  ebbero  i  beni  sequestra- 
ti e  soggiacquero  a  crudeli  pene.  Non  pertanto  poco  ap- 
presso insorgeva  Eude  conte  di  Ghàtres ,  cognato  al  Du- 
ca, e  seguivano  altre  vendette*.  A  questi  rumori  par-^ 
tecipò  forse  Rodolfo ,  e  benché  non  si  possa  spiegare  la 
cagione  che  lo  sospinse  a  rivolgersi  a  Benedetto  Vili  ; 
pure  lo  stesso  Amato  tra  le  confuse  ricordanze  non 
obbliò  notare  ,  i  primi  Normanni  essere  passati  di  Roma 
in  Capua  ^,  quasi  a  smentire  se  medesimo,  ed  a  confer- 
mare una  alleanza,  che  sempre  apparve  fra  il  Papato  e 
le  straniere  invasioni.  La  quale ,  dove  non  si  mostras- 
se ora  per  altre  pruove,  basterebbe  la  perpetuità  degli 
esempii  ad  accertare. 

Alcune  congetture  genealogiche  ,  fanno  discendere 

inde  conivente  Papa  Benedicto  Appuliam  aggressi^  cuncta  detastaìU, 
Ademaki,  His.  L.  HI,  §  63,  Pertz,  Script,  IV. 

•  WiLL.  Cemm.  Z.   F.  Thierry  /..  //,  p,  4M, 

•  Ivi,  Ordkr.  Vit.  L,  ìli,  Riccardo  H  assediando  Eude  in  Dreux 
vi  lasciò  a  combauerlo  Rodolfo  di  Toeni  e  suo  figlio  Ruggiero.  Dn 
MocLiN  BU.  gen.  de  Norm.  p.  98. 

s  Et  passerent  la  cUé  de  Renne  et  vindrent  a  Capua.  Amato  I,  20. 
Similmeate  Gcclielmo  Pcgliese  :  Postqmm  gen$  Romam  Normanniea 
transit,  L.  1. 


—  81  — 

questo  Rodolfo  detto  di  Tdcni  dalla  stirpe  di  Hulk  zio 
paterno  di.  Rollone  primo  Duca  di  Normandia  *  ;  né  più 
oltre  vale  cercarne.  Scarso  numero  di  compagni  ebbe 
prima  *;  e  tra  questi,  dicesi  fossero,  Giselberto  Boterico, 
Gosmanno,  Rufino,  e  Stigando;  venturieri  tutli  che  po- 
sero a  prezzo  il  braccio,  e  dei  quali  ogni  memoria  sa- 
rebbe perita ,  se  gli  eventi  della  Pugliese  rivoluzione 
non  avessero  data  fama  a  quelli  che  poi  seguirono  le 
loro  orme.  Affrettato  dal  Papa  il  drappello  dei  Norman- 
ni uscì  di  Roma ,  e  lietamente  fu  da  Melo  accolto. in  Ga- 
pua  ^.  I  vincoli  che  congiungevano  i  Principi  Longobar- 

■  Rodolfo  di  Toesni  o  Tdenì  è  il  primo  che  sia  annoverato  fra  i  di* 
seeaóenìì  de  stirpe  mala  HtUcii,  Will.  Gemm.  L.  V ,  c.  10.  La  sua 
genealogia  fu  studiata  dal  Mooyer,  Ueber  die  angeUiche  Abstammung 
de»  Normannischen  Kònigsgeschlechts  SizUiens  von  den  HerzÒgen  der 
Normandiej  p.  40^  Minden  4880., 

*  Una  variante  che  si  legge  in  uno  dei  codici  di  Leone  Ostiense  re- 
cata dal  Pebtz  dice  :  His  primum  didms  venerunt  Capuani  Normaimi 
aliquQt ,  quadragmta  fere  numero  ;  ^i  domini  sui  comitis  Norman- 
niae  tram  fugientes ,  tam  ipsi  quam  plures  eorum  socium  quaquevw» 
sum  dispersi ,  sicubi  reperirent  qui  eos  ad  se  reciperet  requirebant  ; 
viri  equidem  et  statura  proceri ,  et  habitu  pulcri ,  et  armis  experien- 
(tmiiit,  quorum  praecipui  erant  vocaJbulo  Giselbertus  Botericus ,  Ro- 
dulfus  Todinensis  (de  Toeni)  Gosmannus,  Rufinus  atque  Stigandus. 
—  1.  11^  e.  37.  -R.  G.  Script.  VUL  É  inutile  osservare  come  quesia 
diversa  lozione  è  contraria  al  racconto  dell'assedio  di  Salerno  e  dell' in- 
cito di  Guainiaro  che  fu  introdotto  nel  testo  di  Leone  ,  o  egU  stesso  co- 
pibda  Amato;  e  verrebbe  così  a  confermarsi  che  i  primi  Normanni  ven- 
nero nel  1016  a  Capua ,  e  che  tra  essi  era  Rodolfo  di  Tòeni. 

^  Capua  tandiu  perveniunt ,  ubi  eo  tempore  praedictus  Melus  eum 

^tfnddfo  principe  morabatur.  Leo  Ost.  1.  e.  Amato  i,  20.  Fessa  la- 

^  ffiae  Campanie  substit  oris.  Goill.  App.  X.  i.  —Il  Glabro  inve- 

^®  fa  inviarli  dal  Papa  ad  Bet^ventanos  primates ,  che  vale  lo  stesso. 

VOL.  I.  6 


—  82  — 

di  s' erano  più  stretli  in  quel  tempo;  perchè  morto  il 
Beneventano  Pandolfo  II,  gli  successe  Landolfo  V,  e 
r  altro  figliuolo  col  nome  di  Pandolfo  IV  venne  adottato 
dal  Principe  Capuano  ^.  Lo  stesso  Guaimaro  III  di  Salar* 
no ,  aveva  deposta  la  passata  emulazione,  e  raccogliendo 
Melo  armi  e  combattenti  tra  i  nemici  dei  Greci ,  s'  unì 
agli  altri  nel  soccorrerlo  ^.  Riuniti  così  ai  suoi  seguaci 
gli  ardimentosi  stranieri,  l'esule  Barese  nel  maggio  di 
queir  anno  1016  li  menò  seco  al  consueto  rifugio  sul 
confine  di  Puglia  ^.  Non  come  peregrini  ,  ma  armati 

'  Pandolfo  JI  morì  nel  1014;  Pandolfo  fu  adouato  nel  1016 ,  e  prese 
titolo  di  IV  fra  i  Principi  Capuani.  De  Meo  ad  ann. 

*  Cognito  praedictorum  Normannorum  adven$H  mox  iUi  accenii , 
eorumque  causa  diligentius  perquesUa  et  agnita,  illis  de  more  miliiiae 
protinui  foed^ratur ,  et  evestigio  Salemum  ac  Beneventutn  repedans  ; 
midtos  sibi  tam  Graecorum  odiOj  ^quam  sui  gratia  ductos  associai,. 
Leo  Ost.  1.  c. 

^  Huius  Abatis  (  Athenulfi  )  anno  septimo  coeperutU  Normanni  expU" 
gnare  Àpuliam,  Leo  Ost.  Mense  Maio  venerunt  Normanni  in  Apu- 
Ila.  Ann.  S.  Soph.  4017 ,  Ind.  XY,  Normanni  Melo  Duce  eoeperuni 
expugnare  Apuliam.  Ann.  Caven.  Pértz  Scrip,  V.  Le  stesse  parole  si 
leggono  neirANON.  Cassin.,  mancano  però  nel  testo  più  antico.  Hoc  ni- 
mivum  tempore  si  quidem  ab  incamatione  Domini  millesimo  sexto 
decimo  Normanni  Melo  Duce ,  ec.  ((Jhr.  Casuar.  Indictione  decima- 
quinta  Normanni  ec.  Chr.  Fossanov.  an,  iOil ,  etc.  —  La  diversa 
cronologìa  adoperata  dai  Cronisti  spiega  perchè  alcuni  tra  essi  segna- 
no Tanno  1017.  Intorno  poi  alla  grave  differenza  che  porterebbero 
le  parole  di  Romualdo  Salernitano  :  an,  997,  Per  idem  tempus  Mei  Co- 
tipanus  primum  in  Apulia  conduocit  Normannos  :  e  poi  air  an,  4044  ; 
Ind,  IX.  Quo  tempore  Mei  Catipanus  cum  Normannis  Apuliam  eoE*- 
pugnabat  ;  basta  osservare  in  qual  misero  modo  fu  sconvolto  V  ordine 
cronologico  di  questo  Cronista  ,  per  persuadersi  che  T  anacronismo  è  da 
attribuire  ai  copisti. 


—  83  — 

giungevano  i  Normanni  al  Gargano;  ed  il  culto  di  lor 
gente  all'Angelo  che  v'albergava  ^,  ispirò  la  pia  leggen^ 
da  al  Poeta  Appulo.  Adombrando  il  vero  senza  nascon- 
derlo ,  cantò  quindi ,  essersi  ivi  i  devoti  visitatori  scon- 
trati in  Melo,  vestito  all'usanza  greca,  cinto  il  capo 
delle  insegne  Ducali ,  affranto  dal  dolore  della  patria 
perduta,  che  richiesti  essi  s'offerirono  a  liberare  K 

Prontamente  cominciavano  le  offese;  discesi  dai  mon- 
ti i  ribelli  e  gli  assoldati  Normanni ,  devastando  i  piani 
sottoposti  ^  assalivano  i  Greci  ministri^;  ne  fugavano 

'  Nei  primi  anni  del  secolo  VUI  narra  la  leggenda  che  S.  Michele  : 
wdentis  totem  veneraiionem  exMberi  sQn  tit  pelago  qualit  exibetur  in 
monte  Gargano ,  apparisse  n^la  bassa  Normandia  a  sei  miglia  da  Avran- 
ches ,  quasi  db  areme  emergene ,  nwnU  Tuniba ,  nune  S.  Michaelis. 
Per  dedicare  la  Chiesa  furono  iniriaU  alcuni  monaci  m  Italia  a  prender- 
vi partem  scUieet  rubei  paUidi ,  quod  ipte  memoratus  Archangelus  in 
monte  Gargano ,  iupra  aitare  ^  quod  ip$e  manu  ma  construxerat ,  et 
partem  scUicet  marmoris  supra  quod  steterit.  Le  reliquie  furono  con« 
cesse ,  oonditione  interposita  »  videlicet  quos  una  causa  Angelica  reve- 
ìationis  sociaverat  causa ,  una  quoque  aetemaliter  neeteret  eharitatis 
camiexio.  Bollan.  Act.  app,  S,  Mich.  in  mmt.  Tom,  Sept,  p,  74.. 
*        Horum  nonnulli  Gargani  culmina  montis 

Coscendere  libi  Michaèli  Archangeti  voti 

Debita  sohentes.  Ibi  quedam  conspicieutes 

More  virum  Gracco  vestitum ,  nomine  Melum 

Exulis  ignotum  vestem  capite  Jigato 

InsoUtae  mytrhae  mirantur  esse  rotatus. —  Guill.  App.  I. 
^  Multos  sibi.,.  associai  cum  quibus  pariterque  cum  ipsis  Normanr 
nis  statim  Graecorum  terram  ingressus ,  espugnare  repugnantes  viri- 
liter  coepit.  Leo  Ost.  li ,  57.  Cestui  furent  en  aide  de  Melo ,  et  en- 
txerent  en  la  fin  de  Puille  avec  lui ,  et  commeneèrent  a  combatre  con- 
tre  li  Grex.  Amat.  i,  %4.  Invadenda  fwrens  loca  duxit  Appula  Me- 
lue...  Appula  Normannis  loca  depopulanda  manebat.  Gug.  App.  L 
4  Jllico  autem  illos  ex  Graecorum  officio  qui  vectigalia  in  populo 


—  Bi- 
le milizie  nelle  arenose  lande  ^;  difTondevano  lo  spavento 
ed  il  rumore  di  audaci  correrie,  incitando  le  propinque 
terre  a  scacciare  gli  oppressori.  Morto  poscia  tra  quel- 
le fazioni  il  Catapano  Basilio  Àrgiro  in  Bitonto ,  e  poco 
appresso  ucciso  suo  fratello  Leone  ^,  s' estendeva  T  in- 
surrezione durante  l'autunno  ed  il  verno.  Intanto  nella 
Corte  lontana  pervenuta  la  fama  dei  tumulti  e  della  in- 
vasione, decretavasi  la  morte  di  Melo-^,  e  s'ordinavano 
altre  milizie  a  disfarlo  *,  facendone  duce  Turnicio  Con- 
taleone  Imperiale  Patrizio  e  familiare  *.  Disbarcato  in 
Italia  nella  primavera  del  4017 ,  gli  insorti  ritraevansi 
verso  le  pendici  del  Gargano ,  ed  afforzandosi  sulle  rive 
del  Fortore  v'aspettavano  i  nemici.  L' Escubito  Leone 
Paciano,  inviato  ad  assalirli ,  s' abbattè  con  essi  nel  mag- 
gio all'Arenola,  ma  incerta  rimase  la  sorte  delle  ar- 

exigébant ,  moadem  Rodulphus ,  dmpuU  quaeque  iUorum  et  trwido' 
vU,  Glab.  Le. 

'  Et  par  li  camp  arenous  de  PuUle  font  gesir  hr  anemis  sans  et» 
prit.  Amat.  /,  2L 

*  Obiit  Butunti  Mesardoniti  Catepanus.  Lupo  an.  4047,  Et  interfectui 
est  Leo  frater  Argiri.  ivi.  Dugange  fam,  Byz.  Arg,  It.  à  supposto 
che  Leone  fosse  frateUo  di  Melo  ;  meglio  mi  sembra  crederlo  fratello 
di  Basilio  Argiro  ;  ignoro  però  su  quale  fondamento  il  de  Muralt  scris- 
se :  Leon  Argire  Catapano  après  la  mori  de  Basile  est  assassine, 
Chronol.  Byzant.  S.  Petersburg  4855  p.  589, 

^        Imperii  fama  insinuai  rectoribus  arva 

Appula  Normannos  Melo  Duce  depopulari. 

Hunc ,  his  auditis ,  sibi  Curia  judicat  hostem  ; 

Si  capitur ,  capitis  fieri  caesura  jubctur.  —  Guil.  App.  L 

4  Et  quant  V  empereor  di  dire  que  par  hardiesse  de  chevalerie  està- 
iet  sa  terre  assaUlie  ^  manda  contre  li  Normant  li  plus  fori  home 
qu'  U  pot  trover,  Amat.  1,21. 

^  Tornichius,  Tornicius,  Andronichy  è  detto  variamente  dai  Cronisti. 


—  85  — 

mi  ^,  finché  lo  stesso  Catapano  sopraggiunsc  a  soste- 
nerlo. Non  lungi  dal  luogo  dove  poi  surso  Troia*,  gli 
eserciti  riuniti  dei  Greci ,  si  scontravano  nuovamente 
con  Melo  in  campale  giornata  nel  22  giugno  ;  e  v'  erano 
vinti.  Padano  cadde  nella  mischia,  Tornicio  fuggì  vi- 
tuperosamente 3,  e  mai  più  osando  affrontarsi  con  i  ri- 
belli, fu  richiamato. 

Perchè  tale  vittoria  si  conseguisse ,  non  pochi  Nor- 
manni solamente,  come  poscia  scrissero  i  Cronisti*, 
ma  Pugliesi  e  Longobardi  avevano  dovuto  insieme  com- 
battere. E  contro  perigli  più  gravi  di  quelli  che  potes- 
sero aspettarsi  da  un  pugno  di  stranieri,  apparccchia- 
vansi  ora  con  possenti  sforzi  i  Bizantini.  Il  Catapano 
Basilio  Boioanni  *  ed  il  Patrizio  Abalauzio  venuti  con 


»  Nomine  Fertorii  loctis  est  Arenvla  dictus,  Maii  mensU  erat  — 
Fortuna  pari  prìma  pugnatum  utrunque  —  Guil.  App.  / ,  Leo  Ost. 
I.  e,  ma  questi  dice  vinti  i  Greci. 

*  Un  diploma  di  Boioanni  del  1019  descrivendo  i  confini  di  Troia  dice: 
pervenit  ad  Ecclesiam  S.  Augustae ,  ubi  proelium  fuU  sub  Tornicio 
Contaleone  Protospathario ,  et  Catapano  Italiae,  Ex  apographo  Pasg. 
Baffi  nella  Bibliot.  Nazion.  di  Nap.  L'  Ostiense  però  pone  la  bauaglia 
prcjsso  Ci  vitate,  l.  e. 

2  Tomicius ,  sed  tergu  dedit  victusque  recessU,  Conflictu  belli  Pa- 
cianus  corruit  hujus.  Guill.  App.  1.  Iterum  mense  junii  22  die  prae- 
Hum  fuit  praedictus  Tumichius  et  vicit  Melum  et  Normannos  (  sic  ) , 
et  mortuus  est  Patianus  ibi.  Lupo  an,  1017.  Fedi  praelium  cum  Mei 
et  vicU  Mei.  Ign.  Bar. 

4  Mhs  li  Grex  perdirent  et  li  Normant  estoient  touzjors  ferme. 
Amat.  I,  21,  Glab.  ih,  §.  1.  ec. 

^  Bugiano,  Boiano,  Vulcano,  Bubaiano  ec.  fu  detto  variamente  dai 
Cronisti  ;  ma  Cedreno  ,  II ,  546 ,  chiama  Boioanni  (  poToyivvt^  )  il  figlio  , 
e  questo  è  il  nome  che  rimane  anche  nei  diplomi. 


—  86  — 

numeróse  schiere ,  e  quantità  grande  di  danaro  ^  nel 
decembre ,  benché  la  stagione  non  fosse  propizia ,  ripre- 
sero V  offensiva.  Melo  però ,  assalito  o  assalitore  ,  sul 
pendio  degli  Appennini  che  scendono  verso  Puglia,  dove 
era  un  borgo  detto  Vaccarizza,  riportò  più  grande  trion- 
fo. Molti  giacquero  dei  vinti ,  gii  altri  inseguiti  abban- 
donarono le  città  e  le  terre  più  vicine  in  mano  agli  in- 
sorti ^.  Trani  stesso  rumoreggiò,  ma  Ligorio  Toperita 
represse  con  le  armi  i  cittadini,  e  GiovannaccioProto- 
spata  vi  fu  ucciso ,  ed  un  RomùaUo  inviato  prigione  a 
Costantinopoli  ^. 

Con  questi  successi  chiudevasi  V  anno  1017  ;  di  altre 
zuffe  vagamente  accennate,  s'ignorano  in  tutto  i  parti- 
colari ^,  e  non  ebbero  effetti  maggiori  delle  precedenti. 
Melo  riprese  la  signoria  d'una  parte  della  Puglia  ^;  ma 

*  Multa  Graeeorum  eum  gente  BasUiuà  ire  Jutsus  ec,  Gcil.  App.  I. 
Magna  cum  pecunia  direxerurU  ut  Apuliam  eircumquaque  regi4mtbu$ 
iibi  vendicaret,  Rom.  Salern. 

•  Tertio  apud  Vaccaritiam  campestri  certamine  dimieans ,  iribus 
eos  vicibus  vieit ,  multogque  ex  hiis  interaciens ,  et  usque  Tranum  eo$ 
costringens ,  omnes  ex  hac  parte ,  quas  invaserant  Apuliae  dvOates 
et  oppidos  recepU.  Leo  Ost.  II ,  57.  Altri  in  luogo  di  TVatittm  leggono 
lianum, 

3  Ligorius  Toperita  fecit  proelium  in  Trane  et  oceisus  est  ibi  Joan^ 
natius  pf0totpatharius  et  Romuald  captus  est  et  in  Castaniinopolnm 
depùrtatus.  Lupo.  iOfS. 

4  Ordcna  la  tieree  hataUle ,  et  la  quarte^  et  la  quinte  et  tuU  veh^ 
dreni  li  Narmant,  Amato  I,  21.  L* Ostiense  pone  soltanto  tré  batu- 
glie ,  e  cosi  anche  Ademar.  L.  Vili ,  ).  55.  Congressio  bi$  et  ter  faeia 
victores  Normanni  extUerunt, 

»  Et  ensi  Melo  par  la  force  de  li  Normant  fu  en  lo  tron  de  «m 
konor.  Amkt.  L  e. 


—  87  — 

il  verno  o  altri  ostacoli  V  impedissero  «  non  avanzò  più 
oltre  ;  le  stesse  vittorie  riportate ,  piuttosto  che  invo- 
gliare i  Principi  Longobardi  a  secondarlo  vigorosamen- 
te ,  sembra  ne  raffreddassero  V  ardore.  Invece  T Impera- 
tore d'Oriente,  opponeva  più  valide  forze;  «  egli  di- 
»  schiuse ,  dice  un  Cronista ,  i  suoi  tesori ,  assoldò  mi- 
»  lizie  da  ogni  parte,  numerose  così  che  lor  lance  erano 
»  fìtte  come  un  canneto  ,  e  lor  persone  parevano  api 
»  sbucate  dalle  arnie  ^  » 

Però  anche  ai  primi  Normanni  altri  se  ne  erano  ag- 
giunti. E  fama  che  sparso  il  grido  dei  trionfi  ottenuti  da 
Rodolfo  contro  i  Greci ,  molti  furono  desiderosi  di  par- 
teciparvi ,  e  con  le  donne  ed  i  figliuoli  abbandonarono 
la  patria ,  permettendolo ,  anzi  spronandoli  lo  stesso 
Duca  Riccardo  11.  Ma  le  schiere  emigranti  venute  al  var- 
co di  Monte  Giove  per  discendere  in  Italia,  fu  neces- 
sità lo  sforzassero  contro  i  fieri  alpigiani  che  voleva- 
no riscuotere  un  pedagio ,  e  superate  le  chiuse  combat- 
tendo, raggiunsero  in  Puglia  i  compagni  ^.  E  forse  non 

■  Itù 

*  interea  cum  audiium  esset  ubique ,  qwniam  paucis  Normanno- 
rum  concessa  fuisset  de  superbientibus  Graecis  Victoria ,  innumerahi- 
lis  muUUudo  etiam  cum  uxoribus  et  liberis  prosequuto  est  a  patria , 
de  qua  egressa  fuerat  Rudolphum^  non  soluta  permUtente,  sed  etiam 
compellente ,  ut  irent ,  Richardo  illorum  Vomite.  Egredientes  autem 
smiis  audacter  venerunt  ad  loca  Alpium,  qui  mone  Jovis  dùMur,  ubi 
eiiam  in  angustissimis  semitis  praepoUnsis  regionis  illius  costUuerant, 
imperomU  cupidate  feras  et  custodes  ad  pretia  transmeantium  exigen- 
da.  At  iUie  Northmannorum  exercitus  ^  confractus  seriSj  caesisque 
euttodibus  per  vim  transitum  feceruni  ;  egressique  non  parvum  Ru- 
doipho  coniukrunt  auxUium  ee.  Glab.  HI ,  §.  i. 


—  88  — 

di  proprio  impulso,  ma  sollecitati  da  Melo,  .dal  Papa  , 
e  per  avventura  da  Guaimaro  di  Salerno,  accorsero  le 
nuove  turbe  ;  onde  la  memoria  rimasta  dell'  invito  di 
quel  Principe,  appo  il  quale  non  s'incontrano  Norraaa- 
ni  prima  di  questo  tempo.  Pure  cresciuti  d'alcune  cen- 
tinaia ,  e  congiunti  agli  altri ,  non  valsero  contro  le 
prevalenti  forze  dei  nemici ,  e  le  astuzie  di  Boioan- 
ni ,  che  rifatto  dallo  sconfitte  ,  volgevasi  con  le  minac- 
ce e  le  lusinghe  a  togliere  ai  ribelli  il  sostegno  dei  Lon- 
gobardi. Nel  febbraio  del  1018  bandiva  per  editto  in 
nomo  degli  imperanti  Augusti ,  si  rispettassero  i  beni 
dei  Cassinosi  ch'erano  in  Puglia,  rifermando  i  privilegi 
concessi  dai  suoi  predecessori  *  ;  e  la  benevola  esenzio- 
ne fu  principio  di  più  intimi  trattati  con  l'Abate  Ate- 
nolfo. 

Il  silenzio  che  succede  alle  vittorie  del  Barese,  raf- 
ferma la  narrazione  d'Amato.  Sorpreso  dalla  moltitudi- 
ne degli  Imperiali,  egli  sarebbe  stato  vinto;  ma  il  Cro- 
nista obbliò  notare  il  tempo  ed  il  luogo  della  pugna  fu- 
nesta ,  dove  fatta  dei  nemici  crudelissima  strage,  di 
dugonto  cinquanta  Normanni  solamente  dieci  rimase- 
ro vivi  *.  Trascorse  più  che  un  anno  da  questa  sconfitta 
senz'altro  Aìzioni ,  e  qual  che  ne  fosse  la  cagione ,  Melo 

>  In  un  diploma  deU' Archivio  di  Montecasioo,  dato  nel  febraio  1018, 
da  Basilio  Boioanni  è  detto:  Per serìptum  imperialis  jussi€nis' praeee^ 
pium  Tteipimus  nos  Baiano  observandum ,  ni  non  eamiM  ad  auferen" 
da  b(ma  ecdesiarum  tt  precipue  S,  Benedieii^  sicui  eeripia  sigilla 
Kidokyri  antiphati  Delfina ,  Genesii  Romani  anliphaii  pairiiU^  Jb- 
kannis  Ahliphati  palrilH  Ammiropoli ,  Tkeodori  Protospatay  Alexii 
prolospata,  Xifii.  ex  Reg.  PEra.  Due.  F.  LA'IX  n.  456. 

*  Mès  powr  un  de  li  Nvrmanl  furenl  «ori  moM  de  ononù,  «l.^n 


—  89  ~ 

ed  ì  Principi  lasciarono  inoltrare  Boioanni  insino  ai 
confini  Bisneventani.  Intorno  ed  oltre  questi  i  Greci 
avanzandosi,  invadendo,  alzavano  castella,  restaurava- 
no città,  signoreggiando  tutta  la  regione  dal  Fortore 
airOfanto,  contrastata  sino  allora.  La  quale  perduto 
già  innanzi  il  nome  di  Daunia ,  prendeva  dal  Catepano 
Basilio  Boioanni  quello  di  Caiepanìa  ,.che  poscia  riten- 
ne. Firenzuola,  Dragonara,  Givitate,  Melfi,  s'edificaro- 
no^, o  meglio  furono  rifatte  ed  ampliato,  a  vietare 
gli  assalti  dei  vicini ,  ed  a  molestarli;  e  nelle  loro  fron- 
tiere, sulle  rovine  dell'antica  Ecana,  in  più  remota  età 
distrutta,  surse  una  città  munita,  che  alla  greca  vanità 
piacque  chiamare  Troia  *. 
Nel  tempo  stesso ,  spente  le  sedizioni ,  e  ristabilita 


iani  fu  fori  la  batailie  que  de  ij  e.  Normant  non  remestrent  se  non 

X mès  de  V  atUre  part  furcnt  toni  que  nonUìre  non  s*  en  trove. 

Amato  i ,  22*  Dice  questa  essere  stala  la  sesta  bauaglia  ;  invece  Gu- 
glielmo Pugliese  dopo  quella  con  Tornicio  pone  immediatamente  T  altra 
di  Canne  posteriore  di  due  anni ,  e  V  Ostiense  narra  in  quesl*  ultima  , 
quarta  «per  lui,  di  250  Normanni  esserne  rimasti  dieci.  L.  Il,  37. 

'  Baiano  Catapano  cum  iam  dudum  Trojam  in  capite  Apuliae  con- 
struxit  Draconariam  quoque  et  Florentinum,  ac  Civita^em,  et  reliqua 
municipia ,  quae  vulgo  CapUinaia  dicuntur  aedificavU ,  et  circumpo- 
siti»  terris  haòitatores  convocans  deinceps  haMtari  constUuU,  Leo  Ost. 
Jlf  50,  Capitanale  corrupta  vulgarìtate,  Rom.  Saler.  Guil.  àpp.  ag- 
giunge tra  le  cjllà  edificanti  anche  Melfi,  de  Meo  mostra  le  due  prime 
fondate  più  anticamente ,  ed  allora  rifatte,  ad  an. 

*  Uo  dipi.  Greco  parlando  della  nuova  città  dice:  haec  civUas  per  innur 
merabUes  awnos  destructa  a  nobi»  Bajulis  d.  Imperaloris  restaurata 
et  bene  munita  est.  Ex  apogr.  Paso.  Baffi  nella  Bib.  Nazionale—  Tro- 
ia fu  posta  nel  territorio  Beneventana:  Pour  ce  qui  li  Gte^  V  avoient 
mise  en  lo  teniment  de  Bonevent.  Amat.  /,  22. 


—  90  — 

r  autorità  dei  suoi  ministri  ^ ,  disponevasi  Boioanni  a  so- 
praffare  in  tutto  i  ribelli ,  senza  che  perciò  si  riscuotes- 
sero i  Longobardi  di  Capua  e  di  Benevento  dall'  inerzia 
inesplicabile.  I  tradimenti  posteriori  farebbero  supporre 
iniziatele  pratiche  che  poscia  apertamente  si  mostra- 
rono; ma,  0  che  ne  fosse  ignaro,  o  che  sperasse  impe- 
dirle, Melo,  fra  quelle  esitanze,  apprestavasi  a  ritentare 
la  sorte  delle  armi.  Alcuni  Normanni  eransi  recati  a 
militare  in  Salerno ,  altri  ne  giungevano  poi  in  numero 
maggiore  dei  precedenti,  in  tutto  dicono,  tremila^;  e 
la  città  ove  convennero  e  l'importanza  che  incomincia 
a  prendere  Guaimaro  IH,  e  che  tenne  poi  sempre  egli 
ed  il  figliuolo  in  tutti  i  rivolgimenti  che  seguirono,  ac- 
cennano a  più  strette  relazioni  cogli  insorti,  donde  forse 
la  diffidenza  negli  altri  Principi.  In  ogni  modo  ripre- 
sa la  guerra ,  Melo  traversò  nell'autunno  del  1019  le 
pianure  di  Puglia,  con  animo,  sembra,  di  suscitare  a  ru- 
more le  città  marittime.  Ma  il  Catapano,  accorso  achiu- 

'  CepU  omnia  tranquilla  agere ,  atque  strenue  ordinare.  Rom.  Salek. 
an.  iOi% ,  erroneo. 

*  Dopo  la  disfaua  di  Melo ,  senza  dirne  il  luogo ,  aggiunge  Amato , 
Mès  quant  fu  $eu  à  ScUeme  que  end  avoient  combattu  li  Nàrmani 
por  aidier  Melo  et  estoient  mort ,  vindrent  li  Normant  de  Solerne , 
de  li  Normant  vint  granJt  exercit ,  et  emplirent  la  emUrée  de  foriii- 
simes  chevalierSé  i ,  22;  e  poi  narrando  la  seguente  battaglia  ne  enu- 
mera tremila ,  ivi.  Il  suo  traduttore  osserva  a  tale  proposito  :  Cetim 
moine  storiographe ,  cest  escriptor  de  V  ystoire^  non  met  se  eest  mot- 
titude  de  li  Normant  vindrent  novellement  de  Normandie  ^  au  se  à 
Capv£  se  partirent  li  Normant,  Et  aucun  vindrent  en  laide  de  Me» 
lo  ^  et  li  autre  alèrent  avee  li  messagier  de  lo  prince  de  Saleme, 
Pert  que  cestui  troiz  mille  Normant  venissent  nouveUement  de  Nor- 
mandie, —  Ivi. 


-91  — 

dergli  la  via,  postavasi  suU' Ofanto  presso  Canne  * ,  per 
più  fiero  cimento  famosa,  e  schierate  numerose  falan- 
gi di  Russi  ^  r  barbare  genti  che  formavano  il  nerbo  delle 
greche  milizie  ,  nei  primi  giorni  d'ottobre  s'azzuffarono 
i  due  eserciti  *.  Con  grande  furore  d' ambo  le  parti  si 
sostenne  la  sanguinosa  mischia  ,  e  non  per  virtù  ,  ma 
per  le  insidie  ed  il  numero  vinse  Boioanni  ^  Spenti  e 
dispersi  i  nemici  >  dei  tremila  Normanni  appena  cinque- 
cento avanzarono  *,  gli  altri  giacquero  uccisi ,  o  furo- 
no prigioni  menati  in  Costantinopoli  in  tanta  moltitu- 
dine, che  ne  corse  l'adagio:  «  aver  i  Greci  in  lettiga 
ciuffato  il  lepre  ^.  » 

Melo  scampato  con  le  reliquie  de' vinti  ''y  non  sofferse 

*  Quarta  demum  pugna  apud  Carme  Romanorum  dade  famosa  ^ 
Leo  Ost.  l.  e.  Et  Mdo  priit  un'  autre  bataiUe  ,....  et  $*  incontrèrent 
li  iVorwianl  cantre  li  Grex,  en  un  lieu  qui  se  damoit  Vaccarice^  e' est 
en  Puille  a  Madfe,  Amat.  i,  2%*  La  battaglia  di  Vaecarizza  è  posta 
imiaDzi  dair Ostiense;  ma  sembra  fossero  due  luoghi  del  medesimo  no* 
me.  Turo  presso  Troia,  T altro  non  lungi  dair antica  Canne. 

•  Pars  uiraque  resutnptis  vtriòtM.  Glab.  l.  e.  Quartu  eongressu  cum 
genie  Russorum,  Ademar.  Le. 

^  Cérciter  oetobris  pugnatur  utrique  Kalendas.  Goill.  App.  /.  Lvpo 
1019.  Cmt.  Bah.  erroneam^te  I02i. 

4  Baiano  Catepano  insidUs  et  ingeniis  superatus.  Leo  Ost.  1.  e. 

'  EiliGr9iftante(nneniUest(nlrenisxdel*auirefHitaiUefwrentmort. 
Ei  de  li  Normawt  li  quel  avoient  esté  troiz  miUe  non  remeistreni  se  wm 
(amo  ceni,  Aiiat.  l.  e.  Utrorumque  exereiius  gravUer  laesus^  Glab.  L  e. 

^  Vieti  ei  prostraii  sunl  et  ad  nichUum  redaeti ,  et  innumeri  duci 
Coitaniinnpolim  uàque  ad  exiium  tUae  in  tarceribu»  tribulati  surd,,, 
VfÈie  exitii  proverbium:  Graecus  cum  carruba  leporem  eoepU.  Aden. 
l,  c.^Se  pars  utraque  fessa  eohibuit  dice  solunto  Glab.  L  c, 

7    Cam  modica  non  gente  galena  obsistere  Melus 

Teri^a  dedit ,  magna  spoliatus  parte  suorum.  GuiL.  ApPf  1, 


—  92  — 

Tonta  della  disfatta,  abbandonò  la  Puglia  *,  ove  ogni  ac- 
quisto fu  perduto  *,  e  vedendo  vacillare  la  fede  dei  suoi 
alleati ,  e  venir  meno  ogni  altro  soccorso ,  con  Rodolfo 
e  pochi  seguaci  ^  prese  il  cammino  d' Alemagna.  Sospin- 
gcvalo  ad  implorare  l'intervento  d'Arrigo  il  Papa  stes- 
so ,  che  nuovamente  accolse  Batto  ed  alquanti  Norman- 
ni presso  al  Garigliano,  essendo  gli  altri  rimasti  ai  ser- 
vigi dei  Principi  Longobardi*,  e  passati  alcuni  mesi 
raggiunse  Melo  a  Bamberga.  Richiesto  di  venirvi  a  sa- 
crare la  Chiesa  di  S.  Giorgio,  che  aveva  V  Imperatore  edi- 
ficata e  sottoposta  alla  diretta  giurisdizione  Romana', 
Benedetto  vi  si  trovò  neir  aprile  del  4020  ®,  volentero- 

■     Et  puduit  victum  patria  tellure  morari  ; 

Samnites  adiit  superatus ,  ibique  moratur.  ivi. 
'  Universa  quae  facile  receperat ,  facUius  perdidit,  Leo   Ost.  1.  e. 

3  Mei  fugit  cum  aliquantis  Francis  ad  Enriehum  Imperatorem. 
Lupo  /0/d.  Glabro  vuole  vi  si  recasse  Rodolfo,  il  quale ,  visosque  tUius 
patria£  minus  bello  aptos ,  cum  pauds  perrexit  ad  Imperaicrem  Henr 
ricum ,  expositurus  ei  huius  rei  negotium.  Qui  benigne  iUum  susd" 
piens ,  diversis  muneribtis  ditavit ,  quoniam  rumor  de  ilio  attdicrai  , 
cernendi  contulcrat  desiderium.  I.  e. 

4  Melus  vero  cemens ,  se  militum  auxUiis  destitutum ,  Normanno^ 
superstUes  partim  apud  Panddfum  constituenSj  ipse  ultra  numies  aS 
imperatorem  profcctus  est ,  ut  ad  expellendos  ex  Apulia  Graecos  vd^ 
ipsum  per  se  ad  has  partes  venire  suaderet ,  si  posset ,  vel  mUitum 
ab  eo  auxilia  aedperet ,  si  non  posset,  Leo  Ost.  1.  e.  presso  il  Pertz, 
Vili  Script,  s' ha  quesu  variante  :  Constitutis  autem  tam  in  Bene- 
vento ,  atque  Salerno ,  quamquam  etiam  apud  Capuanum  prineipem , 
nec  non  et  Vattum  cum  Normannis ,  qui  ad  octagenarium  jam  per- 
venerunt  numero.  Amato  dei  500  rimasti  ne  assegna  200  ad  Alcnolfo* 
e  gli  altri  a  Guaimaro,  1.  22. 

5  Adalb.   Vit,  Henri€i,  Pertz.  IV,  Strip. 

^  B/vRONio ,  SiGONio  ed  $tUrì  pongono  il  viaggio  del  Papa  nel  Ì0i9  sul- 


—  os- 
so d'interporre  le  sue  istanze,  perchè  Arrigo  scendesse 
a  respingere  i  Bizantini. 

Frattanto  il  Catapano,  profittando  dello  sgomento  che 
era  negli  animi,  attendeva  ad  assecurarsi  dei  Longo- 
bardi. Ai  primi  favori  concessi  aggiunta  ora  promessa 
di  più  grandi  premii,  ottenne  l'amistà  di  Atenolfo  Aba- 
te di  Montecasino ,  e  per  suo  mezzo  anche  quella  del 
fratello  Pandolfo  IV  di  Capua.  Questi  più  vile,  o  sedotto 
da  maggiori  lusinghe,  in  segreto  patteggiò  con  Boioanni, 
facendo  recare  dal  figliuolo  in  Costantinopoli  le  chiavi 
della  città  fuse  in  oro  come  simbolo  dell'omaggio  ^  E 
sforzati  anch'essi,  o  cedendo  con  la  consueta  instabili* 
tà ,  accettavano  la  pace  anche  i  Principi  di  Benevento 
e  di  Salerno  *. 

Cadde  allora  dovunque  V  insurrezione  ;  ma  non  la 
paura  dei  Greci.  Pochi  generosi  insieme  a  Batto  era- 
no ricoverati  sul  Garigliano  ,  e  Boioanni  temendo  vi 
si  rannodassero  i  vinti  Pugliesi ,  o  volendo  compiere 
in  lor  danno  la  vendetta  alla  quale  Melo  si  era  sot- 

^  fede  di  Lamb.  Scafnaburg.  Mar.  Scoto  ,  Ann.  Ildeseim.  Ab.  Uspero. 
^Uìon  con  la  testimonianza  di  Herm.  Contr.  Sigeber.  ann.  Saxo« 
^^m,  Saxo.  Alb.  Trib.  Font,  prova  che  fu  nel  1020.  Infatti  il  biografo 
^'Arrigo  dice  :  in  proximo  aprili  Alemannia  erUravit  e  che  \i  celebrò 
'^  l^asqua ,  la  quale  nelP  anno  precedente  fu  nel  marzo. 

*  Quum  Capwinus  prineeps  latenter  faveret  Costantinopolitano  Ba* 
'^io,  fecU  interim  fieri  claves  ec.  Leo  Ost.  Le. 

*  Niun  documento. assicura  che  i  Princìpi  di  Benevento  e  Salerno  ri- 
conoscessero allora  la  supremazia  degli  Imperatori  Greci  ;  ma  pel  primo 
^0  sospettò  con  ragione  de  Meo  ad  an, ,  e  pel  secondo  le  molestie 
che  poi  gli  arrecò  Arrigo  11»  provano  che  abbandonò  certamente  la  cau- 
sa  dei  Pugliesi. 


f 


—  94^ 

tratto,  8i  adoperò  ad  averli  in  mano.  L'alleanza  pas- 
sata ,  i  comandi  del  Papa ,  la  sicurtà  del  luogo  ,  af- 
fidavano Datto  ed  i  compagni  ;  poiché  senza  traversa- 
re le  terre  del  Principato  Capuano ,  e  di  S.  Benedet- 
to, non  potevano  i  Greci  assalirli.  Ma  la  cupidigia  dei 
Longobardi  vinta  dall'  offerta  di  ricchi  doni ,  consen- 
tì al  tradimento  ,  e  concesso  il  passaggio  al  Catapano, 
prima  che  i  profughi  n'avessero  sospetto,  la  tQrre  fu  cir. 
condata  d'assedio  ^  Per  due  giorni  si  oppose  dispe- 
rata resistenza  ,  poi  presa  di  forza ,  rimasero  tutti  pri- 
gioni. Narra  Leone  Ostiense,  che  alle  vive  istanze  del- 
l' Abate  Atenolfo  rilasciati  i  Normanni ,  indarno  si  por- 
gessero preghiere  a  salvare  Datto  ^  Compiuto  il  suo  io^ 
tento  si  ritraeva  Boioanni  menandolo  seco,  e  nel  15  giu- 
gno, il  misero  cognato  di  Melo,  posto  su  d' un  asino  come 
trofeo  di  vittoria,  entrava  in  Bari.  E  perchè  la  ferocia  del 
supplizio  servisse  a  terrore  dei  cittadini ,  iniqua  senten- 
za lo  dannava  alla  pena  dei  parricidi ,  e  chiuso  in  un 
otre  era  sommerso  nell'Adriatico ^ 


<  Il  traiduUore  di  Amato  ,  che  supplisce  alla  lacuna  del  testo ,  dove 
il  Monaco  Gassinese  tacque  della  vile  partecipazione  deir  Abate ,  aggiun- 
ge che  Pandolfo  di  Gapua  s'unisse  a' Greci  contro  Datto:  Panddfo 
desirarU  la  mori  lui  vini  mr  o  li  Grex  et  vainchi  la  ior ,.  et  dònna 
Dallo  innocente  à  li  Grex.  I  »  25. 

•  Per  biduum  oppugnans^  vi  tandem  iUum  (mnibus  ibidem  manen' 
tibus  comprehendit.  Et  JNormannos  qtiidem  qui  inibi  fuerunt  ab  eodem 
Baiano  Abbas  noster  midtis  praecibus  adqueHvit  i  Dattum  vero  nuUo 
Mnquam  modo  ab  eius  manibus  eripere  potuit.  l^o  Ost.  II  ^  58. 

^  EntravU  àvitatem  Bari  equitatus  in  Asina  XV  junii ,  Lui>o.  J^ 
noiex  en  mer.  Amat.  / ,  23.  Imitus  culleo  mare  parricidarum  iti  tno. 
ri  praecipitatus  est.  Leo  Ost.  U  ,  38. 


--OS  — 

Melo  giunto  allora  in  Germania,  benevolmente  ricevu- 
to da  Arrigo,  ne  impetrava  pronti  soccorsi,  avvalorando 
le  sue  dimando  il  Papa  ;  e  già  si  apparecchiavano  le 
armi  necessarie  all'impresa,  quando  a  la  morte  crudele 
si  rise  di  questi  accordi*.  »  Logorato  dai  sofferti  tra- 
vagli ,  e  forse  dal  dolore  del  miserando  fine  di  Dalto  , 
mancava  T esule  Barese  nella  terra  straniera,  compianto 
dall'Imperatore,  onorato  quasi  Principe  di  regio  sepol- 
cro nella  Chiesa  di  Bamberga  *.  Ivi  per  lunga  età  innan- 
zi air  altare  della  Maddalena  rimase  V  avello  accanto  a 
quello  d'Arrigo  e  di  sua  stirpe  ^,  che  più  pietosa  a  Melo 
la  fortuna,  ebbero  pace  le  sue  ossa,  mentre  quelle  del 
congiunto  raccolsero  gli  abissi  del  mare. 

Periti  entrambi  i  duci ,  non  fu  chi  ardisse  combattere 
ancora;  molti  tra  i  loro  seguaci  erano  cadati ,  altri  vi- 

'  ÀuxÙia  promUtens  dona  propinqui.  Gcill.  App.  I.  Requirest  mi' 
ftrìmde ,  et  la  henignité  de  lo  empereor  li  promisi  de  fair  ce  que 
Mdo  requeroU.  El  lo  impereor  fU  guarde  de  le  prince  de  li  Thodés , 
coment  de  certe  chevalier  se  appareilla  dealer  à  restituir  Melo  en  sa 
propre  honor.  Et  la  crudele  «'  en  rit  de  cette  convenance ,  quar  Melo 
funmt.  Amato  /,  25. 

*  Et  en  ot  tristece  V  empereor  et  tout  son  exercit.  Et  en  lo  sepul" 
ere  de  li  noble  fu  mis.  ivi, 

At  Melus  regredì ,  praevenlus  morte ,  nequivlL 
Henrìcus  scpelit  Kex  hunc ,  ul  Regìos  est  mos , 
Funerìus  exeqiiies  comitatus  aeque  sepulchruin 
Carmini  RegaU  tumulum  decoravit  homati.  Gctt.  Ap.  t* 
Àqmt.  IHst.  fragm.  IV.  Dbches.  p.  80.  Vit.  S.  Henr. 

3  Inter  haec  in  sepulchreto  canonicorum  ante  aram  Mariaé  Mag^ 
dalenae  sunt  sepulchra  Brunonis  Episcopis  Augustani  fratris  Heniiei 
et  Ismaelis  eiusdem  ex  sorore  nepotis,  in  quibus  jam  ne  litera  quidam 
apparet.  Hoffmamn,  t.  c.  p.  V,  §  17. 


—  96  — 

vevano  nascosti  e  raminghi  sin  presso  ai  Saraceni  di 
Sicilia,  donde  mossero  sovente  contro  i  Greci.  Anzi  in 
quello  stesso  anno  1020  un  Pugliese  a  nom«  Raica  in- 
sieme all'emiro  Akhal,  disceso  in  Calabria  occupava 
Bisignano,  ma  o  non  secondalo  o  respinto  si  ritrasse 
aspettando  occasione  più  propizia  ^ 

Quindi  supplizii,  esilii,  confische,  in  ogni  città;  e 
dei  beni  tolti  s'impinguava  l'erario,  e  più  si  arricchi- 
vano i  greci  ministri  e  i  duci  delle  milizie;  ai  quali  lajr- 
gheggiava  Boioanni ,  donando  le  terre  e  le  case  dei  ri- 
belli ^,  perchè  si  stanziassero  in  Italia.  Anche  i  traditori 
rimeritava,  ed  in  grazia  dell'Abate  Atenolfo,  la  Badia  Cas- 
sinese  otteneva  si  restituisse  nel  giugno  1021  ad  Andrea 
monaco  di  S.  Benedetto  il  retaggio  sequestrato  a  suo 
padre  Maraldo  ricco  cittadino  di  Trani^. 


'  Amari  li ,  p.  343.  Descenderunt  Sarraceni  eum  Bayea  et  obsede- 
runt  BiHnianum  ,  et  Ulud  apprehenderunt ,  et  hoc  anno  mortus  est 
ipse  Amira  et  Melus  Dux  Apuliae.  Lupo  40^0. 

•  V.  Docura.  IV. 

3  V.  Dociim.  V. 


CAPITOLO  V. 


Dei  Normanni  restati  in  Italia ,  alcuni  assoldati  da 
Atenulfo  perchè  tutelassero  le  terre  del  Monastero  con- 
tro gli  assalti  dei  Conti  d'Aquino,  ebbero  stanza  nella 
villa  di  Pignataro  poco  lungi  da  S.  Germano,  ove  si  ten-- 
nero  fedeli  finché  visse  l'Abate  ^  Altri  continuarono  a 
rimanersi  ai  servigi  di  Guaimaro  III  ^ ,  o  vagarono  alla 
ventura  nella  Campania  fra  genti  nemiche  ;  finché  nelle 
stesse  discordie  dei  Longobardi  non  trovarono  il  modo 
d' infrapporsi ,  militando  come  mercenarii  ^  Intimiditi 

'  Abbas  immo  hoc  monasterium  magnU  Aquinentium  comitum  infe- 
ttatùmUnu  urgeretur, . .  neeesHtate  coactus  fortUHmos  aliquot  e  praefatis 
Normannis  ascivU  eatque  iuxta  se  in  oppido  quod  Pignatai'um  nuncupa- 
tur  ,  non  longe  a  civUate  S,  Germani  ad  monasteria  bona  tutanda  con- 
$tituit ,  quod  quidem  UH  quamdiu  Abbas  ipse  superfuU ,  strenue  satis , 
ft  fidelUer  executi  sunt,  Leo  Ost.  II,  58.  Tosti  Stor,  Mùnt,  /,  p.  476. 
*  Non  remaòistrent  se  non  cine  cent  ;  et  vj,  grani  home  de  li  Nar- 
mani  remeinstrent ,  de  li  quel  ij,  remainrent  avee  Athénulphe  abbi  de 
monte  de  Casrin ,  et  li  autre  avee  li  sen  chevalier  à  (aire  chevaìerie 
avec  lo  prince  de  Saleme.  Amat.  I,  i%, 
3  Campanae  mesti  redennt  regionis  ad  oras  : 
Aujue  locis  nallis  figunt  temptoria  certis. 
Ptfterrebai  eos  plebs  paacifacta  siiorum , 
Yirìbus  et  validis  circumstaos  plurìbus  hostis 


CoDsilicmi  tandem  dat  risa  propinqua  roorandi.  Gviu.  App.  I. 
TOL.  I.  7 


—  os- 
ci 1  loro  audacia,  i  Greci  guardavano  i  mari,  cosi  che  per 
Ire  anni  vietarono  ai  peregrini  il  viaggio  di  Terrasanta; 
nìenando  prigioni  in  Costantinopoli  quanti  ne  scontra- 
vano *. 

Ma  i  trionfi  dei  Bizantini ,  e  l'alto  dominio  preso  sui 
Principati ,  svegliando  i  timori  del  Pontefice  *,  facevano 
più  efficaci  le  sue  parole  presso  Arrigo;  la  morte  di  Bat- 
to, l'arrendevolezza  dei  Longobardi,  le  crescenti  usur- 
pazioni 3,  ne  vinsero  le  esitanze,  e  si  determinò  a  ri- 
vendicare i  suoi  dritti.  Nel  decembre  del  4021  l'eser- 
cito Alemanno  giunse  a  Verona ,  e  senza  fermarsi  in 
Lombardia ,  dove  non  erano  stati  altri  moti  dopo  la 
morte  di  .Arduino,  s'avanzò  per  l'Umbria.  Ivi  divise  le 
milizie ,  quindicimila  combattenti  con  Poppone  Patriar- 
ca d' Aquileia  inviò  verso  Puglia  ,  e  ventimila  furono 
affidati  a  Pellegrino  Arcivescovo  di  Colonia,  perchè  sog- 
giogasse i  Principati  Longobardi. 

L'Abate  Atenolfo  e  suo  fratello  Pandolfo  di  Capua, 
prevedendo  che  il  primo  impeto  della  guerra  sarebbe 
stato  in  lor  danno,  presero  diverso  consiglio;  l'uno  fug- 
gì presso  i  Greci,  l'altro  si  preparò  a  resistere.  Bicesi 

•  Tane  per  trienntum  interclusa  est  via  Hyerosolimae ,  nam  pmj^te^ 
iram  Normannorum ,  quicumque  invenirentur  peregrini  a  Graecis  li^ 
gati  Costantinopolim  ducebantur  et  ibi  carcerati  affligebantur.  àdemar^^ 
His.  L.  Ili,  §  55, 

•  Reputare  amissa  Apulia  ac  Principatu  ,  Romam  quoque  ne  ma^^ 
turarent ,  ac  per  hoc  Italiam  totam  consequenter  sili  et  in  proximc^ 
amittendam,  Leo  Ost.  /.  e. 

5  Duces  quoque  6ra£corumcum  parte  ejusinvaderant.  àdemar.  Hw  — 
1.  e.  Ilis  omnibus  audiiis  Graecoìum ,  scUicet  invasione ,  principia 
tergiversatUme ,  Datti  denique  crudelissima  nece,  etc,  Leo  Ost.  I.  e. 


—  po- 
che venuto  r  Abaie  in  Otranto  per  recarsi  a  Costantino- 
poli, apparisse  S.  Benedetto  al  Vescovo  della  città,  im- 
ponendogli lo  distogliesse  da  quel  viaggio.  Ma  la  paura 
vinse  ogni  riverenza ,  ed  Atenolfo  entrato  in  mare ,  nau- 
fragò miseramente  nel  30  marzo  del  1022  *  in  quei  flut- 
ti medesimi  ch'erano  stati  tomba  al  tradito  Batto.  Per- 
chè Arrigo ,  cosi  pronta  scorgendo  la  divina  vendetta , 
esclamò:  «  E  affondato  nel  lago  che  aveva  aperto,  cad- 
de nella  fossa  da  lui  scavata  ^.  » 

Intanto  T  Imperatore  insieme  al  Papa  entrato  nel  ter- 
ritorio Beneventano  vi  ricevè  gli  omaggi  del  Principe 
come  signore  ^  e  raggiunte  le  milizie  guidate  da  Pop- 
pone  venne  a  porre  l'assedio  a  Troia.  La  nuova  città 
fondata  a  baluardo  della  Puglia  sedeva  in  più  forte  sito 
che  ora  non  sia  *,  e  greca  l'origine,  greca  la  guarnigio- 
ne ,  oppose  valida  difesa.  Mentre  Arrigo  vi  accampava 
intorno.  Pellegrino  di  Colonia  rimasto  ad  investire  Ca- 
pua  sforzava  Pandolfo  alla  resa  *  salva  la  vita ,  che  al- 
tro più  onesto  patto  non  volle  concedergli.  E  quantun- 
que lo  dannassero  a  morte  gli  Imperiali  Ministri,  lo  cam- 
pò la  fede  ricevuta,  e  fu  invialo  prigione  in  Germania  ^. 

*  Necrol.  Cass.  —  Leo  Ost.  1.  c. 

•  PSAL.  VII,  i6. 

^  La  CsB.  VoLTVRN.  e  1'  Ughelli  riferiscono  i  Piacili  tenuti  nel  Be- 
''^Ventano  in  nome  dell' Imperatore. 

^  Il  traduttore  d'  Amato  inserisce  nel  testo  queste  parole  :  Où  Troje 
fu  cpért  V  antique  faJnique ,  et  non  pas  la  oH  eUe  est  maintenant  ^ 
9UUT  en  plus  vili  lieu  est  ara.  1  ^  26. 

^  Metuetis  civium  prodUiaiii'e.  Leo  Ost.  I/^  40. 

^  Rimaneva  Pandolfo  II  che  V  aveva  adottato ,  e  Pandolfo  V ,  asso- 
<^ìuto  al  governo  nel  10,18.  — pe  Meo  ad  un,;  ma  s'ignora  che  n'avve- 


—  100  — 

Con  maggior  vigoria  sosteneva  Troia  l'assedio  dal  marzo 
al  maggio  del  1022,  respingendo  gli  assalti,  e  brucian- 
do le  macchine  ;  ma  poi  stanchi  assaliti  ed  assalitori ,  ed 
entrata  una  dissenteria  nel  campo  tedesco,  s'appagò  Ar- 
rigo che  simulasse  arrendersi  la  città,  e  fuggendo  gli 
estivi  calori  si  ritrasse  di  Puglia  *.  Innanzi  però  di  par- 
tirne visitò  devotamente  il  Gargano,  ed  orando  la  notte 
nel  santuario,  sorpreso  da  celeste  visione,  narrano  gli 
Agiografi,  che  mentre  s'atterrava  spaventato,  un  Angelo 
gli  gridasse  :  «  non  temere  o  eletto  di  Dio ,  sorgi  e  ri- 
»  cevi  il  segno  divino  della  pace  »  e  d' un  colpo  al  fianco 
lo  fece  zoppo  per  la  vita  ^. 

uìsse,  poiché  del  primo  non  è  più  menzione,  T altro  fu  restaurato  poi 
col  padre  Pandolfo  IV. 

*  I  documenti  che  rimangono  di  questo  assedio  si  contradicono.  Amato 
al  £.  / ,  e.  24  dice ,  che  Arrigo  la  prese  ;  ma  al  cap,  SS  narra  :  Et 
Trojens  (  ne  )  par  débeltté  de  ceux  qui  l' aségirent ,  ne  par  force  de 
ceu%  qui  dedens  estoient ,  mès  pour  lo  fori  lieu  oii  elU  estoU ,  rum 
poi  atre  prise,  11  Glabro  racconta ,  che  i  Troiani  avendo  bruciale  le  mac- 
chine furono  rifatte  e  rivestite  di  cuoio ,  e  che  dopo  tre  mesi  d' assedio 
con  vicendevole  strage ,  appiccatosi  il  contagio  neir  armata  tedesca ,  i 
cittadini  guidati  da  un  romito  con  la  croce  innanzi ,  e  preceduti  da  fan- 
ciulli che  cantavano  kirie  eleyson ,  vennero  al  campo  e  rimossero  V  Im- 
peratore dal  giuramento  che  aveva  fatto  d' impiccare  tutti  gli  nomini , 
appagandosi  che  una  parte  delle  mura  fosse  abbattuta ,  e  poi  riedificala. 
Acceptisque  pacis  obsidibus  universis  regionis  illius  provintialibus  re- 
versus  est  Saxoniam,  L.  Ili,  §  I.  Presa  anche  la  dicono  Epjdamno,  e  Erm. 
CoKTRACT.  Ma  un  diploma  Greco  dato  due  anni  dopo  afferma  :  ita  fedelissi- 
mi òbsistere  Regi ,  quod  nihil  eis  nocere  valuU ,  bene  civitatem  defendeu» 

tem et  licet  omnes  res  suos  de  forisperdiderint^propter  hoc  servitium 

Jmperatoris  non  dimisere ,  nec  ab  eis  fidelitate  discessere.  de  Meo. 

•  De  divis  Bamberg,  cap.  3,  ap.  Ugh.  in  Sipont,^  ma  il  Provama 
attribuisce  lo  storpio  a  umana  percossa  ricevuta  in  Pavia  al  i004. 


—  lOi  — 

Fallila  la  spedizione  contro  i  Greci,  Arrigo  si  limi- 
tava a  far  riconoscere  la  sua  signoria  nelle  rimanenti 
province.  Senza  alcuna  resistenza  s*era  piegato  Bene- 
vento ;  in  Salerno ,  assediata  per  quaranta  giorni  dal- 
l'Arcivescovo  di  Colonia,  Guaimario  diede  ostaggio  il 
figliuolo  che  fu  affidalo  al  Pontefice  *  ;  e  Capua  ricevè 
in  luogo  del  deposto  Principe ,  Pandolfo  conte  di  Tea- 
no.'Napoli  stessa  riconobbe  la  supremazia  dell'  Impera- 
tore ^;  e  in  Montecasino,  ove  si  fermò  rendendo  grazie 
a  S.  Benedetto  d'averlo  guarito  dal  mal  di  pietra,  inve- 
sti come  Abate  Teobaldo  «. 

Affrettando  il  ritorno  con  F  esercito  diradato  dal  con- 
tagio, Arrigo  non  volle  allontanarsi  prima  d' aver  assicu- 
rata la  sorte  dei  discendenti  dì  Melo ,  e  quella  dei  Nor- 
manni che  s'erano  a  lui  congiunti.  Rodolfo,  che  vuoisi 
ito  in  Germania  insieme  al  profugo  Barese ,  ridisceso 
coi  Tedeschi,  si  afferma  tornato  ora  con  i  suoi  seguaci 
in  Normandia  onorevolmente  accolto  dal  proprio  Prin- 
cipe Riccardo  ^.  Degli  altri  Normanni,  ventiquattro,  tra 

•  Troiam ,  Capuam ,  Salemum ,  urhes  Imperli  mi  ad  Graecos  de- 
ficientes  ad  deditionem  coepit.  Epioam.  Ann,  ìfrev,  Herm.  CoTmi.  Leo 
OsT.  ecc. 

*  Et  lui  donna  la  croce  e' est  lo  baston  ecdesiastique,  àmat.  I,  27, 

28.  Proinde  Carìnenn  ecclesia  providentes quae  specialius  ad  ro- 

mnum  spedai  imperium  ec.  Dipi.  Arrig.  Rcges,  Pet.  Diac.  87 ,  38. 

^  Normanni  quippe  cum  suo  duce  RodtUfo  reversi  in  suam  patriam 
gratater  recepii  a  proprio  principe  Richardo^  Glab.  HI,  §.  Y.  Un  Rodol- 
fo di  Tdeni  è  ricordato  come  vivo  in  Normandia  nel  1054,  Neustria  Pia 
P*  567,  Mooter  p.  ^ ,  ma  si  crede  nipote  a  quello  che  venne  in  Ita- 
^'a.  Più  prossimo  discendente  fu  Ruggiero  de  Tòeni ,  che  guerreggiò  in 
'spagna  contro  i  Musulmani ,  e  fu  ucciso  insieme  a  due  figli  nella  sua 
Patria  verso  il  1055.  Will.  Gemm.   VII,  e,  o,  Mooyer,  p.  21. 


—  102  — 

i  quali,  Giselberto,  Gosmanno,  Sligando ,  Gualtieri  de 
Canosy,  ed  Ugo  Fallucca,  avendo  a  capo  Torstaino  il 
Dalbo  0  Scitello  * ,  affidava  l'Imperatore  a  Stefano  Pie- 
tro e  Melo,  nipoti  del  defunto  Melo;  e  non  polendo 
ricondurli  in  patria ,  concedeva  ad  essi  alcune  castella 
confiscate  ad  Atenolfo  o  a  Pandolfo  nel  contado  Comi- 
nensc  *. 

Anche  alcuni  Normanni  furono  investiti  di  feudi  ^  (Si- 
pendenti  forse  da  Montecasìno,  o  dal  nuovo  Principe 
di  Capua.  E  perchè  piii  sccuramente  rimanessero  nella 
fede  dell'Imperio  fu  imposto  al  marchese  di  Spoleto  e 
Camerino  di  venire  in  loro  soccorso  ove  occorresse  *. 

'  Et  que  ìwn  le  poi  recovrer  le  lor  cose  lui  donna  de  lo  sien  prò- 
pre  la  terre  la  quel  se  elame  lo  Comune  avee  li  chastd  qui  i  apar- 
teneient.  Et  lor  donna  en  aide  Torstayne  avee  XXiiij.  Amai.  /,  29. 
Quibus  etiam  in  auxUium  Normannos  Giselbertum ,  Gosmannum , 
Stigandum ,  Torstainum  balhum ,  Gualterium  de  Canosa ,  et  Ugoìietn 
Fallucca  cum  aliis  decem  et  odo  relinquit,  Leo  Ost.  i/,  4L  Torstai- 
no o  Tostaino  fu  dello  Ciiello  o  Sciiello  da  Ord.  Vit.  ///.  e  Will. 
Cemm.  F//,  e  le  Bègue  da  Du  Moulin.  Stor.  gen,  de  Norm, 

'  liO  Comune  di  Amato  clic  T Ostiense  dice  Cornino,  era  lo  slesso 
che  il  Conlado  di  Sera ,  poslo  tra  il  Principato  Capuano  e  la  Contea 
dei  Marsi ,  Comitato  Soraìio  qui  dicitur  Comino  Reg.  Pet.  Diae.  n." 
619y  e  comprendeva  terre  e  castella  diverse.  Alcune  n'  erano  slate  do- 
nate all'Abate  Atenolfo  dal  Principe  Capuano  Leo  Ost.  li,  31,  ed  al- 
tre glie  n'  aveva  confermate  Arrigo  IL  de  Meo  an.  Ì0i7 ,  e  confiscate 
ora  ne  furono  investiti  i  nipoti  di  Melo.  A  torto  crede  Muratori  conce- 
duto ad  essi  la  contea  di  Teano.  Piena  Esposiz, 

^  Nordmannis  qutbusdam,  qui  tempore  ejus  Ulo  confluxerant,  quod- 
dam ,  ut  ferunt ,  illis  in  partibus  territorium  concessit.  Herim.  Al- 
GiENs.  Chr.  an.  W22.  Pertz  Script.   V. 

4  Amato  1 ,  30 ,  dice ,  si  chiamasse  Ranieri  senza  dirne  il  Marche- 
sato; ma  altro  non  v'era  più  prossimo  di  quello  dì  Spoleti  e  Camerino. 


-  403  — 

Ma  le  mutazioni  cagionate  dalia  discesa  d' Arrigo  non 
potevano  esser  durature  ;  V  autorità  degli  Imperatori 
Alemanni  nel  mezzodì  era  stata  sempre  transitoria  ed 
incerta ,  simigliante  ad  un  torrente  che  devasta  e  pas- 
sa. Pandolfo  di  Teano,  si  trovò  cinto* da  nemici  po- 
tenti ,  quali  erano  i  Principi  di  Benevento  e  di  Salerno 
congiunti  all'espulso  Pandolfo  IV;  e  più  grande  gelosia 
destarono  le  concessioni  fatte  ai  Normanni  per  V  indole 
loro  ardimentosa  e  rapace.  Torstaino  e  gli  altri  compa- 
gni, occupato  in  nome  dei  nipoti  di  Melo  il  castello  di 
Galiinario  nel  contado  Gominense,  non  si  tennero  paghi 
a  quel  possesso;  cercando  suhito  allargarsi  in  danno 
dei  vicini  *.  Ma  questi  si  armarono  a  respingerli,  prin- 
cipalmente Pietro  figlio  di  Ranieri ,  Castaldo  di  Sera  *  ; 


Nel  iOOi  r  aveva  posseduto  insieme  alla  Toscana  Ugo ,  a  questi  in 
Toscana  successe  un  Ranieri ,  che  sembra  lo  stesso  ricordato  dal  Croni- 
sta »  poiché  a  Spoleto  non  se  ne  trova  alcuno ,  prima  del  10i8 ,  quan- 
do un  marchese  Ranieri  fu  deposto  dairimp.  Corrado.  Muratori  ann, 
1027-28. 

•  Quant  li  NormarU  furent  ferme  en  la  foi  de  l' Eglize  empérieìe, 
i  effarcèrent  de  (aire  lo  comandetnent  de  V  empéreor ,  et  vindrent  en 
la  terre  qui  devoit  estre  de  li  neveu  de  Melo ,  et  erUrerent  en  lo  Castel 
de  GaUmare ,  et  firent  paovre  à  tuU  cU  qui  habitoient  entar.  Més 
que  ceste  choze  estoit  petite ,  ces  chastelz  d*  entar  voloient  par  batail- 
le,  Amat.  /,  30.  Invece  di  GaUmare  nel  testo  forse  era  scritto  GfUli- 
nare  e  sarebbe  Galiinario  nel  Comitato  Cominense,  ricordato  nei  Bol- 
lano.  Vii,  S.  Gerar.  ed  iu  un  diploma  di  Corrado  che  dona  S.  Maria 
de  Gallenarip  a  Montecasino.  Gattola  T.  I ,  p.  518. 

•  Et  la  superbe  de  un'  autre  Pierre  fUz  de  Raynier  non  reposa ,  et 
^r  entre  ceaux  de  celle  contrae  estoit  tenu  lo  meillor ,  vouloit  cou" 
Irester  cantre  la  majcste  imperiai,  /,  52»  Trovando  nel  1019  un  Ua- 
iiieri  gastaldo  di  Sora  (oe.  Mfo  ad  an»)  ^  e  nel  1055  up  Pietro  figlio 


—  104  — 

che- dolente  di  vedere.il  suo  retaggio  in  mano  degli 
stranieri  *  ,  rifiutò  la  pace  che  veniva  offerta,  e  mos»* 
se  ad  assalirli.  Se  crediamo  air  unico  narratore  dì 
queste  prime  lotte  fra  gì'  indigeni  ed  i  Normanni  t 
venticinque  cavalieri  sbaragliarono  più  che  dugencin- 
quanta  nemici ,  senza  riceverne  altra  offesa  che  la  mor- 
te del  gonfaloniere.  E  la  vittoria  fu  compiuta  quando 
giunse  il  Marchese  di  Spoleto ,  al  quale  due  dei  nipoti 
di  Melo  erano  stati  inviati  per  richiedere  soccorso  *.  Ma 
di  questi  e  di  quella  impresa  più  innanzi  non  si  ra- 
giona; e  Torstaino  stesso  che  ne  fu  Teroe  stranamen- 
te perisce.  Favoleggiano  di  lui ,  che  mentre  era  al 
soldo  di  Guaimaro  ili  come  Duce  dei  merccnarii ,  vi 
facesse  mirabili  pruove  lanciando  oltre  il  palagio  del 
Principe  un  leone ,  dopo  che  strappatagli  dalle  fauci 
una  capra ,  l'ebbe  colle  sole  mani  ucciso  ^  Invidi  però 
della  sua  virtù,  i  Longobardi  lo  condussero  con  ingan- 
no tra  i  serpenti  a  combattere,  un  drago  smisurato,.. e 
l'alito  pestifero  ed  infiammato  del  mostro  ,  consunte 
le  armi,  lo  soffocò  ^.  Così  la  popolare  leggenda  avvolse  , 

di  Ranieri  di  Sora  (Leo  Ost.  II,  55,  Alberici  VU.  Dam,  Soiian.)\ 
credo  non  s*  intenda  di  altri. 

'  //  non  vouloU  soustenir  que  li  hérUage  de  ^es  anoessors  fusi  de 
geni  estrange,  àmat.  1 ,  52. 

«  Ivi. 

3  Primus  Apulieniibus  Normannis  dum  adhuc  ìU  advenae  Waitncd- 
chi  duds  Salemi  stipendiarii  erant  praefuU  Turstinus  cognommio 
SciteUo  vir  in  mtdtis  probUatibus ,  admodum  expertum.  Qui  inter 
aliqua  reliqua  virtutis  suae  indiciae  leonem  prò  aJblaJta  tibi  capra  fu- 
rentem  nudis  manibus  arripuit:  et  tUtra  murum  Palata  praefati  Ducis 
velut  catellum  quemlUfet  prokdt.  Will.  Gehv.   VU^  30 ì 

h  Longobardi  vero  et  invidia  commoti,,..  du(rerunt  eam  in  locum , 


—  405  — 

dair origine  al  termine,  la  prima  emigrazione  dei  Nor- 
manni in  fantastici  racconti  ;  novellando  ì  Cronisti  per 
supplire  alla  povertà  delle  loro  gesto  allorché  Melo  fu 
caduto.  E  le  medesime  tenebre  coprono  gli  ultimi  sforzi 
dei  ribelli  Pugliesi.  Quel  Raica,  venuto  nel  1020  coi 
Saraceni  contro  Risignano,  e  tornato  forse  a  più  ardi- 
mentose correrie  al  tempo  della  spedizione  d' Arrigo  , 
tentava  nel  giugno  1023  insieme  a  Saffari  Oriti  *  impa- 
dronirsi di  Rari;  ma  combattuto  allontanossi  dopo  aver 
espugnalo  PalascianOi  e  per  qualche  tempo  d'  ogni  par- 
te fu  pace,  ninno  osando  contrastare  ai  Greci.  Assicu- 
rato anzi  da  quelle  vittorie  nel  medesimo  anno  il  Cata- 
pano muoveva  da  Rari  per  una  impresa  in  Croazia,  d'on- 
de rivenne  trionfante  K 
Altri  eventi  favorivano  i  successi  Rizantini.  Renedel- 


ubi  morabatur  immanU  draeo  cum  magna  multitudine  serperUium. 
Deinde  ni  Draeonem  venire  senserunt ,  eonfestim  fugerimt,  Turstinus 
auiem  ignarus  ddi^  dum  socias  suoi  furiere  cernerei  »  et  ob$iupescen$ 
causam  tam  gubUae  fugae  ab  armigero  suo  inquirerel ,  en  repente 
flammivarus  draeo  iUi  occurrit ,  et  caput  sonipedis  eius  hianti  ore  in- 
vadil.  Ai  ille  abstracto  enee  mrilUer  feriens  feram  moxperemit:  quin 
etiam  venenoto  fUUu  infectus  tertio  die  obiU,  Nam  dypeum  ejus ,  quod 
mirum  dktu  est ,  fiamma  et  ore  draconis  erumpens  momento  totum 
(»mbussU.  WiLL.  Gemx.  l.  e. 

■  Lupo.  Amari  //,  345  ^  crede  si  debba  intendere  per  Jaffari  o  Saf- 

fori  Crini ,  r  emiro  Siciliano  Àkhal  detto  anche  Abu-Gia'far.  Ma  il  ti- 

^b  greco  di  Criti  mi  fa  sospettarlo  anche  Barese ,  ed  il  nome  di  Saf- 

^  a"  incontra  spesso  nelle  carte  del  tempo  :  Saphkus  quidam  presbi- 

^^  ep.  Leo  Ost.  //,  52. 

^  Irantf retava  Bugianus  in  Curbathia  (cum  Barensibus  al.  )  et 
^^^*hprehendit  ipsam  Frincipissam  (  Patricissa  al.  )  uxorem  Cosmici, 
^«ipo.  Caa.  hàn. 


—  106  — 

to  Vili  ed  Arrigo  Imperatore  morirono  quasi  contempora- 
neamente dal  giugno  al  luglio  del  1024,  ed  al  primo  su- 
bentrava il  fratello  Romano  col  nomo  di  Giovanni  XIX  , 
che  di  laico  fu  Papa  per  simonia  *  ;  all'  altro  morto  senza 
prole,  succedeva  dopo  lieve  conlesa  Corrado  detto  il 
Salico.  Vacato  T Imperio,  si  riscosse  in  Lombardia  la 
fazione  avversa  ai  Tedeschi ,  i  Pavesi  memori  delle  cru- 
deltà d' Arrigo  ne  incendiarono  il  palagio  * ,  gli  antichi, 
fautori  d'Arduino  offrirono  la  corona  a  Roberto  di  Fran- 
cia, al  suo  figliuolo  Ugo,  a  Guglielmo  d'Aquitania;  ma 
tutti  la  rifiutarono ,  paventando  più  della  possanza  degli 
emuli  le  mutabili  e  divise  voglie  dei  grandi  ^  Laonde 
fastidito  di  quei  trattati  e  sperandone  vantaggio ,  Eri- 
berto  Arcivescovo  di  Milano ,  potentissimo  in  Lombar- 
dia ,  si  recò  in  Germania  a  giurar  fede  a  Corrado  ,  e 
molti  lo  seguirono. 

L'elezione  di  Corrado  giovò  a  Pandolfo  IV  deposto 
Principe  di  Capua, poiché  Guaimaro,che  n'aveva  in  mo- 
glie la  sorella  ,  ottenne  con  doni  e  preghiere  fosse  li- 
berato *.  Reduce  quindi  in  Italia  tutti  i  pensieri  po- 
se a  riprendere  i  suoi  dominii ,  né  amici ,  né  armi  gli 
mancarono.  Da  una  parte  i  Greci ,  dall'  altra  i  Con- 
ti dei  Marsi ,  ed  i  Principi  di  Benevento  e  di  Salerno , 
s'  unirono  con  lui  ,  e  Guaimaro  raccolti  i  Normanni 


»  Glab.  IV,  e,  l.  Baron.  ad  an, 

*  Wippo  in  vit.  Corr,  Sai. 

5  Arsulph.  Med,  L.  II,  e.  4.  Murai,  ad  an. 

4  Par  prierie  de  la  mmllier  la  quel  estoit  soror  de  Pandulfe^  man- 
da domps  a  la  majesté  imperiai  et  à  touz  li  grani  home  de  la  cori, . 
Amai.  /,  JJ.  La  Chr.  Volt,  lo  dice  fuggito,  R,  /.,  T,  /,  p.  //,  p.  Si2, 


—  m  — 

ch'erano  sparsi  per  là  Campania  li  condusse  all'asse- 
dio di  Capua  *. 

Fra  quelli  che  s'offrirono  ai  suoi  servigi,  primeggia- 
vano Arnolino  e  Rainulfo  *.  Quest'ultimo,  che  doveva 
poscia  salire  a  maggior  grandezza ,  usciva  dalla  stirpe 
dei  signori  di  Quarrel,  piccola  borgata  posta  nei  dintor- 
ni di  Alefon,  che  diede  il  nome  alla  famiglia*.  Venuto 
forse  insieme  a  Rodolfo  di  Tocni ,  sostenne  colle  ar- 
mi nipoti  di  Melo ,  e  chiamato  dal  Principe  di  Salerno , 
abbandonò  le  contese  terre  di  Cornino.  La  facilta  con  la 
quale  Corrado  aveva  rinviato  Pandolfo  IV,  e  la  lega  che 
s' era  formata  per  discaòciarc  di  Capua  il  suo  emulo, 
lasciando  travedere  da  qual  parte  sarebbe  stata  la  vit- 
toria ,  i  Normanni  non  esitarono  ad  accettare  il  patroci- 
nio di  Guaimaro,  dichiarandosi  per  la  causa  che  egli 
propugnava.  Non  pertanto  Pandolfo  da  Teano  per  un  an- 
no si  difese,  e  sopraffatto  infine  dal  numero  dei  nemici  e 

■  lÀ  Normant  se  recuUlereìU  de  totes  pars  et  se  mistrent  et  volonté 
de  (aire  chevalerie  sous  lo  grani  prince  de  Solerne  Guay marie,,,.-- 
Gaymarie  soUao  o  deniers  li  Grex^  et  raccuiUi  à  soi  lo  exercU  de  li 
Normant  et  asseta  Capue,*  ivi. 

>  Max  itaqtie  pristinos  Ulos  suos  fautores  de  Apulia  una  cum  Bo- 
iam  Catapano  Graecos  aseiscenSf  Guaimario  quoque  cognato  suo  cum 
fswmannis  Rainulfo  et  Amolino ,  comitibusque  Marsorum  omni  cona- 
nime  annitentibus ,  Capuam,  per  annum  iwUgrum ,  atque  dimidium 
cbsessam,  Leo  Ost.  U  ,  58,  —  Una  variante  recata  da  Pertz  dice  :  cum 
^CTtnannis  Rainulfo  Amolino  et  ceteris  a  Cornino, 

^  Questa  famiglia,  che  latinamente  fu  detta  de  Quadrellis,  Ord.  Vit. 
^^I,  ed  ebbe  anche  la  signoria  di  Condò  presso  Alefon ,  lasciò  il  suo 
**omc  ai  borglii  vicini  Linière4a-Quarrelle ,  VUaine-le-QuarreUe ,  ecc, 
^LANT  DeSìNos  Mcm,  hist,  sur  Alen^on^  T,  i,  /45-/5J.  Un  Roberto 
^e  Quarel  è  ricordalo  nel  1087.  Ord.  Vit.  VIH, 


—  108  — 

dalle  interne  congiure ,  nei  primi  mesi  del  1026 ,  rico- 
verò in  Napoli  ^  In  tal  modo  l'opera  dWrrìgo  era  di- 
sfatta, e  lo  stesso  Papa  anzicliò  seguire  i  disegni  di  suo 
fratello  Benedetto  Vili,  o  per  paura,  o  sedotto  da  lu- 
singhiere oflerte,  propendeva  per  l'Imperatore  Basilio. 
Da  lungo  tempo  agognavano  i  Patriarchi  di  Costanti- 
nopoli assumere  il  titolo  d'Ecumenici  Primati  d'Orien- 
te ;  Eustazio  che  allora  presiedeva  a  quella  Chiesa,  spe- 
rò non  senza  fondamento,  che  l'avarizia  del  Papa  si 
piegasse  a  riconoscerlo ,  e  furono  perciò  inviati  amba- 
sciatori con  ricchi  doni  ^.  Né  forse  solamente  1'  uni- 
versalità del  greco  Patriarca  dovevano  chiedere  i  mes- 
si ,  ma  riprendere  i  negoziati  perchè  la  sede  stessa  del 
Pontificato  accettasse  la  supremazia  Bizantina.  Le  for- 

'  Asieia  Capue ,  laqueUe  prUt  par  V  indugine  de  li  cUatin,  Amato 
ivi.  Nel  maggio  era  già  iu  mano  di  Pandolfo  IV,  dipi,  in  Ughel.  Epis,  Cap, 

^  CoslantinopolUanus  praesul  cum  suo  principe  Basilio ,  alii  non- 
nulli  Graecorum  consUium  inicre  quatenus  cum  consensu  Romani  Pon- 
tificis  licerci  ecclesiam  CostantinopolUanam  in  suo  orbe  sicut  Roma 
in  universi ,  universalem  dici  et  haberi.  Qui  statim  miserunt ,  qui 
deferreni  multa  ac  divei^sa  exenia  Romani  tam  Pontificis,  quos  suae 
parti  (avere  cospiccrent.  Glauber  /F,  §  /.  Baìion.  ad  an.  É  notevole  poi 
una  bolla  concessa  da  Giovanni  XIX  a  Bisanzio  Arcivescovo  di  Bari,  nella 
quale  confermando  la  sua  dignità  aggiunge  queste  parole  :  Ex  hoc  «nim 
lucri  potissimum  primum  a  conditore  omnium  Beo  in  sideris  areibut 
praescribitur  remunerationem  ,  quando  egregia  ac  venerabUia  loca  ad 
meliora  fuerint  sine  statu  perducia  ec. ,  ed  enumera  le  Chiese  sotlo- 
posie.  Ughel  —  Mense  junii  iO%'ó.  Il  Garubba  volendo  spiegare  questa 
insolita  dipendenza  da  Roma  la  crede  data  nel  tempo  dell'  insurrezione 
di  Melo  ,  alla  quale  avrebbe  partecipato  V  Arcivescovo,  Serie  Croiwl, 
Past,  Bar.  p.  iOi ,  ma  V  anacronismo  è  evidente  ,  perchè  nel  giugno 
102o  fu  eletto  Bizauzio.  Chr.  Bar.  40%li.  Ma  io  la  credo  posteriore  e  con- 
cessa nrobabilmente  nel  1033,  quando  Bari  nuovamente  s' era  ribellala. 


—  109  - 

tunale  guerre  condotte  in  Oriente  contro  i  Bulg«u'i  ,  i 
Russi,  ed  i  Musulmani,  suscitavano  nel  vecchio  Impera- 
tore il  desiderio  di  compiere  le  glorie  del  suo  regno  col 
riacquisto  di  Roma  e  di  Sicilia,  ed  egli  slesso  si  dispone- 
va a  prendere  il  comando  di  un'  armata  invaditrice.  Pre- 
cedevalo  intanto  il  suo  ciambellano  Oreste,  il  piìi  fedele 
tra  gli  eunuchi  *,  che  menando  numerose  milizie  assol- 
date fra  i  Turchi,  i  Bulgari,  i  Macedoni  ed  i  Varangi  *, 
scendeva  in  Italia.  Congiuntosi  al  Catapano  Roioanni 
scacciavano  di  Calabria  gli  ultimi  pre^idii  Musulmani 
e  restaurato  Reggio ,  vi  prendevano  stanza  per  svenarvi 
ed  aspettare  T  Imperatore  ^. 

Ma  dopo  una  sorpresa ,  tentata  sopra  Messina  dal  Ca- 
tapano Roioanni  coi  Baresi*,  i  bellicosi  apparecchi  va- 
namente si  consumarono.  La  morte  deir  Augusto  Basilio 
avvenuta  nel  decembre,  lasciò  soprassedere  gli  assalti  ; 
ed  Akhal  profittando  di  una  moria  entrata  fra  i  Greci  , 
e  dell'ignoranza  di  Oreste  lo  respinse,  costringendolo  a 


'  in  SicUiam  molitus  expeditionem  BasUius  Orestem  quarilam  ile 
fidissimis  suis  eunuchis  praemiltit  cum  magnis  copiis.  Cedr.  Il ,  479* 
Nel  Chr.  Bar.  ove  l'anno  4027  ò  fallato  è  scritto  Oreste  ispo  chito" 
mti,  e  in  altri  esemplari  Despotus  Nichus,  Ltpo  scrive  chetoniti  ^  e 
s'  avvicina  piiì  al  greco  xojrwwTy);  ciambellano. 

'  Vandali  Chr.  Bar.  meglio  Varangi,  ed  erano  venturieri  Scandinavi 
che  scendevano  dalla  Russia,  a  militare  in  Costantinopoli.  Gibbon,  c.  LV, 
Il  nome  fanno  derivato  da  Varghing  in  lor  lingua  esule ,  o  da  Wehr 
difensore. 

^  Ibn-el-AthIr  an,  416  (1025)  Ms.  A,  1\  111,  f,  159,  cit.  dall' A- 
*Aai  II,  365.  —  Regium  restaurata  est  a  Vìdcano  catepano,  Cirn.  Bar. 
Altre  edizioni  per  errore  la  dicono  distrutta. 

^  ^ugianus  cum  Barenses  barcavit  Messinam,  Chr.  Bar. 


—  Ilo  — 

deporre  ogni  pensiero  di  conquista  ^  Rimasto  P Imperio 
in  balìa  di  Costantino  Vili,  principe  inetto  e  voluttuoso, 
caddero  i  trattali  col  Pontefice,  da  altri  avvenimenti  ob- 
bligato a  rompere  quelle  pratiche.  Vive  rimostranze  se 
n^  erano  fatte  fra  i  Latini  ^,  quando  a  vietarne  in  tutto 
gli  effetti  s'aggiunse  la  venuta  di  Corrado  in  Italia  nel- 
r  aprile  del  1026.  Coronato  da  Eriberto  Arcivescovo  di 
Milano  ,  disertò  il  contado  di  Pavia ,  scese  a  Ravenna , 
ove  i  Tedeschi  ebbero  aspra  zuffa  coi  cittadini ,  e  depo- 
sto Ranieri  marchese  di  Toscana,  s'aggirò  per  quelle 
province  deprimendo  i  riottosi,  accogliendo  giuramenti  ed 
omaggi.  Il  Papa  fu  sollecito  a  concedergli  la  corona,  per- 
chè s' obbliassero  i  suoi  torti,  e  confermoUp  Imperatore 
nel  26  marzo  del  1027 ,  fra  le  solite  brighe  dei  Romani 
e  degli  Alemanni,  che  turbarono  la  cerimonia  solenne  '^. 
Con  tali  auspicii  Corrado  proseguì'  il  suo  camino  da 
Roma  verso  i  Principati  Longobardi  che  si  riconobbero 
vassalli  *,  e,  come  già  aveva  fatto  Arrigo,  si  vuole  in- 

*  Amari  11 ,  367,  Cedren.  11 ,  4%. 

*  Sed  GaUiarum  episcopi  et  Abbates  his  obviare  conati  sunt ,  qui" 
dam  vero  liiteris  missis  sedem  Apostolicam  viHtantes ,  et  tantum  ob- 
briam  et  dedecus  auctoritatibus  ad  medium  prolatis  ^  quibus  carUra- 
dicere  fas  non  esset,  a  Romana  ecclesia  propulsantes.  Huc.  FlaVinia- 
CEN  Chr,  Pertz  Vili,  lì  Glabro  reca  una  leUera  scrìtu  a  tale  propo- 
silo dair  Abate  di  S.  Benigno  per  distogliere  il  Papa.  IV ,  §  4, 

3  MuRAT.  (id  an.  Una  lettera  di  Canuto  Re  di  Danimarca  riferìia  da 
WiLL.  Malesb.  L.  n,  c.  2,  dice  die  alla  coronazione  di  Corrado  in 
Roma  erano  presenti  «  omnes  principes  gentium  a  monte  Gargano  tit- 
que  ad  istud  proximum  mare  »  e  farebbe  supporre  che  anche  i  Lon- 
gobardi vi  venissero  per  ingraziarsi  con  lui. 

*  Apuliam  processit  et  Beneventum  et  Capuam ,  reliquas  civitates 


feudasse  alcune  terre  ai  Normanni  sui  confini  dei  Greci, 
affinchè  da  questi  le  difendessero  *.  Ma  la  concessione  , 
se  vera,  non  fu  durevole,  perchè  continuarono  a  rima- 
nersi vaganti  e  dipendenti,  e  Corrado  richiamato  dai  ru- 
mori che  Guelfo  di  Svevia  aveva  desfati  in  Germania  , 
ripassò  le  Alpi  nel  maggio  1027. 

Più  opportuna  occasione  ad  ingrandirsi  trovarono  i 
Normanni  nel  torbido  ingegno  del  restaurato  Principe  di 
Capua.  La  dimora  deirimperatore  in  Italia  n'aveva  af- 
frenate  le  cupide  VQglie  e  le  vendette,  ma  subito  appa- 
rirono quando  lo  seppe  lontano.  Succeduto  in  Monteca- 
sino  ad  Atenolfo,  l'Abate  Teobaldo  per  opera  d'Arrigo , 
e  la  ricca  badia  trovandosi  cosi  sottratta  alla  sua  pre- 
ponderanza ;  Pandolfo  IV  non  rattenuto  ora  da  altro  ti- 
more ,  confinò  r  abate  nella  piccola  cella  già  abitata 
da  S.  Benedetto ,  e  prepose  a  reggere  il  cenobio  un  fra- 
te a  se  devoto  per  nome  Basilio ,  probabilmente  Greco, 
tjuesti ,  poiché  Teobaldo  fuggi  a  Napoli  e  poi  S.  Libera- 
tore nella  Majella ,  ne  assunse  l' ufficio ,  e  molti  monaci 
scacciò,  gli  altri  resse  aspramente,  i  redditi  ed  i  vas- 
salli adoperando  in  servigio  del  Principe.  Il  quale,  ec- 
cetto S.  Germano,  S.  Pietro,  S.  Angelo  e  S.  Giorgio, 
usurpò  le  rimanenti  terre  e  le  castella,  e  fece  occuparle 
da  quei  Normanni,  che  aveva  ritenuti  suoi  raercenarii, 

illius  regwnis  seu  vi  8e^  vdontaria  deditione  sibi  suìnugavit,  AVippo 
Fif.  Chwr.  §  17. 

'  Normànnis ,  qui  de  patria  sua  nescio  qua  necessitate  compulsi  in 
Apuliam  canfluxerurU ,  ivi  Iwìntare  licentiam  dedit ,  et  ad  defenden* 
dos  termini  regni  adversus  Gratcorum  versutias,  eos  principibus  suis 
coadunavit:  ivi. 


—  442  — 

preponendo  al  governo  un  Todino  già  servo  del  Moni- 
stero  K  Similmente  fu  fatto  della  Badia  di  S.  Vincenzo 
al  Volturno ,  e  sospettando  anche  dell'  Arcivescovo  di 
Capua  lo  imprigionò  sostituendogli  Ildebrando  suo  ba- 
stardo. Il  furore  di  Pandolfo  trasceso  prima  contro  Dio 
ed  i  Santi ,  come  dice  il  Cronista ,  si  volse  dopo  contro 
i  cittadini  per  punirli  della  passata  defezione^,  e  gli 
stessi  vicini  ed  i  congiunti ,  non  furono  più  securi  dalle 
sue  trame  e  dalle  sue  depredazioni  ^. 

In  cosiffatte  imprese  vennero  adoperati  i  Normanni  ^  ^ 
dei  quali  alcuni  rimasero  presso  Guaimaro,  ma  il  mag- 
gior numero  si  raccolse  agli  stipendii  di  Pandolfo  di 
Capua,  ed  oltre  quelli  sparsi  sui  possessi  di  MontecasiaOf 
altri  furono  allocati  nelle  palustri  terre  dette  dei  Maz- 
zoni. Ivi  scélsero  un  luogo  abbondante  d'acque  e  di  al- 
beri e  cercarono  afforzarlo  ;  ma  trovato  il  suolo  molle 
e  pantanoso ,  si  trassero  oltre  alquanto  in  più  opportuno 

•  Amai.  1 ,  34  a  38.  -^  Tosti  i,  488  a  490,  —  NormannU  qui  iUn 
tunc  adhaerebant  dUtribuens  ec. — tam  Normannos  quam  caeteros 
quosque pavere  praecepit,  Leo  Ost.  ]I,  39.  Mabillon  An.  IV,  p,  358. 

*  Et  puiz  la  rage  de  fortissime  loupe  se  mostra  àceux  de  la  citi, 
et  estraignoit  les  dens  come  home  esragé ,  et  quant  li  home ,  guani  li 
fame  faisot  prendre;  et  ensi  estoit  le  peuple  tormente.  Amat.  II,  59. 

s  Et  mul  guerre  contre  li  parent  soe ,  quar  quéroit  de  cachier  de 
V  oììùT  de  Bonivent  son  coignat ,  et  lo  frère  de  celui  qui  V  avoU  mès 
en  hautesce.  Mès  quant  JHeu  est  avec  l'ome  nul  non  lui  peut  nuire  ne 
mal  faire.  Amat.  1 ,  59.  La  Chr.  Borg.  S.  Soph.  ad  an.  4035^uvn^nn 
assedio  fauo  da  Pandolfo  contro  Benevento ,  però  il  testo  d'  Amato  è 
erroneo ,  e  forse  deve  leggersi  son  frère  de  Bonivent  et  lo  coignat 
celui  ecc. 

4        Affiues  properant  hoc  Principes  tuli 

Devastare  locos  hostesque  virìliter  aogiint.  Guil.  Api».  ì. 


—  113  — 

sito  posto  nell'agro  di  Gapua,  e  al  Ponte  a  Selice,  o 
al  Vico  Pantano  come  si  crede,  alzarono  trincee*.  Al- 
la schiera  accogliticcia  fu  preposto  duce  Rainulfo  *  , 
quello  stesso  che  da  Cornino  era  venuto  in  favore  di 
Pandolfo  IV  con  Guaimaro. 

Antiche  nimistà  erano  state  sempre  tra  Gapua  e  Na- 
poli, e  Sergio  IV  duca  di  questa  dando  ricovero  a  Pan- 
dolfo di  Teano  ,  offriva  ora  occasione  al  suo  emulo  di 
muovergli  guerra.  Aiutato  dai  Normanni  e  da  alcuni 
cittadini  traditori ,  il  Principe  Capuano  s' insignorì  nel 
1027  della  città  che  sin  allora  non  era  mai  venuta  in 
potere  dei  Longobardi,  e  Sergio  fuggì  in  Roma  con  Pan- 
dolfo di  Teano  che  vi  morì  ^. 

'        Hac  ratione  loco  metantur  castra  decenlì , 

Qui  Umphis  herbis  simul  arborìbusque  redundans , 

Cumque  locum  primae  sedis  munire  pararent , 
Undique  densa  palus  ec. 

Sic  se  factum  munimìne  cuidam, 

Quis  prìnceps  Capuanus  erat.  ivi, 
■»        Egregium  quendam  mox  elegere  suorum 

Nomine  Rannulfum,  qui  princeps  agminis  cssct.  ivi, 
WiLL.  Gemmet.  narrata  la  morte  di  Torstaino  dice  :  Normanni  principes 
nbi  RantUfum  et   Richardum  elegerunt ,   quibus  ducioribus  mortem 
Twaini  uleiicentes  contra  Longobardos  aspere  rehellaverunt,  VII ,  50, 
Ma  Riccardo  successe  a  Rainulfo  molto  dopo. 

^  Et  la  grant  citi  de  Naples  o  V  aide  de  ceux  de  la  cité  misi  soui 
«»  IWMfé  —  Amai.  I,  40.  Princeps  entravit  Neapdim  fraude  civium, 
taa.  S.  SoPH.  BoR6.  an,  40Z8  Ind,  XL  Leo  Ost.  II,  58.  Un  dipi,  di 
Rodolfo  deir  aprile  1029  è  segnato  :  secundo  anno  Vucatus  Neapoli- 
'«norttm.  Arch.  Cassin.  Caps.  tftf,  B.  f.  1,  n."  2  ap.  Cayro  Star,  di 
^q^mo,  r.  l,  p,  64. 

VCL.  I.  8 


L'occupazione  di  Napoli,  sulla  quale  ì  Greci  ave- 
vano sempre  vantati  dei  diritti ,  non  sarebbe  stata  sof* 
ferta  se  nuovi  imbarazzi  non  si  fossero  suscitati  in  Ita- 
lia ed  in  Oriente  contro  V  Imperio  Bizantino.  Costanti- 
no Vili  non  ardi  riprendere  la  guerra  nemmeno  con- 
tro i  Musulmani ,  e  quando  venne  a  morte  nel  novem- 
bre 1028,  il  suo  successore  Romano  Argirio  richiamò 
Oreste  e  lo  stesso  Boioanni ,  inviando  gli  Imperiali  mes- 
si Eustachio  e  Basilico  a  conferire  gli  onori  di  Catapano 
a  Cristofaro  ^  Insieme  ai  nuovi  ministri,  o  presentis- 
se 0  fossero  già  incominciati  altri  rumori,  mandava  un 
esercito  raccolto  in  Grecia  ed  in  Macedonia;  «  che  nulla 
fece  per  T imperizia  e  la  malvagità  dei  duci*.  »  Infat- 
ti tra.  quelle  mutazioni  tornavano  i  Saraceni  agli  assal- 
ti di  terra  ferma ,  condotti  dal  perdurante  Raica  e  da 
SaiTari  ;  i  quali  entrati  in  Puglia  nel  1029  ponevano 
Tassodio  al  castello  d'Obbiano,  ed  avutone  per  accordo 
prigione  il  presidio  straniero  ,  s' allontanavano  ^.  Que- 
ste oscure  fazioni  ricordano  appena  i  Cronisti ,  benché 
quel  moto  non  si  limitasse  a  fugaci  correrie.  Fra  le 
consuete  turbolenze  della  Imperiale  successione ,  come 
che  fosse,  la  famiglia  di  Melo  era  tornata  dal  lungo  esi- 


'  CuR,  Bar.  Lupo  adan.  iOÌ9,  Uà  dipi,  di  Cristofaro  Catap.  d' Italia 
e  di  Calabria  fu  stampato  da  bel  Giodice  in  Appendice  al  Cod,  SHfL 
di  Carlo  i.  d'Anpò, 

*  Imperator  ex  Grecia  et  Macedonia  coUectum  egregium  exereiium 
in  Italiam  misit ,  qui  tamen  ipse  quoque  nihil  potuU  praeclarum  ef^ 
ficere  db  ducis  inscitiam  atque  malitiam,  Cedr.  II,  496. 

*  Tandem  Raica  et  Saffari  oòsiderunt  Castellum   Obbianum,      ^ 
Obbianentes  extraneos  tradentes  pacifkaverunt  cum  ipsis.  Lvpo  ad. 


—  H5  — 

Ho  di  Costantinopoli  in  Bari  ^ ,  e  \a  città  s'era  nuova- 
mente ribellata.  Se  per  interna  sollevazione  o  per  asse- 
dio r ottenesse  Raica ,  non  ci  è  dato  indovinare;  però 
più  che  di  tutti,  rimane  gloriosa  ricordanza  dell' Arci- 
vescovo Bizanzio  ,  che  si  levò  anch'  egli  fiero  nemico 
degli  oppressori;  ed  eletto  custode  delia  città,  «  ne  fu 
strenuo  propugnatore ,  terribile  e  senza  paura  contro 
tutti  i  Greci  K  » 

A  spegnere  la  novella  insurrezione ,  sopraggiungeva 
nel  luglio  del  1029  il  Catapano  Potho  Argiro ,  e  pugnava 
con  Raica  in  Bari  ^  ;  ma  con  qual  fortuna  s' ignora,  perchè 

■  Arffiro  Semx  venU  de  ipso  ixUio  cum  sua  familia.  Ghr.  Bar.  ad 
un.  1029.  DocAiiCE  confonde  questi  col  figlio  di  Melo  e  lo  fa  morire  nel 
1034.  Fam.  Byzant,  Argir.  IL  p.  132. 

*  Bizanzio,  sembra  apparieoere  ad  una  famiglia  rimasta  sino  allora 
devota  ai  Greci.  Nel  diploma  concesso  alla  città  di  Troia  dal  Catapano 
Boloanni  air  anno  1019  vi  sono  nominati',  Giovanni  de  Àlferna  Protospa- 
tario,  Bizanzio  Protonotario  suo  fratello  custode  della  città,  e  Bizanzio 
Conte  della  Curia  ;  ufficii  che  mostrano  qual  favore  godessero  nel  tempo 
della  ribellione  di  Melo.  Il  Bizanzio  del  quale  ora  si  parla  fu  eletto  Arci- 
vescovo di  Bari  nel  1025 ,  ma  è  fuori  dubbio  che  divenisse  nemico  alla 
straniera  oppressione.  Il  Chr.  Barese  narrando  della  sua  morte  dice:  €un^ 
ctae  urbis  custos  oc  defensor  atque  terrUrilis  et  sine  metu  cantra  amnet 
Graecos:  e  LuM  «  Custos  civitatis  ^  ejusque  egregius  propugwUor  adver- 
siM  Graecos,  »  Queste  parole  non  possono  riferirsi  al  tempo  della  prima 
insurrezione  di  Bari  anteriore  alla  sua  elezione,  né  a  quella  posteriore, 
qiiaiido  era  loorto;  laonde  il  titolo  di  custode  della  città,  e  la  sua  re- 
sistenza deve  porsi  in  questi  anni.  De  Meo  à  supposto  che  Raica  fosso, 
^nt^lo  di  Bizanzio ,  ma  non  apparisce ,  anzi  è  inverosimile  riflettendo 
clte  Tesole  Raica  cominciò  a  combattere  i  Greci  nel  10^,  e  dopo  fu 
eletto  Bizanzio  Arcivescovo,  né  lo  sarebbe  stato,  posta  quella  parentela. 
^  Et  mense  JuiiivenU  PotìkoCatepanus,  fecitque  pugnata  cum  Raica 
m  fari.  Lvpo,  Cbr.  Bar.-*  Un  dipi,  del  1030  pubbli<!ato  da  pei*  Giupick 


—  Ite- 
gli eventi  della  guerra  con  i  ribelli  ed  i  Saraceni ,  forse 
loro  alleali ,  sono  pieni  per  alcuni  anni  di  tanta  confu- 
sione, e  monchi  pertanto  lacune,  che  non  bastano  sup- 
posizioni a  rischiararli.  Corseggiavano  i  Musulmani  sulle 
coste  d'illiria,  in  Corfù,  e  sino  in  Grecia,  ove  erano  vin- 
ti sul  mare  due  volte  da  Niceforo  governatore  di  Nau- 
plia  nel  1031  e  nel  1032  ^  In  pari  tempo  spandendo  lor 
gualdane  in  Calabria,  nel  giugno  del  1032  vi  prendevano 
Cassano ,  e  nel  luglio  affrontato  Potbo  lo  vincevano  e 
r  uccidevano  *;  feroce  rappresaglia  alla  quale  non  fu* 
rono  estranei  gli  indigeni.  Succeduto  Michele  Protospà* 
tario  giudice  dell'Ippodromo,  con  nuove  turbe  merce- 
narie d'Anatolii  ^^  tenne  governo  inonorato  insino  al 
maggio  1033  ;  allorquando  insieme  al  Catapano  Co* 
stantino  Opo  ,  furono  spediti  Leone  Opo  al  comando 

in  Appendice  al  Cod,  Dipi,  di  Carlo  J  d'Angiò,  si  dice  dato  da  Bie* 
ciano  Catap.  d' Italia  e  di  Calabria  ;  ma  o  questo  fu  un  altro  nome  di 
Potho ,  0  l' anno  venne  errato.  Niuna  altra  memoria  si  à  nei  Cronisti 
di  questo  Bicciano. 

'  Cedreno  li ,  499,  Amari  11 ,  367. 

*  Compreh,  est  Cassanum  a  Saraceni^  et  Potho  Catp,  cecidU  ab 
eis,  Chr.  Bar.  1034,  Tertio  die  Menm  Julii.,..  ceciderurU  Graeà  ec. 
Lvpo  ad  an,  1051.  Ma  deve  essere  1052,  perchè  nel  marzo,  di  que- 
st'  anno  Ind.  XV,  Potho  concedeva  un  dipi,  a  Basilio  monaco  di  S.  Be- 
nedetto di  Capua«  Ex  Arch,  Casin.  n.  9. 

^  Il  testo  del  Chr.  Bar.  c  di  Llto  ad  an.  porta  :  discendit  Mi" 
chd  Protospata  criti  tu  bUu  ke  tu  hypodromu  et  adduxit  Anatcliki 
Epi  tu  nyacon  capt.  —  che  in  greco  sarebbe  :  xy/ryj;  i^tcì  iVflro^jjojAij 
xai  Tov  ^v\qv,  Mich.  Attaliot.  «.*  7.  Questo  Michele  sembra  il  patrizio 
figlio  di:  Anastasio  Logoteta  :  rei  bellicae  ignarissimus  quippe  in  tim- 
tra  et  delicias  educatus,  Cedr.  //,  543,  che  nel  i042  fu  \into  dai 
Triballi  e  dai  Serbi.* 


-H7  — 

delle  terrestri  milìzie,  e  Giovanni  Cubiculario  con  la 
flotta  *. 

Più  avventurosi  allora  i  Greci  respingevano  i  Musulma- 
ni, già  per  domestiche  sedizioni  apparecchiati  a  maggio* 
ri  rivolgimenti  ^;  e  discacciandoli  per  sempre  dalla  peni- 
sola, rompevano  l'alleanza  che  la  dinastia  Kelbita  aveva 
stretta  con  i  Pugliesi.  Sembra  che  in  quel  tempo  anche 
Bari  e  le  altre  terre  fossero  riprese,  perchè  sebbene  non 
se  ne  sappia  il  modo ,  le  vendette  che  seguirono ,  sono 
sufficienti  ad.  argomentarlo.  Il  vecchio  Argirio  fratello  di 
Melo  tornava  in  esilio,  ed  insieme  v'era  condotto  Bi- 
zanzio,  con  raro  esempio,  cittadino  e  sacerdote,  ma- 
gnanimo sostenitore  di  libertà ,  e  fondatore  dell'Episco- 
pio Barese.  Entrambi  gli  esuli  morivano  poi  in  Costan- 
tinopoli, l'uno  nel  1034,  l' altro  nell'epifania  del  1035  ^. 

Il  fine  infelice  di  Romano  Argirio,  spento  dalla  mo- 
glie Zoe  nel  lOSi,  nulla  innovò  nelle  Italiane  province. 
L' Imperatrice  se  medesima  ed  il  trono  dando  in  balla 
di  un  vile  Paflagone  a  nome  Michele ,  lasciava  usurpare 
ogni  potestà  da  Giovanni  fratello  di  questi ,  un  monaco 

'  Lupo  Chr.  Bar.  ad  an.  Orestae  porro  àbrogatum  imperium ,  pe* 
destrihus^  praefectus  copiis  Leo  Opus,,  et  in  Italiani  missus ,  cku- 
Sem  ducere  jussus  Joannes ,  unus  de  cubieulariis  BasUii  Imperatoris, 
Cedreno  ,  li ,  505.  Non  saprei  dire  se  Costantino  e  Leone  Opo  siano  la 
stessa  persona. 

*  AMARI  II ,  346  ' —  Chr.  àraba  presso  Caruso  an.  Egira  427  ,  e 
DE  Meo  4035. 

3  Et  Argiro  Barensi  obiit  in  Costantin.  Chr.  Bar.  Bizantius  Arch. 
dirupavit  Episcopium  Barinum  et  cepit  laborare.  Lupo.  Die  Epipha- 
twu  óbiU  Costantinopoli  Byzantius  Episcopus  Barensis  fwndaJkr  ec. 
Chr.  Bar.  an.  4035* 


_  M8_ 

eunuco  che  resse  con  sagacia  e  fortezza.  Ai  Baresi i  tolto 
il  nuovo  Arcivescovo  Romualdo  Protospata ,  sospetta- 
to nemico  e  condotto  a  morire  in  Oriente ,  fu  imposto 
un  Nicola  propenso  all'Imperio  *.  E  più  lungamente 
durando  le  paure  dei  governanti,  e  gli  sforzi  dei  cit- 
tadini per  liberarsi,  alcuno  case  erano  abbattute  altre 
incendiate  nel  1036,  tra  le  quali  quelle  di  Giovanni  In- 
canato  *.^ 

In  queste  lotte  sostenute  dagli  indigeni  contro  i 
Greci ,  in  niun  modo  erano  entrati  i  Normanni  ;  per- 
chrè  con  la  morte  di  Melo  e  Datto  si  sciolse  ogni  le- 
game tra  essi  ed  i  Pugliesi,  dal  tradimento  dei  Lon- 
gobardi indotti  a  preferire  i  soccorsi  dei  Saraceni. 
Gli  stranieri  rimasti  nella  Campania  ,  continuarono 
quindi  a  servire  coloro  che  a  maggior  prezzo  li  com- 
pravano; a  mutar  parte  secondo  le  occorrente  ed  i 
premii  ;  procurando  astutamente  che  niun  trionfo  fos- 
se compiuto ,  che  niuno  dei  Principi  si  innalzasse  su- 


'  Eleeim  est  EpUeopus  Romulantes  Protospatarius  :  led  is  aprilit 
mente  ab  Imperatore  Costantimpdlim  evoeatus  exul  óbiit,  et  eiug  Uh 
cum  eleetus  est  Nicolaus,  Chr.  Bar.  —  Et  postea  eleclus  est  a  euncto 
populo  Nicdaus  et  intronizzatus  est.  Lopo.  ì\  Garvbba  suppone  che  Nieolt 
resistesse  come  i  suoi  predecessori  ai  Greci ,  e  V  argomenta  daU*  esse- 
re stato  poi  consacrato  da  Benedetto  IX ,  ledendosi  in  margine  di  an 
antico  Mss.  Nich,  Àrch.  eonsecratus  a  Pp,  Benedkto  IX,  e  daU*  es- 
sersi r  Arcivescovo  recato  nel  Ì04-2  a  Costantinopoli  ;  due  fatti  che  tt 
vedrà  avere  tutt' altro  significato.  Lo  dice  di  famiglia  EfTren  originaria 
greca,  Serie  erit,  p,  410,  e  cosi  anche  il  Lombardi.  Comp.  Cr&nol,  Ves. 
Bar.  /,  p.  27. 

*  Chr.  Bar.  Questo  Incanalo  era  per  avventura  discendente  da  )|oel 
Leone  Canatu  ucciso  nel  989  dai  Greci  come  ribelle. 


-419  — 

gli  altri  a  segno  che  l'armi  loro  divenissero  inutili  ^ 
Dopo  aver  combattuto  per  Pandolfo  di  Capua,  ed  aver- 
lo aiutato  ad  ingrandirsi ,  Rainulfo  gli  si  dichiarava  ne* 
mico  nel  1030 ,  e  concedendogli  V  esule  Sergio  IV  la  ma- 
no di  sua  sorella  vedova  del  Duca  di  Gaeta  *,  s' univa  con 
lui  per  riacquistargli  Napoli  ^. 

■    Servire  libentins  ilU 

Omnes  gaudebant ,  a  quo  plas  accipiebant , 
Bella  magis  populi ,  qnam  foedera  pacis  amantes. 


Funditas  everti  discordem  quemque  vetabat 
Nunc  favor  addìtus  his ,  et  nunc  favor  additus  iUis. 
Deeepit  Ausonios  prudentia  Gallica;  Dullum 
Piena  lance  capi  perraiuit  ab  oste  triumphum.  Guil.  Ap.  ]. 
*  La  storia  dei  Duchi  di  Gaeta,  oscurissima  sempre,  non  permette  po- 
ter cercare  il  nome  del  primo  marito  della  moglie  di  Rainulfo.  Dair  ot- 
tobre del  1012  al  1059  alcuni  diplomi  danno  come  Duca  Giovanni  VI; 
ma  del  primo  suo  anno  si  trova  Duca  anche  un  Leone,  che  ricompari- 
sce nel  1016  e  poi  dal  1025  al  1024.  Insieme  nel  1025,  1020,  e  1032 
è  menzionata ,  una  Emilia  Gloriosa  Senatrice  e  Duchessa  la  quale  gover- 
na col  suo  nipote  Giovanni  VI  ;  ma  non  sembra  sia  la  vedova  che  spo- 
sò il  Normanno.  Ignote  rivoluzioni  agitarono  allora  il  Ducato  di  Gaeta, 
e  trai  quelli  che  lo  pretesco  s' infrappose  anche  Pandolfo  IV  di  Capua, 
che  n*  assunse  il  titolo  di  reggente  con  suo  figlio  dal  1018.  —  Federici 
degli  a$U,  Duchi  ed  Ipati  di  Gaeta  p.  296 ,  e  $eg. 

3  1/ epoca  nella. quale  Sergio  tornò  in  Napoli  è  incerta,  Leone  Ost. 

//,  ò8^  dice ,  che  per  annoi  ferme  tre$  (al.  anno  uno  mensUms  quin- 

que)  Pandolfo  la  signoreggiasse  ;  la  Cur.  Cass.  pone  soli  15  mesi  ;  ed 

Amato  :  JHès  petit  de  tempi  cestui  maistre  de  la  chevalerie  honorahle' 

nmt  rentra  en  sa  cité  ^  1 ,  40.  Sembra  che  gli  accordi  con  Rainulfo 

fossero  stati  anteriori  al  suo  ritorno  in   Napoli ,  poiché  aggiunge  :  Et 

à  ce  que-  lui  non  peust  mal  (aire  la  nialices  de  cestui  Pandolfe  ala 

à  Ranolfe  home  aomé  de  toutes  verttu  qui  eonvènent  a  chevalier ,  et 

^  éona  sa  soror  par  moMlier ,  la  quelle  novellement  eUoU  faii  vidue 


~  120  — 

Furono  pegno  le  nozze  d^una  stretta  alleanza ,  e  Ser- 
gio a  tenerlo  in  fede,  investiva  con  titolo  di  Conte  Rai- 
nulfo  di  alcuni  casali  e  terre  non  lungi  da  Napoli,  e  di- 
pendenti dal  Ducato  ^  Ivi  alcuni  anni  innanzi  era  surto 
il  monastero  Benedettino  di  S.  Lorenzo  *,  ed  oravi  fonda-, 
vano  i  Normanni  una  borgata,  o  altra  più  antica  amplia- 
vano e  munivano ,  perchè  fosse  comodo  e  securo  ricove- 
ro; cingendola  di  palizzate  e  di  fosse,  e  dandole  nome 
di  Aversa ,  quasi  a  dinotarla  nemica  di  Capua  ^.  L' anno 
di  questa  fondazione,  benché  si  disputi,  rimane  dai  do- 
cumenti accertato  nel  1030  *  ;  e  può  considerarsi  come 
il  principio  dello  stabilimento  dei  Normanni.  Altri  senza 
dubbio  di  tempo  in  tempo  n'erano  sopraggiunti,  aia  più 
numerosa  emigrazione  seguì  dopo  che  Rainulfo  fu  stan- 
ziato in  Aversa.  Afferma  il  poeta  Pugliese,  eh'  egli  per 
mezzo  dei  suoi  messi  sollecitasse  i  compatrioti  a  venire 
in  Italia,  e  la  descrizione  del  fertile  suolo,  e  la  speran- 
za di  ricchi  acquisti ,  mossero  plebei  e  nobili  ad  accor- 
par la  mori  de  lo  conle  de  Odile ,  et  lui  domanda  que  fusi  contre 
la  superbe  de  lo  prince  Panddfe,  i\i. 

•  Et  ceste  part  d'Aver  se  tributaire  soni,  muli  de  casal  quiisorU.,. 
Et  une  part  richissime  de  terre  de  Labor  lui  fust  donnée  que  lui  feist 
fribut...  Et  per  reprendère  la  ferocité  de  cest  anemi  fist  Adverse  ator- 
n  ter  de  fossez  et  de  hauter  siepes,  Amat.  1 ,  40.  Aversae  comijtein  Ìfli 
faciens  cum  sociis  Normannis  ah  odium  et  infestaiionem  prineipis, 
Leo  Ost.  // ,  58.  Guil.  App.  lo  dice  nominato  Console ,  ma  questa  pa- 
rola non  veniva  più  adoperata  nell*  amico  significato. 

»  Tosti,  /,  p,  452,  4024. 

^  A  Romanis  quia  ah  adversis  sibi  coettbus  costrueba4ur\  Adtersis 
dieta  est.  Ord.  Vit.  HI.  Intende  per  Romani  gli  indigeni. 

4  De  Meo  Dipi.  Reg.  Monis,  S.  Bl.  ap.  Pellegr.  Jam  anno  pieesi-* 
mo  residente  gens  Normannorum  liguriamper  Uròem  Aversam,  ati.  #6i50. 


—  424  — 

t 

rere  ^  Insieme  ai  Normanni  anche  molti  Brettoni  ^,  lor 
confinanti I  si  trasferirono  nella  nuova  patria;  e  prin- 
cipali fra  i  cavalieri  furono  i  congiunti  di  Uaìnulfo.  A- 
sclettino ,  era  stato  seco  già  innanzi^,  ora  il  raggiun- 
geva Osmondo  Drengotto  fratel  suo  ,  sospinto  nell'esilio 
dall'odio  dei  nemici.  Che,  menando  inonesto  vanto  Gu- 
glielmo Repostello  d'averne  sedotta  la  figliuola,  l'ucci- 
se ,  e  lavata  l'ingiuria  col  sangue,  a  campare  dall'ira 
del  Duca  Roberto ,  prima  errò  in  Brettagna  ed  in'  In- 
ghilterra ;  poi  si  ridusse  in  Italia  con  i  figli  ed  i  nepotì 
a  più  sicuro  albergo  ^. 

Né  solamente  dalle  lontane  regioni  chiamò  Rainulfo 
altre  genti;  ma  anche  dalle  vicine  (erre  i  fuggitivi  e  gli 
esuli  quali  che  fossero  accolse  benevolmente,  congiun- 

'     Rannulfus  ab  urbe  per  actis 

Ad  patriam  inisit  legatos ,  qui  properaro 
Norinannos  facerent,  et  quam  sit  amoena  rcfcrrent 

Appula  ferliliias 

Talibus  auditis  et  egenles  ei  loclupetes 
Advenìunt  multi  ;  properat ,  quod  fasce  levetur 
Panpertatis,  inops,  ac  quacrat  ut  optima  dives.  GtiL.  Ap.  I. 
*  Agiles  Normannorum  seu  Jhitmum  tyrones  incitati ,  Ilaliam  di- 
miis  temporibus  espetitrunt,  Will.  Gemm.   VH,  50. 

^  Asclettino  de  QuadreUis,  come  launanieole  fu  detto   Anquetil   de 

l?aarrel ,  è  ricordato  tra  i  primi   Normanni   venuti  a  Capita   da   Leone 

OSTIENSE  II ,  57 ,  e  da  Amato  che  lo  chiama  Aséligimo  I ,  ^.  In  prò- 

^'e^o  sì  vuole  signoreggiasse  Acerenza  e  Geuzano ,  e  poi  Aversn  ;  ma 

piuttosto  che  fratello  di  Rainulfo,  quale  lo  fanno  i  due  Cronisti»  a  me 

P^»^  nipote ,  e  se  ne  troveranno  più  innanzi  le  ragioni. 

^  WiLL.  Gemm.  VII,  50,  Ord.  Vit.  Ili,  Freresenevox  e  casim,  En 
^^4\lve  alerent  dreiz  ckemins,  Benoit  Chr,  des  Ducs  de  Norm,  X.  Ili , 
i^-  /49.  Si  è  già  veduto  come  Amato  attribuisca  questo  fatto  a  Gisel- 
^^»lo  Botcrico ,  confondendolo  con  Drengotto. 


—  122- 

gendoli  ai  suoi  *;  e  rinvigorito  cosi  di  altre  forze,  si 
mantenne  molesto  al  Principe  di  Gapua  ^.  Passato  però 
alcun  tempo,  e  morta  la  donna  ch'aveva  tolta,  Rainulfo 
imitò  parte  altra  volta;  e  tornato  all'amistà  di  Pandol- 
fo,  ne  sposò  la  nipote,  figlia  d'una  sua  sorella  e  del  Du" 
ca  d'Amalfi  Giovanni  III ,  facendogli  omaggio  di  Àversa. 
Spiacque  a  Sergio  l'abbandono  del  vassallo,  che  la  terra 
da  lui  donata  soggettava  al  nemico,  ed  infermatosi  dal 
dolore  ne  morì  '* 


'        Si  vicìiiorum  quis  perniliosus  ad  illos 

Confugiubal ,  fuim  gralaiiler  suscipiebant.  Gl'ill.  Ap.  I. 

»  Li  honor  de  li  fartisHme  Normant  cressoii  ciascun  jor  et  li  cita-' 
valicT  fortùsimc  mdtiplioieìU  chascun  jor»  Et  à  pène  pooit  Pandulf'e 
reftrendre  ne  contraster  à  lo  poir  lor.  Amai.  I,  41. 

''  Vandolfc  manda  message  à  lo  conte  Raydolp1i£,,.  prist  por  moil- 
licr  la  fide  de  lo  patricc  d'  Umalfe ,  laquelle  estoU  nièce  de  lo  princc 
Pandidfe  ,  quar  la  moillwr  de  lo  patricie  cstoit  mror  a  lo  principe,.. 
Lo  maislre  de  la  chemlerie  fu  malade  et  dui  foit  fu  fati  moiiutt  et 
puiz  fu  mori.  Ivi  1 ,  42-4:3, 


CAPITOLO   VI. 


Mentre  il  numero  ed  il  credito  dei  Normanni  s'accre- 
scevano, moriva  il  Principe  di  Salerno  nel  1031  la- 
sciando il  figliuolo  del  medesimo  nome ,  che  fu  Guai- 
maro  IV.  a  Più  valente  che  il  padre,  più  benevolo  e 
»  largo  in  donare  ,  ornato  d'ogni  virtù  ,  fuorché  d' aver 
»  molte  donne  prendeva  diletto  ^  »  E  passato  oltre  un 
anno  mancava  anche  Giovanni  XIX ,  dal  quale  redava  il 
Papato  Benedetto  IX  suo  nipote;  terzo  Pontefice  che 
uscisse  da  quella  stirpe  ,  fanciullo  ^ ,  o  giovane  appena , 
salito  al  seggio  per  V  usurpazione  e  la  potenza  del  pa- 
rentado. L'unae  l'altra  successione  influirono  sugli  av- 
venimenti contemporanei. 

Guaimaro  IV  visse  dapprima  in  pace  ed  in  amistà  con 
Pandolfo  suo  zio ,  finché  una  domestica  offesa  non  fu 
pretesto  o  cagione  a  rompere  l'alleanza.  Avendo  il  Prin- 
cipe di  Capua  teotato  stuprare  la  figliuola  del  Duca  di 
Sorrento,  Guaimaro  congiunto  alla  donna,  tenne  come 
suo  l'oltraggio  e  volle  vendicarlo  ^.  Offerse  oro ,  drappi , 

•  Ivi.  11,  2. 

*  Nepos  duorum ,  Bemdieti  atque  JoannU ,  puer  ferme  deeewnis  , 
ifUercederUe  thescnirorum  pecunia.  Glaber.  IV,  §  5. 

^  La  sofor  de  la  moiUiér  de  Guaymère  estmt  moUlier  del  due  de 


—  124  — 

cavalli,  ai  Normanni  malcontenti  delF avarizia  del  Ca- 
puano 1 ,  propensi  sempre  a  vantaggiarsi  di  quelle  con- 
tese per  ingrandire.  Rainulfo  ed  i  suoi  cavalieri  furono, 
perciò  dalla  sua  parte ,  e  vennero  a  cercarvi  fortuna  al- 
tri reduci  di  Terrasanta. 

Neir  anno  1034  Roberto  Duca  di  Normandia ,  vago  di 
avventure,  o  per  pietoso  costume,  pellegrinando  a  Roma, 
e  quindi  in  Gerusalemme,  aveva  menato  seco  onorevole 
compagnia  d'alcuni  conti  e  vassalli.  Ma  al  ritorno,  nel 
giugno  4035,  pervenuto  in  Nicea  di  Bitinia,  vi  morì 
naturalmente  o  dì  veleno  ^,  come  fu  sospettato;  allora 
alcuni  dei  seguaci  approdando  in  Salerno ,  si  fermarono 
ai  servigi  del  Principe  ^.  E  poco  innanzi  è  da  credere  vi 

Sorrrii/f,  et  in  due  de  SorretUe  l' avoU  rharié^  et  Pandtdfe  auaia  à 
avoir  à  faire  canialment  avec  la  file  de  edle  dame  moiHier  dd  due 
de  S«irmUe:  doni  GMoimère  se  eorrofa  et  appainUla  de  recengitr  jor 
imfame.  Axat.  U  ,  5. 

*  Traist  far$  f  avak ,  demolirà  li  ekeval ,  et  etpandi  dif^er»  paU- 
les ,  et  dama  li  yormant  à  ce*  dampt.  Et  li  I<hrwMìU  ntm  fwreni 
leni  ecrrurent  et  pristrent  le  domps.  ivi. 

«  W  IL.  Gem.  vi  ,  i5.  Vace  Roman  de  Rtm.  1 ,  415.  U  suo  figlio 
GogìielDH)  il  Conquistatore  inviò  a  prenderne  le  ossa  per  seppellirle  in 
Cerisay ,  ma  essenilo  morto  prima  che  giungessero ,  dicesi  rìnmiesfiero 
toniitlate  in  Puglia.  Dl  Moul»  ,  His.  gen,  de  Sorm.  p.  425, 

5  Corradis  Retj.  XI,  Hetmci  Reg.  F.  Jyjic  Robertut  Dux  Abr- 
manniae  poenitentia  ductu*  nHdipedeM  Jerotolimam  petiit  ^  et  jfaltm 
rediens  Apuiiae  cantra  Graecos  adjurit  ^  et  Italos  diseofdantes  reòei- 
larit  y  et  ricims  gentibus  terrwem  incussit ,  et  de  hoc  eamsa  coeperunt 
ywrwohni  in  SicUia  et  Apatia  daminari  :  nec  multo  post  oòtil  ,  et 
Bithiniae  stpelitmr ,  anno  dneatms  Vii.  Cbk.  S.  Makt.  Tiko:i.  ap.  Mabt. 
et  Di:ba5t.  Àmp,  CdL  F.  Questo  intervento  in  Puglia  non  è  ricordato 
da  altri ,  e  lo  stesso  viaggio  viene  attribuito  al  Duca  Riccardo  :  Jtt- 
ckardms  annes  yortmannorum  dimissa  Cnnd  ngis  Ikukorum  mrartm 


—  425  — 

giungessero  anche  i  primi  figliuoli  di  Tancredi  d'Alta- 
villa, dei  quali  non  si  rinviene  innanzi  notizia  ^  Nella 
penisola  del  Contentin,  Diocesi  di  Goutances ,  sorge* 
va  il  castello  d'Altavilla,  quattro  miglia  al  nord  di  Ma-< 
rigny  ;  posto  in  fondo  a  una  valle ,  dove  si  crede  ancora 
scorgerne  i  ruderi  ^ ,  dava.il  titolo  ad  una  famiglia,  ap- 
partenente a  quella  classe  di  baroni ,  che  avevano  ves-f 
siilo  e  grido  proprio  in  battaglia  ed  erano  delti  banner 
rets  ^.  L'origine  però  della  stirpe  si  pretende  più  o  me* 
no  nobile ,  rannodandola  alcuni  agli  stessi  Duchi  Nor- 
manni ,  cercandola  altri  in  più  umile  nazione  *;  indagi- 
ne che  non  aggiunge  né  toglie  grandezza  ai  discendenti. 
Come  che  sia,  un  prode  cavaliere,  chiamato  Tancredi 
nei  principii  del  secolo  XI  portò  quel  nome  d'Altavilla. 
Egli  aveva  condotti  in  guerra  ai  tempi  di  lliccardo  II 

propter  metum  Dttnorum  exulans  a  patria  Jerosolimam  profectus  ibU 
que  defunctus  est....  Hujus  Richardi  gocii  XL  revcrtentes  in  Apulia 
reman8i$$e  narratur.  Aìwal.  Saxo.  ap.  £€card.  2*.  /. 

'  Drogo  quidam  Normannus  miies  cum  centum  militibua  ìh^  Hieru* 
galem  peregre  perrexit:  quem  inde  revertentem  cum  sociis  suii  Wnai» 
middiuS'  Dux  apud  Psalemum  ec.  Oro.  Vrr.  ìU.  e  lo  fa  combauere 
con  90  iiiH$i  Saraceni  e  liberare  Salerno,  dove  alcuni  dei  suoi  oompa* 
gni  poscia  ritornano,  lo  non  credo  che  si  voglia  intendere  di  Drogpne 
Altavilla,  e  gli  evidenti  anacronismi  e  le  confuse  remiscenze  che  serbò 
dei  fatti  il  Cronista ,  non  permettono  dar  valore  alla  sua  testimonianza. 
Un  altro  Drogoné  conte  di  Pontoise,  accompagnò  Roberto  nel  pellegri- 
naggio ,  «  iùotì  anch'  egli  in  Oriente.  Du  Moolik.  /.  e.  p,  42Ì* 

*  Mem.  de  la  Società  des  oht.  de  JVorm.  an.  4827^,  J\  /K.  p, 
59^  €3  ^  Gàdtier  o'Arc.  p.  04. 

5  DucANGE,  Les  familles  Normandes  Mss»  de  la  BiM.  Imp.  9up.  fu 
n.**  4iÌÀt  ^^^  ^^^  sì  trascrive  un' estratto  in  Appendice  alla  Cronaca 
d*  Amato  edita  da  Champoluom. 

4  y.  Nota  4  in  fine  .al  volume. 


—   126  -r 

dieci  militi  di  sua  dipendenza  ^  ;  e  da  due  mogli ,  Ma- 
riella e  Fredesinda,  ebbe  numerosa  prole,  d'ambo  i 
sessi.  Dodici  furono  i  figliuoli ,  e  parve  non  senza  divino 
consiglio  * ,  visti  i  grandi  effetti  che  dovevano  uscirne  , 
come  difensori  dell'Apostolica  Chiesa,  ed  estirpatori 
dell'  eretica  pravità  ;  informandoli  agli  alti  destini  i  geni-» 
tori ,  che  niuno  ne  ingenerarono  senza  previa  orazione  \ 
Nacquero  di  Monella  :  Guglielmo  Bracciodiferro ,  Dro- 
gone,  Umfredo,  Goffredo,  eSerlone;  di  Fredesinna:  Ro- 
berto, Malgero,  Guglielmo,  Alfredo,  Umfredo,  Tancre" 
di  e  Ruggiero,  oltre  Ire  figliuole  *. 

I  Normanni  del  Gontentin ,  creduti  dei  primi  che  si 
stanziassero  sotto  Rollone  ^ ,  serbavano  l' indole  irre- 
quieta ed  ardimentosa  che  distinse  gli  antichi  ventu- 
rieri, mostrandosi  pronti  a  turbolenze  ed  a  sedizioni  K 

>  DucANGE  Le. 

*  Ho8  autem  non  Hne  ad  miranda  Dei  dispensatùme  duodenanum 
completens  numerum ,  quippe  Sanctissimos  Apostdicae  Ecdesiae  futìir 
ro$  defensores ,  et  Saracenicae  pravitatis  fortissimos  extirpatorei.  Àiioic. 
Sic.  p.  746. 

•*  Nunquam  in  stm  vita ,  carnali  commistione  se  coffnoverunt ,  «tn 
priiu  cum  fkxis  genibus  in  terra ,  faicta  ad  Dominwn  orazione.  Amos. 
Sic.  Ivi. 

H  Malater.  I,  5^  Anmu  Vat.  p.  745.  Mooter  die  anglebische  ec. 
p.  4.  I  nomi  sì  leggono  con  alcune  'varietà  in  altri.  Samus  ^  Gofftù 
dus ,  Ihrogo ,  Willdmus  Brachiferrew ,  Gofftidus ,  Malgrimus ,  Ho- 
bettus,  AlbereduSf  WiUelmuSj  Frùmentinus  y  Roggerius,  Rom.  Saleb. 
an.  40Ò7»  Secondo  Okd.  Vit.  III.  Goffredo  sarebbe  stato  il  primogeni- 
to, poiché  Tancredi  Goisfredo  patemae  haereditatis  agros  conceMtl... 
Et  filias  tres.  Rom.  Saler.  ivi*  Gredesi  si  chiamassero,  Fredesinda, 
Emma ,  ed  Àlverada.  Mooyer  1.  e. 

fi  Langebek  Rer,  Danic.  11  y  49,  Dvchesme  Rer,  fran.  i,  452  p  ec. 

^  11$  se  faisaient  remarquer ,  entre  Us  autres  seigneun  et  éhtvO' 


—  127  — 

Né  i  figliuoli  di  Tancredi  ritrassero  diverso  carattere. 
Serlone,  uno  di  essi,  avendo  ucciso  un  cortegiano  del 
Duca  Roberto,  esulò  in  Inghilterra,  intorno  al  1029,  e 
tornatone  poi  segretamenle ,  in  grazia  del  suo  valore  fu 
perdonato  ^.  Sforzati  da  domestiche  gare ,  e  dalla  scar- 
sezza dell'avito  patrimonio  errarono  cercando  fortuna 
nelle  armi ,  Guglielmo  Bracciodiferro ,  Drogone  ed  Um- 
fredo,  finché  si  ridussero  in  Italia  ^  I  rumori  che  agita- 
rono  il  loro  paese  durante  T assenza,  e  dopo  la  morte 
del  Duca  Roberto  ,  forse  anche  costringeva! i  ad  abban-^ 
donarlo  ^;  e  venuti  insieme,  o  Fun  dopo  T altro,  servi- 
rono prima  il  Principe  di  Capua*;  poi  con  Rainulfo  , 

Uers  de  la  I^ormandie,  par  leur  extréme  turbolence ,  et  par  um  hontU 
iité  pre$que  permanente  contre  le  gouvemement  des  ducs,  Thierry  Conq, 
d'  Angl.  II ,  188. 

•  BIalaterba,  i,  38,  59, 

•  Haeredet  eorum  prò  haeredUate  inUr  se  altercarti  et  sortem  quae 

«ut  ceuerat  inter  pluree  divisam  singulis  minus  sufficere primo 

patria  digressi  per  diversa  loca  mUitariter  lucrum  quacrentes ,  tan-- 
dem  Aptdiam.,,.  pervenunt,  ivi  5.  Aliosque  omnes  ut  extra  sotiim  ea 
qmbus  indigerent ,  viribus  et  sensu  sUn  vendicarent  admonuit,  Ohd. 
ViT.  L.  ili.  Amon.  SicuL.  745.  Amat.  II,  8. 

^  WiLL.  Gemx.  X.  VII.  Dopo  la  morie  dì  Koberto  essendo  rimasto 
erede  il  fanciuUo  Guglielmo  II  suo  basiardo  :  Les  seigìieurs  du  Bessin 
et  du  Cfmtentin  plus  remuaiUs  que  les  autres  et  encore  plus  fieis  de 
la  pureté  de  leur  descendance ,  se  mirent  à  la  lète  des  mécontentes ,  et 
levèrent  im  armée  nombreuse ,  mais  ils  furent  vaincus  en  bataille  rau' 
gée  au  Val-des-Duhe ,  près  de  Coen.  Thierry  1.  e*  242. 

^  Non  simul  sed  diverso  tempore.  Ord,  Vit.  1.  e.  1/  epoca  nou  si 
^OYa  presso  alcun  Cronista ,  V  Ako:<.  Siculo  ,  p.  745  posteriore  a  tutti 
^  grande  adulatore  degli  Altavilla,  riferisce  la  loro  emigrazione  con  que- 
^^o  parole  :  felicissimo  et  gloriosissimo  Vomite  Guillelmo  Longoense  in 
^^€4,nquilla.  paois  tempore  obtinente ,  ne  vkrtus  eorum  aut  fama  per 


-^  <28  — 

passarono  a  Guaimaro  lY,  che  di  lor  armi  avvalorato 
lottò  lungamente  contro  i  vicini  *. 

Alcuni  Normanni  non  pertanto  preferirono  gli  slipen-^ 
dii  di  Pandolfo  IV ,  e  continuarono  a  molestare  per  suo 
conto  la  terre  Cassinesi,  per  la  qual  cosa  i  frati  levando 
continue  querimonie  contro  l'usurpatore,  ora  volgevao- 
si  a  Guaimaro,  ora  sollecitavano  i  soccorsi  di  Corrado  ^. 
Ma  più  che  le  preghiere  loro  ,  richiamarono  in  Italia 
l'Imperatore  Tedesco  i  moti  di  Lombardia.  Nell'appa- 
rente quiete,  succeduta  alla  morie  d'Arduino,  fervevano 
le  gare ,  s' invigorivano  gli  odii  tra  i  grandi  vassalli  ed  i 
valvassori,  tra  la  Vescovile  potestà  e  la  laicale.  Scoppia- 
rono improvvisamente  nel  1035 ,  quando  una  conten- 
zione universale  e  mai  vista  sin'  allora  surse  nel  Regno, 
ed  i  minori  vassalli  congiurando  contro  i  maggiori,  ven- 
nero infranti  gli  indefiniti  ed  arbitrarii  rapporti  feuda- 
li ^  La  sedizione ,  eccitata  in  Milano  dalia  prepotenza 
dell'Arcivescovo  Eriberto,  s'estese  dovunque  erano  le 
stesse  condizioni  di  mìliti  e  bassi  feudatarii ,  ruppe  in 
aperta  guerra  ;  e  perdurando  fu  necessità  intervenisse 

otium  torpesceret,,,,  quibusdam  parentelae  mae  ex  aiiis  probatisrìmU 
viris  quamplurimU  sUn  associatit.,,in  Apuliamdevenerunt,  Guglielmo 
Limgaspada  gOTernò  dal  917  al  942,  deve  quindi  supporsi  quel  titolo 
auribnito  a  Guglielmo  1(  succeduto  a  Roberto  nel  1055  ;  errore  che  si 
h^ge  anche  nel  Martyrolog.  Benediet.  1  Miù  v.  Neustbia  Pia  p.  5iO. 
GuGUEUio  PcGLiESB  li  dìce  chiamati  da  Rainulfo  d^Aversa. 

■  Intantumque  reMlantes  antea  Frincipi  campegcueruni ,  ni  omiiu» 
circumquaque  se  pacata  sUerent.  Malat.  \ ,  6,  Et  havcèrent  la  signo^ 
rk  sur  tous  ti  princes.  àhat.  Il ,  5. 

•  Leo  Ost.  II.  65. 

5  Wiwo  Vit.  Chuar.  §  34.  Absdl.  m$t,  Med.  II ,  10. 


—  429-- 

Corrado.  Disceso  nel  decembre  1036 ,  udì  T  accuse  con- 
tro Eribepto  e  gli  altri  Vescovi  Lombardi  ,  disposto  a 
deprimerne  la  soverchia  autorità  ^  Ma  fuggito  Eriberto, 
consumò  più  che  un  anno  a  combatterlo  ,  vanamente 
adoperando  le  armi ,  le  leggi ,  e  le  scomuniche  ,  lanciale 
dall' obbediente  Pontefice;  il  quale  scacciato  di  sua  sede, 
mercato  così  il  favore  di  Corrado,  che  ad  obbliare  V  onta 
dell'inutile  guerra,  riconducevalo  in  Roma  ^. 

Si  rinnovarono  ivi  le  preghiere  dei  Cassinesi  ^,  e  for- 
se gli  accordi  con  Guaimaro  in  danno  di  Pandolfo  IV  *^, 
ch'ebbe  contro  Tlmperatore  nella  primavera  del  1038. 
Accolsero  Corrado  i  monaci  nella  Badia,  d' onde  era  fuggi- 
to r  intruso  Abate,  proni  e  con  grande  giubilo,  esclaman- 
do :  «  averlo  aspettato  anelanti  come  i  giusti  che  attesero 
il  Cristo  nel  Limbo  ^  ».  iMa  il  Principe  di  Capua  diilidaudo 
dei  cittadini  e  delle  sue  forze,  rinchiuso  nella  rocca  di 
S.  Agata ,  non  disperava  ottenere  mercè  con  V  oro ,  e  da- 
va ostaggi  di  sua  fede.  Corrado  tra  la  cupidigia  delle  of- 
ferte ,  e  le  insinuazioni  dei  nemici ,  esitò  ;  prese  i  doni , 
altri  ne  richiese  ,  e  negati ,  bandì  decaduto  Pandolfo 
dal  Principato  ®.  Riconosciuto  Signore  anche  dai  Bene- 

'  /«ì-^Herm.  AcGiEN.  ap.  Pertz.  Y. 
»  im-.GLAB.  IV  y  §  44. 

3  Leo  Ost.  11.  t>a. 

4  Le  relazioni  anteriori  sono  accertate  da  Amato  :  Corame  Guaima- 
'*te  0  grani  compaignie  de  bons  chevalier  resplendissoit  en  Italie,  Cor' 
*^€it  emperéor  manda  per  messages  avant  à  Gaymére  eomment  il  ve- 
^»oi(en  Italie.  II ,  4. 

*  Leo  Ost.  l.  e. 
^  De  Meo  ad  an. 

VCL.  I.  9 


^  430  — 

ventani  *,  volle  ordinare  stabilmente  T  Imperiale  supre- 
mazia nel  mezzodì.  Guaimaro  eh'  era  venuto  a  corteg- 
giarlo, e  seppe  guadagnarne  i  favori,  fu  adottato  per 
figliuolo  ed  investito  di  Capua  nel  maggio  1038  *;  men- 
tre per  sua  istanza,  il  Conte  Rainulfo  otteneva  l'inve- 
stitura d' Aversa,  con  la  lancia  ed  il  gonfalone  ^.  Nel 
tempo  stesso,  Corrado  faceva  eleggere  ad  Abate  di  Mon- 
tecasino  Richerio ,  un  Bavaro  già  monaco  di  Leno  sul 
Bresciano  *,  ed  i  beni  del  Monastero  occupati  erano  re- 
stituiti, salvo  alcune  castella  affidate  ai  Normanni,  per-^ 
che  le  guardassero  come  vassalli  ;  componendo  le  dis- 
senzioni  che  erano  nate  tra  essi  e  gli  antichi  possesso- 
ri ^.  Più  oltre  del  giugno  non  rimase  l'Imperatore  ,  €0- 

»  Imperator  ad  terminos  Imperii  sui  perveniens ,  Trojam ,  Bene' 
ventura ,  Capuam ,  et  aliasque  civitates  Apuliae  lege  et  justitiae  sta- 
hUivit,  Wippo  Vit.  Chuor,  §  37.  Ma  non  pare  giungesse  ìnsino  a  Troia, 
perchè  una  clonazione  ivi  scriua  nel  luglio  di  queir  anno  porta  le  s&> 
guenli  noie  :  An,  V  Imp,  Micliaelis  SS.  Imp,  n.  mens.  Julii,  Ind. 
VI,  DE  Meo. 

*  Solement  Guaymère  vint  à  lui  o  tout  li  sien  fortissime  chevcUier 
de  li  ISormant,,,,  et  dona  gratis  présens,,..  Et  li  empereor  empiì  la 
"volontà  de  tuit  li  fidel  soy ,  et  lo  fist  fili  adoptive ,  et  lo  fist  prinee 
de  Capue.  Amai,  li,  C. 

^  Et  puiz  quant  il  fu  en  tant  de  grace  procura  que  li  empereor 
fust  en  bone  volontà  vers  Raynulfe ,  quar  sans  la  volonté  de  li  Aòr- 
mant  ne  le  ckoses  soes  pooit  deffendre ,  ne  autres  poii  ce  prince  con- 
quester.  Et  lo  empereor  s' enclina  à  la  volonté  de  lo  prince ,  et  o  une 
lance  publica  et  o  un  gofaìwn  dont  estoit  V  arme  imperiai  conferma 
à  Rainolfe  la  conte  d' Averse  e  son  territoire,  ivi. 

4  Tosti  i,  459.  RicJier  de  Bergarie  de  noble  gent  et  vaUlant  per^ 
sonne.  Auat.  U,  5. 

^  Dissentiones  quae  erant  intra  JSormannos  extraneos  et  indigenoi 
sola  jussione  sedavit.  Wippq  §.  57.   Muratori  à  credulo  si    parlasse 


—  131  — 

stretto  ad  allontanarsi  per  ia  peste  che  decimava  il  suo 
esercito  *  ;  e  tornato  in  Germania  vi  morì  nel  seguen- 
te anno. 

L'investitura  Imperiale  non  tolse  i  Normanni  dalla  di- 
pendenza di  Guaimaro  ^,  il  quale  sorretto  dal  loro  va- 
lore, riuniti  entrambi  i  Principali,  alleato  del  bellicoso 
Abate  Richerio  ^,  e  di  Laidolfo  conte  di  Teano,  eredita- 
rio nemico  di  Pandolfo  di  Capua,  primeggiò  tra  i  vicini. 
Né  questi  tardarono  a  scorgere  gli  effetti  di  quella  cre- 
sciuta potenza  ,  che  può  considerarsi  come  V  ultimo 
splendore  della  stirpe  Longobarda. 

Pandolfo  IV  procurò  indarno  ottenere  da  Guaimaro  la 
festituzione  del  suo  retaggio,  e  viste  inutili  le  proffer- 
te e  le  armi,  lasciato  il  castello  di  S.  Agata  in  guardia 
di  suo  figlio,  si  recò  ad  implorare  il  sostegno  dei  Bizan- 
tini *.  Le  sue  antiche  relazioni,  e  la  perpetua  gelosia 
dei  Greci  contro  gli  incrementi  dei  Principi  confinanti  , 
facevano  sperargli  pi*OBto  soccorso.  Ma  gli  ambasciatori 
di  Guaimaro  inviati  a  impedire  quell'alleanza,  trovaro- 

delle  discordie  fra  i  Nonnanni  già  slabilili ,  e  qneUi  sopravvenuti  ;  ma 
non  mi  pare  che  voglia  dirsi  questo  ;  in  ogni  modo  si  vedranno  i  Nor- 
maimi  continuare  a  rimanersi  neUe  terre  di  Moniecasino. 

•  Wippo  1.  e. 

*  Et  cestui  cmU  Raynolfe  persevera  en  Malte  a  h  princé,  Ama- 

^  Poco  dopo  la  partenza  di  Corrado  Richerio  assediò  insieme  a  Guai- 

'naro  Rocca  di  Rantra ,  ove  s' era  ricoverato  Tedino.  Leo  Ost.  II.  68. 

^  Panduife  eercha  que  la  ire  de  Guaymaire  se  déust  encliner  à  mU 

'^f'ieorde ,  et  aléga  mUericorde  de  parentecè,  Mès  lo  neveu  non  «'  en- 

^^na  à  la  priore  de  s(m  mele ,  pour  laquel  choze  s*  en  ala  en  Costan- 

^•noWe.  Amai.  II,  «. 


—  132  — 

no  più  favorevole  accoglienza  nella  Corte  Orientale,  e 
Pandolfo  fu  respinto ,  e  confinato  per  vietargli  il  ritor* 
no*^  Cagione  di  questo  improvviso  mutamento,  furono 
i  disegni  che  allora  si  venivano  preparando  di  ripigliare 
r impresa  di  Sicilia,  alla  quale  s'estimava  necessaria  la 
cooperazione  d'un  Principe  potente  come  Guaimaro,  o 
almeno  la  sicurtà  ch'egli  non  avesse  voluto  profittarne 
per  invadere  la  Puglia. 

La  guerra  tra  i  Greci  ed  i  Musulmani  s'era  terminala 
nel  1035  per  via  di  negoziati  condotti  in  Africa  ed  in 
Sicilia  ^  E  Giovanni  Probato,  venuto  perciò  neir  isola, 
vi  trovò  ferventi  le  sedizioni  che  trassero  in  ruina  la 
dominazione  Musulmana.  Ahmed  detto  Akhal  ,  procla- 
mato Emiro  nel  1019  ed  alleato  dei  Pugliesi  ribelli,  fi- 
niva con  poca  gloria  il  reggimento  cominciato  con  fau- 
sti auspicii.  Necessità  o  avarizia  spingendolo  ad  aggra- 
varsi sulla  borghesia,  misto  d'indigeni  passati  air  Isla- 
mismo e  d'Arabi  stanziati;  avvenne  che  i  malcontenti 
si  rannodassero  intorno  a  suo  fratello  Abu-Hafs  ambi- 
zioso di  succedergli  ^.  Questi  rivolgimenti  poco  noti  nel- 
le loro  cause,  e  che  in  tanta  apparente  diversità  di  con- 
dizioni politiche  si  riscontrano  pel  tempo  e  per  la  natura 
con  quelli  Lombardi,  parvero  ai  Greci  opportunissimi 
ai  loro  intenti.  11  messo  Imperiale  proffcrse  ad  Akhal  il 
patrocinio  Bizantino,  che  fu  accettato,  ed  un  figliuolo 

•  Et  puiz  après  lui  ala  lo  messages  de  Guaymarie ,  loquel  plus 
manechant  que  proiant ,  ordena  que  li  empereor  n*  eust  misericorde  de 
Tandulfe,.,,  et  le  manda  en  exil.  Amai.  II,  i2. 

•  Cedreno  11,  6V5.— Amari  U,  368, 

•  Amari  ,  //,  cap.  IX, 


—  133  — 

deir  Emiro  si  recò  come  ostaggio  a  Costantinopoli  *.  In- 
vece i  ribelli  invocando  un  sostegno  più  valido  dalla  vi- 
cina Africa,  Moez-ibn-Bàdts,  avido  dell'acquisto  dell'iso- 
la, v'inviò  il  figlio  Abd-AUah  con  un  esercito.  Durava 
così  la  guerra,  quando  nel  1037  discesero  dalla  Calabria 
i  tardi  aiuti  dei  Greci  condotti  da  Leone  Opo;  questi 
per  vano  timore  che  gli  infedeli  s'accordassero  ai  suoi 
danni,  o  simulandone  il  sospetto,  lasciò  cadere  l'im- 
presa. Allora  Akhal  fu  ucciso ,  ed  il  figliuolo  di  Moez  , 
venuto  come  alleato  s'insignorì  della  Sicilia  ^.  Crebbero 
quindi  le  turbolenze,  gli  ostili  apparecchi  della  Corte 
Orientale,  e  gli  incitamenti  ^.  L'eunuco  Giovanni  che  in 
luogo  di  Zoe  e  dell'inetto  Paflagone  reggeva  l'Imperio , 
pannò  armi  e  navi  con  vigoroso  sforzo;  affidò  la  flotta  a 
Stefano  suo  cognato,  e  le  milizie  assoldate  fra  i  Russi  egli 
Scandinavi  a  Giorgio  Maniaco,  salito  in  fama  pei  trionfi  di 
Siria.  Fu  imposto  a  Michele  Doceano  detto  Sfrondila,  de- 
signato al  futuro  governo  d'Italia  *,  condurre  Calabri  e 
Pugliesi  ',  e  Guairaaro  concesse  un  corpo  d'ausiliarii  ^. 

«  Cedren.  i/,  545. 

»  IvL  Amari  ,  II ,  377 ,  e  seg. 
-   5  A  SiculU  rumnullis  saepe  rogatus,   Vit,  S.  FUaret.  ap,  Gaetan. 
Sanct,  Sic.  T.  lì,  414. 

4  Patricius  auxUio  UH  mUsus  est  Longobardiae  et  Praetor  desi- 
gnatus.  Zonara,  L,  XV  11  §  io.  Descendit  Michael  Patricius  et  Dux 
qui  et  Sfrondila  (Fusaiuolo)  vocabatur ,  et  transfretavit  cum  Ma- 
niachi  PatriciS  in  Siciliani.  Lupo  ad  an. 

^  Et  à  si  fatigose  hataiUe  estoicnt  costretnt  li  PuUloii  et  li  t'ala- 
broix  0  solde  et  deniers  de  V  impereor...  Et  li  gentil  et  li  peuple  cstoit 
excUé  a  ceste  chose.  Amat.  11,  8. 

^  La^  poteste  imperiale  se  humilia  à  proier  V  aide  de   Gaimère ,  la 


—  434  — 

Il  Principe  di  Salerno  colse  volentieri  quella  ceca-' 
sione  per  disgravarsi  dei  Normanni  più  turbolenti ,  che 
non  avendo  terre  dove  stanziare  come  Rainulfo ,  vive- 
vano ai  suoi  stipendii ,  invidiati  e  forse  molesti  *.  In- 
fìammolli  a  farsi  campioni  della  fede  ,  offerse  ^andi 
premii  in  nome  dei  Greci ,  ed  egli  stesso  ne  promise*. 
Mescolavansi  a  queste  milizie  racccogliticce  alquanti 
Lombardi ,  esulati  dalle  rive  del  Po  ^  a  cagione  dei  tu- 
multi e  delle  guerre  fra  i  grandi  vassalli  ed  i  valvassori, 
venuti  probabilmente  al  seguito  di  Corrado,  e  rimasti  a 
cercar  fortuna.  Principale  tra  essi  era  Arduino,  un  mi- 
lite della  famiglia  feudale  dell' Arcivescovo  Milanese*; 

quel  petUUm  vouloU  Gaymère  aemplir.  Ivi  ^Vt  amico  Imperii  maniosl 
quatenus  ipsos ,  per  quos  inimicos  suos  debellavisse  fama  eroi  in  aur 
xUium  sui  Imperii  mittat.  Malat.  /,  7. 

'  I/mgóbaràoTum  vero  gene  invidiosissima  et  sempet  quemeufnque 
probum  suspectum  habens ,  ipsos  apud  eundem  Prineipem ^  inimi^eo 
dente  mordente ,  occtdto  detrahehant ,  suggerentes  quatenus  eoe  a  M 
repelleret ,  quod  ni  faceret  facile  futurum  ut  gens  tantae  astutùie , 
tantae  strenuitatis,,..  huereditatae  ejus  potirentur.  Malat.  I,  6.  Akok. 
Sic.  747.  Longobardi  vero  adepta  sccuritate  coeperunt  Normannos  de* 
spieere,  eisque  debita  stipendia  subtrahere,  Will.  Gehm.   VII,  30, 

*  L'Anon.  Sic.  vuole  che  i  Normanni  andassero  «  nullo  eocteti  <«- 
rio ,  sed  delendis  pravitatis  Saracenicae  et  Sanctae  liberationis  Ecde- 
siae  accensi,  L  e.  Invece  narra  il  Malat.  /,  7.  che  Maniace  «  promit^ 
tene  etiam  multis  praemiis  remunerandos,  Princeps  emtem  nat^us  oc- 
casionem,,,  praemia  quae  pollieebantur ,  ut  eos  ad  id  facUius  impd* 
ìat  verbis  enumerane ,  etiam  de  suis  pollicetur. 

^     Inter  collectos  erat  Arduinus ,  et  ejus 
Aseculae  quidam ,  Graecorum  caede  relieti 
Plebs  Lombardorum ,  Gallis  admixta  quibusdam 
Qui  profugi  fuerant  ubi  bella  Basilius  egit.  Guill.  Ap.  I. 

4  Ardoin  servicial  de  Saint  Ambrm  Archevesque  de  Uelan»  àmkx.  It.^, 


-.  135  — 

ribelle  al  suo  signore ,  e  destinato  ad  aver  parte  mag- 
giore e  più  nobile  nella  rivoluzione  del  mezzodì.  Le 
raccozzate  scbiere  ,  cinquecento  in  tutto  * ,  raggiunse- 
ro i  Greci  a  Reggio  *.  Ed  oltre  Arduino ,  i  tre  figliuo- 
li d*  Altavilla  ,  Guglielmo  Drogone  ed  Umfredo  ,  gui- 
darono i  Normanni^,  che  si  scontravano  in  Sicilia  con 
altre  genti  di  lor  sangue  discese  dal  Baltico  a  Gostan*^ 
tinopoli  ,  e  menate  a  cercar  ventura  nel  lontano  Occi- 
dente *. 

Sul  finire  del  4038  Toste  Bizantina  e  gli  ausiliarii  , 
passato  lo  stretto ,  investivano  Messina  ;  dove  non  fu  né . 
forte,,  né  lunga  difesa ,  essendosi  in  più  munito  luogo 
trincerati  i  Saraceni.  Ma  vollero  alcuni  Cronisti  magnifi- 
care i  successi  di  una  contrastata  vittoria  per  attribuirli 

14.  Quidam  Lombardus  de  famUiis  S,  Ambrosii.  Leo  Ost.  11,  61. 
h  Lombardus  erat,  Guill.  àpp.  I.  Cujusdam  regioni  domino  nemini 
suòdito.  Cedren.  II,  545.  Arduinum  quemdam  Italum.  Malat.  ì.  7. 
Arduino  Longobardo,  Bre?.  Chr.  Norm. 

«  Manda  trois  e,  Normant.  Amai.  II,  8.  Leo  Ost.  U,  67.  Socios  sibi 
adsciverant  500  Francos  a  Gallia  transaipiìia  evocati,  Cedren.  L  c. 
Forse  lo  storico  Greco  enumerò  anche  ì  Lombardi. 

*  In  Regio  princeps  Salemitanus  sicut  olii  Longobardi  ex  proficepto 
imperatoria  cum  multitudine  militum  ac  peditum  convenisset,  Anon. 
Sic.  1.  c.  Ma  è  ialso  vi  venisse  Guaimaro. 

s  Duce  Arduino,  Cedr.  1.  e.  Non  sembra  però  che  questi  avesse  il 
comando  anche  dei  Normanni ,  ed  altri  Cronisti  meglio  informati  danno 
ad  essi  per  capi  Guilklme  lequd  novcUement  estoit  venut  de  partiez 
de  ^ormandie  avec  ij  frères  Drogone  et  Umfroide,  Amai.  1.  c.  Leo 
Osi.  1.  e.  Malat.  Anon.  Sic.  ec, 

4  Neir  Amari  II ,  580 ,  vedi  V  esame  critico  delle  imprese  degli  Scan- 
dinavi in  questa  guerra,  e  delle  Saghe  pubblicate  nella  Raccolta:  ScH- 
pia  Historica  Jslandorum  T.  VI ,  che  vi  conducono  Aroldo  il  Severo 
fraiello  uleriBQ  di  S.  Ciaf  Re  di  Norvegia. 


—  136  — 

Normanni  *,  e  tralasciando  il  racconto  della  guerra  ge- 
nerale, si  fermarono  a  narrarne  gli  episodii,  più  speciosi 
che  veri.  Tacquero  quindi  la  battaglia  di  Rametta,  nel- 
la quale  cinquantamila  Musulmani  furono  disfatti  e  in 
gran  parte  uccisi,  se  crediamo  ai  Greci  ^,  trasandarono 
i  lenti  progressi  dei  vincitori ,  che  per  due  anni  in  cir* 
ca  combattendo,  solamente  tredici  fra  castella  e  eit^. 
tà  occuparono^;  e  magnificando  i  loro  Eroi^  dalla  pic- 
cola avvisaglia  di  Messina,  li  conducono  all'assedio  di' 
Siracusa,  cominciato -nel  4040*.  Anche  ivi  apparisce 
la  loro  virtù  soltanto  in  una  singolare  tenzone  fra  Gu- 
glielmo  Bracciodiferro  ed  un  feroce  condottiero  dei  Sa- 
raceni ,  che  faceva  strage  degli  assediantl ,  e  rimase 
spento  dall'avversario  *.  Non  s'arrese  però  la  città,"  l'A- 
fricano Abd-AUah,  accorso  in  difesa,  accampavasi  a  Trai- 
na ,  e  nella  primavera  o  nella  state  di  quell'  anno  vi  si 
pugnò  con  grande  furore  in  campale  giornata ,  perduta 
dai  Musulmani ,  pochi  dei  quali  scamparono.  Siracusa  fu 

'  Anon.  Sic.  748,  Malat.  I.  7. 

>  Cedren.  n  .  520.  Nilo  ,   Vit.  S.  FUaret. 

s  Cedr.  ivL  Amari  ,  i/,  58  i. 

4  Amato  è  il  solo  che  vagamente  accenni  a  diversi  coinbaUimenU  : 
Et  a  dire  la  verité ,  plus  valut  la  hardiece  et  la  prottesee  de  ce$  pe- 
tit de  Normané  que  la  multitude  d£  li  Grex ,  et  ont  eambattu  la  cité^ 
et  ont  vainchut  lo  chnstel  de  li  Sarazin ,  et  la  superbe  de  li  TktrfM-^ 
gni  (Turmarchi?),  gist  par  li  camp,  li  gonfanon  de  li  chrestien  tont  =■ 
e/fordes ,  et  la  gioire  de  la  victpire  est  donnée  à  li  fortissime  Aor- 
mant  li ,  8,  Più  ampii  e  più  favolosi  ragguagli  di  quella  guerra  rac- 
colsero le  Saghe  Scandinave  facendone  eroe  il  loro  Aroldo. 

5  Malat.  1,7.  Archaydus  idem  legis  doctor  vel  principis,  Anon:  Sic.  — 
1.  e.  È  verosimile  che  il  Cronista  scambiasse  il  titolo  militare  di  Kàidfc 
con  quello  di  Kàdhi.  ■  ■       ■.  * 


—  437  — 

presa,  e  fra  i  trofei  della  vittoria,  rinvenuto  il  corpo  di 
S.  Lucia  per  rivelazione  d'un  vecchio  Cristiano,  volle 
Maniace  fossero  i  Normanni  testimoni  del  prodigio  ^ 
Ma  le  ricche  prede,  la  fuga  dei  nemici,  il  trionfo  stesso 
eccitando  l'avidità  e  l'alterigia  dei  Greci,  generarono 
funeste  discordie.  Querelavansi  i  Normanni  che  si  ne- 
gasse dividere  il  bottino*;  e  più  grave  ignominia  muo- 
veva lo  sdegno  d'Arduino.  Venuto  a  reclamare  presso 
Maniace  le  spoglie  dei  vinti  contese  ai  mercenarii ,  o 
per  se  stesso,  a  cagione  d'un  cavallo  guadagnato  nella 
mischia,  che  gli  era  stato  tolto  ^;  fu  negletto  e  vitupe- 
rosamente offeso.  Trascinandolo  di  forza  in  mezzo  al 
campo  gli  strapparono  i  peli  della  barba,  e  lo  frustaro- 
no «  secondo  l'usanza  pessima  dei  Greci  *.  »  Pronta  ven- 


«  À  trover  cesi  grarU  trésor  prist  la  testemonianee  de  li  Normant , 
et  s*  amtèrent  alla  éeUze  pour  la  destration  de  V  ome  vieti  chrestien 
fu  mostre  le  séptUcre ,  de  lo  quel  trairent  la  sainte  puelle  autresi  en- 
liève  et  fresche  commerU  lo  premier  jor  qu'  elle  fu  mise.  Amai.  II.  9. 

*  Greci  donau's  nichìl  Ardoinus  habere 

Doiionim  potuit,  miser  immimisque  remansit.  Goill.  App. 
Graeci  ad  locum ,  quo  certatum  fuerat,  spelta  diripiunt,  inter  se  di- 
vidufU,  nulla  portionis  nostris,  qui  ab  hoste  escusserant,  reservata,.. 
Per  Arduinum  quendam  Italum  ,  qui  ex  nostris  erat ,  quia  Graeci 
servumis  peritiam  hahehat ,  Maniacum  utique  improvise ,  an  ex  deli* 
beraiiane  industria  spolia  diviserit  ad  rationem  ponunt.  Malat.  1 ,  7. 
L'  Akow.  Sic.  749 ,  ripete  lo  slesso ,  ma  trascura  il  nome  d' Ardui- 
no ,  perchè  più  intero  rimanga  V  onore  della  rivoluzione  che  seguì  ai 
Normanni.  Entrambi  i  Cronisti  tacciono  della  schiera  Lombarda  ,  ed 
affermano  vinta  la  battaglia  di  Traina  per  sola  virtù  dei  figliuoli  d'AU 
la  villa. 

*  Amai.  H,  i4.  Leo  Ost.  II,  (57. 

4  In  despecto  Normannoium  barbam  propriis  unguibus  depelavU, 


— 138  — 

detta  dicono  seguisse  a  questa  ingiuria;  perchè  Arduino 
dissimulandola,  ed  affrenando  Tira  dei  Normanni,  al- 
cuni giorni  appresso ,  ottenuta  licenza  a  traversare  lo 
stretto,  si  menò  dietro  i  niercenarii  di  soppiatto,  e  copse 
dev.istando  la  Calabria,  respingendo  quelli  che  T inse- 
guivano ^.  Ma  con  jùù  ordine  e  verisimiglianza  recano. 
Cronisti  meritevoli  di  fede,  i  particolari  degli  avvenimen- 
ti. Arduino,  infintosi  rassegnato  aspettò  tempo  alle  ven- 
dette ,  che  non  tardarono  lungamente.  L'impetuoso  Ma- 
niaco accagionando  l'Ammiraglio  Stefano  della  fuga  di 
Abd-Allah,  scampato  per  mare  a  Palermo,  con  ontosi  modi 
lo  percosse  ed  oltraggiò;  e  quegli,  accusandolo  d'ambi- 
ziosi disegni,  ottenne  venisse  richiamato  e  imprigiona- 
to *.  Basilio  Pediadite,  Stefano,  o  Michele  Doceano,  pre- 

Anon.  Sic.  I.  e.  Secont  la  pessime  costumance  d<i  li  Grex  fu  balut 
iotU  nu  et  li  cheval  lui  fu  leve,  Amat.  1.  e.  Leo  Ost.  1.  e. 

Jussit 

Graecoriim  rilii  caedendiis  ut  cxuerelur 

Corrigiis  ea('siim  graviler  peccasse  puderet.  GtiL.  App.  I. 

CrROPALATA ,  (jiGL.  PiGLiESE  6  Cedreno  aUribiuscouo  la  crudele  pu- 
nizione a  Doceano,  ma  più  fede  meritano ,  Amato  ,  Leone  Ostiense  ,  e  Ma- 
LATEBRA ,  clic  la  vugilono  ìntlitta  per  ordine  di  Maniaca. 
•  Malat.  I.  8,  AsoN.  Sic.  749-30. 

Cium  cum  genie  sua  Graecorum  castra  relinquit 

Missa  Pelasgoruni  manus ,  bunc  ut  persequatur 

Kepperit  in  campo.  Cum  quo  confligere  temptans 

Cecidi! ,  et  occisis  decies  ibi  quinque  Pelasgis  oc.  Gi'iL.  App.  l. 
'*  Ckdren.  11  ,  525.  Amato  rirerisi*.e  diversamente  la  partenza  di  Ma- 
niuco  dalla  Sicilia,  egli  narra  che  Zoe  scacciato  dalla  Corte  Michele 
Patlagone  suo  marito ,  richiamasse  celerà  mente  Maniaco  per  offrirgli  la 
sua  mano  e  V  Impero  ;  ma  giunto  Maniaco  trovò  che  i  coniugi  s'  erano 
rappaciali ,  e  perciò  fu  crudélement  taUlé ,  li ,  40 ,  13.  La  su^  morte 
però  avvenne  molto  dopo.  Presso  gli  Storici  Greci  non  si  trova  nulla 


—  139  — 

posti  in  sua  vece  al  comando,  diedero  licenza  ai  tumul- 
tuanti Normanni  di  partirsi,  se  pure  innanzi  non  l'ave- 
va concessa  Maniaca  ^  Certo  è  che  tornarono  nella  Cam- 
pania ,  salvo  alcuni  pochi  più  fedeli  condotti  poi  in  0- 
riente  a  combattervi  barbare  genti  *. 

Nonpertanto  l'acquisto  di  Sicilia,  che  i  Greci  estima- 
vano ormai  sicuro,  venne  turbato  dai  rumori  che  si  de- 
starono in  Puglia;  e  non  solamente  l'isola,  ma  ogni  al- 
tro possesso  in  Italia  fu  perduto.  L' ultima  ribellione  di 
Bari  era  stata  piuttosto  depressa  che  spenta,  e  dal  1035 
per  ogni  anno  s' odono ,  morti ,  confische ,  e  condanne.  A 
quelle  già  narrate  del  1036,  tennero  dietro  nel  1038  , 
V  uccisione  di  Capozzatò ,  del  figliuolo  ,  e  di  Giuda  Pro- 
tospata,  spenti  nel  palagio  del  Catapano,  e  la  distruzio- 

che  conrermì  questi  traitati  ,  e  forse  non  furono  più  che  congiure  di 
cortegiani,  ovvero  inganni  adoperati  da  Giovanni  Eunuco  per  indurre 
Maniace  a  lasciare  risola. 

.  ■  Li  Normand  remanda  a  lar  Prince.  Anta.  Il,  40.  Tutti  poi  con« 
cordano  nel  dire  che  Arduino  si  recò  in  Aversa  a  richiedere  gli  aiuti  dei 
Normanni.  Una  variante  di  Leone  Ostiense  ,  che  sarà  riferita  a  suo  luo- 
go ,  mostra  chiaramente ,  che  il  Lombardo  trovò  in  Aversa  Guglielmo 
Bracciodiferro ,  e  gli  altri  suoi  fratelli.  Fazzello  Dee.  II,  L,  VI,  e.  2, 
afferma  che  Maniace  rinviasse  a  svernare  i  Normanni  in  terra  ferma. 

*  Erbelnum  Franeopulumr  qui  vir  in  Sicilia  Mamaeae  in  hdlo  $0- 
cim  fuerat,  ac  praedara  ^tatuerai  tropaea,  at  exinde  in  eum,  usque 
in  diem  rei  Romanae  studuerat.  Gedren.  II,  6i6.  Divenne  in  Gostan- 
tinopoli  éux  popularium ,  e  fu  adoperat<^  nelle  guerre  contro  t  Patzi- 
nicesi  dai  1049  al  1051.  Ma  nel  1057  essendogli  negato  il  titolo  di 
Maestro  ddle  milizie  da  Michele  VI  si  ritrasse  con  500  Franchi ,  presso 
Samouck  duce  dei  Tòrchi  che  infestavano  T Armenia,  poi  per  sospetti 
che  n*ebbe  riceverò  presso  Aboiilsear ,  Emiro  di  Glheat  sul  lago  di  Van^. 
ove  tradito  fo  «cciso.  Gbdren.  ivi  e  597, 


—  no- 
ne delle  case  di  Maraldo  Turmarca,  di  Adralisto,  e  di 
allri  cittadini  Baresi  *.  Questi  supplizii  che  mostrano 
vivi  i  desiderii  di  libertà,  sospettosa  e  crudele  sempre 
la  tirannide  Bizantina,  precedettero  di  poco  la  spedizione 
di  Sicilia.  Essendosi  ivi  rivolte  tutte  le  forze  dei  Greci , 
e  sperando  forse  nella  resistenza  dei  Musulmani ,  tra  i 
lenti  successi  della  guerra ,  sul  finire  del  1039  agita- 
vasi  nuovamente  la  Puglia  per  le  correrie  dei  Contarati. 
Il  nome  e  la  qualità  degli  insorti  rimase  nei  Cronisti 
Grecizzanti;  s'offuscarono  presso  gli  Storici  posteriori  , 
incerti  nel  definire  quella  voce  vieta  ed  inusata*.  Conr 
tarati j  però  valse  allora  quanto  saccomanni;  o  milizie 
armale  d'asta  alla  leggiera,  scorridori  ed  ausiliarii  de- 
gli eserciti  ordinati  e  stanziali.  E  chiamaronsi  per  av- 
ventura così  le  schiere  levate  fra  i  Pugliesi  ed  i  Galabri 
per  l'impresa  di  Sicilia,  le  quali  rinviate,  si  tennero 
unite,  ribellandosi  al  Catapano  Niceforo  Ducliano ,  e  ri- 
destando i  sopiti  umori.  Gli  insorti  prima  furono  disfatti 
e  respinti,  ma  Niceforo  che  li  inseguiva  giunto  in  Asco- 
li nel  gennaio  del  lOAO,  vi  mori  ^.  11  verno  trapassò  in 

■  Et  interfecti  mni  in  curie  Domnica  Capozzati  et  filius  ejus ,  tt 
Juda  Proto  (  spaia  ?  )  ;  et  talavit  dom,  Mdracdi  Tramar  (  Turmaf' 
ca  ?  )  et  de  Adralisto  et  Leo  consobrinus  ejus,  Icn.  ad  an,  4038,  La 
Corte  Domnica  era  la  sede  dui  Catapani ,  come  si  deduce  da  un  dipi* 
di  l{oberto  del  1084  :  Magnam  Curtem  Domnicam  de  Catapano.  Gab- 
RUBBA  p.  iOI  n.**  G. 

•  Contractoi  o  Conteratos  si  legge  in  Li  po  e  nella  Chr.  Barese  ,  v. 
Nota  5  in  fine  al  volume. 

^  Nichiphorui  Dulchianus  eseusHt  Contractos  de  Apulia  ,  Lupo  1040, 
con  Tanno  greco  dal  settembre,  fìofm  die  entrante  Januarii  drìit  HH- 
ohiphorué  qui  et  Dulchianus  Catepanus  in  civitate  Asculo,  €br.  Bai. 
ad  ann. 


pace  ;  più  ardimentosi  però  scendendo  i  ribelli  nelle 
pianure  a  primavera,  nel  di  cinque  maggio  sorprende- 
vano il  castello  di  Molola  e  v'uccidevano  Michele  Giu- 
dice e  Romano  da  Matera  Imperiali  Ministri  ^  Guidavali 
ora  Argiro  figliuolo  di  Melo,  esule  da  fanciullo,  tornato 
forse  intorno  al  1029 ,  vissuto  in  umile  slato  tra  le  infe- 
lici.vicende  dei  suoi,  serbandone  gli  odii  e  le  speran- 
ze. Rapidamente  avanzò  sopra  Bari,  ove  erano  amici  e 
congiunti ,  e  dopo  breve  assedio  la  città  gli  si  arrese  *. 
Era  il  tempo  che  in  piij  fiera  zuffa  si  travagliavano  i  Gre- 
ci a  Traina  contro  i  Saraceni ,  e  quantunque  vincitori , 
]e  brighe  surte  dopo  la  vittoria ,  tenevanli  intenti  in 
altre  cure.  1  Normanni  tumultuavano,  nia  rinviati  o  tra- 
fugati di  Sicilia,  non  entrarono  allora  nella  ribellione, 
e  l'ordine  slesso  dei  fatti  s'oppone  ad  ogni  possibilità 
che  ne  fossero  iniziatori  ;  perchè  la  caduta  di  Siracusa  fu 
posteriore  o  almeno  contemporanea  a  quella  di  Bari  ^,  e 
quasi  un  anno  innanzi  i  Pugliesi  s'erano  riscossi.  Nean- 
che Arduino  partecipò  alle  prime  commozioni;  partito 

'  Et  quinto  die  hUrarUe  mense  Maii  oeciius  est  Michael  Coti,  qui 
toeatur  Kirogfaeti  sub  castello  Mutule  ab  ipsis  Conierratis.  Chr.  Bar. 
1040^.  Et  praedicti  Contracti  occiderunt  Chirifactora ,  Chritiri  Impe* 
ratorem  (sic)  svbtus  Mutulam ,  et  Romanum  Materìensem  mense  maii, 
Lcpo  ad  an,  Cod.  d*  And.  die  quinta  Marta  occisus  est  Miàhad  a  Ca* 
tho,  qui  et  chirofatus  vocabatur, 

*  Et  die  VII  astante  venerunt  omnes  m  Civitate  Bari  cum  Argyro 
filio  Meli,  Chr.  Bar.  ad  an.  Eoque  mense  obsedit  Argyrus  filius  Meli 
JBarum  civitatem.  Lupo  ad  an.  Cantra  Romanus  Materanus  obsedit 
Argyrum  intra  Barum.  Cod,  d' Andr. 

^  La  battaglia  di  Traina  si  dubita  se  avrenne  nella  primavera  o  nella 
sme  del  1040.  Amari  U  ,  588. 


—  U2~ 

Maniace,  egli  trovando  a  se  più  benevolo  Miclbele  Do- 
ceano ,  con  ricchi  donativi  seppe  indurlo  ad  affidargli 
il  governo  di  alcune  terre  in  Puglia  col  titolo  di  Candida- 
to ^  E  probabile  che  le  turbolenze  che  vi  s'erano  susci- 
tate ,  facessero  arrendevole  Doceano  ad  inviare  Ardui- 
no ed  i  suoi  seguaci ,  perchè  tutelassero  le  città  minac- 
ciate ,  e  poco  dopo  fu  necessità  accorrere- con  maggiori 
forze. 

Argiro  entrato  in  Bari ,  aveva  fatto  imprigionare  Mu- 
sando e  Giovanni  Ostunen&e  capi  dei  Contarati  *,  s'op^ 

■  Arduyn,  loquel  avoU  en  lo  cuer  V  ynjure  qu' il  avoit  reeeue  ah 
a  cestui  Duehane ,  et  lui  dona  moult  or  ^  et  fu  honorahlement  recuè , 
et  fu  en  hautesse  de  hànor  fait,  et  fu  fait,  préfet  de  moult  de  tite%. 
Amato  il ,  16.  —  Ducliano  ab  imperatore  trasmittitur.  Buie  Ardui- 
7iu«....  aurum  non  modicum  offerens  ^  candidati ^  ab  Uh  hanore  dona- 
tu8  nonnuUis  eivitatibus  praeìatus  est.  Leo  Ost.  IL  67.  Anche  Ceore- 
KO  afferma  che  Doceano  gli  conferisse  V  ufficio  di  Candidato ,  o  meglio 
di  Spatario  Candidato  titolo  che  si  legge  in  molti  diplomi  Greci.  L'A* 
MAR]  Il ,  389 ,  crede  che  la  guardia  di  quelle  città  gli  fosse  concessa 
innanzi  la  spedizione  di  Sicilia ,  poiché  gli  sembra  strano  che  i  Greci 
si  affidassero  in  lui  dopo  V  ingiuria  che  gli  avevano  faua.  Ma  oltre  la 
testimonianza  dei  Cronisti,  deve  notarsi,  che  tutti  dicono  dato  T ufficio 
da  Ducliano  o  Doceano.  In  quanto  al  primo  non  è  possibile,  perchè 
venne  nel  febraio  i059  e  morì  nel  gennaio  1040 ,  nel  qual  tempo  Ar* 
doino  era  in  Sicilia.  Doceano  poi  non  poteva  lasciarsi  corrompere  se 
non  dopo  la  morte  di  Niceforo ,  quando  egli  fu  chiamato  a  succedergli 
come  Catapano ,  e  questo  afferma  V  Ign.  Baren.  che  vuole  concesso  ad 
Arduino  V  ufficio  di  Toperila  ad.  an.  404L 

*  Tunc  ipse  Argirus  sauciavit  Musundo,  qui  erat  primus  inlereos^ 
et  ligatis  manibus ,  misit  eum  in  carcere  cum  Johanne  Ostunense  »  H 
omnes  Conterrati  dispersi  sunt.  Chr.  Bar.  4040.  —  Percussit  Musan- 
drum ,  et  ligavit  eum  vinculo ,  et  introimt  cum  eo  Barum ,  et  Coi^ 
tracti  dispersi  sunt.  Lupo  4040.  —  Venerunt  in  Bari  cum  Argiro ,  et 
dispersi  sunt.  Ign.  4040.  —  Isteque  Argyrus  captivum  fecit  Musan- 


—  443  — 

ponessero  ai  suoi  disegni ,  o  volesse  per  tal  via  assecu- 
rare  il  predominio  alla  sua  fazione  nella  città.  Queste 
discordie  furono  cagione  che  i  Contarati  si  disperdesse- 
ro ,  spargendosi  per  la  Puglia ,  e  suscitandovi  tumul- 
ti. Parvero  allora  gravi  cosi  i  pericoli ,  che  fu  impo- 
sto a  Michele  Doceano  abhandonare  la  Sicilia  con  una 
parte  dell*  esercito  per  reprimere  i  sediziosi.  Nell'au- 
tunno del  1040  il  nuovo  Catapano  tornato  sul  continen- 
te venne  ad  assalire  Ascoli ,  dove  erano  state  zuffe  ed 
uccisioni;  e  fece  impiccarvi  uno  dei  Conlarati  *.  Mosse 
quindi  sopra  Bari ,  ed  uscitone  Argiro ,  vi  entrò  nel  no- 
vembre ,  fugando  i  riottosi ,  quattro  dei  quali  vennero 
sospesi  per  la  gola  ai  merli  del  muro  Bitontino  *. 

La  facile  occupazione  di  Bari  sgominò  i  ribelli,  senza 
assecurare  i  vincitori ,  parve  anzi  che  in  un  tompo  tutti 
i  nenyci  delP  Imperio  Bizantino  congiurassero  per  ab* 
batterio.  In  Sicilia,  mancato  Maniaco,  i  Musulmani  ri- 
prendevano vigore  ^;  la  Servia  e  la  Bulgaria  insorgeva- 

drum  vvrum  itUer  eos  pritnarium  et  in  carcerem  truttit,  Cod,  d*  And, 
La  tenebrosa  breifità  dei  Cronisti  non  lascia  comprendere  se  i  due  pri- 
gionieri fossero  cittadini  Baresi  fautori  dei  Greci ,  come  al  Beatillo,  p. 
^ ,  ed  al  DE  Meo  ,  piacque  credere.  Un  Musando  Giudice  è  ricordato 
io  un  dipi,  del  Tracamoto  nclFanno  999. 

«  Venii  MicÌMel  Catap,  qui  et  Duckiano  a  parte  Sicilie ,  et  prò 
ùmieidio  quod  fecertmt  ipn  Conterati^  ilrìt  in  Asculo  et  appendit  unum 
hominem  Un.  Icif.  i04i  dal  settembre.  —  Heic  venit  a  Sicilia  in  Lom* 
bardia  Michael  Protospatarius  et  Catepanus  qui  et  Dulkiano  junior» 
Cbr.  Bab.  ad.  an. 

•  Mense  novembre  entravit  in  Bari ,  qui  et  jussit  in  patibulo  fur» 
cae  appendi  quatuor  homines  supra  murum  Botuntinum.  Chr.  Bar, 
^  an. 

^  Cbdreh.  JI  ,  595. 


—  U4  — 

no  ^  ;  e  le  gelosie  che  divìdevano  la  Corte ,  l' infermità 
e  la  scempiagine  di  Michele  Paflagone  ,  vietarono  si 
provvedesse  con  vigore  ai  crescenti  malanni.  Mentre  la 
Puglia  continuava  ad  esser  commossa,  il  Lombardo  Ar- 
duino, eh' è  verosimile  avesse  il  governo  di  Melfi,  me- 
more del  vitupero  sollerto ,  e  scorgendo  d'  ogni  partp 
gli  animi  infiammati  contro  i  Greci,  segretamente  s'acco- 
stò agli  insorti.  Nobile  disdegno  della  tirannide ,  desi- 
derio di  vendicare  le  ingiurie  solFerte,  lo  avevano  reso 
umano  ai  soggetti ,  ne  commiserava  le  oppressioni  e  le 
gravezze  *,  «  celando  V  odio  suo  come  luoco  sotto  la  ce- 
»  nere  che  dissecca  prima  la  stipa,  e  poi  subitamente 
9  r avvampa^.  »  Quando  i  convenienti  accordi  furono 
presi ,  sperando  procacciarsi  gli  aiuti  dei  suoi  compagni 
d'arme*,  lasciò  credere  volesse  recarsi  in  Roma  alle 
perdonanze  * ,  e  soffermossi  a  mezza  via  in  Aversa. 
Il  conte  Rainulfo  sempre  obbediente  a  Guaimaro  IV, 

»  hi  bi7'ì9. 

•  Et  parlarU  à  ceaux  metoit  paroles  de  compassiony  et  feignoU  qm 
il  estoit  dolent  de  la  grevance ,  quU  souffroient  de  la  seignorie  de  U 
Grex ,  et  V  injure  qu'  il  faisoient  à  Iw  moUliers  et  à  hr  fames ,  H 
feignoit  de  souspirer  et  de  penser  à  V  injure  qu'  il  souffroient  de  li 
Grex;  et  lor  promettoit  de  vouloir  fatiguier  et  travallier  pour  lor  de^ 
liberation,  Ahat.  TI,  16. 

5  La  ire  fortissime  non  mostrée  de  fors^  mes  la  gardoit  en  cuer,, 
coment  lo  feu  coperte  de  cendre  qui  fait  secce  la  laigne  subite  V  o/u- 
mera  o  feu  ardente,  ivi, 

4  Et  toux  affermoient  à  lui  Arduyn  que  lo  vouloient  obédir.  Et 
quant  ce  vit  Arduino ,  soufla  pour  alumer  lo  feu.  tvL 

5  Fist  semhlant  d' aler  à  Rome  à  la  perdonance  ^  et  ^enH  .s' appo» 
reilla  à  guaitier  à  li  Grex,  et  ala  à  la  cité  d'Averse.  tvi  47.  Leo 
OsT.  U.  67. 


—  445  — 

mentre  gli  altri  Normanni  militavano  in  Sicilia,  s'era 
adoperato  ad  estenderne  la  signoria  sui  vicini.  Dal  1035 
la  Contea  Àrpino  si  sottomise  al  Principe  di  Salerno  ^ , 
e  il  lieve  acquisto  fu  seguito  da  altri  maggiori.  Le  re- 
pubbliche marittime  della  Campania,  lacerate  per  civili 
dissidii,  disgiunte  da  reciproche  nimistà  ,  venuta  meno 
ogni  alleanza  esterna  valevole  ad  equilibrare  la  crescen- 
te potenza  di  Guaimaro ,  soggiacquero  al  suo  dominio, 
pd  eccezione  di  Napoli.  Domestici  tradimenti  e  violenze 
avvicendandosi  nella  successione  dei  Duchi  d'Amalfi; 
Giovanni  111,  nel  1034  fu. deposto  da  sua  madre  Maria 
e  dal  fratello  Mansone.  Ma  passati  tre  anni  la  fiera  don- 
na congiurò  con  l'espulso,  ed  assunto  insieme  il  gover- 
no ,  acciecarono  Mansone ,  confinandolo  alle  Sirenuse  , 
deserti  scogli  del  prossimo  golfo;  donde  fuggì  o  fu  in- 
viato a  Costantinopoli  ^.  Caduto  però  Pandolfo  IV  di  Ca- 
pua,  il  Duca  Giovanni,  suo  cognato,  nqn  si  sostenne 
lungamente.  Quantunque  avesse  disposata  la  figliuola 
al  Normanno  Rainulfo ,  assalito  da  Guaimaro ,  per  con- 
giura dei  fautori  di  Mansone,  o  per  forza  d'armi,  fu  scac- 
ciato ;  ed  Amalfi  nell'  aprile  del  4039  riconobbe  la  so- 
vranità del  Principe  Salernitano  ^.  Similmente ,  sotto 
colore  di  vendicare  la  moglie  del  Duca  di  Sorrento  rin- 
viata dal  marito,  Guaimaro  occupò  nel  luglio  di  quel- 
l'anno stesso  il  piccolo  Stalo  ,. preponendovi  suo  fra- 

'  Fedekioi  ,  Dwhi  ed  Ipati  di  Gaeta  p,  549 ,  reca  un  diploma  che 
ne  prova  la  signoria. 

•  DE  Meo  1054-37. 

^  Im  ad  an,  4059, --La  dté  d* Amalfe  riche  d'or  et  de  dras  sub* 
jìiga  a  sa  seignorie.  Amato  11 ,  7. 

VOL.  I.  10 


—  446  - 

tello  Guido  ^  ;  e  passati  alcuni  mesi  s' insignorì  di  Gaeta. 
Verso  la  fine  del  secolo  X  il  Contado  di  Traetto  dichia- 
randosi indipendente  s'era  disgiunto  da  questo  Ducato  » 
che  oscuri  sconvolgimenti  agitarono  dopo  la  morte  del 
Console  Giovanni  V.  Il  suo  retaggio  fu  conteso  e  ra- 
pito al  figliuolo  rimasto  in  tenera  età ,  e  tra  gli  usur- 
patori sMnfrappose  Pandolfo  IV  di  Capua,  assumendone 
r  alto  dominio  ^.  Questi  antecedenti  diritti  sembra  fa- 
cesse valere  Guaimaro ,  per  dichiararsi  alla  sua  volta 
Console  e  Duca  di  Gaeta,  come  pare,  dal  giugno  1040^. 
Né  forse  è  inverosimile  supposizione  ,  il  credere  che 
le  prime  nozze  di  Rainulfo  con  la  vedova  d*uD  Duca 
di  Gaeta ,  fornissero  il  pretesto  al  Conte  d' Aversa  ed 
al  Principe  suo  signore  ,  per  contrastare  quella  città  ai 
diversi  pretendenti.  In  ogni  modo  è  fuori  dubbio  che 
nel  1041  Rainulfo  fu  investito  di  quel  Ducato  * ,  ao- 

'  Et  alèrerU  à  SoireiUe ,  laquel  avoil  fail  injure  à  Guaimère ,  et 
laissié  la  moUliei  ;  o  la  soror  et  la  mère  lo  due  fut  pris ,  et  fu  con- 
dempné  en  prison  touz  le  jors  de  sa  vie.  Donna  la  diffnité  de  la  cUé 
à   Guide  son  frère.  Amato  U  ^  7.  De  Meo  ad  an, 

•  Federici  reca  due  carie  ove  è  dello  :  Sexto  anno  ausUiante  iwf — 
iericwdia  Dei  Regentibus  Cajeta  domnus  Fanddfus  ^  itemque  ejut  fé 
lius  Fandolfus^  ambobus  glorioHs  et  magnis  pìincipibus.  Mense  Januai — 
4023.  p.   515.  Ricompariscono  con  i  medesimi  liioli  nel  1026  e  lOSfl^H 
Igh.  It.  Sac.  l.  551.  e  Feder.  558. 

5  Un  diploma  riferito  dal  Federici  p.  549  ,  porta  le  seguenti  note  — 
Primo  Principatus  Domno   Guaimario  Dei  giatia  Piinceps  et  Du- 
mense  junio.  Ind.  Vili ,  Gajela.  E  risponde  air  anno  1040. 

4  Secundo  anno  resedentibus  Gaieta  civitate  Domno  RaintUfus  Dm 
et  C(msul ,  mense  decembris  Ind.   undecima.  Federici  p.  555.  Poi^^ 
V  ayde  de  lo  prince  Gaimare  le  conte  Raynolfe  d*  Averse  fu  fait  D%^ 
de  Gayte.  Amato  IC,  51. 


—  U7~ 

crescendoBÌ  cosi  la  potenza  del  vassallo ,  e  quella  di 
Guaimaro,  la  quale  estendevasi  dai  confìni  della  Cam- 
pania ìnsino  alla  Calabria ,  quando  i  Pugliesi  insorge- 
vano, ed  Arduino  giungeva  in  Aversa. 


CAPITOLO  VII. 


