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LETTERE
DI
FKA PAOLO SARPI
"U I
LETTERE
DI
FRA PAOLO SARPI
RACCOLTE F. ANNUI Ali-.
DA F.-L. POLIDORT,
i UN PUKI- >Zlc(NK
Filippo perfetti,
Due Volumi — Vol. II.
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Firenze. *
G. BARBÈRA. EDITORE
16G3.
LETTERE
DI
FRA PAOLO SAEPI.
CXIX. — All'ambasciatore Antonio Foscarini.1
Intorno alle cose del mondo, io credeva già che
le cose di Cleves dovessero passar in parole ; ma le
veggo già uscir affatto a' fatti : in che se procede-
ranno innanzi, non è possibile che non tirino seco
tutta la Germania. I principi della lega di Hall;,
dovevano ridursi ; ma poco possono fare senza l' aiuto
delle città, le quali solamente hanno denari ; e si dico
che tutti siano così poco sapute delle cose del mondo,
che non si può persuader loro che la lor gente possa
esser sturbata : mancamento universale delle repub-
bliche.2
V. E. m'ha fatto restar attonito, dicendomi che
Cottone faccia un'opera di medio temperamento per
1 Tra le pubblicate dal Bianchi-Giovini, pag 201.
- Peccato che il buon Frate non sapesse vestire di
più efficaci parole i bei corollari eh' egli avea tratti da' suoi
studi intorno alla politica !
Saupi. — li. 1
2 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
unire le due religioni ; perchè non v' è dottrina più
contraria alla gesuitica e alla romana, quanto che
si possa far unione e servare temperamenti medii.
Il solo argomento è odioso a Roma di sentire ; e
senza dubbio, o Cottone sotto il titolo di unione
tratterà la total distruzione della riforma, o si rom-
perà con quelli di Roma. Del libro del Bellarmino 1
non si parla più, ed è sepolto in altissimo silenzio ;
e così meritava per la sua insipidezza.
Ho piacere che le cose di lettere (sebbene, come
aliene, non possano sul saldo nuocere) siano poste
in silenzio ; perchè, sebbene si ribattano le obiezioni,
le persone però credono quello che vogliono; ed è
utile non aver mai bisogno di far difesa, ma piut-
tosto prevenire che non si dica. Con tutto ciò, Fra
Paolo 2 ha, già alcuni mesi, preso partito di non scri-
vere ad alcun eretico di sua mano, e l' osserva e l' os-
serverà : temperamento medio tra il ritirarsi affatto ;
cosa che il signor Foscarino non consigliava. Ili
somma, Fra Paolo stima ogni cosa, perchè sa la ma-
lignità de' nemici e la debolezza delle orecchie del
Collegio.3
Il fine di questa sarà con dire, che il signor Fo-
scarino ha fatto un' opera degna a ridurre quel ne-
gozio olandese a sì buon termine: resta che faccia
altrettanto pel negozio di Alemagna. È morto il si-
1 In risposta al re ci' Inghilterra. Vedi toni. I, pag. 334,
345 e 347.
- Qualcuno volle e vorrà da tali parole congetturare
che questa Lettera non appartenga al Sarpi. Ma non po-
trebbe appunto esser questa ^con altre simili) una di quelle
lettere che da lui si scrivevano per altra mano, e però
senza firma e come in terza persona ?
3 Debolezza che costò poi la vita al povero Foscarini.
LETTERE DI FRA PAOLO SAEPI. 3
gnor Giambattista Borghese,1 fratello del papa ; e certo
eh' egli era il timone del pontificato, ond' è necessa-
rio che qualche governo si muti. Staremo a vedere
quello che sarà. Io prego Dio che doni ogni felicità
a V. E.
Venezia, li 5 gennaio 1SG1.
CXX. — Al signor de V Isle Groslot.2
Io non sento maggior piacere, quanto nutrendo
T amicizia contratta con V. S. con quelli ufficii che
alla giornata posso. Mi dispiace non valer in cosa
che possi essere di suo servizio, ma solo in questa
comunicazione di lettere, la quale è solamente a mio
favore: così dico bene con verità, che io non posso
aver maggior gusto che leggendo le sue, dove veggo
quella libertà e ingenuità che in questi tempi non
si trova facilmente.
Le cose passano male così qui, come costì ; e
sempre sono passate così, quando la meretrice usa
le lusinghe, come ha fatto già quattordici anni costì,3
e qui già pochi mesi: va bene solo per quelli con
quali viene alle violenze. Bisogna sperar adesso meno
che mai : chi osserva le cose presenti e le passate, non
potrebbe credere che fosse la medesima. Questo ad-
dormenta li poco prudenti, che sono la maggior
parte.
1 Vedi la Lettera seguente.
2 Dalla raccolta di Ginevra, pag. 214.
3 Cioè, dal tempo (1595) nel quale Enrico IV erasi ri-
conciliato con Roma.
4 LETTERE DI FRA PAOLO SAREI.
La partita di costì del principe di Condé ha
fatto voltar quivi tutti gli occhi, quali sono tenuti
intenti tanto più. quanto pare che costì non sia
stimato. Il pronostico che V. S. fa delle cose di
Cleves. io lo credo; e forse che siccome nell'occa-
sione di Saluzzo fu fatta diversione con Biron, po-
trebbe esser fatta da Cleves con questo. Delle cose
di Savoia io non aspetto altro che negoziazioni; le
quali credo che ognuno indirizzi allo scopo suo :
uno acciò l' altro non si faccia tutto spagnuolo.
1' altro per avvantaggiarsi con Spagna.1 Giudico che
li medesimi contrattanti benevolmente conoscano il
tutto; ma questo è un tempo che alcuni amano di
esser ingannati, reputando argomento di grandezza
propria e di timore alieno, che non li venga parlato
il vero. Mi pare vedere che sia tenuto per gloria
quello che dice la Scrittura : Mentientur Uhi ini-
mici />'''.
Non vi è cosa nuova in Italia, se non la morte
del signor Giovan Battista Borghese, fratello minore
del pontefice, la quale da lui è stata sentita con
assai passione. Di quello resta un figlio in età molto
tenera, e non capace ancora di avere il luogo del
padre. La corte sta attenta a vedere se 1' altro fra-
tello succederà.
Delle cose di Germania si parla assai, ma o pro-
messe o pronostici o consigli : sarà difficile che
succedano fatti. Io prego Dio, che riescano le cose
secondo la sua santa volontà, e che doni felicità
presente e perpetua a V. S., alla quale bacio la mano.
Di Venezia, il 5 gennaio 1610.
1 Vedi la Lettera CVII, tom. I, pag. 349.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 0
CXXI. — A (ì'mcomo Eeschassier*
Dopo letta la sua lettera del primo dicembre.
recapitatami ieri, presi tosto l' Haymon e scorsi tutta
la donazione di Cliildeberto : essa servì moltissimo
allo scopo mio, essendo che il borgo in quella do-
nazione nominato appartenga ancora all' abbate do-
natario. Noi pure in Italia interpretiamo siffatta-
mente le vecchie donazioni, che vi s'intende la giu-
ri-i lizione, come la chiamano i fiscali. Le rendo per-
ciò infinite grazie.
Circa l'appellazione dagli ecclesiastici che hanno
giurisdizione, i romaneschi hanno lite con noi, e in-
sieme coi Milanesi. Si appoggiano i primi al capitolo
[Imitami SS. débet de appell.;^ì altri al contrario
-i appoggiano sul diritto e sulla consuetudine di tutti
i regni. Fra i giureconsulti, pochi ne abbiamo che
-entano con noi. Il Covarruvias, perchè prova e di-
fende ciò, è dai Gesuiti dipinto nell'inferno. I Fran-
casi toccano brevemente la cosa, come incontrover-
sa 2 presso di voi ; altri, quando dicono : abbiamo il
testo nel corpo del diritto, si pensano di aver trion-
fato. Dio volesse che noi facessimo di Bonifacio 3 quel
conto che si fa dai vostri! Nella Collezione di lui sono
molte cose che ci danno molto da fare: ma noi ce
1 Stampata in latino tra le Opere ec. dell' Autore,
tom. VI, pag 69.
- Stimiamo errore dell' edizione latina il leggersi in
essa : in controversiam.
3 Cioè di papa Bonifazio Vili, in quanto egli fece rac-
cogliere le Decretali emanate dopo Gregorio IX, e a quel
nuovo libro pose il titolo di Sesto.
6 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
ne difendiamo colle esposizioni e colle limitazioni;
giacché non ci è dato il respingerle apertamente,
come si converrebbe.
Se l'anglico giuramento proposto dal re ai Cat-
tolici venuto ci fosse nella sua nudità, e non fram-
misto alle controversie proprie del secolo, sarebbe
stato dai più periti approvato. Ma poiché e il re e
coloro i quali scrissero di quello, sorpassarono i li-
miti del giuramento medesimo, n'è proceduto che
chi ne approva gli articoli, dimostri come di acco-
glierne tutta la dottrina, e però dia di sé mal sentore.
Dio volesse che quel re avesse pur trattato le regie
cose, e si fosse dalle teologiche astenuto ! Stimo tut-
tavia ch'egli abbia operato prudentemente, perchè
forse così giovava agl'interessi suoi propri, ed era
da trattarsi di tal modo co' suoi sudditi; ma per le
cose nostre, diverso è il modo che ci bisogna. Noi
non vogliamo mescolare il cielo colla terra, né le
umane cose colle divine. I sacramenti e quanto vi
ha di religioso, lasciar vogliamo a lor luogo: sola-
mente si conviene ai principi lo affermare la loro
potestà mediante le divine scritture e la dottrina
dei Padri.1 L'autore del libretto Tortura Torti si
raccomanda in questo, che dalle controversie, quanto
più può, sta lontano. Nulla giova più ai romaneschi,
che quando dir possono che non già essi, ma la re-
ligione medesima viene assalita.
11 pontefice tratta con questa Repubblica così de-
licatamente e dolcemente, che nessuno degli ante-
cessori ha mai fatto altrettanto. Non sono ancora
1 Ecco una professione la più esplicita che mai possa
desiderarsi, del fine che il Sarpi erasi proposto nelle sue
controversie con Roma.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 7
tre mesi, che un abbate1 venne condannato all'esi-
lio, sotto pena del capo. Non è ancora passato un
mese, un certo prete e parroco venne impiccato in
pubblico e senza farvi precedere la degradazione ; 2
né tuttavia il papa mosse lamento. Ma noi ci addor-
mentiamo in queste piacevolezze, delle quali sarebbe
a desiderarsi che non avessimo gustato giammai.
Spinto da' suoi consigli, mi posi ad esaminare dili-
gentemente gli articoli dell'anglico giuramento;3
affinchè possano rivendicarsi dalla infamia che ad
essi è data dai nostri, pensando questi che ancora
le buone parole sieno da sinistra intenzione pre-
giudicate; né badar vogliono a queste, ma solo alla
persona che le proferisce.
Delle cose dei Turchi non abbiamo nulla di nuo-
vo; salvo che alcuni sospettano che vi sarà guerra
in Ungheria, perchè l' ambasciatore di quel principe
fu trattato in Praga tanto disumanamente e barba-
ramente, che peggio non poteva farsi.4 Non am-
messo alla presenza dell' imperatore, né degnato di
risposta ; anzi gli fu ingiunto di uscire dai confini
in un tempo stabilito : e tutto ciò senza saputa del-
l' imperatore (che vive ignaro di ogni cosa), e per le
brighe dei legati del papa e del re di Spagna ; i
quali vorrebbero riaccender la guerra in quel regno,
appunto perchè i Tedeschi col nemico alle porte non
pensino a riformare le cose civili. Il che Dio voglia
che riesca a bene ; mentre non manca chi pensa che
1 Marcantonio Cornavo. Vedi la Lettera XCVII ed altre.
2 Lettere CXII e CXV.
3 Forse nel nuovo libro del re inglese di cui parlasi
alla pag. 201 del tom. I.
4 Vedi voi. I, pag. 369.
8 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
se le cose volgeranno alla guerra, molti fra gli Un-
gheresi staranno pel Turco. Ma già mi vedo al fine
del foglio ; né voglio, come altre volte, riuscirle te-
dioso con troppe ciance. Stia sana, e continui come
fa ad amarmi, sebbene immeritevole.
Di Venezia, li 5 gennaio 1610.
GXXII. — Al medesimo.1
Quanto adesso mi accade, eccellentissimo Signore,
che pel medesimo corriere mi sieno giunte due let-
tere della S. V., credo che sia seguito ancora costì.
Io risposi a tutte le sue: se non le ricevè la mat-
tina innanzi alle sue scritte il 23 dicembre, credo
che le saranno pervenute poco dopo.
Ebbi i due fascicoli delle Lettere d' Ivone : 2 ora
P ho tutto quanto, e glie ne dico grazie infinite. Quelle
cose ch'ella mi avvisava trovarsi presso l'Haymon3
intorno la donazione fatta alla Chiesa, mi furono
sopra tutto gradite ; e di ciò io le aveva già scritto,
ringraziandola. Ora tiro giù queste poche parole,
premendomi la partenza del corriere, non pure per
ringraziarla dell' Ivone, ma per significarle cosa che
stimo doverle essere accettissima; vale a dire, che l'il-
lustrissimo console veneto residente a Ierapoli nella
Siria (ora quella chiamasi Aleppo), mi scrive di
1 Stampata come sopra, pag. 70.
- Le Lettere, di Sant' Ivone, vescovo di Chartres, erano
state in queir anno ristampate a Parigi, per opera del pa-
dre Froiiteau.
:! Questo discepolo del celebre Rabano Mauro, aveva
scritto un Compendio di storia ecclesiastica.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 9
avere osservato la declinazione della calamita colla
maggiore esattezza in quella città verso mezzo gior-
no; e di aver trovato che la cuspide settentrionale
declina non ad Oriente, come presso noi, ma ad Oc-
cidente, e ciò per gradi quasi 7 !/a ; la qual cosa è
contraria a ciò che segue tra noi, e porta differenza
del doppio. Se si detragga la longitudine veneta,
eh' è 34, dalla Ierapolitana. eh' è 71, sarà l'inter-
stizio 37 ; la cui metà è 18 lk : e se vogliasi aggiun-
gere questa alla longitudine minore, o sottrarla
dalla maggiore, l'interstizio sarà 52 */a , della lon-
gitudine prossima al Capo di Buona Speranza e
all'estrema Giapponia. Laonde Guglielmo Gilbert
pensò, non assurdamente, che la punta sia attratta
da quella sì gran mole di terra che là sovrasta,
e che in quel meridiano si volge direttamente al
polo. Si guardi bene dal credere che l'osservatore
abbia potuto errare. Egli è un uomo accuratis-
simo, e intervenne a tutte le osservazioni che già
facemmo in diversi, talune anche in grazia di lui,
e con aghi a punta di rame appoggiati nell'acqua,
e sì lunghi come corti; coi quali metodi fu proce-
duto ancora in Ierapoli. Io ne trattai con un Greco
che stava per partire versola sua patria, affinchè os-
servi in Xapolidel Pelopponeso cotesta differenza della
longitudine e della declinazione magnetica : che se
nessuna ve ne sarà, come credo, sarà di per sé certa
la cosa. Questo volli scriverle, e penso non le sarà
discaro. Prego il Cielo che la mantenga in salute.
Di Venezia, li 3 febbraio 1G10.
P. S. Sento che un certo prete è stato condan-
nato costì a morte, e che la sentenza fu eseguita
10 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
senza la degradazione, negando il vescovo di voler
a questa procedere. Amerei di conoscere il nome del
prete, le colpe obiettategli, il magistrato che die
la sentenza e il tempo della esecuzione. La prego di
perdonare la mia curiosità e di soddisfarla. Di nuovo
la riverisco.
CXXIII. — Al signor De V Me Groslot.1
E vero eh' io ho mancato di mio debito restando
di scrivere a V. S. per alcuni spacci ; sebbene ne me-
rito qualche scusa, avendolo fatto per l' avviso datomi
da monsieur Castrino della sua indisposizione, la
quale io non reputavo conveniente accréscere con la
noia di leggere lettere di poco succo. Ma ritornato
al mio debito continuando di scriverli dopo intesa la
convalescenza, non mi par di aver mancato mai ; e
credo che sarà avvenuto a me quel che a Lei, per la
dilazione delli corrieri. In un mese che noi ne dove-
vamo aver due, ne abbiamo avuto un solo ; il quale
mi ha portato due pieghi, in un de' quali era la sua
del 23 dicembre, e nell' altro quella del 6 gennaio.
La prima, io la veggo piena di molto giudicio
in prevedere i mali de' quali io ancora ho grandis-
simo timore : e con tutto eh' ella nello scrivere la se-
conda, in tutto mutata, fosse piena di speranza che
il pronostico non dovesse riuscir vero, io nondimeno
resto persuaso della prima, non potendomi capir
nell' animo, che i Gesuiti, tanto gran maestri, ab-
biano fatto così gran salto di sonar alla guerra.
1 Dalla raccolta di Ginevra, pag. 217.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 11
senza qualche disegno che non possa esser impedito
da chi s' accorge dell' error suo tardi. Sebbene non
so se debba chiamar errore quello che pare ; ma forse
è fatto per necessità occulta agli altri, ma ben nota
a chi la sente. Io mi ricordo di quel Romano che solo
sentiva la voce della sua scarpa. È savio chi conosce
le sue indisposizioni, e le temporeggia senza mani-
festarle, e non fa mostra di sanità, perchè non li
riuscirebbe forse. E li Gesuiti non stanno attaccati
a cotesto regno per le radici fatte dopo il loro rista-
bilimento, e per i favori del re ; ma per più alte e
più ferme, messe nelli tempi innanzi : le quali fu pru-
dente consiglio (poiché non si potevano sbarbicare)
coprirle di terra, se adesso non germogliano ; e forse
anco è meglio lasciar loro le foglie che gettano, per
timore che non ingrossino maggiormente il fusto.
Quanto a noi qui, non sentiamo che trattino al-
cuna cosa del loro ritorno in questo Stato, non credo
per averselo scordato, ma perchè non hanno forse
a segno tutti li pezzi per dar la batteria : la quale
non dubito che non sia per succedere; ma se con
quella faranno breccia o non, essendo evenimento
futuro, resta posto nella buona volontà di Dio.
Chi attendesse la loro onnipotenza e l'aver sempre
ottenuto ogni disegno, farebbe un pronostico : chi
avvertisse la risoluzione che continua qui. farebbe
il contrario ; e alcuno potrebbe, tenendo via di mezzo,
dire che se le cose del mondo terminano in fumo,
essi avranno avvantaggio ; ma se ne riuscirà fuoco
o fiamma, non farà per loro.
Il signor Molino ha ricevuta la sua lettera, e li
è stata molto cara, e li è piaciuto quello che del
Menino dice, per aver occasione di confortarlo. Adesso
12 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
non è da temere che alcun dì più cada, perchè li
avversari hanno mutato opinione, e vogliono met-
tere in total oblivione le cose passate.
È vero che il signor de Champigny ebbe qual-
che difficoltà, non di riconoscere 1' ambasciatore delli
Stati (e questo non si metteva in dubbio), ma di
onorarlo con la visita : il che era trattarlo di pari
degli ambasciatori regii. Questa Repubblica l'ha cono-
sciuto e trattato per tale, e l'istesso ha fatto l'amba-
sciatore del re d'Inghilterra. La difficoltà di Cham-
pigny nasceva perchè ne fu scritto di Francia, che
li facesse onore conveniente a principe di quella
qualità; parole che si potevano intendere in dimi-
nuzione e in augumento. E da scusare ognuno che
non sa interpetrare oracoli.
Mi pare d' aver scritto un' altra volta a V. S.,
esser stato certificato che il libro De modo agendi
Jesuitarum x fu composto da un Carlo Perkinson,
il quale ancora vive in corte del re della Gran
Brettagna: ma non è mai l'opera data alla stampa.
Solo ne sono andati attorno alcuni esemplari ma-
noscritti : per il che ho deposto il desiderio di averlo.
Ma il Muranese non mancherà del suo dovere.
Ritornando alle turbazioni del mondo, quando la
stagione non è da pioggia, le nuvole non pronosti-
cano acqua. Questo secolo è una stagione di pace :
però, con tutte le provvisioni, spero che vedremo
ogni cosa risolversi in grande serenità. Non fu manco
vicino alla rottura nel tempo che V. S. stava qui,
di quel eh' è adesso : quella si racconciò ; si farà
l'istesso adesso per mano del medesimo medico. Ma
1 Vedi tom. I, pag. 101 ed altrove.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 13
se il mio pronostico non riuscirà vero, non saremo
esenti di qua da monti, perchè non manca chi mette
contro la briga. Se li Spagnuoli potranno, al sicuro
vorranno l' Italia quieta ; ma se altro potrà a chi 1
mette conto intorbidar l'acqua, succederà altri-
menti.
Son restato pieno di stupore per il Gesuita che
ha dimandato salvo condotto per andar in Inghilter-
ra, e maggiormente stupirò se gli sarà dato.
Quanto albi libri descritti nella polizza che V. S.
manda, quelli sono molto buoni ; ma non vedo che
sia tempo di farli trapassare, per una infinità di
buone ragioni, e lungo sarebbe scriverle. Io pensavo
dover inviare a V. S. alcune memorie, le quali adesso
sono tanto particolarizzate. che sono giunte a cento
fogli, e avevo da comunicarli il modo che non era
sicuro metterlo in pericolo di esser palesato:2 ma lo
stato delle cose presenti costringe a non ne far nien-
te, essendo fatto tutto diverso da quello che prima era.3
Il signor Assellineau ha ricevuto quella di V. S.;
ma non 1' ho ancora potuto vedere, così per rice-
vere la comunicazione delle cose scritteli da lei. come
acciò mi leggesse le copie eh' ella manda ; le quali
sono veramente di forma di lettera che ha bisogno
1 Intendasi : ma se potrà l' altro al quale ec. *, cioè
1' inquieto duca di Savoia. Vedi tom. I, pag. 350.
s Così ha la prima stampa -, ma sembra da corregger-
si : il modo che v' era sicuro per non metterlo in peri-
colo ec.
8 Pare che una segreta intelligenza cominciasse a for-
marsi, dopo l' interdetto, tra i patrizi più conservatori delhi
repubblica di Venezia, e la corte romana, i Gesuiti e la
Spagna. 11 sotterraneo lavoi-io delle sètte, che troppo sprez-
zasi ai giorni nostri, è quello che spesse volte conduce il
mondo ancora ov' esso non vorrebbe andare.
14 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
di aiuto. Non sarò più lungo ; ma facendo fine, a
V. S. bacio la mano.
Di Venezia, il 3 febbraio 1610.
CXXIV. — Al medesimo.1
Insieme con la lettera di V. S. del 20 gennaio, ho
ricevuto 1' estratto delle nostre lettere scritte da Pa-
rigi, il quale è una molto buona e veridica istru-
zione delle cose correnti, delle quali desidero vedere
qualche esito, perchè le tengo congiunte col servizio
di Dio: del rimanente, io non mi curerei della riu-
scita più in un modo, che nell'altro.
La importunità delli Gesuiti in voler cattedra
per leggere le Controversie,2 sarà forse cosa che riu-
scirà a bene. Il calor interno si diffonde troppo e
indebolisce, se il petto circostante non li fa qualche
antiperistasi. Io son restato pieno di stupore come
al padre Gouthier sia successa così buona fortuna, che
per un tanto fallo sia stato gastigato solo di parole.
Mi duole grandemente la morte del maresciallo
d' Ornano,3 poiché aveva qualche buone opinioni in-
torno la quiete di Francia, la quale mi pare vedere
turbarsi manifestissimamente per opera di questi
buoni Padri.
1 Edita : come sopra, pag. 223.
- Tom. I, pag. 327.
3 Figlio della molto celebre e molto infelice Vannina
(V Ornano. Colonnello de' Corsi suoi connazionali, trovò in
Francia fortuna pel suo valore e la fedeltà mostrata a
quei monarchi. Era governatore della Guienna, quando
morì nel 1610.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 15
Non è dubbio alcuno, che la proibizione fatta a
Roma delle fatiche di monsieur di Thou, non sia per
portarli onore, e per far la sua Istoria più desidera-
bile, lo son intento aspettando che cosa sarà fatta
dal Parlamento, poiché è toccato 1' arresto suo con-
tro Giovan Castello, il quale non potrebbe offendere
la corte Romana più di quello che già fa.
Intorno alle cose di guerra, qua si tiene che non
debbi succedere, non essendo possibile, quando una
parte è risoluta di non volerla : perciò si è fatto la
tregua di Olanda, e perciò si crede che si farà una
cession totale di quelli Stati 1 alli principi pretendenti.
Così si lasciano intendere li Spagnuoli. E vero che,
dall' altro canto, si vedono mandar molti danari in
Germania ; da che si raccoglie contraria conclusione :
però non facendosi levata eie' Svizzeri, come non si
vede sino al presente, pare più verisimile il primo
pronostico, che il secondo.
L' avviso venuto costì di guerra in Ungheria, non
ha nessuna verità. La vorrebbono ben seminare li
Romani e li Spagnuoli; ma non lo vogliono ne li
Turchi ne li Ungheri.
Il gentiluomo inglese per cui V. S. mi inviò let-
tere, fu a vedermi essendo venuto da Padova, e mi
promise di rispondere alla lettera, e inviarlami
quando fosse tornato nella medesima città. Io non
ho potuto aver gusto di parlar con lui, se non per
interprete. Quando V. S. mi mandò già una lettera
per Vincenzo Querini, io non sapevo chi quello si
iusse, ma due giorni dopo seppi che era il residente del
duca di Mantova in questa città. E perchè egli era al-
! Intendasi, degli Stati di Germania, allora in tanto
subbuglio.
16 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
lora andato a Mantova verso il suo padrone per con-
durlo a Venezia, io li mandai la lettera là: pochi giorni
dopo, egli se ne ritornò insieme col duca, e io lo
trovai e li dimandai della ricevuta della lettera, ed
egli mi disse che gli era capitata, e me ne ringraziò.
Mi duole che la indisposizione di V. S. si pro-
lunghi tanto; ma ben commendo la buona disposi-
zione dell'animo, che si conforma alla volontà di-
vina e riceve in bene ogni cosa. Questo è il colme»
della virtù non vana e non fucata.
Prima che finir questa, gli voglio dir di nuovo
che il Padre Fulgenzio Minorità, che nel tempo delle
controversie predicava qui, e già diciotto mesi se ne
andò a Roma con salvacondotto, è stato imprigo-
nato di ordine del pontefice, ed è ritenuto in segreto.1
Dio faccia che il fine suo sia secondo il divino be-
neplacito. Questa istoria scrivo più minutamente a
monsieur Castrino,2 che ne darà parte a V. S. Alla
quale bacio la mano.
Di Venezia, il 16 febbraio 1610.
1 Di questo povero frate, che troppo nella romana lupa
erasi confidato, parlasi più volte nel tom. I: e tornerà an-
cora in questo a parlarsi. Vedi la Lettera CXXVI, in fine.
2 Una prova di più per credere che le lettere le quali
appariscono indirizzate al Roux o Rossi, fossero invece di-
rette al Castrino, o a chi altro sotto questo nome nascon-
devasi. Di che meglio ci chiariranno le lettere susseguenti.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 17
CXXV. — A Giacomo Leschassier.1
Per l'ultimo corriere che precedette questo, la
certificai del ricevimento delle Lettere d' Ivone ; come
pure della risposta alla mia domanda intorno la
donazione fatta alla Chiesa senza alcun onere : e di
tutto ciò la ringraziai, se non come dovevasi, al-
meno come potei.
Non v' è causa da temere per le lettere eh' Ella
consegna all' ambasciatore della Kepubblica, ovvero
a' suoi famigliari. Fin qui, difatti, mi pervennero
tutte sicuramente. Osservo sempre il suo sigillo,
come le altre cose a me note; e le trovo tutte in-
tatte. Talora i corrieri tardano, soprattutto d' in-
verno; né v'ha da maravagliarsi se qualche volta
le vengono un po' stentate le mie risposte ; che, in
verità, sono trattenuto da molte occupazioni, delle
quali tuttavia nessuna preferisco a questo ufficio di
scriverle, perchè non potrei trascurarlo senza colpa
d' ingratitudine. Se talora mi preme F angustia del
tempo, scrivo lettere più brevi, come la precedente;
la quale dettai talmente a fretta, che non mi fu
dato nemmeno di rileggerla. Ora ho la sua delli
13 gennaio, avendone tuttavia ricevute in quel giorno
da altri in data de' 26. Questo fa che talvolta le ri-
sposte sembrino tardive.
In quanto, nella sua lettera, Ella considera che
il pontefice, colla donazione dei beneficii, si fa si-
gnore della terza parte dei beni; io già questo ve-
niva predicando ai nostri, insegnando ad essi il
1 Stampata in latino, tra le Opere ec , pag. 71.
Safipi — II. o
18 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
modo col quale accrescerebbero il dominio della Re-
pubblica; come accadrebbe per altrettanto e metà più,
non per dilatazione di luogo (il che porta debolezza),
ma per augumento di forze. Perocché, non pure il
pontefice è signore di tutti i beni, ma eziandio della
terza parte degli uomini, se numeri quelli che pos-
seggono, che sperano e che a necessità di tal sorta
si trovano obbligati. Non mancano persone che ap-
provino queste cose, ma 1' esecuzione richiede la sua
opportunità. All' uomo più dell' odio, nuocciono le
blandizie della meretrice. Tant'è: le opinioni veraci
ed utili si debbono rafforzare ed estendere coi buoni
scritti.
Io pensai sempre fra me stesso : tutti quelli che
vogliono darci precetti politici, scrivono commenti
-opra Tacito ; vera peste dell' aristocrazia. Se il
signor Casaubono che scrive sopra Polibio, il quale
fratta della aristocrazia romana, recasse in mezzo
precetti idonei a tal regime, ed espressi colla sua
dolce e fluida eloquenza, farebbe cosa a noi tanto
proficua, quanto ai romaneschi contraria: come se,
intorno all' affare del quale trattiamo, egli facesse
opportunamente osservare, che a nessuno Stato può
giovar che un principe straniero cloni i beneficii in
esso costituiti, né che sia padrone dei religiosi i quali
vivono sotto le sue leggi. Del rimanente, per quanto
si possa, e serbato appunto il diritto di mettere in pos-
sesso, ci sforziamo di non cedere ai romaneschi ogni
«•osa. Eglino ci pregiudicano tanto col sofisma del
possesso spirituale, quanto, con altro arcano diritto,
non soffrono che si susciti alcuna lite sopra le cose
beneficiali. I nostri prendono ciò pel buon ordine
«Iella disciplina, benché io ammonisca che questo
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 19
appunto è un arcano, e che sotto il miele si nasconde
il veleno; ed ho sempre in bocca, che quella mas-
sima della cosa spirituale non è altro che un pos-
sesso temporale; e ciò mi sforzo di confermare col-
1' autorità degli scrittori, dei quali ho a mano po-
chissimi, tranne i francesi; né questi stessi con-
chiudono ciò in possessorio adipiscendce, come Guido
Papa,1 il quale nelle Decisioni sembra il principe per
ciò che spetta al difendere codeste massime, e nelle
Questioni nega ai magistrati laici la potestà di senten-
ziare in causis acquirendce. Ma io difendo talmente
la verità, che spero di persuaderla al fine a tutti
quanti.
In quanto la S. V. approva il fatto nella esecu-
zione della sentenza capitale contro a preti senza de-
gradazione, quando il vescovo ricusi di compiere un
tale ufficio, mi è caro il veder lodata la mia opi-
nione da uomo tale qual' Ella è : ma io voglio spie-
garle in diritto la causa del rifiuto. Obiettò non esser
cosa conveniente a un vescovo nobile e primario,
ne aversi alcun vescovo volgare al quale commet-
tesse quell' uffizio. Ora raffreni la collera, s' Ella può.
I vostri vescovi i quali sostengono il Concilio
Tridentino, perchè dà molto ai vescovi, che cosa si
cerchino non sanno. Così pare a chi legge ; ma non
a chi abbia veduto in fatti in qual modo la cosa si
inetta in pratica. Ora, in Italia, i vescovi sono costretti
di rapportarsi per tutte le cose a Roma, e attendere
1 Benché così ordinariamente si chiami questo giure-
consulto francese del secolo XV, meglio sarebbesi nomi-
nato Guido del Papa, stantechè Guido Papce chiamisi egli
stesso nelle sue opere. Tra queste è la più celebre quella
che porta il titolo di Decisiones Gratianopolitana.
20 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
di là la decisione e le sentenze. Laonde, avendo il
papa proibito a tutti la interpretazione del Concilio
e serbatala alla Congregazione romana, questa con
tal pretesto ha tirato a Roma tutto quanto il reg-
gimento; e ciò non solo dall'Italia, ma dalla Spa-
gna, dove le recherà maraviglia che un vescovo non
possa ammettere nemmeno una monaca a far profes-
sione senza licenza di Roma. Oltreché, non vogliono
i romaneschi che di una dichiarazione in un dato
caso emanata, altri faccia uso in alcun altro, affin-
chè tutti gli affari mettano sempre capo a Roma.
Il tempo mi mancherebbe s' io qui volessi ogni cosa
narrarle. In una parola, i vostri arcidiaconi possono
ben più dei nostri vescovi. E poiché trattasi del
Concilio di Trento, aggiungerò essermi riferito, che
i Gesuiti si adoperano perchè i loro addetti giurino
costà nelle parole di quello e a quello sottoscrivano :
il che desidero sapere se sia vero.
Lessi di questi giorni la Storia Belgica del Me-
teren.1 Questo autore, sotto l'anno 1596, nell'ultimo
libro, tratta dei Comizi, e dice che nel Parlamento
di Parigi furono decretati tredici articoli, i quali va
pure divisando. Io non gli presto fede interamente,
perchè nelle cose italiche e nelle giuridiche è pieno
di menzogne. La prego a significarmi s' egli abbia
o no detto il vero ; imperocché nella legge salica
v' ha il settimo articolo, che dichiara non potersi
dalla religione cristiana cavare il modo da far sì
che il re sia costretto ad essere cattolico: v' ha l'unde-
cimo, il quale ordina che non debbano punirsi gli
1 Emmanuele Van Meteren fu autore di una Storia
dei Paesi Bassi, stampata la prima volta nel 1597, e più
volte poi tradotta dall' originale latino e ristampata.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 21
eretici, né obbligarsi colla forza acciò si facciano cat-
tolici : v' ha il duodecimo, col quale si comanda che
si preghi pubblicamente nella Chiesa per gli scomu-
nicati, sì vivi che morti.
Troppo a lungo 1' ho trattenuta ; né proseguirò
altrimenti, dopo averla pregata di voler perdonarmi
la mia importunità. Dio la mantenga tale per lun-
ghissimo tempo, qual' io desidero ad uomo sì esi-
mio, e da me soprattutti onoratissimo.
Di Venezia, li 16 febbraio 1610.
CXXVI. — Ad Antonio Foscarini.1
È cosa così ordinaria nelle repubbliche, che 1' es-
sere fuori delli bisogni fa tener poco conto di chi
inerita, che non è da maravigliarsi che adesso che
alcuni si reputano sicurissimi, soggetti più princi-
pali e più benemeriti siano stati tralasciati, et fa-
ctos secutores qui sequi mirantur.2 Le cose però
hanno il suo giro, e i valorosi infine superano la
fortuna.
Quanto alle cose del mondo, qui si tiene che
a Cleves non sarà guerra, perchè gli Austriaci
non la vogliono ; e V. E. considera bene, che quando
una parte vuol cedere tutto, non può nascer con-
tesa. Così pare che vogliano fare in ciò gli Spa-
glinoli, primi motori di questa impresa o macchina ;
perchè, quanto all' imperatore, i suoi mancamenti
1 Edita in Capolago ec, pag. 204.
- Così la prima stampa, ma ci parrebbe da corregge-
re : merentur.
22 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
non comportano che sia nemmeno in conto. Affer-
mano che. non passeranno due mesi che Leopoldo
sarà fuori di Giuliers ; ma poiché si vede tuttavia
che rimettono denari in Germania, viene interpre-
tato che sia per fare un re de' Romani.
Non posso tenermi dal credere che sia per riu-
scire qualche cosa per il disegno di tutti questi che
v" hanno mano dentro. Sono tanti e così vari i fini
e così contrappesate le azioni, che nessuno otterrà
l' intento, e turberanno le acque per altri pescatori.1
Ma alle cose nostre familiari, nessuna cosa sarebhe
più utile alla nostra Repubblica, quanto che venis-
sero spartiti eretici e cattolici insieme in Italia,
perchè accrescerebbe il valore della sua mercanzia
per un terzo, acquistandola con la collazione dei
benefizi, che sarà un acquisto di tanto guadagno,
che niente più, e smorberebbe la famiglia di tanti
inutili, rozzi e dannosi ministri. Questo è conosciuto
da pochi, ed è il più essenzial punto : ma mentre
che veggo a Milano nessuno averci considerazione,
sapendo quanto siano cauti, non aspetto niente ; ma
sarà segno di dover vedere qualche cosa quando li
vedrò in preparazione.
Savoia credo abbia desiderio grande di far qual-
che guadagno; ma non ha il capitale, ne senza
Francia può far la scoperta. Francia ha i suoi ca-
pitali implicati ed in mano dello Spagnuolo ; il quale,
con concepirne degli altri, può sempre divertirlo da
quell' inquietudine. Ma io veggo il duca di Sully -
1 Se questo bel modo allegorico e proverbiale appar-
tiene al linguaggio veneto, ben merita di essere accolto
in quello di tutta la nazione.
- L' amico più costante e più coraggioso di Enrico IV;
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 23
ogni altro giorno alle mani col re di Francia e mi-
nacciato da lui. e temo che un giorno non succeda
qualche sinistro sopra la sua persona ; massime che
i Gesuiti, suoi capitali nemici, saranno attenti a
tutte le occasioni, e non gliela perdoneranno, se lor
verrà fatto.
Quanto al cavaliere Giustiniano, egli fa differire
quanto può, perchè aspetta qualche occasione d'es-
sere inviato a Matthias in Ungheria, e con ciò es-
sere esentato da Francia : al che converrà conten-
tarsi. Il Contarino non farà la strada di Francia,
ma di Alemagna, così resoluto ; e la sua andata in
Olanda sarà così prossima al partire del signor Fo-
scarino,1 che non si vede come a lui possa essere
dato ordine alcuno per quel paese sopra il negozio
de' sali. E vero che simili cose non si possono dise-
gnare se non che ne' tempi prossimi, perchè tante
cose occorrono impensate, che rendono facile quello
che prima si teneva impossibile.
Avrà V. E. per via di Roma intesa la prigionia
di Fra Fulgenzio, eseguita da numero venti sbirri,
avendogli levate tutte le scritture ed altro. E per-
chè gli hanno trovato un reliquiario fatto in forma
di croce, dove nel mezzo ha una testa di Santa di
bella pittura, dicono che sia il ritratto della sua fa-
vorita che ha in Venezia. Credo che gli saranno ad-
dossate cose assai : certo è che il nunzio e l' inqui-
sitore, sabbato passato, hanno mandato molti processi
il quale se più avesse ascoltato i suoi consigli, chi sa se
sarebbe morto sotto il ferro di un Ravaillac ?
1 Pare che anche al Foscarini scrivesse in quei giorni
il Sai-pi sotto finta direzione. Che quel Castrino, il cui
nome non ci riuscì mai di trovare nei libri de' Francesi,
fosse appunto il Foscarini?
24 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
contro di lui a Roma, non so se ricercati/ o di pro-
pria fantasia. Dio lo favorisca a far fine tollerabile,
perchè buono non si può sperare.
È ottimo il pensiero di Domenico Molino di aiu-
tare gli offici che si fanno in Costantinopoli contro
i Gesuiti,2 con trattare e far sapere alla gente del
Turco, che per causa loro non ha ottenuto quello
proponeva. Viene scritto che si tratta una riforma
nella università di Parigi, che non piace molto ai
padri Gesuiti. Se fosse cosa utile e da essere imitata
nello studio di Padova, sarebbe bene avvisare, per
incitar con 1' esempio a qualche bene.
Di Venezia, il 16 febbraio 1610.
CXXVII. — Al signor De V Me Groslot?
lo ho formato un poco di cifra, come V. S. mi
ha mostrato desiderare nella sua delli 3 febbraro,
avendo cercato di accomodarmi a vocaboli comuni
anco alla lingua francese, acciò V. S. non abbia da
annoiarsi per scriver italiano ; e sebbene la cifra è
sterile di vocaboli, potremo nondimeno andarli ac-
crescendo alla giornata coli' alfabeto. Ma mentre il
signor Foscarini starà in Francia, le lettere veni-
ranno sempre sicure. La difficoltà insuperabile è
quando egli sarà partito ; perchè non averà un suc-
cessore simile a se, e quando le lettere fossero fuori
1 La prima edizione ha qui, erroneamente : ricevuti.
" Queste parole troveranno schiarimento nella Lettera
che segue.
3 Stampata nella raccolta di Ginevra, pag. 227.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 25
del plico pubblico, mi sarebbouo senza dubbio inter-
cetto : tanti vi sono che attendono a questo, per
compiacere a chi poco mi ama.1
Ho considerato molto bene la descrizione che
V. S. mi fa dello stato delle cose così in Germania
come in Savoia, e lo trovo un ritratto così vivo e
vero, che mi pare di vedere l' interno d1 ogni di-
segno. Certo è che ogni guerra causerà mutazione
particolare, eccetto che se fosse in Italia, dove le
alterazioni sarebbono universali ; e quei che hanno
ragione di temerle, le temono e stanno grandemente
afflitti. Doveremo pregar Dio, che faccia quello che
è per sua gloria.
Quanto alle cose dei Gesuiti da Costantinopoli,
che V. S. mi ricerca, la verità sta così. Hanno fatto
ogni opera possibile, con eccessivi favori dell' amba-
sciatore di Francia, per poter abitare in quella
città, ne mai l' hanno potuto ottenere ; anzi dal
Bassa hanno avuto comandamento di partire : ma
non essendo però partiti, ma trattenuti in qual-
che casa già un mese, il Bassa mandò in diversi
luoghi dove erano soliti di praticare, per prenderli ;
e fra gli altri luoghi, mandò in casa dell' ambascia-
tore francese ; il quale, come quello che sapeva dove
erano, li pigliò con esso seco, e andò in persona
con loro al Bassa. Il Bassa restò soddisfatto del-
l' azione dell' ambasciatore, e in grazia sua si con-
tentò perdonar alli Padri ; e all' ambasciatore disse
che si risolvesse, che non li voleva nell' imperio del
signore, e che li mandasse via, acciò non li trovasse
1 Ecco altrettante rivelazioni, non solo per la vita (poco
sin qui conosciuta) del Sarpi, ma per le condizioni de' tem-
pi, in Venezia ed altrove.
2G LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
un giorno impalati. Quest' ultimo accidente è suc-
cesso già un mese. Se altra novità sia successa dopo,
io non lo so ; ma se è lecito pronosticare, io credo
che se non saranno partiti, un giorno averemo nuova
della loro impalazione.
Io ringrazio V. S. delli incomodi che prende per
parteciparmi li suoi discorsi e avvisi; e prego Dio
che mi dia poter per servirla in cosa che li sia
grata, e a lei doni ogni felicità presente e perpetua.
Mi resta dirle (che quasi me lo scordavo), che
oggi ho ricevuto 1' Apocalipsis, e pregato quel gen-
tiluomo a scrivere qualche cosa al fratello ; il quale
m' ha detto che lo farà immediatamente che abbia
resoluzione di certa cosa. Io qui farò fine bacian-
dole la mano.
Di Venezia, li 2 marzo 1610.
CXXVIII. — A Giacomo Leschassier.1
Mal volentieri mi privo del piacere che godrei
se a mio beli' agio potessi leggere tutte le sue let-
tere, esaminarle e risponderle comodamente : ma di
un sol giorno, o due al più, mi è dato disporre. Ri-
cevei ieri la gratissima sua de' 25 gennaio ; e par-
tendo oggi il corriere, dirò primieramente de' bene-
ficii. Continuai, come le scrissi anche altre volte,
sulle orme di cui già mi tenne parola. Provai, coliti
celebre Glossa e co' dottori francesi, che il possesso-
rio della cosa spirituale è temporale, e ne chiarii
1 Pubblicata in latino tra le Opere dell'Autore ec.,
VI, 73.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 27
la erronea distinzione in spirituale e temporale : di-
mostrando, in pari tempo, eolle esecutoriali degli
ecclesiastici, che il possesso che vogliono dare si è
di cose temporali ; perciocché parlano espressamen-
te di beni, di rendita, di proventi ec. ; e che tutte
le vecchie forinole delle quali fece uso la Repubblica,
colle nuove altresì, conferiscono il possesso delle
chiese, dei monasteri ec, insieme col correspettivo
fruttato ec. Gridai sino a divenirne rauco, che i
beni ecclesiastici, in vacanza dei benefizi, sono nel
possesso delle chiese ; usando queir argomento, che
se alcuno li turbasse, 1' economo in nome della chiesa
interdirebbe la ritenzione, xincora aggiunsi, che seb-
bene qualche vescovado non avesse alcun reddito e
nulla di temporale, tuttavia il vescovo sarebbe messo
in possesso dalla Repubblica ; siccome accade e può
accadere appo di noi, che stiamo a' confini de' Tur-
chi nella Dalmazia. Non io tutto quello che voglio
o desidero, ma non per questo me ne sto ozioso : solo
il naturai impeto viene dalle circostanze represso.
Un' altra cosa voglio ora insegnare ; cioè che
chi mette in possesso, può altresì privare del pos-
sesso : il che sarà arduo non poco, sì perchè ho
contro di me tutti i beneficiari, come perchè manco
di esempi ; ed è già pregiudicata opinione nei no-
stri, che il secolare non può far questo per causa
alcuna. Nulladimeno voglio tentar la cosa ; che al-
meno aprirò ad altri la via.
^Ii giunse opportuno quant' Ella mi ricorda in-
torno al modo di mettere in possesso di cui parla il
Rebuffo ; giacché io non sapeva come stricarmene.
pensando che si tenesse ancora il costume da lui
descritto. Non è senza ragione la sua maraviglia, che
28 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
la Repubblica abbia potuto conservare la sua li-
bertà in questo stato di cose, dove il pontefice è do-
natore di tante facoltà : ma giova sapere, che siccome
dal pontefice dipendono coloro che ottengono e spe-
rano i benefico, così gli sono in sommo grado av-
versari quelli che ne disperano. Questo avviene in
quelle famiglie le quali vogliono che sieno nelle
loro case continuati i grassi beneficii, e che non
solo impediscono agli altri di conseguirli, ma non
vogliono che ne resti altrui ne anche la speranza.
