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Full text of "Lettere;"

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LETTERE 


DI 


FKA  PAOLO  SARPI 


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LETTERE 


DI 


FRA  PAOLO  SARPI 

RACCOLTE    F.     ANNUI  Ali-. 

DA    F.-L.     POLIDORT, 


i  UN     PUKI-  >Zlc(NK 


Filippo  perfetti, 


Due  Volumi  —  Vol.  II. 


^•°   4**> 


Firenze.    * 

G.    BARBÈRA.    EDITORE 
16G3. 


LETTERE 


DI 


FRA  PAOLO   SAEPI. 


CXIX.  —  All'ambasciatore  Antonio  Foscarini.1 

Intorno  alle  cose  del  mondo,  io  credeva  già  che 
le  cose  di  Cleves  dovessero  passar  in  parole  ;  ma  le 
veggo  già  uscir  affatto  a'  fatti  :  in  che  se  procede- 
ranno innanzi,  non  è  possibile  che  non  tirino  seco 
tutta  la  Germania.  I  principi  della  lega  di  Hall;, 
dovevano  ridursi  ;  ma  poco  possono  fare  senza  l' aiuto 
delle  città,  le  quali  solamente  hanno  denari  ;  e  si  dico 
che  tutti  siano  così  poco  sapute  delle  cose  del  mondo, 
che  non  si  può  persuader  loro  che  la  lor  gente  possa 
esser  sturbata  :  mancamento  universale  delle  repub- 
bliche.2 

V.  E.  m'ha  fatto  restar  attonito,  dicendomi  che 
Cottone  faccia  un'opera  di  medio  temperamento  per 

1  Tra  le  pubblicate  dal  Bianchi-Giovini,  pag    201. 

-  Peccato  che  il  buon  Frate  non  sapesse  vestire  di 
più  efficaci  parole  i  bei  corollari  eh'  egli  avea  tratti  da'  suoi 
studi  intorno  alla  politica  ! 

Saupi.  —  li.  1 


2  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

unire  le  due  religioni  ;  perchè  non  v'  è  dottrina  più 
contraria  alla  gesuitica  e  alla  romana,  quanto  che 
si  possa  far  unione  e  servare  temperamenti  medii. 
Il  solo  argomento  è  odioso  a  Roma  di  sentire  ;  e 
senza  dubbio,  o  Cottone  sotto  il  titolo  di  unione 
tratterà  la  total  distruzione  della  riforma,  o  si  rom- 
perà con  quelli  di  Roma.  Del  libro  del  Bellarmino  1 
non  si  parla  più,  ed  è  sepolto  in  altissimo  silenzio  ; 
e  così  meritava  per  la  sua  insipidezza. 

Ho  piacere  che  le  cose  di  lettere  (sebbene,  come 
aliene,  non  possano  sul  saldo  nuocere)  siano  poste 
in  silenzio  ;  perchè,  sebbene  si  ribattano  le  obiezioni, 
le  persone  però  credono  quello  che  vogliono;  ed  è 
utile  non  aver  mai  bisogno  di  far  difesa,  ma  piut- 
tosto prevenire  che  non  si  dica.  Con  tutto  ciò,  Fra 
Paolo 2  ha,  già  alcuni  mesi,  preso  partito  di  non  scri- 
vere ad  alcun  eretico  di  sua  mano,  e  l' osserva  e  l' os- 
serverà :  temperamento  medio  tra  il  ritirarsi  affatto  ; 
cosa  che  il  signor  Foscarino  non  consigliava.  Ili 
somma,  Fra  Paolo  stima  ogni  cosa,  perchè  sa  la  ma- 
lignità de'  nemici  e  la  debolezza  delle  orecchie  del 
Collegio.3 

Il  fine  di  questa  sarà  con  dire,  che  il  signor  Fo- 
scarino ha  fatto  un'  opera  degna  a  ridurre  quel  ne- 
gozio olandese  a  sì  buon  termine:  resta  che  faccia 
altrettanto  pel  negozio  di  Alemagna.  È  morto  il  si- 

1  In  risposta  al  re  ci'  Inghilterra.  Vedi  toni.  I,  pag.  334, 
345  e  347. 

-  Qualcuno  volle  e  vorrà  da  tali  parole  congetturare 
che  questa  Lettera  non  appartenga  al  Sarpi.  Ma  non  po- 
trebbe appunto  esser  questa  ^con  altre  simili)  una  di  quelle 
lettere  che  da  lui  si  scrivevano  per  altra  mano,  e  però 
senza  firma   e  come  in  terza  persona  ? 

3  Debolezza  che  costò  poi  la  vita  al  povero  Foscarini. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SAEPI.  3 

gnor  Giambattista  Borghese,1  fratello  del  papa  ;  e  certo 
eh'  egli  era  il  timone  del  pontificato,  ond'  è  necessa- 
rio che  qualche  governo  si  muti.  Staremo  a  vedere 
quello  che  sarà.  Io  prego  Dio  che  doni  ogni  felicità 
a  V.  E. 

Venezia,  li  5  gennaio  1SG1. 


CXX. —  Al  signor  de  V  Isle  Groslot.2 

Io  non  sento  maggior  piacere,  quanto  nutrendo 
T  amicizia  contratta  con  V.  S.  con  quelli  ufficii  che 
alla  giornata  posso.  Mi  dispiace  non  valer  in  cosa 
che  possi  essere  di  suo  servizio,  ma  solo  in  questa 
comunicazione  di  lettere,  la  quale  è  solamente  a  mio 
favore:  così  dico  bene  con  verità,  che  io  non  posso 
aver  maggior  gusto  che  leggendo  le  sue,  dove  veggo 
quella  libertà  e  ingenuità  che  in  questi  tempi  non 
si  trova  facilmente. 

Le  cose  passano  male  così  qui,  come  costì  ;  e 
sempre  sono  passate  così,  quando  la  meretrice  usa 
le  lusinghe,  come  ha  fatto  già  quattordici  anni  costì,3 
e  qui  già  pochi  mesi:  va  bene  solo  per  quelli  con 
quali  viene  alle  violenze.  Bisogna  sperar  adesso  meno 
che  mai  :  chi  osserva  le  cose  presenti  e  le  passate,  non 
potrebbe  credere  che  fosse  la  medesima.  Questo  ad- 
dormenta li  poco  prudenti,  che  sono  la  maggior 
parte. 

1  Vedi  la  Lettera  seguente. 

2  Dalla  raccolta  di  Ginevra,  pag.  214. 

3  Cioè,  dal  tempo  (1595)  nel  quale  Enrico  IV  erasi  ri- 
conciliato con  Roma. 


4  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SAREI. 

La  partita  di  costì  del  principe  di  Condé  ha 
fatto  voltar  quivi  tutti  gli  occhi,  quali  sono  tenuti 
intenti  tanto  più.  quanto  pare  che  costì  non  sia 
stimato.  Il  pronostico  che  V.  S.  fa  delle  cose  di 
Cleves.  io  lo  credo;  e  forse  che  siccome  nell'occa- 
sione di  Saluzzo  fu  fatta  diversione  con  Biron,  po- 
trebbe esser  fatta  da  Cleves  con  questo.  Delle  cose 
di  Savoia  io  non  aspetto  altro  che  negoziazioni;  le 
quali  credo  che  ognuno  indirizzi  allo  scopo  suo  : 
uno  acciò  l' altro  non  si  faccia  tutto  spagnuolo. 
1'  altro  per  avvantaggiarsi  con  Spagna.1  Giudico  che 
li  medesimi  contrattanti  benevolmente  conoscano  il 
tutto;  ma  questo  è  un  tempo  che  alcuni  amano  di 
esser  ingannati,  reputando  argomento  di  grandezza 
propria  e  di  timore  alieno,  che  non  li  venga  parlato 
il  vero.  Mi  pare  vedere  che  sia  tenuto  per  gloria 
quello  che  dice  la  Scrittura  :  Mentientur  Uhi  ini- 
mici />'''. 

Non  vi  è  cosa  nuova  in  Italia,  se  non  la  morte 
del  signor  Giovan  Battista  Borghese,  fratello  minore 
del  pontefice,  la  quale  da  lui  è  stata  sentita  con 
assai  passione.  Di  quello  resta  un  figlio  in  età  molto 
tenera,  e  non  capace  ancora  di  avere  il  luogo  del 
padre.  La  corte  sta  attenta  a  vedere  se  1'  altro  fra- 
tello succederà. 

Delle  cose  di  Germania  si  parla  assai,  ma  o  pro- 
messe o  pronostici  o  consigli  :  sarà  difficile  che 
succedano  fatti.  Io  prego  Dio,  che  riescano  le  cose 
secondo  la  sua  santa  volontà,  e  che  doni  felicità 
presente  e  perpetua  a  V.  S.,  alla  quale  bacio  la  mano. 
Di  Venezia,  il  5  gennaio  1610. 

1  Vedi  la  Lettera  CVII,  tom.  I,  pag.  349. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  0 

CXXI. —  A  (ì'mcomo  Eeschassier* 

Dopo  letta  la  sua  lettera  del  primo  dicembre. 
recapitatami  ieri,  presi  tosto  l' Haymon  e  scorsi  tutta 
la  donazione  di  Cliildeberto  :  essa  servì  moltissimo 
allo  scopo  mio,  essendo  che  il  borgo  in  quella  do- 
nazione nominato  appartenga  ancora  all'  abbate  do- 
natario. Noi  pure  in  Italia  interpretiamo  siffatta- 
mente le  vecchie  donazioni,  che  vi  s'intende  la  giu- 
ri-i lizione,  come  la  chiamano  i  fiscali.  Le  rendo  per- 
ciò infinite  grazie. 

Circa  l'appellazione  dagli  ecclesiastici  che  hanno 
giurisdizione,  i  romaneschi  hanno  lite  con  noi,  e  in- 
sieme coi  Milanesi.  Si  appoggiano  i  primi  al  capitolo 
[Imitami  SS.  débet  de  appell.;^ì  altri  al  contrario 
-i  appoggiano  sul  diritto  e  sulla  consuetudine  di  tutti 
i  regni.  Fra  i  giureconsulti,  pochi  ne  abbiamo  che 
-entano  con  noi.  Il  Covarruvias,  perchè  prova  e  di- 
fende ciò,  è  dai  Gesuiti  dipinto  nell'inferno.  I  Fran- 
casi toccano  brevemente  la  cosa,  come  incontrover- 
sa 2  presso  di  voi  ;  altri,  quando  dicono  :  abbiamo  il 
testo  nel  corpo  del  diritto,  si  pensano  di  aver  trion- 
fato. Dio  volesse  che  noi  facessimo  di  Bonifacio  3  quel 
conto  che  si  fa  dai  vostri!  Nella  Collezione  di  lui  sono 
molte  cose  che  ci  danno  molto  da  fare:  ma  noi  ce 

1  Stampata  in  latino  tra  le  Opere  ec.  dell'  Autore, 
tom.  VI,  pag    69. 

-  Stimiamo  errore  dell'  edizione  latina  il  leggersi  in 
essa  :  in  controversiam. 

3  Cioè  di  papa  Bonifazio  Vili,  in  quanto  egli  fece  rac- 
cogliere le  Decretali  emanate  dopo  Gregorio  IX,  e  a  quel 
nuovo  libro  pose  il  titolo  di  Sesto. 


6  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

ne  difendiamo  colle  esposizioni  e  colle  limitazioni; 
giacché  non  ci  è  dato  il  respingerle  apertamente, 
come  si  converrebbe. 

Se  l'anglico  giuramento  proposto  dal  re  ai  Cat- 
tolici venuto  ci  fosse  nella  sua  nudità,  e  non  fram- 
misto alle  controversie  proprie  del  secolo,  sarebbe 
stato  dai  più  periti  approvato.  Ma  poiché  e  il  re  e 
coloro  i  quali  scrissero  di  quello,  sorpassarono  i  li- 
miti del  giuramento  medesimo,  n'è  proceduto  che 
chi  ne  approva  gli  articoli,  dimostri  come  di  acco- 
glierne tutta  la  dottrina,  e  però  dia  di  sé  mal  sentore. 
Dio  volesse  che  quel  re  avesse  pur  trattato  le  regie 
cose,  e  si  fosse  dalle  teologiche  astenuto  !  Stimo  tut- 
tavia ch'egli  abbia  operato  prudentemente,  perchè 
forse  così  giovava  agl'interessi  suoi  propri,  ed  era 
da  trattarsi  di  tal  modo  co' suoi  sudditi;  ma  per  le 
cose  nostre,  diverso  è  il  modo  che  ci  bisogna.  Noi 
non  vogliamo  mescolare  il  cielo  colla  terra,  né  le 
umane  cose  colle  divine.  I  sacramenti  e  quanto  vi 
ha  di  religioso,  lasciar  vogliamo  a  lor  luogo:  sola- 
mente si  conviene  ai  principi  lo  affermare  la  loro 
potestà  mediante  le  divine  scritture  e  la  dottrina 
dei  Padri.1  L'autore  del  libretto  Tortura  Torti  si 
raccomanda  in  questo,  che  dalle  controversie,  quanto 
più  può,  sta  lontano.  Nulla  giova  più  ai  romaneschi, 
che  quando  dir  possono  che  non  già  essi,  ma  la  re- 
ligione medesima  viene  assalita. 

11  pontefice  tratta  con  questa  Repubblica  così  de- 
licatamente e  dolcemente,  che  nessuno  degli  ante- 
cessori ha  mai  fatto   altrettanto.  Non  sono  ancora 

1  Ecco  una  professione  la  più  esplicita  che  mai  possa 
desiderarsi,  del  fine  che  il  Sarpi  erasi  proposto  nelle  sue 
controversie  con  Roma. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.        7 

tre  mesi,  che  un  abbate1  venne  condannato  all'esi- 
lio, sotto  pena  del  capo.  Non  è  ancora  passato  un 
mese,  un  certo  prete  e  parroco  venne  impiccato  in 
pubblico  e  senza  farvi  precedere  la  degradazione  ; 2 
né  tuttavia  il  papa  mosse  lamento.  Ma  noi  ci  addor- 
mentiamo in  queste  piacevolezze,  delle  quali  sarebbe 
a  desiderarsi  che  non  avessimo  gustato  giammai. 
Spinto  da' suoi  consigli,  mi  posi  ad  esaminare  dili- 
gentemente gli  articoli  dell'anglico  giuramento;3 
affinchè  possano  rivendicarsi  dalla  infamia  che  ad 
essi  è  data  dai  nostri,  pensando  questi  che  ancora 
le  buone  parole  sieno  da  sinistra  intenzione  pre- 
giudicate; né  badar  vogliono  a  queste,  ma  solo  alla 
persona  che  le  proferisce. 

Delle  cose  dei  Turchi  non  abbiamo  nulla  di  nuo- 
vo; salvo  che  alcuni  sospettano  che  vi  sarà  guerra 
in  Ungheria,  perchè  l' ambasciatore  di  quel  principe 
fu  trattato  in  Praga  tanto  disumanamente  e  barba- 
ramente, che  peggio  non  poteva  farsi.4  Non  am- 
messo alla  presenza  dell'  imperatore,  né  degnato  di 
risposta  ;  anzi  gli  fu  ingiunto  di  uscire  dai  confini 
in  un  tempo  stabilito  :  e  tutto  ciò  senza  saputa  del- 
l' imperatore  (che  vive  ignaro  di  ogni  cosa),  e  per  le 
brighe  dei  legati  del  papa  e  del  re  di  Spagna  ;  i 
quali  vorrebbero  riaccender  la  guerra  in  quel  regno, 
appunto  perchè  i  Tedeschi  col  nemico  alle  porte  non 
pensino  a  riformare  le  cose  civili.  Il  che  Dio  voglia 
che  riesca  a  bene  ;  mentre  non  manca  chi  pensa  che 

1  Marcantonio  Cornavo.  Vedi  la  Lettera  XCVII  ed  altre. 

2  Lettere  CXII  e  CXV. 

3  Forse  nel  nuovo  libro  del  re   inglese  di   cui    parlasi 
alla  pag.  201  del  tom.  I. 

4  Vedi  voi.  I,  pag.  369. 


8  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

se  le  cose  volgeranno  alla  guerra,  molti  fra  gli  Un- 
gheresi staranno  pel  Turco.  Ma  già  mi  vedo  al  fine 
del  foglio  ;  né  voglio,  come  altre  volte,  riuscirle  te- 
dioso con  troppe  ciance.  Stia  sana,  e  continui  come 
fa  ad  amarmi,  sebbene  immeritevole. 
Di  Venezia,  li  5  gennaio  1610. 


GXXII.  —  Al  medesimo.1 

Quanto  adesso  mi  accade,  eccellentissimo  Signore, 
che  pel  medesimo  corriere  mi  sieno  giunte  due  let- 
tere della  S.  V.,  credo  che  sia  seguito  ancora  costì. 
Io  risposi  a  tutte  le  sue:  se  non  le  ricevè  la  mat- 
tina innanzi  alle  sue  scritte  il  23  dicembre,  credo 
che  le  saranno  pervenute  poco  dopo. 

Ebbi  i  due  fascicoli  delle  Lettere  d' Ivone  : 2  ora 
P  ho  tutto  quanto,  e  glie  ne  dico  grazie  infinite.  Quelle 
cose  ch'ella  mi  avvisava  trovarsi  presso  l'Haymon3 
intorno  la  donazione  fatta  alla  Chiesa,  mi  furono 
sopra  tutto  gradite  ;  e  di  ciò  io  le  aveva  già  scritto, 
ringraziandola.  Ora  tiro  giù  queste  poche  parole, 
premendomi  la  partenza  del  corriere,  non  pure  per 
ringraziarla  dell'  Ivone,  ma  per  significarle  cosa  che 
stimo  doverle  essere  accettissima;  vale  a  dire,  che  l'il- 
lustrissimo console  veneto  residente  a  Ierapoli  nella 
Siria  (ora  quella  chiamasi  Aleppo),   mi   scrive  di 

1  Stampata  come  sopra,  pag.  70. 

-  Le  Lettere,  di  Sant'  Ivone,  vescovo  di  Chartres,  erano 
state  in  queir  anno  ristampate  a  Parigi,  per  opera  del  pa- 
dre Froiiteau. 

:!  Questo  discepolo  del  celebre  Rabano  Mauro,  aveva 
scritto  un  Compendio  di  storia  ecclesiastica. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.        9 

avere  osservato  la  declinazione  della  calamita  colla 
maggiore  esattezza  in  quella  città  verso  mezzo  gior- 
no; e  di  aver  trovato  che  la  cuspide  settentrionale 
declina  non  ad  Oriente,  come  presso  noi,  ma  ad  Oc- 
cidente, e  ciò  per  gradi  quasi  7  !/a  ;  la  qual  cosa  è 
contraria  a  ciò  che  segue  tra  noi,  e  porta  differenza 
del  doppio.  Se  si  detragga  la  longitudine  veneta, 
eh' è  34,  dalla  Ierapolitana.  eh' è  71,  sarà  l'inter- 
stizio 37  ;  la  cui  metà  è  18  lk  :  e  se  vogliasi  aggiun- 
gere questa  alla  longitudine  minore,  o  sottrarla 
dalla  maggiore,  l'interstizio  sarà  52  */a ,  della  lon- 
gitudine prossima  al  Capo  di  Buona  Speranza  e 
all'estrema  Giapponia.  Laonde  Guglielmo  Gilbert 
pensò,  non  assurdamente,  che  la  punta  sia  attratta 
da  quella  sì  gran  mole  di  terra  che  là  sovrasta, 
e  che  in  quel  meridiano  si  volge  direttamente  al 
polo.  Si  guardi  bene  dal  credere  che  l'osservatore 
abbia  potuto  errare.  Egli  è  un  uomo  accuratis- 
simo, e  intervenne  a  tutte  le  osservazioni  che  già 
facemmo  in  diversi,  talune  anche  in  grazia  di  lui, 
e  con  aghi  a  punta  di  rame  appoggiati  nell'acqua, 
e  sì  lunghi  come  corti;  coi  quali  metodi  fu  proce- 
duto ancora  in  Ierapoli.  Io  ne  trattai  con  un  Greco 
che  stava  per  partire  versola  sua  patria,  affinchè  os- 
servi in  Xapolidel  Pelopponeso  cotesta  differenza  della 
longitudine  e  della  declinazione  magnetica  :  che  se 
nessuna  ve  ne  sarà,  come  credo,  sarà  di  per  sé  certa 
la  cosa.  Questo  volli  scriverle,  e  penso  non  le  sarà 
discaro.  Prego  il  Cielo  che  la  mantenga  in  salute. 
Di  Venezia,  li  3  febbraio  1G10. 

P.  S.  Sento  che  un  certo  prete  è  stato    condan- 
nato costì  a  morte,  e  che  la   sentenza   fu   eseguita 


10       LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

senza  la  degradazione,  negando  il  vescovo  di  voler 
a  questa  procedere.  Amerei  di  conoscere  il  nome  del 
prete,  le  colpe  obiettategli,  il  magistrato  che  die 
la  sentenza  e  il  tempo  della  esecuzione.  La  prego  di 
perdonare  la  mia  curiosità  e  di  soddisfarla.  Di  nuovo 
la  riverisco. 


CXXIII.  —  Al  signor  De  V  Me  Groslot.1 

E  vero  eh'  io  ho  mancato  di  mio  debito  restando 
di  scrivere  a  V.  S.  per  alcuni  spacci  ;  sebbene  ne  me- 
rito qualche  scusa,  avendolo  fatto  per  l' avviso  datomi 
da  monsieur  Castrino  della  sua  indisposizione,  la 
quale  io  non  reputavo  conveniente  accréscere  con  la 
noia  di  leggere  lettere  di  poco  succo.  Ma  ritornato 
al  mio  debito  continuando  di  scriverli  dopo  intesa  la 
convalescenza,  non  mi  par  di  aver  mancato  mai  ;  e 
credo  che  sarà  avvenuto  a  me  quel  che  a  Lei,  per  la 
dilazione  delli  corrieri.  In  un  mese  che  noi  ne  dove- 
vamo aver  due,  ne  abbiamo  avuto  un  solo  ;  il  quale 
mi  ha  portato  due  pieghi,  in  un  de'  quali  era  la  sua 
del  23  dicembre,  e  nell'  altro  quella  del  6  gennaio. 

La  prima,  io  la  veggo  piena  di  molto  giudicio 
in  prevedere  i  mali  de'  quali  io  ancora  ho  grandis- 
simo timore  :  e  con  tutto  eh'  ella  nello  scrivere  la  se- 
conda, in  tutto  mutata,  fosse  piena  di  speranza  che 
il  pronostico  non  dovesse  riuscir  vero,  io  nondimeno 
resto  persuaso  della  prima,  non  potendomi  capir 
nell'  animo,  che  i  Gesuiti,  tanto  gran  maestri,  ab- 
biano fatto  così  gran  salto   di  sonar  alla  guerra. 

1  Dalla  raccolta  di  Ginevra,  pag.  217. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.       11 

senza  qualche  disegno  che  non  possa  esser  impedito 
da  chi  s'  accorge  dell'  error  suo  tardi.  Sebbene  non 
so  se  debba  chiamar  errore  quello  che  pare  ;  ma  forse 
è  fatto  per  necessità  occulta  agli  altri,  ma  ben  nota 
a  chi  la  sente.  Io  mi  ricordo  di  quel  Romano  che  solo 
sentiva  la  voce  della  sua  scarpa.  È  savio  chi  conosce 
le  sue  indisposizioni,  e  le  temporeggia  senza  mani- 
festarle, e  non  fa  mostra  di  sanità,  perchè  non  li 
riuscirebbe  forse.  E  li  Gesuiti  non  stanno  attaccati 
a  cotesto  regno  per  le  radici  fatte  dopo  il  loro  rista- 
bilimento, e  per  i  favori  del  re  ;  ma  per  più  alte  e 
più  ferme,  messe  nelli  tempi  innanzi  :  le  quali  fu  pru- 
dente consiglio  (poiché  non  si  potevano  sbarbicare) 
coprirle  di  terra,  se  adesso  non  germogliano  ;  e  forse 
anco  è  meglio  lasciar  loro  le  foglie  che  gettano,  per 
timore  che  non  ingrossino  maggiormente  il  fusto. 

Quanto  a  noi  qui,  non  sentiamo  che  trattino  al- 
cuna cosa  del  loro  ritorno  in  questo  Stato,  non  credo 
per  averselo  scordato,  ma  perchè  non  hanno  forse 
a  segno  tutti  li  pezzi  per  dar  la  batteria  :  la  quale 
non  dubito  che  non  sia  per  succedere;  ma  se  con 
quella  faranno  breccia  o  non,  essendo  evenimento 
futuro,  resta  posto  nella  buona  volontà  di  Dio. 
Chi  attendesse  la  loro  onnipotenza  e  l'aver  sempre 
ottenuto  ogni  disegno,  farebbe  un  pronostico  :  chi 
avvertisse  la  risoluzione  che  continua  qui.  farebbe 
il  contrario  ;  e  alcuno  potrebbe,  tenendo  via  di  mezzo, 
dire  che  se  le  cose  del  mondo  terminano  in  fumo, 
essi  avranno  avvantaggio  ;  ma  se  ne  riuscirà  fuoco 
o  fiamma,  non  farà  per  loro. 

Il  signor  Molino  ha  ricevuta  la  sua  lettera,  e  li 
è  stata  molto  cara,  e  li  è  piaciuto  quello  che  del 
Menino  dice,  per  aver  occasione  di  confortarlo.  Adesso 


12       LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

non  è  da  temere  che  alcun  dì  più  cada,  perchè  li 
avversari  hanno  mutato  opinione,  e  vogliono  met- 
tere in  total  oblivione  le  cose  passate. 

È  vero  che  il  signor  de  Champigny  ebbe  qual- 
che difficoltà,  non  di  riconoscere  1'  ambasciatore  delli 
Stati  (e  questo  non  si  metteva  in  dubbio),  ma  di 
onorarlo  con  la  visita  :  il  che  era  trattarlo  di  pari 
degli  ambasciatori  regii.  Questa  Repubblica  l'ha  cono- 
sciuto e  trattato  per  tale,  e  l'istesso  ha  fatto  l'amba- 
sciatore del  re  d'Inghilterra.  La  difficoltà  di  Cham- 
pigny nasceva  perchè  ne  fu  scritto  di  Francia,  che 
li  facesse  onore  conveniente  a  principe  di  quella 
qualità;  parole  che  si  potevano  intendere  in  dimi- 
nuzione e  in  augumento.  E  da  scusare  ognuno  che 
non  sa  interpetrare  oracoli. 

Mi  pare  d'  aver  scritto  un'  altra  volta  a  V.  S., 
esser  stato  certificato  che  il  libro  De  modo  agendi 
Jesuitarum x  fu  composto  da  un  Carlo  Perkinson, 
il  quale  ancora  vive  in  corte  del  re  della  Gran 
Brettagna:  ma  non  è  mai  l'opera  data  alla  stampa. 
Solo  ne  sono  andati  attorno  alcuni  esemplari  ma- 
noscritti :  per  il  che  ho  deposto  il  desiderio  di  averlo. 
Ma  il  Muranese  non  mancherà  del  suo  dovere. 

Ritornando  alle  turbazioni  del  mondo,  quando  la 
stagione  non  è  da  pioggia,  le  nuvole  non  pronosti- 
cano acqua.  Questo  secolo  è  una  stagione  di  pace  : 
però,  con  tutte  le  provvisioni,  spero  che  vedremo 
ogni  cosa  risolversi  in  grande  serenità.  Non  fu  manco 
vicino  alla  rottura  nel  tempo  che  V.  S.  stava  qui, 
di  quel  eh'  è  adesso  :  quella  si  racconciò  ;  si  farà 
l'istesso  adesso  per  mano  del  medesimo  medico.  Ma 

1  Vedi  tom.  I,  pag.  101  ed  altrove. 


LETTERE  DI  FRA   PAOLO   SARPI.  13 

se  il  mio  pronostico  non  riuscirà  vero,  non  saremo 
esenti  di  qua  da  monti,  perchè  non  manca  chi  mette 
contro  la  briga.  Se  li  Spagnuoli  potranno,  al  sicuro 
vorranno  l' Italia  quieta  ;  ma  se  altro  potrà  a  chi 1 
mette  conto  intorbidar  l'acqua,  succederà  altri- 
menti. 

Son  restato  pieno  di  stupore  per  il  Gesuita  che 
ha  dimandato  salvo  condotto  per  andar  in  Inghilter- 
ra, e  maggiormente  stupirò  se  gli  sarà  dato. 

Quanto  albi  libri  descritti  nella  polizza  che  V.  S. 
manda,  quelli  sono  molto  buoni  ;  ma  non  vedo  che 
sia  tempo  di  farli  trapassare,  per  una  infinità  di 
buone  ragioni,  e  lungo  sarebbe  scriverle.  Io  pensavo 
dover  inviare  a  V.  S.  alcune  memorie,  le  quali  adesso 
sono  tanto  particolarizzate.  che  sono  giunte  a  cento 
fogli,  e  avevo  da  comunicarli  il  modo  che  non  era 
sicuro  metterlo  in  pericolo  di  esser  palesato:2  ma  lo 
stato  delle  cose  presenti  costringe  a  non  ne  far  nien- 
te, essendo  fatto  tutto  diverso  da  quello  che  prima  era.3 

Il  signor  Assellineau  ha  ricevuto  quella  di  V.  S.; 
ma  non  1'  ho  ancora  potuto  vedere,  così  per  rice- 
vere la  comunicazione  delle  cose  scritteli  da  lei.  come 
acciò  mi  leggesse  le  copie  eh'  ella  manda  ;  le  quali 
sono  veramente  di  forma  di  lettera  che  ha  bisogno 

1  Intendasi  :  ma  se  potrà  l' altro  al  quale  ec.  *,  cioè 
1'  inquieto  duca  di  Savoia.  Vedi  tom.  I,  pag.  350. 

s  Così  ha  la  prima  stampa  -,  ma  sembra  da  corregger- 
si :  il  modo  che  v'  era  sicuro  per  non  metterlo  in  peri- 
colo ec. 

8  Pare  che  una  segreta  intelligenza  cominciasse  a  for- 
marsi, dopo  l' interdetto,  tra  i  patrizi  più  conservatori  delhi 
repubblica  di  Venezia,  e  la  corte  romana,  i  Gesuiti  e  la 
Spagna.  11  sotterraneo  lavoi-io  delle  sètte,  che  troppo  sprez- 
zasi ai  giorni  nostri,  è  quello  che  spesse  volte  conduce  il 
mondo  ancora  ov'  esso  non  vorrebbe  andare. 


14      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

di  aiuto.  Non  sarò  più  lungo  ;  ma  facendo  fine,    a 
V.  S.  bacio  la  mano. 

Di  Venezia,  il  3  febbraio  1610. 


CXXIV.  —  Al  medesimo.1 

Insieme  con  la  lettera  di  V.  S.  del  20  gennaio,  ho 
ricevuto  1'  estratto  delle  nostre  lettere  scritte  da  Pa- 
rigi, il  quale  è  una  molto  buona  e  veridica  istru- 
zione delle  cose  correnti,  delle  quali  desidero  vedere 
qualche  esito,  perchè  le  tengo  congiunte  col  servizio 
di  Dio:  del  rimanente,  io  non  mi  curerei  della  riu- 
scita più  in  un  modo,  che  nell'altro. 

La  importunità  delli  Gesuiti  in  voler  cattedra 
per  leggere  le  Controversie,2  sarà  forse  cosa  che  riu- 
scirà a  bene.  Il  calor  interno  si  diffonde  troppo  e 
indebolisce,  se  il  petto  circostante  non  li  fa  qualche 
antiperistasi.  Io  son  restato  pieno  di  stupore  come 
al  padre  Gouthier  sia  successa  così  buona  fortuna,  che 
per  un  tanto  fallo  sia  stato  gastigato  solo  di  parole. 

Mi  duole  grandemente  la  morte  del  maresciallo 
d'  Ornano,3  poiché  aveva  qualche  buone  opinioni  in- 
torno la  quiete  di  Francia,  la  quale  mi  pare  vedere 
turbarsi  manifestissimamente  per  opera  di  questi 
buoni  Padri. 

1  Edita  :  come  sopra,  pag.  223. 

-  Tom.  I,  pag.  327. 

3  Figlio  della  molto  celebre  e  molto  infelice  Vannina 
(V  Ornano.  Colonnello  de'  Corsi  suoi  connazionali,  trovò  in 
Francia  fortuna  pel  suo  valore  e  la  fedeltà  mostrata  a 
quei  monarchi.  Era  governatore  della  Guienna,  quando 
morì  nel  1610. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.       15 

Non  è  dubbio  alcuno,  che  la  proibizione  fatta  a 
Roma  delle  fatiche  di  monsieur  di  Thou,  non  sia  per 
portarli  onore,  e  per  far  la  sua  Istoria  più  desidera- 
bile, lo  son  intento  aspettando  che  cosa  sarà  fatta 
dal  Parlamento,  poiché  è  toccato  1'  arresto  suo  con- 
tro Giovan  Castello,  il  quale  non  potrebbe  offendere 
la  corte  Romana  più  di  quello  che  già  fa. 

Intorno  alle  cose  di  guerra,  qua  si  tiene  che  non 
debbi  succedere,  non  essendo  possibile,  quando  una 
parte  è  risoluta  di  non  volerla  :  perciò  si  è  fatto  la 
tregua  di  Olanda,  e  perciò  si  crede  che  si  farà  una 
cession  totale  di  quelli  Stati 1  alli  principi  pretendenti. 
Così  si  lasciano  intendere  li  Spagnuoli.  E  vero  che, 
dall'  altro  canto,  si  vedono  mandar  molti  danari  in 
Germania  ;  da  che  si  raccoglie  contraria  conclusione  : 
però  non  facendosi  levata  eie'  Svizzeri,  come  non  si 
vede  sino  al  presente,  pare  più  verisimile  il  primo 
pronostico,  che  il  secondo. 

L' avviso  venuto  costì  di  guerra  in  Ungheria,  non 
ha  nessuna  verità.  La  vorrebbono  ben  seminare  li 
Romani  e  li  Spagnuoli;  ma  non  lo  vogliono  ne  li 
Turchi  ne  li  Ungheri. 

Il  gentiluomo  inglese  per  cui  V.  S.  mi  inviò  let- 
tere, fu  a  vedermi  essendo  venuto  da  Padova,  e  mi 
promise  di  rispondere  alla  lettera,  e  inviarlami 
quando  fosse  tornato  nella  medesima  città.  Io  non 
ho  potuto  aver  gusto  di  parlar  con  lui,  se  non  per 
interprete.  Quando  V.  S.  mi  mandò  già  una  lettera 
per  Vincenzo  Querini,  io  non  sapevo  chi  quello  si 
iusse,  ma  due  giorni  dopo  seppi  che  era  il  residente  del 
duca  di  Mantova  in  questa  città.  E  perchè  egli  era  al- 

!  Intendasi,  degli  Stati   di   Germania,   allora  in  tanto 

subbuglio. 


16  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

lora  andato  a  Mantova  verso  il  suo  padrone  per  con- 
durlo a  Venezia,  io  li  mandai  la  lettera  là:  pochi  giorni 
dopo,  egli  se  ne  ritornò  insieme  col  duca,  e  io  lo 
trovai  e  li  dimandai  della  ricevuta  della  lettera,  ed 
egli  mi  disse  che  gli  era  capitata,  e  me  ne  ringraziò. 

Mi  duole  che  la  indisposizione  di  V.  S.  si  pro- 
lunghi tanto;  ma  ben  commendo  la  buona  disposi- 
zione dell'animo,  che  si  conforma  alla  volontà  di- 
vina e  riceve  in  bene  ogni  cosa.  Questo  è  il  colme» 
della   virtù  non  vana  e  non  fucata. 

Prima  che  finir  questa,  gli  voglio  dir  di  nuovo 
che  il  Padre  Fulgenzio  Minorità,  che  nel  tempo  delle 
controversie  predicava  qui,  e  già  diciotto  mesi  se  ne 
andò  a  Roma  con  salvacondotto,  è  stato  imprigo- 
nato  di  ordine  del  pontefice,  ed  è  ritenuto  in  segreto.1 
Dio  faccia  che  il  fine  suo  sia  secondo  il  divino  be- 
neplacito. Questa  istoria  scrivo  più  minutamente  a 
monsieur  Castrino,2  che  ne  darà  parte  a  V.  S.  Alla 
quale  bacio  la  mano. 

Di  Venezia,  il  16  febbraio  1610. 

1  Di  questo  povero  frate,  che  troppo  nella  romana  lupa 
erasi  confidato,  parlasi  più  volte  nel  tom.  I:  e  tornerà  an- 
cora in  questo  a  parlarsi.  Vedi  la  Lettera  CXXVI,  in  fine. 

2  Una  prova  di  più  per  credere  che  le  lettere  le  quali 
appariscono  indirizzate  al  Roux  o  Rossi,  fossero  invece  di- 
rette al  Castrino,  o  a  chi  altro  sotto  questo  nome  nascon- 
devasi.  Di  che  meglio  ci  chiariranno  le  lettere  susseguenti. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  17 

CXXV.  —  A  Giacomo  Leschassier.1 

Per  l'ultimo  corriere  che  precedette  questo,  la 
certificai  del  ricevimento  delle  Lettere  d' Ivone  ;  come 
pure  della  risposta  alla  mia  domanda  intorno  la 
donazione  fatta  alla  Chiesa  senza  alcun  onere  :  e  di 
tutto  ciò  la  ringraziai,  se  non  come  dovevasi,  al- 
meno come  potei. 

Non  v'  è  causa  da  temere  per  le  lettere  eh'  Ella 
consegna  all'  ambasciatore  della  Kepubblica,  ovvero 
a' suoi  famigliari.  Fin  qui,  difatti,  mi  pervennero 
tutte  sicuramente.  Osservo  sempre  il  suo  sigillo, 
come  le  altre  cose  a  me  note;  e  le  trovo  tutte  in- 
tatte. Talora  i  corrieri  tardano,  soprattutto  d' in- 
verno; né  v'ha  da  maravagliarsi  se  qualche  volta 
le  vengono  un  po'  stentate  le  mie  risposte  ;  che,  in 
verità,  sono  trattenuto  da  molte  occupazioni,  delle 
quali  tuttavia  nessuna  preferisco  a  questo  ufficio  di 
scriverle,  perchè  non  potrei  trascurarlo  senza  colpa 
d' ingratitudine.  Se  talora  mi  preme  F  angustia  del 
tempo,  scrivo  lettere  più  brevi,  come  la  precedente; 
la  quale  dettai  talmente  a  fretta,  che  non  mi  fu 
dato  nemmeno  di  rileggerla.  Ora  ho  la  sua  delli 
13  gennaio,  avendone  tuttavia  ricevute  in  quel  giorno 
da  altri  in  data  de'  26.  Questo  fa  che  talvolta  le  ri- 
sposte sembrino  tardive. 

In  quanto,  nella  sua  lettera,  Ella  considera  che 
il  pontefice,  colla  donazione  dei  beneficii,  si  fa  si- 
gnore della  terza  parte  dei  beni;  io  già  questo  ve- 
niva  predicando  ai  nostri,    insegnando    ad   essi  il 

1  Stampata  in  latino,  tra  le   Opere  ec  ,  pag.  71. 
Safipi    —  II.  o 


18  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

modo  col  quale  accrescerebbero  il  dominio  della  Re- 
pubblica; come  accadrebbe  per  altrettanto  e  metà  più, 
non  per  dilatazione  di  luogo  (il  che  porta  debolezza), 
ma  per  augumento  di  forze.  Perocché,  non  pure  il 
pontefice  è  signore  di  tutti  i  beni,  ma  eziandio  della 
terza  parte  degli  uomini,  se  numeri  quelli  che  pos- 
seggono, che  sperano  e  che  a  necessità  di  tal  sorta 
si  trovano  obbligati.  Non  mancano  persone  che  ap- 
provino queste  cose,  ma  1'  esecuzione  richiede  la  sua 
opportunità.  All'  uomo  più  dell'  odio,  nuocciono  le 
blandizie  della  meretrice.  Tant'è:  le  opinioni  veraci 
ed  utili  si  debbono  rafforzare  ed  estendere  coi  buoni 
scritti. 

Io  pensai  sempre  fra  me  stesso  :  tutti  quelli  che 
vogliono  darci  precetti  politici,  scrivono  commenti 
-opra  Tacito  ;  vera  peste  dell'  aristocrazia.  Se  il 
signor  Casaubono  che  scrive  sopra  Polibio,  il  quale 
fratta  della  aristocrazia  romana,  recasse  in  mezzo 
precetti  idonei  a  tal  regime,  ed  espressi  colla  sua 
dolce  e  fluida  eloquenza,  farebbe  cosa  a  noi  tanto 
proficua,  quanto  ai  romaneschi  contraria:  come  se, 
intorno  all'  affare  del  quale  trattiamo,  egli  facesse 
opportunamente  osservare,  che  a  nessuno  Stato  può 
giovar  che  un  principe  straniero  cloni  i  beneficii  in 
esso  costituiti,  né  che  sia  padrone  dei  religiosi  i  quali 
vivono  sotto  le  sue  leggi.  Del  rimanente,  per  quanto 
si  possa,  e  serbato  appunto  il  diritto  di  mettere  in  pos- 
sesso, ci  sforziamo  di  non  cedere  ai  romaneschi  ogni 
«•osa.  Eglino  ci  pregiudicano  tanto  col  sofisma  del 
possesso  spirituale,  quanto,  con  altro  arcano  diritto, 
non  soffrono  che  si  susciti  alcuna  lite  sopra  le  cose 
beneficiali.  I  nostri  prendono  ciò  pel  buon  ordine 
«Iella  disciplina,  benché  io   ammonisca   che  questo 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  19 

appunto  è  un  arcano,  e  che  sotto  il  miele  si  nasconde 
il  veleno;  ed  ho  sempre  in  bocca,  che  quella  mas- 
sima della  cosa  spirituale  non  è  altro  che  un  pos- 
sesso temporale;  e  ciò  mi  sforzo  di  confermare  col- 
1'  autorità  degli  scrittori,  dei  quali  ho  a  mano  po- 
chissimi, tranne  i  francesi;  né  questi  stessi  con- 
chiudono ciò  in  possessorio  adipiscendce,  come  Guido 
Papa,1  il  quale  nelle  Decisioni  sembra  il  principe  per 
ciò  che  spetta  al  difendere  codeste  massime,  e  nelle 
Questioni  nega  ai  magistrati  laici  la  potestà  di  senten- 
ziare in  causis  acquirendce.  Ma  io  difendo  talmente 
la  verità,  che  spero  di  persuaderla  al  fine  a  tutti 
quanti. 

In  quanto  la  S.  V.  approva  il  fatto  nella  esecu- 
zione della  sentenza  capitale  contro  a  preti  senza  de- 
gradazione, quando  il  vescovo  ricusi  di  compiere  un 
tale  ufficio,  mi  è  caro  il  veder  lodata  la  mia  opi- 
nione da  uomo  tale  qual'  Ella  è  :  ma  io  voglio  spie- 
garle in  diritto  la  causa  del  rifiuto.  Obiettò  non  esser 
cosa  conveniente  a  un  vescovo  nobile  e  primario, 
ne  aversi  alcun  vescovo  volgare  al  quale  commet- 
tesse quell'  uffizio.  Ora  raffreni  la  collera,  s'  Ella  può. 

I  vostri  vescovi  i  quali  sostengono  il  Concilio 
Tridentino,  perchè  dà  molto  ai  vescovi,  che  cosa  si 
cerchino  non  sanno.  Così  pare  a  chi  legge  ;  ma  non 
a  chi  abbia  veduto  in  fatti  in  qual  modo  la  cosa  si 
inetta  in  pratica.  Ora,  in  Italia,  i  vescovi  sono  costretti 
di  rapportarsi  per  tutte  le  cose  a  Roma,  e  attendere 

1  Benché  così  ordinariamente  si  chiami  questo  giure- 
consulto francese  del  secolo  XV,  meglio  sarebbesi  nomi- 
nato Guido  del  Papa,  stantechè  Guido  Papce  chiamisi  egli 
stesso  nelle  sue  opere.  Tra  queste  è  la  più  celebre  quella 
che  porta  il  titolo  di  Decisiones  Gratianopolitana. 


20       LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

di  là  la  decisione  e  le  sentenze.  Laonde,  avendo  il 
papa  proibito  a  tutti  la  interpretazione  del  Concilio 
e  serbatala  alla  Congregazione  romana,  questa  con 
tal  pretesto  ha  tirato  a  Roma  tutto  quanto  il  reg- 
gimento; e  ciò  non  solo  dall'Italia,  ma  dalla  Spa- 
gna, dove  le  recherà  maraviglia  che  un  vescovo  non 
possa  ammettere  nemmeno  una  monaca  a  far  profes- 
sione senza  licenza  di  Roma.  Oltreché,  non  vogliono 
i  romaneschi  che  di  una  dichiarazione  in  un  dato 
caso  emanata,  altri  faccia  uso  in  alcun  altro,  affin- 
chè tutti  gli  affari  mettano  sempre  capo  a  Roma. 
Il  tempo  mi  mancherebbe  s' io  qui  volessi  ogni  cosa 
narrarle.  In  una  parola,  i  vostri  arcidiaconi  possono 
ben  più  dei  nostri  vescovi.  E  poiché  trattasi  del 
Concilio  di  Trento,  aggiungerò  essermi  riferito,  che 
i  Gesuiti  si  adoperano  perchè  i  loro  addetti  giurino 
costà  nelle  parole  di  quello  e  a  quello  sottoscrivano  : 
il  che  desidero  sapere  se  sia  vero. 

Lessi  di  questi  giorni  la  Storia  Belgica  del  Me- 
teren.1  Questo  autore,  sotto  l'anno  1596,  nell'ultimo 
libro,  tratta  dei  Comizi,  e  dice  che  nel  Parlamento 
di  Parigi  furono  decretati  tredici  articoli,  i  quali  va 
pure  divisando.  Io  non  gli  presto  fede  interamente, 
perchè  nelle  cose  italiche  e  nelle  giuridiche  è  pieno 
di  menzogne.  La  prego  a  significarmi  s' egli  abbia 
o  no  detto  il  vero  ;  imperocché  nella  legge  salica 
v'  ha  il  settimo  articolo,  che  dichiara  non  potersi 
dalla  religione  cristiana  cavare  il  modo  da  far  sì 
che  il  re  sia  costretto  ad  essere  cattolico:  v'  ha  l'unde- 
cimo,  il  quale  ordina  che  non  debbano  punirsi   gli 

1  Emmanuele  Van  Meteren  fu  autore  di  una  Storia 
dei  Paesi  Bassi,  stampata  la  prima  volta  nel  1597,  e  più 
volte  poi  tradotta  dall'  originale  latino  e  ristampata. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      21 

eretici,  né  obbligarsi  colla  forza  acciò  si  facciano  cat- 
tolici :  v'  ha  il  duodecimo,  col  quale  si  comanda  che 
si  preghi  pubblicamente  nella  Chiesa  per  gli  scomu- 
nicati, sì  vivi  che  morti. 

Troppo  a  lungo  1'  ho  trattenuta  ;  né  proseguirò 
altrimenti,  dopo  averla  pregata  di  voler  perdonarmi 
la  mia  importunità.  Dio  la  mantenga  tale  per  lun- 
ghissimo tempo,  qual'  io  desidero  ad  uomo  sì  esi- 
mio, e  da  me  soprattutti  onoratissimo. 

Di  Venezia,  li  16  febbraio  1610. 


CXXVI.  —  Ad  Antonio  Foscarini.1 

È  cosa  così  ordinaria  nelle  repubbliche,  che  1'  es- 
sere fuori  delli  bisogni  fa  tener  poco  conto  di  chi 
inerita,  che  non  è  da  maravigliarsi  che  adesso  che 
alcuni  si  reputano  sicurissimi,  soggetti  più  princi- 
pali e  più  benemeriti  siano  stati  tralasciati,  et  fa- 
ctos  secutores  qui  sequi  mirantur.2  Le  cose  però 
hanno  il  suo  giro,  e  i  valorosi  infine  superano  la 
fortuna. 

Quanto  alle  cose  del  mondo,  qui  si  tiene  che 
a  Cleves  non  sarà  guerra,  perchè  gli  Austriaci 
non  la  vogliono  ;  e  V.  E.  considera  bene,  che  quando 
una  parte  vuol  cedere  tutto,  non  può  nascer  con- 
tesa. Così  pare  che  vogliano  fare  in  ciò  gli  Spa- 
glinoli, primi  motori  di  questa  impresa  o  macchina  ; 
perchè,   quanto  all'  imperatore,  i  suoi  mancamenti 

1   Edita  in  Capolago  ec,  pag.  204. 
-  Così  la  prima  stampa,  ma  ci  parrebbe  da  corregge- 
re :  merentur. 


22      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

non  comportano  che  sia  nemmeno  in  conto.  Affer- 
mano che.  non  passeranno  due  mesi  che  Leopoldo 
sarà  fuori  di  Giuliers  ;  ma  poiché  si  vede  tuttavia 
che  rimettono  denari  in  Germania,  viene  interpre- 
tato che  sia  per  fare  un  re  de'  Romani. 

Non  posso  tenermi  dal  credere  che  sia  per  riu- 
scire qualche  cosa  per  il  disegno  di  tutti  questi  che 
v"  hanno  mano  dentro.  Sono  tanti  e  così  vari  i  fini 
e  così  contrappesate  le  azioni,  che  nessuno  otterrà 
l' intento,  e  turberanno  le  acque  per  altri  pescatori.1 
Ma  alle  cose  nostre  familiari,  nessuna  cosa  sarebhe 
più  utile  alla  nostra  Repubblica,  quanto  che  venis- 
sero spartiti  eretici  e  cattolici  insieme  in  Italia, 
perchè  accrescerebbe  il  valore  della  sua  mercanzia 
per  un  terzo,  acquistandola  con  la  collazione  dei 
benefizi,  che  sarà  un  acquisto  di  tanto  guadagno, 
che  niente  più,  e  smorberebbe  la  famiglia  di  tanti 
inutili,  rozzi  e  dannosi  ministri.  Questo  è  conosciuto 
da  pochi,  ed  è  il  più  essenzial  punto  :  ma  mentre 
che  veggo  a  Milano  nessuno  averci  considerazione, 
sapendo  quanto  siano  cauti,  non  aspetto  niente  ;  ma 
sarà  segno  di  dover  vedere  qualche  cosa  quando  li 
vedrò  in  preparazione. 

Savoia  credo  abbia  desiderio  grande  di  far  qual- 
che guadagno;  ma  non  ha  il  capitale,  ne  senza 
Francia  può  far  la  scoperta.  Francia  ha  i  suoi  ca- 
pitali implicati  ed  in  mano  dello  Spagnuolo  ;  il  quale, 
con  concepirne  degli  altri,  può  sempre  divertirlo  da 
quell'  inquietudine.  Ma  io  veggo  il  duca  di  Sully  - 

1  Se  questo  bel  modo  allegorico  e  proverbiale  appar- 
tiene al  linguaggio  veneto,  ben  merita  di  essere  accolto 
in  quello  di  tutta  la  nazione. 

-  L'  amico  più  costante  e  più  coraggioso  di  Enrico  IV; 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      23 

ogni  altro  giorno  alle  mani  col  re  di  Francia  e  mi- 
nacciato da  lui.  e  temo  che  un  giorno  non  succeda 
qualche  sinistro  sopra  la  sua  persona  ;  massime  che 
i  Gesuiti,  suoi  capitali  nemici,  saranno  attenti  a 
tutte  le  occasioni,  e  non  gliela  perdoneranno,  se  lor 
verrà  fatto. 

Quanto  al  cavaliere  Giustiniano,  egli  fa  differire 
quanto  può,  perchè  aspetta  qualche  occasione  d'es- 
sere inviato  a  Matthias  in  Ungheria,  e  con  ciò  es- 
sere esentato  da  Francia  :  al  che  converrà  conten- 
tarsi. Il  Contarino  non  farà  la  strada  di  Francia, 
ma  di  Alemagna,  così  resoluto  ;  e  la  sua  andata  in 
Olanda  sarà  così  prossima  al  partire  del  signor  Fo- 
scarino,1  che  non  si  vede  come  a  lui  possa  essere 
dato  ordine  alcuno  per  quel  paese  sopra  il  negozio 
de'  sali.  E  vero  che  simili  cose  non  si  possono  dise- 
gnare se  non  che  ne'  tempi  prossimi,  perchè  tante 
cose  occorrono  impensate,  che  rendono  facile  quello 
che  prima  si  teneva  impossibile. 

Avrà  V.  E.  per  via  di  Roma  intesa  la  prigionia 
di  Fra  Fulgenzio,  eseguita  da  numero  venti  sbirri, 
avendogli  levate  tutte  le  scritture  ed  altro.  E  per- 
chè gli  hanno  trovato  un  reliquiario  fatto  in  forma 
di  croce,  dove  nel  mezzo  ha  una  testa  di  Santa  di 
bella  pittura,  dicono  che  sia  il  ritratto  della  sua  fa- 
vorita che  ha  in  Venezia.  Credo  che  gli  saranno  ad- 
dossate cose  assai  :  certo  è  che  il  nunzio  e  l' inqui- 
sitore, sabbato  passato,  hanno  mandato  molti  processi 

il  quale  se  più  avesse  ascoltato  i  suoi  consigli,  chi   sa    se 
sarebbe  morto  sotto  il  ferro  di  un  Ravaillac  ? 

1  Pare  che  anche  al  Foscarini  scrivesse  in  quei  giorni 
il  Sai-pi  sotto  finta  direzione.  Che  quel  Castrino,  il  cui 
nome  non  ci  riuscì  mai  di  trovare  nei  libri  de'  Francesi, 
fosse  appunto  il  Foscarini? 


24      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

contro  di  lui  a  Roma,  non  so  se  ricercati/  o  di  pro- 
pria fantasia.  Dio  lo  favorisca  a  far  fine  tollerabile, 
perchè  buono  non  si  può  sperare. 

È  ottimo  il  pensiero  di  Domenico  Molino  di  aiu- 
tare gli  offici  che  si  fanno  in  Costantinopoli  contro 
i  Gesuiti,2  con  trattare  e  far  sapere  alla  gente  del 
Turco,  che  per  causa  loro  non  ha  ottenuto  quello 
proponeva.  Viene  scritto  che  si  tratta  una  riforma 
nella  università  di  Parigi,  che  non  piace  molto  ai 
padri  Gesuiti.  Se  fosse  cosa  utile  e  da  essere  imitata 
nello  studio  di  Padova,  sarebbe  bene  avvisare,  per 
incitar  con  1'  esempio  a  qualche  bene. 
Di  Venezia,  il  16  febbraio  1610. 


CXXVII.  —  Al  signor  De  V  Me  Groslot? 

lo  ho  formato  un  poco  di  cifra,  come  V.  S.  mi 
ha  mostrato  desiderare  nella  sua  delli  3  febbraro, 
avendo  cercato  di  accomodarmi  a  vocaboli  comuni 
anco  alla  lingua  francese,  acciò  V.  S.  non  abbia  da 
annoiarsi  per  scriver  italiano  ;  e  sebbene  la  cifra  è 
sterile  di  vocaboli,  potremo  nondimeno  andarli  ac- 
crescendo alla  giornata  coli'  alfabeto.  Ma  mentre  il 
signor  Foscarini  starà  in  Francia,  le  lettere  veni- 
ranno  sempre  sicure.  La  difficoltà  insuperabile  è 
quando  egli  sarà  partito  ;  perchè  non  averà  un  suc- 
cessore simile  a  se,  e  quando  le  lettere  fossero  fuori 

1  La  prima  edizione  ha  qui,  erroneamente  :  ricevuti. 
"  Queste  parole  troveranno  schiarimento  nella  Lettera 
che  segue. 

3  Stampata  nella  raccolta  di  Ginevra,  pag.  227. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.       25 

del  plico  pubblico,  mi  sarebbouo  senza  dubbio  inter- 
cetto :  tanti  vi  sono  che  attendono  a  questo,  per 
compiacere  a  chi  poco  mi  ama.1 

Ho  considerato  molto  bene  la  descrizione  che 
V.  S.  mi  fa  dello  stato  delle  cose  così  in  Germania 
come  in  Savoia,  e  lo  trovo  un  ritratto  così  vivo  e 
vero,  che  mi  pare  di  vedere  l' interno  d1  ogni  di- 
segno. Certo  è  che  ogni  guerra  causerà  mutazione 
particolare,  eccetto  che  se  fosse  in  Italia,  dove  le 
alterazioni  sarebbono  universali  ;  e  quei  che  hanno 
ragione  di  temerle,  le  temono  e  stanno  grandemente 
afflitti.  Doveremo  pregar  Dio,  che  faccia  quello  che 
è  per  sua  gloria. 

Quanto  alle  cose  dei  Gesuiti  da  Costantinopoli, 
che  V.  S.  mi  ricerca,  la  verità  sta  così.  Hanno  fatto 
ogni  opera  possibile,  con  eccessivi  favori  dell'  amba- 
sciatore di  Francia,  per  poter  abitare  in  quella 
città,  ne  mai  l' hanno  potuto  ottenere  ;  anzi  dal 
Bassa  hanno  avuto  comandamento  di  partire  :  ma 
non  essendo  però  partiti,  ma  trattenuti  in  qual- 
che casa  già  un  mese,  il  Bassa  mandò  in  diversi 
luoghi  dove  erano  soliti  di  praticare,  per  prenderli  ; 
e  fra  gli  altri  luoghi,  mandò  in  casa  dell'  ambascia- 
tore francese  ;  il  quale,  come  quello  che  sapeva  dove 
erano,  li  pigliò  con  esso  seco,  e  andò  in  persona 
con  loro  al  Bassa.  Il  Bassa  restò  soddisfatto  del- 
l' azione  dell'  ambasciatore,  e  in  grazia  sua  si  con- 
tentò perdonar  alli  Padri  ;  e  all'  ambasciatore  disse 
che  si  risolvesse,  che  non  li  voleva  nell'  imperio  del 
signore,  e  che  li  mandasse  via,  acciò  non  li  trovasse 

1  Ecco  altrettante  rivelazioni,  non  solo  per  la  vita  (poco 
sin  qui  conosciuta)  del  Sarpi,  ma  per  le  condizioni  de'  tem- 
pi, in  Venezia  ed  altrove. 


2G  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

un  giorno  impalati.  Quest'  ultimo  accidente  è  suc- 
cesso già  un  mese.  Se  altra  novità  sia  successa  dopo, 
io  non  lo  so  ;  ma  se  è  lecito  pronosticare,  io  credo 
che  se  non  saranno  partiti,  un  giorno  averemo  nuova 
della  loro  impalazione. 

Io  ringrazio  V.  S.  delli  incomodi  che  prende  per 
parteciparmi  li  suoi  discorsi  e  avvisi;  e  prego  Dio 
che  mi  dia  poter  per  servirla  in  cosa  che  li  sia 
grata,  e  a  lei  doni  ogni  felicità  presente  e  perpetua. 

Mi  resta  dirle  (che  quasi  me  lo  scordavo),  che 
oggi  ho  ricevuto  1'  Apocalipsis,  e  pregato  quel  gen- 
tiluomo a  scrivere  qualche  cosa  al  fratello  ;  il  quale 
m'  ha  detto  che  lo  farà  immediatamente  che  abbia 
resoluzione  di  certa  cosa.  Io  qui  farò  fine  bacian- 
dole la  mano. 

Di  Venezia,  li  2  marzo  1610. 


CXXVIII.  —  A  Giacomo  Leschassier.1 

Mal  volentieri  mi  privo  del  piacere  che  godrei 
se  a  mio  beli'  agio  potessi  leggere  tutte  le  sue  let- 
tere, esaminarle  e  risponderle  comodamente  :  ma  di 
un  sol  giorno,  o  due  al  più,  mi  è  dato  disporre.  Ri- 
cevei ieri  la  gratissima  sua  de'  25  gennaio  ;  e  par- 
tendo oggi  il  corriere,  dirò  primieramente  de'  bene- 
ficii.  Continuai,  come  le  scrissi  anche  altre  volte, 
sulle  orme  di  cui  già  mi  tenne  parola.  Provai,  coliti 
celebre  Glossa  e  co'  dottori  francesi,  che  il  possesso- 
rio della  cosa  spirituale  è  temporale,   e  ne  chiarii 

1  Pubblicata  in  latino  tra  le  Opere  dell'Autore  ec., 
VI,  73. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      27 

la  erronea  distinzione  in  spirituale  e  temporale  :  di- 
mostrando, in  pari  tempo,  eolle  esecutoriali  degli 
ecclesiastici,  che  il  possesso  che  vogliono  dare  si  è 
di  cose  temporali  ;  perciocché  parlano  espressamen- 
te di  beni,  di  rendita,  di  proventi  ec.  ;  e  che  tutte 
le  vecchie  forinole  delle  quali  fece  uso  la  Repubblica, 
colle  nuove  altresì,  conferiscono  il  possesso  delle 
chiese,  dei  monasteri  ec,  insieme  col  correspettivo 
fruttato  ec.  Gridai  sino  a  divenirne  rauco,  che  i 
beni  ecclesiastici,  in  vacanza  dei  benefizi,  sono  nel 
possesso  delle  chiese  ;  usando  queir  argomento,  che 
se  alcuno  li  turbasse,  1'  economo  in  nome  della  chiesa 
interdirebbe  la  ritenzione,  xincora  aggiunsi,  che  seb- 
bene qualche  vescovado  non  avesse  alcun  reddito  e 
nulla  di  temporale,  tuttavia  il  vescovo  sarebbe  messo 
in  possesso  dalla  Repubblica  ;  siccome  accade  e  può 
accadere  appo  di  noi,  che  stiamo  a'  confini  de'  Tur- 
chi nella  Dalmazia.  Non  io  tutto  quello  che  voglio 
o  desidero,  ma  non  per  questo  me  ne  sto  ozioso  :  solo 
il  naturai  impeto  viene  dalle  circostanze  represso. 

Un'  altra  cosa  voglio  ora  insegnare  ;  cioè  che 
chi  mette  in  possesso,  può  altresì  privare  del  pos- 
sesso :  il  che  sarà  arduo  non  poco,  sì  perchè  ho 
contro  di  me  tutti  i  beneficiari,  come  perchè  manco 
di  esempi  ;  ed  è  già  pregiudicata  opinione  nei  no- 
stri, che  il  secolare  non  può  far  questo  per  causa 
alcuna.  Nulladimeno  voglio  tentar  la  cosa  ;  che  al- 
meno aprirò  ad  altri  la  via. 

^Ii  giunse  opportuno  quant'  Ella  mi  ricorda  in- 
torno al  modo  di  mettere  in  possesso  di  cui  parla  il 
Rebuffo  ;  giacché  io  non  sapeva  come  stricarmene. 
pensando  che  si  tenesse  ancora  il  costume  da  lui 
descritto.  Non  è  senza  ragione  la  sua  maraviglia,  che 


28  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

la  Repubblica  abbia  potuto  conservare  la  sua  li- 
bertà in  questo  stato  di  cose,  dove  il  pontefice  è  do- 
natore di  tante  facoltà  :  ma  giova  sapere,  che  siccome 
dal  pontefice  dipendono  coloro  che  ottengono  e  spe- 
rano i  benefico,  così  gli  sono  in  sommo  grado  av- 
versari quelli  che  ne  disperano.  Questo  avviene  in 
quelle  famiglie  le  quali  vogliono  che  sieno  nelle 
loro  case  continuati  i  grassi  beneficii,  e  che  non 
solo  impediscono  agli  altri  di  conseguirli,  ma  non 
vogliono  che  ne  resti  altrui  ne  anche  la  speranza. 
Aggiungo  che  alcuni,  non  so  per  qual  destino,  na- 
scono così  votati  allo  stato  chericale,  che  per  nes- 
suna utilità,  per  nessuna  promessa  possono  esserne 
svolti.  Oltreché,  le  famiglie  che  posseggono  bene- 
ficii non  sembrano  averne  mai  abbastanza,  ma  ne 
chieggono  ognora  di  più  :  cosicché  poi  altre  di  ciò 
si  tengono  offese.  Queste  cose  fanno  sì  che  nella 
curia  abbiano  più  avversari  che  fautori  coloro  che 
tengono  per  legge  lontani  dai  pubblici  maneggi 
quelli  che  da  essa  hanno  dipendenza.  V  ha  una 
legge,  in  virtù  della  quale  il  cherico  o  il  beneficiario 
diviene  incapace  di  qualsivoglia  dignità,  magistrato 
ed  altro  officio  secolaresco  :  altra  legge  ancora,  per 
cui  il  consanguineo  del  cherico  sino  al  terzo  grado, 
giusta  il  computo  canonico,  e  l' affine  sino  al  secondo, 
vengono  esclusi  da  ogni  segreto  consiglio  dove  si  tratti 
di  cosa  o  di  persona  ecclesiastica,  e  per  questo  non 
possono  intramettersi  come  giudici  in  causa  civile  o 
criminale,  dove  il  fatto  sia  di  chiesa  o  l' attore  per- 
sona ecclesiastica.1  È  fuori  d'ogni  dubbio  che  così 

1  Sono  assai  note  queste  leggi  sapientissime  della  Re- 
pubblica veneziana. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.       29 

aumentano  ogni  giorno  le  forze  dei  fautori  della 
curia  ;  perchè,  come  ne  avverte  Tacito,  tutti  si  ac- 
comodano più  risolutamente  a  chi  porge  ;  e  se  la 
cosa  andasse  avanti  di  tal  passo,  sarebbe  invero  a 
temersi  per  la  nostra  libertà.  Ma  è  pur  fuori  di 
dubbio  che  le  cose  accadono  per  divino  beneplacito  : 
il  suo  fine  ci  è  ignoto  :  contuttociò.  si  deve  cercar 
sempre  con  ogni  studio  e  sperare  il  meglio. 

Io  non  sono  tale  che  professi  pubblicamente  d'in- 
tendere l'Apocalissi,  perchè  neppure  son  re;1  e  quanto 
al  durare  di  essa  in  perpetuo,  o  solo  sino  al  suo  fine 
naturale,  sia  come  congregazione  di  Pietro,  o  come 
Babilonia,  appoggiandomi  piuttosto  a  congetture 
umane,  giudico  ciò  dipendere  da  un  sottil  filo  ;  cioè 
dalla  pace  d' Italia.  Voi  di  qua  lontani  non  potete 
intendere  quello  che  a  noi  si  mostra  chiaramente.  Vo- 
gliate credermi  :  una  volta  mossa  la  guerra  in  Italia, 
vinca  il  pontefice  o  sia  vinto,  non  importa,  la  cosa 
è  spacciata  :  essi  medesimi  il  sanno  ;  perciò  nessuno, 
come  una  volta,  va  provocando  la  guerra  per  accrescere 
alcun  che  del  suo  patrimonio  ;  vedono  anzi  che  colla 
guerra  rovineranno  da  se  stessi  la  loro  casa.  Ora  ver- 
sano in  grande  tristezza,  poiché  alcuni  pronosticano 
la  guerra  da  parte  del  duca  di  Savoia  coli'  aiuto 
de' Francesi.  Io,  siccome  non  credo  che  sia  per  ac- 
cadere, così  stimo  che  il  rammarico  della  curia  è 
motivato  da  gran  ragione.  Soltanto  colla  pace,  conio 
altre  volte  colla  guerra,  si  sostiene  l' Italia  :  impe- 
rocché in  questa,  non  come  negli  altri  paesi,  si  guer- 
reggia con  soldati,  armi  e  danari  degli  altri  ;  sicché, 
qualunque  parte  vinca,  vince  mai  sempre  in  Italia  ; 

'•  Allusione  alquanto  pungente  al  re  teologo  Giacomo  I. 


30       LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

e  così  ogni  morbo  che  va  al  cuore  è  mortifero,  anzi 
mortale,  benché  sulle  prime  sembri  cosa  di  piacere. 
Dirò  della  pittura  fatta  fare  dai  Gesuiti,  come 
la  cosa  sta.  In  una  certa  sala  della  loro  casa  in 
questa  città,  fecero  dipingere  [l' inferno  con  ogni 
maniera  di  pene  fiammifere,  come  padelle,  spiedi  e 
altre  cose,  e  colle  povere  animucce  che  così  vengono 
tormentate.  Menavano  colà  i  loro  devoti,  a  line  di 
renderli  così  più  soggetti  col  terrore,  e  mostravano 
le  animucce  e  le  venivano  indicando  col  nome  più  ca- 
pace di  esser  compreso  da  ciascun  uditore  :  —  Questo 
è  il  tale,  quello  è  il  tale  altro  ;  —  d'  onde  nacque  tra 
di  noi  il  volgar  proverbio:  Li  Gesuiti  ti  faranno 
dijyingcrc  a  ca'  del  diavolo.  Mi  raccontò  un  giova- 
netto, il  quale  studiava  giurisprudenza,  di  esservi 
stato  condotto,  e  che  nel  mostrargli  le  anime,  gli  fu 
detto  :  —  Quello  è  Alberico  Da  Rosate  ; 1  quell'altro  Ro- 
seto ; 2  quello  Covarruvias  ;  —  e,  che  più  mi  sembra  no- 
tabile, in  certo  spazio  non  per  anche  acceso  da  fiam- 
me e  capace  di  una  sola  animuccia  :  —  Quello  è,  di- 
cevasi,  il  luogo  che  aspetta  il  Menochio  ;  -  -  giacche 
il  Menochio  era  allora  in  vita.  Queste  sono  cose  da 
ridere,  ma  con  tali  ridicolezze  essi  intanto  ci  ven- 
gono tiranneggiando. 

1  Questo  dotto  giureconsulto  bergamasco,  amico  di  Bar- 
tolo, scrisse  commenti  reputatissimi,  sul  sesto  libro  delle  De- 
cretali.Vedi  la  nota  3  alla  lettera  CXXI,  pag.  5  di  questo  voi. 

2  Dovrebbe  qui  parlarsi  di  quell'  Antonio  Roselli  are- 
tino, che  essendo  già  stato  ai  servigi  dei  pontefici  Mar- 
tino V  ed  Eugenio  J  V,  andato  per  essi  in  diverse  ambasce- 
rie, e  avendo  composto  un  libro  (come  oggi  direbbesi)  codi- 
nissimo,  De  potestate  papce  et  imperatoris  ;  sdegnato  poi 
per  non  avere  ottenuta  la  porpora,  accettò  una  semplice 
cattedra  in  Padova,  e  ne  scrisse  un  altro  De  monarchia, 
contro  le  pretensioni  della  corte  romana. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  31 

Mi  fu  grato  quant'  Ella  mi  significa  intorno  al 
giureconsulto  Batavo  :  gioverebbe  assaissimo  alle 
cose  nostre  che  questo  libro  qua  si  vedesse,  ed  io  darò 
opera  che  ci  venga  condotto  per  mare;  il  che  av- 
verrà facilmente,  avendo  io  là  molti  amici. 1  Solo  la 
prego  di  farmi  sapere  il  nome  dell'  autore,  il  titolo 
del  libro  e  il  luogo  della  stampa. 

Dell'  Arresto  di  Chàtel  mi  maraviglio  che  tanto 
abbiano  differita  la  censura.  Si  dice  che  vi  sia  que- 
sta proposizione  :  Che  non  vita  re  nella  Chiesa,  prima 
che  venga  approvato  dal  papa  ;  proposizione,  certo, 
contraria  alla  parola  di  Dio  ;  eresia  condannata  dai 
sacri  decreti  :  e  tuttavia,  cotesta  proposizione  è  il 
primo  articolo  della  fede  curiale.  Sono  stato  troppo 
prolisso  e  molesto.  Finisco  con  pregarla  di  scusarmi 
o  di  continuare,  siccome  è  solita,  ad  amarmi. 
Di  Venezia,  li  2  marzo  1610. 


CXXIX.  —  A  Giacomo  Giìlot.2 

Soglio  ricevere  le  lettere  di  costì  dopo  15  o  16  gior- 
ni ;  ma  la  sua  ultima  dei  31  gennaio  mi  fu  recapi- 
tata il  dì  primo  del  corrente.  Ciò  che  le  scrissi  in- 
torno alle  potestà  per  le  quali  si  amministra  questo 
inondo  e  insieme  il  regno  dei  cieli,  era  stata  per 
lo  avanti  una  mia  semplice  opinione  :  ora  che  la  vedo 
approvata  da  lei  e  confermata   altresì  con  ragioni. 

1  Lasceremo  che  i  detrattori  del  Sarpi  si  sollazzino  a 
lor  posta  facendo  invettive  contro  queste  sue  molte  ami- 
cizie in  paesi  di  protestanti. 

-  Pubblicata,  in  latino,  come  sopra,  pag.  11. 


32  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

diverrà  pure  una  mia  credenza.  EU'  ha  per  me  l' au- 
torità di  un  intero  teatro,  e  dei  più  numerosi. 

Leggerò  più  attentamente  la  scrittura  del  signor 
Richer,  che  in  tanta  ristrettezza  di  tempo  ho  scorsa 
appena  coli'  occhio.  Frattanto  la  prego  di  volerlo  rin- 
graziare e  salutare  in  mio  nome. 

Non  posso  dissentire  da  lei  per  ciò  che  spetta  al 
re  della  Gran  Brettagna  :  egli  ha  dallo  studio  delle 
lettere  guadagnato  questo,  cioè  di  non  poter  essere 
raggirato  dagli  scaltri  ;  malattia  di  cui  molti  prin- 
cipi, con  loro  gran  danno,  furono  travagliati.  Egli 
però,  per  certa  libidine  dell'  umano  ingegno,  è  tratto 
a  voler  ostentare  eccellenza  nell'arte  altrui,  piuttosto 
che  nella  sua  propria;  e  quindi,  come  sembra,  antepone 
un  gran  dottore  a  un  gran  monarca.  Diceva  già  Se- 
neca :  —  Niuna  cosa  mi  pare  più  impotente  di  una 
legge  la  quale  comanda  per  via  di  premio,  e  non 
giunge  a  persuadere.  —  Ora,  che  mai  direbbe,  se  avesse 
veduta  una  legge  sorretta  da  un'  apologia,  e  questa 
prolissa  e  presa  dall'Apocalisse?  L' autore  nel  libro 
Tortura  Torti  lo  ammonì  bene  dopo  il  fatto  :  quelle 
cose  che  colla  penna  aveva  intraprese,  spingesse  in- 
nanzi collo  scettro  ;  come  a  dire,  se  avesse  scritto  pri- 
ma di  lui  :  che  col  solo  scettro  operasse,  lasciando  staro 
agli  altri  la  penna.  Vedete  quel  Cesare,  mentre  arde 
e  barcolla  la  Germania,  e  la  sua  casa  sta  per  andare 
in  rovina,  spregiar  1'  arte  del  regnare  e  darsi  l' aria 
di  un  grande  astrologo  ! 1  Ricordate  Nerone,  il  quale. 

1  La  freccia,  chi  noi  sapesse,  è  scagliata  eontro  l' im- 
peratore a  quei  di  regnante,  Ridolfo  II  ;  il  quale  amando 
le  scienze,  e  soprattutto  l' astronomia,  non  andò  esente 
dalle  superstizioni  del  secolo,  e  lasciò  infondersi  da  Ti- 
cone-Brahe  la  credenza  nell'  astrologia  giudiziaria.  Peggio 
poi  che,  pei  terrori  che  questa  ispiravaglì,  si  sequestrò  in 


LETTERE  DI  FEA  PAOLO  SARPI.       33 

morendo,  compativa  al  popolo  romano,  perchè  per- 
deva un  sì  gran  citarista  !  Una  gran  virtù  si  è  il 
sapere,  nella  commedia  del  mondo,  rappresentare  la 
parte  sua  propria,  ed  astenersi  dall'altrui. 

Non  potei  peranche  leggere  tutto  il  libretto  del 
signor  Coeffetau  : l  pochi  fogli,  e  tra  questi  i  primi, 
ne  percorsi  con  fretta.  Mi  sorprese  l' eleganza  del  par- 
lare, ancorché  in  lingua  per  me  straniera  ;  e  per 
tal  conto,  io  lo  stimo  grandemente.  Quanto  però  alla 
modestia,  ripeterei  quello  che  nelle  favole  si  dice 
fosse  detto  al  gallo  :  —  Tu  bensì  canti  bene,  ma  raz- 
zoli male.  —  Pare  che  il  Bellarmino  si  proponga  di 
ingiuriare  il  re;  ma  costui  (eh' è  peggio  assai)  di 
schernirlo.  Che  cos'  è  di  fatto,  se  non  una  irrisione, 
il  dire  al  re  :  la  Chiesa  non  aver  mai  armato  i  sud- 
diti contro  i  re,  né  mai  aver  teso  loro  insidie;  come 
se  quegli,  delle  istorie  perito  e  consapevole  delle  cose 
che  accaddero  nel  suo  tempo,  sia  nondimeno  per 
credere  ciò  che  con  tanta  facondia  vuol  proclamarsi  : 
cioè  che  a  mezza  notte  il  sole  risplenda  ?  Il  Bellar- 


certa  guisa  dal  mondo,  ricusando  di  dare  udienza  a'  suoi 
ministri  e  fino  agli  ambasciatori  stranieri.  Le  contese 
eh'  egli  ebbe  per  tutta  la  vita  col  suo  fratello  Mathias  e 
con  altri  della  famiglia,  procedettero  in  gran  parte  dal- 
l' essergli  stato  predetto,  che  i  suoi  giorni  verrebbero  messi 
a  pericolo  da  un  principe  del  suo  sangue. 

1  II  Sarpi  latinizzava,  o  gli  editori  sconciavano  quel 
nome  in  Coiffeta.  Parlasi  di  Niccola  Coeffetau,  famoso 
teologo  controversista  di  quel  secolo,  pieno  di  controversie. 
Era  domenicano,  ma  il  suo  zelo  gli  fruttò  la  dignità  epi- 
scopale, ed  anche  la  nomina  alla  sede  di  Marsiglia.  Morì, 
di  soli  49  anni,  nel  1623.  Aveva  scritto  non  solamente  una 
Risposta  al  re  della  Gran  Brettagna,  ma  altre  eziandio 
contro  il  Duplessis-Mornay  e  contro  Marcantonio  De  Do- 
minis.  Le  sue  opere  sono  ancora  da  altri  lodate  per  di- 
gnità ed  eleganza. 

Sarpi.  —  II.  5 


34  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

mino  non  osò  pronunziare  la  sua  sentenza,  per  non 
offendere  i  principi  italiani,  e  lo  stesso  re  di  Spa- 
gna; i  quali  sa  bene  aver  sopportato  a  malincuore 
le  cose  che  nella  nostra  controversia  vennero  scio- 
rinate contro  la  dignità  de'  principi  :  laonde  egli 
vanta  sibbene  la  potestà  del  papa  sui  principi  ere- 
tici ;  ma  convien  guardarsi  dal  credere  eh'  egli  ciò 
faccia  per  volerla  negare  sugli  altri.  Un  autore  ge- 
suita non  è  mai  da  leggersi  senza  aver  presente  la 
dottrina  dell'  Ordine,  anzi  la  professione  che  fanno 
di  far  uso  continuo  dell'  equivoco  e  della  restrizione 
mentale.  E  se  vorrete  por  mente  a  ciò  che  già  scrisse 
di  Richeome,1  non  mai  crederete  il  Bellarmino  auto- 
re di  una  sentenza  così  moderata,  come  quella  di 
cui  vuol  farsi  bello  nell'Apologia.  Questo  dissi  per 
concluderne,  che  se  Ella  notò  specialmente  que'  due 
luoghi  dove  conferma  la  potestà  somma  dei  re. 
l'autore  stesso  se  mai  gli  accada  di  correggersi  in 
guisa  che  il  suo  vero  pensiero  spicchi  fuori  da- 
gl'  involucri  delle  parole,  ci  farà  udire  in  quel  libro 
stesso  le  cose  più  portentose. 

E  poiché  siamo  alle  mani  co'Gesuiti,  le  dirò,  quan- 
to al  Mariana,  che  mi  sono  altre  volte  maravigliato 
come  uomini  così  prudenti  abbiano  posto  a  luce  un 
libro  di  tal  fatta,  non  punto  meno  empio  di  quello 
del  Machiavelli.2  Ma  dei  sette  trattati  che  la  romana 

1  Altro  controversista,  che  vestì  panni  gesuitici. 

-  Si  allude  al  famoso  trattato  di  Giovanni  Mariana  di 
Talavera,  che  porta  il  titolo  De  rege  et  regis  iiìstitutione, 
nel  quale  apertamente  sostiene  il  regicidio  e  difende  Gia- 
como Clement  •,  onde  fu  censurato  dalla  Sorbona  e  con- 
dannato alle  fiamme  dal  Parlamento  di  Parigi.  Nel  parlare 
del  Machiavelli,  si  vede  come  qui  il  Sarpi  segua  le  volgari 
opinioni.  È,  poi,  deplorabile  che  un  ingegno   come   quello 


LETTERE  M  FRA  PAOLO  SARPI.  33 

censura  proscrisse,  desidero  eli'  Ella  sappia,  altra  es- 
sere di  ciò  la  causa  ed  altro  il  pretesto.  Il  pretesto 
è,  perchè  nel  Trattato  della  immortalità,  fu  ardito 
di  difendere  la  sentenza  de' Gesuiti,  de  divino  auxilio 
efficaci;  come  se  ciò  non  fosse  lecito,  finche  la  lite 
pende  innanzi  al  pontefice  :  la  causa  vera  però,  per- 
chè stabilì,  contro  il  Baronio,  l' andata  di  San  Gia- 
como nella  Spagna.  È  un  nuovo  arcano  della  curia 
romana,  che  il  Baronio  debba  tenersi  come  un 
•  vangelista.  La  Inquisizione  romana  scrisse  a  tutti 
i  suoi  ministri  per  l'Italia,  pongano  ben  mente  che 
in  qualunque  materia  non  si  pubblichi  cosa  alcuna 
contro  il  Baronio;  e  ciò  mantengono' religiosamente, 
perchè  neppure,  anche  trattando  delle  cose  de'  Gen- 
tili, sia  mai  lecito  il  contraddirlo. 

Troppo  1'  ho  trattenuta,  come  sedotto  dalle  at- 
trattive dell'  argomento,  e  immaginando  quasi  di  fa- 
vellarle di  viva  voce.  La  prego  di  scusare  la  mia 
importunità,  e  di  avermi  a  lei  obbligato  per  guisa, 
da  dipendere  più  da  lei  che  da  me  stesso.  Prego 
Iddio  che  la  mantenga  sana  lungamente,  e  a  me 
doni  forze  e  somministri  occasioni,  perle  quali  pos- 
sa mostrarmele  non  inutile  servitore.  Stia  spaia. 

Di  Venezia,  li  2  marzo  1610. 


■  lei  Mariana  si  facesse  mancipio  della  setta  lojolitica,  giac- 
ché la  Storia  di  sua  nazione,  composta  egualmente  in  la- 
mio e  spngnuolo,  ed  altre  sue  opere,  lo  costituiscono  tra 
i  più  eminenti  pensatori  e  scrittori  della  Spagna. 


36      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

CXXIX.  —  (D'  ignota  direzione.) 1 

Non  potei  avere  per  lo  spaccio  passato  le  semenze 
di  cavoli  fiori,  come  io  desideravo  :  ora  le  mando,  in- 
sieme con  l' istruzione  dell'  adoperarle.  Le  dirò  di 
nuovo,  eh'  è  stato  eletto  per  ambasciatore  costà,  per 
dar  cambio  all'  illustrissimo  Foscarini,  il  cavaliere 
Giustiniano,  che  fu  ambasciatore  in  Inghilterra  ;  sog- 
getto molto  degno,  qual  tengo  anco  che  sarà  di  molta 
soddisfazione. 

Delle  cose  del  mondo,  che  altrove  sono  in  tanto 
movimento,  noi  non  participiamo  alcuna  mutazione. 
Non  furono  mai  le  cose  d' Italia  più  quiete  di  quello 
che  al  presente,  ne  noi  siamo  stati  in  maggior  spe- 
ranza di  lunga  pace  di  quel  eh'  adesso. 

Io  credo  veramente,  che  1'  orazione  di  monsieur 
di  Bossize  sia  degna  d'  esser  veduta,  credendo  anco 
insieme  che  le  cose  dette  da  lui  e  non  scritte,  siano 
le  migliori,  perchè  è  necessario  tener  segrete  le  più 
forti  ragioni. 

L'  ambasciator  nuovo  per  costì  è  uomo  di  molta 
capacità,  prudente  e  savio,  ma  papista  ;  e  non  per 
ignoranza,  ma  per  elezione  :  onde  merita  tanto  più 
esser  guardato.  Fra  Paolo  ha  con  lui  corrispondenza 
pubblica,  ma  in  segreto  confidenza  nessuna.  Egli 

1  Trovasi  nell'  edizione  di  Ginevra  ec.,  pag.  596.  —  Se 
alcuna  lettera  è  nella  nostra  collezione  di  cui  possa  dubitarsi 
non  essere  scritta  dal  Sarpi,  questa  tra  le  siffatte  è  certo 
la  principale.  E  ciò  non  tanto  pel  parlarsi  di  lui  in  terza 
persona,  ma  per  la  imprudenza  dei  prognostici  o  delle  ri- 
velazioni che  nella  fine  si  trovano.  Manco  male  se  ci  aves- 
sero detto  che  una  tal  lettera  venne  deeiferata,  per  essersene 
trovata  la  chiave  ! 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  37 

procurerà  di  aver  conversazione  con  protestanti,  con 
Casaubono,  e  con  il  signor  ***;  quali  faranno  bene 
aver  pratica  sua,  ma  con  cauzione.  Questo  V.  S. 
avviserà  a  monsieur  de  l' Isle. 

Del  duca  di  Savoia,  facendo  guerra,  sia  certa 
«li  buona  corrispondenza  e  intelligenza  ;  ma  senza 
guerra,  sicuramente  vi  mancherà.  E  questo  V.  S. 
tenga  per  sicuro  e  certo,  che  viene  di  chi  ne  ha 
interna  cognizione.  Non  stima  tutti  li  denari  del 
mondo  ;  vuol  paese. 

Quanto  al  papa,  quello  che  scrive  V.  S.  aver 
dato  disgusto  al  re,  è  verissimo  ;  e  abbia  per  certo, 
che  è  sempre  di  Spagna.  La  Repubblica  un  anno 
starà  senza  partito,  e  poi  assisterà  a  chi  tratterà 
fare  un  duca  di  Milano.  Queste  cose  abbia  per  se- 
crete.  Io  mi  confermo  di  V.  S.  ec. 

Di  Venezia,  il  1G  marzo  1610. 


CXXX.  —  Al  signor  de  V  Me  Grosìot.1 

Quella  di  V.  S.  delli  17  febbraio,  mostra  con 
quanta  perspicacia  Ella  esamini  le  cose  umane,  e 
quanto  sia  acuto  il  suo  giudicio  in  penetrarle.  Io 
veramente,  conforme  a  quello  che  V.  S.  giudica,  sa- 
rei di  parere  quasi  risoluto,  che  non  dovesse  esser 
guerra,  poiché  non  è  dubbio  esser  abborrita  da  chi 
ha  in  potere  il  farla  o  non  :  ma  perchè  Dio  conduce 
spesso  gli  uomini  a  fine  contrario  al  loro  disegno, 
per  questa  causa  resto  con  qualche  sospensione. 

Li  medesimi  avvisi  della  buona  disposizione  dei 

1  Stampata  in  Ginevra  ec,  pag.  230. 


38      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

principi  di  Germania  ad  intendersi  insieme,  sono 
anco  qua,  e  tenuti  per  certi.1  Nondimeno,  ancora  la 
maggior  parte  reputa  che  si  debba  venir  a  conclu- 
sione delle  cose  di  Giuliers  senza  guerra;  e  questo 
perchè  li  Spagnuoli  non  vogliono,  e  gli  altri  Austriaci 
senza  loro  non  possono  implicarvisi  ;  e  sempre  che 
una  parte  vuol  cedere,  1'  altra  è  costretta  a  cessar 
dalla  guerra. 

Il  cardinale  Delfino 2  è  venuto  a  Venezia  più  per 
gli  affari  particolari  di  casa  sua,  che  per  altro, 
di'  egli  sia  per  muover  parola  in  loro  favore,  V.  S. 
non  lo  creda,  perchè  ne  egli  lo  farebbe,  né  alli  Pa  - 
dri  riuscirebbe  in  alcun  conto.  Dio  guardi  che 
entrasse  in  pensiero  di  confermare  il  loro  bando, 
perchè  questo  sarebbe  un  metter  in  dubbio  la 
ferma  validità  del  già  fatto  ;  il  quale  è  con  tanta 
solennità  e  strettezza,  che  chi  pensasse  aggiungerne 
di  maggiore,  la  diminuirebbe.  Per  ancora  di  loro 
non  è  stato  parlato.  Vero  è  che  spesse  volte  hanno 
tentato  di  entrare  nello  stato  di  Urbino,  e  quel  duca 
non  ha  consentito  loro  l' ingresso,  se  bene  li  ha  ono- 
rati eccessivamente  :  uè  di  ciò  allega  altra  causa, 
se  non  che  li  popoli  suoi  sono  poveri,  e  non  potreb- 
bono  sostener  quella  spesa.3  Il  che  non  è  falso,  perchè 
quei  popoli  sono  dei  più  poveri  d' Italia  ;  e  se  li  Padri 
siano  di  molta  o  poca  spesa,  Vostra  Signoria  lo  sa.4 

1  L'  anteriore  stampa  legge  :    «  per  arti.  » 

2  Veneziano,  ed  uno  dei  cardinali  intervenuti  al  con- 
clave nel  quale  fu  eletto  Leone  XI.  «  In  loro  favore,  « 
due  righe  appresso,  è  da  intendersi  :  in  favore  de'  Gesuiti, 
che  non  lasciavano  di  procacciare  con  ogni  mezzo  il  loro 
ritorno  a  Venezia. 

3  Vedasi  la  nota  1  alla  pag.  209  del  toni    I. 

4  Sono  bene  di  poca  spesa  (tre  buoni  franchi  al  gior- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.       39 

10  sto  con  grandissima  attenzione  a  vedere,  se  la 
guerra  si  rompesse  tra  noi  e  li  loro  amici,  come 
essi  si  porterebbono   con  noi,  e  come  noi  con  loro. 

Sino  al  presente  ho  creduto,  che  il  principe  di 
Concie  avesse  qualche  fondamento  della  sua  azione  : 
or  credo  tutto  il  contrario,  e  non  gli  pronostico  così 
poca  mala  ventura,  come  già  a  Carlo  della  mede- 
sima casa.  Se  il  marchese  di  Cceuvre  sarà  fatto  ma- 
resciallo, si  potrà  dire  :  Primum,  species  dìgna  est 
imperio. 

Credo  che  V.  S.  avrà  ricevuta  la  cifra,  la  quale 
però  io  non  adopererò  prima  che  non  abbia  da  lei 
avviso  certo.  Quello  che  li  manderà  la  presente,  le 
dirà  anco  qualche  cosa  di  quel  che  le  scrivo. 

11  signor  Domenico  Molino  e  il  padre  maestro 
Fulgenzio  li  baciano  la  mano. 

Di  queir  altro  Fulgenzio  non  si  parla  più.  e 
credo  che  per  lui  il  mondo  sarà  presto  finito.  Quel- 
1"  altro  Àlarc'Antonio,1  che  partì  di  qua  quando  V.  S. 
vi  si  ritrovava,  è  in  malissimo  stato,  per  non  avere- 
di  che  vivere,  e  per  il  timore  eh'  il  male  d'  altrui 
gì'  insegna  avere.  Prego  Dio  che  li  doni  pazienza  : 
il  quale  anco  prego  che  doni  a  V.  S.  ogni  contento 
di  spirito,  e  grazia  di  vedere  qualche  riformazione 
delli  nostri  abusi,  li  quali  sono  della  natura  di  che 
-dice  Ippocrate:  Quce  pharmacum  non  curai,  ferrimi 
curai.  Con  che  le  bacio  la  mano. 

Insieme  con  la   primiera,  verrà  la  risposta  del 

no)  le  loro  novelle  figliuole,  dette  Suore  della  Carità,  die 
oggi  servono  santamente,  e  per  mèra  e  schietta  penitenza, 
negli  Spedali  d' Italia  ! 

'  Sospettiamo  che  dehha  leggersi  «  Pietr'  Antonio,  «  e 
che  voglia  parlarsi  dell'  arcidiacono  Rubetti  \  di  cui  vedi 
la  Lettera  XL1V  ec. 


40       LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

gentiluomo  Inglese  a  quella  che  mandò  V.  S.  Quel 
Vincenzo  Lucconi   agente  di  Mantova,1  è  mandato 
dal  suo  padrone  per  negozi  a  Praga. 
Di  Venezia,  il  16  marzo  1610. 


CXXXI.  —  A  Giacomo  LescJiassier.* 

Le  sono  moltissimo  obbligato  per  avermi  tras- 
messo il  processo  verbale  circa  alla  causa  del  prete 
costì  ucciso.  Su  quel  che  la  S.  V.  mi  scrisse  intorno 
alla  degradazione,  già  feci  in  altre  mie  ringrazia- 
menti, se  non  pari  al  merito,  almeno  per  quanto 
seppi  fare. 

Fino  a  qui  non  andò  perduta  alcuna  lettera 
sua,  e  l' ebbi  tutte  ;  ma  Ella  non  può  essere  avvisata 
così  per  fretta  del  loro  ricevimento.  Io  riscrivo  sem- 
pre per  lo  stesso  corriere,  qualunque  siasi  l'angu- 
stia di  tempo  in  cui  versi;  ma  il  corriere  che  di 
costà  viene,  non  giunge  qua  che  dopo  18  giorni,  e 
però  non  può  far  ritorno  in  coteste  parti,  che  nello 
spazio  di  42  giorni.  M'accorgo  che  Ella  ha  sempre 
avuto  in  tempo  le  lettere  mie  :  io,  peraltro,  ho  rice- 
vuto talora  le  sue  30  giorni  dopo.  Questo  dico  per 
ispiegare  la  cagion  del  ritardo  in  alcune  mie  re- 
sponsive. Le  scriverò,  giusta  la  commissione,  valen- 
domi del  signor  Castrino. 

Il  corriere  precedente  recommi  le  osservazioni  che 
la  S.  V.  ha  tratto  dal  Rebouff3  sulle  riserve;  e  per  lo 

1  Di  questo  agente,  senza  però  dirne  il  nome,  parlasi 
anche  nella  Lettera  CXXIV. 

-  Edita,  in  latino,  tra  le  Opere  ec ,  pag.  75. 

3  Giureconsulto  francese,  autore  di  un'  opera  intitolata  : 
Praxis  beneficìorum,  e  d'altre;  morto  in  Parigi  nel  1557. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      41 

stesso  feci  risposta.  Dal  punto  delle  riserve  dipende 
la  salvezza  di  questa  Repubblica.  Ella  sa  quanto 
sia  difficile  a  guarire  un  morbo  che  non  è  sentito 
dall'ammalato,  e  si  scambia  anzi  dallo  stesso  per 
buona  salute  :  i  rimedii  anche  più  necessari  e  salu- 
tiferi si  hanno  a  schifo.  In  prima,  bisogna  studiarsi 
di  fargli  conoscere  il  male;  e  in  ciò  io  mi  affatico, 
dimostrando  quanto  sia  grave  danno  lo  avere  nelle 
proprie  città  e  terre,  numerose  e  ricche  persone  che 
si  professano  obbligate  di  ogni  lor  bene  a  straniero 
imperante,  che,  senza  crescere  materialmente  i  con- 
fini, può  della  sua  gran  potenza  farsi  così  una  leva 
alla  signoria  universale.  Quanto  poi  al  vederci  un 
modo  d' uscita,  parlerò  franco  colla  S.  V.  Se  durerà 
in  Italia  questa  pace,  o  più  veramente  codardia  di 
schiavi,  non  ci  spero  ;  se  poi  ci  sveglierà  la  guerra, 
allora  sì.  Dunque  sta  a  voi.  Io  prego  Dio  che  vo- 
glia far  nascere  quel  che  è  per  tornare  in  sua  mag- 
gior gloria.  Ma  da  parte  sì  gravi  cose,  e  veniamo 
alle  generali. 

Sa  che,  or  fanno  due  anni  e  più,  fu  dagli  Olan- 
desi scoperto  un  istrumento,  pel  quale  si  vedono 
cose  lontane,  che  altrimenti  o  non  apparirebbero  o 
solo  con  oscurezza.  Di  questo  trovato  un  nostro  ma- 
tematico di  Padova  e  altri  Italiani  intendenti  della 
materia  principiarono  a  valersi  per  l'astronomia,  e 
dalla  esperienza  avvalorati,  lo  ridussero  più  adatto 
e  perfezionato.1  Tale  istrumento  è  composto,  come 
Ella  sa,  di  due  lenti  (costà  le  chiamano  lunette) , 


1  Vedasi  il  tom.  I,  pag.  181  e  279.  Dalle  parole  del 
Sarpi  può  argomentarsi,  come  gli  studi  e  gli  esperimenti 
dei  nostri  su  tal  materia,  in  poco  più  di  sei  mesi  avessero 
progredito. 


42      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

sferiche  ambedue,  ma  1'  una  di  superficie  convessa 
e  concava  l'altra.  La  prima  ha  una  sfera  con  dia- 
metro di  6  piedi  ;  la  seconda  una  sfera  con  diame- 
tro di  larghezza  inferiore  a  un  dito.  Di  queste  com- 
ponesi  un  istrumento  di  circa  4  piedi  di  lunghezza, 
pel  quale  vedesi  tanta  parte  dell'oggetto,  die  se  si 
riguardasse  ad  occhio  naturale,  perverrebbe  a  6  mi- 
nuti. Applicato  poi  lo  strumento,  vedesi  sotto  l' an- 
golo maggiore  di  tre  gradi.  Queste  cose  sonosi  os- 
servate in  Toscana  nella  stella  di  Giove,  nelle  co- 
stellazioni delle  Fisse;  e  V.  S.  le  leggerà  nell'opu- 
scolo che  a  nome  mio  le  offrirà  il  signor  Legato. 
con  parecchie  altre  stupende  cose,  su  cui  farò  parola 
altra  volta.  Non  si  maravigli  a  vedere  le  stelle  gi- 
rare attorno  Giove  in  così  breve  intervallo,  perocché 
fissando  gli  occhi  in  Giove,  la  distanza  della  luna 
dalla  terra  non  passa  minuti  primi  31,  e  lo  stesso 
corpo  della  luna  non  apparisce  maggiore  di  minuti 
secondi  17.  Tanto  partecipi,  se  le  piace,  al  signor 
Aleaume,  che  forse  n'  avrà  piacere.  La  prego  di  con- 
tinuare ad  amarmi,  e  a  tenermi  a  Lei  obbligato  per 
molte  ragioni.  E  stia  sana. 

Venezia,  1G  marzo  1610. 


CXXXII.  —  Al  medesimo.1 

Delle  lettere  di  V.  S.  prendo  tal  piacere  e  pro- 
fitto, che  la  loro  mancanza  mi  sarebbe  all'  animo 
importabile  cruccio  ;  e  quantunque  non  ci  sia  dato 
sempre  valerci  della  opportuna  occasione  che  fin  qui 

1  Stampata,  come  sopra  *,  pag.  76. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.       43 

ne  ha  porto  l' illustrissimo  signor  Legato,  tuttavia 
spero  che  se  ne  presenteranno  continuamente  delle 
altre.  Ora  sono  in  faccende  col  signor  Castrino  per 
trovare  un  modo  pratico  da  servire  almeno  un  anno. 
In  questo  mentre,  col  divin  beneplacito,  altre  si  pre- 
senteranno. 

Al  presente  son  tutto  intorno  alle  materie  bene- 
ficiali, e  mi  lusingo  di  metter  riparo  non  solo  a 
quegli  sconci  che  si  reputano  degni  di  cura,  ma  forse 
ad  altri  ancora.  Parmi  che  Covarruvias  abbia  inteso 
pel  suo  verso  la  cosa,  parlandone  però  a  quel  modo 
che  consentivano  i  tempi  e  costumi.  Io  odio  sopra 
ogni  credere  quegli  artefici  spagnuoli.  Perocché,  qual 
bisogno  v'  ha  d'  andar  dicendo  che  alcuna  cosa  può 
imprendersi  in  ragion  di  fatto,  non  di  diritto,  o  in 
maniera  straordinaria,  non  ordinaria,  come  porta 
tutto  il  capo  35  di  Covarruvias  ?  Non  è  cosa  più  ra- 
gionevole e  alla  Ptepubblica  più  conveniente,  che  il 
necessario  a  farsi  si  stabilisca  piuttosto  per  legai  giu- 
dicato, che  di  privata  autorità?  Io  sempre  ho  più  pre- 
giata la  consuetudine  francese  ;  che  mi  pare  più  salda 
e  non  conducente  a  disordini.  Fa,  invero,  alle  pugna 
col  giure  delle  genti  una  conclusione  siffatta;  che. 
cioè,  quel  eh'  è  necessario  a  farsi  e  nasce  da  un  In- 
sogno pubblico,  per  dritto  non  ci  sia  permesso  di 
farlo,  e  pure  si  possa  fare.  Cotesti  ragionamenti  mi 
sembrano  simili  a  quelli  di  coloro  che  cercano  se,  a 
salute  dell'  anima,  sia  lecito  commettere  un  peccato  : 
giacché,  se  s' adopera  a  salvar  l' anima,  per  ciò  stesso 
non  si  fa  peccato;  e  se  peccasi,  questo  non  riesce 
davvero  a  salvazione  dell'anima. 

Ebbi  le  sue  osservazioni  sulla  degradazione,  come 
ho  detto  in  altre  mie.  La  cosa  va  proprio  coni'  Ella 


44  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

rappresenta  ;  i  chierici  hanno  sempre  in  serbo  di  nuovi 
sofismi  per  deludere  l' autorità  dei  magistrati.  Se  ot- 
tenessero quello  che  chiedono  in  tal  causa,  starebbe 
senz'altro  in  loro  arbitrio  l'approvare  o  rifiutare  le 
sentenze  di  quelli.  A  me  ha  recato  assai  molestia 
1'  udire  che  i  vostri  preti  esigono  dagl'  inferiori  il 
giuramento  di  osservare  il  Concilio  Tridentino  ;  in 
quanto  che  temo  da  questi  principii,  che  abbiano 
finalmente  ad  appioppacela  di  viva  forza.  E  se  ci  rie- 
scono, noi  non  avremo  più  modo  a  rintuzzar  quella 
forza  che  gli  -vorrebbero  dare  in  Italia,  facendone  la 
legge  suprema.  Ma  che  mostruosità  è  mai  questa, 
che  s'abbiano  a  imporre  giuramenti  ostili  ai  ve- 
scovi, al  papa  e  ai  regnanti  ?  Qui  apparisce  un  certo 
tal  quale  spregio  delle  divine  cose.  Da  noi,  la  ro- 
mana curia  costringe  i  vescovi  e  gli  abati  a  giurare 
sulle  parole  del  pontefice;  giuramento  che  è  in  voga 
per  le  feudalità:  ma,  del  resto,  innanzi  a  principi 
non  emettono  giuramenti.  Che  se  potessimo  (come 
ragion  vorrebbe)  reputare  i  prelati  sciolti  da  quel 
giuramento,  forsechè  ne  seguirebbe  alcuna  modera- 
zione di  quella  romana  strapotenza  ;  giacché  se 
quello  che  a  parole  giurassero,  in  fatti  non  mantenes- 
sero in  alcun  modo,  ciò  tornerebbe  a  gravissimo 
scandalo  dei  popoli. 

Rispetto  a  ciò  eh'  Ella  scrive  circa  l' avvocato  con- 
cistoriale, il  quale  prova  le  riserve  da  questo,  che 
tutt'uno  sia  il  concistoro  di  Dio  e  quello  del  papa, 
non  le  rechi  maraviglia  di  sorta.  Noi  siamo  ingom- 
bri fino  agli  occhi  di  simili  libri.  Oggimai  tutte  le 
quistioni  si  troncano  per  siffatte  ipotesi:  il  papa  è 
un  secondo  Dio,  e  può  quello  che  Iddio  stesso  ;  d' in- 
giusta può  tramutare  in  giusta  una  cosa;  ogni  di- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  45 

ritto  egli  annida  nell'  alto  petto  :  e  cotali  altre  as- 
serzioni, le  quali  se  fossero  conformi  al  vero,  con 
ragione  dovremmo  noi  soffrii*  taccia  d'  empietà,  la 
quale  pur  ci  è  senza  fondamento  addossata,  per  aver 
sostenuta  la  ragionevolezza  del  restringere  tra  qual- 
che limite  questa  tremenda  e  strabocchevole  potenza. 

Se  le  cose  in  Italia  usciranno  dallo  stato  odierno 
d' immobilità,  bisogna  aspettarsi  che  tutto  fra  breve 
si  ricomponga  in  meglio.  Scrissi  al  Menino  in  Padova,1 
dove  al  presente  dimora.  A  ragione  V.  S.  gli  vuol 
bene  :  com'  Ella  trovò  schiettezza  nelle  sue  lettere,  così 
faccia  conto  essere  in  lui  bontà  d' indole  e  di  co- 
stume. Amerei  vederlo  occupato  nell'  esame  delle 
Pandette  ;  è  questo  il  suo  compito  naturale.  L' inca- 
rico di  decifrare  il  vecchio  giure  ecclesiastico,  sic- 
come riuscirebbe  nuovo  in  Italia,  così  vorrebbe  un 
uomo  che  più  valesse  per  saldezza  d'  animo  e  coe- 
renza di  principii,  che  per  eloquenza.  A  voi  altri 
toccherebbe  darci  alcun  che  di  simile  a  Cuiacio. 
Duareno,  o  (parlando  più  a  proposito)  al  Leschas- 
sier  :  ma  questo  è  meglio  da  desiderare  che  da  spe- 
rarsi, se  non  ci  soccorre  la  Divina  Bontà,  in  cui  soln 
devesi  aver  fiducia. 

Qui  ha  preso  forza  la  voce,  che  il  re  Cristianis- 
simo faccia  apparecchio  di  grandi  forze  militari  :  il 
che  se,  come  penso,  si  confermerà,  a  molti  cangia- 
menti andremo  incontro  ;  e  neppure  le  cose  ecclesiasti- 
che ne  andranno  esenti,  per  quanti  sforzi  altri  possa 
opporre.  Il  partito  che  prenderà  il  re  verrà   osteg- 

1  Professore  di  leggi  e  autore,  non  troppo  coraggioso, 
di  caustiche  scritturelle,  di  cui  parlasi  nel  tom.  I,  pag.  78 
e  in  altri  luoghi.  Ma  peggio  che  in  questa,  lo  vedremo 
trattato  nella  seg.  Lettera  CXXXVI. 


40  LETTERE  DI  FKA  PAOLO   SARPI. 

giato  dalla  curia  romana;  la  quale  porrà  mano  ai 
fulmini.  In  tanta  contraddizione  di  animi,  non  potrà 
lungamente  mantenersi  la  concordia  nel  governo 
della  Chiesa.  Passi  per  congettura  ;  ma  quantunque 
la  Francia  non  assaggi  la  guerra,  pure  eviterà  quei 
rimescolamenti  che  sono  frutto  delle  discordie.  Faccia 
Dio  che  ogni  evento  partorisca  a  lui  gloria;  ed  io 
lo  prego  perchè  sempre  protegga  la  S.  V.  eccellen- 
tissima, e  mi  dia  forze  a  chiarirmele  non  disutile 
servitore.  E  stia  sana. 

Venezia,  30  marzo  1610. 


CXXXIII.  —  Al  signor  De  V  Me  Groslot.1 

Più  volte  mi  son  vergognato  in  me  stesso,  con- 
siderando che  le  mie  lettere  a  V.  S.  sono  tutte 
vuote;  sì  come,  per  il  contrario,  le  sue  a  me  tutte 
piene  :  e  conosco  bene  la  molta  affezione  che  mi 
porta,  poiché  quella  aggrandisce  ancora  li  con- 
cetti bassi  eh'  io  le  so  rappresentare. 

Se  succederà  che  alcuna  cosa  si  muova,  chi  vorrà 
attendere  alle  gran  preparazioni  che  si  vedono  già 
incominciarsi,  senza  dubbio  sarà  costretto  a  credere 
che  ne  debbia  seguire  qualche  cosa  molto  rilevante  : 
ma  spesso  abbiamo  visto  preparazioni  grandi  facil- 
mente quietate.  Li  Spagnuoli  in  tutti  i  tempi  hanno 
mostrato  esser  uomini  molto  intendenti  del  governo, 
e  in  tanti  moti  circostanti  non  si  vedono  far  prepa- 
razione alcuna.  Conviene  ben  dire  una  di  due  cose  : 
o  che  essi  vedono  1'  esito  dove  il  tutto  debbe  termi- 

1  Dall'  edizione  di  Ginevra,  pag.  234. 


LETTERE   DI  FRA  PAOLO  SARPL  47 

nare,  incognito  a  noi  ;  ovvero   che  la  prudenza  sia 
diventata  improvvida. 

Sono  stati  duoi  ambasciatori  spaglinoli  a  Torino, 
il  Borgia  e  il  Vives  :  il  primiero  è  partito  e  questo 
resta  ancora.  Ha  trattato  il  duca  con  ambiduoi.  e 
tratta  ancora  con  quello  che  resta,  il  quale  spedi- 
sce anco  spesso  a  Milano.  E  certa  l' inclinazione  del 
duca  alla  guerra;  e  per  l'esperienza  di  tanti  anni,  egli 
-a  che  sperar  di  Spagna.  Con  tutto  ciò,  il  discorso 
non  è  sufficiente  di  penetrare  in  petti  occulti  ;  è  ben 
necessario  che  all'  abboccamento  con  monsieur  di 
Desdiguieres,  si  risolva  il  tutto  ;  se  bene  la  dilazione 
che  si  interpone  a  questo,  mostra  o  qualche  gran  riso- 
luzione fatta,  o  qualche  gran  risoluzione  rimanente. 

Il  re  mostra  in  tutte  le  sue  deliberazioni  pru- 
denza indicibile;  ma  in  questa  di  aver  disegnato 
monsieur  di  Bouillon  per  la  guerra  di  Germania,  la 
mostra  maravigliosa,  perchè  non  vi  è  forse  altro  in 
Francia,  in  chi  concorrano  tutte  le  sue  qualità  ne- 
cessarie. Ma,  come  chi  ha  madama  di  Condé  in  po- 
tere, con  quel  mezzo  non  pacificherà  tutte  le  cose? 

Nella  Germania,  per  la  dieta  d'  Hala  e  per 
quella  di  Magonza,1  che  hanno  così  diversi  fini,  è 
necessario  che  succeda  qualche  principio  di  gran 
conseguenza.  Il  pontefice  mi  pare  d' intendere  che 
abbia  risoluto  li  commissarii  delli  Elettori  cattolici 
col  rimettere  la  trattazione  e  resoluzione  al  nuncio 
suo  che  tiene  in  Praga,  non  so  per  interponer  tempo, 
ovvero  per  fare  che  la  risoluzione  sia  presa  pili 
conforme  al  voler  di  quei  principi  suoi  aderenti.  Vi 
è  gran  dubbio  da  qual  parte  debba  restar  il  duca 

1  Vedi  tom.  I,  pag.  335  e  361. 


48  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

di  Sassonia  :  che  se  esso  ancora  si  mettesse  della 
parte  di  Hala,  la  guerra  sarebbe  universale  di 
religione.  Io  aspetto  che,  se  succede,  debba  nelli 
tempi  seguenti  esser  chiamata  JBellum  sacrwm. 

In  Italia  si  fa  come  nelli  giorni  di  Noè  ;  né  li 
padri  Gesuiti,  sebbene  più  sapienti  di  tutti,  hanno 
quella  considerazione  che  la  cosa  merita  ;  poi  che. 
chi  ben  pensa,  sarà  necessario  che  ognuno  sia  in 
ballo.  E  sì  ancora  non  hanno  trattato  niente  per 
ritornar  in  queste  nostre  parti,  o  perchè  non  le 
stimino,  o  perchè  non  abbiano  li  loro  cannoni  a  se- 
gno. Ma  quando  tra  Francia  e  Spagna  fosse  qual- 
che contenzione,  come  si  diporteranno  essi  ?  Conser- 
varsi in  soggezione  d'ambedue  le  corone,  come  do- 
verebbono  fare  veri  religiosi,  è  cosa  inferiore  al  loro 
ardire  :  ingannare  lo  spagnuolo,  sarebbe  ingannare 
loro  medesimi  :  resta  ingannare  il  francese  ;  il  che 
non  so  se  sia  secondo  li  esempi  passati. 

Quanto  al  libro  De  modo  agendi,  V  autore  non 
è  quel  Perkinson,1  scrittore  di  molte  belle  opere  ;  ma 
un  altro,  il  quale  intendo  che  vive,  e  serve  il  re 
nello  scrivere  le  lettere  latine.  Ho  sentito  molto  dis- 
piacere della  morte  di  monsieur  di  Fresnes,2  per  la 
perdita  che  ha  fatto  il  re  di  un  buon  servitore  :  non 
credo  che  in  Francia  sia  forse  un  altro  che  meglio 
intenda  le  cose  d'Italia.  Bisogna  contentarsi  di  quello 
che  arriva  secondo  la  divina  disposizione. 

Io  prego  la  Maestà  Divina,  che  doni  a  V.  S. 
ogni  prosperità  :  alla  quale  per  fine  di  questa 
bacio   la   mano  ;  il  che   fanno    insieme  meco  il  si- 

1  Vedi  Lettera  CXXIII,  pag.  12. 

2  Già  stato  ambasciatore  per  Francia  alla  Repubblica 
di  Venezia.  Vedi  tora.  I,  pag.  35. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  49 

gnor  Molino  e  il  mio  compagno,  che  gode  grande- 
mente di  andar  nello  spaccio  per  cercar  le  lettere, 
quando  è  sicuro  che  vengono  dalla  sua  parte  ;  onde 
conviene  participarli  qualche  nuova. 
Di  Venezia,  il  30  marzo  1610. 


CXXXIV.  —  A  Filippo  Bupìessis  Mornay.1 

Nulla  suol  mai  Venezia  operare  per  provvedere 
al  futuro:  si  governa  invece  di  giorno  in  giorno. 
Ond'  è  per  ora  inopportuno  il  trattar  di  soldati  né 
d'  altri  bellicosi  apparecchi,  mentrechè  la  guerra  né 
si  prevede  né  è  creduta  generalmente.  Nel  che  fanno 
forza  i  papisti,  cioè  per  farla  credere  impossibile; 
abborrendo  Roma  superlativamente  la  guerra,  come 
quella  da  cui  presagisce  che  verrebbe  aperta  la 
porta  al  Vangelo. 

Ad  una  lega  che  mutar  possa  lo  stato  d' Italia, 
Venezia  non  sarà  mai  per  accostarsi.  Essa  vuole  la 
pace,  e  farà  ogni  sforzo  perchè  questa  si  conservi: 
bensì,  una  volta  incominciata  la  guerra,  potrà  essere 
invitata  a  qualche  alleanza,  cui  credo  dovrebbe  ac- 
consentire. Contuttociò,  bisogna  adoperarsi  con  cir- 
cospezione, affinchè  non  sembri  che  sottovia  ci  covi 
alcuna  frode. 

Al  presente  sono  sbollite  le  discordie  col  papa, 
sì  perchè  questi  si  comporta  modestamente  né  co- 
manda a  bacchetta  come  una  volta  ;  e  sì  per  essere 

1  Dalla  Corrispondenza  citata  alla  pagina  148  del 
tom.  I,  ec.  Ha  scritto  decisamente  al  principio  :  De  padre 
Paulo  ;  e  ancora  senza  di  ciò,  non  crediamo  che  della  sua 
autenticità  potrebbe  ragionevolmente  dubitarsi. 

Sarpi.  —  li.  -4 


50  LETTEEE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

aneli'  egli  intento  al  medesimo  scopo,  cioè  alla  pace 
d'  Italia  ;  e  in  fine,  perchè  la  fazione  papista  si  ac- 
crebbe pel  contegno  tenuto  dal  re  di  Francia.  Egli 
per  un  intero  quadriennio  moltiplicò  le  sue  istanze 
affinchè  si  facesse  l' accordo  col  papa,  e  le  sue  esor- 
tazioni non  andarono  esenti  da  minacce  :  a  tale  che 
molti  dei  buoni  fecero  defezione  ;  e  quelli  che  ancora 
stanno  saldi,  non  amano  gran  fatto  il  re,  siccome 
pervertitore  della  buona  causarne  di  lui  più  si  fidano.1 
Sta  loro  scolpito  nell'  animo  quel  eh'  egli  tentò  di 
ottenere  colle  sue  lettere  qua  spedite;  e  tuttavolta 
temono  eh'  egli  non  affetti  di  gratificarsi  il  papa  a 
prezzo  della  nostra  servitù.  Queste  due  verità  sono 
fuori  di  controversia,  infra  gli  esperti  delle  cose 
italiane:  l'ima,  che  né  il  papa  né  la  curia  romana 
potranno  mai  separarsi  dalla  casa  d'Austria;  l'altra, 
che  i  nostri  papisti  si  schiereranno  sempre  dal  lato 
ed  a  prò  dello  spagnuolo.  Tutto  ciò  sia  confidato 
nel  seno  di  lei,  come  signore  ed  amico. 

Il  padre  Fulgenzio  andò  a  Roma,  dopo  aver 
avuta  dal  papa  la  pubblica  fede  che  nulla  sarebbesi 
operato  a  discapito  del  suo  onore.  In  questi  diciotto 
mesi  fu  continuo  1'  ammonire  che  fecero  per  indurlo 
ad  abiurare  :  non  volle  cedere,  ed  è  questa  la  cagion 
vera  della  sua  prigionia;  il  pretesto  poi,  che  medi- 
tasse di  fuggirsi  in  Inghilterra.  Stia  sana. 
Del  22  d'  aprile  1610. 

1  Chi  può  leggere  queste  cose  e  non  maravigliarsi  del 
ritornare  delle  umane  vicende  e  degli  stessi  periodi  della 
storia  ?  Vedasi  anche  la  pag.  53. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  51 

CXXXV.  —  Al  signor  De  V  Me  Groslot.1 

In  questa  settimana  sono  arrivate  le  due  eli  V.  S.  ; 
una  delli  23  marzo,  1'  altra  delli  6  del  presente,  se 
bene  venute  per  diverse  vie;  e  questo  i stesso  è  anco 
occorso  nelle  lettere  del  signor  ambasciatore.  Mi  piace 
che  V.  S.  si  sia  portata  in  Parigi,  se  ben  vorrei  che 
ciò  fosse  stato  non  per  causa  di  afflizione,  ma  di 
piacere. 

Non  dispiace  meno  a  me  che  a  V.  S.  la  partita 
del  signor  ambasciatore  da  Parigi,  perchè  ci  leverà 
qualche  parte  del  comodo  che  abbiamo  del  far  pas- 
sar le  lettere  ;  poiché  il  successore  ***. 2  Però  io  ho 
puntato  col  signor  Castrino  un  modo,  mediante  il 
quale  continueremo  ancora  quasi  un  anno,  e  non 
dubito  che  dopo  non  siamo  per  trovar  altri,  sì  che 
la  nostra  comunicazione  possa  seguire  quanto  pia- 
cerà a  Dio  darci  la  vita. 

Il  successore  del  signor  ambasciatore  si  è  messo 
in  ordine  per  partire  al  principio  del  mese  seguen- 
te; ma  dovendo  far  così  lungo  viaggio,  ha  voluto 
prima  andare  a  visitar  la  Madonna  di  Loreto,  da 
dove  non  è  ancora  ritornato. 

La  cifra  bisogna  che  sia  imperfetta,  come  fatta 
da  me,  che  di  quella  professione  non  intendo:  prego 
V.  S.  darle  la  perfezione  che  li  manca  delle  silla- 
be, la  quale  mi  accenna,  e  qualunque  altra  che  veda 
esser  utile. 

Dalla  differenza  eh'  io  ritrovo  nelle  due  suddette 

1  Edita  in  Ginevra  ec,  pag.  239. 

2  Lacuna  della  prima  stampa  ;  ma  vedi  qui  dinanzi  la 
Lettera,  che  giudicammo  imprudente,  a  pag.  36. 


52  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

lettere  di  V.  S.  in  materia  della  guerra  futura,  scor- 
go che  le  cose  non  si  sono  palesate  costì,  se  non 
nel  tempo  che  scrisse  la  seconda  ;  la  quale  tengo  che 
scuopre  la  verità  non  solo  di  quel  eh'  è,  ma  anco 
delle  cose  future.  Qua  siamo  certi  che  Leopoldo 
avrà  molta  e  buona  gente,  se  bene  senza  capitano 
di  valore.  Il  tutto  sarà  nel  mantenerla  lungamente  ; 
perchè  dalla  sua  casa  non  può  sperar  aiuto,  dalli 
ecclesiastici  di  Germania  poco  ;  e  se  le  cose  spa- 
gnuole  si  moveranno  altrove,  non  potrà  aver  di  là 
quanto  li  farà  bisogno. 

Doveva  esser  un  convento  de' principi  in  Praga 
a' 21  di  questo,  dove  aspettavano  anco  il  duca  di 
Sassonia.  Dopo  si  è  inteso  eh'  egli  non  anderà  ;  onde 
quella  radunanza  sarà  di  poco  momento,  se  pur 
F  imperatore  non  farà,  come  ha  fatto  altre  volte,  di 
ordinarli  che  tornino  in  dietro.  In  somma,  si  vede 
che  per  questo  anno  sarà  guerra  in  Germania,  ma 
più  a  spese  d' altri  eh'  a  spese  loro.  Quando  saranno 
già  in  barca,  bisognerà  ben  che  navighino,  quando 
anco  fossero  lasciati  da  chi  li  averà  dato  aiuto  prima. 

Quanto  alle  cose  d' Italia,  il  principe  di  Condé  è 
ancora  in  Milano  :  1'  abate  d' Aumale  è  andato  per 
parlarli  a  nome  del  papa  ;  alcun  crede  per  invitarlo 
a  Roma.  La  settimana  passata,  dovevano  esser  in- 
sieme a  Torino  il  duca  di  Savoia  e  Desdiguieres  :  li 
più  giudiciosi  tengono  che  sarà  guerra.  La  Repub- 
blica starà  neutrale  :  ha  arti  indicibili  che  non  si 
turbi  la  pace.  Non  è  come  quando  V.  S.  fu  qui,  ma 
i  papisti  sono  al  di  sopra.  *   Gran  causa  di  ciò   è 


1  Parole  che  molto  importano  a  ben  comprendere  quel 
periodo  dell'istoria  veneziana. 


LETTERE  DI  FEA  PAOLO  SAEPI.      53 

stato  il  re  di  Francia  con  li  continui  officii,  che  si 
stasse  bene  col  papa  ;  con  che  ha  dato  fomento  a'  pa- 
pisti e  impedimento  ai  buoni  : 1  per  il  che  questi 
1'  odiano,  e  quelli  per  interesse  li  sono  contrarii  ;  es- 
sendo una  stessa  cosa  Roma  e  Spagna  :  e  s'  egli  non 
intende  questo,  non  maneggerà  mai  bene  il  negozio 
d'  Italia.  Volendo  intelligenza  con  la  Repubblica, 
due  cose  è  necessario  servare  :  una,  mostrar  di  voler 
soci,  non  dependenti  ;  l'altra,  acquistar  li  buoni  e  mal- 
contenti e  politici,  che  tutti  sono  contrari  a' papisti. 

È  incredibile  quanto  grande  sia  stato  il  male 
fatto  con  quella  lettera.  Se  sarà  guerra  in  Italia,  va 
bene  per  la  religione  :  e  questo  Roma  teme  ;  l' Inqui- 
sizione cesserà  e  1'  Evangelio  avrà  corso. 

Io  ho  scritto  a  V.  S.  con  qualche  confusione,  stret- 
to da  angustia  di  tempo  e  occupato  in  certo  nego- 
zio. Mi  resta  dirli  solamente  quello  eh'  appartiene 
alle  Memorie  di  monsieur  di  Thou,  che  sono  per- 
fette, e  giungono  a  ducento  fogli.2  Ma  perchè  adesso 
i  papisti  superano,  padre  Paolo  dubita,  perchè  indubi- 
tatamente si  conoscerebbe  non  venir  da  altri,  per  li 
molti  particolari  e  segreti.  Padre  Paolo  desidererebbe 
truovar  temperamento,  che  monsieur  di  Thou  fosse 
sodisfatto,  e  egli  senza  pericolo.  V.  S.  vi  pensi  e 
conferisca  con  monsieur  di  Thou,  qual  non  vorrei 
deluso  nella  sua  espettazione. 3  II  Padre  sa  che  li 

1  Esempio  e  criterio  utile  (chi  volesse  profittarne  !)  an- 
cora pei  tempi  nostri.  E  così  può  dirsi  di  tutto  questo  pa- 
ragrafo -,  dove  sono,  soprattutto,  da  notare  quelle  parole  : 
«  Soci,  non  dependenti.  » 

2  Oltre  alla  famosa  Storia,  il  De  Thou  scrisse  ancora 
alcuni  poemetti,  e  i  Commentari  o  Memorie  della  sua 
Vita. 

:i  Confessiamo  di  avere  aggiunte,  per  servire  al  senso, 
queste  parole  :  «  deluso  nella  sua  espettazione.  » 


54  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

bisogna  guardarsi  da  Roma  ;  quale  non  è  troppo 
lungo  tempo,  che  ha  fatto  nuovo  tentativo  contro  la 
sua  vita. 1  II  Menino  è  ben  sicuro,  perchè  sempre, 
come  diciamo  noi  all'italiana,  puttaneggia. 

La  lettera  di  V.  S.  delli  6  del  presente,  è  una 
Distruzione  così  piena  e  così  esatta,  che  mi  rende 
non  solo  intelligente  delle  cose  presenti,  ma  mi  fa 
ancora  prevedere  il  progresso  che  averanno  in  fu- 
turo. Prima  che  finir  questa,  voglio  per  anco  dirle, 
che  il  Padre  desidera  guerra  in  Italia,  perchè  spera 
fare  qualche  cosa  in  onore  di  Dio  e  in  profitto  del- 
l' Evangelio. 

Son  avvisato  di  buon  loco,  che  il  papa  ha  fatto 
efficacissime  instanze  verso  il  re  di  Polonia,  che 
muovi  qualche  travaglio  all'  elettore  di  Brande- 
bourg  in  Prussia.  La  malizia  è  infinita. 

Non  voglio  però  che  infinita  sia  la  molestia  quale 
ho  dato  a  V.  S.  con  questa  mia:  per  il  che  farò  fine, 
baciandole  la  mano,  e  per  nome  ancora  delli  suoi 
affezionati  amici  ;  quali  accettano  le  scuse  che  V.  S. 
fa  di  non  averli  possuto  scrivere,  e  vengono  a  tro- 
varmi per  pascere  la  loro  curiosità  delle  cose  oltra- 
montane, chiedendomi  la  lettura  delle  sue  lettere, 
nuove  e  vecchie. 

Di  Venezia,  il  27  aprile  1610. 

1  «  Oltre  le  suddette  insidie  (scrive  Fra  Fulgenzio, 
n  parlando  delle  ordite  nel  1609),  di  molte  altre  di  tem- 
n  po  in  tempo,  negli  anni  seguenti,  fu  avvertito  il  Pa- 
li dre  ec.  E  tra  queste,  fu  una  di  un  concerto  fatto  di 
»  prenderlo  vivo,  e  con  una  barca  preparata  condurlo  in 
»  aliena  giurisdizione  ec.  »  Leggasi  il  rimanente  di  quel 
racconto,  pag.  CX VI  (citiamo  la  ristampa  fattane  in  fronte 
all'  edizione  della  Storia  del  Concilio  di  Trento  ec,  Fi- 
renze, Barbèra,  1858}. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.       55 

CXXXYI.  —  A  Giacomo  Lcschassier.1 

Il  corriere  di  Lione  non  ci  portò  quel  fascetto 
delle  tre  lettere  del  Legato,  ma  giunse  a  noi  (e  non 
so  per  quale  altra  via)  il  15  d'  aprile  ;  nel  qual 
giorno  ricevei  le  sue  ^ettere  del  24  marzo.  Di  già 
pel  corriere  ordinario  avevo  scritto  al  signor  Castrino. 
che  niuna  sua  lettera  mi  era  pervenuta,  e  lo  pre- 
gava a  ragguagliar  di  questo  anche  Lei. 

L'  ultima  sua  mi  fu  grata  oltre  modo.  Con  gran- 
dissimo piacere  vidi  la  formola  delle  lettere  del 
Senato  di  Provenza  ;  e  approvo  con  tutto  l' animo  che 
nel  concederle  si  servano  di  un  pubblico  contradit- 
tore.  Presso  di  noi  fa  ostacolo  a  potervi  imitare  il 
costume  diverso.  Pure  brigherò  (e  penso  riuscirvi  | 
acciocché  il  prefetto,  a  cui  indirizza  il  Principe  le 
sue  lettere,  pigli  informazioni  dal  fiscale  ;  e  di  qui 
forse  tal  fiata  verrà  che  egli  proponga  qualche  cosa  in 
contrario,  che  da  ultimo  si  rapporti  al  Senato,  e 
così  pongasi  in  essere  l' uso  del  dare  il  possesso 
con  cognizione:  nel  che  veramente  è  il  bandolo 
della  matassa. 

Le  debbo  e  le  fo  infiniti  ringraziamenti,  a  nome 
ancora  di  più  persone,  per  l' inviatomi  esemplare  delle 
Lettere  Patronali  con  più  nomi.  Validissima  è, 
com'  Ella  avverte,  la  ragione  del  signor  Menino,  ca- 
vata da  un'  antichissima  osservanza  non  contrad- 
detta, e  perciò  approvata  dai  pontefici  che  la  cono- 
scevano. Niente  è  più  autorevole  della  consuetudine  ; 
essa  sola  è  legge.  Il  giure  scritto  è  una  larva,  se  a 

1  Edita  in  latino,  tra  le  Opere  ec,  pag.  77. 


56  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

quella  non  s' appoggi.  Ma  guardi  per  che  ginepraio  io 
vo  camminando.  M'  è  forza  servirmi  di  cotesta  ra- 
gione con  grandissima  discretezza  ;  perciocché,  in 
quella  guisa  che  a  me  sta  a  cuore  di  assodare  le 
usanze,  gli  avversari  vanno  per  tal  via  patrocinando 
gli  abusi.  Io  miro  a  questo  :  che  i  benefizi  si  confe- 
riscano soltanto  agl'indigeni,  e  non  si  gravino  di  pen- 
sioni. La  pratica  opposta  ha  causato  intollerabili 
sconci,  che  sono  difesi  studiosamente  dai  romaneschi, 
pel  motivo  che  così  adoperano  i  pontefici,  sapendolo, 
vedendolo  né  facendo  contrasto  il  Principe,  il  popolo 
e  il  clero.  A  me  non  mancano  solidi  e  reali  argo- 
menti per  mettere  in  luce  la  differenza  ;  poiché  la 
legge  naturale  non  può  dalla  consuetudine  abrogarsi 
né  infievolirsi.  Non  fo  in  vero  quanto  vorrei,  ma 
qualche  cosa  pur  fo. 

Rispetto  a  ciò  eh'  Ella  mi  domanda  circa  la 
glossa,  ove  dicesi  che  il  possessorio  di  cose  spi- 
rituali è  cosa  temporale,  io  parlai  secondo  1'  uso 
italiano.  Noi  diciamo  spesse  volte  testo  celebre,  o 
glossa  celebre,  non  perchè  illustre  ma  perchè  sfrut- 
tata, allegandosi  di  sovente  nel  medesimo  senso. 
I  nostri  giureconsulti,  e  in  specie  del  secolo  pre- 
cedente, non  citano  quasi  mai  ;  e  se  talora  lo  fanno, 
Ella  riscontrerà  che  le  allegazioni  toccano  il  vero 
senso.  Laonde  coloro  che  sono  di  più  squisito  giu- 
dizio, quando  i  più  interpretano  un  testo  in  senso 
non  netto,  lo  allegano  sì  in  quei  termini,  ma  sog- 
giungono :  —  è  un  testo  celebre  ;  —  e  ciò  vuol  dire  che 
nella  stessa  significazione  è  riportato  spesso  dai 
dottori  ;  comecché  a  perfezione  sappiano  che  essa 
è  fuori  del  vero.  Tale  sarebbe  la  6  l.  de  hom. 
in  G,  contro  gli  uccisori  per  mezzo  di  assassini,  un 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.       57 

press'  a  poco  come  quei  Musulmani  che  danno  da 
fare  in  Siria  ;  e  quasi  tutti  i  giurisperiti  d' Italia  lo 
voltano  agli  ammazzatori  per  isborso  di  denaro.  Se 
a  me  stesse  il  provare  tche  un  cherico  il  quale  per 
denaro  ha  fatto  uccidere  altrui,  è  degradato  ipso 
jiire,  direi  senza  meno  :  «  v'  ha  il  testo  celebre  6  l. 
de  hom.  in  6  ;  »  inteso,  cioè,  comunemente  così 
dagl'  insegnati.  Ora  a  noi.  Ci  ha  la  glossa  6.  Li- 
teras  de  Jur.  calum.  la  quale  si  allega  per  ordi- 
nario a  significare  che  il  possessorio  di  cose  spiri- 
tuali è  un  che  di  temporale.  V.  S.  vedrà  che  Covar- 
ruvias,  ed  altri  non  trascurati,  citano  di  questo  te- 
nore la  glossa  da  me  chiamata  celebre.  Se  poi  mi 
si  chiedesse  un  giudizio  sulla  intelligenza  esatta 
della  glossa,  lo  emetterei  francamente.  Dallo  accen- 
nar che  fa  la  glossa,  —  sebbene  in  ordine  alle 
cause  spirituali  non  si  giuri  per  calunnia,  pure  se 
si  trattasse  del  possessorio,  si  giurerebbe  per  una 
cosa  spirituale,  —  argomentarono  i  dottori  :  «  Dun- 
que, il  possessorio  di  cosa  spirituale  non  è  spirituale, 
perchè  non  si  giurerebbe  per  calunnia.  »  A  me  la 
conseguenza  non  pare  necessaria,  potendo  le  parole 
ricevere  senza  stiracchiatura  un  altro  valore  ;  cioè  : 
in  causa  spirituale  non  si  giura  per  calunnia,  ma 
da  questa  regola  si  eccettua  la  causa  possessoria  di 
cosa  spirituale  ;  e  certo  è  che  ciò  che  si  eccettua, 
appartiene  alla  stessa  natura  di  quello  che  com- 
prendesi  nella  regola.  Per  lo  che,  se  taluno  volesse 
dimostrare  per  quella  glossa,  essere  spirituale  il 
possessorio  di  cosa  spirituale,  non  gli  darei  sulla 
voce,  ma  per  1'  unica  ragione  di  questa  pratica  dello 
interpretare. 

Quanto   poi  al  mettere  in  un  mazzo,  come  la 


58  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

S.  V.  fa,  giurisprudenti  e  teologi  abusatori  dei 
luoghi  biblici,  se  mei  permette,  io  stimo  che  se 
n'  abbia  a  far  diverso  giudizio,  i  secondi  biasimando 
e  scusando  i  primi.  Io  metto  i  teologi  nella  cate- 
goria di  coloro  che  abusano  le  cose  altrui,  e  vice- 
versa i  giureconsulti.  La  parola  del  Signore  dura 
in  eterno,  né  agli  uomini  è  dato  abolirla  o  mutarla  ; 
ma  le  leggi  soggiacciono  all'  uso,  che  (quali  ch?  esse 
sieno)  vale  ancora  a  distruggerle.  Che  meraviglia, 
perciò,  se  con  sapiente  e  opportuna  interpretazione 
s'  acconcino  alle  circostanze  e  agli  eventi  ?  Di  questo 
mi  ha  erudito  la  romana  curia,  dacché  divenne 
più  savia.  Una  volta,  niente  più  costumava  che  ri- 
tirare o  derogare  o  canoni  o  costituzioni  :  sconcio 
fecondo  d' infiniti  spregi.  Ora  si  guarda  bene  dal 
farlo  :  li  ha  invece  in  altissima  venerazione,  ma  pure 
ne  piega  lo  esplicamento  a  suo  prò.  E  così  si  fa 
del  Concilio  di  Trento.  Ma  che  dirassi,  quando  la 
interpretazione  fa  a  calci  col  testo?  L'obiezione  non 
è  a  proposito  :  se  la  legge  non  ne  riceve  reale  onoran- 
za, nemmanco  le  si  fa  ingiuria  manifesta.  Ma  troppo 
ho  divagato  in  queste  ciance  :  ritorno  al  proposito. 
Ho  letto  parecchie  volte  il  libro  delle  Pratiche 
del  Covarruvias,  e  segnatamente  il  capitolo  33  ;  ne 
mai  posi  mente  là  dove  dice  che  altri  scrittori  spa- 
gnuoli  avevan  preso  a  patrocinare  la  prassi  dei  tri- 
bunali regi.  Gli  avvisi  da  Lei  dati  non  saranno  invano  : 
io  farò  sicuramente  indagini  e  avrò  alle  mani  codesti 
autori.  Se  saranno  pubblicate  le  risposte  del  Vamesio1 

1  Giovanni  "VVames,  e  latinamente  Wamesìus  o  Va- 
mcssius,  di  Liegi,  autore  di  un  libro  intit.  JResponsorum, 
sive  Consìliorum  Juris,  Centuria}  sex;  e  d'altri.  Godè  l'ami- 
cizia di  Giusto  Lipsio,  che  ne  pianse  la  morte  nel  1590. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      59 

per  La  fiera  di  Francfort,  e  i  nostri  librai  ne  faranno 
provvista,  starò  attendendole.  Risi  della  burletta  da 
voi  altri  fatta  alla  curia  romana  ;  la  quale  fa  pur 
sempre  il  suo  mestiere.  E  davvero,  penso  che  il 
maestro  del  saero  palazzo  operasse  all'  avventata  ; 
dacché  sono  sì  facili  e  ardenti  nel  porre  a  divieto 
i  libri,  che  scambiano  spesse  volte  l'uno  per  1'  altro. 
Vogliono  soli  la  padronanza  sul  pensiero  che  è 
messo  in  istampa. 