La  guerra  di  Sicilia  e  le  sedizioni  di  Puglia  aveva- 
no agevolati  i  trionfi  di  Guaimaro.  Amico  in  apparen- 
za dei  Greci,  egli  sottomise  senza  riceverne  molestia, 
runa  dopo  T altra  le  città  di  Campania,  che  più  o  meno 
direttamente ,  riconoscevano  l'alto  dominio  Bizantino. 
Napoli  slessa  ,  sola  che  rimanesse  autonoma ,  sarehbe 
soggiaciuta ,  se  gli  ambiziosi  disegni  del  Principe  Saler- 
nitano non  si  l'ossero  rivolti  altrove.  Secondo  narra  A- 
mato,  Arduino  vernilo  da  Melfi  in  Aversa,  si  strinse 
a  trattare  con  Uainullb,  e  «  lungo  tempo  è ,  dicevagli, 
»  che  voi  entraste  in  questa  terra,  lasciando  il  picco- 
»  lo  retaggio  della  natia  contrada.  Eppure  di  più  grande 
»  possesso  non  vi  siete  avvantaggiato,  eccovi  ora  nella 
»  Contea  donata  come  topo  nel  suo  cavo.  Ma  se  volete 
»  allargarne  i  confini  basterà  seguirmi ,  ed  io  lieto  di 
»  congiungere  alla  vostra  amistà  il  mio  debole  potere  , 
»  vi  guiderò  in  un'ampia  e  ricca  regione  posseduta  da 
»  uomini  fiacchi  e  sgagliardili  K  »  Le  persuasioni  furono 
efficaci ,  Rainulfo  convocali  i  suoi  a  consiglio  ottenne 
l'assenso  di  tutti,  ed  una  schiera  di  trecento  Normanni 

'  Amato  II,  47. 


-  149  — 

con  dodici  capi  s' apprestò  a  secondare  Arduino.  Tanta 
fede  anzi  ebbero  nella  vittoria,  che  prima  di  muovere, 
vuoisi,  patteggiassero  la  divisione  delle  terre  da  acqui- 
stare ,  con  questa  ragione ,  che  una  metà  ne  restasse  al 
condottiero  Lombardo  ^ 

Il  rumore  di  quell'alleanza  propagatosi  quando  in 
tutto  era  caduto  il  nome  e  la  potenza  dei  Longobardi  , 
non  è  conforme  ai  fatti  che  seguirono.  Rainulfo  sottopo- 
sto a  Guaimaro,  che  allora  o  poco  appresso  l'investiva 
anche  di  Gaeta  ,  non  sarebbe  entrato  in  quegli  accordi 
contro  i  voleri  del  Principe  ;  né  questi  ignaro  dei  tratta- 
ti, avrebbe  poi  preteso  il  possesso  delle  nuove  conquiste. 
E  verosimile  che  senza  dichiararsi  ancora  in  favore  dei 
ribelli,  Guaimaro  concedesse  licenza,  non  ai  Normanni 
vassalli  suoi;  ma  a  quelli  tornati  di  Sicilia,  e  a  quanti 
altri  erano  mercenarii,  d'accorrere  in  Puglia,  e  li  spro- 
nasse anzi,  infingendosi  estraneo  all'impresa.  Quindi  non 
Rainulfo,  ma  Guglielmo  Drogòne  ed  Umfredo,  che  ave- 
vano militato  altrove  insieme  ad  Arduino  ,  e  Gualtie- 


■  Et  prometent  li  Normant  d*  aler  à  ceste  cose  à  laquelle  sont  en- 
mtés  et  font  unie  compaingnie  et  sacrent  enseUe  avee  Arduyne ,  et  ju- 
rent  que  de  ce  qu'U  aequesteroient  donroient  la  moUié  à  Ardnym, 
Et  estui  li  eonte  xji,  pare  à  li  quel  comanda  que  egualement  deuns- 
seni  partir  ce  qu*  U  acquisteroient.  Et  lor  donna  troiz  cens  fortissi- 
mes  Normans,  ec.  àmat.  Il,  i8.  Mox  idem  eomes  duodedm  de  suis 
eàpitaneos  digit ,  et  ut  aequaliter  inter  se  adquirendàm  omnia  divi- 
dunt  praecepU ,  Arduino  de  omnibus  medietatem  concedendum  dispo- 
nii.  Leo  Ost.  II.  67. 

el  bis  ex  sex  nobiliores 

Quos  genus  et  gravitas  morum  decorabat  et  aetas 
Elegere  duces  ec.  Guil.  App.  I. 


—  450  — 

ri  e  Petrone  figliuoli  d'Amico,  partirono  d'Aversa  *  con 
piccola  schiera  *. 

Melfi ,  prima  città  che  occupassero ,  siede  sul  pendio 
d'una  collina,  cinta  intorno  da  fiumi.  La  munivano  mu- 
ra non  alte  ma  forti ,  e  posta  nei  confini  di  Puglia  ver- 
so il  Principato  Salernitano ,  reputavasi  chiave  e  custo- 
dia della  regione,  baluardo  d'oflfesa  e  difesa  control 
contermini  ^.  Arduino  che  la  g\iardava ,  o  v*  aveva  se- 
grete intelligenze,  di  notte  introdusse  gli  altri  venturie- 
ri e  li  congiunse  ai  suoi  Lombardi  ;  e  perchè  dubitando  i 
cittadini  della  gente  straniera  ed  armata,  accorsero  su*- 
bito  a  respingerla,  Ardoino  venuto  in  mezzo  ad  essi,  così 
favellò:  «  Questa  è  dunque  la  libertà  che  cercate? Quésta 
»  è  la  fede  giurata?  Ecco  io  adempio  alle  mie  promesse; 
»  non  sono  i  Normanni  vostri  avversarii ,  ma  vengono  a 

■  Malat.  e  Tànon.  Sic.  lasciano  venire  direttamente  di  Sicilit  sn 
Melfi  i  Normanni ,  ed  il  primo  aggiunge  :  sed  dolosUaiem  (ruaimàrii 
Principis  cognoscentes ,  ad  ipsum  minime  transierunt  :  f>erum  provin- 
dam  invastando ,  sibi  subjugandi  consUium  accipiunt.  / ,  8.  Ma  en- 
irambi  i  Cronisti  tacciono  in  tutto  della  ribellione  eh'  era  in  Puglia.  Leo- 
ne Ostiense  segue  Amato;  ed  una  variante  presso  il  Pertz  narra  che: 
Normanni  interea  qui  eum  Rainulfo  comUe  apud  Avenam  ma?ieftoiil, 
idest  GuUlelmus  et  Drogo  filii  Taneridi,  et  filii  Amici  Gualteriu$  et 
Petrones  consUio  habUo,  rdicta  Aversa,  filium  Beneventani  prineipi8 
AtemUfum  seniorem  super  se  faciens  ad  Apuliam  adquvrendam  ^  ont- 
mum  intenderuni ,  pergentesque  applicuerint  Melphim  ,  conjundisque 
sibi  Lombardis  qms  iUic  reppererant.  Ma  V  unione  d' Àtenolfo  fu  po- 
steriore. 

»  Trecento  secondo  Amato  1.  e.  U  Brev.  Chr.  Norv.  R.  I.  V.  inve- 
ce :  invadunt  Apuliam  cum  exercUu  magno  et  forti,  ad  an,  404L 

3  Une  porte  de  Puille  molte  forte ,  laqueUe  eontresta  à  li  anemis , 
et  est  refuge  et  receptade  de  li  amis.  Amato  il ,  19. 


—  451  — 

»  rompere  il  giogo  che  vi  opprime.  Voi  seguendo  i  miei 
»  consigli  Vi  unirete  concordi,  e  Dio  v'assisterà  ;  poiché 
»  pietoso  alla  presente  servitù,  manda  a  liberarvene  que- 
»  sti  cavalieri  ^  » 

In  tal  modo  furono  accolti  in  Melfi ,  non  per  conqui- 
sta, uè  innanzi  al  marzo  del  1041  *.  Ma  da  questo  punto 

'  Et  Aldoyne  $e  met  etUre  eaux ,  et  parla  à  haute  vois  :  ceste  est 
la  lìbtrté  la  quelle  vouz  avez  ehereié  ;  cestui  non  sont  anemis ,  més 
(prant  amie ,  et  je  ai  fait  ce  que  je  vouw  avoie  promis ,  et  vous  fa- 
ciez  ce  qùe  vaus  m*  avez  promis,  Cestui  vienent  pour  desjoindre  lo  jog 
doni  vous  e$tiex  loiez ,  de  liquel  ri  tenez  mon  conseil  jomgiez  auvee 
ces.  Dieu  eH  avec  wmz  ;  Dim  a  miséricorde  de  la  servUute  et  ver- 
gaigne  que  vous  (wuffrez)  tous  les  jors,  et  pour  ce  a  tnandé  ces  che- 
valiers  pour  vous  délivrer.  lì ,  i9.  Arduino  interveniente  ac  mediante 
sine^aliqua  controversia.  I.ro  (>st.  11.  67. 

*  V  Ostiense  scrisse  :  Anno  dominica,  noHvUatis  4041 ,  quo  videli- 
eel  anno  dies  pascalis  sabbaii  ipso  die  festivUatis  sancii  Benedicti  ève- 
nit ,  Arduino  duce  Mdphiam ,  ecc.  De  Meo  vorrebbe  dedurne  che  i 
NormauDÌ  entrarono  in  Melfi  nel  22  marzo  del  1040 ,  perchè  suole  in- 
cominciare r  anno  dal  25  marzo.  Ma ,  se  pure  può  dirsi  che  il  Grom** 
sta  segui  una  costante  cronologia ,  quelle  parole  :  quo  anno  videlicet 
ec  non  si  lei^ono  in  un  codice  osservato  dal  Pertz.  L'anacronismo 
poi  sardbbe  evidente. .  Doceano  tornò  di  Sicilia  nel  settembre  i040,  non 
perchè  i  Normanni  avevano  occupata  Melfi ,  come  scrivono  Malaterra  , 
r  Akom.  Sic.  e  Gcgl.  Pugliese  ;  ma  per  la  sedizione  dei  Gonurati , 
come  fu  notato  da  Lcpo  e  dalla  Ghr.  Barese.  Posta  una  contraria  ipo- 
iesi  non  saprebbe  spiegarsi ,  perchè  assalita  Ascoli ,  rioccupata  Bari , 
-il  Catapano  lardasse  insino  al  marzo  del  seguente  anno  per  venire  con- 
tro Melfi.  D'altronde  se  la  battaglia  di  Traina  fu  nella  primavera  o  nel- 
r  està  del  i040 ,  i  Normanni  ed  Arduino  che  vi  presero  parte  si  tro- 
vavano;  nel  marzo  ed  anche  dopo  ancora  in  Sicilia.  La  Ghr.  Baben. 
dice  sotto  r  anno  i041  :  Arduino  Lombardo  intravit  Melfi,  Erat  To- 
periti  de  ipso  Catapano ,  et  coadunavU  uticumque  potuU  Francos , 
et  reìfellium  exegit  contra  ipsum  Catapanum,  Quindi  è  chiaro  che  Ar« 


-  152  — 

sempre  più  si  divide  la  storia  in  due  tradizioni ,  e  Titna 
continua  a  narrare  le  guerre  degli  indigeni  cóntro  i  Gre- 
ci, e  pone  alleati  i  Normanni;  l'altra  si  compiace  sol- 
tanto a  descrivere  i  trionfi  di  questi.  Laonde  di  Sicilia 
subitamente  venuti  in  Melfi ,  li  fa  trascorrere  per  le  ter- 
re vicine,  a  Venosa  ,ad  Ascoli,  a  Lavello,  assalendo  , 
bottinando,  uccidendo,  con  grande  paura  dei  popoli 
sorpresi  dalla  virtù  dei  cavalieri  sconosciuti.  Ma  cin- 
que lustri  di  dimora  nel  mezzodì  *  ,  e  le  precedenti 
battaglie  di  Puglia  e  nell* isola,  avevano  resi  noti  a 
tutti  i  Normanni;  e  gli  accordi  stretti  con  i  ribelli  fa- 
vorivano ora  le  loro  correrie  *.  Sarebbe  stoltezza  il 
supporre ,  che  nemici  o  indifferenti  i  popoli ,  neutrali 
i  Principi  Longobardi,  i  soli  trecento  partiti  d' Aver- 
sa  sfidassero  impunemente  gli  eserciti  Bizantini,  co- 
me fu  tramandato  nelle  vanitose  memorie  dei  conqui- 
statori. 

duìno  fu  faUo  Toperita  dal  Doceano ,  il  quale  non  fu  Catapano  prima 
del  seUerobre  1040 ,  cioè  alcuni  mesi  dopo  la  volula  occupazione  di 
Melfi,  Anche  il  Brev.  Chr.  Norm.  pone  all'anno  1041:  Nortmanni 
duce  Harduino  Langobardo  primum  invaduìit  Apuliam,  Rom.  Salerk. 
invece  Eodem  anno  mense  februarii  Normanni  ingressi  jam  in  Apu- 
Ha  ec.  an.  1059,  Ind.  VII,  Ma  la  cronologia  di  questo  Cronista  è 
piena  di  errori. 

'  Lo  menmt  à  Vénoze,,,  liez  é  joans  sur  leur  cheveaux ,  et  vani 
corrant  ga  et  là  ;  et  li  cUadin  de  la  cité  virent  cU  chevalier  liquel 
non  cognoissoient  s'en  fMraviUoient  et  areni  paour.  Et  lo  secont  jor 
alèrent  à  Ascle...  Et  d*iluec  s'en  vmt  à  la  belle  PuUle,  et  celle  eho- 
ses  qui  lor  plaisoit  prenoimt ,  et  celle  qui  ne  lor  plaisaient  leisstnent. 
Amai.  Il,  20. 

»  Mès  non  conìJbattoì£nt ,  quar  non  trovoient  qui  lor  anUrtstast^ 
Amato  ivi. 


—  153  — 

Dopo  che  Arduino  s'insignorì  di  Melfi  *  e  la  fama  de- 
gli invasori  Normanni  si  sparse  intorno  ,  Michele  Do- 
ceano  minacciando  assalirli ,  inlimò  sgombrassero  dalle 
terre  dell' Imperio.  Narrano,  da  parte  del  Catapano  di- 
cesse l'Araldo,  che  estimando  vergogna  misurarsi  collo 
scarso  drappello  concedeva  libero  il  passaggio.  Ma  gli 
ardimentosi  venturieri  rispondevano ,  verrebbero  essi  a 
cercarlo  *;  e  come  indizio  di  lor  bravura ,  Ugo  Tudexti- 
fen  appressatosi  al  messo,  d'un  colpo  di  pugno  sul  capo 
stramazzava  morto  il  cavallo.  Poi  cortese  quanto  gagliar- 
do accomiatava  il  Greco  impaurito  donandogli  un  destrie- 
ro più  bello  ^;  e  di  questi  e  d'altri  vanti  i  più  tardi  ne- 
poti  novellarono.  Intanto  Doceano,  dopo  la  metà  del  mar- 
zo *,  era  già  accorso  ad  impedire  i  progressi  dei  ribelli, 
e  s'attelava  con  l'esercito  poco  lungi  da  Melfi,  presso  il 

'  Una  nota  del  (raduUore  <r  Amato  ,  malamente  confusa  nel  testo ,  a 
spiegare  la  signoria  presa  da  Arduino  dice  :  Se  la  terre  non  avoU  au- 
tre  seignor  que  ou  à  cui  face  trUmt  se  dame  tributarne»  Et  en  ceste 
régne  se  dame  terre  de  demainne  ;  et  se  a  autre  seignarie  se  dame  co- 
Ionie ,  come  sont  en  cést  régne  la  terre  qui  à  autre  setgn&rie.  Et  sanx 

10  roy  estoit  seignor  Arduin ,  et  en  celle  parte  se  dament  coione,  ì\,  19. 

11  traduttore  secondo  le  idee  de)  suo  tempo  ,  divide  le  terre  in  dema- 
niali e  feudali  ;  ma  sembra  che  nel  codice  vi  sia  una  lacuna. 

*  Amato  li,  24,  E  vuole  chiamassero  Doceano  i  Pugliesi  che  aveva« 
no  paura  d*  esser  soggiogati. 

5  Malat.  1  j  9.  e  TAnon.  Sic.  Fanno  venire  l'araldo  in  Ascoli.  Gugl. 
PcGLiESE  è  il  solo  che  dica  non  fosse  allora  alcun  esercito  Greco  in 
Puglia  : 

Nulla  tube  Italis  exercitus  imperiai  is 
Partibus  audiri ,  ecc. 
^  Mauterra  assegna  al  Catapano  Greco  un  esercito  di  ^essan^mil^ 
vmati. 


-  154  - 

fiume  OUvento ,  che  scaturisce  da  Maschito  e  Ripacan- 
dida,  ingrossa  riunendosi  sotto  Venosa,  èva  a  scaricarsi 
neirOfanto.  Fronteggiavalo  l'oste  nemica,  cinquecento 
pedoni ,  settecento  cavalli  * ,  tra  i  quali  commisti  i  tre- 
cento venuti  d*  Aversa.  Secondo  lor  costume,  i  Greci  non 
con  impeto  concorde,  ma  a  schiera  a  schiera  entrarono 
nella  mischia ,  confidando  col  numero  ^  e  il  rinnovarsi 
delle  milizie  rifinire  le  deboli  forze  degli  avversarli  *. 
S'avvicendano  quindi  le  diverse  coorti,  combattono,  in- 
dietreggiano respinte  tre  volte*;  e  poi  sgominate  si  di- 
sperdono. Né  r  asprezza  dei  luoghi ,  né  il  fiume  n'  arre- 
stò la  fuga,  e  lasciando  feriti  e  morti  sul  terreno  e  nel- 
le acque,  pochi  trovarono  scampo  col  Catapano  nei  monti 
vicini  *•  Allora  dovunque  fu  grande  spavento ,  e  gli  abi- 

*  Nam  pediles  tantum  quingcntos  turba  pedestris 

Et  septingeatos  co.iiitatus  habeat  equestris.  Guill.  App.  I.  Malàt.  1. 9. 

*  .La  bone  et  forte  compaignie  de  li  Normant  »  qui  motUt  estoU  pe- 
tite ,  car  li  autre  estoierU  cent  pour  un.  Et  li  host  de  li  Grex  li  quel 
non  8Ì  pooit  nombrer.  Amato  li ,  2  J . 

^  Non  etcnim  totas  Danai  laxare  cohortes 

Frimo  Marte  solent  ;  legionem  sed  prius  unam 
Inde  aliam  mittunt ,  ut  virtus  aucta  suorum 
Hostes  debilitet.  Guill.  App.  I. 
4  Ter  uno  die  cum  Gràecis  pradio  dimicaaUur  inter  Aufidum  et 
Oliventum,  Rom.  Saler.  an.  1059  erroneo.  Mense  martio  XVil  «n- 
trantc  juxta  fluvium  Dulibentis.  Ign.  Bar.  ma  forse  era  scritto  XXVIi. 
Et  mmida  lo  due  de  lo  empèreor  une  soe  hataUle  contre  li  Normant , 
et  commanda  que  di  de  li  NormaiU  qui  remandroit  vif  fussent  man- 
des  cn  prison ,  et  encainnés ,  et  mandés  a  lo  impéreor.  Et  puiz  tnan- 
da.  un  autre  bataille  plus  grant  et  plus  fort„,.'Et  encor  remanda  lo 
fiuc  r  autre  bataille  plus  vaUtant  et  plus  grani.  Amato  1 ,  20. 
^     .     .     .     non  asperitate  locorum , 

Non  probibctur  aqiiis  veliementibus ,  ut  fugitiys) 


—  155  — 

tanti  dei  dintorni  di  Melfi  aderirono  ai  vincitori  i.  Mol- 
ti anzi,  ai  quali  non  la  virtù  ma  soltanto  l'esperienza 
delle  armi  mancava,  emulando  T  esempio  dei  Normanni 
s' unirono  ad  essi  *.  Pugliesi  e  Longobardi  accorsero  ,  e 
le  turbe  accresciute,  o  per  timore  di  soggiacere  ad  Ar- 
duino e  agli  altri  stranieri,  o  cercando  più  valido  soste- 
gno, elessero  duce  Atenolfo  fratello  a  Pandolfo  IH  Prin- 
cipe di  Benevento  ^.  I  Normanni  stessi  V  accettarono  e 
gli  prestarono  ubbidienza  ^  lontani  ancora  da  ogni  pen- 

Non  se  praecipilet.  Plures  in  flumine  mersos 
Àlveus  involvity  quam  morii  traderet  ensis. 


Cum  paticìs  roontem  Michael  elapsus  adivit 
Vìctnos  montes  superare  cacumiDe  visum.  Goil.  App.  I. 
'  Tota  AptUia  timore  concussa  moltitudo  Longobardorum  et  maxi- 
me iUi  qui  non  muUum  remoti  a  Melfio  halritant  se  ipsos  et  civitates 
et  castra  dominationes  Normannorum  subdiderunt,  Anon  Sic.  750.  Ma 
è  falso  si  soUoponessero  al  dominio  dei  Normanni  che  ubbidivano  ad  altri. 

*  Quorum  multi,  quibus  arm^rum  doctrina  potius,  quam  vires  aut 
animus  olim  defuerat,  postquam  virtutem  Normannorum,  magis  imù 
tare ,  quam  invidiare  studuerunt ,  optimi  milites ,  et  eorum  in  suis 
acjuisUionibus  fidelissimi  adjutores  postea  faUi  sunt,  ivi  p.  750. 

*  Sed  quia  terrigenis  terreni  semper  honores 
Invidiam  pariunl ,  comiuim  mandata  recusanl 
Qnos  sibi  praetnlerant  Galli  servare  feroces. 
Indigenam  Laiii  proprii  preponere  gemi 

Dilexere  magis 

fìeneventi  principis  hujus 

Nomen  Àdenolfas ,  qnos  forsitan  ipse  vel  aurum 
Dando  vel  argenmm ,  paeti  mutare  prioris 
Gompoleret  votum.  Guil.  App.  I- 

h  Et  à  ce  que  qu*U  d&msserU  ferme  euer  è  li  colom  de  ceUe  terre, 
lo  prince  de  Bonivent ,  home  bone  et  vaillant  liquel  estoU  frère  a  Di- 
mlfe  firent  lor  Due  lo  quel  sertmnt  cameni  servicialy  et  lo  honorn*. 


—  136  — 

siero  di  conquista,  ed  impotenti  a  tentarla.  Poiché  Do- 
ceano  raccolti  i  fuggenti ,  riforniva  l'esercito  di  merce- 
narii  Anatolii ,  Ossequani  ,  Russi ,  Traci  *  ;  e  volente- 
rose 0  di  forza  gli  s' univano  le  milizie  di  Calabria  e 
Capitanata,  indìgeni  o  Greci  stanziati ,  dei  quali  guida- 
vano alcune  schiere  Angelo  da  Troia ,  e  Stefano  d' Ace- 
renza ,  Vescovi  entrambi ,  e  pronti  a  servir  V  Imperio 
col  pastorale  e  la  spada  K  Nel  maggio  i04i  passato 
rOfanto,  eh* era  guadabile  presso  Canne,  scontravasi  il 
Catapano  con  Atenolfo  a  Montemaggiore  ^.  Erano  da  una 
parie  più  che  diciotto  migliaia  di  combattenti ,  dall'al- 
tra due  mila  Normanni  *,  accorsi  da  ogni  luogo,  oltre 
i  fanti  ed  i  cavalieri  Longobardi  e  Pugliesi.  Si  pugnò  fe- 
rocemente ,  ed  al  furore  dei  pochi  cedevano  i  molti  *. 

«fui  coment  seignor.  A5!i.  II ,  2S.  Nanmanni  inierta  ui  ineoUifum  aé 
se  animum  indinareni  Alemiifo  Beneveniani  pnneipù  flrùirtm  siH 
dvcem  castituuni.  Leo  Ost.  11 ,  67. 

*  Ig7<.  Bab.  ad  an.  Amato  àlee  ;  che  V  Imperatore  (T  Oriente  dubi- 
tando di  perdere  la  corona ,  chiamò  a  consiglio  i  suoi ,  spogliò  (e  Qiie* 
se  per  raccoglier  danaro,  raddoppiò  il  soldo  ai  mercenarii.  //,  22. 

*  Ign.  Bar.  ad  an.  4ùi4, 

^  Mense  maii  feiia  ì\.  Lcpo  ad  an.  Mense  madia  iterum.  Cm.  Brev. 
Non».  Lo  fiume  hìquel  se  dame  Au/fda  estoit  toni  petit  et  bas  que 
li  eheral  n'i  venoient  fors  jvsque  a  la  euisse  en  Veaue,  Amato  li,  24. 
Apud  Caniìas  prope  Anfidum.  Cedreno  li ,  546.  Apud  Monte  Majo- 
rem  jtwta  flnenta  Au/idL  Ign.  Bar.  ad  nn.  I  due  luoghi  sono  vicini. 

4  Aui  plures  quam  dvo  millia  Sttrmandi  fwrunt ,  Graeci  vero  de- 
cem  et  ceto  millia  exceptis  serriiaribus.  Ig!ì.  Bar. 

^  Cerreto  attribuisce  la  disfatta  ali*  imperizia  di  Doceano  :  C«iiii^€ 
ti  arma  morissent  et  ipse  cnm  omnibus  Rxmanis  eopiis  eoe  debet  odo- 
rtn ,  trutta  Opsiciana  legume  et  parte  Traciensum  stipatus  cum  iis 
apud  Cannas...  conflijtit  \.  e.  La  rompaignie  de  li  cfteraiier  de  Cem" 
pèreom-  a  tunne  à  tnrme  estoient  abatut.  Amato  I.  c. 


—  457  — 

Incalzati  ì  Greci  precipitavansi  neir  Ofanto  ,  e  sei^eao 
l'aere,  senza  apparente  cagione,  s' estimò«miraeolo  , 
che  il  (lume  gonfiasse  durante  la  mischia,  quasi  a  pre- 
cludere ai  vinti  ogni  via  di  salvezza  ^  Crebbe  così  la 
strage,  e  nelle  acque  o  di  ferro,  perivano  i  due  Vescovi 
bellicosi  e  con  essi  moltissimi  ^  Doceano  fuggi  anche 
ora  vergognosamente  insino  a  Bari  ^,e  le  città  e  le  terre 
abbandonate  ribellandosi  all'Imperio,  s'arresero  ai  suoi 
nemici  *,  i  quali  un'altra  vittoria,  narrala  però  soltan- 
to da  Cedreno,  riportarono  poco  appresso.  Il  Catapano , 
non  ammaestrato  dalle  sconfitte ,  e  senza  neppure  rac» 
cogliere  tutte  le  sparse  milizie,  raccozzali  i  vinti,  ed 
alquanti  Psidi  e  Licaoni,  ch'erano  della  legione  dei  Fe- 
derali ,  osò  affrontarsi  in  grande  battaglia ,  e  fu  sopraC* 
fatto  dai  Plormanni,  ai  quali  erano  uniti  pochi  Italiani 
venuti  dalle  rive  del  Po  e  dalle  radici  dello  Alpi  ^.  Dopo 

'  Et  apparut  un  td  mrade,  et  vertu  di  Dieu  n  beL.,.  quant  il 
furent  vaineut  à  la  hataiUe ,  et  il  retomaieni  por  fuir ,  tant  i  avoit 
d' aigue ,  que  lo  fiume  isioit  de  fors  de  la  ripe.  Et  toute  foiee  li  air 
avoit  e$té  M  et  serene,  et  nulle  pluie  avoit  esté.  Amato  1.  c. 

•  loN.  Bar.  Amiisa  majore  exercitus  parte,  Ceor.  I.  e. 

'  Fugit  Ihdehianus  in  Barum.  Lupo.  Twrpiter  evasiti  Cedreno  I.  c. 
GniLL.  Àpp.  AMATO  li,  22.  L*Akon.  Sic.  narra  fosse  ivi  ucciso  perniano 
(lì  Guglielmo  Altavilla  p.  76i' 

^  Et  in  Apulia  eaptae  sunt  multae  civitatee  et  loca  quae  erant 
Graecorum.  Brev.  Chr.  Nor.  /.  e. 

^  Haec  aecepta  dade ,  ne  ictus  quidem ,  quod  est  de  piscatore  prò- 
verMum ,  sapuU ,  neque  omnibus  copiis  munitum  hostem  petOt ,  sed 
temeritate ,  nimirum  ductus  eos  ipsos  qui  vieti  fuerint  coUegit ,  ad* 
junctisque  Psidis  et  Lycaonibus ,  qui  foederatorum  legimem  mplent , 
Francos  quiibus  alia  aud  exigua  auxUia  ab  Italis  circa  Padum  fiu» 
men  et  ad  Alpium  radiceshabitantibus  accessant ,  apud  Horas  (id 


—  458  — 

questo  tempo  dì  Arduino  e  dei  suoi  seguaci  non  rimane 
alcuna  certa  memoria,  ed  appena  ricordato  in  prosieguo, 
il  condottiero  Lombardo  sparisce  oscuramente  nelle  ra- 
pide mutazioni  sopravvenute.  Melfi  stessa  si  pretende 
allora  occupata  dai  Normanni ,  che  vi  si  sarebbero  stan- 
ziati dividendosi  il  bottino  ;  se  non  che  il  poeta  Puglie- 
se ,  esaltando  i  vincitori ,  confuse  sovente  la  cronologia 
dei  fatti  ^  Non  terre  e  dominii  ebbero  i  Normanni  da 
quei  trionfi,  ma  ricchezze  molte,  d'oro,  di  vesti,  di 
cavalli ,  rapite  ai  Greci ,  o  concesse  a  premio  *. 

Doceano  intanto  ritraendosi  nelle  città  marittime  per 
aspettarvi  soccorsi,  richiamò  di  Sicilia  le  legioni  dei 
Museri,  dei  Macedoni ,  e  dei  Pauliciani ,  levò  in  armi    m 
Calabresi  ^;  risoluto  di  riprendere  la  guerra  più  vigoi 


loci  womem  esi)  ^éarius  magna  rwrnm  pugmi  rtcfnt  eti.  Cem, 
5^*  Ma  il  luogo  ed  il  tempo  n'è  ìoceno;  troppo  langi  sarebbe 
e  forse  intese  dire  Gru ,  presso  V  Ofonio. 
'   Melln  Nonuaiinis  victorìbus  ut  repeiator 
Conpbcet.  Hìc  spoliìs  collecùs  geotis  Acbaeae 
SuBt  aliquantisper  tranquilla  pace  quieti. 
Pro  numero  comitum  bis  sex  stauiere  plateas 
Alque  domus  comitum  totidem  bbricantur  in  urbe  Gì  il.  Apt.  I   ^ 
Questo  tìtolo  dì  Conte ,  appena  fu  accordato  nel  seguente  anno  a  f^o- 
glìeUno  RraccìodìfeffTo. 

•  £r  H  rmUami  ti  pmissaut  .VormaiU  ée  éirenes  rkkaes  «oal  ^^ 
rvdUs .  éft  ttsiimens  ée  éirfr$tf  cvioroiix .  de  mmrmemÈems ,  de  fa^r^' 
hms .  de  nurWIf  iT  or  ri  dT  «infml ,  de  ehermms  et  de  arme  préeéoth 
jnr.  AnjLTO  II ,  2^ 

^  :wnp«àr  mT  ^Mìmi  »  H  mmmi  ipei  Jthueri ,  Mmeedmes ,  ^ 
AmiìJtìiflw.  H  Cedaèrtmit.  Us,  Bit.  md  a.  lOil. 
CftbMsi|ne  ^ìrìs  qniknsqpe  «njìque  cvUectb 
CìHi  CnKtf  aderant  qnìiiHi  .  ^w»  f    i  i—    enrar 
l>eeru  iM<miej.  et  ab  ì^^wmbm  WaK»bani.— «;nL.  A».  I. 


—  159  — 

samente.  Ma  per  comando  dell' Imperatore  venne  depo- 
sta e  sostituito  da  Exaugusto  figliuolo  a  Basilio  Boioan- 
ni,  il  fortunato  vincitore  di  Melo ,  che  recava  danaro  in 
gran  copia»  altri  eserciti  di  Varangi*,  e  T augurio  del 
nome  fatale  ai  Pugliesi  ed  ai  Normanni.  Anche  questi 
però  durante  la  breve  tregua,  s'erano  accresciuti  di  for- 
ze^; e  quando  il  nuovo  Catapano  mosse  nel  settembre 
1041  per  assediarli  in  Melfi ,  ove  si  trovavano  raccolti 
sotto  il  comando  d'Àtenolfo,  gli  uscirono  incontro  la- 
sciando un  presidio  nella  città  ^  Occupava  Exaugusto 
le  giogaie  di  Monlepeloso,  e  negli  aspri  recessi  dei  mon- 
ti e  nelle  folte  boscaglie  aveva  tesi  agguali  per  invi- 
luppare i  nemici  ch'erano  venuti  insino  a  Castel  Siri- 
colo  K  Fatti  accorti  degli  inganni  lentamente  s'avanza- 

*  Cu.  Bah.  Goill.  àpp.  L'  ire  de  lo  impereor  vini  sur  BycHden^ 
lo  leva  de  wn  ofiee  que  non  fwt  due,.,»  Et  lor  doTta  à  cesti  Exau' 
9'usk  ou,  vicavre  de  auguste  mondi  d*argent,„  et  lui  manda  Guarain  et 
cUtre  gerU.  Amato  II ,  25. 

*  Et  li  Normant  non  cessoient  de  guerre  li  confin  de  principat , 

ponr  lume  forte  et  suffisanJt  de  combattre  et  domrient  et  fasoient  do* 

^^«r  chevauz  de  la  richesse  de  li  Gres  qu'  il  avoient  veiiìchut  en  ba* 

tailii  et  jprometoieiU  de  donner  part  de  ce  qu'U  acquesteìoient ,  a  ceuac 

^i  (or  aideroient  cantre  li  Grex.  Et  ensi  orent  la  gent  cwet'  et  vo* 

^otaé  eontre  li  Grex.  Amato  f 1 ,  24. 

^  IcN.  Bab.  a  la  forte  Melfe  s*  assenibUrent  tonte  la  mdtitude  a 

^^^'^U.  Mt  Exauguste  se  appareUla  auvec  sa  gent  pour  les  prendre 

^e  dentre  la  cUé.  Amato  II,  25.  Iterum  fecit  praelium  cum  Norman- 

****  et  cum  Atinolfo  Dux  eorum  de  Venebento  suh  Monte  Pelusii,  Chr. 

^ARBN.  1042. 

^  Castello  Siricobo  Ign.  Bar.  Et  li  Normant  qui  bien  lo  soreni  issirent 

:       ^^  coste  et  entretant  que  lo  exercit  de  lo  empereor  estoit  en  lo  secret  de 

j       ^'kmf  Pelouz ,  li  Normant  par  grani  hardiesse  s*  en  vont  a  Monte  Sa» 

i       '^.  Amato  1.  e.  Goill.  App.  pone  la  bauaglia  nel  piano* 


—  460  — 

zavano  i  Normanni  ed  i  loro  alleati  combattendo  *  ;  non 
più  che  settecento  dicesi ,  contro  diecimila  stanziali,  e 
molti  ausiliarii  ^  ;  ma  forse  anche  ora  soltanto  gli  stra- 
nieri si  numerarono.  Con  dubbia  fortuna  durava  la  pu- 
gna, e  questi  e  quelli  piegavano  a  vicenda  sospingen- 
dosi ^.  L' incerto  cimento ,  è  fama  guardasse  dall*  alto 
Guglielmo  d'  Altavilla ,  il  quale  infermo  di  quartana 
giaceva  nella  sua  tenda  ;  quando  visti  balenare  i  suoi , 
come  leone  furibondo  si  slanciò  nella  mischia ,  e  riani- 
mati i  fuggenti  ne  assicurò  il  trionfo  ^.  Ma  altri  ne  con- 
cede il  vanto  a  Gualtiero  figlio  d'Amico  '.  Tornati  i  Nor 
manni  con  più  ardire  all'assalto,  non  ne  sostennero  Tur 
to  le  mercenarie  schiere   Bizantine.  A  sottrarsi   dall^ 

■  Et  li  Grex  lor  chtrchèrent  de  tirer  derrièie  en  ce$U  lieu  mauii 
corant ,  et  li  fsormant  o  douz  pass  les  séquioient  ;  et  li  Grex  ntm 
cessoient  de  corre  pour  alienir  à  li  pas  doni  se  confidoient  plusque  en 
Dieu.  Amato  1.  e. 

«  Ics.  Bar.  Indigenae  Danai  descendunl  auxiliarii.  Guill.  App.  1. 
5  Pugna  sii  inde  gravis ,  ul  v incanì  merque  laborant 

Nunc  hi ,  nnnc  illi  fugiimiqiie ,  fuganique ,  fuganles.  Guil.  Ap.  I. 
4  Quasi  leo  furibundus  se  hostibus  medium  dedit,  Malat.  1,  IO.— 
J/  A.NON.  Sic.  senza  accennare  il   luogo  della   baitaglia  ,  confondendola 
con  quella  di  Oliveulo ,  fa   combauere  i  Normanni  coniro  Doceano ,  ^ 
pone  allora  l'episodio  della  quanana ,  e  delle   valorose   pruove  di  Gn- 
glielmo  che  rapidus  tanquam  fluvius  occunit ,  p,  76 L  Niuno  dei  pi»» 
antichi  ne  parla.  —  Rom.  Saler.  dice  presemi  alle  tre  battaglie  di  qtW" 
sf  anno ,  Drogo  Normannus  et  quatttor  ex  fratribus  ejus, 
^        Cumque  diu  pugnani ,  Gallis  paiieniibus ,  Argi 
Acriter  insiarenl ,  victores  jani  prope  facti  ; 
Proripilur  subito  medios  Galterus  in  hostes , 
Normannos  hortans  ad  bella  redire  fugaces. 
Ipse  electorum  Goniitum  fuit  unus ,  Amici 
Filius  insignis.  Già.  App.  I. 


—  461  — 

morte  cercano  ascondersi  nelle  selve,  fuggono  d*ogni 
parte;  e  quasi  tutti  periti  i  Macedoni,  e  moltissimi  fra  gli 
iudìgeni  ' ,  i  miserabili  avanzi  si  disperdono  inseguiti 
per  lungo  tratto.  Exaugusto  disgiunto  dai  suoi,  premuto 
alle  spalle  dalle  lance  nemiche ,  grida  tremando  nella 
strania  favella  sé  essere  il  Catapano ,  e. s'arrende  prigio- 
ne*. Allora,  tentato  indarno  il  castello  di  Monte  Sirico- 
lo,  trovandolo  difeso ,  i  Normanni  tornarono  trionfanti 
in  Melfi  con  le  insegne  nemiche  ed  il  Catapano,  che  da- 
to in  guardia  ad  Atenolfo,  fu  condotto  a  Benevento  ^. 

L'anno  1041,  così  avventuroso  agli  insorti,  fu  T ul- 
timo di  Michele  Pafiagone  ;  nel  decimo  giorno  di  de- 
cembre  moriva  ,  dichiarando  successore  il  nipote  Mi- 
chele V  Calafato,  di  vile  genia,  nemico  a  Zoe,  ed  a 

'  Chr.  Bar.  Et  li  Gtuirani  soni  oecU ,  et  PuUloix  sont  mort  et  Co- 
^(itrm;  et  tuit  cU  qui  pour  or  et  pour  argent  estoient  venut  à  lo 
pini  de  la  bataille ,  sans  arme  et  sans  séptdture  gésoient  mort.  Ama- 
to. H,  25. 

*  GuiL.  App.  I.  —  Ign.  ad  an.  4042, -—Et  lo  Exauguste ,  lo  quel  avant 
otxn^  e$té  due ,  sentant  la  lance  qui  lui  venoit  droit  à  féiir ,  o  len- 
S^  barbare  ensi  coment  pot  parler  cria  :  catapan ,  catapan ,  et  ensi 
^tdfeUa  esire  vainchut.  Amato  H  ,  25. 

'  Et  après  ce  li  Nomìant  o  victoire  retomèrent  a  Monte  Sarchio 
(sic)  doni,  avoient  mis  le  paveillon  ;  més  pour  ce  que  lo  chastel  estoit 
ffluttni  de  granz  fossez  et  de  autres  forteresces  estoit  deffendu  par 
9^  qui  estcicìU  dedens ,  quar  non  se  pooU  prendre  ne  desrober  ;  li 
'^ortnant  o  tout  la  ÌMndière  de  lor  seignor  qu'  il.  menerent  en  prison 
^'^tcmerent...  a  Melfe,  ivi  25-26,  Et  lo  donèrent  à  Athenulfe  lor 
Priitce  ^  qu'  il  lo  deust  examiner  et  jugier  coment  il  parust  de  (aire. 
*^-  GctLL.  App.  —  Malaterra  ,  lo  dice  ucciso  da  Guglielmo  in  bauaglia  : 

^«««  Anno ,  duce  exerdtus  qui  caudatus  erat ,  quasi  bove  interfectus, 

'  )  ^0.  Ma  è  falso ,  né  altri  dà  questo  nome  di  Anno  ad  Exaugusto. 
VCL.  I.  '  41 


—  462  — 

quanti  erano  stati  strumenti  di  sua  grandezza.  Inesper- 
to ed  ignavo,  poco  attese  all'  Italia  ,  ove  i  suoi  presidii 
rinchiusi  nelle  fortezze  temevano  avventurarsi  in  altre 
battaglie,  e  respingere  le  depredazioni  dei  Normanni  *. 
Crebbe  perciò  V audacia  di  questi  ^,  e  fra  le  slesse  città 
rimaste  fedeli  prevalendo  la  fazione  dei  ribelli,  o  ce- 
dendo al  timore,  Bari,  Monopoli,  Giovenazzo  e  Matera, 
si  sottrassero  all'  Imperio  patteggiando  co'  vincitori  *. 
Ma  la  sicurtà  del  trionfo  scoprì  le  diverse  ambizioni ,  e 
ruppe  l'alleanza  che  s'era  stretta  fra  i  nemici  dei  Greci. 
Da  una  parte  Argiro,  figliuolo  di  Melo,  dall'altra  Ate- 
nolfo  di  Benevento  e  Guaimaro  di  Salerno,  aspiravano 
ad  insignorirsi  della  Puglia.  I  Normanni  troppo  deboli 
ancora  per  occuparla  come  assoluti  dominatori  ;  ma  de- 
terminati a  stanziarvisi ,  si  divisero  per  sostenere  i  di- 


'  Neque  ijpsi  muii  cantra  Norman nos  tucìi  poterant,  Nam  crebris 
incursionibus  eos  lacpsacntes  ,  vineta ,  et  oliveta  eorum  extirparUy  ar- 
menta  et  pecora ,  et  caetera ,  quae  ad  usum  necessarium  sunt ,  mhil 
extra  castra  relinquentes  diripiebant,  Malat.  1 ,  10. 

*  Il  Malaterra  confondendo  ed  affrettando  gli  avvenimenti  fa  seguire 
a  queste  vittorie  il  soggiogamento  della  Puglia  ;  ma  egli  stesso  confessa 
che  restrinse  la  narrazione  tralasciandone  i  particolari  :  Sed  per  longum 
est  huic  operi ,  per  singula  perstrigendo  inserere ,  qualiter  apud  Apu- 
liam  egerunt.  Hoc  autem  summatim  non  solum  nos ,  sed  etiatn  res 
ipsa  testatur ,  quod  omnem  patriam  armis  domantes  sibi  subjugave' 
runt.  ivi.  U. 

^    Omnia  praeclarum  super  Appula  Barum 
niis  temporibus  ,  Monopolis  ,  Juvenacus 
Àtque  urbes  aliae  quam  plurcs ,  foederc  spreto 
Graecorum  pactum  cum  Francigcnis  inicrc.  Guill.  App.  I. 

Intere  pactum  cum  ipsis  Franchis  Materienses  et  Barenses ,  dum 
non  erat  qui  ex  ipsorum  manibus  eos  eriperet,  Ign.  Bar. 


—  163  — 

versi  pretendenti  ,  secondo  che  ne  sperarono  vantaggio 
maggiore.  Rinnovaronsi  perciò  quelle  medesime  gare 
che  nella  Campania  si  erano  compiute  con  la  investitura 
di  Rainulfo.;  e  primo  ad  esserne  rovesciato  fu  Atenolfo. 
I  Principi  di  Benevento,  che  non  avevano  saputo  impe- 
dire la  prevalenza  di  Guaimaro,  e  T  accrescimento  dei 
suoi  possessi,  cercarono  indarno  contrastargli  il  nuovo 
acquisto.  Ed  allorché  il  principe  di  Salerno  con  accorte 
promesse  persuase  i  Normanni  ad  abbandonare  Atenol- 
fo ,  ed  a  riconoscersi  suoi  vassalli  nel  modo  stesso  che 
avevano  fatto  quelli  di  Aversa  * ,  non  si  tentò  da  Bene- 
vento alcuna  resistenza.  Solamente  come  sterile  ven- 
detta ,  il  Catapano  Greco  che  vi  si  trovava  prigione  ven- 
ne rilasciato  ^;  ed  il  suo  riscatto  fu  l'unico  premio  che 
Atenolfo  conseguisse  dalla  guerra  sostenuta.  Un'  oppo- 
sizione maggiore  però  era  surta  contro  Guaimaro  tra  gli 
stessi  Normanni.  I  figliuoli  d'Altavilla,  ed  altri  più  ar- 
dimentosi 0  pili  cupidi,  s'erano  piegati  invece  a  favorire 
Argiro  ;  sia  che  la  memoria  di  Melo ,  li  rendesse  pro- 
pensi al  figliuolo  ^;  sia  che  scorgendolo  più  debole  di 

'     Multa  per  hoc  tempus  promiuentì  Salernì 
PrÌQcipi  Guaimario ,  Normanni  gens  famulatum 
Spernìt  Atenulfi.  Sed  se  tantummodo  cives 
Aversa  dcderant  dilìoui  Guaimarìanae*  Guill.  App.  I. 
•  Alhenulfo  cwiant  se  estre  riclie  de  celui  prùon^  laissa  li  Nor- 
mant  et  s*  en  toma  à  Bonivent  ou  il  haìntoit ,  vendi  lo  prismi  et  as- 
sembla deniers.  Amato  II ,   26 ,  il  quale  vorrebbe  allribuire  a  questo 
r  abbandono  dei  Normanni. 

^     Nam  reliqui  Galli ,  quos  Appula  terra  tonobat 
Argiroo  Meli  geniti  servire  volebant. 


—  164  — 

Guaimaro,  pensassero  ritrarne  più  larghe  concessioni, 
e  maggiore  sicurtù  di  estendimenti.  Questa  parte  dei 
venturieri  si  trovò  secondata  dai  ribelli  Pugliesi,  nei 
quali  la  nimistà  dei  Bizantini  non  aveva  cancellata  Tan* 
tica  gelosìa  contro  i  Longobardi.  Ma  i  discordi  umori, 
ed  i  secreti  intendimenti ,  taciuti  in  tutto ,  o  appena  ri- 
cordati dagli  altri  Cronisti,  si  colorirono  poeticamente 
in  Guglielmo  di  Puglia,  unica  fonte  che  rimanga  per 
giudicarne.  K  questi  attribuendo  l'accordo  a  più  nobile 
afictto,  pone  Argiro  esitante  a  cagione  della  povertà  sua, 
ed  i  Normanni  disposti  ad  obbedirlo ,  per  solo  impulso 
di  gratitudine  '. 

Parteggiando  così  i  Normanni ,  quelli  che  aderirono 
al  figliuolo  di  Melo  entrati  di  notte  in  Bari ,  nel  due. 
febbraio  del  10i2,  lo  acclamarono  insieme  ai  cittadini 
Principe  e  Duca  di  Puglia  nella  Chiesa  di  S.  Apollina- 
re *.  E  benclìò  non  si  .ni>  rlnaiv  le  concessioni  che  ven- 

Njiim  pater  i|)^ùus  prios  ìiuroiiiioere  Gallos 

Hìs  in  llaliam  siuduil ,  dare  muuora  primus.  Gvill.  App.  I. 

•  Ar^iroiis  pau|H'r  licei  audax  ei  generosiis , 
Se  laulac  genti  dominari  posso  lu^vil 
ilum  nihil  argenti  valeat  praeberc  vel  auri. 

.  *  .  .  Nostmni  te  principe  nullum 
l^iuper  crii  vel  egens,  duce  te  fortuna  favcbai 
lUmsiliique  vias ,  duce  qttos  genitore  solebat 
l^»ndt^\  te  nobis  effecto  principe  |vandei.  ivi, 

*         niHnunio  tempore 

IVniucit  lUruni  uatu  s<Hì$usque  priores, 
Ou«vi;  saneti  dnctos  Apollinaris  ad  ae^U^in 
Taliter  aff^tur  ,  fW 


—  165  — 

nero  fatte ,  le  parole  di  Amato  lasciano  credere ,  fosse- 
ro assegnate  alcune  città  ai  Normanni  che  avevano  se- 
guito ed  autorità  maggiore,  ma  non  con  dominio  in- 
dipendente. Infatti  afferma  il  Cronista ,  che  essi  «  an- 
»  darono  nella  via  d'Argiro  securamente,  e  tutte  le  cit- 
»  tà  dei  dintorni  piegando  ali*  obbedienza  e  sottometten- 
»  dosi  volontariamente  o  di  forza ,  rimasero  col  reggi- 
»  mento,  le  leggi,  e  gli  statuti  che  avevano,  fuorché  al- 
»  cune  obbligate  a  pagar  tributo  ^  » 

Guaimaro ,  frastornato  nei  suoi  disegni ,  non  eslimò 
procedere  innanzi  e  dichiararsi  nemico  d'Argiro;  perchè 
rimanevano  ancora  molti  presidii  Greci  pronti  a  ripren- 
dere quando  che  fosse  la  guerra.  Era  giunto  allora  Sino- 
diano  in  Otranto ,  per  mantenere  in  fede  i  fautori  del- 
l' Imperio,  e  per  tentare  che  raccordo  fra  i  Normanni  ed 
i  Pugliesi  si  rompesse  ;  e  fallito  questo  intento ,  e  pro- 
curando indarno  riunire  le  reliquie  dell'esercito  Greco, 
altro  pili  valoroso  duce  ^  sopravvenne.  Michele  V  riso- 

sublimai  protinus  illum 

Omnes  unaDÌmes.  —  Guill.  App.  I. 
Mense  Frebuatii  factus  est  Argirus  Barenses  Princeps  et  Dux  Ita- 
lùu.  Lupo  i042.  Nortmanni  et  Barisani  elegerunt  Argiro  Principem  et 
Seniorem  sibi.  Bret.  Chr.  Norm. 

'  Li  Normant,,.  si  se  tomèrent  à  lo  fil  de  Melo  Argiro.,.,  et  cestai 
exlurent  pour  lor  prince.  Et  puiz  alèrent  la  vote  de  cestui  due,  et 
aloient  sécur  et  toutes  les  cités  d' éluec  entor  constreignoient ,  qui  esto- 
ient  al  lo  comìnandement ,  et  à  la  rayson  et  statute  que  estoient  ;  ensi 
alcun  vduntairement  se  soumettoient ,  et  alcun  de  force,  et  alcun pa- 
ìoient  tribut  de  denaviers  chascun  an.  Amato  \\ ,  TI, 

* Quaedam  solamen  ut  inde 

Auxiiii  caperei  gens  Appula ,  Sinodianum 
Desiinat.  HJc  venieos  et  primo  appulso  Hydrunlum 


—  166  — 

luto  a  Fognar  solo  ,  avova  rilegata  T  Imperatrice  obbli- 
gandola a  vestirsi  monaca,  e  discacciati  i  suoi  mini- 
stri; ma  sul  finire  d'aprile,  il  popolo  si  levò  a  tumulto, 
depose  l'usurpatore,  e  Fabbaccinù.  Restaurata  Zoe,  le 
sue  prime  cure  furono  rivolte  alT Italia;  Maniaco  ,  ri- 
masto prigione  dal  suo  ritorno  di  Sicilia,  venne  prescel- 
to a  Maestro  delle  milizie,  e  gli  si  commise  riacquista- 
re le  terre  che  i  suoi  predecessori  avevano  lasciato  ra- 
pirsi in  Puglia  '.  Quando  vi  giunse  nell'aprile  1042^, 
poche  erano  le  città  che  riconoscessero  ancora  la  domi- 
nazione Bizantina,  e  forse  quelle  sole  marittime,  come 
Oria  ,  Brindisi ,  Otranto,  Taranto  e  Trani  ^.  Disceso  Ma- 
niaco a  Taranto,  nulT altro  recando  che  l'alterigia  eia 
ferocia  *,  raunù  alquanti  ormati  trincerandosi  fuori  lo 


fiOgatos  socios  Francoruin  inisil  ad  urbcs 
Se  rccipi  rogilans.  Voluiil  (Nolunl?)  parere  roganti. 
Mìliliam  Toparari  cupit ,  scd  \n\\\Ui  muUo 
Ceso  ac  disperso ,  paucos  rcMiiiore  valebat. 
Sinodianus  al)  hoc  muros  non  deseril  uriu's 
IIuc  lainon  ediclum  facit  imperiale  reverli.  —  Guill.  Ai'p.  I. 
'  Patricium  autam  Georgium  Maniacem ,  quem  jam  ante  Muhof' 

lus  e  custodia  dimiserat ,  magistri  lumore  nrnavit  et  cwn  pieno  ifnp^' 

rio  imperatorcm  e.rcrcitui  in  Italiani... ,  ut  res  ibi  ducum  ignavia  k' 

befacta  constilueret.  Ced.  Il ,  !)i1 ,  !}4!i 

»  Chr.  lUn.  Nel  21  di  questo  in(ise  fu  restaurata  Zoo,  sembra  quind* 

cIkj  Maniaco  piuttosto  fosse  invialo  da  Micliele;  ma  attestano  il  conlra^ 

rio   (ÌEDK.    l.    e.    e  SCYLITZAE   p.    120. 

*  Quatuor  tantum  urbcs  in  Romanorum  fide  permanserunt ,  Brti^^ 
dusium,  Hidrus,  Tarentum,  Barin.  Cedren.  //,  oil,  ma  per  Bari  ^ 
falso ,  Oria  e  Trani  furono  poi  assalite  da  Argiro. 

4    Is  praeter  formam  nihii  diguum  laude  gerebat 

Mente  supurbus  erat,  diva  feritatc  redundans.  Gdill.  App.  l 


—  167  - 

mura  in  un  luogo  detto  Tara.  Ma  accorso  Argiro  con 
settemila  combattenti,  decamparono  i  Greci  senza  aspet- 
tarlo ,  e  si  rinchiusero  nella  città  ,  e  per  quante  provoca- 
zioni facessero  i  Normanni,  non  osarono  uscirne  ;  laon- 
de saccheggiate  le  terre  di  Oria ,  questi  si  ritirarono. 
Nel  giugno  poi  Maniaco  assaliva  Monopoli,  ed  .avendola 
presa ,  vi  faceva  grande  strage  dei  cittadini ,  alcuni  im- 
piccando agli  alberi,  altri  decapitando.  Ninna  maniera 
di  supplizio  risparmiò,  vecchi  e  sacerdoti  furono  uccisi, 
i  fanciulli ,  vivi  ancora  sepolti  col  capo  all' infuori ,  pe- 
rirono con  orribile  strazio  *.  Similmente  azzuffatosi  pres- 
so Matera  contro  i  Normanni ,  e  rimasta  dubbia  la  bat- 
taglia, dopo  grande  uccisione,  s'  aprì  la  via  nella  città 
e  più  che  duecento  a  vendetta  vi  spense  ^ 
Ma  gli  Storici  Gieci  pretendono  riportasse  maggiori 

'  Mense  Junii  deportavU  civUatem.  Lupo  ad  an,  1042.  Venit  su- 
p&rcivU,  Monopoli  et  comprehensi  per  ipsa  campora  plures  hómines  fé- 
cit  illos  decollare  ante  portas,  Ign.  ad  an. 

agmen  iniquum 

Francis  compactus  invadere  commovet  iirbcs 

Et  Monopoleis  primum  dìfTunditur  arvis. 

Interemit  muitos  Maniàcus  et  arbore  quosdam 

Suspensos ,  alios  trucato  vertice  mactal. 

CaedJs  inauditum  genus  exercere  tyrannus 

Audet  in  infantos  :  viveniìs  adhuc ,  quia  capii 

Corpus  kumo  sepelit,  caput  eminente  extra,  ec.  Guil.  Ap.  I. 
*  Maniaehus  Magiiter  cum  exercUti  Gra^corum  fedi  praelium  con- 
^'^a  Nortmannos  circa  Materam ,  et  fuit  magna  plaga  in  utroque  exer- 
^^^  Chr.  Bbev.  Nòrm.  Abiit  civitatem  Materam  e/  fuit  grande  homici' 
^wm.  Lupo  ad  an. 

Ducentos 

Agricolas  captos  furibuuda  mente  trucidai.  Guu^l.  App.  J. 


—  168  ~ 

trionfi,  e  che  le  poche  milizie  affidategli  avvalorate  daU 
la  virtù  sua  riuscissero  a  scacciare  i  Normaoni  di  Pu- 
glia, ed  a  ridonare  una  sufficiente  quiete  alla  turbata 
regione  *.  Avrebbe ,  vuoisi  anche,  Maniace  in  parte  re* 
spinti,  in  parte  con  amichevoli  trattati,  accolti  nelU  oste 
Bizantina*gli  stranieri  ^;  e  trovasi  infatti  una  legione  poco 
dopo  ai  suoi  servigi  composta  di  Normanni.  Ma  se  l'an- 
tica autorità ,  e  le  seduzioni  di  ricchi  preraii ,  indussero 
alcuni  dei  venturieri  a  passare  ai  suoi  stipendii,  non  è 
vero  che  tutti  costringesse  ad  uscire  di  Puglia,  ed  a  rom- 
pere l'alleanza  con  Argiro.  Ferveva  invece  la  guerra,  e 
nel  luglio  il  presidio  di  Trani  avendo  ottenuta  la  resa 
di  Giovenazzo ,  condusse  Argiro  i  Baresi  ed  i  Normanni  ' 
ad  assediarla;  ed  entratovi  al  terzo  dì  per  tradimento, 
la  città  fu  saccheggiata  e  tutti  i  Greci  ucoisi,  campando 
appena  i  cittadini  dal  furore  dei  Normanni  per  sua  in- 
tercessione ^.  Volgevansi  quindi  i  vincitori  contro  Trani 
stessa  cingendola  di  macchine,  e  molestandola  da  un'  al- 
tissima torre ,  mentre  con  le  navi  bloccavano  il  porto*. 
Rimase  inerte  Maniaco,  per  cìifetto  di  forze,  o  già  solo 

'  Quamquam  n(m  esset  satis  iustis  copiis ,  arttbus  tamen  Impera- 
toriis  tantum  confecit ,  ut  et  Francos  Italia  pelleret  apud  Capuam , 
Beneventum ,  ac  Neapolim ,  et  res  mediocri  quiete  costituii.  Cedreto 
II  ,547. 

»  Condliaverat  siM  Francos  multos ,  et  in  dies  eos  qui  a  Doeeanis 
vexati  erant  effecit  in  Italia  finihus  quiescere:  verebatur  enim  ^^m 
quod  eius  virtutis  in  praeliis  periculum  fecerunt.  Excerpta  ex  tó. 

JOAN.    SCILATZAE   p.    720. 

5  GuiLL.  App.  I.  —  Comprehensit  ea  per  fraudis  ab  inlus»  Chr.  Bar.  — 
Ign.  an,  1042. 
4  Chr.  Bar. 


—  469  — 

di  sé  fatto  pensoso  dopo  le  nuove  che  gli  erano  giunte 
da  Costantinopoli.  Poiché  a  mezzo  il  giugno  Zoe  aveva 
scelto  un  nuovo  Imperatore  disposandosi  a  Costantino 
Monomaco,  e  questi  affidava  i  più  alti  ufficii  a  Romano 
Sclero,  fratello  alla  sua  amante ,  nemico  a  Maniace  ^ 
Subitamente  il  favorito  ministro  a  disfogare  gli  antichi 
rancori ,  faceva  assalirne  la  casa,  ne  violava  la  moglie, 
otteneva  si  revocasse  d' Italia.  Nunzii  Imperiali  veni- 
vano in  Otranto  nel  settembre,  Tubachi  Protospatario, 
Pardo  Patrizio,  Crisobulo,  Simpatia,  e  T Arcivescovo 
di  Bari  *.  Il  ritorno  di  quest'  ultimo  prova  che  avverso 
ai  ribelli  fosse  fuggito  in  Costantinopoli ,  donde  rinvia- 
valo  Monomaco  negoziatore  d' importanti  trattati.  La 
corte  Bizantina  ormai  diffidava  spegnere  con  le  armi  la 
ribellione  dei  Pugliesi  ;  addensavasi  in  Oriente  minac- 
cioso nembo  nell'invasione  dei  Russi*,  ed  in  Italia, 
dopo  le  feroci  ingiurie,  ben  v'era  a  temere  che  Maniace 
avrebbe  preso  disperato  consiglio.  Politico  accorgimen- 
to imponeva  disgiungere  i  nemici  *  serbare  almeno  in 
parte  la  supremazia  delle  lontano  province,  appagando 
l'ambizione  d'Argiro.  E  l'Arcivescovo  e  gli  altri  messi 
dovevano  adoperarsi  perchè  il  figliuolo  di  Melo,  obbliato 
l'esilio  del  padre  e  la  morte  dei  congiunti,  e  gli  strazii 


'  CostaniÌDo  condusse  in  corte  e  dichiarò  Augusta  Sclerene  sua  aman- 
za ,  consentendolo  Zoe.  Romano  Sclero  che  fu  prescelto  allora  a  Mae- 
stro e  Protostratore ,  innanzi  quel  l«inpo  aveva  avuta  briga  con  Mania- 
ce per  alcuni  poderi  coniìnantì ,  e  mancò  poco  non  fosse  ucciso.  — 
Cedreno  JI  ,  547. 

>  Jgn.  Bar.  sett.  1045. 

^  Cm.  II ,  552. 


—  470  — 

dei  concittadini,  accettasse  i  doni  e  gli  onori  che  pro^ 
metteva  Costantino  *.  Venuti  perciò  presso  Trani ,  ove 
durava  T assedio,  mostrarono  ad  Argiro  le  Imperiali 
lettere ,  proffersero  perdono  a  tutti ,  a  lui  i  titoli  fasto- 
si di  Federato  ,  Patrizio ,  Catapano ,  e  Vesti ,  pel  Tema  di 
Italia  ^;  inculcando  procurasse  tenere  in  fede  i  Norman- 
ni con  la  speranza  di  larghi  premii  3,  affinchè  non  s'  le- 
nissero a  Maniace. 

Argiro  piegandosi  alle  offerte,  impose  s'incendiassero 
lo  macchine  d' assedio ,  e  non  senza  rammarico  dei  Nor- 
manni * ,  che  vedevano  la  città  vicina  a  cadere,  s'  allon- 

*  Dcscendit  Pardus  Patricius  cum  Tubachi  Ptotoipata  et  Mal§, 
cum  thesaiiris  et  dima  Dargiro  (sic).  Ghb.  Bar.  1045. 

*  Venit  mi880  ab  Imperatore  Theodoriio  Monomaco  (Theodoro  Cano?) 
cum  Basilisco  mandatora  (  manda lore)  referentes  parcentia  et  pcUrica- 
to  eidem  Argiro.  Ign.  —  Susceptis  Imperialibus  literis  foederaUs ,  et 
Patriciatus  an  Catepanus ,  vel  Vestati  horwriòus.  Chr.  Bar. 

^    I^ostquam  suscepit  soliì  Mononiachus  honorem 

Argipoo  mandai  sUideal  converlere  GaUos, 

Procuretquc  snis  sodare  fidelibus  illos , 

Et  promìltil .  els  se  praemia  magna  daturum.  Guill.  App.  I. 
4     Argirous ,  nolens  sibi  desit  ut  imperiab's 

Gratia  ,  Norniannos  compescit ,  ab  obsidione 

Trani ,  quod  solum  lune  agraina  Greca  favebal , 

Confinosque  loco  deslitit  depopulari,  Guill.  App.  I. 
Ma  ò  falso  fosse  la  sola  ciuà  rimasta  ai   Greci  —  Jussit  argomenta 
incendi.  Chr.  Bar.  Anche  Amato  accenna  confusamente  al  dispiacere  dei 
Normanni  :    Li  Normant  aiarent  à  la  famose  cité  de  Trans  ,  cantre 
la  quelle   combattirent   moult   fortement ,  et  poi   «'  endinèrent   eil  d4 
Tram ,  et  se  la^serent  prendre  et  lasserènt  li  arme ,  et  o  li  bras  pio- 
iez  allèrent ,  puis  sequerent  pardonance.  Et  un  Normant ,  (  Puilloiz  T  ) 
qui  se  claìnoit  Argiro ,  par  sa  fclie  distruit  la  victoire  :  quar  o  la 
hautesce  de  sa  voiz  et  o  san  criement  apprisse  lo  victoriose  ire  de  li 
^'ormant;  et  un  de  li  xij  exlit  qui  se  clamoit  Pierre  de  Gautiert  ^ 


~  474  — 

tanò  da  Trani ,  dopo  un  assedio  di  trentasei  giorni.  ToN 
nato  quindi  in  Bari  v'  acclamò  Imperatore  Costantino 
Monomaco  *. 

Questi  negoziati  crebbero  i  sospetti  di  Maniaco  ;  pure 
dissimulando  le  offese  ricevute,  onorò  i  messi,  e  mo- 
strossi  pronto  a  lasciare  il  comando,  per  rapire  il  danaro 
che  avevano  recato  ;  finché  scoperti  gli  audaci  propositi 
imprigionò  Pardo  e  Tubachi,  e  Tuno  prontamente  ucci- 
se, l'altro  con  piò  vile  supplizio  fece  soffocare  nello 
strame  di  una  stalla  *.  E  poiché  ebbe  sedotte  le  milizie, 
e  se  non  prima,  guadagnate  ora  certamente  alcune  schie- 
re Normanne  ^,  assunse  in  Otranto  la  porpora  e  Tauto- 
torità  Imperiale  *.  Sperava  così  che  i  Pugliesi ,  per  odio 
della  lontana  dominazione,  volessero  sostenerlo;  ma  nel- 
r ottobre  accostatosi  a  Bari  per  tentare  l'animo  dei  cit- 
tadini, non  trovandovi  seguito  si  rinchiuse  in  Otranto  *. 

ot  tei  dolor ,  qu*  U  vouhit  occidre  Argiro ,  se  ne  fusi  ce  que  par  for^ 
ce  li  compaignon  lo  retenirent,  II ,  27. 

'  Et  revertit  Bari  ad  laudem  de  Imperatore  Costantino  Monomacho 
cum  suis  civibus.  Chr.  Bar.  ad  an. 

»  GciLL.  App.  I.  In  dvitate  Odronto  Pardus  occidit  :  Tubaki  neca- 
re  fam.  (sic)  Ign.  Bar. 

s  Corruptis  ItcUids  copiis  —  Cedren.  II ,  549. 
Gallos  etiaro  pacificare  lemptabat 
Qiiod  sperai  inane  est.  Guill.  App.  I. 
Ma  che  alcuni  fra  i  Normanni  si  dichiarassero  per  lui  è  accertalo  da- 
gli Storici  Greci. 
A  GuiLL.  App.  Lupo  ec. 
^  Venit  multo  vallatus  milite  Barum, 
Àrgirous  sperans  proni issisfallere  posse.  Guill.  App.  ivi. 
Supra  Bari  cum  suo  exercitu  ad  sumilandum  (sic)  se  Imperatore , 
«tf  non  fuU  qui  et  obbedirci:  confusus  reversus  est  Tatento,  Io».  Lupa, 


—  172  — 

Né  lungo  tempo  vi  rimase ,  perchè  nel  febbraio  del  se- 
guente anno  1013,  Teodoro  Cano,  Maestro  e  Catapa- 
no inviato  dall'Imperatore,  cinse  per  mare  la  città,  od 
Argiro  ed  i  Normanni  vennero  ad  assediarla.  Riuscì 
non  pertanto  a  Maniaee  di  fuggire  in  Bulgaria  insieme 
ai  più  ardimentosi  compagni,  e  profittando  della  ribel- 
lione che  ivi  si  era  accesa,  vinse  gli  eserciti  nemici;  ma 
combattendo  ad  Ostrobio  con  Sebastoforo  morì  di  feri- 
ta *  Allora  quelli  fra  i  Normanni  che  V  avevano  segui- 
to ,  condotti  prigioni ,  rimasero  in  Costantinopoli,  e  for- 
marono una  legione ,  che  ritenne  il  nome  dell'  antico 
duce,  e  si  chiamò  dei  Maniacati  *. 


—  Gi'GL.  Pugliese  ,  fa  venire  Rodolfo  Tridinocle  e  Guglielmo  d' ÀlUvilla, 
in  aiuto  d' Argiro  ,  e  pone  ora  lo  scontro  presso  Tara ,  narrato  dagli 
altri  Cronisti  appena  dopo  la  discesa  di  Maniaco. 

•  Cedr.  Il,  5S9.  ZoNARA  TI,  n,  §  22,  Ign.  Bar.  ad  an. 

*  Maniacus  concUiaverat  sibi  Francos.,,,  cum  vero  se  opposuUtet 
Monomaco ,  et  debellatus  fuisset  ;  qui  cum  ipso  crani  traiecti  et  t» 
servitutem  redacti ,  Maniacatae  appellati  sunt ,  et  in  urììe  Romanùrum 
permansele ,  reliqui  in  Italiam  relieti  sunt  Scilatz.  1.  c.  Con  questo  nome 
rimasero ,  e  s'  accrebbero  poi ,  e  di  essi  intende  parlare  Anna  GomEVO 
ove  dice  di  Alessio  che  :  Dextrum  quod  fratri  sui  regendi  commitertU 
quinque  mUibus  costaÌMt  fere  Italorum ,  et  e  reliquiis  copiarum  Ma- 
niacis  illius,  Alex.  I ,  iZ,  Dufresne  annotò  Mavfaxara^v  Latinos  teu 
^ormannos  intelligit ,  qui  Maniacae  dim  Itaiiae  et  Sicilia  merui- 
rfwtl.  ec, 


CAPITOLO  Vili, 


Argìpo  riconoscendo  la  sovranità  di  Costantino  Mono- 
maco  ed  accettandone  i  favori ,  arrestò  i  progressi  della 
insurrezione  Pugliese,  la  quale  assunse  per  questo  fatto 
un  diverso  carattere.  L'inaspettato  mutamento,  era  con- 
forme però  alle  condizioni  dei  tempi.  L'idea  d'indipen- 
denza non  si  svolse  nel  medio  evo  oltre  i  due  termini 
della  città  e  dell'Imperio,  circoscritta  dai  vicendevoli 
rapporti.  Feudi  e  municipii ,  si  costituirono  come  indi- 
vidualità distinte ,  ma  subordinate  ad  un'  alta  suprema- 
zia, che  mantenendo  i  vincoli  di  una  più  larga  comunan- 
za sociale,  fuori  i  suoi  confini  dichiarò  exlege  e  barbaro 
ogni  altro  ordinamenlo.il  Ducato  di  Puglia  s'assimilava 
quindi  a  quelli  di  Napoli  e  di  Amalfi ,  entrando  co'  me- 
desimi dritti  nella  universalità  dell'  Imperio  Bizantino  ; 
né  i  pomposi  titoli  di  Vesti  e  di  Patrizio  concessi  ad  Ar- 
giro ,  dovevano  significare  più  che  l'incerta  dipendenza, 
nella  quale  Duchi,  Principi,  e  perfino  Emiri  Musulmani, 
erano  stati.  Ma  speciali  cagioni  che  forse  avevano  resi 
facili  gli  accordi  ,  contribuirono  poi  a  rendere  meno 
efficace  e  meno  durevole  la  conseguita  autonomia.  E 
r  ambizione  di  serbare  l'autorità  Ducale,  ed  il  timore  che 
i  Normanni  potessero  prevalere,  e  violando  i  patti  preten- 


-  m  — 

dere  a  più  largo  dominio,  restrinse  Argiro  ai  Greci  in; 
così  intima  alleanza,  che  poi  si  mutò  in  ossequio.  Soepet* 
ti  erano  già  da  ogni  parte  ;  anche  i  Normanni  dubitando 
che  la  pace  si  fosse  segnata  in  lor  danno,  si  premuniva 
no  raccogliendosi  in  Matera ,  e  proclamando  lor  Conte 
Guglielmo  d*  Altavilla  nello  stesso  mese  di  settembre 
1042  *.  Ed  a  legittimare  l'usurpazione  e  per  assecurarla 
si  dichiaravano  vassalli  al  Principe  di  Salerno,  che  abil- 
mente aveva  saputo  far  valere  il  suo  patrocinio  fra  quel- 
le diffidenze.  A  misura  che  i  discordi  interessi  alienava- 
no i  Normanni  da  Argiro,  crescevano  le  offerte  di  Guai- 
maro  ,  ed  a  raffermarle  concèdeva  ora  in  moglie  la  fi- 
gliuola di  suo  fratello  Guido  Duca  di  Sorrento,  al  nuovo 
Conte  Guglielmo  ^ 

Le  diverse  Signorie  soggette  a  Guaimaro,  non  forma- 
vano uno  Stato  solo  uniforme  per  leggi  ed  obbedien- 
ze; ma  un'aggregazione  di  Stati  più  o  meno  dipendenti. 

'  Meme  septembris  Gngliclmus  electus  est  Comes  Maierae,  Lupo  a/i 
an.  Et  li  Normant  non  pensoient  aler  par  vanite  et  à  case  non  certe 
et  retomèrent  a  Uur  cuer,  et  ordenèrent  entre  eaux  ensemble  de  fake 
sur  eaux  un  conte.  Et  ensi  fu ,  quar  il  firent  conte  Guillerme  fU  de 
Tancrède ,  home  vaillentissime  en  arme  et  aomé  de  toutes  bùrnus  co- 
stumes ,  et  honne ,  et  gentil ,  et  jovene.  Amato  II ,  28. 

*  Et  quant  li  Normant  orent  ensi  fait  et  ordené  lor  cmUe ,  il  lo 
mistrent  a  se  devant ,  et  s' en  alarent  à  la  cort  de  Guaymare  prinee 
de  Solerne ,  et  lo  prince  les  rechut  autresi  come  filz ,  et  lor  donm 
grandissimes  domps  et  à  ce  qu*  U  fussent  plus  honoris  de  tox ,  dima 
a  moUlier  à  GuUlerme  novel  conte ,  la  file  de  son  frère ,  loquelle  se 
clamoit  Guide,  amato  ivi,  Guill.  àpp.  dopo  la  caduta  di  Otranto,  dice 
che  Argiro  : 

Banim  repeicns,  Gallos  permittit  abirc 
llli  Guaimario  vadunt  servire  Salernura.  L 


^475  — 

Reggeva  il  Principe  stesso  Salerno  e  Capua,  e  mediata- 
mente le  altre  Contee  ed  i  Ducati  ;  per  modo  che  Sor- 
rento da  Guido^  e  Gaeta  ed  Aversa  da  Rainulfo  erano  go- 
vernate ;  ed  Amalfi  intorno  a  questo  tempo  aveva  anche 
essa  ottenuto  come  proprio  Duca,  T esule  Rlansone  il 
Cieco  *.  Aggregando  a  questi  dominii  le  terre  tolte  ai 
Greci  dai  Normanni ,  Guaimaro  ne  costituì  un  nuovo 
Contado ,  e  ne  prese  il  titolo  sovrano  di  Duca  di  Puglia 
e  Calabria  sin  dal  febraio  10i3  ^.  I  legami  tra  il  signore 
ed  i  vassalli  furono  posti  in  Melfi ,  dove  venuto  il  Prin- 
cipe insieme  a  Rainulfo,  investi  Guglielmo  d'Altavil- 
la, preponendolo  col  nome  di  Conte  di  Puglia  ^  ai  suoi 
compagni  d'arme,  e  dividendo  tra  questi  le  città  e  le 
castella  ^. 

'  Hansone  scaccialo  ed  acciecato  dal  fratello  Giovanni  ili  nel  1057 
^uggì ,  0  fu  rilegalo  a  Costanlinopoli ,  e  quando  ne  tornasse  s' ignora. 
Prima  però  dell'  ottobre  1042  egli  era  Duca  d' Amalfi ,  della  quale  ri- 
tenevano  V  alto  dominio  Guaimaro  IV  e  suo  figlio  Gisulfo ,  come  appa- 
risce dai  diplomi ,  riferiti  da  de  Meo  ,  ad  an.  Similmente  è  fuori  dub- 
bio che  Guido  in  Sorrento  e  Rainulfo  in  Aversa  ed  in  Gaeta  ricono- 
scessero la  sovranità  del  Principe  di  Salerno ,  cbe  assume  il  tilolo  di 
Daca  Sorrentino  ,  ivi  ad  an,^  e  comparisce  nei  pubblici  alti  segnati  in 
Aversa ,  ivi  ad  an,  1045-1044. 

•  Il  primo  dipi,  che  reca  questo  titolo  Arch.  Cavms.  An.  86  n.  254 
porla  queste  note  :  Anno  XXV  R.  Soler.  Dom.  Guaimarii  et  V  an. 
Prt».  Cap.  et  IV  an,  Ducat.  ejus  Amalf.  et  1  an.  dicterum...  />.  Gi» 
9dfi  /UH  ejus ,  et  1  an.  Due.  eorum  Apuliae  et  Calabriae ,  mense 
fièr.  Xi  Ind.  Altri  ne  reca  de  Meo. 

^  GuUlelmus  Ferabrachius  qui  intitulatus  est  primus  Comes  ApU' 
Ime.  Chr.  Brev.  Norh.  ad  an.  1045. 

^  Et  tant  lo  prince  de  Saleme ,  quant  à  lo  conte  d*  Aversa ,  sali' 
ffèretU  à  la  pétUion  de  li  fidel  Normant  et  s*  en  alèrent  li  Normant 
à  Melfe  o  tout  lor  conte  Guillerme  et  la  furent  reeues  comme  seignor. 


—  <76  — 

Ma  non  si  può  dire  con  certezza  quali  fossero  asse- 
gnate a  ciascuno  e  sin  dove  si  estendessero.  Alcuni  Cro- 
nisti scrivono  si  partisse  quasi  intera  la  regione  ,  dando 
a  Rainulfo  Siponto  e  le  fortezze  del  Gargano  ^  ;  a  Gu- 
glielmo Ascoli,  a  Drogone  Venosa,  ad  Arnolino  Lavello; 
ad  Ugo  Dibone  Monopoli  ;  a  Rodolfo  Canne;  a  Gualtieri 
Civitate;  a  Pietro  Trani;  a  Rodolfo  di  Bebena  S.  Arcan- 
gelo; a  Tristaino  Montepeloso;  ad  Erveo  Frigento;  ad 
Asclettino  Acerenza  ;  a  Roifredo  Minervino  \  e  ad  Ardui- 
no la  metà  di  tutte  le  conquiste;  salvo  Melfi  che  rimase 
in  comune  *.  Molte  però  di  queste  città  erano  allora  e 

Et  li  Ncrmant  li  óbbediretU  coment  serviciàl ,  et  li  meiUor  de  li  jYer- 
mant  portoit  la  viande ,  et  estoU  botellier ,  et  avoient  mouU  chier  éi 
faire  celle  ville  office.  Amato  11 ,  28.  Et  que  non  vaut  la  possestiM 
eans  prince ,  secont  la  loy  que  fist  Guaymarie  prince  de  Solerne  U  en- 
vestii  chascun.  ivi  30. 

•  0  li  quel  autresi  demandoient ,  que  i  soit  Raynolfe  conte  eur  tous 
eaux.  Et  anchoiz  que  vénissent  à  la  division ,  quar  non  avoient  cbUé 
lo  bénéfice  de  lo  conte  Rainulfe ,  si  regardèrent  de  lo  glorifier  de  c^ 
cose ,  qu*  U  avoient  conquesto ,  et  li  proièrent  qu*  U  deust  recevoir  h 
eUé  de  Syponte...  et  mont  Gargane,,,  et  toz  li  cluistel  d'entar;  et  lo 
conte  rechut  ce  que  de  li  fidel  Normant  de  bone  volonté  lui  fu  domù. 
Amato  II ,  28  ,  29. 

*  Et  en  ceste  manière  GuUlerme  ot  Ascle  ^  Drogo  Vetiose  ^  Amo- 
line  ot  la  Belle ^  Hugo  Toute  Bone  ot  Monopoli;  Rodulfe  ot  Canne; 
Gautier  La  Cité;  Pierre  Traanne;  Rodolfe y  fil  de  Bebena,  Saint 
Archangele;  Tristan  Monte  Pelouz;  Arbeo  Argynère;  Asclettine  la  Cer^ 
re;  Ranfrède  ot  Malarbine;..,  et  Arduyne  secont  le  sacramene  donne' 
rent  la  moitié  de  toutez  choses ,  si  come  fu  la  convenance.  Et  Melfe 
pour  ce  que  estoit  la  prindpal  cité,  fu  comune  à  touz,  ivi  50.  La  mede* 
sima  divisione  si  legge  nel  P  Ostiense,  11,67 ,  sol  unto  in  luogo  di  Ugo 
Toute  Bone  si  scrisse  Ugo  Tutaòovi  o  Autobovi;  ma  nei  diplomi  d'A- 
versa  v'  è  Ugo  Dibone ,  che  forse  fu  lo  stesso.  De  Meo  ad  an.  4Ó44, 


—  477  — 

furono  poi  per  altro  tempo  Greche  ;  e  tutto  mostra  che 
si  compresero  nella  voluta  divisione,  le  terre  sino  allora 
possedutele  quelle  posteriormente  occupate;  alterandosi 
la  vaga  tradizione  che  ne  rimase  ^  Poiché  non  sembra 
probabile  che  Rainulfo  ottenesse  il  Gargano,  togliendo- 
lo al  Ducalo  di  Benevento  ed  al  suo  Arcivescovo  che  vi 
ebbe  sempre  diretta  giurisdizione  *  ;  né  che  Siponto,  Ci- 
vitate,  Monopoli,  Trani,  cessassero  di  far  parte  del  Te- 
ma Greco  ^.  E  la  pretesa  cessione  della  metà  degli  ac- 

Erveo  neir  Ostiense  ottiene  Grigcntam ,  probabilmente  Frigento  ,  ed 
Asdettino  Acerenza,  o  Genzano  come  poi  dice  Amato. 

'  Et  VenvUa  à  partir  la  terre  tant  de  celle  acquettée ,  quant  de 
ceUe  qyC  il  devoie^  acquester.  Amat.  ì\.  28.  Et  le  autre  terre  acque» 
siées  et  à  aequester  partoierU  erUre  eaux  de  bone  voknUé  et  en  pais  et 
bone  concorde,  ivi  50, 

*  Ninna  prnoya  si  ha  che  il  Principe  di  Benevento  fosse  in  guerra 
con  Guaimaro  ed  i  Normanni ,  anzi  in  una  carta  del  tempo  i  Longo- 
bardi di  quel  Ducato  si  mostrano  anch'essi  nemici  dei  Greci.  Infatti 
Tesfielgardo  conte  Beneventano  dona  all'Abate  di  Tremili  nel  1045  la 
ciltà.  di  Gaudia  nel  contado  Larinense  col  patto  che  gli  abitanti  :  omnt 
tempore  tequantur  nos  quanti  equitantes  inventi  fuerint  cantra  Grae- 
óoe  vel  eonira  Apulos  et  finitimas  civitates.  Murat.  Diss.  XIX,  Man- 
cano poi  assolutamente  dociunenti  che  accertassero  il  dominio  di  Rai- 
nulfo sul  Gargano.  Un  diploma  di  Riccardo  Conte  di  Capua  suo  discen- 
dente nel  quale  s' investe  Montecasino»  de  Abbacia  quae  dicitur  S,  Ma- 
ria de  Catena  sita.in  finibus  Apuliae  inter  Moatem  Garganum  et  Mare 
Adriaticum,  juxta  Castellum^  quod  dicUur  Bestia  è  ritenuto  falso  dal 
DE  Meo  ad  an.  4059,  e  proverebbe  tutto  al  più  una  signoria  acquistata 
d<^  dai  successori  di  Rainulfo. 

*  Si  vedranno  posteriormente  conquistale  dai  Normanni.  Molte  altre 
ragioni  sarebbero  anche  per  impugnare  la  divisione  riferita  da  Amato  e 
dair  Ostiense;  in  essa  Guglielmo  d' Altavilla,  che  prima  fu  conte  in  Ma-, 
lera ,  e  poi  di  Puglia ,  riceve  Ascoli ,  Umfredo  nulla ,  e  quale  che  fosse, 
AiALATERRAy  GuGL.  PiGLiESE ,  e  gli  altri  Cronisti  non  ne  parlano. 

VCL,  I.  12 


—  478  — 

quisti  falla  ad  Arduino,  loglie  poi  ogni  ^de  al  racconto; 
perchè  signore  d'  un  vasto  dominio  egli  avrebbe  dovuto 
primeggiare  sugli  altri,  e  lasciare  di  sé  piiì  certa  ricor- 
danza ^  Melfi  stessa,  non  che  essere  una  città  comune, 
e  quasi  capitale  del  nuovo  Stato  Normanno ,  ubbidì  a 
Guaimaro  ^.  Laonde  può  dirsi  solamente,  che  la  Contea 
non  fu  circoscritta  allora  in  confini  determinati  ;  ma  al- 
le città  ed  alle  terre ,  che  Argiro  aveva  fatte  tributarie 
dei  Normanni,  alcune  se  n'aggiungessero  fra  le  piiì  pro- 
pinque al  Principato  di  Salerno ,  come  Ascoli ,  Lavel- 
lo ,  Frigento ,  S.  Arcangelo,  e  Montepeloso ,  ed  altre  che 

*  Dopo  la  ribeUìone  di  Melfi  i  Cronisti  non  parlano  piii  d'Arduino, 
e  la  favolosa  concessione  della  mela  delle  conquiste  non  si  sa  su  quali 
terre  cadesse.  L' Antoimni  e  qualche  altro  storico  moderno  gli  s»s^pia- 
no  come  sua  parte  la  Lucania ,  ma  senza  addurne  testimonianze.  Il  tero 
è  die  ogni  sua  memoria  sparisce.  Scylatzae  p.  720  crede  Roberto  d'Al- 
tavilla fratrìs  filius  Arduini ,  a]  altri  vuole  la  sua  discendenza  pas- 
sala in  Sicilia  ;  ma  le  parole  siisstt  dolio  scriiiore  bastano  a  smentirlo: 
»  Ebbe  chiarissiiuo  piincipio  la  famiglia  Arduino  da  quel  famoso  Caui- 
>  pano  Arduino  vero  germe  dei  Duchi  Longobardi  di  Benevento.  Que- 
»  sti  militando  con  Guglielmo  Fortebraccio  e  Roberto  principe  Norman- 
»  no ,  amorevole  lega  con  quei  contrasse ,  e  poco  poi  pel  suo  valore 
»  Geltrude  figlia  del  Normanno  Drogone  per  moglie  ottenne.  »  Mdgnoz 
Geneal,  Fam,  Sicil.  T,  i,  p.  82,  e  da  queste  nozze  sarebbe  nata  una 
lìglia  che  disposossi  a  Grifeo  Aurispione ,  ivi  p.  Il ,  p,  2.  Soltanto  è 
probabile  che  fosse  suo  figlio  queir  Alferi  filli  Arduini ,  ricordato  dal 
Gattola  in  un  dipi,  del  1078  Hist.  Cass.  I.  227. 

*  Apparisce  da  un  diploma  scritto  in  Molli  ,  nel  quale  Angelo  Abate 
di  S.  Pietro  di  Montevulture  fonda  insieme  a  25  Amalfitani  abitanti  in 
quella  città  un  Monistero  col  titolo  di  S.  Benedetto,  con  queste  no- 
te :  Anno  XXVI  Prin»  Saler,  D.  Guaimarii  et  VI  an.  Prin.  ejus  Va- 
puae  et  V  (VI)  Ducatus  ejus  Amalphiae ,  et  II  (III)  suprascripUh 
rum...  I>.  Gisulfi  eximii  pr.  et  Due.  fil.  ejus,  et  II  an.  Due.  eorum 
Apuliae.  et  Calabria^,  mense  junii  XII  Ind.  de  Meo  ad  an.  i044. 


.  —  479  _ 

nelle  vicende  della  guerra  »  furono  sottoposte  o  abban- 
donate. 

Ricevuti  gli  omaggi  dei  Normanni ,  Guaimaro  li  con- 
dusse subitamente  contro  Bari  ;  lusingandosi  che  le  de- 
luse speranze  degli  indigeni,  e  gli  odii  non  ancora  sopi- 
ti dalla  pace  improvvisa ,  dovessero  volgere  tutti  in  suo 
favore.  Intimava  quindi  ad  Àrgiro  abbandonasse  la  città, 
e  poiché  Greco  s*  era  fatto ,  tornasse  ai  Greci  ;  ma  niun 
moto  si  destò  fra  i  cittadini,  nò  uscirono  a  respingerlo , 
né  si  mostrarono  propensi  a  riceverlo.  Argiro  intimidito 
si  tenne  sulle  difese,  e  passati  alquanti  giorni,  e  dato 
il  guasto  e  saccheggiati  i  dintorni ,  il  Principe  allonta- 
nossi  ^,  richiamato  in  Campania  da  altri  avvenimenti. 

Appena  s'  erano  manifestate  le  pretensioni  di  Guai- 
maro  sulla  Puglia  e  la  Calabria,  i  Greci  procurarono  at- 
traversarne i  disegni  rinviando  in  Italia  Pandolfo  IV  di 
Capua  2;  e  questi  tornato  nella  rocca  di  S.  Agata,  che  ave- 

■  Et  venit  Gttaitnari  princeps  Salemitanus  cum  Franci  et  obsedit 
Bari  dies  V.  Lcpo  eod,  Caracc.  dies  XV.  Ign.  ad  an.  1045, 
Guaìmarius  princeps  conlisus  viribus  horum 
Ilos  secum  Barum  dcducit  et  obsedit  ìUud 
Imperat  Argiroo ,  sibi  pareat ,  urbe  relieta 
^Transeat  ad  Graecos.  Monitis  parere  monentis 
Abniiit  Argirous.  Goniligere  non  tandem  audens 
Invalidns  pugnae  se  custodivit  in  urbe  ; 
Depopulaus  agros  et  amoena  oovalia  Bari 
Moenia  Guaimarius  propia  repedavit  ad  urbis.  Guil.  App.  I. 
Amato  nou  parla  di  questa  impresa  e  dice  solamente  dopo  la  divisio- 
ne :  Toma  lo  prince  a  Solerne ,  et  le  conte  à  Aver  se  sane  et  sauf, 
li  ,  50.  —  DE  Meo  sulla  fede  delP  apocrifo  Cron.  Cav,  pone  im'  impossi- 
bile assedio  anteriore. 

'  L'epoca  del  ritorno  di  Pandolfo  non  è  accertata,  Amato  dico:  £t 


—  180  - 

va  lasciata  in  mano  di  suo  figlio,  alcun  tempo  vi  si  ten- 
ne nascosto,  aspettando  T  occasione  di  pisollevare  i  suoi 
antichi  partegiani,  e  tramando  poi  e  combattendo,  su- 
scitò grandissime  molestie  ai  nemici.  La  Campania  si 
divise  in  due  alleanze  ;  erano  con  Pandolfo ,  Landone 
ed  Atenolfo  conti  d* Aquino  e  Sesto,  che  avevano  spo- 
sate le  sue  figliuole  ^ ,  ed  il  Duca  di  Napoli  ;  sosteneva- 
no Guaimaro  ,  Richerio  Abate  di  Montecasino ,  Landolfo 
di  Teano ,  ed  il  conte  Rainulfo ,  insieme  alla  maggior 
parte  dei  Normanni  vassalli  della  Badia  o  della  Contea 
d'Aversa.  Già  innanzi  al  ritorno  di  Pandolfo  s'era  rotta 
la  guerra;  i  Conti  d'Aquino  nel  1039  fecero  una  corre- 
ria sopra  Teano ,  e  respinti,  vi  fu  preso  Atenolfo.  Rac- 
colto allora  un  più  numeroso  stuolo  d'  armati  *,  i  suoi 
fratelli  tentarono  liberarlo;  ma  accorse  a  vietare  il  pas- 
so del  Volturno  l'Abate  Richerio  guidando  le  sue  mili- 
zie, e  per  quindici  dì  traltonnc  Toste  nemica;  finché 
volendo  sorprendere  il  castello  Cervario,  lasciò  mal  di- 
feso il  guado,  e  gli  Aquinesi  piombando  alle  sue  spalle 
dopo  breve  mischia  ,  1*  ebbero  prigione  ^.  Landolfo  di 
Teano  giunto  troppo  tardi  non  osò  contrastare  ai  vinci- 
tori ,  e  ricoverossi  in  Montecasino.  Chiedevano  i  Con- 

quant  lo  impéreor  fu  mori ,  Pandulfe  avec  li  autre  li  quel  esfoietU 
pnvéement  asconz ,  et  expioit ,  s*  il  poist  nuire  à  Guaymarie ,  i/,  42, 
dove  non  si  può  intendere  d' altro  In^pcratore  che  di  Michele  Paflagone 
morto  nel  decembre  1041 ,  poiché  ne  parla  nel  medesimo  paragrafo.  Fu 
dunque  Pandolfo  rinviato  nel  corso  del  1042. 

*  Boi  frères  contea  d' Aquin ,  e'  est  Adinulfe  et  Lande ,  p&rce  qu'  il 
avoiint  ij  filles  de  Pandulfe  lui  estoient  favorables.  Amato  U  ,  40. 

•  Leo  Ost.  IL  67. 
»  ivi. 


^  181  — 

ti  d'Aquino  che  venisse  consegnato,  promettendo  ri- 
lasciare l'Abate;  i  Monaci  però  si  rifiutarono  *.  Essen- 
dosi allora  interposto  Guaimaro ,  ottenne  che  Atenolfo 
venisse  permutato  con  l'Abate,  il  quale  per  consiglio 
del  Principe ,  o  di  proprio  impulso ,  si  recò  a  richiede- 
re aiuti  dall'Imperatore  Tedesco  Arrigo  HI ,  e  n'ebbe 
cinquecento  militi  Lombardi  *.  Ma  il  ritorno  di  Pandol- 
fo  e  di  Basilio  ^,  ch'aveva  altra  volta  usurpata  l'Abazia, 
suscitando  più  gravi  timori,  fu  rinviato  Richerio  in  Ger- 
mania, a  parteciparvi  forse  anche  i  disegni  di  Guaimaro 
sulla  Puglia  ^  Più  lunga  dimora  vi  fece  questa  volta;  e 
durante  la  sua  assenza  e  quella  di  Guaimaro  ,  intento 
all'  assedio  di  Bari ,  prorompevano  i  loro  nemici  nelle 
terre  di  Montecasino  ,  e  Pandolfo  di  Capua  ed  i  Con- 
ti d'Aquino  occupavano  il  Monastero,  riconducendovi 
Basilio. 

Ai  primi  rumori  dì  queste  zuffe  Guaimaro  lasciando 
Guglielmo  d'Altavilla  nel  nuovo  Contado  Pugliese  era 
toi*nato  in  Salerno  *,  e  raunati  i  Normanni  della  Cam- 

•  Ini. 

*  Monet  ut  ultra  nwntes  impiger  vadat ,  reique  ventate  impera- 
tori eicpoiita  ^  vel  ad  has  partes  iUum  ad  sui  Monasterii  liberatimem 
perducat,  vel  mUitum  ab  eo  auxUia  poscat.  Leo  Osi,  11,  69,  L'Aba- 
te naufragato  presso  Roma ,  continuò  il  sup  viaggio ,  e  tornò  poi  verso 
il  1041  con  500  Lombardi;  ma  il  Cronista  Cassinese  non  dice  se  fosse- 
ro assoldati ,  o  se  lì  concedesse  V  Imperatore.  ' 

5  Per  hos  dies  BasUius  Pandulfi   Abbas  a  Costantinopoli  cum  eo 
nversurus.  ivi, 

^  Leo  Ost.  Narra  che  Guaimaro  venulo  incontro  a  Richerio  a  Patena- 
ria  lo  rinviò  per  altri  aiuti,  ivi, 

^  Amato  IL  30.  Ed  accenna  confusamente  alle  guerre  di  Campania 
nei  Cap.  12  e  35, 


—  482  — 

pania  si  preparava  a  scacciare  Basilio,  allorché  questi 
senza  aspettarlo  fuggì  in  Aquino  *.  Nel  modo  stesso  fu 
liberato  l'Abate  di  S.  Vincenzo  a  Volturno  dalle  masna- 
de dì  Pandolfo  *;  mentre  altre  schiere  da  Aversa  si 
spandevano  sul  vicino  territorio  di  Napoli  e  lo  poneva- 
no a  ruba  ^.  Tra  queste  fazioni ,  non  sembra  che  i  Nor- 
manni vassalli  di  Montecasino  si  serbassero  tutti  fedeli 
a  Richerìo  ;  poiché  questi ,  reduce  dopo  diie  anni  con 
più  grande  numero  di  milizie,  a  punirne  la  baldanza  vo- 
leva assalirli.  Ma  vietoUo  Guaimaro ,  e  diffidando  dell' e- 
sercito  Imperiale,  indusse  l'Abate  a  rinviarlo,  obbli- 
gando i  Normanni  stanziati  nelle  terre  della  Badia  a  giu- 
rargli fedeltà  *.  ' 

*  Scd  cum  Normanmyrum  exercUus  a  Guaimario  cofUra  Comites 
eosdem  venisset ,  BasUius  noctu  per  montana  Aquinum  tfitsfugU.  Leo 
OsT.  II,  69.  Ma  nel  Cronista  è  dillìcile  stabilire  T  ordine  dei  falli. 

»  Direxit  illum  RaintUfum  Comitem ,  conduxU  Normannis  et  Ca- 

puanis venientibus  praedictis  sacrilegi  rapitores  fugati  et  dispersi 

sunt,  Chr.  Voltlrn.  p.  720. 

^  Di  queste  correrie  e  saccheggi  nella  Liburia  o  Ducato  Napoletano, 
rimane  meaioria  in  un  diploma  del  1045.  Stefano  presbitero  dello  Fran- 
co prométte  a  Lorenzo  venerabile  Igumeno  del  Monistero  di  S.  Lorenzo 
e  Bacco  in  Napoli  che  :  ubi  placuent  et  UH  maìedicti  lormanni  (sic) 
cxieris  de  Liburie  et  rccolliserimus  teiris  de  liburias  tunc  ego  in  tota 
memorata  Ecclesia  dare  debeo  solidos  quindecim  ec,  die  ^  mense  watt 
'Ind,  XI,  Monum.  Arch.  Neap,  T.  IV,  p.  300. 

4  Post  duos  ferme  annos  quod  fuerat  ultra  montes  profeetus  Riche* 
rius,  iterum  maiori  satis  congregato  excrcitii  rediit,  Sed  rìec  eum  eit 
Normannos  aggredì  Guaimario  visum  est,  tan  dem  itaque  universos 
Normannos,  qui  terras  monasterii  retinebant  Abbati  fidelitatem  iurare 
facieìis  exercitum  omncm  ad  sua  remisit.  Leo  Ost.  ivi  70.  Poco  dopo 
temendosi  che  Rocca  S.  Angelo  polesse  darsi  ai  Conti  d' Aquino ,  Ri- 
cherio  vi  condusse  i  Normanni  e  fece  abbatterne  la  mura.  ivi. 


—  483  — 

Continuavano  frattanto  le  nimistà  in  Puglia,  nel  1044 
Apgiro  uscito  da  Bari  veniva  con  una  ilolla  sopra  Asta;  il 
nome  però  del  luogo  è  sconosciuto,  incerto  l'esito  del- 
la pugna  *  ;  ed  oscura  anche  nei  suoi  particolari  rimane 
un'  impresa  di  Guaimaro  in  Calabria,  dove  disceso  con 
Guglielmo  d'Altavilla  s'impadronì  di  Squillace  e  vi  fon- 
dò un  castello  ^.  Probabilmente  i  Greci  non  cessavano 
di  suscitare  imbarazzi  al  Principe  di  Salerno  ,  e  po- 
co dopo  la  sua  spedizione ,  l  dissidii  tra  Richerio  e 
gli  insofferenti  vassalli  si  rinfiammarono  in  aperta  con- 
tenzione ,  perchè  i  Normanni  che  avevano  promessa  ob- 
bedienza, dispregiando  l'autorità  dei  frali,  fabbrica- 
rono la  Rocca  di  S.  Andrea ,  con  animo  di  signoreg- 
giare con  maggior  faciltà  le  terre  della  Badia  ^.  Con- 
tro le  giornaliere  pn  potenze  1'  Abate  apprestavasi  nuo- 
vamente ad  invocare  l'imperatore,  quando  il  caso  o 

'  Argiro  direxU  slolum  ad  ipsa  Asta ,  ubi  occisw  est  Alefantus 
Naderi.  Chr.  Bar.  iOU. 

•  GuUlelmus  fUius  Tarcredi  descendU  cum  Guaimarii  Principe  in 
Calabriam,  feceruntque  ipsum  Squilladi castellum.  Lupo,  Rom.  Salebn. 

5  Normannis  porro  nostris  arc^m  Sancii  Andreae  in  suum  praesi- 
dium edificare  ac  munire  aggressis ,  mandat  aòbas  aò  incepto  desiste- 
re ,  sed  nullam  prorsum  obbedientiam ,  nullam  inde  reverentiam  ei- 
dem wduerunt  habere  Leo  Ost.  ivi  71.  A  questo  tempo  si  riferisce  la 
devota  novelletta  narrata  nei  Dialoghi  di  Desiderio  1,  i4.  Mentre  al- 
cuni pescatori  lanciavauo  le  reti  per  conto  dei  Monaci  Cassinosi  ,  Nor- 
mannus  quidam  mente  tumidus  ac  inflatus  superbia  furibundo  spiritu 
supervenU  ;  et  ut  sunt  a4  rapinam  avidi ,  ad  invadenda  aliena  bona 
inexpldìiliter  anxii ,  pretese  per  se  il  pesce.  Oppostosi  uno  dei  pesca- 
tori il  Normanno  lo  rovescia  in  mare  ed  entra  nella  navicella.  Ma  per 
fiera  burasca  si  travolse  ed  annegò ,  e  il  pescatore  fu  salvo  in  grazia 
di  S,  Benedetto, 


—  184  — 

l'astuzia  gli  porse  più  pronto  modo  di  liberarsene*. 
Primeggiava  tra  i  Normanni  a  lui  soggetti  un  Rainul- 
fo  nipote  a  Raìnulfo  d' Aversa ,  il  quale  avendo  munite  le 
castella  di  S.  Vittore  e  di  S.  Andrea,  n'era  divenuto  piut- 
tosto signore  che  custode.  Ma  nel  maggio  del  1045,  di 
suo  volere  ,  o  chiamato  da  Richerio  * ,  recatosi  con  pic- 
ciol  seguito  inS,  Germano,  cadde  in  potere  dei  Monaci. 
Ignari  della  trama  i  Normanni,  lasciate  le  armi  secondo 
il  costume  fuori  la  Chiesa,  vi  entravano  per  orare,  quan- 
do improvvisamente  i  coloni  del  Monastero  e  gli  abi- 
tanti della  città,  suonate  a  stormo  le  campane,  irrup- 
pero contro  gli  inermi.  Tentarono  i  cavalieri  difendersi; 
ma  sopraffatti ,  quindici  ne  furono  uccisi ,  pochi  fuggi- 
rono, e  Rodolfo  rimase  prigione.  Lieto  del  trionfo  l'A- 
bate con  Toro  dei  sacri  vasi,  assoldò  i  Conti  dei  Marsi 
e  del  Sangro  ^,  e  con  la  forza  espulse  i  Normanni  dalle 
sue  terre.  Le  rocche  di  S.  Vittore  e  di  S.  Andrea,  ove 
era  la  moglie  di  Rodolfo  ,  caddero  dopo  pochi  giorni ,  i 
presidi!  che  le  guardavano  furono  spogliati,  e  pie  leg- 
gende tramandarono, che  S.  Benedetto  visibilmente  com- 
battesse contro  gli  invasori  *. 

'  Cemens  itaque  Àbbas  et  Normannorum  cotidie  vires  accrescere  et 
se  quoniam  non  erat  qui  adiuverat ,  nullo  modo  proficere  dolens  a^ 
merens  ec...  potius  sumendum  consilium  qualUer  se  da  tam  mamfe- 
stis  perjuris  suis  cum  auxUio  patrU  Benedìcti  defenderet.  Leo  Ost.  ivi, 

*  L' OsTiESE  fa  veuire  Rodolfo  volontpriamente  presso  Richerio ,  ut 
tunc  putatum  est  abbatem  seu  capturus  seu  occisus  ;  ma  Amato  dice  : 
Et  vindrent  à  la  eité  de  Saint- Germain  autresi  comme  par  lo  coman- 
dement  de  V obbedii,  41. 

*  Rompi  lo  vassel  d'or  et  d*argent  ec.  Amat.  IJ.  M. 

4  Mes  Di^u  s^apparut  en  mége ,  et  Saint-Bénédit  en  celle  baiaiUe 


—  485  — 

V  espulsione  dei  Normanni  dalle  terre  di  Monte  Casi- 
no, suscitò  molto  sdegno  in  Avorsa  ;  ma  Guaimaro  si 
oppose  alle  vendette  *,  e  le  trattenne  la  morte  del  Conte 
Rainulfo,  avvenuta  intorno  a  quel  tempo,  e  forse  nel  giu- 
gno del  4045  *.  Condottiero  di  ventura  e  vassallo,  al  Duca 
di  Napoli,  ai  Principi  di  Capua  e  di  Salerno,  all'Impe- 
ratore obbedì;  e  più  che  il  valore ,  T ingegno  destro,  la 
mutabile  fede,  le  discordie  degli  indigeni,  lo  innalzaro- 
no. Primo  tra  i  suoi  ebbe  dominio  nella  Campania ,  lo 
estesero  i  discendenti  emulando  i  figliuoli  di  Tancre- 
di,  e  da  questi  sopraffatti  caddero  ma  non  senza  fama. 
Intanto  mancato  Rainulfo  ,  gravi  perigli  si  minacciava- 
no ai  Normanni;  le  vittorie  dell'Abbate  Richerio  da- 
vano ardimento  ai  loro  nemici,  ed  infeumo  ancora  o 
trapassato  appena  il  Conte  d'Aversa,  Gaeta  sottoposta  a 

se  mostra  gofanonnier.  Et  à  ce  que  non  fusi  espandu  tant  de  sane 
tuU  li  Normant  furent  liés  de  petit  de  liguement.  Am.  H.  42.  Leo- 
^E  dice  che  1  dardi  da  essi  scagliali  tornavano  indietro ,  e  che  un  tale 
vide  un  frate ,  che  si  rivelò  per  S.  Benedetto  e  dissegli  che  rimasto  40 
anni  in  Gerusalemme  a  conversare  con  S.  Stefano,  tornava  ora  in  soc- 
corso dei  suoi ,  e  s' avviò  verso  Rocca  S.  Andrea  che  fu  presa  il  di 
seguente. 

'  Statuentibus  deinde  Aversanis  sociorum  injurias  vindicare  GUai- 
marius  et  dissuasU  et  obstitit.  toso  Osi.  II ,  72. 

^  Nel  Necrolog,  di  S,  Benedetto  di  Capua ,  la  morte  di  Ranntdfus 
Comes  è  segnata  nel  giugno ,  ma  non  si  dice  V  anno ,  de  Meo  la  crede 
avvenuta  noi  1047  ;  però  egli  confuse  il  primo  Rainulfo  cui  secondo. 
Amato  dopo  aver  narrata  la  divisione  delle  terre  fatta  in  Multi,  aggiunge: 
Quant  eest  cose  furent  faites  et  accomplies ,  que  pour  V  aide  de  lo 
prince  Guaimare  le  conte  Rainolfe  de  Àverse  fu  fait  Due  d^  Gay  te , 
et  ensi  en  bone  viellesee  et  properité  de  fortune  et  en  mémoire  de  pais 
fu  mort  Rayndfe^  II,  51.  £  T ordine  stesso  dei  faui  conferma  moris- 
se ÌB  questo  tempo. 


—  <86  — 

lui  da  Guaimaro  si  ribellava,  acclamando  Duca  Atenolfo 
d'Aquino  *.  II  Principe  di  Salerno  fu  in  armi  pronlo- 
menle;  o  benché  le  sue  milizie  piegassero  nei  primi 
scontri,  in  ultimo  trionfando  menò  seco  prigione  Atenol- 
fo 2.  Ma  la  signoria  di  Gaeta  non  venne  restituita  ai  Nor- 
manni ,  più  valido  sostegno  parve  a  Guaimaro  l'alleanza 
dei  Conti  d'Aquino;  e  poiché  gli  offrivano  di  sostenerlo 
contro  Pandolfo  IV,  liberò  Atenolfo ,  e  l'investi  del  Du- 
calo vacante  per  la  morte  di  Rainulfo  ^. 

Mono  avversi  furono  però  gli  eventi  ai  Normanni  io 
Puglia.  Argiro  costretto  ad  invocare  i  Greci  in  suo  aiu- 
to ,  a|)rl  Bari  ad  un  esercito  Bizantino,  condotto  sul  fini- 
re del  1045  da  Costantino  Chages  ed  Eustachio  Palatino; 
e  poco  appresso  o  sforzato  o  di  sua  volontà  si  recava 
con  Chages  in  Costantinopoli  *.  Laonde  Eustachio,  pre- 
scelto a  Catapano,  richiamò  gli  esuli,  avversarii  certa- 
menle  d' Argiro  ^,  restaurando  la  fazione  più  devota  al- 
rimpcrio.  Noi  maggio  poi  deH046,  tentando  i  Normanni 

'  Praetei'ea  Gaietuni  oh  invidiam  Guaimarii  Adentdfum  iupradi- 
cfuM  Aquini  Comitem  evocant .  sibique  illum  in  duce  praeficierunt. 
Lko  Osr.  II ,  74.  Non  riman{»ouo  diplomi  di  Atenolfo  anteriori  al  mag- 
gio lO.T) ,  eli'  egli  dice  V  anno  ottavo  del  suo  reggimento  ,  Federici 
p.  Tirii). 

*  Lko  Ost.  /.  v. 

^   Iri. 

1  ('.HR.  Bah. 

niandat ,  propiMot  quautocius  ad  se 

Argiroiis ,  jussi ,  favet  imperialibiis  ille 
Ae(|uoris  Adriaci  transaeclus  iluctibus  urbem. 
Appetii  Imperii  placidiis  qui  praesidel  urbi 
Snscepit  aggressum  magnis  et  bonoribus  illum.  ec.  Gugi..  App.  11. 
'  Hevocdvit  ownes  csUiatos  ad  Barum.  Lupo  ad  a». 


—  187  — 

sorprendere  Taranto,  si  azzuffò  con  essi  e  li  respinse  non 
senza  suo  danno;  ròa  quasi  in  pari  tempo  assalita  Trani 
da  Guglielmo  Bracciodifcrro ,  Eustachio  accorso  a  di- 
fenderla, vi  fu  vinto;  e  la  città  fu  assegnata  forse  allora 
a  Pietro  o  Potrone  figlio  d'Amico  ,  che  in  prosieguo  se 
ne  mostra  signore  ^  Un  altro  più  incerto  trionfo  seguì  ^, 
e  lo  sviluppo  ulteriore  dei  falli  farebbe  supporre  che 
maggiori  ne  fossero  gli  effetti.  Poiché  si  accenna  ad  un 
trattalo  fra  Bari  ed  Umfredo  d' Altavilla  ;  e  sombra  che 
profittando  delle  sconfitte  dei  Greci,  una  parte  dei  cit- 
tadini costringesse  Eustachio  a  rinchiudersi  nella  Corte 
Domnica ,  dimora  dei  Catapani  ^.  D'  ogni  modo  non  so- 

■  La  cronologia  di  queste  guerre  è  molto  confusa.  L'  Ign.  Bar.  scrì- 
ve :  Perrescit  Imp.  Palatino  in  Tarento  et  fecit  proelium  cum  Nor- 
manni et  cedderunt  Graeci  et  multi  Antopii  per  gladio  et  in  mare , 
et  reversus  est  Imper,  Catap,  in  Bari  an.  1046 ,  e  per  Antopii  dal 
greco  ivr6«io(;  intende  i  Pugliesi  ;  anche  in  Lupo  si  legge  :  Perrexit  Ta- 
rentum  et  8  àie  in  Trano,  mense  niaii,  commisit  praelium  cum  Nor* 
mannis  et  cedderunt  Graeci.  Ma  le  due  battaglie  sono  distinte  dal  Brev. 
Chr.  Norm.  Argyrius  Barensis  Imperialis  Catapanus  et  Dux  Graeco- 
rum ,  vadit  in  Tarentum  contra  Nortmannos  et  vincit  eos  ;  et  deinde 
vadit  in  Tranum  et  vineitur  ab  eis  duce  Guillelmo  Ferrabrachio.  Do- 
ve fa  d' uopo  notare  eh'  egli  pone  Argiro  invece  Hi  Eustachio ,  e  fa  se- 
guire le  sue  vittorie  nel  1045;  ina  più  secura  guida  pel  tempo  sono  i 
Cronisti  Baresi. 

»  Factum  est  iterum  praelium  in  Apulia  inter  Graecos  et  Nortman- 
nos.  Et  isti  fugaverunt  et  dissipaverunt  exercitum  Graecorum,  Chr. 
Brev.  Norm.  4046. 

5  Dopo  r  impresa  di  Taranto  aggiunge  T  Ign.  Bar.  Et  fedi  Bari.... 
cum  Umfreida  cómite...,  an,  4046.  In  questa  lacuna  se  non  può  cre- 
dersi indicata  la  dedizione  di  Bari,  come  vuole  de  Meo  ,  può  da  quello 
che  scrive  nel  seguente  anno  il  Cronista  supporsi  un  accordo  ed  una 
tregua  fra  i  cittadini  ed  i  Norroanui. 


—  <88  — 

pravvisse  a  queste  vittorie  Guglielmo;  e  «  leone  in  guer- 
ra ,  agnello  in  pace ,  angelo  nei  consigli ,  »  come  piac- 
que chiamarlo  al  poeta  Pugliese  S  morto  innanzi  la  fine 
di  queir  anno ,  sì  pretende  sepolto  nella  TrinitSl  di  Ve- 
nosa *.  Figliuoli  non  lasciò  Guglielmo^,  né  s*era  fallo 
ancora  ereditaria  la  Contea  di  Puglia  ;  perciò  v'  aspira- 
rono insieme  Drogone  suo  fratello ,  e  Pietra  signore  di 
Trani ,  congiunto  a  lui  per  sangue ,  ricco  d' averi ,  e  po- 
tente fra  i  Normanni.  Ma  prevalse  Drogone  *,  sostenuto 
dallo  stesso  Guaimaro  *,  e  Vemnlo  volendo  contrastargli 
il  primato  con  le  armi,  fu  vinto  e  costretto  piegarsi  alla 

'  GiiiLL.  App.  //. 

*  Lvpo  lo  dice  morto  nel  i046,  e  quindi  dopo  il  maggio,  trovandosi 
allora  air  assedio  di  Trani ,  e  prima  del  settembre ,  quando  pel  Croni- 
sta cominciava  V  anno  1047.  De  Meo  ,  ad  an, 

*  Muratori  Diss.  V  crede  che,  Roberlo,  Tancredi  e  Riccardo,  i  qua- 
li in  alcune  carte  del  4090  e  4098  si  dicono  figliuoli  di  Guglielmo, 
avessero  avuto  a  padre  il  primo  Conte  di  Puglia.  Ma  de  Meo  ad  an. 
4045 ,  prova  che  furono  figli  di  altro  Guglielmo  d' Altavilla  conte  di 
Principato,  nato  anch'esso  da  Tancredi. 

*  Interea  Populus ,  quem  rexerat  ipse 

Pars  comili  Petro  ,  pars  est  sociata  Drogoni 

Tancredi  geniti 

Unifredum  tolus  cum  fratre  Drogone  tremebat 
Ilaliae  populus ,  quamvis  tunc  temporis  esset 
Diiior  his  Petrus ,  consanqninilate  propinquus 


Fama  super  Comites  al  ics  excrevcrat  hujus.  GmL.  App.  H. 
*  Succèdi  san  frère  liquel  se  clamoit  Drogo ,  et  fu  fait  eonte  de 
VuUlc  de  li  veillant  cl^evalier  Normant  et  estoit  approvi  de  Guay- 
mère.  Amato  i/,  54.  Non  parla  della  contesa,  e  così  anche  gli  altri  Cro- 
nisti :  Drogo  totius  Apuliae  dominatum  suscepit ,  Malat.  1 ,  12.  Co- 
mune  assemu  Consulatum  suMimatus  est,  Anon.  Sic. 


—  189  — 

supremazia  dei  figliuoli  d'Altavilla  ^  Ma  le  brevi  gare 
spronavano  i  Greci  a  riprendere  Toffensiva,  e  già  dal 
settembre  1(U6,  era  giunto  il  Catapano  Giovanni  Raf- 
faele con  un  nerbo  di  Varangi.  Trovata  Bari  piena  di 
tumulti ,  ed  Eustachio  rinchiuso  nel  castello ,  per  due 
giorni  assediò  la  città  ;  poi  fermatosi  nel  porto  e  viste 
inutili  le  minacce,  consentendo  agli  insorti  onesti  patti , 
rinviò  Eustachio,  e  si  rimase  in  Otranto  ^.  Uscitone  con- 
tro i  Normanni,  neir ottobre  i  suoi  Varangi  prendevano 
Ostuni,  e  nel  decembre  saccheggiavano  Lecco  3,  le  quali 
dovevano  esse  fra  le  terre  occupale  neir ultima  guerra. 
Drogone  invece  assaliva  e  distruggeva  Bovino  *,  se  pure 
non  fu  più  tardi;  trovandosi  intorno  a  quel  tempo  nella 
Corte  di  Guaimaro,  che  gli  disposò  la  propria  figliuola  *. 
Anche  la  successione  del  Conte  d*Aversa  non  era  sta- 

■     Sed  Comes  Umlrecius  cum  fratre  Drogone  superbani 
Deponimi  mentem;  quìa  dum  certamen  inire 
Is  parai ,  infelix  foelicia  tempora  perdens , 
Vincitur  et  capitur  :  curru  fortuna  rotato 
Tancredi  natos  subUmes  reddere  coepit.  GviLL.  App.  ivi, 
*   Venit  Johannes  Catapanus  »  qui  et  Rafayl  cum  ipH  Guarangi  in 
Bari,  Intravit  in  curie  Domnica ,  et  mansit  ibi  unum  diem  ;  et  deinde 
ibU  et  sedit  in  ipsa  Pinna  dies  11  cum  ip»  Guarangi,  Et  postea  iterum 
venerunt  in  ipso  porto  et  pacem  firmaverunt  cum  Bari  et  dimisit  Eusta  • 
thium  Catap.  et  reversi  sunt  Ydrontum»  Chr.  Bar.  iOil  dal  settembre. 
^  Comprehensum  est  oppidùm  Stuni  a  Garangis  in  mense  octobris 
et  in  mense  decembris,,.,  1047 ,  /ò'.  Rom.  Saler.  Comprehensa  est  Lic- 
ce  ab  ipsi  Guarangi.  Ign.  1048. 

4  Drogo  Normannorum  Comes  cepit  civiiatem  Bóbinum ,  eamque 
depopulata  est.  Rom.  Saler.  ad  an,  1043,  Ma  V  anno  forse  fu  mala* 
mente  trascrìtto. 

^  Guaimère  lui  donna  sa  fille  pour  moUlier  à  eeslui  Drogo  et  la 
data  mault  grandement»  Amato  II ,  36. 


—  190  — 

ta  senza  contese.  Il  Principe  di  Salerno,  a  richiesta  dei 
Normanni,  aveva  conceduta  l'investitura  ad  Ascleltino, 
detto  il  Conte  Giovane  * ,  nipote  per  via  di  fratello  di 
ftainulfo ,  che  resse  alquanti  mesi  e  si  morì  *.  Allora 
quale  che  ne  fosse  la  cagione,  Guaimaro  prescelse  fuori 
quel  linguaggio  un  altro  Normanno  a  nome  Raul;  poco 
accetto  ai  vassalli  ^;  e  molti  non  vollero  riconoscerlo. 
S'accrebbero  le  sedizioni  quando  Rainulfo  Tridinocte  , 
0  Drengollo,  anch' egli  nipote  a  Rainulfo,  preso  ad  in- 
ganno dai  Monaci  Cassinosi  in  S.  Germano  e  rimasto  iu- 
sino  allora  prigioniero,  interponendosi  Drogone  e  Guai- 
maro,  fu  liberato.  Rodolfo  ricevuti  mille  tari  dall'Abbate 
giurò  di  non  recare  mai  più  molestia  alle  terre  di  S.  Be- 
nedetto ^  ;  ma  tornato  in  Aversa  ^  incominciò  a  preten- 

■  SuccesHt  Asclettinus  qui  cognominatus  est  Comes  juvenis.  Leo 
OsT.  11 ,  68.  Et  proia  li  pi^ince  li  JSomiant  qu'  il  dient  lot^l  désidè- 
reni  haucier  en  ceste  honor.  Li  quel  Aormant  esiurent  Asclitunie ,  fili 
de  lo  frere  de  lor  seignor  lo  conte  Raynulfe  qui  moit  esloit,,.  Et  por- 
toieìU  li  Aormant  lo  gonfamn  d'or,  de  loquel  de  la  man  droite  lo 
prince  en  revesti  Asclittine  Amato,  li,  51. 

»  Mès  la  mort  fui  trop  après  qui  desparti  cesie  amistié  et  mist  fin 
à  sa  vie,  ivi» 

"*  Dehinc  Rodulfus  cognomento  Cappellus  Leo  Ost.  /.  e.  ed  ia  una 
variante  presso  il  Pertz  R.  Filius  Oddpnis,  Raul,  Ruinulfo  e  Uodolfo, 
non  SODO  che  il  medesimo  nome.  —  Guaymère  se  festina  et  basta  de 
[aire  coni  sur  li  Normant ,  et  non  lo  fCst  de  celle  gent  qui  avoient 
tsté  avant  mès  de  un  autre  lignage  fisi  prince  un  qui  se  damoU  Raul; 
et  non  o  grant  vdonté  de  lo  peuple  fufait.  Amato  II ,  52. 

4  L'  Ostiense  lì  »  12  dice ,  che  U'ascorso  quasi  un  anno  dalla  cailu- 
ra,  Guaimaro,  Drogone,  ed  altri  capitani  venuti  a  Montccasìno  otten- 
nero la  liberazione  di  Rodolfo ,  e  fu  stabilito  che  per  mille  tari  rinun- 
ziasse  alle  sue  pretensioni  sopra  le  terre  della  Badia. 

»  Ad  socerum  est  Aversam  reversus.    \s.o  Osi.  /.  e.  Sembra  quindi 


—  191  — 

dare  alla  Contea,  e  tramando  con  Ugo  Fallucca  o  con 
altri,  fu  richiuso  nella  torre  di  Salerno  ^  Ma  alcuni  cit- 
tadini d'Amalfi  che  vi  si  trovavano,  sodotli  i  custodi  , 
fuggirono  insieme  ai  Normanni ,  e  questi  ricoverando 
presso  PandolfoIV  in  Maddaloni,  furono  accolli  benigna- 
mente, e  s'allearono  con  lui  contro  Guaijnaro  *.  V'ac- 
corsero quelli  banditi  dalle  castella  di  Montecasino,  pro- 
mettendo Pandolfo  restituirle  ^;  e  s*  unirono  altri  insof- 
ferenti del  Conte  imposto.  Cosicché  fu  lieve  impresa 
sorprendere  di  notte  Aversa,  scacciandone  Uaul ,  che 
mai  pili  vi  entrò,  e  quasi  a  scherno  n'ebbe  il  nome  di 
Conte  dai  Cappello  *.  Dichiaratosi  ribelle,  e  sospinto  dal 

che  Rodolfo  fosse  genero  di  Raul  dal  CappcUo ,  e  non  del  primo  Rai- 
nulfo  come  fu  credulo.  E  quel  nome  di  Tridìnoctc  o  Dre[;oUo  potrebbe 
farlo  supporre  figliuolo  di  Osmondo  DrengoUo. 

•  Lo  neveu  de  lo  major  coni  Raynolfe,  liquel  se  clamoit  Tridinocle 
(appresso  lo  chiama  Rainulfe  o  Randolfc)  et  Ugo  ìoquel  avoit  srni 
prénom  Ftdlacia  ot  en  prison.  Amato  11 ,  55.  Questo  Ugo  forse  ò  lo 
stesso  Ugo  FaUoch,  o  FaUucca,  che  si  pone  tra  i  primi  Normanni  afli- 
dati  ai  nipoti  di  Melo  da  Arrigo  11. 

•  Amato  L  c.  gli  Amalfitani  eh'  erano  nel  carcere  si  chiamavano  Pan- 
taleone  e  Costantino  Tuisco. 

5  Eisque  universam  hujus  Monasterii  tenam  de  qua  proiedi  fue* 
rant ,  facile  se  restitulurum  promittit  si  ei  contra  Guaimarii  feirc 
vellent  auxUium.  Leo  Ost.  H,  74.  Pandolfe.,.  fu  mouH  alegre  et  jo* 
iarii  ;  les  rechut  gratiosemcnt ,  et  lor  pivmist  ce  quU  aeoit  et  devoti 
avovTf  guar  pour  eaux  pense  de  recovrer  l'onai'  de  Capue,  Amato  /.  e. 

4  QuarU  li  ?ìormant  esioxeni  ad  Averse  non  voloieni  autre  conte  de 
auire  geni  cu  lignage  areni  conseitl  avec  Raridulfe  (nel  testo  Pandul* 
io)  filz  de  lo  frère  de  lo  grani  Raynolfe  quo  acquesié  la  conte  de  ses 
parens,  Ei  cesiui  estoit  cellui  qui  avoit  esté  en  prison»  Ei  Pandulfe 
donna  tani  de  argent,,»  Ei  la  nuit  Randulfe  entra  en  Averse,  et  fu 
receu  moult  dévotemeni,..  Et  cmìseiUirent  ^  et  font  contre  la  volonté 


—  m  — 

Principe  Capuano ,  Rodolfo  audacemente  mosse  contro 
Salerno ,  ma  trovando  Drogone  accampato  sui  monti  di 
Sarno  pronto  a  respingerlo ,  mulo  consiglio  e  deposta 
Toltracotanza  si  sotlomise  a  Guaimaro,  e  fu  riconosciu- 
to signore  d'Aversa  ^ 

Finiva  allora  Tanno  1046,  e  sebbene  turbala  dagli 
irrequieti  umori  dei  vassalli,  e  dalle  trame  di  Pandolfo 
e  dei  Greci,  non  s'era  sminuita  la  possanza  del  Principe 
di  Salerno.  Fuori  gli  Stali  suoi ,  i  Conti  dei  Marsi  e  del 
Sangro,  e  quanti  altri  erano  più  vicini  ,  T  onoravano  e 
gloriavansi  d'esserne  cavalieri  ^.  Un  suo  fratello  dispo- 
savasi  alla  figlia  di  Gregorio  Console  e  Duca  dei  Roma- 
ni^; Bonifacio  Marchese  di  Toscana  gli  era  alleato*; 

de  Guaymère  ;  et  li  autre  conte  fu  cMcié  de  Averse  et  foui  :  doni 
depuii  fu  elamé  Conte  Cappille,  ivi. 

'  Drogo  se  festina  de  deffcndre  la  injure  de  son  seignor.,.  lo  numt 
après  à  Same  sallirent  et  cspectoient  que  lor  anemis  venissent  et  Ran- 
dulfe  muta  son  proponement  ;  quar  a  Vandulfc  faillirent  li  deniers , 
ec.  ivi ,  36. 

•  La  cort  soe  estoit  fréquentée  come  cort  de  impéreor  ;  li  conte  de 
Marsico ,  li  potent  fili  de  Buriello  et  tuit  li  grant  home  liquel  Imbi" 
toient  entor  de  lui ,  se  faisoient  chevalier  de  sa  main  et  recevoient 
granz  dons.  Amato  U  ,  34.  Figli  di  BorreUo  dicevaiisi  i  Couii  di 
Saugro. 

^  Si  deduce  da  una  Bolla  di  Amato  Vescovo  di  Pesto  dei  i054,clie 
trovasi  neir  Archivio  della  Ca>a,  in  essa  e  detto  che  Teodora  iigliadel 
q.  Gregorio  Console  e  Duca  dei  Romani,  e  vedova  di  Pandolfo  figlio 
di  Guaimaro  Ul ,  allora  Monaca ,  donava  la  Chiesa  e  il  Monislero  di 
S.  Matteo  alla  Mensa  Vescovile,  de  AIeo  ad  an. 

4  Lo  marchiz  Boniface ,  lo  quel  est  le  plus  grant  de  l'  Ytalie  de 
ricchesse  et  ot  plus  chevaliers ,  fisi  amistié  caritative  et  ferma  unite 
avec  eaux.  Amato  /.  e.  É  singolare  V  errore  di  Gautier  d'  Arc  ,  che 
pretende  Bonifazio  s'alleasse  co' Normanni. 


—  193  — 

^o  temevano  i  Musulmani  *  ;  ed  i  suoi  doni  aveva  cari 
V Imperatore  di  Germania  *.  Tutto  pareva  presagire,  che 
egli  stesso  o  i  discendenti ,  avrebbero  in  un  solo  domi- 
nio riunite  le  diverse  province  del  mezzodì,  quando  con 
subita  mina  travolto,  rapidamente  progredì  la  conquista 
Normanna. 


'   Aetnula  Hnraanae  nimiiun  CarUiago  salutis 

Plnrinna  prò  pacìs  fóederà  dona  dedlt. 
'^i  di  Alfano  Arcivescovo  di  Salerno-^ de  Meo  ad  an,  ^052. 
'  -^t  fin  V  an  o  présent  preciouz  par  ses  messages  visitoit  V  empé- 
^'  ^i  aufresi  Vimpereor  lui  mandoit  présent  de  Alemaingne.  Ama- 

fhetttobìci  Reges  donati  sacpe  fuere 
Magnlficeque  sui  ponderibus  pretìi.  Alfako  7.  e. 
VOL.  I.  43 


CAPITOLO  IX. 


Arrigo  HI ,  figliuolo  e  successore  di  Corrado  il  Sali- 
co, non  era  mai  disceso  nella  penisola;  seguendo  i 
paterni  disegni  egli  attese  ad  abbassare  la  potenza  dei 
Duchi  in  Germania,  e  trovando  quasi  tutti  i  Ducali 
vacanti  per  la  morte  dei  signori  ,  riuscì  non  solo  ad 
accrescere  V  autorità  dell'  Imperio  ,  ma  ad  estender- 
la 'guerreggiando  in  Polonia  in  Boemia  ed  in  Unghe- 
ria. Domata  la  ribolliono  di  Gofìrodo  detto  il  Barbu- 
to ,  in  danno  del  qunle  aveva  divisa  la  Lorena ,  si  vol- 
se anche  all' Italia ,  che  appena  di  nome  gli  obbediva. 

In  Lombardia,  morto  l'Arcivescovo  Eriberto,  alle  pri- 
me contese  suscitate  dalla  Motta,  erano  succedute  le 
gare  tra  nobili  e  popolani,  e  questi  nel  1041  condot- 
ti da  Lanzone  scacciavano  di  Milano  gli  avversarli ,  che 
ricoverati  nei  castelli  del  contado  osteggiarono  per  tre 
anni  la  città.  Con  eguale  pertinacia  si  difendevano  gli 
assediati;  ma  stretti  sempre  più,  Lanzone  iva  in  Ger- 
mania per  soccorsi,  e  n'aveva  promessa,  ove  accettasse 
un  presidio  Tedesco ,  e  giurasse  obbedienza  ad  Arrigo. 
Prescelse  invece  più  generoso  consiglio  ,  comporre  in 
pace  i  combattenti,  e  nobili  e  popolani  s'accordavano, 


—  495  — 

ordinandosi  in  una  prima  costituzione  comunale  ^  Si- 
mili lotte  preparavano  V  aftrancamento  dei  borghesi  nel- 
le altre  città  Lombarde ,  ed  in  tutte  Vescovi  e  signo- 
ri contendevano  contro  l'audacia  dei  minori  vassalli  e 
dei  cittadini ,  senza  alcuno  intervento  della  Imperiale 
potestà. 

In  Roma  rimasto  Benedetto  IX  insino  al  lOM,  e  poi 
scacciato  per  sue  nefande  opere ,  tornava  con  la  forza  e 
togliendo  il  seggio  a  Silvestro  III  che  gli  era  stato  con- 
trapposto ,  per  paura  o  per  avarizia ,  vendevalo  a  Gra- 
ziano che  fu  Gregorio  VI.  Non  depose  perciò  la  tiara, 
ritenne  suoi  dritti,  e  gli  altri  i  loro ,  e  fra  tre  Papi ,  si 
divisero  le  signorili  prepotenze ,  che  s'erano  sostituite 
alle  pretensioni  degli  Ottoni  sulla  città  e  sulle  elezioni. 
Pontificali  K 

Nella  Toscana  signoreggiava  con  grande  autorità  il 
Marchese  Bonifazio ,  sceso  di  stirpe  devota  all'  Imperio , 
e  dagli  Alemanni  innalzato  ;  ma  fattosi  ora  polente  per 
sé ,  e  destinato  a  generare  la  nemica  più  perseverante 
che  si  avessero  gli  Imperatori. 

Con  sì  diversa  condizione  non  v'era  parte  del  Regno 
Italico  che  si  stimasse  soggetta  ad  Arrigo,  se  non  che  da 
lui  s'intitolavano  i  pubblici  atti  per  consuetudine  an- 
tica, e  perchè  l'Imperio  rimaneva  sempre  ultimo  or- 
dinamento del  civile  consorzio.  Ma  il  Germanico  ed  il 
Bizantino  egualmente  depressi  nel  fatto ,  cedevano  in- 
nanzi ad  un  doppio  movimento.  Guaimaro  e  Bonifazio 
miravano  a  sostituirvi  il  Principato ,  le  città  Lombarde  e 

>  MuRAT.  ad,  an,  ce. 
•  Ivi. 


—  496  — 

(li  Puglia  i  Uberi  Comuni;  e  questa  duplice  tendenza,  che 
ritraeva  le  due  stirpi  dei  conquistali  e  dei  conquistatori 
non  in  tutto  ancora  conliise  ,  infievolì  le  vicendevoli 
forze ,  accese  nuove  lotte ,  favorì  la  straniera  preponde- 
ranza. Il  ritorno  dei  nobili  in  Milano,  non  spense  gli 
odii  delle  due  fazioni,  ed  Arrigo  se  n' avvalse,  per  ri- 
prendervi il  perduto  dominio  ,  prescegliendo  a  tale  in- 
tentò e  contro  i  diritti  del  popolo  e  della  Chiesa  di  Mila- 
no, Guido  da  Velate  suo  Cancelliere  come  Arcivescovo. 
E  da  questo  e  dai  nobili  secondato  ;  consentendolo  la 
pace  ristabilita  in  Germania  e  le  vittorie  riportate  sui 
nemici,  sul  finire  del  1046  scese  in  Italia.  Poco  rimase 
in  Lombardia  aflrettandosi  a  giungere  in  Roma ,  dove 
le  contese  e  gli  scismi  del  Papato  lo  chiamavano  a  scio- 
gliere il  triplice  connubio  della  Sunamitide  ^ ,  a  coro- 
narsi Imperatore  ,  a  porre  le  prime  fondamenta  della 
sua  autorità  nella  penisola. 

Dei  tre  Papi  un  solo  si  fece  ad  incontrarlo  insino  a 
Piacenza  ,  e  fu  Gregorio  VI ,  da  molti  estimato  leggitti- 
mo,  e  come  tale  accolto  anche  da  Arrigo ,  che  inviava- 
te in  Sutri  a  presiedere  un  Concilio ,  rannate  fra  i  Ve- 
scovi feudataria  Ma  poscia  per  suo  volere  deposto,  Gre- 
gorio fu  condotto  a  finire  i  giorni  oltr' Alpe,  e  in  suo  luo- 
go eletto  Suidgero ,  un  Tedesco  Vescovo  di  Bamberga 
che  si  chiamò  Clemente  II.  Questi  incoronava  Arrigo, 
sanciva  non  si  scegliessero  più  innanzi  Pontefici  senza 

•  Dicesi  che  un  pio  eremiia ,  inviasse  ad  Arrigo  i  segucnii  versi  : 
Una  Sunamitis  nupsit  iribiis  niariu's 
Rex  Henrice ,  Onnipoteniis  vice 
Solve  connubium ,  triforme  dubiiun. 


—  197  — 

r imperiale  licenza  * ,  faceva  vassalla  la  sede  Romana  , 
come  l'erano  divenute  le  altre  episcopali;  strumento 
sempre  di  servitù  dopo  gli  Ottoni.  Ed  Arrigo  che  in  Mi- 
lano aveva  posto  Guido,  ed  in  Parma  faceva  Conte  il 
Vescovo  Cadaloo ,  innalzava  a  Ravenna  il  suo  Cancel- 
liere Umfredo  ,  perchè  fossero  nel  Regno  ubhidicnti 
ministri. 

Nel  febraio  1047  venuto  a  Montecasino,  ov'era  Ri- 
clierio  ,  prescelto  dal  padre  e  devoto  a  lui ,  provavasi  a 
far  valere  i  suoi  dritti  sul  mezzodì.  Non  più  i  Greci  ora 
si  opponevano  all' estendimento  dclV  Imperio  Germanico; 
ma  la  potenza  alla  quale  era  salito  Guaimaro  adombra- 
va Arrigo,  avverso  in  Italia  come  in  Lamagna  ai  grandi 
feudi  che  potevano  farsi  indipendenti.  Dubitando  dei 
suoi  disegni  ^,  il  Principe  di  Salerno,  che  mentre  Arri- 
go scendeva  in  Roma,  trovavasi  in  contrasto  co' Nor- 
manni d'Aversa  ribellati,  ed  aveva  i  Bizantini  nemici , 
e  Pandolfo  IV  pronto  ad  ogni  danno  ;  pare  che  cercasse 
premunirsi ,  in  segreto  trattando  coi  Greci.  Non  hi  può 
altrimenti  spiegare  Taver  egli  lasciato  il  titolo  di  Duca 
di  Puglia  e  Calabria ,  che  dopo  il  decembre  4046  non  si 
trova  più  nei  suoi  diplomi  ^,  Il  supporre  che  Arrigo  ve 
lo  astringesse  sembra  strano;  pure  oltre  questa  conces- 

'  Ut  videlicet  ad  ejus  nutum  sancta  Romana  Ecclesia  nunc  ordì- 
netur ,  oc  praeter  ejus  aucloritatem  Apostolica  sedi  nemo  prorsus  eli- 
gat  Sacerdotem.  S.  Pietr  Dam.  Epis,  Cap.  %1  et  36, 

*  Et  adoni  la  paour  de  V  empéreour  estoit  en  lo  cuer  de  li  princes. 
Amato  111 ,  2. 

*  1/  ultimo  che  si  legga  con  queste  note  è  un  diploma  del  Dee.  del- 
l'Ardi.  Cavense,  nel  quale  un'Abate  Alferio  in  Salerno  dona  la  Chiesu 
di  S.  Nicola  di  Priato  a  Pietro  Diacono,  de  RIeo  ad  an.  4046, 


_  198  — 

sione  non  rimane  indizio  di  più  stretta  alleanza  contro 
r Imperatore  Tedesco,  né  di  altra  difesa  apparecchiata. 
Cedendo  anzi  ai  suoi  voleri  consentì  a  dispogliarsi  del 
Principato  Capuano  in  favore  del  suo  nemico  Pandolfo, 
che  aveva  saputo  con  Toro  guadagnarsi  Arrigo^.  Questa 
restaurazione  che  menomava  la  possanza  di  Guaintiaro  e 
gli  poneva  accanto  un'emulo  pericoloso,  non  fu  il  solo 
modo  adoperato  per  abbassarlo.  Arrigo  trasse  a  sé  i  due 
maggiori  conti  Normanni  Rainulfo  e  Drogone,  e  questi 
s' affrettarono  a  venirgli  innanzi  con  doni  e  danaro  per 
ricevere  una  diretta  investitura  delle  loro  terre  *,  che 
infievoliva  ogni  altra  dipendenza. 

Soli  che  non  si  mostrassero  arrendevoli  all'  Impera- 
tore furono  Pandolfo  III  e  Landolfo  VI  di  Benevento, 
i  quali  ostinatamente  rifiutarono  accoglierlo  nella  cit- 
ta. A  spiegare  questa  insolita  resistenza ,  si  sospetta, 
che  Arrigo,  il  quale  traevasi  appresso  Papa  Clemente, 
sin  d'allora  meditasse  permutare  i  dritti  Apostolici  sulla 
Chiesa  di  Bamberga  con  Benevento ,  facendo  vassallo  del 
Pontefice  il  Principato  ^.  Come  che  sia  è  notevole  que- 

'  Guaimario  renunciante  Capuam ,  quem  novem  jam  annis  fenti0- 
rat ,  Pandtdfo  Ulum  priori  principi ,  et  ejus  filio  ,  multo  ab  Ulis  auro 
suscepto ,  restUuit.  Leo  Osi.  H.  76. 

»  Amato  scrive  :  Guaymère  se  glorifia  en  la  compaignie  de  li  iVor- 
mant ,  et  li  Normant  se  magnificoierU  en  li  tUm  de  lor  pririce.  Drogo 
et  Rami  fé  furent  glorifiez  de  V  empéreor  et  mi$  en  possession  de  for 
contès.  Ili,  2.  Ma  forse  meglio  T Ostiense:  Drogoni  Aputiae,  et  Rai- 
nulfo Aversae  Coniitiòus ,  ad  se  convenientibus ,  et  equos  UH  plurimi, 
magnaque  pecuniae  summa  offerentibus  ;  omnem  quam  lune  tenebatU, 
ditione  Impeiiali  auctoritate  firmavit  —  Provincias  ipgas  prout  vide- 
batur ,  disposuU ,  Duces  Nordmannis  constituit.  Herm.  Contr. 

«  DE  Meo  ad  an,  1047.  Ermanno  Contratto  auiibuisce  l'odio  d•A^ 


—  199  — 

sta  difesa  contro  la  quale  non  valsero,  né  le  scomuniche 
del  Papa ,  né  le  armi  dell'  Imperatore ,  che  non  poten- 
do più  fermarsi  in  queir  assedio ,  si  vendicò  dei  Bene- 
.ventani,  concedendo  alcune  terre  del  Principato  ai  Nor- 
manni *.  Ripreso  poi  nel  marzo  il  cammino  di  Germania, 
tentò  attraversando  Toscana  imprigionare  con  inganno 
il  Marchese  Bonifazio  ,  alleato  di  Guaimaro  ;  ma  quello 
più  scaltro  seppe  schermirsi  e  fu  salvo  ^. 

Appena  allontanato  Arrigo ,  Guaimaro ,  che  a  malin- 
cuore aveva  ceduta  Capua  ^ ,  si  volse  a  ricuperarla ,  e 
riunite  tre  schiere  di  Normanni,  l'assediò  e  l'ottenne. 
Pandolfo. IV  però  con  accorti  negoziali,  lo  indusse  ad 
un  accordo  ^  pel  quale  gli  rimase  l'avito  dominio;  ma 
irrequieto  sempre  ed  ambizioso,  rompeva  poco  dopo  nuo- 

rigo  contro  Benevento ,  all'  aver  i  cittadini  ingiuriata  la  sua  suocera  che 
tornava  da!  Gargano.  Lupo  scrive  :  Imp.  venit  Beneventum.  Beneventani 
vero  ad  ejui  injuriam  aòsciderunt  sirenutas  equi  ejus.  ad  an.  —  Bene- 
veniMm  eontendens  cum  dves  noluissent  redpere  Leo  Ost. 

'  Henricus.,,  cum  Pp,  Clemente  venit  supra  Beneventum:  Urbem 
excomunicavit...  suburbium  artit.  Chr.  S.  Soph,  cod.  Boro,  an.  1047. 
Tarn  co  tuam,  quam  ob  patris  juriam  totam  Civitatem...  carcomtem- 
eari  fecit ,  omnem  Beneventanam  regionem  Nortmannis  sua  auetori- 
tate  cmfimans.  Leo  Ost.  /.  e. 

*  MuHAT.  ad  an. 

^  Et  malitiousement  failli  Guaytnire  que  rendi  Capua  à  lo  impé- 
reom  et  trahi  la  eité ,  et  fu  rendue  à  Pandulfe  sanx  provision  de 
juitiee  i'U  avoit  mal  fait  à  la  ette  ou  non.  Am.  Ili ,  5. 

4  Et  pui%  que  se  fu  parti  V  empéreor ,  si  se  repenti  Gaymère  de 
ce  qu'U  avoit  rendu  Capue  à  V  empèreour ,  et  cèrvia  de  la  recovrer 
et  a$tembla  trois  es€hHl0s  des  Normans  et  mist  siége  à  la  eUé  de  Ca- 
pue... 0t  la  prisent.  Pandulfe  se  humilia^  et  requisì  concorde  et  paix 
et  vindrefnt  convena/nces ,  et  avingne  que  non  fussent  dérex  Us  conve^ 
nanees  ;  Umtet  voks  se  partirent  o  paix  et  eontorde.  ivi ,  4« 


—  200  — 

vamenlc  la  pace^  assalendo  i  Conti  di  Teano,  suoi  anti- 
chi nemici ,  e  provocando  Guaimaro  ;  onde  rifatti  ne- 
mici, Tuno  all'altro  opponeva  le  armi  assoldate  dei  Nor- 
manni * ,  divenuti  più  potenti  e  numerosi. 

Poiché  nuove  e  frequenti  emigrazioni  erano  stale  ed 
avvenivano,  delle  quali  sarebbe  impossibile  determina- 
re il  lempo.  Le  turbolenze  che  lacerarono  la  Normandia 
durante  la  minorità  di  Guglielmo  II  *,  i  fortunati  suc- 
cessi dei  Conti  d'Àversa  e  di  Puglia,  e  le  sollecitazioni 
loro ,  avevano  indotti  i  congiunti ,  gli  esuli ,  ed  ogni 
qualità  di  gente,  a  cercare  rifugio,  ricchezze,  e  dominìì, 
nel  mezzodì  d'Italia.  Ora  pochi  in  veste  di  pellegrini , 
temendo  di  cadere  in  mano  ai  Greci  ^;  ora  molti  ed  ar- 
mati, scendevano  dalle  Alpi^  approdavano  nei  porti,  ed 
erano  accolti ,  assoldiati ,  posti  a  guardia  delle  terre  *. 
Dopo  che  Guglielmo  e  Drogone  furono  eletti  Conti,  crc- 

'  Li  conte  Détien  (de  Tien).,.  non  se  partoU  maiz  de  la,  fidélUé 
de  Guaymère  doni  Fandulfe  lo  cercha  de  chacier  ^  mès  que  nul  non 
lo  pooit  chader,  ne  V  autre  deffendre  $an$  Vaide  de  li  Normant ,  temi 
Guaymère ,  quant  Pandulfe ,  et  se  recoura  o  deniers  à  li  fortissime 
Normant.  ivi  5. 

•  In  pueritia  vero  eius  Normanni  gemina  inquietudine  eoneilaii  re- 
bellaverunt,  et  tn  sua  viscera  din  pugnantes,  nimia  stragem  nobilium 
et  vulgarium  perpetraverunt.  Obd.  Vit.  I. 

3  Sub  specie  peregrinorum  peras  et  baculos  portantes. ,  ne  a  Rom&- 
nis  caperentur.  ivi  IH.  Vuole  che  in  quelle  vesti  venissero  gli  allri 
iigliuoli  d*  Altavilla. 

4  Sub  seguente  enim  se  suorum  et  parentum  et  compatriotarum , 
sed  et  reliquarum  circum  adiacentum  regUmum  spe  quasstus  ^  maxi' 
ma  moltitudine,  ipsi  impigri  largiiores ,  quasi  fraires  suscipientes , 
equiSy  armis  et  veslibus,  ac  diversis  muneribus  dUabant..  Quibusdam 
etiam  tenarum  loca  largissime  imperliaòantur  Malat.  I.  Amon.  Sic. 


—  204  — 

scinte  le  speranze  degli  acquisti  ed  il  numero  dei  ven- 
turieri ,  successivamente  vennero  gli  altri  fratelli  meno 
due,  rimasti  a  custodire  l'avito  retaggio  *.  Giungevano 
così,  intorno  al  1047,  Koberto  d'Altavilla,  e  Riccardo 
Quarrcl  giovani  ardimentosi ,  destinali  entrambi  a  mag- 
giori grandezze  *. 

Riccardo ,  bello  d' aspetto  ed  aitante  della  persona  , 
con  numerosa  compagnia  di  cavalieri  si  fermò  in  Aver- 
sa  presso  Rainulfo  li  suo  cugino;  ed  ivi  memori  d'A- 
sclettino  suo  fratèllo  ^,  che  innanzi  aveva  retta  la  Con- 

•  liti  autem  non  simul ,  sed  diverso  tempore  in  Apuliam  abierunt. 
Ord,  Vit.  /.  e.  Juniores  vero  fratres ,  quos  aetas  adhuc  domi  immo- 
rari  cogebat ,  praecedentes  seniores  fratres  apud  Apuliam  forlHer  a- 
gendq ,  altionis  cidminis  hùnoris  et  dominationis  ascendisse  ,  fama 
referente  cognoseentes  ^  quam  cito  aetas  permisit ,  ipsi  quoque  subse- 
cuti ,  duobus  tantum  in  patriam  relictis ,  ne  haereditas  vel  competens 
stirpi  alienaretur.  Malat.  /.  e,  I  figliuoli  di  Tancredi  rimasti  sembrano 
Serlone  e  forse  Alfredo. 

«  Amato  ,  dopo  aver  narrata  la  venuta  di  Riccardo  aggiunge  :  Et  en 
edlui  temps  mèismes  vint  de  Normandie  un  qui  se  clamoit  Robert 
Il  ,  45.  Anche  SiGiBSRto'fa  venire  insieme  e  Roberto  e  Riccardo:  Ao- 
bertus  et  Richardus  minuendae  domo  multitudinis  eaussa ,  hoc  tem* 
potè  a  Normannia  digressi,  Apuliarn  escpetant,  et  Itaìis  inter  se  dis- 
gidentibus ,  dum  alteri  contra  alterum  auxilium  praèstant ,  hac  op- 
portunitate  Italos  callide  et  fortiter  debellare ,  et  successùs  urgendo 
suos  nomen  suum  dilatant,  et  futurae  prosperitatis  sibi  vium  parant, 
Chr.  on.  4032.  Pertz,  VI.  Ma  nelPanno  v*è  errore. 

^  Richardus  AschetiUis  de  Quadrellis  filius,  Ord.  Vit.  HI.  Ricchart 
fili  d\  Asdettine  bel  de  forme  ,  et  de  belle  estature  de  seignor ,  jovène 
home  et  ctète  face.,,  liquel  estoit  sécuté  de  mouUe  de  cheveUiers  et  de 
peuple.  Amato  //,  43,  Dicendolo  in  seguito  cugino  dì  RainuKo  II  non 
si  può  credere  figlio  di  Asclettino  il  Conte  Giovane  ;  ma  d' un  altro 
AsclèttÌDo ,  come  si  couremia  anche  dalle  parole  dello  stesso  Cronista , 
ivi  44. 


~  202  — 

tea  ,  e  meravigliati  di  sua  virtù,  tutti  lo  amarono  e  l'o- 
norarono. Ma  il  Conte  ne-  insospettì ,  e  scaccìollo  ;  per- 
ciò fu  in  Puglia  a  militare  per  Umfredo  d'Altavilla  suo 
congiunto  * ,  finché  gli  fu  ceduto  Genzano  *.  A  quetarne 
poi  lo  pretensioni ,  Rainulfo  gli  concesse  la  sorella  in 
moglie,  infeudandogli  le  terre  ch'aveva  possedute  A- 
scleitino  ^ 

Principii  meno  avventurosi  ebbe  Roberto,  primoge- 
nito tra  ì  figliuoli  di  Tancredi  e  Fredesinna.  Peregri- 
nando con  cinque  cavalli  e  trenta  pedoni  ^,  lasciava  la 
paterna  dimora,  e  nulla  possedendo,  fuorché  la  sua  spa- 
da ,  per  la  via  di  Roma  *,  veniva  a  dividere  i  perigli  e 
le  fortune  dei  suoi  fratelli.  Era  allora  Conte  di  Puglia 
Drogone,  e  Conte  di  Lavello  Umfredo  ^;  ma  nati  d'altra 
madre ,  poco  si  mostrarono  benevoli  a  Roberto ,  sia  che 
questi  troppo  chiedesse,  o  l'impetuoso  carattere  fosse 

*  Son  cosin  Raydulfe  se  prist  garde  de  celle  ìwnor  que  duucun  lui 
faisoit.,.  si  lui  pria  qu' il  se  partisi  de  lui,.,  et  s'en  alla  à  son  ami 
Umfroi  frère  de  Drogo ,  et  lo  rechut  gratiosemerU ,  et  lo  traila  fcono- 
rablement  coment  parent,  ivi  IL  44. 

*  Narra  Amato  /.  e.  che  un  Normanno  a  nome  Sarulo  possedendo 
Genzano  ,  eh'  era  siala  di  Ascletlino ,  l' offrì  a  Riccardo ,  ed  introdottoio 
neUa  cìltà  ;  clama  ses  chevaliers  et  lor  dist  ;  ga  est  venu  lo  frèn  de 
son  seignor. 

^  Usa  sage  cornei ,  lo  fist  son  ami ,  et  lui  dona  la  soror  pour  muU' 
Iter ,  et  lui  donna  lo  bénèfice  de  lo  frère  qui  estoit  mort.  ivi, 

4  Anna  Comm.  /. 

^  Vacuos  que  necessariis  rebus  penates  relinquimus  et  profedi  Rih 
mam  cum  magno  timore  vix  pertransivimus.  Oro.  Vit.  VII. 

^  Hic  (Drogo)  fratrem  suum  Hunifredum  Abagelardo  Comitem 
apud  Castrum  quod  Lavel  dicitur ,  vir  prudentissimum  »  consiUo  Apu- 
liensium  et  Normantuìrum  ordinavit,  Malat.  1 ,  12. 


—  203  — 

cagione  di  briga.  Quindi  si  parli  dal  loro  seguito  ,  ed 
«  errò  ,  incerto  del  suo  cammino ,  povero ,  dispregia- 
to ,  offrendo  a  prezzo  i  suoi  servigi  ^  »  Perdurando  le  ni- 
mistà fra  Guaimaro  e  Pandolfo  IV ,  al  fine  questi  lo  pre- 
se al  suo  soldo  promettendogli  per  donna  una  sua  figlia 
e  per  dote  un  castello;  ma  il  perfido  Capuano  mancò  al 
giuramento,  e  Roberto  l'abbandonò  tornando  ai  fratel^ 
li  *,  intenti  allora  a  proseguir  la  conquista. 

La  tregua  succeduta  alla  discesa  d'Arrigo  IH  non  era 
stata  rotta  dai  Greci,  frastornati  in  quel  tempo  dalle 
domestiche  guerre.  Bari  rimase  indipendente;  cittadini 
più  audaci  di  Argiro  subentrarono  a  lui  quando  egli  fu 
lontano,  e  nel  1047  Adralisto,  omonimo  al  primo  nemico 
di  Melo,  depressa  la  fazione  avversa,  s^ impadronì  del 
governo  ^.  E  verosimile  che  le  civili  contenzioni  di  Pu- 
glia avessero  rapporto  con  quelle  più  gravi  d' Oriente  , 
dove  i  Macedoni  ribellati  avevano  proclamato  Imperato- 
re Leone  Tornicio ,  e  nel  settembre  dello  stesso  anno 
assediata   Costantinopoli.   Costantino  Monomaco  ,  rin- 

<  Cestui  Robert  s*en  va  entor  li  seignor  à  liquel  o  devote  fot  serve 
ces  ehevalirg.  Et  lui  dote  lo  cuer  qu'  U  volt  ceux  qui  ne  sont  son  per 
fpair)  qwi  otti  forteresees  et  diverses  terres;  et  (lui)  que  est  vaiUant 
frère  de  conte ,  et  va  après  la  chevaierie  de  autre  ;  Ione  temps  ala 
come  ceUui  qui  va  sansa  vote  pour  V  amor  de  avoir' terre:  et  est  con- 
stràimt  de  poureté  de  choses  de  terre,  ivi,  « 

*  Guaymère  fist  la  force  soe  o  tout  ses  eontes^  et  Pandulfe  tyra  à 
sai  Robert  et  lui  fist  les  dépens ,  et  lui  dona  lo  fort  chastel  appareil-- 
lié ,  et  li  promist  par  Jurement  de  donner  lui  la  fille  pour  moUlier, 
Et  vint  lo  Jour  déterminé...  mès  Pandulfe  lui  noia,..  Ili,  6,  —  Et 
covint  à  Robert  de  tomer  à  V  aide  de  son  frère.  —  ttn  7. 

*  Àdrolisto  praeHatit  cum  Mfwraniti ,  et  comprehenM  illos ,  et  di^ 
rtierufU  domos  Joannis  Incanatu,  Ign.  ad  an. 


—  204  — 

chiuso  nella  città,  confidava  la  difesa  al  Bapese  Argino, 
che  di  notte  tolte  alcune  schiere  di  Greci  e  di  Norman- 
ni Maniacati  sorprendeva  con  grave  danno  i  nemici  *. 
Accorse  poi  contro  gli  insorti  altre  milizie  li  sperdc- 
vano,  e  Tornicio  e  Batza  che  n'erano  capi  rimasti  pri- 
gioni furono  abbacinati  *. 

Però  innanzi  che  quetassero  le  sedizioni ,  i  Normanni 
riprese  le  ostilità ,  da  una  parte  facevano  correrie  in  Ca- 
labria, dall'altra  invadevano  la  Puglia.  Nei^rimi  mesi 
del  lOlSUmfredo  costringeva  Troia  ad  arrendersi,  e  j^sa- 
la  sua  tributaria  vi  fondava  a  poca  distanza  un  castello 
in  Vaccarizza  ^.  Ma  contemporaneamente  a  questa  vitto- 
ria, avevano  i  Greci  disfatti  i  nemici  presso  Tricarico  *in 
uno  scontro  che  ritardò  i  loro  progressi  ih  Calabria  ;  do- 
ve maggiori  ostacoli  opponeva  la  regione  montuosa,  poco 
opportuna  alla  cavalleria  ,  principal  nerbo  delle  schiere 
Normanne.  Perciò  in  quel  tempo  non  vi  fu  combattuta 
ninna  grande  fazione  di  guerra;  come  si  può  supporre 
dalla  narrazione  delle  prime  imprese  di  Roberto  d'Alta- 
villa, inviato  da  suo  fratello  Drogone  a  tentarvi  acqui- 
sti. Nella  valle  del  Grati ,  in  un  luogo  detto  Scribla ,  fu 
rizzato  un  castello,  o  piuttosto  una  trincea  che  si  chia- 

*  Magister  Argirus  Italus  veh^menter  quiritabatur ,  ac  imperatorem 
hortàbatur  ne  te  extra  porta  emittetet.  Cedr.  II,  651.  Argiro  exivii 
sub  nocte  cum  aliquanti  Franci  et  Graeci ,  et  feeit  eum  damnum  tm- 
ximum,  Ign.  Bar.  ad  an.  4048 ,  dal  seUeinbre.  Zonara  li ,  XVII ,  25. 

•  Cedreno  Le. 

5  Humfredus  capii  Trojam ,  et  fedi  Castrum  in  Vaccarezza,  Chr. 
Brev.  Nort.  an.  4048. 

4  ^intmanni  iveìunt  amtra  Graecos  in  Calabriam  et  invaseraiU 
eam  ,  et  vieti  simt  circa  Tricaricum.  ivi. 


—  205  — 

mò  S.  Martino,  donde  Roberto  scendeva  con  pochi  se- 
guaci a  rapinare  contro  i  Cosentini ,  esercitando  così  il 
dritto  d'investitura  che  aveva  ricevuto  *.  E  «  ladrone  più 
»  che  cavaliere,  spesso  ebbe  difetto  di  tutto,. salvo  che 
»  di  carni ,  delle  quali  si  pasceva  come  gli  Isdraeliti  nel 
»  deserto,  inaflSandola  d'acqua  pura  ^  a  Quindi  tornato 
a  Drogone  «  gli  narrò  la  povertà  sua,  gli  mostrò,  dice 
»  il  Cronista,  lo  scarno  viso  testimonio  della  fame  »;  ma 
nulla  ottenne,  e  sforzandolo  il  bisogno  apertamente  co- 
minciò a  rubare  armenti  ed  uomini,  che  poneva  a  riscat* 
to  per  provvedersi  del  necessario  ^. 

Mentre  spandevasi  intorno  il  terrore  ed  il  danno  di 
queste  rapine,  per  le  quali  non  avanzavano  i  Normanni, 
nella  Puglia  procedeva  lentamente  e  con  riguardo  la 

«  Roòertum  vero  Guiscardum  in  Calabria  posuit  :  firmans  ei  co- 
strum  in  valle  Cratensi^  loco  qui  Seriòla  dicitur ,  ad  debellandutn 
Coseniinos.  Malat.  1 ,  12.  Et  cerca  et  pensa  doni  puisse  aidier  à  la 
poureté  de  san  frère  ;  et  $' en  ala  en  la  fin  de  Calabre ,  et  trouva  un 
moni  moult  fori ,  et  V  appareilla  de  laigname ,  et  lui  misi  nom  la 
roche  de  S.  Martin ,  cestui  dona  a  to  frhe ,  et  lo  misi  en  possession 
de  Umte  la  Calabre,  Amato  ni  ,7. 

*  Prist  vie  de  laron.,.  toutes  choses  lui  failloient  forse  tant  sola* 
meni  qu'U  avoit  àbondance  de  cluir  coment  li  filz  de  Israel  vesquir  eìi 
lo  désert ,  et  ensi  vivoit  Robert,,,,  et  lo  boire,,,,  esloit  V  aigue  de  la 
pure  fantaine.  ivi  8. 

s  Et  puiz  toma  Robert  à  son  frère  et  lui  dist  sa  poureté ,  et  cellui 
dia  de  sa  bouclie  moustra  par  la  face ,  quar  estoit  moult  macre.,,. 
Et  retoma  Robert  à  la  roche  soe,„  et  toutes  choses  qu' il  avoit  faites 
àbsconsement ,  maintenant  fist  manifestement.  Et  pi^enoit  li  buef  par 
arer,  et  lijument,  qui  faisoient  bons  poUlistre,  gras  pors  X  et  pec- 
coires  XXX;  et  de  toutes  ces  coses  non  pooit  avoir  senon  XXX^b€sant; 
et  autresi  prenmt  Robert  li  home  liquel  se  racJmtarent  de  pain  et  de 
vin.  ivi  9. 


—  206  — 

guerra  ^ ,  e  cagioni  della  sosta  erano  le  resistenze  de- 
gli indigeni  alle  loro  aggressioni ,  ed  il  sospetto  che  ai 
Greci  non  si  unisse  un  più  forte  nemico. 

Clemente  II  lascialo  Pontefice  da  Arrigo ,  era  morto 
poco  appresso  la  sua  elezione ,  dicesi  di  veleno  propina- 
togli dal  deposto  Benedetto  IX,  che  rioccupò  Roma.  M^ 
scacciato  dalla  fazione  Imperiale ,  gli  fu  sostituito  Pop- 
pone  Vescovo  di  Brixen ,  un  altro  Tedesco ,  che  assunse 
il  nome  di  Uamaso  II,  e  venuto  in  Italia  nel  luglio  1048 
mori  dopo  ventitre  giorni ,  spento  forse  nel  medesimo 
modo  del  suo  predecessore.  Fra  le  prepotenze  dei  nobili 
Romani ,  e  le  pretensioni  deir  Imperio ,  invilito  i  con- 
trastato, il  seggio  Pontificale  venne  infine  concesso  a 
Brunone  di  Toul  cugino  di  Arrigo ,  il  quale  menando 
seco  il  Monaco  Ildebrando  esule  in  Cluny,  fu  in  Roma 
consacrato  nel  febbraio  del  1049  col  nome  di  Leone  IX. 
Nel  marzo  dell'  anno  medesimo  il  nuovo  Pontefice  pel- 
legrinava devotamente  al  Gargano  ^  ;  poi  convocati  in 
Roma  ed  in  Pavia  Concilii  contro  i  Simoniaci ,  recavasi 
in  Germania,  a  concordarsi  intorno  ai  modi  di  restau- 
rare le  ragioni  delia  Chiesa  e  delT  Imperio  in  Italia.  Im- 
perocché i  possessi  ed  i  castelli  del  patrimonio  di  S.  Pie- 
tro nella  turbolenta  successione  dei  Papi ,  erano  stati 
distrutti  ed  usurpati;  T episcopato,  reso  baldanzoso  dalle 
feudali  investiture  degli  Imperatori,  si  era  sciolto  da 

>  Non  si  ricorda  altra  impresa  in  Puglia  in  questi  anni  fuorché  quel* 
la  oscuramente  ricordata  dall'  Ignoto.  Comprehenditur  Uerum  uno  Co* 
itello  de  monte  Gamo ,  ad  an,  40^/9, 

*  Questo  primo  viaggio  negato  dal  Pagi  c  dal  Muratori  è  provalo  dal 
DE  Meo  ad  an.  4049-50. 


—  207  — 

ogni  dipendenza  verso  la  sede  Romana;  il  clero  travolto 
dalla  simonia  e  dalla  lussuria ,  era  pieno  di  corruzione. 

La  ruina  del  dominio  Bizantino  in  Italia,  che  avrebbe 
potuto  favorire  l'estendìmento  dell'Imperio  Germanico 
a  mezzodì,  e. l'autorità  del  Pontefice  sulle  Chiese  sot- 
toposte al  Patriarca  Orientale  ,  non  era  però  senza  pe- 
ricolo; perchè  r occupazione  dei  Normanni,  minaccia- 
va al  Papa  ardimentosi  vicini ,  all'  Imperio  più  validi  op- 
positori ,  dove  i  loro  progressi  non  fossero  stati  circo- 
scritti. Se  mosso  da  sola  pietà  Leone  IX  venne  al  Gar- 
gano ,  questa  non  tolse,  ch'egli  scorgesse  gli  effetti  che 
potevano  derivare  dalla  guerra  che  intorno  vi  si  combat- 
teva. E  forse  sin  d'allora  gli  indigeni  invocarono  i  suoi 
aiuti  contro  «  gli  stranieri  divenuti  potenti  non  pel  nu- 
»  mero  e  la  virtù  loro,  ma  per  colpa  e  discordia  dei  po- 
»  poli  K  li  Egli  vide  i  Normanni  «  sforzarsi  con  la  vio- 
»  lenza  delle  armi  non  solamente  a  soggiogare  la  Puglia; 
»  ma  anche  le  circostanti  province.  Ed  a  conseguire  la 
»  contrastata  signoria ,  col  ferro  e  col  fuoco  devastare  i 
»  vigneti  e  le  messi,  impadronirsi  delle  città  con  cru- 
»  deli  inganni ,  o  con  audaci  assedii  ^ 

Queste  condizioni  e  quelle  universali  della  Chiesa  ^ 

'  In  eo  tempore  quo  Normanni  devastaDerunt  Apuliae  ^  et  non  sua 
fortitudine ,  sed  vUio  gerUis  suòdiderunt  terram  illam»  Chr.  Casavr* 
ad  an.  ^049. 

*  N<m  iolum  Apuliam ,  verum  etiam  adiacentes  quasque  provineiai 
beiHea  vi  sue  eonahatur  subdere  dietoni»  Quibtu  vero  wm  tam  faeUi 
dammare  poterai ,  harùm  wneas ,  ferro ,  messes  vero  igne  devasta* 
boni;  eivUates  quoque  natura  vel  dolo  crudeliter  captebatU ,  sive  etr* 
eumdare  vallo  audaeter  non  dubUabant,  ànon.  Vit,  Leon,  IX  ^  ap, 
Borgia. 


—  208  — 

indussero  il  Papa  a  recarsi  in  Alemagna  ;  ove  trovalo 
Arrigo  in  guerra  con  Goffredo  di  Lorena  e  Baldovino 
di  Fiandra,  s'interpose  per  pace,  e  presi  gli  opportuni 
concerti  tornò  in  Italia. 

Riprese  molte  tra  castella  e  terre  appartenenti  alla 
Romana  Chiesa  ^ ,  nel  giugno  del  1050 ,  Leone  entrato 
in  Benevento  prosciolse  la  città  dalla  scomunica  lancia* 
ta  da  Clemente  II ,  e  proseguì  suo  cammino  in  Puglia. 
»  Voleva,  dice  un  suo  biografo,  restaurarvi  la  cristiana 
»  religione  quasi  che  spenta,  e  concordare  gli  indigeni 
»  ed  i  Normanni,  accolti  già  dai  Principi  di  quelle  terre 
»  come  alleati  contro  gli  stranieri ,  fatti  ora  insoffribili 
»  ai  popoli,  spietati  tiranni,  e  devastatori  della  patria  ^ 

Il  Papa  raunò  un  Concilio  in  Siponlo,  del  quale  è 
danno  siano  periti  gli  alti ,  perchè  meglio  ne  sarebbero 
apparsi  i  disegni  che  si  venivano  maturando  nella  Curia 
Romana.  L*  esser  stato  intimato  in  città  ancora  sottopo- 
sta ai  Greci ,  farebbe  supporre  che  anche  questi  doves- 
sero partecipare  alla  pace  ed  agli  intenti  di  Leone  IX , 
nò  mancano  altri  indizi!  per  provarlo. 

Alla  ribellione  di  Tornicio  era  succeduta  in  Oriente 
una  minacciosa  guerra  co^  Turchi  ed  iPatzinacesi  che  du- 
ro lungamente^,  e  costretto  da.pericoli  più  vicini,  Co- 

'  Eodem  quoque  tempora  multa  sedis  Apostolica  pvaedia ,  m%dÌQqM 
castella  ;  vel  a  sui  praedecessoribus  injuste  tradita  ;  sive  a  confinalibus 
tirannis ,  seu  etiam  ab  estraneis  crudeliter  invasa  ac  possessa  in  hujus 
pristinum  ecclesie  non  sine  labore  redegit  ànon.  Vit,  Leo.  Post  Pascha 
...  ultra  Romam  progrediens  non  nullos  co  locorum  principes  et  civUa* 
tes  tam  siòi  quam  imperatori  iurejurando  subiecit.  IIebm.CoiNtr.  iC30. 

»  WiB.  Vit.  Leo. 

*  Cedr.  Il,  556 ^  e  seg. 


—  209  — 

stantino  Monomaco ,  aveva  trasandata  l' Italia ,  lascian- 
do che  i  Normanni  vi  si  estendessero ,  ed  alcune  città 
si  costituissero  autonome.  Ma  i  disegni  d'Arrigo  e  del 
Papa,  e  più  le  sollecitazioni  di  Argiro ,  rimasto  esule  da 
Bari ,  dopo  la  rivoluzione  che  V  aveva  posta  in  mano  dei 
suoi  avversarii,  lo  indussero  a  risollevare  la  cadente  sua 
dominazione  in  quelle  province.  Allora  Argiro ,  avendo 
ottenuto  d'essere  rinviato  in  Puglia  col  titolo  di  Maestro 
Vesti  e  Duca,  d'Italia,  Calabria,  Sicilia  e  Paflogonia  * , 
prima  che  il  Papa  riunisse  il  Concilio  di  Siponto ,  è  pro- 
babile che  si  recasse  in  Roma.  Un  documento  dello  stes- 
so anno,  porge  indizio  della  sua  dimora  in  Farfa  nel- 
la Sabina,  dove  fatti  splendidi  doni  al  Monastero  ,  ac- 
cettò d'  essere  iscritto  tra  i  confratelli  di  quel  Ceno- 
bio *.  Sarebbe  strano  supporre  che  la  sola  pietà  lo  muo- 
vesse a  visitare  quei  luoghi  propinqui  a  Roma,  allor- 
ché negoziati  ed  accordi  si  veggono  seguire  tra  la  Cor- 
te Greca  e  la  Papale,  ed  Argiro  adopcrarvisi  come  me- 
diatore. Le  perigliose  condizioni  dell'Imperio  Bizanti- 
no avevano  piegato  il  Monomaco  a  questi  trattati  ;  resi 
più  necessariì ,  quando  le  aspre  contese  rinnovate  tra 
le  due  Chiese ,  facevano  temere  che  Leone  s' unisse  ai 
Normanni. 

Dopo  Fozio ,  ninno  dei  Patriarchi  di  Costantinopoli  si 
era  proclamato  indipendente  dalla  Sede  Romana,  benché 

•  Argiro  MagUtei'  Vestis ,  et  Dux  ilaliae ,  Calabriae ,  SkUiae  et 
PapMagoniae  —  Docum.  VJ.  In  un  diploma  che  sarà  riferiio  in  pro- 
sieguo ,  olire  i  suddeui  tìtoli  prende  quelli  di  PapMagmiia  et  Tume- 
lina^  — 

*  Vedi  Documento  citalo. 

VCL.  I.  14 


—  ilo  — 

pretendendo  tulli  alla  supicuiazia  della  Chiesa  Orienta- 
le, se  ne  arrogassero  il  primalo,  e  cercassero  allargare  la 
propria  giurisdizione  nello  province  Italiane  dell' Impe- 
rio. Ma  il  Patriarca  Micliolo  Ceriilario  eletto  nel  1043, 
profittando  degli  scismi  e  degli  sconvolgimenti  che  tur- 
barono la  successione  dei  Pontefici ,  si  provò  a  rompere 
anche  i  legami  della  nominale  dipendenza.  Secondato 
da  Leone  Arcivescovo  d'Àcride  nella  Bulgaria,  da  Niceta 
Peltorato,  e  da  alcuni  altri  Vescovi,  tra  i  quali  fu  quello 
di  Trani,  apertamente  si  disgiunse  dalla  Romana  Chiesa, 
condannandola  come  eterodossa;  Ne  riprovò  le  dottrine 
inlorno  agli  azimi ,  al  cibarsi  di  carni  soffocate ,  al  di- 
giuno del  sabalo,  al  celibato  dei  preti,  ed  nlla  proces- 
sione del  filioque.  E  nelle  sottili  dispule  spaziandosi  l'in- 
gegno Greco,  violenti  scritture  furono  dipoUo  contro  il 
Papa  ed  il  Clero  Latino,  divulgate  in  Italia  dal  Vescovo 
Tranese,  che  in  premio  n'ebbe  il  titolo  d'Imperiale  Sin- 
cello.  Leone  IX  si  aftrpllò  a  snionliro  lo  accuse,  ed  in 
una  lunga  epistola  sostenne  V  ortodossia  della  Chiesa  di 
Occidente,  e  l'universale  primato  del  Papa  *,  avvaloran- 
do le  pretensioni  di  temporale  dominio  con  la  donazione 
di  Costantino^,  che  per  lunga  età  riinase  argomento 

'  Haec  quidem  calumnia  greco  sermone  edita ,  et  Joanni  Tranensi 
episcopi  in  suffellationem  omnium  latinorum  directa ,  cum  fuintt  Tror 
ni  exibita  fratri  Humberto  sanctae  Ecclesiac  Silvae  Candidae  Episco- 
po ,  in  latinum  est  traslatum  ejus  studio ,  atque  delata  domno  Papiu 
Leone  nono,.,.  Gloriosus  Apostolicus  libellum  composuU  lucuientim" 
mum.  WiB.  Vit.  Leon.  IX.  L.  il ,  §  9.  ap.  Watteric,  P(mt.  Rwm. 
Yitae.  LipsùA  1862. 

*  Ne  forte  de  terrena  ipsius  dominatione  aliquis  vobis  duMetaiit 
super sit  scnipulum...  ec.  T,  XIX ^  Voncilim'.  Ep.  I. 


—  2H  — 

prediletto  della  Curia ,  in  diretto  d' altro  più  leggiltimo. 
Ma  il  Gerulario  non  si  lasciò  persuadere  y  ed  i  teologi^ 
ci  furori  inasprirono  sempre  più'la  lotta,  insino  a  che 
dubitando  Costantino ,  che  il  Papa  s' appigliasse  ad  ar- 
mi più  temute  ^  a  quotarne  gli  sdegni  mandò  Argiro. 
E  verosimile  che  questi  offerisse  come  patto  d'un* al- 
leanza contro  gli  invasori,  la  sottomissione  delle  Chie- 
se di  Puglia;  onde  avvenne  il  Concilio  in  Siponto,  cit- 
tà greca,  ed  il  decreto  Papale  che  perla  prima  volta 
ordinò  in  quella  regione  il  pagamento  delle  decime  ec- 
clesiastiche ^ 

In  seguito  di  questi  primi  negoziati  Argiro  tornò  in 
Oriente ,  e  Leone  fu  in  Melfi  per  indurre  i  Normanni  ad 
una  tregua ,  e  rimuoverli  dalle  crudeli  molestie  verso  i 
soggetti,  e  dalle  rapine  contro  i  vicini  *.  La  guerra  venne 
sospesa;  e  quali  che  fossero  i  suoi  disegni,  il  Pontefice 
sul  finire  dell' autunno  si  recò  in  Vorraazia,  presso  T  Im- 
peratore Arrigo  ^. 

*  Dedmas  quoque  a  cunctis  dandas  ChristtanU,  quarum  nee  men- 
cio erat  apud  Apuliam,  et  per  quosdam  orbis  fines  ecclesiis  resti- 
tìiU.  WiB.  vU,  Leon,  IX  ap,  Watterich.  —  Et  comforta  lo  peuple 
qu'.U  doieni  donner  à  ecdnte  édize  li  primide  et  li  decime.  Ama- 
to ni ,  i5. 

•  Et  pui%  s-en  ala  à  Melfe  opponère  contro  li  fait  de  li  fortissime 
Nofmint^  et  tot,  provi  qu'U  se  demssent  partir  de  la  crudelUé  ^  et 
lais8ier  la  moleste  de  li  poure,,.  et  qu'U  soient  continent  et  caste  en- 
veri  lorvoixin  et  proaime.  Amato  UI,  16.  Parla  anche  di  un  Concìlio 
tenoto  dal  Papa  in  Salerno  m  il  fist  synode ,  e'  est  la  cmffrégation  de 
Solerne ,  et  trova  que  toutes  li  ordène  de  V  églize  estoient  toute  occu- 
pie  de  la  faùsse  symonie,  ivi  15,  Se  il  nome  della  ciilà  non  fu  leuo 
malamente  invece  di  Siponto. 

5  WiBER.  /.  e.  Erm.  Contr.  ad  an. 


iH2 

Queste  pratiche  del  Papa,  i  frequenti  viaggi,  il  so- 
spetto che  s'adoperasse  ad  una  lega  fra  Tedeschi  e  Gre- 
ci ,  deternfìinarono  i  Normanni  a  ravvicinarsi  a  Guaima- 
ro.  Prima  del  marzo  1048 ,  Rainulfo  II  d' Aversa  era 
morto  mentre  apparecchiavasi  ad  invadere  le  terre  di 
Montecasino ,  e  l'improvviso  malore  che  lo  spense  par- 
ve punizione  dei  malvagi  propositi  e  dell' infranto  giu- 
ramento ;  notando  i  frati  ad  esempio  dei  posteri ,  come 
più  che  centocinquanta  Normanni  in  due  anni  perissero 
a  vendetta  dei  sacri  luoghi  depredati  ^  Quel  che  avve- 
nisse in  Aversa  non  è  ben  certo  ;  la  vedova  Gaitelgriroa 
forse  ad  assecurare  il  governo  al  figliuolo  Ermanno  an- 
cora fanciullo,  fu  costretta  ad  associarvi  Guglielmo  con- 
giunto per  sangue  agli  Altavilla  ^;  e  l'usurpazione  non 

'  Dei  judido  mane  subita  moftte  necatus  reperUis  est.  Quo  facto 
tam  ingens  terror  JSormannos  pervasit ,  ut  alteìius  neque  tnvononif , 
neque  praedationis  giatia  venire  in  hanc  teiram  apponerent,  Denique 
ad  manifestam  huius  sancti  loci  vindictam ,  centum  et  quinquaginta 
eiusdem  cotnitis  Tsmtnannis  milites ,  intra  ipsum  ferme  biennium  di' 
versis  in  locis  diversa  morte  consumptis  sunt,  Leo  Ost.  II ,  73. 

*  Un  diploma  deU'  Archivio  di  S.  Biagio  d' Aversa  contiene  una  dona- 
zione di  Gaitelgrima  a  Dei  providentia  Comitissa  et  SeruUrix  »  per 
r  anima  di  Rodolfo  Seniori  mei  »  con  queste  note  :  Vomitante  D,  Qui- 
lielmo,  et  D.  Herimanno  in  castro  Aversae ,  quod  eU  finis  Liguriae, 
anno  1  die  XXI  mensis  Martii ,  Ind.  i.  Ed  è  sottoscritta  dal  Conte 
Guglielmo,  de  Meo  ad  an,  4047.  —  Il  titolo  di  Senatrice  si  trova  spes- 
so neUe  carte  di  Gaeta,  intorno  poi  a  Guglielmo  ò  notevole  una  va- 
riante che  si  legge  in  im  Codice  dell'  Ostiense  recata  da  Pertz  ;  in  essa 
dopo  Rainulfo  Tridinocte  sì  dice  :  Post  quem  Guillelmum  BeUabocca 
de  eognatùme  Tancredi  com.es  effectus  est.  Forse  egli  è  quello  stesso , 
che  ricorda  Amato  li,  39.  Un' antrc  briga  leva  cantre  Guaymère  Giti/- 
terme  Barbate ,  liquel  avoit  esté  norri  en  la  corte  de  lo  prince  auvee 


~  2*3  — 

consentita  dal  Principe  di  Salerno,  ebbe  effetto  nel  tem- 
po che  questi  era  in  guerra  con  Pandolfo  IV.  Ma  proba- 
bilmente non  fu  sofferta  in  pace  dagli  abitanti  di  Aversa; 
poiché  nel  febbraio  del  1050  venuto  a  morte  il  Principe 
Capuano,  Guglielmo  fu  espulso  S  o  Guaimaro  riprese 
autorità  in  Aversa ,  e  secondo  che  n*  era  stato  richiesto 
prescelse  a  Conte  Riccardo  fratello  d'Asclettino  il  Gio- 
vane, quello  stesso  cioè  che  Rainulfo  II  aveva  bandito. 
Trovavasi  allora  Riccardo  prigione  di  Drogone  per  una 
briga  che  lo  aveva  reso  suo  nemico ,  ma  Guaimaro  ot- 
tenne venisse  rilasciato,  e  seco  lo  condusse  in  Aver- 
sa, ove*  gli  conferì  l'investitura  del  contado  *. 

S9Z  fUz  ei  ce  fu  par  V  amoneslement  de  Pandulfe  et  s' endina  à  sa 
pourcté  et  entra  en  so  costei  de  Belvedére ,  et  faisoit  datnage  à  lo 
principat  de  Capue,  Ma  quesli  fatti  però  sembrano  anieriori  aUa  restau- 
razione di  Pandolfo  IV ,  e  non  s^  accordano  con  quello  che  dice  appresso 
il  Cronista ,  cioè  che  Drogone  venuto  in  difesa  di  Guaimaro  prendesse 
il  castello  di  Belvedere ,  e  Guglielmo  fuggito  presso  Argiro ,  fosse  ad 
inganno  inviato  in  Costantinopoli.  Àrgiro  tornò  in  Bari  nel  iOoi ,  ed  allo- 
ra anche  scrive  V  Ignoto  :  Argirus  comprehensit  Barbocca  ;  se  pure  le 
misteriose  parole  debbono  riferirsi  al  Normanno.  Cresce  la  confusione 
un  dipi,  dell*  Arch.  di  S.  Biagio  nel  quale  Guglielmo  Barboto  urius  de 
mUitibus  de  Aversa  fa  donazione  al  Monastero  Anno  ML  regn.  Yen, 
Viro ,  Henr.  tertius  Augusto ,  sub  ejus  tempus  jam  dim  anno  XX 
residente  gens  Normannorum  Liguriam  per  urbem  Aversam  anno  I V, 
cum  esset  in  comitatu  Herimanno  pueruh  et  1  an,  D.  Riccardi  Co- 
rniti ejus  avunculo.  de  Meo  1050.  Ma  le  forme  insolite  m*  inducono  a 
crederlo  apocrifo  ;  e  in  ogni  modo ,  non  può  dirsi  accertata  la  immedia- 
ta  successione  dei  Conti  d*  Aversa  dopo  Rainulfo  II. 

•  Deinde  Aversani  expulso  UlOj  Richardum  filium  Asdettini  ec.  Cosi 
continoa  la  variante  di  Leone  Ostiense. 

•  14  Normant  prièrent  la  bone  volonté  de  Guagmère  que  Richarl , 
loquil  il  avoieni  fait  conte  vivant  son  oncle  Raynulfe  ^  U  kr  demt 


—  214  — 

Maggiori  mutazioni  si  preparavano  in  questo  mentre 
nella  Dieta  raunata  in  Vormazia  nel  decembre  del  1050. 
Leone  IX  era  venuto  a  discutervi  le  offerte  dei  Greci , 
i  progressi  dei  Normanni ,  la  necessità  d' invigorire  per 
mezzo  della  Romana  Chiesa  la  supremazia  deir  Imperio 
Alemanno  nell'Italia  meridionale.  Si  rinnovarono  quin- 
di gli  antichi  disegni  sopra  Benevento ,  e  pegno  di  con- 
cordia fra  le  due  potestà  a  comuni  intenti,  fu  prescelto 
quel  Principato.  Il  Papa  rinunziando  ai  diritti  che  van- 
tava  suir Abazia  di  Fulda,  sulla  Chiesa  Episcopale  di 
Bamberga,  e  sopra  altri  luoghi  donati  innanzi  quel  tem-< 
pò  a  S.  Pietro ,  ne  ottenne  Tallo  dominio  *.  Se  giusta  o 
ingiusta  la  permuta,  è  vano  discutere ,  altra  era  la  ra* 
gione  dei  tempi ,  e  supremo  signore  della  penisola  osti* 
masi  Arrigo;  ma  fra  le  pretensioni  degli  Imperatori  Te- 
deschi e  Bizantini  i  Principi  Longobardi  si  reputavano 
anch'essi  indipendenti;  e  sebbene  ora  a  questi  ora  a 
quelli  facessero  omaggio,  una  signoria  più  vicina  e  di- 
retta ,  come  quella  del  Papa ,  mutava  la  vaga  obbedien- 

donner...  Et  Ricchart  se  humUia  à  la  fidelUé  de  lo  prince.  Amato  lU, 
12.  Non  parla  di  Ermanno  del  quale  non  si  à  altra  memoria ,  fuorché 
quella  del  preteso  diploma  del  1050.  —  V  Ostiense  aggiunge  che  allora 
a  Riccardo:  etiam  Drogo  sororem  suam  coniunxercU.  JI^  68.  Quindi 
dovrebbe  dirsi  morta  la  prima  moglie. 

'  Imperator  cum  D.  Papa,  multisque  Episcopis ^  et  prineipQms 
Natakm  Domini  Wormatiae  egit ,  ubi  eum  Papa  neut  dudum  eoepe- 
rat,  Fuldensem  AbbaUiam,  aliaque  wmntUla  loca,  et  Coenobia,  quae 
B.  Petro  antiquitus  donata  feruntur ,  ab  Imperatore  repo»cen$  esse- 
gisset ,  demum  Imperator  pleraque  in  ultra  Romanis  partibus  ad  smim 
jus  pertinentia  prò  Cisalpinis  UH ,  quasi  per  concambium  tradUU. 
Erm.  Contr.  Vicariationis  gratta  Benevenlum  ab  Henrico  reeipient , 
Episcopium  Bambergense  sub  ejus  ditione  remisU.  Leo  Ost.  II.  79. 


—  2 15  — 

za  in  insolito  vassallaggio,  che  non  erano  disposli  a 
sopportare. 

Quindi  allorché  nel  1051  Leone  IX ,  tornato  in  Uo- 
ina ,  venne  dopo  la  Pasqua  '  in  Capua  ed  inviò  suoi  le- 
gati in  Benevento  ,  per  ricevere  il  giuramento  di  fe- 
deltà, opponendosi  Pandolfo  III  e  Landolfo  V  silo  fi- 
glio ,  si  respinsero  con  ingiurie  i  suoi  messi ,  e  fu  la  cit- 
tà nuovamente  scomunicata  *.  Il  Papa  continuò  il  viag- 
gio in  Puglia,  e  risoluto  di  far  valere  i  suoi  dritti  vi  ri- 
prese altri  negoziati.  Non  ostante  le  promesse  di  Costan- 
tino Monomaco,  Gerulario  rimaneva  ostinato  nello  scis- 
ma ,  e  rifiutando  comunicare  co' Latini  aveva  anatemiz- 
zato  lo  stesso  Argiro  che  s'adoperava  a  persuaderlo  ^. 
Per  la  qual  cosa  il  Papa ,  o  volesse  intimidire  i  Greci , 
0  giudicando  che  maggiore  utilità  gli  sarebbe  venula 
rendendosi  devoti  i  Normanni,  lasciò  piegarsi  a  trattare 
con  essi,  indotto  anche  dalla  resistenza  dei  Beneventa- 
ni. Alinardo  Abate  di  S.  Benigno,  che  aveva  condotto 
seco  d'oltre  Alpe,  uomo  sapiente  e  sporto  in  diverso 
lingue,  fu  prescelto  mediatore  presso  il  Conte  di  Pu- 
glia *.  E  questi  colta  volentieri  queir  occasiono ,  per  al- 

■  Leo  Ost.  /.  e. 

*  Leo  Ost.  Beneventum  Papae  Leoni  concedUur ,  propter  quod  plu- 
rima dUMia  cammisfa  sunt.  Ann.  S.  Som.  4050.  Leo  Papa  misU 
Legqtot  $uot  Benevento  qui  aeceperunt  scaccum  mattum.  ivi  1051. 

*  lUe  enim  per  se  manifestabaìU  ,  quae  Argyrus  Megalopolim  cum 
veniuei  frequenter  noitrae  insusurrabat  humUUcUe  ^  precipue  de  fermen- 
tato.  Quampropter  non  solum  semd ,  sed  bis  et  tertio  et  saepius  a  no- 
ìris  ^ectus  fuiJt  a  sacra  comunione.  Epist,  Mich.  Cerul.  a4  Pet.  Epis. 
Anih.  Barom.  ad  an.  4054,  f.  28. 

4  Ut  abUatores  terras  illius ,  si  posset  aliquo  ttwdo  retevaret  ub  op' 


—  216  — 

lontanare  i  pericoli  che  si  minacciavano,  promettendo 
(li  rimanere  obbediente  a  Leone ,  insieme  agli  altri  fe- 
ce sacramento  che  in  ogni  tempo  pronti  ai  suoi  servigi , 
andrebbero  anche  oltre  mare,  se  così  gli  piacesse  *.  Del- 
le quali  profferte  sembra  che  subito  si  giovasse  Leone 
per  costringere  i  Beneventani  a  sottomettersi;  perché 
avendo  fatte  i  Normanni  delle  correrie  in  loro  danno  , 
i  cittadini  gli  inviarono  ambasciatori  dichiarandosi  di- 
sposti a  riceverlo  come  signore  '. 