Aggiungo che alcuni, non so per qual destino, na-
scono così votati allo stato chericale, che per nes-
suna utilità, per nessuna promessa possono esserne
svolti. Oltreché, le famiglie che posseggono bene-
ficii non sembrano averne mai abbastanza, ma ne
chieggono ognora di più : cosicché poi altre di ciò
si tengono offese. Queste cose fanno sì che nella
curia abbiano più avversari che fautori coloro che
tengono per legge lontani dai pubblici maneggi
quelli che da essa hanno dipendenza. V ha una
legge, in virtù della quale il cherico o il beneficiario
diviene incapace di qualsivoglia dignità, magistrato
ed altro officio secolaresco : altra legge ancora, per
cui il consanguineo del cherico sino al terzo grado,
giusta il computo canonico, e l' affine sino al secondo,
vengono esclusi da ogni segreto consiglio dove si tratti
di cosa o di persona ecclesiastica, e per questo non
possono intramettersi come giudici in causa civile o
criminale, dove il fatto sia di chiesa o l' attore per-
sona ecclesiastica.1 È fuori d'ogni dubbio che così
1 Sono assai note queste leggi sapientissime della Re-
pubblica veneziana.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 29
aumentano ogni giorno le forze dei fautori della
curia ; perchè, come ne avverte Tacito, tutti si ac-
comodano più risolutamente a chi porge ; e se la
cosa andasse avanti di tal passo, sarebbe invero a
temersi per la nostra libertà. Ma è pur fuori di
dubbio che le cose accadono per divino beneplacito :
il suo fine ci è ignoto : contuttociò. si deve cercar
sempre con ogni studio e sperare il meglio.
Io non sono tale che professi pubblicamente d'in-
tendere l'Apocalissi, perchè neppure son re;1 e quanto
al durare di essa in perpetuo, o solo sino al suo fine
naturale, sia come congregazione di Pietro, o come
Babilonia, appoggiandomi piuttosto a congetture
umane, giudico ciò dipendere da un sottil filo ; cioè
dalla pace d' Italia. Voi di qua lontani non potete
intendere quello che a noi si mostra chiaramente. Vo-
gliate credermi : una volta mossa la guerra in Italia,
vinca il pontefice o sia vinto, non importa, la cosa
è spacciata : essi medesimi il sanno ; perciò nessuno,
come una volta, va provocando la guerra per accrescere
alcun che del suo patrimonio ; vedono anzi che colla
guerra rovineranno da se stessi la loro casa. Ora ver-
sano in grande tristezza, poiché alcuni pronosticano
la guerra da parte del duca di Savoia coli' aiuto
de' Francesi. Io, siccome non credo che sia per ac-
cadere, così stimo che il rammarico della curia è
motivato da gran ragione. Soltanto colla pace, conio
altre volte colla guerra, si sostiene l' Italia : impe-
rocché in questa, non come negli altri paesi, si guer-
reggia con soldati, armi e danari degli altri ; sicché,
qualunque parte vinca, vince mai sempre in Italia ;
'• Allusione alquanto pungente al re teologo Giacomo I.
30 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
e così ogni morbo che va al cuore è mortifero, anzi
mortale, benché sulle prime sembri cosa di piacere.
Dirò della pittura fatta fare dai Gesuiti, come
la cosa sta. In una certa sala della loro casa in
questa città, fecero dipingere [l' inferno con ogni
maniera di pene fiammifere, come padelle, spiedi e
altre cose, e colle povere animucce che così vengono
tormentate. Menavano colà i loro devoti, a line di
renderli così più soggetti col terrore, e mostravano
le animucce e le venivano indicando col nome più ca-
pace di esser compreso da ciascun uditore : — Questo
è il tale, quello è il tale altro ; — d' onde nacque tra
di noi il volgar proverbio: Li Gesuiti ti faranno
dijyingcrc a ca' del diavolo. Mi raccontò un giova-
netto, il quale studiava giurisprudenza, di esservi
stato condotto, e che nel mostrargli le anime, gli fu
detto : — Quello è Alberico Da Rosate ; 1 quell'altro Ro-
seto ; 2 quello Covarruvias ; — e, che più mi sembra no-
tabile, in certo spazio non per anche acceso da fiam-
me e capace di una sola animuccia : — Quello è, di-
cevasi, il luogo che aspetta il Menochio ; - - giacche
il Menochio era allora in vita. Queste sono cose da
ridere, ma con tali ridicolezze essi intanto ci ven-
gono tiranneggiando.
1 Questo dotto giureconsulto bergamasco, amico di Bar-
tolo, scrisse commenti reputatissimi, sul sesto libro delle De-
cretali.Vedi la nota 3 alla lettera CXXI, pag. 5 di questo voi.
2 Dovrebbe qui parlarsi di quell' Antonio Roselli are-
tino, che essendo già stato ai servigi dei pontefici Mar-
tino V ed Eugenio J V, andato per essi in diverse ambasce-
rie, e avendo composto un libro (come oggi direbbesi) codi-
nissimo, De potestate papce et imperatoris ; sdegnato poi
per non avere ottenuta la porpora, accettò una semplice
cattedra in Padova, e ne scrisse un altro De monarchia,
contro le pretensioni della corte romana.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 31
Mi fu grato quant' Ella mi significa intorno al
giureconsulto Batavo : gioverebbe assaissimo alle
cose nostre che questo libro qua si vedesse, ed io darò
opera che ci venga condotto per mare; il che av-
verrà facilmente, avendo io là molti amici. 1 Solo la
prego di farmi sapere il nome dell' autore, il titolo
del libro e il luogo della stampa.
Dell' Arresto di Chàtel mi maraviglio che tanto
abbiano differita la censura. Si dice che vi sia que-
sta proposizione : Che non vita re nella Chiesa, prima
che venga approvato dal papa ; proposizione, certo,
contraria alla parola di Dio ; eresia condannata dai
sacri decreti : e tuttavia, cotesta proposizione è il
primo articolo della fede curiale. Sono stato troppo
prolisso e molesto. Finisco con pregarla di scusarmi
o di continuare, siccome è solita, ad amarmi.
Di Venezia, li 2 marzo 1610.
CXXIX. — A Giacomo Giìlot.2
Soglio ricevere le lettere di costì dopo 15 o 16 gior-
ni ; ma la sua ultima dei 31 gennaio mi fu recapi-
tata il dì primo del corrente. Ciò che le scrissi in-
torno alle potestà per le quali si amministra questo
inondo e insieme il regno dei cieli, era stata per
lo avanti una mia semplice opinione : ora che la vedo
approvata da lei e confermata altresì con ragioni.
1 Lasceremo che i detrattori del Sarpi si sollazzino a
lor posta facendo invettive contro queste sue molte ami-
cizie in paesi di protestanti.
- Pubblicata, in latino, come sopra, pag. 11.
32 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
diverrà pure una mia credenza. EU' ha per me l' au-
torità di un intero teatro, e dei più numerosi.
Leggerò più attentamente la scrittura del signor
Richer, che in tanta ristrettezza di tempo ho scorsa
appena coli' occhio. Frattanto la prego di volerlo rin-
graziare e salutare in mio nome.
Non posso dissentire da lei per ciò che spetta al
re della Gran Brettagna : egli ha dallo studio delle
lettere guadagnato questo, cioè di non poter essere
raggirato dagli scaltri ; malattia di cui molti prin-
cipi, con loro gran danno, furono travagliati. Egli
però, per certa libidine dell' umano ingegno, è tratto
a voler ostentare eccellenza nell'arte altrui, piuttosto
che nella sua propria; e quindi, come sembra, antepone
un gran dottore a un gran monarca. Diceva già Se-
neca : — Niuna cosa mi pare più impotente di una
legge la quale comanda per via di premio, e non
giunge a persuadere. — Ora, che mai direbbe, se avesse
veduta una legge sorretta da un' apologia, e questa
prolissa e presa dall'Apocalisse? L' autore nel libro
Tortura Torti lo ammonì bene dopo il fatto : quelle
cose che colla penna aveva intraprese, spingesse in-
nanzi collo scettro ; come a dire, se avesse scritto pri-
ma di lui : che col solo scettro operasse, lasciando staro
agli altri la penna. Vedete quel Cesare, mentre arde
e barcolla la Germania, e la sua casa sta per andare
in rovina, spregiar 1' arte del regnare e darsi l' aria
di un grande astrologo ! 1 Ricordate Nerone, il quale.
1 La freccia, chi noi sapesse, è scagliata eontro l' im-
peratore a quei di regnante, Ridolfo II ; il quale amando
le scienze, e soprattutto l' astronomia, non andò esente
dalle superstizioni del secolo, e lasciò infondersi da Ti-
cone-Brahe la credenza nell' astrologia giudiziaria. Peggio
poi che, pei terrori che questa ispiravaglì, si sequestrò in
LETTERE DI FEA PAOLO SARPI. 33
morendo, compativa al popolo romano, perchè per-
deva un sì gran citarista ! Una gran virtù si è il
sapere, nella commedia del mondo, rappresentare la
parte sua propria, ed astenersi dall'altrui.
Non potei peranche leggere tutto il libretto del
signor Coeffetau : l pochi fogli, e tra questi i primi,
ne percorsi con fretta. Mi sorprese l' eleganza del par-
lare, ancorché in lingua per me straniera ; e per
tal conto, io lo stimo grandemente. Quanto però alla
modestia, ripeterei quello che nelle favole si dice
fosse detto al gallo : — Tu bensì canti bene, ma raz-
zoli male. — Pare che il Bellarmino si proponga di
ingiuriare il re; ma costui (eh' è peggio assai) di
schernirlo. Che cos' è di fatto, se non una irrisione,
il dire al re : la Chiesa non aver mai armato i sud-
diti contro i re, né mai aver teso loro insidie; come
se quegli, delle istorie perito e consapevole delle cose
che accaddero nel suo tempo, sia nondimeno per
credere ciò che con tanta facondia vuol proclamarsi :
cioè che a mezza notte il sole risplenda ? Il Bellar-
certa guisa dal mondo, ricusando di dare udienza a' suoi
ministri e fino agli ambasciatori stranieri. Le contese
eh' egli ebbe per tutta la vita col suo fratello Mathias e
con altri della famiglia, procedettero in gran parte dal-
l' essergli stato predetto, che i suoi giorni verrebbero messi
a pericolo da un principe del suo sangue.
1 II Sarpi latinizzava, o gli editori sconciavano quel
nome in Coiffeta. Parlasi di Niccola Coeffetau, famoso
teologo controversista di quel secolo, pieno di controversie.
Era domenicano, ma il suo zelo gli fruttò la dignità epi-
scopale, ed anche la nomina alla sede di Marsiglia. Morì,
di soli 49 anni, nel 1623. Aveva scritto non solamente una
Risposta al re della Gran Brettagna, ma altre eziandio
contro il Duplessis-Mornay e contro Marcantonio De Do-
minis. Le sue opere sono ancora da altri lodate per di-
gnità ed eleganza.
Sarpi. — II. 5
34 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
mino non osò pronunziare la sua sentenza, per non
offendere i principi italiani, e lo stesso re di Spa-
gna; i quali sa bene aver sopportato a malincuore
le cose che nella nostra controversia vennero scio-
rinate contro la dignità de' principi : laonde egli
vanta sibbene la potestà del papa sui principi ere-
tici ; ma convien guardarsi dal credere eh' egli ciò
faccia per volerla negare sugli altri. Un autore ge-
suita non è mai da leggersi senza aver presente la
dottrina dell' Ordine, anzi la professione che fanno
di far uso continuo dell' equivoco e della restrizione
mentale. E se vorrete por mente a ciò che già scrisse
di Richeome,1 non mai crederete il Bellarmino auto-
re di una sentenza così moderata, come quella di
cui vuol farsi bello nell'Apologia. Questo dissi per
concluderne, che se Ella notò specialmente que' due
luoghi dove conferma la potestà somma dei re.
l'autore stesso se mai gli accada di correggersi in
guisa che il suo vero pensiero spicchi fuori da-
gl' involucri delle parole, ci farà udire in quel libro
stesso le cose più portentose.
E poiché siamo alle mani co'Gesuiti, le dirò, quan-
to al Mariana, che mi sono altre volte maravigliato
come uomini così prudenti abbiano posto a luce un
libro di tal fatta, non punto meno empio di quello
del Machiavelli.2 Ma dei sette trattati che la romana
1 Altro controversista, che vestì panni gesuitici.
- Si allude al famoso trattato di Giovanni Mariana di
Talavera, che porta il titolo De rege et regis iiìstitutione,
nel quale apertamente sostiene il regicidio e difende Gia-
como Clement •, onde fu censurato dalla Sorbona e con-
dannato alle fiamme dal Parlamento di Parigi. Nel parlare
del Machiavelli, si vede come qui il Sarpi segua le volgari
opinioni. È, poi, deplorabile che un ingegno come quello
LETTERE M FRA PAOLO SARPI. 33
censura proscrisse, desidero eli' Ella sappia, altra es-
sere di ciò la causa ed altro il pretesto. Il pretesto
è, perchè nel Trattato della immortalità, fu ardito
di difendere la sentenza de' Gesuiti, de divino auxilio
efficaci; come se ciò non fosse lecito, finche la lite
pende innanzi al pontefice : la causa vera però, per-
chè stabilì, contro il Baronio, l' andata di San Gia-
como nella Spagna. È un nuovo arcano della curia
romana, che il Baronio debba tenersi come un
• vangelista. La Inquisizione romana scrisse a tutti
i suoi ministri per l'Italia, pongano ben mente che
in qualunque materia non si pubblichi cosa alcuna
contro il Baronio; e ciò mantengono' religiosamente,
perchè neppure, anche trattando delle cose de' Gen-
tili, sia mai lecito il contraddirlo.
Troppo 1' ho trattenuta, come sedotto dalle at-
trattive dell' argomento, e immaginando quasi di fa-
vellarle di viva voce. La prego di scusare la mia
importunità, e di avermi a lei obbligato per guisa,
da dipendere più da lei che da me stesso. Prego
Iddio che la mantenga sana lungamente, e a me
doni forze e somministri occasioni, perle quali pos-
sa mostrarmele non inutile servitore. Stia spaia.
Di Venezia, li 2 marzo 1610.
■ lei Mariana si facesse mancipio della setta lojolitica, giac-
ché la Storia di sua nazione, composta egualmente in la-
mio e spngnuolo, ed altre sue opere, lo costituiscono tra
i più eminenti pensatori e scrittori della Spagna.
36 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
CXXIX. — (D' ignota direzione.) 1
Non potei avere per lo spaccio passato le semenze
di cavoli fiori, come io desideravo : ora le mando, in-
sieme con l' istruzione dell' adoperarle. Le dirò di
nuovo, eh' è stato eletto per ambasciatore costà, per
dar cambio all' illustrissimo Foscarini, il cavaliere
Giustiniano, che fu ambasciatore in Inghilterra ; sog-
getto molto degno, qual tengo anco che sarà di molta
soddisfazione.
Delle cose del mondo, che altrove sono in tanto
movimento, noi non participiamo alcuna mutazione.
Non furono mai le cose d' Italia più quiete di quello
che al presente, ne noi siamo stati in maggior spe-
ranza di lunga pace di quel eh' adesso.
Io credo veramente, che 1' orazione di monsieur
di Bossize sia degna d' esser veduta, credendo anco
insieme che le cose dette da lui e non scritte, siano
le migliori, perchè è necessario tener segrete le più
forti ragioni.
L' ambasciator nuovo per costì è uomo di molta
capacità, prudente e savio, ma papista ; e non per
ignoranza, ma per elezione : onde merita tanto più
esser guardato. Fra Paolo ha con lui corrispondenza
pubblica, ma in segreto confidenza nessuna. Egli
1 Trovasi nell' edizione di Ginevra ec., pag. 596. — Se
alcuna lettera è nella nostra collezione di cui possa dubitarsi
non essere scritta dal Sarpi, questa tra le siffatte è certo
la principale. E ciò non tanto pel parlarsi di lui in terza
persona, ma per la imprudenza dei prognostici o delle ri-
velazioni che nella fine si trovano. Manco male se ci aves-
sero detto che una tal lettera venne deeiferata, per essersene
trovata la chiave !
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 37
procurerà di aver conversazione con protestanti, con
Casaubono, e con il signor ***; quali faranno bene
aver pratica sua, ma con cauzione. Questo V. S.
avviserà a monsieur de l' Isle.
Del duca di Savoia, facendo guerra, sia certa
«li buona corrispondenza e intelligenza ; ma senza
guerra, sicuramente vi mancherà. E questo V. S.
tenga per sicuro e certo, che viene di chi ne ha
interna cognizione. Non stima tutti li denari del
mondo ; vuol paese.
Quanto al papa, quello che scrive V. S. aver
dato disgusto al re, è verissimo ; e abbia per certo,
che è sempre di Spagna. La Repubblica un anno
starà senza partito, e poi assisterà a chi tratterà
fare un duca di Milano. Queste cose abbia per se-
crete. Io mi confermo di V. S. ec.
Di Venezia, il 1G marzo 1610.
CXXX. — Al signor de V Me Grosìot.1
Quella di V. S. delli 17 febbraio, mostra con
quanta perspicacia Ella esamini le cose umane, e
quanto sia acuto il suo giudicio in penetrarle. Io
veramente, conforme a quello che V. S. giudica, sa-
rei di parere quasi risoluto, che non dovesse esser
guerra, poiché non è dubbio esser abborrita da chi
ha in potere il farla o non : ma perchè Dio conduce
spesso gli uomini a fine contrario al loro disegno,
per questa causa resto con qualche sospensione.
Li medesimi avvisi della buona disposizione dei
1 Stampata in Ginevra ec, pag. 230.
38 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
principi di Germania ad intendersi insieme, sono
anco qua, e tenuti per certi.1 Nondimeno, ancora la
maggior parte reputa che si debba venir a conclu-
sione delle cose di Giuliers senza guerra; e questo
perchè li Spagnuoli non vogliono, e gli altri Austriaci
senza loro non possono implicarvisi ; e sempre che
una parte vuol cedere, 1' altra è costretta a cessar
dalla guerra.
Il cardinale Delfino 2 è venuto a Venezia più per
gli affari particolari di casa sua, che per altro,
di' egli sia per muover parola in loro favore, V. S.
non lo creda, perchè ne egli lo farebbe, né alli Pa -
dri riuscirebbe in alcun conto. Dio guardi che
entrasse in pensiero di confermare il loro bando,
perchè questo sarebbe un metter in dubbio la
ferma validità del già fatto ; il quale è con tanta
solennità e strettezza, che chi pensasse aggiungerne
di maggiore, la diminuirebbe. Per ancora di loro
non è stato parlato. Vero è che spesse volte hanno
tentato di entrare nello stato di Urbino, e quel duca
non ha consentito loro l' ingresso, se bene li ha ono-
rati eccessivamente : uè di ciò allega altra causa,
se non che li popoli suoi sono poveri, e non potreb-
bono sostener quella spesa.3 Il che non è falso, perchè
quei popoli sono dei più poveri d' Italia ; e se li Padri
siano di molta o poca spesa, Vostra Signoria lo sa.4
1 L' anteriore stampa legge : « per arti. »
2 Veneziano, ed uno dei cardinali intervenuti al con-
clave nel quale fu eletto Leone XI. « In loro favore, «
due righe appresso, è da intendersi : in favore de' Gesuiti,
che non lasciavano di procacciare con ogni mezzo il loro
ritorno a Venezia.
3 Vedasi la nota 1 alla pag. 209 del toni I.
4 Sono bene di poca spesa (tre buoni franchi al gior-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 39
10 sto con grandissima attenzione a vedere, se la
guerra si rompesse tra noi e li loro amici, come
essi si porterebbono con noi, e come noi con loro.
Sino al presente ho creduto, che il principe di
Concie avesse qualche fondamento della sua azione :
or credo tutto il contrario, e non gli pronostico così
poca mala ventura, come già a Carlo della mede-
sima casa. Se il marchese di Cceuvre sarà fatto ma-
resciallo, si potrà dire : Primum, species dìgna est
imperio.
Credo che V. S. avrà ricevuta la cifra, la quale
però io non adopererò prima che non abbia da lei
avviso certo. Quello che li manderà la presente, le
dirà anco qualche cosa di quel che le scrivo.
11 signor Domenico Molino e il padre maestro
Fulgenzio li baciano la mano.
Di queir altro Fulgenzio non si parla più. e
credo che per lui il mondo sarà presto finito. Quel-
1" altro Àlarc'Antonio,1 che partì di qua quando V. S.
vi si ritrovava, è in malissimo stato, per non avere-
di che vivere, e per il timore eh' il male d' altrui
gì' insegna avere. Prego Dio che li doni pazienza :
il quale anco prego che doni a V. S. ogni contento
di spirito, e grazia di vedere qualche riformazione
delli nostri abusi, li quali sono della natura di che
-dice Ippocrate: Quce pharmacum non curai, ferrimi
curai. Con che le bacio la mano.
Insieme con la primiera, verrà la risposta del
no) le loro novelle figliuole, dette Suore della Carità, die
oggi servono santamente, e per mèra e schietta penitenza,
negli Spedali d' Italia !
' Sospettiamo che dehha leggersi « Pietr' Antonio, « e
che voglia parlarsi dell' arcidiacono Rubetti \ di cui vedi
la Lettera XL1V ec.
40 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
gentiluomo Inglese a quella che mandò V. S. Quel
Vincenzo Lucconi agente di Mantova,1 è mandato
dal suo padrone per negozi a Praga.
Di Venezia, il 16 marzo 1610.
CXXXI. — A Giacomo LescJiassier.*
Le sono moltissimo obbligato per avermi tras-
messo il processo verbale circa alla causa del prete
costì ucciso. Su quel che la S. V. mi scrisse intorno
alla degradazione, già feci in altre mie ringrazia-
menti, se non pari al merito, almeno per quanto
seppi fare.
Fino a qui non andò perduta alcuna lettera
sua, e l' ebbi tutte ; ma Ella non può essere avvisata
così per fretta del loro ricevimento. Io riscrivo sem-
pre per lo stesso corriere, qualunque siasi l'angu-
stia di tempo in cui versi; ma il corriere che di
costà viene, non giunge qua che dopo 18 giorni, e
però non può far ritorno in coteste parti, che nello
spazio di 42 giorni. M'accorgo che Ella ha sempre
avuto in tempo le lettere mie : io, peraltro, ho rice-
vuto talora le sue 30 giorni dopo. Questo dico per
ispiegare la cagion del ritardo in alcune mie re-
sponsive. Le scriverò, giusta la commissione, valen-
domi del signor Castrino.
Il corriere precedente recommi le osservazioni che
la S. V. ha tratto dal Rebouff3 sulle riserve; e per lo
1 Di questo agente, senza però dirne il nome, parlasi
anche nella Lettera CXXIV.
- Edita, in latino, tra le Opere ec , pag. 75.
3 Giureconsulto francese, autore di un' opera intitolata :
Praxis beneficìorum, e d'altre; morto in Parigi nel 1557.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 41
stesso feci risposta. Dal punto delle riserve dipende
la salvezza di questa Repubblica. Ella sa quanto
sia difficile a guarire un morbo che non è sentito
dall'ammalato, e si scambia anzi dallo stesso per
buona salute : i rimedii anche più necessari e salu-
tiferi si hanno a schifo. In prima, bisogna studiarsi
di fargli conoscere il male; e in ciò io mi affatico,
dimostrando quanto sia grave danno lo avere nelle
proprie città e terre, numerose e ricche persone che
si professano obbligate di ogni lor bene a straniero
imperante, che, senza crescere materialmente i con-
fini, può della sua gran potenza farsi così una leva
alla signoria universale. Quanto poi al vederci un
modo d' uscita, parlerò franco colla S. V. Se durerà
in Italia questa pace, o più veramente codardia di
schiavi, non ci spero ; se poi ci sveglierà la guerra,
allora sì. Dunque sta a voi. Io prego Dio che vo-
glia far nascere quel che è per tornare in sua mag-
gior gloria. Ma da parte sì gravi cose, e veniamo
alle generali.
Sa che, or fanno due anni e più, fu dagli Olan-
desi scoperto un istrumento, pel quale si vedono
cose lontane, che altrimenti o non apparirebbero o
solo con oscurezza. Di questo trovato un nostro ma-
tematico di Padova e altri Italiani intendenti della
materia principiarono a valersi per l'astronomia, e
dalla esperienza avvalorati, lo ridussero più adatto
e perfezionato.1 Tale istrumento è composto, come
Ella sa, di due lenti (costà le chiamano lunette) ,
1 Vedasi il tom. I, pag. 181 e 279. Dalle parole del
Sarpi può argomentarsi, come gli studi e gli esperimenti
dei nostri su tal materia, in poco più di sei mesi avessero
progredito.
42 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
sferiche ambedue, ma 1' una di superficie convessa
e concava l'altra. La prima ha una sfera con dia-
metro di 6 piedi ; la seconda una sfera con diame-
tro di larghezza inferiore a un dito. Di queste com-
ponesi un istrumento di circa 4 piedi di lunghezza,
pel quale vedesi tanta parte dell'oggetto, die se si
riguardasse ad occhio naturale, perverrebbe a 6 mi-
nuti. Applicato poi lo strumento, vedesi sotto l' an-
golo maggiore di tre gradi. Queste cose sonosi os-
servate in Toscana nella stella di Giove, nelle co-
stellazioni delle Fisse; e V. S. le leggerà nell'opu-
scolo che a nome mio le offrirà il signor Legato.
con parecchie altre stupende cose, su cui farò parola
altra volta. Non si maravigli a vedere le stelle gi-
rare attorno Giove in così breve intervallo, perocché
fissando gli occhi in Giove, la distanza della luna
dalla terra non passa minuti primi 31, e lo stesso
corpo della luna non apparisce maggiore di minuti
secondi 17. Tanto partecipi, se le piace, al signor
Aleaume, che forse n' avrà piacere. La prego di con-
tinuare ad amarmi, e a tenermi a Lei obbligato per
molte ragioni. E stia sana.
Venezia, 1G marzo 1610.
CXXXII. — Al medesimo.1
Delle lettere di V. S. prendo tal piacere e pro-
fitto, che la loro mancanza mi sarebbe all' animo
importabile cruccio ; e quantunque non ci sia dato
sempre valerci della opportuna occasione che fin qui
1 Stampata, come sopra *, pag. 76.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 43
ne ha porto l' illustrissimo signor Legato, tuttavia
spero che se ne presenteranno continuamente delle
altre. Ora sono in faccende col signor Castrino per
trovare un modo pratico da servire almeno un anno.
In questo mentre, col divin beneplacito, altre si pre-
senteranno.
Al presente son tutto intorno alle materie bene-
ficiali, e mi lusingo di metter riparo non solo a
quegli sconci che si reputano degni di cura, ma forse
ad altri ancora. Parmi che Covarruvias abbia inteso
pel suo verso la cosa, parlandone però a quel modo
che consentivano i tempi e costumi. Io odio sopra
ogni credere quegli artefici spagnuoli. Perocché, qual
bisogno v' ha d' andar dicendo che alcuna cosa può
imprendersi in ragion di fatto, non di diritto, o in
maniera straordinaria, non ordinaria, come porta
tutto il capo 35 di Covarruvias ? Non è cosa più ra-
gionevole e alla Ptepubblica più conveniente, che il
necessario a farsi si stabilisca piuttosto per legai giu-
dicato, che di privata autorità? Io sempre ho più pre-
giata la consuetudine francese ; che mi pare più salda
e non conducente a disordini. Fa, invero, alle pugna
col giure delle genti una conclusione siffatta; che.
cioè, quel eh' è necessario a farsi e nasce da un In-
sogno pubblico, per dritto non ci sia permesso di
farlo, e pure si possa fare. Cotesti ragionamenti mi
sembrano simili a quelli di coloro che cercano se, a
salute dell' anima, sia lecito commettere un peccato :
giacché, se s' adopera a salvar l' anima, per ciò stesso
non si fa peccato; e se peccasi, questo non riesce
davvero a salvazione dell'anima.
Ebbi le sue osservazioni sulla degradazione, come
ho detto in altre mie. La cosa va proprio coni' Ella
44 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
rappresenta ; i chierici hanno sempre in serbo di nuovi
sofismi per deludere l' autorità dei magistrati. Se ot-
tenessero quello che chiedono in tal causa, starebbe
senz'altro in loro arbitrio l'approvare o rifiutare le
sentenze di quelli. A me ha recato assai molestia
1' udire che i vostri preti esigono dagl' inferiori il
giuramento di osservare il Concilio Tridentino ; in
quanto che temo da questi principii, che abbiano
finalmente ad appioppacela di viva forza. E se ci rie-
scono, noi non avremo più modo a rintuzzar quella
forza che gli -vorrebbero dare in Italia, facendone la
legge suprema. Ma che mostruosità è mai questa,
che s'abbiano a imporre giuramenti ostili ai ve-
scovi, al papa e ai regnanti ? Qui apparisce un certo
tal quale spregio delle divine cose. Da noi, la ro-
mana curia costringe i vescovi e gli abati a giurare
sulle parole del pontefice; giuramento che è in voga
per le feudalità: ma, del resto, innanzi a principi
non emettono giuramenti. Che se potessimo (come
ragion vorrebbe) reputare i prelati sciolti da quel
giuramento, forsechè ne seguirebbe alcuna modera-
zione di quella romana strapotenza ; giacché se
quello che a parole giurassero, in fatti non mantenes-
sero in alcun modo, ciò tornerebbe a gravissimo
scandalo dei popoli.
Rispetto a ciò eh' Ella scrive circa l' avvocato con-
cistoriale, il quale prova le riserve da questo, che
tutt'uno sia il concistoro di Dio e quello del papa,
non le rechi maraviglia di sorta. Noi siamo ingom-
bri fino agli occhi di simili libri. Oggimai tutte le
quistioni si troncano per siffatte ipotesi: il papa è
un secondo Dio, e può quello che Iddio stesso ; d' in-
giusta può tramutare in giusta una cosa; ogni di-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 45
ritto egli annida nell' alto petto : e cotali altre as-
serzioni, le quali se fossero conformi al vero, con
ragione dovremmo noi soffrii* taccia d' empietà, la
quale pur ci è senza fondamento addossata, per aver
sostenuta la ragionevolezza del restringere tra qual-
che limite questa tremenda e strabocchevole potenza.
Se le cose in Italia usciranno dallo stato odierno
d' immobilità, bisogna aspettarsi che tutto fra breve
si ricomponga in meglio. Scrissi al Menino in Padova,1
dove al presente dimora. A ragione V. S. gli vuol
bene : com' Ella trovò schiettezza nelle sue lettere, così
faccia conto essere in lui bontà d' indole e di co-
stume. Amerei vederlo occupato nell' esame delle
Pandette ; è questo il suo compito naturale. L' inca-
rico di decifrare il vecchio giure ecclesiastico, sic-
come riuscirebbe nuovo in Italia, così vorrebbe un
uomo che più valesse per saldezza d' animo e coe-
renza di principii, che per eloquenza. A voi altri
toccherebbe darci alcun che di simile a Cuiacio.
Duareno, o (parlando più a proposito) al Leschas-
sier : ma questo è meglio da desiderare che da spe-
rarsi, se non ci soccorre la Divina Bontà, in cui soln
devesi aver fiducia.
Qui ha preso forza la voce, che il re Cristianis-
simo faccia apparecchio di grandi forze militari : il
che se, come penso, si confermerà, a molti cangia-
menti andremo incontro ; e neppure le cose ecclesiasti-
che ne andranno esenti, per quanti sforzi altri possa
opporre. Il partito che prenderà il re verrà osteg-
1 Professore di leggi e autore, non troppo coraggioso,
di caustiche scritturelle, di cui parlasi nel tom. I, pag. 78
e in altri luoghi. Ma peggio che in questa, lo vedremo
trattato nella seg. Lettera CXXXVI.
40 LETTERE DI FKA PAOLO SARPI.
giato dalla curia romana; la quale porrà mano ai
fulmini. In tanta contraddizione di animi, non potrà
lungamente mantenersi la concordia nel governo
della Chiesa. Passi per congettura ; ma quantunque
la Francia non assaggi la guerra, pure eviterà quei
rimescolamenti che sono frutto delle discordie. Faccia
Dio che ogni evento partorisca a lui gloria; ed io
lo prego perchè sempre protegga la S. V. eccellen-
tissima, e mi dia forze a chiarirmele non disutile
servitore. E stia sana.
Venezia, 30 marzo 1610.
CXXXIII. — Al signor De V Me Groslot.1
Più volte mi son vergognato in me stesso, con-
siderando che le mie lettere a V. S. sono tutte
vuote; sì come, per il contrario, le sue a me tutte
piene : e conosco bene la molta affezione che mi
porta, poiché quella aggrandisce ancora li con-
cetti bassi eh' io le so rappresentare.
Se succederà che alcuna cosa si muova, chi vorrà
attendere alle gran preparazioni che si vedono già
incominciarsi, senza dubbio sarà costretto a credere
che ne debbia seguire qualche cosa molto rilevante :
ma spesso abbiamo visto preparazioni grandi facil-
mente quietate. Li Spagnuoli in tutti i tempi hanno
mostrato esser uomini molto intendenti del governo,
e in tanti moti circostanti non si vedono far prepa-
razione alcuna. Conviene ben dire una di due cose :
o che essi vedono 1' esito dove il tutto debbe termi-
1 Dall' edizione di Ginevra, pag. 234.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPL 47
nare, incognito a noi ; ovvero che la prudenza sia
diventata improvvida.
Sono stati duoi ambasciatori spaglinoli a Torino,
il Borgia e il Vives : il primiero è partito e questo
resta ancora. Ha trattato il duca con ambiduoi. e
tratta ancora con quello che resta, il quale spedi-
sce anco spesso a Milano. E certa l' inclinazione del
duca alla guerra; e per l'esperienza di tanti anni, egli
-a che sperar di Spagna. Con tutto ciò, il discorso
non è sufficiente di penetrare in petti occulti ; è ben
necessario che all' abboccamento con monsieur di
Desdiguieres, si risolva il tutto ; se bene la dilazione
che si interpone a questo, mostra o qualche gran riso-
luzione fatta, o qualche gran risoluzione rimanente.
Il re mostra in tutte le sue deliberazioni pru-
denza indicibile; ma in questa di aver disegnato
monsieur di Bouillon per la guerra di Germania, la
mostra maravigliosa, perchè non vi è forse altro in
Francia, in chi concorrano tutte le sue qualità ne-
cessarie. Ma, come chi ha madama di Condé in po-
tere, con quel mezzo non pacificherà tutte le cose?
Nella Germania, per la dieta d' Hala e per
quella di Magonza,1 che hanno così diversi fini, è
necessario che succeda qualche principio di gran
conseguenza. Il pontefice mi pare d' intendere che
abbia risoluto li commissarii delli Elettori cattolici
col rimettere la trattazione e resoluzione al nuncio
suo che tiene in Praga, non so per interponer tempo,
ovvero per fare che la risoluzione sia presa pili
conforme al voler di quei principi suoi aderenti. Vi
è gran dubbio da qual parte debba restar il duca
1 Vedi tom. I, pag. 335 e 361.
48 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
di Sassonia : che se esso ancora si mettesse della
parte di Hala, la guerra sarebbe universale di
religione. Io aspetto che, se succede, debba nelli
tempi seguenti esser chiamata JBellum sacrwm.
In Italia si fa come nelli giorni di Noè ; né li
padri Gesuiti, sebbene più sapienti di tutti, hanno
quella considerazione che la cosa merita ; poi che.
chi ben pensa, sarà necessario che ognuno sia in
ballo. E sì ancora non hanno trattato niente per
ritornar in queste nostre parti, o perchè non le
stimino, o perchè non abbiano li loro cannoni a se-
gno. Ma quando tra Francia e Spagna fosse qual-
che contenzione, come si diporteranno essi ? Conser-
varsi in soggezione d'ambedue le corone, come do-
verebbono fare veri religiosi, è cosa inferiore al loro
ardire : ingannare lo spagnuolo, sarebbe ingannare
loro medesimi : resta ingannare il francese ; il che
non so se sia secondo li esempi passati.
Quanto al libro De modo agendi, V autore non
è quel Perkinson,1 scrittore di molte belle opere ; ma
un altro, il quale intendo che vive, e serve il re
nello scrivere le lettere latine. Ho sentito molto dis-
piacere della morte di monsieur di Fresnes,2 per la
perdita che ha fatto il re di un buon servitore : non
credo che in Francia sia forse un altro che meglio
intenda le cose d'Italia. Bisogna contentarsi di quello
che arriva secondo la divina disposizione.
Io prego la Maestà Divina, che doni a V. S.
ogni prosperità : alla quale per fine di questa
bacio la mano ; il che fanno insieme meco il si-
1 Vedi Lettera CXXIII, pag. 12.
2 Già stato ambasciatore per Francia alla Repubblica
di Venezia. Vedi tora. I, pag. 35.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 49
gnor Molino e il mio compagno, che gode grande-
mente di andar nello spaccio per cercar le lettere,
quando è sicuro che vengono dalla sua parte ; onde
conviene participarli qualche nuova.
Di Venezia, il 30 marzo 1610.
CXXXIV. — A Filippo Bupìessis Mornay.1
Nulla suol mai Venezia operare per provvedere
al futuro: si governa invece di giorno in giorno.
Ond' è per ora inopportuno il trattar di soldati né
d' altri bellicosi apparecchi, mentrechè la guerra né
si prevede né è creduta generalmente. Nel che fanno
forza i papisti, cioè per farla credere impossibile;
abborrendo Roma superlativamente la guerra, come
quella da cui presagisce che verrebbe aperta la
porta al Vangelo.
Ad una lega che mutar possa lo stato d' Italia,
Venezia non sarà mai per accostarsi. Essa vuole la
pace, e farà ogni sforzo perchè questa si conservi:
bensì, una volta incominciata la guerra, potrà essere
invitata a qualche alleanza, cui credo dovrebbe ac-
consentire. Contuttociò, bisogna adoperarsi con cir-
cospezione, affinchè non sembri che sottovia ci covi
alcuna frode.
Al presente sono sbollite le discordie col papa,
sì perchè questi si comporta modestamente né co-
manda a bacchetta come una volta ; e sì per essere
1 Dalla Corrispondenza citata alla pagina 148 del
tom. I, ec. Ha scritto decisamente al principio : De padre
Paulo ; e ancora senza di ciò, non crediamo che della sua
autenticità potrebbe ragionevolmente dubitarsi.
Sarpi. — li. -4
50 LETTEEE DI FRA PAOLO SARPI.
aneli' egli intento al medesimo scopo, cioè alla pace
d' Italia ; e in fine, perchè la fazione papista si ac-
crebbe pel contegno tenuto dal re di Francia. Egli
per un intero quadriennio moltiplicò le sue istanze
affinchè si facesse l' accordo col papa, e le sue esor-
tazioni non andarono esenti da minacce : a tale che
molti dei buoni fecero defezione ; e quelli che ancora
stanno saldi, non amano gran fatto il re, siccome
pervertitore della buona causarne di lui più si fidano.1
Sta loro scolpito nell' animo quel eh' egli tentò di
ottenere colle sue lettere qua spedite; e tuttavolta
temono eh' egli non affetti di gratificarsi il papa a
prezzo della nostra servitù. Queste due verità sono
fuori di controversia, infra gli esperti delle cose
italiane: l'ima, che né il papa né la curia romana
potranno mai separarsi dalla casa d'Austria; l'altra,
che i nostri papisti si schiereranno sempre dal lato
ed a prò dello spagnuolo. Tutto ciò sia confidato
nel seno di lei, come signore ed amico.
Il padre Fulgenzio andò a Roma, dopo aver
avuta dal papa la pubblica fede che nulla sarebbesi
operato a discapito del suo onore. In questi diciotto
mesi fu continuo 1' ammonire che fecero per indurlo
ad abiurare : non volle cedere, ed è questa la cagion
vera della sua prigionia; il pretesto poi, che medi-
tasse di fuggirsi in Inghilterra. Stia sana.
Del 22 d' aprile 1610.
1 Chi può leggere queste cose e non maravigliarsi del
ritornare delle umane vicende e degli stessi periodi della
storia ? Vedasi anche la pag. 53.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 51
CXXXV. — Al signor De V Me Groslot.1
In questa settimana sono arrivate le due eli V. S. ;
una delli 23 marzo, 1' altra delli 6 del presente, se
bene venute per diverse vie; e questo i stesso è anco
occorso nelle lettere del signor ambasciatore. Mi piace
che V. S. si sia portata in Parigi, se ben vorrei che
ciò fosse stato non per causa di afflizione, ma di
piacere.
Non dispiace meno a me che a V. S. la partita
del signor ambasciatore da Parigi, perchè ci leverà
qualche parte del comodo che abbiamo del far pas-
sar le lettere ; poiché il successore ***. 2 Però io ho
puntato col signor Castrino un modo, mediante il
quale continueremo ancora quasi un anno, e non
dubito che dopo non siamo per trovar altri, sì che
la nostra comunicazione possa seguire quanto pia-
cerà a Dio darci la vita.
Il successore del signor ambasciatore si è messo
in ordine per partire al principio del mese seguen-
te; ma dovendo far così lungo viaggio, ha voluto
prima andare a visitar la Madonna di Loreto, da
dove non è ancora ritornato.
La cifra bisogna che sia imperfetta, come fatta
da me, che di quella professione non intendo: prego
V. S. darle la perfezione che li manca delle silla-
be, la quale mi accenna, e qualunque altra che veda
esser utile.
Dalla differenza eh' io ritrovo nelle due suddette
1 Edita in Ginevra ec, pag. 239.
2 Lacuna della prima stampa ; ma vedi qui dinanzi la
Lettera, che giudicammo imprudente, a pag. 36.
52 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
lettere di V. S. in materia della guerra futura, scor-
go che le cose non si sono palesate costì, se non
nel tempo che scrisse la seconda ; la quale tengo che
scuopre la verità non solo di quel eh' è, ma anco
delle cose future. Qua siamo certi che Leopoldo
avrà molta e buona gente, se bene senza capitano
di valore. Il tutto sarà nel mantenerla lungamente ;
perchè dalla sua casa non può sperar aiuto, dalli
ecclesiastici di Germania poco ; e se le cose spa-
gnuole si moveranno altrove, non potrà aver di là
quanto li farà bisogno.
Doveva esser un convento de' principi in Praga
a' 21 di questo, dove aspettavano anco il duca di
Sassonia. Dopo si è inteso eh' egli non anderà ; onde
quella radunanza sarà di poco momento, se pur
F imperatore non farà, come ha fatto altre volte, di
ordinarli che tornino in dietro. In somma, si vede
che per questo anno sarà guerra in Germania, ma
più a spese d' altri eh' a spese loro. Quando saranno
già in barca, bisognerà ben che navighino, quando
anco fossero lasciati da chi li averà dato aiuto prima.
Quanto alle cose d' Italia, il principe di Condé è
ancora in Milano : 1' abate d' Aumale è andato per
parlarli a nome del papa ; alcun crede per invitarlo
a Roma. La settimana passata, dovevano esser in-
sieme a Torino il duca di Savoia e Desdiguieres : li
più giudiciosi tengono che sarà guerra. La Repub-
blica starà neutrale : ha arti indicibili che non si
turbi la pace. Non è come quando V. S. fu qui, ma
i papisti sono al di sopra. * Gran causa di ciò è
1 Parole che molto importano a ben comprendere quel
periodo dell'istoria veneziana.
LETTERE DI FEA PAOLO SAEPI. 53
stato il re di Francia con li continui officii, che si
stasse bene col papa ; con che ha dato fomento a' pa-
pisti e impedimento ai buoni : 1 per il che questi
1' odiano, e quelli per interesse li sono contrarii ; es-
sendo una stessa cosa Roma e Spagna : e s' egli non
intende questo, non maneggerà mai bene il negozio
d' Italia. Volendo intelligenza con la Repubblica,
due cose è necessario servare : una, mostrar di voler
soci, non dependenti ; l'altra, acquistar li buoni e mal-
contenti e politici, che tutti sono contrari a' papisti.
È incredibile quanto grande sia stato il male
fatto con quella lettera. Se sarà guerra in Italia, va
bene per la religione : e questo Roma teme ; l' Inqui-
sizione cesserà e 1' Evangelio avrà corso.
Io ho scritto a V. S. con qualche confusione, stret-
to da angustia di tempo e occupato in certo nego-
zio. Mi resta dirli solamente quello eh' appartiene
alle Memorie di monsieur di Thou, che sono per-
fette, e giungono a ducento fogli.2 Ma perchè adesso
i papisti superano, padre Paolo dubita, perchè indubi-
tatamente si conoscerebbe non venir da altri, per li
molti particolari e segreti. Padre Paolo desidererebbe
truovar temperamento, che monsieur di Thou fosse
sodisfatto, e egli senza pericolo. V. S. vi pensi e
conferisca con monsieur di Thou, qual non vorrei
deluso nella sua espettazione. 3 II Padre sa che li
1 Esempio e criterio utile (chi volesse profittarne !) an-
cora pei tempi nostri. E così può dirsi di tutto questo pa-
ragrafo -, dove sono, soprattutto, da notare quelle parole :
« Soci, non dependenti. »
2 Oltre alla famosa Storia, il De Thou scrisse ancora
alcuni poemetti, e i Commentari o Memorie della sua
Vita.
:i Confessiamo di avere aggiunte, per servire al senso,
queste parole : « deluso nella sua espettazione. »
54 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
bisogna guardarsi da Roma ; quale non è troppo
lungo tempo, che ha fatto nuovo tentativo contro la
sua vita. 1 II Menino è ben sicuro, perchè sempre,
come diciamo noi all'italiana, puttaneggia.
La lettera di V. S. delli 6 del presente, è una
Distruzione così piena e così esatta, che mi rende
non solo intelligente delle cose presenti, ma mi fa
ancora prevedere il progresso che averanno in fu-
turo. Prima che finir questa, voglio per anco dirle,
che il Padre desidera guerra in Italia, perchè spera
fare qualche cosa in onore di Dio e in profitto del-
l' Evangelio.
Son avvisato di buon loco, che il papa ha fatto
efficacissime instanze verso il re di Polonia, che
muovi qualche travaglio all' elettore di Brande-
bourg in Prussia. La malizia è infinita.
Non voglio però che infinita sia la molestia quale
ho dato a V. S. con questa mia: per il che farò fine,
baciandole la mano, e per nome ancora delli suoi
affezionati amici ; quali accettano le scuse che V. S.
fa di non averli possuto scrivere, e vengono a tro-
varmi per pascere la loro curiosità delle cose oltra-
montane, chiedendomi la lettura delle sue lettere,
nuove e vecchie.
Di Venezia, il 27 aprile 1610.
1 « Oltre le suddette insidie (scrive Fra Fulgenzio,
n parlando delle ordite nel 1609), di molte altre di tem-
n po in tempo, negli anni seguenti, fu avvertito il Pa-
li dre ec. E tra queste, fu una di un concerto fatto di
» prenderlo vivo, e con una barca preparata condurlo in
» aliena giurisdizione ec. » Leggasi il rimanente di quel
racconto, pag. CX VI (citiamo la ristampa fattane in fronte
all' edizione della Storia del Concilio di Trento ec, Fi-
renze, Barbèra, 1858}.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 55
CXXXYI. — A Giacomo Lcschassier.1
Il corriere di Lione non ci portò quel fascetto
delle tre lettere del Legato, ma giunse a noi (e non
so per quale altra via) il 15 d' aprile ; nel qual
giorno ricevei le sue ^ettere del 24 marzo. Di già
pel corriere ordinario avevo scritto al signor Castrino.
che niuna sua lettera mi era pervenuta, e lo pre-
gava a ragguagliar di questo anche Lei.
L' ultima sua mi fu grata oltre modo. Con gran-
dissimo piacere vidi la formola delle lettere del
Senato di Provenza ; e approvo con tutto l' animo che
nel concederle si servano di un pubblico contradit-
tore. Presso di noi fa ostacolo a potervi imitare il
costume diverso. Pure brigherò (e penso riuscirvi |
acciocché il prefetto, a cui indirizza il Principe le
sue lettere, pigli informazioni dal fiscale ; e di qui
forse tal fiata verrà che egli proponga qualche cosa in
contrario, che da ultimo si rapporti al Senato, e
così pongasi in essere l' uso del dare il possesso
con cognizione: nel che veramente è il bandolo
della matassa.