Ella  si  maravigliò  perch'  io  dissi  che  se  guerra 
verrà  addosso  all'  Italia,  la  romana  curia  proverò 
disfatta  anche  in  mezzo  a  una  gran  vittoria  ;  ma  non 
è  disaccordo  fra  simili  concetti.  Perocché,  se  guerra 
sorgerà  in  Italia,  non  sarà  senza  concorso  di  molti 
dalla  curia  discordanti;  e  a  questa  toccherà  a  so- 
stenere due  guerre,  l' una  militare,  letteraria  l' altra  ; 
e  se  nella  prima  conseguirà  vittoria,  resterà  di 
certo  perdente  nella  seconda,  non  potendo  per  ogni 
dove  dar  mano  a  quegli  argomenti  di  fuoco  e  eli 
fune,  che  a  lei  tengon  luogo  di  polizia  e  di  ret- 
torica. 

Scrisse  il  signor  Legato  di  avere  spedito  due 
esemplari  di  Polibio  ;  né  però  son  giunti  ancora,  e 
il  perchè  non  so.  Voglio  credere  che  non  sieno  an- 
dati perduti.  Più  presto  mi  perverranno,  e  più  presto 
ne  dirò  grazie  al  signor  Casaubono.  Frattanto  io 
le  partecipo  che  tempo  fa  lessi  alcuna  parte  di 
quel  libro,  e  parvenu  che  niuno  mai  recasse  con 
tanta  chiarezza  in  lìngua  latina  un'  opera  greca. 
Oserei  dire  senza  iperbole,  che  il  Polibio  latino 
riesce  più  elegante  e  più  lucido  del  greco.  Parecchi 
esemplari  qui  ne  capitarono,  e  sono  letti  e  se  ne 
loda  a  cielo  l'interprete.  Io  aspetto  i  Commentari 


60      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

con  vivissima  brama,  e  la  prego  a  salutare  F  autore 
di  essi  e  padron  mio. 

Tanto  era  già  scritto  prima  dell'arrivo  del  corriere. 
Da  esso  ebbi  le  ultime  sue  gratissime  dei  5  aprile,  e 
non  posso  astenermi  dal  tornare  a  riscriverle  :  tanto 
è  il  piacere  che  godo  a  conversare  con  Lei  !  Sono 
impiegato  in  molte  faccende  e  vo  scrivendo  assai, 
specialmente  pel  corriere  di  costà;  ma  a  niuno  più 
alla  dimestica  che  a  Lei.  Imito  in  questo  Cicerone, 
gettando  giù  quello  che  mi  viene  alla  bocca:  del 
rimanente,  inetto  da  banda  ogni  arte,  e  troverà 
spesso  strapazzato  Prisciano  dalla  mia  penna.  Ma 
tiro  avanti,  sicuro  d'  averne  da  Lei  scusa  e  perdono. 
Quando,  però,  ringrazio,  io  discorro  sul  serio  ;  che 
tal  mi  sono  da  obbligarmi  in  perpetuo  a  chi  mi 
fa  beneficio;  e  quel  che  da  altri  ho  ricevuto,  non 
mai  m'induco  a  dir  mio.  E  però  non  mi  passo  del 
ringraziare  la  S.  V.  per  la  legge  rimessami  di 
Lodovico  XI,  la  quale  mi  accorgo,  per  una  anche 
sbadata  lettura,  dover  tornare  assai  profittevole 
alla  mia  intrapresa.  Ella  dice  di  sapere  che  i  nostri 
nacquero  nel  servaggio,  e  che  quale  non  ha  gu- 
stato la  libertà  non  ne  conosce  i  vantaggi.  E  ciò 
costituisce  il  principale  impedimento  a'  nostri  sforzi  : 
ma  pur  la  natura  tira  l' uomo  al  franco  vivere, 
ancoraché  veduto  sott'ombra.  È  indubitato  che,  come 
la  Chiesa  si  formò  pel  verbo,  così  pel  verbo  drit- 
tamente riformisi  :  pure,  a  quel  modo  che  i  gravi 
morbi  si  medicano  per  mezzi  opposti,  la  fiducia  no- 
stra è  tutta  nella  guerra.  Imperocché  a  mali  estremi 
si  convengano  estremi  rimedi.  Creda  pure  a  me, 
che  le  cose  veggo  assai  da  vicino  :  non  d' altronde 
può  venirci   salvezza.  Niente  però  può  farsi  fuori 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPL       GÌ 

del  tempo  fermato  da  Dio,  e  senza  i  modi  da  lui 
prestabiliti.  Io  lo  confesso,  noi  tuttavolta  adope- 
riamo e  pensiamo  alla  maniera  umana.  Dio  vuole 
che  ci  travagliamo  con  affetti  da  uomo,  e  che  siamo 
esauditi  per  consigli  di  cielo;  ne  io  son  uomo  da 
credere  che  cosa  alcuna  possa  avvenire  quando 
non  ha  da  essere.  Questo  ragionare  affido  al  petto 
di  un  amico.  E  prego  Dio  che  converta  in  atto 
quello  che  riuscir  debba  ad  onor  suo. 

Vengo  a  dire  della  luna.  Per  verità,  non  ho 
letto  ciò  che  ne  scrisse  il  nostro  matematico  :  * 
spesso  abbiamo  conferito  insieme  su  queir  argomento 
e  molte  osservazioni  ci  scambiammo.  Aprirò  ciò  che 
penso,  manifestando  solo,  come  ho  per  costume,  cose 
da  me  verificate.  E  incontrastato,  che  la  terra  mo- 
stra alla  luna  le  stesse  fasi,  che  la  luna  alla  terra  ; 
sennonché  quelle  della  terra  alla  luna,  derivando  da 
maggior  corpo,  sono  più  valide.  Quando  la  luna  è 
nel  mezzo  al  sole  e  alla  terra,  non  si  vede  dalla 
terra  ;  per  contrario,  quando  la  terra  è  nel  mezzo 
al  sole  e  alla  luna,  non  vedesi  dalla  luna.  E  sic- 
come la  terra,  quando  è  nel  mezzo,  vede  1'  emisfero 
della  luna  tutto  lucido,  così  la  luna,  quando  è  in- 
termedia, vede  tutto  illuminato  1'  emisfero  della  ter- 
ra. Quando  par  che  la  luna  si  dilunghi  dal  sole  per 
la  quarta  parte  del  circolo,  apparisce  mezza  ; 
quando  poi   ci  sembra  che  la  luna  s'  allontani  dal 

1  Se  qui  voglia  parlarsi  del  Galileo,  rimane  incerto, 
non  essendo  a  noi  pervenute  le  lettere  scambiate  circa  quel 
tempo  tra  i  due  grandi  uomini.  Si  aggiunge  che  una  Let- 
tera dello  stesso  .Galilei  al  Sarpi,  dei  12  febbraio  1611, 
comincia  così:  «  E  tempo  ch'io  rompa  un  assai  lungo  si- 
lenzio. »  Op.  dì  G.  Galilei,  ediz.  diretta  da  E.  Alberi, 
tom.  VI,  pag.  41. 


62  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

sole  per  30  gradi,  la  lontananza  della  terra  ci  si 
presenta  per  gradi  150.  E  così,  quando  la  luna  ci 
apparisce  illuminata  per  2  digiti,  la  terra  si  mostra 
alla  luna  illuminata  per  10  ;  e  quando  la  luna  de- 
crescendo manifestasi  alla  terra  illuminata  per  10 
digiti,  la  terra  quasi  crescendo  si  mostra  alla  luna 
illuminata  per  2  digiti.  Faccia  conto  di  ragionare 
allo  stesso  modo  sulle  altre  fasi,  fino  a  che  s' avrà 
procacciato  idee  sicure  e  familiari.  Con  questo  di- 
leguerà Ella  il  dubbio  che  viene  dal  veder  noi  la 
luna  falcata  e  come  semi-opaco  il  resto  del  corpo. 
D'  onde  mai  quella  luce  ?  Io  dico  dalla  terra,  cui  la 
luna  vede  illustrata  per  2  o  10  digiti.  Perchè  poi  non 
vedesi  quella  oscurezza  nella  mezza  luna  ?  Perchè 
il  lume  che  piglia  dalla  terra  è  più  debole,  venen- 
dole solo  dalla  metà  della  terra.  Da  ultimo,  come 
la  luna  più  è  vicina  alla  congiunzione  e  tanto  mi- 
nor lume  comunica  alla  terra,  questa  ne  offre  un 
maggiore  ;  e  quando  tende  alla  opposizione,  quella 
cresce,  la  terra  poi  scema,  finché,  tolta  via,  riesce 
massimo  il  lume  della  luna  e  nullo  quello  della  terra. 
Sulla  domanda  proposta  dalla  S.  V.  circa  alla 
terra  e  all'  acqua,  quale  delle  due,  cioè,  riceva  più 
luce  dal  sole  e  la  riverberi,  dirò  brevemente.  Se 
Ella  riguarderà  una  grandissima  massa  d' acqua 
situata  in  luogo  esposto  al  sole,  vedrà  la  particella 
d'  acqua  su  cui  riflette  il  sole,  illuminata  alla  pari 
di  esso,  e  anzi  ritrame  la  immagine,  e  il  luogo  stes- 
so, come  la  S.  V.  asserisce,  splendere  quasi  sole  ;  con 
oscurezza  poi  le  si  presenteranno  le  altre  parti  del- 
l' acqua,  cui  percuote  il  sole.  Se  poi  rimirerà  altret- 
tanta terra  illuminata,  le  si  mostrerà  tutta  a  egual 
modo  lucente  ;  meno  invero  della  particella  d'acqua 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  63 

donde  il  raggio  riflettesi,  ma  più  del  rimanente  del- 
l' acqua.  Cosi  ho  parlato  per  servirmi  del  suo  esem- 
pio; ma  veniamo  più  dappresso  all'argomento.  Se  Ella 
porrà  di  contro  al  sole,  ma  lungi  da  sé,  una  pietra 
rotonda  e  uno  specchio  sferico  della  stessa  grandezza, 
vedrà  1'  emisfero  della  pietra  rischiarato  e  tutto  lo 
specchio  oscuro,  all'  infuori  di  quella  minima  parti- 
cella in  cui  le  si  offrirà  alla  vista  un  certo  piccol 
sole.  Che  se  tanto  l'allontanerà  da  essere  insensibile 
1'  angolo,  cioè  quel  piccol  sole,  appena  Ella  vedrà  lo 
specchio  ;  il  sole  poi  apparirà  splendentissimo.  L'ac- 
qua e  la  terra  sono  sferiche,  e  la  luna  ha  una  parte 
lucida  ed  una  macchiata  :  applichi  ad  esse  questi 
riflessi,  e  toccherà  con  mano  la  cosa. 

Vengo  a  trattare  di  un  altro  suo  dubbio.  Xon  so 
se  il  matematico  siasi  chiaramente  spiegato  ;  ma  dirò 
del  fatto  com'è.  Niente  affermo  di  queste  macchie 
che  si  veggono  nella  luna.  Tanto  appariscono  col 
mezzo  del  canocchiale,  come  se  si  vedessero  ad  occhio 
nudo  ;  ma  dico  che  nella  parte  lucida  della  luna 
trovansi  cavità  ed  eminenze.  Se  V.  S.  dirà  :  —  Sono  le 
parti  più  rare  che  sembrano  a  me  cavità,  e  le  più  dense 
che  prendo  per  eminenze,  —  vengo  a  provarle  il  contra- 
rio. La  solidità  di  una  cosa,  com'  Ella  ha  appreso  dagli 
ottici,  non  si  vede  che  per  la  luce  e  1'  ombra  :  però 
la  pittura  imita  la  solidità  co'  lumi  e  coli'  ombre,  ed 
io  posso  mostrare  ogni  oggetto  solido  come  se  fosse 
pieno,  per  lumi  ed  ombre  variate  di  colore.  Asserisco 
ora  che  il  lume  e  1'  ombra  di  quelle  parti  manifestano 
chiaramente  la  esistenza  di  quelle  cavità  ed  eminenze. 
Se  Ella  adatterà  in  modo  uno  specchio  concavo,  che 
il  suo  asse  voltisi  al  punto  del  sole  a  mezzogiorno, 
e  lo  riguarderà  quando  nasce  il  sole,  aliora  la  parte 


64  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

orientale  sarà  ombrosa  e  illuminata  l'occidentale. 
Allorché  il  sole  sarà  giunto  a  mezzogiorno,  tutta  la 
cavità  illuminerassi  ;  e  quando  a  tramonto,  sarà 
per  contro  ombrosa  1'  occidentale,  e  la  orientale  lu- 
cida. E  se  tanto  vedrà,  perchè  non  conchiudere  :  —  se 
mi  verrà  sugli  occhi  cosa  a  cui  più  da  vicino  non 
potrei  accostarmi,  senza  bisogno  del  tatto,  la  dirò 
cava  ?  —  Vedonsi  pure  nella  parte  illuminata  della 
luna  certe  rotondità,  che  se  la  luna  è  dalla  parte 
d' occidente,  appaiono  in  quella  direzione  più  oscure 
e  più  chiare  dalla  parte  d' oriente  ;  e,  per  converso, 
decrescendo  la  luna  dalla  parte  orientale,  veggonsi 
le  stesse  rotondità  in  numero  e  grandezza:  ma  i 
lati  orientali  allora  sono  più  oscuri  e  più  luminosi 
gli  occidentali,  di  guisa  che  sempre  l' oscurezza  vol- 
ge al  lato  del  sole.  Nel  plenilunio  poi  non  si  vedono, 
come  quelle  che  sono  in  pari  modo  illustrate  do- 
vunque dal  sole.  Se  ciò  non  denota  quelle  essere 
cavità,  non  ci  resta  più  modo  a  conoscere  per  via 
della  vista  le  cavità.  Parlo  ora  del  tatto.  A  rincon- 
tro parimente,  se  quello  che  dalla  parte  del  sole  na- 
scente apparisce  lucido  e  dall'  opposta  tenebroso, 
al  tramonto  del  sole  cangia  tanto  che  il  punto 
lucido  si  tramuti  in  oscuro,  e  viceversa,  le  sarà  forza 
di  riconoscere  1'  eminenza.  Certe  altre  cose  trovansi 
nella  luna,  ma  in  minor  numero,  che  al  crescere  e 
decrescere  suo  appaiono  identiche  di  postura,  quan- 
tità e  grandezza,  cangiando  di  luce,  e  sempre  più 
risplendendo  la  parte  che  avvicinasi  al  sole.  Nel  pleni- 
lunio poi  non  si  vedono,  essendo  egualmente  illumi- 
nate; perocché  il  sole  stando  perpendicolare  ad  un 
monte,  lo  rischiara  tutto  egualmente  da  ogni  banda. 
L'amico   del  quale  V.  S.  dice  aver  fabbricato   un 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      65 

istrumento  ad  iscorgere  più  stelle  fisse  e  scoprire  altre 
macchie  della  luna,  ha  fatto  gli  stessi  sforzi  dei  no- 
stri ;  i  quali  vanno  qui  molto  innanzi,  e  nella  costru- 
zione e  nell'uso  dell'istrumento.1  Ho  per  fermo  che  tutta 
la  celeste  filosofia  ne  avrà  incrementi  notevolissimi. 
Io  la  trattenni  a  lungo  su  queste  ciance  :  ma 
corse  a  mio  malgrado  la  penna  quando  presi  a  scri- 
vere di  questa  materia.  Se  noiosa  riescirà  la  lettura, 
mei  perdonerà  ;  e  se  non  chiara  abbastanza,  sappia 
scusare  la  pochezza  dell'  ingegno.  Io  non  so  divertir 
la  mente  dagli  argomenti  beneficiari.2  Nessuna  mara- 
viglia che  di  ciò  spesso  le  scriva,  perchè  qui  volgesi 
il  cardine  della  nostra  libertà.  Di  qui  ci  vengono  tutti 
i  mali  ;  i  quali  se  medicar  sapremo,  torneremo  a 
piena  salute.  M'  abbia  fede  ;  i  nostri  dissentimenti 
hanno  origine  solo  da  ciò  :  sul  resto  siamo  d'  accordo 
anche  troppo.  Veda  se  metta  conto  il  ripetere  spesso 
cotesto  ragionamento.  Non  altro  aggiungo.  Prego 
Dio  che  la  conservi  sana,  e  mi  dia  il  potere  di  pa- 
lesarmele non  disutile  servitore.  Le  bacio  le  mani, 
pregandola  d' infiniti  saluti  al  signor  Aleaume. 
Venezia,  27  aprile  1610. 

1  Non  crediamo  che  potrebbe  ciò  intendersi  d'  altri  che 
del  Galilei  e  del  suo  celebre  teloscopio  ;  siccome  ancora 
che  la  espressione  nostri,  debba  a  lui  principalmente  ri- 
ferirsi. È  bensì  vero  che  anche  il  Sarpi  fabbricava  o  faceva 
fabbricare  istrumenti  fisici,  astronomici  o  geometrici.  Sul 
quale  proposito  delle  scoperte  e  invenzioni  da  lui  fatte  o 
promosse,  invitiamo  di  nuovo  gli  ammiratori  del  grande 
Italiano  a  rileggere  le  Memorie  aneddote  del  Grisellini,  da 
pag.  106  a  112. 

2  Fa  onore  al  Sarpi  una  tale  protesta  ;  perchè  gli  studi 
che  drittamente  mirano  al  bene  della  civil  convivenza,, 
sono  sempre  da  preferirsi  alle  scientifiche,  per  quanto  glo- 
riose, speculazioni. 

SARn.  —  li.  3 


66       LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

CXXXVII.  —  Al  medesimo.1 

Ebbi  le  sue  lettere  del  19  aprile,  nelle  quali 
scorgo  tracce  di  finissimo  discernimento.  Oh,  volesse 
Dio  che  con  Lei  potessi  abboccarmi  a  beli'  agio  !  Non 
è  dubbio  quanto  all'  andare  allo  stesso  scopo  per  di- 
verse vie  ;  1'  una  retta,  oblique  1'  altre  e  di  numero 
infinite.  Gl'imperatori  greci,  quando  non  grandeggia- 
va ancora  la  potenza  o,  dirò  meglio,  la  intolleranza  di 
freno  nei  cherici.  mantennero  la  maestà  del  comando, 
senza  alcun  discapito  o  intoppo.  A  voi  altri  tocca 
a  difendere  la  libertà  con  lotta  domestica  ed  ester- 
na, ma  schietta,  palese  e  fiancheggiata  dalle  leggi  ; 
agli  Spagnuoli  (colpa  de'  luoghi)  con  artificii  e  dissi- 
mulazione. E  di  questa  maniera  è  quello  che  affermò 
Covarruvias  sulla  fine  del  cap.  36  delle  Pratiche; 
ove,  e  innanzi  ancora,  ragionando  a  dilungo  dell'  op- 
posizione da  farsi  all'  attuazione  delle  bolle  della 
curia  romana,  soggiunge  che  non  ha  mica  ciò  detto 
per  detrarre  al  pieno  eseguimento  delle  lettere  apo- 
stoliche ;  dacché  il  monarca  Cattolico  abbomina  e 
proibisce  con  editti  un  tal  modo. 

Così  costumano  essi  di  rendere  onoranza  a  parole, 
e  nei  fatti  condursi  a  proprio  talento.  Sento  dire  che 
hanno  stanze  gremite  di  bolle  nascoste  dagl'  impe- 
ranti, perchè  non  si  mandassero  ad  effetto.  E  quel 
loro  avvertimento  che  non  se  ne  impedisce  già  ma 
prolungasi  la  esecuzione  affinchè  sia  consultato  e 
istruito  il  pontefice,  è  un  pretto  sofisma  ;  non  pen- 
sando, poi,  né  curando  né  volendo  adempiere  verso 
di  lui  una  tal  parte. 

1  Edita  come  sopra,  pag.  82. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  67 

Il  giuramento,  o  professione  di  fede  (come  la 
chiamano),  di  cui  la  S.  V.  mi  scrive,  in  Italia  pre- 
stasi non  solo  dagli  ammittendi  a'  benefìzi,  ma  dai 
predicatori,  dai  rettori  delle  scuole  e  (ciò  che  le 
recherà  maggior  meraviglia)  da  tutti  i  laureandi  in 
legge,  medicina,  filosofia  ed  anche  letteratura.  Ed 
io  credeva  che  presso  voi  non  fosse  in  vigore,  come 
quello  che  ebbe  origine  dalla  Sinodo  di  Trento.  Ma 
ci  ha  pur  altro  giuramento  che  fassi  da  vescovi, 
abati  e  altrettali  aventi  giurisdizione  ;  e  il  tenore 
somiglia  a  quello  che  ha  luogo  nelle  cose  feudali.  Pe- 
rocché giurano  di  difendere  la  vita  e  le  appartenenze 
dei  soggetti,  guardare  il  segreto,  rapportare  ciò  che 
ascoltano  in  contrario,  proteggere  i  nunzi,  soste- 
nere il  papa  ec.  ;  ne  mai  le  verrà  fatto  di  trovare 
giuramento  più  di  questo  magnifico  ed  esteso.  Io  porto 
avviso  che  l' istesso  giuramento  non  si  pratichi  da  voi 
altri,  e  di  esso  già  feci  menzione  ;  giacché  quello  che 
nella  professione  Tridentina  di  fede  promette  reve- 
renza e  obbedienza,  par  che  abbia  a  restringersi  alle 
cose  spirituali.  Ora,  a  ben  considerare  il  ricordato, 
si  trova  eh'  esso  rende  schiavo  chi  lo  presta  al  ro- 
mano pontefice,  più  che  non  sia  a  vecchio  padrone 
qualunque  antico  vassallo. 

Circa  a  quanto  Ella  asserisce  sull'  antichissimo 
giuramento  di  fedeltà  al  principe,  che  rimane,  cioè, 
illeso,  sebbene  un  altro  simile  prestisi  al  papa,  io  vo 
pienamente  d' accordo  ;  anzi  penso  che  ogni  uomo  nasce 
suddito  e  obbligato  d'  amor  quasi  filiale  alla  repub- 
blica, e  che  niun  vincolo  succedaneo  può  rompere  o 
sminuire  l'obbligo  già  prima  contratto.  Essendoché 
questo  ha  origine  dal  giure  naturale  ;  e  però  il  che- 
rico  non  isveste  la  natura  di  cittadino,  e  più  è  le- 


68  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

gato  come  cittadino  al  principe,  che  come  cherico 
al  papa.  A  rincontro  insegnano  i  romaneschi,  che 
per  la  susseguente  obbligazione  cancellisi  la  prima, 
e  ogni  altro  si  annulli  pel  giuramento  prestato  al 
papa  ;  ripetendo  il  detto  d' Innocenzo,  che  in  qualsi- 
voglia giuramento  sottintendesi  riservata  1'  autorità 
della  sede  apostolica.  Ma  di  ciò  altrove. 

Rispetto  all'  avvertenza  di  V.  S.  che  non  sa  ve- 
der via  a  mutamenti  in  Italia,  cèrto  che  quella  s'  ap- 
poggia a  gravissima  autorità  ;  ma  i  fati  si  faranno 
la  via  da  sé  stessi.  Io,  per  dir  vero,  rimango  in  so- 
speso per  contraddittorie  ragioni,  ne  mi  è  dato  d' in- 
dovinare il  futuro.  Il  duca  di  Savoia  col  signor  Des- 
diguieres,  tennero  per  due  giorni  conferenze  con  chi  può 
loro  comandare  :  erano  presenti  24  francesi,  con- 
dottieri d'  esercito.1  Nulla  è  trapelato  delle  fatte 
deliberazioni.  Questa  Repubblica  brama  la  pace  e 
detesta  la  guerra,  come  un  malato  il  medicamento  ; 
e  certo  a  ragione,  dacché  non  si  sa  se  questo  asse- 
condi o  travalichi  le  forze  del  paziente.  Il  duca  di 
Savoia  oggimai  conosce  che  non  può  ottenere  dagli 
Spagnuoli  altro  che  denari,  e  di  questi  si  cura  poco.2 
Ed  io  riesco  sempre  qui  con  le  conclusioni  :  delibe- 
rano invero  i  mortali,  ma  l' evento  è  solo  in  mano 
di  Dio. 

Che  sia  per  mulinare  il  vostro  re,  non  per  anco 
è  dato  congetturarlo  :  dà  che  pensare  il  mistero,  e 
rende  segno  del  sommo  potere  di  sì  alta  sovranità. 

1  Queste  parole  hanno  spiegazione  e  correzione  insieme 
nella  Lettera  seguente,  al  fine  della  pag.  70,  avendo,  con 
errore  non  unico  a  questo  luogo  assai  guasto,  ì'  originale  : 
Aderant  militum  duces  Franchi  240  (!). 

-  u  Non  stima  tutti  li  denari  del  mondo  ;  vuol  paese.  « 
Lettera  CXXIX,  pag.  37. 


LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI.  69 

Convennero  appresso  Cesare  i  tre  elettori  eli  Colo- 
nia, Magonza,  Sassonia,  e  il  legato  eli  Treveri,  con 
altri  ciuchi  e  arciduchi  e  langravi,  e  cattolici  e  lu- 
terani. All' infuori  eli  banchetti  e  libazioni,  non  so 
che  altro  si  facessero.  Il  pontefice  manda  nunzi  al 
re  eli  Spagna  ;  e  a  voi  fuor  cieli'  ordine,  nell'  inte- 
resse della  pace.  1'  arcivescovo  eli  Nazareth  :  nome 
fatale  alla  Francia  per  le  cose  fatte  da  quel  Mirto, 
che,  fregiato  della  stessa  dignità  sotto  Enrico  III, 
ebbe  e  fu  insieme  tanta  parte  della  santa  alleanza.  Ma 
intanto  il  pontefice  non  trascura  la  propria  famiglia  ; 
ha  comprato  a  Sulmona  nel  regno  di  Napoli  un 
principato  di  50,000  ducati,  e  altri  10,000  ne  ha 
colà  inviati  per  aumentare  gli  acquisti.  La  romana 
curia  niente  teme  più  della  guerra.  Io  prego  Dio 
che  tutto  indiriga  al  suo  onore,  e  Lei  serbi  lunga- 
mente incolume  e  verso  eli  me  disposta  all'  usata 
benevolenza.  Stia  sana. 

Venezia,  9  maggio  1G10. 


CXXXVIII.  —  Al  signor  De  V  Me  Grosìot.1 

Quello  che  V.  S.  mi  scrisse  innanzi  la  sua  par- 
tita di  Parigi,  non  fu  troppo,  perchè  non  era  super- 
fluo, vedendosi  adesso  che  le  cose  elette  da  Lei  si 
vanno  verificando.  Se  li  fatti  del  principe  di  Condé 
saranno  tanti  e  tanto  ben  ordinati,  quanto  li  viag- 
gi, dobbiamo  da  lui  aspettare  gran  cose.  Sono  ben 
certo    che  è  principe  di  ottima  intenzione  e  grau- 


1  Dalla  raccolta  di  Ginevra  ec,  pag.  245 


70  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

dissima  prudenza;  ina  il  tutto  è,  che  abbia  il  ri- 
scontro delle  cose  conforme  al  suo  valore.  Sono  ben 
certo  che  li  Gesuiti  averanno  fatti  tutti  li  uffici  per 
loro  possibili  e  usate  tutte  le  arti:  non  credo  però 
che  li  venghi  prestato  tanta  fede,  quanto  li  altri 
fautori  dimostrano. 

Il  pontefice  ha  destinato  Legato  in  Spagna  il 
vescovo  di  Chieti,  e  in  Francia  l' arcivescovo  di  Na- 
zareth ;  persona  versata  nel  carico  di  procuratore  di 
palazzo.  Il  primo  anelerà  con  suo  commodo;  il  se- 
condo è  stato  fatto  partir  in  diligenza,  e  all'  arrivo  di 
questa  credo  di  già  sarà  costì.  Dio  voglia  favorir  il 
suo  negozio,  se  è  alla  gloria  della  Maestà  Divina. 
Molti  credono  che  ciò  sia  fatto  a  richiesta  de'  Spa- 
glinoli; li  quali  anco  spargono  voce  che  il  re  di 
Francia  si  sii  armato  non  per  altro  che  per  levar 
1'  animo  a  qualche  inquieto  che  pensasse  fare  no- 
vità nel  suo  regno  ;  ma  che,  del  resto,  non  disegni  di 
passar  più  innanzi. 

A  Milano  facevano  provisione  di  guerra,  e  già 
si  negoziava  la  levata  di  Svizzeri  e  di  Tedeschi  del 
Tirolo.  Adesso  hanno  sospeso  ogni  cosa,  e  si  sono 
fermati:  il  che  la  maggior  parte  pensa  esser  per 
mancamento  di  denari. 

Il  papa  ha  mandato  cento  mila  ducati  a  Napoli 
per  comprar  Stati.1  Spagna  ha  richiesta  la  Repub- 
blica di  lasciar  passar  Tedeschi  per  il  suo  Stato,  e 
ella  l'ha  negato.  Desdiguieres  fu  a  trattazione  con 
Torino,  e  ancora  con  lui  24  capitani  ;  19  papisti  e  5 

1  Di  ciò  è  parlato  ancora  nelle  Lettere  LXVII  e 
LXXIII,  scrisse  nell'  anno  precedente  *,  onde  sembra  un 
novello  invio  di  danaro  che  il  papa  facesse  per  «  comprare 
stati  »  in  aggrandimento  de'  suoi  nipoti. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.       71 

t 

riformati.  Ha  promesso  conversare  papisticamente, 
e  ne  ha  dato  principio  avendo  in  compagnia  l'amo- 
rosa: non  vuol  però  messa. 

Queste  sono  le  cose  del  mondo,  e  qualche  altre 
che  li  scriverà  il  signor  Castrino,  le  quali  io  trala- 
scio per  angustia  di  tempo.  Quanto  s'  aspetta  agli 
occhiali  nuovi,  toccando  le  cose  celesti,  non  v'è  al- 
tra cosa  di  momento  sin'  ora  osservata,  se  non  che 
avendone  fabbricato  uno  con  tanto  artificio,  che  si 
vede  solamente  circa  un  centesimo  della  Luna  alla 
volta,  ma  di  tanta  grandezza  di  quanta  con  quel 
primo  si  vedeva  tutta  essa,  le  cavità  sono  tanto 
conspicue  e  così  esattamente  viste,  eh'  è  stupore  ;  e 
la  stella  di  Giove,  che  molte  volte  è  stata  osservata, 
appare  appunto  di  quella  grandezza  che  il  sole, 
quando  alle  volte  si  vede  sotto  alla  caligine.  Ma  le 
maraviglie  che  si  scuoprono  con  questo  artificio, 
sono  nella  professione  della  prospettiva  ;  imperocché 
da  quello  si  comprende  il  modo  come  si  fa  la  visione, 
e  le  ragioni  delli  occhiali  così  di  vista  debole  come  di 
corta  :  cose  che  vogliono  un  giusto  volume  per  esser 
esplicate.1 

Io  qui  farò  fine,  pregando  Dio,  che  doni  a  V.  S. 
ogni  vero  bene.  Alla  quale  bacio  la  mano,  come 
fanno  gli  altri  amici;  aggiungendole  che  le  dili- 
genze de' libri  difesi2  si  sono  reiterate;  onde  sarà 
diffìcile  di  trasmetterne  con  quella  solita  strada,  ma 
forse  si  troverà  qualche  altro  mezzo  :  a  che  biso- 


1  I  lettori  potranno  tuttavia  confrontare  quanto  qui  cli- 
cesi,  con  quello  che  n'  è  discorso  nella  lettera  CXXXVII, 
da  pag.  61  a  64. 

-  Cioè,  diligenze  per  la  ricerca  e  il  sequestro  dei  libri 
proibiti  da  Roma. 


72  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

gnerà  pensare  arobidue,  per  fare  dispetto   a'  nostri 
nemici  che  vegliano. 

Di  Padova,  il  10  maggio  1610.1 


CXXXIX.  —  Al  nominato  Bossi.2 

La  lettera  di  V.  S.  delli  19  mi  capita  in  mano 
per  favore  della  buona  fortuna  ;  perchè,  essendo  ve- 
nuta fuor  del  luogo,  se  non  fosse  stata  veduta  da 
un  amico  nella  moltitudine  delle  altre  (il  quale  pro- 
curò che  mi  fosse  portata)  era  preparato  là.  per 
quanto  mi  disse,  chi  vi  aveva  fatto  disegno  sopra. 

Ho  sentito  con  indicibile  allegrezza  1'  unione  di 
codesti  principi  e  signori,  e  la  prosperità  nella  quale 
camminano  le  cose  del  regno  ;  e  si  può  dir  certa- 
mente, che  dopo  un  sì  funesto  caso  quale  fu  1'  as- 
sassinio del  re,3  non  potevano  le  cose  passare  meglio  : 
ma  credo  ben  anche  che  ne  in  Ispagna  né  in  Italia 
si  siano  adoperati  acciocché  fosse  altrimenti.  Sapen- 
do, come  savi,  che  non  bisogna  importunamente 
operare,  cominceranno  a  seminare  il  Diacatholicon  ; 4 

1  Questa  lettera,  nella  citata  raccolta  del  1673,  porta 
la  sottoscrizione  Pietro  Giusto  ;  e  può  dare  indizio  di 
uno  dei  pseudonimi  sotto  i  quali  Fra  Paolo  nascondevasi, 
fin  dal  principio  di  quest'  anno,  nelle  sue  corrispondenze 
epistolari. 

-  Fra  le  pubblicate  in  Capolago  ec,  p.  213. 

n  u  Enrico  IV  fu  assassinato  il  14  maggio  1610.  »  — 
(Bianchi- Giovini.)  Benché  di  fatto  sì  grande  e  sì  doloroso 
accenni  qui  1'  Autore  quasi  freddamente  e  di  volo,  vedre- 
mo quant'  egli  se  ne  commovesse,  sino  a  ringagliardirsene 
d'  assai  la  sua  latina  facondia,  al  principio  delle  seguenti 
Lettere  CXLII  e  CXLIII. 

4  «  Soprannome  che  dà  al  re  di  Spagna,  ed  a  quelli 
del  suo  partito  in  Europa.  »  —  (Bianchi- Giovini.) 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  73 

ed  avranno  molto  tempo,  dovendo  durare  cinque 
anni  la  minorità  del  re.  In  questo  si  conoscerà  il 
valore  e  la  fedeltà  francese,  se  sapranno  star  uniti 
e  non  lasciare  prender  radici  alla  semenza.  Mi  pare 
gran  cosa  che  il  regno  e  chi  lo  governa  possa,  dopo 
sì  grave  percossa,  aver  animo  di  continuare  i  dise- 
gui del  re;  i  quali,  riguardando  i  preparamenti,  io 
credo  che  non  fossero  in  Cleves,  ma  maggiori  e  forti 
essere  in  Ispagna.  Ma  quand'  anche  cotesto  governo 
attendesse  a  parte  e  sostenesse  gli  amici  fatti  dal 
re,  sarebbe  impresa  degnissima  la  risoluzione  di  vo- 
lere appresso  di  sé  gente  armata.  Xon  posso  dubi- 
tare d'  alcun  mal  incontro,  e  che  gli  uffici  del  papa 
e  de'  Gesuiti  non  voltino  il  cervello  alla  regina  ; x  ma 
il  volere  in  Francia  un  Condé,  quantunque  fosse 
per  essere  un  contrappeso  a  Soissons,  è  cosa  di  gran 
pericolo.  Già  egli  è  infetto  dell'  arte  di  Spagna,  e 
si  può  tener  facilmente  che  non  lo  lasceranno  par- 
tire, se  non  vedendo  che  debba  riuscir  a  loro  pro- 
fitto: ragione  che  a  me  pare  insolubile. 

Ma  V.  S.  mi  tocca  un  non  so  che  del  matrimo- 
nio,2 che  mi  ha  reso  stupido,  parendomi  che  sia  ces- 
sata 1'  occasione  di  simil  materia.  La  prego,  in  una 
parola,  toccarmi  la  causa  perchè  si  mette  in  campo 
questo  punto,  che  a  me  non  pare  pertinente  :  e  sa- 
prei volentieri  se  la  regina  favorisca  Condé,  e  se 
V.  S.  crede  ch'egli  sia  in  augumento  o  in  diminu- 
zione ;  siccome  anco  se  v'  è  speranza  che  i  riformati 
acquistino  maggior  vantaggio  nella  causa  di  religio- 
ne, perchè  io  qui  miro  sopra   ogn'  altra  cosa,  per- 


'  Si  vedano  le  seguenti  Lettere  dei  22  giugno  e  3  agosto. 
-  Vedi  la  nota  posta  a  pag.  211  del  tom.  I. 


74  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

suaso  che  questo  servirebbe  a  far  entrare  1'  Evan- 
gelio in  Italia. 

Dopo  eli'  è  venuto  qui  certo  avviso  della  delibe- 
razione di  Leopoldo  di  muover  la  guerra  agli  Stati, 
e  del  principio  che  ha  dato  scorrendo  verso  Nimega, 
io  concludo  che  non  possa  quest'  anno  passar  senza 
guerra,  dove  si  mischi  anco  la  Francia,  la  quale 
per  nessun  modo  potrà  abbandonare  quegli  Stati. 
Io  non  so  già  •  vedere  come  vi  concorra  la  tregua 
con  F  arciduca  Alberto,  stante  la  congiunzione  eh'  è 
fra  loro  arciduchi  e  con  Spagna;  e  se  con  questa 
guerra  la  tregua  si  serbasse,  io  vedrei  gran  disav- 
vantaggio per  gli  Stati,  poiché  sarebbero  assaltati 
senza  poter  assaltare. 

Quanto  alle  cose  di  qui,  il  papa  s'  è  dichiarato 
di  voler  assistere  alla  Francia  :  ma  tutto  è  simula- 
zione per  far  meglio  il  fatto  di  Spagna  ;  perchè,  mo- 
strandosi amico,  manderà  un  cardinal  legato  che 
farà  ogni  male.  A  questo  sarebbe  necessario  che  la 
regina  attendesse,  per  essere  la  via  più  facile  di  far 
il  male.  V.  S.  tenga  per  certo  che  la  dichiarazione 
è  fatta  di  consiglio  dell'  ambasciadore  di  Spagna. 

La  Repubblica  è  piena  di  sospetto  contro  Spa- 
gna per  vederla  senza  contrappeso  e  per  il  disgusto 
del  passo  negato,1  e  vorrebbe  perciò  la  guerra.  Il  si- 
mile Parma,  Mantova,  piene  di  sospetto  e  corrispon- 
denza :  ma  questo  non  si  può  fare  senza  Francia,  Mi- 
lano e  Torino.  Non  restano  gli  ordini  di  far  armata, 
ma  procedono  lentamente.  Se  adesso  si  tentasse  guerra, 
senza  dubbio  tutta  Italia  sarebbe  contro  Spagna.2 

1  Vedi  la  Lettera  precedente,  pag.  70. 

2  Ma  la  viltà  era  entrata  così  profondamente  negli 
animi,  che  nessuno  profittar  seppe  della  occasione. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.       75 

Io  prego  V.  S.  a  far  parte  di  questi  avvisi  al  signor 
dell'  Isle.  In  Costantinopoli  v'  è  esercito  potente  ter- 
restre per  andare  a' confini  di  Persia;  ma  l'armata 
marittima  non  è  di  gran  conto,  non  dovendo  passare 
sessanta  galere. 

Venezia,  1'  8  giugno  1610. 


CXL.  —  Al  signor  De  V  Isle  Groslot.1 

Essendo  quella  di  V.  S.  delli  11  maggio,  che  ul- 
timamente ho  ricevuto,  scritta  innanzi  la  morte  del 
re,  per  la  mutazione  di  tutte  le  cose  non  ricerca 
risposta,  se  non  di  poche  particole. 

Il  ritorno  del  signor  Foscarini  porterà  gran  im- 
pedimento alla  nostra  comunicazione  ;  ne  per  adesso 
io  so  trovare  altra  via,  se  non  quella  dell'  ambascia- 
tore di  Torino.  Del  venturo 2  a  Parigi  non  si  può 
confidare  pienamente,  per  esser  troppo  papista  ;  e, 
quel  che  più  importa,  non  per  religione,  ma  per  in- 
teresse. Mandare  le  lettere  per  il  corriero  non  in- 
viate ad  altre  persone,  è  cosa  piena  di  pericoli,  e 
non  mi  capiterebbono  se  non  per  fortuna. 

Se  il  re  fosse  vissuto  e  avesse  continuato  il  pro- 
ponimento di  andar  in  Germania  con  tante  forze, 
io  non  dubito  che  quei  principi  non  si  fossero  ac- 
cordati ;  e  già  dell'  accordo  si  parlava  apertamente 
qui.  Non  potevano  esser  senza  sospetto,  quando  un 
forestiero  dovesse  entrare  nel  loro  paese  tanto  più 
forte  di  loro.  La  memoria  di  Enrico  II  non  è  tanto 

1  Dalla  raccolta  fatta  in  Ginevra  ec,  pag.  249. 

2  Di  quello  che  verrà.  E  vedi,  su  tal  proposito,  le  Let- 
tere CXXIX  e  CXXXVI. 


76  LETTERE  DI  FEA  PAOLO   SARPI. 

antica  ; x  e  anco  quando  il  re  fosse  stato  tale  che 
avessero  dovuto  fidarsi  totalmente,  la  prudenza  po- 
litica però  non  ammette  lo  Stato  a  discrezione  d' al- 
trui, massime  che  la  dimanda  fatta  all'  arciduca  del 
passo,  e  la  commissione  successa,  non  potevano  ar- 
gomentar pensieri  sopra  altri  paesi.  Adesso  che  sono 
levate  queste  ombre,  forse  che  sfumerà  quella  trat- 
tazione d' accordo,  del  resto  piena  d' infinite  diffi- 
coltà, e  che  presuppone  innanzi  la  perfezione  di  molte 
cose,  ciascuna  delle  quali  vuol  un  anno  :  e  fra  le 
principali,  la  denuncia  di  guerra  contro  li  Stati 
fatta  da  Leopoldo,  ha  accresciute  le  difficoltà,  non 
essendo  conveniente  che  li  principi  di  Germania  ab- 
bandonino quella  Repubblica,  dichiarata  per  loro.  Io 
ho  ammirato  la  deliberazione  di  quel  governo  in 
dimandar  ugualità  con  Francia  e  Inghilterra  nel 
compartimento  della  preda.  Nessun  principe  fece  mai 
gran  cose,  se  non  quelli  che  riputarono  le  loro  forze 
maggiori  di  quello  che  erano  :  questi  soli  mettono  a 
pericolo,  e  senza  esitare  o  pentirsene,  tutto.  Quel 
che  si  fa  altrimenti,  riesce  di  sotto  del  mediocre. 

Il  negozio  del  re  de'  Romani  averà  incontri  in- 
superabili :  la  volontà  dell'  imperatore  non  inclinata 
a  vedersi  successore  vivendo  ;  li  disgusti  tra  sua 
maestà  e  il  fratello  ;  qualche  concorrente  tra  essi 
fratelli,  quali  non  tutti  cederanno  al  maggiore;  la 
poca  convenienza  tra  li  principi  elettori  ;  li  interessi 

1  Enrico  II  erasi  collegato  coi  principi  di  Germania 
contro  l'imperatore  Carlo  V,  ed  esercitando  lungamente 
la  guerra  tanto  in  quelle  regioni  come  nei  Paesi  Bassi  ed 
in  Italia,  aveva  aggiunto  sino  a  dugento  piazze  al  dominio 
di  Francia  •,  le  quali  poi  tutte  cede  nella  vergognosa  pace 
detta  di  Chàteau-Cambresis.  Morì,  com'  è  noto,  per  ferita 
riportata  in  un  torneo,  nel  1559. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  77 

poi  de'  principi  fuori  di  Germania,  che  s'  adopere- 
ranno a  varii  fini,  non  tanto  con  lettere  d'  inchio- 
stro, quanto  con  lettere  d'  oro.  Le  quali  cose  mi 
fanno  congetturare,  che  la  nostra  età  non  sia  per 
vedere  regolate  tante  cose,  quante  per  necessità  sono 
per  attraversarsi  oltra  le  dette. 

Ma  lasciando  queste  cose  pubbliche,  quanto  al 
Teatro  di  Vignier,1  tanto  hanno  scritto  sopra  quella 
materia,  e  sono  così  difficili  da  stabilir  li  principii 
dove  cavarne  resoluzione,  che  il  parlarne  oltre  la  con- 
gettura è  cosa  assai  pericolosa.  Io  credo  bene  che 
avrò  occasione  di  vederlo,  ma  non  mi  curo  che  que- 
sto sia  così  presto,  avendo  altre  cose  per  le  mani. 

Quanto  al  libro  De  modo  agendi, 2  io  ricercai 
1'  ambasciatore  straordinario  d' Inghilterra,  che  me 
lo  procurasse  insieme  con  altre  cose.  Egli,  al  suo 
ritorno,  in  luogo  pubblico,  dove  non  potevamo  par- 
lare lungamente,  mi  disse  che  mi  aveva  sodisfatto  ; 
ma  immediate  tornato  a  casa,  si  mise  in  letto  con 
grave  mfirmità,  di  dove  non  è  levato  per  ancora  : 
onde  non  ho  potuto  sapere  se  al  certo  in  questo 
son  sodisfatto  ;  ma  congetturo  di  sì.  Onde  prego 
V.  S.  non  passar  più  innanzi  in  affaticarsi  per  ciò  ; 
e  se  io  per  quella  via  non  avrò  ottenuto  il  mio  de- 
siderio, le  scriverò  di  nuovo  e  riceverò  la  sua  grazia. 

Non  so  se  quei  Padri  goderanno  felicità  in  Fran- 
cia dopo  la  morte  del  re,  o  pur  maggiore.   Quanto 

1  Niccolò  Vignier,  ministro  della  chiesa  riformata  in 
Blois,  ebbe  dal  sinodo  della  Roccella  la  commissione  di 
scrivere  il  così  detto  Teatro  dell'  Anticristo,  che  venne 
in  lnce  nel  1610.  Aveva  prima  pubblicato  una  dissertazione 
contro  il  Baronio,  intorno  all'  Interdetto  di  Venezia. 

-  Parlasi  di  quello  attribuito  al  Perkison,  poi  saputosi 
non  esser  suo,  come  si  ha  dalle  precedenti. 


78  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

a  me,  credo  che  averebbono  per  vergogna  che  fosse 
successo  un  gran  fatto  per  altre  mani  ;  e  se  bene 
tutto  non  si  scoprirà,  non  so  se  varranno  ancora  a 
tutto  coprire.  Io  crederò  il  ragionevole  senza  fare 
loro  torto,  poiché  non  capii  prqphetam  perire  extra 
Hierusalem.1 

Quanto  a  Fra  Fulgenzio,  non  è  vero  che  sia  po- 
sto in  galera,  ne  dopo  che  fu  messo  prigione  all'  In- 
quisizione, si  ha  saputo  di  lui  altro  con  certezza. 
Un  mese  è  che  li  Padri  del  suo  ordine  da  Roma 
scrissero,  eh'  era  morto  in  prigione,  di  laccio  ;  e  così 
essi  tengono  per  certo  :  ma  io  non  ne  ho  altri  ri- 
scontri. Mi  resterebbe  dirle  alcune  altre  cose,  le 
quali  avendo  scritto  a  monsieur  Castrino  e  man- 
cando di  tempo,  lo  prego  che  gliene  faccia  parte. 
E  qui  facendo  fine,  le  bacio  riverentemente  la  mano. 
Di  Venezia,  li  8  giugno  1610. 


CXLI.  —  A  Giacomo  Lescliassier? 

Non  ho  parole  da  raccontare  con  quanto  ram- 
marico si  udisse  qua  la  notizia  della  morte  del  re; 
giacché  in  lui  solo  pareva  riposta  la  speranza  della 
cristiana  libertà.  Egli  ebbe  d' immaturo  soltanto 
P  estremo  fato,  e  non  senza  gloria  morì  ;  ma  troppo 
presto  pel  regno  e  per  la  repubblica  cristiana.  Am- 
miro io  sì  e  venero  insiememente  i   divini  giudizi  : 

1  II  Sarpi,  calmata  la  prima  effervescenza  dell'  ira  su- 
scitata da  un  tanto  delitto,  perseverava  nel  credere  i  Ge- 
suiti indirettamente  colpevoli  della  morte  di  Enrico  IV. 
Vedi  al  principio  della  Lettera  CXLIII. 

-  Edita  fra  le  Opere  ec,  in  latino  pag.  83. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  79 

ma  mi  fa  stomaco  la  novella  dottrina  che,  al  dispetto 
di  tutti  gli  umani  e  divini  diritti,  fa  lecito  per  causa 
di  religione  1'  assassinio  de'  principi  ;  la  quale  se  per 
accordo  di  tutti  non  si  distrugga,  io  veggo  venuta 
ormai  l' ultim'  ora  per  la  social  convivenza.  Ora 
sono  forzati  tutti  i  re  e  gT  imperanti  non  solo  a  ce- 
dere alle  arti  degli  Spagnuoli  e  de'  Gesuiti,  ma  a 
sventare  perfino  le  loro  diffidenze:  perciocché  quel 
re  non  agitava  consigli  ostili  verso  di  loro  ne  vi 
avrebbe  pensato  mai;  e  tuttavia,  pel  solo  sospetto, 
lo  fecero  ammazzare.1  Non  mai  abbastanza  potremo 
arrovellarci  per  siffatte  ribalderie.  Faccia  Dio  che 
il  mondo  vegga  i  suoi  rischi  e  sappia  ripararvi  ! 
Già  niuno,  per  quanto  di  prudenza  e  destrezza 
adoperi  nel  trattare,  sarà  sicuro  dai  loro  colpi, 
quando  tale  sventura  incolse  ad  un  re  che  ai  gesuiti 
fu  prodigo  d'immensi  favori.2  Non  vorrei  far  da  indo- 
vino, ma  giudico  che  il  regno  di  Francia  non  avrà 
mai  sicurezza  fino  a  che  tal  peste  non  venga  estir- 
pata. Noi  vi  precedemmo  :  se  avete  a  cuore  la  pub- 
blica salute,  seguiteci.  Ma  basti  di  queste  cose;  le 
quali  avranno  adempimento,  se  Dio  non  accecherà 
coloro  che  più  vedono  o  dovrebbero  vedere. 

Non  per  anche  sono  giunte  le  Risposte  di  Vames  s 
sui  mercati  di  Francfort  ;  e  diedi  commissione  ad  un 
amico  che  partiva  per  F  Olanda,  affinchè  me  le  recas- 
se. Io  leggo  volentieri  que'  libri  che  sono  scritti  da 

1  Accusa  terribile  quando  viene  da  un  uomo  come  il 
Sarpi  -,  e  ciò  anche  a  malgrado  di  quanto  è  detto  al  prin- 
cipio della  Lettera  seguente. 

2  Esempio  che  altri  con  ispavcnto  dovrebbero  ramme- 
morare, se  gli  esempi  della  storia  bastassero  a  render  gli 
uomini  più  risoluti  e  prudenti. 

3  Vedasi  a  pag.  58. 


80  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

uomini  liberi.  Ingegno  non  manca  agi'  Italiani  ;  ma 
non  possono  adoperarlo.  In  cima  a'  pensieri  tengo  la 
materia  beneficiaria,  perchè  ninna  è  più  profittevole 
allo  Stato.  Se  opportune  riforme  potranno  impiantarsi 
dirittamente,  avremo  chiusa  ogni  entrata  a' nostri  ne- 
mici :  e  ben  essi  lo  sanno,  e  però  difendono  pertinace- 
mente le  riserve  con  cui  ci  opprimono.  I  nostri,  nati  e 
cresciuti  nel  mezzo  agli  abusi,  son  tardi  a  conoscerli 
e  pigri  a  combatterli.  Io  trovo  che  voi  altri,  sotto  re 
minorenni,  aspiraste  sempre  a  maggior  libertà,  e  varie 
cose  riformaste  nell'  amministrazione  ecclesiastica. 
Volesse  il  cielo  che  v'  affaticaste  anche  su  questo 
particolare,  come  desidero  e  per  vostro  vantaggio  e 
luminoso  esempio  di  noi  stessi!  Godo  assaissimo  che 
procedali  tranquille  le  faccende  di  cotesto  regno  ;  né 
pensavo  fosse  per  essere  altrimenti,  giacché  a  voi  non 
faceva  mestieri  di  usare  cautele.  Per  ora  non  correte 
rischi,  ma  quando  gli  Spagnuoli  e  i  Gesuiti  avranno 
disseminato  il  Diacattolico,  allora  sì  che  ne  corre- 
rete ;  e  non  farete  fronte,  se  permetterete  che  ne  ab- 
barbichino anche  le  più  piccole  radici,  segnatamente 
se  d'  oro,  come  un  tempo  erano  ad  essi  più  care. 

Sapevo  le  notizie  che  V.  S.  mi  dette  del  Casau- 
bono:  ora  sciolto  di  quel  fastidio,  potrà  dar  mano 
al  Polibio  e  ad  altri  buoni  scritti.  Ogni  uomo  dab- 
bene deve  attendere  alle  cose  politiche  ; l  giacché  i 
nemici  del  buon  governo  e  della  libertà,  sotto  il 
pretesto  di  religione,  ci  regalano  a  forza  funesti 
insegnamenti,  i   quali   fa   d' uopo  ribattere.  Io   ho 

1  Questo  è  ben  altro  che  la  dottrina  dei  moderni  Ca- 
toni della  viltà  :  rumores  fuge  ;  e  1'  insegnamento  pagano 
ed  egoistico  di  certi  antichi  ;  cioè  che  il  filosofo  non  deve 
impacciarsi  della  repubblica. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.       81 

somma  venerazione  per  queir  uomo,  e  desidero  si  con- 
servi in  prospera  salute. 

Quanto  alle  lenti  oculari,  per  dirne  alcun  che, 
ci  ha  qui  alcuni  eruditi,  che  disegnano  di  fare  un 
piccolo  commentario  sulla  visione,  ove  esporranno 
la  maniera  e  la  cagione  del  ritrovato  Olandese,  e 
tutta  la  teorica  a  un  tempo  del  cannocchiale.  Se  ver- 
rà, come  credo,  in  luce,  ne  manderò  alla  S.  V.  un 
esemplare,  sperando  che  troverà  favore  presso  di 
Lei  e  d'altre  persone  di  cotesto  regno. 

Saranno  costà  inviati  all'  uopo  ministri.  Il  primo 
favore  sarà  di  esortare  che  si  esterminino  gli  Ugo- 
notti dal  regno,  acciocché  Dio,  maggiormente  pla- 
cato, lo  risguardi  con  occhio  più  benigno.  Se  altri 
noi  farà,  il  papa  gli  diverrà  nemico.  Quando  a  Lei 
scrivo,  non  farei  mai  fine;  e  spesso  mi  scordo  di 
quella  debita  moderazione  che  non  dovrebbe  trava- 
licarsi. E  qui  chiudo  la  mia  col  pregare  Iddio  che 
la  serbi  sana  per  lungo  tempo. 
Venezia,  8  giugno  1610. 


CXLII.  —  Al  medesimo.1 

Non  oserei  tenere  i  Gesuiti  o  i  romaneschi  per 
autori  della  morte  del  re,  dacché  specialmente  è 
voce  che  il  sicario  sia  posseduto  da  nera  melanconia. 
Ma  pure  non  posson  essi  negare  che  tale  scellera- 
tezza non  fosse  causata  da  un  principio  inventato  da 
loro,  e  difeso  poi  anche  per  iscritture  e  magistrale  au- 
torità. A  Praga,  il  gesuita  Scoto  predicò  quella  ucci- 

1   Stampata  come  sopra,  pag.  85. 
Sarpi.  —  il.  G 


82  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

sione  degna  d' elogio  e  di  premio  :  approvare  un  fatto 
torna  quasi  lo  stesso  che  consigliarlo. 

Io  stupisco  come  il  re  abbia  portato  in  pace  1'  ol- 
tracotanza  del  Gunter,  il  quale  non  peritandosi  dal 
predicare  contro  i  suoi  editti,  ne  assalì  ancora  la 
fama.  Inoltre,  il  soffrire  che  un  privato,  di  moto  suo 
e  senza  che  il  principe  lo  richieda,  emetta,  segna- 
tamente in  pubblico,  un  giudizio,  è  troppa  indul- 
genza, la  quale  riesce  da  ultimo  a  rovina  dei  re.  Il 
re  favoreggia  i  Gesuiti,  avvisandosi  per  tal  guisa 
di  declinare  le  loro  trame;  ma  quanto  si  pensa  sfug- 
girle, altrettanto  vi  corre  incontro.  Se  anco  per  giu- 
ramento affermassero  i  Gesuiti  di  Francia  di  non 
far  buona  quella  dottrina,  non  potrei  loro  dar  fe- 
de; perchè  con  equivoci,  restrizioni  mentali  o  tacite 
riserve  fanno  essi  prova  di  gabbare  Iddio.  Quan- 
d' Ella  ha  ascoltato  un  gesuita,  faccia  conto  di 
averli  uditi  tutti  quanti.  Non  eccettuo  i  francesi  :  la 
vostra  gente  è  bensì  schietta  e  verace,  quando  per 
proprio  senno  governisi;  ma  se  dalle  altrui  arti  si 
lasci  abbindolare,  avanza  la  tristizia  degli  altri.  Che 
direbb'Ella,  se  dessi  il  primato  della  nequizia  ai 
Gesuiti  di  Francia?1  Mi  starebbe  grandemente  a 
cuore  che  si  ribattesse  dai  teologi  con  qualche  scrit- 
tura un  insegnamento  così  abbominevole  ;  ma  temo 
che  la  Sorbona  adempia  a  questo  incarico  alquanto 
rimessamente.  Vedo,  infatti,  che  essa  è  troppo  ligia 
ai  Loioliti,  degenerando  così  dalla  Sorbona  antica  e 
veramente  francese:  ma  contro  a  tal  peste  pubblica 

1  Qualcuno  si  sentirà  qui  tratto  a  sclamare  :  —  0  buon 
Sarpi,  perchè  non  sei  tu  vivo,  a  fine  di  farci  noto  il  giudi- 
zio che  portar  dovresti  intorno  ai  gesuiti  e  ai  gesuitanti 
Francesi  d'  oggidì  ! 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      83 

non  si  deve  battagliar  fiaccamente,  per  non  parere 
anzi  di  raffermarla.  Non  è  solo  il  Mariana  a  farsi 
spudoratamente  banditore  di  tali  massime  ;  ma  è  bene 
il  vezzo  di  tutti  i  Gesuiti.  Vegga  il  Suarez,  a  petto  al 
quale  le  sentenze  del  Mariana  paiono  scherzi.  Esso 
arma  i  sudditi  alla  morte  del  principe,  non  solo  dopo 
il  comando  e  1'  approvazione  dei  papi,  ma  col  solo 
presupposto  della  loro  approvazione  :  anzi  afferma 
bastare  la  persuasione  che  essi  saranno  contenti, 
comecché  non  l' abbiano  a  parole  significato. 1  Ma 
passiamoci  di  tal  gente. 

Mi  rallegro  che  tutto  sia  costì  intervenuto  feli- 
cemente: il  Cielo  faccia  che  ciò  duri  per  sempre. 
Vorrei  che  fosse  ben  netto  il  campo  di  cotesto  regno  ; 
pel  quale  fo  mali  presagi  per  allora  che  i  nemici 
abbiano  disseminato  il  Diacattolico,  e  1'  orecchiuto 
in  ispecie.  Fino  a  che  stanzieranno  costà  i  Gesuiti, 
voi  terrete  il  lupo  per  gli  orecchi,  covando  dentro  voi 
stessi  la  cagione  del  morbo.  Ma  sono  ben  pazzo  a 
parlar  di  cose  di  cui  non  ho  esperienza  e  dalle  quali 
son  lontano,  alla  S.  V.  eccellentissima,  sotto  i  cui 
occhi  esse  accadono.  Vengo  agli  affari  nostri. 

Quando  i  vostri  e  gli  Allobrogi 2  s' armavano,  ta- 
cevano gli  Spagnuoli  di  Milano,  quasi  che  tutto  fosse 
tranquillo  :  adesso  che  voi  avete  deposto  le  armi,  essi 
si  apprestano  a  guerra  ;  o  piuttosto  ad  imporre  agli 
Allobrogi  e  ai  rimanenti  Italiani  quelle  leggi    che 

1  Eppure  si  parla  del  solo  Pascal  come  quello  che, 
colle  Provinciali,  portò  il  colpo  più  funesto  alla  malefica 
pianta  del  Gesuitismo  !  E  queste  Lettere  Veneziane  del 
gran  filosofo  e  puro  credente  Fra  Paolo?....  Perchè  scritte 
in  latino  e  stampate  alla  macchia  in  Italia,  solo  pochis- 
simi sino  ai  dì  nostri  le  avevano  lette. 

2  I  sudditi  della  casa  di  Savoia. 


84  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARRI. 

vorranno.  Se  mai  soggiacque  Italia  a  rischio  di  schia- 
vitù, ora  sì  che  v'  è  presso.  Poco  cura  il  papa,  o 
forse  desidera  catene  d'  oro  ;  anzi,  ebbro  di  felicità, 
non  le  vede.  Agli  altri  stanno  in  fronte  gli  occhi 
per  vedere,  ma  la  facoltà  manca  del  tutto.  Per  no- 
stra grave  disavventura,  il  re  brandì  le  armi,  e  la 
sua  morte  riesce  adesso  più  micidiale  a  noi  che  a 
voi  medesimi.  Ma  tuttavia,  niente  avviene  contro  la 
divina  volontà  ;  e  perciò  a  Dio  facciamo  preghiere 
perchè  il  tutto  rivolga  in  bene. 

Mi  sforzai  d' avere  il  libro  del  Vames  : x  fra  poco 
spero  di  vederlo,  e  mi  gioverà.  Delle  leggi  e  co- 
stumanze di  quel  paese  niente  conosco  fin  qui  ;  e 
tal  notizia  sarà  profittevole,  poiché  gli  esempi  val- 
gono più  delle  ragioni.  S' io  reco  in  mezzo  Francia 
o  Spagna,  ben  possono  rispondermi  : 2  non  siamo  da 
tanto,  ne  possiamo  stare  a  paro  dei  grandi  re.  Dal 
che  avviene  che  il  più  delle  volte  ricorrano  a'  Pie- 
montesi. Se  vi  aggiungerò  quelli  di  Borgogna,  benché 
non  principi  così  grandi  come  quei  due  re,  ne  accetti 
a'  Gesuiti,  fo  conto  di  trovare  miglior  ventura  ;  seb- 
ben'  io  presagisca  che  d' ora  in  poi  non  si  verrà 
a  capo  di  alcuna  cosa  buona  :  tanto  la  faccenda 
procede  grave  d' impacci. 

Torno  alla  dottrina  de'  Gesuiti.  Se  cotesta  società 
di  teologi  scriverà  qualche  cosa  contr'  a  loro,  darà 
il  segnale  della  guerra  ;  perocché  avrà  a  condannar 
come  eretica  la  loro  dottrina  e  valersi  del  decreto 
di  Costanza.  E  questo  prenderanno  in  mala  parte  a 
Roma  ;  e  prima,  perchè   scartino  un  insegnamento 


1  Vedi  la  nota  a  pag.  58. 

2  Cioè,  gli  avversarli  dell'  A.  ;  i   romaneschi   e   gesuiti. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  85 

cui  essi  fauno  buon  viso  ;  poi,  perchè  s'  abbia  co- 
me legittimo  il  concilio  di  Costanza.  Da  qui  forse 
verrà,  che  siccome  le  massime  della  Sorbona  non 
consonavano  un  tempo  colle  romanesche,  così  ac- 
cendasi nuovo  fomite  a  contrasti.  Che  se  tanto  av- 
verrà, si  appiccherà  zuffa  fra  le  chiese  romana  e 
francese  ;  e  per  voi  sorgerà  il  principio  di  una  per- 
fetta libertà,  e  a  noi  sarà  di  stimolo  il  vostro  esem- 
pio. Ciò  sebbene  io  desideri  più  di  quello  che  speri, 
pur  amo  di  consolarmi  ingannandomi  ;  niente  più 
standomi  a  cuore  che  di  scemare  il  peso  di  questo 
importabile  giogo.  Quel  che  su  tale  oggetto  qui  verrà 
scritto,  a  voi  altri  giungerà;  ma  mentre  si  tratta 
e  discute,  prego  la  S.  V.  a  volermi  ragguagliar  di 
ogni  fatto.  La  ringrazio  vivissimamente  della  sua  let- 
tera datata  del  primo  giugno  ;  e  prego  Iddio  che  se- 
condi tutti  i  suoi  disegni,  e  lunghissimamente  la 
conservi.  Stia  sana. 

Venezia,  22  giugno  1610. 


CXLIII.  —  Ad  Isacco  Casaubono.  l 

Con  mio  gran  rammarico,  l'esemplare  del  Poli- 
bio che  V.  S.  mi  mandava,  andò  perduto  ;  e  ciò  non 
tanto  per  esser  privo  de'  frutti  delle  sue  fatiche 
(poiché  un  altro  ne  ho,  di  cui  posso  giovarmi), 
quanto  per  avere  così  perduto  un  ricordo  sì  caro 
della  sua  cortesissima  persona.  Ma  siccome  non 
alla  cosa  in  sé,  ma  al  sentimento  dell'  animo  deve 
in   tai   casi    badarsi,    così    mi    convien    dirmi   sod- 

1  Dalle  Opere  dell' A.,  tom.  VI,  dove  si  legge  in  latino, 
a  pag.  117. 


86  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

disfatto  abbastanza  dell'  onore  impartitomi  dalla 
S.  V.  col  credermi  non  indegno  di  un  tal  favore. 

Tutti  sentono  eguale  orrore  per  la  detestabile 
scelleratezza,  tramata  quasi  d'un  colpo  e  compiuta, 
contro  1'  ottimo  principe  che  fu  vostro  re  :  tutti, 
dico,  all'  infuori  di  coloro  che  tra  l' arti  che  profes- 
sano, pongono  ancora  la  strage  dei  principi;  gente 
che  quanto  più  odio,  tanto  più  vorrei  poter  odiare.1 

Venendo  alle  altre  parti  della  sua  lettera,  vedo 
bene  eh'  Ella  di  me  giudica  secondo  1'  amicizia,  e 
non  secondo  la  verità;  che  certo  non  sono  io  tale 
da  poter  essere  con  fidanza  da  Lei  consultato,  e  in 
ispecie  dovendo  rispondere  per  lettera  ad  una  que- 
stione che  non  è  certamente  da  lettere.  Ma  non 
osando  io  disdirle  in  cosa  alcuna,  mi  sforzerò  di 
fare  quanto  mi  ha  comandato  :  bensì  prego  di  ri- 
guardare i  miei  sforzi  siccome  il  meglio  che  far 
potessi  in  tale  occasione. 

Premesso  che  Gesù  Cristo  diede  se  stesso  per  la 
Chiesa,  a  fine  di  renderla  immacolata,  non  in  que- 
sta vita  ma  sì  nel  tempo  avvenire  ;  mentr'  essa  a 
ciò  s' incammina  e  tende  a  quel  segno  che  ai  mor- 
tali non  è  dato  di  raggiungere,  mi  sembra  ch'Ella 
desideri  una  Chiesa  esente  da  ogni  macchia:  la 
quale,  se  non  alzerà  gli  occhi  verso  il  cielo,  io  non 
potrò  mai  additarle.  Perciò  ottima  sarà  da  dirsi 
quella  che  mostri  in  sé  il  minimo  della  corruzione. 
Ci  ammonì  san  Paolo,  che  gittate  appena  le  fonda- 

1  Si  noti  che  il  Sarpi  confessa  di  avere  scritta  questa 
Lettera  con  tutta  queir  ingenuità  che  avrebbe  potuto  usare 
parlando  a  viva  voce.  Ma  1'  avversione  ancora,  quando  fran- 
camente professata,  è  onorevole*,  perchè  sempre  onora 
l' uomo  quel  eh'  oggi  dicesi  il  coraggio  della  propria  opi- 
nione. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  87 

menta  della  fede,  ne  vengon  su  fabbriche  da  met- 
tersi alla  prova  del  fuoco,  e  le  più  volte  da  lasciarle 
da  questo  consumare.  Sarò,  se  vuole,  bugiardo,  se 
delle  chiese  de'  nostri  secoli  fu  più  casta  e  inteme- 
rata quella  di  Corinto,  fondata,  educata,  chiamata 
santa  dallo  stesso  Paolo.  Dove  i  mortali  dimora- 
no, si  troverà  più  facilmente  da  riprendere  che  da 
lodare:  il  perfetto  è  soltanto  nelle  nostre  aspira- 
zioni. 

Due  cose  intanto  si  praticano,  di  cui  non  intendo 
abbastanza  la  ragione.  L'  una  è,  che  si  ha  sempre 
ricorso  ai  Padri  da  quegli  stessi  che  troppo  ben  san- 
no come  taluni  tra  essi,  gonfi  del  vento  della  retto- 
rica,  servirono  bene  spesso  e  soverchiamente  alle 
pregiudicate  opinioni  del  loro  secolo,  e  volendo  in- 
durre i  pagani  alla  fede,  si  sforzarono  di  dare  ad 
intendere  mediante  gli  antichi  nomi  cose  al  tutto 
diverse.  Dal  che  procede  che  nessuno  può  facilmente 
cavare  dalle  loro  parole  il  senso  a  quelle  da  essi 
attribuito,  e  invece  il  tira  facilissimamente  all'in- 
tento suo  proprio.  Lascio  stare  che  in  nessuna  con- 
troversia scontrerai  ben  netto  il  parere  di  persona 
che  alcunché  ne  abbia  scritto  per  occasione  o  materia 
che  ne  abbia  avuto  tra  mano.  Costoro  i  quali  repu- 
tano che  i  monti,  comecché  altissimi,  tocchino  il 
cielo,  sono  richiamati  a  far  senno  dall'  italiano  pro- 
verbio :  «  Più  su  sta  mona  luna.  »  La  seconda  cosa 
è  in  questo,  che,  a  similitudine  di  Marta,  ci  diamo 
impaccio  di  troppe  cose  e  delle  più  lievi,  trascuran- 
do intanto  quell'  una  eh'  è  veramente  necessaria.  A 
che  gli  adornamenti  della  casa?  a  che  badiamo  ai 
particolari  che  il  fuoco  avrà  un  giorno  in  sua  balia? 
Il  solo  fondamento  è   da  porsi  alla  prova  :  che  se 


88  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

questo  si  mostri  saldo,  vada  pure  il  rimanente  come 
si  vuole,  e  il  fuoco  faccia  la  sua  parte. 

Tutto  questo  Le  ho  scritto  con  ingenuità,  né  più 
potrei  dirle  se  avessi  il  contento  di  parlarle  a  viva 
voce.  Ma  la  S.  V.  se  ne  ricorderà  forse  quando  le 
venga  voglia  di  pesarmi  alla  bilancia,  e  mi  troverà 
così  scadente  del  peso  che  in  sé  erasi  figurata  in- 
nanzi di  leggere  queste  mie  abborracciature. 

Intanto  prego  il  Signore  di  volerla  assistere  col 
suo  lume  nelle  risoluzioni  che  sarà  per  fare,  in  guisa 
che  le  tornino  a  gloria  ;  e  insieme  la  colmi  d'  ogni 
bene,  presente  e  futuro;  e  a  me  dia  grazia  di  riu- 
scirle non  inutile  sevitore. 

Venezia,  22  giugno  1610. 


CXLIV.  —  Al  signor  De  V  Me   Groslot.1 

Abbiamo  di  che  ringraziare  Nostro  Signor  Iddio 
benedetto,  il  quale  ha  ispirato  animo  di  unione  a 
cotesta  nobiltà,  per  sostentare  il  governo  del  regno 
percosso  da  sì  orribil  caso.  Il  tutto  è  che  la  causa 
la  quale  al  presente  l' ha  stabilito,  continui,  acciò 
duri  anco  lo  stabilimento.  È  stato  facile  che  1'  ambi- 
zione dei  grandi  abbia  dato  luogo  all'  affetto  di  com- 
miserazione verso  il  re  assassinato  e  la  famiglia  de- 
solata ;  ma  rimettendosi  questo  affetto,  1'  ambizione 
tornerà:  la  quale  avrà  ancora  aiuto  dai  disgusti 
che  nasceranno  tra  i  partecipi  del  governo  alla 
giornata.  Il  mantenere  quieta  cotesta  generosa  na- 
zione senza  una  guerra  esterna,  è  stato  sempre  dif- 
fìcile:   forse    sarà    più    difficile    adesso,    poiché    la 

1  Dalla  raccolta  di  Ginevra  ec,  pag.  254. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  89 

guerra  con  tanta  avidità  desiderata  già  più  anni, 
gli  è  stata  mostrata  e  subito  sottratta  dalla  vista. 
Ne  il  mettersi  in  una  guerra  sarà  senza  pericolo, 
dovendosi  dar  le  armi  in  mano  ad  uno  che  sarà 
sempre  da  temere,  sia  qualsivoglia.  E  1'  unione  del 
popolo,  mentre  non  è  infetto  di  Diacatholicon,  si 
conserverà;  ma  quando  i  Gesuiti  useranno  1'  arte, 
di  che  avranno  gran  comodo,  nascerà  il  pericolo. 
Bisognerà  tener  per  fermo,  che  il  bene  di  Roma  e 
di  Francia  sono  incompatibili  ; x  e  se  la  regina  non 
intenderà  questo  punto,  le  cose  passeranno  male.  Il 
bene  di  una  è  la  concordia  di  detti  principi;  e  il 
bene  dell'  altra  è  guerra  di  religione. 

Io  temo  che  la  naturale  superstizione  e  1'  arte 
de'  Gesuiti  impedirà  dal  conoscere  il  bene.  Dio  sopra 
sta  a  tutte  le  cose,  e  muta  i  cuori  secondo  il  suo 
santo  beneplacito.  Qui  si  aspettava  eh'  essendo  il 
regno  armato,  e  non  mancando  de'  danari  raccolti, 
facesse  risoluzione  di  proseguir  la  guerra  oltre  i  di- 
segni e  fini  del  re  defunto,  per  vendicare  anco  la 
sua  morte.  Io  ho  sempre  creduto,  in  contrario,  che 
per  ritrovarsi  il  re  pupillo,  fosse  necessario  atten- 
dere alle  cose  interne  e  lasciar  affatto  il  pensiero 
delle  esterne.  Sebbene  mi  verrà  risposto  che  anco 
il  re  di  Spagna  è  sotto  tutela,  e  molto  più  di  co- 
testo; poiché  egli  uscirà  un  giorno,  ma  quello  non 
ne  uscirà  mai.  Ma  vi  è  gran  differenza  dalla  flemma 

1  Questo  concetto  medesimo  è  nella  Lettera  CXLVI 
(pag.  97),  la  quale  è  tra  quelle  che  taluni  (per  qua- 
lunque siasi  scopo)  si  sforzeranno  di  mettere  tra  le  apogri- 
fe.  Nulla  noi  volemmo  occultare  né  palliare  ;  nulla  accre- 
scere né  sminuire  :  somministriamo  i  documenti  e  i  mate- 
riali che  ci  occorsero,  ai  filosofi  per  giudicar  1'  animo,  ai 
biografi  per  iscriver  la  vita  del  Sarpi. 


90  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

e  pazienza  degli  Spagnuoli  alla  vivacità  de'  Fran- 
cesi. 

Il  papa  ha  dichiarato  d'  assistere  alla  Francia 
per  stabilimento  del  governo  ;  ma  vi  è  bisogno  della 
prudenza  d'  Ulisse,  la  quale  otturi  1'  orecchie  a  tutti 
gli  sciolti,  e  leghi  tutti  quelli  che  possono  udire  :  al- 
trimenti, non  vi  è  rimedio  all'  incanto. 

Il  principe  di  Condé  partì  in  posta  verso  la 
Fiandra  :  credo  che  dagli  Spagnuoli  sia  conosciuto  per 
da  poco,  e  non  sperando  gran  cose,  abbino  gettato 
quel  tiro  alla  buona  fortuna. 

Io  stupisco  che  l' autore  di  tale  assassinio  sia 
stato  fatto  morire  senza  aver  avuto  la  confessione 
intiera  de'  mandanti  e  consiglieri  : x  il  che  mi  pare  si 
doveva  procurare  se  non  bastava  con  tormenti,  anco 
con  perdono.  Credo  bene  che  non  sia  stato  tralascia- 
to niente,  ma  mi  resta  molto  oscuro  questo  successo  ; 
se  però  non  sia,  che  non  avendo  comodo  di  vendicar- 
si, venga  riputato  meglio  il  mostrare  di  nen  sapere. 

Le  cose  d' Italia  passano  con  molta  maraviglia 
e  dispetto  di  quelli  che  osservano  che  il  conte  di 
Fuentes.2  quale  vivendo  il  re  e  armandosi  poten- 
temente per  tutta  Francia,  restava  senza  fare  pro- 
visione alcuna,  ora  reinfoderate  le  armi  francesi, 
faccia  sollecita  provvisione,  così  facendo  passar  Sviz- 
zeri e  Tedeschi,  come  battendo  il  tamburo  negli 
Stati  suoi.  Credono  alcuni  che  questo  sia  per  muover 
le  armi  al  duca  di  Savoia  e  ad  altri  ;  ma  i  più 
avveduti  hanno  opinione,  che  sia   per  avere  a  di- 

1  II  supplizio  di  Ravaillac,  accompagnato  dalle  più  or- 
ribili circostanze,  aveva  avuto  luogo  due  settimane  soltanto 
dopo  commesso  il  delitto  \  cioè  presso  il  fine  di  maggio. 

2  Viceré  o  governatore  spaguuolo  del  ducato  di  Milano. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      91 

screzione  e  lui  e  gli  altri  Italiani,  e  fare  che  condi- 
scendano ai  partiti  che  proporranno. 

Pare  che  vi  sia  qualche  moto  ne'  Grisoni,  perchè 
passando  per  gli  Stati  loro,  i  capi  de'  Tedeschi  che 
si  levano  in  Tirolo,  siano  stati  fatti  prigioni,  come 
quelli  che  senza  licenzia  hanno  ardito  di  transitare. 
Io  dubito  che  sarà  occupata  la  Valtellina,  e  il  duca 
di  Savoia  fatto  spagnuolo,  e  la  Repubblica  e  l' Italia 
serrate.  Propongono  al  duca  la  guerra  di  Genova. 
Certamente,  se  la  mano  potente  di  Dio  non  rivolta 
le  cose,  come  spesso  suol  fare,  i  pericoli  sono  grandi. 

Ma  per  passare  alle  cose  nostre,  io  ancora  son 
molto  in  pena,  come  si  potrà  continuare  la  nostra 
comunicazione  dopo  la  partita  del  signor  Foscarini  ; 
né  per  ora  so  trovar  alcun  rimedio,  salvo  che  per 
il  tempo  che  il  Barbarigo  1  starà  in  Torino,  che  sarà 
ancora  circa  un  anno,  usando  il  mezzo  suo  per  questo 
tempo.  Forse  nascerà  qualche  altra  occasione.  Ver- 
ranno due  ambasciatori  straordinari  per  le  condo- 
glienze  e  gratulazioni  col  nuovo  re  ;  sarà  loro  segreta- 
rio Agostino  Dolce,  persona  colla  quale  tengo  grande 
amicizia  :  se  allora  V.  S.  avrà  qualche  libro  che  me- 
riti, potrà,  serratolo  e  sigillato,  farlo  consegnar  a 
lui,  che  ritornando  lo  metterà  appresso  le  cose  sue 
per  portarmelo.  Sarebbe  lunga  cosa  se  io  raccon- 
tassi a  V.  S.  i  mali  causati  dalla  lettera,  per  esser 

1  Chi  fosse  questo  Barbarigo,  si  ha  dalla  Lettera  CXLVII 
(pag.  98-99).  11  Griselini  ancora  (pag.  155)  parla  di  un 
Barbarigo,  amico  assiduo  e  uno  dei  consolatori  della  vec- 
chiezza del  Sarpi,  in  grazia  del  quale  Fra  Paolo  fece  tra- 
durre da  Fra  Fulgenzio  il  celebre  Saggio  sull'amicizia  di 
Michele  Montaigne:  ma  non  sembra  che  le  cose  dal  nostro  e 
dal  suo  biografo  accennate  possano  riferirsi  ad  una  persona 
medesima. 


92  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

molti  e  grandi;  ma  Dio  perdoni  a  chi  favoriva  più 
i  nemici  che  gli  amici.  Cessata  in  parte  quella  oc- 
casione, mi  son  risoluto  di  mutare  la  trattazione  con 
monsieur  di  Thou;  e  già  per  il  corriere  passato  gli 
scrissi  una  lettera,  dalla  quale  credo  resterà  sod- 
disfatto. 

Io  non  farei  fine  di  trattar  con  V.  S.,  senza  ri- 
spetto della  noia  che  gli  do  ;  ma  instando  1'  ora  di 
spedire  le  lettere,  farò  fine,  pregando  Dio,  che  doni 
ogni  felicità  a  V.  S.  ;  alla  quale  bacio  la  mano. 
Di  Venezia,  il  22  giugno  1610. 


CXLV.  —  Al  nominato  Bossi.1 

Non  è  occorso  mai  successo  nella  mia  età,  del 
quale  più  lungamente  si  parlasse  e  più  universal- 
mente, quanto  della  morte  del  re.  La  quale,  ben  con- 
siderata, a  lui  non  è  stata  importuna,  che  ha  finito 
i  suoi  giorni  pieni  di  gloria  e  di  contento,  lasciando 
di  se  infinito  desiderio  a  tutti  i  buoni  ;  ma  ben  im- 
portuna al  regno  ed  agli  amici,  i  quali  sopra  la  vita 
di  lui  fondavano  grandi  speranze.  Siccome  il  caso 
<ìi  tanta  morte  è  stato  inaspettato,  così  non  si  po- 
teva credere  tanta  unione  quanta  si  è  veduta  nei 
grandi,  nella  nobiltà  e  nel  popolo  :  e  a  stabilire  il 
regno  conquassato  da  tanto  caso,  Dio  faccia  che 
tanta  unione  sia  perpetua;  perchè  è  da  temere 
quando  il  papa  ed  i  Romani  semineranno  il  Dia- 
catholicon,  del  quale  è  noto  il  bene.  Certa  cosa  è 
che  non  potrà  compatirsi  col  bene  di  Francia.  Quelli 

1  Fra  le  edite  in  Capolago  ec.,  pag.  219. 


LETTERE  DI  FRA  TAOLO   SARPI.  9?» 

sono  perduti  se  le  ragioni  stanno  in  concordia  ;  Fran- 
cia è  perduta  senza  questo.  Non  è  in  necessità  di 
guardarsi  da  altri  più  che  da  loro;  eppure  sono 
nelle  viscere,  e  di  loro  può  dire  Francia  :  Lupina 
auribus  teneo.  Se  piacerà  a  Dio  di  donar  tanta  gra- 
zia alla  Repubblica  di  saper  ben  disporre  questo 
particolare,  tutto  passerà  bene  ;  ma  è  da  temere  la 
superstizione  femminile.1  Non  si  è  trattato,  coni'  io 
indovinava.  Ma  che  si  farà  di  Condé  in  effetto 
della  pratica  di  Spagna?  Già  il  principe  di  Condé 
partì  per  le  poste  verso  Fiandra  ;  ha  avuto  denari 
pel  viaggio,  e  forse  per  altro.2  Non  ha  giudicato  Spa- 
gna volerlo  trattenere  come  da  poco,  ma  l'hanno 
avventurato  come  colpo  perduto. 

Io  stimo  molto  che  '1  maresciallo  di  Buglione 
debba  aver  parte  nel  Consiglio,  essendo  fama  qui 
di  lui,  che  sia  certo  molto  ben  fatto,  ed  anco  sopra 
Y  eccellente  ;  ma  de'  Ghisardi  non  spero  troppo  bene.3 
Mi  sarebbe  troppo  grato  sapere  perchè  si  sia  fatta 
mutazione  nella  pedagogia  del  re,  e  che  male  gli  si 
sia  trovato  intus;  e  similmente  riceverò  favore  di 
essere  avvisato  se  alcuna  cosa  si  tratterà  de' Gesuiti. 

Non  ho  ancora  veduto  il  gentiluomo  che  V.  S. 
mi  raccomanda.  Quando   verrà  in   questa  città,  io 

1  Cioè  della  regina  reggente  ;  e  tanto  più  che  que- 
st'era  italiana  e  del  sangue  dei  Medici.  I  successi  mostra- 
rono quanto  fosse  fondato  quel  timore. 

2  Gli  Rpagnuoli,  dice  qui  il  Bianchi-Giovini,  «  gli  fe- 
n  cero  grata  accoglienza,  sperando  col  suo  mezzo  di  ver- 
»  sare  la  discordia  nella  famiglia  reale.  »  Egli,  diflfatti, 
dopo  la  morte  di  Enrico,  pretese  che  la  corona  di  Francia 
fosse  a  lui  devoluta  ;  ma  non  trovò  seguaci  abbastanza  che 
si  facessero  sostegno  della  sua  ambizione. 

3  Vedasi  la  Lettera  dei  12  ottobre  di  quest'  anno  me- 
desimo. 


94  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

non  mancherò  di  rendergli  quella  servitù  che  debbo 
a  tutti  gli  amici  di  V.  S.  Del  signor  Casaubono  già 
ho  inteso  qualche  cosa  mentre  viveva  il  re  :  voglio 
sperare,  cessata  la  paura,  non  vi  sarà  alcun  peri- 
colo dell'  effetto  ;  e  s' egli  non  vorrà  fare  di  quelle 
cose  dove  invano  si  pensa  stare  dove  si  trova,  non 
cercherà  maggior  lume  che  nel  sole. 

Quanto  alle  cose  del  mondo,  sebbene  la  guerra 
di  Cleves  mostri  dover  terminare  presto,  nondimeno 
in  Germania  restano  altre  materie  di  dissensione. 
La  causa  di  Donavert  ora  entra  in  campagna  : *  si 
tratta  anco  di  suscitare  le  pretensioni  di  uno  di 
Brandebourg  sopra  Argentina.  Tra  l'imperatore  e 
il  re  Matthias  le  cose  mirano  a  rottura  manifesta, 
dimandando  l' imperatore  gli  Stati  di  Moravia  e 
d'  Austria,  ed  essendo  risoluto  1'  altro  di  non  ren- 
derli, così  per  non  restare  senza  Stato,  come  ancora 
per  non  essere  in  libertà  di  far  quello  che  vuole. 
Ma  qui  in  Italia  stiamo  molto  titubanti  ;  perchè,  sic- 
come quando  viveva  il  re  e  s'  aspettava  di  giorno 
in  giorno  transito  di  soldati  francesi  in  Italia,  il 
conte  di  Fuentes  se  ne  stava  senza  fare  alcuna 
provvisione;  così,  per  lo  contrario,  adesso  quando 
non  v'  è  1'  occasione  d'  armarsi  per  difesa,  egli  lo  fa 
sollecitamente,  e  fa  accelerare  la  levata  degli  Sviz- 
zeri, sollecita  il  passo  de'  Tedeschi  dal  Tirolo,  e 
batte  tamburo  in  Italia.  Alcuni  de'  capi  de'  soldati 
levati  in  Tirolo,  passando  per  i  luoghi  de'  Grigioni, 
sono  stati  da  loro  imprigionati,  e  potrebb'  essere 
ciò  causa  di  qualche  rumore. 

In  quelle  parti  di   Costantinopoli  non  v'è  cosa 

1  Donawert,  città  della  Baviera  presso  il  Danubio,  pel 
cui  possesso  allora  questionavasi  tra  i  principi  germanici. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  95 

di  momento.  Andrà  il  bassa  con  potente  esercito 
contra  i  Persiani,  non  per  altro  che  per  avvantag- 
giarsi nel  trattato  della  pace. 

Nel  finire  di  questa  lettera,  vorrei  intendere  il 
parere  di  V.  S.  sopra  la  frateria  di  Francia.  Che  i 
suoi  re  debbano  morire  sotto  pretesto  di  religione 
e  per  mano  di  frati,  e  debba  essere  governata  da 
una  donna  da  Fiorenza?  Vorrei  sapere  se  il  natu- 
rale della  regina  è  superstizione,  e  s'è  inclinata  a 
metter  affezione  e  dipendere  da  persone  particolari.1 
La  curiosità  è  per  consolarmi  con  le  speranze,  ov- 
vero prepararmi  a  sopportare  più  facilmente  e  a 
raffrenare  la  mente. 

Di  Venezia,  22  giugno  1610. 


CXLVI.  —  A  Filippo  Duplessis  Mornay.  - 

Ho  letto  le  lettere  da  V.  S.  scritte  all'  Asselinau, 
prudenti,  invero,  e  in  tutto  conformi  al  modo  mio 
proprio  di  vedere.  Ci  credevamo  ormai  prossimi  a 
vedere  il  parto  desiderato  ;  ma  ogni  speranza  è  morta 
colla  vita  stessa  del  re.  Perchè,  quando  pure  per 
via  della  guerra  non  si  dischiuda  qualche  adito  alla 
libertà  di  coscienza,  non  oseremo  giammai  di  parlare 
liberamente.  Tanto  noi  siamo  Italiani  !  Pochi  inten- 
dono a  rettamente  operare;  e  quelli  che  ciò  vorreb- 
bero, non  vi  si  accingono  fuorché  con  ogni  lor  pro- 

1  Tutti  sanno  che  Maria  de'  Medici  ebbe  per  favoriti 
il  maresciallo  d'  Ancre  (Concini)  e  la  sua  moglie,  Eleonora 
Doni  Galigai. 

2  Dalla  Corrispondenza  di  Filippo  Duplessis  ec.  stam- 
pata a  Parigi  ec. }  dove  sta  sotto  il  nome  di  Padre  Paolo, 
come  la  precedente  a  pag.  49. 


96  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

pria  sicurezza.  Dello  stato  delle  cose  che  ci  è  sfug- 
gito di   mano,   sarebbe   superfluo  il  parlare.   Delle 
fila  che  ci  sono  rimaste  o  che  la  sorte  ci  sommini- 
stra, conviene  si  ordisca  la  tela  che  ora  è  da  tessere. 
Ecco  quali  sono  al  presente  le  condizioni  d'Ita- 
lia. Lo  Spagnuolo  prepara  le  armi  ;  il   principe  di 
Savoia  bada  solertemente  alla  difesa,  disposto  anche 
ad  assaltare,  se  le  forze  gli  bastassero  o  le  armi  di 
Francia  si  mostrassero.   I  Veneziani   gli   promisero 
aiuto  per  la  sua  difesa,  e  per  tal  fine  deliberarono 
e  cominciarono  a  mettersi  in  arme.  Nessuno  fra  noi 
ignora  che  lo  Spagnuolo  ci  è  nemico  ;  ma  non  tutti 
sanno  che  più  assai  nemico  ci  è  il  papa,    perchè   i 
più  si  lasciano  ingannare  dai  suoi  puttaneschi  arti- 
fici. Il  re  morto  aveva  detto  che  il  papa  voleva  es- 
ser favorevole   al  re  di  Francia  ;   e  tutti   allora  a 
lodare  e  a  predicare  i  futuri  beni  d' Italia.  Ma  non 
andò  molto  eh'  egli  lasciò    vedere    quel   che    dentro 
tenea  nascosto  ;    cioè   di  far    guerra  alla  Religione 
riformata.  Molti  desiderano  l'alleanza  coi  Tedeschi 
dei  Paesi  Bassi  ;  ma  sembrano  opporsi  due  difficoltà, 
le  quali  fa  duopo   rimuovere.  L' una,  che   a  molti 
pare  che  sotto  specie  di  alleanza,  noi  siamo   tirati 
ad  una  guerra  non  necessaria  ;  1'  altra,    che  ai  su- 
perstiziosi sembra  un  rinnegare  la  Religione  romana 
il  confederarci  con  soli  Protestanti.  Sarebbe  rimedio 
ad  entrambe  se  il  re  di  Francia  tenesse  quegli  Stati 
a  se  collegati,  e  se  la  regina  se  ne  facesse  promovi - 
trice.  Questo  sarebbe  da  farsi  per  ciò  che  riguarda 
la  Francia. 

Già  Venezia  pel  suo  ambasciatore  ordinario  ha 
fatto  dire  alla  regina,  che  il  regno  non  può  conser- 
varsi senza  dar  pace  alla  Religione  riformata.  Ag- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  97 

giunse  ancora,  che  il  bene  della  Francia  e  di  Roma 
sono  cose  tra  sé  incompatibili.  Lo  stesso  faranno  gli 
ordinari,  e  tutto  anderà  bene  :  dispiace  soltanto  che 
l'ordinario  da  mandarsi  sia  un  mezzo  papista. 

Io  prego  Dio  che  promova  fra  noi  quanto  più 
torna  a  sua  gloria,  e  la  S.  V.  eccellentissima  ricol- 
mi di  tutti  i  suoi  doni.  Stia  sana. 

16  luglio  1610. 


CXLVII.  —  Al  signor  De  V  Me  Groslot1 

Son  debitore  di  risposta  a  due  di  V.  S.  La  se- 
conda è  delli  5  luglio,  portata  dall'  ultimo  corriere. 
Quella  delli  23  giugno,  eh'  è  la  prima,  non  venne 
in  tempo  che  li  potessi  rispondere  per  lo  spaccio 
passato,  perchè  il  piego  del  signor  ambasciatore 
non  fu  portato  dall'ordinario,  ma  da  un  altro,  che 
arrivò  quattro  dì  dopo. 

Io  veggo  dalla  suddetta  delli  23,  che  V.  S.  è  in 
qualche  suspicione  che  alcuna  delle  nostre  lettere 
sia  andata  in  sinistro,  e  in  particolare  ha  pensiero 
sopra  quelle  del  mese  di  maggio.  Non  posso  ram- 
mentarmi li  tempi  particolari;  ma  ben  pensate  le 
circostanze  di  quelle  eh'  io  ho  scritto  a  lei  ed  Ella 
a  me,  vado  concludendo  che  tutte  siano  capitate 
bene.  Passano  sempre  45  giorni  innanzi  che  da  Pa- 
rigi si  abbia  una  risposta;  e  innanzi  che  venga  da 
V.  S.  a  mio  conto,  appresso  60.  Non  è  meraviglia  se 
in  così  lungo  tempo  possi  apparire  che  la  risposta 
dovesse  venir  prima. 

1  Fra  le  edite  in  Ginevra  ec ,  pag.  260. 

Sarh  —  II.  i 


98      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPL 

Io  so  d' essere  stato  qualche  volta  senza  scriverli, 
riputando  eh'  ella  fosse  indisposta  o  assente,  quando 
non  ricevevo  sue  lettere  :  però  sempre  ho  tralasciato 

10  scrivere  con  dispiacere,  essendomi  gratissima  la 
communicazione  con  V.  S.,  dalla  quale  ricevo  sincera 
e  soda  cognizione  delle  cose  che  passano;  le  quali, 
per  la  congiunzione  che  hanno  con  le  nostre,  mi  è 
grandissimo  giovamento  1'  averne  real  certezza.  Ol- 
tre eh'  è  grandissimo  il  gusto  che  ricevo  dal  par- 
lare con  esso  lei  per  questo  mezzo,  poiché  non  posso 
presenzialmente  ;  e  per  tanto,  sto  molto  in  pena  di 
quel  che  potremo  fare  dopo  la  partita  del  signor  Fo- 
scarini.  Nel  viaggio  di  Torino  a  qui,  le  lettere  sareb- 
bero molto  sicure  per  mezzo  di  quell'  ambasciatore. 

11  punto  sta  come  assicurarle  sino  a  quella  città,  e 
da  quella  sino  a  V.  S.  Quel  signore x  è  molto  desi- 
deroso di  aver  particolare  communicazione  con  Lei, 
avendo  concepito  gran  stima  del  suo  valore  per  qual- 
che discorso  delli  suoi  che  io  li  ho  comunicato  ;  ed 
è  degno,  per  le  sue  rare  virtù,  di  esser  amato  da 
V.  S.  Le  dirò  in  una  sola  parola,  eh'  egli  è  delle  più 
tranquille  anime  che  abbia  non  solo  Venezia,  ma 
forse  Italia  ;  prudentissimo  nel  maneggio  degli  affari 
suoi,  alieni  e  pubblici,  ma  insieme  sincero,  reale  amico 
e  di  piacevolissima  natura  :  cose  che  appresso  di 
noi  si  vedono  poche  volte  congiunte.  Son  sicuro 
che,  se  piacerà  a  V.  S.  far  risposta  alla  sua  lettera, 
lo  riceverà  per  gran  favore  ;  e  volendo  scriverli  qual- 
che cosa  in  confidenza,  potrà  usar  la  mia  cifra,  che 
a  questo  effetto  le  sarà  comunicata.  Il  suo  nome 


1  II  Barbarigo,  già  dipinto  coi  colori  medesimi   anche 
nella  Lettera  CXLIV. 


LETTEEE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  99 

è  Gregorio  Barbarigo,  ambasciatore  veneto  appresso 
l'Altezza  eli  Savoia. 

Credo  che  già  avrà  inteso  come  il  signor  Fosca- 
rini  è  stato  eletto  per  ambasciatore  al  re  della 
Gran  Brettagna  ;  per  il  che,  da  Parigi  passerà  in 
([nell'isola.  Il  pacchetto  che  V.  S.  ha  dato  a  lui, 
potrà  ordinare  che  sia  dato  al  signor  Agostino 
Dolce,  che  verrà  segretario  con  li  ambasciatori  stra- 
ordinari, e  sarà  di  ritorno  con  loro. 

Il  libro  De  modo  agendi  è  stato  portato  da  quel 
signore  che  fu  ultimamente  in  Inghilterra  :  non  è 
però  compito.  Non  so  se  sia  perchè  V  autore  non 
sia  passato  tanto  innanzi,  o  perchè  abbia  voluto 
riservare  qualche  cosa  per  sé  :  ma  è  scrittura  molto 
bella.  Andando  il  signor  Foscarini  là,  avrò  occa- 
sione di  avere  ancora  quella  parte  che  manca,  o  di 
sapere  perchè  manca. 

Mi  sono  tutto  turbato  intendendo  da  quelle  di 
V.  S.,  eh'  Ella  abbia  patito  dolori  nefritici  ;  infermità 
molto  grave  in  ogni  sorta  di  persone,  ma  più  in 
quelle  che  vivono  più  ad  altri  che  a  sé  stessi.  Lodo 
molto  il  consiglio  preso  di  rimediarvi  con  celerità  ; 
e  il  rimedio  delle  acque,  le  quali  V.  S.  prenderà 
appunto  nel  più  opportuno  tempo  dell'  anno,  che 
sarà  il  gran  caldo  :  e  con  figurandomi  che  adesso 
Ella  sia  su  '1  principiare,  mi  conforto  di  speranza 
che  ricupererà  la  sanità  sua  intieramente,  e  ne  pre- 
gherò Dio  con  assiduità. 

La  obbedirò  in  non  rimettere  cosa  alcuna  al  si- 
gnor Castrino  per  scriverli  ;  e  credo  che  quando  è 
restato  di  questo  offeso,  non  1'  abbia  fatto  per  altro, 
che  per  esser  forse  le  cose  già  volgari  in  codesti 
paesi. 


100  LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

So  che  V.  S.  sarà  curiosa  d' intendere  con  qual- 
che verità  l' infelice  fine  di  Fra  Fulgenzio,  poiché 
Ella  1'  ha  conosciuto,  e  tanto  più  quanto  sarà  di- 
versamente presentato.  Per  ancora  io  non  so  il  tutto 
certamente,  e  vado  molto  cauto  in  credere  dove 
non  ho  buoni  fondamenti  :  per  il  che,  la  narrazione 
che  le  farò,  sarà  vera,  ma  vi  mancherà  qualche  cosa. 

Partì  Fra  Fulgenzio,  come  V.  S.  sa,  al  principio 
d'  agosto  1608,  con  patente  di  salvo  condotto  amplis- 
simo, con  particolare  clausula,  che  non  si  sarebbe 
fatta  cosa  alcuna  contro  l' onor  suo.  Giunto  là, 
trattarono  che  abiurasse  e  che  facesse  penitenza 
pubblica  :  egli  negò  costantemente,  allegando  il  salvo 
condotto.  Finalmente,  perseverando  nella  negativa 
del  fare  penitenza  pubblica,  si  contentò  di  fare  una 
abiurazione  segretissima  innanzi  un  notaro  e  due 
testimoni,  con  nuova  dichiarazione  delli  cardinali, 
che  s' intendesse  senza  nessun  suo  disonore  e  senza 
nessun  suo  pregiudizio. 

Passò  Fra  Fulgenzio,  parte  bene,  parte  mal  ve- 
duto, fino  al  febbraio  prossimo  passato  ;  quando  una 
sera,  sprovvistamente,  furono  mandati  dal  cardinale 
Panfilio,  vicario  del  papa,  li  sbirri  che  lo  presero, 
pretendendo  eh'  egli  avesse  fatto  non  so  che  di  spet- 
tante al  suo  ufficio.  Lo  messero  prigione  in  Torre 
di  Nona,  dove  stanno  li  rei  di  delitti  comuni.  Die- 
dero poi  di  mano  sopra  le  scritture  sue,  e  scruti- 
nate quelle,  lo  trasportarono  dalla  prigione  suddetta 
alle  prigioni  dell'  Inquisizione.  Là  li  furono  date  tre 
imputazioni  :  una,  che  avesse  tra  li  suoi  libri  alcuni 
proibiti  ;  la  seconda,  che  tenesse  commercio  di  let- 
tere con  eretici  d' Inghilterra  e  di  Germania  ;  la 
terza,   che  vi  fosse  una  scrittura  di  sua  mano,  la 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  101 

quale  conteneva  diversi  articoli  contro  la  dottrina 
cattolica  romana  :  in  particolare,  che  san  Pietro 
non  era  sopra  gli  altri  Apostoli  ;  che  il  papa  non  è 
capo  della  Chiesa  ;  che  non  può  comandare  alcuna 
cosa  oltre  le  comandate  da  Cristo  ;  che  il  Concilio 
di  Trento  fu  ne  generale  ne  legittimo  ;  che  nella 
Chiesa  romana  vi  sono  molte  eresie;  e  altre  tali 
cose  in  buon  numero.1 

A  queste  imputazioni  egli  rispose  :  quanto  alli 
libri,  di  non  sapere  che  fossero  proibiti  ;  quanto  alli 
commerci  di  lettere,  che  quelle  persone  a  chi  scri- 
veva e  da  chi  riceveva  lettere,  non  erano  denunciate  ; 
quanto  alle  scritture  di  sua  mano,  che  quelle  erano 
imperfette,  e  non  v'  era  1'  opinione  sua,  ma  erano 
solo  memorie  per  voler  far  considerazioni  sopra  quelle 
materie.  Delle  quali  risposte  non  satisfacendosi  1'  uf- 
ficio, determinarono  di  venir  contro  di  lui  alla  tor- 
tura :  il  che  intimatogli,  egli  rispose  che  non  era 
soggetto  da  sopportar  tortura  ;  ma  che  facessero  quel 
che  piacerla  loro,  che  si  rimetteva  alla  loro  misfr 
ricordia. 

Il  giorno  4  di  luglio,  fu  condotto  in  chiesa  di 
San  Pietro,  dove  era  indicibile  numero  di  persone  ; 


1  Un  uomo  accusato  di  cose  tali,  ne'  paesi  di  cui  par- 
lasi, in  ispecie  se  uomo  odiato  e  non  ricco  (perchè  dei 
ricchi  non  cercasi  dal  tribunale  il  sangue,  ma  altro),  è 
un  uomo  perduto.  Pazienza,  se  in  poco  se  ne  spacciassero, 
come  co'  suoi  nemici  facea  per  lo  più  la  repubblica  di  Ve- 
nezia ;  ma  prima  eh'  egli  muoia,  sopportar  dovrà  eziandio 
una  lunga  serie  di  morali  e  fisici  tormenti.  E  ciò,  per  con- 
vertirne lo  spirito  a  ciò  eh'  essi  chiamano  la  verità  ;  non 
volendo  qui  abusare  dei  santi  nomi,  dei  quali  essi  abusano. 
Saremmo,  in  vero,  curiosi  d'  udire  ciò  che  i  noti  apologisti 
addur  saprebbero  a  difesa  delle  tante  nefandezze  che  si 
rendono  evidenti  per  questo  racconto. 


102  LETTERE  DI  FEA  PAOLO  SARPI. 

e  là  posto  sopra  un  solaro,  furono  lette  le  sue  colpe 
e  fatta  la  sentenza  :  che  dovesse  esser  escluso  dal 
greniio  della  santa  Chiesa  come  eretico  relasso,  e 
consegnato  al  governatore  di  Roma  per  esser  ca- 
stigato ;  con  preghiere  però  che  non  fosse  punito  di 
pena  di  sangue.1 

A  questa  cerimonia,  che  durò  qualche  ora, 
Fra  Fulgenzio  stette  sempre  guardando  in  alto,  né 
mai  parlò  :  la  comune  opinione  fu  eh'  egli  avesse 
uno  sbavaglio  in  hocca.  Finita  la  cerimonia,  fu  con- 
dotto nella  chiesa  di  San  Salvatore  in  Lauro  e  là 
degradato  ;  e  la  mattina  seguente,  in  piazza  di 
Campo  di  Fiore,  fu  impiccato  e  abbrugiato. 

Se  le  cose  appostegli  siano  vere  o  calunnie,  le 
opinioni  sono  varie  :  ma  alcuni,  presupposto  anco 
che  sieno  vere,  non  restano  di  dire  che  li  sia  stato 
fatto  torto  ;  poiché,  stante  il  salvo  condotto,  non  si 
poteva  mettere  a  suo  pregiudizio  quella  abiurazione, 
e  averlo  per  relasso.  Io  non  so  che  giudicio  fare, 
benché  il  principio  e  il  fine  sieno  manifesti  ;  cioè  un 
salvo  condotto  e  un  incendio  :  li  mezzi  restano  in 
occulto  ;  ma  da  questo  si  può  ben  concludere  che 
il  papa  ha  poco  buona  disposizione  verso  Venezia. 
Oltre  a  che,  molti  altri  indicii  fanno  manifesto  l'istesso  ; 
e  pertanto  al  padre  Paolo  conviene  usar  molta  cau- 
zione.2 Egli  però  non  mancando  delle  cose  ordinarie, 
rimette  il  rimanente  in  Dio  ;  certo  che  tutto   sarà 

1  La  solita,  più  della  crudeltà,  scellerata  ipocrisia. 

2  Forse,  la  brutta  istoria  veniva  aggiunta,  o  tutta  la  Let- 
tera era  scritta  per  mano  del  Micanzio.  Nel  paragrafo  che 
segue,  in  fatti,  si  torna  a  ricadere  in  quelle  che  noi  altrove 
chiamavamo  imprudenze  •,  considerando  ai  rigori  sì  noti  del 
veneto  governo,  e  al  contegno  sopra  di  ciò  tenuto  ordina- 
riamente dal  Sarpi. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  103 

bene  quel  che  sarà  disposto  dalla  Maestà  sua  di- 
vina. 

Quanto  alle  cose  d' Italia,  sono  in  molta  confu- 
sione. Il  papa  si  fatica  acciò  non  sia  guerra,  e 
vorrebbe  accomodare  Savoia  con  Spagna  :  il  che 
credo  che  in  fine  succederà,  e  poi  Savoia  penserà 
a  Genova  e  il  papa  a  Venezia  :  quale  non  si  può 
fare  capace  che  convenga  pensare  a  ciò,  ma  osti- 
natamente sta  in  opinione  di  non  essere  in  alcun 
pericolo,  con  tutto  che  siano  così  manifesti,  che 
sarebbono  veduti  dalli  ciechi.  Il  che  mi  fa  dubi- 
tare che  sia  abbandonata  dalla  divina  assistenza  e 
acciecata,  sì  che  non  vegga  la  luce  del  mezzo  giorno. 
Ma  poiché  in  ciò  non  ho  altra  voce  che  querulosa, 
è  bene  che  me  ne  taccia. 

Quanto  alle  cose  di  Francia,  grandemente  mi 
allegro  che  passino  bene:  se  bene  mi  spaventa  un 
tanto  numero  d' anni  che  passerà  sotto  la  minorità  del 
re  ;  vedendo,  massime,  li  partiti  già  formarsi,  e  li 
Gesuiti  più  insolenti  e  arditi  che  mai.  Se  questo 
ultimo  non  fosse,  vorrei  sperare  che  gli  altri  incontri 
potessero  esser  superati  o  temporeggiati  dalla  pru- 
denza della  regina  :  ma  questo  è  insuperabile,  per- 
chè dove  tanti  sono  risoluti  a  far  male,  è  verisi- 
mile che  se  non  oggi  ne  domani,  almeno  1'  altro 
giorno  riesca  ad  alcuno.  L' intenzione  di  Spagna  non 
è  se  non  di  dividere  cotesto  regno  ;  avendo  tanti 
ministri  così  sagaci  e  così  audaci.  La  sola  prote- 
zione divina  la  può  preservare.1  Il  vedere  che  la 
regina  ammette  monachi  e  Gesuiti,  e  che  tiene  poco 
conto  del  Parlamento,  non  sono  troppo  buoni  indizi. 

1  Intendasi,  la  Francia. 


104  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

Ho  considerato  quello  che  V.  S.  mi  scrive  del 
gesuita  vantatosi  di  far  un  esercito,  e  la  quantità 
di  danari  che  si  ritrovano  :  ini  pare  cosa  che  biso- 
gnerebbe non  trascurare.  Io  so  bene  che,  con  tutto 
il  bando  di  Venezia,  cavano  però  di  là  quantità 
grande  di  danari,  e  non  possono  esser  impediti  :  e 
se  questa  è  la  volontà  di  Dio  e  predizione  delle 
sante  Scritture,1  li  uomini  non  potranno  farci  altro 
se  non  accomodarsi  alla  sofferenza. 

Mi  pare  che  gli  Ugonotti  siano  molto  savi,  che 
stanno  a  vedere,  per  dover  governarsi  secondo  li 
successi.  Dio  benedica  i  loro  disegni.  Io  non  mi  ac- 
corgeva del  tedio  che  questa  porterà  a  V.  S.,  mas- 
sime se  forse  arriverà  in  tempo  di  medicina  :  per  il 
che  scusandomi,  la  pregherò  a  continuar  la  sua  be- 
nevolenza verso  di  me,  sì  come  io  le  resterò  sempre 
dedicato  servitore.  Con  che  le  bacio  la  mano. 
Di  Venezia,  il  dì  3  agosto  1610. 


CXLV.QI.  —  A  Giacomo  Leschassier.2 

Ho  due  lettere  della  S.  V.,  l'una  dei  29  giugno, 
1'  altra  dei  10  luglio;  giacché  la  prima  ebbi  più  tardi 
della  susseguente,  perchè  lo  spaccio  ordinario  non 
portò  il  piego  dell'  illustrissimo  Legato  ;  ma  bensì 
un  altro  corriere,  che  qui  approdò  due  giorni  dopo 
la  partenza  dell' ordinario.  Ad  entrambe  farò  che 
valga  una  sola  risposta. 

1  Nel  dilatarsi  della  lue  loiolitica,  Fra  Paolo  non  avea 
mai  mostrato  di  travederci'  avveramento  di  alcuna  profezia. 
-  Pubblicata,  tra  le  Opere,  in  latino,  pag.  86. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  105 

Da  chi  procedesse  la  morte  del  re,  abbastanza  il 
discoprono  quelli  che  ne  sentirono  allegrezza,  che 
ne  lodarono  il  fatto,  come  lo  avevano  altresì  pronun- 
ziato :  e  benché  dicasi  comunemente  e  ripetasi,  che 
F  assassino  non  nominò  vermi  promovitore,1  io  tutta- 
volta  credo  ciò  eh'  è  ben  giusto  di  credere  ;  vale  a 
dire  che  il  sapessero  quelli  a  cui  giovava  saperlo. 
Ma  la  ragion  di  Stato  non  consente  che  cose  tali 
ora  vengano  propalate.  La  curia  romana,  poi,  non 
condannerà  mai  la  dottrina  dei  Gesuiti  ;  perocché 
in  questa  è  F  arcano  del  suo  impero  ;  sommo  e  ca- 
pitalissimo  arcano,  per  cui  vengono  rimossi  quelli  che 
scopertamente  osano  di  non  adorarlo,  e  tenuti  in  bri- 
glia quegli  altri  i  quali  oserebbero,  se  non  fossero 
trattenuti  dal  timore. 

In  quanto  ai  Gesuiti  riguarda  personalmente,  ben 
disse  un  tale  tra  essi,  che  il  gesuita  è  uomo  di  tutti  i 
colori  :  vedi  in  essi  rinnovarsi  il  fenomeno  del  cama- 
leonte. Ho  letto  ciò  che  scrive  il  Cotton  sopra  tale 
argomento.  Lascio  stare  le  inette  adulazioni  di  che 
F  opuscoletto  ribocca  ;  ma  tutto  il  suo  dire  è  un 
tessuto  di  equivoci,  né  mai  palesa  il  concetto  della 
sua  società,  se  non  in  guisa  da  poter  travolgere  le 
sue  parole  sì  dall'  una  come  dall'  altra  parte.  Nulla 
accenna  di  quelle  terribili  condizioni  :  se  il  re  sarà 
di  diversa  Keligione  ;  se  presterà  favore  a  quelli  che 
rigettano  la  Religione  romana  ;  se  fosse  scomunicato 
dal  papa  o  privato  del  regno,   o  se  ad  altri  verrà 

1  Si  vuole  che  Ravaillac,  tra  gli  spasimi  della  più  atro- 
ce ed  ultima  tortura,  sclamasse  :  —  Mio  Dio,  perdonate  il  mio 
fallo  ;  ma  uou  mei  perdonate,  se  ho  qualche  complice  e  non 
voglia  scoprirlo!  —  Il  fanatismo  individuale  è  evidente-,  ma 
i  fanatismi  di  tal  sorta  non  nascono  senza  chi  siesi  ado- 
perato a  crearli. 


106  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

comandato  di  ammazzarlo.  Queste  erano  le  cose  da 
spiegarsi  ;  ma  a  che  prò  desiderarlo  ?  Costoro  non 
parleranno  mai  tanto  esplicito,  che  non  siensi  riser- 
bato qualche  angolo  dove  rincantucciarsi. 

A  tali  uomini  io  non  darò  fede  mai,  finché  avrò 
a  mente  il  contegno  del  Bellarmino  e  del  Richéome. 
Costui,  pressato  da  una  perentoria  interrogazione 
fattagli  dall'  autore  del  Franco  ed  ingenuo  Commen- 
tario, cioè  che  cosa  i  Gesuiti  avrebbero  fatto  se  qual- 
che papa  avesse  perseguitato  un  re  di  Francia,  come 
Giulio  II  fece  con  Lodovico  XII  ;  liberamente  rispose, 
eh'  essi  farebbero  quello  stesso  che  fecero  i  buoni 
Francesi  di  quel  tempo.  Il  che  avendo  io  obbiettato 
al  Bellarmino,  rispose  eh'  io  non  aveva  ben  afferrato 
il  pensiero  di  un  sì  gran  padre  ;  giacche  per  buoni 
Francesi  egli  aveva  inteso  quelli  che  allora  rimasero 
fedeli  al  papa.  Come  vorrebb'  Ella  potere  afferrar 
Protei  di  tal  natura,  ai  quali  è  lecito  il  mentir  no- 
me ed  abito  e  professione  ;  che  la  menzogna  non  iscu- 
sano  soltanto  ma  lodano,  e  che  stimano  esser  lecita 
ogni  cosa  che  miri,  secondo  loro,  a  retto  fine  ? 

Dissi  che  il  Mariana  è  un  trastullo,  quando  si 
paragona  con  gli  altri  Gesuiti  ;  ed  Ella  mi  chiede  di 
segnalarle  il  passo,  al  quale  io  alludeva,  del  Suarez. 
Esso  trovasi  nella  Disputazione  15,  Questione  (3,  e 
contiene  :  che  ai  sudditi  è  lecito  armarsi  contro  il 
lor  principe,  non  solo  se  il  papa  ciò  comandi  o  per- 
metta, ma  col  suo  futuro  beneplacito  ;  cioè  quando 
credano  che  a  lui  sarà  cosa  grata  e  da  riportarne 
approvazione,  sebbene  non  abbia  osato  di  manifestar 
ben  prima  il  suo  desiderio.  Vedrà  nello  stesso  luogo 
(cosa  più  ancora  da  esecrarsi),  che  quando  alcuno 
viene  scomunicato,  resta  insieme  sospeso  da  ogni  giù- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  107 

risdizione  :  tuttoché  non  si  ardisca  soggiungere,  come 
in  tal  caso  venga  rimesso  alla  volontà  dei  sudditi 
l'obbedire  o  non  obbedire.  Ora,  in  sì  gran  numero 
di  scomuniche,  e  in  ispecie  di  quelle  che  in  se  porta 
la  bolla  In  e  cena  Domini,  quale  tra  i  principi  troverà 
la  S.  V.  che  un  prete  o  frate  superstizioso  non  possa 
accalappiare  nei  lacci  di  quindici  o  venti  anatèmi? 
Un  padre  Comitolo,  gesuita,  ammonì  per  iscritto  la 
Repubblica  di  Venezia,  com'  ella  fosse  già  incappata 
in  trentasei  capi  diversi  di  scomunica  !  !  Ora,  se  ai 
sudditi  convenga  star  sotto  o  ribellarsi,  checché  da 
tai  maestri  si  voglia,  dacché  non  osan  chiarirlo,  sarà 
precario  pur  sempre  F  impero  dei  regnanti.  Il  Ma- 
riana va  giocolando  colla  rettorica;  ma  così  non  si 
formano  le  coscienze:  anzi  è  soprattutto  da  guar- 
darsi da  questa  gente,  che  sempre  insegnano  per 
conchiusioni,  argomentazioni  e  soluzioni.  I  disputanti 
di  tal  sorta  sono  i  più  perniciosi  di  tutti. 

Mi  maraviglio  di  quel  vescovo  di  Clermont,  come 
sì  poco  pratico  del  vecchio  giure  ecclesiastico.  E  per- 
chè mai  1'  eresie  non  sarebbero  da  condannarsi  nel 
luogo  stesso  dov'  esse  nascono  e  si  vanno  dilatando  ? 
Forsechè  i  morbi  indigeni  non  ben  si  curano  se  non 
per  medicine  forestiere?  La  petizione  che  il  Consiglio 
regio  ha  presentato  al  papa  acciocché  approvi  il  de- 
creto della  facoltà  teologica,  non  tornerà  gradevole 
né  verrà  esaudita.  Si  oppone,  in  primo  luogo,  il  ri- 
cordare che  vi  si  fa  il  Concilio  di  Costanza  ;  che  non 
sappiamo  ancora,  tra  gli  altri  arcani,  se  Roma  ap- 
provi o  trovi  da  censurare.  Ostano  insieme  più  altre 
cose,  colle  quali  ben  sa  la  curia  che  vorrebbesi  scan- 
dagliare il  fondo  delle  sue  pretensioni.  Ne  prognosti- 
co che  non  verrà  negata  né  concessa,  ma  a  forza  di 


108  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

dilazioni  sarà  procrastinata  fin  tanto  che  qualche  caso 
venga  a  nascere,  onde  possano  sfuggirvi  di  mano. 

La  S.  V.  mi  ha  fatto  favor  gratissimo  coli'  ac- 
cozzarmi la  intera  storia  della  condanna  del  Ma- 
riana, e  gli  opuscoli  scritti  intorno  alle  cose  che  ne 
derivarono.  La  prego,  se  mai  seguisse  su  di  ciò  qual- 
che altra  novità,  che  non  le  sia  grave  il  parteci- 
parmela. 

Il  libricciuolo  intorno  agli  occhiali 1  non  è  ancora 
stampato  :  1'  autore  attende  alle  incisioni,  delle  quali 
ha  bisogno  per  ispiegare  i  suoi  sentimenti  :  tosto  che 
sia  stampato,  farò  di  mandarglielo. 

Non  posso  frenarmi  che  non  torni  a  dire  dei  Ge- 
suiti. A  tutti  in  Italia  è  ormai  manifesto,  com'  essi 
facessero  della  confessione  un'  arte.  Mai  già  non 
ascoltano  per  tal  guisa  alcuno,  che  poi  tra  loro  non 
conferiscano  su  tutte  le  cose  dette  e  fatte  ;  e  ciò  per 
deliberare  se  possano  trarne  alcun  partito  a  prò 
della  santa  Chiesa,  o  della  loro  società.  Del  rima- 
nente, vanno  agli  altri  predicando,  essere  sì  stretto  il 
sigillo  della  confessione,  che  nemmeno  al  penitente  è 
lecito  d' infrangerlo  se  il  confessore  abbia  trattato 
cosa  alcuna  con  lui,  sebbene  non  appartenente  a  pec- 
cati, e  né  anco  alla  salute  dell'anima. 'Il  peggio  si  è, 
che  una  dottrina  tale  si  viene  abbracciando  da  ogni 
sorta  di  confessori  ;  però  eh'  essa  giova  a  mantenere 
il  loro  impero,  e  così  possono  liberamente  trattare 
ogni  cosa  che  ad  essi  torni  a  grado.  Io  combatto 
quanto  più  posso  contro  questa  dottrina  ;  ma  essa 
mise  già  profonde  radici  nell'  animo  dei  religiosi  per 


1  Così  parve  dover  tradursi  per  maggiore  fedeltà  al  te- 
sto ;  ma  sembra  da  intendersi:  sul  nuovo  cannocchiale. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  109 

l' utilità  che  lor  reca,  e  in  quello  di  molti  altri  per 
forza  di  superstizione.  Non  farei  mai  fine  se  volessi 
ricordare  tutte  le  massime  con  che  i  Gesuiti  inten- 
dono a  regolare  il  sagramento  della  penitenza.  Ben 
è  da  pregarsi  Iddio  che  voglia  eliminare  una  siffatta 
peste  dal  mondo  ;  com'io  lo  supplico  a  voler  man- 
tenere incolume  la  S.  V.  eccellentissima.  Godo  che 
il  signor  Casaubono  sia  fuori  di  ogni  pericolo  ;  e 
caldamente  raccomando  di  volergli  fare  le  mie  con- 
gratulazioni, co' miei  cordialissimi  saluti.  Stia  sana. 
Di  Venezia,  a  dì  3  agosto  1610. 


CXLIX.  —  A  Filippo  Bupìessis  Mornay.1 

Non  senza  afflizione  dell'animo,  mi  accorgo  che 
lo  zelo  della  pura  Religione  va  negli  uomini  di  que- 
ste parti  raffreddandosi  :  il  che  ci  dimostra  o  che 
esso  non  procedeva  da  Dio.  o  che  noi  siamo  deca- 
duti da  quella  grazia  eh'  egli  aveva  in  noi  comin- 
ciato ad  operare.  Se  di  ciò,  poi,  vorremo  discorrere 
secondo  le  ragioni  umane,  due  troveremo  esserne  le 
cause  :  1'  una,  che  la  nota   meretrice  2  avendo  spe- 

1  Dalla  Corrispondenza  più  volte  citata,  e  colla  stessa 
credibile  indicazione  :  De  Padre  Paulo.  È  anzi  fra  quelle 
che  dai  nemici  della  memoria  del  Sarpi,  non  meno  acerbi 
di  quelli  ch'egli  ebbe  mentr'era  in  vita,  sono  più  gra- 
vemente incriminate  di  protestantismo,  e  della  maligna 
(taluno  anche  disse  proditoria)  intenzione  d' introdurre  in 
Venezia  e  in  Italia  la  riforma.  Noi  lasciano  che  ne  fac- 
ciano da  sé  giudizio  i  lettori,  abbastanza  d'  altra  parte  il- 
luminati per  quello  che  altri  ne  ha  detto  nella  Prefazione. 

2  Questa  qualificazione  di  meretrice  applicata  alla  cu- 
ria romana  è  ancora  nella  Lettera  CXX,  diretta  al  De 
V  Isle  (tom.   II,  pag.  3).    La   usarono    anche  Dante   e   il 


110  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

rimeritato  che  le  minacce  e  gli  aspri  modi  a  nulla 
giovavano,  diedesi  a  far  carezze  :  1'  altra,  che  in 
mezzo  a  questo  superlativo  rumore  d'  armi,  uno  è 
il  pensiero  di  ambedue  le  parti  ;  che,  cioè,  si  man- 
tenga la  pace  d'Italia;  mentre,  per  lo  contrario, 
noi  avremmo  ragioni  assai  per  desiderare  la  guerra. 
Ne  già  per  questo  noi  la  scansiamo;  ma  solo  dila- 
zioniamo di  farla  in  tempo  e  stato  di  cose  meno  op- 
portuno. 

Non  so  affidarmi  nei  moti  della  Germania  :  quei 
popoli  io  vedo  deboli  e  divisi.  I  B atavi,  all'  opposto, 
sono  forti,  concordi,  industriosi:  in  questi  è  la  mia 
speranza.  Spero  altresì  che  in  breve  sarà  stabilita 
una  scambievole  e  ordinaria  ambasceria  tra  essi  ed 
i  Veneziani:  il  che  gioverà  non  soltanto  ai  maneggi 
politici,  ma  eziandio  alla  Religione  riformata,  peroc- 
ché questa  potrà  esercitarsi  in  casa  del  Legato.  Sento 
che  ancora  i  Grigioni  pensino  ad  avere  un  agente 
pubblico  in  Venezia:  di  che  nulla  sarebbe  al  pre- 
sente più  opportuno,  perchè  ad  esso  farebbero  capo 
le  migliaia  di  essi  che  qui  soggiornano;  e,  che  più 
importa,  l' esercizio  della  Religione  diverrebbe  libero 
ancora  agli  Italiani. 

In  quanto  spetta  alle  altre  cose,  non  potrebbero 
con  sicurezza  mandarsi  le  lettere  pel  nuovo  amba- 
sciatore Veneto,  il  quale  è  per  venire  costà.  Noi  fac- 
ciamo tutto  quello  che  ci  è  possibile  ;  tuttavia  con 
cautela  di  non  chiuderci  l' adito  alle  opportunità 
maggiori  che  fossero  per  venire.  I  Fiorentini  vanno 
macchinando  una  lega  generale  fra  tutti  i  principi 


Petrarca  i  riè  per  ciò   alcuno  li  chiamò  traditori    d'  Italia 
né  di  Firenze  né  di  Toscana  !! 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  Ili 

di  Religione  romanesca:  il  che  non  può  dispiacerci, 
come  utile  esempio  ed  eccitamento  a  quei  che  pro- 
fessano la  Religione  riformata.  Faccia  Dio  che  ogni 
successo  ridondi  finalmente  a  sua  gloria  ;  mentr'  io 
lo  prego  che  voglia  rendere  la  S.  V.  eccellentissima 
sempre  più  adorna  di  tutte  le  sue  grazie.  Stia  sana. 
14  agosto  1610. 


CL.  —  Al  nominato  Bossi.1 

Per  questo  corriere  ho  ricevuto  due  di  V.  S.  ;  una 
delli  14,  altra  delli  12.  La  seconda,  inviata  al  Ca- 
stelvetro,  è  capitata  sicura:  contuttociò  quella  via, 
per  degnissimi  rispetti,  non  è  da  continuare  ;  per- 
chè, quantunque  la  persona  sia  d' ottima  mente,  non- 
dimeno altrettanto  mancamento  ha  nella  prudenza, 
ed  è  osservata  dall'  Inquisizione,  essendo  anche  sta- 
to per  lo  passato  abiurato  e  circondato  da  spie.2 
Prego  V.  S.  affettuosamente,  che  mi  faccia  grazia  di 
non  mi  scrivere  se  non  per  i  plichi  pubblici,  e  mi 
creda  certo  eh'  io  ho  grandissimo  rispetto  di  pre- 
garla di  ciò,  desiderando  che  le  mie  preghiere  sieno 
tanto  efficaci  appresso  V.  S.,  quanto  sono  affettuose 
e  necessarie. 

Nel  tempo  che  m'  arrivò  il  plico,  si  trovò  qui  a 
visitarmi  un  servitore  del  signor  di  Polignac,  al  qua- 

1  Dalla  Raccolta  edita  in  Capolago  ec  ,  pag.  225. 

2  Non  può  qui  parlarsi  del  celebre  Lodovico,  il  quale 
era  morto  sino  dal  1571.  E  curiosa  tuttavolta  la  ripetizione 
del  nome,  con  quella  di -certe  notabili  circostanze:  il  che 
non  può  non  ricordarci  che  il  Castelvetro  ebbe  un  fratello 
(Gian  Maria)  e  forse  nipoti,  esuli  al  pari  e  insieme  con 
lui,  e  propendenti  alla  religione  riformata. 


112  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

le  diedi  il  plico  direttivo  a  quel  signore,  quale  egli 
medesimo  porterà  a  Padova. 

fio  veduto  gli  Epigrammi  fatti  sopra  la  combu- 
stione del  misero  Fra  Fulgenzio,  molto  arguti  e  spi- 
ritosi ;  ma  solo  v'  è  da  avvertire  sopra,  che  il  detto 
Fra  Fulgenzio  non  ha  scritto  a  favore  della  causa 
della  Repubblica,  come  si  presuppone,  ma  solamente 
predicato  nella  città  di  Venezia  più  ancora  contro 
i  costumi  della  corte  romana,  che  in  difesa  delle 
azioni  venete. 

La  relazione  del  Castrino  sopra  le  cose  di  Fran- 
cia, è  una  prudentissima  osservazione  delle  cose  pre- 
senti, con  un  fondatissimo  giudizio  delle  future.  Mi 
pare  d' avere  innanzi  gli  occhi  le  cose  dell'  uno  e 
1'  altro  tempo,  e  vedermele  presenti.  Senza  dubbio, 
così  sarà. 

Credo  che  sarà  perdita  grande  alla  Francia 
quando  il  presidente  Harlay *  lascerà  quel  carico, 
amministrato  da  lui  con  tanta  prudenza,  fedeltà 
verso  il  re  e  carità  verso  il  regno.  Dio  faccia  eh'  egli 
abbia  successore,  se  non  uguale,  almeno  simile.  Se 
fosse  il  signor  presidente  Thou,  la  perdita  sarebbe 
assai  ricompensata  ;  ma  quando  fosse  Leghier,  sa- 
rebbe bene  il  rovescio  della  medaglia,  e  una  perdita, 
sebben  minore,  comparabile  però  con  la  morte  del  re. 

Non  intendo  quello  che  scrive  Castrino  del  Thou. 
nominando  numerum  librorum,  perchè  di  ciò  non 

1  Achille  di  Harlay  I  giacché  non  bisogna  confon- 
derlo con  altri  suoi  omonimi,  uno  de' quali  fu  anch' egli  pri- 
mo presidente  del  Parlamento.  La  sua  rinunzia  pare  che 
fosse  motivata  .dall'  età,  avendo  egli  allora  presso  a  75  anni. 
Gli  elogi  che  ne  fa  il  Sarpi  concordano  pienamente  con 
quelli  che  gli  sono  prodigati  dai  biografi,  sì  per  la  sua  in- 
tegrità, come  pel  civile  coraggio. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  113 

ne  ho  informazione  alcuna  :  bene  intenderei  volen- 
tieri che  cosa  fosse.  La  deliberazione  di  Casaubono 
di  passar  in  Inghilterra,  è  manco  male  che  l'altra 
già  messa  in  consultazione  ;  sebbene  è  da  dispiacere 
che  abbandoni  cotesto  regno. 

Dio  faccia  che  l' assemblea  degli  ecclesiastici  par- 
torisca bene  :  di  che  dubito,  come  cosa  insolita.  Gran 
punto  è  il  dimandare  una  religione,  essendo  cosa 
che,  trattata  senza  gran  prudenza,  potrebbe  causare 
una  guerra  civile.  Il  levare  1'  appellazione  tamquam 
ab  abusila  che  domandano,  non  può  nascere  se  non 
da  poca  cognizione  ;  e  non  so  se  io  debba  compararli 
al  fanciullo  che  domanda  alla  madre  uno  scorpione 
per  giuocare  con  quello,  non  avendo  cognizione  del 
veleno.  Di  ragione  dimanderanno  anco  il  Concilio 
di  Trento.  Io  prego  V.  S.  che  di  queste  cose,  come 
anche  della  causa  di  precedenza  tra  il  Parlamento 
e  '1  vescovo,  e  della  lite  dei  Gesuiti  con  i  monaci 
di  San  Germano,  si  degni  alla  giornata,  quando  sia 
senza  suo  incomodo,  dirmene  i  successi. 

L'  annotazione  del  signor  Giustello  sopra  il  Co- 
dice della  Chiesa  universale,1  la  vado  gustando,  e  ci 
trovo  scelte  fatte  con  esquisito  giudizio.  Quando  le 
avrò  finite  tutte,  scriverò  il  mio  parere  a  quel  si- 
gnore, e  manderò  la  lettera  a  V.  S. 

Il  libro  degli  opuscoli  dello  Scaligero,2  V.  S.  avrà 
comodo  di  mandarmelo  pel  signor  ambasciadore  Na- 
ni, che  verrà  costì  presto  ;  ovvero  pel  signor  Ago- 
stino Dolce,  segretario  di  quell'  ambasceria  ;  ovvero 


1  Cristoforo  Giustcl,  autore  di  un'  opera  intitolata  :  Co- 
dice dei  Canoni  della  chiesa  universale. 

2  Giuseppe   Scaligero,  figlio   di   Giulio   Cesare,  e   che 
1'  anno  innanzi  era  mancato  di  vita  iu  Leida. 


Samm. 


114  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

anco  pel  segretario  dell'  eccellentissimo  Foscarini,  se 
verrà  in  qua,  il  quale  è  persona  molto  sensata  e 
d'  acutissimo  spirito  ;  e  quanto  alla  Religione,  è  per- 
sona media  e  discreta.  Desidero  che  lo  vegga,  e  parli 
con  esso  lui  con  confidenza  delle  cose  del  mondo  ; 
attesoché  1'  esser  egli  informato  può  essere  causa 
di  bene  al  regno  ed  al  pubblico,  per  continuare  se- 
greta intelligenza  e  confidenza.  Ed  acciò  ne  abbia 
occasione,  egli  le  porterà  una  mia  lettera.  A  lui  ho 
consegnata  Y  insti  uzione  pel  signore  di  Thou  :  re- 
sta eh'  egli  faccia  come  scrissi  per  la  lettera  inter- 
pretata da  ... .  Poco  buona  speranza  si  può  avere 
di  Condé,  essendo  hostiiim  artibus  infectus.  Dio  fàc- 
cia che  tutto  riesca  a  sua  gloria. 
Venezia,  31  agosto  1610. 


GLI.  —  Al  signor  De  V  Isle  Groslot1 

Passando  così  lungo  tempo  prima  che  si  possa 
aver  una  risposta  da  Parigi,  non  mi  meraviglio  se 
alcune  volte  pare  a  V.  S.  che  alcuna  delle  lettere 
sue  sia  smarrita.  Quaranta  due  giorni  passano  per 
aver  risposta  da  Parigi,  e  per  averla  da  lei  56.  Con 
tutto  ciò,  io  ho  molto  bene  a  memoria  d' aver  ri- 
cevuto le  due  sue  delli  23  giugno  e  5  luglio  ;  nel- 
1'  ultima  delle  quali  avendomi  Ella  scritto  eh'  era 
sul  partire  per  andare  ai  bagni,  restai  di  rispondere 
per  timore  che  la  mia,  capitando  in  sua  assenza, 
corresse  qualche  pericolo  ;  e  ho  aspettato  a  scriverle 

1  Edita  in  Ginevra  ec,  e  posta  a  pag.  271. 


LETTERE  DI  FEA  PAOLO   SARPI.  115 

fino  all'  intendere  del  suo  ritorno,  del  quale  mi  dà 
avviso  per  quella  delli  18  agosto. 

Io  non  soglio  mai  conservar  lettera  alcuna  degli 
amici,  per  tutti  quei  rispetti  che  possono  occorrere 
nelli  tempi  seguenti  ;  ma  dopo  lette,  le  dissipo  tutte  : 
da  che  viene  che  domandandomi  V.  S.  conto,  alcune 
volte  dopo  lungo  tempo,  delle  ricevute,  non  glielo 
posso  dar  così  sicuro.  Per  1'  avvenire,  io  voglio  tener 
nota  della  data  delle  sue,  e  del  giorno  che  le  ri- 
spondo ;  acciò,  occorrendo,  possi  levar  qualche  su- 
spicione di  perdita  di  lettere,  che  nascesse  in  Lei  o 
in  me  :  perchè,  veramente,  questa  è  cosa  gelosa  ;  e 
poiché  fino  al  presente  tutte  sono  capitate,  è  bene 
anco  esser  certo  di  quel  che  succederà  all'  avvenire. 

Io  non  ho  preso  quel  dispiacere  del  particolare 
che  mi  scrive,  cioè  non  sentir  gran  profitto  delle 
acque  di  bagni,  che  averei  sentito  se  non  fossi  per- 
suaso che  la  verità  di  simile  medicamento  non  opera 
effetti  sensibili,  se  non  dopo  qualche  tempo.  Mi  giova 
di  credere  che  V.  S.  sentirà  giovamento  alla  prima- 
vera ;  massime  se  passerà  questo  tempo  senza  dis- 
ordine nella  regola  di  vivere.  Io  non  parlo  quanto 
al  cibo  solamente,  ma  quanto  al  sonno  e  vigilia  e 
moto  e  quiete,  e  affetti  dell'1  animo,  che  più  del  tutto 
importa.1 

Fra  tutte  le  cose  che  occorrono  in  Francia,  nes- 
suna mi  porta  maggior  meraviglia,  quanto  la  con- 
cordia tra  Condé  e  Guise  ;  e  sto  in  qualche  dubbio, 
che  dal  canto  del  secondo  non  vi  sia  tutta  la  realtà. 
Quella  casa  mi  è  tutta  sospetta.  Anco  Giovilla  pro- 

1  Ed  eccoci  il  Sarpi,  omniscio  (secondo  i  biografi),  ec- 
colo mostrarsi  esperto,  o  (se  ciò  troppo  paresse)  illuminato 
abbastanza  nelle  cose  della  medicina. 