Ricevuti  i  messaggi  vennero  in  nome  del  Papa,  il  Pa- 
triarca d'Aquileia,  ed  il  Cardinale  Umberto,  i  quali  ot- 
tenuto il  giuramento  dal  popolo,  condussero  in  Roma 
venti  ostaggi  tra  nobili  e  buoni  uomini ,  ed  essendo  già 
slati  discacciati  i  due  Principi  ed  i  loro  Sculdasci,  nel 

pressiones ,  qua  nimium  eraìU  gravati  a  Normannos.  Et  quia  domnu$ 
presul  Ualinardus  prepotens  erat  in  verbis ,  et  ad  madendum  quod- 
libct  lingua  mfficiébat  propter  hoc  ut  mediator  et  legatus  paci$  ifUer 
praedictos  Normannos  et  ipsum  esset  domnus  Apostdicus ,  secum  duxU 
€um,  Chr.  S.  Benìgn.  Divion.  Pertz  Scrip,   VIL 

■  llli  autem  sdita  caUiditate  mi  ac  perfidia  praesentibm  ejus  lega- 
ti$  quicquid  ipse  vellet  se  facluros  esse  promittebant,...  GaUi  ouUm 
subddi  quod  antea  ipsius  promiserunt  nuntiis ,  nunc  cum  juramenlo 
promittebant  ei  dicentes ,  se  quicquid  ipse  vellet  se  esse  facturos  etiam- 
si  juberet  ultremare  sine  more  profecturos.  Anon.   Vit,  Leo, 

•  Nortmannorum  fortissima  getis  Bemventum  invadere  temptavU , 
et  propter  nimio  timore  perterriti ,  ad  Leonem  Beneventani  aeces- 
serunt  ut  ejus  defensionem  et  auxilium  merereniur  habere  ,  unde 
factum  est  quod  per  offertionis  cluirtulam  Beneventum  B,  Petra  et 
Apostdicae  sedis  tradentes.  Card.  Aragon.  VU.  Leon.  IX,  —  Inierea 
Normannorum  gens  Beneventanos  invadit.  Qua  tempestate  Beneven* 
funi  compulsi,  Romam  tcndunt  Beneventumque  per  cartulam  offer- 
tionis Beato  Petro  tradentes,  Bonizo  ,  Episcop.  Sutrcn,  IJb.  V ,  ap, 
"VVatterich, 


—  2i7  — 

cinque  luglio  Leone  entrò  in  Benevento  ^  In  tal  modo 
ebbe  fine  la  signoria  dei  Longobardi  in  quella  città  , 
prima  sede  del  loro  dominio  e  centro  di  nobilissimo 
Principato ,  che  si  era  esteso  a  tanta  parte  del  mezzodì , 
ed  ora  cadeva  ignobilmente  senza  alcuna  difesa.  Ma 
grande  mutazione  era  avvenuta  dal  tempo  della  prima 
conquista,  e  ìa  stirpe  vincitrice  commista  all'  indigena  , 
•  cedeva  innanzi  alla  prevalenza  di  questa;  cosi  che  non 
senza  meraviglia  si  vedrà  sorgere  attraverso  le  perdura- 
te istituzioni  Longobarde,  uno  dei  primi  Comuni  Italiani 
in  Benevento. 

La  soggezione  di  quella  città  divenne  poi  V  acquisto 
più  grande  che  facesse  il  Papato  dal  tempo  di  Garloma- 
gno;  perchè  tra  tutte  le  concessioni  vere  e  supposte, 
fu  la  più  durevole,  e  per  cagione  di  essa  si  trovarono  i 
PonteOci  allora  e  dopo  involti  in  tutti  i  rivolgimenti 
del  mezzodì. 

Preso  quel  dominio,  il  Papa  in  più  solenne  accordo 
&ì  pacificò  con  Drogone  e  Guaimaro ,  dando  fede  i  Nor- 
manni che  non  si  allargherebbero  fuori  le  terre  già  ac- 
quistate ,  e  veglierebbero  a  difesa  del  patrimonio  della 
Chiesa  ;  alla  quale  non  è  improbabile  che  alcuni  tra 
essi  prestassero  omaggio  per  quelle  terre  che  prima  ave- 
vano fatto  parte  del  Principato  *. 

•  Chr.  S.  Soph.  op.  Borgia.  Cui  praefatus  princeps  obedire  ììoIuU  , 
ideo  Beneventani  expulerunt  eum  ab  urbe  eum  sculdays  suis,  Ann, 
S.  Soph.  Et  quant  cil  de  Bonivent  airent  tant  de  perfection  et  de  san- 
etiti  en  lo  pape ,  chacerent  lo  prince ,  et  soumistrent  wi  (Ula  fiddiié 
9oe,  AiATO  ni,  17. 

*  Domnus  Pp..,.  Vii!  die  intranle  mente  Augusto  idt  Salernum, 
Chr.  S.  Soph.  ap,  Borg.  Guaimère  et  li  NormaiU  qui  furent  elamès  viu- 


—  218  ~ 

Questi  Irattati,  cosi  opposti  alle  prime  speranze  che 
s*  erano  destate  nell'  animo  degli  indigeni ,  ed  intesi  più 
ad  assecurare  la  dominazione  Pontificale ,  che  a  tutelare 
i  popoli  dalle  gravi  oppressioni,  increbbero  fortemente 
ai  Pugliesi.  Nel  marzo  del  medesimo  arino  Arglro,  fre- 
giato dei  nuovi  titoli,  e  recando  molto  danaro*,  era 
approdato  ad  Otranto  onde  restaurare  il  proprio  potere 
sotto  il  patrocinio  dell' Imperatore.  Ma  accostatosi  a  Bari, . 
la  fazione  a  lui  avversa  non  volle  riceverlo;  e  venuti  per- 
ciò ad  aperta  guerra,  Adralisto  Pietro  e  Romualdo  fratel- 
li ,  ed  i  suoi  fautori ,  la  città  partita  fu  piena  di  confusio- 
ne e  di  sangue.  Melo  Melopezzo  e  Libono  furono  uccisi 
come  partegiani  d'Argiro,  e  questi,  prevalso  nell'apri- 
le ,  ne  vendicò  con  altre  stragi  la  morte.  Adralisto  fuggi 
presso  Umfredo ,  fratello  di  Drogone ,  la  moglie  ed  il 
figliuolo  caddero  in  mano  ai  nemici,  e  le  case  furono 
bruciate.  Romualdo,  Pietro,  ed  altri,  rimasti  anch'essi 
prigioni,  furono  inviati  in  Costantinopoli,  e  nuovi  incen- 
dii  nel  porto  o  nella  città  consumarono  alcune  navi ,  e 
le  abitazioni  degli  Ebrei  ^.  Allora  l'autorità  d'Argiro  fu 

dreni  à  BaniveìU  et  servirmi  fidèlement  à  lo  Pape,  Et  proia  lo  Pape 
Guaimère  et  Drogo  qìC  il  doient  deffendre  la  cité ,  et  les  enforma  qu'  U 
doient  ordener  que  cU  de  la  cité  iu>n  soient  greve  ne  afiU.  Drogo  prò- 
mei  de  (aire  ce  que  le  pape  a  comande ,  et  à  ce  qu*  U  aie  remUmn 
de  ses  pechiez  promette  à  combattre  pour  la  defension  de  la  cité.  Ama- 
to, ni,  17. 

'  Venit  Argiro  fnagistri  tdronto ,  mense  martio  cum  tfiesauro  ^  et 
dona ,  et  honores  a  Monomacho  Imp,  Ign.  1051. 

*  Et  nm  receperunt  itlum  Adralistus  et  Romuaidus  cum  Petrus 
fjus  germano,  Sed  nmi  post  muUum  tempus  Barenses  receperunt  i^tiMi 
mie  voluntate  Adralisti  et  alioì-um»  Sed  Adralistus  fugiit,  Luh)  1051. 


—  i<9  ^ 

dovunque  riconosciuta;  eccettochè  nei  luoghi  occupati 
dai  Normanni,  dei  quali  tentò  per  altre  vie  assecurarsi. 
Confidando  nell*  indole  avara  ed  ardimentosa ,  offerse 
prima  ricchezze  ed  onori  per  indurli  a  militare  al  soldo 
deli'  Imperatore  in  Oriente  ,  dove  altri  di  lor  gente 
combattevano  ;  ma  respinte  le  sue  offerte  * ,  per  di- 
speralo consiglio  tramò  di  abbatterli  con  la  forza  e 
r  inganno. 

La  condizione  delle  terre  che  si  trovavano  sottoposte 
ai  Normanni  è  descritta  dai  Cronisti  come  infelicissima. 
Finché  erano  rimasti  alleati  d' Argiroi  principali  tra  essi, 
s'erano  fatte  soltanto  tributarie  alcune  città;  ma  dopo  le 
prime  investiture  di  Guaimario  il  loro  dominio  esten- 
dendosi s'era  aggravato.  Quelli  che  prevalevano  per  na- 
scita e  per  audacia ,  preso  il  titolo  di  Conte ,  raccolti 
intorno  ad  essi  un  numero  di  militi,  e  di  venturieri, 
tentavano  acquisti  con  la  violenza  e  1'  astuzia.  Nello 
città,  0  sopra  i  monti  più  alpestri  fabbricato  un  castel- 
lo *,  depredavano  i  vicini,  imponevano  taglie  e  collette. 

Et  in  mense  aprilis  entravU  in  Bari,  Et  ocdsus  est  Mei  Malacapez- 
sa  et  lÀboni,  et  xcUavU  ipse  Judeam  ^  et  dominum  (  Adralistum?  ) 
fugOt  foras  dvitatem  ad  Umfreda  Cmrnte ,  et  comprehensa  est  Rodia 
uxor  sua  et  fiUus ,  et  Romualdo  et  Petro  fratre  ejus  et  aliis ,  misU- 
que  Ulos  thektndiis  et  direxU  Costantimpolim.  Et  Argiiro  comprendens 
Barboeea...  Ign.  ad  an, 

'  Audit  enim  quia  gens  Monnannica  prona 

Est  ad  avaritiam ,  ec.  Guill.  àpp.  II. 

LMmporo  Greco  era  in  guerra  coi  Turchi  ed  i  Patzinacesì,  coniro  i 
quali  già  combaitevano  alU'i  Normanni  ,  cioè  Enreo  ed  i  Maniacali. 

*  Qui  omnia  sihi  dkipientes  castella  ex  viUis  aedificare  coeperunt, 
CfiR.  VoLTORK.  L.  IL  Lo  stesso  fecero  poi  in  Inghilterra  :  Aedificave- 
runt  castella  passim  per  hanc  regionem  et  miser  poptdus  vexatus  est 


—  220  — 

La  supremazia  dei  due  Conti  maggiori,  d'Aversa  e  di 
Puglia ,  e  quella  di  Guaimaro,  più  apparente  che  reale, 
circoscrìtta  in  alcuni  obblighi ,  mantenuta  dai  comnni 
interessi  soltanto,  non  valeva  ad  infrenare  le  individua- 
li rapine.  Ciascuno  potendo  allargare  i  suoi  domimi  ed 
accrescere  le  sue  ricchezze ,  quanto  ne  aveva  la  forza  , 
guerreggiava,  depredava,  soggiogava  per  proprio  conto. 
»  Crescendo  ogni  dì  in  numero,  allettati  ad  accorrere 
»  dalla  fertile  terra,  con  assalti ,  con  ingiusta  tirannide 
»  gli  indigeni  opprimevano,  castella,  terre,  città,  case, 
»  le  mogli  istesse  ai  leggittimi  possessori  rapivano  a  lor 
1»  libito ,  i  beni  delle  Chiese  disertavano.  Infine  sempre 
»  più  prepotendo ,  ogni  umana  e  divina  cosa  confonde- 
»  vano ,  né  al  Papa ,  né  air  Imperatore  se  non  appena 
»  con  fallaci  dimostranze  cedevano  *.  » 

Un  documento ,  posteriore  di  alcuni  anni ,  enumera 
le  gravezze  più  consuete  che  essi  solevano  imporre,  cioè 
prestazioni  in  danaro,  saluti,  angarie,  terratico,  erba- 
tico, carnatico  ,  calendatico,  collette  sul  vino  e  sulTo- 
lio ,  rilievo,  ed  altri  balzelli  ^.  Avevano  i  popoli  sperato 

rt  semper  deineeps  dHerìu$  factum  est  valde.  Chr.  Saxon.  frag.  sub 
an,  4066.  Thierry  p.  25.  T.  11. 

•  Fostea  vero  pluribus  eorum  ab  uberem  terram  aecurreniibus  adau- 
eli ,  ipsos  indegelos  bello  premere ,  iniu$tum  dominalum  invadere ,  Aoe- 
redibus  legitimis ,  castella  ,  praedia  ,  vUlas  domos ,  uxores  eiiam , 
quibus  libttit ,  rt  auferre ,  res  Ecdesiarum  diripere  ;  postrema  diviM 
et  humana,  omnia,  proìtt  viribus  plus  poterant ,  jura  confutidere, 
nec  jam  Apostolico  Fonti fici ,  nec  ipsi  Imperatori ,  nisi  tantum  verbo 
tenus  cedere  Heiman.  Co.ttr.  —  Aiciolf.  Mil.  L.  HI ,  e.  5. 

*  Un  diploma  di  Ruggiero  concesso  ai  Beneventani  nel  .  1157  dice: 
rondonamus  vobis  ea  omnia,  quae  no$ ,  et  praedecessores  nostri  Xor- 
mandi  circa  Beneventanam  Civitatem  habuemnt ,   fidantias  steseti- 


—  221  — 

nella  mediazione  del  Papa,  e  questi  nelle  promesse  di 
più  umano  governo;  ma  stabilito  appena  il  vicendevole 
accordo  si  rinnovarono  ed  accrebbero  le  molestie  ,  e 
quindi  più  grandi  lamenti  ne  mossero  gli  oppressi ,  ac-* 
cusando  il  Pontefice  di  averli  traditi  *.  Poiché  allonta- 
natosi Leone  IX  continuarono  le  depredazioni  e  le  ingiu- 
rie, e  si  ripresero  le  correrie  contro  i  Beneventani,  non 
ostante  la  fede  data.  Gli  stessi  familiari  del  Papa  non 
furono  sicuri,  e  Giovanni  Abate  Fiscanense  suo  legato 
preso  e  spogliato  di  tutto,  descrisse  in  una  lettera ,  che 
ancora  rimane ,  gli  oltraggi  che  stranieri  ed  indigeni 
erano  costretti  a  soffrire  per  opera  dei  Normanni  ^. 
Sdegnato  perciò  Leone  se  ne  querelò  con  Guaimaro  mi- 
nacciando ricorrere  a  più  validi  mezzi  per  deprimerli , 
e  poiché  il  Principe  di  Salerno  scusava  Drogone ,  dicen- 
dolo ignaro  dei  danni  arrecati,  furono  a  lui  inviati  mes- 
si a  richiamarsene  ;  ma  noi  trovarono  più  vivo  ^. 

piai  y  viddieei  denariorum  redditus  ^  salutes ,  angariai ,  teiratieum , 
herbatieum^  eamatieum^  kalendatieum  y  vtntim,  divas ,  relevium , 
postremo  onmes  alias  exactiones  tam  Ecdesiarum^  quam  Civium.  cc^ 
Falc.  Bbmev.  Chr.  ad  on. 

'  Sed  adhue  vix  Uh  pervenerunt  cum  diversarum ,  circumquaque 
provineiaTum  festinantes  legali  retro  damabant  dicentes:  Heu  quid 
egisti  papa?  Heu  quid  egisti?  si  jure  papa  dici  potes  qui  nos  nefan- 
da traditione  tradidistL  Ecce  inquiunt  Normanni  peiaies  prioribus  ef* 
feeti  ;  omnia  distraunl ,  omnia  diripiunt ,  locorum  desolatio  advenit 
fioKf,  urbes  munUae  vix  defendebantur  muris^  una  misera  more  im* 
minet  cunetis,  Quis  ergo  dubitet  hec  omne  te  consUianle ,  te  (adente^ 
peiora  nobis  advenisse  ?  Nam  ante  tuum  adventum  quoquo  modo  viveòa- 
mu;  nunc  autem  inimicis  ad  devorandum  dati  sumus.  Anon.  Vit,  Leo» 

•  V.  Docum.  VII. 

^  Mès  qu€  H  Pìormant  non  se  porent  si  dèlogier  coment  li  auti*e  geni 


—  222  — 

Il  pilopno  d'Argipo,  aveva  risollevato  T  animo  dei  Pu- 
gliesi incitandoli  alla  riscossa  contpo  i  Nopmanni,  ed 
il  tìmope  d'una  più  fiepa  sepvitù  cancellando  le  pìoop* 
danze  della  tipannide  Bizantina ,  sospingevali  a  pipoppe 
ogni  spepanza  nel  Catapano.  Gli  odii  concitati  dalle 
suggestioni  dei  Greci  s' infiammapono  pep  V  abbandono 
del  Papa ,  e  nel  silenzio  si  venne  tpamando  una  vasta 
congiupa  a  onde  assalipe  e  spegnepe  in  un  di  tutti  i 
Nopmanni  che  epano  in  Puglia  ^  »  Fu  designato  il  17 
agosto  1051  pep  insopgepe ,  e  molte  città  si  pibellapono 
scacciando  gli  stpaniepi,  ed  uccidendoli  ^;  ma  solamen- 
te di  Dpogone  si  conosce  il  modo  come  venne  spento. 
Tpqvavasi  egli  in  un  castello  del  contado  di  Bovino  det- 
to Monteilapo  ^ ,  dóve  festeggiava  con  digiuni  ed  elemo- 

restreindiL  Ceux  qui  sont  entor  de  B(miveiiU  assaillirerU  de  baiaiUim 
caus  de  Bonivent ,  et  la  rumor  en  va  V  oreille  de  lo  pape  comerU  lo 
proìnUsion  de  lo  conte  estoit  cassie.  Et  lo  pape,,,  dist,  Je  troverai  wÀe 
comment  sera  deffendue  la  cité  et  abatue  la  superbe  de  li  Namamt, 
Guaymère  deffent  Drogo ,  ec.  Amato  HI ,  18. 

'  Longobardi  igitur  Apulienses ,  genus  semper  perfidissimum ,  tra- 
ditione  per  universam  Apuliam  silenter  ordinata ,  ut  omnes  Namum' 
ni  una  die  occidererUur,  Malat.  1 ,  13.  Longobardorum  multi ,  quia 
semper  in  omtie  regione  malorum,  quam  bonorum  maiorem  costat  nu- 
merum  esse ,  virtutibus  et  prosperitati  Normannorum  invideniés ,  in 
pemiciem  pluriòus  locis  per  Apuliam  occulte  conjurarunt,  Anon.  Sic. 
p.  725. 

*  Sed  per  diversa  Apulia  loca  plures  hae  traditione  occumbuerunt, 
Malat.  ivi.  VigUias  beati  Laurenlii  IV  Idus  Augusti,  Guill.  Gemm. 
Vn,  30.  Agosto,  RoM.  &ALER,  e  Chr.  S.  Soph.  Borg. 

5  Montisolei ,  Malat.  ivi.  Montolio ,  Anon.  Sic.  Mont-Alégre ,  Amato 
ni ,  22.  M&M  Ilari ,  Lupo  ed  Ign.  Altri  Montillara  e  Montella,  l\  ve- 
ro nome  è  Monte  llaro,  nella  Diocesi  di  Bovino,  che  in  seguilo  fu  feu- 
do del  Conte  di  Loritello. 


—  Sga- 
sine la  vigilia  di  S.  Lorenzo  Martire ,  e  nella  notte ,  se- 
condo la  pia  usanza ,  levatosi  per  orare  nella  Chiesa 
vi  discese  accompagnato  da  pochi.  Ma  il  Pugliese  Riso 
suo  compare,  ed  altri  congiurati,  lo  avevano  precedu- 
to nascondendosi  nelle  buie  navate  del  tempio,  d*onde 
usciti  improvvisamente  fugali  o  spenti  gli  inermi  segua- 
ci ,  quasi  olocausto  di  nazionale  vendetta,  io  trucidaro- 
no innanzi  l'altare  ^ 

Tre  anni  in  circa  tenne  Drogone  il  titolo  di  Conte  di 
Puglia  ed  «  uomo  egregio ,  pio ,  valoroso ,  e  caro  a  tutti 
per  la  mansuetudine  e  1a  giustizia  »  lo  dicono  i  Croni- 
sti ,  lodando  la  fedeltà  sua  verso  Guaimaro  ^  Ma  il  de- 

'  Et  Drogo  rechut  cdlui  jor  mouU  sdlempnement  à  V  onor  de  mU* 
Hre  Saint  Laurens  martyr ,  et  furent  appareUliez  les  dtozes  necessaU 
9er  pour  li  powre.  Et  la  nuit  se  leva  Drogo  pour  aler  à  la  vigile ,  et 
à  ce  que  sa  dévotion  non  fust  revelée  ne  dite ,  ala  tout  seni  à  l*égli* 
u^  et  V  apostèrent  ses  animis.  Amato  HI ,  22.  Risus  compater  et  sa* 
cramentis  foederatus  ^  post  janua  latens  foedere  rupto,  ferro  eum  sU' 
scepit ,  qui  cum  pluribus  suorum  pauds  aufugientibus  occisus  est. 
Malat.  L  c.  àmon.  Sic.  Lupo  in  luogo  di  Riso  pone  un  Concilio ,  ed 
aluri:  Quem  Wazo  Neapolitano,  comes  compater  ejus,,,  coram  Altari 
Jkum  et  Sanctum  Laurentiam  invoeantem  tmcidavit,  Gvill.  Gemm. 
VJI,  30.  Così  anche  la  Chr.  S.  Bemoit.-—  Ord,  Vit.  fa  da  Roberto  ricor' 
dare  ai  suoi  fra  le  altre  imprese:  Vazsonem  Neapolitanum  comUem,,»  me 
duce  per  Dei  juramen  superastis.  E  forse  in  realià  anche  i  Napoletani 
parteciparono  alla  congiura. 

•  Fuit  vir  egregius,  pius,  strenuus,  atque  famosus ,  propter  animi 
mansuetudinem  et  justitiae  servatam  aequitatem  a  cunctis  est  dile» 
ctttf.  RoM.  Sal.  an.  10Ò4.  Et  lo  conte  Drogo  avoit  tant  de  dévotion 
et  fidelità  ina  lo  prince  ^  que  moult  de  foiz  Guaymère  lui  faisoit  con* 
traire  et  jamaù  non  pooit  esmoir  Drogo  ec.  Amato  H  ,  55.  —  Il  M\^ 
BiLLOM,  rUcBELLi  ed  altri  recarono  il  preteso  diploma  di  una  dona* 
zione  fatta   da  Drogone  nel  1054  al  Monistero  di  Venosa,  il  quale  in« 


—  224  ^ 

bole  governo  non  affrenando  la  cupidigia  dei  Normanni, 
la  singolare  pietà,  vinta  dalla  comune  ferocia,  non 
valse  a  salvarlo  dalla  nìorte  infelice. 


comincia  cosi  :  Anno  salutifirae  Ine,  MLl  V  Jnd,   VI ,  Ego  Ihogo  V 
Prov,  Dux  et  MagUter  Italiae,  Camesque  Normannorum  totius  Afi» 
ìiae ,  atque  Calabriae  ce.;  ma  è  smentito  dal  de  Meo,  e  basta  leggerl^^ 
per  scorgerne  T  impostura. 


CAPITOLO  X. 


Quantunque  non  mancassero  ragioni  di  discordia  fra 
il  Papa  ed  i  Normanni ,  niente  lascia  credere  eh'  egli 
avesse  avuta  diretta  partecipazione  alla  congiura ,  vuoi- 
si anzi ,  che  udita  la  morte  di  Drogone  pregasse  per  lui 
impetrandogli  perdono  dei  peccali  ^  Ma  insorti  i  Puglie- 
si Leone  non  poteva  rimanersi  inerte  spettatore  di  una 
lotta,  combattuta  in  tanta  vicinità  di  Benevento,  e  nei 
possibili  effetti  intimamente  congiunta  agli  interessi  del- 
la Chiesa  Apostolica. 

Sin  dai  primordii  del  suo  Pontificato  due  partiti  si 
erano  venuti  formando  nella  Curia  Romana,  l'uno  Te- 
desco, l'altro  Italiano.  Il  primo  sosteneva  la  dipendenza 
dall'Imperatore,  e  voleva  riformata  la  Chiesa,  ma  sen- 
za menomare  i  diritti  della  dominazione  Alemanna  in 
Italia.  Memore  dell'antica  rivalità  tra  l'Imperio  Germa- 
nico ed  il  Greco,  non  vedeva  con  grande  avversione  i  suc- 
cessi dei  Normanni,  che  n'avevano  limitata  la  potenza 
^  miravano  a  distruggerla;  e  sperava  che  le  investiture 
ricevute  basterebbero  a  fare  dei  conquistatori  altrettanti 
vassalli.  Leone  IX  Tedesco  per  nascita,  congiunto  d'Ar- 


—  226  — 

rigo,  grato  a  lui  dell' acquisto  di  Benovoiito,  diffidente 
come  tutti  i  Papi  dell' linpcrio  Bizantino,  benché  dap? 
prima  si  fosse  mostrato  inchinevole  ad  un' alleanza^ con- 
tro ì  Normanni,  si  era  poi  pacificato  con  essi  e^&ftifna- 
po.  L'altra  fazione  Italiana  che  lo  circoodàva  diveàivd 
però  ogni  giorno  più  prevalente ,  sostenuta  dal  mooaco 
Ildebrando,  nato  in  Toscana,  discepolo  e  compag^oò  di 
Gregorio  VI  nell'esilio;  e  da* Federico  di  Lorena^  Can*- 
ceiliere  e  Bibliotecario  Apostolico  *,  fratello  al  Duca 
Guelfo  fiero  nemico  d'Arrigo.  Diversi  d'indole  e  di  pa- 
tria, questi  due  uomini  singolari,  si  trovarono  concowli 
nello  scopo  di  esaltare 41  Papato,  l'uno  per  odio  eontro 
l'Imperatore,  l'altro  [)ei*  compiere  la  riforma  religiosa. 
Dopo  che  i  Concilii  contro  i  Simoniaci  ed  i  Goocu&in^ 
rii,  avevano  mostrato  generarsi  l'universale  corruttela 
da  più  profonda  radice ,  nei  silenzii  del  chiostro  cornine 
ciò  a' meditarsi  il  rinnovamento  doir  ecclesiastica  disci- 
plina, che  doveva  sottrarre  il  Papa  air  Imperio,  i  Ve- 
scovi alle  laicali  investiture ,  e  costituire  V  unità  gerar- 
chica della  Chiesa.  Ma  i  fautori  delle  nuove  dottrine  ^ 
sospingendo  Leone  IX  in  mezzo  ai  rivolgimenti  politici 
della  penisola,  dissentivano  dai  Tedeschi  negli  ultimi 
intenti  e  nei  mezzi.  Per  essi  la  distruzione  del  dominio 
Bizantino  toglieva  queir  equilibrio  che  avrebbe  potuto 
sostenere  i  Papi  tra  i  due  Imperii  ;  e  non  scorgendo  an- 
cora nei  Normanni  la  forza  da  contrapporre  alla  preva- 
lenza Alemanna,  grandi  vantaggi  s'aspettavano  amicando 

'  In  una  bolla  è  deUo:  Diaconi  Sanctae  Boni,  Eccl.  Bibliothecarii 
vice  domini  Herimanni  Arcicanceltarii  et  Coìoniensi  Archiepiscopi,  C«r. 
Farf.  R.  1,  T,  U,  p.  U, 


—  927  — 

la  Ghiéfi^a  Latina  ai  Grieoi.  La  sua  giurisdizione  si  sa* 
rebbe  estésa  su  tutta  r Italia  e  nello  stesso  Oriente;  ed 
r  Papi,  facendosi  difensori  degli  oppressi  Pugliesi  contro 
rNoftiia^ni ,  rinnovando  le  tradizioni  del  secondo  Gre^^ 
gòpio, avrebbero  riacquistata  la  morale  autorità  in  tutto 
per4tita. 

Esitante  fra  queste  due  influenze ,  Leone  IX  fu  tra^- 
scinatoi  da  quella  Italiana  che  nella  morte  di  Drogone 
scorgeva  favorevole  occasione  a  deprimere  gli  stranie- 
pi  y  ed  a  rannodare  le  pratiche  con  Argiro.  Per  una  stra- 
na coincidenza  pareva  che  da  ogni  parte  si  eccitasse 
Podio  dei  popoli  contro  i  Normanni,  e  mentre  in  Pu- 
glia eóinbattevasi  per  discacciarli ,  in  Inghilterra  erano 
banditi  per  volere  del  Parlamento  ^  Ma  la  fama  lontana 
di  quei  moti  >  se  pur  giunse  in  Italia,  trovò  già  il  Pon- 
tefiee  risoluto  alle  nimistà ,  per  le  quali  sollecitava  gli 
aiuti  deir Imperatore  Arrigo,  del  Re  di  Francia  e  del 
Duca  di  Marsiglia  ,  promettendo  ampie  indulgenze  a 
quelli  che  prendessero  le  armi.  Siccome  perù  questo 
grido  di  guerra  fuori  la  penisola  non  destò  grande  fer- 
vore * ,  Federico  di  Lorena  d*  animo  più  bellicoso ,  che 

■  I  NornianÀi  venuti  insieme  ad  Eduardo  HI  n'ebbero  uiTicii  e  terre; 
ma  per  la  loro  insolenza  furono  espulsi.  Thierry  ,  11.  p.  ^8. 

'  DeHroit  la  confusiqn  et  la  dispersion  de  li  Normant ,  et  deman- 
da V  aide  de  V empéreor  Fédéric  (Henri)  et  de  lo  Roy  de  France ,  et 
del  due  de  Marcelle ,  et  de  touteg  pars  requéroit  aids.  Et  lor  promet 
à  dbmer  absclution  de  lor  péchiéz ,  et  de  dovier  lor  grani  dms ,  et 
qu'  il  déliirassent  la  terre  de  la  malice  de  li  Sormant,  Et  aucun  pour 
te  qu' il  t^moient  la  foice  de  li  Normant  ;  et  li  autie  pour  aministié 
qu*  il  atHiient ,  et  aucun  que  U  non  estoient  proié,  non  estdH  qui  feist 
lo  comandement  de  lo  pape.  Amato  Hi  ,25. 


menava  vanto  oon  soli  ewUo  lì.njclri  cavalieri  voler  vin- 
cere i  Normanni,  indusse  il  Pnpa  n  fare  accolta  di' un 
esercito  Italiano  dal  Ducato  di  Gaeta,  dai  Contadi -di 
Valva  e  dei  Marsi ,  e  dalle  Marche  *. 

Se  Guaimaro  cedendo  alle  istanze  del  Papa  foOTe  an*^ 
ch'egli  entrato  in  queir  alleanza,  i  Normanni ,  assaliti 
da  quanti  erano  gli  abitatori  della  regione  posta  tra -il 
Tevere  e  lo  Stretto ,  non  avrebbero  potuto  opporre  niu- 
na  resistenza.  Ma  il  Principe  di  Salerno ,  temendo  la 
prevalenza  dell'uno  e  dell'altro  Imperio,  si  dichiarò 
apertamente  in  lóro  favore  *,  consenti  elegessoro  a  Con^ 
te  di  Puglia  Umfredo  Abagelardo  fratello  di  Drogone  '^^ 
ed  a  porre  niaggiori  vincoli  d'amicizia  tra  gli  Altavilla 
ed  i  Conti  d'Aversa,  volle  congiunta  una  figliuola  del^ 
l'ucciso  a  Pioberto  fratello  di  Riccardo  ^^  In  4|uesti  ap- 
parecchi erano  trascorsi  i  rimanenti  mesi  del  1054,  e 
sebbene  da  ogni  parto  Ibssoro  rumori  e  nimistà,  niu- 

'  u  Se  je  avùsc  cent  chevatieis  vjfeminal ,  je  combatroie  contre  tuit 
Il  chevalier  de  jSormandie.  »  J£t  adoni  eorurent  à  l'arme,  et  as  iaU' 
ces  ^  el  assemblèrenl  de  Gaièle ,  de  Y albine  ^  el  de  la  Mardte;  i  sani 
ajotnt  homes  de  Marsi ,  et^  de  aulre  contès.  ivi,  Gaeia  aveva  dorutò' 
solirarsi  dal  dominio  di  Guaimavo  e  porsi  souo  il  paUH)cinio  del  Papa', 
Valva  ,  le  Marche ,  il  contado  dei  Marsi ,  riconoscevano  la  sua  autorità  cò- 
me Vicario  Imperiale. 

*  Que  lo  prince  de  Sakine  non  »e  voloit  consentir  à  la  destructien 
de  li  Noi'vmnt.  Aiì;ito  Ili ,  2o. 

"  Et  s' oMmblérenl  li  Norwanl  puiz  la  inori  de  Drogo,  el  (o)  Guay* 
mère,  et  fu  fait  conte  Umfroi,  ivi  22. 

4  Avant  la  inml  de  Guaymère  un  jovene  alle  à  chevalerie  et  aorné 
de  vertu  estoit  venut ,  Robert  frère  carnei  de  Richart  conte.  -lEt  a 
cestui  (ìtMymère  avoil  dmmé  pour  moillier  la  fille  de  Drogo  tonte. 
iì.n  55 . 


uà  speciali)  memoria  no  fu  serbata.  I  Pugliesi  or  vin- 
ti y  or  vinèiiori ,  avevano  espulsi  da  alcuno  città  i  Nor- 
iivannti  in  altre  la  ribellione  depressa  non  era  in  lut- 
to spenta ,  quando  le  milizie  Greche  unite  agli  indige- 
ni assalirono  i  netnici.  Argiro  si  azzuffò  con  essi  pres- 
so Taranto,  e  Sicone  Protospata  sui  confini  della  Cala- 
bria li  afiTroniò  non  lungi  da  Coirono;  ma  ad  entrambi 
fu  avversa  la  sorte  delle  armi,  e  la  vittoria  crebbe  l'au- 
dacia degli  invasori  e  lo  spavento  dei  popoli,  così  che 
molte  terre  si  arresero  *.  Crudeli  vendette  seguirono  al- 
lora; il  castello  di  Monte  Ilaro,  dove  Riso  si  era  affor- 
zato, dopò  lungo  assedio  venne  preso,  e  V uccisore  di 
Drogone  ebbe  dilaniato  le  inenibra,  e  fu  sepolto  vivo  ; 
gli -altri  congiurali  perirono  sulle  forche,  e  questi  atro- 
ci supplizii  ^,  dice  un  Cronista,  attemperarono  alquanto 
r  ira  ed  il  dolore  di  Umfredo. 

'  Hunfredus  Abagelardas  nate  fratrif  turbcUut^  honorem  ubi  vendi- 
caiM ,  castra  quae  fratrer  possederai ,  imiluit,  Normannosque ,  qui  pe- 
riculum  tradilvmis  evaserant  sibi  alligans ,  in  vcndictam  fraternae 
necis  insurgU ,  multoque  temiìore  castrum ,  quo  fratrer  suus  occisus 
fuei'ot ,  oppugnans ,  tandem  deviai ,  fratrisque  interremptorem ,  cum 
.nbi  assensientifntf ,  diversis  cmdatibus  afi^ciens ,  eorum  sanguine  iram 
et  dotorem  cordis  suis  aliquarUulum  extinxit.  Malat.  1 ,  15.  De  Riso 
tamen  principe  conjurationis ,  et  sceteris  inventore ,  abscissis  sibi  sin- 
gulis  membris  scparatim  per  intervalla  tempore^  ut  diu  vivendo  cru- 
ciaretur,  suppficium  sumptum  est^  ad  tUlimum  omissis  omnibus  mem- 
bri» ,  adhuc  vivens ,  terrae  infondilur  :  casieri  vero  solo  suspendio  nc- 
quitiae  poena  dederunt,  ànon.  Sic.  75!2. 

*  Fit  proelium  cum  Argyro  Catapano  Graecorum  et  a  Nortmànnis 
iUrum  fugalur  exeìcitus  ejus  circa  Tarenlum,  Et  ilem  faclum  est 
proelium  circa  (Jrotonem  in  Calabria ,  el  victus  est  Sico  Protospata.  Et 
€l4}minium  Norlnìannum  factum  est  magnum  in  Calabria  el  Apulia , 


—  230  — 

Tra  le  infelici  vicende  della  guerra  in  Puglia  edMn 
Calabria ,  parve  però  non  lieve  vantaggio  la  niiseirisftni' 
le  morte  di  Guaimaro.  Riusciti  vani  gli  etbtti  per  sé* 
pararlo  dai  Normanni,  mentre  muovevano  per  assalirli'l 
Argiro  ed  i  Greci ,  tramavano  per  impedire  che  il  PVìte*- 
cipè  di  Salerno  li  soccorresse,  e  per  abbattere  il  liia^* 
giore  sostegno  dei  loro  nemici.  Dal  tempo  che  Mansòne 
il  Cieco  era  stato  da  Guaimaro  restaurato  ih  Amalfi, 
aveva  retta  in  suo  nome  la  città ,  e  Giovanni  suo  fratèl- 
lo fuggito  in  Costantinopoli  non  osando  disputargllemi 
il  possesso,  rimase  nel  volontario  esilio.  Ma  lo  pertur- 
bazioni sopravvenute  ,  accesero  in  lui  il  desiderio  di 
rioccupare  il  Ducato,  ed  ogni  aiuto  necessario  a  consév 
guirlo  trovò  nella  Corte  Bizantina.  Tornato  quindi  ift 
Italia  risollevò  i  suoi  partegìani ,  altri  cittadini  gli  si 
congiunsero  per  Todio  antico  contro  Salerno,  e  voien: 
terosi  di  sottrarsi  a  quella  soggezione,  neir  aprile  del 
1052  gli  Amalfitani  si  ribellarono  contro  Mansone  ed  il 
Principe,  acclamando  Giovanni  IH  e  suo  figlio  Sergio  *. 

et  cretrit  potentia  et  timor  eorum  in  omni  terra,  Ghr.  Brev.  Norh.  «i 
an.  Ì0o2. 

*  Et  cil  <r  Amai  fé  furcnt  costraint  par  sacrament  et  juremetU  pom 
lo  mal  intoUérable  qu'  il  cher^ùient  à  (aire  à  li  ministre  de  li  prtncf , 
à  ce  que  non  soU  plus  obédi  à  cestm  prince  Guaymère  ;  quar  cettui 
ministre  estoient  autresi  come  d'  Amalfe,  Amato  III  ,25.  —  La  Cfci. 
Amalf.  edita  dal  Muratori,  sulla  antenticìtà  della  quale  non  si  può  rispo- 
sare ,  poue  la  ribellione  neir  aprile  1055  Ind.  VI ,  e  neir  otlobre  HdU 
stesso  anno  e  della  stessa  indizione ,  la  venuta  di  Giovanni  d»  Costan- 
tinopoli ;  mentre  seguendo  come  sempre  Tanno  greco,  T aprile  e  V ot- 
tobre non  potevano  cadere  nella  medesima  indizione.  Una  più  sicnn 
guida  ci  pollone  i  diplomi ,  dai  quali  deduce  il  de  Meo  che  anclMi  in- 
nanzi al  settembre  1052  Giovanni  aveva  ripreso  il  Ducato.  Una  donano- 


.,  U!.^fypiQrtuna  diversione,  sospinse  anche  ii  Papa  a  ri- 
I^f^ad^ere  le  interrotte  pratiche  con  Argiro,  poiché  Ver 
sg^ci^tq,  eh' egli  avev^  rannate  in  parte  s'era  disciolto 
p^.  lìQ  fuinaccC;  ed,  i  consigli  (li  Guaimaro  * ,  in  p^rte  ac- 
cji^fupatp  $ui  confini  Beneventani,  bastava  appena  ^.tu- 
telfifli  dalle  correrie  dei  Normanni  *.  Crescendo  perciò 
i./finuori  e  le  depredazioni,  nel  maggio  del  1052  I^eo- 
nQ:iX  tornò  a  Benevento^;  e  nel  tempo  stesso  il  Ca- 
tapaiio  Barese  trovandosi  al  Gargano*,  gli  rinnovò  le 
ppqflferte  d'un,  alleanza  a  difesa  e  vantaggio  delU  Roma- 


tié  riferita  noi  corf.  Pkkris  deTanno  I05i  h  le 'seguenti  note:  Tempp, 
Ikin.'JoànniSz^,  Ducig  et  D.  Sergii  §1.  Ducis  ej%s  filiti  anno  U ^ 
pf^t  forum  recuperatione  die  Xll  mensis  aprilis  ind.  VII. 

^'  ;Et  mcmda  à  dire  a  cmx  qui  vcnoient  contre  li  NornuirU :  «  Voux 
irmiverés  ce  que  vouz  alez  quérant  ;  ò  triste  !  vouz  serez  viande  de  li 
'déwfrator  lion  ec,  »  Et  quant  lo  peuple  o'irent  ce ,  si  farent  moult 
trùt  ^  et  li  ckeviUiers  ramainrmt  sana  cuér  et  comeMèrent  à  retamer, 
AmkjQ  Ul ,  25. 

*  Dopo  r  uccisione  dì  Ouaiinaro ,  narra  Amato  che  Guido  suo  fratello 
si  recò  presso  i  Normanni",  liquel  estoient  assemUez  pour  ce  qìCil  ai- 
ifndmimt  à  oombattre  etmtre  li  chemlier  de  lo  pape,  tei ,  Sii.  Le  loto 
invasioni  nel  Beneventano  sono  accennate  anche  da  altri  Cronisti  i  come 
à^  vedrà  ia  prosieguo. 

y^.  Nel  -21  ma^^  del  1052  il  Papa  trovavasi  in  Beneventa^  e  si  de<- 
diipe  da  UQ  dip«  dato  a  Siconolfo  Abate  di  $.  Solia.  LàBBé,  CoìmU,  T, 
XIJ,eol.687. 

..|  Un.  'diplooia  edito  da  du  Giudice  in  appendice  al  Cod,  Dipi,  di 
Cmfo  I  é"  Anffiò  porta  queste  note  :  Slffillum  Argiro  factum  magister 
peOis  eataptfms  iMiae^  Sicilie,  Calabrie^  Paphlagonia  et  Tumelina 
e^ifaditum  domno  Vito  Abbati  monastei^i  sancii  Joannis  i^t  Lama... 
nume  maii  ind.  V.  Esso  fa  supporre  che  Argiro  si  fosse  recalo  nel 
Gorgnio,  ov'ara  il  Monastero  «  ed  accerta  che  il  Promoolorio  non  era 
seBMlA  aiicora  in  mano  ai  Normanni. 


—  Ì3Ì  — 

na  Chiesa.  Concordali ì  patti,  aspettando  che  Tlnipera^r 
tore  Costantino  li  sanzionasse,  il  Papa  si  recò  in  Nftp^- 
li  S  a  sollecitare  forse  gli  aiuti  di  quel  Duca  a  prò*  degli 
Amalfitani,  che  valorosamente  combattendo  per  mare 
contro  Guaimaro,  ne  predavano  le  navi  nello  stesso  por- 
lo  di  Salerno  ^.  *  ^ 

Ma  un  più  valido  soccorso  trovarono  i  ribelli  ed  t 
Greci  nella  perfidia  dei  medesimi  congiunti  del  Prln-; 
cipe.  Cedendo  alle  istigazioni  dei  suoi  nemici^  0  mos- 
si  dall'ambizione  di  spodestarlo,  i  fratelli  ed  il  padre 
di  Gemma  moglie  di  Guaimaro  congiurarono  insieme  ad 
altri  nobili  d'ucciderlo  ,  e  promisero  favorirli  gli  Amal- 
fitani, 0  forse  anche  alcuni  fra  i  Normanni  d' Avorsa^ 

'  Mès  li  pape  fu  laissié  de  sa  gente ,  et  s'  entorna  a  Naple,  À«à- 
TO  l.  e. 

•  Et  damèrent  li  Salernitani  jtour  combattre  par  mer  et  o  grani 
vUupe  (re)  et  injure  vergvignèrent  lo  prince,  et  dont  pooient  lui  /Vi- 
aaient  damage  par  mer.  Amato  /.e. 

^  Clama  V  ajutoire  de  li  Noìinant,  Mès  porcc  qu*  il  non  recevoit 
Ics  deniers  de  Amalfe  non  pooit  complir  sa  vdonié,  Puiz  li  sien  as-. 
semola  la  grandesce  de  lo  pnnce  ,  et  virent  qiie  Ini  estoient  faUlie  la 
fiddité  de  cil  d*  Amalfe ,  et  lui  estoient  faitli  li  deniers ,  non  lui  fu- 
reni  tant  fidel  ;  mès  pour  la  ridusse  qui  lor  estoit  promise  del  frè- 
re  de  la  moillier  ,  ce  est  de  Raynolfe  coìite  d' Aver  se  ,  se  acorde- 
rent  à  la  mori  de  Guaymère,  Amato  ivi,  Qiiesle  parole ,  che  o  dal 
traduUore  ,  o  dai  copisti  furono  rese  oscure ,  farebbero  supporre  che 
alcuui  Normanni  avessero  partecipalo  aUa  morte  di  Guaimaro.  WmVt 
però  sempre  inesplicabile  quel  «  frère  de  la  moillier ,  ce  est  Raynol' 
fc  »  ec.  questi  era  già  morto  come  lo  stesso  Amato  disse  innanzi  HI ,  ^, 
quindi  o  deve  leggersi  Richart  o  intendersi  che  i  fratelli  della  moglie 
di  Guaimaro,  istigatori  della  tra  na  fossero  anche  fraiellì  di  Gaitelgtima 
vedova  di  llainulfo.  Si  vedranno  accorrere  in  aiuto  di  Gisiilfo  tìglio  ikì 
l*riucipc  ucciso  i  Normanni  di  Puglia ,  ma  non  quelli  d' Aversa, 


nei  quali  la  gratitudine  Tu  vinta  dalia  cupidigia    dei 
pjN^Oìii. 

Meravigliosi  prodigi,  al  dir  dei  Cronisti,  preconizza-' 
rono^lo'scellerato  disegno  in  Salerno  ed  in  Gerusalem* 
me  *  ;  efiuDiniaro  questi  ed  altri  più  chiari  indizii  della 
trama,  che  in  tutto  non  rinoase  ignota,  dispregiò*.  Fi- 
nalmente apparecchiati  gli  inganni,  al  terzo  giorno  ^  del 
giugno  1052  gli  Amalfitani  enjlrarono  con  le  navi  nel 
{)erto  saccheggiando  i  dintorni  della  città ,  ed  accorso  il 
Principe,  fra  le  sue  genti  si  scoprirono  i  traditori  rifiu- 
tamlo  combattere.  Pregava  e  minacciava  Guaimaro,  ma 
i  congiurati  gridando:  «  sia  morto  quello  che  ci  vuole 
acciecare  »,  lo  circondarono  e  l'assalirono.  Dei  quattro 
cognali  suoi ,  Adenolfo,  ch'era  il  minore,  lo  rovesciò  di 
un  colpo  di  lancia,  e  gli  altri  tutti  con  trentasei  fe- 
rite lo  massacrarono ,  trascinandone  il  corpo  vitupero- 
samente lungo  il  lido  *.  Poscia  entrati  in  Salerno  cer- 
carono di  Guido  suo  fratello,  ma  riuscito  a  fuggire  fu 
>alvo,  e  la  città  rimase  in  mano  ai  congiurati.  Pan- 
lolfo,  primogenito  di  Laidolfo  suocero  all'ucciso,  ac- 
jalìiato  signore  obbligò  gli  abitanti  a  giurargli  omag- 
\o ,  restituì  ì  beni  ai  proscritti ,  ed  ottenuta  per  sor- 

y 

.  V  In  Gtiorusalemme  nasce  un  f'anciulio  moiN)Colo  ,  con  piodi  e  coda 
d^c ,  un  alU'o  con  due  leste ,  un  ilunie  scorre  sangue  ,  ec.  Ama- 

.  JEl  veni  wmmovanl  la  voUnUé  de  li  amis  et  paretU  de  Guaime- 
T9^  mèi  fue  $e  etm/idoU  en  sa  vertu  ;  et  qu'  il  mn  se  pwHi  humUier 
e9n,urvixial  ks  despriza.  ivi  ^, 

.      %4ì  ti€r$  jw  de  juhig,  ivi  -^  Il  die  intrante  mense  junio.  C^r.  S, 
Sopiap.  BoRG. 

^«ATo,  ivi,  Leo  Ost.  U.  85, 


~  234  — 

presa  la  rocca  vi  imprigionò  i  patenti  ed  i  figliiUoU  4i 
Guaimaro  ^  :        :>  .  ; 

L'esemplare  pietà  di  Leone  IX  rimuove  ogni  sospetto, 
ch'egli  consentisse  all'assassìnio  ,  ed  Àrgiro  stesaoitse 
volle  ed  aiutò  la  ribellione  d'Amalfi^  non  serabjpa*  porr 
teci passe  alla  posteriore  congiura.  Poiché,  in  egual  modi) 
che  il  Papa,  non  si  trovò  preparato  ad  assecurame  gli 
effetti,  sostenendo  T usurpatore  del  Principato,  e;vietaar 
do  ai  Normanni  di  rovesciarlo.  Poco  lungi  era  il  Conte 
Umfredo,  e,  probabilmente  nelle  terre  di  Benevento,  a 
fronteggiarvi  le  milizie  Papali  ^  allorquando  nunzio  deU 
la  crudele  morte  del  fratello  giunse  nel  campo  Guido  9 
richiederne  il  soccorso.  Implorava  sì  facesse  vindice;^ 
proprio  signore,  accorresse  a  liberarne  il  figliuoloie 
dolenti  del  fiero  caso,  abbandonata i)gni  altra  impresdf^ 
senza  che  alcuno  lo  impedisse,  i  Normanni  lo  seguirò^ 
con  tanto  ardore,  che  agli  otto  di  giugno  erano  presso 
Salerno,  e  due  giorni  dopo  v'entravano  vittoriosi.  I  cit- 
tadini rimasti   fedeli   rumoreggiando  al   loro   apparire 
avevano  costretto  Pandolfo  a  chiudersi  nel  castello  in- 
sieme ai  fratelli  ;  e  le  mogli  ed  i  figli  loro ,  ostaggi  d^ 
nemici  ,  procurarono  la  liberazione  di  Gisolfo  figliuoè^ 
di  Guaimaro  ^.  Poi  stretta  la  rocca  d'assedio  molto  Mt 
rosse,  e  ricevuta  sicurtà  della  vita  n'uscirono  gli  ucfi- 

'  Ivi  26  —  £l  pristrent  la  mcur  de  Guaynière  et  la  nunUien^e 
lo  neveu  0  tout  lor  filz.  M. 

*  Amato  111 ,  2ò.  Suppongo  die  fossero  uel  Beueveiilauo  »  (itn^ìi 
non  sarebbero  accorsi  com  proiiuiaeule,  e  perclic  i\i  erauo  le  va^ 
iJel  Papa. 

■'  Amato  ,  /// ,  27  ,  35  ,  25. 


—  235  — 

6ori  ;  fi^a  dal  popok>  furibondo  e  dai  Normanni  contro 
la  data  fede  vennero  spenti  ^ 

Dopo  Salerno  anche  Sorrento ,  insorta  in  quel  tempo, 
o  insieme  ad  Amalfi,  tornava  air  obbedienza  di  Guido 
per  opera  d'Umfredo  suo  genero  *,  che  a  maggior  gran* 
deaaa  aveva  voluto  innalzarlo  offrendogli  il  Principato  , 
mentre  Gisolfo  era  prigione.  Ricusollo  Guido t  e  se  e 
gli  altri  mantenne  in  fede  al  nipote';. al  quale,  poi- 
obè  fu  eletto  Principe  giurarono  omaggio  i  Normanni, 
e  dichiarandosi  suoi  cavalieri ,  n'ebbero  i  doni  coasueii 
a  l'investiture  delle  terre  ^.  Ma  non  intero  il  dominio  del 
padre  redo  Gisulfo;  Amalfi,  Gaeta,  Gapua  s'erano  dis- 
giiin'te  dai  suoi  Stati ,  a  meno  diretta  obbedienza  aspi- 
ravano i  Conti  di  Puglia  e  di  Aversa ,  e  quando  più  n'  era 
d'uopo^  il  senno  e  la  virtù  di  Guaimaro  mancavano  noi 
figlio. 

..Un  mese  innanzi  V  uccisione  di  Guaimaro  ,  era  perito 
afiche  per  mano  d'alcuni  familiari,  il  suo  alleato  Boni- 
facio Marchese  di  Toscana  ^;  e  la  cagione  della  morte 

*  Et  à  tui  (li)  fidet  Normant  non  plot  celie  paiz  ne  celle  concorde, 
ci  àlèrènt  eovUre  ti  mahaiz  trailor  et  hotnieide^  et  o  l'aide  de  eil  de 
la  "tUé  iMèrei^  iuU  H  tmUor  et  tuU  les  occistrent  et  minstrent  en 
uM.  sépuUmre,  ivi  54» 

V  Poree  que  Umfroy  avoitpour  moillier  la  sewrdd  Due  de  Sorrente  , 
proia  Ir  Conte  que  lo  Due  fuist  laissié  et  recovra  la  dignité  eoe.  ivi ,  oL 

*  Guide...  la  moillier  et  la  fille  toutes  despoUla,  ce  qu'il  pooit  leva, 
ti  domwU  à  li  Normant  pour  conserver  V  onor  de  $on  neveu.  ivi,  52. 

4  Fureni  autreri  faii  ehevalier  de  Gisolfe ,  et  se  firent  investir  de 
ìa  main  de  lo  prinee  Gisolfe  de  celle  terre qu* il  tenoieni.  Amato  HI,  20. 
Remainrent  fidel  tant  de  Guide ,  quant  de  Gisolfe.  ivi ,  51. 

*  Bonifacio  fu  ucciso  nel  maggio  «  insidiis  a  duobus  egcceptus  mUi^ 
tibui.  »  Hern«  Coktr.  Arnif.  Meu,  L,  I//,  c.  3. 


rimase  ignota  ;  ma  non  deve  essere  trasandata  questa 
fortuita  coincidenza,  che  mutò  in  un  tempo  i  destini 
dell'Italia  centrale  e  delle  meridionali  province.  Bom- 
facio  fu  l'ultimo  dei  grandi  Marchesi;  reggendo  Ma  rao^: 
glie  Beatrice  e  la  fìgliuola  Matilde  s'infievolì  la  potenza] 
feudale,  crebbe  quella  delle  città  insino  allora  repres-. 
sa  ' ,  e  la  successione  contrastata  poi  fra  Papi  ed  Impie- 
ralori ,  permise  ai  Comuni  Toscani  di  costituirsi  iibe^i^ 
come  i  Lombardi.  Così  anche  Guaimaro  fu  l'ultimo  dei 
Principi  che  ambisse  la  signoria  del  mezzodì ,  e  eoa  Jui 
si  spense  il  primato  della  stirpe  Longobarda.  Ma  la  pro- 
genie Latina  che  l'aveva  subito, disfrancandosi  dalla  sog- 
gezione antica,  non  si  ordinò  nel  reggimento  dei  Muni- 
cipii;  ruppe  la  tradizionale  dipendenza  dai  Greci ,  risol- 
levossi  con  dritti  maggiori,  però  l'intervento  stranierof' 
e  la  forza  degli  eventi  la  condussero  alla  Monarchia. 

La  morie  del  Principe  di  Salerno  ,  invogliò  sempre 
più  il  Papa  a  scacciare  i  Normanni  ^,  che  già  in  parte 
avevano  occupato  il  Principato  di  Benevento  ^.  Contrf» 


'  Nei  diplomi  concessi  dopo  quel  tempo  ai  Lucchesi  da  Arrigo  IH  € 
]V  e  da  f iOtario  si  legge  :  Consuetudines  etiam  perversds  a  tempoìii 
Bonifocii  Marchionis  durUer  iisdem  hominiòus  impositas ,  omnino  inr 
terdicimus ,  et  ne  ulterìus  fiant  praecipinms. 

•  Et  quant  lo  Pape  vit  que  lo  prince  Guaymère  estoit  rtèort,  loqid 
cdoU  en  V  ayde  de  li  ^ormant ,  si  appareUla  de  destruire  li  NormoMl» 
Amato  HI ,  33. 

Quoniavì  superbia  conim  in  tantum  creverat  quod  tolam  terram 
in  suo  posuerunt  dominio ,  et  Beati  Petri  Vicarii  nihil  ibi  juris  aui 
dominio  retinebal.  Vn.  Lk(»n.  r r  Calai,  ap,  Watteru.h.  Cumque  idem 
Papa  de  yortmanimrum  videntiis  et  injuriis,  qui  res  sancii  Petri  « 
incito  vi  t^mbiUìt ,  viuUù  conquestus  esset,  Herman.  Conth.  (^«tf» 


—  237  — 

t>ssi  i  popòH  invocavano  i  suoi  aiuti  ;  e  molti  aceiecati , 
mozze  le  narici ,  storpii  delle  mani  e  dei  piedi ,  gli  ve- 
nivam)  innanzi,  mostrando  i  segni  della  nemica  crudel- 
tà^ :  àVtpi  invocando  i  dritti  dell'Imperio  ed  i  suoi  come 
Poiileflce  ,  chiedevano  che  facesse  *  valere  le  ragioni 
della  Chiesa  Romana  su  quelle  province,  e  sua  dicevano 
esser  la  Puglia ,  averla  già  posseduta  i  predecessori ,  ed 
a  rivendicarne  il  dominio  s'offrivano  pronti  a  concorre- 
re^ *.  Ma  più  s'adoperava  Argiro  con  frequenti  istanze 
presso  Leone  IX,  pregandolo  a  restituire  la  libertà  al- 
rilalia,  a  rompere  l'iniquo  giogo  che  teneva  schiavi  i 

feritas  Narmanìwrum  nec  Beneventum ,  nec  alias  'Beati  Pefri  tenan 
invàdere  cessahat,  —  Vit:  Leon,  ex  tabular,  Vat,  ap.  Wat. 

*  '  OcHìis  effogm ,  nar^lms  abscissis ,  manibus  pedibun  truncatis ,  ée 
Normamwrum  crudeUtate  miseraòilUer  conqticrentes,  Uade  factum  est 
ut  vir  mUisHmus  jpietate  et  mismcordiae  j^enus  UH  tam  immensae 
miserorum  afjlictioni  compatiens ,  Ulius  gentis  superbiam   conarelur  • 
humiliare.  S.  Bbun.  Sign.   VU.  Leo,  ap,  Wat. 

*  Frimates  Apuliae  quibus  Normaniwrum  benignità^  multas  divi' 
tiag ,  et  inultissima  castra  reliquerat  { si  pub  dubitarne)  non  pins  auri 
Romani  Ponti ficis  falsis  pollicitationibus ,  et  ipsi  de  ^ormannis  ma* 
ximo  timore  incutiendo ,  ncque  eos  omnimo  festinaret  expeli  e  re  non 
mhiw  quam  exddiwn  Romano  Imperio  per  eos  esse  ventumm  ?»p- 
lieMù  quievere  soUecUare.  Ason.  Sic.  p.  752» 

3  Aptdienses  necdum  traditiombus  exhausti  per  occidtos  legatos  Leo* 
nem  Àpostolicum ,  ut  in  Apuliam  cum  exeieitu  veniat  invilant ,  di- 
ttn^  ApuHam  sibi  jure  competere ,  et  praedecessorum  sucnum  tempo' 
fibuifuris  Romanae  Ecdesiae  fuisse:  se  UH  auxilii  laturum,  Malat. 
1 ,  U.  —  Su  quali  ragioni  s' invocassero  i  dritti  delia  Chiesa  Romana 
sulle  'Puglie  iion  sappiamo  :  Gregorio  1  aveva  tenuto  nel  suo  dominio , 
0  siilo  il  suo  patrocinio  Otranto  e  Gallipoli.  Epis,  JA\  99,  X.  400, 
Admiio  ì  richiese  come  proprie  ,  Benevento  ,  Capua  ,  Teano ,  Arpino  ,  ^ 
AqiiW,  Sora,  Sessa,  Arce,  Cod,  Carol,  81 ,  86,  90,  ma  ninna  più 
ampia  dòDcessiotie  fu  fatta. 


—  238  — 

Ptìgliesi^;  e  pronvetteva  s'unirebbe  a  Idi  con  tutte  te 
forze  dei  Bizantini.  Ad  aggiunger  fede,  alle  sue  parole 
Costantino  Monomaco  aveva  rinnovate  le  asdicurazioBÌ 
intorno  all'ossequio  della  Chiesa  Greca,  e  lo  stesso dPan 
triarca  Cerulario  s'era  unniliatoal  PonteJflce  simulandosi 
alieno  dallo  scisma.  Si  mostrava  anzi  pieno  dì  tanto  ferr 
vore  per  la  concordia,  che  il  Papa  gir  rescrrsse  lodane 
dolo  del  suo  zelo,  ed  incitandolo  a  proseguire  nella  pa- 
eiflcazione  dei  due  Imperii  *.  Rassicurato  quifìdi  della 
la  cooperazione  dei  Greci  e  dei  Pugliesi,  Leone  JXiioQ 
dubitò  del  trionfo  e  degli  acquisti,  che  alla  spirituale  au- 
torità ,  ed  al  dominio  della  Chiesa  dovevano  dare  incre- 
mento. Dichiarati  perciò  contumaci  e  ribelli  i  Normàndi 
fulminò  contro  essi  la  scomunica  ^,  e  discussi  con  Argi- 
ro  i  mezzi  necessarii  all'impresa  *,  sul  finire  dell*  anno 
,  1052  lasciando  un  Rodolfo  come  Principe  vassallo  In- 
Benevento,  riparti  per  l'Alemagna^.  Recava  seco  let- 

*  Veris  commiscens  faUacia  nuntia  miuit 
Àrgirous  Papae  ^  precibusque  frequentìbus  illuni 
Obsecrat,  Iialìam  liberiate  carenlem 

Liberei ,  ac  popultim  discedere  cogal  iaiquum 

Cujiis  pressa  jugo  pessiiindatur  Appula  terra.  Guil.  àp.  II. 

*  Po&t  nimia  longas  et  pemiciosas  disccyrdias,,,  super  haec  ui  coe- 
pisti  collabora ,  ut  duo  maxima  regna  connedatur,  Epist,  Leo.  IX, 
ad  CelluL  Conc,  X1A\ 

^  Post  secundam  et  tertiam  commonitionem  Ponti f ex  eos  tanquam 
rebelles  et  contumaces  anathematis  mucrone  percussit ,  et  postmoium 
gladio  materiali  feriendos  decrehit.  Yit.  Leo.  ex  tabul,  Tat,  ap,  Wat. 

4  Gloriosi  ducis  ac  Magistii  Argyroi  fidelissimi  lui  colloquium  et 
consilium  expetendum  censui.  Epis.  Leon,  ad  Manom.  Cmc.  T.  XII,  Le. 

3  Milites   undecumque  ardens  contrahere,  Leo  Osi.  H ,  84.  Qtiesic 
Uodolfo  investito  di  Benevento  s' ignora  chi  fosse,  de  Meo.  ad  an. 


—  239  — 

tere  del  Catapano  Barese,  nelle  quali  questi  pìcop* 
dàftdo  le  gefite  paterne,  e  l'alleanza  di  Melo  con  Ar- 
pig(^Jf,  prometteva  volersi  con  eguale  devozione  ser- 
bale fedele  *. 

Celebrato  il  Natale  in  Vormazia  insieme  all'  Imperato» 
ré  n'ebbe  il  Papa  un  nèrbo  sufficiente  di  milizie,  altre  ne 
raccolise  nelle  diverse  province  per  opera  degli  amici  *  , 
e >«on  esse  nei  primi  giorni  del  febraio  1053  s'avviò  per 
discendere  in  Italia.  Ma  non  era  ancora  giunto  alle  Alpi 
quando  a  consiglio  .di  Gebeardo  Vescovo  di  Aichstet  le 
scfeiere  inìperiali  furono  richiamate  ^  Quali  ragioni  in- 
ducessero Arrigo  a  mutare  avviso  non  è  detto,  e  forse 
prevalse  F antica  gelosia  contro  i  Greci,  ovvero  spiacque 
che  si  eongiungesse  al  Pontefice  per  venire  in  Italia  Gof- 
fredo di  Lorena,  insino  allora  ostinato  nemico  e  fratello 
a  Federico  Cancelliere  della  Romana  Curia  ^  Rimasero 
non  pertanto  al  Papa ,  fra  chierici  e  cavalieri  valenti 
nelle  armi,  intorno  a  cinquecento,  oltre  alcune  masna- 
de accozzate  di  predoni  e  scellerati,  fuggili  di  lor  pa- 
tria, 0  spinti  dalla  speranza  d'arricchire  ^.  Militi  e  sac- 

'  Sed  eum  Imperatoris  mperio  magnus  valde  Apostolico  traditiH 
fuU  exercUus.  ivt* 

*  Multis  eum  diversarum  provinciarum  mUUibus  imperiali  praece* 
ptione ,  et  amicorum  stibventione  comitantibus,  Ekkardi  CVir.  Viriburg. 
"*  Herm.  Cont.  Leo  Osi. 

^  Homa  reversus  est  adducens  secum  Godefridum^Ducem  et  fratrem 
^  Fridericum.  Lambert.  Scafnabur.  Chr,  ad  an»   , 

^  Mios  quamplures  tam  clericos,  quam  laicos  in  re  militari  proba* 
iinifno^.  ivù  -^  De  propinquis  tantum  et  amicis  Apostolici  quigentis  cir* 
^^  illum  in  partes  has  comminantes,  Leo  Ost.  —  Amato  dice  500  , 
^^U  M,,Collecto  igitur  modico  quid  sed  fortium  virorum  suae  gentis 


—  240  — 

oomanni  soffermaronsi  a  Mantova ,  ov'  era  intimato  m 
Sinodo;  però  nel  tempo  slesso  della  pia  adunanza,  su^ 
to  un  litigio  tra  essi  ed  i  familiari  degli  altri  Prelati, 
furono  ferite  e  morti  d'ambo  le  parti,  e  l'assembleasi 
sciolse  ;  ma  gli  omicidi  furono  dal  Papa  assoluti  ^ 

Proseguendo  il  cammino  Leone  presiedeva  ad  un  se- 
condo Concilio  adunato  in  Roma,  rifermando  le  censure 
contro  i  Normanni  * ,  e  dichiarando  volere  por  fine  alle 
scellerate  opere  loro ,  e  liberare  di  lor  giogo  gli  oppres- 
si ^.  Partito  di  Roma  sul  finire  di  maggio  *,  gli  s'aggiun- 
sero per  via  altri  signori  e  prelati,  tra  i  quali ,  Adenolfo 
Duca  di  Gaeta,  Landone  Conte  di  Aquino,  Landolfo  Con- 
te di  Teano  ,  Oderisio  figlio  di  Borrello  ,  Roffredo  di 
Guardia,  Pandolfo  V  di  Capua,  Pietro  Arcivescovo  d'A- 
malfi, Alberico  Arcivescovo  eletto  di  Benevento,  e  Fe- 
derico di  Lorena  *.  Appresso  a  questi  venivano  in  armi 

exercitu,  S.  Brdn.  Segn.  ^^^  Leo,  SecuH  sunt  autem  plurimi  TheuUh 
nicorum ,  partim  jussu ,  parti  spe  qttaestus  adducti ,  mtUti  etiam  ^cdle» 
rati  et  protervi ,  diversas  ob  noxas  patria  pulsi'.  Herm.  Contr.  —  Co- 
mitantis  nunc  Alemannis  innumens  et  Teutonicis,  Guil.  App. 

'  Non  nulli  suarum^  ortu  inibi  tumulti  occisis.  IIerm.  Contr.  Wib. 
ViT.  L.  lì ,  §.  4.  altrìbuiscc  la  zutTa  ai  familiari  dei  Vescovi  avveisi  al- 
le riforme  di  Leone. 

"^  Habita  Romae  post  Fascha  Synodo  cantra  Noidmamws,  Hcm. 
Contr.  —  Leo  Ep,  II,  T,  XlX  Cane. 

5  Ad  horum  igitur  nefaria  et  inestricabUia  sceleia  illis  e  parObus 
eliminanda ,  indigenasque  ab  eis  libeiandos  domnus  papa  animus  in- 
tendens.  Herm.  Contr. 

4  Un  dipi,  riferito  dal  Gattola  lo  nioslra  a  S.  Germano  iV.  KqI 
junii  —  ind,  VI, 

»  TiiUi  i  suddetU,  firmano  un  piacilo  tenuto  dal  Papa  presso  il  Bi- 
ferno.  Chr.  Volt,  ad  an,  eccetto  Pandolfo  V;  ma  Giil.  Ap.  pone  wl- 
V  esercito  anche  i  Capuani. 


—  2*1  — 

...le  m\ìj^W  d€Jle  Marche  e  quelle  dei  Valvensi,  dei  Cam- 
..gani ,  dei  Marsi,  e,  di  Chicli  *.  Per  modo  che  dal  Tron- 
^Mal.GdPgdno  tutti  s'accoglievano  a  secondare  il  Pon- 
teilp^  in  (j^uella  guerra  ;  mentre  dall'altra  parte  Argiro, 
riuniti  i  Py|;liesi  ed  i  Greci,  riprendeva  anch' egli  T  of- 
fensiva. Solamente  Gisolfo  di  Salerno  rimase  neutrale 
,4ft^q^uesta  lotta j  poiché  non  si  trova  col  Papa,  né  si  ri- 
^^Qo^rda  tra  i  suoi  nemici,  dove  seguendo  T orme  paterne 
aYJf^l^be  dovuto  essere  *.  Ma  probabilmente  da  Amalfi  e 
^.49.Ì4ap9li  non  era  lasciato  senza  molestie. 
:  .Ifltanto  fra  questi  formidabili  apparecchi,  i  Norman- 
ni non  avevano  trasandato  di  premunirsi  per  ogni  via 
,pnde  difendere  insino  agli  estremi  le  loro  conquiste.  I 
due  Conti  d'Aversa  e  di  Puglia  unirono  le  loro  milizie  , 
i;li  altri  Conti  minori  condussero  i  loro  cavalieri  e  vas- 
salli, come  Pietro  e  Gualtieri  d'Amico,  ftainaldo,  il 
Conte  d'Aurola,  Uberto  Mosca,  Ugo  di  Telese,  Giraldo, 
e  Rodolfo  di  Boiano.  Roberto  d'  Altavilla  menù  seco  al- 
joune  .schiera  di  Calabresi  raccolte  in  quelle  terre  che 
egli  aveva  soggiogate  ^;  così  che  in  tutto  furono  tremila 

*  Appula^  Balbenns^  Campanica,  Manica  ^  Tketensi  (aL  Telensis) 
GciL.  App.  U. 

^  Amato  dice  soltanto  che  Giovanni  Vescovo  di  Salerno  essendo  am- 
malato» ebbe  una  visione,  e  S.  Matteo  gli  preconizzò  la  funesta  riu- 
scita deir  impresa ,  e  la  morte  del  Papa ,  che  veniva  «  avec  vUs  che- 
Valter  pour  chacier  ^  mès  li  sten  seront  destruit,  et  espars  ^  et  in  pii- 
ion^^et  mori..,  quar  e* est  ordené  devant  la  presence  de  Vieu,  quar 
piicum^e  sera  cantre  li  Normant  pour  les  chader  ou  tost  monra , 
on  grani  affliction  aura.  Quar  cesi  terre  de  Dieu  est  donnée  à  li  Nor- 
mant. ni  y  35. 

3  GuiLL.  App.  II,  Il  Comes  Aureolanus ,  che  il  poeta  enumera  fra 


—  ac- 
cavalli e  pochi  pedoni ,  come  vuole  un  Cronista  ^  Prin- 
cipale intento  dei  Normanni  era  d'impedire  che  il  Papa 
si  congiungesse  ai  Pugliesi;  si  postavano  perciò  sul  For- 
tore, limite  e  difesa  altra  volta  del  Principato  Beneven- 
tano, in  mezzo  ai  campi  ondeggianti  di  biade.  Leone 
lentamente  avanzandosi  ai  dieci  giugno  pervenuto  sul 
Tiferno ,  V  attraversò  presso  la  Staina ,  che  scorrendo 
da  Dragonara  si  scarica  nel  Fortore  poco  lungi  da  Givi* 
tate  ^.  Alcune  piccole  vallate  e  collinette ,  che  rompono 
le  pianure  fra  gli  Appennini  e  le  radici  del  Gargano, 
vietavano  che  le  due  armate  poste  a  poca  distanza  po- 
tessero intravvedersi  ^;  ma  sapendo  vicino  Umfredo,  il 
Papa  occupò  Civitate,  della  quale  elesse  gonfaloniere 
Roberto  di  Octomarset  *.  Non  era  suo  animo  attaccare 
la  pugna  prima  di  congiungersi  ad  Argiro ,  non  potendo 

gli  altri  Conti  Normanni  si  crede  prendesse  nome  da  Àurola  nel  ienu 
torio  di  Larioo.  Le  depredazioni  di  Roberto  nella  Calabria  erano  COB- 
tinuate.  In  una  caru  del  1055  Luca  Turmarca  ed  i  fratelli  Panerà* 
zio ,  Nicola ,  e  Candido  donano  a  Leonzio  Abate  della  Cava  il  Mona^ 
stero  di  S.  Andrea  in  pertinentiis  Calabriae  ,  quod  derdictum  hitu 
Francorum  diebus  possidemus  immune  et  liberum ,  et  omnino  deletum, 
et  exuUum ,  et  prorms  desertum  atque  vastatum  ec.  Così  è  detto  ia 
diploma  deirArclu  Nap.  che  sarà  pubblicato  fra  le  Carle  Greche* 

»        Vix  proceres  istos  equites  ter  mille  sequuntur 
Et  pauci  pedites.  Goil.  App. 

*  Castramentatus  est  /lumen  quod  dicitur  Stag^num  wm  longe  idi 
oppido  cui  nomen  est  CivUas.  Anon.   Vit.  Leo,  ap,  Bor. 

3  Galli  vero  ex  alia  parte  haud  longe  ab  ejus  castra  sua  quof» 
posuerunt  castra.  Non  ut  tamen  ad  invicem  videri  possunt ,  nam  fi»' 
si  Collis  humilis  interiacebat  medius,  ivi, 

4  Fist  gonfanmier  de  la  ette  et  de  la  bataille  Robert  lo  qu^u 
elamoit  de  Octomarset,  Amato  III ,  5G. 


—  243  — 

con  le  sole  sue  forze  pareggiare  la  cavalleria  degli  av- 
versarii  *  ;  inviò  quindi  ad  essi  ambasciatori  a  richiede- 
re che  lasciassero  libero  il  cammino,  per  tenerli  a  bada 
ed  indagare  i  loro  intenti.  Risposero  i  Normanni:  esser 
parati  ai  servigi  del  Papa,  e  pronti  a  seguirlo  dove  vo- 
lesse; soltanto  non  sarebbero  mai  per  consentire,  senza 
venire  al  cimento  delle  armi ,  che  il  Pontefice  porgesse 
aiuto  ai  loro  nemici,  raccolti  sui  confìni  di  Puglia,  e 
giunti  con  Àrgiro  insino  a  Siponto  ^.  Andarono  i  messi 
perciò  più  volte,  ed  i  Normanni  invocando  le  investitu- 
re ricevute  dagli  Imperatori  per  legittimare  il  possesso 
delle  terre  acquistate,  offrivano  a  Leone  di  volerle  tene- 
re come  suoi  vassalli ,  e  di  rendergli  per  esse  tributo  ^. 

'  CuJHs  venerabUis  Leo  auxUium  tam  in  armis ,  quam  in  militibus 
habere  cupiebat.  àaon.  VU,  Leo.  ap,  Borg. 

*  Audiens  viUerea  sanctus  Leo  GcUlorum  moltUudinem  non  longe 
differre  a  suU ,  incertus  quid  esset  nuntios  direxit  siscitari  quidnam 
nàt  veUet,  quod  facete  volebant.  UH  autem  respondentes  dixerunt: 
se  paraios  esse  in  famulatum  pape  quocumque  illos  ducere  vellet.  Ve- 
rmm  tame»  unum  fatebantur  illis  esse  mdestum ,  et  sine  sanguinis 
ef[iuiiome  nullo  modo  fare  futurum.  Videlicet  si  eorum  inimicis  qui 
adkue  in  finibus  Apulia  degebant  auxUium  preberet.  Mrat  enim  nunc 
temporis  Argirus  quidam  Siponti;  quem  Costantinopolitanus  Impera- 
ter  prvncipm  costitueriU  Apulie,  ivi, 

^  Et  li  Normant  puiz  qu'  U  vindrent  mandèrent  message  a  lo  pape, 

et  cerchoieni  paiz  et  concorde ,  et  prometoient  chascun  an  de  donnei- 

imcense  et  tribut  à  la  sainte  éclize ,  et  celles  terres  qu'  il  ont  veincues 

por  armes  vohient  rechevoir  les  par  la  main  de  lo  vicaire  de  V  églize. 

Et  mostrèì^ent  lo  eonfanon  coment  il  furent  revestut  de  la  terre  par 

ìa  main  de  lo  impereor,  et  coment  lor  estoit  conferme.  Amato  HI,  5G. 

C«m  Uli  pace  petentes  subiectionem  servUiumque  ipsi  promittereht ,  et 

gwteqw  prius  iniuste  siM  usurparUes  invaserant ,  ejus  beneficio ,  gra- 

(iaque  retinere  se  velie  dicerent,  Herm.  Comtr.  Guill.  àpp.  lì. 


—  244  - 

Esitava  il  Pontefice  ,  poiché  non  scorgendo  altro  mez- 
zo ad  aprirsi  la  via  che  la  violenza,  non  poneva  gran 
fede  nel  suo  esercito ,  numeroso ,  ma  composto  di  rac- 
cozzate moltitudini ,  che  difettavano  di  tutto  /^  poco 
usate  alle  guerre  ,  non  lasciavano  sperare  resistereb- 
bero allo  scontro  ^  Pure  la  baldanza  dei  Tedeschi, 
i  quali  schernendo  la  piccola  statura  dei  Normanni  se 
ne  promettevano  facile  trionfo  ^ ,  e  le  sollecitazioni  di 
Federico  di  Lorena  lo  indussero  ad  avvenlurare  la  pu-? 
gna;  ed  il  Cancelliere  rigettando  in  suo  nome  le  offer- 
te dei  nemici,  ingiunse  ad  essi  che  uscissero  d'Italia  se 
volevano  pace  ^.  Alle  fiere  parole  dichiararono  i  Nor- 
manni, che  le  terre  acquistate  colle  armi,,  colle  armi 
difenderebbero  ♦;  e  costretti  anche  dalla  fame,  poiché 

'  ÀudUis  autem  hujusmodi  responns ,  quid  potius  agere  cogiiabat.  • 
Nam  ostis  in  fade  stabat ,  via  ferro  aperìerido  erat ,  armorum  sui 
exerdtus  coartabatur  penuria  ,  et  licei  mollitudo  salis  copiosa ,   qw4 
postea  probavit  eventum^  pusillanimilatem  lamen  multorum  in  lalem 
negolio  timebal,  Anon.   Vii.  Leon, 

*  Ambinone  captus  Alamannorum  exeicitu  ab  Imperatore  siti  in 
adiutorio  recepto.  Malat.  I,  i4. 

Teutonici  quia  caesaries  et  forma  decoros 
Fuerat  egregi  proceri  corporis  iUos, 
Corpora  derident  Normannica.  GintL.  App.  H. 
Ed  aggiunge  che  incitasse  anche  il  Papa  : 

his  Iialiae  fex  indignissima  gentis 

Gens  Marchana. 
s  Ainz  parla  lo  cancelier  el  les  manesa  de  mori ,  et  lor  propoM, 
qu*  il  doient  fugir.  Amato  l\\ ,  36.  Idque  Papa  abnegans ,  vi  et  ink- 
ria  raptas  res  sancii  Petri  reposceret ,  eosque  perperam  pervaso  eedm 
loco  juberet.  Herm.  Contr.  Guill.  App. 

4  Armisque  adquisilam  palriam ,  armb  defcnsuros  vel  morte  oeewm' 
biluros  denuntianl.  Herm.  Contr. 


~i45  — 

accampati  dove  erano,  altro  cibo  non  avevano  che  il  fru- 
mento ^ 9  e  temendo  che  Argiro  avanzasse,  s'affrettarono 
ad  assalire  Toste  papale.  La  qual  cosa  vedendo  Leone  , 
sorretto  più  dallo  zelo  divi  no,  che  dalla  militare  perizia  ^, 
prescelti  a  duci  supremi ,  Kodolfo  e  Ranieri  ^ ,  dicesi  che 
con  queste  parole  incuorasse  i  suoi  alla  battaglia: 

»  0  strenui  militi,  stirpe  d'uomini  valorosi,  riscuo- 
»  tetevi*  Ecco  imminente  la  pugna,  il  nemico  vi  preme, 
»  la  vita  e  la  morte ,  la  libertà  della  patria  è  in  vostra 
»  mano.  Ov'è  il  perenne  trionfo  dei  Romani,  dove  la 
»  gloria  vincitrice  dei  Latini?  dove ìa  valorosa  fama  dei 
»  Tedeschi?  Forse  non  è  meglio,  morire  o  vivere  ono- 
»  ratamente  in  un  di ,  che  per  lunga  età  trarre  miseri 
»  giorni  sotto  la  nemica  oppressione?  Levatevi  dunque 
»  a   difesa  dei  campi,   delle  donne,   dei  figliuoli  ,  di 

'  Et  hoc  anno  fuU  magna  fames.  Lupo  1055.  La  necessitò  de  la 
fame  moleste  li  Normant ,  et  par  lo  exemple  de  li  Apostole  prenoient 
li  espic  de  lo  grain  et  frotoient  o  la  main  et  ensi  menjoent  lo  graia  ; 
et  afflit  par  la  fame  requirent  que  ceste  brigue  se  diparte  en  oomba- 
tent.  Amato  III ,  37. 

*  Zelum  quidem  Dei  haòens  sed  non  f orlasse  scientiam.  S.  Brun. 
Segn.  Vit.  Leon, 

*  Raynolfe  et  Raynier  furenJt  eslU  principe  de  cest  part  li  quel  le- 
verent  in  haut  li  gonfanon.  Amato  ivi.  Il  primo  è  fuori  dubbio  quello 
slesso  Rodolfo  che  il  Papa  aveva  nel  precedente  anno  investito  di  Be- 
nevento come  suo  vassaUo.  Il  Borgia  con  evidente  anacronismo  lo  sup- 
pose identico  a  quel  Rodolfo  che  intorno  al  1016 ,  fu  inviato  a  Bene- 
vento da  Benedetto  Vili,  Mem.  Ist,  de  Meo  lo  riprende  dell' errore ,  ma 
non  dice   chi  fosse.  Sembrami  quel  Rodvtlphus  Molinensis ,  genero  di 
Hoffredo  di  Guardia  ricordato    da  Gugl.  App.  —  Ranieri    era  probabil- 
mente il  Marchese  di  Spoleti ,  che  altri  dice  prescelto  a  Capitano  insie- 
me ad  un  Alberto  Tedesco. 


-  24G  - 

»  voi  stessi  ;  e  poiché  per  la  terra  natia  pugnate ,  se  al- 
»  cuno  fia  spento,  sarà  accolto  nel  cielo  ^  »  Poscia  ri- 
tiratosi in  Givitato  insieme  ai  prelati  ,  dall'alto  delle 
mura  benedisse  ai  combattenti,  ed  indulse  alle  loro  col* 
pe  passate  ed  alle  future  ^. 

Surta  Talba  del  dieciotto  giugno  ^/si  scontravano  i  due 
eserciti.  Prevaleva  da  una  parte  il  numero,  dall'altra  la 
disciplina  e  l'esercizio  delle  armi;  e  poiché  in  due  schie- 
re si  divise  r  oste  papale,  Italici  e  stranieri ,  con  P  ordine 
stesso  Riccardo  d'Àversa  fronteggiò  -i  primi,  Umfredo  i 
Tedeschi,  innanzi  ai  quali  occupò  un  colle  in  mezzo 
ai  due  campi  ^.  Roberto  co' Calabresi  si  tenne  prepara- 
to alla  riscossa';  e  così  azzuffavansi.  Riccardo  assalite 
le  turbe  accogliticce  comandate  da  Rodolfo ,  P  urta ,  le 
incalza,  le  sgomina:  inusate  alle  pugne  campali,  mal 
fornite  d'armi,  e  diverse  per  patria  e  comando,  quelle  ' 

■  ÀNON.  rU,  Leo  cip.  Borgia,  v.  Dog.  Vili. 

*  Et  li  pape  atfc  li  èresque  sallireiU  sur  lo  mur  de  la  die ,  et  re- 
garda  à  la  moliiiude  de  cavaliers  pour  le^  absolvère  de  lo  peehiez,  et 
pardonna  cr  que  poìtr  lo  pedìiè  drvoieiit  (aire.  Asàto  HI ,  37.  Cmh- 
cto$  anlea  ceUsli*  donis  Mimirtl ,  ae  $ic  remissis  omnibus  peeeatis  in 
prwliHm  ire  prrmifit,  Ipse  vero  quia  ittdignum  eral  talis  interesse 
negotio  campulsus  tamen  a  snis  Ciritatem  ingressus  est  oppidum, 
A\05.   Vif.  Leo, 

^  Chi.  S.  Som.  ap.  Botcu. 

4    Imcr  TcatoiH4c!ks  NorminnoniDi  caiervas 
Ollìs  cni  iikhIìus.  Gnu..  Arr.  lì. 

lmt<i^fm  Galli  asswii  imalo  atqm  beili  peràocli  vtafùferio....  asm- 
dmtnt  tvilrm.  Am>s.   TiI.  Ia», 

^ Ovnu  serare  sìuìstmm 

Hobenus  finicr  Calahn  cnm  ^reDU>  jaiiieiur  j 

Vi  succarreaiium  cnm  \h\cn\  css^  (oniii^.  Gcil.  Arr. 


—  2*7  — 

lono  ài  fiero  cozzo ,  e  si  sperdono  inseguite  ed  ucci- 
*•  Fortemente  però  resistono  i  Tedeschi,  e  respingono 
a  valore  gli  assalti ,  ed  uomini  e  cavalli  insieme  si 
schiano,  e  pende  incerta  la  lotta  K  Accorre  allora  Ro- 
rto  insieme  ai  Calabresi ,  e  slanciandosi  animoso  tra 
iù  valenti,  tre  volte  è  scavalcato,  e  tre  volte  con  più 
*ore  torna  alla  pugna  ^.  Sopraggiunto  anche  Riccap- 
dair inseguire  i  fuggitivi,  i  Tedeschi  sono  da  ogni 
rte  circondati  *,  ma  benché  pochi,  serrati  in  cerchio 
ntinuarono  a  combattere  insino  a  che  quasi  tutti  fu* 
ao  spenti  *. 

Et  lo  conte  Richart  despart  li  Todeschi  et  passe  parmi  eaux. 
ITO  ivi.  Vvnbus  averHs  Itali» ,  tremar  arripU  omnes.  Guil.  Ap.  IL 
Latini  comUes  dam  dimiserunt  dictum  PorUificem ,  reversi  sunt 
propria,  Ann.  Rom.  ap.  Pertz.  Se  subtraherUibusque  nostrattbus, 
ì  OsT.  Sed  universa  Pape  mdtitudo ,  praeter  Teutonicos ,  prò  pudor 
liia  armorum  strepita  terga  turpiter  dedit  fugicntibus.  Anon.  Vit. 
K  Et  sécutèrent  ceus  qui  fayoient ,  et  les  prenoient  et  les  ocdment. 
ITO.  Fugaiwr  Rodutfus  Princeps.  Ghr.  S.  Soph. 

Prima  ade  a  neutonicis  pene  vieti  sunt.  Herm.  Gontr. 
*    ....  mìrabilis  ictus  utrinque 

Fit  gladiis  ;  illìc  humanum  a  vertice  corpus 

Vìdisses  et  equos  hominis  cum  corpore  caesos. 

Galabrisque  sequentibus  illum 

Quos  conducendi  fùerat  sibi  tradita  cura, 

Irruit  audacter  medios  auimosus  in  hostes.... 

Ter  dejectus  equo,  ter  vìribus  ipsis  resumptis 

Major  in  arma  redit.  Guill.  App.  II. 
4  GmLL.  App.  II.  Sed  suceenturiatis  copiis  ex  insidUs  nostros ,  ctr- 
ti^venientes.  Herm.  Gontr. 

'  Facto  tamen  de  se  quasi  muro  in  modo  corone^  morlem  expectan- 
( ,  ne  impwne  caderent ,  virUiter  certabant.  Et  quamvis  in  ipsius 
ninù  mortis  costUiUi  videretur ,  nuUus  tamen  iUorum  ab  ostibus  se 


—  2i8  — 

Dalla  sanguinosa  battaglia  ^  usciti  vincitori  i  Norman- 
ni, corsero  sopra  Civitate ,  ove  era  rimaste  il  Pontefice 
con  la  sua  corte,  e  vi  posero  V  assedio.  Opponendosi  re- 
sistenza, tentarono  col  fuoco  aprirsi  la  via,  ne  incen- 
diarono i  sobborghi  ^  nninacciando  i  cittadini  ;  e  questi 
per  paura ,  saccheggiate  le  masserizie  del  Papa  ' ,  si  dis- 
posero a  porlo  in  mano  ai  nemici.  Allora  Leone ,  sprez- 
zando i  perigli,  fattosi  precedere  dalla  croce,  s'avviò  da 
sé  stesso  alle  porte  già  quasi  consunte  ed  arse.  Ed  ecco, 
narra  T Anonimo  biografo,  che  un  vento  impetuoso  so- 
spingendo il  fumo  e  le  fiamme  contro  gli  assalitori  li  re- 
spinge. Atterriti  dal  prodigio  gli  abitanti,  implorano  per- 
dono; ma  il  Pontefice  non  s'estimando  securo,  e  visti 
i  Normanni  prepararsi  a  rinnovare  l'assalto,  fece  dire 
ad  essi  :  «  Se  il  Papa  chiedevano,  egli  era  in  loro  ba- 
»  Ila ,  non  fuggirebbe  ,  che  la  sua  persona  non  amava 
»  più  di  quella  di  tanti  cari  estinti ,  ai  quali  volentieri 
»  sarebbe  stato  congiunto  nella  morte,  come  per  sangue 
»  e  per  affetto  lo  era  stato  finché  vissero  *. 

vivente  capi  permittebant.  Anon.  Vit.  Leo,  Omms  tandidem  in  ipso 
certamine  trucidatis,  Leo  Ost.  Nul  non  echappa ,  se  non  aucun  à  qui 
li  Normant  voloicnt  pour  pitie  pardonner.  Amato  HI ,  57.  Secondo  Gcil. 
App.  erano  700  Svevì.  \.  Doc.  IX. 

'  Et  fit  magna  strages  in  mense  junio,  Chr.  Brev.  Norm.  1054. 

•  Anon.  Vit,  Leo,  Incoles  minis  terrent  Apostolicum  reddant.  Ma- 
LAT.  I ,   i4. 

3  La  masserie  de  lo  Pape  et  de  tonte  li  soi ,  et  li  trésor  de  la  eha- 
pelle  soi  fu  leve  de  ceus  de  la  dté.  Amato  HI ,  57. 
•  4  Anon.  Vit,  Leon,  Allri  dicono  fosse  consegnato  dai  cittadini.  lUi 
vero  semper  perfidissimi,  nulla  pactione  ad  utilitatem  Apostolici,  nisi 
ut  se  ipsos  lucrentur  adquisita ,  eum  per  portam  eidunt,  Malat.  1, 14. 
Castri  habitatores  partim  timore  necessarim^m  indigentia  coacti^  ewn 


—  £49  — 

Cosi  s'arrese,  e  fu  ricevuto  con  devote  dimostrazioni 
d'ossequio  ,  non  umili  però  come  riferirono  i  Cronisti 
desiderosi  di  attribuire  almeno  una  vittoria  morale  al 
Pontefice  f  o  di  menomare  il  biasimo  che  a  lor  senno 
pareva  venisse  ai  Normanni  per  aver  combattuto ,  e  ri- 
tenuto prigione  il  Vicario  del  Beato  Pietro  ^ 

Miserando  spettacolo  offriva  il  campo  ove  s'era  com- 
battute quando  lo  attraversò  Leone,  molti,  già  suoi  ami- 
ci e  familiari ,  giacevano  spenti ,  ed  egli  pietosamente 
chiamavali  a  nome  lagrimando,  pur  consolandosi  nel  ve- 
dere che  trascorsi  tre  di  dalla  pugna  i  corpi  rimaneva- 
no interi ,  mentre  quelli  dei  Normanni  putrefatti  e  fetidi 
erano  stati  pasto  alle  belve  ^.  Commosso  all'evidente  se- 
gno del  divino  favore ,  volle  nel  campo  soffermarsi  due 

per  mttroi,  demper  eminum  volunUaie  Comitis  tradideruiU,  Anon.  Sic. 
p.  7S3.  GuiLL.  Àpp.  II. 

>  Cwn  magna  devozione  ejus  provulvuiUur  pedilus ,  veniam  et  òe« 
wdilitmem  ejus  postulantes.  Malat.  /.  e.  Quibu$  Papa  comnwtui ,  et 
de  honestimma  tnrtute  Normantwrum  omnino,  quam  qttae  Hbi  a  per' 
fidis  falsa  relata  fuerant  certissime  intelligens.  Anom.  Sic.  p.  753.  — 
Qutbus  auditis  GaUi  extemi  memori  delieti ,  vtdto  deiecto ,  tale  fé- 
rtaUur  dedisse  responsum  :  Si  digna  aliqua  nos  inquiunt  expeetare 
vaUt  satisfactio^  parati  sumus  quaeeumque  voluerit  papa  subire  ven- 
dietam.  Anon.  Vit.  Leo,  —  Mutatis  animis  in  ejus  sunt  conversi  06- 
sequelam^  cujus  osculantes  vestigia  sibi  immeritam  deposedMnt  in- 
dulgeniiam.  Wib.  Vit.  Leo.  L.  U,  ^  Agareni  (cosi  sempre  chiama 
ì  Normanni  V  Anonimo  Annalista  Romano  )  in  luctu  conversi  cum  ma- 
gno gemitu  et  tristitia  veniam  et  misericordiam  implorantes.  Pertz  , 
Scrip.  V.  —  Ma  queste  testimonianze  non  s*  accordano  ai  fatti  posterio- 
ri ,  e  più  veridiche  sembrano  le  parole  di  Amato  :  Li  Pape  avoit  paour 
et  li  clerc  trembloient.  Et  li  Normant  vineeor  lui  donèrent  speranpe  ^ 
et  proierent  que  sécurement  venist.  Ili ,  58, 

*  Anon.  Vit,  Leon,  L  e. 


—  250  — 

giorni  per  impetrare  pace  agli  estinti  ed  onorarli  di 
sepoltura.  Sorgeva  ivi  presso  una  Cappella  quasi  diru- 
ta ,  ed  in  essa  vennero  tumulati;  né  molto  trascorse  che 
per  opera  degli  stessi  Normanni  rifatta  la  Chiesa,  fu  affi* 
data  a  pii  Cenobiti ,  e  si  rivelò  con  insigni  miracoli  la 
virtù  dei  martiri  ;  che  valse  ad  attemperare  la  crudel- 
tà stessa  dei  vincitori  S  6  f u  dal  Papa  dichiarata  me- 
ritevole del  celeste  gaudio  ^*  Ma  altri  narrano  ,  che  le 
ossa  degli  uccisi  rimaste  insepolte ,  si  mostravano  al- 
cuni secoli  dopo  ai  viandanti  ^  sparse  sul  suolo,  dove 

*  *  Quibus  Nortmannis,  vir  sanctus  panca  locutw  prò  tempore^  ipiU 
deservUniibus  siuduU  funcra  coMorum  homrifiee  procurare ,  teimi- 
lan$  ea  in  vicina  Eedesia  db  antiquo  diruta  tempore.  Ab  iuiem  vero 
interfectoribus  restructa  venusta  opere  Basilica  oc  concione  Beo  scr- 
viesUium  ibidem  congregata ,  omnipotentissima  Dei  virtus  muUos  per 
eos  exerceret  miraeulorum  insignia.  Ferocissima  vero  gens  Norman- 
norum  his  exterrita  gesta  crudeliiate  deposita  populos  quibus  coka- 
bitat  ex  tunc  compatriotas  amicabilius  troMavit,  Wib.   Vit.  Leo.  L. 

*  Dicesi  che  il  Papa  celebrando  ogni  di  una  messa  di  requie  pei  mor- 
ii ,  gli  apparve  un  angelo  imponendogli  di  venerarli  come  santi ,  poiché: 
pretiosa  est  in  cospectu  Domini  mors  sanctorum  in  ilio  praelio  perem- 
ptorum.  Anon.  Hasern.  Pertz.  VII.  Àllra  visione  si  fa  narrare  dallo 
slesso  Leone  con  quesie  parole  :  Ostensi  sunt  mihi  inter  ceteras  fra- 
tres  itti  qui  in  Apulie  finis  prò  Christi  ecclesie  mecum  occisi  sunt^  tn- 
ter  martires  coronati ,  gestantes  manibus  pàLmas  virides  diversis  fUh 
ribus  ornata,  Anon.   VU,  Leo,  ap.  Bobgìa. 

^  Tanta  enim  ex  utraque  parte  cecidU  muUitudo  ut  acerv€U  ibi  po- 
slea  factus  ex  ossibus  mortuorum  usque  hodie  ab  indigenis  sóteat  via- 
toribus  ostenlari,  Goth.  Viter.  Pani,  R.  /.  FU,  p.  447,  £  quesU 
^U-age  pare  che  ricordi  Dante  quando  nel  XVIII  dell' Inf.  dice; 

Se  s'adunasse  ancor  lulta  la  genie 

Che  già  in  sulla  foriunata  terra 


ancora  oggi  i  nomi  dei  luoghi  serbano  memoria  del 
santo  e  bellicoso  Pontefice  ^ 

Leone  piegando  alla  necessità ,  poiché  ebbe  assoluti 
i  Normanni  dalla  scomunica ,  Tu  dn  essi  condotto  in  Be* 
nevento ,  ed  ivi  accolto  da  mesto  corteo  di  chierici  e  di 
popolo  *,  e  cruciato  da  profondo  dolore  ^ ,  fu  ritenuto  in 
onorevole  custodia  insino  a  quanto  non  gli  venne  per- 
messo di  uscirne  *. 

La  sconfitta  del  Papa  aveva  rotti  i  disegni  stabiliti 
con  Argiro.  Rispondendo  alle  sue  profferte  di  devozione 
in  quello  stesso  mese  di  giugno  1053,  T  Imperatore  Ar- 
rigo decretava  che  nella  tomba  innalzata  nella  Chiesa  di 
Baìfnbei^à ,  ove  posavano  le  «  ossa  di  Melo  o  Ismaele 

Di  Puglia  fu  del  suo  sangue  dolente. 


Con  quella  che  sentio  di  colpì  doglie 
Per  contraslare  a  Roberto  Guiscardo. 

•  Ad  un  miglio  dal  luogo  ove  fu  Civitate  rimane  un  pozzo  che  chia- 
masi dì  S.  Leone ,  e  più  in  là  sul  Fortore  un  guado  è  detto  passo  di 
S.  Leone.  Fracgacrrta  Teair.  Star.  PoH,  di  Capitanata  T.  I ,  p.  iOl. 
Distrutta  Gìyhate  intorno  al  1401  anche  la  Chiesa  ov'era  il  sepolcro 
disparve,  ma  in  alcuni  scavi  fatti  nel  18S0  nel  sito  dell* amico  Di|omo 
si  rmvennero  scheletri  quasi  giganteschi ,  pretesi  avanzi  dei  comhatici^ 
ti.  ivi  p.  66. 

>  S.  Brvn.  Segn.  Vii.  Lem. 

^  Neeeniiaie  eoaetus  eomunionem  ejus  prim  interdicta  reddisset  Be* 
neveiUum  tamen  eum  honore  reductus  est  ibique  atiquantum  tempon 
deieniue  nee  redire  permiesus.  Herm  Contr.  Nortnannis  carcere  deten- 
tum.  Aeta  8.  Leon.  IX.  Ugh.  VHL  Portaverunt  Benevenium  tamen 
cum  honaribut.  Ign.  Bar.  Lo  pape  mènareni  o  tout  #a  geni  jusque  a 
Bfmivent ,  «  et  lui  amini$troient  pain  vin  et  toute  ehoxe  necessarie, 
ÀIATO  UI ,  38. 

h  Cunctos  dies  in  luetu  et  rnoerore  egU,  Lamb.  ScArMAif*  ad^  an»  fO^Sx 


-252  — 

duca  di  Puglia,  niuno  osasse  tumulare  altro  corpo  ^  ft 
E  questi  onori  resi  alla  memoria  dell'  esule  Barese 
lasciamo  travedere  più  inlime  relazioni  fra  l'Imperatore 
ed  Argiro  ;  ma  quali  che  f<  ssero  le  contrarie  vicende 
della  guerra  vennero  ad  attraversarle. 

Il  Catapano  pervenuto  a  Siponto  per  mare,  non  aveva 
potuto  congiungersi  al  Pontefice  *,  e  caso  o  virtù,  i  Nor- 
manni prima  d'esser  posti  in  mezzo  dalle  due  armate, 
riuscirono  a  battere  Leone.  Appena  dopo  la  vittoria  il 
Conte  Umfredo  e  Petrone,  che  s'intitolava  Conte  di  Tra- 
ni,  volgendosi  contro  i  Greci  ed  i  Pugliesi  li  sorpresero 
a  pie  del  Gargano,  dove  Argiro  fu  vinto,  e  mortalraen-. 
te  piagato  venne  condotto  in  Viesti  e  quindi  a  Bari  ^.  Le 
reliquie  del  suo  esercito  si  rinchiusero  nelle  città  ma- 
ritlinic,  e  fuggendo  vi  si  ritrassero  i  principali  Pugliesi; 
altri  aprirono  le  terre  ai  vincitori  ;  molti  anche  furono 

•^  V.  Doc.  X. 

•  Le  parole  del  Cronista  Borgiano  di  S.  Sofìa,  daUe  quali  sembra  a 
primo  aspeuo  doversi  dedurre  che  Argiro  fu  presente  alla  battaglia  di 
Civitaie ,  vogliono  intendersi  più  largamente ,  avendo  egli  in  succinto 
accennato  alle  due  pugne  sussecutive  :  Normanni  bellum  gerunt  cum 
Leone  Papa  et  principe  Beneventano ,  et  Catapano  Imperiali  in  prin- 
cipatu  Beneventi ,  ad  an.  4053,  Siponto  era  ai  confini  del  Principato 
di  Benevento  ed  in  alcuni  tempi  ne  aveva  fatto  parte. 

3  Et  Argiro  ibit  in  Siponto  per  mare.  Deinde  Umfredo  et  Petrone 
cum  exercitu  Normannortim  (venerunt)  super  eum  et  fecerurU  bellum 
et  ceciderunt  Longobardi  ibidem.  Ipse  Argiro  semivivo  exiliit  (exivit) 
plagatus  et  ibit  in  civitaie  Viesti,  ]gn.  Bar.  Il  cronista  segna  V  anno  1052, 
laonde  il  de  Mko  suppose  che  intendesse  parlare  di  quella  stessa  balla- 
glia  che  il  Chr.  Br.  iNokm.  dice  seguita  presso  Taranto  nel  10^2,  e  ìd- 
vece   di   quesla   città  legge  Siponto.  Ma  non  esito  a  credere  che  oel 
^esto  dell' Ignoto  fu  trascrìtto  MLll  invece  dì  MUll. 


—  253  — 

che  con  essi  si  congiunsero  volontariamente.  Poiché  co- 
me già  Adralisto  da  Bari,  quanti  non  avevano  obbliate 
le  fiere  nimistà  contro  i  Greci  ^  ricoveravano  presso  i 
Normanni.  Insieme  ai  Calabresi  condotti  da  Roberto  , 
non  è  improbabile  anzi  che  altre  schiere  d'indigeni  pu- 
gnassero commiste  agli  stranieri  ;  coloni  che  rompevano 
il  giogo  servile ,  esuli,  mercenarii,  schiavi,  ogni  qualità 
di  gente  concitata  a  mutar  sorte  dai  rapidi  i^ivolgimenti. 
E  la  commozione  s'estese  dopo  la  battaglia  di  Civìtate  , 
la  quale  ebbe  per  l' Italia  del  mezzodì  gli  effetti  stessi 
che  la  campale  giornata  di  Hastings  per  T  Inghilterra  ; 
ond'  è  che  rimase  in  tante  tradizioni.  Soltanto  la  domi- 
nazione Normanna ,  che  allora  può  dirsi  cominciata  , 
progredì  neir isola  Brittannica  più  rapidamente,  trovò 
ostacoli  maggiori  nella  Puglia,  nella  Calabria,  e  nella 
Campania*  E  di  questa  dissimiglianza  sono  ragioni  di« 
verse ,  ma  una  senza  dubbio  fu  la  maggiore ,  la  parte 
cioè  ch'ebbero  i  Papi  nelle  cose  Italiane;  poiché  Tini- 
presa  di  Leone  IX,  infelice  nei  suoi  principii,  riprovata 
dai  fautori  stessi  della  Chiesa  ^ ,  contro  la  comune  pre- 

•  Iste  primm  Romanorum  Pontifieum  a  B,  Petto  ad  se  usque  eum 
manu  armatorum  in  bellum  processit ,  qui  quamvis  sanctus  fuerit , 
et  pio  hoc  animo  egerit ,  tamen  quia  non  ejus  id  erat  officii ,  neque 
hoc  UH  permissum  fuerat  a  domino,.,  ideo  exercitu  suo  mdtitudo  cae* 
sa  est ,  ipso  prospiciente.  Rom.  Salern.  ad  an.  WS5.  —  Occulto  Dei 
judicio,  sive  quia  tantum  Sacerdotem  spiritualis  potius  quam  prò  ca* 
àucis  rebus  pugna  dccébat ,  sive  quod  nefarios  homines  quam  multos 
ad  se  ób  impunitatem  scelerum  vel  quaestum  avarum  confluentes  ^ 
contra  ibidem  scelestos  secum  ducebat,  sive  divina  justitia  alias  quas 
ipsa  novit.  Herm.  Contr.  Et  puiz  ceste  cose  ret&mera  a  Rome  et  sera 
mort.  Et  puiz  la  venue  soe  petit  vivrà  ;  quar  e*  est  ordené  devant  la 


—  254  — 

visione,  doveva  in  ultimo  riuscire  per  via  contraria, 
a  quel  medesimo  fine  di  grandezza  al  quale  aspirava  il 
Romano  Pontificato. 


FINE  DEL  PRIMO  VOLUME. 


présence  de  tHeu ,  quar  quicumque  sera  eontre  li  Nortnant  pour  les 
chacier^  <m  tost  fn<mra ,  ùu  grant  afflicHon  aura.  —  Amato  III ,  35. 


DOCUMENTI  E  NOTE 


-*i»  •«■••«». 


DOCUMENTO  I,  p.  34. 

Riferiamo ,  togliendolo  dal  Beatillo  Star,  di  S.  Nice.  di  Bari  un  do- 
cumento che  ricorda .  un  altro  Nicola  Melopezzi  Criti ,  ossia  Giudice , 
non  per  curiosità  genealogica  ;  ma  perchè  questa  carta  (juasi  ignola  ci 
sembra  contenga  particolari  interessanti  alla  storia  giuridica  del  Me- 
dio-evo. 


In  nomine  sancte  et  individue  trinitatis.  Anno  Incar- 
nationis  Domini  nostri  ihesu  cliristi  millesimo  centesi- 
mo mense  octub.  octaba  indictione.  Residente  me  ni- 
eolao  barinorum  oriti  qui  et  melipezzis.  In  carte  glorio- 
si nostri  domini  boamundi  in  civitate  bari,  cum  ceteris 
nobilibus  hominibus  subscriptis  testibus  ad  indicandum 
et  diffiniendum  causas  et  altercationes  uniuscuiusque 
hominis  ad  nos  venientis.  Tunc  nostram  ante  presen- 
tiam.  venit  iohannizzius  filius  theofilacti  imperialis  pro- 
tospati, de  ista  predicta  civitate.  compellans  in  vice  ec- 
clesie sancti  nicolai  confessoris  christi.  et  vice  domini 
nostri  helie  vener.  archiepiscopi  super  laitam  uxorem  ni- 
colai. et  grimam  uxorem  desigli  ambas  sorores.  et  filias 
ìohannis  de  prephata  civitate  bari,  dicens  domine  critis 
clamor,  super  has  predictas  sorores.  quod  iniuste  te- 
nent  causam  et  hereditatem.  que  fuit  hominis.  nomine 
xigelli.  pertinentem  ei.  Intus  hac  prehata  civitate.  et 
loris.  que  res  pertinenti am  diete  ecclesie  sancti  nicolai. 
Eo  quod  predictus  rigellus  fuit  homo  defensus  Ecclesie 

TOL.  I.  47 


—  258  — 

sancti  basilii.  que  olim  fuit  in  curia  preterii  pubblici, 
ubi  nunc  est  prephata  ecclesia  sancti  nicolai.  et  fuit 
ipse  rigellus.  mortuus  sine  filiis.  Et  ideo  res  sua  perti- 
net  predicte  ecclesie  sancti  nicolai.  Hanc  compellatio- 
nem  audiens  ego  qui  supra  crilis  misimus  et  fecimus  ve- 
nire jam  dictos  viros  predictarum  sororum  nicolaum  et 
dìsigium  in  jam  dictam  curtem  ante  nostram  presea- 
tiam.  Qui  Venientes  et  prescriptam  compellationem  fa- 
6tam  super  uxores  eorum  audientes.  et  a  me  qui  supra 
criti  interrogati,  quid  inde  dicerent.  dixerunt  domine 
critis  hoc  res  uxorum  nostràrum  est.  et  nos  nichil  ha- 
bemus  in  eo.  et  nobis  non  pertinet  inde  respondere.  Sed 
nostre  uxores  faciant  exinde  quod  eis  placuerit.  Quibus 
ego  qui  supra  critis  dixi.  rectum  est.  ut  vos  prò  uxori- 
bus  vestris  respondeatis.  et  contendatis  vel  inde  avoca- 
tores  mittetis.   Unde  misimus.   et  fecimus  venire,  et 
predictus   mulieres.  ante  quas  predictus  iohannizzius. 
compellavit  super  eas  tali  modo,  ut  superius  dictura 
est.  Hanc  compellationem  audientibus  predictis  mulie- 
ribus.  dixi.  quem  vellent  in  log.  advocatum  habere.  di- 
xerunt. domine  critis  volumus  ut  isti  viri  nostri  prò  no- 
bis respondent.  et  contendant.  Et  illi  dixerunt  domine 
critis  dum  nostre  uxores  volunt  ut  nos  prò  eis  conten- 
damus  libenter  contendimus.  et  mox  eamdem  compel- 
lationem predict.  nicolaus  et  disigius  responderunt  di- 
centes  domine,  uxores  notre  juste  tenent  res  unde  pre- 
phatus  iohannizzius  super  eas  compellavit  secundum 
continentiam  scripti  judicati.  quod  exinde  factum  est. 
Quod  mihi  qui  supra  criti  ostensum  est.  et  fecimus  il- 
lud  legere.  et  continebatur  in  eo.  quomodo  ipse  rigel- 


—  259  — 

lus.  ordinasset  epitropos  dominum  iohannem  sacerdo- 
tem.  qui  dicitur  de  ipsa  rosa,  et  romoaldum  fllium  petri 
protospato,  ut  magala  fil.  fridelgisi  èpi.  et  iudicasset 
causam  suam.  et  per  fustem  cornmisisset  in  manibus 
ipsorum  epitroporum  gaìtam  sororem  suam  cum  omni- 
bus rebus,  quas  videbatur  habere  et  per  eumdem  fustem 
dedit  et  tradidit  potest.  ipsum  mundìum  eius.  et  cetera 
que  in  eodem  scripto  iudicationis  continetur.  quo  lecto. 
dixit  prephatus  iohannizzius.  domine  critis  non  debemus 
respondere  ad  ipsum  iudicatum.  eo  quod  bacuum  et  si- 
ne  lege  factum  est.  Nam  jam  dictus  rigellus  defensatus 
fuit  ecclesie  sancti  basilii.  qui  etiam  si  liber  fuisset. 
bacuum  esset  ipsum  judicatum.  eo  quod  continetur  in 
eo.  dedisse  mundium  sororis  sue  ad  ipsos  epitropos.  si- 
ne  pretio.  et  sine  merito,  cujus  e  contrario.  Ipsi  ni- 
colaus  et  disigius  responderunt  dicentes.  Istud  judica- 
tum per  legem  factum  est.  et  predictus  rigellus  defen- 
satus non  fuit.  Has  altercationes  audiens  ego  qui  super 
critis.  dixi  ad  predictum  nicolaum  et  disigium.  fratres. 
hoc  judicatum  certissime  bacuum  et  sine  lege  factum 
est.  quoniam  ipsam  traditionem  de  mundi  ipso,  quod 
idem  rigellus  dedit.  suis  epitropis.  si  volumus  dicere 
quod  donatio  fuisset,  meritum  appositum  ibi  non  fuit. 
et  si  eam  volumus  nominare  venditionem.  pretium  ibi 
non  fuit  datum.  ergo,  nec  hoc.  nec  illud  est.  Unde  ju- 
dioamus  illud  prò  vacuo.  Tamen.  quamvis  bacuum  sit 
judicatum  ipsum.  et  vostre  mulieres  propter  hoc  judica- 
tum res  ipsos  prephati  rigelli  tenere  non  possunt.  tan- 
do.  ut  pars  ecclesie  santi  nicolai  ostendant  scripta  quo- 
moda  ipse  rigellus.  defensatus  fuisset  ecclesie  sancti 


—  260  — 

basilii.  unde  prephatus  iohannizzius  abiit.  et  duxit.  duo 
sigilla  greca*  et  ego  feci  ea  legere  et  unum  erat.  conti- 
nens  quomodo  romano  anthipatus.  patricius.  bestìo.  et 
catepanus  et  allerum  sìgillum  erat  continens.  quomodo 
iohannes  patricius  et  catepanus.  dederat  sasso  cum  fra- 
tribus  suis  servitiales.  et  invenimus  quomodo  ipsum  ri- 
gellum.  esse  de  progenie  prephati  sassonis.  secundum 
continentiam  cartule.  quam  prephatus  nicolaus  et  disi- 
gius  ostenderunt  Quibus  lectis  ego  qui  supra  critis  dixi 
eidem  nicolao  et  disigio.  Ecce  vos  videtis  per  ista  sigil- 
la quomodo  ipso  rigellus  defensatus  fuit.  Unde  ìpse  ri- 
gellus  judicare  non  potuit.  quoniam  liber  non  fuit.  Et 
si  liber  judicatum  ipsum  sino  lege  factum  est.  Unde  ju- 
dico  ut  tota  causa  et  hereditas  que  fuit  predicti  rigelli. 
intus  hac  civitate  et  foris.  sit  de  predicta  ecclesia,  beati 
nicolai.  et  jam  dicti  domini  nostri  helie.  venerab.  ar- 
chiepiscopi ejusque  successorum.  et  rectorum  ejusdem 
sancte  ecclesie,  et  ipse  muiieres  vestre.  nec  eorum  he- 
redes.  nichil  inde,  habeant.  unde  ego  qui  supra  critis 
per  auctoritatem  gloriosi  nostri  domini  boemundi  per 
fustem  dedi.  et  tradidi  ad  predictum  iohannizzium  totam 
prephatam  causam  et  hereditatem.  que  fuit  prephati  ri- 
gelli. intus  hac  prephata  civitate.  et  foris  ubicumque 
habuit  et  pertinuit.  cum  omnibus  suis  pertinentiis.  quam 
traditionem.  ipse  iohannizzius  recepit  vice  ecclesie  san- 
cii nicolai.  et  domini  nostri  helie  vener.  archiepiscopi, 
ut  a  modo  sit  in  potestate.  et  dominatione  ipsius  sancle 
ecclesia,  et  domini  nostri  archiepiscopi,  et  omnium  suc- 
cessorum ejus  et  rectorum  ejusdem  sancte  ecclesie,  ha- 
bendi  possidendi.  et  omnia  exinde  faciendi.  ut  eornm 


—  264  — 

erit  voluntas  sine  requisitlone  et  contrarietate  ipsopum 
mulièrum  eorùmque  hepedum.  omniumque  hominum. 
unde  prò  sccuritate  et  defensione  prephate  ecclesie  san- 
eti  nicolai  et  domini  nostri  helie  venerabilis  archiepi- 
scopi et  ejus  successorum  et  rectorum  ejusdem  sanctc 
ecclesie,  hoc  scriptum  judicii.  diffinitionis  et  traditionis 
feci  scribere  eis.  In  quo  propria  manu  mea  me  subscri- 
psi.  una  cum  iìsfis  nobilibus  hominibus.  qui  in  bis  om- 
nibus prescriptis  inventi  sunt  et  nostra  plumbea  vuUa 
ex  nostro  tipario  illud  consignare  feci,  quod  per  nostram 
jussionem  scripsit  iohannes  noster  protonotarius  de  ]am 
dieta  civitate  bari  qui  et  interfuit. 

f  Nicolaus  barinorum  critis  qui  et  mclipezzis 

f  Ego  Nicolaus  testis  sum 

f  Ego  libonis  testis  sum 

DOCUMENTO  li ,  p.  73. 

Anno  incarnationis  domine  millesimo  octavo.  mense 
Junio  undecima  indictione.  Ego  sangtiala  dominus  pla- 
nisi ,  qui  sum  ex  genere  normannorum.  Quadam  die 
dum  residerem  intus  in  predicto  castello  meo  planisi  et 
cogitare  cepissem  diem  mortis  et  eternum  judicium  ,  et 
qualiter  impii  et  peccàtores  cruciabuntur  in  inferno  et 
quomodo  justi  fulgebunt  in  regno  coelorum.  et  Con- 
silio accepto  a  viris  religiosis  quod  nuUus  melius  es- 
set  ad  acquirendam  vitam  eternam  quam  si  aliquis  prò 
remedio  anime  sue  de  rebus  suis  sancte  ecclesiis  de- 
derit  ec. 


—  262  — 

Offire  una  terra  al  monìstero  dì  S.  Pietro  Apostolo  posto  presso  al  suo 
castello ,  dove  «  Joanne$  wAariw  eivUatis  Draconarie  a  prtdieto  san- 
guai  rogaius  »  scrisse  ec.  àrchiv.  Neap.  Monum.  T.  1. 

Il  Documento  sembra  apocrifo ,  poiché  Draconaria  fu  fondala  o  alme- 
no rifotta  ai  lempi  del  Catapano  Boioaiini ,  cioè  intorno  al  1019 ,  De 
Meo  ad  an.  f  e  perchè  il  diploma  manca  delle  forme  consuete. 

DOCUMENTO  III,  p.  79. 

Contingit  ipso  in  tempore ,  ut  quidam  Normannorum 
audacissimus ,  nomine  Rodulfus ,  qui  etiam  corniti  Ri- 
chardo  displicuerat,  cuius  iram  metuens,  cura  omni- 
bus, quae  secum  ducere  potuit,  Romam  pergerct  cau- 
samque  propriam  summo  Pontifici  exponeret  Benedicto. 
Qui  cernens  eum  pugna  militari  elegantissimum ,  cepit' 
ei  querelam  exponere  de  Graecorum  invasione  Romani 
imperii ,  seque  multum  dolere ,  quoniam  minime  talis 
in  sui  existeret,  qui  repellerei  viros  exterae  nationis. 
Quibus  auditis  spopondit  se  idem  Rodulfus  adversus 
transmarinos  praeliaturum ,  si  alium  auxilium  praebe- 
rent  vel  illi,  quibus  maior  incumbebat  geminae  necissi- 
tudo  patriae.  Tunc  vero  praedictus  Papa  misit  itlum  cum 
suìs  ad  Beneventanos  primates,  ut  cum  pacifice  excipe- 
rent  semperquc  praeliaturi  prae  se  habcrent  illiusquc 
iussioni  unanimcs  obbedirent.  Egressusquc  ad  Beneven- 
tanos, qui  eum  ut  Papa  iusserat  susceperunt.  ce. 

HoDULPHi  Glabri  ,  hist,  ///» 
L  Pertz  Scrip,   VIL 


—  263  — 
DOCUMENTOIV,p.  96. 

7  Signum  manus  Basilii.  In  nomine  Patris,  et  Filii  , 
et  Spiritus  Sancii.  Ego  praefatus  Basiiius  de  Crommyda 
loricatus  miles  et  primus  mandatorum  Imperialis  exer- 
citus ,  ex  urbe  a  Beo  protecta  ppofectus  ,  qui  honoran- 
dam  et  vivificam  crucem  meumque  nomen  propria  manu 
signavi ,  praesens  instrumentum  perfectae  venditionis 
de  mea  voluntate  facio  et  trado  tibi  Nicol ao ,  dicto  de 
S.  Aecaterina ,  hac  de  causa.  Quoniam  divinitus  aiu-* 
tus  Basiiius  Boio  Protospatharius  Gatapanus  Italiae  , 
mei  misertus  est,  ut  aliquod  sòlatium  mihi  affert,  scili- 
cet  ob  remunerationem  omnium  servitiorum,  quae  ipsi 
praestiti,  iu  munere  quod  ille  gerebat,  prò  parte  poten- 
tis  et  sancti  nostri  Imperatoris,  quum  temporis  ratio  id 
postUlabat,  concessit  mihi,  ut  continetur  in  eius  diplo- 
mate domum ,  quae  est  intra  Civitatem  Barii  e  regione 
ecclesiae  Sanctissimae  Deiparae  de  Metizzia,  et  iuxta 
eiusdem  ecclesiae  Baptisterium;  eamque  domum  posse- 
di  usque  ad  XIV  indiclionem.  Hac  autem  eadem  indi- 
ctione  currenle,  Pothus  Argyrus  nobilissimus  Protho- 
spatarius  Gatapanus  Italiae,  et  dominus  noster,  simili- 
ter  et  ipso  a  Deo  afflatus,  praedictum  meum  prototypum 
diploma  venerando  suo  diplomate  mihi  firmavit;  ac  pa- 
riter  ipsam  domum  tenui  ac  possedi  tanquam  dominus 
et  proprietarius  a  V  indictione  usque  ad  praesentem 
diem,  neniime  impediente  aut  reclamante,  integram  , 
et  hoc  ambitu  comprehensam ,  habentem  scilicet  in  la- 
titudine cubitos  septem,  in  longitudine  cubitos  septem 


—  264  — 

et  decem.  Nunc  vero  quia  statuì  in  patriam  reverti,  ideo 
integram  hiusmodi  domum  vendidi  praedìcto  Nicolao 
prò  pretio  inter  nos  pacto  et  convento  quatuor  et  viginti 
solidorum  labarum  excussum  liabentium ,  quos  de  tuis 
in  meas  manus  recepti  in  praese^tia  subscriptorum  te- 
stium  prò  perfecto  pretio ,  ut  dictum  est ,  venditionis  et 
cessionis,  ut  amodo  et  omne  deinceps  futurum  tenipus 
tu  praedictus  Nicolaus  simul  cura  tuis  heredibus  habeas 
in  tua  potestate  hiusmodi  domum ,  cum  facultate ,  te- 
nendi,  possidendi,  vendendi,  donandi,  permutandi,  in 
tabulis  dotalis  scribendì ,  pìis  locis  offerendi  ,  et  uno 
verbo,  omnia  de  eadem  faciendi,  utpote  qui  pecuniaè 
solutione  ipsam  comparasti,  ecc. 

f  Costantinus  Proxìmus  Opazenus  praesens  in  tradi- 
tione  XXIV  solidorum ,  testis  propria  manu  subscripsi. 

f  Petrus  filius  Grimaldi  protopapae  subscripsi. 

f  Eusthatius  Toperites  filius  Grimaldi ,  praesens  in 
traditione  XXIV  solidorum  testis  propria  manu  sub- 
scripsi. 

f  Ego  Petrus  Imperialis  Judex. 

7  Nicolaus  Comes  Cortis  testis  subscripsi. 

7  Stephanos  Comes  Cortis  propria  manu  subscripsi. 

Questa  membrana  originale  greca  del  1052  si  trova  neU'  Archivio  del 
Monastero  Cavense  n.^  95;  donde  Cu  trascritta  da  Pasquale  Baffi,  eie 
la  tradusse  insieme  ad  altri  diplomi  oggi  conservati  fra  i  Mss.  della 
Bibl.  Nazionale  di  Napoli. 


—  265  — 
DOCUMENTO  V  ,  p.  96. 

Praeceptuni  Falci  turmarchae  de  terris  in  Trane  ale- 
nulfo  abbati.  Ex  precepto  basilii  ppotospatarii. 

In  nomine  domini  quinquagesimo  octabo  anno  jmperii 
domni  basilj  et  domni  Costantini  sanctissimis  imperalo- 
ribus  nostris.  Mense  junio  quarta  indictione.  Ideoque 
ego  falcus  lurmaicha.  et  episkeptjtj  ex  civitate  trane. 
Giare  facio  quia  domni  basilj  imperiai]  protospatharii. 
et  catepano  jtalie  qui  et  bugyano  dicitur.  demandavit 
mihi  ut  darem  jnipso  sancto  monasterio  cujus  vocabu- 
lum  est  sanctus  Benedictus  de  monte  casino,  cui  regi- 
men  videtur  do.nnus  atenolfus  gratia  dei  abbas  omne 
rebus  stabile  qua  fuit  maraldi  rebellatorem  falconi  mo- 
nachi ex  predica  civitate  quas  ei  pertinuit  a  supradicto 
genitore  ejus  et  prò  ipsa  genitrice  ejus.  tam  intus  civi- 
tate trane  quan  et  de  foras  eadem  civitate  seu  ubicum- 
que.  Unde  egi  qui  supra  falcus  turmarcha  secundum 
preceptionemde  ipso  domno  catepano  seniori  nostro  per 
hoc  scriptunr  paradosin.  dedi  atque  tradidi.  vice  jam 
dicto  monasferio.  Ad  andreas  monachus  ex  predicto  ce- 
novio.  omn»m  hereditate  stavilc  que  fuit  supra  dicti 
maraldi  quas  ej  pertinuit  a  supradicto  genitori,  et  per 
ipsa  genitrce  ejus.  tam  intus  civitate  trane  quam  et  de 
foras  eadei  civitate.  seu  ubicumque  cum  transitis  et 
exitis  suis  et  cum  omnia  infra  se  habentibus  sicut  illud 
mihi  dispouit  atque  demandavit  ipse  domno  catepano 
seniori  notro.  Quam  hac  scriptum  traditionis  in  supra 
dieta  ratine  jussi  scribere  tibi  disilo  diacono  et  nota- 


—  i66  — 

rio.  Ada  mense  et  indictione  supranominata.  Falcon 
qui  supra  turmarcha. 

Ex  Reg.  Petti  DiacoH, 

Fol.LXV  verso  n.«  139. 

DOCUMENTO  VI,  p.  209. 

En  ego  Argiro  Dei  providentia  Magister  Vestis  et  Dux 
Italiae  Calabriae,  Siciliae,  Paflagoniae,  quod  est  me- 
lius  commendo  me  et  associor  sancta  Monasterio  Bea- 
tissimae  Dei  genitricis  Mariae  cognominato  Farfae,  et 
tibi  domno  Berart  abati  per  omnia  almifico  et  cunctae 
Congrogationi  tibi  commissae  ut  dun   vivus   fuero  in 
hoc  mortali  saeculo  merear  fieri  particeps  vestris  san- 
ctissimis  meritissecundum  splendidum scriptum,  quod 
mihi  peccatori  et  immerito  famulo   m^ae  Dominae  et 
sanctissimae  genitricis  Mariae  Virginis,  vostra  est  di- 
gnata  dirigere  pietas ,  et  ut  vestris  soffiltus  sacrosan- 
tis  ordinibus,  et  divina  protectus  clemenia  dignus  fiam 
piacere,  ibidem  primitus  utillimis  moribus,  et  post  mo- 
dum  terrenibus  opibus ,  quatenus  post  camis  vinculum 
postquoque  domum  histam  Elisei  gaudii  ma  vobiscum 
mei  fratris  dilcctissimi  et  Domini  congaudere  merear 
per  omnia  saecula  saeculorum  amen.  Et  u.  praesentes 
et  futuri  cuncti  cognoscatis,  me  congrua  vduntate  pla- 
^cidoque  corpore  ,  vel  animo  placuisse  mihi  leccatori  et 
confralri  vestro  talia   peragere  prò   absolutione  meo- 
rum  scelerum   plurimorum  ,  et  meae  animie  propnw 
meis  subscripsi  laetanter  manibus,  et  buUa^e  fecinius 


—  267  ~ 

buila  argentea  anno  ML  Hedcmptìonis  nostrae  assum- 
ptae  carnis  doniinicae  VII. 

Seguono  altre  parole  poco  intelligibili ,  e  sembrano  la  missiva  che  ac- 
compagnava la  lettera,  la  quale  scritta  in  greco  (u  alterala  dai  copisti 
della  Cronaca. 

Àrgiros  pronia  theu  Magistros  Bestis  kae  Dux  Italìas 
Calabrias  sichellas  ,  kae  Paphlagonias.  Omelista  proge- 
gramma  Cabeon  kedulon,  ematon  ti  Despini  kae  agia 
Theotoco  Maria  ti  en  ti  agemoni  tis  Farfas  diatricon 
paradi  diis  ickeo  chiros  ipegrapia. 

Chr.  Farf.  R.  I.  T.  II.  p.  lì, 
ad  an.  4050. 

DOCUMENTO  VII,  p.  221. 

Porro  haec  Italorum  in  Northmannos  invidia  adeo 

exarsit,  et  jam  inolevit,  ut  pene  per  omnia  Italiae  su- 

burbia  vix  unquam  ulli  Northmannorum  liceat  tutum 

iter  carpere ,  etiamsi  sit  peregrina  devotione  quin  assa- 

liatur,  trahatur,  nudetur,  colaphizetur ,  vinculis  reli- 

getur,  saepe  etiam  tristem  exhalet  spiritimi  longo  car- 

ceris  squallore  maceratus.  Unde  notum  tibi  sit,  chri- 

stianae  plebis,  humanissime  pater,  quia  nisi  Romana 

pietas  apostolica  interdictione  aboleverit  hanc  indisci- 

plinatam  barbariem ,  et  maxime  in  specialis  sui  legati 

injuriam  vindicav-erit  :  ita  ut  totus  orbis  audiat  et  con- 

^'•eniiscat,  valde  depretiabitur  Romanae  majestatis  au- 

ctoritas,  nec  erit  gens  illa  Northmannorum  bellica  in 


—  268  — 

vèstro  fidelitate  adeo  promta  et  devota.  Interest  etiam 
tuae  famae  vir  totius  liberalìtatis  et  gloriae,  larga  manu 
nostra  perdita  restaurare  quia  ecce  ut  jussìsti ,  paschali 
termino  adest  noster  nuncius  ec. 

EpiS,    JOHANKIS    ÀBBATIS    FlSCAMENSlS 

ad  Leonem  P.  IX.  ap,  Marthen. 
T%es.  Anec.  T.  /,  p.  208. 

DOCUMENTO  Vili ,  p.  246. 

»  0  slrenuissimi  milites.  0  bellicosissimum  virorum 
»  genus  expergisciraini  jam  vosque  ipsos  defendite:  im- 
»  minens  vobis  est  bellum  vos  ipsi  videtis;  hostis  est 
»  super  caput,  porro  vita  et  mors,  libertas  patrie,  in 
»  manu  est.  Ubi  est  Romanorum  semper  triumphalis  vi- 
»  ctoria?  Ubi  latinorum  vinctrix  in  hoste  gloria?  Ubi 
»  teutonicorum  bellicosa  fama?  Nonne  melius  est  que- 
»  so  uno  die  bene  mori  vel  bene  vivere  ,  quam  toto 
»  tempore  vite  misere  videndo  hostem  sufferre?  Exper- 
»  giscimini  inquam  agros,  vineas,  demos;  filios,  uxo- 
»  ras  ,  vos  denique  ipsos  defendite.  Nunquid  ut  alie- 
»  num  cujuslibet  honorem  acquiratis  vos  pugnam  mo- 
»  neo  ?  absit  prò  patria  tantum  pugnate.  Quamobreni 
»  si  quis  vestrum  mortuus  fuerit  hodie,  gaudeat;  nani 
»  abrahe  sinus  eum  recipiet.  » 

Anon.  VU.  Lmi,  IX  ap,  Borgia 
Mem,  Ut.  di  Benevento ,  par*  B- 


1 


—  269  — 

DOCUMENTO  IX,  p.  248. 

L'Anonimo  scrittore  della  VUa  di  Leone  IX,  inlepporape  U  narra- 
zione per  celebrare  con  questi  versi  il  valore  degli  eroi  caduti  nella 
battaglia  di  Giviute. 

Pro  dolor  heroes  moriuntup  in  agmine  fortes. 
Quisque  cadit  fortis ,  gustando  pocula  mortis. 
Ense  tamen  quisque  stans  monlis  pocula  miscct. 
Si  cadet  hinc  unus,  miles  prò  milite  nullus. 
Ast  alia  parte  prò  solo  mille  cadente. 
Pugnant  et  cedunt,  et  mille  cedendo  recedunt. 
Si  de  germanis  quorum  duces  exstat  in  armis. 
Noscerè  plus  queris  finem  perpende  laboris. 
Nemo  retro  victus  fugiendo  suscipit  ictus. 
Hostem  quisque  petit  et  simplum  reddere  nesclt. 
Cerneres  ut  postem  firmum  stare  dum  ferit  hostem. 
Ni  fugiat  terra  subptus  quibus  est  fuga  nulla. 
Iste  fuit  fmis  natalis  et  ultimis  illis. 
Nam  que  dies  una  celorum  duxit  ad  alta. 

i4p.  Borgia  L  c. 

DOCUMENTO  X,  p.  252. 

In  N.  S.  et  Ind.  Tr.  H.  D.  F.  C.  R.  I.  A.  SI  voluntali 
^tque  petitionibus  fidelium  nostrorum  assensum  prae- 
^^mus,  ad  honorem  atque  utilitatem  nostri  regnique 
*d  provenire  non  dubitamus.  Quapropter  omnium  Chri- 
^11  nostrorumque  fidelium  lam  praesentium  quam  futu- 


—  270  — 

rarum  solleptem  industriam  scire  volumus,  qualiterex 
nostris  fldelibus  quidam  Argiro  dictus  per  nuncios  suos 
nostrani  clementiam  suppliciter  petiit ,  ut  in  sepulchro 
patris  sui  felicis  memoriae  Ismahel  nominati  Bambeherc 
sito ,  neihinem  ab  hac  re  in  antea  sepelliri  nostra  impe- 
riali auctoritate  flrmiter  interdieimus.  Cuius  petitioni 
condescendentes  ob  interventum  nostri  thori  ac  regni 
karissimae  consortis  A.  Imperatricis  Augustae ,  ac  peti- 
tioni filii  nostri  H.  statuimus  ac  nostra  imperiali  potè- 
state  praecipimus,  ut  in  tumulo,  in  quo  praedicti  Is- 
maheli  Ducis  Apuliae  ,  qui  et  Melo  vocabatur ,  ossa 
clauduntur ,  nullus  per  omne  aevum  post  ipsum  pona- 
tur,  seu  sepeliatur.  Ad  hoc  et  praecipientes  iussimus 
modisque  omnibus  confirmavimus ,  ne  hoc  nostrum  im- 
periale praeceptum  aliqua  magna  seu  parva  nostri  im- 
perii persona  infringere  aut  violare  praesumat.  Et  ut 
haec  nostra  imperialis  iuterdictio  stabilis  et  inconvulsa 
omni  permaneat  aevo ,  hanc  paginam  inde  conscribi , 
nianu  propria,  ut  inferius  videtur,  corroborantes ,  Si- 
gilli nostri  impressione  iussimus  insigniri.  —  Dat.  IIII 
kal.  Junii.  An.  Domin.  ine.  M.  L.  lUI.  Ind.  VII.  Anno 
Domini  II.  tercii  Regis  ,  Imperatoris  secundi  ordinai. 
XXVI.  Uegni  XVI,  Imp.  Vili. 

Lldarici  Bamberg.  Codex,  ap.  Eccaid. 
Corp.  his.  Med,  Aev.  T,  11.  p,  91 

Le  note  cponologìche  in  parte  sono  erronee  :  V  anno  e  V  indizione  ri- 
spondono al  1054 ,  invece  le  altre  note  accennano  al  1055 ,  e  le  ioii- 
me  relazioni  clie  per  mezzo  del  Papa  si  strinsero  in  qiiest'  anno  fra  A^ 
giro  e  r  Imperatore  mi  fa  credere  che  allora  fosse  concesso  il  diploo»' 


NOTA  1 ,  p.  18. 


Il  racconto  dì  Luitprakdo  intorno  gii  aiuti  concessi  dai  Masul- 
mani  a  Romano  Lecapeno,  fa  impugnato  dairAMABi,  Stor.  dei 
Mus.  in  Sic.  T.  II ,  p.  i75.  Egli  nega  ogni  cooperazione  del  Me- 
dhì  d'Africa  in  favore  dei  Greci,  e  dubita  con  ragione  della  pro- 
babilità che  gli  infedeli  si  prestassero  a  tanta  cortesia.  Fa  nascere 
quindi  la  tradizione  dall'  odio  degli  Italiani  contro  i  Greci ,  ed  in 
particolare  dairódio  e  dal  dispetto  di  Luitpbando  contro  i  Bizan- 
tini, il  quale,  <]aasi  a  smentire  se  stesso,  chiude  questa  notizia  con 
uno  anacronismo ,  dicendo  :  che  i  Musulmani  rese  le  province  ai 
loro  alleati  girarono  verso  Roma  e  si  stanziarono  al  Garigliano; 
mentre  dal  916  quella  colonia  era  stata  distrutta.  L' illustre  Stori-* 
co  riconosce  non  pertanto  che  :  «  il  solo  patto  tacito  ed  espresso 
».da  sospettarsi  tra  il  novecentoventicinque.  e'I  novecentotrenta  è 
*  che  ì  Bizantini  escludessero  dalla  tregua  e  designassero  ai  Fate* 
1»  miti  le  città  di  Calabria  e  di  Puglia  che  loro  non  obbedivano,  e 
)»  però  non  pagavano  la  quota  del  tributo  musulmano  ».  Senza  at- 
Iriboire  a  questi  accordi  il  carattere  di  una  vera  alleanza ,  e  senza 
dedurne  gli  effetti  che  vorrebbe  Luitprando,  altri  fatti  mostrano 
che  le  armi  dei  Musulmani  si  volgessero  anche  contro  i  Principati. 
Longobardi  nel  tempo  che  Landolfo  occupò  le  province  Greche. 
Abbiamo  sicure  notizie  di  assalti  e  correrie  contro  il  Principato  di 
Salerno  (  Amabi  m ) ,  e  certezza  di  una  impresa  degli  Slavi ,  amici 
ed  assoldati  del  Medhi  d* Affrica ,  sopra  Siponto,  che  allora  ubbidi- 
va ai  Principi  di  Benevento;  i  quali  secondo  narra  la  Cronaca  Voi-» 
1umn$e  ebbero  in  quel  tempo  :  multa  cum  Graecis  et  Saraceni» 
^^tomina.  Similmente  non  si  può  in  tutto  rifiutare  la  testimonian- 


—  272  — 

za  di  LuiTPRAicBO  intomo  l' alleanza  dell'  Imperatore  d*  Oriente 
con  Ugo  Re  d*  Italia ,  ed  intorno  ai  soccorsi  prestati  da  questo 
contro  i  Longobardi.  Sebbene  il  tempo  e  la  natura  di  questi  aiuti 
non  è  possibile  definire ,  giova  però  notare  che  nel  927 ,  quando 
si  sarebbero  compiuti  i  sette  anni  assegnati  da  Luitpbando  alla 
dominazione  di  Landolfo  nella  Puglia ,  Ugo  inviava  il  padre  dello 
Storico  alla  Corte  Bizantina.  Recavasi  T  ambasciatore  a  stringere  I 
primi  trattati  di  amistà  o  a  rifermarne  altri  più  antichi?  s'inora; 
ma  sembra  che  gli  aiuti ,  quali  che  fossero,  vennissero  fomiti  dopo 
queir  anno;  poiché  Luitprando  aggiunge,  che  quasi  a  premio, 
Ugo  ottenne  P  Imperiale  parentado ,  disposando  a  sua  figlia  il  fi- 
gliuolo di  Costantino  PorfirogenitO;  e  le  nozze  seguirono  come  è 
notò  nel  944. 

NOTA  2,  p.  32. 

Il  Bbatillo  che  nel  1637  scrisse  una  Storia  di  Bari^  racconta 
nel  modo  che  segue  le  civili  discordie  delia  città  sulla  fede  di  A^ 
lationi  Ms8,  dei  più  vecchi  di  Bari. 

»  Ma  senta  il  lettore  una  discordia  civile ,  per  la  quale ,  nel  946 
))  al  mese  di  decembre,  vennero  alle  mani  i  Baresi  gli  uni  contro 
»  gli  altri  cioè  quei  del  popolo  con  i  nobili ,  e  se  ne  uccisero  mol- 
y>  ti.  La  cagione  di  ciò  siccome  non  la  scrissero  quei  che  posero  in 
»  carta  questi  homicidij,  così  per  traditione  si  sa  essere  stata  quel- 
»  la  che  segue.  Costumavasi  nella  città  di  Bari,  come  ancor  hogi 
»  vi  si  usa,  che  nei  giorni  dei  nuovi  sposalitij ,  il  parente  più  stret* 
»  to  della  sposa  la  conduceva  per  la  mano  alla  Chiesa  con  molta 
))  comitiva  di  gente,  e  quivi  con  la  benedittione  del  sacerdote  la 
»  consegnava  allo  sposo  che  di  là  con  la  stessa  frequenza  la  mena- 
»  va  a  sua  casa.  E  come  i  popolani  rispettavano  molto,  conforme 
»  alla  decenza,  ed  al  debito  la  nobiltà  e  ricevevano  a  favore  che 
»  i  gentilhuomini  honorassero  i  sposalitij  delle  loro  figliuole,  si 
D  come  al  principio  V  invitarono  solamente  a  farle  compagaia  nel- 
»  l'andare  e  ritornar  dalla  Chiesa,  così  da  poi  s' introdusse y che 


—  273  — 

»  i  parenti  delle  spose  facessero ,  in  loogo  loro  menar  a  mano  le 
»  figlie  da  questo y  e  da  quell'altro  gentiihuomo  lor  conoscente. 
»  Del  che  avvistisi  i  Stratigi ,  e  gli  altri  ofDciali  della  città  procara- 
»  Tono,  che  ancor  essi  fossero  invitati  talhora  a  far  luogo  dei  gen- 
9  tilhnoroi  alle  spose  novelle  questa  sorte  di  bonore.  E  perchè  per 
)»  on  pezzo  fu  ciò  loro  concesso ,  quando  poi  quei  del  popolo  per 
»  causa  d'inconvenienti  più  volte  occorsi ,  vollero  levar,  via  questa 
»  Usanza ,  gli  ufficiali  ed  i  nobili  fecero  loro  gagliardissima  resi- 
»  stenza,  dicendo  ch'era  ciò  d'obbligo ,  e  che  per  conseguenza  se 
»  ne  volevano  violentemente  mantenere  in  possesso.  Non  piacque 
»^  ciò  a'  popolani,  e  per  questo  i  primi  (3\ì  essi ,  vedendosi  così  ag- 
»  gravati  né  havendo  a  chi  ricorrere  per  giustizia,  si  unirono  se- 
»  gretamente  nella  lor  Chiesa,  nominata  allora  la  Madonna  del 
n  Popolo ,  e  stabilirono  che  nel  primo  sposalitio  da  farsi ,  tenesse- 
»  ro  in  detta  Chiesa  buon  numero  di  gente  armata  la  quale  se  da- 
»  gli  avversarli  fosse  fatta  violenza,  uscisse  arditamente  di  là  e  ne 
9  facesse  macello.  Poco  di  poi  succede  il  caso,  nel  quale  perchè  ' 
»  nobili  con  gli  officiali  vollero  per  forza  condur  la  sposa  alla  Chie- 
D  sa,  comparvero  subito  quelli  armati,  e  se  ne  uccisero  tanti  dal- 
»  Tona  e  dall'altra  parte,  che  più  famiglie,  massime  dei  nobili 
j»  che  furono  air  improvviso  assaltati,  ne  rimasero  estinte.  Questi 
j»  dunque  furono  gli  homicidij  che  acadettero  a  Bari,  e  furono  cau- 
j»  sa  che  si  levasse  del  tutto  quella  pessima  usanza ,  e  che  il  popolo 
j»  Barese  per  la  risolutione  fatta  nella  Chiesa  accennata,  le  mutasse 
n  l'antico  nome  chiamandola,  come  ancor  oggi  s'appella,  Santa 
n  .Maria  del  buon  Consiglio.  » 

NOTA  3  ,  p.  69. 

A  determinare  l' epoca  della  prima  venuta  dei  Normanni  non  è 
senza  utilità  riferire  le  discordi  notìzie  che  ne  rimangono. 

Si  è  visto  AiHATo  stabilirne  il  tempo  poco  innanzi  al  mille;  ma 
il  suo  racconto  non  viene  confermato  da  altra  testimonianza.  L' A- 
NoifiHo  Cassinese,  deve  credersi  interpolalo  all'anno  mille,  poiché 

VOL.  I.  13 


—  274  — 

quelle  ^roìe Nortmanni  Hyerosolhm  venienies  Sakmum  a  Safaee^ 
nia  liberarunt^  non  si  trovano  nel  Co<lice  più  antico.  Lo  stesso  Leo- 
ne Ostiense,  che  nel  testo  messo  a  stampa  segue  Amato ,  in  una 
variante  ricordata  dal  Pertzìì.  G.Scrìp.  J.  VllI^  si  limita  a  dire» 
che  nell'anno  settimo  delf  Aliate  Atenolfo:  hU  primum  diebusve^ 
ner^fU  Capuam  Nortnanni  aliquot ,  quadraginta  fere  nunuro  ee. 
Romualdo  Salebnitano,  solamente  per  errore  dei  copisti  segna 
air  anno  997  :  per  idem  tempus  Mei  Catipanue  prunum  f  o  ApuHa 
canduxit  Normanno^,  poiché  la  ribellione  Pugliese  snocesse  tredici 
anni  dopo.  L'evidente  anacronismo  che  risulterebbe  congion'gendo 
l'assedio  di  Salerno,  alla  emigrazione  dell'uccisore  di  Guglielmo 
RepostellOy  distrugge  poi  in  tutto  la  veracità  della  narrazione  di 
Amato.  I  due  Tatti  che  ne  sono  il  fondamento,  anche  senza  cer- 
carvi quel  nesso  che  vi  fu  posto,  furono  con  molta  varietà  di  nomi, 
di  tempo,  e  di  circostanze,  riferiti  dai  Cronhti  che  ne  fecero  men- 
zione.  Lupo  Pbotospata  pone  Passedio  della  città  al  1016  senza 
ricordarne  i  liberatori.  Ordbrigo  Vitale  lo  fa  seguire  iiel  1035  e 
prima  descrive  la  morte  del  Repostello  :  in  sede  Apostolica  Benedir 
do  residente^  cioè  tra  il  1020  ed  il  1024.  Altri  chiama  Osmondo 
Drengotlo,  altri  Giselberto  Boterico,  Tomicida ,  e  Gugl.  Gemme- 
Ticense  dice  fuggisse  :  temporibus  Henrici  Imperaloris  fUii  Cowh 
nis  et  Roberti  Normannorum  y  aggiungendo  altra  confusione. 

Lo  scarso  numero  dei  primi  Normanni ,  e  V  oscurità  delle  prime 
imprese,  dovevano  per  necessità  cancellare  la  memoria  del  tempo 
e  della  cagione  che  li  sospinse  a  venire  in  Italia.  Il  biografo  di 
Corrado,  WiPpone.  confessa  che  i  Normanni  ;  de  patria  ma  nescio 
qua  necessitate  compulsi  in  Apuliam  confluxerunt,  Ord.  Vitale 
L.  F,  ne  segna  T epoca  con  una  cronologia  immaginaria  ai  tempi 
di  Manichetus  Imperator  Costantinopoleos,,,  succedente  UH  Diogene» 
Quando  poi  le  crescenti  conquiste  didusero  il  grido  dti  venturieri, 
e  le  tradizioni  si  vennero  facendo  meno  vaghe,  i  Cronisti  più  lon- 
tani confondendo  le  diverse  emigrazioni ,  secondo  la  fama  che  a 
loro  ne  giunse  e  T interesse  dei  narratori,  turbarono  T ordine  ero* 
nologico.  Cosi  la  Cron.  Turonense  ricordando  la  peregrinazione 


—  275  — 

del  Duca  Roberto  di  Normandia  in  Gerusalemme ,  avvenuta  nel 
1034,  lo  fa  tornare  in  Italia  contro  i  Greci  ;  ed  alTerma  che  de  hoc 
eausa  coeperunt  Normanni  in  Sicilia  etApulia  dominari.  Similmen- 
te T  Annalista  Sassone  attribuisce,  hujus  Richardi  ioeiiXL/A 
primo  stanziamento  in  Puglia. 

in  generale  però  la  maggior  parte  degli  antichi  Cronisti  concor- 
da nel  porre  le  più  remote  emigrazioni  dei  Normanni  in  Italia  nel 
tempo  del  primo  Arrigo,  secondo  di  Germania,  che  fu  Imperatore 
dal  1014  al  1024.  Ea  si  quidem  gens  a  temporibus  prioris  Henrici 
in  Calahriae ,  Samniae ,  Campaniae  partes  eoufluebant ,  scrive  Er- 
manno Contratto.  Ed  Arnolfo  Milanese  narrata  la  morte  di 
re  Ardoino  nel  1015  soggiunge:  Illis  diebus  primis  in  Apuliam 
Norlmannorum  fuit  adventu.  Similmente  Ermanno  Augiensb  ,  ri- 
corda che  Arrigo,  concesse  alcune  torre,  Normannis  quibusdam 
qui  tempore  ejus  Ulo  confluxerant.  E  la  Cronaca  di  S.  Bbrtino  c. 
36  {  Marthen.  Thes  111,  )  scrive  :  regnante  Henrico  secundo  Nor^ 
manni  Italiam  intramrunf.  V  Anonimo  scrittore  della  vita  di  Leo- 
ne IX  non  s'allontana  molto  dagli  altri ,  ponendone  Tarrivo  tren- 
taseì  anni  circa  innanzi  reiezione  di  quel  Pontefice,  cioè  intor- 
no al  1013. 

In  questo  periodo ,  alquanto  indeterminato,  ma  che  si  circoscri- 
ve nella  latitudine  di  dieci  anni,  è  chiaro  che  i  predetti  Cronisti 
compresero  le  piii  antiche  emigrazioni  in  generale ,  senza  voler 
determinare  il  tempo  preciso  della  prima.  Nel  modo  stesso  fecero 
Glabro  ed  Ademario  ,  narrando  uscito  Rodolfo  ed  i  suoi  seguaci 
di  Normanndia ,  mentre  reggevala  Riccardo  li.  Ma  entrambi  con- 
ducendo gli  esuli  nella  Corte  del  Pontefice ,  e  dicendo  che  :  conni- 
vente Papa  Benediclo  Appuliam  aggressi ,  rivelano  la  sola  possibile 
cagione  di  lor  venuta  nel  mezzodì ,  trasandata  dagli  altri ,  e  mira- 
bilmente s'accordano  ai  Cronisti  indigeni.  Poiché  Lupo  Protospa- 
TA,  gli  Annali  di  S.  Sofia  e  Cavensi,  le  Cronache  di  Casauria  e  di 
FossANOTA ,  Guglielmo  Appulo,  e  io  stesso  Leone  Ostiense  nella 
variante  di  Pertz,  escludendo  ,  non  ]a  possibilità  di  una  più  remo- 
ta e  passaggiera  apparizione  in  Salerno;  ma  il  preteso  rapporto 


—  276  — 

fra  quella  oscura  impresa,  ed  il  futuro  stanziamento  degli  stranieri» 
pongono  il  principio  del  loro  intervento  allorché  vennero  ai  servi- 
gi di  Melo  Ira  il  1016  ed  il  1017. 

Era  naturale  però  che  questa  indir4?tta  testimonianza  si  alterasse. 
I  nomi  dei  primi  venturieri  presto  s'obbllarono,  che  pochi  erano , 
e  confusi  ai  Pugliesi  ed  ai  Longobardi  non  ebbero  parte  grande 
nella  insurrezione  di  Melo  contro  i  Greci.  Gli  stessi  Normanni  che 
successero  non  cercarono  serbarne  le  ricordanze  poco  gloriose ,  o 
le  abbellirono  con  favolosi  racconti,  come  è  quello  della  morte  di 
Torstaino.  Ma  dopo  gli  acquisti  fatti  da  Rainulfo  di  Qaarrel  e  dai 
figli  di  Tancredi,  dopo  la  seconda  insurrezione  di  Argiro,  e  le  mu- 
tate fortune ,  le  memorie  che  restavano  si  aggrupparono  intomo  a 
quelle  due  famiglie ,  dalle  quali  incominciava  la  conquista.  Riccar- 
do l  d*Aversa^  che  poi  fu  Principe  di  Capua,  e  Roberto  Guiscardo 
che  si  largo  dominio  prese  nel  mezzodì ,  rimasero  nella  volgare 
tradizione  i  primi  duci ,  i  più  antichi  invasori ,  e  le  loro  imprese 
divennero  più  remote  nel  tempo ,  più  mirabili  per  la  facilità  con  la 
quale  furono  compiute.  Quindi  un  Anonimo  Cronista  Francese  (ap. 
DucHESNE  T.  IV,  p.  86  ]  riferisce,  che  alcuni  anni  dopo  il  mille, 
Riccardus  quidam  Normannus  co  tempore  in  Apuliam  profecius , 
videns  eadem  provinciam  ah  inertibus  habitari  incolis,  mandavU  swu 
gentis  hominiòus  ut  seguerentur. . .  Inter  guos  nepos  ipsius  Ricardi 
Robertus  nomine  profectus  est.  E  con  maggior  verità  nota  Sigkber- 
TO  all'anno  1032  Robertus  et  Richardus  minuendae  domo  moltitudi- 
nis  caussa  hoc  tempore  a  Normannia  digressi  Apuliam  expetant.  ec. 

Quando  poi  gli  avventurosi  discendenti  di  Roberto  e  di  Ruggiero, 
depressi  e  spodestati  i  Principi  di  Capua,  furono  re  potenti ,  cadde 
anche  la  gloria  di  Rainulfo  e  di  Riccardo;  T adulazione  dei  Croni- 
sti cancellò  dal  racconto  quella  parte  che  essi  avevano  avuta  nella 
conquista,  e  gli  Altavilla  raccolsero  tutto  il  vanto  di  essere  stati 
i  primitivi  Normanni  che  posero  piede  nel  mezzodì.  Malaterra  , 
e  TAnonimo  Siculo  incominciarono  le  loro  Cronache  dalla  emi- 
grazione dei  figliuoli  di  Tancredi,  gli  storici  posteriori  li  seguiro- 
no ,  alterando  sempre  più  la  tradizionale  narrazione. 


—  277  — 

Frale  Tolomeo  da  Lucca  (  HisK  Ecel.  L.  XVIIF,  e.  13)  scrisse  : 
Venkns  igitur  Guillelmus  quidam  in  Italia  cognomine  Ferrabrach, 
nepos  Tancredi  magni  Ducis  Normanniae ,  cum  magna  multitudine 
gentis  praedictae  versus  Apuliae  sa  conferì.  Ed  a  misura  che  re- 
stringevasi  il  vanto  della  conci'.ista  nella  progenie  d'Altavilla, 
grandeggiava  sempre  più  Roberto  Guiscardo,  vero  Eroe  di  quella 
stirpe.  La  fama  delle  sue  imprese  dilTusa  in  Oriente  ed  in  Occi- 
dente, condusse  i  posteri  a  riguardarlo  come  Tonico  propagatore 
della  gloria  dei  Normanni ,  fondatore  non  solamente  della  loro  do- 
minazione in  Italia ,  ma  primitivo  loro  condottiero.  Tale  parve  a 
GoTOFftKDO YiTERBiKNSE  {Pani.  R.  I.  T.  Vllly  p.  VJ7  e  553] , 
che  sotto  Tanno  1047  segnò:  Eo  tempore  gens  Normanniae  con- 
surgens  sub  Roberto  Guiscardo  viro  slrenuissimo  et  magnae  recor^ 
dationù  Duce  ApuUam  ingrediiur;  e  ripetè  appresso: 

Hènrici  quarti  dum  gloria  vergit  ad  imum 

SentU  et  Apula  Normanmca  praelia  primum. 

Allora  la  lenta  e  contrastata  conquista ,  si  trasformò  in  una  ro- 
manzesca impresa  di  cavalleria,  la  storia  assunse  il  carattere  del- 
la leggenda  ;  sparvero  i  Pugliesi  combattenti ,  e  T  intervenzione 
così  efficace  dei  Papi;  e  confusi  nomi,  età,  luoghi,  T astuto  Ro- 
berto divenne  un  paladino  della  Tavola  Rotonda.  Queste  volgari 
novelle  raccolse  frate  Salinbbnb  nel  secolo  XUI,  ed  il  suo  rac- 
conto intorno  al  Guiscardo  se  non  à  interesse  storico,  spiega  insi- 
no  a  qual  punto  nei  suoi  tempi  s*  era  alterata  la  ricordanza  della 
conquista  Normanna.  Egli  narra  così  V  origine  del  Regno  delle 
Sicilie. 

»  Igitur  quia  Robertus  Guiscardus  juvit  Papara  Gregorium  sep- 
»  timum  tempore  necessitatis  espellendo  Imperatorem  ex  urbe... 
»  dedit  eum  in  feudum  terram  Siclliae  et  Apuliae...  —-Ivit  igitur 
»  quasi  explorator  ut  videtur  habitatores  illarum  terrarum ,  et  re- 
x>  versus  congregavit  exercitum  et  duos  fratres  quos  habebat  et 
»  consìliarios  suos,  et  dixit  eis:  Sapiens  in  proverbiis  dicit.  XI.  ec. 
j»  et  dixit  Robertus  suis:  omnia  in  supradicta  necessaria  sunt  hu- 
»  mini  volenti  exercitum  ducere ,  et  cum  hostibus  boUum  commit- 


—  278- 

»  (ere ,  qiiae  (Jomiiio  concedente  in  nostro  exercitu  crutit  omnia. 
)>  Terra  Apulia  et  Sicilia  concessa  est  nobis  a  Papa ,  et  vidi  ibi  ho- 
»  mines  habentes  pedes  lìgneos,  et  locuntur  in  gutture:  Sur§Ue 
»  et  aàcendamus  in  eog,  viilimus  enim  terram  mlde  opuUnlam  et 
»  uberem  nolUe  negligere:  nolite  cessare:  eamas  et  possideamus  eam^ 
»  nuUtis  erti  labor.  Inlrabitnus  ad  securos  in  regionem  lalimmam  , 
ì>  tradetque  nobis  Daminus  locum ,  in  quo  nuUius  rei  est  penttria 
»  eorum  quae  gignuntur  in  (erra  (  Judicum  XVllI).  Nota  quod  Ho- 
»  bertus  appellavit  pedcs  Irgneos,  patitos^idest  zoppelios,  qaibos 
»  utébantur  illi  siculi  et  apuli:  eraiit  enim  liomines  cac^relli  et 
»  hierdazoll  parviquc  valoris.  In  gutture  dizit  eos  lotiui  quid  quan- 
yt  do  volunt  diceì*e  quid  vi?  dicunt  ke  boli?  Ueputavit  igitur  eos  ho* 
»  fnines  viies  et  incrmès  et  sine  virtute,  et  sino  pcriiia  artis  pò- 
»  gnae.  Judith  V...  Erant  enim  tres  germani  fratres:  prinlus  Ro« 
x>  bertus ,  secundus  Guiscardus ,  tcrtius  Ambrosius  moiiachus ,  cui 
»  alii  duo  dixerunt  :  tu  pugnaberis  cum  ferula  tua  ,  ideal  tais  ora- 
»  tionibns  nos  juvabis  :  nos  vero  duo  cum  armis  pugnabimos,  et 
»  domino  concedente .  cito  subjugabimus  eo«  Et  factom  fuik  ita. 
)>  Audiens  lioc  Imperator  graecorum,  et  timens  ne  Robertns  vellet 
»  Costantinopolim  ire,  et  omnes  graccos  occiderò  fecit  aquas  ali- 
»  cubi  veneno  infici  corani  co  et  mortuus  est  Robertus  et  reman- 
w  sit  frater  ejus  Guiscardus  ex  quo  in  Sicilia  Regi  propagati  fuerunl. 
»  (  CiiR   p.  174  Monum,  hisi,  ad  prov,  Parmens,  et  Placen,  ). 

Gli  storici  posteriori  non  si  mostrarono  meglio  informati  di  frale 
Saliubene.  Giovanni  Villani,  dopo  aver  detto  che:  «  intorno 
»  a  li  anni  dì  Cristo  1070  passò  in  Italia  Roberto  Guiscardo  Uu- 
»  ca  di  Normandia  »  L.  IV  e.  17,  si  contradice  affermando  che 
»  non  fu  Duca  di  Normandia  ma  fratello  del  Duca  Ricciardo  »  e 
che  e  povero  e  bisognoso  venne  in  Puglia ,  e  era  in  quel  tempo 
)»  Duca  di  Puglia  un  Roberto  nato  del  paese  ,  al  quale  Roberto 
»  Guiscardo  venendo  prima  suo  scudiero ,  fu  poi  da  lui  fatto  cava- 
)>  liere,  e  stando  Roberto  Guiscardo  al  servigio  di  Roberto  Duca 
»  di  Puglia  molte  prodezze  con  vittoria  mostrò  contro  i  suoi  nemi- 
»  ci,  il  quale  avea  guerre  col  prenze  di  Salerno  y  e  guiderdonato 


—  279  — 

»  magnificameDte  ritornò  in  Normandia  e  le  delizie  e  le  ricchezze 
D  di  Puglia  recò  in  gran  fama  nel  sao  paese ,  avendo  ornato  il  suo 
»  cavallo  di  freno  d'oro,  e  ferrato  in  fino  argento.  E  ciò  fece  in  te- 
»  stimonianza  delle  ricchezze  di  Puglia.  Per  la  qual  cosa  provocati 
»  a  sé  molti  cavalieri  segnendolo  .per  golosità  di  ricchezze  e  gloria 
»  acquistare ,  tostamente  ritornò  in  Puglia  contro  al  volere  di  Got- 
»  tifredi  Duca  di  Normandia.  E  di  qua  ritornato  non  molto  tempo 
»  poi  Ruberto  Duca  di  Puglia  venendo  a  morte,  di  volontà  dei  suoi 
»  nel  Ducato  di  Puglia  lo  fece  suo  successore,  e  come  promesso 
»  aveala  figliuola  ebbe  per  moglie  li  anni  di  C.  1079  (e.  18).  » 
Nel  rapido  esame  che  abbiamo  fatto  delle  trasformazioni  che 
sub)  il  racconto  della  venuta  dei  Normanni,  non  s'incontra  dopo 
Amato  ninna  menzione  dell'impresa  di  Salerno,  mentre  in  una  età 
va^a  d'immaginose  leggende,  non  sarebbe  stata  obbliata,  se  nel  po- 
polo ne  iùs?e  rimasta  la  ricordanza.  Una  sola  volta  sembra  voglia  ac- 
cennarvi ToL.  DA  Lucca  K  c.  ma  stranamente  la  riporta  ai  tempi  di 
Papa  Vittore  II,  allorché,  Cajma  ohsidetur  a  Saracena,  conlra  quos 
Vttdit  Eoberlus  Guiscardu&y  et  ipsos  inde  fugaviL  Anche  (|uando  la 
narrazione  della  conquista  straniera,  comincia  a  prendere  nella 
storia  piò  vere  proporzioni,  quel  l'episodio,  ed  ogni  altro  più  remoto 
che  vi  si  riferisca,  non  apparisce.  11  così  detto  Giovanni  Villani  Na* 
PoLETANo  scrive  soltanto:  «  Roberto  Guiscardo,  venne  al  Reame 
»  con  nndeci  fratelli ,  homini  acti  in  battaglia ,  chiamati  da  Lodo* 
»  vico  figliuolo  di  Pandolfo  Principe  di  Capua,  il  quale  guerrezzava 
»  col  Principe  di  Salerno,  il  quale  Roberto  per  la  sua  virtute  de 
x>  l'arme  fo  facto  conductore  et  capo  di  tutti  li  Normandi  et  altri 
»  forastieri  che  guerreggiavano  in  lo  Reame.  El  fello  che  in  suc- 
»  cessione  di  poco  tempo  per  li  domìnij  tutti  li  signori  et  principi 
»  excepto  el  Principe  di  Salerno  el  quale  era  a  lui  cogniato  perchè 
»  lo  dicto  Roberto,  havia  pigliato  Madonna  Segregaida  sua  sorella 
»  per  mogliere,  da  pò  fu  facto  et  intitolato  con  le  bandere  duca  di 
»  Puglia  et  de  Calabria  per  Papa  Niccolò,  il  quale  Roberto  suc- 
»  successe  al  principato  di  Salerno  per  la  mòrte  di  dicto  suo  co<^ 
»  gnato  per  parte  de  sora,  e.  LIX. 


—  aso- 
li Fazzkmx)  (Deca  IL  L.  VI  e.  II)  benclic  favoleggi  della  te- 
nuta di  Tancredi  e  dei  saoi  figliuoli  in  Italia,  ai  tempi  di  Sergio  IV 
e  di  Ludovico  re  dì  Francia .  (juando  Berengario  e  gli  Unni  vessa- 
vano la  penisola,  ignora  l'antica  \ittoria  contro  i  Masulmani.  La 
tace  anche  il  CorxBXtvxio ,  1^.  Ili,  tornando  stiirerrore  d^ana  emi* 
gra/jone  che  «  intorno  agli  anni  di  Cristo  900  era  passata  in  Ita- 
lia »  e  ponendo  «  due  fratelli  nno  chiamato  Roberto  Y  altro  Ric- 
cardo discesi  da  Rollone.  »  In  egoal  modo  fanno  gli  altri  ttoriei 
insino  al  Suhmontr,  il  quale  sembra  rimettesse  in  onore  V  assedio 
di  Salerno  e  T  invito  di  fSuaimaro.  Trasandolli  non  pertanto  Cape* 
CELATRo ,  ma  li  ricopiò  Giaunoiie  ,  e  dopo  quasi  tuttL 

Delle  tre  Storie  che  furono  scritte  in  Francia  della  conquista 
Normanna  y  non  è  necessario  fare  un  lungo  esame.  Quella  del  Do 
MouLiff  Les  conguesles  de$  Norman^Fran^aii  aux  Rayaume  di  Nor 
ple$  et  de  Sicile  ec.  Rouen,  1668,  manca  in  tutto  di  critica.  La  pe- 
regrinazione dei  quaranta  cavalieri  in  Salerno ,  la  vittoria ,  i  doni , 
il  ritorno ,  ed  i  rapidi  pregressi  dei  figliuoli  di  Tancredi ,  confusa- 
mente vi  sono  narrati  ricopiando  le  solite  fonti.  L'altra  del  Ge- 
suita ficFFiER ,  Hixtoire  de  l'origine  du  Hoyaume  de  Sicile  ei  NapUs 
ecc.  Paris  ilOI ,  piena  di  anacronismi  e  di  errori  non  fa  che  se- 
guire Lkohk  Ostiense  e  Malatkrra,  ed  il  concetto  che  T  informa 
può  riassumersi  in  queste  parole  :  I  Normanni  délivrent  t  lialie  du 
invasioni  et  du  joug  des  Infidéles ,  et  agissent  toujours  coslammenl 
en  faveur  de$  Papesjiisq'a  leur  [aire  violence  pour  les  [aire  entrer 
dans  Ifurs  vrais  avantages.  p.  5.  Opera  di  più  grande  espettazione 
pareva  dovesse  essere  VHistorie  des  conquétes  des  Normands  en  lia- 
lie ^  en  Sicile  y  et  Grece  ^  par  E.  Gauttier  d' Arc,  Paris  1830^  ma 
la  sola  parte  che  ne  fu  stampata ,  e  che  comprende  la  prima  epoca 
dal  I0l6al108o  lascia  molto  a  desiderare.  Scritta  con  arte  maggio- 
re delle  precedenti,  e  con  T  aiuto  di  fonti  insino  allora  sconosciute, 
pure  non  se  n'allontana  quasi  mai  nel  racconto,  sovente  anzi  gli 
errori  del  Du  Moulin  vi  sono  ripetuti  senza  citarlo;  e  circoscritta 
alle  imprese  dei  Noirmanni,  obblia  troppo  T  Italia,  ed  ignora  quei 
fatti  che  contribuirono  a  trasformare  le  condizioni  del  mezzodì. 


—  281  — 

NOTA  4,  p.  Mb. 

I  più  antichi  Cronisti  non  sono  concordi  intorno  la  condizione 
sociale  della  famiglia  di  Tanfro<li  d'Altavilla  prima  che  venisse  in 
Italia.  Senza  entrare  in  una  ricerca  genealogica ,  la  quale  per  altro 
fo  fatta  dal  Mooyer  (  Ueber  die  angebiiche  Abstammung  dcs  nor- 
mannischen  Kònigsgeschlechts  Siziliens  von  den  Herzogcn  der  Nor- 
mandie.  Minden,  1850  )  riferirò  le  principali  notizie  che  ne  furono 
tramandate. 

Orderico  Vitale  scrive  :  Hic  Tancredi  de  AUaviiia  cujusdam 
mediacris  vtri  filius  erat...  e  pone  poi  in  bocca  a  Roberto  Guiscar- 
do queste  parole:  Ecce  nos  de  pauperibus  et  infimis  parmtibm  pro' 
cesshnng ,  et  stenle  rus  Costantini  vacuosque  necessariis  rebus  pena* 
ics  relinguimus,  L,  V.  —  Lo  stesso  Cronista  narrando  la  venuta  di 
Roberto  di  Grantmensil  Abate  di  S.  Evrulfo  presso  Roberto  in 
Puglia  dice  :  lUe  vero  ut  dominum  naturalem  eum  konorifice  susce* 
pii,  L.  Ili ,  p.  h83,  e  questa  dipendenza  di  vassallo  non  trovo  che 
fosse  notata  da  alcuno.  Nello  stesso  modo  viene  ricordata  da  altri 
r  umile  progenie.  Nullum  hominem  probum  hominem  debere  vocor 
rt ,  nisi  solum  Wiscardum,  Qui  cum  genere  esset  ignoti  et  panper- 
culi  maius  omnibus  fecisset  hominibus.  Additam.  ad  Che.  Mal- 
L6ACBN.  ap.  Bouquet.  XI  644 ,  e  Hist.  Guiscardi  ,  extrait  inódit 
d'  un  Mss.  de  la  Bibl.  Royal.  Appendice  alla  Cronaca  d'Amato  — 
Ex  eorum  ordine,  quos  vavassores  ibi  vulgo  dici  solenl.  Otto  Fri- 
SIKG.  de  gest.  Frid.  L.  I ,  e.  3.  Roberto  duce  humilis  conditionis 
^tro.  Ibid,  (]hr.  L.  VI ,  e.  33.  Robertus  igilur  ille  ex  humili  fortU" 
na  obscura.  Aiwa  Comm.  L.  I ,  e.  10  e  12.  —  Invece  assegnano 
nobile  origine  alla  progenie  di  Tancredi  non  pochi  Cronisti.  Erat 
miles  quidam  praeclari  admodum  generis ,  qui  ab  antecessoribus 
suis  kaereditario  jure  sibi  hoc  villam  reliclam  ,  Tancredus  nomine. 
Malaterra  1 ,  4.  —  Miles  quidam  genere  nobilis.  Anon.  Sic.  p.  1. 
—  Milifem  praeclari  generi».  Guibert.  de  Noviu.  Chr.  L.  Ili , 
e.  1.  Normandus  quidem  genere  nobilis.  Nic.  Special.  R.  U.  T.  V. 


—  282  — 

Ed  apertamente  rannodano  gii  Altavilla  ai  Duchi  di  Normandia 
più  incerte  testimonianze.  Tolomeo  di  Lucca  L.  XF/,  e.  25,  pre- 
tende cho  Roberto  fosse  figlinolo  del  Duca  Riccardo  I ,  e  Gogliel- 
mo  Bracciodiferro  nepos  Tancredi  magni  Ducit  Nàrmanniae  L, 
XVIII,  e.  4ò.  fiiovANin  ViLLAìfi  L.  IV,  e.  «,  narra  che:  Rcber- 
io  Guiscardo  non  fu  Dura  di  Novmandia,  ma  fraiello  al  Duca  Rie* 
Ciardo.  E  in  vario  modo  gli  storici  moderni ,  Buobifiglio  e  Pirri 
Siciliani,  GiA?nio5E  Napolitano,  il  Portoppidan  Danese,  Maillt 
Francese ,  ed  altri  pongono  questa  discendenza  da  Guglielmo  Q , 
o  da  Riccardo  II  e  III.  Il  Mooter  esaminando  e  confutando  queste 
diverse  supposizioni  conchiude  in  ultimo  : 

V  Dal  fin  qui  detto  non  rimangono  che  due  vie  per  coordinare 
»  possibilmente  gli  Uauteville  condiscendenti  diretti  di  Rollone: 
9  vale  a  dire ,  con  un  figlio  di  Riccardo  I  il  cui  nome  ignoriamo , 
»  o  alla  figlia  di  quest*  ultimo ,  la  sunnominata  Murici.  Se  sì  po- 
»  tesso  ammettere  il  primo  caso ,  allora  il  nome  di  qoel  figlio  di 
]»  Riccardo  sarebbe  stato  Guglielmo  ;  usandosi  dare  al  primo  dei 
»  nepoti  il  nome  dell  avo,  ed  essendosi  chiamato  Guglielmo  il  pri- 
»  mogenito  di  Tancredi.  E  la  circostanza  che  Riccardo  I  aveva 
»  ancora  un  altro  figlio  di  nome  Guglielmo  non  dovrebbe  sorpren- 
»  derci ,  giacché  vi  sono  molti  esempii  di  un  padre  che  dava  a  dae 
»  o  tre  figli  il  nome  medesimo  ,  e  talvolta  il  suo  proprio.  Per 
»  ciò  che  riguarda  la  Murici  ,  potrebbesi  |)er  essa  tutto  al  piti 
»  annodare  una  parentela  facendola  identica  alla  prima  moglie  di 
»  Tancredi.  Prescindendo  dalle  indicazioni  date,  il  periodo  del- 
9  la  sua  esistenza  favorirebbe  una  tale  supposizione ,  avendo  po- 
»  tuto  la  madre  della  Murici  averla  ingenerata  da  Riccardo,  se 
»  non  prima  che  questi  fosse  coniugato  alla  Gunnor,  nel  tem- 
»  pò  probabilmente  di  questo  ultimo  matrimonio.  E  ciò  deve  es* 
•  sere  presupposto  necessariamente  se  entrambe  le  persone  si  vo- 
»  gliono  fare  identiche;  essendo  la  prima  moglie  di  Tancredi  di 
»  nome  Muriella  morta  prima  del  1025 ,  quando  era  già  madre 
»  di  cinque  figli ,  tutti  adulti  come  sembra ,  e  nati  quindi  di  cer- 
9  to  innanzi  al  1020.  A  questo  darebbe  peso  T  espressione  cita* 


—  283  — 

»  ta  deli'HiST^  Sicula  (  Murat.  Vili  )  di  uxor  mbilièsima  altri- 
»  baita  a  Muriella,  v  pag.  20. 

ìì  DucANGB  (le$  fanUlL  Norm.  exiraci  du  Mm.  atUo^.  in  Ap- 
pendice alla  Cronaca  d' Amato)  narra  che  Tancredi  signore  d'Al- 
tavilla al  segnilo  di  Riccardo  II  servoil  avec  dix  chevaliers  de  ses 
voMoux:  ce  qui  faU  votr  qu'il  n'estoU  pas  de  la  basse  noblesse  ,  ni 
sorly  des  tavasseur  et  escuiers ,  camme  veuletU  la  pluparl  dee  ecn- 
vaini;  mais  qu'  il  esloil  de  Vordre  des  bannerets,  ei  de  ceux  qu*  on 
nomme  barone  ^  qui  avoient  droil  de  parler  bannière  en  guerre  et 
d'atoir  ery  d'armes.  E  questa  supposizione  sembra  accordarsi  con 
le  parole  di  alcuni  Cromisti ,  i  quali  dicono  Roberto  Guiscardo  po^ 
vero,  ma  nobile:  Roberlus  Viscardus  de  Normannia  exiens ,  vir 
pauper  miles  iamen.  Riccar.  Cluniac.  ap.  Marten.  Amp.  Coli.  F« 
i469.  Robertus  mediocri  parentela  in  Normannia  ortus ,  qnae  nec 
umi  reperet ,  nec  altum  quid  lumerel.  Guill.  Malesb.  de  gesl.  Reg. 
A»gl.  L.  111. 

NOTA  5,  p.  440. 

11  Caracciolo  nelle  note  a  Lupo  Protospata  suppose  che  i 
Contarali,  ch'egli  leggeva  Contratti,  fossero  i  Contragi^  popoli 
della  palude  Meotide;  e  nel  modo  stesso  opinò  il  Pellegrino  fa«* 
cendole  ausiliarii  dei  Greci ,  come  gli  Ossacani  ed  i  Russi.  Il  i^b 
Mbo  derivò  la  parola  da  contrahoy  e  giudicando  che  i  Contarali 
rispondessero  ai  Confederati y  Pugliesi >  Normanni,  o  Longobardi t 
ne  fece  una  specie  di  Motta  o  Compagnia  di  ventura.  Invece  il 
Muratori  estimò  erroneo  il  testo  dei  Cronisti  e  lesse  Conterrati  , 
indigeni  cioè ,  conterranei ,  trovando  una  certa  analogia  fra  questa 
voce,  e  l'altra  di  Conirada[Ant.  hai.  T.  Ili,  p.  1190).  Ninno 
immaginò  che  la  parola  poteva  essere  greca,  e  che  passata  nelFu-* 
80  comune  fosse  adoperata  dai  Cronisti  Baresi ,  cho  tante  altre 
della  stessa  lingua  introdussero  nel  loro  barbaro  latino.  Bastava 
ricercare  nel  Ducange  la  voce  xovrapàro^  per  trovare  il  suo  vero 
significato ,  cioè ,  milizie  armate  di  lancia  alla  leggiera.  Leo  ,  in 
TacL  §  41 ,  §  117,  e.  18  ec.  -*  Esse  solevano  reclutarsi  come 


pare  principalmente  fra  gii  abitanti  delle  campogne,  per  servire  di 
sostegno  agli  eserciti  stanmii,  eil  i  poss^essorì  dei  patrifnòmì  eranc^ 
obbligati  a  fornirle.  Questo  mi  sembra  poter  dedurre  ila  uit  <JÌpIo- 
ma  dì  Argira  conservato  noir Archivio  di  Napoli.  Il  Catapano  Ba^* 
rese  confermando  una  donascione  fatta  al  Monastero  di  S.  Nicolor 
di  Monopoli  ^  concede  nel  uìaggio  del  1051  al  suo  Abate  Ambrosie:: 
molti  privilegi  r  fra  1  quali,  impone  ai  Ylcarii  Corniti,  e  Domeslici 
della  Corte  Imperiale:  «  tGu  y.Tiòi-jaL  tmv  à^d^zn^v  imr:^t^l\id'if  linaro-* 

tJ  IO  UT  Tira  i'r.ipi'r;riiv  aùtrii  iyyapef^a^  ^apo^'/iy,  xaa-rpOKrjtTtav,  %p£ttuy  x^M 

^rA  pXa^tì'j  ìt3t/  fjvutfi^jiy.  ec.  Queste  parole  ^vennero  tradotte  nts 
modo  seguente  ;  m  ulh  unquam  modo  autlmnl  vuiatorum  ohì^ 
ipsi  imporrire  t  angariai  praestaUonetti ,  auxilium  prò  cmUUo  md^ 
ficando  ,  rerum  mctssarmrum  H  c&mrmaluam  r&juisiiionem  ,  cot^ 
luranim  et  conturalorum  expuisionerti  ^  et  quodcumqm  iiliud  lid^H 
ntim  €i  vewaliaMm  infarreec.  Ma  lu^a dliMim]pÌi^de  U  teoso  dMM 
parole:  emlmin^m^tcQ^ifm^^f^rf^  i  CmmmI 

arano  milizie  annate  di  lanosa^  i6d  i  C'AMirìr  e^v^  da  lraa|iorle    . 
o  dmiii  (  V.  DucAK«s } ,  quale  privilegio  ai  aceontava  at  IbaiitaM 
togliendogli  l'obbligo  dell' espulsione?  Piìi  eonforme  al  vero  »# 
sembra  T attribuire  alla  voce  hvoXiìv  il  significato  di  prestazione  o 
reqimis^oae^erchè  allora  è  chiaro  che  si  voile  concedere  il  pri- 
vilègio di  es^èf^esente  dal  fornire  cavalli  ed  nomini  pei  servigi 
ordinarli^  e  s^ra^inarii.  £  verrebbe  così  a  comprendersi,  che  i  ri- 
teiiijn^ofEiJn^i^e  ad  Argiro  furono  i  Pugliesi,  cioè  quella  milizia 
in(Hgé|ia  ^Afé^^^ecì  solevano  requisire  nelle  loro  guerre,  e  che  nel 
1038  erSTtata  chiamata  in  armi  per  V  impresa  di  Sicilia  —  Sem- 
bra che  principalmente  venisse  fornita  dagli  abitatori  della  campa- 
gna, poiché  tra  i  villici  del  territorio  di  Stilo  donati  dal  Conte  Rug- 
giero nel  febraio  1097  a  S.  Brunone  si  trova  un  Basilius  contarar 
tus  (  ex  Orig.  membr.  bilingui  Arch,  Neap,  n.7).  Un  Rano  Con' 
taralo  compra  anche  nel  1174  una  vigna  presso Nicotera  (Diplomi 
greci  raccolti  da  Pas.  Baffi  nella  Bib.  Nazion.  )  ma  allora  già  il 
nome,  più  che  la  condizione,  indicava  T origine  di  Rano. 


LA 

INSURREZIONE  PUGLIESE 

LA  CONQUISTA  NORMANNA 

NEL  SECOLO  XI 

NAUmATS 

GIUSEPPE   DE  BLiSIIS 

PROFESSORR   STRAORDINARIO    DI    STORIA    MODERNA 
NELLA  CNIVERSITX  DI  NAPOLI. 


VOL.   II. 


NAPOLI 

EDITORE  ALBERTO  DETKEX 
t86i 


Staa)i)eria  delVÌBiDE. 


CAPITOLO  L 


L'esito  infelice  delle  armi  non  distolse  il  Papa  dai 
oi  disegni.  Arrigo  III  aveva  promesso  verrebbe  a  libe- 
rlo  ed  a  combattere  i  Normanni ,  e  la  speranza  che  a 
i  s' unirebbero  i  Greci  non  era  in  tutto  caduta.  La  Cu- 
i  Apostolica  alacremente  attendeva  a  conseguire  que- 
)  accordo  fra  i  due  Imperii,  ritardato  dalla  gelosia  de- 
.  Alemanni,  dalla  mala  fede  dei  Bizantini,  e  più  dal 
irulario ,  che  nelle  parole  anziché  nei  fatti  mostravasi 
rendevole  a  rinunziare  allo  scisma,  Argiro  dalla  sua 
irte  secondava  il  Pontefice ,  e  poco  dopo  la  battaglia 
Siponto,  aveva  inviato  Giovanni  Vescovo  di  Trani  *  a 
ostantinopoli  per  impetrarne  altri  aiuti.  La  scelta  di 
Liesto  messo ,  che  innanzi  era  stato  principale  strumen- 

>  delle  ambizioni  del  Patriarca ,  e  propagatore  di  siie 
>ltrine  in  Italia,  fa  supporre  che  il  Catapano  volesse 
graziarsi  presso  gli  ortodossi ,  o  togliersi  d' intorno  un 
-reto  nemico.  D'ogni  modo,  perdurava  l'amistà  tra 
f^apa  e  l'Imperatore  d'Oriente,  e  mentre  questi  scri- 
ba incuorandolo  a  sopportare  con  forte  animo  l'avver- 

-^f^iro  direxit  ipso  Episcopo   Tranensi   Costantinopoli  messatico. 

>  1055  Ind,  VI. 


—  4  — 

60  destino,  Leone  preparava  una  solenne  ambasceria, 
onde  rimuovere  gli  ostacoli  che  le  diflferenze  religiosa 
opponevano  ad  ulteriori  negoziati.  Il  Cancelliere  Fede- 
rico di  Lorena,  Umberto  di  Selvacandida,  e  Pietro  A^ 
civescovo  d'Amalfi,  deputali  a  trattare  con  Gostantiflo 
Monomaco ,  erano  stati  preceduti  da  una  lettera  scritta 
nel  gennaio  1054f ,  la  quale  chiaramente  espone  gli  in- 
tenti della  Corte  Romana. 

»  Vedendo,  diceva  il  Papa,  una  oltracotante  gente 
»  straniera,  con  incredibile  ed  inaudita  rabbia,  e  con 
y>  empietà  più  che  pagana,  insorgere  dovunque  contro  le 
»  Chiese  di  Dio,  trucidare  i  Cristiani  ,  e  con  nuovi  e 
D  terribili  tormenti  infierire  sino  alla  distruzione  delleé 
'  »  animo.  Né  per  senso  alcuno  di  pietà ,  risparmiare  i 
))  fanciulli,  i  vecchi ,  le  donne;  non  distinguere  trasa- 
»  era  e  profana  cosa;  spogliar  le  basiliche ,  incendiarle, 
»  abbatterle.  Per  quella  sollecitudine  che  mi  obbliga  a 
»  invigilare  tulle  le  Chiese ,  spesso  ne  ripresi  la  perver- 
n  sita,  r ammonii,  pregai,  predicai,  opportunamente  ed 
•  inopportunamente,  insistiij  minacciai  il  terrore  del- 
»  l'umana  e  divina  vendetta.  Ma,  come  dice  il  sapienle; 
»  Niuno  potrà  emendare  quello  che  fu  abbandonato  da  Dio^ 
n  e  lo  stolto  non  si  corregge  •.  Quindi  la  sua  malizia  ri- 
»  mase  indurata  e  pertinace ,  e  di  giorno  in  giorno  alle 
»  opere  cattive  s'aggiunsero  le  pessime.  Allora  deside- 
»  rande  per  la  salvezza  del  gregge  di  Cristo  adoperare 
»  non  solo  gli  esteriori  beni  ,  ma  la  mia  stessa  perso- 
»  na,  a  testimonianza  di  quella  nequizia,  ed  occorren- 

*  Eccles.  7. 


—  5  — 

»'do,  alla  repressione  di  cosiffatta  contumacia  invocai 
»  d'ogni  dove  Fumana  dilosa.  Perchè  udii  dall' Apostolo, 
»  che  i  Principi  non  portano  senza  ragione  la  spada,  es* 
»  sondo  ministri  di  Dio,  e  vendicatori  dell'ira  sua  negli 
»  operatori  del  male  ;  che  essi  non  sono  per  intimidire 
»  i  buoni  ma  per  punire  i  tristi;  e  che  Re  e  Duci  furono 
»  posti  da  Dio  a  vendetta  dei  malfattori.  Tolta  quindi 
»  meco  quella  compagnia  che  la  brevità  del  tempo  e  la 
»  necessità  imminente  mi  permisero  raccogliere  ,  esti- 
»  mai  abboccarmi  col  glorioso  Duca  e  Maestro  Argiro  , 
»  tuo  fedele,  per  averne  consiglio.  Non  ch'io  cercassi 
D  la  perdita  e  volessi  tramar  la  morte  di  chicchessia  ; 
';»  ma  intendeva  con  l'umano  terrore  intervenire  là  dove 
»  niuna  tema  era  del  divino  giudicio.  Frattanto  mentre 
»  con  salutare  ammonizione  tentevamo  frangere  la  per- 
ii tinacia  dei  Normanni,  ed  essi  simulatamente  ci  prof- 
»  ferivano  soggezione,  con  improvviso  impeto  assalirono 
j»  il  nostro  seguito. 