Le debbo e le fo infiniti ringraziamenti, a nome
ancora di più persone, per l' inviatomi esemplare delle
Lettere Patronali con più nomi. Validissima è,
com' Ella avverte, la ragione del signor Menino, ca-
vata da un' antichissima osservanza non contrad-
detta, e perciò approvata dai pontefici che la cono-
scevano. Niente è più autorevole della consuetudine ;
essa sola è legge. Il giure scritto è una larva, se a
1 Edita in latino, tra le Opere ec, pag. 77.
56 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
quella non s' appoggi. Ma guardi per che ginepraio io
vo camminando. M' è forza servirmi di cotesta ra-
gione con grandissima discretezza ; perciocché, in
quella guisa che a me sta a cuore di assodare le
usanze, gli avversari vanno per tal via patrocinando
gli abusi. Io miro a questo : che i benefizi si confe-
riscano soltanto agl'indigeni, e non si gravino di pen-
sioni. La pratica opposta ha causato intollerabili
sconci, che sono difesi studiosamente dai romaneschi,
pel motivo che così adoperano i pontefici, sapendolo,
vedendolo né facendo contrasto il Principe, il popolo
e il clero. A me non mancano solidi e reali argo-
menti per mettere in luce la differenza ; poiché la
legge naturale non può dalla consuetudine abrogarsi
né infievolirsi. Non fo in vero quanto vorrei, ma
qualche cosa pur fo.
Rispetto a ciò eh' Ella mi domanda circa la
glossa, ove dicesi che il possessorio di cose spi-
rituali è cosa temporale, io parlai secondo 1' uso
italiano. Noi diciamo spesse volte testo celebre, o
glossa celebre, non perchè illustre ma perchè sfrut-
tata, allegandosi di sovente nel medesimo senso.
I nostri giureconsulti, e in specie del secolo pre-
cedente, non citano quasi mai ; e se talora lo fanno,
Ella riscontrerà che le allegazioni toccano il vero
senso. Laonde coloro che sono di più squisito giu-
dizio, quando i più interpretano un testo in senso
non netto, lo allegano sì in quei termini, ma sog-
giungono : — è un testo celebre ; — e ciò vuol dire che
nella stessa significazione è riportato spesso dai
dottori ; comecché a perfezione sappiano che essa
è fuori del vero. Tale sarebbe la 6 l. de hom.
in G, contro gli uccisori per mezzo di assassini, un
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 57
press' a poco come quei Musulmani che danno da
fare in Siria ; e quasi tutti i giurisperiti d' Italia lo
voltano agli ammazzatori per isborso di denaro. Se
a me stesse il provare tche un cherico il quale per
denaro ha fatto uccidere altrui, è degradato ipso
jiire, direi senza meno : « v' ha il testo celebre 6 l.
de hom. in 6 ; » inteso, cioè, comunemente così
dagl' insegnati. Ora a noi. Ci ha la glossa 6. Li-
teras de Jur. calum. la quale si allega per ordi-
nario a significare che il possessorio di cose spiri-
tuali è un che di temporale. V. S. vedrà che Covar-
ruvias, ed altri non trascurati, citano di questo te-
nore la glossa da me chiamata celebre. Se poi mi
si chiedesse un giudizio sulla intelligenza esatta
della glossa, lo emetterei francamente. Dallo accen-
nar che fa la glossa, — sebbene in ordine alle
cause spirituali non si giuri per calunnia, pure se
si trattasse del possessorio, si giurerebbe per una
cosa spirituale, — argomentarono i dottori : « Dun-
que, il possessorio di cosa spirituale non è spirituale,
perchè non si giurerebbe per calunnia. » A me la
conseguenza non pare necessaria, potendo le parole
ricevere senza stiracchiatura un altro valore ; cioè :
in causa spirituale non si giura per calunnia, ma
da questa regola si eccettua la causa possessoria di
cosa spirituale ; e certo è che ciò che si eccettua,
appartiene alla stessa natura di quello che com-
prendesi nella regola. Per lo che, se taluno volesse
dimostrare per quella glossa, essere spirituale il
possessorio di cosa spirituale, non gli darei sulla
voce, ma per 1' unica ragione di questa pratica dello
interpretare.
Quanto poi al mettere in un mazzo, come la
58 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
S. V. fa, giurisprudenti e teologi abusatori dei
luoghi biblici, se mei permette, io stimo che se
n' abbia a far diverso giudizio, i secondi biasimando
e scusando i primi. Io metto i teologi nella cate-
goria di coloro che abusano le cose altrui, e vice-
versa i giureconsulti. La parola del Signore dura
in eterno, né agli uomini è dato abolirla o mutarla ;
ma le leggi soggiacciono all' uso, che (quali ch? esse
sieno) vale ancora a distruggerle. Che meraviglia,
perciò, se con sapiente e opportuna interpretazione
s' acconcino alle circostanze e agli eventi ? Di questo
mi ha erudito la romana curia, dacché divenne
più savia. Una volta, niente più costumava che ri-
tirare o derogare o canoni o costituzioni : sconcio
fecondo d' infiniti spregi. Ora si guarda bene dal
farlo : li ha invece in altissima venerazione, ma pure
ne piega lo esplicamento a suo prò. E così si fa
del Concilio di Trento. Ma che dirassi, quando la
interpretazione fa a calci col testo? L'obiezione non
è a proposito : se la legge non ne riceve reale onoran-
za, nemmanco le si fa ingiuria manifesta. Ma troppo
ho divagato in queste ciance : ritorno al proposito.
Ho letto parecchie volte il libro delle Pratiche
del Covarruvias, e segnatamente il capitolo 33 ; ne
mai posi mente là dove dice che altri scrittori spa-
gnuoli avevan preso a patrocinare la prassi dei tri-
bunali regi. Gli avvisi da Lei dati non saranno invano :
io farò sicuramente indagini e avrò alle mani codesti
autori. Se saranno pubblicate le risposte del Vamesio1
1 Giovanni "VVames, e latinamente Wamesìus o Va-
mcssius, di Liegi, autore di un libro intit. JResponsorum,
sive Consìliorum Juris, Centuria} sex; e d'altri. Godè l'ami-
cizia di Giusto Lipsio, che ne pianse la morte nel 1590.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 59
per La fiera di Francfort, e i nostri librai ne faranno
provvista, starò attendendole. Risi della burletta da
voi altri fatta alla curia romana ; la quale fa pur
sempre il suo mestiere. E davvero, penso che il
maestro del saero palazzo operasse all' avventata ;
dacché sono sì facili e ardenti nel porre a divieto
i libri, che scambiano spesse volte l'uno per 1' altro.
Vogliono soli la padronanza sul pensiero che è
messo in istampa.
Ella si maravigliò perch' io dissi che se guerra
verrà addosso all' Italia, la romana curia proverò
disfatta anche in mezzo a una gran vittoria ; ma non
è disaccordo fra simili concetti. Perocché, se guerra
sorgerà in Italia, non sarà senza concorso di molti
dalla curia discordanti; e a questa toccherà a so-
stenere due guerre, l' una militare, letteraria l' altra ;
e se nella prima conseguirà vittoria, resterà di
certo perdente nella seconda, non potendo per ogni
dove dar mano a quegli argomenti di fuoco e eli
fune, che a lei tengon luogo di polizia e di ret-
torica.
Scrisse il signor Legato di avere spedito due
esemplari di Polibio ; né però son giunti ancora, e
il perchè non so. Voglio credere che non sieno an-
dati perduti. Più presto mi perverranno, e più presto
ne dirò grazie al signor Casaubono. Frattanto io
le partecipo che tempo fa lessi alcuna parte di
quel libro, e parvenu che niuno mai recasse con
tanta chiarezza in lìngua latina un' opera greca.
Oserei dire senza iperbole, che il Polibio latino
riesce più elegante e più lucido del greco. Parecchi
esemplari qui ne capitarono, e sono letti e se ne
loda a cielo l'interprete. Io aspetto i Commentari
60 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
con vivissima brama, e la prego a salutare F autore
di essi e padron mio.
Tanto era già scritto prima dell'arrivo del corriere.
Da esso ebbi le ultime sue gratissime dei 5 aprile, e
non posso astenermi dal tornare a riscriverle : tanto
è il piacere che godo a conversare con Lei ! Sono
impiegato in molte faccende e vo scrivendo assai,
specialmente pel corriere di costà; ma a niuno più
alla dimestica che a Lei. Imito in questo Cicerone,
gettando giù quello che mi viene alla bocca: del
rimanente, inetto da banda ogni arte, e troverà
spesso strapazzato Prisciano dalla mia penna. Ma
tiro avanti, sicuro d' averne da Lei scusa e perdono.
Quando, però, ringrazio, io discorro sul serio ; che
tal mi sono da obbligarmi in perpetuo a chi mi
fa beneficio; e quel che da altri ho ricevuto, non
mai m'induco a dir mio. E però non mi passo del
ringraziare la S. V. per la legge rimessami di
Lodovico XI, la quale mi accorgo, per una anche
sbadata lettura, dover tornare assai profittevole
alla mia intrapresa. Ella dice di sapere che i nostri
nacquero nel servaggio, e che quale non ha gu-
stato la libertà non ne conosce i vantaggi. E ciò
costituisce il principale impedimento a' nostri sforzi :
ma pur la natura tira l' uomo al franco vivere,
ancoraché veduto sott'ombra. È indubitato che, come
la Chiesa si formò pel verbo, così pel verbo drit-
tamente riformisi : pure, a quel modo che i gravi
morbi si medicano per mezzi opposti, la fiducia no-
stra è tutta nella guerra. Imperocché a mali estremi
si convengano estremi rimedi. Creda pure a me,
che le cose veggo assai da vicino : non d' altronde
può venirci salvezza. Niente però può farsi fuori
LETTERE DI FRA PAOLO SARPL GÌ
del tempo fermato da Dio, e senza i modi da lui
prestabiliti. Io lo confesso, noi tuttavolta adope-
riamo e pensiamo alla maniera umana. Dio vuole
che ci travagliamo con affetti da uomo, e che siamo
esauditi per consigli di cielo; ne io son uomo da
credere che cosa alcuna possa avvenire quando
non ha da essere. Questo ragionare affido al petto
di un amico. E prego Dio che converta in atto
quello che riuscir debba ad onor suo.
Vengo a dire della luna. Per verità, non ho
letto ciò che ne scrisse il nostro matematico : *
spesso abbiamo conferito insieme su queir argomento
e molte osservazioni ci scambiammo. Aprirò ciò che
penso, manifestando solo, come ho per costume, cose
da me verificate. E incontrastato, che la terra mo-
stra alla luna le stesse fasi, che la luna alla terra ;
sennonché quelle della terra alla luna, derivando da
maggior corpo, sono più valide. Quando la luna è
nel mezzo al sole e alla terra, non si vede dalla
terra ; per contrario, quando la terra è nel mezzo
al sole e alla luna, non vedesi dalla luna. E sic-
come la terra, quando è nel mezzo, vede 1' emisfero
della luna tutto lucido, così la luna, quando è in-
termedia, vede tutto illuminato 1' emisfero della ter-
ra. Quando par che la luna si dilunghi dal sole per
la quarta parte del circolo, apparisce mezza ;
quando poi ci sembra che la luna s' allontani dal
1 Se qui voglia parlarsi del Galileo, rimane incerto,
non essendo a noi pervenute le lettere scambiate circa quel
tempo tra i due grandi uomini. Si aggiunge che una Let-
tera dello stesso .Galilei al Sarpi, dei 12 febbraio 1611,
comincia così: « E tempo ch'io rompa un assai lungo si-
lenzio. » Op. dì G. Galilei, ediz. diretta da E. Alberi,
tom. VI, pag. 41.
62 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
sole per 30 gradi, la lontananza della terra ci si
presenta per gradi 150. E così, quando la luna ci
apparisce illuminata per 2 digiti, la terra si mostra
alla luna illuminata per 10 ; e quando la luna de-
crescendo manifestasi alla terra illuminata per 10
digiti, la terra quasi crescendo si mostra alla luna
illuminata per 2 digiti. Faccia conto di ragionare
allo stesso modo sulle altre fasi, fino a che s' avrà
procacciato idee sicure e familiari. Con questo di-
leguerà Ella il dubbio che viene dal veder noi la
luna falcata e come semi-opaco il resto del corpo.
D' onde mai quella luce ? Io dico dalla terra, cui la
luna vede illustrata per 2 o 10 digiti. Perchè poi non
vedesi quella oscurezza nella mezza luna ? Perchè
il lume che piglia dalla terra è più debole, venen-
dole solo dalla metà della terra. Da ultimo, come
la luna più è vicina alla congiunzione e tanto mi-
nor lume comunica alla terra, questa ne offre un
maggiore ; e quando tende alla opposizione, quella
cresce, la terra poi scema, finché, tolta via, riesce
massimo il lume della luna e nullo quello della terra.
Sulla domanda proposta dalla S. V. circa alla
terra e all' acqua, quale delle due, cioè, riceva più
luce dal sole e la riverberi, dirò brevemente. Se
Ella riguarderà una grandissima massa d' acqua
situata in luogo esposto al sole, vedrà la particella
d' acqua su cui riflette il sole, illuminata alla pari
di esso, e anzi ritrame la immagine, e il luogo stes-
so, come la S. V. asserisce, splendere quasi sole ; con
oscurezza poi le si presenteranno le altre parti del-
l' acqua, cui percuote il sole. Se poi rimirerà altret-
tanta terra illuminata, le si mostrerà tutta a egual
modo lucente ; meno invero della particella d'acqua
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 63
donde il raggio riflettesi, ma più del rimanente del-
l' acqua. Cosi ho parlato per servirmi del suo esem-
pio; ma veniamo più dappresso all'argomento. Se Ella
porrà di contro al sole, ma lungi da sé, una pietra
rotonda e uno specchio sferico della stessa grandezza,
vedrà 1' emisfero della pietra rischiarato e tutto lo
specchio oscuro, all' infuori di quella minima parti-
cella in cui le si offrirà alla vista un certo piccol
sole. Che se tanto l'allontanerà da essere insensibile
1' angolo, cioè quel piccol sole, appena Ella vedrà lo
specchio ; il sole poi apparirà splendentissimo. L'ac-
qua e la terra sono sferiche, e la luna ha una parte
lucida ed una macchiata : applichi ad esse questi
riflessi, e toccherà con mano la cosa.
Vengo a trattare di un altro suo dubbio. Xon so
se il matematico siasi chiaramente spiegato ; ma dirò
del fatto com'è. Niente affermo di queste macchie
che si veggono nella luna. Tanto appariscono col
mezzo del canocchiale, come se si vedessero ad occhio
nudo ; ma dico che nella parte lucida della luna
trovansi cavità ed eminenze. Se V. S. dirà : — Sono le
parti più rare che sembrano a me cavità, e le più dense
che prendo per eminenze, — vengo a provarle il contra-
rio. La solidità di una cosa, com' Ella ha appreso dagli
ottici, non si vede che per la luce e 1' ombra : però
la pittura imita la solidità co' lumi e coli' ombre, ed
io posso mostrare ogni oggetto solido come se fosse
pieno, per lumi ed ombre variate di colore. Asserisco
ora che il lume e 1' ombra di quelle parti manifestano
chiaramente la esistenza di quelle cavità ed eminenze.
Se Ella adatterà in modo uno specchio concavo, che
il suo asse voltisi al punto del sole a mezzogiorno,
e lo riguarderà quando nasce il sole, aliora la parte
64 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
orientale sarà ombrosa e illuminata l'occidentale.
Allorché il sole sarà giunto a mezzogiorno, tutta la
cavità illuminerassi ; e quando a tramonto, sarà
per contro ombrosa 1' occidentale, e la orientale lu-
cida. E se tanto vedrà, perchè non conchiudere : — se
mi verrà sugli occhi cosa a cui più da vicino non
potrei accostarmi, senza bisogno del tatto, la dirò
cava ? — Vedonsi pure nella parte illuminata della
luna certe rotondità, che se la luna è dalla parte
d' occidente, appaiono in quella direzione più oscure
e più chiare dalla parte d' oriente ; e, per converso,
decrescendo la luna dalla parte orientale, veggonsi
le stesse rotondità in numero e grandezza: ma i
lati orientali allora sono più oscuri e più luminosi
gli occidentali, di guisa che sempre l' oscurezza vol-
ge al lato del sole. Nel plenilunio poi non si vedono,
come quelle che sono in pari modo illustrate do-
vunque dal sole. Se ciò non denota quelle essere
cavità, non ci resta più modo a conoscere per via
della vista le cavità. Parlo ora del tatto. A rincon-
tro parimente, se quello che dalla parte del sole na-
scente apparisce lucido e dall' opposta tenebroso,
al tramonto del sole cangia tanto che il punto
lucido si tramuti in oscuro, e viceversa, le sarà forza
di riconoscere 1' eminenza. Certe altre cose trovansi
nella luna, ma in minor numero, che al crescere e
decrescere suo appaiono identiche di postura, quan-
tità e grandezza, cangiando di luce, e sempre più
risplendendo la parte che avvicinasi al sole. Nel pleni-
lunio poi non si vedono, essendo egualmente illumi-
nate; perocché il sole stando perpendicolare ad un
monte, lo rischiara tutto egualmente da ogni banda.
L'amico del quale V. S. dice aver fabbricato un
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 65
istrumento ad iscorgere più stelle fisse e scoprire altre
macchie della luna, ha fatto gli stessi sforzi dei no-
stri ; i quali vanno qui molto innanzi, e nella costru-
zione e nell'uso dell'istrumento.1 Ho per fermo che tutta
la celeste filosofia ne avrà incrementi notevolissimi.
Io la trattenni a lungo su queste ciance : ma
corse a mio malgrado la penna quando presi a scri-
vere di questa materia. Se noiosa riescirà la lettura,
mei perdonerà ; e se non chiara abbastanza, sappia
scusare la pochezza dell' ingegno. Io non so divertir
la mente dagli argomenti beneficiari.2 Nessuna mara-
viglia che di ciò spesso le scriva, perchè qui volgesi
il cardine della nostra libertà. Di qui ci vengono tutti
i mali ; i quali se medicar sapremo, torneremo a
piena salute. M' abbia fede ; i nostri dissentimenti
hanno origine solo da ciò : sul resto siamo d' accordo
anche troppo. Veda se metta conto il ripetere spesso
cotesto ragionamento. Non altro aggiungo. Prego
Dio che la conservi sana, e mi dia il potere di pa-
lesarmele non disutile servitore. Le bacio le mani,
pregandola d' infiniti saluti al signor Aleaume.
Venezia, 27 aprile 1610.
1 Non crediamo che potrebbe ciò intendersi d' altri che
del Galilei e del suo celebre teloscopio ; siccome ancora
che la espressione nostri, debba a lui principalmente ri-
ferirsi. È bensì vero che anche il Sarpi fabbricava o faceva
fabbricare istrumenti fisici, astronomici o geometrici. Sul
quale proposito delle scoperte e invenzioni da lui fatte o
promosse, invitiamo di nuovo gli ammiratori del grande
Italiano a rileggere le Memorie aneddote del Grisellini, da
pag. 106 a 112.
2 Fa onore al Sarpi una tale protesta ; perchè gli studi
che drittamente mirano al bene della civil convivenza,,
sono sempre da preferirsi alle scientifiche, per quanto glo-
riose, speculazioni.
SARn. — li. 3
66 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
CXXXVII. — Al medesimo.1
Ebbi le sue lettere del 19 aprile, nelle quali
scorgo tracce di finissimo discernimento. Oh, volesse
Dio che con Lei potessi abboccarmi a beli' agio ! Non
è dubbio quanto all' andare allo stesso scopo per di-
verse vie ; 1' una retta, oblique 1' altre e di numero
infinite. Gl'imperatori greci, quando non grandeggia-
va ancora la potenza o, dirò meglio, la intolleranza di
freno nei cherici. mantennero la maestà del comando,
senza alcun discapito o intoppo. A voi altri tocca
a difendere la libertà con lotta domestica ed ester-
na, ma schietta, palese e fiancheggiata dalle leggi ;
agli Spagnuoli (colpa de' luoghi) con artificii e dissi-
mulazione. E di questa maniera è quello che affermò
Covarruvias sulla fine del cap. 36 delle Pratiche;
ove, e innanzi ancora, ragionando a dilungo dell' op-
posizione da farsi all' attuazione delle bolle della
curia romana, soggiunge che non ha mica ciò detto
per detrarre al pieno eseguimento delle lettere apo-
stoliche ; dacché il monarca Cattolico abbomina e
proibisce con editti un tal modo.
Così costumano essi di rendere onoranza a parole,
e nei fatti condursi a proprio talento. Sento dire che
hanno stanze gremite di bolle nascoste dagl' impe-
ranti, perchè non si mandassero ad effetto. E quel
loro avvertimento che non se ne impedisce già ma
prolungasi la esecuzione affinchè sia consultato e
istruito il pontefice, è un pretto sofisma ; non pen-
sando, poi, né curando né volendo adempiere verso
di lui una tal parte.
1 Edita come sopra, pag. 82.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 67
Il giuramento, o professione di fede (come la
chiamano), di cui la S. V. mi scrive, in Italia pre-
stasi non solo dagli ammittendi a' benefìzi, ma dai
predicatori, dai rettori delle scuole e (ciò che le
recherà maggior meraviglia) da tutti i laureandi in
legge, medicina, filosofia ed anche letteratura. Ed
io credeva che presso voi non fosse in vigore, come
quello che ebbe origine dalla Sinodo di Trento. Ma
ci ha pur altro giuramento che fassi da vescovi,
abati e altrettali aventi giurisdizione ; e il tenore
somiglia a quello che ha luogo nelle cose feudali. Pe-
rocché giurano di difendere la vita e le appartenenze
dei soggetti, guardare il segreto, rapportare ciò che
ascoltano in contrario, proteggere i nunzi, soste-
nere il papa ec. ; ne mai le verrà fatto di trovare
giuramento più di questo magnifico ed esteso. Io porto
avviso che l' istesso giuramento non si pratichi da voi
altri, e di esso già feci menzione ; giacché quello che
nella professione Tridentina di fede promette reve-
renza e obbedienza, par che abbia a restringersi alle
cose spirituali. Ora, a ben considerare il ricordato,
si trova eh' esso rende schiavo chi lo presta al ro-
mano pontefice, più che non sia a vecchio padrone
qualunque antico vassallo.
Circa a quanto Ella asserisce sull' antichissimo
giuramento di fedeltà al principe, che rimane, cioè,
illeso, sebbene un altro simile prestisi al papa, io vo
pienamente d' accordo ; anzi penso che ogni uomo nasce
suddito e obbligato d' amor quasi filiale alla repub-
blica, e che niun vincolo succedaneo può rompere o
sminuire l'obbligo già prima contratto. Essendoché
questo ha origine dal giure naturale ; e però il che-
rico non isveste la natura di cittadino, e più è le-
68 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
gato come cittadino al principe, che come cherico
al papa. A rincontro insegnano i romaneschi, che
per la susseguente obbligazione cancellisi la prima,
e ogni altro si annulli pel giuramento prestato al
papa ; ripetendo il detto d' Innocenzo, che in qualsi-
voglia giuramento sottintendesi riservata 1' autorità
della sede apostolica. Ma di ciò altrove.
Rispetto all' avvertenza di V. S. che non sa ve-
der via a mutamenti in Italia, cèrto che quella s' ap-
poggia a gravissima autorità ; ma i fati si faranno
la via da sé stessi. Io, per dir vero, rimango in so-
speso per contraddittorie ragioni, ne mi è dato d' in-
dovinare il futuro. Il duca di Savoia col signor Des-
diguieres, tennero per due giorni conferenze con chi può
loro comandare : erano presenti 24 francesi, con-
dottieri d' esercito.1 Nulla è trapelato delle fatte
deliberazioni. Questa Repubblica brama la pace e
detesta la guerra, come un malato il medicamento ;
e certo a ragione, dacché non si sa se questo asse-
condi o travalichi le forze del paziente. Il duca di
Savoia oggimai conosce che non può ottenere dagli
Spagnuoli altro che denari, e di questi si cura poco.2
Ed io riesco sempre qui con le conclusioni : delibe-
rano invero i mortali, ma l' evento è solo in mano
di Dio.
Che sia per mulinare il vostro re, non per anco
è dato congetturarlo : dà che pensare il mistero, e
rende segno del sommo potere di sì alta sovranità.
1 Queste parole hanno spiegazione e correzione insieme
nella Lettera seguente, al fine della pag. 70, avendo, con
errore non unico a questo luogo assai guasto, ì' originale :
Aderant militum duces Franchi 240 (!).
- u Non stima tutti li denari del mondo ; vuol paese. «
Lettera CXXIX, pag. 37.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 69
Convennero appresso Cesare i tre elettori eli Colo-
nia, Magonza, Sassonia, e il legato eli Treveri, con
altri ciuchi e arciduchi e langravi, e cattolici e lu-
terani. All' infuori eli banchetti e libazioni, non so
che altro si facessero. Il pontefice manda nunzi al
re eli Spagna ; e a voi fuor cieli' ordine, nell' inte-
resse della pace. 1' arcivescovo eli Nazareth : nome
fatale alla Francia per le cose fatte da quel Mirto,
che, fregiato della stessa dignità sotto Enrico III,
ebbe e fu insieme tanta parte della santa alleanza. Ma
intanto il pontefice non trascura la propria famiglia ;
ha comprato a Sulmona nel regno di Napoli un
principato di 50,000 ducati, e altri 10,000 ne ha
colà inviati per aumentare gli acquisti. La romana
curia niente teme più della guerra. Io prego Dio
che tutto indiriga al suo onore, e Lei serbi lunga-
mente incolume e verso eli me disposta all' usata
benevolenza. Stia sana.
Venezia, 9 maggio 1G10.
CXXXVIII. — Al signor De V Me Grosìot.1
Quello che V. S. mi scrisse innanzi la sua par-
tita di Parigi, non fu troppo, perchè non era super-
fluo, vedendosi adesso che le cose elette da Lei si
vanno verificando. Se li fatti del principe di Condé
saranno tanti e tanto ben ordinati, quanto li viag-
gi, dobbiamo da lui aspettare gran cose. Sono ben
certo che è principe di ottima intenzione e grau-
1 Dalla raccolta di Ginevra ec, pag. 245
70 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
dissima prudenza; ina il tutto è, che abbia il ri-
scontro delle cose conforme al suo valore. Sono ben
certo che li Gesuiti averanno fatti tutti li uffici per
loro possibili e usate tutte le arti: non credo però
che li venghi prestato tanta fede, quanto li altri
fautori dimostrano.
Il pontefice ha destinato Legato in Spagna il
vescovo di Chieti, e in Francia l' arcivescovo di Na-
zareth ; persona versata nel carico di procuratore di
palazzo. Il primo anelerà con suo commodo; il se-
condo è stato fatto partir in diligenza, e all' arrivo di
questa credo di già sarà costì. Dio voglia favorir il
suo negozio, se è alla gloria della Maestà Divina.
Molti credono che ciò sia fatto a richiesta de' Spa-
glinoli; li quali anco spargono voce che il re di
Francia si sii armato non per altro che per levar
1' animo a qualche inquieto che pensasse fare no-
vità nel suo regno ; ma che, del resto, non disegni di
passar più innanzi.
A Milano facevano provisione di guerra, e già
si negoziava la levata di Svizzeri e di Tedeschi del
Tirolo. Adesso hanno sospeso ogni cosa, e si sono
fermati: il che la maggior parte pensa esser per
mancamento di denari.
Il papa ha mandato cento mila ducati a Napoli
per comprar Stati.1 Spagna ha richiesta la Repub-
blica di lasciar passar Tedeschi per il suo Stato, e
ella l'ha negato. Desdiguieres fu a trattazione con
Torino, e ancora con lui 24 capitani ; 19 papisti e 5
1 Di ciò è parlato ancora nelle Lettere LXVII e
LXXIII, scrisse nell' anno precedente *, onde sembra un
novello invio di danaro che il papa facesse per « comprare
stati » in aggrandimento de' suoi nipoti.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 71
t
riformati. Ha promesso conversare papisticamente,
e ne ha dato principio avendo in compagnia l'amo-
rosa: non vuol però messa.
Queste sono le cose del mondo, e qualche altre
che li scriverà il signor Castrino, le quali io trala-
scio per angustia di tempo. Quanto s' aspetta agli
occhiali nuovi, toccando le cose celesti, non v'è al-
tra cosa di momento sin' ora osservata, se non che
avendone fabbricato uno con tanto artificio, che si
vede solamente circa un centesimo della Luna alla
volta, ma di tanta grandezza di quanta con quel
primo si vedeva tutta essa, le cavità sono tanto
conspicue e così esattamente viste, eh' è stupore ; e
la stella di Giove, che molte volte è stata osservata,
appare appunto di quella grandezza che il sole,
quando alle volte si vede sotto alla caligine. Ma le
maraviglie che si scuoprono con questo artificio,
sono nella professione della prospettiva ; imperocché
da quello si comprende il modo come si fa la visione,
e le ragioni delli occhiali così di vista debole come di
corta : cose che vogliono un giusto volume per esser
esplicate.1
Io qui farò fine, pregando Dio, che doni a V. S.
ogni vero bene. Alla quale bacio la mano, come
fanno gli altri amici; aggiungendole che le dili-
genze de' libri difesi2 si sono reiterate; onde sarà
diffìcile di trasmetterne con quella solita strada, ma
forse si troverà qualche altro mezzo : a che biso-
1 I lettori potranno tuttavia confrontare quanto qui cli-
cesi, con quello che n' è discorso nella lettera CXXXVII,
da pag. 61 a 64.
- Cioè, diligenze per la ricerca e il sequestro dei libri
proibiti da Roma.
72 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
gnerà pensare arobidue, per fare dispetto a' nostri
nemici che vegliano.
Di Padova, il 10 maggio 1610.1
CXXXIX. — Al nominato Bossi.2
La lettera di V. S. delli 19 mi capita in mano
per favore della buona fortuna ; perchè, essendo ve-
nuta fuor del luogo, se non fosse stata veduta da
un amico nella moltitudine delle altre (il quale pro-
curò che mi fosse portata) era preparato là. per
quanto mi disse, chi vi aveva fatto disegno sopra.
Ho sentito con indicibile allegrezza 1' unione di
codesti principi e signori, e la prosperità nella quale
camminano le cose del regno ; e si può dir certa-
mente, che dopo un sì funesto caso quale fu 1' as-
sassinio del re,3 non potevano le cose passare meglio :
ma credo ben anche che ne in Ispagna né in Italia
si siano adoperati acciocché fosse altrimenti. Sapen-
do, come savi, che non bisogna importunamente
operare, cominceranno a seminare il Diacatholicon ; 4
1 Questa lettera, nella citata raccolta del 1673, porta
la sottoscrizione Pietro Giusto ; e può dare indizio di
uno dei pseudonimi sotto i quali Fra Paolo nascondevasi,
fin dal principio di quest' anno, nelle sue corrispondenze
epistolari.
- Fra le pubblicate in Capolago ec, p. 213.
n u Enrico IV fu assassinato il 14 maggio 1610. » —
(Bianchi- Giovini.) Benché di fatto sì grande e sì doloroso
accenni qui 1' Autore quasi freddamente e di volo, vedre-
mo quant' egli se ne commovesse, sino a ringagliardirsene
d' assai la sua latina facondia, al principio delle seguenti
Lettere CXLII e CXLIII.
4 « Soprannome che dà al re di Spagna, ed a quelli
del suo partito in Europa. » — (Bianchi- Giovini.)
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 73
ed avranno molto tempo, dovendo durare cinque
anni la minorità del re. In questo si conoscerà il
valore e la fedeltà francese, se sapranno star uniti
e non lasciare prender radici alla semenza. Mi pare
gran cosa che il regno e chi lo governa possa, dopo
sì grave percossa, aver animo di continuare i dise-
gui del re; i quali, riguardando i preparamenti, io
credo che non fossero in Cleves, ma maggiori e forti
essere in Ispagna. Ma quand' anche cotesto governo
attendesse a parte e sostenesse gli amici fatti dal
re, sarebbe impresa degnissima la risoluzione di vo-
lere appresso di sé gente armata. Xon posso dubi-
tare d' alcun mal incontro, e che gli uffici del papa
e de' Gesuiti non voltino il cervello alla regina ; x ma
il volere in Francia un Condé, quantunque fosse
per essere un contrappeso a Soissons, è cosa di gran
pericolo. Già egli è infetto dell' arte di Spagna, e
si può tener facilmente che non lo lasceranno par-
tire, se non vedendo che debba riuscir a loro pro-
fitto: ragione che a me pare insolubile.
Ma V. S. mi tocca un non so che del matrimo-
nio,2 che mi ha reso stupido, parendomi che sia ces-
sata 1' occasione di simil materia. La prego, in una
parola, toccarmi la causa perchè si mette in campo
questo punto, che a me non pare pertinente : e sa-
prei volentieri se la regina favorisca Condé, e se
V. S. crede ch'egli sia in augumento o in diminu-
zione ; siccome anco se v' è speranza che i riformati
acquistino maggior vantaggio nella causa di religio-
ne, perchè io qui miro sopra ogn' altra cosa, per-
' Si vedano le seguenti Lettere dei 22 giugno e 3 agosto.
- Vedi la nota posta a pag. 211 del tom. I.
74 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
suaso che questo servirebbe a far entrare 1' Evan-
gelio in Italia.
Dopo eli' è venuto qui certo avviso della delibe-
razione di Leopoldo di muover la guerra agli Stati,
e del principio che ha dato scorrendo verso Nimega,
io concludo che non possa quest' anno passar senza
guerra, dove si mischi anco la Francia, la quale
per nessun modo potrà abbandonare quegli Stati.
Io non so già • vedere come vi concorra la tregua
con F arciduca Alberto, stante la congiunzione eh' è
fra loro arciduchi e con Spagna; e se con questa
guerra la tregua si serbasse, io vedrei gran disav-
vantaggio per gli Stati, poiché sarebbero assaltati
senza poter assaltare.
Quanto alle cose di qui, il papa s' è dichiarato
di voler assistere alla Francia : ma tutto è simula-
zione per far meglio il fatto di Spagna ; perchè, mo-
strandosi amico, manderà un cardinal legato che
farà ogni male. A questo sarebbe necessario che la
regina attendesse, per essere la via più facile di far
il male. V. S. tenga per certo che la dichiarazione
è fatta di consiglio dell' ambasciadore di Spagna.
La Repubblica è piena di sospetto contro Spa-
gna per vederla senza contrappeso e per il disgusto
del passo negato,1 e vorrebbe perciò la guerra. Il si-
mile Parma, Mantova, piene di sospetto e corrispon-
denza : ma questo non si può fare senza Francia, Mi-
lano e Torino. Non restano gli ordini di far armata,
ma procedono lentamente. Se adesso si tentasse guerra,
senza dubbio tutta Italia sarebbe contro Spagna.2
1 Vedi la Lettera precedente, pag. 70.
2 Ma la viltà era entrata così profondamente negli
animi, che nessuno profittar seppe della occasione.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 75
Io prego V. S. a far parte di questi avvisi al signor
dell' Isle. In Costantinopoli v' è esercito potente ter-
restre per andare a' confini di Persia; ma l'armata
marittima non è di gran conto, non dovendo passare
sessanta galere.
Venezia, 1' 8 giugno 1610.
CXL. — Al signor De V Isle Groslot.1
Essendo quella di V. S. delli 11 maggio, che ul-
timamente ho ricevuto, scritta innanzi la morte del
re, per la mutazione di tutte le cose non ricerca
risposta, se non di poche particole.
Il ritorno del signor Foscarini porterà gran im-
pedimento alla nostra comunicazione ; ne per adesso
io so trovare altra via, se non quella dell' ambascia-
tore di Torino. Del venturo 2 a Parigi non si può
confidare pienamente, per esser troppo papista ; e,
quel che più importa, non per religione, ma per in-
teresse. Mandare le lettere per il corriero non in-
viate ad altre persone, è cosa piena di pericoli, e
non mi capiterebbono se non per fortuna.
Se il re fosse vissuto e avesse continuato il pro-
ponimento di andar in Germania con tante forze,
io non dubito che quei principi non si fossero ac-
cordati ; e già dell' accordo si parlava apertamente
qui. Non potevano esser senza sospetto, quando un
forestiero dovesse entrare nel loro paese tanto più
forte di loro. La memoria di Enrico II non è tanto
1 Dalla raccolta fatta in Ginevra ec, pag. 249.
2 Di quello che verrà. E vedi, su tal proposito, le Let-
tere CXXIX e CXXXVI.
76 LETTERE DI FEA PAOLO SARPI.
antica ; x e anco quando il re fosse stato tale che
avessero dovuto fidarsi totalmente, la prudenza po-
litica però non ammette lo Stato a discrezione d' al-
trui, massime che la dimanda fatta all' arciduca del
passo, e la commissione successa, non potevano ar-
gomentar pensieri sopra altri paesi. Adesso che sono
levate queste ombre, forse che sfumerà quella trat-
tazione d' accordo, del resto piena d' infinite diffi-
coltà, e che presuppone innanzi la perfezione di molte
cose, ciascuna delle quali vuol un anno : e fra le
principali, la denuncia di guerra contro li Stati
fatta da Leopoldo, ha accresciute le difficoltà, non
essendo conveniente che li principi di Germania ab-
bandonino quella Repubblica, dichiarata per loro. Io
ho ammirato la deliberazione di quel governo in
dimandar ugualità con Francia e Inghilterra nel
compartimento della preda. Nessun principe fece mai
gran cose, se non quelli che riputarono le loro forze
maggiori di quello che erano : questi soli mettono a
pericolo, e senza esitare o pentirsene, tutto. Quel
che si fa altrimenti, riesce di sotto del mediocre.
Il negozio del re de' Romani averà incontri in-
superabili : la volontà dell' imperatore non inclinata
a vedersi successore vivendo ; li disgusti tra sua
maestà e il fratello ; qualche concorrente tra essi
fratelli, quali non tutti cederanno al maggiore; la
poca convenienza tra li principi elettori ; li interessi
1 Enrico II erasi collegato coi principi di Germania
contro l'imperatore Carlo V, ed esercitando lungamente
la guerra tanto in quelle regioni come nei Paesi Bassi ed
in Italia, aveva aggiunto sino a dugento piazze al dominio
di Francia •, le quali poi tutte cede nella vergognosa pace
detta di Chàteau-Cambresis. Morì, com' è noto, per ferita
riportata in un torneo, nel 1559.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 77
poi de' principi fuori di Germania, che s' adopere-
ranno a varii fini, non tanto con lettere d' inchio-
stro, quanto con lettere d' oro. Le quali cose mi
fanno congetturare, che la nostra età non sia per
vedere regolate tante cose, quante per necessità sono
per attraversarsi oltra le dette.
Ma lasciando queste cose pubbliche, quanto al
Teatro di Vignier,1 tanto hanno scritto sopra quella
materia, e sono così difficili da stabilir li principii
dove cavarne resoluzione, che il parlarne oltre la con-
gettura è cosa assai pericolosa. Io credo bene che
avrò occasione di vederlo, ma non mi curo che que-
sto sia così presto, avendo altre cose per le mani.
Quanto al libro De modo agendi, 2 io ricercai
1' ambasciatore straordinario d' Inghilterra, che me
lo procurasse insieme con altre cose. Egli, al suo
ritorno, in luogo pubblico, dove non potevamo par-
lare lungamente, mi disse che mi aveva sodisfatto ;
ma immediate tornato a casa, si mise in letto con
grave mfirmità, di dove non è levato per ancora :
onde non ho potuto sapere se al certo in questo
son sodisfatto ; ma congetturo di sì. Onde prego
V. S. non passar più innanzi in affaticarsi per ciò ;
e se io per quella via non avrò ottenuto il mio de-
siderio, le scriverò di nuovo e riceverò la sua grazia.
Non so se quei Padri goderanno felicità in Fran-
cia dopo la morte del re, o pur maggiore. Quanto
1 Niccolò Vignier, ministro della chiesa riformata in
Blois, ebbe dal sinodo della Roccella la commissione di
scrivere il così detto Teatro dell' Anticristo, che venne
in lnce nel 1610. Aveva prima pubblicato una dissertazione
contro il Baronio, intorno all' Interdetto di Venezia.
- Parlasi di quello attribuito al Perkison, poi saputosi
non esser suo, come si ha dalle precedenti.
78 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
a me, credo che averebbono per vergogna che fosse
successo un gran fatto per altre mani ; e se bene
tutto non si scoprirà, non so se varranno ancora a
tutto coprire. Io crederò il ragionevole senza fare
loro torto, poiché non capii prqphetam perire extra
Hierusalem.1
Quanto a Fra Fulgenzio, non è vero che sia po-
sto in galera, ne dopo che fu messo prigione all' In-
quisizione, si ha saputo di lui altro con certezza.
Un mese è che li Padri del suo ordine da Roma
scrissero, eh' era morto in prigione, di laccio ; e così
essi tengono per certo : ma io non ne ho altri ri-
scontri. Mi resterebbe dirle alcune altre cose, le
quali avendo scritto a monsieur Castrino e man-
cando di tempo, lo prego che gliene faccia parte.
E qui facendo fine, le bacio riverentemente la mano.
Di Venezia, li 8 giugno 1610.
CXLI. — A Giacomo Lescliassier?
Non ho parole da raccontare con quanto ram-
marico si udisse qua la notizia della morte del re;
giacché in lui solo pareva riposta la speranza della
cristiana libertà. Egli ebbe d' immaturo soltanto
P estremo fato, e non senza gloria morì ; ma troppo
presto pel regno e per la repubblica cristiana. Am-
miro io sì e venero insiememente i divini giudizi :
1 II Sarpi, calmata la prima effervescenza dell' ira su-
scitata da un tanto delitto, perseverava nel credere i Ge-
suiti indirettamente colpevoli della morte di Enrico IV.
Vedi al principio della Lettera CXLIII.
- Edita fra le Opere ec, in latino pag. 83.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 79
ma mi fa stomaco la novella dottrina che, al dispetto
di tutti gli umani e divini diritti, fa lecito per causa
di religione 1' assassinio de' principi ; la quale se per
accordo di tutti non si distrugga, io veggo venuta
ormai l' ultim' ora per la social convivenza. Ora
sono forzati tutti i re e gT imperanti non solo a ce-
dere alle arti degli Spagnuoli e de' Gesuiti, ma a
sventare perfino le loro diffidenze: perciocché quel
re non agitava consigli ostili verso di loro ne vi
avrebbe pensato mai; e tuttavia, pel solo sospetto,
lo fecero ammazzare.1 Non mai abbastanza potremo
arrovellarci per siffatte ribalderie. Faccia Dio che
il mondo vegga i suoi rischi e sappia ripararvi !
Già niuno, per quanto di prudenza e destrezza
adoperi nel trattare, sarà sicuro dai loro colpi,
quando tale sventura incolse ad un re che ai gesuiti
fu prodigo d'immensi favori.2 Non vorrei far da indo-
vino, ma giudico che il regno di Francia non avrà
mai sicurezza fino a che tal peste non venga estir-
pata. Noi vi precedemmo : se avete a cuore la pub-
blica salute, seguiteci. Ma basti di queste cose; le
quali avranno adempimento, se Dio non accecherà
coloro che più vedono o dovrebbero vedere.
Non per anche sono giunte le Risposte di Vames s
sui mercati di Francfort ; e diedi commissione ad un
amico che partiva per F Olanda, affinchè me le recas-
se. Io leggo volentieri que' libri che sono scritti da
1 Accusa terribile quando viene da un uomo come il
Sarpi -, e ciò anche a malgrado di quanto è detto al prin-
cipio della Lettera seguente.
2 Esempio che altri con ispavcnto dovrebbero ramme-
morare, se gli esempi della storia bastassero a render gli
uomini più risoluti e prudenti.
3 Vedasi a pag. 58.
80 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
uomini liberi. Ingegno non manca agi' Italiani ; ma
non possono adoperarlo. In cima a' pensieri tengo la
materia beneficiaria, perchè ninna è più profittevole
allo Stato. Se opportune riforme potranno impiantarsi
dirittamente, avremo chiusa ogni entrata a' nostri ne-
mici : e ben essi lo sanno, e però difendono pertinace-
mente le riserve con cui ci opprimono. I nostri, nati e
cresciuti nel mezzo agli abusi, son tardi a conoscerli
e pigri a combatterli. Io trovo che voi altri, sotto re
minorenni, aspiraste sempre a maggior libertà, e varie
cose riformaste nell' amministrazione ecclesiastica.
Volesse il cielo che v' affaticaste anche su questo
particolare, come desidero e per vostro vantaggio e
luminoso esempio di noi stessi! Godo assaissimo che
procedali tranquille le faccende di cotesto regno ; né
pensavo fosse per essere altrimenti, giacché a voi non
faceva mestieri di usare cautele. Per ora non correte
rischi, ma quando gli Spagnuoli e i Gesuiti avranno
disseminato il Diacattolico, allora sì che ne corre-
rete ; e non farete fronte, se permetterete che ne ab-
barbichino anche le più piccole radici, segnatamente
se d' oro, come un tempo erano ad essi più care.
Sapevo le notizie che V. S. mi dette del Casau-
bono: ora sciolto di quel fastidio, potrà dar mano
al Polibio e ad altri buoni scritti. Ogni uomo dab-
bene deve attendere alle cose politiche ; l giacché i
nemici del buon governo e della libertà, sotto il
pretesto di religione, ci regalano a forza funesti
insegnamenti, i quali fa d' uopo ribattere. Io ho
1 Questo è ben altro che la dottrina dei moderni Ca-
toni della viltà : rumores fuge ; e 1' insegnamento pagano
ed egoistico di certi antichi ; cioè che il filosofo non deve
impacciarsi della repubblica.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 81
somma venerazione per queir uomo, e desidero si con-
servi in prospera salute.
Quanto alle lenti oculari, per dirne alcun che,
ci ha qui alcuni eruditi, che disegnano di fare un
piccolo commentario sulla visione, ove esporranno
la maniera e la cagione del ritrovato Olandese, e
tutta la teorica a un tempo del cannocchiale. Se ver-
rà, come credo, in luce, ne manderò alla S. V. un
esemplare, sperando che troverà favore presso di
Lei e d'altre persone di cotesto regno.
Saranno costà inviati all' uopo ministri. Il primo
favore sarà di esortare che si esterminino gli Ugo-
notti dal regno, acciocché Dio, maggiormente pla-
cato, lo risguardi con occhio più benigno. Se altri
noi farà, il papa gli diverrà nemico. Quando a Lei
scrivo, non farei mai fine; e spesso mi scordo di
quella debita moderazione che non dovrebbe trava-
licarsi. E qui chiudo la mia col pregare Iddio che
la serbi sana per lungo tempo.
Venezia, 8 giugno 1610.
CXLII. — Al medesimo.1
Non oserei tenere i Gesuiti o i romaneschi per
autori della morte del re, dacché specialmente è
voce che il sicario sia posseduto da nera melanconia.
Ma pure non posson essi negare che tale scellera-
tezza non fosse causata da un principio inventato da
loro, e difeso poi anche per iscritture e magistrale au-
torità. A Praga, il gesuita Scoto predicò quella ucci-
1 Stampata come sopra, pag. 85.
Sarpi. — il. G
82 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
sione degna d' elogio e di premio : approvare un fatto
torna quasi lo stesso che consigliarlo.