116  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

l'essa  dipendere  dal  re  d' Inghilterra,  e  da  lui  è  pro- 
posto per  capitano  alla  Repubblica.  L'  essere  di  Lo- 
rena mi  spaventa,  e  il  fresco  esempio  di  Vaudemont. 

Quanto  al  regno  di  Francia,  certa  cosa  è  che 
li  grandi  non  possono  esser  senza  ambizione  e  desi- 
derio d'  avanzarsi,  e,  per  conseguenza,  senza  concor- 
renze e  disgusti  tra  loro.  Quel  di  ciò  che  apparisce 
non  debbe  dar  maraviglia,  anzi  bisogna  per  neces- 
sità aspettarne  di  più.  Il  tutto  è,  come  bene  V.  S. 
discorre,  che  li  popoli  siano  savi  nel  tempo  futuro, 
come  nel  presente.  Le  cose  passate  doverebbono  es- 
ser loro  per  documento,  perchè,  finalmente,  nei  tu- 
multi di  già  essi  soli  hanno  patito.  La  quiete  fa  per 
i  popoli,  e  il  moto  per  i  grandi.1  Le  città  nei  tu- 
multi passati  sono  state  le  più  pazze  ;  ragione  è 
bene  che  siano  ora  le  più  savie. 

Io  non  sento  con  buon  animo  a  lodare  Condé, 
quantunque  abbia  per  intimo  monsieur  di  Thou. 
Questo  indubitatamente  è  incorruttibile  ;  ma  che  bene 
spereremo  da  quello,  hostium  artibus  infecto  ?  Li 
Reformati  faranno  molto  bene  a  congregarsi  e  sta- 
bilir le  cose  loro  prima  che  nasca  alcuna  confusio- 
ne ;  perchè  allora  con  gran  difficoltà  si  fanno  le 
cose,  che  in  tempo  di  quiete  s'  ordinano  con  facilità. 

Quel  Conchino  2  mi  pare  una  scintilla  per  metter 

1  Così  scrivendo  il  Sarpi,  doveva  pensare  alle  condi- 
zioni materiali  del  popolo,  e  non  ad  altre  d' ordine  più  ele- 
vato \  circa  alle  quali  ci  ha  più  volte  fatta  conoscere  altrove 
la  sua  opinione,  mostrando  desiderare,  non  che  il  moto,  la 
guerra.  Vuoisi  altresì  considerare  che  non  parlasi  in  que- 
sto luogo  di  guerre  esterne,  ma  di  discordie  e  guerre  civili. 

-  Comunque  sia  qui  scritto  o  voluto  scrivere  questo  nome, 
pare  da  intendersi  pel  Concini  o  maresciallo  d'  Ancre;  uomo 
cui  la  frenetica  ambizione  rese  pernicioso  alla  Francia  e  al- 
l' Italia,  e  funesto  a  sé  stesso  ed  alla  propria  famiglia. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  117 

fuoco  in  Francia  ;  ma  finalmente  la  prudenza  degli 
altri,  e  massime  di  Yilleroy,  potrà  sempre  estinguer- 
lo. Il  peggio  è  de'  Gesuiti,  i  quali  con  le  arti  pro- 
prie e  con  le  romane  metteranno  tanto  male  co- 
pertamente, che  innanzi  sia  veduto,  si  farà  grande 
e  irrimediabile.  L' aver  Condé  datoli  repulsa,  mi 
pare  un  beli'  atto,  se  non  è  simulato. 

Le  cose  di  Gulica,  ogn'  uno  tiene  di  dover  udir 
presto  nuova  della  resa  o  presa.  Io  però  resto  in 
gelosia  osservando  la  costanza  dei  difensori,  paren- 
domi che  vanamente  una  fortezza  si  difenda,  quando 
non  vi  sia  chi  la  voglia  soccorrere  ;  e  sto  in  qualche 
dubbio  di  dover  sentir  un  giorno,  che  li  agenti  di 
Spagna  si  dichiarino  per  quella  difesa.  Mi  par  gran 
cosa,  quand'  essi  non  vogliano  rompere  la  tregua, 
che  vogliano  soccorrere  un  luogo  assediato,  avendolo 
potuto  soccorrere  prima  che  l'assedio  fosse  presto; 
ma  dall'  altro  canto,  non  è  minor  maraviglia  che 
lascino  perdere  un  luogo  cosi  opportuno  per  loro. 
1/  evento  sarà  giudice  ;  ma  tra  tanto  F  orecchie 
m' intuonano  male. 

Quanto  alle  cose  d' Italia,  delle  quali  V.  S.  mi 
ricerca  1'  opinione  mia,  le  dirò  brevemente  quel  eh'  è 
apparente,  poi  quel  che  io  credo  di  occulto  ;  e  quanto 
al  pronosticarle  il  futuro,  non  ardisco,  per  l'espe- 
rienza eh'  io  ho  della  riuscita  delle  cose  sempre  al 
contrario  dell'  espettazione.  Quello,  adunque,  eh' è  di 
vero  e  apparente,  passa  così.1  Hanno  gli  Spagnuoli 
nello  Stato  di  Milano  quattro  terzi  di  fanteria  ita- 
liana, che  sono  12  mila  ;  6  mila  Svizzeri,  e  6  mila 
tedeschi  del  Tirolo,  e  2  mila  Valloni  di  cavalleria, 

1  L' informazione  che  segue,  è  da  paragonarsi  con 
quella  che  trovasi  nella  Lettera  seguente,  a  pag.   123-25. 


118  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARP1. 

oltre  la  propria  dello  Stato,  che  può  esser  1500. 
Hanno  600  cavalli  borgognoni.  Questa  gente  non  è 
pagata,  ma  le  città  e  terre  danno  una  lira  di  que- 
sta moneta  per  fante  che  alloggia  in  loro  al  giorno, 
e  due  per  cavallo  ;  con  promessa  che  queste  spese 
gli  saranno  rifatte  nelle  contribuzioni  anniversarie 
che  debbono. 

Dopo  la  morte  del  conte  di  Fuentes,1  non  è  re- 
stato capitano  atto  a  condur  questa  gente  ;  anzi,  tra 
il  castellano  e  gli  Spagnuoli  del  consiglio  è  nata 
differenza  chi  dovesse  governare  nell'interregno,  e 
hanno  fatto  proclami  l' uno  contra  l' altro,  con  poca 
riputazione  del  re  :  siccome  è  stato  anco  con  poca 
riputazione,  che  li  duoi  vice  re,  nuovo  e  vecchio,  di 
Napoli,2  nel  complire,  non  si  siano  intesi  delli  titoli, 
e  perciò  il  fratello  dell'  uno  col  figlio  dell'  altro,  sfo- 
derate le  armi,  si  siano  abbattuti. 

Non  è  venuto  ancora  a  Milano  nuovo  governa- 
tore ;  ma  passa  fama  che  sia  destinato  il  contesta- 
bile di  Castiglia,  il  quale  (dico  per  parentesi)  mi 
piace,  per  esser  nemico  de'  preti. 

Il  duca  di  Savoia  ha  circa  18  mila  persone  in 
arme  a  spese  de'  popoli,  mal  pagate.  Ha  deliberato  di 


1  La  morte  di  Fuentes,  avvenuta  in  quel  torno,  salvò 
per  allora  l' Italia  dalla  guerra,  ma  aperse  pur  l' adito 
alle  macchinazioni,  alle  congiure,  ai  proditorii  artifizi  di 
ogni  genere,  che  senza  posa  si  adoperavano  contro  gli 
Stati  meno  servi  di  essa  •,  cioè  Venezia  e  il  Piemonte.  Tutti 
sanno  i  pericoli  a  cui  la  prima  andò  incontro  nel  1619. 

2  II  conte  di  Lemos  e  il  conte  di  Benavente,  del  quale- 
era  figlio  don  Giovanni  de  Zunica.  Su  questo  fatto  u  Degno 
di  riso  e  di  compassione,  "  che  terminò  con  una  lieve  fe- 
rita del  Zunica,  il  quale  era  stato  il  provocatore,  ci  ricorda 
di  aver  letta  a  stampa  una  lettera  scritta  da  uno  degli 
agenti  del  granduca  di  Toscana. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  119 

mandar  Filiberto,  secondogenito  suo,  in  Spagna  per 
trattar  accordo  col  re,  così  consigliato  anco  da  Bil- 
lon  ;  non  però  per  mare,  ma  per  la  via  di  Francia. 

Il  papa  fa  ogni  cosa  acciò  non  sia  guerra  in 
Italia.  La  Repubblica  ha  provveduto  soldati  per  di- 
fesa, con  l' intenzione,  se  le  genti  de'  Spagnuoli  muo- 
vino,1  di  muovere  anch'  essi  le  loro  genti  :  il  che  è 
da  credere  che  quelli  non  faranno,  sì  per  manca- 
mento di  capitano,  come  per  mancamento  de'  danari, 
senza  quali  non  si  può  muover  esercito. 

Del  duca  di  Parma  non  fu  vero  niente,  che  si  pen- 
sasse darli  cura  delle  genti.  Non  è  verisimile  che  si 
faccia  nella  sua  persona,  né  di  altro  italiano.  Qui  li 
dirò  per  incidente,  che  al  suddetto  duca  è  nato  un 
figlio  maschio  la  settimana  passata,  con  poco  piacere 
del  papa  e  de'  preti,  che  mirano  a  quello  Stato. 

Ora  tornando  all'  apparecchio  delle  arme ,  io 
credo  che  vedendo  il  re  di  Francia,  e  tenendosi  che 
dovesse  potentemente  assaltare  il  ducato  di  Sfi- 
lano, il  consiglio  de'  Spagnuoli  fu  provvedersi  leg- 
germente, e  quanto  bastava  per  sola  difesa  ;  affinchè 
gì'  Italiani,  veduta  la  Francia  potente  e  senza  op- 
posizione, ingelositi,  s'unissero  con  loro.  Ma,  morto 
il  re,  pensarono  d'  accrescer  quelle  provvisioni  per 
metter  timore  al  duca  di  Savoia,  e  ridurlo  a  get- 
tarsi loro  in  braccio  :  ma  restando  il  duca  co- 
stante, 2    essi    si   sono    armati    maggiormente,    pur 

1  Nella  prima  edizione  si  legge  :  con  V  intenzione  se  le 
genti  de'  Spagnuoli  muovino  le  loro  genti;  e  dopo  queste 
parole  un  asterisco,  seguendo  poi  subito  sì  per  mancamento. 
Abbiamo  raddrizzate  le  parole  cbe  ci  parvero  invertite,  e 
supplito  la  lacuna  evidente  e  per  altri  già  indicata,  nel 
modo  die  più  ci  parve  opportuno. 

2  Benedetto,  anche  con  tutti  i   suoi  difetti,  quel  duca, 


120  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

per  venire  a  quel  fine.  Al  quale  non  potendo,  per  la 
costanza  del  duca,  arrivare,  si  ritrovano  in  gran 
perplessità  :  perchè,  disarmandosi  senza  aver  ottenuto 
il  disegno,  perdono  la  riputazione;  adoperar  le  loro 
armi,  adesso  non  possono  per  difetto  de'  danari  e 
capitano  ;  invernar  le  genti  sarà  totale  ruina  di  quello 
Stato  già  desolato.  Il  duca,  a  cui  queste  cose  sono 
note,  temporeggia;  perchè  esso  vince  sempre  che 
Spagnuoli  non  ottengano  il  loro  fine;  e  oltre  che 
essi  non  si  possono  muovere,  egli  li  trattiene  con  la 
deliberazione  di  mandar  il  figlio  in  Spagna  :  l' ese- 
cuzione di  che  si  può  ben  differire,  come  altra  cosa 
si  è  differita  ;  e  mandatolo  per  Francia,  si  può  anco 
farlo  fermar  per  viaggio,  e  ritornare. 

Debbo  ancora  dire  a  V.  S.  qualche  cosa  del  se- 
creto de'  principi.  Il  papa  non  vuol  guerra,  stando 
tanto  bene,  che  megliorare  non  può  ;  ma  è  in  gran 
pericolo  di  deteriorare:  per  il  che,  risguardando  le 
ragioni  umane,  bisognerebbe  concludere  che  tanti 
apparecchi  si  risolveranno  in  niente.  Ma  Dio  so- 
prastà  a  tutti,  e  conduce  a  sua  gloria,  contra  i 
disegni  umani,  quello  che  il  mondo  invia  tutto  al- 
trove. In  tutte  queste  occorrenze,  nessuna  cosa 
per  mio  credere  più  nocerà  al  bene,  che  la  su- 
perstizione della  regina;  e  tanto  più,  quanto,  co- 
me V.  S.  dice,  vi  è  la  cattività  del  matrimonio.1 

A  me  dispiace,  che  il  zelo,  quale  V.  S.  vidde,  qui 
è  mortificato,  se  non  estinto;2  poiché  il  papa  non 

che  nel  difendere  i  suoi  Stati  e  la  sua  dignità,  non  curava 
più  che  tanto  le  minacce  né  gli  aiuti  stranieri  ! 

1  Parrebbe  allusione  alla  malignità  dei  due  coniugi  Concini. 

2  Una  sola  cosa  vogliamo  qui  far  osservare  ;  ed  è  la 
consonanza  di  queste  parole  con  quelle  che  si  leggono  al 
principio  della  Lettera  CXLIX,  pag.  109 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  121 

iam  minatar,  sed  blanditili-,  e  che  il  fine  è  comune, 
cioè  la  quiete. 

Io  son  stato  molto  tedioso  a  V.  S.,  per  quel  che 
m'accorgo;  e  vedo  d'esser  in  obbligo  di  finire.  Le 
dirò  solo  di  Fra  Fulgenzio,  esser  opinione  anco 
delli  stessi  cortigiani  romani,  che  gli  sia  stata  vio- 
lata la  fede;  e  la  medesima  sentenza  che  hanno 
letto  pubblicamente  nella  chiesa  di  San  Pietro,  ino- 
ltrava che  non  meritasse  quel  fine.  Prego  Dio  che 
doni  intiera  sanità  a  V.  S.,  alla  quale  bacio  la 
mano. 

Di  Venezia,  il  14  settembre  1610. 


OLII.  —  A  Giacomo  Leschassier.1 

Lessi  con  sommo  piacere  la  sua  lettera  del  24 
agosto  ;  e  mi  godè  1'  animo  udendo  che  Ella  attende 
a  scoprire  gli  artifizi  dei  Gesuiti,  essendo  necessità 
di  far  chiara  a  tutti  la  loro  sediziosa  e  scellerata 
dottrina,  acciò  possiamo  renderci  sicuri  delle  loro  in- 
sidie. Quello  che  i  Gesuiti  insegnano  in  proposito  del 
regicidio,  è.  al  mio  parere,  un  perniciosissimo  dogma, 
perchè  ne  viene  il  sovvertimento  della  cosa  pubblica  : 
ma  l' insegnare  eh'  essi  fanno,  come  sia  lecito  usare 
senza  peccato  gli  equivoci  di  parole  e  la  restri- 
zione mentale,  colla  qual  dottrina  si  distrugge  ogni 
umana  convivenza,  e  1'  arte  d' ingannare,  di  cui  nulla 
v'  ha  più  dannoso,  si  pareggia  alla  virtù  ;  questa 
dottrina  oso  dire  esser  anco  più  perniciosa  dell'altra 

1  Tra  le  stampate  in  latino,  nelle  Opere  dell'  Autore, 
pag.  88. 


122  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

che  insegna  ad  uccidere  i  re.  E  invero,  qual  cosa 
può  mai  farsi  o  trattarsi  con  costoro  che  cuoprono 
la  menzogna  con  la  maschera  della  virtù  ?  Il  gesuita 
Cottone  difende  la  società  sua  dal  crimine  del  regi- 
cidio :  io  non  dubito  che  in  ciò  non  si  covino  molti 
equivoci  e  forme  evasive,  le  quali  allorquando  sarà 
il  bisogno,  verranno  apertamente  allegate  in  iscusa; 
come  fece  il  Bellarmino  rispetto  al  Richéome  :  e 
quando  Ella  lo  desideri,  additerò  ancora  i  luoghi. 
Io  volli  opporre  al  Bellarmino  il  Richéome,  nell'Apo- 
logia per  Gersone,1  accadendomi  definire  la  Consi- 
derazione decima  (ediz.  Veneta,  pag.  33)  ;  ed  egli 
mi  rispose  (secondochè  avvertii)  come  leggesi  nel- 
1'  opuscolo  intitolato  da  lui  Bisposta  al  Trattato  dei 
Sette  Teologi 2  in  Venezia,  replicando  alla  dicianno- 
vesima Proposizione,  quasi  in  fine  del  libretto  (che 
nell'  ediz.  Bolognese  è  a  pag.  52).  Di  tal  proposito 
io  trattai  novamente  nell'  opuscolo  che  ha  per  titolo 
Conformazione  ec.3  (a  pag.  309,  ediz.  Veneta)  ;  non 
solo  per  dimostrare  com'  essi  coli'  astuzia  del  lin- 
guaggio si  facessero  beffe  del  re,  comecché  giovane 
e  in  pien  possesso  della  sua  autorità;  ma,  soprat- 
tutto, come  delle  loro  parole,  per  quanto  di  miele 
condite,  nessuno  mai  possa  fidarsi.  Ciò  che  il  re- 
gio procuratore  aveva  detto,  eh'  essi  sono  da  temersi 
più  da  lontano  che   da  vicino,   l' esperienza  nostra 

1  Opera  di  Fra  Paolo,  pubblicata  nel  1606.  Vedi  Grise- 
lini, Memorie  ec.,   pag.  59. 

-  Di  questi  teologi  che  allora  difesero  la  Repubblica 
di  Venezia,  possouo  vedersi  i  nomi  nelle  Memorie  stesse  del 
Griselini,  pag.  58. 

:i  Cioè,  Confermazione  delle  Considerazioni  sopra  le  cen- 
sure di  Paolo  V  •,  altra  operetta  del  Sarpi,  benché  pubbli- 
cata a  nome  di  Fra  Fulgenzio.  Vedi  Griselini  ec,  pag.  60. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  123 

ce  lo  dimostra  presentemente.  Non  possono  fare  a 
pezzi  ne  strozzare  la  Repubblica,  la  quale  non  vive 
in  un  sol  uomo;  ma  dalle  nostre  città  succhiano 
adesso  maggior  quantità  di  danaro,  che  non  facevano 
quando  ci  stavano  in  casa.  Per  via  di  emissari  anche 
prezzolati,  insegnano  con  maggior  cura  la  dottrina 
della  papale  onnipotenza  e  della  cieca  obbedienza  ; 
e,  quel  eh'  è  il  peggiore  de'  mali,  disseminano  1'  odio 
tra  le  famiglie  e  la  sedizione  tra  gli  ordini  dei  cit- 
tadini. Sinceramente  lo  dico  :  essi  ci  fanno  maggior 
male  che  in  passato  ;  poiché  allora  non  ci  odiavano, 
ma  ci  volevano  salvi  per  aver  del  nostro  di  più  e  più 
lungamente,  per  godere  la  nostra  dimestichezza  e 
per  dominarci.  Ora  cordialmente  ci  odiano,  e  bra- 
mano di  vederci  distrutti,  affinchè  più  non  sia  chi 
osi  disprezzare  la  loro  potenza  :  a  tale  che  non  ri- 
mane più  a  noi  speranza  alcuna,  se  Iddio  stesso  non 
ci  soccorre. 

La  S.  V.  mi  prega  a  scriverle  il  mio  parere  in- 
torno agli  affari  d'Italia.  Il  farò  con  tutta  schiet- 
tezza. Se  in  qualche  materia  tengo  in  briglia  il  cer- 
vello, egli  è  in  questa  sopra  tutte  le  altre;  né  credo  già 
che  coloro  i  quali  particolarmente  si  occupano  demo- 
litici negozi  e  quegli  stessi  che  v'  hanno  interesse , 
possano  fare  con  fondamento  congettura  alcuna  ;  per- 
ciocché nessuno  già  opera  quello  che  i  prudenti 
opererebbero,  ma  quello  invece  che  farebbesi  da  per- 
sone né  per  costumi  né  per  ingegno  da  noi  cono- 
sciute. 

Gli  Spagnuoli  hanno  nel  ducato  di  Milano  12,000 
pedoni  italiani,  6000  tedeschi,  6000  svizzeri  e  2,000 
valloni  ;  600  cavalieri  borgognoni  e  1500  nostrali. 
Non  v'  ha  in  Italia  capitano  alcuno  che  sia  abile  a 


124  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

governare  un  tale  esercito,  dico  tra  i  guerrieri  di 
sangue  spagnuolo  ;  né  questi  hanno  danaro  con  che 
pagare  gli  stipendi,  ma  i  soldati  si  alimentano  alle 
spese  delle  popolazioni,  con  grandissimo  devasta- 
mento del  paese.  Il  duca  di  Savoia  ha  circa  16,000 
uomini,  parte  di  suoi  sudditi  e  parte  di  Svizzeri. 
Egli  non  può  assalire  l' esercito  spagnuolo,  eh'  è  più 
potente  del  suo  :  lo  Spagnuolo  non  può  attaccare  il 
duca,  perchè  mancante  del  danaro  che  è  necessario 
per  muovere  un  esercito,  e  insieme  privo  di  condot- 
tiero. Incalza  frattanto  il  verno.  Se  lo  Spagnuolo 
tinch'  esso  duri,  vorrà  mantenere  in  piedi  V  armata, 
la  è  finita  per  quel  povero  ducato  ;  il  Milanese  verrà 
ridotto  a  un  deserto  :  quando  poi  lo  licenziasse,  ver- 
rebbe a  perdere  tutta  quanta  la  riputazione,  per  non 
avere  con  tante  spese,  con  tanti  uomini,  operato  cosa 
alcuna  ;  mentre,  all'  incontro,  il  duca  salvato  avrebbe 
i  suoi  possessi,  e  la  sua  dignità  e  libertà.  Questo  prin- 
cipe dà  segno  d' inviare  il  suo  secondogenito  al  re  di 
Spagna  per  trattare  con  esso  lui  della  pace;  ma  quan- 
do sarà  o  se  sarà  veramente  mandato,  lo  ignoro  ;  in 
ispecie  perchè  il  duca  ha  prescritto  di  fare  il 
viaggio,  non  già  per  mare,  coni'  è  costume,  ma 
per  terra,  traversando  la  Francia;  per  il  ehe  di- 
venta più  lungo,  e  nel  frattempo  potrebbe  mutar 
pensiero. 

Questo  avviene  alla  scoperta  ;  in  segreto  poi,  così 
procedono  le  cose.  Lo  Spagnuolo  non  vuole  in  ve- 
run  modo  la  guerra:  egli  sa  che  in  Italia  non  può 
acquistare  più  oltre,  ma  eh'  è  facilissimo  di  per- 
dervi anche  quello  vi  possiede.  Tenne  dapprima 
pronte  le  armi  per  far  paura  al  duca;  ma  quando 
vide  di  non  riuscirvi,  le  rafforzò  per  ottener  l' in- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  125 

tento  propostosi.  Ora,  non  avendo  egli  cominciato  a 
spaventarsi,  lo  Spagnuolo  tiene  il  lupo  per  le  orec- 
chie :  *  desistere  dal  proposito  è  vergognoso;  il  se- 
guitare, arduo  e  di  dubbio  esito.  Il  duca  difenderà 
come  può  meglio  la  sua  libertà,  non  consentendo 
che  un  sol  soldato  spagnuolo  sia  ricevuto,  confessi 
chiedono,  nelle  sue  fortezze  :  ma,  d'  altra  parte,  le 
forze  sue  proprie  non  gli  bastano;  s'egli  potesse, 
commetterebbe  guerra  da  sé  medesimo.  Egli  non 
fa  niuna  stima  di  ciò  che  possiede  ;  agogna  le  cose 
altrui  :  tentò  già  quelle  di  Francia,  come  Ginevra  ; 
vorrebbe  ora  tentar  quelle  d' Italia,  come  da  lui 
credute  più  agevoli.  Egli,  senza  dubbio,  starà  vigi- 
lante a  tutte  le  occasioni,  e  qualsiasi  speranza 
gli  servirà  d' incitamento.  Per  ciò  che  spetta  agli 
altri  principi,  il  papa  e  la  curia  di  Roma  vor- 
ranno, per  quanto  possono,  la  guerra  fuori  d'Italia  : 
conciossiacosaché,  tra  il  cozzo  delle  armi  verrebbe 
meno  l' Inquisizione  ;  1'  Italia  empirebbesi  di  soldati 
che  hanno  in  orrore  la  Religione  romana;  né  può 
dubitarsi  che  la  potenza  della  curia  di  Roma  sa- 
rebbe ridotta  al  suo  disfacimento,  se  la  guerra  du- 
rasse in  Italia  per  soli  due  anni.  Il  duca  di  Firenze 
lascia  guidarsi  da  due  donne.  1'  austriaca  e  la  lo- 
renese  ;  onde  creda  la  S.  V.,  che  egli  e  lo  Spagnuolo 
hanno  la  stessa  mente  ed  anche  lo  stesso  scopo.  La 
Repubblica  veneta  ama  la  pace  e  rifugge  dalla  guer- 
ra ;  pronta  a  fare  ogni  sagrifizio  perchè  quella  si 
mantenga.  Se  contuttociò,  a  suo  malgrado,  altri  si 
precipitassero  alla  guerra,  essa  di  certo  non  man- 

1  Modo  proverbiale,  anche  altrove  usato  dall'  Autore. 
Lupum  auvibus  tenere,  significa  in  latino:  Fare  impresa 
pericolosa,  versare  tra  due  o  diversi  pericoli. 


126  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

cherebbe  di  adoperarsi  per  la  libertà  d' Italia,  uè 
per  ciò  perdonerebbe  a  spese  e  a  fatiche.  Ora  è  sì 
aliena  dalla  guerra,  che  non  vorrebbe  nemmen  dare 
al  Savoino  buone  parole,  acciò  in  queste  fidando, 
egli  non  osi  di  più  intraprendere  contro  gli  Spaglinoli 
e  venga  ad  assalirli,  od  anche  porga  maggiori  occa- 
sioni onde  sieno  costretti  ad  impugnare  le  armi. 
Frattanto,  la  Repubblica  ha  vie  più  munite  le  sue 
fortezze,  e  preparate  quante  armi  stimò  necessarie 
alla  difesa  del  suo  dominio.  Ma  se  il  re  di  Spagna 
terrà  in  piedi  le  squadre  durante  l' inverno,  anch'  essa 
a  primavera  farà  d'apparecchiare  un  giusto  eser- 
cito. Per  tutto  restringere  in  una  sola  parola,  o 
tutti  quelli  che  in  Italia  hanno  Stati  abborriscono 
dalla  guerra;  o  il  solo  duca  di  Savoia  la  farebbe, 
quando  se  ne  offrisse  l' occasione.*  Tal  è  lo  stato  dei 
pubblici  affari  ;  ma  V.  S.  ricorda  bene  che  non 
sempre  accadono  quelle  cose  che  gli  uomini  vor- 
rebbono  ;  e  che  i  fati  conducono  chi  vuole,  e  chi  non 
vuole  trascinano.2 

Rispetto  a  ciò  ch'Ella  dice,  che  non  le  consti  la 
impurità  della  chiesa  di  Corinto,  non  posso  mara- 
vigliarmene ;  perchè  talmente  siam  fatti,  e  non  senza 
ragione,  che  in  tutto  ci  giova  deferire  all'  antichità  ; 
e  ciò  dipende  dalla  nostra  stessa  natura,  per  la  quale 
abbisogniamo  d'  esser  mossi  dagli  esempi.  Ma  im- 
pura io  la  chiamai,  pensando  a  ciò  che  san  Paolo 
aveva  a' quei  popoli  rimproverato.  Perocché,  se  alla 

1  Lodammo  altre  volte  la  perspicacia  politica  di  Fra 
Paolo  ;  riè  questo  lungo  paragrafo  è  tale,  che  smentir  possa 
le  nostre  lodi. 

-  Ducunt  volentes  fata,  nolentes  traliunt  ;  sentenza 
degli  antichi  filosofi. 


LETTERE  DI  FRA   PAOLO  SARPI.  127 

carità  si  riguardi,  erano  fra  loro  scismi  e  contese,  come 
nel  Gap.  I  e  II  ;  né  lievi,  ma  tali  che  dividevano  il 
Cristo.  Se  trattisi  dei  costumi,  intorno  a  ciò  (Cap.  V) 
leggiamo  :  «  Si  commette  fra  voi  fornicazione,  quale 
non  si  ode  nemmeno  fra'  gentili.  »  Se  dei  riti  è  que- 
stione, sta  scritto  (Cap.  II)  :  «  Già  non  è  mangiare 
la  cena  del  Signore  ;  »  e  se,  finalmente,  della  dot- 
trina (il  che  credo  eh'  Ella  stesse  aspettando),  è 
nel  Cap.  V  :  «  Perocché  alcuni  tra  voi  asseriscono  che 
non  ha  luogo  la  resurrezione  dei  morti.  »  La  S.  V. 
ricorderà  che  fra  tutti  gli  scrittori  non  ir  ha  ve- 
runo più  modesto  nel  riprendere,  di  quel  che  fosse 
san  Paolo  ;  e  ponendo  mente  alle  altre  censure  di 
lui,  si  accorderà  meco  nel  creder  queste,  per  quanto 
potevasi,  temperate.  Ma  circa  a  quel  luogo  di  san 
Paolo  dove  si  parla  dell'  edificio  innalzato  sulle  fon- 
damenta della  fede,  non  mi  è  ignoto  in  qual  guisa 
venga  dai  più  tartassato  ;  volendo  alcuni  che  edi- 
fici sieno  le  opere,  non  la  dottrina  ;  altri,  che  que- 
sta pur  sia,  ma  dottrina  curiosa.  I  tempi  nostri 
hanno  duopo  di  un  Democrito,  ossivvero  d'  un  Era- 
clito. Ogni  cosa  noi  deriviamo  dagli  scritti  e  dalla 
dottrina  degli  antichi  ;  ma  insieme  camhiammo  il 
senso  di  tutte  le  voci  da  quelli  usate.  Non  è  più 
per  noi  la  cosa  stessa  ciò  eh'  essi  chiamavano  papa, 
cardinale,  diacono,  chiesa,  cattolico,  eretico,  martire. 
Che  più  ?  Tutto  abhiamo  pervertito  ;  e  mentre 
si  fa  professione  di  produrre  i  monumenti  degli  an- 
tichi, rechiamo  in  mezzo  i  nostri  soltanto. 

Ma  io  V  ho  lungamente  trattenuta  con  queste 
ciance,  togliendole  tempo  alle  cose  di  maggior  prò. 
Presi  a  scrivere  coli'  intenzione  di  esser  breve,  ma 
non  so  in  qual  modo  mi  portasse  tant'oltre  la  pen- 


128  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

na,  prevalendo  alla  mia  volontà.  La  prego  almeno 
di  scusare  quanto  ho  scritto  senza  cura  veruna. 
Duolmi  delle  vicende  del  signor  Casaubono  ; x  ma 
bramo  eli' egli  voglia  rassegnarsi  al  divino  benepla- 
cito, imperocché  spesso  le  cose  avverse  si  mutano 
in  meglio,  e  le  desiderate  in  peggio.  Nessuno  può 
sapere  a  qual  fine  Iddio  abbia  destinato  i  casi  che 
teste  sono  accaduti.  Noi  dobbiamo,  come  uomini,  in- 
dirizzare a  lui  le  nostre  preghiere;  e  dobbiamo  soffrir 
con  pazienza,  quando  non  voglia  esaudirci  per  ragioni 
che  da  lui  stesso  dipendono.  La  prego  di  consolare  a 
mio  nome  Y  amico,  persuadendogli  di  sperar  cose  mi- 
gliori, e  che  le  avversità  presenti,  per  gravi  che  sieno 
state,  si  volgeranno  in  bene.  Ancora  le  raccomando 
di  salutarmi  in  particolar  modo  il  signor  Gillot,  che 
io  stimo  e  venero  con  tutto  1'  animo  ;  siccome  chiedo 
da  Dio  che  feliciti  ambedue  in  ogni  momento  della 
loro  vita.  Stia  sana. 

Di  Venezia,  il  14  settembre  1610. 


CLIII.  —  Al  medesimo.2 

Io  credeva  che  i  Gesuiti  fossero  trattenuti  in 
Francia  dalla  sola  volontà  del  re,  pocanzi  defonto. 
Ora  che,  lui  morto,  li  veggo  osar  più  e  maggiori 
cose,   temo  vie  più  per  voi,  per  la  vostra  chiesa  e 

1  II  Casaubono,  di  religione  riformata,  dopo  la  morte 
di  Enrico  IV,  che  lo  aveva  fatto  suo  bibliotecario,  fu  espo- 
sto all'  intolleranza  dei  sedicenti  ortodossi,  e  dovè  ritirarsi 
in  Inghilterra.  Vedi  anche  al  principio  della  pag.  113. 

-  Stampata  come  le  altre,  in  latino,  tra  le  Opere  del- 
l'Autore,  pag.  91. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  129 

per  la  stessa  libertà.  Io  li  conobbi  ammaestrati  a  ma- 
raviglia del  come  occorra  far  uso  della  prospera 
fortuna.  Eglino  certamente  mai  non  ripiegheranno 
le  vele,  né  occasione  alcuna  sfuggirà  loro  di  mano. 
Lessi  l'opuscolo  scritto  a  nome  della  Università,  e  lodo 
l' ingegno  e  la  prudenza  dell'  autore  ;  ma  i  Gesuiti 
non  si  commuovono  per  rumori  :  essi  tirano  innanzi 
perseverando  nelle  loro  opere  ;  e  per  quanto  altri 
seriamente  li  combatta,  non  desistono  dal  loro  pro- 
posito. Provocarli  con  leggera  battaglia  è  lo  stesso 
che  indurli  a  vera  guerra. 

Non  so  che  alcuno  abbia  raccolto  i  passi  degli 
autori  che  approvano  1'  assassinio  dei  principi  :  ri- 
cordo bensì  di  averli  io  letti  in  molti  di  quella  So- 
cietà ;  ma  i  luoghi  non  ne  appuntai,  perchè  una  tale 
dottrina  in  Italia,  dove  i  Gesuiti  signoreggiano,  è 
difesa  qua  e  là  da  tutti.  Qui  dove  il  principe  non 
vive  in  una  sola  persona,  non  ne  abbiamo  paura. 
Gli  altri  principi  italiani,  perchè  figli  de'  Gesuiti,  se 
ne  tengono  sicuri  ;  ma  il  Bellarmino  pubblicò  poco 
fa  un  opuscolo  contro  il  Barklay,  facendo  vista  di  di- 
fendere quanto  il  Barklay  avea  combattuto  della  dot- 
trina stessa  di  lui,  ma  in  realtà  (com'io  credo)  ac- 
ciocché con  proprio  e  particola!"  trattato  si  divolgasse 
la  sua  dottrina  intorno  alla  onnipotenza  del  papa. 
Ivi  egli  sostiene,  come  se  fossero  articoli  di  fede,  la 
potestà  nel  pontefice  di  scomunicare  i  principi,  di 
sciogliere  i  sudditi  dal  giuramento  e  dall'  obbedienza. 
ed  eziandio  di  privar  quelli  del  dominio  e  dell'im- 
pero, non  solo  per  colpe  commesse,  ma  per  qualsi- 
voglia causa  che  al  papa  sembri  sufficiente  :  né  ciò 
senza  ingiurie  né  contumelie  verso  coloro  che  sen- 
tono in  contrario,  ai  quali  dà  infamia  peggiore  che 

Sarn    —  II.  9 


130  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARTI. 

'di  eretici.  Più  di  cento  volte  vien  egli  inculcando, 
esser  legge  di  Dio  e  di  natura  che  si  obbedisca  al 
principe  ;  aver  anche  il  Signore  comandato  di  ren- 
dere a  Cesare  quel  eh'  è  di  Cesare  :  ma  che  ciò  deve 
intendersi  di  chi  veramente  sia  principe  e  veramente 
sia  Cesare  ;  ma  colui  che  vien  privato  dal  papa,  non 
è  altrimenti  più  principe,  né  perciò  dee  più  essere 
obbedito.  Il  papa,  dunque,  mai  non  comanda  già  di 
non  obbedire  al  principe,  ma  fa  del  principe  un  al- 
tro che  non  è  principe,  e  a  cui  non  si  è  più  tenuti 
di  obbedire.  Che  gliene  pare  ?  —  Insegna  anche 
spesso  che  il  papa  non  può  soltanto  disporre  dei 
regni  e  dei  domimi,  ma  delle  cose  tutte  che  ai  Cri- 
stiani appartengono,  non  sì  tosto  abbia  egli  cono- 
sciuto che  ciò  torni  a  vantaggio  della  Chiesa.  Ri- 
tratta altresì  la  propria  opinione,  da  lui  più  volte 
sostenuta  nei  libri  prima  d' ora  stampati  ;  cioè  che 
i  chierici  furono  con  giustizia  soggetti  ai  principi  : 
adesso  però  asserisce  pervicacemente,  che  solo  nel 
fatto,  ma  non  mai  eli  diritto,  stati  sono  lor  sudditi. 
In  somma,  se  a  un  libro  simile  sarà  creduto,  com'io 
penso  che  sarà,  oso  dire  che  il  papa  non  solo  dovrà 
tenersi  eguale,  ma  superiore  a  Dio.  A  darle  ad  in- 
tendere di  che  petulanza  e  di  che  sfacciataggine  abbia 
il  Bellarmino  fatto  uso,  mi  basti  il  dirle  per  più 
assai  che  gesuitiche. 

Codesto  opuscolo  è  uscito  in  luce  da,  non  più  di 
dieci  giorni  :  ne  so  invero  se  quegli  a  cui  spetta, 
abbia  permesso  d' introdurlo  in  questa  città  e  domi- 
nio. Ben  congetturo,  né  senza  buoni  argomenti,  che 
udita  la  morte  del  re  Enrico,  fosse  in  Roma  presa 
la  risoluzione  di  comporlo,  per  preparar  materia  di 
nuovi  attentati  a  fine  di  ricuperare  la  perduta  ripu- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  131 

fazione.  Tanto  esso  muove  lo  stomaco  e  la  bile,  che 
io  non  posso  metter  line  di  parlarne. 

Sento  che  il  figlio  di  Barklay  è  uomo  di  acuto 
ingegno  ed  erudito  : 1  credo,  perciò,  eh'  egli  non  la- 
scerà impunita  l' ingiuria  fatta  a  suo  padre,  e  che 
T  altrui  petulanza  ne  verrà  repressa.  In  altro  tempo 
male  avrei  potuto  raffrenarmi;  ma  ora  mi  è,  pur 
troppo,  impedito  di  operar  ciò  che  sarebbe  necessa- 
rio a  difesa  della  verità. 

Troppo  la  tenni  a  bada;  ed  è  ormai  tempo  di 
liberarla  da  tale  molestia.  La  prego  di  rendermi,  al- 
l' opportunità,  consapevole  di  quanto  sarà  stato  giu- 
dicato nella  causa  de'  Gesuiti,  e  di  far  a  mio  nome 
mille  salutazioni  al  signor  Gillot.  Stia  sana. 

Di  Venezia,  il  28  settembre  1610. 


CLIV.  —  Al  nominato  Piossi2 

Ho  ricevuto,  con  augumento  d' obbligo,  quelle  di 
V.  S.  delli  7  e  degli  8,  ma  insieme  con  dolore  eh'  io 
non  vaglia  3  nulla  in  servizio  suo,  prendendo  Ella  tanti 
incomodi  per  causa  mia.  Non  posso  se  non  pregare 
Dio  che,  per  sua  bontà,  esso  le  doni  la  ricompensa. 

Abbiamo  avuto  l' avviso  dell'  acquisto  di  Giuliers. 
e  da  tutti  s'  attribuisce  la  principal  lode  di  quel- 
l' impresa  al  conte  Maurizio  : 4  e  veramente,  bisogna 

1  Vedi  la  nostra  nota  a  pag.  275  del  primo  volume. 
-  Edita  in  Capolago  ec.,  pag.  229. 

3  La  prima  stampa  ha,  con  errore  che  a  noi  sembra 
palpabile  :  eh'  ei  non  voglia. 

4  Giuliers  venne  in  quell'  anno  occupata  dalle  forze  dei 
principi  protestanti  della  Germania,  sostenute  dai  Francesi 
e  dagli  Olandesi. 


132  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

confessare  che  non  v'  è  altrettanta  virtù  e  risoluzione 
in  Europa,  quanta  negli  Stati.  È  ben  parsa  meravi- 
glia che  le  genti  franzesi,  essendo  state  le  ultime  ad 
arrivare,  sieno  anche  state  prime  a  partire,  e  con 
tanta  fretta;  ma  io  credo  che  alcuno  era  attorno 
Giuliers,  il  quale  però  non  desiderava  che  fosse 
acquistato:  in  somma,  pochi  sono  i  buoni. 

Accostandoci  al  verno,  sarà  facile  che  si  raffred- 
dino anche  i  rumori  di  guerra  :  non  so  se  potranno 
esser  estinti  ;  e  quanto  s'  aspetta  all'  Italia,  io  tengo 
per  così  dubbio  il  successo,  che  non  mi  dà  1'  animo 
di  pendere  più  allo  sperar  la  pace,  che  al  temere 
la  guerra;  anzi  tengo  che  i  medesimi  interessati 
siano  incerti  altrettanto  quanto  i  privati.  Sanno  bene 
quello  che  vorrebbono,  ma  non  quello  che  riuscirà, 
essendo  le  cose  tanto  scompigliate,  che  chi  le  ma- 
neggia le  intende  meno  degli  altri.  Spagna,  se  potrà, 
vorrà  pace;  Savoia,  se  potrà,  vorrà  guerra:  e  seb- 
bene hanno  il  medesimo  desiderio  che  i  primi,  non- 
dimeno, avendo  gli  stessi  interessi  con  loro,  faranno 
la  stessa  risoluzione.  La  Repubblica,  sebben  speri 
pace,  non  insiste  molto:  crescono  nondimeno  così  le 
provvisioni  del  duca,  come  quelle  di  Milano.  Vivono 
i  soldati  nel  Milanese  a  spese  dei  popoli,  ed  è  certo 
che  la  spesa  monta  a  ducentoventimila  scudi  il  mese. 
Non  si  intende  però  che  di  Spagna  pensino  a  mag- 
gior provvisione  che  di  quattrocentomila  scudi,  i 
quali  disegnano  mandare  insieme  col  contestabile  di 
Castiglia,  che  viene  per  governatore  di  Milano  e  ca- 
pitano dell'  esercito,  con  tanta  autorità  quanta  aveva 
il  conte  di  Fuentes.  Questo  soggetto  è  uomo  di  molta 
prudenza  nelle  cose  politiche  ; l  ma  in  guerra  non  ebbe 

1  Rivedasi  la  Lettera  dei  14  settembre  al  De  l'Isle,  p.  118. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  133 

molta  buona  fortuna  in  Franca  Contea,  dove  una 
volta  la  maneggiò. 

In  Germania  sono  accomodate  le  differenze  tra 
l' imperadore  e  Matthias  ; 1  perchè  Cesare,  protestato 
dalli  soggetti,  s'  è  accomodato  alla  necessità,  e  sarà 
esempio  per  verificare  la  sentenza  di  Livio  :  Regiam 
majestatem  diffwilius  a  summis  ad  media  reduci, 
quam  a  mediis  ad  ima  preeeipitari.  Ma  la  lega  ec- 
clesiastica, eh'  era  reduce  a  Monaco,  ha  fatto  una 
risoluzione  che  non  è  da  preti  e  Tedeschi,  avendo 
deliberato  d'  assoldare  quindicimila  fanti  e  cinque- 
mila cavalli,  sebbene  gli  Spagnuoli  di  questo  numero 
pagheranno  tremila  fanti  e  mille  cavalli. 

Non  spero  troppo  che  la  conferenza  di  Colonia 
possa  terminar  in  pace  per  gì'  interessi  del  duca  di 
Sassonia;  il  quale  si  vede  tanto  innamorato  nella 
sua  pensione,  che  per  ottenerla  non  resterà  di  va- 
lersi anco  degli  aiuti  degli  Spagnuoli;  senza  che,  i 
commissari  imperiali  e  la  dieta  di  Praga  sono  più 
atti  a  seminare  la  guerra  dove  fosse  pace.  Ma  tutto 
è  in  mano  di  Dio,  al  quale  piacerà  forse.,  contro 
F  aspettazione,  ridurre  ogni  cosa  a  pace  ;  come  prego 
che  faccia,  s'  è  per  bene  della  santa  Chiesa. 

L'  arrivo  di  tanti  ambasciadori  straordinari  costì 
potrà  muover  materia  di  discorsi  e  di  opere.  Il  duca 
di  Feria  seminerà  il  Diacatholicon;  ne  quello  d'In- 
ghilterra potrà  far  tanto  di  bene,  per  la  freddezza 
del  paese  e  del  padrone. 

Ho  avuto  molto  a  caro  di  saper,  con  tutt'  i  suoi 
particolari,   quello   eh'  è    stato  trattato   nel   Parla- 

1  Fu  però  illusorio,  se  non  proditorio,  quell'  accomoda- 
mento •,  giacché  nel  1611  le  discordie  e  la  guerra  ardevano 
più  che  mai. 


134  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

mento  sulla  causa  de'  Gesuiti  :  i  quali  però  io  tengo 
che,  quantunque  fossero  perditori,  vinceranno;  per- 
chè finalmente  riceveranno  la  condizione  d'  assog- 
gettarsi agli  statuti  dell'  Università,  di  che  però 
non  ne  faranno  niente.  11  solito  loro  è  di  entrare 
ad  ogni  condizione,  perchè  hanno  ben  essi  l' arte 
di  farsi  padroni  di  quelli  che  gli  avranno  legati 
con  regole.  Qua  si  contenterebbono  di  venire  a  vo- 
gare per  galeotti  con  i  ferri  ai  piedi  ;  perchè,  entra- 
ti, saprebbono  bene  e  sciogliersi  loro  e  legare  gli 
altri.  Non  è  meraviglia  che  procedano  con  tanta 
petulanza  in  Francia  :  anco  in  Roma  ne  usano.  Ave- 
vano eretto  nella  loro  chiesa  una  compagnia  spiri- 
tuale di  sbirri  solamente  (i  quali  sono  in  quella  città 
in  gran  numero) ,  sotto  pretesto  d' insegnar  loro  la 
dottrina  cristiana  e  gli  esercizi  spirituali;  e  s'erano 
fatti  così  presto  padroni,  che  il  governatore  e  la  Corte 
non  potevano  più  maneggiarli  :  onde,  per  querela 
eh'  esso  governatore  fece  al  papa,  la  compagnia  è 
stata  disfatta.1 

Ho  letto  con  gusto  l'Anti- Cottone; 2  il  quale  però 
avrei  voluto  in  qualche  parte  più  pungente,  poiché 
non  è  vizio  la  immodestia  contro  i  petulanti  ;  e  non 
è  dubbio  alcuno  che  la  libertà  francese  in  iscrivere 
contro  i  disordini  che  nascono  per  favore  de' potenti, 
fa  di  molto  bene,  aprendo  gli  occhi  a  quelli  che  sono 
di  buona  natura  e  non  perspicaci,  ed  impedisce  che 

1  Di  questo  fatto  che  solo  basterebbe  a  caratterizzare 
le  tendenze,  a  tutti  perniciose,  della  setta  gesuitica,  torna 
a  parlarsi,  con  altre  circostanze,  nella  Lettera  che  segue. 

2  Anti- Cottoti  è  il  titolo  di  un1  acerbissima  opera  sati- 
rica, in  cui  volevasi  provare  che  i  Gesuiti  erano  rei  del 
parricidio  di  Enrico  IV,  e  pubblicata  in  quell'  anno  a 
Parigi. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  135 

la  materia  non  si  corrompa  tutta.  Dubito  solamente 
che,  stimandosi  essi  onnipotenti,  non  si  mettano  in 
rabbia  per  le  contraddizioni  che  lor  vengono  fatte,  e 
non  diano  in  qualche  precipizio  ;  perchè  sono  di  tanta 
audacia,  che  non  guarderanno  a  rovina  per  vendi- 
carsi delle  offese  che  par  loro  ricevere. 

La  nuova  che  V.  S.  mi  ha  dato  della  mutazione 
del  presidente  Thou,1  mi  ha  così  stordito,  e  mi  ha 
fatto  restare  in  ambiguo  di  diverse  cose.  Sebbene, 
io  voglio  dire  con  Seneca  :  —  Convien  piuttosto  chia- 
mare l' ebrietà  virtù,  che  Catone  vizioso.  —  Però  non 
si  può  scusare  il  vizio  mio  di  annoiare  V.  S.  così 
lungamente.  Farò  fine  baciandole  la  mano. 
Di  Venezia,  il  28  settembre  1610. 


CLV.  —  Al  signor  De  V  Me  Groslot? 

Per  la  mia  ultima,  scritta  oggi  quindici  giorni, 
diedi  conto  a  V.  S.  d'  aver  ricevuta  la  sua  delli  18 
agosto,  insieme  col  supplemento  della  cifra.  Per  que- 
sto corriere  ho  ricevuto  due  sue,  una  delli  2,  l'altra 
delli  3,  del  presente,  insieme  con  le  direttive  al  si- 
gnor Molino  e  a  monsieur  Assellineau  ;  quali  rica- 
pitai immediate,  e  questo  stilo  servarò  secondo  il 

1  Non  ci  è  dato  d' intendere  questa  allusione,  perchè 
nulla  troviamo  nella  vita  del  virtuoso  De  Thou,  che  possa 
giustificarla.  Forse  era  nato  il  sospetto  eh'  egli  potesse  ab- 
bassarsi ad  indegne  ritrattazioni  od  a  piaggiare  i  cattivi, 
quando  trattavasi  di  nominarlo  successore  dell'  Harlay,  di 
cui  si  è  detto  a  pag.  112.  Ma  non  sembra  che  il  De  Thou 
si  avvilisse,  come  tanti  fanno  in  Francia  ai  dì  nostri  •,  né  la 
regina,  consigliata  da  Roma  e  dai  Gesuiti,  potè  indursi  a 
conferirgli  quella  suprema  magistratura. 

-  Dalla  Raccolta  di  Ginevra  ec,  pag.  281. 


136  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

comandamento  di  V.  S.,  dandole  in  ogni  mia  conto 
di  quanto  averò  ricevuto  da  lei. 

Ho  sentito  grandissimo  piacere  eh'  Ella  abbia 
risposto  al  signor  ambasciatore  Barbarigo,  del  quale 
non  ho  scritto  a  V.  S.  con  alcuna  iperbole,  ma  più 
tosto  molto  di  sotto  di  quello  che  in  verità  è  ; 1  e  non 
saprei  trovar  in  questa  nobilita  persona  che  1'  avan- 
zasse in  bontà  e  prudenza  ;  e  son  sicuro  che  riuscirà 
tale  a  V.  S.  così  trattando  con  commercio  di  lettere, 
come  personalmente:  perchè  Ella  averà  ben  occa- 
sione di  vederlo  anco  di  presenza  ;  poiché,  finita 
T  ambasceria  nella  quale  serve  adesso,  sarà  desti- 
nato o  in  Francia  o  in  Inghilterra,  o  forse  sarà  il 
primo  che  anderà  in  Olanda.  Li  avvisi  che  V.  S.  li 
darà,  e  maggiormente  le  instruzioni  e  considerazioni 
sopra  quel  che  passa,  sarà  utile  non  tanto  a  lui, 
quanto  al  pubblico;  e  in  particolare,  sarà  molto  a 
proposito  eh'  egli  sappia  tutte  le  insolenze  che  usano 
i  Gesuiti  costì. 

È  fondatissimo  il  discorso  di  V.  S.,  che  il  papa  e 
Pioma  non  pensano  altro  che  vendicarsi  contro  la  Re- 
pubblica, ma  sentono  bene  ancora  essi  le  difficoltà  in- 
superabili che  li  conviene  scontare;  perchè,  quando 
pensino  farlo  senz'  armi,  riusciranno  ridicoli  come 
altre  volte;  ma  quando  con  quelle,  sono  certi  che 
non  si  può  fare  senza  empir  l' Italia  di  confessionisti 
e  reformati,  eh'  è  loro  estrema  destruzione.  Né  creda 
V.  S.  che  il  papa  si  fatichi  maggiormente  di  comporre 
le  difficoltà,  di  quanto  Spagna  vuole  e  li  comanda  : 
ma  se  in  Italia  sarà  guerra  o  no,  io  son  così  incerto, 
che  non  pendo  più  in  una  parte  che  nell'altra. 

1  Vedi  la  Lettera  CXLVII,  pag.  98. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  137 

Poiché  V.  S.,  quasi  dubitando,  mi  dice  che  il 
pontefice  non  farà  niente  sopra  il  decreto  della  Sor- 
bona, io  la  leverò  di  dubbio.  Si  ha  certo  che  non 
lo  farà  ;  e  perciò  li  dirò  di  nuovo,  già  dieci  giorni, 
è  uscito  un  libro  del  cardinale  Bellarmino,  stampato 
in  Roma,  con  titolo  dell'Autorità  temporale  del  Papa 
sopra  i  Principi  ;  in  latino  però.  Il  pretesto  è  di 
scrivere  contro  Barclaio,  ma  il  vero  fine  si  vede 
esser  per  ridurre  il  papa  al  colmo  dell'  onnipoten- 
za. In  questo  libro  non  si  tratta  altro  che  il  sud- 
detto argomento;  e  più  di  venticinque  volte  è  re- 
plicato, che  quando  il  papa  giudica  un  principe 
indegno  per  sua  colpa  d'  aver  governo,  ovvero  inet- 
to, o  pur  conosce  che  per  il  bene  della  Chiesa 
sia  così  utile,  lo  può  privare.  Dice  più  e  più  volte, 
che  quando  il  papa  comanda  che  non  sia  ubbidito 
ad  un  principe  privato  da  lui,  non  si  può  dire  che 
comandi  che  principe  non  sia  ubbidito,  ma  che  pri- 
vata persona  ;  perchè  il  principe  privato  dal  papa 
non  è  più  principe.1  E  passa  tanto  innanzi,  che  viene 
a  dire  che  il  papa  può  disponere  secondo  che  giu- 
dica ispediente,  di  tutti  i  beni  di  qualsivoglia  cristia- 
no. Ma  tutto  sarebbe  niente,  se  solo  dicesse  che  tale 
è  la  sua  opinione  :  dice,  eh'  è  un  articolo  della  fede 
cattolica,  eli'  è  eretico  chi  non  sente  così  ; 2  e  questo 

1  Quando  siffatte  cose,  e  che  tutti  anch'  oggi  posson  leg- 
gere, si  scrivevano  pel  pubblico,  che  cosa  è  da  pensare  delle 
menzogne,  delle  arti  infernali  e  delle  viltà  di  ogni  genere 
che  i  Gesuiti  usar  doverono  per  farsi  non  che  sopportare,  ma 
eziandio  per  mantenersi  potenti  nelle  corti?  Non  può,  tra  gli 
altri  aneddoti,  non  tornare  qui  a  memoria  1'  abituale  inter- 
rogazione del  confessore  gesuita  a  Luigi  XIV:  Quotles 
Majestas  vestra  dignata  est  adulterium  perpetrare  f 

2  Vedasi  la  Lettera  CLIII,  pag.  129-30  •,  e  il  secondo 
paragrafo  della  CLVI. 


138  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

con  tanta  petulanzia,  che  non  vi  si  può  aggiungere. 
Io  non  faccio  dubbio  che,  udita  la  morte  del  re. 
non  si  sia  venuto  in  deliberazione  di  comporre  que- 
sto libro  ;  perchè,  per  quanto  tocca  a  Barclaio,  biso- 
gnava farlo  prima  ;  ed  è  un  voler  tentare  la  pazienza 
de'  principi  per  passar  più  innanzi. 

Credo,  che  la  Repubblica  non  permetterà  il  libro  : 
ma  poiché  io  sono  a  parlar  di  Roma,  bisogna  bene 
che  le  dica  una  istoria  dei  Gesuiti  di  là.  Saprà  che 
in  quella  città  vi  è  un  grandissimo  numero  di  sbirri, 
ed  eccedono  senza  dubbio  150. 1  padri  Gesuiti,  vedendo 
che  quella  gente  è  dissoluta  e  vive  poco  cristiana- 
mente, hanno  pensato  di  eriger  nella  loro  chiesa  una 
compagnia  di  soli  sbirri,  per  insegnar  loro  la  dot- 
trina cristiana,  ed  esercitarli  nella  frequenza  della 
confessione.  E  il  governatore  di  Roma  e  quella  corte 
hanno  avuto  in  sospetto  una  così  stretta  pratica 
di  quei  Padri  con  i  loro  ministri.  Se  ne  sono  doluti 
col  pontefice,  perchè  il  vescovo  di  ***,  essendo  vicino 
alla  morte,  come  anco  morì  dopo,  gli  aveva  donato 
trenta  mila  scudi  avanzati  da  lui:  ma  la  Camera 
romana  non  ha  approvato  la  donazione,  e  ha  voluto 
che  li  danari  siano  spoglie,  e  se  li  ha  applicati.1 

1  II  Bianchi-Giovini,  riportando  questo  passo  tra  gli 
estratti  coi  quali  accompagnò  le  Lettere  da  lui  pubblica- 
te, vi  appose  questa  nota  :  «  La  Camera  apostolica  si  è 
»  arrogata  il  diritto  di  ereditare  le  spoglie  dei  prelati 
»  morti.  —  Questo  diritto  incominciò,  —  dice  Tomasini,  — 
n  ai  tempi  dello  scisma  tra  Urbano  VI  e  Clemente  VII 
»  (nel  1378)  :  imperocché  quest'  ultimo,  il  quale  sedeva  ad 
»  Avignone,  essendo  privato  al  tutto  del  patrimonio  della 
»  chiesa  romana  in  Italia,  pensò,  per  mantener  sé  e  i 
»  trentasei  cardinali  del  suo  partito,  di  riservarsi  i  più 
»  pingui  benefici  e  le  spoglie,  tanto  dei  vescovi  che  degli 
»  abati  e  di  tutti  i  beneficiari  che  morivano,  n  (De  Bene- 
ficiis,  tom    Vili,  pag.  273.) 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  130 

Ricevono  bene  essi  ancora  alle  volte  qualche  dis- 
gusto, ma  ne  danno  anco.  Io  resto  bene  con  gran 
maraviglia  della  petulanzia  con  la  quale  procedono 
costì,  e  che  abbino  tanti  favori  ;  e  sopra  tutto  resto 
attonito,  che  siano  favoriti  da  monsieur  di  ***.  Biso- 
gna che  vi  sia  qualche  gran  ragione  occulta,  perchè 
della  bontà  dell'  uomo  non  posso  dubitare.  Lo  scri- 
vere contra  di  loro,  sarebbe  scribere  in  eos  qui  pos- 
sunt  proscribere.  Il  Padre  lo  desidera,  ma  li  con- 
viene usar  molta  cauzione,  quando  la  meretrice  pro- 
cede con  la  Repubblica  con  lusinghe,  siccome  al  pre- 
sente. Se  piacerà  a  Dio  che  si  smascheri,  e  questa  e 
qualch'  altra  cosa  potrebbe  esser  fatta. 

Io  ho  ricevuto  diverse  buone  instruzioni  da  V.  S. 
sopra  i  buoni  governi  di  quella  Società  ;  e  in  parti- 
colare il  Misterio,  che  per  questo  corriere  mi  man- 
da :  di  che  la  ringrazio,  ne  per  questo  refreno  1'  ar- 
dire di  pregarla  ancora  di  maggiori  cose.  Quanto  a 
quello  De  modo  agendi,  aspetto  che  il  signor  Fosca- 
rini  sia  in  Inghilterra.  Desidererei  aver  un  esem- 
plare dell'  Apologia  del  padre  Ludovico  Richéome 1 
in  francese,  non  in  latino.  Quando,  senza  suo  inco- 
modo, V.  S.  potesse  provvedermene  una  e  darla  al 
signor  Agostino  Dolce,  lo  riceverei  a  favore. 

Intorno  alla  Camera  della  meditazione,  noi  in  Italia 
non  ne  abbiamo  contezza,  perchè  i  cervelli  italiani 
non  sono  soggetti  ad  esser  persuasi  di  mettersi  in 
pericolo.  Però  quella  droga  non  ha  spaccio  qui, 
ma  un'  altra  ;  la  quale  è  molto  stimata  ed  è  ragione 
dell'  utile,  con  la  quale  guadagnano  tutti  quelli, 
che  li  seguitano  ;  e  noi  osserviamo  che  li  maggiori 

1  Altro  fra  i  controversisti  gesuiti  di  quel  secolo,  affo- 
gato nelle  controversie. 


140  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

usurari  ed  usurpatori  dell'  altrui  sono  i  devoti  delli 
Gesuiti.  Ma  Dio  vuole  clie  chi  non  riceve  la  verità, 
sia  a  punto  punito  di  cecità. 

Quanto  alle  cose  di  Francia,  dubito  che  il  pro- 
nostico di  padre  Paolo  si  verificherà  prima  di  quello 
eh'  egli  credeva,  considerando  quello  eh'  è  occorso 
sopra  Calais,  e  le  altre  cose  trabocchevoli  che  vedo 
fare  a  favore  di  Conchino.1  Io  dubito  anco  molto,  che 
quel  duca  di  Feria  non  si  faccia  duca  di  Festa, 
anco  molto  solenne  ;  e  Dio  voglia  che  parta  di  Fran- 
cia senza  aver  seminato  molto  Diacatholicon. 

Intorno  le  cose  del  mondo,  è  molto  ben  chiaro 
che  i  Tedeschi  sono  irresoluti,  divisi  e  deboli  ;  come 
è  ordinario  di  quella  nazione,  tanto  celebre  per  altro 
e  sì  famosa  all'  universo.  Ma  io  dirò,  credendo  non 
m' ingannare,  che  solo  li  Stati  siano  vero  principe, 
resoluti,  arditi  e  reali  ; 2  e  io,  per  me,  li  stimo  sopra 
tutti,  e  veggo  che  quanto  è  avvenuto  di  bene  da 
trent'  anni  in  qua,  è  nato  da  loro. 

Li  Ugonotti  hanno  ragione  di  ombreggiare,  né 
credo  siano  mai  per  usar  tanta  cauzione  eh'  ecceda  ; 
massime  che  vigileranno  perpetuamente  alla  loro 
pernizie  i  Gesuiti,  e  non  lasceranno  passar  punto 
di  occasione.  Io  vorrei  vedere  che  s' effettuasse  l' as- 
semblea disegnata  :  di  che  prego  V.  S.  darmi  avviso 
particolare,  parendomi  cosa  di  molto  momento  e 
conseguenza.  Spero  in  Dio  che  favorirà  una  così 
utile  deliberazione,  e  prego  la  Divina  sua  Maestà, 


1  Vedi  la  nota  2  a  pag.  116. 

2  Un  siffatto  giudizio  è  per  la  terza  volta,  se  ben  no- 
tammo, ribadito  in  queste  Lettere  -,  ma  è,  sopratutto,  da 
rivedersi  la  diretta  al  Duplessis,  pag.  110  di  questo  stesso 
tomo. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  141 

che  li  doni  buon  principio,  e  felice  esito:  la  quale 
anco  prego  che  doni  a  V.  S.  ogni  prosperità  presente 
e  perpetua;  alla  quale  bacio  umilmente  la  mano. 

Quanto  all'  abiurazione  di  Fra  Fulgenzio,  non  le 
posso  parlar  con  certezza,  salvo  in  questo  particolare, 
eh'  egli  nella  chiesa  non  parlò,  e  che  aveva  la  bocca 
chiusa  con  sbavaglio.  Se  in  secreto  abiurasse,  può 
esser  vero  ;  ma  non  è  già  solito  farsi  con  quelli 
a'  quali  si  legge  la  sentenza  in  chiesa,  come  a  lui. 

Il  libro  del  Bellarmino  è  proibito  qui  con  un  ri- 
gore estraordinario  ;  come  ancora  si  farà  a  tutti  i  libri 
che  vengono  dalle  contrade  del  Tevere,  e  particolar- 
mente quando  sono  opere  uscite  da'gabinetti  de'padri 
Gesuiti  ;  quali  hanno  giurato  d'  avvilire  ogni  potenza, 
per  poter  meglio  rendere  quella  del  papa  superiore 
ad  ogni  altra.  Però  ho  ferma  credenza  che  Dio  vi 
metterà  la  sua  mano,  per  liberar  la  Chiesa  da  que- 
sta peste. 

Di  Venezia,  28  settembre  1610. 


CLVI.  —  A  Giacomo  Gillot.1 

Niuna  maraviglia  che  la  morte  di  Enrico  il 
Grande  abbia  immerso  nella  tristezza  e  nel  lutto 
la  S.  V.  ed  ogni  buon  francese,  stantechè  lo  stesso 
caso  afflisse  grandemente  noi  pure,  a  cui  non  tocca 
così  da  presso.  Fu,  invero,  una  comune  calamità, 
che  troncò  le  speranze  dei  buoni  e  accrebbe  1'  au- 

1  Impressa,  in  latino,  tra  le  Opere  dell'  Autore  ec, 
pag.  13  -,  e  trovasi  ancora  nella  Raccolta  di  Ginevra,  a 
pag.  598. 


142  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

dacia  dei  cattivi.  Imperciocché  i  Gesuiti  non  solo 
ne  divennero  più  insolenti  presso  di  voi,  ma  presero 
a  stringer  più  forte  noi  stessi  ;  sempre  con  quel  loro 
caparbio  ed  unico  proposito  d' imporci  sul  collo  il 
giogo  pontificale.  Vivente  il  re,  ciò  facevano  come 
di  soppiatto  :  lui  tolto  di  mezzo,  vi  rimessero  mano 
sotto  gli  occhi  di  tutti.  Perocché  subito  il  Bellar- 
mino, col  pretesto  di  difendere  i  suoi  scritti  dagli 
attacchi  del  Barclaio,  prese  a  trattare  della  potestà 
del  papa  nelle  cose  temporali,  dando  fuori,  in  meno 
di  venti  giorni,  un  suo  libello  ;  in  cui,  le  cose  mede- 
sime che  già  sussurravano  alla  spartita  e  timida- 
mente contro  la  maestà  de'  principi,  ora  strombaz- 
zano alla  sicura  e  tutte  insieme  raccolte. 

Abbiamo  adesso  in  quel  libercolo  la  intera  tre- 
genda, e  classata  per  nazioni,  di  tutti  coloro  che  da 
dieci  anni  appigionarono  al  papa  le  loro  lingue  ri- 
belli ;  e  cui  egli,  il  Bellarmino,  manda  a  sé  innanzi, 
e  quasi  veliti,  a  scaramucciare  succinti,  e  tuttavolta 
armati  di  santità  e  di  titoli  di  dottrina  eccellente. 
A  questi  egli  tien  dietro,  traendo  in  trionfo  re  e 
principi  vinti  e  malmenati  ;  i  quali  egli  afferma  non 
solo  potersi  dal  papa  scomunicare,  e  dal  regno  e  dal- 
l'impero  rimuòvere,  se  ciò  meritino  le  loro  colpe,  ma 
eziandio  per  la  imperizia  del  governare,  per  debo- 
lezza o  inettitudine,  e  per  qualsivoglia  altra  cagione 
che  al  papa  sembri  dover  tornare  di  pubblico  van- 
taggio. Oramai  1'  autore  dell'  Anti-Cottone L  non  si 
affatichi  più  nel  dimostrare  1'  equivoco  che  si  rac- 
chiude ove  dice  doversi  obbedienza  ai  principi,  senza 
dichiarare  però  di  quali  principi  si  parlasse.  Il  Bel- 


1  Vedi  la  nota  2  a  pag.  134. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  143 

larmino  e'  intuona  adesso  senza  ambagi,  aver  Cristo 
comandato  che  si  renda  a  Cesare  ciò  che  è  di  Ce- 
sare, finch'egli  sarà  Cesare;  avere  gli  Apostoli  in- 
giunta l' obbedienza  ai  re,  sintanto  che  re  sono  ; 
ma  che  non  appena  essi  vengono  dal  papa  privati 
del  dominio,  cessano  ancora  di  essere  e  Cesari  e  re. 
E  tutto  ciò  stimerei  anche  di  leggier  peso,  se  il  ge- 
suita nostro  non  chiamasse  quelli  che  da  lui  dis- 
sentono, temerari,  scandalosi,  eretici  ;  se  non  ve- 
nisse sclamando,  codeste  sue  massime  esser  fede  di 
tutta  quanta  la  Chiesa  ;  se  gli  altri  tutti  non  pre- 
dicasse parassiti  dei  principi,  e  uguali  agli  etnici  ed 
ai  pubblicani. 

Credè  il  Barclaio  di  poter  convincere  questi  pa- 
pisti coli'  opporre  ad  essi  il  costume  dell'  antica 
Chiesa,  la  quale  fu  obbediente  ai  principi,  ancorché 
cattivi  ed  eretici  ed  anche  apostati.  Ma  ciò  nemmeno 
gli  valse.  Confessa  il  Bellarmino,  che  quella  obbedì 
e  predicò  obbedienza,  perchè  mancante  di  forze  e 
di  occasione;  e  aggiunge  che  né  fatto  né  parlato 
avrebbe  in  tal  guisa,  se  dai  loro  troni  potuto  avesse 
cacciarli.  Il  buon  Barklay  fece  ancora  un  mal  uffi- 
cio verso  i  privati,  quando  volle  opporre  al  Bellar- 
mino, che  così  i  principi  sarebbero  in  peggior  con- 
dizione dei  privati  ;  perchè  mentre  questi  non  pos- 
sono dei  lor  beni  essere  spogliati,  possono  invece 
quelli  esser  cacciati  dai  loro  regni  ed  imperi.  Ed  ecco 
che  questa  obiezione  die  luogo  ad  una  nuova  e  finora 
inaudita  sentenza  :  potere  il  papa  disporre  delle  so- 
stanze tutte  di  ciascun  privato,  secondochè  gli  sembri 
che  la  utilità  della  Chiesa  addimandi.  Che  dirò  dav- 
vantaggio '?  Una  tale  potestà  di  costringere  i  fedeli, 
il  nostro  gesuita  la  estende  finanche  ai  confessori. 


144  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

La  serenissima  Repubblica  vietò  incontanente  che 
si  venda,  ritenga  o  introduca  un  tal  libello  ne'  suoi 
dominii,  acciocché  il  popolo  di  tal  veleno  non  venga 
infettato.  Ma  che?  Una  peste  siffatta  verrà  inocu- 
lata in  segreto  nelle  confessioni,  e  verrà  pure  spac- 
ciata come  credenza  cattolica.  Laonde  è  da  vigilare 
con  maggior  cura,  che  non  sia  lor  data  facoltà  di 
ammaestrare  la  vostra  gioventù,  e  non  fidare  nello 
loro  promesse,  o  nei  giuramenti  che  pur.  prestassero 
di  osservare  le  leggi  della  Università.  Costoro  pos- 
seggono due  arti  :  V  una,  colla  quale  scapolano  dai 
lacci  e  dai  legami  di  qualsivoglia  promessa  e  giu- 
ramento, coli'  equivoco,  colla  tacita  riserva  e  colla 
restrizione  mentale  ;  l' altra,  e  più  occulta,  con  cui, 
come  il  riccio,  sanno  penetrare  negli  altrui  più  an- 
gusti recessi,  sapendo  bene  che  col  dispiegare  le 
pungenti  loro  spine,  ne  otterranno  per  se  stessi  il 
pieno  possedimento,  esclusone  il  padrone.  Così  en- 
trati in  Francia  a  qualunque  patto,  aspettarono  o 
prepararono  le  occasioni  nelle  quali  oggi  possono 
più  liberamente  adoperarsi.  Mi  duole  altresì  che. 
non  solo  per  vostra  colpa,  ma  per  nostra  egual- 
mente, moltissimi  tra  i  Francesi  abbiano  degenerato 
e  si  lasciassero  dalle  straniere  dottrine  corrompere. 
Temo  ancora  che  il  male  non  si  dilati  vie  più  : 
mentre  vedo  che  nessuno  fra  gli  avvocati  volle  assu- 
mere la  causa  della  Università,  se  non  per  comando 
lor  fattone  dal  Senato.1  E  siccome  fu,  contro  gli  usi, 
proibito  1'  Anti- Cottone,  temo  altresì  che  non  vi  get- 
tino in  una  guerra  civile  :  il  che  Dio  tenga  lontano, 
come  ne  lo  supplico  con  tutto  1'  affetto  dell'  animo. 

1  Si  sa  come  i  Gesuiti  fossero  generalmente  temuti  non 
solo  pei  loro  intrighi,  ma  ancora  per  le  private  vendette. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  145 

Né  ignoro  tuttavia  che  molti  e  buoni  e  forti  Francesi 
rimangono  tuttavia,  tra  i  quali  non  è  dei  secondi 
la  S.  V.,  che  non  abbandoneranno,  io  spero,  la 
causa  pubblica  ;  come  di  cuore  desidero,  ben  com- 
prendendo che  le  vostre  feste,  secondo  il  proverbio, 
saranno  ferie  ancora  per  noi. 

Sto  aspettando  a  braccia  aperte  il  nipote  della 
S.  V.,1  per  imparare  a  conoscerlo  ed  accoglierlo  come 
signore  e  come  fratello.  Voglia  Dio  concedermi  la 
grazia  di  rendergli  quegli  omaggi  di  cui  sono  debi- 
tore !  Certo  porrò  ogni  sforzo  per  fare  eh'  Ella  possa 
conoscere  quant'  è  la  stima  e  la  gratitudine  eh'  io 
so  e  professo  di  averle. 

Del  rimanente,  se  non  temessi  di  riuscirle  mo- 
lesto, mi  condurrei  a  scriverle  più  spesso  ;  ma  questo 
timore  fa  sì  che  mi  contenti  d' essere  dagli  amici 
assicurato  della  sua  buona  sanità,  e  d' inviarle  per 
tal  mezzo  i  miei  saluti.  Ma  nulla  mi  sarebbe  più 
caro  che  il  ricevere  spesso  sue  lettere,  ne  di  più 
conforto  che  il  rispondere.  Un  non  so  che  d'  arcano 
mi  porta  a  volerle  bene  ;  talché,  se  potessi  parlarle 
una  sol  volta.  1'  avrei  per  vera  beatitudine.  Dio  fac- 
cia goderle  a  lungo  tutta  quella  prosperità,  per  la 
quale  io  non  manco  di  far  voti  alla  Maestà  sua  Di- 
vina. E  conservi  la  usata  sua  benevolenza  a  chi  la 
onora  singolarmente. 

Venezia,  22  ottobre  1610. 

P.  S.  Veda  se  le  scrivo  alla  sbadata  e  con  familia- 
rità certo  soverchia,  avendo  dimenticato  cosa  che 
non  era  da  dirsi  tra  le  ultime  :  cioè  che  aspetto  con 

1  Del  quale  sarà  parlato  nella  Lettera  dei  7  dicembre. 
Sarpi.  —  il.  io 


146  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

impazienza  gli  Atti  del  Senato  dopo  il  regicidio,  da 
Lei  raccolti  ;  e  la  cui  notizia  mi  accompagna  con  pro- 
messe e  riserve  sante  egualmente,  e  eli  cui  non  cerco 
mallevadore  diverso  o  migliore  della  stessa  S.  V.  — 
Opportunamente  mi  giunsero  le  Questioni  del  Cot- 
ton  ;  essendo  pur  vero  eh'  io  ne  aveva  da  Lei  rice- 
vuto, tempo  fa,  un  altro  esemplare  :  ma  l' impre- 
stito che  ne  feci  ad  un  amico,  fu  causa  che  mai 
non  potessi  recuperarle.  Or  Ella  ha  soddisfatto  a 
un  desiderio  che  in  me  restava  vivissimo.  Novamen- 
te,  le  fo  molta  riverenza. 


CLVII.  —  Al  signor  De  V  Me  GrosJot.1 

Per  il  corriero  che  partì  di  qui  oggi  a  15,  ri- 
sposi alle  due  di  V.  S.  delli  2  e  3  settembre,  che  ven- 
nero insieme  con  una  direttiva  al  signor  Molino.  Per 
questo  corriere  ho  ricevuto  quella  delli  15,  la  quale 
con  ogni  ragione  incomincia  dall'  ammonir  la  mia 
negligenza,  che  mai  ha  saputo  scrivere  a  V.  S.  se 
non  in  risposta;  il  quale  peccato  non  posso  negare 
né  debbo  iscusare.  ma  dir  solamente  che  per  1'  av- 
venire mi  correggerò. 

L'ultima  sua,  sì  come  è  un  vero  ritratto  delle 
cose  di  costì,  cosi  mi  ha  mosso  le  lacrime,  perchè 
osservando  che  non  passano  meglio  qui  né  in  Ger- 
mania, mi  persuado  esser  la  divina  volontà,  che  an- 
cora viviamo  sotto  il  giogo.  Ma  se  così  è  sua  gloria, 
dobbiamo  conformarci  alla  sua  volontà  e  renderli 
grazie.  Quanto  s'  aspetta  a  costì,  se  la  regina  avrà 

1  Dalla  raccolta  di  Ginevra  ec,  pag.  290. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  147 

tanta  virtù  (il  che  io  non  credo)  che  possa  sosten- 
tare queir  assoluto  governo,  farà  miracoli,  almeno 
per  quanto  tocca  le  cose  umane;  ma  se  altrimenti, 
aspetto  che  in  breve  sarà  fatta  una  lega  con  rovina 
del  regno. 

I  nostri  hanno  perduto  il  zelo,  perchè  il  papa 
procede  con  ogni  mansuetudine,  come  anco  perchè 
per  quella  via  non  si  ascende  :  indizio  manifesto,  che 
il  passato  non  era  da  Dio  ;  il  perchè  non  è  da  mara- 
vigliarsi s'  è  restato  senza  effetto.  Si  aggiunge  bene, 
che  dubitando  qualche  cosa  da'  Turchi,  pare  che  bi- 
sogni trattenersi  col  papa  e  con  Spagna  ;  e  così  Dio 
si  lascia  indietro.  Non  veggo  altro  rimedio  per  conser- 
vare o  nutrire  quel  poco  che  resta,  se  non  venendo 
molti  agenti  di  principi  riformati  ;  e  massime  de'  Gri- 
soni,  perchè  questi  farebbono  1'  esercizio  in  italiano. 

I  Gesuiti,  benché  assenti,  non  fanno  manco  male 
qui  che  costì,  con  lettere  e  instromento  di  preti  e 
frati  confessori:  i  quali  non  mi  maraviglio  se  pos- 
sedano  costì  la  regina,  perchè  1'  adulazione  è  mezzo 
potente  per  aver  la  grazia,  massima  de'  deboli.  Ho 
letto  la  rimostranza  presentata  per  nome  dell'  Uni- 
versità, molto  bella  scrittura  e  degna  di  monsieur 
1'  Eschassier.  se  è  sua.  Quel  particolare  che  non  si 
sia  trovato  avvocato  per  V  Università  se  non  coman- 
dato, può  ben  esser  documento  che  la  potenza  dei 
padri  Gesuiti  è  insuperabile.  Io  mi  son  riso  dell'  of- 
ferta di  sottoporsi  alli  statuti  dell'  Università  ;  per- 
chè essi,  quando  ricercano  l' ingresso  in  qualche 
luogo,  non  restano  di  fare  qualsivoglia  promessa, 
avendo  arte  di  salvarsi  di  mendacio  con  le  equivo- 
cazioni e  riservazioni  mentali;  e.  quel  che  importa 
più.  di  sormontar  quelli  che  gli  avranno  obbligati. 


148  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARP1. 

e  sforzarli  a  lodare,  non  che  a  contentarsi  che  non 
osservino  niente.  Mi  pare  di  vedere  la  Francia  in 
breve  tutta  gesuita. 

L'  A  nti- Cottone  è  una  molto  bella  scrittura  e 
soda,  e  mi  rende  l'autore  molto  ammirabile;  alla 
quale  non  so  se  con  molta  facilità  un  altro  potesse 
giungere.  Senza  dubbio  il  Padre,1  per  quel  che  mi 
dice,  non  si  promette  tanto.  E  troppo  piena  la  Fran- 
cia dei  soggetti  potenti  e  dotti,  massime  riformati, 
eh'  egli  possa  ardire  di  poter  aver  luogo  in  così  il- 
lustre numero  ;  senza  che  l' avvertimento  di  quell'  an- 
tico è  da  esser  tenuto  nella  memoria  :  Non  esse  scri- 
bendum  in  eos  qui  possimi  proscribere.  Però,  in  tutte 
le  cose  umane  si  pesa  il  bene  e  il  male  ;  ne  è  pru- 
denza, per  una  leggiera  cosa  come  quella  che  po- 
trebbe far  esso  Padre,  perdere  1'  occasione  di  qualche 
migliore  ;  sì  come  egli  mi  dice,  che  non  curerebbe 
niente  per  fare  qualche  cosa  di  buono,  e  dove  valesse. 

Ma  poiché  siamo  in  questo  proposito,  le  dirò  che 
finalmente,  con  estrema  opera,  ho  acquistato  un 
esemplare  stampato  in  Roma  delle  loro  Constituzioni 
dell'  anno  1570.  Di  che  le  dirò  prima,  che  innanzi  di 
vederle,  non  sapevo  dire  che  cosa  fossero  Gesuiti  ; 
perchè  il  toccare  le  loro  azioni  riceve  risposta  con 
dire  :  —  Sono  abusi  de'  privati,  che  non  tirano  in 


1  I  lettori  si  saranno  avveduti  degli  indizi,  che  da 
qualche  tempo  incontriamo,  che  queste  Lettere  fossero  com- 
poste o  almeno  scritte  a  nome  di  Fra  Fulgenzio,  o  di  qual- 
che altro  confidente  dell'  Autore.  Tutto  a  noi  sembra  che  si 
facesse  per  precauzione,  ed  ora  nell'  un  modo  ora  nell'  altro. 
In  quanto  alla  presente,  non  può  non  riconoscersi  lo  spirito 
e  la  dettatura  di  Fra  Paolo  in  quella  sì  aperta  dimostra- 
zione del  modesto  sentire  di  sé,  che  altri  forse  non  avrebbe 
osato  di  scrivere. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  149 

conseguenza  1'  universale  ;  ma  l' instituto  è  quello 
che  mostra  qual  sia  il  comune.  —  Poi  le  aggiungerò, 
che  se  sino  al  1574,  quando  non  erano  niente  e 
quando  non  avevano  fatto  alcuna  impresa,  si  scorge 
la  mala  semenza  ;  chi  potesse  vedere  le  susseguenti 
d1  allora  fino  al  presente,  potrebbe  ben  scrivere  qual- 
che cosa  bella  e  utile  al  mondo.  Considerando  li 
andamenti  di  questi  Padri  da  trent'  anni  in  qua,  io 
veggo  che  sempre  si  sono  posti  unitamente  ad  una 
impresa  particolare.  Se  bene  si  tratta  in  una  sola 
regione,  adesso  metteranno  tutte  le  loro  forze  in 
Francia,  per  veder  di  spuntare  e  farsene  padroni; 
e  ardisco  di  dire,  che  le  cose  mostrano  tale  faccia, 
che  per  necessità  conviene  o  che  ottengano  il  suo 
fine,  o  che  rovinino.  Dio  faccia,  se  così  è  sua  gloria, 
che  succeda  il  secondo,  perchè  il  primo  non  può  av- 
venire senza  una  guerra  civile  ;  a  che  essi  metteranno 
ogni  industria. 

Ho  visto  una  scrittura  stampata  in  Parigi  di  un 
miracolo  del  beato  padre  loro  Ignazio;  e  mi  pare 
cosa  bella  che  gli  abbino  dato  ufficio  di  far  pisciare 
le  putte,  come  agli  altri  pari  suoi  il  suo.  Ho  veduto 
una  scrittura  francese  d'  una  damigella  G. ,  e  vado 
congetturando  che  sia  madamigella  di  Gournai,1  a 
favore  di  questi  Padri,  ricompensa  del  miracolo  :  ed 
ho  creduto  che  quella  ne  sia  1'  autore,  perchè  no- 
mina e  commenda  Badouere.  Gran  cosa  che  ateisti 
e  Gesuiti  s'  accoppiano  così  facilmente  ! 

1  L'  abbastanza  nota  Maria  le  Jars  di  Gournay,  cbe 
Michele  de  Montaigne  avea  scelta  a  sua  figlia  addottiva.  Il 
suo  benefattore  era  stato  cattolico  temperato  •,  ma  la  donna, 
secondo  il  solito,  non  potea  non  cedere  alla  seduzione  di 
quei  che  insidiano  alla  debolezza  muliebre  sotto  il  man- 
tello della  religione. 


150  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

Il  signor  Castrino  non  ha  mai  mancato  di  man- 
darmi tutte  le  belle  cose  che  escono  in  luce  costì. 
e  per  questo  resto  molto  obbligato  e  a  lui  e  a 
V.  S.  Intorno  a  che  presi  anco  ardire  nella  mia  pas- 
sata di  pregar  V.  S.  per  1'  Apologia  in  francese,  e 
non  in  altra  lingua,  del  padre  Hichéome;  né  al 
presente  saprei  che  vi  fosse  altro  necessario  per  i 
miei  usi.  Il  signor  Molino  scriverà  per  questo  spaccio 
al  signor  ambasciatore,  che  dia  il  pacchetto  al  si- 
gnor Agostino  Dolce;  e  se  a  V.  S.  tornasse  fatto 
senza  suo  incomodo  di  trovar  alcuna  di  quelle  apo- 
logie, mi  farà  piacere.  Il  suddetto  signor  Agostino, 
ovvero  il  signor  Anselmi,  segretario  dell'  ambascia- 
tore, che  torna  in  qua,  me  lo  porterebbe.  Ma  il 
tutto  sia  senz'  alcun  incomodo  di  V.  S.,  sì  perchè 
nessuna  cosa  mi  sarebbe  grata  con  quello,  come 
anco  perchè  il  bisogno  non  merita  che  sia  preso  inco- 
modo. Mi  pare  che  Cuiacio  scrivesse  alcune  cose  in 
Canonica,1  e  noi  qua  in  Italia  non  le  abbiamo  mai 
vedute:  le  altre  opere  sue  sono  qui  frequenti  e  ce- 
lebrate, e  io  le  leggo  con  gusto  e  frutto,  che  mi  fa 
credere  che  anco  le  Canoniche  siano  altrettanto  de- 
gne, se  non  più.  Mi  sarebbe  molto  grato  sapere  se 
si  trovano  ;  il  che  potrà  V.  S.  una  volta  intendere, 
quando  per  qualche  accidente  si  troverà  a  Parigi. 

Ho  più  volte  pensato  di  ampliar  la  cifra  con 
note  per  le  sillabe  più  usate  ;  ma  perchè  non  sono 
le  medesime  quelle  della  lingua  francese  e  dell'  ita- 

1  II  sommo  giureconsulto,  Giacomo  Cuiacio,  visse  alle- 
nissimo da  tutte  le  controversie  religiose  e  teologiche  ;  e 
come  i  grand' uomini  sono  per  lo  più  fissi  in  una  sola  idea, 
quando  d'  esse  udiva  parlare,  soleva  rispondere  :  Nihil  hoc 
ad  edictum  prcetoris. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  151 

liana,  non  ho  saputo  come  fare.  Le  più  usitate  ap- 
presso a  noi  sono  quelle  che  entrano  nel  declinar  i 
verbi  ;  ma  la  declinazione  francese  è  tanto  diversa, 
che  quelle  non  servono  niente.  Quanto  alla  lettera  X, 
per  non  confondere  la  con  le,1  il  suo  carattere  potrà 
essere  ZZ,   e  così  ho  notato  nella  mia  cifra. 

Aspetto  con  molto  desiderio  di  sapere  quel  che 
avrà  fatto  il  duca  di  Feria,  che  non  potrà  esser  se 
non  male,  considerato  chi  è  e  di  dove  viene.  A  Guise 
ho  sempre  creduto  poco,  sì  come  a  tutta  la  casa  sua  ; 
e  meno  credo,  poiché  fa  matrimonio  con  Gioiosa. 
V.  S.  mi  farà  singoiar  favore  scrivendomi  con  qual- 
che minuzia  le  qualità  di  quel  Barrave,  che  va  a 
Roma,  e  ancora  la  qualità  di  quel  che  viene  qui. 
Espernon,  senza  dubbio,  non  farà  se  non  male.  Fa 
ben  bisogno  a' riformati  star  con  molta  avvertenza. 

In  quel  che  tocca  le  cose  d' Italia,  io  non  posso 
dire  a  V.  S.  se  avremo  guerra  o  pace.  Due  cose 
credo  ;  una,  che  li  Spagnuoli  faranno  ogni  cosa  per 
non  far  guerra  ;  1'  altra,  che  il  duca  di  Savoia  farà 
ogni  cosa  per  farla,  a  suo  vantaggio  però.  Ma  gli 
uomini  s' impegnano,  e  se  bene  operano  ad  un  fine, 
molte  volte  sortiscono  il  contrario.  Potrebbe  occor- 
rere che  li  Spagnuoli  fuggendo  la  guerra,  la  incon- 
trassero. Al  presente,  se  bene  siamo  tanto  innanzi, 
restano  i  medesimi  soldati  nel  ducato  di  Milano, 
esausto  perciò  molto,  con  pericolo  di  rovinare,  anzi 
con  certezza,  se  inverneranno  ;  il  che  non  sapremo 
se  non  per  1'  evento.  Ed  in  Spagna,  se  bene  inten- 
dano tanta  desolazione,  non  ne  tengono  conto,  pa- 
rendogli avanzare   per  la   spesa  che  fa  il  duca  di 

1  Segue  nel  testo  una  parola  mal  comprensibile,  e 
quand'  anche  compresa,  disutile  *,  cioè  :  «  nulle.  » 


152  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

Savoia:  però  lo  stato  di  questo  non  è  in  così  mali 
termini  come  il  loro.  Egli  temendo  che  li  Spagnuoli, 
cadute  le  nevi,  quando  il  passo  del  Delfinato  non 
sarà  facile,  possino  fare  qualche  tentativo,  ha  ac- 
cresciuto le  sue  genti  con  quattro  mila  francesi 
sotto  il  duca  di  Nemours,  e  se  ne  stanno  così.  Il 
principe  Filiberto  suo  figliuolo  ha  accelerato  il 
suo  viaggio  in  Spagna,  dove  a  quest'  ora  forse  deve 
essere.  Alcuni  dicono  che  non  era  così  volontà  del 
padre,  ma  eh'  egli  ha  temuto  di  non  esser  richia- 
mato da  lui.  Ed  è  vero.  Spagna  ha  intelligenza  ezian- 
dio con  i  figli  contra  il  padre  ;  politica  nuova  nel- 
l' Italia,  ma  vecchia  nella  monarchia  di  Spagna  :  e, 
per  me,  credo  che  di  questa  lezione  i  Gesuiti  ne  ten- 
gono scuola,  ed  è  sicuro  che  assolverebbono  d'ogni 
colpa  il  diavolo,  quando  questo  volesse  accordarsi 
con  loro.  Ora  consideri  V.  S.  quel  che  si  può  sperare 
costì,  e  noi  qui. 

Ma  io  son  troppo  importuno  con  tanta  lun- 
ghezza, alla  quale  m' ha  trasportato  il  gusto  del 
parlar  con  lei,  qual  doveva  però  esser  moderato  e 
non  voler  corrispondere  all'  affetto,  come  cosa  impos- 
sibile. Farò  fine  baciandole  la  mano. 
Di  Venezia,  il  12  ottobre  1610. 


CLVIII.  —  Al  medesimo.1 

Io  resto  pieno  di  maraviglia,  che  V.  S.  innanzi 
il  giorno  de'  29  settembre,  quando  è  scritta  la  sua, 
ricevuta  da  me  ultimamente,  non  abbia  avuto  le 

1  Pubblicata,  come  sopra,  pag.  300. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  153 

mie  del  1  e  del  2  dello  stesso  mese:  però  resto  an- 
cora in  speranza  che  li  capiteranno.  Per  lo  passato 
risposi  alla  seguente  di  V.  S.,  scritta  a  dì  15,  la  quale 
veramente  fa  un  singoiar  ritratto  di  Francia,  li  cui 
affari  mostrano  esser  inviati  per  cammino  non  troppo 
buono,  anzi  assai  pericoloso.  Ci  vedo  due  gran  balze  ; 
una  è  1'  ambizione  della  regina,  1'  altra  la  troppo 
celere  esaltazione  di  Concilino  :  e  anco  una  gran 
fossa,  1'  arte  de'  Gesuiti.  Sarà  grazia  di  Dio  estraor- 
dinaria, se  tante  difficoltà  saranno  superate.  Ma  per 
quello  che  V.  S.  mi  scrive  delli  padri  Gesuiti,  tenga 
per  fermo  che  il  Padre  farebbe  tutto  quello  che  sa- 
pesse essere  in  loro  servizio.  Egli  ha  osservato  qual- 
che belle  parti  del  loro  governo,  le  quali  sono  tutte 
esplicate  nella  lettera.  Egli  mi  dice,  non  saper  qual 
cosa  di  più  si  potesse  scrivere  costì  ;  ma  rendessi 
certa  V.  S.,  che  se  gli  sarà  dimandato  cosa  che  abbia 
o  sappi,  non  resterà  di  comunicar  tutto  intieramente. 
E  io  accerto  V.  S.,  che  lo  farà  non  solo  con  pron- 
tezza, ma  anco  con  gran  suo  piacere. 

Bisogna  ben  tener  per  certo,  che  le  cose  segui- 
ranno secondo  la  piega  che  prenderanno  in  questi 
tempi.  Già  abbiamo  saputo  qui  l' intiero  e  chiaro 
di  quello  eh'  è  passato  a  Giuliers.  La  virtù  del  conte 
Maurizio  ha  fatti  vani  molti  disegni  non  solo  di 
Spagna  ma  di  Francia;  ed  è  ben  chiaro,  conside- 
rate le  qualità  del  capitano.  Adesso  l' inverno  farà 
fermar  le  armi.  Ma  Dio  voglia  che  la  primavera 
resti  simile  in  Italia  :  siamo  quasi  certi  di  non  do- 
ver aver  guerra,  se  bene  le  medesime  armi  già  scritte 
sono  tuttavia  in  essere.  Ma  bene  gli  speculativi  te- 
mono che  si  siano  trattenute  sinora  per  mandarne 
qualche  parte  in  Germania  a  nuovo   tempo  ;  quan- 


154  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

tunque  vi  siano  anco  di  quelli  che  lo  attribuiscono  a 
qualche  difetto  del  presente  governo  spagnuolo,  affer- 
mando che  quelle  poche  cose  le  quali  passano  bene, 
succedono  in  virtù  del  governo  di  Filippo  II  :  cosa 
che  se  da  V.  S.  sarà  riguardata  con  qualche  atten- 
zione, forse  sarà  trovata  vera  ;  per  il  che,  non  debbe 
tanto  temere  del  duca  di  Feria. 

Ma  io  non  ho  potuto  intendere  il  passo  della  sua 
lettera,  che  sia  stata  fatta  lega  tra  Francia  e  la 
gran  Brettagna,  offensiva  e  defensiva  ;  essendo  questi 
termini  relativi,  e  riferendosi  defensiva  a  se  e  offen- 
siva ad  altrui,  senza  nominar  il  quale,  non  si  può 
manco  usar  il  termine. 

Li  fratelli  d'  Austria  hanno  composte  le  loro 
differenze  con  sole  parole;  avendo  offerto  Matthias 
di  domandar  perdono  all'  imperatore,  e  dato  com- 
missione a  Massimiliano  fratello,  e  agli  altri  arcidu- 
chi, di  farlo  ;  e  avendo  l' imperatore  ricevuto  questo 
per  soddisfazione,  senza  avere  permesso  che  si  ese- 
guisca. Hanno  ancora  li  arciduchi  stracciata  la  scrit- 
tura che  fecero,  già  due  anni,  contro  la  sua  maestà, 
in  sua  presenza.  Questa  unione  potrà  forse  fortificar 
la  lega  di  Magonza,  e  massime  aiutata  dal  duca 
di  Sassonia;  ne  si  vede  che  resistenza  possa  avere, 
attesa  la  debolezza  che  sarà  nella  lega  di  Hala, 
causata  per  la  morte  dell'  elettore  Palatino,  la  quale 
non  solo  ha  levato  il  principale  appoggio,  ma  semi- 
nata ancora  qualche  discordia  in  quella  casa  per  la 
tutela  del  figlio.  Io  però  tante  volte  ho  osservato, 
esser  tornate  in  bene  le  cose  stimate  disperate,  e  in 
male  quelle  che  mostravano  apparenza  d'  ogni  buon 
successo,  che  voglio  aspettar  1'  evento  e  non  prono- 
sticare alcuna  cosa. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  155 

Io  vivo  assai  contento,  non  perchè  vegga  le  cose 
andar  come  desidererei,  ma  perchè,  per  la  suddetta 
causa,  lascio  scorrere  le  cose  con  solo  desiderio  che 
tutto  sia  a  gloria  di  Dio.  Il  quale  anco  prego  che 
doni  a  V.  S.  ogni  contento  d'  animo  e  ogni  vero  bene  ; 
e  per  fine  di  questa,  le  bacio  la  mano. 
Di  Venezia,  il  26  ottobre  1610. 


CLIX.  —  Al  medesimo.1 

Le  lettere  mie  del  precedente  dispaccio,  per  l' as- 
senza del  signor  ambasciatore  Foscarini,  non  saranno 
capitate  a  V.  S.  nel  tempo  ordinario:  spero  però 
che  non  saranno  smarrite.  In  quelle  le  diedi  conto 
di  aver  ricevuto  le  sue  delli  29  settembre;  siccome 
per  lo  spaccio  presente  ho  ricevuto  le  ultime,  che 
sono  delli  11  ottobre. 

Se  vogliamo  pigliar  le  cose  passate  per  argomento 
delle  avvenire,  avendo  veduto  cotesto  regno  in  pes- 
simo stato,  e  miracolosamente  salvato,  dobbiamo 
sperare  che  al  presente  ovvero  si  conserverà  nel 
buono  dove  si  trova,  o  se  pur  declinasse,  più  facil- 
mente sarà  restituito.  Temo  ben  l'andata  di  Esper- 
non  a  Roma  ;  e  mi  ricordo,  perchè  io  era  là  allora.2 
del  molto  male  che  fece  Nevers  vecchio,  quando  vi 
andò. 

Osservo  li  andamenti  di  Condé,  e  mi  pare  che 
mirino   a  seguir  li   esempi  de'  suoi   maggiori,  e  ho 

1  Edita,  come  sopra,  pag.  304. 

9  Fra  Paolo  erasi  più  volte  recato  a  Roma,  per  uffici 
o  incombenze  risguardanti  il  suo  Ordine  ;  cioè  nel  1585  e 
nel  1597.  Vi  soggiornò,  la  prima  volta,  per  circa  tre  anni. 


156  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

qualche  speranza  che  in  fine  si  possa  far  riformato. 
Dirò  bene  che  lo  sarà,  se  sarà  savio,  come  si  può 
credere  che  sarà,  avendo  consiglio  di  Bouillon  ;  e 
forse  da  Dio  benedetto  viene  permesso  cotesti  leggieri 
discorsi,  per  cavarne  di  gran  bene.  Li  rumori  e  ge- 
losie tra  li  grandi  sono  accidenti  inseparabili  ad  uno 
Stato  che  si  ritrova  senza  principe  vigilantissimo  e 
stimatissimo;  ma  che  Conchini  entri  in  questi  pen- 
sieri, mi  pare  cosa  tanto  estraordinaria,  che  non 
posso  finire  di  maravigliarmene. 

La  decaduta  di  Sully  mi  duole,  essendoli  restato 
affezionato  per  la  sua  costanza  nella  Religione  ;  e 
finalmente,  credo  che  non  siano  tanto  cattivi  li  con- 
sigli di  Villeroy  e  Jeannin:  più  temo  Sillery  come 
adulatore,  e  li  Gesuiti  come  spagnuoli.  Thou  è  ap- 
presso di  me  in  così  gran  concetto,  che  più  tosto 
dirò  esser  buona  l' imbriachezza,  che  Catone  cat- 
tivo. Sto  con  estremo  desiderio  aspettando  quello 
che  succederà  nel  litigio  dell'Università  con  Gesuiti, 
poiché  sarà  indizio  della  buona  o  cattiva  speranza  ; 
e  perchè  è  necessario  che  siano  fatte  belle  arringhe 
in  questo  proposito,  le  quali  saranno  per  certo  simili 
da  ambe  le  parti  alle  scritture  uscite  all' Anticotone, 
e  alla  arringa  della  quale  non  si  farà  mai  rispo- 
sta che  vaglia  ;  e  se  io  fossi  amico  del  padre  Cottone, 
io  lo  consiglierei  a  non  publicar  altra  risposta,  per 
non  tirarsi  addosso  maggior  tempesta.  Ma  che  può 
fare  il  Padre,  che  non  fosse  portare  una  picciola 
candela  nella  luce  del  sole  ?  Il  che  non  sia  detto  per 
negare,  ma,  mostrata  1'  insufficienza,  per  aspettar 
comando  che  non  superi  le  forze. 

Per  dire  a  V.  S.  alcuna  cosa  d' Italia,  ogni  giorno 
più  siamo  incerti  se  sarà  guerra.  Li  Spagnuoli  vanno 


LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI.  157 

sempre  più  implicandosi,  e  interessando  1'  onore  :  è 
indubitato  che  siano  per  fuggir  la  guerra,  senza  ri- 
spetto di  onore.  Il  duca  di  Savoia  non  ha  altro  fine 
che  fare  guerra.  Tiene  per  certo  che  il  figlio  non 
farà  niente  in  Spagna:  egli  vorrebbe  attaccarla,  ma 
la  regina  si  promette  per  difesa,  non  per  offesa  ;  onde 
egli  fa  tutto  il  possibile  per  esser  attaccato.  Venezia 
desidera  quiete,  perchè  è  proprio  della  moltitudine  ; 
ma  li  savi 1  vorrebbono  guerra.  Non  si  maraviglerà 
V.  S.  che  il  zelo  sia  cessato,  perchè  aveva  fine  mon- 
dano; ed  è  cessato  dopo  che  il  papa  tace,  e  lascia 
correr  tutto,  sì  che  mai  (dico  senza  iperbole)  alcun 
de' suoi  comportò  tanto:  e  però  alla  Kepnbblica  piace 
lo  stato  presente. 

Io  mi  trovo  in  gran  perplessità  del  modo  come 
sarà  continuata  la  nostra  comunicazione  di  lettere, 
se  quella  di  Torino  non  sarà  buona;  e  stupisco  della 
causa  perchè  monsignor  Castrino  non  abbia  dato 
quella  di  V.  S.  al  signor  Foscarini.  Io  scriverò  al 
signor  Barbarigo  il  cattivo  incontro  che  ha  avuto 
la  prima  sua,  e  ne  la  scuserò;  ma  per  questo  non 
credo  che  V.  S.  do  vera  restar  di  trovar  qualche  altra 
via  di  far  dar  in  Parigi  al  cornerò  lettere  direttive  a 
lui.  Particolarmente  il  signor  Domenico  Molino  resta 
con  molto  dispiacere  che  quella  comunicazione  non 
s' introduca,  sperandone  egli  di  là  molti  beni.  Egli 


1  II  Sarpi  (giacché  ci  sembra  di  riconoscere  in  questa 
Lettera  lui  stesso,  a  malgrado  dell'  espressione  :  «  Ma  che 
può  fare  il  Padre  ec.  »),  intende  qui  i  savi  in  politica, 
non  quelli  in  economia  •,  i  savi  al  modo  del  Machiavelli, 
non  al  modo  di  coloro  che  cercano  sopra  ogni  cosa  la  quiete 
(se  cangrenosa  non  monta)  e  l' agiatezza  delle  nazioni. 
Ma  una  disputa  di  tal  sorta,  non  è  materia  da  frettolosi- 
e  brevi  noterelle. 


158  LETTERE  DI  FEA  PAOLO   SARPI. 

bacia  la  mano  di  V.  S.;  il  che  fa  ancora  il  P.  M. 
Fulgenzio,  e  io  con  maggior  affetto  di  loro. 

Per  dirle  alcuna  delle  nuove  d' Italia,  la  gente 
di  Milano  invernerà  ;  e  già  sono  in  parte  preparati, 
in  parte  si  preparano  gli  alloggiamenti.  Hanno  di 
nuovo  dato  gli  archibugi  alli  Allemanni,  che  sino  ad 
ora  non  avevano  avuto.  Il  contestabile  che  s' aspetta 
per  governatore  di  quello  Stato  e  armi,  conduce  seco 
due  mila  Spagnuoli  ;  nudi  però,  secondo  il  solito  di 
quella  nazione,  la  quale  a  Milano  si  provvede  di 
vesti. 

Tentavano  gli  Spagnuoli  di  fortificarsi  in  Lamora, 
terra  che  possedono  per  indiviso  col  duca  di  Savoia  : 
per  il  che,  egli  ha  mandato  gente  a  Cherasco  là  vi- 
cino. Ma  in  Correggio,  che  è  tra  Mantova,  Ferrara  e 
Modena,  la  guarnigione  spagnuola  s'  è  impadronita 
della  fortezza.  Li  ministri  di  Spagna  in  Italia  tutti 
riprendono  il  fatto,  e  dicono  che  si  renderà  :  il  ca- 
pitano però,  a  farlo,  vuole  ordine  di  Spagna. 

Il  marchese  di  Castiglione,  della  casa  di  Mantova, 
•  he  si  trova  ambasciatore  cesareo  in  Spagna,  tratta 
di  vendere  la  sua  terra  a  quel  re  ;  la  quale  essendo 
situata  tra  Brescia  e  Mantova  in  luogo  opportuno, 
dà  che  pensare  a  tutti,  eccetto  a  chi  tocca. 

Il  pontefice  incomincia  a  provvedere  a  queste 
cose,1  avendo  dato  l'arcivescovato  di  Bologna,  di  ren- 
dita di  15  mila  scudi,  al  suo  nepote.  La  Germania 
non  sta  meglio,  dove  l' imperatore  non  ha  meno  so- 

1  Per  ironia  ed  antifrasi,  dacché  peusavasi  solo  alle 
cose  private,  quando  il  sovrano  dei  sovrani  (secondo  la 
dottrina  gesuitica)  avrebbe  dovuto  pensare  alle  pubbliche. 
In  quanto  alle  nomine  di  tal  fatta,  a  mostrare  con  che 
spirito  si  facessero,  se  religioso  o  mondano,  e  a  non  essere 
tacciati   di   malignità  o   di   calunnia,  ci  piace  riportare  le 


LETTERE  DT  FRA  PAOLO  SARPL  159 

spetti  gli  amici  che  gl'inimici,  e  le  diffidenze  sono 
assai  grandi.  Si  tiene  che  quelle  tra'  palatini  si 
componeranno,  e  che  Neuburg  cederà  la  tutela. 

La  lega  ecclesiastica  sollecitamente  si  provvede  : 
però  la  vicinità  del  verno  potrebbe  far  riuscir  le 
cose  in  fumo.  Il  che  Dio  voglia,  quando  sia  secondo 
il  suo  santo  beneplacito  :  il  quale  prego  che  conservi 
V.  S.  in  buona  sanità  ;  alla  quale  facendo  fine,  bacio 
la  mano. 

Di  Venezia,  li  9  novembre  1610. 


CLX.  —  Ai  medesimo.1 

Al  ritorno  del  signor  ambasciatore  Foscarini  da 
Itheims,  saranno,  per  quanto  credo,  state  mandate 
a  V.  S.  le  mie,  ch'Ella  doveva  ricevere  s'egli  si  fosse 
fermato  in  Parigi,  avendo  monsieur  Castrino,  per 
1'  avviso  che  mi  dà,  ricevuto  il  piego  dov'  erano  in- 
cluse. Per  questo  corriero  ultimamente  venuto,  ho 
ricevuto  quella  di  V.  S.  delli  27  ottobre,  e  recapi- 
tato l' allegata  al  signor  Assellineau,  dal  quale  credo 
che  V.  S.  averà  ricevuto  lettere  per  alcuni  corrieri 
ultimamente  venuti.  Egli  è  sempre  stato  in  buona 
sanità,  e  spesse  volte  Ella  è  stata  materia  dei  nostri 
ragionamenti. 

parole  stesse  che  intorno  a  ciò  si  leggono  nell'  Ughelli  : 
Scipio  cardinalis  Burghesius,  Pauli  V  nepos,  tertius  ar- 
chiepiscopus  bononiensis  renuneiatus  est  anno  1610,  die  25 
■mensis  octobris.  Hanc  ecclcsiam  ad  duos  annos  absens  ad- 
ministravit,  reservataque  sìbi  prcedivite  annua  pensione, 
in  favorem  sequentis  (di  Alessandro  Ludovisi)  Ulani  re- 
nunciavit. 

1  Edita,  come  sopra,  pag.  310. 


1G0  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

Averei  ben  avuto  caro  eli'  Ella  avesse  veduto  il 
signor  Agostino  Dolce,  acciò  egli,  venendo,  potesse 
anco  portarmi  a  bocca  nuove  del  suo  ben  essere  ; 
ma  io  mi  contenterò  dell'  avviso  che  sopra  ciò  mi 
portano  le  sue  continuate  lettere,  le  quali  sempre 
ricevo  con  aumento  d'  obbligo. 

Ho  veduto  con  molto  piacere  la  scrittura  eh'  Ella 
mi  manda  in  lode  delli  padri  Gesuiti,  la  quale  ve- 
ramente tocca  particolari  molto  buoni  :  però  l' Anti- 
Cottone  pare  più  penetrante,  e  credo  che  con  diffi- 
coltà alcuno  arriverà  a  quel  grado.  Non  so  se  queste 
scritture  rallenteranno  o  conforteranno  li  fautori  di 
quei  Padri.  Osservo  questa  esser  la  proprietà  della 
verità,  che  fa  più  ostinati  gli  animi  superstiziosi,  e 
dubito  che  1'  opposizione  nuova  porterà  i  potenti  a 
favorirli  con  maggior  efficacia.  Insieme,  resto  ancora 
in  qualche  pensiero,  eh'  essi,  avvertiti,  riduplichino 
le  arti  e  opprimano  li  altri  incauti  ;  i  quali  di  qua 
fra  qualche  poco  di  tempo  si  scorderanno,  ma  nella 
memoria  delli  buoni  Padri  resterà  sempre  fìsso  il 
pericolo,  e  la  volontà  di  vendicarsi  del  passato  e 
assicurarsi  per  l' avvenire.  E  se  non  è  che  Dio  no- 
stro Signore  voglia  esso  metter  freno  a  quell'  impu- 
denza, l'opera  umana  la  farà  più  tosto  crescere  che 
sminuire.1 

Se  la  regina  non  vuol  sapere  più  innanzi  della 
morte  del  re,  forse  teme  di  non  intendere  cosa  che 
fosse  meglio  non  sapere;  e  se  i   Gesuiti  sono  utili 


1  Raccomandiamo  agli  uomini  meditativi,  troppo  spesso 
diversi  da  quelli  che  si  dicono  uomini  politici,  di  rileggere 
una  o  più  volte  questo  paragrafo  •,  e  ai  futuri  biografi  di 
Fra  Paolo,  di  preudere  da  esso  norma  nel  misurare  la  per- 
spicuità e  profondità  del  suo  ingegno. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  161 

per  le  cose  presenti,  non  mi  maraviglerei  quando 
si  contentasse  dell'ignoranza.  In  una  parola,  è  fio- 
rentina. In  fine,  qualche  mutazione  sarà,  perchè  la 
pratica  presente  non  è  buona. 

Le  cose  di  Germania,  se  bene  paiono  accomodate, 
però  il  non  voler  l' imperatore  licenziare  le  genti  di 
Passau,  e  la  perseveranza  di  Sassonia  in  voler  parte 
nelli  Stati  di  Cleves,  le  differenze  tra  Xeufbourg  e 
Deuxpont  per  la  tutela,  sono  seme  di  molte  turbolenze. 

Xoi  non  possiamo  saper  per  ancora  quello  che 
debba  esser  in  Italia.  Si  crede  di  doverlo  intendere 
alla  venuta  del  contestabile  di  Castiglia  :  però,  sic- 
come sono  quattro  mesi  che  crediamo  di  settimana 
in  settimana  esser  chiariti,  e  più  siamo  in  tenebi" 
che  mai.  così  potrà  essere  che  saremo  anco  allora. 
Quel  ch'è  in  fatti,  si  è  che  il  duca  di  Savoia  attende  a 
rassegnar  e  aumentar  le  sue  genti  ;  le  spagnuole  non 
diminuiscono,  anzi  col  Contestabile  verranno  più  di 
quante  si  credeva. 

Il  duca  di  Mantova  e  qualche  altro  principe 
d' Italia  sono  in  molta  gelosia,  perchè  trattano  li 
Spagnuoli  di  comprar  Castiglione  da  quel  marchese, 
luogo  situato  tra  Mantova  e  Brescia,  e  atto  a  rice- 
vere buona  fortificazione;  e  perchè  si  sono  impadro- 
niti della  ròcca  di  Correggio,  e  se  bene  dicono  di 
restituirla,  non  hanno  ancora  effettuata  la  promessa. 
In  Venezia  i  papisti  e  cattivi  sormontano  e  avanza- 
no assai  :  cosa  che  fa  dubitare  molto.  Dio  però  sopra- 
sta a  tutte  le  cose,  e  a  noi  conviene  contentarci  di 
quello  che  sarà  di  suo  santo  beneplacito.  Salutano 
V.  S.  il  signor  Molino  e  padre  maestro  Fulgenzio  ; 
e  io  le  bacio  riverentemente  la  mano. 
Di  Venezia,  li  23  novembre  1610. 

Sarpi.  —  II.  a 


162  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 


CLXI.  —  A  Giacomo  Leschassier.1 

Dalle  sue  lettere  dei  15  ottobre  rilevai  chiara- 
mente in  che  termini  sia  la  quistione  dei  Gesuiti 
con  cotesta  Università.  Ah  !  il  ciel  volesse  che  il 
Senato  prendesse  a  far  quello  che  con  buoni  auspici 
si  operò  a  Nimes  :  davvero  che  ne  tornerebbe  gio- 
vamento non  che  alla  gioventù,  ma  a  tutto  il  regno. 
Se  i  Gesuiti  costà  si  recano  alle  mani  l'insegna- 
mento, ben  presto  domineranno  tutta  1'  Università, 
e  sarà  inevitabile  1'  eccidio  delle  buone  lettere.  Ma 
a  che  rammento  le  buone  lettere?  Dovevo  dire  la 
buona  e  sana  dottrina,  della  quale  è  veramente 
micidiale  la  Compagnia.  L' autore  della  Supplica 
composta  in  nome  dell'  Università,  svela  l' arcano 
della  stragrande  potenza  ecclesiastica  ;  la  quale  se 
tolgasi  al  Concilio  per  concentrarla  tutta  nel  papa, 
i  principi  si  ridurranno  non  in  servaggio,  ma  in 
catene.  Piaccia  a  Dio  che  il  Senato  ponga  mente 
a  questo  e  agli  altri  capi  d'insegnamento;  perocché 
grandemente  è  a  temere  per  parte  vostra  il  loro 
conato  di  porre  ora  a  noi  violentemente  in  sul  collo 
la  strabocchevole  potestà  regio-papale.  Né  pensi  la 
S.  V.  che  il  tentativo  di  Bellarmino  sia  stato  senza 
il  consiglio  della  curia  :  di  ciò  siamo  ben  raggua- 
gliati, e  sappiamo  pure  dove  s'  erano  drizzate  più  al- 
tamente le  voglie.  Ma  trovato  l'intoppo,  si  principiò 
a  mutar  partito.  Che  se  da  voi  altri  si  operasse  cosa 
alcuna  che  facesse  al  proposito,  vieppiù  si  rinfranche- 
rebbero i  nostri,  e  con  maggior  lena  si  contrappor- 
rebbero agli  sforzi  degli  avversari. 

1  Impressa,  in  latino,  tra  le  Opere  dell'  Autore,  pag.  92. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  163 

Su  tale  oggetto  non  fu  promulgato  il  decreto, 
come  s'  usa,  col  mezzo  del  banditore  (e  potrei  in- 
viarle qualche  esemplare),  ma  s' intimò  in  voce  a 
coloro  cui  spetta  conoscerlo.  Eccole  il  perchè.  Di 
rado  avveniva  che  si  proibisse  un  libro  dall'  auto- 
rità secolare  ;  poiché  aperti  insidiatori  mancavano, 
e  i  regnanti  non  si  davano  briga  d' indagare  quello 
che  ciascuno  scrivesse  ;  faccenda  a  cui  badavano 
i  soli  preti.  Ma  quando  si  venne  a  guerra  co'  ro- 
maneschi, si  persuasero  che  grave  danno  veniva  alla 
Repubblica  dalle  perniciose  scritture,  e  come  perciò 
bastasse  aver  F  occhio  alla  stampa  e  all'  introdu- 
zione dei  libri.  E  ciò  fecesi  e  si  continuò  a  praticare. 
Quando  usci  la  prefazione  del  re  inglese  all'  Apolo- 
gia del  giuramento  di  fedeltà,  il  nunzio  del  papa 
insinuò  al  principe,  che  il  libro  avrebbe  portato  gran 
detrimento  alla  religione  ;  ed  essendo  molto  diffuso 
per  lo  splendore  del  nome,  si  deliberò  e  statuì  di 
comandare  ai  librai  che  noi  ricevessero  ;  ma  ciò  in 
segreto,  per  decoro  del  re  amico.  Noterò  qui  per  intra- 
messa,  che  se  quel  libro  avesse  contenuto  ciò  solo 
che  stava  nell'  Apologia,  sarebbero  riusciti  vani  gli 
sforzi  del  nunzio  ;  ma  dava  ombra  quel  discorrere 
sul  Purgatorio,  sulle  sante  Immagini,  sulla  venera- 
zione dei  Santi  e  singolarmente  della  beata  Vergine, 
cui  noi  Veneziani  siamo  teneramente  devoti.  Già 
da  sei  mesi  ci  era  liberamente  pervenuta  1'  Apologia, 
ne  mai  fu  proibita.  Torno  all'  argomento.  Uscì  poi 
la  risposta  del  Bellarmino  contro  il  re  ;  e  subito  ne 
fu  divietata  1'  entratura.  Si  trovò,  infatti,  conveniente 
di  stabilire  che  avesse  luogo  pel  libro  dell'  avversa- 
rio la  sorte  medesima  incontrata  da  quello  del  re. 
E  perchè  non  sembrasse  che  il  re  s'  avesse  in  egual 


164  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

conto  del  cardinale,  1'  ultima  proibizione  fu  fatta 
sotto  pena  della  galera,  mentre  la  prima  non  aveva 
pena.  Non  mosse  mai  osservazioni  l' ambasciatore 
inglese  ;  il  quale  se  avesse  fatto  lagnanze  o  diman- 
dato il  decreto....  Ho  detto  abbastanza  :  sovente, 
mentre  vogliam  parere  di  spregiare  le  cose  vili,  tras- 
andiamo le  grandi.  Ora,  come  venne  in  luce  il  libro 
di  Bellarmino  contro  Barklay,  presosi  a  deliberare, 
seguitarono  il  pregiudizio  di  procedere  come  prima, 
e  fu  vietata  ai  librai  l' importazione  e  vendita  di 
esso  sotto  pena  della  galera,  e  fu  imposto  ai  corrieri 
che  venivan  di  Roma,  che  non  dessero  ad  alcuno  i 
libri  da  se  portati  prima  che  fossero  veduti  dalle  per- 
sone a  ciò  deputate.  A  tanto  si  procede,  e  con  inten- 
zione di  fare  anco  di  più.  A  Roma  né  il  papa  né  i  car- 
dinali mossero  lamento  né  parola;  ma  lo  stuolo  mi- 
nore dei  cherici  mormorò  contro  i  Veneziani,  perchè 
mettessero  mani  e  lingua  in  cielo,  affibbiando  loro  il 
titolo  di  eretici  e  altri  somiglianti  che  sogliono  rega- 
lare a  chi  non  fa  il  papa  quasi  eguale  a  Dio.  Con 
questo  parmi  aver  reso  esatto  conto  delle  cose  segui- 
te, e  dimostratole  quel  che  sia  a  sperare  da  noi. 

In  Ispagna,  un  cotal  uomo  dotto  e  prudente 
scrisse  contro  il  Baronio  sulla  monarchia  della  Si- 
cilia:1 1'  ambasciatore  spagnuolo  dimorante  a  Roma, 
volle  che  se  ne  recasse  là  un  esemplare,  e  lo  conse- 
gnò a  un  certo  religioso  francescano  riformato,  per- 
chè lo  voltasse  in  italiano.  Il  papa,  come  lo  seppe, 
comandò  subito  che  il  frate  fosse  messo  in  carcere  ; 
ma  questi  avvisato  fuggì,  e  trovò  scampo  nella  casa 

1  Quest'opera  che  il  Barouio  aveva  scritta  contro  l'in- 
dipendenza del  regno  delle  due  Sicilie,  gli  fruttò  la  esclu- 
sione dal  papato,  datagli  per  ordine  del  re  di  Spagna. 


LETTERE  DI  FEA  PAOLO   SARPI.  165 

dell'  ambasciatore.  Il  papa  se  ne  lagnò  in  modi  aspri 
e  duri  coli' ambasciatore,  e  non  so  che  altro  avve- 
nisse ;  ma  il  frate  fuggì  da  Roma,  riducendosi  salvo 
nel  regno  di  Napoli.  Ciò  le  espongo,  acciocché  veda 
quanto  sieno  costoro  solleciti  a  sostenere  a  dritto  e  ro- 
vescio i  propri  interessi,  e  quanto  pecchino  gli  altri  di 
negligenza,  per  tener  a  vile  negozi  importanti,  quando 
essi  curano  gì'  infimi.  1  quali  riflessi  mentre  pouiamo 
innanzi  ai  nostri  conterranei,  essi  tutto  tirano  a  bene, 
e  al  silenzio  del  papa  e  dei  cardinali  danno  nome  di 
riservatezza,  e  pensano  non  doversi  provocare  più  ol- 
tre. Io  commendo  assai  l' operato  a  Nimes  ;  sicché,  se 
costì  imprenderete  qualche  cosa,  crescerete  coraggio  a 
noi  pure.  I  nostri  sono  tutti  nemici  alla  curia  romana  : 
alcuni  ne  detestano  gli  abusi  ;  altri  pensano  doversi 
compatire,  come  frenesie  di  una  madre.  Ma  sul  conto 
de'  Gesuiti,  sono  tutti  d' un  animo  solo.  Io  vorrei  che 
Iddio  guardasse  sopra  di  noi  benignamente  ;  come  Lui 
prego  eziandio  che  voglia  custodirla  in  salute  e  in 
quella  sollecitudine  che  mostra  per  liberarci  da  siffatte 
pesti.  Perocché  non  ci  deve  cader  dall'  animo  la  spe- 
ranza di  buona  riuscita  :  basta  che  non  ci  vinca  la 
poltroneria,  e  sappiamo  emulare  lo  zelo  degli  avver- 
sari. La  prego  a  salutarmi,  se  a  caso  lo  vedrà,  il  si- 
gnor Gillot.  E  le  confermo  la  mia  molta  reverenza. 
Di  Venezia,  li  25  novembre  1610. 


CLXII.  —  Allo  stesso.1 

Pel  corriere  ricevei  due  lettere  di  V.  S.  ;  la  prima 
del  dì  4  ottobre,   l'altra  del  5   novembre.   Stupisco 


1  Stampata  come  sopra,  pag.  94. 


106  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

come  mi  sieno  giunte  sì  tardi,  quella  segnatamente 
di  due  mesi  fa  ;  quando  ricevo  sempre  fra  15  giorni 
le  lettere  del  signor  Castrino.  Spiacquemi  l'indugio 
assai,  specialmente  per  quello  che  scrisse  sul  decreto 
del  conte  di  Lemos,  di  cui  fin  qui  non  s' era  intesa  da 
noi  alcuna  novella;  e  già  sarei  stato  informato  di 
tutto  l'affare,  se  in  tempo  avessi  ricevuto  le  lettere. 
Mi  è  sembrata  tal  cosa  di  tanto  rilievo,  da  credere 
che  niente  siasi  in  alcun  luogo  operato  di  più  con- 
ducente alla  utilità  pubblica  ;  e  mi  meraviglio  che  un 
sì  gran  beneficio  ci  sia  stato  sì  lungamente  ignoto.  E 
vorrei  che  fosse  vero;  ma  temo  ci  cada  esagerazione, 
e  non  siasi  fatta  alcuna  novità  ma  cosa  ordinaria  ; 
di  che  si  lamentano  spesso,  quantunque  invano,  i 
pontefici,  affinchè  non  s'abbia  a  dire  essersi  mante- 
nuta la  usurpazione  con  loro  saputa  e  tolleranza. 
Non  passerà  1'  anno  che  mi  sarà  del  tutto  chiaro 
V  affare,  e  subito  gliene  scriverò. 

Quanto  al  libro  del  Bellarmino,  me  ne  sbrigherò 
in  una  sola  parola.  E  come  un  canto  di  vittoria  per 
la  morte  del  re,  e  quel  che  altri  può  congetturare, 
ponendo  mente  al  tempo  e  all'  altre  circostanze.  Se 
T  Università,  o  chi  per  essa  scrisse  (eh'  io  pregio  non 
meno  della  Università),  portò  giudizio  sulla  opinione 
che  mette  il  papa  innanzi  al  Concilio,  che  pensare 
di  quella  dottrina  che  concede  precariamente  ai  prin- 
cipi non  solo  i  regni,  ma  persino  la  vita  ?  So  che 
cotesto  nunzio  si  è  lamentato  perchè  il  libro  sia 
stato  proibito  dal  pretore  della  città,  ed  ha  aggiunto 
che  ciò  dava  facoltà  agli  altri  di  riscrivere  in  senso 
contrario.  Io  amerei  che  il  libro  fosse  condannato  per 
sentenza  concorde  della  Università,  meglio  che  con- 
futato per  gli  scritti  dei  privati.  Ma  se  la  prima 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  167 

cosa  non  può  eseguirsi,  si  faccia  almeno  la  seconda  : 
sebbene  io  non  dubiti  che  quanto  si  scrive  a  Roma 
dovrà  egualmente  condannarsi  ;  ma  pur  non  si  fa- 
rebbe così  gran  danno  a  quelli  che  contraddicono, 
come  a  quelli  che  tacciono.  Oh  !  potessimo  noi  in 
siffatta  quistione  parlare,  e  gustare  d' una  particella 
di  vostra  libertà  !  I  nostri  costumi  non  si  confareb- 
bero, è  vero,  a'  vostri  ;  ma  agi'  Italiani  garberebbero 
più.  Io  per  me  tengo  che  tutte  le  controversie  reli- 
giose che  turbano  il  mondo,  vadano  a  risolversi  in 
quest'  una  :  del  potere  del  papa. 

Mentre  s'  affannano  a  tór  di  mezzo  il  libro  del 
Bellarmino,  ne  favoriscono  lo  spaccio  :  tanto  oggi  è 
cercato  da  tutti.  Io,  in  tutti  questi  giorni,  mi  son  dato 
attorno  per  trovarne  un  esemplare  per  Lei,  e  provai 
sommo  rincrescimento  disperando  di  potervi  riuscire  : 
finalmente  ho  trovato  questo  che  mando,  preso  ad 
un  amico  che  lo  custodiva  come  un  tesoro.  Questo 
mi  sorprende,  che  il  nunzio  abbia  menato  costà 
tanto  scalpore,  mentre  il  nostro  non  ha  aperto  bocca, 
e  il  papa  non  ha  fatto  alcun  richiamo  all'amba- 
sciatore di  questo  principe.  Sono  costretto  a  chiu- 
dere la  presente  per  la  imminente  partenza  del  cor- 
riere, eccitandola  ad  informarmi  appuntino  di  quel 
che  si  farà  o  dirà  su  questo  punto,  e  ad  inviarmi 
ogni  decreto  in  iscritto  che  si  metterà  fuori  dalla 
Sorbona  o  dal  Parlamento.  Stia  sana,  e  mi  continui 
la  stessa  benevolenza. 

Venezia,  7  dicembre  1610. 

P.  S.  —  Qui  dappertutto  leggesi  il  libercolo  l  di- 

1  Cioè  la  Supplica,  o  TÀbellus  supplex,  più  volte  no- 
minato nella  precedente  e  in  altre  Lettere. 


168  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

retto  alla  regina  in  favore  dell'  Università,  recato  in 
italiano  e  non  so  dove  stampato.  Gliene  mando  un 
esemplare. 


CLXIII.  —  A  Giacomo  Gillot.1 

Vidi,  finalmente,  con  animo  lietissimo,  il  nipote  di 
V.  S.,  che  da  tanto  tempo  aspettavo:  così  fossemi 
stato  concesso  offrirgli  qualche  segno  d'  onore  !  Ma 
il  tempo  corto  e  la  modestia  soverchia  di  lui  mi 
privarono  della  sodisfazione  di  mostrargli  in  qual 
che  sia  modo  la  mia  servitù.  Il  nipote  presente 
svegliavami  con  piacere  la  immagine  dello  zio,  e 
solo  dolevami  non  poter  fare  omaggio  anche  ad 
esso.  Cercai  della  S.  V.  con  gran  premura,  e  godei 
che  in  tale  età  possegga  interezza  di  sensi  :  voglia 
Dio  che  ciò  sia  per  lunghissimo  tempo  !  Il  nipote  è 
partito  per  venirsene  a  Lei  con  lento  viaggio,  dopo 
aver  percorso  e  visitato  le  città  della  Lombardia. 
Fino  a  qui  gli  arrise  la  condizione  dell'  atmosfera, 
che  si  mantenne  serena  :  ora  credo  che  si  sarà  acco- 
stato ai  monti,  e  che  Ella  lo  rivedrà  poco  dopo  l' ar- 
rivo della  presente.  Come  a  me  disse,  le  porta  un 
esemplare  del  libro  del  Bellarmino  :  in  altro  tempo 
mi  sarei  dato  cura  di  mandargliene  uno  io  medesimo. 

Intorno  al  qual  libro,  cotesto  pretore  urbano  ha 
preso  invero  provvedimenti  degni  del  re  e  del  regno. 
Quanta  sfrontatezza  in  questi  uomini  che  amano  dirsi 
santi,  e  non  soffrono  si  dica  di  loro  la  verità,  e  tutto 
si  fanno  lecito  anco  verso  gli  unti  del  Signore!  In 

1  Pubblicata  come  sopra,  pag.  14. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  169 

questo  proposito  vorrei  rivivesse  1'  antico  coraggio  e 
costanza  del  collegio  della  Sorbona  ;  giacché,  se  fosse 
proibita  una  volta  quella  perversa  dottrina  da  qual- 
che università  cattolica,  i  principi  ne  prenderebbero 
animo  a  sostenere  la  propria  dignità.  Perocché  tutti 
si  lasciano  spaventare  a  quelle  parole  :  Questo  è  di 
fede  cattolica  ;  chi  altrimenti  sente  è  un  eretico  ;  così 
decisero  la  Chiesa,  i  Concili,  i  SS.  Padri  e  tutti  i 
dottori.  Questa  è  la  testa  gorgonica  ;  sono  questi  i 
viperei  crini.  Io  anelo  che  questa  controversia  discu- 
tasi piuttosto  pubblicamente,  che  da  private  perso- 
ne ;  sia  perchè  s'  affermi  e  difenda  Y  autorità  prin- 
cipesca, come  reclama  al  tutto  il  vantaggio  dello 
Stato  e  l' onore  divino  ;  sia  perchè  cadrebbero  tutte 
le  altre  quistioni  gesuitiche  e  romanesche,  che  a 
quest'  una  fan  capo.  Voglia  credermi  :  tutte  le  loro 
mire  son  volte  a  questo  ;  e  se  alcuno  s' attentasse  a 
rapire  Dio  dal  cielo,  non  se  ne  darebbero  per  intesi  : 
basta  che  rimanga  al  papa  la  sua  vicedivinità  o,  me- 
glio, sopradivinità.  Nella  sua  scrittura,  il  Bellarmino 
ha  detto  chiaro,  che  il  restringere  l' autorità  papale 
alle  faccende  spirituali,  torna  lo  stesso  che  annichi- 
larla :  tanta  hanno  stima  dello  spirituale,  da  para- 
gonarlo a  zero.1 

Questa  Repubblica,  per  la  prima,  non  temè  d' es- 
tirpar un  tal  libro  dal  suo  dominio,  camminando 
innanzi  a  coloro  che  avrebbero  il  dritto  e  la  forza 
di  operare.  Questo  si  attende  da  voi.  E  altrettanto  si 


1  A  noi  par  logica  questa  del  buon  Servita,  e  logica 
veramente  cristiana  Altri  vegga  se,  dopo  due  secoli  e  mezzo, 
le  dottrine  del  Bellarmino  rivissero  ;  e  che  cosa  fruttassero 
e  fruttino  e  sieuo  per  fruttare  alla  Chiesa  ed  alle  nazioni 
che  a  loro  moral  codice  tengono  il  Vangelo. 


170  LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

adoperò  con  fermezza  a  Nimes,  dove  furono  abbru- 
ciati libri  di  falsi  miracoli  :  resta  adesso  che  usino 
maggior  costanza  quelli  cui  tocca,  e  che  sono  solle- 
citati dagli  esempi  dei  predecessori.  Aggiungerei  che 
ciò  sarà  per  tornare  utile  all'  Università  in  quella 
disputa  che  dovrà  sostenere  coi  Gesuiti,  quando,  ol- 
tre a  quello  che  avvisò  1'  autore  della  Supplica  alla 
regina  sugi'  insegnamenti  gesuitici  rispetto  alla  qui- 
stione  della  superiorità  del  papa  al  Concilio,  ag- 
giungasi pur  l' altra  della  superiorità  del  papa  al  re. 
Ma  perchè  cotesto  nunzio  s'  è  tanto  travagliato  co- 
stà, quando  il  pontefice  non  ha  mosso  parola  al 
legato  veneto,  e  il  nunzio  qui  non  ha  aperto  bocca 
sul  fatto  della  Repubblica  ?  Si  danno  forse  1'  aria  di 
padroni  in  Francia,  dopo  che  il  re  fu  morto  (se  non 
per  altri  mezzi)  dalle  loro  dottrine? 

Ma  di  ciò  basti.  Se  (come  la  S.  V.  scrive)  la 
sfacciataggine  dei  papolatri  le  rivolta  lo  stomaco  e 
le  fu  di  sprone  a  metter  fuora  quei  documenti  sulle 
libertà  e  i  diritti  della  Chiesa  Gallicana,  io  non  pi- 
glierò  troppa  collera  contro  una  tale  sfacciataggine, 
che  fu  occasione  di  tanto  bene  e  a  noi  e  a  tutta 
la  Chiesa.  Perocché  importa  a  questa  che  tali  cose 
si  pubblichino  e  sieno  vedute  da  tutti.  Ma  frattanto 
vorrei  che  questo  pensiero  non  andasse  innanzi  a 
quello  della  sua  sanità  ;  la  quale  anzi  esorto  e  scon- 
giuro la  S.  V.  a  curare.  Io  penso  che  la  malattia  di 
calcoli  ond'  ha  poco  fa  avuto  travaglio  (e  godo  che 
per  poco),  le  sia  derivata  dalla  non  mai  intermessa 
applicazione  agli  studi  letterari.  Accetto  la  promessa 
degli  Atti  del  senato  per  lei  raccolti,  ed  ho  già  fatto 
mettere  il  suo  nome  nel  calendario. 

Avevo  veduto  (e  non  senza  nausea)  la  testimo- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  171 

niale  del  vescovo  di  Parigi  in  favore  della  Compagnia. 
Con  essa  si  vuole  imporci  la  credenza  che  la  Chiesa 
non  sia  fabbricata  sul  fondamento  degli  Apostoli  e  dei 
Profeti,  ma  su  quello  dei  Gesuiti.  Ma  fino  a  qui  sono 
poveri  a  fatti.  Aspetti  che  abbiano  avuto  adempi- 
mento gli  sforzi  eh'  ora  fanno  d' ascrivere  il  loro 
Ignazio  all'  albo  dei  Santi,  e  vedrà  di  quanti  nuovi 
articoli  di  fede  vorranno  caricarci.  Faccia  Dio,  di 
cui  commemoriamo  la  luce  recataci  nell'Avvento,  che 
si  sperdano  queste  tenebre  e  dilunghisi  da  tutta  la 
Chiesa  la  profonda  notte  dell'  ignoranza. 

Se  ardisco  scriverle  senza  sceltezza  e  troppo 
alla  buona,  la  V.  S.  egregia  sappia  scusarmi,  attri- 
buendo ciò  al  cortissimo  tempo  concessomi.  Poiché, 
coni'  arriva  il  corriere,  in  due  giorni  soli  mi  tocca 
a  rispondere  a  tutti.  Prego  Dio  che  la  custodisca 
in  salute  e  nella  pienezza  de'  suoi  doni.  E  le  bacio 
le  mani. 

Venezia,  7  dicembre  1610. 