»  Ma  ora  della  riportata  vittoria  più  che  allietarsi  si 
»  attristano.  Perchè ,  come  la  tua  pietà  si  compiacque 
»  scrivere  a  nostro  conforto,  di  questo  presuntuoso  pro- 
»  cedere  verrà  contr' essi  indignazione  maggiore,  essen- 
»  do  già  sminuite  le  loro  schiere.  Noi  ancora ,  certi  che 
»  il  divino  aiuto  ci  assisterà ,  e  che  l'umano  non  fallirà , 
to  non  recederemo  dal  proposito  di  liberare  la  Gristiani- 
»  tà,  né  avremo  pace,  se  non  1'  avrà  la  Chiesa  perico- 
»  lante.  Ad  acquistarla  ed  ottenerla,  abbiamo  dalla  di- 
»  vina  misericordia  il  massimo  sostegno  e  presidio  ncl^ 
»  chiarissimo  figliuol  nostro  Arrigo,  del  quale  da  un  dì 
»  all'altro  aspettiamo  il  promesso  ed  imminente  arrivo, 


—  6  — 

»  perchè  con  l'apparalo  di  guerra  e  T imperiale  eserci- 
»  to  si  affretti  al  nostro  sussidio.  Ed  a  questo  la  divina 
«grazia  infiammò  anche  la  tua  serenità,  affinchè  qui 
»  entrambi  con  tutte  le  forze ,  discacciando  la  nemica 
»  gente  dalla  Chiesa  di  Cristo,  e  fugandola  lontano,  si 
»  rilevi  l'afflitta  Cristianità,  e  si  riformi  lo  stato  della 
»  Repubblica.  Poiché  l'Apostolica  sede,  e  la  santa  Chiesa 
»  Romana  per  difetto  di  carità  ,  per  sovrabbondante  ini- 
»  ([uità  ,  tenuta  da  mercenarìi  e  non  da  pastori ,  che  pro- 
»  cacciarono  il  proprio  vantaggio  non  quello  di  Cristo, 
»  giacque  miserabilmente  devastata  ,  finché  per  divino 
»  consiglio  si  volle  imporre  alla  mia  umiltà  il  pondo  di 
»  tanta  cattedra.  Dal  quale  sebbene  siano  aggravali  e  de- 
»  pressi  i  miei  deboli  omeri,  non  poco  mi  allieta  la  spe- 
»  ranza  santa ,  che  da  ambo  i  lati  mi  sorreggono  la  re- 
»  ligione  e  la  potenza  di  questi  preclarissimi  figli.  Laon- 
»  de  devotissimo  figliuolo  e  serenissimo  Imperatore  de- 
»  gnati  operare  con  noi  alla  restaurazione  della  Chiesa 
»  tua  santa  madre,  ed  alla  rccuperazione  dei  privilegi! 
))  della  dignità  e  maestà  sua,  ed  a  quella  dei  patrimo- 
»  nii  suoi  che  sono  nelle  parti  a  te  soggette,  i  quali 
»  apertamente  potrai  conoscere  dagli  scritti  e  dai  rege- 
»  sti  dei  nostri  e  tuoi  predecessori.  Tu  adunque,  fatto 
»  grande  successore  del  grande  Costantino  per  sangue  per 
»  nome  per  Imperio,  esortiamo  perchè  sii  imitatore  del- 
»  la  sua  devozione  verso  l'Apostolica  sede.  E  quelle  cose 
»  che  egli,  mirabile  uomo  dopo  Cristo,  le  conferì,  confer- 
»  mò,  e  difese,  tu,  secondo  l'etimologia  del  tuo  nome  ^ 

'  Costantino. 


n  aiuta  a  recuperare ,  a  possedere ,  a  difendere  ;  per- 
ii che  in  tal  modo  specialmente  pugnando  ti  cogno- 
»  minerai  appo  Dio  cosi  come  tra  gli  uomini  ^  Questo 
»  in  vero  il  glorioso  fìgliuol  nostro  Arrigo  medita  com- 
»  pìere  nei  suoi  regni  ;  e  saranno  opere  a  noi  ed  a  voi 
»  fruttifere,  preverranno  la  divina  grazia,  e  con  l'in- 
»  tervento  dei  beati  Principi  degli  Apostoli,  interponen- 
»  domi  ed  ottenendolo  io,  qual  che  mi  sia  suo  Vicario, 
»  un'  immutabile  alleanza  di  pace  verrà  composta  fra 
n  entrambi  *.  » 

Rammentava  infine  il  Papa  le  promesse  del  Cerulario 
tutt*  ora  violate  ,  richiamandosi  alla  Imperiale  autorità 
onde  infrenarne  i  trascorsi ,  dichiarando,  che  le  querele 
religiose  ed  ogni  altra  differenza ,  tratterebbero  i  suoi 
negoziatori.  Da  questa  lettera  apparivano  senza  velo  le 
mire  del  Pontefice,  rivolto  a  costituirsi  arbitro  fra  i  due 
Imperli  in  nome  di  una  supremazia  derivata  direttamen- 
te da  Dio.  Riconoscendo  le  due  potestà,  il  Papato,  quasi 
ad  impedirne  l'urto  agognava  estendere  il  suo  dominio 
terreno  in  Italia,  perpetua  cagione  di  contese.  Perciò 
presso  Arrigo  s'invocava  la  donazione  di  Carlo  Magno,  e 
presso  l'Imperatore  d'Oriente  la  tradizione  di  Costanti- 
no, che  allora  incomincia  a  prender  voga.  Ed  or  l'una 
or  l' altra  ponendo  innanzi ,  avvenne  poi ,  che  gli  antichi 
palrimonii  della  Chiesa  Romana ,  si  pretese  permutare 
nel  possesso  delle  città  e  delle  province  nelle  quali  si 
trovavano. 

Mentre  tali  pratiche  seguivano,  i  Normanni  aiutali 

'  Monomaeo. 
»  Vedi  Docum.  h 


—  8  — 

dallo  sgomento  dei  nemici  allargavano  la  conquista,  gli 
usati  modi  e  la  violenza  adoperando  contro  i  vinlt  e  gli 
inermi.  Nella  Puglia  e  nel  Contado  di  Benevento  più "si 
estesero,  ma  dove  giungessero  non  dicono  i  Cronirti , 
ed  il  poeta  Guglielmo  T accenna  senza  ordine  alcuno  di 
tempo.  Molte  città,  egli  vuole ,  sottoposte  da  Umfredò, 
e  Bari,  Otranto,  Acerenza,  Venosa,  Trani,  e  Troia, 
avrebbero  prestato  omaggio ,  o  pagato  tributo  K  Ma  più 
tardi  s' arresero,  e  se  pure  ad  alcuna  fu  venduta  una  tre- 
gua, non  sembra  patteggiassero  le  città  maril lime.  Perù 
Trani ,  che  già  innanzi  si  trova  ricordata  come  soggetta 
al  Conte  Pietro  d'Amico^,  e  Troia,  che  si  narra  presa 
dal  Conte  Drogone  dal  1048  *,  è  probabile  che  ribella- 
te tornassero  allora  tributario ,  insieme  ad  altre  meno 
forti ,  0  abbandonale  dai  Greci  *.  Queste  vennero  divise 
tra  i  vincitori ,  che  trovando  i  popoli  intimiditi  ed  im- 

'  Malaterra  e  r  Anonimo  Siculo  parlano  subilo  dcUa  morte  di  Leo- 
ne ,  e  quindi  delle  imprese  di  Uoberto  in  Calabria,  amato  ,  dopo  la 
morte  del  Papa ,  narra  le  prime  contese  fra  i  Normanni  e  Gisolfu  di 
Salerno. 

^     Mulias  sibi  subdidit  urbes 

Solvere  Trojan i  corniti  coepere  tributum  ; 
Uunc  et  Barini ,  Tranenses  et  Venusini , 
Cives  Ydrunti  famulautur ,  et  Urbs  Acerunli.  GtiL.  App.  H. 
^  GiiLL.  App.  gli  dà  questo  titolo  da  tempo  più  remoto.  Ma  non  si 
può  prendere  a  guida  per  la  successione  cronologica  dei  fatti.  Egli  pir- 
la ora  delle  vendette  contro  gli  uccisori  di  Drogone, 
4  Chr.  Brev.  Norm.  ad  an, 
^    Jamque  rebeUis  eìs  urbs  Appula  nulla  remuusit 

Omnia  se  dedunt,  aut  vectigalia  solvuut.  Guil.  App.  U. 
Ma  Bari ,  Otranto  ,  Taranto ,  Brindisi ,  ed  altre  città  in  Puglia  ed  Ca- 
labria rimanevano  ai  Greci. 


—  9  - 

potenti  a  resistere  ^ ,  continuarono  le  lorq  usurpazioni  , 
ed  assunsero  nuovi  titoli  di  signoria.  Cosi  Gerardo,  che 
prendeva  nome  dalla  piccola  bor^^ata  di  Buonalbergo  nei 
dintorni  di  Benevento,  occupato  Ariano  se  ne  dichiarò 
Conte,  e  fu  poi  uno  dei  più  polenli  in  quella  contrada  *. 
Altri  ne  imitarono  1* esempio,  e  le  terre  di  Capitanata 
in  gran  parte  furono  da  Umfredo  concesse  al  fratello 
Malgero  ' ,  che  intorno  a  quel  tempo  era  venuto  di  Nor- 
mandia, con  Guglielmo  e  Ruggiero,  figliuoli  di  Tancre- 
di e  Fredesinna ,  e  Goffredo ,  nato  di  Moriella  ^. 

Continue  emigrazioni  riparavano  le  perdite  sofierte 
ed  invigorivano  le  forze  dei  Normanni ,  per  modo  che  il 
naturale  ardimento  dopo  il  trionfo  di  Civitate  divenne 
audacia,  né  valse  riguardo.  Non  piiì  vassalli  s'estima- 
rono di  Gisolfo,  ma  rotti  i  legami  d'obbedienza,  molesti 
vicini,  0  infidi  amici  furono  a  tutti.  Il  debole  governo 
del  Principe  di  Salerno  favoriva  anche  le  pretensioni 
degli  stranieri ,  ai  quali  né  aperto  oppositore ,  né  bene- 
volo signore  aveva  saputo  mostrarsi  l'erede  di  Guaima- 
ro.  E  mentre  con  giovanile  baldanza  rompeva  gli  accor- 

'  Apuliam  regressus  omnem  terram  placidam  et  sibi  obedientem  in- 
vtnit,  Malat.  1 ,  14. 

•  Vitale  Star,  d*  Ariano^  p.  52 ,  lo  ricorda  come  il  primo  Conte  di 
quella  città ,  al  possesso  della  quale  aggiunse  poi  Morcone ,  Àpice , 
Montefasco»  Monte  Giove,  e  Padula. 

^  Jhnos  fratres  Malgerium  et  GuUielmum ,  eodem  patte  genitas , 
eademque  morum  ìumestate ,  Comites  ordinavU ,  et  Malgerio  Capita- 
niam...  distribuii.  Malat.  ],  15.  ànon.  Sic. 

^  A  li  conte  de  PmUe  vindrent  autre  frère  de  la  eotUrèe  de  Nor- 
mandie ,  e*  est  assavmr  JUalgère ,  Gofrède ,  GuUlerme  et  Hogier.  Àii>r 
w,  Hi,  40. 


—  io- 
di, ributtava  i  consigli  di  Guido  suo  zio,  D'opprime* 
va  r  familiari,  e  tentava  spodestarlo  \  le  domestiche  ga- 
re erano  pretesto  a  maggiori  malanni.  Umfredo  gene- 
ro  a  Guido  ,  increscendogli  la  supremazia  di  Giselfo  e 
giudicando  alla  Contea  di  Puglia  vana  ormai  V  investi- 
tura, richiese  il  Principe  dei  consueti  doni  per  sé  e 
d'un  castello  per  Guglielmo  *.  Diceva  averne  avuta  pro- 
messa, e  vera  o  no,  ributtate  le  dimande  da  Gisolfo,  sor- 
prese S.  Nicandro ,  e  Castel  Vecchio ,  corse  e  predò  al- 
tre terre,  lasciandole  nel  dominio  di  Guglielmo  suo  fra- 
tello ^  Nel  tempo  stesso  Riccardo  d'Aversa,  recatosi 
in  Salerno,  muoveva  le  medesime  querele,  e  non  tro- 
vando ascolto,  tese  un'agguato  ai  seguaci  del  Principe 
e  molti  vi  caddero  morti  *.  Quindi  s'alleò  con  Giovanni 
Duca  d'Amalfi;  ma  piò  oltre  non  durò  la  guerra,  sia 
perchè  fu  rotta  quella  lega  per  opera  di  Gisolfo,  che 
giurò  pace  agli  Amalfitani  *  ;  sia  perchè  si  rivolse  Ric- 

'  Itiointemeìit  mutint  la  maistiie  de  son  onde  Guide ,  et  lo  pensa 
de  priver  de  toute  honor.  Amato  IU  ,  41 . 

*  Et  viiU  lo  conte  Umfre ,  et  demanda  lo  don  qu*  il  soloit  avoir , 
et  vini  0  son  frere  GnUlerme  et  demanda  lo  chastel  qui  lui  fu  prò- 
mis  o  sacrement.  Li  prince  dampna  la  petition.  ivi ,  42. 

^  Et  en  prime  donérent  esmote  à  lo  chastel  de  Saint-Nicandre ,  et 
puis  vont  devorant  lo  principat  toui,..  pristreìU  Castel- Viel  ^  et  F(t- 
cose  la  }iove,  ivi  —  GuUielmo  terram  illam ,  quae  principalus  dicitur 
distribuii.  AIalat.  1 ,  15. 

4  Richart  vint  a  Solerne  et  demanda  lo  domp  que  Guaimairie  lui 
:(oloit  donner  ^  mès  ot  malemeni  son  enlendement.,.,  lo  coiUe  ordena 
Vagati.,,  si  que  furent  mori.  e.  v.  —  Amato  Ul ,  45. 

»  Lo  palride  de  Amai  fé  avoU  faU  coìwenance  avtc  lo  conte  Ri- 
chart, tw,  IV,  9. 

V  Et  quant  li  prince  de  Solerne  vii  qu*  il  non  pooil  autre  dioze 


—  li- 
cardo  a  tentare  più  facile  acquisto.  Reggevano  Capua 
Pandolfo  V  e  Landolfo  V  suo  fii:liuolo ,  Principi  deboli, 
la  cui  potenza  innanzi  s'era  stremata,  rimanendo  depres- 
sa per  la  vicinità  dei  Normanni,  che  prodavano  impune- 
mente il  territorio  della  città  aspettando  il  tempo  d'as- 
salirla. L'amicizia  di  Pandolfo  col  Pontefice,  aggiunse 
nuovo  incitamento,  e  prima  che  Tanno  1054  fosse  com- 
piuto, Riccardo  alzate  tre  castella  poco  lungi  da  Ca- 
pua * ,  travagliava  senza  tregua  i  cittadini ,  vietando  i 
traffici,  ed  affamandoli.  Vigorosamente  s'opponevano  i 
Capuani,  ma  stanchi ,  e  mancando  di  vettovaglie  com- 
prarono infine  la  pace  per  settemila  Bisanti  *. 

Mentre  la  Puglia  e  la  Campania  erano  sconvolte  dai 
Normanni ,  la  Calabria  più  lontana  non  rimaneva  tran- 
quilla. Le  terre  concesse  agli  altri  fratelli  avevano  de- 
stata l'invidia  di  Roberto,  più  irrequieto,  più  ambizioso 
di  tutti.  Umfredo,  per  sospetto,  niuna  parte  dei  nuovi 
duminii  gli  assegnò ,  procurava  anzi  non  divenisse  po- 
tente. Nafaquero  perciò  aspre  querele ,  e  un  dì  trovando- 
si a  mensa  trascorsero  dalle  parole  alle  armi ,  Umfredo 
volle  ucciderlo ,  ma  interpostosi  Gocelino ,  fece  ritener- 

faire ,  U  requisì  paiz  et  concorde  avee  li  Amal/Uen  à  ce  qu*  U  non 
feùsent  amistié  auvec  lo  conte  Rieehart.  Et  firent  eoncordance  emeble 
o  sacrement ,  et  jure  li  prince  et  troiz  cent  de  9oe  geni ,  et  jurà  li 
patrice  ecc,  —  fri ,  10. 

>  Fist  en  li  confin  de  Capue  troiz  choitels ,  et  continuenelement  do^ 
furit  bataiUe  a  Capue ,  et  non  lessa  aler  grasse  ne  habwndance  de  cose 
de  vivre.  Amato  IV ,  8. 

*  Mès  occimt  di  de  Capua  et  autresi  de  li  Normant;  mès  a  li  A'or- 
mani  plus  n*  en  vienent  q^ui  ne  nwrent.  Et  cU  de  Capue...  lui  donne* 
rent  vji  miUe  bisant  a  ce  qu*  H  non  les  persécutast  plus,  ivi, 


-42  — 

lo  prigione  '.  Poi  pacificati ,  Roberto  ebbe  alquanti  cava« 
lieri ,  e  le  castella  già  possedute  in  Calabria ,  dove  lo 
seguirono,  Torstaino,  Barene,  e  Ruggiero,  ultimo  della 
progenie  di  Tancredi;  i  quali  lo  riconobbero  loro  Conte;,, 
e  seco  divisero  i  primi  possessi  *.  Morto  in  quell'anno 
Sìcone  Protospata ,  che  in  nome  dei  Greci  governava  la 
contrada  ^ ,  ripresero  gli  invasori  le  depredazioni ,  span- 
dendo lor  gualdane  nella  valle  del  Crati,  e  disertandola 
con  le  rapine  e  gli  incendii  ^  Scendevano  prima  dalla 
piccola  fortezza  di  Scribla ,  poi  lasciatala  perchè  1'  aere 
n'era  malsano,  si  raccolsero  nel  castello  di  S.  Marco  e 
lo  munirono  *.  Alla  povertà  delle  forze  suppliva  l' in- 

*  GuiLL.  App.  n. 

*    Comes  hac  regiones  vocaliis 

Est  ab  bis  habitus  praesertim  quos  comitati 
Siiiit  equites  aliquot ,  Torstenus  dicitur  unus , 
Alter  Arenga ,  valensque  ad  gercnda  bella  Rogerius 
His  sibi  concessae  quaedam  dedit  oppida  terrae.  ivi, 

*  Lupo  ad  an, 

^    Robertus  praeda ,  incendia  iiissit  iibique 
Terrarum  lieri  quas  appetii  et  spoliari , 
Quodquc  metum  incutiat  cultoribus  omne  patrari.  Guil.  App.  U. 

Cum  Comes  Humfridus  tranquilla  pace  regebat 

Apulia ,  Valligratenses  in  arce  premebat 

Optimos  ille  ducum  Normannae  gloriae  gentis 

Miles  roilitìae  decus  exempUim  probitatis 

Viribus  expertus ,  validus  aninioque  Robertus.  Akon.  Sic. 
»  Racconta  Guglielmo  Pugliese,  che  Roberto  s'impossessò  d*  un  forte 
castello  in  Calabria  ,  simulando  che  uno  dei  suoi  era  morto ,  e  richie- 
dendo ai  frati  che  erano  nella  terra  di  seppellirlo  nel  loro  convento. 
Entrato  il  Ciinebre  corteo  »  il  tinto  morto  si  riscosse  ,  ed  assaliti  i  cit- 
tadini ,   furono  aperte  le  porte.  Pare  che  questo  stratagemma  fosse  ifl 


-  43  - 

ganno  e  il  tradimento,  e  gli  stessi  indigeni,  che  s'epano 
come  simiei  alleati,  né  fede  trovavano,  né  sicurtiì.  Nar- 
rasi che  un  Pietro  figliuolo  di  Tiro,  forse  signora  di  Bi;- 
sìgnano,  scelto  a  compare  da  Roberto,  e  divenuto  suo 
dimestico,  colto  in  agguato^  fu  tratto  in  ostaggio.  Po- 
scia ad  ammenda,  prostrato  ai  suoi  piedi,  implorò  il  Nor* 
manno  perdono ,  e  si  scusava  dicendo:  che  ogni  legge 
obbliga  il  padre  a  soccorrere  i  figliuoli  ,  provvedesse 
dunque  alla  necessità  sua;  e  ricevuti  venti  soldi  d*oro 
lo  rilasciò  *.  Queste  erario  le  prime  imprese  dì  Roberto, 
ed  ora  congiunto  a  sessanta  Slavi ,  Irasfugati  dair  eser- 
cito Greco,  saccheggiava  le  terre  vicine,  respingendo 
i  Calabresi  *,  ora  con  questi  unito  aiutava  i  deboli  con- 
tro i  forti,  eccitava  i  popoli  a  ribellarsi,  impojieva  ta- 
glie ,  guerreggiava  Cosenza  e  Bisignano  ^. 


grande  voga  presso  i  Nonnannr ,  poiché  Asting  lo  adoperò  a  Lnnì ,  le 
Saghe  del  Nord  lo  attribuiscono  anche  ad  A?oldo  il  Severo,  ed  a  Froo- 
de  I  re  di  Danimarca ,  ed  Anna  Commeno  fa  fuggire  nello  stesso  modo 
Boamondo  d'Antiochia  di  mano  ai  suoi  nemici. 

'  Amato  111 ,  10,  Malaterra  i.  46.  v*  aggiùnge  altri  particolari,  chia- 
ma il  prigione  Pietro  di  Turra,  e  diceche  oltre  il  riscatto  promettesse 
rendere  Bisignano  ,  ma  i  suoi  concittadini  non  si  tennero  legati  dalla  pro^ 
messa  fatta  ad  un  ladrone  e  rifiutarono  sottomettersi.  1/Anon.  Sic.  rac* 
conta  invece ,  che  la  terra  fu  occupata  da  Roberto.  Questi  poi  si  sa- 
rebbe nei  tempi  della  sua  grandezza  ricordato  del  suo  padrino:  quar 
la  richesce  de  Pierre  avoU  soHenu  à  sa  poureté ,  il  fisi  plus  riche 
qu*  il  v!  avoU  onquet  està.  Et  dui  fiUes  de  cestui  Pierre  donna  à  dui 
riche  marit.  Amato  IV ,  17, 

*  Malat.  $t7f ,  dice  fossero  esperti  questi  Slavi  di  ogni  silo  di  Cala- 
bria, e  sembra  appartenessero  ai  mercenarii  Greci. 
*     ^  Quotidiano  impetu  lacessens ,  et  bis  adiaeenteni  provinciam  teeum 
foedus  inire  eoegit  :  tali  videlicet  pacto  ut  castra  sua  retinentes,  ser* 


Ma  le  rapaci  masnade ,  troppo  deboli  per  far  conqui- 
ste, s'assottigliavano  ogni  giorno,  nelle  £uffe  e  nei  di- 
sagi ,  e  r  ingloriosa  vita  fastidiva  a  Roberto.  Tornato 
quindi  ad  Umfredo  richiedeva  il  soccorresse  di  dana- 
ri e  di  cavalli.  Allora  Gerardo  di  Buonalbergo ,  Conte 
d'Ariano,  il  primo  che  chiamasse  Roberto  col  nome  di 
Guiscardo ,  perchè  sagace  uomo  e  pieno  di  sottili  ac- 
corgimenti mostravasi  ^ ,  gli  offrì  in  moglie  la  sua  zia 
Alverada,  e  l'aiuto  di  dugento  cavalieri.  Piacque  il  pai^ 
tito,evinte  le  opposizioni  di  Umfredo,  che  fieramen- 
te r  avversava ,  seguirono  le  nozze  ^  ;  e  con  animo  più 
risoluto  e  più  valido  sostegno ,  riprese  le  sue  correria 
in  Calabria,  Roberto  alcune  terre  sottomise  ,  le  altre 
devastò ,  e  da  quel  tempo  gli  arrise  la  fortuna  a  mag- 
giori imprese  ^. 

vUium  tantummodo,  et  tributum  persolverefU  ^  et  hoc  sacrameìUU^H 
obMibus  spopfmderuiU»  Malat.  /,  48. 

'  Mt  Girart  lui  vint  qui  se  clamoU  de  Bone  llerberge..»»  et  come 
Me  dist  lo  clama  premèrement    Viscart.  Amato  H.  —  Questo  nome  che 
rimase  famoso,  alcuni  interpetrano  quasi  girovago;  altri  vogliono  signi- 
ficasse astuto ,  quindi  il  poeta  Pugliese  scrisse  : 
Cognomen  Guiscardus  erat,  quia  calliditatis 
Non  Cicero  tantae,  non  fuit  aut  versutus  Ulisses. 
«  Porquoi  vas  ga  et  là;  pren  ma  tante  soror  de  mon  pére  pour 
moiUier ,  et  je  serai  ton  chevalier  et  vendra  avec  toi  pour  acquester 
Calabre  et  avec  moi  jL  e.  cì^valiers,.,,  Mès  lo  conte  non  plaieoU  ^  et 
deffendi  cest  mariage»  Et  un  autre  foiz  lo  pria  Robert  a  genoiz...  me 
'o  conte  lo  cìuua»..  Et  à  l'ultime  se  consenti.  Amato  HI,  11. 

^  Anna  Commeno  L.  1 ,  riferisce  le  nozze  con  altri  particolari.  Non  Ge- 
rardo ,  ma  un  Guglielmo  Mascabelo  avrebbe  data  la  figliuola  Alverada  a 
Roberto,  ed  in  dote  una  città  e  grandi  ricchezze.  Ma  T ingrato  genero, 
imprigionato  a  tradimento  il  padre  della  moglie  nel  castello  di  Frurium^ 
gli  fece  spezzare  i  denti  per  cavarne  danaro ,  e  poiché  V  ebbe  ucciso 


—  45  — 

Intanto  erano  trascorsi  otto  mesi  dacché  il  Papa  tro- 
vavasi  a  Benevento,  né  Arrigo  scendeva  ancora  in  Ita* 
lia,  né  i  negoziati  col  Monomaco  erano  compiuti.  Leone 
già  infermo  del  malore  che  lo  trasse  a  morte ,  o  per  de- 
siderio di  trovarsi  più  libero  e  securo,  patteggiò  con 
Umfredo,  e  nel  dodici  marzo  del  1054  si  fece  accompa- 
gnare a  Gapua  ^.  Forse  soltanto  allora  prosciolse  i  Nor- 
manni dalle  censure,  promettendo  non  molestarli;  ma 
che  iti  quell'anno  o  prima  concedesse  ad  Umfredo  ed  ai 
discendenti  rinvestitura  di  Puglia,  Calabria,  e  Sicilia, 
dichiarandole  feudo  della  Homana  Sede ,  come  alcuni 
Cronisti  riferiscono,  è  in  tutto  falso  ^.  Né  i  contempo- 
ranei ne  parlano ,  né  le  bolle  posteriori  ricordano  que- 
sta infeudazione ,  la  quale  Leone  IX  non  avrebbe  data  ; 
perchè  il  Papa  non  s*  arrogava  ancora  apertamente  alcun 
dritto  su  quelle  province ,  né  sarebbe  stato  opportuno 
invocarlo  quando  sMmploravano  aiuti  da  Arrigo,  e  da 
Costantino.  Se  vi  fu  una  investitura  ,  riguardò  sola- 
mente le  terre  del  Principato  Beneventano,  e  quali  che 
ne  fossero  i  patti ,  il  Pontefice  non  rinunziò  alla  spe- 
ranza di  riprendere  la  guerra. 

I  Legati  Apostolici  non  avevano  potuto  insino  allora 
recarsi  a  Costantinopoli,  vietando  forse  i  Normanni  che 
uscissero  di  Benevento ,  e  partiti  d'Italia  nel  marzo,  al- 
ti^ usiirpò  i  dominii.  Niuno  dei  Cronisti  occideniali  riferisce  queste  noti-* 
zie,  e  sembra  che  Todio  Greco  le  inventasse  o  1* alterasse. 

'  La  Chr.  Boro,  di  S.  Soph.  fa  durare  otto  mesi  e  19  giorni  la  di-* 
mora  del  Pap»  a  Benevento ,  a  contare  dal  25  giugno  10o5.  Amato 
dice  tomasse  a  I^oma  dopo  dieci  mesi,  ì\l\  59.  Leo  Ost.  11.  84, 

•  V.  Nota  1 ,  in  fine  ai  volume. 


—  16  — 

tri  ostacoli  s*iiìfrappoBero  iungo  il  cammino^  ài  mimerà^ 
che  nelventiqiiattro  giugno  del  1054  perrenneroiiefiSr 
Corte  Bizantina ,  dove  furono  onoirevolmente  ficaevair::^ 
Cominciata  a  disputare  la  qiiistione  dello 'Scismaf|Mi«v&- 
ro  gli  animi  propensi  a  pace.  11  monaco  Niceta^  uno  dèi 
più  ardenti  fautori  del  Patriarca ,  predente  4' Imperatò^^ 
ire,  condannò  le  scritture  e  le  dottrine  lavverse  al  Papa 
ed  alla  Chiesa  Latina,  e  gli  altri  tacquero  e  lasciaro*' 
no  fare.  Michele  Cerulario  si  tenne  in  disparte ,  evitòf  la 
presenza  dei  Legati,  e  rifiutandosi  a  communicare 'Cpo 
esài,  nel  sedici  luglio,  solennemente  venne  colpito  d'a* 
natema.  Dopo  ciò ,  i  messi  del  Papa ^  rimasti  ancora  iW 
giorni  a  comporre  ógni  differenza  ,  e  ricevuti  riechi 
doni,  s'avviarono  per  tornare  a  Roma ^.  Quali  accordi 
avessero  presi  intorno  l' alleanza ,  e  la  guerra  contro  i 
Normanni  s'ignora.  Ma  non  v'à  alcun  dubbio  se  ne  tirata 
tasse ,  perchè  la  faciltà  con  la  quale  i  Greci  rinunziava- 
no  allo  scisma,  e  la  presenza  del  figliuolo  e  del  genero 
d'Argiro  in  Costantinopoli,  fregiato  l'uno  del  titolo  dr 
Vesti,  l'altro  di  Vestarca,  mostrano  che  l'unità  Catf 
tolica  che  si  voleva  ristabilire,  era  fatta  a  fine  di  age- 
volare gli  intenti  che  il  Papa  aveva  dichiarati  nella  sua 
lettera  del  gennaio.  E  meglio  apparve  questo  scopo 
quando,  temendosi  che  la  Corte  Romana  per  le  mutazio- 
ni sopraggiunte  potesse  mancare  ai  suoi  impegni ,  venne 
meno  l'apparente  concordia  tra  le  due  Chiese.  Poiché  dò- 
po breve  dimora  in  Capua,  passato  il  Pontefice  in  Roma 


'  Comment.  brev.  rer.  a  legatis  Apost,  sed,  CostaìUinop.  gèttarum, 
ap.  CoNCiL.  T.  XIX ,  p.  676.  Wiber.   Yit.  Lem,  IX. 


-17  — 

v'era  morto  nel  diecienove  aprile  del  1054^.  Veramen- 
te è  inesplicabile  come  la  notizia  d' un  avvenimento  così 
grave  s'ignorasse  ancora  a  Costantinopoli,  essendo  già 
trascorsi  due  mesi.  Né  i  Legati,  né  V  Imperatore,  mostra- 
no averne  sentore  durante  le  trattative  ;  o  almeno  simu* 
lavano  non  saperla.  Però  partiti  appena  gli  ambasciatori 
della  corte  Romana ,  Michele  Gerulario ,  informato  che 
Leone  era  morto ,  fu  sollecito  a  cogliere  queir  occasio- 
ne per  vendicarsi  della  scomunica  riprendendo  T  ambita 
supremazia.  Raunato  un  Sinodo ,  vi  dichiarò  non  poter 
riconoscere  nei  rappresentanti  della  Chiesa  Latina  la 
qualità  di  Apocrisiarii  Pontificii ,  perchè  gli  era  noto 
che  Àrgiro  Barese ,  falsate  le  sue  lettere  e  quelle  del  Pa- 
pa, inviavali  con  mentito  titolo  a  compiere  sue  frodi  *; 
la  qual  cosa  attestava  rivelata  dal  Vescovo  Trànese,  che 
venuto  innanzi  aveva  scoperti  i  tenebrosi  inganni.  Nel 
IMToprio  nome  quindi,  o  con  l'autorità  del  Sinodo,  richia- 
mò indietro  i  Legati,  e  rifiutando  questi  ubbidirgli,  e  non 
volendo  V  Imperatore  che  fossero  molestati ,  il  Patriarca 
sollevò  la  plebe  con  falsi  rumori.  La  pace  segnata ,  di- 
ceva, tornare  a  disdoro  dell* Imperio,  averla  il  Mono- 
maco  soscritta  cedendo  alle  seduzioni  dei  negoziatori , 
ai  superstiziosi  pensieri,  ed  alle  astuzie  d' Àrgiro  ,  che 
nascosto  nemico ,  sempre  in  cuore  aveva  macchinato 
eontro  la  maestà  della  Regia  città  e  del  nome  Romano  ^. 
Con  queste  ed  altre  accuse  aizzato  il  volgo.,  vago  di 
teologiche  sottigliezze,  pronto  ai  subiti  furori ,  superbo, 

>  Amato  HI,  59.  Murat.  ad  an. 

*  V.  DOCUIB.  il. 

*  hi. 

VCL.  11.  2 


—  48  — 

si  destò  un  gran  tumulto.  L'Imperatore  n'ebbe  piaura, 
e  ad  acquetare  la  sedizione  trattenne  i  messi  Papali,  che 
erano  giunti  in  Selimbria ,  ma  non  osò  abbandoBarK  al 
fanatismo  del  Patriarca  ;  e  trovate  poi  altre  vittime,  fece 
partirli ,  dando  voce ,  che  mal  convenivasi  prender  ven- 
detta degli  ospiti  stranieri.  In  lor  vece,  ricercati  gli  io- 
terpetri  venuti  d'Italia,  ed  i  congiunti  d'Argiro,  di- 
chiarati falsarii  e  frustati  per  le  vie ,  furono  in  ultimo 
posti  in  mano  del  Cerulario,  al  quale  scrìveva  il  Mono- 
maco:  «  si  bruciasse  la  scomunica  pubblicamente,  ed 
»  insieme  ogni  atto  relativo  ai  negoziati ,  e  quelli  stessi 
»  che  v'ebbero  parte.  Il  genero  ed  il  figliuolo  d' Argiro, 
»  dannati  a  perpetuo  carcere,  soffrìssero  i  mali  che  ave- 
»  vano  meritati  ^  » 

La  fama  di  questa  persecuzione,  giunse  vagamente 
al  poeta  Pugliese,  il  quale  contro  al  vero  scrisse,  che 
dopo  la  battaglia  di  Civitate,  Argiro,  non  sapendo  né  con 
le  armi  né  col  senno  infrenare  le  vittorie  dei  Norman- 
ni, caduto  dair  imperiale  favore  fosse  mandato  in  esilio, 
dove  molto  tempo  appresso ,  tra  le  miserie  e  le  infermi- 
tà venne  a  morte  *.  Ma  più  sicuri  documenti  accertano 
che  rimanesse  in  Puglia,  e,  se  pur  mutossi  verso  lui 
r  animo  dell'  Imperatore ,  non  si  tentò ,  o  non  si  riuscì 

•  V.  Docura.  U. 

*  ....  Jam  Costantinus. amare 

Desinit  Àrgiroum ,  nec  ut  tanle  solebat  haberi 
Est  jam  coDsilii  comes  intimus  imperiai is. 
£xilium  passus ,  longo  post  tempore  vitam 
Degit  in  aerumnis  et  corporis  anxietatc 
Vexatus  miser  vitam  fmisse  refertur.  Guill.  App.  11. 


—  49  — 

ad  abbatterlo;  né  molto  sopravvisse  Costantino,  essendo 
iHBncBto  nel  decembre. 

Quéste  discordie ,  infievolivano  sempre  più  la  resi- 
stenza dei  Greci  contro  i  Normanni.  Inoltre  a  Romfa  la 
sede  vacava  quasi  da  un  anno,  turbando  reiezione  il 
dritto  che  Arrigo  III  vi  pretendeva.  Finalmente  il  mona- 
co Ildebrando  fu  in  Germania,  e  si  consentì  nella  scelta 
di  Gerardo  Vescovo  di  Aichsledt,  quello  stesso  che  ave- 
va fatto  richiamare  T  esercito  concesso  a  Leone  IX.  Di* 
venuto  Papa  col  nome  di  Vittore  II,  nell'aprile  del  1055 
lo  raggiunse  l'Imperatore  Tedesco,  scontento  delle  gran- 
di mutazioni  che  erano  state  e  si  preparavano  nella  pe- 
nisola *.  Perchè  Gotofredo  di  Lorena,  col  favore  di  suo 
fratello  Cancelliere  della  Romana  Curia,  s'era  disposato 
a  Beatrice  vedova  del  Marchese  Bonifazio  di  Toscana , 
ed  il  possesso  degli  ampii  dominiì ,  e  l' animo  avverso , 
facevano  credere  aspirasse  alla  corona  d' Italia  *.  Avva- 
lorò il  sospetto  la  stessa  ambasceria  in  Costantinopoli, 
per  modo  che  Federico  suo  fratello,  scampato  appena  dal 
furore  ortodossa  dei  Bizantini ,  e  svaligiato  al  ritorno 
d'ogni  suo  avere  da  Trasmondo  Conte  di  Chieti^  man- 
cò poco  non  fosse  imprigionato  in  Roma  per  ordine  del- 
l' Imperatore.  Si  sottrasse  ai  pericoli  ricoverando  in  Mon- 

'  11  Papa  recò  lettere  d'Arrigo  ai  grandi  vassalli  contro  Gotofredo  : 
repuians  ne  forte  per  eum  animi  Itahrum  semper  avidi  novarum  re- 
rum^ ut  a  regno  Teuionicorum  deficerent.  ec.  Lamb.  Scanf.  an.  i052. 

>  Heinricus  Imperator  in  Italiam  perreocit  ^  voeatus  ^o  legatione 
Romanorum ,  qui  nunciaverunt  nimium  in  Italiam  contra  rem  pub» 
ìdicam  crescere  opes  et  patentiam  Gùtefridi  ducis,  et  nisi  turòatis  re^ 
bus  mature  consuletur  ipse  quoque  regnum  propediem  ab  eo  diistm»- 
lato  pudore ,  occupandum  fore,  Lamber.  Scamf.  ad  an. 


—  20  — 

lecasino  ,  ove  si  vestì  frate  *;  mentre  suo  fralelb,  com- 
preso dal  medesimo  timore,  a  scusare  le  nozze  seguite 
senza  il  volere  d'Arrigo,  gli  inviava  incontro  Beatrice 
e  la  figliuola  Matilde.  Le  donne  furono  rattenute  in 
ostaggio;  ma  parve  prudente  consiglio  dissimulare  lo 
sdegno ,  per  sospetto  che  Gotofredo  sospinto  dalla  di- 
sperazione s'  unisse  a' Normanni  *.  Fermossi  quindi  Ar- 
rigo a  Firenze  per  celebrarvi  col  Papa  un  Concilio,  e  per 
raccogliere  le  forze  necessarie  all'impresa  del  mezzodì^ 
alla  quale  era  venuto  determinato.  Aveva  perciò  spedito 
il  Vescovo  di  Novara  al  Monomaco ,  e  trovandolo  nìorto 
l' ambasciatore  strinse  lega  con  Teodora,  succeduta  nel- 
l' Imperio  d'Oriente.  In  mezzo  a  queste  pratiche  i  Pisani 
che  allora  cominciavano  a  prevalere  sul  mare,  cattiiratfi 
una  nave,  ove  erano  cinquanta  cavalieri  che  di  Nor- 
mandia venivano  in  Puglia,  per  gratificarsi  Arrigo  glieli 
condussero  prigioni  -^  E  fu  V  unico  effetto  che  uscisse 
dagli  ostili  apparecchi,  frastornali  per  necessità  ch'ebbe 
l'Imperatore  d'accorrere  in  Germania,  ove  erano  gravi 
turbamenti.  Perchè  i  Boemi  insorti  contro  i  Tedeschi  li 
scacciarono  di  lor  terre,  gli  Slavi  assalirono  i  Sassoni, 

*  Leo  Ost.  VH,  86.  Ricoverò  poi  nel  Monistcro  di  Tremiti. 

*  ìmperator  itaque  accepto  a  piimoiibus  Consilio ,  Gotefridum  cri' 
mine  absolvit ,  non  iam  probans  satisfaetionem  ejus ,  qìwm  VMiwnt^ 
ne  malis  recentibus  exasperatus  ,  Nortmannis  infestantibus  Itaiitm 
ducem  belli  se  praeberet ,  et  fierenl  novissima  ejus  peimn  prionbut. 
Lamber.  Sganf.  ad  an, 

5  Eodem  tempore  50,  aut  eo  amplius  armati  milites  a  Normandia 
latenter  per  mare  traìiseuntes  Nordmannicis  cmUra  Imperatin^m  (W- 
scilium  praebere  cupientes ,  a  Pisentibus  civibus  capti  atque  ad  impe* 
ratorem  delati  sunt,  Berthol.  a«.  1055,  Pertz  F,  Script, 


-2<  ~ 

molti  sigaori  feudali  si  ribellarono,  &  Gotofredo  uscito 
d- Italia  inva$e  nuovamente  la  Lorena  *.  Partito  Arrigo  , 
il  Papa^,  lasciato,  come  suo  Vicario  ^,  nulla  intraprese 
contro  i  Normanni ,  e  sembra  anzi  che  rinnovasse  la  pa- 
ce concessa  da  Leone  LX  ^ 

Né  per  altra  via  i  Greci  si  opponevano  ai  progressi  di 
Uuifredo,  Teodora,  imbelle  donna,  più  usata  al  racco- 
glimento dei  chiostri,  che  ai  raggiri  di  cortese  alle  ar- 
ti di  governo,  frale  stragi  di  un  pestilente  morbo  che 
fnfiei'iva  in  Costantinopoli  ,  trascurò  V  Italia.  Argiro 
atesso  sperando  con  la  morte  di  Costantino  abbassata 
l'autorità  dol  Cerulario,  nel  1055  recatosi  in  Costanti- 
nopoli insieme  air  Ai*eivescovo  di  Bari  *,  per  liberare  il 
figlio  ed  il  genero,  ed  impetrare  soccorsi,  fra  le  turbolen- 
i»  sopraggiunte  vi  rimale  e  si  perde  per  alcuni  anni  ogni 
Bua  memoria.  Assecurati  così  dalle  minacce  dei  due  Im- 
peti^ii  ,  lontano  Attiro,  impotente  il  Papa,  sminuiti  e 
«egietti  i  presidii  Bizantini,  avanzarono  i  Normanni  in 
Puglia.  Umfredo  rompeva  i  Greci  presso  Oria ,  Goffredo 
sub  fratello  occupava  Nardo  e  Lecce ,  Roberto  tentava 

*  Contin,  Herm.  Gontr.  ec. 

«  Nel  IngUo  del  .Ì056  Vittore  H  presiedeva  ad  un  Placito  in  Comi- 
tatu  AprutienH  in  nome  di  Arrigo  III.  re  Meo  ad  an* 
.  :^  :€t$tui  Papa  Vietar  fu  moidi  eorUdt  et  moult  kurge^  et  fu  mouU 
f^miA  ami  de  V  Empériar;  testui  cmUre  la  ehevaìerie  de  Normant 
NOtt  esmut  inimistié ,  mé$  ot  sage  conseil ,  quar  li  fist  amicable  paiz 
avee  li  Normant.  Abìato  1(1 ,  44.  Papa  Cisalpinis  partibus  reverms , 
Nmimamiios  eeterosque  rebelles  pacificai.  Akk.  August.  ap.  Pertz.  Ili, 
Sfffi^  Sembra  ehe  accenni  ad  una  pace  posteriore  aUa  morte  d*  Arrigo, 
1119  noq  si  accorderebbe  alle  altre  icstiinoDianze. 

4  Igmot.  Bar.  ad  an. 


—  22  — 

Gallipoli  ;  e  fugati  nuovamente  i  nemici  nei  dintorni  di 
Taranto,  Otranto  e  castel  Minervint)  vennero  in  pote- 
re dei  vincitori ,  tra  il  cadere  del  1055,  ed  i  principii 
del  1056  ^ 

Per  altri  insoliti  accidenti  il  nuovo  anno  s'annunziava 
funesto.  Comete ,  ecclissi ,  carestie ,  presagivano  secon- 
do le  credenze  dei  contemporanei ,  paurose  sciagure ,  e 
morti  *;  e  prima  a  mancare  fu  l'Imperatrice  Teodora,  che 
neir agosto  aveva  prescelto  a  successóre  Michele  VI  Slra- 
tiolico,  d*  umile  stirpe,  cresciuto  nelle  armi  ;  ma  vecctiiu 
e  scempio  di  mente  e  di  virilità.  Poi  essendo  il  Papa 
in  Germania,  v'udiva  che  i  due  Principi  spodestati  Pan- 
dolfo  III  e  Landolfo  V  avevano  rioccupato  Benevento*, 
forse  col  favore  dei  Normanni;  contro  ai  quali  incitando  i 
Tedeschi  ♦  nulla  ottenne,  perchè  poco  appresso,  nel  cin- 
que ottobre,  chiudeva  gli  occhi  al  terzo  Arrigo ,  dal  quale 
la  Chiesa  aveva  avuto  quel  patrimonio,  e  Vittore  sperava 
altri  possessi  ^.  Prevedendo  maggiori  danni  il  Pontefice 

'  Chorn.  Norm.  ad  an, 

*  Fames  multas  provincia^  afflixit:  egestas  et  penuria  undique  prat- 
vcUuit,.,  diversarum  provinciarum  principes  perwrunt.  Marian.  Scot. 
ap.  Pertz  V.  Scrip.  — Eclypsim  passa,  repente  contaìmit,.,  Quodprofecio 
skut  in  proximo  patuit ,  nihU  aliud ,  quam  vicintim  utriusque  prin- 
cipis  interitum  praesignavit .  S.  Petr.  Dam.  Opus.  LVI ,  e.  8. 

^  De  Meo  ad  an,  W56  e  W74.  Il  Papa  era  già  in  Germania  nel  A\ 
8  settembre ,  e  nel  51  agosto ,  i  Princìpi  restaurati  associavano  al  go- 
verno Pandolfo  IV  figlio  di  Laiidolfo  V, 

4  Qui  perrexit  ad  imperatorem  supradictum  ea  causa  qua  et  pre- 
decessor  suus ,  ut  eicerent  Agarenos  (  Normannos  )  quia  damar  populi 
ilHus  regionis  non  valebat  sufferre,'  Ann.  Rom.  ap.  Pertz.  V.  Scrip. 

*  Cestui  Pape  ala  à  la  cort  de  V  empéreor  pour  demander  li  passa' 
gè  de  la  terre  et  de  li  Arpe  ^  la  qual  terre  apartient  à  la  raiion  de 


—  23  — 

consigliava  la  vedova  Imperatrice,  restituisse  la  moglie 
e  Matilde  a  Gotofredo  di  Lorena ,  si  pacificasse  con  lui , 
rinviandolo  in  Italia  ^.  Ed  in  vero  fuorché  il  Marchese 
di  Toscana  non  appariva  sostegno,  nel  quale  il  Papa  e 
gli  amici  deir Imperio. potessero  confidare,  essendo  ri- 
masto d'Arrigo  un  figliuolo  del  medesimo  nome,  fanciuU 
lo  ancora  ed  impotente  a  frenare  V  ambizione  dei  riotr 
tosi  signori  Alemanni.  Consentite  le  sue  dimande.  Vit- 
tore riconfermato  nella  dignità  di  Vicario  Imperiale  *  , 
discese  nella  penisola,  e  subito  sMncontrò  con  Gotofre-* 
do  e  Federico  ^ ,  T uno  venuto  di  Germania  l'altro  dal 
chiostro  ove  s'era  celato. 

La  morte  delVImperatore  rinvigoriva  nella  Corte  Papale 
il  partito  Italiano.  Risoluto  Vittore  ad  avvalersi  del  Mar- 
chese di  Toscana,  scomunicò  Trasmondo  Conte  di  Chic- 
li, finché  non  restituisse  ciò  che  aveva  tolto  ai  Legati  *; 

Veglile  de  Saint- Pierre  de  Rome,»,  et  lui  promisi  lo  impereor  de  f ai- 
re sa  pétitùm.  Amato  111 ,  45.  —  Ma  non  s' intende  se  reclamò  i  patri- 
raonii  deU^  Alpi  Cozie ,  ovvero  Arpino.  D' ogni  modo  Vittore  è  lodalo 
perchè:  tum  eonsentiente  tum  etiam  invito  tinpeto^ore ,  mtUtos  sacto 
Petra  episcopalm ,  multa  etiam  castella ,  iniuste  ablata ,  iuste  recepit, 
Anon.  Hasern.  ap,  Pertz.  VII.  Scrip,  ■ 

■  Bojuzp  de  persee.  Ecd.  L,  V.  dice  che  Arrigo  prima  di  morire  re- 
stituisse Beatrice  e  Matilde  a  Gotofredo  raccomandandogli  di  serbar  fe- 
de al  figlio. 

*  S.  Pier  Damiano  fa  dirgli  da  Cristo  :  E^  te  quasi  patrem  Impe- 
ratoris  esse  constitui.  Imma  sublata  Rege  de  medio  totius  Romani  Im- 
pera vacantis  libi  jura  promisi.  Epis,  L.  I ,  ó*. 

s  Leo  Osi.  U,  94, 

4  Leo  Ost.  ivi.  Trasmondo  nel  luglio  del  1056  aveva  assistito  al  Pla.- 
cito  che  ienae  il  Papa  nel  Contado  Abruzzese ,  e  fu  scomunicano  al  ri- 
torno di  Vittore  dalla  Germanici, 


poi  a  rendersi  sempre  più.berie\^olo  Eeéerieo  diliorMS, 
e  percbè  più  ulilmeato  pot^68e.adop^RH9if>prociJ(D^f^^ 
ae^eletto:  Abate  di  Montecasino.  Rich/sriQ  ^  ohe  già  lavé/ve 
tenuta  quella  dignitèi»  era  morlo  nel''deeembre.)105&/, 
e  gli  avevano  aostituito  un  monaooia  mv»  PietPOi.poao 
esperto  dei  civili  negozi! ,  e  poco  volenteroso  :#iitfff8p- 
porvisi.  Spìacque  perciò  al  Papa ,  il  quale'  perduto  Be^- 
nevento  intendeva  fare  del  Monastero  un^pireaidio^^' ohe 
servisse  come  centro  di  difesa  ed  oifesa.  <)weat<i  dt^o- 
qpe  un  pretesto  S  costrinse  i  frati  a  deporro  Pietro v^^é 
a  prescegliere,  nel  maggio  del  1057,  Federico ,  il  ptQMf 
tore  dei  bellicosi  sforzi  di  Leone  IX  contro  i  -Normatmi  t 
che  nel  giugno  venne  nominato  anche  Gardinalei  Graib 
di  clamori  levarono  i  monaci,  e  per  ogni  via  sostennero 
i  privilegi  loro*;  ma  prevalse  T ostinazione  di  Vittore* 
Se  non  che  dimorando  in  Firenj^e  presso  Gotofredo ,  ini 
tento  agli  apparecchi  di  guerra ,  logoro  dagli  anni  e  dalle 
cure  gli  mancò  la  vita  nel  ventotto  luglio. 

Questo  imprevisto  accidente  non  ruppe  però  i  proposili 
della  Curia  Romana,  servì  anzi  a  renderli  più  efficaci , 
perchè  dopo  breve  vacanza,  al  due  agosto,  lo  stesso 

>  L'Ostiense  dice  che  Pietro  fu  deposto  perchè  eletto  senza  consen- 
timento dei  Papa  e  dell'  Imperatore ,  ma  fu  il  pretesto  che  s'  addusse , 
la  ragione  vera  lascia  argomentarla  Amato  :  Succedi  Pierre  religùmi 
moine ,  mès  non  fu  trop  expert  de  chozes  séeulèrs ,  et  pour  ce  que 
Victor  lo  reprenoit  de»  choses  séculères  des  qudles  U  non  curoit ,  U 
renuntia  à  la  croce ,  et  à  la  dignità  d*  estre  aòbé.  Ili ,  46. 

*  Ita  ad  subiugandum  sibi  Monasterium  animum  Papa  vehemenkr 
intenderat ,  cum  memo  ante  iUum  hoc  attemptaverit,  Leo  Ost.  H  91. 
Si  suscitarono  tumulti  fra  i  vassalli  della  Badia ,  ed  il  Cardinale  Umberto 
venuto  a  deporre  Pietro ,  mancò  poco  non  fosse  uccisa,  ivi. 


—  25  — 

,  Ee^piéo  dlLoreoà  fti^  proclamato  Papa 'Col  nome  di  Steh 
-foj^aiXi'^Una  grande  espétlazione  sollevò  allora  fUapi- 
JiiiivdiltttlifV^  nemico  air  Irap^ri&le  stirpo  si  saj^eva  il 
rVàfié}  ed  eletto  senza  in^petrar  licenza  di  Germania^  Av«- 
•v«r$o  atiche  io  reputavano  i  Normanni  ^  ^  la  sna  strétta 
oeiigiuiizioiMi) eoi  Marchese  di  Toscana^  faceva  prevede- 
rÉy  jcà<d  molte  e  grffli(Ji  novità  sarebbero^seguite.  S'ag^ 
giunse? «he  nel  mese  stesso  della  sua  elezione,  quasi  a 
favorirne  te  mire ,  venuto  a  morte  Umfredo  ^^  si  ride* 
kfaaiH>nié nel  mézssodV  le  speranze  degli  indigeni  contrO' gli 
-dlMiiieri.  ■-  =■•:  ■■■■ 

,  i^lllerzo^ Conte  di  Puglia  venne  sepolto  nella  Trinità 
difvVenosa^,  «giusto  e  benevolo  ai  popoli- lo.  dissero  ♦ 
con  poMùme  lodi;  maggior  vanto  fu  la  fortuna  nelle 
arfmi>  n  dominio  estèso,  T obbedienza  negata  a  Gisolfo, 
pori ncipio  alla  grandezza  dei  ^uoi:  Ma  P  autorità  che 
tenoCr  quantunque  dai  fratelli  redata,  rimaneva  elettiva^ 
né  gli  fu  dato  trasmetterla  al  figliuolo  Abagelardo.Vuol-* 
si' che  fanciullo  ancora  questo,  Umfredo  dichiarasse  tu- 

'  Ne  quisquam  sane  muUis  retro  annis  taetiorìbus  suffragiU ,  ma- 
iorem  omnium  expedatione ,  ad  regimen  processerai  Romanae  Eccle- 
siae,  Iamb.  Scanf.  ad  an.  Ingenti  eunetorum  letiiia,  Leo  Osi.  H.  94. 
'*  Lupo  e  la  Chr.  Bbev.  Norm.  pongono  la  morte  di  Umfredo  nel  1056, 
ma  r  Ignoto  Bar.  e  Roi.  Salernit.  la  segnano  nel  seguente  anno ,  e 
furono  seguiti  da  Muratori  e  de  Meo.  QuesO  ultimo  da  un  diploma  dì 
Roberto  del  1068  argomentò  che  assunse  il  titolo  di  Conte  di  Puglia 
aeir  agosto  1057 ,  e  nel  mese  stesso  deve  dirsi  morto  il  fratello. 

^  GciL.  ÀPF.  n. 

4    ....  Lacrimans  Apulia  tota 
Flet  patris  interitum.  ... 
Non  sittdiiit  populum  vexare  tirannide  dira 
Justiti^m  coleos.  ivi. 


-  i6- 

tore  Roberto  '  il  quate  ne  usurpò  i  dritti  ^  Ma  le  fjrequen- 
ti  contese  tra  i  due  fratelli  rendono  improbabile  la  tute- 
la,  e  T  ordine  serbato  nella  sucoessione  della  Contea  di 
Puglia  esclude  Tereditarìa  trasmissione.  Guglielmo Brac- 
ciodiferro,  Drogone,  ed  Umfredo,  avevano  ottenuta  au- 
torità sopra  gli  altri  Normanni,  perchè  eletti  dal  suffra- 
gio dei  loro  compagni  d'arme,  erano  stati  riconosciuti 
ed  investiti  da  Guai  maro  IV.  Sopra  questa  duplice  parte- 
cipazione si  costituì  il  dritto  di  supremazia  dei  primi 
Conti  di  Puglia  e  di  Aversa  ;  né  si  mantenne  senza  alte- 
razioni. Gli  eredi  di  Rainulfo  I  si  valsero  del  consentir 
mento  degli  elettori  per  combattere  V  assoluto  predomi- 
nio che  Guaimaro  voleva  arrogarsi  nella  scelta  del  Con- 
te d* Aversa;  mentre  Drogone  ed  Umfredo  invocarono 
rinvestitura  e  gli  aiuti  del  Principe  di  Salerno,  per  de- 
primere i  pretendenti  alla  Contea  di  Puglia.  A  misura 
però  che  i  Normanni  si  vennero  sottraendo  dall^  dipen- 
denza di  Gisolfo,  s'accrebbe  la  potestà  dei  minori  Conti, 
ed  il  nuovo  Stato  parve  dovesse  ordinarsi  in  una  aristo- 
cratica federazione  rappresentata  da  un  capo  elettivo. 
Alla  morte  d' Umfredo  questa  tendenza  si  fece  più  ma- 

*     Uector  terrarum  sii  eo  morieulc  suariim 
£i  geniti  tutor  puerilis ,  qiiem  vetat  aetas 
Reciorem  tìeri.  ivi. 

Abailardum  filium  suum  Roberti  fratri  suo,..,  cum  Dìicatti  Apuliae 
commendavit,  Will.  Gemm.  \l\ ,  50. 

»  Rdinquem  sibi  successorem  Bagelardum  filium  ejus  mUitem  sire- 
nuum ,  Robertum  Comitatns  lionorem  sibi  arripuit ,  nepotem  exyd- 
lem,  RoM.  Saler.  I0o7.  R')bertus  Guiscardus  filium  (si<^)  Ulum  (  Ba- 
jeUrdum)  fugam  Ducatutn  yorpionorum  in  Apuliqm  obtinuU,  Soi,o^ 
m  PisTOR.  au.  1047. 


-27  — 

nifesta  ;  da  una  parte  gli  AJtaviJla  aspiravano  a  perpe* 
tuare  nella  loro  famiglia  la  dignità  conseguita,  dall'ai* 
tra  t  Conti  non  erano  propensi  a  riconoscerla  come  un 
retaggio,  i  pericoli  evidenti  che  sarebbero  surti  dalle 
vicendevoli  pretensioni  sembra  che  consigliassero  un 
accordo.  Né  Abagelardo  figlio  di  Umfredo  fu  eletto  ,  né 
Goffredo  quartogenito  di  Tancredi;  ma  Roberto  suo  mi- 
nore fratello  e  nato. da  altra  madre  ^  Di  maniera  che 
la  libertà  della  elezione  si  trovò  circoscritta  neir  arbir 
trio  di  prescegliere  fra  i  soli  discendenti  della  stirpe  di 
Altavilla.  Gli  accorgimenti  del  Guiscardo ,  la  fama  del 
suo  valore,  e  le  coperte  vie  adoperate,  influirono  forse 
a  questa  transazione,  la  quale  non  accettata  universale 
mente ,  lo  fece  credere  usurpatore  ad  alcuni ,  legittimo 
Principe  ad  altri  *.  Perciò  non  venne  riconosciuto  &enza 
contrasto  ;  i  figliuoli  di  Umfredo  si  estimarono  ingiusta* 
mente  diredati ,  e  cercarono  più  tardi  far  valere  i  loro 
dritti  ;  Pietro  Conte  di  Trani ,  che  già  innanzi  aveva  di- 
sputata la  Contea  a  Drogone ,  rimasto  segreto  nemico  , 

■  Le  genealogie  della  famìglia  Altavilla  pongono  Goffredo  come  il 
quartogeniio  di  Tancredi  e  Monella,  e  dalle  parole  di  Orderico  Vitale, 
che  lo  vnole  erede  dei  beni  paterni  non  sembra  che  possa  dedursi  che 
egli  fu  il  primo  dei  figlraoli  (v.  Voi.  I,  p.  126  nota  4).  Serbandosi 
r  ordine  dì  successione  insiuo  allora  tenuto,  egli  avrebbe  dovuto  essere 
Conte  di  Puglia  dopo  il  terzogenito  Umfredo.  H  Mooter  anzi  nel  quadro 
genealogico  dei  figli  di  Tancredi  segna  :  Gottfried  Graf  v.  ApuHm 
4057'4059 ,  p.  4.  Ma  non  ho  trovato  documento  che  provasse  aver  egli 
posseduto  il  titolo  di  Conte  di  Puglia ,  ed  i  diplomi  di  Roberta  mostra- 
no eh*  egli  successe  immediatamente  ad  Umfredo  in  quella  Contea. 

*  Robert  rechtU  V onor  de  la  contèa  et  la  cure  d*estre  cmUe,  Amato  / 
IV ,  2.  Susceptus  a  patriae  primaiibus  omniwn  dMninum  et  Q&mes  tii 
/oco  fratrU  efficUur,  Mai^at.  1 ,  18, 


-28- 

aspoltò  una  favorevole  occasione  per  ribellarfti^  Seguiva 
relez'rone  probabilmente  neiragosto  del  1057  *,^  e  come 
che  avvenisse  ,  fu  tra  lo  cause  maggiori ,  che  estesero  « 
raffermarono  la  conquisln.  Iluberto,  che  doveva  e38eriie 
l'eroe,  aveva  allora  meno  che  quaraul' anni  ^)  e  le  fat^ 
tezzOfC  r indole,  cosi  ne  ritrae  Anna  GommenO,  nemica 
sua.  «  Feroce  rince;^no  e  destro,  prode  della*  persona  ,: 
»  cupido  deir altrui,  violento  in  acquistarlo ,  fu  auda^ 
i>  ce  nei  propositi,  perseverante  neir attuarli.  La  statura 
9  sorpassò  i  più  grandi,  il  volto  ebbe  acceso,  biondi  i 
»  capelli,  ampio  le  spalle,  vivaci  gli  occhi  che  pareva 
»  scintillassero,  composte  in  bella  armonia  le  membra , 
»  dal  capo  al  piede,  di  mirabile  struttura  e  proporzione. 
»  Terribile  la  voce,  che  se  quella  d'Achille  era  suono 
»  di  tumultuante  moltitudine,  la  sua  tuonava  spaveq*. 
»  tosa  fugando  migliaia  di  nemici.  Cosi  por  fortuna ^  e 
x>  per  i^nimo  fazionato ,  fu  di  sua  libertà  tenacissimp,  e 
n  disdegnò  sempre  servire,  o  prestare  forzato  omaggio  ^• 
Nò  la  qualità  dei  tempi  apparve  meno  conforme  agli 
smisurati  pensieri  ;  poiché  alle  segrete  congiure  contro 
il  debole  Michele  VI  in  Oriente  ,  succedevano  aperte 
ribellioni ,  e  nel  giugno  del  1057  i  principali  duci  del- 
l' esercito  essendosi  ribellati  proclamarono  Imperatore 
Isacco  Commeuo.  Nella  guerra  che  s'accese  tra  i  due 

'  Da  UD  dipi,  del  1068  De  Meo  ai'gomenia  che  Roberto  fu  Cooie 
udr  agosto  1057. 

•  AsNA  GOMMENO  lU  inoiirc  Roberto  nel  1085  in  elìà  di  oltre  70  anui 
UVA  ì  Crouisti  concordano  a  dargliene  poco  più  che  00 ,  e  diverse  ra- 
gioni rendono  più  vera  ({uesta  opinione. 

*  Annìv  Comm,  Alecr,  L.  I, 


—  29  — 

contendenti,  alcuni  Normanni  degli  antichi  Manicar 
ti  ,0  degli  altri  emigrati  a  cercare  ventura  ,  ebbero 
parte,  è' principale  un  Randulib,  onoralo  da  Mic*hele 
del  titolo  di  Patrizio,  che  rimase  prigione  dei  suoi. ne- 
mici ^.  Trionfò  infine  Isacco  Gommeno ,  ma  queste  tur- 
bolenze, lasciando  indifesa  T  Italia;,  Roberto  ne  profittò 
per  assalire  vigorosamente  i  deboli  presidii  Greci  K  Nel 
settembre  fu  combattuto  presso  Taranto  |.  ed  i  Bizantini 
con  grandissima  strage  disfatti. riehi^udendosi  nella  cit» 
tà,  abbandonarono  le^ terre  poste  sul  golfo  sino  ad  Otran^ 
to  ^.  là  pari  tempo,  Ruggiero  ricevuti  sessanta  militi  e 
danaro  dal  fratello  s*  era  spinto  con  grande  ardire  ad  inva^ 
dere  la  Calabria.  Occupali  i*  monti  di  Vibona,  e  costrbi** 
tó  un  castello  su  quelli  d'Incifola,  sparse  intorno  le 
depredazioni ,  costrinse  i  vicini  a  rendergli  tributi,  ap- 
parecchiò la  via  a  Referto  ♦.  11  quale  lasciata  la  Puglia, 
costeggiando  il  golfo  di  Taranto,  venne  a  congiungersi 
a  lui,  ed  insieme  per  le  marine  di  Stilo  rapidtimente 

•  Cemeko  H,  651.  V.  Q.  UI. 

•  Nam  vita  paulo  post  functo  Mommacho  cum  Theodora  circiter 
annum  unum  óbtinuUset  imperium  et  Michael  dedaratus  esset ,  atque 
advevius  ipsum  Commenus  indtatus  et  exerettui  esseni  intestinis  belli 
oecìqMli ,  ae  nemo  Roberti  eonatus  prohiberent ,  magnus  ex  hoc  et  il-» 
ìmsiris  evasii  ;  idoneum  enim  coepii  exereitum  ,  et  equomm  atque  pe-^ 
euniae  et  armarum  potitus  est  cum  ti  qui  ab  imperatorem  duces  urbibus 
praefeeti  erant  non  possent  contra  eìitmpere  de  paucitate  suorum  et  mo* 
dicam  virtutem,  Scylatzae  p.  721. 

•  Factum  est  proelium  mense  septembri  circa  Tarentum  et  Graeei 
vieti  sunt ,  et  facta  est  magna  strages  hominum  a  TareìUo  usque  Hy* 
dr&ntum,  et  omnes  urbes  et  terrae  factae  sunt  de  dominio  Northman* 
norum,  Chr.  Brev.  Norm.  1055. 

4  Malat.  I.  19.  20. 


-ac- 
corsero sopra  Reggio,  città  munita  e  sede  dello  Stratego 
di  Calabria.  Gli  abitanti  del  contado  si  ritrassero  fugr 
gendo  nelle  mura ,  menando  seco  il  bestta>fBe  e  le  prov* 
visioni  ;  onde  gli  assalitori ,  trovale  deserte  le  oampa-? 
gne  si  divisero  ,  e  trecento  cavalli  con  Ruggiero  furo« 
no  a  bottinare  verso  Gerace ,  i  rimanenti  con  Roberto 
assediarono  Reggio.  Minacce  e  promesse  non  valsero 
però  a  commuovere  i  cittadini ,  ed  opponendo  buona 
difesa,  al  terso  dì  i  nemici,  essendo  per  finire  l'autun- 
no si  ritrassero  ^  Tornando  dall'impresa  Roberta  ebbe 
a  patti  Neocastro,  Canalda  e  Maia,  dove  data  licenza 
agli  eserciti  svernò  ^. 

Ma  le  sconfitte  e  la  depressione  dei  Greci  furono  nuo- 
vo sprone  ali'  animo  di  Stefano  IX ,  e  se  innanzi  erasi 
mostrato  acceso  di  grandissima  voglia  d'abbattere  gli 
stranieri,  ora  fatto  Pontefice,  e  al  desiderio  aggiunto- 
si il  potere,  alla  nimistà  antica  gli  interessi  del  Papato; 
niente  più  cercava  che  scacciarli  d'Italia  ^.  Perciò,  con- 
tro al  costume,  ritenne  la  dignità  di  Abate  e  fermatosi 
a  Montecasino  *,  raccolse  intorno  a  sé  i  nemici  dei  Nor- 
manni. Principale  fondamento  pose  in  Àrgìro ,  tornato 
allora  in  Puglia,  e  poiché  per  l'esilio  del  Cerulario,  più 

'  Cum  videret  se  civibus  urbis  nee  minis  nec  ìdandimentis  fUetere 
posse ,  quibusdam  negotiis  versus  Apuliam  revocantibus  redUum  par 
rat.  ivi,  1 ,  18. 

*  Decedenti  Leucastrum  et  Maia ,  et  Canaldam  paeem  fadenies  se 
dediderunt.  ivi. 

3  Cestui  abbé  avant  qu*  U  fust  pape  si  esmovoit  toute  la  gente  qu'il 
pooit  avoir ,  et  faisoit  son  pmre  de  destrune  li  Norman ,  puix  quH 
fu  pape  0  toute  la  mort  soe  pensa  de  les  destruire.  Amato  lU ,  47. 

4  Vi  rimase  dal  novembre  1057  al  febraio  1058.  De  Meo  ad  mi. 


—  34  — 

agevole  era  Taceordo,  furono  prescelti  ambasciatori  per 
recarsi  iti-Oriente  Stefano  Cardinale,  il  Vescovo  Mai-, 
nardo  e  Desiderio  monaco  Gassinese.  A  quest'ultimo  , 
congiunto  per  sangue  ai  Principi  di  Benevento,  uomo 
severo  e  sapiente ,  al  quale  i  Normanni  avevano  ucciso 
il  padre  ^<3onridava  il  Pontefice  specialmente  i  negozia- 
ti ,  ingiungendo  s' unisse  nel  viaggio  al  Duca  di  Bari. 

La  minorità  4' Arrigo  IV,  gli  umori  diversi  che  ferve- 
vano nella  penisola,  ed  i  segreti  pensieri  del  Pontefice', 
'mutavano  però  le  condizioni  dell' alleanza  innanzi  cercar 
ta  ^a  Leone  IX.  Non  più  la  concordia  fra  i  due  Imperii, 
ma  r esaltazione  della  Sede  Apostolica,  e  della  Mirpe 
di  Lorena ,  piovevano  procurare  i  Legati ,  concordando  i 
nuovi  interessi  a  quelli  dei  Greci  nel  mezzodì.  È  mentre 
il  Papa,  eletto  il  fratello  Gotofredo  Patrizio  di  Roma,  uf- 
ficio di  grande  autorità ,  ed  ampliatone  il  dominio  ^,  av^ 
valorava  il  sospetto  che  volesse  coronarlo  Imperatore  ^ , 
per  altra  via  estendeva  V  influenza  del  Pontefìcato  in 
Lombardia. 

La  pace  stabilita  da  Lanzone  in  Milano ,  non  era  du- 
rata lungamente.  I  nobili  nel  1045  col  favore  d'Arri- 

'  Paire  a  Normannis  perempto.  VU»  Vici»  111  ap.  Leo.  Ostien. 
L.JU.2. 

.*  Gotofredo  vien  detto  :  quondam  nominatUsmus  Romae  urbis  pa^ 
trieius  et  praefatus  Anconitanus  et  PUanus  Marchio ,  et  totius  inte-- 
riaeemis  Tusciae  et  IMiae  dominator  ^  invictus  quoque  Virdunensiu'm 
ctyiMS  et  Lotharingiae  Dux.  Chr*  S.  Humb.  ap,  Pertz.  Saip,  Vni* 

.3  Disponebat  autem  fratri  suo  Duci  Gothifredq  apud  Tusciam  col- 
loquhtm  pmgi ,  ei^pie  ut  ferebatur  Impexialem  eoronam  largiti  ;  de- 
mum  tero  ad  Ncrmannos  expellendos ,  qui  mommo  UH  odio  eraiU  , 
uno  cum  eo  rever^i,  Leo  Ost.  IL  97. 


-32- 

go  IH  ottenuto  che  fosse  Arcivescovo  Guido  da  Velate^ 
propenso  a  lor  parte  ed  ai  Tedeschi,  abba9saroBo  ibpir»- 
ghesi ,  bandirono  Lansone ,  usurparono  il  governo  V.  Ma 
quando  pareva  assecurato  il  trionfo,  rinacque  più. vi»* 
lenta  la  lotta ,  mescolandosi  insieme  gli  odiì  civili  ai 
religiosi.  Il  celibato  del  Clero,  che  alcuni  Goncilii  av&* 
vano  sancito,  ed  alcune  bolle  Papali  propugnato,  per 
contrario  costbme ,  per  corruttela ,  per  imitazione  della 
Chiesa  Greca ,  non  veniva  ancora  universalmente  rico* 
nosciuto  in  occidente.  Più  avversa  mostravasi  la  Loin- 
bardia,  dove  il  Chericato  e  le  nozze  spesso  erano  stati 
mezzo  ad  innalzare  i  figliuoli  dei  servi  a  libera  condiao*^ 
ne  ^  ;  e  dove  ora  la  potenza  Episcopale ,  e  le  ricchene 
acquistate  dalle  Chiese,  favorivano  la  simonia  ed  il  con*- 
cubinato.  Pure  la  diffusione  degli  ordini  monastici^  Tin» 
verecondia  dei  sacerdoti,  il  divieto  dei  Pontefici,  cresce- 
vano ogni  giorno  il  numero  dei  fautori  della  riforma.  E 
incontinenti  e  simoniaci  i  Vescovi  e  V  alto  Clero,  i  laici 
ed  il  popolo  prendevano  ragione  dal  biasimo  e  dalle  sco- 
muniche Papali ,  per  rompere  il  loro  giogo  e  sottrarsi 
ai  vincoli  di  vassallaggio  verso  le  Chiese.  Gli  interessi 
del  Pontificato  si  trovarono  perciò  collegati  a  quelli  del- 
la libertà  ,  specialmente  in  Milano.  Oppositore  dell' Ar- 
civescovo  Guido  prima  era  stato  Anselmo  da  Badagio  , 
Cardinale  della  Chiesa  di  S.  Ambrogio  ;  ma  eletto  Ve- 
scovo di  Lucca ,  i  diaconi  Landolfo  de  Cottis  ed  Arial- 
do  d'Alzale,  infervorati  dal  medesimo  zelo  continuaro- 

•  Landulf.  Sen.  Mediol.  his,  IH,  2.  Am  SS.  ru.  Ariaidi.  Cut. 
Flam.  Manip.  Fior.  Ud. 

•  Vedi  I)ocum.  IH. 


~3»  — 

pofKDlo«  siriaeeeBe  piùi  tfiero^  coateziaiiB^;  Da  funa  porteli 
BoJbili  fid  ?)i  oSIioo]ai4Ì!  y  \ctòìhe  clnai»aVftn;&  ^  gli  .  JfncontifL^ 
Denti i^ tv  dall'aUra  i  riTopmàto^i  ad  i  I^terìniv  >t>^^t^^ 
sohe«no»cu»lM]ua)e^isr^if^iuria¥a  iji  {KiveTtàdeJ  proleta^ 
rir^^  v6iu»ero  adaperta  guerra.  LaitdolAy  od  ArialdoBCid»^ 
munitati  iid  4057:  ia  Un  Conci lioiproVinoialey 
Imano  ak'Pìspfir^c  ?e  ^8ieA)bene  ?  il  primo  ferito  mortabnante' 
fosse  corretta  a  rimanersi  a  Piacenza,  i^ altro  perveouttr 
aiìBoHia  n?  d^e  oonforto  ed  incitamento  a^  pròpugn^e^ 
3^>€^libato^?,e47autorità  della  Sede  Romania  sulla  Chiesa^ 
Mihmese. 'Questa  dalla  sua  origine  s'estimava  autona-^ 
maóy^-ma  Je  dissenziooi  surle  nel  Clero  e  nel:  popolo  r 
porgendo  opportuna  occasione  a)^  Pontefice  di  farvi  t^ 
kre  Id  sua  supremazia  ^furono  ittviati  tì  comporre  i  ti^ 
m«^ltì»  Anselmo 'da  Badagio ,  ed  il  Monaco  Ildebrando 
poco  rinnanzi  eletto  Cardinale^*  r^ 

V  Prendevano  questo  nome  da  Nicola  uno  dei  seue  Diaconi  di  Geru; 
salemme ,  perchè  la  sua  massima  :  bisogna  e$ercUar  la  carne ,  s'  alle- 
gi?r  hne^etraiKtèìa  In  favore  deH" ìncoiitìtoeii^i;      •      <  -      :;*^  ;;      • 

-u*OU->?éW)  iMjnifitìdft'di  ^utìdla  fóce  ci"  è  dait/  dfe  Bbmko  Mrfè'i^*' 
JSed*  JU  Yl'^TaUfVMB  idest  Pannesoa,  Amarmi.  Et  UH  qttidtm'^  d^^ 
cente$  frairi  ra^arei  ^ant  iudicio  »  — -  rai^os  epim  greee  latine,  |^t^-f 
nnsdicUwr,  (p^''^f>^ /lacera  vestis  ec.) 

^  tiieé  clariue  demostravire  ^  el  quam  haéreiicum  esset  Rofnanae 
ecdettae  non' obbedire,  fiomzò  iti:  AitNin;.  Med.  Tiù.  llf,  if . 'AétA:  SS.' 
FUi-ijIrùrf*  •.."■•  V .-;-M\'    .:■;.;?"»  '  :    v;v-: 

^Jkfiodem.  tempore  Afediohn^nsis  eccUeia  qu^  fere  per  ducenti3$  a/^r 
noe  euperbiae  fastu  a  Rmnanae  ecdesiae  se  suUraxerat  ditione  prt- 
miMii  eAwUfir  aliae  ecchsiae  sìélrì^ctdm  eàse  àogtmvit  Boiiiko  ivi  Ma 
la  ricognizione  del  primato  Romano  accettata  dai  soli  Paterini  cònimuò 
ad  essere  contestata. 

VOL.  II.  3 


j 


^34  — 

Fr£i  queste  cure  Stefaao  IX  fion  obbbava  gUMtfli^ap- 
pareKicbi  contro  i  NokPmanfìi;  «  toi^ato  «.Rt)(mft.4(|V  fe^ 
braÌQ  1058,^.  faceva  rgi^gretamenterBcaroirdali prepostola 
dal  Decano  di  Montecasiuoiii^tefloro  «dui  aaoriiafredi 
del  Monastero  per  provvedere  alle  necessità  dell'  impre- 
sa. Ubbidirono  a  malincuore  i  frati^^;  ma  infermo  da 
più  tempo,  aggravò  il  Papa  in  Firenze,  OJv'era  venuto  a 
spronare  il  fratello,  e  sul  fluire  di  marso  4k)ii  lavvita 
mancarono  gli  audaci  disegni  *.  -  •    j    n 

Cosi  la  morte  toglieva  anche  ora  uà  temuló  nemico 
ai  I^ormanni,  e  fallivano  nuovamente  le  speranze  di  Ar- 
giro.  \  Legati  Papali  che  ancora  erano:  in  Bariyiaefiei- 
tando  il  tempo  propizio  a  navi|;arè,  s' affile ttarono rapare 
tirsene;  e  Desiderio  eletto  successore  di  Stefano  IXnel^ 
la  Badia  Gassinese  fu  richiamato  dai  frati;  Nonipotendo 
attraversare  la  Puglia  occupata  dai  Normanni-y  .preseet- 
se  imbarcarsi,  e  trabalzato  dalle  tempeste  giunse  nel  Mo- 
nastero il  giorno  di  Pasqua  ^. 


'  Et  pour  ceste  trésor  vouloit  scomovére  son  frére  qui  se  dammi 
Gotherico,  et  autre  grani  ìwme  à  destruire  li  IS'ormant.  Et  ceste  eho- 
ze  non  estoU  fait  par  consentement  de  li  frére  se  non  tant  eetUement 
que  lo  savoit  lo  prevost  et  lo  déen.  Amato  /// ,  47.  £  noto  come  i 
frati  propagassero  una  visione ,  narrando  che  S.  Scolastica  »  piangendo 
del  tesoro  rapito ,  venne  consolata  da  S.  Benedetto  con  )a  promessa 
che  presto  tornerebbero  le  ricchezze,  ivi.  Leo  Ost.  71,  97. 

*  L'  Anmal.  Rom.  ap.  Pertz  V ,  fa  morirlo  avvelenato ,  ma  confonde 
stranamente  gli  avvenimenti. 

^  Amato  UI  ,  59.  Invece  Leo  Ost.  IIL  9.  Voeperuntque  pariier  eum 
Argiro  satqgere,  qualiter  ante  quam  mors  Fapae  divulgaretur ,  rever- 
ti  valerent.  Non  enim  dubitabant ,  se  cognito  eius  óbitu  a  JSonnm' 
nis  vel  capiendos  j  vel  disturhandos...  vcmrunt  ad,  Itobeitum    Yiscar' 


~3S- 

Crebbero  allora  le  miserie  degli  indìgeni  ;  le  rapine 
e  Taspreeza  del  verno  avevano  generata  una  terribile 
carestia  che  più  infierì  in  Taranto  ed  in  Calabria.  Co- 
minciò nel  marzo  «  grandissima  strage  d' uomini  e  d' a- 
nimali  fece  nel  maggio  ^  Per  vii  prezzo*  vendevano  i  pa-» 
dri  i  proprii  figliuoli,  ne  v'era  chi  li  volesse  schiavi; 
i  cibi  più  schifi  mancavano ,  e  con  grave  scandalo  dei 
Cronisti,  benché  fosse  Quaresima,  di  sola  carne  satolla- 
vansi.  Seguirono  pestilenti  morbi ,  ed  in  un  tempo  non 
poteva  dirsi  quale  fosse  più  grave  dei  tre  flagelli ,  la 
fame,  la  moria,  o  la  spada  dei  Normanni  ^.  Le  stesse 
discordie  nate  tra  gli  invasori  tornarono  inutili  agli  op- 
pressi. Gli  acquisti  di  Ruggiero ,  il  favore  che  trovava 
presso  i  seguaci ,  avevano  ingelosito  Roberto,  e  volendo 
abbassarlo,  ruppero  in  aperta  nimistà^.  Ruggiero  rico- 
verò presso  V  altro  fratello  Guglielmo ,  il  quale  signo- 
reggiando alcune  terre  del  Principato  Salernitano ,  non 
aveva  riconosciuta  l'autorità  del  Conte  di  Puglia,  ed  ot- 
tenutone il  castello  di  Scalea ,  corse  derubando  sui  pos- 
sessi del  Guiscardo.  Questi  devastò  a  vendetta  i  din- 
torni di  Scalea,  finché  ricacciato  da  Guglielmo,  dopo 
breve  tregua  crebbero  le  rappresaglie.  L'irrequieto  Rug- 
giero chiese  ed  ebbe  pace  da  Roberto  ;  ma  o  ridestan- 
dosi i  primi  sospetti,  o  per  intolleranza  d'ogni  soggezio- 

dmm^  tune  quidem  partu  Àpuliae  eomitem.,.  et  teemiiaiem  eis  con- 
eeitit  et  tres  Detiderio  equos,  ec. 

'  Cim.  Brev.  Nobm.  ad  an. 

•  Sic  trino  flagello  usque  ad  novas  fruges  attriti  sunt.  Malat,  I.  27. 

»  Se  invicem  aeriter  inquietando  famae  penitus  et  dignilatis  sxiae 
obliti  caepta  mie  aequisitionis  posponerunt.  Akon.  Sic.  755,  Malat.  1. 23, 


—  36  — 

ne,  surte  altre  brighe  nuovamente  si  pai^l  da  fui;  e 
scelti  alcuni  fra  i  più  audaci  armigeri  suoi  ^  vagò  pre- 
dando nei  confini  di  Puglia.  Sin  presso  Melfi  ,  estimata 
sede  della  Contea  /trascorse,  e  guidato  da  «in  servo» 
nome  Blettiva,  adoperando  l' inganno  e  la  forza  derubava 
i  cittadini.  Poi  nascoste  le  prede  nel  castèllo  di  Scalea, 
e  maggior  numero  di  armati  raccolti  /invase  le  terre  di 
Roberto ,  con  improvvisi  assalti  molestando  i  Pugliesi  e 
gli  stessi  Normanni.  Così  rinnovate  le  perturbazioni , 
temendo  che  non  fossero  principio  di  più  vasto  incendio, 
Roberto  lasciata  la  Calabria,  ove  era  a  combattere  i  Gre- 
ci ,  rivolse  tutte  le  forze  ad  infrenare  quei  motr^. 

Questi  perigliosi  dissidi!,  e  la  speranza  che  le  destate 
gelosie  s' allargassero  in  maggiori  eoitnmozioni ,  indus- 
sero Argiro  a  recarsi  in  Costantinopoli ,  per  incitare  il 
Commeno  a  tentare  un  poderoso  sforzo  contro  gli  stra- 
nieri; ed  affidato  il  governo  di  Bari  a  Scinuro,  partì  sul 
finire  di  giugno  ^.  Anche  in  Calabria  i  presidii  Bizan- 
tini riprendevano  T offensiva;  sorpresa  di  notte  Nica- 
stro ,  v'  uccidevano  sessanta  Normanni  e  altre  terre  ri- 
bellavano ^. 

Mentre  i  figliuoli  d'Altavilla  contendevano  in  intesti- 
na guerra,  il  Conte  d*  Aversa,  che  intorno  a  sé  né  emuli, 
né  forti  nemici  aveva,  estendeva  il  suo  dominio  nella 

'  Malat.  I.  24.  25.  26. 

»  Argiro  in  vigilia  5.  Petri  perrexit  Costantinopoli  et  dimisU  in 
Bari  Scinuro.  Ign.  ad  an.  W58. 

^  Intentpestate  noctis  sUentio  Neocastrum  coeperunt  interfectU  LX 
Normannis ,  ibidem  ad  civitatem  servandam  ccmstitutis.  A>«on.  Sic. 
p.  7154.  Ceperunt  jugum  Normannorum  a  se  excutere  ,  et  sertithm 
quod  juravernnt  vcl  tHbutim  minime  peisohere.  xMalat,  I.  28. 


—  37  — 

Campania^  Nel  t  giugno  del  1058  morto  Pandolfo  V  di 
Gupua  l^  e  rimasto  «oio  nel  governo  Landolfo  V,  Rie- 
oacdaifyppe  la  tregua  innanzi  iatabìlìia,^  e  rifatte  le  ca- 
stelJ^  presuola  città  vi  pose  1' assedio.  Ai  cittadini  fii 
vieUtQ  di  mietere  e  di  yendemmiare,' non  ostante  gli 
ofimsero.mollo  danaro;  né  meglio  valsero  le  armi,  per- 
chè trascorsir  alcuni  mesi ,  difendendosi  i  Capuani  con 
griande  veliere  tcostretli  dalla  fame  patteggiarono  in  ul-* 
timo  la.  re^a^.  Landolfo  uscì  dalla  città  ed  alcune  ter- 
re r^tentìc  ed  il  nome  di  Principe ,  che  si  trova  nei  di- 
plomi posteriori  '  ;  tributarii  più  che  soggetti  rimasero 
i  cittadini,  poiché  a  guarentigia  fu  lasciata  in  loro  balìa 
la  guardia  delle  porte  e  delle  mura*  Solamente,  sembra, 
venissero  obbligati  ad  accogliere  un  presidio,  ed  a  pre- 
star giuramento  a  Riccardo,  il  quale  insieme  al  figliuolo 
Giordano  assunse  il  titolo  di  Principe  Capuano  *. 

'De  Meo.  Ma  un  diploma  di  Aienolfo  d'Aquino,  segnato:  Undeeimo 
anno  Principatus  Domini  Landdfi  gloriosi  principis  meme  deember^ 
undecima  inditùme  (1057).  Federici  Cons,  ed  Ipat,  di  Gaeta,  p.  378, 
farebbe  supporre  che  prima  di  quel  tempo  Landolfo  restasse  solo. 

*  Richart  fi$t  Mgue  avee  cestui  Landulfe,,,  et  moult  de  cmfeàui' 
fi$t  tur  Capue ,  dont  ed  de  Capua  non  pósent  mètre  ne  tendegier,,.' 
il  offrirent  moult  argent,,,  et  eontresterent  eU  de  la  cUé  pournon  estre 
subjugat.  Li  Normant  eombattoient ,  et  bien  se  defendoient  di  de  Ca* 
pke  amtre  li  Normant  se  les  chozes  de  vivre  ne  lor  faìlissent.  Amato 
m.  11. 

^  Pandulfe  (Landulfe)  rendi  Capue  per  convenance,,.  H  til  de 
Capue  gardoient  la  porte  dont   toute  la  forteresee  de  Capue ,  et  la 
prince  coment  sage  lor  sosteni  un  temps.  ivi.  L'anno  deUa  resa  parve, 
incerto  al  De  Meo  che  suppose  esser  rimasto  Landolfo  insitio  al  106^  ; 
ma  i*gli  confuse  quest'assedio  con  quello  posteriore. 

h  Sì  deduce  dal  diploma  riferito  nella  nota  seguente. 


-38  - 

Poco  innanzi  il  Conte  d'Avcrsa  aveva  {pretesa  :anche 
la  signoria  di  Gaeta,  forse  come  crede  del  primo  Rai* 
nuifo  che  n'era  stato  Duca  ^  ma  i  pochi  documenti  ohe 
avanzano  della  storia  di  quella  città  non  spargono  aku- 
na  luce  sulle  sue  vicende  ^.  Heggevala  allora  Atenòlfo 
d'Aquino,  ed  al  figliuolo,  prima  dell'assedio  di  Gapua, 
Riccardo  aveva  promesso  una  sua  figlia.  Morto  però  lo 
sposo  e  mancate  le  nozze,  reclamò  secondo  la  legge  lon- 
gobarda come  fìtorgengap  ,  o  dono  nuziale  ,  ia  quarta 
parte  dei  beni  del  marito  ^,  e  rifiutandola  il  Duca ,  Ric- 

■  TJa  diploma  di  qiiesfanno  1058  porge  indizio  se  non  del  possesso 
di  Gaeta  delle  pretensioni  almeno  di  Riccardo ,  perchè  .porta  le  aeguea* 
ti  note  :  Primo  etenim  armo  gratta  Dei  auxUiarUe  Qaieta  CivUaU 
regentUms  domno  Jordane  glorioso  princeps  civitatis  Capue  et  pm 
Gajetae  praefatae ,  mense  Januario  indictione  undecima,  Federici  p. 
587.  Proverebbe  anche  che  il  titolo  di  Principe  di  Capua  fu  preso  in- 
nanzi clic  la  città  s' arrendesse. 

*  La  successione  dei  Duchi  di  Gaeta  è  oltremodo  confusa  in  queslo 
tempo.  Un  Atenoifo  della  stirpe  dei  Conti  d' Aquino  apparisco  Duca  dai 
diplomi  sino  al  marzo  1055.  Federici  p.  559.  E  lo  stesso  si  trova  in 
Aquino  nel  decembre  1057 ,  ivi  578  ;  sia  che  n'  avesse  ripreso  il  do- 
minio per  la  morte  del  fratello  Landone  ;  sia  che  lo  ritenesse  in  co- 
mune con  questo ,  dopo  essere  stato  scacciato  da  Gaeta.  Poiché  il  titolo 
elle  nel  gennaio  i058  prende  Giordano ,  la  mancanza  dei  diplomi  d' À- 
tcnolfo  dal  1055 ,  e  la  sua  dimora  in  Aquino  ,  fanno  sospettare  die 
per  una  ignota  rivoluzione  diversi  pretendenti  si  disputassero  il  Ducalo 
di  Gaeta. 

^  Amato  narrato  V  assedio  di  Capua  fatto  da  Riccardo ,  aggiunge  :  Et 
petit  de  temps  avant  avoit  donnée  sa  fUle  pour  moillier  à  lo  fiU  de 
lo  Due  Valetane ,  IV ,  12,  Ma  nel  testo  era  Due  Gaetane  o  Gageta- 
no  ^  come  spesso  scrive  Piet.  Duo.  Chr,  L.  IV,  42.  Més  avant  que 
se  complisse  lo  mariage  morut  lo  fillz  del  Due,  Et  secont  la  loi  de  li 
Longobart  quant  il  vienent  à  mariage  la  fame  demande  la  quart  pati 


cardo  ^assediò  Aq4iin0v  Mentre  era  in  (fuei  dintorni^  da* 
lita  JD  Mootecdflinov  vi  fuTÌeevuto  con  grandi  dimostra- 
zioni d!!9a<)rQv  TAbate  Desiderio ^U  lavò  i  piedi ,  e  pose 
il  Mofia&teco  sotto  la  .sua. protezione  K  Poscia  a  preghie*' 
radei  monaci,  offrì  ad  Atenolfb  rilasciare  una  parte  dei 
debiio;t»wia  rifiutato  l'accordo  continuarono  le  molestie 
e  le  depredazii^ni,!  finché  pagali  quattromila  soldi  si  pa*» 
cificaroBto*.t        .  .  •)  ^ 

j  Fr^ttaato ,  anche  Roberto  e  Ruggiero  dopo  1- eccidio 
di  jN^Qcastro,  deposte  le  vicendevoli  ire,  si  èrano  te- 
cordati,  dividendosi  la  Calabria  dai  monti  Incifoli  e  di 
Squillace  già  acquietati ,  sino  a  Reggio  che  intendevano 
assalire»  Ruggiero  restituì  a  Guglielmo  il  castellò  di  Sca- 
lea, ed  a  Roberto  la  ciltà  di  Scilla,  e  n'ebbe  il  possesso 
di  Mileto,  una  dell^  terre  più  forti  di  quella  regiope  , 
che  divenne  la  sede  della  sua:  Contea  •^.  Né  questo  solo 
eifetto  derivò  dalla  pace.  Nelle  contese  che  erano  state 

de  li  hiéi  dd  fMuit ,  dcnt  Rkhart  detnatida  à  lo  due' pére  del  marit  ^ 
la  quaiie  parie  paur  sa  fitte,  ivi. 

'  Et  fu  Tàené  m  capUule...  lui  furent  laves  lei  pie%  par  la  mo^ 
de  lo  Mìe  /  et  li  fu  commise  la  cure  de  lo  monastier  et  de  la  defen-^ 
skm.  iviy  4Z. 

«^  Itji  15,  U.  Leo  Ost.  IfJ,  49.  MaìamCTite  fti  credalo  che  qùestó 
pace  avvenisse  dopo  il  1063.  Federici',  395,  ecc; 

*  Qua  res  (la  perdila  di  Néocastro)  moicime  ambos  fra^rer.w'aJd 
eoncordiam  provoeavU.  Concordati  igitur  et  diviso  inter  se  AchefoHó 
usg^ue  ad  Regium  Calàbriam,  et  eoneesso  Rogerio  ut  dàsttum  in  mm* 
tr  MdUi  firmaret,  et  reddita  SeiUa  eivitaté  Roberta  Guiscardo,  ^m 
Rogeriui  diu  invito  tenuerat  ee.  Anon.  Sic.  p.  754.'  La  divisboe  é  più 
chiàramenle  espressa  da  MaIatkrra  I,  28,  ^,55:  A  jugo  montis 
Iniefoli  (td.  Ineefoli)  Montis  SeylkaH  quoé  acgutdiunn  erat,  ^l  us^ 
que  Reggium  essen^  aequisituri. 


tra  Guglielmo  e  Roberto,  Gisolfo  Ffineipe  drSatoPDO.t 
che  del  primo  perle  vicinità  dei  posseesi  pia  temevn , 
si  era  moistrato  propenso  al  Conte  dì  PugUav  e  cooceden^ 
dogli  gli  stipendii  medesimi  cheGuaimaro  soleva  pagare, 
in  pegno  di  sua  fede  aveva- dati  in  Ostaggio  il  fìratello  ed 
il  nipote  '.Quest'alleanza  si  fece  più  intima  allora strin^ 
gendola  con  vincoli  maggiori»  Colto  il  i)reteèta  di  U4ia 
consanguineità  innanzi  ignorata,  Roberto  repudiò  la  pri- 
ma moglie  già  madre  di  Boamondo  ^  per  disporrsi  a  Si<- 
ghetgaita  sorella  di  Gisolfo.  Prometteva  il  Principe  oltre 
la  dote,  e  l'annuale  sussidio,  di  non  entrare  in  nego- 
ziati con  Guglielmo  senza  consentimento  di  Roberto  , 
che  dalla  sua  parte  s' impegnava  a  difenderlo  dai  nemi- 
ci ^.  Entrato  perciò  nel  Principato  alcune  terre  riprese 

*  Amato  narrata  V  elezione  dì  ttoberto  a  Conte  di  Puglia  dice  :  A  fo 
qud  vini  maintenant  Gisolfe  prince  de  Solerne ,  et  lui  donna  ostage 
8on  frère  charmi  et  lo  neveu ,  ce  est  lo  flls  de  Guide.,..  CeUui  Vfml- 
loit  pater  lo  tribut  chascun  an  comme  avoit  fait  lo  pére.  IV ,  2. 

•  Si  adoni  Robert  penrnnt  à  ceste  chose,  quar  trova  que  Alf)erada 
la  quelle  tenoit  pour  moillier  non  lui  poiit  estre  moUlier  pour  ce  qne 
cstoient  parent ,  il  laissa  et  demanda  a  Gisolfe  prince  de  Saleme  sa 
soror.  ivi ,  18.  Erra  Sozom.  Pistorien.  dicendo  generalo ,  secunda  vero 
uxme  quartum  filium  nomine  Boamundum.  Questi  nacque  da  Alvora- 
da  zia  di  Gerardo  di  Buonalbergo.  Dopo  il  suo  ripudio  la  sola  memoria 
che  ne  rimane  è  riscrizione  che  vuoisi  posla  sul  sepolcro  nella  TriniU 
di  Venosa  : 

Gniscardi  conjux  Alberada  hoc  conditur  arca. 
Si  genitum  quaeris ,  hnnc  Canusinus  habes. 
3  Et  jura  le  due  Robert  li  rayson  de  Gisolfe  prince  de  Solerne  de 
lo  haucicr  et  metre  en  seignmie.  Et  jura  Gisolfe  de  avair  ami- 
stie  avec  lui ,  et  sans  lui  non  faire  concorde  avec  GuHlerme ,  et 
chascun  an  lui  promeloit  de  paier  una  quantitè  de  momde.  Ajia« 
To  IV ,  i9. 


-41- 

ai  ribelli  ' ,  e  8e£!:uilo  da  numeroso  e  splendido  corteo  e 
ddi  Conli  tutti,  fuorché  solamente  Riccardo  d' Aversa, 
verine  in  Salerno  *.  Ejì:uali  virtù,  dicono  i  Cronisti,  esal- 
tavano* gli  sposi ,  che  dove  Tuno  era  ricco ,  umile  e  for- 
te ,i' altra  appariva  rtobile  ,  bella  ,  e  savia;  ma  ritardan- 
dosi le  nozze  a  preghiera  di  Gisolfo,  mancò  poco  non  fal- 
lissero ^.  Nella  corte  di  Salerno  non  tutti  erano  propensi 
a  quel  parentado.  Guido  zio  di  Gisolfo,  che  la  sorella 
aveva  data  in  moglie  ad  Umfredo,  sosteneva  i  diritti 
ereditarii  di  Abagelardo  suo  nipote  sulla  Contea  di  Pur 
glia,  contro  Roberto.  E  sdegnato  delT alleanza  contratta 

*  Vint  0  festinace  par  la  forteresce  de  la  quelle  foyoieiU  tuU  li  ane* 
mis  de  lo  princes  de  Saleme,  Amato  IV,  20.  Malaterra  scrive:  An- 

^iequam  convenirent ,  Rogerio  fratri  procurandum  committcns  ut  Gù 
mdfum  fratrem  mum  Cornile  principalus  in  ìioereditate  iHius  firìua- 
ìmrat.  Meglio  però  legge  in  altro  Cod.  il  Db  Meo  :  antequam  convcm- 
reni  Rogerio  fralri  suo  commUtens ,  et  ipse  vi  Gisolfo  fratri  suo  pudlae 
ad  voium  ageret ,  duo  castra ,  guae  GuUlelmus  Comes  Principalus  in 
hmtredUate  Ulius  firmaverat ,  quibus  ipsi  tamen  plurimum  infestus 
era/,  dtnUum  vadU, 

*  Quar  la  caritative  concorde  entre  Robert  et  Richart  estoil  un  poi 
efknngie.  Amato  /.  e. 

^Etcar  estoU  Robert  entre  le  riche  plus  ricke ,  et  entre  li  humile  plus 
kumUe ,  et  entre  H  chevalier  plus  fort.  Et  la  dame  sa  moUlier  estoit 
«oftfe  de  parent ,  belle  de  eors,  et  sage  de  teste.  Amato  IV,  18.  Et  Gisolfe 
pria  lo  due  Robert  que  ceste  noces  se  prolmigasset  quar  non  avoU  encor 
apreste  ce  qui  estoit  necessaires.  Et  lo  due  fist  ce  qui  li  prime  lai 
priait ,  et  va  s'en  gloriouz ,  et  liprince  remeis  confus.  ivi ,  21.  Quiv 
me  ultiine  parole  fanno  sospettare  che  Gisolfo  volesse  ritardare  lc<  uoss- 
ze  coti  iin  pretesto.  Goill.  App.  Il ,  crede  esitasse  : 
....  Quia  Gaili 

Esse  videbaolur  gens  eflera  barbara  dira 

Mentis  inhuniana. 


—  4i  — 

da  Gisolfo,  fece  amistà  con  Guglielmo  d'ÀUavilla,e 
gli  sposò  una  sua  figliuola  ^  Combattuto'  da  diversi 
pensieri  il  Principe  Salernilano,  ora  all'una  parte  ora 
all'altra  aceostavasi,  e  fra  queste  esitazioni  richiamato 
Roberto,  cercò  dare  effetto  alle  nozze  e  pacificarsi  con 
Guglielmo.  Ma  questi  gli  rimase  nemico  ,  e  l'altro  cruc- 
ciato, perchè  i  patti  stabiliti  non  gli  attenne,  tolse  la 
donna  e  menatala  a  Melfi  con  grandissime  dimostrazioni 
d'onore,  la  dotò  di  terre  e  di  castella,  e  s^po.poi  )a 
condusse  in  Calabria  ^. 


»  Et  pour  ce  que  Gisolfe  avoit  fati  cest  manage  sans  lo  coìiseUde 
Guide  san  onde,  pensa  Guide  de  renare  V enchange.  Et  donna  Guìdt 
la  sa  fille  a  Guillerme  frère  de  lo  due  Robert  li  quel  estoit  contrairt 
de  Gisolfe,  Et  fisi  liga  et  amistié  avec  Ita,  Amato  ivi ,  22, 

*  Et  fu  dame  lo  due  qu'  U  venist  o  petit  de  gent ,  quar  dient  qui 
il  vouloit  faire  paiz  avec  Guillertne.  Et  il  vint  come  Itii  fu  dit ,  mès 
non  trova  ce  pourquoi  venoit ,  doìU  li  due  Robert  s*  en  parti  corrode 
et  mena  avec  soi  en  Calabre  la  moiUier ,  laquelle  dota  grandement  de 
chasteh  et  de  mmtlt  des  terre s.  ivi ,  25,  Inde  Melphiam  regressus  so- 
lemnes  nuptias  edebravìt,  Malat.  I.  31.  L'  epoca  de\\e  aozze  sembra  (io« 
versi  porre  nella  prima  metà  deir  anno  1051). 


»     )•'.',     >,, 


CAPITOLO  11. 


L^ acquisto  di  Càpua  e  la  crescente  grandezza  di  Ric- 
cardo non  avevano  trovata  alcuna  opposizione  hcITà  còi*- 
te  Papale,  agitata  in  quel  tempo  da  perturbazioni  mag- 
giori. Stefano  IX  innanzi  di  morire ,  prevedendo  che  la 
elezione  dèi  successore  ridesterebbe  le  antiche  contese, 
aveva  fatto  giurarsi  dai  Cardinali  e  dai  Vescovi,  non  pro- 
èederebbero  alla  scelta  del  Papa  prima  che  Ildebrando 
tornasse  di  Germania,  dove  da  Milano  s'era  recato  *.  Ma 
i  più  potenti  fra  i  nobili  Romani  e  del  contado,  usati  a 
disputarsi  la  tiara,  ed  a  farne  retaggio  di  loro  stirpe  , 
insofferenti  dei  dritti  che  l'Imperio  s'arrogava,  e  del 
governo  dei  Pontefici  stranieri;  trovandosi  lontana  la 
Curia,  e  debole  la  fazione  Tedesca  per  la  minorità  d'Arri- 
go IV,  prevennero  la  elezione.  Gregorio  di  Tuscolo  usur- 
pò r ufficio  di  Romano  Patrizio,  e  d'accordo  a  Gerar- 
do di  Galera,  ed  ai  figliuoli  di  CresGen;i5Ìo  Monticelli  *, 
usando  la  forza  è  l'oro^  acclamarono  Giovanni  Vasco- 


>:  S*  Pbtr.  IUm.  ad  Aep.  Rav.  L.  IH,  ep.  4. 

*  Rmnamrum  C^LpfUanei ,  et  maxime  GregoriuB  de  TuseiAano  qui 
patfUéaiMi  dignikUe  ahutebatur,  Vit.  Nio.  II.  Coi,  Arch,  V4it.  of^ 
Wattpwch.  T.  I.  Ann.  Rom.  ap*  Pertz.  V;  Script    ' 


vo  di  Volletri  figlio  di  Guido  ^  ;  il  quale  presa  il  nome 
di  Benedetto  X,  ed  ebbe  dai  nemici,  a'eausa  della  sua 
semplicità,  T altro  meno  onesto  di  Mincio.  I  promotori 
della  riforma  furono  allora  i^i  grande  ansietà;  Ildebran- 
do concordatosi  con  V  Imperatrice  Agnese  s'  affrettò  a 
tornare  in  Italia,  e  sostenuto  dal  Marchese  di  Toscana, 
riunì  un  Concilio  a  Siena,  nel  quale  annullata  come 
simoniaca  la  elezione  di  Benedetto,  Tedeschi  ed  Italiani 
gli  sostituirono  Gherardo  Vescovo  Fiorentino,  di  patria 
Borgognone ,  che  fu  Niccolò  II  ^.  Questo  principio  ebbe 
lo  scisma.  11  nuovo  Papa  condotto  in  Roma  dalle  mili- 
zie di  Gotofredo,  vi  trovò  in  armi  i  nobili,  e  furono 
zuffe  e  morti  da  ambo  le  parti;  ma  col  favore  dei  Tra- 
steverini, fuggito  Temulo,  riuscì  infine  Niccolò  a  farsi 
consacrare  nel  gennaio  del  1059  ^.  La  guerra  non  ven- 
ne meno  perciò  ;  Benedetto  ricoverato  nel  castello  di 
Passarano,  e  poi  in  quello  di  Galera,  sostenevasi  con 
Taiuto  dei  cout^iunLi  e  d(M  fautori  suoi,  in  Roma  e  nel 
contado  |)oteiitissimi  ^.  Il  Pontefice,  quando  Gotofredo 

'  Cum  ai^ìaUmim  turba  undiqtte  tumultuantibus  et  furerUibus  w- 
thronizzatus  est.  J)ehinc  ad  marsupiorum  patrodnia  funesta  «mcur- 
rit ,  jHicunia  per  regiones.  S.  Petr.  Dam.  L  c.  Leo  Ost.  H,  99. 

*  In  quem  et  Romanorum  et  Teutonicorum  studia  consenserat,  Lamb. 
ScANF.  ad  an.  Wo9. 

^  A  Gotofiido  duce  expellitur-  Hertholdus  Chr,  Pertz  F,  Scrip,  Leo. 
()ST.  Il ,  99.  Tane  Transtibeiini  miserunt  legati  dicto  Ildebrando  or- 
chidiacono,  ut  cum  festinatione  cum  suo  electo  Transtiberim  pergereni, 
quud  et  factum  est...  Ita  divisus  est  Romanus  orbis ,  ut  colidie  pU' 
gnae  et  homicidia  essent  in  dvitate.  Tane  demum  comites  diviserunt 
se ,  alteri  ex  una  parte  alteri  vcio  ex  alia.  Ann.  Rom.  1.  e. 

^  A>N.  HoM.  il  quale  narra  che:  ipse  pontifex  Nicolaus  per  se  M 
per  urhcm  ,  fackhat  se  invUis  fideles  pontifici  Bcncdicti ,  fidclUaiew 


—  As- 
si ritirò,  sarre tto  dalle  sole  suo  forze,  non  rimase  lun-? 
gamente  nella  città  piena  di  lumuili  e  sollevazioni,  e  si 
ritrasse  nella  Marca  di  Spoleli  e  Camerino  ^  Per  via  U> 
raggiunse  Desiderio  Abate  di  Monleoasino,  eletto  Car- 
dinale*,.ed  i  consigli  suoi  e  le  presenti  necessità  vin- 
ceado  i  sospetti  che  is|)iravano  i  Normanni^  fu  risoluta 
contrapporli  agli  invasori  della  Sede  Romana  e  del  pa- 
trimonio della  Chiesa. 

Riccardo  ottenuta  Capua  primeggiava  nella  Campa- 
nia;* ai  Conti  d*  Aquino  aveva  tolto  Pontecorvo  ^,  e 
lo  stesso  Gisolfo,  stretto  dalle  molestie  di  Guglielmo 
d'Altavilla,  col  quale  le  nimistà  perduravano,  aveva 
dovuto  comprarne  1! alleanza*.  Ma  volubile  com'era  il 

faeere  ;  unde  plure$  ex  illis  juraverunt  cum  HnUtra  nianu  «  ita  di- 
centes  :  Quia  manu  dextra  fidelitatem  fecimus  domino  nostro  papa 
Benedicto;  titn  vero  synistram  damus» 

•  (In  dipi,  del  2  marzo  i059  mosira  che  trovavasi  a  Spoleto.   CfiR. 
VoLtuR.  —  e  nel  24  febr.  era  stalo  in  Farfa  e  poi  in  Jesi.  I^eo  Ost.  IH.  |2. 

•  M. 

^  Federici,  p.  40i  lo  desume  dai  diplomi. 

4  Mknwndoient  pais  et  prmnetoieni  moult  argent Li  prince  Ri^ 

chart  dona  una  partie  d&  $e$  chevaliers ,  o  li  quel  atomia  tout  lo  ■ 
principiti  ^  et  M  lo  recovra  o  tout  ces  chevaliers ,  vUles  et  ehaiteaux 
.^...  Sfilar  GuiUerme  wm  estoU  appareiUe  de  aler  cùntre  lo  prince  de 
Vapue.  Amato  IV,  i5.  Di  queste  guerre  tra  Gisolfo  ed  ì  Normanni  non 
abbiamo  altro  narratore  se  non  Amato,  il  quale  nemico  di  GisoUb  esalfa 
semfpre  i  "iooi  nemici.  Ma  che  non  sempre  qoesti  fossero  vittoriosi,  n*è 
indizio  un  elogio  di  Gisolfo  scritto  da  Alfano  Arcivescovo  di  Salerno 
nel  quale  ira  le  alti^  lodi  ò  detto  : 

Gallos  -namque  D^os,  colla  ligaios 

Antiquo  gravibus  more  ■  catenis , 

Nec  vidisse  jnvat ,  ni  videant  nune   . 

llos  a  te  reprimi  Marte  recenti.  De  Meo  ad  an:  iOlti, 


—  46  — 

Principe  di  Salerai)  »  recuperate  alotuie:  terne  jinancò  ai 
patti  I9  ed  iaterponendosi  Roberto,  sirpftciBeò  oon  6ur 
g^liehno  e  lo  fece  suo  eavaliere  conoendo^  molte. ca- 
rtella nel  Prineipato  ^.  Così  tra  i  Normainni  (FATarsa, 
e  quelli  di  Pug;lia ,  non  più  supremo  signora, , .  Gisolfo 
sforzavasi  a  tutelare  i  suoi  3tati,  opponendo  le  ooatra- 
rie  ambizioni  dei  suoi  vicini,  quando  ad  acorescerie  la 
potenza  dei  Normanni  ,  s'aggiunse  T amistà  del  Pon- 
tefice. ^     ,_        :    '      .!    ;      i  r. 

Probabilmente  nel  marzo  di  queir  anno  ^.  cominciaro- 
no le  pratiche  del  Papa  presso  Riccardo.  L' Abate,  fìesi* 
rio ,  che  forse  primo  mediatore  era  stato  degli  accordi , 
fu  dichiarato  Vicario  della  Romana  Chiesa  per  tutto  il 
mezzodì  ^,  e  gli  si  uni  negoziatore  il  Cardinale  Ildebran- 
do. Promise  Riccardo  fedeltà  ed  aiuti  a  Niccolò  II,  in 
nome  del  quale  gli  fu  riconosciuto  il  titolo  di  Principe 
Capuano ,  e  come  tale  fu  sacrato  *. 

'  Més  l' amUtié  de  Gisolfe  maiz  non  durait,,.,  quant  li  prince  dt 
Capue  cercha  la  promission  de  f  argent  qu*  il  avoit  fait  par  sacrt' 
ment ,  di  prince  de  Saleine  lo  mia  parfaitement.  D01U  cùmanda  1K- 
chart  a  sei  chevaliers  qu  il  s*  en  tomassen  arrere.  Amato  ,  ivi. 

*  Et  puii  par  la  vdonté  del  due  Robert  cestui  Gisolfe  ot  V  amuiH 
de  Guillerme.,,.  et  fu  fait  clievalier  de  Gisolfe..,.  et  tuit  li  chastei 
de  lo  prince  se  partirent  ensemble  ^  fors  solement  Solerne  remeinst  in- 
tiere à  l' onor  de  lo  prince.  ivi  25.  Ma  una  sì  larga  concessioae  mi 
sembra  esagerala ,  ed  il  cronisia  narra  questi  avveuimeiilt  con  ordioe 
00^  confuso  che  riesce  impossibile  cercarne  la  cronologia. 

^  Per  totam  Campaniam  et  principatum ,  Apuliam  quoque  at^ 
Calabriam ,  ab  ipso  fluvio  Piscaria ,  sicut  infiuit  in  mare  ^  vieem  suan 
idem  Apostolicus  UH  concessit,  Leo  Ost.  JIL  12. 

H  Tunc  lldebrandus  archidiacoìius  per  jussionem  Nykolay  pontifici 
perì  exit  in  Apulea  ^  ad  Ricsardum  Agarenorum  comitem  et  ardinavit 


—  47  — 

'■  Tre  €onti  e^tPeeento  tìiilHì  Normatìfti,  concessi  pef 
aiiito  ad  iMebrando ,  ifisieme  ai  fartitori  di  Niccolò  as-- 
sedi^fono  te  castella  dei  congiunti  e  degli  aniioi  del-* 
l'Aniif^afa,  ed  alcune  caddero,  altre  vennero  devastate 
fféi  dintorni  j  eon  vicendevole^ «strage  degli  assaliti  e  de- 
gli aisjsfaìi  tori;  ma  Galera  per  la  fortezza  del  sito  si  so- 
stenne e  fu  lasciata  *. 

11  Papa  rientrato  allora  in  Roma,  neir  aprile  vi  riu* 
ni  un  Concilio  e  decretando  le  norme  da  tenere  nel- 
la elezióne  del  Pontefice,  la  restrinse  sempre  più  nei 
Cardinali  ^.  Quésti  successi  agevolavano  intanto  i  ne- 
gósiiati  con  Riccardo  e  con  Roberto,  la  virtù  e  la  poten- 
za dei  quali  *,  s' intravedeva  non  sarebbero  state  di 
tòédiocrd  utilità  nelle  tempestose  vicende  che  si  prepa- 
ravano alla  Romana  Chiesa.  Se  conviene  prestar  fede  al 

eum  prindpem ,  et  pepegit  cum  eo  fedus  et  ille  fecU  fidelitatem  R(h 
mane  ecclesie  et  dkto  Nicola  pontifice,  Ann.  Rom.  I.  e. 

*  Tune  dictus  prìnceps  inisU  tres  comitos  suos  cum  nominato  At" 
(Mdiacono  Bomae  cum  trecentis  militibus  Agarenorum  in  auxUium 
Nyéolay  pontifici.  Tane  dictus  Nicolaus  cum  ipsis  et  eum  Ramano 
eicércttu  qui  ey  fidelitatem  fecerant  ^  perreocit  Gideriae  ad  obsiden- 
da  oc  estpugnandam  eam.  Ceperunt  expugnarè  castella  quae  in  cìT" 
cuitn  ejus  érant^  appreendere ,  depredare ,  et  incendere ,  uH  multis 
di  ^kJàggilttis  perierunt  eùn  utraque  'parte,  Galeria  vetio  quia  erat  for» 
tissima,  nU  ageré  potuerunt;  ad  ultimum  reversi  sunt  in  Apulea* 
Ann.  Roh.  /.  e. 

*  tk  primis  eardinales  diligentissima  simul  constderatione  tractan* 
tes ,  salvo  debito  honore  et  riverentia  dUectissimi  filii  nostri  Henriei  » 
^  In  praeàentiarum  rex  habetur  y  et  futurus  Imperator  Deo  conce» 
detUé  speratur.  ecc.  Nicolai  li  statutum  de  elect,  Pap,  ap.  Pertz. 
Monum.  11, 

*  X)uia  vero  pótentia  et  vires  ipsorum  tunc  temporis  in  orbe  Ro^^ 
ìmkm  magnatos  et  eeteros  superahat,  Vit.  Nic.  1*.  e. 


biograro  di  Niccolò,  in  mezzo  alle  violenti  contese  dello 
scisma,  erano  giunti  in  Roma  ambasciatori  dei  Norman- 
ni invitando  il  Papa  a  recarsi  in  Puglia ,  e  promettendo 
piena  satisfazione  delle  ingiurie  recate  alla  Sede  Apo- 
stolica ^  Ma  donde  che  venissero  le  prime  profferte ,  U 
comunanza  degli  interessi ,  e  le  concessioni  scambievoli 
resero  facile  V  accordo. 

Roberto  Guiscardo,  rimasto  in  quel  tempo  in  Cala- 
bria, dopo  che  ebbe  rioccupata*  Nicastro  *,  aveva  fatti 
rapidi  progressi  contro  i  Greci  ;  poiché  la  uccisione  di 
alcuni  fra  i  principali  cittadini  di  Gotrone,  ordinata  da 
Trymbo ,  che  v'  era  Imperiale  Patrizio  ,  mosse  gli  in- 
dìgeni a  ribellarsi  ed  a  favorire  V  estrema  ruina  del 
dominio  Bizantino  ^.  Le  oscure  fazioni  della  guerra  ac- 
cennano i  Cronisti  Normanni  come  una  successione 
non  interrotta  di  trionfi  ;  e  gli  siorici  Orientali ,  parziali 
anch'essi,  notando  solamente  le  crudeltà  dei  nemici , 
narrano  che  Roberto,  mutilando  i  prigioni,  e  venden- 

'  PonlificU  animum  vehementer  angebat ,  quod  Romanorum  Capi' 
tanei  sicut  praediximus  ecclesia  jura  et  Urbis  dominium  per  viden- 
tiam  occuparent  et  Ulicite  detinebant»  Rebus  itaque  ìioc  ìnodo  se  habeih 
tibus  ;  Normanni  ad  praesenliam  ejusdem  Praesulis  nuntias  trasm* 
serunt  rogantes ,  ut  in  Apuliam  descenderet ,  et  satisfatixme  suscepta 
eos  eeclesiae  Dei  reconciliare  patema  pittate  deberet,  ivi» 

*  Iterum  a  Nicastro  expulerunt,  Anon.  Sic.  p.  754. 

*  Tromby  patricius  fecit  occidere  Scribonem  in  civUate  Coirm. 
Lcpo  1088.  Cedit  igitur  Trymbus  Calaòriae  qui  illic  dux  eroi  exef 
citus ,  aperte  cantra  Scribonas  facinus  ausus ,  eum  enim  indigenis 
minime  piacere  cernerei  quod  factum  est ,  exul  ad  Imperatorem  prof- 
ciscitur....  Robertus  autem  cum  propter  Scribonarum  caedem  Calakos 
exasperatos  videret  hoc  quoque  de  causa  rebellio^nem  tneditatus  non  aw- 
plius  reversurus  egreditur.  Scylatzae  p.  722. 


—  49  — 

doli  sòhiavi,  col  terrore  sottomise  quella  provincia  *. 
Ma  altre  speciali  Hoikìie  si  cercano  iodarno,  Seaibrache 
it^'Ctriscàrdo ,  prima  anche  di  campiejune  la  .cofl^quista , 
ihtrtàsM  il  nome  fli  Conte  di  Puglìa-irtiquello  di  Duca, 
nel  iftbdo  stesso  ohe  Riccardo- aveva  usurpato  quello. di 
Prineipe  ìnnaÀzi  la  soltomissiooe  di  Capua  ^  ;  e  ehe  più 
tardi  il  titolo  novello,  rieonosciuto  dal  Papa,  fosse. ac- 
cettato da  tutti.  Questa  mutazione  non  avvenne  però  san* 
za  contrasto.  I  nomi  di  Principe  &  di  Duca  assunti  dai, 
diitf'Capi  deir aristocrazia  Normanna >  non  erano  presi  a 
vana  pompa.  Riccardo  si  sostituiva  agli  antichi  Principi 
Longobardi,  Roberto  aspirava  a  conseguire  la  Ducale 
autorità  che  i  Greci  ed  i  Pugliesi  avevano  tenuta.  Ed  il 
diritto  di  una  ereditaria  supremazia,  ed  il  dominio  su 

>  Con  grande  ìnesaUezza  narra  Scilatzae  questi  avvenimenli  :  Róbef' 
ius  fratris  fUius  Àrdoini,,,.  qtn  aperte  Romams  expelleré  meditabO' 
tur,  attamem  provinciam  aggredì  nutuebat,  diffejrebat,  se  ipsum  im- 
beciUem  cemens,..  cum  vero  uxw  illius  quam  a  Francia  duxerat , 
Gaita  nomine ,  fitta  principis  cui  iMud  mediocris  regio  suòiecta  erat 
»eeum  esset^  ad  eas  urbes  migravU  quae  uxori  suae  serviebant,  qua- 
rum  prima  et  maxima  Satemus  nfiminantur.  Illinc  igitur  vetuti  fur 
erumpem  loca  Romanarum  subiecta.  praedabatur ,  partim  Calabriam 
maneipant  ^  partim  Itatiam  redigens  in  servitutem,  Eorum  verum 
captivorum  quos  ceperat  aliis  fnanus  amputare ,  atiis  extremas  partes 
pedum  incidere  ^  aliis  utrasque ,  quosdam  etiam  ingenti  pecunia  ven- 
dere.  ce.  p.  720. 

.  *  Un  dipi,  di  Roberto ,  riferito  dal  Pomoori  JDiss.  dei  Vescovi  di 
A'orilò,  segna  queste  note:  Vatum  in  urbe  Tarenti  die  Vili  junii  an. 
D*  Inc.  MLX  Ducaius  autem  Aptdiae  IL  Mostrerebbe  che  il  titolo 
di  Duca  fu  preso  prima  del  Concìlio.  Anche  Amato  chiama  Duca  Rober- 
to al  tempo  delle  sue  nozze  con  Sighelgaita.  Ma  Guill.  App.  ,  il  Carb. 
d'Aragoxa^U  Cbr.  Brev.  Norm,  dicono  concesso  quel  nome  dal  Papa, 
ed  altri  vogliono  che  1*  assumesse  dopo  V  acquisto  di  Reggio. 
voL.  n.  4 


—  50  — 

tutte  le  terre  poste  nei  confini  di  quelle  precedenti  si- 
gnorie ,  trovando  ragione  nei  titoli  usurpati ,  alteravano 
la  volontaria  ed  indefinita  dipendenza  che  i  nìinori  Conti 
sino  a  quel  tempo  avevano  prestata.  Pietro  Conte  di  Tra- 
ni ,  emulo  sempre  della  famiglia  Altavilla ,  non  sofferse 
questa  nuova  sanzione  della  superiorità  di  Roberto ,  e 
secondato  dagli  indigeni  malcontenti ,  dercò  opporsi.  Ve- 
dendolo impegnato  a  guerreggiare  in  Calabria ,  indusse 
a  ribellarsi  ed  occupò  Melfi ,  sede  della  Contea  Puglie- 
se; ma  il  Duca  venne  a  porvi  l'assedio,  e  datò  il  guasto 
ai  campi,  i  cittadini  stessi  scacciarono  Pietro  ^.Continuò 
questi  a  resistere  in  Cisterna ,  e  poscia  in  Àndria  ;  fin- 
ché azzufi*atosi  in  sanguinosa  mischia,  fu  vinto  e  costret- 
to ad  accettare  i  patti  che  gli  furono  imposti.  Allora  in 
tutta  la  Puglia  i  Conti  prestarono  omaggio  al  Duca*,  e 

•  Pierre  fil  de  Ami  avoit  grani  envie  sur  lo  Dux  Robert ,  et  ehef' 
choit  de  offendre  lo  en  touz  les  lieuz  où  il  onque  pooit.  Amato  IV,  8. 
Narra  il  Cronisla  che  Pietro  occupò  Melfi. ,  e  vi  fu  assediato  ^  o  che  cU 
de  la  die  yrièreni  Pierre  qu*  il  deffende  lo  grain  qui  est  en  lo  camp 
loquel  est  après  de  mèire.  Sembra  quindi  clic  volontariamente  i  ciuadi- 
ni  lo  accogliessero  ,  e  che  V  assedio  fu  nelP  està.  Amato  però  raccon- 
tando senz'  ordine  alcuno  gli  avvenimenti  riferisce  questa  ribellione  dopo 
r  assedio  di  Reggio.  Ma  nel  luglio  1060  Koberto  trovavasi  al  -Concilio 
in  Melfi  e  neir  agosto  Reggio  fu  presa ,  dovrebbe  dunque ,  o  porsi  quel» 
la  contesa  nel  1059 ,  come  ò  fatto ,  o  posporla  al  1061  quando  il  Duca 
era  in  Sicilia.  I  particolari  dell' assedio  di  Melfi,  ed  una  disputa  intorno  la 
tregua  ,  definita  con  la  pruova  del  ferro  rovente ,  ò  creduto  tralascia- 
re perchè  il  testo  del  Cronista  ò  oscurissimo  e  presenta  una  evidente 
lacuna. 

*  Il  se  parli  de  la  die  qui  se  clamoii  Cysieme  ^  et  s^  en  ala  à  la 
e  ite  qui  se  clamoit  Antri.  Et  Robert  ala  après,  et  furent  à  la  bataH- 
le ,  ec.  ivi ,  6.  —  £^  puiz  Robert  va  cerchant  tuit  li  Normant  de  «i/or, 
et  nul  n*  en  laissa  qu'  il  non  meisi  en  sa  poesie,  ivi ,  7. 


—  si- 
lo domestiche  contenzioni  quetate,  con  vigoria  maggiore 
si  volsero  le  armi  contro  i  Greci. 

Roberto  trovavasi  ad  investire  Cariati  S  quando  a 
condurre  a  termine  i  negoziati  e  ad  accrescerne  V  im- 
portanza con  r autorità  propria,  il  Papa  si  recava  in 
Melfi  I  intimandovi  un  Concilio  ^.  Vi  convennei^o  nei 
primi  giorni  del  luglio  1059,  oltre  i  Prelati  ed  i  Ve- 
scovi, i  principali  Conti,  e  insieme  Riccardo  ed  il 
Guiscardo  ,  che  per  venirvi  lasciò  l' assedio.  Essendo 
periti  gli  atti  del  Sinodo  ,  non  è  possibile  conoscere 
l'ordine  e  la  qualità  delle  materie  che  vi  si  trattaro- 
no ;  ma  suppliscono  in  parte  le  memorie  dei  Croni- 
sti. Il  Pontefice ,  dicesi ,  incominciasse  dall'  assolvere 
i  Normanni  dalla  scomunica  ^,  la  quale  se  non  fu  l'an- 
tica ,  che  si  vuole  tolta  dallo  stesso  Leone  IX  ^ ,  rimane 
ignoto  quando  era  stata  fulminata.  Concesse  poi,  l'inve- 
stitura di  Puglia  e  Calabria ,  eccetto  Benevento,  e  quel- 
la eventuale  di  Sicilia  a  Roberto ,  con  titolo  di  Duca  ^; 

*  GuiLL.  Àn>.  11. 

*  Papa  ad  hoc  monasterìum  in  ipsa  beati  Jvhannis  nativitate  ad" 
veniieni  »  iodato  iibi  Denderio  in  Apuliam  descendit  :  ubi  cum  apud 
Melpkìam  coneUium  celebrasset,  ec.  Leo  Ost.  Ili,  13.  L'epoca  del 
concilio  ci  è  data  dal  giuramento  di  Roberto  fatto  nel  luglio  1059. 

2  Poniifex  Apuliam  tendens  Normannos  vinculo  excommunicationii 
abtoivit.  BoHizo ,  de  persec.  ecd,  L.  YL  Vit.  Nig.  ex  cod,  Arch.  Vat, 

ap*   WATTfiftlCH. 

4  Vedi  T.  I,p.  251. 

^  TradcMqw  eis  per  investituram  omnem  Apuliam  et  XJalabriam , 
e|  terras  beati  Petri  ab  eis  olim  invasai  eaccepto  Benevento.  Bonizo 
/,  e.  ViT.  Nic.  l  e. 

Galaber  concessus  et  Appulus  omnis 

Et  locus  et  latio  patriae  dominatìo  gentis.  Gcill.  App.  II. 


-.52- 

ri fermando  a  Riccardo  il  Principato^;  e  ricevendo  da 
entrambi  giuramento  dì  omaggio  e  fedeltà  >• 

Due  formolo  rimangono  del  giuramento  di  Roberto , 
in  tutto  dissimili ,  mostrandosi  cosi  che  furono  compi- 
late in  epoche  diverse.  Nella  prima  il  Duca  promette 
esser  fedele  alla  Chiesa  Romana  ed  al  Papa ,  dandogli 
sicurtà  che  non  avrebbe  partecipato ,  né  con  la  persona 
né  col  consiglio ,  ad  opera  che  tornasse  in  suo  danno. 
S'obbliga  a  non  disvelarne  i  segreti;  a  procurare  che  la 
Chiesa  riacquistasse  e  serbasse  le  sue  regalie  ed  i  posse- 
dimenti contro  tutti  ;  ad  aiutare  il  Pontefice  a  tenere  se- 
euramente  ed  onorevolmente  il  Papato  e  la  signoria  del 
patrimonio  di  S.  Pietro  ;  a  non  predare  ^  invadere  »  ed 
occupare  altre  terre  senza  licenza  sua  o  dei  successori , 
oltre  quelle  che  gli  erano  state  concesse.  Di  rendere 
inflne  un  censo  annuale  per  quella  parte  del  patrimonio 
della  Chiesa  che  possedeva  e  possederebbe  ^.  Neil' altra 
formola  invece  si  limita  soltanto  a  promettere  per  tut- 
te le  terre  di  suo  dominio  presenti  e  future ,  un  cen- 
so annuale  di  dodici  danari  di  Pavia  ,  per  ogni  juge- 

L' eventuale  investitura  di  Sicilia  è  ricordata  dalla  Chr.  Brev.  NoRtf. 

da  Leo  Ost.  Ili ,  15,  e  nel  giuramento  è  detto  :  Dei  Gratia  Apuliae  et 

utroque  subveniente ,  futurus  SicUiae.  Gli  stessi  Cronisti  dicono  che  ftt 

concessa ,  o  meglio  riconosciuta  la  dignità  di  Duca ,  e  GuiL.  App.  scrite: 

....  multorum  Papa  rogatu 

Uobertum  donat  Nicolaus  honorc  Ducali. 

•  Riccardi  principatum   Vaptianum...,  confirmavit,  Leo  Ost.  1.  e. 

»  Eo  nbi  jurare  coegit,  Bonizo  1.  c.  Ilominio  et  fidditate  ab  eis 
suscepta.  Vit.  Nic.  l.  e.  Ejusque  ligius  homo  effectus.  Rom.  Salbb. 
Sacramento  et  fidelitate  Romanae  Ecclesiae  ab  eis  primo  recepta.  Lw 
OsT.  l.  e. 

3  V.  Doc.  IV. 


—  sa- 
rò ,  nel  di  della  Pasqua  *  ;  ma  la  singolarità  del  tributo, 
unico  impegno  che  Roberto  assume ,  il  silenzio  dei  Cro- 
nisti contemporanei  *,  e  la  condizione  dei  tempi,  induce 
a  credere  apocrifo  questo  secondo  giuramento ,  trovan- 
dosi nel  primo  meglio  adoiftbrati  i  disegni  e  defìnite 
le  reciproche  concessioni  del  Papa  e  dei  Normanni. 

Rilevando  Roberto  e  Ricèferdo  il  dritto  del  loro  domi- 
nio dalla  conquista ,  rispetto  ai  sudditi  ed  ai  vicini,  non 
erano  più  che  usurpatori,  contro  i  quali  persistevano 
sempre  le  ragioni  dei  due  Imperii.  Senza  investitura 
niun  possesso  pareva  rivestirsi  di  quel  carattere  di  leg- 
gittimità ,  che  tra  le  violenti  invasioni  del  medio  evo  , 
è  certamente  la  più  strana  anomalia,  che  s'incontri  nel- 
la storia  dei  popoli  barbari  stanziati  nelle  province  La- 
tine. I  Normanni  prima  dal  Principe  di  Salerno,  poi 
dall'Imperatore  Tedesco,  avevano  ottenuta  la  signoria 
di  alcune  città  ;  ma  allargandosi  in  danno  delle  preten- 
sioni dell'uno  e  dell'altro,  e  contro  quelle  più  evidenti 
dell'Imperio  Greco,  era  d'uopo  cercare  altrove  la  tras- 
missione di  quel  dritto  che  mutava  l'usurpazione  in  leg- 

•  Ivi. 

*  BoNizo ,  il  biografo  di  Niccolò ,  e  gli  altri  Cronisti  contemporanei  non 
parlano  di  censo.  Amato  tace  anche  del  Concilio,  ed  è  singolare  la  ra- 
gione ch'egli  assegna  del  suo  silenzio  intorno  ai  Papi  succeduti  a  Ste- 
fano IX  :  Or  non  parlons  plus  de  la  subcession  de  li  Pontifice  de  Rome^ 
quar  V  onar  defoUli  à  Rome  puiz  que  faiUerent  li  Thodesque ,  quar  $e 
je  voill  dire  la  costume  et  la  éHectùm  lor ,  on  convieni  mentir ,  et  se 
je  di  la  verité  aurai  je  V  ire  de  li  Romain.  IH ,  50.  Il  solo  che  ri- 
cordi il  tributo  generale  è  Leone  Ostiense  :  investùme  census  totius  ter' 
rae  ipsorum ,  singulis  videlicet  annis  per  singula  boum  paria  denarios 
duodecim.  Ili,  15. 


—  54  — 

gittimo  possesso.  Si  è  molto  disputato  intorno  l'origine 
detrailo  dominio,  che  rese  i  Papi  arbitri  di  quella  in- 
vestitura. E  già  innanzi  s'è  visto  Leone  IX  richiedere  la 
restituzione  di  alcuni  patrimonii  che  diceva  nel  mezzodì 
tolti  alla  Chiesa  Romana /e  ricordare  una  voluta  dona^- 
zione  di  Costantino  ;  ma  questi  incerti  titoli  non  sareb- 
bero bastati  a  porre  il  fondamento  della  supremazia 
Papale  sopra  le  province  possedute  da  remoto  tempo 
dai  Bizantini.  Un  diritto  meno  contestato  si  tentò  origi- 
nare dalle  difTerenze  insorte  fra  la  Chiesa  Latina  e  la 
Chiesa  Greca.  La  massima  che  il  Pontefice  potesse  di- 
sporre dei  beni  degli  scismatici,  e  degli  infedeli,  comin- 
ciava ad  essere  invocata;  e  la  tutela  degli  interessi  del- 
la fede  cattolica  appariva  già  come  il  supremo  fine  al 
quale  ogni  umano  mezzo  doveva  servire.  L'investitura 
concessa  da  Niccolò  a  Roberto ,  dove  si  consideri ,  di- 
stingue duo  qualità  di  possessi  ;  i  patrimonii  cioè  che 
direttamente  appartenevano ,  o  si  diceva  essere  appar- 
tenuti alla  Chiesa  Romana,  e  quelli  che  i  Greci  ed  i  Mu- 
sulmani avevano  avuti  ed  avevano  *.  Per  i  primi  il  Papa 
si  riserva  le  ragioni  di  diretto  signore  non  come  Ponte- 
fice, ma  come  Principe  ;  e  perciò  egli  esclude  Beneven- 
to, e  stabilisce  «  per  quella  parte  della  terra  di  S.  Pietro 
»  che  era  stata  occupata ,  o  che  lo  poteva  essere  in  ap- 
»  presso,  un  censo  annuale  ^.  »  Quali  terre  s'intendes- 

*  BoNizo  pone  chiaramente  questa  distinzione  :  omnem  Apuliam  et 
Calabriam ,  et  terras  beati  Petri  ab  bis  olim  invasàs,  l,  e.  per  le 
qtiali  senza  dubbio  intende  le  terre  del  Ducato  Beneventano ,  che  ' 
Normanni  sin  dal  tempo  di  Leone  IX  avevano  occupate ,  e  rìt^evano. 

*  Pensionem  de  terra  sancii  Petri  quam  ego  teMO  aut  Un^ ,  simt 


—  55  — 

serò  date  a  questo  patto ,  non  si  cooosee ,  nò  forse  fu 
detto,  perchè  oltre  il  Principato  di  Benevento ,  si  riser- 
bava  il  Papa  far  valere  i  suoi  dritti  sopra  altri  patrimo- 
uii.  Intorno  poi  alle  province  di  Puglia,  di  Calabria,  ed 
alla  Sicilia,  Roberto  si  obbliga  solamente  di  sottoporre 
all'autorità  del  Pontefice  tutte  le  Chiese  ed  i  beni  ad  es- 
se appartenenti  ch'erano  nei  suoi  dominii ,  ed  a  farsene 
difensore  nell'  interesse  della  Sede  Apostolica  *.  Cioè  a 
sostituirvi  il  rito  latino  al  greco,  la  dipendenza  Romana  a 
quella  del  Patriarca  di  Costantinopoli  *.  A  questo  inten- 
to s'erano  rivolte  da  più  tempo  le  cure  del  Papato ,  ed 
a  questo  fine  nel  medesimo  Concilio  fu  condannato  l'uso 
delle  nozze,  consentito  dalla  Chiesa  Orientale  ^,  e  venne 
deposto  Giovanni  Vescovo  e  Sincello  di  Trani,  fautore  del 
Cerulario  *.  La  qualità  di  Metropolita,  pili  che  una  tarda 

HattUum  est ,  reeta  fide  studebo  ut  illam  annualUer  Romana  habeat 
eceleHa.  v.  Doc.  IV. 

'  Omnes  quoque  ecdesias,  quae  in  mea  persistunt  dominatione,  cum 
earum  possessjonibus  dimittam  in  tua  potestate ,  et  defensor  ero  iUa- 
rum  ad  fidditatem  Romanae  ecdesiae.  ivi. 

•  Quia  igitur  Dea  auctore  per  strenuissimorum  fratri  Roberti ,  quon- 
dam nobUi$  memorie  dueis  et  Rogerii  comitis  labore»  atque  victorias 
tam  ex  iUa ,  quam  ex  terris  cakibrorum  ecdesiis  grecorum  tyrannica 
eessavit  invasio.  Pascal.  P.  11.  Privileg,  Eccl,  Scyllac.  Monum,  Arch, 
Neap.  T.  IV,  p.  182.  Cum  Franci  hunc  ducatum  occuparunt  tunc  Ro- 
manus  in  omnibus  hisce  Ecclesiis  ordinationem  tenuit,  Doxopatrio,  de 
quin,  Thron. 
^  Namque  Sacerdotes,  Levitae,  Clericus  omnis 
Hac  Regione  palam  se  conjugio  sociabant. 

Sic  extirpavit  ab  iUis 

Partibus  uxores  omnino  praesbiterorum 
Sprelores  minitans  anatheinato  perculiendo.  Gcill.  àpp.  II. 
4  Peta.  Dan.  Epis.  ad  S.  R.  E.  Vard. 


—  56  — 

vendetta  delle  accuse  mosse  contro  Argiro,  provocò  quel 
decreto  ;  poiché  in  quel  tempo  il  Duca  di  Bari  non  tre* 
vavasi  in  Italia.  Anzi  prevalendo  nella  città  natale  la 
fazione  a  lui  contraria,  il  suo  congiunto  Melo  d'Ameru* 
sio ,  in  quest'  anno  usciva  da  Bari  ricoverando  in  Brin- 
disi col  figliuolo  Tcodelmanno,  ed  insieme  ad  altri  esuli 
fondava  un  cenobio  nel  diruto  monastero  di  S.  Andrea 
posto  in  una  isoletta  presso  la  città  *. 

L'indipendenza  da  ogni  potestà  laicale,  e  quindi  la 
supremazia  sopra  i  Vescovi  era  lo  scopo  diretto  al  quale 
tendevano  gli  sforzi  dei  Pontefici.  E  riconoscendo  e  san- 
zionando la  conquista  Normanna  nel  Concilio  di  Melfi , 
air  autonomia  ed  all'autorità  della  Chiesa  Romana  si 
procacciava  un  valido  sostegno,  ed  un  rapido  incremen- 
to. Roberto  s' obbligava  alla  tutela  ed  alla  recuperazione 
del  patrimonio  di  S.  Pietro  contro  tutti ,  assicurava  al 
Papa  la  spirituale  e  la  temporale  potestà  ^,  e  prometteva 
adoperarsi  che  V  elezione  del  successore  fosse  fatta  se- 
condo la  volontà  dei  migliori  Cardinali,  de' chierici  e 
del  popolo  Romano,  senza  riserva  dei  dritti  Imperiali. 
Sostituendo  poi  al  rito  ed  al  Clero  Greco,  le  costumanze 
Latine,  e  ponendo  le  Chiese  ed  i  loro  beni  come  dipen- 
denti del  Pontefice,  n'estendeva  l'influenza  ed  il  prima- 
to in  lutto  il  mezzodì  d'Italia.  Questa  mutazione  non  fu 
proficua  solamente  al  Papato ,  ma  tornò  di  non  medio- 
cre vantaggio  agli  stessi  conquistatori ,  ai  quali  il  Clero 

«  Beatillo  St.  di  Bari  p.  05 ,  il  qaalc  vorrebbe  già  morto  il  Duci 
Argiro  in  quel  tempo  Ughellio.  IX  in  Ep,  Brun. 

*  Et  adiuvabo  te;  ut  securc  et  honorifice  teneas  Papatum  RomU" 
num  tcvramque  Sancii  Petri  et  prindpatum ,  ecc,  v.  Doc.  IV. 


—  57  — 

Greco  si  era  mostrato  ostinatamente  avverso  ,  poiché 
depresso  questo  *,  molti  fra  i  Normanni  s'aprirono  la  via 
all'Episcopato  ed  alle  Abazie  ^.  Quantunque  però  il  Papa 
investisse  Roberto  e  Riccardo  dei  loro  dominii  ,  non 
sembra  che  s'arrogasse  allora  ifna  diretta  signoria  sopra 
tutte  le  province  che  formarono  poi  il  Reame  delle  Si- 
cilie. Stabilito  l'omaggio  ed  il  censo  per  quelli  che  si 
dicevano  patrimonii  di  S.  Pietro ,  per  le  rimanenti  terre 
il  Duca  ed  il  Principe  rimasero  piuttosto  alleati  che  vas- 
salli della  Chiesa  Romana,  piuttosto  affidati  che  soggetti 
al  suo  patrocinio;  ed  i  vicendevoli  rapporti,  fìnchènon 
s'alterarono,  furono  religiosi  più  che  politici. 

In  conformità  degli  obblighi  assunti,  Roberto  e  Ric- 
cardo fornirono  a  Niccolò  un  sussidio  di  milizie  per 
continuare  la  guerra  contro  i  nobili  Romani  che  favori- 
vano l'Antipapa,  o  avevano  occupate  le  terre  di  S.  Pie- 
tro. E  prima  sofiermatosi  il  Pontefice  a  Benevento  per 
far  valere  i  suoi  dritti ,  ottenne  che  i  Principi  restaurati 
si  riconoscessero  vassalli  ^.  Poi  nell'  agosto  coigiunte 
le  armi  proprie  a  quelle  dei  Normanni ,  assaliva  i  Conti 

•  11  Clero  Greco  non  solamente  fu  sottoposto  alla  giurisdizione  dei 
Vescovi  Latini  quasi  in  ogni  parte  ;  ma.  spesso  anche  venne  ridotto  in 
condizione  servile.  Fra  i  villani  assegnati  alla  Chiesa  Militense  sono 
ricordati  alcuni  presbiteri  Greci.  Ughel.  in  Epis.  MelU,  Ed  «l  Vescovo 
di  Sqnillace  sono  sottoposti  Presbyteros  Graecos  eum  filiis  et  fUiabut 
ecrum.  Altri  documenti  reca  il  RodotX  del  Rito  Greco  in  ItcU,  L.  I.  e.  9. 

•  RodotX  ivi  ec. 

&  PaU  haec  autem  ordinatis  et  dispositis  omnibus  quae  ad  Bene- 
tentanum  patrimonium  pertinebant ,  Nicolaus  Papa  reversus  est  Ro- 
mam.  Vit.  Nic.  1.  e.  Nycolaw  Papa  venii  Beneventun^  mense  augu-» 
sto.  Aj«n.  Bcnev.  ap.  Pertz.  Ili,  Scrip, 


~S8  — 

di  Tubcolo,  di  Prenc8te,  e  di  Nomcnto,  costringeDdali 
a  soggettarsi  ^  Invase  ed  abbattute  le  castella  del  €oDt6 
Gerardo  insino  a  Sutri,  si  riunirono  tutte  le  forze  intor^ 
no  a  Galeria,  ove  Benedetto  s'era  ricoverato*.  Allora 
questi  vinto,  da  paura  s'offerse  a  deporr^  il  Papato,  e 
ricevuta  sicurtà  della  vita,  fu  tratto  in  Roma  e  pub- 
blicamente dispoglialo  degli  abiti  Pontificali  e  della 
dignità  del  sacerdozio,  sopravvisse  alcuni  anni  in  umile 
stato  ^. 

■  Normanni  vero  ad  ipsius  commonitionem  cdleeto  exercitu  tube- 
cuti  sunt  eiu$  vestigia  et  transeunles  Campaniam ,  Praenedinorwn 
ae  Tu$eulanorum  et  Numentanorum  terrai  hastiliter  invadentes  ^  eit- 
que  tamqìiam  eontutnacibus  et  domino  m  rèbeHantUnu  damna  grsr 
vissima  intulerunt,  Vit.  Nig.  Bonizo.  1.  e. 

*  Deinde  fluvium  Tiberis  eum  immensa  militia  et  fortUudim  artMr 
torum  peditum  et  sagittariarum  copiosa  móltUudine  transeuntes,  Ga- 
leram  et  universa  Comitis  Gerardi  castella  usque  Sutrium  devastave- 
runi.  ViT.  Nic.  1.  e.  Quae  res  Romanam  urhem  a  capitaneorum  ft&e- 
ravit  dominatu,  Bonizo  1.  c. 

*  L*  Annalista  Romano  descrive  minutamente  la  deposizione  di  Bene- 
detto. Venuto  r  esercito  Normanno  ad  assalirlo  in  Galera ,  il  Conte  Ge- 
rardo si  pentì  d' avergli  accordato  asilo  ,  ed  il  misero  Antipapa  salito 
sulle  mura  maledicendo  ai  Romani  gridava:  «  voi  di  forza  mi  voleste 
Pontefice ,  fatemi  salva  la  vita  ^  ed  io  rinunzierò  la  tiara.  »  Trecento 
cittadini  avendogli  giurala  la  sicurtà  della  persona  ,  menato  in  Roma  nella 
Basilica  Costantiniana  ,  e  spogliato  degli  abiti  pontificali ,  seminudo  fu 
condotto  innanzi  V  altare  e  postagli  in  mano  una  carta  ove  erano  scrit- 
te le  maggiori  peccata  che  un  malvagio  potesse  commettere  ,  gli  venne 
comandato  leggesse.  Egli  piangendo  riiiutavasi,  e  non  voleva  accusarsi  reo 
di  colpe  delle  quali  era  innocente  ;  ma  si  piegò  alla  forza  ,  mentre  la 
madre  ed  i  congiunti  presenti  levavano  pietose  grida ,  e  si  percotevano 
il  petto  ed  il  viso  per  dolore.  Allora  rAicidiacono  Ildebrando  gridò: 
e  Romani  ecco  le  opere  del  vostro  Papa  m  e  fu  deposto*  Rel^ato 
neir  ospizio  di  S.  Agnese  visse  miseramente ,  privato  d'  ogni  uftìcio  sa- 


—  59  — 

Mentre  la  pronta  depressione  dei  nemici  accresceva 
r autorità  del  Pontefice  in  tutta  l'Italia,  e  nella  stessa 
Milano  sedati  i  tumulti  erano  riconosciuti  i  messi  Pa- 
pali ,  ed  accettate  le  penitenze  imposte  ai  Nicolaiti  ^; 
anche  i  Normanni  progredivano  con  fortuna  maggiore. 
Boberto  tornato  all'  assedio  di  Cariati  la  prendeva ,  e 
poco  dopo  s'insignoriva  di  Cosenza  e  di  Rossano  ••  Nel 
tempo  stesso  Ruggiero  dal  castello  di  Mileto  volteggian- 
do e  scorrendo  nelle  propinque  terre  assaliva  Oppido. 
Profittando  della  sua  assenza  il  Vescovo  di  Cassano ,  ed 
il  Preposito  di  Gerace  tentarono  sorprendere  S.  Martino 
nella  valle  delle  Saline;  ma  accorso  Ruggiero,  fuggiva- 
no dopo  aver  sofferte  gravissime  perdite  ^. 

Nel  maggio  del  lOpO  riprendevasi  anche  la  guerra  in 
Puglia;  Taranto  e  Brindisi ,  città  che  erano  fra  le  prin- 
cipali rimaste  ai  Greci ,  cadevano  in  mano  a  Roberto , 
e  Malgero  suo  fratello  occupava  Oria  *.  Richiesto  quindi 
di  aiuto  dal  fratello  Goffredo  ,  succeduto  per  volontaria 
concessione  di  Malgero  e  di  Guglielmo  nella  Contea  di 

cerdotale.  Ouenne  poi  leggere  T Epistola  ed  il  Vangelo;  ma  niuna  pre- 
ghiera valse  perchè  gli  si  permettesse  celebrare  la  messa.  Morì  poco 
dopo  che  Udebrando  fosse  Papa ,  e  questi  concesse  venisse  sepolto  ono- 
revolmente. 

'  BoNizo  I.  e.  ViT.  Nic.  L  e.  S.  Petr.  Damian.  de  reb.  Medid.  reht, 

*  Tunc  Rossana  potens ,  Cosentia  fortis  in  armis 

Tnm  quoque  dives  opum  Geracia  subditur  iUi. 

GciLL.  App.  II. 

s  Malat.  I.  52.  Anon.  Sic. 

4  Meme  Madio  comprehensa  est  dvitas  Tarenti  per  Ducem  Robert 
tmm.  Et  pattea  ivU  super  Brundusium  et  cepU  eam.  Malgerus  Comes 
Mt  super  Oria  et  fu^OrVU  Graecos  ab  ea.  Chr.  Brev.  Norm.  4060, 


—  60  — 

Gapiluuala  S  Roberto  vi  chiamava  anche  Ruggiero,  asse- 
diando prima  la  terra  di  Gizzo ,  e  poi  il  castello  di  Guil- 
lamato,  ove  un  Gualtieri  che  n'era  signore,  fu  preso 
ed  abbaccinato ,  ed  insieme  a  lui  condotta  prigione  la 
sorella  di  mirabile  bellezza  ^  L'acquisto  di  quella  for- 
tezza aprì  a  Goffredo  la  via  della  Marca  Teatina ,  rima- 
sta inaino  allora  immune  dalle  correrie  dei  Norman- 
ni ,  e  preparò  ai  suoi  discendenti  la  signoria  di  quella 
regione. 

Raccolto  poi  più  numeroso  esercito  il  Duca  tornava 
con  Ruggiero  all'assedio  di  Reggio  nell'està,  ove  per  la 
sede  del  Greco  ministro,  che  prendeva  nome  di  Duca  di 
Italia ,  erano  forte  presidio  e  copia  grande  di  vettova- 
glie ^  S'allargava  la  città  in  ampio  circuito  ;  di  palagi, 
di  magnificenze,  di  ricchezza,  decorata;  e  come  estre- 
mo baluardo  della  signoria  Bizantina  in  quella  regioue, 
opponeva  ostinata  difesa.  Appressate  le  macchine  e  in- 
comincialo r assalto,  uscivano  fuori  gli  assediati  a  com- 
battere, e,  se  non  fu  vanto  del  Cronista,  Ruggiero  az- 
zuffatosi con  un  Greco  di  gigantesca  statura  che  disfida- 
va i  Normanni  ,  ai  primi  colpi  1'  atterrò  *.  Per  la  qual 

*  Sed  Malgeritu  mmiens  eum  omnem  Comitatum  suum  GuiUelm 
fratti  suo  reliquisset,  GuUlelmus  Gaufredum  fratrem  suum  dmavU. 
Malat.  ].  15.  Pone  la  morie  di  Malgaro  dopo  il  1054,  ma  la  Brev.  Ciok. 
NoRM.  lo  dice  ancor  vivo  nel  10G0. 

•  Malat.  I.  53.  54. 

^  Urbcm  magnani  vM  consuerat  Dux  Italiae  commorari ,  qwd  ibi 
essent  et  magnificae  domus ,  et  earum  quae  ad  victum  necessaria  co- 
pia multa,  ScYLATZAE  772.  Tempore  quo  messes  colligi  incipiebant. 
Malat.  I.  55. 

4  Malater.  ivi, 


—  ol- 
eosa sgominati  i  cittadini ,  e  rovinando  le  mura  in  più 
luoghi ,  patteggiarono  la  resa ,  ritirandosi  il  presidio  a 
Squillace  *.  Roberto  entrato  in  Reggio  vi  assunse  solen- 
nemente il  titolo  di  Duca  di  Calabria  *,  mentre  Ruggiero 
giovandosi  di  quella  vittoria ,  col  terrore ,  e  con  le  pro- 
messe, in  poco  tempo  altre  undici  castella  sottomise; 
così  che  eccetto  Squillace ,  quasi  niuna  altra  terra  ri- 
mase in  potere  dei  Greci. 

Il  possesso  d'  una  città  vicina  alla  Sicilia ,  aggiun- 
se nuovo  impulso  alla  guerra  contro  i  Musulmani  , 
che  nel  Concilio  di  Melfi  il  Papa  aveva  approvate ,  ed 
alla  quale  le  subite  fortune,  T indole  dei  conquistatori  , 
e  la  cristiana  pietà,  erano  incitamento.  Dopo  l'impresa 
dlManiace,  riuscita  a  miserabile  fine  ^,  i  Bizantini  op- 
pressi da  pericoli  maggiori  non  avevano  ritentata  altra 
invasione  nell'isola,  né  i  Saraceni  infievoliti  dalle  do« 
mestiche  discordie,  avevano  presa  alcuna  parte  alle  vi- 
cende di  terraferma. 

L'unità  del  Califfato  da  più  tempo  si  era  scissa,  e 
precipitava  allora  dovunque  in  dissoluzione  * ,  scon- 

■  Ivi.  Amato  narra  1*  acquisto  di  Reggio  prima  dello  nozze  di  Roberto 
con  Sighelgaita ,  confondendo  1*  ordine  degli  avvenimenti  :  En  poi  de 
tempi  priH  et  vaimhit  Umtes  forteresces  de  ceUe  contrée ,  fors  celle 
de  Rége ,  laquelle  non  lui  fu  donnée  de  cU  de  la  cité  pour  volontà  « 
que  il  la  Dainehi  par  force.  IV ,  5. 

•  Et  quant  lo  dit  Robert  Viscart  ot  end  conquesto  et  vainchut  tou* 
tee  forteresees  de  Calabre ,  et  fu  fait  Due  de  Calabre,  ivi.  Aecepta 
urbe  cum  triumphali  glorta  Dux  efficitur,  Malat.  1.  e.  36.  Leo  Ost« 

SCTLATZAC. 

*  Amari  II.  393. 

4  Amari,  ivi  cap.  XIL  XV* 


—  62  — 

volta  dalle  sette  religiose  e  politiche  generate  dalle  dot-*^ 
trine  stesse  del  Corano,  e  dàlie  sollevazioni  dei  popoli 
conquistati.  Intestine  guerre  in  Oriente  ed  in  Africa  di- 
videvano  i  credenti;  nella  Spagna  più  fiera  lotta  s'ac- 
cendova;  e  nella  Sicilia  le  nimistà  delle  fazioni  e  Tedio 
degli  indigeni,  preparavano  laruina  del  dominio  Musu^ 
mano  durato  oltre  due  secoli.  Venturieri  Normanni  era- 
no accorsi  a  combattere  contro  gli  Emiri  di  Cordova  e 
di  Granata  ^  ed  il  racconto  di  loro  gesta  ripetuto  in  Ita- 
lia v'  infiammava  gli  animi  ad  un'  impresa  che  doveva 
precedere  V  universale  commozione  delle  Crociate.  Mig- 
raceli e  visioni  non  mancarono;  un  prete  scorse  in  so- 
gno un'  albero  smisurato ,  a  pie  del  quale  era  Roberto , 
in  cima  una  donna  bellissima  ;  ed  ecco  scendere  preci- 
pitoso dai  monti  un  fiume  abbondante  d'acque,  e  fu|£Ì- 
re  i  popoli  spaventati.  Ma  Roberto ,  così  come  la  donna 
gli  impose ,  tutto  lo  bevve  ;  e  poi  un  altro  fiume  scaturì 
e  poi  un  altro,  più  largamente  intorno  dilagando,  e  fu- 
rono anch'essi  dal  Normanno  disseccati.  Misterioso  sim- 
bolo, nel  quale  il  narratore  vide  il  presagio  delle  vitto- 
rie volute  da  Dio  sugli  abitanti  del  mezzodì  d'Italia,  so- 
pra i  Greci ,  e  sopra  i  Musulmani  ^. 

Mentre  la  feroce  dominazione  di  Moez-ibn-BadIs  ca- 
deva in  Africa  sotto  V  impeto  delle  tribù  Beduine ,  con- 
tinuarono in  Sicilia  ad  agitarsi  le  nemiche  fazioni  surte 
dalle  diversità  delle  stirpi,  e  dagli  ordinamenti  succe- 
duti alla  conquista.  Venuta  meno  T  influenza  del  Regolo 
Africano  ,  era  slato  eletto  Emiro  Basan  detto  Sinisan 

*  Mariana  ecc« 

•  Amato,  V,  3, 


—  63  — 

fpaltello  del  morto  Ahkal;  ma  non  ebbe  vigoria  a  sostener- 
si: Quasi  in  ogni  città  si  levarono  usurpatori  indipen- 
dènti; il  Kàid  Ali-ibn-Ni*ma  o  Ibn  Hawwasci  occupò 
Cingenti,  Càstrogiovanni  e  Castronuovo;  il  Kàid-lbn- 
Meklàti  Catania;  il  Kàid  Abd-Àllah-lbn-Menkùt  Trapani, 
Marsala ,  Mazara ,  Scìacca.  Palermo  venne  in  mano  ai 
notabili  o  Sceikhi ,  e  tulta  l'isola  in  preda  all'  anarchia. 
Fra  (Juesti  turbolenti  umori  e  in  mezzo  agli  oscuri  suc- 
cessi delle  fazioni ,  non  è  senza  interesse  notare ,  come 
caduta  la  dinastia  Kelbita,  cominciassero  a  prevalere 
gli  uomini  nuovi  ;  borghesi ,  popolani ,  guerrieri ,  gene- 
razioni miste  d'indigeni,  schiatte *più  anticamente  stan- 
ziate, che  secondavano,  in  così  grande  disimiglianza  di 
condizioni ,  quel  movimento  di  riscossa  che  ferveva  nel- 
la penisola. 

Intorno  alla  metà  del  secolo  XI  s'innalzò  più  potente 
fra  tutti  i  Kàid,  Mohammed-ibn-Imbrahim-ibn-Thimna  in 
Siracusa ,  uccise  in  battaglia  Ibn-Meklàti  Kàid  di  Cata- 
nia ,  e  sposatane  la  vedova ,  sorella  di  Ali-ibn-Hawwasci, 
padroneggiò  quasi  tutta  la  Sicilia.  Ma  poco  appresso  la 
donna  mal  sofferta  e  minacciata  di  morte  fuggì  presso 
il  ♦atollo,  e  s'accese  la  guerra  tra  i  due  cognati. 

Sopraffatto  dalle  armi  nemiche  Ibn-Thimma  si  era 
volto  a  chiedere  aiuti  ai  Normanni,  e  sembra  che  venuto 
in  Calabria  verso  la  metà  del  1060,  stringesse  allean- 
za con  Roberto ,  lasciando  in  sua  mano  come  ostaggio 
un  figliuolo  ^  Ma,  0  tardassero  i  soccorsi,  o  l'invocato 

'  Variamente  trasmutano  ì  nomi  dei  due  Kàid  i  Cronisti,  Amato  chia« 
ma  Ibn-Thimma  Amirai  Vdtumino,  ed  il  suo  competitore  Belcho,  e 


—  64  — 

intervento  straniero ,  accrescendo  il  numero  dei  seguaci 
di  Ali-ibn-Hawwasci,  alienasse  dal  suo  emulo  l'animo  dcii 
fautori ,  poco  dopo  la  conquista  di  Reggio ,  Ibn-Thimma 
fu  costretto  a  fuggirsi  in  questa  città  ^  Erano  ivi  altri 
Musulmani ,  esuli  e  mercatanti  ^ ,  disposti  in  gran  parte 
a  secondare  l'invasione  Normanna,  e  raffrettavano,  il 
Kàid ,  sperando  esserne  restaurato ,  ed  i  Cristiani  del- 
l'isola;  sebbene  la  pretesa  congiura  dei  Messinesi,  si 
fondi  sopra  apocrifo  documento  ^. 

Ma  gli  ostili  apparecchi  vennero  allora  frastornati  dal- 
le minacce  dei  Greci.  Isacco  Gommeno,  poi  che  tenne 
fiaccamente  V  Imperio ,  fastidito  del  grave  pondo  e  dal- 
le continue  infermità ,  volle  cederlo  al  fratello ,  e  rifiu- 
tandosi questi  a  succedergli  l' abbandonò  a  Costantino 
Duca,  e  nell'agosto  del  1060 si  rinchiuse  nel  monastero 
di  Studo  *.  In  quel  tempo  perduta  quasi  tutta  la  Cala- 
bria travagliandosi  V  assedio  di  Reggio  il  nuovo  Impera- 
tore inviò  subitamente  altre  milizie  e  navi  sotto  il  co- 
mando del  Miriarca  Abulcare.  Questi  rifornito  1'  eserci- 
to a  Durazzo,  approdò  in  Bari  ;  dove  avendo  udita  la  re- 

narra  che  il  primo  scacciato  da  Palermo  in  Catania  per  vendicare  V  io- 
giuria  ,  recUse  à  lo  christianissime  Due  Robert ,  et  parlèrent  erue^Mt 
et  firent  amistié.  Et  à  ce  que  en  lo  cuer  de  lo  due  non  remanist  su- 
spition  Vultimien  doììa  son  fili  en  ostage  à  lo  due.  V.  8. 

•  Et  puii  que  lo  sot  lo  San'azin ,  loquel  se  clamoU  Beleho ,  V  a«t- 
stie  de  ce  ji,  chaza  Voltime  de  toute  Sicilie,  loquel  se  ne  alla  à  Rége 
souz  la  deffcnsion  de  lo  due,  ivi. 

*  Et  pour  ce  en  la  cUé  de  Rége  habitoient  Sarrazin  et  Vhrietien, 
ivi  n,  Amari  li,  540. 

5  V.  Nota  IL 

4  Cum  vero  res  privata  in  regia  laboraret  nulla  habebatur ,  qu(U  in 
Italia  fieient  ratio»  Scylatzae  720. 


-65- 

sa  di  Reggio  procurò  tenere  in  fede  le  poche  città  ri- 
maste devote,  e  le  munì  di  capitani  e  di  milizie  ^  Poi 
cercando  alleati  fra  gli  stessi  Normanni ,  molti  dei  qua- 
li a  malincuore  ubbidivano  al  Duca ,  e  ne  temevano  la 
soverchia  potenza  *,  commosse  tutta  la  Puglia  a  ribel- 
lione. Accorso  celeramente  Roberto  insieme  al  fratello 
Malgero  s' affrontò  con  gli  insorti  ed  i  Bizantini  in  cam- 
pale battaglia.  1  Cronisti ,  salvo  un  solo  ,  tacquero  di 
questa  pugna,  dalla  quale  derivarono  grandi  effetti ,  ma 
poco  durevoli.  Perchè  vinto  il  Guiscardo ,  Taranto  Oria 
Brindisi  Otranto ,  ed  altre  terre  ^ ,  tornarono  volontaria- 
mente 0  per  forza  ai  Greci,  e  Melfi  stessa  fu  minacciata. 
Ruggiero  però  stringendo  d' assedio  Squillace  aveva  co- 
stretto il  presidio  a  fuggirsi  di  notte  per  la  via  di  mare 
in  Costantinopoli  ^,  e  rimasta  così  la  Calabria  libera  dai 

■  Ahulchare  autem  cum  Dyrachium  pervenUset  inde  Barium  tranS' 
misiii ,  cumque  Rhegium  eaptum  cognovisset ,  cum  Bari  expectabat , 
ei  mde  quafUum  poterai  urbes  adhuc  amicai  Romanie  in  officio  ac 
fide  continébat ,  praeficiens  duces  et  exercUum  mittens  ad  locorum  cu- 
skidiam.  Scylatzae  p.  722. 

■  Puiz  tonc-temps  que  Calabre  estoU  gamie  de  adjutoire  de  fidel 
ehevaliers,  toma  lo  due  Robert  en  Fuille.,.  et  trova  moult  qui  avoimt 
ewté  li  fidel  eoe  liquel  venoient  manque  de  lor  fidelité.  Amato  IV,  32. 

*  Mense  octobri  venit  Miriarca  cum  exercitu  Imperiali  et  fecit  pra^e- 
lium  magnum  contra  Robertum  et  Malgerum ,  et  fugavit  Northman- 
noe ,  et  iterum  recuperavit  eas  (  cioè  Taranto  ,  Oria  ,  Brindisi ,  nomi- 
nale innanzi),  cum  aliis  terris  et  Hydmnte.  Chr.  Brev.  Norm.  1060. 
ScTLATZAE,  dicc  cho  aUa  venula  di  Abulcare:  adhuc  enim  a  Romanie 
eranl,  Baris,  Idrus,  CallipolU ,  Tarmtum,  Brundusium ,  et  E&iae^ 
et  aliae  oppidula  multa,  et  omnino  tota  regio,  p.  722.  Ma  forse  voUe 
intendere  dopo  la  vittoria. 

4  Malat.  J.  37.  Egli  pone,  innanzi  che  venisse  in  Puglia,  una  corre- 
ria di  Ruggiero  sopra  Messina  ,  dicendo  che  dopo  aver  depredalo  si- 
TOL.  II.  5 


—  66  — 

nemici,  venne  a  congiungersi  ai  fratelli  in  Puglia.  Qoan* 
tunque  fosse  già  cominciato  il  verno ,  nel  gennaio  1061 
occupò  Manduria ,  presso  Taranto ,  mentre  Roberto  si 
insignoriva  di  Acerenza,  obbligando  i  Greci  venuti  sotto 
Melfi  ad  indietreggiare  ^ 

Né  fu  per  allora  altra  guerra  viva ,  o  la  stagione  con- 
traria il  vietasse ,  o  la  prevalenza  dei  nemici  costringes- 
se Abulcare  a  rinchiudersi  nelle  città  marittime.  Le  te^ 
re  però  che  s' erano  levate  dall*  obbedienza  dei  Norman^ 
ni  vennero  in  parte  riprese ,  ed  alcune  poste  in  condi- 
zione di  maggior  dipendenza  ;  fra  le  quali  fu  Troia  in- 
sorta insieme  alle  altre.  Assediata  da  Roberto,  probabil- 
mente nella  primavera  /  offrirono  i  cittadini  un  tributo 
maggiore  di  quello  che  innanzi  pagavano;  ma  non  ebbe- 
ro pace  se  non  quando  permisero  al  Duca  d'alzare  fra  le 
mura  un  castello  *. 

Intanto  Ruggiero  dopo  le  prime  vittorie  sopra  i  Gre- 
ci era  subitamente  tornato  a  Reggio  ,  insieme  a  Gof- 
fredo detto  Ridello,  che  Roberto  aveva  prescelto  al  go- 
verno dell'impresa  di  Sicilia  ^  Nel  febraio  del  1061 

no  aUe  porte  deUa  città ,  tornato  in  Reggio  andasse  a  raggiungere  il  Du* 
ca.  L,  II.  e.  1. 

'  Mense  Januario  Rogerius  comes  inlravit  Manduriam  »  et  Roètr^ 
tus  Dux  comprehendit  Acherontiam ,  et  ivit  contra  Graecos  obàdentes 
Melphim ,  et  fugavit  eos,  Ghr.  Brev.  Norm.  1061.  Robertus  Duo:  f^ 
pit  civitatem  Acherontiam ,  Lupo,  ad  an. 

•  Amato,  V.  6. 

5  Et  que  savoit  que  Goffrède  Ridelle  savmt  sagement  governer  U 
chose,,.  à  ce  qu'il  fust  sur  li  autre  lo  fist  capitain.,.  Et  proia  lo  cmti 
Rogier  son  frère ,  que  par  lo  conseU  de  ceslui  Gofrède  deust  fave  les 
choses,  ec.  Amato,  V.  9.  —  L' editore  di  Amato  p.  542,  e  Mooier  p.  i| 


—  67- 

facevano  eatrambi  una  correria  nell*  isola,  per  depreda* 
re  e  prender  notizia  del  paese.  Disbarcati  con  lbn-Thim« 
na  e  con  soli  ceutoseft3anta  militi  presso  Rimetta,  ne 
saccheggiarono  i  dintorni,  enella  notte  seguente  venuti 
presso  Messina  tentarono  sorprenderla  '.  Ma  i  musulma- 
ni ,  usciti  con  le  fiaccole  a  combattere,  e  visto  il  piccolo 
numero,  li  circondarono  e  mancò  poco  non  li  prendes- 
^ro.  Al  nuovo  dì  il  valoroso  drappello  s'apri  con  le  ar- 
mi la  via  insino  al  mare  ;  e  trovandolo  in  burrasca,  fu- 
rono tutti  in  gran  disagio  per  tre  giorni ,  travagliati  dal 
freddo  e  dal  timore  di  essere  raggiunti  dai  nemici.  In- 
fine calmate  le  onde,  scannarono  parte  del  bestiame  ru- 
hato  per  non  ritardare  il  tragitto ,  e  la  rimanente  preda 
condussero  a  Reggio ,  adoperandone  il  prezzo  a  restau- 
rare una  Chiesa  al  culto  cristiano  ^. 

lo  credono  frateUo  dì  Roberto ,  ma  i'  opinione  non  sembra  probabile  ^ 
XàfiSSreào  di  AltanìUa ,  che  fu  anche  Conte  di  Brindisi  ebbe  in  moglie  una 
Sighel(^u,  Ughelli  in  Epis.  Brind,  mentre ,  come  si  vedrà  in  prosie- 
guo, Goffiredo  Ridello  era  marito  d'una  Maretta  e  sembra  sopravivesse 
al  fratèllo  di  Roberto. 

'  Et  come  le*  mena  Vultumine  à  aUer  en  SycUle  a  une  éhastel  que 
te  dame  RimeUe,  Ei  li  dievaliers  se  donnèrent  à  terre  après  et  pri- 
MfmU  prole,.,  et  la  nuU  après  aiirent  à  Messine..,  et  subitement  lui 
dmèrent  bataille;  et  li  Sarrazin  qui  lo  sentirent ,  sans  nonibre ,  o  flacol' 
ie^^Mumées  issirent  fors.  ec.  Aiato  ivi.  Malaterra  U.  6.  dice  che  do- 
fi^'la  prima  sorpresa  fallita  Ruggiero  si  ritirò  nelF  isola  di  S.  Giacinto ,  e 
^  al  seguente  giorno  dato  un  secondo  assalto  anche  inutilmeiae ,  per 
timore  che  tutti  i  Musulmani  gli  venissero  contro  si  partì ,  e  travagliato 
dalla  tempesta  fece  voto  a  S.  Andronio.  Alcuni  Storici  pongono  questa 
q^ectieione  nel  i060 ,  ma  erroneamente. 

^  Amato  V ,  10.  Malaterra  fa  estendere  le  depredazioni  sino  a  Me* 
liuo  e  Ramettà ,  e  narra  con  diversi  particolari  questa  prima  impresa , 
iBagnificando  il  valore  di  Ruggiero  e  diSerlone  suo  nipote.  II.  4.  .5.  7. 


-.68- 

Mentre  più  validi  apparecchi  si  venivano  facendo  nel 
marzo  e  neir  aprile  del  1061  per  continuare  l'impresa , 
gli  abitanti  di  Reggio,  Cristiani  e  Musulmani,  di  proprio 
impulso  0  condotti  da  alcuni  Normanni ,  uscirono  con 
alquante  navi  a  corseggiare.  Ma  undici  furono  uccisi  si 
una  galea  rimase  presa  ^  Si  tenne  così  desta  la  guerra, 
alla  quale  Roberto  si  preparava,  dopo  aver  d'ogni  parte 
costrette  all'  ubbidienza  le  città  ed  i  Conti  ribelli  in  Pu- 
glia  K  Convocata  un'  assemblea  ,  s'  obbligarono  tutti  a 
soccorrerlo,  ed  a  partecipare  alla  spedizione  ^  Le  mili* 
zie  Normanne  nel  maggio  convennero  in  gran  numero 
a  S.  Maria  del  Faro ,  e  gli  indigeni  fornirono  fanti,  na- 
vi e  marinai  ^  Anche  i  Musulmani  aspettando  d'essere 
assaliti ,  munirono  Messina ,  e  guardarono  lo  stretto  in- 
viandovi la  flotta  ,  perchè  impedisse  il  passaggio  ^.  Ro- 
berto però  invocato  con  pie  cerimonie  l' aiuto  divino,  ar- 
mati due  legni  leggieri ,  vi  entrò  con  Ruggiero,  ed  elu- 
dendo la  vigilanza  dei  nemici,  passò  in  mezzo  alle  lo- 
ro navi ,  e  benché  fosse  inseguito ,  gli  riuscì  tornare  in 

I  Et  pour  non  (aire  soi  suspecte  tant  li  chrétien ,  quant  li  Sarra* 
sin  qui  ilec  ìiabitoient  armèrent  soi  contre  li  pagan  de  SycUle ,  ec 
Amato  ivi,  11. 

•  Res  8ua$  quasi  ab  acumina  óbtusas ,  et  minus  ardinatas  invenienst 
tota  hieme  consUio  prudentiae  suae  refortiens  ad  inteqrum  reparaviL 
Malat.  II.  2. 

^  Amato  ivi ,  1^.  Malat.  II.  3.  8. 

4  Et  li  Normant  lo  secutèrent  sans  nombre  et  vindrent  de  PuUle  et 
de  Calabre ,  et  s' asemblerent  en  un  lieu  qui  se  clamoit  Sainte^Marù 
de  lo  Fare,  ivi  15. 

^  Cerchèrent  grant  aiutoire  et  secours  a  Messine  ,  ivi.  Malatu* 
RA.  8. 


—  69  — 

Reggio,  dopo  av«r  cercato  sulle  coste  dell'isola  un  luo- 
go opportuno  ai  suoi  disegni  *. 

Quindi  prescelti  centosessanta  cavalieri  fra  i  più  ar- 
dimentosi, con  tredici  navi,  affidato  il  comando  a  Rug- 
giero ,  li  mandò  di  notte  secretamente ,  a  prender  terra 
poco  lungi  da  Messina ,  ove  dicevasi  alle  Calcare  *.  Ivi , 
rinviate  le  galee,  si  nascosero,  mentre  il  Duca  simula- 
va voler  forzare  lo  stretto  e  disbarcare  in  altra  parte. 
Non  sospettando  dell'inganno  il  presidio  ch'era  in  Mes- 
sina, s'era  volto  dove  era  più  apparente  il  pericolo,  ed 
un  Kàid  che  da  Palermo  recava  danaro  nella  città ,  fu  il 
primo  che  cadesse  nell'  agguato  ^.  Poi ,  sopraggiunto  al- 
tro rinforzo  guidato  da  Goffredo  Ridello  *,  i  Normanni 
mossero  improvvisamente  sopra  Messina  ,  nella  quale 
lo  scarso  numero  dei  difensori ,  sbigottito  dall'  assalto 
repentino  e  dalla  uccisione  del  Kàid  e  del  suo  seguito  , 
non  oppose  resistenza.  Alcuni  scamparono  fuggendo  per 
mare,  altri  ricoverarono  sui  monti,  abbandonando  le 
suppellettili  le  donne  i  servi  ai  vincitori  ,  che  tra  lo- 
ro divisero  la  ricca  preda*;  fatta,  come  altri  narra, 

*  Ivi  ,  ìAx  Malat.  Dice  soltanto  che  Ruggiero  consigliò  lo  strata- 
gemma ,  contro  al  volere  del  Duca'  sbarcando  in  un  sito  detto  Mona- 
itertum  con  150  militi ,  in  soccorso  dei  quali  inviò  poi  Roberto  altri 
300.  E  pone  tutta  la  spedizione  nel  1060.  H.  10. 

*  Se  resemdirent  en  un  lieu  qui  $e  dame  Calcare.  Amato  V,  16. 
Juxta  locum  qui  dicitur  tres  locus^  Anon.  Sic.  755. 

*  Amato  ,'  ivi, 

4  Verwient  cent  et  septant  chevaliers ,  liqtiel  mandoU  lo  due  à  lor 
adfuMre ,  ivi.  Ed  appresso  dice  :  la  victoire  que  de  Dieu  avoient  re- 
cene  par  Goffrède  Ridelle,  ivi  18. 

*  Et  partent  enlre  eaux  la  moillier  et  li  filz ,  li  servicial ,  et  la  wta«- 
serie ,  et  ce  que  il  troverent  de  ceuz  qui  s' en  estoient  fouys^  ivi. 


—  70  — 

grandissima  strage  degli  abitanti  ^  Allora  temendo  si 
ritrasse  la  flotla  Musulmana;  ed  air  annunzio  del  trion- 
fo, desiderando  partocipare  alla  gloria  ed  al  bottino, 
militi  e  fanti  e  marinai  confusamente  dalla  vicina  Cala- 
bria s'affrettarono  ad  accorrere  insieme  a  Roberto  ^ 

Senza  aspettare  che  tutto  T esercito  il  raggiungesse, 
mosse  subitamente  il  Duca  con  mille  cavalli  e  mille 
fanti  contro  Rimetta  ^,  città  che  altra  volta  s'era  oppo- 
sta a  Maniace  con  pertinace  difesa.  Ma  divisi  ed  infievo- 
liti i  Musulmani  dalle  domestiche  gare,  non  valse  ora 
la  stessa  fortezza  del  sito  ,  e  prima  che  Roberto  vi  giun- 
gesse, il  Kàid  che  n'aveva  il  governo,  parteggiando  per 
Ibn-Thimna  che  seguiva  i  Normanni  *,  o  cedendo  alla  . 
paura,  gli  venne  innanzi,  e  lo  richiese  di  pace  dichia- 

«  Pietoso  caso  racconta  il  Malaterra.  Usciva  dalla  ciitk  nn  Musnl- 
inano ,  seco  recando  la  sorella ,  per  sottrarre  la  sua  beltà  agli  insulti 
dei  vinciori.  Ma  la  debole  fanciulla  ,  stanca  dalla  rapida  fuga  si  sof- 
ferma ,  cerca  il  fratello  incuorarla  ,  e  la  sorregge ,  finché  nel  timore 
d'esser  raggiunto,  piangendo  l'uccide,  11.  i\.  La  facile  vittoria  dei  Nor- 
manni si  spiegherebbe  secondo  V  Amari  ,  perchè  v  i  Musulmani  in  lor 
»  guerre  di  Sicilia ,  non  fecero  mai  assegnamento  sopra  Messina  ciuà 
»  cristiana ,  né  mai  1'  afforzarono  ,  né  tennervi  presidio  di  momento.  » 
T.  II ,  p.  582. 

•  Amato  ivi ,  19.  Che  la  ilotia  venuta  a  difesa  dello  stretto  fuggisse 
si  argomenta  dalle  parole  del  Cronista:  Et  puiz  ceuz  de  li  Sarrazin 
qui  estoient  en  la  haute  de  la  mer  pour  voir.,,.  o  grani  paour  cher- 
chèrent  de  fugir ,  ivi  iS.  e  lo  dice  Malat.  1.  e.  12. 

^  Trova  que  tant  estoient  li  chevalier  quant  li  pédon  ,  e*  est  mil- 
le,... avec  celle  petit  de  geni  qu' il  avoit  commensa  à  chevaucier  pU- 
nement  et  atendant  continuelment  li  home  de  pie.  Amato  ivi ,  20.  Ma- 
laterra. io. 

4  Et  Vultumine,*.  estoit  govemeor  de  tout  lo  exercit  et  lo  due.  Ama- 
to ivi ,  22. 


-Ti- 
randosi suo  tributario  ^.  Così  trascorse  insino  al  Salso 
presso  V  Etna ,  accorrendo  i  Cristiani  rimasti  in  quei 
dintorni  con  doni  e  vettovaglie ,  afforzandosi  i  nemici 
nelle  terre  munite,  abbandonando  quelle  aperte  e  mài 
sicure.  Certorbi  resistè  e  non  fu  presa ,  Paterno  e  Melaz- 
zo  trovate  vuote  vennero  occupate  *. 

Frattanto  Ibn-Hawwasci,  raccoglieva  tutte  le  sue  for- 
ze per  far  impeto  contro  gli  invasori  ;  si  raccozzavano 
i  fuggitivi,  giungevano  d'Africa  aiuti  ^;  e  nel  settembre 
accampavasi  presso  Castrogiovanni ,  centro  dei  suoi  do- 
mimi. Ivi  quindicimila  cavalli,  e  centomila  pedoni,  di- 
-cono  i  Cronisti  Cristiani  ,  venivano  ad  affrontare  due 
mila  Normanni  *;  ma  la  sproporzione  del  numero  rendo 
dubbia  la  testimonianza,  mirando  gli  scrittori  piuttosto 
a  magnificare  i  portenti  della  fede  che  a  conformarsi  al 
vero.  Narrano  perciò  la  battaglia  con  accidenti  miraco- 
losi, ed  al  primo  urto  sbaragliata  Foste  di  Ibn-Haw- 

•  Dont  lo  Catte  de  celle  cUé  pour  paour  lui  ala  à  geneoUz  devant 
et  lui  demanda  paiz  ,  et  lui  donna  present  pour  tribut ,  ivi.  —  Liber 
superstitionis  legis  suae  coram  positis ,  juramento  fidelUatis  firmant, 
.Malat.  H  ,  13. 

•  Paterne  et  Emellesie  furent  trovées  vacantes  Amato.  ,  21 ,  22  ,  Ma- 
UTERRA  dopo  Centorbi  e  Paterno  fa  venirli  apud  S,  Felicem  juxta  cri- 
ptas  suòterraneas, 

'  Venthavetus  eum  multis  Araìnds  et  Africanis ,  praeter  eos ,  quos 
.de  Sicilia  habueraf  mUiles  obviam  procedens  contra  eos  armis  parat 
éfBcertare.  Anon.  Sic.  p.  75G.  Quar  tuit  qui  estoient  fouis  de  li  autre 
ciiés  et  chastel  estoient  reclus  en  celle  cité.  Amato  ivi ,  25. 

^  J[V,  mille  chevaliers  et  eent  mille  pédons  ^  ivi.  Lo  magnifico  due 
liqud  n*  avvit  que  mille  chevaliers  et  mille  pédcns ,  ivi.  L'  Anon.  Sic. 
(liee  che  i  Saraceni  avessero  soliamo,  quindena comples  mUlia»,,  Aò- 
Hfi  inler  milUes  et  pedites  septigenlos,  l,  e,  Cos)  »ucbe  MaIiAt,  17, 


—  72  — 

wasci,  e  periti  nella  pugna  più  che  dieci  noila  Saraceni, 
senza  che  un  solo  dei  Normanni  fosse,  nonché  ucciso, 
ferito  *.  Ma  essendosi  i  vinti  ritirati  in  Caslrogiovanni, 
e  perdurando  ivi  a  resistere  anche  dopo  che  intorno  vi 
s'  alzarono  castella  di  legno,  così  che  dato  il  guasto  alle 
vicinanze  Roberto  se  n'allontanò;  sembra  doversi  dalla 
vittoria  detrarre  V  esagerazione  dei  particolari  *.  Invece 
è  più  probabile  che  alcune  trattative  si  aprissero  con 
i  notabili  di  Palermo ,  i  quali,  avversi  ad  Ibn-Hawwasci, 
vedendo  i  fortunati  successi  del  Duca,  gli  inviarono  ric- 
chissimi doni,  di  drappi,  e  vasi  d'oro  e  d'argento,  ed 
ottomila  lari,  richiedendolo  d'amistà.  Roberto  accolse 
onorevolmente  i  messi,  rimandò  con  loro  un  Pietro  Dia- 
cono ,  a  render  grazie ,  e  sapendolo  esperto  della  lingua 
araba,  gli  impose  che  simulando  ignorarla,  spiasse  l'a- 
nimo e  le  forze  degli  abitanti,  e  le  condizioni  della  cit- 
tà ^.  Poscia  secondato  dai  Cristiani  di  Val  di  Demona, 

•  Més  Dieu  combat  pour  exercit  de  li  Normant  chrestien,  kar  le$ 
salva ,  et  li  non  fidel  confondi  et  destruit.  Et  fu  une  cose  merveiUour 
sBy  et  qui  jamaiz  non  fu  oie ,  quar  nul  de  li  chevalier  ne  de  li  pédon 
non  fu  occis  ne  ferut.  Més  de  li  paicn  tant  en  furcnt  occis  quc  nui 
home  noìi  puet  savoir  le  nombre.  Amato  ivi.  J-.'  Anon.  Sic.  dice  morti 
pochi  Cristiani  e  diccìla  Musulmani.  Malat.  1.  e. 

»  De  quatrc  part  de  la  ette  furent  fait  li  chastelz  ferma  de  forle" 
resces.  Et  gastoient  li  arbre  et  li  labotir.  Et  puiz  dui  mois  li  vick- 
riuz  due  s^  en  toma  en  Messine,  ivi.  Malat.  dice  dopo  un  mese. 

*  Le  amirail  de  Palerme  quant  il  vit  que  les  cUés  de  Uuec  evàw 
faisoient  paiz  et  se  subjogoient ,  à  ce  que  U  qui  estoit  lo  meillor  mm 
remanist  derricre ,  manda  messagcs  à  lo  due  Robeit  o  dcvers  presni. 
ec.  ivi  24.  Di  quale  Ammiraglio  ,  o  Eu)iro  intenda  parlare  Amato  non 
si  sa.  Morto  Akhal ,  e  scacciato  Abd-AUah-ibn-Moez  nel  1040,  era  ftUlo 
cleuo  Emiro  Hasan  fratello  di  AUial,ciie  alla  sua  volta  fu  sbaadiioda 


~73  — 

insorti  contro  gli  antichi  dominatori,  Roberto,  a  lor  dife- 
sa ,  fece  costruire  un  castello  al  quale  in  memoria  del 
primo  che  aveva  fondato  in  Calabria ,  diede  il  nome  di 
S.  Marco,  ed  affidatane  la  guardia  a  Guglielmo  di  Malo, 
tornò  in  Messina  *.  Né  lungamente  vi  rimase.  Avvici- 
nandosi il  verno  ,  fortificate  le  mura  della  città ,  e  la- 
sciatovi un  presidio,  insieme  alla  moglie,  che  lo  aveva 
raggiunto,  ripassò  in  Calabria.  Anche  Ruggiero,  fatta 
con  trecento  cavalieri  una  correria  verso  Girgenti ,  sor- 
prese e  depredate  le  campagne  ,  abbandonò  la  Sicilia , 
dove  per  poco  posarono  le  armi.  Ma  soggiogate  a  le- 
vante alcune  città,  ridestate  le  speranze  dei  Cristiani  , 
restaurato  in  Catania  Ibn-Thimna ,  di  nome  alleato  nel 
fatto  vassallo  agli  stranieri  che  aveva  chiamati  ;  creb- 
bero i  perniciosi  umori  di  discordia  neir  isola.  Pure  ne 
fu  lento  e  contrastato  l'acquisto,  avvicendandosi  la  for- 
tuna di  quelle  imprese  agli  eventi  di  terra  ferma. 


ralermo  nel  10?i2.  Cadde  allora  la  città  in  mano  agli  sceikhi  o  notabili 
e  si  governò  a  Repubblica.  Surte  quindi  lo  fazioni  di  Ibn-Thimna  ed 
Ibn-llawwasci ,  ubbidì  di  nome  al  primo,  e  T aiutò  contro  il  suo  avver- 
sario. Ala  rimasto  questi  vincitore  estese  la  sua  autorità  anche  in  Paler- 
mo,  Amabi  n  ,  420  e  seg.  549-51.  Sembra  perciò  che  i  notabili  rico- 
stituito r  antico  governo  dopo  le  vittorie  dei  Normanni ,  inviassero  am- 
basciatori a  Roberto. 
'  'Amato,  ivi,  25, 


CAPITOLO  HI. 


Nei  primi  anni  del  governo  di  Guglielmo  II  la  No^ 
mandia  continuò  ad  essere  turbata  dai  rumori  che  l'a- 
vevano sconvolta  al  tempo  della  sua  fanciullezza.  La  suc- 
cessione paterna  che  gli  era  contestata  come  bastardo, 
le  animosità  dei  grandi,  e  le  ribellioni ,  secondate  dal 
Re  di  Francia  dal  Duca  d'Anjou  e  dal  Conte  di  Borgo- 
gna, perpetuarono  le  intestine  guerre  ;  e  tra  le  tempe- 
stose vicende  di  quel  periodo  d'anarchia,  signori  e  vas- 
salli costretti  ad  emigrare ,  sovente  erano  venuti  in  Ita- 
lia a  cercare  migliori  fortune  ^  Gli  esuli  più  illustri  ac- 
colti ed  onorali  dal  Principe  di  Capua  e  dal  Duca  di  Pu- 
glia, n'ottenevano  castella  e  dominii  ;  e  l'ospitalità  ed 
i  parentadi  stringevano  gli  antichi  ai  nuovi  Normanni. 
Intorno  al  1060  era  giunto  nella  Campania  ,  sospintovi 

'  Frequenti  migrazioni  sono  ricordate  negli  anni  di  queste  turbolen- 
ze. Mei  1047  Guido  figlio  del  Conte  di  Borgogna  secondato  dai  ViscoaU 
del  Contentin  e  del  Bessin  cercarono  sorprendere  il  Duca  Guglielmo  e 
gli  mossero  guerra  ;  ma  vinti ,  i  più  ostinati  fra  i  ribelli  ricoverarono  ia 
Puglia.  Du  MouLiN  His.  de  Narm.  p.  i57.  Nel  1048  Roberto  di  Bigot, 
volendo  recarsi  in  Italia ,  ne  fu  sconsigliato  da  Guglielmo  di  Guerleiic 
conte  di  Mortain  ,  promettendogli  che  in  breve  non  gli  sarebbero  man- 
cate ricchezze  in  Normaudia ,  e  queste  parole  riferite  al  Duca ,  farouo 
pagione  che  il  Conte  esulasse  presso  Boberio  Guiscardo,  ivi. 


—  75  — 

dalla  persecuzione  mossa  dal  Duca  di  Normandia  contro 
la  sua  famiglia  ,  Guglielmo  di  Montereil  dell'  illustre 
stirpe  di  Giroie  * ,  piccolo  di  persona  ma  valente.  Ed 
in  grazia  della  nobiltà  e  della  virtù  sua  il  Principe  Ric- 
cardo l'aveva  voluto  per  figliuolo  adottivo  e  per  genero 
disposandogli  una  sua  figlia  *.  Poco  dopo ,  scacciati  per 
altri  tumulti,  e  per  sospetti,  venivano  a  raggiungerlo  , 
Raoul  de  Tosny^,  Ugo  di  Grentmesnil  ed  Efnaldo  di 
Montereil ,  congiunti  suoi ,  molti  esuli  loro  seguaci  o 
complici  *,  ed  ultimo  vi  giungeva  Roberto  di  Grentmes- 


*  Un  Guglielmo  di  Montereil  conte  d' Eu  detto  Biists ,  trainò  eontro  il 
Duca  nel  i049  insteine  al  Re  di  Francia  ;  ma  non  sembra  che  sia  lo  stesso 
che  fu  genero  di  Riccardo *di  Capua  ,  perchè  è  detto,  che  ricoverò  presso 
Errico  in  Francia ,  dove  ebbe  moglie ,  e  la  Contea  di  Soisson.  Un  Roberto 
della  medesima  famiglia  Giroie ,  si  ribellò  nel  1060  alleandosi  al  Conte  di 
Ànjou ,  ed  al  Conte  di  Majenne ,  e  fu  quindi  avvelenato  dalla  moglie , 
e  sepolto  dair  Abate  Roberto  di  Grentmesnil  suo  nipote  in  S.  Evrulfb , 
ivL  In  seguilo  di  questa  ribellione,  sembra  che  questo  Guglielmo  forse  suo 
figlio  enarrasse.  Narrasi  anche  di  un  altro  Guglielmo  di  Giroie ,  il  quale 
nel  1045  dal  conte  d*  Alen^on  suo  nemico  acciecalo ,  evirato ,  e  muli- 
lato  del  naso  e  delle  orecchie ,  si  rese  frate  al  Monistero  di  Ree  ;  e 
venato  poi  in  Italia  eoi  monaco  Goffredo ,  ebbe  molte  ricchezze  dai  suoi 
compatrioti.  Ma  nel  ritorno  morì  a  Gaeta ,  ed  il  suo  compagno  fu  av- 
velenato a  Roma  e  rubato ,  così  che  delle  pie  largizioni ,  ebbe  appena 
H  monastero  di  Ree ,  un  calice ,  due  casule ,  un  dente  d*  elefante ,  ed 
mr  vngfaia  di  grifone.  Gvgl.  Gem.  VII ,  10 ,  25.  Ord.  Vit.  IH. 