Io stupisco come il re abbia portato in pace 1' ol-
tracotanza del Gunter, il quale non peritandosi dal
predicare contro i suoi editti, ne assalì ancora la
fama. Inoltre, il soffrire che un privato, di moto suo
e senza che il principe lo richieda, emetta, segna-
tamente in pubblico, un giudizio, è troppa indul-
genza, la quale riesce da ultimo a rovina dei re. Il
re favoreggia i Gesuiti, avvisandosi per tal guisa
di declinare le loro trame; ma quanto si pensa sfug-
girle, altrettanto vi corre incontro. Se anco per giu-
ramento affermassero i Gesuiti di Francia di non
far buona quella dottrina, non potrei loro dar fe-
de; perchè con equivoci, restrizioni mentali o tacite
riserve fanno essi prova di gabbare Iddio. Quan-
d' Ella ha ascoltato un gesuita, faccia conto di
averli uditi tutti quanti. Non eccettuo i francesi : la
vostra gente è bensì schietta e verace, quando per
proprio senno governisi; ma se dalle altrui arti si
lasci abbindolare, avanza la tristizia degli altri. Che
direbb'Ella, se dessi il primato della nequizia ai
Gesuiti di Francia?1 Mi starebbe grandemente a
cuore che si ribattesse dai teologi con qualche scrit-
tura un insegnamento così abbominevole ; ma temo
che la Sorbona adempia a questo incarico alquanto
rimessamente. Vedo, infatti, che essa è troppo ligia
ai Loioliti, degenerando così dalla Sorbona antica e
veramente francese: ma contro a tal peste pubblica
1 Qualcuno si sentirà qui tratto a sclamare : — 0 buon
Sarpi, perchè non sei tu vivo, a fine di farci noto il giudi-
zio che portar dovresti intorno ai gesuiti e ai gesuitanti
Francesi d' oggidì !
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 83
non si deve battagliar fiaccamente, per non parere
anzi di raffermarla. Non è solo il Mariana a farsi
spudoratamente banditore di tali massime ; ma è bene
il vezzo di tutti i Gesuiti. Vegga il Suarez, a petto al
quale le sentenze del Mariana paiono scherzi. Esso
arma i sudditi alla morte del principe, non solo dopo
il comando e 1' approvazione dei papi, ma col solo
presupposto della loro approvazione : anzi afferma
bastare la persuasione che essi saranno contenti,
comecché non l' abbiano a parole significato. 1 Ma
passiamoci di tal gente.
Mi rallegro che tutto sia costì intervenuto feli-
cemente: il Cielo faccia che ciò duri per sempre.
Vorrei che fosse ben netto il campo di cotesto regno ;
pel quale fo mali presagi per allora che i nemici
abbiano disseminato il Diacattolico, e 1' orecchiuto
in ispecie. Fino a che stanzieranno costà i Gesuiti,
voi terrete il lupo per gli orecchi, covando dentro voi
stessi la cagione del morbo. Ma sono ben pazzo a
parlar di cose di cui non ho esperienza e dalle quali
son lontano, alla S. V. eccellentissima, sotto i cui
occhi esse accadono. Vengo agli affari nostri.
Quando i vostri e gli Allobrogi 2 s' armavano, ta-
cevano gli Spagnuoli di Milano, quasi che tutto fosse
tranquillo : adesso che voi avete deposto le armi, essi
si apprestano a guerra ; o piuttosto ad imporre agli
Allobrogi e ai rimanenti Italiani quelle leggi che
1 Eppure si parla del solo Pascal come quello che,
colle Provinciali, portò il colpo più funesto alla malefica
pianta del Gesuitismo ! E queste Lettere Veneziane del
gran filosofo e puro credente Fra Paolo?.... Perchè scritte
in latino e stampate alla macchia in Italia, solo pochis-
simi sino ai dì nostri le avevano lette.
2 I sudditi della casa di Savoia.
84 LETTERE DI FRA PAOLO SARRI.
vorranno. Se mai soggiacque Italia a rischio di schia-
vitù, ora sì che v' è presso. Poco cura il papa, o
forse desidera catene d' oro ; anzi, ebbro di felicità,
non le vede. Agli altri stanno in fronte gli occhi
per vedere, ma la facoltà manca del tutto. Per no-
stra grave disavventura, il re brandì le armi, e la
sua morte riesce adesso più micidiale a noi che a
voi medesimi. Ma tuttavia, niente avviene contro la
divina volontà ; e perciò a Dio facciamo preghiere
perchè il tutto rivolga in bene.
Mi sforzai d' avere il libro del Vames : x fra poco
spero di vederlo, e mi gioverà. Delle leggi e co-
stumanze di quel paese niente conosco fin qui ; e
tal notizia sarà profittevole, poiché gli esempi val-
gono più delle ragioni. S' io reco in mezzo Francia
o Spagna, ben possono rispondermi : 2 non siamo da
tanto, ne possiamo stare a paro dei grandi re. Dal
che avviene che il più delle volte ricorrano a' Pie-
montesi. Se vi aggiungerò quelli di Borgogna, benché
non principi così grandi come quei due re, ne accetti
a' Gesuiti, fo conto di trovare miglior ventura ; seb-
ben' io presagisca che d' ora in poi non si verrà
a capo di alcuna cosa buona : tanto la faccenda
procede grave d' impacci.
Torno alla dottrina de' Gesuiti. Se cotesta società
di teologi scriverà qualche cosa contr' a loro, darà
il segnale della guerra ; perocché avrà a condannar
come eretica la loro dottrina e valersi del decreto
di Costanza. E questo prenderanno in mala parte a
Roma ; e prima, perchè scartino un insegnamento
1 Vedi la nota a pag. 58.
2 Cioè, gli avversarli dell' A. ; i romaneschi e gesuiti.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 85
cui essi fauno buon viso ; poi, perchè s' abbia co-
me legittimo il concilio di Costanza. Da qui forse
verrà, che siccome le massime della Sorbona non
consonavano un tempo colle romanesche, così ac-
cendasi nuovo fomite a contrasti. Che se tanto av-
verrà, si appiccherà zuffa fra le chiese romana e
francese ; e per voi sorgerà il principio di una per-
fetta libertà, e a noi sarà di stimolo il vostro esem-
pio. Ciò sebbene io desideri più di quello che speri,
pur amo di consolarmi ingannandomi ; niente più
standomi a cuore che di scemare il peso di questo
importabile giogo. Quel che su tale oggetto qui verrà
scritto, a voi altri giungerà; ma mentre si tratta
e discute, prego la S. V. a volermi ragguagliar di
ogni fatto. La ringrazio vivissimamente della sua let-
tera datata del primo giugno ; e prego Iddio che se-
condi tutti i suoi disegni, e lunghissimamente la
conservi. Stia sana.
Venezia, 22 giugno 1610.
CXLIII. — Ad Isacco Casaubono. l
Con mio gran rammarico, l'esemplare del Poli-
bio che V. S. mi mandava, andò perduto ; e ciò non
tanto per esser privo de' frutti delle sue fatiche
(poiché un altro ne ho, di cui posso giovarmi),
quanto per avere così perduto un ricordo sì caro
della sua cortesissima persona. Ma siccome non
alla cosa in sé, ma al sentimento dell' animo deve
in tai casi badarsi, così mi convien dirmi sod-
1 Dalle Opere dell' A., tom. VI, dove si legge in latino,
a pag. 117.
86 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
disfatto abbastanza dell' onore impartitomi dalla
S. V. col credermi non indegno di un tal favore.
Tutti sentono eguale orrore per la detestabile
scelleratezza, tramata quasi d'un colpo e compiuta,
contro 1' ottimo principe che fu vostro re : tutti,
dico, all' infuori di coloro che tra l' arti che profes-
sano, pongono ancora la strage dei principi; gente
che quanto più odio, tanto più vorrei poter odiare.1
Venendo alle altre parti della sua lettera, vedo
bene eh' Ella di me giudica secondo 1' amicizia, e
non secondo la verità; che certo non sono io tale
da poter essere con fidanza da Lei consultato, e in
ispecie dovendo rispondere per lettera ad una que-
stione che non è certamente da lettere. Ma non
osando io disdirle in cosa alcuna, mi sforzerò di
fare quanto mi ha comandato : bensì prego di ri-
guardare i miei sforzi siccome il meglio che far
potessi in tale occasione.
Premesso che Gesù Cristo diede se stesso per la
Chiesa, a fine di renderla immacolata, non in que-
sta vita ma sì nel tempo avvenire ; mentr' essa a
ciò s' incammina e tende a quel segno che ai mor-
tali non è dato di raggiungere, mi sembra ch'Ella
desideri una Chiesa esente da ogni macchia: la
quale, se non alzerà gli occhi verso il cielo, io non
potrò mai additarle. Perciò ottima sarà da dirsi
quella che mostri in sé il minimo della corruzione.
Ci ammonì san Paolo, che gittate appena le fonda-
1 Si noti che il Sarpi confessa di avere scritta questa
Lettera con tutta queir ingenuità che avrebbe potuto usare
parlando a viva voce. Ma 1' avversione ancora, quando fran-
camente professata, è onorevole*, perchè sempre onora
l' uomo quel eh' oggi dicesi il coraggio della propria opi-
nione.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 87
menta della fede, ne vengon su fabbriche da met-
tersi alla prova del fuoco, e le più volte da lasciarle
da questo consumare. Sarò, se vuole, bugiardo, se
delle chiese de' nostri secoli fu più casta e inteme-
rata quella di Corinto, fondata, educata, chiamata
santa dallo stesso Paolo. Dove i mortali dimora-
no, si troverà più facilmente da riprendere che da
lodare: il perfetto è soltanto nelle nostre aspira-
zioni.
Due cose intanto si praticano, di cui non intendo
abbastanza la ragione. L' una è, che si ha sempre
ricorso ai Padri da quegli stessi che troppo ben san-
no come taluni tra essi, gonfi del vento della retto-
rica, servirono bene spesso e soverchiamente alle
pregiudicate opinioni del loro secolo, e volendo in-
durre i pagani alla fede, si sforzarono di dare ad
intendere mediante gli antichi nomi cose al tutto
diverse. Dal che procede che nessuno può facilmente
cavare dalle loro parole il senso a quelle da essi
attribuito, e invece il tira facilissimamente all'in-
tento suo proprio. Lascio stare che in nessuna con-
troversia scontrerai ben netto il parere di persona
che alcunché ne abbia scritto per occasione o materia
che ne abbia avuto tra mano. Costoro i quali repu-
tano che i monti, comecché altissimi, tocchino il
cielo, sono richiamati a far senno dall' italiano pro-
verbio : « Più su sta mona luna. » La seconda cosa
è in questo, che, a similitudine di Marta, ci diamo
impaccio di troppe cose e delle più lievi, trascuran-
do intanto quell' una eh' è veramente necessaria. A
che gli adornamenti della casa? a che badiamo ai
particolari che il fuoco avrà un giorno in sua balia?
Il solo fondamento è da porsi alla prova : che se
88 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
questo si mostri saldo, vada pure il rimanente come
si vuole, e il fuoco faccia la sua parte.
Tutto questo Le ho scritto con ingenuità, né più
potrei dirle se avessi il contento di parlarle a viva
voce. Ma la S. V. se ne ricorderà forse quando le
venga voglia di pesarmi alla bilancia, e mi troverà
così scadente del peso che in sé erasi figurata in-
nanzi di leggere queste mie abborracciature.
Intanto prego il Signore di volerla assistere col
suo lume nelle risoluzioni che sarà per fare, in guisa
che le tornino a gloria ; e insieme la colmi d' ogni
bene, presente e futuro; e a me dia grazia di riu-
scirle non inutile sevitore.
Venezia, 22 giugno 1610.
CXLIV. — Al signor De V Me Groslot.1
Abbiamo di che ringraziare Nostro Signor Iddio
benedetto, il quale ha ispirato animo di unione a
cotesta nobiltà, per sostentare il governo del regno
percosso da sì orribil caso. Il tutto è che la causa
la quale al presente l' ha stabilito, continui, acciò
duri anco lo stabilimento. È stato facile che 1' ambi-
zione dei grandi abbia dato luogo all' affetto di com-
miserazione verso il re assassinato e la famiglia de-
solata ; ma rimettendosi questo affetto, 1' ambizione
tornerà: la quale avrà ancora aiuto dai disgusti
che nasceranno tra i partecipi del governo alla
giornata. Il mantenere quieta cotesta generosa na-
zione senza una guerra esterna, è stato sempre dif-
fìcile: forse sarà più difficile adesso, poiché la
1 Dalla raccolta di Ginevra ec, pag. 254.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 89
guerra con tanta avidità desiderata già più anni,
gli è stata mostrata e subito sottratta dalla vista.
Ne il mettersi in una guerra sarà senza pericolo,
dovendosi dar le armi in mano ad uno che sarà
sempre da temere, sia qualsivoglia. E 1' unione del
popolo, mentre non è infetto di Diacatholicon, si
conserverà; ma quando i Gesuiti useranno 1' arte,
di che avranno gran comodo, nascerà il pericolo.
Bisognerà tener per fermo, che il bene di Roma e
di Francia sono incompatibili ; x e se la regina non
intenderà questo punto, le cose passeranno male. Il
bene di una è la concordia di detti principi; e il
bene dell' altra è guerra di religione.
Io temo che la naturale superstizione e 1' arte
de' Gesuiti impedirà dal conoscere il bene. Dio sopra
sta a tutte le cose, e muta i cuori secondo il suo
santo beneplacito. Qui si aspettava eh' essendo il
regno armato, e non mancando de' danari raccolti,
facesse risoluzione di proseguir la guerra oltre i di-
segni e fini del re defunto, per vendicare anco la
sua morte. Io ho sempre creduto, in contrario, che
per ritrovarsi il re pupillo, fosse necessario atten-
dere alle cose interne e lasciar affatto il pensiero
delle esterne. Sebbene mi verrà risposto che anco
il re di Spagna è sotto tutela, e molto più di co-
testo; poiché egli uscirà un giorno, ma quello non
ne uscirà mai. Ma vi è gran differenza dalla flemma
1 Questo concetto medesimo è nella Lettera CXLVI
(pag. 97), la quale è tra quelle che taluni (per qua-
lunque siasi scopo) si sforzeranno di mettere tra le apogri-
fe. Nulla noi volemmo occultare né palliare ; nulla accre-
scere né sminuire : somministriamo i documenti e i mate-
riali che ci occorsero, ai filosofi per giudicar 1' animo, ai
biografi per iscriver la vita del Sarpi.
90 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
e pazienza degli Spagnuoli alla vivacità de' Fran-
cesi.
Il papa ha dichiarato d' assistere alla Francia
per stabilimento del governo ; ma vi è bisogno della
prudenza d' Ulisse, la quale otturi 1' orecchie a tutti
gli sciolti, e leghi tutti quelli che possono udire : al-
trimenti, non vi è rimedio all' incanto.
Il principe di Condé partì in posta verso la
Fiandra : credo che dagli Spagnuoli sia conosciuto per
da poco, e non sperando gran cose, abbino gettato
quel tiro alla buona fortuna.
Io stupisco che l' autore di tale assassinio sia
stato fatto morire senza aver avuto la confessione
intiera de' mandanti e consiglieri : x il che mi pare si
doveva procurare se non bastava con tormenti, anco
con perdono. Credo bene che non sia stato tralascia-
to niente, ma mi resta molto oscuro questo successo ;
se però non sia, che non avendo comodo di vendicar-
si, venga riputato meglio il mostrare di nen sapere.
Le cose d' Italia passano con molta maraviglia
e dispetto di quelli che osservano che il conte di
Fuentes.2 quale vivendo il re e armandosi poten-
temente per tutta Francia, restava senza fare pro-
visione alcuna, ora reinfoderate le armi francesi,
faccia sollecita provvisione, così facendo passar Sviz-
zeri e Tedeschi, come battendo il tamburo negli
Stati suoi. Credono alcuni che questo sia per muover
le armi al duca di Savoia e ad altri ; ma i più
avveduti hanno opinione, che sia per avere a di-
1 II supplizio di Ravaillac, accompagnato dalle più or-
ribili circostanze, aveva avuto luogo due settimane soltanto
dopo commesso il delitto \ cioè presso il fine di maggio.
2 Viceré o governatore spaguuolo del ducato di Milano.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 91
screzione e lui e gli altri Italiani, e fare che condi-
scendano ai partiti che proporranno.
Pare che vi sia qualche moto ne' Grisoni, perchè
passando per gli Stati loro, i capi de' Tedeschi che
si levano in Tirolo, siano stati fatti prigioni, come
quelli che senza licenzia hanno ardito di transitare.
Io dubito che sarà occupata la Valtellina, e il duca
di Savoia fatto spagnuolo, e la Repubblica e l' Italia
serrate. Propongono al duca la guerra di Genova.
Certamente, se la mano potente di Dio non rivolta
le cose, come spesso suol fare, i pericoli sono grandi.
Ma per passare alle cose nostre, io ancora son
molto in pena, come si potrà continuare la nostra
comunicazione dopo la partita del signor Foscarini ;
né per ora so trovar alcun rimedio, salvo che per
il tempo che il Barbarigo 1 starà in Torino, che sarà
ancora circa un anno, usando il mezzo suo per questo
tempo. Forse nascerà qualche altra occasione. Ver-
ranno due ambasciatori straordinari per le condo-
glienze e gratulazioni col nuovo re ; sarà loro segreta-
rio Agostino Dolce, persona colla quale tengo grande
amicizia : se allora V. S. avrà qualche libro che me-
riti, potrà, serratolo e sigillato, farlo consegnar a
lui, che ritornando lo metterà appresso le cose sue
per portarmelo. Sarebbe lunga cosa se io raccon-
tassi a V. S. i mali causati dalla lettera, per esser
1 Chi fosse questo Barbarigo, si ha dalla Lettera CXLVII
(pag. 98-99). 11 Griselini ancora (pag. 155) parla di un
Barbarigo, amico assiduo e uno dei consolatori della vec-
chiezza del Sarpi, in grazia del quale Fra Paolo fece tra-
durre da Fra Fulgenzio il celebre Saggio sull'amicizia di
Michele Montaigne: ma non sembra che le cose dal nostro e
dal suo biografo accennate possano riferirsi ad una persona
medesima.
92 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
molti e grandi; ma Dio perdoni a chi favoriva più
i nemici che gli amici. Cessata in parte quella oc-
casione, mi son risoluto di mutare la trattazione con
monsieur di Thou; e già per il corriere passato gli
scrissi una lettera, dalla quale credo resterà sod-
disfatto.
Io non farei fine di trattar con V. S., senza ri-
spetto della noia che gli do ; ma instando 1' ora di
spedire le lettere, farò fine, pregando Dio, che doni
ogni felicità a V. S. ; alla quale bacio la mano.
Di Venezia, il 22 giugno 1610.
CXLV. — Al nominato Bossi.1
Non è occorso mai successo nella mia età, del
quale più lungamente si parlasse e più universal-
mente, quanto della morte del re. La quale, ben con-
siderata, a lui non è stata importuna, che ha finito
i suoi giorni pieni di gloria e di contento, lasciando
di se infinito desiderio a tutti i buoni ; ma ben im-
portuna al regno ed agli amici, i quali sopra la vita
di lui fondavano grandi speranze. Siccome il caso
<ìi tanta morte è stato inaspettato, così non si po-
teva credere tanta unione quanta si è veduta nei
grandi, nella nobiltà e nel popolo : e a stabilire il
regno conquassato da tanto caso, Dio faccia che
tanta unione sia perpetua; perchè è da temere
quando il papa ed i Romani semineranno il Dia-
catholicon, del quale è noto il bene. Certa cosa è
che non potrà compatirsi col bene di Francia. Quelli
1 Fra le edite in Capolago ec., pag. 219.
LETTERE DI FRA TAOLO SARPI. 9?»
sono perduti se le ragioni stanno in concordia ; Fran-
cia è perduta senza questo. Non è in necessità di
guardarsi da altri più che da loro; eppure sono
nelle viscere, e di loro può dire Francia : Lupina
auribus teneo. Se piacerà a Dio di donar tanta gra-
zia alla Repubblica di saper ben disporre questo
particolare, tutto passerà bene ; ma è da temere la
superstizione femminile.1 Non si è trattato, coni' io
indovinava. Ma che si farà di Condé in effetto
della pratica di Spagna? Già il principe di Condé
partì per le poste verso Fiandra ; ha avuto denari
pel viaggio, e forse per altro.2 Non ha giudicato Spa-
gna volerlo trattenere come da poco, ma l'hanno
avventurato come colpo perduto.
Io stimo molto che '1 maresciallo di Buglione
debba aver parte nel Consiglio, essendo fama qui
di lui, che sia certo molto ben fatto, ed anco sopra
Y eccellente ; ma de' Ghisardi non spero troppo bene.3
Mi sarebbe troppo grato sapere perchè si sia fatta
mutazione nella pedagogia del re, e che male gli si
sia trovato intus; e similmente riceverò favore di
essere avvisato se alcuna cosa si tratterà de' Gesuiti.
Non ho ancora veduto il gentiluomo che V. S.
mi raccomanda. Quando verrà in questa città, io
1 Cioè della regina reggente ; e tanto più che que-
st'era italiana e del sangue dei Medici. I successi mostra-
rono quanto fosse fondato quel timore.
2 Gli Rpagnuoli, dice qui il Bianchi-Giovini, « gli fe-
n cero grata accoglienza, sperando col suo mezzo di ver-
» sare la discordia nella famiglia reale. » Egli, diflfatti,
dopo la morte di Enrico, pretese che la corona di Francia
fosse a lui devoluta ; ma non trovò seguaci abbastanza che
si facessero sostegno della sua ambizione.
3 Vedasi la Lettera dei 12 ottobre di quest' anno me-
desimo.
94 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
non mancherò di rendergli quella servitù che debbo
a tutti gli amici di V. S. Del signor Casaubono già
ho inteso qualche cosa mentre viveva il re : voglio
sperare, cessata la paura, non vi sarà alcun peri-
colo dell' effetto ; e s' egli non vorrà fare di quelle
cose dove invano si pensa stare dove si trova, non
cercherà maggior lume che nel sole.
Quanto alle cose del mondo, sebbene la guerra
di Cleves mostri dover terminare presto, nondimeno
in Germania restano altre materie di dissensione.
La causa di Donavert ora entra in campagna : * si
tratta anco di suscitare le pretensioni di uno di
Brandebourg sopra Argentina. Tra l'imperatore e
il re Matthias le cose mirano a rottura manifesta,
dimandando l' imperatore gli Stati di Moravia e
d' Austria, ed essendo risoluto 1' altro di non ren-
derli, così per non restare senza Stato, come ancora
per non essere in libertà di far quello che vuole.
Ma qui in Italia stiamo molto titubanti ; perchè, sic-
come quando viveva il re e s' aspettava di giorno
in giorno transito di soldati francesi in Italia, il
conte di Fuentes se ne stava senza fare alcuna
provvisione; così, per lo contrario, adesso quando
non v' è 1' occasione d' armarsi per difesa, egli lo fa
sollecitamente, e fa accelerare la levata degli Sviz-
zeri, sollecita il passo de' Tedeschi dal Tirolo, e
batte tamburo in Italia. Alcuni de' capi de' soldati
levati in Tirolo, passando per i luoghi de' Grigioni,
sono stati da loro imprigionati, e potrebb' essere
ciò causa di qualche rumore.
In quelle parti di Costantinopoli non v'è cosa
1 Donawert, città della Baviera presso il Danubio, pel
cui possesso allora questionavasi tra i principi germanici.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 95
di momento. Andrà il bassa con potente esercito
contra i Persiani, non per altro che per avvantag-
giarsi nel trattato della pace.
Nel finire di questa lettera, vorrei intendere il
parere di V. S. sopra la frateria di Francia. Che i
suoi re debbano morire sotto pretesto di religione
e per mano di frati, e debba essere governata da
una donna da Fiorenza? Vorrei sapere se il natu-
rale della regina è superstizione, e s'è inclinata a
metter affezione e dipendere da persone particolari.1
La curiosità è per consolarmi con le speranze, ov-
vero prepararmi a sopportare più facilmente e a
raffrenare la mente.
Di Venezia, 22 giugno 1610.
CXLVI. — A Filippo Duplessis Mornay. -
Ho letto le lettere da V. S. scritte all' Asselinau,
prudenti, invero, e in tutto conformi al modo mio
proprio di vedere. Ci credevamo ormai prossimi a
vedere il parto desiderato ; ma ogni speranza è morta
colla vita stessa del re. Perchè, quando pure per
via della guerra non si dischiuda qualche adito alla
libertà di coscienza, non oseremo giammai di parlare
liberamente. Tanto noi siamo Italiani ! Pochi inten-
dono a rettamente operare; e quelli che ciò vorreb-
bero, non vi si accingono fuorché con ogni lor pro-
1 Tutti sanno che Maria de' Medici ebbe per favoriti
il maresciallo d' Ancre (Concini) e la sua moglie, Eleonora
Doni Galigai.
2 Dalla Corrispondenza di Filippo Duplessis ec. stam-
pata a Parigi ec. } dove sta sotto il nome di Padre Paolo,
come la precedente a pag. 49.
96 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
pria sicurezza. Dello stato delle cose che ci è sfug-
gito di mano, sarebbe superfluo il parlare. Delle
fila che ci sono rimaste o che la sorte ci sommini-
stra, conviene si ordisca la tela che ora è da tessere.
Ecco quali sono al presente le condizioni d'Ita-
lia. Lo Spagnuolo prepara le armi ; il principe di
Savoia bada solertemente alla difesa, disposto anche
ad assaltare, se le forze gli bastassero o le armi di
Francia si mostrassero. I Veneziani gli promisero
aiuto per la sua difesa, e per tal fine deliberarono
e cominciarono a mettersi in arme. Nessuno fra noi
ignora che lo Spagnuolo ci è nemico ; ma non tutti
sanno che più assai nemico ci è il papa, perchè i
più si lasciano ingannare dai suoi puttaneschi arti-
fici. Il re morto aveva detto che il papa voleva es-
ser favorevole al re di Francia ; e tutti allora a
lodare e a predicare i futuri beni d' Italia. Ma non
andò molto eh' egli lasciò vedere quel che dentro
tenea nascosto ; cioè di far guerra alla Religione
riformata. Molti desiderano l'alleanza coi Tedeschi
dei Paesi Bassi ; ma sembrano opporsi due difficoltà,
le quali fa duopo rimuovere. L' una, che a molti
pare che sotto specie di alleanza, noi siamo tirati
ad una guerra non necessaria ; 1' altra, che ai su-
perstiziosi sembra un rinnegare la Religione romana
il confederarci con soli Protestanti. Sarebbe rimedio
ad entrambe se il re di Francia tenesse quegli Stati
a se collegati, e se la regina se ne facesse promovi -
trice. Questo sarebbe da farsi per ciò che riguarda
la Francia.
Già Venezia pel suo ambasciatore ordinario ha
fatto dire alla regina, che il regno non può conser-
varsi senza dar pace alla Religione riformata. Ag-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 97
giunse ancora, che il bene della Francia e di Roma
sono cose tra sé incompatibili. Lo stesso faranno gli
ordinari, e tutto anderà bene : dispiace soltanto che
l'ordinario da mandarsi sia un mezzo papista.
Io prego Dio che promova fra noi quanto più
torna a sua gloria, e la S. V. eccellentissima ricol-
mi di tutti i suoi doni. Stia sana.
16 luglio 1610.
CXLVII. — Al signor De V Me Groslot1
Son debitore di risposta a due di V. S. La se-
conda è delli 5 luglio, portata dall' ultimo corriere.
Quella delli 23 giugno, eh' è la prima, non venne
in tempo che li potessi rispondere per lo spaccio
passato, perchè il piego del signor ambasciatore
non fu portato dall'ordinario, ma da un altro, che
arrivò quattro dì dopo.
Io veggo dalla suddetta delli 23, che V. S. è in
qualche suspicione che alcuna delle nostre lettere
sia andata in sinistro, e in particolare ha pensiero
sopra quelle del mese di maggio. Non posso ram-
mentarmi li tempi particolari; ma ben pensate le
circostanze di quelle eh' io ho scritto a lei ed Ella
a me, vado concludendo che tutte siano capitate
bene. Passano sempre 45 giorni innanzi che da Pa-
rigi si abbia una risposta; e innanzi che venga da
V. S. a mio conto, appresso 60. Non è meraviglia se
in così lungo tempo possi apparire che la risposta
dovesse venir prima.
1 Fra le edite in Ginevra ec , pag. 260.
Sarh — II. i
98 LETTERE DI FRA PAOLO SARPL
Io so d' essere stato qualche volta senza scriverli,
riputando eh' ella fosse indisposta o assente, quando
non ricevevo sue lettere : però sempre ho tralasciato
10 scrivere con dispiacere, essendomi gratissima la
communicazione con V. S., dalla quale ricevo sincera
e soda cognizione delle cose che passano; le quali,
per la congiunzione che hanno con le nostre, mi è
grandissimo giovamento 1' averne real certezza. Ol-
tre eh' è grandissimo il gusto che ricevo dal par-
lare con esso lei per questo mezzo, poiché non posso
presenzialmente ; e per tanto, sto molto in pena di
quel che potremo fare dopo la partita del signor Fo-
scarini. Nel viaggio di Torino a qui, le lettere sareb-
bero molto sicure per mezzo di quell' ambasciatore.
11 punto sta come assicurarle sino a quella città, e
da quella sino a V. S. Quel signore x è molto desi-
deroso di aver particolare communicazione con Lei,
avendo concepito gran stima del suo valore per qual-
che discorso delli suoi che io li ho comunicato ; ed
è degno, per le sue rare virtù, di esser amato da
V. S. Le dirò in una sola parola, eh' egli è delle più
tranquille anime che abbia non solo Venezia, ma
forse Italia ; prudentissimo nel maneggio degli affari
suoi, alieni e pubblici, ma insieme sincero, reale amico
e di piacevolissima natura : cose che appresso di
noi si vedono poche volte congiunte. Son sicuro
che, se piacerà a V. S. far risposta alla sua lettera,
lo riceverà per gran favore ; e volendo scriverli qual-
che cosa in confidenza, potrà usar la mia cifra, che
a questo effetto le sarà comunicata. Il suo nome
1 II Barbarigo, già dipinto coi colori medesimi anche
nella Lettera CXLIV.
LETTEEE DI FRA PAOLO SARPI. 99
è Gregorio Barbarigo, ambasciatore veneto appresso
l'Altezza eli Savoia.
Credo che già avrà inteso come il signor Fosca-
rini è stato eletto per ambasciatore al re della
Gran Brettagna ; per il che, da Parigi passerà in
([nell'isola. Il pacchetto che V. S. ha dato a lui,
potrà ordinare che sia dato al signor Agostino
Dolce, che verrà segretario con li ambasciatori stra-
ordinari, e sarà di ritorno con loro.
Il libro De modo agendi è stato portato da quel
signore che fu ultimamente in Inghilterra : non è
però compito. Non so se sia perchè V autore non
sia passato tanto innanzi, o perchè abbia voluto
riservare qualche cosa per sé : ma è scrittura molto
bella. Andando il signor Foscarini là, avrò occa-
sione di avere ancora quella parte che manca, o di
sapere perchè manca.
Mi sono tutto turbato intendendo da quelle di
V. S., eh' Ella abbia patito dolori nefritici ; infermità
molto grave in ogni sorta di persone, ma più in
quelle che vivono più ad altri che a sé stessi. Lodo
molto il consiglio preso di rimediarvi con celerità ;
e il rimedio delle acque, le quali V. S. prenderà
appunto nel più opportuno tempo dell' anno, che
sarà il gran caldo : e con figurandomi che adesso
Ella sia su '1 principiare, mi conforto di speranza
che ricupererà la sanità sua intieramente, e ne pre-
gherò Dio con assiduità.
La obbedirò in non rimettere cosa alcuna al si-
gnor Castrino per scriverli ; e credo che quando è
restato di questo offeso, non 1' abbia fatto per altro,
che per esser forse le cose già volgari in codesti
paesi.
100 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
So che V. S. sarà curiosa d' intendere con qual-
che verità l' infelice fine di Fra Fulgenzio, poiché
Ella 1' ha conosciuto, e tanto più quanto sarà di-
versamente presentato. Per ancora io non so il tutto
certamente, e vado molto cauto in credere dove
non ho buoni fondamenti : per il che, la narrazione
che le farò, sarà vera, ma vi mancherà qualche cosa.
Partì Fra Fulgenzio, come V. S. sa, al principio
d' agosto 1608, con patente di salvo condotto amplis-
simo, con particolare clausula, che non si sarebbe
fatta cosa alcuna contro l' onor suo. Giunto là,
trattarono che abiurasse e che facesse penitenza
pubblica : egli negò costantemente, allegando il salvo
condotto. Finalmente, perseverando nella negativa
del fare penitenza pubblica, si contentò di fare una
abiurazione segretissima innanzi un notaro e due
testimoni, con nuova dichiarazione delli cardinali,
che s' intendesse senza nessun suo disonore e senza
nessun suo pregiudizio.
Passò Fra Fulgenzio, parte bene, parte mal ve-
duto, fino al febbraio prossimo passato ; quando una
sera, sprovvistamente, furono mandati dal cardinale
Panfilio, vicario del papa, li sbirri che lo presero,
pretendendo eh' egli avesse fatto non so che di spet-
tante al suo ufficio. Lo messero prigione in Torre
di Nona, dove stanno li rei di delitti comuni. Die-
dero poi di mano sopra le scritture sue, e scruti-
nate quelle, lo trasportarono dalla prigione suddetta
alle prigioni dell' Inquisizione. Là li furono date tre
imputazioni : una, che avesse tra li suoi libri alcuni
proibiti ; la seconda, che tenesse commercio di let-
tere con eretici d' Inghilterra e di Germania ; la
terza, che vi fosse una scrittura di sua mano, la
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 101
quale conteneva diversi articoli contro la dottrina
cattolica romana : in particolare, che san Pietro
non era sopra gli altri Apostoli ; che il papa non è
capo della Chiesa ; che non può comandare alcuna
cosa oltre le comandate da Cristo ; che il Concilio
di Trento fu ne generale ne legittimo ; che nella
Chiesa romana vi sono molte eresie; e altre tali
cose in buon numero.1
A queste imputazioni egli rispose : quanto alli
libri, di non sapere che fossero proibiti ; quanto alli
commerci di lettere, che quelle persone a chi scri-
veva e da chi riceveva lettere, non erano denunciate ;
quanto alle scritture di sua mano, che quelle erano
imperfette, e non v' era 1' opinione sua, ma erano
solo memorie per voler far considerazioni sopra quelle
materie. Delle quali risposte non satisfacendosi 1' uf-
ficio, determinarono di venir contro di lui alla tor-
tura : il che intimatogli, egli rispose che non era
soggetto da sopportar tortura ; ma che facessero quel
che piacerla loro, che si rimetteva alla loro misfr
ricordia.
Il giorno 4 di luglio, fu condotto in chiesa di
San Pietro, dove era indicibile numero di persone ;
1 Un uomo accusato di cose tali, ne' paesi di cui par-
lasi, in ispecie se uomo odiato e non ricco (perchè dei
ricchi non cercasi dal tribunale il sangue, ma altro), è
un uomo perduto. Pazienza, se in poco se ne spacciassero,
come co' suoi nemici facea per lo più la repubblica di Ve-
nezia ; ma prima eh' egli muoia, sopportar dovrà eziandio
una lunga serie di morali e fisici tormenti. E ciò, per con-
vertirne lo spirito a ciò eh' essi chiamano la verità ; non
volendo qui abusare dei santi nomi, dei quali essi abusano.
Saremmo, in vero, curiosi d' udire ciò che i noti apologisti
addur saprebbero a difesa delle tante nefandezze che si
rendono evidenti per questo racconto.
102 LETTERE DI FEA PAOLO SARPI.
e là posto sopra un solaro, furono lette le sue colpe
e fatta la sentenza : che dovesse esser escluso dal
greniio della santa Chiesa come eretico relasso, e
consegnato al governatore di Roma per esser ca-
stigato ; con preghiere però che non fosse punito di
pena di sangue.1
A questa cerimonia, che durò qualche ora,
Fra Fulgenzio stette sempre guardando in alto, né
mai parlò : la comune opinione fu eh' egli avesse
uno sbavaglio in hocca. Finita la cerimonia, fu con-
dotto nella chiesa di San Salvatore in Lauro e là
degradato ; e la mattina seguente, in piazza di
Campo di Fiore, fu impiccato e abbrugiato.
Se le cose appostegli siano vere o calunnie, le
opinioni sono varie : ma alcuni, presupposto anco
che sieno vere, non restano di dire che li sia stato
fatto torto ; poiché, stante il salvo condotto, non si
poteva mettere a suo pregiudizio quella abiurazione,
e averlo per relasso. Io non so che giudicio fare,
benché il principio e il fine sieno manifesti ; cioè un
salvo condotto e un incendio : li mezzi restano in
occulto ; ma da questo si può ben concludere che
il papa ha poco buona disposizione verso Venezia.
Oltre a che, molti altri indicii fanno manifesto l'istesso ;
e pertanto al padre Paolo conviene usar molta cau-
zione.2 Egli però non mancando delle cose ordinarie,
rimette il rimanente in Dio ; certo che tutto sarà
1 La solita, più della crudeltà, scellerata ipocrisia.
2 Forse, la brutta istoria veniva aggiunta, o tutta la Let-
tera era scritta per mano del Micanzio. Nel paragrafo che
segue, in fatti, si torna a ricadere in quelle che noi altrove
chiamavamo imprudenze •, considerando ai rigori sì noti del
veneto governo, e al contegno sopra di ciò tenuto ordina-
riamente dal Sarpi.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 103
bene quel che sarà disposto dalla Maestà sua di-
vina.
Quanto alle cose d' Italia, sono in molta confu-
sione. Il papa si fatica acciò non sia guerra, e
vorrebbe accomodare Savoia con Spagna : il che
credo che in fine succederà, e poi Savoia penserà
a Genova e il papa a Venezia : quale non si può
fare capace che convenga pensare a ciò, ma osti-
natamente sta in opinione di non essere in alcun
pericolo, con tutto che siano così manifesti, che
sarebbono veduti dalli ciechi. Il che mi fa dubi-
tare che sia abbandonata dalla divina assistenza e
acciecata, sì che non vegga la luce del mezzo giorno.
Ma poiché in ciò non ho altra voce che querulosa,
è bene che me ne taccia.
Quanto alle cose di Francia, grandemente mi
allegro che passino bene: se bene mi spaventa un
tanto numero d' anni che passerà sotto la minorità del
re ; vedendo, massime, li partiti già formarsi, e li
Gesuiti più insolenti e arditi che mai. Se questo
ultimo non fosse, vorrei sperare che gli altri incontri
potessero esser superati o temporeggiati dalla pru-
denza della regina : ma questo è insuperabile, per-
chè dove tanti sono risoluti a far male, è verisi-
mile che se non oggi ne domani, almeno 1' altro
giorno riesca ad alcuno. L' intenzione di Spagna non
è se non di dividere cotesto regno ; avendo tanti
ministri così sagaci e così audaci. La sola prote-
zione divina la può preservare.1 Il vedere che la
regina ammette monachi e Gesuiti, e che tiene poco
conto del Parlamento, non sono troppo buoni indizi.
1 Intendasi, la Francia.
104 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Ho considerato quello che V. S. mi scrive del
gesuita vantatosi di far un esercito, e la quantità
di danari che si ritrovano : ini pare cosa che biso-
gnerebbe non trascurare. Io so bene che, con tutto
il bando di Venezia, cavano però di là quantità
grande di danari, e non possono esser impediti : e
se questa è la volontà di Dio e predizione delle
sante Scritture,1 li uomini non potranno farci altro
se non accomodarsi alla sofferenza.
Mi pare che gli Ugonotti siano molto savi, che
stanno a vedere, per dover governarsi secondo li
successi. Dio benedica i loro disegni. Io non mi ac-
corgeva del tedio che questa porterà a V. S., mas-
sime se forse arriverà in tempo di medicina : per il
che scusandomi, la pregherò a continuar la sua be-
nevolenza verso di me, sì come io le resterò sempre
dedicato servitore. Con che le bacio la mano.
Di Venezia, il dì 3 agosto 1610.
CXLV.QI. — A Giacomo Leschassier.2
Ho due lettere della S. V., l'una dei 29 giugno,
1' altra dei 10 luglio; giacché la prima ebbi più tardi
della susseguente, perchè lo spaccio ordinario non
portò il piego dell' illustrissimo Legato ; ma bensì
un altro corriere, che qui approdò due giorni dopo
la partenza dell' ordinario. Ad entrambe farò che
valga una sola risposta.
1 Nel dilatarsi della lue loiolitica, Fra Paolo non avea
mai mostrato di travederci' avveramento di alcuna profezia.
- Pubblicata, tra le Opere, in latino, pag. 86.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 105
Da chi procedesse la morte del re, abbastanza il
discoprono quelli che ne sentirono allegrezza, che
ne lodarono il fatto, come lo avevano altresì pronun-
ziato : e benché dicasi comunemente e ripetasi, che
F assassino non nominò vermi promovitore,1 io tutta-
volta credo ciò eh' è ben giusto di credere ; vale a
dire che il sapessero quelli a cui giovava saperlo.
Ma la ragion di Stato non consente che cose tali
ora vengano propalate. La curia romana, poi, non
condannerà mai la dottrina dei Gesuiti ; perocché
in questa è F arcano del suo impero ; sommo e ca-
pitalissimo arcano, per cui vengono rimossi quelli che
scopertamente osano di non adorarlo, e tenuti in bri-
glia quegli altri i quali oserebbero, se non fossero
trattenuti dal timore.
In quanto ai Gesuiti riguarda personalmente, ben
disse un tale tra essi, che il gesuita è uomo di tutti i
colori : vedi in essi rinnovarsi il fenomeno del cama-
leonte. Ho letto ciò che scrive il Cotton sopra tale
argomento. Lascio stare le inette adulazioni di che
F opuscoletto ribocca ; ma tutto il suo dire è un
tessuto di equivoci, né mai palesa il concetto della
sua società, se non in guisa da poter travolgere le
sue parole sì dall' una come dall' altra parte. Nulla
accenna di quelle terribili condizioni : se il re sarà
di diversa Keligione ; se presterà favore a quelli che
rigettano la Religione romana ; se fosse scomunicato
dal papa o privato del regno, o se ad altri verrà
1 Si vuole che Ravaillac, tra gli spasimi della più atro-
ce ed ultima tortura, sclamasse : — Mio Dio, perdonate il mio
fallo ; ma uou mei perdonate, se ho qualche complice e non
voglia scoprirlo! — Il fanatismo individuale è evidente-, ma
i fanatismi di tal sorta non nascono senza chi siesi ado-
perato a crearli.
106 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
comandato di ammazzarlo. Queste erano le cose da
spiegarsi ; ma a che prò desiderarlo ? Costoro non
parleranno mai tanto esplicito, che non siensi riser-
bato qualche angolo dove rincantucciarsi.
A tali uomini io non darò fede mai, finché avrò
a mente il contegno del Bellarmino e del Richéome.
Costui, pressato da una perentoria interrogazione
fattagli dall' autore del Franco ed ingenuo Commen-
tario, cioè che cosa i Gesuiti avrebbero fatto se qual-
che papa avesse perseguitato un re di Francia, come
Giulio II fece con Lodovico XII ; liberamente rispose,
eh' essi farebbero quello stesso che fecero i buoni
Francesi di quel tempo. Il che avendo io obbiettato
al Bellarmino, rispose eh' io non aveva ben afferrato
il pensiero di un sì gran padre ; giacche per buoni
Francesi egli aveva inteso quelli che allora rimasero
fedeli al papa. Come vorrebb' Ella potere afferrar
Protei di tal natura, ai quali è lecito il mentir no-
me ed abito e professione ; che la menzogna non iscu-
sano soltanto ma lodano, e che stimano esser lecita
ogni cosa che miri, secondo loro, a retto fine ?
Dissi che il Mariana è un trastullo, quando si
paragona con gli altri Gesuiti ; ed Ella mi chiede di
segnalarle il passo, al quale io alludeva, del Suarez.
Esso trovasi nella Disputazione 15, Questione (3, e
contiene : che ai sudditi è lecito armarsi contro il
lor principe, non solo se il papa ciò comandi o per-
metta, ma col suo futuro beneplacito ; cioè quando
credano che a lui sarà cosa grata e da riportarne
approvazione, sebbene non abbia osato di manifestar
ben prima il suo desiderio. Vedrà nello stesso luogo
(cosa più ancora da esecrarsi), che quando alcuno
viene scomunicato, resta insieme sospeso da ogni giù-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 107
risdizione : tuttoché non si ardisca soggiungere, come
in tal caso venga rimesso alla volontà dei sudditi
l'obbedire o non obbedire. Ora, in sì gran numero
di scomuniche, e in ispecie di quelle che in se porta
la bolla In e cena Domini, quale tra i principi troverà
la S. V. che un prete o frate superstizioso non possa
accalappiare nei lacci di quindici o venti anatèmi?
Un padre Comitolo, gesuita, ammonì per iscritto la
Repubblica di Venezia, com' ella fosse già incappata
in trentasei capi diversi di scomunica ! ! Ora, se ai
sudditi convenga star sotto o ribellarsi, checché da
tai maestri si voglia, dacché non osan chiarirlo, sarà
precario pur sempre F impero dei regnanti. Il Ma-
riana va giocolando colla rettorica; ma così non si
formano le coscienze: anzi è soprattutto da guar-
darsi da questa gente, che sempre insegnano per
conchiusioni, argomentazioni e soluzioni. I disputanti
di tal sorta sono i più perniciosi di tutti.
Mi maraviglio di quel vescovo di Clermont, come
sì poco pratico del vecchio giure ecclesiastico. E per-
chè mai 1' eresie non sarebbero da condannarsi nel
luogo stesso dov' esse nascono e si vanno dilatando ?
Forsechè i morbi indigeni non ben si curano se non
per medicine forestiere? La petizione che il Consiglio
regio ha presentato al papa acciocché approvi il de-
creto della facoltà teologica, non tornerà gradevole
né verrà esaudita. Si oppone, in primo luogo, il ri-
cordare che vi si fa il Concilio di Costanza ; che non
sappiamo ancora, tra gli altri arcani, se Roma ap-
provi o trovi da censurare. Ostano insieme più altre
cose, colle quali ben sa la curia che vorrebbesi scan-
dagliare il fondo delle sue pretensioni. Ne prognosti-
co che non verrà negata né concessa, ma a forza di
108 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
dilazioni sarà procrastinata fin tanto che qualche caso
venga a nascere, onde possano sfuggirvi di mano.
La S. V. mi ha fatto favor gratissimo coli' ac-
cozzarmi la intera storia della condanna del Ma-
riana, e gli opuscoli scritti intorno alle cose che ne
derivarono. La prego, se mai seguisse su di ciò qual-
che altra novità, che non le sia grave il parteci-
parmela.
Il libricciuolo intorno agli occhiali 1 non è ancora
stampato : 1' autore attende alle incisioni, delle quali
ha bisogno per ispiegare i suoi sentimenti : tosto che
sia stampato, farò di mandarglielo.