CLXIV.  —  Al  signor  De  V  Me  Groslot.1 

Ricevo  consolazione  per  la  speranza  che  1'  assalto 
datole  dalla  colica  debba  esser  1'  ultimo,  e  sia  stato 
uno  sforzo  della  natura,  aiutata  dal  medicamento 
delle  acque  a  scacciare  le  reliquie  del  male:  altri- 
menti, sentirei  eccessivo  dispiacere  dall' intendere  per 
quella  di  V.  S.  delli  10  novembre,  che  per  sei  giorni 
continui  ne  sia  stata  travagliata.  Prego  Dio  che  la 
mia  speranza  sortisca  effetto  ;  ma  insieme  anco  la 

1  Dalla  raccolta  di  Ginevra  ec,  pag.  314. 


172  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

prego  che  voglia  coadiuvare  a  ciò  con  l' interporre 
qualche  tempo  alli  studi  e  alle  altre  occupazioni, 
che  producono  indigestione  ;  materia  di  tal  morbo. 

Io  sento  dispiacere  delle  lettere  smarrite,  le  quali 
credo  siano  giunte  a  Parigi  nel  tempo  della  sacra1 
del  re.  Spero  nondimeno  che  si  troveranno.  Né  sa- 
prei dire  a  V.  S.  che  particolare  importante  vi  fosse, 
salvo  che  avvisi  delle  cose  occorrenti.  Per  questo 
spaccio  io  ricevo,  oltre  la  suddetta,  un'  altra  pic- 
cola dell'  istesso  giorno  ;  dove  vedo  1'  esquisito  suo 
giudicio  in  penetrare  che  il  duca  di  Feria  partì  non 
per  mancamento  di  volontà  di  far  male  né  di  ma- 
teria atta  ad  esser  lavorata,  ma  per  non  aver  tro- 
vato il  tempo  maturo.  Non  dubito  che  le  carezze 
fatte  a  noi,  abbiano  altro  fine  che  di  aspettare  o 
di  accelerare  una  tal  maturità.  Questa  è  una  mise- 
ria che  non  s'  è  veduta  da  chi  vede  le  altre  cose. 

V.  S.  non  dubiti,  che  le  armi  di  Milano  siano 
contro  di  noi  :  al  sicuro  non  sono.  Non  è  utile  loro 
assaltare  per  quella  via,  che  ha  1'  esito  incerto,  e 
potrebbe  terminare  a  loro  più  facilmente  in  male 
che  in  bene.  Altro  abbiamo  da  temere,  e  il  male 
è  che  non  lo  temiamo.  Alcuno  dice  che  vano  è  il  ti- 
more di  quelli  che  pure  ne  hanno  parte;  che  po- 
che volte  se  ne  effettua  il  centesimo,  e  che  molte 
cose  s'  attraversano  in  aiuto  di  chi  gode  il  beneficio 
del  tempo,  e  ad  impedimento  di  chi  disegna  offen- 
dere. Faccia  Dio  che  così  sia  in  questo  particolare. 


1  Cioè,  della  consagrazione  o  coronazione  di  Luigi  XIII, 
la  quale  ebbe  luogo  in  Rheinis,  ai  17  ottobre,  per  le  mani 
dell'  arcivescovo  di  Rouen.  Sono  sempre  le  esagerazioni  no- 
cive, e  nocque  grandemente  anche  ai  principi  1'  aver  voluto 
così  trasumanare  la  loro  temporale  e  mondana  autorità. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  173 

Io  non  posso  ammetterle  che  maggiore  sia  il  male 
fatto  dai  Gesuiti  costì,  che  qui,  forse  perchè  io  non 
veggo  questo,  e  quello  come  lontano  mi  pare  mi- 
nore: ma  certo  operano  più  per  mezzo  degli  altri 
loro  ministri,  che  se  essi  stessi  fossero  presenti.  Credo 
bene  che  se  ricevessero  qualche  incontro  costì  in 
luogo  più  eminente  che  Nimes,  gioverebbe  e  a  voi  e 
a  noi.  Queste  sono  delle  cose  a  me  più  chiare  che  la 
luce  del  sole.  E  i  Gesuiti,  innanzi  che  questo  Acqua- 
viva  fosse  generale,1  erano  santi,  rispetto  a  dopo  : 
non  erano  entrati  in  maneggi  di  Stato,  né  avevano 
pensato  di  poter  mai  governar  città  ;  dove  che,  dopo 
in  qua,  e  sono  trenta  sei  anni,2  hanno  concepito  spe- 
ranza di  governar  tutto  il  mondo.  Non  parlo  per 
iperbole,  potendole  dir  per  certo,  eh'  essi  si  vantano 
di  dover  fra  poco  tempo  poter  tanto  in  Constanti- 
nopoli,  quanto  in  Fiandra:  per  il  che  anco  son  si- 
curo che  minima  parte  della  loro  cabala   è   nelle 

1  Claudio  Acquaviva  fu  eletto  generale  dei  Gesuiti 
nel  1581,  e  tenne  quel  grado,  a  cui  era  salito  di  soli  38  an- 
ni, sino  alla  sua  morte,  accaduta  nel  1615.  Fu  autore  della 
Ratio  studiorum,  proibita  dal  Santo  Ufficio  né  bene  ac- 
colta da'  suoi  ;  e  sotto  il  suo  regime,  fu  pure  emanato  il 
decreto  solenne  della  Compagnia  contro  gli  autori  che 
avevano  insegnato  potersi  in  certi  casi  dar  morte  ai  re- 
gnanti. Certo,  1'  Acquaviva  restaurò,  colla  sua  operosità 
e  fermezza,  la  fortuna  assai  scaduta  e  pericolante  del  suo 
Ordine  \  ma  non  intendiamo  il  perchè  a  lui,  anziché  al 
Lainez  famosissimo,  qui  sembrino  attribuirsi  le  teocratiche 
e  tirannesche,  le  oscuratrici  e  corruttrici  tendenze  di  esso. 
Sarebbe  stato  curioso  assai,  se  il  Sarpi  avesse  un  po'  me- 
glio svolto  il  concetto  eh'  egli  erasi  formato  del  governo 
e  (forse)  dell'  indirizzo  pratico  dato  alla  nera  società  da  co- 
testo frate  e  aristocrata  napoletano. 

2  II  computo  sembra  sbagliato,  se  vuoisi  riferirlo  al 
generalato  dell' Acquaviva,  dal  quale  correvano  allora  soli 
30  anni.  Ma  forse  è  questo  uno  dei  tanti  errori  tipografici  dei 
quali  è  gremita  la  raccolta  ginevrina  delle  Lettere  sarpiane. 


174  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

Ordinazioni  e  Costituzioni  stampate  del  1570.  Con 
tutto  ciò,  mi  par  molto  aver  quelle.  Io  userò  ogni 
diligenza  per  aver  le  Ordinazioni  della  loro  Congre- 
gazione generale,  se  sarà  possibile.  E  per  rispondere 
a  quello  che  V.  S.  mi  dimanda,  le  dirò  che  le  Costi- 
tuzioni sono  una  composizione  fatta  dal  primo  prin- 
cipio della  loro  fondazione,  la  quale  dopo  poco  tempo 
lia  ricevuto  un  augumento  intitolato  :  Declarationes 
et  annotationes  Constitutionum,  con  decreto  che  que- 
ste ancora  siano  di  pari  autorità  alle  Costituzioni  :  le 
quali  cose  tutte  sono  fatte  innanzi  ogni  congregazione 
generale.  In  esse  congregazioni  fanno,  secondo  esi- 
genza, nuovi  decreti  ;  ed  io  ho  una  formula  di  certi 
loro  voti,  nella  quale  si  dice:  Extracta  ex  prima 
Congregatione  generali,  Ut.  6,  decret.  23;  tale  che 
V.  S.  può  comprendere  quanto  siano  multiplici  le 
deliberazioni  di  queste  congregazioni,  poiché  sono 
distinte  per  titoli  e  decreti. 

Non  le  saprei  dire  quante  volte  abbiano  tenuta 
la  congregazione:  ben  le  dirò  che  nelle  Costitu- 
zioni (parte  8,  e.  2.)  si  dice  che  non  è  espediente 
far  la  congregazione  a  certi  e  determinati  tempi,  ma 
secondo  che  i  bisogni  constringono  ;  uè  meno  è  utile 
farla  troppo  spesso,  potendosi  a  ciò  supplire  con  let- 
tere e  con  messi  particolari,  da'  quali  il  generale 
può  intendere  i  bisogni  della  società.  E  (cap.  4)  :  La 
congregazione  per  eleggere  un  generale  sia  radunata 
da  quello  che  il  generale  ha  lasciato  suo  vicario  ; 
negli  altri  casi,  dal  generale,  il  quale  non  lo  deve 
far  spesso,  se  non  per  causa  urgentissima.  E  (cap.  5)  : 
Quando  si  congrega  per  l' elezione  del  generale,  il 
luogo  deve  esser  dove  è  la  corte  ordinaria  del  papa; 
quando  per  altro,  il  luogo  che  piacerà  al  generale. 


LETTERE  DI  FÉ  A  PAOLO   SAREI.  175 

Quanto  alle  Costituzioni,  quelle  che  io  ho,  hanno 
dieci  parti.  La  prima  intitolata  :  Literce  apostolica, 
quibus  institutio,  confi rmatio  et  varia  privilegia  So- 
cietatis  lesti  continentur  ;  Roma,  in  Collegio  Socie- 
tatis  lesti  1556,  e  uni  facilitate  superiortim.  L'  altra 
parte  è  intitolata:  Constitutiones  Societatis  lesti,  cimi 
ramni  declarationibus  ;  JRomce  1570,  apud  Victorium 
JElianiim,  cani  facilitate  superiorum.  Sappia  nondi- 
meno V.  S.,  che  quel  Vittorio  stampatore  del  loro 
collegio,  era  uno  dei  loro  coadiutori  materiali,  come 
chiamano.  Intendo  che  ad  ogni  congregazione  stam- 
pano i  decreti,  e  li  mettono  insieme  ;  ma  questo 
nel  collegio,  sì  che  non  occorre  pensare  di  averne 
da'  stampatori. 

Non  fa  bisogno  eh'  io  le  dica,  il  tutto  esser  in 
lingua  latina,  essendo  questo  noto.  E  poiché  siamo 
a  dir  delle  congregazioni  generali,  dopo  1'  ultima  ce- 
lebrata in  Konia,  passò  il  provinciale  di  Germania 
per  via  di  Grisoni,  non  avendo  potuto  avere  salvo 
condotto  per  questo  Stato  ;  e  in  un  luogo,  interrogato 
di  quello  che  avevano  deliberato,  rispose  che  gli 
effetti  delle  gran  congiunzioni  celesti  non  si  veggono 
se  non  dopo  molti  anni.  Adunque,  uno  potè  essere 
la  successione  di  Luigi  XIII  alla  corona  di  Francia. 

La  considerazione  che  V.  S.  fa  di  guadagnarne 
alcuno,  non  è  effettuabile,  perchè  non  participano  la 
cabala  se  non  a  ben  provati  e  passati  per  tutti  i 
generi  di  cimenti  ;  né  quelli  che  sono  iniziati  possono 
pensar  di  ritirarsi,  avendo  la  congregazione  un  tal 
dono,  mediante  la  buona  regola  di  governo,  che  se 
un  tale  iniziato  parte,  muore  immediate. 

Se  lo  stile  di  cotesta  corte  di  Parlamento  con- 
cede che  si  possa  fare  una  domanda  tale  quale  è 


176  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

venuto  in  pensiero  a  V.  S.,  cioè  che  mettino  in  mano 
di  essa  corte  le  Costituzioni,  sarebbe  mirabile,  per- 
chè scoprirebbe  tutta  la  cabala.  Ma  s'  abbia  per 
certo  V.  S.,  che  più  tosto  essi  partirebbono  di  Fran- 
cia, che  presentarla. 

Io  ringrazio  V.  S.  per  1'  esemplare  del  Richéome, 
e  per  quelli  dell'  Anti-Cottone,  che  mi  manda  ;  seb- 
bene 1'  Anti-Cottone  è  stato  fatto  e  stampato  in  ita- 
liano, non  so  in  qual  luogo.  Mi  sarebbono  molto 
care  le  lezioni  di  Cuiacio  in  canonico  solamente, 
massime  per  veder  lo  stile  tenuto  da  quel  valent'  uo- 
mo, e  procurare  d'  accomodarlo  a  qualche  studio 
qui,  come  Ella  può  ben  imaginare.  Del  libro  di  Bel- 
larmino, V.  S.  a  quest'  ora  ne  avrà  ricevuto  una  co- 
pia, che  il  signor  Domenico  Molino  mandò  per  lei. 
Non  è  da  dubitare  che  sia,  come  V.  S.  dice,  un 
trionfo.  È  vero  che  questi  signori  1'  hanno  proibito 
con  pene  grandissime  nel  loro  Stato.  Resta  che  chi 
ha  maggior  ragione  e  forze,  faccia  la  sua  parte,  come 
io  voglio  sperare  che  sarà  fatto.  Accomoderò  la  ci- 
fra, secondo  che  V.  S.  m' instruisce.  e  penserò  un 
poco  all'  amplificazione. 

Questa  mattina  il  nuovo  ambasciatore  d' Inghil- 
terra ha  presentato  la  sua  lettera  di  credenza;  del 
quale  io  non  ho  tenuto  a  mente  il  nome,1  per  esser 
assai  barbaro.  Vien  detto  che  sia  uomo  di  valore, 
e  zelante.  Era  uno  dei  deputati  nel  Parlamento  ul- 
timamente tenuto  :  la  giornata  ci  mostrerà  la  riu- 
scita. Egli  ha  seco  la  moglie,  che  medesimamente 
viene  descritta  persona  di  qualità.  Io  feci  al  suo 
tempo  la  conveniente  scusa  sopra  il  successo  delle 


1  Vedilo  al  fine  della  Lettera  seguente. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  177 

lettere,  sì  come  in  un'  altra  mia  li  promessi  di  fare. 
Per  risposta  non  mi  occorre  dirle  altro,  se  non  che 
per  la  passata  risposi  a  quella  delli  27  ottobre. 

Passo  ora  alle  cose  di  qua.  Ai  25  del  passato,  in 
lìoma,  Pietro  Antonio  Rubetti,1  già  arcidiacono  e  vi- 
cario patriarcale  di  Venezia,  che  V.  S.  conosce,  e  che 
poi  andò  a  Roma  perfidamente,  avendo  la  mattina 
detto  messa,  e  vissuto  il  giorno  secondo  il  suo  or- 
dinario, la  notte  seguente  sprovvistamente  è  morto  ; 
ed  essendosi  appresso  ad  alcuni  divulgato,  ciò  esser 
successo  per  veleno,  il  pontefice  ha  mandato  il  suo 
chirurgo  e  fatto  aprire  il  corpo  per  certificarsene  ;  il 
quale  riferì  non  averne,  trovato  alcun  indizio:  e  tutto 
questo  è  certo. 

Della  guerra  credo  non  sarà  niente  ;  Spagna  non 
la  vuole;  Torino  non  può  senza  Francia,  la  quale 
non  vorrà,  né  potrà  dare  aiuto.  Il  figliuolo  non  ha 
voluto  dire  al  re,  che  il  duca  dimanda  perdono  e 
offerisce  la  vita  e  lo  Stato  :  il  che  essi  volevano  per 
introdur  principii  di  servitù.  Torino  anco  teme  di 
Mantova  ;  tanto  che  le  cose  passano  con  qualche 
confusione. 

Pare  che  quei  di  Germania  voglino  riformare  la 
nostra  città  quanto  alle  cose  delle  lettere,  poiché  a 
Trento  hanno  scrutinato  tutte  le  balle  de'  libri  che 
venivano  da  Francoforte,  e  levato  fuori  e  confiscato 
molte  sorti  di  libri  che  non  trattano  di  religione,  ma 
legge  ovvero  istoria,  e  in  particolare  tutti  gli  esem- 


1  La  fuga  del  Rubetti  da  Venezia  è  raccontata  nella 
Lettera  XLIV,  e  a  lui  si  fa  più  volte  allusione  in  altri 
luoghi,  ed  anche  a  pag.  39  di  questo  stesso  volume.  Ma 
nuovi  e  più  importanti  particolari  intorno  alla  sua  morte, 
si  troveranno  al  fine  della  Lettera  seguente. 

Sarpi.  —  II.  1-2 


178  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

plari  dell'  istoria  di  monsieur  di  Thou.  Ma  ben  si  sa 
onde  questo  nasce. 

Io  aspetto  per  la  seguente  d'  intender  la  conva- 
lescenza e  la  totale  salute  di  V.  S.  ;  alla  quale,  fa- 
cendo fine,  bacio  la  mano,  insieme  col  signor  Molino 
e  Fra  M.  Fulgenzio. 

Di  Venezia,  il  7  dicembre  1610. 


CLXV.  —  Al  medesimo. 1 

Sino  a  questo  punto,  quando,  non  potendo  più 
differire  per  la  instante  partita  del  corriere,  mi  pongo 
a  scrivere,  non  sono  arrivate  le  lettere  di  Francia: 
per  il  che  non  farà  nissuna  maraviglia  a  V.  S.  se 
mi  avrà  scritto,  e  non  riceverà  avviso  del  recapi- 
to. Io  credo  clie  questo  sarà  1'  ultimo  spaccio  pel 
quale  potrò  scrivere  al  signor  Foscarini  in  Francia, 
essendo  che  all'  arrivo  di  questo  sarà  anco  arrivato 
il  suo  successore  a  Parigi.  Per  il  seguente  corriere 
non  le  scriverò,  se  non  avrò  trovato  modo  come  le 
lettere  debbino  capitare  per  via  di  Torino. 

È  passata  qui  una  voce,  dicesi  per  lettere  venute 
all'  eccellentissimo  Champigny,  che  il  Parlamento  di 
Parigi  abbia  fatto  un  arresto  contro  il  libro  del  car- 
dinale Bellarmino.:  il  che  siccome  sarebbe  giusto  e 
conveniente,  così  mi  rendo  difficile  a  credere  che 
sia  effettuato,  essendo  in  un  tempo  quando  uno  de- 
gli impedimenti  alle  azioni  giuste  è  la  loro  giustizia. 

Qui  in  Italia  tutti  sono  in  grande  allegrezza  per 
la  risoluzione  venuta  di  Spagna  che  siano  licenziate 

1  Stampata,  come  sopra,  pag.  324. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  179 

le  genti  di  Milano,  e  conservata  la  pace  d' Italia.  Già 
si  è  ciato  1'  ordine  che  non  si  proceda  più  innanzi 
nell'  armarsi,  così  da  ima  parte  come  dall'altra  ;  tanto 
che  il  nostro  timore  è  stato  vano.  Se  la  continua- 
zione della  pace  sarà  utile  o  dannosa,  1'  evento  lo 
dimostrerà.  In  somma,  si  vede  così  per  questo  esem- 
pio, come  per  due  altri  occorsi  già  pochi  anni,  che 
la  guerra  non  può  aver  luogo  in  questa  regione. 

Vi  è  dubbio  se  la  Germania  goderà  la  stessa 
buona  fortuna,  così  per  i  sospetti  dell'  Imperatore, 
il  quale  tiene  ancora  in  armi  le  genti  di  Passau, 
come  per  le  pretensioni  della  Sassonia  sopra  Cleves, 
il  quale  ha  avuto  promessa  da'  suoi  d'  un  millione 
di  fiorini,  e  sta  facendo  dieta  con  quelli  di  sua  casa 
per  risolversi.  E  Leopoldo  non  dorme,  il  quale  vor- 
rebbe in  ogni  modo  racquistare  quello  che  non  ha 
potuto  tenere. 

Il  papa  ha  pagato  alla  lega  cattolica  24  mila  fio- 
rini,1 e  sente  con  disgusto  che  in  Italia  non  si  di- 
sarmi, temendo  che  non  gli  convenga  pagarne  degli 
altri,  e  desiderando  in  ogni  modo  pace  per  tutto, 
acciocché  qualche  sinistro  accidente  non  trasportasse 
in  Italia  qualche  scintilla  del  fuoco  acceso  altrove. 

Per  1'  ultima  mia  scrissi  a  V.  S.  la  morte  del  già 
arcidiacono  e  vicario  di  Venezia,  successa  in  Roma, 
con  quei  particolari  che  allora  seppi  :  i  quali  anco 
le  confermo,  ma  le  aggiungerò  ora  il  modo  saputo 
più  particolarmente,  e  tuttavia  certo.  11  giorno  dei 
25  novembre,  il  misero  fu  invitato   a  desinare  da 

1  Così  fece  sempre  la  corte  romana,  e  non  sola  la  roma- 
na corte  ciò  fece  -,  diciamo  di  spogliare  i  suoi  popoli  per  cre- 
scer forze  alle  fazioni  e  a  quelle  sètte  il  cui  precipuo  scopo 
è  di  ribadire  ognora  e  di  perpetuare  la   pubblica   servitù. 


180  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

Marc'  Antonio  Tani,  cameriero  intimo  del  papa,  so- 
lito d' invitarlo  qualche  volta  ;  dove  andò  sano  e  al- 
legro, e  desinò  in  sanissima  disposizione.  La  notte, 
gli  sopravvenne  una  uscita  di  ventre  con  tanti  im- 
pedimenti, che  in  pochissime  ore  cacò  circa  quaranta 
volte,  prima  gli  umori,  poi  il  sangue  e  finalmente 
la  vita.  La  mattina  uscì  qualche  rumore  che  fosse 
stato  avvelenato  :  per  il  che  il  papa  mandò  il  suo 
chirurgo  ;  quale,  aperto  il  corpo,  certificò  non  aver 
trovato  alcun  indizio  di  veleno." 

Io  sto  con  molto  pensiero  come  continuare  la  co- 
municazione con  V.  S.:  tuttavia  si  troverà  ripiego. 
Tra  tanto,  le  bacio  con  ogni  riverenza  la  mano, 
pregando  Dio  che  la  conservi  in  sanità  e  prospe- 
rità. Mi  scordai  per  la  passata  dirle,  che  il  nome 
dell'  ambasciatore  della  Gran  Brettagna  è  signor 
Budley  Charleton. 

Di  Venezia,  li  21  dicembre  1610. 


CLXVI.  —  Al  nominato  Rossi.1 

Per  mano  del  signor  segretario  Anselmi  ho  ri- 
cevuto quella  di  V.  S.  delli  23  novembre,  con  le  al- 
legate stampe  e  scritture.  Il  Tocsin2  è  una  bella 
composizione,  ma  un  poco  troppo  poetica.  Non  credo 
che  farebbe  quel  frutto  qui  presso  noi  che  han  fatto 
FAnti-Cottone  e  le  due  rimostranze,  una  per  nome 
dell'Università  e  l'altra  diretta  al  Parlamento;  le 


'  Edita  in  Capolago  ec,  pag.  238. 
-  Così  crediamo    di   dover  leggere,  benché   la    prima 
stampa  abbia  :  «  Torsin.  » 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  181 

quali,  essendo  state  portate  qui  in  italiano,  sono 
state  lette  con  avidità,  gusto  e  frutto. 

La  copia  del  processo  fatto  a  Ravagliac  ha  bene 
alcuni  punti  molto  considerabili,  e  dovrebbe  istruire 
chi  governa  cotesto  regno,  quanto  importi  che  non 
vadano  attorno  false  dottrine;  che  Ravagliac  non 
sarebbe  venuto  a  quella  parricidiale  risoluzione,  se 
non  avesse  creduto  (come  ho  detto)  che  il  papa  fosse 
Dio.  Tengo  che  questa  copia  di  processo  sia  vera, 
ma  con  qualche  opinione  che  vi  sia  qualche  cosa 
di  più,  che  non  sia  pubblicata  perchè  non  fosse  con- 
veniente. Ma  benché  sia  saputa  da  quelli  a  chi  ap- 
partiene, mi  pare  ancora  che  la  somma  sapienza 
de'  Gesuiti  alcune  volte  venga  meno  ;  poiché,  pren- 
dendo facoltà  di  poter  insegnare  in  codesta  città, 
non  è  stato  opportuno  col  libro  del  Bellarmino  pub- 
blicare che  sorte  di  dottrine  insegnerebbono  ;  e  mi 
pare  che  si  dovevano  ben  contentare  col  buon  mer- 
cato fatto  loro  nella  causa  di  Mariana,  senz'  aggiu- 
gnerne  una  nuova.1 

I  «  Lo  scopo  principale  di  questo  libro  si  è  di  dare  ai 
sudditi  il  permesso  di  ammazzare  i  re....  Esso  fu  stampato 
alcuni  mesi  prima  che  avvenisse  il  parricidio  di  Enrico  IV, 
e  i  nemici  del  bene  e  della  quiete  della  Francia  V  hanno 
fatto  introdurre  in  questo  Stato  in  un  momento  che,  a  ca 
gione  della  reggenza,  credevano  infiacchite  le  sue  forze.  » 
(Discorso  del  primo  presidente  del  Parlamento  alla  regina 
reggente) 

II  libro  del  Bellarmino  fu,  per  ordine  del  Parlamento, 
effettivamente  bruciato  per  mano  del  carnefice. 

Lo  stesso  destino  ebbe  quello  di  Giovanni  Mariana, 
gesuita  spaglinolo,  intitolato  :  De  Rege  et  Regis  institutione, 
stampato  a  Magonza  nel  1605  ■,  del  quale  ecco  1'  opinione 
su  Iacopo  Clemente,  assassino  di  Enrico  III  : 

«  Iacopo  Clemente,  domenicano,  nato  a  Sorbona,  piccolo 
villaggio  degli  Edui  (1'  Autunnese),  studiava  teologia  in  un 
collegio  del  suo   ordine  *,  ed  essendo  stato  instrutto  dai  teo- 


182  LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

Qui  è  sparsa  fama  (la  quale  ha  origine  dal  signor 
ambasciatore  Sciampignì)  che  sia  pronunziato  arresto 
del  Parlamento  contro  il  libro  creduto  di  quel  car- 
dinale ;  di  che  io  sto  con  desiderio  aspettandone  la 
confermazione  con  lettere  del  corriero,  il  quale  a 
quest'  ora  non  è  ancora  giunto.  Se  l' avviso  sarà 
vero,  il  signor  presidente  d'Harlay  avrà  con  le  sue 
ultime  azioni  corrisposto  a  tutte  le  passate,  e  mo- 
strato l' istesso  valore  nella  vecchiezza  che  nella  vi- 
rilità. Io  desidero  che  al  presidente  di  Thou  succeda 
il  disegno,  sebbene  in  quel  particolare  favorisca  i 
Gesuiti,  sperando  che  non  farà  l' istesso  negli  altri 
che  si  trattano.  Faranno  questo  di  bene,  che  la  no- 
biltà (massime  i  grandi)  saranno  tutti  uniti,  ne  vi 
potrà  nascere  pericolo  di  novità.  Mentre  che  le  città 


logi  (gesuiti)  ai  quali  si  era  diretto,  che  si  può  legittima- 
mente ammazzare  un  tiranno  *,....  con  un  pugnale  avvelenato, 
che  teneva  nella  mano  nascosto,  ferì  profondamente  Enrico  III 
nel  basso  ventre.  Oh  insigne  confidenza  del  proprio  coraggio  ! 
oh  azione  memorabile  !  I  cortigiani,  dal  caso  insolito  com- 
mossi, lo  assalgono,  1'  abbattono  a  terra,  e  saziano  la  loro 
crudeltà  e  sevizia  opprimendolo  di  ferite;  le  quali  egli  sop- 
portò senza  dir  parola,  anzi  con  gioia,  siccome  appariva 
dal  suo  volto,  perchè  sfuggiva  ad  altri  tormenti  i  quali  si- 
curamente aveva  preveduti  •,  lieto  solo  in  questo,  anche  tra 
le  battiture  e  le  ferite,  che  col  suo  sangue  aveva  redento 
a  libertà  la  patria  comune.  L'  assassinio  del  re  gli  procurò 
un  gran  nome.  »  (Lib.  I,  cap.  6,  pag.  53.) 

Il  capitolo  7  del  medesimo  libro  incornicia  così  :  «  E 
davvero  misera  la  vita  di  quelli  la  condizione  de'  quali  è, 
che  chi  gli  uccide  sale  in  altissima  grazia  e  riputazione 
de1  posteri.  E  in  fatti,  non  è  picciola  gloria  quella  di  ester- 
minare, dalla  comunità  degli  uomini  questa  genia  pestifera 
ed  esiziale  ec.  »  {Intende  i  principi,  eh'  egli  chiama  sem- 
pre tiranni.)  —  Ora  si  dica  se  Fra  Paolo  non  aveva  ragione 
di  detestare  una  società  che  faceva  pompa  di  così  inique 
massime.  La  rivoluzione  di  Francia  fu  niente  altro  che 
T  effetto  della  dottrina  de'  Gesuiti.  —  (Bianchi  Giovini.) 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  183 

si  ricorderanno  l' incomodo  della  guerra  ed  i  comodi 
della  pace,  staranno  salde. 

La  conservazione  di  Sully  mi  piace  sommamente,3 
per  gli  avvisi  che  possono  ricevere  i  riformati,  e  per 
qualche  contrappeso  che  potrà  fare  a  Villeroi.  Se  alle 
altre  contrarietà  che  hanno  i  Gesuiti  s'  aggiunge 
anco  1'  istanza  de'  riformati  acciò  siano  scacciati, 
sarà  facil  cosa  che  si  veda  il  fine  dell'  impresa.  Senza 
dubbio,  nelle  cose  che  passeranno,  bisognerà  che  gli 
Ugonotti  sieno  rispettati,  ed  essi  faranno  bene  a  non 
perdonare  e  a  domandare;  massime  che  tutto  quello 
che  sarà  in  lor  favore,  sarà  in  servizio  di  Dio  ed 
utilità  del  re. 

Se  quelli  della  società  pel  Canada  fossero  in- 
formati del  travaglio  che  i  padri  Gesuiti  danno 
ai  Portoghesi  nell'  Indie  Orientali,  non  li  ricevereb- 
bono  mai  in  compagnia.  Ho  veduto  con  gusto  i  ca- 
pitoli: così  prego  Dio  favorisca  quella  società,  se 
sarà  senza  Gesuiti. 

Per  venire  alle  cose  nostre,  Italia  è  piena  di  al- 
legrezza per  la  concordia  col  re  di  Spagna,  essendosi 
già  fermata  ogni  provvisione  di  guerra,  e  dovendosi 
fra  pochi  giorni  disarmare  una  parte  e  1'  altra  :  il 
che  piaccia  a  Dio  che  sia  a  sua  gloria.  Ma  di  Ger- 
mania non  abbiamo  nuove  di  quiete,  perchè  l'impe- 
ratore, pieno  di  sospetto,  non  vuol  disarmare  le  sue 
genti.  Il  duca  di  Sassonia  ha  avuto  promesse  da'  suoi 

1  II  duca  di  Sully  (Vedi  la  nota  2  a  pag.  22)  non  si  ritirò 
per  allora  dalla  corte,  né  la  bigotta  reggente  né  il  suo 
vile  favorito  avrebbero  mai  trovato  il  coraggio  cbe  sarebbe 
stato  necessario  a  cacciamelo.  Egli  bensì  volle  uscirne  spon- 
taneo, per  non  dover  piaggiare  a  un  Concini,  nella  età 
ancor  fresca  di  51  anno,  e  dopo  averne  spesi  ben  14  am- 
ministrando sapientemente  le  finanze  del  regno. 


184  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

sudditi  di  un  milione  di  fiorini,  e  consulta  con  quelli 
del  suo  sangue  quello  che  debba  fare.  La  differenza 
tra  i  palatini  per  1'  amministrazione  dell'  elettorato, 
sebbene  non  pare  che  voglia  partorir  guerra,  almeno 
impedirà  concordia.  Già  Neumburgo  ha  mandato  in 
istampa  un  giusto  volume  delle  sue  ragioni:  per  il 
che  si  può  dubitare  che  la  lega  di  Halla  possa  sva- 
nire, essendo  senza  capo  e  con  membra  divise.  Il 
papa  ha  pagati  ventiquattromila  fiorini  alla  lega 
cattolica,  e  sta  con  disposizione  che  disarmino,  così 
pel  desiderio  che  ha  di  pace,  affinchè  qualche  scintilla 
di  quell'  incendio  non  saltasse  in  Italia,  come  anco 
per  timore  di  non  essere  importunato  per  contribuir 
maggior  somma. 

Scrissi  a  V.  S.,  per  lo  spaccio  passato,  la  morte 
repentina  successa  in  Roma  del  già  arcidiacono  di 
Venezia.  Allo  scritto  aggiungo,  che  quel  giorno, 
delli  25,  fu  invitato  a  desinare  da  Marcantonio  Tani, 
cameriere  intimo  del  pontefice,  col  quale  anco  desinò 
molto  allegramente  ;  e  la  notte  seguente,  successe  la 
sua  morte  in  poche  ore,  avendo  egli  evacuato  circa 
quaranta  volte  1'  umore,  il  sangue  e  F  anima. 

Io  credo  che  all'  arrivo  di  questa  il  signor  am- 
basciador  Foscarini  sarà  sulla  partita;  onde  sarà 
necessario  di  trovare  qualche  via  di  continuare  la 
nostra  comunicazione.  Io  me  n'  ingegnerò  :  non  so 
se  mi  riuscirà  il  desiderio  ec.  Prego  Dio  Nostro 
Signore  che  le  cloni  ogni  prosperità,  e  le  bacio  le 
mani. 

Di  Venezia,  il  21  dicembre  1610. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  185 

CLXVII.  —  Al  signor  De  V  Me  Gh-oslot.1 

Scrissi  a  V.  S.  per  1'  ultimo  corriere  sotto  il  dì  21 
decembre,  non  essendo  ancora  giunto  1'  ordinario  di 
costì  ;  il  quale  arrivò  otto  giorno  dopo,  e  mi  portò 
quella  di  V.  S.  delli  23  novembre  :  e  ieri  giunse  1'  al- 
tro, che  mi  portò  1'  ultima  sua  delli  8  decembre. 
Questa  m'  ha  significato  il  buon  recapito  della 
mia  delli  28  settembre,  che  pensavamo  perduta  :  di 
che  ho  sentito  gran  piacere,  sebbene  rammemorando 
il  contenuto  di  essa,  non  mi  pareva  che  vi  fosse 
dentro  particolare  di  gran  momento. 

Non  pensavo  di  doverle  scrivere  per  questo  spac- 
cio, credendo  che  il  corriero  il  quale  parte  di  qui  non 
fosse  per  trovar  in  Parigi  il  signor  ambasciator  Fo- 
scarini;  ma,  fatto  meglior  conto,  giudico  che  lo  po- 
trebbe anco  ritrovare.  Anelerò  nondimeno  più  sobrio 
per  questo  dubbio. 

Le  dirò  prima,  delle  cose  d' Italia,  che  ogni  giorno 
ci  assicuriamo  più  della  pace,  e  già  si  dà  princi- 
pio a  licenziar  le  genti.  Ci  resta  pregar  Dio,  che 
la  pace  non  ci  riesca  più  dannosa  della  guerra, 
come  diverse  apparenze  dimostrano  che  debba  essere. 
Quando  Spagna  fosse  occupata  in  Italia,  non  po- 
trebbe attendere  a  coltivare  le  semenze  e  piante  na- 
scenti in  Francia.  Torino  voleva  guerra,  ma  è  man- 
cata da  parte  della  regina  di  Francia,  credo  bene 
per  ottime  ragioni,  conoscendo  il  suo  male  dal  man- 
dar il  figlio  in  Spagna.  Fu  consiglio  di  Bouillon.  e 
questo  lo  dico  a  V.  S.  per  certo. 

Quello  eh'  è  successo  per  1'  ai- resto  contra  il  libro 

1  Dalla  raccolta  di  Ginevra,  pag.  328. 


186  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

del  cardinale  Bellarmino,  ha  dato  estremo  orgoglio 
al  papa  e  a'  Gesuiti,  e  debolezza  qui.  Con  tutto  ciò, 
io  non  stimo  tanto  male,  ma  ben  credo  che  siamo 
prossimi  ad  una  gran  crisi,  restando  incerto  se  ter- 
minerà in  convalescenza  o  in  morte. 

Si  conferma  la  presa  o  compra  della  Rocca  fatta 
dagli  Spagnuoli  :  cosa  che  non  so  vedere  se  sarà  loro 
utile  o  dannosa,  perchè  potrebbe  loro  esser  di  gran 
spesa  e  di  molta  occupazione  il  mantenerla. 

Ora  venendo  a  risponder  a  quelle  di  V.  S., 
primieramente  resto  con  molto  dispiacere,  vedendo 
che  la  sua  colica  l' affligge  così  lungo  tempo,  e 
vado  dubitando  che  li  studi  o  qualche  altra  occu- 
pazione di  poco  rilievo  la  fomentino  ;  e  però  prego 
V.  S.  ad  anteponer  ad  ogni  altra  cosa  la  sanità,  e  a 
non  volere  per  cose  accidentali  trascurare  l'essenziali. 

Mi  scrive  Castrino  d'  aver  inviatomi  per  la  fiera 
di  Francfort  l' Apologia  del  Richéonie  e  la  Lettura 
di  Cuiacio  :  di  che  rendo  molte  grazie  a  V.  S.,  con  un 
poco  di  vergogna  che  a  tante  obbigazioni  non  possa 
io  dare  una  minima  sodisfazione,  corrispondendo 
almeno  in  minima  parte  a  tanti  favori  che  mi  fa. 

Sono  fatte  nella  materia  de'  Gesuiti  molte  belle 
scritture  in  Francia,  delle  quali  tutte  ne  ho  avuto 
copia  per  grazia  di  Castrino  e  d'  altri  amici.  Sono 
anco  tutte  state  lette  qui  con  gusto  e  frutto.  Il  Toc- 
sin  mostra  compitissima  erudizione,  tocca  di  bei 
passi,  e  con  molta  libertà  e  giudicio,  e  imita  molto 
Plutarco  nel  fare  paralleli;  i  quali  quando  sono  tratti 
dall'  istoria,  sono  di  molta  instruzione,  ma  quando 
da  favola,  servono  a  diletto.  Ho  veduto  una  Epistola 
scritta  da  Duay,1  la  quale  ha  molti  particolari:  io 

1  Non  sarebbe  bene  scritto  questo  nome  ove  qui  avesse 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  187 

però   ci  desidererei  più  il  decoro,  e  la  esplicazione 
di  alcune  circostanze  necessarie. 

Quanto  al  continuare  la  nostra  comunicazione,  a 
V.  S.  sarà  facile,  perchè  mi  capiteranno  sicure  tutte 
le  lettere  che  anderanno  in  mano  di  Barbarigo  ;  ma 
le  mie  a  V.  S.  sentiranno  difficoltà,  perchè  io  non 
so  come  egli  le  potrà  far  capitare  costà  per  via 
sicura.  Dell'  ambasciator  nuovo  non  convien  fare  as- 
segnamento, per  esser  papista,  non  per  inganno  ma 
per  malizia.  Sto  pur  con  speranza  di  qualche  buona 
apertura  che  sia  portata  da  tante  occasioni  che  sono 
in  campo  ;  senza  che,  quantunque  le  lettere  fossero 
tutte  in  cifra,  non  sono  sicure,  potendo  capitare  in 
mano  di  chi  abbia  forza  di  comandar  l' interpreta- 
zione. Contuttociò,  nel  primo  ozio  che  mi  troverò  ave- 
re, \ado  pensando  di  comporne  una,  che  abbia  del  fa- 
cile e  abbondante.  Non  posso  esser  più  lungo,  se  bene 
averei  un  mondo  di  cose  da  discorrere  con  esso  lei, 
non  assecurandomi  del  buon  recapito  della  presente  : 
per  il  che  farò  fine  baciandoli  riverentemente  la  mano. 
Di  Venezia,  1  gennaro  1611. 


CLXVIII.  —  A  Giacomo  Gillot.1 

Devesi  ai     maneggi    dei  romaneschi,  se    a    un 
tempo  ci  giunsero  e  i  forti  decreti  del  regio  Senato, 

ad  intendersi  la  città  di  Douay.  Di  sopra,  ove  ponemmo, 
come  in  più  altri  simili  luoghi,  Tocsin,  la  stampa  ginevrina 
f*  leggere  Tocconi.  Più  innanzi  (alla  pag.  189)  abbiamo 
esposta  la  nostra  opinione  sui  tanti  opuscoli  che  un  tempo 
attrassero  1'  attenzione  e  le  cure  fiuanche  di  un  Stirpi,  e 
che  la  posterità  ebbe  poi  pienamente  dimenticati. 
1  Edita  in  latino,  tra  le   Opere  ec,  pag.   17. 


188  LETTERE  DI  FKA  PAOLO   SARPI. 

e  le  deliberazioni  fatte  in  contrario  dal  privato  Con- 
siglio del  principe.  Ne  potemmo  non  rammaricarci 
considerando  i  destini  di  ima  stirpe  valorosissima, 
che,  per  codardia  e  corruttela  di  pochi,  è  costretta  a 
vedere  scrollati  i  fondamenti  del  regno  e  a  soppor- 
tarlo in  pace.  Ogni  giorno  più  si  chiarisce  qual  buon 
giuoco  abbia  fatto  a'  nemici  la  morte  del  gran  re. 
Faccia  Dio  che  non  si  abbia  da  conoscere  appieno, 
prima  che  passi  1'  anno.  La  vostra  disgrazia  è  anche 
disgrazia  nostra,  poiché  secondo  i  successi  di  costà 
gli  animi  s' ingagliardiscono  o  si  spaurano.  A  Roma 
narrarono  cotesti  fatti  con  una  tal  quale  adulazione 
verso  di  noi,  esclamando  che  qui  si  era  adoperata 
maggior  prudenza,  per  non  essersi  posto  mano  a 
scritture  :  il  che  se  torna  gradito  al  volgo,  non  to- 
glie a'  savi  di  conoscere  dove  mirino  cotesti  panegi- 
rici, né  di  sospettare  d'artificio  in  quel  confonder  tut- 
to, battezzando  (atteso  l' indole  nazionale)  per  pru- 
denti noi,  i  quali,  comunque  fermi  nel  fronteggiare 
gii  ostacoli,  siamo  alquanto  rimessi  in  quanto  al- 
l' affrontare  le  utili  imprese.  Non  può  negarsi  che 
ciò  non  abbia  portato  grave  ferita  alla  riputazione  ed 
alla  dignità  comune  ;  e  pure  ho  per  fermo  che  i 
buoni  Francesi  si  mostreranno  più  ardimentosi  che 
timidi  nel  tempo  avvenire. 

Io  ricevei  due  lettere  della  S.  V.  ;  l'ima  del  primo 
di  dicembre,  con  l' esemplare  dell'  arresto,  con  F  Apo- 
logia di  Euformione  e  col  non  mai  abbastanza  lo- 
dato Tocsin.  L'  Apologia  è  gravissima  d'  erudizione, 
e  dimostra  nell'  autore  un  ingegno  svegliato  e  sodo  ; 
ma  l'autore  del  Tocsin  è  assai  intendente  di  faccende 
politiche.  Voglia  Dio  che  venga  ascoltato  dai  vostri 
magnati  ;  i  quali  se  continueranno  a  dormire  e  non 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  189 

emenderanno  gli  errori  commessi  per  la  furberia  e  le 
suggestione  dei  nemici,  io  ne  prenunzio  loro  altri  e 
ben  più  solenni.  L' Epistola  a  Paolino  Ex-datario,1  che 
io  ricevei  con  la  lettera  della  S.  V.  dei  quindici  di 
dicembre,  enumera  molte  ruberie  fatte  dai  Gesuiti  ol- 
tre 1'  Alpi  :  il  che  io  ignorava.  Ma  Italia  non  ne  va 
libera,  e  qui  lavorano  colle  stesse  arti  che  fanno  ol- 
tremonti. Ma  io  mi  maraviglio  sommamente  del  po- 
tere o  strapotere  eh'  essi  esercitano  costà  ;  ove  po- 
tendosi stampare  e  ritener  tutto,  pur  non  è  lecito 
di  toccar  loro  :  se  non  che,  quanto  più  favori  usur- 
pano, tanto  mi  lusingo  che  dovranno  più  presto  re- 
star colpiti  dalla  concordia  dei  buoni. 

Compiacciomi  e  lodo  che  la  S.  V.  non  si  disvolga 
dal  mettere  insieme  pubblici  documenti.  In  questo 
è  da  insistere  con  maggior  nervo,  per  contrabbilan- 
ciare gli  altrui  accaniti  sforzi.  Fa  stupore  che  lavo- 
rino all'  uopo  di  mani  e  di  piedi  dieci  e  più  Gesuiti, 
volendo  per  se  e  pel  papa  l' imperio  del  mondo.  I 
principi  e  i  loro  intimi  ministri  non  sanno  prendere 
un  partito  ;  e,  quel  eh'  è  peggio,  incutono  paura  ai  vo- 
lonterosi che  si  oppongono.  Io  metto  molta  fiducia 
in  cotesto  Senato  e  nei  suoi  singoli  membri  ;  e  con- 
lido (purché  diate  ascolto  a  Tocsin)  che  saprete  pren- 
dere le  prime  occasioni  opportune,  o  piuttosto  andare 
incontro  alle  sopravvegnenti.  Ma  io  sono  un  dappoco 
dandomi  a  credere  di  spronar  chi  già  corre.  Lasciate 
queste  intramesse,  vengo  a'  casi  miei  propri. 

Il  servirmi  del  legato  Foscarini  non  mi  par  più 

1  Questo,  con  gli  altri  titoli  d'  opere  che  s' incontrano 
in  questa  Lettera  e  nelle  più  prossime,  li  abbiamo  per 
capricciose  denominazioni  di  libri  che  si  scrivevano  intorno 
alle  religiose  controversie  di  quel  tempo. 


190  LETTERE  DI  FRA.  PAOLO   SARPI. 

mezzo  sicuro  per  inviar  lettere  alquanto  libere;  e 
perciò  non  so  indurmi  a  finir  questa,  come  presago 
che  per  qualche  tempo  non  vedrò  i  suoi  caratteri. 
Io  mi  affaticherò  di  trovare  altro  modo.  La  scon- 
giuro frattanto  di  non  cancellarmi  dalla  sua  me- 
moria; ma  come  si  degnò  già  di  amarmi,  così  voglia 
ciò  fare  in  perpetuo.  Le  bacio  le  mani. 
Venezia,  4  gennaio  1611. 


CLXIX.  —  A  Giacomo  Leschassier.1 

Penso  che  la  V.  S.  avrà  ricevuto  il  libro  del  Bel- 
larmino, che,  fa  ora  un  mese,  le  inviai.  Io  ebbi  con 
le  ultime  sue  lettere  un  esemplare  dell'  arresto,  pro- 
nunziato da  cotesto  Senato  dignitosamente,  e  come 
si  conveniva  alla  libertà  francese.  Il  Senato  fece  ve- 
ramente gì'  interessi  dello  Stato  :  voglia  ora  Dio  che 
i  successivi  eventi  fruttino  a  bene  ;  poiché,  quando 
quelli  che  dovrebbero  sostenere  i  fondamenti  del 
regno  danno  opera  a  debilitarli,  forza  è  eh'  esso  ro- 
vini. Oh  !  il  Ciel  volesse  eh'  io  riesca  profeta  a  ro- 
vescio. Ma  basti  di  ciò. 

Ho  scritto  a  Roma  e  a  Napoli  per  aver  raggua- 
glio del  decreto  del  viceré  napoletano.  Di  Roma 
mi  rispondono  che  non  ebbero  sentore  della  cosa. 
Di  Napoli  nessuna  replica.  Al  pari  della  S.  V.,  io  de- 
sidero un  esemplare  di  siffatto  decreto.  Se  pure  è  di- 
vulgato, son  certo  che  costà  ne  sia  corsa  voce  esage- 
rata. Su  quello  che  accadde  in  Napoli  avrò  di  certo 
notizie,  le  quali  parteciperò  anche  alla  S.  V. 

1  Edita  come  sopra,  pag.  95. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  191 

Mi  pesa  forte  la  partenza  di  Francia  del  signor 
Fosearini,  pel  cui  mezzo  ha  luogo  questo  nostro 
scambio  di  lettere  ;  cui  bisognerà  per  poco  interrom- 
pere fino  a  che  mi  sia  aperta  altra  via  sicura,  come 
spero  tra  breve.  Frattanto  mi  auguro  di  viver  con- 
tinuo nella  sua  ricordanza. 

Le  sarà  ormai  giunta  alle  orecchie  la  pace  fra  il 
re  spagnolo  e  il  duca  di  Savoia  :  ora  ambedue  le 
parti  attendono  a  congedar  le  milizie,  quando  non 
faccia  ostacolo  1'  affare  di  Cleves.  In  ogni  luogo  si 
crede  che  sarà  pace  fra  i  Cristiani  tutti  ;  e  bisogna 
crederci  finché  i  re  sono  pupilli  :  il  che  non  ac- 
cade soltanto  in  Francia.  Ma  la  differenza  sta  qui  : 
che  il  vostro  verrà  all'  adolescenza,  mentre  gli  altri 
si  manterranno  perpetuamente  fanciulli. 

Gli  Spaglinoli  ottennero  a  prezzo  la  fortezza  e  il 
porto  celebre  in  Affrica  situato  fuori  delle  Colonne,  e 
non  so  se  per  assenso  di  tutti  quelli  che  possono  con- 
trastare: laonde  giudico  che  di  qui  sia  per  venire 
qualche  subbuglio.  Almeno  occorreranno  agli  Spa- 
gnoli assai  spese  per  difendere  e  conservare  quel  luo- 
go, e  pur  con  la  temenza  di  esser  costretti  a  slog- 
giarne. 

Non  può  aver  termine  questa  lettera  senza  che 
io  le  parli  de' Gesuiti.  I  quali  s'arrabattano  per  ogni 
maniera,  acciocché  l'Anti-Cottoii  non  si  venda  in  que- 
sta città,  e  venga  proibito  insieme  con  altri  opuscoli 
scritti  costì  contro  la  loro  setta,  e  che  recati  in  ita- 
liano vennero  qua  introdotti  in  gran  copia.  Muovono 
cielo  e  terra  in  Roma  per  venire  a  capo  di  ciò,  e  i 
ministri  pontificii  qui  li  secondano  con  tutti  gli  sfor- 
zi. Se  riusciranno  non  so,  massime  perchè  molti  sono 
scorati  pei  fatti  di  costà  :  ma  poi,  tanti  sono  gli  esem- 


192  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

plari  già  disseminati,  che  l'ottenuta  proibizione  equi- 
varrà alla  pioggia  dopo  l' incendio.  Ad  essi  non  pia- 
cerebbe che  la  morte  del  gran  re,  venuta  in  conse- 
guenza delle  massime  da  loro  insinuate,  quando  non 
ci  avessero  altresì  potuto  le  fraudi,  fosse  senza  frut- 
to ;  e  tutto  adesso  imprendono  perchè  venga  alle  loro 
mani  la  preda  agognata.  Piccolo,  invero,  è  il  mondo  a 
tanta  ingordigia;  ma  sanno  ben  essi  distribuire  le 
loro  rapine  a  seconda  dei  tempi.  Non  so  a  qual  gente 
accennino  da  prima,  se  a  noi  o  voi;  ma  certo  ad 
ambedue  le  parti  hanno  del  pari  volto  l' intento.  Veg- 
gono invendicato  l' eccidio  del  re,  e  tanto  più  s' affi- 
dano che  tornerà  a  loro  vantaggio.  Ma  tutti  i  disegni 
umani  sono  moderati  dai  voleri  celesti,  e  spero  in 
Dio  eh'  essi  debbano  effettuar  molto  meno  di  quello 
a  che  aspirano.  E  supplico  la  Divina  Maestà  che 
Lei  serbi  perpetuamente  in  salute,  al  servigio  della 
Chiesa  e  dello  Stato,  e  all'  amore  eh'  io  le  porto.  Le 
bacio  le  mani. 

Venezia,  4  gennaio  1611. 


CLXX.  —  Al  medesimo.1 

Finalmente  mi  ha  risposto  da  Napoli  l' amico  al 
quale  avevo  domandato  se  alcuna  novità  fosse  stata 
ordinata  dal  conte  di  Lemos  circa  1'  exequatur  re- 
gio, che  io  aveva  udito  essere  stato  esteso  anche  a 
quelli  che  esercitano  l'incarico  di  predicatori  e  di 
confessori.  L' amico  mi  scrive,  esser  costume  in  Ma- 
drid, e  dovunque  vada  la  corte  del  re  di  Spagna, 
che  i  predicatori  non  chiedono  la  licenza  di  predi - 

1  Edita  come  sopra,  pag.  96. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPL  193 

care  e  la  benedizione  dall' Ordinario,  ma  bensì  dal 
confessore  del  re  ;  e  che  quest'  uso  il  conte  di  Le- 
mos  volle  introdurre  anche  nella  città  di  Xapoli.  So 
non  che,  per  essersi  opposto  1'  arcivescovo,  appog- 
giandosi ai  decreti  del  Concilio  di  Trento  e  della 
non  interrotta  consuetudine  napoletana,  e  il  conte 
non  volendo  usare  della  sua  autorità,  il  negozio  fu 
deferito  a  Roma  ;  dove  tra  il  pontefice  e  il  regio  am- 
basciatore, fratello  del  conte,  venne  lungamente  agi- 
tato, fintantoché  si  convenne  che  i  predicatori,  giusta 
la  consuetudine,  ottenessero  le  lettere  di  licenza  e 
la  benedizione  dell'  Ordinario  :  del  rimanente  poi,  se 
taluno  fra  quelli  visitar  volesse,  in  grazia  dell'  uffi- 
cio, il  confessore  del  vice-re,  non  fosse  ciò  divietato. 
E  così  l'amico  mi  attesta  praticarsi;  giacché  taluni 
vanno  a  far  visita  al  confessore,  ed  altri  ricusano 
di  farlo  ;  tra  i  quali  sono  i  Gesuiti.  Aggiunge  an- 
cora il  mio  corrispondente,  di  non  aver  potuto  sa- 
pere con  certezza  se  il  decreto  del  viceré  fosse  e» 
no  posto  in  iscritto,  ma  che  ne  farebbe  ricerca,  e. 
trovandolo,  me  ne  avrebbe  spedito  una  copia. 

Alle  lettere  di  V.  S.  ricevute  per  questo  corriere 
ed  a  quelle  del  precedente,  non  rispondo,  fino  a 
che  non  trovisi  un  modo  di  mandarle  con  sicurezza 
le  lettere  mie  proprie.  Intanto  desidero  ardentemente 
eh'  ella  stia  in  piena  salute  e  di  me  spesso  si  ri- 
cordi. La  riverisco. 

Di  Venezia,  il  1  febbraio  1G11. 


Sarpi    —  U. 


104  LETTEEE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

CLXXI.  —  Al  signor  de  V  Iste  Groslot.1 

Poiché  io  ebbi  avviso  dell'  arrivo  del  signor  am- 
basciatore Giustiniano,  credendo  che  dovesse  traspor- 
tarsi in  pochi  giorni  a  Parigi,  e  che  il  signor  am- 
basciatore Foscarini  partisse  immediate  per  Inghil- 
terra, mi  fermai  di  scrivere  ;  eh'  è  la  causa  per 
quale  V.  S.  non  avrà  ricevuto  mie  lettere  da  due 
mesi  in  qua.  Ora  vedendo  la  sicurezza  del  passag- 
gio per  altra  via,  ricevo  gran  piacere  di  veder  ri- 
messa in  piedi  la  nostra  corrispondenza,  in  questi 
tempi  massime,  quando  il  dare  e  ricevere  qualche 
avviso  può  esser  occasione  a  qualche  successo  di 
momento. 

Già  ricevei  una  di  V.  S.  delli  23  dicembre,  e 
poi  un'  altra  delli  4  gennaio,  alle  quali,  per  le  cause 
suddette,  non  diedi  risposta.  Per  questo  corriero  ho 
ricevuto  per  via  di  Barbarigo  quella  delli  11  feb- 
braio, e  un  giorno  dopo  monsieur  Assellineau  mi 
rese  un'  altra  delli  2  dell'  istesso  mese  ;  alle  quali 
risponderò  seguendo  l' istesso  ordine. 

Primieramente,  vedendo  che  V.  S.  dopo  una 
grande  accessione  della  colica,  ne  ha  avuto  un'  altra 
non  minore  della  gotta,  dubito  eh'  Ella  stessa  favo- 
risca coteste  indisposizioni  con  lo  studio  e  con  le 
vigilie,  che  sono  causa  della  crudità,  materia  di  que- 
sti mali  :  per  il  che  non  posso  restar  di  pregarla  ad 
avere  un  poco  più  di  cura  della  sua  salute  ;  poiché, 
lilialmente,  chi  non  misura  le  forze  e  lascia  la  bri- 
glia all'  animo,  fa  manco  cammino  che  chi,  cono- 
scendosi debole,  va  piano. 

1  Pubblicata  in  Ginevra,  ed.  cit.,  pag.  333. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  195 

Barbarigo  ha  sentito  •  un  grandissimo  disgusto 
che  non  sia  stato  reso  a  V.  S.  un  esemplare  di  Bel- 
larmino, il  quale  egli  ha  mandato  nominatamente  : 
e  non  gli  basta  questa  escusazione,  che  ha  scritto 
per  farne  venir  un  altro,  e  mandarglielo.  Ma  mi  stu- 
pisco per  che  causa  li  romanisti  fanno  tanta  in- 
stanza per  quel  libro  costì,  e  qui  non  ne  parlano  ; 
se  forse  questo  non  è  per  la  loro  maggiorità,  quando 
occorre  la  minorità  del  re.  Ma,  per  continuare  di 
questo  libro,  sappia  V.  S.,  che  ve  n'  è  grand' abbon- 
danza nello  Stato  ecclesiastico,  e  nel  rimanente 
d' Italia  non  se  ne  trova  :  di  che  in  Venezia  si  sa 
la  causa,  la  pubblica  proibizione  ;  negli  altri  luoghi 
sanno  far  fatti  senza  parole. 

Ma  che  dirà  V.  S.  che  il  re  di  Spagna  abbia  in 
così  solenne  modo  proibito  il  trattato  di  Baronio 
della  Monarchia  di  Sicilia?  1  Le  mando  una  copia 
tratta  da  originale  autentico  :  il  che  dico  acciò 
V.  S.  non  dubiti  della  verità.  Mi  dà  da  pensar  as- 
sai, ch'essendo  stampato  quel  libro  nel  1G05  ed  es- 
sendo proibito  allora  dal  viceré  di  Napoli  (di  che 
esso  Baronio  se  ne  querelò  in  forma  assai  petulan- 
te, a  sprezzo  del  re  stesso),  dopo  tanti  anni  siano 
venuti  in  pensiero  di  far  un  tal  passo,  non  mai  più 
fatto  da  loro.  Io  so  di  buon  luogo,  che  avuto  il  papa 
notizia  di  questo  editto,  1'  ha  mandato  alla  Congre- 
gazione dell'  Indice  per  consultarvi  sopra.  Vedremo 
che  resoluzione  prenderanno.  Prego  V.  S.  far  aver 
una  copia  di  questo  editto  a  monsieur  1'  Eschassier 
per  mio  nome. 

E  poiché   siamo  in  questa  materia  de'  libri,    le 

1  Vedi  la  Lettera  CLXT,  e  la  nota  a  pag.  164. 


196      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

darò  conto  ci'  aver  ricevuto  quello  di  monsieur  Vi- 
gnici-, il  quale  in  una  materia  poco  fertile  si  dimo- 
stra molto  buon  artefice.1  Io  ho  ricevuto  la  corre- 
zione del  Poema,  ma  la  prosa  non  cede  di  niente  ; 
anzi,  secondo  il  mio  gusto,  gli  è  come  ornamento  ne- 
cessario. 

Io  non  so  perchè  li  padri  Gesuiti  mandino  in 
tante  forme  attorno  quella  loro  difesa  contra  l'An- 
ti-Cottone,  se  questo  non  è  perchè,  secondo  il  loro 
uso,  vogliano  negare  quello  che  parerà  a  loro  :  ma 
qui  vien  aspettata  la  replica.  E  stata  qui  veduta  la 
copia  della  lettera  scritta  per  nome  di  Sully  alla 
regina,2  così  abbondante  di  belli  e  vivi  concetti, 
come  di  milioni,  se  non  sono  di  maravedis.3  L'  asse- 
dio di  Genova  è  andato  in  fumo,  come  anco  veniva 
creduto  da  tutti  gli  uomini  prudenti  che  dovesse 
succedere.  Le  dico  ben  per  cosa  vera,  che  avendo  il 
duca  dimandato  aiuto  al  papa  per  quella  impresa,  ri- 
portò per  risposta  parole  generali  e  inconcludenti, 
con  un  consiglio  in  fine,  eh'  era  impresa  da  differir  a 
tempo  più  opportuno:  e  di  questo  V.  S.  non  dubiti,  né 
meno  lo  ascriva  a  carità.  Ma  per  attendere  a  Ger- 
mania, disse  il  papa,  che  sperava  di  Germania  molte 
cose.  Ma  in  Francia  sarà  la  guerra:  così,  certamen- 
te, esso  e  li  Gesuiti  trattano.  La  settimana  passata,  in 
Roma,  è  stato  preso  un  francese  vestito  da  gesuita. 

1  Oltre  all'  opera  accennata  nella  nota  1  a  pag.  77,  Nic- 
colò Vignier  diede  a  luce  più  altre  scritture  di  controversia 
ed  ascetiche. 

2  In  quei  giorni  Sully  non  aveva  per  anche  rinunziato 
le  sue  cariche,  ma  nulla  fa  credere  che  una  tal  lettera 
fosse  scritta  da  lui  medesimo. 

3  La  più  vile  tra  le  monete  aventi  corso  in  Ispagna, 
e  che  dicesi  equivalere  ad  uno  de' nostri  antichi  quattrini. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  197 

e  esaminato  immediate  con  molta  segretezza,  senza 
die  si  possa  saper  ne  la  materia  né  la  persona. 
(Jui  si  parla  assai  di  quella  prigionia  sopra  la 
morte  del  re  ;  ma  du  Tillet  m'  assicura  che  non  è 
niente.  Non  so  se  l'interesse  lo  faccia  parlare,  o 
pur  perchè  sappia  quanto  si  può  scoprire. 

11  padre  mandò  a  monsieur  di  Thou  le  cose  pro- 
messe dall'  ambasciatore  Nani  ;  ma  egli  non  ne  ha 
dato,  né  il  padre  sa  come  uscir  di  queli1  obbligo. 
Mi  resta  dire  a  V.  S.  solamente,  che  il  duca  di  Sa- 
voia ha  posto  taglia,  dove  caverà  un  milione,  con 
total  rovina  del  suo  paese.  Il  signor  Molino  e  pa- 
dre Fulgenzio  le  baciano  la  mano,  e  io  insieme  con 
loro  e  con  maggior  affetto,  pregando  Dio  che  le 
doni  ogni  prosperità. 

Di  Venezia,  li  15  marzo  1611. 


CLXX1L  —  Al  medesimo.1 

Questa  è  la  seconda  che  scrivo  a  V.  S.  per  via  di 
'l'orino  :  per  1'  altra  le  diedi  conto  della  ricevuta  di 
tutte  le  sue;  l'ultima  delle  quali  fu  delli  15  febbraio. 
Al  presente  accuso  la  ricevuta  di  quella  del  primo 
stante,  per  la  quale  veggo  la  necessità  che  ha  la 
F  rancia  di  fare  qualche  buona  provvisione  contra  i 
Gesuiti  ;  e  senza  dubbio,  sono  incompatibili  gli  inte- 
ressi dell'una  con  quelli  degli  altri.  Io  credo  bene  che 
i  Riformati  vi  penseranno,  e  che  di  là  nascerà  qual- 
che rimedio  :  altrimente  veggo  eccitata  guerra  civile. 

Avrà  V.  S.  ricevuto,  insieme  con  la  precedente  mia, 

1  Stampata  come  sopra,  pag.  339. 


198  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

il  decreto  di  Spagna  contro  il  tomo  unclécimo  di  Ba- 
ronio  ;  il  quale,  se  bene  proibisce  solo  la  parte  che 
tocca  la  monarchia  di  Sicilia,  nondimeno  mi  pare 
che  sii  una  macchia  a  tutta  1'  opera,  e  all'  autore 
medesimo  ancora,  al  quale  vengono  dati  epiteti  che 
toccano  la  coscienza  e  la  realtà  dello  scrittore. 

L'  ufficio  che  V.  S.  ricorda  verso  il  signor  Ca- 
.saubono,  sarà  fruttuoso,  e  procurerò  che  sia  fatto  ef- 
ficace da  Wotton,  che  fu  ambasciatore  qui.  Credo 
che  le  gran  preparazioni  che  si  fanno  per  la  difesa 
di  Ginevra  faranno  sfumar  tutti  i  disegni,  se  pur  ve 
n'  erano  ;  perchè  quanto  a  me,  credo,  che  più  tosto 
fossero  rivolti  a  Berna.1  V.  S.  tenga  per  certo,  che 
il  duca  di  Savoia  è  inquieto,  e  farà  qualche  gran 
male  a  Francia,  ovvero  a  Spagna,  ovvero  a  Italia, 
ovvero  a  sé  stesso.  Non  fu  buon  consiglio  che  diede 
Bouillon  di  mandar  il  figlio  in  Spagna,  e  dubito 
che  la  Francia  farà  sempre  di  questi  errori.2 

In  Italia  non  abbiamo  alcuna  cosa  di  nuovo,  se 
non  che  di  Spagna  hanno  levato  13  mila  ducati 
d'  entrata  al  Contestabile,  che  egli  aveva  in  regno 
di  Napoli  ;  ed  è  fama  che  si  pensi  di  levargli  anco 
il  contestabilato,   che  importa   d'  entrata   1 1    mila  : 

!  Erroneamente  leggevasi  nella  prima  stampa  :  Genova 
(e  così  più  volte)  e  Brescia.  Si  vedano  ancora  le  pag.  203 
e  205. 

-  Secondo  alcuni  storici,  fu  il  pontefice  Paolo  V  che 
determinò  Carlo  Emmanuele  a  mandare  in  Ispagna  il  prin- 
cipe Filiberto  a  fare  al  re  Filippo  III  proteste  che,  co- 
munque si  volesse  colorarle,  sentivano  pur  sempre  dj  umi- 
liazione. Adempiè  il  giovane  a  sì  difficile  atto  con  fer- 
mezza e  dignità  ;  ma  il  padre,  o  per  le  forme  usate  o  pel 
poco  buon  esito  della  cosa,  ne  montò  poscia  in  furore  •,  e 
sarebbesi  abbandonato  alle  imprese  più  temerarie,  anche 
a  danno  degli  Svizzeri,  se  non  lo  avesse  trattenuto  il  con- 
tegno e  il  troppo  espresso  dissenso  della    corte  di  Francia. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  199 

cosa  che  dà  da  pensare  assai,  essendo  costume  di 
Spagnuoli  più  tosto  di  esser  prodighi  nel  donare, 
che  inclinati  al  contrario.  Però  queste  cose  danno 
poco  da  pensare,  essendo  certo  che  quel  re  vuole 
onninamente  la  pace  in  Italia. 

Gli  occhi  di  tutti  sono  rivolti  alle  cose  di  Ger- 
mania, le  quali  sono  di  tanto  momento  e  così  gran 
conseguenza,  che  maggior  non  si  potrebbe  pensare. 
Sopra  tutto,  io  resto  pieno  d' ammirazione,  come, 
essendo  noto  a  ciascuno  che  i  Gesuiti  sono  stati  au- 
tori e  istigatori  di  tutto  il  male  occorso,  siano  non- 
dimeno esenti  dal  partecipare  ai  pericoli  ai  quali  è 
esposta  1'  altra  parte,  e  restino  sicuri  di  continuare  a 
far  ardere  il  fuoco  maggiormente.  Piace  così  a  Dio  di 
acciecar  il  mondo,  che  non  vegga  nella  luce  del  sole. 

L'  apologia  di  Richéome  è  libro  troppo  grosso  da 
venir  col  corriere.  Xon  vorrei,  che  V.  S.  prendesse  que- 
sto incomodo,  perchè  vedrò  di  farlo  capitare  a  Fran- 
coforte, di  dove  mi  verrà  con  gli  altri  libri  della  fiera. 

Ho  veduto  1'  apologia  che  fa  per  i  Gesuiti  V  ar- 
cidiacono di  Piouen:  cosa  molta  artificiosa,  però  che 
porge  materia  di  dire  assai  cose.  Se  la  Sorbona  dasse 
fuori  quel  decreto  che  fecero  il  primo  di  febbraio. 
io  avrei  per  singoiar  favore  di  riceverne  una  copia  : 
ma  se  non  lo  danno  fuori,  non  è  cosa  da  curar  molto. 

Dna  cosa  mi  si  rende  dubbia,  della  quale  desidero 
esplicazione  da  V.  S.  con  suo  comodo.  Il  re  di  Fran- 
cia è  di  anni  dieci,  quando  a  me  pare  che  1'  uomo 
abbia  intelligenza  assai,  e  possi  dire  —  voglio  ;  —  e 
pur  non  lo  sento  nominare,  come  se  fosse  in  fasce. 
Desidererei  che  a  V.  S.  fosse  dato  carico  d'  andare 
alla  Congregazione  generale,  e  spererei  qualche  buon 
frutto  :  come  prego  Dio.  che  si  effettui.  Il  quale  an- 


200  LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

cora  prego  che  doni  a  V.  S.  ogni  vero  bene  ;  alla 
quale  bacio  la  mano,  insieme  col  signor  Molino  e 
P.  Fulgenzio. 

Di  Venezia,  li  29  marzo  1611. 


CLXXIII.  —  Al  medesimo.1 

La  presente  sarà  per  risposta  di  quella  di  V.  S. 
de'  13  aprile,  la  quale  ho  ricevuto  per  1'  ordinaria 
via  di  Barbarigo.  Sono  più  giorni  che  io  ho  sentito 
con  dispiacere  la  caduta  di  Castrino  ;  del  viaggio  del 
quale  per  queste  jDarti  io  non  ho  inteso  niente:  ma 
potrebbe  esser  vero  per  qualche  disegno  che  avesse 
d'  ottener  alcuna  cosa  da  un  fratello  che  ha  in  Fer- 
rara ; 2  il  che  se  è,  mi  dispiacerebbe,  essendo  io  certo 
che  non  otterrà  cosa  alcuna,  per  esser  quel  tale 
mancipio  de'  Gesuiti.  Io  non  vorrei  già  che  entrasse 
in  pensiero  d'  andar  personalmente  in  quel  luogo, 
riputando  la  cosa  di  gran  pericolo.  Se  sarà  veduto 
qui,  io  non  mancherò  di  servirlo  dovunque  potrò  ; 
se  bene  questo  luogo  è  più  da  far  cader  persone, 
che  da  raddrizzar  caduti. 

Da  monsieur  Assellineau  ho  ricevuto  la  censura 
della  Sorbona  scritta  a  mano,  la  quale  mostra  bene 
qualche  debolezza  negli  autori  ;  ma  pur  questo  prin- 
cipio di  disparere,  scaldandosi,  potrà  anco  invigorir 
gli  spiriti  deboli.   Ho   inteso   quello  che  ritarda  la 

1  Edita,  come  sopra,  pag.  348 

2  Ecco  un  indizio  assai  valutabile  che  il  Castrino,  di 
cui  si  parla  sì  spesso,  fosse  italiano  e  pregiudicato  in  fatto 
di  credenze  religiose  •,  onde  potesse  essergli  di  pericolo  \\ 
recarsi  in  città  sottoposta  alla  Chiesa,  come  Ferrara.  È 
perciò  ancora  da  cancellarsi  parte  della  nota  da  noi  posta 
a  pag.  23. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  201 

replica  dell'  Anti-Cottone,  clesideratissima  qui,  e  che 
in  qualunque  tempo  verrà  opportuna. 

Quanto  al  capo  di  che  V.  S.  mi  scrive,  già  pro- 
mosso in  Spagna,  quanto  s' aspetta  al  fatto,  le  dirò 
che  in  anno  1585,  per  questa  causa  fu  chiamato  a 
Ruma  un  frate  Gomeranda  Iacohin,1  che  moveva 
la  contenzione  in  Spagna;  e  pensavano  prima  di 
castigarlo,  ma  meglio  consigliati,  pensarono  di  farlo 
tacere  con  premi  e  onori,  e  perciò  fu  fatto  maestro 
del  Sacro  Palazzo.  Con  questo  il  Padre  ha  conver- 
sato strettamente  in  quel  tempo,  perchè  si  ritrovava 
esso  ancora  in  Roma.  Era  uomo  di  buone  lettere  in 
quel  genere,  ma  del  rimanente  gran  papista.  Quanto 
alla  dottrina,  bisognerà  stabilir  bene  che  cosa,  se- 
condo la  fede  della  Chiesa  romana,  sia  essenziale  ad 
un  ordine  regolare,  e  poi  mostrar  che  sia  tutto  altra- 
mente nei  Gesuiti.  Questo  punto  non  lo  maneggerà 
bene  se  non  persona  ben  versata  nella  teologia  sco- 
lastica. Ma  ogni  tale  che  vi  applichi  ben  l' animo,  e 
abbia  quella  bolla  di  Gregorio  XIII,  anno  1584,  Vili 
Kal.  Junii,2  metterà  in  campo  un  travaglio  di  che 
non  si  sbrigheranno  con  facilità.  Questa  non  mi  par- 
rebbe cosa  da  far  correre  per  l' Italia,  per  esser  di- 
rettamente opposta  al  Concilio  di  Trento  e  al  papa  ; 
ma  in  Sorbona  potrebbe  far  qualche  grande  effetto. 
E  in  questo  non  si  ha  da  guardar  alla  verità  in  sé 
stessa,  ma  a  quanto  è  creduto  da'  papisti  ;  che  non  si 

1  Sembra  detto  scherzevolmente  alla  francese,  scri- 
vendo a'  Francesi,  per  Domenicano. 

-  Questa  bolla  comincia  colle  parole  :  Ascendente  do- 
mino et  Salvatore  nostro  in  naviculam  ;  consta  di  30  §§, 
e  contiene  una  terza  approvazione  dell'  istituto  gesuitico, 
con  lo  scioglimento  di  alcuni  dubbi  e  la  conferma  dei  pri- 
vilegi goduti  da  cai  eli'  Ordine. 


202  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

cerca  una  medicina  in  sé  stessa  solutiva,  ma  che 
salvi  il  corpo  che  vogliamo  medicare. 

L'  editto  del  re  di  Spagna  contro  la  Monarchia 
di  Sicilia  scritta  da  Baronio,  conclude  più  di  quello 
che  pare;  perchè  avendo  scritto  quel  particolare  con 
tanta  passione,  non  può  aver  scritto  il  resto  con  te- 
merità ;  e  se  bene  pare  una  condanna  di  cinquanta 
logli,  è  però  una  censura  di  tutta  l'opera  di  dodici 
tomi,  e  della  persona  e  dei  costumi  dell'  autore. 
La  causa  della  dilazione  a  far  tale  editto  sei  anni 
dopo,  per  mio  parere,  è  stata  la  vita  del  re  di 
Francia,  non  volendo  essi  dar  occasione  al  papa  di 
ricorrere  a  quel  re,  come  si  vede  adesso;  che  se 
avesse  luogo  dove  ricorrere,  si  getterebbe  in  ogni 
soccorso  ;  ne  ha  il  re  pretesto  di  muoversi  per  reli- 
gione. Io  son  certificato  per  molte  buone  relazioni, 
che  gli  Spagnuoli  pensano  diligentemente  a  quel  di- 
segno romano  di  farsi  monarchi  di  tutto  il  mondo 
sotto  pretesto  di  religione,  e  stanno  attenti  ad  ogni 
andamento. 

Rendo  grazie  a  V.  S.  che  abbia  mandato  la  co- 
pia a  monsieur  l' Eschassier.  il  quale  io  stimo  quanto 
la  sua  virtù  merita,  e  ho  ricevuto  da  lui  molte  buone 
«istruzioni  ;  né  vi  è  persona  con  chi  tenessi  più  vo- 
lontieri  corrispondenza,  che  con  lui  e  con  monsieur 
Gillot;  e  mi  dispiace  la  partita  del  signor  Foscarini 
per  esser  privato  per  tal  causa  della  corrispondenza 
di  quei  due  gentiluomini.  Ho  studiato  molto  per  ri- 
trovar strada  di  riattaccarla,  vedendo  eh'  io  perdo 
assai;  ma  non  la  so  inventare.  Prego  ben  V.  S.,  se 
gli  verrà  occasione  di  scrivere  ad  alcuna  persona 
da  bene  in  quella  parte,  mi  faccia  la  grazia  di  far 
presentare  loro  un  baciamano  per  mio  nome. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  203 

Ma  tornando  a  Baronio,  la  corte  romana  ha  fatto 
querimonia  in  Spagna  dell'  editto,  e  ha  ricevuto  ri- 
sposta molto  grave  e  dura.  Nella  congregazione  del- 
l' Inquisizione  tuttavia  vi  pensano,  ma  credo  che 
sarà  difficile  ritrovar  quello  che  vorrebbono. 

lo  reputo  certamente,  che  la  Francia  avrà  biso- 
gno del  governo  di  Sully,1  il  quale  sarà  conosciuto 
in  assenza  più  che  in  presenza.  Rendo  grazie  a  V.  S. 
dell'  avviso  che  mi  dà  in  questo  particolare,  il  quale 
mi  è  grato.  Io  tengo  per  cosa  certa,  che  non  sarà 
niente  di  male  per  Ginevra.2 

Ma  se  il  duca  di  Savoia  sia  pazzo  o  savio,  non 
glielo  posso  dire  :  si  vedono  indizii  di  questo  e  di 
quello.  Io  concludo  che  la  sapienza  e  la  pazzia 
siano  attaccate  per  le  code,  e  che  non  si  possa  ve- 
nir all'estremo  d'uno  senza  dar  nel  principio  del- 
l' altro.  Ma  forse  che  il  tutto  è  opera  di  Dio,  che 
vuol  insieme  fare  il  bene,  e  mostrar  la  difficoltà  che 
vi  è  di  farlo  per  mezzi  umani. 

Sono  stato  attonito  e  quasi  senza  poter  credere, 
eh'  Espernon  ricerchi  i  Riformati  :  dico  bene  che 
gran  fatto  sarebbe  crederlo.  Ho  sentito  con  dispia- 
cere la  ritirata  del  primo  presidente  di  Harlay,  la 
quale  non  dirò  esser  tanto  quanto  la  morte  del  re  ; 
ma,  per  mio  concetto,  tra  tutti  gì'  infortuni  occorsi 
dopo  quella,  questo  è  il  maggiore.3  Non  posso  spe- 
rar bene  di  Verdun,  essendo  stato  favorito  dal  papa 
e  dai  Gesuiti  ;  i  quali  sanno  bene  quello  che  fanno, 
e  conoscono  l' interno  degli  uomini.  Affermo  a  V.  S. 

1  Si  vedano  la  nota  1  a  pag.  183. 
-  Di  ciò  torna  a  parlarsi  anche  nella  Lettera  seguente. 
E  vedi  la  nostra  nota  a  pag.  198. 

3  Vedasi  la  pag.  112  e  la  nota  a  ciò  relativa. 


204  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

per  cosa  vera,  che  a  persona  che  si  doleva  dei  moti 
e  confusioni  di  Germania,  egli  rispose  con  allegrezza, 
che  le  cose  di  là  sarebbono  terminate  in  bene,  e  che 
per  certo  la  guerra  sarebbe  in  Francia.  Io  non  posso 
dire  a  V.  S.  se  vi  fosse  discorso  più  particolare,  per- 
dio la  persona  con  che  il  papa  ebbe  tal  ragiona- 
mento, ha  scritto  questo,  e  non  più  oltre.  Tengo 
bene,  che  se  V.  S.  ricercherà,  troverà  esser  vero  che 
il  Nunzio  ha  offerto  alla  regina  aiuto  del  papa  e  di 
Spagna,  volendo  far  guerra  agli  Ugonotti. 

Del  francese  preso  in  Roma  in  abito  eli  gesuita, 
non  si  sa  quello  che  sia  successo  dopo  che  fu  posto 
in  prigione.  Mi  dispiace  grandemente  la  ritirata  di 
monsieur  di  Thou,  ma  scorgo  insieme  qualche  gran 
mal  futuro  al  gregge,  che  resterà  senza  guardia. 
Potrebbe  essere  che  esso  Thou  avesse  ancora  le  me- 
morie di  che  V.  S.  mi  parla,  per  via  d' Inghilterra  ; 
ma  non  voglio  prometter  niente,  acciò  non  m'  av- 
venga d'ingannarmi,  come  per  il  passato.  Ma  se  elle 
sono  in  quel  luogo,  se  piacerà  a  Dio,  trapasseranno 
anco  costà. 

Aspetto  con  molto  desiderio  qualche  frutto  del- 
l'1 assemblea  dei  Riformati  :  e  con  questo  farò  fine.  Le 
dirò  ancora,  se  bene  gli  ho  dato  troppo  lungo  tedio, 
intorno  la  cifra  che  le  mandai  per  la  precedente,  che 
quando  vi  fosse  qualche  speciale  parola  la  quale 
potesse  dare  cognizione  di  che  negozio  si  parla,  quella 
si  potrà  mettere  in  cifra  della  nostra  presente  ;  come, 
in  occasione  di  qualche  particolare,  quando  il  nome 
di  papa,  ovvero  Gesuiti,  o  Villeroy,  o  altrettale,  fosse 
per  scoprire  alcuna  cosa  :  e  se  il  nome  non  fosse  nella 
cifra,  e  restasse  pericolo  di  scoprimento,  si  potrà  met- 
tere un  nuovo  carattere....  Le  rendo  mille  saluti  per 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  205 

parte  di  padre  M.  Fulgenzio,  e  altrettanti  per  nome 
del  signor  Molino  ;  il  quale  non  desidera  altro  che 
servirla,  sebbene  non  tanto  quanto  io  però,  con  molto 
affetto.  Qui  faccio  fine,  e  le  bacio  riverentemente  la 
mano. 

Di  Venezia.  10  maggio  1611. 


CLXXIV.  —  Al  medesimo.1 

La  via  per  dove  passano  al  presente  le  nostre 
lettere,  farà  la  nostra  comunicazione  più  frequente. 
Oggi  ho  ricevuto  quella  di  V.  S.  dei  27  aprile  per 
uno  spaccio  straordinario,  alla  quale  rispondo  il  me- 
desimo giorno,  sperando  che  questa  possa  capitar 
costì  per  qualche  corriero  straordinario  parimente. 

Si  vede  per  diverse  occorrenze,  che  gli  Spagnuoli 
pensano  a  conservare  la  giurisdizione  temporale  più 
che  per  lo  passato  :  in  che  se  continueranno,  crederò 
esser  volontà  divina  di  metter  fine  agli  abusi.  M'  ha 
apportato  molta  maraviglia  l'incontro  occorso  al- 
l' ambasciatore  di  Savoia  in  Inghilterra,  ma  è  neces- 
sario che  o  lui  o  il  padrone  ne  abbiano  data  la  causa. 

Veggo  che  V.  S.  ancora  sta  in  dubbio  di  guerra 
contro  Ginevra  o  contro  Bernesi  ;  di  che  io  non  temo 
punto,  e  son  sicuro  che  finalmente  le  armi  di  Sa- 
voia si  risolveranno  in  nulla.2 

Il  decreto  della  Sorbona  capitò  in  mano  al  Padre 
con  le  lettere  per  1'  ordinario  ;  intorno  al  quale  non 
posso  fare  altro  giudizio,  se  non  come  V.  S.,  che  quel 

1  Edita  come  sopra,  pag.  356. 

2  Si  rivedano,  intorno  a  ciò,  le  precedenti  Lettere,  a 
pag.  19S  e  203. 


206  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

collegio  ha  mostrato  la  sua  debolezza,  e  meglio  era 
che  col  silenzio  conservasse  la  esistimazione. 

10  ho  veduto  il  libro  scritto  dal  confessore  della 
granduchessa  madre  di  Toscana,  il  quale  è  una  ri- 
sposta all'  Apologia  del  re  d' Inghilterra.  E  latina  e 
stampata  in  Fribourg  di  Brisgovia.  Mi  pare  assai 
insipido,  e  mostra  che  1'  autore  abbia  poca  cogni- 
zione ;  né  credo  meriti  esser  censurato,  ma  piuttosto 
sprezzato,  come  impertinente.  Io  non  istimo  cosa 
cattiva,  che  adesso  questi  adulatori  predichino  tanto 
alto  l' autorità  temporale  del  papa,  essendo  una  via 
di  far  succedere  quello  che  avviene  alle  scimmie 
quando  montano  molto  alto. 

Le  cose  di  Germania  sono  grandissime,  e  molto 
insolite  ;  ma  perchè  succedono  con  tanta  facilità, 
non  portano  nessuna  maraviglia.  Mi  viene  scritto 
da  quelle  parti,  che  i  principi  confessionisti  trat- 
tano intelligenza  tra  loro  di  Germania,  con  disegno 
di  rinunziare  le  intelligenze  forestiere  :  pernicioso 
consiglio,  perchè  succederà  delle  altre,  non  della 
spagnuola.  Dio  gli  doni  giudizio. 

11  Consiglio  di  Spagna  ha  bandito,  con  confisca- 
zione,  il  decano  di  Sarragoza  per  aver  promulgato 
un  interdetto,  e  sequestrato  40  mila  ducati  della  Ca- 
mera romana,  che  si  trovano  in  Spagna  per  spese 
corse  in  questa  occorrenza.  In  Roma  sono  afflitti 
per  queste  cose  ;  ogni  dì  consultano,  ma  non  sanno 
trovar  rimedio.  Hanno  fatto  instanza  all'  ambascia- 
tor  francese  per  la  total  rivocazione  dell'  arresto  con- 
tro Bellarmino  ;  il  quale  ambasciatore  ha  risposto 
negativamente,  dicendo  che  il  Parlamento  è  il  fonda- 
mento del  regno.  Spero  che  questo  principe  avrà  pre- 
sto una  controversia  con  Pioma,  che  sarà  di  peso. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  207 

E  necessario  temere  la  congregazione  dei  Gesuiti  : 
sarà  un  consiglio  de'  volpi,  e  impenetrabile  a  tutti. 

Al  signor  Molino  rincresce  di  non  poter  servir 
V.  S.  come  sarebbe  il  suo  desiderio,  perchè  1'  ama  e 
osserva  affezionatissimamente.  A  me  rincresce  di  es- 
serle servitore  inutile,  e  che  quantunque  studi  d' in- 
contrar occasione  per  renderle  qualche  segno  delia 
mia  affezione  e  servizio,  sono  così  da  poco  che  non 
ne  ritrovi  alcuna;  il  che  mi  farebbe  arrossire,  quando 
non  fossi  sicuro  eh'  Pilla  riceve  anco  1'  animo  solo. 

Non  ho  potuto  ancora  vedere  oggi  il  signor  As- 
sellineau  per  rendergli  la  allegata,  ma  la  riceverà  in- 
nanzi che  sia  notte.  Le  bacio  riverentemente  la  mano. 
insieme  con  il  signor  Molino  e  Padre  Fulgenzio. 
Di  Venezia,  li  14  màggio  1611. 


CLXXY.  —  Al  medesimo.1 

Io  stimo  tanto  poco  le  occorrenze  che  passano  qui, 
che  mi  par  sempre  dover  annoiar  l'amico,  quando 
ne  avviso  alcuna.  Il  che  è  causa,  che  con  gran  dif- 
ficoltà mi  metto  a  scrivere,  se  qualche  precedente 
lettera  non  me  ne  porge  1'  occasione.  Questa  è  la 
vera  causa  per  la  quale  restai  di  scrivere  a  V.  S. 
per  quello  spaccio  quando  non  ricevei  delle  sue.  Io 
non  posso  se  non  chiederne  perdono,-  come  faccio 
ci'  ogni  mia  azione  con  quale  non  gli  dia  intero 
gusto. 

Ho  ricevuto  la  sua  del  10  maggio,  la  quale  mi 
ritiene  tra  la  speranza  e  il  timore.  Intorno   le  cose 

2  Stampata  come  sopra,  pag.  360. 


208  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

di  cotesto  regno,  al  quale  io  non  temo  gran  malo 
dal  papa,  per  esser  da  poco  ;x  né  molto  dal  re  di  Spa- 
gna, essendo  forse  più  minore  che  il  re  di  Francia  : 
ma  ben  grandemente  dall'inestimabile  malizia  dei 
Gesuiti.  Fanno  senza  dubbio  molte  delle  loro  pra- 
tiche ad  istanza  di  quei  duoi;  ma  le  peggiori  e  più 
scellerate  per  proprio  moto.  Ho  gelosia  non  solo 
per  costì,  ma  anche  per  Venezia,  prevedendo  che. 
al  sicuro,  se  non  averanno  che  far  in  altro  luogo, 
volteranno  tutti  li  suoi  pensieri  qui,  non  senza  pe- 
ricolo di  restarne  oppressi. 

Con  questo  corriere  è  venuta  nuova,  che  un 
gentiluomo  si  sia  dichiarato  della  Religione,  e  abbia 
occupato  una  città  :  che  mi  par  cosa  di  notabile 
considerazione  ;  e  in  ogni  modo,  si  dimostra  esser 
principio  di  gran  conseguenza.  Ma  nell'  assemblea 
spero  sarà  provvisto  ad  ogni  inconveniente. 

Ho  molte  volte  assicurato  V.  S.  che  le  armi  di 
Savoia  non  avrebbero  altro  fine  che  la  desolazione 
di  quello  Stato.  Adesso  lo  vediamo  in  effetto.  Quello 
che  dà  maraviglia  a  qualche  speculativo,  è  che  li 
Spagnuoli  abbino  levata  quella  guarnigione  che  si 
ritrovavano  in  Savoia,  con  gran  dispiacere  e  resi- 
stenza del  Duca  ;  e  pur  la  ragione  avrebbe  persuaso, 
eh'  egli  ne  avesse  dovuto  fare  istanza  e  gli  Spagnuoli 
resistenza. 


1  Paolo  V  avea  cominciato,  come  molti  fanno,  a  pon- 
tificare con  gran  vigore,  da  ciò  sperando  l'immortalità  del 
suo  nome-,  ma  provato  avendo  come  fosse  difficile  per  siffatto 
modo  il  conseguirla,  diedesi  a  battere  una  via  molto  più 
piana  ed  agevole  :  quella  del  fasto  e  della  così  chiamata 
magnificenza  ;  tanto  che  Roma  va  piena  d' iscrizioni  ap- 
poste, comecchessia,  a  vecchi  o  nuovi  monumenti  e  ammi- 
rati per  lo  più  solo  dal  volgo,  le  quali  portano  il  suo  nome. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  209 

Veramente  è  cosa  grande  che  in  ogni  Stato  i  pre- 
dicatori parlino  contro  il  governo  presente.  Scrissi 
a  V.  S.  quella  di  Napoli  :  qua  ancora  è  avvenuto 
qualche  inconveniente  la  quaresima  passata.  Costì 
ancora  li  Gesuiti  non  cessano  di  parlare  sediziosa- 
mente. Concludo  che  non  si  potrà  levar  l' abuso,  la- 
sciando la  predica  :  il  modo  si  troverà  poi  di  provve- 
dere altrimenti  alla  predica  medesima.  Scrissi  a  V.  S. 
d'  aver  veduto  quel  libro  di.  .  .  -1  e  non  1'  aver  sti- 
mato, non  perchè  le  conclusioni  non  siano  perni- 
ciose, ma  perchè  sono  trattate  in  maniera  che  per- 
suadono il  contrario  a  persone  di  cervello.  Però 
quel  libro  non  si  vede  qua  :  credo  che  siano  chiari 
i  motivi  di  non  aver  ingresso.  Ma  che  ignoranza  è 
quella  di  Fiorenza  in  favorire  una  tal  dottrina, 
della  quale  dovrebbe  egli  temer  più  di  qualsivoglia 
altro,  essendo  principe  nuovo  e  occupatore  della 
repubblica  ?  Certamente  par  che  Dio  acciechi  questi 
savi. 

A  quello  che  V.  S.  mi  dimanda  con  sì  grande 
istanza,  è  verissimo  che  non  li  cardinali  soli,  ma 
tutta  la  corte  è  stata  gravissimamente  offesa,  che  il 
cardinale  Doria  si  sia  sottoscritto  all'  editto  contro 
Baronio  per  la  pubblicazione  in  Sicilia  ;  ma  consi- 
derando nella  congregazione  che  provvisione  avreb- 
be potuto  fare,  non  è  stato  proposto  altro  partito, 
salvo  che  di  aver  pazienza. 

Le  cose  di  Praga,  e  dirò  di  tutta  Germania,  non 
posso  dire  cP intenderle,  se  mi  mutano  ci'  aspetto  ogni 

1  Lacuna  della  precedente  stampa.  Crediamo  però  al- 
ludersi al  libro  che,  nella  Lettera  CLXXIV  si  dice  «  scritto 
»  dal  confessore  della  granduchessa  madre  di  Toscana,  » 
in  risposta  al  re  d'  Inghilterra. 

Sarpi.  —  II.  14 


210  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

settimana.  In  questo  solo  tengo  bene  con  V.  S.,  che, 
in  qualunque  modo  succedino,  non  passeranno  con 
gusto  della  corte.  Mattias  è  coronato,1  non  sapen- 
dosi però  s' egli  governerà,  o  pur  l' imperatore,  o  né 
l'uno  né  l'altro  ;  e  gli  Spagnuoli  si  trovano  ben  im- 
pediti, e  in  fine  forse  non  averanno  fatto  piacere  a 
nessuno. 

La  nuova  che  nel  collegio  de'  Gesuiti  di  Praga 
fossero  state  trovate  arme  in  buona  quantità,  venne 
in  questa  città  ancora;  e  io  fui  curioso  di  saperne 
il  vero,  e  ne  scrissi  all'  ambasciatore  della  Repub- 
blica ;  dal  quale  ebbi  risposta  che  non  era  vero. 
Così  la  fama  qualche  volta  inganna.  Fu  ben  vero 
che  li  Gesuiti  furono  salvati  dagli  principali  de' Pro- 
testanti, che  s' adoperarono  più  di  tutti  a  difesa  della 
città  :  cosa  che  mi  fa  stupire  di  maraviglia. 

10  ho  letto  tutto  il  trattato  mandatomi  da  V.  S., 
e  non  posso  se  non  lodar  intieramente  la  dottrina, 
essendo  di  punto  in  punto  quella  degli  scritti  no- 
stri. Il  signor  Molino  e  padre  M.  Fulgenzio  rendono 
infiniti  saluti  a  V.  S.,  e  io  le  bacio  la  mano. 

11  papa  pretende  che  sia  sua  una  città  di  questo 
stato  chiamata  Ceneda  ; 2  e  perchè  sempre   è  stata 

1  L' ambizioso  principe  Mathias,  essendo  già  ricono- 
sciuto re  d'  Ungheria,  fa  coronato,  con  solennità  grande, 
re  di  Boemia  in  Praga,  il  dì  23  maggio  di  quello  stesso 
anno. 

2  Sopra  questa  già  molto  antica  e  famigerata  contro- 
versia, di  cai  c'informa  lungamente  il  Griselini,  aveva  scritta 
il  Sarpi  una  dottissima  Allegazione,  che  il  biografo  sopra 
citato  dice  essere  rimasta  inedita.  Vedi  Memorie  aneddote, 
pag.  123.  Ma  alla  fine  del  tomo  VI  delle  Opere  dell'  autor 
nostro,  dell'  edizione  di  Helmstat  o  di  Verona  spesso  ri- 
cordata, ci  è  dato  altresì  di  leggere  una  scrittura  chi1 
porta  il  titolo  di   Trattalo  circa  le  ragioni  di  Ceneda. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  211 

possessa  dalla  Signoria,  ella  adesso  vuole  esercitar 
secondo  il  solito.  Il  papa  dice  eli'  è  novità,  e  che  si 
tratti  prima  le  ragioni  ;  e  se  ben  tratta  con  molta 
amorevolezza,  fin'  ora  qui  non  si  vuole  ascoltare, 
come  veramente  non  si  debbe  metter  in  dubbio  il 
proprio  diritto.  Sono  in  qualche  pensiero,  che  per  ciò 
non  possa  seguir  rottura. 

Desidero  sapere  se  la  occupazione  fatta  da  quel 
gentiluomo  nuovamente  convertito,1  sia  a  favore,  o 
una  trama  delli  avversari  per  metter  in  cattivo  con- 
cetto, come  pur  ho  ragione  grande  di  dubitare. 
Di  Venezia,  il  7  giugno  1611. 


CLXXXI.  —  Al  medesimo? 

Non  ho  intermesso  di  scrivere  a  V.  S.  dopo  aver 
ricevuto  il  suo  comandamento  di  doverlo  fare  con 
ogni  corriero  ;  e  oggi  quindici  giorni  sono  le  scrissi, 
quantunque  quel  dispaccio  non  ni'  avesse  portato 
alcuna  sua.  Con  questo  ho  ricevuto  la  gratissima 
delli  20  maggio,  con  le  allegate  di  quel  signor  di 
Inghilterra,  quali  ho  recapitato. 

Stiamo  tutti  con  gran  maraviglia  che  differiscasi 
così  lungamente  la  nuova  edizione  dell'  Anti-Cottone. 
Io  1"  attribuisco  alla  prudenza  di  chi  vuol  veder 
1'  esito  dell'  assemblea. 

La  fama  sparsa  che  dalli  Ugonotti  fosse  stato 
ucciso  il  re,  senza  dubbio  viene  da  chi  vuol  guerra 
per  causa  di  religione  ;  e  ho  gran  dubbio  che  la 
prudenza  degli  uomini   savi   non   sarà   bastante  a 

1  Vedi  alla  pag.  208. 

2  Edita  come  sopra,  pag.  366. 


212  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

impedire  che  non  nasca  qualche  sedizione  causata 
da  tali  infamazioni,  la  quale  faccia  la  querela  uni- 
versale. Pure,  la  divina  Provvidenza  soprastà  a  tutti 
i  disegni  umani. 

Il  duca  di  Savoia  ha  pur  disarmato,  ne  a  To- 
rino si  tratta  altro  se  non  sopra  il  tumulto  che 
nacque  dalla  falsa  nuova  che  il  duca  fosse  ucciso  ; l 
della  quale  non  potendosi  penetrare  in  modo  alcu- 
no uè  l' autore  ne  V  occasione,  aggiunto  anco  che 
T  istesso  tumulto  è  successo  in  altri  luoghi  del  Pie- 
monte, e  in  tutti  contra  Francesi,2  fa  star  molto 
dubbi  li  speculativi,  se  questa  sia  cosa  che  debbi 
portar  seco  conseguenza. 

Le  nuove  di  Germania  sono  piene  di  tanta  con- 
fusione, che  non  è  possibile  far  giudicio   dell'  esito, 

1  u  Avvenne uno  strano  accidente  in  Torino  nel  dì 

"  6  di  giugno.  Non  si  sa  da  chi  fu  sparsa  voce  che  al 
»  Duca  era  stata  tolta  la  vita  dai  Franzesi  nel  parco. 
»  Di  più  non  vi  volle  perchè  il  popolo  di  quella  città, 
■n  amantissimo  del  suo  sovrano,  eccitasse  un  fiero  tumulto, 
«  gridando  ad  alte  voci  :  Ammazza,  ammazza  i  Franzesi. 
»  Prese  1'  armi,  tutti  andarono  a  caccia  d'  essi  Franzesi, 
»  i  quali  udito  il  gran  rumore,  chi  qua  chi  là  corsero  a 
»  rintanarsi.  Era  sul  mezzodì,  e  il  duca,  dopo  data  una 
»  lunga  udienza,  s'  era  coricato  sul  letto  e  avea  preso 
»  sonno.  Svegliato  da'  suoi  cortigiani  e  informato  di  quel 
»  disordine,  corse  tosto  al  balcone  della  Galleria  per  farsi 
»  vedere.  Raffigurato  che  fu  dal  popolo,  si  convertirono  gli 
n  sdegni  in  lietissime  acclamazioni  -,  ed  essendosi  cresciuta 
n  la  folla  alla  piazza,  il  duca  uscì  in  persona  a  meglio 
n  consolar  gli  occhi  de'  suoi  buoni  sudditi,  e  si  quetò  tutta 
»   la  sollevazione.  »   Muratori,  Annoi,  d'  Ital.  an.  1611. 

2  Applicando  la  regola  fiscale  del  cui  bono,  non  pare 
da  dubitarsi  che  1'  occasione  di  quel  tumulto  fosse  falsa- 
mente e  con  arte  fatta  nascere  dagli  Spagnuoli,  e  dai  loro 
alleati  i  Gesuiti,  a  cui  molto  stava  a  cuore  e  tornava  utile 
di  turbare  e  rompere  1'  amicizia  che  allora  passava  tra 
Francia  e  Savoia. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  213 

se  non  questo  universale  :  che  l' imperatore  resterà 
affatto  senza  nissuna  reputazione,  e  passerà  questa 
qualità  anco  nel  successore,  sia  chi  si  voglia  ;  e  li 
regni  ci'  Ungheria  e  Boemia,  perduto  l' imperatore, 
non  saranno  acquistati  al  fratello  se  non  in  nome  ; 
ed  essi,  in  luogo  di  libertà,  daranno  in  una  confu- 
sione che  potrebbe  esser  finalmente  la  loro  rovina,  e 
a  vantaggio  de'  Turchi  :  i  quali  se  concluderanno  la 
pace  di  Persia,  come  sono  vicini  a  fare,  volteranno 
le  loro  armi  nel?  Ungheria,  dove  già  pullulano  i 
semi  delle  discordie  per  la  causa  di  Transilvania. 

Le  confusioni  di  Germania  non  dispiacciono  a 
Roma,  come  alcuno  crederebbe,  parendo  loro  che 
perciò  saranno  sicurati  che  non  possi  più  esser  im- 
peratore che  miri  alle  cose  d' Italia,  dacché  quella 
corte  teme,  perchè  in  altro  non  pretende  maggior- 
mente, che  sopra  lo  Stato  romano.  Né  ai  Gesuiti 
quelle  dispiacciono,  perchè  essi  nella  confusione  si 
maneggiano  e  crescono  di  potenza.  E  si  vede  in  ef- 
fetto, che  in  questi  tumulti  hanno  fatto  un  nobilis- 
simo collegio  in  Bamberga,  e  aumentato  grande- 
mente quello  di  Praga. 

Qui  in  Italia  siamo  in  ozio  così  nocivo,  sebbene 
universalmente  amato  e  desiderato,  che  voglia  Dio 
non  sia  causa  la  sicurezza  che  si  promette,  di  farci 
cadere  in  qualche  repentino  male.  Non  solo  ci  tro- 
viamo sicuri,  ma  giudichiamo  anco  impossibile  che 
da  nessun  luogo  possa  venir  chi  turbi  la  nostra 
tranquillità. 

Nella  differenza  che  scrissi  per  la  passata,  col 
papa,  per  ancora  non  posso  preveder  quello  che 
sarà.  Dico  solo,  ch'esso  ha  detto  contentarsi  di  ogni 
cosa,  purché  in  apparenza  si  mostri  di  portargli  qual- 


214  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

che  rispetto  :  eh'  è  argomento  eli  gran  debolezza  e 
timore.  Fn  in  questa  città,  i  giorni  passati,  il  cardi- 
nale Gaetano,  quale  in  giuochi  e  meretrici  ha  mo- 
strato le  sue  virtù.1  Nessuna  cosa  fa  maggior  danno 
al  servizio  di  Dio,  quanto  di  credere  a  quei  di  Roma 
così  facilmente.  Questo  addormenta  i  politici,  che 
sono  la  maggior  parte  ;  dà  animo  ai  papisti  e  lo 
leva  ai  buoni.  Dio  ci  aiuti. 

Io  credo  che  le  mie  lettere  riescano  noiose  a  V.  S., 
non  per  la  lunghezza,  ma  per  1'  aridità  ;  la  quale 
nasce  e  dal  mancamento  di  materia  in  questo  nostro 
ozio,  e  dalla  mia  naturai  sterilità  :  quale  prego  V.  S. 
che  scusi,  e  creda  certo  che  il  desiderio  di  parlar 
con  esso  lei  non  m' impedirà  di  mettere  fine  alle  let- 
tere che  le  scrivo  con  dispiacere. 

La  risalutano  il  signor  Molino  e  padre  M.  Ful- 
genzio, e  io  le  bacio  la  mano,  pregando  Dio  che  be- 
nedica sempre  le  sue  azioni. 

Di  Venezia,  dì  22  giugno  1611. 


CLXXVII.  —  Al  medesimo.2 

L'  ultima  mia  fu  delli  22  giugno;  la  quale  credo 
le  giungerà  in  mano  tardi,  dovendo  fare  molte  po- 
sate innanzi  che  arrivi  costà.  Per  questo  corriere  ho 
ricevuto  duplicato  favore  da  V.  S.  con  due  sue,  l' una 
delli  26  maggio  e  1'  altra  delli  3  giugno;  le  quali  mi 
hanno  riempito  1'  animo  d'  allegrezza,  per  la  speran- 
za che  1'  assemblea  debba  aver  buon  successo,  come 

1  Bonifazio  Gaetani,  romano,  avea  grado  di  vescovo, 
ed  era  stato  promosso  alla  porpora  fin  dal  luglio  del  1605. 

2  Dalla  raccolta  come  sopra,  pag.  370. 


LETTERE   DI  FEA  PAOLO   SARPI.  215 

prego  la  Maestà  divina  che  succeda,  tenendo  per 
fermo  che  ciò  importi  alla  Religione  non  meno  in 
Italia  che  in  Francia. 

È  venuta  nuova  qui,  che  il  primo  presidente  ab- 
bia mandato  via  il  padre  Goutieri,1  che  mi  pare- 
rebbe un  buon  principio  e  fondamento  di  gran  spe- 
ranze. 

Finalmente  tutta  la  macchina  papistica  è  al  pre- 
sente sopra  i  Gesuiti.  Viene  a  Roma  il  confessore  di 
Leopoldo,  per  fare  1'  ultimo  sforzo  delle  cose  di  Ger- 
mania. Di  là  abbiamo  continue  nuove  di  confusione, 
ma  nella  maniera  che  sogliono  passar  tra'  privati. 
e  non  tra'  principi  ;  tutte  con  consigli  medii,  che  ser- 
vono a  confondere  sempre  più.  Nissuna  cosa  di 
que'  successi  m' ha  parso  considerabile,  se  non  la 
resoluzione  di  quei  prelati  di  contribuire  ogni  anno 
óOO  fiorini  per  fafre  tesoro.  Invitano  a  parte  anco  il 
pontefice,  il  quale  però  non  ha  nissuna  inclinazione 
d' implicarsi  in  altro  che  in  metter  pace.  Le  città 
hanno  gran  ragione  di  non  restar  soddisfatte  delli 
prencipi  collegati  con  loro,  poiché  del  fatto  di  Do- 
navert,2  che  fu  principio  e  causa  della  collegazione. 
non  si  è  trattato  niente;  e  se  non  averanno  qualche 
incitamento  degli  avversari  che  li  faccia  riunire, 
quella  lega  farà  pochi  progressi.3  Non  pare  che  di 

1  Così  ha  la  prima  stampa  -,  onde  parrebbe  nome  non 
di  stampo  italiano.  Comecchessia,  e  per  la  sua  desinenza 
e  per  parlarsi  (come  sembra)  di  un  gesuita,  non  è  da  con- 
fondersi con  quelli  di  Goathieres  o  di  Goultier,  portati 
anche  allora  da  illustri  uomini  della  Francia. 

-  Città  della  Baviera,  di  cui  parlasi  anche  alla  pag.  94. 

3  L' indole  politica  degli  Alemanni  ha  sino  a  qui  (se 
i  fatti  visibili  non  e'  ingannano)  variato  assai  poco  •,  e 
l1  acuto  ingegno  del  Sarpi  troppo  bene  avea  saputo  giudi- 
carla ! 


216  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARP1. 

Germania  si  possi  aspettar  altro  al  presente,  se  non 
elie  li  papisti  si  alienino  dal  papa. 

Quanto  s' aspetta  a  Savoia,  certa  cosa  è  eh'  egli 
farà  tutto  il  possibile  per  inquietare.  Con  tutto  ciò, 
la  opinione  universale  è,  che  nessuna  cosa  gli  possa 
sortire,  se  non  forse  qualche  impresa  furtiva.  Da 
questo  conviene  bene  che  si  guardi  chi  ne  ha  esempi 
passati. 

Io  son  costretto,  contro  il  mio  volere,  a  scrivere 
brevi  lettere  a  V.  S.  per  difetto  di  materia,  essendo 
l' Italia  in  un  ozio  così  profondo,  che  non  solo  ci 
tiene  lontani  dalle  novità,  ma  anco  dalli  disegni 
e  pensieri  :  di  maniera  che,  anco  li  scrittori  delle 
Gazzette  non  hanno  altra  materia,  se  non  qualche 
conviti  o  apparati  di  feste. 

La  Eepublica  segue  rincominciato  sopra  Cene- 
da.  Il  papa  sta  per  ciò  molto  ben  sdegnato.  Non  si 
vede  che  provvisione  sia  per  fare,  ma  al  certo  farà. 
Alcuni  dei  nostri  biasimano  il  nostro  tentativo,  di- 
cendo che  se  la  Spagna  adesso  assistesse  al  papa, 
non  si  ha  dove  aver  ricorso  ed  aiuto.  Son  certo  che 
la  stessa  ragione  travaglia  il  papa,  quale  vede  non 
potersi  sostenere  se  non  mettendosi  sotto  Spagna  : 
cosa  che  abborrisce.  Dubito  che  non  ci  portiamo 
senza  accorgercene  in  qualche  passo  pericoloso. 

Le  dispute  successe  in  Parigi  non  sono  piaciute 
a  Roma.  Biasimano  il  nunzio.  Se  fosse  messa  a 
campo  quella  controversia,  temo  ecciterebbe  una  se- 
dizione tra  li  papisti  stessi. 

Vedendo  la  divisione  che  nasce  tra  Gesuiti  e  al- 
tri papisti  per  la  libertà  gallicana,  se  li  Riformati 
fomentassero  il  partito  della  libertà,  il  quale  seb- 
bene non  è  perfetto  è  però  manco  cattivo,  forse  si 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  217 

indebolir  ebbono  li  Gesuiti,  che  sono  li  più  opposti 
alla  vera  Religione,  e  s'  aprirebbe  via  a  concordare 
con  li  Gallicani.  Non  ci  è  impresa  maggiore  che 
levar  il  credito  a'  Gesuiti  :  vinti  questi,  Roma  è 
persa,  e  senza  questa  la  Religione  si  riforma  da  se.1 
Questo  le  dico  avendo  saputo  1'  estremo  dispiacere 
sentito  a  Roma  per  la  disputa  de'  Giacobiti,  e  1'  av- 
vertimento dato  al  nunzio  di  guardarsi  da  simili 
occorrenze.  A  pigliar  un  consiglio,  basta  saper  che 
1'  avversario  lo  sfugga,  senza  che  santo  Paolo  ne 
ha  dato  esempio  a....2 

Se  V.  S.  si  ritrova  ancora  nello  istesso  luogo,  la 
prego  far  li  miei  umili  baciamani  a  monsignor  Du 
Plessis  ;3  e  facendo  qui  fine,  faccio  a  V.  S.  umil  re- 
verenza, insieme  con  il  signor  Molino  e  il  padre 
Fulgenzio.  Diverse  cose  avrei  da  dirle,  ma  non  ar- 
disco metter  tutto  in  carta  sino  a  tanto  che  avrò 
nuova  che  la  cifra  sia  giunta  ;  e  allora  con  mag- 
gior libertà  potremo  esplicar  1'  un  1'  altro  il  nostro 
sentimento.  Dio  la  conservi. 

Di  Venezia,  li  5  luglio  1611. 

1  Comunque,  secondo  le  opinioni  e  le  passioni  diverse, 
queste  parole  sieno  per  essere  interpretate,  noi  le  racco- 
mandiamo alla  meditazione  dei  lettori,  per  ben  compren- 
dere lo  spirito  ed  il  finale  intento  del  Sarpi. 

-  Lacuna  della  prima  edizione. 

3  A  cui,  dopo  40  giorni,  1'  impavido  Servita  tornava  a 
scrivere  gli  arditi  concetti  che  ci  sarà  dato  di  scorgere 
nella  Lettera  CLXXXI. 


218  LETTERE  DI   FRA  PAOLO   SARPI. 


CLXXVIII.  —  Al  medesimo.1 

Questo  corriere  non  mi  ha  portato  lettere  di  V.  S.: 
il  che  le  dico  solo  per  avviso.  Io  parimente  ho  poca 
materia  da  scrivere,  passando  le  cose  qui  in  Italia 
con  tanta  quiete,  che  maggiore  non  si  potrebbe  pen- 
sare ne  desiderare.  Faccia  Dio  che  sia  perpetua, 
s'è  però  a  sua  gloria  e  beneficio  nostro.  Solamente 
il  duca  di  Savoia  sta  guardato,  come  se  fosse  tra 
nemici.  Ha  fatto  venir  900  Savoiardi  in  Piemonte, 
e  posti  nelle  sue  terre  1500  Svizzeri.  In  Savoia  diffi- 
cilmente si  quieta,  o  perchè  abbia  ragione  di  suspi- 
care,  o  perchè  pretenda  averla. 

Ma  le  cose  di  Germania  sono  bene  in  molte  al- 
terazioni ;  e  sebbene  pare  che  tra  fratelli  Austriaci 
sia  per  conciliarsi  concordia,  nondimeno  sarà  con 
diminuzione  dell'  uno  e  dell'  altro.  La  morte  del  duca 
di  Sassonia2  pare  bene  che  possi  aver  conseguenze 
di  comune  beneficio  :  nondimeno  1'  evento  delle  cose 
è  così  incerto,  massime  in  quella  regione,  la  quale 
ancora  non  s'  è  liberata  affatto  dell'  ozio  invecchia- 
to, che  malamente  si  può  predire  cosa  alcuna. 

Sono  già  venute  nuove  qua,  che  1'  assemblea  di 
costì  abbia  avuto  fine  tranquillo,  con  soddisfazione  di 
tutti.  Il  che  dà  manifesto  segno  che  Dio  riguarda 
cotesto  regno  con  occhi  di  pietà:  ma  di  questo  io 
aspetto  d' intenderne  qualche  particolare  da  V.  S.  Mi 
dà  un  poco  di  noia  che  Barberigo  partirà  presto  ; 
onde  resto  in  gran  pensiero  come  si  continuerà  la 

1  Edita  come  sopra,  pag.  375. 

2  L'  elettore  e  duca  Giovarmi  Giorgio  I,  che  morì  di 
soli  45  anni. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      219 

nostra  comunicazione,  la  quale  non  vorrei  per  molto 
che  restasse  interrotta. 

In  Roma,  il  cardinale  di  Gioiosa  è  stato  infermo 
di  una  diarrea  con  febbre,  che  faceva  dubitare  della 
sua  vita  :  al  presente  si  trova  senza  pericolo.  Il  papa 
negozia  con  la  Repubblica  di  quello  che  altre  volte 
ho  scritto  a  V.  S.,  con  tanta  destrezza,  che  non  si 
potrebbe  maggiore;  e  (quello  che  non  piace  al  Padre) 
con  questo  avanza;  e  vi  sono  persone  tanto  semplici, 
che  lo  stimano  mutato  di  volontà,  e  pochi  l' inter- 
pretano quello  che  veramente  è,  un  accomodarsi  alla 
necessità  ed  un  conservarsi  l' animo  cattivo  ;  anzi 
farlo  più  intento,  con  pensieri  di  vendetta  maggioro 
all'  opportunità.  Sento  dispiacere  che  per  questa  sorte 
di  accidenti  deteriora  quel  poco  di  Religione.1 

Insomma,  si  vede  per  esperienza  che  non  piace 
a  Dio  benedire  il  suo  servizio  cominciato  per  fini 
umani  con  1'  occasione  della  vanità.  Per  via  di  So- 
na ho  inteso  gran  cose  del  procedere  de'  padri  Ge- 
suiti nelle  Indie,  dove  s'  hanno  ridotto  a  dominare 
apertamente  :  manifesto  indizio  della  intenzione  che 
hanno  di  fare  lo  stesso  in  Europa,  se  potranno,  lo 
non  sarò  più  lungamente  tedioso  a  V.  S.  con  la  pre- 
sente, ma  qui  facendo  fine,  le  bacio  la  mano. 
Di  Venezia,  li  23  luglio  1611. 

1  Siccome  le  cumulate  ricchezze,  e  spesso  anche  le 
repubbliche,  si  disfanno  e  rovinano  per  l' incapacità  o  mal- 
vagità di  quelli  che  le  amministrano,  così  i  tesori  raccolti 
dal  sangue  dei  martiri....  Ma  non  vogliam  dire  più  oltre.  Noi 
non  faremmo  se  non  ricordare  altrui  quello  eh'  egli  ha  cento 
volte  pensato,  non  senza  dolore,  in  sé  medesimo. 


220  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

CLXXIX.  —  Al  medesimo.1 

Per  questo  corriere  ricevo  quella  di  V.  S.  delli  28 
giugno,  la  quale  mi  rende  dispiacere  per  1'  avviso 
della  sua  podagra.  Mi  pare  che  sia  troppo  frequente  ; 
e  se  bene  è  purgazione  de'  mali  umori,  e  per  con- 
sequente  lascia  più  sane  le  altre  parti,  con  tutto  ciò 
io  esorto  V.  S.  a  darle  manco  occasione  che  può  di 
ritornare.  Io  non  credo  ch'Ella  commetta  altra  sorte 
di  disordini,  salvo  che  eccesso  di  occupazioni  di 
mente  :  da  che  io  desidererei  che  procurasse  d'  aste- 
nersi. 

Ho  inteso  il  line  dell'  assemblea,  così  per  le  let- 
tere di  V.  S.,  come  per  altre  di  Parigi  ;  e  il  rimet- 
tere della  regina  al  Consiglio  panni  cosa  molto  pe- 
ricolosa. Dio  faccia  che  quel  che  seguirà,  succeda  a 
sua  gloria.  Ma  io  temo  assai  ;  nondimeno  mi  ricordo 
di  quello  che  disse  il  savio  :  In  melius  adversa,  in 
deterius  optata  feruntur. 

Li  pensieri  de'  Spagnuoli  si  scuoprono  alla  gior- 
nata tutt'  altri  di  quelli  che  avevano  vivente  il  re 
Filippo  IL  Ho  veduto  una  esposizione  fatta  al  re 
dal  regno  d' Aragona  sopra  l' interdetto  di  Sara- 
gozza, e  mi  pare  molto  libera,  e  mostra  eh'  essi 
anco  vadino  a  via  di  aver  libertà  ispaniche,  come 
in  Francia  sono  le  gallicane.  Ma  importa  più  che 
il  re  ha  fatto  il  suo  terzogenito  abbate,  e  già  li  ha 
dato  una  abbazia  in  Portogallo  che  importa  più 
di  100  mila  ducati.  Questo  assorbirà  col  tempo  non 
solo  una  gran  jDarte  delle  entrate  ecclesiastiche,  ma 
ancora  l' autorità  ;  e  come  sarà  nella  casa  regia, 

1   Stampata  come  sopra,  pag.  383. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  221 

poco  dipenderà  da  Roma  ;  e  stimo  questa  mutazione 
per  una  cosa  di  gran  conseguenza. 

Credo  che  V.  S.  averà  intesa  1'  espulsione  delli 
Gesuiti  dalla  città  d' Aquisgrana,  che  potrà  esser 
esempio  ad  altre  città  imperiali  ;  ma  sopra  tutto  io 
stimo  il  modo. 

Qui  si  tiene  per  certo  che  l' imperatore  e  il  fra- 
tello s'  accorderanno  ;  ma  tutto  sarà  con  diminuzio- 
ne. Qui  in  Italia  il  duca  di  Parma  ha  messo  pri- 
gione molti  de'  principali  sudditi  suoi,  senza  dubbio 
per  qualche  tradimento: 1  sono  alcuni,  che  dicono  per 
intelligenza  con  Spagna  contro  Torino.  Mantova  e 
Modena  faranno  assemblea,  e  esso  Torino  propone 
di  andar  a  Venezia  ;  ma  è  uomo  tanto  chimerico, 
che  non  è  buono  per  far  niente,  massime  qui. 

Io  sto  con  molto  desiderio  della  venuta  del  cor- 
riere frequente,  per  intendere  che  V.  S.  sia  risanata  : 
il  che  io  spero,  e  vorrei  che  fosse  per  lungo  tempo. 
■non  piacendomi  coteste  frequenti  recidive. 

Del  negozio  intorno  Ceneda  vanno  le  cose  ben 
quiete  con  il  papa,  ma  però  ben  tarde  ;  e,  come 
credo,  innanzi  sarà  necessario  che  si  riscaldino  e 
forse  che  si  affoghino.  Ma  se  Dio  non  dà  buon  pro- 
gresso alle  cose,  non  si  bisogna  sperar  che  le  opere 
umane  possino  capitare  a  nissun  buon  fine,  e  mas- 

1  Questo  imprigionamento  segna  la  scoperta  e  insieme 
il  principio  della  sanguinosa  vendetta  che  Ranuccio  Far- 
nese, un  anno  dopo,  ebbe  presa  sopra  i  nobili  parmensi, 
e  dell'  un  sesso  e  dell'  altro,  che  contro  a  lui  avevano  con- 
giurato. Chi  voglia  leggerne  una  succinta  ma  efficace  nar- 
razione, la  cerchi  nella  Continuazione  del  Guicciardini  det- 
tata da  C.  Botta  (lib.  XVI)  ;  chi  bramasse  conoscerne  i  più 
minuti  particolari,  interroghi  i  documenti,  e  il  racconto 
che  li  precede,  messi  di  recente  in  pubblico  (Parma,  1862) 
da  Federico  Odorici. 


222  LETTEEE  DI  FRA  PAOLO  SAEPI. 

sime  essendo  dagli  uomini  intraprese  per  ogn'  altro 
che  per  la  gloria  di  Dio.  Non  si  può  se  non  gettar 
il  seme  in  terra,  e  aspettar  da  Dio  che  pulluli  e 
cresca.  Prego  la  Maestà  sua  divina,  che  doni  a  V.  S. 
la  intiera  sanità,  la  tenga  sotto  la  sua  guardia,  e 
le  doni  ogni  prosperità  presente  e  futura.  Alla  quale, 
per  fine  di  questa,  bacio  la  mano. 
Di  Venezia,  li  2  agosto  1611. 


CLXXX.  —  Al  medesimo.1 

L' ultima  mia  fu  responsiva  a  quella  di  V.  S. 
delli  28  giugno  :  la  presente  accusa  la  ricevuta  del- 
l' ultima  sua  delli  11  luglio,  la  quale  mi  dà  buona 
nuova,  avvisando  eh'  Ella  ricuperava  la  sanità  ;  e  mi 
fa  star  in  aspettativa  di  veder  la  seguente,  dalla 
quale  io  son  certo  dover  intendere  che  l'avrà  acqui- 
stata intieramente.  Così  prego  Dio  nostro  Signore, 
che  le  cloni  grazia  di  poterla  godere  lunga  e  felice. 

Questo  corriere  ci  ha  portato  assai  buone  nuove 
da  Parigi  ;  le  quali,  in  tutta  somma,  sono  speranze 
che  la  quiete  in  Francia  continuerà,  e  che  tutti 
avranno  soddisfazione.  Mi  dispiace  che  1'  Anti-Cot- 
tone  non  proseguisca  le  cose  incominciate,  perchè 
mi  pare  la  maniera  sia  molto  buona  per  metter 
bene  in  luce  le  arti  de'  Gesuiti.  Se  il  timore  lo  ri- 
tiene, potrà  forse  col  tempo  prender  animo,  che  mai 
sarà  tarda  un'  opera  buona.  Ma  Dio  voglia  che  non 
sia  guadagnato,  come  questi  gran  maestri  sanno 
fare  ! 

1  Dalla  raccolta  come  sopra,  pag.  378. 


LETTERE  DI  FRA   PAOLO   SARPI.  223 

Ho  fatta  1'  ambasciata  a  monsieur  Àssellineau  ; 
qual  mi  dice  d'  aver  sempre,  scritto  a  V.  S.,  e  lo 
credo  ;  ma  bisogna  che  l' inviamento  che  usa  sia 
tardo.  Io  prego  V.  S.  per  il  recapito  della  presente. 

Se  le  cose  di  Germania  non  ci  dassero  materia 
di  ragionamento,  resteressimo  senza  aver  che  dire  ; 
e  li  ragionamenti  che  sopra  ciò  si  fanno,  sono  pia- 
cevoli, poiché  non  si  tratta  di  sangue,  ma  solo  di 
diete,  accordi  e  poca  osservanza  di  questi.  Con  tutto 
ciò,  le  cose  camminano  con  lungo  tempo,  che  ma- 
raviglia sarà  se  non  avranno  qualche  sinistro  fine. 

Il  re  di  Spagna  ha  fatto  il  suo  terzogenito  prete, 
e  datogli  una  abbadia.  Breves  dice,  se  lo  faranno 
cardinale,  anco  Francia  vorrà  cardinale  un  fratello 
del  re  di  Francia.  Questo  sarebbe  ottimo,  che  sa- 
rebbono  tre  papi  ;  ed  è  concetto  da  fomentare.1 

Di  Spagna  hanno  scacciato  1'  auditore  del  Nun- 
zio, dicendo  che  dava  a  lui  mali  consigli.  Hanno 
comandato  poi  al  Nunzio,  che  levi  l' interdetto  di 
Sarragoza,  ed  ha  ubbidito.  Sono  gran  punti.  Il  go- 
vernatore di  Milano  ha  fatto  intendere  a  Genova 
che  si  guardino  dal  duca  di  Savoia:  egli  non  può 
stare,  ma  sempre  inquieta  e  mette  in  rovina  il  suo 

1  Molte  riflessioni  potrebbero  farsi  intorno  a  questo  co- 
stame  di  creare,  per  diplomazia,  cardinali  non  solo  i  con- 
giunti dei  monarchi,  ma  eziandio  quei  prelati  che  più  erano 
benevisi  alle  corti  :  ma  il  buon  senso  stesso  dei  nostri  let- 
tori ce  ne  dispensa.  Pochi  anni  dopo  la  data  di  questa 
Lettera,  era  tra  le  corti  di  Francia  e  di  Spagna  gran  rug- 
gine, perciocché  il  papa  avea  nominato  due  cardinali  spa- 
glinoli ed  uno  solo  francese.  Bisognava,  dunque,  tra  i  preti 
cortigiani  della  Francia,  a  dispetto  di  ogui  altro  riguardo, 
trovarne  due  che  fossero  egualmente  degni  del  cappello. 
Se  questo  sia  il  modo  di  far  gì'  interessi  della  Chiesa, 
la  divina  giustizia  lo  ha  già  detto  a  chi  vuole  intenderlo  ; 
e  il  dirà,  prima  che  passi  un  secolo,  più  chiaramente. 


224  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

Stato  :  non  si  quieterà  fin  che  non  vede  guerra. 
Bensì  teme  Spagna,  e  per  tanto  non  ardisce  intra- 
prendere cosa  alcuna. 

E  bene  certo  che  Matthias  non  finge  contro  l' im- 
peratore :  però  s' intende  con  Roma  e  Spagna.  Non 
manterrà  la  fede  a'  Confessionisti,  se  non  quanto 
sarà  sforzato,  con  animo  d' interpretare,  se  potrà. 
Si  regge  totalmente  col  consiglio  del  vescovo  di 
Vienna,  e  non  spera  esser  imperatore  se  non  per 
Pioma.  Non  conviene  giudicare  che  anco  Leopoldo 
sia  favorito  da  loro,  che  sono  buoni  maestri  e  sanno 
trattenere  ambiduoi.  Spagna  pensa  di  mandar  il 
secondogenito  per  educare  in  Germania,  per  fare 
qualche  cosa  quando  sarà  in  età.  Il  papa  neglige 
ogni  cosa. 

La  prego  dare  queste  nuove  a  monsieur  Du 
Plessis.  In  Roma,  essendo  fuori  della  città  il  car- 
dinale di  Gioiosa,  si  salvò  nel  suo  palazzo  un  po- 
ver  uomo  perseguitato  per  debiti  da  duoi  sbirri  so- 
lamente, e  fu  difeso  da  alcuni  staffieri  del  cardinale. 
Per  questo  essendo  nato  rumore,  molti  gentiluo- 
mini francesi  si  ritirarono  là  per  vedere  che  cosa 
era.  Frattanto  il  papa  diede  ordine  al  governatore  di 
prender  tutti  quelli  che  ritrovava  nel  suddetto  pa- 
lazzo :  il  quale  andò  in  persona,  con  numero  grande 
di  sbirri,  che  gettata  in  terra  una  porta  di  dietro 
del  palazzo,  entrarono  gridando  Viva  Spagna,  non 
so  per  qual  pazzia;  presero  molti  gentiluomi  che 
erano  là,  in  particolare  un  nipote  del  cardinale  du 
Perron;  che  furono  tenuti  in  prigione  quella  notte, 
ed  esaminati,  e  la  mattina  liberati,  eccetto  li  colpe- 
voli. Il  cardinale  di  Gioiosa,  avvisato,  entrò  in  Roma 
la  mattina,   e  diede  ordine  alle  cose  sue;  e  senza 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SAREI.  225 

parlar  né  al  papa  né  al  Borghese,1  se  ne  tornò  fuori. 
Adesso  si  tratta  di  dar  qualche  soddisfazione  al 
cardinale:  di  che  l'ambasciatore  di  Spagna  fa  mag- 
giore instanza  di  tutti.  Frattanto  que'  poveri  gentil- 
uomini, oltre  l' esser  stati  in  prigione  la  notte, 
hanno  scosse  di  buone  bastonate  con  li  calci  degli 
archibusi.  Ho  voluto,  non  avendo  nuova  di  momen- 
to, scriverle  queste  leggère  ;  e  qui  facendo  fine,  le 
bacìo  la  mano. 

Di  Venezia,  li  1G  agosto  1611. 


CLXXXI.  —  A  Filippo  Du-Plessis  Mornay? 

Pregiatissimo  signor  mio.  Da  quel  nobile  polacco 
che  viene  di  costà,  ho  saputo  qual  sia  lo  stato  della 
Religione  in  Francia  ;  ed  egli,  alla  sua  volta,  quale 
sia  qui  il  nostro.  E  non  solo  V  ha  appreso,  ma  toc- 
cato quasi  con  mano.  Voi  sempre,  la  Dio  mercè, 
progredite  ;  e  noi  facciamo  passi  retrogradi.  Venne 
meno  il  coraggio  d'una  volta;  e  nelle  buone  occa- 
sioni ci  vediamo  talmente  abbandonati,  che  né  a 
seminare  siam  atti,  ne  a  coltivar  ciò  che  già  erasi 
seminato.  Allorché  la  meretrice  insultava  ai  nostri 
sfrontatamente,  avemmo  insieme  la  strada  aperta  al 
parlare  ed  all'insegnare:  ora  costei  si  è  data  a  far 
carezze,  e  di  qui    1'  ozio  a  che  i  nostri  si  sono    ab- 

1  II  cardinale  Scipione  Borghesi,  nipote  del  papa,  se- 
gretario di  stato,  e  quanto  al  teinporal  governo  (secondo  il 
consueto)  vero  papa. 

-  Dalla  Corrispondenza  ec.  citata  alla  pag.  148  del 
tomo  I  -,  e  colla  osservabile  indicazione  De  padre  Paulo. 
Vedi  anche  a  pag.  49,  95  e  109  di  questo  stesso   volume. 

Sarpi.  —  II.  13 


22G  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

bandonati.  Abbiamo  anche  spesso  tentato  di  provo- 
carla; ma  fatta  più  accorta  dai  passati  pericoli,  ha 
deluso  i  nostri  sforzi,  e  premendo  1'  ira  nel  petto, 
non  cessa  <T  ostentare  all'  esterno  i  soliti  modi  lu- 
singhieri. Da  ciò  la  sicurezza  dei  nostri,  il  risorto 
amore  dei  piaceri  e  1'  avversione  ad  ogni  qualsiasi 
cambiamento,  quand'  anche  colla  certezza  del  me- 
glio. In  mezzo  a  questa  poltronesca  pace,  nessuna 
speranza  può  aversi  negli  umani  consigli;  e  se  al- 
cuna ne  resta,  si  è  in  Dio  solamente.1  Ma  le  di- 
vine disposizioni  sono  arcane  per  noi  ;  e  chi  queste 
ignora  non  dovrebbe  in  tal  fiducia  addormentarsi, 
aspettando  il  tempo  del  suo  beneplacito.  Sarebbe, 
al  mio  credere,  da  tentar  piuttosto  ogni  cosa. 

Voi  altri  Alemanni  e  Francesi  continuate  gagliar- 
damente il  lavoro,  e  noi  vi  ammiriamo  e  lodiamo; 
ma  i  vostri  sforzi  giganteschi  e  i  forti  colpi  che 
scagliate,  non  molto  approdano,  come  quelli  che  mi- 
rano soltanto  ai  lembi.  Volesse  il  cielo  che  poteste 
drizzar  la  mira  verso  il  cuore  !  a  questa  Italia,  cioè, 
dov'  è  la  fonte  e  il  principio  dell'  esistenza  del  papa 
e  dei  Gesuiti.  Sarebbe  da  imitar  Scipione  che,  por- 
tando la  guerra  in  Africa,  costrinse  Annibale  ad 
uscire  dall'  Europa.  Fintantoché  in  alcun  luogo  del- 
l' Italia  le  chiese  stesse  non  si  riformino,  o  che  la 
guerra  non  ischiuda  le  porte  alla  libertà,  le  forze 
papali  rimarranno  invulnerate  ed  intere.  Ma  come 
ciò  dico  secondo  il  lume  dell'intelligenza  umana, 
così  ben    so   essere  a  tal   fine  necessario  il  divino 

1  Chi,  dopo  il  raffronto  di  tante  altre  Lettere,  potrà  du- 
bitare che  questa  pure  non  uscisse  dalla  mente  e  dal  cuore 
del  Sarpi?  Sarebbe,  contuttociò,  esagerazione  e  temerità 
(per  non  dir  altro)  il  cavarne  le  conseguenze  che  taluno 
nei  giorni  nostri  ha  voluto  inferirne. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  gARPI.  227 

favore.  E  vedendoci  fra  qui  destituiti  d'  ogni  mon- 
dano soccorso,  ogni  cosa  io  rimetto  alla  sua  celeste 
Maestà;  la  quale  anche  prego  di  voler  sempre  as- 
sistere e  mantener  sana  e  salva  la  S.  V.,  che  tanto 
si  affatica  a  prò  della  Chiesa. 
Venezia,  1G  agosto  1611. 


CLXXX1I.  —  Al  medesimo.1 

Siccome  io  ho  dato  conto  a  V.  S.  delle  mie  pre- 
cedenti, ho  ricevuto  ai  tempi  suoi  quella  dei  28  giu- 
gno e  dei  15  luglio  ;  il  che  le  so  precisamente  dire, 
tenendo  memoria  scritta  del  dato  di  ciascuna  sua. 
Non  posso  così  dirle  altrettanto  di  quelle  che  scrivo 
a  lei,  per  non  tener  hene  partieolar  conto.  So  hen 
questo,  di  non  aver  tralasciato  da  qualche  tempo 
in  qua  alcun  corriere  senza  scriverle. 

Rendo  molte  grazie  a  V.  S.  per  gli  avvisi  che 
mi  dà  del  corso  e  delle  buone  speranze  delle  cose 
di  costì,  quale  io  aiuto  con  le  orazioni  appresso  Dio. 
E  sebbene  se  ne  parla  qui  diversamente,  nondimeno 
tengo  che  passino  nella  maniera  eh'  Ella  scrive.  Ab- 
biamo in  Parigi  un  ambasciatore  che  cerca  di  este- 
nuar quanto  può,  e  metter  in  cattivo  credito  le  cose 
de'  Riformati,  e  questo  acciocché  i  buoni  qui  non 
piglino  animo  ;  e  aggrandisce  le  cose  de'  papisti,  cosa 
che  è  di  cattivo  servizio  :  ma  non  si  può  far  altro. 

V.  S.  avrà  inteso  la  creazione  degli  undici  car- 
dinali :  -  nel  che  la  Corte  osserva,  che  sebbene  alcune 

1  Edita  come  sopra,  pag.  387. 

2  La  cpiale  fu  pubblicata  a  dì  17  d'agosto. 


228      LETTERE  DI  FKA  PAOLO  SARPI. 

volte  qualche  pontefice  lia  fatto  un  cardinale  o  due 
fuori  dei  tempi  del  digiuno,  nondimeno  le  promo- 
zioni intiere  sono  sempre  state  fatte  in  quelli,  se- 
guendo lo  stile  dell'  antichità  ;  eccetto  che  dal  pon- 
tefice presente,  il  quale  ha  fatto  tre  promozioni  nel 
suo  pontificato,  e  tutte  fuori  delle  tempora  :  dal  che 
i  cortigiani  oziosi  cavano  diversi  prognostici. 

L' esser  promosso  al  cardinalato  il  Nuncio  di 
Spagna,1  e  non  quello  di  Francia,  che  tanto  si  affa- 
tica, non  so  se  lo  farà  rallentare  la  sua  diligenza, 
ovvero  aumentare  per  farsi  più  degno.  Ma  il  numero 
de'  cardinali  è  così  grande,  che  non  può  sperare 
un'  altra  promozione,  al  più  breve,  fra  tre  anni.  I 
soggetti  promossi  (da  quel  Fiorentino,2  eh'  è  fatto 
ad  istanza  della  regina,  in  fuori)  saranno  tutti  spa- 
glinoli. Per  1'  auditore  di  Camera  e  per  il  tesoriere.3 
la  casa  del  papa  avrà  guadagnato  150  mila  scudi. 
1  prelati  veneziani  si  sono  aiutati  con  presenti,  che 
sebbene  ricevuti  e  veduti  con  buon  occhio,  non  hanno 
avuto  altro  in  ricompensa  che  speranza. 