••  il  aixni  un  nngulier  ehevalier ,  petit  de  la  pertonne ,  vumU  ro- 
husi  €t  fovt.,.  Oe$tui  fisi  son  fitte  adaptive  et  ceetwi  vouei  pour  gei^ 
éte,..  Uquel  ee  damoU  GuiUenne.  Amato  IV ,  27. 

*  Discendente  da  quel  Rodolfo  di  Toéni  o  Tosny  che  prima  condusse  i 
NorAianm  in  aiuto  di  Melo. 

4  DvHOLHt  dice  che  fossero  accusati  dal  Conte  di  Montgomerj  per 
impadronirsi  dei  loro  beni  ;  ed  allora  :  Ums  les  eeiffnmn  de  Ornchee  ^ 


—  76  — 

nil  Abate  di  S.  Evrulfo.  Questi  dapprima  scudiero  del 
Duca  Guglielmo ,  s'  era  rinchiuso  nel  chiostro  che  gli 
antenati  di  sua  madre  Adevisa  di  Giroie  avevano  fonda- 
to; ma  involto  nelle  accuse  che  costrinsero  ad  esulare 
i  suoi  parenti ,  nel  gennaio  del  1061  fuggi  con  due  mo- 
naci a  Roma  per  implorarvi  la  protezione  del  Papa^ 
Tornato  insieme  ai  suoi  legati ,  e  respinto  dal  Duca ,  fu 
in  Francia ,  poi  nuovamente  in  Roma,  ove  per  poco  sof- 
fermossi  T  irrequieto  frate  *. 

Nel  luglio  v'  era  morto  Niccolò  II ,  e  la  fazione  dei 
nobili  risollevandosi,  sotto  pretesto  di  mantenere  i  drit- 
ti dell'Imperio,  inviò  in  Germania  al  fanciullo  Arrigo IV 
le  insegne  del  patriziato ,  ed  un'  ambasceria ,  richieden- 
dolo di  prescegliere  il  Pontefice  ^.  Dall'  altra  parte  si 
spediva  Stefano  Cardinale^,  ma  non  trovando  ascolto 
nella  Corte  tedesca,  a  consiglio  d'Ildebrando  e  per  fa- 
vore del  Marchese  di  Toscana,  proclamavasi  Anselmo 
da  Badagio  Milanese,  già  Vescovo  di  Lucca.  Riccardo 
Principe  di  Capua  sostenne  con  le  armi  questa  elezione, 

de  GrantememU  de  Montereul^  de  Echauffon^  et  autres  se  reHrereiU 
qui  dans  PuiUe ,  qui  dans  France.  p.  i6i. 

'  Ord.  ViT.  L.  MI. 

*  H  Duca  minacciò  di  farle  impiccare  se  riponeva  piede  in  Norman- 
dia ,  ed  egli  si  ritirò  neir  abazia  di  S.  Dionigi ,  e  quindi  in  Italia,  ivi^ 

^  Clamidem ,  mitram ,  anulum  ,  et  patricialem  circulum  ad  Arri- 
gum ,  per  episcopos ,  per  cardinales ,  cUque  per  Senatores  et  per  em 
qui  in  populo  videbantur  ^  praestantiores,  Benzon.  ad  Henr,  IV.  L 
VII ,  2.  Romani  Coranam  et  alia  munera  Enrico  Regi  trantmite» 
runt ,  eumque  prò  eligendo  summo  Ponti fice  interpellaverunt.  Hekholo. 
Chron.  ad  an, 

4  Petr.  Dam.  Op.  T.  Ili ,  p.  52,  JHscept.  Synod. 


-77- 

e  dopo  vivi  contrasti  * ,  il  nuovo  Papa  nel  primo  giorno 
d*  ottobre  del  106i  fu  consacralo  col  nome  d' Alessan- 
dro li.  Ma  la  contenzione  perdurando  s'allargò  in  aper- 
ta scisma.  I  Vescovi  Lombardi  avversi  alle  riforme, 
s'unirono  ai  Romani  ribelli,  ed  a  molti  Prelati  Aleman- 
ni ;  e  consentendolo  anche  Agnese  Imperatrice  ,  rau- 
natosi  un  Concilio  a  Basilea ,  nel  ventotto  ottobre  n'  u- 
sci  antipapa  Gadaloo,  ch'era  stato  Vescovo  di  Parma, 
ed  Imperiale  Cancelliere  in  Italia  '.    . 

Divisa  la  Chiesa  e  l'Italia,  nel  verno  si  prepararono  le 
armi.  I  signori  del  Contado  Romano  si  stringevano  ai 
nemici  dei  Normanni,  incitavano  contro  essi  i  vicini  per 
impedire  che  venissero  in  aiuto  di  Alessandro.  E  Riccar* 
do,  togliendo  pretesto  da  quelle  macchinazioni,  o  volen-* 
do  prevenirne  gli  effetti,  nell'  autunno  assaliva  i  Agli  di 
Bprrello,  discendenti  dai  Conti  dei  Marsi,  e  ne  devastava 
1^  montuose  terre  poste  intorno  al  Sangro.  Avendoli 
costretti  a  pace,  come  suoi  alleati  li  condusse  a  guer- 
reggiare nella  Campagna  Romana  ;  depredò  sino  a  Sora 

<  BENzoNEdice,  PrandeÙtM  {ì\éehT2aìdo).,..  petit  Rickardum  de  Co* 
fwa  y  duidt  ad  Urbem  sub  miUe  lUbrarum  amditione.  Quid  plwra  f 
Aceepta  pecunia  eonalut  est  Richardus  Lucensem  heretieutn  deducere 
ad  vinciUa  sancii  Petri ,  sed  Romani  bellicis  armis  restUerunt  ei.  Fa* 
età, ut  autem  ab  utr€ique  parte  mag!na  strages.  Richardus  vera^  adiu* 
tu$  nodi  caligine  nigra ,  adgreditur  alia  via\  et  manibus  sanguvnfiii 
nofiiwnum  papam  inthronixavU.  VII,  %  A  Nordmannis  et  quibus* 
ifiM  Romanis  Papa  ordinatus.  Chr.  Bern.  Nostro  Desiderio  Romam 
cum  principe  proficiscente,  Leo  Ost.  Ili ,  19.  Riccardus  sanguineo  ense 
aeeinctus  ea  ipsa  manu  qua  tres  ex  nobUibus  Romanis  morti  destina* 
fitp.hae  eadem  super  cathedram  te  coUocavit,  Benz.  II,  2. 

*  Multis  praemiis  quibusdam  ut  aiunt  datis,  Bertrol.  Chr.  Romn» 
WiTum  legatis  elegentibus  Chadelch  Parmensis  episcopus.  Bernol.  Chr. 


-78- 

ed  a  Coprano ,  ed  in  tre  mesi  s'insignorì  di  molte  castel- 
la,  e  le  divise  tra  i  suoi  cavalieri  ^  E  ^poiché  era  morta 
poco  innanzi  Atenolfo  conte  d'Aquino  e  Duca  di  Gae- 
ta ,  il  Principe  di  Capua  ,  usurpandone  il  retaggio  al  fi- 
gliuolo Atenolfo  II  rimasto  in  tutela  della  madre  Ma- 
ria ^,  n'investiva  il  suo  genero  Guglielmo  de  Montreil , 

>  Bt  li  prince  Rkhari  efUra  en  la  petite  et  eitrùUe  terre  de  li  fil 
di  Bwridle.,.  Et  ptiis  emuuma  ks  diaus  de  viwe  qui^U  aooU  porti 
aoee  eoi  »  et  Jura  pac(e  dfi  omùèU  avec  eauso  et  em  redmU  aku»  pré- 
tene.  Et  aeeompaiffnié  de  eaus  ala  à  oonquester  Campaigne^  laqu^ 
e(mquesta  dedens  troix  moix ,  et  le  parti  entre  ses  ehevaliers.  Ahato  IV, 
26.  IrUravU  terram  Campaniae  obseditque  Ceperanum  mque  Soram 
devaetando  pervenit,  Roh.  Salern.  1062.  Che  i  figU  di  Borrello  fos- 
sero con  r  Antipapa  Ic^  dice  lo  scismatico  Bensone,  nanrando  T  assedio 
di  Roma  deU*  aprile  1062.  Trantimui  ad  partum  Flaiani.  Ibi  fueru/iU 
nobis  obvH  filii  Burelli^  viri  martifices  ad  pugnam  novdli.  Sequam 
eorum  mille ,  audacia  pares  Cornelio  Sylle,  1.  e.  iO. 

*  Et  a  lui  dona  en  dote  la  conte  de  Maree  ^  et  la  conte  de  la  rfehé 
Campagne^  et  lo  fist  Due  de  Gaiète,  Amato  IV,  27.  Queste  mestiti^ 
re  furono  date  successivamente.  La  morte  di  Atenolfo  conte  d'Aquino 
e  Duca  di  Gaeta,  crede  il  Federici  avvenuta  poco  prima  al  1060;  ma 
il  Catro  Stor.  d*  Aquino  p.  75 ,  cita  un  documento  che  lo  mostra  vivo 
in  quell'anno,  e  prova  che  morisse  nel  febràìo  1061.  11  suo  figlio  Ate- 
nolfo Il  rimase  in  tutela  della  madre  Maria  ;  ma  sembra  che  Riccardo 
lo  spogliasse  della  Contea  d' Aquino  ,  perchè  se  ne  trova  in  possesso 
Guglielmo  di  Montereil ,  e  gli  contrastasse  il  Ducato  di  Gaeta  come  ri* 
sulta  da  diplomi  posteriori.  Tempoiribus  Domnae  Mariae  gloriose  duci$* 
ee  Senatrix  relieta  quondam  Adenolfi  Consul  et  Lux  ìxme  recordatkh 
nis ,  nee  rum  secundo  anno  gratta  divina  protegenle  Consul^  fitti  eju»^ 
domno  Aderudfus  gkriosus  Comes  et  Dux  infra  etate  mense  martis, 
Ind.  prima  1065.  Ma  la  tutela  e  il  possesso  della  città  era  conteso  dai 
principi  Capuani  ;  i  quali  scrivevano  :  Secundo  namque  anno  gr^tié 
divina  auorìliante  Gaieta  civitate  regentiòus  et  guhemantibus  Doni» 

Riccardo,  et  domno  Jordano  filio  ejus  ambobus imi,  et  gtomns- 

sifni  principibus  Capuanense  Civitatis ,  Senioribus  namque  et  Due^ 


-79- 

fl  quale  ebbe  Aquino,  ma  non  pare  ottenesse  Gaeta»  di* 
sputata  da  altri  pretendenti. 

Più  aspra  contesa  si  veniva  intanto  apparecchiando 
in  Roma.  Cadaloo  che  faceva  chiamarsi  Onorio  li  aveva 
nel  verno  raccolte  armi  e  danari  ;  e  sfuggito  agli  impe- 
dimenti che  voleva  porgli  Beatrice  di  Toscana ,  venne 
Dell'  aprile  1062  presso  Roma  a  congiungersi  ai  nobili 
ribelli.  S'accampò  nei  piani  di  Nerone^  ed  usciti  a  com- 
batterlo i  fautori  del  Papa  furono  vinti  »  e  molti  vi  rima- 
sero  prigioni  e  morti.  Altre  zuffe  seguirono  nella  città 
che  fu  piena  di  rumori  e  di  uccisioni ,  e  rimase  occupa- 
la dai  due  emuli»  ritirandosi  Alessandro  al  Gampidoglioi 
Cadaloo  in  caslel  S.  Angelo  ^ 

Non  sembra  che  i  Normanni  si  trovassero  a  combat- 
tere nella  sanguinosa  mischia ,  poiché  Riccardo  era  in 
quel  tempo  ratlenuto  pressò  Capua.  Sia  che  durante  la 
sua  assenza  la  città  avesse  tentato  liberarsi,  sperando  nei 
moli  di  Roma ,  sia  come  narra  un  Cronista ,  che  reduce 
il  Principe  dalla  Campagna,  e  volendo  contro  i  patti  oc- 
cupare le  porte  e  le  mura,  gli  abitanti  lo  scacciassero  » 
carta  è  la  ribellione  ^.  Riccardo  rifece  intorno  i  fertili- 

iiiiui  Civitatis ,  et  tertio  quoque  anno  Ducatus  atqw  Contulatus  dom» 
no  Menulfus  in  fra  haetate  positus ,  filli  domno  Adenulfui  gì.  Coni* 
Urne  recordationis ,  mene,  oct,  tnd.  Jll,  4064»  Federci  406« 

'  Commisia  pugna  in  prata  Neronis^  superati  fuerunt  UH  qui  erant 
eos  parte  Alexandri  et  fugati  suni  ,  et  multi  morti  fuerunt  et  capti* »* 
Unde  fra  civitatem  multae  pugnae  et  homicidia  orte  fuerunt  ec.  AnUi 
RoM.  BoNizo  de  pere.  eccl.  VI. 

*  Il  eommensa  à  demander  à  li  citadin  les  forteresces  dee  por» 

tei  et  dee  tors:  mèi  ceuz  de  la  citi  non  lui  volerent  donner Li 

Prinee  Riehart  ,  quant  il  vit  qu'  U  non  pqoit  avoir  la  fortere$€9 


—  sa- 
zi!, costruì  macchine  d'assedio,  e  cominciò  ad  oppu» 
gnarla,  e  da  una  parte  e  dall'altra  furono  danni.  Benché 
ai  Capuani  mancassero  presto  le  vettoglie,  si  sforzavano 
a  resistere;  uomini  donne,  fanciulli,  s'incuoravano  ^ 
vicenda  ,  combattevano  ^.  Valorosamente  pugnò  un  Au- 
senzio  dodicenne,  ed  ucciso  lo  piansero  tutti.  Un  Ate« 
nolfo  trascorse  oltre  il  fiume  in  mezzo  ai  nemici,  e  toN 
nò  salvo  ^.  Bi:evi  ricordi  che  i  narratori  delle  glorie 
Normanne,  quasi  senza  volerlo  trascrissero,  e  dai  qua- 
li è  forza  desumere  la  storia  dei  vinti.  Alla  virtù  ed  al 
numero  degli  assedianti,  opponevano  i  cittadini  la  per^ 
tinacia,  e  le  mura  abbattute  erano  rifatte,  e  gli  assalti 
respinti  ;  ma  alla  fame  non  si  rinveniva  riparo.  Di  notte 
attraverso  il  fiume,  piccoli  battelli  procuravano  delude- 
re la  vigilanza  nemica  e  soccorrere  gli  assediati;  ma  in 
ultimo  Riccardo  giunse  anche  a  vietarlo ,  e  crebbe  là 
miseria.  S'inviò  l'Arcivescovo  in  Germania,  a  chiede- 
re aiuti  ;  ma  la  Corte  Imperiale ,  era  allora  sconvolta 
da  grandi  perturbazioni ,  il  messo  non  aveva  recato  uè 

de  la  cUé  ^  si  lor  laissa  et  issi  fors  et  rappareilla  li  Castel,  àìia- 
TO  IV ,  28. 

■  Et  iont  férut,  et  occicnt  et  sont  occis,,.  Et  li  fame  portoient  Ut 
pierres  à  li  homes  et  ccnfoìtoien  li  marit ,  et  li  pére  ensegnoiefU  li 
fili  pour  combatre  ;  et  ensemble  combattoient ,  et  enseble  se  conforto* 
ientf  ivi. 

*  Et  se  leva  un  garson  de  xij  ans  qui  se  clamoit  Auxence ,  liqwl 
avoit  la  main  drecié  pour  traire  d*  un  are ,  moult  en  fieri,  mès  plus 
en  occit  ;  mès  il  fu  féru  et  mori ,  et  moult  en  furen  dolent  cU  de  h 
cité.  Un*  auire  de  la  cité  singulère  jovène  passa  de  Vautre  pari  de  lo 
fiume ,  plus  natant  que  soiant  à  cheval ,  loquel  se  clamoit  Athénulfet 
ec-  ivi.  Poiché  fu  vinta  la  cilià  questo  Atenolfo ,  se  n*  andò  in  pelle- 
grinaggio a  Gerusalemme ,  e  poi  si  rese  frat6  in  Montecasino.  tri. 


doni  I  né  oro  ;  e  le  sue  parole  non  fruttarono  che  paro* 
le  ^«  Fermatosi  quindi  al  ritorno  in  Teano  ^  ed  avuta 
contezza  i  Capuani  delle  deluse  speranze ,  cominciò  i  n 
essi  a  venir  meno  T animo;  e  stringendoli  la  necessità 
8^  arresero  nel  maggio  1062 ,  ponendo  in  balìa  di  Ric- 
cardo le  mura  e  le  fortezze  *.  Poco  appresso  insignoriva- 
si  il  Principe  per  sorpresa  anche  di  Teano;  perchè  ve- 
dendo una  notte  da  lungi  fiammeggiare  la  città ,  e  sapu- 
to che  un'  incendio  V  aveva  quasi  distrutta ,  Tassali  im- 
provisamente,  e  fuggiti  i  Conti  Pandolfo  e  Landenolfot 
gli  abitanti  giurarono  fedeltà  ^. 

Con  minore  virtù  cadeva  intanto  V  Antipapa  Cada- 
loo.  Le  due  fazioni  travagliandosi  in  Roma  in  conti- 
nue offese  s'erano  per  un  mese  sostenute  nella  città; 
finché  i  casi  d'Alemagna  non  vennero  a  deprimere  le 
forze  degli  scismatici,  l  principi  dell' Imperit),  che  ma- 
lamente avevano  sofferta  l'autorità  d'Arrigo  III,  spre- 
giando il  governo  che  in  nome  del  figliuolo  aveva  as- 
sunto Agnese ,  e  gelosi  del  potere  concesso  al  Vescovo 
d'Augusta  ,  si  dichiarano  contro  l'Imperatrice.  L'Arci- 
vescovo Annone  di  Colonia,  il  Duca  di  Baviera,  il  conte 
di  Brunswich ,  ed  altri  prelati  e  signori ,  nell'aprile  del 
1062 1  rapirono  il  fanciullo  Arrigo  IV  togliendolo  alla 
tutela  della  madre.  Il  Marchese  Gotofredo  di  Toscana , 

'  Car  en  la  cori  de  V  empèreor  d*  Alemaigne  ett  costumance  que  qui 
done  parole ,  parole  rechoU.  Amato  ,  ivi. 

*  Ivi,  La  seconda  occupazione  di  Capua  è  posta  nel  1062  da  Romcal. 
Saìcr.  e  daUa  (Thr.  S.  Sophiae, 

s  Amato  IV ,  30. 

VCL.  IL  6 


—  82  — 

partecipe  a  quella  congiura  < ,  tornato  in  Italia  ?enne 
in  aiuto  di  Alessandro  che  si  era  ritirato  in  Lucca,  e 
congiuntosi  ai  Normanni  lo  ricondusse  in  Roina  \  Allo- 
ra l'Antipapa,  assediato  nella  parte  della  città  che  occa» 
pava,  fu  costretto  ad  aprirsi  la  via  con  l'oro  e  ricoverò 
in  Parma  ^. 

In  mezzo  a  queste  commozioni ,  Roberto  impegnato 
nella  guerra  di  Sicilia ,  benché  avesse  giurato  a  Nicco- 
lò il  di  tutelare  gli  interessi  della  Chiesa  Romana ,  non 
s'era  in  alcun  modo  opposto  ai  tentativi  degli  scismati- 
ci. Ma  quando  nella  primavera  del  1062  Alessandro  si 
trovò  in  maggiore  pericolo,  il  Duca  inviò  milizie,  e  poi 
fu  egli  stesso  a  prestare  omaggio  al  Pontefice  ^  Quindi 
riprese  le  ostilità  contro  i  Greci ,  attendeva  a  nacqui* 
stare  le  città  che  per  opera  d'Abulcare  s'erano  sottratte 
al  suo  dominio.  Un  altro  Catapano  a  nome  Marulo  era 

■  Cum  praediclo  Anna  rapuit  puerum  regem.  Benzone  II ,  i5. 

*  Quasi  ex  iussione  regis  ad  regiam  urbem  Asinelmum  reportavitt 
yormannas  Romam  venire  faciens  svcios  et  amicos  rei  pubblicae  ap- 
pelhvit,  Tenzone  l.  e.  Che  v'inviassero  milizie  Riccardo  e  Roberto, 
si  presume  da  quello  che  altrove  scrive ,  dicendo ,  fossero  col  Papa 
Trynkinoi  e  Tancredi,  II,  i8. 

*  Postea  vero  pecunia  deficiente  ,  comites  reversi  surU  ad  propria 
Vadoìus  vero  revertus  est  in  Parma,  Ass.  Rom.  VenienU  Duce  Gote- 
frìdo  Romam  ,  multis  precibus  et  vmgnificis  donis  eidem  duci  coZ/fl- 
tis  rtjr,  ut  rictus  discederet,  impetravit.  Bonizo  L.  VI,  Benzoke  pre- 
tende ,  ohe  ingannato  da  Gotofredo ,  si  ritirasse  voloDtariamcnte  V  anti- 
papa. 11,  Io. 

^  Bis  autetn  diebus  Robertus  Dux  ad  Aìexandrum  Papam  prof- 
cirns ,  tìgius  homo  ejus  dcvcnit ,  et  sicut  Mcoiao  Papa\  ita  et  huk 
jusjurandum  fecit ,  et  per  vexilto  ab  eo  cum  honore  ducatus  accepit' 
Rox.  Salfr.  an.  t06i. 


—  83  — 

venuto  in  Bari  conducendo  seco  una  flotta  ^  E  dubbio 
però  se  sia  lo  stesso  Miriarca  o  ammiraglio  vinto  allora 
in  battaglia  navale  dai  Normanni  e  rimasto  prigione. 
D'ogni  modo  il  ministro  Imperiale  non  s' avventurò  in 
impresa  di  riguardo  ;  furono  anzi  perdute  Brindisi  ed 
Oria,  e  Roberto  avendole  rioccupate  alzò  un  castello  al- 
la Megiana  ^ 

A  Roma,  a  Gapua,  in  Puglia,  combattevasi  così,  e  po- 
sale le  armi  quasi  in  un  tempo,  si  prolungava  nel  ver- 
no la  tregua.  Solamente  Ruggiero ,  raccozzati  dugenlo 
cinquanta  militi,  scendeva  altra  volta  in  Sicilia, 'corre- 
va depredando  insino  a  Girgenti,  e  assalita  Traina,  ove 
numerosi  erano  i  Gristiani ,  se  ne  impadroniva  ,  festeg- 
giandovi il  Natale  ^  E  fra  i  lieti  successi  gradita  nuova 
lo  richiamò  sul  continente. 

Alessandro  II  appena  eletto  al  Ponteficato  ,  volendo 
mostrarsi  benevolo  ai  Normanni,  aveva  concesso  aire- 
sule  Monaco  Roberto  di  Grentmesnìl,  l'abazia  di  S.  Pao- 
lo in  Roma  * ,  dove  poco  dopo  lo  raggiunsero  le  sue  so- 
relle uterine  Giuditta  ed  Emma.  Nate  con  lui  d'una 
madre,  Adevisa  di  Giroie,  e  da  Guglielmo  Conte  d'E- 
vreux,  sposato  in  seconde  nozze  ;  entrambe,  dicesi,  ave- 

'  Dux  Roberti  barcavit  Sicilia  ^  et  Mandi  Catapanus  venit  in 
Bari.  Ign.  Bar.  i06i. 

•  Robertus  Dux  cepit  iterum  Brundusium  et  fugavU  Graecos ,  et 
wmprehendit  Miriareham  in  praelio ,  et  postea  ivit  super  Oriam  et 
iierum  cepit  eam,  et  fecit  castrum  Mejana  —  Chron.  Brev.  Norm, 
od  an.  1062. 

s  Malat.  II ,  18. 

4  Ecdesiam  S.  Fadi  Apostoli  tradidit  dmec  sibi  congruam  habi- 
tationem  inveniret,  Ord.  Vit.  IH. 

* 


—  8*  — 

vano  preso  il  velo  votandosi  nella  Chiesa  di  8.  Evi^àlfo  K 
Ma  fuggiti  i  congiunti,  il  sacro  asilo  delle  religiose  fu 
turbato  dalle  depredazioni  dei  vicini,  e  dei  ribellile 
Giuditta  ed  Emma  si  ritirarono  in  Italia'.  Non  è  mprò^ 
babile  che  anche  innanzi  la  lor  venuta  l'ambizioso  AtMh 
te  Roberto  trattasse  il  parentado  che  poi  seguì.  Nobi- 
lissima era  la  stirpe  delle  donne ,  discendenti  dal  san- 
gue stesso  dei  Duchi  di  {Normandia  ^ ,  e  non  ignote  a 
Ruggiero  che  nel  recarsi  in  Puglia  s'  era  fermato  in 
S.  Evrulfo  *.  Come  che  sia ,  celati  o  disdetti  i  voti ,  sul 
finire  del  1062,  con  Ernaldo  e  Roberto  di  Grentmesnil, 
giunsero  in  Calabria.  T  accorse  Ruggiero ,  ed  accolti 
gli  ospiti  in  Melito ,  sposò  Giuditta  ^  Compiute  appèsa 
le  nozze,  tornava  in  Sicilia,  e  ne  riedeva  con  eguale t^e- 
lerilà  ,  dopo  che  congiuntosi  ad  Ibn-Thimna  ebbe  a  pat- 
ti Petralia  •.  Ma  le  domestiche  gioie  e  le  vittorie  turbò 
più  fiera  contesa. 

■  Duae  sorores  uterinae  Rodberti  abbatis  Judith  et  Emma  apud  Vtù 
eum  in  Capella  S,  EbnUfi  morabantur ,  et  sub  sacro  velamine  mun- 
do  renundasse  deoque  soli  per  mundidem  corporis  Huiere  credebantur. 
Ord.  Vit.  111.  Non  si  à  altra  testimonianza  che  conferrai  la  narrazione. 

*  Uticensis ecclesiaintus et  extertus  tunc quatiebatur.  — Obd.  Vrr.  1. e. 

*  Vedi  noia  III  in  fine  al  volume. 
4  Ord.  Vit.  1.  e. 

*  Iter  in  Italiam  inierunt  et  relieto  velamine  sanctitatis  totis  nifl- 
bui  mundum  amplectae  sunt ,  et  ambae  maritis  ignorantibus  ^wd  dio 
dedicatae  essent  nupserunt ,  nam  Rogerius  Siciliae  eomes  Judith  «i 
conjugium  accepit ,  aliu^que  comes  cujus  nomen  non  recolo ,  Emmati 
matrimonio  se  conjunxit ,  ivi.  Il  nome  e  la  condizione  della  prima 
moglie  di' Ruggiero,  non  si  trovano  però  uniformamenle  riferiti  dai  Cro- 
nisti. Vedi  nota  IV  in  fine  al  volume. 

«  Malat.  II ,  20. 


li  Duca  Roberto ,  geloso  della  potenza  dei  Coati ,  an- 
che ì  fratelli  voleva  deboli  e  dipendenti  limitandone  i 
possessi  ^  Frequenti  querele  perciò  erano  state  con 
Bi^^^ierOt  e  le  prime  discordie  acquetate  con  la  prò- 
-messa  di  future  concessioni ,  ora  rinascevano.  Chiedeva 
il  Conte  secondo  i  patti,  gli  fosse  ceduta  la  metà  di  Ca- 
labria, non  avendo  ivi  altro  ottenuto  che  la  terra  di 
Melilo -^  Ma  Roberto  negava  investirlo ,  e  forse  abban- 
donandogli gli  acquisti  di  Sicilia  ,  intendeva  serbarsi 
ÌDlero  il  dominio  di  quella  regione^.  Furono  perciò 
fieri  sdegni  e  minacce,  e  voltandosi  in  arme  Tun  con- 
tro 1'  altro  si  divisero  i  seguaci  in  guerra  aperta.  Il  Duca 
»  troncarla,  d' un  colpo  venne  sopra  Melito,  e  Ruggiero 
quantuijque  infermo  per  febbre  d' aria  gli  si  oppose  a 
-mezza  via.  Accampò  sui  monti  vicini  di  S.  Angelo  e 
•Monverde,  respinse  i  primi  assalti;  ma  ricacciato  nella 
fortezza  si  strinse  l'assedio.  Pugnavasi  con  eguale  furo- 
re; soltanto  il  Conte  fuggiva  d'incontrarsi  nel  Duca, 
te  le  sortite  erano  sempre  dalla  parte  opposta  ove  egli 
trovavasi  *.  In  una  però  Ernaldo  fratello  di  Giuditta, 
giovane  cavaliere  e  valoroso ,  fu  ucciso  con  dolore  di 
tutti,  e  il  rammarico  rinfiammò  gli  assediati,  che  usciti 
a  vendicarlo ,  fatta  dei  nemici  non  poca  strage ,  li  co- 
strinsero a  slargarsi  ^  Allora  l'assedio  si  mutò  in  bloc- 

,    ■  Quamvìs  pecunia  largus  in  distributione  tamen  terrarum  aliquan- 
fulum  pardor  eroi,  ivi ,  21 . 

*  Malat.  l.  e. 
.    »  Fazzbllo,  Deca  II,  L.  TU,  e.  4, 

4  Malat.  II,  23. 

'  Ernaldo  era  fratello  uterino  di  Giuditta,  ed  ultimo  nato  dalle. pri- 


—  86  — 

co  I  ed  alzati  [loco  lungi  due  Ibrtillxii,   lo  milìzie  de=- 
Uuea  vi  si  ston^Jarona.  ^fl 

Con  queste  lente  fazioni  si  batlagliavaT  quando  Rug^ 
giero  una  notte  profittando  dell'  oscurità  e  della  u«^ 
gltgenza  degli  assedianti  ^  attraversò  senza  esser  visU^ 
lo  loro  ifincee ,  e  con  cento  cavalieri  s'  allontanò  dkj 
Melito.  L'ardimentoso  drapjieilo  giunto  ìmprovisanierr- 
te  a  Gcrace,  per  favore  degli  abitanti  che  parteggiavar^ 
pel  Conte,  s'insignorì  della  terra,  ed  avendola  niunit^ 
torni  Ruggiero  inosservato  fra  i  suoi  ^  Udita  appena  1 
gorpresa^  accorse  Roberto  menando  seco  una  parte  d^l 
le  tnilizie;  o  rifiutando  i  cittadini  aprire  le  porte,  cerC3 
entrarvi  per  tradimento  Fra  i  Greei  rimasti  in  Cera  e?: 
era  un  Rasilio  ,  uomo  reputato  e  ricco  *,  che  si  offri  ^^ 
agli  inganni.  E  a  prepararli ,  il  Duca  nascosto  nella  c^^ 
eolla  d'un  frale  Greco  penetrò  segretamente  nella  &i< 
tà  ^.  Furono  stretti  gli  accordi',  e  il  traditore  e  la  s  i^i 
moglie  Melita  si  ponevano  a  mensa  con  Roberto,  i^l 
lorehè  nn  servo  avendolo  riconosciuto  ne  sparse  il  gì* 
do,  II  popolo  sollevato  in  subitcf  tumulto,  schiamazs^ci  ^i 
do  furiosamente,  circondò  la  casa,  Tassali,  l'invase?- 
Basilio  fuggendo  per  ricoverarsi  in  una  Chiesa  vicina  ? 

me  nozze  di  Adevisa  di  Giroìe  con  Roberto  di  Grentmesnil.  Gautier  e'AìC 
Conquétes  dcs  Normands  p.  240 ,  Malat.  1.  e. 

■  Malat.  Il ,  22.  Giracium  spontanea  voluntate  Graecorum  ibidei^ 
habitantium,..  aceepit,  Anon.  Sic.  p.  758. 

*  Quemdam  de  potentimibus  urbU  notum  hahens  nomine  Fanlttr», 
ab  ipso  ad  prandium  invitatus,  Malat.  ivi  2L  Anon.  Sic.  1.  e. 

^  CapucU)  capite  coperto,  Malat.  ivi  2i.  Altri  dicono  entrasse  sol* 
io  le  spoglie  d'un  servo.  Amato  tace  in  tutto  questa  contesa  tra  i 
fratelli. 


1 


—  87  — 

venne  uccìso,  e  la  sua  donna  con  più  inonesto  supplizio 
impalata  *.  Roberto  solo  ed  inerme  in  mezzo  al  volgo 
furibondo,  mancò  poco  non  fosse  trucidato;  ma  gli  val- 
se l'audacia  sua,  il  consiglio  dei  più  prudenti,  la  mi- 
naccia della  terribile  vendetta,  che  i  fratelli  e  le  sue 
genti  avrebbero  presa  della  sua  morte  ^.  Fu  quindi  rite- 
nuto prigione.  Intanto  le  milizie  accampate  fuori  le 
mura  fatte  certe  della  prigionia  del  Duca ,  celeramente 
ne  davano  avviso  a  Ruggiero;  mentre  la  fama  corren- 
done intorno  ,  con  falso  rumore  propagava  già  spento 
Roberto.  Giunse  così  a  Sichelgaita,  la  quale  trovandosi 
poco  lungi ,  vi  prestò  fede ,  e  fuggi  in  Tropea  per  im- 
barcarsi, dubitando  che  morto  il  marito  i  nemici  non 
le  facessero  ingiuria  ^.  Intanto  il  Conte  giovandosi  di 
quello  improviso  sbigottimento ,  imposto  si  disarmasse 
il  presidio  che  oppugnava  Melito  e  s' atterrassero  i  for- 
tilizii  ;  corse  in  aiuto  al  fratello.  E  perchè  temeva  che 
gli  abitanti  di  Gerace  volessero  tenerlo  come  ostaggio  , 
0  ucciderlo,  obbliate  le  precedenti  gare,  ma  pur  simu- 
landosi lieto  della  cattura  ,  e  disposto  ad  usurparne  i 
dominii ,  richiese  si  ponesse  in  sua  balìa  Roberto.  In- 
timiditi 0  ingannati  i  cittadini  consentirono*,  e  dopo 

*  Tania  imputate  a  suis  civibus  attrectata  est  ut  stipite  ad  ipso 
ano  usque  ad  praecordia  trans fixa,  inhonesta  morte  vitam  terminare 
cogeretur,  Malat.  ivi. 

*  Malat.  pone  in  bocca  al  Duca  un  lungo  discorso  e  conchìude:  ta- 
libus  verbis ,  faventibus  siM  sapientioribus  urbis ,  ignobile  vulgo  tu- 
muìto  sedato,,,  Ducem  in  capione  ponunt,  li,  24. 

*  Anos.  Sic.  Malat.  U.  27. 

^  Malat.  fra  le  altre  ragioni  attribuile  a  Ruggiero  per  persuadere 
i  citudini  scrive  :  Si  diutus  differre  tentatis ,  ecce  ad  praesens  vineta 


—  st- 
ayer ottenuto  giuramento  dal  Duca,  che  ninna  fortc^^ 
sarebbe  mai  costruita  nella  loro  terra,  lo  rilasciarono  ^ 
Nacque  da  quell'accidente  il  desiderio  di  pace.  Roberto 
piegandosi  a  cedere  le  città  che  innanzi  aveva  promes- 
se ^,  investi  il  fratello  della  metà  di  Calabria,  e  noo: 
ebbe  altro  seguito  la  contesa  ^. 

Valse  anche  ad  affrettare  gli  accordi,  il  timore  d'altri 
pericoli.  0  volesse  Gadaloo  procurarsi  più  valido  scnste- 
gno  in  Italia  collegandosi  ai  Greci  in  danno  dei  Nor- 
manni ;  0  Costantino  Duca,  vedendo  nello  scisma  una  fa^ 
vorevole  occasione  a  rinnovare  la  guerra  sollecitasse 
r amistà  degli  scismatici;  alcune  trattative  furono  tra 
questi  e  i  Bizantini.  Riferisce  Benzene  una  lettera  scrit^ 
ta  dair  Imperatore  d'Oriente  all'Antipapa,  nella  quale 
se  interpolò  qualche  frase  il  Vescovo  d' Alba ,  nemico  di 
Alessandro  II  e  dei  suoi  fautori;  non  è  perciò  meno  pro- 
babile r  alleanza  che  vi  si  accenna ,  offerta  al  giovine  Ar- 
rigo ed  a  Cadaloo  per  punire  «  gli  usurpatori  degli  impe- 
riali ufficii  *.  »  Ed  a  rendere  più  certa  la  testimonianza 

et  oliveta  vestra  extirpàlmntur ,  urbe  vestra  a  nobU  obsessa ,  machU 
natnentis  apparatis  nulla  cantra  noi  praesidia  tuebuntur,  ivi. 

«  Ivù 

•  Jhix  corniti  Calabriam  partit.  ivi  28.  Alteram  partem  SicUiae  atque 
Calabriae  possidendam ,  alteram  custodiendam  sanctissimo  Corniti  fratti 
sui  permisit,  Anon.  Sic.  Ma  la  divisione  della  Sicilia  avvenne  più  lardi. 

^  V  anonimo  traduttore  di  Amato  volendo  supplire  alla  lacuna  che  è 
nel  lesto  intorno  a  questa  domestica  guerra  dice  :  Non  mest  cette  hi- 
stoire  coment  ot  brigue  avec  lo  conte  Rogier  son  frère ,  et  coment  lo 
ala  prendre ,  et  quc  non  là  pot  prendre  en  la  ette  lo  persecuta  en  Si- 
cilie ,  dont  il  fu  prist  de  li  Sarasin ,  et  lo  frère  puiz  lo  racható. 
V ,  26.  Altera  cosi  la  prigionia  in  Gerace. 

4  Docnm.  V. 


—  sa  — 

8*  aggiungono  i  tentativi  fatti  nella  Puglia  dal  Gatapa^- 
no  Marulo.  Mediatore  degli  accordi  fra  gli  avversarii 
del  Papa  e  Costantino,  si  dice,  il  Patrizio  d'Amalfi  ^  ;  e 
come  che  sia,  Cadaloo  ricoverato  in  Parma,  non  trala- 
sciava alcun  mezzo  per  accrescere  il  numero  dei  suoi  se- 
guaci ,  per  suscitare  nemici  ai  Normanni ,  e  sopratutto  al 
Principe  diCapua ,  il  quale  più  vicino  a  Roma  opponevasi 
ai  suoi  disegni.  Le  speranze  suscitate  dall'Antipapa ,  in- 
dussero forse  i  Conti  di  Traetto,  di  Maranola,  di  Suio, 
e  la  vedova  del  Duca  di  Gaeta  insieme  al  suo  figliuolo 
Atenolfo  II,  a  stringere  una  lega  difensiva,  nel  giugno 
4062,  obbligandosi  a  non  fare  né  tregua  né  accordo  por 
»n  anno  co' Normanni  *.  Altri  forse  congiuravano  anche 
in  Puglia  e  Calabria^  se  vuoisi  prestar  fede  alle  parole 
di  Benzene  ^;  e  lo  stesso  Principe  di  Salerno  non  sem- 
bra rimanesse  estraneo  a  quelle  segrete  macchinazioni. 
Dopo  le  nozze  di  Sighelgaita  con  Roberto ,  né  amico  a 
questi  ,  né  apèrto  nemico  apparisce  Gisolfo  ;  ma  una 

■  Bac  eadem  die  aUate  sunt  ex  Bizancio  regales  lUteras.  Partita^ 
res  vero  lUterarum  fuerunt  tres  misti  purpura  induti.  Benzone  11, 
12.  Ma  poi  dice  inviata  altra  lettera  per  manum  Malfitani  Patricii^ 
ni,  5,  e  lo  chiama  Pantaleo,  ivi,  2.  Duca  d'Amalfi  era  allora  Giovan- 
ili m  con  suo  figlio  Sergio  ;  ma  fo^se  ebbe  nome  Giovanni  Pantaleo. 
-  »  I  conti  di  Traetto  Landò ,  Daoferio ,  Landone ,  Pandolfo ,  Giovanni 
conte  di  Maranola,  i  conti  di  Suio,  Rainerio,  Leone,  Landolfo,  Giovan- 
ni ,  Pietro ,  promettono  Kalendas  junii  quintadeeimfi  Ind.  che  :  nec 
finem,  tue  paelum  cutn  Normannorum  gens,  nec  ponimus  nee  firma- 
.mu$  per  nullum  ingenium ,  sed  quodcumque  cum  eis  facere  venimus , 
inuimul  vobiscum  praenominatis  uterque  facere  firmam  ec.  Dichiaravano 
^e  questo  accordo  durerebbe  un  anno.  Federici  p.  396. 

^  AptUia  iiquidem  et  Calalnia  te  praestolantur  ^  diceva  Benzohe  ad 
Arrigo  IV.  Ul ,  U. 


—  90  — 

parte  dei  suoi  dominii  aveva  dovuto  cedere  a  Guglielmo 
d'Altavilla  *,  e  le  rimanenti  terre,  poste  tra  le  due  si- 
gnorie Normanne  non  erano  sicure  dalla  cupidità  dei 
vicini.  Il  sospetto,  i  recenti  rancori,  il  desiderio  di  riac- 
quistare r  avita  potenza,  infievolivano  l'odio  antico  con- 
tro i  Greci,  e  Gisolfo,  tolto  il  pretesto  di  un  perogri- 
naggio  in  terra  santa,  si  recò  in  Oriente.  L'accompa- 
gnavano, un  Bernardo  Cardinale  *,  e  l'Arcivescovo  di 
Salerno;  i  quali  ignari  di  sue  mire,  proseguirono  il 
cammino  per  visitare  il  sepolcro ,  mentre  il  Principe 
soffcrmavasi  a  Costantinopoli  presso  l'Imperatore.  Pro- 
metteva assalire  Roberto,  scacciare  d'Italia  i  Norman- 
ni, dove  gli  si  fornisse  quanto  era  necessario  a  soldare 
numerose  milizie ,  e  pegno  di  sua  Tede  avrebbe  dati  io 
ostaggio  i  due  prelati  ^.  Ma  Bernardo  reduce  da  Geru- 
salemme rifiutavasi  a  rimanere,  e  morì  tra  pochi  giorni; 
r  Arcivescovo    fu  lasciato   tornare ,   poiché  Costantino 
pago  dei  dei  giuramenti  di  Gisolfo,  gli  fece  ricchi  doni, 
e  rinviollo  col  danaro  richiesto  *. 

Fra  questi  accordi  segreti  e  palesi ,  Cadaloo  sorretto 

•  Vedi  p.  4(). 

'  Gisdfe  prist  lo  baston  et  V  cffcìipe  come  pérégrin  et  ala  a  Costan- 
tinople.  Amato  IV ,  57.  Lo  archevesque  de  Salerne  ,  et  un  evesque  è 
Rome  estoient  humile  devant  la  majesté  impeiial ,  entre  tarU  que  Gì- 
solfe  parloil  dq  la  perversion  de  li  Normant ,  ceauz  parloient  de  la 
voie  de  lor  pérégrinage.  ivi  38.  Ma  il  tempo  del  viaggio  è  iocerlo. 

*  Et  quant  il  poi  procura  la  destruction  de  lo  due  Robert  et  if 
tuit  li  N(yrmant.  ivi  39. 

4  Et  tant  fist  qu'il  rechut  Ix ,  centenairc  de  or  d-e  lo  imperm; 
et  de  ces  denièrs  devoil  sddoir  gcnt  et  confondre  li  Nmmant,  Et  lo 
impercor  constreint  lo  pnnce  à  tout  terrible  sacrement,  ivi. 


—  91  — 

dai  Vescovi  Lombardi,  e  confidando  nelle  intelligenze 
dei  suoi  p£^^teggiani,  nella  primavera  del  1063  accostato- 
si improvisamente  a  Roma ,  riusciva  di  notte  a  penetrare 
nella  città  Leonina  ,  e  ad  invadere  la  Chiesa  di  S.  Pietro. 
Ma  al  dì  seguente,  costretto  a  rinchiudersi  nel  castello  di 
S.  Angelo ,  vi  restò  sotto  la  difesa  di  Crescenzo  ^  Le  due 
fazioni  ripresero  le  armi;  il  presidio  Normanno  che  trova- 
vasi  nella  città  assediò  l'Antipapa,  e  furono  diversi  scon- 
tri, e  vicendevoli  sorprese,  saccheggi  ed  uccisioni  *.  Ac- 
corsi però  altri  Normanni ,  gli  scismatici ,  non  osarono 
affrontarli ,  e  Cadaloo  si  trovò  rinchiuso  da  ogni  parte  ^. 

•  Congregata  pecunia  revetsus  est  Rome.  Ann.  Rom.  Transaeio  an- 
no ^  occulte  quasi  fur  Romam  venU adjuvantibus  eapitaneis  et 

quibusdam  pestiferis  Romani».  Bonizo  L.  VI.  Benzone  al  solito  vuole 
che  fosse  invitato  dai  Romani.  1( ,  16. 

*  Niun  Cronista  narra  questi  combattimenti  ;  ma  sono  ampollosamen- 
te descritti  da  Benzone  che  senza  dubbio  ne  esagerò  le  tinte.  Egli  dice 
che  Hdebrando  invitò  i  Nonnanni  a  scacciare  di  Roma  Cadaloo  ed  i  suoi 
segnaci;  ma  in  una  prima  zuffiai  questi  prostemuntque  efc  eis  quosdam^ 
inculcantes  alios  usque  ad  montem  Coelium ,  ubi  inter  utramque  aciem 
gravem  eommissum  est  praelium.  Multi  quidem  eorum  interierunt  vel 
confossione  armorum  seu  calcibus  equorum.  Una  seconda  volta  raccon* 
ta  che  i  Normanni  ponessero  un  agguato  ad  loeum  qui  dicitur  Opus 
Praxilii  ;  ma  assaliti  :  in  prima  quidem  belli  vertigine  utrobique  più- 
ribus  prostratis  resonat  fragor  i-uptis  hostU,..  iteruik  a  nostris  requi- 
runtur ,  vulnerantur ,  prostemuntur.  Ad  extremum  ooUecti  in  angulo 
petunt  pietatis  dextras  et  sub  jurejurando  poUteentur  nostnu  reHn- 
quere  terras,  II,  18.  Ma  queste  pretese  vittorie  non  s'accordano  con 
la  fuga  deir  antipapa  in  castel  S.  Angelo. 

3  Bo^zo  l.  e.  Gotefredus  seilieet  aique  Sarabaiia...,  Atrahuntque 
alios  Normannos^  qui  foris  stantes  non  permittut  feriaire  Romanos, 
Sepissime  venientes  ad  portam  Happii ,  minantur  obsidùmem ,  et  vel 
vi  vel  fraude  sancii  Pauli  invadere  munitionem,  Bekz.  L  c.  Poi  dice 
che  rubassero  1  doni  fatti  da  Costautino  Monomaco  alti  Chiesa  Romaqa* 


—  9.2  — 

Solleoitò  allora  aiuti  di  Germania ,  e  il  Vescovo  d'Alba 
prescelto  ad  impetrarli  neir  ottobre  giunse  a  Quiedlin— 
burgov' era  Arrigo  IV.  Recava  altre  offerte  dei  Greci    ^ 
se  vere  o  mentite,  s'ignora.  Costantino  diceva i  do\rci 
sia  certo,  che  i  Tedeschi  scenderanno,  per  muov^ir 
guerra  ai  Normanni  in  Puglia  ed  in  Calabria ,  invier-^  Si 
nel  golfo  Amalfitano  una  flotta  di  cinquanta  navi ,  s«^— 
conderà  d'ogni  maniera  l'impresa,  e  per  venti  an:ani 
manterrà  a  sue  spese  le  milìzie  ^  Gli  oppressi  popò  1  i 
aggiungeva  Benzone,  invocare  la  vendetta  d'Arrigo    , 
contro  gli  stranieri ,  che  quasi  indomiti  giumenti  cox*-r 
revano  le  campagne  di  Roma*.  Quali  accoglienze  tro  — 
vassero  nella  Corte  Alemanna  queste  proposte  non      ^ 
possibile  accertare.  Il  messo  di*Cadaloo  pretende  cF»^ 
furono  accettate,  ed  egli  s'affrettò  a  venire  in  Italia    ^ 
per  annunziare  l'amistà  stabilita  con  l'Imperatore  d'C-* 
riente,  e  la  prossima  liberazione  dei  Romani  e  de^^^ 
abitanti  di  Puglia  e  Calabria  '.  Ma,  o  le  sue  fallaci  sp^^ 

III ,  1 ,  e  che  i  Romani  cottidianas  cura  Normawnos  exereeni  palninMS» 
ivi ,  1(>. 

•  Bekzone  dice  che  a  lui  ed  a  Cadaloo  fu  per  mezzo  del  Patrìzio  di 
Amalfi  inviata  una  lettera  dall'Imperatore  Costantino,  che  egli  trascrive 
ad  Adalberto  Arcivescovo  di  Brema ,  nella  (juale  erano  le  promesse  rife- 
rite (  vedi  Docum.  V  )  Recatosi  poi  il  Vescovo  d'  Alba  in  Germania  alla 
presenza  d'  Arrigo  e  della  sua  corte  affermava  :  Qnaecumque  habet  et 
habere  potest  poUicelur  libi  Costantinus  Doclicius  ^  rex  Bizanzenus, 
tanquam  si  esses  pi/rphirogenitus  filius  ejus,  Quicquid  enim  in  epiito- 
/m  suis  legitur ,  quacumque  bora  voluetis  complebitur,  L.  Ili ,  i4. 

»  Apulia  si  quidem  atque  Calabria  apertis  portis  praestolantur ,  ut 
vindictam  facias  de  hiis ,  qui  per  Romana  rura  vclut  iumenta  indo- 
mita pervagantur,  ivi. 

'  Deinde  in  kamna  recepto  cum  tribus  xilentiariis   domno  electo 


—  93  — 

ratìze  riferi  come  certezza ,  o ,  come  sembra  probabile  , 
r  ambizioso  Arcivescovo  Adalberto  di  Brema  che  allora 
prepoleva  nella  corte  Alemanna  e  sull'animo  del  giova*^ 
ìie  Principe,  si  mostrò  inchinevole  a  sostenerle  ^;  e 
fra  le  discordi  opinioni ,  e  le  gelose  gare ,  prevalse  in 
ultimo  r  autorità  ed  il  parere  del  suo  emulo  Annone 
Arcivescovo  di  Colonia.  Propenso  questi  ad  Alessandro, 
ottenne  che  s'intimasse  un  Concilio  generale  in  Manto-» 
va  per  esaminare  le  ragioni  dei  due  Papi  ^.  A  Cadaloo 
intanto  fu  tolto  il  titolo  di  Cancelliere  del  Regno  d' Ita- 
lia, e  continuando  a  tenersi  chiuso  in  Castel  S.  Angelo, 
non  gli  venne  altro  aiuto  di  Germania. 

Cadevano  così  gli  accordi,  quali  che  fossero,  fra  gli 

seHatin  cuncta  enucleavi  quae  aceepi  ab  hore  regia,..  ScUieet  de  cer* 
tUudine  adventus  eius ,  de  confirmanda  amicida  quam  expetébat  rex 
Bizanzenus^  et  ut  Apulus  et  Calaber  habeant  in  Beo  et  venturo  regi 
iuae  libeì'atianis  spem  firmam.  ivi  25. 

■  Adalberto  di  Brema  uno  dei  tutorì  e  consiglieri  di  Arrigo  IV,  dopò 
che  fu  rapito  alla  madre,  emulò  in  potenza  Annone,  e  seppe  con  ac« 
corti  modi  procacciarsi  la  benevolenza  deir  inesperto  re  secondandon<9 
le  inclinazioni.  Egli  aspirò  a  divenire  Papa  del  Nord  facendo  di  Bre^ 
mi  un'altra  Roma.  Mostrò  sempre  grande  propensione  verso  i  Greci , 
dai  quali  per  vanità  faceva  derivare  la  sua  stirpe.  Adam  Brem.  Hist. 
JBed.  lU,  26,  33.  Voigt.  Stor.  di  Greg.  Vlt^  e.  3.  —  Bei^zone  né 
parla  con  deferenza ,  dice  che  si  trattenne  disputane  secum  de  necet* 
èariis  publicae  rei...  Ipse  vero  me  istruebat  ex  Aiù,  quae  erant  nt«n- 
eianda  domno  electo^  senatuiy  aliarumque  dignitatum  gradibus,  si* 
mvique  Aguliae  atque  Calabria  civitatum  primatibus.  Ili ,  20. 

*  Annone  aveta  riunito  un  primo  Concilio  nel  1062 ,  in  Osbor  come 
vuole  Pier  Diamiano  ,  o  in  Augusta ,  ma  la  quistione  dello  scisma  non 
vi  fu  definita.  Nel  1064  si  recò  in  Roma,  accordandosi  con  Alessandro 
per  la  convocazione  di  un  Concilio  generale  in  Mantova,  Bekzomìs  lo 
dipinge  sempre  come  un  nemico  di  Cadaloo. 


—  94  — 

scismatici  ed  i  Greci  per  abbattere  con  gli  aiuti  d' Ar- 
rigo IV  e  degli  indigeni,  la  potenza  del  Papa  e  dei  Nor- 
manni. E  dair altra  parte  ripresa  l'offensiva  in  Puglia , 
guerreggiavasi  alla  spicciolata,  procurando  ciascuno  dei 
Conti  allargarsi  sopra  i  deboli  vicini.  Goffredo  %lio 
di  Petrone  Conte  di  Trani  s' insignoriva  nuovamente  di 
Taranto,  e  di  Motola  nel  maggio  1063  ^  ;  e  nell'aprile 
del  1064  Roberto  e  Goffredo  Conti  di  Montescaglioso , 
figliuoli  ad  una  sorella  del  Duca  occupavano  Matera , 
e  nel  giugno  Castellaneta  ^.  Disfrancato  da  ogni  timore 
sul  continente,  Ruggiero  attendeva  a  raffermare  ed  esten- 
dere le  conquiste  in  Sicilia. 

'  Et  capta  est  Taranto  a  filio  Petrone  mense  ma§^i,  Ign.  Bar.  ad 
an,  Compraeìiensa  est  civitas  Tarenti  a  Normannis.  Lupo  Prot.  — 
Mense  aprili  mortuus  est  Gaufredus  cmnes  et  Goffridus  fllius  ejus 
cepit  TarerUum ,  deinde  ivit  super  castrum  Motulae  et  comprehendit 
eam,  Chr.  Brev.  Norm.  — -  L*  anonimo  autore  di  questa  cronaca  non  si 
accorda  con  V  Ignoto  Barese  ,  che  dice  presa  Taranto  dal  tiglio  di  Pe- 
trone il  quale ,  come  si  vedrà ,  ebbe  nome  Goffredo  e  fu  signore  di 
quella  città.  Deve  quindi  supporsi,  che  per  errore  fu  trascritto  Gau- 
fredus Comes  in  luogo  di  Petrus ,  o  che  quelle  parole  filius  ejus  si  ri- 
feriscono ad  un  nome  mancante  nel  testo.  A  crescere  la  confusione  U 
Chr.  Brev.  Norm.  scrive  sotto  Panno  1004.  Mortuus  est  in  Tarento 
GuUlelmus  comes  ejus, 

•  Robertus  comes  cepit  Matera  in  mense  aprili ,  et  in  mense  junio 
Gaufridus  comes  comprehendit  Castanetum.  Chr.  Brev.  Norm.  Essi 
sono  senza  dubbio  gli  stessi  ricordali  da  Gugl.  App.  II. 

....  Kobertus  de  Scabioso 

Monte  Comes ,  dictus ,  Gofridi  frater ,  et  ambo 

Orti  germana  fueranl  Ducis. 
Erano  figli  ad  una  sorella  del  Duca  Roberto  d' ignoto  nome  secondo 
il  DucANGE  (gcnealog,  in  app.  ad  Amato)  ma  che  forse  fu  Emma, ma- 
ritata al  Conte  di  Conversano  che  alcuni  chiamano  Tristano. 


-^os- 
te discordie  e  le  nimistà  surte  tra  i  due  fratelli,  ave- 
vano dato  animo  ai  loro  nemici  neir  isola.  Ibn-Thim- 
na  principale  sostegno  dei  presidii  ivi  lasciati  ,  nel 
tempo  che  si  pugnava  intorno  Melito,  assaliva  Antel- 
la.  Ma  tratto  in  inganno  da  un  Musulmano  che  difen- 
deva quella  terra,  altra  volta  a  lui  soggetta,  confidando 
nella  simulata  promessa  di  averla  per  accordo ,  cadde 
in  un  agguato  e  fu  spento  ^  La  sua  morte  tolse  ai  Nor- 
manni r  utile  alleanza  della  fazione  avversa  ad  lbn*Haw- 
wasci,  e  dubitando  d'essere  sopraffatti,  quelli  che  si 
trovavano  in  guardia  di  Trairta  e  di  Petralia,  fuggiro- 
no in  Messina*.  Rinvigorivasi  quindi  l'odio  contro  gli 
invasori ,  e  Ruggiero  rattenuto  in  Calabria ,  indugiava 
al  soccorso.  Armi  e  danaro  gli  mancavano ,  e  seguita  la 
pace  con  Roberto,  a  provvedersene  entrato  in  Gerace 
impose  si  costruisse  presso  alla  mura  un  castello.  Invo- 
cavamo i  cittadini  i  patti  giurati  daUDuca,  i  resi  servi- 
gi ;  schermivasi  il  Conte ,  dicendo ,  che  partito  ora  il 
dominio  della  terra,  non  l'obbligava  quel  sacramento  ; 
pure  se  volessero  venderebbe  la  concessione  ^.  Per  tal 
modo  sforzatigli  abitanti  a  riscattarsi ,  adunò  Ruggiero 
trecento  militi,  ed  insienfé  alla  giovine  moglie,  disceso 
in  Messina,  raccozzate  le  altre  schiere  rioccupava  Trai- 
na sul  finire  del  1062.  Festose  accoglienze  innanzi  gli 
avevano  fatte  i  Cristiani  che  l'abitavano,  Greci  nella 
maggior  parte,  e  anche  allora  apparivano  lieti  del  ritor- 
no; ma  fatto  già  sperimento  dei  nuovi  signori,  meno 

'  Malat.  Il ,  22 ,  chiama  il  traditore  Nickele. 
•  Malat.  ivi* 
'  Ivi  II,  28. 


—  96  — 

sincere  erano  le  dimostrazioni  ^.  La  città  posta  fra  i 
monti ,  forte  per  sito ,  munì  il  Conte ,  e  lasciatovi  den- 
tro Giuditta  e  uno  scarso  presidio,  mosse  verso  Nicosia. 
Prima  però  che  l'oppugnasse,  costringevalo  a  indietro 
giare  la  ribellione  di  Traina.  I  perfidi  Greci»  scrive  il 
Malaterra ,  sol  di  tanto  offesi ,  che  i  militi  del  Conte 
ospitati  nelle  loro  case  le  mogli  e  le  figliuole  seduceva- 
no ,  congiurarono  di  levarsi  in  armi  per  ucciderli  e  di- 
scacciarli ^  Scoperta  la  trama,  i  pochi  Normanni  si  rao* 
colsero  intorno  a  Giuditta  e  con  grande  valore  dal  matti- 
no alla  sera  resistettero.  Finché  sopraggiunto  Ruggiero, 
e  trovati  da  una  parte  i  suoi ,  dall'  altra  gli  abitanti  che 
innalzate  alcune  trincee  combattevano,  apertasi  la  via, 
si  rinchiuse  nel  castello.  Accorsi  però  in  difesa  dei  ri- 
belli cinquemila  Musulmani  dai  luoghi  vicini ,  circon-* 
darono  gli  stranieri ,  e  vietando  uscissero  a  provvedersi 
di  vettovaglie  in  poco  tempo  fu  grande  distretta.  La 
fame ,  spingeva  gli  assediati  a  frequenti  sortite,  e  quel- 
li che  non  perivano  contrastando  la  preda,  cadevano 
rifiniti  dai  travagli ,  e  dal  mancato  alimento  ^  L' inedia 
il  difetto  di  tutto,  premeva  il  Conte  e  T ultimo  degli 
armigeri ,  trascorrevano  i  giorni  e  s'  accresceva  la  ne- 
cessità ;  gli  abiti  stessi  divenuti  logori  mancavano.  E 

*  Iterum  et  si  non  cum  tanta ,  ut  prius ,  tamen  aìaeriiate  tusei' 
pUur.  ivi. 

»  Graeci  vero^  semper  gcnus  perfidissimum,  hoc  solo  offensi,  qw4 
mUites  Comitis  in  domibus  suis  ìwspitabantur ,  de  uxoribus  et  filia- 
bus  timentes  ec.  ivi. 

»  Fames  angustia  et  assidui  certaminis  ,*et  vigiliarum  aestu.,»  per- 
plurimum  deficiebant,  ivi. 


-97^    . 

Ruggiero  e  Giiditta  non  avevano  j^iù  per  ricoprirsi  jie 
non  una  cappa  sola ,  e  l'usavano  a  vicenda  secondo  che 
maggiore  n'  era  il  bisogno  ^  Pure  non  disperando  si  so- 
stenevano ì  Normanni ,  e  con  1*  usata  ferocia  affrontava- 
no gli  assalti^  sorprendevano!  molestavano  gli  assedian- 
ti^r  sp^so  l'ardite  fazioni  spingendo  fuori  le  mura  in 
cerca  dì  vettovaglie  e  di  foraggi.  Avvenne  un  di  che  ri- 
predando  un  drappello  ìiscitò  a  predare  »  discese  a  so- 
stenerlo Ruggiero  »  e  circondato  ebbe  morto  il  cavallo  » 
e  iniMse  prigione.  Ma  gli  riuscì  di  por  mano  alla  spada* 
Or  ruotandola  intorno  respinse  gli  assalitori ,  e  tolta 
secò  la  sella,  fu  salvo  ^.  Quattro  mesi  durarono  le  sof- 
ferenze e  le  zuffe ,  insino  a  che  non  vi  diedero  termine 
r^sprissimo  verno  4el  1063,  e  la  negligenza  dei  nemici. 
Non  sopportando  questi  gli  insoliti  rigori  della  stagione 
inebriandosi  sovente  per  attemperarli ,  e  trascurando  la 
consueta  vigilanza ,  lasciarono  sorprendersi.  Nel  silen- 
zio della  notte  irruppe  Ruggiero  sulla  città ,  ne  superò 
le  munizioni  senza  contrasto ,  e  sgominati  i  difensori , 
molti  ne  uccise,  i  rimanenti  disperse.  Fuggirono  ì  Mu- 
sulmani ,  gli  abitanti  scampati  dal  furore  della  mischia 
con  crudele  vendetta  vennero  puniti ,  e  primo  fra  tutti 
fu  impiccato  un  Forino,  istigatore  e  capo  della  ribel- 
lione ,  insieme  ai  suoi  complici  ^ 

Soggiogata  la  terra,  il  ricco  bottino  servì  a  rifornire 
il  castello,  lasciandone  il  governo  a  Giuditta,  passò 

'Ivi. 

•  Malat.  ttn,  50. 

*  IvL  Altri  codici  scrivono  Polorìno  in  luogo  di  Forino,  e  TAnok. 
Sic,  lo  chiama  Glotioo. 

voL.  n.  7 


—  98  — 

Ruggiero  ad  assoldare  altre  milizie  in  Calabria  ed  in  Pu- 
glia ^  D'onde  recato  stuolo  più  numeroso  di  seguaci , 
armi  e  cavalli,  riprese  la  guerra.  Simulando  una  corre- 
rìa s' avvanzò  Serlone  suo  nipote  con  trenta  cavalieri 
presso  le  mura  di  Gastrogioyanni  per  trarne  fuori  il  pre- 
sidio, misto  di  Saraceni  Siculi  ed  Africani.  E  questi 
usciti  sterminavano  quel  drappello  ,  ma  scontrandosi 
nel  Conte  e  neir esercito  intero,  cedevano  ritraendosi 
,dopo  aspra  battaglia.  Allora  saccheggiati  i  dintorni,  Ca- 
latavaturo  e  più  oltre  sino  a  Butera ,  tornavano  i  No^ 
manni  carichi  di  preda  in  Traina  menando  seco  i  pri- 
gioni ^.  Altri  successi  seguirono.  I  Musulmani  ricevuti 
d'Africa  nuovi  sussidii,  s'accampavano  presso  il  fiume 
Ceramo  ^,  e  fronteggiavali  il  Conte  per  tre  giorni.  Poi 
tentando  altrove  il  guado  l'oste  nemica,  accorreva  Se^ 
Ione  a  respingerla,  e  la  pugna  ineguale  dalla  vanità  dei 
narratori ,  per  incredibili  e  portentosi  eventi ,  si  mutò 
in  subito  trionfo.  Kon  più  che  trentasei  Normanni  sba- 
ragliavano oltre  a  trentamila  combattenti'^;  sui  quali 
piombando  l\uggiero ,  divisi  i  suoi  cento  militi  in  due 
coorli,  ed  a  Tuna  preposti  il  nipote,  Ursello  di  Baileul, 
ed  Asgot  de  Puteolis ,  l' altra  guidando  egli  stesso  ;  ot- 
teneva compiuta  vittoria.  Quindicimila  cadevano  morti 
e  il  duce  loro,  coperto  d'armi  perfettissime  era  ucciso 

•  Malat.  ivi  ,  31. 

•  Ivi.  32. 
s  Ivi.  33. 

4  Cum  triginta  mUlia  essent ,  exceptis  peditibus ,  quorum  infinita 
erat  moltitudo ,  quod  mirum  dictum  est ,  ipse  triginta  sex  fnUUtf 
habens ,  omnes  in  fugam  vertil,  ivi. 


—  99  — 

dal  Conte.  Vero  è  che  a  supplire  all'umana  virtù  ^,  si 
aggiunsero  prodigi  e  miracoli  ,*e  rn  mezzo  alla  mischia, 
si  disse ,  tutti  aver  visto  un  cavaliere  che  vestito  di  luc- 
cicante acciaro  ,  su  bianco  cavallo  ,  combatteva  ,  nel 
terribile  aspetto  simigliante  a  S.  Giorgio  *.  Anche  sul 
pennone  dell'  asta  del  Conte  apparve  una  croce  *.  Ma 
quale  è  descritta  la  battaglia ,  o  fu  lieve  scaramuccia  , 
o  in  più  giuste  proporzioni  è  da  ridurre  il  numero  dei 
vinti  e  dei  vincitori ,  ed  i  danni  vicendevoli.  Che  se 
piacque  ai  Cronisti  mentire,  esaltando  il  valore  dei  Nor- 
manni, quanti  ne  perissero  nell'acquisto  di  Sicilia,  per 
confessione  dello  stesso  Ruggiero,  solamente  Dio  e  ì 
suoi  Santi  lo  seppero  K 

Volendo  credere  al  Malaterra,  unica  fonte  dell'esa- 
gerato racconto ,  nel  dì  seguente  alla  pugna ,  continuò 
la  strage  dei  fanti  scampati  sopra  i  monti  vicini,  e  quel- 
li che  non  furono  morti  vennero  venduti.  Poi  dal  fetore 
dei  cadaveri  costretto  ad  allontanarsi,  riedeva  il  Conte 
ih  Traina,  conducendo  seco  le  ricchezze  trovate  nelle 
tende  nemiche;  e  testimonio  di  sua  devozione  e  del 

'  Nam  humanae  vires^  tam  magnum  quid,  tamque  noslris  tempo» 
,nòtM  inaudUum,  nec  praesumere  quidem,  nedum  perficere  potuU' 
imt,  ivi. 

*  Quidam  eques  splendidus  in  armis^  equo  albo  imidens ,  album 
ve^ciUum  in  summitate  hostUis  alligatum  ferem,,.  sanclum  Georgium 
ingeminando,  ivi. 

3  ivi. 

4  Numerus  autem  ilhrum  meorum  mUitum  qui  in  acquisitione  ter* 
me  SicUiae  mortui  mrU ,  soli  Deo  et  Sanctis  eis  eognitus  est  ;  mihi 

'iwro  cum  omnibus  aliis  kominiòusjncognitus.'-'  JHplom.  EccL  Catan. 
an.  1091 ,  ap.  Pirri  p.  52i. 


—  400  — 

trionfo  inviava  a  Papa  Alessandro  quattro  cameli  che 
erano  parte  del  bottinò.  Come  fausto  augurio  afi  pro- 
gressi della  fede  giungeva  in  Roma  1'  annunzio  del- 
la vittoria,  e  perchè  un  visibile  segno  del  divino  fa- 
vore infiammasse  a  maggiori  cimenti  i  guerrieri  di 
Cristo  ,  il  Pontefice  concesse  ampia  indulgenza  alle 
loro  colpe  ,  ricambiando  i  doni  con  un  vessillo  be- 
nedetto ^ 

Non  s'  accordano  però  questi  vanti  agli  effetti  veri 
dello  strepitoso  combattimento;  né  una  terra  fu  presa, 
né  altrimenti  s'  avvantaggiarono  i  vincitori.  I  Pisani,  a 
vendetta  d'alcuni  soprusi  ricevuti  dai  loro  mercatanti 
in  Palermo ,  sollecitavano  Ruggiero  a  volerla  assalire , 
si  offrivano  alleati  all'impresa;  ma  il  Conte  si  scusò  per 
allora  di  seguirli  *.  Quindi  la  flotta  inviata  da  Pisa  ve- 
leggiò sopra  Palermo,  e  non  osando  investirla,  spezzata 
la  catena  che  chiudeva  il  porto ,  bruciate  alcune  navi  ed 
altre  rapite  ,  se  ne  ritrasse  ^.  Le. deboli  forze  vietavano 

'  Malat.  ivi.  La  tradizione  vuole  che  sullo  stendardo  fosse  una  im- 
magine della  Vergine  dipinta  per  mano  dello  stesso  S.  Luca  ;  e  la  città 
di  Piazza  pretende  averlo  poi  ottenuto  in  dono  e  serbarlo.  ChiarandX, 
Piazza  città  di  Sic,  ant.  e  nuova,  p.  154. 

*  Pisani  ergo  mercatores ,  qui  saepius  navali  commercio  Panormum 
lucratum  venire  soliti  crani ,  quasdam  injurias  ab  ipsis  Panormit^ 
nis  passi ,  vindicari  cupientes ,  navali  exercitu  undique  conflato  «. 
Comes  vero  quibusdam  negotiis  se  detinentibus ,  ad  praesens  ire  distW' 
Ut ,  mandans  illis ,  ut  modicum  temporis  sustinerent ,  donec  haec, 
quibus  ad  praesens  intentus  erat ,  expedirentur.  Malat.  ivi ,  5-i. 

3  Porro  UH  commerdalibus  lucris  plusquam  bellicis  exercUiis  ex 
consuetudine  dediti...  ne  lucris  assuetis  diutius  privarentur..,  velai» 
portum  ejusdim  urbis  dirigunt ,  sed  plurimam  multitudinem  exiwrm' 
tes ,  catena  tanlummodo ,  quae  portum  ab  una  parte  in  alteram  doMr 


—  104  — 

a  Ruggiero  d*  avventurarsi  in  una  guerra  offensiva  ;  ora 
egli  stesso,  ora  i  suoi,  volteggiando  intorno  Traina  sor- 
prendevano ,  depredavano  i  luoghi  vicini  ;  ma  erano 
scontri  parziali ,  leggieri  mischie ,  che  più  tardi  la  t'^a- 
dizione  e  la  vanaglòria  mutarono  in  campali  giornate  , 
ingrandirono  con  mirabili  racconti.  Trascorse  così  l'an- 
no 4063.  Nell'està ,  il  Coute,  fornita  di  viveri  la  città  , 
e  dispensato  ai  difensori  .invece  di  stipendio  il  bottino 
raccolto ,  impose  che  durante  la  sua  assenza  ninno  ne 
uscisse ,  e  lasciata  ivi  la  moglie ,  venne  in  Puglia.  Re- 
cavasi per  chiedere  aiuto  a  Roberto ,  a  prender  seco  gli 
opportuni  concerti  a  maggiori  imprese.  N'ebbe  cento 
militi,  ed  aspettando  che  il  Duca  il  raggiungesse,  tornò 
in  Sicilia  *. 

Quotava  allora  per  poco  la  Puglia  ;  ritolte  ai  Greci , 
Oria ,  Brindisi ,  Matera ,  Taranto ,  ed  Otranto ,  rimane- 
vano a  loro  soggette  alcune  altre  città  marittime  di  mi- 
nore importanza.  E  queste  teneva  ih  fede ,  più  che  la 
devozione  tradizionale ,  il  sospetto  di  cadere  in  potestà 
dei  Normanni.  La  temuta  prevalenza  degli  stranieri  , 
aveva  sospinto  Argiro  figliuolo  di  Melo ,  a  favorire  V  a- 
borrito  dominio  Bizantino ,  nella  speranza  che  scacciati 
gli  invasori,  l'amistà  di  Leone  IX  e  di  Arrigo  III  gli  va- 
lesse poi  ad  affrancarsi  da  ogni  altra  dipendenza.  Ma  gli 
infelici  successi  delle  sue  armi  in  Italia ,  le  trame  del 
Cerulario,  le  mutazioni  avvenute  in  Oriente,  e  la  morte 

dibiU  ahsciua  reversi  sunt^  ivi.  Una  Cronaca  Pisana  narra  che  occu- 
passero la  città ,  MuRAT.  R.  I.  VI.  ma  è  falso. 

■  Ipse  versus  Apìdiam  cum  fratte  quid  alterius  agendum  sU  ^a- 
cfaftmM  vadit.  ivi. 


—  102  — 

di  Stefano  IX  troncarono  i  suoi  disegni ,  lasciarono  prò* 
grcdirc  in  Puglia  ed  in  Calabria  i  nemici.  Dopo  che  nel 
1058  Argiro  fu  in  Costantinopoli  S  confidando  forse  tro- 
varvi più  benevolo  il  Commeno ,  sparisce  ogni  sua  noti- 
zia ,  e  quel  che  avvenisse  in  Bari  può  appena  accennar- 
si. Restava  in  sua  vece  Scinuro,  e  vuoisi  vi  si  levasse 
con  titolo  di  Principe  un  Maraldizzo^i  Però,  se  fu  vero, 
non  tenne  lungo  tempo  il  governo.  Gli  incitamenti  dei 
Greci,  e  l'assenza  di  Argiro,  vi  suscitavano  altra  volta 
la  fazione  a  questi  avversa;  ed  i  partegianì  di  Adralisto , 
morto  poco  innanzi^,  ripresa  autorità,  accolsero  nel 
4061  il  Catapano  Marulo ,  al  quale  nel  seguente  anno 
successe  Siriano  ^  Tornava  così  la  città  all'antica  sog- 
gezione nel  tenipo  che  Costantino  Duca  salito  all'  Impe- 
rio, aveva  tentato  restaurare  in  Italia  la  sua  dominazio- 
ne. Ma  le  vittorie  dei  Normanni  pónendo  in  loro  balla 
quasi  tutta  la  Puglia  infievolirono  quegli  sforzi ,  riac- 
cesero in  Bari  gli  umori  di  discordia.  Manifestaronsì 

■  Ign.  Bar.  ad  an. 

*  Ivi,  Questo  principe  Maraldizzo  non  si  trova  ricordato  da  alcuno 
dei  Cronisti  antichi.  Il  Beatillo  nella  sua  Stor.  di  Bari  dice  che  re- 
catosi Argiro  in  Costantinopoli  vi  rimase  prigione ,  ed  allora  elessero  i 
Baresi  a  Principe  Maraldizzo  p.  6G.  Sembra  che  l' argomenti  da  due  lapidi 
sepolcrali.  In  una  ,  rinvenuta  in  un  vecchio  edilizio  ,  si  legge  :  Maral- 
dizzi  principis  sepoltura.  L'  altra  che  trovavasi  nella  antica  Chiesa  del 
Monastero  di  S.  Giacomo  diceva  :  Sepulchrum  Salbergue  MarcUdizxi  Prtn- 
cipis  filia  quae  sanctimmialiter  vixit  :  óbiit  in  Domino  an,  4068.  Fa 
riportata  dal  Grutero  e  dal  Muratori.  Ma  non  vi  trovo  ragione  per  cre- 
dere che  Maraldizzo  avesse  il  dominio  dì  Bari. 

5  Obiit  Adralisto. -—ÌGìi.  Bar.  an.  i058. 

4  Et  MariUi  Catapanus  venit  in  Bari ,  an.  406L  Et  Siriano  w- 
nit  Catap.  in  Bari.  1062 ,  ivi. 


—  103  — 

alla  elezione  del  nuovo  Arcivescovo  Andrea ,  acclama- 
to dalla  parte  depressa,  che  incominciò  a  prevale- 
re *  e  trionfò  quando  il  Duca  Roberto  dispersa  la  flot- 
ta greca  riprese  le  terre  perdute.  Allora ,  accostando-» 
si  ai  Normanni ,  la  fazione  d' Argiro  sul  finire  del  1063 
respinse  i  magistrati  Bizantini  ;  l'Arcivescovo  riconob- 
be r  autorità  del  Papa ,  e  presente  Arnolfo  suo  lega- 
to convocò  un  Sinodo  *  per  introdurre ,  come  pare ,  il 
rito  Latino.  Alcuni  mesi  dopo  ,  lo  stesso  Roberto  en- 
trava nella  città ,  e  fu  stabilita  un'-alleanza  con  vicen- 
devole giuramento  ^. 

Cessando  perciò  quasi  dovunque  le  ostilità  Ruggiero 
era  venuto  ad  invocare  i  soccorsi  del  Duca  ;  ma  i  cento 
militi  che  lo  avevano  accompagnato  non  mutarono  le 
condizioni  della  guerra  nell'isola,  e  sopraggiunti  d'Afri- 
ca altri  sussidii  ai  nemici  crebbe  la  resistenza  *.  Un  drap- 
pello di  Normanni  uscito  a  predare  verso  Girgenti  cadde 
in  un  agguato ,  e  vi  rimase  ucciso  Gualtieri  di  Semoul  ; 
gli  altri  costretti  a  tenersi  chiusi  in  Traina ,  dalle  ostili 

■  Mortuus  est  Nieolaus  ArchiepUcopus  ;  et  a  quUnudam  electu»  ett 
Andreas.  1061 ,  ivi. 

»  VenU  Amolfus  Archiepiscopus  Vicarìujn  Pape  Alexander  ^  et  fedi 
Smodum  foras  in  S.  Nicolao ,  qui  vocitatur  de  Episcopis.  1063  ivi. 
Fecit  Andreas  sinodum  in  ipso  Episcopio.  1064  ivi. 

>  Et  Robertus  Dux  venU  in  Bari,  et  fedmus  ei  saeramentum,  et 
mi  nobis.  m. 

4  Dopo  la  prima  invasione  dei  Normanni  in  Sicilia,  Ibn-Hawasci,  ed 
altri  Kàid  chiesero  aiuto  in  Àfrica  da  Moez-ibn-Badts.  E  questi  inviò  una 
flotta,  che  fece  naufragio  presso  risola  di  Pantelleria.  Morto  poi  Moezz 
nel  1061  il  suo  figlio  Tamin  più  volte  soccorse  i  Musulmani.  Nowairi. 
Bùt.  Sic.  e.  XL 


—  <04  — 

incursioni  e  dalla  prevalenza  dei  Musulmani  affrettarono 
la  venuta  del  Duca  *. 

Ruggiero  fu  a  scontrarlo  in  Cosenza ,  e  dopo  aver  as- 
salito e  preso  nei  dintorni  un  castello  che  s' era  ribel- 
lato, con  mille  e  cinquecento  cavalli  ripassarono  in- 
sieme lo  stretto  nella  primavera  del  4064  *.  Riuniti  i 
presidii  dell'  isola  mossero  sopra  Palermo  ,  sperando 
averla  per  sorpresa,  aggiungendo  audacia  il  non  trovare 
impedito  il  cammino ,  essendosi  i  Saraceni  muniti  a  di- 
fesa nelle  fortezze.  Pervennero  così  senza  contrasto  ad 
occupare  un  monte  vicino  alla  città,  e  T assediarono  ; 
ma  i  numerosi  abitanti,  e  l'ampia  cerchia  delle  mura 
vietavano  una  stretta  oppugnazione.  Fu  d'uopo  mutare 
gli  accampamenti  per  la  molestia  delle  tarantole ,  che 
abbondavano  in  quel  sito  ^  ;  e  gli  assalti  ed  il  blocco 
non  valsero ,  perchè  dalle  terre  propinque  Palermo  era 
provvista,  e  dalla  parte  del  mare  rimaneva  libera  *.  De- 
vastando e  derubando  i  luoghi  aperti  ed  indifesi  rima- 
sero i  Normanni  tre  mesi  intorno  la  città  * ,  finche  di- 
sperando di  prenderla  per  difetto  di  navi,  e  temendo 
giungesse  d'Africa  un  oste  poderosa  che  dicevasi  pronta 

'  Dux  vero  Robertus  cum  in  Apulia  esset  sciens  fratrem  suum  apud 
SicUiam  multiplici  incursione  ab  hostibus  lacessiri,  plurimo  exercUu 
ab  Apulia  et  Calabria  congregato,.,  versus  SicUiam  intendit.  Mala- 

TERRA  56. 

»  Ivi, 

^  In  monte  qui  postea  Tarentinus  ab  abundantia  tarantarum,  ivi 
E  attribuisce  al  loro  morso  uno  strano  effetto  che  è  beU#  tacere. 

4  Dos  terres  voisines  estoit  apportée  marchandise  ;  et  se  aUum  né- 
gassent  la  gràce  par  terre  lui  seroU  portée  par  mer.  Amato  V ,  26. 

•  Malat.  l,  c. 


—  Wò  — 

al  soccorso  ^ ,  fecero  risoluzione  d*  allontanarsene.  Pri- 
ma però  espugnato  il  castello  di  Bugamo ,  lo  saccheg- 
giarono, gli  abitanti  d'ogni  sesso  e  condizione  menaro- 
no schiavi ,  e  respinti  per  via  i  Musulmani  di  Girgenti  , 
Roberto  lasciato  il  fratello  a  Traina,  condusse  tutti  i 
prigioni  in  Calabria,  allocandoli  nella  deserta  terra  di 
Scribla  *. 


'   NOWAIRI.  Le. 

•  Nalat,  l.  e. 


CAPITOLO  IV. 


Ncir  impresa  di  Sicilia,  alcuni  soltanto  dei  Conti  Nor- 
manni ebbero  parie.  Troppo  deboli  ancora  erano  i  le- 
gami d'  obbedienza  verso  il  Duca ,  e  ciascuno  sottraen- 
dosi alla  sua  autorità  preferiva  guerreggiare  per  proprio 
conto  ed  ingrandirsi.  Quindi  nel  tempo  stesso  che  sin- 
golari acquisti  facevansi  contro  i  Greci  in  Puglia ,  Pa- 
lermo veniva  assediata ,  e  tentavano  altri  estendere  in 
più  lontana  regione  il  loro  dominio. 

La  Marca  o  Ducato  di  Spolcti  e  Camerino  innanzi  al- 
largavasi  sino  al  Sannio  come  ultimo  termine  del  Regno 
Italico.  Poi  surte  più  o  meno  indipendenti  le  Contee  di 
Teate  e  dei  Marsi  ,  sottoposta  alla  diretta  protezione 
Imperiale  ed  arricchita  la  Badia  di  S.  Clemente  di  Ca- 
sauria,  s*  infievoliva  la  possanza  dei  Marchesi.  Mutava- 
no secondo  l'arbitrio  dei  Tedeschi  Imperatori,  e  gli  in- 
terni rivolgimenti ,  ed  ora ,  conturbata  per  la  minorità 
d'Arrigo  IV  la  penisola,  ne  usurpava  il  titolo  e  la  giu- 
risdizione Gotofredo  di  Toscana  *  ;  mentre  invasori  più 
arditi  si  accostavano  dall' opposto  lato.  Goffredo  d'Alta- 
villa Conte  di  Capitanata  soggiogate  nel  1061  alcune 

»  Camerinum  et  SpoLetum  invasiti  Benzone  U,  15. 


—  107  — 

castella  al  confine  della  Contea  di  Teate  si  sgombrava 
quel  varco  * ,  ma  distolto  dalle  fazioni  di  Puglia  ,  sem- 
bra morisse  prima  di  penetrarvi  ^.  La  vicinità  dei  Nor- 
manni non  pertanto  suscitava  violenti  commozioni  tra 
i  vassalli  della  Badia  di  Casauria ,  e  molti  che  ai  tempi 
di  Corrado  Imperatore  erano  stati  costretti  a  sottoporsi 
al  Monastero  in  condizione  servile ,  ora  invocato  il  loro 
aiuto  ed  offerto  ad  essi  Tallo  dominio  delle  terre,  ^i 
ribellarono  ^.  In  mezzo  a  questi  sconvolgimenti  Roberto, 
figliuolo  di  Gofiredo,  che  prendeva  il  nome  di  Conte  di 
Loretello  piccolo  borgo  presso  la  distrutta  Dragonara  *, 
dando  sostegno  agli  insorti ,  molestava  senza  tregua  i 
possessi  della  Badia.  E  spandendo  intorno  le  rapine  e  le 
devastazioni  invano  si  provarono  a  resistere  i  frati ,  né 
trovando  altro  scampo,  in  ultimo  gli  si  resero  tributarii  *. 

'  Malat.  I.  34. 

*  Nel  10G2  Goffredo  insieme  alla  sua  moglie  Sighelgaita  concedeva 
alcuni  diplomi  in  favore  della  Chiesa  di  Brindisi ,  ma  sembra  che  nel 
seguente  anno  morisse,  se  di  lui  volle  intendere  la  Brev.  Chr.  Norm. 
scrivendo  :  moriuus  est  Gaufredus  Comes  ad  an,  1065. 

3  lUi  quos,,,  in  praesentia  UgonU  Ducis  tempore  Chwmradi  Impe- 
ratoris  fuisse  devictos ,  et  accepisse  castella  per  manus ,  domini  Wi- 
donis  santissimi  Abbatis  sub  conditione  servili  obliti  juramentum  et 
fidei  invaserunt  possessiones  munierunt  castella  contra  Ecdesiam  ,  et 
ut  securiores  eam  possent  opprimere  fecerunt  sibi  alios  dominos ,  quo- 
rum auxUio  et  virtute  tenuerunt  quod  male  invaserant  ad  diminu- 
tionem  loci  et  detrimentum  totius  abbatiae ,  Berardus  vero ,  ut  postea 
paiuit  divino  (judido)  UH  non  potuit  resistere,  quia  Deus  ad  con- 
fusionem  terrae  immiserat  super  eos  Normannos  dominandi  gentem 
avidissimam.  Chr.  Casaur.  ad  an.  1064. 

4  De  Meo  ,  ad  an.  1064. 

^  Ab  hoc  siquidem  tempore  acceperunt  fratres  oMivisci  Imperaioris 
Curiae ,  et  Normannis  depopolantibus  totas  terras  non  valenifs  resi^ 


—  408  — 

Mentre  Roberto  di  Loretello  s'avanzava  sulla  Pesca- 
ra, Riccardo  Principe  di  Capua  progrediva  dall'altra 
parte  verso  la  Contea  dei  Marsi.  La  lega  formata  dai  si- 
gnori di  Suio,  di  Traetto,  di  Maranola  si  era  disciolta 
dopo  che  r  Antipapa  fu  depresso ,  ed  un  indizio  a  pro- 
vare che  tutti  i  piccoli  Conti  del  Principato  Capuano 
cedessero  innanzi  alla  prevalente  fortuna  di  Riccardo , 
apparisco  dalle  numerose  donazioni  che  essi  fanno  a 
Desiderio  Abate  di  Montecasino  ^  Cercavano  per  tal  via 
donando  e  prestando  omaggio  per  le  loro  terre  al  Mo- 
nastero, serbarsene  in  parte  il  possesso,  e  sottrarle  alle 
invasioni  dei  Normanni.  Molti  però,  o  già  spogliati  ed 
espulsi ,  0  posti  in  evidente  pericolo ,  tentavano  con  le 
armi  assicurarsi. 

Sul  finire  dell'anno  1064,  o  nei  principii  del  seguen- 
te ,  il  giovane  Atenolfo  Duca  di  Gaeta  era  morto  *,  ed  il 

sistere  prìmitus  fuerunt  subditi  Roberti  primi  Corniti  de  Loretello. 
Chr.  Casaur.  ad  an.  1064. 

»  Pandolfo  Conte  di  Venafro  dona  a  Montecasino  la  quarta  parte  del 
Castello  di  Sesto,  la  metà  della  valle  di  Venafro ,  di  Tiano,  di  Carinola, 
di  Calvi,  di  Caiazzo,  e  di  quanto  possedeva  nel  Principato  di  Capua.  Con 
altro  diploma  la  quarta  parte  di  Torcine ,  la  metà  di  rocca  S.  Grego- 
rio ,  di  Vitecuso ,  Cerasuolo ,  ed  il  castello  di  Cerulario.  Baldovino 
Conte  di  Sera  tre  corti  in  Cornino.  Bernardo  Conte  d'Isernia  altre  ter- 
re ,  ec.  Leo  Ost.  III.  19.  Non  sembra  che  queste  largizioni  fossero 
tutte  da  attribuire  al  «  buon  odore  di  santità  per  ogni  dove  sparso  dalla 
pia  e  santa  conversazione  dell'  Abate  Desiderio ,  e  dei  suoi  monaci  • 
come  pretende  il  Federici  ,  p.  454. 

•  Federici  suppone  morisse  prima  dell'  agosto  i065 ,  perchè  anche 
innanzi  a  quel  tempo  non  si  trova  alcuna  sua  notizia ,  né  i  diplomi  lo 
ricordano ,  p.  408.  Rimaneva  un  allro  Atenolfo  dei  Conti  d' Aquino,  uia 
era  figlio  a  Landone  fratello  d' Atenolfo  I  Duea  di  Gaeta. 


—  log- 
dominio  della  città  rimase  contrastato  fra  la  madre  Ma- 
ria ,  Landone  Conte  di  Traetto  * ,  ed  il  Principe  Riccar** 
do.  Ma  prevalendo  questi,  s'accordarono  gli  altri.  Ate- 
nolfo ,  Pandolfo  e  Landolfo  eredi  del  Conte  d'Aquino  *, 
lo  spodestato  Landolfo  Principe  di  Capua ,  Pandolfo  e 
Landenolfo  già  Conti  di  Teano*  Landenolfo  Franco  e 
Giovanni  Citello  Conti  di  Caiazzo ,  e  Pietro  Conte  del 
Volturno,  s'unirono  a  Landone.  Ed  a  rendere  più  forte 
r  alleanza  offrirono  la  mano  della  vedova  Duchessa  di 
Gaeta  a  Guglielmo  di  Montreil  ,  che  lusingato  dalla 
speranza  di  pervenire  a  maggiore  grandezza  abbandonò 
la  figliuola  di  Riccardo  a  lui  disposata ,  e  s' impromise 
a  Maria  ^  ribellandosi  al  Principe.  Quindi  fu  in  Puglia 
per  assoldare  uomini  d'arme  fra  i  Normanni ,  ma  pochi 
vollero  seguirlo ,  e  con  essi  *  si  congiunse  agli  insorti 

•  Si  anno  due  diplomi  di  Landone,  che  il  Federici  crede  con  fon- 
damento Conte  di  Traetto ,  e  portano  queste  note  :  Anno  primus  con* 
sulatus  Domno  Landus  Dei  gratia  Comul  et  Dux  menee  augtuto.  Ter* 
Ha  ind.  (1065).  L'altro  è  del  decembre  Ind.  IV,  p.  408  e  seg. 

*  Oltre  la  testimonianza  che  ne  fa  Amato  y  sono  ricordati  come  ribelli 
in  un  diploma  di  Riccardo,  8  julii  ind,  ìli ^  dove  li  chiama  infedeli, 
ima  cum  loti  alii  comites  Agnini.  Arch.  Cass^  capi.  66.  Catro,  Star, 
d' Aquino  p.  80. 

»  GuiUerme...  desprisa  la  fiUe  de  Richart,  laquelle^  comme  est  dU 
li  avoit  donnée  pour  moUlier ,  et  jura  de  prendre  por  moUlier.  celle 
dame  qui  avoit  este  moUlier  de  Adénulfe  due  de  Gaiète^  de  la  quelle 
OMireH  avoit  recue  lo  sacrement.  JDont  Adénulfe  conte  de  Aquin  avee 
li  frère  eoe.  Laude  de  Tragete^  et  Pierre  fils  de  Laude  firent  un  sa* 
crement  avec  Guillerme  coment  porroient  contrester  à  la  forteìésce  de 
lo  prince.  Amato  VI ,  1. 

4  Adoni  Guillerme  se  mist  à  la  voie  de  aler  en  FuUle  pour  cerchier 
à  ses  amie  ajutoire ,  pour  acquester  aucuns  domps.  Et  li  amis  de  lo 
prince  s'en  faisoient  gabe^  et  li  amis  petit  lui  donèrent  de  aide,  ivi* 


—  410  — 

in  Traetto.  Allora  Riccardo  varcato  il  Garigliano  venne 
ad  osteggiarli ,  e  combattute  alcune  lievi  zuffe ,  li  re- 
strinse nella  città;  donde,  temendo  esser  presi  per  fame 
uscirono  in  parte ,  e  si  sparsero  nelle  terre  vicine.  La 
Duchessa  ricoverò  in  Pontecorvo ,  Atenolfo  in  Aquino  , 
Pietro  in  Arpino,  e  gir  altri  nei  loro  castelli,  continuan- 
do più  lenta  e  confusa  la  guerra  ^  Guglielmo  prima  si 
chiuse  in  Piedimonte;  poi  percorse  le  propinque  signo- 
rie sollecitando  d'ogni  parte  aiuti  ^,e  in  ultimo  disperan- 
do potersi  sostenere  si  volse  al  Papa.  Gli  acquisti  fatti 
nella  Campagna  ,  la  cresciuta  potenza  di  Riccardo  in 
tanta  vicinità  di  Roma ,  destavano  già  non  mediocri  so- 
spetti neir  animo  d*  Alessandro  ;  troppo  recenti  però 
erano  i  servigi  ottenuti  dal  Prìncipe  Capuano,  perchè 
gli  si  scoprisse  manifesto  nemico.  Non  rigettò  dunque 
le  offerte  dei  ribelli ,  né  si  mostrò  in  tutto  disposto  a 
favorirli  ;  accolse  per  vassallo  Guglielmo  di  Montreil , 
fece  giurarsi  difenderebbe  la  Campagna  come  patrimo- 
nio della  Chiesa  ^ ,  e  gli  concesse  lieve  sussidio  di  da- 
naro ,  tanto  che  bastasse  a  suscitare  imbarazzi  a  Ric- 
cardo *.  Ma  questi  si  tolse  di  briga  procurando  che  la 

•  Ivi, 

»  Mt  Guillerme  va  per  li  feire  et  li  marchié  cerchant  li  cori  de  la 
province  d' entor  certes  coses  pour  vivre ,  et  requiert  de  li  setgnor  adju- 
toire.,.  La  plus  grani  pari  de  li  seignor  à  cui  il  aloit  lui  noient  et  refur 
seni  sa  pétition  ,  et  aucun  lui  donent  poi  de  chose  alégant  poureté.  ivi. 

3  Et  se  fasoit  servidal  de  saint  Pierre ,  et  promet  de  deffendre  la 
Campaigne  à  la  fidélilé  de  la  sainle  Eclize  et  autres  terres  occu- 
per,  ivi. 

4  Et  donna  alcuns  deniers ,  més  non  tant  que  il  en  peust  lonc4emps 
sa  gente  soustenir ,  ivi. 


—  ili- 
lega  si  sciogliesse.  Trattò  prima  con  la  Duchessa  Maria, 
promettendo  sposarla  a  suo  figlio  Giordano  fece  spe- 
rare la  figlia  a  Landone;  e  la  donna  ambiziosa  ed  il 
Conte  si  lasciarono  prendere  a  quelle  vantaggiose  of- 
ferte e  ruppero  la  fede  giurata  ai  ribelli  ^  Allora  Gu- 
gliemo  vedendosi  abbandonato  interpose  amici  che  lo 
pacificassero  col  Principe ,  e  fu  perdonato  e  riebbe  la 
sua  prima  moglie  ^.  Rimanevano  così  in  armi  quasi  so- 
li i  Conti  d'Aquino,  e  tra  essi  Atenolfo  aveva  guer- 
reggiato con  valore  nelle  precedenti  fazioni,  e Pandolfo 
ch'era  l'ultimo  dei  fratelli,  combatteva  ora  con  grande 
ardimento.  Dal  castello  di  Piedimonte,  che  gli  abitanti, 
trucidato  il  presidio  Normanno  di  Guglielmo  j  gli  ave- 
vano dato,  sorprese  le  milizie  di  Riccardo,  le  quali  de- 
vastati i  dintorni  di  Aquino  tornavano  cariche  di  botti- 
no, ed  alcuni  uccise,  altri  disperse,  la  preda  ritolse^. 
Ma  indotto  dalle  persuasioni  di  Guglielmo ,  Atenolfo  si 
piegò  anch' egli  ad  un  accordo ,  ed  il  possesso  d'Aquino 
e  della  Contea  per  volere  del  Principe  fu  diviso  tra  gli 
antichi  signori  ed  il  suo  genero  Montreil  *. 

'  Commensa  à  esmovoir  et  à  promette  à  la  ducesse  marit  de  plm 
haut  /umor.  Cest  qu'il  lui  vouloit  pour  marit  son  filz  Jordain,.,  La 
dame  ducesse  encontinerU  se  consenti  et  s*enclina  à  la  voUmté  de  lo 
prince ,  et  parjura.  Et  Laude  sans  fot  autresi  se  vouloit  départir  de 
la  moiUier ,  et  laissant  la  compagnie  de  li  amis ,  et  se  humUia  a  lo 
eomandemerU  de  lo  prince ,  à  lo  quel  lo  prince  torbe  de  cor  promisi 
la  fitte  pour  moUlier.  ivi. 

•  Soul  lo  conte  Athénulfe  faisoit  entrelz  alcune  cose  de  victoire.  ivi. 

«  itn,  3,  5. 

4  Et  va  Adéndfe  à  lo  prince ,  et  tant  lo  prince ,  quant  GuUermi 
ferma  à  lui  et  à  san  frère  la  part  d*  Aquin*  ivi ,  6* 


—  442  — 

Queste  successive  diserzioni  infievolirono  le  forze  de- 
gli insorti,  e  permisero  a  Riccardo  d'opprimerli.  Gli  ul- 
timi possessi  che  restavano  ai  Conti  di  Teano,  di  Ca- 
iazzo  e  del  Volturno  furono  confiscati,  ed  una  parte  do- 
nata a  Montecasino ,  V  altra  dispensata  ai  Normanni  K 
Landolfo  già  Principe  di  Capua  e  Laidolfo  suo  nipote 
vennero  spogliati  dei  castelli  che  per  trattato,  o  per  for- 
za avevano  sino  allora  ritenuti ,  ed  i  discendenti  poco 
dopo  ridotti  in  miserabile  condizione  si  confondevano  e 
sparivano  nel  volgo  ^  Né  miglior  sorte  incontrarono 
Landone  di  Traetto ,  e  la  Duchessa  Maria  ,  poiché  del 
primo  non  si  trova  più  memoria';  e  la  donna  non  fu 
disposata  a  Giordano,  e  perde  Pontecorvo ,  del  quale 
Riccardo  investì  Marotta  moglie  di  Goffredo  Ridello, 
che  nelle  guerre  di  Sicilia  ebbe  fama  dì  valente  cava- 

'  Il  diploma  di  confisca  dice:  Quoniam  Landenolfus  qui  dicebaiw 
Franeus ,  filius  Landenolfi ,  et  Joannes  qui  damatur  CUellus  filnu,.* 
qui  fuerunt  Comites  Calaciae ,  et  Petrus  filius  Doferii ,  qui  fuU  Co- 
mes Voltumense  cantra  animas  nostras  cogitaverunt  et  coneUiaverwnit 
et  ùìimicos  nostros  in  nostram  provineiam  invitaverunt.  Ann.  4066  ^ 
Ind.  III.  Gattola  Bis.  Càsin,  I.  512. 

•  Quoniam  Landolfus  filius  quondam  Pandulfi  olim  prindpiSf  et 
Landxdfus  nepos  ipsius  LandtUfi ,  et  filii  quondam  Pandulfi ,  et  Jo- 
hannes et  Petrus  germani ,  et  filii  quondam  Gisulfi  »  Pandulfus ,  H 
Landenolfus  germani ,  filii  quondam  Layddfi  dim  T%ianensis  Cornh 
tibus  cantra  nostram  animam  ec.  propter  quod  secundum  legem  Im- 
gobardorum  omnes  res  eorum  in  nostro  publico  devdutae  sunt,  Gat* 
TOLA ,  Acees.  164.  L*  autore  dei  Dialoghi  atlribuiti  aU*  abate  Desiderio 
dice  ,  che  ai  suoi  tempi  i  discendenti  dei  principi  Capuani  Longobardi 
vivevano  miseramente. 

s  Landone  di  Traetto  non  apparisce  nei  seguenti  diplomi ,  ed  una 
frase  oscura  di  Amato  potrebbe  far  credere,  che  Riccardo  lo  facesse 
uccidere ,  poiché  dice  che  il  principe  :  lui  promisi  la  fille  pour  moil' 


—  113  — 

liere  ^  Per  tal  modo  compiendosi  l'anno  10G5  le  terre 
del  Principato  ubbidivano  tutte  ;  solamente  in  Gaeta  , 
mancata  la  stirpe  degli  Àquinali  e  Landone,  si  levava 
un  altro  Duca  a  nome  Dannibaldo,  che  contrastando  al- 
cuni anni  si  sostenne  ^.  E  fuori  anche  gli  antichi  confini 
si  allargavano  gli  acquisti.  Guglielmo  di  Montreil  tor- 
nato in  favore ,  predominava  insino  a  Rieti  ed  Àmiter- 
no  ^ ,  e  frammischiandosi  alle  domestiche  discordie  degli 
indigeni,  accresceva  la  sua  potenza  e  quella  di  Riccar- 
do. Fiera  nimistà  teneva  divisa  la  Contea  dei  Marsi  tra 
i  due  fratelli  Odorisio  e  Bernardo  ;  questi  minore  per 

her ,  la  quelle  ancois  lui  tailleroU  la  teste ,  1.  e.  É  cerio  poi  che  Ma- 
ria non  sposò  Giordano.  Federici  suppone  che  Maria  vedova  di  Atenol- 
fo  I  premorisse  al  figlio;  ma  essendo  questo  mono  in  giovane  età,  non 
sembra  che  la  vedova  Duchessa  della  quale  parla  Amato  sia  stata  sua 
moglie. 

'  Gattola  ,  Access.  Par.  I.  pag.  258.  —  Probabilmente  questa  Ma- 
rotta  era  figlia  di  Riccardo  ,  ed  il  suo  marito  Goffredo  Ri  dello  si 
trova  più  tardi  Duca  di  Gaeta.  Una  parte  di  Pontecorvo  apparteneva  a 
Giovanni  Scinto ,  il  quale  per  essere  rimasto  .fedele  a  Riccardo  ebbe  in- 
vece il  possesso  di  S.  Giovanni  Incarico ,  Gattola  Suppl.  293.  E  forse 
è  quello  stesso  Giovanni  di  Maranola  che  Amato  afferma  non  si  partisse 
de  lo  collège  de  lo  prince ,  il  quale  perciò  aflidogli  la  custodia  del  ca- 
stello d*  Argenta  »  VI ,  i. 

*  Anno  primo  Ducatus  et  ConsuUUus  Domito  Dannimbaldus ,  Dei 
grafia  gloriosus  Consul  et  Dux ,  mense  nov,  Ind.  ¥•  Federici  p.  410. 
Chi  sia  questo  nuovo  Duca  non  è  possibile  indagare;  ma  resse  sino  al 
marzo  del  seguente  anno ,  trovandosi  un  altro  suo  diploma  dato  in  quel 
mese. 

5  CU  de  Marse^  de  Retense,  et  Amiceme ,  de  Velin^  et  tmt  ceuz 
qui  habitoient  en  la  parte  de  Campaigne  ^  gardoient  son  comande- 
mant.  Amato.  VI ,  7. 

VCL.  II,  8 


-414- 

et^,  avendo  usurpato  quasi  intero  il  retaggio  all'altro, 
né  pace  voleva  dargli,  né  riceverne  come  vassalli  i  fi- 
gliuoli ^  Si  volse  quindi  Odorisio  nel  1066  per  aiuto  al 
Prìncipe  di  Gapua,  e  gli  inviò  il  Vescovo  Atto  suo  figlio, 
promettendo  a  lui  mille  libbre  d'argento,  e  la  mano  di 
Potarfranda  sua  figlia  al  nipote  di  Guglielmo  di  Mon- 
treil  K  Accettati  i  patti ,  Riccardo  entrò  nella  Gontea 
dei  Marsi ,  fugò  nel  primo  incontro  le  schiere  che  Ber- 
nardo gli  oppose f  assediò  le  castella,  devastò  le  terre. 
E  ricevuto  il  danaro  promesso,  e  seguite  le  nozze,  la- 
sciato il  nipote  di  Guglielmo  in  difesa  di  Odorisio ,  to^ 
nò  in  Gapua  ^. 

Ma  i  fortunati  successi  guardava  con  diffidenza  la 
Guria  Romana;  assecurata  dai  pericoli  dello  scisma, 
dubitava  ora  dei  proprii  difensori ,  che  nelle  precedenti 
molestie  s'erano  oltre  il  suo  credere  avvantaggiati. 
L' Antipapa  Gadaloo  segretamente    fuggito   da   Gastel 

'  Et  en  ceUui  temps  de  li  conte  de  Mane  un  liquel  se  damoU  Ber- 
nart ,  par  avarice  insociable  et  dérìr  de  avoir,,,  tote  la  pari  de  h 
frère  avoit  pris,.,  Oderisie  eereha  avoir  paiz  avec  lui  et  pria  lui  que 
tei  fili  fussent  ses  chevaliers ,  Amato  VI ,  8. 

*  Acco  8on  fili  évesque  manda  à  la  coft  de  lo  prince ,  et  lui  prò- 
mettoit  de  donner  mUle  livre-deniers ,  et  promettoit  à  lo  neveu  de  GtM' 
lerm  qui  se  clamoit  Mostrarde ,  de  donner  lui  la  soror  pour  moillier, 
la  quelle  se  clamoit  Fortarfranda.  ivi.  Mostrarole  o  MoscaroUe  chiama 
Amato  Guglielmo ,  ma  nel  lesto  era  scritto  Monasteriolo ,  come  latina- 
mente dicevasi  il  castello  di  Montreil. 

*  Ivi.  Riccardus  princeps  terram  Marsorum  enlravit,  Chr.  Cass.  ad 
an.  1066.  Més  li  chétif  chevalier  de  Bernard  fugirent  davant  li  cent  che 
valier  Normant  —  Et  li  jovencel  lo  neveu  de  GuUlerme ,  o  V  aide  de- 
san  anele  et  avec  li  parcnt  de  la  moillieì'  assoutUla  la  richesse  de  Ber- 
nart.  Amato  ,  ivi. 


—  415  — 

S.  Angelo,  non  destava  più  timore  ^  e  nel  Concilio  con- 
vocato in  Mantova  Alessandro  riconosciuto  come  legi- 
timo  Pontefice*,  aveva  ottenuta  obbedienza  da  mol- 
ti Vescovi  Lombardi  ^.  in  Milano  i  Paterini  vigorosa- 
mente si  sostenevano ,  e  morto  Landolfo ,  Arialdo  faceva 
loro  capo  il  fratello  Erlembaldo  ,  per  nobiltà  di  stirpe 
per  militare  virtù  ,  per  infiammato  zelo  ,  valido  propu- 
gnatore del  popolo  e  deir Apostolica  Chiesa^.  Con  più 
securtà  confidando  perciò  il  Papa  nelle  sue  forze ,  tolta 
anche  ogni  cagione  di  differenza  con  Arrigo  IV ,  volgeva 
il  pensiero  ai  Normanni.  Molte  terre  del  patrimonio  ave- 
vano occupate  nella  Campagna  ,  le  altre  minacciavano  , 
e  Riccardo  sollevato  V  animo  ad  audaci  pensieri ,  come 
premio  del  patrocinio  accordato  richiedeva  ora  di  essere 
eletto  Patrizio  di  Roma  *.  L'  alto  ufficio  poteva  aprire 
la  via  air  Imperio  ;  e  che  i  Tedeschi  lo  perdessero  non 
curava  Alesandro  ;  ma  temeva  che  la  vaga  e  lontana  su- 
premazia tramutata  in  un  Principe  vicino  ,  riducesse 
Roma  in  altrui  dominio ,  deprimendovi  la  civile  potestà 

■  Duos  annos  obsesw  post  multos  et  varias  aUamitates  non  ante 
daium  est  ei  inde  exire ,  quam  ab  eadem  Cencio  trecentU  libris  ar* 
genii  se  eomparavU.  Bonizo  VI.  Ma  la  fuga  sembra  avvenuta  sui  finire 
del  Ì0G5. 

*  L*  epoca  di  questo  Concilio  dal  Pagi  dal  Fiorentino  e  dal  Murato- 
Biy  è  posta  nel  1067,  ma  i  documenti  contemporanei  mostrano  seguisse 
al  più  tardi  nel  1065. 

*  Omnes  Lcngobardi  episcopi  pedibus  suis  advduti  ec.  Bonizo  L.  VI. 
4  Landolfo  Med.  Ili ,  14. 

»  Princeps  Richardus ,  victoriis  ac  prosperitatiìms  mtUtis  elatus , 
nUmgata  Campania  ,  ad  Romae  jam  se  vidnam  porrexisset  ipsiusque 
iam  Urbis  patriciatum  omnibus  modis  ambiret.  Leo  Ost.  IH ,  23. 


dci  Pontefici.  Quindi  allorché  furono  sopiti  i  moli  della 
Campania,  che  non  valsero  ad  infrenare  le  ambizioni  di 
Riccardo,  e  questi  ad  avvalorare  le  sue  istanze,  assediò 
Ceperano  e  Sora ,  e  corse  predando  sino'  alle  porte  di 
Roma  *  ;  ne  scrisse  il  Papa  ad  Arrigo ,  e  con  lettere  e 
messaggi  lo  premurò  a  scendere  in  Italia  ^. 

11  sostegno  prestato  dai  Normanni  alla  elezione  del 
Pontefice  ,  aveva  già  destale  grandi  gelosie  in  Germa- 
nia ^  ,  e  di  maggior  pregiudizio  dovevano  reputarsi  le 
pretensioni  al  Patriziato.  Arrigo  parve  volenteroso  di 
tutelare  i  suoi  diritti ,  raccolse  un  esercito  ,  giunse 
sino  ad  Augusta  ,  facendosi  precedere  da  Gotofredo  K 
Ma  il  Marchese  di  Toscana  ,  che  per  costume  avreb- 
be dovuto  recarsi  a  pie  delle  Alpi  per  aspettarvi  con 
le  sue  milizie  il  Re  Tedesco  ,  dubitando  che  nel  modo 
come  aveva  fatto  il  padre ,  Arrigo  non  intendesse  ab- 
bassarlo,  non  mosse  ad  incontrarlo*.  E  diffidenti  Tu- 

•  Ricardus  intravit  terram  Campaniae ,  obseditque  Ceperarum  et 
compreliendit  eam ,  et  usque  Romam  devastando  pervenite  Lupo  ,  ad 
an,  4066.  Finés  Campaniae  invaserunt  ,  Cod.  Arch,   Vat.  ap.  Watt. 

•  Et  démentre  lo  prince  Richart  ,  estoit  en  cette  acquester  lo  pape 
avoU  mandé  moult  souvent  par  letres ,  et  aucune  fois  par  messaci  à 
lo  Roy  Henri  pour  venir  contre  la  crudelité  de  li  Nortnant.  Amato. 
VI.  9. 

•  Non  est  auditum  a  seculis  seculorum  ,  quod  ordinatio  papae  essel^ 
in  manibus  monachorum  ncdum  etiam  in  manibus  Normannorum, 
Benzone  ,  11 ,  4  ,  ec. 

4  Et  lo  Roy  avec  son  exercit  vint  à  la  cité  de  Auguste,  et  aten- 
doit  lo  due  Gotofréde,  Et  Gotofréde  avoit  passe  li  Alpe,  et  estoit 
venut  en  Italie,  —  Amato  ivi. 

^  Et  puitz  lo  roy  connut  que  il  estoit  gale  de  la  malice  de  Gode- 
froy,,,,  quar  est  costumance  que  qaant  lo  roy  vient  de  Alemaigne  en 


~H7  — 

no  dell'  altro ,  o  distolto  dalle  mutabili  voglie  e    da 
nemici  del  Papa  ,  il  Re  più  non  discese. 

Le  invasioni  però  nei  Marsi  e  nella  Contea  Teatina  , 
appartenenti  al  Ducato  di  Spoleto  ,  T  ambito  titolo  di 
Patrizio ,  che  a  Gotofredo ,  altra  volta  era  stata  con- 
cesso ,  le  richieste  del  Cardinale  Ildebrando ,  indussero 
il  Marchese  ad  assumere  per  sé  la  guerra  *.  Nel  verno 
del  1067  preparava  le  armi,  assoldava  Tedeschi,  e  in  pri- 
mavera venuto  in  Roma  con  la  figliastra  Matilde,  più  tar- 
di famosa  ,  s'  univa  ad  Alessandro  *.  Prevalendo  le  for- 
ze nemiche  Riccardo  non  aspettò  che  V  assalissero  ,  e 
sgombrate  le  terre  della  Campagna  si  ritirò  a  Patenaria , 
disposto  a  passare  in  Puglia  ,  se  V  oste  Papale  varcava 
il  Garigliano  ^.  Gotofredo  seguito  dal  Pontefice  e  dai 
Cardinali ,  avanzò  sopra  Aquino ,  dove  insieme  al  Conte 
Atenolfo  si  erano  rinchiusi  Guglielmo  di  Montreil  ,  e 
Giordano  figlio  del  Principe  *.  Ma  gli  assalti  furono  re- 


Jlalie ,  que  lo  marchis  de  Toscane  o  tout  son  ost  doit  aler  devant  de 
lo  o$t  de  lo  roy.  Et  emi  toma  en  artière,  ivi. 

'  Et  Godefroy  est  repris  de  ses  amis ,  et  gabé  de  ses  anemis..,  ivi. 
Quamobrem  Hildebrandus  archidiaconus  eorum  adversionem  patienter 
tubstinere  non  valens  auxilium  potentissimi  Duci  Gotifredi  prò  recu- 
peratime  S,  Petri  patrimanium  pustulavit,  Cod.  Vat, 

•  Et  fait  venir  lo  Todesque  et  autres  gent  appareilliez  contre  lo 
prince  Richart:  ivi.  Et  hoc  primum  servitium  excellentissima  Boni- 
facii  filia  beato  Apostdorum  principi ,  obtulit.  Bonizo  ,  1.  c. 

5  Et  li  prince  laissa  la  Campaigne.  ivi.  Sed  Normanni  metuens 
ipsius  adventum ,  terram  quam  inva^erunt  continuo  relinquerunt,  Cod. 
Vat.  —  Maximo  correpto  timore  universam  Campaniam  deserentes 
aufugiunt.  Leo  Ost.  HI. 

*»  Amato  ,  1.  c.  Caeteri  cum  Principe  Patenariam  ec.  Leo  Ost. 


—  <18  — 

spinti  ed  in  una  sortila  uccisi  q'uindici  tedeschi  *  ;  sola 
fazione  che  si  ricordi  di  quell'  assedio ,  cominciato  con 
grande  animosità ,  abbandonato  dopo  alcuni  giorni.  Sia 
che  mancassero  di  vettovaglie  le  sue  milizie  ^i  sia  che 
lasciasse  piegarsi  alle  persuasioni  di  Guglielmo ,  che 
gli  offri  danaro  ^  ,  il  Marchese  convenne  a  parlamento 
con  Riccardo  sul  ponte  di  S.  Angelo  in  Tedici ,  e  pat- 
tuita la  pace  si  partì.  Il  Principe  rinunziando  alle  terre 
di  Campagna,  prestò  omaggio  ad  Alessandro  *  ,  che  fer- 
matosi per  poco  in  Montecasino  ed  in  Gapua  continuò 
il  suo  viaggio  verso  la  Puglia.  .    ' 

Nel  tempo  che  Roberto  disceso  in  Sicilia  oppugnava 
Palermo  ,  i  Greci  profittando  della  sua  lontananza  e  spe- 
rando nella  resistenza  dei  Musulmani ,  avevano  riten- 
tato invadere  il  continente.  Pereno  imperiale  ministro, 
investito  del  titolo  consueto  di  Duca  d' Italia ,  scorse  il 
littorale  di  Puglia;  ma  trovando  le  principali  città  ne- 
miche ,  si  stabili  in  Durazzo  ' ,  d'onde  infestava  le 
marine®,  e  cercava  con  Toro,  e  con  la  promessa  di 

'  Et  issirent  o  tout\li  chevaliers  et  occùtrcnt  XV  Todesque.  Amato,  ivi. 

»  La  faim  et  ce  qu' il  non  avoient  vin  contraint  V  ost  de  retomer 
cn  arrére,  ivi. 

5  Aon  parva  ut  dicìtur  donata  pecunia.  Leo  Ost.  1.  c.  dà  a  Gugliel- 
mo il  cognome  di  Tesiafdiia. 

4  Normannos  Campania  absque  bello  expulit ,  et  Romanae  reddit 
ditione.  Bonizo  ,  VI.  Sic  itaque  recuperata  Capua ,  et  Romanae  EceU- 
siae  restituta,  Cod.   Vat, 

5  Interea  vero  decìaratus  dux  Italiae  Perenus  fuit.  Cum  vero  non 
potuisset  in  Lombardiam  copias  traicere  propter  Roberti  potentiam. 
Dyrrachii  mansit ,  Dux  Dyrrachii  appellatus,  Scylatzae  p.  722. 

^  Chelandi^  incenderunt  nave  que  veniebat  de  Calabria,  Ign.  Bah. 
adan,  1064. 


—  119  — 

grandi  premii  muovere  a  ribellione  i  Conti  Normanni 
e  gli  indigeni  *.  Il  sospetto  di  queste  trame  accelerò 
forse  il  ritorno  di  Roberto  ,  non  essendo  nemmeno 
tranquilla  la  Calabria ,  dove  insorta  Policastro  fu  presa 
e  distrutta  ,  e  gli  abitanti  vennero  trasportati  in  una 
città  ,  che  fondata  allora  ,  come  augurio  di  vittoria  , 
ebbe  il  nome  di  Nicotera  *.  Più  ostinata  opposizione 
trovò  il  Duca  nel  castello  di  Agel  presso  Cosenza.  I 
difensori  con  le  frombole  e  le  saette  tennero  lontani 
i  Normanni ,  irruppero  nelle  loro  trincee ,  e  fra  gli 
altri  due  valenti  cavalieri  uccisero ,  Ruggiero  figlio  di 
Scolcando  e  Giseberto  suo  nipote  ,  tra  il  compianto  di 
tutti  sepolti  nel  monastero  di  S.  Eufemia  che  allora 
si  fabbricava  ^  Solamente  dopo  quattro  mesi ,  concessi 
onorevoli  patti ,  si  arrese  il  castello  ,  oltre  il  quale 
anche  Scilla  si  tolse  dall'  obbedienza  del  Duca  ^.  Mag- 
giori pericoli  erano  in  Puglia;  cominciando  Tanno  1066, 
r  ammiraglio  Mabrica  era  venuto  con  la  flotta  greca  nel 
porto  di  Bari  conducendo  alcune  schiere  di  Varangi; 
e  sebbene  non  ottenesse  la  città ,  vi  rinacquero  le  con- 
suete discordie  ^.  Pereno  dalla  vicina  Durazzo ,  strin- 
geva pratiche  co'  nemici  ,  eccitava  i  più  ambiziosi 
fra  ì  Conti  a  farsi  liberi  da  ogni  dipendenza  ,  ricor- 
dava ad  Abagelardo  figliuolo  di  Umfredo  d'Altavilla 

•  MtUH  nobUes  perrexerunt  Ferino  in  Durrachio  prò  tollendum  ho- 
norts.  Ign.  1064.  ' 

•  Malat.  II ,  57. 

•  M. 
4/t>t,II,  44. 

'  Mambrica  cum  Chelandiis  venti  Bari  cum  Guarangi.  Ign.  i066. 


—  120  — 

r  Usurpato  retaggio  Ducale  ,  lasciava  sperare  a  tutti  fa- 
vore e  sostegno.  Allora  Roberto  a  prevenire  i  nemici 
volle  assaltarli  nella  Dalmazia ,  ed  armate  alcune  navi 
in  Taranto ,  Goffredo  figlio  di  Petrone  uscì  dal  porto  per 
tentarvi  uno  sbarco  ;  ma  scontratosi  nella  flotta  impe- 
riale fu  costretta  a  rinunziare  all'  impresa  ^.  Tenevano 
il  mare  i  Greci ,  alleati  forse  dei  Musulmani  d'Africa  o 
di  Sicilia  '  ,  e  scorrendo  i  lidi  di  Puglia  ,  vietavano  i 
traffici  ,  predavano  le  galee  Baresi  *.  Poi  disbarcato  l'e- 
sercito da  Durazzo,  Mambrica  riprendeva  nel  1067  Brin- 
disi Taranto  ed  Otranto ,  e  spingendosi  sino  a  Gastella- 
neta  ^ ,  cominciavano  ad  apparire  i  primi  effetti  della 
tramata  ribellione. 

Tra  queste  fazioni  di  guerra ,  il  Pontefice  celebrato 
un  concilio  in  Troia  '^  ne  intimava  un'  altro  in  Melfi  nel- 
r agosto  di  quell'anno;  ma  non  se  ne  trovano  gli  atti 
per  chiarirne  lo  scopo.  Sembra  cercasse  ordinare  le  Chie- 
se di  Puglia  sotto  la  Romana  supremazia ,  e  costituire 
i  Vescovi  in  sua  dipendenza  tutelandone  gli  interes- 
si dalle  usurpazioni  dei  Normanni.  In  fatti  una  Bolla 

•  Loffredus  Comes  filius  Vetronii  voluit  ire  in  Romaniam  eum 
multa  gente,  sed  obstetU  UH  qidam  ductor  Graecorum  nomine  Ma- 
brica.  Lupo  ad  an.  1066. 

•  Capta  est  Galea  Petti  de  Gira  a  Saraceni  in  Malea.  (Malia?) 
Ign.  Bar.  ad  an.  1067. 

3  Galea  quatuor  Barenses  captai  sunt  a  stolo  Imp+re  (sic)  ivi. 

4  Mahrica  cum  exercitu  magno  Graecorum  fugavit  Northmannos 
et  iterum  intravit  Brundusium  et  Tarentum,  Postea  a^scendU  super 
Castanetum ,  et  recepii  eam,  Chr.  Brev.  Norm.  ad  an.  1067.  Otranlo 
fu  dopo  ripresa  dal  Duca  Roberto. 

5  De  Meo  ad  an. 


—  121  — 

posteriore  dichiara ,  che  Alfano  Arcivescovo  di  Salerno , 
aveva  in  Melfi  mossa  querela  contro  Guglielmo  d'Alta- 
villa ,  il  quale  molesto  vicino  al  Principe  Gisolfo ,  oc- 
cupava anche  i  beni  delle  Chiese.  E  rifiutandosi  resti- 
tuirli per  ingiunzione  del  Papa,  fu  scomunicato  *.  Però 
in  un  terzo  e  più  solenne  Concilio  poco  appresso  convo- 
cato in  Salerno,  presenti  Riccardo  di  Capua,  il  Duca 
Roberto,  Gisolfo,  ed  i  principali  Conti  Normanni,  com- 
parvero Guglielmo  d'Altavilla  e  Girmondo  dei  Mulsi  , 
usurpatori  delle  terre  Episcopali,  e  per  divina  ispirazio- 
ne, come  afferma  la  Bolla,  dichiarandosi  pronti  alla  re- 
stituzione erano  assoluti  ^.  Solamente  Trogisio  di  Rota, 
un  milite  dal  quale  si  volle  derivata  la  nobile  stirpe  dei 
Sanseverino,  ritardò  insino  all'ottobre  a  pentirsi,  e  fu 
poi  in  Capua  dal  Papa  perchè  lo  sciogliesse  dalle  cen- 
sure ^. 

Le  rinnovate  ostilità  dei  Greci ,  il  sostegno  dato  dal 
Marchese  di  Toscana  ad  Alessandro,  rendevano  Roberto 
e  Riccardo  proclivi  a  maggiore  condiscendenza  verso  la 
Curia  Romana,  e  se  ne  raffermava  l'autorità  accrescen- 
dosi il  numero  dei  Vescovi  Latini  *,  e  riconoscendone  i 
privilegi. 

■  UcHELLi.  in  Archiep,  Soler. 

•  I  beni  ai  quali  rinunziarono  neUe  mani  del  Papa  furono  la  corte 
di  S.  Pietro  Dataro,  e  di  S.  Vito,  la  Chiesa  di  S.  Michele  Arcangelo, 
il  castello  di  OlcTano,  i  possessi  dì  Lago  maggiore,  Tusciano,  Lama  Ui- 
voalta ,  Asa,  Picentino ,  Gifoni ,  Salsanico ,  Forino ,  Anguillario,  Prato  oc. 

^  De  Mbo.  ad  an. 

4  Nella  consacrazione  della  nuova  Chiesa  di  Montecasino  avvenuta  nel 
i07i  ,  compariscono  gli  Arcivescovi  e  Vescovi  di  Puglia  delle  seguenti 
città  :  Siponto ,  Trani ,  Taranto ,  Civitate ,   Troia ,  Alessano ,   Canne  , 


—  422- 

Ma  gli  accordi  non  ritardarono  la  pericolosa  riscossa 
apparecchiata  dai  Greci  in  Puglia  contro  il  Duca.  Le 
pratiche  di  Pereno  presso  gli  antichi  fautori  di  Àbage- 
lardo  non  erano  rimaste  vane.  Sedotto  questi  dalla  spe* 
ranza  di  conseguire  il  titolo  e  V  autorità  che  il  padre 
aveva  tenuto  ;  alcuni  Conti  d^i  premii  offerti  e  dal  de- 
siderio di  rendersi  indipendenti,  promisero  ribellarsi. 
Gozelino  Barene ,  Ruggiero  Toute-Bone ,  Amico  figlio  di 
Gualtieri ,  Roberto  e  Goffredo  di  Montescaglioso ,  nipoti 
del  Duca ,  furono  tra  i  primi  che  tramassero  contro  lui 
col  Greco  ministro  ^  I  congiurati  ricevuto  molto  danaro, 
diedero  ostaggi  a  Pereno  due  figli  di  Gozelino ,  la  figlia 
di  Ruggiero ,  il  figlio  d'Amico ,  ed  il  fratello  d' Abagela^ 
do  *;  e  mentre  Mambrica  assaliva  e  bloccava  le  città  ma- 
rittime ,  raccolte  alcune  schiere  d' indigeni  ^  sollevarono 

Fiorentino,  Termoli,  Larino,  Bìsccglie,  Minervino,  Ruvo,  Osluni,  Mo- 
nopoli, Giovenazzo,  Ariano,  Acerenza,  Venosa,  Otranto,  Castellaneta. 

'  Et  Gozzelino  perilavit   cum  suis   ad   Pereno.   Ign.  Bar.  Secon- 
ido  questa  Cronista  i  primi  accordi  sarebbero  incominciati  nel  1064.  Lo 
esperii  de  émulation  et  d*  envie  se  commovoit  de  estre  cantre  de  lui , 
quar  Gozeline  de  la  Blace ,  à  lo  quel  lo  Due  avoit  donne  Bar-entre- 
hut  (?)  et  Rogier  Toute-Bone,.,  li  quel  se  clamoit  autresi  Balaiarde, 
et  un  qui  se  clamoit  Ami  fil  de  Galtter ,  firent  conseil  cantre  le  due 
pour  eaux  estre  temez  haut  et  victoriouz.  Amato  V,  4.  Malaterra,  e 
GuiL.  App.  danno  il  cognome  di  Arenga  a  Gozelino ,  e  sembra  lo  stesso 
che  fu  tra  i  primi  seguaci  di  Roberto  in  Calabria. 
....  GoiTridus  Gocelinus  Abagelardus 
Filius  Umfredi ,  sibi  jura  paterna  reposcens 
Praecipui  fuerant  actores  consiliorum.  Guill.  App.  II. 

»  Pereno,  dice  Amato  l.  c.  presta  cent  centenaires  de  or,.,  et  rechut 
lo  sacrament  ;  rechut  la  fitte  de  Rogier ,  }fo  fili  de  Ami ,  et  lo  frèr 
de  Balalarde, 

*  pont  li  chevalier  pristrent  l'or  et  auncìent  turme  de  larrons,  et 


—  123  — 

le  terre  da  loro  dipendenti,  invasero  quelle  Ducali.  Gof- 
fredo di  Montescaglioso  nel  giugno  del  1068  s'impa- 
dronì di  Monlepeloso  * ,  e  neir  ottobre  Amico  figlio  di 
Gualtieri  usurpava  Giovenazzo  *.  Ma  più  grave  perdita 
fu  quella  di  Bari.  Quando  vi  fosse  tornato  Argiro  s'igno- 
ra; ma  durante  il  tempo  che  vi  prevalsero  i  nemici  suoi 
vissuto  come  è  probabile  in  esilio,  non  pare  vi  rientras- 
se prima  dell'  ultima  rivoluzione  che  1'  aveva  tolta  ai 
Greci ,  e  stretta  in  alleanza  a  Roberto  ^.  Allora  deposto 
il  fastoso  nome  di  Duca  di  Puglia  e  di  Calabria,  assunto 
dal  conquistatore  Normanno ,  aveva  preso  l'  altro  più 
umile  di  Poedro,  col  quale  resse  la  libera  città  mentre 
s'  agitava  la  Puglia  per  la  ribellione  dei  Conti  *.  E  co- 
noscendo prossimo  il  fine  della  tempestosa  vita ,  com- 

non  pristrent  cilé  ou  chastel  de  lo  due  ^  més  coment  larron  alUnent 
dei  robant  de  nuit  et  de  jor,  ivi. 

«  Goffridus  Comes  obsedit  Montepillosum,  et  comprehendit  eum  in 
mense  junio.  Chr.  Bret.  Norm.  Malat.  II ,  39.  Guil.  App.  II. 

*  Et  Amieetta  intravU  Juvenacie.  Ign.  Bar.* 

-  Beatillo  ,  p.  66 ,  e  Petroni  Storta  di  Bari  1.  70 ,  credono  che 
Argiro  non  tornasse  più  in  patria  ;  ma  sembra  certo  che  vi  morisse  dal- 
la testimonianza  dell'  Ignoto  Barese  ,  e  dalla  notizia  recata  dalla  Cro- 
naca Farpense. 

4  Olriit  Argiro  Poedro,  Icn.  Bar.  1068.  La  supposizione  che  Argiro 
morisse  esule  ed  in  miserabile  stato  non  s' accorda  con  quel  titolo  di 
Poedro  che  gli  è  dato  dal  Cronista.  Perciò  fu  negata  ogni  identità  fra 
questo  Argiro  ed  il  figlio  di  Alelo,  anche  perchè  la  nuova  dignità  non 
risponde  a  quella  di  Duca  di  Puglia  che  innanzi  aveva  tenuta.  Ma  le 
oscure  parole  dell*  Ignoto  Barese  lasciano  almeno  in  parte  travedere  per 
quali  vicende  avvenisse  quella  mutazione.  Partito  Argiro  nel  1058  in 
Bari  si  rialzò  la  fazione  avversa  sostenuta  dai  Greci ,  presso  i  quali  il 
figlio  di  Melo  era  divenuto  sospetto. per  le  sue  relazioni  con  Arrigo  111 
e  co* Papi.  £  probabile  che  fu  ritenuto  in  Oriente;  ma  o  prima  o  dopo 


—  m  — 

punto  l'animo  di  religiosa  pietà,  inviava  al  cenobio  di 
Farfa ,  ove  nei  giorni  più  sereni  era  venuto  ad  aggre- 
garsi con  sacri  vincoli,  preziosi  doni.  Seimila  bisanti 
furono  offerti  in  suo  nome  ,  ed  un  ricco  manto  di  sela 
intessuto  d*oro  ,  simbolo  della  fugace  dignità  ^.  Il  pa- 
dre in  lontano  esiglio  ,  egli  provata  ogni  vicenda  di  for- 
tuna moriva  ora  in  patria;  ed  appena  il  nome  d'entram- 
bi rimase  nell'oscura  tradizione,  usurpando  gli  stranie- 
ri intera  la  gloria  d'aver  abbattuta  la  secolare  domina- 
zione Bizantina. 

Prima  che  la  morte  d'  Argiro  preparasse  altre  muta- 
la morte  di  Isacco  Commeno,  egli  tornò  ia  Italia,  in  qual  modo  è  im- 
possibile dire.  Le  vittorie  dei  Normanni ,  favorirono  una  rivoluzione  ia 
Bari  per  la  quale  prevalsi  i  parteggiani  di  Argiro  sottoscrissero  un*  al- 
leanza col  Duca  Roberto  nel  1064.  Allora  Argiro  rientrò  nella  sua  pa- 
tria, e  lasciando  il  titolo  di  Duca  di  Puglia,  che  Tlmperatore  d* Orien* 
te  gli  aveva  tolto ,  e  sarebbe  stato  contrario  alle  pretensioni  di  Roberto, 
prese  quello  di  Poedro ,  che  vuol  dire  Aniesignano  o  Preside  della  città. 
Il  medesimo  titolo  si  trova  adoperato  nel  1089  in  una  donazione  che  h 
un  Maureliano  :  ffratia  Dei  Poedrus  et  Catepanvs  et  dominator  loco 
RutUiano.  PrticNANi ,  Vindie,  Diatr,  p.  341.  La  vicenda  delle  parti 
in  Bari ,  che  mostra  sempre  a  capo  di  una  la  famiglia  d'  Argiro ,  ac- 
certa che  il  Poedro  dell'  Ignoto  fu  un  discendente  di  Melo ,  e  le  parole 
della  Cronaca  di  Farfa  confermano  che  T Argiro  già  Duca  di  Puglia, 
mori  ricco  e  neir  esercizio  di  un'  alta  dignità. 

'  La  Crr.  Farf.  dopo  aver  trascritta  la  lettera  con  la  quale  Argiro 
entra  nella  Congregazione  di  S.  Maria  di  Farfa ,  riferita  fra  i  Documen- 
ti del  primo  Volume ,  aggiunge  :  Cum  hujus  vitae  terminum  sibi  eer- 
neret  imminere  direxit  ad  hac  Eccletiam ,  sive  Congregationem,  quae- 
dam  raricra  dona ,  et  non  parva  pecunia ,  videlicet  bisantos  VI  mir 
Ha ,  et  mantum  pretiosum  ìujlosericum ,  auroque  textum ,  quod  erat 
praedara  vestii  sui  honoris ,  quae  amplius  valere  ferebatur ,  quam 
centum  libras  argenti  purissimi.  Mlrat.  R.  /.  T.  Il ,  p.  il  ,  b^. 


-  425  — 

zionì  in  Bari ,  il  Duca  Roberto  minacciato  dai  Greci  e 
dagli  insorti  aveva  riunite  tutte  le  sue  forze  per  com- 
batterli. Assediò  prima  Otranto ,  e  vi  fece  intorno  ca- 
stella di  legno  strettamente  oppugnandola  finché  s'  ar- 
rese ^.  Quindi  senza  darsi  pensiero  delle  correrie  dei 
nemici  Aiosse  contro  le  loro  città  ^  ;  assali  nel  febraio 
Montepeloso  occupata  da  Goffredo  di  Conversano  suo 
nipote,  e  lasciando  una  parte  dei  cavalieri  a  bloccarla, 
piombò  inaspettatamente  sopra  Obbiano  che  gli  si  arre* 
se  '.  Poi  ricongiuntosi  ai  suoi  trattò  con  un  Godefredo  che 
era  tra  i  difensori  della  città  assediata,  e  promettendo 
investirlo  del  castello  di  Obbiano,  n'  ebbe  la  terra.  Per- 
chè simulando  allontanarsene,  attirò  fuori  il  nipote; 
e  mentre  questi  attendeva  a  tutelare  gli  altri  suoi  do^ 
minii ,  il  tradiiore  aprì  alle  milizie  del  Duca  Montepelo- 

'  Meme  octobri  eaptum  est  Uerum  Hydrontum  et  fugati  sunt  Grae-^ 
ci  ab  ea,  Chr.  Brev.  Nor.  1068.  Ma  deve  essere  1067.  Amato  appena 
dopo  il  ritorno  di  Roberto  daUa  Sicilia  dice  :  premèrement  aeeeia  0- 
tranto  et  attornia  de  diverses  travaties  et  des  chevaliers,  £t  tant  la 
aneia  quant  par  armes  et  per  powteté  jusque  à  taiU  que  cU  de4a 
eiié  se  rendirent.  V ,  26. 

*  fint  en  FuiUe  le  plus  tost  qu'  il  pot  et  non  se  euroU  de  li  ane» 
mie  soe ,  liquel  aloient  fore  par  lo  camp ,  ne  de  la  proie ,  qu*  il  fai* 
eoùni  non  se  curoU ,  mès  ala  à  lor  cita.  ivi. 

^  Fermarti  Riobertus  Dux  obsedU  Jdonlispilosif  ubi  nUiU  profidens 
€um  paucis  àbiit  Oblnanum ,  et  recepii  eam ,  et  traditionem  cujusdam 
Gotofredi  entravit  ipse  Dux  in  dictam  civUatem  MonlispUosi,  Lupo 
1068.  RoM.  Saler.  ad  an.  riferisce  le  stesse  parole ,  ma  in  luogo  di 
Obbiano  fu  letto  Arianum ,  e  sembra  un  errore.  Però  il  Vitale  nella 
sua  Storia  d'Ariano,  vuole  che  Gerardo  di  Buonalbergo  che  n'era  Conte 
allora  si  ribellasse,  p.  52.  Malat.,  11,  39  dice  che  Goffredo  negasse  al 
Duca  Montepiloso  servitium,  sicut  et  de  caeteris  castris. 


-.426  — 

so  ^  Cadde  appresso  Gravina,  e  le  città  appartenenti  ai 
Conti  ribelli  furono  investite  e  prese  *,  disfatti  in  diver- 
si scontri  gli  insorti ,  ed  i  loro  beni  confiscati.  Alcuni 
caduti  prigioni  con  atroci  supplizi!  vennero  uccisi  ^,  al- 
tri ,  come  Gozelino  e  Ruggiero  Toule-Bone,  fuggirono  in 
Costantinopoli  ^ ,  dove  il  Duca  Pereno  mandò  anche  gli 
ostaggi.  Solamente  Amico ,  Abagelardo ,  e  Goffredo  di 
Conversano  furono  perdonati ,  e  V  uno  ritenne  una  parte 
dei  suoi  possessi,  gli  altri  congiunti  per  sangue  al  Duca, 
ottennero  più  ampia  concessione  di  terre  e  di  castella  '. 
Anche  i  Greci  erano  stati  vinti  presso  Lecce  ^ ,  ma 

'  Lupo.  Goil.   àpp.  II,   narra  i  particolari  deU^  assedio ,   Godefredo 
aveva  avuta  uni  metà  di  Montepeloao  da  Goffiredo ,  e  da  Roberto  : 
Accipit  OiaDum  sed  quid  post  crederet  illi  ? 
Traditor  est  Latii  populo  vocitatus  ab  omni. 

*  Robertus  Dux  cepit  Gavinum,  (sic)  Chr.  Bre\.  Norm.  ad  an,  —  Et 
à   Gozelin  leva  tout  ce  qu*  il  avait ,  et  à  Rogier  Toute-Bone  toUi  li 

champ  soe ,  ne  lui  laissa  tant  de  terre  oii  se  peust  sotUerrer Et 

prist  la  terre  de  Ami  et  de  Balalarde.  Amato  V,  4. 

s     .  .  .  .  capit  lios  et  projicit  illos 

Afflixit  variis  quorumdam  corpora  pocnis.  Guil.  App.  li. 

^  Et  que  non  pooient  recovrer  la  gràce  soe  foyrent  en  Vonstenlino- 
ble,,,  et  quant  Ferin  vit  V  or  de  son  seignor  malameni  despendu^ 
manda  li  ostage  a  V  empéreor  pour  estre  descolpé.  Amato  ivi.  —  Gca. 
App.  il 

*  Ami  retint  pour  son  chevalier  et  de  la  terre  soe  aueunepart  Ven 
rendi..*  Et  Balalarde ,  pour  ce  qu'il  avoit  esté  fUz  de  lo  frère ,  tiiU 
avec  ses  filz ,  et  consideroit  dedens  petit  de  temps  de  (aire  lo  grani 
prince  (?)  dont  lui  dona  plus  ciies  et  cha^telz.  Amato  ivi.  —  GofTredo 
di  Conversano  promise  rendere  il  servigio  dovuto  per  Montepeloso  e  le 
altre  terre.  Malat,  1.  c* 

^  Factum  est  proelium  in  campum  Litii ,  et  fugati  sunt  Grafici. 
Chr.  Brev.  Norm.  1068. 


-  127  — 

non  è  improbabile  che  la  loro  opposizione  sMnfievolisse 
per  la  morte  dell'Imperatore  Costantino  Duca,  il  quale 
nel  maggio  del  1068  mancava  lasciando  il  governo  alla 
moglie  Eudocia  tutrice  di  tre  fanciulli ,  Michele  »  An- 
dronico, e  Costantino  Porfirogenito  ^«  Non  pertanto  mor- 
to il  Poedro  le  domestiche  contenzioni  rinascevano  in 
Bari,  e  la  città  partita  rompeva  l'alleanza  stretta  coi 
Normanni.  Figliuoli  non  sembra  restassero  diArgiro; 
ma  suo  nipote  o  congiunto  era  queir  Argirizzo  figlio  di. 
Giovannaccio  ,  che  divenne  capo  della  sua  fazione^, 
contrastandogli  Bizanzio  detto  Guiderlinco ,  un  nome 
che  ricorda  altri  avversarii  ^.  E  prevalendo  questi  s' ac- 
costava ai  Greci ,  li  richiamava  nella  città ,  usurpando- 
ne il  governo  ^  Ma  Argirizzo  costretto  a  rinchiudersi 
nelle  sue  case,  poste  nella  parte  più  alta  di  Bari,  vi  si 
sostenne  con  V  aiuto  dei  suoi  fautori ,  ed  invocò  il  soc- 
corso del  Duca. 

Sgominati  ed  abbattuti  dovunque  i  ribelli ,  Rober- 
to sul  finire  dell'anno  vaniva  ad  accamparsi  intorno 
la  città  '.  Ampie  mura  la  cingevano ,  e  la  naturale  for- 

*  ZOMARA.  L.  XVIII.  §.9. 

*  Del  figlio  rimasto  prigione  in  Costantinopoli  non  rimane  notizia.  Que- 
sto è  chiamato  Argiriehi  fUii  Joannazi  da  Lupo  ,  Argirizzo  lo  chiama 
Amato  ,  ed  Argiro  Goill.  App.  II. 

»  Bisantius  cogwmento  Guiderlincus.  Lupo.  i07i.  V.  Voi.  I^  p.  US. 

^  Et  se  parti  la  cité  en  dui  part ,  quar  Bisante  o  une  gran  parte 
vohit-  deffendre  la  terre  pour  Vempereor  et  Argence  la  subiection  de 
la  noble  et  puissant  Robert., Xìhkto  V ,  27. 

*  Et  die  quinto  astante  Augusti  venit  dux  Robertm  et  obsedit  Bari 
per  terra  et  mare,  Ign.  1068.  Mense  septembris  obsedU  Barum,  Lupo 
1069  cominciando  per  lui  il  nuovo  anno  dal  settembre. 


—  m  _ 

tozza  aveva  V  arte  accresciuta ,  poiché  stendevasi  verso 
il  mare  quasi  in  forma  di  penisola ,  e  sorgevano  torri  e 
munizioni  d'ogni  lato.  Ricca  di  commerci  ^  popolosa , 
insoflerente  d'ogni  dominio,  gli  abitanti,  diversi  di  stir- 
pe I  Greci ,  Longobardi ,  Latini ,  Ebrei ,  2ibborrivano  i 
Normanni ,  che  prima  avevano  accolti  come  mercenarii 
di  Melo  e  d'Argiro  ^  Perciò  quando  il  Duca,  trovato  un 
pretesto  nella  violala  alleanza  ,  intimò  ai  cittadini  di 
riconoscerlo  come  signore,  o  almeno  di  porre  in  sua 
balla  le  case  d'Argirizzo;  fu  risposto,  Bari  restereb- 
be fedele  all'Imperio.^  Sul  fmìr  d'agosto,  o  nei  primi 
dì  del  settembre  1068  cominciò  l' assedio ,  vennero  di 
Calabria  navi  e  marinai  per  chiudere  il  porto  ',  s'al- 
zarono torri  di  legno  intorno  le  mura ,  ma  i  difensori 
non  si  lasciarono  intimidire.  Bizanzio ,  volendo  recarsi 
a  sollecitare  gli  aiuti  dei  Greci,  trovò  modo  di  eludere 
il  blocco ,  e  non  avendo  il  Duca  una  flotta  numerosa , 
uscì  con  alcune  navi  dal  porto.  I  Normanni  n'  ebbero 

■• 

*  OpUms  dilatam  et  robore  plenam.  Guil.  App.  1.  c.  Barum  ciotto- 
tem  maximam  natura^  arte,  et  viribus  beUantilm^  munitam^  amnino 
ante  illa  tempora  latinae  subiectionit  ignaram ,  super  omnia  Norman' 
narum  twminis  invidam,  Anon.  Sic.  763. 

*  AvatU  que  lui  donast  bataille  demanda  a  di  de  la  ciiéqu'Ufut- 
sent  tubiette.  Et  contrasteirent,,.  et  dient  que  per  nulle  molleste  qui 
lo  fuist  fait  ne  se  vdoient  partir  de  la  fidélité  de  lo  imptreor.  ifi. 

....  Dux  mandai  civibus,  aedes 

Argìroì  sibi  dent ,  qiias  noverai  editìores 

Contiguìs  domibus  ;  quas  si  conscendit  adeptus 

Urbem  Robertus  totani  sibi  subdere  sperai. 

Barensp  austera  duci  rcsponsa  dcderuni.  Guil.  App.  H. 

*  Hej^et  Calabris  adiectis  navibus  aequor.  Gui,  App.  U, 


-429  — 

avviso  da  Argirizzo  e  fecero  inseguirlo  da  quattro  ga- 
lee leggiere  ;  ma  per  fortuna  di  mare ,  o  per  virtù  dei 
nemici ,  due  furono  sommerse ,  e  le  altre  rimasero  dan- 
neggiate ^  ^ 

Allorché'  Bizanzio  giunse  in  Costantinopoli,  non  reg- 
geva più  la  debole  Eudocia;  invaghitasi  di  Romano  Dio- 
gene ,  togliendolo  al  patibolo  al  quale  era  stato  condan- 
nato, gii  aveva  con  le  sue  nozze  concesso  l'Imperio  nel 
gennaio  del  1068  *.  E  poiché  furono  accolte  le  dimando 
dei  Baresi ,  muoveva  Stefano  Palriano ,  designalo  come 
Catapano,  con  la  flotta  Greca,  recando  ogni  qualità  di 
sussidii  in  difesa  della  città  assediata.  Aspettando  il  ri- 
torno di  Bizanzio ,  il  Duca  aveva  inviate  le  sue  galee  ad 
incontrarlo ,  e  seguì  presso  Monopoli  una  grande  batta- 
glia navale.  Dodici  dromoni  annonarii  carichi  di  vet- 
tovaglie affondarono ,  alcune  navi  furono  prese  dai  Nor- 
manni che  incrudelirono  contro  i  prigioni  ;  ma  le  rima- 
nenti entrarono  nel  porto  di  Bari  ^.  Festose  grida  leva- 

'       Imperio  sancii  cives  suffragia  poscunt 
Qui  conjurati  fuerant  cum  civibus ,  illic 
Legatos  mittunt ,  simulque  imperiale  juvamen 
Oranes  deposcunt.  GtiL.  àpp.  lì, 
BisantU  s' en  ala  à  Costentinoble  et  signifia  lo  fait  à  lo  impereor ... 
Ei  Argenzie  denuncia  à  Robert  que  Bisantie  est  ale.,,  et  lui  manda 
Robert  dérriere  quattre  galées  ligére  pour  prendre  lo ,  més  dui  furent 
noieà  et  li  autre  dui  tomerent  à  lo  due  o  damage.  Amato,  ivi. 

•  ZoNARA.  L,  XVUI.  §,  10.  Baronio  e  Pagi,  pongono  in  quest'anno 
il  principio  del  regno  di  Romano  Diogene ,  ma  De  Meo  sostiene  inco- 
minciasse nel  gennaio  1069 ,  e  fa  viverlo  sino  air  agosto  1072.  Vedi 
Nota  5  in  fine  al  Volume. 

'  Manda  li  empéreor  un  qui  se  damoU  Stefane  Patrie,.,  et  manda 
atvc  lui  Avartutèle  Àchate-Pain.,,  Et  /b  due  sot  que  Besantie  retor- 
YOL.  II.  9 


—  430  — 

ronsi  da  ogni  parte ,  i  cittadini  estimandosi  ormai  secu- 
ri  correvano  sulle  mura ,  e  per  ischerno  degli  assalito- 
ri mostravano  le  loro  ricchezze  invitandoli  a  prenderle , 
e  con  suoni  di  strumenti  facevano  allegrezza  ^. 

Cresciuto  V  ardimento  dei  Baresi ,  uscivano  fuori  a 
combattere,  e  respinti  tornavano,  pugnandosi  con  egua- 
le pertinacia  e  virtù  ^  Lentamente  cosi  procedeva  T  as- 
sedio durante  l' anno  1069 ,  e  sebbene  fossero  vicende- 
voli molestie  e  continue  fazioni ,  non  valsero  i  cittadi- 
ni ed  i  Greci  a  respingere  Roberto,  né  per  forza  di  mac- 
chine ed  impeto  d' assalto  questi  superò  mai  le  mura. 
Tentò  abbatterle  dalla  parte  del  mare,  e  incatenate  al- 
cune navi  le  congiunse  per  mezzo  d'un  ponte  al  piccolo 
istmo  che  fiancheggiava  il  porto,  innalzandovi  sopra  una 

noU  et  manda  trmx  galées  pour  lo  prendre,  de  /tqtie/  galèe  fureiU 
prise  dui  de  BUantie  et  la  tierce  toma  à  lo  due,  AuKto  V ,  27.  Giil. 
App.  ed  ì  Cronisti  noi)  parlano  di  Avartutele ,  e  danno  il  titolo  di  Ca- 
tapano a  Stefano  Palriano  ,  la  cui  venuta  è  così  narrata  dall'  Icn.  Bar. 
Venit  Stcphano  Patriano  cum  itolo.  Et  périerunt  naves  Xli  in  per- 
tinentia  civitatis  Monopolis  onerate  vieto,  omnique  hono.  Et  multi 
homines  necati  sunt ,  et  alii  compraeìienserunt  Franci ,  et  truncave- 
runt,  10G9. 

•  Malat.  II.  40. 

*  Adjuncto  muros  quo  evertere  possit 
Diversi  generis  tormento ,  nec  minus  urbe 
Cives  defendunt,  non  inter  moenia  clausi 

Cum  duce  pugnantes  ostant  prò  mocnibus  urbis 
IIos  pugnando  fugant ,  prosternunt  ictibus  illos 


Acriter  ìnsistunt  Normanni ,  nec  minus  acres 
ObsJslunt  cives.  ce.  Guill.  App.  H. 
Quant  li  chevalieì'  de  lo  duo  donnoient  bataille  issoient  defort  é 
de  Bar ,  més  plus  issoient  à  Icr  mort  que  à  bataille.  Amato  V ,  27. 


—  434  — 

forre  di  legno»  che  vietava  ogni  approdo  e  difendeva  la 
flotta  Normanna  ^  Ma  i  Baresi  la  rovesciarono,  e  di- 
strutto il  ponte,  costrinsero  il  Duca  ad  allootanarsene  ^. 
L'assedio  allora  fu  mutato  in  blocco;  le  galee  Calabresi 
scorrevano  il  mare,  T esercito  rimase  accampato  anche 
nel  verno  intorno  la  città ,  riparando  in  capanne  di  fra- 
sche. Non  cessavano  perciò  le  offese;  era  in  Bari  un  mili* 
te,  forse  trasfuggito  Normanno,  al  quale  grave  ingiuria 
aveva  fatta  Roberto.  Il  desiderio  di  vendicarla ,  gli  in- 
citamenti degli  assediati,  l'audace  natura,  lo  spinsero 
a  tramarne  la  morte  ^.  E  mescolandosi  fra  i  nemici  al 
cadere  del  giorno  mentre  il  Duca  sedeva  con  altri  a  con- 
vito nella  sua  capanna,  vi  si  avvicinò  spiandone  i  movi- 
menti. Conosciutolo  attraverso  le  frasche  scoccò  una 
freccia,  che  giunse  al  segno,  e  sicuro  d'averlo  ucciso  , 
perchè  il  feltro  era  avvelenato ,  rapidamente  s' involò 
recando  la  nuova  del  compiuto  misfatto  ^.  Ma  fu  breve 

'       ....  obiectis  molìbus  aequor 

Parte  replens  alia  naves  prodire  vetal>at 

fiariaas ,  portumque  suis  ponuan  paravit , 

Àtque  super  pontem  posilo  munimine  terris 

Urbanis  nusquam  prodire  licebat  ab  urbe 

Tutaque  servabat  classis  Normannica.  Guil.  àpp.  II. 
'      Al  cives  turrim  capiunt  ut  maxima  pòntis 

Àequorei  cecidit  pars  evertentibus  illis.  ivi, 
^      Niles  erat  Bari  cui  dedecus  a  duce  quondam 
.  lllatum  fuerat  grave ,  partibus  ex  alienìs 

Promptus  ad  omne  malum ,  levis  iracundus ,  et  audat  '. 

Castra  ducis  Stephanus  monet  buQc  solertcr  adire,  ivi, 
Pretioque  componto,,.  Amerimu^  ergo  avarUia  captionit  ^  cupidiné 
cop^fltf...  fadnui  accelerat,  Malat.  II ,  40. 
4  GviL.  App.  II ,  Malat.  Il ,  40. 


—  432  — 

la  gioia  ;  appena  le  vesti  aveva  sfiorato  il  dardo ,  e  a 
premunirsi  d'  altri  tradimenti ,  fece  il  Duca  costruire 
una  casa  di  pietre  ^  L'inutile  tentativo  non  distolse  i 
Greci  dalle  inique  arti.  Perdurando  V  oppugnazione  di 
Bari ,  i  Normanni  correvano  intorno  sopra  le  altre  città 
che  erano  state  riprese  dai  nemici,  ed  il  Conte  Goffredo 
figlio  di  Petrone  assaliva  per  mare  Brindisi.  Mabrica 
con  la  flotta  Bizantina  impediva  vi  s'accostasse,  respin- 
gendo le  sue  navi  dopo  sanguinosa  battaglia ,  e  Roberto 
venuto  per  terra  ad  investirla ,  mancato  il  sussidio  ma« 
rittrmo ,  abbandonava  V  impresa  K 

Arrendendosi  però  le  altre  terre  vicine ,  e  intimidito 
dei  continui  acquisti  dei  nemici,  Niceforo  Caranteno 
preposto  dair Imperatore  alla  difesa  di' Brindisi,  non 
osò  aspettarvi  un  secondo  assalto ,  e  cedendo  alla  sua 
viltà ,  cercò  con  V  inganno  un  trionfo  che  la  scusasse  \ 
Simulando  volersi  arrendere ,  nel  gennaio  del  1070 , 

•  Ivi, 

*  Robertus  Dux  descendit  super  Brundurium ,  et  Goffridut  Comes 
venit  cum  exercitu  magno  et  forti  in  navibus ,  et  facta  est  inter  eos 
et  Mabrica  crudelis  dimicatio.  Chr.  Bkev.  Nor.  1070.  Credo  sia  il 
Conte  Goirredo  iìglio  di  PeU'one ,  che  alira  volta  aveva  combauuto  per 
mare  con  Mabrica ,  e  non  quello  di  Conversano ,  complice  aU'  insur- 
rezione. 

s  Nicephorus  autem  Carantenus  et  invasione  f adente  Roberto  et  w- 
finitis  malis  Italianis  vexante  timebat  quidem  veruntamen  ab  impera' 
tore  auxilium  expectàbat,  Omnes  igitur  Italiae  urbes  ad  eum  se  ap- 
plicaverunt  et  presidia  acceperant.  Quaedam  vero  presidia  accusantes 
stipendiarias  se  facere.  Is  autem  ita  pei'fectis  fugere  decrevit  etiam,.. 
Sed  cum  secum  reputans  ignominiam  in  provindam  mansU  Brundu- 
sium  in  fide  erga  imperalorem  et  in  serviiute  continens ,  fraude  vero 
ac  dolo  finitimos  francos  aggrcditur,  Sìylatzak.  669. 


—  433  — 

promise  al  Duca  che  lascerebbe  sorprendere  la  città  , 
quindi  disegnato  il  giorno,  una  schiera  di  quaranta  mi- 
liti Normanni,  e  quarantatre  scudieri,  pervenuti  senza 
ostacolo  presso  le  mura  le  scalarono.  Ma  appena  discesi 
r  uno  dopo  r  altro  furono  trucidati ,  ed  i  mozzi  capi  in- 
viati in  Durazzo  e  poi  in  Costantinopoli ,  dove  poco  ap- 
presso fuggiva  il  perfido  Caranteno  *. 

Più  temuti  nemici  molestavano  in  quel  tempo  T  Im- 
perio Orientale,  perchè  potesse  volgere  in  Italia  il  nerbo 
delle  sue  forze ,  e  Romano  Diogene  intento  a  respingere 
i  Turchi  sui  confini  della  Persia,  con  deboli  aiuti  aveva 
potuto  soccorrere  Bari.  A  quelle  esterne  minacce  s'.uni- 
rono  i  domestici  sconvolgimenti;  l'Imperatore  fatto  pri- 
gione per  tradimento  dei  suoi  a  Mauzicerta,  comprò  la 
libertà  e  la  pace  dai  Turchi ,  ma  non  riottenne  il  trono. 
I  cortegiani  «i  erano  affrettati  ad  acclamare  TWichele  IV 
Parapinace ,  figliuolo  di  Costantino  Duca,  e  deposta  Eu- 
docia ,  si  contese  fra  i  due  Imperatori  *. 

*  Clam  igitur  cum  iprìs  eóUocutus ,  e  de  prodenda  ipsis  urbe  men- 
tione  ultro  eUroque  halnta ,  venienteg  francos  exeepit ,  et  per  sealam 
ascendentes  singohs  interfeeit  eentum  circiter  numero ,  quorum  capita 
in  navigium  imposita  in  Dyrrachium  transmittit,  et  inde  ad  Impc- 
raiorem  eorum  qui  andderat  nuntius  proficiseitur.  ivi.  Mense  janua- 
rii  magnum  homicidium  est  Brundusii  nam  Normanni  volentes  eam 
eompraehendere ,  tenti  sunt  ex  eis  quadraginta  cum  aliis  eorum  mini- 
stris  quadraginta  tribus.  Lupo  i070. 

■  ZoiiARA.  1.  e.  Romanus  Imperator  deponitur  et  excoeeatur ,  et  sueee- 
dii  Mithael  Ducas  filius  Costantini,  Chr.  Brev.  Norm.  i07i.  Romanus 
DiogeMs  qui  cum  praedicto  Michaele  privigni  suo  tenebat  imperium 
fraude  praedicti  Micha^lis  privigni  sui  apud  quandam  civUatem  Ar- 
meniae  eompraehensus  et  caecatus  est.  Lupo  ad  an,  1069 ,  ma  fu  più 
tardi. 


—  134  — 

Per  tali  cagioni  le  prime  vittorie  dei  Greci ,  e  la  ri* 
bellione  eccitata  in  Puglia ,  erano  state  fiaccamente  se- 
condate ,  ed  ora  alla  cresciuta  necessità  malamente  si 
sopperiva.  Invece  il  Duca  Roberto  senza  mài  abbandona- 
re r  assedio  di  Bari ,  aveva  fatti  convenienti  apparecchi 
per  condurlo  a  termine  ;  e  disperando  entrare  per  assal- 
to, imprese  a  chiudere  la  via  del  mare  per  affamarla.  Le 
galee  dei  cittadini  congiunte  a  quelle  Bizantine  prevalen- 
do insino  allora  per  numero ,  avevano  resi  infruttuosi 
i  suoi  sforsi ,  e  gli  scontri  navali  non  s'  erano  pareggia- 
ti in  fortuna  alle  terrestri  battaglie.  Usati  i  Normanni 
al  .cozzo  dei  singolari  abbattimenti,  all'urto  dei  cavalli, 
a  combattere  d' appresso  corpo  a  corpo,  nelle  marittime 
pugne  ,  findiè  non  si  venisse  all'  arrembaggio  ,  erano 
inferiori  non  per  virtù  ed  ardire  ,  ma  per  destrezza  e 
per  agilità.  A  differenza  però  dei  Longobardi ,  essi  non 
avevano  quella  naturale  ripugnanza  del  mare,  che  fu 
tra  le  cause  precipue  della  lenta  ed  incompiuta  conqui- 
sta dei  Duchi  di  Benevento.  Prima  di  stanziarsi  in  Nor- 
mandia i  loro  padri  erano  stati  audaci  pirati ,  ed  i  fi- 
gliuoli ne  serbavano  le  tradizioni  e  seppero  riprenderle 
quando  ne  venne  il  bisogno.  Oltreaciò ,  appena  sotto- 
messa la  Puglia  e  la  Calabria ,  usarono  a  proprio  van- 
taggio le  forze  delle  città  dedite  ai  traffici,  e  le  navi 
ch'erano  servite  per  T impresa  di  Sicilia,  furono  accre- 
sciute, e  gli  indigeni  costretti  a  fornire  esperti  marinai. 
Dal  tempo  che  durava  Tassodio  di  Bari ,  in  tutti  i  porti 
si  sollecitavano  gli  apparecchi  per  riunire  una  flotta,  e 
quando  fu  in  pronto,  nella  primavera  del  1070,  il  Conte 
Ruggiero,  condusse  le  sue  galee  dall'isola  ,  e  ne  prese 


—  OS  — 

il  comando  *.  Non  è  improbabHc  che  vi  concorressero 
come  mercenarie  anche  alcune  navi  dei  Pisani ,  indotti 
dalle  nimistà  contro  i  Musulmani  ad  allearsi  ai  Nor- 
manni *,  e  certo  è  che  la  flotta  numerosa  riuscì  a  chiu- 
dere il  porto  di  Bari.  Strette  Tuna  all'altra  le  galee  con 
forti  catene  ,  e  per  mezzo  di  due  ponti  sospesi  ricon- 
giunte alla  terra  ,  la  città  si  trovò  circuita  da  ogni 
parte  ^, 

Trascorso  poco  tempo  si  venne  in  grande  strettezza 
di  viveri ,  così  che  il  grano  valse  allo  staio  quattro  bi- 
santi  ^  Queste  molestie  togliendo  animo  ai  cittadini , 

■  Advenerat  in  auxilium  Ducis  fratris  plurimo  remige  Comes  Su 
(Miae  Rogerius  noviter  a  fratte  tnviiatug.  Malat.  II ,  45. 

'  En  cdlui  temps  quant  lo  due  se  combattoit  pour  prendre  la  citi 
de  Bar ,  demanda  et  requùt  l*  ajutoire  de  cU  de  Pise ,  à  ce  qui  li 
Sarrazin  non  soient  laissiez  en  Ione  repos.  Amato  V ,  28.  E  segue  a 
narrare  che  ì  Pisani  assalilo  il  porlo  di  Palermo ,  ne  rapirono  la  cate- 
na riferendo  a  questo  tempo  T  impresa  ricordata  da  Malaterra  anterior- 
mente e  con  altri  particolari.  In  ultimo  aggiunge  :  Et  puiz  la  victoire 
de  lo  due  en  Puille ,  le  Pisen  rechurent  grandissimes  domps.  D'  onde 
è  chiaro ,  che  se  non  direttamente  ,  indirettamenle  aiutarono  queir  as- 
sedio ,  tutelando  i  possessi  dei  Normanni  in  Sicilia  allorché  Ruggiero 
ne  fu  lontano. 

*  Més  quant  la  sapience  del  due  vit  que  par  terre  non  se  pooit 
prendre ,  quar  Bar  est  les  troiz  pars  en  mer ,  il  fist  venir  moult  de 
nesf.  Amato  1.  e.  Navibus  per  mare  extensis ,  una  ad  aiteram  firmi- 
ter  ferreis  catenis ,  acsi  sepem  facienda  compaginatis ,  ita  totam  wr- 
bem  cinxit,..  Duos  quoque  pontes,  unum  videlicet  ab  unaquaque  r^pa 
eostituens.  Malat.  II ,  40.  Nam  ipse  Dux  fecit  fieri  pmtem  in  mari , 
quantus  conduderet  portum  predictum  urbis  Bari,  Lopo  Nel  testo  per 
errore  si  legge  ad  an.  1071  e  deve  essere  1070.  Non  sembra  che  sia 
lo  stesso  ponte  del  quale  parla  Guil.  App.  perchè  i  particolari  non  s'ac- 
corderebbero. 

4  Car  achatoient  lo  tomble  de  frument  quatre  bysant.  Amato  V,  27. 


—  436  — 

eccitavano  le  speranze  dei  Nornoanni  e  dei  loro  faulori; 
Argirizzo  diveniva  più  ardimentoso,  ed  aspre  querele  ed 
ingiurie  si  ricambiavano  tra  lui  e  Bizanzio ,  armandosi 
a  vicendevoli  offese  *.  Amici  e  congiunti  molti  aveva 
Argirizzo  ,  eia  vicinanza  di  Roberto  aggiungendogli  si- 
curtà ,  fece  tendere  un'agguato  al  suo  emulo,  che  nel 
luglio  del  1070,  mentre  recavasi  dal  Catapano  fu  ucci- 
so *.  In  vendetta  si  bruciarono  le  case  dei  Melipezzi,  al- 
cuno de'  quali  fu  tra  gli  omicidi  ;  ma  spento  Bizanzio 
una  parte  del  popolo  piegava  verso  Argirizzo ,  che  mo- 
stravasì  largo  e  benefico,  e  ricevendo  viveri  e  danari  dal 
Duca  dispensavali  a  quelli  eh'  erano  in  maggiore  neces- 
sità '.  Per  tal  modo,  e  crescendo  il  tormento  della  fame, 
cominciò  a  mancare  la  volontà  della  difesa.  La  plebe 

■  Et  la  male  vdotUé  de  Bisantie  et  de  Argentie  se  vint  deseweramtt 
et  se  dUtrent  parole  V  un  à  V  autre  injurioses ,  et  prometoient  Vun  à 
V  autre  mort ,  et  li   arme  se   appareUlent.  ivi. 

•  Et  Argerico  qui  avoit  lo  adjutoire  de  lo  due  Robert ,  et  li  parent 
et  amis  avoit  plus  que  Bisantie ,  manda  cert  homes  pour  occvre  Bi- 
santie ,  quant  il  aloit  à  la  mais(hi  de  lo  Achata-Pain;  et  ensi  fufait 
et  fu  remez  lo  impediment  de  lo  Due.  ivi.  Octàbodccimo  die  mensis 
Julius ,  die  Dominica  interfectus  est  Bisantius  Patritius ,  ab  iniquis 
homines ,  et  salate  sunt  case  Meli  Pezzi ,  et  obrute.  Ign.  Bar.  1070. 
Dolo  cujusdam  Argirichi  filii  Joannazzi  occisus  est  Bisantius  eogno- 
mento  Guiderlincus  in  Baro.  Lupo  1071.  I  Melo  Pezzi  erano  probabil- 
mente congiunti  del  Duca  Argiro  e  si  trovano  ricordali  nelle  precedenti 
fazioni.  V.  Voi.  1.  p.  54. 

3  Et  entre  ceste  chose  li  home  comencèrent  à  entre  laiser  la  court 
de  AchMe-Pain ,  et  à  frequenter  lo  palaiz  de  Argerico,  .  Et  Argitio 
conforta  li  compaignon ,  et  aidoit  à  li  ménor ,  donoit  chose  de  vivre 
à  li  pour  e,..  Et  estoit  allée  la  nef  de  li  due  pour  ehargier  vitaille  de 
viììre  ^  et  faisoit  dire  le  due  que  estoit  de  Argerico ,  et  avee  lui  por- 
toit ,  et  sembleblement  lui  mandoit  deniers.  Amato  1.  c. 


—  437  — 

chiedeva  si  provvedesse  ai  suoi  bisogni  o  si  trattasso  la 
pace  ^;  e  s'acquetò  soltanto  alla  promessa  d/ imminenti 
soccorsi  *.  Stefano  Patriano  fece  partire  un  messaggio 
per  r  Imperatore;  ma  essendo  allora  viva  la  lotta  fra 
Romano  Diogene  e  Michele  IV,  s'inviarono  appena  al- 
cuni dromoni  carichi  di  grano.  I  quali  giunti  pressò  il 
porto ,  volendo  i  cittadini  assicui:arne  1'  entrata ,  usci- 
rono a  combattere,  e  n'ebbero  peggior  danno  di  mol- 
tissime morti  ^.  Se  furono  anche  perdute  le  navi  non  è 
detto,  d'ogni  modo  la  moltitudine  non  trovando  sollie- 
vo alle  sue  miserie  rinnovava  i  lamenti  e  le  grida  * , 
mentre  per  opera  d'  Argi rizzo  Roberto  cercava  sedurre 
ì  cittadini  più  potenti  ^.  Non  per  tanto  1'  odio  contro  i 

'  Et  h  peuple  dona  une  voix  lacrimable  pour  fame ,  et  dUtrent  à 

10  Achate-Pain  ;  ou  il  deffendUt  la  cUé  ^  ou  il  fisi  licUe  cose  la  pace 
avec  lo  due.  ivi, 

•  Amato  ivi. 

&  Et  guani  lo  impereor  sol  cesi  novelle  il  mut  gon  ost  ou  plus  tost 
the  il  pot ,  et  manda  JJc»  dromon  de  ^atn....  Ceste  fu  occasion  de 
moult  estre  mort  de  eil  de  Bar ,  ear  venoient  o  eil  de  lo  impereor  a 
eombattre  cantre  li  Normant,  et  se  mistrent  entre  eaux,  car  se  fioent 
en  la  fortesce  de  ceuz ,  més  non  en  toma  la  moitie  à  lar  maison,  ivi. 

11  numero  dei  dromoni  è  senza  dubbio  errato  e  deve  leggersi  nove  e 
non  novecenlo ,  come  si  conferma  dalle  parole  del  traduUore  che  a  spie- 
gare quello  cbe  fossero  i  dromoni,  dice:  sont  commet  conestaMe^  coment 
fussent  IX  banières. 

A  Et  di  de  la  dté  alarènt  une  seconde  foix  à  lo  Acate-Pain  ;  et  un 
ffrant  partie  de  eil  de  la  dté  mandèrent  disant  a  lo  impereor  coment 
moult  estoient  de  poureté  de  la  fame.  ivi. 

^  Etmovoit  à  la  fidelité  de  lo- due  et  lor  prometoit  domps,  ivi. 
Post  ubi  Robertus  desperat  moenia  Bari 
Posse  capi  pngna ,  coepit  promittere  mulla 
Nobilibus  patriae ,  quorum  pollebat  in  urb^ 


—  138  — 

Normanni ,  il  timore  di  soggiacere  al  loro  dominio  per- 
poluava  la  resistenza ,  confortandosi  i  Baresi  nel  pen- 
siero degli  aiuti  Imperiali  annunziati  sempre  come  pros- 
simi. E  fra  le  trepidazioni,  i  discordi  consigli,  ed  il  di- 
fetto di  quanto  è  necessario  a  sostentare  la  vita ,  ebbe 
termine  V  anno  1070. 

Prima  che  finisse,  o  nel  verno  seguente,  il  Duca  la- 
sciato ad  altri  il  comando,  assaltava  Brindisi,  e  abban- 
donata da  Niceforo  Caranteno,  la  città  si  arrese  subito  '. 
Piegava  intanto  anche  in  Oriente  la  fortuna  di  Roma- 
no Diogene.  I  Normanni  Maniacati  che  s'  erano  sempre 
accresciuti  d'altri  mercenarii  ed  esuli  accorsi  al  soldo 
dei  Bizantini ,  dichiarandosi  In  favore  di  Michele  IV  gli 
avevano  dato  valido  sostegno  ^.  Ma  prevalendo  la  virtù 
deir emulo,  e  sospettando  che  in  suo  danno  s'unisse  ai 
Turchi,  sostituì  alle  armi  il  tradimento.  Dodici  Vescovi 
e  Gozelino  Barone  furono  prescelti  ad  offrirgli  la  pace. 
L'  esule  Normanno  onoratamente  accolto  nella  Corte 
Imperiale  erasi  mostrato  devoto  e  riconoscente  a  Roma- 
no Diogene,  che  in  lui  come  amico  confidava.  Perciò 

Nobilllas  poliiis.  oc.  Guil.  App.  II. 

É  falso  queUo  che.  dice  il  Malaterra  :  Principahatur  tunc  temporU 
urbi  Barensi ,  sub  Imperatore  Graecus  quidam  Àrgerius  rumine  qui 
cum.  caeteris  civibuit  prò  tempore  et  loco  ec. 

'  Robertus  Dux  entravit  Brundusiopolim ,  dimism  ante  Barum  d- 
sidione.  Lupo  1071.  Robertus  Dux  cepit  Brundusium,  Chr.  Brev. 
NORM.   1071. 

»  Interea  moltitudo  Francorum  ad  Costantinum  confluita  Scilatzac, 
p.  659.  Fra  i  Normanni  emigrali  allora  in  Oriente  furono  Roberto  Cre- 
spi» e  TJrsrllo  de  Bailleul ,  entrambi  ebbero  parte  nella  guerra  tra  Ro» 
piano  Dioj?ene  e  Michele  IV.  Vedi  Nota  0  ip  fine  al  Voi, 


—  139  — 

senza  dubitare  d'inganno  inclinava  ad  un'accordo.  Ma 
fallito  allora  ,  vennero  pyi  tardi  ripresi  i  negoziati ,  nei 
quali  affidandosi  Romano  pervenuto  ad  Eraclea,  fu  preso 
ed  abbaccinato ,  e  relegato  in  un  monastero  morì  dello 
strazio  sofferto  ^  Gozelino  già  salito  in  favore ,  ottenne 
titolo  di  Duca  di  Corinto^,  e  le  presenti  gesta,  e  la 
memoria  della  passata  nimistà  che  lo  aveva  fatto  ribelle 
a  Roberto,  determinarono  Michele  IV  ad  inviarlo  in  Ita- 

■   Hos  ubi  Diogenes  factos  sìbi  comperit  hosies, 

Àuxiiio  fisus  Persarum  tenlat  in  illos 

Givilis  belli  varios  agitare  paratus  : 

Prìyigni  se  non  obsistere  posse  videntes 

Illum  conantnr  seducere  pace  dolosa  : 

Ignari  frau^is  portantes  nuncia  pacis 

Bis  sex  Poniiiices  mittunlur  cum  Gocclino 

Cujus  Romanus  tou'es  expcrlus  amorem 

Non  dubitai  ei  se  credere  sicut  amico 

Qrcdil  Romanus  Pastoribus  et  Gocelino 

Securus  facto  jurando  jure ,  fideque 

Ut  petit  ipse ,  data ,  mìsero  placet  imperialis 

Incassum  reditus,  quia  mox  ubi  pervenit  ille 

Herecleam ,  capitur  :  privatur  lumine  captus.  Guil.  àpp.  III. 
*  Goeelinum  de  Orencho  quenàam  natione  Normannum ,  et  in  pa- 
IcUio  post  imperatore  secundum,  paucis,  quia  strenuus  armis^  et  con- 
tiUo  caUens  erat ,  Ducem  praeponens.  Malat.  H  ,  45. 

Navibus  bis  jussa  proponitur  imperiali 

Quem  ducis  Italia  timor  expulerat  Gocelinus.  Guil.  àpp.  H. 
Non  trova  qui  voust  venir  à  Bar  pour  la  paour  que  li  Grex  avO' 
iBnt  prise  de  li  fortissime  Normant,  Et  finalment  Gozolin ,  liquel  esto^ 
a  foy  devant  de  lo  impéreour ,  et  dist  qu'  il  estoit  prest  et  appareU-^ 
lies  d'aler  eontre  le  due  Robert.,,  Et  demanda  talent  d'or  et  copie  de 
paUliex  et  dejojaux  àce  qu'il  puisse  dipartir  li  Normant  de  la  force, 
de  Robert.  Et  donna  li  chevalier  à  solde ,  et  à  ceste  voiage  lui  donne) 
XX  nefs.  Amato  1.  e.  Anon.  Sic,  Gerolinus  Jhugc  Corinthiùrum  764^ 


—  440  — 

lia.  Ebbe  danaro,  viveri ,  soldati,  e  venti  galee ,  e  nel 
fcbraio  del  1071  navigò  verso  Pari.  Precedevalo  la  fama 
destando  speranze  e  timori  ^  ed  il  Duca  ricevuto  avviso 
eh* era  entrato  in  mare,  raccoglieva  la  sua  flotta  per 
vietargli  l' approdo  affidandone  il  comando  a  suo  fratello 
Ruggiero  '.  Gozelino  avvicinandosi  di  notte  alla  città 
con  .fiaccole  accese  dava  segnali,  dell' arrivo  ai  Baresi,  e 
questi  rispondevano  nel  modo  stesso ,  è  con  fuochi  ri- 
splendenti dalle  torri  ^  Scoperte  allora  le  navi  Bizanti- 
ne ,  mentre  Roberto  vietava  ogni  sortita  agli  assediati , 
Ruggiero  moveva  ad  assalirle.  Ed  investita  V  ammira- 
glia, ove  era  un  doppio  fanale ,  s'urtarono  le  navi  com- 
battendosi d' ogni  parte  con  grande  furore ,  cosicché  ne 
fu  sommersa  una  galea  con  cento  cinquanta  Normanni. 
1  Greci  ignari  delle  sinuosità  del  porto  si  avvolgevano  a 
caso  fra  le  tenebre ,  e  circoscritti  dal  luogo  tornava  inu- 
tile la  perizia  e  l'arte  ^.  Invece  i  nemici  avendo  a  guida 

'  In  mense  febr,  venti  Stephano  Patriano,  et  Gozelino  cum  stclio,. 
Ign.  ad  an.  Ma  Patrìano  trovavasi  già  ncUa  città.  L'Anon.  Sic.  riferisco 
una  pretesa  lettera  scritta  da  Gozelino  ad  Àrgerizzo  —  Docum.  VI. 

•  Singolis  noctibus  speculatim  ire  jubet  si  forte  eminus  per  mare 
adverUantes  naves  asjrìciuntur.  Malat.  Il,  43. 

^  Cum  ecce  quadam  jam  nocte  mediante  quasi  stellae  laniemae  or- 
dentes  io  summitate  mari  unuscuiusque  navis  eminiu  apparere  eospt- 
cìtur,  Malat.  1.  c. 

erat  jam  proximus  urbi 

Ingressum  sperans  nocturno  tempore  tntum.  Guil.  App.  HI. 

Et  puiz  quant  il  furent  après  U  estoit  mist ,  U  font  feu  et  haueent 
li  f acole  halumées  a  ce  que  di  de  la  cité  se  donassenl  alegresce  de  lor 
tenue ,  et  li  anemis  eussent  paour.  Amato  V  ,  27. 

4  Centum  quinquaginta  loricati  ex  nostris  suòmergerentur,  Malat. 
1.  e.  IfiN.  ad  an. 


—  U4  — 

le  fiaccole  accese,  e  per  la  lunga  dimora  in  quelle  acque 
fatti  pratici  dei  luoghi,  furono  in  breve  vincitori  *.  Qua- 
si tutte  le  galee  dei  Greci  con  ogni  ricchezza  e  provvisio- 
ne furono  prese ,  solamente  alcune  nella  confusa  pugna 
riuscirono  a  trafugarsi,  o  s'accostarono  alla  città  *.  Pri- 
gioni ed  uccisi  rimasero  molti  ;  e  Gozelino  condotto  in- 
nanzi a  Roberto  fu  condannato  a  perpetuo  carcere ,  e  vi 
finì  miseramente  la  vita  ^ 

Volgeva  già  il  terzo  anno  dell' assedio  * ,  e  quantun- 
que travagliati  dalla  fame  e  dalle  domestiche  dissenzio- 
ni ,  i  cittadini  avevano  resi  vani  gli  sforzi  dei  nemici. 
Fallita  ora  V  estrema  speranza ,  d' essere  soccorsi  dalla 

■   Esse  sibi  laevius  loca  cognoscentibus  illis 
Certamina  gravìus,  mìnime  quia  gnara  locorum 
Gens  erat  iUa  rate.  Guil.  App.  HI. 
*  Comes  vero  Gocelinuin  oppugnam  superai,,,  cum  triumpho  glorio* 
tus  ad  fratrem  remeol.  Malat.  1.  e.  Comprehensa  est  chelandia  in  qua 
erat  Goxolino  j  eum  auro  et  bestimenta,  Ign.  ad  an.  Gozolin  fu  pris 
et  'IX  nefs ,  et  la  riehesse  qu'  il  portoient  fu^elo  due ,  et  li  autre 
fu^rerU  et  se  récupérènt  à  la  citi.  Amato  1.  e. 
^  Amato  1.  c. 
Inclusus  longo  Goeelinus  carcere  degens 
Vitam  infoelicem ,  vitae  cum  fine  labonim  * 

Excepit  finem ,  diversa  pericula  passus.  Guil.  App.  III. 
4  L'IcnoTO  fa  incominciare  Tassodio  neU' agosto  1068,  e  Lupo  nel 
settembre  dello  stesso  anno.  Essendosi  la  città  arresa  -noli'  aprile  1071 
sarebbero  trascorsi  due  anni  ed  otto  mesi.  Amato  però  scrive  che  era- 
no passati  quasi  quattro  anni,  e  Leone  Ost.  lo  copia.  Ma  anche  Guil. 
Ah»,  in  scrive: 

Tertius  obsessa  jam  venerat  annus.  ec. 
e  Malat.  vuole  avvenuta  la  dedizione  nel  1070,  ma  deve  esservi  erro- 
re nel  lesto  ;  ovvero  egli  segue  altro  sistema  Cronologico ,  come  notò 
a  questo  proposito  de  Meo. 


-  142  - 

flotta  imperiale,  accorrevano  presso  ArgirizzOi  pregan- 
dolo ad  obbliare  i  funesti  odii ,  a  non  volere  condurre 
la  patria  in  ruina.  Chiedevano  si  facesse  capo  e  duce  di 
tutti,  animasse  alla  difesa  anche  i  suoi  fautori,  rom- 
pendo la  pericolosa  amistà  che  aveva  stretta  co' Norman- 
ni ^  Ma  Argirizzo,  non  accolse  le  offerte  che  gli  erano 
fatte  ;  ed  essendosi  impadronito  d' una  torre ,  ed  avendo 
inviata  la  figlia  in  ostaggio  a  Roberto,  consigliava  come 
unica  salvezza  la  resa^,  sospinto  dall'ambizione  di  ot- 
tenere la  signoria  di  Bari,  dall'avversione  dei  Greci,  e 
forse  anche  dalla  impossibilità  di  resistere ,  trovandosi 
il  popolo  stanco  ed  affamato  ^.  Prescelto  quindi  media- 
tore di  pace,  ottenne  per  sé  il  governo  della  città,  la- 
sciandone al  Duca  l'alto  dominio  ^;  e  agli  abitanti  assi- 

'  Et  de  UmUs  pars  vienent  li  iurme  fneinienant  de  homes  ei  mm- 
tenatU  de  fames  eommerU  $'  il  feutent  la  processione  Et  venenU  pn^ 
stres ,  et  vienent  moines  et  laute  manière  de  gent  ;  et  ploroient  ei 
prioieni  Argirie  qu'  il  délivre  la  citi  de  la  seignorie  de  Narmant,  Ama- 
to 1.  e. 

*  Més  Argitie  elodi  V  oreUle..,  non  voust  plus  prohngier  de  donner 
lui  la  eité ,  et  manda  une  fitte  qu*U  avoit  en  ostage  à  lo  due,  et  lui 
avec  li  sien  s'  en  saUli  en  une  haute  tor ,  laquelle  gardoit  powr  lo 
due.  ivi. 

Tunc  Argiricius  urbis 

Primus  habebatur,  quem  Dux  ubi  deditionem 
Urbis  inire  facit ,  reliquos  non  ardua  cives 
Vincere  poena  fuit.  Guil.  àpp.  HI. 

3 fessa  labore 

Plus  tamen  esurie.  ivi. 

4 urbem 

Egregiam  Bari ,  quam  Dux  commiserat  ipsi.  ivi. 
Barenses  itaque  se  sua  spe  frustrati  ulterius  hostes  ferre  non  va- 


—  U3  — 

curati  i  privilegi ,  vennero  restituite  le  terre  occupate 
fuori  le  mura  ^  Alcuni  però  o  più  devoti  ai  Bizantini , 
o  speciali  nemici  d' Argirizzo ,  cercarono  trafugarsi  in 
Dalmazia,  ed  in  parte  perirono  annegati  nel  tragitto*. 
Finalmente  nel  quindici  aprile  i  Normanni  entravano 
in  Bari  ;  Stefano  Patriario  con  le  milizie  greche  v'  era 
stato  ritenuto  come  prigione;  ed  il  Duca  volle  giovarse- 
ne obbligandolo  a  seguirlo  nell'impresa  di  Sicilia  ^  An- 
che i  Baresi  furono  costretti  a  porre  le  loro  navi  ai  suoi 
servigi ,  e  ricevuto  il  giuramento  di  fedeltà,  e  disposti 
i  marittimi  apparecchi ,  Roberto  si  recò  a  compierli  in 
Otranto  *.  Allora  tutte  le  città  di  Puglia  e  Calabria  ec- 
cetto forse  Siponto ,  si  trovarono  tributarie ,  o  sottopo- 
ste ai  Conti ,  in  diversa  condizione*  Serbarono  non  per- 
tanto più  0  meno  le  proprie  leggi ,  e  i  nomi  e  V  autorità 
dei  maestrati ,  e  le  maggiori  per  singoli  trattati  ebbero 
privilegi  che  garentirono  le   antiche  costumanze  e  le 

Untes ,  deàUipne  facta ,  Duci  foederantur,  Malat.  Il ,  45.  —  Beatillo 
dice  che  Argirizzo  fu  nominato  Yìceduca ,  p.  75.  NeU'  Ignoto  che  avreb* 
he  potuto  dare  precisi  ragguagli  della  condizione  di  Bari  sembra  vi  sìa 
una  lacuna:  /n  medio  mense  aprili  fecit(l)  Bari  cum  ipso  Duca. 
'   Reddit  urbanis  dux ,  agros ,  praedia ,  fundos 
Perdita  restituii ,  nil  civibus  intulit  ipse , 
Nil  alios  pennisit  eis  inferre  molestum 
Et  circumpositis  solitos  deferre  tributum 
Normannis  donai  jam  liberiate  quieta.  Guil.  App.  IIL 
*  Et  in  mense  martio  Cattus  qui  pergebat  Duracchio,  ubietatkyri 
Depifani  cum  aliis  multis,  orla  tempestate ^  pereiit  in  pelago,  nec 
unum  hominem  inde  exibU.  Ign.  1071. 

5  Lupo.  Ignoto  Chr.  àS.  Soph.  ad  an.  Lo  samedi  avant  la  dyman- 
che  de  Valme,  Amato  1.  c. 
4  Gnu..  App.  Ili,  Malat.  1.  e. 


franchigie.  Pure  non  sorgeva  ancora  uno  Stato  ;  era 
una  confusa  aggregazione ,  della  quale  si  faceva  centro 
la  Ducale  potestà  ;  né  liberi  in  tutto  i  municipi! ,  né  de- 
maniali, come  poi  furono  detti;  né  sciolti  da  ogni  dipen- 
denza i  Conti  ;  né  feudatari!  come  appresso  divennero. 
E  fra  l'antico  ed  il  nuovo  ordinamento  ancor  vìvo  era 
il  contrasto;  ma  prevalevano  i  principii  della  mutazione. 


CAPITOLO  V. 


Poco  innanzi  che  Roberto  venisse  contro  Bari ,  dalla 
sua  terra  natale  il  Duca  Guglielmo  il  Bastardo  muove- 
va per  assalire  V  Inghilterra ,  e  la  conquista  era  com- 
piuta quasi  nel  tempo  stesso  che  in  Puglia  finiva  Tasse- 
dio  *.  Sorgeva  un  nuovo  Regno  benedetto  dal  Papa ,  che 
aveva  favorita  e  legittimata  l'invasione  ed  estendeva 
per  essa  la  supremazia  della  Romana  Chiesa  nelle  re- 
mote contrade  ^.  Per  tal  modo  i  due  maggiori  acquisti 
che  facessero  i  Normanni  trovarono  neir  alleanza  e  nel- 
le mire  dei  Pontefici  incitamento  e  sostegno  ;  onde  nac- 
quero dritti  e  pretensioni,  che  nell'isola  lontana  ebbero 
poca  efficacia  ^^  ma  in  Italia  furono  seme  di  sciagurate 
vicende. 

'  Goglielmo  discese  in  Inghilterra  nel  settembre  del  i066 ,  e  h  con- 
quista può  considerarsi  come  compiuu  dopo  la  disfatu  degli  indigeni  al^ 
campo  dd  refugio  nel  1072.  Thierrt  HiU.  de  la  wnq.  de  l' Angl.  T.  I, 
L.  Ili,  T.  H,  L.  IV. 

■  La  Chiesa  Romana  vantala  dritti  di  supremazia  sulP  Inghilterra.  La 
resistenza  opposta  dai  Brettoni  air  autorità  dei  Papi ,  le  pretensioni  di 
cpiesti  ad  un  annuo  tributo ,  e  la  parte  presa  da  Alessandro  II  alla  con- 
quista ,  onde  avvalorare  i  dritti  vantati,  sono  da  riscontrare  nel  Thierry. 