Non posso frenarmi che non torni a dire dei Ge-
suiti. A tutti in Italia è ormai manifesto, com' essi
facessero della confessione un' arte. Mai già non
ascoltano per tal guisa alcuno, che poi tra loro non
conferiscano su tutte le cose dette e fatte ; e ciò per
deliberare se possano trarne alcun partito a prò
della santa Chiesa, o della loro società. Del rima-
nente, vanno agli altri predicando, essere sì stretto il
sigillo della confessione, che nemmeno al penitente è
lecito d' infrangerlo se il confessore abbia trattato
cosa alcuna con lui, sebbene non appartenente a pec-
cati, e né anco alla salute dell'anima. 'Il peggio si è,
che una dottrina tale si viene abbracciando da ogni
sorta di confessori ; però eh' essa giova a mantenere
il loro impero, e così possono liberamente trattare
ogni cosa che ad essi torni a grado. Io combatto
quanto più posso contro questa dottrina ; ma essa
mise già profonde radici nell' animo dei religiosi per
1 Così parve dover tradursi per maggiore fedeltà al te-
sto ; ma sembra da intendersi: sul nuovo cannocchiale.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 109
l' utilità che lor reca, e in quello di molti altri per
forza di superstizione. Non farei mai fine se volessi
ricordare tutte le massime con che i Gesuiti inten-
dono a regolare il sagramento della penitenza. Ben
è da pregarsi Iddio che voglia eliminare una siffatta
peste dal mondo ; com'io lo supplico a voler man-
tenere incolume la S. V. eccellentissima. Godo che
il signor Casaubono sia fuori di ogni pericolo ; e
caldamente raccomando di volergli fare le mie con-
gratulazioni, co' miei cordialissimi saluti. Stia sana.
Di Venezia, a dì 3 agosto 1610.
CXLIX. — A Filippo Bupìessis Mornay.1
Non senza afflizione dell'animo, mi accorgo che
lo zelo della pura Religione va negli uomini di que-
ste parti raffreddandosi : il che ci dimostra o che
esso non procedeva da Dio. o che noi siamo deca-
duti da quella grazia eh' egli aveva in noi comin-
ciato ad operare. Se di ciò, poi, vorremo discorrere
secondo le ragioni umane, due troveremo esserne le
cause : 1' una, che la nota meretrice 2 avendo spe-
1 Dalla Corrispondenza più volte citata, e colla stessa
credibile indicazione : De Padre Paulo. È anzi fra quelle
che dai nemici della memoria del Sarpi, non meno acerbi
di quelli ch'egli ebbe mentr'era in vita, sono più gra-
vemente incriminate di protestantismo, e della maligna
(taluno anche disse proditoria) intenzione d' introdurre in
Venezia e in Italia la riforma. Noi lasciano che ne fac-
ciano da sé giudizio i lettori, abbastanza d' altra parte il-
luminati per quello che altri ne ha detto nella Prefazione.
2 Questa qualificazione di meretrice applicata alla cu-
ria romana è ancora nella Lettera CXX, diretta al De
V Isle (tom. II, pag. 3). La usarono anche Dante e il
110 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
rimeritato che le minacce e gli aspri modi a nulla
giovavano, diedesi a far carezze : 1' altra, che in
mezzo a questo superlativo rumore d' armi, uno è
il pensiero di ambedue le parti ; che, cioè, si man-
tenga la pace d'Italia; mentre, per lo contrario,
noi avremmo ragioni assai per desiderare la guerra.
Ne già per questo noi la scansiamo; ma solo dila-
zioniamo di farla in tempo e stato di cose meno op-
portuno.
Non so affidarmi nei moti della Germania : quei
popoli io vedo deboli e divisi. I B atavi, all' opposto,
sono forti, concordi, industriosi: in questi è la mia
speranza. Spero altresì che in breve sarà stabilita
una scambievole e ordinaria ambasceria tra essi ed
i Veneziani: il che gioverà non soltanto ai maneggi
politici, ma eziandio alla Religione riformata, peroc-
ché questa potrà esercitarsi in casa del Legato. Sento
che ancora i Grigioni pensino ad avere un agente
pubblico in Venezia: di che nulla sarebbe al pre-
sente più opportuno, perchè ad esso farebbero capo
le migliaia di essi che qui soggiornano; e, che più
importa, l' esercizio della Religione diverrebbe libero
ancora agli Italiani.
In quanto spetta alle altre cose, non potrebbero
con sicurezza mandarsi le lettere pel nuovo amba-
sciatore Veneto, il quale è per venire costà. Noi fac-
ciamo tutto quello che ci è possibile ; tuttavia con
cautela di non chiuderci l' adito alle opportunità
maggiori che fossero per venire. I Fiorentini vanno
macchinando una lega generale fra tutti i principi
Petrarca i riè per ciò alcuno li chiamò traditori d' Italia
né di Firenze né di Toscana !!
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. Ili
di Religione romanesca: il che non può dispiacerci,
come utile esempio ed eccitamento a quei che pro-
fessano la Religione riformata. Faccia Dio che ogni
successo ridondi finalmente a sua gloria ; mentr' io
lo prego che voglia rendere la S. V. eccellentissima
sempre più adorna di tutte le sue grazie. Stia sana.
14 agosto 1610.
CL. — Al nominato Bossi.1
Per questo corriere ho ricevuto due di V. S. ; una
delli 14, altra delli 12. La seconda, inviata al Ca-
stelvetro, è capitata sicura: contuttociò quella via,
per degnissimi rispetti, non è da continuare ; per-
chè, quantunque la persona sia d' ottima mente, non-
dimeno altrettanto mancamento ha nella prudenza,
ed è osservata dall' Inquisizione, essendo anche sta-
to per lo passato abiurato e circondato da spie.2
Prego V. S. affettuosamente, che mi faccia grazia di
non mi scrivere se non per i plichi pubblici, e mi
creda certo eh' io ho grandissimo rispetto di pre-
garla di ciò, desiderando che le mie preghiere sieno
tanto efficaci appresso V. S., quanto sono affettuose
e necessarie.
Nel tempo che m' arrivò il plico, si trovò qui a
visitarmi un servitore del signor di Polignac, al qua-
1 Dalla Raccolta edita in Capolago ec , pag. 225.
2 Non può qui parlarsi del celebre Lodovico, il quale
era morto sino dal 1571. E curiosa tuttavolta la ripetizione
del nome, con quella di -certe notabili circostanze: il che
non può non ricordarci che il Castelvetro ebbe un fratello
(Gian Maria) e forse nipoti, esuli al pari e insieme con
lui, e propendenti alla religione riformata.
112 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
le diedi il plico direttivo a quel signore, quale egli
medesimo porterà a Padova.
fio veduto gli Epigrammi fatti sopra la combu-
stione del misero Fra Fulgenzio, molto arguti e spi-
ritosi ; ma solo v' è da avvertire sopra, che il detto
Fra Fulgenzio non ha scritto a favore della causa
della Repubblica, come si presuppone, ma solamente
predicato nella città di Venezia più ancora contro
i costumi della corte romana, che in difesa delle
azioni venete.
La relazione del Castrino sopra le cose di Fran-
cia, è una prudentissima osservazione delle cose pre-
senti, con un fondatissimo giudizio delle future. Mi
pare d' avere innanzi gli occhi le cose dell' uno e
1' altro tempo, e vedermele presenti. Senza dubbio,
così sarà.
Credo che sarà perdita grande alla Francia
quando il presidente Harlay * lascerà quel carico,
amministrato da lui con tanta prudenza, fedeltà
verso il re e carità verso il regno. Dio faccia eh' egli
abbia successore, se non uguale, almeno simile. Se
fosse il signor presidente Thou, la perdita sarebbe
assai ricompensata ; ma quando fosse Leghier, sa-
rebbe bene il rovescio della medaglia, e una perdita,
sebben minore, comparabile però con la morte del re.
Non intendo quello che scrive Castrino del Thou.
nominando numerum librorum, perchè di ciò non
1 Achille di Harlay I giacché non bisogna confon-
derlo con altri suoi omonimi, uno de' quali fu anch' egli pri-
mo presidente del Parlamento. La sua rinunzia pare che
fosse motivata .dall' età, avendo egli allora presso a 75 anni.
Gli elogi che ne fa il Sarpi concordano pienamente con
quelli che gli sono prodigati dai biografi, sì per la sua in-
tegrità, come pel civile coraggio.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 113
ne ho informazione alcuna : bene intenderei volen-
tieri che cosa fosse. La deliberazione di Casaubono
di passar in Inghilterra, è manco male che l'altra
già messa in consultazione ; sebbene è da dispiacere
che abbandoni cotesto regno.
Dio faccia che l' assemblea degli ecclesiastici par-
torisca bene : di che dubito, come cosa insolita. Gran
punto è il dimandare una religione, essendo cosa
che, trattata senza gran prudenza, potrebbe causare
una guerra civile. Il levare 1' appellazione tamquam
ab abusila che domandano, non può nascere se non
da poca cognizione ; e non so se io debba compararli
al fanciullo che domanda alla madre uno scorpione
per giuocare con quello, non avendo cognizione del
veleno. Di ragione dimanderanno anco il Concilio
di Trento. Io prego V. S. che di queste cose, come
anche della causa di precedenza tra il Parlamento
e '1 vescovo, e della lite dei Gesuiti con i monaci
di San Germano, si degni alla giornata, quando sia
senza suo incomodo, dirmene i successi.
L' annotazione del signor Giustello sopra il Co-
dice della Chiesa universale,1 la vado gustando, e ci
trovo scelte fatte con esquisito giudizio. Quando le
avrò finite tutte, scriverò il mio parere a quel si-
gnore, e manderò la lettera a V. S.
Il libro degli opuscoli dello Scaligero,2 V. S. avrà
comodo di mandarmelo pel signor ambasciadore Na-
ni, che verrà costì presto ; ovvero pel signor Ago-
stino Dolce, segretario di quell' ambasceria ; ovvero
1 Cristoforo Giustcl, autore di un' opera intitolata : Co-
dice dei Canoni della chiesa universale.
2 Giuseppe Scaligero, figlio di Giulio Cesare, e che
1' anno innanzi era mancato di vita iu Leida.
Samm.
114 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
anco pel segretario dell' eccellentissimo Foscarini, se
verrà in qua, il quale è persona molto sensata e
d' acutissimo spirito ; e quanto alla Religione, è per-
sona media e discreta. Desidero che lo vegga, e parli
con esso lui con confidenza delle cose del mondo ;
attesoché 1' esser egli informato può essere causa
di bene al regno ed al pubblico, per continuare se-
greta intelligenza e confidenza. Ed acciò ne abbia
occasione, egli le porterà una mia lettera. A lui ho
consegnata Y insti uzione pel signore di Thou : re-
sta eh' egli faccia come scrissi per la lettera inter-
pretata da ... . Poco buona speranza si può avere
di Condé, essendo hostiiim artibus infectus. Dio fàc-
cia che tutto riesca a sua gloria.
Venezia, 31 agosto 1610.
GLI. — Al signor De V Isle Groslot1
Passando così lungo tempo prima che si possa
aver una risposta da Parigi, non mi meraviglio se
alcune volte pare a V. S. che alcuna delle lettere
sue sia smarrita. Quaranta due giorni passano per
aver risposta da Parigi, e per averla da lei 56. Con
tutto ciò, io ho molto bene a memoria d' aver ri-
cevuto le due sue delli 23 giugno e 5 luglio ; nel-
1' ultima delle quali avendomi Ella scritto eh' era
sul partire per andare ai bagni, restai di rispondere
per timore che la mia, capitando in sua assenza,
corresse qualche pericolo ; e ho aspettato a scriverle
1 Edita in Ginevra ec, e posta a pag. 271.
LETTERE DI FEA PAOLO SARPI. 115
fino all' intendere del suo ritorno, del quale mi dà
avviso per quella delli 18 agosto.
Io non soglio mai conservar lettera alcuna degli
amici, per tutti quei rispetti che possono occorrere
nelli tempi seguenti ; ma dopo lette, le dissipo tutte :
da che viene che domandandomi V. S. conto, alcune
volte dopo lungo tempo, delle ricevute, non glielo
posso dar così sicuro. Per 1' avvenire, io voglio tener
nota della data delle sue, e del giorno che le ri-
spondo ; acciò, occorrendo, possi levar qualche su-
spicione di perdita di lettere, che nascesse in Lei o
in me : perchè, veramente, questa è cosa gelosa ; e
poiché fino al presente tutte sono capitate, è bene
anco esser certo di quel che succederà all' avvenire.
Io non ho preso quel dispiacere del particolare
che mi scrive, cioè non sentir gran profitto delle
acque di bagni, che averei sentito se non fossi per-
suaso che la verità di simile medicamento non opera
effetti sensibili, se non dopo qualche tempo. Mi giova
di credere che V. S. sentirà giovamento alla prima-
vera ; massime se passerà questo tempo senza dis-
ordine nella regola di vivere. Io non parlo quanto
al cibo solamente, ma quanto al sonno e vigilia e
moto e quiete, e affetti dell'1 animo, che più del tutto
importa.1
Fra tutte le cose che occorrono in Francia, nes-
suna mi porta maggior meraviglia, quanto la con-
cordia tra Condé e Guise ; e sto in qualche dubbio,
che dal canto del secondo non vi sia tutta la realtà.
Quella casa mi è tutta sospetta. Anco Giovilla pro-
1 Ed eccoci il Sarpi, omniscio (secondo i biografi), ec-
colo mostrarsi esperto, o (se ciò troppo paresse) illuminato
abbastanza nelle cose della medicina.
116 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
l'essa dipendere dal re d' Inghilterra, e da lui è pro-
posto per capitano alla Repubblica. L' essere di Lo-
rena mi spaventa, e il fresco esempio di Vaudemont.
Quanto al regno di Francia, certa cosa è che
li grandi non possono esser senza ambizione e desi-
derio d' avanzarsi, e, per conseguenza, senza concor-
renze e disgusti tra loro. Quel di ciò che apparisce
non debbe dar maraviglia, anzi bisogna per neces-
sità aspettarne di più. Il tutto è, come bene V. S.
discorre, che li popoli siano savi nel tempo futuro,
come nel presente. Le cose passate doverebbono es-
ser loro per documento, perchè, finalmente, nei tu-
multi di già essi soli hanno patito. La quiete fa per
i popoli, e il moto per i grandi.1 Le città nei tu-
multi passati sono state le più pazze ; ragione è
bene che siano ora le più savie.
Io non sento con buon animo a lodare Condé,
quantunque abbia per intimo monsieur di Thou.
Questo indubitatamente è incorruttibile ; ma che bene
spereremo da quello, hostium artibus infecto ? Li
Reformati faranno molto bene a congregarsi e sta-
bilir le cose loro prima che nasca alcuna confusio-
ne ; perchè allora con gran difficoltà si fanno le
cose, che in tempo di quiete s' ordinano con facilità.
Quel Conchino 2 mi pare una scintilla per metter
1 Così scrivendo il Sarpi, doveva pensare alle condi-
zioni materiali del popolo, e non ad altre d' ordine più ele-
vato \ circa alle quali ci ha più volte fatta conoscere altrove
la sua opinione, mostrando desiderare, non che il moto, la
guerra. Vuoisi altresì considerare che non parlasi in que-
sto luogo di guerre esterne, ma di discordie e guerre civili.
- Comunque sia qui scritto o voluto scrivere questo nome,
pare da intendersi pel Concini o maresciallo d' Ancre; uomo
cui la frenetica ambizione rese pernicioso alla Francia e al-
l' Italia, e funesto a sé stesso ed alla propria famiglia.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 117
fuoco in Francia ; ma finalmente la prudenza degli
altri, e massime di Yilleroy, potrà sempre estinguer-
lo. Il peggio è de' Gesuiti, i quali con le arti pro-
prie e con le romane metteranno tanto male co-
pertamente, che innanzi sia veduto, si farà grande
e irrimediabile. L' aver Condé datoli repulsa, mi
pare un beli' atto, se non è simulato.
Le cose di Gulica, ogn' uno tiene di dover udir
presto nuova della resa o presa. Io però resto in
gelosia osservando la costanza dei difensori, paren-
domi che vanamente una fortezza si difenda, quando
non vi sia chi la voglia soccorrere ; e sto in qualche
dubbio di dover sentir un giorno, che li agenti di
Spagna si dichiarino per quella difesa. Mi par gran
cosa, quand' essi non vogliano rompere la tregua,
che vogliano soccorrere un luogo assediato, avendolo
potuto soccorrere prima che l'assedio fosse presto;
ma dall' altro canto, non è minor maraviglia che
lascino perdere un luogo cosi opportuno per loro.
1/ evento sarà giudice ; ma tra tanto F orecchie
m' intuonano male.
Quanto alle cose d' Italia, delle quali V. S. mi
ricerca 1' opinione mia, le dirò brevemente quel eh' è
apparente, poi quel che io credo di occulto ; e quanto
al pronosticarle il futuro, non ardisco, per l'espe-
rienza eh' io ho della riuscita delle cose sempre al
contrario dell' espettazione. Quello, adunque, eh' è di
vero e apparente, passa così.1 Hanno gli Spagnuoli
nello Stato di Milano quattro terzi di fanteria ita-
liana, che sono 12 mila ; 6 mila Svizzeri, e 6 mila
tedeschi del Tirolo, e 2 mila Valloni di cavalleria,
1 L' informazione che segue, è da paragonarsi con
quella che trovasi nella Lettera seguente, a pag. 123-25.
118 LETTERE DI FRA PAOLO SARP1.
oltre la propria dello Stato, che può esser 1500.
Hanno 600 cavalli borgognoni. Questa gente non è
pagata, ma le città e terre danno una lira di que-
sta moneta per fante che alloggia in loro al giorno,
e due per cavallo ; con promessa che queste spese
gli saranno rifatte nelle contribuzioni anniversarie
che debbono.
Dopo la morte del conte di Fuentes,1 non è re-
stato capitano atto a condur questa gente ; anzi, tra
il castellano e gli Spagnuoli del consiglio è nata
differenza chi dovesse governare nell'interregno, e
hanno fatto proclami l' uno contra l' altro, con poca
riputazione del re : siccome è stato anco con poca
riputazione, che li duoi vice re, nuovo e vecchio, di
Napoli,2 nel complire, non si siano intesi delli titoli,
e perciò il fratello dell' uno col figlio dell' altro, sfo-
derate le armi, si siano abbattuti.
Non è venuto ancora a Milano nuovo governa-
tore ; ma passa fama che sia destinato il contesta-
bile di Castiglia, il quale (dico per parentesi) mi
piace, per esser nemico de' preti.
Il duca di Savoia ha circa 18 mila persone in
arme a spese de' popoli, mal pagate. Ha deliberato di
1 La morte di Fuentes, avvenuta in quel torno, salvò
per allora l' Italia dalla guerra, ma aperse pur l' adito
alle macchinazioni, alle congiure, ai proditorii artifizi di
ogni genere, che senza posa si adoperavano contro gli
Stati meno servi di essa •, cioè Venezia e il Piemonte. Tutti
sanno i pericoli a cui la prima andò incontro nel 1619.
2 II conte di Lemos e il conte di Benavente, del quale-
era figlio don Giovanni de Zunica. Su questo fatto u Degno
di riso e di compassione, " che terminò con una lieve fe-
rita del Zunica, il quale era stato il provocatore, ci ricorda
di aver letta a stampa una lettera scritta da uno degli
agenti del granduca di Toscana.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 119
mandar Filiberto, secondogenito suo, in Spagna per
trattar accordo col re, così consigliato anco da Bil-
lon ; non però per mare, ma per la via di Francia.
Il papa fa ogni cosa acciò non sia guerra in
Italia. La Repubblica ha provveduto soldati per di-
fesa, con l' intenzione, se le genti de' Spagnuoli muo-
vino,1 di muovere anch' essi le loro genti : il che è
da credere che quelli non faranno, sì per manca-
mento di capitano, come per mancamento de' danari,
senza quali non si può muover esercito.
Del duca di Parma non fu vero niente, che si pen-
sasse darli cura delle genti. Non è verisimile che si
faccia nella sua persona, né di altro italiano. Qui li
dirò per incidente, che al suddetto duca è nato un
figlio maschio la settimana passata, con poco piacere
del papa e de' preti, che mirano a quello Stato.
Ora tornando all' apparecchio delle arme , io
credo che vedendo il re di Francia, e tenendosi che
dovesse potentemente assaltare il ducato di Sfi-
lano, il consiglio de' Spagnuoli fu provvedersi leg-
germente, e quanto bastava per sola difesa ; affinchè
gì' Italiani, veduta la Francia potente e senza op-
posizione, ingelositi, s'unissero con loro. Ma, morto
il re, pensarono d' accrescer quelle provvisioni per
metter timore al duca di Savoia, e ridurlo a get-
tarsi loro in braccio : ma restando il duca co-
stante, 2 essi si sono armati maggiormente, pur
1 Nella prima edizione si legge : con V intenzione se le
genti de' Spagnuoli muovino le loro genti; e dopo queste
parole un asterisco, seguendo poi subito sì per mancamento.
Abbiamo raddrizzate le parole cbe ci parvero invertite, e
supplito la lacuna evidente e per altri già indicata, nel
modo die più ci parve opportuno.
2 Benedetto, anche con tutti i suoi difetti, quel duca,
120 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
per venire a quel fine. Al quale non potendo, per la
costanza del duca, arrivare, si ritrovano in gran
perplessità : perchè, disarmandosi senza aver ottenuto
il disegno, perdono la riputazione; adoperar le loro
armi, adesso non possono per difetto de' danari e
capitano ; invernar le genti sarà totale ruina di quello
Stato già desolato. Il duca, a cui queste cose sono
note, temporeggia; perchè esso vince sempre che
Spagnuoli non ottengano il loro fine; e oltre che
essi non si possono muovere, egli li trattiene con la
deliberazione di mandar il figlio in Spagna : l' ese-
cuzione di che si può ben differire, come altra cosa
si è differita ; e mandatolo per Francia, si può anco
farlo fermar per viaggio, e ritornare.
Debbo ancora dire a V. S. qualche cosa del se-
creto de' principi. Il papa non vuol guerra, stando
tanto bene, che megliorare non può ; ma è in gran
pericolo di deteriorare: per il che, risguardando le
ragioni umane, bisognerebbe concludere che tanti
apparecchi si risolveranno in niente. Ma Dio so-
prastà a tutti, e conduce a sua gloria, contra i
disegni umani, quello che il mondo invia tutto al-
trove. In tutte queste occorrenze, nessuna cosa
per mio credere più nocerà al bene, che la su-
perstizione della regina; e tanto più, quanto, co-
me V. S. dice, vi è la cattività del matrimonio.1
A me dispiace, che il zelo, quale V. S. vidde, qui
è mortificato, se non estinto;2 poiché il papa non
che nel difendere i suoi Stati e la sua dignità, non curava
più che tanto le minacce né gli aiuti stranieri !
1 Parrebbe allusione alla malignità dei due coniugi Concini.
2 Una sola cosa vogliamo qui far osservare ; ed è la
consonanza di queste parole con quelle che si leggono al
principio della Lettera CXLIX, pag. 109
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 121
iam minatar, sed blanditili-, e che il fine è comune,
cioè la quiete.
Io son stato molto tedioso a V. S., per quel che
m'accorgo; e vedo d'esser in obbligo di finire. Le
dirò solo di Fra Fulgenzio, esser opinione anco
delli stessi cortigiani romani, che gli sia stata vio-
lata la fede; e la medesima sentenza che hanno
letto pubblicamente nella chiesa di San Pietro, ino-
ltrava che non meritasse quel fine. Prego Dio che
doni intiera sanità a V. S., alla quale bacio la
mano.
Di Venezia, il 14 settembre 1610.
OLII. — A Giacomo Leschassier.1
Lessi con sommo piacere la sua lettera del 24
agosto ; e mi godè 1' animo udendo che Ella attende
a scoprire gli artifizi dei Gesuiti, essendo necessità
di far chiara a tutti la loro sediziosa e scellerata
dottrina, acciò possiamo renderci sicuri delle loro in-
sidie. Quello che i Gesuiti insegnano in proposito del
regicidio, è. al mio parere, un perniciosissimo dogma,
perchè ne viene il sovvertimento della cosa pubblica :
ma l' insegnare eh' essi fanno, come sia lecito usare
senza peccato gli equivoci di parole e la restri-
zione mentale, colla qual dottrina si distrugge ogni
umana convivenza, e 1' arte d' ingannare, di cui nulla
v' ha più dannoso, si pareggia alla virtù ; questa
dottrina oso dire esser anco più perniciosa dell'altra
1 Tra le stampate in latino, nelle Opere dell' Autore,
pag. 88.
122 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
che insegna ad uccidere i re. E invero, qual cosa
può mai farsi o trattarsi con costoro che cuoprono
la menzogna con la maschera della virtù ? Il gesuita
Cottone difende la società sua dal crimine del regi-
cidio : io non dubito che in ciò non si covino molti
equivoci e forme evasive, le quali allorquando sarà
il bisogno, verranno apertamente allegate in iscusa;
come fece il Bellarmino rispetto al Richéome : e
quando Ella lo desideri, additerò ancora i luoghi.
Io volli opporre al Bellarmino il Richéome, nell'Apo-
logia per Gersone,1 accadendomi definire la Consi-
derazione decima (ediz. Veneta, pag. 33) ; ed egli
mi rispose (secondochè avvertii) come leggesi nel-
1' opuscolo intitolato da lui Bisposta al Trattato dei
Sette Teologi 2 in Venezia, replicando alla dicianno-
vesima Proposizione, quasi in fine del libretto (che
nell' ediz. Bolognese è a pag. 52). Di tal proposito
io trattai novamente nell' opuscolo che ha per titolo
Conformazione ec.3 (a pag. 309, ediz. Veneta) ; non
solo per dimostrare com' essi coli' astuzia del lin-
guaggio si facessero beffe del re, comecché giovane
e in pien possesso della sua autorità; ma, soprat-
tutto, come delle loro parole, per quanto di miele
condite, nessuno mai possa fidarsi. Ciò che il re-
gio procuratore aveva detto, eh' essi sono da temersi
più da lontano che da vicino, l' esperienza nostra
1 Opera di Fra Paolo, pubblicata nel 1606. Vedi Grise-
lini, Memorie ec., pag. 59.
- Di questi teologi che allora difesero la Repubblica
di Venezia, possouo vedersi i nomi nelle Memorie stesse del
Griselini, pag. 58.
:i Cioè, Confermazione delle Considerazioni sopra le cen-
sure di Paolo V •, altra operetta del Sarpi, benché pubbli-
cata a nome di Fra Fulgenzio. Vedi Griselini ec, pag. 60.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 123
ce lo dimostra presentemente. Non possono fare a
pezzi ne strozzare la Repubblica, la quale non vive
in un sol uomo; ma dalle nostre città succhiano
adesso maggior quantità di danaro, che non facevano
quando ci stavano in casa. Per via di emissari anche
prezzolati, insegnano con maggior cura la dottrina
della papale onnipotenza e della cieca obbedienza ;
e, quel eh' è il peggiore de' mali, disseminano 1' odio
tra le famiglie e la sedizione tra gli ordini dei cit-
tadini. Sinceramente lo dico : essi ci fanno maggior
male che in passato ; poiché allora non ci odiavano,
ma ci volevano salvi per aver del nostro di più e più
lungamente, per godere la nostra dimestichezza e
per dominarci. Ora cordialmente ci odiano, e bra-
mano di vederci distrutti, affinchè più non sia chi
osi disprezzare la loro potenza : a tale che non ri-
mane più a noi speranza alcuna, se Iddio stesso non
ci soccorre.
La S. V. mi prega a scriverle il mio parere in-
torno agli affari d'Italia. Il farò con tutta schiet-
tezza. Se in qualche materia tengo in briglia il cer-
vello, egli è in questa sopra tutte le altre; né credo già
che coloro i quali particolarmente si occupano demo-
litici negozi e quegli stessi che v' hanno interesse ,
possano fare con fondamento congettura alcuna ; per-
ciocché nessuno già opera quello che i prudenti
opererebbero, ma quello invece che farebbesi da per-
sone né per costumi né per ingegno da noi cono-
sciute.
Gli Spagnuoli hanno nel ducato di Milano 12,000
pedoni italiani, 6000 tedeschi, 6000 svizzeri e 2,000
valloni ; 600 cavalieri borgognoni e 1500 nostrali.
Non v' ha in Italia capitano alcuno che sia abile a
124 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
governare un tale esercito, dico tra i guerrieri di
sangue spagnuolo ; né questi hanno danaro con che
pagare gli stipendi, ma i soldati si alimentano alle
spese delle popolazioni, con grandissimo devasta-
mento del paese. Il duca di Savoia ha circa 16,000
uomini, parte di suoi sudditi e parte di Svizzeri.
Egli non può assalire l' esercito spagnuolo, eh' è più
potente del suo : lo Spagnuolo non può attaccare il
duca, perchè mancante del danaro che è necessario
per muovere un esercito, e insieme privo di condot-
tiero. Incalza frattanto il verno. Se lo Spagnuolo
tinch' esso duri, vorrà mantenere in piedi V armata,
la è finita per quel povero ducato ; il Milanese verrà
ridotto a un deserto : quando poi lo licenziasse, ver-
rebbe a perdere tutta quanta la riputazione, per non
avere con tante spese, con tanti uomini, operato cosa
alcuna ; mentre, all' incontro, il duca salvato avrebbe
i suoi possessi, e la sua dignità e libertà. Questo prin-
cipe dà segno d' inviare il suo secondogenito al re di
Spagna per trattare con esso lui della pace; ma quan-
do sarà o se sarà veramente mandato, lo ignoro ; in
ispecie perchè il duca ha prescritto di fare il
viaggio, non già per mare, coni' è costume, ma
per terra, traversando la Francia; per il ehe di-
venta più lungo, e nel frattempo potrebbe mutar
pensiero.
Questo avviene alla scoperta ; in segreto poi, così
procedono le cose. Lo Spagnuolo non vuole in ve-
run modo la guerra: egli sa che in Italia non può
acquistare più oltre, ma eh' è facilissimo di per-
dervi anche quello vi possiede. Tenne dapprima
pronte le armi per far paura al duca; ma quando
vide di non riuscirvi, le rafforzò per ottener l' in-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 125
tento propostosi. Ora, non avendo egli cominciato a
spaventarsi, lo Spagnuolo tiene il lupo per le orec-
chie : * desistere dal proposito è vergognoso; il se-
guitare, arduo e di dubbio esito. Il duca difenderà
come può meglio la sua libertà, non consentendo
che un sol soldato spagnuolo sia ricevuto, confessi
chiedono, nelle sue fortezze : ma, d' altra parte, le
forze sue proprie non gli bastano; s'egli potesse,
commetterebbe guerra da sé medesimo. Egli non
fa niuna stima di ciò che possiede ; agogna le cose
altrui : tentò già quelle di Francia, come Ginevra ;
vorrebbe ora tentar quelle d' Italia, come da lui
credute più agevoli. Egli, senza dubbio, starà vigi-
lante a tutte le occasioni, e qualsiasi speranza
gli servirà d' incitamento. Per ciò che spetta agli
altri principi, il papa e la curia di Roma vor-
ranno, per quanto possono, la guerra fuori d'Italia :
conciossiacosaché, tra il cozzo delle armi verrebbe
meno l' Inquisizione ; 1' Italia empirebbesi di soldati
che hanno in orrore la Religione romana; né può
dubitarsi che la potenza della curia di Roma sa-
rebbe ridotta al suo disfacimento, se la guerra du-
rasse in Italia per soli due anni. Il duca di Firenze
lascia guidarsi da due donne. 1' austriaca e la lo-
renese ; onde creda la S. V., che egli e lo Spagnuolo
hanno la stessa mente ed anche lo stesso scopo. La
Repubblica veneta ama la pace e rifugge dalla guer-
ra ; pronta a fare ogni sagrifizio perchè quella si
mantenga. Se contuttociò, a suo malgrado, altri si
precipitassero alla guerra, essa di certo non man-
1 Modo proverbiale, anche altrove usato dall' Autore.
Lupum auvibus tenere, significa in latino: Fare impresa
pericolosa, versare tra due o diversi pericoli.
126 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
cherebbe di adoperarsi per la libertà d' Italia, uè
per ciò perdonerebbe a spese e a fatiche. Ora è sì
aliena dalla guerra, che non vorrebbe nemmen dare
al Savoino buone parole, acciò in queste fidando,
egli non osi di più intraprendere contro gli Spaglinoli
e venga ad assalirli, od anche porga maggiori occa-
sioni onde sieno costretti ad impugnare le armi.
Frattanto, la Repubblica ha vie più munite le sue
fortezze, e preparate quante armi stimò necessarie
alla difesa del suo dominio. Ma se il re di Spagna
terrà in piedi le squadre durante l' inverno, anch' essa
a primavera farà d'apparecchiare un giusto eser-
cito. Per tutto restringere in una sola parola, o
tutti quelli che in Italia hanno Stati abborriscono
dalla guerra; o il solo duca di Savoia la farebbe,
quando se ne offrisse l' occasione.* Tal è lo stato dei
pubblici affari ; ma V. S. ricorda bene che non
sempre accadono quelle cose che gli uomini vor-
rebbono ; e che i fati conducono chi vuole, e chi non
vuole trascinano.2
Rispetto a ciò ch'Ella dice, che non le consti la
impurità della chiesa di Corinto, non posso mara-
vigliarmene ; perchè talmente siam fatti, e non senza
ragione, che in tutto ci giova deferire all' antichità ;
e ciò dipende dalla nostra stessa natura, per la quale
abbisogniamo d' esser mossi dagli esempi. Ma im-
pura io la chiamai, pensando a ciò che san Paolo
aveva a' quei popoli rimproverato. Perocché, se alla
1 Lodammo altre volte la perspicacia politica di Fra
Paolo ; riè questo lungo paragrafo è tale, che smentir possa
le nostre lodi.
- Ducunt volentes fata, nolentes traliunt ; sentenza
degli antichi filosofi.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 127
carità si riguardi, erano fra loro scismi e contese, come
nel Gap. I e II ; né lievi, ma tali che dividevano il
Cristo. Se trattisi dei costumi, intorno a ciò (Cap. V)
leggiamo : « Si commette fra voi fornicazione, quale
non si ode nemmeno fra' gentili. » Se dei riti è que-
stione, sta scritto (Cap. II) : « Già non è mangiare
la cena del Signore ; » e se, finalmente, della dot-
trina (il che credo eh' Ella stesse aspettando), è
nel Cap. V : « Perocché alcuni tra voi asseriscono che
non ha luogo la resurrezione dei morti. » La S. V.
ricorderà che fra tutti gli scrittori non ir ha ve-
runo più modesto nel riprendere, di quel che fosse
san Paolo ; e ponendo mente alle altre censure di
lui, si accorderà meco nel creder queste, per quanto
potevasi, temperate. Ma circa a quel luogo di san
Paolo dove si parla dell' edificio innalzato sulle fon-
damenta della fede, non mi è ignoto in qual guisa
venga dai più tartassato ; volendo alcuni che edi-
fici sieno le opere, non la dottrina ; altri, che que-
sta pur sia, ma dottrina curiosa. I tempi nostri
hanno duopo di un Democrito, ossivvero d' un Era-
clito. Ogni cosa noi deriviamo dagli scritti e dalla
dottrina degli antichi ; ma insieme camhiammo il
senso di tutte le voci da quelli usate. Non è più
per noi la cosa stessa ciò eh' essi chiamavano papa,
cardinale, diacono, chiesa, cattolico, eretico, martire.
Che più ? Tutto abhiamo pervertito ; e mentre
si fa professione di produrre i monumenti degli an-
tichi, rechiamo in mezzo i nostri soltanto.
Ma io V ho lungamente trattenuta con queste
ciance, togliendole tempo alle cose di maggior prò.
Presi a scrivere coli' intenzione di esser breve, ma
non so in qual modo mi portasse tant'oltre la pen-
128 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
na, prevalendo alla mia volontà. La prego almeno
di scusare quanto ho scritto senza cura veruna.
Duolmi delle vicende del signor Casaubono ; x ma
bramo eli' egli voglia rassegnarsi al divino benepla-
cito, imperocché spesso le cose avverse si mutano
in meglio, e le desiderate in peggio. Nessuno può
sapere a qual fine Iddio abbia destinato i casi che
teste sono accaduti. Noi dobbiamo, come uomini, in-
dirizzare a lui le nostre preghiere; e dobbiamo soffrir
con pazienza, quando non voglia esaudirci per ragioni
che da lui stesso dipendono. La prego di consolare a
mio nome Y amico, persuadendogli di sperar cose mi-
gliori, e che le avversità presenti, per gravi che sieno
state, si volgeranno in bene. Ancora le raccomando
di salutarmi in particolar modo il signor Gillot, che
io stimo e venero con tutto 1' animo ; siccome chiedo
da Dio che feliciti ambedue in ogni momento della
loro vita. Stia sana.
Di Venezia, il 14 settembre 1610.
CLIII. — Al medesimo.2
Io credeva che i Gesuiti fossero trattenuti in
Francia dalla sola volontà del re, pocanzi defonto.
Ora che, lui morto, li veggo osar più e maggiori
cose, temo vie più per voi, per la vostra chiesa e
1 II Casaubono, di religione riformata, dopo la morte
di Enrico IV, che lo aveva fatto suo bibliotecario, fu espo-
sto all' intolleranza dei sedicenti ortodossi, e dovè ritirarsi
in Inghilterra. Vedi anche al principio della pag. 113.
- Stampata come le altre, in latino, tra le Opere del-
l'Autore, pag. 91.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 129
per la stessa libertà. Io li conobbi ammaestrati a ma-
raviglia del come occorra far uso della prospera
fortuna. Eglino certamente mai non ripiegheranno
le vele, né occasione alcuna sfuggirà loro di mano.
Lessi l'opuscolo scritto a nome della Università, e lodo
l' ingegno e la prudenza dell' autore ; ma i Gesuiti
non si commuovono per rumori : essi tirano innanzi
perseverando nelle loro opere ; e per quanto altri
seriamente li combatta, non desistono dal loro pro-
posito. Provocarli con leggera battaglia è lo stesso
che indurli a vera guerra.
Non so che alcuno abbia raccolto i passi degli
autori che approvano 1' assassinio dei principi : ri-
cordo bensì di averli io letti in molti di quella So-
cietà ; ma i luoghi non ne appuntai, perchè una tale
dottrina in Italia, dove i Gesuiti signoreggiano, è
difesa qua e là da tutti. Qui dove il principe non
vive in una sola persona, non ne abbiamo paura.
Gli altri principi italiani, perchè figli de' Gesuiti, se
ne tengono sicuri ; ma il Bellarmino pubblicò poco
fa un opuscolo contro il Barklay, facendo vista di di-
fendere quanto il Barklay avea combattuto della dot-
trina stessa di lui, ma in realtà (com'io credo) ac-
ciocché con proprio e particola!" trattato si divolgasse
la sua dottrina intorno alla onnipotenza del papa.
Ivi egli sostiene, come se fossero articoli di fede, la
potestà nel pontefice di scomunicare i principi, di
sciogliere i sudditi dal giuramento e dall' obbedienza.
ed eziandio di privar quelli del dominio e dell'im-
pero, non solo per colpe commesse, ma per qualsi-
voglia causa che al papa sembri sufficiente : né ciò
senza ingiurie né contumelie verso coloro che sen-
tono in contrario, ai quali dà infamia peggiore che
Sarn — II. 9
130 LETTERE DI FRA PAOLO SARTI.
'di eretici. Più di cento volte vien egli inculcando,
esser legge di Dio e di natura che si obbedisca al
principe ; aver anche il Signore comandato di ren-
dere a Cesare quel eh' è di Cesare : ma che ciò deve
intendersi di chi veramente sia principe e veramente
sia Cesare ; ma colui che vien privato dal papa, non
è altrimenti più principe, né perciò dee più essere
obbedito. Il papa, dunque, mai non comanda già di
non obbedire al principe, ma fa del principe un al-
tro che non è principe, e a cui non si è più tenuti
di obbedire. Che gliene pare ? — Insegna anche
spesso che il papa non può soltanto disporre dei
regni e dei domimi, ma delle cose tutte che ai Cri-
stiani appartengono, non sì tosto abbia egli cono-
sciuto che ciò torni a vantaggio della Chiesa. Ri-
tratta altresì la propria opinione, da lui più volte
sostenuta nei libri prima d' ora stampati ; cioè che
i chierici furono con giustizia soggetti ai principi :
adesso però asserisce pervicacemente, che solo nel
fatto, ma non mai eli diritto, stati sono lor sudditi.
In somma, se a un libro simile sarà creduto, com'io
penso che sarà, oso dire che il papa non solo dovrà
tenersi eguale, ma superiore a Dio. A darle ad in-
tendere di che petulanza e di che sfacciataggine abbia
il Bellarmino fatto uso, mi basti il dirle per più
assai che gesuitiche.
Codesto opuscolo è uscito in luce da, non più di
dieci giorni : ne so invero se quegli a cui spetta,
abbia permesso d' introdurlo in questa città e domi-
nio. Ben congetturo, né senza buoni argomenti, che
udita la morte del re Enrico, fosse in Roma presa
la risoluzione di comporlo, per preparar materia di
nuovi attentati a fine di ricuperare la perduta ripu-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 131
fazione. Tanto esso muove lo stomaco e la bile, che
io non posso metter line di parlarne.
Sento che il figlio di Barklay è uomo di acuto
ingegno ed erudito : 1 credo, perciò, eh' egli non la-
scerà impunita l' ingiuria fatta a suo padre, e che
T altrui petulanza ne verrà repressa. In altro tempo
male avrei potuto raffrenarmi; ma ora mi è, pur
troppo, impedito di operar ciò che sarebbe necessa-
rio a difesa della verità.
Troppo la tenni a bada; ed è ormai tempo di
liberarla da tale molestia. La prego di rendermi, al-
l' opportunità, consapevole di quanto sarà stato giu-
dicato nella causa de' Gesuiti, e di far a mio nome
mille salutazioni al signor Gillot. Stia sana.
Di Venezia, il 28 settembre 1610.
CLIV. — Al nominato Piossi2
Ho ricevuto, con augumento d' obbligo, quelle di
V. S. delli 7 e degli 8, ma insieme con dolore eh' io
non vaglia 3 nulla in servizio suo, prendendo Ella tanti
incomodi per causa mia. Non posso se non pregare
Dio che, per sua bontà, esso le doni la ricompensa.
Abbiamo avuto l' avviso dell' acquisto di Giuliers.
e da tutti s' attribuisce la principal lode di quel-
l' impresa al conte Maurizio : 4 e veramente, bisogna
1 Vedi la nostra nota a pag. 275 del primo volume.
- Edita in Capolago ec., pag. 229.
3 La prima stampa ha, con errore che a noi sembra
palpabile : eh' ei non voglia.
4 Giuliers venne in quell' anno occupata dalle forze dei
principi protestanti della Germania, sostenute dai Francesi
e dagli Olandesi.
132 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
confessare che non v' è altrettanta virtù e risoluzione
in Europa, quanta negli Stati. È ben parsa meravi-
glia che le genti franzesi, essendo state le ultime ad
arrivare, sieno anche state prime a partire, e con
tanta fretta; ma io credo che alcuno era attorno
Giuliers, il quale però non desiderava che fosse
acquistato: in somma, pochi sono i buoni.
Accostandoci al verno, sarà facile che si raffred-
dino anche i rumori di guerra : non so se potranno
esser estinti ; e quanto s' aspetta all' Italia, io tengo
per così dubbio il successo, che non mi dà 1' animo
di pendere più allo sperar la pace, che al temere
la guerra; anzi tengo che i medesimi interessati
siano incerti altrettanto quanto i privati. Sanno bene
quello che vorrebbono, ma non quello che riuscirà,
essendo le cose tanto scompigliate, che chi le ma-
neggia le intende meno degli altri. Spagna, se potrà,
vorrà pace; Savoia, se potrà, vorrà guerra: e seb-
bene hanno il medesimo desiderio che i primi, non-
dimeno, avendo gli stessi interessi con loro, faranno
la stessa risoluzione. La Repubblica, sebben speri
pace, non insiste molto: crescono nondimeno così le
provvisioni del duca, come quelle di Milano. Vivono
i soldati nel Milanese a spese dei popoli, ed è certo
che la spesa monta a ducentoventimila scudi il mese.
Non si intende però che di Spagna pensino a mag-
gior provvisione che di quattrocentomila scudi, i
quali disegnano mandare insieme col contestabile di
Castiglia, che viene per governatore di Milano e ca-
pitano dell' esercito, con tanta autorità quanta aveva
il conte di Fuentes. Questo soggetto è uomo di molta
prudenza nelle cose politiche ; l ma in guerra non ebbe
1 Rivedasi la Lettera dei 14 settembre al De l'Isle, p. 118.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 133
molta buona fortuna in Franca Contea, dove una
volta la maneggiò.
In Germania sono accomodate le differenze tra
l' imperadore e Matthias ; 1 perchè Cesare, protestato
dalli soggetti, s' è accomodato alla necessità, e sarà
esempio per verificare la sentenza di Livio : Regiam
majestatem diffwilius a summis ad media reduci,
quam a mediis ad ima preeeipitari. Ma la lega ec-
clesiastica, eh' era reduce a Monaco, ha fatto una
risoluzione che non è da preti e Tedeschi, avendo
deliberato d' assoldare quindicimila fanti e cinque-
mila cavalli, sebbene gli Spagnuoli di questo numero
pagheranno tremila fanti e mille cavalli.
Non spero troppo che la conferenza di Colonia
possa terminar in pace per gì' interessi del duca di
Sassonia; il quale si vede tanto innamorato nella
sua pensione, che per ottenerla non resterà di va-
lersi anco degli aiuti degli Spagnuoli; senza che, i
commissari imperiali e la dieta di Praga sono più
atti a seminare la guerra dove fosse pace. Ma tutto
è in mano di Dio, al quale piacerà forse., contro
F aspettazione, ridurre ogni cosa a pace ; come prego
che faccia, s' è per bene della santa Chiesa.
L' arrivo di tanti ambasciadori straordinari costì
potrà muover materia di discorsi e di opere. Il duca
di Feria seminerà il Diacatholicon; ne quello d'In-
ghilterra potrà far tanto di bene, per la freddezza
del paese e del padrone.
Ho avuto molto a caro di saper, con tutt' i suoi
particolari, quello eh' è stato trattato nel Parla-
1 Fu però illusorio, se non proditorio, quell' accomoda-
mento •, giacché nel 1611 le discordie e la guerra ardevano
più che mai.
134 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
mento sulla causa de' Gesuiti : i quali però io tengo
che, quantunque fossero perditori, vinceranno; per-
chè finalmente riceveranno la condizione d' assog-
gettarsi agli statuti dell' Università, di che però
non ne faranno niente. 11 solito loro è di entrare
ad ogni condizione, perchè hanno ben essi l' arte
di farsi padroni di quelli che gli avranno legati
con regole. Qua si contenterebbono di venire a vo-
gare per galeotti con i ferri ai piedi ; perchè, entra-
ti, saprebbono bene e sciogliersi loro e legare gli
altri. Non è meraviglia che procedano con tanta
petulanza in Francia : anco in Roma ne usano. Ave-
vano eretto nella loro chiesa una compagnia spiri-
tuale di sbirri solamente (i quali sono in quella città
in gran numero) , sotto pretesto d' insegnar loro la
dottrina cristiana e gli esercizi spirituali; e s'erano
fatti così presto padroni, che il governatore e la Corte
non potevano più maneggiarli : onde, per querela
eh' esso governatore fece al papa, la compagnia è
stata disfatta.1
Ho letto con gusto l'Anti- Cottone; 2 il quale però
avrei voluto in qualche parte più pungente, poiché
non è vizio la immodestia contro i petulanti ; e non
è dubbio alcuno che la libertà francese in iscrivere
contro i disordini che nascono per favore de' potenti,
fa di molto bene, aprendo gli occhi a quelli che sono
di buona natura e non perspicaci, ed impedisce che
1 Di questo fatto che solo basterebbe a caratterizzare
le tendenze, a tutti perniciose, della setta gesuitica, torna
a parlarsi, con altre circostanze, nella Lettera che segue.