La  corte  romana  sente  grandissimo  dispiacere 
per  la  risoluzione  fatta  in  Spagna,  che  non  siano 
pagate  ad  Italiani  le  pensioni  sopra  i  benefizi  eccle- 
siastici poste  in  capo  degli  Spagnuoli;  e  il  papa  se 
n'  è  doluto  con  1'  ambasciatore  della  maestà  catto- 
lica. Ma  gli  Spagnuoli  non  fanno  mai  cosa  per  ri- 
trattarla. Questo  importerà  una  gran  diminuzione 
alla  corte  romana  ;  per  il  che  si  farà  tanto  più  in- 
sopportabile  agl'Italiani,  volendosi   rifare   sopra  li 

1  Decio  Caraffa,  napoletano. 

2  Giovanni  Bousi. 

3  Pietro  Paolo  Crescenzio  romano,  e  Giacomo  Serra 
bolognese,  compresi  in  quella  promozione. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  220 

benefìeii  di  questa  regione  di  quello  che  si  perde  al- 
trove. E  perchè  forse  questo  particolare  non  è  noto 
a  V.  S.,  glielo  esplicherò.  Vi  è  legge  in  Spagna,  che 
non  possino  avere  né  benefìeii  uè  pensione  se  non 
naturali.  Soleva  il  papa  sopra  i  benefìeii  di  Spagna 
metter  pensione  applicata  a  qualche  spagnuolo  resi- 
dente in  corte,  con  obbligo  a  lui  di  risponderla  ad 
un  italiano.1  Questa  sorte  di  artificio  gli  Spagnuoli 
adesso  hanno  proibito. 

Nel  negozio  dell'  interdetto  di  Saragozza,  dopo 
molte  trattazioni,  il  consiglio  regio  ha  risoluto  che 
lo  spoglie  del  morto  arcivescovo  saranno  ammini- 
strate dal  magistrato  secolare,  il  quale  pagherà  i  de- 
biti e  distribuirà  il  rimanente  secondo  le  leggi  di 
Aragona,  e  che  l' interdetto  sarà  levato.  L' audi- 
tore del  Nuncio  ha  mostrato  di  opporsi  all'esecu- 
zione di  questo,  e  per  tale  causa  è  stato  scacciato 
di  Spagna.  Il  Nunzio  s'  è  acquietato,  e  ha  pensato 
esser  bene  di  contentarsi  di  quello  ;  e  non  si  può  far 
altrimenti. 

Oggi  viene  nuova  di  certo  luogo  preso  dal  duca 
di  Savoia,  appartenente  a'  Genovesi  ;  il  che  fa  qual- 
che moto,  e  il  governatore  di  Milano  richiama   al- 

1  Di  questo  sotterfugio  bruttissimo  parlasi  ancora  in  talu- 
ne tra  le  Lettere  contenute  nel  Tomo  I.  Il  sopportarlo  che 
la  Spagna  insino  allora  avea  fatto,  era  uno  dei  modi  di 
collegare  a  sé  la  corte  di  Roma,  e  di  pascere  in  Italia  i 
seguaci  della  sua  fazione.  Onde,  a  pag.  245-6  del  tomo 
precitato,  può  leggersi:  «Verissimo  che  di  Spagna  si  porti 
w  a  Roma  danaro  in  gran  copia  ec.  Ma  uè  la  rimanente 
»  Italia  è  priva  dei  regali  di  Spagna:  presso  che  tutte  le 
»  città  hanno  i  pensionari  di  quella  corona.  »  Non  si  danno, 
checché  si  gridi  e  si  scriva,  non  si  danno  tirannie  di  un 
sol  uomo-,  ma  le  tirannidi  tutte  quante  dipendono  dalle 
sètte,  delle  quali  il  despota  non  è  che  il  capo. 


230  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

cune  genti  licenziate  da  lui.  Io  non  so  bene  che 
cosa  sia  ne  maggior  particolare  di  quello  che  scri- 
vo, ma  so  bene  eh'  è  cosa  di  momento  e  di  conse- 
guenza.1 Faccia  Dio,  che  ogni  cosa  succeda  a  sua 
gloria  ! 

Io  feci  parte  a  monsieur  Assellineau  di  quanto 
V.  S.  mi  scrive  nella  sua  ultima  dei  25  luglio;  e  feci 
ancora  l' ambasciata  al  signor  Molino,  il  quale  non 
desidera  altro  che  farle  cosa  grata. 

Nella  cifra  io  non  credo  che  vi  possa  esser  cosa 
che  dia  difficoltà,  se  non  quando  si  separasse  le  di- 
zioni che  sono  congiunte  con  V  apostrofo,  le  quali 
io  pongo  sempre  per  una. 

Nella  causa  di  Ceneda  il  papa  delude  la  Repub- 
blica con  somma  arte:  non  si  può  prevedere  an- 
cora se  perciò  debba  seguir  rottura.  La  Repubblica 
ha  bandito  il  vicario  episcopale  di  Padova,  perchè 
teneva  per  scomunicate  alcune  monache  per  essere 
ricorse  al  Principe,  essendogli  levato  un  beneficio  dal 
papa.  Alcuni  monaci  di  Padova,  avendo  molte  baro- 
nie tutte  possedute  da  loro,  avevano  formato  una 
giurisdizione  sopra  i  contadini,  la  quale  gli  è  stata 
levata,  con  disgusto  del  papa.  Roma  sopporta  ogni 
cosa,  ma  finalmente  converrà  ovvero  rompersi  ov- 
vero perder  tutto.  Il  papa  ha  creduto  far  dispia- 
cere, non  facendo  cardinale  alcun  veneto  ;  ma  i  buoni 
1'  hanno  per  cosa  di  pubblico  servizio. 

Sto  con  molto  desiderio  di  veder  l' opera  di  mon- 
sieur Du  Plessis,2  particolarmente  per  le  Epistole  al 
re.   Delle  cose  di  Germania  abbiamo    nuove  tanto 

1  Intorno  al  fatto  accennato  in  questo  paragrafo,  vedasi 
la  Lettera  seguente. 

2  Vedasi  la  nota  posta  a  pag.  148  del  Tomo  I. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  231 

sinistre,  che  ognuno  perde  la  speranza  di  veder 
altro  che  confusione.  Il  che  Dio  non  voglia  in  quella 
regione  così  nobile  e  generosa!  Però  conviene  che 
ogni  uno  s'accomodi  alla  divina  volontà,  la  quale 
conduce  a  buon  fine  anco  i  cattivi  disegni  degli  uo- 
mini. Io  resto  pregando  la  Maestà  divina,  che  doni 
a  V.  S.  ogni  prosperità,  e  le  bacio  la  mano. 

Di  Venezia,  li  30  acosto  1611. 


CLXXXIII.  —  Al  medesimo.1 

Io  ho  veduto  quella  di  Y.  S.  a  monsieur  Asseli- 
neau,  uè  occorreva  eh'  Ella  si  scusasse  di  non  avermi 
scritto  per  quest1  ultimo  spaccio  :  perchè,  siccome  io 
ricevo  sempre  con  gran  piacere  le  sue,  così  desidero 
che  per  scrivermi  Ella  non  si  incomodi,  e  massime 
perchè  so  che  non  lo  tralascerebbe,  se  non  per 
gran  causa  ;  ma  io  resterei  soddisfatto  anco  quando 
non  fosse  per  altro  che  per  suo  comodo.  Lasciamo 
da  canto  le  ceremonie,  le  quali  non  sono  pertinenti 
in  una  sincera  amicizia,  come  tra  noi. 

Da  alcuni  giorni  in  qua,  abbiamo  nuove  assai 
importanti  in  Italia.  Li  Spagnuoli  si  sono  impadro- 
niti d'  un  luogo  de'  Genovesi,  chiamato  Sassello,  il 
quale  è  posto  alli  confini  del  Monferrato  e  del  Pie- 
monte ;  sicché  non  possono  soccorrer  1'  uno  1'  altro. 
Avendo  li  Spagnuoli  acquistato  il  marchesato  di 
Finale,  eh'  è  posto  sopra  il  mare  di  Genova,  non 
potevano  però  dallo  Stato  di  Milano  passare  in  quel 
luogo  senza  far  transito  per  il  genovese.  Ora,  con 


Stampata  come  sopra,  pag.  393. 


232  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

T  intermedio  di  Sassello,1  passano  dallo  Stato  di  Mi- 
lano nel  Finale,  e  per  conseguente  al  mare,  sempre 
su  '1  loro  :  cosa  di  molto  momento,  poiché  non  ave- 
ranno  più  bisogno  di  Genovesi  per  passar  le  genti 
d'  arme  di  Spagna  e  di  Napoli  nel  ducato  di  Milano. 
Tutti  li  principi  italiani  restano  poco  contenti  ;  ma 
li  duchi  di  Savoia  e  di  Mantova  molto  ingelositi. 
Con  tutto  ciò,  facendo  il  mio  pronostico,  tengo  che 
li  Spagnuoli  non  renderanno  il  luogo,  e  che  final- 
mente ognuno  se  la  porterà  in  pace. 

In  Sicilia  è  occorso,  che  volendo  il  viceré  punir 
un  prete  non  so  per  che  delitto,  egli  si  salvò  in 
chiesa,  e  1'  arcivescovo  lo  difendeva  e  per  esser  prete 
e  per  esser  in  chiesa.  Le  quali  cose  non  ostanti,  il 
viceré  lo  fece  levar  di  chiesa,  e  impiccare  imme- 
diate. L'  arcivescovo,  pronunciò  il  viceré  scomunicato. 
e  il  viceré  fece  piantar  una  forca  innanzi  la  porta 
del  vescovado,  con  un  editto  di  pena  del  laccio  a 
quelli  eh'  erano  di  fuora,  se  entravano,  e  a  quelli  di 
dentro,  se  uscivano  fuora.  Di  questo  è  stato  man- 
dato corriere  espresso  a  Roma,  dove  non  hanno  molto 
piacere  che  si   parli   di  successi  di   questo  genere  ; 

1  Oggidì  grosso  borgo  degli  Stati  Sardi,  e  feudo  un 
tempo  dei  Doria.  Al  cominciare  del  secondo  decennio  del 
^ee.  XVII,  aspiravano  insieme  a  possederlo  tre  limitrofi 
potentati;  il  re  di  Spagna,  il  duca  di  Savoia  e  la  repubblica 
di  Genova.  Quest'ultima  avendolo  ottenuto,  e  strettone  ancora 
il  mercato  coli'  imperatore,  che  arrogavasi  il  diritto  di  ven- 
derlo, Carlo  Emmauuele  avrebbe  voluto  prevenirla  col  farlo 
invadere  da' suoi  soldati;  ma  si  trovò  invece  prevenuto 
dagli  Spagnuoli,  mandativi  dal  governatore  di  Milano,  e 
che  poterono  rimanervi  per  ispazio  non  molto  minore  d'  un 
anno.  Ciò  spiega  come  nella  Lettera  precedente  potesse 
darsi  come  notizia  corrente,  che  il  duca  stesso  di  Savoja 
avesse  «preso  certo  luogo  appartenente  ai  Genovesi  ec.  » 
(pag.  229-30.) 


LETTERE  DI  TEA  PAOLO   SAKPI.  233 

atteso  che  per  queste  cause  di  giurisdizione  eccle- 
siastica pare  che  in  tutti  i  luoghi  nascano  contro- 
versie, e  eli'  essi  per  tutto  le  perdano. 

Se  V.  S.  intenderà  che  i  Siciliani  abbiano  de- 
cretato rappresaglia  contra  i  mercanti  veneziani  per 
causa  d' un  loro  credito  vecchio,  non  1'  abbia  per 
rosa  di  conseguenza,  perchè  non  passerà  li  termini 
di  negozio. 

Intendo  che  in  Francia  vi  sia  passato  qualche 
disgusto  tra  il  Nunzio  e  il  Parlamento  :  desidero  sa- 
pere che  cosa  sia.  Mi  vien  anco  detto  che  siano  stati 
fatti  diversi  libri  contra  Bellarmino  :  desidero  avere 
qualche  relazione  del  contenuto,  e  se  sono  opere  che 
meriti  conto  vederle.  Si  è  veduto  qui  alcune  cose  de- 
gl'Inglesi in  questa  materia,  assai  buone  :  non  credo 
però  che  i  Romani  penseranno  di  fare  risposta,  ma 
lasceranno  la  cura  alli  Gesuiti  che  sono  di  là  dai 
monti.  Il  papa  ha  dimandato  in  grazia  il  vicario  di 
Padova  scacciato  ;  ma  invano. 

Già  otto  giorni,  fu  imprigionato  Castelvetro  l  dal- 
l' Inquisizione.   L'  ambasciatore  d'  Inghilterra  V  ha 

1  Vedasi  la  pag.  Ili  la  nota  2.  Mentre  però  cercavamo 
di  qualche  altra  notizia  intorno  a  questo  soggetto,  ci  fé 
maraviglia  il  leggere  nella Stor.  d'  It.  del  Guicciardini  con- 
ti;!, dal  Botta  le  seguenti  parole:  «  Lodovico  Castelvetro, 
n  famoso  letterato  di  quei  tempi,  uomo  dottissimo  ma  di 
n  spirito  acuto  e  sofistico,  era  stato  carcerato  dall'  inqui- 
n  sizione  ecclesiastica  di  Venezia  per  alcune  opinioni  so- 
»  spette,  e  massime  per  avere  voltato  in  lingua  volgare 
n  gli  scritti  di  qualche  eresiarca  di  Germania.  Gli  si  fa- 
»  eeva  il  processo,  portava  pericolo,  trovandosi  in  recidiva, 
»  di  mala  fine,  e  forse  del  fuoco.  L'  ambasciatore  d'  In- 
n  ghilterra  il  domandò,  la  repubblica  il  diede,  cavatolo 
»  di  prigione,  senza  dir  niente  all'  inquisitore  né  al  nuu- 
n  zio  ee.  ;  »  colle  quali  si  mostra  di  aver  confuso  l' incar- 
cerato del  1611  col  famoso  ipercritico  e  creduto  traduttore 
delle  opere  di  Melantone,  morto  nel  1571. 


234  LETTERE  DI  FRA.  PAOLO   SARPI. 

domandato  ;  la  Repubblica  l' ha  donato,  avendolo  ca- 
vato di  prigione,  senza  dir  niente  ali1  Inquisizione,  al 
Nunzio  né  altro  ecclesiastico  :  eh'  è  passo  maggiore 
che  mai  sia  fatto  ;  perchè  1'  ufficio  sin  ora  è  dipen- 
duto da  Roma,  se  bene  la  Repubblica  ha  l'assistenza, 
e  con  quella  impedito  la  tirannide.  Avergli  aperto 
la  prigione  senza  dir  niente,  è  cosa  grandissima: 
ma  chi  1'  ha  fatto,  non  ha  pensato  la  conseguenza. 
Se  il  papa  tacerà,  è  perduto  ;  se  dirà,  ovvero  per- 
derà tanto  più,  ovvero  si  romperà.  È  negozio  mag- 
giore che  di  Ceneda,  perchè  in  questo  il  papa  si 
vale  col  sopportare,  e  portar  tempo  in  oltre. 

Mi  è  venuto  occasione  molto  propria  di  parlare 
con  il  successore  di  Barbarigo;  il  quale  è  persona 
di  molta  capacità,  e  m'  ha  ricercato  d'  aver  per  mio 
mezzo  comunicazione  in  Francia  nel  tempo  che  sarà 
in  Torino  ;  e  io  li  ho  fatta  menzione  del  signor  De 
l' Isle,  in  maniera  tale  eh'  egli  m'  ha  pregato  instan- 
tissimamente  di  volerlo  supplicare  a  riceverlo  per 
amico,  e  incominciar  corrispondenza  seco  nel  tempo 
che  sarà  in  quel  luogo,  mostrandomi  aver  appunto 
desiderio  di  persona  sensata,  che  gli  sappia  giudicare 
le  cose.  Ma  appresso  di  questo,  egli  avrebbe  molto 
caro  aver  una  persona  che  di  Parigi  lo  avvisasse  delle 
cose  occorrenti,  acciò  le  sapesse  alli  suoi  tempi  fre- 
scamente. Sono  andato  pensando  che  per  mezzo  del 
medesimo  signor  De  F  Isle  vi  potesse  avere  qualcuno 
che  invìi  colà  le  sue  lettere  ;  perchè,  per  ogni  buon 
rispetto,  avendo  un  ambasciatore  papista  in  Francia, 
conviene  servirsi  di  quello  di  Torino  per  fare  qualche 
cosa  di  bene  per  la  Religione  :  e  prego  V.  S.  che  di 
questo  mi  dia  qualche  risposta,  avvertendola  che  mi 
sarà  grata  quella  che  gli  piacerà  darmi. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  235 

Li  dirò  anco  appresso,  per  mio  interesse,  che  mi 
sento  con  molto  danno  privato  della  comunicazione 
di  nionsienr  l' Escliassier  ;  il  quale  io  stimo,  e  dico 
liberamente,  che  dalle  sue  lettere  ho  tratto  molto 
frutto.  Io  la  vorrei  tornar  in  piedi  per  mezzo  di 
V.  S.;  ma  la  cosa  sarebbe  lunga  se  le  mie  lettere 
avessero  da  capitare  prima  costì.  Se  quel  gentiluo- 
mo eh'  è  mediatore  di  far  passare  lettere  tra  Lei  e 
Barbarigo,  potesse  far  insieme  passar  qualche  mia  ad 
esso  signor  L'  Eschassier,  e  scambievolmente  qualche 
sua  a  me,  lo  riceverei  in  molta  grazia  e  beneficio  :  e 
di  questo,  sì  come  anco  della  precedente  proposta,  ne 
aspetterò  risposta;  che  sarà  il  fine  di  questa.  Con 
che  le  bacio  la  mano,  insieme  con  il  signor  Molino 
e  padre  M.  Fulgenzio. 

Di  Venezia,  li  13  settembre  1611. 


CLXXXIV.  —  Al  medesimo.1 

Incomincerò  a  rispondere  a  quella  di  V.  S.  delli  25 
agosto  dall'  ultima  particola,  che  tocca  la  continua- 
zione della  nostra  corrispondenza,  con  dirle  che  nis- 
suna  cosa  maggiormente  desidero  :  per  il  che  vi  ho 
pensato  assai,  e  puntualmente  ho  ricevuto  V  occa- 
sione rappresentatami,  della  quale  ho  scritto  a  V.  S. 
per  il  corriere  di  oggi  15.  Attenderò  la  sua  risposta  ; 
la  quale  se  sarà  in  approvazione  del  mio  pensiero, 
avremo  stabilito  questo  punto  per  qualche  anno,  se 
non  ci  nascesse  per  prudenza  divina  una  maggiore 
opportunità  :  la  quale  mi  pare  vedere  approssimarsi, 

1  Dalla  raccolta  come  sopra,  pag.  399. 


23G  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

cioè  che  il  signor  Barbarigo  venga  ambasciatore 
costì  ; *  che  non  tanto  per  il  suddetto  rispetto,  quanto 
per  molti  altri  più  importanti  mi  sarebbe  carissimo. 
Però  non  voglio,  sotto  la  speranza  del  maggior  bene, 
lasciar  il  certo,  se  ben  minore. 

È  molto  desiderato  qui  1'  Anti-Cottone  :  ognuno 
aspetta  fatica  molto  degna,  per  il  gusto  che  si  ha 
avuto  della  prima.  Non  può  esser  che  il  libro  di 
monsieur  Servin  non  sia  cosa  utile.2  per  li  particolari 
che  V.  S.  scrive  a  monsieur  Assellineau.  Dell'  Anti- 
Gesuita  non  abbiamo  ancora  udito  nessuna  nuova. 
Mi  pare  che  altre  volte  uscisse  un  tale  di  Germania, 
ma  cosa  assai  dozzinale.  Finalmente,  tempo  sarebbe 
di  lasciar  le  parole  e  attendere  ai  fatti,  di  che  però 
non  veggo  l' opportunità  ;  e  le  parole  sono,  come  pru- 
dentemente dice  V.  S.,  le  maledicenze  nel  seminare 
del  basilisco:3  ma  chi  non  può  valersi  d'  altro  è  scu- 
sato. Non  si  può  scusare  il  re  d' Inghilterra,  che  si 
vale  di  quest'  arma  potendo  adoperarne  delle  mi- 
gliori, se  bene  volesse  astenersi  dalle  tagliatiti.4   Una 

1  Cioè  in  Francia,  essendo  allora  il  Barbarigo  amba- 
sciatore a  Torino. 

8  II  Servin  fu  tra  gli  amici  letterati  e  corrispondenti 
del  Sarpi,  e  ne  abbiamo  già  toccato  alle  pag.  36  e  68  del 
Tomo  I,  nota  1  e  2.  L'  opera  più  recente  in  qnei  giorni 
di  quel  zelantissimo  magistrato,  che  morì  ai  piedi  di  Lui- 
gi XIII  difendendo  la  causa  della  libertà,  era  la  nominata 
Remons trance  (del  26  novembre  1610)  contro  la  dottrina 
allora  messa  in  campo  dal  Bellarmino  -,  ed  anche  tra  le 
sue  Arringhe,  una  ve  n'ha  contro  i  Gesuiti,  che  porta  la 
data  del  1611.  Ma  vedasi  presso  al  fine  della  Lette- 
ra CLXXXVI. 

3  Così  ha  la  prima  stampa.  Maledicenze  starà,  forse, 
per  scongiuri  contro  la  supposta  jettatura  del  supposto  ba- 
silisco. 

'*  Conferma  dei  giudizi  altre  volte  espressi  nelle  Let- 
tere XIX,  LXXXI  ec. 


LETTERE   DI  PEA  PAOLO   SARPI.  237 

cosa  mi  ferma  1'  animo,  che  non  si  può  veder  il  line 
del  bene,  se  non  nel  tempo  del  divino  beneplacito. 

Nel  negozio  di  Ceneda  fu  fatto  atto  notabilissi- 
mo di  possessione,  che  si  credeva  che  il  papa  con- 
trappcsasse con  un  altro,  ovvero  rompesse.  Nentrtmi 
fecit;  solo  ha  messo  le  ragioni  del  titolo  in  negozio. 
Itesta  vivo  il  nostro  di  possessione.  Quando  vorrà 
sopportar  ogni  cosa,  non  si  può  contendere.  Del 
prigione  dell'  Inquisizione  non  dice  niente.  Ora  nuo- 
vamente è  posto  prigione  un  Teatino  per  causa  di 
confessione  :  anco  questo  lo  tollera  ;  attende  solo  a 
fare  denari  per  casa  sua.  Qui,  vedendo  tanta  viltà, 
molti  buoni  dicono  che  non  è  bene  abbassarlo  tan- 
to, e  restano  di  fare  quello  che  farebbono,  se  cre- 
dessero che  resistesse.  Anco  la  negligenza  gli  porta 
utilità.  Spagna  ogni  giorno  gliene  fa  alcuna  .... 
Dubito  che  ....  la  pazienza  loro  farà  che  tutti  si 
fermeranno.1  Essi  così  addormentano  il  mondo. 

Intendo  che  si  tratta  strettamente  matrimonio 
tra  il  principe  di  Galles  e  l' infanta  di  Spagna.  Li 
Gesuiti  hanno  fatto  allegrezza  per  le  cose  di  Fran- 
cia. Li  Spagnuoli  hanno  messo  mano  sopra  un  altro 
luogo  de'  Genovesi.  Non  crederò  mai  che  da  Italia 
venga  nessun  bene,  se  in  Germania  non  nasce.  Lo 
cose  passate  hanno  più  tosto  causato  dissoluzione, 
che  riformazione. 


1  Abbiamo  soppresso  in  questo  periodo,  già  viziato  di 
due  lacune  anche  nella  prima  edizione,  tutte  quelle  parole 
dalle  quali  ci  parve  non  potersi  cavare  alcun  costrutto.  A 
soddisfazione,  però,  dei  lettori  e  a  giustificarci  del  fatto, 
lo  riportiamo  qui  fedelmente  siccome  in  quella  si  legge  : 
u  Spagna  ogni  giorno  gliene  fa  alcuna  cosa  *,  che  final- 
»  mente  derivino  con  gran  fiamma  •,  dubito  che  la  le  *  in 
»  Roma  et  la  patienza  loro  farà  ec.  » 


238  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

Qui  io  non  sarò  più  lungo,  ma  per  fine  di  que- 
sta, a  V.  S.  bacio  la  mano.  Il  padre  maestro  Ful- 
genzio desidera  con  particolar  ansia  il  libro  soprac- 
cennato dell'  Antigesuita.  Per  me,  son  sempre  di 
quel  sentimento  :  che  se  non  è  qualche  cosa  di  rado,1 
non  mi  curo  veder  nulla,  avendo  assai  libri  in  Ve- 
nezia da  studiare,  senza  farne  venire  di  fuori  :  pure 
dipendo  dalli  suoi  consigli,  avvertendo  che  una  sola 
copia  basterà  per  tutti  insieme  ;  e  qui  di  nuovo  le 
bacio  le  mani. 

Di  Venezia,  li  27  settembre  1611. 


CLXXXV.  —  Al  medesimo.2 

Per  il  corriero  che  partì  oggi  15  giorni,  scrissi 
a  V.  S.,  inviando  le  lettere  secondo  il  solito.  Con 
quello  eh'  è  ultimamente  venuto  di  Francia,  non  sono 
venute  lettere  da  lei  :  il  che  le  dico  solo  per  avviso, 
non  intendendo  però  eh'  Ella  mai  prenda  incomodo 
per  scrivermi. 

Quello  che  in  Italia  passa  di  maggior  momento, 
è  il  negozio  di  Sassello,3  il  quale  però  io  predirei 
che  non  fosse  per  causar  novità  alcuna  :  se  non  fosse 
che  avendo  veduto  tutti  i  gran  principii  rimaner 
senza  effetto,  vado  stimando  possibile  che  qualche 
grand'  effetto  nasca  da  leggiera  causa  ;  e  sì  come  il 
verisimile  non  si  è  effettuato,  così  possa  effettuarsi 
il  non  verisimile.  Mandarono  i  Genovesi  a  far  do- 
glianza col  contestabile,  governatore  di  Milano,  per 

1  Intendasi  :  qualche  cosa  di  raro. 

2  Edita  come  sopra,  pag.  403. 

3  Vedi  la  nostra  nota  a  pag.  232. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  239 

la  suddetta  causa;  dal  quale  non  ebbero  buona  ri- 
sposta. Di  che  andata  la  nuova  a  Genova,  vi  con- 
citò grandissima  sollevazione  popolare,  nella  quale 
portò  molto  pericolo  la  casa  dell'  ambasciatore  spa- 
gnuolo  Yives  ;  e  sarebbe  il  pericolo  passato  a  filmi- 
che danno,  se  quella  Signoria  non  gli  avesse  man- 
dato guardia.1  E  anco  alcuni  di  quelli  che  sono  in- 
teressati con  Spagna,  parlarono  liberamente  di  voler 
preporre  la  libertà  alli  rispetti  privati.  Quella  Signo- 
ria ha  dato  ordine  di  levar  3000  Svizzeri  e  3000  Cor- 
si ;  dicono  alcuni  per  difendersi  dal  forestiero,  altri 
per  prevenire  le  sedizioni  interne.  Questo  secondo  è 
più  verisimile,  perchè  conducendo  Svizzeri  non  pro- 
testanti, avranno  Spagnuoli. 

Non  so  se  debba  dire  che  il  matrimonio  di  Sa- 
voia s' intorbidi  o  no.  È  andato  a  Torino  un  segre- 
tario dell'  ambasciatore  Yives,  per  dissuaderlo  ;  per 
che  fare,  ha  parlato  in  maniera,  che  non  è  parsa 
al  duca  di  Xemours  onorevole  per  sé  :  per  il  che  un 
francese,  luogotenente  suo,  è  andato  in  casa  del  se- 
gretario armato  e  ben  accompagnato,  e  1'  ha  men- 
tito e  minacciatolo  nella  vita,  se  non  revocherà  le 
cose  dette.  Il  segretario  s'  è  lamentato  col  duca,  che 
sia  violata  la  ragione  delle  genti,  e  ha  ricercato  di- 
chiarazione della  sicurtà  della  persona  sua.  Il  duca 
ha  offerto  di  farli  dare  soddisfazione  ;  ma  non  s'  ac- 
cordano, volendo  1'  uno  ricever  molto  e  1'  altro  dar 
poco.  Non  manca  chi  crede,  e  con  buone  verisimi- 
litudini,  che  Savoia  abbia  fatto  fare. 

Delle  cose  dell'  Assemblea  non  ho  ancora  con- 
tezza; sebbene  qui  si  dicono  cose  assai,  ma  tutte  a 

1  Si  vedano  gli  storici  Genovesi  e  il  Botta,  Contin.  del 
Guicciard.,  lib.  XVI. 


240  LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SAREI. 

favore  de'  papisti.  La  cosa  con  il  papa  è  messa  in 
silenzio.  Del  negozio  dell'  inquisitore,  che  gli  scrissi, 
non  ha  detto  niente.  Novamente  il  Nunzio  ha  richie- 
sto di  torturare  1'  abbate,1  di  cui  V.  S.  sa,  quando 
Ella  era  qui,  e  che  fu  dato  al  re,  e  per  quel  mezzo 
al  papa,  perchè  il  giudicio  dura  ancora;  ed  è  stato 
negato. 

Le  nuove  che  abbiamo  di  Germania  sono  molto 
considerabili  ;  e  se  succederà  che  l' imperatore  parta 
di  Boemia,  e  che  pigli  al  suo  servizio  quelli  che 
tratta  d'  avere,  è  necessario  che  si  esca  dalle  paro- 
le. In  questo  paese2  veggo  le  cose  molte  confuse,  e  sti- 
mo quasi  impossibile  di  poterle  rimediare,  stante  il 
torbido  cervello  del  duca  di  Savoia,  al  quale  non 
mancano  giri  e  raggiri  per  liberarsi  dalle  sue  pro- 
poste ;  oltre  che  la  fede  in  lui  è  arbitraria  e  di  poco 
fondamento,  benché  in  effetto  sia  gran  cattolico  e 
buon  cristiano  quanto  bisogna. 

Io  non  sarò  più  lungo  per  mancamento  eli  ma- 
teria, ma  ben  resterò  sempre  con  desiderio  di  aver 
il  medesimo  loco  nella  grazia  di  V.  S.  ;  alla  quale 
con  ogni  affetto  bacio  la  mano. 

Di  Venezia,  li  11  ottobre  1611. 

1  L'  abate  di  Narvesa,  conte  Brandolino ,  il  quale 
co'  suoi  delitti,  che  la  Repubblica  voleva  punire,  era.  già 
stato  la  prima  cagione  della  controversia  con  Roma  e  del- 
l'Interdetto; e  che,  nell'accomodamento  che  fecesi,  venne 
donato,  insieme  col  canonico  Saraceno,  al  re  di  Francia, 
come  in  ricompensa  della  mediazione,  per  la  quale  l'Inter- 
detto fu  tolto. 

1  Abbiamo  aggiunto  la  parola  :  paese. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  241 

CLXXXYL  —  Al  medesimo.1 

Per  questo  cornerò  ho  ricevuto  insieme  due  di 
V.  S.,  ima  delli  7  e  11  settembre,  l'altra  clelli  20 
del  medesimo  ;  delle  quali  le  rendo  molte  grazie  per 
l' instruzione  datami  delle  cose  passate,  le  quali  seb- 
bene io  desidererei  migliori,  nondimeno  poi  che  ha 
piaciuto  a  Dio  così  disponerle,  mi  giova  a  credere 
che  saranno  inviate  a  servizio  e  gloria  di  sua  divina 
Maestà,  meglio  che  se  fossero  incamminate  secondo 
li  desiderii  nostri. 

La  fama  sparsa  costì  delle  cose  fatte  in  Bologna, 
è  tutta  falsa,  né  meno  è  avvenuto  alcun  successo 
che  possi  aver  dato  occasione  a  quel  rumore.  Mai  le 
cose  furono  più  quiete  che  nel  tempo  presente.  Il 
papa  non  vuole  sapere  niente  di  quello  che  passa  : 
lascia  fare  alla  Repubblica  tutto  quello  che  gli  pare  ; 
sicché  li  nostri  politici,  per  sua  modestia,  restano 
di  fare  qualche  cosa,  ma  con  certezza  che  potreb- 
bono  se  volessero. 

Per  due  anni  abbiamo  avuto  in  pLoma  ambascia- 
tore papista.  Ultimamente,  tornato  quello,  vi  fu 
mandato  un  peggiore.  Ora  è  morto,  e  la  buona  for- 
tuna o.  per  parlar  propriamente,  la  volontà  di  Dio 
ha  fatto  eleggere  uno  utile.  Argomento  che  la  divina 
Maestà  voglia  fare  qualche  favore,  perchè  non  po- 
teva esser  un  migliore. 

Io  scrivo  a  monsieur  Du  Plessis  una  cosa  di  qual- 
che momento.2  Desideroso   che  la   lettera  gli  capiti 

1  Stampata  come  sopra,  pag.  407. 

2  Sembra  alludersi  ad  altra  lettera  posteriore  alla  se- 
gnata dei  16  agosto,  eh' è  l'ultima  fra  quelle  che  sono  a 
noi  pervenute. 

Sarpi   —  II.  iti 


242  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPL 

sicura,  e  per  ogni  rispetto  di  sinistro  che  potesse  oc- 
correre alle  lettere  prima  che  venissero  in  mano  di 
V.  S.,  non  ho  voluto  soprascriverli,  se  non  quanto 
basta  per  intelligenza  di  lei  :  la  quale  prego  fare 
una  coperta  alla  lettera,  e  dirgli  eh'  è  direttiva  a  lui. 

Il  signor  Barbarigo  resterà  ancora  in  Torino  fina 
alle  pasque.  Quello  che  possiamo  fare  della  nostra 
comunicazione,  io  lo  ho  scritto  già  più  di  40  giorni 
a  V.  S.,  e  ne  attendo  la  risposta. 

Non  so  se  io  possi  credere  che  il  grand'  imbro- 
glio in  Germania  possi  risolversi  in  niente.  Chi  con- 
siderasse le  cose  passate,  e  il  grand'  amore  che  por- 
tiamo all'  ozio,  dovrebbe  crederlo  ;  ma  le  cose  cam- 
minano così  innanzi,  che  pronosticano  mutazione.  Li 
Genovesi  mandarono  un  ambasciatore  in  Spagna  per 
il  negozio  di  Sassello  :  credo  che  dalli  Spagnuoli 
sarà  trattenuto  sì,  che  la  piazza  li  resterà  in  mano, 
l'are  adesso  che  li  medesimi  Spagnuoli  voglino 
fortificare  un  luogo  alli  confini  di  Asti,  chiamato 
Cisterna  ;  cosa  che  non  dovrà  piacere  al  duca  di  Sa- 
voia, né  al  papa,  per  esser  feudo  del  vescovato 
d'  Asti.  Materia  di  vigilia  ve  n'  è  molta,  ma  il  le- 
targo è  troppo  profondo. 

Qui  si  dice  che  il  Parlamento  di  Parigi  per  ar- 
resto1  siccome  anco  si  dice  di  certa  pubblicazione 

che  ha  fatto  monsignor  Servin,  con  alcune  sue  ag- 
giunte e  interpretazioni  contra  Bellarmino. 

Li  rendono  molti  saluti  e  baciamani  il  signor 
Molino  e  padre  Fulgenzio  ;  e  io  mi  rallegro  sopra 
modo,  che,  per  grazia  di  Dio,  la  sanità  di  V.  S.  è 
tollerabile,  restando  con  speranza  che  sia  ancora  per 

1  Lacuna  dell'  antica  stampa. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  243 

migliorare  oltre  lo  stato  presente  ;  e  non  potendo 
finir  di  maravigliarmi  delli  tradimenti  di  Bellarmino, 
finirò  di  dar  noia  a  V.  S.,  alla  quale  bacio  la  mano. 
Circa  il  decreto  pronunciato  contro  il  predetto 
Bellarmino,  qui  se  ne  parla  diversamente.  Avrei  a 
caro  sapere  il  contenuto,  con  tutte  le  particolarità, 
per  poterne  informare  alcuni  senatori  miei  amici, 
quali  difficilmente  possono  soffrire  la  libertà  del 
parlare  di  questo  uomo,  come  soggetto  nato  a  por- 
tar pregiudizio  alla  quiete  della  Cristianità. 
Di  Venezia,  li  25  ottobre  1611. 


CLXXXVII.  —  (7)'  incerta  direzione).1 

Desiderando  continuare  la  comunicazione  per  let- 
tere con  V.   S.,   la  quale  non  possiamo  trattenere 

1  Nella  raccolta  di  Ginevra,  dove  trovasi  a  pag.  343, 
è  posta  fra  le  indirizzate  al  De  l' Isle.  Ma  questi,  secondo 
la  precedente,  pag.  241,  aveva  ultimamente  scritto  al  Sarpi 
a  dì  20  di  settembre,  mentre  qui  trattasi  di  replicare  ad 
una,  già  molto  arretrata  e  tardata  a  giungere,  dei  29  marzo. 
La  contraddizione  perciò  sarebbe  flagrante  •,  senza  dire  della 
poca  verisimiglianza  cbe  il  solerte  Servita  indugiasse  que- 
sta volta  pur  tanto  a  rispondere  ad  un  amico,  col  quale 
era  in  sì  stretta  e  continua  corrispondenza.  Né  mancano, 
quanto  alla  presente,  altri  indizi  d'  interpolazioni,  o  forse 
di  confusione  di  due  lettere  in  una,  o  di  sbaglio  nella  data 
assegnatale  ;  tra  i  quali  anche  il  luogo  ove  trovasi  nella 
citata  raccolta,  e  per  cui  potrebbe  facilmente  riportarsi 
al  26  d'  aprile  Ma  le  materie  in  essa  trattate,  e  soprat- 
tutto quello  che  vi  si  dice  del  duca  di  Savoia,  ci  sembrano 
giustamente  riferibili,  se  non  al  giorno  indicato,  a  questa 
metà  dell'  anno  1611.  Credemmo  però  sufficiente  il  restrin- 
gere i  nostri  dubbi  alla  persona  del  direttario,  spettando 
il  di  più  a  chi,  dopo  il  raccogliere  che  noi  facemmo,  sotto- 
porrà queste  Lettere  ad  esame  ben  più  sapiente  e  severo, 
ma  che  le  fatiche  nostre  avranno  forse  reso  più  agevole. 


244  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

senza  cifra,  né  intieramente,  se  ella  non  è  facile  ; 
per  questa  causa  ho  più  volte  pensato  di  ampliar 
quella  che  sino  al  presente  è  stata  tra  noi,  e  mi  s'  è 
attraversato  impedimento  insuperabile,  volendo  fare 
che  possi  servire  alla  lingua  francese  e  italiana.  Fi- 
nalmente io  ho  dato  nella  presente,  la  quale  mando 
a  V.  S.,  che  non  ha  bisogno  eli  nessuna  attenzione 
di  mente  né  inquisizione  di  caratteri,  così  per  esv 
sere  scritta  come  per  esser  interpretata  ;  ma  il  solo 
copiare  basta.  Nello  scrivere  si  cammina  per  li  nu- 
meri arabici,  e  si  copia  per  li  numeri  romani.... 

Per  il  presente  corriero  ho  ricevuto  quella  di  V.  S. 
delli  29  marzo  ;  alla  quale  dirò  prima,  che  quella 
del  signor  Assellineau....  delli  2  febbraio,  e  per  Bar- 
barigo  1'  altra  delli  15,  giunsero  l  tutte  due  in  un 
giorno.  Come  mi  persuado  eh'  Ella  averà  inteso  dalla 
mia,  della  tardanza  ad  aver  risposta  Ella  non  debbe 
farsi  maraviglia  ;  perchè  quarantadue  giorni  con- 
viene che  passino  prima  che  da  Parigi  a  Venezia  si 
abbia  la  corrispondente,  e  per  la  distanza  da  Parigi 
a  costà  vi  si  aggiunge  tanto,  che  in  tutto  vanno  ap- 
presso a  due  mesi. 

Io  intendo  in  bene  la  controversia  in  dotti 'in  a 
che  si  ventila  in  Francia  sopra  la  vita  del  re,  per- 
chè farà  conoscere  la  buona  dalla  cattiva,  e  met- 
terà anco  li  principi  in  pensiero,  vedendo  che  ozio- 
samente si  tratta  della  loro  pelle.  E  certo  che  di 
qua  è  necessario  attendere  qualche  grand'  esito,  o 
per  riforma  o  per  tutta  disforma  del  mondo. 

Io  ho  ancora  a  sapere  se  la  damigella  di  Comans 

1  I  segni  di  lacuna  ritraggono  dalla  prima  edizione. 
Per  più  chiarezza,  modifichiamo  alquanto  e  suppliamo  qui 
giunsero,  avendo  quella  soltanto  tutti  duoi. 


LETTERE  DI  ERA  PAOLO   SARPI.  245 

fu  fatta  prigioniera  per  1!  accusazione  da  lei  inten- 
tata, o  pur  se  essendo  in  prigione  per  altro,  sia 
passata  all'  accusa  per  meritar  perdono.  Mi  farà 
grazia  sodisfacendo  alla  mia  curiosità. 

Al  signor  Molino  ho  fatto  1'  ambasciata  coman- 
datami da  Y.  S.  :  il  quale  le  rende  mille  saluti,  e 
desidera  restar  perpetuamente  nella  sua  memoria  e 
grazia,  e  aver  occasione  di  servirla. 

Ben  era  vero1  che  Barbarigo  li  sarebbe  riuscito 
caro  ;  ma  le  aggiungo  che  nel  parlar  di  lui  non  ho 
saputo  dire  tutto  quello  eh'  è,  poiché  ha  tutte  le 
buone  parti  degl'  Italiani,  e  nessuno  delli  difetti  di 
questa  nostra  nazione.2  Io  prego  V.  S.  che.  uscendo 
qualche  cosa  dall'  ingegno  dell'  Anti-Cottone.  voglia 
mandarne  quanto  prima  un  esemplare  a  Barbarigo 
per  me. 

Qui  si  maneggia  qualche  cosa  contra  i  Gesuiti 
di  conseguenza  non  leggiera  :  Dio  voglia  prestar  il 
suo  divino  aiuto  alle  buone  intenzioni. 

Per  dirli  alcuna  cosa  di  nuovo  delli  disegni  del 
duca  di  Savoia,  non  sappiamo  né  il  futuro  né  il 
presente.  Egli  non  ha  più  che  7000  soldati  per  Gi- 
nevra sono  pochi,  per  Bernesi  meno  :  quello  che  di- 
segni di  fare,  non  so  se  lo  sappi  esso  stesso. 

In  continuazione  di  quello  che  contiene  1'  esem- 
pio della  cifra,  per  non  replicarlo,  il  viceré  ha  detto 
pubblicamente  in  consiglio,  che  se  li  Gesuiti  faranno 
un'  altra  azione  simile,  sarà  costretto  imitar  li  Ve- 

1  Sarà,  forse,  da  correggersi  :  certo. 

-  E  chi,  per  eccesso  di  patriottismo,  vantasi  talvolta  di 
avere  in  sé  le  qualità  tutte  quante,  buone  e  cattive,  della 
propria  nazione.  Meglio  però  sarebbe  il  meritare  la  lode 
che  da  due  frati  italiauissimi  (Vedi  1' ultimo  paragrafo)  ve- 
niva già  data  al  buon  Barbarigo. 


24G      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

neziani  ;  di  che  il  generale  ha  sentito  dispiacere 
grande,  e  ha  scritto  una  lettera  al  viceré  con  molta 
sommissione.  La  corte  di  Roma  ebbe  molto  disgusto 
quando  l'editto  contra  Baronio,  di  che  mandai 
a  V.  S.  la  copia,  fu  pubblicato  in  Sicilia.  Di  nuovo 
ne  hanno  sentito  un  maggiore  per  la  pubblicazione 
fatta  pochi  giorni  sono  in  Napoli  :  aspettano  ora 
anco  la  pubblicazione  di  Milano,  la  quale,  come  pre- 
veduta, ferirà  manco. 

Hanno  recitato  li  padri  Gesuiti  in  Koina,  nella 
loro  casa  professa,  una  rappresentazione  o  commedia 
spirituale  della  conversione  del  Giappone  ;  e  nella 
prima  scena,  è  comparso  un  gesuita  a  far  una  predica 
nella  piazza  con  questo  soggetto  :  —  Che  Dio  vo- 
lendo rinnuovar  il  mondo,  ha  eccitato  in  questo  se- 
colo la  loro  Compagnia,  alla  quale  Sua  Maestà  dona 
tali  favori,  che  nessuna  potenza  umana  può  loro 
resistere  ;  —  e  altri  tali  concetti.  Alla  quale  fecero  ri- 
spondere per  un  giapponese  con  dire,  che  non  cre- 
devano eh'  essi  fossero  mandati  da  Dio,  ma  da  qual- 
che nemico  dell'  umanità  ;  eh'  erano  per  metter  dis- 
sensione civile,  per  spiar  le  debolezze  del  paese  ;  —  e 
altri  tali  concetti.  E  seguì  la  commedia  con  altri 
particolari  molto  notabili,  detti  dai  recitanti,  i  quali 
sono  tutti  contro  loro;  né  io  so  indovinare  perchè 
sia  fatta  una  tal  cosa,  se  non  per  dir  al  mondo  in 
faccia,  che  sanno  di  esser  scoperti,  e  che  non  per 
questo  stimano  alcuno. 

Al  Padre,  nel  scrivere  la  presente,  è  sopraggiunta 
una  gran  febbre,  sì  eh'  è  stato  necessitato  abbando- 
nar l' impresa.  E  con  questo  bacia  la  mano  a  V.  S. 
Di  Venezia,  li  26  ottobre  1611. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  247 

CLXXXVHI.  —  Al  signor  de  V  Me  Groslot.1 

L"  ultima  mia  fu  del  25  ottobre,  e  per  questo 
spaccio  ho  ricevuto  le  due  congiunte  di  V.  S.  del  1 
e  del  23  ottobre.  Il  signor  Barbarigo  mi  scrive  di 
aver  ricevuto  la  censura  della  Sorbona,  e  il  libro 
■di  Servino  per  inviarmeli  ;  ma  volendoli  prima  leg- 
gere, me  li  manderà  per  il  seguente  dispaccio,  di 
modo  che  fra  quattro  giorni  li  avrò  :  e  ne  ringrazio 
V.  S.,  essendo  cose  che  molto  desideravo  vedere. 

Io  sento  con  dispiacere  la  differenza  avvenuta 
nell'Assemblea,  ma  più  mi  penetra  il  timore  che  le 
cose  non  passino  più  innanzi,  perchè  li  scoperti  tra- 
ditori non  torneranno  mai  buoni,  e  la  contagione 
potrà  infettar  degli  altri.  Poca  speranza  vi  è  che 
possino  esser  ridotti,  perchè  la  sanità  non  è  conta- 
giosa, ma  il  morbo  solo.  Nondimeno  dobbiamo  cre- 
dere che  Dio  non  avrebbe  permesso  questo  male,  se 
non  per  farlo  terminare  in  bene. 

Si  trova  in  questa  città  Giacomo  Badoero.  venuto 
per  andar  a  Roma,  per  quello  che  io  credo,  assai 
incottonato  : 2  averà  però  bisogno  di  esser  savio,  ac- 
ciò non  li  avvenga  l' incontro  occorso  a  lìeboul. 

L'  occorenza  di  Sassello  è  stata  tale,  che  poteva 
svegliar  eziandio  sordi,  ma  letargici  no.  In  somma, 
qui  tutti  sono  uniti  a  mantener  l'ozio,  salvo  che  il 
duca  di  Savoia;  ma  ho  gran  dubbio  ch'egli  non 
l'intenda  bene.  Li  Spagnuoli  lo  hanno  messo  in 
diffidenza  con   li  figliuoli.  Adesso  ha  posto  guardia 

1  Edita  come  sopra,  pag.  411. 

-  Cioè  imbevuto  delle  opinioni  e  massime  insinuate  dal 
gesuita  Cotton.  Vedasi  al  liue  di  questa  stessa  Lettera. 


248      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

al  primo  (e  questo  è  certo),  altri  dicono  acciò  non 
fugga,    altri  acciò  non  si  faccia  cappuccino.1 

La  cosa  successa  in  Palermo  è  stata  tollerata. 
Di  quella  del  vicario  Padovano  si  è  parimente  ta- 
ciuto ;  ma  fatto  fare  ufficio  al  duca  di  Modena,  al 
quale  non  è  data  soddisfazione. 

Di  Castelvetro  altro  non  s' è  detto,  se  non  ripresa 
il  Nunzio  perchè  non  abbia  protestato.  Il  papa  è 
risoluto  di  vivere  allegramente,  e  attendere  a  fare 
quiete  al  presente.  Il  duca  di  Savoia  ha  fatto  inten- 
dere alli  Cappuccini,  che  nel  suo  Stato  non  vuole 
di  loro,  se  non  sudditi  naturali  suoi.  La  cosa  dispiace, 
ma  si  sopporterà.  Trattano  li  Spagnuoli  di  fortificar 
Cisterna,  eh' è  un  luogo  confine  tra  il  ducato  di 
Milano  e  il  Piemonte;  e  quello  che  importa,  eh' è 
feudo  del  vescovato  di  Pavia,2  onde  dispiacerà  e  al 
duca  e  al  papa.  Questo  lo  sopporterà,  e  quello  non 
può  resistere. 

Abbiamo  la  morte  della  regina  di  Spagna,3  e  av- 
viso che  la  vita  del  duca  di  Lerma  sia  in  pericolo; 
del  quale  se  la  morte  succedesse,  saria  senza  nessun 
dubbio  con  gran  mutazione  dello  stato  presente,  non 
però  con  pericolo  di  guerra,  ma  d'un  genere  di  ne- 
gozio in  un  altro. 

La  nostra  cifra  sì  come  è  tanto  sicura,  eh'  è  im- 
possibile levarla,  così  ha  questo  difetto,  che  un  mi- 

1  Può  darsi  che  la  diversa  natura  di  Vittorio  Amedeo 
da  quella  di  Carlo  suo  padre,  gli  destasse  talvolta  il  pen- 
siero di  ritirarsi  dai  pubblici  affari  :  contuttociò,  il  propo- 
sito clie  qui  si  accenna,  ha  sembianza  di  cicaleggio  volgare. 

-  Nella  Lettera  CLXXXVI  lo  avea  detto  feudo  del 
vescovo  d'  Asti. 

3  Margherita  d'Austria,  figlia  dell'arciduca  di  Gratz. 
Codest'albero  asburghese  copriva  allora  (com'è  noto)  co'suoi 
rami  la  faccia  della  terra. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  240 

nirao  fallo  di  chi  la  scrive  la  rende  inintelligibile, 
e  anco  chi  la  interpreta  ha  bisogno  di  star  molto 
diligente. 

Quanto  al  successore  eli  Barbarigo.  egli  non  è  per 
andar  a  Torino  se  non  dopo  pasqua  ;  onde  fino  a 
questo  mentre  potremo  pensar  diverse  cose  :  e  chi 
sa  che  forse  adesso  a  Barbarigo  non  toccasse  Francia  V 
Saranno  tre,  de'quali  egli  è  uno  ;  l'altro  è  amico  mio  ; 
del  terzo  non  avrei  confidenza  ;  i  quali  hanno  d' an- 
dar in  Francia,  Spagna  e  Inghilterra.  Ma  la  ven- 
tura sarà  se  de'  duoi  me  ne  toccherà  uno,  e  il  terzo 
vada  in  luogo  simile  a  se.  Ma  tornando  al  futuro, 
di  Savoia  non  li  mancherà  persona  che  li  scriva. 
come  per  mestiere,  le  occorrenze  ;  ma  questi  non  le 
sanno  giudicare.  Il  suo  desiderio  sarebbe  di  persona 
prudente,  che  quando  vi  è  cosa  degna  e  non  volgare. 
li  somministrasse  quel  giudicio  che  il  presente  può 
far  più  che  F  assente.  Ma  di  questo  nel  tempo  in- 
termedio averemo  occasione  di  trattare.  Io  non  l' ho 
veduto  ancora  questi  due  giorni,  per  fargli  relazione 
di  quello  che  V.  S.  mi  scrive  in  questo  particolare, 
e  so  li  sarà  gratissimo. 

Io  non  credo  di  dover  dir  altro  a  V.  S.,  se  non 
che  il  gentiluomo  polacco  che  fu  qui,  e  mi  vidde 
per  parte  di  monsieur  Du  Plessis,1  avendomi  portato 
sue  lettere,  alle  quali  anco  risposi  per  mezzo  di 
V.  S.,  mi  disse  bene  che  monsieur  Du  Plessis  mi 
mandava  il  libro,  ma  non  sapeva  per  che  via.  Io 
non  ne  ho  nuova  ancora  ;  ma  ne  ho  ben  veduto  un 
altro,  e  lodo  sopra  modo  1'  arte  e  la  fatica  la  quale, 
senza  dubbio,  o  da  lui  o  da  qualche  altro  sarà  au- 


1  Vedi  al  principio  della  Lettera  CLXXXI. 


250  LETTERE  DI  FEA  PAOLO   SARPI. 

mentata,  perchè  la  materia  è  tanta,  che  ha  bisogno 
<li  maggior  estensione.  E  di  qui  lo  giudico,  perchè 
a  me  conviene  starci  molto  attento,  con  tutto  che 
possedo  questa  materia,  sopraffacendosi  le  cose  l' una 
1'  altra,  essendo  (come  diciamo  noi  in  termine  mari- 
naresco) stivate  x  molto  ;  onde  le  persone  di  medio- 
cre o  poca  intelligenza  difficilmente  potranno  farne 
loro  profitto.  Non  ho  voluto  mancare  di  dirle  que- 
sto mio  giudicio,  perchè  del  rimanente,  quanto  alla 
verità  delle  cose  e  quanto  al  giudicio  dell'  autore 
in  scriverle  e  applicarle,  non  vi  si  può  aggiungere 
niente. 

Le  dirò  questo  per  fine.  Senza  nessun  dubbio, 
Badoero  va  a  Iloma  a  fare  qualche  male  ad  instanza 
de'  Gesuiti.  E  qui,  per  non  abusar  più  la  pazienza  di 
V.  S.  in  leggere  le  mie  impertinenze,  farò  fine  bacian- 
dole la  mano,  e  pregandola,  se  gli  occorrerà  scrivere 
a  monsieur  Du  Plessis,  farli  per  mio  nome  riverenza, 
dicendogli  che  di  quello  che  gli  scrissi,  non  gli  dirò 
più  altro  fin  che  da  lui  non  ho  risposta.  La  salu- 
tano il  signor  Molino  e  il  padre  Fulgenzio. 
Di  Venezia,  li  8  novembre  1611. 


CLXXXIX.  —  Al  medesimo.  (?) 2 

L'  ultima  mia  fu  delli  15  ;3  dopo,  ho  ricevuto  col 
presente  corriero  la  gratissima  di  V.  S.  delli  27  ot- 

1  Gli  editori  oltremontani  avevano  qui  fatto  stìcciate  ; 
ma  il  termine  marinaresco  veneto,  ed  anche  italiano,  che 
qui  vuoisi  per  similitudine  usato,  è  stivare. 

-  Edita  come  sopra,  pag    417. 

3  Non  abbiamo  lettere   del  Sarpi  superstiti  con  simile 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  251 

tobre,  dalla  quale  ho  inteso  molto  bene  come  pas- 
sino le  cose  de'  Reformati  in  Francia.  Dobbiamo  con- 
fidare nella  Maestà  divina,  la  quale  anco  dal  male 
fa  nascere  bene. 

Le  rendo  grazie  di  quello  che  ha  scritto  a  mon- 
sieur  l'Echassier,  il  quale  veramente  stimo  e  osservo. 
Ho  letto  con  piacere  la  Rimostranza  del  signor  Ser- 
vino,1 la  quale  giudico  degna.  Egli  ha  fatto  giudizio 
sopra  quel  libro  degno  del  suo  sapere.  Ma  la  Sor- 
bona nel  censurar  quello  del  signor  Du  Plessis, 
avrebbe  potuto  mostrar  più  modestia  e  più  giudizio 
di  quello  che  ha  fatto. 

Non  mi  maraviglio  se  diranno  che  si  possa  ben 
interpetrar  quello  che  è  stato  scritto  per  la  beatifi- 
cazione del  padre  Ignazio,  essendo  solito  di  tutti  i  pa- 
pisti di  ammettere  ogni  eccesso  nelle  cose  approvate 
da  loro,  e  dar  ogni  sinistra  interpretazione  a  quelle 
degli  altri.  Noi  lo  esperimentiamo  in  questo,  che  se 
il  papa  è  comparato  con  gli  altri  vescovi,  non  si  può 
comportare  ;  questa  è  una  eresia  :  s'  è  eguagliato  a 
Dio,  tutto  sta  bene,  e  riceve  buona  interpretazione. 
Soleva  la  Sorbona  esser  stimata  nelli  suoi  giudicii, 
ma  da  un  tempo  in  qua  mi  pare  che  abbia  diminuito 
assai  di  reputazione. 

Per  risposta  di  quella  di  V.  S,  non  mi  occorre 

dirle  se  non  della  cifra 2  Vengo  alle  nuove,  che  noi 

abbiamo  di  qua  considerabili. 

È  tornata  a  Napoli  parte  dell'  armata  che  anelò 

data,  se  vuoisi  intendere  del  novembre  ;  e  per  questo  e  per 
altri  indizi  può  dubitarsi  che  sia  diretta  ad  altri  ebe  al 
Groslot. 

1  Vedi  la  nota  1  a  pag.  236. 

-  Lacuna  della  prima  stampa. 


252  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARP1. 

in  Affrica,  assai  conquassata,  senza  sapersi  nuove 
del  rimanente  ;  eli  modo  che  ha  avuto  una  delle  vit- 
torie solite.  Si  è  abboccato  il  duca  di  Savoia  in  Susa 
con  monsignor  Lesdiguières  ;  e  quel  principe  tratta 
continuamente  con  capitani  di  guerra.  Che  disegni 
egli  possa  avere,  qua  non  è  ancora  penetrato,  né  io 
posso  pensare  altro,  salvo  che  voglia  dare  qualche 
gelosia  a  Spagna.  È  andata  attorno  una  certa  voce, 
che  il  suo  primogenito  voglia  vestirsi  cappuccino. 
Io  non  posso  affermare  questo  per  vero  ;  ma  questo 
so  ben  certo,  che  sua  Altezza  ha  comandato  alli 
Cappuccini,  che  nelli  luoghi  del  suo  dominio  non 
tengano  frati,  se  non  sudditi  suoi  naturali.  Ha  an- 
cora quel  duca  fatto  spianare  una  ròcca  nella  terra 
di  Vezza,  feudo  della  chiesa  d'  Asti  ; x  né  per  questo 
il  pontefice  fa  quel  tanto  romore  che  s'avrebbe  po- 
tuto credere. 

l'anni  d'aver  scritto  a  V.  S.  altre  volte,  che  li 
Spaglinoli  hanno  fatto  quattro  richieste  al  papa  : 
una,  che  non  si  metta  pensione  in  capo  di  Spa- 
glinoli per  Italiani;  la  seconda,  che  le  cause  anche 
in  seconda  instanza  siano  giudicate  in  Spagna  ;  la 
terza,  che  il  re  abbia  la  nominazione  di  tutti  i  ve- 
scovati delli  Stati  suoi  d' Italia  ;  e  la  quarta,  che 
in  luogo  delle  spoglie  di  Spagna,  si  statuisca  una 
entrata  annuale  ordinaria,  e  non  si  faccia  più  spo- 
glie. Pareva  che  sopra  le  tre  prime  si  fosse  posto  si- 
lenzio ;  nondimeno  tornano  in  trattazione,  e  di  Spa- 
gna s1  aspetta  persona  espressa  che  viene  per  solle- 
citar 1'  espedizione  ;  e  di  Iìoma  mandarono  in  Spagna 
il   padre   Alagona  gesuita,  per  mostrare  che  le  do- 

1  Oggi  nel  mandamento  di  Cornegliano  e  nella  diocesi 
cV  Alba. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  253 

mande  sono  contra  coscienza.  Vedremo  quello  che 
ne  succederà. 

Un'  altra  nuova  mi  viene  da  Roma,  la  quale  es- 
sendo molto  considerabile,  io  la  voglio  copiare  dalla 
lettera  che  ho,  di  parola  in  parola,  e  lasciar  che  V.  S. 
ne  faccia  ella  giudicio.  Il  capitolo  è  questo  :  —  «  L'al- 
tro giorno  è  stato  carcerato  per  il  Santo  Officio 
1'  abbate  di  Bois  francese,  dell'  ordine  de'  Celestini, 
per  ordine  della  regina,  per  esser  quest'  uomo  sedi- 
zioso, e  che  dopo  la  morte  del  re  abbia  predicato 
pubblicamente  cose  in  pregiudizio  della  Religione  ; 
e  quello  che  gli  ha  cagionata  questa  risoluzione,  è 
stato  per  avere  sparlato  alla  gagliarda  de'  Gesuiti,  e 
detto  publicamente  ogni  male.  E  volendo  il  consi- 
glio e  la  regina  farlo  carcerare,  fu  deliberato  a  non 
venir  a  simile  risoluzione  dubitando  di  qualche  sol- 
levamento, avendo  quest'uomo  gran  seguito;  ma  con 
intenzione  di  mandarlo  a  trattar  certo  negozio  per 
servizio  della  regina  a  Fiorenza:  e  in  questa  corte 
l'hanno  benissimo  trappolato,  e  sì  bene,  che  la  pas- 
serà male,  non  avendo  alcun  appoggio,  e  malissimo 
veduto  dall'  ambasciatore  di  Francia  ;  e  gli  Gesuiti 
faranno  ancor  loro  quanto  potranno,  acciocché  non 
abbia  più  modo  di  sparlar  di  loro  :  perchè,  tra  le 
altre  cose,  si  affatica  a  più  potere  a  dare  ad  inten- 
dere alli  Francesi  in  Parigi,  che  detti  Gesuiti  avevano 
cagionata  la  morte  del  re;  del  che  persuasi  quelli 
popoli  un  giorno,  avrebbono  potuto  fare  qualche  se- 
gnalato risentimento  contra  eli  loro.  »  —  Io  prono- 
stico che  questo  pover'  uomo  debbia  correre  la  for- 
tuna di  fra  Fulgenzio  cordeliere,1  e  prego  Dio  che 
gli  abbia  misericordia. 

1  Non  si  avverarono  completamente  questi  sinistri  prò- 


254  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

Non  riscrivo  a  V.  S.  le  cose  che  conteneva  quella 
cifra  da  Lei  non  intesa,  perchè  hanno  mutato  assai 
lo  stato  ;  ma  quando  Y  ambasciator  nostro  avrà  in- 
cominciato a  negoziare  in  Roma,  le  scriverò  in  tali 
materie  quello  che  occorrerà.  Per  ora  finirò  di  abu- 
sar più  lungamente  della  pazienza  sua,  trattenen- 
dola in  queste  leggerezze,  ma  non  di  riverirla  ;  nel 
che  persevererò  sempre.  Le  rendono  molti  saluti  il 
signor  Molino  e  padre  Fulgenzio,  ed  io  le  bacio  la 
mano. 

Di  Venezia,  li  22  novembre  1G11. 


CXC.  —  Al  medesimo.1 

Furono  le  ultime  mie  delli  22  novembre,  respon- 
sive a  quelle  di  V.  S.  delli  17  ottobre.  Per  il  pre- 
sente corriere  ho  ricevuto  quelle  delli  11  del  passato. 

Già  diedi  conto  a  V.  S.  della  cattura  dell'  abate 
di  Bois,  successa  in  Roma.  Debbo  dirle  di  più  cosa 
che  allora  non  sapeva,  che  il  pover'  uomo,  forse  du- 
bitando di  quello  che  gli  è  avvenuto,  non  volse  par- 
tir da  Siena,  se  non  avesse  prima  un  salvocondotto 
del  Pontefice;  con  quello  se  ne  andò,  e  si  credette 
esser  sicuro  :  ma  ne  è  il  primo  né  sarà  1'  ultimo  che 
si  fiderà  di  chi  professa  non  esser  obbligato  a  serbar 
fede.  La  cattura  si  scusa  dalla  Corte  con  dire  che 
il  salvocondotto  pontificio  non  si  cura  dall'  Inquisi- 

nostici,  a  malgrado  ancora  di  quanto  narrasi  nelle  due  Let- 
tere seguenti.  Noi  diremo,  annotando  la  Lettera  CXCVI, 
quello  che  i  posteri  hanno  potuto  saperne,  dopoché  potè 
scernersi  tra  quella  u  mistura  di  pubblico  e  di  occulto,  » 
che  fece  velo  al  giudizio  dei  contemporanei. 
1  Dalla  raccolta  come  sopra,  pag.  423. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  255 

zione.  Fu  preso  il  dì  1,  e  il  24  fu  impiccato  pubblica- 
mente in  Campo  di  Fiore  ;  ma  la  mattina  per  tempo 
fu  immediate  levato  dalla  forca,  e  portato  a  sep- 
pellire, senza  che  si  possa  penetrare  che  cosa  signi- 
fichi questa  mistura  di  pubblico  e  di  occulto.  Certo 
è  che  T  ambasciatore  del  re  ha  parte  in  quella  morte. 
Altro  non  abbiamo  in  Italia  di  nuovo,  se  non  che 
il  Piemonte  è  pieno  di  soldati,  ma  però  con  certezza 
che  in  Italia  non  debba  esser  nissuna  novità,  e  che 
tra  tanto  quel  paese  si  rovina. 

I  matrimoni  fra  Spagna  e  Francia  qui  si  tengono 
per  conchiusi  ;  e  se  il  re  d' Inghilterra  sente  male, 
debbe  dolersi  di  sé,  che  più  fa  il  dottore  che  il  re. 

II  cardinale  di  Gioiosa  non  ha  patito  infirmità  al- 
cuna, e  attende  molto  ai  diporti.  Ha  trovato  un  mon- 
ticello  poco  lontano  da  Velletri,  che  vede  il  mare 
e  Roma  ;  lì  disegna  fabbricare  un  bel  palazzo  per 
sua  abitazione,  e  chiamarlo  monte  Gioiosa. 

Io  sentirò  con  molto  piacere  se  le  cose  de'  Iìe- 
formati  in  Francia  si  ridrizzeranno,  perchè  quello 
è  quanto  di  buono  ci  è  nel  mondo.  Il  matrimonio 
del  re  Matthias  a  quest'  ora  debbe  esser  consumato  ; 
col  quale  egli  si  ha  perduto  il  regno  de'  Romani, 
perchè  gli  Spaglinoli  non  vogliono  che  possa  avere 
figliuoli,  acciocché  il  futuro  imperatore  possi  aver 
successore  un  figlio  di  Spagna.1  Adesso  voltano  i  loro 
favori  ad  Alberto,  e  hanno  acquistato  i  tre  voti  elet- 

1  Fra  le  tirannesche  debolezze  dell'imperatore  Rodolfo, 
fa  quella  di  vietare  a  suo  fratello  Mattia  lo  ammogliarsi. 
Ma  quando  questi  giunse  a  rendersi  quasi  che  in  tutto  in- 
dipendente, lasciò  libero  sfogo  al  suo  cuore,  che  lo  incli- 
nava alla  sua  cugina  Anna,  figlia  di  Ferdinando  conte  del 
Tirolo  -,  dalla  quale  però,  come  forse  anche  allora  preve- 
devasi,  non  ebbe  figliuoli. 


256  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

torali  e  Sassonia.  Non  sarà  però  la  cosa  senza  gran 
difficoltà,  repngnando  l' imperatore  e  i  due  altri,  e 
massime  se  di  Francia  sarà  fatto  qualche  ufficio 
con  Tre  veri. 

.Ricevei,  siccome  scrissi  a  V.  S. ,  la  censura  della 
Sorbona  sovra  il  Misterio  del  signor  Du  Plessis,  e  mi  fa 
maravigliare  per  che  causa  non  si  pubblichi  e  stampi 
parimente  V  altra  sopra  la  beatificazione  del  padre 
Ignazio  ;  se  non  è  perchè  hanno  maggiore  cura  del- 
l' onore  del  Dio  terrestre,  che  del  celeste. 

Non  mi  maraviglio  che  1'  ambasciatore  di  Spa- 
gna abbia  abbruciato  il  libro  di  Bellarmino,  essendo 
certo  che  sono  risoluti  in  Spagna  di  non  voler  sop- 
portar quelle  esorbitanze  ecclesiastiche.  Ho  veduto  il 
libro  di  monsignor  Casaubono,1  alla  forma  del  quale 
non  manca  niente;  ma  ben  vorrei  che  gì'  Inglesi  gli 
avessero  somministrato  più  materia  contro  i  Gesui- 
ti. Mi  piace  molto  che  abbia  vociferato  la  verità  di 
quella  mentita  eh'  era  data  all'  Anti-Cottone  per 
nome  suo;  il  quale  Anti-Cottone  potrà  molto  bene 
valersi  della  morte  dell'  abate  di  Bois.  Io  non  vorrei 
veder  tanto  oppugnato  Coeffeteau,2  perchè  ha  alcune 
buone  proposizioni  che  non  piacciono  a  Roma  ;  e  più 
tosto  convenir  tutti  contro  il  comune  nemico,  e  poi 
le  particolari  controversie  s'  accomoderanno  facil- 
mente, vinto  quello. 

Io  non  ho  avuto  nissuna  nuova  ne  dell'  Apologia 
di  Richelieu  né  delle  lezioni  di  Cuiacio  ;  ma  prego 

1  Del  Casaubono,  era  uscita  in  queir  anno  in  Londra 
i'  epistola  intitolata  :  Ad  Frontonem  Ducceum,  in  cui  com- 
battevasi  la  dottrina  dei  Gesuiti  intorno  all'  autorità  dei  re. 

1  Frate  domenicano,  teologo  controversista,  e  che  tutta- 
via meritò  d'  essere  annoverato  tra  i  più  eleganti  scrittori 
della  Francia. 


LETTERE  DT  FRA  PAOLO   SARPI.  257 

V.  S.  non  se  ne  pigliar  pensiero.  Mi  dispiace  bene 
sopra  modo  la  disgrazia  di  Castrino,  e  vorrei  poter 
in  qualche  modo  fargli  servizio. 

Veggo  bene,  che  se  la  Sorbona  e  1'  Università  non 
avranno  da  contender  con  altri,  si  metteranno  contra 
i  Gesuiti.  Ma  mi  rendo  certo  anco,  che  si  accorde- 
ranno tra  loro,  e  la  Sorbona  cederà  sempre  che  vi 
sarà  da  oppugnar  gli  Ugonotti  ;  e  mal  si  può  fidare 
della  contenzione  de'  duoi,  quando  hanno  un  recesso 
per  far  pace. 

Ho  scritto  così  inconnessamente,  perchè  son  an- 
dato seguendo  la  lettera  di  V.  S..  avendo  poco  tempo 
oggi,  e  instando  1'  ora  di  serrar  le  lettere.  Il  signor 
Molino  e  il  padre  Fulgenzio  le  rendono  mille  salu- 
ti, e  io  le  bacio  riverentemente  la  mano. 

Di  Venezia,  li  6  decembre  1G11. 


CXCI.  —  A  Giacomo  Leschassier.1 

Come  sopportai  di  molto  mal  animo  1'  interru- 
zione avvenuta  nella  nostra  corrispondenza,  così  con 
mio  sommo  contento  vidi  la  lettera  di  Lei  scritta  il 
dì  G  di  ottobre.  Cresciute  sono,  pur  troppo,  Signor 
mio  eccellentissimo,  le  forze  e  il  coraggio  dei  nostri 
nemici  ;  talché  ci  è  forza  retrocedere  con  maggior 
cautela,  e  spesso  con  dissimulazione  ;  non  già  di 
quella  de'  Gesuiti,  eh'  è  pura  e  pretta  menzogna, 
ma  sì  dell'  altra  che  consiste  nella  riservatezza  e 
nel  silenzio.   Spero  che  a  cotesto  nostro  ambascia- 

1  Edita  in  latino,  fra  le  Opere  dell'Autore  ec,  tom.  VI, 
pag.  97. 

Sarfi.  —  II.  17 


258  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

tore  si  dia  ben  tosto  un  successore,  e  forse  la  sorte 
cadrà  sopra  un  ottimo  personaggio,  la  cui  mercè 
potremo  scriverci  con  piena  sicurezza.  Frattanto, 
siccom'  io  ricevo  di  quando  in  quando  lettere  dal 
signor  De  l' Isle,  così  le  avrò  più  gradite  quando  mi 
vengano  in  compagnia  delle  sue  :  mi  duole  tutta- 
volta  che  se  queste  dovranno  prima  esser  mandate 
ad  Orléans,  affinchè  qua  tornino,  e  le  mie  far  do- 
vranno altrettanto  cammino,  noi  avremo  le  vivande 
a  cena  già  compita.  Finche  tuttavia  non  ci  sarà 
concesso  di  conseguire  ciò  che  vogliamo,  sarà  opera 
di  saggezza  il  voler  ciò  che  possiamo. 

Sono  di  recente  accadute  in  Roma  due  morti 
assai  memorabili.  La  prima,  di  Guglielmo  ilebaudi, 
che  dopo  avere  abiurata  la  religione  riformata,  visse 
colà  in  questi  ultimi  anni.  Costui  servì  la  Curia  a 
dritto  ed  a  torto,  nel  bene  come  nel  male  ;  e  sicco- 
m'  era  valentissimo  nel  detrarre  all'  altrui  fama, 
così  scrisse  più  cose  contro  i  riformati  e  in  favore 
dei  romaneschi.  Tra  le  altre,  compose  un  opuscolo 
contro  il  re  della  Gran  Bretagna,  intitolandolo  : 
II  Bc  e  la  Legge  cV  Inghilterra  debellati  ;  ne  io  mi 
ricordo  di  aver  mai  veduto  nulla  di  più  petulante 
di  codesto  opuscolo.  Alla  fine,  per  essersi  scoperta 
una  certa  pasquinata  contro  un  uomo  di  prima 
sfera  e  regio  ministro  di  Francia,  a  istanza  dell'  am- 
basciatore del  re,  fu  gettato  in  carcere  ;  e  ricercati 
e  presi  tutti  i  suoi  scritti,  se  ne  trovò  tra  gli  altri 
uno  contro  il  pontefice,  fatto  non  col  proposito  di 
divulgarlo,  ma  per  isfogo  di  male  affetto  ingegno  : 
e  per  tal  cagione,  il  misero  venne  decapitato.1  L'  al- 

1  Di  questo  miserabile,  più   degno   di  spregio  che   di 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  259 

tra  morte  è  quella  dell'  abbate  Du  Bois  ;  il  quale 
com'  è  a  Lei  noto,  avendo  predicato  dopo  la  morte 
del  re  contro  i  Gesuiti,  lasciatosi  poi  corrompere 
dai  lor  doni,  erasi  riparato  sotto  le  loro  tende.  Per 
qual  cagione  e  da  chi  questo  sciagurato  fosse  già 
mandato  a  Firenze,  credo  che  le  sia  noto.  Venne- 
gli  poscia  il  capriccio  di  andare  a  Roma,  né  volle 
farlo  senza  munirsi  di  un  salvocondotto  ;  lo  chiese, 
di  fatto,  e  fermossi  in  Siena  finché  lo  avesse  rice- 
vuto. Con  questo,  dunque,  sottoscritto  di  mano  del 
pontefice,  entrò  in  Roma  il  dì  9  di  novembre  ;  ma 
il  dì  10  fu  gettato  in  carcere,  e  il  24  fu  pubblica- 
mente impiccato  in  Campo  di  Fiore.  Il  perchè  la 
pubblica  fede  del  pontefice  non  gli  abbia  giovato, 
si  pretende  essere  la  legge  stessa  della  Inquisizione, 
dalla  quale  nessuno  può  esimersi  per  qualsivoglia 
autorità  ;  e  siccome  costui  non  è  il  primo  che  venga 
ingannato  dalla  fede  romana,  così  non  sarà  né  an- 
che 1'  ultimo. 

Voglio  svelare  all'  amico  un  segreto.  I  Gesuiti, 
accortissimi,  prevedono  fin  d' ora  quai  danni  seguir 
possano  alla  loro  società,  accadendo  la  morte  del 
loro  generale.  È  a  tutti  noto  quali  conseguenze 
seco  porti  il  cambiamento  di  chi  governa  in  un  re- 
gime affatto  monarchico  e  nuovo  ;  e  per  ciò  stanno 
deliberando  sul  destinare  un  successore  al  generale 

mannaja,  non  poteronsi  trovar  notizie  oltre  a  quelle  che 
si  leggono  in  queste  Lettere.  Ma  dopo  tali  racconti  (e 
s'  abbia  a  mente  quello  del  Borghese,  che  pare  si  millan- 
tasse d'  esser  parente  un  po'  troppo  stretto  del  papa),  come 
potrà  più  difendersi  la  decantata  clemenza  dell'Inquisizione 
romana  ?  come  non  confermarsi  più  sempre  che  1'  orgoglio 
sopra  ogni  cosa  rende  ferini  i  cuori  degli  uomini,  e  an- 
cora (non  vogliamo  dir  maggiormente)  quelli  dei  preti  ? 


260  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

vivente,  il  qual  successore  si  rimanga  in  condizione 
di  privato,  ma  pure  in  guisa  che  il  morto  metta 
subito  in  possesso  il  vivo,  come  un  padre  fa  del 
figliuolo.  Guardi  mo'  se  costoro  prevedono  e  sanno 
provvedere  a  ogni  cosa  ! 

Non  voglio  trattenerla  più  a  lungo  con  queste 
mie  ciancie.  Mi  congratulo  sommamente  eli'  Ella  sia 
stata  sempre  bene,  sempre  sana,  e  prego  Iddio  che 
ciò  segua  anche  per  V  avvenire  ;  e  che  la  S.  V.  con- 
tinui ad  amare  chi  tanto,  coni'  io  io,  1'  onora  e  rive- 
risce. D'  ora  innanzi  le  manderò  lettere  scritte  di 
questo  carattere,  che  a  V.  S.  saranno  a  leggersi  più 
facili,  e  a  me  più  sicure  a  mandarsi.1  Stia  sana. 
Di  Venezia,  il  6  dicembre  1611. 


CXCII.  —  Al  signor  de  V  Me  Groslot? 

Questa  presente,  quantunque  dovesse  esser  lunga 
secondo  il  solito  per  1'  abbondanza  dell'  affetto,  sarà 
breve  per  carestia  di  materia  e  angustia  di  tempo, 
non  avendo  veduto  lettere  di  V.  S.  per  questo  spac- 
cio. Ho  creduto  eh'  ella  sia  andata  all'  assemblea,  sì 
come  significò  per  le  ultime  sue,  il  che  desidero  che 
riesca  a  gloria  di  Dio,  e  contento  dell'  animo  suo.   • 

Delle  cose  di  questo  paese  non  le  posso  dir  molto 
di  nuovo,  perchè  stanno  nelli  stessi  termini  ;  se  non 
che  vi  è  qualche  mutazione  in  Roma,  dove  due  mi- 
nistri governavano  tutto  il  pontificato.  Questi  erano 

1  Questo   può   spiegare    eziandio   come   il    Saipi   nelle 
sue  Lettere  parli  talvolta  di  se  come  di  terza  persona. 
-  Edita  nella  Raccolta  di  Ginevra,  a  pag.  428. 


LETTERE  DI  FRA   PAOLO   SARPI.  261 

il  cardinale  di  Nazareth  l  e  il  cardinale  Lanfranco.2 
ambiduoi  portati  dal  pontefice  da  basso  stato  a 
quel  grado  ;  Lanfranco  segretario,  e  Nazareth  data- 
rio. Lanfranco  è  morto,  con  opinione  d'  alcuni,  che 
non  per  mancamento,  ma  più  tosto  per  abbondanza 
di  medicina  italiana.  Terò  Nazareth  entrato  in  dis- 
grazia e  licenziato,  Borghese  è  fatto  segretario  del 
pontefice.  Cosa  insolita,  e  argomento  che  non  vi  è 
di  chi  fidarsi. 

Gli  Spaglinoli  continuano  le  loro  opposizioni  nella 
materia  beneficiale,  restando  molto  ambiguo  quello 
che  ne  debba  seguitare.  V.  S.  avrà  inteso  la  licenza 
o  espulsione  data  dal  re  di  Spagna  alli  ambasciatori 
di  Savoia,  ordinario  e  straordinario.  Questi  specula- 
tivi di  qui  non  sanno  intendere  se  sia  cosa  seria  o 
giocosa. 

La  settimana  passata,  monsignor  di  Leon,  amba- 
sciatore di  cotesta  maestà,  si  presentò  al  principe,  e 
ragionò  molto  appositamente.  Io,  come  nudo  della 
cognizione  di  quel  personaggio,  aspetto  di  crederne 
secondo  l' informazione  di  V.  S.  ;  dalla  quale  ancora 
desidero  aver  quattro  righe  da  dover  riferire  al  si- 
gnor Gussoni,  il  quale  partirà  al  principio  di  qua- 
dragesima per  Torino,  acciocché  possiamo  dar  buon 
ordine  a  continuar  la  nostra  comunicazione.  E  per- 
chè la  presente  è  breve,  io  1'  allungherò   con  l1  al- 

1  Michel  Angelo  Tonti,  da  Rimini. 

2  Lanfranco  Margotti,  parmigiano }  «  di  genitori  (scrive 
n  Lorenzo  Cardella)  così  miserabili  e  oscuri,  de'  quali,  non 
»  che  aversene  accertate  notizie,  se  ne  ignora  per  fino  il 
»  nome  »  Dovè  la  sua  fortuna  alla  sua  straordinaria  abi- 
lità nell'  arte  del  Segretario,  nella  quale,  a  malgrado  della 
scarsa  letteratura,  parve  non  avere  chi  lo  pareggiasse. 
Morì  nel  1611,  di  soli  cinquantatrè  anni. 


262  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

legata  stampa,  che  credo  le  darà  un  poco  di  trat- 
tenimento; e  qui  facendo  fine,  le  bacio  la  mano. 

Aspetto  le  particolarità  dell'  espulsione  degli  am- 
baciatori  del  duca  di  Savoia;  e  subito  che  le  riceverò, 
le  farò  sapere  a  V.  S.  ;  e  se  potrò,  gliene  manderò 
copia  intiera,  perchè  senza  dubbio  vi  saranno  ra- 
gioni curiose.  Quel  duca  di  tempo  in  tempo  riceve 
qualche  staffilata,  e  benché  sia  picciolo  di  corpo,1  ad 
ogni  modo  ha  cuore  capace  di  ricevere  il  tutto  con 
gran  costanza  d1  animo.  Temo  però  che  nella  fine 
darà  in  qualche  scoppio;  onde  chi  ha  da  fare  vi 
pensi. 

Di  Venezia,  li  20  decembre  1611. 


CXCIII.  —  Al  medesimo.2 

Ho  appunto  giudicato,  sì  come  V.  S.  mi  scrive 
per  la  sua  delli  7  del  passato,  eh1  Ella  nel  tempo 
del  dispaccio  precedente  si  trovasse  assente  :  allora 
non  restai  di  scriverle,  e  credo  che  avrà  ricevuto 
la  mia.  Al  presente  non  avendo  cosa  nuova,  questa 
mia  seguirà  solo  di  passo  in  passo  quella  di  V.  S.  ; 
la  quale  m' ha  apportato  sollevamento  grande  col 
narrarmi  la  unione  delle  Chiese,  e  maggiormente 
quando  mi   dice    che  non   potrà  seguire  il   matri- 

1  u  Era  di  corporatura  anzi  piccola  che  grande,  e  al- 
«  quanto  rachitica  -,  onde  fu  volgarmente  chiamato  Carlo 
»  il  gobbo.  Gli  occhi  e  la  faccia  tutta  mostravano  una  vi- 
n  vacità,  una  perspicacia  d' ingegno,  una  vastità  di  mente 
»  superiore  e  singolarissima.  »  Denina.  —  «  Nel  suo  pic- 
»  colo  e  curvo  corpo  alloggiava  un  cuor  grande,  un  valore 
»  non  inferiore  a  quello  de'  maggiori  eroi.  »  MurtATOiu. 

2  Edita  come  sopra,  pag.  431. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  2G3 

monio  di  Spagna  senza  rompere  con  Reformati. 
Resto  ben  io  ancora  alquanto  turbato  per  F  amba- 
sciatore che  va  in  Olanda  ;  ma  Dio  condurrà  ogni 
cosa  a  sua  gloria,  e  a  quello  eh'  è  meglio  per  noi, 
quantunque  per  incapacità  nostra  ci  paresse  altri- 
menti. 

La  morte  del  duca  d' Orléans  sarà,  senza  dubbio, 
fomento  alla  speranza  di  qualche  inquieto;  ma  final- 
mente, purché  piaccia  a  Dio  condur  il  re  nella  mag- 
giorità, ogni  altro  male  sarà  rimediabile.  È  neces- 
sario che  il  principe  di  Condé  riceva  delle  repulse, 
non  comportando  lo  stato  suo  che  vi  sia  fine  de'  suoi 
disegni  ;  e  se  fosse  compiaciuto  in  quello  che  diman- 
da, dimanderebbe  altro  ancora.  È  prudenza,  poiché 
non  si  può  contentarlo  affatto,  di  porsi  più  tosto  al 
primo  che  al  secondo. 

Avrà  tra  quattro  giorni  li  sermoni  della  beati- 
iicazione  del  padre  Ignazio,1  li  quali  il  signor  Bar- 
barigo  ha  ritenuto  per  leggerli.  Mi  son  ricordato  di 
aver  una  istoria  di  quanto  passò  in  simil  proposito 
in  Siviglia:  ne  ho  un  esemplare  stampato  in  quella 
città  :  io  l' ho  fatto  copiare,  credendo  che  dovrà  esser 
di  gusto  a  V.  S.  ed  a  qualche  altro  amico  costì.  Io 
veramente  tengo  la  stampa  per  cosa  carissima,  impe- 
rocché, se  mi  fosse  narrata  una  tale  azione,  non  la 
crederei. 

Ma  in  proposito  de'  Santi,  al  presente  abbiamo 
novamente  Carlo  Borromeo, 2  del  quale  si  parla,    e 

1  La  beatificazione  avea  avuto  luogo  sino  dal  1609, 
ma  la  santificazione  non  avvenne  (come  si  disse  altrove) 
se  non  tredici  anni  dopo.  Sembra  che  la  difficoltà  nascesse 
dal  non  potersi  provare  che  il  Loyola  (di  cui  non  voglionsi 
perciò  impugnare  1'  eroiche  gesta)  avesse  mai  fatto  miracoli. 

-  La  canonizzazione  di  S.  Carlo  Borromeo  fu  come  resa 


2G4  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

egli  adesso  fa  tutti  i  miracoli,  sì  che  i  vecchi  hanno 
perso  la  piazza.  Quanto  a  quello  lucchese,  io  ho 
avuto  dubbio  che  costà  la  fama  passasse  tale  a  pun- 
to, come  V.  S.  mi  scrive.  Ma  non  è  fatto  per  far 
piacere  al  papa;  e  di  quella  morte  ne  sono  stati 
autori  i  politici.  Il  poveretto  è  capitato  là  per  impru- 
denza, non  per  1-  Evangelio.  Ma  sarebbe  cosa  lunga 
il  narrarglielo. 

Quanto  alle  cose  di  qui,  il  papa  non  vuole  in 
modo  alcuno  controversia,  e  senza  dubbio  la  Repub- 
blica potrebbe  fargliene  quanto  volesse  :  ma  essi, 
come  le  cose  passano,  quanto  più  è  veduto  atto  a 
sopportare,  tanto  più  dicono  che  bisogna  astenersi, 
di  modo  che  e  il  bene  e  il  male  si  conviene  tornar 
in  male. 

Il  Padre  è  molto  insospettito  per  la  venuta  di 
Badoero,  e  ci  anderà  cauto;  ma  la  giornata  sco- 
prirà. Gli  Spagnuoli  faranno  senza  dubbio  tutto 
quello  che  vorranno  in  Italia,  camminando  con  passi 
così  tardi  e  così  corti  ;  che  se  volessero  affrettarsi  o 
allungarsi,  sarebbe  il  nostro  bene.  Delle  cose  di  Sa- 
voia non  occorre  pensarci  niente,  perchè  sono  tutte 

necessaria  dal  voto  popolare,  perocché  il  popolo  aveva  co- 
minciato a  rendergli  una  specie  di  culto  insino  dal  giorno 
della  sua  morte  :  onde  Paolo  V,  nel  1610,  videsi  in  certa 
guisa  costretto  a  confermarlo.  Sono  a  tutti  notissime,  le 
prove  di  accesa  carità  date  da  quel  prelato  nel  tempo  che- 
Milano  fu  desolata  dalla  pestilenza  •,  ma  i  cherici  e  i  cle- 
ricali non  furono  né  forse  sarebbero  i  più  solleciti  ad  in- 
formarci, com'  egli,  già  vestito  di  porpora  e  venuto  al  pos- 
sesso della  mensa  arcivescovile  della  sua  patria,  ne  divise  in 
tre  parti  le  rendite,  una  delle  quali  destinò  ad  essere  distri- 
buita tra  i  poveri,  un'  altra  ai  bisogni  della  sua  chiesa,  e 
la  terza  al  suo  proprio  mantenimento  •,  e  che  dell'  uso  che 
di  questa  avea  fatto,  soleva  poi  rendere  minuto  conto  nei 
sinodi  provinciali. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  2G5 

chimere;  e  se  ben  di  Spagna  hanno  licenziato  i  suoi 
ambasciatovi,  per  l' affronto  fatto  in  Torino  dal 
luogotenente  di  Nemours  al  segretario  spaglinolo, 
nondimeno  da  questo  non  ne  seguirà  niente.  E  ehi 
sa  che  tutte  queste  cose  non  siano  fatte  di  commi 
concerto  ? 

Ho  veduto  la  scrittura  di  monsignor  Casaubono, 
molto  ben  ornata  ;  ma  ci  desidererei  maggior  abbon- 
danza di  soggetto.  Non  mi  resta  altra  cosa  con  che 
attediare  V.  S.  più  lungamente,  e  dubiterei,  quando 
altro  ci  fosse,  di  mancar  della  debita  discrezione.  In 
por  fine  alla  presente,  le  bacio  la  mano,  con  il  signor 
Molino  e  padre  Fulgenzio. 

Di  Venezia,  li  3  gennaio  1G12. 


CXCIV.  —  Al  medesimo.1 

L'  ultima  mia  fu  delli  3  del  presente,  e  per  questo 
cornerò  non  ho  veduto  lettere  di  V,  S.  La  causa 
credo  esser  venuta  dalli  tempi  sinistri  che  passano. 
Non  ho  voluto  restare,  se  bene  ho  angustia  di  tempo, 
di  farle  riverenza,  particolarmente  per  dirle,  che 
si  mette  in  ordine  la  congregazione  delli  padri  Ge- 
suiti per  la  primavera  in  Roma.  Gli  astrologi  pro- 
nosticano sempre  male  dalle  congregazioni  delle 
stelle  malefiche  :  piaccia  a  Dio,  che  è  superiore 
a  stelle  ed  a  cieli,  di  convertir  ogni  cosa  in  bene. 
Credo  che  si  faranno  valer  in  Roma  contro  la  Re- 
pubblica di  Lucca,  perchè  in  quella  città  sono  stati 
lasciati  eredi  di  una  grossa  facoltà  da  una  gentil- 

1  Stampata  come  sopra,  pag.  435. 


266  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

donna  vedova,  privati  li  parenti;  e  quei  magistrati 
hanno  dichiarato  il  testamento  inofficioso,  dove  li 
Padri  hanno  perduto  la  loro  pescagione. 

Qui  è  tenuto  ancora  eh'  è  stata  trattata  la  loro 
causa  con  la  Università  di  Parigi,  e  giudicata,  se- 
condo che  si  aspettava,  a  favor  dell'  Università.  Vado 
credendo  che  si  stamperanno  le  arringhe  fatte  nella 
causa,  dove  intendo  che  monsignor  Servino  e  l' avvo- 
cato dell'  Università  hanno  parlato  dottamente  e  sa- 
viamente. Sto  con  molto  desiderio  di  esserne  fatto 
partecipe,  come  di  cose  che  possono  servir  mirabil- 
mente anco  a  noi. 

Ho  veduto  la  censura  della  Sorbona  sopra  li  tre 
Sermoni,  la  quale  non  si  può  se  non  commendare. 
Dio  volesse  che  tutta  la  dottrina  della  Sorbona  fosse 
simile  a  quella  !  Ho  veduto  insieme  un'  Apologia  che 
fa  il  padre  Solier  contra  quella  censura,  molto  pe- 
tulante e  veramente  da  gesuita.1  Forse  da  queste 
contenzioni  ne  nascerà  bene  ;  che  la  Sorbona  ritiran- 
dosi dalla  nuova  dottrina  loro,  capiterà  in  qualche 
buone  opinioni.  Le  pretensioni  spagnuole  in  Roma 
continuano  :  non  so  se  si  possa  sperare  che  di  là 
debba  succedere  qualche  bene.  Temo  grandemente 
che  questi  buoni  Padri  non  diano  qualche  tracollo 
in  Francia  ;  perchè  intraprendono  troppo  ardita- 
mente i  pregiudizi  contro  la  libertà  della  Chiesa 
gallicana,  eh'  è  un  punto  mal  inteso  da'  Francesi. 
Né  so,  in  vero,  come  abbino  possuto  sinora  soffrire 

1  Francesco  Solier,  gesuita  dei  più  infaticabili,  e  autore 
di  molte  opere  ;  tra  le  quali  una  versione  in  francese  di  tre 
Sermoni  spagnuoli  intorno  alla  beatificazione  del  Loyola. 
Questa  traduzione  fu  condannata  per  quattro  proposizioni 
concernenti  il  misticismo,  e  il  Solier  volle  difendersi  da  tale 
censura  nel  modo  che  qui  venne  qualificato  dal  Sarpi. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  267 

tante  ingiurie  :  ma  se  una  volta  vi  mettono  la  mano, 
son  sicuro  che  faranno  da  buon  senno.  Il  tempo  ma- 
turerà le  cose. 

Del  rimanente,  non  vi  è  altra  cosa  nuova,  se  non 
la  continuazione  dell'  antica  mia  devozione  verso 
V.  S.  ;  alla  quale,  insieme  con  gli  amici,  bacio  la 
mano. 

Di  Venezia,  li  18  gennaro  1G12. 


CXCV.  —  Al  medesimo.1 

Per  lettere  scritte  da  un  comune  amico  a  mon- 
sieur  Assellineau,  ho  avuto  notizia,  con  mio  gran- 
dissimo dispiacere,  che  V.  S.  si  ritrova  assalita  dalla 
sua  colica  ;  e  maggior  disgusto  sentirei,  quando  con- 
siderando che  il  male  già  è  familiare,  non  restassi 
con  speranza  eh'  Ella  sarà  per  sopportarlo  e  supe- 
rarlo con  facilità  :  sì  come  prego  nostro  Signor  Id- 
dio, che  le  ne  conceda  grazia.  Io  non  voglio  pregarla 
di  scrivere  in  cotesto  stato,  ma  bensì  che  sia  contenta 
di  far  avvisato  monsieur  Assellineau  dell'  esser  suo, 
e  della  speranza  di  presta  e  breve  convalescenza. 

Non  posso  dirle  cosa  rilevante  di  queste  tre  re- 
gioni, ritrovandosi  e  noi  ed  esse  in  una  incredibile 
quiete,  ovvero  negligenza.  Solo  in  questa  città  si 
sono  scoperte  alcune  giovani  di  molta  devozione,  in- 
tente alli  esercizi  spirituali  che  qui  si  costumano, 
e  sono  insegnati  dalli  religiosi  d' Italia.  Queste  pa- 
tivano estasi,  dicevano  vedere  rivelazioni,  ed  anco 
sudar  sangue.  Quel  che  di  ciò  sia  la  verità,  chi  non 

1  Dalla  raccolta  come  sopra,  pag.  438. 


2G8  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

ha  veduto  alcuna  cosa,  sì  come  non  ho  vedute  io, 
conviene  che  lasci  il  tutto  senza  affermazione  o  ne- 
gazione.1 Ma  cominciandosi  qualche  moto,  e  atten- 
dendo a  quello  che  avvenne  altre  volte  in  Portogallo, 
sono  state  poste  in  monasteri  di  ordine  del  Principe. 
Il  rumor  popolare  svanisce,  e  par  che  si  discopra 
qualche  artificio  umano. 

Intendiamo  che  dall'  avvocato  dell'  Università  e 
dall'avvocato  del  re  sia  stata  trattata  la  causa  de'Ge- 
suiti,  con  molto  servizio  non  solo  di  Francia,  ma  di 
tutta  Cristianità.  Ho  gran  desiderio  di  esser  parte- 
cipe di  quelle  arringhe,  se  però  usciranno  in  luce. 

Abbiamo  la  nuova  della  morte  dell'  imperatore,2 
la  quale  non  si  può  dire  esser  venuta  meno  impor- 
tuna di  quello  che  la  vita.  Dio  faccia  che  succeda 
persona  di  miglior  intenzione  e  operazione  verso  la 
sua  santa  Chiesa.  Io  non  sarò  più  prolisso,  così  per 
mancamento  di  materia,  come  per  non  esser  più 
lungamente  noioso  a  V.  S.  ;  alla  quale  prego  da  Dio 
nostro  Signore  il  colmo  delle  sue  sante  grazie  e  la 
intiera  sanità,  e  le  bacio  la  mano. 

Di  Venezia,  il  31  gennaio  1612. 

1  II  buon  Sarpi,  teineudo  forse  di  scalzare  i  fondamenti 
della  retta  fede,  non  osava  impugnare  nemmeno  questi 
oggimai  troppo  goffi  e  incredibili  miracoli. 

-  Rodolfo  II  morì  a  dì  20  di  quel  mese,  e  gli  succede 
nell'  impero  il  fratello  Mattias,  di  cui  si  parla  sì  spesso  iu 
queste  Lettere. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  260 

CXCVI.  —  A  Giacomo  Leschassier.1 

Mi  fu  recapitata  la  sua  lettera  delli  10  gennaio, 
della  nuale  nulla  potea  riuscirmi  più  caro.  Io  desi- 
derava ardentemente  di  sapere  quale  si  fosse  il  de- 
creto nella  causa  de'  Gesuiti  ;  però  che  vennero  qua 
portati  moltissimi  esemplari  dell'  arresto,  e  tutti  as- 
sai diversi  ;  in  questo  tuttavia  consenzienti,  che  il 
decreto  pareva  piuttosto  interlocutorio,  che  defini- 
tivo. Nò  1'  esemplare  da  Lei  mandatoci  ha  tolta  sul 
proposito  ogni  ambiguità,  giacché  sembra  che  fino  ad 
ora  rimanga  ai  Gesuiti  il  poter  chiedere  che  la  cosa 
sia  rimessa  nel  primitivo  stato.  Intorno  a  che  mi 
farebbe  cosa  gratissima  col  toglier  di  mezzo  tutti  i 
miei  scrupoli.  Frattanto,  io  stimo  assai  che  da  ri- 
nomatissimi avvocati  siasi  trattata  la  causa  del  re 
e  della  Università  con  libertà  sì  grande  e  con  egual 
prudenza;  e  soprattutto  approvo  che  si  accusino  le 
dottrine,  e  non  già  le  persone.  La  dottrina  è  comune 
a  tutti  ;  le  virtù  e  i  vizii  distinguono  le  seconde. 

Rispetto  a  ciò  eli'  Ella  mi  dice,  essersi  costoro 
valsi  di  quel  capitolo  del  Direttorio  degT  Inquisi- 
tori,2 ove  si  domanda  di  far  processi  secreti  senza 
farli  precedere  da  alcuna  citazione,  e  che  a  questi 
pur  segue  la  condanna,  e  1'  esecuzione  ne  viene  oc- 

1  Dalle   Opere  di  F.  Paolo  ec,  toni.  VI,  pag.  93. 

2  II  breve  cenno  qui  datoci  dal  Sai-pi  non  è  suffi- 
ciente a  conoscere  con  sicurezza  se  voglia  parlarsi  del 
notissimo  Directorium  Inquisitorum,  compilato  dal  do- 
menicano inquisitore  nell'  Aragona  Xiccola  Eymeric  ;  che, 
con  larghissimi  Commentari  d' un  Francesco  Pegua,  fu 
sontuosamente  stampato  in  Roma,  in  cediòus  populi  romani, 
nel  1585.  Di  cotali  brutture  dell'  umanità  noi  non  siamo 
gran  fatto  curiosi.  Chi  tale    si   fosse,  potrà  cercarne    e   a 


270  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

eultamente  commessa  ai  crocesegnati;  io  non  vedo 
che  ciò  possa  imputarsi  ai  Gesuiti,  stantechè  que- 
sti, né  in  Ispagna  né  in  Italia,  non  s'impacciano 
della  Inquisizione  ;  e  quindi  prego  la  S.  V.  di  vo- 
lermi scrivere  in  qual  modo  siasi,  tra  le  altre,  po- 
tuto attaccar  loro  anche  questa.  Che  poi  processi 
di  tal  sorta  si  fossero  fabbricati  anche  contro  di 
me,  ben  io  mei  sapeva  ;  e  più  d' uno  n'  esiste  ;  e 
per  siffatto  titolo  sostenevasi  che  i  sicarii  che  mi 
aggredirono,  lo  avevano  fatto  con  ragione.  La  In- 
quisizione ha  tuttavia  per  l'Italia  non  molti  crocese- 
gnati; mentre  nel  regno  di  Napoli  non  esiste  Inqui- 
sizione e  nelle  città  soggette  alla  Repubblica  non 
può  essa  commettere  cosa  alcuna  fuori  dell'  ordine, 
stante  l' intervento  del  magistrato  secolare  ;  attalchè 
non  le  si  permette  né  di  tener  famigli  armati,  né  di 
fare  alcuna  cattura,  se  non  per  decreto  di  quello. 
Non  ricordo  di  aver  mai  letto  la  formula  del  giu- 
ramento che  prestano  i  crocesegnati,  né  le  preci  che 
si  spargerebbero  da  essi  fra  il  popolo  nel  recarsi 
alla  guerra  ;  né  mai  m'  era  caduto  in  mente  che  co- 
storo potessero  oggi  far  uso  di  cotali  preghiere  e  giu- 
ramenti. Ma  la  S.  V.  non  ha  parlato  a  sordo  :  or  io 
mi  darò  tutto  a  questo,  e  m'  ingegnerò  di  scoprirne 
1'  arcano. 

Lessi  con  attenzione  1'  opuscolo  che  le  fu  man- 
sazietà  trastullarsi  con  gli  scritti  di  un  Anonimo  (Reper- 
torio degli  Inquisitori),  di  un  Roias  (Singolarità  circa  la 
fede),  di  un  Sousa  (Aforismi  degli  Inquisitori),  di  un  Ma- 
sini  (Sacro  Arsenale  del  S.  Officio),  di  un  Spina  (Baloardo 
della  fede),  di  un  Calderini  (Rubriche  dell'  Inquisizione), 
di  un  Bernardo  da  Como  (Lanterna  degli  Inquisitori),  e 
di  tanti  e  tant'  altri  che  non  rifuggirono  dal  tramandare 
alla  posterità  così  splendidi  monumenti  della  feroce  loro 
superstizione. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  271 

dato  intorno  alla  potestà  ecclesiastica  e  politica, 
insieme  col  decreto  della  Sorbona  ;  e  non  so  del 
tutto  approvare  quella  dottrina,  la  qual  mi  sem- 
bra di  poca  consistenza  e,  per  dir  tutto  in  una  pa- 
rola, troppo  fredda.  Ma  perchè  racchiude  più  cose 
vere  ed  utili,  io  Faccetto  come  principio  di  una 
trattazione  migliore,  e  spero  sarà  per  accadere  che 
alla  fine  la  Sorbona  metterà  capo  alla  verità 
schietta  ed  intera,  che  tanto  risplende  nei  codici 
Teodosiano  e  Giustinianeo,  e  nelle  istorie  dell'  antica 
Chiesa,  che  i  ciechi  ancora  possono  vederla.  Quando 
1'  opuscolo  sia  stato  spedito  a  Roma,  non  v'  ha  dub- 
bio che  non  sia  per  essere  condannato;  e  ciò  pure 
sarà  giovevole,  giacché  la  Sorbona  si  troverà  co- 
stretta a  difendere  1'  opera  sua,  e  a  progredire  più 
innanzi.  In  nessun  altro  modo  i  romaneschi  scuo- 
tono il  mondo  dal  suo  letargo,  se  non  quando  vo- 
gliono che  in  ogni  cosa  e  si  pensi  e  si  parli  a  se- 
conda del  loro  arbitrio. 

In  quanto  a  me,  io  vengo  chiamato  secondo  il 
costume  nel  Collegio,  ed  anche  più  frequentemente, 
abbondando  gli  affari.  Nulla  si  è  fatto  e  né  an- 
che pensato  intorno  a  tal  cosa,  ma  soltanto  fu 
nel  Senato  discusso  il  dubbio  se  il  Collegio  possa 
produrre  le  secrete  cose  nel  consiglio  di  quelli  che 
si  chiamano  consultori,  prima  che  le  si  portino  al 
Senato;  ovvero  se  ciò  fosse  loro  da  proibirsi  senza 
un  precedente  decreto  del  Senato  :  e  infine  fu  deciso 
che  gli  affari  secreti  vengano  da  prima  riferiti  al 
Senato,  e  che  per  suo  decreto  solamente,  e  non  per 
altro  modo,  sia  lecito  portarli  al  consiglio.  Di  qui 
forse  quella  voce,  di  cui  mi  accenna  nella  sua  let- 
tera, circa  all'  abbate  du  Bois  :  intorno  al  quale  le 


272  LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SAEPI. 

dirò  ingenuamente  quant'  io  ne  so.  Egli  fu  impri- 
gionato per  conto  della  Inquisizione,  ai  dieci  di  no- 
vembre, mentre  usciva  dal  palazzo  dell'  ambascia- 
tore fiorentino  ;  ed  essendogli  state  tolte  le  regie 
lettere  e  il  salvacondotto  pontificio,  come  noi  di- 
ciamo, senza  del  quale  non  volle  partirsi  da  Siena, 
a  dì  24  di  detto  mese,  sul  levar  del  sole,  venne  ap- 
piccato in  Campo  di  Fiore,  e  subito  dalla  forca  de- 
posto e  portato  al  sepolcro.  Così  mi  fu  scritto  al- 
lora da  Roma;  se  non  che,  nella  settimana  seguente, 
uscì  voce  dal  palazzo  dell'  ambasciatore  di  Francia, 
non  essere  stato  1'  abbate  che  fu  impiccato,  ma  un 
altro  : *  di  che  tutta  Iìoina  ne  rise,  e  così  mi  fu  ri- 
dendo raccontato  per  lettera,  aggiugnendosi  che 
T  appeso  alle  forche  era  di  statura  e  di  sembianza 

1  Di  questo  abbate,  che  più  volte  avea  preso  e  deposto 
gli  abiti  di  monaco  Celestino,  ecco  in  compendio  quanto 
può  dai  biografi  raccogliersi.  Uomo  d' inquieta  e  violenta 
natura,  ma  di  potente  facondia  nella  predicazione  ;  sì  poco 
filosofo,  che  erasi  ridotto  alla  indigenza  per  la  sua  capar- 
bietà nel  cercare  la  pietà  filosofale-,  aveva  nell'orazione 
funebre  di  Enrico  IV,  recitata  a  Sant'Eustachio,  fieramente 
inveito  contro  i  Gesuiti,  imputando  ad  essi  il  seguito  as- 
sassinio. Dopo  i  reclami  che  perciò  si  fecero,  egli  die  in 
pubblico  una  difesa,  che  fu  stimata  peggiore  della  prima 
offesa.  Dicesi  che  la  regina,  per  metterlo  in  salvo  dall'  odio 
che  in  Parigi  erasi  procacciato,  immaginasse  di  mandarlo 
a  Roma  •,  e  la  scelta  del  luogo  parrà  a  tutti  ben  singo- 
lare, anche  per  chi  voglia  credere  la  Medici  aliena  da  ogni 
nefanda  macchinazione.  11  Dubois  si  lasciò  trarre  nella 
rete-,  e  giunto  appena  in  Roma,  vi  fu  catturato,  e  chiuso 
nel  Castello  di  Sant'  Angelo  ;  d  onde,  a  malgrado  delle 
premure  fattene  da  tutti  quelli  che  gli  erano  amici,  non 
fu  mai  potuto  liberare,  finché  la  morte  non  pose  fine  ai 
suoi  giorni  nel  1628.  Il  che  farebbe  credere,  secondo  noi, 
ad  una  certa  connivenza  tra  le  corti  di  Parigi  e  di  Roma; 
perchè,  senza  di  ciò,  non  parrebbe  possibile  che  a  quella 
non  riuscisse  in  quindici  anni,  volendolo,  di  salvare  un  fran- 
cese dagli  artigli  dell'  Inquisizione. 


LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI.  273 

simile  all'  abbate.  Da  tale  ambiguità  incuriosito, 
riscrissi,  pregando  per  saperne  la  verità;  e  l'amico 
mi  rispose  :  questo  esser  certo,  che  l' impiccato  so- 
migliava all'  abbate,  e  che  da  tutti  era  stato  creduto 
lui  ;  che  ciò  credevasi  ancora,  ed  anche  dai  Gesuiti  : 
che  tuttavolta.  esitando  pur  taluno  nel  ripetere  alle 
orecchie  altrui,  e  in  ispecie  di  Francesi,  la  verità  del 
fatto,  per  le  parole  che  ne  corsero  in  contrario,  esso 
amico  rimetteva  nel  mio  giudizio  se  possa  mai  rite- 
nersi che  in  sì  famoso  luogo  sia  stato  pubblicamente 
ucciso  da  pubblici  ministri  un  uomo  che  nessuno 
avesse  potuto  conoscere.  Ed  io  imitando  la  modera- 
zione di  lui  nel  darne  sentenza,  ne  lascio  a  mia  volta 
la  decisione  al  senno  della  S.  V.  eccellentissima. 

La  prego,  intanto,  ad  avermi  sempre  nella  sua 
memoria,  e  a  continuare  la  sua  consueta   benevo- 
lenza verso  un  sincero  ammiratore  delle  sue  virtù. 
Di  Venezia,  il  14  febbraio  1612. 


CXCVII.  —  A  Giacomo  Gillot.1 

Il  regio  ambasciatore,  nella  sua  venuta  tra  noi, 
mi  rallegrò  grandemente  col  recarmi  le  graziosissime 
lettere  della  E.  V..  per  le  quali,  saputo  lo  stato  suo, 
sentii  scemarmi  1'  angustia  in  che  mi  trovava  per 
le  notizie  avute  di  sua  malattia.  Subitochè  da  que- 
ste conobbi  che  ella  era  pienamente  ristabilita,  ne 
resi  infinite  grazie  al  Signore  Iddio,  e  me  ne  ralle- 
grai con  la  Francia,  e  con  me  stesso  precipuamente  ; 
ed   ora.  mentre  penso  alla  risposta,  mi  sopravviene 

1  Stampata,  in  latino,  come  sopra,  pag.  17. 
Sarfi.  —  II.  18 


274  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

Tina  seconda  consolazione,  cioè  la  sua  lettera  dei  15 
di  gennaio.  Nulla  di  più  spiacevole  poteva,  senza 
dubbio,  accadermi  che  l' interruzione  della  nostra 
corrispondenza  ;  perchè,  quantunque  disegnassi  a 
tempo  e  ancora  fuor  di  tempo  di  ristorarla,  tuttavia 
non  m'  occorse  mai  nessun  modo  col  quale  io  potessi 
promettermi  di  ciò  fare  con  sicurezza.  Nulla  osta  che 
non  ci  scriviamo  le  solite  lettere  e  le  altre  di  mèra  of- 
ficiosità ;  ma  s' io  non  posso  pienamente  trasfondere 
F  animo  mio  in  quello  dell'  amico,  mi  trovo  compreso 
da  somma  molestia  ;  nò  posso  indurmi  a  scrivere 
q nelle  cose  comuni  ed  insulse,  senza  sentir  suscitar- 
misi  un  sentimento  d'odio  contro  1'  umana  malignità. 
Mi  fa  meraviglia  che  siasi  costà  riferito  di  la- 
menti da  me  fatti  pel  tradito  segreto  di  alcune  mie 
lettere  ;  perocché  di  tal  cosa  non  ho  mai  parlato 
con  anima  viva,  nò  vi  fu  mai  ragione  di  farlo.  Con- 
tuttociò,  affincir  Ella  non  debba  prendere  una  pa- 
gliuca  per  una  trave,  spiegherò  qui  la  bisogna 
coni'  essa  ebbe  luogo.  Quel  tale  di  che  ora  si  tratta, 
mi  diresse  pel  primo  una  officiosissima  e  umanissima 
lettera  :  continuò  poi  a  scrivermi  con  assiduità  e. 
coni'  io  credo,  con  grande  amore  e  benevolenza  verso 
di  me.  Lo  reputai  buono  e  integerrimo  uomo  :  fre- 
quentava, in  fatti,  dì  e  notte  il  palazzo  dell'  amba- 
sciatore Foscarini,  mi  mandava  le  lettere  di  Lei  e 
quelle  del  signor  Leschassier,  ch'io  amo,  onoro  e 
venero  sommamente.  Un  anno  fa  mi  fu  fatto  sapere 
da  un  nobile  ed  ottimo  personaggio,  che  colui  aveva 
consegnato  certe  mie  lettere  al  Nunzio  pontificio.  Io 
che  non  gli  avea  mai  scritto  di  cose  letterarie,  ma 
soltanto  le  novità  correnti  nel  paese  (né  in  vermi 
tempo  quelle  che  sono  commesse  alla  mia  fede,  a  cui 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  2*5 

per  cagione  alcuna  non  saprei  mancare),  rimasi  in- 
certo se  con  buona  intenzione,  o  per  leggerezza,  o 
per  qualsivoglia  altro  motivo,  egli  avesse  ciò  fatto  : 
nulladimeno.  mi  posi  in  guardia,  né  mai  più  gli 
scrissi,  dopo  la  mia  ultima,  quantunque  egli  poi  ciò 
facesse  più  volte  colla  usata  cortesia.  Sono  tuttora 
in  sospeso  circa  il  da  credersi  su  tal  proposito  ;  se 
non  che  ho  certezza  che  le  lettere  furono  consegnate. 
Ma,  checché  ne  sia,  non  ne  temo  alcun  male,  per- 
chè nulla  io  gli  scrissi  che  non  possa  dirsi  palese- 
mente ;  se  ciò  non  fosse  1'  avere  scritto  ad  un  uomo 
di  religione  non  romana  :  la  qual  cosa  in  Roma  è 
tenuta  per  gran  peccato  ;  ma  noi  siamo  qui  sciolti 
da  tali  pastoie.  Chiamo  Dio  in  testimonio,  eh'  io  amo 
tuttora  quell'  uomo,  e  che  perciò  non  venne  meno 
la  mia  affezione  per  lui  ;  e  vorrei  potergli  esser  utile 
a  scemare  il  peso  delle  sue  miserie.1  Solamente  mi 
son  proposto  di  non  iscrivergli  mai  più,  finché  la  cosa 
non  sia  messa  in  chiaro.  Non  potei,  perciò,  se  non  ri- 
dere vedendo  la  lettera  scritta  di  costì  all'amico; 
dove  si  dice  che  le  mie  lettere  vennero  mandate  a  Ro- 
ma, e  di  là  qui  rimandate,  e  che  per  questo  io  sono 
in  disgrazia  del  Principe  :  delle  quali  cose  le  due  ul- 
time sono  false,  né  mi  è  noto  se  né  anche  la  prima 
sia  vera.  Se  non  che  di  tal  cosa  ho  discorso  abbastan- 
za, e  troppo  a  lungo  1'  ho  trattenuta  con  tali  scioc- 
cherie ;  ma  1'  ho  fatto  perchè  la  voce  dell'  accaduto 
non  la  inducesse  a  credere  peggior  cose  sul  conto  di 
quell'  uomo  ;  e  mi  sarà  gratissimo,  quando  le  accada 

1  I  lettori  resteranno,  insieme  con  noi,  maravigliati  nel 
leggere  il  nome  di  qnest'  uomo,  oppresso  dalle  miserie  e 
sospetto  di  aver  tradito  i  doveri  dell'  amicizia,  nella  Let- 
tera seguente. 


276      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

trovare  chi  abbia  di  lui  concepita  una  troppo  sini- 
stra opinione,  se  vorrà  farsi  campione  della  verità. 

Ciò  che  costì  si  opera  contro  i  Gesuiti,  fa  ritratto 
della  libertà,  e  della  ingenuità  dei  Francesi.  In  ve- 
rità, eh'  io  non  posso  nascondere,  come  finché  vivono 
tra  voi,  ci  sia  da  temere  :  quanto  più  sono  essi  ir- 
ritati, tanto  più  divengono  velenosi  ;  ed  ecco  la  ra- 
gione per  la  quale  ci  sono  infesti,  e  più  ci  distur- 
bano adesso  che  son  lontani,  che  non  facevano 
(piando  erano  presenti.  Vi  saranno  addosso  più  forte 
che  mai  ;  né  il  poco  numero  è  da  disprezzare,  peroc- 
ché a  questo  suppliscono  colla  diligenza  e  coli' as- 
siduità. In  Roma  è  gran  delitto  non  ceder  loro  in 
ogni  cosa,  non  che  soltanto  l'offenderli.  Ne  sia  te- 
stimonio 1'  anima  dell'  abbate  Du  Bois  ;  la  quale 
non  ha  dubbio  che  non  fosse  disgiunta  dal  corpo,1 
quantunque  fosse  dei  familiari  del  regio  ambascia- 
tore dimorante  presso  il  pontefice.  Io  non  posso 
farne  testimonianza  di  vista,  ma  sulla  fede  del  pub- 
blico e  di  parecchi  amici,  mi  è  dato  assicurare  che 
a  dì  24  di  novembre  fu  appeso  un  certo  uomo  che 
allora  tutti  dicevano  e  credevano  essere  l'abbate  Du 
Bois  ;  e  s'  egli  stesso  non  fu,  né  alcun  romano,  né  i 
medesimi  sbirri  e  ministri  della  Giustizia  sanno  chi 
mai  sia  stato.  E  qui  lo  punto,  per  nulla  aggiungere 
oltre  ciò  che  mi  è  noto  con  certezza. 

Torno  invece  ai  Gesuiti.  Ella  m' empì  di  gioia 
dicendomi  che  stava  raccogliendo  e  pubblicando  in 
un  solo  volume  tutto  che  si  è  fatto  intorno  ad  essi 
nel  Senato  ;  né  poteva  annunziarmi  pubblicazione 
migliore,  ne  più  gradevole  né  più  degna  d'  esser  letta 

1  Vedi  la  nostra  nota  a  pag.  272. 


LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI.  277 

da  tutti  quanti.  Ben  ciò  è  chiaro  e  manifesto  a  cia- 
scuno :  laonde  faccia  eh'  io  non  sia  privo  di  un  tanto 
piacere.  Aspetto  anche  gli  atti  del  Senato,  che  Y.  S. 
mi  aveva  promesso  e  torna  a  promettermi. 

Dei  due  Concilii  pisani  di  cui  mi  accenna,  credo 
volersi  parlar  soltanto  di  quello  che  fu  celebrato  un 
secolo  fa.  Del  primo,  nel  quale  fu  eletto  Alessan- 
dro V,1  non  vidi  mai  gli  atti.  Del  secondo,  una  volta 
soltanto  mi  accadde  di  esaminare  alcuni  frammenti  ; 
e  stimo  che  non  abbia  gran  valore,  dacché  Massi- 
miliano Cesare  lo  ripudiò,  e  il  regno  di  Francia  non 
gli  mantenne  1'  obbedienza,  e  lo  rinnegarono  perfino 
gli  stessi  cardinali  che  n'  erano  stati  autori.2  E  seb- 
bene la  Chiesa  non  debba  governarsi  cogli  esempi, 
ma  coi  canoni  e  con  le  ragioni,  né  sia  prudente  il 
giudicare  le  cose  dal  loro  esito  ;  tuttavia  non  so  per 
quale  pessima  usanza,  gli  esempi  e  gli  eventi  ai  ben 
fatti  Concilii  ed  alle  ragioni  vengano  preferiti.  Ma 
siccome  desidero  ardentemente  che  V.  S.  mi  mandi 
tutte  le  cose  di  cui  mi  parla,  così  sto  in  forse  circa 
il  modo  del  mandarle.  Per  mezzo  dei  vostri  librai 
le  non  arrivano  qua  sicuramente  ;  dirigendo  essi  le 
loro  merci  a  Francfort,  dal  qual  luogo  è  mestieri, 
che,  per  venire  a  noi,  passino  per  Trento  ;  laddove 
i  romaneschi  hanno  ministri  i  quali  esaminano  colla 
massima  diligenza  i  libri  indirizzati   a  Venezia,   ed 

1  Nel  1409. 

2  Parlasi  del  famoso  Concilio  di  Pisa,  celebrato,  ad 
istnnza  del  re  di  Francia,  nei  tempi  in  cui  la  repubblica 
fiorentina  era  governata  dal  Soderini.  Il  Machiavelli,  poco 
zelante  dell'  ortodossia  e  poco  ancora  sollecito  delle  riforme 
(cioè  delle  ecclesiastiche),  ne  parla  sempre  come  di  una 
grande  imprudenza,  che  avrebbe  attirato,  siccome  avvenne, 
calamità  novelle  sull'  Italia  e  sulla  sua  patria  medesima 


278  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARri. 

esercitano  il  loro  ufficio  più  sicuramente  che  nella 
stessa  città  di  Roma.  Laddove  quello  eh'  io  aspetto 
non  sia  voluminoso,  meglio  sarà  il  mandarmelo  per 
la  via  di  Torino,  se  non  compiuto,  almeno  in  più 
volte  ;  o  se  sarà  diretto  a  Francfort,  gioverà  non  ai 
librai,  ma  bensì  consegnarlo  a  mercanti.  Se  la  S.  V. 
vuole  onorarmi  di  questo  picciol  dono  letterario,  io 
le  darò  il  nome  del  mercaute  di  Francfort,  al  quale 
dovrebb'  essere  consegnato  il  fascicolo  da  spedirsi. 

Perchè  colpito  da  una  cotal  leggiera  debolezza 
della  mano,  per  meno  affaticarla,  e  per  risparmiare 
a  Lei  la  molestia  di  legger  caratteri  troppo  confusi, 
mi  sono  valso  dell'  altra  eh'  Ella  vedrà.  Resta  che 
voglia  perdonarmi  questa  prolissa  e  inetta  lettera, 
e  che  secondo  1'  usato  continui  ad  amare  il  suo  sin- 
cero estimatore.  Stia  sana. 

Di  Venezia,  li  14  febbraio  1G12. 

Se  le  piacerà  di  mandarmi  qualche  cosa  pe'  li- 
brai di  Parigi  che  nella  prossima  quaresima  an- 
dranno a  Francfort,  mi  sarà  recapitato  semprechè 
ne  sia  fatta  consegna  in  detta  città  a  Geremia  Bou- 
dewin,  colla  direzione  a  Carlo  Baldassari,  della  cui 
mano  è  l'appuntino  qui  accluso. 


CXCVI1I.  —  Al  signor  De  V  Me  Groslot. x 

Sì  come  sentii  sommo  dispiacere  per  la  nuova 
dell'indisposizione  di  V.  S.,  così  mi  son  rallegrato 
molto  vedendo  la  sua  delli  1(5  gennaio  ;  e  particolar- 

1  Dalla  Raccolta  di  Ginevra  ec,  pag.  MI. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  279 

mente  eh1  Ella  mi  fa  menzione  &'  aver  sentito  l' indi- 
sposizione della  gotta,  e  non  mi  dice  cosa  alcuna  di 
nefritica,  die  mi  dava  maggior  travaglio.  Vedo  an- 
cora il  carattere  di  questa  presente  simile  agli  al- 
tri consueti;  il  che  mi  dà  speranza  che  la  mano  ri- 
tornerà allo  stato  di  prima,  come  prego  la  divina 
Maestà,  che  voglia  concedergliene  la  grazia. 

Ricevei  al  tempo  suo  quella  delli  7  decemhre, 
come  credo  averle  significato.  La  lite  dei  Gesuiti,  e 
Varreste  pronunciato  in  quella  un  mese  fa,  dà  motivo 
a  ragionar  assai,  principalmente  per  due  ragioni. 
L'  una,  perchè  ne  sono  venuti  diversi  esemplari,  e 
tutti  di  varie  forme;  la  seconda,  perchè  pare  inter- 
locutorio e  non  definitivo,  onde  vien  dubitato  che, 
per  le  solite  arti,  in  fine  siano  per  restar  superiori. 
La  prima  difficoltà  mi  è  stata  risoluta  da  V.  S.,  ma 
in  maniera  che  mi  accresce  la  seconda;  perchè  chi  ha 
potuto  far  alterare  il  pronunciato,  molto  più  potrà 
far  riuscir  a  suo  disegno  quello  che  si  doverà  pronun- 
ciare. Ma  sia  quello  che  si  voglia,  mi  par  però  gran 
passo,  che  si  sia  apertamente  parlato  contro  di  loro,  e 
che  debba  uscir  in  stampa  1'  azione  ;  cosa  che  tanto 
desidero,  quanto  dubito  che  per  qualche  arte  non  sia 
impedita.  Ma  come  e  per  che  causa  il  principe  e  li 
<lue  vescovi  siano  intervenuti  nel  giudicio,  è  cosa 
che  sommamente  desidero  sapere,  riputando  che  in 
questo  particolare  sia  gran  parte  del  misterio. 

La  risoluzione  di  demolir  Borgo  in  Brescia,1  sa- 
puta qui  già  molti  giorni,  è  stimata  cosa  di  gran 
conseguenza;  e  per  me,  debbo  dire  che  nessuna  delle 

1  Così  per  traduzione,  non  esente  da  equivoci,  del  fran- 
cese 13onrg-rn-Liresse}  città  che  sino  al  1601  aveva  appar- 
tenuto alla  Savoia. 


280  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

cose  occorrenti  nelli  governi  di  Stato  presenti  mi 
par  meno  intelligibile.  E  la  deposizione  di  Monsieur 
de  Sillery1  mostra  che  le  cose  non  possono  restare 
nella  quiete  presente,  e  mi  par  gran  prudenza  de'  Re- 
fu  rinati  il  lasciare  che  gli  altri  comincino  la  gio- 
stra, e  restar  fuori  di  interessi  ;  e  differire  ancora  le 
loro  risoluzioni,  mi  pare  che  sia  certificarsi  tanto 
più  di  ricever  soddisfazione. 

Per  passare  alle  cose  di  qua,  è  necessario  che  per 
qualche  giorno  le  dim anele  di  Spagna  dormano  ;  per- 
chè essendo  morto  l' imperatore,  il  papa  e  Spagna 
hanno  interesse  di  star  uniti  per  li  rispetti  comuni. 
Si  vede  ben  chiaro,  che  o  veramente  Matthias  sarà 
eletto  imperatore  presto,  ovvero  si  darà  in  un  lungo 
e  difficile  interregno.  Ma  io  credo  che  succederà  il 
primo,  e  tutto  per  colpa  principale  d' Inghilterra, 
quale  è  più  dottore  che  re.  Io  sono  ben  certificato 
che  il  papa,  il  quale  suole  esser  assai  negligente  e 
non  pigliarsi  pensiero  di  tutto  quello  che  succede  di 
là  da  monti,  a  questo  pensa,  ed  è  molto  afflitto,  e 
credo  che  lo  spaventi  più  la  vergogna  di  perder 
una  tanta  pretensione,  che  nissun'  altra  cosa. 

La  differenza  tra  Spagna  e  Savoia,  per  la  quale 
il  re  ha  licenziato  li  ambasciatori  del  duca,  era  cre- 
duto che  si  dovesse  accomodare  dando  qualche  sod- 
disfazione al  duca  ;  ma  non  pare  che  la  cosa  sia 
ancora  in  buon  cammino,  perchè  di  ciò  non  si  vede 
ancora  principio  ;  anzi,  in  contrario,  nuovamente  il 
duca  ha  richiamato  li  suoi  ambasciatori.  Con  tutto 

1  Niccola  Brulart  de  Sillery,  cancelliere  di  Francia  e 
che  aveva  goduto  la  più  intima  confidenza  di  Enrico  IV, 
fu  fatto  allontanare  dagli  affari  per  opera  del  Concini, 
favorito  della  reggente. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  281 

ciò,  io  credo  bene,  che  questa  differenza  non  parto- 
rirà  alterazione  di  cose. 

L' abbate  di  Bois  non  fu  messo  in  monastero  al- 
cuno, ma  nelle  prigioni  dell'  Inquisizione  ;  e  fu  im- 
piccato nella  maniera  che  io  scrissi  a  V.  S.  Tutta 
Roma  lo  sa  ;  ma  la  corte  dell'  ambasciatore  di  Fran- 
cia dice  che  fu  un  altro,  con  riso  però  di  chi  lo  ode.1 

Monsieur  Assellineau  nv  ha  mostrato  il  capitolo 
della  lettera  di  V.  S.,  dove  narra  la  cosa  di  Castrino: 
la  quale  è  vera,  ma  è  vecchia  di  più  d'  un  anno,  e 
il  Padre  ne  fu  avvisato  allora,  e  pertanto  cessò  di 
scriverli.  Xon  sa  però  se  quelle  lettere  sono  state 
mandate  in  Roma.  Questo  già  non  è  vero,  che  di 
là  siano  andate  in  Venezia,  né  meno  che  per  ciò 
sia  avvenuto  alcun*  male  ;  né  esso  Padre  crede  che 
sebbene  fossero  mandate,  potessero  partorir  niente  : 
nondimeno,  stimando  ogni  cosa  come  si  conviene. 
cessò  allora  di  scrivere,  con  proposito  di  non  scri- 
vere mai  più.2  Io  son  risoluto  in  me  medesimo  di 
non  aver  familiarità  alcuna  con  gli  ambasciatori  di 
Francia,  per  li  rispetti  saputi  da  V.  S.,  e  per  altri. 

Rendo  molte  grazie  a  Y.  S.  per  la  lettera  che 
mi  ha  mandato  per  mostrar  al  Gussoni.  Per  quella 
strada  continueremo  la  nostra  communicazione  ;  e 
quando  egli  anelerà  in  Torino,  darò  ordine  che  Bar- 
barigo  li  dia  istruzione  del  modo  che  dovrà  tenere. 
V.  S.  lo  potrà  aver  per  gentiluomo  di  bontà  e  inge- 
nuità, non  però  della  capacità  di  Barbarigo;  e  com- 
municar  con  esso  lui  tutte  le  cose,  eccetto  di  Evan- 
gelio, se  non  in  quanto  queste  fussero  congiunte  con 

1  Ci  riportiamo,  come  altre  volte,  alla  nota  posta  a 
pag.  272. 

-  Si  vedano  intorno  a  ciò  le  Lettere  CXCVII  e  CXCIX. 


282  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARP1. 

quelle  di  stato  e  di  governo.  E  necessario  che  Barba- 
rigo  quest'  anno  sia  destinato  costì,  ovvero  in  Spa- 
gna. Esso  e  un  gran  papista1  avranno  l'uno  un 
luogo  e  1'  altro  1'  altro  :  senza  dubbio,  io  credo  che 
Francia  toccherà  a  Barbarigo,  perchè  egli  più  lo  de- 
sidera, e  1'  altro  più  desidera  V  altro.  Ma  il  futuro  è 
in  mano  di  Dio. 

Io.  dopo  aver  reso  molte  grazie  a  V.  S.,  che  con 
tutta  T  indisposizione  ubbia  voluto  prender  fatica  di 
scrivermi,  e  così  lungamente,  la  pregherò  sopra  tutte 
le  cose  aver  cura  della  sua  sanità  ;  e  a  me,  quando 
si  trovi  o  impedita  o  occupata,  differir  lo  scrivere, 
e  non  allungar  mai  più  di  quello  che  comporta  il 
suo  comodo.  E  qui  facendo  line,  le  bacio  la  mano. 

Ieri  morì  D.  Giovanni  Marsilio,2  per  quello  che 
io  credo,  molto  ben  conosciuto  da  V.  S.,  essendo 
stato  in  letto  circa  dieci  giorni  con  strani  accidenti. 
1  medici  dicono  che  sia  morto  di  veleno;  di  che  io 
non  sapendo  innanzi,  altro  non  dico  per  ora.  Hanno 
bene  alcuni  preti  fatto  ufficio  con  esso  lui,  che  ri- 
trattasse le  cose  scritte  ;  e  egli  è  sempre  restato  co- 
stante dicendo  aver  scritto  per  la  verità,  e  voler 
morir  con  quella  fede.  Monsieur  Assellineau  l'ha 
molte  volte  visitato,  e  potrà  scriver  più  particolari 
della  sua  infermità,  perchè  io  non  ho  potuto  né  ho 
voluto  per  vari  rispetti  ricercarne  il  fondo.    Credo 


1  Forse  il  Badoero,  di  cui  parlasi  frequentemente  sino 
dal  di  3  gennaio  di  quest'  anno. 

2  Prete  napoletano  e  teologo,  che  avea  scritto,  a  prò 
della  Repubblica,  dapprima  la  Risposta  ci'  un  Dottore  alla 
Lettera  d'  un  amico  intorno  alle  censure  :  quindi,  per  apo- 
logia di  sé  stesso,  la  Difesa  di  Giovanni  Marsilio  in  fa- 
vore della  Risposta  alle  otto  proposizioni  ec.  V.  Griselini, 
Mem.  anedd.  ec,  pag.  G2. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  283 

che  se  non  fosse  per  ragion  di  stato,  si  trovereb- 
bero diversi  che  salterebbero,  da  questo  fosso  di 
Roma,  nella  cima  della  Riforma;  ma  chi  teme  una 
cosa,  chi  un'  altra.  Dio  però  par  che  goda  la  più 
minima  parte  de'  pensieri  umani.1  So  eh'  Ella  mi  in- 
tende senza  passar  più  oltre.  Mi  confermo  suo,  come 
fanno  ancora  gli  altri  amici. 

Di  Venezia,  il  18  febbraio  1612. 


CXC1X.  —  A  Giacomo  Leschassier.2 

Siccome  la  sua  sollecitudine  per  me  proviene 
da  squisitissima  cortesia,  co^ì  l'ho  pure  in  conto 
di  vero  benefizio.  E  acciocché  V.  S.  conosca  affatto 
le  mie  condizioni,  desidero  eh'  Ella  sappia,  esser  tali 
i  costumi  del  nostro  paese,  che  coloro  che  si  tro- 
vano nel  grado  dov'io  ora  mi  trovo,  non  possono 
perder  la  grazia  di  chi  governa  senza  perdere  an- 
cora la  vita.  Da  tal  sorte  nessuno  potrebbe  andar 
esente  ;  ed  io  sempre  opero  come  si  conviene  a  buono 
e  ledei  suddito,  e  del  rimanente  lascio  la  cura  a  Dio. 
Ma  frattanto  mi  maraviglio  coni'  abbia  potuto  spar- 
gersi la  falsa  voce  di  cui  mi  parla,3  e  che  si  vogliano 
coloro  i  quali  divulgano  queste  e  simili  fiabe. 

1  Non  sembrandoci  felice  questo  modo  di  esprimersi, 
ne  daremo  la  spiegazione  :  Pare  che  a  Dio  si  pensi  meno 
che  ad  ogni  altra  cosa. 

-  Edita  in  latino,  tra  le  Opere  ec.,  pag.  99.  Manca 
della  data,  ma  per  esservi  ripetute  le  parole  stesse  della 
precedente  :  «  Morì  ieri  Giovanni  Marsilio  «  (pag.  282), 
abbiamo  con  sicurezza  potuto  riferirla  a  quel  giorno  me- 
desimo. 

3  Cioè,  che   il   Sarpi   fosse  decaduto   dalla  grazia   del 


284  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

Morì  ieri  Giovanni  Marsilio,  prete  napoletano,  il 
quale  scrisse  alcune  cose  contro  l'Interdetto  ponti- 
ficio. I  tre  medici  che  per  dieci  giorni  curarono  l'am- 
malato, affermano  costantemente  ch'egli  sia  morto 
di  veleno  :  sin  qui  nient' altro  se  ne  sa. 

Soffro  di  una  leggera  debolezza  nella  mano,  co- 
me può  avvedersi  per  la  forma  del  carattere;  e  per- 
ciò le  ho  scritto  di  pugno  altrui,  e  per  la  ragione 
stessa  sarò  forse  costretto  di  fare  il  medesimo  qual- 
che altra  volta:  ma  credo  che  sia  per  essere  con 
sua  minore  molestia,  per  la  forma  un  poco  meno 
brutta  del  presente  carattere.  Stia  sana. 
18  febbraio  1612. 


CC.  —  Al  signor  De  V  Me  Grosìot.1 

La  strettezza  del  tempo  mi  costringe  usar  mag- 
gior brevità  di  quello  che  vorrei  in  rispondere  a 
quella  di  V.  S.;  la  quale  m'ha  apportato  gran  pia- 
cere con  la  nuova  della  sanità  ricuperata,  la  quale 
io  spero  che  piacerà  a  Dio  render  durabile,  come 
lo  prego  con  vivo  affetto. 

Fu  1'  ultima  mia  delli  14  di  questo,2  dove  esposi 
tutto  quello  che  passava  in  queste  regioni  in  dis- 
corso, perchè  infatti  qui  non  abbiamo  altro  che 
una  oziosissima  pace.  Al  presente  ognuno   è   volto 

principe  (governo  della  repubblica)  per  le  lettere  scritte 
al  Castrino,  e  mandate  prima  a  Roma,  poi,  come  dicevasi, 
rimandate  a  Venezia. 