*  Principale  sostenitore  del  Duca  Guglielmo  nella  Curia  Romana  era 
stato  Ildebrando ,  il  quale  divenuto  Papa ,  trovando  il  Conquisutore  poco 
VCL.  II.  40 


—  446  — 

La  pace  tra  Alessandro  II  e  Riccardo  di  Gapua  non  fu 
duratura;  morto  nel  10G9Gotofredo  Marchese  di  Toscana 
che  r aveva  avvalorata,  si  trovò  il  Papa  in  altre  brighe, 
il  Principe  disposto  a  profittarne.  In  Milano  il  diacono 
Arialdo  caduto  in  mano  ai  nemici  era  stato  con  grande 
ferocia  trucidato,  e  durando  la  contenzione  fra  Erlem- 
baldo  e  V  Arcivescovo ,  questi  rinunziava  la  dignità  a 
Gotifredo  suo  metropolitano ,  che  se  ne  fece  investire 
da  Arrigo  IV  promettendogli  la  distruzione  dei  Pateri- 
ni  ^  Crescevano  quindi  gli  umori  di  discordia  in  Lom- 
bardia, s'invigorivano  i  sospetti  fra  il  Pontefice  ed  il  Re 
Tedesco ,  al  quale  si  negava  anche  il  divorzio  con  Berta 
sua  moglie.  E  probabile  che  riprendesse  allora  i  suoi 
disegni  Riccardo,  perchè  a  tutelare  il  patrimonio  della 
Campagna  ed  a  tenerla  obbediente ,  Alessandro  indusse 
Guglielmo  di  Montreil  genero  del  Principe ,  a  porsi  ai 
servigi  delia  Chiesa,  affidandogli  il  comando  delle  milizie 
papali  ^.  Negoziatore  degli  accordi  sembra  fosse  V  esule 

propenso  a  subire  il  predominio  del  clero ,  e  della  Sede  Apostolica , 
gli  ricorda  che  per  favorirlo ,  a  quibtudam  fratribus  pene  infawmm 
pertuli^  submurmurantilnu  quod  ad  tanta  hamicidia  perpeirtuida , 
tanto  favore ,  meam  operam  impedUsem,  Gong.  T.  XX. 

•  Arnvlp.  HUt.  Med.  L.  Ili ,  i8.  Puricelli  Vit.  S.  Herkmbaldi, 
Godefridus  Consilio  symoniacorum  et  Medùdanentium  capUaneorum  tt 
Longobardorum  epitcoporum ,  alpes  trantiit ,  regem  adiU...  iVaiR  et 
Pateream  promittebat  te  destructurum ,  et  Erlimbaldum  vivum  ca- 
pturum,  et  ultra  montes  missurum^  si  ei  per  investituram  Mediola' 
nensum  traderet  Episcopatum.  Bomizo  L.  VI. 

'  Inter  Narmannos  qui  Tiberim  transierunt ,  Willelmus  de  Mma- 
steriolo  Willermi  Gerviani  filius  maxime  floruit ,  et  Romani  esercitus 
princeps  mUitiae  factus ,  vexUlum  S.  Fetri  gestans  uberem  Campa-      I 
niam  subiugavU.  Ord.  Vit.  Ili ,  472.  Fraedietus  quippe  miles  Papaf 


—  U7- 

Abate  Roberto  di  Grentmesnil  che  da  Guglielmo  suo  cu- 
gino aveva  ottenuta  una  parte  d'Aquino  ^  Però  non  è 
nota  la  causa  della  nuova  ribellione,  e  se  venne  eccitata 
dai  consigli  del  Pontefiae ,  valse  forse  a  pretesto  il  nega- 
to dominio  di  Gaeta ,  che  promesso  altra  volta  a  Gugliel- 
mo e  da  lui  ambito ,  tornato  nel  1068  in  potere  di  Ric- 
cardo, era  stato  concesso  a  Goffredo  Ridello^  Come 
che  sia ,  rinacquero  le  querele  ed  i  contrasti  fra  il  PHn« 
cipe  ed  il  Papa ,  dal  quale  il  Conte  ribelle  prese  diret- 
ta investitura  delle  sue  terre ,  dichiarandosi  indipen- 
dente '.  Si  ruppe  in  aperta  guerra  nel  1070 ,  e  Gugliel- 
mo facendo  ìmprovise  correrie  disertava  e  bruciava  i 
villaggi  intorno  Gapua  ^.  Offeso  dalle  rapine  Riccardo 

iignifer  erat  armisque  Campaniam  Minuerat^  et  Campanos  qui  dU 
versis  icismaiibus  ah  unitate  Catholiea  diaidebanl  saneto  Petra  Apo* 
itoio  sublugaverai.  m  485. 

•  Ivi. 

*  Dopo  il  marzo  dd67  non  si  trova  pib  ricordato  il  Console  e  Duca 
Dannìbaldo ,  invece  un  diploma  del  febraio  1068  segna  :  Anno  primo 
Ihteaiui- aique  ConmkUm  Domno  Loifrida  Dei  Gratia  gUmoius  Con- 
tfld  et  Dhx.  Ind.  VI.  Federici  p.  4d6 ,  egli  crede  che  sia  Goffredo 
Ridello ,  deuo  Tariamente  Jffrido  ^  Eoffrìdo ,  ec. ,  che  neir  anno  1071 
e  nei  posteriori  prende  il  titolo  di  Goffridus  Ridellus  gratia  Jki  Con- 
jmI  et  JDux  Gaiiete ,  et  dcminator  CivitaÉis  Poniiewbenie ,  segnando 
tnche  gli  anni  del  Principe  Riccardo  del  quale  era  vassallo,  p.  ,417 
e  seg. 

<  Poter  ce  que  la  volante  de  GuiUirme  estoU  esmeue  et  temptfe  de 
fair*  mal  ^  cercha  une  autre  foix  de  eoi  révékr  cantre  san  seignar , 
quar  la  terre ,  laqueUe  avoit  veincue  o  grant  bataille  (?) ,  lui  avait 
émnée  en  henefice  lo  prince.  Et  à  ce  que  lo  pape  puisse  contrester  can- 
tre san  seignor^  rechut  la  terre  de  la  matti  de  lo  pape.  Amato  VI,  11. 

4  Quar  dievaut^mi  la  nuit  et  lo  matin  avee  sa  geni,  et  ardoU  les 
tHks  de'lo  prinee,  ivi. 


—  lig- 
nei tempo  che  il  Conte  trovavasi  in  Roma ,  inviò  suo 
figlio  Giordano  con  duecento  sessanta  cavalieri  a  deva- 
stare il  contado  d'Aquino;  ma  sopraggiunto  Guglielmo 
lo  inseguì  con  ottocento  cavali»  e  trecento  fanti ,  e  lo 
costrinse  a  rilasciare  la  preda  ^ 

Che  le  ostili  fazioni  fossero  pericolose  ed  importan- 
ti più  che  non  si  ritrae  dal  breve  cenno  ohe  ne  fa  il 
Cronista ,  lo  mostra  l' essersi  Riccardo  rivolto  per  aiuti 
al  Duca  di  Puglia  ^  Né  solamente  il  parentado  eh*  era 
tra  essi,  avendo.il  Principe  in  seconde  nozze  sposata 
Fredesinda  figliuola  di  Tancredi  d'Altavilla',  mosse 
Roberto  a  consentire  alle  richieste  ;  ma  anche  il  timore 
che  V  esempio  divenisse  pernicioso  presso  i  suoi  Conti  ^ 
Prima  però  che  si  ponesse  in  via,  ebbe  nuova  della  mor- 
te di  Guglielmo  avvenuta  in  Roma  per  subitaneo,  malo- 
re ^ ,  onde  non  fu  più  necessario  il  soccorso.  Riccardo 
occupato  Aquino  ne  investì  suo  figlio  Giordano,  all'aba- 
te Roberto  di  Grentmesnii  tolse  i  beni  che  vi  possedeva, 

'  Et  toma  GuUlerme  à  Acquin  vainceor  de  ses  anemU.  ivi. 

*  Requist  V aide  del  due  Robert,  et  de»  autres  amU  cantre  la  per* 
vernté  de  GuUlerme.  Amato  ,  VI ,  i2. 

^  Amato  parlando  di  Giordano  figlio  del  principe  di  Capua  dice,  che 
il  Duca  estoit  frère  de  la  mère  et  san  onde.  VIO ,  i.  H  nome  della 
figlia  di  Tancredi  d\ Altavilla  ignoto  al  Ducange,  apparisce  dai  Diplomi 
di  Giordano ,  JMonum.  Arch.  Neap.  T.  V ,  p.  45 ,  ec.  Riccardo  avea 
prima  sposau  una  figlia  di  Rainulfo  Tridinocte.  V.  voi.  I ,  p.  202. 

4  A  ce  que  li  chevalier  soe  non  preitsent  exemple  de  GuiUerme. 
Amato,  ivi. 

^  Lo  prince  manda  disant  à  lo  due  Robert  coment  GuUlerme  estoU 
mori  ton  anemi ,  quar  lui  prist  une  fièvre  et  une  chaut  ^  et  de  ed» 
le  maladie  fu  mort  à  Rome.  ivi.  Donrui  Aquin  à  san  fUi  Jordan. 
ivi ,  25. 


—  149  — 

e  questi  raggiunse  i  congiunti  in  Calabria ,  e  fu  prepo* 
sto.  al  Monistero  di  S.  Eufemia  ^ 

Memore  intanto  delle  pronte  offerte  del  Duca,  Riccar- 
do strinse  seco  alleanza ,  e  promise  sovvenirlo  con  le 
isue  armi  nell'  impresa  di  Sicilia ,  a  compiere  la  quale 
Roberto  raunava  navi  e  milizie  in  Puglia  in  Calabria ,  e 
da  o^ni  altra  parte  *. 

Lentamente  erano  procedute  le  nimistà  nell'isola  do- 
po il  1065;  Ruggiero  rimasto  con  le  sole  sue  forze ,  at- 
tese più  ad  assecurare  le  terre  acquistate  che  ad  esten- 
dere i  suoi  dominii,  e  nel  seguente  anno  fondava  un  ca- 
stello in  Petralia,  donde  a  volta  a  volta  irrompeva  in 
danno  delle  propinque  città  '.  Depredazioni,  e  lievi  sca- 
ramucce ,  che.  tennero  appena  desta  la  guerra  senza 
grandi  offese ,  poiché  durante  questo  tempo  e  insino  al 
1068,  da  maggiori  travagli  perturbati  i  Musulmani ,  non 
osarono  assalire  il  Conte ,  limitandosi  anch'  essi  alla 
difensiva. 

Ajiub  ed  Ali ,  figliuoli  al  regolo  Africano  e  da  lui  in- 
viali in  Sicilia  poco  dopo  l'assedio  di  Palermo,  avevano 
munita  questa  città  ed  Agrigento  ^  Ma  in  breve  rinac- 
qliero  le  antiche  diffidenze  e  gli  odìi  tra  gli  Africani  ed 
ì  Siculi.  Quelli  non  avevano  obbliate  le  pretensioni  di 
signoria  sull'isola,  e  si  provavano  a  farle  valere;  questi 

•  Oder.  VU.  1.  e. 

*  Lo  prince  Richard  vouloU  aler  en  SyciUe  avee  lui  et  faire  lui 
HmUante  service  et  homr.  Amato  1.  e.  Adoni  li  Calabroit  o  diverse* 
geni  de  divenei  nation.  ivi ,  VI ,  i6.  Gdil.  App.  Ili ,  pone  fra  gli  as- 
sediatori  di  Palermo  ,  Normanni ,  Calabri ,  Baresi ,  Greci. 

3  Malat.  II ,  38.  . 

4  NowAiRi,  Hi$t.  Sic.  e.  XI. 


—  130  — 

mal  soffrivano  che  gli  alleati  si  mutassero  in  padroni  ^ 
Furono  perciò  querele  e  sospetti  da  ambo  le  parti ,  fin* 
che  cercando  Ajiub  insignorirsi  di  Agrigento  i  Ibii*Haw« 
wasci ,  non  potendo  altrimenti  sventarne  le  insidie , 
mosse  contro  lui  come  aperto  nemico  ;  ma  combattendo 
con  poca  fortuna  è  forse  con  numero  minore. di  forze  fu 
ucciso  in  battaglia^.  Non  cessarono  però  le  contese, 
fecesi  anzi  l'opposizione  più  viva  in  Palermo  *;  ed  assi- 
curato da  quelle  discordie,  s' accrebbero  le  irruzioni  e 
le  rapine  di  Ruggiero  che  giunse  predando  fin  presso  ia 
città  ^  Ma  l'audacia  dei  Normanni,  quotò  per  poco  le 
domestiche  gare,  e  Toste  Musulmana,  uscita  a  respin- 
gerli, accampò  nei  piani  di  Mfsilmeri  poco  lungi  da  Pa- 
lermo per  sorprenderli  al  ritorno  *.  f 

Non  pertanto  il  Conte  scoperto  l'agguato,  assalì  e 
ruppe  i  nemici,. pochi  o  molti  che  fossero  •;  poiché  per- 
petuo panegerista  di  Ruggiero ,  non  è  da  porre  gran  fe- 
do nelle  parole  del  Malaterra  ;  ed  ogni  altra  memoria 
manca  intorno  alle  oscure  fazioni  della  guerra ,  ed  agli 

*  Dopo  la  morte  di  Akhal  la  Sicilia  era  rimasta  in  balla  dell*  Afri- 
cano Abd-Allah-ibn-Moezz ,  che  fu  scacciato  nel  1040.  Amari  II ,  418. 

•  NOWAIRI  l.  e. 

3  Sed  cum  inde  inter  ejus  milites  et  popìUum  Urtns  sedUiones  gra- 
vissimae  intercessissent.  Ivi, 

4  Crebfis  incursùmibus  omnia  hostUiter  peiiustrans. .,  Denique  ver- 
tus  Panormum  praedatum  proficiscenti  Malat.  II,  41. 

&  Ex  improviso  apud  Michelmir  oceurrunt,  ivi.  Fazzello  chiama  il 
luogo  Bayharìa  ,  e  più  specialmente  Misilmir  a  sei  miglia  da  Palermo. 
Dee.  ir,  L.  7,  e.  I.  É  singolare  Terrore  di  Gauttier  d'Arc  p.  270, 
che  fa  di  Michelmir ,  Hn  émir  Mkhail  commandant  de  Palerme. 

^  Exercitu  innumeràbUù  Malat.  ivi. 


—  151  — 

interni  moti  della  Sicilia.  Narrasi  che  tra  le  spoglie  dei 
vinti  trovassero  i  Normanni  alcune  colombe  addestrate  a 
recare  messaggi ,  alle  quali  appiccate  sotto  le  ali  lette- 
re intinte  nel  sangue,  le  inviarono  nunziatrici  di  loro 
vittoria  in  Palermo,  ove  fu  gran  lutto  *.  Ma  oltre  il  bot- 
tino raccolto ,  non  è  detto  che  Ruggiero  occupasse  niu- 
na  terra  nel  tempo  che  rimase  solo  ;  e  sul  finire  del  se- 
guente anno  1069,  chiamato  dal  fratello  all'assedio  di 
Bari ,  se  non  cessò  nelF  isola  ogni  rumore  d' armi ,  non 
furono  altri  incontri  d' importanza.  Gli  scarsi  presidii  la- 
sciati si  rinchiusero  nelle  città ,  i  Pisani  alleati  del  Du- 
ca Roberto,  porsero  aiuti  alla  difesa,  molestarono  per 
mare  i  nemici^;  ma  ninna  ostile  impresa  si  ricorda, 
essendo  da  una  parte  troppo  deboli  gli  invasori,  dall'al- 
tra i  Musu Intani  travagliandosi  in  più  fiere  discordie 
delle  quali  sono  ignoti  i  particolari. 

Prima  però  che  il  Duca  Roberto  passasse  nuovamente 
in  Sicilia  la  lotta  fra  i  Siculi  e  gli  Africani  era  termina- 
la ;  sia  che  la  sconfitta  di  Misilmeri  infievolisse  le  for- 
ze di  Ajiub ,  sia  che  nelle  intestine  contenzioni  preva- 
leslsero  gli  abitanti  di  Palermo,  per  accordo,  o  discaccia- 
ti^ i  figliuoli  di  Tamim  abbandonavano  la  Sicilia  intorno 
al  1071.  Lasciavano  però  presidii  in  alcune  terre,  e  le  af- 

•  Vìx  ex  tanta  moltitudine  ituperenset  per  quem  rei  eventtu  PanoT' 
mi  renuntiaretur,  ivi ,  4i  ,  42. 

*  Fazzello  fa  rimanere  Ruggiero  sul  continente  per  cinque  anni  per 
quetare  le  sedizioni  surie  in  Puglia  e  Calabria  ,  l.  e,  ma  non  è  conforme 
al  vero.  Gli  aiuti  dei  Pisani  a  Roberto  sono  ricordati  da  Amato  :  Et 
eellui  temps  quant  lo  due  se  combatoit  pour  prendre  la  cité  de  Bar 
demanda  et  requist  T  atutoire  de  di  de  Vìh  ,  à  ce  que  li  Sarraxin 
non  goient  leisriex  o  Ione  repos  et  non  forninsent  la  terre.  V ,  28. 


—  452  — 

forzavano  S  mentre  Ruggiero  vi  tornava  aspettando  che 
venisse  a  raggiungerlo  il  fratello  '•  Il  Duca  rimasto  nel 
giugno  e  nel  luglio  in  Otranto  s'apparecchiava  con  gran- 
de alacrità  all'  impresa  ,  e  sospettando  i  Greci  di  Da- 
razzo  che  volesse  assalirli,  gli  inviarono  ambasciato- 
ri ,  offrendogli  muli  e  cavalli  per  scoprirne  l' animo  \ 
Lo  stesso  timore  indusse  Costa  Condimicita  ,  che  in- 
sorti i  Conti  in  Puglia  aveva  ribellata  Scilla  in  Cala- 
bria ^,  ad  arrendersi  allorché  Roberto  fu  giunto  in  Reg- 
gio *.  Finalmente  nell'agosto  con  cinquantotto  galee,  e 
numeroso  stuolo  di  fanti  e  cavalieri  ^ ,  dando  voce  di 

'  NowAmi  1.  e.  Secondo  questo  Cronista  gli  Africainì  venuti  Hi  Sicilia 
nel  i061  ne  sarebbero  partiti  nel  1008  f  il  Martoraiia  Noiixi»  sior.  dei 
Sarac,  Sicil.  T.  I ,  p.  245 ,  sostiene  con  fondamento ,  che  non  prima 
del  1064  giungessero  in  Sicilia  Ajiub  ed  Ali ,  e  ne  partissero  nel  I07i. 
E  questa  opinione  fu  seguita  anche  dal  Wenrigh  Rer.  ab.  Arab  in  Itai. 
ec.  gestar.  p.  199.  Che  rimanessero  presidii  Africani  si  deduce  da  quel- 
lo che  poi  narrano  Amato  e  Malaterra. 

*  Malat.  H  ,  43. 

s  Duracemes  maxime  sunt  territi..,  mtdumque  et  equum  ei ,  qvan 
ad  honorem  mandantes ,  hac  occasione  rem  speculatum  mittunt,  ivi. 

4  Roberto  aveva  nominato  Stratigò  di  Scilla  Costa  Peloga ,  il  qqjde 
fece  aspro  governo  della  ci  Uà.  Fra  le  altre  sue  oppressioni ,  volendo 
togliere  air  ava  di  Costa  Condomicita  una  gallina  co^ pulcini  d* oro,  che 
si  diceva  possedesse  ,  con  varii  tormenti  molestandola ,  la  rinchiuse  ii 
carcere.  Condomicita  trovandosi  allora,  con  Roberto  in  Cotrone ,  s'io- 
finse  infermo ,  e  tornato  a  Scilla  la  tolse  per  tradimento  allo  Stratigò. 
Da  quel  tempo  la  città  era  rimasta  ribelle.  Malat.  Il ,  44. 

^  Dux  ibi  Robertus  Reginam  tendit  ad  urbem.  Gcil.  App.  HI. 

fi  Verrexit  SicUiam  cum  LVIII  navibus  Lupo  1071.  Amato  dice 
che  la  galea  del  Duca  era  accompagnata  da  JT  gat  et  XL  anUres  mi. 
VI,  14.  Muliii  comitantibus.  Gcil.  App.  ivi.  Magno  equUatu,  cum 
navalibus ,  pedUumque  copiis,  Malat.  ivi  4d.  Lupo  scrive  che  il  Doci 
nel  luglio  transmeavit  Adriatici  mari  pelagum.  Malat.  ivi  44 ,  fa  ri- 


—  453  — 

volere  assalire  Malta,  navigò  sopra  Catania,  e  congiun- 
tosi ivi  presso  a  Ruggiero  ,  dopo  quattro  giorni  ebbe 
la  città  ^  Imposto  vi  si  fondassero  un  castello  ed  una 
Chiesa  in  onore  di  S.  Gregorio,  s'avanzò  senza  altro 
indugio  contro  Palermo,  ed  occupati  i  dintorni  ^  stanziò 


manerlo  nel  giugno  e  nel  luglio  in  Otranto,  e  forse  non  prima  del  set- 
tembre venne  innanzi  Palermo,  ond*è  che  T arrivo  nelF isola  è  segnato 
dal  BiEv.  Chr.  Norm.  air  anno  1072  alla  greca. 

•  Malat.  1.  c.  ,  ma  non  parla  deir  assedio  di  Catania ,  e  si  limita  a 
dire  che  il  Duca  vi  raggiunse  il  fratello.  Amato  invece  :  Lo  due  avoit 
à  govemer  lo  exereit ,  et  li  eonte  s'en  va  à  la  cité  de  Caiainne ,  et 
à  U  quatre  jor  la  eUé  re  rendi.  Et  encmUmeni  comanda  pie  wU  fait 
rDOc^f  el  amanda  gue  toit  faii  Veglile  à  Vomor  de  S.  Gregme. 
VI ,  d4. 

*  Malat.  e  gli  altri  Cronisti  non  parlano  di  altre  imprese  anteriori 
air  assedio  di  Palermo.  Confusamente  le  accenna  Amato  ,  ivi ,  d3 ,  Ì6.  Ala 
n  testo  è  pieno  di  errori  e  forse  mancante ,  perchè  la  numerazione  dei 
capitoli  non  risponde  alP  indice  premesso  al  libro.  Egli  dice  che  due 
nipoti  del  Conte ,  Ruggiero  e  Balamante  (  Abagelardo  )  vennero  a  tro- 
▼trlo  in  Trìgaroe  (Traina)  e  mentre  con  le  mogli  in  una  pianura  si  pre- 
parava  da  mangiare  i  Musulmani  fecero  una  sorpresa  e  furono  respinti 
daj  Conte.  Poi  aggiunge  :  En  lo  iequent  jor  partirent  lo  paiaiz  et  les 
èko%e$  qu'  il  trotèrent  fùrs  de  la  citi ,  dmnent  a  li  prince  (?)  li  jar- 
din  dàeelox  pleins  de  frutte  et  de  cacce,  et  pour  eoi  li  chevalier  avo- 
ieni  li  chose  rogai  et  parodie  terrestre...  Et  de  là  lo  conte  i en  aia 
à  duutel  Jdwn ,  més  maintenant  se  dame  lo  chasté  Saini-Jehan.  Et 
dama  li  Sarrazin  .a  combatre  et  prist  XXX  gentil  home  et  en  occist 
XV.  Di  quale  ciuà  intenda  parlare ,  e  di  quale  palagio ,  non  è  possibile 
scorgere  ;  ma  nel  seguente  capitolo  continuando  a  dire  che  nella  cittii 
era  gran  fame ,  e  passando  poi  a  descrivere  Y  assalto  dato  a  Palermo , 
sembra  che  a  questa»  sia  da  riferire  il  racconto.  11  palagio  pieno  di  frutta 
«  d*  acque  sarebbe  la  ì^isa  poco  lontana  dalle  mwvtii  domestvcarum  ar- 
horum  fructUmSy  et  aquarum  etiam  perpetuis  scaturiginibus  iniquus, 
Faz9El.  Jkc,  I  y  L.  8. 


—  454  — 

gli  alloggiamenti  al  di  là  del  flame  Orato  ^  La  flotta 
venne  a  bloccare  il  porto,  l'esercito  divìso  in  due  schie- 
re ,  cinse  d'assedio  la  città,  ponendosi  il  Duca  ad  occi- 
dente insieme  ai  Calabresi,  ai  Baresi,  ed  agli  altri  mer- 
cenari! 0  venturieri;  Ruggiero  a  mezzodì  co' Normanni  ^ 
Sedeva  la  città  sul  lido  del  mare  ,  cinta  alle  spalle  da 
monti  ;  nello  spazioso  porto  s' allungava  il  Gassare  co- 
me penisola ,  formando  due  seni  che  stendendosi  a  set- 
tentrione ed  a  mezzodì  chiudevano  il  golfo.  Ivi  alle  due 
punte  estreme  sorgeva  da  una  parte  Castello  a  mare  dal- 
l' altra  la  Khalesa  o  città  nuova  ^  ;  torri  e  mura  circon- 
davano il  Cassare,  ed  i  suborghi.  S'accostavano  gli  as- 
sedianti ,  alzando  macchine  e  castella  di  legno,  vietando 
che  s' introducessero  soccprsi  e  vettovaglie  ;  ed  i  nemici 
respingendo  gli  assalti,  dicesi,  in  dispregio  lasciassero 
dischiuse  le  porte,  provocando  i  Normanni  ad  entrarvi. 
Narrano  che  un'ardito  cavaliere  osò  penetrarvi ,  e  spro- 
nato il  cavallo,  ammazzò  quelli  che  erano  a  guardia 
della  porla,  trascorrendo  in  seguito  attraverso  la  città 
per  vie  ignote  a  lui  finché  riuscì  salvo  dalla  parte  op- 
posta *.  Inverosimile  episodio,  che  la  popolare  leggenda 
trasmise  agli  storici  posteriori  ,  fra  gli  oscuri  ricordi 
delle  frequenti  sortite  e  delle  vicendevoli  offese  *.  Nu- 

•  Fasjzel.  Dee.  \l ,  L.  8. 

•  Fratremque  Vomite  ab  uno  latere  statuens^  ipse  ab  cUtero  cornai 
Calabrennbus  et  Apulis ,  muros  ahit,  Malat.  II ,  45. 

*  Morso  ,  Palermo  antico ,  p.  209  seg. 

4  Fazzello  1.  e.  L'Anon.  Sicil.  p. ,  705  allribuisce  questo  vanto  ad 
im  nipote  del  Duca. 

*  Egressi  foras  audaci  mente  repugnant  ; 
Veruni  Normannos  nequeunt  tollerare  fero^es 


—  455  — 

merosi  difensori  s'erano  raccolti  in  Palermo;  gli  stessi 
Africani  accorrevano  altra  volta  in  aiuto ,  e  disbarcati 
in  Sicilia ,  molestavano  ed  assalivano  il  campo  dei  Nor- 
manni ^.  Diveniva  perciò  ostinata  la  resistenza ,  e  non 
senza  pericolo  la  condizione  degli  assedianti.  Il  Duca 
Roberto  spesso  si  trovò  in  penuria  del  necessario*,  e 
vedendo  crescere  gli  ostacoli  ,  richiese  il  Principe  di 
Capua  dei  susdidii  che  gli  aveva  promessi.  Riccardo 
prescelse  duecento  cinquanta  cavalieri ,  affidandoli  a 
Giordano  perchè  li  conducesse  nell'isola;  ma  prima  che 
vi  giungessero,  da  alleati  si  mutavano  in  nemici  ^ 

Quotate  le  sedizioni  di  Campania  con  la  morte  di  Gu- 
glielmo di  Montreil ,  altre  brighe  erano  surte  contro  il 
Principe  di  Capua  mosse  da  Giordano  suo  figlio  e  da 
Rainulfo  suo  fratello  ^.  Per  quali  cagioni  questi  si  l'e- 

Cultores  Christi ,  dum  gens  Agarena  resistit , 
Non  perferre  \alet  :  fugìunt ,  noslrique  sequontur 
Multos  prosternunt  gladiis  et  cuspide  inuUos.  Guil.  App.  HI. 
'  Eipessement  venoieiU  Mur  la  eUé  de  Palerme  li  Arabi  et  li  Bar- 
bari (Berberi)  et  faitoiefU  empédiment  à  la  victoriose  bataiUe  de  lo 
dMC.  Amato  VII,  1. 

*  Et  en  eellui  tempi  meitme  faiUi  lo  vt»  à  la  cort  de  lo  due.  ivi. 
VI  y  48.  Gone  differenza  dei  costumi  Normanni  e  Longobardi ,  è  utile 
notare  queUo  che  aggiunge  il  Cronista ,  non  meravigliarsi  che  Roberto 
bevesse  acqua ,  poiché  si  dice  che  nella  sua  patria  non  si  coltiva  la 
vile  :  Més  è  da  merveiUier  de  la  nMe  moUlier  soe ,  quar  en  la  mai- 
son de  son  pére ,  avoti  use  de  boire  vin  pewre  et  dare ,  coment  poU 
boire  aigue. 

»  Robert...  eereha  V ajutoire  de  lo  prinee  Ridiart  eeeont  ce  qu' U 
lui  avoU  promù...  Et  lo  prinee  manda  Jordain  eon  fili  o  tout  ijc. 
éhewUiert.  ivi  VII,  1. 

*  Lo  frère  de  eeetui  prinee  et  eon  fil»  à*€si  Raffncife  et  Jordan , 


—  456  — 

vassero  in  armi  s'ignora;  ma  Riccardo  tolse  al  figliuolo 
Aquino,  e  ne  investi  come  suo  dipendente  Atenolfo  che 
già  n'  era  stato  Conte ,  concedendo  il  castello  all'  Abate 
di  Montecasino.  Poco  appresso  però  il  frate  che  lo  tene- 
va in  custodia  fu  scacciato  dai  cittadini ,  e  furono  nuovi 
tumulti  ,  finché  in  ultimo  tornò  la  rocca  e  la  città  a 
Giordano,  che  pacifìcossi  col  padre  ^  Altri  tentativi  fatti 
sopra  Gaeta  dal  fratello  del  Vescovo ,  Ranieri  Conte  di 
Suio  furono  subitaneamente  repressi  ';  e  dovunque  era 
ristabilita  la  pace,  quando  nel  primo  giorno  di  ottobre 
del  1071  il  Pontefice  fu  chiamato  a  consacrare  la  nuova 
chiesa ,  che  V  Abate  Desiderio  aveva  fondata  in  Monte* 
casino.  Da  Roma  si  erano  portate  colonne  e  marmi ,  da 
Costantinopoli  e  da  Alessandria  erano  venuti  artefici;  e 
lo  splendido  monumento  doveva  attestare  la  ricchezza 
e  la  potenza  accresciuta  dei  seguaci  di  S.  Benedetto'. 

trattoient  de  apeticier  V  onor  de  lo  i^nce ,  et  paur  ce  qu*  U  avom^ 
rechut  de  lui  s' armèrent  contre  lui.  VI ,  2i. 

'  Questa  guerra  è  confusamente  narrata  da  Amato  negli  ultimi  capi- 
toli del  V!  libro ,  nel  quale  sono  molti  errori  ed  una  grande  confusio- 
ne ,  e  forse  delle  lacune  poiché  i  due  titoli  dell'  indice  :  24  Coment 
lo  conte  occist  lo  reetor  de  la  cUé  d*  Aquin  :  e  22 ,  Cameni  io  dvc 
Robert  et  lo  prince  Richart  firent  paiz  et  allèrent  ensemble  en  SyeilU; 
non  si  trovano  nel  testo. 

•  Appareilla  de  faire  osi  sur  lo  costei  de  lo  frère  de  Raynier  éves- 
que  de  Gaiète...  Et  cellui  chastel  se  damoit  Stdie.  ivi,  28.  Ranieri 
fratello  di  Leone  II,  Vescovo  di  Gaeta  nel  maggio  1070  contava  Tanoo 
XVllI  del  suo  conlado  di  Suio.  Federici.  416. 

*  Fait  venir  colompnes  de  Rome  pour  appareUlier  V  églize.  Amato 
IV ,  26.  Manda  en  Costantinoble  en  Alixandre  pour  homes  grex  et  5«^ 
razin  pour  aomer  lo  paviment  de  la  églize  de  marmaire  entaUlé,  ivi, 
IH.  40.  Anon.  NarnU.  Ded,  Ecd.  CoHn.  Mcrat.  K.  1.  V.  p.  76. 


-  <57  — 

Ad  aggiungere  magnificenza  alla  cerimonia  »  oltre  il  Pa- 
pa ed  i  Cardinali ,  vi  si  trovarono  presenti  cinquanta- 
quattro fra  Arcivescovi  e  Vescovi ,  la  più  parte  del  mez- 
zodì ,  e  tutti  obbedienti  alla  Chiesa  Romana  V  Vi  con- 
vennero Landolfo  Principe  di  Benevento,  i  Conti  dei 
Harsi ,  di  Valva ,  e  del  Sangro ,  i  due  Sergi  Duchi  di 
Napoli  e  Sorrento  I  Riccardo  e  Giordano  di  Capua,  Gi- 
solfo  di  Salerno  insieme  ai  fratelli,  i  principali  cittadini 
d'Amalfi,  ed  infinito  popolo  accorso  dai  luoghi  vicini  K 
Era  la  Badia  come  un  terreno  neutrale ,  e  la  festa  una 
.  tregua  volontaria  ,  che  permetteva  si  rincontrassero 
Principi  e  Signori  divisi  per  gelose  gare  ed  antiche  ni- 
mistà. I  politici  interessi  vennero  subito  a  frapporsi  alla 
religiosa  solennità ,  e  nuovi  disegni  ed  amistà  uscirono 
dalla  congregata  assemblea.  Ogni  differenza  si  tolse  tra 
il  Papa  e  Riccardo ,  e  Gisolfo  ravvicinandosi  al  Principe 
di  Gapua ,  promise  di  non  recare  altri  danni  agli  Amal- 
fitani. 

Sempre  accesi  erano  rimasti  gli  odii  fra  Salerno  e  la 
vicina  Repubblica  dopo  l'uccisione  di  Guaimaro  IV.  Gi- 
solfo per  cupidità  di  riacquistarne  il  dominio ,  e  per 
vendicare  la  morte  del  padre  non  aveva  mai  desistito 
dal  travagliare  gli  Amalfitani.  Le  tregue ,  ed  i  trattati 
non  erano  durate  lungamente  ^ ,  violando  il  Principe  di 

'  LUerù  invitatomi  eiutdem  Apostdiei  ad  universos  epitcopos  Catti'» 
pamoB ,  Prineipatui ,  Apuliae  ^  atque  Calàbriae  datis  ec.  Leo  Ost. 
m,  29. 

•  Caeterarum  vero  potentium  seu  noòUium ,  tam  nostratium ,  quam 
IVonnofmorum.  ivi. 

s  In  iiidem  temporiìfus  Gisdfus  Salemitanorum  prineeps  cum  Amai' 
phitanii  heUum  habebat ,  cujw  erat  causa  Pater  suus  in  óbsidione 


—  458  — 

Salerno  ogni  promessa ,  molestandoli  per  terrai,  e  fa- 
cendo derubarli  in  mare  dai  pirati  ^  E  quanti  cadevano 
in  suo  potere  con  atroci  tormenti  straziava,  chiudendoli 
in  fetide  e  micidiali  prigioni,  mozzando  loro  le  membra, 
torturandoli  finché  non  si  riscattaaaero  K 

Nel  1069  morto  Giovanni  HI  Duca  d'Amala,  Sergio  IV 
s'associava  suo  figlio  Giovanni  IV ';  ma  crescendo  le 
ingiurie  e  le  ruberie  di  Gisolfo  vivevano  i  cittadini  in 
grande  travaglio,  e  forse  sin  d'allora  invocavano  me- 
diatore il  Duca  Roberto.  Ora  venuto  a  Montecasino  Mau- 
ro nobile  Amalfitano  s' interponeva  il  Pontefice  perchè 
il  Principe  desistesse  dalle  molestie ,  e  Gisolfo  ne  dava 
promessa  ^. 

Né  furono  questi  i  soli  accordi  che  si  trattassero  nella 
Badia  Cassinese,  La  soverchia  potenza  del  Duca  Robe^ 
to,  guardavano  tutti  con  diffidenza,  Puglia  e  Calabria 
sottomesse,  la  Marca  Teatina  invasa  dal  nipote,  laSi- 

Amalfi  ifUerfectus.  ànon.  Sic.  p.  766.  Commensa  à  ettendre  là  tot 
malvaisité  à  ses  vaizin  j  à  cU  de  Malfe,  Et  toutes  voiez  avoU  juré 
de  donner  lor  ajutoire  de  tnÀ%  cent  homes  à  eU  de  Amalfe  eotdft  ior 
a^^emit.  Amato  ,  Vili ,  % 

'  Les  faisoit  agailier  par  larrons  de  mer,..  et  par  terre  ordenapé- 
dons  intra  liquel  aucune  fois  aloit  li  prince  et  non  les  les9oU  im 
fors.  ivi. 

'  Qu'U  estoient  prison  souffraient  diverses  pénes,..  estoient  bat^t  d 
avient  fain  et  soif,,.  chascun  jor  lor  erent  taillié  un  memore  jusqw 
à  tant  que  ou  U  moroient  enei  crudélement  ^  ou  U  se  rechaUrient  de 
mmdt  grani  pris.  ivi. 

3  De  Meo  ad  an* 

4  Devant  lo  pape  vindrent  à  dire  lo  occasion  de  l'odie  entri  lo 
prince  et  di  de  Mal  fé  ,  et  qu'  U  pape  deust  chacier  V  odie  et  meHt 
paix,  ivi,  5. 


—  459  — 

cilia  vicina  a  cadere  in  sua  balta ,  insieme  ricongiunte 
avrebbero  fermato  un  dominio  vasto  e  temuto.  L'indo- 
le dei  figliuoli  d'Altavilla  cupida  di  signoria  ed  audace  ^ 
lasciava  prevedere ,  che  il  Duca  vinti  i  Musulmani  si 
volgerebbe  ad  altre  ambizioni.  Salerno,  Gapua,  Bene- 
vento ,  confinanti  ai  suoi  stati ,  non  sarebbero  rimaste 
senza  pericolo ,  quando  domati  i  Greci ,  respinta  ogni 
altra  nemica  gente,  resi  i  minori  Gonti  obbedienti  vas- 
salli ,  niuna  opposizione  troverebbe  ai  suoi  pensieri. 
Donde  muovessero  prima  i  sospetti ,  quanta  parte  v'a- 
vesse il  Pontefice,  quanta  il  Gardinale  Ildebrando,  osti*^ 
nato  avversario  in  prosieguo  di  un  Principato  possente 
a  mezzodì ,  non  è  possibile  indagare.  Dei  segreti  consi- 
gli che  si  agitarono  nella  Badia ,  soltanto  gli  effetti  ap- 
parvero ;  e  giudicando  da  questi ,  le  improvise  ostilità 
dei  Gonti  Pugliesi,  di  Gisolfo,  e  di  Riccardo  contro  Ro- 
berto, seguite  appena  dopo  il  congresso,  mostrano  la  co- 
munanza degli  intenti. 

Il  Principe  di  Gapua  aveva  prescelti  i  cavalieri  che 
insieme  a  Giordano  dovevano  recarsi  in  Sicilia  «  quando, 
»  dice  un  Gronìsta ,  mutò  parere ,  e  prima  che  il  figlio 
»  passasse  il  mare,  gli  impose  di  tornarsene  al  castello  S. 
D  Angelo.  E  vedendo  che  il  Duca  trovava  grandi  ostacoli 
»  in  Palermo ,  pensò  di  muovergli  contro  sedizione  *.  » 

'  FUiis  denique  Tancredi  naiuraliter  Me  mo$  inolUus  fuU  ut  sem» 

per  daminationis  avidi ,  prout  illis  viret  mppetebant ,  neminem  terrai 

vel  possesmnes  habentes  ex  proximo  siM  absque  aemulatiane  habere 

.  patereniur ,  quin  vel  ab  ipsis  confestim  suMeeti  deiervirentur ,  vel 

/certe  ipsi  omnia  in  sua  virtute  potirenlur.  Malat.  Il ,  58. 

•  Més  lo  prince  avant  que  son  filz  passasi  la  mer ,  mua  conseiil , 


—  460  — 

È  probabile  però  che  gli  incitamenti  venissero  dai 
Conti  di  Puglia.  Ivi  la  precedente  ribellione  era  stata 
piuttosto  sopita  che  depressa ,  e  le  vedette,  di  Roberto 
avevano  sparsi  i  semi  di  nuovi  rancori ,  e  risvegliata 
r  antica  emulazione  nei  discendenti  del  Conte  Patrone. 
Goffredo  primogenito  di  questi ,  rimasto  fedele  al  Duca 
era  mortOi  e  la  Contea  di  Taranto  trasmessa  al  figliuolo 
Riccardo,  per  Petà  puerile  dell'erede,  governava  Pietro 
Conte  di  Trani,  fratello  del  defunto  ^  Vantando  gli  ere- 
ditarii  diritti,  negava  riconoscervi  altro  signore,  e  chia* 
malo  all'impresa  di  Sicilia,  s'era  rifiutato  partecipa> 
vi  *.  Il  Duca  intento  a  maggiore  impresa ,  dissimulò 
l'ingiuria;  ma  aspettando  d'essere  assalito  premunivasi 
Pietro  ^;  rieccitava  la  fazione  di  Abagelardo,  suscitando 

et  lui  manda  disant  qu*  U  tomast  à  lo  ihasti  de  SanU-AngUe.  I0 
prince  vU  et  regarda  que  lo  due  avoU  à  Palerme  mouU  empediment^ 
et  pensa  de  (aire  commotùm  cantre  le  due.  Amato  ,  VII ,  42.  £gli  solo 
parla  di  quesla  ribellione  come  contemporanea  deir  assedio  di  Palermo; 
Gi;iL.  App.  Ili,  ne  parla  dopo  il  rilorno  di  Roberlo  dalla  Sicilia,  cMa- 
LATEBRA  111,  2 ,  acccnna  soltanto  le  discordie  eh' erano  state  fra  Riccar- 
do ed  il  Duca ,  e  le  ofiesc  fatte  a  questo  da  Gisolfo. 

*  Hujus  defuncto  GolTridi  fratre  priori 

Jus  patrium  manibus  successerat ,  atque  oepotum 

Donec  provectus  soboles  fraterna  Ricbardus 

Essel  ad  aetatem  dominandi  legibus  aptam.  GoiL.  App.  III. 

*  Et  sibi  concessum  dicens  a  fratre  Tarentum 
Fraterni  repetit  jus  muneris  :  ipse  negavit 
Reddere ,  quae  fuerant  arma  superata  patemis. 


Dux  Petro  suspectus  erat,  quia  prorsus  eunli 
Ad  fines  Siculos,  vires  adhibere  negavit.  ivi. 
s  Un  diploma  dell'Archivio  della  Cava  citato  dal  de  Meo  nel  quale 
il  Conte   Pietro   con   suo  nipote   Riccardo   concede  all'  Abate  Orso  la 


nemici  più  potenti,  e  confidando  assecurarsi  mentre 
incerte  pendevano  le  vicende  della  guerra  in  Sicilia* 
Ninno  aflerjna  ch'egli  fosse  tra  i  numerosi  signori  Nor- 
manni venuti  a  Montecasino  ;  si  trova  però  fra  i  primi 
che  si  alleassero  con  Riccardo  di  Gapua  ^ ,  ed  a  questi  ed 
a  lui  s'unirono,  Amico  suo  cugino  *,  Guglielmo  Harenc, 
fratello  forse  a  Gozelino ,  e  Abagelardo.  I  ribelli  procu- 
rarono sommuovere  tutto  il  Ducato,  e  mentre  il  Prin- 
cipe Capuano  invadeva  la  Puglia  occupando  Ganne  , 
Abagelardo  ed  Harenc ,  che  avevano  terre  in  Calabria  , 
v'  insorgevano ,  e  Gisolfo  ne  depredava  per  mare  le  co- 
ste insino  a  S.  Eufemia  ^. 

Questa  pericolosa  diversione  sarebbe  tornata  fatale 
air  acquisto  di  Sicilia  dove  Roberto ,  lasciandosi  intimi* 
dire  dai  rumori  destati  sul  continente,  avesse  abbando- 
nato r  assedio  di  Palermo.  Egli  però  giudicando  che  una 

Chiesa  di  S.  Giorgio  in  Taranto  porla  queste  note:  Anno  IV  D.  n. 
Romani  Diogeni  Ss.  Imper,  nostro  mense  magio.  Ind.  X.  (407^).  E 
farebbe  supporre  che  Pietro  si  fosse  posto  sotto  il  patrocinio  dei  Greci. 
Probabilmente  però  a  quel  tempo  Romàno  Diogene  era  morto  o  non 
ave^a  più  alcuna  autorità. 

•  Lo  prince...  fisi  ligue  avec  dui  frères^  e' est  avec  li  fiU  de  Piètre^ 
de  liquel  un  avoit  nom  Piètre  et  T  autre  Falgute ,  et  les  manda  pour 
(aire  damage  à  lo  due  et  leverent  li  chastel  à  la  fidel  soe.  Amato  Vii,  2. 

*  Et  à,  ceste  liga  autresi  autre  anemis  de  lo  due  corrurent ,  e'  est 
Balalarde  et  Robert  Arenga ,  et  dui  vont  en  Calabre  pour  offendre  à 
li  cose  de  lo  due.  ivi.  Guglielmo  Harenc  chiama  poi  il  ribelle. 

^  Gisulphus  omnes  maritimos  fines  a  Salerno  usque  ad  porlum , 
qui  9  Fici  dicitur,  Arecumque^  et  sanctam  Eufemiam ,  partim  a  Gui- 
scardo dietim  pervadi  audiens ,  versus  Dueem  inimicUias  injecit ,  om* 
nesque  ei  adhaerentes ,  quos  capere  poterai ,  contumeliis  deturpabat, 
Malat.  III.  2. 

TOL.  II.  44 


—  462-: 

pronta  vittoria  sopra  i  Musulmani  troncherebbe  gli  au- 
daci disegni  dei  suoi  nemici  ^ ,  continuò  ad  oppugnare 
la  città ,  nella  quale  cominciavano  a  sentirsi  i  travagli 
della  fame ,  ed  infieriva  pestilente  morbo  ^.  Una  flotta 
venuta  d'Africa  aveva  tentato  rompere  il  blocco,  inve- 
stendo le  galee  del  Duca  nel  tempo  stesso  che  uscivano 
dal  porto  i  Siciliani  a  combatterle  ^.  Ma  Calabresi ,  Ba- 
resi ,  Greci ,  Normanni ,  con  sacre  benedizioni  e  cerimo- 
nie  preparati  alla  pugna,  affrontarono  arditamente  gli  as- 
salitori che  da  due  lati,  facendo  risonare  l'aere  di  grida 
e  suoni  di  trombe,  s'avanzavano.  E  dopo  fiero  contrasto 
]e  navi  Siculo  ed  Africane  cedendo  all'  urto  piegarono 
in  fuga  ^;  alcune  furono  sommerse,  altre  inseguite  ven- 
nero prese  0  bruciate  anche  al  di  là  della  catena  che 
chiudeva  il  porto  ^.  Tolta  alla  parte  del  mare  ogni  spe- 

'  Lo  due  wm  se  mua  your  cetU  subite  adversUé ,  ne  se  parti  de 
prendre  Palerme.  Amato  VII,  2. 

*  Estoit  une  grani  f amine  erUre  di  de  la  cité.,.  Et  autresi  pourli 
mari  non  soulerrez  esloil  grani  pestilence  et  moiialité,  ivi ,  VI ,  H. 
^   Inde  Panormenses  Àfiros  accire  laborant 

Auxilio ,  quorum  sibi  \iribus  associatis 

Quod  non  sunt  ausi  terra  committerc  bellum 

Commisere  mari.  Guil.  App.  III. 
4  Mandai  Normannis,  Calabris,  Barensibus,  Argis 

Dux  a  se  captis  muniri  corpore  Cbristi. 


l^criida  gens  totam  lituis  sonituque  tubariuu 
Magnarumque  replel  vocum  clamoribus  aequor. 

Principio  naves  Aflrae  Siculaeque  resisiunt 
Nuiu  divino  tandem  cessero  coactac.  ivi, 
*  Ivi. 


—  463  — 

ranza  di  soccorso,  lievi  zuffe  seguivano  intorno  alle  mu^ 
ra,  meno  frequenti  però  si  facevano  le  sortite,  quan- 
tunque i  Normanni  cercassero  attirare  fuori  i  nemici , 
ed  investissero  da  vicino  la  città  ^  Finiva  intanto  Tanno 
4071 ,  essendo  già  trascorsi  cinque  mesi  da  che  Palermo 
trovavasi  assediata,  e  crescevano  le  molestie  della  fame 
ed  i  pericoli  *.  Roberto  disponeva  le  macchine  e  le  scale 
per  assalire  da  diversi  punti  le  mura ,  ed  egli  da  una 
parte  ,  Ruggiero  dall'  altra  vi  si  accostavano  ^.  Pri- 
mo un  Arcifredo ,  segnatosi  divotamenle  montava ,  al- 
tri due  gli  venivano  appresso  ;  ma  giunti  appena  al  som- 
mo s' infranse  la  scala,  ed  accorsi  i  Musulmani,  scam- 
parono gli  audaci  guerrieri  precipitandosi  dall'alto*. 
Intenti  i  difensori  dove  T  impeto  degli  assedienti  pareva 
maggiore ,  li  ributtavano ,  opponendosi  con  grande  fe- 
rocia ai  loro  sforzi.  Simulati  però  erano  i  due  princi- 
pali assalti,  e  mentre  cercavano  respingerli,  trecento 
militi  del  Guiscardo  per  altra  via ,  dal  lato  del  porto,- 

■  Scrìve  Amato  che  i  Normanni  lasciavano  viveri  presso  le  mura  per' 
attirare  fuori  i  Musulmani ,  ed*  ogni  dì  ponendoli  più  lontani ,  facevano 
molti  prigioni.  1.  e.  Altre  fazioni  sono  narrate  da  Guil.  App.  Ili ,  che 
dice ,  una  volta  gli  assediati  avessero  respinti  i  fanti  nemici ,  m  una" 
sortita  ;  ma  accorso  Roberto  li  ricacciò  spingendosi  sino  alle  porte ,  le 
quali  furono  chiuse  abbandonando  fuori  parte  di  quelli  ch'erano  usciti 
a  combattere. 

■  Malat.  II ,  45.  £n  V.  moix  veinchi  Pcderme.  Amato  VI,  21.  Que- 
sti dice  che  lo  nombre  de  li  Sarraziu  Hquel  furent  oecis ,  et  de  ceux 
qui  furent  pris ,  et  qui  furent  vendut  non  en  puet  estre  memoire. 

3  Fist  faire  xiiij  scalle  ,  de  liquel  sept  en  manda  de  nuite  l'autre 
part  de  la  cité  ou  estoit  son  frère,  ivi.  Machinamentis  itaque  et  scalis 
ad  muros  trascendentes  artificiomnme  compaginatis.  MAhAT.  1.  e. 

4  Amato  ,  ivi. 


—  164  — 

senza  esser  visti  superavano  le  mura ,  e  riuscivano  ad 
aprire  una  porta  ^  Per  essa  entrarono  i  Normanni,  e  vi 
s' innalzò  poi  accanto  una  Chiesa  sacra  a  S.  Maria  della 
Vittoria  ;  onde  aggiunse  la  leggenda ,  che  la  Vergine 
stessa  ivi  apparsa  nel  furore  della  pugna  ai  suoi  fedeli 
la  schiudesse  ^.  Si  spandevano  intanto  i  vincitori  per 
le  vie  della  Kalesa,  saccheggiando  ed  uccìdendo  ',  ed  i 

'  Il  /ut  drecier  V  eschielU  de  V  aulre  pati ,  et  wmanda  à  li  tien 
qui  saillitent  qu'  il  ouvrissent  la  porte,  ivi.  Cum  latenter  ingressut , 
ex  altera  parte ,  qua  videlicet  navalis  exercilus  adjacebat.,*  A  parte, 
qua  minus  cavebatU ,  vaeillatur.  A  tiuiseardemibui  sealis  appotUit 
mura  aecenditur,  Malat.  1.  e.  E  poiché  lo  stesso  Cronìsia  dice  die 
Roberto  comandava  i  Pugliesi  ed  i  Calabresi,  questi  sarebbero  prima 
entrati  nella  città.  Dalla  parte  della  Kakea  era  una  sinuosità  che  ser- 
viva da  porto  principale  e  da  arsenale.  Geogr.  Nubien.  ap.  de  Grego- 
rio. Morso  ,  p.  212. 

*  Malat.  l.  e.  Amato  ivi.  Di  questa  porta,  detta  anche dél/a  Ftltorìff, 
rimane  qualche  vestigio  non  mollo  lungi  da  quella  che  si  chiama  porto 
del  Greci,  Sulla  Chiesa  dicesi  posta  questa  iscrizione  :  Roberto  Panor* 
mi  Duce  et  Siciliae  Rogerio  Cornile  imperantibus ,  Panormilani  civet 
ob  vicloriam  ìmbilam  hanc  aedem  J),  Mariae  Victoriae  sacrarunt»  An, 
J)om.  4074,  IvENGEs  Ann,  ad  an.  La  voluta  apparizione  della  Vergine 
è  riferita  dal  P.  Gaetano  SS,  Sic.  T,  Il ,  286,  Momgitore  Palermo 
divoto  ^  ec. 

i  Urbe  nova  capta  veteri  clauduntur  in  urbe,  Guil.  App.  UI.  Pa* 
normitani  defusi  hostes  a  tergo  infra  muros  cognoscentes  interiori  urbe 
refugium  petendo  $ese  recipiunt,  Malat.  1.  e.  Et  levèrent  les  eoses  de 
li  pa'ien ,  et  partirent  li  enfant  por  lo  servir ,  et  la  moltitude  de  li 
mort  covroil  la  terre.  Amato  1.  c.  Fazzello  Dee,  Il ,  ed  altri  chiamano 
nuova  la  città  presa ,  antica  quella  dove  i  Musulmani  si  ritirarono ,  e 
sembrano  così  contradire  al  Geografo  Nubiense  ,  ed  al  Falcando  ,  cbe 
descrivendo  Palermo  dicono  città  antica  laKalesa;  ma  il  nome  d'antici 
le  fu  dato  posteriormente ,  quando  la  Palepoli  venne  rinnovata.  Mok- 
so  1.  e. 


—  165  — 

Musulmani  sorpresi  alle  spalle ,  cadendo  già  il  giorno  , 
abbandonati  i  borghi,  si  ritraevano  nelle  munizioni  della 
interna  città.  Ma  nella  notte  tenendosi  ciascuno  nella 
parte  occupata,  cominciò,  dentro  al  recinto  ove  s' erano 
gli  assediati  raccolti,  a  muoversi  a  sedizione  il  popolo. 
I  cristiani  rimasti  sino  allora  in  condizione  servile,  pre- 
sero insieme  consiglio  di  scuotere  il  giogo  degli  infede- 
li ,  e  quelli  che  tra  essi  si  trovavano  armati  per  la  dife- 
sa ,  s' insignorirono  di  una  torre  che  tenevano  in  custo- 
dia. V  accorsero  di  lor  gente  molti  schiavi ,  e  gridando: 
libertà,  libertà;  s'offrirono  in  aiuto  ai  Normanni  ^  Que- 
sto accidente ,  che  altri  vuole  avvenuto  innanzi ,  scri- 
vendo ,  che  furono  gli  insorti  quelli  che  aprirono  una 
porta  a  Ruggiero  per  segreto  trattato ,  vinse  la  pertina- 
cia dei  Musulmani.  E  venuto  il  giorno  inviarono  due 
Kàdi  ed  i  principali  fra  gli  Sceicki  a  rendere  la  città  , 
ponendo  per  condizione  che  sarebbero  rispettati  nella 
fede,  e  vivrebbero  secondo  lor  legge  *.  Giurati  i  patti  vi 

■  Nox  tumultum  derimU,  Malat.  1.  c.  n  Fazzello  1.  e.  narra  que- 
sta congiura  dei  Cristiani ,  ed  a  loro  attribuisce  V  entrata  dei  Normanni. 
Alcuni  storici  Siciliani  vorrebbero  confermare  il  racconto  con  le  parole 
di  Malat.  If ,  45  :  oc  rebeUarUium  in  urbe  ChrUtianarum  adjuti ,  ma 
non  si  leggono  nelP  edizione  del  Muratori  ,  faUa  su  quella  precedente 
del  Caruso.  Framc.  Baronio  de  Majett.  wh.  Panar.  L.  I .  e.  99 ,  ri- 
ferisce un  diploma  dato  in  Traina  ose  è  narralo  il  medesimo  fatto,  ma 
sembra  apocrifo.  Forse  lo  stesso  intese  dire  Amato  :  il  commèncereni 
cantre  celle  antique  Palerme  contraster  cU  de  la  die ,  1.  e.  Del  resto 
la  testimonianza  del  Fazzello  non  si  vuol  ripudiare ,  e  può  concordarsi 
con  la  diversa  narrazione.  E  che  i  Cristiani  dell*  isola  aiutassero  la  con- 
quista Normanna  ,  si  desume  anche  da  altri  luoghi  del  Malaterra  L.  II, 
i5 ,  i7  ,  18  ec. 

*  Dui  Cayte  alèrent  devant  hqucl  avQtent  l' ofice  laquelle  avoient 


—  166  — 

entrò  prima  il  Conte  e  prese  possesso  delle  mura  e  delle 
torri,  e  quattro  giorni  dopo,  nel  dieci  gennaio  del  1072  \ 
preceduto  da  mille  cavalieri ,  insieme  alla  moglie  ,  'ai 
fratelli ,  ed  a  Guido  di  Salerno  suo  cognato ,  il  Duca 
trionfalmente  si  condusse  nell'  antica  Chiesa  Episcopale 
che  mutata  in  Moschea ,  tornava  ora  al  culto  di  Maria. 
Ivi  r Arcivescovo  Nicodemo,  Greco  di  patria  e  di  rito, 
che  la  tolleranza  dei  Musulmani  aveva  lasciato  nella 
Chiesa  di  S.  Ciriaca  ^,  restituito  alla  dignità  della  sede, 
benedisse  ai  vincitori. 


li  antique ,  avec  autrez  gentUhome,  li  quel  priereni  lo  conte  que  ìom 
nulle  autre  conditùm  ne  eonvenance  doie  reeevoir  la  cUé.  Amato  ivi. 
Cuncta  duci  dedunt,  se  tantum  vivere  possunt.  Goil.  App.  l.  e. 

Anche  il  Nowairi  dice  che  non  si  lasciasse  ai  Musulmani  :  neque  hai- 
neum ,  neque  officinas,  nec  molendina ,  nec  fumot.  Ma  più  conforme  al 
vero  è  il  racconto  di  Malaterra  legem  suam  nullatenus  se  vidari, 

•  Amato  dice  che  Palermo  fu  presa  en  la  nativité  de  Ishu-Crisi ,  e 
chfì  il  Conte  segnati  i  patii  della  resa  vi  entrò  con  i  suoi  cavalieri, 
regarda  par  la  cité  et  ordena ,  et  Va  fait  sécure ,  et  puiz  retoma  à 
son  frère ,  1.  e.  19  ,  22.  E  si  accorda  col  5Ialat.  che  pone  la  fine 
deir assedio  nel  i071.  Ma  Lupo,  la  Cron.  Brev.  Norm.  e  I'Ign.  Bar. 
segnano  V  entrata  di  Roberto  al  1072 ,  e  nel  primo  e  nel  secondo  per 
errore  si  lesse  Mense  Junii  die  40 ,  mentre  neir  ultimo  è  scritto  con 
data  più  certa  X  die  intran.  men.  januar.  Le  parole  di  Amato  spie- 
gano questa  differenza  ;  nel  25  decembre  la  città  fu  presa  ,  ma  nel  10 
gennaio  Roberto  vi  entrò  ,  ed  i  Pugliesi  del  suo  seguito  diffusero  nella 
patria  loro  questa  data.  Che  Guido  dì  Salerno  fosse  presso  il  Duca ,  lo 
afferma  Amato  ,  o  si  deduce  dai  versi  di  Alfano  scritti  in  suo  onore. 

Siciliani  tellus  Arabum  miratur  acervum 

Quos  tuus  ipse  dcdit  cnsìs  el  basta  necis.  Ughel.  It,  Sac,  X,  74. 

^  Catione  Graecus,  Malat.  1:  e,  Nicodemo  lo  chiamano  una  bolla 
di  Calisto  11 ,  ed  un  diploma  di  Ruggiero.  Pirri  ,  Isotit,  Ecd.  Panor, 
T.  I ,  Amato  ivi ,  20 ,  aggiunge  che  dalla  Chiesa  alcuni  buoni  Cristiani 


^467  — 

Più  che  quattro  secoli  era  duralo  il  dominio  dei  se- 
guaci di  Maometto  nell'  isola  ,  cadeva  ora  nel  tempo 
stesso  che  i  Bizantini  erano  in  tutto  espulsi  dalla  Ca- 
labria e  dalla  Puglia,  e  le  città  Lombarde  scuotendo  il 
giogo  feudale  dei  Vescovi,  infievolivano  la  dipendenza 
dagli  Imperatori  Tedeschi.  Questa  diversa  mutazione  , 
dissimile  nei  modi ,  concorde  negli  effetti ,  che  solle- 
vava dalle  Alpi  alla  Sicilia  le  generazioni  indigene  con- 
culcate ,  non  seguì  né  per  impulso ,  né  per  virtù ,  dei 
Pontefici  e  dei  Normanni.  Fu  un  rivolgimento  sponta- 
neo e  fatale,  apparecchiato  dalla  corruttela  e  dalla  de- 
cadenza delle  stirpi  sìgnoreggianti ,  dal  lento  e  costante 
risorgimento  dei  vinti,  nei  quali  si  fecondavano  i  germi 
della  nuova  vitalità  nazionale.  Le  oscure  vicende  della 
riscossa  nascondono  gli  sforzi  di  quel  volgo  senza  nome, 
che  partecipò  alla  lotta  contro  i  simoniaci ,  i  concubi- 
narii ,  e  le  investiture  ;  che  insorse  in  Puglia  ed  in  Ca- 
labria ,  ed  aiutò  Roberto  e  Ruggiero  nell'acquisto  di 
Sicilia.  I  Normanni  ed  i  Papi  entrarono  in  quelle  con- 
tenzioni, le  secondarono,  le  volsero  a  proprio  vantaggio; 
ed  a  misura  che  prevalse  l'audacia  degli  stranieri ,  o  la 
autorità  della  Chiesa,  sursero  Principati  o  municipali 
reggimenti.  Fra  le  ultime  e  disperate  resistenze  delle 
signorie  che  cadevano,  la  duplice  influenza  divenne  più 
efficace  ;  e  cercando  ordinare  in  conformità  degli  intenti 
proprii   la  politica  società  ,  che  doveva  nascere  dalle 
mine  delle  precedenti  dominazioni ,  furono  inevitabili 
contrasti  tra  V  una  e  V  altra. 

udirono  la  voiz  de  li  angele  et  mmUt  doux  chant,,,  et  appartU  (sUcune 
foiz  eiUuminee  de  la  lumière  de  Dieu, 


—  <68  — 

Poco  dopo  r  ottenuto  trionfo  gli  abitanti  di  Mazara,  ve- 
dendosi minacciali,  inviarono  a  promettere  tributo*;  ed 
il  Duca  ritenendo  per  sé  l'alto  dominio  dell'  isola,  e 
la  diretta  signoria  di  Palermo,  di  Messina,  e  Val  di  De- 
mona, investì  ir  fratello  delle  rimanenti  città  acquistate 
e  da  acquistare ,  con  titolo  di  Gran  Conte  di  Sicilia , 
rifermandogli  le  terre  di  Calabria  ^.  Rimanevano  anco- 
ra in  balìa  dei  Musulmani,  diverse  città  e  castella,  alcu- 
ne usurpate  dai  KAid,  altre  dai  presidii  Africani.  E  con- 
tro questi ,  più  temuti ,  si  ponevano  ai  confmi  presso 
Castrogiovanni ,  Serlone  nato  da  un  figliuolo  di  Tancre- 
di d'Altavilla  del  medesimo  nome  ^,  ed  Asgot  di  Puteolis 
congiunto  al  Duca  per  sangue,  concedendo  ad  entrambi 

■  Quant  il  sorent  que  Palerme  s*  estoU  rendue ,  powr  paor  qu'  U 
orent  donnèrent  la  cité  à  lo  due ,  et  lui  promistrent  de  donner  cto- 
scun  an  tribut.  Amato  ivi  2i. 

•  Donna  à  son  frère  lo  conte  Rogier  toute  la  SycUle  ,  «e  non  que 
pour  lui  réserva  la  moitié  de  Palerme,  et  la  moitié  de  Messine  et  la 
moitié  de  Vemède,  et  li  conferma  la  parte  de  Calabre  laquelle  avoit. 
ivi.  Leo  Ost.  ,  III,  ÌG.  Il  Malat.  al  quale  ò  da  prestare  più  fede  perchè 
scrisse  nella  corle  islessa  del  Conte  Ruggiero,  dice  che  Dux  eam  in  tuam 
proprietatem  retinens ,  et  vallem  Deminae  caeteramque  omnetn  Siciliam 
adquisitam ,  et  suo  adjutorio ,  ut  ipromittebat ,  nec  falso  adquiren- 
dam  ,  fratri  de  se  habendam  concessit.  1.  e.  Il  Caruso  ed  il  Mdratori 
tennero  la  medesima  opinione ,  che  il  Duca  si  riserbasse  il  dominio  di 
Palermo  e  Messina.  Che  ritenesse  anche  l'alta  sovranità  di  tutta  l'isola 
apparisce  dai  diplomi  nei  quali  prende  il  titolo  di  Dux  ItcUiae,  Cala- 
briae ,  atque  Siciliae,  Monum.  Reg.  Neap,  Arch.  T.  V,  p.  98,  99, 
ec.  Totius  A[mliae,  Calabriae  atque  Siciliae  Duccm,  Leo  Ost.  Ili,  IO. 
GlA.NNONE   L.    X  ,   e.   2. 

•^  Suo  padre  Serlone  non  venne  mai  in  Italia,  prese  parte  invece  alla 
conquista  d'Inghilterra  sotto  Guglielmo  il  Bastardo.  Catalog,  de  BaoJi- 
PTON.  Gauttier  d'Arc,  p.  75. 


—  169  — 

ampii  possessi  *.  Prendeva  stanza  Serlonc  a  Ceramo  per 
tutelare  le  conquiste  dalle  nemiche  incursioni,  e  fron- 
teggiare Castrogiovanni  ;  ma  lasciandosi  ingannare  da- 
gli Africani ,  ne  fu  ucciso  a  tradimento.  Era  tra  essi 
nella  città  un  duce  chiamato  Brahen  *,  il  quale  aveva 
intelligenza  con  Scrlone  e  volle  farsi  suo  fratello  d'armi; 
poi  simulando  grande  amicizia  gì'  inviò  doni  ed  avvisi 
si  guardasse ,  perchè  in  un  giorno  designato  uscirebbe- 
ro sette  Arabi  a  predare  sulle  sue  terre.  Scrlone  spre- 
giando lo  scarso  numero  dei  nemici,  in  quel  dì  fu  a  cac- 
cia con  poco  seguito ,  e  s'avvenne  nei  predoni ,  e  questi 
fuggendo  lo  trassero  in  un'agguato  ove  erano  settecento 
cavalieri  e  duo  mila  fanti.  Circondati  da  ogni  parte  ,  si 
raccolsero  i  Normanni  sopra  una  balza,  e  disperatamen- 
te difendendosi  furono  trucidati ,  eccetto  due  soli ,  che 
infingendosi  morti  scamparono  ^  Il  luogo  si  chiamò  dopo 
rupe  di  Serlone,  e  del  suo  cuore,  dicesi,  si  pascessero  i 
Musulmani ,  inviando  in  Africa  i  mozzi  capi  degli  ucci- 
si *.  Piansero  tutti  il  crudele  eccidio;  ma  il  Duca  non  si 
fermò  a  vendicarlo,  e  nella  primavera  si  dispose  a  lascia- 
re Palermo.  Fece  munirvi  una  torre ,  e  vista  in  mezzo 
ai  suntuosi  palagi  le  deserte  rovine  di  una  Chiesa  altra 

■  Apud  Ceramum  morabatur  ad  tuendam  provinciam  ab  ineursibtut 
Arabicorum  qui  apud  Castrum  Johannis  ea  tempestate  morari  dice- 
baiUur.,,  Nam  et  medietas  totius  Sieiliae  ex  consensu  Dueis  et  Comi- 
ii8  suae  sorti  ^  Arisgotique  de  Puteolii  iiUer  se  dividenda  cesserai, 
Malat.  ivi  40. 

•  In  altri  cod.  del  Malat.  si  legge  Bradem ,  ed  il  Fazzello  1.  e.  lo 
chiama  Brachino, 

«  Malat.  Ili ,  40. 

*♦  /ri. 


—  ne  — 

volta  dedicata  a  Maria,  impose  che  splendidamente  si 
riedificasse  ^  Poi  chiamati  gli  Sceicki  ed  i  principali 
cittadini,  enumerò  gli  spendii  fatti  ed  i  danni  sofferti  io 
quella  guerra;  e  volle  che  di  tutto  il  rifacessero.  E  ri- 
cevuti così  molti  doni  e  molto  danaro ,  tolse  seco  ostag- 
gi *  ,  ed  alcune  porte  di  ferro  e  colonne  marmoree  che 
fece  condurre  nella  città  di  Troia  ^ 

Lasciata  una  parte  dell'  esercito  al  fratello  sbarcò  a 
Reggio ,  ed  ivi  rinviati  i  Greci  e  Stefano  Patriano  che 
avevano  presa  parte  alla  spedizione  * ,  si  preparò  a  pu- 
nire gl'insorti.  Ordinò ,  invano  opponendosi  i  cittadini , 
si  costruisse  una  fortezza  nella  città  di  Rossano ',.  ove 
erano  numerosi  i  Greci ,  e  convocata  poi  in  Melfi  un  as- 
semblea vi  chiamò  i  Conti  ^.  Il  ribelle  Pietro  ,  rifiu- 
tò intervenirvi  e  dichiarando  non  dovere  alcuno  omag- 
gio ,  si  rinchiuse  in  Trani  ^.  Senza  curarsi  delle  corre- 

»  Deinde  vero  castello  firmato ,  et  urbe  prò  velie  tuo,  Malat.  ivi  4o. 
Fisi  une  fort  roche  et  lo  fist  bien  garder...  Vit  grandissime  pala  de 
li  Sarazin ,  entré  liqucl  vit  V  églizc  de  Saint-Marie  à  la  manière  d' un 
d'un  four,,.  et  moult  honestement  le  fist  rèUdificr,  Amato  VI,  23. 

*  Puiz  clama  cil  de  la  cité ,  et  lor  conta  et  disi  lo  damage  qu'  U 
avoit  receu ,  et  lor  dUt  lo  nombre  de  li  cheval  que  il  avott  perdu.., 
Mt  allors  et  moult  de  domps  et  moult  de  monnoie ,  et  rechut  pour 
ostage  li  fiU  de  li  meillor  home  de  la  terre,  ivi. 

*  Portas  ferreas  et  columpnas  martnoreas  quam  plures  cum  capi- 
tibus,  ec.  RoM.  Saler.  ad  an, 

4  GuiL.  App.  III.  Dalla  resa  di  Palermo  all'assedio  di  Traui  uascor- 
se  quasi  un  anno ,  sembra  perciò  che  alcuni  mesi  s' inlrattenesse  il  Duca 
in  Sicilia  e  ciie  nella  prìniavera  tornasse  sul  conlinenle. 

*  Didentibus  urbicolis  castellum  firmavU.  Malat.  IH  ,  2- 

6  Gu)L.  App.  ivi. 

7  Intraverunt  primo  Normanni  Trano  in  od  ava  Mpiphaniae  cum 
yetrono  Cornile.  Ltpo   1075. 


rie  degli  altri  congiupati  * ,  il  Duca  Roberto  condusse 
nei  principii  del  nuovo  anno  1073  le  niilizie  e  la  flotta 
contro  quella  città  ,  dopo  Bari  estimata  la  maggiore  che 
fosse  in  Puglia  *.  Il  Conte  Pietro  ed  Ermanno  fratel- 
lo d'Abagelardo  V  avevano  munita  incitando  i  cittadi- 
ni alla  difesa;  pure  dopo  quindici  dì  d'oppugnazione, 
il  popolo  insofferente  dei  travagli  dell'assedio  ,  obbligò 
il  presidio  a  renderla ,  e  nel  secondo  giorno  di  febraio 
vi  entrò  il  Duca  ^.  1  ribelli  patteggiata  libera  T  uscita  , 
ricoverarono  in  Andria;  ma  gli  aiuti  invocati  dai  Greci 
mancavano,  e  le  città  intimidite  dalla  dedizione  di  Tra- 
ni,  ne  seguivano  T esempio.  Bisceglie  e  Giovenazzo  sog- 
gette Tuna  a  Pietro,  T altra  al  suo  cugino  Amico,  sot- 
traendosi al  loro  dominio  si  davano  a  Roberto*;  più 
pertinace  resistenza  opponeva  Quarato ,  e  fu  necessario 
investirla  con  regolare  assedio.  S'  inviarono  perciò  a 
prendere  le  màcchine  rimaste  intorno  le  mura  di  Tra- 
ni  *,ela  scorta  che  le  conducova,  sorpresa  da  Pietro 

*  Non  se  cura  de  ehoaes  petites ,  més  cerca  de  metre  main  af  eUés 
de  li  plus  grand.  Amato  VIH  ,  2. 

*  .  .  .  .  pracclarì  nomine  nrbem 

Divitiis ,  armis ,  et  multa  gente  repletam.  Guil.  àpp.  ivi. 
Dux  obsedit   Trano  per  terra  et  mare  in  mense  Jan.  Ign.  i075. 
Lupo  ,  ad  an, 

*  Ou  estùient  li  fili  de  Pierre  et  Hermanne,  Amato  1.  c.  Herman- 
num  eomitem  fratrem  Abagelardi,  Malat.  IH ,  5.  Guil.  App.  1.  c.  Ign. 

4  Poscit  cum  sociis ,  ut  lìber  abire  sinatur 
Sic  que  duci  fieri  concessit  deditionem. 


Se  Juvcnacenscs  dedunt  et  Buxilienses 
Buxiliae  Pelri  fuerant  Juvcnacus  Amici.  Guil.  App.  im 
5  Amato  VII ,  2, 


—  172  — 

ed  Ermanno,  sarebbe  rimasta  prigioniera,  senza  un  im*. 
preveduto  soccorso.  Guido  fratello  di  Gisolto  di  Saler- 
no, ma  fedele  seguace  del  Duca  *,  Raul  nipote  di  que- 
sto, e  Goffredo  Bidello  ',  sospettando  forse  T agguato, 
nel  recarsi  con  una  schiera  di  cavalli  verso  Trani  si  scon- 
trarono nei  nemici.  Rinnovata  la  zuffa  ;  furono  presi 
Pietro  ed  Ermano ,  e  ritenuti  in  carcere  l'uno  a  Trani , 
l'altro  a  RapoUa.  Cadeva  con  essi  la  ribellione  in  Pu- 
glia ;  Quarato  e  poi  Àndria  si  arrendevano  ,  ed  innanzi 
a  Cisterna ,  più  forte  luogo  ,  esposto  Pietro  sopra  un 
graticcio  di  legno ,  i  suoi  militi  cedevano  ^. 

Allora  anche  Riccardo  ritraevasi  da  Canne  in  Gapua; 
e  volendo  abbattere  in  lui  il  principale  sostegno  di 
quei  moti,  Roberto  veniva  ad  assalire  Lacedonia,  che 
apparteneva  al  nipote  del  Principe  chiamato  col  mede- 
simo nome  ^.  V'era  nella  città  Giordano,  e  difendevala 
strenuamente;  ma  Riccardo  suo  cugino,  ignorando  l'as- 
sedio, mentre  vi  si  recava  con  alcuni  cavalieri  cadde  in 
potere  del  Duca ,  e  gli  si  dichiarò  vassallo,  ricevendone 
l'investitura  delle  sue  terre  *.  Congiunse  anche  le  pro- 

*  Ivi ,  3. 

*  Ivi,  É  inesplicabile  come  Goffredo  Ridello ,  se  è  lo  stesso  che  fu 
investito  dal  Principe  Riccardo  di  Gaeta  si  trovi  ora  col  Duca  suo  ne- 
mico ,  e  prenda  parte  anche  in  prosieguo  nella  guerra  contro  il  suo 
diretto  signore. 

s  Amato  ivi  .3,4.  Guil.  App.  HI.  Firent  une  grate  de  boston  ou  ^ 
junehi ,  et  la  metoient  Piètre  loie,  ivi. 

4  Et  quant  lo  prince  Richnrt  vit  la  puissance  de  Dieu  cantre  lui 
il  laissa  Canne  et  retorna  à  la  sceurissime  cité  de  Capua.  ivi.  Lodve 
Robert  vouloit  tochier  lo  ehef  de  cest  malice...  et  ala  e  mist  siége  de- 
vant  la  cité  de  Cydonie ,  ou  estoit  Jordain,  ivi  5. 

*  Et  fu  fait  son  chevalier  de  lo  due ,  et  son  homine,  ivi. 


—  473  — 

prie  milizie  per  oppugnare  Canne,  dove  era  rimasto  un 
presidio  di  Ermanno,  ed  essendo  sforzata  la  città,  e 
mancando  d'acqua,  non  si  sostenne  lungo  tempo  K 

Quetavasi  così  in  parte  la  sedizione  ;  ma  sconvolta 
era  ancora  la  Calabria,  in  armi  il  Principe  Capuano  e 
Gisolfo.  Roberto  tornalo  in  Trani  ponevala  nella  imme- 
diata sua  dipendenza,  restituiva  però  gli  altri  possessi 
e  la  libertà  a  Pietro  *,  piuttosto  a  togliere  ogni  seme  di 
fermento,  che  per  generoso  impulso.  E  prima  che  dei 
maggiori  nemici  prendesse  vendetta,  infermatosi  delle 
sofTerte  fatiche,  ed  aggravandosi  il  male  fece  condursi 
in  Bari  ^. 


<  Cestui  kichart  fu  cmjoini  avec  li  chevatier  de  li  due,  ala  li  due 
envers  Canne.,,  en  brief  temps  fu  prise  pour  defait  de  aigue,..  Ih- 
dens  la  citi  avoit  moult  de  chevaliei'  de  Hermande.  ivi ,  6. 

•  Sohilur ,  et  recipil  quem  perdidit  omnia  Petrus 
Liber  abìt,  solo  Trani  privalus  honore.  Guil.  App.  HI. 

s  YìfU  en  tante  débilité  que  partout  se  disoit  qu*  il  estoit  mort.  Et 
pur  ce  que  il  créoit  qu*  il  lui  alégeroit  de  sa  maladie  s*  en  ala  à  Bar» 
Amato  ivi,  7. 


CAPITOLO  VI. 


Insino  alla  primavera  del  1073  si  erano  protratte  le 
fazioni  della  guerra  in  Puglia,  e  cessato  il  contrasto  « 
nell'aprile  moriva  Alessandro  lì.  L'influenza  che  ì  Pon- 
tefici avevano  avuta  sulle  fortune  dei  Normanni ,  cre- 
sceva ora  l'aspettazione,  poiché  era  acclamato  succes- 
sore Ildebrando ,  che  fu  Papa  Gregorio  VII.  Monaco  e 
Cardinale  per  oltre  venti  anni  la  Chiesa  si  era  retta  ai 
suoi  consigli  * ,  e  sollevandosi  ogni  giorno  in  maggiore 
autorità  il  Pontificato ,  aveva  quasi  sconosciuto  il  pre- 
dominio dell'Imperio  Germanico,  depressi  i  potenti  pa- 
trizii  della  Campagna  Romana,  poste  in  atto  le  sue  pre- 
tensioni di  primato  sopra  i  Vescovi,  tentata  una  riforma 
della  interna  disciplina ,  che  doveva  costituire  l'eccle- 
siastica gerarchia,  e  collegare  il  clero  in  una  sola  casta. 
Aveva  ricongiunto  il  mezzodì  nell'osservanza  del  rito  La- 
tino ,  abbattuta  1'  autonomia  della  Chiesa  Milanese , 
spenti  sul  nascere  gli  scismi.  Ed  acquistato  Benevento, 
concessa  V  investitura  dei  loro  dominii  ai  Normanni , 
fuori  r  Italia  rinnovava  vaghi  diritti  di  supremazia  sul* 

«  Vos  scitis ,  quia  a  diebus  domni  Leonis  Papae  Me  est  Hildeìfran- 
dus^  qui  sanctam  Romanam  Ecclesiam  exaltavit  et  eivitatem  ittam 
Hberavit,  Bonizo,  L.  VII. 


-  475  — 

r  Inghilterra  e  la  Spagna.  Cinque  Papi  si  erano  succe- 
duti, e» ciascuno  aveva  mostrati  i  medesimi  intenti;  per- 
chè accanto  ad  essi  un  uomo  solo  avvalorandone  le  ope- 
re con  la  sua  pertinacia  ne  rendeva  immutabili  i  propo- 
siti. Ed  ora  queir  uomo  stesso  era  chiamato  a  prose- 
guirli in  nome  proprio,  a  compiere  l'impresa  iniziata; 
nella  quale  crescendo  l'energia  dell'impulso  si  doveva- 
no ravvivare  le  resistenze  ^ 

Grandi  erano  ancora  i  pericoli  della  lotta,  quando 
fu  costretto  a  prendere  il  governo  della  nave  «  travol- 
»  ta  da  venti  furiosi,  dall'impeto  dei  turbini  e  dei  flut- 
»  ti ,  errante  in  mezzo  agli  scogli  nascosti  *.  »  Nel  tem- 
po che  mancava  Alessandro  ,  il  malanimo  d'Arrigo  IV 
s'  era  fatto  più  manifesto  ;  riaccendevasi  in  Lombar- 
dia l'episcopale  opposizione;  nella  Toscana  le  nozze  tra 
Matilde  e  Goffredo  Duca  di  Lorena,  figliuolo  del  defun- 
to Marchese  Gotofredo ,  rendevano  meno  sicura  1'  ami- 
stà col  Pontefice  ;  a  mezzodì  diveniva  troppo  potente 
Roberto^.  Ma. Gregorio  VII  non  s'arretrava  innanzi  agli , 

'  EpUeopi  GaUiarum  protinus  grandi  tcruptdo  permoveri  coeperunt^ 
ne  vir  véhementis  ingeniis  et  acris  erga  Deum  fidei  dùtrictius  eos  prò 
negfigentiis  sui»  quandoque  dUcuteret,  Lambert.  Scanf.  ap.  Perts,  V« 
Script. 

*  Navem  inviti  aseendimus ,  quae  per  undosum  pelagus  violentia 
l>eniorum ,  et  impetum  turbinum  et  fluctibus  ad  aera  usque  insurgen» 
Èlibus  in  incerta  dejidtur  saxis  occultatis,  ec.  Epis,  ad  GuiU.  lleg. 
AngU  CoNciL.  T.  XX,  p.  ii4. 

*  Secondo  la  Cronaca  dell*  Abate  Uspergense  ,  Alessandro  II  prima 
di  morire  aveva  chiamalo  Arrigo  :  ad  satisfaciendum  prò  Simioniaca 
haeresif  aliisque  nonnullis,  Erlembaldo  nel  1072  aveva  fauo  eleggere 
dftUa  sua  fazione  il  chierico  Atione  come  Arcivescovo  contrapponendolo 


—  476  — 

ostacoli.  Ad  Arrigo  notificò  la  sua  elezione  ,  air  Aba- 
te Desiderio  ed  al  Principe  Uisolfo  di  Salerno  scris- 
se subito  invitandoli  a  recarsi  in  Roma,  certi  come  era- 
no del  suo  amore ,  e  della  fiducia  riposta  nella  loro 
prudenza  ^  ;  benevoli  parole  rispose  a  Goffredo  di  To- 
scana^. Continuando  iutauto  1* infermità,  Roberto  ridu- 
cevasi  allo  stremo  della  vita  ;  e  la  moglie  Sighelgaita  a 
prevenire  lo  turbolenze,  faceva  giurare  fedeltà  dai  prin- 
cipali Denti  al  suo  figliuolo  Ruggiero,  escludendo  Boa- 
mondo  nato  dalla,  ripudiala  Alverada.  Àbagelardo  tentava 
far  valere  i  suoi  dritti  alla  successione  ^;  e  d*ogni  dove 
si  annunziava  che  il  Duca  era  morto.  E  la  mendace  noti- 
zia giunse  in  Roma ,  celeramente  al  nuovo  Papa ,  il  qua- 
le indirizzandosi  alla  creduta  vedova  le  scriveva  :  «  Un 
»  irreparabile  e  grande  dolore  à  turbata  la  Romana 
»  Chiesa,  quello  della  morte  del  suo  carissimo  figliuolo 
))  Roberto,  i  Cardinali  ed  il  Senato  commossi  al  danno , 

a  Golifrcdo.  Ma  iasoriì  i  seguaci  di  questo  assalivano  Àttonc ,  obbligao* 
dolo  ad  abdicare.  Arnol.  hUt.  Med,  L.  Ili ,  25.  L'  epoca  delle  nozze 
fra  Matilde  e  GolTredo  o  Gozelone  il  Gobbo  tìglio  del  suo  paU'igno  è 
incerta  ;  ma  fu  precedente  air  elezione  di  Gregoria  VII.  Il  nuovo  Aia^ 
chese  di  Toscana  si  dichiarò  in  prosieguo  fautore  d'Arrigo. 

'  Tu  autem  ipse  quantocius  ad  nos  venire  non  praetermUtas  ^  qui 
quantum  Romana  ecclesia  in  te  indiget  et  in  prudentia  tua  fiduciam 
habeat ,  non  ignoras,  Epis.  ad  ab,  Vesid,  Vili  Kal,  maii  ind.  27. 
CoNciL.  T.  XX  p.  61  e  62.  Nel  modo  stesso,  e  nel  medesimo  di  scri- 
veva a  Gisolfo. 

•  Ivi,  p.  67. 

*  Tuit  le  citevalier  normant  se  assemblerent  et  exlurent  pour  lor 
seignor  Rogier  lo  filz  de  lo  due ,  et  lui  jurrent.,,  fors  tant  solement 
Balalarde  qui  lo  contredist,  lequel  refusa  de  estre  son  chevalier,  quar 
il  vouloit  estre  haucie  en  celle  honor.  Amato  Vili ,  20. 


»  veggono  venir  meno  in  lui  il  sostegno  della  pace.  Ma 
»  perchè  sappia  la  tua  nobiltà  qualìlo  affettuosa  e  sìn*^ 
»  cera  era  la  papale  benevolenza  verso  tuo  marito ,  di- 
»  sponi  il  suo  figlio  a  volere  per  investitura  della  Chiesa 
»  ritenere  quelle  terre ,  che  di  consentimento  e  per  ma-: 
ìè  no  della  Chiesa ,  il  padre  aveva  ricevute  dal  nostro 
»  antecessore  ^  » 

Gregorio  VII  non  si  dichiarava  avverso  agli  Altavilla; 
ma  offriva  il  suo  patrocinio  a  Sighelgaita^  perchè  que- 
sta dubitando  degli  emuli  che  sarebbero  surti  a  conten- 
dere il  Ducato  al  figliuolo,  lo  incitasse  a  riconoscere  la 
sua  supremazia;  e  pervenuta  la  lettera  a  Roberto,  quando 
r  acerbità  del  male  era  stata  vinta ,  rispondeva  ringra- 
ziando ,  impegnandosi  a  rimaner  fedele  ^.  Ma  delle  pro- 
teste non  appagavasi  il  Papa,  e  più  sicuro  modo  d'in- 
frenare i  Normanni  gli  parve  rannodare  1'  amistà  con 
l'Imperatore  d'Oriente  ,  e  premunirsi  di  un'alleanza  se- 
condo gli  eventi  necessaria.  Due  frati  erano  giunti  in 
Roma  recando  da  parte  di  Michele  VII  congratulazioni  e 
profferte.  Dicevano  le  credenziali  a  voce  riferirebbero 
particolari  messaggi ,  s' affidasse  in  essi  sicuramente  il 
Pontefice.  Questi  però  dubitando,  rescriveva  a  trattati 
9  di  tanta  importanza  non  volersi  per  mezzo  di  simili. 
»  negoziatori  condurre,  invierebbe  il  Patriarca  di  Vene* 
»  zia,  devoto  ad  entrambi,  perchè  meglio  apprendes- 
»  se  la  sua  mente ,  intorno  a  ciò  che  in  segreto  i  le- 
)»  gati  avevano  detto ,  e  intorno  al  modo  come  attua- 

-  V.  Doc,  VII. 

•  Rendi  gràce  à  lo  pape  et  li  promisi  de  lo  servir  fidelement.  Ama- 
to VII ,  8. 

VOL.  u.  12 


—  478  — 

»  re  le  promesse.  Intanto  ricordasse ,  la  concordia  tra 
»  i  suoi  predecessori  e  la  Romana  Chiesa  essere  stata  a 
»  quelli  ed  a  questa  utilissima ,  come  di  grande  danno 
»  la  vicendevole  nimistà  ^  »  Questa  lettera  era  scritta 
nel  giugno  ;  né  di  queir  ambasceria  più  oltre  si  trova 
cenno ,  o  che  mancassero  gli  accordi ,  o  che  fallissero 
per  altre  cagioni  ;  e  nel  mese  stesso  il  Papa  consentali* 
dolo  Arrigo  era  consacrato.  Durava  in  questo  mentre  la 
tregua  fra  Roberto  ed  i  suoi  nemici,  perchè  sebbene 
egli  fosse  risanato  ,  adoperandosi  Gregorio  alla  pace ,  lo 
aveva  richiesto  di  venire  a  S.  Germano  *  per  incontrarsi 
con  lui.  11  Duca  si  soffermò  con  l'esercito  a  RapoUa  a- 
spettando  il  tempo  designato;  ma  nei  primi  giorni  d'ago- 
sto seppe  che  mutando  consiglio  il  Pontefìce  era  venuto 
a  Benevento  ^.  Rimanevano  ivi  ì  due  Principi  Longobardi 
Landolfo  V  e  Pandolfo  IV.  Il  timore  che  la  città  cades- 
se in  mano  ai  Normanni ,  aveva  indotto  Nicolò  II  a  ri- 
conoscerli, appagandosi  dell'alto  dominio,  ed  erano  ora 
riconfermati  rinnovandosi  i  patti  della  investitura  *.  Si 

•  V.  Doc.  Vili. 

*  Comanda  à  lo  legai  que  il  tornasi  avière  et  die  à  lo  due  que  U 
vieigne  parler  à  lui  à  la  cité  de  saint-Gertnain..,  assembla  ses  chevà- 
/ter  et  gami  de  grant  exercit ,  et  s' en  àia  à  Rapalle ,  et  aiende  lo 
message  de  lo  pape,  ivi ,  9. 

3  Et  lo  pape  mua  sentence ,  et  manda  frére  Désidère  ahbé ,  qu'  U 
devisi  venir  à  Bonivent  ou  il  pape  estoit  venut,  ivi. 

4  Fra  le  condizioni  della  investitura  data  dal  Papa  si  legge  :  Vel  si 
in  aliquo  quaesissei  minuere  pubblicam  rem  Beneventanam  ,  aut  alù 
quam  inde  absque  nuiu  Papae  alieni  fecisset  investitionem  ;  vel  si 
aliquo  invenerit  studio  cum  aliquo  hominem  intus  vel  foris  Civita' 
tem,..  amittat  suum  honorem.  XII  die  entr,  mense  augusti,  Conc.  XX, 
p.  75. 


—  179  — 

recò  poi  l'Abate  Desiderio  presso  il  Duca,  e  questi  condu- 
cendo una  parte  delle  sue  milizie  accampò  fuori  Bene- 
vento; né  per  reiterate  istanze  volle  entrarvi  sospettando 
dei  cittadini  *.  Pregava  umilmente  venisse  il  Pontefice 
non  a. Roberto,  ma  al  fedele  vassallo,  e  contrastando  in 
questo  modo  ,  si  separarono  con  grande  discordia  ed 
ira  ®.  Ma  che  fossero  altre  differenze  ignote  o  taciute 
dai  Cronisti ,  apparisce  da  una  lettera  poco  dopo  scritta 
dal  Papa  al  Milanese  Erlembaido,  nella  quale  confor- 
tandolo a  perseverare  nella  resistenza  contro  i  simonia- 
ci ,  ed  esponendo  i  suoi  rapporti  con  1*  Aleraagna  con  la 
Toscana  e  col  mezzodì ,  dice  :  «  1  Normanni  i  quali  in 
»  dispregio  ,  e  con  pericolo  della  Repubblica  e  della 
»  Chiesa,  meditavano  ridursi  ad  unità ,  persistono  osti- 
»  natamente  in  quella  perturbazione  nella  quale  li  rin- 
»  venimmo;  né  pace  avranno  senza  nostro  volere.  Pe- 
»  rò  se  la  discrezione  nostra  alla  santa  Chiesa  V  avesse 
»  creduto  utile  cosa ,  essi  umilmente  sarebbero  venuti 
»  a  sottomettersi,  e  ad  esibire  la  consueta  riverenza  ^  » 

*  il  Saint  pére  pape  manda  messages  à  lo  due  que  il  dote  venir  à 
lui ,  et  lo  due  paur  garder  soi  de  la  malice  de  cU  de  la  dté  proia  lo 
pape  que  non  venist  à  lui  come  à  Robert  ^  més  a  sa  fidelité.  Ama- 
to ,  1.  e. 

•  En  encontinent  discorde  fu  enlre  eaux ,  et  male  volonté  et  grani- 
ire,  ìtì. 

^  Nam  Normanfm,  qui  ad  confusionem  et  periculum  Reipublicae 
et  S.  Ecdesiae  unum  fieri  meditohantur ,  in  perturbatùme ,  in  qua 
eo9  invenimus ,  nimis  ostinate  perseverant ,  nullo  modo ,  nisi  nobis 
voleniibus ,  pacem  habituri.  Si  enim ,  discretio  nostrae  sanctae  Ecde- 
sw  utile  approbaret  ipsi  iam  se  nobis  humiliter  subdidissent ,  et  et 
quam  solent  reverentiam  exhibuissent,  Capuae  V.  hai,  Oct.  ad  Herlem- 
bàldum  Mediolanensem,  Gong.  p.  8i. 


—  ìm  — 

Queste  parole  lasciano  pienamente  intravedere ,  che  le 
dissensioni  dei  Normanni  erano  incitate  dalla  Cnrìa  Pa* 
pale ,  per  opporsi  ad  una  temuta  unità ,  nella  quale  si 
designavano  gli  ambiziosi  pensieri  di  Roberto,  Mantener© 
r  Italia  del  mezzodì  divisa  in  piccole  signopie  garoggJBti- 
ti;  perpetuare  T emulazione  tra  il  Principato  di  Capua 
ed  il  Ducato  di  Puglia;  fra  i  Longobardi  degli  Abruzzi 
di  Benevento  e  di  Salerno  ed  i  Nornianni;  costituire 
arbitra  di  quelle  gare  1*  autorità  dell* Apostolica  Sede, 
era  il  segreto  scopo  che  proponevasi  il  l\ipa.  E  poiché  ln} 
mire  del  Guiscardo  si  volgevano  a  compiere  le  conquisti^ 
riunendolo  in  un  domìnio,  in  entrambi  essendo  la  me- 
desima sagacia  e  la  medesima  ostinazione  nei  propo@iti| 
difficile  troppo  diveniva  il  concordarsi.  I  fatti  meglio  pa- 
lesano i  sospetti  delPonleflcc;  rotte  le  trattative,  recava- 
si a  Gapua  per  dar  favore  a  Riccardo  ed  indurla  a  strin- 
gersi in  alleanza  con  lui ,  e  con  Gisolfo  ^  Lo  investiva 
del  Principato,  lasciandosi  promettere  che  per  le  terre 
di  S.  Pietro  pagherebbe  annuale  tributo,  e  ad  Arrigo, 
ove  ne  fosse  richiesto ,  giurerebbe  fedeltà  secondo  gli 
ammonimenti  ricevuti,  e  salva  sempre  la  fedeltà  do- 
vuta alla  Chiesa,  aiutando  l'elezione  del  Pontefice  se- 
condo il  consiglio  dei  migliori  Cardinali  ^. 

'  S*en  ala  a  Capue  pour  dmner  favor  à  prince  Riehart ,  (o^ 
esloU  anemi  de  lo  due  Robert.,,  Lo  pape  avec  lo  prince  Ricìuxr$  firenl 
ferme  et  grant  amistié  et  Hgue ,  et  autreH  avoU  fait  de  Soteme,  H^ 
cherchoient  tout  coment  il  porroient  chacier  lo  due  de  spn  ftono^»  Ama- 
to VII ,  iO ,  i2.  Sciat  prudentia  tua  nos  l)eo  miserante  sanos  el  lae^ 
to8 ,  non  sine  sanctae  Ecdesiae  utiUtate  apud  •  Capuani  demofori. 
Scrive  così  Gregorio  ad  Erlembaldo  »  L  e, 

*  Penmnem  de  terra  S.  Petri,..  sicut  statutum  eU^  reeta  /Uedth 


Rimasto  oltre  un  mese  in  Gapua,  sul  finire  di  novem- 
bre *  tornava  il  Papa  a  Roma  per  attendervi  agli  appa- 
recchi della  lega.  Perchè  a  prevenire  le  ostilità,  Rober- 
to richiamato  il  fratello  di  Sicilia ,  invaso  il  Principato 
di  Capua ,  ed  occupato  Venafro ,  faceva  ribellare  a  Ric- 
cardo i  figli  di  Borrello,  Conti  del  Sangro  *.  Questi  gui- 
dando i  nemici  ad  assalire  e  devastare  i  luoghi  indifesi, 
volteggiarono  scorazzando  dai  dintorni  di  Capua  sino  a 
Tagliacozzo,  spargendo  dovunque  gli  incendii  e  le  ra- 
pine ^.  Quindi  varcato  il  Garigliano,  il  Duca  costringeva 
per  forza  gli  abitanti  delle  vicine  città  a  dichiararsi  suoi 
vassalli;  solamente  rispettando  le  terre  della  Badia  Cas- 
sinese  Traetto  e  Suio  gli  si  resero  prima  di  essere  inve- 
stite, e  prestarono  omaggio  al  Conte  Ruggiero  che  ne  fu 
riconosciuto  signore  *;  Aquino  fu  assediata,  e  si  tentò 
prenderla  per  un  acquedotto,  ma  la  sorpresa  falli.  Dei 
Conti  Longobardi  che  innanzi  l'avevano  posseduta,  Ade- 
nolfo  e  Landolfo  rimasero  fedeli  al  Principe  Capuano  ; 

debo ,  ut  Ulam  S,  R.  annualUer  habeat  Ecclesia Regi  vero  Ben* 

rictt ,  ut  a  te  admonitus  fuero ,  vel  a  tuis  successoribus  ,  jurabo  fi- 

delitatem,  salva  tamen  fidelitate  R,  E secundum  quod  monitus 

fuero  a  meliortbus  Cardinalibus adjuvabo  ,  ut  Papa  eligatur.  — 

Actum  Capuae  Vili  kaUm.  (  al.  XVIII  )  oct,  Ind.  ZI/.  Concil.  XX, 
pag.  78. 

•  Epis,  JIL  Kal.  Decem,  Ind.  XIL  Conc.  XX,  87. 

*  Coment  premèrement  vint  à  Benafre ,  li  fili  de  Burelle ,  liquel  se 
estoient  partut  de  la  fidélité  de  li  prince ,  lui  vindrent  pour  nutre , 
et  firent  convenance  enseble  avec  le  due.  Amato  ,  VII ,  10. 

5  Ivi. 

4  CU  de  la  die  de  Trajette  et  de  Sule  donèrent  la  cité  à  lo  due 
avant  qu*  U  venist  à  eaux ,  et  rechurent  pour  seignor  lo  frère  de  lo 
due  Rogier.  ivi. 


—  182  — 

Pandolib  e  Landò  s'unirono  agli  assalilori»  e  giurala 
obedienza  a  Ruggiero  lasciarona  iiilrodurre  kuuì  presi- 
dii  nei  castelli  di  Vicalba  e  d'Isola  '.  Nel  primo  fu  postof 
Roberto  di  Grentmesnil  allora  Abate  di  S.  Eulemia  *  » 
nemico  a  Riccardo^  gli  altri  rurono  forniti  di  niìlisie , 
perchè  molestassero  Aquino.  E  sopraggi  unto  il  verno  si 
ritrasse  il  Duca  insieme  al  fratello  in  Puglia  ricondu- 
cendo vi  l'esercito. 

Mentre  ferveva  questo  incendio  di  guerra  nella  Cani^ 
pania,  il  Papa  tornato  in  Roma  ^  si  adoperava  a  congre- 
gare un'armata,  e  ad  estendere  la  Inga  stabilita  con 
Gisolfo  e  Riccardo  Nei  primi  giorni  del  gennaio  1074  ^ 
chiamava  presso  di  sé  la  Contessa  Beatrice  e  sua  figlia 
Matilde  *,  e  poco  dopo  scriveva  al  Conte  di  Borgogna, 
perchè  si  disponesse  a  venire  in  difesa  della  libertà  del- 
la Chiesa  ed  ai  servigi  di  S,  Pietro,  siccome  al  suo  prc- 
doeessore  Alessandro  aveva  promosso,  Prcgavalo  v*  in- 
ducesse anche  il  Conte  di  S,  Egidio,  Amedeo  figli uolu 
d'Adelaide  di  Savoia,  e  quanti  altri  erano  fedeli  all'A- 
postolica Sede.  Fra  questi  enumera  il  suocero  di  Ric- 
cardo di  Capua ,  senza  dirne  il  nome  ;  ma  si  ritrae  da 

«  Puiz  atomia  Aquin  et  s' efforza  de  la  prendre ,  et  eereha  de  pas- 
ser  par  lo  cors  de  V  aigue,  ivi.  Adénulfe  et  Landdfe  remanent  en  lo 
service  de  le  prince  ;  més  Pandulfe  et  Lande  s*  acostèrent  à  Rogier... 
le  prestèrent  li  Castel  qui  se  clama  VicaJ)lanche.  Et  habiterent  ensem- 
ble en  un  autre  chastel  liquel  se  dame  Insule,  ivi ,  II. 

*  Et  un  abbé  de  Sainte-Eufame  qui  se  clamoit  Robert ,  garda  o 
tuU  li  ehevalier  sue  VicaUanehe ,  ec.  ivi. 

^  Nel  20  novembre  era  a  S.  Germano ,  nei  primi  dì  del  gennaio  1074 
scriveva  da  Roma.  Gong.  T.  XX. 

4  III  Nonas  Januar.  ivi ,  p.  95. 


-  483  — 

quelle  parole ,  che  morta  Fredesinda ,  aveva  il  Principe 
tolta  una  terza  moglie,  forse  di  Borgogna,  rimasta  igno- 
ta ai  Cronisti  ^.  Aspettando  che  il  Conte  gli  inviasse  suoi 
messaggi ,  soggiungevagli  il  Papa  :  «  Non  è  già  a  sparge- 
»  re  il  sangue  dei  Cristiani  che  noi  intendiamo  raccoglie- 
»  re  oste  così  numerosa;  ma  perchè  i  nemici,  temendo 
«>  affrontarla  si  pieghino  più  facilmente  alla  giustìzia.  E 
i>i  speriamo  che  alcuna  altra  utilità  forse  sarà  per  na- 
»  scerne  ;  cioè  che  pacificati  i  Normanni ,  sia  dato  con- 
»  durci  in  Costantinopoli  in  aiuto  dei  fedeli  di  Cristo  , 
»  che  travagliati  dai  ferocissimi  morsi  dei  Saraceni,  an- 
»  siosamente  chiedono  il  nostro  aiuto.  Poiché  del  rima- 
»  nente  contro  i  Normanni  ribelli,  sono  sufficienti  le 
»  milizie  che  abbiamo  con  noi  *.  » 

Sorgeva  cosi  il  primo  disegno  delle  Crociate ,  e  forse 
nell'animo  di  Gregorio  VII  era  il  recondito  pensiero  di 
sospingervi  i  Normanni ,  e  certamente  la  speranza  di 
ricongiungere  la  Chiesa  Latina  alla  Greca,  quando  i  pro- 

'  Hoc  idem  rogamus  vos  monete  comitU  s,  Aegidii,  et  socerum  RiC" 
cardi  Capuani  Prictpi5.  Epis,  GuUl,  Com,  Burgun.  Gong.  XX  p.  97. 
Che  dopo  Fredesinda  Riccardo  sposasse  altra  donna  si  deduce  anche  da 
una  lettera  scritta  da  Gregorio  VII  a  Giordano  figlio  del  Principe  di 
Capila  e  della  sorella  del  Duca  Roberto.  Essendo  allora  già  morto  il 
padre  «  rimprovera  Giordano  di  varie  colpe ,  e  gli  dice  :  Ecce  dudum 
navercam  tuam  et  dominam  cantra  jus  et  nefas  de  ecdesiam  trahere 
ÙMfUam  ec.  H  nome  e  la  patria  di  questa  matrigna  sono  ignoti ,  ma 
doveva  esser  venuta  da  una  terra  prossima  alla  Borgogna. 

•  V.  Doc.  IX.  —  Altre  lettere  intomo  ad  una  guerra  contro  i  Turchi 
furono  scritte  poco  dopo.  Ad  omnes  Vhristianos.  Uonet  ut  Costanttno- 
politanis  opem  ferant\,  qui  a  Saracenis  mul(is  calamUatibus  alfide' 
batur.Kal.  Mari.  Ind.  X1I,Comc.  p.  iOO.  Altra  XVJJ  kal.  Januar. 
ivi ,  p.  153. 


messi  soccorsi  avessero  salvato  dalla  nuna  l*Jmpi?P0  di 
Oriente,  Ma  nella  sua  iastancabile  operosità  le  lontflno 
e  maggiori  imprese  non  impedivano  quelle  più  prossime 
e  minori ,  le  quali  dovevano  servire  come  mezzi  ad  un 
fine  onico.  Quindi  nel  tempo  stesso  ìn  fspagna  ed  in 
Sardegna  ,  inviava  suoi  messi ,  perchè  lUma  0  l'altra  si 
dichiarassero  vassatle  di  S.  Pietro*,  1  Milanesi  confor- 
tava a  perdurare  nella  resisten^sa  contro  V  Arcivescovo 
simoniaco*,  con  Arrigo  IV  mostravasi  disposto  ad  ami- 
chevole accordoi  dove  la  maestà  e  gii  ammonimenti  de! 
Pontefice  riconoscesse  *.  Intanto  alla  guerra  del  mei*  , 
zodl  provvedeva  ;  e  sebbene  il  Conte  di  Borgogna ,  e  gli 
altri  aiuti  gli  fallissero,  restringevasi  a  quelli  d' Italia, 
Convocava  quindi  nel  marzo  un  Concilio  in  Roma,  oe! 
quale  furono  presenti  la  Contessa  Matilde,*  Azzo  11  Mar- 
ohese  d'  Esté ,  ed  il  Principe  Gisolfo  *.  E  ri  fermale  k 

I 

»  Non  latere  ros  credimut  regnum  Btipaniae  ah  anlt^iio  pfopf^ 
iurU  sattcii  Petri  fuissf^  ec,  Epù,  \  ^  %9 ,  -il ,  ee. 

■  W  Arci  VESCOVO  Allone  ,  eleitti  dai  Pa  tenni ,  venne  a  rìcovt?rar«  ^^ 
Roma  e  tu  rfconfermato  dal  Papa,  il  quale  apertamenie  dichraraTi  b 
sua  supreMia/Ja  sulla  Chiesa  Milanese.  £pM.  1 ,  15. 

*  Appena  elelio  Gregorio  VII,  Arrigo  IV  avcTS  invialo  in  Rfièla  EIh?- 
rardo  di  Nellemburg ,  a  querelarsi  dei  violali  drilli  imperiaU*  ll'ftp» 
scusavasi  dicendo  che  il  popolo  ed  il  Clero  lo  avevano  obbliga!»  i^ 
accettare  il  Pontificato  prima  della  regia  approTa^Jone ,  Lku^.  Scam, 
ad  an.  Sembra  che  Arrigo  sì  appagasse  di  queste  ragioni ,  perchè  n»!»- 
uh  il  Vescovo  di  Vercelli  Cancelliere  del  Regno  a  ratificare  TeltìMOi*'. 
ìnianto  il  Pontefice  scriveva  a  Goffretio  marito  di  Matilde,  esser  prtìoio 
ad  inviar  legati  al  He  per  comporre  la  differente  ^  n  in  im^ndm  ùtdi- 
ita  nmlris  monitU  et  amiilm  aequkverit,  Epi$.  1 ,  9,    '  54^»  ^ 

4  Cut  iyfmdf}  inlerfuil  e^edtcniisnma  €<9mitism  MafhMéii ,  «f  ì^ 
Marcio ,  ei  Gùulfm  Satcrnitanut  princep^.  Bonuo ,  L.  VII. 


—  185  — 

censure  contro  i  simoniaci  ed  i  concubinarii ,  scomuni- 
cava il  Duca  Roberto  ed  i  suoi  seguaci  *  ;  contro  i  quali 
lo  slesso  Guibérto  Arcivescovo  di  Ravenna ,  che  simu- 
lava allora  grande  devozione  al  Papa,  promise  soccor- 
.si  ^  Ma  principalmente  s'offersero  Beatrice,  Matilde,  e 
Goffredo  marito  di  questa.  Narra  Amato,  che  le  donne 
promettessero  trentamila  combattenti,  tra  i  quali  cin- 
quecento Tedeschi;  ed  osservando  Gregorio  basterebbe- 
ro ventimila,  congiunti  a  Riccardo  di  Capua,  ed  agli 
indigeni  che  alla  sua  voce  si  leverebbero  in  arjni ,  ris- 
pondessero :  voler  fuggire  il  vitupero  che  ad  esse  ver- 
rebbe se  entrate  in  quella  briga  dovessero  soggiacervi  ^. 
Ma  innanzi  di  giungere  le  milizie  intiepedivasi  l'ardore 
^ì  Goffredo ,  in  segreto  propenso  ad  Arrigo,  e  mancando 
alla  fede  data  n' era 'ripreso  dal  Papa,  ricordandogli 
come  le  esitanze  del  padre  avessero  vietato  alla  Chiesa 
di  sollevarlo  a  maggiore  grandezza  *.  Si  continuarono 

>  Exeomunieavit  atque  anathemixavU  Robertum  GuUcardum  dufxm 
Afiuliae  et  (kdalniae  atque  SieUiae^  cum  omnibus  fautùrìbue  $uU^ 
quowque  mipiicetet,  Conc.  XX,  p.  402.  Robertus  cum  NormannU  ex- 
eomwMcatur.  Bonizo  I.  c. 

*JR^.Papa  promittebat  j  se  cantra  Normannos  magnani  expeditio- 
.-fi^  fa^mnmè  €t  cantra  Balneoregis  comites  (?)  se  post  pascha  cum 
*eoàim  Pl^pa  castra  metatwrum.  Bonizo  1.  e. 

'  *  J^Qur  /atre  la  plus  ferme  de  la  mctoire  lui  en  prùmetoit  entre  li 
'SU.  mUle,  V.  C.  Todesehi.  Et  lo  Pape  respondi:  Li  petit  vtttw- 
?jiii»  'JVòmiatit  o  XX.  miUe  home»  le  poon  assaiUier  et  vaincre  se  Dieu 
'•ifiaàit ,  fuor  awrons  aide  de  lo  pfiance  Richart ,  et  de  ceus  qui  habi- 
'tmit  en  edle  pati...  Et  li  noble  fames  respondirent :  Et  se  nostre  gent 
que  nùuz  vous  avons  promis  foyent  devant  li  anemie^  non  seroit  sans 
r.gremt  vergoigne?  ec.  Amato  VU,  12. 

4  Vbi  milites  quos  ad  honorem  et  subsidium  sancii  Petri  te  ducati* 


—  186  — 

non  pertanto  gli  ostili  apparecchi,  e  Gisolfo  recava  in 
Roma  il  danaro  per  assoldare  fanti  e  cavalieri ,  e  nel 
giugno  una  parte  dell*  esercito  congregato  riunivasi  in- 
sieme al  Papa  ed  al  Principe  a  Montecimino  ^  Vi  con- 
vennero anche  i  Pisani,  soggetti  al  dominio  di  Matilde, 
e  dalla  sua  autorità  e  da  quella  del  Pontefice  indotti  a 
divenire  nemici  di  Roberto  *.  Ma  allorché  essi  videro 
nel  campo  il  Principe  di  Salerno  ,  tumultuando  si  tolse- 
ro dall'impresa. 

Cagione  degli  odii  erano  le  molestie  recate  da  Gisol- 
fo ai  mercatanti  di  Pisa.  Poiché  non  solamente  infesto 
ai  vicini,  cercava  turbare  i  commerci  di  Gaeta,  di  Na- 
poli ,  di  Sorrento  e  di  Amalfi ,  facendone  prendere  le 
navi,  e  sacchegj^iare  le  terre  3;  ma  per  avidità  di  pre- 

rum  nobU  promisUti  ?  Sed  quia  quod  beato  Tetro  promisisti  non  im- 
plevisti ,  nos  licet  indigni ,  qui  vicarii  ejus  didmur ,  nulla  alia  libi 
promissione  adhacremus ,  nisi  quia  ut  Christiane  tibi  consulere  deftc- 
mus,  Reminiscere  patrem  tuum  multa  sancta£  Romanae  Ecdesiae  prò- 
misisse  ,  quae  si  esecutus  foret ,  longe  aliter  et  hilarius  de  eo  quam 
sentiamus  tecum  gauderemus,  VII  Idus  apr,  ind.  XII.  Cono.  p.  H5. 

'  Et  Gisolfe  non  fu  pigre ,  mès  vini  alégrement  et  liement ,  (pmr 
il  désidéroit  de  destruire  lo  due  Robert ,  liquel  estoit  marit  de  la  so- 
ror ,  et  aporta  li  deniers  liquel  li  estoient  demandez...  Et  un  lieuqui 
se  dame  mont  Cymirw,  fu  assemblé  lo  pape  et  Gisolfe  prince  de  Sa- 
lerne ,  lo  domp ,  et  une  bone  pari  de  la  clievalerie.  Amato  l.  e.  15.  Una 
lettera  del  Papa  ad  Erimanno  Vescovo  di  Bamberga  fu  data  in  eo^ditio- 
nem  ad  montem  Cimimi  secundo  Idus  Jun,  Ind.  XII.  Concil.  p.  124. 

•  Sebbene  Pisa  si  governasse  in  quel  tempo  quasi  come  città  libera, 
pure  alcuni  dritti  di  supremazia  vi  esercitavano  ancora  i  Marchesi  di 
Toscana  ,  come  quelli  di  presiedere  i  tribunali ,  e  di  conferirij  alciiui 
privilegi  inerenti  al  luogo.  Hegel  Stor.  della  Cosi,  dei  Munte,  Hai. 
Cap.  V  ,  §  I. 

5  Et  à  lo  maistre  de  la  chevalerie  de  la  e  Uè  de  Naple ,  auauM 


—  187  — 

da ,  i  suoi  pipali  correvano  i  mari  rubando  le  galee  dei 
Genovesi  *  e  degli  altri  popoli  dediti  ai  traffici.  Alcuni 
Pisani,  essendosi  por  fiera  burrasca  votati  a  S.  Matteo 
(li  Salerno,  e  volendo  sciogliere  il  voto  n'ottennero  li- 
cenza da  Gisolfo.  Mentre  perù  scalzi  recavano  i  doni  alla 
Chiesa  del  Santo ,  il  Principe  fece  sequestrare  la  loro 
nave  ed  il  carico,  e  dei  marinai  rinviati  i  più  poveri  , 
gli  altri  ritenne  insino  a  quando  non  si  riscattarono  ^ 
Questi  danni  e  le  offese  tutte  ricordando  ,  fieramente 
sdegnati,  i  Pisani  raccolti  a  Montecimino  alla  presenza 
del  Papa  mossero  grande  rumore  contro  Gisolfo,  e  per 
vendetla  delle  rapine  e  delle  ingiurie  volevano  uccider- 
lo ^.  Fu  necessità  che  il  Pontefice  lo  inviasse  in  Roma  ; 
ma  indarno  s*  adoperò  a  ritenere  le  milizie  di  Pisa  ,  le 
quali  rifiutando  i  loro  aiuti  si  partirono  ^  Venuto  poi 
al  castello  di  San  Fabiano,  Gregorio  vi  aspettò  inutil- 
mente gli  altri  soccorsi  promessi  da  Beatrice  e  da  Matil- 
de ;  perchè  tumultuando  i  valvassori  Lombardi ,  non  fu 
possibile  condurli  alla  designata  spedizione  *. 

fini  a  navie  ,  aucune  par  congregation  de  larron ,  donnoit  conturba- 
ti(m,  et  à  lo  due  de  Sorrcnt,.,.  Et  à  ceaux  de  Gay  te  non  pardonna. 
Amato  Vili ,  5. 

*  Cercherent  la  mer  et  troverent  une  nef  des  Génevoiz  laquelle  pri- 
strent  et  menèrent  à  lo  prince,  ivi ,  l, 

«,  Amato  VIU  ,  4. 

*  Li  Visain  quant  il  virent  Gisolfe ,  lumie  de  loquel  il  avoient  re- 
eeu  damage  f  prison,  tra'isony  adont  comméncerenl  à  Cìter  :  More 
Gisolfe  !  loquel  est  sans  pitie ,  ivi ,  VII ,  i5. 

4  Et  en  celle  meisme  nuit  aòsconsément  lo  manda  à  Rome ,  et  en 
cesi  manière  loì'  conseil  fu  tout  deffaU,  ivi.  Li  chevaUer  Pisen  furent 
parti  de  lo  comandement  et  vdonté  de  lo  pape,  ivi ,  14. 

*  GregoHus  viFffeditionem  contra  JSormannos  praeparabat  venieru^ue 


—  188^ 

iMtiucandu  cosi  all'usto  Ptumle  ogni  gostegDO ,  si  ten- 
tarono praticlie  di  [lacc.  Il  LUica  nella  primavera  aveva 
ripresa  la  guerra,  e  conjbatlnndo  forse  i  Noniìanni ,  nel 
fcbraiu  era  stalo  ucciso  in  Monlesarchìo  Patidolfu  fi- 
glinola dal  Principe  di  Bene  vento  '.  Ilicliies^to  poi  dai 
legali  Pontificii  di  [ìresentripsi  in  {[uella  eitla  por  udire 
la  mente  del  Pajja^  ed  esptìrrc  le  sue  quei^elc  *,  Uoberto 
risiJondeva»  non  aver  rimomo  di  eolpa  eommesga  contro 
il  capo  della  Chiesa  ed  il  suo  signore,  verrebbe  al  co- 
spcUo  suo  quando  il  giorno  gli  sì  designasse,  a  mo- 
strare la  sua  innocenza.  No>i  ignorando  però  lo  ostiliti^ 
che  contro  lui  si  preparavano ,  si  accostò  a  Bencvenio 
menando  seco  la  moglie  i  fìf^^liuoli  ed  una  scorta  di  ca- 
valieri; ma  "dopo  tre  di  non  giungendo  il  Papa  se  ne  ri* 

oèrtam  dttd  Hmtmi  mque  ad  mHmm  sancii  Fabiani^  mm  gitniH 
ctim  fiiiam  ad  expcdUimem  infntahat ,  quas  mtmtfs  pia  tfwnt^  Papat 
ohrdire  praecppto  ,  Lanffotmrdieuit  mn^anomm  tumultmt  impeéivit. 
Nam  ft^ifimw  mibifa  emrfa  p.Tpeditimtm  dmipaìyet^.  Bosi?,o  YU,  B*»a- 
trice  e  Matilde  dominavano  anche  in  Mantova  ed  in  altre  terre  Lombar- 
de ,  e  che  ivi  nascessero  tumulti ,  diversi  da  quelli  ecciuii  dai  Pisani 
a  Montecimino  si  deduce  anche  dalle  parole  del  Cod,  Arehiv,  Vai,  Atum. 
ap,  Watterich  ,  dove  nel  riferire  la  sedizione  dei  Lombardi  si  dice 
mossa  dair  Arcivescovo  Guiberto  di  Ravenna ,  il  quale  :  cum  Tedaldo 
Mediolanensi  et  aliis  cervieoHs  episcopis  Lonibardiae  easpiravU  atque 
advernu  Pastorem  suum  occulte  seditionem  ea;er(;ttt7.  Tedaldo  però  fa 
eletlo  Arcivescovo  nel  seguente  anno. 

■  P.  princeps  Montùarculi  occidUur  meme  februario.  Chr.  S.  Soni. 
an.  1073,  Ind,  XI,  ap,  Borgia  Mem,  Stor.  Benev,  De  Meo  crede 
doversi  riferire  questa  morte  al  presente  anno. 

*  Quant  $e  tratoit  ceHe  case  cantre  k  due  Robert ,  li  legai  de  Rfh 
me  lo  cmtrestreni  de  venir  à  la  dté  de  Bonivent  à  v'ir  ce  que  wm* 
loit  ordener  lo  pape ,  et  à  respondre  à  lo  pape  de  ce  doni  il  ce  wm- 
loU  lamenter.  Amato  |.  c.  14. 


—  489  — 

trasse  ^  E  volendo  da  ogni  parte  stringere  il  Principato 
di  Gapua ,  condusse  l'esercito  nei  dintorni  di  Napoli , 
alleandosi  con  Sergio  VI.  che  n'era  Duca.  E  questi  te- 
mendo più  il  Principe  vicino ,  e  nemico  a  Gisolfo,  pie- 
gavasi  a  queir  amistà  ,  e  forniva  di  viveri  le  milizie  ac- 
campate nelle  pianure  della  Liburuia  *.  Fronteggiavale 
Riccardo,  e  sebbene  i  suoi  non  pareggiassero  per  nu- 
mero Toste  di  Roberto ,  la  sua  virtù  e  l'esempio  li  av- 
valorava a  resistere  ^.  Prima  però  che  seguisse  alcuno, 
scontro  campale ,  sia  che  la  defezione  dei  Pisani ,  ed  i 
rumori  di  Lombardia  piegassero  l'animo  di  Gregorio  a 
consigli  più  miti ,  sia  che  Roberto  sollecitasse  i  nego- 
ziati *,  giungeva  l'Abate  Desiderio  mediatore  d'accordo. 
Principe  e  Duca  in  egual  modo  si  erano  mostrati  a  lui 
riverenti,  e  nella  integrità  dei  costumi  e  nella  religiosa 
sua  pietà  confidando ,  al  suo  cospetto  si  scontrarono,  ed 

•  Ivi. 

*  En  celle  piène  fiU  lo  due  fiehier  sei  pamUons  et  là  h  misi  avH 
um  exereit ,  et  puiz  proia  lo  maislre  de  la  chevalerie  loquel  esimi  a 
NapU^  que  il  deust  venir  à  /ut,  et  avee  lui  fisi  ligue  et  accordanee 
o  ioeremefU  ,  et  par  lo  comandemefU  de  li  maistre  de  li  tiievoHer  fu 
la  ordené  lo  marchié  et  la  foire.  ivi ,  i5. 

^  Et  la  polente  de  lo  prince  Riehart  li  estoU  enconlre  lignei  at>Mt- 
gne  que  non  eust  tant  de  chevaliers  quani  avoU  lo  due  tout  voies  U 
estoient  proni  et  vaillant.  ivi. 

4  Scitote  f  Roberlum  Guiscardum  ^  saepe  suppliees  legatos  ad  noe 
mittere».,  et  tantae  fidelitatis  securilate  se  in  manus  nostras  don  cu* 
pere;  ut  nemo  unquam  fifmiori  cidigatione  se  cuilibet  Domino  debeai 
vel  possit  adstringcre,  Sed  nos  non  incertas  rationes ,  eur  illud  sit 
adhuc  differendum ,  consideranles  ;  supemae  diépensationis ,  et  Apo^ 
stdicae  procurationis  Consilia  praestolamur ,  ec.  ad  Beatr,  Vomit*  data 
Roma  XVIIÌ,  kaler,  novem.  ind.  \I1I,  Co.^c.  p.  i55. 


—  190  — 

amichevolmente  cominciarono  a  trattare  ^  Dilungandosi 
i  negoziali ,  Riccardo,  ch'ora  in  A  versa,  offrì  a  Roberto 
più  agiato  albergo  in  uno  dei  suoi  castelli;  e  data  li- 
cenza ad  una  parte  dell'esercito,  consentì  il  Duca  a  di- 
morare con  la  moglie  ed  i  figliuoli  in  Acérra,  tenendola 
in  sua  baUa,  onorato  con  ogni  maniera  di  cortesia  dal 
suo  emulo  finché  vi  rimase*.  Stabiliti  i  preliminari,  a 
rifermare  i  patti  prendevano  impegno  di  trovarsi  insie- 
me air  Abate  Desiderio  in  Apice  ,  terra  di  Roberto ,  dove 
s'  intendeva  ricambiare  il  Principe  della  generosa  ospi- 
talità ^.  Furono  ivi ,  ed  il  castello  venne  lasciato  in  po- 
tere di  Riccardo,  per  trenta  giorni  disputandosi  le  con- 
dizioni della  pace.  La  \icendeVole  condiscendenza  tolse 
ogni  cagione  di  differenza ,  promisero  restituirsi  le  terre 
occupale  e  amorevolmente  si  concordarono  *.  Ma  più 
fiere  rinacquero  le  dissenzioni  quando  si  volle  porre  in 
iscritto  il  trattato.  Poiché  dichiarando  Riccardo  che  vo- 
leva perdurare  nelF  amicizia  di  Roberto,  salva  sempre 
la  fedeltà  dovuta  al  Papa,  ed  il  Duca,  essendosi  invano 
adoperato  a  rinuioverlo  da  quel  proposito,  non  avendo 
potuto  alle  voglie  del  Pontefice  uniformarsi,  si  riacce- 

\Et  ces  ij  seignors  avoient  eslut  cestui  abbé  Vésidère  pour  pére 
esperitueL  Et  estoient  subiette  à  son  conseill...  et  par  V (rrdinatim  de 
r  abbé  vinrent  à  parler  ensemble  ces  dui  seignor  et  emhrachèreni  et 
baisèrent  cn  boche  V  un  V  autre,  ivi ,  16. 

•  Ivi* 

5  11  lui  fist  honor  en  Apice  come  lo  prince  lui  avoit  fait  à  la  Cer^ 
re.  ivi ,  17. 

4  Et  là  demmèrent  XXX  jors  ensemble  continuelement  pour  era» 
miner  et  (aire  la  paiz ,  et  nndirent  V un  à  V autre  ce  que  V un  avoit 
leve  à  V  autre.  ivi. 


—  491  — 

sero  gli  sdegni ,  e  dividendosi  come  nemici ,  tornarono 
alle  offese  sul  finire  dell'anno  1074  *. 

Le  nascoste  e  palesi  nimistà  in  ogni  parte  riaccese 
contro  Gregorio  rendevano  Roberto  meno  propenso  a 
cedere  innanzi  le  pretensioni  papali.  Sin  dal  tempo  del 
primo  Concilio  Guiberto  Arcivescovo  di  Ravenna,  am- 
bizioso e  turbolento  prelato ,  venuto  in  Roma  si  colle- 
gava in  segreto  agli  avversarii  del  Pontefice  *,  e  princi- 
palmente a  Cencio  figlio  di  Stefano  già  prefetto  della 
città.  Questi,  aspirando  a  succedere  nel  paterno  ufficio, 
poiché  ne  fu  escluso  per  volontà  dei  Romani ,  che  vi 
elessero  Cencio  figliuolo  di  Giovanni  ,  congiuntosi  ad 
altri  uomini  facinorosi,  s'abbandonò  alle  violenze  ed  ai 
soprusi  ;  ed  innalzata  una  torre  sul  ponte  di  S.  Pietro  , 
v'  esigeva  per  forza  un  pedaggio  ^  La  comunanza  degli 
odii  ravvicinò  a  Guiberto,  ed  altri  si  aggiunsero  ad  en- 
trambi, preti  concubinarii  e  simoniaci  e  loro  affini,  che 

*  Ceste  escripture  fu  occasion  de  la  destruction  de  la  paiz,  ear  en 
la  mémoire  ^  et  en  l' escripture  de  lo  prince  estoit ,  que  il  vouloit  sai» 
ver  Vamistié  avec  lo  due  salve  la  fidelité  de  lo  pape,  et  lo  due  non 
vùuhit  ceste  condition,  car  non  estoit  ìnen  avec  lo  pape.,.  Et  adont 
se  partorirent  corrodez ,  et  commeneerentla  grande  brigue  qu'  il  avoient 
devant  entr*els.  ivi. 

•  Ver  omnes  fere  quadragesimales  dies ,  quibus  inibi  mwatus  est , 
Romam  orationis  occasione  circuiens  quosque  pestiferos  invenire  pote^- 
rat  vel  Papam  propter  iustitiam  odientes ,  faciebat  amicos ,  dataque 
pecunia  sacramento  vinciebat  ;  inter  quos  et  Cencium ,  Fraefecti  Ste* 
phani  fUium.  Bonizo  ,  VH. 

5  Cumque  praefecluram  vellet  adipisci  ab  omnis  Romanis  propter  /e- 

rocitatem  animi  repudiatus  est idem  et  latronum  particeps  et  prae* 

donum  adiutor in  sancii  Fetri  ponte  turrim  mirae  magnitudinii 

aedificans  omnes  transeunte s  reddit  tributarios.  ivi. 


riga- 
li Papa  aveva  puniti  o  ininacciati  ^  S' eslese  anche  fuori 
la  traina,  procurando  T Arcivescovo,  rannodarvi  l'alto 
Clero  Lombardo  j  Arrigo ,  e  Iti  slesso  Roberto  di  Puglia, 
La  fazione  avversa  ai  Paterinì  in  Milano  »  rinnovò  le  of- 
ferte fatto  al  Re  Tedesco  d'  uccidere  Erlembaldo  e  por- 
re la  città  in  sua  balla  dove  T aiutasse,  e  n'ebbe  pro- 
messa^. I  Vescovi  congiurarono  ^j  Ugo  Candido  Cardi* 
nale^  nemico  di  Gregorio,  fu  invialo  nel  mezzodì  a  com- 
muovere i  Normanni.  Sforzavasi  di  mostrare  a  Roberto 
essere  invalide  le  censure  che  F avevano  colpito,  perchè 
venivano  da  illegittimo  Pontefice  ,  profferivagli  in  nome 
dei  suoi  fautori  l'imperiale  corona,  dove  s'impegnasse 
a  secondarli  *\  iMa  dicesi  che  il  Duca  rispondesse  :  es- 
ser pronto  a  fornire  danaro  ed  armi  ed  a  compiacerli 
in  tutto,  fuorché  nell*  adoperarsi  alla  deposizione  de! 
Papa  eletto  giustamente.   Onde  fu  che  le  pratiche  si 

'  hi. 

•  Mediolanenses  eapitanei ,  ecclesiarum  vendUores ,  coUogvium  eum 
rege  faciunt  animumque  eius  ad  deteriorem  pattern  fleetunt  ;  nam  et 
promittunt ,  se  et  Patariam  destructuros  et  Herlimbaldum  occisunt, 
Quod  rex  libenter  audivit  et  volunlarie ,  quicquid  petieruni ,  promi» 
Ht.  ivi. 

'  Nam  ubi  Ravennam  devenil,.,  cum  cervicosU  epitcopis  Lombare 
diae  cospiravU.  Cod.  Arch.  Yat.  ap,  Watter. 

4  Nam  eiusdem  pestifero  consUio  Hugo  Candidus.,.  ad  apotiasiam 
verms  est.  Buie  Apuliam  tendens ,  Robertus  et  Normanoi  dudum  « 
Papa  excomunicatos ,  contra  sanctam  Romanam  ecclesiam  mirabUiter 
excitavU  ;  nam  dicebat  eos  falso  ecccommunieatos  et  Papa  non  tc€uni$ 
decreta  sanclorum  patrum  Ponti/icem ,  sed  sanctae  Romanae  eedesiai 
invasorem ,  adiicens ,  se  cum  suis  fautoribus  Roberto  coronam  ia^ 
rialem  daturum  ,  si  eum  militari  man^  ab  ecclesia  peìleret,  Bon* 
zo,  ivi. 


\ 


sciolsero  ^  Né  improbabile  è  il  racconto  ;  poiché  la  per* 
tioacia  di  Gregorio  induceva  Roberto  jtd  intimidirlo ,  po- 
nendosi iu  relazione  e  mostrando  allearsi  ai  suoi  ne- 
mici ;  ma  il  sospetto  che  il  trionfo  degli  scismatici  re- 
staurasse in  Roma  ed  in  Italia  l'autorità  dei  Tedeschi  , 
lo  ratteneva  dal  favorirne  i  progressi.  Ed  abilmente  de- 
streggiandosi con  gli  avversarii  del  Papa  e  con  Arrigo 
mirava  a  profittare  di  quelle  dissenzioni ,  per  costringe- 
re il  Pontefice  a  consentire  ai  suoi  disegni. 

Afforzati  quindi  i  presidii  che  custodivano  le  terre 
conquistate  nella  Campania  il  Guiscardo  si  recò  in  Ca- 
labria ,  dove  suo  nipote  Abagelardo  e  Guglielmo  Harenc 
erano  rimasti  sempre  ribelli ,  e  anche  quando  trattavasi 
la  pace  avevano  rifiutato  accettarla  ^.  Eccitati  ora  dalle 
nuove  ostilità  con  maggior  animo  si  movevano  ai  danni 
delloro  signore,  T  uno  dalla  città  di  S.  Severina,  l'al- 
tro dal  castello  di  Vallaria  ^.  Poiché  indarno  v'  erano 
stati  assediati ,  il  Duca  fece  investire  da  suo  figlio  Rug- 
giero Guglielmo  Harenc,  ed  egli  stesso  venne  ad  oppu- 
gnare S.  Severina*,  terra  forte  e  munita,  che  fu  d'uopo 

■  Banc  a  prudentiswno  duci  accepit  responsionem  :  Quando  Ubi 
neeesse  est,  si  placet,  in  auro  vel  argento,  vel  in  aliqua  alia  pecunia 
vel  in  equorum  et  mulòrum,  a  me  suscipe  magni ficentiam  ;  mihi  vero 
suadere  non  poteris,  cantra  Romanum  me  armare  PontifUam,  ivi. 

•  SetUemerU  Balalarde  et  Rogier  Arenga ,  liquel  estoient  encontre , 
et  non  vouloient  (aire  la  volontà  de  lo  due.  ivi.  ì\  compagno  di  Aba- 
gelardo è  chiamato  dal  Cronista  ora  Roberto ,  ora  Ruggiero ,  ed  in  se- 
gatto  sempre  Guglielmo. 

^  M,  18. 

4  Ivi. 

VOL.  II.  /|3 


^  194  — 

cìngere  di  castella  fossi  e  palizzate,  onde  ridurla  per 
fame  *.  Intimiditi  dalla  moltitudine  degli  assalitori  cliie- 
devano  i  due  Conti  patteggiare  ;  ma  imponendo  Roberto 
cedessero  la  città,  continuarono  a  difendersi  nella  spe- 
ranza di  essere  soccorsi  ^. 

Intanto  un  nuovo  Concilio  riunivasi  in  Roma  nel  fe- 
braio  1075.  Il  Papa  inflessibile  nei  suoi  propositi  ,  vi- 
sto Arrigo  intento  a  guerreggiare  i  Sassoni,  osando  più 
che  i  suui  predecessori ,  fulminava  d' anatema  le  laicali 
investiture;  volendo  cosi  estirpare  la  simonia,  e  tron^ 
care  ogni  nerbo,  alla  episcopale  autonomia,  ed  alla  Ke- 
gia  potestà  nelle  elestioni  ^,  Sospendeva  da  ogni  sacra 
dignità  Guiberto  ed  Ugo  Candido  ed  altri  Vescovi  *;  ri- 
fermava  le  ecclesiastiche  censure  contro  il  Duca  Robe^ 
to  ed  i  suoi  seguaci,  e  contro  Roberto  di  Lorilello  suc^ 
nipote  invasore  della  Marca  Spoletina*.  Anche  Cencig, 
imprigionato  poco  innanzi,  veniva  dannato  a  morte,  e 
poi  soltanto  per  intercessione  della  Conlessa  Matilde  oU 

'  FUt  chasteaux  lignei  enforza  de  fossez  et  de  polis  et  la  fiche  ut 
paveillons,  ivi.  * 

'  *  Et  lo  due  non  lo  vouloit  (aire ,  quar  sa  fatigue  eùt  esté  en  mh 
s*U  wm  eust  la  ette  por  laquelle  U  avoU  còMatu  hne-temps ,  et  d 
gardoient  la  cité  et  confortoient  li  citadin.  ivi.         «    ' 

'  Si  quis  imperatorum ,  ducum  ^  marchionum\  comitum  vel  qwtì^ 
bet  saectUórium  potestatum  aut  personarum  investUuratà  episa^patm 
vel  alicuius  aecclesiasticae  dignitatis  dare  praesumpserit  ^  eiusdem  senf 
tentiae  vincUlo  se  astrìctum  scUxt,  Hogo  Flaviniac.  àp.  Pertz  Scrifi» 
Vili.  CoKCiL.  XX ,  442. 

4  BoNizo ,  VII.  Cono.  /.  e. 

^  Robertum  ducem  Apuliae ,  iam  anathematizatum ,  et  Éóbertum 
de  Loritello ,  invasores  honorum  sancii  Felri  exeomunicavit,  CoMai»  ' 
XX,  443. 


—  195  — 

teneva  la  vita,  dando  ostaggi  »  e  consegnando  la  sua 
torre ,  che  fu  distrutta  ^ 

In  mezzo  a  queste  minacce,  anche  il  Principe  di  Ca- 
pua  aveva  rivolte  le  armi  contro  i  proprii  vassalli ,  che 
togliendosi  alla  sua  obbedienza,  si  erano  dati  al  Duca 
ed  al  Conte  Ruggiero  di  Sicilia.  Riprese  quindi  alcune 
castella^,  si  pugnò  con  varia  fortuna  nella  Campania. 
Fedeli  a  Riccardo,  Àtenolfo  e  Landolfo  guardavano  Aqui- 
no ,  gli  altri  due  fratelli  Pandolfo  e  Landone  ribelli  al 
Principe  si  afforzavano  ad  Isola ,  sostenuti  da  Goffredo 
Ridello  eh'  era  in  Pontecorvo ,  e  dai  presidii  lasciati  in 
Traetto  ^  Frequenti  furono  le  correrie  e  le  scaramucce; 
le  milizie  Ducali ,  trascorse  saccheggiando  sopra  Aqui- 
no, inseguite  oltre  la  Melfa,  s'azzuffavano  confusamen- 
te ,  e  Pandolfo  cadeva  prigione  del  fratello  Àtenolfo  ; 
ma  sopraggiunti  altri  al  soccorso ,  e  liberato,  erano  co- 
stretti a  indietreggiare  i  vincitori  ^.  Altre  fazioni  seguii 
vano ,  e  Riccardo  perchè  si  tenesse  desta  la  sedizione 

*  Cencio  mentre  il  Papa  era  infenoo  neir  ottobre  del  1074  aveva  usur- 
pata una  Corte  appartenente  alla  Chiesa  Romana ,  per  questi  ed  altri 
dditti:  secundum  Romanat  leges  capitalem  stueepii  tetUentiam^  ted 
precHnu  gloriatae  MaihUdis^  quae  ibi  oderei  iUit  diebus,  ei  muUarum 
eivium  Momanorum  vix  emeruU.  ec.  Bomzo  1.  e. 

*  Li  pròice  reehercha  li  ehevalier  ligud  s' eetoieni  parti  de  sa  fide* 
UU  et  ettoteni  akz  à  io  dMc^  dant  le  dmsa  et  tint  lor  dMtteaux  par 
md.  Amkto  ,  VU  ,  2. 

s  Ivi ,  13«  I  diplomi  di  Gaeta  del  seuembre  1072,  e  del  f<^raio  1075 
segnano  gli  anni  del  Ducato  di  Goffredo  Ridello  insieme  a  queUi  di  Ric- 
cardo e  Giordano  Principi  di  Capua.  Federici,  418,  424.  Quindi  se  non 
fa  un  altro  Ridello  che  aderì  a  Roberto ,  non  è  facile  intendere  come 
Goffiredo  riconoscendo  la  signoria  di  Riccardo  lo  combattesse. 

4  Ivi  ,  i4. 


—  496  — 

in  Calabria,  inviava  in  sostegno  di  Abagelardo  alcu- 
ne schiere  di  cavalli.  Gerardo  di  Buonalbérgo  Con- 
te d'Ariano  ,  volendo  chiudere  il  passo  si  poneva  in 
agguato ,  ma  egli  stesso  era  fatto  prigione ,  e  retroce- 
dendo in  trionfo  i  cavalieri  del  Principe  lo  conduceva- 
no a  Capua  *. 

Perdurando  questi  diversi  rumori  di  guerra,  venivano 
a  rinvigorirla  altri  avvenimenti.  Gisolfo  di  Salerno,  non 
ostante  le  promesse,  aveva  continuato  a  molestare  gli 
Amalfitani,  facendo  assalire  le  loro  navi,  rubandone  gli 
averi ,  e  tormentando  i  prigioni  crudelmente  *.  Si  vol- 

•  Amato  VII ,  22.  • 

*  Amato  ,  si  mostra  acerbo  nemico  dì  Gisolfo,  e  consacra  undici  ca- 
pitoli noi  quarto  libro  a  narrare  i  suoi  \izii  accagionandolo  dì  tutti  i  pec- 
cati mortali.  Torna  poi  sovente  per  quanto  può  a  dargli  biasimo.  Rac- 
conta ora ,  Vili ,  5 ,  che  avendo  nella  inaugurazione  della  Chiesa  di 
Montec  asino  promesso  al  Papa  di  rispettare  gli  Amalfitani ,  e  special- 
mente i  figli  di  Mauro ,  poco  dopo  in  una  battaglia  marittima  avuta  con 
i  suoi  vicini,  uno  fra  essi  vi  rimase  ucciso.  L'altro,  chiamato  anche  Mau- 
ro ,  fu  posto  in  prigione ,  e  ne  richiese  per  riscatto  50  mila  bisanti.  1 
fratelli  ne  offrivano  10  mila  ,  eh'  era  quanto  possedevano  ;  ma  Gisolfo 
non  volle  rilasciarlo.  Indarno  T  Imperatrice  Agnese,  madre  d'Arrigo  IV, 
che  trovavasi  in  Italia ,  s' interpose ,  indarno  pregarono  ì  monaci  di 
S.  Benedetto  ,  Mauro  fu  sottoposto  a  lungo  supplizio.  Ogni  giorno  ebbe 
tagliato  un  dito  prima  delle  mani ,  poi  dei  piedi  ;  e  le  ferite  s' incru- 
delivano col  ghiaccio ,  infine  fece  annegarlo.  Altri  supplizii  più  feroci 
contro  gli  Amalfitani  descrive  il  Cronista ,  aggiungendo  che  il  Principe 
non  les  lessoit  issir  fors  à  lor  vignez  ne  à  lor  jardins  ,  ei  restreignoit 
li  ìnfmiuné  citadin  en  la  ciié ,  et  li  vilain  a  li  village,  ivi ,  2.  Le 
accuse  di  Amato,  che  potrebbero  sembrare  esagerate  si  confermano  con 
le  parole  dell'  Anonimo  scrittore  della  Vita  di  S.  Leone  Abate  Cavense. 
Eodem  namque  tewjìore  memoratus  Vrinceps  contra  Amalfitanos  bel- 
lum  moverat ,  in  quos  ita  saevire  visus  est ,  ut  quoscumque  ex  m 


—  497  — 

gevano  gli  oppressi  per  aiuti  al  Duca  di  Puglia,  ne  in- 
vocavano il  patrocinio ,  perchè  mitigasse  con  la  sua  au- 
torità il  furore  del  Principe  *.  Ma  l'ingerenza  di  Roberto 
cresceva  i  sospetti  e  gli  sdegni  di  Gisolfo ,  il  quale  ve- 
dendo i  Normanni  involti  in  altre  brighe ,  entrato  nel 
territorio  d'Amalfi  s'insignoriva  di  tre  castellai  E  mi- 
nacciando altri  danni  alla  città,  Sergio  IV  che  n'era 
Duca ,  vinto  dal  dolore  di  quella  invasione  morì  sul  fi- 
nire del  1074  ^.  Lasciava  un  figlio  a  nome  Giovanni ,  il 
quale,  o  perchè  scorgesse  i  cittadini  inclinati  a  presce- 
gliersi un  più  potente  signore ,  o  non  osando  resistere 
al  Principe  nemico  insieme  alla  madre  ricoverava  poco 
dopo  a  Napoli.  Allora  gli  Amalfitani  richiesero  il  Pon- 

caperet ,  magnis  tormentorum  cruciatibus  deputarci .  Murat.  11.  1.  T. 
VII ,  p.  214.  lì  solo  clic  ricordi  con  lode  Gisolfo  è  Alfano  che  poi  fu 
Arcivescovo  di  Salerno ,  nel  lungo  elogio  che  scrisse  dice  : 

In  virtute  animis ,  corporis  et  vi 

Augustos  sequeris  :  nulla  Calonis 

Te  vicil  gravitas  ;  solus  haberis 

Ex  mundi  Doniinis  rite  superstes.  ec.  Ughel.  It,  Sac.  X. 
'  Sembra  che  anche  innauzi  al  1075  Roberto  prendesse  la  protezione 
di  Amalfi  ;  la  quale  era  stata  obbligata  da  Gisulfo  a  pagare  un  tributo. 

Robertus  quaestu  popoli  stimulante  Gisulfo 

Mandat  Àmaltìcolas  cessat  vexare  tributum 

Ferro  sibi  solitos.  Guil.  App.  RI. 

r   . 

*  Hiist  son  estude  pour  prendre  li  chastel  de  li  Amalfitain^  quar  il 
aUna  chevaliers  et  pédons  et  veinchi  troig  cìiasteaux ,  lignei  estoicnt 
da  longe  de  la  mer.  Amato  Vili ,  0. 

s  £t  pour  vette  dolor  lo  patricie  d' Amai  fé  morut.  Et  quant  il  fu 
mori  la  moillier  et  lo  fUz  retoma  a  son  pére  pour  non  soustenir  lo 
dolor  de  Gisulfe.  ivi.  Da  Giovanni  nacque  un  Bernardo  e  da  questo  Mal- 
fredo  la  cui  figlia  Amica  sposò  Gregorio  StoscimUitum ,  e  viveva  con 
la  figlia  Aduisa  nel  1192.  De  Meo  ad  an. 


—  198  — 

tefice  dì  accettarli  nella  protezione  della  Chiesa,  ma 
r  amicizia  che  Gregorio  VII  aveva  per  Gisolfo ,  ed  il  de- 
siderio che  il  Principato  di  Salerno  s'invigorisse  per 
meglio  resistere  ai  Normanni ,  distolsero  il  Papa  dal- 
l' utile  acquisto.  Confortò  quindi  'gli  ambasciatori  che 
erano  venuti  in  Roma ,  a  voler  sottomettere  la  citt4,a 
Gisolfo  ^  Questi  consigli  non  valsero  però  a  persuader- 
li ,  la  nimistà  tra  Salerno  ed  Amalfi ,  Ira  i  Longobardi 
ed  i  Latini ,  perpetuata  da  antiche  gare  e  da  vicendevoli 
offese  ,  lasciava  prevalere  più  periglioso  partito.  Nuova- 
mente invocavasi  Roberto ,  ed  a  renderlo  propenso  alla 
difesa  gli  si  offeriva  l'alto  dominio  di  Amalfi  *.  Trova- 

'  Donnèrent  la  eiié  à  lo  pape  Gréffoire  pour  ce  qu^  il  ddivroH  lo 
eoi  de  lo  jouc  de  Gisolfe.  Et  lo  pape  qui  amoit  Gisolfe  sur  tous  les 
autres  seignors  non  voust  réceper  Amalfe.  Més  cerckoii  la  eité  de  sout» 
metre  à  Gisolfe ,  et  enti  dist  à  li  messagier.  Amato  ,  Vili ,  7. 

*  Quant  U  entendirent  la  volante  de  lo  pape,,,  il  se  retomèrent  à 
lo  adjutoire  de  lo  vaillentissime  due  Robert  à  loquel  donnèrent  puU- 
sance  de  venir  a  la  die  (et)  de  faire  une  roche,  ivi ,  8.  I^'  anno  nel 
quale  Roberto  prese  il  dominio  di  Amalfi  non  è  cerio.  La  Chr.  Amalf. 
inserita  dal  Pansa  nella  sua  sloria  dice  :  Sergius  anno  D.  MLXX  eie- 
ctus  est,  vixitque  annos  V,  et  successit  ei  D,  Joannes  filius  ejus,  qui 
antequam  dominium  exerceret ,  modico  interjecto  intervailo  Ducatu 
privatus  est.  Anno  MLXXV  Robertus  Guiscardus  Ducatum  obtinuit. 
Invece  la  Chr.  Amalf.  edila  dal  Muratomi  ,  la  quale  sembra  una  copia 
della  precedente  interpolala,  scrive:  Successit  anno  D.  MLXIX  D,  Ser- 
gius,., et  regnavit  annos  F,  et  successit  ei  D.  Joannes  filius  ejus^ 
qui  antequam  incoeperat  regnare  de  mense  novembre  ind.  XU  per- 
didit  terram  anno  MLXX IV.  De  Meo  ,  acceltando  questa  lezione , 
suppone  che  il  Cronisla  scrivendo  T  anno  alla  greca  volesse  intendere  il 
novembre  del  1075.  Egli  si  appoggia  sopra  i  diplomi  di  Roberto ,  il 
quale  nel  25  luglio  i079  segnava  V  anno  sesto  di  quel  Ducato ,  e  nel 
1085  quando  morì  si  diceva  aver  governala  Amalfi  XI  anni  ed  otto  me« 


—  199  — 

vasi  allora  il  Duca  nella  Calabria  a  combattere  Abage- 
lardo  e  Guglielmo  Harenc,  né  polendo  sovvenire  pron- 
tamente la  città,  inviò  per  mare  alcune  schiere.  Ma  il 
Principe  di  Salerno ,  dopo  che  per  vendetta  ebbe  stra- 
ziati i  prigioni  Amalfitani ,  venuto  incontro  ai  militi  del 
Duca,  quanti  ne  prese  fece  porre  ai  tormenti.  Poi  con 
più  valido  sforzo  assalì  Amalfi,  ed  ottenne  un  castello 
presso  le  mura*.  L'infiammavano  l'ardente  voglia  di 
impadronirsene,  gli  incitamenti  dei  suoi,  e  le  false 
profezie  sparse  dai  frati ,  uno  dei  quali  a  nome  Leone 
annunziava  avergli  la  Vergine  rivelato:  doversi  senza 
tregua  né  pietà  travagliare  gli  Amalfitani,  perché  ca- 
drebbero ,  essendo  nei  divini  consigli  predestinato  che 
Gisolfo  dovesse  infrenare  la  loro  malizia  e  T ardimento 
dei  Normanni  ^. 

si.  Ma  i  titoli  dei  diplomi  non  sono  una  sicura  guida,  e  dove  si  voglia 
ritenerli  autentici,  giova  osservare  che  Riccardo  prese  il  titolo  di  Prin- 
cipe di  €apua ,  e  Roberto  quello  di  Duca  di  Calabria  prima  d' averne 
il  possedè ,  mostrando  più  la  pretensione  che  il  dominio.  D' altronde 
la  testimonianza  di  Amato  è  chiara ,  dicendo  che  Roberto  qnando  fu 
invocato  dagli  Amalfitani  trovavasi  in  Calabria  all'assedio  di  S.  Severi- 
na  che  fu  nel  1075.  Nel  novembre  del  1073  egli  guerreggiava  in  Cam- 
pania ;  né  è  vero  quel  che  afferma  De  Meo  il  Malaterra  aver  segnata  al- 
l'anno  1073  questo  acquisto,  mentre  lo  fa  contemporaneo  dell'assedio 
dì  Salerno,  IH,  3.  Muratori  ritarda  sino  al  1077  la  cessione  di  Amalfi. 

•  Et  quant  lo  prince  lo  sot  il  fu  moult  corrode ,  dont  ces  prisóns 
qtC  il  avoit  de  Amaife  à  maniere  de  bette  lor  fist  baillier  la  char  ;  et 
lo  dite  come  est  dit ,  se  fatigoit  pour  chacier  Baialarde ,  et  CruUlerme 
Arenga ,  non  poi  sovenir  à  li  Malfitain,  Et  toute  voiez  manda  il  na- 
ves  en  ajutoire ,  et  soldiers ,  de  liquel  en  part  en  furent  pris  de  lo 
prince  et  ks  fist  tormjenter.  Et  assembla  puiz  lo  prince  tant  de  geni 
come  il  pot  et  prist  lo  chastel  plus  à  près  de  Mal  fé.  Amato.  1.  e.     « 

^  Ivi,  Lo  chiama  Leo  fau%  prophète^  o  forse  volle  intendere  di  Leo« 


—  200  — 

In  questo  mentre  veniva  a  termine  il  lungo  assedio 
di  S.  Severijia ,  nella  quale  con  grande  costanza  e  va- 
lore si  era  sostenuto  Abagelardo  per  tre  anni ,  prima 
contro  le  milizie  Ducali ,  e  poi  contro  lo  stesso  Rober- 
to *.  Stringendosi  sempre  più  1*  oppugnazione ,  i  viveri 
gli  erano  in  tutto  mancati ,  gli  abiti  stessi  logorati  ca- 
devano a  brani;  perciò  nella  Pasqua  s'era  rivolto  al  suo 
cugino  Ruggiero  pregandolo ,  che  in  quel  santo  giorno , 
obbliate  le  inimicizie,  gli  inviasse  un  drappo  nuovo  per 
ricoprirsi  *.  E  Ruggiero  richiese  il  padre  che  volesse 
consentire  al  dono ,  né  Roberto  s' oppose  commiserando 
la  povertà  del  congiunto.  Ma  da  ogni  altro  pacifico  ac- 
cordo lo  dissuase  la  moglie  Sichelgaita,  ricordando  le 
pretensioni  di  Abagelardo,  che  nel  tempo  della  sua  in- 
fermità aveva  rifiutato  prestare  omaggio  al  giovane  Rug- 
giero ^.  Quindi  si  continuò  ad  investire  S.  Severina , 
finché  gli  abitanti,  che  molto  amavano  Abagelardo,  e 
molto  avevano  fatto  in  sua  difesa,  scorgendo  T impossi- 
bilità di  sostenersi ,  lo  pregarono  di  volersi  arrendere  *. 

ne  Abaie  Cavense  ,  che  aveva  molla  autorilà  presso  Gisolfo  ,  solus  au- 
dcbat  pravis  ejus  dispositionibus  libera  auctorilate  contraire.  Anon.  Fi/. 
Leon.  1.  e.  ma  non  s'accorderebbe  con  la  fama  di  santilà  deU'Abalc. 

»  Sanciam  Severinam  Calabnae  civitatem  loco  munitissimam  tertio 
anno  postqvam  illam  obsederat  cepit,  Rom.  Saler.  1075. 

»  JA  vestement  de  lìalalarde  pour  viellesce  se  commencèrent  à  rom- 
pre  ,  il  pria  Rogier  lo  fili  de  lo  que  à  lo  jor  de  Vasche  le  dote  sub- 
venir  à  la  soe  necessità.  Amato,  VII,  19- 

5  Ceste  esmut  lo  cuer  de  lo  marit  à  fairc  damage  à  Balalarde. 
ivi ,  20. 

4  Et  cil  de  la  cité,  pour  ce  qu'il  amoient  motUt  Baialarde  et  avo- 
icnt  paour  de  lo  due ,  pour  la  deffense  de  la  rebellion ,  destruizoient 
le  maisons ,  et  tref ,  et  toules  les  autres  choses  utiles  consttmoient.  Et 


—  201  — 

Abagelardo  chiese  sicurtà  che  sarebbe  lasciato  andare 
liberamente ,  ed  implorò  perdono  ai  cittadini ,  ed  accet- 
tati questi  patti,  Roberto  neir aprile  del  1075  entrò  nel- 
la città ,  e  v'  introdusse  un  presidio  ^  Poi  congiungen- 
dosi a  suo  figlio  costrinse  anche  a  sottomettersi  il  ca- 
stello di  Vallaria;  perchè  rimasto  solo  a  resistere  ,  Gu- 
glielmo Harenc  V  abbandonò,  ritirandosi  insieme  ai  se- 
guaci presso  Riccardo  di  Capua  *. 

Da  queste  ostinate .  fazioni  obbligato  il  Duca  a  fer- 
marsi in  Calabria  ,  aveva  cercato  distogliere  Gisolfo 
dall' assalire  Amalfi  ,  richiedendolo  di  pace  ^.  Diverse 
cagioni  lo  inducevano  ad  evitare  per  allora  una  conte- 
sa  che  poteva  non  essere  senza  pericoli.  Aveva  appena 
quotala  i  moti  sediziosi ,  trovavasi  in  guerra  con  tutti  i 
vicini ,  sotto  il  peso  della  papale  scomunica ,  e  non  sen- 
za sospetto,  che  dovesse  Arrigo  infrapporsi  alle  turbo- 
lenze della  penisola.  Poiché  i  Vescovi  scismatici  e  la 
parte  Imperiale  avevano  *  preso  maggior  vigore  in  Lom- 
bardia, ed  in  Milano  istessa  prevalevano  eccitando  la 
plebe  a  sostenere  i  privilegi  della  Chiesa  Ambrosiana. 
Il  numero  dei  Palerini  decresceva  ogni  giorno,  s'acca- 
gionavano d'  un'  incendio  che  aveva  quasi  distrutta  la 
città;  ed  Erlembaldo  assalito  sulla  pubblica  piazza  ed 

puiz  quatU  il  orent  fatte  cette  chose,  vindrent  à  Baialarde,,'.  et  lui 
prièrent  qu*  il  alast  a  lo  due  ton  onde  pour  eaus  delivrer.  ivi  ,21. 

■  Ivi.  La  Pasqua  di  ((ueiranno  fu  nel  5  aprile,  e  poco  dopo  la  ciuà 
sì  arrese. 
•  Ivi. 

*...".  veteris  corrumpere  nolit 
Foedus  amicitiae,  cessare  sororius  illuni 
Cogat  amor ,  meritasque  vices  se  reddere  spondei.  Gi;il.  àtp.  |||. 


—  202  — 

uccìso ,  i  suoi  fautori  erano  trucidati  e  dispersi  i.  Ap- 
pena annunziata  in  Germania  la  sua  morte ,  il  Re  inviò 
il  Conte  Eberardo  di  Nellenburg  in  Italia,  il  quale  con- 
vocata una  Dieta  in  Roncaglia ,  rese  pubbliche  grazie  ai 
capitani  Milanesi  della  uccisione  di  Erlembaldo ,  e  con- 
fortoUi  a  scegliere  ad  Arcivescovo  il  nobile  Tedaldo  *. 
Le  vittorie  riportale  contro  i. Sassoni^,  aggiungevano 
animo  ad  Arrigo,  e  compiuta  la  loro  soggezione  propo- 
nevasi  scendere  nella  penisola  per  far  valere  gli  impe- 
riali diritti,  menomati  dalle  usurpazioni  delle  città,  e 
dai  decreti  pontificii  sulle  investiture.  Il  suo  messo  Ebe- 
rardo, posti  al  bando  dell'Impero  i  Paterini,  e  fatta  con- 
tro essi  una  spedizione,  li  fugò  da  Piacenza,  ma  non 
valse  a  scacciarli  da  Cremona  *.  Quindi  congiuntosi  a 

■  Mediolanenses  eapUanei  et  varvassores  ,  ecdesiarum  venditore , 
ad  colloquium  regis  remeantes ,  Mediolano  magnus  excitant  sedUw- 
nes...  dieentes  se  integritate  Beati  Ambrosii  velie  turare,..  Cresceòat 
cotidie  numerus  infedelium ,  et  de  die  in  diem  numerus  minmbatur 
Vatcrinorum.  Borsizo  VII.  Arnol.  Uist.  IV  ,  8  ,  10.  Nel  50  ma^zo  del 
1075  avvenne  Y  incendio ,  dopo  la  Pasqua ,  la  uccisione  di  Erlembaldo. 
Tra  i  suoi  seguaci  il  sacerdote  Liprando  fu  mutilalo  ,  e  degli  altri , 
quicumque  vero  conjurationi  non  consenserunt ,  aut  occidebanlur  aut 
factUtatibus  nudabantur.  Bosizo  1.  e.  Molli  ricoverarono  in  Cremona. 
Erlembaldo  fu  ritenuto  per  santo  e  usque  Britannicum  mare  oìnnes  ca- 
tholici  suni  contristati,  flentesque  dicebant :  quomodo  ceddit  potens, 
qui  pugnabat  bellum  domini\.  BoNrzo  l.  e.  Landul.  IH,  50,  ec. 

•  Mox  ad  Italicam  partem  destinavit  comitem  Evei^ardum  suum 
consiliarium...  Qui  veniens  in  Lombardiam  mox  in  Ronealia  curiam 
congregava  xbique  Mediolanensibus  prò  morte  Erlimbaldi  gratias  agens, 
cos  trans  montes  invitavit.  Bonizo  1.  c. 

^  Lamb.  Sganf.  ad  an.  Berthol.  Constant,  ad  an, 

«♦  Dehinc  omnes  Paterinos  publicos  regis  clamavit  inimiaìs  moxque 
yiaccntinos ,  ibi  in  vicino  positos ,  cum  proptcr  pusillaìiimitatem  ani' 


—  203  — 

Gregorio  Vescovo  di  Vercelli,  si  recò  presso  Roberto  da 
parte  d'Arrigo,  a  profferirgli  la  sua  alleanza,  dove  vo- 
lesse riconoscere  le  sue  terre  in  feudo  dall'Impero  ^ 
Ma  il  Duca  accolti  onoratamente  gli  ambasciatori,  rifiu- 
tò con  accorte  parole  l' offerta  che  gli  era  fatta.  «  Que- 
»  sta  terra ,  diceva ,  ò  io  sottratta  con  grande  spargi- 
»  mento  di  sangue,  e  travagli  di  fame  e  di  miseria,  dal- 
»  la  possanza  dei  Greci  ;  spesso  ebbi  a  lottare  contro  gli 
»  slessi  Normanni,  fatiche  e  soflerenze  ò  durate  a  re- 
»  primere  la  superbia  dei  Saraceni.  Ad  ottenere  l'aiuto 
»  di  Dio  e  degli  Apostoli ,  volli  farne  omaggio  al  Papa 
»  loro  vicario,  perchè €ontro  la  malizia  dei  Musulmani 
»  e  la  prepotenza  degli  stranieri  mi  sostenesse.  Dio  mi 
»  aiutò  nel  trionfo,  e  da  lui  riconosco  quel  dominio  che 
«ora  si  vorrebbe  offrirmi.  Pure,  essendo  generoso  e 
»  giusto  il  vostro  Re,  ch'egli  mi  renda  alcuna  delle  sue 
»  terre,  ed  io  gli  sarò  per  queste  soggetto,  salva  sempre 
»  la  fedeltà  alla  Chiesa  *.  » 

Schermivasi  così  dalle  pretensioni  d'Arrigo,  e  gli  am- 
basciatori ricevuti  ricchi  doni,  ed  ammirando  la  sua  sa- 
pienza, dice  il  Cronista,  si  partivano  ^.    Sembra   che 

mi  inveniret  imparatos  ^  pUrosque  ab  urbe  fugavU,,,  Cremonenses  vero 
qui  fidei  plenos  et  virtutibus  munitos  audivit ,  non  prò  dei  timore , 
$ed  quia  non  potuit ,  immunes  derdinquit,  Bokizo  l.  e. 

'  Et  lui  manda  ij  de  li  maistre  conseilliers  stens  e' est  lo  évesque 
de  Vereeill ,  et  gan  canceUier  royal  et  eonte  loquel  se  damoit  Herènarde , 
liquel  lui  deissent  la  sincere  voUmté  que  avoU  envers  de  lui.  Et  la  terre 
laquelle  par  sa  vertu  et  par  grate  de  Dieu  avoU  vainchui  lui  prioi( 
que  U  deust  recevoir  par  don  royal.  Amato  VH  ,  27. 

»  M. 

*  Amato,  ivi.  ,     , 


—  204  — 

questo  incontro  avvenisse  in  Puglia  dove  dispersi  i  ri- 
belli di  Calabria  si  era  recato  Roberto,  sia  per  visitare 
le  città  dalle  quali  era  stato  qualche  tempo  lontano,  sia 
per  impedire  che  vi  si  estendesse  una  nuova  sedizione  *. 
Àhagelardo  confidando  nelle  nimistà  del  Pontefice,  di 
Gisolfo ,  e  del  Principe  Riccardo ,  s'  era  rinchiuso  nel 
castello  di  S.  Agata ,  e  ricongiuntosi  a  Guglielmo  Ba- 
rene, ed  al  cognato  Garilgione,  dal  fortissimo  ricovero 
molestava  con  frequenti  incursioni  i  luoghi  propinqui  ^ 
Il  Duca  inviò  da  Bari  a  combatterli  Roberto  di  Lori- 
tello  suo  nipote,  e  Ruggiero  suo  figliuolo  ^;  ed  avvici- 
nandosi il  verno ,  e  non  volendo  prima  d'  aver  sedati 
quei  rumori ,  e  senza  i  convenienti  apparecchi  muovere 
contro  Salerno  *,  cercava  indurre  Gisolfo  ad  un'accor- 
do. Richiedevalo  che  cessasse  dalT  offendere  gli  Amalfi- 
tani ,  e  ricordando  il  parentado  che  era  tra  essi ,  gli 
prometteva  dove  assentisse  alle  sue  richieste,  di  volerlo 
aiutare  a  sottomettere  tutte  quelle  terre  del  Principato 
che  si  erano  sottratte  al  suo  dominio  ^.  Ma  Gisolfo  di- 

•  Et  li  due  qui  par  Ione  temps  non  avoit  veues  ses  cités  moult  Ics 
aloit  cherchant ,  et  cn  fin  s'  en  ala  à  Bar.  ivi ,  VH ,  55. 

'  S'  en  ala  en  Vuille  à  persécuter  Baialarde  avec  fjarilgione  maril 
de  la  soror.,,  t estui  Baialarde  avec  Garilgione  et  GuUlerme  avoient 
afjlit  les  cités  de  lo  due  et  moult  de  proie  et  desrobation ,  et  Baialar- 
de cstoit  entré  en  la  roche  de  sante  Ayathe.  ivi.  Socio  Guidilane.  Giil. 
App.  m. 

*  Ivi. 

4  Et  il  clama  li  sien  fédel  pour  prendre  Solerne  et  appareilla  di- 
vers  frebuc.  ivi.  Da  quesle  parole  del  Cronista  si  desume  che  Uoberlo 
si  traltenesse  in  Bari  per  apparecchiare  la  tloUa  contro  Salerno. 

'  Pour  ce  que   il  esloit  cognata  lui  rcquist  paiz Et  lui  pi-ùfit 

qu  il  nmi  devisi  (aire  ceste  porsécutitm ,  et  lui  prmncttint  que  il  mu- 


sdegnando  le  offerte ,  o  giudicandole  fatte  per  ingannar- 
lo, respinse  con  acerbe  parole  i  negoziati*.  La  guerra 
quindi  continuò  lentamente,  perchè  Amalfi  resisteva  e 
le  milizie  Normanne  venute  in  suo  soccorso,  s'oppone- 
vano ai  nemici ,  e  s' insignorivano  dì  Consa  «. 

Con  più  evidente  danno  s'infievoliva  il  sostegno  che 
Gisolfo  aveva  sino  allora  trovato  nel  Pontefice  e  nei  suoi 
alleali.  Gli  avversari i  di  Gregorio  VII  trionfanti  in  Lom- 
bardia prendevano  ardire  a  macchinare  in  Roma  stessa 
per  mezzo  di  Cencio,  Nella  vigilia  del  Natale,  l'audace 
patrizio  rapiva  il  Papa  dalla  Chiesa  di  Santa  Maria  Mag- 
giore, e  fra  le  tenebre  e  l'improviso  tumulto  dopo  aver-^. 
lo  oltraggialo  e  ferito  lo  trascinava  prigione  in  una  sua 
torre  ^*'Un  antico  biografo  narra  che  alla  trama  non  fos- 
se estraneo  il  Duca  Roberto ,  e  che  Cencio  innanzi  re- 
catosi in  Puglia,  seco  congiurasse  di  uccidere  il  Ponte- 
fice *.  Ma  r  improbabile  supposizione  non  si  conferma 
per  altra  testimonianza  ;  né  fra  le  accuse  fatte  da  Gre- 

loit  faire ,  tant  qu*  il  auroit  subjecte  tonte  la  princée  de  Solerne,  ivi, 
VII,  9.  GuiL.  App.  III.  Malat.  lU,  2. 

'        Haec  sibi  legatis  mandata  ferentes  iUe 

.  Dieta  superba  refert ,  negat  es$e  sua  fruiturum 
Pace  Ducem ,  nisi  digna  sibi  famulamina  solvat.  Giiil.  App.  llt« 
Amato  1.  e. 

*  RoMOAL.  Saler.  ad  an.  Dubito  che  invece  di  Consa  debba  leggersi 
Conca ,  piccola  terra  ^oco  lontana  da  Amalfi  della  quale  forse  s' era 
impadronito  Gisolfo. 

«  BONIZO  VII. 

4  Jpse  lustravU  Apuliam  Lucaniam  ducem  Guiscardum  et  caeteros 
emcùmunicatos  visitans  statuii  cum  ipHs  tempum  opportunum  quomo^ 
do  dominum  Papam  caperei  et  ocdderet  Paol.  Benremd.  Yit.  Greg, 
IL  L  T.  ili,  p.  1. 


—  206  — 

gorio  al  Normanno  questa  sarebbe  stata  taciuta.  Quali 
che  fossero  però  i  disegni  di  Cencio,  troncoUi  la  uni- 
versale commozione  che  V  orrore  del  misfatto  destò  nel 
popolo.  I  Romani  subitamente  circondavano  la  torre 
minacciando  di  morte  il  sacrilego  ,  e  intercedendo  il 
Papa  Cencio  ebbe  salva  la  vita.  Poi  confiscati  i  suoi  ave- 
ri ,  condannalo  a  perpetuo  esilio ,  promise  in  espiazione 
pellegrinare  a  Gerusalemme  ;  ma  invece  ricoverò  in 
Germania  ^  Nella  corte  d'Arrigo  ormai  gli  odii  e  gli 
incitamenti  contro  il  Papa  crescevano  ;  i  negoziali  più 
volte  ripresi  con  Gregorio  Yll^,  miravano  solamente  a 
prender  tempo,  e  secondo  il  bisogno,  s'avvolgevano  in 
vane  promesse.  Ma  vinti  i  Sassoni,  più  acerbe  e  più 
manifeste  si  fecero  le  animosità,  più  vivi  i  reclami; 
muoveva  frequenti  querele  il  Pontefice  perchè  Arrigo  ai 
simoniaci  d asse  favore,  le  sue  rimostranze  spregiasse, 
i  vinti  popoli  opprimesse;  il  He  dissimulava ,  o  rifiutava 
obbedire.  Citato  a  scusarsi,  convocava  in  Worms  nel  gen- 
naio del  nuovo  anno  1076  i  Vescovi  Tedeschi,  v'udiva 
le  accuse  contro  Gregorio,  sostenute  da  Guiberto  di  Ra- 
venna e  dal  Cardinale  Ugo  Candido ,  e  come  reo  di 
simonia  lo  faceva  deporre.  Molti  Vescovi  Lombardi  riu- 
niti poco  dopo  a  Piacenza  aderivano  a  quella  sentenza , 
ed  a  Roma  stessa  si  notificava.  Fu  letta  nel  Sinodo  che 
vi  trovava  raccolto,  ed  il  Papa  nel  febraio  rispondeva 
scomunicando  Arrigo  ed  i  suoi  fautori.  S'accese  allo- 
ra una  terribile  contenzione,  in  Italia  ed  in  Germania 


•  BoMzo ,  vn. 

•  EpUL  vn ,  5. 


—  207  — 

sollevandosi  gli  animi  nell'aspettazione  dMrnpre vedibili 
eventi  *. 

Turbata  la  Lombardia  dagli  scismatici,  debole  in  To- 
scana r autorità  di  Matilde,  alla  quale  intorno  quel 
tempo  mancava  il  marito  e  poco  dopo  la  madre  ^,  niuna 
forza  poteva  opporre  il  Papa  alle  minacce  d' Arrigo  , 
Aiorchè  quella  dei  Normanni.  Si  rannodavano  perciò  le 
pratiche  di  pace.  Ruggiero  Conte  di  Sicilia,  o  di  proprio 
impulso  ,  0  cedendo  alle  istanze  che  gli  erano  fatte , 
chiedeva  essere  assoluto  dalle  scomuniche.  Combatten- 
do in  nome  della  fede  i  Musulmani  rimasti  neir isola, 
r Apostolica  anatema,  ch'era  venuto  a  colpire  i  guer- 
rieri di  Cristo,  sminuiva  il  religioso  fervore  della  guer- 
ra. Debolmente  dopo  la  conquista  di  Palermo  era  pro- 
ceduta, limitandosi  il  Conte  ad  alzare  un  castello  a  Cal- 
tanissetta  per  molestare  Castrogiovanni  ;  ma  con  ardi- 
te correrie  di  volta  in  volta  V  avevano  ridestata  i  Sara- 
ceni d'Africa.  Nel  giugno  del  1074  sbarcati  improvisa* 
mente  presso  Nicotera  in  Calabria ,  v'  entrarono  di  notte 
saccheggiandola ,  incendiando  il  castello ,  menando  pri- 
gioni donne  e  fanciulli  ^.  Poi  nel  seguente  anno  venuti 
innanzi  a  Mazara  per  otto  dì  l'assediavano,  finché  accor- 
so Ruggiero  li  ricacciò  in  mare  ^.  Fra  queste  fazioni  mu- 
tandosi in  Roma  i  consigli ,  e  non  in  tutto  cadute  le 

'  Vniversus  noder  Romanus  arìns  tremuit  ,  et  diverse  Itali  atqui 
ultramontani  super  his  decrevere.  Bonizo  VHI. 

*  Goffredo  il  Gobbo  fu  uccìso  nel  febraio  d076  in  Germania ,  ove  tro^ 
tavasi  ai  servigi  di  Arrigo ,  e  neir  aprile  morì  Beatrice  in  Pisa. 

3  Malat.  ih.  6. 

4  Ivi.  Lupo  dice  fatto  prigione  il  figlio  del  He  d' Àfrica,  ad  an»  iO%» 


—  208  — 

speranze  che  dovesse  anche  il  Duca  di  Puglia  piegarsi , 
scriveva  il  Pontefice  nel  marzo  del  presente  anno  al  Ve- 
scovo d'Acerenza:  «  Avere  il  Conte  di  Sicilia  richiesta 
I»  r  assoluzione ,  se ,  come  le  promesse  mostravano  ,  lo 
»  trovasse  disposto  a  sottomettersi ,  ed  a  fare  la  neces- 
»  saria  penitenza,  l'assolvesse  insieme  alle  sue  milizie. 
»  Ove  del  fratello  Roberto  venisse  a  favellare ,  rispon* 
»  desse,  la  Chiesa  non  chiudere  ad  alcuno  le  porte  della 
»  misericordia;  mostrando  il  Duca  filiale  obedienza ,  es- 
»  ser  pronto  il  Papa  a  riceverlo  con  paterno  afTetto.  Ma 
»  persistendo  come  nemico ,  fosse  vietato  al  Conte  ogni 
j»  relaizione  col  fratello  ^  Se  furono  a  questi  patti  tolte 
le  censure  non  è  certo,  continuarono  d'ogni  modo  i  ne- 
goziati con  Roberto;  e  Gregorio  n'informava  il  Milanese 
Virfredo  dicendo  :  «  Trattarsi  di  pace  co'  Normanni ,  e 
»  volentieri  V  avrebbero  fatta,  rendendo  a  S.  Pietro,  che 
»  solo  desiderano  dopo  Dio  per  Signore  ed  Imperatore, 
»  ogni  più  umile  sodisfazione ,  dove  a  noi  fosse  piaciuto 
»  annuire  ad  alcuno  loro  dimando.  Ma  aver  speranza  in 
»  un  prossimo  tempo ,  senza  danno ,  anzi  con  incremen- 
»  to  della  Chiesa  poterla  conchiudere ,  stabilmente  as- 
»  securando  la  loro  fedeltà  verso  il  Beato  Pietro  *.  » 

Quali  fossero  gli  intenti  del  Papa  non  è  facile  scor- 
gere, probabilmente  però  dovevano  riferirsi  ad  una  al- 
leanza contro  Arrigo.  Niun  timore  di  molestia  era  più 
nel  Duca  di  Puglia  dalla  parte  dei  Greci.  Il  debole  Mi- 
chele VII,  oppresso  dalle  invasioni  dei  Turchi  Selgiuci- 

'  V.  Docum.  X. 
•  Ivi, 


—  209  — 

di|  minacciato  dagli  umori  turbolenti  dei  proprii  sud- 
diti si  volgeva  all'occidente  per  invocare  i  soccorsi  dei 
Cristiani  *.  Né  solamente  dal  Pontefice  cercava  aiuti  ; 
ma  deposta  la  consueta  alterigia ,  aveva  sollecitata  Va- 
mistà  di  Roberto ,  richiedendo  per  suo  figlio  Costantino 
Porfirogenito  una  sua  figliuola.  Il  Duca  s'infinse  alieno 
dal  parentado,  finché  non  ottenne  promesse  vantaggiose 
e  ricchi  doni  *;  e  dopo  varii  trattati  le  nozze  ebbero  ef- 
fetto in  questo  anno.  La  figlia  del  Guiscardo ,  lasciando 
il  suo  nome,  asssunse  l'altro  più  fastoso  di  Elena  per 
assidersi  con  fugace  gloria  sul  trono  Bizantino  ^.  Rassi- 
curato da  quel  parentado ,  Roberto  a  prevenire  ogni  al- 
tro sospetto,  vedendo  intenti  i  pensieri  d'Arrigo  all'Ita- 
lia ,  e  risorgere  in  Alemagna  le  pretensioni  di  dominio 
sul  mezzodì ,  aveva  procurato  pacificarsi  con  Riccardo 

'  Michele  VII  abbandonando  il  governo  agU  eunuchi  ed  ai  favoriU, 
8*  occupò  a  disputare  di  grammatica  e  di  filosofia ,  mentre  i  Turchi  Sel- 
giucidi  invadevano  le  provìnce  orientali ,  ed  i  Servi  la  Bulgaria.  Zonara. 
L.  XVm,  16,  17,  18. 

*  A  ce  ^  U  non  fusi  chacié  de  T  onor  de  V  empire  requUt  la  fille 
de  lo  due  pour  moillier  à  son  fili,  et  dui  foiz  lo  due  le  contreditt.,,, 
sagement  cela  la  volontà  à  ce  que  venist  à  plus  grani  domp  et  prò- 
ndssìon  ;  et  li  message  se  partirent  corrociez.  Més  plus  corrode  fu  li 
empéreor ,  car  creoU  que  pour  ce  non  vdist  (aire  parentèce  avec  lui 
lo  due  car  pensoit  de  lever  lui  V  empire....  Et  toute  vaie  lui  manda 
autre  légat  grans  presens ,  et  moult  cose  lui  prometoU'...,  Et  ensi  li 
empéreor  liquel  deovoU  recevoir  tribut  de  tout  lo  mond ,  rendi  tri" 

but  a  cestui  due lui  mandoit  par  ses  messages  miUe  et  dui  cent 

de  livre  d' or  avec  preciosissime  pailles  de  or  et  aufres  domps.  Ama- 
to VU.  26. 

^  Cut  adductae  nomen  Helenae  indidit,  Zonara.  l.  c.  18.  Dedit  prae- 
dietus  Dux  filiam  suam  nurum  ad  Imperatorem  Costantinopolitanum, 
Loto  1076. 

VCL.  11.  14 


—  2l0  — 

(li  Gapua.  Le  medesime  cagioni  inducevano  il  Principe 
ad  obbliare  le  gelose  gare  ^ ,  e  ponendosi  mediatore  T  A- 
bale  Desiderio ,  si  concordarono  in  una  lega  difensiva 
contro  i  comuni  nemici  ^  In  queste  pratiche  aveva  forse 
confidato  il  Papa  ;  ma  contro  le  sue  previsioni  riusciro- 
no a  diverso  fine.  Rimanevano  le  contese  fra  Gisolfo  e 
Roberto ,  poiché  il  Duca  voleva  si  lasciasse  in  sua  pote- 
stà Amalfi,  ed  il  Principe  di  Salerno  s'ostinava  a  pre- 
tenderla. Gregorio  benché  vedesse  a  malincuore  cresce- 
re la  potenza  del  Duca,  pure  non  trovando  altro  mo- 
do come  impedire  la  guerra,  e  temendo  dovessero  deri- 
varne pericoli  più  grandi,  instava  presso  Gisolfo  per- 
ché si  pacificasse  e  si  alleasse  con  Roberto ,  gli  invia- 
va l'Abate  Desiderio,  minacciandolo  dove  non  si  a> 
rendesse  ai  suoi  consigli  di  abbandonarlo^.  Anche  Si- 
ghelgaita  moglie  del  Duca  s'interponeva,  pregando  il 
fratello ,  e  gli  offriva  di  cedere  Amalfi  a  suo  figlio  Rug- 
giero ^.  Gisolfo  però  gli  ammonimenti  e  le  istanze  su- 

»  jfe'n  cellui  temps  meismez  li  ntessage  qui  venoient  de  lo  prince  pour 
avoir  paiz  avec  lo  due,  encoiUreient  li  message  de  lo  due,  liqwl  vf- 
noient  pour  celle  meisme  occasùm.  Amato  ivi,  28.  Més  il  me  peri  que 
li  message  de  lo  roy  d' Alemagne  fu  occasùm  en  pari  que  lo  due  fisi 
paiz  à  lo  prince  Richart,  ivi ,  29.  Malat.  Ili ,  5. 

•  Fu  present  l'abbé  IJésidere,  liquel  sempre  estoii  principe  de  pai: 
de  ces  dui,,,,  et  laisseront  la  compaignie  de  l' amis  non  polens ,  et 
jurèrent  de  l'  un  trailier  l' ulUité  de  l' autre ,  et  estre  en  damage  de 
tous  lor  anemis,  ivi ,  24. 

5  Non  cessoit  de  amonester  lo ,  quant  par  lettre ,  quant  par  messa' 
gè ,  que  il  deust  requeire  la  paiz  avec  lo  due  Robert  et  la  unite  et 
faire  ligue  avec  lui,,,  Froia  que  lo  abbé  Vésidère  i  deust  aler  et  dire 
lui  que  contre  lo  due  Roìmt  non  lui  feroit  adjutoire,  ivi ,  Vili ,  12. 

4  hi. 


—  244  — 

perbamente  rigettava  ^  e  circondavasi  d'armi,  persuaso 
che  la  comunanza  degli  interessi  avrebbe  indotti  i  suoi 
antichi  alleati  a  non  permettere  che  Roberto  si  sollevas- 
se a  maggiore  grandezza. 

Ma  premevano  il  Papa  i  progressi  degli  scismatici ,  e 
Riccardo  di  Capua  pacificato  con  Roberto  deponeva  le 
consuete  diffidenze.  La  sua  congiunzione  con  Gisolfo 
era  stata  raffermata  da  più  stretti  vincoli ,  avendo  Gior- 
dano suo  figlio  sposata  Gaitelgrima  sorella  del  Principe 
di  Salerno,  ricevendone  come  dote  l'investitura  di  No- 
cera  *.  E  perchè  si  piegasse  ora  ad  abbandonarlo  ,  ed 
a  consentire  che  s'  estendesse  il  Ducato  di  Puglia  si- 
no ai  confini  della  Campania ,  Roberto  era  venuto  ec- 
citando altre  ambizioni  nell'  animo  di  Riccardo.  Pre- 
me tte  vagli  di  cedere  Nocera  ,  di  sovvenirlo  nell'acqui- 
sto di  Napoli;  di  compiere  insieme  la  soggezione  delle 
terre  non  ancora  occupate  dai  Normanni  e  partirle  ^.  Mo- 

■  Me  Gisolfe  s' en  corrosa  et  dist  li  vergoigne ,  et  la  menacha  que 
par  la  mort  de  lo  marit  la  feroit  éster  o  li  vestiment  noir,  ivi. 

*  n  De  Meo  trovando  nei  diplomi  Nocera  nel  dominio  dei  Principi  di 
Capua ,  suppose  che  Roberto  per  ottenere  gli  aiuti  di  Riccardo  contro 
Salerno ,  promettesse  a  Riccardo  di  far  sposare  Gaitelgrima  sorella  di 
Gisolfo  a  Giordano  assegnandogli  in  dote  il  contado  di  Nocera ,  che  si 
estendeva  sino  a  Stabia ,  e  che  le  nozze  avvenissero  nel  1076  appena 
espugnata  Salerno,  ad  an.  Ma  Amato  ci  mostra  Nocera  posseduta  da 
Giordano  anche  prima  dell'assedio  di  Salerno  :  Jordan  lo  filz  deloprin' 
ce  Ricltart  qui  non  faisoit  son  comandement ,  fu  maledit  de  son  pére,,. 
Et  désiroit  lo  due  de  retomer  lo  fili  à  la  grace  de  lo  pére ,  et  cmi- 
seUla  que  lo  fili  rende  à  lo  pére  Nocere  de  li  chrestien ,  laquelle  lo 
prince  disirroit  avoir ,  et  que  lo  pére  dote  concédir  a  lo  fili  la  conte 
de  Mane,  Amiteme  derriére  soi,  et  Balvanise  et  enn  fu  fait,  VII,  55. 

^  Et  lo  prince.,,,  se  offri  de  m  meisme  estre  en  aide  à  lo  due  de 


—  242  — 

stravagli  il  tempo  essere  opportuno  alF  impresa ,  gli 
ostacoli  con  lieve  fatica  potersi  superare ,  niuno  altro 
modo  offrirsi  più  valevole  ad  assicurare  entrambi  dalle 
pretensioni  del  Papa  e  dei  Tedeschi.  Quindi  Riccardo 
accettò  le  profferte  ,  si  giurarono  i  patti ,  e  si  resti- 
tuirono a  vicenda  i  possedimenti  occupati.  Opponevasi 
solamente  Giordano,  il  quale,  o  dalla  moglie  reso  meno 
ostile  a  Gisolfo  ed  avverso  al  Duca,  o  temendo  perdere 
Nocera ,  rifiutava  lasciarla  al  padre.  Domestiche  discor- 
die si  suscitarono;  ma  ottenne  Roberto  che  Giordano 
venisse  invece  investilo  delle  Contee  dei  Marsi ,  di  Vale- 
va,  e  di  Amilerno. 


prendre  Solerne,  Et  li  due  disi  qu*  il  vouloit  donner  aide  à  lo  prince 
de  chevalier  et  de  navie  pour  prendre  Naples,  ivi ,  24. 


CAPITOLO  VII. 


Il  Principato  dì  Salerno  era  surto  verso  la  metà  del 
IX  secolo  distaccandosi  da  quello  Beneventano,  al  qua- 
le nemico  ed  emulo  disputò  lungamente  la  preponderan- 
za del  mezzodì.  Questa  divisione  infievolì  la  potenza  dei 
Longobardi ,  ne  trasformò  il  primitivo  ordinamento  po- 
litico, permise  ai  Greci  ed  agli  Imperatori  d'Occidente 
di  estendere  con  varia  fortuna  il  loro  predominio  nelle 
estreme  province  d' Italia.  Pure  il  nuovo  Stato  Salerni- 
tano ,  rispetto  a  quello  di  Benevento ,  parve  acquistasse 
una  vigoria  maggiore.  Al  tempo  di  Guaimaro  IV  s'al- 
largò signoreggiando  quasi  tutta  la  regione  che  poi  di- 
venne Regno  di  Napoli.  Fu  centro  Salerno  d'una  coltu- 
ra ,  e  sede  della  famosa  scuola  medica.  Ma  dopo  Guai- 
maro  decadde  rapidamente;  «  quanto  v'era  di  nobile, 
»  esclama  un  poeta  contemporaneo ,  sparve  come  fumo 
»  ed  ombra ,  perchè  quasi  pestilente  morbo  che  entrato 
»  in  un  armento  vi  si  spande  e  lo  fiacca ,  morto  il  Prin- 
»  eipe,  i  Normanni  invasero  d'ogni  parte  con  infinito 
»  danno  il  territorio  di  Salerno  ^  » 

'       Quid  quid  habere  prius  fuerat  haec  vita  decoris , 
Momento  periit,  fumus  et  umbra  fìiit. 
Nam  velut  una  lues  pecorum  solet  omnibus  agmen , 


—  114  — 

Cinque  figliuoli  aveva  lasciati  Guaimaro  IV  ^  GisoHb, 
Landuiro^  Guido,  Giovanni  e  Guaimaro  ^ ,  fra  i  t|uali  il 
primo  succedeva  nella  suprema  dignità  del  Principato  , 
gli  altri  ne  redavano  le  maggiori  Contee.  Ma  la  ribellio- 
ne di  Amalfi  e  di  Gaeta  ,  e  l*aecresciota  potenza  dei  Nor- 
manni ,  restrinsero  i  domini i  negli  antichi  confini  ;  pei 
anche  questi  furono  invasi,  e  Gisolfo  fu  costretto  a  con- 
cedere terre  e  castella  a  Guglielmo  d'Altavilla,  nella 
valle  di  San  Severino  »  e  nel  Cilento.  D'allora  le  usur- 
pazioni non  ebbero  più  tregua  ,  e  mancato  Guglielmo  ^ 
i  suoi  figli  ed  i  seguaci ,  io  apparenza  vassalli  del  IVin- 
cipo ,  divennero  senrpre  più  molesti.  Frequenti  erano  k 
briglie  tra  Longobardi  e  Normanni,  e  poco  innanzi  T as- 
sedio di  Salerno,  in  una  di  queste  dispute  fu  ncciso 
Guido  fratello  del  Principe.  Possedeva  egli  iosicme  al 
Normanno  Guìmondo  la  valle  di  San  Severino,  e  con- 
trastandosi scelsero  arbitro  Riccardo  di  Capiia  ;  mentre 
però  vi  si  reeavano  per  diversa  via,  assalito  in  irnt>  ii^- 

Aere  comi  pio  debilitare  raodis  , 

Sic  gens  Gallorum  numerosa  clade  Salami , 

Principe  defuncto ,  percoli!  omne  solum. 

Alfano  ap,  IJghel.  II.  Sac.  X. 
«  Quant  Guaymère  fu  mort  il  laissa  V.  /Uh  :  li  premier  fu  Gi- 
solfo prince ,  Landulfe ,  et  Guide  moult  bel  et  moult  vaiilant  en  fait 
d*  armes  ;  Jeanh  Seurre  semhlable  à  eestui ,  et  li  menear  se  damoU 
Guimère ,  détrattor  et  divorator.  Amato  Vili ,  il. 