2 Anti- Cottoti è il titolo di un1 acerbissima opera sati-
rica, in cui volevasi provare che i Gesuiti erano rei del
parricidio di Enrico IV, e pubblicata in quell' anno a
Parigi.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 135
la materia non si corrompa tutta. Dubito solamente
che, stimandosi essi onnipotenti, non si mettano in
rabbia per le contraddizioni che lor vengono fatte, e
non diano in qualche precipizio ; perchè sono di tanta
audacia, che non guarderanno a rovina per vendi-
carsi delle offese che par loro ricevere.
La nuova che V. S. mi ha dato della mutazione
del presidente Thou,1 mi ha così stordito, e mi ha
fatto restare in ambiguo di diverse cose. Sebbene,
io voglio dire con Seneca : — Convien piuttosto chia-
mare l' ebrietà virtù, che Catone vizioso. — Però non
si può scusare il vizio mio di annoiare V. S. così
lungamente. Farò fine baciandole la mano.
Di Venezia, il 28 settembre 1610.
CLV. — Al signor De V Me Groslot?
Per la mia ultima, scritta oggi quindici giorni,
diedi conto a V. S. d' aver ricevuta la sua delli 18
agosto, insieme col supplemento della cifra. Per que-
sto corriere ho ricevuto due sue, una delli 2, l'altra
delli 3, del presente, insieme con le direttive al si-
gnor Molino e a monsieur Assellineau ; quali rica-
pitai immediate, e questo stilo servarò secondo il
1 Non ci è dato d' intendere questa allusione, perchè
nulla troviamo nella vita del virtuoso De Thou, che possa
giustificarla. Forse era nato il sospetto eh' egli potesse ab-
bassarsi ad indegne ritrattazioni od a piaggiare i cattivi,
quando trattavasi di nominarlo successore dell' Harlay, di
cui si è detto a pag. 112. Ma non sembra che il De Thou
si avvilisse, come tanti fanno in Francia ai dì nostri •, né la
regina, consigliata da Roma e dai Gesuiti, potè indursi a
conferirgli quella suprema magistratura.
- Dalla Raccolta di Ginevra ec, pag. 281.
136 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
comandamento di V. S., dandole in ogni mia conto
di quanto averò ricevuto da lei.
Ho sentito grandissimo piacere eh' Ella abbia
risposto al signor ambasciatore Barbarigo, del quale
non ho scritto a V. S. con alcuna iperbole, ma più
tosto molto di sotto di quello che in verità è ; 1 e non
saprei trovar in questa nobilita persona che 1' avan-
zasse in bontà e prudenza ; e son sicuro che riuscirà
tale a V. S. così trattando con commercio di lettere,
come personalmente: perchè Ella averà ben occa-
sione di vederlo anco di presenza ; poiché, finita
T ambasceria nella quale serve adesso, sarà desti-
nato o in Francia o in Inghilterra, o forse sarà il
primo che anderà in Olanda. Li avvisi che V. S. li
darà, e maggiormente le instruzioni e considerazioni
sopra quel che passa, sarà utile non tanto a lui,
quanto al pubblico; e in particolare, sarà molto a
proposito eh' egli sappia tutte le insolenze che usano
i Gesuiti costì.
È fondatissimo il discorso di V. S., che il papa e
Pioma non pensano altro che vendicarsi contro la Re-
pubblica, ma sentono bene ancora essi le difficoltà in-
superabili che li conviene scontare; perchè, quando
pensino farlo senz' armi, riusciranno ridicoli come
altre volte; ma quando con quelle, sono certi che
non si può fare senza empir l' Italia di confessionisti
e reformati, eh' è loro estrema destruzione. Né creda
V. S. che il papa si fatichi maggiormente di comporre
le difficoltà, di quanto Spagna vuole e li comanda :
ma se in Italia sarà guerra o no, io son così incerto,
che non pendo più in una parte che nell'altra.
1 Vedi la Lettera CXLVII, pag. 98.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 137
Poiché V. S., quasi dubitando, mi dice che il
pontefice non farà niente sopra il decreto della Sor-
bona, io la leverò di dubbio. Si ha certo che non
lo farà ; e perciò li dirò di nuovo, già dieci giorni,
è uscito un libro del cardinale Bellarmino, stampato
in Roma, con titolo dell'Autorità temporale del Papa
sopra i Principi ; in latino però. Il pretesto è di
scrivere contro Barclaio, ma il vero fine si vede
esser per ridurre il papa al colmo dell' onnipoten-
za. In questo libro non si tratta altro che il sud-
detto argomento; e più di venticinque volte è re-
plicato, che quando il papa giudica un principe
indegno per sua colpa d' aver governo, ovvero inet-
to, o pur conosce che per il bene della Chiesa
sia così utile, lo può privare. Dice più e più volte,
che quando il papa comanda che non sia ubbidito
ad un principe privato da lui, non si può dire che
comandi che principe non sia ubbidito, ma che pri-
vata persona ; perchè il principe privato dal papa
non è più principe.1 E passa tanto innanzi, che viene
a dire che il papa può disponere secondo che giu-
dica ispediente, di tutti i beni di qualsivoglia cristia-
no. Ma tutto sarebbe niente, se solo dicesse che tale
è la sua opinione : dice, eh' è un articolo della fede
cattolica, eli' è eretico chi non sente così ; 2 e questo
1 Quando siffatte cose, e che tutti anch' oggi posson leg-
gere, si scrivevano pel pubblico, che cosa è da pensare delle
menzogne, delle arti infernali e delle viltà di ogni genere
che i Gesuiti usar doverono per farsi non che sopportare, ma
eziandio per mantenersi potenti nelle corti? Non può, tra gli
altri aneddoti, non tornare qui a memoria 1' abituale inter-
rogazione del confessore gesuita a Luigi XIV: Quotles
Majestas vestra dignata est adulterium perpetrare f
2 Vedasi la Lettera CLIII, pag. 129-30 •, e il secondo
paragrafo della CLVI.
138 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
con tanta petulanzia, che non vi si può aggiungere.
Io non faccio dubbio che, udita la morte del re.
non si sia venuto in deliberazione di comporre que-
sto libro ; perchè, per quanto tocca a Barclaio, biso-
gnava farlo prima ; ed è un voler tentare la pazienza
de' principi per passar più innanzi.
Credo, che la Repubblica non permetterà il libro :
ma poiché io sono a parlar di Roma, bisogna bene
che le dica una istoria dei Gesuiti di là. Saprà che
in quella città vi è un grandissimo numero di sbirri,
ed eccedono senza dubbio 150. 1 padri Gesuiti, vedendo
che quella gente è dissoluta e vive poco cristiana-
mente, hanno pensato di eriger nella loro chiesa una
compagnia di soli sbirri, per insegnar loro la dot-
trina cristiana, ed esercitarli nella frequenza della
confessione. E il governatore di Roma e quella corte
hanno avuto in sospetto una così stretta pratica
di quei Padri con i loro ministri. Se ne sono doluti
col pontefice, perchè il vescovo di ***, essendo vicino
alla morte, come anco morì dopo, gli aveva donato
trenta mila scudi avanzati da lui: ma la Camera
romana non ha approvato la donazione, e ha voluto
che li danari siano spoglie, e se li ha applicati.1
1 II Bianchi-Giovini, riportando questo passo tra gli
estratti coi quali accompagnò le Lettere da lui pubblica-
te, vi appose questa nota : « La Camera apostolica si è
» arrogata il diritto di ereditare le spoglie dei prelati
» morti. — Questo diritto incominciò, — dice Tomasini, —
n ai tempi dello scisma tra Urbano VI e Clemente VII
» (nel 1378) : imperocché quest' ultimo, il quale sedeva ad
» Avignone, essendo privato al tutto del patrimonio della
» chiesa romana in Italia, pensò, per mantener sé e i
» trentasei cardinali del suo partito, di riservarsi i più
» pingui benefici e le spoglie, tanto dei vescovi che degli
» abati e di tutti i beneficiari che morivano, n (De Bene-
ficiis, tom Vili, pag. 273.)
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 130
Ricevono bene essi ancora alle volte qualche dis-
gusto, ma ne danno anco. Io resto bene con gran
maraviglia della petulanzia con la quale procedono
costì, e che abbino tanti favori ; e sopra tutto resto
attonito, che siano favoriti da monsieur di ***. Biso-
gna che vi sia qualche gran ragione occulta, perchè
della bontà dell' uomo non posso dubitare. Lo scri-
vere contra di loro, sarebbe scribere in eos qui pos-
sunt proscribere. Il Padre lo desidera, ma li con-
viene usar molta cauzione, quando la meretrice pro-
cede con la Repubblica con lusinghe, siccome al pre-
sente. Se piacerà a Dio che si smascheri, e questa e
qualch' altra cosa potrebbe esser fatta.
Io ho ricevuto diverse buone instruzioni da V. S.
sopra i buoni governi di quella Società ; e in parti-
colare il Misterio, che per questo corriere mi man-
da : di che la ringrazio, ne per questo refreno 1' ar-
dire di pregarla ancora di maggiori cose. Quanto a
quello De modo agendi, aspetto che il signor Fosca-
rini sia in Inghilterra. Desidererei aver un esem-
plare dell' Apologia del padre Ludovico Richéome 1
in francese, non in latino. Quando, senza suo inco-
modo, V. S. potesse provvedermene una e darla al
signor Agostino Dolce, lo riceverei a favore.
Intorno alla Camera della meditazione, noi in Italia
non ne abbiamo contezza, perchè i cervelli italiani
non sono soggetti ad esser persuasi di mettersi in
pericolo. Però quella droga non ha spaccio qui,
ma un' altra ; la quale è molto stimata ed è ragione
dell' utile, con la quale guadagnano tutti quelli,
che li seguitano ; e noi osserviamo che li maggiori
1 Altro fra i controversisti gesuiti di quel secolo, affo-
gato nelle controversie.
140 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
usurari ed usurpatori dell' altrui sono i devoti delli
Gesuiti. Ma Dio vuole clie chi non riceve la verità,
sia a punto punito di cecità.
Quanto alle cose di Francia, dubito che il pro-
nostico di padre Paolo si verificherà prima di quello
eh' egli credeva, considerando quello eh' è occorso
sopra Calais, e le altre cose trabocchevoli che vedo
fare a favore di Conchino.1 Io dubito anco molto, che
quel duca di Feria non si faccia duca di Festa,
anco molto solenne ; e Dio voglia che parta di Fran-
cia senza aver seminato molto Diacatholicon.
Intorno le cose del mondo, è molto ben chiaro
che i Tedeschi sono irresoluti, divisi e deboli ; come
è ordinario di quella nazione, tanto celebre per altro
e sì famosa all' universo. Ma io dirò, credendo non
m' ingannare, che solo li Stati siano vero principe,
resoluti, arditi e reali ; 2 e io, per me, li stimo sopra
tutti, e veggo che quanto è avvenuto di bene da
trent' anni in qua, è nato da loro.
Li Ugonotti hanno ragione di ombreggiare, né
credo siano mai per usar tanta cauzione eh' ecceda ;
massime che vigileranno perpetuamente alla loro
pernizie i Gesuiti, e non lasceranno passar punto
di occasione. Io vorrei vedere che s' effettuasse l' as-
semblea disegnata : di che prego V. S. darmi avviso
particolare, parendomi cosa di molto momento e
conseguenza. Spero in Dio che favorirà una così
utile deliberazione, e prego la Divina sua Maestà,
1 Vedi la nota 2 a pag. 116.
2 Un siffatto giudizio è per la terza volta, se ben no-
tammo, ribadito in queste Lettere -, ma è, sopratutto, da
rivedersi la diretta al Duplessis, pag. 110 di questo stesso
tomo.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 141
che li doni buon principio, e felice esito: la quale
anco prego che doni a V. S. ogni prosperità presente
e perpetua; alla quale bacio umilmente la mano.
Quanto all' abiurazione di Fra Fulgenzio, non le
posso parlar con certezza, salvo in questo particolare,
eh' egli nella chiesa non parlò, e che aveva la bocca
chiusa con sbavaglio. Se in secreto abiurasse, può
esser vero ; ma non è già solito farsi con quelli
a' quali si legge la sentenza in chiesa, come a lui.
Il libro del Bellarmino è proibito qui con un ri-
gore estraordinario ; come ancora si farà a tutti i libri
che vengono dalle contrade del Tevere, e particolar-
mente quando sono opere uscite da'gabinetti de'padri
Gesuiti ; quali hanno giurato d' avvilire ogni potenza,
per poter meglio rendere quella del papa superiore
ad ogni altra. Però ho ferma credenza che Dio vi
metterà la sua mano, per liberar la Chiesa da que-
sta peste.
Di Venezia, 28 settembre 1610.
CLVI. — A Giacomo Gillot.1
Niuna maraviglia che la morte di Enrico il
Grande abbia immerso nella tristezza e nel lutto
la S. V. ed ogni buon francese, stantechè lo stesso
caso afflisse grandemente noi pure, a cui non tocca
così da presso. Fu, invero, una comune calamità,
che troncò le speranze dei buoni e accrebbe 1' au-
1 Impressa, in latino, tra le Opere dell' Autore ec,
pag. 13 -, e trovasi ancora nella Raccolta di Ginevra, a
pag. 598.
142 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
dacia dei cattivi. Imperciocché i Gesuiti non solo
ne divennero più insolenti presso di voi, ma presero
a stringer più forte noi stessi ; sempre con quel loro
caparbio ed unico proposito d' imporci sul collo il
giogo pontificale. Vivente il re, ciò facevano come
di soppiatto : lui tolto di mezzo, vi rimessero mano
sotto gli occhi di tutti. Perocché subito il Bellar-
mino, col pretesto di difendere i suoi scritti dagli
attacchi del Barclaio, prese a trattare della potestà
del papa nelle cose temporali, dando fuori, in meno
di venti giorni, un suo libello ; in cui, le cose mede-
sime che già sussurravano alla spartita e timida-
mente contro la maestà de' principi, ora strombaz-
zano alla sicura e tutte insieme raccolte.
Abbiamo adesso in quel libercolo la intera tre-
genda, e classata per nazioni, di tutti coloro che da
dieci anni appigionarono al papa le loro lingue ri-
belli ; e cui egli, il Bellarmino, manda a sé innanzi,
e quasi veliti, a scaramucciare succinti, e tuttavolta
armati di santità e di titoli di dottrina eccellente.
A questi egli tien dietro, traendo in trionfo re e
principi vinti e malmenati ; i quali egli afferma non
solo potersi dal papa scomunicare, e dal regno e dal-
l'impero rimuòvere, se ciò meritino le loro colpe, ma
eziandio per la imperizia del governare, per debo-
lezza o inettitudine, e per qualsivoglia altra cagione
che al papa sembri dover tornare di pubblico van-
taggio. Oramai 1' autore dell' Anti-Cottone L non si
affatichi più nel dimostrare 1' equivoco che si rac-
chiude ove dice doversi obbedienza ai principi, senza
dichiarare però di quali principi si parlasse. Il Bel-
1 Vedi la nota 2 a pag. 134.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 143
larmino e' intuona adesso senza ambagi, aver Cristo
comandato che si renda a Cesare ciò che è di Ce-
sare, finch'egli sarà Cesare; avere gli Apostoli in-
giunta l' obbedienza ai re, sintanto che re sono ;
ma che non appena essi vengono dal papa privati
del dominio, cessano ancora di essere e Cesari e re.
E tutto ciò stimerei anche di leggier peso, se il ge-
suita nostro non chiamasse quelli che da lui dis-
sentono, temerari, scandalosi, eretici ; se non ve-
nisse sclamando, codeste sue massime esser fede di
tutta quanta la Chiesa ; se gli altri tutti non pre-
dicasse parassiti dei principi, e uguali agli etnici ed
ai pubblicani.
Credè il Barclaio di poter convincere questi pa-
pisti coli' opporre ad essi il costume dell' antica
Chiesa, la quale fu obbediente ai principi, ancorché
cattivi ed eretici ed anche apostati. Ma ciò nemmeno
gli valse. Confessa il Bellarmino, che quella obbedì
e predicò obbedienza, perchè mancante di forze e
di occasione; e aggiunge che né fatto né parlato
avrebbe in tal guisa, se dai loro troni potuto avesse
cacciarli. Il buon Barklay fece ancora un mal uffi-
cio verso i privati, quando volle opporre al Bellar-
mino, che così i principi sarebbero in peggior con-
dizione dei privati ; perchè mentre questi non pos-
sono dei lor beni essere spogliati, possono invece
quelli esser cacciati dai loro regni ed imperi. Ed ecco
che questa obiezione die luogo ad una nuova e finora
inaudita sentenza : potere il papa disporre delle so-
stanze tutte di ciascun privato, secondochè gli sembri
che la utilità della Chiesa addimandi. Che dirò dav-
vantaggio '? Una tale potestà di costringere i fedeli,
il nostro gesuita la estende finanche ai confessori.
144 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
La serenissima Repubblica vietò incontanente che
si venda, ritenga o introduca un tal libello ne' suoi
dominii, acciocché il popolo di tal veleno non venga
infettato. Ma che? Una peste siffatta verrà inocu-
lata in segreto nelle confessioni, e verrà pure spac-
ciata come credenza cattolica. Laonde è da vigilare
con maggior cura, che non sia lor data facoltà di
ammaestrare la vostra gioventù, e non fidare nello
loro promesse, o nei giuramenti che pur. prestassero
di osservare le leggi della Università. Costoro pos-
seggono due arti : V una, colla quale scapolano dai
lacci e dai legami di qualsivoglia promessa e giu-
ramento, coli' equivoco, colla tacita riserva e colla
restrizione mentale ; l' altra, e più occulta, con cui,
come il riccio, sanno penetrare negli altrui più an-
gusti recessi, sapendo bene che col dispiegare le
pungenti loro spine, ne otterranno per se stessi il
pieno possedimento, esclusone il padrone. Così en-
trati in Francia a qualunque patto, aspettarono o
prepararono le occasioni nelle quali oggi possono
più liberamente adoperarsi. Mi duole altresì che.
non solo per vostra colpa, ma per nostra egual-
mente, moltissimi tra i Francesi abbiano degenerato
e si lasciassero dalle straniere dottrine corrompere.
Temo ancora che il male non si dilati vie più :
mentre vedo che nessuno fra gli avvocati volle assu-
mere la causa della Università, se non per comando
lor fattone dal Senato.1 E siccome fu, contro gli usi,
proibito 1' Anti- Cottone, temo altresì che non vi get-
tino in una guerra civile : il che Dio tenga lontano,
come ne lo supplico con tutto 1' affetto dell' animo.
1 Si sa come i Gesuiti fossero generalmente temuti non
solo pei loro intrighi, ma ancora per le private vendette.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 145
Né ignoro tuttavia che molti e buoni e forti Francesi
rimangono tuttavia, tra i quali non è dei secondi
la S. V., che non abbandoneranno, io spero, la
causa pubblica ; come di cuore desidero, ben com-
prendendo che le vostre feste, secondo il proverbio,
saranno ferie ancora per noi.
Sto aspettando a braccia aperte il nipote della
S. V.,1 per imparare a conoscerlo ed accoglierlo come
signore e come fratello. Voglia Dio concedermi la
grazia di rendergli quegli omaggi di cui sono debi-
tore ! Certo porrò ogni sforzo per fare eh' Ella possa
conoscere quant' è la stima e la gratitudine eh' io
so e professo di averle.
Del rimanente, se non temessi di riuscirle mo-
lesto, mi condurrei a scriverle più spesso ; ma questo
timore fa sì che mi contenti d' essere dagli amici
assicurato della sua buona sanità, e d' inviarle per
tal mezzo i miei saluti. Ma nulla mi sarebbe più
caro che il ricevere spesso sue lettere, ne di più
conforto che il rispondere. Un non so che d' arcano
mi porta a volerle bene ; talché, se potessi parlarle
una sol volta. 1' avrei per vera beatitudine. Dio fac-
cia goderle a lungo tutta quella prosperità, per la
quale io non manco di far voti alla Maestà sua Di-
vina. E conservi la usata sua benevolenza a chi la
onora singolarmente.
Venezia, 22 ottobre 1610.
P. S. Veda se le scrivo alla sbadata e con familia-
rità certo soverchia, avendo dimenticato cosa che
non era da dirsi tra le ultime : cioè che aspetto con
1 Del quale sarà parlato nella Lettera dei 7 dicembre.
Sarpi. — il. io
146 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
impazienza gli Atti del Senato dopo il regicidio, da
Lei raccolti ; e la cui notizia mi accompagna con pro-
messe e riserve sante egualmente, e eli cui non cerco
mallevadore diverso o migliore della stessa S. V. —
Opportunamente mi giunsero le Questioni del Cot-
ton ; essendo pur vero eh' io ne aveva da Lei rice-
vuto, tempo fa, un altro esemplare : ma l' impre-
stito che ne feci ad un amico, fu causa che mai
non potessi recuperarle. Or Ella ha soddisfatto a
un desiderio che in me restava vivissimo. Novamen-
te, le fo molta riverenza.
CLVII. — Al signor De V Me GrosJot.1
Per il corriero che partì di qui oggi a 15, ri-
sposi alle due di V. S. delli 2 e 3 settembre, che ven-
nero insieme con una direttiva al signor Molino. Per
questo corriere ho ricevuto quella delli 15, la quale
con ogni ragione incomincia dall' ammonir la mia
negligenza, che mai ha saputo scrivere a V. S. se
non in risposta; il quale peccato non posso negare
né debbo iscusare. ma dir solamente che per 1' av-
venire mi correggerò.
L'ultima sua, sì come è un vero ritratto delle
cose di costì, cosi mi ha mosso le lacrime, perchè
osservando che non passano meglio qui né in Ger-
mania, mi persuado esser la divina volontà, che an-
cora viviamo sotto il giogo. Ma se così è sua gloria,
dobbiamo conformarci alla sua volontà e renderli
grazie. Quanto s' aspetta a costì, se la regina avrà
1 Dalla raccolta di Ginevra ec, pag. 290.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 147
tanta virtù (il che io non credo) che possa sosten-
tare queir assoluto governo, farà miracoli, almeno
per quanto tocca le cose umane; ma se altrimenti,
aspetto che in breve sarà fatta una lega con rovina
del regno.
I nostri hanno perduto il zelo, perchè il papa
procede con ogni mansuetudine, come anco perchè
per quella via non si ascende : indizio manifesto, che
il passato non era da Dio ; il perchè non è da mara-
vigliarsi s' è restato senza effetto. Si aggiunge bene,
che dubitando qualche cosa da' Turchi, pare che bi-
sogni trattenersi col papa e con Spagna ; e così Dio
si lascia indietro. Non veggo altro rimedio per conser-
vare o nutrire quel poco che resta, se non venendo
molti agenti di principi riformati ; e massime de' Gri-
soni, perchè questi farebbono 1' esercizio in italiano.
I Gesuiti, benché assenti, non fanno manco male
qui che costì, con lettere e instromento di preti e
frati confessori: i quali non mi maraviglio se pos-
sedano costì la regina, perchè 1' adulazione è mezzo
potente per aver la grazia, massima de' deboli. Ho
letto la rimostranza presentata per nome dell' Uni-
versità, molto bella scrittura e degna di monsieur
1' Eschassier. se è sua. Quel particolare che non si
sia trovato avvocato per V Università se non coman-
dato, può ben esser documento che la potenza dei
padri Gesuiti è insuperabile. Io mi son riso dell' of-
ferta di sottoporsi alli statuti dell' Università ; per-
chè essi, quando ricercano l' ingresso in qualche
luogo, non restano di fare qualsivoglia promessa,
avendo arte di salvarsi di mendacio con le equivo-
cazioni e riservazioni mentali; e. quel che importa
più. di sormontar quelli che gli avranno obbligati.
148 LETTERE DI FRA PAOLO SARP1.
e sforzarli a lodare, non che a contentarsi che non
osservino niente. Mi pare di vedere la Francia in
breve tutta gesuita.
L' A nti- Cottone è una molto bella scrittura e
soda, e mi rende l'autore molto ammirabile; alla
quale non so se con molta facilità un altro potesse
giungere. Senza dubbio il Padre,1 per quel che mi
dice, non si promette tanto. E troppo piena la Fran-
cia dei soggetti potenti e dotti, massime riformati,
eh' egli possa ardire di poter aver luogo in così il-
lustre numero ; senza che l' avvertimento di quell' an-
tico è da esser tenuto nella memoria : Non esse scri-
bendum in eos qui possimi proscribere. Però, in tutte
le cose umane si pesa il bene e il male ; ne è pru-
denza, per una leggiera cosa come quella che po-
trebbe far esso Padre, perdere 1' occasione di qualche
migliore ; sì come egli mi dice, che non curerebbe
niente per fare qualche cosa di buono, e dove valesse.
Ma poiché siamo in questo proposito, le dirò che
finalmente, con estrema opera, ho acquistato un
esemplare stampato in Roma delle loro Constituzioni
dell' anno 1570. Di che le dirò prima, che innanzi di
vederle, non sapevo dire che cosa fossero Gesuiti ;
perchè il toccare le loro azioni riceve risposta con
dire : — Sono abusi de' privati, che non tirano in
1 I lettori si saranno avveduti degli indizi, che da
qualche tempo incontriamo, che queste Lettere fossero com-
poste o almeno scritte a nome di Fra Fulgenzio, o di qual-
che altro confidente dell' Autore. Tutto a noi sembra che si
facesse per precauzione, ed ora nell' un modo ora nell' altro.
In quanto alla presente, non può non riconoscersi lo spirito
e la dettatura di Fra Paolo in quella sì aperta dimostra-
zione del modesto sentire di sé, che altri forse non avrebbe
osato di scrivere.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 149
conseguenza 1' universale ; ma l' instituto è quello
che mostra qual sia il comune. — Poi le aggiungerò,
che se sino al 1574, quando non erano niente e
quando non avevano fatto alcuna impresa, si scorge
la mala semenza ; chi potesse vedere le susseguenti
d1 allora fino al presente, potrebbe ben scrivere qual-
che cosa bella e utile al mondo. Considerando li
andamenti di questi Padri da trent' anni in qua, io
veggo che sempre si sono posti unitamente ad una
impresa particolare. Se bene si tratta in una sola
regione, adesso metteranno tutte le loro forze in
Francia, per veder di spuntare e farsene padroni;
e ardisco di dire, che le cose mostrano tale faccia,
che per necessità conviene o che ottengano il suo
fine, o che rovinino. Dio faccia, se così è sua gloria,
che succeda il secondo, perchè il primo non può av-
venire senza una guerra civile ; a che essi metteranno
ogni industria.
Ho visto una scrittura stampata in Parigi di un
miracolo del beato padre loro Ignazio; e mi pare
cosa bella che gli abbino dato ufficio di far pisciare
le putte, come agli altri pari suoi il suo. Ho veduto
una scrittura francese d' una damigella G. , e vado
congetturando che sia madamigella di Gournai,1 a
favore di questi Padri, ricompensa del miracolo : ed
ho creduto che quella ne sia 1' autore, perchè no-
mina e commenda Badouere. Gran cosa che ateisti
e Gesuiti s' accoppiano così facilmente !
1 L' abbastanza nota Maria le Jars di Gournay, cbe
Michele de Montaigne avea scelta a sua figlia addottiva. Il
suo benefattore era stato cattolico temperato •, ma la donna,
secondo il solito, non potea non cedere alla seduzione di
quei che insidiano alla debolezza muliebre sotto il man-
tello della religione.
150 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Il signor Castrino non ha mai mancato di man-
darmi tutte le belle cose che escono in luce costì.
e per questo resto molto obbligato e a lui e a
V. S. Intorno a che presi anco ardire nella mia pas-
sata di pregar V. S. per 1' Apologia in francese, e
non in altra lingua, del padre Hichéome; né al
presente saprei che vi fosse altro necessario per i
miei usi. Il signor Molino scriverà per questo spaccio
al signor ambasciatore, che dia il pacchetto al si-
gnor Agostino Dolce; e se a V. S. tornasse fatto
senza suo incomodo di trovar alcuna di quelle apo-
logie, mi farà piacere. Il suddetto signor Agostino,
ovvero il signor Anselmi, segretario dell' ambascia-
tore, che torna in qua, me lo porterebbe. Ma il
tutto sia senz' alcun incomodo di V. S., sì perchè
nessuna cosa mi sarebbe grata con quello, come
anco perchè il bisogno non merita che sia preso inco-
modo. Mi pare che Cuiacio scrivesse alcune cose in
Canonica,1 e noi qua in Italia non le abbiamo mai
vedute: le altre opere sue sono qui frequenti e ce-
lebrate, e io le leggo con gusto e frutto, che mi fa
credere che anco le Canoniche siano altrettanto de-
gne, se non più. Mi sarebbe molto grato sapere se
si trovano ; il che potrà V. S. una volta intendere,
quando per qualche accidente si troverà a Parigi.
Ho più volte pensato di ampliar la cifra con
note per le sillabe più usate ; ma perchè non sono
le medesime quelle della lingua francese e dell' ita-
1 II sommo giureconsulto, Giacomo Cuiacio, visse alle-
nissimo da tutte le controversie religiose e teologiche ; e
come i grand' uomini sono per lo più fissi in una sola idea,
quando d' esse udiva parlare, soleva rispondere : Nihil hoc
ad edictum prcetoris.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 151
liana, non ho saputo come fare. Le più usitate ap-
presso a noi sono quelle che entrano nel declinar i
verbi ; ma la declinazione francese è tanto diversa,
che quelle non servono niente. Quanto alla lettera X,
per non confondere la con le,1 il suo carattere potrà
essere ZZ, e così ho notato nella mia cifra.
Aspetto con molto desiderio di sapere quel che
avrà fatto il duca di Feria, che non potrà esser se
non male, considerato chi è e di dove viene. A Guise
ho sempre creduto poco, sì come a tutta la casa sua ;
e meno credo, poiché fa matrimonio con Gioiosa.
V. S. mi farà singoiar favore scrivendomi con qual-
che minuzia le qualità di quel Barrave, che va a
Roma, e ancora la qualità di quel che viene qui.
Espernon, senza dubbio, non farà se non male. Fa
ben bisogno a' riformati star con molta avvertenza.
In quel che tocca le cose d' Italia, io non posso
dire a V. S. se avremo guerra o pace. Due cose
credo ; una, che li Spagnuoli faranno ogni cosa per
non far guerra ; 1' altra, che il duca di Savoia farà
ogni cosa per farla, a suo vantaggio però. Ma gli
uomini s' impegnano, e se bene operano ad un fine,
molte volte sortiscono il contrario. Potrebbe occor-
rere che li Spagnuoli fuggendo la guerra, la incon-
trassero. Al presente, se bene siamo tanto innanzi,
restano i medesimi soldati nel ducato di Milano,
esausto perciò molto, con pericolo di rovinare, anzi
con certezza, se inverneranno ; il che non sapremo
se non per 1' evento. Ed in Spagna, se bene inten-
dano tanta desolazione, non ne tengono conto, pa-
rendogli avanzare per la spesa che fa il duca di
1 Segue nel testo una parola mal comprensibile, e
quand' anche compresa, disutile *, cioè : « nulle. »
152 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Savoia: però lo stato di questo non è in così mali
termini come il loro. Egli temendo che li Spagnuoli,
cadute le nevi, quando il passo del Delfinato non
sarà facile, possino fare qualche tentativo, ha ac-
cresciuto le sue genti con quattro mila francesi
sotto il duca di Nemours, e se ne stanno così. Il
principe Filiberto suo figliuolo ha accelerato il
suo viaggio in Spagna, dove a quest' ora forse deve
essere. Alcuni dicono che non era così volontà del
padre, ma eh' egli ha temuto di non esser richia-
mato da lui. Ed è vero. Spagna ha intelligenza ezian-
dio con i figli contra il padre ; politica nuova nel-
l' Italia, ma vecchia nella monarchia di Spagna : e,
per me, credo che di questa lezione i Gesuiti ne ten-
gono scuola, ed è sicuro che assolverebbono d'ogni
colpa il diavolo, quando questo volesse accordarsi
con loro. Ora consideri V. S. quel che si può sperare
costì, e noi qui.
Ma io son troppo importuno con tanta lun-
ghezza, alla quale m' ha trasportato il gusto del
parlar con lei, qual doveva però esser moderato e
non voler corrispondere all' affetto, come cosa impos-
sibile. Farò fine baciandole la mano.
Di Venezia, il 12 ottobre 1610.
CLVIII. — Al medesimo.1
Io resto pieno di maraviglia, che V. S. innanzi
il giorno de' 29 settembre, quando è scritta la sua,
ricevuta da me ultimamente, non abbia avuto le
1 Pubblicata, come sopra, pag. 300.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 153
mie del 1 e del 2 dello stesso mese: però resto an-
cora in speranza che li capiteranno. Per lo passato
risposi alla seguente di V. S., scritta a dì 15, la quale
veramente fa un singoiar ritratto di Francia, li cui
affari mostrano esser inviati per cammino non troppo
buono, anzi assai pericoloso. Ci vedo due gran balze ;
una è 1' ambizione della regina, 1' altra la troppo
celere esaltazione di Concilino : e anco una gran
fossa, 1' arte de' Gesuiti. Sarà grazia di Dio estraor-
dinaria, se tante difficoltà saranno superate. Ma per
quello che V. S. mi scrive delli padri Gesuiti, tenga
per fermo che il Padre farebbe tutto quello che sa-
pesse essere in loro servizio. Egli ha osservato qual-
che belle parti del loro governo, le quali sono tutte
esplicate nella lettera. Egli mi dice, non saper qual
cosa di più si potesse scrivere costì ; ma rendessi
certa V. S., che se gli sarà dimandato cosa che abbia
o sappi, non resterà di comunicar tutto intieramente.
E io accerto V. S., che lo farà non solo con pron-
tezza, ma anco con gran suo piacere.
Bisogna ben tener per certo, che le cose segui-
ranno secondo la piega che prenderanno in questi
tempi. Già abbiamo saputo qui l' intiero e chiaro
di quello eh' è passato a Giuliers. La virtù del conte
Maurizio ha fatti vani molti disegni non solo di
Spagna ma di Francia; ed è ben chiaro, conside-
rate le qualità del capitano. Adesso l' inverno farà
fermar le armi. Ma Dio voglia che la primavera
resti simile in Italia : siamo quasi certi di non do-
ver aver guerra, se bene le medesime armi già scritte
sono tuttavia in essere. Ma bene gli speculativi te-
mono che si siano trattenute sinora per mandarne
qualche parte in Germania a nuovo tempo ; quan-
154 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
tunque vi siano anco di quelli che lo attribuiscono a
qualche difetto del presente governo spagnuolo, affer-
mando che quelle poche cose le quali passano bene,
succedono in virtù del governo di Filippo II : cosa
che se da V. S. sarà riguardata con qualche atten-
zione, forse sarà trovata vera ; per il che, non debbe
tanto temere del duca di Feria.
Ma io non ho potuto intendere il passo della sua
lettera, che sia stata fatta lega tra Francia e la
gran Brettagna, offensiva e defensiva ; essendo questi
termini relativi, e riferendosi defensiva a se e offen-
siva ad altrui, senza nominar il quale, non si può
manco usar il termine.
Li fratelli d' Austria hanno composte le loro
differenze con sole parole; avendo offerto Matthias
di domandar perdono all' imperatore, e dato com-
missione a Massimiliano fratello, e agli altri arcidu-
chi, di farlo ; e avendo l' imperatore ricevuto questo
per soddisfazione, senza avere permesso che si ese-
guisca. Hanno ancora li arciduchi stracciata la scrit-
tura che fecero, già due anni, contro la sua maestà,
in sua presenza. Questa unione potrà forse fortificar
la lega di Magonza, e massime aiutata dal duca
di Sassonia; ne si vede che resistenza possa avere,
attesa la debolezza che sarà nella lega di Hala,
causata per la morte dell' elettore Palatino, la quale
non solo ha levato il principale appoggio, ma semi-
nata ancora qualche discordia in quella casa per la
tutela del figlio. Io però tante volte ho osservato,
esser tornate in bene le cose stimate disperate, e in
male quelle che mostravano apparenza d' ogni buon
successo, che voglio aspettar 1' evento e non prono-
sticare alcuna cosa.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 155
Io vivo assai contento, non perchè vegga le cose
andar come desidererei, ma perchè, per la suddetta
causa, lascio scorrere le cose con solo desiderio che
tutto sia a gloria di Dio. Il quale anco prego che
doni a V. S. ogni contento d' animo e ogni vero bene ;
e per fine di questa, le bacio la mano.
Di Venezia, il 26 ottobre 1610.
CLIX. — Al medesimo.1
Le lettere mie del precedente dispaccio, per l' as-
senza del signor ambasciatore Foscarini, non saranno
capitate a V. S. nel tempo ordinario: spero però
che non saranno smarrite. In quelle le diedi conto
di aver ricevuto le sue delli 29 settembre; siccome
per lo spaccio presente ho ricevuto le ultime, che
sono delli 11 ottobre.
Se vogliamo pigliar le cose passate per argomento
delle avvenire, avendo veduto cotesto regno in pes-
simo stato, e miracolosamente salvato, dobbiamo
sperare che al presente ovvero si conserverà nel
buono dove si trova, o se pur declinasse, più facil-
mente sarà restituito. Temo ben l'andata di Esper-
non a Roma ; e mi ricordo, perchè io era là allora.2
del molto male che fece Nevers vecchio, quando vi
andò.
Osservo li andamenti di Condé, e mi pare che
mirino a seguir li esempi de' suoi maggiori, e ho
1 Edita, come sopra, pag. 304.
9 Fra Paolo erasi più volte recato a Roma, per uffici
o incombenze risguardanti il suo Ordine ; cioè nel 1585 e
nel 1597. Vi soggiornò, la prima volta, per circa tre anni.
156 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
qualche speranza che in fine si possa far riformato.
Dirò bene che lo sarà, se sarà savio, come si può
credere che sarà, avendo consiglio di Bouillon ; e
forse da Dio benedetto viene permesso cotesti leggieri
discorsi, per cavarne di gran bene. Li rumori e ge-
losie tra li grandi sono accidenti inseparabili ad uno
Stato che si ritrova senza principe vigilantissimo e
stimatissimo; ma che Conchini entri in questi pen-
sieri, mi pare cosa tanto estraordinaria, che non
posso finire di maravigliarmene.
La decaduta di Sully mi duole, essendoli restato
affezionato per la sua costanza nella Religione ; e
finalmente, credo che non siano tanto cattivi li con-
sigli di Villeroy e Jeannin: più temo Sillery come
adulatore, e li Gesuiti come spagnuoli. Thou è ap-
presso di me in così gran concetto, che più tosto
dirò esser buona l' imbriachezza, che Catone cat-
tivo. Sto con estremo desiderio aspettando quello
che succederà nel litigio dell'Università con Gesuiti,
poiché sarà indizio della buona o cattiva speranza ;
e perchè è necessario che siano fatte belle arringhe
in questo proposito, le quali saranno per certo simili
da ambe le parti alle scritture uscite all' Anticotone,
e alla arringa della quale non si farà mai rispo-
sta che vaglia ; e se io fossi amico del padre Cottone,
io lo consiglierei a non publicar altra risposta, per
non tirarsi addosso maggior tempesta. Ma che può
fare il Padre, che non fosse portare una picciola
candela nella luce del sole ? Il che non sia detto per
negare, ma, mostrata 1' insufficienza, per aspettar
comando che non superi le forze.
Per dire a V. S. alcuna cosa d' Italia, ogni giorno
più siamo incerti se sarà guerra. Li Spagnuoli vanno
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 157
sempre più implicandosi, e interessando 1' onore : è
indubitato che siano per fuggir la guerra, senza ri-
spetto di onore. Il duca di Savoia non ha altro fine
che fare guerra. Tiene per certo che il figlio non
farà niente in Spagna: egli vorrebbe attaccarla, ma
la regina si promette per difesa, non per offesa ; onde
egli fa tutto il possibile per esser attaccato. Venezia
desidera quiete, perchè è proprio della moltitudine ;
ma li savi 1 vorrebbono guerra. Non si maraviglerà
V. S. che il zelo sia cessato, perchè aveva fine mon-
dano; ed è cessato dopo che il papa tace, e lascia
correr tutto, sì che mai (dico senza iperbole) alcun
de' suoi comportò tanto: e però alla Kepnbblica piace
lo stato presente.
Io mi trovo in gran perplessità del modo come
sarà continuata la nostra comunicazione di lettere,
se quella di Torino non sarà buona; e stupisco della
causa perchè monsignor Castrino non abbia dato
quella di V. S. al signor Foscarini. Io scriverò al
signor Barbarigo il cattivo incontro che ha avuto
la prima sua, e ne la scuserò; ma per questo non
credo che V. S. do vera restar di trovar qualche altra
via di far dar in Parigi al cornerò lettere direttive a
lui. Particolarmente il signor Domenico Molino resta
con molto dispiacere che quella comunicazione non
s' introduca, sperandone egli di là molti beni. Egli
1 II Sarpi (giacché ci sembra di riconoscere in questa
Lettera lui stesso, a malgrado dell' espressione : « Ma che
può fare il Padre ec. »), intende qui i savi in politica,
non quelli in economia •, i savi al modo del Machiavelli,
non al modo di coloro che cercano sopra ogni cosa la quiete
(se cangrenosa non monta) e l' agiatezza delle nazioni.
Ma una disputa di tal sorta, non è materia da frettolosi-
e brevi noterelle.
158 LETTERE DI FEA PAOLO SARPI.
bacia la mano di V. S.; il che fa ancora il P. M.
Fulgenzio, e io con maggior affetto di loro.
Per dirle alcuna delle nuove d' Italia, la gente
di Milano invernerà ; e già sono in parte preparati,
in parte si preparano gli alloggiamenti. Hanno di
nuovo dato gli archibugi alli Allemanni, che sino ad
ora non avevano avuto. Il contestabile che s' aspetta
per governatore di quello Stato e armi, conduce seco
due mila Spagnuoli ; nudi però, secondo il solito di
quella nazione, la quale a Milano si provvede di
vesti.
Tentavano gli Spagnuoli di fortificarsi in Lamora,
terra che possedono per indiviso col duca di Savoia :
per il che, egli ha mandato gente a Cherasco là vi-
cino. Ma in Correggio, che è tra Mantova, Ferrara e
Modena, la guarnigione spagnuola s' è impadronita
della fortezza. Li ministri di Spagna in Italia tutti
riprendono il fatto, e dicono che si renderà : il ca-
pitano però, a farlo, vuole ordine di Spagna.
Il marchese di Castiglione, della casa di Mantova,
• he si trova ambasciatore cesareo in Spagna, tratta
di vendere la sua terra a quel re ; la quale essendo
situata tra Brescia e Mantova in luogo opportuno,
dà che pensare a tutti, eccetto a chi tocca.
Il pontefice incomincia a provvedere a queste
cose,1 avendo dato l'arcivescovato di Bologna, di ren-
dita di 15 mila scudi, al suo nepote. La Germania
non sta meglio, dove l' imperatore non ha meno so-
1 Per ironia ed antifrasi, dacché peusavasi solo alle
cose private, quando il sovrano dei sovrani (secondo la
dottrina gesuitica) avrebbe dovuto pensare alle pubbliche.
In quanto alle nomine di tal fatta, a mostrare con che
spirito si facessero, se religioso o mondano, e a non essere
tacciati di malignità o di calunnia, ci piace riportare le
LETTERE DT FRA PAOLO SARPL 159
spetti gli amici che gl'inimici, e le diffidenze sono
assai grandi. Si tiene che quelle tra' palatini si
componeranno, e che Neuburg cederà la tutela.
La lega ecclesiastica sollecitamente si provvede :
però la vicinità del verno potrebbe far riuscir le
cose in fumo. Il che Dio voglia, quando sia secondo
il suo santo beneplacito : il quale prego che conservi
V. S. in buona sanità ; alla quale facendo fine, bacio
la mano.
Di Venezia, li 9 novembre 1610.
CLX. — Ai medesimo.1
Al ritorno del signor ambasciatore Foscarini da
Itheims, saranno, per quanto credo, state mandate
a V. S. le mie, ch'Ella doveva ricevere s'egli si fosse
fermato in Parigi, avendo monsieur Castrino, per
1' avviso che mi dà, ricevuto il piego dov' erano in-
cluse. Per questo corriero ultimamente venuto, ho
ricevuto quella di V. S. delli 27 ottobre, e recapi-
tato l' allegata al signor Assellineau, dal quale credo
che V. S. averà ricevuto lettere per alcuni corrieri
ultimamente venuti. Egli è sempre stato in buona
sanità, e spesse volte Ella è stata materia dei nostri
ragionamenti.
parole stesse che intorno a ciò si leggono nell' Ughelli :
Scipio cardinalis Burghesius, Pauli V nepos, tertius ar-
chiepiscopus bononiensis renuneiatus est anno 1610, die 25
■mensis octobris. Hanc ecclcsiam ad duos annos absens ad-
ministravit, reservataque sìbi prcedivite annua pensione,
in favorem sequentis (di Alessandro Ludovisi) Ulani re-
nunciavit.
1 Edita, come sopra, pag. 310.
1G0 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Averei ben avuto caro eli' Ella avesse veduto il
signor Agostino Dolce, acciò egli, venendo, potesse
anco portarmi a bocca nuove del suo ben essere ;
ma io mi contenterò dell' avviso che sopra ciò mi
portano le sue continuate lettere, le quali sempre
ricevo con aumento d' obbligo.
Ho veduto con molto piacere la scrittura eh' Ella
mi manda in lode delli padri Gesuiti, la quale ve-
ramente tocca particolari molto buoni : però l' Anti-
Cottone pare più penetrante, e credo che con diffi-
coltà alcuno arriverà a quel grado. Non so se queste
scritture rallenteranno o conforteranno li fautori di
quei Padri. Osservo questa esser la proprietà della
verità, che fa più ostinati gli animi superstiziosi, e
dubito che 1' opposizione nuova porterà i potenti a
favorirli con maggior efficacia. Insieme, resto ancora
in qualche pensiero, eh' essi, avvertiti, riduplichino
le arti e opprimano li altri incauti ; i quali di qua
fra qualche poco di tempo si scorderanno, ma nella
memoria delli buoni Padri resterà sempre fìsso il
pericolo, e la volontà di vendicarsi del passato e
assicurarsi per l' avvenire. E se non è che Dio no-
stro Signore voglia esso metter freno a quell' impu-
denza, l'opera umana la farà più tosto crescere che
sminuire.1
Se la regina non vuol sapere più innanzi della
morte del re, forse teme di non intendere cosa che
fosse meglio non sapere; e se i Gesuiti sono utili
1 Raccomandiamo agli uomini meditativi, troppo spesso
diversi da quelli che si dicono uomini politici, di rileggere
una o più volte questo paragrafo •, e ai futuri biografi di
Fra Paolo, di preudere da esso norma nel misurare la per-
spicuità e profondità del suo ingegno.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 161
per le cose presenti, non mi maraviglerei quando
si contentasse dell'ignoranza. In una parola, è fio-
rentina. In fine, qualche mutazione sarà, perchè la
pratica presente non è buona.