1  Edita  in  Ginevra  ec  ,  pag.  443. 

2  Così  ha  1'  antica  stampa  ;  ma  1'  ultima  al  De  l' Isle, 
oss:a  la  CXCVIII,  ha  data  posteriore  di  quattro  giorni  •, 
onde  pare  da  correggersi  :  delli  18. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      285 

verso  Germania,  di  dove  V  universale  aspetta  qual- 
che gran  cosa;  ma  li  prudenti  non  sperano  niente 
di  buono.  Vien  creduto  da  chi  intende  alquanto  li 
pensieri  di  quei  principi,  che  il  re  Matthias  debba 
esser  eletto  all'  imperio  con  poca  difficoltà,  e  che 
debba  riuscire  a  profitto  dell'  Evangelio.  Ma  io  ho 
veduto  così  frequentemente  i  disegni  umani  aver 
fine  tutt'  altro  da  quello  ove  sono  stati  inviati. 
che  non  ardisco  promettermi  niente.  Aspetterei  bene 
alcuna  cosa  buona,  quando  il  re  d' Inghilterra  avesse 
maggior  senno  ;  ma  questo  ancora,  poiché  sarebbe 
fondamento  umano,  non  lo  desidero  molto,  per  ti- 
more che  non  facesse  danno  in  luogo  di  utilità. 
Ben  si  vede  quanto  grande  sia  stato  il  guadagno  di 
chi  ha  macchinato  la  morte  del  re  Enrico,  poiché 
nascono  al  presente  tali  occasioni,  che  l'avrebbono 
portato  sopra  la  testa  de'  suoi  emuli.1 

Per  questo  corriero  io  ho  ricevuto  il  Plaidoyer 
di  Martilliers,8  molto  eloquente  ed  anco  sensato  ;  re- 
stando in  maraviglia  della  libertà  francese,  che  in 
propria  faccia  de'  Gesuiti,  tanto  sensitivi,  anzi  ven- 
dicativi, abbia  avuto  animo  di  parlar  in  quella  ma- 
niera. Aspetto  con  desiderio  di  veder  anco  quello  di 
Servino,  quale  mi  figuro  dover  esser  ancora  pili  li- 
bero. Certamente,  che  se  li  Gesuiti  hanno  delli  fau- 
tori costì,  hanno  anco  delle  mortificazioni,  e  non 
possono  gloriarsi  di  vittoria. 

1  A  chi  si  piace  delle  isteriche  meditazioni  ci  pare  da 
raccomandar  questo  passo,  come  lampo  quasi  improvviso  e 
frutto  spontaneo  della  riflessione  di  un  potentissimo  intelletto. 

2  Pietro  De  la  Marteliere  (comunque  qui  ed  altrove  scri- 
vasi questo  nome)  fece  non  una  sola  ma  più  arringhe  fo- 
rensi in  favore  dell'  Università  di  Parigi  contro  i  Gesuiti, 
che  tutte  si  hanno  alla  stampa. 


286  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

Per  il  corriero  passato,  monsieur  l' Escliassier  mi 
mandò  la  scrittura  De  ecclesiastica  et  politica  po- 
testate  ;  e  ni'  avvisa  per  questo  spaccio,  che  per  causa 
di  quella  è  nata  qualche  pratica  sediziosa,  eccitata 
da'  papisti  e  repressa  dal  Parlamento.  E  certo,  per 
parlar  umanamente,  le  presenti  occasioni  pare  a  me 
ricercano,  che  tralasciati  tutti  li  altri  punti,  adesso 
ognuno  attendesse  a  difendere  la  libertà  de' principi, 
e  a  ridur  in  ordine  la  esorbitante  potestà  romana  ; 
perchè  questa  aprirebbe  via  ad  altre  verità  e  leve- 
rebbe assai  favori  a'  Gesuiti.  Conosco  molto  bene, 
che  se  la  Sorbona  s' impegnerà  in  queste  trattazio- 
ni, farà  il  bene  suo  e  della  Chiesa,  acquisterà  ripu- 
tazione, passerà  a  cognizione  di  maggior  cose,  e  darà 
credito  alle  buone  opinioni.  Ma  è  gran  cosa  che  li 
Gesuiti  abbiano  tanta  libertà  di  predicare,  che  ar- 
discano toccare  l' autorità  del  Parlamento,  e,  quello 
eh'  è  peggio,  difendere  l'equivocazione  in  Francia,  la 
quale  ne' tempi  passati  ha  fatto  professione  di  par- 
lar di  sincerità  sopra  le  altre  nazioni. 

Mi  piace  che  il  Dircctorium  sia  considerato  co- 
stì. Vn  pezzo  è  che  li  Spagnuoli  e  Italiani  sentono  la 
sua  forza. 

Mi  pare  che  i  Riformati  in  Francia  siano  a  peg- 
gior  condizione,  che  quando  avevano  un  principe  per 
capo,  con  tanti  capi;  li  quali  temo  non  li  conducano 
in  controversia  e  sospetto,  e  riducano  a  debolezza. 
E  prego  Dio,  che  provveda  a  ciò  con  la  sua  santa 
grazia.  Non  mi  posso  tacere,  che  mi  pare  peggiore 
stato,  che  avendo  principe. 

Quanto  al  matrimonio  del  re  di  Spagna  con  la 
figlia  d' Inghilterra,  non  è  da  reputarlo  così  lontano 
dall'  effettuarsi,  attesa   1'  arte  di  Spagna  e  la  sem- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  287 

plicità  d*  Inghilterra.  Ma  li  matrimoni  di  costì  non 
sono  se  non  per  aver  ingresso  a  ben  seminare  il 
Diacatholieon  ; 1  del  resto  non  hanno  altro  fine. 

Io  desidero  di  continovare  la  communicazione 
con  V.  S.  Ho  mostrato  la  sua  lettera  al  signor  Gussoni, 
e  dettogli  che  alla  sua  partita  scriverò  al  signor  Bar- 
barigo,  che  le  communichi  la  cifra  e  le  dia  tutti  li 
indirizzi  per  scrivere  a  V.  S.  e  ricever  lettere  da 
Lei.  Io  credo  eh'  Ella  averà  gusto  della  sua  commu- 
nicazione. Gli  potrà  scrivere  liberamente  così  le  cose 
occorrenti  del  mondo,  come  anco  delle  esorbitanze 
papali  :  delle  altre  cose  di  Religione2  potrà  astenersi 
di  parlare,  non  perchè  sia  papista,  ma  per  non  es- 
ser egli  capace. 

Vengo  alla  dimanda  di  V.  S.  sopra  la  papessa 
Giovanna  ;  dove  le  dirò  che  siccome  io  non  ho  tro- 
vato mai  fermo  argomento  per  provare  che  quella 
sia  una  vera  istoria,  così  non  ho  trovato  sode  ra- 
gioni per  mostrar  la  falsità.  Ma  parlando  con  sin- 
cerità, inchino  piuttosto  ad  averla  per  falsa,  ma  non 
per  assurda  ;  poiché  in  quei  tempi  successero  cose 
non  meno  inconvenienti,  che  l' esser  caduto  quel 
grado  in  una  donna  ;  poiché  le  persecuzioni  e  an- 
nullazioni degli  atti  de'  predecessori  fatti  dalli  suc- 
cessori anco  in  Concilii,  non  sono  cosa  minore.  E 
finalmente,  che  differenza  è  dare  il  governo  ad  una 

1  Le  male  semenze  che  si  bene  avea  fatte  abbarbicar 
nella  Spagna  la  escogitata  e  inflessibile  tirannia  di  Filip- 
po II  :  papismo,  gesuitismo,  austriacismo,  inquisizione. 

-  Dia  pure,  chi  vuole,  libero  sfogo  alla  propria  fanta- 
sia nella  interpretazione  di  queste  parole.  Più  di  dugento 
cinquanta  Lettere  sono  ormai  sotto  gli  occhi  del  pubblico, 
più  che  sufficienti  a  far  conoscere  gì'  intimi  pensieri  d'  ogni 
uomo,  e  a  contenere  ogni  ermeneutica  nei  termini  del 
retto  e  del  vero. 


•288  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

donna,  ovvero  ad  un  putto  di  undici  anni,  come  Be- 
nedetto IX  ;  per  lasciar  da  canto  Giovanni  XI  e  Gio- 
vanni XII,  che  passavano  di  poco  quella  età  ?  Quelli 
che  vogliono  far  capitale  sopra  tale  istoria,  non  po- 
tranno servirsene  ad  altro,  se  non  per  mostrare 
che  la  successione  sia  interrotta.  Ma  per  la  istoria 
di  Baronio,  tanti  sono  li  intrusi,  che  la  interruzione 
della  successione  non  si  può  negare  :  e  per  dirli 
in  poche  parole,  questa  Giovanna  si  fa  vivere  tre 
anni,  e  vi  sono  delle  sedi  vacanti  di  tre  anni,  che 
rileva  il  medesimo  ;  onde  non  vorrei  affaticarmi  per 
provar  una  cosa  che,  provata,  non  mi  servirebbe 
niente  di  più.1 

Io  farò  fine  alla  presente  con  dire  a  V.  S.  una 
mia  speranza,  che  in  breve  debba  succedere  contro- 
versia tra  il  papa  e  la  Repubblica  per  causa  di  na- 
vigazione; che  succedendo,  sarà  di  conseguenza 
grande.  Faccia  Dio  la  sua  santa  volontà  ;  il  quale 
prego,  che  doni  a  Lei  perfetta  sanità,  e  ogni  pro- 
sperità presente  e  futura. 

Di  Venezia,  li  28  febbraio  1612. 

1  Confessiamo  di  non  aver  mai  letto  parole  che  meglio 
ci  persuadessero  della  vacuità  di  una  tale  controversia  ;  e 
ciò  dicesi  in  quanto  alle  illazioni  che  i  protestanti  avreb- 
bero voluto  cavarne.  In  ciò  che  spetta  alla  critica  isterica, 
una  questione  già  discussa  da  Leibnizio  (benché  quell'opera 
non  conoscasi,  ma  non  se  ne  ignorano  le  conchiusioni)  e 
maestrevolmente  riassunta  dal  Bianchi-Giovini,  non  può 
più  essere,  secondo  noi,  messa  in  campo. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  289 

CCI.  —  Al  medesimo.1 

Il  corriere  di  questa  settimana  non  m' ha  por- 
tato lettere  di  V.  S.  ;  il  che  le  dico  solo  per  avviso, 
non  volendo  io  però  eh'  Ella  prenda  mai  nessun  in- 
comodo per  scrivere.  Siamo  al  solito  sterili  di  nuo- 
ve, e  attesi  tutti  alle  cose  di  Germania  :  delle  quali 
altri  temono  e  altri  sperano,  secondo  gli  affetti  ;  e 
quelle  di  Francia  ancora  somministrano  assai  materia 
a  discorsi.  Qua  in  Italia  non  vi  è  cosa  di  momen- 
to, non  permettendo  1'  ozio  se  non  1'  ordinario  corso 
delle  cose.  Però  dalla  scrittura  che  io  le  mando  qui 
inclusa,  Ella  vedrà  che  alcune  volte  li  svegliamo  dal 
letargo.  Ne  ho  mandato  anco  una  copia  a  monsieur 
1'  Eschassier,  parendomi  servizio  comune  che  si  di- 
vulghi. Vedrà  dal  tenor  di  essa,  che  è  pubblica.2  Però, 
siccome  in  più  mani  che  anderà,  tanto  sarà  meglio, 
così  non  avrò  caro  che  si  sappia  che  sia  tenuta  da 
me,  acciocché  quelle  buone  persone  non  concepiscano 
maggior  odio  di  quello  che  hanno. 

Quello  che  io  accennai  a  V.  S.  dover  scoprirsi 
tra  la  Ilepublica  e  il  papa,  non  ha  ancora  fatto  il 
suo  lampo  : 3  lo  farà  al  sicuro,  restando  però  io,  sic- 

1  Edita  come  sopra,  pag.  459. 

2  Per  la  ragione  appunto  dell'esser  pubblica,  non  ci  è 
dato  conoscere  di  quale  fra  le  scritture  del  nostro  Autore 
vogliasi  qui  parlare.  Certo  eh'  egli  si  adoperò  continua- 
mente nelle  fatiche  di  tal  sorta  a  servigio  della  sua  Re- 
pubblica -,  ma  non  vedesi  di  quale  tra  quelle  fatiche  fosse 
fatta  pubblicazione  in  queir  anno. 

:i  Gli  è  il  fatto  stesso  accennato  sulla  fine  della  Lettera 
precedente,  cioè  le  contese  risorte  per  causa  di  confini 
coi  Ferraresi  ;  contesa  sulla  quale  anche  il  Sarpi  dovè 
adoperar  la  sua  penna,  e  che  andò  a  finire  in  accomo- 
damento. 

SAr.n    —  II.  19 


290  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

come  le  scrissi  per  l' altra,  incerto  se  terminerà  in 
differenza,  ovvero  in  sospetto,  ovvero  in  niente.  Per 
la  seguente,  se  sarà  fatto  lo  scoppio,  glielo  scriverò. 

Abbiamo  qualche  altra  cosuccia,  nella  quale  li 
nostri  papisti  ci  esercitano,  e  si  va  rimediando  ;  e 
quantunque  non  si  faccia  tutto  quello  che  si  do- 
vrebbe, quel  tanto  che  si  fa  non  è  sprezzabile.  È 
occorso  in  Ravenna,  che  avendo  congregati  il  car- 
dinale Gaetano,  legato,  li  gentiluomini  di  quella  città 
ed  esortatili  a  provveder  ad  una  imminente  care- 
stia, gli  rispose  uno  di  casa  Rangone,  principale  di 
di  quel  paese,  che  essi  non  sapevano  come  provve- 
dersi, né  a  loro  toccava,  ma  a  lui,  che  con  la  con- 
cessione delle  tratte  aveva  vuotato  il  paese  di  grano 
estratto  in  Italia.  (Si  chiamano  tratte  le  concessioni 
di  portar  il  grano  fuori  del  paese,  pagato  un  tanto 
per  misura.)  Il  cardinale  diede  una  mentita  al  gen- 
tiluomo, e  il  gentiluomo  sfoderò  il  pugnale  contro 
il  cardinale,  né  successe  maggior  male,  perchè  fu 
impedito  dalli  circostanti.  Questa  sarà  una  cosa  di 
dura  digestione,  e  che  avrà  conseguenza.  Vi  sono 
alcune  cosucce,  le  quali  le  saranno  scritte  da  mon- 
sieur  Asselineau,  che  io  non  replicherò,  per  non  es- 
ser di  maggior  tedio  a  V.  S. 

E  partito  di  qua  il  signor  Gussoni,  e  Barba- 
rigo  all'  arrivo  di  quello  di  Torino  sarà  di  ri- 
torno qua,  e  io  credo  al  mezzo  del  mese  seguente. 
Ad  esso  signor  Gussoni  io  ho  dato  due  lettere, 
una  direttiva  a  V.  S.,  la  quale  egli  le  manderà 
quando  sarà  giunto  ;  ed  al  signor  Barbarigo  ho 
scritto  che  gli  dia1  tutti  gl'indirizzi  di  tener  corri- 

1  Cioè  dia,  esso  Barbarigo,  al  Gussoni. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  291 

sponclenza  con  V.  S.,  ed  anco  la  cifra.  Se  a  Lei  pia- 
cesse di  scriverli  anco  prima  di  avere  lettere  da  lui. 
con  occasione  di  inviarne  a  me,  dicendoli  quei  par- 
ticolari che  li  paressero  degni,  io  lo  riceverei  a  fa- 
vore. E  qui  facendo  fine,  le  bacio  la  mano. 
Di  Venezia,  il  7  marzo  1012. 


CCII.  —  AI  medesimo.1 

Non  ho  mancato  di  scrivere  a  V.  S.  con  tutti  li 
corrieri  che  sono  partiti  questo  anno.  Può  esser  che 
alcuna  volta,  per  la  negligenza  di  quelli  per  mano 
de'  quali  le  lettere  passano,  alcuna  sia  stata  ritar- 
data: spero  che  quelle  che  non  sono  capitate,  capi- 
teranno. 

11  tumulto  nato   per  il  libro   di  Richerio 2  non 


1  Dalla  raccolta  come  sopra,  pag.  454. 

2  Edmondo  Richer,  sindaco  della  facoltà  teologica  di 
Parigi,  ed  uno  dei  personaggi  che,  nelle  controversie  re- 
ligiose di  quel  tempo,  si  mostrò  più  fermo  ed  animoso, 
ed  ebbe  anche  maggiormente  a  patirne.  Ci  piace  qui  ri- 
portare ima  parte  di  quanto  troviamo  scritto  da  francesi 
biografi  intorno  a  quest'uomo:  «  Si  sollevò  nel  1611  con- 
n  tro  la  tesi  di  un  domenicano,  che  sosteneva  l' infallibilità 
n  del  papa,  e  la  sua  superiorità  sopra  del  Concilio.  Pub- 
n  blicò  nel  medesimo  anno  un  piccolo  scritto  intitolato 
n  della  Potenza  ecclesiastica  e  politica,  per  istabilire  i 
»  principii  sopra  de'  quali  egli  sosteneva  esser  fondata  la 
»  dottrina  della  chiesa  di  Francia  e  della  Sorbona,  ap- 
»  partenenti  all'  autorità  del  Concilio  generale  ed  al  papa. 
n  Questo  piccolo  scritto  destò  gran  rumore,  e  sollevò  con- 
n  tro  di  lui  il  nunzio  ed  alcuni  dottori,  che  si  sforzarono 
»  di  farlo  deporre  dal  sindacato,  e  di  far  condannare  il 
»  suo  libro  dalla  facoltà  di  teologia.  Ma  il  Parlamento 
»  rimise  alla  facoltà  stessa  il  deliberare.  Contuttociò,  il 
n  cardinale  Du  Perron,  convocati   in   Parigi   otto   vescovi 


292  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

debbe  dispiacere  né  esser  reputato  inutile,  poiché 
senza  quello  sarebbe  stato  letto  da  pochi,  e  meno 
considerato  ;  ma  una  contraddizione  lo  farà  esaminar 
e  pesar  con  diligenza,  e  farà  fermar  li  partiti  di  chi 
l'approverà  o  riproverà  quella  dottrina;  e  nissuna 
cosa  è  più  utile  che  il  separar  li  buoni  dalli  catti- 
vi, e  far  che  si  conoscano  ;  e  che  li  buoni  non  restino 
addormentati,  e  senza  conoscer  le  perverse  opinioni 
di  chi  non  vuol  conoscer  alcun  Dio  in  cielo,  ma  ne 
vuol  uno  in  terra,  per  mezzo  del  quale  possano  es- 
ser espiati  dalle  scelleratezze  perseverando  in  quelle. 

Le  parole  nate  tra  il  principe  e  il  cardinale  mi 
paiono  di  tanto  momento  e  di  tanta  conseguenza, 
che  non  volendo  star  al  solo  avviso  che  V.  S.  mi 
dà  per  questa  sua  delli  15  (se  ben  quasi  l' istessa 
cosa  mi  vien  scritta  da  monsieur  1'  Eschassier),  la 
prego  scrivermi  di  nuovo  quello  che  in  tempo  avrà 
verificato  in  questo  particolare;  perchè,  se  dovrò  cre- 
dere che  quel  principe  sia  capace  di  tanto,  conce- 
pirò maggior  speranza,  non  solo  per  la  Francia,  ma 
anco  per  altre  regioni. 

Sarebbe  gran  danno  che  monsignor  Servili  fosse 
ricompensato  in  altro   per   levarlo  di  quel  carico  : 

»  della  sua  diocesi,  e  1'  arcivescovo  di  Aix,  in  sinodo  com- 

»  posto  di  altri  tre,  censurarono   quel   libro  ;  dopo  di  che 

n  seguì  pure  la  condanna  fattane  in  Roma.  Sorsero  allora 

n  d' ogni  parte  gli  oppositori  che  si  fecero  a  confutarlo  ;  ina 

n  al  Richer   venne   dalla   Corte   comando   espresso  di  non 

n  iscrivere   cosa  alcuna   in   sua   difesa.  Come   se    ciò   non 

«  bastasse,  fu  costretto  a  deporre  la  sua  carica  di  sindaco  ; 

n  né  gli  valse  il  ritirarsi  nella  solitudine,  perchè  fu  chiuso 

»  eziandio  nelle  carceri  di  San  Vittore.  Dopo  essere  stato 

n  astretto  a  fare  ampie  dichiarazioni,  se  non  ritrattazioni, 

»  della  sua  dottrina,  e  mentre   attendeva   a  limare  le  sue 

iì  opere,  fu  colpito  dalla  morte  uell'  età  d'  anni  72.  » 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  293 

ma  vedendo  qualche  altra  azione  poco  generosa, 
conviene  temer  di  tutto.  11  Plaidoyer  di  Martil- 
liers  l  è  una  eloquente  e  soda  scrittura,  e  conclude 
molto  bene.  Avrei  voluto  che  siccome  egli  ha  parlato 
solo  a  fine  di  difendere  1'  Università,  e  però  non  ha 
passato  la  materia  dell'  instruzione  della  gioventù, 
avesse  avuto  fine  più  generale  ;  cioè  di  mostrare  il 
danno  che  il  mondo  riceve  da  quella  società  per 
tutte  le  loro  azioni  :  ma  chi  sa  che  un  giorno  quel 
valente  gentiluomo  non  abbia  occasione  di  farlo.2 

Già  avevo  veduta  la  giustificazione  di  Solier,  con 
la  censura  della  Sorbona,  e  il  discorso  di  quello  che 
è  passato  a  Troia,  con  un  altro  bel  successo  di  To- 
losa; e  non  posso  negare  a  V.  S.  di  esser  restato 
senza  nissuna  maraviglia  leggendo  quello  che  ha 
scritto  Solier,  perchè  avendo  veduto  altre  cose  molto 
più  esorbitanti  che  ci  passano  per  le  mani  quoti- 
dianamente qui  in  Italia,  non  posso  se  non  dire  che 
quelle  non  sono  considerabili.  Mi  fa  temere  qualche 
male  il  vedere  che  li  Riformati  siano  così  mal  trat- 
tati dalla  regina,  e  tanto  più,  attesa  la  differenza 
di  Boullion  e  Desdiguières  con  gli  altri.  Io  prego 
Dio,  che  per  sua  bontà  prevenga  la  cattiva  volontà 
degli  uomini. 

Stupisco  come  li  principi  hanno  sopportato  il 
matrimonio  trattato  senza  di  loro.  Se  il  re  fosse 
maggiore,  non  lo  avrebbe  fatto  da  sé  ? 3 

1  Vedi  la  nota  2  a  pag.  285. 

2  Vedi  la  pag.  285  e  nota  2. 

3  Lviigi  III,  che  allora  non  aveva  compiti  i  dodici  anni, 
si  sposò  nel  1615  ad  Anna  dv Austria,  infanta  di  Spagna; 
matrimonio,  per  quanto  ce  ne  ricordi  1'  aver  letto,  abba- 
stanza infelice,  perchè  il  re  era  preso  d'  amore  per  altra 
donna. 


294  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

Quanto  alla  venuta  costà  del  signor  Barbarigo, 
per  la  passata  ho  scritto  a  V.  S.  non  solo  tutto 
quello  che  ne  so,  ma  anco  tutto  quello  che  se  ne 
può  sapere  da  qual  si  sia.  In  Spagna  ovvero  costì 
anderà  al  certo.  In  fine  di  questo  mese  egli  tornerà 
a  casa,  e  il  signor  Gussoni,  che  per  1'  avvenire  sarà 
ambasciatore,  andrà  a  Torino  ;  per  mezzo  del  quale 
continueremo  a  scrivere  secondo  il  consueto.  Per  il 
seguente  corriere  credo  che  avrò  da  narrare  a  V.  S. 
una  bella  arte  di  Gesuiti  contro  la  Republica,  e 
una  provvisione  pubblica  di  quella,  in  maniera  che 
sarà  degua  di  esser  portata  anco  per  esempio  ad 
altri. 

Nascono  disgusti  tra  il  papa  e  la  Repubblica  per 
causa  di  navigazione,  che  potrebbe  esser  di  conse- 
guenza, se  non  si  rimedia  presto.  Se  qualche  cosa 
sarà,  per  la  seguente  ne  darò  a  V.  S.  conto  ;  alla 
quale,  dopo  renderle  li  saluti  a  nome  del  signor  Mo- 
lino e  del  padre  M.  Fulgenzio,  le  bacio  le  mani, 
pregandola  ad  aver  un  poco  di  più  cura  della  prò* 
pria  sanità,  e  ringraziandola  delle  scritture  manda- 
temi. 

Delle  cose  di  Germania  qui  vi  è  grand'  incer- 
tezza, e  la  maggior  parte  pensa  che  debba  nascer 
turbazione  ;  ma  io  non  lo  posso  credere,  e  tengo  che 
Mattias  resterà  imperatore  senza  difficoltà.  E  per 
pronosticare  ancora  più  oltre,  aggiungo  che  poco 
dopo  Alberto  sarà  fatto  re  de'  Romani,  e  stabilito 
più  che  mai  il  dominio  spagnuolo  in  Germania:  il 
quale  chi  lo  vuole  lo  merita. 

Di  Venezia,  il  dì  13  marzo  1G12. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  295 

CCIII.  —  Al  medesimo.1 

È  partito  di  qui  l' illustrissimo  signor  Gussoni 
per  risieder  in  Torino  appresso  l' Altezza  di  Savoia, 
come  ambasciatore  di  questa  serenissima  Repubblica, 
conforme  a  quello  che  io  ho  più  volte  scritto  a  Y.  S. 
Io  ho  desiderio  eh'  Ella  tenga  corrispondenza  con 
esso  lui,  nella  medesima  maniera  che  ha  tenuto  con 
T  illustrissimo  Barbarigo;  et  a  questo  effetto  io  diedi 
a  lui  la  presente,  acciò  la  mandi  a  V.  S.  quando 
sarà  giunto  a  Torino. 

Scrivo  medesimamente  al  signor  Barbarigo,  che 
vogli  lasciarli  la  cifra,  acciocché  possa  anco,  occor- 
rendo, scrivergli  qualche  cosa  in  confidenza;  accer- 
tandola eh'  è  di  compita  realtà  ed  ingenuità  e  di 
esquisita  prudenza,  coni'  Ella  vederà  dalle  sue  lette- 
re. La  prego  non  solo  di  dargli  avviso  delle  cose  oc- 
correnti, ma  aggiungervi  anco  li  prudentissimi  suoi 
discorsi,  acciocché  egli  penetri  l' interno  delle  cose  : 
e  se  quello  per  mano  di  chi  passeranno  le  lettere 
di  V.  S.  in  Parigi,  li  aggiungesse  qualche  poco  di 
polizza,  in  caso  che  vi  fosse  cosa  che  meritasse  esser 
avvisata  immediate,  sì  come  altre  volte  le  dissi,  il 
favore  sarebbe  duplicato.  Credo  che  V.  S.  riceverà 
quella  che  scriverò  martedì  per  1'  ordinario  innanzi 
la  presente,  e  però  non  le  dirò  altro  di  nuovo  ;  se 
non  che  con  affetto  la  prego  favorir  e  me  e  questo 
signore,  tenendo  con  esso  lui  quella  libera  comuni- 
cazione che  suole  con  me,  e  con  li  suoi  buoni  amici. 
E  qui  facendo  fine,  le  bacio  riverentemente  la  mano. 

1  Stampata  come  sopra,  pag.  462. 


296  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SAEPI. 

Poiché  questa  è  di  quelle  lettere  che  possono  es- 
ser viste  da  tutti,  ho  voluto  darmi  soddisfazione  di 
far  a  V.  S.  riverenza  con  un  poco   di   scrittura  di 
mia  mano,  restandole  devotissimo  servitore. 
Di  Venezia,  li  dì  21  marzo  1012. 


CCIV.  —  A  Giacomo  Leschassier.1 

Se  i  padri  Gesuiti  vogliono  istruire  la  gioventù 
francese  anco  a  vostro  dispetto,  hanno  messo  pieto- 
samente gli  occhi  ancora  sulla  nostra  ;  e  noi,  fatti 
accorti  da  voi,  e'  ingegniamo  in  ogni  modo  per 
non  provar  gli  effetti  di  tanta  loro  grazia.  Io  credo 
che  per  divino  beneplacito  sieno  seguiti  contempo- 
raneamente i  fatti  di  costà  e  quelli  di  qui  ;  e  ini 
piacque  inviare  alla  S.  V.  un  esemplare  del  nuovo 
decreto,  insieme  con  altra  del  primo,  che  dalla  stessa 
lettura  rileverà  essersi  resi  di  pubblica  ragione.  Per- 
chè non  m'  odino  più  che  non  fanno,  vorrei  che  nes- 
suno sapesse  che  1'  ho  mandato  io,  all'  infuori  del 
signor  Gillot,  cui  prego  la  S.  V.  a  partecipar  la  pre- 
sente e  offrire  tanti  miei  saluti.  Vedrà  frattanto  co- 
me essi  tendano  laccioli  alle  matrone  e  zittelle  a  fine 
di  raspar  quattrini.  Ma  dirò  cosa  che  dal  decreto 
non  apparisce  :  portano  via  più  roba  da  questo  do- 
minio esuli,  di  quel  che  si  facessero  presenti. 

Di  Castiglione,  ecco  come  va  la  faccenda.  È  un 
luogo  situato  tra  Verona  e  Brescia,  appartenente  in 
realtà  alla  diocesi  di  Brescia,  ma  soggetto  al  domi- 
nio del  marchese  Gonzaga,  fratello  a  quel  giovane 

1  Stampata,  in  latino,  tra  le  Opere  ec.  del  Sarpi,  p.  100. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  297 

che  si  domanda  comunemente  il  Beato.1  Ha  una 
piccola  fortezza,  e  per  di  più  è  borgo,  ove  abitano 
un  presso  a  duemila  di  uomini  e  donne,  coloni  quasi 
tutti,  e  più  che  poveri,  miserabili.  I  Gesuiti,  do- 
poché furono  esiliati  dalla  Repubblica  di  Venezia, 
rizzarono  qui  un  collegio  e  pretendono  fare  scuola 
(coin'  Ella  rileverà  dal  decreto)  non  solo  a'  fanciulli, 
ma  anco  alle  giovinette.  Ma  se  anelerà  in  fumo  quel 
che  raccoglievano  dai  Bresciani  e  Veronesi,  bisognerà 
bene  che  faccian  fagotto  o  muoiano  di  fame.  Le  trap- 
pole che  ci  apprestano  in  Italia,  sono  un  bel  nulla  al 
paragone  di  quelle  che  disegnano  in  Costantinopoli, 
tutto  arruffando  e  sommovendo  per  concitare  i  Tur- 
chi contro  a  noi.  Io  mi  lusingo  che  questi  sforzi  tor- 
neranno a  nulla  ;  ma  intanto  ninno  di  loro  può  sfug- 
gire alla  divina  giustizia,  mentre  si  millantano  Cri- 
stiani, anzi  i  soli  Cristiani.  Non  aggiungerò  parola; 
che  se  le  presenti  mie  riusciranno  noiose,  domando 
scusa,  pregando  le  SS.  VV.2  ad  avermi  nella  usata 
loro  benevolenza.  E  bacio  a  quelle  le  mani. 
27  marzo,  1612. 

Il  cardinal  Gioiosa  parte  di  Iìoma  per  venir  co- 
stà, e  ne  spaccia  a  motivo  fra  '1  volgo  una  chiamata 
della  regina.  Ho  per  certo  esser  questa  la  vera  ca- 

1  II  fratello  di  San  Luigi  Gonzaga,  che  Paolo  V  aveva 
giustamente  ascritto  fra  i  Beati,  chiamavasi  Francesco  •, 
diverso  assai  dall'  altro  suo  fratello  Rodolfo,  uomo  iniquis- 
simo,  a  cui  era  succeduto.  Sarebbe  curioso  un  confronto 
tra  questi  sì  diversi  fratelli  :  1'  uno  tutto  del  cielo  ;  1'  altro 
tutto  delle  corti  e  mondano,  pur  meritevole  che  gli  fosse 
dopo  morte  innalzata  una  statua  dai  vassalli,  che  molto 
lo  avevano  avversato;  l'ultimo,  de  domo  inferi,  addirittura. 

2  Riferibilmente  al  Leschassier  insieme  e  al  Gillot,  ai 
quali  avea  detto  dover  esser  comune  questa  Lettera. 


298  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

gione:  che  si  venga  a  qualche  risoluzione  contro  il 
libro  del  Sindaco,1  o  dal  clero  o  dal  senato  o  da  qual- 
sivoglia altra  autorità.  Mirano  a  ottener  questo,  per- 
chè si  paia  a  Roma  che  non  la  pensano  a  quel  modo 
tutti  i  Francesi  che  godono  di  legittima  autorità  e 
pubblica  rappresentanza.  Ciò  tengo  per  indubitato, 
e  come  di  tale  ne  scrivo. 


CCV.  —  Al  medesimo.2 

Pare  ch'abbia  adoperato  da  senno  il  Richer,  che 
nel  porre  a  luce  le  dottrine  della  Sorbona,  non  tenne 
dietro  alle  proprie  opinioni,  ma  al  sentimento  co- 
mune. Perocché  il  diportarsi  altrimenti  è  come  fare 
un  buco  nell'  acqua,  acquistandosi  odio.  Io  ho  per 
costume,  quando  debbo  dir  qualche  cosa,  di  prefig- 
germi a  fine  la  verità,  e  di  essa  pigliar  quella  parte 
che  possa  acconciarsi  ai  tempi.  A  quel  che  taccio, 
non  dico  però  alcun  che  in  contrario,  sicché  sempre 
aperta  resti  una  via  per  avanzar  di  più,  e  a  me 
stesso  mai  non  contraddire.3  Allorché  vidi  l' opu- 
scolo del  Richer,  venni  in  grande  fidanza  che  voi 
altri  foste  per  rivendicarvi  in  libertà,  costituendovi  in 
esempio  a  noi  ;  pur  mi  pungeva  qualche  sospetto  e, 
dirò  veramente,  angoscia,  che  vi  si  preparasse  occa- 
sione di  più  duro  servaggio.  E  non  ho  perduto  an- 
cora ogni  speranza,   sebbene  sembri  che  le  lettere 

1  Edmondo  Richer.  Vedi  la  nota  2  a  pag.  291. 

-  Edita  come  sopra,  pag.  101. 

3  Buone  regole  di  prudenza,  a  noi  sembra^  semprechè 
i  tempi  non  consentano  di  dir  senza  danno  tutto  ciò  che 
l1  uom  pensa  in  sé  stesso. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  299 

della  S.  V.  del  15  marzo  la  escludano  affatto,  lad- 
dove Ella  narra  che  il  terrore  dello  sdegno  papale 
invade  quei  medesimi  che  dovrebbero  essere  esem- 
pio di  fermezza.  Già  suonò  la  tromba  di  guerra,  e 
bisogna  oggimai  che  tutti  dicano  a  qual  parte  vo- 
gliono darsi.  Questa  è  grande  intrapresa,  e,  per  dirla 
col  proverbio  usuale:  il  principio  è  metà  dell'opera. 

Ci  pervenne  la  censura  dei  vescovi  stampata 
costà,  ma  in  Italia  non  si  pubblicherà.  Il  papa  vuol 
1'  asse  intero  intero  :  a  dargli  anco  undici  once,  si 
guadagna  egualmente  il  titolo  d'eretico:  per  un'on- 
cia soltanto  !  E  però  non  lascia  pubblicare  le  sen- 
tenze e  di  chi  gli  nega  un'  oncia  e  di  chi  gli  nega 
1'  asse  intero.  Ma  le  sue  lettere  accennano  cosa  per 
me  ignota  fin  qui  ;  1'  occasione,  cioè,  della  divulga- 
zione del  libretto  di  Richer  ;  che  fu  l' avere  i  Gesuiti 
sottoscritto  a  tali  insegnamenti  a  forma  della  deli- 
berazione del  Senato.  E  a  tanto  accomodaronsi,  co- 
me mi  par  di  raccogliere  dalle  lettere  di  V.  S.  La 
prego  a  scrivermi  se  ciò  sia  accertato  da  pubblici 
documenti,  come  anco  a  informarmi  chi  possegga 
il  libello  dei  Gesuiti. 

La  ringrazio  vivamente  dell'  aver  notato  i  luoghi 
del  Direttorio,1  dove  si  fanno  occulti  processi  e  s'  ar- 
ma lo  zelo  dei  superstiziosi  incontro  a'  buoni.  Penso 
di  leggerne  attentamente  i  nomi,  subito  che  avrò  un 
po'  di  riposo,  stante  che  oggi  sono  oppresso  dagli  af- 
fari ;  e  se  m'  occorrerà  poi  di  leggere  od  osservare 
alcun'  altra  cosa,  non  mancherò  di  fargliene  parte. 

Il  27  marzo,  scrissi  a  V.  S.  una  lettera  da  co- 
municarsi anche  al  signor  Gillot,  in  cui  la  raggua- 

1  Vedi  la  pag.  269  e  nota  2. 


300  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

gliavo  della  condotta  tenuta  qui  verso  i  Gesuiti.  E 
scrissi  pure  nominativamente  al  signor  Gillot  :  de- 
sidero sapere  a  mia  quiete  se  egli  ricevè  le  mie 
lettere. 

Non  e'  è  alcuna  novità  da  raccontarle,  tranne 
che  il  cardinale  Borromeo,  arcivescovo  di  Milano,1  in- 
timò per  editto  agli  abitanti  di  certi  villaggi  situati 
nella  diocesi  milanese,  ma  soggetti  alla  temporale 
giurisdizione  di  Bergamo,  di  non  dare  ospitalità  a 
Iiezii  e  Grigioni,  e  non  aver  comunione  di  sorta  con 
loro.  Il  che  risaputo,  i  magistrati  veneti  stabilirono, 
per  decreto  promulgato  a  voce  di  banditore,  che 
ognuno  potesse  ricoverare  quelle  genti  e  trattare  con 
esse  ;  e  fu  stanziata  una  multa  pe'  parrochi  che  af- 
figgessero nelle  proprie  chiese  l'editto  cardinalizio. 
A  Roma,  poi,  il  papa  pensa  dar  fuori  una  legge  sulla 
residenza  dei  vescovi.  E  il  cardinal  nipote  del  Bor- 
ghesi, creato,  or  fanno  sei  mesi,  arcivescovo  di  Bo- 
logna, senza  pure  aver  visto  quella  chiesa,  la  rinun- 
zia,2 assegnando  al  novello  arcivescovo  due  mila  du- 
cati, e  pigliando  per  sé  tutti  i  frutti,  che  passano  la 
somma  di  ducati  sedicimila.  Fra  i  nostri  e  quei  del 
Ferrarese  s'  accesero  gravi  litigi  per  causa  dei  con- 
fini, e  d'ambe  le  parti  si  fa  accolta  di  soldati;  ma 
spero  che  non  verrà  alcun  disastro.  Tanti  saluti  da 
mia  parte  al  signor  Gillot.  E  le  bacio  le  mani. 
10  aprile.  1612. 

Gli  Spagnuoli  stabilirono  che  l' infanta  sposata 
al  vostro  re  rinunzi  tutti  i  dritti  di  successione  al 

1  II  cardinal  Federico,  intorno  al  quale  i  romanzi   di- 
cono più  del  vero,  e  non  sempre  né  tutto  il  vero. 

2  Vedi  la  nostra  nota  a  pag.  158. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  301 

regno  di  Spagna  ;  e  poiché  le  manca  V  età  convenien- 
te, supplicano  il  papa  acciocché  a  questa  supplisca 
con  la  sua  autorità  e  ratifichi  la  renunzia.  Ella  vegga 
se  questo  chiamasi  un  dispensare  sul  gius  naturale. 
Amerei  sapere  se  il  Richer  incontri  qualche  peri- 
colo pel  suo  libretto,  e  sia  protetto  dalla  curia  del 
Parlamento.  Queir  opuscolo  è  talmente  desiderato 
da  molti,  che  son  forzato  a  rinnovar  la  molestia  del 
chiederle  un  altro  esemplare. 


CCVI.  —  Al  signor  De  V  Me  Groslot.1 

E  avvenuto  a  me  l' istesso  che  a  V.  S.,  d'  aver 
ricevuto  tre  lettere,  tutte  in  un  tempo.  Io  non  ho 
mancato  di  scriverle  per  ogni  corriero,  e  non  sono 
per  mancare,  eccettuati  i  casi  d' impossibilità.  E  se 
bene  V.  S.  sarà  assente  per  la  causa  che  mi  elice, 
continuerò  tuttavia  con  speranza,  che  se  le  lettere 
non  le  perverranno  in  mano  così  presto  come  se 
Ella  fosse  ferma  in  un  luogo,  saranno  però  salve. 

La  prima  sua  è  delli  15  febbraro,  accompagnata 
dall'  Apologia  di  Richéome,  che  mi  è  stata  gratis- 
sima  pel  disegno  che  ho  di  servirmene  in  qualche 
nostro  affare;  e  ne  rendo  a  V.  S.  le  debite  grazie, 
restando  però  con  obbligo  di  contraccambiar  la  sua 
cortesia  in  cosa  che  io  possa  giudicar  doverle  es- 
ser grata.  La  seconda  sua  è  delli  29  febbraro,  in- 
sieme con  l'istoria  del  degnissimo  consiglio  tenuto 
in  casa  del  cardinale,  dal  quale  non  si  possono 
aspettare  altri  frutti  per  verificare  la  scrittura  divi- 

1  Edita  nella  raccolta  di  Ginevra,  pag.  464. 


302  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

ria,  che  l' impio  si  faccia  peggiore  ec.  Io  veggo  che 
il  libretto  di  Richer  ha  sonato  all'  arma,1  e  che  sino 
adesso  ha  svegliato  molti  che  dormivano,  e  messoli 
in  difesa;  e  quantunque  non  ne  seguitasse  maggior 
bene,  quello  eh'  è  successo  sin  ora  è  assai.  Io  però 
sto  con  molta  gelosia  tra  il  timore  e  la  speranza, 
perchè  se  il  Parlamento  sta  costante  e  che  non 
vien  constretto,  a  nostra  memoria  non  si  diede  mano 
ad  impresa  di  maggior  conseguenza. 

Delli  matrimoni  si  è  parlato  assai  ;  e  adesso  pare 
che  le  cose  di  Germania  abbiano  coperto  ogni  altra 
cosa  sotto  silenzio;  le  quali  pare  che  s'imbroglino 
grandemente,  ed  io  stupisco  intendendo  tante  novità 
senza  dirsi  che  i  Gesuiti  vi  mettino  mano.  Non  è 
credibile  che  in  una  tanta  azione  non  voglino  fare 
la  parte  loro,  e  il  non  esser  sino  al  presente  no- 
mati fa  suspizione  che  siano  reservati  alla  cata- 
strofe della  favola. 

La  congiunzione  dei  due  vicari  imperiali  sarà 
molto  utile  per  fare  proceder  con  maturità  ;  e  le  tur- 
be che  nascono  in  Ungheria,  Boemia  e  Austria,  mo- 
strano che  non  sarà  così  facile  continuare  la  suc- 
cessione. Nissuna  cosa  è  più  utile,  quanto  che  l' im- 
peratore si  separi  del  papa  :  se  bene  la  verità  è,  che 
il  pontefice  non  ha  dato  altro  all'  imperatore,  che  la 
coronazione  ;  ma  però  fra  le  Decretali  ha  posto,  che 
ad  esso  pertenga  1'  esame  dell'  elezione  e  della  per- 
sona eletta,  e  la  confermazione  ;  che  l' eletto  impe- 
ratore gli  debba  fare  giuramento,  e  che  quel  giu- 
ramento sia  di  fedeltà.    Ha  poi   statuito  che  l'am- 

1  Da  questa  frase,  eh'  era  propria  delle  milizie  in  tempi 
ancora  più  antichi  di  quelli  del  Sarpi,  venne  il  nome  fran- 
cese di  alarme. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  303 

ministrazione  dell'  impero  vacante  s' appartenga  a 
lui.  Caso  che  fosse  eletto  non  papista,  le  preten- 
sioni potrebbono  esser  poste  in 1  Ma  Dio  sopra- 

stà  a  tutte  le  cose,  e  sì  come  vuole  esser  pregato 
con  gli  afletti  umani,  così  vuole  esaudire  secondo  i 
consigli  divini. 

Ebbi  già  un'  altra  delle  Lettere  apologetiche  del 
padre  Solier.  Mi  piace  averne  due,  ora  che  intendo  il 
tentativo  di  sopprimerla  ;  e  veramente,  se  i  Gesuiti  si 
vergognano,  gli  scuso,  perchè  ve  n'  è  gran  ragione. 
Ho  veduto  l' arringa  del  rettore  dell'  Università, 
e,  conforme  al  giudicio  di  V.  S.,  giudicatola  bella 
di  parole  e  di  effetti.  Indovino  i  rispetti  pei  quali 
monsignor  Servili  differisce  di  pubblicar  la  sua,  la 
quale  se  verrà  tardo,  sarà  più  lungo  tempo  deside- 
rata. 

Iìendo  molte  grazie  a  V.  S.  per  gli  avvisi  che 
mi  dà  nell'  ultima,  la  quale  è  dei  15,  e  mi  conformo 
al  giudicio  suo,  che  non  si  può  evitare  il  castigo 
meritato.  Però  i  castighi  paterni  sono  anco  da  desi- 
derare, causando  in  fine  correzione  :  ben  debbe  dis- 
piacer la  causa,  che  sono  i  nostri  mancamenti. 

È  partito  il  signor  Gussoni,  e  dopo  questa,  le 
altre  verranno  a  V.  S.  j>er  sua  mano.  Quando  il 
signor  Barbarigo  sarà  qui,  terremo  qualche  volta 
ragionamento  di  lei  con  il  padre  Fulgenzio  e  il  si- 
gnor Molino,  che  le  baciano  la  mano. 

Per  la  passata  le  diedi  avviso  delle  cose  fatte  qui 
verso  i  Gesuiti,  che  credo  non  dispiacerà  averlo 
inteso.  Da  Roma  non  vi  è  cosa  di  momento,  se  non 
uffici  che  fa  il  pontefice  acciò  la    casa  d'  Austria 

1  Lacuna  della  prima  stampa. 


304      LETTERE  DI  FRA.  PAOLO  SARPI 

sia  unita,  e  i  Cattolici  siano  congiunti  con  loro. 
Pensa  ancora  il  papa  di  far  andar  alla  sua  re- 
sidenza tutti  i  vescovi  che  sono  in  corte  ;  per  il  che, 
il  cardinale  Borghese,  che  già  sei  mesi  sono  ha  avuto 
l' arcivescovato  di  Bologna,  lo  rinuncia  :  però,  al 
nuovo  arcivescovo  darà  due  mila  scudi,  e  il  rima- 
nente, che  sono  14  mila,  resteranno  a  lui. 

Di  qua  non  vi  è  altro,  se  non  che  in  alcune 
terre  di  giurisdizione  Bergamasche,  ma  diocesi  Mila- 
nese, il  cardinal  Borromeo  ha  fatto  pubblicare  un 
editto,  che  nessuno  possi  aver  commercio  con  Gri- 
gioni  e  Svizzeri,  uè  possino  esser  alloggiati  da  alcuno 
passando  ;  e,  in  contrario,  dai  magistrati  è  stato  fatto 
in  pubblico  un  proclama  condannando  l' editto,  e 
approvando  il  commercio  e  1'  ospitalità. 

Ai  confini  di  Ferrara,  tra  il  papa  e  la  Repubblica 
passano  qualche  cose  nuove,  con  pericolo  di  conse- 
guenza. Qui  è  fama  che  il  signor  Pascal  abbia 
detto  in  Grisoni,  che  la  Repubblica  abbia  stretta  in- 
telligenza col  papa  contro  i  Reformati,  e  abbia  avuto 
mano  nella  morte  del  re  :  che  sarebbe  un  atto  di 
poca  buona  persona,  e  viene  di  tal  parte  ch'io  quasi 
lo  credo.  Quel  libretto  De  potestate  ecclesiastica  et 
politica,1  è  tanto  desiderato  qua,  che  io  vengo  co- 
stretto di  pregar  V.  S.  per  averne  un  altro  esem- 
plare ;  e  se  non  credessi  esser  importuno,  direi  due. 
E  qui  facendo  fine,  le  bacio  riverentemente  la  mano, 
pregando  Dio  che  le  cloni  ogni  prosperità. 
Di  Venezia,  il  10  di  aprile  1612. 

1  Cioè  1'  operetta,  allora  si  celebre,  del  Richer. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  305 

CCVH.  —  Al  medesimo.1 

Già  quindici  giorni,  ricevei  quella  di  V.  S.  delli  29 
marzo,  alla  quale  fui  impedito  di  rispondere  per  una 
repentina  occasione  che  mi  sopravvenne  di  uscire 
di  Venezia.  Pregai  monsieur  Assellineau  che  facesse 
mia  scusa  con  V.  S.  ;  il  che  credo  avrà  fatto.  Con 
questo  corriere  ho  ricevuto  1'  altra  delli  13  aprile. 
In  quello  che  tocca  li  Gesuiti,  credo  che  V.  S.  sarà 
stata  a  pieno  sodisfatta  per  quello  che  le  mandai 
con  la  mia  del  fine  di  marzo.  Le  dirò  di  più.  che  se- 
guitano offendendo  la  Repubblica  non  solo  in  predi- 
che per  Italia,  ma.  quello  che  più  importa,  fanno 
uffici  sinistri  e  pericolosi  in  Costantinopoli.2  e  hanno 
avuto  parte  nel  tradimento  del  quale  V.  S.  avrà  in- 
teso parlare.  Il  proceder  dolcemente  in  Parigi,  senza 
uissun  dubbio  (siccome  V.  S.  prudentemente  giudica), 
è  coperto  di  qualche  cattivo  disegno.  La  causa  della 
navigazione  ha  fatto  il  suo  tuono,  ma,  contra  la  mia 
espettazione.  cammina  a  concordia.  Insomma,  ambi- 
due  vogliono  quiete. 

Vengo  alle  cose  di  costì.  Del  libro  di  Kicher  se 
1'  appellazione  seguirà,  sarà  un  passo  di  gran  con- 
siderazione ;  ma  io  dubito  che  sarà  impedita  dalla 
regina,  e  che  vi  si  adopereranno  Villeroy  e  Sillery  : 

1  Dalla  raccolta  come  sopra,  pag.  470. 

-  Sembra  allusione  ai  dissapori  che  cominciavano  a  sor- 
gere tra  Venezia  e  la  Porta  per  cagione  degli  Uscocchi, 
rimproverando  questa  alla  prima  di  non  fare  quant'  essa 
avrebbe  potuto  per  liberare  da  quei  pirati  l'Adriatico. 
Non  è,  poi,  difficile  che  i  Gesuiti  si  studiassero  di  accre- 
scere questa  mala  disposizione  de'  Turchi,  per  isvolgere  la 
loro  attenzione  dalla  politica  austriaca,  sola  colpevole  che 
quella  calamità  e  quei  misfatti  si  continuassero. 

Sarpi    —  II.  20 


306  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

sarà  però  assai  se  Richer  difenderà  lo  scritto  suo  con- 
fermandolo con  più  lunga  trattazione,  e  rispondendo 
alle  obbiezioni.  Mi  dispiace  ben  sopra  modo  lo  sci- 
sma1 che  veggo  nascere  tra  i  Riformati;  e  siccome 
non  è  ammessa  la  trattazione  nel  sinodo,  così  mi 
pare  che  si  doveva  impedir  anco  ogni  altra  priva- 
ta, e  far  che  Du  Moulin  non  ascoltasse  e  non  rispon- 
desse.2 Si  assopiscono  più  facilmente  simili  conven- 
zioni col  lasciar  parlar  una  parte  sola,  che  volendola 
convincere.  Ma  io  ho  estrema  curiosità  (non  credo 
però  vana)  di  saper  lo  stato  della  controversia. 
Mi  conviene  sentir  dispiacere,  poiché,  per  le  cose 
di  Saumur  e  per  queste,  li  Riformati  saranno  all'av- 
venire poco  in  concordia. 

Mi  par  un  gran  tentativo  quello  di  monsignor  di 
Reffuge3  negli  Stati,  il  quale  temo  non  tiri  seco 
qualche  cattiva  conseguenza.  Se  V.  S.  intenderà  che 
riuscita  avrà  avuto,  la  prego  farmene  parte.  In  fine, 
non  può  continuare  l' amicizia  tra  le  due  corone, 
mentre  che  li  Spagnuoli  averanno  modo  di  poter  se- 
minare il  Diacatholicon. 

Sento  gran  piacere  che  il  signor  Casaubono  scriva 
contro  Baronio,  perchè  avrà  materia  ed  occasione 
di  mostrar  il  suo  sapere,  e  con  utilità  universale. 
Ho  veduto  il  libretto  di  Du  Val1  contra  Richer,  cosa 
di  assai  poco  peso. 

'  L'  antica  ediz.  ba  :  lo  schismate. 

-  Era  morto  in  quei  giorni  da  un  pezzo  il  celebre  giu- 
reconsulto francese  Carlo  Du  Moulin.  Vuoisi,  forse,  qui  al- 
ludere a  Pietro  Du  Moulin,  famigerato  teologo  protestan- 
te, cbe  scrisse  molte  opere,  e  dovè  egli  pure  ricoverarsi 
dalla  Francia  nativa  ned'  lngbilterra. 

3  Sospettiamo  d'  errore  corso  in  rispetto  a  tal  nome, 
nella  stampa  del  1673. 

4  Andrea  Duval,  dottore  della  facoltà  teologica  di  Pa- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  307 

Siamo  stati  in  grand'  espettazione  delle  cose  di 
Germania:  al  presente  nessun  più  vi  pensa.  Si  tiene 
per  fermo  che  il  re  Matthias  debba  succedere  eletto 
senza  difficoltà.  Di  Germania  non  si  può  aspettare 
cosa  che  vaglia,  se  il  freddo  naturale  della  nazione 
non  è  contemperato  col  calore  di  altri.  Nessun  può 
se  non  Inghilterra,  il  quale  non  vi  può  attendere,  es- 
sendo occupato  con  Vorstius, l  ed  in  altre  cose  di 
questo  genere.  Ho  veduto  una  risposta  di  Casaubono 
al  cardinale  Du  Perron,  che  mi  par  bella;  e  se  debbo 
usar  comparazione,  la  preferisco  a  quella  che  scrisse 
al  gesuita. 

Par  che  si  vada  risolvendo  che  il  signor  Barbarigo 
vada  in  Francia,  e  non  in  Spagna.  Ma  ciò  non  sarà 
se  non  fra  un  anno,  ed  a  Spagna  si  provvederà  fra 
un  mese;  onde  passato  quello,  saremo  certi.  Io  qui 
finisco,  ed  a  V.  S.  riverentemente  bacio  la  mano. 

Di  Venezia,  il  dì  8  maggio  1612. 


CCVIII.  —  A  Giacomo  Lcschassier.2 

(  Grandissima  consolazione  provai  nel  ricevere  le  let- 
tere della  S.  V.  in  data  dei  15  d'  aprile,  e  veder  così 
rinnovellata  la  nostra  epistolare  corrispondenza.  An- 
che mi  allegrai  nell'udire  che  sia  stato  autorizzato 

ligi  e  autore  di  un:  Elenclius  libelli  de  ecclesiastica  et  po- 
litica pò  testate. 

1  Celebre  teologo  protestante  nativo  di  Colonia,  il  quale 
però  ebbe  oppositori  alle  sue  dottrine  anche  fra  gli  stessi 
protestanti,  a  cui  quelle  parvero  macchiate  di  socinianismo. 
Si  chiamò  Corrado,  e  non  bisogna  confonderlo  co'  suoi  due 
figli  Guglielmo-Enrico  ed  Elio-Everardo. 

2  Stampata,  in  latino,  tra  le   Opere  ec,  pag.  102. 


308  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

il  sindaco  a  muovere  appello,  e  rispondere  agli  avver- 
sari e  dar  le  prove  delle  cose  proposte  nell'  opuscolo. 
Questo  principio  mi  dà  fiducia  che  molto  otterremo 
per  venire  ali1  acquisto  della  libertà  della  Chiesa. 
Ringrazio  la  S.  V.  per  la  promessa  fattami  d' inviarmi 
gli  atti  della  causa  d'appello,  qualora  si  stampino. 

Pare  che  faccia  a'  cozzi  la  censura  dei  vescovi,  là 
dove  riprovando  il  libretto,  afferma  volere  per  in- 
tiero salve  le  franchigie  della  chiesa  Gallicana,  e  i 
diritti  del  re.  E  che  altro  si  contiene  in  queste  pa- 
role, se  non  l1  abbandono  del  principio  che  si  vor- 
rebbe salvato?  Ma  a  Roma  non  fu  divulgata  nel 
pubblico  ;  perciocché  più  odiano  quella  riserva,  di 
quel  che  non  amino  la  censura  ;  e  prima  che  un 
mezzo  giudizio  a  proprio  favore,  avrebbero  accettato 
un  bel  niente. 

Ringrazio  la  S.  V.  per  avermi  inviato  un  esem- 
plare di  quella  condanna.  E  mi  riuscì  anco  gratissima 
la  narrativa  delle  geste  e  della  morte  di  Carlo  Ri- 
docovio,1  sul  quale  se  ha  conoscenza  di  varie  altre 
scritture,  io  pregherei  a  inviarmele.  Fo  conto  ch'Ella 
abbia  ricevuto  quel  che  le  spedii  sullo  scorcio  di 
marzo  in  proposito  de' Gesuiti.  Mi  dicono  che  non 
si  diportano  più  fra  noi  sediziosamente  come  una 
volta,  e  ne  ho  piacere  ;  se  pure  tal  moderazione  non 
sappia  di  affettata,  obbedendo  essi  sempre  in  ogni 
cosa  a  una  comune  intesa.  Dai  pubblici  pergami 
d' Italia  bandiscon  la  croce  addosso  a  questo  go- 
verno, e  sebbene  esuli  e  lontani,  mettono  in  opera 
tutte  le  arti  per  nuocere  a  parole  ed  in  fatti.  E  loro 


1  Fu  qui  fedelmente  tradotto  il  testo  latino  :   «  De  gè- 
stis  et  interi  tu  Caroli  Iìidocovii.  » 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  309 

proibita,  come  sa,  anche  la  corrispondenza  episto- 
lare ;  e  nondimeno,  vanno  eccitando  subbugli  e  ri- 
mescolano ogni  cosa. 

Infinite  grazie  all'  eccellentissimo  signor  De  La 
Marteliere,1  avvocato  della  Università,  per  la  bene- 
volenza che  m'ha  dimostrato.  Credo  che  qui  dovrebbe 
leggersi  con  moltissima  soddisfazione  la  sua  Arringa 
latina  contro  i  Gesuiti.  Se  gli  piacerà  dedicarla  alla 
Repubblica,  dovrà  darsi  l'intitolazione  in  questo  te- 
nore: Al  Serenissimo  Duca  Leonardo  Donato?  e  al 
Senato  della  Repubblica  di  Venezia.  Credo  che  darà 
in  luce  una  piccola  lettera,  in  cui  tratterà  profi- 
cuamente del  signor  Fresney  e  della  sua  cognazione.3 
E  sarà  di  molto  decoro,  se  al  Legato  regio  che  stan- 
zia qui,  piacerà  fare  offerta  del  libretto  in  nome  di 
lui.  Ma  checché  sia  per  fare,  io  consiglio  che  s'offra 
al  Principe  dopo  il  primo  di  luglio,  per  non  avve- 
nirci nel  tempo  istesso  che  seguirà  la  mutazione  dei 
Procuratori  del  collegio. 

Del  resto,  a  me  preme  moltissimo' di  esser  amato 
dalla  S.  V.  eccellentissima  e  dal  signor  Gillot,  come 
di  mostrare  ad  entrambi  coi  fatti  la  mia  servitù. 
Che  osservo  e  venero  ambedue  secondo  il  dovere; 
e  mi  dura  continuo  nell'  animo  carissima  e  deside- 
ratissima  la  memoria  della  SS.  LL.,  alle  quali  fo 
umile  reverenza. 

Venezia,  8  marzo  1612. 

1  Gli  editori  veronesi  seppero  leggere  questo  nome 
meglio  che,  replicamente,  non  avean  fatto  i  Ginevrini.  Vedi 
la  nota  a  pag.  285. 

-  Sedeva  il  Donato  sino  dall'  anno  1606,  ma  venne  a 
morte  in  queir  anno  medesimo.  Vedi  la  Lettera  CCXIII. 

3  Come  allora  era  1'  uso  di  tutte  le  dedicatorie. 


310  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

CCIX.  —  Al  signor  De  V  Isle  G-roslot.1 

Con  la  mia  solita  riverenza  e  contentezza,  ho  ri- 
cevuto quella  eli  V.  S.  del  primo  maggio  ;  di  che  le 
rendo  grazie,  e  specialmente  per  la  risposta  di  Ca- 
saubono  al  cardinale,  che  mi  pare  opera  buona  e 
bella.  Sento  ben  con  dispiacere  che  le  cose  di  co- 
testo regno  s' incamminino  a  qualche  confusione,  ed 
in  particolare  la  dichiarazione  del  perdono,  che  mi 
pare  appunto  un'  invenzione  gesuitica  ;  e  non  so  in 
me  medesimo  vedere  come  un  tal  principio  non  sia 
per  aver  conseguenza  deplorabile,  se  dalla  bontà 
divina  non  vi  è  posto  qualche  rimedio  singolare  e 
straordinario.  Monsieur  1'  Eschassier  mi  ha  mandato 
gli  atti  dell'  appellazione  di  Bicher,  e  son  restato  as- 
sai maravigliato,  parendomi  la  libertà  di  Francia 
incatenata  con  vincoli  di  Spagna. 

Qui  in  Italia  non  abbiamo  cosa  nuova.  Il  papa 
cede  alla  Repubblica  in  tutto  quello  dove  conosce  le 
ragioni  sue,  e  questo  fa  li  nostri  negligenti,  anzi  ri- 
lassati; eh'  è  pernicioso  per  la  Repubblica.  Si  aspetta 
in  Torino  il  cavaliere  Wotton,  ambasciatore  della 
maestà  d' Inghilterra  a  quell'Altezza,  e  si  preparano 
onori  grandissimi  da  farli,  il  duca  è  andato  sino  a 
Rivoli  per  trattenersi  liberamente  con  lui  un  giorno, 
e  intendere  il  sodo  di  quello  che  porta.  Il  suo  in- 
gresso in  Torino  sarà  con  incontro  del  cardinale2  e 
principe,  punto  molto  importante,  quanto  s'  aspetta 
al  cardinale.  Tengono  che  1'  ambasceria  sia  per  la 
trattazione  del  matrimonio.  Io  però  riputando  che 

1  Stampata  nella  raccolta  di  Ginevra,  pag.  474. 

2  Maurizio  di  Savoia,  creato  cardinale  nel  1605. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPL      311 

sia  concluso  col  Palatino,  vado  credendo  che  il  duca 
di  Savoia,  vedendo  levato  l' equilibrio  di  Francia  e  di 
Spagna  e  ambidue  poste  in  una  sola  bilancia,  pensi 
di  assicurare  le  cose  sue  accostandosi  a  chi  lo  può 
difendere.  Se  il  re  d' Inghilterra  non  fosse  dottore,  si 
potrebbe  sperare  qualche  bene;  e  sarebbe  un  gran 
principio,  perchè  Spagna  non  si  può  vincere,  se  non 
levato  il  pretesto  di  religione  ;  né  questo  si  leverà, 
se  non  introducendo  Riformati  in  Italia  ; l  e  se  il  re 
sapesse  fare,  sarebbe  facile  e  in  Torino  e  qui. 

La  Repubblica  negozia  lega  con  Grisoni.  Per  que- 
sta strada  si  potrebbe  fare  qualche  cosa,  se  diman- 
dassero esercizi  di  religione  in  Venezia.  Io  sono  av- 
visato per  cosa  certa,  che  monsieur  Pascal  in  Grisoni 
ha  fatto  solennissimo  giuramento  in  pubblico,  che 
non  ci  è  nessuna  conclusione  eli  matrimonio  tra 
Francia  e  Spagna.  Questo  non  so  come  si  salverà,  né 
se  li  Gesuiti  avranno  equivocazione  per  trovarvi  ri- 
piego. 

Non  sarò  più  lungo  in  questo  giorno  per  difetto 
e  di  materia  e  eli  tempo.  Le  dirò  solamente,  che  il 
signor  Barbarigo  è  ritornato,  o  si  risolve  di  non  vo- 
ler Spagna  ;  onde  li  toccherà  Francia,  ma  sarà 
F  anno  venturo.  Abbiamo  fatto  più  volte  discorsi  di 
lei,  ed  ultimamente  gli  ho  letto  la  sua  e  fatto  le  sa- 
lutazioni; di  che  egli  ne  rende  grazie  e  la  risaluta 
con  gli  amici. 

Di  Venezia,  li  22  maggio  1612. 

1  Lasciam  ad  altri  la  cura  di  assegnare  il  lor  giusto 
valore  a  queste,  pur  troppo,  esplicite  parole.  Le  quali,  tut- 
tavolta  uon  suonano,  al  senso  nostro,  che  il  Sarpi  volesse 
in  realtà  protestantizzare  uè  Venezia  ne  l' Italia. 


312  LETTERE  DI  FEA  PAOLO  SARPI. 

CCX.  —  Al  medesimo.1 

Crescono  ogni  giorno  li  oblighi  miei  verso  V,  S., 
e  diminuiscono  in  me  li  modi  di  renderne  alcuna 
ricompensa.  Insieme  con  le  sue  delli  17  e  18  maggio 
da  Lione,  ho  ricevuto  il  libro  di  Cuiacio,  insieme  con 
li  altri  che  si  è  piaciuto  mandarmi.  Vorrei  saper  che 
cosa  le  fusse  grato  ricever  di  qua,  non  perchè  io  tratti 
con  lei  di  ricompensazione,  ma  solo  per  dimostrar 
che  riconosco  li  favori  ricevuti.  Le  sue  lettere  con 
li  libri  furono  portate  dall'estraordinario  nostro,  il 
(piale  non  passò....2  in  Inghilterra,  che  non  era  ve- 
nuto costì  se  non  per  la  cosa  di  Giasoni  ;  e  ha  avuto 
risposta  assai  poco  pertinente,  per  la  quale  ognuno 
viene  certificato  che  così  non  vi  è  altra  mira,  salvo 
il  servizio  di  Spagna. 

Quello  che  mi  fa  molto  maravigliare  in  questo 
proposito,  è  che  monsignor  Pascale  abbia  fatto  so- 
lenni e  pubblici  giuramenti  per  persuadere  a  quei 
popoli,  non  esser  vero  che  vi  sia  alcuna  conclusione 
di  matrimonio  tra  Francia  e  Spagna.  Con  tutte  que- 
ste difficoltà,  nondimeno,  spero  che  non  saremo  ser- 
rati in  Italia,  sì  come  vorrebbono  quelli  che  do- 
vrebbono  più  degli  altri  pretendere  l' apertura  di 
quella  porta. 

Ho  sentito  molto  dispiacere  della  maniera  tenuta 
dal  signor  dissoni,  se  bene  l' attribuisco  più  a  man- 
camento di  espressioni  di  buona  volontà,  che  a  di- 
fetto di  quello.  Con  tutto  ciò,  io  li  toccherò  qual- 

1  Impressa  come  sopra,  pag.  477. 
-  È,  per  via  d'  asterischi,  questo  segno  di  lacuna  nella 
prima  stampa. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SAEPI.  318 

che  parola,  perchè  quando  la  corrispondenza  non 
fosse  in  modo  conveniente,  meglio  sarebbe  troncar- 
la. Con  questa  occasione  li  dirò,  che  li  amici  di  Bar- 
barico risolvono  che  un  altro  vadi  in  Spagna  ;  onde 
a  lui  toccherà  Francia,  ma  questo  non  sarà  se  non 
F  anno  seguente. 

A  Roma  hanno  imparato  che  la  opposizione  e 
contenzione  non  giova  loro,  ma  mette  li  altri  in  vi- 
gilante difesa;  e  però,  con  dissimulata  negligenza  e 
con  dimostrazione  di  creder  ogni  cosa,  inducono  ne- 
gligenza vera  e  un  sonno  profondo.  È  verissimo 
che  la  tradizione  di  Badoero  ha  conseguenze,  ma 
ancora  segrete  e  grandi.  Spero  in  Dio  che  questa 
-ara  stata  una  alterazione  di  salute,  e  il  fine  sarà 
buono. 

Mi  dà  gran  gelosia  la  controversia  che  vedo  na- 
scere tra  Reformati  nelle  cose  di  religione,  massime 
essendone  già  nate  altre  molto  pericolose  in  Olanda. 
Piacerà  a  Dio  impedire  i  cattivi  disegni  ;  che,  quanto 
a  me.  tra  tutte  le  imprese  spagnuole,  questa  mi  pare 
la  maggiore,  aver  potuto  dividere  li  Ugonotti.  Ma 
perchè  bene  spesso  si  vede  che  Dio  rivolta  in  bene  le 
cose  incommode,  e  che  le  desiderate  tornano  in  ma- 
le, voglio  sperar  nella  Maestà  sua  divina,  che  farà 
terminare  a  buon  fine  e  queste  e  coteste  cose,  se 
bene  al  presente  noi  non  sappiamo  divinar  esito 
buono. 

In  Italia  non  abbiamo  cosa  di  momento,  perchè  a 
Roma  si  continua  il  modo  usato.  Questo  solo  è  di 
considerazione  :  che  dovendosi  creare  a  questa  Pen- 
tecoste in  Roma  un  generale  dell'ordine  di  San 
Domenico  e  un  altro  di  San  Francesco,  è  stato  co- 
mandato a  Don  Francesco  di  Castro,  ambasciatore 


314  LETTERE  DI   FRA  PAOLO   SARPI. 

spaglinolo,  che  si  ritrova  a  Napoli,  di  andar  imme- 
diate a  Roma,  per  assistere  a  quei  capitoli  e  procu- 
rare che  siano  eletti  Spaglinoli. 

Il  cavaliere  Wotton  si  ritrova  a  Torino  amba- 
sciatore del  re  della  Gran  Brettagna;  e  se  bene  si 
dice  che  il  suo  negoziato  non  porti  altro,  salvo  che 
il  dar  esclusione  al  duca  del  matrimonio  della  prin- 
cipessa, nondimeno  molte  congetture  vi  sono  che 
quel  duca,  vedendo  la  stretta  unione  di  Francia  e 
di  Spagna,  pensi  che  sia  necessario  qualche  con- 
trappeso. Pensiero  che  piacesse  a  Dio  entrasse  nella 
mente  di  quelli  ai  quali  è  più  necessario  ! 

Il  duca  di  Parma  in  questi  giorni  ha  fatto  morire 
dieci  persone.1  fra  quali  sette  sono  nobili  titolati, 
per  conspirazione  contro  la  persona  sua  ;  e  si  tiene 
per  certo  che  la  confiscazione  di  tutti  li  beni  loro, 
eccetto  che  delli  feudi,  sarà  applicata  alli  Gesuiti. 
Ma  in  Palermo  a  questi  buoni  Padri  è  avvenuto  un 
beli'  accidente.  S'  è  morto  un  gentiluomo  ricco,  molto 
loro  divoto,  avendo  fatto  testamento,  e  instituito  un 
figliuolo  unico  suo  e  li  Padri  insieme,  dando  l'esecu- 
zione del  testamento  ad  essi,  con  l'acuità  eli  divider 
l'eredità  come  fosse  piaciuto  loro,  e  dar  al  figlio 


1  Eccone  i  nomi  (e  Vedi  la  nostra  nota  a  pag.  221  )  — 
Contessa  Barbara  Sanseverina,  conte  Orazio  Simonetta  suo 
marito,  marchese  Gio  Girolamo  di  Sala  figlio  di  Barbara, 
conte  Alfonso  Sanvitale,  marchese  Gio.  Francesco  Sanvita- 
le,  conte  Pio  Torelli,  conte  Gio.  Batista  Masi,  capitano 
Bartolommeo  Rovezan  da  Reggio,  Oliviero  de  Olivieri  par- 
migiano, Onofrio  Martani  perugino.  I  tre  ultimi  vennero  im- 
piccati :  «  Dopo  questo  fatto,  un  Padre  Gesuita  fece  un  ser- 
»  mone,  stando  nel  palco  dove  avevano  decapitati  detti 
»  Signori,  con  animare  la  città  ad  esser  fedele  al  suo  Prin- 
n  cipe,  et  non  atterrirsi  per  detto  spettacolo,  n  Tale  è  la 
conclusione  di  un  racconto  contemporaneo. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  313 

quella  parto  che  li  fosse  parsa  conveniente.  Li  Pa- 
dri hanno  diviso  il  tutto  in  dieci  parti,  e  datone 
una  al  figliuolo,  e  nove  ritenute  per  loro.  Di  que- 
sta così  grande  inegualità  il  figliuolo  si  è  querelato 
al  duca  di  Ossuna  viceré,  il  quale  udite  le  ragioni 
da  ambe  le  parti,  ha  confermato  la  divisione,  ma  vol- 
tati le  termini  :  che  al  figliuolo  tocchino  le  nove 
parti,  e  alli  Padri  una. 

Se  hen  sono  incerto,  quando  la  presente  debbe 
capitare  in  mano  di  V.  S.,  non  ho  però  voluto  man- 
car di  questo  debito  per  baciarle  la  mano  ;  il  che 
fanno  anco  li  amici. 

Di  Venezia,  il  dì  5  giugno  1612. 


CCXI.  —  A  Giacomo  Leschassicr.'- 

Sono  in  debito  di  ringraziarla  duplicatamente  per 
aver  ricevuto  due  lettere  della  S.  V.  ;  1'  una  quin- 
dici giorni  or  fanno,  de'  26  aprile,  unitamente  ai  do- 
cumenti di  appello  del  Richerio;  e  l'altra  del  ij  mag- 
gio, insieme  col  libretto  a  stampa  del  medesimo.  Ho 
letto  in  questo  stesso  giorno  senza  difficoltà  e  con 
gran  piacere  i  documenti  di  appello  scritti  in  lin- 
gua francese.  Io  mi  stavo  all'  oscuro,  e  non  sarei 
riuscito  a  trovare  il  bandolo  delle  cose  seguite,  se 
Ella  non  avesse  principiato  a  decifrarmele  col  rac- 
conto completo  del  fatto.  Or  veggo  che  tutto  costà 
avete  fatto  con  bollissimo  discernimento,  che  anco 
a  noi  torna  in  pubblico  vantaggio,  essendo  come 
un  anticipato  possesso  di  libertà. 

1  Edita,  in  latino,  tra  le  Opere  ec,  pag  105. 


316  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

Io  credo  di  averle  scritto  che  la  censura  dei  ve- 
scovi non  piacque  punto  a  Roma,  anzi  la  ripro- 
varono; e  che  alla  Curia  garberebbe  piuttosto  non 
si  fosse  fatto  nulla.  Perocché  hanno  moltissimo  a 
schifo  che  s'affermi  la  esistenza  per  certe  chiese 
di  alcune  libertà,  o  di  regii  diritti  che  possano  re- 
sistere al  volere,  per  non  dire  al  capriccio,  del 
papa.  Se  si  pubblicheranno  la  censura  e  i  documenti 
d' appello,  e  sarà  conceduto  al  Richer  di  provare 
le  sue  opinioni  con  l' autorità  dei  dottori,  nulla 
potrà  avvenire  di  più  opportuno  alla  manifesta- 
zione del  vero.  Non  possono  mancar  dottori,  e  d' ogni 
paese  cristiano  de' tempi  antichi;  e  quantunque  i 
Gesuiti  riescano  a  dividere  in  parti  la  Sorbona,  que- 
sto non  farà  loro  buon  prò.  Dacché  ad  essi  è  mestieri 
d'aggiramenti  e  di  segrete  ritortole  per  mandare  a 
fine  i  propri  disegni  ;  e  le  loro  dottrine,  siccome  false, 
non  possono  afforzarsi  e  prosperare  se  non  fra  le 
tenebre. 

Panni  difficile  a  digerire  quel  ch'Ella  mi  scrive 
sulla  dimanda  del  Nunzio,  che  tutte  le  cause  de'  Ge- 
suiti da  cotesto  Parlamento  vengano  devolute  al 
Consiglio  del  re  e  affidate  alla  corte  di  Ptoano;  e, 
per  ciò  che  a  me  spetta,  sarei  di  credere  che,  per 
la  età  minorenne  del  re,  ciò  non  possa  drittamente 
farsi.  Trattasi  della  dignità  del  Senato,  che  fu  sem- 
pre il  fondamento  dello  Stato  francese.  Se  vedessi 
anche  questa,  vivrei  in  timore  che  Roma  e  Toledo 
venissero  a  trapiantarsi  nel  suolo  di  Francia.  Ho 
grande  ansietà  di  vedere  e  sapere  i  fatti  ulteriori  ; 
e  supplico  la  S.  V.  di  tenermi  via  via  ragguagliato 
d'ogni  cosa  che  avvenga. 

Io  non   comprendo  bene  la  grande  importanza 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  317 

che  costì  si  annette  (secondo  che  la  S.  V.  ni'  assicura) 
all'  assenso  del  procuratore  del  re;  perocché,  se  la 
regina  condiscende,  temo  che  il  rifiuto  del  consenso 
si  tragga  dietro  notevol  danno.  E  più  nocerà  la 
ritrattazione,  di  quello  che  già  non  giovasse  il  per- 
messo. Se  verrà  mantenuta  al  signor  Richer  la- 
propria  dignità,  tutto  alla  fine  tornerà  in  van- 
taggio. 

Quello  che  a  voi  altri  serve  d' intoppo,  Y  arrab- 
battarsi cioè  del  Nunzio  e  de'  Gesuiti,  porterebbe  in- 
vece utilità  grandissima  alle  nostre  faccende.  Quando 
noi  lavoriamo,  essi  subitamente  si  danno  a  starsi 
con  le  mani  a  cintola  ;  e  allora,  ecco  che  ci  met- 
tiamo a  dormicchiar  noi.  Nei  passati  negozi  capirono 
che  nulla  valevano  a  ottenere  per  via  di  dispute; 
perù  lasciano  il  campo,  e  così  snervano  la  nostra 
forza.  La  gente  proba  ora  s' ingegna  acciò  sia  san- 
zionata quella  dottrina,  da  ogni  diritto  sostenuta, 
della  necessità  di  una  locale  pubblicazione  delle 
leggi  e  de'  precetti,  perchè  divengano  obbligatorie 
in  coscienza.  Giacché  i  confessori  hanno  fin  qui  in- 
culcato, che  nessuno  può  essere  scusato  dall'  obbe- 
dire alle  pontificie  ingiunzioni,  quando  si  sa  in  qua- 
lunque modo  che  esistano;  e  questo  porta  che  i 
preti  abbiano  poco  bisogno  di  una  apposita  promul- 
gazione. Ma  al  difetto  rimedia  in  gran  parte  la  su- 
perstizione, in  ispecie  sotto  il  pretesto  del  fóro  peni- 
tenziale, dove  i  romaneschi  hanno  a  loro  disposizione 
le  orecchie  del  popolo,  e  possono  insufflare  quel  che 
lor  garba;  mentrecchè  i  fautori  di  libertà  non  pos- 
sono se  non  parlare  in  pubblico,  e  solo  agli  obbli- 
gati civilmente.  Gran  segreto  è  pur  questo  dello 
strapotere   papale,    che   la  pubblicazione  degli  atti 


318  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

avvenuta  in  Roma  gravi  la  coscienza  di  tutti  quelli 
a  cui  vengano  per  qualsiasi  mezzo  a  notizia. 

Non  so  come  Ella  dubiti  che  si  possa  dare  a  voi 
altri  per  amministratrice  la  infanta  di  Spagna.  Si- 
curamente che  vi  si  darà,  se  non  ci  mettete  riparo  ; 
e  sì  bene  apparecchiata  per  virtù  di  suggerimenti, 
aderenze  e  danaro,  che  in  cambio  di  farsi  essa  stessa 
francese,  tramuterà  voi  stessi  in  Spagnuoli. 

La  mia  preghiera  circa  le  lettere  che  inviai  al 
signor  Gillot,  non  aveva  la  mira  importuna  d' invi- 
tar quell'  egregio,  distratto  da  tanti  affari  e  studi, 
a  rispondere  ;  ma  di  confortar  me  nella  sicurezza  che 
le  avesse  ricevute. 

È  giunta  qua  la  novella  che  fosse  morto  un  no- 
bile di  Palermo,  devotissimo  ai  Gesuiti,  il  quale  per 
testamento  instituì  eredi  l' unico  figlio  ed  essi  Padri  ; 
commettendone  però  la  esecuzione  ai  soli  Gesuiti,  e 
ordinando  eh'  essi  spartissero  la  eredità  e  dessero  al 
figlio  una  porzione  di  lor  piacere,  tenendo  il  resto 
per  se.  I  buoni  Padri  divisero  1'  asse  in  dieci  parti, 
e,  riserbate  le  nove  alla  Compagnia,  ne  assegna- 
rono una  al  figliuolo  ;  il  quale  ricorse  al  viceré  duca 
di  Ossuna,  lamentandosi  di  tanta  ingiustizia  e  chie- 
dendo riparazione.  Il  viceré,  ascoltate  le  ragioni 
delle  parti,  decretò  che  stesse  in  piedi  la  divisione, 
ma  ne  fosse  invertito  l'ordine;  rilasciandosi  le  nove 
porzioni  al  figlio  e  l'ima  ai  Gesuiti.1  Ma  in  loro  prò 
si  farà  a  Parma  la  confisca  dei  beni  (eccettuati   i 

1  E  ripetizione  un  po'  più  particolareggiata  del  fatto 
narrato  anche  nella  Lettera  precedente.  11  duca  d'  Ossuna 
era,  come  tutti  sanno,  un  pazzo  e  un  briccone  •,  e  se  que- 
sta volta  gli  accadde  di  raddrizzar  la  giustizia  secondo  la 
legge  naturale,  sarà  ciò  stato  per  conciliarsi  quella  popò- 


LETTERE  DI  FBA  PAOLO  SARPI.      319 

feudi)  di  sette  nobili  Parmensi,  che  congiurarono 
contro  la  persona  del  duca,  e  perciò  furono  morti  ; 
dal  che  verrà  all'  Ordine  un  grande  prosperamento.1 
Nient'  altro  di  nuovo  qui  ;  tranne  che  Francesco 
conte  di  Castro,  regio  ambasciatore  delle  Spagne  a 
Iìoma,  il  quale  si  tratteneva  in  Napoli  per  ristorar 
la  salute,  ebbe  intimazione  a  un  tratto  di  restituirsi 
in  Roma  per  assistere  ai  capitoli  dei  Francescani  e 
Domenicani,  e  curar  la  elezione,  per  parte  d' ambidue 
gli  Ordini,  di  un  generale  spagnuolo.  Il  che  penso 
che  avrà  certamente  effetto.  M'accorgo  che  con  que- 
ste chiacchiere  avrò  interrotte  più  del  convenevole  le 
occupazioni  della  S.  V.  eccellentissima  :  onde  io  qui 
fine,  baciandole  le  mani. 

Li  5  giugno  1612. 


CCX1L  —  Ad  Isacco  Casaubono.2 

Ho  provato  veramente  una  grande  allegrezza  nel 
sentire  che  V.  S.  ha  stabilita  da  un  anno  la  sua 
dimora  in  Inghilterra.3  Io  temeva  per  Lei  quando  si 
fosse  trattenuta  a  respirare  l'aere  italico,  come  aveva 

larità  alla  quale,  pei-  suoi  fini,  aspirava.  Negli  addebiti  che 
furono  contro  lui  presentati  alla  Corte  di  Spagna,  non 
è  certamente  quello  di  essere  stato  avverso  ai  Gesuiti. 

1  Noi  non  sappiamo  le  arti  che  i  Gesuiti  poterono  aver 
adoperate  per  conseguir  questo  intento  •,  ma  il  debito  del- 
l' imparzialità  ci  obbliga  a  dichiarare  che  non  ad  essi  fu- 
rono dati  i  beni  appartenuti  agli  infelici  che  il  tiranno 
avea  spenti,  ma  invece  ripartiti  in  cause  varie  ed  istitu- 
zioni di  beneficio  universale,  secondo  la  formula  e  le  dis- 
posizioni di  una  grida  ducale  del  20  maggio  1612. 

5  Dalle   Opere  come  sopra,  pag.  118. 

'ò  Vedi  la  nota  1  a  pag.  126. 


320  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

deliberato.  Ho  pensato  spesso  che  avrei  disturbato  i 
suoi  studi  scrivendole  ;  e  però  mi  sono  sempre  aste- 
nuto, aspettando  più  opportuna  occasione;  ma  ora 
sono  costretto  a  farlo,  per  ringraziarla  delle  sue  let- 
tere del  30  d'  aprile.  E  perdi'  Ella  non  pensi  che  noi 
siamo  incuranti  di  quello  che  si  scrive  costà,  sappia 
la  S.  V.  che  lessi  le  sue  Epistole  a  Frontone  e  Perro- 
ne,  e  le  serbo  presso  di  me.1  Se  m' invia  un  esemplare 
di  quest'  ultima,  l' avrò  più  caro  e  perchè  mi  vien  da 
Lei  e  perchè  ha  la  sua  soscrizione.  Quel  libretto  farà 
molto  bene  a  tanti  dabben  uomini  che  sbagliano 
seuza  avvertirlo  ;  ma  il  personaggio  a  cui  lo  intitola, 
sebbene  per  più  titoli  rinomato,  non  ne  caverà  al- 
cun giovamento,  non  potendosi  a  forza  rimutare 
una  persuasione. 

Ho  piacere  che  la  S.  V.  s'apparecchi  a  scrivere 
contro  il  Baronio,  e  la  esorto  ad  andare  innanzi, 
quantunque  non  tenga  esso  per  antagonista  degno 
di  Lei.  Ho  ruminato  più  volte  in  me  stesso  sul  per- 
chè sia  salito  in  tanta  stima  presso  molti,  e  senza 
alcun  merito  suo,  per  non  dir  colpa;  non  sapendo 
io  scorgere  in  quella  sì  magnificata  opera  alcuna 
cagione  di  lode.  Non  e'  è  parte  che  non  possa  ribat- 
tersi, e  con  le  armi  stesse  che  quella  ci  somministra. 
Non  e'  è  storico  di  grande  o  piccola  levatura,  cui 
egli  non  lodi  spesso,  e  più  spesso  ancora  non  confuti. 
Mi  passo  delle  citazioni  false  e  tirate  con  gli  arga- 
ni, delle  fastidiosissime  lungaggini,  de' torti  e  insulsi 

1  Vedasi  la  nostra  nota  a  pag.  256.  Oltre  alle  soprad- 
dette opere,  la  sacra  Congregazione  dell'  Indice  proibì,  di 
questo  autore,  epistolas  quotquot  reperiri  potuerunt  ;  dal 
che  si  vede  che  il  Casaubuono  era  eretico  persino  negli 
atti  più  ovvii  e  più  naturali  della  vita  ;  e  che  scrivendo, 
per  esempio,  alla  sua  serva,  avrà  sputato  eresie  ! 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  321 

giudizi,  che  niuno  sa  tollerar  nella  storia.  Fa  mo- 
stra di  un'autorità  sfacciata  sui  lettori,  comandando 
loro  di  fermarsi  a  ogni  passo  e  fuor  di  tempo.  Spiega 
i  consigli  della  divina  Provvidenza  nella  distribuzione 
dei  beni  e  dispensazione  de'  mali,  a  solo  comodo  del 
papato.  Del  rimanente,  vedo  che  la  sorte  lo  favorisce 
e  dura  ancora  a  proteggerlo,  pigliando  V.  S.  a  ri- 
batterne le  scritture  ;  poiché  sarà  tagliata  la  destra 
al  grand'  Enea.  Nondimeno,  il  suo  lavoro  sarà  senza 
dubbio  utile  all' universale  ;  ma  essendo  Ella  dispo- 
sta a  convincerlo  di  frode  e  brutto  inganno,  temo  che 
non  le  crederanno  i  nuovi  alla  scienza  degli  uomini. 
A  me  garberebbe  piuttosto  che  lo  accusasse  di  leg- 
gerezza e  temerità.  Io  lo  conobbi  a  .Roma,  prima 
eh'  egli  pensasse  a  onori  e  fosse  preso  da  prurito  di 
diventare  autore,  e  quando  attendeva  solo  alla  tran- 
quillità dell'  animo  e  alla  purezza  della  coscienza. 
Xon  aveva  opinioni  di  sorta  in  proprio,  ma  le  pi- 
gliava a  casaccio  dai  favellanti,  come  sue  lucida- 
mente difendendole,  fino  a  che  altre  non  gliene  fos- 
sero imposte.  Se  molti  savi  e  dabbene,  sorbita  la  fatai 
bevanda,  sono  presi  da  un  capogiro  intellettuale,  non 
fa  caso  se  un  disgraziato,  colto  a'  purpurei  lacci, 
soggiace  al  comune  malanno.  Per  me,  di  malafede 
lo  terrei  puro,1  ma  non  di  spensieratezza  e  dabbe- 
naggine.   E    tanto    dico    all'  amichevole    e    oltre   i 

1  E  questo  è  già,  per  sé  stesso,  un  grande  elogio.  Ma 
quanto  ancora  alla  parte  di  letterato,  non  può  al  Baro- 
nio  negarsene  né  la  vocazione,  né  1'  averla  adempita  con 
abilità  e  costanza  grandissima.  Basti  il  dire  che  Scaligero 
ed  il  Fleury  non  omettono  occasione,  anche  dopo  aver 
confutato  gli  errori  del  libro,  di  render  omaggio  ai  meriti 
dell'  autore.  Forsechè  la  modestia  stessa  del  filippino  da 
Cora  potè  farne  parer  minore  al  Servita  veneto  la  intellet- 
Sarpi.  —  II.  21 


322  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

termini  di  una  breve  lettera;  Ella  vorrà  perdo- 
narmi.-1 

Di  cuore  mi  congratulo  con  la  S.  V.  che  gode  la 
benevolenza  di  re  savissimo.  In  lui  stanno  riunite 
(caso  raro)  le  virtù  del  principe  e  del  privato.  Questo 
è  l' ideale  d'  un  principe,  a  cui  forse  niuno  si  con- 
formò nei  secoli  trascorsi.  Se  io  potessi  meritare  la 
sua  protezione,  nulla  parrebbemi  dover  desiderare 
di  ciò  che  forma  la  felicità  di  un  mortale.  La  pre- 
giatissima S.  V.  non  può  far  cosa  più  dicevole  che 
raccomandare  i  miei  studi  a  tanto  sovrano.2  Prego 
Dio  che  conceda  a  lui  e  sua   figliuolanza  lunga  e 

tuale  capacità.  Ed  anche  a  Fra  Paolo,  che  navigava,  con 
animo  da  scopritore  di  nuovi  mondi,  in  un  mare  pieno  di 
scogli,  non  dovea  sembrar  degno  di  troppa  maraviglia,  chi, 
sempre  co'  venti  in  poppa,  aveva  condotta  a  porto  la  na- 
vicella non  di  San  Pietro,  né  quella  di  Cristoforo  Colombo, 
ma  degli  Annali  Ecclesiastici. 

1  II  Casaubono  compose  e  pubblicò  poi  realmente  que- 
st'  opera,  fin  d'  allora  preconizzata,  col  titolo  di  Exerci- 
tationes  in  Baronium  ;  ma,  per  non  aver  egli  né  la  scienza 
né  1'  erudizione  chiesastica  necessarie  a  tal'  impresa,  non 
ebbe  il  suo  libro  accoglienza  se  non  mediocre,  anche  fra 
gli  stessi  protestanti. 

2  Dopo  i  pungenti  motti  lanciati  qua  e  là  in  queste 
Lettere  contro  il  re  d'  Inghilterra,  i  detrattori  della  me- 
moria del  Sarpi  troveranno,  pur  troppo,  onde  sfogare  la 
loro  animosità  facendo  commenti  a  questo  paragrafo.  Non 
sarebbe,  per  verità,  diffìcile  il  tesserne  in  qualche  modo 
ancora  1'  apologia,  mostrando  come  il  Servita  accarezzasse 
in  tal  modo  quel  monarca,  sì  per  sentimento  di  naturale 
e  necessaria  cortesia,  come  per  più  disporlo  ad  aiutare  la 
causa  della  libertà,  che  il  coraggioso  frate  aveva  presa  a 
difendere.  Contuttociò,  conveniamo  noi  stessi  che  quel  far 
qui  di  re  Giacomo  l' ideale  d'  un  'principe,  troppo  è  con- 
trario alle  cose  altrove  dette,  e  troppo  sente  1'  adulazione. 
Pure,  in  fondo  dell'  animo  nostro,  quanto  più  ripensiamo 
intorno  a  questo  alunuo  del  chiostro  e  figlio  di  un  mer- 
ciajuolo  da  San  Vito,  non  possiamo  por  limite  alla  mara- 
viglia eh'  egli  cotanto  ardisse  di  pensare  e  scrivere  ed  ope- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  323 

serena  la  vita,  e  a  V.  S.  1'  accrescimento  de'  suoi 
favori.  E  pregandola  a  riamarmi  dello  stesso  affetto 
eh'  io  sento  per  Lei,  le  bacio  le  mani. 

Venezia,  8  giugno  1612. 


CCXIII.  —  Al  signor  de  V  Me  Groslot.1 

Ho  patito  questi  giorni  passati  una  grave  e  pe- 
ricolosa indisposizione,  che  mi  ha  tenuto  impedito 
non  solo  il  corpo,  ma  1'  anima  ancora  dalle  ordina- 
rie funzioni,  e  in  particolare  dallo  scrivere  a  V.  S. 
già  15  giorni,  in  risposta  dei  16  giugno.  Crederò 
però,  che  monsieur  Assellineau  in  quel  tempo  abbia 
fatto  una  scusa  con  esso  Lei,  avendolo  io  di  ciò  pre- 
gato affettuosamente,  restandomi  ancora  il  capo 
assai  debole  ;  per  il  che  son  costretto  esser  più 
breve  di  quello  che  io  vorrei  e  dovrei,  e  tanto  più 
quanto  vi  è  materia  assai  abbondante,  così  qua 
come  costì. 

Tutte  le  lettere  di  V.  S.  sono  sicuramente  capi- 
tate. Già  per  altre  mie  le  ho  dato  conto  del  reca- 
pito delle  precedenti:  avrà  avuto  la  ricevuta  della 
sopraddetta  dei  16  giugno,  e  di  quest'  ultima  dei 
10  luglio.  La  quale  mi-  ha  portato  molta  allegrezza, 
così  per  la  dichiarazione    del   re  d'Inghilterra,  la 


rare,  quanto  osò  pure  sino  all'  ultimo  de'  suoi  giorni,  in 
quei  malaugurati  primi  decenni  del  secolo  17°,  e  sotto  la 
sospettosa  e  inesorabile  dominazione  di  Venezia,  laddove 
non  era  possibile  (si  ricordino  quelle  tanto  esplicite  parole 
della  Lettera  CXCIX)  il  «  perder  la  grazia  di  chi  go- 
verna, senza  perdere  ancora  la  vita.  » 
1  Stampata  in  Ginevra  ec,  a  pag.  482. 


324  LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

quale  mi  pare  cosa  di  memorabile  momento,  come 
por  la  speranza  che  vi  è  di  riconciliar  buona  intel- 
ligenza tra  tutti  i  Reformati  ;  e  quantunque  dovesse 
riuscir  in  sola  apparenza,  sarà  nondimeno  di  gran 
frutto  e  beneficio.  Ma  mi  giova  sperare  che  sarà  in 
fatti  e  in  esistenza,  massime  impiegandovisi  monsieur 
Du  Plessis,  il  quale,  e  per  il  zelo  e  per  il  valore  e 
per  la  destra  maniera,  spero  che  sarà  infallibilmente 
coadiuvato  dalla  Maestà  divina. 

Ho  veduto  la  dichiarazione  del  Sinodo,  la  quale 
mi  è  parsa  non  solo  generosa,  ma  ancora  alquanto 
ardita  :  ma  forse  che  i  negozi  presenti  ricercano  che 
si  proceda  con  qualche  animosità  ;  il  che  non  può 
esser  veduto  da  chi  è  lontano,  e  non  sa  le  circo- 
stanze particolari  dei  negozi,  le  quali  debbono  dare 
la  forma  ad  ogni  risoluzione. 

Quanto  alle  cose  di  qui,  V.  S.  avrà  inteso  forse, 
innanzi  1'  arrivo  di  questa,  la  morte  del  nostro  Prin- 
cipe.1 se  bene  matura  quanto  all'  età  sua,  eh'  era 
di  77  anni,  acerba  nondimeno,  in  quanto  questa  Ee- 
pubblica  ha  perduto  un  soggetto  di  eroica  e  incom- 
parabile virtù.  Egli  ha  lasciato  la  vita  senza  dubbio, 
perchè  la  vivacità  e  la  grandezza  dell'animo  niente 
invecchiata  ha  voluto  che  il  corpo  debole  la  seguisse. 
Morì  essendo  di  ritorno  dal  Collegio  2  una  mattina 
dove  aveva  fatto  le  funzioni  sue  con  la  usata  co- 
stanza. I  Gesuiti,  i  quali  fanno  più  mal  qui  assenti, 
che  non  farebbono  presenti,  hanno  fatto  disseminare 

;  Leonardo  Donato 

2  Chiamavasi  dai  Veneziani  Collegio  un  consiglio  com- 
posto del  doge,  de'  suoi  sei  consiglieri,  dei  tre  capi  delle 
Quarantie,  e  dei  Savi  grandi,  di  terra  ferma  e  di  mare. 
Vedi  Griaunotti,  Repubblica  de'  Veneziani  (ediz.  del  1850), 
tomo  II,  pag,  92. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  325 

molte  cose  cantra  la  sua  memoria,  in  conclusione 
volendolo  dannato  all'  inferno,  sì  come  è  costume 
loro  di  rinchiudervi  tutti  quelli  che  non  li  obbe- 
discono e  servono.  Si  è  creato  il  successore l  quieta- 
mente e  senza  moto  alcuno;  persona,  se  bene  di 
valore  non  uguale  al  morto,  uguale  però  in  bontà. 

Questa  Repubblica  è  in  cattivo  stato,  perchè  i 
preti  con  gli  Spagnuoli  hanno  a  poco  a  poco  acqui- 
statosi una  porta,  la  quale  incomincia  ad  esser  con- 
siderabile, e  ogni  poco  che  si  faccia  maggiore,  par- 
torirà mutazione  di  stato.2  Hanno  fatto  maggior  male 
con  queste  pratiche,  che  non  avrebbono  fatto  con 
dieci  anni  di  guerra.  Non  è  credibile  quanto  possi 
V  arte  di  Spagna,  e  il  pretesto  di  religione. 

Tra  la  Repubblica  e  il  papa  in  apparenza  passa 
buona  intelligenza,  ma  in  esistenza  vi  è  molta  ma- 
teria di  disgusto  ;  la  quale  dal  papa  è  conservata  e 
aumentata  con  fierissimo  animo,  e  dalla  Repub- 
blica portata  innanzi  a  beneficio  del  tempo  per  le 
cause  sopraddette. 

I  Gesuiti  in  Costantinopoli  si  adoperano  quanto 
possono  per  nuocere  alla  Repubblica:  con  tutto  ciò, 
maggior  è  il  nocumento  che  portano  con  le  prati- 
che tra  noi.  Molte  cose  avrei  da  dirle,  ma  in  una 
sola  parola  concluderò  :  che  se  Dio  non  provvede, 
nel  quale  però  voglio  sperar  assai,  in  breve  la  Re- 
pubblica sarà  Genova.3  Veggo  di  avere  occupato  V.  S. 

1  Marcantonio  Memmo. 

2  II  Sarpi  così  previde  la  mutazione  che  volevasi  ope- 
rare coli'  iniquiasima  congiura  ordita  dagli  Spagnuoli  e  fe- 
licemente sventata  nel  1619. 

3  Così  ha  la  prima  stampa,  non  escluso  il  carattere  cor- 
sivo ;  e  sembra  potersi  intendere  :  la  repubblica  di  Venezia 
diverrà  simile  a  quella  di  Genova.  Noi  però  pensiamo  che 


326  LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SAEPI. 

più  del  dovere  ;  farò  fine  baciandoli  la  mano  insieme 
con  il  signor  Molino  e  padre  Fulgenzio. 
Di  Venezia,  il  dì  31  luglio  1612. 


CCXIV.  —  Al  medesimo.1 

Non  avendo  ricevuto  lettere  di  V.  S.  dopo  quella 
delli  10  luglio,  mi  son  persuaso  eh'  Ella  sia  ancora 
in  viaggio,  e  resto  in  qualche  dubitazione  se  le  mie 
le  siano  pervenute  in  mano.  Con  tutto  ciò,  non  posso 
intermettere  il  debito  ufficio  di  scriverle  con  ogni 
corriere,  quantunque  non  abbia  soggetto  degno;  poi- 
ché le  cose  in  Italia  camminano  nei  modi  consueti. 
In  Piemonte,  quantunque  quel  duca  non  possi  aver 
occasione  di  dubitare  che  alcuno  sia  per  offenderlo, 
tuttavia  attende  a.  crescere  la  sua  soldatesca  con 
nuove  compagnie  ;  e  quello  di  Parma  ad  imprigionare 
i  suoi  cittadini.  In  Roma  si  consulta  sopra  il  matrimo- 
nio del  principe  di  Galles  con  una  sorella  del  duca  di 
Toscana,  come  se  d' Inghilterra  fosse  concluso  ;  e  per 
cosa  certa  è  che  di  là  non  vi  è  risoluzione  alcuna. 
Non  so,  che  pensare  della  rottura  tra  il  papa  e 
la  Repubblica.  Succederebbe  senza  dubbio  se  li  Spa- 
glinoli la  volessero  ;  ma  essi,  o  perchè  non  metta  lor 
conto  la  guerra  in  Italia,  o  per  qualche  altra  cosa, 
non  vogliono  o  differiscono.  Intanto  il  papa  s1  irrita 
più,  e  la  Repubblica  si  fa  meno  diligente. 

Non  so  quello  che  debba  pensare  del  nuovo  im- 

dovrebbe  correggersi  Ginevra,  e  spiegarsi  :  sola  repubblica 
sarà,  o  potrà  trovarsi,  in  Ginevra. 
1  Stampata  come  sopra,  pag.  489. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  327 

peratore,  che  disegna  di  muover  la  guerra  ai  Tur- 
chi ;  impresa  ben  generosa,  ma  non  più  tentata  dai 
suoi  maggiori,  che  hanno  pensato  far  molto  nel  di- 
fendersi, senza  pensar  mai  ad  assaltare.  È  inter- 
pretato da  alcuni,  che  sia  pretesto  pei1- cavar  con- 
tribuzioni di  Germania.1  Ma  dove  già  una  lega  è 
formata,  sarà  cosa  difficile  procedere  con  arte.  In 
questo  mentre  passerà  1'  anno  presente  e  futuro,  né 
mostrerà  quello  che  si  tratti  adesso  tra  Francia  e 
Spagna  con  le  ambascerie  colorate  de'  matrimoni. 

E  venuto  qui  nuova,  esser  stato  impetrato  dal 
Nunzio,  con  editto  regio,  che  non  si  stampi  in  Pa- 
rigi cosa  alcuna  se  non  sia  approvata  prima  dal 
cancelliere.  Io  ho  desiderio  d' intenderne  la  verità. 
parendomi  cosa  di  molta  conseguenza.  Resto  pre- 
gando Dio  per  la  conservazione  di  V.  S.,  alla  quale 
bacio  la  mano. 

Di  Venezia,  il  dì  6  agosto  1G12. 


CCXY.  • —  Al  medesimo.2 

Non  avendo  veduto  lettere  di  V.  S.  questo  dispac- 
cio, ho  creduto  eh1  Ella  sia  in  viaggio.  Non  ho  però 
voluto  intermettere  il  consueto  e  debito  uso  di  sa- 
lutarla e  farle  riverenza  per  ogni  corriere  ;  se  bene 
non  vi  sia  novità  di  momento  e  degna  della  sua  sa- 
puta ;  poiché  in  Italia  non  vi  è  negozio  considera- 
bile, salvo  che  la  trattazione  di  matrimonio  che  fanno 

1  E  così  fu  il  vero,  non  solo  allora,  ma  più  altre  volte 
prima  e  anche  dopo.  Ipocrisie  politiche,  non  dissimili  da 
certe  altre  che  sono  in  voga  nei  tempi  nostri. 

'  Edita  come  sopra,  pag.  436. 


328  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

il  duca  di  Savoia  e  quello  di  Toscana  per  maritare 
questo  una  sorella  e  quello  una  figlia  al  principe 
di  Galles.1  Li  Toscani,  come  se  il  matrimonio  fusse 
concluso,  hanno  mandato  a  dimandarne  licenza  al 
papa  ;  al  che  vien  dato  dalli  intendenti  due  inter- 
pretazioni :  1'  una,  eh'  essendo  certi  di  ricever  la  ne- 
gativa d' Inghilterra,  voglino  per  onor  loro  riceverla 
più  tosto  dal  papa,  pubblicando  che  tutto  sarebbe 
stato  concluso  se  il  pontefice  avesse  assentito  ;  li  al- 
tri credono  che  tenendosi  esclusi,  voglino  escluder 
anco  il  duca  di  Savoia,  ricevendo  dal  papa  una  ne- 
gativa, acciò  serva  per  esempio  a  lui  per  non  cam- 
minar più  innanzi  nella  trattazione,  e  necessiti  anco 
il  papa  a  fare  il  medesimo  con  Savoia  e  star  per- 
severante. Ma  se  quel  grande  e  savio  re  eseguirà 
il  consiglio  dato  al  figliuolo  nel  suo  Basilicon  Do- 
ron,2  V  uno  e  1'  altro  potranno  voltar  i  loro  pensieri 
altrove. 

Il  duca  di  Parma,  se  ben  ha  veduto  la  morte  di 
tanti  e  principali  delli  suoi  incolpati  di  congiura, 
non  perciò  è  restato  senza  timore,  ma  tuttavia  va 
imprigionando  altri  e  empiendo  le  sue  città  di  per- 
sone forestiere  :  cosa  la  quale  Dio  non  voglia  che 
partorisca  qualche  inconveniente,  o  rovina  della  casa 
sua  o  della  città. 

I  Turchi  sono  in  mare  verso  la  Calabria  con  ar- 
mata, e  li  Spagnuoli  parimente  al  capo  di  Otranto 
con  un'  altra,  sebben  inferiore.  La  mente  di  questi 

1  Di  questa  pratica  di  matrimonio,  condotta  con  molta 
insistenza  dalla  corte  di  Toscana,  e  che  dovè  risolversi  in 
fumo  pel  dissenso  dei  cardinali  e  del  papa,  può  vedersi 
l' Istoria  del  Granducato  del  Galluzzi,  lib    VI,  cap.  2. 

-  Ossia,  Dono  reale  ;  titolo  di  una  della  opere  di  cui 
fu  autore  il  re  d' Inghilterra. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  329 

sarebbe  fare  qualche  azione  per  la  quale  mettessero 
alle  mani  la  Repubblica  con  i  Turchi;  ma  le  loro 
arti  e  il  fine  sono  troppo  scoperti,  né  credo  che  riu- 
scirà alcuno  di  questi  disegni. 

I  disgusti  del  papa  e  della  Repubblica  vanno  in- 
grossando sempre  più,  e  temo  che  in  fine  sia  per 
venirsi  a  rottura.  I  preti  hanno  scomunicato  un  ca- 
pitano di  mare,  ma  in  secreto.  Il  vescovo  di  Cesena 
è  chiamato  per  averlo  detto,  e  un  vice- capitano  del 
patriarca  di  Aquileia  imprigionato  in  luogo  dove  si 
tiene  esser  sovrano  :  cose  che  i  preti  non  possono 
sopportare.  Temo  che  in  fine  sarà  guerra  ;  ma  come 
si  farà  per  aiuto,  non  essendo  re  in  Francia  ? *  De- 
sidero che  V.  S.  mi  dica  che  cosa  si  possa  sperare. 

Intendo  che  in  Parigi  è  stato  imprigionato  un 
curato,  per  essergli  trovate  alcune  scritture.  Ho  gran 
curiosità  di  sapere  che  scritture  erano  quelle.  Le 
cose  di  Germania,  dopo  la  creazione  dell'  impera- 
dore,2  riposano. 

Dio  faccia  che  sia  per  lungo  tempo,  sì  come  anco 
prego  Dio  che  conservi  la  pace  in  cotesto  regno,  e 
doni  a  V.  S.  ogni  felicità  ;  alla  quale  restando  de- 
dicato, bacio  umilmente  la  mano. 
Di  Venezia  il  dì  14  agosto  1612. 


CCXYL  —  A  Giacomo  Gillot* 

Ricevei  le  lettere  di  V.  S.  de1 16  giugno  :  non  feci 
risposta  subito,  ma  ho  indugiato  fin  qui  per  angu- 

1  Non  essendovi  re,  ma  regina,  per  la  minorità  di  Luigi. 

2  Mathias  era  stato  proclamato  imperatore  a  dì  13  giugno. 

3  Stampata  in  latino,  tra  le  Opere  ec.,  tom.  VI,  pag.  19. 


330  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

stia  di  tempo  e  per  sopravvenienza  di  grave  e  inco- 
moda malattia.  Ora,  tornato  quasi  a  intera  salute, 
la  ringrazio  fin  dal  principio  per  avermi  tenuto  degno 
della  sua  memoria  e  onorato  di  lettere,  sebben  le 
costassero  la  interruzione  degli  affari  e  degli  studi. 
Mi  fé  maraviglia  la  proibizione  intimata,  ad 
istanza  del  Nunzio,  per  la  edizione  dei  Concilii  Pi- 
sani, come  di  una  novità  pel  regno.  Hanno  fin  qui 
teso  insidie  alla  vostra  libertà  coi  tranelli  de5  Ge- 
suiti ;  ora,  a  quanto  vedo,  F  assaltano  con  forza 
aperta  ;  e  me  ne  duole  per  voi,  temo  per  noi  mede- 
simi. Giacché,  quando  riescano  a  innestare  la  no- 
vella dottrina  allo  stesso  regno,  noi  deboli  e  pochi 
esciamo  di  speranza  di  poter  da  soli  resistere.  Vol- 
gono cinquanta  anni  dacché  in  Francia  niuno  vo- 
leva sapere  di  massime  siffatte;  e  ora  tanti  sono 
che  le  hanno  accolte,  che  a  breve  andare  tutti  le 
abbracceranno,  e  segnatamente  perchè  al  picciol  po- 
polo sembrano  vantaggiose.  Ogni  specie  di  vizio  ci  tro- 
va patrocinio.  Ad  esse  affidansi  gli  avari,  per  fare  alla 
fianca  mercato  delle  cose  spirituali  ;  i  superstiziosi, 
per  supplire  co'  baci  infervorati  sulle  immagini  al- 
l' esercizio  di  tutte  le  virtù  cristiane  ;  gli  ambiziosi 
di  bassa  lega,  che  non  possono  andar  a  caccia  di 
nominanza  senza  delitti,  per  coprire  d'un  velo  santo 
ogni  cima  di  ribalderia.  GÌ'  indifferenti  ci  vedono  un 
palliativo  all'  accidia  spirituale  ;  e  chi  non  teme  Dio. 
ha  fatto  apposta  un  Iddio  visibile  per  darsi  il  me- 
rito d1  adorarlo  sopra  gli  altri.  Da  ultimo,  non  ci  ha 
spergiuro,  non  sacrilegio,  non  parricidio,  non  ince- 
sto, non  rapina,  non  frode  o  inganno,  che  non  si 
possano  mascherare  come  opere  meritorie  sotto  il  velo 
della  dispensa.  Qual  maraviglia  che  i  più  facciano 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      331 

buon  viso  a  quel  che  s'  accomoda  alle  cupidità  dei 
più  V  Pure  i  buoni  non  devono  disperare  :  fu  peste 
di  tutti  i  secoli,  che  per  il  divino  onore  e  la  verità 
combattessero  i  meno.  Pur  combatterono  sempre  e 
con  tutta  la  lena,  e  Dio  fu  propizio  a'  loro  conati.  Og- 
gidì dobbiamo  nutrire  le  stesse  speranze. 

Lodo  la  S.  V.  che  abbia  dismesso  lo  scrivere,  e  si 
dia  alla  pubblicazione  di  libri  antichi,  per  far  la  via 
al  vero  e  causare  la  invidia  e  le  persecuzioni.  Io  me- 
desimo non  avrei  mai  posto  mano  a  scritture,  se  non 
mi  ci  avesse  costretto  la  necessità.  Vedo  eh'  ogni  dì  più 
infierisce  la  baldanza  de'  Gesuiti  ;  ma  non  avrei  pen- 
sato che  giungesse  al  segno  di  negare  apertamente 
fiducia  al  Senato  di  Parigi,  quando  ninno  mai  in 
tanti  anni  ne  ha  palesato  ingiurioso  sospetto,  e  tutto 
il  mondo  ne  ha  accolto  stupefatto  i  giudizi. 

Ho  letto  attentamente  la  orazione  che  pubblica- 
rono come  proferita  al  senato  da  Montolon  : 1  lo 
stile  mi  par  tutto  del  Coton,  e  non  si  può  credere 
che  il  Montolon  arringasse  sì  prolisso.  È  degna,  a 
mio  credere,  che  si  legga  siccome  saggio  della  teme- 
rità della  Compagnia.  Godo  di  tutto  cuore  che  i  ne- 
mici non  valessero  a  balzare  Richer  dal  sindacato: 
sarebbe  invero  stata  una  rovina  pe' buoni  studi.  I 
quali  bramerei  che  egli  in  bene  ordinata  opera  soste- 
nesse e  patrocinasse  ;  e  ho  meco  consenzienti  tutti 
i  buoni. 

La  nostra  corrispondenza  epistolare  si  ravviverà 

1  La  famiglia  dei  Montholon  produsse  una  lunga  serie 
di  eccellenti  giureconsulti.  Quello  di  cui  si  parla  fu  Gia- 
como di  Montholon,  avvocato  al  Parlamento  di  Parigi,  che 
in  quei  giorni  aveva  scritto  un'  aringa  in  favore  dei  Gesuiti, 
ed  era  figlio  del  celebre  Francesco,  che  morì  essendo  guar- 
dasigilli della  corona. 


332  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

pienamente  dentro  1'  annata,  siccome  spero  ;  ma  in 
questo  intervallo  non  tralascerò  d' inviar  lettere  alla 
S.  V.  anche  col  mezzo  del  signor  Leschassier,  quan- 
tunque non  con  quella  libertà  che  mi  prometto  di 
usare  per  1'  avvenire.  Niente  ho  ricevuto  per  ora  da 
Francfort  ;  ma  non  fa  caso,  avendo  io  voluto  che 
nascondessero  quel  che  mandavano  sotto  i  grandi 
involucri  delle  merci,  affin  di  salvarlo  dalla  sorve- 
glianza di  quei  di  Trento.  Prego  Dio  che  serbi  a 
lungo  in  sanità  la  molto  egregia  S.  V.  ;  e  le  bacio 
le  mani. 

14  agosto,  1612. 


CCXVII.  —  A  Giacomo  Leschassier.1 

Fui  confortato  da  grandissimo  diletto  leggendo 
le  lettere  della  S.  V.  in  data  del  12  luglio,  per  le 
quali  m' informa  che  indarno  si  cercò  di  dare  un 
successore  a  Richer  nell'  officio  del  sindacato.  Io 
penso  che  qui  non  si  tratti  soltanto  dell'  onore  di 
quel  personaggio,  che  pur  reputo  degno  di  somma 
venerazione,  ma  altresì  d' un  interesse  comune  ;  poi- 
ché, se  gli  è  stata  mantenuta  la  carica,  sarà  ma- 
nifesto a  tutti  che  i  buoni  approvano  la  sua  dottrina. 
Io  ho  sempre  ammirato  e  avuto  in  grandissimo  onore 
la  fermezza  francese  nel  difendere  la  libertà  della 
Chiesa,  ma  oggi  più  che  mai,  vedendovi  incrollabili 
di  fronte  alle  contrarietà  del  cielo  e  della  terra. 
Prego  Dio  che  aiuti  e  coroni  di  buon  successo  la 
vostra  costanza  e  i  vostri  sforzi. 

1  Edita  come  sopra,  pag.  105. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  33?> 

Unitamente  alle  sue  lettere  ricevei  metà  della 
difesa  del  Montolon,  composta  da'Gesuiti,  che  ho  letto 
spesso  con  nausea  e  talvolta  anche  con  riso.  Se  vi 
aggiungeranno  la  quarta  parte,  che  contiene  ingiu- 
rie verso  gli  avversari,  faranno  il  loro  mestiere.  Ma 
mi  fa  caso  come  quel  modo  di  scrivere  sempre  dan- 
noso, praticato  da  essi  non  noccia  presso  al  volgo  ; 
e  debbon  essere  ben  fortunati,  se  tutto  facendo  per 
finire  di  screditarsi,  pur  restano  a  galla.  Questo  di 
bene  avrà  portato  1'  arringa  di  Montolon  o  Cotton. 
che  nel  sermone  del  signor  Servili  si  trova  la  soscri- 
zione  di  quelli  che  dichiarano  professare  la  dottrina 
della  Sorbona.  Ma  qui  si  pare  l' equivoco  ;  inten- 
dendo essi  per  dottori  sorbonici  quelli  che  tengono 
le  massime  dei  romanisti,  e  gli  altri  avendo  in 
conto  di  dannati  e  tolti  di  carica.  Veggo  bene  la 
difficoltà  dello  scrivere  contro  i  loro  insegnamenti  ; 
poiché  confondono  la  propria  causa  con  quella  del 
papa,  e  non  nel  solo  articolo  della  pontificia  auto- 
rità, ma  pressoché  in  tutti.  Soltanto  nel  punto  de- 
gli equivoci  pare  che  facciano  finora  parte  da  sé 
stessi  :  ma  creda  a  me,  si  accorderanno  anche  in 
questo,  e  presto  ;  stantechè  sieno  onnipotenti  nella 
curia  di  Roma,  e  V  istesso  papa  gli  tema. 

Ho  scritto  in  Sicilia  per  aver  tutta  e  per  disteso 
la  sentenza  del  viceré  contro  i  Gesuiti.  Appena  rice- 
vuta, la  spedirò  a  V.  S.  Credo  che  già  le  sarà  per- 
venuta nuova  della  morte  del  capo  di  questa  Re- 
pubblica,1 persona  d'  eroiche  virtù.  Era  già  da  sei 
mesi  caduto  in  una  malattia,  di  cui  non  mai  si 
riebbe    appieno,   e   ogni    giorno   diceva  ne   sarebbe 

1  II  Donato.  Vedi  la  Lettera  CCXIII,  pag.  324  e 
nota  1. 


334  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

morto  presto  ;  ma  sì  fresca  serbava  la  mente  e  vi- 
gorosi i  sensi,  che  del  continuo  attendeva  a' pubblici 
affari,  da  parer  die  godesse  sanità  perfetta.  Essendo 
pervenuto,  a'  16  di  luglio,  secondo  1'  usato,  al  Con- 
siglio del  collegio,  dopo  aver  trattato  alla  maniera 
ordinaria  le  cose  comuni,  tornossene  alle  proprie 
stanze  e  in  poche  ore  passò.  I  Gesuiti,  in  ogni  luogo 
d'  Italia,  e  qui  ancora,  per  mezzo  de'  loro  corifei, 
detraggono  alla  sua  memoria,  e  mettono  in  vista 
tra  le  altre  cose  la  sua  repentina  fine,  quasi  fosse 
un  gastigo  di  Dio  ;  non  sapendo  che  sciagurata  è  la 
morte  subitanea  quando  è  improvvisa  all'  apparec- 
chio, non  all'  aspettazione  ;  e  che  nulla  è  più  desi- 
derabile a  un  onesto  uomo,  che  dire  addio  alla  terra 
dopo  un  apparecchio  di  tutta  la  vita  nella  interezza 
dei  sentimenti  e  nel?  adempimento  stesso  dei  propri 
offici.  A  Roma  fecero  festa  pel  decesso  di  lui,  ma 
sarà  stata  invano  ;  poiché,  con  loro  cocentissima 
amarezza,  s'  accorgeranno  che  non  egli  solo  era 
istrutto  delle  arti  gesuitiche,  ma  che  tutta  la  più 
specchiata  nobiltà  le  conosce.  Fin  qui  hanno  guada- 
gnato un  bel  niente,  e  così  spero  sarà  in  avvenire. 
Mi  dicono  che  i  Gesuiti  stampino  gli  statuti  e  i 
privilegi  della  Compagnia  soltanto  al  Collegio  ro- 
mano, e  che  non  ne  rilascino  gli  esemplari  che  a  più 
fidati  loro  consoci.  Non  mi  è  riuscito  mai  di  ve- 
dere la  edizione  del  1606,  per  quanto  usassi  ogni  in- 
dustria a  procacciarmene  una  copia.  Né  mai  m'  è 
accaduto  vedere  le  bolle  di  Clemente  Vili,  di  cui 
Ella  mi  manda  l'intitolazione  ;  né  l'approvazione  di 
Paolo  V  dell'  istituto  e  dei  privilegi  della  società. 
Tutti  questi  articoli  si  trovano  più  facilmente  fuori 
d' Italia  che  in  Italia,  giacché  qui  sono  costretti  a  te- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  335 

nerli  negli  offici i  ed  occulti,  sebbene  conoscano  aper- 
tamente la  verità.  A  gran  fatica  ho  trovato  il  Bol- 
lano impresso  il  15G8  nel  collegio  della  Compagnia, 
insieme  colle  Costituzioni  della  medesima:  ivi  stanno 
le  concessioni  dei  pontefici  fino  a  Pio  IV.  Ho  fatto 
«accia  anche  degli  esemplari  manoscritti  di  tutte  le 
bolle  di  Pio  V,  dei  due  Gregorii  XIII  e  XIV  a  favore 
della  Società,  con  certi  altri  statuti  e  decreti  dei 
priori  delle  congregazioni  generali  ;  ne  altro  io  ten- 
go dei  loro  segretumi.  Se  bisogna  alla  S.  V.  qual- 
cheduno  dei  documenti  accennati,  non  ha  da  far 
altro  che  comandarmi. 

Ricevei  per  questo  corriere  due  lettere  della  S.  V.  ; 
de'  18  luglio  la  prima,  col  resto  dell'  arringa  in  prò 
de'  Gesuiti  e  cogli  atti  pubblicati  a  favore  di  Ri- 
cher  ;  e  1'  ultima  dei  20  dello  stesso  mese,  con  gli 
atti  del  Parlamento.  Ma  più  che  altro,  m'  andò  a 
sangue  la  narrativa  della  disputa  solita  tenersi  nel 
capitolo  generale  dei  Predicatori  :  ne  avevo  qualche 
contezza  e  per  udita  e  per  lettere,  ma  non  al  tutto 
rispondente  al  compiuto  tenore  di  questo  racconto. 

Io  vorrei  che  per  tutta  Italia  si  divulgasse  che 
Perron  2  e  il  Nunzio  hanno  confessato  non  essere  per 
anco  definita,  ma  potersi  discutere  in  senso  favore- 
vole e  contrario,  la  superiorità  del  papa  e  del  Con- 
cilio. Poiché  se  tanto  s'  arrischiasse  a  dire  qualcuno 
in  Italia  fuori  del  dominio  di  questa  Repubblica,  o 
verrebbe  costretto  ad  un'  abiura  come  eretico,  o  ne 


1  Allusione  al  metodo  che  allora  tenevasi,  riguardo  a 
ciò,  dal  governo  veneto,  che  certo  avrà  fatto  custodire  co- 
testi libercoli  nella  Secreta  di,  Stato. 

-  Il  cardinal  Giacomo  Da  Perron.  Vedi  il  tomo  I, 
pag.  153  e  nota. 


336      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

andrebbe  bruciato.  Il  sindaco  e  gli  altri  Francesi 
presenti  alla  disputa  si  portarono  con  gran  fer- 
mezza e  dignità. 

Àvidamente  lessi  gli  atti  del  Parlamento  nella 
causa  del  Piicher,  e  a  questo  titolo  le  rendo  infinite 
grazie.  Compatisca  di  grazia  alla  curiosità  mia  :  nulla 
più  desidero  sapere  che  quanto  ha  riguardo  a  una 
tal  causa.  Io  penso  (e  l'ho  già  significato)  che  la  vo- 
stra e  dirò  pur  nostra  libertà  risiede  in  ciò,  che 
quel  libercolo  viva,  e  sia  manifesto  al  mondo  che  sono 
cattolici  coloro  che  1'  approvano  (quantunque  non 
manchino  i  detrattori),  e  che  la  pubblica  voce  si 
faccia  a  sostenerlo.1 

È  vero  quel  eh'  Ella  ha  udito  circa  la  pace  fra 
Persiani  e  Turchi  ;  ma  intanto  il  Turco  cede  ogni  do- 
minio che  1'  avolo  conquistò  a'  Persiani  e  il  Persiano 
ricuperò.  Non  si  scoprono  sino  a  qui  chiari  i  disegni 
dei  Turchi  ;  ma  penso  ch'abbiano  la  mente  alle  vittorie 
dei  Polacchi  contro  a'Paissi,  e  là  intendano  le  loro 
mire.  Già  si  verificano  movimenti  d'armati  nella  Tran- 
silvania  e  Valacchia.  Noi  non  abbiamo  di  che  temere, 
in  quanto  che  senza  d' una  flotta  navale  non  possiamo 
essere  offesi,  né  a' Turchi  riesce  procacciarsela  a  un 
tratto.  Ci  tocca  bensì  contrastare  agli  artificii  di  co- 
loro che  rimestano  ogni  cosa  col  danaro  e  sotto  pre- 
testo di  religione.  Sono  gli  Spagnuoli  con  la  flotta 
presso  Otranto,  e  i  Turchi  con  un'  altra  sopra  i  lidi 
della  Calabria  ;  la  flotta  veneziana  sta  intorno  a 
Corfù.  Gli  Spagnuoli  ricorrono  ad  ogni  espediente 
per  far  nascere  dissensioni  tra  i  Turchi  e  questa  re- 

1  Ed  ecco,  secondo  noi,  il  riformatore  cattolico,  che 
vuole  al  suo  intento  valersi  anche  della  riforma  protestante, 
ma  senza  uscire  dal  cattolicismo. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  337 

pubblica  ;  ma  le  loro  arti  son  note  ad  entrambi  i 
paesi  e   non  riusciranno. 

Ebbi  notizia  che  un  parroco  su  quel  di  Parigi  fu 
incatenato  e  messo  in  carcere  per  esserglisi  trovati 
in  casa  scritti  contrari  all'  autorità  del  papa.  Ho 
gran  desiderio  di  sapere  se  questa  è  la  verità.  Prego 
la  S.  V.  a  consegnare  al  signor  Gillot  le  lettere  al- 
legate alla  presente,  e  fargli  i  miei  più  compiti  con- 
venevoli. Io  non  cesso  di  pregare  ogni  giorno  la  sua 
divina  Maestà,  eccellentissimo  signor  mio,  perchè  la 
tenga  in  buona  salute  ;  e  le  bacio  le  mani. 
14  agosto,  1612. 


CCXV1II.  —  Al  signor  de  V  Me  Grosìot,1 

In  questi  giorni  passati,  vedendo  di  non  aver 
lettere  di  V.  S.,  ho  congetturato  quello  che  io  veggo 
esser  avvenuto  infatti;  cioè  ch'Ella  per  indisposizione 
fosse  stata  impedita  dallo  scrivere.  Coteste  replicate 
cosi  frequenti  di  gotta,  da  quali  Ella  è  assalita,  mo- 
strano eh'  Ella  affatica  troppo,  massime  l' animo,  il 
quale  è  necessario  che  riposi,  per  dare  insieme  ri- 
poso al  corpo.  Lo  sforzo  eh'  Ella  ha  fatto  di  met- 
tersi nel  negozio,  appunto  nel  tempo  quando  era 
assalita  dai  dolori  violenti,  farà  ben  quello  eh'  io 
temo,  ch'Ella  ne  sentirà  qualche  effetto:  e  siccome, 
attesa  l'importanza  degl'affari  in  che  s'  è  implicata, 
non  posso  se  non  commendare  la  sua  risoluzione 
nell'  anteporre  la  pubblica  utilità  alle  proprie  ne- 
cessità, così  io  non  vorrei  eh'  Ella  s'  accostumasse, 

1  Stampata  nella  raccolta  di  Ginevra,  pag.  492. 
Sari-i.  —  II.  22 


338  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

ma  che  prima  governando  la  sua  sanità,  piuttosto  si 
rendesse  abile  a  servir  il  pubblico  più  lungamente. 

L'  opera  fatta  da  lei  e  dai  colleghi  è  così  ono- 
revole come  potesse  succedere,  e  si  vede  che  Dio 
ha  benedetta  la  loro  impresa,  poiché  è  succeduta 
con  tanta  prestezza.  Io  pronostico  frutti  migliori  di 
quello  che  si  poteva  sperare  ;  perchè  i  modi  degli 
avversari  porgeranno  occasione  di  restringersi  mag- 
giormente in  perfetta  e  real  riunione.  Io  so  che  il 
re  di  Francia  morto  ha  usato  tutto  il  suo  sapere  e 
arti  per  seminar  diffidenze,1  e  credo  che  da  questo 
abbiano  origine  molte  delle  cose  passate  tra  i  Ri- 
formati ;  e  piuttosto  mi  maraviglio  che  non  siano 
state  maggiori.  Certamente  si  deve  credere  che  la 
riunione  successa  al  presente,  sia  per  volontà  divina, 
inviata  a  qualche  servizio  e  gloria  sua,  come  la  prego 
che  sia.  Ma  la  dichiarazione  regia  che  V.  S.  mi  man- 
da, mi  pare  che  sia  appunto  una  di  quelle  medicine 
che  insieme  fanno  il  male  maggiore,  e  mostrano  l' in- 
sufficienza del  medico.  Mi  pare  un  artifizio  di  scuola 
la  distinzione  di  chiamarsi  ben  servito  dall'  univer- 
sale, e  condannare  i  particolari.  Non  ho  veduto  più 
usar  simili  artifizi  in  Francia  ;  ma  ben  si  vede  che 
insieme  con  l'affezione  spagnuola,  si  apprende  anco 
il  modo  di  procedere. 

Qui  in  Italia  non  abbiamo  cosa  nuova,  se  non 
un  gran  disgusto  e  contenzione  tra  i  duchi  di  Man- 
tova e  di  Parma.2  Se  fossero  potenti,  ovvero  se  non 

1  Ecco  una  testimonianza  che  non  farebbe  molto  onore 
alla  tanto  decantata  lealtà  del  grande  Enrico  di  Francia  -, 
e  insieme  una  prova  che  nessun  reggitore  di  popoli  può 
tenersi  interamente  netto  da  quelle  volpine  arti  a  cui  si  dà 
nome  di  ragion  di  stato. 

-  Per  cagione  della  congiura  ordita  contro  il  secondo 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  339 

temessero  i  più  potenti,  cioè  gli  Spaglinoli,  sarebbero 
passati  così  innanzi,  che  verrebbero  alle  armi.  Senza 
dubbio  alcuno,  ciò  non  sarà,  perchè  per  Spagna 
non  fa  aver  moto  in  Italia  al  presente. 

La  settimana  passata  uscì  per  tutta  Roma  una 
nuova  dal  palazzo  papale,  che  al  pontefice  era  stata 
resa  una  lettera  del  duca  di  Buglione,1  la  quale  egli 
non  aveva  voluto  ricevere  per  esser  di  eretico,  ma 
l'aveva  mandata  all'Inquisizione;  dove  fu  letta.  In 
quella  si  diceva,  che  nel  suo  viaggio  fatto  in  Inghil- 
terra, aveva  scoperto  una  grandissima  inclinazione 
di  quel  re  e  del  regno  al  ritornare  alla  religione 
romana  ;  e  che,  per  effettuar  con  prestezza  e  facilità 
così  buona  opera,  non  vi  era  miglior  mezzo,  che  il 
matrimonio  del  principe  di  Galles  con  la  sorella  del 
granduca.  Però  confortava  sua  santità  ad  adope- 
rarsi per  la  effettuazione.  Siccome  non  credo  che 
l'inclinazione  suddetta  vi  sia,  né  che  il  duca  di  Bu- 
glione abbia  scritto,  così  accerto  V.  S.  che  per 
Roma  è  stata  affermato  dai  principali  ministri  pon- 
tificii. Che  mistero  sia  qua  sotto  occulto,  non  mi 
posso  per  ancora  immaginarlo. 

In  questi  giorni  passati  si  è  dubitato  che  potesse 
nascere  qualche  rottura  tra  questa  Repubblica  e 
l'arciduca  Ferdinando  di  Austria,  perchè  alcuni  suoi 
sudditi  erano  sbarcati  nell'isola  di  Veggia,2  e  ave- 
vano fatto  prigione  il  conte  di  queir  isola,  che  si  ri- 
di essi,  come  in  più  d'  una  delle  Lettere  precedenti,  e  che 
credevasi  promossa  dal  duca  di  Mantova. 

1  Enrico  de  la  Tour  d'  Auvergne,  duca  di  Bouillon, 
dopo  riconciliatosi  con  la  corte,  era  stato  spedito  in  Inghil- 
terra per  notificare  a  quel  re  il  matrimonio  di  Luigi  XIII 
colla  infanta  di  Spagna. 

2  Così,  per  pronunzia  venezianesca,  invece  di  Veglia. 


340  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

trovava  sopra  un  porto  per  negozi  pubblici  ;  per  la 
quale  ingiuria,  erano  state  mandate  quindici  galere, 
rinforzate  con  buon  numero  di  soldati,  da' quali  sbar- 
cati s'  erano  fatti  molti  atti  ostili  nei  luoghi  arcidu- 
cali. Adesso  viene  avviso  che  il  Conte  di  Veggia  è 
stato  restituito  nel  medesimo  luogo  dove  fu  preso; 
per  il  che  ogni  cosa  s'  accomoderà.  Tuttavia  cresce 
la  poco  buona  intelligenza  tra  la  Repubblica  e  il 
papa,  ma  non  produrrà  effetti  di  rottura,  perchè 
ogni  uno  ama  l'ozio. 

L' ambasciatore  in  Roma  scrive  al  Principe,  aver 
scoperto  che  in  Roma  si  tenga  stretta  trattazione 
contro  la  vita  mia.1  Non  so  ancora  niente  di  parti- 
colare; ma  sarà  quello  che  piacerà  a  Dio,  senza  il 
voler  del  quale  i  disegni  umani  riescono  vani. 

Poiché  V.  S.  è  stata  in  Parigi,  io  prendo  ardire  di 
pregarla  di  soddisfare  ad  una  mia  curiosità,  la  quale 
volendo  io  adempire  e  avendo  parlato  con  diversi,  ho 
trovato  la  relazione  tanto  diversa,  quanto  il  numero 
delle  persone.  Da  lei  spero  d' intendere  la  verità  ; 
vale  a  dire  se  il  re  di  Francia  mostra  capacità,  per 
quanto  la  età  comporta,  e  se  conosce  i  difetti  della 
regina.2  Mi  maraviglio  che  non  sento  più  parlar 
de' Gesuiti  di  costì.  È  possibile  che  siano  quieti?  Se 
così  è,  riposano  per  ingagliardirsi  a  fare  qualche 
maggior  male.  Prego  Dio  che  attraversi  i  loro  cat- 
tivi disegni.  Al  quale  anco  raccomando  V.  S.,  e  le 


1  È  da  tenersi  conto  della  notizia  data,  come  direb- 
besi,  in  via  diplomatica.  E  vedasi  anche  la  Lettera  che 
segue. 

2  Questo  era  assai  facile,  e  presto  gli  eventi  il  dimo- 
strarono. Quanto  all'  altra  cosa,  difficile  in  ogni  tempo  ed 
a  tutti,  la  storia  è  là  per  farne  testimonianza. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  341 

bacio  la  mano,  salutandola  per  nome  degli  amici,  il 
signor  Molino  e  padre  Fulgenzio. 

Di  Venezia,  il  dì  11  settembre  1612. 

CCXIX.  —  Al  medesimo.1 

Scrissi  a  V.  S.  sotto  il  dì  11  di  questo.  Col  pre- 
sente ordinario  ho  ricevuto  la  sua  delli  4  dell'  istesso 
mese,  insieme  con  la  raccolta  delli  privilegi  de'  Ge- 
suiti, i  quali  io  credo  aver  manoscritti  tutti.  Con- 
fronterò questo  esemplare  stampato  col  mio,  e  in 
caso  che  avessi  alcuna  pezza  di  più,  la  manderò. 

Con  queste  medesime  ho  ricevuto  la  Disputa  po- 
litica, della  quale  avendo  trascorso  alcuni  capi,  veggo 
che  l'autore  ha  di  buone  opinioni,  e  lo  stimo.  Solo 
mi  pare  che  quella  materia  non  dovesse  esser  trat- 
tata con  così  pochi  argomenti,  ma  ricercasse  mag- 
gior confirmazione  e  confutazione.  Io  credo  che  dagli 
altri  libri  che  ha  piaciuto  al  signor  Gillot  d' inviar- 
mi, sarò  per  cavar  profitto  ;  perchè  la  negoziazione 
del  Concilio  di  Pisa,  nei  suoi  tempi,  fu  di  molto  mo- 
mento. Io  prego  V.  S.  a  far  i  dovuti  ringraziamenti 
a  quel  signore,  al  quale  io  ho  tanti  obblighi,  che 
non  potrò  corrispondere  in  minima  parte.  Aspetto 
di  vedere  la  risposta  del  figlio  di  Barclaio,2  credendo, 
anzi  essendo  certo,  di  trovarci  dentro  di  belle  ar- 
guzie. 