*  L^anno  nel  quale %ìorì  Guglielmo  è  ignoto,  ebbe  parecchi  figliuo- 
li. Roberto  che  prese  il  titolò  di  Conte  del  Principato  ;  Roberto  »  Rai- 
nulfo ,  conosciuto  presso  gli  storici  delle  crociate  col  nome  di 'Priore 
0  di  Principato;  Tancredi  che  fu  Conte  di  Siracusa;  ed  una  figlia  del- 
la quale  si  parlerà  in  appresso.  Ducange.  App.  ad  Ahat.  pag.  531.  de 
Meo  ,  ad  an.  1046. 


—  215  — 

guato  dai  nemici  Guido  rimaneva  estinto  ^  Valente  in 
armi,  amico  al  Duca  Roberto,  lo  aveva  seguito  nelle 
guerre  di  Sicilia  e  di  Puglia ,  e  la  fama  della  sua  virtii 
fu  r  ultimo  splendore  dei  Longobardi  *. 

Circondato  da  potenti  vicini ,  Gisolfo  aveva  cercato 
premunirsi  eccitandone  le  diffidenze  e  r  emulazione  , 
alleandosi  ora  al  Duca  di  Puglia  ed  ora  a  Riccardo.  La 
preminenza  marittima  che  il  Principe  parve  volesse  as- 
sicurare a  Salerno  ^,  poteva  ancora  ritardarne  la  caduta 
e  rinvigorire  la  invecchiata  signoria.  Si  volse  perciò 
con  incessanti  sforzi  a  riacquistare  Amalfi ,  e  vedendola 
ora  in  procinto  di  soggiacere  ai  Normanni ,  anziché  ri- 
nunziarvi ,  accettando  la  pace  che  gli  era  offerta,  pre- 
scelse perigliarsi  nella  guerra.  Non  era  superbia,  né 
ostinazione  che  sospingevalo ,  quando  egli  avesse  con- 
sentito a  Roberto  il  dominio  di  Amalfi ,  città  molto  ric- 

'  Amato  L  c.  Questo  Gufraondo  sembra  sia  lo  stesso  Girrooodo  che 
aveva  usurpati  i  beni  dell'Arcivescovo  di  Salerno  — V.  pag.  121. 

•  Qnant  li  N&rmant  looient  aucun  de  li  Longobart  disoient  sage  et 
fvrt  y  et  sage  chevalier  est  cellui;  mès  de  cestui  Guide  disoient,  nul 
ne  se  trove  entre  li  Longobart  plus  prédouz.  Et  ensi  d*un  colp  fu 
mort  et  estufa  la  lumière  de  tuit  li  Longobart, 

3  Amato  ricorda  sovente  le  molestie  che  le  navi  di  Gisolfo  recavano 
alle  città  marittime  vicine ,  ed  anche  ai  Pisani  ed  ai  Genovesi  :  et  a 
toute  gent  qui  alUrìent  par  mer,  VOI ,  4.  Auribuisce  però  ad  avarizia 
r  incremento  della  sua  flotta  :  et  a  ce  qu  il  peust  passer  la  richece  de 
lo  empéreor ,  comanda  que  li  sien  larron  de  mer,  à  nul  home  de  mer 
non  pardonassent,  ivi.  Ma  V  essersi  principalmente  rivolto  a  conseguirò 
il  predominio  sopita  Amalfi ,  Napoli  e  Sorrento ,  come  lo  stesso  Cronista 
narra,  mostra  che  Gisolfo  non  era  sospinto  dal  desiderio  di  arricchirsi 
colla  pirateria ,  poiché  :  en  chascune  par  faisoit  hédifier  et  faire  fot- 
teresces  qui  non  se  pooit  prendre ,  et  turboit  li  seignor  de  entor ,  et 
deffendoit  la  terre  soe,  ivi. 


—  216  — 

ca  di  navi  e  di  traffici  S  e  prossima  a  Salerno,  la  sua  ruì- 
na  diveniva  inevitabile.  Respinte  quindi  le  trattative  , 
benché  vedesse  il  Principe  di  Gapua  congiungersi  ai 
suoi  nemici ,  ed  il  Papa  costretto  a  provvedere  alle  pro- 
prie necessità ,  preferì  resistere.  Armi  e  munizioni  ave- 
va apparecchiate,  innalzate  castella  nei  luoghi  più  al- 
pestri ^,  e  Salerno  cinta  alle  spalle  da  monti ,  in  parte 
poggiata  al  rapido  declivio ,  in  parte  distesa  sulla  ma- 
rina ^,  aveva  afforzata  di  mura  e  bastioni,  e  provveduta 
di  viveri. 

Conoscendo  la  difficoltà  dell'  assedio  ,  Roberto  rac- 
colse numerose  milizie,  ed  oltre. i  Normanni  vi  condus- 
se gli  indigeni,  Pugliesi,  Calabri,  Greci.  Chiamò  di  Si- 
cilia alcune  schiere  di  Musulmani  ^,  vassalli  suoi  e  di 
Ruggiero,  e  con  potente  apparato  di  navi,  di  cavalieri, 

'  Di  Àmalii  così  canta  Gcil.  App.  HI. 

Urbs  haec  dives  opum  populoque ,  referia  videlur , 
Nulla  niagis  locuples  argento  ,  veslibus ,  auro 
Partibus  innunieris  ;  ac  pluriraus  urbe  raoralur 
Nauta ,  niaris  coelique  vias  apcrire  perilus. 
llunc  et  Alexandri  diversa  feruntur  ab  urbe 
Rcgis  et  Amiochi  :  haec  frcta  plurima  transit 
Hic  Arabes  ,  Indi ,  Siculi  noscuntur  et  Afri. 
»  Defors  Solerne  fist  chasteaux ,  et  disant  la  vérité ,  tant  fisi  qut 
non  i  laissa  nuUe  choze  où  moni  petit  fori ,  que  non  feist  la  fortae- 
sce.  ivi,  13. 

^    Urbs  Latii  non  est  hac  deliciosior  Urbe: 

Altera  planitiem  pars  obtinet,  altera  monteni.  Gl'il.  App.  lU. 
4  Assembla  troiz-turmez  de  trois  manières  de  geni:  e* est  de  Latin, 
de  Grex  et  de  Sarrazin ,  et  comanda  que  venissent  moult  de  geni  et 
de  navie  a  garder  le  port.  Et  lui  o  chevalier  et  alabalestiers.  Amato 
Vili ,  15. 


—  217  — 

B  di  balestrieri  nei  primi  dì  del  giugno  del  1076  si  ac- 
campò nei  dintorni  della  città  *.  Prima  però  d'incomin- 
ciare ad  inveatirla,  volle  assicurarsi  d'Amalfi.  Chiama- 
ti dal  Duca  erano  venuti  gli  Amalfitani  con  la  flotta  a 
chiudere  il  golfo  di  Salerno  *  ;  ma  perchè  la  repubblica 
lo  aveva  riconosciuto  supremo  signore  serbando  la  sua 
autonomia ,  bramava  Roberto ,  sostituire  una  più  certa 
e  stabile  sovranità  a  quella  ottenuta.  Indusse  quindi 
con  larghe  promesse  e  minacce  i  cittadini  a  concedergli 
il  diretto  ed  ereditario  dominio,  e  stabilite  le  condizio- 
ni, lasciando  una  parte  dell' osercito  intorno  Salerno  , 

■  En  lo  nwix  de  Jung -et  comanda  que  fussent  fiehiezle»  tentes.  ivi. 
L^  anoo  nel  quale  Salerno  fu  assediato  si  trova  con  molta  varietà  se- 
gnato presso  i  Cronisti ,  tra  il  1075  ed  il  i077.  De  Meo  riprendendo 
il  Muratori  che  adottò  quest'ultimo  annoisi  sforza  a  provare  che  non 
avvenne  dopo  del  1075,  fondandosi  sulla  testimonianza  del  falso  Ann. 
Salernitano  ,  e  sulla  Chr.  di  S.  Soph.  Romualdo  Saler.  ed  altri  Croni- 
sti però  lo  pongono  nel  1076  ;  ma  senza  entrare  neir  esame  della  diver- 
sa cronologia  seguita ,  che  spesso  anche  fu  alterata  dai  copisti ,  migliore 
argomento  a  stabilire  che  Tassodio  iti  nel  1076  è  Perdine  stesso  dei 
fatti.  Roberto  dopo  la  Pasqua  del  1075  che  fu  nell*  aprile  entrò  in 
S.  Severina ,  e  sedata  la  Calabria  passò  in  Puglia  come  racconta  Amato. 
Non  poteva  dunque  nel  maggio ,  o  nei  primi  giorni  di  giugno  di  quel- 
la anuo  trovarsi  innanzi  Salerno.  L' assedio  durò  circa  sette  mesi ,  e  se 
nel  decembre  del  1075  Roberto  fosse  stato  già  padrone  di  Salerno , 
non  s^  intenderebbe  la  lettera  scritta  dal  Papa  neU*  aprile  del  1076  a 
Vimifrìdo ,  ove  diceva  trattarsi  di  pace  co*  Normanni ,  ma  richieder  que- 
sti alcune  condizioni  aUe  quali  non  poteva  annuire.  Le  condizioni  ri- 
guardavano le  contese  surte  tra  Roberto  e  Gisolfo.  L'Ann.  Benev.  pone 
il  '■  principio  dell*  assedio  nel  maggio. 

*  A  Duce  invitati,  ut  Hfn  ad  obMendum  urbem  namgio  servUum 
veniant ,  potentiores  Duci  locutum  ew  consenm  alùjiuorutn  accelerofit, 

Malat.  hi  ,  3, 


—  sia- 
si recò  con  l'altra  in  Amalfi.  E  dopo  che  fu  acclamato 
Duca ,  ed  ebbe  occupati  per  sua  sicurtà  quattro  castelli 
ponendovi  un  presidio  di  Normanni,  ricondusse  gli  Amal- 
fitani all'assedio  *. 

Secondo  gli  accordi  presi ,  anche  Riccardo  nel  mag- 
gio era  venuto  ad  assalire  Napoli  ^.  Reggevasi  la  città 
col  nome  di  Ducato ,  ed  il  Console ,  Duca ,  e  Maestro 
dei  Militi  ^,  trasmetteva  il  titolo  e  la  potestà  nei  discen- 
denti, finché  per  domestiche  congiure,  o  popolari  sedi- 
zioni ,  non  sorgevano  usurpatori  a  prenderne  le  veci. 
Gli  interni  ordini  mostrano  il  predominio  di  una  oligar- 
chia, spesso  anche  l'assoluta  volontà  d'un  solo.  E  seb- 
bene i  pubblici  atti  si  segnassero  dal  nome  degli  Impe- 

'  GuiL.  Ai>i'.  ni.  dice ,  che  dopo  Salerno  Roberto  ottenne  Amalfi. 
Amato,  avendo  narrato  in  che  modo  offrissero  gli  Amalfitani  la  signoria 
d(;lla  città  al  Duca  dandogli  puissance  de  venir  à  la  ette  et  de  faire 
une  roche  Vili,  8,  ricorda  poi  per  incidente  essendo  già  stata  presa 
Salerno  ,  che  Dieu  lui  avoit  concedut  victoire  avant  de  lo  chasté  de 
Solerne  et  d' Amalfe.  \\ì,  2r>.  Le  parole  del  Malaterra  mostrano  chia- 
ranienlc  che  lloborlo  ebbe  prima  V  alto  dominio  di  Amalfi  ,  e  che  du- 
rante r  assedio  di  Salerno  ,  egli  con  nuovi  patti  ridusse  la  città  in  più 
diretta  dipendenza  :  Dux  itaque  callidis  pactionibus  si  assentiant ,  fi 
autem  disscntiant ,  minis  terrendo  atfentas ,  tandem  ad  confoederatùh 
nem  cumpìdit ,  ut  si  amtra  Gisulfum  tuerentur ,  tota  Malfa  UH  sub- 
jugata  haereditalitcr  foederaretur.  Duce  vero ,  ut  expetebant ,  pro- 
mittente,  parte  exercitus  ad  obsidendum  relicta,  reliquam  secum  dn- 
cens ,  cum  ipsis ,  qui  inde  venerant  apud  Malfam  vadit,  IJrbem  sibi 
a  civibus  deliberatam  suscipit.  Quatuor  castella  in  ea  fecit. 

*  Ccpit  obsidere  Neapolim  principio  mensis  magii,  Chr.  Cass.  IOTH. 

2  Consul  et  Dux  et  Magister  mUitum ,  è  il  titolo  che  ordinariamcn- 
Je  prendono  nei  diplomi.  Se  nei  primordii  del  Ducato  ,  allorquando  >i 
sottrasse  al  dominio  Bizantino ,  la  suprema  dignità  fu  elettiva ,  dirennc 
dal  IX  secolo  ereditaria. 


—  219  — 

ratopi  d'Oriente,  ormai  s'erano  sciolti  i  vincoli  di  ogni 
soggezione  e  dipendenza.  Come  Venezia,  Napoli  serbava 
quella  tradizionale  venerazione  all'  Impero  Bizantino  , 
piuttosto  a  tener  viva  la  ricordanza  della  propria  origine 
Romana  fra  le  straniere  genti  che  le  circondavano,  anzi- 
ché a  perpetuare  una  cfimera  obbedienza  da  lungo  tem- 
po infranta.  Apparisce  anzi  Napoli  meno  Greca  dello 
città  di  Puglia  e  di  Calabria,  poiché  la  vicinità  di  Roma 
vi  aveva  fatto  prevalere  il  rito  Latino,  e  T autonomo  go- 
verno aveva  impedito  che  il  greco  linguaggio  venisse 
adoperato  nelle  leggi  ,  e  nelle  civili  contrattazioni  *. 
Lungamente  aveva  resistito  ai  Longobardi  ,  che  non 
giunsero  mai  ad  insignorirsene;  solamente  Pandolfo  IV 
di  Capua,  T  aveva  per  poco  posseduta  ,  ed  a  contrastar- 
gli i  Duchi  assoldavano  i  Normanni,  inveslondoli  la 
prima  volta  di  una  terra ,  perchè  fossero  schermo  con- 
tro il  molesto  vicino.  Ma  allorché  i  Conti  d'Aversa  si 
mutarono  in  Principi  Capuani ,  ne  redarono  le  preten- 
sioni, e  Riccardo  ambì  anch' egli  il  possesso  di  una  cit- 
tà marittima ,  che  Roberto  gli  offriva  come  prezzo  del- 
l'alleanza. 

1  due  assedii  però  non  procedevano  con  facile  succes- 
so, Napoli  rimasta  libera  dalla  parte  del  mare  opponeva 
alle  forze  del  Principe  le  salde  mura  ;  ed  i  castelli  spar- 
si sui  monti  intorno  Salerno ,  resistevano ,  ed  impedi- 

•  Fra  le  moltissime  pergamene  grecite  che  rimangono  non  ve  n'  à  , 
eh'  io  sappia ,  alcuna  scriua  in  Napoli ,  dove  gli  atti  notarili ,  e  le  con- 
cessioni sono  sempre  in  Ialino  curialesco.  Àlcaoe  iscrizioni  e  qualche  se- 
gnatura ,  spesso  anche  greca  soltanto  nella  forma  delle  lettere ,  raostra- 
Do  che  nella  ciuà  non  era  molto  comune  e  dilTu^a  quella  lingua. 


-  220  — 

vano  l'approccio  ^  Fu  necessità  di  ricongiungere  le  fo^ 
ze ,  e  Riccardo  condusse  in  aiuto  del  Duca  una  parte 
delle  sue  milizie.  Allora  abbattute  le  trincee ,  appianati 
i  fossati ,  s'investirono  le  torri ,  e  Tuna  dopo  l'altra  fu- 
rono distrutte  o  occupate  '.  Gli  assedianti  strinsero  Sa- 
lerno dal  lato  dei  monti  e  della  marina,  e  vietarono  con 
fossi  e  palizzate  ogni  uscita  per  affamarla  ^.  Crescendo 
i  pericoli,  era  tornato  l'abate  Desiderio,  da  parte  dì  Si- 
ghelgaita  a  consigliare  la  pace;  ma  Gisolfo  giurò  di  mai 
concederla  al  Duca.  Si  ripresero  quindi  le  ostili  fazioni, 
non  sempre  favorevoli  ai  Normanni,  se  è  vera  l' unica 
testimonianza  del  valore  dei  Salernitani  che  rimase  nei 
versi  del  loro  concittadino  Alfano  *.  Ma  trascorsi  due 
mesi ,  cominciava  maggior  travaglio.  Il  numero  grande 
dei  difensori  raccolti  nella  città ,  e  quelli  cho  dai  vFcini 
castelli  vi  si  erano  ricoverati  affrettarono  le  strettezze, 
ed  avendo  prima  dell'assedio  imposto  Gisolfo  agli  abi- 
tanti di  fornirsi  di  viveri,  fu  costretto  a  togliere  a  cia- 

»  Lo  dvc  prova  de  avoir  la  et  manda  sa  geni  là  à  comhatre.  Mèi 
par  ce  que  estoit  fort  a  monter ,  et  i  avoit  trop  hoiz  ceuz  qui  tenoietU 
la  roche  non  leu  lessoient  aler.  Amato  VHI  ,  13. 

•  Et  Richart  prince  de  Capue  vint  de  V  avtre  pari  en  aide  de  lo 
due  Robert  ,  et  leva  le  voies  et  les  fossez  et  li  arbre  qui  eitoietU 
fait.,,.  et  celle  forteresce  qu' il  non  vouUnt  salver  pour  soi  destruist. 
ivi,  ÌA. 

s  Ensi  Solerne  de  la  part  de  la  mer  fu  atomièe  de  nefs ,  et  de 
Vautre  parte  estoit  cloze  de  paliz  et  de  fossez  grandisnmes,  ivi. 
4   Gallos  namque  Duces ,  colla  ligaios 
Antiquo  gravibus  more  calenis 
Nec  vidisse  juvat ,  ni  videant  nunc  , 
Hos  a  le  reprimi  Marte  recenti.  Alfano  ap.  Ugh.  It.  Sac,  X. 


—  221  — 

scuno  la  terza  parte  della  provvisione  ^  Divenuta  quindi 
la  penuria  generale  * ,  ritraevasi  V  Arcivescovo  presso 
Roberto,  e  poi  nelle  sue  terre,  ove  accolse  e  nutrì  gli 
altri  esuli  ^.  Intanto  il  Principe  a  sopperire  al  bisogno 
spogliava  le  Chiese  degli  argenti ,  obbligava  i  cittadini 
a  rendere  ancora  quanto  avevano  in  serbo ,  di  maniera 
che  molti  disperando  sostentarsi  fuggivano  ai  nemici  , 
e  per  punirli  le  deserte  case  venivano  abbattute  ^. 

Era  sopraggiunto  T autunno,  ed  a  Riccardo  incresce* 
va  rimanere  inoperoso  intorno  Napoli  aspettando  che  le 
navi ,  caduta  Salerno,  si  recassero  a  chiuderne  il  porto. 
Richiese  perciò  il  Duca  che  V  aiutasse  nella  ^recupera- 
zione  delle  terre  che  altra  volta  aveva  possedute  nella 
Campagna  Romana  ^.  Non  s'erano  collegati  soltanto  alle 
depressione  di  Gisolfo  i  due  Normanni  ;  ma  risoluti  ad 
estendere  la  loro  signoria  sulle  terre  confinanti  che 
ancora  rimanevano  libere ,  nel  tempo  stesso  che  muo- 
vevano ai  danni  di  Salerno  e  di  Napoli,  avevano  più  ol- 

■  Lo  prince  avoit  faU  comandament  que  Umte  home  deust  procurer 
dyèze  de  vivre  pour  ij  ans ,  qui  ce  non  peust  faire  issist  de  la  cUé. 
Fuix  ij  mai»  Gisolfe  comanda  à  li  siens  servicial  qu*  il  devistent  cer- 
àhier  ks  cosez  de  li  cUtadin  de  Solerne ,  lor  fisi  lever  la  tierce  pari 
de  Umtes  coses  de  vivre.  ivi,  15. 

*  Poter  ceste  cote  fu  grant  fame  en  la  cité,  ivi. 

^  Ivi,  16.  L* Arcivescovo  chiamavasi  Alfano. 

4  Et  une  autre  foiz  lo  prince  meisme  en  persone  ala  cerchier  te 
mfrisons  de  cU  de  la  cité,  et  toute  ce  qu'il  trouva  de  vivre  toute  lor 
leva  pour  sci.  Et  de  ces  qui  fuioient  destruisoit  lor  maison,,.  La  croix 
de  V  église  d*  or  et  d' argent  prist  et  rompi ,  et  lo  vout  de  saint  Ma- 
thie  évangeliste  romppi,  ivi ,  17. 

^  Lo  prince  s*  en  vouUnt  <der  en  Champaigne  pour  acquestcr  la  terre 
de  saint'Pierre,  ivi,  2i, 


—  222  — 

tre  sospinte  le  loro  armi  ad  altre  imprese.  Roberto  di 
Loritello  nipote  del  Duca  abbandonando  V  assedio  di 
S.  Agata  era  tornato  nella  Marca  Teatina  per  compierne 
la  conquista  ^  Già  innanzi  volendo  arrestarne  i  progres- 
si il  Papa  aveva  richiamato  da  Montecasino  il  monaco 
Trasmondo ,  della  stirpe  dei  Conti  dei  Marsi ,  uomo  di 
feroce  natura,  e  lo  aveva  eletto  Vescovo  di  Valva,  ed 
Abate  di  Gasanria  ^.  Un  altro  Trasmondo  Gente  di  Ghie- 
ti ,  s'era  insieme  a  lui  adoperato  a  respingere  i  Nor- 
manni ;  ma  senza  alcun  frutto.  Poiché  Roberto  di  Lori- 
tello occupata  una  parte  della  Marca  ne  investì  suo  fra- 
tello Drogone  detto  Tassone  ^.  Lo  stesso  Conte  Tras- 
mondo fu  vinto  e  fatto  prigione  gli  fu  imposta  la  taglia 
di  diecimila  bisanli  ^,  prima  negata,  poi  per  forza  con- 
cessa. Ma  il  danaro  raccolto  vendendo  i  sacri  arredi 
delle  Chiese  non  valse  ad  ottenergli  la  libertà.  Richie- 
deva il  Conte  Roberto  la  cessione  delle  altre  sue  terre, 
e  negandola  Trasmondo ,  col  pretesto  che  apparleneva- 
no  alla  moglie,  fu  sottoposto  a  fieri  tormenti  ^.  Miglior 

■  En  cellui  tewps  ces  ij  peres  et  seigncr  sagement  esteint  la  flame 
entre  U  Robert  Lanticille  neveu  de  lo  gran  due»,  a$sailli  la  marche 
lliéthin^  et  de  ceste  marche  estoit  seignw  lo  conte  Trasmonde,  Ama- 
to VU. 

•  Nel  1065  era  abate  in  Tremili,  e  tumultuando  i  frati,  fece  acce- 
carne tre,  e  mozzare  la  lingua  al  quarto.  L* abate  Desiderio,  \olle  pu- 
nirlo ;  ma  Ildebrando  lo  favorì ,  e  poi  lo  elesse  Vescovo.  Leo  Ost.  IH, 
23.  McRAT.  ad  an. 

2  En  petit  temp  ne  fu  acquesté  una  parte  et  donna  à  sm  frère  Ta- 
scone.  Amato,  ivi. 
4  Ivi. 

*  Li  vaissel  de  lo  autel  et  li  omament  de  V  églize  soni  donnes  pour 
sa  délibération.,,  Robert  lui  demanda  puiz  la  teire  qui  lui  estoit  re- 


—  223  — 

successo  ebbero  le  armi ,  assalita  Ortona ,  venivano  a 
fronteggiare  i  Normanni,  i  congiunti  del  Conte  di  Chie- 
tì ,  chiamando  in  soccorso  i  vicini;  Vescovi,  Abati ,  si- 
gnori; sin  da  Ravenna  accorsero  mili;?ie,  e  furono  in- 
torno a  diecimila  combattenti  ^  Roberto  simulando  in- 
dietreggiare, pose  in  agguato  duecento  dei  suoi  seguaci, 
gli  altri  trecento  seco  condusse,  soffermandosi  in  un 
luogo  opportuno  alle  insidie.  Aspettò  i  nemici ,  e  ne  so- 
stenne r impeto  finché  piombando  alle  loro  spalle  quelli 
che  s' erano  nascosti ,  si  sgominarono  e  dispersero.  I 
figli  di  Bernardo,  ed  i  nipoti  di  Trasmondo  rimasero 
prigioni  insieme  al  Vescovo  di  Camerino  ed  a  quello  di, 
Penne  *,  che  il  Papa  aveva  forse  confortati  alla  guerra. 
Quattromila  cavalli  e  ricca  preda  lasciarono,  ed  il  Conte 
di  Chieti  oltre  la  taglia  rese  le  sue  terre  a  Roberto  di 
Loritello,  che  n'ebbe  in  parte  alcune  come  feudatario  ; 
e  nello  stesso  modo  si  accordarono  i  suoi  congiunti  ^. 

mese.  Et  Trasmofnde  alliga  que  non  lui  pooit  donner.,.  Et  pour  ceste 
chose  rechut  divers  tormens.  Amato  VII ,  30. 

'  Amato  dice  che  la  moglie  del  Conte  di  Chieti  ^  il  cugino  chiamato 
anche  Trasmondo ,  Bernardo  tiglio  di  Adamo ,  ed  un  altro  Bernardo  rac- 
colsero milizie:  et  tonte  la  contree  vont  ckercant  jusque  à  Ravane* 
Et  non  lassent  ehevalièr ,  ne  évesque,  ne  abbé  ec.  ivi,  51. 

*  Dei  cavalieri  che  seguivano  Roberto  ottanta  erano  suoi ,  gli  altri 
gU  aveva  affidati  il  Duca  allorché  inviollo  contro  Abagelardo ,  e  con 
questi  :  Li  fili  de  Bernard ,  avec  lo  nevet^  Transmunde ,  furent  pris. 
Lo  évesque  de  Camérin  avec  moult  autres  fu  ratenut.  Jehan  évesque 
de  Fene ,  mès  que  estoit  saint  et  reverende  personne ,  estoU  priscm , 
més  fu  laissiez  aler.  ivi. 

^  Délivra  lui  la  terre ,  et  en  rechut  alcun  part  de  la  tnain  de  Ro* 
berty  et  fu  fait  son  chevalier,..  Et  li  autre,  Transmunde  fiU  de  Ber» 
narde  et  lo  neveu  partirent  li  chastel  et  furent  ses  clievalier.  ivi ,  32. 


—  224  — 

Una  eontenipopanee  invasione  aveva  perturbata  la 
Contea  dèi  Marsi.  Hìinanevano  ivi  ancor  vive  le  discoi^ 
die  tra  Berardo  ed  i  figliuoli  di  Oderisio,  che  altra  volta 
aveva  invocato  il  patrocinio  di  niccardo.  I  suoi  eredi 
ora  si  univano  al  Principe  Giordano  in  danno  dei  con- 
giunti ^  devastandone  ed  usurpandone  le  terre  *;  ed  essi 
ed  i  Conti  vicini,  si  facevano  tributarii  del  Principe  di 
Capua  ,  estendendosi  la  sua  supremazia  su  tutta  quella 
contrada  *,  Poco  appresso  ,  o  nel  te  in  pò  stesso  che  que- 
ste minori  fazioni  d'armi  si  erano  combattute  ,  Riccar- 
do ed  il  Duca  Roberto  ,  aspettando  che  si  preparasse- 
ro le  scale  e  le  macchine  per  dar  Tassalto  a  Salerno,  si 
provarono  ad  invadere  la  Campagna  Romana  ^.  E  eoo 
alquante  schiere  di  cavalli  per  la  via  di  S,  Germano  p 
avendo  prima  visitato  e  lasciati  ricchi  doni  a  Monleca- 
fiino  * ,  vi  entrarono  tra  il  finire  di  settembre ,  o  i  primi 

<  Jùrdain  o  fx^rj;  chevtdier  mn  et  o  Berardo ,  et  trois  fih  de  tu  &mk 
Odorize^  entra  en  la  terre  de  Marte,  et  destruist  lo  conte Berarde  H 
prenanl  proie»  ivi,  55.  Il  testo  è  molto  coufuso,  sembra  che  dei  doe  Be^l^ 
di  Tuno,  figliuolo  all'altro  e  ribeUe  al  padre,  avesse  chiamati  iNormaBm: 
Et  Berart ,  fiU  del  conte  Berart ,  à  cui  pétUion  Jordain  eetoU  aln,  ivi. 

*  Li  conte  qui  estoient  voisin  manderent  tribut  pour  avotr  ta  jrrA* 
ce  de  Jordain...  JHz  mille  de  ceus  homes  furent  vaineus  de  V.  ceni 
Normant ,  et  lo  pueple  de  quatte  conte  sont  constraini  de  donner  tn- 
but  \  ivi.  Segue  quindi  il  Cronista  a  ricordare  le  discordie  e  le  inaivi* 
gita  dei  Conti  della  Marsioa ,  per  le  quali ,  fu  donne  la  vktdre  à  U 
Normant.  ivi,  54,  55. 

5  Xo  due  amonité  par  lo  prince  Richart  forni  lo  Castel  de  barn  gat* 
diens ,'  appareilla  lo  siège  en  la  cité ,  et  ordena  novelles  eeóhidlei,... 
quar  lo  prince  vouloit  aler  en  Chapagne  pour  aequester  la  terre  ie 
saint^Pierre.  ivi,  VIM ,  24. 

4  Ivi.  De  Meo,  che  non  conobbe  la  Cronaca  d' Amato,  r^reode  Pie* 


^  226  — 

giorni  di  ottobre.  Ma  trovando  le  campagne  desolate  e 
daaejrte ,  essendone  fuggiti  gli  abitanti  nei  luoghi  mani-» 
ti;  e  le  dirotte  piogge  e  le  tempeste  opponendosi  ai 
loro  progressi ,  occupate  alcune  castella  e  depredatene 
altre  tornarono  indietro  ^  Né  sembra  inverosimile  che 
in  qualche  zuffa  fossero  respinti  dalle  milizie  del  Papa  ; 
poiché  questi  intorno  quel  tempo  così  scriveva  ad  alcu- 
ni  cittadini  Milanesi  :  «  Mentre  i  Normanni  più  volte 
»  spergiuri  si  sforzano  a  rapire  i  beni  della  Chiesa,  dal* 
»  l'altra  parte  i  simoniaci  uniti  al  loro  Re  Arrigo,  me- 
»  ditano  sconvolgere  i  decreti  dei  santi  padri  ed  ogni 
»  religione.  Ma  confidiamo  in  Dio>  il  quale  non  a  guari 
»  prostrò  sotto  la  nostra  mano  la  superbia  dei  Norman- 
»  ni ,  che  essi  non  prevarranno  ancor  lungamente  con* 
»  tro  r  Apostolica  Sede  *.  » 

Tfto  Diacono  ,  che  narrò  anche  la  spedizione  nella  Campagna  e  la  visita 
di  Montecasino  L.  ili ,  45. ,  perchè  il  Cardinale  Abate  non  avrebbe  ri- 
cevuto il  Duca  scomunicato,  che  recavasi  ad  assalire  il  Papa,  ad  an. 
i077«  Ma  i  monaci  avevano  interesse  di  non  dichiararsi  nemici  dei  due 
poteoii  ospiti ,  i  quali  in  queir  occasione  donarono  molto  oro ,  pauree 
qu€  li  frère  prient  Dieu  qu'  il  pardonast  lor  pechiex.  £  solamente  es- 
sendo a  tiaivola ,  il  Duca  al  frate  che  gli  recò  il  sale  diede  100  bisanti. 
Amato  l.  e. 

*  Trovèrent  tant  de  fame  et  de  poureté ,  que  tum  solemenl  ou  sen- 
ioietU  li  bette  et  li  servicial^  me  autreei  li  seignor.  Et  avoieiU  moult 
mal  tetnps  de  ^uie^  de  tronorre ,  et  de  folgure...  Me»  ei  lo  prince 
wtUùt  /otre  rayton  de  ce  qu' il  acquetta  et  de  ce  qu*il  fisi  perdre  à 
eaint-rierre ,  la  perle  est  dnquante  pari  plus  que  lo  gaing.  ivi. 

*  Cum  ìdnc  bona  ecclesia  Normanni  mtdtoties  periuri  conatur  au- 
ferve ,  ex  altera  parte  simoniaci  cum  Henrico  rege  eorum  decreta  san- 
ctorum  patrum  cum  omni  religione  moliuntur  evertere:  sed  confidimus 
t»  domino  qui  superbiam  Normannorum  paulo  ante  sub  manu  no^ra 
substavU  p  quod  adversum  Jpostolicam  sedem  non  diu  praevtUebunt- 

TOL.  II.  45 


—  226  — 

La  simultanea  commozione  che  sì  era  destala  m 
Lombardia  e  nel  mezzodì,  e  gli  avversi  procedimenti 
di  Arrigo,  avevano  vietato  al  Papa  di  soccorrere  Gh 
solfo  come  avrebbe  voluto  ,  e  di  infrenare  le  io  va* 
sioni  dei  suoi  nemici.  Inutile  conforto  recavagli  li 
fuga  di  Roberto  di  Grentmesnil  ^  il  quale  sospintoj 
dal  turbolento  ingegno  e  dall' avariziai  rubato  quan*- 
to  v'era  nelF  abazia  di  S,  EuTemia,  concessagli  dal  Du- 
ca ^  ricovera  vasi  in  Roma*.  Ma  non  tardarono  a  mo- 
strarsi più  favorevoli  gli  eventi.  La  scomunica  aveva 
ridestate  le  antiche  discordie  in  Germania  ,  suscitate 
nuove  ribellioni,  accese  la  ambiziose  voglie  dei  gran- 
di ^.  1  Sassoni  insorgevano  altra  volta ,  i  Principi  ed  i 

Mpii*    Greg.   ad  Henrie*   Ard^r.  ti    Wamef,   Mtéioi,  neundo  iud,] 
noti.  Corre.    XX ,   ÌU.  A  Dulie  FttiTHo  Diaco.%0  ,    narra U  h   spedizione 
dice  :  Talia  papae   Gn^ii  dum  perveniiset  ad  aurei ,    dìiCtm  d 
princrpem  a  limine  separami ,  coliecto  e:reìtitu  mpei'  tm  ire  dUpù' 
nuit.  L  e. 

'  Et  cestui  Abbe  Robert  enleva  deniers  qui  là  estaieni  raceomanies 
deli  Normant^  et  s'en  ala  à  lo  pape...  Et  que  iwn  aloU  drmiametd 
fu  desprizie  de  lo  pape.  Amato  Vili ,  22.  Nel  principio  del  i077  seri* 
ve  Gregorio  VII ,  ad  Ugo  Vescovo ,  che  Roberlo  Abate  di  S.  Enfemia, 
essendo  egli  in  Lombardia,  era  di  là  passato  per  recarsi  in  Francia,  e 
che  il  Re  Filippo  due  volte  lo  aveva  richiesto  come  Vescovo  di  Char- 
tres  ;  ma  l*  Abate  tornato  in  Roma  protestava  non  accetterebbe  sema 
licenza  sua.  Esaminasse  perciò  Ugo  la  volontà  dei  migliori  di  quella 
Chiesa.  £.  V.  ep.  7.  Ma  fu  poi  ivi  reintegralo  Goffredo,  e  Roberto 
tornò  in  Calabria. 

*  MultipHeata  suni  mala,  calamitasi  et  vastità»  per  univenam 
Saxoniam  et  Thuringiam^  supra  omnem  retro  maiorum.  Laiib.  Scmv. 
od  an.  L*  antico  Ritmo  di  S.  Annone  descrivendo  il  forore  dì  quelle 
guerre  dice:  «  Incendii,  rapine,  assassinii,  desolarono  le  éasteHi  e  le 
%  Chiese  dall'  estrema  Danimarca  alla  Puglia ,  dall*  Ungheria  alle  sehe 


—  227  — 

Vescovi,  abbandonavano  il  Re,  e  d'ogni  dove  erano  guer- 
ra, sedizioni,  anarchia.  Nella  metà  d'ottobre  s'aduna- 
vano a  Tribur  per  deporre  Arrigo  i  Prelati  ed  i  Signori 
insieme  ai  legati  del  Pontefice;  e  da  una  parte  e  dall'al- 
tra furono  profferte ,  negoziali  e  minacce.  Poi  rinviavasi 
la  decisione  alla  nuova  Dieta  da  convocarsi  in  Augusta, 
presente  il  Papa;  dichiarandosi  che,  dove  alle  imposte 
condizioni  mancasse ,  e  non  fosse  tra  un  anno  assoluto 
dalla  scomunica,  s'intendesse  deposto  Arrigo  *.  Giurò 
il  Re,  e  giurarono  i  Principi  che  osservandosi  i  patti , 
lo  seguirebbero  con  valido  apparato  in  Roma,  perchè  vi 
prendesse  la  corona  imperiale ,  e  quindi  in  Puglia  ed  in 
Calabria,  per  liberare  quelle  regioni  dal  dominio  dei 
Normanni  ^  Non  fu  detto  se  in  nome  dell'Imperio,  per 
sostenere  i  dritti  vantati  dal  Pontefice ,  dovesse  farsi  la 
spedizione;  dalla  quale  altre  discordie  sarebbero  conse- 
guite ^.  Ma  prima  che  avesse  effetto ,  vennero  meno  i 
designati  accordi. 

»  Carìnzie.  »  Schilter  ,  Thesar,  ani.  Teut,  1 ,  575.  Voigt.  VU,  Gre- 
ffor.  VUj  e.  8. 

'  Lamb.  Scanf.  l.  e.  BoM20  L.  VIU.  Fra  i  principali  che  si  riuDÌrono 
a  Tribur  erano  Rodolfo  Duca  di  Svevia,  Guelfo  Duca  di  Baviera,  e  Ber-v 
toldo  Duca  di  Carinzia. 

*  Omnes  Uerum  unanimiter  iuravere  si  rex  taeratMntum  datum 
observare  voluisset,  expeditionem  se  cum  eo  facturos  in  Italiam^  et 
imperiali  dignikUe  sublimato.  Normannos  aggressuros  et  Apuliam  et 
Calaìniam  ab  illorum  dominatu  liberaturos.  Bonizo  1.  e. 

^  L*  Anonimo  scrittore  del  Cod.  Vai,  ap.  Watterich  dice  :  che  i  Prìn- 
cipi Tedeschi  avessero  allora  promesso  di  condurre  un  esercito  contro 
i  Normanni,  qui  lune  adversabantur.  Apostolicae  sedi^  et  terramipsam 
eitpulsis  JVorffiannù  Beato  Petra  et  eedesiae  Romanae  restituerent. 
Ila  queste  ultime  parole  non  essendo  in  Bonizo  dal  quale  copia  TAmo- 


—  228  — 

Anche  Gisolfo  aveva  cercato  pijnuovere  il  Duca  dal- 
l'assedio,  eccitando  una  ribellione  iu  Calabria.  L'ardi- 
mentoso Abagelardo,  essendosi  Roberto  di  Loritello  vol- 
to altrove ,  uscito  da  S.  Agata  era  venuto  in  Salerno  ad 
unirsi  al  Prìncipe  suo  congiunto  ed  alleato  ^.  E  nel  tem- 
po che  Riccardo  ed  il  Duca  erano  lontani ,  trafugandosi 
per  alpestri  vie  pervenne  in  S.  Severina  insieme  a  pochi 
seguaci  ^,  ed  accolto  dai  cittadini  se  ne  insignorì  nuova- 
mente ,  e  tentò  ridestare  la  sopita  sedizione.  Questi  ru- 
mori non  valsero  però  a  ritardare  la  ruina  di  Gisolfo; 
ma  non  volendo  che  s'allargassero,  il  Duca  chiamò  di 
Sicilia  il  Conte  Ruggiero  perchè  si  recasse  ad  osteggiare 
Abagelardo '.  Rimasto  egli  intorno  Salerno,  continuava 
ad  investirla,  si  lanciavano  pietre  e  saette  ^,  eombatte- 
vasi  ogni  dì ,  ed  erano  oppressi  gli  assediati  dalle  ne- 
miche offese  e  dalla  propria  miseria.  Ogni  qualità  di  vi- 
veri era  mancata,  gli  stessi  cibi  più  schifi,  cavalli,  topi, 
gatti ,  non  si  trovavano;  un  fegato  di  cane  pagavasi  die- 

MiHOf  si  può  crederle  inserite  ad  avvalorare  le  pretensioni  del  Papa  su 
quelle  province. 

«  '  Fropter  inimicitias  quas  cum  Duce  habebat ,  propter  aereditatem 
quae  ab  ipso  detinebatur  sibi ,  in  adiutorium  GistUfum  introierat. 
Malat.  Ili ,  4.  Anon.  Sic.  p.  750.  Abagelardo  era  nato  dalla  figUa  di 
Guido  zio  di  Gisolfo  sposata  ad  Umfredo. 

Postquam  tempus  deditionis  instare  videi  mcmtano  itinere  hostUia 
castra  apud  sanctam  Severinam ,  quae  est  in  Calabria  cum  paucis  prò* 
fectus  est,  Anon.  Sic.  p.  730,  Malat.  l.  e. 

*  Malat.  ivi. 

4  Donnèrent  bataille  à  la  terre ,  et  jettent  sajettes  et  mènent  pier- 
res.  Amato  Vili ,  25.  Frequenti  incursione  congrediens  undique  atler- 
rebat.  Malat.  Ili ,  4. 


—  229  — 

ci  tari,  una  gallina  venti,' un  uovo  due  danari*.  Per 
difetto  d'ogni  alimento  cadevano  morti  i  fanciulli  ed 
i  vecchi;  i  giovani  deboli  e  languenti  non  avevano  forza 
•  ad  impugnare  le  armi  *.  Povertà  e  sofferenza  maggiore 
non  si  vide ,  dice  un  Cronista  ,  se  non  a  Gerusalemme  , 
quando  assediata  dai  Romani  si  vendevano  i  Giudei 
trenta  per  un  danaro  ^.  Pietoso  caso  narrano.  Due  fi- 
gliuoli d'un  prete,  lasciato  il  vecchio  padre  nelP uscire 
dalla  città,  furono  seguiti  da  un  cane.  Venuti  al  campo 
dei  Normanni,  del  pane  che  dispensavasi  diedero  una 
parte  al  fido  animale,  che  verso  la  sera  trovò  modo  di 
rientrar  in  Salerno ,  e  reeollo  al  prete.  Così  negli  altri 
giorni.  Al  terzo  dì  volendo  il  misero  vecchio  render  gra- 
zie all'ignoto  benefattore,  legò  uno  scritto  al  collo  del 
cane;  e  svelandosi  il  fatto,  la  Duchessa  Sichelgaita  im- 
pose gli  si  ponesse  indosso  ogni  volta  un  sacchetto  di 
pane  e  si  lasciasse  andare.  Ma  sorpreso  ,  Gisolfo  fece 
uccidere  il  cane ,  e  martoriare  il  prete  che  ne  morì  *. 

La  miserabile  condizione  dei  cittadini  facendo  ogni 
giorno  più  fiacca  la  difesa,  n'affrettò  l'estreme  sorti  ^ 

■  Ivi ,  18.  n  Cronista  aperto  nemico  di  Gisolfo ,  aggiunge  che  egli  : 
vendait  lo  moy  de  grain  qu*  il  avoit  achathé  iij,  besant  ;  xliiij.  à  ceuz 
qui  lo  pooient  achater.  Ma  non  sembra  possibile  che  il  principe  in  modo 
così  crudele  volesse  giovarsi  delle  sofferenze  dei  cittadini.  Altre  testi- 
monianze confermano  la  fame  terribile  che  travagliò  la  città.  Malat. 
IH  ,  A.  GuiL.  App.  hi. 

*  Et  aucune  foiz  pour  la  grani  débUité  de  la  fain ,  le  viell  mo- 
roient  coment  bestes  sans  bénédictim  da  prestre ,  U  jovene  de  subite 
mort.  Amato  ,  ivi. 

»  Ivi  ,  19. 

4  Ivi  ,  Gdil.  App.  HI.  * 

^  Et  se  aucun  vout  mener  la  pietre  o  la  fionde ,  plus  tosi  fier  li 


—  230  — 

Sei  mesi  erano  Irascorsi  da  che  Salerno  trovavasi  asse* 
diata,  uè  per  forza  d'assalto  avevano  potuto  i  Normanni 
superarne  le  mura^  quando  volgendo  il  settimo  mese, 
riuscirono  per  sorpresa  ad  occiiparla  *.  Alcuni  tra  i  Sa-' 
lernitani  ricoverati  nel  campo  mostrarono  una  porta  che 
(li  recente  murata  non  aveva  guardia  ^  ed  ai  tredici  dc- 
cerubre  ,  nella  oscurità  della  notte  vi  condussero  un 
drappello  di  nemici  *.  Fu  rotta  ed  entrarono,  ninno  ti 
si  oppose  ;  tutto  era  silenzio  intorno  sopra  i  bastioni  e 
nelle  torri.  Accorsi  altri  cavalièri  e  fanti ^  s'inoltrarono, 
sorpresero  le  scolto ,  lipfono  quelli  nei  quali  si  scon- 
trarono ^.  La  debolezza ,  la  desolazione  era  tanta  ,  che 
niuno  osò  impugnare  le  armi;  e  solamente  dalle  ^rida 
dei  vincitori  che  acclamavano  il  Dnca,  Gisoiro  destato 


tten  que  li  am^mù  ^  et  cil  qui  vcitloietU  la  nuit  m  tiìts  tant   fttmni 
fieble ,  que  à  pène  pooient  n'ir  lor  mh.  ivi  »  23, 

*  ÀMkxo  àlee ,  che  il  Duca  enlro  neUa  ciiik  uegli  yde  de  dfcemhn 
e'  èst  lo  XVI  jor  (XUI).  ivi.  Anche  TAnon.  Cassin.  fa  durare  T  assedio 
dal  pridie  Non.  Maij  sino  agli  Id,  Dee,  ossia  come  dice  1'  Ann.  Bexev. 
ap,  Pertz,  111  Scrip,  in  festum  sanctac  Luciae,  Guil.  App.  ITI,  asse- 
gna oUo  mesi  air  oppugnazione  ;  ma  forse  vi  comprese  anche  V  assedio 
deUa  fortezza. 

*  Un  Salemitain  ala  à  lo  due ,  et  lui  disi  tout  ce  qu*  il  savoii  de 
la  citi ,  prie  A.  une  compagnie  une  petite  porte,  ec.  Amato  ivi.  Diver- 
samente altri ,  Infestationi  indivulse  permtens  tandem  ad  deditianem 
coegit,  Malat.  1.  c. 

Egressi  cives  octavi  tempore  mensis 
Inlerrupta  Duci  Roberto  moenia  pandunt.  Guil.  App. 
s  Et  saillent  sur  li  mur ,  et  entrent  as  tors ,  et  nul  ne  trotèrent 
qui  à  U  parlasi,,.  Et  li  due  come  sage  manda  auvec  eauT  dievalitrs 
et  autres  homes  armes ,  et  ceuz  qui  gardoient  tant  debile  de  fame  qui 
U  ncn  pooient  iair  à  la  bataille.  ivi. 


—  sal- 
dai sonno,  fuggì  insieme  ai  fratelli  nella  rocca  ^  Al  di 
seguente  Roberto  entrò  in  Salerno ,  che  il  Principe  ave- 
va giurato  incendiare  piuttosto  anziché  rendere  ai  nemi- 
ci *.  Pure  non  in  tutto  erano  cadute  le  speranze ,  rima- 
neva il  castello,  sovrastante  alla  città,  forte  per  sito,  pie- 
no di  difensori  disposti  a  disperata  resistenza  ^.  Tentò 
il  Duca  l'assalto,  ma  colpito  al  fianco  da  un  sasso  lan- 
ciato da  una  petriera,  fu  in  pericolo  di  perdere  la  vita  ^ 
Preparossi  quindi  a  bloccarlo ,  lo  circondò  di  palizzate  , 
e  mentre  a  sovvenire  alla  penuria  dei  cittadini  faceva 
recare  viveri  da  ogni  parte,  non  avendo  più  d'uopo  del* 
la  flotta ,  comandò  si  ponesse  ai  servigi  di  Riccardo  ^. 
Le  navi  di  Calabria  e  di  Amalfi  navigarono  nel  vicino 
golfo  di  Napoli  e  vennero  a  chiuderne  il  porto  ®,  mentre 
il  Principe  di  Capua  ripresa  l'oppugnazione,  faceva  co- 

•  Et  Guelfe  quant  U  di  ce  commensa  à  fouyr ,  et  $e  leva  de  son 
Ut.  ivi.      • 

*  Se  estoU  mist  en  euer  de  ardre  la  cité  s'U  non  la  pooU  diffen* 
dre,  ivi: 

^   Conscendit  turrim ,  quae  facU  cacumine  montis 
Praeminet  Urbanis,  natura  cujus  et  arte 
Et  gravis  accessus ,  non  hac  munitior  arce 
Omnibus  Iialiae  regionìbus,  ulla  videlur.  Guil.  App.  l,  e. 
4  Un  JQT  lo  dyable  liquel  aidoit  a  Gisulfe  en  sa  perversUé ,  la 
pierre  laquelle  estoU  mandée  en  la  tor  se  romppi ,  et  une  parte  de  la 
pietre  donna  a  la  eoste  de  lo  due,  et  parut  que  U  en  deust  morir. 
Amato  ivi.  Giìil.  App.  1.  e. 

'  Et  quant  lo  due  Richart  vit  que  la  Mgue  de  son  anemie  estoit 
venue  à  fin ,  cerea  adjutoire  à  lo  due  pour  venir  sur  Naples,  Amato 
ivi,  24. 

^  Lo  due  comanda  à  di  d' Amalfe  et  à  li  Cdabrex  que  li  aiUeni 
0  iout  lor  nefs  et  obéissent  à  lo  prince.  ivi. 


-232  — 

stPDire  fortezze  di  legno  intorno  la  città,  saccheggiando 
le  rertili  terre  vicine.  Ma  valorosamente  i  cittadini  re- 
spingevano gli  assalti  ;  invocati  con  preghiere  e  digiuni 
i  celesti  aiuti ,  sortivano  alle  offese  ,  incendiavano  le 
castella  e  le  macchine;  sorprendevano  le  navi  nemiche^ 
menando  nel  porto  due  galee  e  duecento  prigioni  *.  Al- 
lora Riccardo  innalzò  una  torre  più  presso  alle  mura  ; 
ma  anche  questa  fu  distmlta  *;  e  solamente  promet- 
tendo ai  suoi  cavalieri  dì  rendere  migliori  cavalli  per 
quelli  uccisi,  li  persuase  a  resistere,  e  con  più  furore 
che  fortuna  continuarono  le  zuffe  ^. 

Mentre  Napoli  difendevasi,  s*  arrendeva  Gisolfo*  Pas- 
sato breve  tempo ^  vennero  meno  te  provvisioni  della  for- 
tezza. Fu  necessità  ridurre  il  sostentamento  a  tre  once 
di  pane,  e  ad  una  di  ronnaggio;  acqua  he v evasi  da  tutti 
fuorché  dal  Principe  e  dai  fratelli  ^;  scarni  e  nnacileati 
erano  divenuti  air  aspetto  gli  assediali,  infievolile  le 
membra  non  reggevano  il  peso  delle  armi ,  ogni  bal- 
danza era  caduta  *.  La  sorella  di  Gisolfo,  che  ne  divi- 
deva le  sofferenze ,  pregò  Sichelgaita ,  che  volesse  aver 
pietà  della  sua  famiglia,  e  s'adoperasse  per  la  pace.  Ma 

*  Et  aueune  foiz  li  6on  ehevalier  Utoient  fors  et  dameùtU  li  Nar- 
*     mani  à  combatte^  et  aueune  foix  tomoient  o  vietaire...  Une  foia  pri- 

strent  ij  e.  et  ij.  gàlie$.  Wi. 

*  /m. 

s  Four  eeite  promesse  pristrent  cuer  li  Normant,  et  séeutèreni  li 
eUadin ,  et  les  oecistrent ,  et  pour  ce  que  li  ehevalier  fion  Umoient , 
furent  plusor  nwrt,  ivi. 

4  Ivi. 

*  Et  jà  se  mostrùU  la  magréee  en  lor  faees ,  et  la  vertu  faiShit  en 
kr  membre,..  ne  non  erioient,  ne  non  disoient  vergoigne,  ivi,  fS, 


—  233  — 

Ottenne  soltanto  cibi  per  sé  ed  i  8uoi,  non  altra  promes- 
sa, non  essendo  più  possìbile  indurre  il  Duca  ad  abban- 
donare la  conquista  *.  Vennero  non  pertanto  a  colloquio 
Gisolfo  e  Roberto ,  il  quale  udite  le  proposte  del  cogna- 
to respingevale.  «  Io  sperava,  disse,  che  il  tuo  paren- 
»  tado  dovesse  accrescere  la  mia  possanza ,  e  tu  stesso 
»  ne  saresti  salito  a  maggior  grandezza.  Pure  non  la- 
»  sciando  nulla  intentato  per  abbattermi,  cercasti  con- 
»  tro  me  alleati  a  Costantinopoli,  a  Roma,  presso  la 
»  Contessa  di  Toscana.  Ti  chiedeva  pace  per  gli  Amal- 
»  fitani ,  e  la  negasti;  ora  Dio  in'à  concessa  la  vittoria 
»  e  voglio  usarne.  »  Il  Principe  rispondeva,  accusando- 
lo di  aver  voluta  la  sua  distruzione.  «  Ecco,  diceva,  io 
»  son  divenuto  il  vitupero  del  mondo,  e  tu  vuoi  usur- 
»  parmi  l'avito  retaggio  che  dovresti  difenderei  »  Si 
partivano  irati;  ma  in* Gisolfo  lo  sdegno  era  vinto  dalla 
necessità ,  e  tornando  invano  ai  negoziati ,  fu  in  ultimo 
costretto  a  rendere  la  fortezza  nel  gennaio  del  1077.  Ne 
usci  Giovanni  suo  fratello,  n'uscirono  i  difensori  accol- 
ti umanamente  dal  Duca;  il  quale  volle  anche  un  dente 
di  S.  Matteo,  che  dalla  Chiesa  ove  serbavasi  era  stato 
tolto  da  Guaimaro  altro  fratello  del  Principe.  Grande 
virtù  s'attribuiva  alla  sacra  reliquia,  e  procurava  con 
l'inganno  serbarsela  Gisolfo,  inviando  invece  avvolto  in 
serici  drappi,  quello  d'un' Ebreo  morto  in  quei  giorni  ^. 

'  Et  la  dueesie  at  une  de  ees  ij.  gràces  e*  est  ^  fussent  mandées 
dhoxes  déliekmzes  à  mengier,,.  més  sa  bone  votante  lui  non  vouscon' 
eedir.  ivi. 

•  Amato  VUI  ,26. 

5  M, 


-234  — 

Ma  i  preti  lo  smentirono ,  e  minacciato  che  a  lui  si  ca- 
verebbe un  dente ,  ove  il  miracoloso  negasse  ,  lo  rese  *. 
Altri  contrasti  nascevano  a  cagione  delle  terre  che  i  fra- 
telli possedevano,  negando  il  Principe  fossero  comprese 
nella  capitolazione.  Fece  perciò  Roberto  apparecchiare 
una  nave  ed  i  ferri  per  inviarlo  prigione  in  Sicilia ,  e  fu 
grande  la  commozione  ed  il  terrore,  onde  Landolfo  ri- 
nunziò al  possesso  della  valle  di  S.  Severino  e  di  Poli- 
castro,  e  Guaimaro  al  Cilento  *.  Cadeva  così  il  Princi- 
pato di  Salerno ,  durato  duecentotrentasette  anni ,  e  ri- 
dotte in  condizione  di  vassallo  le  stirpi  signoreggianti 
dei  Longobardi  andavano  a  perdersi  in  quelle  degli  in- 
digeni. Gisolfo  dalla  commiserazione  dal  vincitore,  ot- 
teneva mille  bisanti ,  e  la  libertà  dopo  aver  giurato,  che 
né  per  sé  né  per  altri  avrebbe  cercato  di  riprendere  il 
dominio  perduto  ^.  Ricoverò  dapprima  nel  campo  di  Ric- 
cardo presso  Napoli ,  poi  in  Capua  *,  seco  traendo  V  im- 
portuna memoria  della  passata  grandezza. 

*  Im  dente  non  estoit  fatte  ensi  coment  li  prestre  disoit.  Lo  due 
manda  disant  à  lo  prince  que  s*  il  non  avoit  la  dent  de  saint  Mathie 
propre  à  la  jor  séquente ,  qui  trairoit  à  Gisolfe  la  dent  $oe.  ivi. 

»  Lo  due  fist  venir  li  nave  à  lo  pori  et  feri  pour  loier  lo  prince , 
quar  lo  voloit  tnander  à  Palerme,..  Et  alore  fu  un  petit  de  plaint... 
Landulfe  rendi  la  vai  de  Saint  Severin  et  Pollicastre ,  et  Guaymère 
rendi  Cylliente.  ivi ,  29. 

^  Giura  Gisolfe  que  par  soi  ne  par  autre ,  mais  non  cercì^era  lo 
prineipée  de  Saleme..,  Et  la  ducesse  par  comandement  de  lo  due  lui 
donna  moult  de  choses  et  li  due  lui  donna  mil  besans  et  chevaux  et 
muh,  ivi.  Quocumque  vellet  abeundi  libertatem  dedit.  Mal.\t.  IH ,  4. 
Gm.  App.  ih. 

4  yen  ala  à  lo  prince  Richart  et  fu  receu  gratiousement,,..  Et  à 
fé  que  vesquis  plus  quiétement,  mentre  qu*U  estoit  sur  JSaples  lo  man- 


—  235  — 

E  forse  a  cagione  del  concesso  ricovero  s'intepidiro- 
no le  relazioni  tra  Roberto  e  Riccardo,  il  quale  si  que- 
relò del  fiacco  soccorso  che  le  navi  del  Duca  gli  ave- 
vano dato.  Ma  i  vicendevoli  rancori  sparirono  subilo ,  e 
la  flotta  che  bloccava  Napoli  fu  accresciuta  ed  altre  mi- 
lizie vennero  in  sostegno  agli  assedianti,  e  quindi  Gisol- 
fo  cercò  in  Roma  un'asilo  più  sicuro  *. 

La  nuova  della  conquista  di  Salerno  era  pervenuta  a 
Gregorio  VII  quando  egli  conseguiva  il  maggiore  suo 
trionfo.  Richiesto  dai  Principi  Tedeschi  di  voler  presie- 
dere la  Dieta  d'Augusta,  sul  finirò  dell'anno  1076,  ben- 
che  il  verno  fosse  aspro,  s'era  posto  in  via  accompa- 
gnato dal  Cancelliere  dell'Imperio  Gregorio  Vescovo  di 
Vercelli  *.  Ma  giunto  in  questa  città,  udendo  che  Arrigo 
stesso  scendeva  in  Italia,  per  sospetto  si  ritrasse  nel 
castello  di  Canossa  appartenente  alla  Contessa  Matilde  ^ 
Respinto  in  Germania,  il  Re  passava  le  Alpi  in  sem- 
bianza di  penitente,  e  depresso  il  superbo  sdegno  nel- 
l'animo, invocava  perdono.  Umiljossi,  s'invilì,  fu  as- 
soluto, prostrandosi  ai  piedi  del  Pontefice,  nel  ventotto 
gennaio  del  1077  *.  La  memoria  però  della  sofferta  in- 
giuria vinse  ogni  più  mite  proposito ,  uscito  da  Canossa 

da  à  Capue,  Més  en  petit  de  tempi  te  partvrent  corroeUi  lui  et  lo 
prince.  Amato  ivi. 

■  Et  pui%  refirent  paix,...  Et  lo  due  manda  plu$  de  nefs  por  re- 
etraindre  lo  port  de  Naple.  ivi ,  31. 

•  BoNizo  Vin ,  ec. 

s  Et  sunt ,  qui  dieunt ,  eum  Pontifieem  ineautum  voluhte  capere. 
ivi ,  Lamb.  Scanp.  ad  an. 

4  Per  aliquot  dies  supet*  nives  et  gla^s  diseaiceatui  j^ibue  perdìh 
rant,  Bonino  1.  e. 


—  236  — 

lo  circondavano  i  Vescovi  scismatici,  i  capitani  di  Lom- 
bardia si  strìngevano  intorno  a  lui  *;  e  prima  in  segreto 
poi  scopertamente  dichiarandosi  nemico  del  Papa,  Ar- 
rigo continuò  ad  opporgli  le  insidie  e  la  forza.  Questa 
mutazione,  e  gli  ingannevoli  trattati  costrinsero  il  Papa 
a  rimanere  nei  dominii  di  Matilde  durante  quasi  tutto 
quell'anno,  e  soltanto  nei  settembre  tornato  in  Roma* 
vi  accolse  affettuosamente  T  esule  Gisolfo  concedendogli 
il  governo  d'alcune  terre  nella  Campagna  Romana  ^. 

Intanto  incerta  pendeva  la  lotta  in  Alemagna.  Tra  i 
Principi  ed  il  Papa  erano  seguiti  altri  negoziati ,  e  cre- 
scendo i  seguaci  d'Arrigo  in  Italia,  si  riunivano  ì  suoi 
nemici  a  Forcheim  per  dichiararlo  decaduto  dal  trono. 
Non  potendo  recarvisi  Gregorio ,  per  mezzo  dei  suoi  le- 
gati proponeva  s'indugiasse  ogni  risoluzione;  prevalse 
però  il  partito  di  eleggere  un  altro  Re,  e  fu  prescel- 
to Rodolfo  di  Svevia  nel  marzo  del  1078  *.  Ma  .come 
r avvilimento  di  Canossa  aveva  resi  più  arditi  gli  scisma- 
tici in  Lombardia;  così  ora  la  deposizione  d'Arrigo,  ri- 
sollevava i  suoi  fautori  in  Germania  *.  In  Italia  erano 

•  Noctibus  earum  nefariis  acquiescens  cimsiliis  illud  mente  tracia- 
bat.  ivi. 

»  In  castello  eodem  ,  quarn  jrro  tot  et  tantis  ereticorum  et  scisma- 
ticorum  scandalis  et  repugnanfiis  non  parum  maestificatus  usque  in  au- 
gustum  mensem  perstitit.  Berth. 

*  Ao  rechut  come  ancor  de  pére  et  monstra  à  li  Romain  et  toute 
manière  de  gent  coment  lui  vouloit  bien ,  et  lo  fist  prince  de  toutes 
les  chozes  de  V  Eglize.  Amato  VUI  ,  51. 

.  .  .*  .  venientem  Papa  benigne 

Suscipìt  et  regio  Campanica  traditur  illi.  Guif..  App.  \\\. 
4  BoAizo  Vni ,  Lamb.  Scanf.  ad  an.  Berth.  Costan.  Chh. 
»  Quod  factum  magna  clade  intulit  Romano  orbi.  Bonizo  VUI. 


—  237  — 

i  Vescovi  ed  i  signori  feudali  che  minacciati  dal  riscuo- 
tersi dei  borghesi  e  dei  vassalli  sostenevano  il  Re  Te- 
desco contro  il  Papa  protettore  dei  Pateripi  ;  ed  in  Ger- 
mania erano  principalmente  le  città  ed  il  popolo ,  che 
temendo  V  oppressione  dei  Principi  e  la  loro  potenza  si 
dichiaravano  per  Arrigo  ^  E  questi  giovandosi  del  du- 
plice aiuto,  si  trovò  presto  in  condizione  di  contrastare 
al  suo  emulo ,  e  traversando  il  Fruii  e  la  Carinzia  mos- 
se contro  i  suoi  nemici  *• 

11  Papa  senza  dichiararsi  ancora  fra  i  contendenti  , 
piserbandosi  il  supremo  arbitrio  delle  loro  ragioni ,  ne- 
goziava con  entrambi  e  con  i  Principi  ^,  ed  aspettando 
gli  effetti  delle  pratiche  e  delle  armi,  rivolgevasi  ai  pe- 
ricoli più  vicini  e  più  temuti.  Un  nuovo  accrescimento 
air  autorità  del  Pontificato  era  venuto  in  quei  giorni 
dalla  sommessione  della  Corsica  *,  che  s'era  posta  nel- 
r  obbedienza  della  Sede  Apostolica,  e  dalla  donazione 
fatta  da  Matilde  al  Papa  di  tutti  i  suoi  possessi  ^.  Ma 
piena  di  agitazioni  ed  in  preda  agli  avversarii  rimaneva 
la  Lombardia,  ostili  e  cupidi  d'altri  acquisti  si  mostra- 
vano i  Normanni.  Se  con  Arrigo  avessero  stretti  accordi 

*  Maxima  pars  exercitus  ejus  ex  mercataribus  erat,  Bbuno  de  beli* 
Sax.  p.  m. 

*  Congregans  omnes ,  quos  habere  poterai  Longobardos  «  Veronam 
profieiscitur.  Arnul.  Med,  V,  iO. 

^  Berth.  Costan.  ad  an, 
4  Epist.  V,  2.  4. 

*  Iram  Imperatoris  Henrici  sUn  infesti  metuens ,  Liguriam  et  Tu* 
sciam  prwincias  Gregorio  Papae  et  sanctae  Romanae  ecdesiae  devo* 
tissime  obtulit.  Per.  Due.  Ili ,  49.  La  donazione  fu  poi  rinnovata  nel 
«02. 


—  238  — 

s'ignora;  Riccardo  però  aveva  continuato  ad  assediar 
Napoli,  la  quale  resisteva  con  tanta  pertinacia  da  far 
credere  che  i  Santi  stessi  pugnassero  in  sua  difesa  *•  E 
Roberto  poiché  ebbe  innalzale  altre  torri  in  Salerno  on- 
de assecurarsi  di  quella  parte  della  città  posta  nel  piano, 
aveva  assalito  Benevento*  Landolfo  VI,  ultimo  di  sua 
stirpe  e  vassallo  del  Papa  v'era  morto  nel  novembre  del 
1077  *,  e  come  suo  feudo  pretendeva  la  Chiesa  il  Priii' 
cipato;  ma  il  Duca,  profittando  dell' universale  pertur- 
bazione ,  e  consentendolo  Riccardo,  tentò  impadronirse- 
ne ^.  Vi  condusse  intorno  T esercito,  sacchegjjiò  le  terre 
dei  cittadini  per  indurli  a  rendersi  ^  alzò  castella  e  mac- 
chine per  batterla  *•  E  in  questo  mezzo  altri  Normanni 
irrompevano  nelle  Marche  di  Fermo  e  di  Spoleto ,  nella 
Sabina  e  nella  Campagna,  e  perfino  in  Roma  macchi- 
navano. Mentre  in  Aleniagna  l'Imperio  pendeva  dalla 
sentenza  del  Pontefice,  ed  alla  sua  voce  tiemavanu  i 
Re,  lieti  di  chiamarsi  vassalli  del  Beato  E^ielro,  quelli 
che  feudatarii  e  sostegno  erano  stati  dalla  papale  gran- 
dezza miravano  a   spogliarla  dei   suoi  patriwonii ,  e 

■  Sanctus  ChrUti  tnartyr  Jantutrius  cum  aliU  dealbatis  saepiut 
videbatUur  a  principe  et  ejus  ewereitu  per  castra  artnati  discurrere. 
Petr.  Due.  m.  45. 

■  Quinto  decimo  kaL  decembris  obiit  Landulfus  princes,  an.  4077 
ind,  XV,  Chr.  S.  Soph.  nel  Catal.  dei  Prtnc.  Bene»,  si  dice  morto 
nel  27  decembre. 

*  Avec  lo  conseill  et  avec  la  licence  de  lo  prince  kUstant  les  neft 
à  lo  pori  et  li  chevalier  en  garde  de  lo  chastel  lo  due  ala  à  assegier 
Bonivent,  \ÌU  ,51.  Quarto  decimo  kaL  januarii  venit  super  Bem» 
ventum  Bobertus  Dux*  Ann.  Bèkev.  Pebtz.  ni ,  Script. 

4  Fist  forteresce  entor  et  afflisi  li  citadin  de  le  chose  hr.  Amato  l.  e» 


—  239  — 

ad  usurparne  !a  sede  stessa.  Indarno  Gregorio  VII  im- 
póse a  Roberto  in  nome  dell' antica  autorità  che  s'allon- 
tanasse da  Benevento ,  il  Duca  rifiutò  obbedirgli  *  ;  e  la 
città  sarebbe  caduta  se  d' altra  parte  non  veniva  il  soc- 
corso. Nel  febraio  di  quell'anno  s'adunavano  al  quarto 
Concilio  Lateranense  oltre  a  settanta  Prelati  ^;  Rodolfo 
ed  Arrigo  vi  avevano  inviati  ambasciatori,  a  sostenere 
i  loro  dritti  a  promettere  obbedienza  e  devozione  al  Pon- 
tefice. Ma  rinviando  il  Papa  la  decisione  ad  una  Dieta 
da  convocarsi  in  Germania,  dove  egli  o  i  suoi  legati 
avrebbero  udite  e  discusse  le  ragioni  di  entrambi ,  in- 
giungeva si  posassero  le  armi  sino  a  quel  tempo  ^.  In- 
tanto fulminando  altra  volta  d' anatema  Guiberto ,  Ugo 
Candido  e  gli  altri  Vescovi  scismatici,  pubblicamente  si 
dichiaravano  nel  Sinodo  scomunicati  tutti  i  Normanni 
infesti  alle  terre  di  S.  Pietro.  Cioè  gli  assalitori  della 
Marca  di  Fermo  e  del  Ducato  di  Spoleti ,  quelli  che  as- 
sediavano Benevento  ,  che  invadevano  e  depredavano 
la  Campagna,  la  Marittima  e  la  Sabina,  ed  osavano  per- 
turbare Roma,  a  Qualunque  Vescovo  o  Presbitero  che 
»  ad  essi ,  sino  a  quanto  non  siano  assoluti ,  amministri 
»  i  divini  ufficii,  vogliamo,  soggiungeva  il  Pontefice,  che 
»  in  perpetuo  s' intenda  rimosso  dal  sacerdozio  ^. 

'  Et  niH  Romanus  Pantif ex  cuius  praecqfto  parebat ,  hoc  idem  Duci 
prókUmUset ,  nequaquam  db  incoepto  desisterU.  Rom.  Saler.  ad  an, 

•  Ivi. 

'  Berte.  Costar,  ad  an, 

4  Excomtmicamus  omnes  Nortmannos  qui  invadere  terram  5.  Petti 
taborant  videlicet  Marehiam  Firmanam ,  Dueatum  SpóUtinum ,  et  eoi 
qui  Beneventum  obsident ,  et  qui  invadere  et  depredare  Campaniam 
nUuntur  et  tnaritima  atque  Sa^noSf  nec  non  qui  tentant  urbem  Mo» 


ero  ebbero  le  pratiche  presso 
dano  figliuolo  del  Principe  Riccardo  ,  che  due  vo 
padre  era  stato  ribelle ,  ed  ora  vedendolo  infermo  ,  T  ab- 
bandonava. Spaventato  dallo  scomunica ,  o  trovando  it 
essa  un  opportuno  pretesto  apertamente  si  separò  da 
nemici  del  Papa ,  ed  insième  a  suo  lio  Rainulfo  signor 
di  Caiazzo  Avellino  e  Mercogliano ,  fu  in  lionia  per  far 
si  assolvere  e  per  unirsi  in  lega  con  Gregorio  VII  '^ 
L'ultimo  ostacolo  alla  civile  discordia  dei  Normanni 
tolto  dalla  morte  di  Riccardo.  Pervenuto  al  ternaìnedeW 
la  vita,  prima  di  scioglierlo  dalle  censure,  gli  iinpos 
il  Vescovo  d'Aversa  di  restituire  le  terre  della  Chiesi 
occupate  in  Campagna ,  e  ribenedetto  mancò  nel  etnqutl 
aprile  ^.  Ebbe  aita  e  robusta  la  persona  ^  forte  l'aninioj 
sagace  nei  consigli ,  generoso  e  benevolo  ai  suoi  mo^^ 
stressi ,  terribile  ai  nemici  ^,  La  redata  Contea  mutò  in 


manam  confundere ,  et  quieumqm  €ùmm  seu  £pùwp%u  im  ^^u^fi 
ter  pTaedÌ€tis  Nortmannù ,  àmcc  excmnunieaH  fuerifU  divinum  0$^ 
cium  fecerit ,  a  iocerdolali  ufficio  perpetuo  luèmovcmui,  €o.^ctL.  XX. 
p.  505. 

'  Et  Jordain  fili  de  lo  due  (sic) ,  avec  lo  conte  Rogier  (  Raioulfe  ) 
ion  onde ,  volani  avoir  la  gràce  de  V  Eglixe ,  alèrent  à  Rome  et  fw- 
reni  absolut  de  la  excommunication  et  firent  ligue  de  fidelità  avec  k 
pape.  Amato  Vlil ,  38.  Pet.  Diac.  1.  e. 

^  Richardus  princeps  obiit  V  feria  Coena  Domini.  Akon.  Gass.  1078. 
Chr.  Cav.  Et  quant  il  vini  à  mori  rendi  à  saint  Pierre  la  Campaù 
gne ,  et  absolut  de  lo  évesque  de  Averse  fu  mori  et  enterré  en  edUd 
jor  que  Ishu- Crisi  céna  avec  ses  disciples.  Amatq  ivi,  54.  Con  la  morte 
di  Riccardo  finisce  la  Cronaca  di  Amato  ,  il  quale  aggiunge  un  solo  ca- 
pitolo per  enumerare  i  grandi  benefici!  che  il  Principe  di  Capna  e  Ro- 
berto fecero  al  Monastero  pregando  Iddio  che  pour  la  mérite  de  SaùU 
Bénèdit ,  lor  en  rende  mérite  en  vie  eterne. 

*  FuU  autem  hie  statura  proeerus^  forti  animo  ^  ingenio  astulus, 


* 


—  244  — 

Principato,  nella  Campania,  ed  oltre  fra  i  Marsi  e  quasi 
insino  a  Roma  estese  il  dominio,  ed  ambì  signoreggiarvi 
emulo  non  indegno  di  Roberto.  Nemici ,  a  vicenda  si 
sarebbero  infrenati ,  concordi  nelle  ambizioni ,  forse  la 
politica  potestà  dei  Papi  sarebbe  in  tutto  venuta  meno  , 
se  non  troncava  la  morte  quell'alleanza. 

Appena  mancato  Riccardo,  Giordano  riconosciuto  suo 
successore,  e  Rainulfo  concessero  pace  a  Napoli^;  e 
ricevuti  quattro  mila  e  cinquecento  bisanti  dai  Bene- 
ventani ,  mossero  contro  il  Duca  di  Puglia  ,  e  lo  co- 
strinsero a  levarsi  dall'assedio  ^.  Roberto  si  ritrasse  in 
Troia ,  dove  ,  quotando  per  poco  il  rumore  delle  armi , 
soffermavasi  in  altre  cure.  Àzzo  II  Marchese  d'Este  ben- 
ché innanzi  si  fosse  dichiarato  grande  fautore  del  Pon- 
tefice ,  veniva  ora  egli  stesso  a  richiedere  la  mano  di 
Eria  figliuola  del  Duca  per  suo  figlio  Ugo  ^;  e  splendi- 

largitaie  famosus^  circa  benevolus,  et  stìn  fidelibui  mansuetas  alque 
benignus ,  rebellibus  autem  perfidù  vtUde  terribUis.  Romual.  Salern. 
ad  an. 

*  Sed  eiu$  obsidio  dissipata  est  a  RodtUpho  Pipino  Comite,  Lupo  , 
ad  an.  Frinceps  enim  favens  papae  Gregorio  acceptis  a  Benevetitanit 
quatuormilibus  quingentis  bisantiis  ec.  Petr.  Diac.  1.  e.  Sedit  ibi  usque 
in  6  idus  aprilis.  Ann.  Bekev. 

*  Et  Neapotis  obsidione  soluta  est,  Anon.  Cass.  ad  an. 
»  Amato  VUI  ,33. 

Dumqae  moraretur  Trojanae  moenibus  urbis 
Nobilis  advenìt  Lombardus  Marchio  quidam 
Axo  vocalus  erat,  secum  deduxit  Hugonem 
nitistrem  natum  :  Ducis  huic  ut  filia  detur.  Guil.  App.  HI. 
Secondo  narra  Ord.  Vit.  L.  VIU,  Ugo  d' Este  dopo  la  morte  di  Ro* 
berlo  :  generosae  conjugis  magnanimitate  (erre  non  valens  repudia- 

VOL.  u.  ^6 


—  242  — 

d amente  &i  festeggiò  il  parentado  alla  presenza  dei  Con- 
ti Normanni,  costretti  in  quella  occasione  ad  offrire  un 
donativo.  Conforme  agli  usi  feudali  era  ia  ricbiesta  pre- 
stazione «  ma  insolita  ancora  negli  stati  del  mezzodì, 
ove  indefinita  e  contrastata  rimaneva  tuttavia  la  supre- 
ma autorità  di  Roberto,  Ogni  nuovo  atto  perci6  che 
mirasse  a  rafTerraarta  suscitava  gelosie  e  rancori.  In- 
sofferenti del  vassallaggio  obbedirono  non  pertanto  i 
Conti,  ma  serbando  negli  animi  lo  sdegno^  inclinarono 
alle  nemiche  suggestioni  '. 

Celebrate  le  nozze  il  Duca  aveva  raggiunto  il  fratello 
Ruggiero  in  Calabria  sotto  le  mura  dì  S.  Severina*, 
Abagelardo  vi  si  sosteneva  con  molta  virlù ,  ed  aiiabc 
quando  fu  cresciuto  il  numero  degli  assedianli  y  irrum- 
peva  con  improvise  sortite  a  combatterli  ^.  1  disperati 
sforzi  favori  la  fortuna,  poiché  trovandosi  a  quella  im* 
presa  Roberto,  Giordano  e  suo  2Ìo  Hainulfo^  collegati 
al  Pontefice,  s'adoperarono  ad  incitargli  contro  una  più 
vasta  ribellione.  Furono  in  segreto  inviati  messaggi  ai 
Conti  in  Puglia  ricordando  gli  onerosi  servigi  imposti , 
i  violali  diritti ,  il  dominio  preteso  dal  Duca  *.  li  Prin- 

vit.  Pro  qua  re  Papa  Urbanus  palam  ipsum  excommunkatit.  Diceu 
che  sposasse  dopo  Rinaldo  Conte  dei  Marsi.  Castella  Chr.  Com.  Mar, 

' comuniter  ìHi 

Chnnes  tristantur,  quasi  Tecligalia  poscì 
A  Duce  miraotes,  sed  non  obstare  valentes, 
Et  mulos  et  equos ,  diversaque  munera  praebent.  Gull.  App.  I.  e. 
»  Malat.  Ili ,  5. 

^  Saepeque  conffredUur,  multa  mUUiae  congruentia  perpetrata  «ini/.ìfi. 
4  Tandem  consilìis  Jordanem  patre  Richardo 
Participant  natum ,  patruo  simul  omnia  pandunt 


—  2r43  — 

cipe  di  Capua  ed  il  Papa  s'offrivano  pronti  ad  una  lega , 
lasciavano  a  ciascuno  travedere  la  possibilità  di  render- 
si indipendente,  ed  infiammate  così  le  menti,  congiura- 
vasi  da  ogni  parte.  Altri  avvenimenti  aiutavano  gli  osti- 
li proposili.  Michele  VII  Imperatore  d'Oriente  congiunto 
di  Roberto  era  stato  balzato  dal  trono.  Inetto  a  respin- 
gere le  correrie  delle  barbare  generazioni  che  avevano 
invase  le  province;  non  valse  meglio  a  spegnere  le  in- 
terne sedizioni.  Prima  un  Niceforo  Briennio  Duca  di 
Durazzo  insorto  neir  ottobre  del  1077  fu  preso  ed  acce- 
cato ,  poi  Niceforo  Betoniate,  sollevandosi  in  Nicea  con 
lieve  contrasto  nel  marzo  1078  la  moglie  e  la  corona 
usurpando  a  Michele ,  rilegollo  nel  Monastero  di  Stu- 
do  ^  E  fatto  evirare  e  vestir  frate  suo  figlio  Costantino, 
Elena  ed  un'altra  figliuola  di  Roberto  che  ivi  trovavasi 
ritenne  prigioniere  ^.  Frattanto  rumoreggiava  anche  la 
Sicilia.  Ruggiero  nel  recarsi  in  Calabria,  aveva  affidato 

Ranuulfo  Corniti.  Guil.  App.  IH. 
Princeps,,,,  cum  universis  comitibus  Apuliae  contra  eum  cospirat. 

PeT.  DlAC.  1.  e. 

•  ZoNABA.  L.  xvin. 

*  Botoniates  quidam  factus  est  imperator ,  qui  et  ctbstulit  praedi» 
ctus  Midiaelis  uxorem^  et  abusus  est  ea.  Lupo  ad  an.  Ipso  quoque 
filius,,,  turpiter  eunuchizalus,,,  Ipsam  Ducis  filiam  reclusam  diligenti 
custodiam  observàbant,  Malat.  HI ,  d5.  Zonara  ,  dice  che  fu  subito 
rimandala  al  padre ,  invece  Ord.  Vit.  Vili ,  narra  che  oltre  Elena  vi  fos- 
se un'  altra  sorella  e  che  entrambe ,  post  Umgum  tempus  Rogerius  co- 
rniti Sicitiae ,  Augusto  (avente ,  ut  amico  redditae  sunt,  V  altra  so- 
rella si  vuole  fosse  Mabilia  che  poi  sposò  Guglielmo  di  Grentmesnil.  Di 
Elena  rimane  ricordo  in  un  diploma  del  1091  di  Arrigo  Conte  del  Gar- 
gano ,  nel  quale  si  parla  della  Chiesa  di  S.  Bernardo  edificata  dalla  Re- 
gina Elena  nella  città  Medianense.  Chr.  S.  Soph.  ap,  Ugh.  X. 


—  244  — 

iì  eomando  dell! isola  ad  Ugo  dì  Girgea  suo  genero,  im- 
ponendogli di  non  provocare  a  battaglia  i  Musulmani, 
e  di  guardarsi  dagli  inganni  di  BeDavert  che  dominava 
in  Siracupa  *.  Ma  il  giovine  Coele  cupido  di  gloria , 
ehiamò  da  Traina  Giordano  fìgtio  naturale  di  Ruggiero 
e  seco  )o  trasse  in  Catania,  apparecchiaodost  ad  assalire 
t  nemici.  Allora  Benavert  prevenendo  ì  suoi  disegni , 
celata  in  reconditi  luoghi  una  parte  deiresereito  ^  Fece 
avaniarf"  sin  pres&o  le  mora  della  città  alcune  schiere* 
Provocali  dall'assalto  i  Normanni,  e  ruriosaraenle  usci- 
ti a  combattere,  lasciandosi  trasportare  dal  giovanile 
ardore  dei  duci  caddero  nelle  insìdie.  Né  potendo  resi- 
&terp  air  urlo ,  scainparono  alcuni  con  Giordauo  fog- 
genilo  ;  ma  Ugo  e  molti  altri  Turono  uccidi  *.  Udi- 
ta la  sconfitta  ,  Ruggiero  lornò  in  Sicilia,  ed  il  Dti- 
m  Tu  anch'  egli  eostretto  dai  sopraggìunti  moli  ,  ad 
abbandonare  T assedio  di  S*  Severìna  ,  dopo  averla  eia* 
ta  dì  tre  castelli ,  nei  quali  pose  a  guardia  Erberto 
Faloch,  e  i  due  fratelli  Rtnaldo  dì  Semoul  e  Trista- 
no Balbo  \ 

Le  trame  segrete  per  commuovere  a  sedizione  i  Conti 
erano  riuscite  ;  il  Papa  onde  darvi  maggiore  appoggio  si 


•  MujiT.  m ,  IO. 

*  irù  Scbbese  m1  IUìjliimui  ,  ^wsu  &tto  è  Mlito  mtà  1076  mi 
esite  a  rtferìrio  al  I07&  ProKUwlMran  b  dfri  ■umctìci  fa  alt«ntt 
e  Mm»dosì  dspo  1^  issodìe  4i  SilenN» ,  e  éktmào  il  Croaistt  d^  ii 
^pel  lewyo  Ri^ggìer»  fmiÈmaémm  ■tmnitafaBi  m  mtmemUikm  •  Skitié 


—  245  — 

recò  nel  giugno  in  Capua  * ,  e  mentre  in  Puglia  Ermanno 
fratello  di  Abagelardo,  e  Guidilone  suo  cognato  ripren- 
devano le  offese,  il  Conte  Baldovino,  Errico  Conte  del 
Gargano ,  Roberto  e  Goffredo  di  Montescaglioso  nipoti 
del  Duca ,  Pietro  Conte  di  Taranto ,  insieme  ad  Amico 
Conte  di  Giovenazzo  e  Pietro  già  Conte  di  Trani  suoi  zii, 
si  levarono  in  armi  *.  Né  solamente  questi  ed  altri  po- 
tenti signori  si  dichiararono  nemici;  ma  Pugliesi,  Cala- 
bri,  Lucani ,  in  diversi  luoghi  cominciarono  a  tumultua- 
re ed  insorsero  contro  la  dominazione  straniera.  Quindi 
dovunque  furono  rumori  d'armi,  ed  ostili  fazioni,  ra- 
pine e  morti  ^. 

li  Conte  Pietro  che  altra  volta  era  stato  signore  di 
Trani,  tornò  ad  impadronirsene  *,  altre  città  furono  oc- 

■  V  Epist,  1,  del  lib.  VI ,   è  scritta  da  Capua  nel  giugno  dì  que- 
sC  anno. 

• Petrus  et  Golfredus  aperu 

Mentis  fraude  ducem  coepere  lacessere  bellis. 

Amissaeque  nepos  terrae  memor  Abagelardus 

Filius  Umfredum  loto  conamine  teniat 

....  socio  Guidilone  sororcm 

Cui  dedit  uxorem  ,  ncc  Balduinus  eornm  '  « 

Defuit  auxiliis ,  et  lingua  doctus  et  annis. 

His  Comes  Henricus  Comes  et  sociatus  Amicus 

Doclior  bis  aderat  Robertus  de  Scabioso 

Monti  dictus  Gof&edi  fraler.  ec.  Guil.  App.  HI. 
.    ^   Homnes  hi  privare  Ducem  conantur  honore  : 

Haec  dissentio  non  loca  contulit  Appula  tantum  ; 

Sed  Calabris  etiam  ac  Lucanis  regnat  in  oris 

Nec  non  Campanis,  metus  et  koslilis  ubique, 

Latronum  rabies  passim  baccatur.  ivi. 
4  hi,  ErUravit  Petronus  in  Tranum,  Lgpo  ad  an.  1079.  Curom* 
Bbev.  Norm.  ad  an,  1078. 


-  246  — 

cupate  dai  ribelli,  altre  si  dieliiararono  libere,  rieoùo- 
scendo  T  autorità  tleirimporatore  trOriente  ';  e  lo  stes- 
so fecero  alcuni  Conti  per  rimanere  ìnJipcD«]enti  *.  An- 
che nella  Marca  Toalina  Trasiiiondo  Vescovo  dì  Valva 
ed  Abate  di  Casanria ,  preparava  armi  e  munizioni  per 
riprendere  i  possessi  tolti  al  monastero;  ma  nelF agosto 
Ugo  Mahrie^zetto  primo  tra  i  feudatarii  di  Hoberto  di 
Loritello,  simulando  amicizia,  lo  sorprese  e  ritenendolo 
prigione  saccheggiò  la  Badia,  e  distribuì  le  rimanenti 
terre  ai  suoi  militi  *. 

L'universale  commozione  venne  estendendosi  sul  fi- 
nire dell'anno  1078,  Non  tutti  i  Conti  però  vi  parteei-  i 
parono,  ed  alcuni  per  interesse,  o  più  prudenti  si  man- 
tennero fedeli  a  Roberto  *.  Lasciando  S.  Severina  ,  egli 
era  venuto  sopra  Cosenza  insorta  ai  primi  rumori.  La 
pronta  repressione,  oscuramente  aceeimata  *^ ,  sendjni 
che  impedisse  ogni  altro  movìnienLo  in  Calabria»  dovv 
le  cagioni  di  turbolenza  furono  pi'esto  rimosse,  roicìiè 

'  Un  ìstrumento  di  quesl'  anno  che  si  conservava  nel  Monastero  di 
S.  Benedetto  in  Conversano  segnava  V  anno  primo  deU*  Imperio  di  Ni- 
ceforo.  De  Meo  ad  an. 

•  Si  vedrà  in  prosieguo  Errico  Conte  del  Gargano  e  dì  Lucerà  ,  in- 
titolare i  suoi  atti  col  nome  del r  Imperatore  Alessio. 

3  Ugo  namque  Malmezzettus  videns  novas  munitiùnes  fieri  et  me- 
tuens  ipsas  fore  impedimentum  sibi  invaserat  multa  castella  et  mu- 
nitiùnes et  maanmam  partem  illius  regiones ,  finxU  se  amicabUiter  vel- 
ie habere  colloquium  cum  Abaie,  ec.  Lo  ritenne  prigione  sino  a  che  otn- 
nia  nova  a£dificia  dirueret,  Chr.  Casaur.  ad  an, 

4  Sed  quamvis  kostes  essent  Ducis  agmine  plures 

Pars  bello  melior  Roberto  semper  adhaeret.  Gcil.  App.  IH. 
s   Gente  sua  Calabras  cum  parte  profectus  ad  oras 
Et  Cusentinos  sibi  pacificavit.  ivi. 


^ 


—  247- 

intorno  quel  tempo  o  poco  innanzi  le  milizie  del  Duca 
avevano  occupata  per  sorpresa  o  per  forza  Canne,  e  fatto 
prigione  Ermanno  che  n'era  Conte*,  questo  accidente 
agevolò  r  acquisto  di  S.  Severina.  Abagelardo  volendo 
ottenere  la  libertà  del  fratello  promise  in  sua  vece  ren- 
dere la  città  ^.  Ma  contro  la  fede  data  essendo  stato  Er- 
manno rinchiuso  nel  castello  di  Mileto,  Abagelardo  in- 
darno richiamandosene  a  Roberto  si  partì  nuovamente 
crucciato  da  lui  e  raggiunse  in  Puglia  i  ribelli  ^ 

Al  vantaggio  ottenuto  dal  Duca  si  contrapposero  più 
gravi  danni.  Mentre  egli  era  intento  a  raccogliere  le 
sue  forze,  ed  il  verno  ritardava  la  guerra,  progredivano 
e  s'accrescevano  i  suoi  nemici.  Amalfi  insofferente  del- 
la perduta  autonomia,  si  ribellava  eleggendo  a  Duca 
Marino  Sebaste*,  nella  Contea  di  Nocera  tornava  ad 

'  In  Apuliam  seccssU ,  ubi  non  multo  post  apud  Cavam  (sic)  in 
quodam  congresfu  Heremannum  Comitem  frairem  Abagelardi  capiens, 
Rogerio  fratti  in  tum  Meliiensi  retrudendum  mUtU.  Malat.  Ili ,  5. 
Deve  leggersi  invece  di  Cavam ,  Cannem ,  perchè  di  questa  città  era 
Conte  Ermanno ,  Amato  VII ,  6 ,  e  perchè  Canne  scrisse  anche  V  Ano- 
nimo Sic. 

*  Malat.  ivi, 

^  Ivi,  Narra  che  il  Duca  promettesse  al  nipote  di  far  libero  il  fra- 
tello ,  allorché  si  sarebbe  recato  al  Gargano  ;  ma  allorché  Abagelardo 
lo  richiese  di  mantenere  i  patti,  n'ebbe  in  risposta  che  si  recherebbe 
al  Gargano  dopo  sette  anni.  Perciò  soggiunge  il  Cronista  Abagelardo  si 
allontanò  sdegnato  da  Rossano ,  e  discedens  in  Apuliam  castro  S,  Ago- 
dii  seditiosus  sese  eum  suis  recepii.  Tace  ogni  altro  particolare  sino 
alla  partenza  d' Abagelardo  per  T  Oriente. 

4  MuBATOAi  nella  Diss.  XIX  riferisce  un  diploma  dato  in  quest'  anno 
da  Marinus  Sebastus  Dux  Amalphitanorum ,  che  fa  supporre  Amalfi 
si  fosse  ribellata. 


—  248  — 

acclamarsi  il  Principe  Gisolfo  *  ;  Bari  sottraevasi  alla 
imposta  soggezione.  Argiricio  che  aveva  sperato  renden- 
dola a  Roberto  d'averne  il  dominio,  malamente  soppor- 
tava che  tolta  a  lui  ogni  autorità  altri  la  reggesse.  E 
poiché  fervevano  ancora  gli  inquieti  umori  e  gli  odii 
contro  i  Normanni,  e  nuovo  fomite  s'era  aggiunto  per 
nvere  il  Duca  costruita  fra  le  mura  una  fortezza ,  incitò 
i  cittadini  a  levarsi  contro  V  abborrita  signoria.  Nel  ven- 
tisei febraio  del  1079  il  Preside  lasciatovi  da  Roberto 
fu  discacciato ,  il  castello  di  Portauova  distrutto  *.  Rin- 
novavansi  le  domestiche  gare,  Basilio  figlio  di  Melo  Pez- 
zo, in  vendetta  di  Bisanzio  ucciso  dal  padre,  era  truci- 
dato dalla  fazione  avversa;  ma  non  prevalse  questa.  Gli 
omicidi  furono  acciecati  ',  ed  Argiricio  prese  il  governo, 
e  volendo  assicurarsi  il  sostegno  dei  Conti  ribelli ,  poco 
dopo  concedeva  la  sua  figlia  in  moglie  ad  Abagelardo*. 

»  Il  De  Blasi  nella  Stor.  Princ.  Long,  reca  due  diplomi  segnati  Ha 
Nocera  nel  marzo  e  nel  maggio  del  1078  col  nome  di  Gisulfo  dai  qua- 
li si  può  dedurre  che  Giordano  signore  dì  quella  Contea  yi  avesse  fatto 
riconoscere  il  Prìncipe  di  Salerno.  De  Meo  ad  an,  1075. 

»  Barum  rebellavit ,  ejecto  exinde  Praeside  Ducis,  Lupo  1079.  Men- 
se fehr,  die  III  stante  rebellavit  Bari  ah  ipso  Duce ,  et  dirutum  Co- 
stellum  de  Portanova.  Ign.  Bar.  1079. 

*  Passarizzi  et  Stinizzi  interfecerunt  Basilium  Meli  Pezzi  intus 
sancii  Nicdaus  de  Monte,  et  eodem  die  caecati  sunt  ambo  in  festa 
sancii  Marci.  Ign.  Bar.  ad  an. 

^ Abagelardo 

Coniuge ,  prole  data  ,  dedit  Argyricius  urbem 

Egregiam  Bari ,  quam  Dux  commiscrai  ipsi.  Gcil.  App.  111. 

La  testinìODianza  più  sicura  di  Lupo  prova  che  Argiricio  non  fosse 
investito  da  Roberto  del  governo  di  Bari  ;  né  sembra  che  egli  scaccian- 
done il  preside  Ducale  volesse  sottoporla  ad  Abagelardo. 


~  249  — 

Allora  stringendosi  in  legai  le  milizie  di  Bari,  di  Trani, 
di  Quarato ,  di  Bisceglie,  e  di  Andria  condotte  dal  Con- 
te Pietro  e  dal  Conte  Aniico ,  mossero  contro  Giovenaz- 
zo  ^  Pietro  figlio  di  Riccardo,  ribellava  Taranto  *;  Aba- 
gelardo  venuto  sopra  Troia  vinse  Boamondo  figlio  del 
Duca,  assediò  ed  ebbe  Ascoli  ^.  Combattevasi  variamen- 
te con  ostinazione  grandissima ,  e  Giovenazzo  che  fra  le 
città  di  Puglia  quasi  sola  rimaneva  fedele,  fu- salva 
per  accorgimento  di  Guglielmo  dMvone,  il  quale  facen- 
do per  mezzo  di  un  falso  messo  annunziare  l'arrivo  di 
Ruggiero  figlio  del  Duca,  intimidì  e  respinse  gli  asse- 
dianti  *.  Giungeva  finalmente  Roberto  ^^uidando  nume- 
rose schiere  di  fanti  Calabresi  *,  e  con  le  armi ,  e  con 
le  promesse,  la  forza  e  l'astuzia  adoperando  a  disgre- 
gare i  nemici ,  sgombratosi  il  cammino  assalì  e  ripre- 
se Ascoli.  Poi  scontratosi»  ivi  presso  nelT  oste  degli  in- 

*  Cum  Peiri  comitis  comìlatu  vadit  Àmicus. 
Affìiit  obsessae  simul  Argyriciiis  urbi 

Cum  populo  Bari ,  Trani ,  pariterque  Choreli  : 
Andrenses  etiam  cum  Buxiliensibus  assunt.  ivi. 

*  Taranto  fu  dopo  assediato  dal  Duca. 

3  AbagUardus  Comes  ivit  super  Troiani ,  et  fugavit  Boamundum 
fUium  Roberti  ducis ,  et  obsedit  et  cepit  Asculum.  Chr.  Brev.  Norm. 
1079.  Lupo  ad  an, 

4  GuiL.  App.  ih.  Si  dilunga  molto  a  narrare  la  fedeltà  ed  il  valore 
degli  abitanti  di  Giovenazzo,  e  di  Guglielmo  dMvone,  al  quale  il  Duca 
aveva  data  la  città  dopo  che  nella  precedente  ribellione  Tebbe  tolta 
ad  Amico.  La  cura  che  pone  il  poeta  in  questa  descrizione  fece  sup- 
porre eh'  egli  nascesse  in  Giovenazzo. 

^  Et  Cuseniinos  sibi  pacificavit ,  et  illos 
Deduxit  veniens  ad  bella  pedestrìa  promptos  ; 
Bis  comitatus  abit.  Gol.  App.  IIK 


—  250  — 

sorli,  mista  di  Pugliesi  e  Normanni,  vinse  in  camf 
battaglia  Àbagelardo,  che  ferito  nella  mischia  fu  co- 
stretto a  ricoverare  in  Bari  ^  Gli  altri  Conti  si  afforza- 
rono nelle  loro  terre  ,  ed  il  Duca ,  visitata  Giovenazzo  , 
e  concessa  ai  cittadini  per  tre  anni  T  esenzione  dai  tri- 
buti *,  profittando  dello  sgomento,  si  volse  contro  i  più 
deboli.  Costrìnse  Ariano  a  rendersi ,  assaltò  in  Monte 
Vico  Gradilone  cognato  di  Abagelardo,  e  Tebbe  prigio- 
ne insieme  al  Conte  Baldovino.  Entrambi  condannati 
a  perpetuo  carcere  vennero  con  diverso  supplizio  mar- 
toriati, e  Tuno  fu  acciecato  ed  evirato,  l'altro  perde 
solamente  gli  occhi  ^;  le  loro  terre  e  quelle  degli  altri 
ribelli  furono  devastate  e  divise  tra  i  vincitori  *.  Di- 
scordi negli  inlenti  e  nelle  ambizioni.  Conti  e  città,  in- 

*  Cepit  Asculum ,  et  ilerum  Robertus  Dux  recuperavit  eam.  Postea 
factum  est  proelium  ibidem ,  et  fugatus  est  Abagilardus  cum  militi- 
bus  suis.  Chr.  Brev.  Norm.  ad  an, 

lorica  sed  Abagelardi 

Cuspide  perfondilur  :  corpus  persona  lueri 

Non  valel  armali.  Guil.  App.  UI. 
Dice  però  che  ciliadini  di  Bari  erano  con  lui,  e  che  la  baUaglia  se- 
guì presso  questa  cillà  ,  e  forse  inlese  parlare   di   una   mischia   prece- 
dente ,  perchè  parla  dopo  di  quella  avvenuta  in  Ascoli. 

*  Glil.  App.  l.  e. 

5  Petr.  Diac.  m,  43.  GuiL.  App.  HI. 

Asculus  appetii ur  certamine  captus  equestri 

Est  Balduinus ,  castellum  nomine  Vicum 

Vi  capiti  liic  Gradilo  privaiur  lumine  captus  , 

Texiìbus  exuilur  :  sed  Balduinus  habere 

lllaesos  arius  permiltitur.  Glil.  App.  III. 
4 hostiles  vicos  et  castra  subacta 

Donat  militìbus,  faciebat  praelia  sacpe 

Diversis  diversa  locis.  ivi. 


-  931  - 

digeni  e  Normanni,  non  potevano  validamente  resistere 
alla  virtù  ed  alT accortezza  di  Roberto  K  Giordano  ed  il 
Pontefice  incitatori  della  sommossa,  con  debole  aiuto 
l'avevano  sorretta.  In  Giordano  non  era  T ardimento  né 
il  valore  del  padre;  e  il  Papa  dopo  le  vittorie  d'Arrigo  in 
Germania  esitava  a  prender  ))arte  alla  guerra.  Oltracciò 
intèrne  turbolenze  ^  non  erano  mancate  nel  Principato  di 
Capua,  e  riprensioni  da  parte  della  Curia  Romana,  che 
minacciavano  rompere  la  concordia^.  Quindi  allorché  il 
Duca  volendo  troncare  ogni  forza  alla  ribellione  condus- 
se l'esercito  fuori  di  Puglia,  accampandosi  sul  Sarno  * 
per  invadere  gli  Stati  di  Giordano,  l'Abate  Desiderio  ven- 
ne in  nome  di  questi  e  di  Rainulfo  a  trattare  ;  e  le  propo- 
ste furono  accolte  e  segnata  la  pace  sul  finire  del  1079  *. 

* seti  arie  vel  armis 

Omues  exsuperal ,  monilis  quain  diilcihus  il  Ics 
Alicuit ,  hos  bollo  doinilal ,  versutus  et  aiidax.  ivi. 
»  Sembra  che  il  castello  di  Suio  si  fosse  ribellato ,  poiché  in  un  di* 
ploma  di  Giordano  si  legge  :  Suio  in  perlinentia  nostri  Ducatus  Caje^ 
taiwTum ,  qui  nobis  atque  nostro  genitori  concessus ,  atque  conferma'- 
txis  est  ah  Alexavdro  Yen.  Papa ,  et  quia  Bayneiius  cum  aliis  suii 
consortibus ,  qui  in  ipso  castello  habitaverunt ,  talem  culpam  fecerunt 
unde  legaliter  otnnes  res  eorum  nostro  fisco  deductae  suni,  IX  kal.  ocl. 
1078.  De  Meo  ad  an. 

^  Neir aprile  (iregorio  aveva  sciillo  a  Giordano  riprendendolo  d'aver 
per  forza  strappata  dalla  Chiesa  la  matrigna  per  costringerla  ad  altre 
nozze ,  d'  aver  spogliato  un  Vescovo  che  si  recava  in  Roma ,  ed  usur- 
pata la  (Chiesa  di  S.  Benedetto ,  e  gli  dice  :  Tu  qui  bona  Ecdesiarum 
quoniam  fere  cuncta ,  quae  tenes ,  earum  sunt ,  defendere  debueras , 
tu  potissime  temerator  ipsarum  et  dilaniatqr  epcistis.  XII  k^| .  Maii , 
ind.  11.  Cono.  XX. 
4  Petb.  Di  AC  /.  e. 
^  Petr,  Diac.  Gcil.  App.  /.  e, 


Più  lenti  però  e  più  contraslatr  procedevano  in  Roma  gli 
accordi,  Gregorio  VII  non  sapeva  indursi  ad  abbandonafe 
GtsairOf  perchè  gli  pareva  die  la  Chiesa  nan  potesse  esti- 
marsi sicura  dalle  ambizioni  dei  Normanni ^  se  tra  il  Prio^ 
uipalo  di  Capua  ed  il  Uueato  di  Puijlia  non  fosse  uno  sta*' 
io  intermedio  che  ne  impedisse  lacoiigiunzione   Richie- 
deva perciò  che  si  restituisse  Salerno  ed  Amalfi,  e  non 
trovando  propenso  Roberto  a  rilasciarle,  più  volte  furo- 
no ripresi  ed  interrotti  i  negoziati.   Il  Duca  fermatosi 
per  breve  tempo  in  Salerno  riacquistata  subitamente 
Amatfi  * ,  tornò  in  Puglia  per  combattere  e  punire  quelli 
ohe  ancora  persistevano  nella  ribellione    Occupò  con 
lieve  resistenza  Monticolo,  Carbonara,  Pietra  Palomba, 
Monleverde,  Genzano  *  Spinazzola  fu  presa,  dopo  es- 
serne fuggilo  il  figlio  d'Amico,  il  tjuale  temendo  perde* 
re  le  altre  terre,  implorò  nuovamente  perdono  ,  Goffre- 
do e  Roberto  di  Montescaglioso  prestarono  obbedienza.  , 
Mosse  allora  contro  Buri,  ma  intimiditi  della  crudele 
repressione  e  disperando  potersi  sostenere  i  cittadini  si 
affrettarono  a  patteggiare  la  resa  ^.  Abagelardo  si  ritras- 
se nel  suo  castello  di  S.  Agata ,    ed  abbandonato  dai 
suoi  fautori,  impetrò  ed  ottenne  che  fosse  liberato  Er- 
manno suo  fratello  cedendo  quella  fortezza  ^  Argìricio 

'  Non  si  trova  allro  diploma  di  Marino  Sebaslo ,  invece  queUi  che  si 
anno  mostrano  Roberto  esercitare  dominio  in  Amalii. 

•  Petr.  Diac.  Glil.  App.  1.  e. 

*  Caeteri  vero  metu  perculH  et  se  subdiderunt.  Roh.  Sal.  1079  Ba» 
rum  civitas  reversa  est  in  potestatem  Roberti  Ducis.  Lupo  1080.  Dux 
fedi  fine  cum  Bari,  Ign.  ad  an, 

4  Intorno  ad  Abagelardo  sono  discordi  i  racconti.  Amato  pone  l'as- 
sedio di  S.  Severina  da  lui  sostenuto  prima  che  Salerno  fos^e  assalito 


-253  — 

o  uscito  anch' egli,  o  dubitando  più  oltre  rimanere  in 
Bari,  poco  dopo  esulava  dalla  Puglia  in  Bulgaria.  Né 
in  lutto  venne  meno  la  sua  grandezza ,  se  è  vero  che 
onoratamente  accolto ,  disposò  ia  figliuola  Giacinta  a 
BodinoPrislao  erede  di  quel  trono  ^  Caduta  la  ribellione 
i  Baresi  furono  costretti  ad  assediare  Trani ,  e  vi  rima- 
sero con  Sighelgaita,  mentre  Roberto  assaliva  Taranto 
nell'aprile  del  1080.  Ottenutala  subitamente,  e  minac- 
ciando Castellaneta,  il  Conte  Pietro  uscì  per  accordo  da 
Trani  *;  e  tornata  così  ogni  terra  all'obbedienza,  più  gra- 
vi'cure  richianiHrono  il  Duca  in  Campania. 

da  Roberto ,  e  dopo  che  questa  città  fu  presa  dice ,  che  sua  madre  ven* 
iie  ad  imptorare  perdono ,  e  che  reso  il  castello  di  S.  Agata  ottenne 
grazia.  Vili ,  35.  Invece  il  AIalaterra  ,  descrive  V  assedio  di  S.  Seve* 
rina  nel  tempo  stesso  che  quello  di  Salerno ,  e  con  particolari  diversi 
da  quelli  di  Amato  ,  onde  può  ritenersi  che  intenda  parlare  di  una  se- 
conda ribellione.  Narra  poi  che  uscisse  da  quel  castello  per  ottenere  la 
liberazione  di  suo  fratello ,  e  che  iuijannato  dal  Duca ,  ricoverò  in  S.  Aga* 
ta ,  donde  fu  costretto  ad  esulare  con  Ermanno  in  Oriente.  Ma  questo 
non  avvenne  prima  della  ribellione  dei  Conti  in  Puglia,  trovandosi  egli 
alleato  di  Argiricio ,  e  probabilmente  alcun  tempo  dopo ,  perchè  si  ve- 
drà Ermanno  nel  seguente  anno  ancora  in  Italia.  La  pace  fra  Bari  e 
Roberto  è  ricordata  anche  da  Guil.  App.  III. 

<  Achirizzi  perreait  ad  Michaclem  Regem  Sclavorum  deditque  ejus 
filio  ejus  filiam  uxorem.  Lupo  ottobre  1080.  Luccari  ,  Ann.  di  Ragusa 
p.  ^,  chiama  Giacinta  la  figlia  di  Argirizzo  e  Rodino  il  marito ,  cosi  anche 
h  Beatillo  p.  76 ,  o  lo  dice  re  di  Bulgaria ,  Sclavonia  e  Rascia ,  aggiun- 
ge anche  che  in  Bari  fu  posto  questa  iscrizione  sepolcrale  ad  Argirizzo 
*^  «  Clarus  stirpe  defensor  ut  Hcctor  —  GUnia  laus ,  et  honor  generis 
populi  quoque  Rector  —  Kyri  Joannatius  hic  clauditur  inceneratus  -> 
Cut  Petrus  pandit  celestia  regna  beàtus  »  —  Ala  non  sembra  possa  ri- 
ferirsi a  lui. 

*  Dux  obsedit  civitatem  Tarentum  et  mense  aprilis  compraehendU 
Lcpo  ad  an,  Guil.  App.  l.  e. 


1 


Pontefice  non  aveva  potute 
la  guerra  in  Germania;  e  benché  entrambi  i  re  per  niex-j 
zo  dei  loro  legali ,  protestassero  sommcssionc  accusaa 
dosi  a  vicenda,  non  cessavano  pereiò  dalle  olfese  '.  Fé 
rùci  niiscIìJe,  ingannevoli  tre^^ue,  inutili  negoziati»  snc»,- 
cedovans!  ;  poi  con  più  furore  nella  Sassonia,  nella  Ba-  1 
viera^  nella  Svevia,  prorompevano  le  niniisla  \  Indarno 
il  Papa  decretò  si  riponesse  il  giudizio  della  contesa  in 
una  Dieta  designandone  il  tempo  ed  il  luogo,  inviando 
messi  e  lettere,  le  ostili  fazioni  continuarono  cpn  diver- 
so evento  insino  ai  principi!  del  1080^.  Fugato  allora 
Arrigo  dal  suo  emulo,  o  lo  estiinasse  vinto  il  Pontefice^ 
0  disperasse  averlo  mai  amico,  nel  marzo  rieonoseeva 
pubblieamento  Uodollb  *,  Vedendo  però  desiarsi  più  viva 
agitazione  in  Italia,  ed  i  legali  del  Re  deposto  adope- 
rarci a  rimuovere  Matilde  dalla  sua  alleanza  ,  eecltofc  i 
popoli  in  Toscana  ed  in  Lombardia,  intimare  a  Magona 
un  Sinodo  *;  dubitando  che  anche  Roberto  non  aderisce 
ai  nemici ,  volle  pacificarsi  con  lui  ^.  L'Abate  Desiderio 
si  fece  altra  volta  mediatore  degli  accordi  ,  e  venuti 

»  BoNizo.  1.  e.  Berthol.  Constant.  Chr. 

•  IvL 

*  Ivi»    CONCIL.    XX. 

♦  Ivù  BoNizo.  l.  e.  Bernol.  (Jhr.  Sioebert.  Chr*  *ec. 

*  Fraefati  regis  legali  Tusciam  venienteSy  a  subiectiane  excf/i^ti- 
simae  comitissae  Mathildis  omnino  temptabarU  avertere;  et  quia  plebi 
semper  cupida  novarum  rerum ,  infida  piioribus  Vominis ,  tum  quia 
eadem  plebe  naturaliter  infida  est ,  quod  voluerunt ,  facillime  faceti 
poiuerunt,.,,  omnes  principes  Longvbardorum  ad  colloquium  invitaw 
tee  apud  Brixianorium.  Bonizo  ,  lib.  IX. 

^  Veritus  ne  Henricus  se  Roberto  conjuxisset  parum  et  ipso  antea 
benevolo  affecto  erga  Papam ,  sustineri  non  posset  impetum  avuborum 


—  255  — 

Gregorio  a  Benevento ,  ed  il  Duca  a  Salerno  sul  finire 
di  giugno  si  scontrarono  in  Aquino  ^  Ivi  in  segreto  col- 
loquio *  furono  discussi  e  stabiliti  i  nuovi  patti  della  le- 
ga e  della  investitura.  Giurò  Roberto  che  in  difesa  del- 
TApostolica  Sede  e  del  Papa  ,  insieme  a  Giordano  ed  ai 
principali  Conti,  avrebbe  dati  gli  aiuti  convenienti  con- 
tro qualsiasi  nemico  ^.  Che  ninna  molestia  sarebbe  re- 
cata a  Benevento  e  alle  altre  terre  della  Chiesa,  pro- 
mettendo di  vietare  che  Roberto  di  Loritello  suo  nipote 
progredisse  in  ulteriori  acquisti  *.  Quindi  sciolto  dalle 
censure ,  prestava  il  Duca  omaggio  a  Gregorio  in  Cepe- 
rano  ',  dichiarando  ricevere  rinvestitura  di  Puglia,  Ca- 
labria, e  Sicilia  nel  modo  come  gli  altri  Pontefici  l'ave- 
vano data  ^  Per  Salerno,  Amalfi,  ed  lina  parte  della 

simul  hunc  sUn  matura  recmcUiatwne  praeoccupamlum  omnino  decre^ 
vii,  Anna  Cohh.  1 ,  52.  La  medesima  cagione  assegua  Guil.  àpp.  Ili , 
ma  fa  seguire  V  accordo  dopo  la  morte  di  Rodolfo  che  fu  posteriore. 

'  CUra  Aquinum  cottoquium  habuU.  Bonizo.  1.  e. 

*  Soliloquium  cunclis  adstantibus  inde  remotis 
ConsJlium  tenuere.  Giìil.  àpp. 

^  Notum  sii  ddectùme  vestrae ,  nos  tam  per  nos  ipsos ,  quam  et 
per  Legaios  nastros  cum  Duce  Roberto  et  Jordano  ^  caeterisque  poten-^ 
tioribtu  Normannorum  principibus  fuUse  locutus ,  qui  profeclo  una^ 
nimiter  promittutU  se ,  sicut  jurati  sunt ,  ad  defensionem  S»  JR.  E. 
noetrique  honoris  amtra  omnes  mortales  auaUium  impensurus.  Ad 
unhers.  fideL  XX.  Conc.  p.  519. 

4  Pacis  perpetuae  Beueventi  foedere  pacto*  Guil*  App.  1.  c. 

^  Il  giuramento  fu  dato  in  Ceperano. 

^  Congrua  itaque  ab  eo  satisfactione  suscepta,  prius  a  vinculo  ex» 
eomunicationis  eum  absolvit,  et  consequenter  fidelitatem  et  komagium 
eju$  recepite  Postmodum  vero  jam  assuntum  in  specialem  beati  Petri 
milUem  de  totius  Apuliae  et  CakJniae  Dueatu  per  veceillum  Sedie 
Apostolicae  investivit.  Bomizo  L.  IX.  Confirmata  fuit  aò  ilio  ommf 


—  256  — 

Marca  di  Fermo  invasa  dal  Conte  di  Loritello ,  il  Papa 
riconoscendo  ingiusto  il  possesso,  consentiva  però  che 
temporaneamente  il  Duca  lo  ritenesse ,  confìdando  nella 
sua  bontà  ed  in  Dio  che  in  prosieguo  si  sarebbe  provve-* 
duto,  secondo  che  all'onore  del  Beato  Pietro,  ed  alla 
comune  salvezza  meglio  poteva  tornare  profic4io  ^  Se. 
mai  i  Normanni  si  obbligarono  ad  un  censo  determinato 
verso  la  Chiesa  Romana ,  sembra  che  non  prima  di  que- 
sto tempo  si  stabilisse.  D'ogni  modo,  a  queste  condizio- 
ni della  pace,  favorevoli  molto  alla  Chiesa,  aggiungo- 
no alcuni  Cronisti  la  promessa  fatta  dal  Papa  di  co- 
ronare Imperatore  Roberto  ^.  Ma  sebbene  Arrigo  e  Ro- 
dolfo non  avessero  altro  titolo  che  quello  di  Re,  è 
troppo  lontano  dal  vero  ch'egli  meditasse  togliere  ad 
entrambi  la  corona  imperiale.  Gli  intenti  di  Gregorio, 
i  danni  che  potevano  derivarne  alla  potenza  del  Ponti- 
ficato ,  r  opposizione  fatta  al  Principe  Riccardo  quan- 
do ambì  il  nome  di  Patrizio  di  Roma,  non  lasciano  al- 
cun dubbio  che  non  si  sarebbe  mai  innalzato  all'Impe- 
ro d'occidente  il  Duca  di  Puglia.  Altre  ambizioni  pie- 

terra,  quam  habebat  Ròherius  in  AptUia  Calabria  et  Sicilia.  Chron. 
Brev.  Norm.  1080.  Doc.  XI. 

■  De  illa  autem  terra,  quam  iniuste  tenes ,  sicut  est  Salemus  et 
Amalfia ,  et  pars  marchiae  Firmanae ,  nunc  te  patienter  sustineo ,  w 
confidentia  Dei  omnipotentis  et  tuae  honitatis ,  ut  tu  postea  inde  ad 
honorem  Dei  et  sancti  Vetri  ita  te  habeas ,  sicut  et  te  agere  et  me 
tuscipere  decet  sine  periculo  animae  tuae  et  meae,  Conc.  XX. 

•   Romani  Regni  sibi  promisisse  coronam 
Papa  ferebatur.  Guil.  App.  III. 

Pactorum  haec  fere  sentenlia  fuit  ut  Pmtifex  quidem  regis  nomen 
ac  dignitatem  Duci  tribueret.  Anna  Comm.  I.  Anche  Rice.  Clcnacies. 
Chr,  dice  : 


—  257  — 

gavasi  a  secondare  |ìl  Papa ,  le  quali  più  conformi  era- 
no ai  suoi  disegui  ^ 


Niceforo  Botoniate  non  aveva  potuto  raffermarsi  sul 
trono  usurpato  a  Michele  VII ,  nuovi  pretendenti  sorge- 
vano a  contrastargli  la  corona ,  maggiori  progressi  face- 
'vano  i  Turchi  Selgiucidi  nelle  abbandonate  province  K 
Fra  i  sediziosi  rumori ,  V  anarchia ,  e  le  invasioni  nemi- 
che, che  turbavano  l'Oriente,  era  nato  in  Roberto  Tau- 
dace  pensiero  di  spodestare  il  debole  Imperatore ,  e  di 
insignorirsi  di  Costantinopoli  ^.  Puglia  e  Calabria  erano 
slate  e  si  eslimavano  parie  ancora  del  dominio  Bizanti-» 
no;  Normanni  e  stranieri  formavano  il  nèrbo  delle  mi- 
lizie greche;  alcuni  Irai  ribelli  invocavano  il  Duca  contro 
r  usurpatore.  Né  aiuti  perciò  si  poteva  credere  gli  sa- 
rebbero mancali  all'  impresa ,  né  apparenti  cagioni  a 
renderla  meno  avversa  ai  Greci ,  dichiarandosi  sosteni- 
tore di  Michele  VII  e  di  Costantino  Poriìrogenito  ma- 
rito di  Elena  *.  Trovandosi  Hoberlo  in  Puglia ,  comin- 

■  Forse  in  queUa  occasione  Roberto  richiese  anche  il  Papa  che  lo  io- 
vestisse  della  Sardegna ,  ma  inutilmente  ;  perchè  scrivendo  neir  ottobre 
dì  quest'  anno  ad  Orzocco  giudice  di  Cagliari  Gregorio  gli  dice  :  essergli 
stata  con  grandi  proiTerte  richiesta  V  isola  più  volte  non  solum  a  Aor- 
mannU  ^  et  a  luscis  ac  Longobardis ,  sed  etiam  ec.  L.  VUI ,  Ep.  10. 

*   ZONARA.    1.   e. 

^  Hoc  de  ilio  costans  habetur  quod  nisi  morte  praeoccupatus  fuisset 
filium  tuum  imperatorem  faceret ,  se  vero  Rege  Fersarum ,  ut  saepe 
dicebat ,  costitueret.  Riccar.  Clunacien.  Chr,  ap,  Murat.  Ant,  It,  T.  IV^ 
p.  1085.  Lo  stesso  narra  Ptol.  Licen.  His.  £ccl,  L.  XIX.  e.  11.  Rer, 
Ital.  T.  XI.  De  quo  histoiiae  magna  dicunt ,  quod  intendebat  ad  Im* 
perìum  prò  fUio  suo  Boamundo  cum  favore  Gregorio  et  auxUio ,  et 
ipse  adspirabat  ad  regnum  Persarum. 

'  4  Secondo  narra  àmna  Comi,  le  nozze  non  erano  ancora  seguite  quan» 
VCL.  u.  47 


—  258  — 

ci  aro  no  questi  disegni  a  prepararsi;  dalla  vicina  Dalma- 
zia vennero  incitamenti  *  ;  e  volendo  meglio  oascondem 
i  propri!  intenti ,  o  egli  slesso  procurò  che  un  falso  Mi' 
chele,  simulando  essere  rimpernlorc  deposto,  sì  recas- 
se a  richiederlo  di  soccorso;  a  s'infinse  prestar  fede  ad'^ 
un  impostore  che  era  giunto  a  Brindisi  sotto  quel  ni>^ 
me  *-  L'audace  avventuriere  si  chiamava  Rector,  e  vuoi- 
si fosse  un  frate  greco  o  un  coppiere  che  giovandosi  df 
una  certa  siraiglianza  nelle  fattezze  del  viso ,  si  lasciò 
credere  Michele  VII  \  Il  Duca  lo  accolse  benevolmenlCt 
cifcondollo  di  fastoso  corteggio,  impose  a  tulli  d'omn 
rarlo,  e  seco  lo  condusse  a  Salerno-*,  La  pace  che  trai* 

do  Niceroro  Boloniate  usurpò  V  Impero  ,  tam  quidem  propter  immàtu» 
ram  pttm  aelatem ,  4mide  eiiam  mulatmn  t^i  puUk{s.m,  Né  dil  ino 
racconto  si  deduce  che  Cosianiino  foBse  suto  eviralo. 

■  kmk  CoKM.  narra  che  AJonomacato  ribeUaadQsi  a  Nìceforo  ,  ed  iiàUh 
.  paU)  Duraasto  ,  ira  nasse  con  R<ibmo.  Im, 

•  Ad  hoc  inter  se  nitmts  tutius  agebat  ut  tuh  nomine  Mid^adUt 
quibusdam  sibi  faventiòuSj  Graecis  facUius  debellatis....  vi  coronan 
tum  sceptro,  et  ImperialUnis  omamentù  pervadens ,  ipse  ìmperator 
fieret.  Malat.  UI  ,  43. 

'  Vuole  Anna  Comm.  che  Roberto  inviasse  alcuni  uomini  di  Crotone 
a  cercare  un  avventuriere  che  si  spacciasse  per  Michele.  Ma  non  è  da 
prestar  molta  fede  alle  sue  parole.  Lupo,  T Ignoto,  il  Chr.  Brev.  Nob. 
e  RoMUAL.  Saler.  fanno  venire  il  falso  Michele  a  Brindisi ,  nel  1080. 
Alcuni  lo  chiamano  Rector ,  ed  il  Due  ance  Annot.  ad  Anna  Con.  cr^ 
de  appartenesse  ad  una  nobile  famiglia  di  questo  nome.  Altri  auiicbè 
Monaco  ne  fanno  un  servo. 

Iste  solebat 

Crateras  mensi^  pieno  deferre  Lyeo 

Et  pincemis  erat  inferioribus  unus.  Guil.  App.  IV. 

4  J)ux  itaque  ut  et  moi  erat  diligenter  Ulum  exeipim$ ,  oc  homh 
rabUUer  circa  se  habens  ^  secum  duxit  usque  Salemum.  Rom.  Saia* 


~  259  ~       . 

tavasi  con  la  Curia  Romana  poteva  tornare  utilissima 
alla  meditata  invasione  ;  occorreva  però  che  il  Papa  as- 
sentisse a  riconoscere  11  preteso  Michele ,  avvalorasse 
la  guerra  con  la  sua  autorità,  e  promettesse  sostenere 
Roberto  nelle  sue  pretensioni  alla  corona  Bizantina. 
"Mon  è  probabile  supporre  che  Gregorio  VII  ignorasse  la 
condiziono  del  falso  Imperatore ,  quando  quasi  a  tutti 
era  nota  ^ ,  e  se  mostrossi  inchinevole  ad  accreditare  le 
mendaci  apparenze ,  non  fu  soltanto  per  compiacere  al 
Duca.  Rivolgendone  in  Oriente  le  armi  e  le  ambizio- 
ni f  non  v'  era  da  temere  altro  progresso  in  Italia ,  ed 
una  sicura  guarentigia  ne  sarebbe  derivata  al  patrimo- 
nio di  S.  Pietro.  Più  alte  ragioni  movevano  anche  la 
mente  del  Pontefice,  trasferito  ai  Normanni  quell'Impe- 
ro ,  lo  scisma  Greco  ^  sarebbe  stato  abbattuto ,  la  perico- 

ad  an.  —  Ver  omnes  civitates  Apuliae  sive  CalaMae  processianibut  ti 
Imperialibui  pompù  ex  edkto  Husdem  Ducis ,  accuratùsime  obsecuiì' 
datur.  Malat.  Ul ,  15. 

Coruìcinum  sonitu  circumdalus  alque  tubarum 

£t  plectris : . 

....  populus  quoque  credulus  omnis 

Assurgebal  ei»  ilexa  cervice  salutans.  Guil.  App.  IV. 
■  Lupo  dice:  Imperator  Michael  descendit  in  Apuliam^  ed  il  Cfla« 
Br.  Nobm.  Michael  Ducas  qui  fuerat  expuUus  a  Nichefaro  venit  in 
Brundutium,  Che  fosse  il  vero  Michele  afferma  anche  Oro.  Vit.  Ila  gU 
altri  CrooisU  Guil.  App.  Rom.  Saler.  Akon.  Sic.  sono  concordi  nel  di- 
chiarare eh'  era  un  impostore.  E  Malat.  a^iunge  che  alcuni  della  corte 
di  Roberto  «conoscendo  il  vero  Imperatore  affermavano  non  simigliarsi  a 
lui,  0  appena ,  ond'  è  che  multus  susurrus  inter  $um  iuper  taU  nego» 
tio  fieni.  Ili,  15. 

^  in  acquitUùme  Coilaniinopoliiani  Imperii  non  defideniibus  bone- 
siii  eauiis  miro  nwdo  apOatur.  Mtera  causarum  eroi ,  fuod  Gra^ 


—  960  — 

Iosa  conquista  dei  Miisulinani  arrestata.  L'unità  e  la  su 
preina^ia  della  Chiesa  universale ,  arbitra  fra  i  due  Iuk 
perii  emuli  ed  obbedienti^  vagheggiala  dal  monaco  lldi3* 
brando  come  T  ordine  perfetto  e  prestabilito  della  Cri- 
stianità, non  sembrò  mai  tanto  vicina  ad  attuarsi.  Il  Papa 
scriveva  ai  Vescovi  di  Puglia  e  di  Calabria:  <f  recarsi  Ro* 
berlo  in  difesa  del  deposto  Michele,  chN^ra  venuto  a  ri- 
chiederlo di  aiuti,  ammonissero  perciò  in  nome  dell'Apo- 
stolica aulorità  quanti  dovevano  far  parte  della  spedizio- 
ne ,  a  non  disertare  come  traditori  ai  neniici  ;  a  volersi 
adoperare  con  quella  fede,  che  T onore  della  religione  ed 
il  proprio  debito  imponevano,  ai  servigi  del  Duca;  im- 
partissero a  tiìlti  r  assoluzione  dei  peccati  *  >n  Né  sola- 
mente s'offrivo  a  dare  un  carattere  sacro  alla  guerra, 
ma  prometteva  con  ogni  altro  mezzo  parteciparvi  ^, 

Improveduti  eventi  venivano  però  a  mutare  lo  uondl- 
xioni  d'Italia  e  d'Oriente  prima  che  questi  accordi  av^ 

corum  gens  infedelissima  debitam   Romanae  Eccksiae   obbedimtiam 
exibere  contemnàbat.  Anon.  Sic.  768. 

•  Notum  sit  prudentia  vestra  non  dubitamus  gloriosissimum  Impera- 
torem  Costantinopolitanum  Michaelem.,^  Qui  auxilium  beati  Pelri  tue 
non  fila  nostri  gloriosissimi  ducis  Roberti  flagitaturus  Italiam  petiit. 
Quampropter  nos.,.  predbus  Ulius  ncc  non  eiusdem  duds  annuendum... 
apostolica  auctoritate  praccipimus  ,  quatenus  illi  qui  mUitiam  ipsius  in* 
trare  statuerint ,  in  contrariam  partem  tergiversatione  transire  non  oii* 
deant ,  verum  (quod  Cristianae  religionis  honor  et  déntum  postulai) 
eipresidium  fideliter  impendant..,,  sicque  fulti  nostra  auctoritate ^  tm- 
mo  beati  Petri  potestate  a  peccatis  absdvite.  Ad  Epis,  Apfd.  et  Cat. 
Vili,  hai.  Aug.  Conc.  XX,  519. 

*  Anna  Comm.  dice  che  ira  i  paui  deU'  accordo  vi  fu  anche  che  il  Pon- 
tefice auxUiares  copias  submitteret,  ubi  opus  esset  adversus  Romanot 
Orientales,  I. 


—  261  — 

sero  effetto.  Nel  venticinque  giugno,  pochi  giorni  innanzi 
che  si  segnasse  la  pace  in  Ceperano ,  i  Vescovi  scisma- 
tici riuniti  in  Brixen  alla  presenza  d'Arrigo,  avevano 
nuovamente  dichiarato  scomunicato  e  decaduto  Grego- 
rio VII,  ed  in  suo  luogo  eletto  Guiberto  Arcivescovo  di 
Ravenna  col  nome  di  Clemente  HI  ^  Agitandosi  quindi 
la  penisola,  il  Papa  sollecitò  i  Normanni  ad  unirsi  con 
Matilde,  e  stabilivasi,  attemperati  che  fossero  gli  estivi 
calori,  muovere  contro  Ravenna,  per  indurre  con  la  for- 
za la  città  sede  dell'antipapa  a  disconoscerne  il  domi- 
nio ^.  Ma  r  impresa,  quale  che  ne  fosse  la  cagione,  non 
ebbe  luogo,  ed  invece  guerreggiando  Arrigo  in  Sassonia 
nel  quindici  ottobre  affrontatosi  con  Rodolfo  ,  sebbene 
rimanesse  vinto,  il  suo  emulo  moriva  dalle  ferite  ripor- 
tate in  battaglia^.  Pochi  giorni  dopo  il  figliuolo  d'Ar- 
rigo sbaragliava  le  milizie  della  Contessa  di  Toscana  in 
Lombardia*.  Duplice  trionfo,  che  fu  principio  di  più 
terribile  lotta. 


'  Ann.  dom.  ine,  1080,  VII  hai,  Junii,  cum  apud  Brixinam  No- 
ricam  50  episcoparum  conventus  nec  non  et  optimatum  exercitus ,  non 
solum  Italiae ,  sed  et  Germaniae ,  iussu  regio  congregaretur  ^  facta 
est  vox  una  velut  ab  ore  omnium  terrU)Uiter  conquerentium  super 
truculenta  vesania  cuiusdam  Ilildebrandi  pseudomonachi,  Cod,  Uldar. 
ap.  Pertz  Mon.  Ger,  Leg.  II.  —  Wido  Ferrar.  Chr,  Ann.  Augus.  ec. 

•  Idipsum  quoque  nobis ,  et  qui  circa  urbem  longe  lateque  sunt  in 
Tuscia  ca^eterisque  regionibus  principe  s  firmiter  pollicetur,  Unde  post 
kalendas  septembris  postquam  tempus  frigescere  caepit ,  cupientes  san' 
ctam  Ravennatem  ecclesiam  de  manibus  impiis  eripere.  Gong.  XX. 

^  BoNizo  IX.  Bernoldus  ,  Chr.  ec. 

4  Eius  filius  cum  exercitu  excellcntissimae  MalhUdis  pugnavit  et  vieto- 
riam  obtinuit.  Bonizo  Le.  Apud  Vultamprope  Mantuam.  Bernold.  Chr, 


CAPITOLO  Vili. 


Prima  d'invadere  la  Dalmazia,  Roberto  aveva  inviato 
in  Costantinopoli  Raul  detto  Pelle  di  Lupo,  per  intima- 
re ìa  guerra  a  Niceforo  Botoniate,  dove  non  restituisse 
il  trono  a  Michele  *.  Recava  il  messo  anche  lettere  per 
Alessio  Commeno,  allora  supremo  duce  delle  milizie, 
e  doveva  indurlo  a  prendere  partito  in  favore  del  Duca  *. 
Ma  queste  pratiche  e  le  ostili  minacce  riuscirono  a  di- 
verso fine.  Botoniate  rispose  all'ambasciatore,  mostran- 
dogli il  vero  Michele  che  viveva  nel  Monastero  di  Slu- 
do ^,  ed  Alessio  ribellandosi  ,  volle  per  sé  tentare  la 
fortuna  *.  E  mentre  Raul  tornava  in  Italia,  corrotto  Te- 


'  Anna  Comm.  I. 

•  Ivi. 

5  Michele  era  sialo  elello  Vescovo  di  Efeso ,  ma  preferì  rimanersi  nel 
chiostro. 

4  Alexius  per  vim  intravit ,  deposuit  Botoniati ,  et  devenit  miserum 
induitque  monachilem,  Ign.  Bar.  Ann.  Comm.  Zonara  ,  ec.  Alessio  era 
invialo  da  Niceforo  ad  assoldare  milizie  in  Adrianopoli ,  corrotti  i  mer- 
cenarli  fece  proclamarsi  Imperatore,  e  mosso  contro  Costantinopoli T eb- 
be per  tradimento  di  Annone ,  un  tedesco  che  era  tra  i  Varengi.  Egli 
era  slato  secondalo  dai  Normanni ,  e  principalmente  da  Costantino  fi- 
glio di  Umberto  d'Altavilla,  come  sospetta  il  Ducange  ,  ma  senza  alcoo 
fondamento. 


—  263  — 

sercito,  secondato  dai  Normanni  che  vi  militavano,  si 
fece  acclamare  Imperatore  ,  e  senza  grande  opposizio- 
ne deposto  Niceforo  T  obbligò  a  vestirsi  monaco.  Non 
è  improbabile  che  congiurando  con  Roberto  volgesse 
accortamente  a  proprio  vantaggio  le  trame,  e  che  anche 
Raul  vi  partecipasse.  Poiché  suo  fratello  Ruggiero  era 
stato  ribelle  al  Duca ,  e  trovavasi  esule  in  Oriente ,  ed 
egli  stesso  reduce  in  Puglia,  venuto  in  sospetto  come 
traditore  ,  poco  dopo  ricoverò  in  Costantinopoli ,  dove 
onorata  e  potente  rimase  la  sua  stirpe  *.  Come  che  sia, 
questa  rivoluzione  non  mutò  i  propositi  di  Roberto  ;  e 
sebbene  Alessio  concedesse  titolo  di  Cesare  a  Costantino 
Porfirogenito  ^,  ed  accogliesse  onoratamente  nella  Corte 
Elena  e  sua  sorella,  per  togliere  ogni  pretesto  alla  guer- 
ra; continuarono  gli  apparecchi  della  spedizione.  Esper- 
to però  alle  insidie  ed  accortissimo,  Commeno  niun 

'  Narra  Anna  Comm.  che  Raul  tornato  in  Italia  si  provò  a  sconsiglia- 
re Roberto  dair  impresa ,  dicendogli  aver  visto  il  vero  Michele ,  ed  es- 
ser caduto  r  usurpatore  Niceforo.  Ma  il  Duca  pieno  d^ira  mancò  poco 
non  r  uccidesse  e  Raul  fu  costretto  a  fuggire  prima  presso  Boamondo 
e  poi  presso  Alessio.  Questi  lo  inviò  più  tardi  ambasciatore  a  Goffredo 
Buglione  in  occasione  delle  Crociate ,  e  ne  vivevano  i  discendenti  al 
tempo  di  P.  della  Valle,  che  ne  parla  nei  suoi  viaggi.  Epis.  p.  97, 

DUCANGE.  1.  e. 

*  Ann.  Comm.  Oro.  Vit.  dice  che  essendo  suto  abbaccinato,  de  vincìdis 
sustulU  Abbatum  cenolni  Sancii  Cyri  iutandum  tradidU.  VII ,  640. 

^  FUias  quoque  Wiscardi  praefaius  Heros,  oc  n  ipge  genuissei  eoe 
amavU  ìdanditer ,  et  pie  traetavU ,  et  fere  XX  anni$  sub  tuUia  sua 
Iti  delidis  educava .  Officium  iUarum  eroi  mane  dumimperator  de  suo 
siratu  surrexisset ,  manusque  suas  àbluere ,  mappulam  et  pectinem 
ebumeum  afferre ,  et  barba  imperatorie  pcctere.  ivi.  Non  si  può  dire 
quanta  fede  meriti  Innesta  testimonianza. 


—  264  — 

mezzo  lasciava  intentato  per  impedirla,  e  viste  rigettate 
le  pacifiche  oflTerte,  volgevasi  al  Pontefice  ed  al  Princi- 
pe Giordano,  suscitando  sospetti  contro  il  Duca  ^.  Ten- 
tò anche  ridestare  la  ribellione  nella  Puglia  per  mezzo 
di  Abagelardo  ed  Ermanno;  ma  prontamente  repressa 
furono  entrambi  costretti  ad  esulare  tra  i  Greci  K 

In  mezzo  a  queste  ultime  vicende  sempre  più  veniva- 
no restringendosi  i  possessi  rimasti  ai  Musulmani  in 
Sicilia.  Il  Conte  Ruggiero  in  vendetta  della  morte  di 
Ugo  di  Girgea  distrutto  il  castello  di  Zotica,  fece  ucci- 
dervi gli  uomini ,  e  le  donne  ed  i  fanciulli  inviò  in  Ca- 
labria perchè  si  vendessero  ^.  Venuto  poi  saccheggiando 
nella  valle  di  Noto,  incendiò  le  messi,  e  mancato  il 
raccolto  fu  grande  desolazione  e  carestia  nell'  isola. 
Trapani  assediata  per  mare  e  per  terra  cedeva,  ed  occu- 
pato Castronuovo  per  tradimento  d'un  servo,  recavasi 
il  Conte  ad  investire  Taormina.  La  città  per  sei  mesi 

•  Concitare  videlicet  in  eum  studuit  ducem  Longobardiae  Herman" 
num ,  Papa  Romanum ,  Àrchiepiscopum  Capuae  Eerbium ,  missis  ad 
omnes  in  eam  rem  litteris.  Anna  Comm.  III.  Sebbene  dia  il  nome  di 
Duca  ad  Ermanno ,  non  si  può  dubitare  che  non  intenda  del  fratello  di 
Abagelardo.  L'  Arcivescovo  Erveo  fu  anche  dopo  richiesto  da  Arrigo  di 
aderire  alla  fazione  dell'antipapa. 

•  Mari  transmeato  ad  Imperatorem  Costantinopolitanum  transeunt. 
Malat.  ni ,  6. 

Sic  quia  paces  ducis  non  fungitur  Abagelardus 
Et  patrii  juris  loca  deserit ,  et  Danaonim 
Exul  adit  terras  cum  rector  Aleius  e^set 
Imperii  clemens  hunc  suscipit  ille  benigne 
Tractat  honorifìce.  Guil.  App.  III. 
s  Foeminas  cum  pueris  in  Calabriam  vendUum  mittU,  Malateria 
HI ,  10. 


—  265  — 

stretta  d'ogni  lato  cadde  per  fame ,  e  poco  appresso  an- 
che Jaci  e  Ciniso  aprivano  le  porte  ai  Normanni  ^  Così 
combattevasi  sino  1080  ;  ed  esaltata  dovunque  la  fama 
di  Ruggiero,  Raimondo  Conte  di  Provenza  ne  sposava 
la  figlia  Matilde  *  nata  da  Giuditta  sua  prima  moglie  ; 
alla  quale  già  morta,  era  succeduta  Eremberga  figliuola 
di  Guglielmo  Conte  di  Mortain  K  Altri  parentadi  strin- 
geva il  Duca  Roberto  con  Raimondo  Berengario  Conte 
di  Barcellona,  ed  Ebles  Conte  di  Roure  e  di  Champagne, 
potenti  signori  che  intorno  quel  tempo  divennero  suoi 
generi  *. 

•  Malat.  Ili,  H  ,  42,  47,  48,  20,  21.  Anon.  Sic.  Queste  diverse 
imprese  sono  confusamente  narrate  dal  Malaterra  che  spesso  si  prova 
a  descriverle  in  rozzi  versi.  Pone  l'assedio  di  Trapani  e  di  Taormina 
nel  4078 ,  e  dice  nello  stesso  anno  esser  venuto  a  Roberto  il  falso 
Michele ,  e  che  in  quel  tempo  preparavasi  il  Duca  ad  invadere  la  Dal- 
mazia ;  due  fatti  che  appartengono  al  4080. 

*  Raimundus  famosisHmus  Comes  Provinciarum  famam  Rogerii 
Siculorum  audiens,...  Mathildim  filiam  suam  quam  de  prima  uxore 
admodum  honestae  faciei  puellam  hd^bat  sibi  in  v^trimonium  postu- 
landum  expostulat,  Malat.  Ili ,  22.  Raimondo  Conte  di  Tolosa  e  di  Pro- 
venza detto  anche  Conte  di  S.  Egidio.  Il  Dicange  fam.  Norm.  ap. 
Amato  ,  crede  che  Matilde  fosse  gi2i  vedova  allora  di  Roberto  Conte  d'  £u 
Normanno  ,  e  che  se  il  secondo  matrimonio  non  fu  sciolto ,  essa 
morì  prima  di  Raimondo ,  che  sposò  dopo  la  figlia  di  Alfonso  Re  di 
Castiglia. 

3  Le  parole  di  Malat.  riferite ,  nella  nota  precedente  mostrano  che 
Ruggiero  aveva  allora  un' altra 'moglie;  e  le  stesso  Cronista  la  chiama 
Elemburga  filia  GuiUelmi  Comitis  MortonenHs ,  IV ,  44. 

4  GviL.  App.  Anna  Comm.  1 ,  dice  che  prima  di  partire  per  Dalmazia 
venuto  in  Melfi  ,  Roberto  maritò  queste  due  figlie.  De  Meo  crede  però 
che  le  nozze  avvenissero  prima  di  quel  tempo.  La  prima  chiamata  Ma- 
tilde fu  moglie  di  Raimondo  Rerengario  II  Conte  di  Barcellona  e  Cfir* 


—  266  — 

Ma  eventi  più  gravi  lasciava  prevedere  il  riuovo  anno 
1081  *.  Arrigo  disponevasi  a  spendere  in  Italia ,  Roberto 
a  navigare  in  Dalmazia;  e  da  una  parte  il  Papa,  dall'al- 
tra Alessio  Commeno  attendevano  a  premunirsi.  Grego- 
rio VII  inviava  Gisolfo,  Principe  spodestato  di  Salerno, 
a  raccogliere  il  danaro  di  S.  Pietro  in  Francia  * ,  riuni- 
va milizie,  e  dubitando  che  il  Duca  non  dovesse  venir 
meno  alle  promesse  fatte,  scriveva  sul  finire  del  verno  a 
Desiderio  :  «  Essergli  noto  quale  utilità  la  Chiesa  aveva 
»  sperata  dalla  pace  co' Normanni,  e  quanto  i  nemici  se 
»  n'eranoatterriti.  Pure  conformi  all' aspettaziolie  non  si 
»  vedevano  gli  effetti  ;  indagasse  perciò  con  diligenza 
»  l'animo  di  Roberto,  e  innanzi  tutto  se  ,  occorrendo, 
•  dopo  la  Pasqua  era  disposto  a  recarsi  in  suo  aiuto  o  a 
»  mandargli  il  figlio.  Dove  poi  non  fosse  possibile,  di- 
»  chiarasse ,  che  indubitatamente  destinerà  ai  servigi  di 
»  S.  Pietro  dopo  le  feste  Pasquali  una  parte  delle  sue 
»  milizie.  Intanto  lo  induca  a  consentire,  che  i  Nor- 
»  manni,  soliti  nella  Quaresima  a  tenersi  lontani  dalle 
»  armi ,  siano  da  lui  o  da  un  legato  Apostolico  condotti 
»  contro  i  ribelli  dell'Apostolica  sede.  Infine  gli  ricordi 
»  quello  che  promise  intorno  al  suo  nipote  Roberto  di 

cassona  assassinato  nel  1082,  e  dai  suoi  discendenti  nacque  Margherita 
di  Provenza  moglie  di  Luigi  il  Santo  di  Francia.  Dlcange  L  c.  Gaut- 
TiER  d'Aro  p.  505.  L'altra  è  chiamata  Sibilla  da  Ducange  ,  e  Mabilia 
da  Gauttier  d'  Aro  ;  ma  questa  trovavasi  ancora  insieme  ad  Elena  in 
Oriente. 

'  Guibertus  vero  cum  suis  complicUms  Papalia  secum  deferem  indù- 
menta  intravit  Italiani.  Bomzo  IX.  Heinricus  totam  Italiani  conturba- 
vit  ut  nullus  secure  ad  limina  Apostolorum  posset  ire.  Bernold.  Chr. 

»  Epist.  VHL  25, 


—  267  — 

»  Loritello ,  cioè  che  non  avrebbe  invase  altre  terre  ol- 
»  tre  quelle  acquistate  in  danno  della  Chiesa.  Ne  repri- 
»  ma  quindi  la  sacrilega  audacia ,  dalla  quale  non  ave- 
»  va  desistito ,  affinchè  propizio  S.  Pietro ,  gli  sia  con- 
»  cessa  perpetua  felicità  *.  » 

Si  accrebbero  i  sospetti  ed  i  pericoli  quando  nell'a- 
prile Arrigo  celebrata  la  Pasqua  a" Verona  s'avanzò  in 
Toscana.  Ebbe  Lucca  che  si  sollevò  contro  Matilde,  as- 
salì Firenze,  ma  trovando  resistenza,  sciolto  l'assedio  si 
ritrasse  a  Ravenna  *  ad  aspettarvi  che  l'esercito  ingros- 
sasse d'altre  cerne  Tedesche  e  Lombarde,  e  giungesse- 
ro i  sussidii  promessi  dal  Conimeno.  L' alleanza  tra  il 
Pontefice  e  Roberto,  aveva  accomunati  gli  interessi  del- 
l'Imperatore Greco  e  del  Re  d' Alemagna  ,  ed  a  vicenda 
s'inviarono  ambasciatori^  stringendosi  in  lega.  Ad  af- 
frettare la  stabilita  diversione  contro  i  Normanni ,  se- 
condo i  patti ,  Alessio  fece  consegnare  ad  Arrigo  cento 
quarantamila  denari  e  cento  drappi  di  scarlatto ,  scri- 
vendogli :  che  altri  due  cento  sedicimila  denari  riceve- 
rebbe per  mezzo  di  Abagelardo,  fedelissimo  alla  sua  no- 
biltà, allorché  in  esecuzione  del  giuramento  sarebbe 
venuto  ad  assalire  la  Puglia.  Negozii  di  maggiore  inte- 
resse, diceva,  esporrebbe  il  Protopoedro  Costantino,  la- 
sciando vedere  la  necessità  di  raffermare  la  congiunzio- 

«  EpisL  Vm.  37. 

*  Veronatn  p<i8cha  venit.  Bermold.  Chr,  Bonizo  L  c.  Morat.  od  an. 
In  suburbanis  Ravennae  moratur ,  disponens  si  poterit  Romam  circa 
Pentecostem  venire^  Epis.  L,  IX ,  41. 

'^  Fu  dalla  parte  di  Arrigo  inviato  in  Costantinopoli  Btirkart  det^o 
il  Rosso,  poi  eletto  Vescovo.  Ciir.  Uspehg.  1121, 


—  268  — 

ne  dei  due  Imperli  con  vincoli  di  parenlailu  alliacbè  Ì0- 
iieme  uniti  divenissero  terribili  ai  coimnii  nomici  '. 

Non  ostaote  però  le  promosse  di  muover  guerra  a  Ro* 
berlo,  Arrigo  non  aveva  trasourato  di  ricercarne  T  ami- 
stà, E  la  Contessa  Matilde  disvelava  lo  pralitbo  al  Papa 
il  quale  in^^iunsc  a  Desiderio,  di  scoprire  il  vero  di  quel 
trattata,  e  se  roircrta,  che  sì  diceva  r.^iita  ,  della  Mar- 
ca Spolelina,  e  delle  nozze  fra  Corrado  tìgìiuulo  del 
Re  e  una  figliuola  del  Duea,  potesse  rimuovere  questi 
dalla  fede  data,  ed  indurlo  a  negare  i  suoi  soccorsi  alla 
Chiesa^-  Ma  Roberto  respinse  i  legati  Tedeschi^,  giu- 
dicando a  ragione  che  ogni  accrescimento  della  potenza 
d'Arrido  in  Italia  lornorebbe  n  suo  danno.  Ed  avendo 
già  nel  marzo  invialo  il  lìgi  io  Itoannuido  ad  assalire  l'i- 
sola di  Gorfù  ',  parti  nel  mai;gÌo  da  Salerno  pt"r  Olran- 

'  V,  Dfif,  XIK  SemJjra  turto  eliti  s'  miLmda  jiarlnrc  ìVì  Ahagi-larilo  nU 
pule  tir  Hdierio  ricoverato  [wn^^  Alessio.  Fjliasi  dice  che  i  lii  tknm 
tnfùno  ìmhiì  ppr  matzo  dei  VeneaìanL  Jlem.  #lof.  dei  Vfu.  T*  VI.  e.  i2. 
*  Comitissa  Mathildis  literas  ad  nos  direxit ,  quibus  continctur  /wc, 
quod  quemddmodum  a  familiaribus  ipsius  prò  certo  cognomi ,  prae- 
fatus  rex  placitum  cum  Roberto  duce  liabeat  videlicet  lioc ,  ut  film 
regis  filiam  ipsius  ducis  accipiat ,  et  rex  duci  Marchiani  tribuat.  QwhI 
Romani  facile  credent,  si  viderint  ducem  adiutorium  (sicut  juramen- 
tum  fidelitatis  nobis  promisit  )  subtrahere,  Sed  prudentia  tua  soUicite 
invigUet  et  quid  super  hac  re  actum  sit  diligenti  examinatiune  cogno- 
scat,  Epis.  IX,  ii. 

^   Hunc  regis  mandala  monent ,  quem  Papa  nolaral 
Regno  privari  censes ,  ut  conferat  illi 
Aiixilium  conira  Papam  lumidosque  Qniriies 


Dux  quamquam  placidi  dederit  responsa  favoris 
Legati  redeunt  sine  qualibet  emolumento.  Glil.  App.  IV. 
^  Mense  martio  ipse  Dux  Robertus  direxit  riavigia  et  obsedit  Cor- 


—  269  — 

to  ,  ove  s'era  raunata  la  flotta,  e  si  veniva  raccogliendo 
r  esercito  ^  Ne  volendo  abbandonare  in  balìa  de' nemi- 
ci il  Papa  che  sollecitava  i  suoi  aiuti  *,  connmise  a  Ro- 
berto di  Loritello ,  ed  a  Ruggiero  suo  figlio  ,  che  aveva 
investito  della  Ducale  autorità  e  fatto  riconoscere  come 
successore,  di  nccorrere  in  difesa  di  Roma,  quando  ne 
vedessero  la  necessità,  e  ne  fossero  richiesti  ^. 

L'imminente  invasione,  aveva  destato  non  mediocre 
spavento  nella  Corle  Bizantina,  ed  in  tutta  la  Dalmazia. 
A  ninno  era  Ignoto  l'ardimento  ed  il  valore  del  Duca,  e 
la  fama  esagerava  gli  apparati  di  guerra  ^  Oltre  i  Conti 
che  si  trovavano  nel  Ducato,  altri  cavalieri  erano  ac- 
corsi di  Normandia  ^,  e  numerose  schiere  di  fanti  erano 

fo,  Ign.  1081.  Lupo  ad  an,  Quindedm  naves  trans  mare  aliquam  ur* 
bem  preocupatum  mittit,  Malat.  IH ,  24.  Glil.  App.  IV. 
'   Omnibus  aptaiis ,  et  navibus  arte  paraus 
Per  liquìdum  ponlum  classi  contlatur  Uydruntum.  Malat.  111.  ^  14. 

Militibusque  sui  se  praestolaretur  Hydronti 

Imperai  apiari  naves  facit ,  ipse  Salerni 

Undique  dona  petcns  et  supplementa  moratur.  Guil.  àpp. 

*  Anna  Gomm.  reca  una  lettera  scritta  dal  Papa  a  Roberto,  la  quale 
o  è  falsa  o  alterala  dalla  consueta  vanità  della  Imperiale  scrittrice* 

5  Anna  Gomm.  Sebbene  aggiunga  poco  appresso  che  Ruggiero  nescio 
quo  ca^u  grave  conditione  mutata  sententia  expeditionem  comitem  ha* 
buit.  Ma  lo  confuse  con  Ruggiero  Gente  di  Sicilia. 
Egregiam  sobolem  multo  spcctante ,  Rogerum 
Accersit ,  populo  cunctisque  vidcntibus  illum 
Haeredem  statuii,  praeponit ,  et  omnibus  illum; 
.  Jus  proprii  Latii  lotius ,  ci  Appulac  quacque. 
4  Northmannid  tumuUus  expectatione  ac  fama ,  quantum  nulliui 
unquam  urbis  in  omni  retro  extUisse  memoria  fando  esset  auditum* 
Anna  Gomh.  IH. 

*  Robertus  Girardus  et  Guillelmus  de  GrentesmainUlo  ^  aliiquepto* 


—  270  — 

state  raccolte  fra  gli  indigeni  ;  galee  e  ci  romeni  avevano 
fornito  tutte  le  città  marittime.  Trentamila  dìcesi  fosse- 
ro i  combattenti ,  centocinquanta  le  navi;  però  di  quelli 
e  di  queste  varia  il  numero  presso  i  Cronisti,  ma  certo 
è  che  formidabili  furono  le  forze  *•  Nel  maggio  Roberto 
tolta  seco  Sighelgaita  ed  il  falso  Michele  navigò  a  Corfù 
per  raggiungervi  Boa  mondo  ,  il  quale  o  già  si  era  insi- 
gnorito delV  isola  ,  o  r  ottenne  appena  arrivato  il  padre. 
Né  quivi  si  fermarono  j  ma  disbarcalo  V  esercito  a  Bu* 
trinto  I  Boamondo  ne  prese  il  comando  avanzandosi  nel- 
la Acroceraunia  dopo  avere  occupate  Aulona  e  Canina, 
mentre  Roberto  con  la  flotta  navigava  verso  DurazzOj  do- 
ve avevano  stabilito  rannodarsi  ^,  Se  non  che  gli  auspi- 
cii,  lieti  sino  allora,  si  turbarono,  varcando  il  capo  Lia* 
guella  si  levò  improvisamente  una  furiosa  tempesta  che 
disperse  le  galee  ;  ed  alcune  ruppero  sulle  coste  e  si 
sommersero,  altre  errarono  spinto  dal  vento,  e  dei  dro- 
moni  che  recavano  le  vettovaglie  molti  furono  perduti, 

balissimi  tyrones  qui  nuper  de  JSeustria  venerant  huk  expedUione 
aderant.  Ord.  Vit.  VII ,  641.  E  nella  Chr.  inediia  di  Fil.  Mouske  è 
è  ricordato 

Un  chevalier  Bacheler 

Qui  par  polirete  vot  aler 

Droiet  en  Puille  à  Robert  Guiscard. 
Ms8.  Bibl,  Imp.  n.  244 ,  cit.  da  Gauttier  o'  Arg.  p.  509. 

■  Anna  Comm.  dice  50  mila  fanti ,  150  navi ,  e  200  miUti  ma  deve 
credersi  esagerazione  ;  come  anche  queUo  che  aggiunge  :  Erat  misera- 
bile spettaailum  videre  puerulos  imbelles,,,,  lorica  repente  oneratoi^  et 
impedimentos  clypeo ,  qui  arcum  nec  scire  tendere,  nec  lassare  nossent , 
et  ubi  ingredi  oporteret  prò  debilitate  in  faciem  caderent,  Rom.  Salei. 
Pet.  Diac.  Chr.  Brev.  Nor.  fanno  condurre  700  mtliti  e  15  mila  fanti. 
*  Malat.  Lupo.  Guil.  App.  Anna  Gomii, 


-274- 

La  nave  ove  era  Roberto  fu  in  grave  pericolo  ;  pure  né 
Tira  dei  flutti  né  il  timore  della  morte ,  valsero  a  ri- 
muoverlo dall'impresa^,  ed  approdato  a  Glabinitz,  vi 
si  riunirono  le  galee  scampate  dalla  burrasca ,  e  poco 
dopo  vi  giunse  Boaraondo  con  l'esercito  *.  Mossero  quin- 
di contro  Durazzo  ,  occupandjo  la  flotta  il  porto ,  ed  ac- 
campandosi le  milizie  nelle  ruine  d'Epidamno  già  capi- 
tale dell'  Epiro ,  donde  in  tempi  più  remoti  era  partito 
Pirro  a  cercar  ventura  e  gloria  in  quelle*  terre  cadute 
nel  dominio  dei  Normanni.  Con  mutata  vicenda  giun- 
gevano ora  di  Puglia  gli  assalitori ,  ed  il  nome  de' Ro- 
mani, vincitori  dell' Epirota,  usurpavano  sulla  opposta 
sponda  con  diversa  fortuna  i  Bizantini.  Ninna  provvi- 
sione aveva  trasandata  l'Imperatore,  e  dubitando  che 
l'impeto  nemico  si  sarebbe  rivolto  contro  Durazzo,  ne 
commise  la  difesa  a  Giorgio  Paleologo,  che  nelle  guerre 
d' Oriente  aveva  acquistato  nome  di  valoroso  capitano. 
Cominciato  l'assedio  nel  quattordici  giugno,  s'innalza- 
vano torri  cinte  di  cuoio  intorno  le  mura,  ed  anche  sul- 
le navi  ;  mostravasi  agli  assediati  il  falso  Michele ,  in- 
citandoli in  suo  nome  ad  arrendersi,  ed  alcuni  irrideva- 
no all'impostore,  altri  o  troppo  crudeli  o  intimiditi, 
esitavano  ;  ma  con  molta  virtù  respinse  le  prime  offese 
Paleologo  ^.  Frattanto  Alessio,  certo  ormai  che  Roberto 
meditava  usurpare  l' Impero ,  nel  tempo  che  procurava 
suscitargli  molestie  in  Italia,  disponcvasi  con  potente 
sforzo  a  respingerlo.  E  trovandosi  in  un  tempo  minac- 

•  Ivi. 
»  Ivi. 
^  Ivi.  GuiL.  App. 


—  272- 

ciato  dai  Normanni  e  dai  Turchi ,  si  volse  a  questi  meno 
temuti  per  averne  pace.  Le  barbariche  orde  che  doveva- 
no raccogliere  la  cadente  signoria  dei  Califlì  Arabi,  e  de- 
gli Imperatori  Bi^anliui ,  infesLate  T  Armenia  e  la  Cìlìcia, 
percorsa  la  Siria,  s'erano  addentrate  nelle  province  del- 
rimpcro.  Divise  in  tribù,  in  parte  ubbedivanu  a  Soli- 
mano stanziato  in  Nicea»  dal  t^uate  ottenne  Alessio  tre- 
gua e  soccorsi  *<  Ala  più  valido  appoggio  seppe  procacciar- 
li in  llalia.  Dopo  la  Uiorte  del  Doge  l*ictro  Orseolo,  rapi* 
damenle  s^era  accresciuta  la  grandezza  di  Venezia.  Dis- 
francata  da  ogni  os8e[[UÌo  verso  T Impero  d'Occidente, 
r incerta  soggezione  verso  quello  d'Oriente  si  era  jjju* 
tata  in  vincolo  d'anùìità  e  di  alleanza  ^*  E  declinando  la 
maritliaia  potenza  dei  Greci  e  dui  Musulmani,  subea- 
Iravano  nei  trallici  e  nella  industic  operosità  i  Veneziani 
i  quali  per  accordi  e  per  conquiste  sollevandosi  sulle 
vicine^  città  dell' Uliria  cominciavano  ad  arrogarsi  Tes- 
elusivo  predominio  dell*  Adriatico.  Pochi  anni  innanisi , 
avevano  infrenate  le  correrie  dei  Normanni  in  Dalmazia 
e  costretti  gli  abitanti  di  Zara  »  di  Spalatro  e  di  Tran ,  a 
promettere  che  non  li  avrebbero  né  chiamati ,  né  favo- 
riti K  V  oscura  contesa ,  rivela  gelosie  e  nimistà  che  di 

'  Anna  Comm. 

*  Gregorio  VH  scriveudo  al  Doge  Domenico  Selvo  si  rallegrava  per- 
chè :  libertate  quam  ab  antiqua  stirpe  Romanae  nobUUatis  aoeeptam 
Qfmservastis.  L.  IV  ^  27. 

^  Oscuramente  sono  accennate  le  correrie  dei  Normaoni  in  Dadmaiia^ 
e  le  contese  surte  perciò  tra  essi  ed  i  Veneziani.  Mella  Chr.  di  Daik 
DOLO  ad  an.  1075  si  legge  :  In  quo  tempore  Horihmanni  JJalmalioonm 
fiens  invadunt  et  destruunt,  JJux  itaque  egressus  eos  abire  coegit^  ut 
ab  incolis  solitam  fidelitatem  cum  promissione  non  adducendi  Ikrth' 


—  273  — 

tempo  in  tempo  si  rinnovarono,  e  che  ora  erano  ridesta- 
te dalla  invasione  di  Roberto ,  e  dalle  istanze  del  Gom- 
meno.  Dicesi  che  questi  offrisse  ricchi  doni  e  larghe 
concessioni  * ,  aggiungendo  così  più  vivo  stimolo ,  e  so- 
spingendoli ad  accorrere  in  difesa  di  Durazzo.  Il  Doge 
Domenico  Solvo  mosse  sul  finire  di  luglio  con  sessantalre 
galee,  mirabili  per  la  loro  grandezza,  ed  altre  navi  mi* 
nori,  ed  ancorò  al  porto  di  Pali  o  al  capo  Fallo,  come 
si  crede,  a  tre  miglia  dalla  città  assediata  ^  Aspettavano 
i  Veneziani  il  vento  propizio,  e  prima  che  avanzassero 
Hoberto  inviò  Boamondo  e  la  flotta  a  spiarne  i  movi- 
menti. Fece  richiederli  anche  di  riconoscere  il  falso  Mi- 
chele ,  e  simulando  voler  deliberare ,  il  Doge  trattenne 

mannos  in  Dalmatiam  accepit,  £  forse  al  medesimo  tempo  è  da  rife- 
rire una  impresa  conuo  il  He  di  Croazia  deUa  quale  rimane  memoria 
in  un  Kegisiro  del  Monastero  SS.  (Josm.  et  Dani.  JadrensU:  In  anno 
4075  ab  incar.  meme  lìovambns ,  ea  ìempeslate  qua  Vontes  Aviicu^ 
Heytm  troaliae  cepit,  Lucius  ae  liey.  Vaim.  et  tioat,  L.  Il,  p.  85. 
Jl  Conte  Amico  sembra  sia  quello  stesso  che  si  ribello  a  Hoberto.  Au- 
che  il  Carli  ricorda  una  battaglia  tra  Veneziani  e  Normanni  anteriore 
Sii  1077.  Ani.  Ital.  T.  IV. 

'  Secondo  pare  anche  prima  di  Alessio ,  Niceforo  Betoniate  aveva 
sollecitati  i  soccorsi  dei  Veneziani ,  ìua  è  falso  che  prima  della  esulta- 
2Ìone  del  Commeuo  il  Doge  Selvu  venisse  in  difesa  di  Durazzo ,  come 
sembra  doversi  dedurre  dalla  Cronaca  del  Dam)olo.  Michele  VII  aveva 
sposata  al  Doge  una  illustre  Greca  chiamata  Teodora  o  Calegona ,  so- 
rella come  credono  alcuni  di  Niceloro  Botoniaie.  Morosim  Stvr,  L.  JV. 
FiLiAsi.  T.  VI ,  e.  27.  8.  Pj£h  Damiano  ne  riprende  i  molli  costumi ,  e 
ne  descrive  la  morte.  J)e  Ut.*Aioniai.  e.  11.  Le  vantaggiose  olferte  fatte 
dair  Imperatore  ai  Veneziani  sono  riferite  dai  Cronisti.  Veiwti  multa 
largttùme  munerum  et  mawribus  piwnUtU  ad  auxilium  ejm  coìiru" 
caiis.  Anon.  Sic.  Malat.  A^n.  Comx.  L.  ]V.  Filiasi  I.  c. 

*  MoROsiN.  Faust.  Ak^,  Cohu,  Le. 

vol.  u.  18 


—  274  — 

por  un  giorno  i  nemici.  Ma  nella  natte  alzate  intorno  eti- 
le antenne  mobili  torri ,  sospesi  tra  gli  altieri  i  palischer- 
mi, collocaadbvi  dentro  gli  arcieri ,  si  dispose  alla  be!- 
taglia. 

Respinte  con  ingiuriose  parole  le  proposte  èi  Boamon* 
«lo  1 ,  lo  galee  di  Puglia  di  Calabria  e  di  Amalfi ,  alb 
fjuali  sperano  unite  quelle  di  Spaiutro  e  di  Ragusa  *,  si 
3for?,nrono  a  penetrare  dentro  la  lìnea  delle  navi  Vene- 
vitine  ordinate  in  semieercliio,  ed  incatenate  1' una  ai- 
r  altra.  La  mischia  s'appiccò  da  lontano  lanciandosi 
dardi  e  pietre  j  poi  accostandosi  i  Normanni  si  provaro- 
no di  venire  air  arrembaggio*  Ma  Tammiraglia  che  pre- 
eodeva  le  altre,  percossa  da  una  trave  ferrata,  s' aperse 
in  un  lato  ed  affondò,  scampando  appena  Boamondo. 
1  suoi,  0  lo  credessero  perito,  o  compresi  da  subito  spa- 
vejilo  si  volsero  in  fuga,  e  furono  inseguiti  dai  nemici 
insino  al  porto  di  Durazzo,  che  venne  abbandonato  ^ 

'    As>A  COMM.   IV. 

*  LiccARi,  Ann,  di  Ragusa,  Gcil.  App.  c  gli  Storici  Greci  confer- 
mano che  i  Ragusei  ed  altri  Dalmati  s'unissero  in  quella  guerra  ai  Nor- 
manni ,  tornando  forsi>  ai  patti  di  una  lega  anteriore. 

5  Anna  Comm.  1.  e.  In  portum  Duracensem  ad  ignominiam  dam- 
nunque  nostrorum  impune  applicant.  Malat.  IH ,  26. 

gens  multa  Venetica  portum 

Appetii,  et  naves  Roberti  marte  lacessit.  Guil.  Apf.  IV. 

Questa  prima  battaglia  navale  è  diversamente  narrata  dal  Malatcrm 
e  dair  Anon*.  Sic.  Secondo  i  due  Cronisti.  1  Veneziani  giunsero  innanii 
Duraz20  tre  giorni  prima  del  tempo  designato  dall'Imperatore.  Uscita 
la  flotta  Normanna  a  combatterli ,  dorò  la  mischia  sino  alla  sera  ;  al- 
lora vedendo  prevalere  i  nemici  chiesero  tregua  promeltendo  ti  di  se- 
guente di  accettare  le  condizioni  di  pace  che  sarebbefo  imposte.  Jli 
nella  notte  raggiunti  da  altre  navi  si  premunirono  al  o^nbauineBto  : 


—  275  — 

Allora  gli  assediati  profittando  della  vittoria  s' uniscono 
ai  Veneziani,  tentano  una  vigorosa  sortita,  e  recati  mol- 
ti danni,  rientrano  trionfanti  in  citta  ^  Tre  giorni  ap- 
presso il  Doge  confidando  poter  distruggere  la  flotta  di 
Hoberto  riparata  poco  lungi ,  fornito  di  milizie  greche 
le  navi,  s'avanzò  di  notte  per  sorprenderla.  Ma  scoper- 
to al  chiarore  della  luna ,  i  Normanni  si  prepararono  a 
resistere ,  e  sostenuti  dai  Ragusei  ostinatamente  com- 
battono *.  Incendiata  una  loro  galea  dal  fuoco  greco , 
aach* essi  urtano  e  sommergono  una  nave  nemica,  ed 
eguale  il  furore ,  eguali  i  danni ,  incerta  la.  fortuna ,  la 
stanchezza  pose  termine  alla  mischia  *^.  Sopraggiunta 
poi  anche  la  flotta  Bizantina  comandata  da  Maurizio  , 
seguivano  altri  scontri  navali  ^ ,  e  Roberto  non  osando 
tenere  il  mare ,  fece  risalire  alle  sue  navi  le  foci  del 
Glykis,  assicurandole  così  da  ogni  pericolo  ^.  La  guerra 

ed  assaliti  quindi  i  Normanni  qaasi  a  sorpresa ,  li  vinsero.  Più  proba- 
bile però  sembra  il  racconto  di  Ann.v  Comneno.  1  Cronisli  Venexiani  ac- 
cennano appena  questi  fatti. 

>  Anna  Comm.  1.  c. 

*  Acerrime  ulrinque  congreditur*  Malat.  Le. 
Gens  Gomitata  Ducis  cum  Dalmaticis  Ragusea 
Telorum  densis  costernit  jactantibus  aequor.  Guil.  Api*. 

LcccARi  Ann.  di  Rag.  narra  che  un  Raguseo  salisse  sulla  nave  ovi* 
era  T Imperatore,  e  mancò  poco  non  T uccidesse.  Ma  Alessio  non  era 
ancora  venuto  in  Dalmazia. 

^  tìoUrique  exomscentibus  dolum^  ipn  auUm  slrenuitate  ttotiro- 
rum  9  ceriamen  tUrinque  diremptum  quievU.  Malat.  1.  e. 
.  /4  Qtitètif  eum  $e  adjuxisset  Maurix  cum  da$se  Romana  gravisH- 
mo  pradio  contracto  Robertiani  terga  vertunt.  Anna  Coxn.  Anche  Fo- 
fOAftUit  Lei,  Venti,  parla  di  un'  altra  batt^Ua  navale  perduta  dai  N>r- 
«lanni. 

>  ANN.  Covi.  I.  e. 


—  276  — 

si  restrinse  alle  terrestri  fazioni ,  rese  più  l^nte  dada 
penuria  dei  viveri  e  dalle  moleste  sortite  degli  asse* 
diati.  Preclusa  ogni  via,  vietavano  Veneziani  e  Greci 
che  arrivassero  soccorsi  dalla  Puglia  ^  rifiutavano  i  po- 
poli deir  Epiro  i  tributi  promessi  e  le  vettovaglie ,  ed 
era  d' uopo  per  forza  ed  in  siti  remoti  cercarne  *.  A  qué- 
ste sofferenze  s'aggiunsero  gli  estivi  calori,  cagione  più 
funesta  d'infermità  e  di  morte.  Molti  cavalieri  perirono, 
in  maggior  numero  i  fanti  *,  ma  l'assedio  non  fu  sciol- 
to ;  aiuti  vennero  di  Sicilia  e  dalla  Puglia ,  e  costretti 
dalla  necessità  s'avventurarono  i  Normanni  nuovamente 
neir  Adriatico  ^.  Mancate  le  pioggie  erano  molte  galee 
rimaste  interrate  nel  Glykis,  torrente  anziché  fiume; 
e  nel  settembre  cominciando  a  rigonfiare ,  il  Duca  fe- 
ce approfondirne  il  letto  rialzandone  le  sponde  con  ar- 
gini artefatti;  ed  avendovi  converse  le  acque  dei  vicini 
ruscelli ,  riuscì  a  sollevarle  '.  Continuando  frattanto  la 
oppugnazione  di  Durazzo  v'accostò  un'altissima  torre  , 
<;ongegnala  in  maniera  che  abbassandosi  una  porta  ve- 
niva a  formare  un  ponte  sulle  mura.  Cinquecento  fra 

»  Uostilium  tenv  marique  incursionum  commeatum  annonae  prohi- 
bentinm.,..  transittnu  Italicarum  navium  e  Roberti  ditione  necessaria 
ad  ipsum  comportare  parantium  arcebat,  ivi. 

-'   Ivi.  Gì: IL.  App. 

•  Pestilentia  tanta  vis  exarsit  ut  ea  tribus  mensibus  facile  homi' 
num  decetn  rnillia  dicatur  absumpsisse.  Ivi.  Ma  sembra  il  numero  una 
deUe  consuete  esagerazioni  deUa  imperiale  scriurice.  I  Cronisti  Puglie- 
si ,  dopo  le  vittorie  dei  Veneziani  tacciono  ogni  altro  particolare  sioo 
alla  battaglia  con  Alessio. 

4  Unde  Roberti  cito  sensit  quanti  mementi  maris  imperium.  A^?»^ 
(lOMM.  l.  e. 

»  Ivi. 


*     —277  — 

ì  più  valoi^osi  vi  erano  dentro;  intorno  torri  minori  coti 
frofnbolieri  e  saettatori.  Opposero  gli  assediati  unche 
essi  una  torre ,  e  lanciando  fuochi  artificiati ,  ed  urtan- 
do con  travi  e  catapulte ,  tennero  lontani  gli  assalitori  , 
uscendo  anche  fuori  a  combatterli.  Pugna  vasi  così  fiera- 
mente ,  e  il  Paleologo  con  pertinacia  provvedeva  alla  di- 
fesa benché  ferito;  ma  dubitando  piìi  oltre  di  sostener- 
si, con  frequenti  messaggi  affrettò  il.  soccorso  dell' Im- 
peratore. Alessio  dal  tempo  della  invasione  aveva  fatti 
grandi  apparati  di  guerra ^  raccozzate  le  milizie  dei  Tes- 
sali ,  dei  Macedoni ,  dei  Manichei ,  e  quelle  mercenarie 
dei  Turchi,  raccolte  le  legioni  dei  Varengi  *.  Militavano 
fra  queste  generazioni  diverse  di  Slavi ,  Normanni  emi- 
grati di  Puglia  *  ,  Anglo-Sassoni ,  che  fuggendo  dalle 
remote  contrade ,  venivano  a  scontrarsi  nella  siirpe  me- 
desima degli  odiati  conquistatori  di  lor  terra  ^.  In  tutto 
sommava  l'esercito  greco  a  settantamila  combattenti  * , 
e  dovevano  accrescerlo  i  Serbi  condotti  da  Bodino ,  e 
e  ie  genti  della  Dalmazia  rimaste  amiche  all'Imperio  *. 
Con  lento  cammino  avanzando  il  Commeno,  pervenne 

•  lei, 

'*  Franeicis  cohortibwt^  ivi.  Erano  condoue  da  Pamicomite,  e  da  Co- 
siariiiuo  Umbertopolo ,  preleso  nipote  del  Duca  Roberto. 

*  Angli  quo8  Varììigos  appettante  Mal\t.  HI ,  27.  Ord.  Vit.  IV ,  VII. 
Malesb.  II.  Thierry  ,  li.  L.  5. 

H  Pietro  Diacono  ,  ed  altri  storici  lo  fanno  ascendere  a  170  mila. 
Lebeau  ,  L.  liXXXI. 

^  Mandala  per  ferri  curarel  ad  Bodinum  et  Dalmata  reliquosqw 
circum  praeféctos  et  Duccs  adiacentium  regionum.  Anna  Cohm.  l.  e. 
Sembra  che.  questo  Dodìno  sia  lo  stesso  che  aveva  sposata  la  figlia  del 
Barese  Argirizzo,  ed  in  altro  luogo  è  ricordato  da  Anna  insieme  al  pa- 
dre :  Exarcki  erant  Ualmatamm  Bodinus  et  MichaHwt. 


nella  prima  metà  d'ottobre  presso  il  fiume  Kardzanin, 
e  le  varie  e  numerose  schiere ,  accampatf.  sopra  i  colli 
circostanti  a  Durazzo  ,  erano  alla  vista  come  locuste 
sparse  sul  terreno  '.  Primi  a  scoprirle  furono  i  forag* 
giatori  Normanni ,  e  indietreggiando  atterriti,  vennero 
a  darne  notizia  a  Roberto  *.  Scontravansi  poi  Boamondó 
e  Basilio,  usciti  dai  due  campi  ad  esplorare;  s'azzuffa- 
vano a  pruova ,  e  i  Bizantini  soverchianti  di  forze  fujf- 
givano,  il  loro  duce  restava  prigione  ^.  Giungevano  quindi 
legati  imperiali  alla  presenza  del  Duca,  recatìdo  minac- 
ce e  proposizioni  d'accordo,  per  specularne  gli  intenti 
e  le  forze  ;  e  rinviati  con  disdegnose  parole ,  dalF  una  e 
l'altra  parte  si  disposero  a  combattere  ♦.'L'Imperatore, 
chiamato  da  Durazzo  Giorgio  Paleolo^o  adunava  i  capi- 
tani a  consiglio.  Opinavano  alcuni ,  che  circondati  i  ne^ 
mici  s'affamassero,  altri  che  s'investissero  subito,  e  fu 
vinto  cjucsto  partito.  Al  nuovo  giorno,  dieciotto  d'otto- 
bre, si  venne  a  battaglia;  gli  Anglo-Sassoni  furono  col- 

•     More  locuslarum  moiiles  ot  plana  legunlur.  Gdil.  App.   IV. 

-  .Malu.  ni ,  27. 

•'  Anna  Comm.  Guil.  Api».  I.  c. 

4  Anna  Comm.  dice ,  cho  Alessio  inviasse  ambasciatovi  a  richietlere 
Koberto  delia  cagione  delia  i;ucrra  ,  e  che  questi  ({uerelandosi  delle 
ingiurie  fatte  al  suo  suocero  «d  a  sua  lìglia  ,  oflVisse  alcune  condizio- 
ni di  pace  che  furono  respinte  dai T  Imperatore.  Legati  petierìmt  res 
fjuae  concedi  nullo  modo  posscnt ,  ut  potè  Romaìio  Impet-io  pemiciO' 
sae.  Ma  non  si  può  prestarle  molta  fede,  ed  in  tutto  false  sono  le  pa- 
role che  attribuisce  al  Duca  per  esortare  i  Normanni  alla  battaglia ,  la- 
sciando ai  loro  voti  reiezione  del  supremo  comandante.  Roberlo  secoH- 
do  essa  narra ,  sarebbe  stato  a(  clamato  ad  unanimità  ;  e  se  ad  arte  uou 
menti ,  mostra  questo  racconto  quanta  poca  cognizione  ebbe  Anna  dd 
politico  ordinamento  del  Ducato  di  Puglia. 


-279  — 

locati  nella  vanguardia;  un  corpo  di  ausiliarii  passando 
nella  notte  lungo  la  riva  del  mare,  protetto  dalla  flotta 
Greca  e  Veneziana,  venne  a  postarsi  in  maniera  da  pren- 
dere alle  spalle  i  Normanni;  il  presidio  di  Durazzo  ebbe 
ordine  di  tentare  una  sortita  ,  le  rimanenti  milizie  si 
schierarono  sul  declivio  d^una  collina  ^  Roberto,  che 
si  pretende  non  avesse  più  che  quindicimila  uomini,  ne 
accrebbe  il  numero  con  le  ciurme  delle  sue  navi;  dicesi 
anzi  che  a  togliere  ogni  speranza  di  fuga  bruciasse  le 
galee;-  ma  non  è  probabile  ^,  D'ogni  modo,  invocati  gli 
aiuti  divini  con  pie  cerimonie  ^  divise  l'esercito;  confi- 
dando al  Conte  Amico  Tala  destra  che  poggiava  verso 
il  mare,  a  Boamondo  la  sinistra,  ritenendo  per  sé  il 
centro.  Volteggiavano  innanzi  alquanti  cavalieri  provo- 
cando i  nemici ,  e  scaramucciando ,  e  primi  entrarono 
nella  mischia  i  Vareugi;  aperte  le  fila  una  mano  d'ar- 
cieri saettò  da  lungi ,  poi  gli  Anglo-Sassoni  piombarono 
sulle  schiere  del  Conte  Amico.  Incalzati  dall'urlo,  op- 
pressi dalle  pesanti  azze,  i  Normanni  indietreggiarono  in 
disordine  sino  al  lido  del  mare;  e  molti  cercandovi  uno 
scampo ,  furono  morti  o  presi  dai  Veneziani  che  costeg- 
giavano la  riva  *.  Ma  accorse  Sighelgaita,  e  con  fiero  as- 

■  Anna  Cohm.  GtiL.  App.  1.  e. 

^  (ìt'iL.  App.  dice  :  Ca$tì-a  eremai  veniente  die  dux  providiui.  Ma 
Arra  (^uiim.  vuole  che  bruciasse  le  navi,  e  lo  stesso  afferma  TAnon. 
Sic.  e  Malat.:  nave/i  ma»  a  mare  protectae  omnes  combuetU:  ne  fw- 
te  cum  aerim  praelium  twitiis  immineret ,  timidi  eertamen  declinando 
spe  trammeundi  Ulorsum  aufugerent.  IH ,  27. 

*  Ivi, 

4  Angli...  certamine  inito  caudaJtie  bidentibus...  infestimme  inttantes, 
nostris  admodum  importuni  jnimo  esse  oueperunt.  Malat.  Amna  ik>Nif .  1.  e. 


puita  r,'ìiiipoguaiidu ,  incitando»  cumbattetido .  riiiiiimJù 
i  fuggeuti,  e  benché  ferita  di  fpeccia ,  li  condusse  a  por- 
liLiuterc  di  Iato  i  Varengi,  assaliti  nel  tempo  stesso  da 
lioberlo  ^  Alla  lor  volta  respinti,  piegavano  gli  Auglo- 
Sassoni  raccogliendosi  dentro  e  sopra  una  Chiesa  ;  ma 
il  letta  gravalo  dal  peso  sprofondò,  o  quasi  tutti  rima- 
j^cpo  pcRtl ,  soffocati ,  uccisi  -.  Scendevano  i  Greci  »  e  U 
mischia  diveniva  generale;  sboccando  improvvisi  gli  au- 
siliarii saccbeggiavano  il  campo  dei  Normanni ,  e  posti 
questi  tra  i!  mare  o  la  città,  avendo  il  Duca  rotto  il  pon- 
te ad  un  tiuraioello  per  impedire  le  sortite  del  presidia  , 
si  trovarono  quasi  circondati  ed  in  grande  pericolo.  Allo- 
ra Roberto  alzato  il  vessillo  benedetto  dal  Papa  si  lancia 
impetiìosanaente  in  mezzo  alle  srìhiere  nemiche ,  e  se- 
guito da  Boamondo  e  dai  più  valorosi,  le  ruppe  e  disor- 
dinò^. Caddero  alcuni  illustri  capitani  imperiali,  giac- 
quero molte  migliaia,  alla  vittoria  quasi  certa  succesM^ 
lo  f^compiglio  e  la  fuga  *.  Rodino ,  che  accampato  sopra 

•     IJxor  in  hoc  bello  Roboni  forte  sagitu 
Quadam  laesa  fuit.  Guil.  Afp. 

Quando  Gatta  Roberti  coniuT  in  bello  secata  virum  Pallas  altera, 
licet  non  Minerva,  compicata  fugientes,  acri  fixos  intuitu  mcigna  voce 
increpuit.  Anna  Comm.  E  ricordan«ia  la  PaUade  Normanna  con  feuiiuiuile 
invidia  la  contrappone  a  se  stessa  ,  nuova  Minerva. 

^  Versus  Ecdesiam  S,  Nicolai  auxUium  expeteììtes^  dumalii  quan- 
tum capacilas  permittebat ,  subintrabant ,  alii  tanta  multitudine  teda 
supérscandunt ,  ut  pondere  ipsa  feda  dissoluta  consubruantur ,  Uliqui 
Mtbintraverant  opprimentes  conclusi  pariter  soffocarentnr.  Malm.  Anna 
CoMMENO'dìce  che  ì  Normanni  v'appiccarono  il  fuoco. 

^  GuiL.  App.  Malat.  Anna  Comm. 

^  Oltre  Niceforo  Sirìadeno ,  Zaccaria  ,  Aspete ,  ed  altri  capilani  mon 
in  quella  bauaglia  Costanzo  Dtica  ,  fratello  di  Michele  VII ,  che  fa  pei 


—  281  ^ 

un  coilo  non  aveva  presa  ancora  parie  alla  battaglia  ^ 
fu  tra  i  primi  ad  allontanarsi  *;  ed  Alessio  travolto  nel 
comune  spavento,  inseguito  dal  Conte  Amico  e  da  Pie- 
tro d^Aulps,  solo,  ferito,  su  rapido  cavallo,  errando  a 
caso  per  due  giorni ,  fu  salvo  infine  a  Devol ,  ove  le  re- 
liquie deir esercito  si  erano  raccolte  *. 

Lasciarono  i  vinti  seimila  morti  ^,  ed  ogni  loro  prov- 
visione *.  Nel  ricco  bottino  fu  trovata  una  croce  di  bron- 
zo ,  che  la  fama  diceva  fatta  da  Costantino  il  Grande  a 
similitudine  di  quella  che  gli  apparve  nel  cielo,  serbata 
da  Roberto  come  augurio  d'altre  vittorie.  L'assedio  di 

eiToro  da  alcuni  storici  confuso  con  Costantino  tij^lio  di  Michele ,  e  ge- 
nero di  Roberto.  Anna  Comm.  lo  mostra  vivo  anche  dopo.  Dicesi  anche 
perisse  in  quello  scontro  il  falso  Michele  che  combatteva  fra  i  Normanni  ; 
ma  il  Ddcange,  Nat.  ad  Ah,  Com.  Io  fa  sopravvivere  ancora  alcuni  anni. 

■  Anna  Comm. 

*  Pietro  de  Aulps  che  altri  chiama  Pietro  d'Alife,  secondo  il  Docav 
UE  L  e.  prendeva  il  suo  nome  da  un  castello  detto  de  AlpWus ,  e  fu  lo 
stipite  della  famiglia  dei  Duchi  Blacds  de  Aulps,  Egli  crede  questo  Pietro 
discendente  da  Pietro  primo  Conte  di  Trani.  Emigrò  dopo  in  Oriente  presso 
Alessio,  preso  parte  nelle  Crociate,  e  la  sua  famiglia  rimase  io  Costan- 
iinopoli.  La  fuga  di  Alessio  Commeno  è  narrata  limgamente  da  sua  %li.n, 
la  quale  cerca  coprirne  la  vergogna,  esaltando  il  coraggio  di  suo  padre, 
che  dopo  aver  valorosamente  combattuto ,  circondato  da  tre  cavalieri 
Normanni ,  sfugge  ai  colpi  del  Conte  Amico  ,  perde  il  cimiero  per  un 
colpo  di  Pietro  d'  Aulps ,  e  riesce  a  troncare  la  mano  al  torzo.  lusc- 
guKo ,  due  volte  fu  sul  punto  di  cadere  in  mano  ai  nemici  ;  ma  un  sal- 
to del  suo  cavallo  lo  salva ,  e  ferito  si  sottrae  ai  persecutori ,  con  gran 
dispiacere  di  Roberto.  Altri  però  dice  che  l'imperatore  sì  tenesse  lon- 
tano dalla  battaglia. 

^  Plusquam  6000  ex  suis.  Liivo  ad  an.  Più  che  cinque  mila  dice 
GciL.  App. 
1  Pretioiiora  h4)sp%iia  cum  spolm  umrpani,  Malat, 


—  282  — 

Durazzo  venAe  ripreso;  Paleologo  rimasto  nel  campo 
imperialo  non  aveva  potuto  più  rientrarvi ,  ma  Alessio 
confldandone  la  difesa  ad  un  Albanese  chiamato  Com- 
miscort,  fece  intendere  ai  cittadini  che  presto  tornereb- 
be in  loro  aiuto.  E  questa  speranza  ed  il  gran  numero 
di  Veneziani  che  vi  era  dentro  * ,  valsero  a  prolungare 
la  resistenza.  II  Duca  di  Puglia,  aspettando  che  s*  arreo* 
desse  per  forza  o  per  fame ,  continuò  a  bloccarla  *.  L'av- 
^  vicinarsi  del  verno  tornava  in  suo  vantaggio  ,  la  flotta 
dei  Greci  e  dei  Veneziani  non  poteva  restare  nell'Adria- 
tico ,  e  mancato  quel  sussidio ,  lusingavasi  che  la  città 
sarebbe  presa.  Inviata  perciò  una  parte  dell'esercito  ad 
occupara  Conitza  e  Giannina,  accampò  le  rimanenti  mi- 
lizie nei  luoghi  circostanti  a  Durazzo,  fabbricando  un 
castello  sopra  un  colle  che  d'allora  fu  detto  Monte  Gui- 
scardo ^.  Ma  aperti  assalti  non  furono  ,  vietandolo  la 
stagiono  avversa;  si  tramò  invece  per  ottenere  ad  in- 
canno la  dedizione.  Un  Veneziano  a  nome  Domenico  \ 
al  (jualo  era  affidala  una  delle  principali  tórri  ,  sedotto 
dalle  olferlo,  o  stimandosi  ingiuriato  dai  suoi,  si  |>iegò 
a  renderla,  ottenendo  promessa  che  gii  sarebbe  sposala 
la  nipote  del  Duca  figliuola  di  Guglielmo  suo  fratello 
morto  alcuni  anni  innanzi  ^.  La  notte  del  quattordici 

'     liupeiii  juslìs  gens  tida  Venetica  servai 
Lrbom  Dyrracliii.  (jUil.  Api». 

'*  JJivcrsis  incursionibus  crebro  luccssebat.  Mal.m. 

^  Ivi.  GuiL.  Api». 

4  Traditione  quorundam  Veneticorum,  Lupo  ad  an.  Veneliunnii  qui- 
dam nomine  Dominicus  nobile  genere.  Malat.  l.  e.  Guil.  App.  Anon. 
Sic.  Gap.  Vit.  Anna  Comm.  pretende  fosse  Amallìtano. 

-  A'eptcm  spcpiosae  formae  habens,  fUiam  vifielicet  fralìis  sui  GuU- 


—  283  — 

febraio  1082,  nascostamente  furono  messi  dentro  i  Nop* 
menni,  e  lo  strepito  delle  armi,  e  le  loro  grida,  destan- 
do i  cittadini,  si  levò  da  ogni  parte  grandissimo  rumore 
e  confusione.  Per  tre  giorni  però  nelle  altre  torri  ,  e 
nelle  case  si  difese  il  presidio  * ,  e  non  senza  strage  fu 
compiuta  la  vittoria  restando  prigioni  molti  Veneziani  , 
fra  i  quali  lo  stesso  figliuolo  del  Doge  ^. 