Le cose di Germania, se bene paiono accomodate,
però il non voler l' imperatore licenziare le genti di
Passau, e la perseveranza di Sassonia in voler parte
nelli Stati di Cleves, le differenze tra Xeufbourg e
Deuxpont per la tutela, sono seme di molte turbolenze.
Xoi non possiamo saper per ancora quello che
debba esser in Italia. Si crede di doverlo intendere
alla venuta del contestabile di Castiglia : però, sic-
come sono quattro mesi che crediamo di settimana
in settimana esser chiariti, e più siamo in tenebi"
che mai. così potrà essere che saremo anco allora.
Quel ch'è in fatti, si è che il duca di Savoia attende a
rassegnar e aumentar le sue genti ; le spagnuole non
diminuiscono, anzi col Contestabile verranno più di
quante si credeva.
Il duca di Mantova e qualche altro principe
d' Italia sono in molta gelosia, perchè trattano li
Spagnuoli di comprar Castiglione da quel marchese,
luogo situato tra Mantova e Brescia, e atto a rice-
vere buona fortificazione; e perchè si sono impadro-
niti della ròcca di Correggio, e se bene dicono di
restituirla, non hanno ancora effettuata la promessa.
In Venezia i papisti e cattivi sormontano e avanza-
no assai : cosa che fa dubitare molto. Dio però sopra-
sta a tutte le cose, e a noi conviene contentarci di
quello che sarà di suo santo beneplacito. Salutano
V. S. il signor Molino e padre maestro Fulgenzio ;
e io le bacio riverentemente la mano.
Di Venezia, li 23 novembre 1610.
Sarpi. — II. a
162 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
CLXI. — A Giacomo Leschassier.1
Dalle sue lettere dei 15 ottobre rilevai chiara-
mente in che termini sia la quistione dei Gesuiti
con cotesta Università. Ah ! il ciel volesse che il
Senato prendesse a far quello che con buoni auspici
si operò a Nimes : davvero che ne tornerebbe gio-
vamento non che alla gioventù, ma a tutto il regno.
Se i Gesuiti costà si recano alle mani l'insegna-
mento, ben presto domineranno tutta 1' Università,
e sarà inevitabile 1' eccidio delle buone lettere. Ma
a che rammento le buone lettere? Dovevo dire la
buona e sana dottrina, della quale è veramente
micidiale la Compagnia. L' autore della Supplica
composta in nome dell' Università, svela l' arcano
della stragrande potenza ecclesiastica ; la quale se
tolgasi al Concilio per concentrarla tutta nel papa,
i principi si ridurranno non in servaggio, ma in
catene. Piaccia a Dio che il Senato ponga mente
a questo e agli altri capi d'insegnamento; perocché
grandemente è a temere per parte vostra il loro
conato di porre ora a noi violentemente in sul collo
la strabocchevole potestà regio-papale. Né pensi la
S. V. che il tentativo di Bellarmino sia stato senza
il consiglio della curia : di ciò siamo ben raggua-
gliati, e sappiamo pure dove s' erano drizzate più al-
tamente le voglie. Ma trovato l'intoppo, si principiò
a mutar partito. Che se da voi altri si operasse cosa
alcuna che facesse al proposito, vieppiù si rinfranche-
rebbero i nostri, e con maggior lena si contrappor-
rebbero agli sforzi degli avversari.
1 Impressa, in latino, tra le Opere dell' Autore, pag. 92.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 163
Su tale oggetto non fu promulgato il decreto,
come s' usa, col mezzo del banditore (e potrei in-
viarle qualche esemplare), ma s' intimò in voce a
coloro cui spetta conoscerlo. Eccole il perchè. Di
rado avveniva che si proibisse un libro dall' auto-
rità secolare ; poiché aperti insidiatori mancavano,
e i regnanti non si davano briga d' indagare quello
che ciascuno scrivesse ; faccenda a cui badavano
i soli preti. Ma quando si venne a guerra co' ro-
maneschi, si persuasero che grave danno veniva alla
Repubblica dalle perniciose scritture, e come perciò
bastasse aver F occhio alla stampa e all' introdu-
zione dei libri. E ciò fecesi e si continuò a praticare.
Quando usci la prefazione del re inglese all' Apolo-
gia del giuramento di fedeltà, il nunzio del papa
insinuò al principe, che il libro avrebbe portato gran
detrimento alla religione ; ed essendo molto diffuso
per lo splendore del nome, si deliberò e statuì di
comandare ai librai che noi ricevessero ; ma ciò in
segreto, per decoro del re amico. Noterò qui per intra-
messa, che se quel libro avesse contenuto ciò solo
che stava nell' Apologia, sarebbero riusciti vani gli
sforzi del nunzio ; ma dava ombra quel discorrere
sul Purgatorio, sulle sante Immagini, sulla venera-
zione dei Santi e singolarmente della beata Vergine,
cui noi Veneziani siamo teneramente devoti. Già
da sei mesi ci era liberamente pervenuta 1' Apologia,
ne mai fu proibita. Torno all' argomento. Uscì poi
la risposta del Bellarmino contro il re ; e subito ne
fu divietata 1' entratura. Si trovò, infatti, conveniente
di stabilire che avesse luogo pel libro dell' avversa-
rio la sorte medesima incontrata da quello del re.
E perchè non sembrasse che il re s' avesse in egual
164 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
conto del cardinale, 1' ultima proibizione fu fatta
sotto pena della galera, mentre la prima non aveva
pena. Non mosse mai osservazioni l' ambasciatore
inglese ; il quale se avesse fatto lagnanze o diman-
dato il decreto.... Ho detto abbastanza : sovente,
mentre vogliam parere di spregiare le cose vili, tras-
andiamo le grandi. Ora, come venne in luce il libro
di Bellarmino contro Barklay, presosi a deliberare,
seguitarono il pregiudizio di procedere come prima,
e fu vietata ai librai l' importazione e vendita di
esso sotto pena della galera, e fu imposto ai corrieri
che venivan di Roma, che non dessero ad alcuno i
libri da se portati prima che fossero veduti dalle per-
sone a ciò deputate. A tanto si procede, e con inten-
zione di fare anco di più. A Roma né il papa né i car-
dinali mossero lamento né parola; ma lo stuolo mi-
nore dei cherici mormorò contro i Veneziani, perchè
mettessero mani e lingua in cielo, affibbiando loro il
titolo di eretici e altri somiglianti che sogliono rega-
lare a chi non fa il papa quasi eguale a Dio. Con
questo parmi aver reso esatto conto delle cose segui-
te, e dimostratole quel che sia a sperare da noi.
In Ispagna, un cotal uomo dotto e prudente
scrisse contro il Baronio sulla monarchia della Si-
cilia:1 1' ambasciatore spagnuolo dimorante a Roma,
volle che se ne recasse là un esemplare, e lo conse-
gnò a un certo religioso francescano riformato, per-
chè lo voltasse in italiano. Il papa, come lo seppe,
comandò subito che il frate fosse messo in carcere ;
ma questi avvisato fuggì, e trovò scampo nella casa
1 Quest'opera che il Barouio aveva scritta contro l'in-
dipendenza del regno delle due Sicilie, gli fruttò la esclu-
sione dal papato, datagli per ordine del re di Spagna.
LETTERE DI FEA PAOLO SARPI. 165
dell' ambasciatore. Il papa se ne lagnò in modi aspri
e duri coli' ambasciatore, e non so che altro avve-
nisse ; ma il frate fuggì da Roma, riducendosi salvo
nel regno di Napoli. Ciò le espongo, acciocché veda
quanto sieno costoro solleciti a sostenere a dritto e ro-
vescio i propri interessi, e quanto pecchino gli altri di
negligenza, per tener a vile negozi importanti, quando
essi curano gì' infimi. 1 quali riflessi mentre pouiamo
innanzi ai nostri conterranei, essi tutto tirano a bene,
e al silenzio del papa e dei cardinali danno nome di
riservatezza, e pensano non doversi provocare più ol-
tre. Io commendo assai l' operato a Nimes ; sicché, se
costì imprenderete qualche cosa, crescerete coraggio a
noi pure. I nostri sono tutti nemici alla curia romana :
alcuni ne detestano gli abusi ; altri pensano doversi
compatire, come frenesie di una madre. Ma sul conto
de' Gesuiti, sono tutti d' un animo solo. Io vorrei che
Iddio guardasse sopra di noi benignamente ; come Lui
prego eziandio che voglia custodirla in salute e in
quella sollecitudine che mostra per liberarci da siffatte
pesti. Perocché non ci deve cader dall' animo la spe-
ranza di buona riuscita : basta che non ci vinca la
poltroneria, e sappiamo emulare lo zelo degli avver-
sari. La prego a salutarmi, se a caso lo vedrà, il si-
gnor Gillot. E le confermo la mia molta reverenza.
Di Venezia, li 25 novembre 1610.
CLXII. — Allo stesso.1
Pel corriere ricevei due lettere di V. S. ; la prima
del dì 4 ottobre, l'altra del 5 novembre. Stupisco
1 Stampata come sopra, pag. 94.
106 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
come mi sieno giunte sì tardi, quella segnatamente
di due mesi fa ; quando ricevo sempre fra 15 giorni
le lettere del signor Castrino. Spiacquemi l'indugio
assai, specialmente per quello che scrisse sul decreto
del conte di Lemos, di cui fin qui non s' era intesa da
noi alcuna novella; e già sarei stato informato di
tutto l'affare, se in tempo avessi ricevuto le lettere.
Mi è sembrata tal cosa di tanto rilievo, da credere
che niente siasi in alcun luogo operato di più con-
ducente alla utilità pubblica ; e mi meraviglio che un
sì gran beneficio ci sia stato sì lungamente ignoto. E
vorrei che fosse vero; ma temo ci cada esagerazione,
e non siasi fatta alcuna novità ma cosa ordinaria ;
di che si lamentano spesso, quantunque invano, i
pontefici, affinchè non s'abbia a dire essersi mante-
nuta la usurpazione con loro saputa e tolleranza.
Non passerà 1' anno che mi sarà del tutto chiaro
V affare, e subito gliene scriverò.
Quanto al libro del Bellarmino, me ne sbrigherò
in una sola parola. E come un canto di vittoria per
la morte del re, e quel che altri può congetturare,
ponendo mente al tempo e all' altre circostanze. Se
T Università, o chi per essa scrisse (eh' io pregio non
meno della Università), portò giudizio sulla opinione
che mette il papa innanzi al Concilio, che pensare
di quella dottrina che concede precariamente ai prin-
cipi non solo i regni, ma persino la vita ? So che
cotesto nunzio si è lamentato perchè il libro sia
stato proibito dal pretore della città, ed ha aggiunto
che ciò dava facoltà agli altri di riscrivere in senso
contrario. Io amerei che il libro fosse condannato per
sentenza concorde della Università, meglio che con-
futato per gli scritti dei privati. Ma se la prima
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 167
cosa non può eseguirsi, si faccia almeno la seconda :
sebbene io non dubiti che quanto si scrive a Roma
dovrà egualmente condannarsi ; ma pur non si fa-
rebbe così gran danno a quelli che contraddicono,
come a quelli che tacciono. Oh ! potessimo noi in
siffatta quistione parlare, e gustare d' una particella
di vostra libertà ! I nostri costumi non si confareb-
bero, è vero, a' vostri ; ma agi' Italiani garberebbero
più. Io per me tengo che tutte le controversie reli-
giose che turbano il mondo, vadano a risolversi in
quest' una : del potere del papa.
Mentre s' affannano a tór di mezzo il libro del
Bellarmino, ne favoriscono lo spaccio : tanto oggi è
cercato da tutti. Io, in tutti questi giorni, mi son dato
attorno per trovarne un esemplare per Lei, e provai
sommo rincrescimento disperando di potervi riuscire :
finalmente ho trovato questo che mando, preso ad
un amico che lo custodiva come un tesoro. Questo
mi sorprende, che il nunzio abbia menato costà
tanto scalpore, mentre il nostro non ha aperto bocca,
e il papa non ha fatto alcun richiamo all'amba-
sciatore di questo principe. Sono costretto a chiu-
dere la presente per la imminente partenza del cor-
riere, eccitandola ad informarmi appuntino di quel
che si farà o dirà su questo punto, e ad inviarmi
ogni decreto in iscritto che si metterà fuori dalla
Sorbona o dal Parlamento. Stia sana, e mi continui
la stessa benevolenza.
Venezia, 7 dicembre 1610.
P. S. — Qui dappertutto leggesi il libercolo l di-
1 Cioè la Supplica, o TÀbellus supplex, più volte no-
minato nella precedente e in altre Lettere.
168 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
retto alla regina in favore dell' Università, recato in
italiano e non so dove stampato. Gliene mando un
esemplare.
CLXIII. — A Giacomo Gillot.1
Vidi, finalmente, con animo lietissimo, il nipote di
V. S., che da tanto tempo aspettavo: così fossemi
stato concesso offrirgli qualche segno d' onore ! Ma
il tempo corto e la modestia soverchia di lui mi
privarono della sodisfazione di mostrargli in qual
che sia modo la mia servitù. Il nipote presente
svegliavami con piacere la immagine dello zio, e
solo dolevami non poter fare omaggio anche ad
esso. Cercai della S. V. con gran premura, e godei
che in tale età possegga interezza di sensi : voglia
Dio che ciò sia per lunghissimo tempo ! Il nipote è
partito per venirsene a Lei con lento viaggio, dopo
aver percorso e visitato le città della Lombardia.
Fino a qui gli arrise la condizione dell' atmosfera,
che si mantenne serena : ora credo che si sarà acco-
stato ai monti, e che Ella lo rivedrà poco dopo l' ar-
rivo della presente. Come a me disse, le porta un
esemplare del libro del Bellarmino : in altro tempo
mi sarei dato cura di mandargliene uno io medesimo.
Intorno al qual libro, cotesto pretore urbano ha
preso invero provvedimenti degni del re e del regno.
Quanta sfrontatezza in questi uomini che amano dirsi
santi, e non soffrono si dica di loro la verità, e tutto
si fanno lecito anco verso gli unti del Signore! In
1 Pubblicata come sopra, pag. 14.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 169
questo proposito vorrei rivivesse 1' antico coraggio e
costanza del collegio della Sorbona ; giacché, se fosse
proibita una volta quella perversa dottrina da qual-
che università cattolica, i principi ne prenderebbero
animo a sostenere la propria dignità. Perocché tutti
si lasciano spaventare a quelle parole : Questo è di
fede cattolica ; chi altrimenti sente è un eretico ; così
decisero la Chiesa, i Concili, i SS. Padri e tutti i
dottori. Questa è la testa gorgonica ; sono questi i
viperei crini. Io anelo che questa controversia discu-
tasi piuttosto pubblicamente, che da private perso-
ne ; sia perchè s' affermi e difenda Y autorità prin-
cipesca, come reclama al tutto il vantaggio dello
Stato e l' onore divino ; sia perchè cadrebbero tutte
le altre quistioni gesuitiche e romanesche, che a
quest' una fan capo. Voglia credermi : tutte le loro
mire son volte a questo ; e se alcuno s' attentasse a
rapire Dio dal cielo, non se ne darebbero per intesi :
basta che rimanga al papa la sua vicedivinità o, me-
glio, sopradivinità. Nella sua scrittura, il Bellarmino
ha detto chiaro, che il restringere l' autorità papale
alle faccende spirituali, torna lo stesso che annichi-
larla : tanta hanno stima dello spirituale, da para-
gonarlo a zero.1
Questa Repubblica, per la prima, non temè d' es-
tirpar un tal libro dal suo dominio, camminando
innanzi a coloro che avrebbero il dritto e la forza
di operare. Questo si attende da voi. E altrettanto si
1 A noi par logica questa del buon Servita, e logica
veramente cristiana Altri vegga se, dopo due secoli e mezzo,
le dottrine del Bellarmino rivissero ; e che cosa fruttassero
e fruttino e sieuo per fruttare alla Chiesa ed alle nazioni
che a loro moral codice tengono il Vangelo.
170 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
adoperò con fermezza a Nimes, dove furono abbru-
ciati libri di falsi miracoli : resta adesso che usino
maggior costanza quelli cui tocca, e che sono solle-
citati dagli esempi dei predecessori. Aggiungerei che
ciò sarà per tornare utile all' Università in quella
disputa che dovrà sostenere coi Gesuiti, quando, ol-
tre a quello che avvisò 1' autore della Supplica alla
regina sugi' insegnamenti gesuitici rispetto alla qui-
stione della superiorità del papa al Concilio, ag-
giungasi pur l' altra della superiorità del papa al re.
Ma perchè cotesto nunzio s' è tanto travagliato co-
stà, quando il pontefice non ha mosso parola al
legato veneto, e il nunzio qui non ha aperto bocca
sul fatto della Repubblica ? Si danno forse 1' aria di
padroni in Francia, dopo che il re fu morto (se non
per altri mezzi) dalle loro dottrine?
Ma di ciò basti. Se (come la S. V. scrive) la
sfacciataggine dei papolatri le rivolta lo stomaco e
le fu di sprone a metter fuora quei documenti sulle
libertà e i diritti della Chiesa Gallicana, io non pi-
glierò troppa collera contro una tale sfacciataggine,
che fu occasione di tanto bene e a noi e a tutta
la Chiesa. Perocché importa a questa che tali cose
si pubblichino e sieno vedute da tutti. Ma frattanto
vorrei che questo pensiero non andasse innanzi a
quello della sua sanità ; la quale anzi esorto e scon-
giuro la S. V. a curare. Io penso che la malattia di
calcoli ond' ha poco fa avuto travaglio (e godo che
per poco), le sia derivata dalla non mai intermessa
applicazione agli studi letterari. Accetto la promessa
degli Atti del senato per lei raccolti, ed ho già fatto
mettere il suo nome nel calendario.
Avevo veduto (e non senza nausea) la testimo-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 171
niale del vescovo di Parigi in favore della Compagnia.
Con essa si vuole imporci la credenza che la Chiesa
non sia fabbricata sul fondamento degli Apostoli e dei
Profeti, ma su quello dei Gesuiti. Ma fino a qui sono
poveri a fatti. Aspetti che abbiano avuto adempi-
mento gli sforzi eh' ora fanno d' ascrivere il loro
Ignazio all' albo dei Santi, e vedrà di quanti nuovi
articoli di fede vorranno caricarci. Faccia Dio, di
cui commemoriamo la luce recataci nell'Avvento, che
si sperdano queste tenebre e dilunghisi da tutta la
Chiesa la profonda notte dell' ignoranza.
Se ardisco scriverle senza sceltezza e troppo
alla buona, la V. S. egregia sappia scusarmi, attri-
buendo ciò al cortissimo tempo concessomi. Poiché,
coni' arriva il corriere, in due giorni soli mi tocca
a rispondere a tutti. Prego Dio che la custodisca
in salute e nella pienezza de' suoi doni. E le bacio
le mani.
Venezia, 7 dicembre 1610.
CLXIV. — Al signor De V Me Groslot.1
Ricevo consolazione per la speranza che 1' assalto
datole dalla colica debba esser 1' ultimo, e sia stato
uno sforzo della natura, aiutata dal medicamento
delle acque a scacciare le reliquie del male: altri-
menti, sentirei eccessivo dispiacere dall' intendere per
quella di V. S. delli 10 novembre, che per sei giorni
continui ne sia stata travagliata. Prego Dio che la
mia speranza sortisca effetto ; ma insieme anco la
1 Dalla raccolta di Ginevra ec, pag. 314.
172 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
prego che voglia coadiuvare a ciò con l' interporre
qualche tempo alli studi e alle altre occupazioni,
che producono indigestione ; materia di tal morbo.
Io sento dispiacere delle lettere smarrite, le quali
credo siano giunte a Parigi nel tempo della sacra1
del re. Spero nondimeno che si troveranno. Né sa-
prei dire a V. S. che particolare importante vi fosse,
salvo che avvisi delle cose occorrenti. Per questo
spaccio io ricevo, oltre la suddetta, un' altra pic-
cola dell' istesso giorno ; dove vedo 1' esquisito suo
giudicio in penetrare che il duca di Feria partì non
per mancamento di volontà di far male né di ma-
teria atta ad esser lavorata, ma per non aver tro-
vato il tempo maturo. Non dubito che le carezze
fatte a noi, abbiano altro fine che di aspettare o
di accelerare una tal maturità. Questa è una mise-
ria che non s' è veduta da chi vede le altre cose.
V. S. non dubiti, che le armi di Milano siano
contro di noi : al sicuro non sono. Non è utile loro
assaltare per quella via, che ha 1' esito incerto, e
potrebbe terminare a loro più facilmente in male
che in bene. Altro abbiamo da temere, e il male
è che non lo temiamo. Alcuno dice che vano è il ti-
more di quelli che pure ne hanno parte; che po-
che volte se ne effettua il centesimo, e che molte
cose s' attraversano in aiuto di chi gode il beneficio
del tempo, e ad impedimento di chi disegna offen-
dere. Faccia Dio che così sia in questo particolare.
1 Cioè, della consagrazione o coronazione di Luigi XIII,
la quale ebbe luogo in Rheinis, ai 17 ottobre, per le mani
dell' arcivescovo di Rouen. Sono sempre le esagerazioni no-
cive, e nocque grandemente anche ai principi 1' aver voluto
così trasumanare la loro temporale e mondana autorità.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 173
Io non posso ammetterle che maggiore sia il male
fatto dai Gesuiti costì, che qui, forse perchè io non
veggo questo, e quello come lontano mi pare mi-
nore: ma certo operano più per mezzo degli altri
loro ministri, che se essi stessi fossero presenti. Credo
bene che se ricevessero qualche incontro costì in
luogo più eminente che Nimes, gioverebbe e a voi e
a noi. Queste sono delle cose a me più chiare che la
luce del sole. E i Gesuiti, innanzi che questo Acqua-
viva fosse generale,1 erano santi, rispetto a dopo :
non erano entrati in maneggi di Stato, né avevano
pensato di poter mai governar città ; dove che, dopo
in qua, e sono trenta sei anni,2 hanno concepito spe-
ranza di governar tutto il mondo. Non parlo per
iperbole, potendole dir per certo, eh' essi si vantano
di dover fra poco tempo poter tanto in Constanti-
nopoli, quanto in Fiandra: per il che anco son si-
curo che minima parte della loro cabala è nelle
1 Claudio Acquaviva fu eletto generale dei Gesuiti
nel 1581, e tenne quel grado, a cui era salito di soli 38 an-
ni, sino alla sua morte, accaduta nel 1615. Fu autore della
Ratio studiorum, proibita dal Santo Ufficio né bene ac-
colta da' suoi ; e sotto il suo regime, fu pure emanato il
decreto solenne della Compagnia contro gli autori che
avevano insegnato potersi in certi casi dar morte ai re-
gnanti. Certo, 1' Acquaviva restaurò, colla sua operosità
e fermezza, la fortuna assai scaduta e pericolante del suo
Ordine \ ma non intendiamo il perchè a lui, anziché al
Lainez famosissimo, qui sembrino attribuirsi le teocratiche
e tirannesche, le oscuratrici e corruttrici tendenze di esso.
Sarebbe stato curioso assai, se il Sarpi avesse un po' me-
glio svolto il concetto eh' egli erasi formato del governo
e (forse) dell' indirizzo pratico dato alla nera società da co-
testo frate e aristocrata napoletano.
2 II computo sembra sbagliato, se vuoisi riferirlo al
generalato dell' Acquaviva, dal quale correvano allora soli
30 anni. Ma forse è questo uno dei tanti errori tipografici dei
quali è gremita la raccolta ginevrina delle Lettere sarpiane.
174 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Ordinazioni e Costituzioni stampate del 1570. Con
tutto ciò, mi par molto aver quelle. Io userò ogni
diligenza per aver le Ordinazioni della loro Congre-
gazione generale, se sarà possibile. E per rispondere
a quello che V. S. mi dimanda, le dirò che le Costi-
tuzioni sono una composizione fatta dal primo prin-
cipio della loro fondazione, la quale dopo poco tempo
lia ricevuto un augumento intitolato : Declarationes
et annotationes Constitutionum, con decreto che que-
ste ancora siano di pari autorità alle Costituzioni : le
quali cose tutte sono fatte innanzi ogni congregazione
generale. In esse congregazioni fanno, secondo esi-
genza, nuovi decreti ; ed io ho una formula di certi
loro voti, nella quale si dice: Extracta ex prima
Congregatione generali, Ut. 6, decret. 23; tale che
V. S. può comprendere quanto siano multiplici le
deliberazioni di queste congregazioni, poiché sono
distinte per titoli e decreti.
Non le saprei dire quante volte abbiano tenuta
la congregazione: ben le dirò che nelle Costitu-
zioni (parte 8, e. 2.) si dice che non è espediente
far la congregazione a certi e determinati tempi, ma
secondo che i bisogni constringono ; uè meno è utile
farla troppo spesso, potendosi a ciò supplire con let-
tere e con messi particolari, da' quali il generale
può intendere i bisogni della società. E (cap. 4) : La
congregazione per eleggere un generale sia radunata
da quello che il generale ha lasciato suo vicario ;
negli altri casi, dal generale, il quale non lo deve
far spesso, se non per causa urgentissima. E (cap. 5) :
Quando si congrega per l' elezione del generale, il
luogo deve esser dove è la corte ordinaria del papa;
quando per altro, il luogo che piacerà al generale.
LETTERE DI FÉ A PAOLO SAREI. 175
Quanto alle Costituzioni, quelle che io ho, hanno
dieci parti. La prima intitolata : Literce apostolica,
quibus institutio, confi rmatio et varia privilegia So-
cietatis lesti continentur ; Roma, in Collegio Socie-
tatis lesti 1556, e uni facilitate superiortim. L' altra
parte è intitolata: Constitutiones Societatis lesti, cimi
ramni declarationibus ; JRomce 1570, apud Victorium
JElianiim, cani facilitate superiorum. Sappia nondi-
meno V. S., che quel Vittorio stampatore del loro
collegio, era uno dei loro coadiutori materiali, come
chiamano. Intendo che ad ogni congregazione stam-
pano i decreti, e li mettono insieme ; ma questo
nel collegio, sì che non occorre pensare di averne
da' stampatori.
Non fa bisogno eh' io le dica, il tutto esser in
lingua latina, essendo questo noto. E poiché siamo
a dir delle congregazioni generali, dopo 1' ultima ce-
lebrata in Konia, passò il provinciale di Germania
per via di Grisoni, non avendo potuto avere salvo
condotto per questo Stato ; e in un luogo, interrogato
di quello che avevano deliberato, rispose che gli
effetti delle gran congiunzioni celesti non si veggono
se non dopo molti anni. Adunque, uno potè essere
la successione di Luigi XIII alla corona di Francia.
La considerazione che V. S. fa di guadagnarne
alcuno, non è effettuabile, perchè non participano la
cabala se non a ben provati e passati per tutti i
generi di cimenti ; né quelli che sono iniziati possono
pensar di ritirarsi, avendo la congregazione un tal
dono, mediante la buona regola di governo, che se
un tale iniziato parte, muore immediate.
Se lo stile di cotesta corte di Parlamento con-
cede che si possa fare una domanda tale quale è
176 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
venuto in pensiero a V. S., cioè che mettino in mano
di essa corte le Costituzioni, sarebbe mirabile, per-
chè scoprirebbe tutta la cabala. Ma s' abbia per
certo V. S., che più tosto essi partirebbono di Fran-
cia, che presentarla.
Io ringrazio V. S. per 1' esemplare del Richéome,
e per quelli dell' Anti-Cottone, che mi manda ; seb-
bene 1' Anti-Cottone è stato fatto e stampato in ita-
liano, non so in qual luogo. Mi sarebbono molto
care le lezioni di Cuiacio in canonico solamente,
massime per veder lo stile tenuto da quel valent' uo-
mo, e procurare d' accomodarlo a qualche studio
qui, come Ella può ben imaginare. Del libro di Bel-
larmino, V. S. a quest' ora ne avrà ricevuto una co-
pia, che il signor Domenico Molino mandò per lei.
Non è da dubitare che sia, come V. S. dice, un
trionfo. È vero che questi signori 1' hanno proibito
con pene grandissime nel loro Stato. Resta che chi
ha maggior ragione e forze, faccia la sua parte, come
io voglio sperare che sarà fatto. Accomoderò la ci-
fra, secondo che V. S. m' instruisce. e penserò un
poco all' amplificazione.
Questa mattina il nuovo ambasciatore d' Inghil-
terra ha presentato la sua lettera di credenza; del
quale io non ho tenuto a mente il nome,1 per esser
assai barbaro. Vien detto che sia uomo di valore,
e zelante. Era uno dei deputati nel Parlamento ul-
timamente tenuto : la giornata ci mostrerà la riu-
scita. Egli ha seco la moglie, che medesimamente
viene descritta persona di qualità. Io feci al suo
tempo la conveniente scusa sopra il successo delle
1 Vedilo al fine della Lettera seguente.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 177
lettere, sì come in un' altra mia li promessi di fare.
Per risposta non mi occorre dirle altro, se non che
per la passata risposi a quella delli 27 ottobre.
Passo ora alle cose di qua. Ai 25 del passato, in
lìoma, Pietro Antonio Rubetti,1 già arcidiacono e vi-
cario patriarcale di Venezia, che V. S. conosce, e che
poi andò a Roma perfidamente, avendo la mattina
detto messa, e vissuto il giorno secondo il suo or-
dinario, la notte seguente sprovvistamente è morto ;
ed essendosi appresso ad alcuni divulgato, ciò esser
successo per veleno, il pontefice ha mandato il suo
chirurgo e fatto aprire il corpo per certificarsene ; il
quale riferì non averne, trovato alcun indizio: e tutto
questo è certo.
Della guerra credo non sarà niente ; Spagna non
la vuole; Torino non può senza Francia, la quale
non vorrà, né potrà dare aiuto. Il figliuolo non ha
voluto dire al re, che il duca dimanda perdono e
offerisce la vita e lo Stato : il che essi volevano per
introdur principii di servitù. Torino anco teme di
Mantova ; tanto che le cose passano con qualche
confusione.
Pare che quei di Germania voglino riformare la
nostra città quanto alle cose delle lettere, poiché a
Trento hanno scrutinato tutte le balle de' libri che
venivano da Francoforte, e levato fuori e confiscato
molte sorti di libri che non trattano di religione, ma
legge ovvero istoria, e in particolare tutti gli esem-
1 La fuga del Rubetti da Venezia è raccontata nella
Lettera XLIV, e a lui si fa più volte allusione in altri
luoghi, ed anche a pag. 39 di questo stesso volume. Ma
nuovi e più importanti particolari intorno alla sua morte,
si troveranno al fine della Lettera seguente.
Sarpi. — II. 1-2
178 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
plari dell' istoria di monsieur di Thou. Ma ben si sa
onde questo nasce.
Io aspetto per la seguente d' intender la conva-
lescenza e la totale salute di V. S. ; alla quale, fa-
cendo fine, bacio la mano, insieme col signor Molino
e Fra M. Fulgenzio.
Di Venezia, il 7 dicembre 1610.
CLXV. — Al medesimo. 1
Sino a questo punto, quando, non potendo più
differire per la instante partita del corriere, mi pongo
a scrivere, non sono arrivate le lettere di Francia:
per il che non farà nissuna maraviglia a V. S. se
mi avrà scritto, e non riceverà avviso del recapi-
to. Io credo clie questo sarà 1' ultimo spaccio pel
quale potrò scrivere al signor Foscarini in Francia,
essendo che all' arrivo di questo sarà anco arrivato
il suo successore a Parigi. Per il seguente corriere
non le scriverò, se non avrò trovato modo come le
lettere debbino capitare per via di Torino.
È passata qui una voce, dicesi per lettere venute
all' eccellentissimo Champigny, che il Parlamento di
Parigi abbia fatto un arresto contro il libro del car-
dinale Bellarmino.: il che siccome sarebbe giusto e
conveniente, così mi rendo difficile a credere che
sia effettuato, essendo in un tempo quando uno de-
gli impedimenti alle azioni giuste è la loro giustizia.
Qui in Italia tutti sono in grande allegrezza per
la risoluzione venuta di Spagna che siano licenziate
1 Stampata, come sopra, pag. 324.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 179
le genti di Milano, e conservata la pace d' Italia. Già
si è ciato 1' ordine che non si proceda più innanzi
nell' armarsi, così da ima parte come dall'altra ; tanto
che il nostro timore è stato vano. Se la continua-
zione della pace sarà utile o dannosa, 1' evento lo
dimostrerà. In somma, si vede così per questo esem-
pio, come per due altri occorsi già pochi anni, che
la guerra non può aver luogo in questa regione.
Vi è dubbio se la Germania goderà la stessa
buona fortuna, così per i sospetti dell' Imperatore,
il quale tiene ancora in armi le genti di Passau,
come per le pretensioni della Sassonia sopra Cleves,
il quale ha avuto promessa da' suoi d' un millione
di fiorini, e sta facendo dieta con quelli di sua casa
per risolversi. E Leopoldo non dorme, il quale vor-
rebbe in ogni modo racquistare quello che non ha
potuto tenere.
Il papa ha pagato alla lega cattolica 24 mila fio-
rini,1 e sente con disgusto che in Italia non si di-
sarmi, temendo che non gli convenga pagarne degli
altri, e desiderando in ogni modo pace per tutto,
acciocché qualche sinistro accidente non trasportasse
in Italia qualche scintilla del fuoco acceso altrove.
Per 1' ultima mia scrissi a V. S. la morte del già
arcidiacono e vicario di Venezia, successa in Roma,
con quei particolari che allora seppi : i quali anco
le confermo, ma le aggiungerò ora il modo saputo
più particolarmente, e tuttavia certo. 11 giorno dei
25 novembre, il misero fu invitato a desinare da
1 Così fece sempre la corte romana, e non sola la roma-
na corte ciò fece -, diciamo di spogliare i suoi popoli per cre-
scer forze alle fazioni e a quelle sètte il cui precipuo scopo
è di ribadire ognora e di perpetuare la pubblica servitù.
180 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Marc' Antonio Tani, cameriero intimo del papa, so-
lito d' invitarlo qualche volta ; dove andò sano e al-
legro, e desinò in sanissima disposizione. La notte,
gli sopravvenne una uscita di ventre con tanti im-
pedimenti, che in pochissime ore cacò circa quaranta
volte, prima gli umori, poi il sangue e finalmente
la vita. La mattina uscì qualche rumore che fosse
stato avvelenato : per il che il papa mandò il suo
chirurgo ; quale, aperto il corpo, certificò non aver
trovato alcun indizio di veleno."
Io sto con molto pensiero come continuare la co-
municazione con V. S.: tuttavia si troverà ripiego.
Tra tanto, le bacio con ogni riverenza la mano,
pregando Dio che la conservi in sanità e prospe-
rità. Mi scordai per la passata dirle, che il nome
dell' ambasciatore della Gran Brettagna è signor
Budley Charleton.
Di Venezia, li 21 dicembre 1610.
CLXVI. — Al nominato Rossi.1
Per mano del signor segretario Anselmi ho ri-
cevuto quella di V. S. delli 23 novembre, con le al-
legate stampe e scritture. Il Tocsin2 è una bella
composizione, ma un poco troppo poetica. Non credo
che farebbe quel frutto qui presso noi che han fatto
FAnti-Cottone e le due rimostranze, una per nome
dell'Università e l'altra diretta al Parlamento; le
' Edita in Capolago ec, pag. 238.
- Così crediamo di dover leggere, benché la prima
stampa abbia : « Torsin. »
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 181
quali, essendo state portate qui in italiano, sono
state lette con avidità, gusto e frutto.
La copia del processo fatto a Ravagliac ha bene
alcuni punti molto considerabili, e dovrebbe istruire
chi governa cotesto regno, quanto importi che non
vadano attorno false dottrine; che Ravagliac non
sarebbe venuto a quella parricidiale risoluzione, se
non avesse creduto (come ho detto) che il papa fosse
Dio. Tengo che questa copia di processo sia vera,
ma con qualche opinione che vi sia qualche cosa
di più, che non sia pubblicata perchè non fosse con-
veniente. Ma benché sia saputa da quelli a chi ap-
partiene, mi pare ancora che la somma sapienza
de' Gesuiti alcune volte venga meno ; poiché, pren-
dendo facoltà di poter insegnare in codesta città,
non è stato opportuno col libro del Bellarmino pub-
blicare che sorte di dottrine insegnerebbono ; e mi
pare che si dovevano ben contentare col buon mer-
cato fatto loro nella causa di Mariana, senz' aggiu-
gnerne una nuova.1
I « Lo scopo principale di questo libro si è di dare ai
sudditi il permesso di ammazzare i re.... Esso fu stampato
alcuni mesi prima che avvenisse il parricidio di Enrico IV,
e i nemici del bene e della quiete della Francia V hanno
fatto introdurre in questo Stato in un momento che, a ca
gione della reggenza, credevano infiacchite le sue forze. »
(Discorso del primo presidente del Parlamento alla regina
reggente)
II libro del Bellarmino fu, per ordine del Parlamento,
effettivamente bruciato per mano del carnefice.
Lo stesso destino ebbe quello di Giovanni Mariana,
gesuita spaglinolo, intitolato : De Rege et Regis institutione,
stampato a Magonza nel 1605 ■, del quale ecco 1' opinione
su Iacopo Clemente, assassino di Enrico III :
« Iacopo Clemente, domenicano, nato a Sorbona, piccolo
villaggio degli Edui (1' Autunnese), studiava teologia in un
collegio del suo ordine *, ed essendo stato instrutto dai teo-
182 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Qui è sparsa fama (la quale ha origine dal signor
ambasciatore Sciampignì) che sia pronunziato arresto
del Parlamento contro il libro creduto di quel car-
dinale ; di che io sto con desiderio aspettandone la
confermazione con lettere del corriero, il quale a
quest' ora non è ancora giunto. Se l' avviso sarà
vero, il signor presidente d'Harlay avrà con le sue
ultime azioni corrisposto a tutte le passate, e mo-
strato l' istesso valore nella vecchiezza che nella vi-
rilità. Io desidero che al presidente di Thou succeda
il disegno, sebbene in quel particolare favorisca i
Gesuiti, sperando che non farà l' istesso negli altri
che si trattano. Faranno questo di bene, che la no-
biltà (massime i grandi) saranno tutti uniti, ne vi
potrà nascere pericolo di novità. Mentre che le città
logi (gesuiti) ai quali si era diretto, che si può legittima-
mente ammazzare un tiranno *,.... con un pugnale avvelenato,
che teneva nella mano nascosto, ferì profondamente Enrico III
nel basso ventre. Oh insigne confidenza del proprio coraggio !
oh azione memorabile ! I cortigiani, dal caso insolito com-
mossi, lo assalgono, 1' abbattono a terra, e saziano la loro
crudeltà e sevizia opprimendolo di ferite; le quali egli sop-
portò senza dir parola, anzi con gioia, siccome appariva
dal suo volto, perchè sfuggiva ad altri tormenti i quali si-
curamente aveva preveduti •, lieto solo in questo, anche tra
le battiture e le ferite, che col suo sangue aveva redento
a libertà la patria comune. L' assassinio del re gli procurò
un gran nome. » (Lib. I, cap. 6, pag. 53.)
Il capitolo 7 del medesimo libro incornicia così : « E
davvero misera la vita di quelli la condizione de' quali è,
che chi gli uccide sale in altissima grazia e riputazione
de1 posteri. E in fatti, non è picciola gloria quella di ester-
minare, dalla comunità degli uomini questa genia pestifera
ed esiziale ec. » {Intende i principi, eh' egli chiama sem-
pre tiranni.) — Ora si dica se Fra Paolo non aveva ragione
di detestare una società che faceva pompa di così inique
massime. La rivoluzione di Francia fu niente altro che
T effetto della dottrina de' Gesuiti. — (Bianchi Giovini.)
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 183
si ricorderanno l' incomodo della guerra ed i comodi
della pace, staranno salde.
La conservazione di Sully mi piace sommamente,3
per gli avvisi che possono ricevere i riformati, e per
qualche contrappeso che potrà fare a Villeroi. Se alle
altre contrarietà che hanno i Gesuiti s' aggiunge
anco 1' istanza de' riformati acciò siano scacciati,
sarà facil cosa che si veda il fine dell' impresa. Senza
dubbio, nelle cose che passeranno, bisognerà che gli
Ugonotti sieno rispettati, ed essi faranno bene a non
perdonare e a domandare; massime che tutto quello
che sarà in lor favore, sarà in servizio di Dio ed
utilità del re.
Se quelli della società pel Canada fossero in-
formati del travaglio che i padri Gesuiti danno
ai Portoghesi nell' Indie Orientali, non li ricevereb-
bono mai in compagnia. Ho veduto con gusto i ca-
pitoli: così prego Dio favorisca quella società, se
sarà senza Gesuiti.
Per venire alle cose nostre, Italia è piena di al-
legrezza per la concordia col re di Spagna, essendosi
già fermata ogni provvisione di guerra, e dovendosi
fra pochi giorni disarmare una parte e 1' altra : il
che piaccia a Dio che sia a sua gloria. Ma di Ger-
mania non abbiamo nuove di quiete, perchè l'impe-
ratore, pieno di sospetto, non vuol disarmare le sue
genti. Il duca di Sassonia ha avuto promesse da' suoi
1 II duca di Sully (Vedi la nota 2 a pag. 22) non si ritirò
per allora dalla corte, né la bigotta reggente né il suo
vile favorito avrebbero mai trovato il coraggio cbe sarebbe
stato necessario a cacciamelo. Egli bensì volle uscirne spon-
taneo, per non dover piaggiare a un Concini, nella età
ancor fresca di 51 anno, e dopo averne spesi ben 14 am-
ministrando sapientemente le finanze del regno.
184 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
sudditi di un milione di fiorini, e consulta con quelli
del suo sangue quello che debba fare. La differenza
tra i palatini per 1' amministrazione dell' elettorato,
sebbene non pare che voglia partorir guerra, almeno
impedirà concordia. Già Neumburgo ha mandato in
istampa un giusto volume delle sue ragioni: per il
che si può dubitare che la lega di Halla possa sva-
nire, essendo senza capo e con membra divise. Il
papa ha pagati ventiquattromila fiorini alla lega
cattolica, e sta con disposizione che disarmino, così
pel desiderio che ha di pace, affinchè qualche scintilla
di quell' incendio non saltasse in Italia, come anco
per timore di non essere importunato per contribuir
maggior somma.
Scrissi a V. S., per lo spaccio passato, la morte
repentina successa in Roma del già arcidiacono di
Venezia. Allo scritto aggiungo, che quel giorno,
delli 25, fu invitato a desinare da Marcantonio Tani,
cameriere intimo del pontefice, col quale anco desinò
molto allegramente ; e la notte seguente, successe la
sua morte in poche ore, avendo egli evacuato circa
quaranta volte 1' umore, il sangue e F anima.
Io credo che all' arrivo di questa il signor am-
basciador Foscarini sarà sulla partita; onde sarà
necessario di trovare qualche via di continuare la
nostra comunicazione. Io me n' ingegnerò : non so
se mi riuscirà il desiderio ec. Prego Dio Nostro
Signore che le cloni ogni prosperità, e le bacio le
mani.
Di Venezia, il 21 dicembre 1610.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 185
CLXVII. — Al signor De V Me Gh-oslot.1
Scrissi a V. S. per 1' ultimo corriere sotto il dì 21
decembre, non essendo ancora giunto 1' ordinario di
costì ; il quale arrivò otto giorno dopo, e mi portò
quella di V. S. delli 23 novembre : e ieri giunse 1' al-
tro, che mi portò 1' ultima sua delli 8 decembre.
Questa m' ha significato il buon recapito della
mia delli 28 settembre, che pensavamo perduta : di
che ho sentito gran piacere, sebbene rammemorando
il contenuto di essa, non mi pareva che vi fosse
dentro particolare di gran momento.
Non pensavo di doverle scrivere per questo spac-
cio, credendo che il corriero il quale parte di qui non
fosse per trovar in Parigi il signor ambasciator Fo-
scarini; ma, fatto meglior conto, giudico che lo po-
trebbe anco ritrovare. Anelerò nondimeno più sobrio
per questo dubbio.
Le dirò prima, delle cose d' Italia, che ogni giorno
ci assicuriamo più della pace, e già si dà princi-
pio a licenziar le genti. Ci resta pregar Dio, che
la pace non ci riesca più dannosa della guerra,
come diverse apparenze dimostrano che debba essere.
Quando Spagna fosse occupata in Italia, non po-
trebbe attendere a coltivare le semenze e piante na-
scenti in Francia. Torino voleva guerra, ma è man-
cata da parte della regina di Francia, credo bene
per ottime ragioni, conoscendo il suo male dal man-
dar il figlio in Spagna. Fu consiglio di Bouillon. e
questo lo dico a V. S. per certo.
Quello eh' è successo per 1' ai- resto contra il libro
1 Dalla raccolta di Ginevra, pag. 328.
186 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
del cardinale Bellarmino, ha dato estremo orgoglio
al papa e a' Gesuiti, e debolezza qui. Con tutto ciò,
io non stimo tanto male, ma ben credo che siamo
prossimi ad una gran crisi, restando incerto se ter-
minerà in convalescenza o in morte.
Si conferma la presa o compra della Rocca fatta
dagli Spagnuoli : cosa che non so vedere se sarà loro
utile o dannosa, perchè potrebbe loro esser di gran
spesa e di molta occupazione il mantenerla.
Ora venendo a risponder a quelle di V. S.,
primieramente resto con molto dispiacere, vedendo
che la sua colica l' affligge così lungo tempo, e
vado dubitando che li studi o qualche altra occu-
pazione di poco rilievo la fomentino ; e però prego
V. S. ad anteponer ad ogni altra cosa la sanità, e a
non volere per cose accidentali trascurare l'essenziali.
Mi scrive Castrino d' aver inviatomi per la fiera
di Francfort l' Apologia del Richéonie e la Lettura
di Cuiacio : di che rendo molte grazie a V. S., con un
poco di vergogna che a tante obbigazioni non possa
io dare una minima sodisfazione, corrispondendo
almeno in minima parte a tanti favori che mi fa.
Sono fatte nella materia de' Gesuiti molte belle
scritture in Francia, delle quali tutte ne ho avuto
copia per grazia di Castrino e d' altri amici. Sono
anco tutte state lette qui con gusto e frutto. Il Toc-
sin mostra compitissima erudizione, tocca di bei
passi, e con molta libertà e giudicio, e imita molto
Plutarco nel fare paralleli; i quali quando sono tratti
dall' istoria, sono di molta instruzione, ma quando
da favola, servono a diletto. Ho veduto una Epistola
scritta da Duay,1 la quale ha molti particolari: io
1 Non sarebbe bene scritto questo nome ove qui avesse
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 187
però ci desidererei più il decoro, e la esplicazione
di alcune circostanze necessarie.