Il  libro  della  medesima  materia  stampato  in 
Heidelberg,  non   è  comparso  in   questo  paese,   ma 

1  Edita  come  sopra,  pag.  498. 

-  Vedi  la  Lettera  seguente  ed  altre. 


342  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

venerdì  scriverò  a  Francoforte,  che  di  là  mi  sarà 
mandato  più  comodamente.  Poiché  i  Gesuiti  s'affa- 
ticano operando  d'acquistar  il  dominio  di  Francia, 
anzi  di  Europa,  e  che  non  si  vede  modo  al  presente 
di  far  loro  opposizione,  è  bene,  almeno  con  le  scritture, 
insti tuire  la  posterità,  se  in  questi  nostri  sarà  per- 
duta: la  quale  però  voglio  anco  sperare  che  non 
averanno  forza  di  opprimere  totalmente  ;  e  forse  an- 
cora piacerà  a  Dio  che  questi  principii  sveglino 
quelli  a  chi  appartiene,  e  che  si  rimedi  anco  al  male 
già  fatto.  Starò  aspettando  la  relazione  che  V.  S. 
mi  promette,  sopra  il  libro  senza  pari,  che  si  tratta 
di  metter  in  luce. 

Io  ho  sentito  dispiacere  così  grande  dell'incon- 
tro avvenuto  a  Richer,  come  fosse  occorso  a  me 
stesso.  Quella  privazione  del  sindicato *  non  nuoce  so- 
lamente a  lui,  ma  ancora  alla  causa.  Io  ne  sono  stato 
sempre  in  gran  timore,  e  credo  che  quel  signore 
dovrà  aver  innanzi  gli  occhi  l' esempio  dell'  abate 
di  Bois  :  il  che  non  le  dico  senza  ragione  e  senza 
qualche  indizio. 

Avevo  già  inteso  la  dichiarazione  del  re  della 
Gran  Brettagna,  molto  savia  e  commendata.  M'  è 
piaciuto  averla  veduta  formale,  e  ringrazio  V.  S. 
così  di  quella,  come  dell'altre  pezze  che  li  è  pia- 
ciuto mandarmi. 

Di  nuovo,  un  cardinale  ha  dato  avviso  all'am- 
basciatore della  Repubblica  in  Roma,  che  è  stato 
maneggiato  una  pratica  contro  la  vita  del  padre 
Paolo  :  cosa  che  dà  qualche  disgusto  al  Senato. 

Quanto  al  negozio  di  monsieur  di  Thou,  passò 

1  Vedi  la  nota  2  a  pag.  291. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARP[.  343 

il  successo  in  questa  guisa.  Avendo  il  padre  confe- 
rito con  il  signor  Nani  il  suo  pensiero  inclinato  a 
mandar  le  memorie  sue  a  monsieur  di  Thou,  come 
cosa  anco  di  onore  per  la  Kepubblica,  e  dimanda- 
togli consiglio,  rispose  che  non  era  cosa  da  consi- 
gliare, ma  da  eseguire:  fosse  dato  a  lui,  che  ne 
avrebbe  fatto  l' ufficio.  Il  padre  così  fece  ;  ma  poi  il 
signor  Nani,  o  per  dubbio  che  li  venisse  in  mente, 
o  perchè  la  cosa  proposta  in  Collegio,  si  deliberò 
soprassedere  ;  onde  quello  non  le  portò,  e  il  Padre 
restò  legato  eli  non  poter  far  altra  risoluzione.  Ecco 
quello  eh' è  passato.  Al  presente,  desiderando  che 
monsieur  di  Thou  e  il  signor  de  l' Isle  siano  serviti, 
ho  pensato  un  temperamento,  il  quale  credo  sarà  fa- 
cile, e  senza  che  il  Padre  resti  interessato.  Era  in 
questa  città,  con  V  ambasciatore  d' Inghilterra  Wot- 
ton,  un  ministro,  persona  singolare:  egli  avendo 
letto  le  suddette  cose,  pregò  il  Padre  di  copia:  in 
fine  si  contentò  il  Padre  che  le  copiasse,  non  in 
italiano,  come  erano,  ma  in  inglese;  e  ebbe  li  suoi 
rispetti,  perchè  pensasse  poter  far  così,  e  non  altri- 
niente.  Neil1  allegata  si  scrive  ad  esso  ministro,  che 
ne  faccia  parte  di  tutto  a  monsieur  di  Thou.  Sarà 
facile  trovar  in  che  terra  egli  abiti,  informandosi  da 
Wotton.  Credo  che  monsieur  de  Thou  sarà  sodisfatto, 
e  il  Padre  senza  pericolo:  ma  la  scrittura  è  lunga 
non  meno  d'un  quinterno  di  carta.1 

1  II  Griselini  parla  del  Wotton  ambasciatore  in  più 
luoghi  delle  sue  Memorie  ec,  e  in  ispecie  laddove  confuta 
le  menzogne  del  Burnet  e  del  Walton  circa  la  storia  del 
Concilio  di  Trento.  Vedasi  a  pag.  114-15  ec.  Contuttociò, 
e  dopo  aver  lette  quelle  parole,  vedrà  ciascuno  quanto  il 
racconto  di  questa  Lettera  importi  per  le  future  biografie 
dell'  immortale  Servita. 


344  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

Le  considerazioni  che  mi  fa  V.  S.  intorno  i  bi- 
sogni della  Repubblica,  sono  vere  e  vedute.  La  ne- 
cessità che  vi  sarebbe  di  lega,  massime  con  le  Pro- 
vincie unite,  è  notissima  :  ma  io  non  posso  senza 
estrema  impazienza  vedere  che,  essendo  il  mondo  di- 
viso in  due  parti,  la  sola  Repubblica  vuol  fare  da 
sé.  Non  è  la  causa  il  timor  di  Spagna,  ma  certo  in- 
teresse, e  poca  intelligenza.  Chi  volesse  effettuare 
questa  buona  opera,  non  bisognerebbe  cominciar 
da  qui,  ma  dall' introdurre  una  ambasceria  mutua; 
che,  fatto  questo,  io  averei  l' altro  come  fatto.  Ma  un 
certo  sussiego,  che  non  posso  dir  altro,  è  causa  che 
chi  dovrebbe  parlarne,  non  ne  parla.  Il  signor  Fo- 
scarini  so  che  ne  ebbe  delle  proposizioni  ;  ma  do- 
vendo andar  in  Inghilterra,  penso  che  li  suoi  in- 
teressi ricercassero  che  differisca  la  trattazione  al 
ritorno.  Fece  un  errore,1  perchè  al  presente  non  è 
più  atto  per  ciò.  Aspettare  che  Barbarigo  sia  in 
Francia,  è  cosa  lunga  :  quello  che  vi  è,  non  è  buono  : 
io  non  saprei  per  ora  dove  voltarmi.  Ma  di  ciò  ne 
scriverò  più  lungamente  con  l'ordinario  seguente, 
dopo  averci  pensato  e  conferito. 

Di  nuovo  non  abbiamo  altra  cosa,  se  non  che 
gii  Uscocchi,  dopo  aver  restituito  il  conte  di  Veggia, 
come  credo  già  averli  scritto,  per  il  che  si  tenevano 
le  differenze  per  composte,  hanno  fatto  una  incur- 
sione sopra  lo  stato  della  Repubblica,  e  menato  via 
quantità  di  animali,    avendo  perciò  dato  danno  di 


1  Che  il  Foscarini  fosse  di  carattere  alquanto  corrivo, 
mal  raffrenabile,  e  però  inclinato  a  commettere  errori  e 
imprudenze,  possono  essercene  indizio  anche  i  consigli  che 
Fra  Paolo  si  conduce  a  dargli,  quando  egli  era  ambascia- 
tore in  Francia,  nella  Lettera  XXVII  (tom.  I,  pag.  87). 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  345 

forse  dieci  mila  scudi.  Onde  i  nostri  hanno  fatto 
un'altra  incursione  molto  maggiore,  e  penetrato  ne- 
gli Stati  dell'  arciduca  per  forsi  venti  miglia,  hanno 
abbruciato  e  fatto  danno,  che  si  stima  ascendere  a 
non  manco  di  100  mila  scudi  ;  sebbene  non  sono  ri- 
fatti di  quel  tanto  eh' è  stato  preso  a  loro.  Una  parte 
e  l'altra  a  tutti  i  confini  sta  su  le  guardie:  si  stima 
però,  che  le  cose  si  componeranno.  Piaccia  a  Dio  che 
tutto  quello  che  succede  torni  a  sua  gloria.  Il  quale 
prego  che  doni  a  V.  S.  tutte  le  sue  grazie  ;  e  con  que- 
sto fine,  le  bacio  la  mano,  desiderando  che  per  nome 
mio  faccia  affettuosissime  raccomandazioni  a  mon- 
sieur  di  Thou  e  a  monsieur  1'  Eschassier. 

Mando  a  V.  S.  la  lettera  *  senza  sigillarla,  ac- 
ciochè  veda,  se  bene  non  intenderà  che  cosa  gli  di- 
mandi, che  lo  dimando  però  con  certezza  che  la  mia 
volontà  sarà  eseguita.  Non  resterà  altro  se  non 
che  monsieur  di  Thou  voglia  fare  quel  poco  di  opera 
che  occorrerà  per  mezzo  di  qualche  amico,  che  credo 
sarà  intieramene  soddisfatto  ;  e  io  prego  lui,  insieme 
con  V.  S.,  di  credere  che  grandissimi  rispetti  mi 
movino  a  far  camminare  il  negozio  per  questa  via. 
Di  Venezia,  il  dì  25  settembre  1612. 


CCXX.  —  A  Giacomo  Leschassier.2 

Ho  appreso  con  sommo  dispiacere  il  torto  fatto 
al  signor  Richer,  e  più  me  ne  sono  condoluto  a  ve- 
dere  1'  oltracotanza  del  procedere  ingiurioso,  e  in 

1  Cioè,  la  lettera  pel  ministro  amico  del  Wotton. 

2  Edita  in  latino  nel  tomo  VI  delle  Opere  ec,  pag.  107. 


346  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

quelli  stessi  che,  non  solo  per  giustizia  e  convenienza, 
ma  per  interesse  proprio  massimamente,  dovevano 
pigliarne  le  parti.  Ma  forse  Iddio  ha  permesso  que- 
sto in  bene  del  Richer  medesimo,  il  quale  dovrà 
consolarsi  pensando  che  ha  patito  persecuzione  per 
una  pia  e  giusta  causa  ;  e  che,  se  non  in  questa, 
vivrà  in  benedizione  a  tutti  nell'  età  ventura,  dovechè 
i  suoi  nemici  avranno  rimprovero  di  cortigiana  pia- 
centeria.  Gli  basti  oggi  1'  avere  ad  encomio  de'  suoi 
sforzi  il  testimonio  della  coscienza  e  dei  buoni. 

Mi  ha  fatto  meraviglia  il  nuovo  tenore  delle  let- 
tere regie,  di  cui  ho  ricevuto  un  esemplare  manda- 
tomi da  V.  S.  ;  e  non  ho  potuto  approvare  che  sul 
principio  si  rovesciasse  F  ottimo  sistema  governativo 
tenuto  per  secoli,  con  tanta  tranquillità  e  prospe- 
ramento. Grande  è  per  fermo  ora  costì  il  potere  o, 
per  dir  meglio,  lo  strapotere  de'  Gesuiti,  che  pur 
forse  non  arriverà  al  segno  che  pensano.  Perocché 
è  forza  caugino  certamente  le  cose  ;  e  la  virtù  fran- 
cese, ora  ristretta  nell'  intimo  dei  cuori  e  fatta  dalle 
contraddizioni  più  vigorosa,  per  forza  di  antiperistasi 
si  verserà,  rovesciandoli,  sopra  tutti  gli  ostacoli  e 
metterà  riparo  anco  ai  mali  avvenire.  Il  che  non  solo 
spero,  ma  prego  Dio  continuamente  che  avvenga. 

Ho  letto  la  dissertazione  di  Leidressier,  e  1'  ho 
scorsa  di  nuovo,  fuor  del  mio  solito  :  tanto  m'  è 
parsa  cosa  bella  e  perfetta.  L'  autore,  qualunque 
siasi,  merita  l'elogio  e  l'ammirazione  di  tutti  i  buoni. 
Alla  eleganza  del  dettato  accoppia  la  sodezza  della 
dottrina  ;  tanto  che,  se  non  continua  ad  usare  l' in- 
gegno in  comune  benefizio,  mancherà  a  se  stesso  ed 
ai  buoni.  Oh  come  agognerei  di  essere  raccomandato 
alla  benevolenza  di  tal  uomo  ! 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  347 

Ho  ricevuto  la  Raccolta  di  Sentenze  aggiudica* 
torie  del  Barclay  ;  elegante  lavoro,  che  mostra  il  vi- 
goroso ingegno  dell'  autore,  a  me  noto  anche  per 
1'  altre  opere.1  La  curia  romana  non  ha  avuto  per 
1'  addietro  gente  a'  suoi  disegni  più  contraria  dei 
Francesi  ;  e  spirandole  oggi  il  vento  in  poppa,  volta 
sopra  voi  tutti  gli  sforzi,  e  noi  lascia  un  po'  respirare. 
Ma  combattete  da  forti,  come  faceste  fin  qui,  e  per 
voi  e  per  gli  altri;  e  il  vento  si  volgerà  presto  da 
un'  altra  parte. 

La  ringrazio  per  la  narrativa  del  caso  del  par- 
roco, di  cui  desideravo  essere  ragguagliato.  A  quel 
che  vedo,  cotesta  città  (per  non  dir  regno),  per  opera 
e  brighe  gesuitiche,  si  scinde  tutta  in  due  parti  ; 
cioè  gesuitanti  e  realisti;  e  io  dubito  se  in  ciò  mo- 
strino accorgimento.  Tutti  i  cattolici  staranno  pel 
pontefice  ;  e  non  può  essere  che,  divisi  in  due  parti, 
spalleggino  soltanto  lui.  Trapela  dalle  lettere  della 
S.  V.  certo  scoramento  che  in  Lei  rampolla  dalla 
considerazione  del  non  potersi  sterpar  di  costà  la 
dottrina  del  parricidio.  Ma  non  è  a  sperare  che  un 
grave  morbo  si  sani  così  facilmente  :  bisogna  dar 
tempo  al  tempo,  come  i  medici  costumano,  e  aspet- 
tare le  forze.  Fa  duopo  in  questo  mentre  lavorare 
di  diversioni  e  revulsioni  :  i  rimedi  gioveranno  quan- 
d'esso  verrà  declinando.  Dopo  tanto  strepitare,  non 

1  Del  Barclay  giuniore  si  è  toccato  ancora  nella  nota 
alla  pag.  275  del  tomo  I,  ed  altrove.  Di  coteste  opere  o 
scritture  di  circostanza,  come  oggi  si  chiamano,  dovè  ac- 
cader quello  che  accadde  in  ogni  tempo  ;  vale  a  dire  che 
la  posterità  non  ne  serbi  memoria  di  gran  lunga  proporzio- 
nata al  rumore  eh'  esse  levano  quando  sono  divulgate.  E 
bensì  tuttavia  ricordatissimo  il  libro  del  Barclay  padre,  in- 
titolato De  regno  et  regali  potestate. 


348  LETTERE  DI   FRA.  PAOLO   SARPI. 

dirò  di  cotesto  regno,  ma  di  tutta  Europa  scossasi 
al  parricidio  di  Enrico,  non  fa  caso  se  quelli  che  ne 
furono  i  primi  autori,  sin  qui  non  si  mettano  in  quie- 
te. Temono  per  se  stessi,  ove  lascino  ai  buoni  il  tempo 
di  ripigliar  cuore.  Però  si  fanno  vivi  nel  mondo  e  si 
arrabattano  più  che  possono  ;  ma,  col  divino  bene- 
placito, mancheranno  loro  da  ultimo  le  forze,  e  inol- 
tre i  buoni  s' afforzeranno  nella  persuasione,  che 
dinanzi  a'  mali  non  bisogna  dar  addietro,  ma  fron- 
teggiarli direttamente  con  animo  più  gagliardo.  E  la 
virtù  provocata  prevarrà  pure  una  volta  :  così  spero, 
così  presagisco  per  1'  avvenire,  così  prego  Dio. 

Noi  siamo  qui  in  riposo;  incerti  ove  andranno 
a  parare  gli  affari  della  Germania,  e  sospettosi 
perciò  dei  Turchi.  Certo  è  che  è  atteso  a  Costan- 
tinopoli, e  forse  e'  è  di  già,  Nassul  Bassa,  che  vo- 
levasi  ribellato  al  principe.  Ma  le  vertenze  sono 
accomodate,  avendolo  accompagnato  un  ambascia- 
tore di  Persia;  lo  che  è  certo  segno  di  pace  fra 
quei  sovrani.  Il  nuovo  imperatore  della  Germa- 
nia è  per  sé  desideroso  di  far  guerra  a'  Turchi, 
per  mostrarsi  in  atteggiamento  marziale  a  tutti 
i  Germani.  Ciò  sanno  non  i  Germani  solo,  ma  i  Tur- 
chi pure  ;  e  non  so  se  la  cosa  potrà  aver  effetto. 
Che  le  armi  turchesche  s'  abbiano  a  voltare  contro 
i  Cristiani,  è  indubitato  ;  ma  non  si  sa  cui  incoglierà 
tanta  sventura.  Iddio  tutto  converta  a  sua  gloria  : 
cui  prego  tenga  sana  lungamente  la  persona  della 
S.  V.  illustrissima  e  di  tutti  gli  amici.  Qualcuno 
mi  fa  sperare  che  il  signor  Richer  possa  essere  ri- 
stabilito nel  suo  grado.  Checché  ne  avvenga,  prego 
d'  essere  informato  di  tutto. 

settembre,  1612. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  349 

CXXI.  —  Al  signor  de  V  Isìe  Grosìot.1 

L'  ultima  mia  fu  delli  25  settembre.  Il  corriere 
che  portò  quella  di  V.  S.  delli  18  settembre,  doveva 
giungere  qui  alli  6  ottobre,  e  per  i  mali  tempi  giunse 
solo  alli  11  e  partì  il  medesimo  giorno,  senza  che 
io  lo  sapessi.  Il  che  fu  causa  che  per  quello  spaccio 
non  scrivessi.  Mi  portò  quel  corriere  la  sua  delli  11, 
col  libro  dei  Concilii  pisani;  e  l'altra  delli  14.  con 
la  Pietà2  di  Barclay  ;  e  la  terza  delli  18.  Alle  prime 
non  è  bisogno  d'  altra  risposta,  che  della  ricevuta  : 
a  questa  terza  risponderò  prima  a  passo  a  passo, 
per  dirle  dopo  in  fine  le  cose  di  qua.  La  causa  per- 
chè Ella  non  ha  ricevuto  la  mia  delli  11  settembre, 
credo  essere  stata  perchè  Barbarigo  la  mandò  per 
T  ordinario  di  Torino,  acciò  passasse  in  Francia  con 
quel  di  Roma.  Spero  che  a  suo  tempo  l'avrà  ricevuta. 

Le  dirò,  in  una  sola  parola,  che,  siccome  sento 
piacere  della  riunione,  così  temo  che  non  sia  semi- 
nata qualche  altra  materia  di  discordia,  perchè  gli 
altri  sono  troppo  buoni  maestri,  e  i  mondani  se- 
condo T  evangelio  sono  più  avveduti.  Né  bisogna  far 
dubbio  che  Roma.  Spagna  e  Gesuiti  mettano  tutto 
il  sapere  e  tutti  gli  arti  fidi  contro  i  Riformati,  cono- 
scendo bene  che  mai  avranno  tanta  opportunità,  at- 
teso l'aiuto  efficace  della  regina  e  di  Villeroy.  i  quali 
dovendo  presto  mancare,  consigliano  V  accelerazione. 
Questa  è  una  mala  cosa  che  si  possino  valere 
delli  propri,  poiché  dal  fatto  di  Coudray  bisogna 
credere  che  molti  ne  siano. 

1  Dalla  raccolta  di  Ginevra,  pag.  505. 

-  Vedi  la  nota  sopra  citata,  a  pag  .275,  tom.  I. 


350  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

La  negoziazione  di  Buglione  con  il  re  della  Gran 
Brettagna  mostra  molta  prudenza  e  bontà  di  quel  re, 
e  io  ci  presuppongo  anco  costanza.  Ritrovo  sempre 
più  sensata  e  fondata  1'  operetta  di  quel  Leidressero. 
L'  autore  è  uno  spirito  così  atto  al  pubblico  servizio, 
che  se  impiegherà  il  suo  sapere  in  altro,  farà  torto 
a  sé  stesso.  I  Concilii  di  Pisa  sono  ben  pubblicati, 
sebbene  l' Italia  in  questi  tempi  non  li  potrà  vedere, 
attese  le  proibizioni  di  Roma.  Il  libro  di  Barclay  ha 
una  bella  e  degna  prefazione,  la  quale  piacesse  a  Dio 
che  fosse  considerata  da  chi  governa  Stati  !  Il  discorso 
contro  l' Epistola  di  Casaubono  se  non  ha  autore 
Fronton,1  ha  un  altro  gesuita,  attesa  la  petulanza  e 
sfacciatezza  che  non  può  alloggiare  in  altre  persone. 
Quanto  alla  materia  di  lega  con  gli  Stati,  ben  pen- 
sate tutte  le  cose,  sono  di  parere  che  non  sia  da  met- 
tere in  trattazione  se  prima  non  è  introdotto  amba- 
sciatore ordinario  qui  e  ivi. 

Tra  la  Repubblica  e  il  papa  non  può  esser  peggio 
di  quello  eh' è,  dal  canto  di  esso  papa;  natura  la 
più  maligna  e  più  atroce  che  fosse  mai,  la  quale 
se  non  fosse  raffrenata  da  pusillanimità  e  timore  di 
perdere  i  piaceri,  farebbe  qualche  gran  male:  ma 
dal  canto  della  Repubblica,  non  si  conosce  che  quello 
di  che  si  vede  effetto. 

Quanto  all'  universale,  dico  quello  che  altri  qui 
tra  noi  vede  e  prevede.  La  città  di  Mulheim  mo- 
stra dovere  esser  causa  che  la  tregua  si  rompa,  ov- 
vero che  gli  Spagnuoli  perdino  tutta  la  Fiandra. 
Ma  se  la  guerra  si  rinnoverà,  considerando  che 
gli  Spagnuoli  non  sono  stati  bastanti  avendo  per 

'  Vedi  la  nota  2,  pag.  327,  tom.  I. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      351 

loro  colonia  gli  stati  di  Cleves,  mostra  che  all'  av- 
venire debbino  poter  manco  che  per  lo  passato  ;  se 
però,  quando  si  verrà  ai  fatti,  non  si  trovi  qualche 
discordia  seminata  tra  gli  Stati,  la  quale  li  renda 
impotenti  e  deboli  :  di  che  dubito  grandemente,  e 
prego  Dio  che  non  sia.  Sono  restato  tutto  pieno  di 
ammirazione  di  quello  che  V.  S.  mi  scrive,  essere  scac- 
ciati gli  Spagnuoli  da  tutte  le  Molucche,1  perchè  di 
ciò  non  abbiamo  nessuno  avviso,  e  io  desidererei 
molto  di  esserne  ben  certificato.  Le  cose  che  \anno 
succedendo  alla  giornata  sopra  il  fatto  di  Richer,  sa- 
rebbe una  vittoria  di  molto  gran  momento,  la  quale 
siccome  desidero,  così  non  ardisco  sperare.  Ma  ben 
prego  V.  S.  avvisarmi  di  tutto  quello  che  succederà. 
A  quello  che  V.  S.  mi  dimanda,  la  morte  del 
doge  Donato,  che  sia  in  gloria,  non  ha  fatto  nissuna 
novità  in  questo  governo,  per  la  perfezione  degli 
ordini  che  ha  nel  maneggiare  le  cose  interiori  ;  ai 
quali  se  fossero  uguali  quelli  che  toccano  1'  esterno, 
sarebbe  il  miglior  governo  del  mondo.2  Grande  è  la 
perdita  della  Repubblica  nell'  essere  privata  d'un  tal 
soggetto,  come  d'  un  prudente  e  savio  senatore  ;  ma 
come  di  Principe,  non  è  assolutamente  niente.  Que- 
sta è  buona  e  debole  persona.  In  cose  di  Roma 
non  parlerà,  perchè  ha  figlio  prete.3  Credo  di  aver 

1  Sino  dal  1607,  gì'  indigeni  di  quelle  isole,  profittando 
delle  discordie  già  state  pel  loro  possesso  tra  Portoghesi  e 
Spagnuoli,  e  degli  aiuti  lor  dati  dagli  Olandesi,  cominciato 
avevano  ad  asserire  ed  attuare  anche  in  parte  la  loro  in- 
dipendenza. 

-  Gli  studiosi  della  storia  e  della  politica  italiana  non 
potranno  non  far  caso  di  questa  tanto  esplicita  sentenza,  e 
di  giudice  sì  competente,  com'  era  il  nostro  Consultore. 

3  Si  noti  da  chiunque  cerca  o  desidera  la  indipendenza 
degli  Stati. 


352  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

detto  a  V.  S.  tutto  quello  che  occorreva  in  ri- 
sposta. 

Di  qua  non  vi  è  alcuna  cosa  di  nuovo,  se  non 
che  dalla  Gazzetta  da  Roma  viene  scritto  che  Des- 
diguieres  sia  stato  posto  prigione  nella  Bastiglia. 
Il  che  le  scrivo,  sebbene  so  esser  falso  (certo  è  che 
egli  è  in  Delfinato),  ma  acciò  sappia  che  avvisi 
mandano  intorno.  Avvisano  parimente  nella  mede- 
sima Gazzetta,  che  monsieur  di  Rohan  si  trovi  ar- 
mato con  ottomila  persone  per  voler  far  novità,  e 
che  si  dia  titolo  di  principe  di  Bearne.  Avvisano 
appresso,  che  sia  giunto  a  Roma  alcun  brevetto  di 
coteste  maestà,  con  concessione  di  pensione  a  diversi 
prelati.  Quest'  ultima  credo  che  sia  vera  ;  le  altre  le 
scrivo  solo  per  avviso. 

L' ambasciatore  degli  Stati  in  Turchia  ha  propo- 
sto a  quel  principe  di  far  guerra  a  Roma,  promet- 
tendo aiuto  di  navi.  È  stato  ascoltato,  e  se  a  tempo 
fosse  reiterato,  potrebbe  effettuarsi.  Dispiace  qui,  te- 
mendosi il  Turco  in  Italia.  Tra  le  Repubblica  e 
1'  arciduca  è  mezza  guerra,1  a  segno  che  V  amba- 
sciatore di  Spagna  ha  mezzo  protestato,  ma  ricevuto 
risposta  generosa.  Sarebbe  di  conseguenza,  se  1'  ar- 
ciduca avesse....2 

Dopo  avere  scritto  sin  qui,  ho  ricevuto  quella 
di  V.  S.  delli  2  del  presente,  nella  quale  avvisan- 
domi aver  ricevuto  le  mie  delli  28  agosto  e  11  set- 
tembre, non  le  resta  altro  da  ricevere  se  non  quella 
delli  25,  la  quale  credo  a  suo  tempo  avrà  ricevuto. 
Ma  V.  S.  mi  nomina  una  delli  25  del  passato,  e 
m'  avrebbe  messo  gran  suspizione  che  fosse  perduta . 

1  Sempre  per  cagione  degli  Uscocchi. 

2  Lacuna  della  prima  stampa. 


LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI.  353 

se  non  aggiungesse  che  con  quella  era  inviata  una 
scrittura  francese  contro  il  signor  Casaubono,  la 
quale  è  venuta  insieme  con  l'ultima  sua  delli  18. 

La  scrittura  che  mi  manda  insieme  con  questa 
delli  2,  non  posso  ben  giudicarla,  non  avendola  ve- 
duta se  non  superficialmente  ;  ma  ho  ben  preconcetto 
un  poco  di  pensiero,  che  non  sia  pari  a  quella  del 
Leidressier.  Sento  dispiacere  che  abbia  mancato  la 
risoluzione  a  quel  eh'  era  a  favore  di  Richer.  In- 
tendendo la  indisposizione  di  V.  S.,  prego  Dio  che 
sia  senza  febbre  ;  che  essendo  così,  riuscirà  una  di- 
versione della  colica. 

Prego  parimente  la  Maestà  sua  divina,  che  il 
negozio  dell'assemblea  di  Saintonge  abbia  quell'in- 
dirizzo e  quell'  esito  che  sia  a  gloria  sua  e  quiete 
del  regno.  Mi  dispiace  che  la  scrittura  francese  con- 
tro Casaubono  non  porti  il  nome  dell'  autore,  es- 
sendovi, a  fol.  39,  nella  seconda  faccia,  una  dottrina 
degna  della  fede  dei  Gesuiti,  la  quale  se  san  Pietro 
avesse  saputo,  poteva  inventar  modo  di  negare  No- 
stro Signore  senza  peccato.  Chi  darà  occasione  a 
quegli  uomini  di  scrivere,  li  farà  come  la  scimmia 
quando  monta  in  alto. 

Il  signor  Gussoni  mi  scrive  lodandosi  molto  pel- 
le istruzioni  che  riceve  dalli  avvisi  di  V.  S.  La 
prego  continuare,  perchè  quello  eh'  è  in  Francia 
mai  scrive  cosa  che  sia  a  favore  de' Riformati.  E  qui 
facendo  fine,  prego  Dio  nostro  Signore  d'  aver  pre- 
sto avviso  che  V.  S.  abbia  ricuperato  la  sua  in- 
tiera sanità,  e  che  i  negozi  che  maneggia  abbiano 
prospero  successo. 

Di  Venezia,  il  dì  23  ottobre  1612. 

Sarpi.  —  II.  25 


354  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 


CGXXII.  —  Al  medesimo.1 

Poiché  il  cornerò  non  è  partito  il  giorno  ordi- 
nario, ho  avuto  tempo  di  legger  la  cornmentazione 
De  temporali  potestate  Papce,  avendo  considerato 
ciascuna  delle  asserzioni  e  ragioni  dell'  autore.  Io 
le  ritrovo  tutte  molto  ben  esaminate  e  sode,  e 
veramente  le  più  principali  che  si  possono  usar 
in  tal  maniera.  E  siccome  io  credo  che  sia  un'ope- 
ra molto  fruttuosa,  come  per  un  breviario,  a  chi 
tiene  la  buona  opinione,  così  dubito  che  non  sia 
per  far  gran  frutto  in  far  mutar  la  falsa.  Egli  è 
tanto  conciso,  che  Tacito  vi  è  per  niente.  Conviene 
che  il  lettore  sia  tanto  attento  a  cavar  il  senso, 
che  resta  stanco  per  pesar  la  forza  della  ragione. 
La  maniera  del  dire  è  tanto  arguta,  che  fa  tra- 
passar di  sotto  gli  occhi  assai  cose  a  chi  non 
cammina  molto  lentamente  nella  lezione.  Gli  uo- 
mini di  poco  sapere  e  gì'  imbevuti  nell'  opinione 
contraria  non  ci  vederanno  la  perfezione  ed  esat- 
tezza. L' autore  della  Concertazione  politica,  con 
tanta  materia  contenuta  in  così  pochi  fogli,  avreb- 
be fatto  un  giusto  e  gran  volume.  Quella  ma- 
niera è  per  insinuarsi  nell'  animo  del  lettore,  e  per- 
suaderlo ;  questa  così  concisa  serve  alla  remini- 
scenza di  chi  è  persuaso. 

Non  voglio  restar  di  aggiungere  alle  cose  scritte 
un  altro  avviso  di  Costantinopoli,  eh'  è  stato  menato 
a  quella  Porta  prigione,  a' 29  agosto,  un  gran  prin- 
cipe chiamato  Abdar  Gian,  il  quale  possedeva  un 

1  Stampata  come  sopra,  pag.  513. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  355 

gran  regno  nell'Arabia  Felice,  chiamato  Aden,  si- 
tuato immediate  fuori  la  bocca  del  Mare  Rosso  so- 
pra l' Oceano  ;  per  il  che  è  fatto  una  gran  giunta  al 
Turco  di  paese  e  ricchezza,  per  l'esser  là  l'imperio 
principale  di  queir  Arabia.  Di  nuovo  bacio  la  mano 
a  V.  S.,  pregandole  da  Dio  Nostro  Signore  il  com- 
pimento dei  suoi  desiderii. 

Venezia,  il  24  ottobre  1612. 


CCXXIII.  —  Al  medesimo.1 

L' ultima  mia  scritta  a  V.  S.  fu  delli  24  del  pas- 
sato. Or  ora  ricevo  la  sua  delli  16  ottobre,  alla  quale 
risponderò  a  passo  a  passo,  così  leggendola  ;  perchè 
non  ho  più  di  mezz'  ora  di  tempo  alla  partita  dal 
corriere  :  al  rimanente  non  sarà  risposto  per  que- 
sto, ma  risponderò  lo  spaccio  seguente. 

Io  non  dubitavo  che  la  fama  venuta  da  Roma 
di  lettera  scritta  da  monsieur  di  Buglion  non  fosse 
un  artificio  ; 2  ma  ho  voluto  scriverlo  per  non  restare 
d'avvisarla  di  tutto  quello  che  va  attorno. 

L'intestatura  del  ramo  di  Po  da  Tramontana 
non  ha  potuto  porger  materia  a  Roma  di  risenti- 
mento, per  esser  un  luogo  distante  dai  confini  ec- 
clesiastici più  di  dieci  miglia,  e  lasciando  anco  tre 
altre  bocche  superiori  a  quella  nello  stato  della  Re- 
pubblica; ma  che  ne  debba  seguire,  e  ben  presto, 
quello  che  V.  S.  giudica,  sarà  senza  dubbio.  Io  non 
ho  inteso  ancora  che  a  Roma  si  faccia  trattato  con- 


Edita  come  sopra,  pag.  515. 
Vedasi  la  Lettera  CCXVIII. 


356  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

tro  la  bigamia,1  ma  m'informerò  e  saprò  dirgliene 
l'intiero. 

Sono  restato  stupido  intendendo  il  successo  del 
prigione  menato  da  Verdun;  ma  non  mette  conto 
a  chi  può,  che  si  scuopra  la  verità.  Ho  sentito 
estremo  piacere,  che  monsieur  di  Thou  sia  stato  sod- 
disfatto di  quanto  ho  potuto  fare  in  suo  servizio.  Mi 
rendo  certo  ch'egli  avrà  abbondantemente  quanto 
desidera  in  quel  particolare. 

I  motivi  che  passano  tra  i  sudditi  dell'arciduca 
Ferdinando  e  di  questa  Repubblica,  continuano  an- 
cora, piuttosto  perchè  quel  principe  non  ha  tutta  la 
obbedienza  che  bisognerebbe  nei  suoi  sudditi,  che 
per  altra  causa.  Erano  venuti  ai  confini  del  Friuli 
alcuni  soldati  di  quelli  già  di  Passau,  in  numero  di 
circa  mille,  forse  con  animo  di  metter  terrore  :  ma 
sono  fatte  dal  canto  di  qua  le  debite  provvisioni,  e 
i  medesimi  sudditi  arciducali,  non  potendo  soppor- 
tarli, s' affaticano  per  la  loro  partita.  Non  posso  se 
non  maravigliarmi  della  prudenza  di  chi  maneggia 
simili  affali,  e  crede  con  mille  persone  far  quello  che 
non  basterebbono  2000. 

Io  sento  con  dispiacere  i  disgusti  che  costì  sono 
dati  alli  buoni  Francesi,  e  prego  Dio  che  metten- 
doci la  sua  santa  mano,  vogli  ridur  il  tutto  in  pace. 
L'opera'  che  si  compone  mettendo  insieme  le  op- 
posizioni fatte  ai  tentativi  romani,  sarà  molto  utile. 

La  morte  di  monsignor  Bongars,2  che  per  infiniti 


1  Fors'  è  da  intendersi,  figuratamente,  delle  chiese  o 
mense  vescovili. 

2  Già  maggiordomo  di  Enrico  IV;  di  religione  riforma- 
ta; morto,  in  odore  di  onestissimo  e  di  molto  erudito,  fiuo 
dal  luglio  di  quell'  anno. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  357 

rispetti  mi  è  stata  acerba,  m' aggiunge  anco  questo 
dispiacere,  che  sia  causa  di  differire  l' esecuzione  di 
tanta  utilità.  Avendo  ricevuto  il  libro  di  Barclay 
(  e  ringrazio  anco  l' autore  con  una  mia  lettera),  non 
fa  bisogno  che  V.  S.  m' invìi  queir  altro  esemplare  ; 
ma  Ella  ne  farà  quello  che  le  piacerà. 

È  cosa  verissima  che  i  sospetti  di  qui  sono  su- 
perflui e  guastano  tutto,  e  che  ogni  mancamento 
viene  da  questa  parte,  in  materia  di  corrispondenza 
con  li  Stati.  Io  spero  pur  in  fine  che  si  vi  troverà 
modo,  incominciando  però  da  ambasciatore  ordina- 
rio :  di  che  le  scriverò  per  la  seguente  più  a  rango 
e  con  qualche  risoluzione,  se  chi  mi  promette  di 
darmela,  potrà  farlo.  Qui  si  ha  da  Lione  la  morte  del 
principe  di  Soissons.1  Non  posso  esser  più  lungo;  ma 
qui  facendo  fine,  a  Vostra  Signoria  bacio  le  mani. 
Di  Venezia,  il  dì  20  novembre  1612. 


CCXXIV.  —  Al  medesimo.2 

Dappoi  che  la  stagione  è  fatta  così  umida,  questi 
corrieri  non  servano  tempi  :  il  che  è  causa  che  le 
lettere  non  arrivano  nei  tempi  corrispondenti.  Questo 
ultimo,  giunto  ieri,  mi  ha  portato  quelle  di  V.  S. 
dei  3  ottobre  e  1  novembre.  In  quelle  avvisando 
Ella  di  aver  ricevuto  la  mia  dei  25  settembre,  scorgo 
che  nessuna  è  perduta;  perchè  ai  9  ottobre  non 
scrissi,  non  credendo  che  il  corriere  partisse,  poiché 
non  era  giunto  quello  che  doveva  venire  da  Lione. 

1  Vedi  la  pag.  che  segue  e  la  nota  1. 
-  Stampata  come  sopra,  pag.  519. 


358  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

Credo  che  le  altre  mie  saranno  venute  a'  suoi 
tempi. 

Per  la  passata  scrissi  molto  in  fretta  ;  oggi  potrò 
farlo  alquanto  più  sedatamente.  Primieramente,  ren- 
do molte  grazie  a  V.  S.  degli  avvisi  datimi  nella 
precedente,  che  mi  furono  gratissimi.  Dopo  15  giorni 
abbiamo  qui  la  morte  del  conte  di  Soissons,  la  quale 
ognuno  ha  giudicato  molto  importuna,  riputando 
che  quel  principe  fosse  un  freno  per  ritener  che  lo 
stato  non  precipitasse.1  Con  tutto  ciò,  non  conviene 
cader  di  speranza,  ma  aspettare  soccorso  da  Dio. 
quando  totalmente  mancano  gli  umani.  Conti  non 
è  uomo.  Condè  si  dice  poco  capace.2  Veramente  è 
gran  giudi  ciò  di  Dio,  che  da  alcuni  anni  in  qua. 
tutte  le  morti  de'  principi  sono  a  favore  di  Spa- 
gna, eziandio  quelle  del  loro  proprio  partito.  Si 
vedono  tutte  le  cause  della  fatalità  conspirare  alla 
loro  grandezza.  Vero  è  che  V  ira  di  Dio  appunto 
si  dimostra  potente,  quando  ogni  cosa  è  in  sicuro. 
Piaccia  alla  Maestà  divina,  che  tutto  sia  in  sua 
gloria. 

Quanto  al  negozio  di  lega  con  li  Stati,  essendo 
qui  molto  sospetto  di  Spagna,  chi  proponesse  lega 
di  diretto,  farebbe  effetto  contrario,  perchè  si  repu- 
terebbe dare  occasione.  So  bene  che  V.  S.,  leggendo. 

1  Non  diversamente  giudicarono  della  morte  di  quel 
principe  (Carlo  di  Borbone),  benché  d' intelletto  assai  me- 
diocre, anche  i  Francesi  contemporanei  del  nostro  autore  ; 
cioè  eh'  essa  fu  da  tutti  deplorata,  perchè  il  rispetto  della 
sua  persona  conteneva  non  pochi,  i  quali  ruppero  in  ap- 
presso a  sfrenatissima  licenza. 

1  Qui,  nella  prima  stampa,  seguono,  in  periodo  a  par- 
te, le  parole  «  Tre  punti;  »  le  quali  noi  abbiamo  creduto 
opportuno  di  sopprimere. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  359 

dirà  che  dovrebbe  esser  tutto  altramente,  ed  io  lo 
confesso;  ma  è  gran  differenza  da  chi  ha  visto  in 
faccia  la  guerra,  a  chi  è  sepolto  in  ozio.  La  via  è 
unica,  di  introdurre  ambasciatore  ordinario,  scam- 
bievole, e  poi  trattare  di  commercio;  che  sarà,  per 
conseguenza  necessaria,  espedizione  di  navi,  soldati, 
danari  e  altre  corrispondenze  :  e  V.  S.  tenga  per  fer- 
mo, che  sì  come  par  difficile  il  primo  passo,  così 
fatto,  vi  sarà  più  bisogno  di  briglia,  che  di  sprone. 

Quella  di  V.  S.  a  me  diretta  m'  ha  recato  una 
tristizia  grande,  dubitando  che  le  cose  di  cotesto 
nobilissimo  regno  non  passassero  a  qualche  disor- 
dine. Si  è  temperato  il  dispiacere  assai,  avendo  letta 
un'  altra  sua  scritta  a  monsieur  Assellineau,  dove, 
otto  dì  dopo,  dà  ferma  speranza  che  si  dovesse  tro- 
var composizione  e  alle  cose  comuni  e  a  quelle  di 
monsieur  di  Rohan.  Così  prego  la  Maestà  divina  che 
succeda  secondo  il  suo  santo  beneplacito. 

Questi  giorni  passati  si  è  intesa,  con  dispiacere 
comune,  la  morte  del  principe  di  Galles,  la  quale  Dio 
non  voglia  che  non  profondi  nella  mestizia  il  pa- 
dre.1 essendo  una  perdita  tanto  grande,  che  non  po- 
teva avvenirgli  maggiore.  Saranno  levate  le  prati- 
che di  matrimonio,2  le  quali  a  me  piacevano  som- 
mamente, quantunque  fossero  per  terminare  in  fumo  ; 
perchè  servivano  grandemente  a  domesticare,  ed 
erano  con  molta  diminuzione  di  reputazione  del 
papa,  che  i  principi  papisti  trattassero  matrimonio 

1  Tutt'  altro,  però,  avvenne,  avendo  Giacomo  vietato 
finanche  di  portare  il  lutto  per  cotesto  erede  della  corona. 
I  più  attribuiscono  un  tal  procedere  a  gelosia  che  il  re 
disputatore  ed  inerte  avesse  concepita  delle  energiche  qua- 
lità di  quel  suo  primogenito. 

-  Cioè  con  una  principessa  savoina  o  toscana. 


360  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

con  Riformati.  Ma  noi  siamo  pur  all'  istesso,  di  ve- 
der morti  solo  a  favore  di  Spagna. 

Non  vi  è  cosa  di  nuovo  in  Italia,  che  meriti  di 
esser  avvisata.  S'intende  che  monsignor  Richer  scriva 
in  difesa  del  suo  libretto,  e  che  1'  opera  sia  sotto  la 
la  stampa:  cosa  che,  se  fosse  vera,  mi  piacerebbe 
molto  ;  e  desidero  sapere  quello  che  ne  sia,  paren- 
domi che  se  in  Francia,  tra  Cattolici,  si  stampi  quella 
dottrina,  sia  aperta  un'  ampia  porta.  Non  è  sempre 
da  cercare  che  alla  prima  si  faccia  il  più  perfetto. 
E  bene  alcune  volte  imitare  la  natura,  la  quale  in- 
comincia dal  rozzo,  per  pulirlo  poi.1 

Cresce  quotidianamente  1'  odio  del  papa  contro 
la  Repubblica  :  però  non  se  ne  può  sperar  effetto, 
per  le  cause  altre  volte  scritte.  Mi  par  di  vedere  in 
questa  nostra  regione,  sì  come  alcune  volte  d' estate, 
che  le  nuvole  discendono  sino  a  terra,  che  pur  non 
piove  :  così  ora  la  guerra.  La  vera  causa  è,  perchè 
Spagna  vuole  prima  disponer  la  materia,  facendo 
partito  in  Venezia  :  al  che  si  cammina  a  gran  passi. 
Né  vi  è  rimedio,  salvo  che  con  rottura;  ma  non  è 
veduto,  perchè  Dio  non  apre  li  occhi:  sarà  forse 
quando  piacerà  alla  Maestà  sua.  La  quale  prego 
che  doni  a  V.  S.  ogni  sua  grazia,  e  le  bacio  la 
mano,  anco  per  nome  del  signor  Molino  e  del  padre 
Fulgenzio.  Mi  sarà  caro  sapere  se  del  negozio  di  mon- 
sieur  de  Thou  sarà  riuscito  cosa  alcuna. 
Di  Venezia,  il  dì  4  decembre  1612. 

1  Questo  buon  canone  gioverebbe  di  ricordare  a  certi 
impazienti  politici  del  tempo  nostro.  Se  non  che,  un'  ecce- 
zione sarebbe  da  farsi.  Cominciare  dal  rozzo,  sta  bene  •,  ma 
dal  barocco,  dal  guasto,  da  quello  di  cui  promettavasi  la 
fine,  oh  questa  invero  è  un'  altra  cosa  ! 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  361 

CCXXV.  —  Al  medesimo.1 

Poiché  1'  ultima  mia  ricevuta  da  V.  S.  è  dei  25 
settembre,  le  resta  averne  quattro  ;  elei  4  e  23  otto- 
bre, 20  novembre  e  4  decembre  :  ma  le  sue  sono  tutte 
venute  salve.  Già  le  ho  dato  conto  d'  aver  ricevuto 
quelle  dei  16  e  31  ottobre.  La  presente  sua  è  dei  13 
novembre,  alla  quale  rispondo,  avendo  appena  avuto 
tempo  di  leggerla  :  tanto  il  corriere  ha  differito  la 
sua  venuta. 

Della  lega  con  gli  Stati  le  ho  già  scritto.  Credo 
che  a  quest'  ora  avrà  ricevuta  la  lettera,  né  potrei 
dirle  alcuna  cosa  di  più. 

Ho  sentito  grandissimo  piacere  che  sia  stato  tro- 
vato temperamento  per  divertire  le  turbazioni  in 
cotesto  regno;  e  veramente,  giova  sperare  che  si 
perfezionerà,  e  svaniranno  tutti  li  impedimenti  che 
Satan  penserà  interponenti.  Rendo  molte  grazie  a 
V.  S.  per  questa  buona  nuova  datami.  Vorrei  così 
poter,  in  contraccambio,  darne  a  lei  alcuna  buona 
delle  parti  di  qua;  ma  non  posso  dirle  se  non  che 
siamo  in  ozio,  secondo  il  solito. 

Abbiamo  bene  avviso  certo,  eh'  è  arrivata  in  Spa- 
gna la  flotta  dalle  Indie  occidentali  con  undici  mi- 
lioni ;  sopra  i  quali  è  stato  fatto  partito  con  Genovesi 
di  rimettere  quantità  grande,  che  non  so  precisa- 
mente, in  Fiandra.  Dicono  che  ciò  sia  per  li  paga- 
menti delle  guarnigioni,  ma  Dio  voglia  che  altra 
ragione  non  sii  coperta  sotto  ;  se  bene  li  avvisi  por- 
tino quiete,  così  dal  canto  dell'  arciduca,  come  delli 

1  Impressa  come  sopra,  pag.  524. 


362     LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

signori  Stati.  Ma  la  fabbrica  di  Mulheim  non  per- 
suade a  credere  così,  né  meno  le  discordie  tra  Bran- 
denbourg  e  Neubourg,  che  non  possono  esser  fomen- 
tate se  non  con  qualche  calore  del  Diacatholicon  ;  e 
Sassonia  è  così  mal  disposto,  che  facilmente  si  fa- 
rebbe papista.  E  V.  S.  non  abbia  questo  per  pen- 
siero leggiere,  perchè  ha  fondamento:  forse  non  si 
eseguirà  per  timore*  dei  popoli. 

Si  aspetta  in  Roma  fra  breve  tempo  il  vescovo  di 
Bamberg,  ambasciatore  dell'  imperatore  :  il  quale 
ha  già  rimesso  in  quella  città  60  mila  scudi,  oltre 
quelli  che  porta  seco  ;  onde  farà  una  illustre  amba- 
sceria. Potrà  essere  che,  oltre  le  cerimonie,  sia  anco 
per  trattare  alcuna  cosa  di  momento;  di  che  se  ne 
può  trar  indizio  dal  colloquio  stretto  passato  tra  l' ar- 
ciduca Leopoldo,  il  duca  di  Baviera  e  il  conte  di  Vau- 
demont.  Certa  cosa  è,  che  i  principi  ecclesiastici  di 
Germania,  conferà  il  loro  solito,  attendono  a  congre- 
gar danari  in  diligenza. 

Monsieur  Assellineau  non  ha  ricevuta  quella  di 
V.  S.,  per  non  averlo  potuto  vedere,  ancora  dopo  che 
il  plico  mi  è  stato  reso.  Non  si  maraviglierà  se  non 
avrà  da  lui  risposta.  Io  lo  farò  ben  ricercare  di 
nuovo,  ma  non  so  però  se  avrò  fortuna  di  ritrovarlo. 
Farò  qui  fine,  risalutandola  per  nome  dei  tre  salu- 
tati, e  baciandole  la  mano. 

Di  Venezia,  il  dì  18  decembre  1612. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  3G3 


CCXXVI.  —  Al  medesimo.1 

Quantunque  sino  a  quest'  ora  sia  incerto  se  il 
corriere  venuto  ieri  a  sera  mi  porti  lettere  di  V.  S., 
nondimeno,  per  seguir  ordine  di  darle  avviso  delle 
cose  che  qui  passano,  prevengo  la  venuta  delle  sue, 
le  quali  aspetto  con  desiderio  d' intendere  la  buona 
piega  che  avranno  preso  le  cose  di  costì. 

Scrissi  a  V.  S.  ultimamente  sotto  il  18  decembre  : 
d'  allora  in  qua  abbiamo  avuto  assai  novità  in  Ita- 
lia. Morì  un  figliuolo  del  duca  di  Mantova,  in  età 
infantile,  e  il  padre  ha  seguito  pochi  giorni  dopo.- 
Itesta  di  lui  una  figliuola,  la  quale  potrà  esser  pie- 
tra d'intoppo  alle  case  di  Savoia  e  di  Mantova. 
Pare  che  il  duca  di  Savoia  pretenda  il  marchesato 
di  Monferrato  per  lei,  ad  esclusione  del  fratello  del 
morto,  allegando  il  costume  che  quello  Stato  passi 
anco  nelle  femmine;  anzi,  entrò  nella  casa  di  Man- 
tova per  la  madre  dell'  avo  del  morto  duca.  Dal- 
l' altro  canto,  per  i  Mantovani  si  dice,  che  da  Mas- 
similiano imperatore  fu  quel  marchesato  unito  con 
lo  Stato  di  Mantova  in  un  solo  corpo,  onde  non 
si  abbia  più  da  separare,  e  perciò  debbi  seguire  le 
condizioni  ancora  di  quello.3  Se  Italia  non  fosse  sotto 
il  pedante,  questa  sarebbe  un'  occasione  di  alterare 
la  presente  quiete,  avendo  il  duca  di  Savoia  grande 

'  Edita  come  sopra,  pag.  527. 

-  Il  principe  Lodovico  e  il  duca  Francesco  Gonzaga, 
morti  ambedue  nel  mese  di  dicembre  del  1612.  Vedi  il 
Muratori,  sotto  queir  anno. 

3  I  termini  della  questione  insorta,  e  le  conseguenze 
che  per  allora  ne  derivarono,  sono  abbastanza  svolte  dal- 
l' Annalista  sopra  citato,  sotto  1'  anno  1613. 


364  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

opportunità  per  la  vicinità,  e  grand'  interesse  eli  tirar 
quello  stato  in  casa  sua.  E  già  si  arma,  dicendo  ai 
Mantovani  che  lo  fa  contra  Svizzeri,  e  ai  Svizzeri 
contra  Mantovani.  Ma  gli  Spagnuoli  non  vorranno 
moto,  ne  meno  vorranno  accrescimento  al  duca  di 
Savoia  ;  per  il  che  si  può  credere  che  le  cose  sta- 
ranno come  sono. 

E  giunto  in  Roma  il  vescovo  di  Bamberg,  am- 
basciatore al  pontefice  per  Cesare;  nobile  ambasce- 
ria, essendo  certo  a  me,  che  da  imperatore  non  è 
venuto  in  Italia  per  ambasciatore  alcun  principe 
Germano.  Pretendeva  questo  signore  d'  esser  onorato 
della  mano  destra  da  tutti  in  Italia,  e  ha  ricevuto 
gran  disgusto  perchè  gli  sia  stata  negata  dal  car- 
dinale eh'  è  in  Ferrara,  e  perchè  il  cardinale  eh'  è 
in  Bologna,  per  fuggire  queste  controversie,  si  è  mo- 
strato indisposto.  Ha  ancora  ricusato  di  entrar  in 
Fiorenza,  per  non  aver  quel  duca  consentito  di  darli 
il  luogo,  come  aveva  richiesto.1  Ma  finalmente,  de- 
poste tutte  quelle  pretensioni,  è  andato  a  Eoma.  e 
contentatosi  di  quanto  quella  corte  costuma  di  fare, 
dove  i  cardinali  non  danno  luogo  a  qualsivoglia 
sorte  di  persona.  Non  si  sa  ancora,  se,  oltre  i  com- 
plimenti, abbia  qualche  negoziato  :  è  ben  verisimile 
che  vi  sia.  Io  sto  con  grand'  espettazione  di  saper  il 
modo  come  averà  trattato  col  pontefice  per  nome  di 
Cesare  ;  se  con  parola  di  obbedienza  e  fedeltà,  come 
anticamente  si  soleva  ;  o  di  ossequio,  come  Massi- 
miliano II  ;  o  col  temperamento  medio,  preso  da  Ro- 
dolfo. 

1  Era  quello  il  secolo,  coni'  è  ben  noto,  non  solo  delle 
controversie  teologiche,  ma  delle  questioni  altresì  che  si 
chiamarono  di  precedenza  ! 


LETTERE  DI  FEA  PAOLO   SARPI.  365 

Credo  che  questo  imperatore  avrà  nel  principio 
del  suo  governo  più  travaglio  di  quello  che  pare, 
poiché  abbiamo  avviso  che  li  Turchi  hanno  preso 
tre  luoghi  in  Ungaria  superiore  ;  cosa  eh'  essi  non 
sogliono  fare,  se  non  pacificate  in  tutto  e  per  tutto 
le  cose  di  Levante.  Nel  rimanente,  le  differenze  tra 
questa  Repubblica  e  1*  arciduca  Ferdinando  per 
causa  di  Uscocchi.  sono  andate  in  silenzio,  né  più 
se  ne  parla.  Ma  bene  tra  li  ministri  d'  ambidue  li 
principi  sul  luogo  si  tratta  di  rimediare  alli  mali 
passati,  e  più  alli  futuri.  La  causa  del  componi- 
mento viene  da  Spagna,  che  vuol  le  cose  quiete,  e 
che  riputa  complire  alli  rispetti  suoi,  che  li  Stati 
d'Italia  non  maneggino' arme,  ma  con  le  arti  della 
pace,  o  della  disunione  fra  essi  stessi,  finalmente  si 
sottopongano  ali"  arbitrio  del  più  potente.1 

Ho  raccontato  a  V.  S.  tutto  quello  che  ho  di 
nuovo  :  mi  resta  dirle,  essendo  il  primo  giorno  del- 
l'anno,  salute  presente  e  perpetua,  sì  come  faccio: 
pregando  Dio  che  la  favorisca  di  tutte  le  sue  gra- 
zie, e  a  me  doni  di  poterla  servire  come  con  tutto 
1'  affetto  desidero.  E  qui  facendo  fine,  le  bacio  la 
mano. 

S' avvicina  il  tempo  di  destinare  ambasciatore 
in  Francia  e  Inghilterra.  Sto  in  dubbio,  quale  di 
questi  due  sarà  Barbarigo.  Spero  nondimeno,  che 
sarà  costì.  Egli  fa  riverenza  a  V.  S..  con  il  signor 
Molino  e  padre  Fulgenzio. 

Dopo  scritta  questa,  ho  veduto  una  di  V.  S. 
scritta  a  monsieur  Assellineau,  per  la  quale  veggo 

1  Abbiamo  più  volte  qualificato  per  politico  egregio  il 
nostro  Fra  Paolo  ;  uè  queste  parole  son  tali  che  della  no- 
stra opinione    debbano  farci  ricredere. 


366  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

che  molte  mie  sono  andate  in  sinistro,  ne  so  a  chi 
ascriver  la  causa.  Quelle  di  V.  S.  però  mi  sono  ca- 
pitate sempre.  Le  quali  cose  tutte  io  le  scrivo  per 
avviso,  non  sapendo  giudicare  donde  venga  il  man- 
camento. Dal  signor  Guzzoni  non  può  venire,  per- 
chè vedendolo  diligente  nel  mandar  le  lettere  in  qua, 
giudico  che  faccia  l' istesso  nel  mandarle  in  costà. 
Di  nuovo  le  bacio  la  mano,  pregando  Dio  nostro  Si- 
gnore, che  le  doni  felicità. 

Dopo  chiusa  questa,  io  ricevo  una  di  V.  S.  delli 

11  decembre,  la  quale,  senza  poter  leggere  se  non 

nelle  parole  chiare,  mi  costringe  a  fermarmi  qui,  e 

dirle  che  mi  rimetto  a  scriverle  il  giorno  seguente. 

Di  Venezia,  il  1  gennaio  1613. 


CCXXVII.  —  Al  medesimo.1 

Ieri,  credendo  che  il  corriere  partisse,  mandai  il 
plico  mio  alla  posta,  e  con  un  solo  polizzino  diedi 
conto  a  V.  S.  d'aver  ricevuto  la  sua  delli  11  decem- 
bre, senza  averla  ancora  intieramente  letta.  Il  cor- 
riere ha  differito  1'  andata  al  giorno  d'  oggi,  onde 
ho  potuto  aver  spazio  di  ringraziarla  degli  avvisi  ; 
li  quali  ho  anco  comunicato  al  signor  Barbarigo,  il 
quale  nel  particolare  che  toccava  a  lui,  cioè,  che 
V.  S.  ha  ricevuto  la  sua  e  farà  quello  che  gli  scrive  con 
le  opportunità  e  comodità  che  il  negozio  ricerca,  ri- 
sponde ringraziandola,  e  pregandola  a  non  mancare. 

Io  le  dirò  questo  di  nuovo,  eh'  è  cosa  risoluta  che 
egli  sarà  ambasciatore  in  Francia  ;  sì  che  non  vi  ha 

'  Edita  come  sopra,  pag.  o32. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  367 

da  esser  alcun  dubbio,  e  sarà  costì  la  primavera. 
Di  che  ho  sentito  piacere  grandissimo  per  diversi 
buoni  rispetti.  So  che  V.  S.  ne  sentirà  altrettanto; 
e  io,  per  non  attediarla  più  lungamente,  facendo 
fine,  le  bacio  la  mano. 

Di  Venezia,  il  dì  2  gennaio  1613. 


CCXXVIII.  —  Al  medesimo.1 

L'  ultima  di  V.  S.,  ricevuta  da  me  15  giorni  ad- 
dietro, fu  delli  1 1  decembre  ;  e  1'  ultima  scritta  a  lei 
fu  del  1  del  presente.  Per  questo  corriere  non  ho 
lettere,  se  non  una  di  monsieur  V  Eschassier.  la 
quale  è  delli  19  decembre  ;  dopo  il  qual  tempo  vado 
credendo  che  possa  esser  occorso  qualche  novità,  al- 
meno di  mala  soddisfazione  data  dalla  regina  a'  Ri- 
formati, che  riceverei  con  sommo  dispiacere  per  le 
conseguenze  che  porterebbe  seco.  Ben  sappiamo  che 
qualunque  cosa  procede  secondo  il  divino  benepla- 
cito, e  il  nostro  meglio  :  però  non  si  può  restar  da 
desiderare  secondo  gli  affetti  umani. 

Si  ritrova  in  Roma  il  vescovo  di  Bamberg,  ani- 
hasciatore  per  Y  imperatore;  il  quale  nel  venire  dis- 
seminò eh'  era  per  trattare  il  pontefice  con  molta 
dignità  dell'  imperio.  Con  tutto  ciò,  non  solo  non  è 
stato  tra  i  termini  usati  da  Massimiliano,  ma  ha  ec- 
cesso anco  quelli  di  Rodolfo.2  Il  suo  negoziato  pare 
che  sia  per  ristringere  in  fatti  la  lega  ecclesiastica, 
e  in  apparenza  mostrare  che  fosse  dissoluta,  a  fine 


1  Stampata  come  sopra,  pag    533. 
-  Vedi  sopra,  alla  fine  della  pag.  364. 


368  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

di  trattar  poi  nella  dieta  imperiale,  che  si  dissolva 
quella  di  Hall.  Del  rimanente,  l' Italia  non  ha  altra 
cosa  nuova,  perchè  la  differenza  tra  Savoia  e  Man- 
tova si  risolverà  in  trattazione. 

Le  dirò  ben  di  nuovo  dei  padri  Gesuiti,  che  il 
loro  valore  s'  è  mostrato  così  grande  in  Costan- 
tinopoli, che  hanno  acquistato  il  patriarca  greco 
in  tal  maniera,  che  non  operava  se  non  agli  inte- 
ressi loro.  Onde  la  nazione  greca,  per  non  veder  la 
confusione  del  loro  rito,  è  stata  forzata  procurare 
appresso  li  Turchi  che  il  patriarca  fosse  deposto  ;  e 
così  dal  bascià  è  stato  privato  della  dignità,  e  messo 
in  luogo  suo  il  patriarca  d'  Alessandria,  il  quale  è 
di  nazione  Candiotto,  persona  erudita  anco  in  lettere 
latine  ;  onde  il  tentativo  per  loro  fatto  resta  inter- 
rotto. Adesso  trattano  con  esquisita  sollecitudine  di 
aver  dai  Turchi  il  luogo  del  Santo  Sepolcro  in  Ge- 
rusalemme, quale  da  molto  tempo  è  in  mano  de'  Cor- 
delieri  :  per  ottenerlo  fanno  grossissimi  presenti,  e 
promettono  annui  pagamenti.  Se  otterranno  il  di- 
segno, ogni  mediocre  giudicio  può  congetturare  la 
quantità  dei  danari  che  caveranno  in  tutti  i  regni, 
sotto  pretesto  di  mandar  quivi;  e  la  comodità  che 
averanno  di  formar  Ravaillachi,  di  quelli  che  capi- 
teranno là  per  devozione,  con  la  occasione  di  me- 
morie, antri,  spelonche  e  altre  tali  cose,  potendo  im- 
primere in  persone  stanche  dal  viaggio  e  resignate 
tutto  quello  che  vorranno,  in  luoghi  dove  saranno 
persuasi  di  veder  miracoli.  E  chi  sa  che  non  vi  sia 
anco  disegno  d' imbarcar  qualche  principe  a  lasciar 
il  suo  regno  abbandonato  ?  perchè  da  Ludovico  IX  J 

1  II  santo,  che  non  una  sola  ma   due   diverse  crociate 


LETTERE  DI  ERA  PAOLO  SARPI.  369 

al  XIII,  vi  è  molta  similitudine  per  la  nascenza,  per 
1'  educazione  e  per  le  altre  cose  che  si  possono  con- 
siderare. Non  mi  pare  che  le  congetture  siano  tanto 
lontane  dal  vero  :  almeno  stanno  bene  fra  i  termini 
del  fattibile.  Se  non  che,  Dio  è  di  sopra. 

Sto  con  molto  desiderio  che  le  cose  di  costì  pi- 
glino buona  piega,  e  che  passino  questi  tre  mesi  per 
poterle  scrivere  più  liberamente  per  Barbarigo.  V.  S. 
è  salutata  da  lui  e  dagli  altri  due  amici  ;  e  io,  per 
fine  di  questa,  le  bacio  la  mano. 

Di  Venezia,  il  dì  15  di  gennaio  1613. 


CCXXIX.  —  A  Giacomo  Leschassier.1 

Grandissima  allegrezza  mi  ha  cagionato  la  lettera 
della  S.  V.  de'  19  decembre,  provandomi  che  il  buon 
nome  del  Richer  non  era  punto  diminuito,  e  che  nella 
causa  della  prebenda  il  rettore  della  Università  e 
gran  numero  d'  insegnanti  presero  parte.  Lessi  il 
rimanente  della  Collezione  eh'  Ella  mi  ha  inviato  ;  e 

condur  volle  contro  i  Maomettani  -,  la  prima  delle  quali 
ebbe  a  costargli  la  prigionia,  e  l'  altra  la  vita  ;  ambedue 
calamità  e  danni  senza  fine  alla  Francia  e  all'  Europa.  Il 
che  sia  detto  senza  disconoscere  la  generosità  del  senti- 
mento che  aveva  mosso  i  Cristiani  a  queir  impresa -,  la 
quale  noi  vorremmo  imitata,  con  altro  scopo  e  modi  affatto 
diversi,  ancora  nei  giorni  nostri. 

1  Edita,  in  latino,  fra  le  Opere  ec,  pag.  1.08.  Porta, 
in  detta  stampa,  la  data  del  1612;  ma  nell'ordine  è  posta 
fra  quelle  del  1613,  ed  è  chiaro  per  più  ragioni  come 
debba  riferirsi  a  quest'  anno.  Basterebbe,  tra  le  altre,  a 
dimostrarlo  la  menzione  che  vi  si  fa  dei  nuovi  libri  pub- 
blicati dallo  Scioppio  e  dal  Becano  -,  intorno  ai  quali  noi 
pure  diciamo  altrove  (pag.  379)  ciò  che  potrà  forse  ren- 
dere un  po'  più  soddisfatta  la  curiosità  dei  lettori. 

Sarpi   —  il.  2ì 


870  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

la  protesta  del  Iiicher  mi  è  parsa  ferma  e  modesta 
insieme,  e  la  lodo  senza  fine.  Ho  imito  la  parte  della 
(Collezione  ultimamente  avuta  alle  altre  anteriori,  e 
di  ogni  cosa  le  rendo  grazie. 

Avevo  sentito  dire  del  bruciamento  del  libro  dello 
Sdoppio;  e  non  cesso  di  maravigliarmi  che  alla  bal- 
danza di  un  tanto  imbroglione,  il  re  e  cotesto  re- 
gno non  provvedano  meglio,  che  con  un  fuoco  di 
carta.  Yn  vermiciattolo,  adunque,  avrà  coraggio  di 
sbottonare  una  tanto  infame  sentenza  contro  il  pa- 
dre d'  un  re  vivente  e  pregiato  ?  Ma  non  più.  Non 
e'  è  per  anche  venuto  il  libro  di  Becauo;  ma  l'avremo 
senza  dubbio.  Non  spero  contuttociò  di  vederci  altro 
che  le  adulazioni  del  Bellarmino  e  degli  altri  piag- 
giatori ;  ma  le  promesse  dai  Gesuiti  fatte  agli  autori 
che  s' indirizzano  per  iscritto  al  papa,  non  vanno 
esenti  dai  soliti  equivoci.  Che  bisogno  v'  ha  di 
scrivere  al  papa?  Ha  più  potenza  il  generale  dei 
Gesuiti  sul  Beeano  e  gli  altri  soci,  che  cento  papi. 
Né  si  dia  a  credere  che  il  libro  venisse  fuora  senza 
il  consiglio  e  comandamento  del  generale  ;  niente 
si  fa  o  fu  fatto  da  alcuno  di  loro,  che  non  ottenga 
il  suffragio  di  tutti. 

A  questo  proposito,  la  voglio  intrattenere  con 
'ina  storiella,  che  forse  le  riuscirà  nuova.  Sa  che 
oggimai  hanno  messo  una  famiglia  di  religiosi  a 
Costantinopoli.  A  forza  di  lusinghe  e  ricompense 
'come  usano),  si  guadagnarono  il  patriarca  dei  Greci, 
affinchè  per  suo  mezzo  fossero  ad  essi  affidate  tutte 
le  ingerenze.  Per  il  che  tanto  sdegno  s' accese,  non 
solo  nel  clero  ma  nuche  nel  popolo,  che  non  potendo 
rimediare  altrimenti,  ricorsero  al  Pascià,  e  per  via 
di  donativi  ottennero  che  il  patriarca  fosse  deposto. 


LETTERE  DI  FRA   PAOLO   SARPI.  371 

Mediante  un  decreto,  il  patriarca  fu  privato  della 
dignità,  e  datogli  a  successore  il  patriarca  di  Ales- 
sandria, d'origine  Candiotto  ;  uomo  istruito  anche 
nella  letteratura  latina,  e  che  da  giovine  aveva  ap- 
plicato nel  ginnasio  di  Padova  alla  filosofia  e  alle 
-ane  discipline.  Questi  prosegue  con  grandissimo  zelo 
le  sacre  costumanze  dei  maggiori  ;  ma  io  non  oso 
affermare  eie  cosa  alcuna  possa  riuscir  difficile  ai 
Gesuiti.  La  storiella  però  qui  non  finisce.  Ora  son 
tutti  intenti  ad  estorcere  ai  Turchi  la  concessione 
del  luogo  del  santo  Sepolcro  di  Gerusalemme,  che 
da  208  anni  e  più  viene  amministrato  dai  Cordiglieri  : 
e  profferiscono  di  gran  regali  e  promessa  di  annua 
prestazione:  il  che  neanco  a' Turchi  parrà  disprege- 
vole. Se  l'otterranno,  lascio  pensare  alla  S.  V.  quanto 
denaro  si  caverà  d"  Europa  per  inviarsi  colà  ;  quanti 
Ravaillac.  inoltre,  sorgeranno  per  la  opportunità  di 
spelonche,  caverne,  divozioncelle  e  rivelazioni  !  A  Lei 
lascio  immaginare  il  resto  dei  fervori  a  cui  può 
sentirsi  tentato  chi  passa  i  mari  per  zelo  di  religio- 
ne. Ma  che  poi  dir  dovremo,  se  più  alte  fossero  le 
loro  mire?  come,  a  cagion  d'esempio,  se  qualche  re 
mandisi  là  ad  accender  guerre,  e  intanto  resti  in 
preda  all'  altrui  amhizione  il  vuoto  trono  ?  Avendoci 
re  di  nome.  età.  origine  e  altre  qualità  simile  a  Lo- 
dovico IX.  e  alla  pari  educato,  chi  potrà  crederlo 
esposto  a  simili  attentati,  farà  congetture  pur  troppo 
verisimili  di  trame  insidiose,  e  del  genere  eh'  io  le 
diceva. 

Desidero  sapere  qual  partito  si  piglierà  rispetto 
al  libro  del  Becano.  del  quale  torno  a  parlarle. 
Vorrei  che  la  deliberazione  fosse  presa  piuttosto  dal 
Senato  che  dalla  Sorbona  ;  poiché  da  questo  collegio 


372  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

niente  spero  di  buono  pel  suo  spirito  fazioso.  Acco- 
glie, certamente,  in  seno  egregi  e  distintissimi  perso- 
naggi, fra  i  quali  risplende  il  Richer;  ma  le  faccende 
umane  non  procedono  sì  bene,  che  i  migliori  formino 
il  maggior  numero.  Non  voglia  Dio  che  si  aggrandi- 
sca la  fazione  dei  Gesuiti  ;  la  qua!  cosa  se  io  detesto, 
ancora  la  temo.  La  prego  de' miei  più  ossequiosi 
convenevoli  al  signor  Gillot,  il  quale  gradisco  sia 
messo  a  parte  di  queste  ritortole  gesuitiche.  All'uno 
ed  all'  altro,  co'  rimanenti  amici,  auguro  buona  sa- 
lute; a'  quali  mi  sarà  sempre  assai  grato  il  potere 
dar  segni  d' omaggio  e  di  servitù.  E  bacio  alla  S.  V. 
lo  mani. 

15  gennaio,  1613. 

Del  resto,  eccellentissimo  signor  mio,  conosco  as- 
sai bene  la  fermezza  gallicana,  ne  dubito  che  per 
la  vostra  gagliardia  non  siate  per  uscir  vincitori 
d'  ogni  prova  ;  quantunque,  per  eccesso  di  zelo,  mi 
fossi  nell'  altre  mie  condotto  ad  inculcarvi  una  mag- 
giore costanza.  Del  che,  come  effetto  di  buona  volon- 
tà, prego  la  S.  V.  a  scusarmi. 

Questo  è  già  il  terzo  esemplare  del  decreto 
de' Dieci  contro  i  Gesuiti,  che  le  rimetto.  Il  primo 
spedii  nel  mese  di  giugno,  quando  uscì  fuori;  e 
certo  è  che  andasse  perduto  insieme  con  le  lettere. 
Mandai  il  secondo,  ma  nell'  incertezza  che  costì  per- 
venisse, innanzi  al  19  di  decembre;  il  quale,  se 
prima  del  ricevimento  delle  presenti  non  le  sarà 
recapitato,  vorrà  dire  che  avrà  avuto  la  stessa  fine 
dell'  altro,  insieme  colle  lettere.  Prego  Dio  che  a 
questo  conceda  più  felice  viaggio.  Novamente  la  ri- 
verisco. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPL      373 

CCXXX.  —  Al  signor  De  V  Isle  Groslot.1 

Furono  le  ultime  mie  delli  15  ;  nelle  quali  le  diedi 
conto  della  ricevuta  di  quelle  di  V.  S.  delli  11  de- 
cembre.  Ora  son  debitore  di  accusare  la  ricevuta  di 
quelle  del  24  del  medesimo  mese,  e  di  renderle  molte 
grazie  per  le  cose  comunicatemi. 

Sentirei  grandissimo  piacere  quando  si  potesse 
introdur  intelligenza  tra  la  Repubblica  e  li  Stati. 
Dubito  solo  che  li  sospetti  di  qui  e  gli  interessi  d' am- 
bidue  non  impediscano  la  corrispondenza.  Ma  di 
quello  che  passa  costì  sento  dispiacere  incredibile, 
dubitando  che  finalmente  non  capiti  a  rottura.  Son 
restato  con  molta  apprensione  così  per  il  particolare 
della  lega  contra  Guise,  come  per  la  proposizione 
di  Buglione.  Prego  Dio  che  torni  il  tutto  in  bene. 
Di  quello  che  seguirà,  io  riceverò  sempre  li  suoi 
avvisi  a  favore. 

Mi  scrive  il  signor  Guzzoni  con  qualche  solleci- 
tudine, che  le  lettere  li  vengono  sempre  tutte,  in- 
sieme con  quelle  dell'  ambasciatore  di  Venezia  costì, 
ritardate  però  (di  quelle  di  V.  S.  parlo)  per  un  mese. 
Tutto  sia  per  avviso,  e  con  certificazione  che  non  si 
può  fidare  dall'  ambasciatore  eh'  è  costì. 

Qui  in  Italia  non  abbiamo  se  non  le  gran  pre- 
tensioni del  duca  di  Savoia,  non  solo  del  marche- 
sato del  Monferrato,  ma  ancora  di  un  milione  e  300 
mila  di  contanti,  500  mila  di  gioie,  200  mila  di  mo- 
bili, e  la  entrata  annua  di  100  mila  de'  beni  allo- 
diali, con  altri  miglioramenti,  che  tutta  Mantova  non 

1  Dalla  raccolta  di  Ginevra  ec,  pag.  537. 


374  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARP1. 

basterebbe  a  tanto  pagamento.  Fa  maravigliare  co- 
me 1'  avo  materno  pretenda  esser  tutore  di  chi  ha 
due  fratelli  del  padre.  Si  dà  fama  che  la  vedova 
duchessa  sia  gravida;  il  duca  di  Savoia  la  vorrebbe 
appresso  di  sé,  e  li  Spaglinoli,  sotto  pretesto  di  man- 
tener la  pace  tra  quelle  due  case,  la  vorrebbono  a 
Milano  : 1  cosa  che  ne  a  Mantova  né  a  Savoia  pia- 
ce. Non  ho  dubbio  che  il  fine  spagnuolo  tende  a  far 
dichiarar  il  nuovo  duca  per  loro  :  salto  molto  arduo. 
Si  ritrova  in  Mantova  il  principe  di  Savoia,2  essen- 
dovi opinione,  che  possi  nascer  concordia  tra  loro, 
per  non  dar  ingresso  a  più  potente. 

Del  negoziato  del  vescovo  di  Bamberg  in  Roma 
non  si  dice  niente.  Ben  è  certo  eh'  egli  farà  tutta 
F  invernata  in  quella  città,  e  dopo  anderà  a  veder 
Napoli,  per  esser  di  ritorno  :  il  che  argomenta  eh'  egli 
abbia  negozio  di  lunga  digestione,  e  forse  che  s'aspetti 
risposta  di  Spagna.  Certa  cosa  è  che  l'imperatore 
è  papista  se  mai  alcuno  fu,  non  per  fede,  ma  perfine 
temporale  ;  eh'  è  peggio  ? 

E  avviso  certo  qui,  che  da'  Turchi  sia  mandato 
un  Chiaus  all'  imperatore,  e  che  dopo  la  partita 
di  quello  di  Costantinopoli,  siano  messe  guardie  al- 
l' ambasciatore  cesareo.  Quello  che  il  Chiaus  porti, 
non  si  sa  certo,  ma  si  tiene  che  sia  una  assoluta 
protestazione  che  non  s' impedisca  nelle  cose  di  Tran- 

1  Ed  ecco  la  libertà  di  cui  godono  i  principi  ;  onde 
chi  pensa,  potrà  meno  maravigliarsi  di  quella  loro  conna- 
turata inclinazione  a  tiranneggiare  ed  opprimere  gli  altri. 

2  Anche  di  quest'  andata  della  duchessa  Margherita  a 
Mantova,  della  finta  o  supposta  sua  gravidanza,  della  con- 
tesa tra  1'  avo  materno  e  gli  zìi  paterni  per  la  tutela  della 
fanciulla  Maria,  e'  informa  il  Muratori  nel  luogo  citato  alla 
pag.  363,  nota  2. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  375 

silvania.  Già  alcuni  mesi  si  disse  che  Cesare  deside- 
rava la  guerra  cou  i  Turchi  per  divertire  la  civile.  Se 
ciò  vorrà,  ne  otterrà  la  grazia.  Piaccia  a  Dio  eh'  egli 
non  abbia  1'  una  e  1'  altra,  e  poco  modo  di  sosten- 
tarle, purché  li  principi  confessionisti  siano  savi  e 
apprendino  pericolo. 

Ho  inteso  per  le  lettere  di  monsieur  Asselineau. 
che  di  nuovo  s'  eccita  la  controversia  di  fileno.1  Du- 
bito che  sia  per  partorir  qualche  male,  e  deside- 
rerei più  tosto  che  non  li  fosse  risposto,  e  eh'  egli 
fosse  lasciato  dibatter  da  sé  solo,  perchè  così  il 
fuoco  si  estinguerebbe  per  mancamento  di  mate- 
ria ;  perchè  venendo  alla  contenzione,  è  gran  peri- 
colo di  gran  conseguenza.  Né  si  deve  aver  in  consi- 
derazione che  la  cosa  in  sé  poco  importi,  poiché  tutte 
le  passate  differenze  sono  state  di  questa  natura,  le 
quali  gli  uomini  hanno  aggrandito  con  V  opinione. 
Svanisce  il  calore  quando  è  senza  frutto  e  senza  an- 
tiperistasi.  Similmente,  quanto  alle  cose  di  Ferrier.2 
più  tosto  desidererei  che  le  chiese  cedessero,  che  far 
apertura  all'  appellazione,  come  cosa  di  conseguenza. 

Il  duca  di  Savoia  tuttavia  continua  in  arme,  senza 
che  il  mondo  vegga  altro  frutto  se  non  il  consunia- 

1  II  celebre  Daniele  Tileno,  calvinista  e  professore  di 
teologia  in  Sedan,  che  aveva  avuto  controversie  assai  ru- 
morose col  ministro  Du  Moulin,  e  appresso  anche  altre  col 
Cameron;  stato  in  Inghilterra  nelle  grazie  di  quel  re,  poi 
dagli  Inglesi  accusato  d'  eresia  :  uomo  di  grande  ingegno 
e  d'  eloquenza,  ma  nel  disputare  settariamente  accanito,  e 
che  ancora  per  ciò,  secondo  il  saggio  intendere  del  Sarpi, 
aveva  fatto  e  far  poteva  più  male  che  bene.  Morì  in  Pa- 
rigi nel  1633. 

2  Geremia  Ferrier,  uno  dei  più  caldi  sostenitori  della  re- 
ligione riformata,  ma  che  forse  allora  inclinava  e  poco  di 
poi  si  convertì  al  cattolicismo. 


376  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

mento  de' suoi  Stati.  Il  re  d'Inghilterra  l'ha  favo- 
rito, avendoli  dato  conto  della  morte  del  principe 
di  Galles,  e  scritto  ancora  di  ciò  una  lettera  alla 
figliuola  Maria,  che  si  trattava  di  maritargli.  Onde 
spedirà  un  ambasciatore  espresso  a  quel  re  non  con 
molto  piacere  di  Roma,  quale  non  approva  simile 
comunicazione. 

Intendo  che  in  Roma  vi  è  un  frate  dell'  ordine 
di  Paula,  mandato  dall'  ambasciatore  dell'  arciduca, 
che  si  ritrova  in  Inghilterra,  il  quale  negozia  molto 
secretamente  e  con  li  Gesuiti  e  con  altri  di  corte, 
né  si  penetra  il  trattato.  Ma  come  è  possibile  che 
nelle  negoziazioni  grandi  che  passano  costì,  essi  se 
ne  stiano  quieti?  E  necessario  creder  che  si  riser- 
vino a  maggior  colpo  ;  che  piaccia  a  Dio  prevenire 
o  divertire  :  il  quale  anco  prego  che  doni  a  V.  S. 
ogni  sua  grazia,  e  le  bacio  la  mano  insieme  con  li 
amici. 

Di  Venezia,  il  dì  29  gennaio  1613. 


CCXXXI.  —  Al  medesimo.1 

Questo  corriero  non  m'  ha  portato  lettere  di  V.  S.  : 
il  che  le  avviso  solo  acciò  che,  avendo  Ella  scritto, 
possiamo  venir  in  cognizione  di  onde  il  difetto  viene  ; 
non  perchè  io  desideri  sue  lettere  quando  Ella  sia 
occupata  in  altro  affare;  che  per  esser  certificato 
della  continuazione  della  grazia  sua,  assai  testimonio 
me  ne  rendono  le  lettere  sue  scritte  con   comodità. 

Non  ho  cosa  di  momento  da  dirle.  Le  differenze 


Edita  come  sopra,  pag.  542. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  377 

di  Mantova  sono  appresso  che  composte.  La  duchessa 
vedova  si  ritira  in  un  castello  del  Mantovano  chia- 
mato Goito,  dove  sarà  servita  da  Savoiardi,  restando 
però  il  castello  guardato  da  Mantovani.  Del  rima- 
nente, le  cose  in  Italia  passano  con  quiete. 

Il  vescovo  di  Bamberg,  ambasciatore  cesareo  a  Ro- 
ma, ha  eseguito  la  sua  legazione  quanto  alle  cose  or- 
dinarie, e  il  pontefice  ha  confermata  la  elezione  del 
nuovo  imperatore,  con  parole  :  Matthiam  re  geni  ro- 
memorimi  electam  in  imperatorem  confirmamus.  E  si 
è  fatto  pubblica  scrittura  così  di  questo  atto,  come 
di  quello  che  V  ambasciatore  ha  fatto  verso  il  papa. 
Ma  il  rimanente  oltre  le  suddette  parole,  si  tiene 
occulto,  forse  perchè  non  sia  opportuno  che  da  tutti 
sia  saputo  in  questo  tempo. 

Di  Levante  si  ha  per  certa  la  partita  dell'  amba- 
sciatore persiano  verso  il  suo  signore,  accompagnato 
da  un  ministro  del  Turco,  che  va  per  dichiarare  le 
confini  :  cosa  molto  artificiosa,  potendo,  se  li  tornerà 
a  conto,  con  questo  capo  romper  tutta  la  trattazio- 
ne. Quel  principe  de'  Turchi  ha  risoluto  voltar  le  sue 
armi  verso  Occidente  ;  e  quantunque  le  genti  mili- 
tari che  ordinariamente  stanno  alli  confini  de'  Per- 
siani, bastino  per  la  defensiva,  ha  oltre  di  ciò  man- 
dato cinque  mila  combattenti  alle  frontiere  di  Persia 
e  dieci  mila  alle  frontiere  di  Media,  e  ha  pubblicato  la 
sua  andata  in  persona  ;  con  comandamento  a  tutti  li 
suoi  stipendiati  d'  esser  seguito  senza  nissuna  escusa- 
zione.  Vuole  innanzi  la  primavera  transferirsi  in  Adria- 
nopoli,  per  far  muovere  immediate  tutta  la  milizia  ; 
onde  si  dubita  che.  spuntate  le  prime  erbe,1  debbino 

1  Considerato  come  modo  di  lingua,    ci   sembra  degno 


378  LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

mettersi  in  campagna  e  marciare.  Si  dubita  che 
sarà  una  gran  tempesta  sopra  la  Moldavia,  Vala- 
chia  e  Transilvania  ;  e  Dio  voglia  che  il  rimanente 
di  Ungaria,  che  resta  a"1  Cristiani,  ne  sia  esente. 

Non  si  sa  ancora  che  preparazione  faccia  l' im- 
peratore per  opporsi.  E  ben  comune  opinione,  che 
non  li  dispiaccia  la  guerra  con  Turchi,  come  un  mi- 
nor male  per  divertir  la  civile  di  Germania,  più  abo- 
minabile; e  per  farsi  anco  rispettare  e  temere  più 
dai  principi  dell'  imperio,  se  sarà  armato  :  che  mi 
pare  appunto  la  medicina  di  quello  che  guarì  la 
l'ebbre  con  la  morte.  Piaccia  alla  Maestà  divina  che 
il  tutto  torni  in  sua  gloria  e  salute  delli  suoi:  la 
quale  anco  prego  che  doni  a  V.  S.  ogni  prosperità 
presente  e  perpetua  :  con  che  in  fine  le  bacio  la  mano. 
Di  Venezia,  il  dì  22  febbraio  1613. 


CCXXXII.  —  Al  medesimo.1 

Essendo  venuti  tanti  corrieri  senza  lettere  di  V.  S.. 
ho  ascritto  la  causa  a  quel  che  più  di  tutto  mi  dis- 
piace e  che  ora  veggo  esser  vero,  cioè  all'  infirmità 
sua.  Dalli  tratti  della  lettera  veggo  che  la  mano 
non  è  intieramente  sana,  e  mi  dispiace  che  1'  abbiti 
affaticata,  essendo  questo  un  differir  l'intiera  sanità. 
Finalmente  è  necessario  cedere  alle  necessità  natura- 
li. Non  credo  che  V.  S.  averà  una  ricaduta  così  grave, 
come  mi  scrive  essere  stata  cotesta  ultima:  con  tutto 

della  nazionalità.  E  così  la  frase  proverbiale,  nel  seguente 
paragrafo  :   «  Guarir  la  febbre  con  la  morte.  » 
'  Stampata  come  sopra,  pag.  545. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  379 

ciò,  la  prego  a  non  pigliar  incomodo  per  scrivermi. 
massime  quando  ha  bisogno  di  riposo  per  l'acqui- 
star la  sanità. 

Tutte  le  lettere  di  Y.  S.  sono  state  ricevute  da  me. 
essendo  questa  ultima  de'  4  febbraio  :  V  ultima  mia 
fu  della  12  dell'  istesso  mese,  la  quale  spero  che  aver;i 
ricevuta,  sì  come  anco  la  precedente  delli  29  gennaio. 

Ho  sentito  grandissimo  piacere,  che  siano  estinte 
le  cause  di  turbazioni,  e  accomodate  le  cose  de'  Ri- 
formati e  di  monsieur  de  Rohan  ;  e  spero  che  il  tutto 
sarà  inviato  alla  gloria  di  Dio  e  quiete  del  regno. 
Il  signor  Barbarigo  rende  grazie  a  V.  S.  per  la  me- 
moria che  tiene  del  negozio  raccomandatogli,  e  la 
prega,  con  buone  e  opportune  occasioni  e  comode  o 
Lei,  di  continuare. 

Il  libro  di  Becano1  non  è  ancora  stato  veduto 
qua.  sì  come  nò  meno  V  Ecdesiasiicus  di  Sdoppio. - 
o  perchè  non  abbiamo  creduto  che  simili  argomenti 
debbano  esser  aggraditi  in  questa  città,  o  per  qual- 
che altra  causa.  Ma  che  libri  di  tal  soggetto  possino 

1  Questo  gesuita  nativo  del  Brabante  e  professore  di 
teologia  in  Vienna,  di  cui  parlasi  con  insistenza  nelle  an- 
teriori come  nelle  seguenti  Lettere,  era  stato  autore  di  una 
Ri'futatio  Apologia?  Jacobi  regis,  e  di  lina  Refutatio  Tor- 
tura? Torti,  pubblicate  nel  1610;  ed  aveva  allora  data 
in  luce  un'  altra  confutazione  contro  Laueellotto  Andrews, 
col  titolo  :  Controversia  anglicana  de  potestate  regis  et 
pontificia  (1612).  È  questa  1'  opera  alla  quale  il  Sarpi  fa 
allusione,  e  che  in  lloma  stessa  fu  condannata  e  messa 
all'  Indice,  come  contenente  proposizioni  false,  scandalez- 
zanti  e  sediziose. 

-  Questo  libro  del  tristissimo  Gaspare  Scbopp  era  prin- 
cipalmente diretto  contro  il  re  d' Inghilterra  \  ma  1'  autore 
vi  aveva  mescolati  oltraggi  alla  memoria  del  quarto  Enrico 
di  tanta  gravezza,  che  il  parlamento  di  Parigi  nel  novem- 
bre del  1612,  ne  fece  ardere  gli  esemplari  per  mano  del 
carnefice. 


380  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

esser  censurati  a  Roma,  V.  S.  non  lo  creda  mai  : * 
ne  avranno  seminato  fama  costì  per  divertire  qual- 
che censura  che  potesse  venir  da  cotesta  parte. 

L' Italia  in  questi  giorni  non  ha  prodotto  nulla  di 
nuovo.  Le  cose  di  Mantova  sono  accomodate.  La  du- 
chessa vedova  si  è  ritirata  in  un  castello  chiamato 
Goito,  alli  confini  del  Bresciano,  il  quale  castello 
dentro  è  guardato  da'  suoi  servitori  e  alle  mura  dai 
Mantovani.  Ella  ha  avuto  gran  parte  nell'  accomo- 
damento, con  aversi  dichiarata  che  non  gustava  di 
andarne  a  Milano  ne  appresso  al  padre. 

In  Turino  è  avvenuto  un  accidente  considera- 
bile. Il  vescovato  d'  Asti  ha  alcune  terre  delle  quali 
più  volte  è  stata  controversia  tra  il  duca  e  li  ec- 
clesiastici, pretendendo  questi  che  la  sovranità  sia 
del  papa,  e  il  duca,  come  conte,  pretendendo  che  deb- 
bano esser  riconosciute  da  lui.  Finalmente,  in  questi 
tempi,  essendosi  fatta  una  fortificazione  e  reparazione, 
il  Nuncio  del  pontefice  ha  fulminato  una  scomunica 
contra  il  presidente  Galeani  :  però  1'  ha  pubblicata 
solamente  in  scritto.  Li  ministri  del  duca,  veduto 
questo,  hanno  fatto  una  dichiarazione  di  aver  il  de- 
creto del  Nuncio  come  nullo  e  ingiusto,  comandando 
che,  senza  averli  risposto,  si  proceda  all'  esazione, 
e  sono  passati  anco  ad  usar  queste  parole  :  —  che 
non  solamente  il  tentativo  intrapreso  dal  Nuncio  è 
nullo,  ma  ancora  quando  venisse  dal  papa  medesi- 
mo. —  Si  aspetterà  di  vedere,  dove  terminerà  que- 
sto principio  assai  considerabile  e  che  un  giorno 
sarà  fatto  dalla  Repubblica  per  Ceneda,  massime  che 
molte  turbolenze  sono  pei  confini. 

1  Contuttociò,  quel  libro  fu  condannato  in  Roma  ,  come 
accennasi  ancora  in  principio  della  Lettera  CCXXXIV. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  381 

Un  gentiluomo  di  qualità  in  Francia,  ma  gran 
ligueur,1  m'  ha  affermato  che  il  duca  di  Bouillon 
tratta  di  farsi  papista.  Io  non  lo  credo  ;  ma  perchè 
la  persona  che  lo  dice  non  mentirebbe  volontaria- 
mente, concludo  almeno,  che  se  ne  parla  o  se  ne 
spera. 

Viene  un  avviso  di  Dalmazia,  che  la  persona  del 
principe  de'  Turchi  già  sia  in  Andrianopoli,  e  che 
l'Agà  de'  Giannizzari,  con  25  mila  combattenti,  sia 
avanzato  a  Filippopoli.  Per  esser  certi  di  questo,  è 
necessario  aspettare  la  confermazione.  Ma  io  du- 
bito bene  che  li  Turchi  saranno  in  campagna,  e 
averanno  fatto  qualche  grand'  impresa  prima  che 
sieno  tenute  le  diete  in  Germania.  Li  Austriaci  fanno 
le  provvisioni  che  possono,  ma  non  sarà  poco  se 
quelle  basteranno  per  quel  rimanente  di  Ungaria 
che  loro  resta  ;  che  quanto  alla  Valachia  e  Transil- 
vania.  le  tengo  per  espedite. 

Prego  V.  S.  far  i  miei  basciamani  al  signor  Gil- 
lot,  di  cui  ho  ricevuto  il  pacchetto;  e  non  rispondo 
per  questo  spaccio,  per  1'  angustia  di  tempo  che  il 
corriere  ci  dà.  Averò  carissimo  che  li  comunichi  le 
nuove,  massime  quella  di  Asti,  dicendoli  appresso. 
che  il  tempo  di  comunicare  in  confidenza  sarà 
quando  Barbarigo  sarà  costì.  E  qui  facendo  fine, 
insieme  con  li  amici,  bacio  la  mano  di  V.  S.,  pre- 
gandole da  nostro  Signore  ogni  felicità. 
Di  Venezia,  il  26  febbraio  1613. 

1  Cioè,  partigiano  della  così  detta  Lega  cattolica. 


382  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

CCXXXIII.  —  Al  medesimo.1 

Il  non  aver  veduto  lettere  di  V.  S.  per  questo 
spaccio,  mi  fa  credere,  con  molto  senso  di  dispiacere, 
di'  Ella  sia  stata  riassaltata  dalla  chiragra  :  al  che 
temo  eli'  Ella  presti  occasione  con  voler  adoperar 
la  mano  innanzi  la  sanità  interamente  ricuperata. 
In  fine  è  necessario,  volendo  servirsi  dell'  animo,  te- 
ner cura  ancora  del  corpo. 

Io  sento  gran  piacere  che  da  ogni  canto  s' in- 
tenda le  cose  di  Francia  essere  assai  quiete:  così 
Dio  faccia  che  il  bene  perseveri.  È  bene  fama  che 
iu  Inghilterra  vi  siano  diversi  moti,  ma,  non  so  se 
per  la  lontananza  o  per  la  segretezza,  qui  non  sono 
penetrati  ;  o  forse  la  causa  è  perchè  ognuno  è  at- 
tento alli  moti  de'  Turchi,  e  a  pensar  che  rimedi 
saranno  posti  dalla  Germania.  L'  imperatore  di- 
manda aiuto  dal  pontefice,  ma  quanto  fa  bisogno 
egli  non  può  somministrare  ;  e  quello  che  può,  aiu- 
terebbe poco  l'imperatore,  e  incomoderebbe  lui  assai. 
Dimanda  ancora  il  re  di  Polonia  denari  al  medesimo 
pontefice,  il  quale  si  spaventa  intendendo  che  quel 
re  abbia  sette  milioni  di  debiti. 

Vengo  accertato  che  i  Turchi  favoriscono  gran- 
demente l'Evangelio  in  Ungaria;  che  mi  pare  gran 
maraviglia.  Ma  Dio  si  serve  d'  ogni  instrumento  a 
bene.  Il  convento  tra  papisti  e  nostri  per  li  confini2 
è  disciolto  con  arte.  Piaccia  a  Dio  che  ogni  cosa 
torni  in  gloria  di  sua  Maestà  ;  la  quale  anco  prego 

1   Pubblicata  come  sopra,  pag.  550. 
3  Coerentemente   a    quanto    erasi    detto   al   fine    della 
pag.  380  -,  cioè  :   «  molte  turbolenze  sono  pei  confini.  » 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  383 

che  doni  a   V.   S.  ogni  prosperità,    e    le  bacio   la 
mano. 

Di  Venezia,  il  12  marzo  1(313. 


CCXXXIV.  —  A  Giacomo  Leschassièr.1 

Ricevei  la  lettera  della  S.  V.  degli  8  febbraio, 
con  gli  articoli  cavati  da  Azor  e  Gretzer.2  e  la  ro- 
mana censura  del  Becano.  di  cui  non  era  arrivata 
a  noi  contezza  alcuna.  Mi  reca  sommo  stupore,  che 
[ter  tal  causa  siensi  adunati  i  cardinali  il  3  di  gen- 
naio ;  quando  nel!'  intramezzo  dalla  Natività  all'  Epi- 
fania del  Signore  sogliono  interrompere  ogni  faccen- 
da. Non  posso  indovinare  perchè  i  Gesuiti  abbiano 
cotanto  temuto  la  censura  della  Sorbona,  e  preferito 
che  il  libercolo  fosse  condannato  a  Roma.  Dio  non 
voglia  che  quello  che  è  da  stampare,  non  sia  più  pe- 
stilenziale del  riprovato  !  Se  lasceranno  condannare 
o  colpir  di  censura  i  tre  tomi  di  Giovanni  Azor.  sarà 
chiaro  allora  il  perchè  abbiamo  tanto  accanitamente 
difeso  il  Becano.  Mi  sorprende  1'  audacia  e  l'impru- 
denza del  Gretzer;  ma  che  v'  è  da  aspettarsi  di 
buono  da  chi  detrae  ai  propri  benefattori  ?  Ben  è 
vero  che  vogliono  esser  arbitri  d'  ogni  cosa  e  co- 
mandare a  tutti  quanti. 

Si  parla  di  non  so  qual  recente  attentato  contro 

1  Edita,  in  latino,  nella  raccolta  delle  Opere  ec  ,  p.  110. 

1  Giovanni  Azor,  gesuita  spagnuolo  •,  Giacomo  Gretser, 
suo  confratello  nativo  della  Svevia,  furono  rispettivamente 
autori  di  più  opere  (il  secondo  assai  più  dell'  altro),  di  cui 
possono  vedersi  i  titoli  presso  gli  eruditi,  ma  delle  quali 
ognuno,  anche  senza  di  ciò,  indovina  i  soggetti  e  lo  scopo. 


384  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

il  re  d'Inghilterra;  ma  la  cosa  non  è  bene  accertata, 
e  aggiungono  che  il  papa  non  l' approvi  :  al  che  però 
molti  non  credono.  Gli  Spagimoli  hanno  domandato 
molte  cose  attinenti  alla  collazione  dei  benefizi  sì 
nel  regno  di  Napoli  e  sì  nella  Spagna,  ed  ora  si  sta 
deliberando  in  proposito.  Gli  Spagnuoli,  secondo 
loro  usanza,  non  fanno  pressa,  e  per  ciò  stesso  molto 
ottengono,  guardandosi  la  Curia  dal  negare  ad  essi 
alcun  che,  sul  timore  che  rincarino  il  fitto.  Final- 
mente, la  Spagna  sotto  di  questo  re  non  si  mostra 
ligia  alla  Curia  romana,  come  a  tempo  del  padre. 
Vera  la  nuova  che  le  giunse  sulla  pace  fatta  tra  il 
Turco  e  il  Persiano  :  bensì  i  Turchi  non  si  preparano 
a  guerra  marittima,  ne  allestiscono  la  flotta  se  non 
come  usavano  negli  altri  anni  ;  e  in  quello  stato  non 
basterebbe  ad  intraprese  per  mare.  S'  apparecchiano 
per  altro  a  una  guerra  fortissima,  e,  a  quanto  dicesi, 
contro  i  Daci,  chiamati  oggi  Transilvani  e  Moldo-Va- 
lacchi.  Questi  una  volta  si  reggevano  con  proprie 
leggi  e  signoria,  riconoscendo  soltanto  co'  tributi 
F  alto  dominio  turchesco;  il  quale  scossero  negli 
ultimi  anni.  E  però  credesi  che  i  Turchi  ridurranno 
ora  que'  paesi  in  provincie,  soggettandole  a  propri 
governatori,  che  chiamano  Pascià:  il  che  quando  ac- 
cada (tolgalo  Iddio),  s'ingrandirà  notevolmente  il  loro 
dominio,  con  danno  presentissimo  dell'  Ungheria  e 
della  Polonia.  Già  il  sultano  stesso  partì  il  primo  di 
gennaio  da  Costantinopoli,  per  toccare  con  viaggio 
continuato  Andrinopoli,  che  è  1'  ultima  parte  occi- 
dentale della  Tracia.  Dicesi  che  proseguirà  ancora  il 
cammino  ;  ma  certo  è  che  soldati  affluiscono  da  tutte 
le  parti,  e  saranno  in  armi  prima  che  in  Germania 
si  deliberi  sul  soccorso  da  darsi  a  Cesare.   Il  quale 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  385 

chiede  al  papa  una  sovvenzione  in  denari  ;  ma  ne 
il  papa  può  darla  perchè  stretto  dal  bisogno  ;  né 
vuole,  pensandosi  che  quella  causa  non  valga  il 
carico  d'  una  spesa. 

Credo  che  la  S.  V.  avrà  inteso  le  risoluzioni  del 
ministro  del  duca  di  Savoia  contro  la  scomunica 
minacciata  dal  Nunzio  pontificio  al  presidente  Ga- 
leano,  con  intendimento  di  mandarla  tosto  ad  effet- 
to. Quel  che  intendano  di  contrapporre  i  romane- 
schi, non  si  sa  ancora  :  questo  solo  è  noto,  che  ne 
sanno  ne  vogliono  portare  in  pace  gli  atti  dei  mi- 
nistri del  Duca.  Ma  a  censure  non  ricorreranno,  per- 
chè loro  non  profittano  in  nessun  luogo.  Quantun- 
que io  pensi  che  sia  giunto  costà  e  la  S.  V.  abbia 
veduto  qualche  esemplare  di  quel  decreto,  pure  ho 
voluto  inviarne  uno,  perch'Elia  veda  (se  a  caso  non 
le  è  caduto  fra  mano)  quali  severi  provvedimenti 
siensi  in  proposito  adottati. 

Ringrazio,  infine,  distintamente  la  S.  V.  eccellen- 
tissima per  avermi  inviato  la  censura,  insieme  colle 
particelle  summentovate  ;  e  la  prego  a  ricordarsi 
tuttavolta  di  me  e  de'  suoi  comandi  onorarmi.  Sup- 
plico ancora  la  Maestà  divina,  che  sempre  voglia 
custodire  la  sua  sanità  ;  e  le  bacio  le  mani. 
12  marzo,  1613. 


CCXXXV.  -  Al  medesimo.' 

Con  vivissimo  piacere  ho  ricevuto  le  sue  lettere 
de'  7  febbraio,  e  mi  consolo  grandemente  nel  pensiero 

1  Edita  come  sopra,  pag.  111. 

Sarpi.  —  II.  23 


386  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

che  siasi  da  voi  altri  sollevata  ima  insegna  di  libertà. 
Non  posso  menar  buono  che  Ella,  come  asserisce,  non 
si  manifesti  fieramente  acceso  dell'  amore  di  essa. 
Che  libertà  fiaccamente  difesa  frutta  maggior  ser- 
vaggio ;  e  sempre  dobbiamo  aver  presente  la  sen- 
tenza di  Livio  :  essere  rovinosi  i  mezzani  tempera- 
menti, che  dei  nemici  non  ti  sbarazzano  e  non  ti 
procacciano  amici.1  Oh  Dio  volesse  che  tale  osserva- 
zione, coni'  è  conosciuta,  così  fosse  messa  in  opera 
dai  nostri!  Ma  assai  difficoltà  ci  s'oppongono.  Tutti 
sentono  che  sarebbe  del  pubblico  interesse  che  a'  prin- 
cipi si  ritornasse  la  signoria  temporale,  e  la  spirituale 
a'  vescovi  :  ma  donde  a  ciò  prender  le  mosse,  nessuno 
lo  sa.  Filippo  II,  re  delle  Spagne,  aveva,  fra  gli  altri, 
questo  segreto  di  dominazione  :  sostenere^  la  potestà 
papale  ;  la  quale,  sebbene  tornasse  perniciosa  e  a  sé 
ed  al  suo  regno,  pure  portava  un  vantaggio  assai  su- 
periore a'  danni,  col  servire  a  tenere  impigliati  tutti 
i  principi  in  rivolte  civili.  Il  re  attuale,  o  chi  mo- 
dera la  pubblica  cosa,  non  sembra  che  approvi  tale 
strabocchevole  autorità,  e  ha  principiato  a  diminuirla 
in  Spagna,  e  si  è  provato  a  fare  il  medesimo  anche  nel 
regno  di  Napoli.  Ma  dopo  i  moti  germanici  si  sono 
dati  all'  inerzia,  abbisognando  la  Spagna  del  papa 
e  de'  Gesuiti  per  mantenere  nell'  impero  la  grandezza 
di  casa  d' Austria.  I  principi  italiani,  che  amano 
tutti  la  pace,  sono  forzati  di  adattarsi  a'  tempi  e  go- 
dere al  possibile  del  presente.  Il  papa  possiede  in 
Italia  una  porzione  non  ispregevole  di  territorio,  e 

1  Oh  1'  avessero  così  presente  quelli  a  cui  sarebbe  de- 
bito averla,  questa  sentenza  di  Livio,  del  Machiavelli  e 
del  Sarpi  •,  questa  sentenza  appi-ovata  dal  comun  senso  e 
provata  da  tutte  le  storie  ! 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  387 

domina  inoltre  col  triregno  tutti  gli  Stati.  I  preti 
italiani,  infatti,  sono  più  ossequenti  al  papato,  che  non 
i  francesi,  avendosi  da  lui  solo  i  benefizi,  e  (ciò  che 
più  vale)  aspettandone  di  maggiori.  Quadra  qui  il 
proverbio  :  tenere  il  lupo  per  gli  orecchi  ;  tornando 
in  egual  modo  pericoloso  pe'  principi  in  Italia  o  il 
sommettersi  al  papa  o  lo  scuoterne  il  giogo.  Ma  il  dis- 
corso su  tali  cose  è  da  rimettere  a  più  opportuna 
occasione. 

Mi  preme  grandissimo  desiderio  di  vedere  la  deli- 
berazione fatta  dal  Senato  contro  i  faziosi  che  insor- 
sero contro  il  libercolo  Della  potestà  ecclesiastica 
e  civile  ;  il  quale  quando  venga  difeso  dalla  pub- 
blica autorità  (come  vedo  essersi  principiato  a  fare), 
s'  avranno  gittati  nella  Francia  semi  di  gran  rac- 
colta, che  gioverà  pure  a  noi.  Ho  letto  con  grande 
attenzione  1'  arringa  dell'  avvocato  della  Università, 
che  ho  riscontrato  maravigliosa  d'  eleganza  e  sodez- 
za. Io  ne  osservo  e  venero  l'autore,  che  in  cosa  dub- 
bia ha  preso  il  patrocinio  del  vero  con  tanta  li- 
bertà ;  ma  due  cose  occorrono  per  me  nuove  e  di  cui 
chiedo  con  grande  istanza  lo  schiarimento.  Riguarda 
1'  una  quel  Carlo  Ridicoli,  giacobita  di  Gand,  con- 
tro di  cui  si  allegò  una  decisione  del  Senato  del- 
l' aprile  1599.  Io  sono  al  buio  affatto  e  sulla  cosa 
e  sul  nome  della  persona.1  Mi  farà  la  S.  V.  un  gran 
favore  a  dirmene  in  succinto  la  storia,  e  riferire  il 
tenore  della  sentenza  del  Senato.  L'  altra  risguarda 
un  certo  abboccamento  tenuto,  secondo  quel  che  dice 
1'  avvocato  della  Università,  nella  città  di  Toul  ;  nel 


1  Né  la  posterità,  per  quanto   a  noi  sembra,  ne  seppe 
gran  fatto. 


388  LETTERE  DI  FEA  PAOLO   SARPI. 

quale  si  rafforzarono  nuovamente  i  dogmi  o  le  mas- 
sime de'  Gesuiti.  Di  ciò  non  giunse  qua  novella  al- 
cuna :  amerei  conoscere  le  persone  assistenti  al  col- 
loquio e  gli  argomenti  discussi.  Aspetto  anche  con 
vivissima  brama  la  orazione  del  signor  Servino, 
eh'  io  m' immagino  così  ricca  di  ragioni  di  dritto, 
come  piena  di  dati  di  fatto.  Non  posso  ristarmi  dal 
fare  scuse  per  la  mia  importunità  e  curiosità,  che 
mai  non  cessa  dal  far  domande. 

Prego  Dio  che  conduca  a  buon  fine  ogn'  intra- 
presa della  S.  V.  eccellentissima,  e  la  tenga  lunga- 
mente sana,  affinchè  possiamo  entrambi  d'egual 
omaggio  onorare  la  divina  Maestà.  Tanti  saluti  da 
mia  parte  al  signor  Gillot.  E  le  bacio  le  mani. 
15  marzo,  1613. 

Era  già  scritta  la  presente  quando  ricevei  let- 
tere della  V.  S.  date  li  quindici  di  febbraio  ;  dalle 
quali,  e  dalle  altre  inviate  al  signor  Molino,  appresi 
la  sollecitudine  che  la  stringe  per  le  cose  mie.  E  di 
ciò  me  le  professo  obbligato,  e  la  ringrazio  secondo 
il  potere  ;  ma  se  metterò  a  parte  V.  S.  di  tutto  che 
risguardi  quel  negozio,  niente  più  mi  resterà  da  ag- 
giungere. Le  stesse  lettere  al  signor  Molino  mi  pa- 
lesarono che  egli  le  parlò  ci'  una  certa  mia  operic- 
ciuola  sulla  Immanità  dei  cherici  ;  e  n'  ebbi  un  po' 
ad  arrossire.  Non  fu  scritta,  infatti,  per  essere  divul- 
gata,1 ma  per  dar  lume  a  certuni  dei  nostri,  che  bi- 
sognava di  subito  istruire   e  liberar  dalla  supersti- 

1  Questa  operetta  trovasi  oggi  stampata  al  principio 
del  voi.  V  delle  Opere  del  nostro  autore  (Helmstadt,  ossia 
Verona,  1761-68),  col  titolo  di  Trattato  della  immunità 
delle  Chiese. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  389 

zione,  acciocché  non  pigliassero  deliberazioni  dan- 
nose agi'  interessi  della  Repubblica.  Tacqui  però 
molti  articoli  e  i  più  importanti,  perchè  i  deboli  in- 
gegni non  andassero  sopraffatti  da  troppo  profondi 
insegnamenti  ;  e  neppure  evitai  le  ripetizioni,  per 
seguir  la  maniera  del  nostro  discorrere.  E  debbo 
confessare,  che  mi  dette  molestia  la  improvvida  edi- 
zione che  il  Molino  fece  d'  un  lavoro  destinato  solo 
all'  uso  dei  nostri  :  ma  poiché  il  fatto  non  si  può 
disfare,  prego  la  S.  V.  a  non  portar  giudizio  di  me 
su  quel  lavoruccio,  che  niente  stimo.  Se  non  si  fos- 
sero desti  rumori  contro  il  libretto  Sulla  ecclesia- 
stica e  civil  potestà,  pochi  1'  avrebbero  letto  e  po- 
chissimi giudicato.  Ma  la  guerra  svegliata  farà  pro- 
fitto, sì  perchè  il  punto  controverso  si  metterà  con 
più  diligenza  ad  esame,  sì  perchè  il  sindaco  e  gli 
altri  della  Sorbona  saranno  forzati  a  difendere  le 
proprie  sentenze.  Giace  dimenticata,  comunque  otti- 
ma, una  dottrina  che  non  patisce  contrasto  ;  ma  vi- 
goreggia quando  sia  assalita  o  difesa.  Pur  che  stia  in 
sicuro  la  vita  e  libertà  del  sindaco  e  il  Senato  ne  pigli 
la  difesa,  spero  ogni  cosa  riesca  al  meglio  ;  e,  a  parlare 
schietto,  ancorché  si  avverasse  quello  che  avvenne 
nella  causa  del  libro  del  Bellarmino,  meglio  piace- 
rebbemi  che  il  non  far  nulla.  Importa  al  vero  che  si 
rivendichi  qualche  dritto  conforme  alla  libertà,  e  si 
destino  dal  sonno  i  buoni  e  piuttosto  si  scindano  in 
partiti  i  professori  di  lettere,  che  vilmente  e  impru- 
dentemente andar  dietro  ai  Gesuiti.  Contro  i  quali 
dovemmo  anche  noi  un  giorno  battagliare,  perchè 
asserirono  che  il  papa  era  successore  di  Cristo  ;  e 
questo  sempre  e  sul  serio  ripetono,  per  provare  la 
necessità  del  capo   visibile  della   Chiesa  ;  del  quale 


390  LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

non  abbisognerebbe  la  Chiesa  se  Cristo  potesse  eser- 
citar quell'  officio  ;  e  ciò  dicendo,  vennero  a  tali 
enormezze,  che  non  si  può  aggiunger  di  più.  Già  un 
certo  Paolo  Comitolo  da  Perugia,1  loro  consocio, 
stampò  un  libro  col  titolo  di  Sentenze  morali,  nel 
quale  sostiene  doversi  tenere  come  un  articolo  di 
fede  cattolica  e  divina,  che  tutti  e  singoli  i  papi 
che  governarono  prò  tempore  la  Chiesa,  sieno  stati 
veri  e  legittimi.  E  così  sostiene  doversi  credere  con 
la  stessa  fede,  che  tal  è  1'  attuale  pontefice  ;  con  la 
stessa  fede  credere  che  è  battezzato,  ortodosso  e 
maschio,  e  ogni  punto  indispensabile  al  potere  pon- 
tificio. E  lo  prova  specialmente  con  due  ragioni:  la 
prima,  perchè  se  uno  dicesse  eh'  esso  non  è  vero  pa- 
pa, sarebbe  da  consegnarsi  all'Inquisizione  com' ere- 
tico :  dunque,  bisogna  crederci  come  ad  articolo  di 
fede  cattolica.  La  seconda,  perchè  nessuno  è  martire 
se  non  muoia  per  la  fede  cattolica  :  ma  in  Inghilterra 
furono  uccisi  molti  per  aver  confessato  che  Grego- 
rio XIII  era  vero  capo  della  Chiesa  ;  dunque  V  affer- 
mar ciò  è  un  articolo  di  fede  cattolica  :  Queste  mas- 
sime svolge  il  Comitolo  a  dilungo  nei  capitoli  1,  9,  00 
di  quel  libro.  Che  aspettarci  di  più  da  cotesta  ge- 
nia ?  Siamo  al  punto  d'  aver  assai  più  articoli  di 
fede  sul  solo  papa,  che  non  su  tutti  i  misteri  di  no- 
stra Redenzione. 

Ho  letto  la  narrativa   delle  cose  di  Troyes, 2  e 

1  II  Comitolo,  amico  sviscerato  del  cardinale  Bellar- 
mino, aveva  due  volte  scritto  (1606-7),  per  la  corte  di  Ro- 
ma, contro  la  Repubblica  di  Venezia  e  nel  1611,  pub- 
blicò per  le  stampe  in  Cremona  i  suoi  Consilia  seu  Re- 
sponso, moralia,  ristampati  in  Lione  nel  1619. 

-  A  chi  non  garbasse  questo  nostro  modo  di  volgariz- 
zare, non  avendo  potuto  trovar  notizie  del  fatto  cui  accen- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  391 

mi  fece  stomaco  il  vedere  come  quella  generazione 
si  prenda  giuoco  con  sì  gran  tracotanza  di  tutti 
quanti.  Anche  qua  di  fresco  macchinarono  certe  tra- 
me contro  questa  Repubblica  ;  ma  io  spero  di  ov- 
viarci sì  presto,  che  pel  venturo  corriere  le  darò 
ragguaglio  sì  degli  artificii  e  sì  dei  rimedi:  il  che 
confido  debba  essere  di  salutifero  esempio  anche 
agli  altri. 

Mi  accorgo  d' aver  fatto  una  giunta  più  lunga 
della  stessa  lettera  ;  di  che  la  prego  a  scusarmi  e 
a  volermi  il  consueto  bene.  Mentre,  poi,  le  bacio  le 
mani,  le  raccomando  di  trasmettermi  ogni  delibera- 
zione che  sarà  presa  da  cotesto  Senato  intorno  all'opu- 
scolo del  Sindaco.  Di  nuovo,  salute.  Se  corsero  vive 
parole  fra  il  principe  di  Condò  e  il  cardinale  Perron 
in  ordine  al  libro  del  Sindaco,  la  cosa  non  si  fermerà 
lì  ;  e  se  il  principe  si  capacita  di  quella  dottrina, 
io  m' auguro  (checché  altri  opinino  in  contrario) 
che  ne  verrà  bene  non  solo  alla  Francia,  ma  ancora 
all'  Italia.  Il  tempo  chiarirà  quello  che  tra  loro  passa  ; 
e  però  prego  la  S.  V.  a  scrivermi  se  si  confermi  la 
veracità  di  quel  che  si  va  bucinando,  e  d'altro  ancora. 


CCXXXVI.  —  Al  medesimo.1 

Rendo  infinite  grazie  alla  S.  V.  per  la  raccolta 
inviatami  delle  dottrine  cavate  dal  libro  del  Becano. 
Io  ho  messo  alla  prova  tutti  i  mezzi  per  avere  da 
Roma   la  censura  di  quell'  opera  ;  ma  non  vi  sono 

nasi,  poniamo  sott'  occhio  le  parole   stesse   dell'  originale  \ 
cioè  :   Trecensem  narrationem  legi  curii  indignatione  ec. 
1  Stampata  come  sopra,  pag.  113. 


392  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

riuscito,  quantunque  non  sia  stile  che  siffatte  cose 
tengansi  occulte.  Quel  modo  di  dire  che  vi  si  con- 
tengono alcune  proposizioni  false,  temerarie,  scan- 
dalose e  'rispettivamente  sediziose,  è  usitato  a  Roma  ; 
e  s' aggiunge  a  bella  posta  l' avverbio  rispettiva- 
mente, per  ispecificare  la  differenza  tra  le  voci  as- 
solute di  false,  temerarie,  scandalose  e  sediziose. 
Però  è  da  far  caso  che  si  usurpi  dal  fòro  ecclesia- 
stico il  giudizio  di  falsità  e  ribellione.  Del  resto,  le 
undici  proposizioni  estratte  costà  dal  libro  non  sono 
forse  tra  quelle  che  proscrissero  a  Roma  ;  e  forse  il 
vostro  raccoglitore  ne  notò  altre.  L' avverbio  rispet- 
tivamente fu  aggiunto  per  riguardo  a'  Francesi  :  al- 
meno così  mi  vo  figurando,  sebbene  non  ricordi  di 
aver  mai  veduto  usata  in  tal  senso  quella  voce  dai 
romaneschi.  Ma  nel  leggere  la  censura  e  gli  articoli 
cavati  dall'  egregie  lettere  del  generale,  non  posso 
congetturare  se  la  formula  emendativa  sia  stesa  o 
tuttora  da  stendersi.  Che  se  fu  fatta,  perchè  non  si 
mandò  in  Francia  per  cessare  ogni  lamento  ?  Tant'  è, 
m'  è  forza  venire  alla  conclusione,  che  nulla  si  tratta 
sul  serio. 

Che,  poi,  e  il  capitolo  e  la  università  di  Tolosa 
non  potessero  più  sopportare  i  Gesuiti,  dianzi  tanto 
amati  e,  a  così  dire,  adorati,  non  fa  maraviglia  :  essi 
vogliono  comandare  a  tutti,  e  non  la  risparmiano  nep- 
pure agli  amici,  quando  gli  hanno  tirati  a  un  punto 
che  più  non  possano  opporre  resistenza.  Sono  dello 
stesso  parere  che  la  S.  V.  ;  importare,  cioè,  all'  uui- 
versale  che  costoro  sieno  conosciuti  da  tutti.  E  penso 
pure  che  dovranno  da  tutti  conoscersi,  come  prima 
si  darà  un  successore  a  questo  generale.  Giacché 
tengo  per  cosa  certa  da  chi   è   bene  informato,  che 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  393 

esso  tratta  ogni  affare,  e  mira  a  tenere  occupati 
tutti  i  suoi  soggetti  in  poche  intraprese  di  rilievo  ; 
vietando,  per  non  attraversarle,  che  s'immischino  in 
altre.  Eppure  F  uomo  che  maneggia  tanti  affari,  non 
vale  a  tener  in  dovere  essi  Padri.  La  V.  S.  ben  co- 
nosce quel  che  di  grave  vadano  macchinando  fuori 
d' Italia.  Agitano  in  Italia  due  disegni,  dei  quali 
1'  uno  sovrasta  a  Roma  e  1'  altro  a  Venezia  ;  ma  i 
consigli  degli  uomini  sono  per  lo  più  tanto  rei, 
quanto  vani. 

Avrò  sommo  piacere  di  ricevere  tutto  che  di 
stampato  o  manoscritto  sarà  composto  dal  clero  e 
dalla  università  di  Tolosa  contro  di  loro  ;  giacché 
giova  assai  a'  nostri  il  conoscere  questi  e  simili  al- 
tri argomenti.  Sono  anche  bramosissimo  di  sapere 
checche  altro  sarà  per  seguire  nell'  affare  del  sin- 
daco Richer.  Intanto  prego  Dio  che  conservi  alla 
S.  V.  la  sanità,  e  le  bacio  le  mani. 

26  marzo,  1613. 


CCXXXVII.  —  Al  signor  De  V  Me  Groslot.1 

L'  ultima  mia  fu  delli  12,  e  per  il  presente  cor- 
nerò ho  ricevuto  quelle  di  V.  S.  delli  19  febraro  e 
delli  4  del  presente.  Alle  quali  prima  che  rispondere, 
mi  fa  necessario  dire  a  V.  S.,  che  monsieur  Assellineau, 
dopo  avermi  narrato  d' aver  in  una  sua  avvertito  V.  S. 
di  quanta  cauzione  fosse  bisogno  nel  trattare  con 
certe  persone  medie,  o  piuttosto  neutre,  per  quello 
che  a  me  tocca,  mi  mostrò  poi  un  capitolo  di  let- 

1  Edita  nella  raccolta  di  Ginevra  ec,  pag.  552. 


394  LETTERE  D[  FRA  PAOLO   SARPI. 

tera,  dove  Ella  fa  sopra  ciò  qualche  risentimento  ; 
nel  quale,  perchè  tra  le  altre  cose  gli  scrive  che  co- 
munichi ciò  meco,  son  entrato  in  pensiero  che  V.  S. 
possa  aver  creduto  che  con  mia  partecipazione  esso 
Assellineau  abbia  fatto  seco  il  suddetto  officio  ;  e 
pertanto  non  ho  potuto  trattenermi  di  non  fare  un 
poco  d' apologia,  perchè  troppo  mi  peserebbe  eh'  Ella 
non  fosse  certa,  la  esistimazione  mia  verso  Lei  cor- 
rispondere al  suo  valore,  prudenza  e  bontà.  Per 
tanto,  l' accerto  in  parola  di  verità,  che  l' ufficio 
non  è  stato  fatto  da  monsieur  Assellineau  di  mia 
saputa  ;  né,  quando  1'  avessi  presentito,  averei  in 
alcun  modo  comportato  si  facesse;  né  resterò  di  ag- 
giungere, il  mio  naturale  in  materia  di  confidenza 
non  esser  capace  di  mediocrità,  ma  di  chi  non  si 
fida  intieramente  esser  diffidente  del  tutto.  V.  S.  mi 
è  nota  intieramente  per  una  pratica  di  tanti  anni, 
che  il  dubitare  adesso  della  sua  prudenza  e  circo- 
spezione, questo  sarebbe  far  torto  al  suo  merito  e 
al  mio  giudicio.  Io  credo  bene  che  il  motivo  di  mon- 
sieur Assellineau  sia  originato  da  buona  intenzione  : 
però  cotesta  sua  azione,  come  qualche  altra  ancora, 
lo  mostrano  abbondar  superfluamente  in  cauzione; 
ma  io  anco  superfluamente  passerei  innanzi  in  que- 
sto capo,  essendo  certo  che  V.  S.  con  tanto  resterà 
soddisfattissima. 

Ora  vengo  alle  sue.  Ho  sentito  gran  piacere  che 
li  negozii  siano  totalmente  accomodati,  che  non  re- 
sti timore  di  altro  inconveniente,  e  che  le  Chiese 
siano  soddisfatte. 

Quanto  alla  venuta  di  Barbarigo  costì,  prima 
io  non  avevo  speranza  :  nacquero  poi  certi  emergenti 
pei  quali  la  tenni  certa,  come  mi  raccordo  aver  scritto 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  395 

a  V.  S.  :  ora,  per  nuovi  accidenti,  mi  conviene  aver 
qualche  dubbio.  Ma  la  settimana  seguente  ci  darà 
piena  risoluzione,  che  allora  si  farà  la  disputazione  ; 
e  se  non  sarà  costì,  sarà  in  Inghilterra.  Ben  sento 
dispiacere,  che  riuscendo  l' evento  contro  il  mio  de- 
siderio, sarà  in  persona  simile  al  presente.  Tutto  è 
in  mano  di  Dio. 

Nel  negozio  di  Mantova,  scrissi  a  V.  S.  come  la 
Duchessa  vedova  era  ritornata  in  Goito.  Ora,  sprov- 
vistamente, ella  si  è  dichiarata  non  gravida,  e  il 
cardinale  ha  assunto  il  titolo  di  duca  ;  e  il  principe 
di  Savoia,  fatto  il  viaggio  in  posta,  è  giunto  per 
condurla  a  Torino  ;  il  che  fa  maravigliare  della  su- 
bita resoluzione,  e  restare  in  ambiguità  se  sia  se- 
gno di  megliore  o  di  peggiore  intelligenza  fra  quei 
principi. 

Il  vescovo  ambasciatore  dell'  imperatore  ha  trat- 
tato lega  contra  Confessionisti;  ma  il  tutto  è  stato 
interrotto  e  sfumato  per  li  motivi  dei  Turchi,  delli 
quali  non  ci  è  alcun  sospetto  per  Candia,  dovendo 
esser  1'  armata  marittima  sotto  il  mediocre,  ma  la 
terrestre  sopra  il  sommo. 

Nella  novità  eccitata  da  Tileno,  mi  pare  che  il 
portarci  estinzione  con  silenzio  sia  tanto  necessario, 
che  doverebbe  persuadere,  anzi  constringere  1'  altra 
parte  a  tacere,  e  non  rispondere,  se  bene  egli  non 
cessasse  mai  dell'  inculcare  li  suoi  tentativi.  Final- 
mente ogni  innovazione  muore  da  se,  quando  non  li 
venga  dato  spirito  con  la  contraddizione.1  Io  non 
sono  pienamente  informato  dello  stato,  ma  mi  pare 
d' intendere    che    sia    nel    numero    di    quelle    cose 

1  Principio  generalmente  vero  per  tutte  le  cose  specu- 
lative od  astruse:  non  così  per  le  altre. 


396  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

che  si  possono  ignorare  senza  detrimento:  più  mi 
pare  che  importi  quella  di  Richer,  e  mi  dispiace 
che  li  sia  vietata  la  publicazione  della  difesa,  eh'  egli 
manda  obbliqn amente  appoggiata  al  Concilio  di  Ba- 
silea. In  queste  nostre  parti  non  può  far  buon  frut- 
to, per  gli  interessi  vecchi  e  duranti,  che  queste  re- 
gioni hanno  di  non  ricevere  quel  Concilio. 

Dell'  armata  marittima  di  Spagna  non  si  fa  gran 
capitale  qui,  per  li  disegni  de'  Turchi,  come  maggior 
lume  offusca  il  minore;  massime  che  si  tiene  per 
certo,  esser  l' Inghilterra  sufficiente  per  difendersi  in 
quel  regno,  in  Ibernia  e  nella  Virginia.  E  ben  mala 
cosa  che  con  la  connivenza  lascino  pigliar  piede 
a'  Gesuiti.  L' avviso  che  mi  dà  delli  tentativi  passati, 
mi  fa  concludere  qualche  imminente  mutazione:  ben 
sarà  quando  riesca  senza  intervento  di  Reformati, 
perchè  così  ciascuno  sarà  costretto  di  farne  mag- 
gior conto. 

Io  ho  veduto  con  molto  piacere  1'  editto  e  il  re- 
sultante del  consiglio,  ma  più  mi  piace  quello  che 
V.  S.  scrive  a  monsieur  Assellineau  esser  promesso, 
e  non  scritto,  se  pur  la  promessa  sarà  mantenuta. 
Ma  se  la  regina  dipende  da  Spagna,  V.  S.  lo  potrà 
giudicare. 

Avevo  già  ricevuta  per  altra  via  la  raccolta  delle 
cose  passate  nel  fatto  di  Richer,  le  quali  servono 
bene  per  giustificazione  della  maniera  e  ordine  te- 
nuto da  lui.  Io  però  sto  con  molto  desiderio  che 
difenda  anco  efficacemente  la  dottrina  ;  perchè  se  la 
contraria  prende  piede  in  Francia,  la  quale  sino  al 
presente  ha  fatto  opposizione  a  tutte  le  dottrine 
tiranniche,  io  averei  gran  dubbio  che  potesse  esser 
con  facilità  disseminata  per  tutta  1'  Europa. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.      397 

La  poca  concordia  del  papa  con  la  Republica 
continua  tuttavia,  ed  è  passata  in  abito  :  però  dal 
canto  della  Republica  non  vi  si  pensa,  ed  è  senza 
disegno  né  amaritudine.  Ma  dall'  altro  canto,  si 
vede  il  mal'  animo,  quamquam  prematur,  scoprirsi 
con  ogni  occasione.  Di  questo  fa  guadagno  Spagna, 
così  acquistando  in  Roma,  come  in  Venezia,  rispetto 
alli  papisti,  che  sono  in  qualche  numero,  e  per  li 
sottili  maneggi  crescono,  sì  come  li  contrari  sminui- 
scono e  li  medii  s'  addormentano.  Ma  nessuna  opera 
divina  s'  analizza  per  mezzi  umani.  Forse  quando 
alcuno  crederà  esser  nell'  alto  della  ruota,  si  ritro- 
verà nel  basso.  Non  ho  altra  cosa  di  nuovo  da  dirle. 

Di  Venezia,  il  dì  2G  marzo  1613. 


CCXXXVIII.  —  Al  medesimo} 

Ho  ricevuto,  con  aumento  d'obligo,  la  Risposta 
sinodale  Parisiense,  insieme  con  la  lettera  di  V.  S. 
delli  8  marzo.  Il  libro  mi  è  venuto  in  mano  a  punto 
in  questi  giorni  vacui  da  negozi,  onde  ho  avuto  tempo 
di  trascorrerlo  immediate.  Mi  pare  che,  oltre  li  con- 
cetti Sorbonici,  vi  sia  anco  dentro  la  mano  di  un 
buon  giurisfonsulto,  ed  alcuni  tratti  mi  rappresen- 
tano monsieur  l' Eschassier.  Io  stimo  1'  opera,  e  veggo 
bene  che  F  autore  o  li  autori  direbbono  più,  ma 
sono  costretti  a  star  dentro  i  termini.  Quella  mi- 
stura nel  governo  ecclesiastico  di  monarchia  e  ari- 
stocrazia, mi  pare  una  composizione  di  olio  e  acqua, 
che  non   possono   mai   mischiarsi  insieme.   Però  in 

1  Stampata  come  sopra,  pag.  560. 


398  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

questo  tempo  non  è  poco  che  alcuni  papisti  non 
siano  affatto  gesuiti. 

Sento  grandissimo  piacere  che  le  cose  del  regno 
passino  in  quiete.  Trattanto  giungerà  la  maggiorità 
del  re,  e  se  qualche  mancamento  sarà  occorso,  po- 
trà esser  resarcito. 

Per  1'  ultima  mia,  che  fu  delli  26  marzo,  scrissi 
a  V.  S.  il  dubbio  che  io  aveva  di  veder  escluso  Bar- 
barigo  di  ambasciatore  costì.  E  fatto  Pietro  Conta- 
rmi, nipote  del  vescovo  di  Padova,  e  cugino  di  quel 
eh'  è  costì.  Dalle  circostanze  V.  S.  giudicherà  il 
rimanente  :  solo  io  le  dirò  eh'  è  da  poco.  Fra  un 
mese  Barbarigo  sarà  eletto  per  Inghilterra.  Io  sto 
con  molta  perplessità  divisando  quello  che  si  potrà 
fare  per  continuare  la  nostra  comunicazione,  e  mi 
veggo  con  poca  speranza  di  trovare  buon  mezzo 
quando  Gussoni  sarà  in  fine.  Ma  forse  piacerà  a  Dio 
di  provvederci  qualche  modo. 

Non  abbiamo  in  Italia  di  nuovo,  se  non  che  le 
cose  di  Mantova  sono  accomodate.  La  duchessa  di 
Mantova  vedova  si  è  dichiarata  non  gravida  e  si  è 
partita,  e  il  cardinale  s'  ha  dato  titolo  di  duca. 
Adesso  s'  attende  a  trattare  il  matrimonio  tra  esso 
nuovo  duca  e  essa  vedova.1  Il  papa  lo  dispenserà 
con  1'  esempio,  che  già  è  dispensato  il  re  di  Polo- 
nia. In  Roma  è  successo  che  quel  Marcantonio  Ta- 
lli, cameriere  del  papa,  con  chi  desinò  il  già  arci- 
diacono di  Venezia  quel  giorno  che  la  notte  seguente 

1  A  questo  secondo  matrimonio  della  figliuola  era  tut- 
tavia avverso  lo  stesso  duca  di  Savoia,  che  mirava  con 
quella  occasione  ad  impadronirsi  del  Monferrato.  Vedi  Ca- 
priata, Istorie  de'  suoi  tempi  ec,  edizione  1639,  tomo  I, 
pag.  32-33. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  399 

morì  di  uscita  di  sangue,  è  stato  pigliato  in  disgra- 
zia dal  pontefice  e  scacciato  di  Roma  ;  e  pare  che 
vi  sia  anco  qualche  disgusto  del  papa  col  cardinale 
Borghese. 

Tutti  li  pensieri  di  qui  sono  volti  alle  cose  dei  Tur- 
chi, i  quali  ingrossano  maravigliosamente:  e,  quello 
che  non  è  di  poca  stima,  quel  principe  s'  esercita 
quotidianamente  in  arti  militari,  e  mette  in  eserci- 
zio sino  li  vecchi  Bassa  in  maniera,  che  accende  nella 
milizia  cuore  incredibile  alla  guerra.  Disegnano  di 
far  mossa  al  taglio  delle  prime  erbe  di  maggio.  Non 
si  vede  che  provvisione  possa  fare  l' imperatore. 

Gli  Ungari  protestanti  ricusano  di  voler  difen- 
dere la  Transilvania,  come  non  pertinente  a  quel 
regno  :  li  cattolici  si  contentano  d' intervenire  alla 
guerra,  ma  domandano  aiuto  in  danari,  ricusando 
che  in  Ungaria  entrino  forze  tedesche  ;  anzi  richie- 
dendo che  alcune  guarnigioni  germaniche  poste  già 
per  le  loro  terre  dalli  passati  imperatori,  siano  le- 
vate. 

La  lega  cattolica  ha  fatto  la  sua  dieta  in  Fran- 
coforte, e  tutta  si  è  consumata  in  contenzione  di 
Magonza.  Treveri  e  altri  vescovi  contro  il  duca  di 
Baviera,  perchè  esso,  come  capo  della  lega,  riceve  le 
contribuzioni,  e  con  tutto  ciò  allogia  li  soldati  sopra 
li  vescovati,  e  non  nel  suo.  L'  ambasciatore  spagnuolo 
fa  gente  per  la  dieta  imperiale  di  Ratisbona  ;  argo- 
mento che  pochi  principi  vi  anderanno.  Le  cose 
paiono  molto  difficili  da  sviluppare  :  piaccia  alla 
Maestà  divina  che  il  tutto  termini  in  sua  gloria. 
Il  papa  invita  con  minacce  la  Repubblica  a  lega 
con  V  imperatore,  e  il  fine  è  acciocché,  offesi  li  Tur- 
chi,  venga   necessità   di  dipendere   da    Spagna.  Li 


400  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

buoni  vanno  mancando,  e  altri   si  mostrano  ormai 
sazi  delle  controversie.  La  saluto  ec. 
Di  Venezia,  il  dì  9  aprile  1613. 