Lasciato  di  governo  di  Durazzo  Fortino  di  Uossano,  il 
Duca  s'inoltrò  nell'Epiro,  e  solamente  Castoria  osò  re- 
sistere; ma  minacciata  d'assedio,  i  trecento  Varengi  che 
la  difendevano  s'arresero  ^.  Allora  città  e  castella  rico- 
nobbero la  signoria  di  Roberto,  ed  il  terrore  delle  suo 
conquiste  si  sparse  sino  a  Costantinopoli  *. 

In  mezzo  a  questi  trionfi  giungevano  lettere  e  legati  del 
Papa,  a  Esser  lieto,  scriveva  Gregorio  al  Duca,  dei  prospe- 
»  ri  successi ,  e  seco  i  Romani  che  di  lor  voti  li  avevano 
»  secondati;  nonobbliassc  però  a  quale  intercessione  era- 
»  no  dovuti.  Non  obbliasse  la  santa  Chiesa  Romana,  che 

Mmi  Principatus  Comitis ,  ut  ei  in  maliimonium  cum  hervdUatc  pud' 
lae  competenti  sociandam  se  dare  spopondit,  Malat. 
Oderai  hìc  queiidam  ,  quia  non  se  parlecipabat 

ik>usì}io 

Quendam  de  profugis .  Barioum  convocai  ad  se 
Qui  sibi  chanis  erai  fideique  lenorc  probalus. 
llunc  monei,  ul  noclae  Roberli  caslra  requirai. 
El  se  veUe  duci  sua  commoda  paudere  dicat.  Goill.  àpp. 
•  Malat.  Guil.  App. 

»  Secoudo  L'Ign.  Barese  ,  cftmprahendit  Uux   Venetieorum  ,  el  na- 
vigie  eorum  eum  multi  homines.  ad  an.  Ma  fu  il  figlio  di  Domenico 
Selvo  che  rimase  prigione.  Guil.  An». 
^  Fortino  de  Rosana  delegavit.  Malat.  IH ,  ^. 
4  Vsqw  ad  ip$am  regiam  urìtem  trmiere  faàebat»  ivi. 


—  mk  — 

n  in  lui  aveva  posta  ogBÌ  sua  sperala.  Kicordasìie  le 
w  promesse  fatte,  i  doveri  di  crifitiano,  lo  tribolazioni 
1*  buscilate  dal  sedicente  Imperatore  Arrigo;  ed  accor- 
rt  pendo  in  soccorso  della  niadre  travagliata  dal  figlino* 
ìj  lo  della  iniquità,  sene  mostrasse  egli  pietoso  figlio  *-  »» 
Aggiungeva:  «  non  aver  apposto  suggella  allo  scritto  per 
H  tema  che  sorpreso  dai  nemici  noo  se  ne  servissero  a 
n  qualche  inganno  ^,  » 

l^oco  dopo  r  invasione  di  Roberta  in  Dalmazia ,  nel 
maggio  del  1081 ,  Arrigo  s'era  avanzato  da  Uavenna  so- 
pra lioma  accampandosi  nei  prati  detti  di  Nerone.  Ma 
la  resistenza  opposta  dai  cittadini  ^  e  le  infermità  che 
nella  estiva  stagione  travagliarono  T  esercito,  lo  ave- 
vano costretto  a  ritirarsi  in  Lombardia  ^,  dove  rima- 
se durante  T  autunno  ed  il  verno  del  seguente  auoo. 
Lasciando  che  ì  suoi  fautori  in  Alemagna  contrastasseru 
al  nuovo  emulo,  Ermanno  di  Lucemburgo,  attese  \i  me- 
testare  e  deprimere  la  Contessa  Matilde  ,  a  procurarsi 
alleati  nell'  Italia  meridionale  tra  i  Conti  Normanni  e 
gli  indigeni  *.  Nel  marzo  del  1082  ricomparso  sotto  Ro- 

'  £pù,  L.  IX  ,  17.  Questa  lettera  fu  recaia  da  Simone  Crispeieosc. 
Mabillon  Act,  SS.  or.  S.  Ben,  saec,  VI.  p.  11 ,  285. 

*  DubUavimìu  hic  tigillum  plumòeutn  ponere  ,ne  ti  illi  inimici  u- 
perenta  de  eo  falsiUUem  aliquam  facerent.  Ivi. 

^  Venti  igitur  sexta  feria  ante  pientecostem  ad  diem  constitutuw: 
xed  Romani  praevarieatores  effecti  dausemnt  introitum.  Benzo*  L.  IV. 
Post  varias  dades  atque  miserìas  perpem  sunt  Romani,..,  re.r  cnncf- 
pta  spc  ac  desiderio  $uo  fraudatus ,  et  in  sua  erubeseenlia  lymfufus 
in  Lombardia  remeavit.  HoNtzo,  L.  IX. 

4  Rossi  crede  che  Arrigo  si  recasse  a  svernare  in  Kaveniia.  Hi»t. 
Rav.  L.  5,  51a  n(;l  luglio  Arrigo  trovavasi  a  Lucca  che  si  era  ribellala 


—  285  — 

ma  insieme  all'  antipapa  Guiberto ,  ed  occupate  le  ca- 
stella dei  dintorni  *,  volgevasi  Gregorio  VII  a  Roberto.  In- 
tento il  Duca  a  proseguire  la  sua  impresa ,  forse  avrebbe 
esitalo  a  recarsi  personalmente  in  Italia  ^,  se  ai  pericoli 
che  minacciavano  il  Pontefice  non  si  fossero  aggiunti 
moti  di  maggiore  importanza.  Allorché  la  prima  volta 
era  venuto  Arrigo  ad  assediare  Roma,  una  grande  com- 
mozione si  era  destata  nella  vicina  Campania ,  e  secon- 
do afferma  un  Cronista ,  tutti  gli  abitanti  cospirarono 
contro  i  Normanni ,  preparandosi  ad  assalirli  appena 
Roma  fosse  caduta  ^.  Atterrito  da  quei  rumorìi  e  dalla 
prossimità  delle  armi  Tedesche ,  e  forse  fatto  avverso  ni 
Papa  per  gelosia  dell* amicizia  stretta  con  Roberto,  il 
Principe  Giordano  di  Capua  accettò  T  alleanza  che  gli 
era  offerta  da  Arrigo  ^  Gli  diede  quindi  per  ostaggio  il 

a  Matilde.  Mcrat,  àn.  e  la  guerra  contro  la  Contessa  è  ricordata  da 
DomzoKE  L.  II,  e.  21. 

'  Depopulans  urbes  et  castra  evertens,  ad  uliìmum  per  omnem  qm* 
draffedmale  tempus  R<mam  ùbsedU,  Bokizo  1.  e.  Bebnold.  Chr. 

•  En  grant  doute  furerU  se  il  notre  pere  V  apostde  et  V  église  de 
Rtme  laisseraient  piller  et  asservoir,  Reccil  des  UUt,  de  France,  T. 
XII,  p.  145. 

s  Coneurritur  ab  omnibus  certaiim ,  eonfluit  ex  vicinis  maràtipi 
inestimabilis  populus,  Bcnzo  1.  e.  Hoc  audito  omnes  fere  istarum  par* 
tium  homines  adversus  Normannos  uno  animo  unaque  voluntate  co* 
epirant ,  et  cum  imperator  Romam  transòret ,  omnes  Ulos  unanimiter 
msurgerent.  Hoc  illi  esplorato  perterriti  consUium  invicem  ineunt,  ut 
eum  imperatore  foedus  quoquo  pacto  componant:  ne  si  Roma  Ule  pò- 
tiretùr,  adiuctis  illi  Romanis  et  omnibus  per  circuitum  geiUibus^  ipsi 
sedibus  suis  pellerentur.  Petr,  Diac.  L.  IH. 

.4  Jordanus  principis  perterritus  advenientis 
Henrìci  fama  non  armis  obviat  illi 
Ut  sesè  finesque  suos  uitetnr  ab  i|lo  ; 


—  286- 

figlio  e  lo  sovvenne  di  danaro.  Gregorio  avendolo  pereiè 
scomunicato ,  scrisse  ad  Erveo  Arcivescovo  Capuano  di 
resistergli;  ed  all' Arcivescovo  di  Napoli  per  indurre  il 
Duca  Sergio  a  dichiararsi  suo  nemico  ^ 

La  defezione  di  Giordano,  le  speranze  suscitate  dalla 
discosa  d'Arrigo,  gli  incitamenti  dei  Greci,  vennero  sol* 
levando  gli  animi  anche  in  Calabria ,  in  Puglia  ed  io 
Sicilia.  Poco  innanzi  i  Musulmani  deir  isola  condotti 
da  Benavort ,  che  signoreggiando  Siracusa  e  Noto  pre- 
valeva fra  tutti,  s'erano  per  via  di  tradimento  impadro- 
niti di  Catania.  Un  Saraceno  che  V  aveva  in  guardia 
mancando  alla  fede  giurata  al  Conte  Ruggiero,  ilei  tem* 
pò  che  questi  era  sul  continente ,  vi  pose  dentro  gli  as- 
salitori. Accorsi  però  Giordano  figlio  naturale  del  Conte, 
Koberto  di  Sordavalle,  ed  Elia  Cartomense,  Musulmano 

Sed  firmae  secum  compones  faedera  pacis 

]||i  se  subigit,  genitus  concedil  obses, 

Kt  cum  prole  dedit  solidorum  muncra  multa.  Guil.  App. 
>  l.e  trattative  di  Arrigo  erano  incominciate  anche  prima  di  quel  tem- 
po. Nel  febraio  del  1082  il  Papa  rinnovando  contro  lui  le  scomuniche 
Anathemathnvit  item  Jldimundum  et  Landum  Campanos  omneique 
adiutores  eorum.  Pktr.  Pisax.  Vit.  Greg,  VII.  Nella  lettera  scritta 
nd  Erveo ,  che  non  à  data  certa ,  il  Pontefice  Io  loda  della  resistea- 
/a  opposta  ai  nemici  della  Chiesa  Romana ,  lo  conforta  a  perseverare  ab 
illicita  et  nefaria  exconiunicatarum  partecipatiane  abstinentes,  con- 
sigliandolo ,  dove  si  vegga  minacciato,  a  ricoverare  presso  Roberto  o  in 
Roma.  Epi8,  L.  IX,  25.  Inviò  anche  Gisulfo  già  principe  di  Salerno  per 
ambasciatore  ai  Napoletani ,  e  al  suo  ritorno  avendo  riferito  :  qìwdJordani 
qui  scienter  periuriai  beato  Vetro  et  nobis  et  ab  hoc  anatl^ematii  nodis 
lì'gatus  est ,  adiutorium  faciant ,  raccomanda  air  Arcivescovo  :  ut  praefa- 
tnm  magistritm  militum  omnesque  tibi  commissos  admoneas  et  pontili» 
calis  censurae  disciplina  prohibeas  et  interdicas ,  ut  tam  praefato  Jor- 
liane  quam  et  meris  illius  ccmplicibus  sesc  abstineat,  Epis.  W ,  %, 


—  287  — 

rinnegato,  lo  milizie  di  Benavert  respinte  nelle  mura  . 
prima  che  Tassodio  si  stringesse  sgombrarono  la  ciltà  ^ 
Quetavasi  nel  modo  stesso  la  sedizione  mossa  da  Angil- 
maro.  Surto  d' umile  nazione  era  questi,  come  uomo  mol- 
to valente,  salito  in  grande  favore  presso  Ruggiero,  che 
gli  sposò  la  vedova  di  suo  nipote  Serlone  *,  conceden- 
dogli in  feudo  la  quarta  parte  di  Gerace.  Pure  cupido 
di  maggior  signoria,  o  istigato  dalla  moglie,  Agilmaro 
vedendo  che  i  cittadini  per  avversione  ai  Normanni  ^ 
erano  disposti  a  secondarlo,  aveva  intorno  quel  tempo 
occupata  tutta  la  città  fabricandovi  una  torre  ;  ma  il 
Conte  dopo  breve  contrasto  T  obbligò  a  fuggire. 

Represse  le  ostili  invasioni  e  gli  interni  rumori,  nel- 
la primavera  del  1082,  Ruggiero  recavasi  a  raggiun- 
gere in  Dalmazia  il  Duca^,  quando  entrambi  dall' am- 
bito acquisto  dell'  Imperio  di  Oriente  furono  distolti. 
Alessio  istigava  Arrigo  ad  assalire  secondo  le  promesse 
la  Puglia^;  mandava  l'esule  Ermanno  fratello  d'Abage- 

'  4^ALAT.  HI ,  50.  n  Cronista  secondo  l' usato  costume  attribuisce  mi- 
rabili  prove  ai  Normanni.  Benavert  sarebbe  uscito  da  Caiania  per  com- 
battere il  Conte  con  ventimila  fanti  olire  ì  cavaUi ,  e  Ruggiero'  con  soU 
centosessanta  cavalieri ,  dopo  numerosa  strage,  avrebbe  respinti  i  nemici 
nella  città ,  costringendoli  poi  ad  abbandonarla.  Aggiunge  eh<^  il  MusuU 
mano  traditore  che  egli  chiama  Bencimine  fu  in  Siracusa  ucciso  da  Bt:- 
navert. 

•  Erat  enim  filia  RadtUfi  Baianensi  comUis.  *ivi ,  51 . 

^  Qìda  oììines  gvnus  nostrae  gentis  illis  invisum  erat.  ivi. 

•I  Che  anche  Uuggiero  si  fosse  recato  in  Dalmazia  apparisce  da  quello 
che  scrive  sotto  V  anno  i085  il  Cronista  Fra  Corrado  :  Rògerìus  de  Ro- 
mnnia  reversus  est.  De  AÌeo  erroneamente  lesse  Roma  per  Romania, 
supponendo  che  Ruggiero  si  recasse  in  aiuto  del  Papa. 

^  Miserat  vero  denuo  legatos  ad  reges  Alemanniae  sub  quwhm  He- 


—  i88  — 

lardo  a  riaccendervi  le  sopite  turbolenze.  Quindi  il  Con- 
te di  Lucerà  e  del  Gargano  tornava  a  riconoscersi  vas- 
sallo del  Greco  loiperatore  ;  Goffredo  di  Conversano  ed 
nitri  Conti ,  riprendevano  le  armi  per  far  valere  le  lo- 
ro pretensioni  ;  Canne  rendevasi  ad  Ermanno  che  prima 
ne  aveva  tenuto  il  dominio,  Ascoli,  e  Melfi  insorge- 
vano ^  xXnche  Troia  si  levò  improvvisamente;  Ruggiero 
figlio  del  Duca  che  soleva  farvi  dimora  fu  costretto  a 
rinchiudersi  nel  castello,  ove  il  popolo  aiutato  dagli 
Ascolani  lo  assediò  \  Ma  sopravvenuti  altri  Normanni 
la  città  fu  investita ,  ed  irrompendo  anche  quelli  che  si 
trovavano  nella  fortezza ,  gli  abitanti  furono  superati 
nelle  difese,  e  con  terribile  supplizio,  alcuni  ebbero 
mozze  le  membra ,  altri  furono  evirati ,  o  fra  i  tormenti 

thymne  dicto...   Venit  ad  eundem  Robeìium  trepidus  nuncius:  Regm 
AUmaniae  in  procinctu  ewe  ad  invadendum    Longobardiam.  A»* 

COMM.  I.  e. 

«  Ea  tempestate  pluru  apud  Apuliam  pivpter  absentiam  JDucis  in- 
sdentes  ad  versus  eum  cospiraverant ,  volentes  ea,  quae  ejus  jura  erant 
usurpare.  Malat.  III. ,  34.  Un'  istrumento  scriuo  in  Melfi ,  nel  quale 
Pietro  figlio  'li  Poto  fa  donazione  delia  Chiesa  di  S.  Martino,  è  segnato 
con  questo  note:  Jmp,  d.  n.  Alexil,  mense  octobris,  VII  Ind.  (1085) 
De  Meo  ad  an.  La  ribellione  avvenne  probabilmente  in  questo  tempo. 
Similmento  un  diploma  di  Arrigo  Conte  di  Lucerà  e  Cargano  e  delU 
moglie  Adelisa  figlia  del  Conte  Ruggieri  di  Sicilia ,  e  di  Giuditta ,  è  dato: 
Anno  li  Imp,  I).  Alexii  SS,  Imp,  nostri,  mense  martio  Ind.  Vi.  Ki. 
*     Interea  populus  Trojanus  et  Ascoliianus 

Alter  ius  soliti  nolens  explere  tributi 

Amplius ,  atque  dolens  eversibus  moenibus  alter , 

Unanimes  studio  ducis  invasore  Hogerum 

Haeredem  egregium ,  qui  sensu  clarus  in  armis 

Cum  quantis  poterat  Troiana  clausus  in  arce 

Viribiis  ostabat.  Gijl.  Api». 


—  289  — 

uccidi  ^.  Ascoli  assalita  dopo  queir  eccidio  fu  presa  e 
data  alle  fiaoime  ^;  ma  non  cadde  perciò  la  ribellione , 
le  maggiori  città  si  sostennero,  e  Goffredo  di  Conversano 
invadendo  le  terre  del  Duca  pose  V  assedio  ad  Oria  \  In 
questo  mentre  crescevano  le  minacce  ed  i  fautori  di  Ar- 
rigo i  accoglievalo  il  Monastero  di  Farfa  ^ ,  aderivano  a 
lui  i  Conti  dei  Marsi,  e  Desiderio  Abate  di  Montecasino 
negandosi  a  prestargli  omaggio,  s* impose  al  Principe 
di  Capua  di  devastare  le  terre  della  Badia  *.  Occupan- 
ti quindi  e  saccheggiati  i  dintorni  di  Roma ,  la  città 
stessa  fu  per  cadere  in  potere  dei  Tedeschi ,  che  appic- 
cato il  fuoco  ad  alcune  case  superarono  le  mura;  ma  il 
popolo  riuscì  a  scacciarli  ^. 

Sospinto  da  questi  pericoli  Roberto  lasciò  a  Boamon- 
do  il  comando  dell'  esercito  in  Dalmazia ,  e  nei  primi 
giorni  d'aprile  disbarcato  ad  Otranto  con  due  sole  ga- 
lee'', mosse  incontanente  sopra  i  ribelli  che  assediava- 

'     .  •  .  r populamque  rebellem 

Dìyersìs  ponit  cructatibas ,  huic  manns ,  illi 
Pes  erat  abscissus ,  hunc  naso ,  tesUbos  illuni , 
Privai  dentibus  hos ,  defonnat  et  auribus  illos.  ivi. 
•  Dextruxit  Asculum  combusHtque  eam  igni.  Rox.  Salir,  ad  an. 
..  3  Maut.  1.  e. 

.  4  Ghr.  Fàbf.  ad  an.  Petr.  Due.  L.  lU. 

.  '  imperotor  interea  per  Comites  Marscrum  misit  Eptitdam  ad  pa- 
trem  Jkiidenum  Petr.  Diac.  li^  e. 
^  Bernol.  ad  an. 

y  Malat.  hi  ,  33.  GiiL.  App.  IV.  ànon.  Sic.  Insieme  al  Duca  torno 
daUa  Dalmazia  Roberto  di  Grenlmesmil  Abate  di  S.  Eufemia ,  e  nel 
decembre  di  queir  anno  non  si  sa  per  quale  cagione  fu  avvelenato  per 
opera  di  un  Musulmano  il  quale  arte  fUtmia  BrixenH  Cenobio  scrve^ 
bai.  Oro.  Vit.  VU  ,  642. 

TOL.  II.  19 


—  290  ~ 

uo  Oria.  Il  Conte  di  Conversano  atterrito  dal  suo  ri* 
torno»  se  ne  ritrasse,  fuggirono  gli  altri  ^j  e  senza  ^sof- 
fermarsi a  punirli ,  il  Duca  s'  affrettò  ad  accorrere  in 
soccorso  del  Pontefice  *.  Prima  però  che  vi  giungesse 
Arrigo  s'  era  allontanato  da  Roma,  sia  per  timore  dei 
Normanni,  sia  per  impedire  che  Ermanno  di  Lucembur^ 
go  scendesse ,  in  Lombardia  ^ ,  come  lasciava  credere. 
Aveva  non  pertanto  muniti  di  presidio  alcuni  castelli 
nei  dintorni  della  città,  donde  l'Antipapa  continuò  a 
molestare  i  Romani  ^,  finché  il  Duca  non  venne  a  di- 
scacciarlo da  Tivoli  ^.  Respinti  cosi  gli  esterni  nemici , 
volendo  vendicarsi  dei  loro  alleati,  Roberto  rivolse  le 
armi  contro  il  Principe  Capuano,  e  chiamato  di  Sicilip 
anche  il  Conte  Ruggiero ,  invasero  entrambi  la  Gampa- 

'  Obsidione  soluta  quisque  fugam  accelerans  in  sua  dUabUUwr, 
Malat.  1.  c.  Dice  quiodi  che  per  universam  Apuliam  seditiones ,  qìia$ 
infedelitas  turbaverat ,  a  piaesentia  ejus  sedatae ,  in  cospectu  ejtu , 
ocsi  nunquam  fuissent ,  siluemnf.  Ma  durarono  anche  nel  seguen- 
te anno. 

»  Dux  rediens  ab  Epidauro perrexit   Romam  ferens  auxilium 

Papae  Gregorio,  cum  Rex  jam  in  partibus  moraretur  Lombardiae^ 
ad  debellandam  Malhildis  provinciam.  Lupo  ad  an.  Questa  prima  spe- 
dizione dì  Roberto  verso  Roma  ricordata  anche  da  Romcal.  Salcr.  fu 
trasandata  dagli  altri  Cronisti  e  dagli  Storici. 

2  Expeditionem  in  Italiani  paravit.  Bernol.  Chr,  1082.  BJa  ne  fu 
distolto  dai  rumori  sopravvenuti  in  Sassonia. 

4  Guibertus...  magnas  depraedationes  et  varias  Romanwum  trvn- 
cationes  faciebat,  Bonizo  l.  e. 

^  Gregorium  papam  adiit ,  hostes  ejus  ab  urbe  propulU  ,  ac  civikh 
tetti  Tiberitti  obscdii ,  acriter  eam  expugnans ,  Ulec  enim  magna  pan 
militum  Imperatoris  cum  falso  Papa  Clemente  se  receptaverat.  Bwi. 
Saler.  ad  an. 


nJà  V  lissediundo  in  un  tempo  Capua  ed  Aversa  *.  Per  otto 
di  le  oppugnarono^  poi  uscito  a  combatterli  Giordano, 
farono  diverse  fazioni  di  guerra  durante  V  està  ;  le  messi 
Tennero  bruciate,  la  provincia  tutta  corsa  e  depredata  *; 
ma  ili  ultimo  Roberto  tornò  in  Puglia ,  e  Uuggiero  nel- 
l' isola,  dove  nella  sua  assenza  s'erano  suscitate  gravi 
perturbazioni  ^. 

Giordano  suo  figlio,  giovane  dMngegno  feroce  e  pie- 
no d' ambiziosi  pensieri^,  v'era  stato  investito  d* ogni 
autorità,  imponendo  il  Conte  che  a  lui  in  tutto  s'obbe- 
dissei  ma  perverse  suggestioni,  e  invidia  forse,  sospet- 
tando che  il  padre  dovesse  nel  retaggio  preferirgli  i  fra- 
telli nati  da  legittime  nozze,  l'istigarono  a  ribellarsi.  Al- 
cuni per  animosità ,  altri  per  timore  piegarono  a  secon- 
darlo y  ed  usurpato  ad  inganno  il  castello  di  S.  Marco  e 
Mìstretta  ^  Giordano  non  più  nascondendo  le  cupide  vo- 
glie ostilmente  assalì  Traina ,  ove  si  guardavano  i  te- 
sori del  padre.  Tornato  allora  Ruggiero  non  volle  far 
forza  al  figliuolo ,  per  timore  che  la  disperazione  non  lo 
spingesse  ad  unirsi  ai  Musulmani;  e  dissimulato  lo  sde- 

*  Fratre  comite  a  SieUia  arcesrìto  admoto  plurimo  exerettu^  super 
J&rdanum  nepotem  9uum  Principem  Avenae  messe  tastaturum  vadit. 
kkLAT.  m,  55. 

*  Ante  urìfem  Capuanum^  et  casirùm^  quod  Avcrsae  dicUur^  ipso 
intfito  nec  propulsare  valente^  per  oelo  et  eo  amplius  dies  commorans 
multa  depopulatiùne  per  provinciam  lacessimt..^  Multa  milUaìiterdù 
veirtis  eongressUnis  utrinque  perpetrata  sunt\  tri.  i)ux  hoslUiUer  Ca» 
puam  obsedit^  et  acriter  ipsam  dvitatem  ewpugnavit  mense  Mio. 
M.  VI.  Ro«.  Saler.  ' 

•    *  Malat.  1.  c. 

^   4  Jardànui  eac  toneMim  tamen ,  magnae  tiris  animi,  et  eotpùfis, 

tt  magnarum  rerum  ghriae  suoi  àminatimii  appetii,  m. 


—  292  — 

gno ,  e  propenso  ad  obbliare  i  giovanili  trascorsi ,  ac* 
colse  benevolmente  Giordano.  Ma  dopo  alcuni  giorni  « 
abbaecinati  i  suoi  complici ,  e  minacciando  il  figliuolo 
della  medesima  pena,  lece  sospendere  T esecuzione,  pa- 
go che  il  terrore  gli  servisse  d*  esempio  *. 

Fugati  gli  scismatici,  e  depredate  le  terre  del  Prin- 
(;ipe  di  Gapua,  Roberto  continuava  intanto  a  combattere 
e  punire  i  ribelli  in  Puglia.  E  benché  non  apparisca  ci)e 
viva  guerra  facesse  nel  verno,  pure  è  certo  che  ralte- 
nuto  dalla  sedizione  dei  Gonti  e  delle  città  ,  quasi  per 
un  anno  vi  rimase.  Sembra  che  cresciute  le  turbolenze 
anche  in  Bari  si  estendessero ,  perchè  il  Duca  ne  punì 
i  cittadini ,  e  riscosse  una  taglia  di  molte  migliaia  di 
soldi  d'orca  Più  grande  opposizione  trovò  in  Ganne., 
che  dal  maggio  al  luglio  del  1083  fu  assediata,  finché 
avendola  presa  in  vedetta  fece  saccheggiarla  ed  abbat- 
terne le  mura  ^  Quel  che  avvenisse  di  Ermanno  che  vi 
si  era  rinchiuso  s'ignora^;  forse  fuggì  nuovamente  in 

•  Malat.  Ili ,  36. 

^  Tulil  ipse  Dux  multa  vnllia  solidorum  ab  ipsis  Ba/renses ,  et  />• 
cU  eis  prò  exinde  magna  tribdatio ,  et  capsiones.  Ign.  Bar.  1085. 
Siuo  al  giugno  108t^  Bari  non  si  era  ribellata.  Uo  ìsirumeoio  di  quel 
lempo  faUo  da  Giovanni  Nauclerio  di  Bari  è  segnato  Xi  anno  dom.  Rub- 
ber to  invictUsimo  duce  Ytalie  Calabrie  atque  Sicilie  mense  pmio.  Mo>. 
Archiv.  Neap.  voi.  V  ,  p.  98. 

^  Obsidet  obsessas  cvertit  humoteaus  illas.  Guil.  App. 
Li:po.  Ign.  Ann.  S.  Sophiae.  Rom.  Saler.  ad  an.  Dopo  la  distruzio- 
ne di  Canne  Roberto  iterum  tulit  multis  solidis  in  Bari, 

4  Rex  eral  bis  genitus  genitrice  Hermannus  ec.  Guil.  App. 

lì  titolo  di  Re  fu  adoperato  invece  di  quello  di  Come.  Piet.  Due. 
ricorda  nel  Ì09G  tra  quelli  che  accompagnarono  Boamoudo  alla  crociata 
uà  Hermannus  Cannensis,  L.  IV.  Secondo  alTerma  Lupo,  nel  1082 ito- 


—  293  - 

Oriente,  o  ebbe  in  altro  modo  salva  la  vita;  poiché  al- 
cuni anni  dopo  se  ne  trova  memoria.  Non  ostante  però 
questi  successi  ,  la  ribellione  in  tutto  non  fu  spenta  ; 
Melfi  neir  ottobre  reggevasì  ancora  in  nome  dell' Impe- 
ratore Alessio  ^  ;  più  lungamente  ne  riconobbe  T  autorità 
Goffredo  di  Conversano  *  ;  ed  altro  indizio  delT  importan- 
za di  quei  moti  può  dedursi  dal  vedere  che  a  Roberto  non 
fu  possibile  impedire  le  offese  di  Arrigo  contro  Roma. 

Nel  decembre  1082  gli  scismatici  erano  tornati  nei 
dintorni  della  città,  ed  accampandosi  ad  occidente  dA 
castello  di  S.  Pietro ,  per  sette  mesi  molestarono  con  lo 
macchine  e  le  armi  i  difensori  del  Papa  ^.  Oltre  i  Tede- 
schi stringevano  Tassodio  le  milizie  de' Vescovi  Lom- 
bardi, le  quali  per  sorpresa  nei  primi  giorni  di  giugno 
1083  s'insignorirono  di  tutta  la  regione  di  Trastevere  •. 
Allora  Arrigo  fatto  consacrare  l'Antipapa  Guiberto,  pre- 
se ad  espugnare  quella  parte  di  Roma  nella  quale  Gre- 
gorio s'era  ricoverato.  Né  potendo  per  forza  entrarvi , 
seppe  per  via  di  doni  e  di  promesse  volgere  in  suo 
favore  i  Romani  *.  Stanchi  dai  lunghi  travagli  sofferti  , 

iùlardus  perrexU  ad  CostantimpolUanum  Imperaiorem ,  e  farelibe  sup- 
porre che  fosse  tornato  in  PugUa  insieme  al  frateUo. 

'  V.  Istrum.  citalo  nella  nota  \  a  p.  288. 

*  Nel  1086  un  Goffredo  che  s'intitola  inditus  Dominator  civUatis Mono- 
poli, e  che  sembra  sia  lo  stesso  Goffredo  di  Conversano,  pone  innanzi  ad  un 
suo  diploma  :  Van.  dom»  Akxio  Imp.  Monum.  Arch.  Neap,  T.  VI ,  p.  105. 

3  Land.  Sen.  hist.  Med.  IV.  3.  Ekkard.  Chr,  Bermold.  Chr, 

4  Land.  1.  c.  Gli  Ann.  Augus.  dicono  che  Arrigo  prendesse  per  forza  la 
città  Leonina. 

^  Partim  pretio  inditeti  ,  partirà  multis  promismnilnM  seductis , 
omnet  autem  aequaliter  iam  trienni  impugnatione  fatigati,  Bernol. 


e  sedolli  dairoro»  molli  aderipona  ad  un  accordo,  e  bfiifi- 
ehè  Gisolfo  di  Salerno  cercasse  di  opporvisi,  fu  conve- 
nuto che  Sì  meKzo  novembre  s'adunerebbe  un  Sinodo  io 
Roma,  nel  quale  sarebbero  definiti  i  dritti  d'Arrigo  al- 
rimperiOv  e  Iratiata  la  pace  con  la  Chiesa-  I  cittadini 
gitirarono,  che  avrebbero  indotto  il  Papa  a  coronarlo; 
e  dove  questi  si  rifiutasse,  o  fuffgisse,  o  gì  trovasse  morto 
in  quel  tempo,  gceglierebbcro  un  altro  Pontefice,  Allora 
ricevuti  alcuni  ostaggi  Arrigo  si  recò  in  Toscana. 

Hurante  l'assedio  diHouja,  Roberto  non  aveva  fat» 
ta  alcuna  dimostrazione  per  infrenare  le  molestie  ohe 
HI  recavano  al  Papa;  solauiente  a  tenere  in  fede  il  pe- 
polo  ,  inviò  a  Gregorio  trenta  mila  soldi  d*oro  »  nel  mo- 
do stxsBso  che  Matilde  facova  i)ervenir|»^li  il  tesoro  del- 
la Chiesa  di  Cauosa  *,  La  rcBlsLenzii  opposta  dai  Uouiu- 
ni,  ed  i  sussidu  pecuniarii  destinati  ad  avvalorarla , 
rattennero  il  Duca  da  un  intervento  più  ellìaace.  D^il- 
tronde,  ridotta  a  tramjuilHtà  la  Fogliai  egli  preparavasi 
a  tornare  nell'Epiro  con  più  potente  apparato  d'anni , 
per  secondare  i  successi  di  Boarhondo ,  e  giovarsi  del 
terrore  che  si  era  sparso  fra  i  Greci,  A  frastornarne  i 
disegni  Alessio  non   cessava  d'insistere  presso  il  suo 

^  Hoc  tempore  Romani  a  Papae  Orefforn  toeietaie  dùeeàentis  lega- 
tos  ad  praedictum  direiterur^  Regem ,  quo  eum  Eomae  mUUrent.  Sed 
Dux  hoc  antkipans  direxit  ptmquam  triginta  mUHa  9olidùmm  Ro- 
mani ,  quatenus  sibi  eoi  Papaequt  rèamcUiarei ,  quùd  et  fìnium  etl. 
LnFO  1085.  Trasmissus  Gregvrius  (hemurue  Cantusinus.  Domz.  CoA. 
autogr.  ap.  Wat.  pag.  452.  In  un  Sinodo  tenuto  in  Roaia  fv  stabi- 
lito che  si  potessero  pignorare  i  beni  deUe  Chiese  »  ad  nawilriiihiw 
Guiberto  Archiepiscopi  Rìanfennati  ec.  ap.  Balvt.  MièceU.  L.  VII , 
pag.  69. 


I 


—  295  — 

alleato ,  perchè  dasse  effetto  alle  promesse  ^  ;  ma  Ar- 
rigo,  0  non  estimandosi  forte  abbastanza  per  assalire 
gli  Stati  del  Duca ,  o  volendo  innanzi  tutto  prostrare  il 
Papa  ed  assicurarsi  T Imperio,  indugiava  le  offese.  Il 
Concilio  s'era  riunito  nel  novembre  ^;  ma  protestando 
il  Papa  che  senza  la  debita  satisfazione  non  avrebbe  le- 
vate le  scomuniche,  né  aperte  trattative;  Arrigo  era  tor- 
nato nelle  vicinanze  di  Roma,  richiedendo  che  i  citta- 
dini in  conformità  dei  patti  e  del  giuramento  obbligasse- 
ro Gregorio  a  riconoscerlo,  o  lo  scacciassero  ^.  L' oro  di 
Roberto  e  di  Matilde  però  aveva  accresciuto  il  numero 
e  l'ardimento  dei  fautori  del  Papa,  i  Romani  risposero 
aver  giurato  dargli  la  corona;  ma  non  di  coronarlo  so- 
lennamente ,  e  disdette  con  questo  sotterfugio  le  pro- 
messe, gli  vietarono  che  entrasse  nella  città  *.  furono 
allora  vicendevoli  minacce,  e  lunghe  trattative  ,  fra  le 
quali  venuto  il  febraio  1084 ,  vorrebbe  una  Cronaca  Te- 

'  Eodem  tempore  legati  Graeeorwn  venerutU^  munera  muUa  et  magna 
in  auro  et  argento  vasùque  ac  serick  afferente^,  Ekkardus  Chir.  4083. 
Ann.  Gomm.  1.  e. 

*  Arrigo  aveva  egli  stesso  cercato  impedire  là  riunione  del  Concilio, 
prevedendone  gli  effetti.  Infatti  nulla  vi  fu  stabilito  intorno  la  paci;. 
Bernol.  Chr.  Petr.  Pis.  VU,  Greg.  Bonizo  1.  e. 
'  s  Bernol.  Chr.  Nel  giuramento  che  fu  stampato  nei  Mon.  Ger.  Sor. 
Vili ,  461 ,  da  un  Codice  del  Museo  Britannico  Arundeliano  si  legge  : 
Si  autem  mortuw  fuerit,  vei  H  fugerii  et  reverti  noluerit  ad  nostrum 
eomilium  ut  te  eoronet  m  costUutum  terminum ,  noe  papa  digemm. 

4  Proponevano  di  fargli  dare  la  corona  dal  Pontefice  da  sopra  le  tuura 
per  mezzo  di  una  fune ,  e  rifiutando  Arrigo  :  igitur  domno  Papae  mul- 
to firmius  quam  pridem ,  Consilio  et  auxilio  adhaesere,  Henricus  au- 
•  lem  multo  instantius  prò  eis  suae  parte  eqpplieandis ,  nune  minando , 
nufic  promittendo  laboravii.  Bermol.  1.  e. 


■■       -296- 

desca  che  Arrigo  entrato  nella  Campaoia  si  spinges^ 
anche  nella  Puglia  conquistandone  una  parte  *.  Niuna 
altra  più  cerla  testimonianza  rimane  dalla  invaBÌone,  e 
forse  il  Cronista  fu  tratlo  io  errore  dalla  vaga  notizia 
deir  omaggio  che  prestarono  Giordano  di  Capua  ed  i 
Normanni  del  Principato  ^  Anche  l'Abate  Desiderio  fu 
slogato  a  prendere  F  investitura  dei  possessi  della  Ba- 
dia; e  recossi  perciò  ad  Albano  ^.  Ma  non  oltre  questi  ter- 
mini si  estese  la  sovranità  di  Arrigo  ;  anzi  egli  stesso 
scrive  essersi  allora  trovato  a  fronte  air  ostinazione  dei 
Honaani  in  tanta  povertà  di  forze  ,  che  fu  in  procinto 
d' abbandonare  Y  Italia  *.  Se  non  che  il  danaro  e  i  doni  ri- 
cevuti da  Alessio,  perchè  vietasse  la  partenza  di  Roberto, 
gli  valsero  assai  meglio  che  le  armi,  e  spargendoli  in 
meizo  al  popolo  sul  finire  del  marzo  ottenne  di  potere 
occupare  il  palagio  Lateranense  e  quasi  tutta  la  cit- 
tà ^  Quindi  fatto  riconoscere  col  nome  di  Clemente  lU 


»  Circa  kalendas  vero  februarii  in  Campaniam  tramiens ,  ipsam , 
et  magnam  Apuliae  partem  cepit,  Ekkardcs*.  Chr.  1084.  Ann.  Saxo. 
Chr.  ad  an. 

*  Princeps  et  omnes  Normanni  ad  imperatorem  pergebant.  Imperar 
fcr  ojecepto  a  Principe  magno  qìuinJtUatis  pretto^- per  proMepium  aìk- 
rea  bulla  btdlatum  confirmavit  totims  Capuani  principattu  attinentiat, 
retento  «tòt  et  Imperio  monasterio  Casinense ,  cum  univerns  pertine- 
tiis  suis,  Petr.  Di4c.  L.  ni. 

3  itn. 

4  Nam  eum  in  Theutonicas  partes,  de  acquirenda  Roma  jam  et- 
sperante»,  redire  vellemus,  ecce  Romani  misHs  legati»  ut  Romam  m^ 
traremus  rogaverunt.  Epis,  Ben,  ap,  Pertz  M.  G.  VHI  ,  185. 

^  Benricus  aceeptam  pecuniam  non  in  procinetu  supra  Robertum , 
quod  iuramento  promint ,  set  ad  eonciliandum  eibi  vulgus  Romanum 
expendU,  cuius  adiuiorium  Lateranense  palaiium  intratit.  Bevi.  Ckr. 


—  297  — 

l'Antipapa  Guiberto,  si  fece  incoronare  Imperatore  *  nel- 
la solennità  della  Pasqua.  Gregorio  che  non  aveva  potuto 
impedire  l'entrata  di  Arrigo,  ricoverò  con  pochi  ma  de- 
voti seguaci  in  castcl  S.  Angelo ,  e  suo  nipote  Rustico 
si  fortificò  con  altri  nel  Soptizouio  *.  Gravi  erano  i  peri- 
gli ,  e  la  plebe  voltasi  a  favorire  i  Tedeschi ,  li  aiutava 
nella  espugnazione  delle  fortezze  ;  contro  le  quali  si  al- 
zavano macchine  ed  ingegni  di  guerra  ^  Ma  dalla  par* 
te  del  Papa  erano  difensori  valenti ,  e  procedendo  con 
lentezza  l'assedio ,  non  disperavano  di  soccorso.  L'Aba- 
te di  Bigione  ed  alcuni  Cardinali ,  vennero  in  Puglia 
a  richiederne  Roberto  mentre  questi  si  accingeva  a  sal- 
pare per  la  Dalmazia,  e  posposta  la  spedizione  ^,  furono 
da  ogni  parte  chiamate  altre  milizie;  non  volendo  il  Duca 
che  Roma  ed  il  Pontefice  cadessero  in  potere  di  Arrigo  ^. 


■  Ivi,  fioMizo  ec. 

»  Ivi. 

^  Cutn  diverm  bellorum  madUnis  oppugnare  modis  omnibm  cepit. 

PCT.   DlAC. 

4  LegatoB  mùHt  Roberlum  Apuliae  ducem ,  qui  iunc  forte  dane  in- 
stritela  mare  trannre  parabat.  Hugo  Flav.  CAr.—  Pet.  Due.  dice  che 
Roberto  uWorz  CostantinopoliUmum  imperatorem  expugnàbat  ;  mk  non 
sembra  che  fosse  partito  di  Puglia.  Ord.  Vit.  VII ,  scrive  che  aveva  pro- 
messo ai  Normanni  lasciati  in  Dalmazia  quod  dome  reversuntf  ad  vof( 
non  utor  halneos^  barba  mea  non  radatur,  neque  caesaries  mihi  ion- 
MorabUur.  • 

5  Mism  per  omnem  Ducaium  suum  expeditis  liUrii...  ut  quieum- 
que  mUites  teu  pedites  armis  deferendis  eraiU  idonei  remota  omni  mora 
Vueem  gloriosum  apud  Romam  sequererUur.  Anon.  Sic.  p.  772.  Malat. 
dice  preparau  ed  intimata  la  spedizione  dall' autunno  precedente. 


CAPITOLO  IX. 


Dalla  Calabria ,  dalla  Puglia,  e  dalla  Sicilia  si  leva^ 
rono  schiere  d^ìndigenir  di  Normanni,  e  di  Musulmani 
anclte,  inviati  dal  Conte  Ruggiero  *;  e  Roberto  mosse 
nella  prima  metà  del  maggio  1084  con  trentamila  fanti  e 
seimila  cavalli  K  Esercito  potente,  che  smentisce  lo  scar- 
ED  nuniero  dei  combattenti  attribuito  sino  allora  dai 
Cronisti  ai  conquistatori,  Dicesi  che  innanzi  s'inviassepw 
messi  a  prevenire  il  Papa,  e  ad  intimare  allo  stesso  A^| 
rigo  di  sgombrare  da  Roma,  o  di  prepararsi  a  battaglia  ^. 
Certo  l'Imperatore,  avendo  udito  che  i  nemici  s'itiol- 
travano,  non  volle  lasciarsi  rinchiudere  nella  città,  ed 
animando  il  popolo  a  sostenersi  e  promettendo  che  pre- 
sto tornerebbe,  trasse  seco  i  Tedeschi  a  Siena  *. 

'  Genie  coadunata  immensa ,  et  saracenù  omnibus ,  quos  kakrf 
potuit.  Land.  Sen.  IV ,  5.  Aesemìila  grani  piante  de  chevaiiers  fu  ie 
PuiUe,  que  de  SexUe,  que  de  kalabre.  Ree.  hù.  de  Fran.  T.  Xll ,  p.  i^- 

*    Millia  sex  «quitum ,  trigiuta  millìa  Romani 
Duxerat  hic  fyeditiini.  Guil.  App.  IV. 
Quasi  30  milia  bellatorum.  Wido  Ferr.  CM\ 

^  Petr.  Diac.  afferma  che  i  messi  furono  inviati  dall'  ahate  Deside- 
rio. Henfico  Regi  denunciami  per  nuncios  :  se  ad  lldebrandi  Ubera- 
tùmem  intendere  ;  Uli  vero  aut  obsidime  eessandum ,  aut  pugnan^wi 
fwe.  Wido  Ferr.  Chr, 

4  Quia  sìm  mUUum  praesidium  eroi.  Petr.  Due.  laveee  Rov.  Sa- 


-299  — 

Tre  giorni  dopo,  nel  ventiquattro  maggio  t  il  Duca 
giunse  sotto  le  mura  e  si  accampò  sulla  via  Tusculana , 
in  un  luogo  che  dicevasi  TArco,  di  rincontro  al  palagio 
Lateranense  ^  Benché  abbandonati  dall'Imperatore  i 
Romani  mostravano  di  volersi  difendere ,  sperando  esser 
soccorsi ,  e  per  timore  che  Roberto  vendicasse  aspra- 
mente le  ingiurie  fatte  al  Pontefice,  ed  occupasse  la  cit- 
tà. Ma  a)  quarto  dì  si  lasciarono  sorprendere  ,  ed  una 
schiera  di  mille  e  trecento  Normanni ,  scalate  le  mura  , 
per  negligenza  dei  difensori,  o  per  tradimento,  ruppe  la 
porla  di  S.  Lorenzo ,  e  fece  entrare  Tesercito  *.  Il  Duca 
profittando  dello  sgoménto  dei  cittadini ,  s' aprì  la  via 
sino  al  castello  di  S.  Angelo ,  e  liberato  il  P.apa  lo  con- 
dusse nel  palagio  di  Laterano.  Rifatti  però  dal  subito 

LEK.  dice  avesse  :  ingenti  eaereiiu ,  e  s' tllontaiiasse  timore  coactutt^ 
Cesi  anche  Donizomk.  Veiuti  per  etratam  damnuia  fugU.  YU.  M^th, 
L.  n. 

*  Ad  Eedesia  sanetwum  QmUtmr  Ccrmaium.  I^tit.  Diac.  1.  e. 
¥r»p$  Lateraneme  palutium  ài  he»  qui  dieitur  ad  Arou.  Wibo  Feit. 
1.  €.  Dicevasi  cesi  dagli  archi  óeW  aeqvedotto.  Ante  poriam  fua  via 
Tueeuìana  parrigUur,  Malat.  Ili ,  37. 

>  Triduo  commoraius,  urbe  undique  dmcum  cmspecta,  quodam  di- 
lucido  €wm  mille  et  tneeniis  miUi^ut  od  fortam  fiMe  semoH  Lau- 
renai  dieiiur*.,  ^uH  immrem  cusiodiam..,  ecalie  sUenier  mppositis  mu- 
ro$  tranicendUi  portisfue  ferro  «qmrto  «iiof  Mrodumns.  ivi.  Pietm 
Diacono  aarra  che  per  €oas%)to  ià  Cesoie  Console  famore  dd  Papa , 
fa  appiccato  il  fuoco  alla  città,  e  Mentre  i  Remaoì  aeoorrevaao  ad 
estinguerlo ,  i  NormaDiii  si  aprirono  la  via  sèie  al  cartel  S.  Angelo. 
Ma  r  incendio  io  posteriore.  Invece  altri  scrive,  che  il  giorae  dopo  al- 
fa >enma  di  Roherte:  Qwtuedam  Romanorrnm^  portém  veserwmUbun 
quùmiFMiemam  <Flaiiiittia )  diemU ,  i9Ue  VoHeUum  càèH*  Wte.  Ffea. 
Irradila  a  quibus  Romanis.  Cna,  Cavcn.  Anche  Bosnao  fa  eoirare  R9- 
%€rle  al  A  seguente. 


—  300  — 

lerrore  i  ilomani,  che  ancora  tenevano  i  siti  più  forti  ,^ 
Qon  improviso  assalto  irroinpendo  sui  Normanni,  alcuni 
ne  uccidono,  altri  fu|;aoo,  e  contrastando  ftiriosamente 
per  le  vie  e  nelle  piazze  combattano  *.  Ruggiero  tìglio 
del  Duca  che  era  uscito  fuori  la  città  con  mille  cavalie- 
ri ,  accorre  contro  il  popolo  solleviito ,  ina  non  riesce  n 
respingerlo,  E  già  h  sangui nosa  mischia  pendeva  in 
loro  vantaggio ,  fjuando  Roberto  impone  che  sia  appic- 
cato il  fuoco  alle  case  ^;  i  fautori  del  Papa  partecipi  al 
consigliOf  lanciano  in  più  luoghi  le  fiamme,  e  il  vento  le 
propaga  rapidamente.  A  questo  inaspettato  accidente , 
cominciano  a  piegare  i  Romani;  ed  atterriti  dall'incen- 
dio che  si  allarga  intorno  ad  essi  ed  alle  spalle,  incni- 
jfiaLì  di  fronte  dai  Normanni»  si  volgono  in  fuga  ■*.  Allura 
al  fuoco,  s'aggiunge  Tira  dei  vincitori;  non  più  si  coui- 

i  Hamani  mriims  resumpti§,  eo»pir(Ui(me  inviceìn  faeta^  ierfia  dir 
pùU  congregati ,  per  media*  ptateoi  Urbis  impeto  facto  super  nùshtn 
iffitere  conantur.  Nostri  a  mensù ,  qu^m  asmffebanl ,  ptJìrumpentei, 
ocyus  in  arma  ruunt  iMstibus  hostes  occurrunt ,  dura  frons ,  ob  dura 
fronte  óbviatur,  Malat.  1.  e.  Bernol.  dice  che  nacque  la  mischia  eo 
quod  Rikmani  quendam  eius  mUitem  vìdneraverint,  Gotofredo  da  Viter- 
bo ,  per  anacronismo  pospone  il  fallo  ai  lempi  di  Arrigo  V. 

Papaque  Pascalis  vincula  caplns  adii 

Henricus  Quinlus  dum  gestal  id  urbe  coronara 

Audel  Yiscardus  parlim  comburere  Romam.  Pant,,ap  Mur.  VII,  4d5. 

*  Sed  Romanis  fortiter  insistentibus  nullus  impetus  praevaUbat  do- 
nec  dux  :  ignem!  exdamans ,  urbe  acccnsa  ferro  et  fiamma  insistita 
Malat.  1.  e.  Probabilmenie  fu  allora  che  il  Console  Cencio,  come  narra 
Pietro  Diacono  consigliò  di  appiccare  il  fuoco. 

*  Urbe  maxima  ex  parte  incendio  vento  admixto  ,  accrescente  con- 
sumitur.  Malat.  l.  e.  Maiorem  eius  partem  igni  [consnmpsìt.  Berxol. 
WiDO  Ferrar.  1.  e.  Petr.  Pis.  Vit.  Greg.  Dal  palagio  Laieranense  sino 
^1  caslel  S.  Angelo  tuole  Rom,  Sai^er.  che  la  cìllà  fosse  slata  dislniiu. 


—  304  — 

batte;  ma  si  ruba,  si  oltraggia,  si  uccide  ^.  Le  vie,  le 
case ,  le  chiese ,  contaminate  con  le  rapine  e  gli  stupri , 
saziata  ogni  voglia  più  malvagia ,  distrutta  quasi  intera 
la  città ,  le  preghiere  del  Papa  ^,  e  la  stanchezza  posero 
termine  air  eccidio.  Non  cessarono  perciò  le  vendette  , 
alcuni  sono  mutilati ,  altri  condotti  prigionieri ,  e  agli 
infelici  che  implorano  perdono ,  risponde  Roberto  con 
fiere  parole ,  ricordando  le  loro  colpe ,  minacciando  di 
sterminare  tutti  gli  abitanti  di  Roma,  «  questo  nido  di 
serpenti,  che  egli  dice,  voler  ripopolare  di  Normanni  '  ». 
Richiusi  quindi  gran  numero  di  cittadini  come  ostaggi 
in  Castel  S.  Angelo ,  e  lasciata  una  parte  dell'  esercito 
in  Roma,  il  Duca  volle  recuperare  le  castella  e  le  terre 

'  Civium  plum  irUerfecit ,  ecclenas  subruU ,  muliereg  subiugata  et 
simplices,  vinctU  post  tergum  manibus^  vioknter  prius  oppressasi  ad 
tabemacula  adduci  praecepU.  AVido  Ferr.  Urbe  capta  et  predae  data 
mtdta  mala  perpetraverat ,  nobilium  Romanorum  filias  stuprando  et 
nocentes  pariter  innocentesque  pari  poena  affiigendo  nuUumque  modufn 
uti  victaribus  mos  est,  in  rapina,  crudelitate ,  direptùme  habenda. 
Ugo  Flavic.  Omnibus  crìminibus ,  quae  ferro ,  et  igne  talibus  agi  so-» 
let  negotiis ,  se  se  furialiter  immersexat ,  iquin  etiam  virgines  sacra* 
tas  corrumpentes ,  miserorum  Romanorum  incestantes ,  ac  antUos  eius 
earum  digitulis  detruncabant.  Land.  Sem.  1.  e.  Malat.  tace  questi  par* 
licolari ,  limitandosi  a  dire  che  i  Romani  impotenti  a  resistere  ai  nemi« 
ci ,  venia  impetrata  reconcUiatur ,  sacramentis  prò  libitu  Fapae  et  du" 
cis  oMigati  foederantur.  Le. 

*  Ord.  ViT.  1.  e.  è  il  solo  che  afferma  essersi  il  Papa  indarno  opposto 
alle  violenze  dei  Normanni.  Tune  Papa  ad  pedes  Dueis  oorruU  lacrymis 
profusus  ait  :  absit  hoc  a  me  ut  Roma  destruatur  prò  me.  Prima  però 
dice  che  il  Pontefice  benedisse  air  esercito  vincitore  e  prò  obedientia 
a  reattìms  absolvU. 

?  Sardidos  et  nefaHosque  habitatores  ejus  perimam,..  cruenium  ci- 
vUatem  igne  succendam^et  tr4ms^lpini$  gentibus  repkndam.  fh^  Vrr« 


—  302  — 

della  Campagna  occupata  da^lt  seismatìoi,  o  ribelli  al 
Hontefìce  *,  Ed  alcune  ne  prese,  altre  punì  saccheggian- 
Jane  ì  «lintopni  ^,  a  Tivoli,  ov'era  T Antipapa  pose  l'as- 
sedio j  ma  disperando  averta  per  la  fortezza  dei  dilenso- 
Tir  incendiate  le  «lessì,  tagliati  gli  alberi,  recato  ogni 
pèggior  dauno  sul  litiiro  di  giugno  tornò  in  Houia  ^.  la 
quel  tempo  con  eguale  successo  le  milizie  della  Contes- 
sa Matilde  avevano  combattuto  in  Lombardia  *,  ed  Ar- 
rigo, da  queste  offese  respinto,  o  da  più  vìvi  timori  ri* 
chiamato  in  Garmania  poco  appresso  ugeì  d'Italia  ^.  Pur 

•  PiBT-  DiAC*  riferisce  che  il  Papa  o  Bùlierio  «scirgao  «la  Roma  mt 
mijim  ;  ma  6eftioLi>o  narra  ebe  ;  acceplis  obsiéibm  a  B^manià ,  «I  t» 
toit^Uo  mMH  Angdi^  qmd  domum  Theoderid  dicunt  ^  re^rvatii,  ipgt 
a4  Tfmperandam  ierram  mncii  Petri  mm  Papa  Gregoriù  4*  Roma 
i^mtìfum  pronmmt,  i,  e. 

•  lìh  hnvi  autefu  piurima  casteUa  H  civUaie»  domm  Papae  frcm- 
peravii,  ivi.  A  questo  tempo  apparrìeiìe  uua  ìetiera  della  Couiessa  Mi- 
t3de  nella  quak  annunzia  ai  Tedesclù:  Sdatit  dmnnum  Papa  mm 
reeuperasie  S%Urum  at^  lìepe,  ap.  Ugo  Flav. 

^  Inde  ri6ur<«R0f  afgresius...  non  procul  urbe  fixU  tetUcrus^  ««- 
teme  ab  ifimnam  ClemetUù  Apostolici^  jin  tune  temporis  n^oroòoCm* 
in  illay  arborei  succiditi  depopulatus  est  mems^  tncmulil  doanoi  ^ 
qukquid  potuiJt  ìkiomvnum  obtruncavU.  Sed  cura  nihU  procederei,  ec. 
Wwo  Fjerr.  Iterum  Romam  in  fettivUate  smcti  Petti  reverswm». 
Berjìol. 

4  Modem  tempore  militef  prudentissimae  MathUdU  in  jUmgqiHirdia 
CirtUra  fautores  Beinrici  et  inimicoi  sancii  Petri  viriliter  pugnate- 
Tunt*  Beiuiol*  Arrigo  avendo  raccolio  uo  esercito  per  accocrer«  in  di- 
fesa di  Homa  »  fu  sorpreso  mentre  assediava  il  castello  di  Sortoa  nel 
,  Modaneset^  e  vinto  nel  luglio,  come  crede  il  Mwat,  Domi^  TU^  Math. 
L.  2,  e.  3.  Tit.  S,  Ans.  Lucen. 

^  Nel  10^giugno  Arrigo  era  a  Veroqa,  e  nel  priiMÙpifi  d*agoito,  is- 
ae^iavn  io  Germania  la  città  di  Augusta  ribelle. 


—  303  — 

non  ostante  il  Papa ,  non  si  credè  forte  abbastanza  per 
rimanere  in  Roma ,  le  gravi  ingiurie  sofferte  dai  citta- 
dini, i  saccheggi,  le  uccisioni,  gli  suscitarono  contro 
odio  grandissimo  Non  solamente  Roberto  ed  i  Norman- 
ni s'accusavano  di  quelle  crudeltà;  ma  a  Gregorio  che 
le  aveva  provocate,  chiamandoli  in  sua  difesa,  si  attri- 
buivano. E  dove  prima  era  stato  bisogno  che  Arrigo  com- 
prasse r  amistà  del  popolo  Romano ,  quasi  tutti  ora  per 
desiderio  di  vendetta  aderivano  a  lui  ^ 

Frattanto  il  Duca  non  volendo  più  indugiare  la  spedi- 
zione in  Dalmazia;  ove  meno  avventurose  erano  state  le 
armi  di  Boamondo  contro  gli  inganni  e  gli  eserciti  di 
Alessio  Commeno  ,  preparavasi  a  lasciare  Roma  ^.  Gre- 
gorio dubitando  che  partiti  i  Normanni  il  popolo  si  sol- 
levasse ,  cedendo  alla  necessità ,  e  forse  all'  imperioso 
volere  del  suo  alleato  anch' egli  si  dispose  a  seguirli  ^. 

*  QuibiM  ludibriU  populus  Romanus  offennu ,  conflavU  in  lìde» 
brandum  inexorabUe  odium,  et  taium  mi  animi  in  rege  Beinrieum 
iransfundU  affectum ,  tanioque  dileeionis  vinculo  sibi  obstrictus  eU , 
ut  pluris  fuisset  regi  ludibrium  Romanorumy  quam  eentum  miUia 
aunorum.  Wioo  Ferrar.  1.  e. 

*  Secondo  pretende  Guido  Ferrar,  Roberto  avrebbe  cercato  prìina 
placare  i  Romani,  simulans  emendationem ,  et  iniuriae  vicisHtudinem 
et  rerum  omnium  re$tUutionem ,  deide  nikU  proficiens ,  guoniam  ffo» 
pulì  cor  MLwralum  eroi  »  statuii  urbem  relinquere ,  et  cedere  finibue 
Momanorum» 

,  ^  At  vir  Apostolieus^  perfidiam  Romanorum  cognoseens  et  ulteriue 
cèeessicne  circumveniri  carene  ec.  Malat.  Ne  duce  recedente  infideiiia$ 
Remanorum  recrudeeceret...  cedendum  tempore  arbUratus  SaUnmm  se 
eontulit.  Ugo  Flav.  Aggiunge  il  CronisU  cbe  partiti  i  Normanni  i  ne* 
mici  fi  diedero  ad  inseguirli,  e  preso  un  compagno  dell*  abate  di  Di* 
gk»ne  cb'  era  rimasto  indietro  T  uccisero.  L*A»oii.  Vatic»  ajp»  Watiunì* 


—  304  — 

Più  mesto  corteo  accompagnava  il  Pontefice  ed  i  siioi 
liberatori,  uscivano  insieme  dalla  città  gli  ostaggi ,  ed 
i  prigioni;  quelli  destinati  a  rimanere  pegno  dell*obbe* 
d lenza  ilei  Romani,  questi  ad  essere  venduti  come  servi 
nella  Puglia  e  nella  Calabria  ^.  X  mezzo  il  luglio  fu  il 
l'apa  prima  a  Benevento,  poi  scelse  a  sua  stabile  dimo- 
ra Salerno;  senza  che  apparisca  la  cagione  percliè  ad 
una  città  di  suo  proprio  domìnio  preterisse  un  asilo  nel* 
la  città  che  il  Ducèi  aveva  fatta  quasi  capitale  dei  suoi 
Stati  K 

Le  vittorie  contro  i  partigiani  d'Arrigo»  F ingrasso 
trionfate  in  Roma ,  V  esilio  del  Pontefice  ,  assecuravaiio 
a  Roberto  grandi  vantaggi.  Congiunto  alla  Contessa  Ma- 
tilde per  combattere  i  disegni  deirimperatore  Tedesco, 
ogni  pericolo  d' invasione  straniera  era  tolto  ;  ed  alle 
interne  turbolenze  veniva  meno  il  solo  sostegno  che  ren- 
devale  temibili.  11  Papa  altra  volta  oemico,  poi  diffiden- 
te alleato ,  trovavasi  ora  in  sua  balla ,  in  odio  ai  Roma- 
ni ,  obbliato  da  Ermanno  di  Lucemburgo.  Divisa  tra  i 
due  emuli  la  Germania  ,  agitate  da  contrarie  fazioni  la 
Lombardia  e  la  Toscana;  i  Normanni  avrebbero  potato 
estendere  le  loro  conquiste  nella  penisola  senza  incon- 
trarvi ostacoli  insuperabili.  Bastava  offrire  la  pace  ad 

\uole  che  il  Papa  rimasto  a  Roma  dopo  qualche  tempo  si  recasse  io 
Salerno. 

'  Per  multos  dies  degens  multa  niillia  Romanorwn  vendidU  «1  ^ 
deos,  quosdam  vero  captivos  duxU  usque  Valabriam.  Borizo  l,  e.  Ed 
il  pio  Vescovo  crede  che  tali  poena  digni  erant  multari ,  quia  ad  it* 
militudinem  Judeorum  pastorem  suum  tradiderunt. 

•  Salerno  totius  principatus  quan  metropolim  delecta  fuerat.  Ains. 

COMM.   V. 


—  305  — 

Alessio  Gommeno,  rinunziando  alle  concepite  ambizioni 
sull'  Imperio  di  Oriente  ,  e  rivolgere  le  armi  apparec- 
chiate a  questo  intento  sopra  Roma ,  e  nella  Marca  di 
Spoleto  e  Camerino;  sospingendole,  col  pretesto  di  de- 
primere ed  abbattere  gli  scismatici,  sino  in  Lombardia. 
Ove  si  consideri  la  condizione  d'Italia  sul  finire  del  se- 
colo undecime,  quando  T ordinamento  dei  Marchesati  e 
delle  grandi  Contee  era  dissoluto,  la  civile  potestà  dei 
Vescovi  contrastata,  e  quella  dell' Imperatore  caduta  in 
dispregio  ;  quando  a  questo  disfacimento  della  supre- 
mazia delle  schiatte  invaditrici ,  non  ancora  era  suben- 
trato il  Comune ,  e  le  forze  e  le  voglie  divise  e  discordi 
confusamente  cozzavano.  Non  si  può  dubitare  che  l'au- 
dacia e  l'accortezza  di  Roberto  Guiscardo  in  mezzo  a 
quel  rivolgimento ,  politico,  sociale,  religioso,  avrebbe- 
ro ottenuti  splendidi  trionfi.  Ma  il  disegno  di  allargarsi 
in  Italia  se  mai  gii  venne  in  mente,  i^u  frastornato  dalla 
guerra  contro  i  Greci,  nella  quale  trovandosi  impegnato 
giudicò  non  dover  retrocedere. 

Boamondo  ed  il  Contestabile  Briad  • ,  lasciatogli  com- 
pagno nel  comando,  inoltrandosi  rapidamente  nell'E- 
piro, ed  occupate  Perkini,  Berat,  Arta,  s'erano  trin- 
cerati in  Giannina,  d'onde  inviavano  a  correre  e  de- 
predare il  paese  intorno.  Alessio  Commeno,  raccolte 
le  reliquie  del  vinto  esercito,  solamente  nel  maggio  del 
1083  aveva  potuto  condursi  a  fronteggiare  i  nemici ,  e 
non  osando  assalirli ,  cercava  d' infrenarne  le  corre- 

■  hi.  GuiL.  ÀFP.  Questo  Conte  Brìand  che  aveva  accompagnato  il 
Duca  Gnglielmo  nella  conquista  d^  Inghilterra  si  crede  stipile  della  fa- 
miglia Chateaubriand.  Dccakce  not.  ad  Ann.  Comm.  Lebeau  L.  LXXh 
VOL.  u.  20 


—  306- 

rie  ^  Temeva  l'impelo  ed  il  valore  dei  Qavalieri  Norman- 
ni, ed  a  romperne  l'ordinanza,  si  provò  ad  opporre  dei 
carri  armati  di  quattro  aste,  fece  disseminare.il  terreno 
di  acuti  ferri  e  di  triboli.  Ma  riusciti  inutili  questi  tro- 
vati ,  perchè  Boamondo  seppe  renderne  vani  gli  eflel- 
li ,  visto  disordinarsi  T  esercito,  fuggi  in  Acride;  e  si 
ridusse  dopo  una  seconda  disfatta  in  Costantinopoli,  ab- 
bandonando ai  nemici  la  Grecia  settentrionale.  1  Nor- 
manni divisi  in  tre  schiere  progredirono,  Pietro  d'Àulps 
prese  le  due  Polemos,  ed  il  Conte  di  Pontoise  Seppia, 
Boa  mondo  dopo  aver  investite  Acride  ed  Ostrobio,  tro- 
vandovi resistenza,  corse  sino  al  Yardar,  restaurando  a 
Mogliena  un  vecchio  castello  e  lasciandovi  una  guarni- 
gione *.  Soffermossi  neir  autunno  in  Aspra  Ecclesias  ^, 
ove  rimase  tre  mesi ,  volendo  raccogliere  forse  maggior 
numero  di  forze  prima  di  sospingersi  innanzi ,  p  ratle- 
nuto  dalle  turbolenze  che  coniiaciavano  a  manifestarsi 
tra  i  suoi  seguaci.  Infatti  T  Imperatore  disperando  arre- 
starne con  le  armi  i  progressi,  procurava  con  Toro  se- 
durre i  principali  capitani,  incitandoli  a  disertare  ed  a 
ribellarsi.  Il  Conte  di  Pontoise  ^,  un  Guglielmo,  ed  un 
Rinaldo  ,  congiurarono  di  recarsi  presso  Alessio,  e  sco- 
perti^, il  primo  fuggì,  gli  altri  invocarono  discolparsi 
per  via  d'un  combattimento  giudiziario.  Ma  Gugliehuo 

'  Ann.  Comm.  Malat.  HI  ,  39.  Ord.  Vit.  VU.  644. 
*  Anna  Comm.  /.  e. 

3  Ivi.  Lebeau  L.  LXXXl,  crede  fosse  T  anUca  Edessa. 

4  il  Conte  di  Ponloise  apparteneva  alla  famiglia  dei  Comi  di  Vexin. 

5  Communicato  invecem  Consilio  decreverant  ad  imperatorem  tran' 
sfugere»  Ann.  Comm.  /.  e. 


—  307  — 

soggiacque  alla  ppuova  e  fu  accecato;  Rinaldo  benché 
vincitore  inviato  in  Puglia  vi  subì  il  medesimo  suppli- 
zio *.  Profittando  di  questi  rumori  i  Greci  avevano  sor- 
preso il  presidio  di  Moglena ,  ucciso  il  Conte  Saraceno 
che  lo  comandava  e  distrutto  il  castello.  Però  né  le  se- 
grete macchinazioni,  né  i  loro  assalti  ebbero  allora  al- 
tri effetti,  e  Boamondo  occupate  Castoria,  Tricala  e  Tzi- 
bisco  si  condusse  a  svernare  sotto  Larissa.  Questa  città 
principale  fra  quelle  della  Tessaglia,  per  antiche  me- 
morie celebrata,  era  difesa  da  Leone  Cephalas,  valoro- 
so capitano ,  devoto  al  Gommeno ,  e  per  sei  mesi  so- 
stenne r  assedio  incominciato  col  nuovo  anno  1084  *. 
Alessio  costretto  a  rimanersi  inoperoso ,  aveva  richiesti 
altri  sussidii  a  Solimano,  e  giunti  da  Nicea  settemila 
Turchi  ,  s'avanzò  per  soccorrere  Larissa,  quando  già 
per  difetto  di  viveri  era  in  procinto  di  arrendersi.  Per- 
venuto a  Tricala  vi  trovò  una  lettera  di  Leone ,  che  lo 
sollecitava  ad  affrettarsi  ;  ma  fatto  esperto  della  supe- 
riorità dei  nemici  nelle  pugne  campali ,  cercò  trarli  in 
un  agguato ,  e  vincerli  per  sorpresa  e  per  inganno.  Ri- 
vestì Niceforo  Melissene  delle  insegne  imperiali ,  gli 
confidò  una  parte  delle  sue  schiere  ingiungendogli  di 
trascinare  oltre  i  Normanni,  simulando  dopo  lieve  con- 
trasto una  fuga  ^.  La  contrada  montuosa  ,  frastagliata 
di  burroni  e  di  vallee,  era  opportuna  alle  insidie,  e 
l'Imperatore  di  notte  per  vie  coperte* andò  a  celarsi  alle 

'  Ivi» 

•  Ivi.  GuiL.  App.  V. 

^  Ivi*  ZoNARA  XVIII ,  §  22 ,  ma  fa  precedere  V  acquisto  di  Castoria 
invertendo  V  ordine  del  racconto. 


sjMto  d6i  iieMiéi;  Lo  8faratà|;feÉiatlicirài»JÌ^IjneIv^ 
Éfegnente  i  iNoratamiii  atéàenéméìetkmétmiìe  atbttoU^É^ 
sercito  di  Alessio  iii^estlrwoi  gtiòasbaltMép^tfei^^u^ 
fioi^imegudntblì  ^  kiig^l  lfattdi!àUésàllìfireoi)  inaiti 
dAll'lag|;Mto  t'ìtdpaiirotiiìrt^  ié^Jès^cDpfUj^HoareasiJ 
0af[(phinté  ìeiosehSeretdélifiM  BriaM^aMÉlfaaé^larotià 
t)ttii^iiVÌ^8|ì«nméroiifitj  mexnì^ote^énfùaiiiQÉaiHBitia  aiortdi 
ftifariiodiiio  diipersi  iiivemii^l  scorai /deiv^tìmafe^ieiatt 
èiDffiéi^ii^lè^>in  i»i^af  alla^aleiibbri^  giriginok^^ 

vteU  ;  6lK0^4lìi«l  l^td  dei  suidi  i»0vwaai^4mvllu|^^ 
^iiid^^piafrieòld;'  Egli  i9ta8fo;rìiiipi^uaé  teariètfiijweal  h 
^tlàv bavera  iotfaaai  uni  aolfàato  {lìasmi^^ehé  ^ijnisdiarii 
TóM^^l^^^iitfné  'VÉii«rtiead  lo^fi^èli  fó^et^  itnÉn^dd'i:^ 
ililffiérto  i^^i^ì  la  vià^J^riooDi^idiitósi  JloCk»ii&  Bt-ituiiM, 
si  triDcerò  in  una  forte  posizione.  Alessio  entrato  in  La- 
rissa ,  benché  Vincitore  Iimitavusi  a  molestarlo  da  lon- 
tano, vietando  alle  sue  milizie  di  venire  a  battaglia.  Ma 
queste  preso  ardimento  dalla  immobilità  dei  Norman^ 
ni  ,  credendoli  inviliti  dalle  perdite  sofferte  ,  si  spinse^ 
ro  ad  attaccarli,  e ,  come  sempre ,  impotenti  a  resistere 
air  urto  della  cavallerìa,  ripiegarono  in  disordine.  S'af- 
follavano  i  Greci  sulle  rive  della  Salembria  incalzali* 
dappresso,  allorché  troncò  la  vittoria  un  imprevisto  ac- 
cidente. Un  soldato  Uzese  fuggendo  feri  lo  scudiere  che 
portava  la  bandiera  nemica  e  fece  cadérla;  l'abbassarla 

'  Anna  Comm.  Le. 
Normanni  solitae  raenaores  viriuiis  ad  arma 
Concurrunl  celeres ,  solitique  fugacibus  Argivi 
Elabi  pedibus ,  redeuni  properanies  ad  urbi« 
Moenia  Larissae.  Gdil.  App.  V, 


-309  — 

era  segno  della  morte  del  duce  ;  ed  i  Normanni  giudi^ 
cando  che  Boamondo  fosse  stato  ucciso  ,  si  ritrassero 
precipitosamente  in  Castoria  e  Tricala  *. 

Le  due  battaglie  intorno  Larissa  erano  state  combat- 
tute nel  giugno  del  1084,  nel  tempo  stesso  che  Roberto 
trovavasi  intorno  Roma  ^  ;  e  sebbene  Boamondo  avesse 
dovuto  abbandonare  l'assedio,  questo  lieve  vantaggio 
non  rassicurava  Alessio.  Rifornita  la  città  egli  tornò 
a  Salonichi ,  confidando  di  arrestare  con  altri  mezzi 
l'invasione.  L'assenza  del  Duca,  le  continue  fatiche, 
e  la  mancanza  di  paghe,  avevano  destato  il  malcon- 
tento fra  i  Normanni;  molti  dei  quali  erano  accorsi 
dalla  Neustria  e  dall' Inghilterra  sperando  ricchezze  e 
terre  in  Oriente  ^.  L' indole  irrequieta  di  questi  avven- 

<  Anna  Comm.  /.  e,  Malat.  parla  soliamo  di  una  viUoria  riportata  da 
Boamondo  presso  Aria.  UI ,  59.  Ohd.  Vit.  L  c.  dice  che  i  Normanni 
piegando  innanzi  ai  Greci  erano  quasi  vinti  ;  ma  una  voce  misteriosa  gri- 
dò dal  cielo  :  Boamunde  quid  agU  ?  prodiare  fortiter,  Nam  iUe  qui 
pairem  tuum  iuyit ,  te  similUer  adiuvàbU,  Ed  allora  ripreso  animo 
fecero  strage  dei  nemici.  Più  conforme  al  vero  è  la  narrazione  di  Kon. 
Saler.  ad  an.  Duo  cum  imperatore  proelia  gessit ,  quorum  unam 
Boamundus  ipse  virUiter  vicit ,  atterum  vero  imperator  vieit ,  non 
tamen  m,  sed  insidiose  agens.  Gnit.  App.  s*  accorda  nel  racconto  coti 
Anna  Coum.;  ma  senza  riferire  ]'  accidente  della  bandiera  attribuisce  la 
ritirata  dei  Normanni 

....  quia  terra  labores 

Passa  rapinarum ,  victus  alimenta  negabat 

•  Eadem  singulari  die,  geminos  mundi  fere  totius  Imperatores  di- 
tissimos  y  et  potentissimos ,  Dux  Biscardus  et  Boamundus.,.  supera- 
rent.  Anon.  Sic.  775.  In  uno  tempore  duorum  Mmperatorum  fuga 
triumphali  gloria  laus  sibi.  Malat.  IH ,  40.  Guil.  App.  Ma  non  avven- 
ne nel  medesimo  giorno. 

2  Tgrones  qui  nuper  de  Neustria  venerante  Oro.  Vit.  VJ1|  641.  Il 


—  3^0  — 

turieri ,  ì  ìmìi  progressi  della  guerra,  la  segreta  avvor- 
sione  che  una  parte  delle  milizie»  raccolte  io  Puglia  ed 
in  Calabria,  nutriva  contro  i  conquistatori,  e  la  man- 
canza delle  paghe  * ,  offrivano  una  opportuna  occasione 
ad  Alessio  per  suscitare  gravi  imbarazzi  ai  suoi  nciniei. 
Gli  emissarii  Greci  eccitapono  i  Boldati  a  reclamare  gli 
slipendii  dovuti  da  quattro  anni,  offrirono  ai  capi  onori 
e  premii  ^  dove  aderissero  alT Imperatore  ^.  Allora  alcu- 
ni tumultuarono,  altri  si  rifiutavano  a  combatlere,  esc 
può  prestarsi  intera  fede  ad  Anna  Gommeno ,  la  s*ilfl 
che  narri  queste  sedizioni,  Boamondo  dnpo  avere  in- 
darno cercato  di  quetarle,  fu  costretto  a  promettere  che 
egli  stesso  andrebbe  a  chiedere  danaro  e  soccorsi  pre^^so 
il  padre.  Confidò  quindi  la  difesa  di  Casloria  al  Conte 
Briand»  quella  del  castello  di  t^olenios  a  Pietro  d'Aulps, 
e  sì  recò  in  Aulona  per  imbarcarsi  ^.  Ma  il  suo  ritorno 
in  italiai  se  fu  vero  *,  avveone  più  tardi.  Alessio  vedea- 

Conte  di  Pouloise  aveva  accompagnalo  il  Duca  di  Normandia  nella  con- 
quisla  d'Inghilterra,  e  così  allri. 

'  Olire  la  testimonianza  di  Anna  Comm.,  sembra  che  a  questo  tempo 
sia  da  riferire  quello  che  narra  Gotofredo  da  Viterbo,  avere  cioè  Ho- 
berto  posta  in  uso  fra  ì  suoi  per  mancanza  di  danaro  una  moneta  di 
cuoio  che  poi  mutò  in  quella  effettiva  : 

Dux  erat  in  rebus  pauper,  divus  probiiate, 

Addidit  ex  cerio  nummos  expendere  late. 

Cum  quibus  et  Danai  copia  vieta  iacet. 

Devictis  Danais  post  tempore  fertilitatis , 

Reddidit  argentum  prò  denariis  coriatis.  Panth.  p.  455. 
Ma  forse  è  in  tutto  falso  il  racconto. 
»  Omnes  honoreSy  omnia  benrficia  a  se  sperare  jubebat,  Anna  Comi.  V. 

3  Ivi. 

4  Miuno  degli  altri  Cronisti  accenna  a  questo  ritorno  di  Boamoudo* 


-341- 

do  che  i  Normanni  sperano  divisi  nei  luòghi  più  forti 
aspettando  che  il  Duca  venisse  a  raggiungerli,  aveva 
ripresa  l'offensiva  ed  assediata  Castoria.  La  città  posta 
quasi  nel  mezzo  d*un  lago,  congiunta  alla  terra  da  un 
piccolo  istmo  chiuso  da  alle  mura  e  da  torri,  era  intor- 
no circondata  dalle  acque.  Difficile  perciò  V  accostarsi 
senza  superare  le  difese  delVistmo,  ed  i  Greci,  con  inu^ 
tili-  sforzi  n'avevano  tentata  l'espugnazione.  Gli  asse- 
diati giudicando  da  quel  lato  essere  il  pericolo,  atten- 
devano valorosamente  a  ributtarne  i  nemici,  senza  guar- 
darsi dalla  parte  del  lago,  dove  non  essendo  navi  non 
temevano  offesa.  Ma  questa  negligenza  tornò  funestj  ; 
Giorgio  Paleologo ,  condotte  alcune  barche  ,  nella  notte 
si  accostò  sotto  le  mura,  e  mentre  Alessio  simulava  un 
assalto  sull'istmo,  inerpicandosi  sopra  gli  scogli  riu- 
scì alle  spalle  dei  Normanni.  Benché  il  Conte  Briand  , 
incuorasse  i  suoi  a  resistere,  alcuni  in  segreto  propensi 
all'Imperatore,  altri  intimiditi  dalla  sorpresa,  non  vol- 
lero secondarlo,  e  l'obbligarono  ad  arrendersi  *.  Fu  sta- 
bilito che  uscendo  dalla  città  fosse  lecito  ai  soldati  di 
passare  ai  servigi  di  Alessio,  ovvero  di  partirsi  dalla 
Dalmazia  ;  due  stendardi  posti  1'  uno  sulla  Chiesa  di 
S.  Giorgio,  l'altro  sulla  via  che  menava  ad  Aulona,  do- 

Malat.  dopo  aver  parlato  dei  trionfi  riportaU  contro  i  Greci,  dice  che 
il  Duca  tornando  da  Roma,  s'affrettò  a  recarsi  in  Dalmazia  ove  optato 
portu  applicans  filium ,  et  quos  cum  ipso ,  apud  extremas  paiìes  dù 
miserat,,.  se  ipsum  reddit.  Similmente  Guil.  App.  dopo  la  baUaglia  di 
Larissa  narra  che  mancando  i  viveri ,  ì  Normanni  si  ritrassero  nelle  prin- 
cipali città ,  e  Boamondo  fermossi  ad  Anlona.  Ord.  Vii.  h  tornare  Boa* 
mondo  in  Salerno;  ma  come  si  vedrà  più  tardi  e  per  altra  occasione. 
"  Aiwa  Comié  l,  e. 


-  3Ì2  — 

vevano  raccogliere  le  due  schiere.  E  narra  Anna  Com- 
meno che  lutti  si  raccolsero  intorno  al  primo ,  eccet-  | 
io  il  Conte  Bri  and  cha  rifiutando  tutle  le  offerte  del* , 
ì' Imperatore  s'impegnò  a  non  combattere  più  contro  i 
Greci  *» 

Solamente  dopo  la  resa  di  Castoria  e  la  diserzione 
dei  suoi  difensori,  Boamondo  sarebbe  venuto  in  Saler- 
no ^,  ove  dolente  ed  umiliato  dai  danni  sofferti ,  dicesi 
sMncon trasse  nel  padre  ^.  Ma  allri  scrivono  che  il  Doea 
si  portasse  a  raggiungerlo  in  Aulona;  e  d'  ogni  modo  , 
quali  che  ne  fossero  i  particolari,  è  certo  che  sul  finire 
del  Testa  del  1084  i  progressi  dei  Normanni  furono  iìf- 
restali  nelT Epiro,  ftobcrto  nel  Kis^lio  tornato  da  Roma, 
soffermatosi  ancora  nella  Campania  ,  per  molestare  ÌI 
Principe  di  Capua ,  appresa  ivi  le  nuove  dell' esercito 
lasciato  in  Dalmazia  «  e  segnata  la  paco  con  Giordano* 
si  portò  a  Brindisi  per  compiervi  gli  apparati  marittimi, 

Alessio  volendo  impedire  la  minacciata  invasione,  in- 

'  Ivi.  Lebeau  vuole  che  il  Conte  Briand  si  ritirasse  neUe  sue  terre 
della  Brettagna  L.  LXXXI;  ma  in  un  diploma  del  Duca  Ruggiero  del  1095 
dalo  in  Melfi  si  trova  segnato  un  Comestabiiis  Brienus^  che  probabil- 
mente è  questo  stesso.  Ughel.  I,  in  Melph, 

•  Anna  Comm.  /.  e. 

^  Indicia  successus  improsperi  in  detecli  valli  moeslitia  palain  fé- 
rens,  ivi.  Sozomen.  Pistor.  pretende  che  il  figlio  di  Roberto  ,  che  egli 
chiama  Michele,  fosse  stato  ucciso  dai  Greci. 

4  Tempore  Robertus  raultis  intentus  in  ilio 
Praecjpuas  conira  Jordanum  bella  gerendì 
Curas ,  infectum  nil  dimissurus ,  habebat. 


Dux  huius  terras  ferro  populatur  et  igni. 

Inde  nepos  petit  pacem,  recipitquc  petitam.  Gdil.  App.  V. 


^  av- 
vocava altra  volta  il  sussidio  della  flotta  Veneziana  ^ 
Ristrette  le  ostilità  nella  Tessaglia  il  Doge  Selvo  non 
aveva  potuto  prendervi  parte;  ma  dovendo  ora  le  galee 
Normanne  rientrare  neir  Adriatico ,  tornava  utilissima 
la  sua  alleanza  e  T  Imperatore  la  comprò  con  larghi  doni 
e  promesse  di  più  grandi  privilegi.  I  Veneziani  con  gran 
numero  di  biremi  e  triremi,  e  di  navi  d'ogni  qualità  , 
fornite  di  milizie  *,  comparvero  improvvisamente  innan- 
zi a  Durazzo,  ed  entrarono  nella  città;  ma  non  essendo 
riusciti  a  sorprendere  la  guarnigione  che  si  rinchiuse 
nella  fortezza,  furono  costretti  ad  abbandonarla^.  Di- 
scesero allora  insino  a  Corfù ,  e  sopravvenuta  la  flot- 
ta Greca  vi  posero  t'assedio  *.  Roberto  in  questo  men- 
tre raccolto  Tesercito,  le  navi,  ed  i  viveri  necessa- 
rii,  salpava  sul  finire  di  settembre  o  nei  primi  dì  d'ot- 

■  Anna  Coiih.  Guil.  App.  DirexU  exercitum  eum  multUudine  navium 
Hmul  cum  exercitu  Venetianorum  ,  ut  marU  inter  Duci  proMbelur. 
RoM.  Sal. 

•  Biremes  triremesque  formaeque  omnis  oc  modi  piratieas  nave» 
magno  iis  numero  imposito  exercitatorum  maritimis  pugnis  militum 
in  hostem  immisit,  Anna  Comm.  /.  e. 

*  Gens  redit  inlerea  Veoetum  raiibus  reparaiis , 
Alque  requisiiam  nullis  prohibeniibus  inlrant 
Urbem  Dyrrachìi ,  quia  rarus  in  urbe  maoebat 
Civis,  egestatis  disperserat  undìque  cives 
Insolitae  casus  :  remorans  ler  quinque  diebus 
£ens  sludet  utilibus  vacuare  Venetica  rebus 
Dyrrachium ,  sed  praesidiis  munilio  tuta 

A  duce  dimìssis,  castella  jura  negavit. 
Hoc  non  posse  capi  postquam  videre  recedunt.  Guil.  App. 
4  Ad  Corifum  properant,  haec  complacet  insula  cuncta 
Classis  Alexina  dux  Mabrìca  venerai  illic.  ivi. 


Polire  di  Bri0dine)M*cèiitbif«bfl iitifìik^%ltìk 

|Mrtl  Meo,  «li  «ieetfgrciM8#  kd  /tòlràal'V'^^ 

iM  ¥eM  coiiliPWH  «^Ti«to^  »M$«Hitttm 

«avvieiliftiutoki  «iteto  il  tiéhi<>  j^iltl^àé  à  iri^iidi^  1  f 'd^ftA 
^ffii^rf^6é<«^ri(M«fidèV^  l^^lj^  "iiilHlièrVà)^ 

ma  <^/AAcbein6miei  rinviate  le  ^ee  té^f^féy^fe''  ^^é 

I  Navibus  dmique  mente  sepiembri  &  tota  Àpulia ,  Calatnia ,  Hve 
SicUia  apud  Hidruntum  confiatU.  Malat.  Ili ,  40.  TransUi  ipse  RM, 
in  Romania  mense  octub.  Ign.  Bar.  La  Chr,  Brev.  Norm.  ad  an,  se- 
gna per  errore  :  mitil  se  in  navibus  in  mari  in  mense  apr^. 

tempus  adesse 

Caeperat  autumni 

Àmiatis  cenlum  vìginli  aavibns  aequor.  Guil.  àpp. 
Eccello  Malaterra  tatti  fatrao' partire  Roberto  da  Brìndfsr. 

*  GuiL.  App.  Malat.  Ooer.  Vit.  L  c. 

•  GciL.  Àpp.  Anna  Oomm.  .VI. 

4  Vehemens  pugna  fuit ,  nec  missUibus  proeul  gesta  seé  manù  cm- 
seria  cominus,  Anna  Comm.  Gli  altri .  Grouìsti  o  ignorarono  o  laèqnero 
queste  due  sconfitte. 

&  Anna  Goim.  Sieque  ad  quòd  venerùt  exequens...  tiriribus  infestw 
obsidùmibus  indefessua^  eongrensibus  ptior,  exeubiis  nys^ùam  abéhu, 
fiunc  mtnM  terrena ,  nun^  limfiimentis  nMceMdb^;  -  Imperimm*  wM- 


—  a45  — 

in  sicurtà  le  altre  nel  golfo  di  Passeri ,  aspettarono  sta- 
gione più  propizia  a  navigare  ^  La  tregua  però  non  fu 
lunga;  un  Veneziano  a  nome  Pietro  Contarini,  traditore 
dei  suoi ,  riferi  al  Duca ,  che  le  loro  navi  erano  in  parte 
lontane,  e  che  le  rimanenti  quasi  disarmate,  malamente 
si  guardavano;  sebbene  fosse  di  gennaio  Roberto  non  esitò 
a  sorprenderle,  e  quando  non  era  alcun  sospetto,  venne 
ad  assalirle  con  grande  audacia  *.  I  Greci  atterriti  dopo 
lieve  reisistenza  abbandonarono  i  loro  alleati^;  e  questi 
quantunque  rimasti  soli,  e  colti  all'improvviso,  si  di- 
fesero gagliardemente.  Ma  sulle  galee  erano  non  meno 
di  tredicimila  combattenti,  i  quali  affollandosi  per  im- 
pedire r  abbordaggio  ,  ne  vietavano  i  movimenti,  e  fa-- 
cavano  piegarle  da  un  lato  \  Oppressi  dall'  impeto ,  im- 
pediti dalla  confusione,  i  Veneziani  soggiacquero;  sette 
navi  affondarono,  altre  furono  prese;  pochi  riuscirono 
a  scampare  e  più  che  tremila  perirono  nelle  onde  o  ven- 
nero uccisi  resistendo,  duemila.e  cinquecento  restarono 
prigioni  * ,  e  sopra  essi  inferocirono  i  Normanni  ;  alcuni 

eitum  reddens  ante  se  tremere  faciebai»  Iìalat.  /.  e,  Inhyeme  iUa  mul- 
tas  urbes  et  castra  numquam  deinceps  Mexio  sibi  occurrente  expu- 
gnando  acquisivU.  ànon.  Sic.  p.  775. 
■  Anna  Comm. 

*  Ivi.  In  mense  januarii  commisU  bellum  in  mare  cum  Benetici  et 
vicit,  Ign.  Bar.  ad  an,  Malmesb.  III. 

*  .  .  .  .  Danai  nihil  hoc  pugnante  repugnant 
Sed  passim  fugiunt,  Guil.  A.>p.  i»  e. 

h  Anna  Cqhm. 

^  Ivi.  Caesa  sunt  in  ea  pugna  plusquam  quinque  miUia^  kominum 
praeterea  naves  quinque  captae ,  et  duae  cum  hominifUnis  subniersae 
iunt ,  ita  ut  qui  gladium  potuere  evadere  belUUoris^,  pelagi  et»  vara- 
gogluiiret.  lA)f^  a4  a^^Mt^ti  in  mare  demeni\  plurimi' auiem  otfài^ 


•^ale- 
ne mutilarono,  altri  ne  venderono  comeacbipyi  ^v  GÌMin- 
disaioìa  fama  ai  aperse  del  trionfò;  poic^  fugati  i  jQri^ca» 
abbaaaata  la  poterne  dei  loro  alleati,  liberate  Carfit  <lBlr 
Tasaedio'.  una  sola  battaglia  vendicava  Tonta^ieUe 
passate  sconfitte,  e  poneva  in  grande  pericolo  LMmp0ri# 
d'Oriente.  A  Yehexia  il  dolore  di  tante  morti;,  e  :  la  ipeis 
dita  delle  galee  servi  ai  nemici  del  Doge  per.cpncitdi|;li 
contro  il  popolo.  Suo  figlio  aveva  il  comando  d<9flla  9ol* 
ta,  ed  a  lui  s'attribuiva  il  disastro ,  deposto  quindi Dp^ 
menico  Solvo  gli  fu  sostituito  il  suo  emulo  Vitale  Fa- 
liero*. 

aottfMiW  vero  vici  ptr  (•gam  ékifti  mmH.  Roa.  Salcs.  póne  però  ù 
biuaglit  m1  BOfenbre. 

Tknqiie  ftìH  veheiMiM  nopulut  impetiM  hiniin , 
IH  leptan  mensis  non  potse  Ven^ieas  clim 
Elibi  sparet ,  solis  sed  stare  duabus . 

Navibns  ad  bellooi  nil  profait 

dao  milb'a  vìctor 

Ad  portum  ducil  de  piignatoribus  istis 
Praetér  eos  alìos  quingentos  annumera vit , 
Qui  capti  fueranl.  Septem  fugientibus  Àrgis , 
Argob'cae  naves  sunt  boc  certamine  captae.  Guil.  Arp. 
'  MuUos  eorum  quos  cepit  inhumane  erudavU  deformavUque,  Qui- 
busdam  oeuhi  eruU ,  aliU  nares  aòscindit ,  nonnuUis  manus  aut  pedes- 
Asina  Comm.  Ma  da  queste  accuse  sono  da  detrarre  le  consuete  esage- 
razioni. 

•  Guil.  App.  /.  e. 

^  Dux  VenetU  exosus  propter  exeidium  stoli  contra  Robertum  mU- 
$i  dum  annis  Xll  praefuisset  repudiatur  et  de  sede  eaipeUitur.  Dadì- 
DOL.  Chr.  P.  II,  e.  8.  Sansovino  parla  di  una  statua  eretu  a  Dome- 
nico Selvo  per  le  prime  vittorie  a  pie  della  quale  leggevasi  : 
Obsesso  repuli  Guiscardum  morte  Robertum 
Dyrràchio  bine  Dominum  me  vocat  praesul  Alexis. 
Pretesero  alcuni  storici  Veneti ,  cbe  Selvo  essendo  cognato  di  Niceforo 


—  3i7  — 

Ma  il  rigore  del  verno  si  oppose  ad  ogni  altra  impre- 
sa marittima ,  Roberto  raccolse  la  sua  flotta  nelle  foci 
del  Glykis,  e  soffermossi  con  l'esercito  aButrinto  *,  do- 
ve i  prosperi  eventi  che  avevano  dato  principio  all'anno 
4085  presto  mutarono.  Infierivano  dal  precedente  anno 
in  Italia  ed  altrove  la  carestia  ed  una  grande  mortali- 
tà *,  ed  ecclissi,  e  comete  parvero  alle  turbate  menti  an- 
nunziatrici  di  peggiori  danni  ^  Fra  le  milizie  del  Duca 
già  sofferenti  dalla  scarsezza  delle  vettovaglie  si  appic- 
cò il  contagio  per  modo  che  travagliate  dalla  fame  e  dal 
morbo  più  che  diecimila  perirono;  Boamondo  gravemen- 
te infermo  venne  a  risanarsi  in  Italia  ^.  Intorno  a  (re 

Boioniate  odiasse  Alessio,  ed  attribuiscono  a  suo  tradimento  la  sorpre« 
sa  fatta  da  Roberto.  Vuoisi  anche  che  deposto  si  facesse  monaco.  Morof. 
hist,  L.  IV.  De  Monacis  L.  IV.  Filiasi  /.  e. 
'  GtiL.  App.  /.  e. 

'  Fames  et  martalUas  maxima  fuU.  Aron.  Cass.  Cba.  Fossan.  Ann. 
Pis.  ad  an.  Bernol.  Chr, 

^  Kalendas  Martii  metis  inilio  stella  claris$ima  in  ciradum  prìmat 
Lunae  ingressa  est,  Akon.  €ass.  Mirabilem  quoddam  praesagium,  quod 
per  lotam  Apuliam,  Calabriam,  sive  Sidliam  visum  est,  Malat.J1I.4ì. 
4  Frigoris  atque  famis  pars  maxima  passa  labores 
Interi  t,  et  tantae  crescunt  incomoda  pestis, 
Ut  prius  exactus  mensis  quam  tertius  esset 
Sint  praeventa  decem  quasi  miUia  morte  virorum. 


«       Filius  aegrotans  poscit  Boamundus ,  ut  ipsum 

Italiae  remeare  pater  permittat  ad  oras.  Guil.  App* 
Sembra  però  che  il  poeta  confonda  la  narrazione  con  alcuni  fatti  pre- 
cedenti. Nella  prima  spedizione  di  Roberto  in  Dalmazia  Anna  Commeno 
racconta  nel  modo  stesso  il  ritrarsi  delle  navi  Normanne  nel  Glykis  e 
la  peste ,  il  disseccarsi  del  fiume ,  ed  i  mezzi  adoperati  per  sollevare  le 
galee  interrate.  L' identità  dei  particolari  fa  supporre  che  a  1*  uno  o 
r  altra  riferì  fuori  tempo  le  cose  stesse. 


—  3«  — 

mesi  durò  il  flagello,  ed  Alessio  lieto  di  quegli  indugi, 
per  indurre  i  Veneziani  a  persistere  nella  sua  alleanza , 
prometteva  abbandonare  ad  essi  la  supremazia  dell*  an- 
tica provincia  deirilliria,  concedeva  a  Vitale  Faliero  il 
titolo  di  Protosebasto  e  di  Duca  di  Dalmazia  e  Croazia  K 
Ottenne  così  che  s'allestissero  altre  navi ,  le  quali ,  ve- 
nuta  la  primavera,  tra  Gorfù  e  Butrinto  trionfarono  dei 
Normanni  ^ ,  e  nella  mischia  Sighelgaita  e  Guido  fi- 
gliuolo del  Duca  furono  in  pericolo  di  rimanere  prigio- 
ni. In  che  modo  avvenisse  la  pugna  s'ignora,  poiché 
gli  stessi  Cronisti  Veneti  ne  tacquero  ;  ma  a  giudicarne 
dai  privilegi  accordati  ai  vincitori ,  gli  effetti  ne  furono 
estimati  grandissimi.  Alessio  inviò  al  Doge  una  Bolla 
scritta  a  caratteri  d'oro  nella  quale  esaltando  le  insigni 
vittorie  riportate  contro  lo  scellerato  Roberto ,  permise 
che  le  navi  della  Repubblica  trafficassero  liberamente 
in  tutti  i  porti  dell'Impero.  Assegnò  un'annuale  dona- 
tivo alle  Chiese  delle  lagune,  e  volendo  in  un  tempo 
deprimere  gli  Amalfitani ,  allora  soggetti  ai  Normanni  ; 
impose  che  tutti  quelli  che  si  trovavano  a  mercatare  o 
dimoravano  in  Oriente ,  fossero  considerati  come  vas- 
salli della  Chiesa  di  S.  Marco  che  i  Veneziani  avevano 
in  Costantinopoli,  e  pagassero  perciò  un  testatico  di  tre 
perperi  ^.  Sollevossi  per  tal  via  ancora  più  Venezia  ia 

*  FlLlASl   /.    C, 

*  Multis  ex  eius  exerùitu  eaesis ,  pluribus  demersis,  Anna  Comm. 

3  La  Bolla ,  o  come  dicevasi ,  il  Crysobolo ,  fu  conservata  nel   Cod, 

Tretuano,  Fosgarini   Lett,  Filiasi  l.  e.  Anche  Anna  Comm.  ricorda  'tra 

i  privilegi  allora  concessi  che  :  vectigales  fedi  Malpherifes  omnes  qui 
officinas  Costantinopoli  haberent. 


—  349  - 

danno  di  Amalfi,  la  quale  p^^dut^  la  libertà,  impedita 
nei  traffici ,  per  altre  guerre  dei  suoi  signori  doveva 
più  tardi  soggiacere  anche  a  Pisa. 

Cominciava  a  venir  meno  il  furore  della  peste,  quan- 
do nel  venticinque  maggio  mancò  Gregorio  VII  in  Sa- 
lerno ^  Roberto   udì  con  dolore  quella  morte  ,  quasi 
fosse  presagio  di  altre  sciagure  ^;  ricordava  i  destini  dei 
Normanni  congiunti  a  quelli  del  Papato;  nelle  contese, 
neir alleanza  dei  Pontefici,  la  grandezza  propria  e  dei 
suoi  aver  avuto  principio  ed  incremento.  Temeva  che 
la  Chiesa  Romana  commossa  da  maggiori  travagli  non 
cadesse  ora  in  balia  della  parte  imperiale,  e  l'impresa 
alla  quale  si  era  accinto  non  gli  fallisse  per  altri  osta- 
coli. Risoluto  però  a  non  recedere,  inviava  il  figlio  Rug- 
giero perchè  s' impossessasse  dell'  isola  di  Cefalonia  ,  e 
ad  affrettarne  l'acquisto  vi  si  recò  anch' egli  con  la  mo- 
glie Sighelgaita,  disbarcando  al  capo  Ather^.  Ferveva 
Testa,  e  narrasi  che  avendo  il  Duca  richiesta  dell'acqua 
per  dissetarsi,  gli  fu  da  un  isolano  indicata  una  sorgen- 
te, posta  ivi  presso  fra  le  rovine  di  una  antichissima  città 
distrutta  che  chiamavasi  Gerusalemme.  A  questo  nome 

'  Guido  da  Ferrara,  dice  morisse  mentre  preparavasi  Roberto  comi' 
tante  Romanos  subiicere  :  inter  ipsos  bellorum  et  commeatHum  appa* 
ratus  9  e  vuole  che  Roberto  assistesse  alle  esequie.  La  Chr.  TuronensC 
invece  narra  che  morto  Roberto  Gregorìus  Papa  Salemum  exUiatur» 
*  Dux  non  se  lacrymis  audita  forte  coércet 
Morte  tiri  tanti  ;  non  mors  patris  amplius  ìllum 
Cogeret  ad  lacrymas ,  non  filius  ipse  nec  utor , 
Estremi  etsi  casus  utriusqtie  videret.  GolL.  àpp« 
^ftÀMMé  CoMM.  GuiL*  App^  Secondoj  T  Arou*  Sic.  Roberto  jaM  prope 
CoitaiUinopUim  solo  itinere  trium  dierum  remotus  acqtiifendo  perve- 
niitet, 


trteall  Roberto,  i>oi0ti»|H èf¥évMtof«^^ 
là  sera  aòtermiiboé  AMW^AmtiMlk»^»^ 
cani  in  Gerbsaleiiino^i  VòlgaM^  ttiMri^v^isfeitHilìi^ 
ad  altre  piA  in?eM8Ìmtli  ^f^ao  aie^He  diiil^^ 
G^gorio  Vff  era  morto  frk  l'ioftirierA^  ^f^ìinapltemWli 
prilla  ^  ed  eiridenti  se|;tii  déllk  aM  saAtlfè  Ibi^o^lpi^ 
sti  apatia  sepólto';  Roberto  ièlle  ave  Va  ìl^imÉÈ&i^biìm 
Ttàperii ;  it  Otti  nome  Vomita, ^ofàto ;<iidÀa«^àhÌ9lfHÌ|i8 
più  remòta  contrada  ^  oón'|Éttéva*inorìro  soÉRUtdrà^ 
ordiòarfé  calzoni  e  ftbtàatiohe  Mev  4iter<^eiìia8nnif>t 
mesèblimi'él  irero;  L'aaimMità  efaeora  fwìLomgtìki* 
di' ed  i'  Nortbaam ,  la  triata  flmwolie^  pwaoo  i^fo^  . 
d^ir  dòcideiite  atttvaìio  i  Cireoi  oottie  wàmm'  |«r£ti.di  £► 
de  è  pieflii  dì  viltà  O'A'tiEtttftrfictttit  omtrtò^^ 
pn$iié  té  JRàvoloae  l^gfèndo/  BoiWKiiiio  feiilo^Kiel  dia» 
battere  ATeaAio»  àllo^hò  il  padre  tornò  in^AiAoiiav  di* 
cono,  8i  recasse  a  Salerno  ov' erano  medici  valenti ,  per 
affidarsi  alle  loro  cure.  Ma  Sìghelgaita  sua  matri^a , 
che  r  odiava ,  temendo  che  morto  il  Duca  non  volesse 

'  Si  usque  ad  istum  Atherem  dUioni  sua  euneta  $ubieciwrum.  Bnic 
profieiseentetn  Jmmlymam  dMtum  naiurae  ioluturum.  Anna  Co». 

*  Tanta  fertur  grandinum,  tonitroumque  eaiitUn  procèlla  ^ìU  m- 
nts  illie  posili  huiusmodi  turbinUnu  jmlarent  interire.  Lopo  ad  an. 

^  Haee  nobis  scribeiUibus  forte  superlata  est  narratio  duarum  mi- 
raculorum  Salemi  coelitus  patratorum  unum  mox  tU  idem  beatw 
Gregorius  sceessU,  alterum  pauìo  postquam  de  hoc  saeculo  ibidem  f^ 
cessU.  Pavl.  Bernbied.  VU.  Greg.  f  iU.  Ad  cuius  sepulerum  Dm 
multa  mUlia  miracula  usque  hodie  operatur,  Bohiso.  I.  c. 

4  Nec  fuU  terrarum  locus  ita  remotùs ,  in  quo  rumùr ,  fama ,  /i- 
mar  WUcardum  per  omnia  fere  ara  wm  volitaret.  H»t.  Ro».  Wis.  JTiv. 
ined.  Bibl.  Roy.  n.  6257. 


—  32<  — 

disputare  la  successione  a  Ruggiero,  si  propose  di  uc- 
ciderlo *.  Nata  in  Salerno,  iniziata  essa  medesima  nei 
segreti  delFarle  salutare,  esperta  nel  preparare  farma- 
chi e  micidiali  bevande,  fece  somministrargli  un  lento 
veleno  dai  medici  eh'  erano  stati  suoi  maestri  e  sud- 
diti. Ma  la  trama  fu  scoperta,  e  Boamondo  fece  cono- 
scere a  Roberto  eh*  egli  periva  vittima  della  iniquità  di 
Sighelgaita.  Allora  il  Duca  chiamata  la  moglie,  con  ter- 
ribile voce  domandò,  se  il  figlio  era  morto  o  viveva;  e  la 
donna  dissimulando  rispose  ignorarlo.  «  Ebbene  »  riprese 
il  Duca,  che  in  una  mano  aveva  brandito  un  pugnale, 
e  r altra  aveva  distesa  sul  Vangelo:  «  giuro  d'uccider- 
»  vi  con  questo  ferro  s'egli  morrà  del  malore  che  lo  con- 
»  suma  ».  Atterrita  a  quel  sacramento,  ravvelenatrice 
inviò  segreti  messaggi  a  Salerno ,  e  date  altre  medele 
Boamondo  fu  salvo ,  volendo  Iddio  destinarlo  a  difen- 
sore della  fede  cristiana  contro  i  Turchi  ed  i  Sarace- 
ni K  Ma  dubitando  Sighelgaita  che  gli  ordini  suoi  fos- 
sero giunti  troppo  tardi ,  onde  prevenire  la  minacciata 
vendetta,  avvelenò  Roberto,  e  lasciandolo  moribondo, 
bruciate  le  navi  che  rimanevano  nel  porlo ,  fuggì  con 
alcuni  Longobardi  che  a  lei  erano  devoti  ^.  Cosi  l'odio 
contro  gli  antichi  dominatori  di  Salerno  perpetuavasi 
nella  tradizione  Normanna;  le  nimistà  perdurate  contro 
i  Greci  v'aggiunsero  altre  fantastiche  supposizioni.  Non 

^  Meluens  fie  per  eum  quia  fortior  erat  et  $eiMU  multaque  probità» 
te  pollehat  Rogerius  fUius  suus  amitteret  Vucatum.  ivi. 

*.OpUulante  Dei^  qui  per  eumdem  Turcot  et  Agarenos  Christianae 
(i4t%  hostes  deprimere  decreterai,  ivi. 

^  Cum  reliquis  Longobardi»  noctu  mrrexité  ìsì* 

TOL.  II.  ^1 


—  324  — 

per  avversione  di  Boamondo  ,  e  per  timore  di  Roberto; 
ma  sedotta  dall'amore  di  Alessio  che  prometteva  spo- 
sarla ,  Sighelgaita  si  sarebbe  determinata  a  spegnere  il 
marito.  E  compiuto  il  nefando  delitto,  fu  a  chiederne 
il  premio;  l'Imperatore  però  ottenuto  il  suo  intento,  si 
liberò  dalla  malefica  donna  condannandola  al  rogo  ^  Ma 
quasi  volesse  difenderla  dalle  ingiuste  accuse,  pietosa- 
mente descrive  il  poeta  Pugliese  il  dolore  della  Duches- 
sa presso  l'infermo  marito*,  ed  altri  ,  tolta  ogni  par- 
tecipazione di  Sighelgaita ,  narrano  invece  che  Alessio 
avendo  fatte  avvelenare  alcune  fonti ,  Roberto  bevve  di 
quelle  acque  e  ne  mori  ^. 

'  Rucc.  Ho\E».  Doc.  XIII.  SuttulU  imperator  maUfieio ,  quem  virifite 
nequUabai^  uxori  ipsius  connubium  auguilale  mentitus,  cuti»  intidiU 
elaboratum  viris  haurieru  interìU  meliorem  eontum ,  H  Dea  vduUset 
emeritus ,  invincibilis  hostili  ferro  ,  et  domestico  obnoxius  venem. 
Malmesb.  111.  E  con  le  medesime  parole  riferisce  la  morte  àlber.  Monac. 
de  Tri,  Fon.  ap,  Leibn.  Acces*  11.  Malefkiis  nurus  et  uxoris  suae  ve- 
neno  periit,  consUio  Imperatoris  Graecorum,  Gacf.  Prior.  Vosies.  ap. 
Labbe.  Nov.  Bib,  Mss,  Uh.  T.  II,  §  39, 

*  Haec  ubi  Roberium  cognovit  febricitare 

In  quo  tota  sui  sita  spes  erat  utpote  tanto 
Coniuge  ,  discissis  flens  vestibus ,  acceleratis 
Cursibus  accessit.  (JciL.  App.  V. 

*  Fra  Salimbese  ,  del  quale  recammo  nelle  note  del  primo  volume 
le  romanzesche  fole  intorno  i  figliuoli  d' Altavilla ,  e  che  fa  dì  Roberto 
e  Guiscardo  due  fratelli,  dice  che  minacciando  essi  T  Impero  Bizantino: 
Audiens  hoc  imperator  graecorum ,  et  timens  ne  Bòbertus  veUH  Co- 
stantinopolim  ire ,  et  omnes  graecos  occidere ,  fecit  aquas  alicubi  ve- 
neno  infici  coram  eo ,  et  mortuus  est  Bòbertus ,  et  remansit  fratrer 
eius  Guiscardus,  Chr.  p.  174.  Riccardo  Piota v.  si  limita  a  dire:  de 
quo  quidam  aiunt  quia  veneno  necatus  est,  Chr.  ap.  Marthch.  Scrip. 
V.  p.  4170. 


-  m  - 

Che  nelld  Corte  Bizantina  si  tramasse  onde  arrestare 
1*  invasione  dei  Normanni,  anche  per  via  di  segrete  mac- 
chinazioni j  non  è  improbabile.  Anna  Commena  scrive 
che  lo  stesso  Guido  figlio  di  Roberto  consentisse  a  ri- 
bellarsi ,  accettando  i  doni  e  le  offerte  dei  Greci  ;  ma 
nnino  effetto  conseguì  dalla  pretesa  congiura.  Solamen- 
te, i  vaghi  rumori  e  T esperienza  delle  insidie  di  Alessio, 
la  morte  quasi  subitanea  del  Duca,  e  le  gare  surte  tra 
i  suoi  figliuoli ,  servirono  ad  avvalorare  il  sospetto,  che 
r invincibile  eroe  Normanno^,  non  potesse  perire  se 
non  di  veleno ,  vittima  di  una  donna  come  il  prillo 
uomo  creato  *. 

Benché  non  siano  concordi  le  testimonianze  sulla  na- 
turale infermità  che  lo  spense,  pure  sembra  certo  che 
mancò  colpito  dal  contagio  che  infieriva  ^  £d  innanzi 

■  ^umquam  victus  est  ^  quamvU  saepe  pugnavit.  Rice.  Pier.  /.  £, 
Vuius  clypeus  fmmquam  dedinavU  in  beUo.  àkom.  Sic.  741. 

*  Livore  femineo  corruptus^  quo  primìis  Adam  est  de  Paradisi  sede 
pnAectus.  Ord.  Vit.  L  c.  Fra  le  Tolgarì  tradizioni  serbale  intorno  Ro- 
berto è  anche  quella  di  un  preteso  tesoro  trovato  in  Puglia.  Era  ivi , 
dicono  ,  una  statua  di  marmo  che  in  un  cerchio  di  rame  intorno  la  te- 
sta aveva  scritto  :  Kalendis  maii  oriente  sole  haòebo  caput  aureum , 
misteriose  parole  che  ninno  aveva  saputo  ioterpetrare.  Ma  on  Husulma- 
no  prigioniero  di  Roberto ,  ne  discopri  il  significato ,  e  nelle  calende 
di  maggio  cavò  nel  luogo,  ove  si  proiettava  T ombra  del  capo  della 
statua  al  nascere  del  sole ,  e  vi  rinvenne  sepolte  grandi  ricchezs^e,  che 
..servirono  por  suo  riscatto.  Sigebeb.  àctuak,  Ukiucaii.  ap.  Perts  VI  Ser, 

p»  47Q.  Mai^mesb.  U. 
e       «  Pmro  fantine  urd^ns  ts  wùrìms  fuerit  an  ut  alU  tradunt  dolor 
,   Utms»  Anna  Comi.  \,  (Mit  marte  communi»  Roy*  Saìeh*  PrpfiuviQ 
tentris  extinctus  es$,  LufQ. 

Febre  prius  capitur  flagrare  canicula  fervens 


citello  jiu.o  iMpote,!  Goffredo  4i.  fiopvfwmo  ^ j ji||i|g^li 
mo  di  QTPotinfSftil,  ,e4  Ugo  41  Cl^pino^^ 
^i^ordati  i  rapidi  SMCpeast  e4  i  fm0  fcri^ijgj,  ,.^4to W 
c|ior^e  a  persistere  e4;a^  <«)Edu^re,  «^  jgport^^flfFfe 
sa  dVOriaot^e^  V  Così  trai  il|>ia^lQ^  di  vtutli.  \v^  p4 wif#8<n 
te  Ittglia  deJ  1085  ^pirò  jcieir  isola  4i  pefeipnìih^eipffT 
veputo  poco  oltre  H  termiqe  del  s^saant^ii^a  Q^i^iUtf^cJil 
luogo  c|ie  prima  a\:eya  pwao  noim  dai  r^^MR^.^^ep?»*? 
ni  * ,  ritepQO  quello  più  iweaujriafl^do  41  pctfrt%  Guis^e^ 
ed  in  grafia  dejla  fede  wdentf,  e  della;  r^^ei^S^^ 
4a  Rpraana  Chiesa ,  q^uglli^,  c^e  Grj(|^0PM>,yH  ^y§v|i|i^ 
sollevalo  fra  i  S^ntÌ4  npn  dpfeit^o^  ^^^uì^4j|^  ì^^ 
desiiiia  gloria  al  figljuplQ  di  Tfjneredi  ^  e^  9^\b  pp^fsm^ 
virtuose  in  vita  aggiunsero  i  miracoli  dopo  la  morte  ^. 

Primo  tra  i  suoi  che  assumesse  il  titolo  di  Duca ,  al- 
lorquando Roberto  successe  ad  Umfredo,  incerta  ancora 

Coeperat ,  aestiva  cuius  saevissimus  ardor 
Tempestate  solet  mortalibus  esse  nocìvus.  Guil.  App. 
■  Or».  Vit.  ed  attribuisce  a  Roberto  una  lunga  e  retorica  perorazione. 
'  Luro.  Ign.  Bar.  Guil.  App.  Anna  Comm.  l^aCna.  Norm.,  e  Uom.  Salkb. 
fanno   morirlo  neli'  isola  Cassiopea ,  e   cosi  altri.  E  la  Chr.  Torok.  in 
Venosa. 

^  Maior  sexagenario  Rom.  Saler.  Invece  Anna  Con  m.  ^  noi  e  che  mo- 
risse :  etatU  septuagesimo, 

4  In  loco  qui  dicitur  Veneti  vieti  a  devictis  Venetis.  Lupo,  Aiiiir 
rumine  suo  nuncupatur  portus  Wiscardi.  Ruc.  Hoved.  Far,  Post, 

5  Tanti  autem  dicitur  fuisse  zeli  in  fide  Christi,  tantae  reverentiae 
ad  Rotnanàm  Ecelesiam ,  tantaequè  pietatis  ad  pauperei\  et  ad  pia 
loca ,  ut  post  moTtem  etiam  miraeiUis  corruseavit»  Ptot.  Lccen.  L. 
MX,c.  2, 


—  ans- 
erà la  conquista,  e  sparsa  la  dominazione  dei  Normanni 
sopra  alcune  terre  soltanto,  in  Puglia,  in  Calabria,  nei 
Principati,  e  nella  Campania.  Accanto  ad  essi  restavano 
i  Greci  signoreggianti  nelle  maggiori  città  marittime  ; 
i  Longobardi  di  Salerno  e  di  Benevento;  le  repubbliche 
dì  Amalfi ,  di  Napoli ,  e  di  Gaeta  ;  e  più  lungi ,  i  Musul- 
mani di  Sicilia,  i  Conti  dei  Marsi  e  di  Chieti.  L'Inipe- 
ratore  ed  il  Pontefice  si  mostravano  nemici ,  avversi  i 
popoli,  che  di  alleati  li  avevano  visti  mutarsi  in  oppres- 
sori. 1  Normanni  accampati  in  paese  straniero,  costretti 
a  perpetua  guerra  di  rapine  e  di  violenze ,  fra  loro  stes- 
si discordi  e  divisi,  né  lutti  ubbidivano  ai  Conti  di  Pu- 
glia e  di  Capua,  né  la  supremazia  di  questi  era  in  sla- 
bile modo  consentita.  Alcuni  rimanevano  ai  servigi  di 
Gisolfo  0  dei  Greci ,  altri  militavano  a  prezzo,  o  s'uni- 
vano intorno  ai  capi  di  maggior  fama;  dritti  di  vassal- 
laggio pretendevano  gli  Imperatori  Tedeschi,  il  Papa, 
il  Principe  di  Salerno.  Le  città  usurpate,  con  diversa 
ragione  divenute  tributarle  o  serve ,  insorgevano;  e  do- 
vunque non  altra  sicurtà  che  la  prevalente  fortuna  del- 
le armi  sosteneva  fra  tanti  pericoli  gli  invasori.  In  tale 
condizione  Roberto  subentrò  al  fratello  ;  e  dove  fosse 
rimasto  pago  di  una  eguale  autorità,  o  V  audacia  e  Tam- 
bizione  fossero  state  minori  in  lui  ;  forse  i  Normanni 
erano  respinti ,  o  una  piìi  lunga  anarchia  avrebbe  tra- 
vagliate le  province  del  mezzodì.  Infievoliti  dalle  inte- 
stine gare,  formando  numerose  Contee  indipendenti,  sa- 
rebbero soggiaciuti  ai  vicini,  o  deboli  e  snervati  anche 
questi ,  si  sarebbe  perpetuata  una  lotta  inefficace  fra  le 
diverse  stirpi  dominatrici  ;  fra  signori  e  sudditi.  Ma  la 


-326- 

prepotente  volontà  del  Guiscardo,  in  mezzo  a  questa 
varia  e  confusa  contenzione,  pervenne  a  mutare  quelli 
che  parevano  inevitabili  destini  della  conquista.  Egli 
costrinse  gli  irrequieti  compagni  d'arme  ad  ìnuisata  obe- 
dienza;  estese  nella  Calabria,  nella  Puglia,  in  Sicilia  , 
nella  Marca  Chietina ,  in  Amalfi,  ed  in  Salerno  il  do- 
minio *.  Greci ,  Longobardi ,  Musulmani ,  dal  Tronto  a 
Palermo ,  furono  vinti ,  espulsi ,  o  domati  ;  eserciti  nu- 
merosi raccozzati  di  genti  barbariche  fuggirono  ;  Arrigo 
gli  abbandonò  Roma,  Alessio  fu  in  procinto  di  vedersi 
tolto  r  Imperio.  Sul  mare  pericolò  la  nàscente  grandezza 
dei  Veneziani,  in  Italia  depresso  ogni  altro  emulo,  la 
famiglia  d'Altavilla  ottenne  il  primato  sopra  gli  stessi 
Principi  di  Capua. 

Quando  si  guardi  alle  due  conquiste  Normanne,  d'In- 
ghilterra e  d'Italia  ,  e  Roberto  si  raffronti  a  Guglielmo 
il  Bastardo,  in  tanta  conformità  di  carattere  ,  di  virtù  , 
(li  fortuna,  si  vedrà  die  maggiori  ostacoli  convenne  al 
Duca  di  Puglia  superare  ed  abbattere.  Alla  resistenza 
degli  indigeni,  alle  domestiche  sedizioni,  alla  turboien 
za  dei  feudatari!;  non  s'aggiunsero  nell'isola  Briltanna 
le  pretensioni  e  le  armi  dell'Imperio  Alemanno  e  Bìzan 
tino.  Ivi  non  fu  l'intervento  della  Pontificale  autorità 
e  circoscritta  dai  mari  ,  alla  lotta  combattuta  da  Gu 
glielmo,  non  vennero  a.  mescolarsi  interessi  tanti  e  di 
versi,  le  scomuniche,  i  concilii ,  i  sospetti  ed  i  disegni 
della  Curia  Romana.  Quindi  mancato  in  mezzo  ai  suoi 

•  Virtute ,  dolo ,  arte  ignavi  popuH  Victor  existens  ,  Campaniae 
Apuliae,  Calabriae,  SicUiae^  ad  ullimum  possessor  inventus  est,  On. 
FiusiN.  L.  1,  e.  2, 


-327- 

trionfi ,  molte  imprese  Roberto  lasciava  incompiute  ;  né 
in  tutto  dome  erano  le  ambizioni  dei  Conti ,  né  irrefre- 
nate  le  loro  prepotenze  e  definiti  i  vincoli  di  obedienza 
dei  minori  vassalli ,  e  riconosciuta  la  sovranità  del  Du- 
ca. Riscosso  il  giogo  dei  Principi  Longobardi,  dell'Im- 
pero Bizantino,  e  dei  Musulmani,  il  politico  rivolgimen- 
to che  aveva  sollevati  gli  indigeni  contro  le  straniere 
dominazioni  e  favorita  V  invasione  dei  Normanni ,  pre- 
ponderando ora  questi ,  s'arrestava  nel  suo  sviluppo  e 
si  trasformava  in  una  lotta  domestica.  Le  principali  cit- 
tà, benché  contenute  dalla  forza,  aspiravano  ad  ottene- 
re una  municipale  autonomia,  pronte  sempre  ad  insor- 
gere contro  i  loro  dominatori ,  ad  allearsi  con  i  loro  ne- 
mici, quali  che  fossero.  Diverse  ancora  le  leggi  tra  con- 
quistati e  conquistatori  ,  diverse  le  condizioni  stesse 
delle  città  secondo  i  patti  e  gli  speciali  trattati  di  som- 
missione, mancava  tuttavia  l'uniformità  e  l'unità  dello 
Stato.  A  conseguirla  Roberto,  aveva  represse  crudel- 
mente le  sedizioni,  alzate  castella  nelle  maggiori  terre  S 
trasferita  la  sede  del  Ducato  in  Salerno ,  per  meglio  tu- 
telare i  nuovi  acquisti ,  e  compierli  con  la  preparata 
soggezione  di  Gapua,  di  Napoli,  di  Gaeta,  e  della  Gónlea 
dei  Marsi,  Aveva  lottato  perciò  contro  il  Papa  Grego- 
rio VII ,  principale  avversario  di  questa  unità  delle  pro- 
vince del  mezzogiorno;  ed  in  parte  sospinto  dalla  neces- 
sità di  assecurarsi  dalla  tradizionale  supremazia  degli 
Imperatori  Greci ,  in  parte  dall'  indole  avventuriera  ed 
ardimentosa,  si  era  volto  a  maggior  guerra,  per  usur- 

'   Urbis  vero  quoi  cepU^  ca$teUi$^  turritiupn  munivUf  Koa.  Samsr, 


—  3i8- 

pare  la  corona  Bizanlìua  ^  Ma  i  cupidi  inlpnlit  uhe  a* 
vrcbberu  furse  sin  il' allora  Ibndata  un'Impero  LatiDO 
in  Orit3ntc ,  riUlirtiiio  con  liii«  E  nei  possessi  Ualiutii  gli' 
nslacolif  pJuUoslo  rimossi  che  superati ,  rinacquero  |^iù 
vivi.  Altre  ribellioni  dei  Conti  furono,  insorsero  e  con- 
Irastarono  ancora  gli  indigeni ,  ed  i  sospetti  dei  Poute- 
ììùì  contro  i  potenti  vicini  eccitarono  altri  pericoli.  Onde 
è  ohe  la  morie  di  Roberto  chiude  quel  seconda  periodo 
dalla  invasiune  straniera  nel  quale  gli  alleati  dei  Pu- 
gliesi e  dei  Longobardi  si  trasformano  in  signori  ,  e  la 
c^lìrpe  d* Altavilla  Btabihsce  il  suo  primato;  ma  mtn  8c- 
gna  l'ultimo  tonnine  della  conquÌBta  Normanna. 


FINE  DEL  SECONDO  VOLUME 


*  Po$t  muUarum  Urrarum  invcuionem ,  posi  mtUtarutn  paupenm 
et  divitum  oppressionem ,  «itti*  avarieiae  nec  Calabria ,  nee  Sicilia 
sufficit ,  quin  et  transmarina  regni  sibi  subiugere  cantra  fas  et  ju$ 
anhelavit^  tiam  Mniversae  terrae  arripuU.  Beruoi,.  Chr,  i086. 


DOCUMENTI  E  NOTE 


llillllllV   I 


li 


Ini     •  •  I  la  -n  I 


II 


DOCUMENTO  1 ,  p.  7, 

Illa  ergo  sollecitudine,  qua  omnibus  ecclesiis  debeo 
invigilare,  videns  indisciplinatam  et  alienam  gentern  in- 
credibili et  inaudita  rabie  ,  et  plusquam  pagana  impie* 
tate  adversus  ecclesias  Dei  insurgere,  passim  Cristiano» 
trucidare ,  et  nonnullos  novis  horribilibusque  tormenlis 
usque  ad  defectionem  animae  affligere,  nec  infanti ,  aut 
seni  ,  seu  foeminae  fragilitati  aliquo  humanitatis  respe- 
ctu  parcere,  nec  inler  sanctum  et  profanum  aliquam  di- 
stantiam  habere,  sanctorum  basilicas  spoliare,  incende- 
re ,  et  ad  solum  usque  diruere  :  saepissime  perversità- 
lem  ejus  redargui  ,  cornmonui  ,  obsecravi  ,  praedicavi  , 
opportune  imporluneque  institi,  terrorem  divinae  et  hu- 
manae  vindictae  denunciavi,  sed  quia  sapiens  ait  :  Nemù 
potest  corrigere^  quevi  Deus  despexerit,  et  slultus  non  cor- 
rigilur  ;  (Eccl.  7),  adeo  obdurata  et  ostinata  ejus  niali- 
tia  permansit  ,  ut  de  die  in  diem  adderet  peiora  pessi- 
mis.  Unde  non  tantum  exteriora  bona  prò  liberatione 
ovium  Christi  cupiens  impendere,  sed  superimpendl  ipse 
peroptans  ,  visum  est  mihi  ad  te^timonium  nequitiae 
eorum,  vel,  si  sic  expediret,  ad  repressionem  contuma- 
ciae,  humanam  defensionem,  undecumque  attrahendam 
Tore,  audiens  ab  Apostolo,  principes  non  sine  causa  gla- 
dium  portare ,  sed  ministros  Dei  esse  ,  vìndices  in  irani 
omni  operanti  malum  :  et  (|uia  principes  non  3unt  iu 


niai!i  M  opef  iTt  1^1  maU  :  «l^^tgM  j9i^ 
a>JQ»ao..«ÌYÌMKefimiDa]ÌMstoél^  "'^^^^^  sbìoììTk 

o.^tiffoltoajailfo  ooflQitebf ,  q/udeiiiiteiiiptewli^ 
ii^mwéB$.tm»mim  penmit  iglorìMi  dbdo0l9iìi||itH 

t^iWfMBiui^  non  utciijii^Q»pri:Ib>vhiÌ9iM0«ui»ìa^ 
«liKi|napi«iufcomiiian|  tit«rHii«i  pptaÌNim:ieaii|  mé9Ìxài^ 
tlMtomoii  ie4;iil>fialtam\haiiiàM(«erimiii«éK 
gttJ.di^MMjiiàieiajiiiiuiM  Babiì^jaQ^ 

fqWfpeiflilMioiaiii  Mtotari  adliimiti^ie»  frattgewiteb^ 
#!Mi,  «t  HHs  ex  jadMiio  mtaanii  attbfeetiémiHrifla^  fO^ 

Aa^Jorem  in^  proxiaio  jespectaoi  sibi  aùt^eii^vaiitiiFaW  i»^ 
gnationem  ,  po3t  illaro ,  quam  «xperti  sant ,  suae  catar- 
vae  diminutìoDem.  Nos  quoque  divino  adjutorium  nobis 
adfore  ,  et  humanum  non  defore  credentes  ,  ab  hoc  no- 
stra intentione  liberandae  Ghrìstianitatis  non  deficie- 
mus  ,  nec  dabirous  requiem  temporibus  nostris  ,  nisi 
cum  requie  sactae  ecclesiae  periclitantis.  Ad  quam 
acquirendam  et  obtinentam ,  babemus  maximum  ex  di- 
vina pietate  solatium  et  praesidium  ,  carissimum  at  eia* 
rissimum  filium  nostrum  imperatorem.Henricum,  cujus 
de  die  in  diem  expectamus  promissum  et  proxiroum 
adventum  ,  utpote  cum  procinotu  et  expeditìone  impe- 
riali properantis  ad  nostrum  ^ubsidìum.  Ad  quod  etiam 
superna  gratia  tua  serenitatem  animavit ,  ut  bine  inde 
yobi^  duobus  ,  velut  totidem  brachiia  inimicam  gentem 


—  33à  — 

ab  ecclesia  Ghristi  propellentibus  et  prout  effugantibus, 
afflictae  nunc  Ghristìanitatis  relevetur  decus ,  et  reipu- 
blicae  reformetur  status.  Et  quia  abundanle  iniquitate 
et  refrigescenle  cantate  ,  sancla  Romana  Ecclesia  et 
apostolica  sedes  nimium  diu  obsessa  fuìt  mercenariis 
et  non  pastoribus  ,  a  quibus  sua ,  non  quae  sunt  Jesu 
Ghristi  ,  quaerenlibus  ,  devastata  jacebat  niiserabiliter 
hactenus;  divinum  consilium  voluit  meam  humilitate»] 
suscipere  tanta  cathedrae  pondus.  Quo  licet  plurimum 
mei  imbecilles  praegraventur  et  deprimantur  humeri  , 
non  paruni  mihi  subest  sanctae  spei,  quando  quìdem  ex 
utroque  latere  lales  adstant  filii  religione  et  poteotia 
preclarissimi.  Quapropter,  devotissime  fili ,  et  serenis- 
sime imperator  ,  collaborare  nobis  dignare  ad  revelatio- 
nem  tuae  matris  sactae  ecclesiae ,  et  privilegia  dignita- 
tis  atque  reverentiae  ejus ,  necnon  patrimonia  recupe- 
randa  in  tua  ditionis  ,  partibus ,  sicut  manifeste  cogno- 
scere  poteris  ex  venerabilium  praedecessorum  nostro* 
rum  seu  tuorum  scriptis  et  gestis.  Tu  ergo  magnus 
suceessor  magni  Gostantini ,  sanguine ,  nomine  ,  et  im« 
perio  factus,  ut  fias  etiam  imitator  devotionis  ergo  ape* 
stolicam  sedem  ,  exhortamur  :  et  quae  ille  mirabilis  vir 
post  Ghristum  eidem  sedi  contulit ,  et  confirmavit ,  et 
defendit ,  tu  juxta  tui  nominis  etymologiam ,  (  Monoma^ 
chi)  costanter  adjuva  recuperare,  retinere,  et  defende- 
re. Ita  enim  apud  Deum  singulariter  pugnans  ,  cogno- 
minaberis,'  quod  jamdudum  inter  homines  cognomina- 
ris.  Hec  sane  gloriosissimus  iìlius  noster  Henricus  per- 
ficere  molitur  in  suis  partibus.  Quae  omnia  nobis  et 
vobis  provenient  felioius  ,  et  multiplicius  ^  ubi  quanto- 


..MI-* 
eofoqi  raediafite,  et  òblitiènte,  illraiìaìimuim  pae^  et 

.  Af«iéof|9icli6l9(;«Mifiii)^f^  IftiHh»  .tìglio  #|j!^^^ 
^^pNff ,  »  MIO  fM^  nd  ÌAiHime  di  Le^oe  Acriihso  Armmcwio  diM* 
l»rk  seiUii  «ii  lea«^  g^à^'ìli?^ 

inìvi  diglUéVei  If  éé»MÌà>|coiiM  il^f^ 
ikfméki  umm  di  «b^éo  IMmo<iiiiSnilei«rM^ 

unt  Bnvii  £1;  «ueeiiicla  toiiiin«iiiorafiO'  sciim  da^  «essi  Afiéariilru 
Pontifieii.  Ed  in  essa  si  narra.:  che  Nìceu  abiurasse  1  suoi  errori  alla  [ire- 
senza  dei  Nunzii  e  dell'  Imperatore ,  il  quale  ordinò  che  gli  scritti  dei 
legali  contro  Michele  Cerulario  e  Leone  Acridano  fossero  traslatali  in 
Greco.  E  poiché  il  Patriarca  non  aveva  voluto  comunicare  con  i  mes- 
si del  Papa  fu  scomunicato,  e  la  scomunica  venne  depositata  soir alta- 
re. Concordala  la  pace ,  gli  Aposcrisarii ,  ricevuti  ricchi  doni ,  prese- 
ro licenza  a  partire  nel  18  di  agosto.  Ma  giunti  a  Selimhria  furono  ri- 
chiamati ,  sotto  pretesto  che  voleva  Michele  assistere  con  essi  ad  un 
Concilio.  Però  avendo  falsate  le  bolle  lasciate  dagli  Apocrisaril  del  Pa- 
pa ,  mosse  il  popolo  a  rumore ,  ed  allora  T  Imperatore  permise  ai  Nan- 
ni di  parUrsi ,  e  costretto  dai  tumulti  fece  prendere  gr  ioterpelri  che 
avevano  dal  latino  in  greco  traslatati;  gli  atti  del  Carenale  Ihnberto , 
oioè  Paolo  e  suo  figlio  Smaragdo ,  e  co^ios  ti  ifeloniot  li  consegpiò  a 
Michele.  Ma  più  tardi  scoperto  V  ioganno  fu  il  Patriarca  ,  aUonianato 
dair  Imperiale  palagio. 

Con  questo  racconto  non  si  accorda  quello  del  Cerulario,  dal  quale 
veglio  appariscono  le  pratiche  fatte  datila  Chiesa  HèniMa  »  ìe  gdotie  del 


—  336  — 

t^trkret  fd  i  sospetti  contro  Argiro.  Avendo  Michele  riunito  un  Sinodo 
appena  furono  partiti  i  l^egati  fece  scomunicarli ,  e  dichiarò  che  V  Im- 
peratore conscio  delle  loro  trame  gli  aveva  scritto  la  seguente  lettera. 

Sanctissime  domine,  de  eo,  quod  acciderat,  aica  Re- 
gia Maiestas  perquirens  oiTendit ,  mali  radicem  ortum 
habuisse  ab  interpetribus  et  sociis  Argyri  ;  et  de  alieni- 
genis  quidam  tanquam  peregrinis,  et  ab  aiiis  suppositis 
aliquid  facere  non  possumus,  mali  vero  auctores  verbe- 
ratos  ad  tuam  sanctitatem  transmisimus  ,  ut  per  eo 
istruerentur  et  alii  ;  ne  similia  in  posterum  effutiant. 
Ghartula  haec  post  anathema  dictum  et  consiliariis ,  et 
iis,  qui  publicarunt,  aut  scripserunt,  aut  rem,  ut  gesta 
est ,  vel  tenuiter  callent ,  coram  omnibus  comburatur. 
Mea  si  quidem  regia  Maiestas  imperavit ,  ut  Vestarches 
Argyri  gener ,  et  Vestes  illius  filius  in  pyblacam  conolu* 
duntur  ,  ut  ibi  vilam  degant ,  malis  divexati ,  quemad- 
modum  sunt  digni  propter  hanc  causam.  Mense  Julio 
Ind.  VII. 

CoTELERiDs.  Monum,  EccL  Grate* 
T.  X.  Mansi  VtmeU,  XIX. 


Scrivendo  poi  intorno  ai  negoziati  al  Patriarca  di  Antiochia  aggiunge 
il  Cerularìo  : 


Homines  quosdam  execrandos,  impios,  et  de  quo  non 
eos  peiorum  quispiam  appellaverit  nomine,  ab  occidente 
in  magnam  hac  propulit  civitatem  :  qui  quidem  adven* 
tus  sui  causam  praetexerunt  a  Papa  missos  se  esse;  ve* 
rum  Argyri  dolosis  suggestionibus  consiliisque  ad  im- 
perialem  urbem  venerunt ,  ubi  ingentium  scandalorum 


Èdia 


Ante  aliquod  tempos  cum  nòvtsseiniis  àk  iia ,  qttt^ 
vetera  Roma  ad  oos  vetiireot  de  noMlì^to  et  seieotk 
Papae  videlicet  urbis  Itomae  nuper  ddronetii  Leonia  àél- 
licet;  nec  non  quod  aimul  nobiscum  aentiret,  et  coBve^ 
niret  propterea  scandalo^  ^qnae  de  ipaia^  feriuiidr  oifea 
Orlkodoxafn  fidem  HìOA.  pauca  iUi,  i|<nf |p9iii|U3,  i^>9^%.|ìt- 
terÌ8|;miJta  huoiilHatet  u|  jt^  ref^  v^es  pognofto^i^^ 
liàdein  liUeria.  Id^ue  ea  de  ef Q»a :f(^iai^9y  qji^i^iam|p|t 
luorari  yoleb^iiiiia  ^  Beo  non  ut  bei^volviQ  pobia  ^}^ 
miliarem  redderemua»  qno^pfr  eam  Fraaoojrum.auxiliaf^ 
nobis  procuraremus.  Quas  quidam  litteras  cum  illi  tra- 
didissemus,  qui  ad  Papam  una  cum  Imperatoris  litteris 
esset  illos  allaturus  et  responsione  accepturus,  et  nobis 
redditurus  :  ille  vero  cum  has  accepisset  litteras,  et  per- 
venisset  ad  Magistrum  et  Ducem  Italiae,  Argyri  nuncu- 
patum ,  qui  artificiose  ipsum  decepit ,  eo  videlicet  no- 
mine ,  quo  eitius  litlerae  ad  Papam  perVenirent  :  ipse 
illas  accepit.  Qui  cum  omnia  diiigenter  didicisset,  nec 
inquam  suae  superstilionis  ,  et  vafricies  oblitus  esset , 
sed  semper  ea  moliretur,  quae  regiae  urbi  etRomaniae 
damno  essent  ;  neque  hac  in  re  sui  ab  similis  sed  no- 
mina ipsa  ,  que  ab  Imperatore  Vestiàrius  accepta  refe- 
rebat  ;  ipse  aliam  accepit ,  ut  lucro  suo  omnino  illis 
uteretur  ,  id  scilicet  curans ,  ut  viderentur  praedictae 
literae  hac  de  causa  scriptaepro  aedificatiowe  castro- 


—  337  — 

rum  et  cura  de  illis  habenda.  Et  ita  rem,  quam  dieemus 

artificiose  paravit Mearum  itaque  litterarum  dempto 

sigillo  et  quae  in  ipse  cum  legisset  et  aliae  quaedam  ad 

nos  quasi  Papae  nomine  missa  componens  ec lUae 

enim  per  se  manifestabaut,  quae  Argyrus  Megalopolium 
cum  venisset,  frequenter  nostrae  insusurrabat  humili- 
tati,  praecipue  de  fermentato.  Quam  propter  non  solum 
semel ,  sed  bis  et  tertio ,  et  saepius  a  nobis  eiectus  fuit 
a  sacra  communione  ec. 

Ed  il  Patriarca  Àotìocheno  risponde  : 

Magnopere  sum  mirati,  dum  eas  legeremus,  cum  non 
possemus  conjicere ,  quo  spiritus  motus ,  vel  quid  tibi 
volens  Italus  ille  Argyrus  ad  tantum  declinavit  errorem 
et  profanus  cum  sit,  sacra  còntractare  non  dubitavit. 
Quid  enim  communi  cani  et  balneo?  ec. 

Baronio.  Ann.  Eed.  ad  an.  1054. 
DOCUMENTO  III,  p.  32. 

Nel  Concilio  di  Pavia ,  agosto  del  1022 ,  Benedetto  Vili  si  provò  ad 
introdurre  il  celibato  ^  e  merita  grande  considerazione  quello  che  egli 
disse  a  provarne  la  necessità. 

Reges  utique  et  Imperatores,  Ghristum  secuti,  et  po- 
pulus  catholicus,  armis  fidei  adquisitus  amplissimis  pa- 
trimoniis  ecclesiam  ditaverunt ,  et  exquisitissimis  eam 
possessionibus  ad  mare  usque  ampliaverunt.  Sed  bene 
parata  male  sunt  conservata.  Omnes  enim  eam  pertran- 
seuntes  diripiunt ,  et  hi  maxime  ,  qui  videnter  esse  re- 
etores  ,  modis  omnibus  quibus  possunt ,  conculcant  et 

VCL.  U.  '* 


.(•p>^  «uQiiiiai  ani  qiiilms4i|in  fi^^iii»  «t  tfespig^,,^^^ 
.^pùme^ikmmM  afc«  iure  ee<lwi«  «d^avf^  ;^ps 
libertant,  licet  non  possint,  flliis  congerrones  infìrfypybiU 
fMinia  MAgeran^.  Ipsi.qiHiq^  4»Ì6im  fto^^t  &- 

-HiUft  eaelettMi  «  8ant'4i«6n4i^di«ncii^(9^jri  wf^ 

hao  sola  fraudo  fugientea»  ut  matrem  lib|à)f9m.fSiUi,^na6Ì 
liberi  prosequantur.  Ampia  itaque  praedia,  ampia  Matri- 
monia et  quaecunqne  honf^pOMOUt,  de  bonìa  ecde- 
aiae  —  neque  eoim  aliunde  habent -^  ìnfamea  patrei 
ìnfamibus  filììa  adqniruDtKEt.ittt^feri  lion  per  rapiflam 
appareant  —  volunt  enim  in  terra  rapare  libertatem ,  ut 

;4ii|bQ|iii  ip  Goelo  ¥«^jDÌt,i^eÌL^te|n-tr-Jb^iI^^  ^^Ì^<>^ 
faciunt  transire  nobìlium.  Hi  sunt  o  coelpm  !  o  terra! 
qui  tumultuantur  centra  ecclesiam«  Nulli  peipres  hostes 
ecclesìae  quam  isti.  Nulli  paratiores  ad  inaidiandum  ec- 
clesiae  et  Christo  ,  quam  isti.  — Sic  annullatur  eccle- 
sia, sic  mendicat.  Sic  aut  perrarus  aut  ex  familia  eccle- 
siae  nullus  iam  invenitur  qui  valeat  :  quia  hac  fraude 
omnes  filii  servorum  ecclesìae  ad  clericatum  aspiraut, 
non  ut  Dee  serviant,  sed  ut,  scortati  cum  liberis  mu- 
lieribus,  filii  eorum  de  famulatu  ecclesiae  cura  omni- 
bus bonis  ecclesiae  raptis  quasi  liberi  exeant.  Sic  iam 
nullae  ecclesiae  pauperes  sunt  in  familiist  quod  iam 
pretio  servientes  ecclesiarum  ministri  condxicant  et  io 
annuam  mercede  solvenda  transeant  necessitatem. 
Deo  itaque  propitio  primo  datis  et  receplis  legibus 

-  ostendemus,  nulli  in  clero  m^uliebrera  complexum  fuis- 


—  339  — 

se  concessum.  Postea  vero  de  filiis  eorum  ,  qui  nulli 
debuerunt  esse ,  et  per  maxime  de  filiis  eorum  clerico- 
rum,  qui  sunt  de  familia  ecclesiae,  perfacilis  erit  co- 
gnitio. 

Omnes  igitup  filii  et  fìliae  omnium  clericorum  qui 
sunt  de  familia  ecclesiae  de  quacumque  libera  nati  fue- 
rint  vel  uxore  vel  concubina ,  quia  neutrum  nec  licet 
nec  licuit  nec  licebit,  servi  suae  erunt  ecclesiae  in  se- 
eula  seculorum. 

Condì.  Papien,  1021  ap.  Mansi  XIX.  545. 

DOCUMENTO  IV,  p.  b2eseg. 

Ego  Robertus  Dei  Gralia  et  Sancti  Petri  Dux  Apu- 
liae  et  Calabriae ,  et  ulroque  subveniente ,  futurus  Si- 
ciliae ,  ad  confirmationem  traditionis  et  ad  recognitio- 
nem  fldelitatis  ,  de  omni  terra  quam  ego  proprie  sub 
dominio  teneo  et  quam  adhuc  uUi  ultramontanorum  un- 
quam  concessi  ut  teneat,  promitto  me  annualiter  prò 
unaquoque  iugo  boum  pensionem  ,  scilicet  duodecim 
denarios  Papiensis  monetae ,  persoloturum  beato  Petro 
et  tibi  domino  meo  Nicolao  papae  et  omnibus  successo- 
ribustuis,  aut  tuis ,  aut  tuorum  successorum  nuntiis. 
Huius  autem  pensionariae  redditionis  erit  semper  ter- 
minus  finito  vere  anno ,  sanctae  resurrectionis  die  do- 
minico.  Sub  hac  conditione  huius  persolvendae  pensio- 
nis  obligo  me  et  omnis  meos  sive  heredes  sive  succes- 
sores  tibi  domino  meo  Nicolao  papae  et  successoribu» 
tuis.  Sic  me  Deus  adiuvet  et  haec  sancta  evangelìa. 


—  340  - 

A  quesu  priaia  formoU  ne  segue  aiì*aUra  ehe  sembi^  pRi  conformi 

»1  rero  ,  e  più  aulica. 

Ego  Robertus  Dei  grati  a  et  Sane  Li  Petri  Dux  Apu-« 
1Ii»e  et  Calabrìae  et  utroque  subvcnienle,  futurus  Sìci^ 
liae,  ab  hoc  liora  et  deinceps  ero  fidelis  sanctae  Roma- 
nae   Eeclesiae   et  libi  Lloiuini)  meo  Nicolao  Papae.  In 
^HHisilto  vel  in  facto  ^  unde  vìtiim  aut  meinbrurn  perdas 
aut  captus  sis  mala  capUone  non  ero.  Consilium  qiiod 
mibi  credideris  et  contradices ,  ne  illud  manifeslem  , 
non  manilestabo  ad  tu  uni  darimuni^  me  sciente.  Sanclae 
Roman ae  Eeclesiae  ubique  adiutor  ero  ad  tene nd uni  et 
ad  aequirendum  regalia  saniti  Petri  eiusque  possessio- 
nes  prò  nieo  posse ^  contro  omnes  homines.  Et  adiuvabo 
te  ut  secare  et  honorifice  teneas  Papatum   Homanum 
terramque  sancii  Petri  et  principalum;  iiec  invadere  iiec 
ac(|uirere   quaeram  nec  etiarn  depraedari   praesumam 
absque  tua  tuorumque  successorum,  qui  ad  honorem 
sancti  Petri  intraverint ,  certa  licentia ,  praeter  illam 
quani  tu  mihi  concedes  vel  tui  concessuri  sunt  succes- 
sores.  Pensionem  de  terra  sancti  Petri  quani  ego  ieneo 
aut  tenebo,  sicut  statutuui  est,  recta  fide  sludebo  ut  il- 
lam annualiter  Romana  habeat  ecclesia.  Omnes  quoque 
ecclesias  ,  quae  in  mea  persistunt  dominatione  ,  cuin 
earum  possessionibus  dimittam  in  tua  polestate  et  de- 
fensor ero  illarum  ad  fidelitatem  sanctae  Romanae  ee- 
clesiae. Et  si  tu  vel  tui  successores  ante  me  ex  hac  vi- 
ta migraveritis  ,  secundum  quod  monitus  fuero  a  me- 
lioribus  cardinalibus  ,  clericis  Romanis  et  laicis,  adiu- 
vabo ut  Papa  eligatur  et  ordinetur  ad  honorem  sancii 
Petri.  Haec  omnia  suprascripta  osservabo  sanctae  Ro^ 


—  341  -~ 

nianac  ccclcsiae  et  libi  cum  rccla  fide ,  liane  fidclilalem 
obsepvabo  tuis  successoribus  ad  honorem  sancii  Pelri 
ordinalis,  qui  mihi  firrnavcrint  investituram  a  le  rnihi 
concessam.  Sic  me  Deus  adiuvet  el  haec  Sancta  evan- 
gelia. 

Ex  Cod.  Àrch,  Vai,  edid,  Wattebich. 
P(mt.  Rom.   Vit,  T.  I.  233-4. 

DOCUMENTO  V  ,  p.  32. 

Romano  Palriarche,  regia  costitutione  super  univer- 
sali aecclesia  sublimalo,  Costanlinus  Doolilius,  Costan- 
tinopolis  basileus,  salutern.  Uouiana  sapienlia,  a  nostro 
Greco  fonte  derivata,  quae  in  primo  vel  sccundo  ac  ter- 
lio  Ottone  bene  floruit,  istanti  tempore  ita  defluxit,  ut 
pacialur  Normannos  consortes  imperii.  Jam  onim  sibi 
usurpant  imperialia  officia  ,  ut  in  praesumptionc  Lucani 
pseudopapae.  Ad  hec  corrigenda,  per  manum  fidei  tnae 
volo  firmare  aolernalis  amiciciae  ])actum  cum  puero 
Heinrico ,  rege  llomano.  Nam  et  ego  Romanus  suum  , 
et  ita  nos  ambo  Romani  sub  te  comuni  patre  simus  u- 
rium  ,  conligali  vinculo  indivisae  carilatis.  Super  hoc 
filium  meum  por|)liir()gonitum  dabo  sibi  obsidem ,  fo- 
tumque  meum  thesaurum ,  ut  ex  eo  faciat  quod  voluc- 
rit  ad  suos  usus  suorumquo  militurii,  quatenus  te  prae- 
vio  sii  nobis  fncultns  ire  usque  ad  sepulchrum  Domini  , 
et  expurgata  spurcicia  Nornìannorum  sive  paganorum  , 
refloreat  Christiana  liberlns  vel  in  fine  saeculorum.  Tu 
autem  via  Dei,  heres  beati  Pelri,  claude  sermones  istos 
in  pectore  tuo  et  operare  opera  Dei. 

BcNzo.  ad  Hm.  IV.  Imp.  L.  Ih  $  i'2. 


—  342  — 
DOCUMENTO  VI,  p.  UO. 

Gerolinus  Dux  Corinthiorum  Arclierio  Duci  Barensium 
salutem. 

Pro  certo  habeas  me  cum  magno  subsidio  in  quarta 
sive  citiiis  ad  te  venlurum,  quare  monitum  te  facio,  ut 
nocte  illa  ignes  ,  atque  lucernas  plurimas ,  ne  forte  a 
retro  cursu  deviemus,  super  muros  civitatis  veslrae  fa- 
cias  accendere.  Nos  vero  iterum ,  ut  de  nobis  certiorem 
habeas  fiduciam,  in  navibus  nostris  lucernas  accensas 
habebimus. 

Amon.  Vaticani  Bist.  Sicula 
ap.  Murai.  R.  I.  Vili  p. 
764. 

DOCUMENTO  VII ,  p.  177. 

»  Uno  grani  dolor  sans  remède  est  venue  à  la  sainte 
éclizo  de  Kome  ,  laquel  dolor  a  leissió  la  mort  de  lo  kii- 
rissime  fili  de  la  sainte  églize  lo  due  Robert,  dont  li  cuer 
de  li  cardinal  et  de  lout  lo  collège  e  tout  lo  sénat  do 
Uonic  soiit  moult  dolcnt  de  la  soe  mort,  voiant  la  sue 
rninc  et  testilìcant  do  avoir  perdu  lo  accressenient  de 
lorpaiz.  Més  a  ce  que  saclic  la  toe  noblité  la  bénivolen- 
cc  de  misire  lo  pape,  de  quant  amor  et  perfection  esloil 
vers  lo  marit  vostre,  portcs  lo  sien  filz  à  ce  que  o  la  or- 
dination  de  la  sainte  éclize  recèvc  o  la  main  de  ré^lizc 
Ics  coses  que  tenoit  lo  pere  de  lui  anceisor  pape.  » 

Amato.  L.  VII,  8. 


_343  — 
DOCUMENTO  VII! ,  p.  177. 

Quidam  a  veslris  partibus  monachi  venienles,  quorum 
unus  Thomas,  alter,  Nicolaus,  vocabatur,  excellenliae 
vcstrae  ad  nos  literas  detulere  plenas  vestrae  dilectionis 
dulcedine,  et  ea  quam  sanctae  Romanae  Ecclesiae  exhi- 
betis  non  parva  devotione.  Quae  nimirum  inter  cetera 
nobilitatis  vestrae  verba,  eisdem  monachis,  de  his  quac 
ipse  viva  voce  in  aure  nobis  ex  parte  vestra  relaturi  es- 
sent ,  posse  nos  credere  asserebant.  Verum  quia  perso- 
nae  non  videbantur  tales,  quibus  secure  fidem  possemus 
accomodare ,  vel  per  eos  de  tantis  rebus  magnitudine 
vestrae  respondere,  confratrem  nostrum  Dominicum  pa- 
triarcham  Venetiae,  Romanae  ecclesiae  et  imperio  vostro 
fidelissimam ,  ad  vos  studuimus  mittere,  quatenus  ipse 
diligenter  a  vobis  intelligat,  si  in  ea,  quam  litteris  ve- 
stris  et  viva  eorundem  monachorum  secretius  vos  si- 
gnificastis,  adhuc  volutate  perseveratis  ,  et  legationis 

vestrae  verba  ad  effectum  perducere  velitis Scitis 

enim  quia  quantum  anteces&orum  nostrorum  et  veslro- 
rum  sanctae  apostolicae  sedi,  et  imperio  patrociniuui 
concordia  profuit,  tantum  deinceps  nocuit,  quod  utrini- 
que  eorumdem  carilas  friguit.  Cetera  igitur,  quae  prae- 
sentium  latori  secretius  refcremla  commissimus  ,  indu- 
bitanter  poteslis  credere,  et  per  eum  quidquid  maiesta- 
ti  vestrae  placuerit  secure  nobis  significare.  Datum  Al- 
bani septimo  idus  Julii  ind.  XL 

Reg.  Greg.  VII ,  1 ,  18, 


mfiaMfmfpm. 


Ad  GuOhlmm  ì.*>¥^  ^<*$R#^i  "^"^  ' 
^  eederiae  BmMnaeauMiù  pmàiec. 


i 


^  per  euih  nundtini  fiobìs  mat^date)  qui  iBodis  omnibus 
no8  reddat  indubios;  et  idem  vester  nuncius  veniat  per 
comitissam  Beatricem ,  quae  cum  filia  et  genero  in  hoc 
negolio  liberare  procurai.  Hanc  autem  militum  multi- 
tudinem  non  ideo  coacervare  curamus,  ut  ad  effusionem 
sanguinis  christianorum  intendamus,  sed  ut  ipsi,  viden- 
tes  expeditionem,  dum  confligere  timuerint  faciliussub- 
dantur  justitiae  Speramus  etiam,  quod  forsitan  alia  inde 
utilitaa  oriatur:  scilicet  ut,  pacatis  Normannis  ,  tran- 
seamus  Costantinopoli m  in  adiutorium  Christianorum, 
qui,  nimium  afflicti  creberrimis  morsibus  Saracenorum, 
inhianter  flagitant  ut  sibi  manum  nostri  auxilii  porriga- 
mus.  Nam  contra  eosNormannos  qui  nobis  rebelles  sunt 
satis  suiBciunt  milite9  isti  qui  nobiscum  sunt.  eco* 

M.  I,  46, 


—  345  — 

DOCUMENTO  X  ,  p.  208. 

Arnaldo  Episcopo  Acherontino.  ec. 

Noverit  fraternitas  tua  quoniam  Rogerius  comes  fra- 
ter  Roberti  ducis  apostolicae  sedis  beneditionem  et  ab- 
solutionom  requirlt  eiusque  filius  vocari  et  esse  deside- 
rat.  Quaproptep  pastorali  cura  hoc  laboris  onus  tibi  im- 
posimus,  immo  ex  parte  beati  Petri  imperamus:  utpost- 
posita  omnì  torporis  desidia  illum  adeas;  eumque,  huius 
nostri  praecepti  auctoritate  fultus  si  nobis  parere  sicut 
pollicitus  est  voluerit,  et  poenitentiam  ut  oportet  chri- 
stianum  egerit,  ab  omni  peccatorum  suorum  vincula  , 
tam  ilio  quam  etiam  suos  milites ,  qui  cum  co  contra 
paganos,  ita  tamen  ut  agant  poenitentiam  pugnnturi  sunt 
peccati  maxime  absolvas...  Amplius  si  de  Roberto  duce 
fratre  suo  aliquid  tibi  retulerit,  respondeas  ei:  quoniam 
Romanae  Ecclesiae  ianua  misericordiae  omnes  patet , 
quicumque  poenitentiae  amore  ducti  offensionìs  scanda- 
la  deserunt  et  ad  rectitudinis  viam  inoffenso  pede  regre- 
dì concupiscunt.  Si  igitur  dux  Robertus  sanctae  Roma- 
nae Ecclesiae  sicut  filius  exoptat,  paratus  sum:  paterno 
amore  euui  suscipere ,  et  suo  Consilio  ei  iustitiam  con- 
servare, et  ab  excommunicationis  vincalo  paenitus  ab- 
solvere  et  inter  divinas  oves  eum  annumerare.  Quod  si 
renuerit  idem  Robertus  dux  ,  ut  cum  eo  ultra  commu- 
nicet ,  et  parte  apostolicae  sedis  licentiam  non  poterit 
impetrare. 

ivi,  L.  Ili,  II, 


.;-<'•   *,    ■■  ■      ;    ■  •;     ■.'...:.»,...       ■:■       •.'rMvU'-i'   >:irt\**-j  i*'V(«»-.    >j«iii;-i  'M  i-'fùlt 

toM  MgnMoàsti-,  Mattar  4<BBiii«#^  fimimitàt*  toM>M<A 
•orìbere ,  seias'ilftftlP  NbMìdiiift^  mm''omfbiÉtfiam 
paofs  QOAMOum  bWMfe:'  quam  Ii&Dbfìóiiie  xòm  récisftnt 
et  beftlo  Petro ,  quem  soluniiiiodo  dojwjf t!ifHijfi|t,,p|ppi7, 
torem  poet  Deum  hsibere  desiderant  i  humilìter  satUfe- 
citseDt,  si  voluntAM  eqjmn  m^[aSimÌ9m  annueremus. 
Sed  Deo  auxiliantei  hoc  non  oum  detri meato,  sed  cum 
aiiCPReqlft.%naaM  )?cìfiJe«w.iW^ 

DOCPl|ENÌOXI,p.  166. 

Investitura  Domini  Gregorii  Papae^  qua  Roberttim 
ducam  investivit. 


Ego  Gregorius  Papa  ìnvestio  te  ,  Roberto  Dux ,  de 
terra  quam  Ubi  concesserunt  antecessores  mei  sanctae 
memoriae  Nicolaus  et  Alexander.  De  illa  autem  terra , 
quam  iniuste  tenes,  sicut  est  Salernus  et  Amalfia  et  pars 
marchiae  Firmanae,  nuna  te  patienter  Bustìneo ,  in  con- 
fidentia  Dei  onnipotentis  et  tuae  bonitatis,  ut  tua  postea 
inde  ad  honorem  Dei  et  sancti  Petri  ita  te  habea&,  sicut 
et  te  agere  et  me  suscipere  decet  sino  periculo  aoimae 
tuap  et  meae.  Actum  (Ciperani,  III  kal.  julii)^ 

M,  viu.  i. 


^  3i7  - 

Il  giuramenlo  è  idenlico  a  quello  presuto  a  Niccolò  li ,  solamente 
dopo  le  parole  contra  omnes  homines,  si  legge:  excepta  parte  Firma- 
nae  marchiae  et  Salerno  atque  Amalphi ,  unde  adhue  facta  non  est 
di/linUio.  Ed  adiuvabo  te ,  ut  seeure  et  fumarifiee  teneas  Papatum 
Romanum.  Terram  saneti  Petri  quam  nunc  tenes  vel  habUurus  es , 
postquam  scivcro  tuae  esse  potestatis  nec  invadere  ec. 

Segue  poi  la  Costitutio  reddendi  census ,  in  tutto  simile  a  quella  pre- 
cedente fatta  a  Niccolò  II ,  nella  quale  si  parla  dei  dodici  denari  di  Pa- 
via per  ogni  paio  di  bovi.  ivi» 

DOCUMENTO  Xll,  p.  268. 

Jam  quod  inter  nos  convenerat  ut  ab  imperiali  maie- 

state  nostra  ad  polentissimam  dominationem  tuam  cen-^ 

tum  et  quadraginta  millia  nummorum  et  centum  blattia 

mitterentur,  ea  iam  missa  sunt  per  Costantinum  Proto- 

prohedrum  et  Praepositum  dignitatìbus  juxta  placitum 

libi  fidissimi  et  nobilissimi  Gomitis  Bulcardi.  Dieta  vero 

summa  pecuniae  constat  argento  facto  et  romanato  an- 

tiquac  qualitatis.  Gum  autem  tua  nobilitas  juramentum 

perfecerit ,  tibi  reliqua  et  promissa  ducenta  sexdecim 

millia  nummorum ,  et  stipendia  concessarum  viginti  di- 

gnilatum,  per  fidelissimum  maiestati  tuae  Bagelardum, 

quando  in  Longobardiam  perveneris.  Quomodo  vero  per- 

fici  juramentum  debeat,  significatum  haud  dubie  jam 

luerit  nobilitati  tuae  :  exponet  tamen  adhunc  clarius 

Protoprohedrus  et  Praepositus  Costantinus  ec.  Porro 

cunctalionis  et  morae  fìdelissimi  et  nobilissimi  tui  Co- 

mitis  Bulehardì  causa  fuit  quod  maiestas  mea  voluit 

carissimum  nepotem  meum  filium  felicissimi  Sebasto* 

cratoris  dilectissimi  germani  maiestati  nostrae ,  videri 

ab  ipso....  Quooiam  vero  nondum  mihi  filium  Deus  dc^ 


—  348  - 

dit,  èI  hic  fratris  fìlìns  suavissimus,  filli  mihi  loco  est, 
Bì  Deo  placueriti  iiihil  ìmpediat  qua  minus  arri  tei  tia  con- 
tracta  jam  inter  nos,  necessitudine  quoque  affinitatis  in 
poste  rum  firme  tur  ee. 

àmA  GoHii,  Alex.  L>  Uh 


DOCUMENTO  Xm  ,  p.  322. 


4 


DeindG  Kobertus  Wiscardos  inlravit  navigium  suiim 
et  uxop  eius  cum  eo ,  et  aubiu^avit  sibi  insulam  de  Cu* 
verfu  et  insulam  de  Crete ,  et  insulam  de  Rhodes  »  el 
alias  insulaa  multas  eripiens  eas  de  manu  Imperatoria 
Costantiiiopolis,  Deinde  veni!  ad  portum,  qui  nunc  no- 
mine suo  noncupa  tur  portus  Wiscardì-  Et  cum  inde  pru- 
gredi  voluisset^  et  intrare  Rornaniaiu,  Itiiperatop  Con- 
stantinopolitanus  timens  valdc  adventum  iIHus  mandavi! 
uxori  suae,  quod  sì  ipsa  praedictum  Hobeptum  Wiseard 
morti  tradidìsset ,  et  sic  terram  suant  de  eo  liberassol  * 
ille  duoeret  eam  in  uxorem,  et  faceret  eam  imperatricem 
Costantinopolitanam.  Concessit  autem  mulier  se  faclu- 
vam  ,  quod  Imperator  petebat:  et  nacta  opi>ortiinìtale 
lomporis  et  loci  porrexit  Roberto  Wiseard  inarilo  suo 
venenum  bibere:  et  mortuus  est,  et  ibidem   in  insula 
quae  usqne  in  hodiernum  diem  dicitur  porlum  Wiseardi, 
sepultus  est:  et  totus  excrcitus  eius  dissipaUis  est.  Mu- 
lier anteni  l'ugit  ad  Imperatorem  Coslanlinopolilanum , 
(jui  statini  adimplevit  omnes  conventiones  suas,  et  duxit 
eam  in  uxorem ,  et  coronavit  in  imperatricem  ,  et  cum 
ouinis  salennitas  debita  fuisset  ei ,  et  in  dispensatione 
et  in  coronatione ,  et  in  nuptiis  ita  solenniter  quod  illa 


—  349  -. 

diceret  Imperatori  :  a  Domine ,  veslri  gratia  iam  perfe- 
»  cisti  mihi  omnem  conventionem  nostram.  o  Imperator 
facto  silentio  coram  omnibus  ostendit  conventionem  , 
quam  feceral  cum  illa  et  qualiter  ilia  morti  tradiderat 
maritum  suum:  et  petiit  ab  illis  iudicium  de  illa:  et  ju- 
dicavcrunt  eam  ream  esse  morlis.  Et  sic  translata  do 
nuptiis  ad  supplicium,  accenso  rogo  iniecta  est  et  in 
cineres  redacta. 

Bi:<SG.  DE  lIovED.  Far,  Poster, 


NOTA  1 ,  p.  45. 


Malatbrra  narrata  la  battaglia  del  Fortore  dice,  che  Leone  IX 
concesse  ai  Normanni  :  omnem  ierram  quam  pervaserant ,  tt  quam 
ulterius  venus  Colabriam  tt  Siciliam  lucrari  poaent  de  S.  Pttro 
haereditati  feudi  sibi  et  haeredibus  suis  possidendam,  L.  1^  14,  Que- 
sta testimonianza  è' confermata  dalle  parole  dell' Anonuio  Siculo, 
il  quale  scrive,  aver  il  Papa  investito  Umrredo,  dalla  Marca  di 
Guarnieri  insino  alla  Sicilia  p.  731  ap,  Mvrat,  VIO.  Alcuni  storici 
supposero  quindi  che  nel  1054  i  Normanni  prestassero  la  prima 
volta  omaggio  al  Pontefice  come  vassalli;  e  benché  il  GiABfNoifS 
L.  IX,  §  3,  creda  che  la  benedizione  di  Leone  non  avesse  altro 
scopo  «  fuorché  assicurare  maggiormente  i  Normanni  della  sua 
amicizia  »  pure  riconosce  essere  stati  quelli  i  principii  «  delle  pa* 
pali  investiture,  che  poi  si  ridussero  a  perfezione  da  Nicolò  U.  » 
Però  né  Amato  ,  né  i  biografi  di  Leone  IX,  Brunone  da  Segni  ^ 
BoNizo  e  WiBERTo  ;  né  gli  altri  Cronisti  ricordano  questa  feudale 
ricognizione  ,  quantunque  alcuni  tra  essi  narrano  che  i  Normanni 
si  prostrassero  ai  piedi  del  Papa  implorando  il  suo  perdono  e  la  aua 
benedizione.  La  prigionia  del  Pontefice  in  Benevento  (  Amato  , 
Herman.  Contrac.  ec.  ) ,  la  sua  lettera  a  Costantino  Monomaco , 
e  le  durate  nimistà  fra  i  Normanni  e  Vittore  II  e  Stefano  IX,  mo- 
strano assolutamente  falsa  la  pretesa  concessione;  la  quale  è  smen- 
tita anche  dalle  parole  che  si  leggono  nel  giuramento  prestato  da 
Roberto  a  Gregorio  VIL  11  Papa  dichiara  d*  investire  il  Duca:  de 
terra  quam  libi  conceg^erunt  antecessor  mei  sanctae  memoriae  ,  Ni* 
eolaus  et  Alexander,  senza  accennare  ad  alcuna  investitura  prece* 
dente.  Sembra  anzi  che  debba  dubitarsi  anche  dell*  assoluzione  dal* 


—  352  — 

le  fcomaniche ,  che  il  Papa  prima  di  uscire  da  Benevento  avrebbe 
data  ai  Normanni ,  poiché  è  certo  che  venne  tolto  Tanatema  da 
Niccolò  II,  né  dal  tempo  di  Leone  IX  si  trova  che  altri  avesse  sco* 
manicati  i  Normanni.  Non  per  tanto  le  ostilità  di  Vittore  II  e  di 
Stefano  IX  porgono  un  probabile  argomento  per  credere  che  Tuno 
0  l'altro  bandissero  contro  i  loro  nemici  le  ecclesiastiche  censure, 
sebbene  nei  registri  Pontificii  e  nelle  cronache  non  ne  sia  rima- 
sta memoria. 

Concordano  poi  tutti  i  Cronisti  ad  affermare  che  una  investitura 
fu  data  a  Roberto  Guiscardo  ed  a  Riccardo  di  Capua  da  Niccolò  H 
nel  luglio  1059;  ma  intorno  al  valore  di  quest'atto,  ed  alla  esten- 
sione dei  diritti  che  venne  per  esso  ad  acquistare  la  Chiesa  sulle 
province  del  mezzodì  sono  diverse  le  parole  è  le  opinioni.  Bokizq 
vuole  che  a  Roberto  si  concedesse  :  omfiem  Apuliam  et  Calabriam , 
et  terrea  beali  Pelri  ah  eie  olim  invasae  excepto  Benevento;  la  Breve 
Cronaca  Normanna  v'aggiunge  anche  la  Sicilia;  e  Leone  Ostiense 
fa  investire  anche  Riccardo  del  Principato  Capuano.  Come  che  sia 
sorgono  a  proposito  della  investitura  due  quistionì,  Tuna  snll' ori- 
gine, r  altra  sugli  effetti;  e  considerandosi  quella  concessione  come 
il  principio  fondamentale  dell'alto  dominio  dei  Pontefici  sul  Rea- 
me delle  Sicilie ,  doveva  per  necessità  essere  diversamente  giudi- 
cata. Giannone  sostenne  che  i  Papi  acquistassero  quella  suprema- 
zia «  non  come  capi  dtlia  Chiesa  universale  o  Patriarchi  di  Occi- 
dente ,  ma  come  Principi  del  secolo  »  e  respingendo  le  apocrife 
donazioni  di  Costantino  e  degli  altri  Imperatori,  poste  innanzi  da- 
gli scrittori  ecclesiastici  per  legittimare  la  pretesa  sovranità ,  vi 
riconosce  un'  usurpazione  consentita  dai  Normanni  per  assicurarsi 
dalle  scomuniche.  Altri  vi  scorge  «  non  una  alienazione  del  pos* 
6esso>  né  un  omaggio  feudale,  «  ma  un*atto  di  formalità,  che  per 
j»  devozione  deferiva  volontariamente  T  alto  dominio  ponendo  i 
Normanni  nella  condizione  di  una  spirituale  clientela.  »  Abusi  della 
giurisdizione  eccles,  nel  Regno  ec.  Venezia  4769, 

Vero  è  che  nella  lettera  di  Leone  IX  all' Imperatore  di  Oriente 
si  parla  della  donazione  di  Costantino  per  richiedere  che  siafio  re* 


—  353  — 

stitaiti  alla  Chiesa  i  suoi  antichi  patrimonii  ;  e  che  apertamente 
Tolomeo  da  Lucca  parlando  della  iovestitora  di  Niccolò  H  dice: 
Motivum  autem  diclae  recognilionU  parHm  fuit  ex  hoc  quia  dieta 
regio  tamquam  manuale  Imperli  fuit  quondam  per  Costantinuin 
coUecta  Silvestro....  recuperata  est  per  Carolum  Magnum  et  iterato 
est  per  ipsum  Ecclesiae  restituta,  L.  XVIII ,  e.  44.  Ma  niente  pro- 
va che  il  Papa  avesse  cercato  far  valere  qaesti  pretesi  diritti  »  né 
che  i  Normanni  riconoscendoli  accettassero  le  terre  che  avevano 
conquistate  come  una  donazione  della  Chiesa  nelle  forme  di  un 
feudo.  Marino  FBEcaA  dotto  giureconsulto  del  secolo  XVI  pre- 
senti il  carattere  proprio  di  quella  concessione  quando  scrisse:  £b- 
desia  non  dedit ,  sed  accepit  :  non  transtulit ,  sed  ab  alio  occupatum 
recepii.  —  de  Subf.  L.  I,  p.  53.  Una  più  attenta  considerazione  dei 
fatti  e  dei  rapporti  fra  il  Papa  ed  i  Normanni  spiega  chiaramente  la 
origine  e  l'essenza  della  investitura.  Allorché  incominciarono  le 
prime  pratiche  d*  accordo  tra  Niccolò  II  e  Riccardo  di  Capua  ,  il 
Pontefice  era  stato  espulso  da  Roma  dalla  fazione  nemica ,  la  quale 
col  sostegno  della  Corte  Imperiale  gli  aveva  opposto  un'  antipapa. 
I  Normanni  si  trovavano  in  aperta  guerra  contro  i  Greci ,  si  erano 
sottratti  da  ogni  dipendenza  verso  Gisolfo,  e  rotta  T  alleanza  e  Ta- 
mistà  con  gli  indigeni,  miravano  a  soggiogarli.  Intendevano  quindi 
Rol>erto  e  Riccardo  costituirsi  signori  delle  terre  acquistate,  senza 
rilevarne  il  dominio  da  altri;  nel  modo  stesso  che  il  Papa  mirava 
a  costituire  la  sua  elezione  indipendente  dall'imperio.  Questi  due 
interessi,  uniformi  nello  scopo,  servirono  a  ravvicinare  Niccolò  II 
agli  invasori  stranieri,  abbandonando  quella  politica  che  i  suoi  pre- 
decessori avevano  seguita;  e  dapprima  fu  assoldato  Riccardo  di 
Capua,  perchè  riconducesse  il  Papa  a  Roma,  poi  seguirono  accor- 
di con  Roberto.  Il  Pontefice  s'assicurava  il  sostegno  dei  potenti  vicini 
contro  le  prepotenze  dei  nobili  Romani ,  e  le  minacce  della  Corte 
Imperiale  ;  estendeva  la  sua  supremazia  sopra  i  Vescovi  e  le  Chie- 
se del  mezzodì  che  si  trovavano  sottoposte  al  Patriarca  d*  Oriente 
ed  al  rito  greco.  1  Normanni  legittimavano  la  conquista  al  cospet* 
to  dei  popoli  facendola  sanzionare  dal  Papa ,  si  sottraevano  ad 
TOi.  u.  33 


—  354  — 

ù$m  altra  pretensione  dt  alto  dominio,  ponendo  i  loro  possessi  sot^j 
to  il  palrociniodel  beato  Pietro.  Questa  ^  non  tltra  fa  Tonginei 
della  mvestituraf  essa  non  fu  nna  donazione,  non  ana  concessiotte 
fendale;  ma  un  trattato  d'alleanza,  nei  quale  si  cercò  dì  garentire  i 
rtHìiproci  vantaggi.  Quanta  ul  dritto  cli^  il  Papa  aveva  di  disporre 
o  per  meglio  dire  di  rieonoscere  come  legittimo  ijuei  possesso  ed 
Dgnì  futuro  acquisto;  è  inutile  cercarlo  altrove  fuorcbè  nelle  ere-' 
den^e  retigiost».  Non  fu  come  «  Principe  del  secolo  w  ma  come 
«  Capo  della  Chiesa  universa^  b  che  egli  Invertì  ^  arrogaodosigià 
i  Papi  il  dritto  di  poter  disporre  dei  beni  degli  scismatici  »  e  de^^li 
infedeli.  Posto  ciò  non  è  dJKicile  scorgere  gli  elFetti  di  quella  inve- 
stitura, essa  non  importava  gU  oneri  di  un  vassallaggio  feudale; 
ma  come  ben  fu  detto  era  una  «  clientela  spirituale  n  nella  qaale 
31  stabiliva  una  reciprocanza  di  doveri.  Infatti  Hobeito  promeUeva 
fL*dt^l(à  ed  assistenza  m  a  tutti  i  successori  di  Niccolò  che  gli  avreb- 
bero concessa   rinvestitura;  j^  dichiarandosi  cosi  sciolta  da  ogai 
obbligo  verso  quelli  che  a  questo  impegno  uoii  adempissero. 

liitorijo  al  censo  poi  molle  ragioni  piovaau  apocrdo  il  giurarne»' 
to  mi  quale  si  promettono  dodici  denari  di  Pavia  per  ogni  paio  di 
bovK  Legnb  Ostiekse  fu  il  primo  che  aHermasse  aver  Hiccardoe 
Roberto  ofl'erlo:  census  totius  terrae  ipsorum,  singuiis  videiicel  an- 
nis  per  singula  òoum  Faviae  denarios  duodtcim,  L.  ili ,  §  15.  Poi 
Cenuo  Camerario  determinò  più  chiaramente  questo  tributo  af- 
fermando che  :  tempore  quo  Hobertus  Wiscardus  uUramorUanus  ce- 
pU  rtgnum  Skiiiae  juravii  dare ,  tacHs  sacrosanti»  Evangeliis  pì'o 
se  et  prò  suis  heredibus  Domino  Nicolao  Papae  duodecim  denarios 
Papiensis  monetae  (Lih,  Cens.),  Questa  testimonianza  posteriore  ed 
inesatta ,  poiché  parla  di  un  regno  di  Sicilia  costituito  molti  anni 
appresso ,  sembra  si  fondi  sopra  un  documento  degli  archivii  Va- 
ticani (  Cod.  A.)  nel  quale  si  trascrivano  due  formole  del  giura- 
mento (  V.  Doc.  IV  )  prestato  da  Roberto.  Nella  prima  si  legge  : 
promilto  me  annualiter  prò  unoquoque  jugum  boum  pemionem  sci' 
licei  duodecim  denarios  Papiensis  monetae:  nella  seconda  invece  è 
detto  solamente:  pensionem  de  terra  sancii  Petri  quam  ego  tento , 


^  ass- 
etti ienebo^  sicut  ^atuiwn  est^  recia  fide  siuJebo  ut  illa  annuaiUer 
Romana  kabet  ecch9ia.  Tutto  contribuisce  a  provare  che  la  prima 
iormola  fu  supposta  per  avvalorare  le  pretensioni  d'un  tributo  »  e 
trasformare  T  indefinita  sovranità  accordata  ai  Pontefici  in  una  di* 
retta  supremazia  feudale.  Fra  tutti  i  Cronisti  sìncromi  che  parlaro* 
no  dell'omaggio  offerto  da  Riccardo  e  da  Roberto  ninno  ricorda 
quella  condizione,  eccetto  Liso!«e  Ostiense,  che  probabilmente  fu 
interpolato.  L'Annalista  Romano  narrando  l'accordo  tra  il  Papa 
e  Riccardo  scrive  :  pepegit  eum  eo  fedus  et  ille  fecit  fidelitatem  Ro* 
manae  Ecdesiae,  ed  in  simil  modo,  Bonizo,  Guill.  App.  ,  Ord. 
Vitale,  Rom.  Salbrn,  ec.  parlano  di  fedeltà,  di  assistenza,  d'in^ 
vestitura,  ma  non  di  tributo.  Lo  stesso  si  dica  della  Costitutio  red- 
dendi  cenms  e  del  giuramento  prestato  da  Roberto  a, Gregorio  VII, 
Funo  e  Taltro  in  tutto  conformi  alle  due  formole  precedenti.  Ol- 
tre ie  quali  non  resta  memoria  di  alcun  pagamento;  poiché  i  trenta 
mila  soldi  inviati  dal  Duca  nel  1083  al  Papa,  perchè  se  ne  servisse 
a  tenere  in  fede  il  popolo  Romano,  non  furono  dati  a  titolo  di  feu- 
dale prestazione. 

D'altronde  le  vaghe  parole  nelle  quali  è  espresso  il  censo  con- 
fermano i  dnbbii  nelli  sua  insussistenza.  Certo  il  ^to^o  dei  bovi  vol- 
le indicare  uno  spazio  di  terreno,  e  propriamente  quello  che  in 
un  giorno  poteva  ararsi ,  e  risponde  cosi  al  iugero  antico.  Ma  per- 
chè il  tributo  fosse  definito  bisognava  conoscere  quanti  ingerì  mi- 
suravano le  terre  occupate  dai  Normanni;  ora  questa  difficile  pro- 
porzione tra  l'estensione  del  suolo  e  la  quantità  del  censo,  non  fu 
mai  stabilita;  e  la  stessa  moneta  che  avrebbe  dovuto  rappresentarlo, 
può  dirsi  poco  nota  nel  mezzodì.  I  denari  di  Pavia  ebbero  una  cer- 
ta diiTusione  nell'alta  e  media  Italia,  ed  anche  a  Farfa  si  trovano 
menzionati  in  una  vendita  (ZannettiMon.  Il,l4,  16.  Carli  Zecche 
d'it.  1,100,161.  ar.FARF.  R.I.T.U,  p.  2,  p,  589)  ;  e  nel  1134 
in  una  carta  di  Montecasino ,  e  nel  ll49  in  un'altra  di  Pontecorvo, 
(  Gattola  his.  395  et  Acces.  257.  )  Ma  in  generale  nella  Puglia, 
in  Calabria  ,  e  nella  rimanente  Campania  salvo  questi  esempii,  non 
si  trovano  adoperati.  Oltreacciò  con  ragione  fu  osservato  che  enor« 


'1 


3fftl  ÌII<<H|WI¥lÌllÌÌÌfÌA»ÌÌNtlÌiÌIÌ^W 

àhtt  Mdpctitfanim  $ehifélùmm  mU€Ì  mi$  hMr$tilfiu  ìSBU^  S  ék- 
c$marihu  noiiris  $imgttìà  am&  léSttilm.  {  Baioii.  od  o».  )  La 
quantità  cosi  delerminata,  e  per  nollt  riipoiid^tite  a  quella  mdefi^ 
iuta  di  4eAWi  JMi^ AdRffm  aggiun- 

gere altro  argomento  a  mostrare  che  innanii  quel  tempo»  nou  fu 
stabilito  un  censo  generale  e  per|>etoo. 

NOTA  a ,  p.  64. 

Il  Fazzello  dopo  di  aver  narrato  in  qiial  modo  fallita  l'impresa 
di  Maniaco  i  Musulmani  rioccuparono  Messina  dice,  che  <»  i capita- 
»  ni  della  città  avendo  a  sospetto  alcuni  gentiluomini  cristiani  che 
»  parevano  inclinati  a  favorire  la  fazione  Normanna  li  fecero  ap- 
>»  piccar  per  la  gola  acciocché  essi  non  avessero  a  macchinar  qtial- 
»  che  cosa  nuova,  e  gli  altri  per  questo  esempio  temendo  della 
»  propria  vita  s'attendessero  a  vivere  quietamente.  La  qual  cosa 
»  ei^sendo  molto  malvolentieri  sopportata  da  certi  nobili  Messinesi, 
.  »  n  entrarono  in  grandissimo  sdegno,  e  tra  qqe.sti  fu  Ansaldo  dei 
)»  Patti ,  Niccolò  Camulio  e  Jacopo  Saccano ,  tutti  Messinesi  come 
}»  s*è  inteso  per  fama  venuta  di  mano  in  mano  per  fino  attempi 
"»  miei.  Costoro  intesa  la  venuta  di  Roberto  Guiscardo  e  di  Rqg- 


—  367  - 

»  giero  in  Calabria  insieme  con  gli  altri  Normanni»  spinti  da  gene- 
»  rosila  d'animo  e  da  concetto  veramente  eroico,  fìngendo  d'an- 
»  dare  a  Trapani  navigarono  a  Reggio,  e  poi  vennero  a  Mileto  a 
»  ritrovar  Roberto  Guiscardo  e  Ruggiero  Bosso  fratelli;  e  proposta 
»  loro  l'onestà  della  causa,  il  debito  dell* ufficio  loro,  e  la  dappo- 
»  cagine  e  V  inesperienza  dei  nemici,  gli  esortarono  a  far  Timpre- 
»  sa  di  Messina ,  ed  in  ultimo  seppero  tanto  ben  persuadere  che 
M  furono  esauditi.  »  Deca  II,  L«  VII,  ci.  Questa  vaga  tradizione 
fu  posteriormente  raccolta  neir apocrifa  A^lorùi  liber(Uiom$  Mes- 
sanae  per  ComUein  Rogerium  stampata  la  prima  volta  a  Parigi  dal 
Baluzio  nel  1679  e  poi  dal  Muratobi  R.  L  T.  XU.  Il  db  Grego- 
rio che  ne  mostrò  la  falsità  pensa  che  fosse  portata  in  Francia  dai 
Messinesi  che  esularono  nel  1674.  Consid.  suirisl.  di  Sic.  L.  1. 
e.  2,  n.  47. 

NOTA  3,  p.  84. 

Gmealogia  di  GiudiUa  prima  moglie  di  Ruggiero. 

Riccardo  duca  di  Normandia 
Gunnor 

Roberto  ,  conte  di  Evreux ,  arcivescovo  di  Rouen 
Herleve 

I 

Riccardo  conte  di  Evevreui 

La  vedova  di  Ruggiero  di  Tornois 

Guìllelmo  conte  di  Evreux 

Adevisa  di  Giroie,  vedova  Adevisa  di  Giroie 

del  Barone  di  Grentmesnil  II  Barone  di  Greiitmesnil 

i  I  III 

Giuditta        Emma  Ugo    Ernaldo  Roberto 

Ord.  Vit.  L.  Ili,  PiRRi  Sic,  Sac.  ad  prin.  Gauttier  d'Arc. 
p.  231, 


—  358  — 
NOTA  4,  p.  84. 

L<  testimonianza  di  Odbbico  Vitals  intorno  la  condizione  ed  il 
nome  della  prima  moglie  di  Ruggiero  d'Altavilla  Conte  di  Sicilia 
sembra  discorde  da  qaella  degli  altri  Cronisti.  Egli  dice  che  fosse 
monaca,  sorella  uterina  dell' Abate  Roberto  di  Grentmesnil,  e  che 
si  chiamò  GindUta.  Malatebra  e  rANOTfiMO  Siculo  nulla  riferi- 
scono intorno  la  sua  qualità,  e  Tiino  gli  dà  il  nome  di  Delicia  so- 
rella dell'Abate  Roberto  di  S.  Eufemia,  e  nipote  dei  Conti  Nor- 
manni (  L.  Il,  19  ];  l'altro  di  Juncla  tìobilissimis  orla  natalibus. 
Essendo  Giuditta  discendente  dai  Duchi  di  Normandia,  e  Roberto 
di  Grentmesnil  identico  all'Abate  di  S.  Eufemia,  la  sola  differenza 
si  riduce  al  nome ,  e  bastò  perchè  gli  storici  si  confondessero  stra- 
namente. Alcuni  tacquero  di  questa  Giuditta ,  altri  ne  fecero  una 
medesima  persona  con  Ereroberga ,  altri  in6ne  assegnarono  molte 
mogli  al  Conte.  Gauttibr  d' Aec,  crede  di  aver  trovata  la  cagione 
di  questi  errori  ;  egli  asserisce  che  Giuditta  venuta  in  Italia,  vo- 
lendo nascondere  la  sua  condizione  di  monaca  prendesse  il  nome 
di  Eremberga;  e  che  il  Fazzkllo  scoprì  a  metà  il  vero  allorché 
disse  Eremberga  sorella  di  Roberto  di  (jrentmesnil  (  Conquét,  des 
iVon/i.  L.  II,  p.  236).  Ma  niente  provaquestasupposizione.il 
Malaterra  dopo  aver  parlato  di  Delicia,  ricorda  intorno  al  1080 
le  nozze  di  Matilde  figlia  del  Conte,  quam  de  prima  uxore  admo' 
dum  honestae  faciei  fuellam  habebat  L.  Ili,  22,  e  poi  nel  1089 
scrive  che  morta  Eremberga  o  Elemburga  figlia  del  Conte  di  Mor- 
tain  Ruggiero  sposò  Adelaide.  Se  dunque  innanzi  al  1080  aveva 
avuta  una  prima  moglie,  questo  titolo  di  prima  doveva  riferirsi  in 
rapporto  di  Eremberjia  che  allora  era  viva,  e  perciò  questa  non 
poteva  essere  la  stessa  sposata  a  Melito  nel  1062.  Toglie  poi  ogni 
dubbio  sulla  pretesa  identità  un  diploma  riferito  dal  de  Meo  ad  an, 
1083,  nel  quale  Arrigo  Conte  di  Lucerà  ed  Adelisa  figlia  del  Conlr 
Ruggiero  di  Sicilia  e  di  Giuditta  fanno  donazione;  mostrandosi  cosi 
che  la  voluta  mutazione  di  nome  non  fu  vera.  Senza  aggiungere  la 
autorità  del  Pirri  (Sic.  Sac.  T.  l  )  e  del  Ducange  (  FamiL  Norm» 


—  359  — 

appena,  ad  Amato  )  che  distinsero  le  due  donne,  sembra  potersi 
dire,  che  non  rimasero  figliuoli  maschi  da  Giuditta;  e  questo  for- 
se avvalorò  la  tradizione  che  morisse  senza  lasciar  prole  per  ca- 
stigo del  Cielo  avendo  infranto  il  voto  di  verginità  (  d* Amico  note  a 
Fazzgllo.  Dee.  VII,  e.  I.  ) 

NOTA  5,  p,  129. 

Il  Pagi  ed  il  Babonio  dicono ,  che  Romano  Diogene  fu  accte- 
cato  nel  1071;  ma  il  Db  Meo  sostiene  con  validi  argomenti  che 
invece  la  sua  prigionia  avvenne  nel  seguente  anno.  Senza  entrare 
in  una  discussione,  estranea  alla  nostra  istoria,  notiamo  solamen- 
te, che  dove  il  Goceliko  del  quale  parla  Guglielmo  Pugliese,  co- 
me uno  di  quelli  che  furono  inviati  dall'Imperatore  Michele  a  Ro- 
mano per  trattare  la  pace ,  è  lo  stesso  Normanno  che  poi  venne 
insieme  ai  Greci  al  soccorso  di  Bari ,  debbono  riferirsi  almeno  i 
negoziati  al  1071. 

NOTA  6,  p.  m. 

Le  imprese  di  Roberto  Crespin  e  di  Ursello  di  Bailleul  in  Oriente 
e  quelle  di  altri  Normanni  emigrati  dalla  Puglia  e  dalla  Sicilia,  seln 
bene  non  siano  connesse  alla  conquista  del  mezzodì  d'Italia,  pure 
dove  si  consideri  la  parte  che  ebbero  i  Bizantini  nelle  vicende  dei 
conquistatori ,  e  si  voglia  in  tutto  conoscere  l' indole  di  questo  pò* 
polo  audace  ed  avventuriero,  non  sono  senza  importanza.  Tra- 
sandate in  tutto  dagli  storici  occidentali,  sarebbe  impossibile  rac« 
coglierle  in  una  nota  ;  ò  creduto  quindi  formarne  una  narrazione 
speciale,  in  appendice  del  terzo  volume ,  sotto  il  titolo  :  /  Nor* 
manni  in  Oritnte, 


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