CCXXXIX.  —  Al  medesimo.1 

Resto  con  ammirazione,  che  avendo  V.  S.  rice- 
vuto lettere  dal  signor  Gussoni  delli  3  marzo,  non 
abbia  ricevuto  con  quelle  le  mie  delli  26  febbraio  : 
io  però  voglio  sperare,  che,  sì  come  altre  volte  è  av- 
venuto, più  tosto  saranno  differite  per  un'  altro  spac- 
cio, che  perdute.  Dopo  quelle  scrissi  alli  12  e  final- 
mente alli  26  marzo,  al  presente  ho  ricevuto  quella 
di  V.  S.  delli  25  del  medesimo  mese,  onde  le  sue 
sono  tutte  capitate  salve.  Spero  dover  avvenir  l'istessa 
buona  fortuna  anco  alle  mie. 

Io  sento  molto  piacere  che  la  quiete  del  regno 
perseveri,  con  speranza  che  sia  per  piacere  a  Dio 
nostro  Signore  di  fare  che  sia  continua.  Ma  tra 
tutte  le  cose  che  mi  rendono  stupore,  è  1'  audacia 
de'  predicatori  comportata,  con  tutto  che  sia  fresco 
1'  esempio  della  lega  altre  volte  nata  da  simili  prin- 
cipii.  Non  è  da  dubitare  che  non  ricevano  fomento 
da  Roma  e  Spagna.  E  se  li  Gesuiti  non  fossero  oc- 
cupati nell'  esito  delle  cose  di  Ungaria  e  Polonia, 
non  credo  che  quietassero. 

Abbiamo  qui  avviso  che  l' imperatore  è  partito 
dalla  dieta  d'  Ungaria  senza  conclusione  alcuna,  anzi 
con  risoluzione  di  quel  regno  di  non  voler  milizia 
forestiera,  e  che  siano  già  levate  le  guarnigioni  te- 


1  Edita  come  sopra,  pag.  564. 


LETTERE  DI  FRA  RAOLO   SARPI.  401 

cìesche  esistenti  al  presente  in  alcune  piazze  ;  e  hanno 
pubblicato  tener  per  cosa  ferma  di  non  dover  aver 
guerra  da'  Turchi.  Quello  che  di  ciò  debbia  essere. 
è  in  mano  di  Dio.  È  ben  certo  che  i  Turchi  accre- 
scono sempre  maggiormente  le  loro  preparazioni,  e 
hanno  provveduto  di  ponti  per  il  passaggio  del  Da- 
nubio. Ogni  mediocre  ingegno,  non  che  l' imperatore 
Matthias,  esercitato  in  tanti  casi,  poteva  esser  certo 
che  la  depressione  del  fratello  doveva  riuscire  a  mag- 
gior bassezza  nel  successore. 

Non  posso  ritenermi  di  non  sentir  piacere  che  il 
duca  di  Buglione  resti  in  poca  stima  e  dell'  una 
parte  e  dell'  altra.  Sarà  esempio  a,  quelli  che,  per 
avanzare  le  cose  proprie,  procurano  il  deterioramento 
delle  comuni.1 

Io  diedi  conto  a  V.  S.  della  causa  perchè  Bar- 
barigo  non  anelerà  costì,  ma  in  Inghilterra,  e  farà 
la  via  delli  Stati.  La  duchessa  vedova  di  Mantova 
è  arrivata  in  Piemonte,  e  del  suo  matrimonio  col 
nuovo  duca  non  si  sa  perchè  si  rallentino  le  trat- 
tazioni. Ne  per  ancora  si  è  fatto  nuovo  moto  nella 
causa  di  Asti.  Tutte  le  cose  sono  rivolte  alla  Ger- 
mania, alla  quale  però  Roma  poco  pensa,  dicendo 
non  aver  molto  che  perdere  in  quel  paese. 

Qui  la  maggior  parte  vive  alla  spensierata,  con 
tutto  che  bisognerebbe  aver  pensieri  più  che  non  si 
soleva,  per  il  pericolo  che  sia  serrato  il  passo  de'  Gri- 
gioni  :  al  che  se  Dio  non  provvede,  o  per  quella  via 
o  per  altra,  quelli  che  nel  tempo  del  lume  non  vo- 
gliono adoperare  gli  occhi,  nell'  oscurità  potrebbono 

1  Così  potessero  gli  esempi  di  tal  sorta  tornar  utili  in 
ogni  tempo  ! 

Sarpi.  —  II.  26 


402  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

pentirsi.  Io  non  sarò  più  lungo,  ma  risalutando  V.  S. 
per  nome  delli  amici,  le  bacio  la  mano. 
Di  Venezia,  il  23  aprile  1613. 


CCXL.  —  Al  medesimo.1 

Ricevo  quella  di  V.  S.  dei  9  aprile,  avendo  scritto 
già  a  Lei  sotto  il  23  dell'  istesso  mese.2  Al  presente 
gli  occhi  di  tutti  sono  volti  verso  Piemonte,  avendo 
il  duca  di  Savoia  assaltato  il  Monferrato,  e  preso 
in  quello  Alba,  Trino  e  altri  luoghetti  poco  forti. 
Gli  assalti  sono  stati  sprovvisti,  senza  che  nissuno 
vi  avesse  pur  pensiero  ;  e  dice  il  duca  che  il  motivo 
non  sia  suo,  ma  del  principe  suo  figliuolo,  che  te- 
nendosi offeso  dal  Mantovano  per  averli  promesso  e 
non  atteso  diverse  cose,  ha  voluto  risentirsi  con  la 
guerra. 

Per  quello  che  sino  al  presente  appare,  gli  Spa- 

1  È  impressa  nella  raccolta  precitata,  a  pag.  567,  dove 
porta  bensì  la  data  del  1612.  Ma  in  prova  che  debba  ri- 
ferirsi all'  anno  successivo,  riportiamo  testualmente  quello 
che  il  Muratori  scrive  intorno  agli  avvenimenti  a  cui  nella 
medesima  si  fa  allusione,  sotto  l'anno  1613:  «  Il  duca, 
»  principe  di  grande  animo,  nulla  sbigottito  per  questo 
»  (cioè  per  la  protezione  assunta  a  prò  de'  Gonzaghi  dalla 
»  reggente  di  Francia),  nel  dì  20  o  22  di  aprile,  col  prin- 
»  cipe  di  Piemonte  e  col  principe  Tommaso  suoi  figli, 
»  mosse  1'  armi  sue  contro  il  Monferrato.  In  poco  tempo 
n  s'  impadronì  di  Trino,  e  nel  dì  25  la  città  d'  Alba  dal 
»  conte  Guido  di  San  Giorgio  fu  non  solamente  presa,  ma 
»  anche  saccheggiata,  e  il  vescovo  stesso  maltrattato  e 
»  fatto  prigione.  Così  Diano  e  la  terra  di  Moncalvo  ed  altri 
v  luoghi,  fuorché  Ca3ale,  Pontestura,  la  ròcca  d'  esso  Mon- 
»  calvo  e  Nizza  della  Paglia,  vennero  in  potere  del  duca.  >» 

-  Data  della  precedente  Lettera.  Vedi  anche  quella 
che  segue. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  403 

gnuoli  si  oppongono  a  questi  tentativi,  avendo  anco 
ricusato  di  ricever  in  deposito  i  luoghi  presi,  e  di- 
cendo apertamente,  voler  che  siano  resi  al  duca  di 
Mantova.  I  progressi  di  Savoia  saranno  impediti,  sì 
perchè  gli  Spagnuoli  se  gli  oppongono  con  le  arme, 
come  anco  perchè  la  Repubblica  viene  a  quelli  in 
aggiunta  con  300  soldati  e  condannati.  Il  mio  cre- 
dere è  che  la  fatalità  d' Italia  repugni  alla  guerra, 
e  però  che  fra  pochi  giorni  si  debbano  vedere  que- 
ste turbolenze  poste  in  quiete.  A  Roma  non  vi  si 
pensa,  e  a  pena  le  novità  si  sanno.1 

Questi  successi  hanno  imposto  silenzio  alle  pre- 
parazioni de' Turchi,  sebbene  quelle  continuamente 
crescano,  e  in  Ungheria  il  popolo  e  i  mediocri  si  di- 
chiarino apertamente,  che  non  temono  di  guerra  e 
che  non  vogliono  coli'  armarsi  darne  occasione.  Poi- 
ché non  vi  è  altra  semenza  di  turbazione  in  Fran- 
cia, se  non  quella  di  Acquamorta,  spero  che  le  cose 
anderanno  quiete. 

Il  duca  di  Nivers,  che  si  ritrova  in  Provenza  in 
viaggio  per  Roma,  ha  mutato  animo,  mosso  dalle 
cose  di  Monferrato,  ed  è  entrato  in  Casale  San  Vas, 
sola  piazza  forte  in  quella  regione,  per  adirarla  da 
qualche  inconveniente  ;  onde  forse  potrà  differire 
qualche  giorno  il  suo  ritorno  in  Francia.  Per  fine 
la  saluto. 

Di  Venezia,  alli  7  maggio  1613. 

1  Secondo  gli  affetti  diversi,  giudicarono  gli  storici  il 
silenzio  del  papa  in  quella  occasione.  Altri  ne  accagionano 
il  suo  amore  della  quiete  e  la  naturale  timidità  dell'  ani- 
mo •,  altri  il  ricordarsi  d'  essere  il  padre  comune  dei  fedeli. 
Noi  ne  travediamo  invece  una  causa  diversa  •,  cioè  nelle 
velleità  di  riforma  disciplinare  che  eransi  allora  manifestate 
nella  corte  di  Spagna. 


404  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 


CCXLI.  —  A  Giacomo  Leschassier.1 

Ricevei  le  lettere  della  S.  V.  dei  3  aprile,  insie- 
me collo  scritto  di  Tolosa;  e  la  ringrazio  vivissima- 
mente. Io  non  posso  meravigliarmi  abbastanza  della 
sfacciataggine  dei  Gesuiti,  che  vogliono  insignorirsi 
di  tutta  la  città.  Io  temo  che  il  Capitolo  muti  pa- 
rere: vedendo  infatti  che  alcuni  sono  ingannati  o 
guadagnati  da  costoro,  sospetto  possa  incontrar  lo 
stesso  anche  agli  altri. 

Ebbi  da  quel  tale,  che  la  S.  V.  ben  conosce,  il 
Commentario  alla  Risposta  sinodale  :  1'  ho  letto  con 
grande  avidità  ed  attenzione,  e  vi  ho  scorto  semi  e 
frutti  di  sana  dottrina.  Se  1'  autore  si  scoprirà,  spero 
che  debba  aggiungere  altre  riflessioni.  Ma  chi  può 
raffrenare  lo  sdegno  vedendo  che  i  Gesuiti  stam- 
pano molte  cose  sotto  finto  nome,  e  poi  vogliono 
proscritti  quei  libri  che  non  portano  in  fronte  il  nome 
dell'  autore  ?  Sarà  di  pubblico  vantaggio  se  volge- 
rannosi  a  disputa  le  proposizioni  di  esso  Commen- 
tario ;  perchè  così  si  confermeranno  di  più,  e  verrà  in 
taglio  di  formarne  altre.  Ma  tengo  con  Lei,  che  il 
Nunzio  noi  permetterà  mai  ;  giacché  a  Roma  si  usa 
di  non  dire  ciò  che  condannisi  in  ciascun  libercolo, 
ma  di  sentenziare  imperiosamente,  perchè  tutti  si 
accomodino  alle  censure  e  non  cerchino  più  oltre. 
Avrò  assai  caro  di  vedere  ogni  giunta  che  sia  per 
farsi  dall'autore  del  Commentario. 

Credevo  che  fossero  pervenuti  in  Francia  gli  esem- 
plari delle  trattative  fatte  a  Torino   nella  causa  di 

1  Stampata,  in  latino,  tra  le   Opere  ec,  pag.  114. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  405 

Asti  ;  giacché  ne  inviai  costà  copia  ad  un  amico,  la 
quale  sento  con  maraviglia  che  non  venne  trasmessa 
alla  S.  V.  Mando  ora  un  esemplare  del  Monitorio, 
che  non  fu  mai  messo  a  stampa  e  solo  affisso  pub- 
blicamente in  copie  manoscritte.  Aggiungasi  che  sa- 
ranno cercate  la  deliberazione  e  sentenza  emesse  dai 
ministri  del  duca  nella  città  d' Asti,1  le  quali  fu- 
rono date  alle  stampe  e  divulgate,  e  con  gran  fatica 
ne  ho  trovato  un  esemplare  ;  poiché  molti,  per  favo- 
reggiar la  curia,  s1  arrabattarono  a  comprarle  e  na- 
sconderle ;  e  chi  le  conserva,  tienle  nei  segreti  ripo- 
stigli. L'esemplare  che  mando,  copiato  da  altro  a 
stampa,  è  completo  :  il  Monitorio  è  cavato  da  un  ma- 
noscritto uscito  dalla  cancelleria  del  Nunzio.  Ella  da 
questo  vedrà  come  tutte  le  sostanze  delle  chiese  va- 
dano alla  Camera  apostolica,  e  non  già,  come  una 
volta,  a  Cristo  o  a'  Santi  tutelari.  Su  questo  andare, 
ogni  cosa  verrà  ad  accumularsi  sopra  un  solo  sog- 
getto. 

Il  signor  Molino  non  ha  avuto  incomodi  di  salute, 
e  né  anche  è  partito  dalla  città.  Non  è  molto  che 
inviò  alla  S.  V.  il  resto  d' un  certo  libriccino,  che 
crede  sarà  venuto  nelle  sue  mani.  Per  tornare  all'af- 
fare d'  Asti,  si  trattò  fra  il  papa  e  il  duca  in  or- 
dine all'  assestamento  della  questione  :  il  duca  pro- 
mise di  mandare  per  ciò  a  Roma  un  ambasciatore  ; 
ma  finora  le  son  parole.  Poco  fa  ha  mosso  guerra  al 
duca  di  Mantova  nel  Monferrato,  e  gli  ha  pigliato 
diversi  paesi.  Ma  avendo  in  questa  intrapresa  con- 
trari tutti  i  principi  d' Italia  e  quello  pure  di  Spa- 


1  Di  queste  cose  è  parlato  anche  nella  Lettera  CCXXXII, 
pag.  380,  ed  altrove. 


406  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARP1. 

gna,  penso  che  cederà  ;  e  per  ciò  stesso,  temo  che 
rimetta  d'  animo  nella  l'accenda  Astigiana  ;  la  qual 
cosa  mi  dispiacerebbe.  Ma  checché  avvenga,  ne  terrò 
informata  la  S.  V.  Le  commetto  i  miei  cordiali  sa- 
luti pel  signor  Gillot  ;  al  quale  desidero  pure  sieno 
partecipati  (se  così  a  Lei  piacerà)  gli  esemplari  spe- 
diti. Dopo  di  che,  prego  Dio,  eccellentissimo  signore, 
che  conceda  fausto  adempimento  a  tutte  le  buone 
intraprese,  e  Lei  mantenga  a  lungo  in  salute.  E  le 
bacio  le  mani. 

7  maggio,  1613. 


CCXLII.  —  Al  medesimo.1 

Ebbi  le  lettere  della  S.  V.  dei  13  maggio;  nella 
qual  circostanza,  atteso  la  guerra  o  finta  di  guerra 
principiata  in  Piemonte,  parti  di  Torino  quegli  che 
favoriva  la  nostra  corrispondenza  epistolare,  ed  io 
non  risposi,  anzi  feci  forzatamente  proposito  di  so- 
prassedere fino  a  che  mi  s'  aprisse  altro  sicuro  vei- 
colo. Oggi  ricevo  altre  lettere  de'  6  giugno,  e  di  tutte 
la  ringrazio  di  cuore.  In  queste  ultime  ricorda  i  do- 
cumenti che  mi  mandò,  e  che  tutti  già  ebbi,  e  mi  sono 
carissimi.  Circa  poi  quello  che  la  S.  V.  scrive,  avermi, 
cioè,  il  signor  Gillot  mandato  gli  atti  che  si  fecero 
nelle  differenze  tra  Filippo  il  Bello  e  Bonifazio  Vili, 
sappia  che  nulla  m'  è  arrivato  di  tutto  questo.  E  mi 
duole  la  loro  perdita,  dappoiché  il  titolo  fa  fede  che 
parecchie  cose  ci  fossero  degne  di  essere  conosciute. 
Dopo    quella  dei  12  gennaio,  niun'  altra  lettera  ho 


1  Edita  come  sopra,  in  latino,  pag.  115. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  407 

ricevuta  dal  signor  Gillot.  Prego  la  S.  V.  ad  infor- 
mamelo, e  a  lui  tenermi  raccomandato  con  tutto  il 
cuore. 

Quando  corre  costà  la  novella  che  a  Eoma  fu 
colpito  di  censura  un  libro,  ciò  vuol  dire  che  è  stato 
messo  nel  catalogo  dei  proibiti  per  la  lettura  ;  com'  è 
accaduto  alle  opere  di  Wildrington,  Richer  e  Vigor.1 
Imperciocché  non  danno  fuori  vera  e  propria  cen- 
sura di  ciascun  libro  :  quando  anzi  quel  qualunque 
giudizio  non  riescisse  d'  approvazione  piuttosto  che 
di  condanna,  com'  è  incontrato  al  Becano.  Ogni  libro 
iscritto  in  quel  catalogo  s1  ha  per  riprovato  in  tutta 
F  Italia,  eccetto  il  dominio  veneto;  dove,  dopo  il  1595, 
nessuna  opera  può  reputarsi  condannata  senza  l' as- 
senso del  Principe. 

Non  s' è  visto  qua  il  libro  di  Schulcken  di  Ghel- 
dria,  eh'  Ella  rammenta  ;  né  mi  fa  caso  che  l' inqui- 
sitore di  Colonia  abbia  approvato  la  dottrina  pesti- 
fera del  medesimo,  quando  vedo  che  in  essa  città  si 
stampa  quello  che  non  osano  a  Roma.  Anche  Matteo 
Torto  2  fu  stampato  ivi  la  prima  volta.  Ogni  giorno, 
a  quel  che  veggo,  questa  gente  peggiora;  ma  più 
nuoce  in  maschera,  com'  Ella  maestrevolmente  osser- 
va, che  scopertamente.  Io  ho  subito  ordinato  che  mi 
mandino   dalla  Germania  quel  libro  ;  il  quale  penso 

1  Simone  Vigor,  nipote  dell'  arcivescovo  di  tal  nome, 
che  aveva  caldissimamente  scritto  contro  i  Calvinisti  ed 
altri  eretici,  fu  insieme  sostenitore  acerrimo  delle  libertà 
gallicane  i  e  avendo  scritto  un* commentario  De  auctoritate 
cuiuslibet  concilii  generalis  supra  Paparn  (stampato  in 
Colonia,  1613  ,  siccome  era  perciò  perseguitato  dai  curiale- 
schi, difendevasi  dicendo,  che  nulla  aveva  asserito  che  im- 
parato non  avesse  dalle  opere  del  venerando  prelato  suo  zio. 

-  Cioè  il  libro  del  cardinal  Bellarmino  contro  il  re 
d' Inghilterra. 


•108  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

che  i  Gesuiti  abbiano  a  bella  posta  scagliato  in 
Italia  affinchè  non  si  scoprano  i  tranelli  del  Bel- 
larmino da  coloro  che  ben  lo  conoscono.  Fa  stupore 
che  vadano  continuamente  in  traccia  di  novelli  ar- 
tificii,  sofismi  ed  aggiramenti,  per  attraversare  la  li- 
bertà. 

Approvo  nuovamente  il  parere  della  S.  V.  che  si 
debba  loro  strappare  la  maschera,  acciocché  con 
T  ipocrisia  non  portino  danno  :  che  se  ciò  si  facesse 
non  solo  per  rivendicare  a'  prìncipi  la  legittima  po- 
testà, ma  anche  negli  altri  rispetti,  svelerebbesi  aper- 
tamente in  faccia  al  mondo  quel  mercimonio  vergo- 
gnoso ;  e  forse  si  sterperebbero  in  germe  i  raggiri, 
se  il  collegio  della  Sorbona  serbasse  intatto  il  suo 
decoro.  Esso  è  come  una  stazione  di  rifugio  ;  la  quale 
se,  come  brigano,  trarranno  in  loro  potere,  niente  più 
rimarrà  salvo  da  cotanta  cupidità;  perocché  hanno 
in  costume  di  non  far  conto  alcuno  dei  privati  che 
sperano  vincere  o  spaventare  per  via  di  contumelie. 
Ma  di  questo  parlerò  più  a  lungo,  quando  sarà  rin- 
novato tra  breve  il  libero  scambio  delle  nostre  let- 
tere; perocché  questa  commetto  alla  fortuna.  Frat- 
tanto prego  Lei  e  il  signor  Gillot  a  ricordarsi  di  me; 
che,  dal  canto  mio,  desidero  a  entrambi  per  van- 
taggio pubblico  buona  salute,  e  i  loro  consigli  e 
sforzi  raccomando  sempre  al  divino  favore.  E  le  ba- 
cio le  mani. 

25  luglio,  1613. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  409 


CCXLIII.  —  Al  signor  De  Visi  e  Groslot.1 

Io  ho,  dopo  la  partita  di  Gussoni,  tralasciato  di 
scrivere  a  V.  S.  e  agli  altri  amici,  non  perchè  io 
abbia  per  sospetti  diversi  modi  che  sono  d' inviare 
lettere  a  loro,  ma  per  non  mi  assicurare  di  lasciar 
capitare  qui  lettera  direttiva  a  me  in  pieghi  privati. 
È  necessario  usar  circospezione,  anco  per  non  pa- 
rer di  non  tener  conto  degli  avvertimenti  che  ven- 
gono dati.2 

Di  nuovo  delle  cose  del  mondo  non  ho  che  dirle, 
se  non  che  sicuramente  le  armi  che  sono  in  Italia, 
inverneranno.  Potrebbe  essere  che  si  mandassero  alle 
case  loro  qualche  fanti  paesani;  ma  li  cavalli,  li 
fanti  forestieri  e  li  napolitani,  si  manterranno  senza 
dubbio. 

Li  Turchi  fanno  progressi  in  Transilvania  più 
perchè  non  hanno  opposizione,  che  per  aver  graii 
forze.  In  Constantinopoli  minacciano  di  far  una  grossa 
armata  marittima  per  la  primavera  seguente,  per 
vendicarsi  dell'  affronto  ricevuto  per  la  presa  delle 
sette  galere;  e  s'affaticano  a  fare  gran  preparamenti, 
li  quali  non  son  fuora  di  pensiero  che  non  possano 
riuscire  simili  a  quelli  dell'  anno  passato. 

Scriverà  a  V.  S.  monsieur  Assellineau  quello  che 
pensiamo  mandar  fuori  intorno  li  Gesuiti.  Io  la  prego, 

'  Pubblicata  nella  raccolta  di  Ginevra,  pag.  569. 

-  Notabile  espressione,  e  che  sembra  accennare  alla 
soverchia  meticolosità  dei  patrizi  veneti.  Questo  antipoli- 
tico sentimento  fu  il  primo  sintomo  della  decadenza  della 
Repubblica,  e  die  fomento  alla  congiura  tramata  dagli  Spa- 
gnuoli  -,  la  congiura  accrebbe  i  timori  ;  e  il  timore,  divenuto 
regola  di  Stato,  troncò  a  poco  a  poco  i  nervi  tutti  di  esso. 


410  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

quando  avrà  occasione,  di  far  intendere  a  monsieur 
L'Eschassier  ed  a  monsieur  Gillot,  che  io  vivo  con 
obbligatissima  memoria  delle  loro  grazie,  e  che  tengo 
le  loro  lettere  per  rispondere  quando  troverò  mate- 
ria di  comunicazione.  E  qui  facendo  fine,  a  V.  S.  bacio 
la  mano,  pregando  Dio  nostro  Signore  che  accu- 
muli sopra  di  Lei  tutte  le  sue  grazie. 

Di  Venezia,  il  dì  6  novembre  1613. 


CCXLIV.  —  A  don  Baldassarre  di  Zuniga. x 

Da  lettera  di  don  Inigo  di  Cardenas  ho  inteso 
che  il  marchese  di  Brandeburgo,  in  nome  degli  Olan- 
desi e  dei  maggiormente  interessati,  manda  amba- 
sciatori in  Francia  a  richiedere  la  regina  che  non 
veglia  impedir  l' opera  del  forte  di  Mulheim  ;  2  e  dia 
loro  assistenza  contro  a  chi  dell'  imperatore  avesse 
commissione  di  fare  altrimenti.  Al  che  fu  risposto, 
che  la  regina  sentiva  gran  dispiacere  che  si  facesse 
una  tal  novità  ;  e  che  in  nessuna  maniera  darebbe 
l'assistenza  che  le   veniva  richiesta:    ma  piuttosto 

1  Pubblicata,  in  lingua  spagnuola,  senza  nota  di  gior- 
no od  anno,  ma  tra  quelle  del  1613,  nella  raccolta  di  Gi- 
nevra ec,  pag.  558.  La  ristampiamo  per  debito  o  per  iscru- 
polo  di  editore,  benché  dal  canto  nostro  non  sappiamo  veder 
ragioni  per  cui  questa  Lettera  potesse  venire  attribuita  a 
Fra  Paolo,  ed  anzi  molte  ci  sembrino  militare  in  contrario  : 
come  1'  essere  diretta  a  un  diplomatico  della  nazione  spa- 
gnuola •,  e  il  tuono  officiale  e  da  persona  superiore,  non 
che  la  insolita  lingua,  con  che  vedesi  scritta.  Fu  questo  forse 
un  qualche  allegato,  che  materialmente  unito  ad  altre  Let- 
tere del  nostro,  venne  come  per  caso  a  prender  posto  tra 
le  sue  proprie. 

2  Vedasi  la  Lettera  CCXXV,  pag.  361. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  411 

passerebbe  più  oltre,  mirando  unicamente  a  ciò  che 
convenisse  di  fare  per  la  riputazione  di  suo  figlio. 
Del  che  ho  voluto  avvertirla  affinchè  lo  abbia 
per  inteso,  e  molto  anche  raccomandarle,  come  fo,  di 
voler  praticare  ogni  ufficio  che  stimerà  conveniente, 
affinchè  dalla  parte  dell'imperatore  si  tronchi  l'im- 
presa, essendo  questo  il  fine  che  la  Francia  si  pro- 
pone ;  corrispondendo  sopra  di  ciò  con  don  Inigo  di 
Cardenas,1  al  quale  si  ordina  di  fare  altrettanto  con 
Lei;  giacché  in  tal  modo  meglio  potrà  conseguirsi 
1'  effetto  desiderato;  e  in  fine,  di  avvisare  minuta- 
mente di  tutto  che  sia  per  seguitare.2 


CCXLV.  —  AÌV  Ambasciatore  Veneto  in  Roma? 

Per  quello  che  passò  ieri  ottavo  giorno,  non  le 
scrissi  cosa  alcuna,  pensando  di  mandarlo  in  lungo. 
E  già  per  1'  ultima  volta  che  fu  detto  l' istesso,  Ella 
ebbe  piena  informazione.  Viene  di  nuovo,  che  ritro- 
vandosi in  stato  di  morte,  come  anco  è  morto,  il 
governatore  della  fortezza  di  Willemstat,  situata  fra 
Mastrich  ed  Aquisgrana,  che  la  teneva  per  nome 
del  palatino  di  Neuburg,  si  sono  mosse  le  genti  spa- 
glinole e  quelle  degli  Stati  in  un  tempo  stesso  per 
occuparla  :  quelle  degli  Stati  hanno  prevenuto,  e  si 
sono  impadronite,  e  li  Spagnuoli  ritornati  indietro  ; 

1  II  Cardenas  era  in  quei  giorni  ambasciatore  di  Spa- 
gna alla  Corte  di  Toscana. 

-  Sono  qui  nella  prima  stampa  segni  indicanti  o  vo- 
lontaria mutilazione  o  lacuna. 

3  Inedita  :  dagli  Archivi  di  Venezia.  Era  in  quel  tempo 
ambasciatore  a  Roma  (se  male  non  ci  apponiamo)  Simeone 
Contarmi. 


412  LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

sicché  si  va  alla  caccia  di  terre,  e  quelle  divengono 
di  chi  primo  le  occupa,  e  la  guerra  si  disusa. 
L' istesso  Neuburgo,  che  aveva  incominciato  a  ridur 
alla  cattolica  il  paese  suo  patrimoniale,  per  le  con- 
traddizione dei  fratelli,  dei  popoli  e  dei  principi  con- 
finanti, è  stato  costretto  desistere,  ed  ha  licenziati  li 
Gesuiti  ed  altri  religiosi  già  introdotti,  ritenendo 
solo  due  per  la  sua  persona  e  della  moglie. 

Mi  duole  che  1'  E.  V.  provi  le  contrarietà  che  av- 
vengono alle  persone  da  bene.  Ma  si  debbe  consolare 
non  chi  è  premiato,  ma  chi  ha  meritato  ;  che  la  virtù 
sola  è  maggior  ricompensa  di  se  stessa,  che  quando 
se  gli  aggiunge  1'  approvazione  di  chi  non  può  darne 
giudizio  per  non  conoscerla.  Resto  pregando  Dio 
che  doni  ogni  prosperità  a  V.  E.,  alla  quale  bacio 
la  mano. 

Di  Venezia,  il  dì  8  agosto  1615. 


CCXLVI.  —  A  Giacomo  Gillot} 

Ricevei  i  gratissimi  regali  della  S.  V.,  che  mi 
recano  infinito  obbligo  di  ringraziamenti  ;  le  sue 
Opere  voglio  dire,  che  sarebbe  stato  una  colpa  te- 
ner nascoste. 

Dopo  premure  e  travagli  grandissimi,  ho  trovato 
le  bolle  manoscritte  dei  Gesuiti  ;  poiché  le  stampate 
guardano  gelosamente,  concedendo  gli  esemplari  di 
esse  solo  ai  più  fidati,  e  non  senza  chiederne  conto. 
Non  m'  era  avvenuto  mai  di  vedere  gli  Atti  dei  Con- 

'  Stampata  tra  le  Opere  ec,  pag.  20.  Nel  suo  testo 
latino  va  priva  della  data  ;  ma  tutto  conduce  a  crederla 
di  tempo  non  molto  lontano  dalla  precedente. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  41  P> 

cilii  di  Pisa,  che  sarebbe  di  vantaggio  della  Chiesa 
il  meditare  e  divulgare.  Il  principio,  infatti,  che  il 
papa  non  può  esser  giudicato  da  alcuno,  è  scaturigine 
e  fonte  di  tutti  i  mali.  Mai  però  non  consentiranno 
che  in  Italia  si  vedano  quegli  Atti  ;  e  se  potessero 
ardere  quelli  di  Costanza  e  Basilea,  se  ne  ingegne- 
rebbero ;  e  lo  tenteranno  finalmente,  e  al  più  presto. 

Ho  letto  con  piacere  1'  Apoteosi  eli  Giulio  ;  e  mi 
maraviglio  come  fosse  a  quel  tempo  chi  tanto  sa- 
pesse. L'  autore  arieggia  Erasmo,1  od  uno  più  savio 
di  lui.  Io  non  posso  non  ammirarlo,  amarlo  e  ve- 
nerarlo ;  che  questa  politica  dissertazione  è  lavoro 
perfetto,  e  svela  la  dottrina  dell'  autore,  la  pru- 
denza e  il  giudizio,  che  è  1'  anima  della  sapienza. 
Oh,  chiunque  sia,  eh'  egli  viva  a  lungo,  e  produca  a 
pubblica  utilità  frutti  d' ingegno  e  di  scienza  ! 

Dalle  lettere  del  Barclay  ho  rilevato  la  sua  pietà  ; 
ed  è  lavoro  pieno  d' eleganza.  Oh  !  come  bellamente 
toccò  nella  prefazione  quanto  ci  sorpassino  gli  av- 
versari, e  come  noi  siamo  da  meno  di  loro.  Sul  re- 
sto, Ella  ben  sa  coni'  io  la  pensi.  Noi  pigliamo  sem- 
pre a  far  guerre  difensive,  e  a  dispetto  anche  di 
quelli  che  soprattutto  importerebbe  ci  sostenessero. 
Stupisco  come  il  cancelliere  non  facesse  le  voglie  del 
Nunzio,  quando  tutto  va  costì  a'  versi  dei  Gesuiti  ; 
i   quali  non  mi  paiono  più  tanto   potenti,   dacché 

1  Si  sa  che  Erasmo,  allora  giovane  e  allevato  nella  se- 
verità religiosa,  trovandosi  nel  1500  in  Bologna  e  veden- 
dovi passare  papa  Giulio  II  col  profano  contegno  d' un 
condottiero  d'  eserciti,  ne  fu  altamente  scandalezzato,  e  di 
questo  suo  sentimento  lasciò  memoria  in  taluna  tra  le  sue 
scritture  che  sono  tra  le  più  satiriche  contro  gli  abusi 
della  religione  in  quel  secolo.  Vedasi  il  recente  opuscolo 
di  C.  Cantù,  intitolato  :   Erasmo  e  la  Riforma  in  Italia. 


414  LETTERE  DI  FRA   PAOLO   SARPI. 

sono  costretti  dal  timore  a  ritrattare  quel  che 
scrissero  sul  padre  di  Barclay.  E  pur  non  valgo  a 
capire  la  bramosia  del  figlio  a  voler  casse  quelle 
parole.  Forsechè  non  tornavano  a  onore  del  padre? 
Io  prima  del  Barclay  scrissi,  che  sebbene  quasi  tutti 
i  principi  avessero  concesso  esenzioni  ai  cherici,  mai 
però  non  si  potrebbe  trovare  eh'  essi  fossero  per  al- 
cuno liberati,  o  dimostrare  che  fosse  lor  lecito  libe- 
rarsi dalla  suprema  e  principal  potestà.  La  qual  cosa 
non  imparai  da  alcuno,  ma  misi  fuora  come  frutto 
delle  mie  sole  osservazioni,  senza  pur  sapere  eh'  altri 
1'  avesse  detta.  Non  credei,  peraltro,  di  poter  essere 
tacciato  di  novità  ;  quando  e  la  novella  asserzione 
è  corroborata  dalle  antiche  leggi  e  dai  decreti  de'prin- 
cipi  ;  e  la  contraria  opinione,  comunque  vecchia,  fa 
ai  cozzi  con  quelle.  Non  so  però  intendere  perchè 
il  Barclay  aggiunga,  non  aver  io  a  dovere  avvertito 
coloro  a  cui  premeva  di  saper  questo.  Ma  torno  al- 
l' argomento. 

Vedo  che  i  Gesuiti  vi  assalgono  non  solo  in- 
sidiosamente, ma  anche  con  aperta  forza.  Ho  inteso 
con  grandissimo  dispiacere  il  procedimento  che  si 
è  tenuto  verso  il  signor  Kicher  ;  ma  penso  eh'  egli 
non  debba  perciò  perdersi  d'  animo  ;  in  quanto  che, 
sebbene  sia  stato  oppresso  in  guise  nuove  e  inaudite 
dal  partito  nemico  al  vero,  i  suoi  nemici  avranno  per- 
petua infamia  dalla  vittoria,  e  1'  aver  dovuto  soccom- 
bere procaccerà  ad  esso  1'  affetto  di  tutti  i  buoni.  I 
consigli  non  si  misurano  secondo  i  successi,  ma  se- 
condo le  ragioni  ;  e  quand'  egli  die  fuori  il  suo  opu- 
scolo e  confessò  d' esserne  autore,  fece  cosa  che  pa- 
reva conducente  alla  pubblica  utilità.  Se  il  fatto  non 
ha  risposto  a'  desiderii,  ciò  avvenne  forse  per  provvi- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  415 

denza  divina,  affinchè  egli,  colpito  da  un  privato  in- 
fortunio, sostenesse  con  più  calore  la  comune  causa. 
Il  che  voglia  il  Cielo  che  sia. 

I  documenti  comprovanti  la  regia  autorità  sui 
pontefici,  che  la  S.  V.  ha  raccolti,  riusciranno  sopra 
ogni  altro  un  lavoro  profittevole  a  tutto  il  mondo, 
procedendosi  a  questi  tempi  più  per  esempi  che  per 
argomentazione.  È  forza  sudar  molto  in  questa  mate- 
ria, ed  altre  di  tal  natura.  Poiché  il  richiamare  gli 
abusi  a'  loro  principii,  vale  lo  stesso  che  confutarli. 

Non  so  poi  s' io  debba  rammaricarmi  o  sentire 
allegrezza  per  aver  voi  ricettato  la  Congregazione 
dell'  Oratorio.  Anche  le  piccole  contagioni  non  sono 
da  spregiare.  Di  qui  vennero  i  Baronii,  i  Bozy  e 
gli  altri,  che  non  riconoscono  altro  Dio  all'  infuori 
del  papa.  Non  sono  però  amici  dei  Gesuiti,  ma  piut- 
tosto rivali.1  Pur  finalmente  inchino  a  crede  di  do- 
verne far  festa.  I  morbi  non  vengono  in  declina- 
zione se  prima  non  toccarono  il  colmo. 

Mi  congratulo  con  la  V.  S.,  per  il  bene  dell'  uni- 
versale, che  metta  1'  ultima  mano  alla  raccolta  de- 
sìi Atti  del  Senato.  Ho  in  animo  di  communicarle 
assai  cose  in  proposito  ;  ma  conto  poterlo  fare  nel 
seguente  anno,  in  cui  speriamo  d'  accogliere  nel  Pie- 
gno  1'  egregio  legato  2  del  nostro  Principe.  Qui  nulla 
di  nuovo,  tranne  le  giornaliere  trame  de'  Gesuiti  e 
loro  compagni  curialeschi.  Ma  non  sono  faccende  da 
consegnarsi  a  lettere  :  ad  essi  è  permesso  dir  tutto  ; 

1  Così  era  in  quei  giorni,  e  più  non  è,  disgraziatamente 
(anche  per  l' ingenua  fede),  ai  dì  nostri.  Un  gran  senso,  e 
terribile  a  meditarsi,  è  pure  nelle  parole  con  che  il  Sarpi 
conchiude  questo  memorabile  paragrafo. 

2  II  sempre  decantato  e  sperato  ambasciatore  Barba- 
rigo. 


416      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

a  noi  giova  sopra  ogni  cosa  il  silenzio.  Ma  questo 
ancora  ci  farà  prò,  e  mi  meraviglio  come  fino  a  qui 
i  loro  sforzi  sieno  andati  vuoti  d'  effetto.  Ma  quegli 
è  sicuro  cui  Dio  protegge.  E  io  lo  prego  continua- 
mente perchè  doni  felice  esito  a  tutti  i  disegni  della 
S.  V.  illustrissima,  e  le  comunichi  tutte  le  ricchezze 
della  sua  grazia,  insieme  colla  buona  salute;  e  porga 
a  me  una  volta  occasione  d' allegrezza  nel  dimostrar- 
le, comecchessia,  la  mia  servitù.  E  le  bacio  le  mani. 


CCXLVII.  —  Ai  medesimo.1 

Da  lungo  tempo  desideravo  mostrarle,  secondo  il 
solito,  con  lettere  la  mia  osservanza  ;  e  siccome  con- 
tro voglia  avevo  dismesso  la  corrispondenza,  così  ho 
serbato  sempre  in  cuore  la  sua  venerata  memoria. 
A  tale  siam  noi,  che  ci  tocca  di  osservar  tutto,  di  la- 
sciarci governare  non  dalla  ragione,  ma  dai  tempi  ; 
e  fare  sforzi  non  perchè  niuno  parli  male  di  noi,  ma 
non  parli  niente  affatto.  Niente  più  gioverebbe  a  me 
dell'  ozio  e  dell'  accidia,  se  non  aborrissi  più  che  la 
morte  un  vizio  siffatto.  Ma  non  sono  stretto  sempre 
e  per  ogni  parte  da  queste  angustie  :  l' inazione  è  solo 
temporaria.  11  quale  incomodo  avvenutomi  per  la 
partenza  dell'  illustrissimo  signor  Foscarini,  dile- 
guossi  per  1'  arrivo  costà  del  signor  Gussoni,  legato 
di  questa  Repubblica  al  vostro  re.  E  trovatomi  più 
libero,  mi  son  fatto  cuore  a  rinfrescare  alla  S.  V. 
per  le  presenti  la  memoria  di  me;  desideroso  che  il 
nome  mio,  da  pezza  ascritto  nel  novero  de'  suoi  ser- 

1  Edita  come  sopra,  in  latino,  pag.  21. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  417 

vitori,  per  forza  di  tempo  non  si  cancelli.  E  a  ciò 
mira  specialmente  questa  lettera.  Ho  poi  anche  in 
animo  di  farle  elogi  e  raccomandazione  dell'  illu- 
strissimo signor  Gussoni  ;  uomo  assai  sperto  delle 
politiche  faccende,  liberale,  e  che  molto  si  piace 
della  conversazione  degli  ottimi  e  simili  alla  S.  V. 
Se  a  Lei  piacerà  fagli  qualche  visita,  come  vivamente 
desidero,  prego  e  domando,  troverà  gusto  nella  fa- 
miliarità di  si  nobil  uomo,  e  farà  a  me  sommo  pia- 
cere. Del  resto,  io  vo  pregando  Sua  Divina  Maestà 
che  custodisca  lunghissimamente  in  sanità  la  egre- 
gia S.  V,  e  a  me  conceda  di  profferirle  in  effetto 
l'opera  mia  disposta  a  servirla.  E  le  bacio  le  mani. 

Venezia,  11  giugno  1616. 


CCXLVIII.  —  Al  medesimo.1 

Con  vivissima  allegrezza  ho  veduto  e  letto  la  let- 
tera della  S.  V.,  la  quale  leggendo,  pareami  godere 
della  sua  presenza;  e  ho  veduto  con  piacere  che 
trovasi  in  perfetta  salute,  siccome  prova  la  forma- 
zione dei  caratteri,  che  arguisce  bontà  di  vista  e 
salda  mano.  Voglia  Iddio  tenerla  continuamente 
sana,  come  vivamente  prego  e  sono  per  pregare  con- 
tinuamente la  Sua  Divina  Maestà. 

Negli  scorsi  anni,  quando  la  Francia  ci  si  dipin- 
geva come  titubante,  cotesto  Senato  e  la  S.  V.  sin- 
golarmente mi  stavano  davanti  agli  occhi  ;  e  fa- 
cevo voti  caldissimi,  come  al  presente,  per  la  tran- 
quillità di  cotesto  regno,  ben  sapendo  che  la  salute 

1  Edita  nel  suo  testo  latino,  come  sopra,  pag.  22. 
Sarpi.  —  II.  2" 


418  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

d' Italia  è  come  appoggiata  sulla  vostra.1  Molto  sa- 
rebbe a  dire,  e  d' importanza,  se  m'  avanzasse  tempo, 
intorno  ai  nostri  affari  ;  ma  il  corriere  mette  d' in- 
tervallo tra  1'  arrivo  e  la  partenza  un  giorno  solo. 
Sono  perciò  sforzato  a  soprassedere. 

Ebbi  la  narrativa  dei  fatti  seguiti  in  cotesto  Se- 
nato dopo  il  decreto  dei  28  marzo  1616  ;  e  la  quale 
avidissimamente  scorrerò,  come  avrò  finito  di  scrivere 
la  presente.  Frattanto,  perdi'  Ella  sappia  che  anche 
qui  succedono  inaspettate  novità,  le  mando  il  consi- 
glio d'  un  prelato,  eh'  io  avevo  per  ciotto  e  pio  ;  ma 
sospenderò  il  giudizio  sul  conto  suo,  finché  non  mi 
apparirà  chiaro  a  che  tende,  e  se  i  tentativi,  in  cui 
dice  essersi  messo,  sono  buoni  o  malvagi.2  A  Roma 
condannarono  subito  quel  e'  ha  scritto  ed  è  per 
iscrivere,  quel  che  ha  stampato  od  è  per  istampare, 
con  la  solita  clausola  di  eretico,  erroneo,  scandaloso 
e  respettivamente  offensivo  delle  pie  orecchie.  Ed  egli 
ha  pubblicato  questa  sua  dichiarazione  in  forma  di 
Manifesto,  come  diciamo  noi  ;  e  la  fece  stampare  a 
Heidelberg.  Che  gli  avvenisse  dipoi,  non  sappiamo. 

Faccio  fine  alla  presente,  strettovi  dalle    angu- 
stie del  tempo  ;  e  non  senza  pregar  Dio  che,  per  pub- 
blica utilità,  Lei  mantenga  lungamente  in  vita. 
Venezia,  24  novembre  1616. 

1  Cioè,  nel  fatto  della  indipendenza  religiosa,  ossia  dal 
potere  ultra-politico  di  Roma  ;  senza  la  quale,  la  indipen- 
denza politica  è  affatto  impossibile. 

-  Queste  parole  sono  senza  dubbio  allusive  all'  arcive- 
scovo di  Spalato,  Marcantonio  De  Dominis  (di  cui  vedi  la 
Lettera  seguente)-,  ed  è  notabile  questa  titubanza  del  Sarpi 
nel  giudicare,  in  sulle  prime,  le  intenzioni  di  un  sì  autore- 
vole px-omotore  della  riforma,  ma  non  del  pari  costante  nel 
perseverare  nella  medesima. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  419 


CCXL1X.  —  Al  medesimo.1 

Ricevei  le  ultime  lettere  della  S.  V.  in  data  dei 
3  gennaio  e  5  febbraio.  In  esse  mi  fu  dato  vedere 
argomenti  del  suo  animo  giusto  e  costante.  Giusta- 
mente si  duole  perchè  sovrastino  due  guerre  civili 
a  cotesto  regno,  dianzi  floridissimo.  Le  macchine 
mosse  dai  malcontenti  dell'  ordinamento  attuale, 
spero  saranno  di  corta  durata  e  riusciranno  alla  ri- 
forma del  governo  ;  ma  temo  di  ciò  che  si  macchina 
nella  regione  di  Pittau,  e  mi  fa  caso  che  il  duca  di 
Epernon,  provato  in  tante  vicende  e  nell'  età  in  cui 
trovasi,2  pigli  risoluzioni  così  avventate  e  precipitose. 
Quella  guerra  (se  Dio  non  la  sperde),  sotto  pretesto 
di  religione,  scuoterà  e  leverà  di  sesto  il  regno  ;  e  co- 
loro che  sconsigliatamente  la  fomentano,  non  potran- 
no, quando  che  vogliano,  scendere  a  transazioni.  Ma 
per  noi  le  faccende  non  vanno  già  meglio.  All'una  e 
l' altra  porta  d' Italia 3  siamo  circondati  da  guerre  ;  e 
benché  trattisi  di  pace,  è  dubbio  se  questa  non  sia 
per  riuscire  più  funesta  d'  una  guerra. 

Di  Francia,  donde  avevamo  un  tempo  in  abbon- 
danza sussidi  alla  libertà,  ora  ci  vengono  gli  stru- 
menti del  servaggio.  Le  soldatesche  possono  venire 

1  Edita  come  sopra,  pag.  stessa. 

2  II  duca  di  Epernon,  uno  dei  più  vani  e  più  avventati 
fra  i  gran  signori  della  Francia  in  quel  tempo,  era  allora 
in  età  di  63  anni.  Godè  la  grazia  della  reggente,  dopo 
essere  stato  in  sospetto  di  complicità  coli'  assassino  di  suo 
marito.  Forse  qui  alludesi  alla  risoluzione  presa  di  partirsi 
dalla  corte  per  Angoulème,  non  avendo  potuto  ottenere  dal 
re  un  posto  nelle  guardie,  ch'egli  chiedeva  per  una  delle 
sue  creature. 

3  Vale  a  dire,  nel  Piemonte  e  nel  Friuli. 


420  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

a  noi  solo  per  via  della  Rezia;  il  qual  passaggio  è 
impedito  dai  ministri  regi,  ai  quali  importa  salvarci 
e  che  certamente  ci  avvantaggerebbero,  quando  non 
avessero  sorbito  l' aureo  Diacattolico.  Io  però  mi 
consolo  al  pensiero  che,  a  prova  fatta,  le  buone 
venture  sperate  si  convertono  in  danno  e  le  male 
in  felicità;  e  mi  vo  rammentando  che  noi  uomini 
siamo  posti  quaggiù,  per  rilevar  dagli  eventi  la 
volontà  di  Dio  e  a  quella  conformare  le  nostre  ope- 
razioni. E  avverto  ancora,  che  non  s'  adopera  sa- 
viamente da  coloro  che  furon  causa  de'  vostri  e 
de'  nostri  mali  ;  che  i  re  maggiorenni  non  preval- 
gono per  sapienza,  e  più  pregiano  gli  schiavi  che  i 
liberi;  ne  il  numero  dei  dappoco  restringono,  che 
danno  fondo  a  magnifiche  ricchezze.  Ma  rimettiamoci 
alla  provvidenza  di  Dio. 

Ho  notizie  dall'  amico  sull'  arcivescovo  di  Spa- 
lato, posteriori  alla  sua  partenza.  Conversò  con  lui 
intimamente,  e  vide  alcuni  suoi  libri  da  divulgare. 
Mi  assicurò  che  sono  scritti  senz'  affettazione,  sen- 
z'  aria  di  disputa  ;  astiensi  da  ogni  parola  aspra  ; 
sostien  reciso  solo  le  opinioni  proprie,  e  tutto  prova 
pei  documenti  dell'  antichità.  Non  ne  lodò  per  altro 
la  prolissità,  eh'  è  forse  soverchia  ;  né  la  titubanza 
o  ansietà  d'  animo,  cui  l' autore  confessa  ingenua- 
mente, ed  io  ammirerei  quando  fosse  vivuto  in 
Francia,  dove  a  nessuno  è  vietato  lo  scambio  del 
parlare  e  dell'  ascoltare.  Ma  in  luogo  dove  gli  uo- 
mini sono  privati  fin  dalla  culla  della  facoltà  di  pen- 
sare, mi  fa  caso  che  un  Dalmata  (gente  che  più  pre- 
vale per  forza  materiale  che  per  ingegno),  e  allevato 
negli  ergastoli  de' Gesuiti,  siasi  potuto  districar  dalle 
tenebre.  Per  riguardo  a  tali  difficoltà,    fo   giudizio 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  421 

della  bontà  e  dottrina  di  lui;  che  un  altro  più  as- 
soluto non  avrei  agevolmente  saputo  pronunziare.1 
Conobbi  il  Barclay  per  la  lettura  del  Satirico, 
e  di  quel  libro  scritto  a  favor  del  padre,  che  mi  ha 
inviato  ;  ma  più  mi  dette  nel  genio  la  sua  Apologia. 
Lo  seppi  partito  per  Roma,  e  ne  ignoro  fino  ad  ora  il 
motivo  :  il  tempo  lo  svelerà.  Scuso  gli  altri  eruditi  che 
colà  recaronsi  ;  i  quali  regalati  di  promesse  magnifi- 
che, per  P  attrattivo  della  dignità  sperata  e  il  soddis- 
facimento delle  cupidigie,  mutarono  meno  indecoro- 
samente bandiera.  Ma  questi,  legato  di  matrimonio, 
non  potè  agognar  nemmeno  mezzane  fortune:  se  mirò 
a  vivere  con  più  di  libertà  nella  fede  cattolica,  avrà 
conseguito  l' intento.  È  voce  che  abbia  scritto  un  li- 
bercolo intitolato  :  Character  Eegis  Anglici;  ma  io 


1  Marcantonio  De  Dominis  era  nativo  di  Arbe,  e  taluni  lo 
dissero  discendente  da  una  famiglia  che  annoverava  tra'  suoi 
antenati  un  papa  e  parecchi  illustri  prelati.  Aveva  in  realtà 
studiato  in  Loreto,  in  un  collegio  presieduto  dai  Gesuiti  -, 
quindi  nell'  Università  di  Padova.  Di  spirito  inquieto  e  am- 
bizioso, ebbe  vita  agitatissima  e  infelice  tra  i  favori  me- 
desimi delle  fortuna,  de'  quali  egli  non  sapeva  contentaroi. 
Volle  tornare  in  grembo  alla  fede  ortodossa  e  non  fu  cre- 
duto •,  talché  dopo  la  sua  morte  in  Roma  nel  1624,  si  eser 
citarono  sul  suo  cadavere  quegli  atti  di  bestiale  crudeltà, 
che  alla  sua  persona  erano  riserbati,  quand'  egli  fosse  vis- 
suto. Nel  1615  erasi  da  Spalato  ritirato  in  Venezia-,  d'onde 
passò  in  Germania,  e  nell'  anno  in  cui  dettavasi  questa 
Lettera,  era  certamente  in  Inghilterra  •,  dove  scrisse  e  pub- 
blicò il  libro,  allora  sì  famigerato:  De  Repuòlica  Christiana. 
Fu  egli,  che  mentre  soggiornava  alla  corte  del  Re  Giaco- 
mo, avendo  potuto,  non  si  sa  come,  procurarsi  il  manoscritto 
della  Storia  del  Concilio  di  Trento  di  Fra  Paolo,  la  die 
quivi  in  luce  (1619)  senza  il  consenso  dell'autore.  Peggio 
poi,  che  vi  aggiunse  una  prefazione  a  suo  modo,  cioè  con- 
forme alle  nuove  dottrine  da  lui  professate  -,  il  che  dicono 
che  al  Sarpi  recasse  moltissimo  dispiacere.  (Griselini,  Mera. 
anedd.,  pag.  115-16.) 


422  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

non  1'  ho  per  anche  veduto.  Io  non  vorrei  che  incon- 
trasse qualche  malanno  a  un  tal  uomo,  il  quale  amo 
assai  ;  ma  ho  paura  d'  una  tragedia.  Egli  ha  ingegno 
inclinato  al  satireggiare,  e  Roma  offre  a  ciò  materia 
più  larga  che  altro  luogo,  perchè  là  sono  moltissimi 
che  vi  danno  appicco.  Io  temo  assaissimo  per  lui,  se 
non  haderà  scrupolosamente,  giusta  l' insegnamento 
di  Salomone,  a  non  dir  male  del  re,  o  detrarre  anco 
nel  segreto  di  sua  stanza  ai  potenti;  e  non  si  fig- 
gerà in  capo  che  gli  uccelli  pure  e  i  venti  scopri- 
ranno i  suoi  pensieri.  L' infelice  Guglielmo  Reboul.1 
empito  di  promesse  per  la  sua  abiura  religiosa  e  il 
libro  composto  contro  il  gran  re  dell'  Inghilterra, 
stava  attendendo  di  grosse  ricompense;  ed  ebbe 
tronca  la  testa  il  primo  di  ottobre  del  1611,  pel  gran 
delitto  d'  avere  in  una  cassa  uno  scritterello  contro 
i  vizi  signoreggianti  in  Roma,  che  nessuno  aveva  ve- 
duto. Se  Barclay  scriverà  in  seguito  qualche  altra 
opera,  nulla  di  grande  aspetto  da  lui;  i  vecchi 
esempi  ammonendomi,  che  i  liberi  ingegni  vendutisi 
per  cortigianeria  alla  Curia  di  Roma,  han  fatto  get- 
tito a  un  tempo  e  della  scienza  e  della  coscienza.2 
Vengo  al  punto  fondamentale  di  questa,  e  schiet- 
tamente dirò  della  narrativa  dei  fatti  compiutisi 
in  cotesto  Senato,  che  la  S.  V.  mi  ha  inviata.  Vidi 
in  essa,  per  opera  della  S.  V.,  sostenuta  la  splen- 
dida libertà  e  dignità  di  un   ordine  distintissimo; 

1  Vedasi  la  Lettera  CXCI  (pag.  258),  dove  parlasi  an- 
che più  compiutamente  di  questo  fatto  medesimo,  e  il  nome 
della  vittima  è  scritto  :  «  Guglielmo  Rebaudi.  » 

2  Ciò  perchè  agli  scrittori  venduti  o,  comechessia,  non 
indipendenti,  viene  a  mancare,  se  non  la  scienza  propria- 
mente detta,  certo  sempre  la  ispirazione  e  la  forza  degli 
argomenti  che  nasce  dalla  convinzione. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPL  423 

e  di  questo  pure  io  venero  la  costanza,  ma  più 
quella  di  Lei,  che  non  si  contentò  di  arruolarsi  tra  i 
più  accesi  difensori  di  libertà,  ma  volle  esserne  e  ban- 
ditore e  promulgatore,  a  costo  pure  d' incorrere  nello 
sdegno  dei  potenti.  Io  vorrei  pregare  di  tutto  cuore 
la  S.  V.  a  non  privarmi  degli  altri  scritti  da  Lei 
ricordati,  e  eh1  io  leggerò  e  divorerò,  se  non  di  se- 
guito, in  ore  per  me  le  più  preziose.  E  per  indurla 
a  farmi  su  tal  punto  contento,  ne  ringrazio  la  S.  V. 
non  come  di  cosa  promessa,  ma  ancora  adempiuta  ; 
mentre  sto  con  avidità  attendendo  il  compimento 
delle  scritture.  E  mi  vergogno  di  non  poter  renderle 
il  contraccambio  ;  ma  la  indole  sua  cortese  e  inchi- 
nevole al  beneficio,  terrà  in  luogo  delle  opere  la 
volontà  mia  disposta  a  servirla.  Intanto  le  auguro 
continua  sanità  ;  e  la  prego  ad  onorar  me,  suo  devo- 
tissimo, della  usata  benevolenza  e  favore.  E  le  bacio 
le  mani. 

Venezia,  17  febbraio  1617. 


CCL.  —  Al  signor  de  V  Isle  Groslot.1 

Se  io  provassi  d'  esprimere  il  piacere  sentito  nel- 
1"  animo  vedendo  le  lettere  di  V.  S.  dei  21  del  pas- 
sato, resterei  molto  al  disotto  del  segno.  Nei  pros- 
simi anni  intendendo  le  turbazioni  di  cotesto  nobi- 
lissimo regno,  ho  sempre  fatto  riflesso  alla  persona 
sua,  e  compatito  agli  incomodi  e  agli  affetti  d*  animo 
che  la  vedevo  sostenere.  Dopo  che,  per  lettere  del 
signor  ambasciatore  Gussoni,  intesi  eh'  Ella   si  ri- 

1  Dalla  raccolta  di  Ginevra  ec,  pag.  574. 


424  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

trovava  in  Parigi,  ma  oppressa  dalla  gotta,  sentii 
allegrezza  mista  con  dispiacere,  intendendo  lo  stato 
buono,  ma  non  con  intiera  sanità  :  finalmente,  poi- 
ché cessano  le  cause  del  dispiacere  quando  li  mali 
terminano  in  sanità,  vedendo  il  medesimo  carattere 
suo  solito,  e  da  quello  facendo  giudicio  che  la 
mano  abbia  ricuperato  le  solite  forze,  ne  ho  rin- 
graziato la  Maestà  divina,  pregandola,  come  con- 
tinuerò di  fare  in  ogni  tempo,  che  mi  dia  grazia  di 
conservarla  in  prosperità  e  sanità,  e  di  godere  della 
comunicazione  che  le  piacerà  tener  meco,  sempre 
però  senza  suo  incomodo. 

Dalle  quattro  scritture  mandatemi,  come  da 
altri  avvisi,  io  ho  inteso  con  troppo  dispiacere  il 
cattivo  stato  di  cotesto  reguo,  del  quale  anco  noi 
partecipiamo  assai  più  di  quello  che  può  pensare 
chi  non  si  trova  alla  festa  e  nella  tragedia  che  pre- 
vede V.  S.  Quando  s'abbia  da  recitare,  io  dubito 
certo,  che  non  siamo  per  fare  la  sola  parte  del 
coro  ;  ma  non  sono  senza  speranza  che  la  bontà  di- 
vina riguardi  e  queste  e  coteste  miserie  con  occhio 
di  pietà.  Tuttavia,  la  disposizione  d' ogni  sorte  e  con- 
dizione di  gente  non  mi  permette  di  nudrirla  nel- 
1'  animo,  se  non  con  molta  incertezza. 

11  nostro  paese  si  trova  tutto  circondato  da  Au- 
striaci, eccetto  quel  solo  paese  di  Valtellina,  il  quale 
è  in  una  immensa  spesa.  Non  si  è  potuto  aprire  per 
le  sinistre  opere  dei  ministri  di  cotesto  re,  che  fanno 
tutto  per  Spagna  co  atra  i  propri  interessi.  Abbiamo 
avuto  il  cielo  contrario,  non  avendo  per  tre  mesi 
spirato  vento  favorevole,  che  potesse  condurre  gente 
per  mare.  La  guerra  s'  è  fatta  con  diversione  per 
mezzo  di  Savoia,  a  cui  perciò  si  contribuisce  settan- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  425 

tacinque  mila  ducati  al  mese  i1  ma  né  lui  senza  noi, 
per  mancamento  dei  danari,  né  noi  per  diletto  di 
gente,  possiamo  continuare. 

I  Spagnuoli  propongono  partiti  di  pace.  V.  S.  sa 
quanto  quello  2  sia  vantaggioso,  e  qui  debole.  Temo 
eh'  egli  non  sia  vinto  dalle  promesse,  ovvero  effetti 
insidiosi  ;  e  qui  dal  troppo  desiderio  di  quiete,  o 
con  qualche  arte  non  sia  messa  diffidenza,  onde  sia 
ricevuto  accordo,  quale  li  prudenti  conoscono  che, 
se  bene  sarà  in  apparenza  tollerabile,  terminerà  in 
una  servitù  totale  d' Italia.  Se  l' Inghilterra  o  la 
Germania  fossero  più  vigilanti,  e  almeno  con  uffici 
tenessero  questi  due  uniti,  aiutandoli  a  difendersi 
dalle  arti  spagnuole,  sarebbe  opera  utile.  Ma  la  fa- 
talità di  tutta  Europa  accenna  che  mentre  a  parte  si 
resiste,  in  fine  tutti  caderanno  in  servitù.3 

Avremo  quest'  anno  Spagnuoli  con  armi  nel- 
1'  Adriatico  ;  il  che  forse  muoverà  i  Turchi,  e  non 
sarà  male,  perchè  questi  sono  meno  cattivi  che  Spa- 
gnuoli.4 Nelle  cose  passate  sotto  la  mia  veduta,  io 
non  posso  dir  d' aver  mai  congetturato  l' esito  di 
alcuna,  quale  poi  ho  veduto  successa;  e  avendo  os- 
servato che  le  predizioni  dei  più  prudenti  non  hanno 
avuto  miglior  ventura  nel  pronosticare,  non  mi  fido 

1  A  ragione  le  lettere  del  Sarpi  furono,  dal  Daru  ed 
altri,  fin  qui  citate  come  storici  documenti-,  sotto  il  quale 
aspetto  noi  pure  non  ci  terremo  dal  raccomandarle,  in 
ispezie  per  ciò  che  spetta  alle  cose  veneziane. 

-  Cioè,  il  duca  di  Savoia. 

:l  L' antica  stampa  poue  :  «  in  servizio,  »  Altri  errori 
ci  siamo  avventurati  a  correggere  in  queste  carte,  che 
sono  tra  le  più  scorrette  \  come  dopo  cinque  righe  :  «  d'  aver 
inai  congiurato  ;  ec.  » 

4  In  quanto  la  malignità  che  corrompe  ed  opprime,  è 
peggiore  della  forza  che  spoglia  ed  uccide. 


426  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

di  poter  predire  cosa  alcuna.  Starò  con  desiderio 
di  sapere  1'  ottima  salute  di  V.  S.,  alla  quale  per 
fine  bacio  la  mano. 

Di  Venezia,  il  dì  28  marzo  1617. 


CCLI.  —  Al  medesimo.1 

Dopo  1'  aver  dato  ricapito  ad  un'  altra  mia  scritta 
a  V.  S.  il  giorno  d' ieri,  mi  capita  la  sua  delli  7 
marzo,  per  quale  intendo  che  Lei  ha  veduto  il  si- 
gnor ambasciatore  Gussoni  ;  e  rendendomi  certo  che 
1'  uno  e  1'  altro  abbia  ricevuta  compita  soddisfazione, 
me  ne  rallegro.  E  sebbene  quel  signore  partirà  se- 
guendo il  re,  credo  però  che  tra  loro  sarà  posto 
appuntamento  per  communicare  insieme  per  via  di 
lettere  ;  come  prego  V.  S.  di  fare,  perchè  quella 
communicazione  sarà  un  mezzo  di  mantener  la 
nostra. 

Rendo  grazie  a  V.  S.  delli  avvisi  datimi,  li  quali 
ho  anco  comunicato  all'  amico  comune.  Mi  duole 
estremamente  dell'  inquietudine  di  cotesto  nobilis- 
simo regno  ;  ma  siccome  in  un  corpo  umano  infer- 
mo, quando  la  natura  contrasta  col  male,  si  può 
restar  in  speranza  (che  se  succombe,  non  vi  è  luogo 
salvochè  alla  disperazione)  ;  così,  poiché  il  male  è 
in  vigore,  il  contrasto  fattoli  dalla  persona  debbe 
darci  speranza  di  buon  successo.  E  così  prego  la 
divina  Maestà  che  succeda. 

Il  duca  ha  fatto  sapere  che  gli  Spagnuoli  dicono 
d'  aver  in  mano  la  conclusione  con  Venezia,  ma  che 

1  Edita  come  sopra,  pag.  582. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  427 

più  tosto  vogliono  convenir  con  lui  ed  offeriscono 
partire  il  Monferrato.  Disse  essergli  note  le  arti  ; 
esorta  ad  avvertirle  ;  raccorda  il  fatto  di  Santen.1 

Il  pensiero  di  Spagna  sarebbe  accomodare  di 
presente  le  differenze,  ed  attendere  a  Germania  ;  ca- 
var di  mano  li  luoghi,  e  farsi  ceder  da  Ferdinando 
il  contado  di  Gorizia  ;  e  così  serrar  per  mare  e  per 
terra  ogni  passo,  e  restar  arbitri  d' Italia.  Il  papa 
fa  tutto  per  loro,  e  se  in  Spagna  non  riuscirà  l'ac- 
cordo, lo  vuole  in  Roma  ;  conserva  1'  odio  vecchio, 
e  si  lascia  persuadere  vantaggi  grandi.  Li  altri 
principi  italiani,  tutti  sono  servi  per  timore  o  per 
pensione. 

Non  crederò  che  mai  si  faccia  mutazione  di 
stato  se  non  si  fa  di  religione  ; 2  ma,  con  guerra  ad 
ambe  le  porte  d' Italia,  non  si  vede  che  s' incammini 
alcuna  disposizione  a  questo,  anzi  più  si  stabilisce 
la  vecchia.  Per  fine,  prego  a  Vostra  Signoria  da  Dio 
Nostro  Signore  ogni  contento. 

Di  Venezia,  il  dì  29  marzo  1617. 

1  Così  ba  la  prima  stampa,  ma  non  senza  sospetto 
d'  errore. 

2  Coloro  che  menarono  sì  gran  rumore  per  la  scoperta 
delle  lettere  del  Sarpi  al  Duplessis  (da  forse  quarant'  an- 
ni stampate),  non  avevan  di  quelle  bisogno,  potendo  ad 
essi  bastare  il  far  commenti  a  lor  modo  sopra  queste  pa- 
role della  presente.  Delle  quali  tolga  il  cielo  che  noi  ten- 
tiamo di  offuscare  in  verun  modo  la  sfolgorante  chiai-ezza. 
Diremo  bensì  che,  dopo  il  Machiavelli,  nessun  altro  poli- 
tico italiano  aveva  osato  di  pensare  né  scrivere  su  tal 
materia  in  modo  sì  esplicito  -,  e  che  tra  i  mille  ingiuriosi 
nomi  che  furono  per  ciò  dati  al  segretario  fiorentino,  non 
mai  tuttavolta  erasi  udito  quello  di  traditore. 


428  LETTERE  DI  FRA.  PAOLO  SARPI. 


CCLII.  —  Al  medesimo.1 

10  ricevo  tutte  in  un  piego  due  di  V.  S.  delli  14 
marzo  ed  una  delli  21  ;  seguendo  1'  ordine  delle  quali 
dico,  prima,  intorno  il  desiderio  del  signor  di  Thou, 
non  esser  minore  il  desiderio  mio  di'  egli  sia  com- 
piaciuto, ed  insieme  esser  anco  di  opinione  che  sia 
servizio  pubblico.  Ma  siamo  in  un  tempo  che  non  ba- 
sta ne  il  buon  fine  ne  il  buon  consiglio  accompagnato 
da  esito  felice,  se  insieme  non  si  cammina  per  quella 
via  che  l' universale  vuole.  Io  pregherò  il  signor  am- 
basciatore che  s' allarghi  quanto  più  giudicherà  pote- 
re, e  che  abbia  più  risguardo  alli  altri  rispetti  che 
alli  miei.  Il  far  officio  con  queir  altro  signore  che  V. 
S.  mi  nomina,  che  al  presente  è  qui,  non  servirebbe, 
perchè  non  fu  egli  che  abbia  questa  traduzione,2  ma 
un  suo  ministro,  che  ora  non  è  con  lui,  al  quale 
se  V.  S.  tien  memoria,  io  scrissi  di  questo  negozio, 
mandandogli  la  lettera.  Ma  io  credo  che,  finalmen- 
te, si  troverà  modo  che  il  signor  di  Thou  resterà 
contento. 

11  consiglio  di  V.  S.  di  partire  da  Parigi  debbe 
esser  grandemente  commendato  da  qualunque  sa 
r  ingegno  degli  Italiani.  Sento  gran  piacere  che  sia 
per  ritirarsi  a  Saumur,  così  perchè  sarà  sicura  più 
che  a  Orléans,  come  perchè  si  ritroverà  appresso  quel 
signore  tanto  compito.  Io  la  prego  con  ogni  affetto 
a  fare  a  sua  signoria  illustrissima  li  miei  baciamani, 


1  Stampata  come  sopra,  pag.  578. 
1  Parole,  certamente,  allusive  a  quanto    leggesi   nella 
Lettera  CCXIX,  pag.  343. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  429 

e  certificarla  della  riverente  stima  eh'  io  faccio  del 
valore,  della  bontà  e  della  dottrina  sua. 

Il  signor  Desdiguières  è  ritornato  di  là  da  monti 
con  la  sola  famiglia  ;  però  lasciando  intenzione  di  do- 
ver mandar  dell'  altra  gente.  Non  ho  dubbio  che  in 
quella  guerra  di  Piemonte  si  è  perduta  molta  gente 
francese  ;  ma  è  condizione  di  tutte  le  guerre  :  però 
tanto  se  ne  fa,  e  forse  più  di  quanto  se  ne  perde. 

Io  son  restato  pieno  di  maraviglia  intendendo  che 
il  conte  d'  Auvernia 1  abbia  promesso  d'  obbedir  al 
maresciallo  d'  Ancre  :  e  vada  questo  per  contrappeso 
delle  dispute  de'  nostri  capitani  italiani,  tra'  quali 
non  si  può  trovar  un  uomo  basso  ed  inesperto  che 
voglia  obbedire  ad  un  grande  e  perito  ;  e  questa  è 
una  delle  cause  che  impedisce  il  far  alcun  progresso 
buono. 

Sarebbe  ben  cieco  chi  non  vedesse  il  giogo  im- 
minente sopra  il  collo  d' Italia  :  ma  la  fatalità  guida 
chi  vuole,  costringe  chi  ripugna  ;2  e  con  numero  di 
superstiziosi  è  un  maggiore  di  viziosi,  che  amano 
meglio  servir  in  ozio,  che  faticar  in  libertà.  Non 
manca  anco  qualche  contaminazione  di  Diacatholi- 
con.  Questo  terzo  è  irremediabile  ;  per  il  secondo  ci 
bisognerebbe  una  buona  stoccata  che  svegliasse  ;  al 
primo  non  ci  è  rimedio. 

Sono  due  anni  che  la  guerra  è  in  Piemonte  ed 
uno  in  Friuli,  e  non  è  fatto  minimo  colpo  contro  la 
superstizione  ;  e  sebbene  sono  venuti  tremila  Olan- 

1  II  conte  d'  Avergne  fu  il  generale  della  cavalleria 
francese,  venuta  o  spedita  sotto  il  Lesdiguieres  in  soc- 
corso del  duca  di  Savoia,  nella  sua  guerra  contro  gli  Spa- 
gnuoli. 

-  Massima  favorita  del  nostro  autore.  Vedasi  anche  a 
pag.  126. 


430  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

desi,  non  si  spera,  come  credeva,  che  la  guerra 
fosse  mezzo  ci'  introdur  la  verità.  Veggo  che  non  è.1 
Così  conviene  aspettare  il  tempo  del  beneplacito  di- 
vino ;  il  quale  se  non  apre  qualche  mezzo  per  quale 
si  dia  ingresso  a  far  bene,  ogni  cosa  pare  inviata  a 
stabilire  due  monarchie,  una  sopra  i  corpi  e  1'  altra 
sopra  le  anime.  Il  che  se  debbe  succedere  a  gloria  di 
Dio,  doverà  piacerci  ;  quando  no,  i  consigli  umani 
non  saranno  efficaci.  Io  bacio  la  mano  a  V.  S.,  e  le 
prego  da  Dio  Nostro  Signore  ogni  prosperità. 
Di  Venezia,  il  dì  11  aprile  1617. 


COLUI.  —  A  Giacomo  Gillot? 

Quel  piacere  eh'  io  aveva  provato  leggendo  la 
lettera  di  V.  S.,  tutto  mi  fu  tolto  dalla  nuova  finale 
della  morte  del  signor  De  Thou;  il  qual  personag- 
gio com'  ebbi  sempre  in  grandissimo  conto  per  1'  eroi- 
che sue  virtù,  così  vivamente  mi  rammarico  che  ci 
sia  a  un  tratto  rapito.  Sono  già  due  giorni  che 
seppi  del  triste  caso  ;  e  non  ho  ancora  potuto  levar 
T  animo  da  questo  pensiero.  Ma  siccome  egli,  da 
vivo,  adempì  tutte  le  parti  di  specchiatissima  per- 
sona, così,  dopo  la  sua  morte,  avrà  gloria  da  Dio  e 
fama  dagli  uomini  sempiterna  ;  incorando  noi  a  spen- 
dere il  resto  della  vita,  più  che  in  vano  corrotto, 
nel  rammentare  le  sue  virtù. 

1  Potrebbe  inferirsene  che  la  indifferenza  in  fatto  di 
religione  non  è  tanto  recente,  quanto  e  chi  vuole  la  rin- 
novazione del  vecchio  e  chi  brama  l' introduzione  del  nuovo 
va  oggi  lamentando. 

2  Stampata,  in  latino,  tra  le  Opere  ec,  pag.  24. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SAEPI.      431 

Quello  che  costì  accadde  trenta  mesi  or  fanno, 
rispetto  al  soldato  eh'  Espernon  cavò  a  forza,  spez- 
zatene le  porte,  dalle  prigioni  pubbliche,  è  a  noi 
ben  noto  ;  ma  non  sappiamo  come  la  faccenda  finis- 
se. Io  mi  pensava  (come  incontra,  quando  le  leggi 
tacciono)  che  il  dritto  avesse  soggiaciuto  alla  vio- 
lenza ;  ora,  dalla  lettura  degli  Atti  del  Senato  in- 
viatimi dalla  S.  V.,  rilevo  che  costà  giunse  la  no- 
vella della  mala  ventura,  ma  non  della  riparazione 
al  torto,  che  avvenne,  con  mio  piacere,  in  quell'istesso 
tempo.  Ammiro  la  fermezza  del  Senato  nel  patroci- 
nare la  sua  dignità,  quando  la  invocazione  delle 
leggi  tornerebbe  vana  e  malsicura. 

Niente  dico  della  fortezza  e  prudenza  della  S.  V.  ; 
dalle  quali  mi  prometto  assai  maggiori  imprese.  Ma 
non  posso  tenermi  dal  lodare  1'  egregio  temperamen- 
to opinati vo  della  S.  V.,  pel  quale  si  soddisfece  del 
pari  ed  al  regio  precetto  e  al  decoro  del  Senato,  i 
quali  pareano  insieme  pugnanti.  L'  aver  trovato  in 
sì  corrotta  stagione  tanti  che  venissero  nei  concetti 
della  S.  V.,  non  potendo  io  credere  a  sì  gran  purità, 
lo  attribuisco  all'ottima  estimazione  ch'Ella  gode.  Io 
non  lusingo  punto,  e  il  più  delle  volte,  come  ora,  dico 
meno  di  quel  che  sento  ;  ma  confesserò  ingenuamente, 
che,  siccome  ho  reso  sempre  buon  testimonio  alla 
sua  virtù  e  costanza,  così  tengo  che  la  S.  V.  im- 
prenderà con  sommo  accorgimento  cose  maggiori  ; 
massime  oggi  che  è  andata  in  fuga  la  tirannia  e 
rifulsero  i  raggi  della  libertà.  E  tanto  osservo  ri- 
guardando alle  condizioni  nostre  ;  perocché  abbiamo 
bisogno  di  chi  ci  vada  innanzi  ad  esempio  :  quan- 
tunque neppure  voi  altri  abbiate  ragioni  di  star 
troppo  contenti  circa  questo  rispetto. 


432  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

L'ambasciatore  di  Toscana  che  sta  a  Roma,  di  co- 
gnome Guicciardini,1  tutti  i  giorni  tratta  delle  cose 
francesi  co'  Gesuiti.  Le  conferenze  vengono  rappor- 
tate al  papa  e  al  cardinale  Borgia;  e  si  mette  mano 
ad  ogni  macchina,  non  importa  se  congegnata  di 
molle  spirituali,  oppur  d'  oro.  Voglia  Dio,  come  spes- 
so, disperdere  anc'  oggi  i  malvagi  divisamenti  ! 

Ma  ritorno  agli  atti  del  Senato.  Io  li  ho  divo- 
rati, per  pigliarne  soltanto  la  idea  generale,  e  vi  ho 
scòrto  assai  cose  che  mi  possono  ammaestrare.  Io 
esaminerò  partitamente  tutte  le  diverse  maniere  di 
pratica  che  si  tengono  costà,  a  me  ignote,  e  che  a 
primo  aspetto  mi  parvero  assai  degne  ci'  approvazio- 
ne: sono  anche  persuaso  che,  a  lettura  rinnovata,  in- 
contreranno anche  più  il  mio  gradimento.  Mi  congra- 
tulo di  cuore,  perchè  cotesto  regno  abbia  ricuperato 
la  libertà  e  sia  uscito  salvo  da  gravissimi  rischi  ; 2  e 
anelo  di  conoscere  il  nome  del  personaggio  da  cui  ri- 
petesi  la  prima  origine  di  un  partito  così  assennato 
e  giovevole.  Poiché,  parlando  di  re,  io  fo  grandissi- 
mo conto  di  lui,  dacché  pure  ebbe  cuore  d'  udire  la 
verità,  non  facendo  alcuna  distinzione  tra  un  giovane 
e  un  vecchio.  Ora  ha  mestieri  il  re  dello  stesso  con- 
sigliere, o  d' altro,  che  siccome  lo  addestrò  a  far 
fronte  alla  violenza,  così  gì'  insegni  a  cansare  le  in- 


1  Chiamavasi  Piero,  e  il  Litta  notò  eom'  egli,  risiedendo 
in  Roma,  «  fu  obbligato  a  trattare  gli  affari  del  Galileo.  » 

-  Sono  note  le  oscillazioni  della  politica  francese  in 
quel  tempo  tra  la  libertà  religiosa  e  la  servitù  romanesca, 
tra  il  gallicanismo  ed  il  gesuitismo  ;  le  quali,  come  sem- 
pre, non  da  zelo  di  religione  movevano,  ma  servivano  a 
barcamenarsi  tra  la  fazione  cattolica  e  quella  degli  Ugo- 
notti, di  cui  la  prima  era  assai  più  dell'altra  pericolosa 
alla  corona. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPL      433 

sidie.  Faranno  inoltre  lor  prove,  sotto  scusa  di  reli- 
gione, e  le  lustre  della  pietà  e  l' ipocrisia,  peste  di 
questo  secolo  ;  dalle  quali  piaghe  nessuno  può  guar- 
darsi, se  non  gli  venga  in  aiuto  la  bontà  di  Dio. 

Incerte  sono  ancora  le  condizioni  delle  cose  no- 
stre. Nel  territorio  di  Cividale  del  Friuli,  dopo  l' in- 
gresso dei  soldati  Olandesi,  molte  fortificazioni  fu- 
rono prese  ai  nemici  ; 1  talché  può  sperarsi  che  que- 
sta state  sarà  guerra  in  quel  paese.  Nel  Piemonte 
gli  Spagnoli  assediano  Vercelli,  ma  vi  è  speranza  di 
difenderla.2  Neil'  una  parte  e  nelP  altra  s' ingaggia 
guerra  contro  di  essi  a  spese  della  Repubblica  ; 
quantunque  non  sia  meno  da  stimarsi  il  valore  e 
1'  accorgimento  del  duca  di  Savoia  e  de'  suoi  figli, 
stantechè  senza  quelli  non  basterebbe  il  denaro  alla 
resistenza,  come  il  valore  soltanto  farebbe  difetto. 
E  caduto  il  boccone  dalle  fauci  agli  Spagnoli,  dopo- 
ché i  Francesi  hanno  racquistata  la  libertà  ;  quan- 
docchè,  se  avessero  continuato  nel  dominio  sopra  la- 
Francia,  anche  noi  alla  lunga  saremmo  rimasti  op- 
pressi. Spesso,  ed  anche  al  presente,  sembrava  che 
dovessero  farsi  padroni  di  quel  regno  ;  ma  improvvisi 
eventi  li  fecero  andar  delusi.  Tanto  permetta  sem- 
pre il  Signore  nella  sua  clemenza  ;  cui  prego  che 
serbi  la  S.  V.  lungamente  sana,  e  nell'  amore  della 
mia  persona  ;  e  a  me  somministri  i  modi   di  pale- 


1  Intorno  all'  andamento  e  ai  progressi  di  questa  guerra 
si  vedano  gli  storici  di  Venezia. 

-  La  città  di  Vercelli,  bloccata  dagli  Spaglinoli  sino 
dal  precedente  anno,  sosteneva  in  quei  giorni  un  vero  as- 
sedio, che  dopo  una  poderosissima  difesa  dovè  terminare 
colla  capitolazione  e  la  resa  dei  nostri,  seguita  ai  25  lu- 
glio del  1617.  Vedi  Muratori,  anni  1616  e  1617. 

Sarpi.  —  II.  28 


434  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

sarniele  non  disutile  servitore.  E  fo  fine,  baciandole 
le  mani  e  augurandole  il  colmo  della  prosperità. 
Venezia,  6  sriusmo  1617. 


CCLIV.  —  Al  medesimo. 1 

Con  grande  afflizione  ho  letto  il  testamento  del 
signor  de  Thou,  risvegliandomi  ciò  la  memoria  della 
perdita  eli  tant'  uomo  ;  ma  mi  sono  consolato  nella 
ricordanza  delle  sue  virtù.  Ho  notato  qual  pietà  e 
fiducia  già  sorreggessero  lui  vivo.  Esso  ci  sta  di- 
nanzi come  un  esempio  da  imitare.  Ma  la  V.  S.  deve 
oggimai  deporre  ogni  tristezza.  Questa  io  interpreto 
che  sia  pure  la  volontà  dell'  estinto  :  ricordarlo  con 
allegrezza  e  mandare  ad  effetto  i  suoi  propositi. 

Circa  al  mio  commentario  (come  in  ogni  altra 
cosa),  io  non  le  posso  negar  nulla  affatto.  Sa  eh'  io 
ho  questo  fare  :  non  profferir  mai  con  una  lingua 
stessa  fuorché  le  stesse  parole.  Quello  che  a  Lei  non 
potessi  affidare,  neanco  alla  stessa  mia  fede  com- 
metterei (così  proteggami  Iddio,  come  son  certo  di 
non  usare  iperboli)  :  laonde  rimettomi  nelle  sue  ma- 
ni, con  la  stessa  fidanza  nella  S.  V.  che  in  me  me- 
desimo. Scrivo  per  lo  stesso  corriere  al  signor  Gus- 
soni,  legato,  perchè  le  consegni  tutta  quella  scrit- 
tura,2 e  stia  a'  suoi  ordini  nel  ripigliarla.  Ella  potrà 
levarne  quel  che  le  piace,  e  giovarsi  anche  di  tutte 

'  Edita  come  sopra,  pag.  25. 

1  È  chiaro,  al  parer  nostro,  come  qui  si  parli  dell'  es- 
tratto dalle  memorie  concernenti  la  vita  stessa  del  Sarpi, 
che  già  erasi  lasciato  fare  in  lingua  inglese,  e  così  spedito 
al  Gussoni   per   dover    essere  consegnato   al   De  Thou  *,   il 


LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI.  435 

le  cose,  cangiando  solo  il  carattere  dello  scritto. 
Creda  la  S.  V.,  che  nulla  mi  può  comandare,  eli'  io 
non  mi  renda  sollecito  di  eseguire  con  sommo  pia- 
cere e  gradimento.  Ma  di  ciò  basti  ;  che  lo  aggiunger 
parole  farebbe  segno  che  io  credessi  parlare  con  un 
estraneo,  e  non  con  un  altro  me  stesso. 

Quel  eh'  Ella  scrive  del  P.  Coton  m' ha  recato 
stupore  ;  e  credo  che  la  cosa  non  passi  senza  un 
gran  mistero.  Prego  la  S.  V.  a  guardarsi  dalle  insi- 
die, e  a  giustificazione  del  mio  timore  le  metterò  in- 
nanzi un  breve  racconto.  Ho  conosciuto  a  lungo  in 
Padova  e  Venezia  Giacomo  Badoer,  addetto  fino  alla 
superstizione  alla  religione  riformata  :  tornatosi  in 
Francia  si  fece  dei  nostri.  Come  si  fu  ricondotto  in 
Italia,  gli  domandai  per  quali  ragioni  si  fosse  stac- 
cato dal  culto  nel  quale  era  nato  ed  allevato.  Mi 
rispose  che  il  P.  Coton,  che  avea  percorso  la  città  di 
Meloun  o  d'  Abdera,  con  validissimi  argomenti  gli  fé 
disimparare  ed  estirpò  dall'  animo  ogni  religione  e 
poi  gì'  infuse  nel  vacuo  petto  la  più  salutare.  E  che 
non  può  temersi  da  un  uomo  che  non  teme  alcuna 
divinità  ?  La  ventura  del  Concino  l  e  della  sua  ve- 


quale  poi  morto,  sembra  che  il  Gillot  ne  facesse  domanda 
per  sé  medesimo.  Rivedasi,  in  ispecie,  la  sopracitata  Let- 
tera CCXIX. 

1  Ucciso,  mentre  voleva  difendersi,  per  non  esser  fatto 
prigione,  come  il  giovane  re  aveva  comandato.  La  sua  ve- 
dova fu  processata,  com'  è  notissimo,  per  maliarda  e  coma 
tale  fatta  morire.  Vergogne  di  Francia  prima,  vergogne 
poi  •,  né  certo  onore  d' Italia  1'  aver  potuto  arricchirla  di 
que1  due  ambiziosi,  mal  destri  insieme  e  malvagi.  Molti  no- 
velli particolari  intorno  a  quei  fatti  e  ai  viluppi  inestrica- 
bili della  corte  parigina  in  quei  giorui,  verranno  a  sapersi 
per  la  pubblicazione,  che  sappiamo  non  lontana,  delle  Let- 
tere del  nunzio  Guido  Bentivoglio  al  cardinal  Scipione  Bor- 
ghese. 


436  LETTERE   DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

dova  mostrano  il  giuoco  delle  umane  vicende,  che 
muove  i  buoni  a  star  lontani  dai  moltiformi  intri- 
ghi cortigianeschi. 

Desidero  vivamente  eh'  Ella  saluti  a  mio  nome 
il  signor  Pietro  Puteano,1  il  quale  conosciuto  di  fre- 
sco, tengo  assai  in  pregio,  per  essergli  stato  dal 
signor  de  Thou  commessa  la  cura  della  biblioteca 
e  della  edizione  storica. 

Del  resto,  prego  il  Signore  che  cumuli  sempre  i 
suoi  favori  sulla  egregia  S.  V.,  e  mi  abiliti  ad  esserle 
buon  servitore.  E  le  bacio  le  mani. 

Venezia,  4  luglio  1617. 


CCLV.  —  Al  signor  De  V  Me  Groslot? 

Nelli  molti  mesi  passati,  che  io  non  ho  avuto 
nuova  alcuna  di  V.  S.,  sono  vissuto  in  molta  solle- 
citudine che  non  succedesse  cosa  contraria  alla  sa- 
nità e  prosperità  sua.  Per  le  quali  ho  fatto  continua 
insistenza  con  le  preghiere  appresso  la  Maestà  di- 
vina, e  con  intenso  desiderio  di  aver  un  giorno  buon 
avviso  dello  stato  della  persona  e  delle  cose  sue.  Mi 
ha,  poi,  levato  gran  parte  della  gelosia  una  lettera 
dell'  illustrissimo  ambasci ator  Gussoni,  dove  m'  av- 
visa Lei  trovarsi  in  Parigi,  se  bene  mi  fa  una  dispia- 
cevole aggiunta,  dicendomi  che  sia  inchiodata  dalla 
podagra.  Io  voglio  sperare  che  cotesta  indisposizione 

1  Pietro  Dupuy,  amico  ed  anche  parente  del  De  Thou, 
che  pubhlicò  diffatti  le  sue  celebri  Istorie  tra  il  1620  e  1626, 
e  scrisse  ancora  Memorie  ed  istruzioni  per  giustificare  V  in- 
nocenza di  monsignor  Francesco  Augusto  de   Thou,. 

8  Pubblicata  nella  raccolta  di  Ginevra,  pag.  571. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  437 

terminerà  in  bene.  La  prego,  intanto,  a  darmi  qual- 
che avviso  delle  cose  sue,  e  della  speranza  che  vi 
possa  essere  di  veder  migliorarsi  le  pubbliche,  avendo 
gran  desiderio  che  la  corrispondenza  interrotta  sia 
restituita.  Il  che  desidera  anco  sommamente  mon- 
sieur  Assellineau,  il  quale  come  m'  ha  comunicato 
il  dispiacere  che  sentiva  per  non  intendere  nuova 
di  Lei,  così  avendogli  riferito  che  si  ritrova  in  Pa- 
rigi, ne  ha  sentito  gran  piacere,  e  spera  che  rimessa 
la  indisposizione  della  podagra,  gli  farà  grazia  di 
qualche  lettera. 

Xelli  tempi  passati,  per  scriver  alcuna  cosa  con 
sicurezza,  e  liberarsi  dalla  lunghezza  che  porta  la 
cifra  alfabetaria,  io  inventai  quella  traspositiva, 
nella  quale  però  erano  tre  grandi  imperfezioni. 
L'  una,  che  non  liberava  dall'  alfabetaria,  perchè  un 
solo  nome  proprio  posto  in  qualunque  luogo,  o  anco 
qualche  principale,  poteva  dar  indizio  del  contenu- 
to :  la  seconda,  perchè  un  minimo  fallo  commesso 
in  qualunque  luogo,  faceva  rimaner  il  tutto  inintelli- 
gibile :  e  la  terza,  perchè  gli  articoli  o  congiunzioni 
potevano  generar  difficoltà  se  dovessero  restar  con- 
giunti o  separati  dal  principale.  A  queste  mi  pare 
aver  intieramente  rimediato.  Alla  prima,  con  divi- 
der i  nomi  propri  e  importanti  in  due  o  più  parti, 
eziandio  se  bisognasse  a  lettera  per  lettera,  in  modo 
che  non  vi  è  alcun  bisogno  di  cifra  alfabetaria.  Alla 
seconda  è  rimediato  con  le  caselle  segnate,  sì  che 
intervenendo  un  errore,  non  può  intervenir  tra  1'  una 
e  1'  altra,  e  non  si  comunica  a  tutta  la  narrativa  ; 
onde  è  facile  correggerlo.  Alla  terza  ancora  è  rime- 
diato con  separar  quel  tanto  che  va  in  una  casella, 
con  la  virgola  ;  in  maniera  che  in  una  casella  si 


438      LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

possono  metter  tre  e  quattro  parole,  o  anco  mezza 
sola,  che  rende  inesplicabile  totalmente  a  chi  non 
ha  la  contracifra.  Ne  mando  un  esempio,  acciò, 
quando  piaccia  a  V.  S.  farmi  grazia  della  comuni- 
cazione sua,  possi  valersi  di  quel  modo.  Io  non 
1'  userò  sin  che  non  abbia  avviso  da  lei  della  ri- 
cevuta.1 

Resto  continuando  le  mie  preghiere  a  Dio,  che 
doni  a  V.  S.  ogni  prosperità,  e  a  me  potere  d' im- 
piegarmi nella  servitù  di  Lei  ;  alla  quale,  per  fine 
di  questa,  bacio  la  mano. 

Di  Venezia,  il  21  dicembre  1617. 


COL  VI.  —  Al  medesimo} 

Nei  passati  mesi,  diversi  accidenti  sono  succeduti, 
sopra  i  quali  avrei  concepito  desiderio  di  comunicar 
alcuna  cosa  con  V.  S.,  quando  vi  fosse  stato  mezzo 
come  far  passare  le  lettere.  La  partita  del  signor 
ambasciatore  Gussoni  m'  ha  attraversato  ogni  dise- 
gno ;  e  se  bene,  per  mezzo  dell'  illustrissimo  signor 
Simon  Contarmi,  estraordinario  ambasciatore,  avrei 
potuto  alcuna  volta  scrivere  ;  nondimeno,  per  non  ri- 
cevere il  disgusto  quando  alla  sua  partita  di  nuovo 
m'  avesse  bisognato  cessare,  ho  eletto  attendere  se 
veniva  buona  fortuna  d'  una  commodità  di  poter  con- 
tinuare. Ha  piaciuto  alla    Maestà  divina    che   F  il- 

1  Fa  proprio  compassione  il  vedere  un  sapientissimo 
vegliardo  stillarsi  il  cervello  in  coteste  inezie  da  giovani 
amanti,  per  salvare  i  suoi  scritti  dallo  spionaggio  e  dalla 
feroce  rabbia  degli  ipocriti. 

-  Stampata  come  sopra,  pag.  585. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  439 

lustrissimo  Angelo  Contarmi  sia  destinato  amba- 
sciatore ordinario,  dal  quale  io  potrò  ricevere  la 
grazia. 

(Questo  signore  è  soggetto  di  somma  lealtà,  di 
gran  prudenza  e  di  eccellente  cognizione  delle  cose 
umane.  Egli  ha  gusto  degli  uomini  ;  e,  quello  che  so- 
pratutto importa,  stima  la  bontà  e  virtù  egualmente 
negli  uomini  di  qualsivoglia  professione.  E  mi  rendo 
sicuro  che,  se  piacerà  a  V.  S.  vederlo  qualche  volta 
quando  si  ritroverà  in  Parigi,  e  ritrovandosi  assente 
tener  qualche  commercio  di  lettere  con  lui.  resterà 
pienamente  soddisfatta,  e  ritroverà  tutta  quella  cor- 
rispondenza che  potrà  desiderare;  e  io  riceverò  sommo 
favore,  se  questo  signore,  per  mezzo  di  questa  mia 
lettera,  avrà  occasione  di  conoscer  V.  S.  e  di  esser 
conosciuto  da  lei  ;  a'  quali  son  sicuro  che  la  scam- 
bievole amicizia  riuscirà  di  piacere,  e  io  avrò  anco 
occasione  di  scrivere  e  ricever  alle  volte  lettere  da 
V.  S.  Alla  quale  desiderando  da  X.  S.  Iddio  ogni 
felicità,  bacio  la  mano. 

Di  Venezia,  il  dì  24  settembre  1618. 


CCLVII.  —  Al  Doge.1 

In  esecuzione  del  comandamento  di  Vostra  Sere- 
nità, estenderò  in  questo  foglio  il  ragionamento  che 

1  Inedita,  e  tratta  dal  suo  originale,  eh'  è  negli  Ar- 
chivi di  Venezia,  colla  sottoscrizione  della  mano  mede- 
sima del  Sarpi.  V  è  pure  la  riferta,  come  dicevasi,  del  Se- 
gretario, per  indicarne  la  ricevuta  in  quel  dì  stesso  26  no- 
vembre 1621  Era  doge  in  quel  tempo  Antonio  Priuli. 
Ancora  il  Grisellini  fa  brevemente  cenno  dell'abbocca- 
mento avuto   da  Fra  Paolo    col  primo  principe   della   real 


440  LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI. 

io  ho  avuto  con  l' altezza  del  serenissimo  principe  di 
Concie,  mercoledì  prossimo  passato,  in  casa  e  in 
presenza  dell'  illustrissimo  Contarmi,  savio  di  Terra- 
ferma, secondo  1'  ordine  che  nell'  eccellentissimo  Col- 
legio mi  fu  imposto. 

In  quel  giorno,  mi  ritrovai  nella  suddetta  casa 
innanzi  che  vi  giungesse  il  signor  principe,  dove  ve- 
nuto, nell'  incontrarlo,  stimai  che  convenisse  che  io 
fossi  il  primo  a  parlare  ;  usai  quelle  parole  di  reve- 
renza e  di  complimento  che  stimai  convenire,  e  da 
lui  fui  corrisposto  con  molta  umanità.  E  postici  a 
sedere,  colla  presenza  dell'  illustrissimo  Contarmi, 
disse  il  signor  principe,  che  aveva  avuto  curiosità  di 
vedermi  e  parlarmi,  e  che  si  maravigliava  della  dif- 
ficoltà che  aveva  incontrato,  perchè  molti  principi 
hanno  religiosi  al  suo  servizio,  e  nessuno  gli  tiene 
legati  che  non  possino  trattare  ; 1  che  non  voleva  dir 
altro  quanto  alla  legge  della  Repubblica  che  i  suoi 
ministri  non  trattino,  ma  che  gli  pareva  doversi  far 
anco  qualche  eccezione.  Io  gli  risposi,  che  nessuna 
cosa  più  manteneva  la  legge  in  vigore,  quanto  1'  os- 
servanza generale  senza  esentar  alcuno  ;  perchè  una 
eccezione  chiama  1'  altra,  e  finalmente  si  risolvono 
in  total  abrogazione  della  legge  : 2  che  io  mi  stimava 

casa  di  Francia,  riferendolo  all'  anno  1620  e  dicendolo  av- 
venuto alla  presenza  di  un  segretario  del  senato;  due  cir- 
costanze che  sarebbero  da  emendarsi  secondo  la  nostra 
pubblicazione.  (Me.m.  anedd.  ec,  pag.  117).  Chiunque  legge 
non  potrà  non  avvedersi  della  molta  bellezza  e  importanza 
di  questa  relazione  o  Lettera. 

!  La  maraviglia  del  Condé  era  ben  giusta.  Anche  noi 
vorremmo  ecclesiastici  spontaneamente  patriotti  e  sottomessi 
alle  leggi  *,  ma  non  vogliamo  uè  schiavi  né  iloti  di  alcuna 
sorta. 

-  La  questione,  quando  vi  fosse  stata  libertà  di  agitarla, 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  441 

legato  perciò  ;  anzi,  che  reputavo  che  mi  fosse  di 
utilità  e  beneficio,  e  quando  non  vi  fosse  legge  che 
mi  obbligasse,  vorrei  io  obbligar  me  stesso.  Disse  il 
signor  principe  qualche  parola  in  comprovazione,  e 
poi  passò  a  dimandarmi  :  se  era  lecito  ad  un  prin- 
cipe introdur  l' eresia  nel  suo  Stato.  Risposi  che  una 
interrogazione  così  generale  ricercava  una  presta  e 
risoluta  risposta,  che  ciò  non  era  lecito;  ma  che  il 
punto  stava  in  dichiarare  che  cosa  s' intendeva  per 
eresia,  perchè  la  medesima  cosa  sarà  stimata  eresia 
da  persone  cattive  che  vogliono  opprimer  altri  sotto 
pretesto  di  religione,  e  da  buoni  cristiani  vien  tenuta 
per  sana  dottrina.  Soggiunse  il  signor  principe  :  — 
Parliamo,  adunque,  di  quelle  che  sono  eresie  già  con- 
dannate da  tutti.  Dimando  se  è  lecito  ad  un  prin- 
cipe condur  tali  eretici  nello  Stato  suo.  —  Risposi  che 
questo  in  alcuni  casi  potrebbe  esser  male,  e  in  altri 
bene  :  perchè,  se  un  principe  ammettesse  eretici  nello 
Stato  suo  a  fine  che  i  propri  sudditi  fossero  conta- 
minati, sarebbe  un  gran  male;  ma  se  lo  facesse  a 
fine  che  quegli  eretici  fossero  instrutti  e  diventassero 
cattolici,  sarebbe  un  gran  bene  ;  e  che  innumerabili 
possono  esser  le  cause  cattive  e  innumerabili  le 
buone  :  ma  che  un  principe,  il  quale  non  riconosce 
superiore  se  non  Dio,  non  è  tenuto  a  dar  conto 
delle  cause  che  lo  muovono,  e  ognuno  debbe  stimare 
che  siano  giuste  e  ragionevoli  ;  perchè  gli  altri  che 
vogliano  condannarlo  e  farsi  giudici,  offendono  Dio, 
usurpandosi  quello  che  sua  divina  Maestà  s' ha  riser- 
vata, che  è  1'  esser  solo  giudice  de'  principi  sovrani. 

non  cadeva  sulle  eccezioni  (sempre  pessime),  ma  sulla  legge 
stessa  che  ha  riguardo  ai  diritti  naturali  e  all'  umana  di- 
gnità. 


442  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARP1. 

Interrogò  il  signor  principe:  se  era  lecito  aver 
eretici  nelle  sue  milizie.  Risposi  che  papa  Giulio  II 
aveva  squadre  di  Turchi  nell'  esercito  suo  in  Roma- 
gna ;  che  papa  Paolo  IV  condusse,  a  sua  difesa  in 
Roma,  alquante  compagnie  di  Grisoni  eretici,  e  di- 
ceva che  erano  tanti  angeli  mandati  da  Dio  alla  sua 
difesa  ;  che  abbiamo  nella  divina  Scrittura  esempi 
di  molti  santi  principi  i  quali  si  sono  valuti  delle 
arme  degli  infedeli  ;  e  esser  notabile  1'  esempio  che 
David,  con  la  sua  gente,  andò  in  campo  degl'  in- 
fedeli contro  i  medesimi  Israeliti.  Disse  il  signor 
principe  che  questo  era  il  tempo  dei  profeti  ;  e  io 
gli  replicai,  esser  dottrina  di  san  Paolo,  che  tutto 
quello  eh'  è  nella  Scrittura  divina  è  ordinato  dallo 
Spirito  Santo  per  nostra  instruzione,  acciò,  imitando 
quelle  azioni,  siamo  certi  di  non  fallare. 

Passò  il  signor  principe  a  ragionamenti  dello 
stato  delle  cose  presenti  ;  alle  quali  io  non  diedi  ri- 
sposta alcuna,  ma  l'illustrissimo  Contarmi  rispose 
ben  quanto  conveniva.  Concluse  il  signor  principe, 
che  era  bene  a  difendere  la  propria  libertà,  ma  però 
conveniva  tener  maggior  conto  della  religione,  e  non 
far  cosa  minima  contro  la  religione  per  mantener  la 
libertà.  A  questo  io  gli  risposi,  che  non  si  possono 
incontrare  e  urtarsi  se  non  quei  che  camminano 
per  la  medesima  via  ;  ma  quei  che  vanno  per  diverse 
strade,  non  possono  né  urtarsi  ne  incomodarsi  :  che 
il  regno  di  Cristo  non  è  di  questo  mondo,  ma  in 
Cielo,  e  che  però  la  religione  cammina  per  via  ce- 
leste e  il  governo  di  Stato  per  via  mondana,  e  però 
non  può  mai  incomodar  1'  altro  ;  ma  ben  vi  è  un 
certo  appetito  di  dominare  mascherato  di  religione, 
che  cammina  per  vie  mondane,  e  a  quello  non  con- 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  443 

viene  aver  alcun  riguardo,  come  a  cosa  non  divina 
ma  fraudolente;  e  esser  gran  cosa,  che  tutta  la  pre- 
dicazione di  Cristo  Nostro  Signore,  e  di  tanti  Apo- 
stoli, non  è  versata  in  altro,   se  non  a   dichiarare 

le  promesse  del  Testamento  Vecchio  temporali  si 
debbono  intendere  spiritualmente,  e  non  di  cose 
mondane  ;  e  adesso,  tutto  il  contrario,  non  si  ha  altra 
mira,  se  non  di  tirar  al  temporale  le  cose  spirituali 
da  Cristo  promesse  alla  Chiesa.1  Il  signor  principe 
mi  parve  fermato  assai  a  questo,  e  passò  a  dire  di- 
verse cose  delle  correnti  nel  mondo  ;  e  io  sempre  mi 
valsi  di  questa  risposta,  che  delle  cose  politiche  io 
non  intendevo,  e  che  superavano  la  mia  portata. 

Volse  sua  Altezza  introdur  ragionamento  delle 
differenze  passate  nell'  occasione  dell'  Interdetto.  Io 
risposi  che  erano  sopite  e  scordate  ;  ed  egli  replicò 
che  il  tentativo  d'  ammazzarmi  mostrava  che  non 
erano  scordate;  ed  io  soggiunsi  che  quello  era  scor- 
dato più  di  tutto.  E  egli  m'interpellò,  se  io  amava 
quei  di  Roma,  e  se  credeva  esser  amato  da  loro.  Ri- 
sposi, che  dal  canto  mio  non  cadeva  relazione  di 
amore,  ma  che  io  gli  osservavo  e  riverivo,  come  con- 
viene alla  loro  grandezza.  Qua!  pensiero  essi  aves- 
sero di  me,  io  non  1'  aveva  mai  ricercato,  bastandomi 
assai  attender  al  servizio  del  mio  Principe. 

Disse  il  signor  principe,  che  avrebbe  caro  che 
io  li  dicessi  come  intendevo  che  un  principe  non 
può  essere  scomunicato,  e  come  si  possa  difendere 
che  se  il  principe  fosse  indegno,  non    dovesse  esser 

1  Ci  accadde  anche  altre  volte  di  riflettere,  ma  giova  di 
nuovo  interrogare  :  Ora  che  direbbe  il  Sarpi  di  quanto  ac- 
cade negli  anni  di  grazia  che  noi  contiamo  ;  in  questo  sì 
sfolgorante  e  tanto  di  sé  vano  pomeriggio  del  secolo  XI  >i  ? 


444  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

proibito  dai  sacramenti.  Risposi,  che  scomunicar  vuol 
dire  separar  dal  consorzio  e  commercio  de'  fedeli,  e 
che  non  si  possono  separar  quelli  che  Dio  ha  con- 
giunto ;  e  però  la  scomunica  non  può  separar  la 
moglie  dal'  marito,  perchè  Dio  li  ha  congiunti;  ne 
il  figlio  dal  padre,  perchè  Dio  ha  comandato  che  il 
padre  sia  ubbidito  ;  né  meno  il  servo  dal  suo  signo- 
re, ne  il  suddito  dal  principe,  perchè  1'  obbedienza 
di  questo  è  da  Dio  comandata.  Che  il  punto  sta 
qui  :  che  con  le  scomuniche  si  tratta  di  assolvere  li 
sudditi  dal  debito  della  fedeltà,  e  che  elei  sacramenti 
non  si  ha  pensiero  alcuno;  e  che  nessun  principe, 
quando  fosse  avvertito  d'  essere  indegno,  si  arroghe- 
rebbe  di  voler, i  sacramenti,  purché  non  si  trattasse 
di  sovvertirli  lo  Stato,  e  levarli  quell'  obbedienza 
che,  essendo  comandata  da  Dio,  nessun  uomo  con 
qualsivoglia  autorità  può  levare.  Disse  il  signor  prin- 
cipe, che  così  l' intendevano  in  Francia,  e  che  però 
le  mie  scritture  erano  state  lodate.  Gli  risposi  che 
la  laude  non  viene  a  me,  ma  alla  verità,  che  è  chia- 
ra ;  e  quanto  a  quelle  scritture,  che  io  le  stimo  de- 
boli, e  non  vorrei  manco  esser  giudicato  da  quelle. 
Mi  soggiunse  che  era  un'  altra  opera  intitolata  Y Isto- 
ria del  Concilio  di  Trento,  che  si  diceva  esser  mia. 
liisposi,  che  a  Roma  sapevano  molto  bene  chi  era 
1'  autore  ;  né  volsi  uscire  di  questa  risposta.  Mi  di- 
mandò se  io  avevo  scritto  altro  :  risposi  non  aver 
scritto  né  esser  mai  per  scrivere  cosa  alcuna,  es- 
sendo certo  che  mai  quel  eh'  è  scritto  è  inteso  dal 
lettore  nel  senso  dell'  autore.1 

1  Avvertimento  agli  autori,  che  molti  avevano  in  sé 
certamente  sentito,  ma  che  nessuno  avea  forse  con  sì  for- 
mali termini  espresso. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  445 

Passò  poi  a  dirmi,  che  io  ero  religioso,  e  toccava 
a  me  consigliare  V.  E.  illustrissima  di  quello  eli'  era 
bene.  Io  dissi  che  V.  S.  non  si  serviva  di  me  per 
consigliare  negli  affari  del  governo,  perchè  non  aveva 
bisogno  di  consiglio  ;  ma  solo  in  qualche  causa  di 
giustizia  tra  il  Principe  e  li  sudditi,  ovvero  tra  li  sud- 
diti medesimi.  E  perchè  egli  si  rendeva  difficile  ad 
assentir  a  questo,  io  lo  supplicai  più  volte  di  cre- 
derlo. Passarono  diverse  parole  di  complimento,  ed 
essendo  il  ragionamento  durato  circa  un'  ora,  il  si- 
gnor principe  si  partì. 

Questa  è  la  sostanza  de' discorsi,  che  durarono 
circa  un'  ora,  e  passarono  dal  canto  mio  con  tutti 
li  termini  di  reverenza,  e  dal  canto  del  principe  con 
ogni  dimostrazione  di  abbondante  umanità  ;  essen- 
domi però  restato  concetto  nell'  animo,  attese  le  cose 
precedenti,  e  giunti  qualche  altri  indicii,  che  quel 
signore  non  mi  abbia  detto  tutto  quello  che  aveva 
disegnato  dirmi. 

Ma  piacendo  a  V.  S.  intender  anco  le  cose  che 
passarono  precedentemente,  aggiungerò  che,  essendo 
arrivato  il  signor  principe  in  questa  città  la  dome- 
nica 13  del  mese  corrente,  il  lunedì  seguente  venne 
al  monasterio,  accompagnato  solamente  da  due  dei 
suoi,  e  addimandò  di  parlarmi.  11  frate  che  attende 
alla  porta,  avendo  così  commissione  da  me  sempre 
che  son  ricercato  da  persone  non  conosciute,  rispo- 
se che  io  non  ero  in  casa.  Il  giorno  seguente,  tornò 
il  signor  principe,  accompagnato  con  alquanti  e  con 
due  nobili  di  questa  città,  ricercò  di  parlarmi  e  disse 
di  essere  il  principe  di  Concie.  Li  fu  risposto  pari- 
mente che  io  non  ero  in  casa  ;  ed  uno  di  que'  gen- 
tiluomini disse,  saper  molto  bene  che  io  vi  era,  e 


446  LETTERE  DI  FRA  PAOLO    SARPI. 

faceva  dir  di  non  esservi  ;  ma  che  il  giorno  seguente 
dovesse  ritrovarmi,  perchè  il  signor  principe  era  per 
parlarmi. 

Quel  giorno  seguente,  che  fu  il  mercoledì  dì  1(3, 
venne  il  signor  principe  alle  diciannove  ore,  in  tem- 
po che  io  ero  ancora  in  palazzo,  e  si  trattenne  aspet- 
tandomi fino  alle  ventidue  ;  ma  io,  risaputolo,  mi 
trattenni  fuora.1  In  queste  tre  ore  che  il  signor  piin- 

1  Al  Sarpi  non  era  ignota  la  venuta  del  Condé  a  Ve- 
nezia, avendo  tra  gli  altri  oggetti  quello  di  tentar  1'  animo 
suo*,  e  ciò  per  esserne  stato  avvertito  dall'ambasciatore 
veneto  in  Francia,  colla  seguente  lettera,  che  ci  venne  al- 
tresì spedita  come  inedita  negli  Archivi  di  Venezia  : 

u  Rev.  Signor  mio  osservand. 

»  Il  Principe  di  Condé,  in  un  congresso  che  seco  ho 
avuto,  m'  addimandò  con  grande  istanza  della  persona 
di  V.  S.  Rev.,  mostrando  di  far  molta  stima  delle  virtù  di 
lei  e  del  suo  merito.  Poi  soggiunse  1'  E.  S.  :  —  Va  iu  volta 
un  certo  libro  intitolato  l' Istoria  del  Concilio  di  Trento, 
la  quale  sebbene  è  stata  data  in  luce  dall'  arcivescovo  di 
Spalato,  che  è  in  Inghilterra,  si  dice  però  esser  compoài- 
zione  del  padre  maestro  Paolo.  Questo  libro  è  sotto  la  cen- 
sura della  Sorbona,  e  dicesi  che  non  si  approverà.  Se  ciò 
fosse  (disse  il  Principe),  saria  con  un  poco  di  nota  al  pa- 
dre maestro  Paolo.  —  E  poi  m'  addimandò,  se  di  questo 
libro  io  ne  avessi  saputo  cosa  alcuna.  Risposi  di  no;  ma 
ben  che  potevo  affermare  all'  E.  S.,  che  V.  S.  Rev.  non  fa 
se  non  cose  che  possono  stare  al  martello,  e  che  potrebbe 
essere  tal  libro  non  fosse  sua  composizione.  E  qui  dissi 
della  bontà,  della  modestia  e  della  intelligenza  di  V.  S.  Rev., 
ciò  che  si  conviene.  Ora,  per  dire  il  vero  a  Lei,  questo  prin- 
cipe fa  il  difensore  del  partito  cattolico  per  accomodarsi  al 
viver  presente.  Ho  voluto  avvisarla  di  questo  particolare 
per  ricever  da  lei  informazione  come  mi  dovrei  regolare 
nelle  risposte  in  questo  proposito.  Intanto  bacio  la  mano 
a  V.  S.  Rev.,  e  me  le  raccordo  in  grazia. 

n  Di  Parigi,  a  22  novembre  1619. 
»  Di  V.  S.  Rev. 

«   Obb.m0  Servitore. 
•'  Angelo  Coxtarini.  » 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  447 

ripe  restò  in  monasteri©,  ragionò  con  diversi  frati  ; 
e  prima  andò  in  chiesa  a  vedere  la  sepoltura  di  Ri- 
naldo Rrederod,1  che  morì  in  Frinii  al  tempo  della 
guerra,  e  disse  meravigliarsi  che  in  quella  chiesa 
si  seppellisse  eretici,  e  che  quello  era  eretico.  Li  ri- 
spose il  frate,  esser  costume  dei  monasteri  di  Vene- 
zia di  seppellir  li  morti  condotti  alle  chiese  dai 
preti,  senza  ricercar  chi  sieno  ;  e  che  non  poteva  cre- 
dere che  dai  preti  fosse  stato  accompagnato  alla 
sepoltura  un  morto,  se  non  fosse  vissuto  cattolico. 

Introdusse  ancora  il  signor  principe  col  signor 
prior  del  monasterio  ragionamento  della  persona  mia. 
Li  dimandò  se  io  diceva  messa,  se  la  dicevo  ogni 
giorno  e  a  che  ora,  e  se  il  popolo  sta  presente  alla 
mia  messa.  Li  rispose  il  priore,  che  io  dicevo  messa 
la  festa,  e,  spesse  altre  volte  ;  che  la  mia  messa  era 
1'  ultima,  alla  quale  stava  presente  ;  il  concorso  del 
popolo  esser  ordinario  nella  chiesa.  Li  dimandò  poi, 
se. io  ero  accomodato  con  Roma;  a  che  il  priore  ri- 
spose di  non  saper  che  io  avessi  avuto  altra  diffe- 
renza se  non  quella  per  le  scritture  occorse  nell'oc- 
casione dell'  Interdetto.  Soggiunse  il  signor  principe, 
che  quelle  scritture  le  aveva  vedute,  e  che  in  Fran- 
cia erano  della  medesima  opinione,  e  che  la  Sorbona 
di  Parigi  le  approvava.  Li  dimandò  appresso,  se  in 
monisterio  io  era  mal  veduto  ;  se  avevo  alcun  inimi- 
co, ovver  emulo  :  al  che  essendo  risposto  di  no.  di- 
mandò se  io  era  nemico  dei  Gesuiti.  A  questo  il 
priore  passò  con  termini  generali;  e  per  divertirlo 

1  Si  ha  notizia  (e  di  questo  probabilmente  vuoisi  in 
tendere)  di  un  Reinardo  di  Brédérode,  olandese,  che  aveva 
messo  a  stampa  uà  Giornale  dell'  ambasciata  in  Jfoscovia, 
relativa  affli  anni  1615  e  1616. 


448  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

da  tal  ragionamento,  entrò  in  la  pace  di  Francia. 
In  questo  proposito,  disse  il  principe  che  gli  Ugo- 
notti erano  persone  inquiete;  che  non  si  contenta- 
vano di  vivere  a  loro  modo,  ma  che  volevano  anco 
dominare  ;  e  se  si  contentassero  solo  di  viver  a  modo 
loro,  sarebbero  sollevati  ;  siccome  anco  in  Venezia  ci 
sono  molti  che  vivono  a  modo  loro.  Al  tempo  delle 
ventidue  ore,  vennero  alquanti  gentiluomini  a  levar- 
lo, e  si  partì. 

Io  ho  schivato  nelli  suddetti  tre  giorni  1'  occa- 
sione di  parlare  con  S.  A.,  per  non  essermi  lecito 
di  farlo  senza  la  pubblica  licenza  ; x  .ed  infino  ero  di 
opinione,  che  da  questo  non  potesse  succedere  al- 
cun buon  effetto.  Ma  avendomi  comandato  V.  S. 
che  io  dovessi  fargli  riverenza  e  ricever  i  suoi  co- 
mandamenti, in  esecuzione  di  questo,  è  successo  il 
ragionamento  di  che  ho  fatto  di  sopra  menzione. 
26  novembre  1621. 

Um."°  e  Dev.mi  Servitore. 

Fra  Paulo  di  Venezia. 

1  Ed  ecco  la  sostanza  della  legge  che  ciò  vietava,  se- 
condo un  appunto  mandatoci  anch'  esso  come  desunto  dai 
veneti  Archivi  : 

u  L'  anelerà  Parte,  che,  conforme  all'  intenzione  delle 
predette  leggi,  e  acciò  che  non  siano  in  ciò  più  ristretti 
i  Nobili  nostri  che  li  altri,  debba  eziam  esser  proibito  ai 
segretari  nostri,  consultori,  dottori  e  qualunque  altre  sorte 
di  ministri,  che  avessero  o  potessero  avere  occasione  di 
servir  o  consigliar  la  Signoria  Vostra,  lo  intervenir,  trattar 
né  servir  in  alcuna  maniera  nelle  materie  o  negozi  spet- 
tanti al  Sommo  Pontefice  o  alla  Corte  di  Roma,  di  quel 
modo  appunto  e  con  le  medesime  pene,  eh'  è  proibito  ai 
Nobili  e  Senatori  nostri  papalisti.  » 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  449 


CCLYIII.  —  Al  Senato  Veneto.1 

Fra  Paolo  da  Venezia,  umilissimo  servo  di  V.  E. 
illustrissima,  avendo  notizia  che  il  già  cavalier  An- 
tonio Fosearini  nel  suo  testamento  gli  abbia  lasciato 
certo  legato,  e  conoscendo  esser  in  obbligo  per  co- 
scienza e  per  fedeltà  di  non  aver  a  fare  con  chi  s'  è 
reso  indegno  delle  grazie  del  Principe,  né  mentre 
vive  né  dopo  la  morte  ;  ha  stimato  dover  rifiutare 
il  legato  assolutamente.  E  pertanto,  avendo  anco 
commissione  generale  dalla  religione  sua  di  dispo- 

1  Noi  vorremmo,  non  mica  poter  sopprimere,  ma  che 
non  ci  fosse  stato  trasmesso,  cogli  altri,  anche  questo  ine- 
dito documento,  dal  quale  i  malevoli  del  nostro  autore 
vorranno  alcerto  dedurre  com'  egli,  dopo  la  tragica  morte 
del  buon  Fosearini,  ripudiasse  queir  amicizia  che  in  vita 
avevagli  così  altamente  professata.  Forse,  però,  ancora  gli 
esperti  delle  draconiche  leggi  della  veneta  repubblica,  e 
i  biografi  stessi  di  Fra  Paolo,  troveranno  nella  necessità 
delle  cose  e  dei  tempi,  nel  disinteresse  di  lui  medesimo  o 
nella  dipendenza  dai  superiori  dell'  Ordine,  una  spiega- 
zione, una  scusa  di  quanto  qui  sopra  si  legge.  —  Per  ciò 
che  spetta  al  Fosearini,  che  se  di  calunnie  o  nefandi  rag- 
giri non  fu  vittima,  tale  fu  certamente  degli  scupoli  cru- 
deli di  una  aristocrazia,  che  tanto  più  di  sé  diveniva  or- 
gogliosa, quanto  più  approssimavasi  alla  sua  decadenza, 
ci  piace  di  riportar  qui  le  parole,  colle  quali  lo  storico 
Nani  (uno  di  quelli  che  scrissero  per  ordine  pubblico)  la- 
conicamente ne  racconta  il  supplizio,  e  contemporanea- 
mente 1'  emenda  che  mediante  nuovi  supplizi  si  studiò  poco 

dopo   di   farne.   «  Esempio sommamente    orrido   couta- 

n  minò  la  città,  perchè  si  vide  Antonio  Fosearini,  cavaliere 
n  e  senatore,  appeso  alle  forche  per  calunnia  d'  aver  con 
"  gli  stranieri  tenuta  corrispondenza  secreta.  La  fraude 
»  di  alcuni  scelleratissimi  uomini,  propostisi  prendi,  aveva 
»  congiurato  contra  la  vita  dei  patrizi  più  innocenti  e  co- 
si spicui  ;  perchè,  versando  il  governo  in  tempo  torbido 
a  tra  le  memorie  delle  passate  insidie  {cioè,  della  con- 
3  giura  degli  Spagmioli)  e  i  riguardi   degli   odi  presenti, 

SiRPl.  —  li.  29 


450  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

nere  in  tutto  quello  che  al  suo  nome  tocca,  rifiuta 
il  suddetto  legato,  e  ricusa  di  riceverne  in  qualsi- 
voglia modo  beneficio  alcuno  ;  supplicando  umilissi- 
mamente V.  E.  illustrissima  di  comandare,  che  di 
questa  ricusazione  sua  ne  sia  fatta  nota. 
1622,  addì  28  aprile. 


Lettera  del  superiore  del  Convento 
dei  Serviti  al  Doge.1 

Iddio  ha  chiamato  dalle  fatiche  di  questo  mondo 
al  riposo  del  Paradiso  il  suo  ledei  servo,  e  mio  di- 
lettissimo, monsignor  Paolo  ;  ed  a  me  che,  col  prezzo 
della  mia  vita  avrei  voluto  essere  a  Vostra  Serenità 
nuncio  del  suo  miglioramento  e  sanità,  conviene  es- 
serlo della  sua  morte:  morte  per  me  luttuosissima 
e  colpo  il  più  fiero  e  grave,  che  in  vita  ebbi  ancora 

»  facilmente  i  soli  sospetti  si  travestivano  con  le  colpe- 
»  S' introdussero  al  magistrato  secretissimo  degl'  Inquisi- 
»  tori  di  stato,  e  ripartiti  gli  orifìzi,  altri  di  accusatori  al- 
»  tri  di  testimoni,  tradivano  la  giustizia  e  i  giusti.  Ma 
n  durar  non  potè  troppo  lungamente  questa  conventicola 
»  infame  \  perchè,  scoperta  1'  atrocità  del  misfatto,  furono, 
»  tra'  principali,  Girolamo  Vano  da  Salò  e  Domenico  da 
«  Venezia  con  giusto  supplizio  puniti.  Il  Foscarini,  con 
»  pubblica  dichiarazione  di  sua  innocenza,  se  non  resti- 
»  tuito  alla  vita,  fu  almeno  alla  fama  reintegrato,  e  la  di 
»  lui  famiglia  al  pristino  lustro  ed  a'  maggiori  gradi  dal 
»  comune  compatimento  promossa.  «  Istor.  cos.  venez., 
lib    V,  tom.  I,  pag.  248. 

1  Inedita,  e  novamente  tratta  dall'  Archivio  Generale 
de'  Frari.  La  data  fu  forse  omessa,  insieme  colle  sottoscri- 
zioni dei  frati.  Quell'astro  di  tutta  beneficenza,  e  _  eerta- 
mente tra  i  primi  di  che  il  cielo  d'  Italia  giammai  si  ador- 
nasse e  onorasse,  cessò  di  splendere  a  dì  14  gennaio 
del  1623. 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI.  451 


provato  ;  ma  per  lui  felicissima,  perchè  è  stata  la 
corona  delle  azioni  della  sua  vita.  Vivendo,  fu  sem- 
pre a  tutti  noi  ed  a  tutta  la  religione  de'  Servi 
un'idea  di  quelle  eccellenti  virtù,  che  possono  ador- 
nar un'  anima  cristiana,  e  renderla  grata  a  Dio  ;  ed 
in  morte  e'  è  ammaestramento  di  costanza  e  di  quel 
perfetto  rassegnamento  in  Dio,  che  debba  aver  un 
vero  servo  di  sua  divina  Maestà.  Le  sue  ultime 
azioni,  in  numero  di  molte,  ed  in  vera  pietà  ammira- 
bili, non  si  ponno  esprimere  dalla  mia  lingua,  inter- 
prete d'  un  animo  confuso  dal  travaglio  ed  oppresso 
dal  dolore.  Dirò  questo,  eh'  è  morto  felicissimo,  per- 
chè ha  ottenuto  quello  in  che  erano  uniti  i  suoi  de- 
siderii,  studi,  fatiche  e  pensieri  ;  cioè  morire  nel  ser- 
vizio e  per  il  servizio  di  Vostra  Serenità.  E  se  è  vero 
quello  che  comunemente  si  suol  dire,  che  la  morte 
smaschera  la  vita,  perchè  in  tutte  le  azioni  umane, 
o  per  arte  o  per  interesse,  vi  possa  cadere  qualche 
simulazione  o  finzione,  ma  la  morte  levi  tutte  le 
finzioni  e  mostri  nudamente  quale  fosse  cadauno  ; 
felicissimo  il  mio  caro  Maestro,  che  con  due  tratti 
soli  nella  sua  morte  ha  rappresentata  l'immagine 
della  sua  vita,  ed  un  perfettissimo  ritratto  di  quella 
soda  pietà  che  dallo  Spirito  Santo  viene  commen- 
data: Honora  Deum  etPrincipem.  Perciocché,  quanto 
fermamente  fosse  colla  sua  mente  riposta  in  Dio, 
oltre  1'  aver  egli  consegnato  in  mano  del  padre 
Priore  tuttociò  che  gli  era  ad  uso  concesso,  e  con  gran 
devozione  ricercati  li  SS.  Sacramenti,  la  confessione 
del  suo  ordinario  padre  spirituale,  e  con  somma 
umiltà  ricevuta  la  SS.  Eucaristia  per  mano  del 
suo  Priore,  con  l' intervento  di  tutto  il  Capitolo  e 
1'  estrema  unzione  per  mano  del  suo  scrittore  padre 


452  LETTERE  DI  FRA  PAOLO   SARPI. 

fra  Marco,  le  sue  ultime  parole  dette  a  me,  dopo 
aver  cou  sommessa  voce  ed  altissima  devozione  re- 
citate sue  brevi  ed  usitate  preci  ed  avermi  baciato 
ed  esortato    ad   andare  a  riposare,   furono   queste  : 

—  Andate  a  riposare,  ed  io  ritornerò  a  Dio,  onde  so- 
no venuto  ;  —  e  con  queste  sigillò  la  sua  bocca  nel 
silenzio  eterno.  E  qua!  fosse  il  suo  fervore  nel  servi- 
zio di  Vostra  Serenità,  da  questo  la  comprenda,  che 
in  tutta  la  infermità  una  sola  parola  gli  è  uscita 
di  bocca  non  coerente  alle  altre,  e  questa  è  stata: 

—  Andiamo  a  San  Marco,  che  ho  un  gran  negozio 
da  fare.  —  Così  era  intanto  al  servizio  di  Vostra  Se- 
renità, che  anco  quando  il  discorso  non  reggeva  più 
la  lingua,  ella  per  abito  contratto  trascorreva  in 
quello.  Non  debbo  tacere  anco  1'  ultima  delle  sue 
azioni,  fatta  con  V  assistenza  di  tutti  li  priori,  che, 
con  affettuose  orazioni  e  copiosissime  lagrime  e  non 
fìnte,  gli  assistevano  :  che,  dopo  essere  stato  gran 
pezzo  colle  mani  immobili,  fatto  uno  sforzo,  se  le 
incrociò  al  petto,  e  fissando  gli  occhi  in  un  Croci- 
fìsso che  gli  stava  dirimpetto,  fermò  la  bocca  in  atto 
ridente,  e  ribassati  gli  occhi,  rese  lo  spirito  a  Dio. 

Ho  voluto  dare  questo  breve  e  confuso  conto  a 
Vostra  Serenità  del  fine  del  suo  fedele  e  leale  servo, 
con  questi  pochi  particolari  successi  in  presenza  di 
tanti  Padri,  stimando  mio  debito  il  farlo  ;  acciò,  se 
Le  piacesse  ordinare  alcuna  cosa  intorno  al  suo  fu- 
nerale, prima  che  farle  alcun  principio,  sappiamo  la 
sua  mente,  la  quale  prontamente  eseguiremo.  Grazie. 

Essendosi  la  Serenità  Vostra,  con  la  sua  solita 
pietà  e  munificenza,  degnata  aiutare  con  l'elemosina 
la  nostra  sacrestia  affine  che  si  facesse   il  funerale 


LETTERE  DI  FRA  PAOLO  SARPI.  453 

al  suo  servo  defunto,  non  hanno  mancato  li  Padri 
tutti  unitamente  di  celebrarlo  con  quelle  dimostra- 
zioni di  pietà  e  religione  che  sono  loro  state  possibili  ; 
e  vi  sono  con  gran  prontezza,  al  semplice  invito,  in- 
tervenute le  quattro  religioni  de'  Mendicanti,  li  Do- 
menicani, Francescani,  Eremitani  e  Carmelitani,  cia- 
scuno in  copioso  numero,  circa  ducento  religiosi,  oltre 
quelli  delli  nostri  due  monasteri  ;  con  gran  concorso  di 
popolo,  con  acclamazioni,  che  erano  venuti  a  vedere 
un  funerale  d'  un  uomo  santo,  e  del  più  grande  in- 
telletto che  fosse  mai,  e  con  simili  ;  con  tante  la- 
grime quasi  universalmente  di  tutti,  che  si  può 
stimare  un  impulso  divino,  che  ha  voluto  cosi  dar 
principio  all'  onorare  anco  il  corpo  di  quell'  anima 
santa  che  ha  ricevuto  in  Cielo.1  Le  quali  cose  es- 
sendo successe  in  pompa  pubblica  e  negli  occhi  di 
tanta  moltitudine,  ad  onore  di  Dio,  ed  a  consolazione 
di  Vostra  Serenità  di  cui  era  servo,  ho  voluto  rap- 
presentarle; e  saranno  confirmate  anco  dall'  atte- 
stazione di  tutti  li  Padri  del  nostro  monastero  con 
la  sottoscrizione  di  loro  mano  propria.  —  Grazie. 

1  Circostanze,  sin  qui,  per  quello  che  da  poi  sappiasi, 
non  osservate. 


Fine. 


INDICE 

DELLE  LETTERE  CONTENUTE  IN  QUESTO  SECONDO  VOLUME. 


CXIX.  —  All'  ambasciatore  Antonio  Fuscarini  .   Pag.  I 

CXX.  —  Al  signor  De  l' Islc  Groslot 3 

CXX1.  —  A  Giacomo  Leschassier 5 

CXX1I.  —  Al  medesimo 8 

CXXJIi.  —  Al  signor  De  l'Iste  Groslot 10 

CXX1V.  —  Al  medesimo  ..." 14 

CXXV.  —  A  Giacomo  Leschassier 17 

CXXVI.  —  Ad  Antonio  Foscarini -21 

CXXVII.  —  Al  signor  De  l'Iste  Groslot -li 

CXXVI1I.  —  A  Giacomo  Leschassier -.26 

CXX1X.  —  A  Giacomo  Gillot VA 

CXX1X. bis  —  (D' ignota  direzione, 36 

CXXX.  —  Al  signor  De  l'Iste  Groslot 37 

CXXXI.  —  A  Giacomo  Leschassier io1 

CXXXIL  —  Al  medesimo 42 

CXXX11I.  —  Al  signor  De  l' Iste  Groslot  . 16 

CXXXIY.  —  A  Filippo  Duplessis  Mornay 49 

CXXXV.  —  Al  signor  De  l' Isle  Groslot 51 

CXXXYI.  —  A  Giacomo  Leschassier 53 

CXXXVll.  —  Al  medesimo 66 

«XXvVlII.  —  Al  signor  De  l'Iste  Groslot 69 

CXXX1X.  —  Al  nominato  Rossi 7:2 

CXL.  —  Al  signor  De  l' Isle  Groslot ~5 

CXLI.  —  A  Giacomo  Leschassier 78 

CXLII.  —  Al  medesimo .    .  Ni 


456  INDICE. 

CXLIII.  —  Ad  Isacco  Casaubono Pag.    85 

CXLIV.  —  Al  signor  De  l'Isìe  Groslot .    .....    ss 

CXLV.  —  Al  nominato  Rossi (J- 

CXLVI.  —  A  Filippo  Duplessis  Mornay 95 

CXLV1I.  —  Al  signor  De  l' Isle  Groslot UT 

CXLVIII.  —  A  Giacomo  Leschassier 101 

CXL1X.  —  A  Filippo  Duplessis  Mornay 109 

CL.  —  Al  nominato  Dossi IH 

GLI.  —  Al  signor  De  l' Isle  Groslot 114 

CLII.  —  A  Giacomo  Leschassier 121 

GLI1I.  —  Al  medesimo 12-i 

GUY.  —  Al  nominato  Dossi lo! 

CLV.  —  Al  signor  De  l' Isle  Groslot J3T. 

CLV1.  —  A  Giacomo  Gillot 1  i  1 

GLVIL  —  Al  signor  De  l' Isle  Groslot 1 16 

GLVI1I.  —  Al  medesimo 15-2 

CLIX.  —  Al  medesimo 155 

GLX.  —  Al  medesimo 15!» 

CLXI.  —  A  Giacomo  Leschassier 162 

CLXII.  —  Allo  stesso 165 

CLX1II.  —  A  Giacomo  Gillot 168 

GLX1V.  —  Al  signor  De  l' Isle  Groslot ITI 

CLXV.  —  Al  medesimo l"«s 

GLX  VI.  —  Al  nominato  Rossi LSD 

GLXVI1.  —  Al  signor  De  l' Isle  Groslot 185 

CLXVI1I.  —  A  Giacomo  Gillot 1*7 

GLX1X.  —  A  Giacomo  Leschassier 190 

GLXX.  —  Al  medesimo 192 

GLXX1.  —  Al  signor  De  l' Isle  Groslot 19ì 

GLXXII.  —  Al  medesimo 197 

GLXXI1I.  —  Al  medesimo 200 

CLXX1V.  —  Al  medesimo 205 

GLXXV.  —  Al  medesimo  .....' 207 

CLXXVL  —  Al  medesimo 211 

GLXX  VII.  —  Al  medesimo 214 

CLXXVU1.  -  Al  medesimo 218 

GLXXIX.  -  Al  medesimo 220 


INDICE.  457 

CLXXX.  —  Al  medesimo Pag.  222 

CLXXX1.  —  A  Filippo  Du-Plessis  Mornay 225 

CLXXX11.  —  Al  medesimo 227 

CLXXXUL  —  Al  medesimo 231 

GLXXXIV.  —  Al  medesimo 235 

CLXXXV.  —  Al  medesimo 238 

CLXXXVI.  —  Al  medesimo 241 

CI, XXXVII.  —  (D' incerta  direzione) 243 

CLXXXVIII.  —  Al  signor  De  l'Èie  Groslot 247 

CLXXX1X.  —  Al  medesimo 250 

GXG.  —  Al  medesimo 25  ì 

GXCI.  —  A  Giacomo  Leschassier 257 

GXCII.  —  Al  signor  De  l' Isle  Groslot 26U 

GXC11I.  —  Al  medesimo 362 

GXC1V.  —  Al  medesimo 265 

GXCV.  —  Al  medesimo 267 

CXCVI.  —  A  Giacomo  Leschassier 26!» 

CXCVII.  —  A  Giacomo  Gillot 273 

GXCVIII.  —  Al  signor  De  l' Isle  Groslot 278 

GXCIX.  —  A  Giacomo  Leschassier 283 

CC.  —  Al  signor  De  l'Èie  Groslot 2<Sì 

CCI.  —  Al  medesimo 289 

CCII.  —  Al  medesimo 291 

CCIII.  —  Al  medesimo 295 

CCIV.  —  A  Giacomo  Leschassier 296 

CCV.  —  Al  medesimo 298 

CCVI.  —  Al  signor  De  l'Èie  Groslot 391 

CC  VII.  —  Al  medesimo 305 

CCVI1I.  —  A  Giacomo  Leschassier 3U7 

CCIX.  —  Al  signor  De  l'Èie  Groslot oli) 

CCX.  —  Al  medesimo 312 

CCXI.  —  A  Giacomo  Leschassier 315 

CCXII.  —  Ad  Isacco  Casaulono ■    .31'.' 

CCXIII.  -  Al  signor  De  l' Isle  Groslot 323 

CCXIV.  —  Al  medesimo 3J2U 

CCXV.  —  Al  medesimo 327 

CCX  VI.  —  A  Giacomo  Gillot 329 


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