Quanto al continuare la nostra comunicazione, a
V. S. sarà facile, perchè mi capiteranno sicure tutte
le lettere che anderanno in mano di Barbarigo ; ma
le mie a V. S. sentiranno difficoltà, perchè io non
so come egli le potrà far capitare costà per via
sicura. Dell' ambasciator nuovo non convien fare as-
segnamento, per esser papista, non per inganno ma
per malizia. Sto pur con speranza di qualche buona
apertura che sia portata da tante occasioni che sono
in campo ; senza che, quantunque le lettere fossero
tutte in cifra, non sono sicure, potendo capitare in
mano di chi abbia forza di comandar l' interpreta-
zione. Contuttociò, nel primo ozio che mi troverò ave-
re, \ado pensando di comporne una, che abbia del fa-
cile e abbondante. Non posso esser più lungo, se bene
averei un mondo di cose da discorrere con esso lei,
non assecurandomi del buon recapito della presente :
per il che farò fine baciandoli riverentemente la mano.
Di Venezia, 1 gennaro 1611.
CLXVIII. — A Giacomo Gillot.1
Devesi ai maneggi dei romaneschi, se a un
tempo ci giunsero e i forti decreti del regio Senato,
ad intendersi la città di Douay. Di sopra, ove ponemmo,
come in più altri simili luoghi, Tocsin, la stampa ginevrina
f* leggere Tocconi. Più innanzi (alla pag. 189) abbiamo
esposta la nostra opinione sui tanti opuscoli che un tempo
attrassero 1' attenzione e le cure fiuanche di un Stirpi, e
che la posterità ebbe poi pienamente dimenticati.
1 Edita in latino, tra le Opere ec, pag. 17.
188 LETTERE DI FKA PAOLO SARPI.
e le deliberazioni fatte in contrario dal privato Con-
siglio del principe. Ne potemmo non rammaricarci
considerando i destini di ima stirpe valorosissima,
che, per codardia e corruttela di pochi, è costretta a
vedere scrollati i fondamenti del regno e a soppor-
tarlo in pace. Ogni giorno più si chiarisce qual buon
giuoco abbia fatto a' nemici la morte del gran re.
Faccia Dio che non si abbia da conoscere appieno,
prima che passi 1' anno. La vostra disgrazia è anche
disgrazia nostra, poiché secondo i successi di costà
gli animi s' ingagliardiscono o si spaurano. A Roma
narrarono cotesti fatti con una tal quale adulazione
verso di noi, esclamando che qui si era adoperata
maggior prudenza, per non essersi posto mano a
scritture : il che se torna gradito al volgo, non to-
glie a' savi di conoscere dove mirino cotesti panegi-
rici, né di sospettare d'artificio in quel confonder tut-
to, battezzando (atteso l' indole nazionale) per pru-
denti noi, i quali, comunque fermi nel fronteggiare
gii ostacoli, siamo alquanto rimessi in quanto al-
l' affrontare le utili imprese. Non può negarsi che
ciò non abbia portato grave ferita alla riputazione ed
alla dignità comune ; e pure ho per fermo che i
buoni Francesi si mostreranno più ardimentosi che
timidi nel tempo avvenire.
Io ricevei due lettere della S. V. ; l'ima del primo
di dicembre, con l' esemplare dell' arresto, con F Apo-
logia di Euformione e col non mai abbastanza lo-
dato Tocsin. L' Apologia è gravissima d' erudizione,
e dimostra nell' autore un ingegno svegliato e sodo ;
ma l'autore del Tocsin è assai intendente di faccende
politiche. Voglia Dio che venga ascoltato dai vostri
magnati ; i quali se continueranno a dormire e non
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 189
emenderanno gli errori commessi per la furberia e le
suggestione dei nemici, io ne prenunzio loro altri e
ben più solenni. L' Epistola a Paolino Ex-datario,1 che
io ricevei con la lettera della S. V. dei quindici di
dicembre, enumera molte ruberie fatte dai Gesuiti ol-
tre 1' Alpi : il che io ignorava. Ma Italia non ne va
libera, e qui lavorano colle stesse arti che fanno ol-
tremonti. Ma io mi maraviglio sommamente del po-
tere o strapotere eh' essi esercitano costà ; ove po-
tendosi stampare e ritener tutto, pur non è lecito
di toccar loro : se non che, quanto più favori usur-
pano, tanto mi lusingo che dovranno più presto re-
star colpiti dalla concordia dei buoni.
Compiacciomi e lodo che la S. V. non si disvolga
dal mettere insieme pubblici documenti. In questo
è da insistere con maggior nervo, per contrabbilan-
ciare gli altrui accaniti sforzi. Fa stupore che lavo-
rino all' uopo di mani e di piedi dieci e più Gesuiti,
volendo per se e pel papa l' imperio del mondo. I
principi e i loro intimi ministri non sanno prendere
un partito ; e, quel eh' è peggio, incutono paura ai vo-
lonterosi che si oppongono. Io metto molta fiducia
in cotesto Senato e nei suoi singoli membri ; e con-
lido (purché diate ascolto a Tocsin) che saprete pren-
dere le prime occasioni opportune, o piuttosto andare
incontro alle sopravvegnenti. Ma io sono un dappoco
dandomi a credere di spronar chi già corre. Lasciate
queste intramesse, vengo a' casi miei propri.
Il servirmi del legato Foscarini non mi par più
1 Questo, con gli altri titoli d' opere che s' incontrano
in questa Lettera e nelle più prossime, li abbiamo per
capricciose denominazioni di libri che si scrivevano intorno
alle religiose controversie di quel tempo.
190 LETTERE DI FRA. PAOLO SARPI.
mezzo sicuro per inviar lettere alquanto libere; e
perciò non so indurmi a finir questa, come presago
che per qualche tempo non vedrò i suoi caratteri.
Io mi affaticherò di trovare altro modo. La scon-
giuro frattanto di non cancellarmi dalla sua me-
moria; ma come si degnò già di amarmi, così voglia
ciò fare in perpetuo. Le bacio le mani.
Venezia, 4 gennaio 1611.
CLXIX. — A Giacomo Leschassier.1
Penso che la V. S. avrà ricevuto il libro del Bel-
larmino, che, fa ora un mese, le inviai. Io ebbi con
le ultime sue lettere un esemplare dell' arresto, pro-
nunziato da cotesto Senato dignitosamente, e come
si conveniva alla libertà francese. Il Senato fece ve-
ramente gì' interessi dello Stato : voglia ora Dio che
i successivi eventi fruttino a bene ; poiché, quando
quelli che dovrebbero sostenere i fondamenti del
regno danno opera a debilitarli, forza è eh' esso ro-
vini. Oh ! il Ciel volesse eh' io riesca profeta a ro-
vescio. Ma basti di ciò.
Ho scritto a Roma e a Napoli per aver raggua-
glio del decreto del viceré napoletano. Di Roma
mi rispondono che non ebbero sentore della cosa.
Di Napoli nessuna replica. Al pari della S. V., io de-
sidero un esemplare di siffatto decreto. Se pure è di-
vulgato, son certo che costà ne sia corsa voce esage-
rata. Su quello che accadde in Napoli avrò di certo
notizie, le quali parteciperò anche alla S. V.
1 Edita come sopra, pag. 95.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 191
Mi pesa forte la partenza di Francia del signor
Fosearini, pel cui mezzo ha luogo questo nostro
scambio di lettere ; cui bisognerà per poco interrom-
pere fino a che mi sia aperta altra via sicura, come
spero tra breve. Frattanto mi auguro di viver con-
tinuo nella sua ricordanza.
Le sarà ormai giunta alle orecchie la pace fra il
re spagnolo e il duca di Savoia : ora ambedue le
parti attendono a congedar le milizie, quando non
faccia ostacolo 1' affare di Cleves. In ogni luogo si
crede che sarà pace fra i Cristiani tutti ; e bisogna
crederci finché i re sono pupilli : il che non ac-
cade soltanto in Francia. Ma la differenza sta qui :
che il vostro verrà all' adolescenza, mentre gli altri
si manterranno perpetuamente fanciulli.
Gli Spaglinoli ottennero a prezzo la fortezza e il
porto celebre in Affrica situato fuori delle Colonne, e
non so se per assenso di tutti quelli che possono con-
trastare: laonde giudico che di qui sia per venire
qualche subbuglio. Almeno occorreranno agli Spa-
gnoli assai spese per difendere e conservare quel luo-
go, e pur con la temenza di esser costretti a slog-
giarne.
Non può aver termine questa lettera senza che
io le parli de' Gesuiti. I quali s'arrabattano per ogni
maniera, acciocché l'Anti-Cottoii non si venda in que-
sta città, e venga proibito insieme con altri opuscoli
scritti costì contro la loro setta, e che recati in ita-
liano vennero qua introdotti in gran copia. Muovono
cielo e terra in Roma per venire a capo di ciò, e i
ministri pontificii qui li secondano con tutti gli sfor-
zi. Se riusciranno non so, massime perchè molti sono
scorati pei fatti di costà : ma poi, tanti sono gli esem-
192 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
plari già disseminati, che l'ottenuta proibizione equi-
varrà alla pioggia dopo l' incendio. Ad essi non pia-
cerebbe che la morte del gran re, venuta in conse-
guenza delle massime da loro insinuate, quando non
ci avessero altresì potuto le fraudi, fosse senza frut-
to ; e tutto adesso imprendono perchè venga alle loro
mani la preda agognata. Piccolo, invero, è il mondo a
tanta ingordigia; ma sanno ben essi distribuire le
loro rapine a seconda dei tempi. Non so a qual gente
accennino da prima, se a noi o voi; ma certo ad
ambedue le parti hanno del pari volto l' intento. Veg-
gono invendicato l' eccidio del re, e tanto più s' affi-
dano che tornerà a loro vantaggio. Ma tutti i disegni
umani sono moderati dai voleri celesti, e spero in
Dio eh' essi debbano effettuar molto meno di quello
a che aspirano. E supplico la Divina Maestà che
Lei serbi perpetuamente in salute, al servigio della
Chiesa e dello Stato, e all' amore eh' io le porto. Le
bacio le mani.
Venezia, 4 gennaio 1611.
CLXX. — Al medesimo.1
Finalmente mi ha risposto da Napoli l' amico al
quale avevo domandato se alcuna novità fosse stata
ordinata dal conte di Lemos circa 1' exequatur re-
gio, che io aveva udito essere stato esteso anche a
quelli che esercitano l'incarico di predicatori e di
confessori. L' amico mi scrive, esser costume in Ma-
drid, e dovunque vada la corte del re di Spagna,
che i predicatori non chiedono la licenza di predi -
1 Edita come sopra, pag. 96.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPL 193
care e la benedizione dall' Ordinario, ma bensì dal
confessore del re ; e che quest' uso il conte di Le-
mos volle introdurre anche nella città di Xapoli. So
non che, per essersi opposto 1' arcivescovo, appog-
giandosi ai decreti del Concilio di Trento e della
non interrotta consuetudine napoletana, e il conte
non volendo usare della sua autorità, il negozio fu
deferito a Roma ; dove tra il pontefice e il regio am-
basciatore, fratello del conte, venne lungamente agi-
tato, fintantoché si convenne che i predicatori, giusta
la consuetudine, ottenessero le lettere di licenza e
la benedizione dell' Ordinario : del rimanente poi, se
taluno fra quelli visitar volesse, in grazia dell' uffi-
cio, il confessore del vice-re, non fosse ciò divietato.
E così l'amico mi attesta praticarsi; giacché taluni
vanno a far visita al confessore, ed altri ricusano
di farlo ; tra i quali sono i Gesuiti. Aggiunge an-
cora il mio corrispondente, di non aver potuto sa-
pere con certezza se il decreto del viceré fosse e»
no posto in iscritto, ma che ne farebbe ricerca, e.
trovandolo, me ne avrebbe spedito una copia.
Alle lettere di V. S. ricevute per questo corriere
ed a quelle del precedente, non rispondo, fino a
che non trovisi un modo di mandarle con sicurezza
le lettere mie proprie. Intanto desidero ardentemente
eh' ella stia in piena salute e di me spesso si ri-
cordi. La riverisco.
Di Venezia, il 1 febbraio 1G11.
Sarpi — U.
104 LETTEEE DI FRA PAOLO SARPI.
CLXXI. — Al signor de V Iste Groslot.1
Poiché io ebbi avviso dell' arrivo del signor am-
basciatore Giustiniano, credendo che dovesse traspor-
tarsi in pochi giorni a Parigi, e che il signor am-
basciatore Foscarini partisse immediate per Inghil-
terra, mi fermai di scrivere ; eh' è la causa per
quale V. S. non avrà ricevuto mie lettere da due
mesi in qua. Ora vedendo la sicurezza del passag-
gio per altra via, ricevo gran piacere di veder ri-
messa in piedi la nostra corrispondenza, in questi
tempi massime, quando il dare e ricevere qualche
avviso può esser occasione a qualche successo di
momento.
Già ricevei una di V. S. delli 23 dicembre, e
poi un' altra delli 4 gennaio, alle quali, per le cause
suddette, non diedi risposta. Per questo corriero ho
ricevuto per via di Barbarigo quella delli 11 feb-
braio, e un giorno dopo monsieur Assellineau mi
rese un' altra delli 2 dell' istesso mese ; alle quali
risponderò seguendo l' istesso ordine.
Primieramente, vedendo che V. S. dopo una
grande accessione della colica, ne ha avuto un' altra
non minore della gotta, dubito eh' Ella stessa favo-
risca coteste indisposizioni con lo studio e con le
vigilie, che sono causa della crudità, materia di que-
sti mali : per il che non posso restar di pregarla ad
avere un poco più di cura della sua salute ; poiché,
lilialmente, chi non misura le forze e lascia la bri-
glia all' animo, fa manco cammino che chi, cono-
scendosi debole, va piano.
1 Pubblicata in Ginevra, ed. cit., pag. 333.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 195
Barbarigo ha sentito • un grandissimo disgusto
che non sia stato reso a V. S. un esemplare di Bel-
larmino, il quale egli ha mandato nominatamente :
e non gli basta questa escusazione, che ha scritto
per farne venir un altro, e mandarglielo. Ma mi stu-
pisco per che causa li romanisti fanno tanta in-
stanza per quel libro costì, e qui non ne parlano ;
se forse questo non è per la loro maggiorità, quando
occorre la minorità del re. Ma, per continuare di
questo libro, sappia V. S., che ve n' è grand' abbon-
danza nello Stato ecclesiastico, e nel rimanente
d' Italia non se ne trova : di che in Venezia si sa
la causa, la pubblica proibizione ; negli altri luoghi
sanno far fatti senza parole.
Ma che dirà V. S. che il re di Spagna abbia in
così solenne modo proibito il trattato di Baronio
della Monarchia di Sicilia? 1 Le mando una copia
tratta da originale autentico : il che dico acciò
V. S. non dubiti della verità. Mi dà da pensar as-
sai, ch'essendo stampato quel libro nel 1G05 ed es-
sendo proibito allora dal viceré di Napoli (di che
esso Baronio se ne querelò in forma assai petulan-
te, a sprezzo del re stesso), dopo tanti anni siano
venuti in pensiero di far un tal passo, non mai più
fatto da loro. Io so di buon luogo, che avuto il papa
notizia di questo editto, 1' ha mandato alla Congre-
gazione dell' Indice per consultarvi sopra. Vedremo
che resoluzione prenderanno. Prego V. S. far aver
una copia di questo editto a monsieur 1' Eschassier
per mio nome.
E poiché siamo in questa materia de' libri, le
1 Vedi la Lettera CLXT, e la nota a pag. 164.
196 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
darò conto ci' aver ricevuto quello di monsieur Vi-
gnici-, il quale in una materia poco fertile si dimo-
stra molto buon artefice.1 Io ho ricevuto la corre-
zione del Poema, ma la prosa non cede di niente ;
anzi, secondo il mio gusto, gli è come ornamento ne-
cessario.
Io non so perchè li padri Gesuiti mandino in
tante forme attorno quella loro difesa contra l'An-
ti-Cottone, se questo non è perchè, secondo il loro
uso, vogliano negare quello che parerà a loro : ma
qui vien aspettata la replica. E stata qui veduta la
copia della lettera scritta per nome di Sully alla
regina,2 così abbondante di belli e vivi concetti,
come di milioni, se non sono di maravedis.3 L' asse-
dio di Genova è andato in fumo, come anco veniva
creduto da tutti gli uomini prudenti che dovesse
succedere. Le dico ben per cosa vera, che avendo il
duca dimandato aiuto al papa per quella impresa, ri-
portò per risposta parole generali e inconcludenti,
con un consiglio in fine, eh' era impresa da differir a
tempo più opportuno: e di questo V. S. non dubiti, né
meno lo ascriva a carità. Ma per attendere a Ger-
mania, disse il papa, che sperava di Germania molte
cose. Ma in Francia sarà la guerra: così, certamen-
te, esso e li Gesuiti trattano. La settimana passata, in
Roma, è stato preso un francese vestito da gesuita.
1 Oltre all' opera accennata nella nota 1 a pag. 77, Nic-
colò Vignier diede a luce più altre scritture di controversia
ed ascetiche.
2 In quei giorni Sully non aveva per anche rinunziato
le sue cariche, ma nulla fa credere che una tal lettera
fosse scritta da lui medesimo.
3 La più vile tra le monete aventi corso in Ispagna,
e che dicesi equivalere ad uno de' nostri antichi quattrini.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 197
e esaminato immediate con molta segretezza, senza
die si possa saper ne la materia né la persona.
(Jui si parla assai di quella prigionia sopra la
morte del re ; ma du Tillet m' assicura che non è
niente. Non so se l'interesse lo faccia parlare, o
pur perchè sappia quanto si può scoprire.
11 padre mandò a monsieur di Thou le cose pro-
messe dall' ambasciatore Nani ; ma egli non ne ha
dato, né il padre sa come uscir di queli1 obbligo.
Mi resta dire a V. S. solamente, che il duca di Sa-
voia ha posto taglia, dove caverà un milione, con
total rovina del suo paese. Il signor Molino e pa-
dre Fulgenzio le baciano la mano, e io insieme con
loro e con maggior affetto, pregando Dio che le
doni ogni prosperità.
Di Venezia, li 15 marzo 1611.
CLXX1L — Al medesimo.1
Questa è la seconda che scrivo a V. S. per via di
'l'orino : per 1' altra le diedi conto della ricevuta di
tutte le sue; l'ultima delle quali fu delli 15 febbraio.
Al presente accuso la ricevuta di quella del primo
stante, per la quale veggo la necessità che ha la
F rancia di fare qualche buona provvisione contra i
Gesuiti ; e senza dubbio, sono incompatibili gli inte-
ressi dell'una con quelli degli altri. Io credo bene che
i Riformati vi penseranno, e che di là nascerà qual-
che rimedio : altrimente veggo eccitata guerra civile.
Avrà V. S. ricevuto, insieme con la precedente mia,
1 Stampata come sopra, pag. 339.
198 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
il decreto di Spagna contro il tomo unclécimo di Ba-
ronio ; il quale, se bene proibisce solo la parte che
tocca la monarchia di Sicilia, nondimeno mi pare
che sii una macchia a tutta 1' opera, e all' autore
medesimo ancora, al quale vengono dati epiteti che
toccano la coscienza e la realtà dello scrittore.
L' ufficio che V. S. ricorda verso il signor Ca-
.saubono, sarà fruttuoso, e procurerò che sia fatto ef-
ficace da Wotton, che fu ambasciatore qui. Credo
che le gran preparazioni che si fanno per la difesa
di Ginevra faranno sfumar tutti i disegni, se pur ve
n' erano ; perchè quanto a me, credo, che più tosto
fossero rivolti a Berna.1 V. S. tenga per certo, che
il duca di Savoia è inquieto, e farà qualche gran
male a Francia, ovvero a Spagna, ovvero a Italia,
ovvero a sé stesso. Non fu buon consiglio che diede
Bouillon di mandar il figlio in Spagna, e dubito
che la Francia farà sempre di questi errori.2
In Italia non abbiamo alcuna cosa di nuovo, se
non che di Spagna hanno levato 13 mila ducati
d' entrata al Contestabile, che egli aveva in regno
di Napoli ; ed è fama che si pensi di levargli anco
il contestabilato, che importa d' entrata 1 1 mila :
! Erroneamente leggevasi nella prima stampa : Genova
(e così più volte) e Brescia. Si vedano ancora le pag. 203
e 205.
- Secondo alcuni storici, fu il pontefice Paolo V che
determinò Carlo Emmanuele a mandare in Ispagna il prin-
cipe Filiberto a fare al re Filippo III proteste che, co-
munque si volesse colorarle, sentivano pur sempre dj umi-
liazione. Adempiè il giovane a sì difficile atto con fer-
mezza e dignità ; ma il padre, o per le forme usate o pel
poco buon esito della cosa, ne montò poscia in furore •, e
sarebbesi abbandonato alle imprese più temerarie, anche
a danno degli Svizzeri, se non lo avesse trattenuto il con-
tegno e il troppo espresso dissenso della corte di Francia.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 199
cosa che dà da pensare assai, essendo costume di
Spagnuoli più tosto di esser prodighi nel donare,
che inclinati al contrario. Però queste cose danno
poco da pensare, essendo certo che quel re vuole
onninamente la pace in Italia.
Gli occhi di tutti sono rivolti alle cose di Ger-
mania, le quali sono di tanto momento e così gran
conseguenza, che maggior non si potrebbe pensare.
Sopra tutto, io resto pieno d' ammirazione, come,
essendo noto a ciascuno che i Gesuiti sono stati au-
tori e istigatori di tutto il male occorso, siano non-
dimeno esenti dal partecipare ai pericoli ai quali è
esposta 1' altra parte, e restino sicuri di continuare a
far ardere il fuoco maggiormente. Piace così a Dio di
acciecar il mondo, che non vegga nella luce del sole.
L' apologia di Richéome è libro troppo grosso da
venir col corriere. Xon vorrei, che V. S. prendesse que-
sto incomodo, perchè vedrò di farlo capitare a Fran-
coforte, di dove mi verrà con gli altri libri della fiera.
Ho veduto 1' apologia che fa per i Gesuiti V ar-
cidiacono di Piouen: cosa molta artificiosa, però che
porge materia di dire assai cose. Se la Sorbona dasse
fuori quel decreto che fecero il primo di febbraio.
io avrei per singoiar favore di riceverne una copia :
ma se non lo danno fuori, non è cosa da curar molto.
Dna cosa mi si rende dubbia, della quale desidero
esplicazione da V. S. con suo comodo. Il re di Fran-
cia è di anni dieci, quando a me pare che 1' uomo
abbia intelligenza assai, e possi dire — voglio ; — e
pur non lo sento nominare, come se fosse in fasce.
Desidererei che a V. S. fosse dato carico d' andare
alla Congregazione generale, e spererei qualche buon
frutto : come prego Dio. che si effettui. Il quale an-
200 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
cora prego che doni a V. S. ogni vero bene ; alla
quale bacio la mano, insieme col signor Molino e
P. Fulgenzio.
Di Venezia, li 29 marzo 1611.
CLXXIII. — Al medesimo.1
La presente sarà per risposta di quella di V. S.
de' 13 aprile, la quale ho ricevuto per 1' ordinaria
via di Barbarigo. Sono più giorni che io ho sentito
con dispiacere la caduta di Castrino ; del viaggio del
quale per queste jDarti io non ho inteso niente: ma
potrebbe esser vero per qualche disegno che avesse
d' ottener alcuna cosa da un fratello che ha in Fer-
rara ; 2 il che se è, mi dispiacerebbe, essendo io certo
che non otterrà cosa alcuna, per esser quel tale
mancipio de' Gesuiti. Io non vorrei già che entrasse
in pensiero d' andar personalmente in quel luogo,
riputando la cosa di gran pericolo. Se sarà veduto
qui, io non mancherò di servirlo dovunque potrò ;
se bene questo luogo è più da far cader persone,
che da raddrizzar caduti.
Da monsieur Assellineau ho ricevuto la censura
della Sorbona scritta a mano, la quale mostra bene
qualche debolezza negli autori ; ma pur questo prin-
cipio di disparere, scaldandosi, potrà anco invigorir
gli spiriti deboli. Ho inteso quello che ritarda la
1 Edita, come sopra, pag. 348
2 Ecco un indizio assai valutabile che il Castrino, di
cui si parla sì spesso, fosse italiano e pregiudicato in fatto
di credenze religiose •, onde potesse essergli di pericolo \\
recarsi in città sottoposta alla Chiesa, come Ferrara. È
perciò ancora da cancellarsi parte della nota da noi posta
a pag. 23.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 201
replica dell' Anti-Cottone, clesideratissima qui, e che
in qualunque tempo verrà opportuna.
Quanto al capo di che V. S. mi scrive, già pro-
mosso in Spagna, quanto s' aspetta al fatto, le dirò
che in anno 1585, per questa causa fu chiamato a
Ruma un frate Gomeranda Iacohin,1 che moveva
la contenzione in Spagna; e pensavano prima di
castigarlo, ma meglio consigliati, pensarono di farlo
tacere con premi e onori, e perciò fu fatto maestro
del Sacro Palazzo. Con questo il Padre ha conver-
sato strettamente in quel tempo, perchè si ritrovava
esso ancora in Roma. Era uomo di buone lettere in
quel genere, ma del rimanente gran papista. Quanto
alla dottrina, bisognerà stabilir bene che cosa, se-
condo la fede della Chiesa romana, sia essenziale ad
un ordine regolare, e poi mostrar che sia tutto altra-
mente nei Gesuiti. Questo punto non lo maneggerà
bene se non persona ben versata nella teologia sco-
lastica. Ma ogni tale che vi applichi ben l' animo, e
abbia quella bolla di Gregorio XIII, anno 1584, Vili
Kal. Junii,2 metterà in campo un travaglio di che
non si sbrigheranno con facilità. Questa non mi par-
rebbe cosa da far correre per l' Italia, per esser di-
rettamente opposta al Concilio di Trento e al papa ;
ma in Sorbona potrebbe far qualche grande effetto.
E in questo non si ha da guardar alla verità in sé
stessa, ma a quanto è creduto da' papisti ; che non si
1 Sembra detto scherzevolmente alla francese, scri-
vendo a' Francesi, per Domenicano.
- Questa bolla comincia colle parole : Ascendente do-
mino et Salvatore nostro in naviculam ; consta di 30 §§,
e contiene una terza approvazione dell' istituto gesuitico,
con lo scioglimento di alcuni dubbi e la conferma dei pri-
vilegi goduti da cai eli' Ordine.
202 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
cerca una medicina in sé stessa solutiva, ma che
salvi il corpo che vogliamo medicare.
L' editto del re di Spagna contro la Monarchia
di Sicilia scritta da Baronio, conclude più di quello
che pare; perchè avendo scritto quel particolare con
tanta passione, non può aver scritto il resto con te-
merità ; e se bene pare una condanna di cinquanta
logli, è però una censura di tutta l'opera di dodici
tomi, e della persona e dei costumi dell' autore.
La causa della dilazione a far tale editto sei anni
dopo, per mio parere, è stata la vita del re di
Francia, non volendo essi dar occasione al papa di
ricorrere a quel re, come si vede adesso; che se
avesse luogo dove ricorrere, si getterebbe in ogni
soccorso ; ne ha il re pretesto di muoversi per reli-
gione. Io son certificato per molte buone relazioni,
che gli Spagnuoli pensano diligentemente a quel di-
segno romano di farsi monarchi di tutto il mondo
sotto pretesto di religione, e stanno attenti ad ogni
andamento.
Rendo grazie a V. S. che abbia mandato la co-
pia a monsieur l' Eschassier. il quale io stimo quanto
la sua virtù merita, e ho ricevuto da lui molte buone
«istruzioni ; né vi è persona con chi tenessi più vo-
lontieri corrispondenza, che con lui e con monsieur
Gillot; e mi dispiace la partita del signor Foscarini
per esser privato per tal causa della corrispondenza
di quei due gentiluomini. Ho studiato molto per ri-
trovar strada di riattaccarla, vedendo eh' io perdo
assai; ma non la so inventare. Prego ben V. S., se
gli verrà occasione di scrivere ad alcuna persona
da bene in quella parte, mi faccia la grazia di far
presentare loro un baciamano per mio nome.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 203
Ma tornando a Baronio, la corte romana ha fatto
querimonia in Spagna dell' editto, e ha ricevuto ri-
sposta molto grave e dura. Nella congregazione del-
l' Inquisizione tuttavia vi pensano, ma credo che
sarà difficile ritrovar quello che vorrebbono.
lo reputo certamente, che la Francia avrà biso-
gno del governo di Sully,1 il quale sarà conosciuto
in assenza più che in presenza. Rendo grazie a V. S.
dell' avviso che mi dà in questo particolare, il quale
mi è grato. Io tengo per cosa certa, che non sarà
niente di male per Ginevra.2
Ma se il duca di Savoia sia pazzo o savio, non
glielo posso dire : si vedono indizii di questo e di
quello. Io concludo che la sapienza e la pazzia
siano attaccate per le code, e che non si possa ve-
nir all'estremo d'uno senza dar nel principio del-
l' altro. Ma forse che il tutto è opera di Dio, che
vuol insieme fare il bene, e mostrar la difficoltà che
vi è di farlo per mezzi umani.
Sono stato attonito e quasi senza poter credere,
eh' Espernon ricerchi i Riformati : dico bene che
gran fatto sarebbe crederlo. Ho sentito con dispia-
cere la ritirata del primo presidente di Harlay, la
quale non dirò esser tanto quanto la morte del re ;
ma, per mio concetto, tra tutti gì' infortuni occorsi
dopo quella, questo è il maggiore.3 Non posso spe-
rar bene di Verdun, essendo stato favorito dal papa
e dai Gesuiti ; i quali sanno bene quello che fanno,
e conoscono l' interno degli uomini. Affermo a V. S.
1 Si vedano la nota 1 a pag. 183.
- Di ciò torna a parlarsi anche nella Lettera seguente.
E vedi la nostra nota a pag. 198.
3 Vedasi la pag. 112 e la nota a ciò relativa.
204 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
per cosa vera, che a persona che si doleva dei moti
e confusioni di Germania, egli rispose con allegrezza,
che le cose di là sarebbono terminate in bene, e che
per certo la guerra sarebbe in Francia. Io non posso
dire a V. S. se vi fosse discorso più particolare, per-
dio la persona con che il papa ebbe tal ragiona-
mento, ha scritto questo, e non più oltre. Tengo
bene, che se V. S. ricercherà, troverà esser vero che
il Nunzio ha offerto alla regina aiuto del papa e di
Spagna, volendo far guerra agli Ugonotti.
Del francese preso in Roma in abito eli gesuita,
non si sa quello che sia successo dopo che fu posto
in prigione. Mi dispiace grandemente la ritirata di
monsieur di Thou, ma scorgo insieme qualche gran
mal futuro al gregge, che resterà senza guardia.
Potrebbe essere che esso Thou avesse ancora le me-
morie di che V. S. mi parla, per via d' Inghilterra ;
ma non voglio prometter niente, acciò non m' av-
venga d'ingannarmi, come per il passato. Ma se elle
sono in quel luogo, se piacerà a Dio, trapasseranno
anco costà.
Aspetto con molto desiderio qualche frutto del-
l'1 assemblea dei Riformati : e con questo farò fine. Le
dirò ancora, se bene gli ho dato troppo lungo tedio,
intorno la cifra che le mandai per la precedente, che
quando vi fosse qualche speciale parola la quale
potesse dare cognizione di che negozio si parla, quella
si potrà mettere in cifra della nostra presente ; come,
in occasione di qualche particolare, quando il nome
di papa, ovvero Gesuiti, o Villeroy, o altrettale, fosse
per scoprire alcuna cosa : e se il nome non fosse nella
cifra, e restasse pericolo di scoprimento, si potrà met-
tere un nuovo carattere.... Le rendo mille saluti per
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 205
parte di padre M. Fulgenzio, e altrettanti per nome
del signor Molino ; il quale non desidera altro che
servirla, sebbene non tanto quanto io però, con molto
affetto. Qui faccio fine, e le bacio riverentemente la
mano.
Di Venezia. 10 maggio 1611.
CLXXIV. — Al medesimo.1
La via per dove passano al presente le nostre
lettere, farà la nostra comunicazione più frequente.
Oggi ho ricevuto quella di V. S. dei 27 aprile per
uno spaccio straordinario, alla quale rispondo il me-
desimo giorno, sperando che questa possa capitar
costì per qualche corriero straordinario parimente.
Si vede per diverse occorrenze, che gli Spagnuoli
pensano a conservare la giurisdizione temporale più
che per lo passato : in che se continueranno, crederò
esser volontà divina di metter fine agli abusi. M' ha
apportato molta maraviglia l'incontro occorso al-
l' ambasciatore di Savoia in Inghilterra, ma è neces-
sario che o lui o il padrone ne abbiano data la causa.
Veggo che V. S. ancora sta in dubbio di guerra
contro Ginevra o contro Bernesi ; di che io non temo
punto, e son sicuro che finalmente le armi di Sa-
voia si risolveranno in nulla.2
Il decreto della Sorbona capitò in mano al Padre
con le lettere per 1' ordinario ; intorno al quale non
posso fare altro giudizio, se non come V. S., che quel
1 Edita come sopra, pag. 356.
2 Si rivedano, intorno a ciò, le precedenti Lettere, a
pag. 19S e 203.
206 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
collegio ha mostrato la sua debolezza, e meglio era
che col silenzio conservasse la esistimazione.
10 ho veduto il libro scritto dal confessore della
granduchessa madre di Toscana, il quale è una ri-
sposta all' Apologia del re d' Inghilterra. E latina e
stampata in Fribourg di Brisgovia. Mi pare assai
insipido, e mostra che 1' autore abbia poca cogni-
zione ; né credo meriti esser censurato, ma piuttosto
sprezzato, come impertinente. Io non istimo cosa
cattiva, che adesso questi adulatori predichino tanto
alto l' autorità temporale del papa, essendo una via
di far succedere quello che avviene alle scimmie
quando montano molto alto.
Le cose di Germania sono grandissime, e molto
insolite ; ma perchè succedono con tanta facilità,
non portano nessuna maraviglia. Mi viene scritto
da quelle parti, che i principi confessionisti trat-
tano intelligenza tra loro di Germania, con disegno
di rinunziare le intelligenze forestiere : pernicioso
consiglio, perchè succederà delle altre, non della
spagnuola. Dio gli doni giudizio.
11 Consiglio di Spagna ha bandito, con confisca-
zione, il decano di Sarragoza per aver promulgato
un interdetto, e sequestrato 40 mila ducati della Ca-
mera romana, che si trovano in Spagna per spese
corse in questa occorrenza. In Roma sono afflitti
per queste cose ; ogni dì consultano, ma non sanno
trovar rimedio. Hanno fatto instanza all' ambascia-
tor francese per la total rivocazione dell' arresto con-
tro Bellarmino ; il quale ambasciatore ha risposto
negativamente, dicendo che il Parlamento è il fonda-
mento del regno. Spero che questo principe avrà pre-
sto una controversia con Pioma, che sarà di peso.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 207
E necessario temere la congregazione dei Gesuiti :
sarà un consiglio de' volpi, e impenetrabile a tutti.
Al signor Molino rincresce di non poter servir
V. S. come sarebbe il suo desiderio, perchè 1' ama e
osserva affezionatissimamente. A me rincresce di es-
serle servitore inutile, e che quantunque studi d' in-
contrar occasione per renderle qualche segno delia
mia affezione e servizio, sono così da poco che non
ne ritrovi alcuna; il che mi farebbe arrossire, quando
non fossi sicuro eh' Pilla riceve anco 1' animo solo.
Non ho potuto ancora vedere oggi il signor As-
sellineau per rendergli la allegata, ma la riceverà in-
nanzi che sia notte. Le bacio riverentemente la mano.
insieme con il signor Molino e Padre Fulgenzio.
Di Venezia, li 14 màggio 1611.
CLXXY. — Al medesimo.1
Io stimo tanto poco le occorrenze che passano qui,
che mi par sempre dover annoiar l'amico, quando
ne avviso alcuna. Il che è causa, che con gran dif-
ficoltà mi metto a scrivere, se qualche precedente
lettera non me ne porge 1' occasione. Questa è la
vera causa per la quale restai di scrivere a V. S.
per quello spaccio quando non ricevei delle sue. Io
non posso se non chiederne perdono,- come faccio
ci' ogni mia azione con quale non gli dia intero
gusto.
Ho ricevuto la sua del 10 maggio, la quale mi
ritiene tra la speranza e il timore. Intorno le cose
2 Stampata come sopra, pag. 360.
208 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
di cotesto regno, al quale io non temo gran malo
dal papa, per esser da poco ;x né molto dal re di Spa-
gna, essendo forse più minore che il re di Francia :
ma ben grandemente dall'inestimabile malizia dei
Gesuiti. Fanno senza dubbio molte delle loro pra-
tiche ad istanza di quei duoi; ma le peggiori e più
scellerate per proprio moto. Ho gelosia non solo
per costì, ma anche per Venezia, prevedendo che.
al sicuro, se non averanno che far in altro luogo,
volteranno tutti li suoi pensieri qui, non senza pe-
ricolo di restarne oppressi.
Con questo corriere è venuta nuova, che un
gentiluomo si sia dichiarato della Religione, e abbia
occupato una città : che mi par cosa di notabile
considerazione ; e in ogni modo, si dimostra esser
principio di gran conseguenza. Ma nell' assemblea
spero sarà provvisto ad ogni inconveniente.
Ho molte volte assicurato V. S. che le armi di
Savoia non avrebbero altro fine che la desolazione
di quello Stato. Adesso lo vediamo in effetto. Quello
che dà maraviglia a qualche speculativo, è che li
Spagnuoli abbino levata quella guarnigione che si
ritrovavano in Savoia, con gran dispiacere e resi-
stenza del Duca ; e pur la ragione avrebbe persuaso,
eh' egli ne avesse dovuto fare istanza e gli Spagnuoli
resistenza.
1 Paolo V avea cominciato, come molti fanno, a pon-
tificare con gran vigore, da ciò sperando l'immortalità del
suo nome-, ma provato avendo come fosse difficile per siffatto
modo il conseguirla, diedesi a battere una via molto più
piana ed agevole : quella del fasto e della così chiamata
magnificenza ; tanto che Roma va piena d' iscrizioni ap-
poste, comecchessia, a vecchi o nuovi monumenti e ammi-
rati per lo più solo dal volgo, le quali portano il suo nome.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 209
Veramente è cosa grande che in ogni Stato i pre-
dicatori parlino contro il governo presente. Scrissi
a V. S. quella di Napoli : qua ancora è avvenuto
qualche inconveniente la quaresima passata. Costì
ancora li Gesuiti non cessano di parlare sediziosa-
mente. Concludo che non si potrà levar l' abuso, la-
sciando la predica : il modo si troverà poi di provve-
dere altrimenti alla predica medesima. Scrissi a V. S.
d' aver veduto quel libro di. . . -1 e non 1' aver sti-
mato, non perchè le conclusioni non siano perni-
ciose, ma perchè sono trattate in maniera che per-
suadono il contrario a persone di cervello. Però
quel libro non si vede qua : credo che siano chiari
i motivi di non aver ingresso. Ma che ignoranza è
quella di Fiorenza in favorire una tal dottrina,
della quale dovrebbe egli temer più di qualsivoglia
altro, essendo principe nuovo e occupatore della
repubblica ? Certamente par che Dio acciechi questi
savi.
A quello che V. S. mi dimanda con sì grande
istanza, è verissimo che non li cardinali soli, ma
tutta la corte è stata gravissimamente offesa, che il
cardinale Doria si sia sottoscritto all' editto contro
Baronio per la pubblicazione in Sicilia ; ma consi-
derando nella congregazione che provvisione avreb-
be potuto fare, non è stato proposto altro partito,
salvo che di aver pazienza.
Le cose di Praga, e dirò di tutta Germania, non
posso dire cP intenderle, se mi mutano ci' aspetto ogni
1 Lacuna della precedente stampa. Crediamo però al-
ludersi al libro che, nella Lettera CLXXIV si dice « scritto
» dal confessore della granduchessa madre di Toscana, »
in risposta al re d' Inghilterra.
Sarpi. — II. 14
210 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
settimana. In questo solo tengo bene con V. S., che,
in qualunque modo succedino, non passeranno con
gusto della corte. Mattias è coronato,1 non sapen-
dosi però s' egli governerà, o pur l' imperatore, o né
l'uno né l'altro ; e gli Spagnuoli si trovano ben im-
pediti, e in fine forse non averanno fatto piacere a
nessuno.
La nuova che nel collegio de' Gesuiti di Praga
fossero state trovate arme in buona quantità, venne
in questa città ancora; e io fui curioso di saperne
il vero, e ne scrissi all' ambasciatore della Repub-
blica ; dal quale ebbi risposta che non era vero.
Così la fama qualche volta inganna. Fu ben vero
che li Gesuiti furono salvati dagli principali de' Pro-
testanti, che s' adoperarono più di tutti a difesa della
città : cosa che mi fa stupire di maraviglia.
10 ho letto tutto il trattato mandatomi da V. S.,
e non posso se non lodar intieramente la dottrina,
essendo di punto in punto quella degli scritti no-
stri. Il signor Molino e padre M. Fulgenzio rendono
infiniti saluti a V. S., e io le bacio la mano.
11 papa pretende che sia sua una città di questo
stato chiamata Ceneda ; 2 e perchè sempre è stata
1 L' ambizioso principe Mathias, essendo già ricono-
sciuto re d' Ungheria, fa coronato, con solennità grande,
re di Boemia in Praga, il dì 23 maggio di quello stesso
anno.
2 Sopra questa già molto antica e famigerata contro-
versia, di cai c'informa lungamente il Griselini, aveva scritta
il Sarpi una dottissima Allegazione, che il biografo sopra
citato dice essere rimasta inedita. Vedi Memorie aneddote,
pag. 123. Ma alla fine del tomo VI delle Opere dell' autor
nostro, dell' edizione di Helmstat o di Verona spesso ri-
cordata, ci è dato altresì di leggere una scrittura chi1
porta il titolo di Trattalo circa le ragioni di Ceneda.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 211
possessa dalla Signoria, ella adesso vuole esercitar
secondo il solito. Il papa dice eli' è novità, e che si
tratti prima le ragioni ; e se ben tratta con molta
amorevolezza, fin' ora qui non si vuole ascoltare,
come veramente non si debbe metter in dubbio il
proprio diritto. Sono in qualche pensiero, che per ciò
non possa seguir rottura.
Desidero sapere se la occupazione fatta da quel
gentiluomo nuovamente convertito,1 sia a favore, o
una trama delli avversari per metter in cattivo con-
cetto, come pur ho ragione grande di dubitare.
Di Venezia, il 7 giugno 1611.
CLXXXI. — Al medesimo?
Non ho intermesso di scrivere a V. S. dopo aver
ricevuto il suo comandamento di doverlo fare con
ogni corriero ; e oggi quindici giorni sono le scrissi,
quantunque quel dispaccio non ni' avesse portato
alcuna sua. Con questo ho ricevuto la gratissima
delli 20 maggio, con le allegate di quel signor di
Inghilterra, quali ho recapitato.
Stiamo tutti con gran maraviglia che differiscasi
così lungamente la nuova edizione dell' Anti-Cottone.
Io 1" attribuisco alla prudenza di chi vuol veder
1' esito dell' assemblea.
La fama sparsa che dalli Ugonotti fosse stato
ucciso il re, senza dubbio viene da chi vuol guerra
per causa di religione ; e ho gran dubbio che la
prudenza degli uomini savi non sarà bastante a
1 Vedi alla pag. 208.
2 Edita come sopra, pag. 366.
212 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
impedire che non nasca qualche sedizione causata
da tali infamazioni, la quale faccia la querela uni-
versale. Pure, la divina Provvidenza soprastà a tutti
i disegni umani.
Il duca di Savoia ha pur disarmato, ne a To-
rino si tratta altro se non sopra il tumulto che
nacque dalla falsa nuova che il duca fosse ucciso ; l
della quale non potendosi penetrare in modo alcu-
no uè l' autore ne V occasione, aggiunto anco che
T istesso tumulto è successo in altri luoghi del Pie-
monte, e in tutti contra Francesi,2 fa star molto
dubbi li speculativi, se questa sia cosa che debbi
portar seco conseguenza.
Le nuove di Germania sono piene di tanta con-
fusione, che non è possibile far giudicio dell' esito,
1 u Avvenne uno strano accidente in Torino nel dì
" 6 di giugno. Non si sa da chi fu sparsa voce che al
» Duca era stata tolta la vita dai Franzesi nel parco.
» Di più non vi volle perchè il popolo di quella città,
■n amantissimo del suo sovrano, eccitasse un fiero tumulto,
« gridando ad alte voci : Ammazza, ammazza i Franzesi.
» Prese 1' armi, tutti andarono a caccia d' essi Franzesi,
» i quali udito il gran rumore, chi qua chi là corsero a
» rintanarsi. Era sul mezzodì, e il duca, dopo data una
» lunga udienza, s' era coricato sul letto e avea preso
» sonno. Svegliato da' suoi cortigiani e informato di quel
» disordine, corse tosto al balcone della Galleria per farsi
» vedere. Raffigurato che fu dal popolo, si convertirono gli
n sdegni in lietissime acclamazioni -, ed essendosi cresciuta
n la folla alla piazza, il duca uscì in persona a meglio
n consolar gli occhi de' suoi buoni sudditi, e si quetò tutta
» la sollevazione. » Muratori, Annoi, d' Ital. an. 1611.
2 Applicando la regola fiscale del cui bono, non pare
da dubitarsi che 1' occasione di quel tumulto fosse falsa-
mente e con arte fatta nascere dagli Spagnuoli, e dai loro
alleati i Gesuiti, a cui molto stava a cuore e tornava utile
di turbare e rompere 1' amicizia che allora passava tra
Francia e Savoia.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 213
se non questo universale : che l' imperatore resterà
affatto senza nissuna reputazione, e passerà questa
qualità anco nel successore, sia chi si voglia ; e li
regni ci' Ungheria e Boemia, perduto l' imperatore,
non saranno acquistati al fratello se non in nome ;
ed essi, in luogo di libertà, daranno in una confu-
sione che potrebbe esser finalmente la loro rovina, e
a vantaggio de' Turchi : i quali se concluderanno la
pace di Persia, come sono vicini a fare, volteranno
le loro armi nel? Ungheria, dove già pullulano i
semi delle discordie per la causa di Transilvania.
Le confusioni di Germania non dispiacciono a
Roma, come alcuno crederebbe, parendo loro che
perciò saranno sicurati che non possi più esser im-
peratore che miri alle cose d' Italia, dacché quella
corte teme, perchè in altro non pretende maggior-
mente, che sopra lo Stato romano. Né ai Gesuiti
quelle dispiacciono, perchè essi nella confusione si
maneggiano e crescono di potenza. E si vede in ef-
fetto, che in questi tumulti hanno fatto un nobilis-
simo collegio in Bamberga, e aumentato grande-
mente quello di Praga.
Qui in Italia siamo in ozio così nocivo, sebbene
universalmente amato e desiderato, che voglia Dio
non sia causa la sicurezza che si promette, di farci
cadere in qualche repentino male. Non solo ci tro-
viamo sicuri, ma giudichiamo anco impossibile che
da nessun luogo possa venir chi turbi la nostra
tranquillità.
Nella differenza che scrissi per la passata, col
papa, per ancora non posso preveder quello che
sarà. Dico solo, ch'esso ha detto contentarsi di ogni
cosa, purché in apparenza si mostri di portargli qual-
214 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
che rispetto : eh' è argomento eli gran debolezza e
timore. Fn in questa città, i giorni passati, il cardi-
nale Gaetano, quale in giuochi e meretrici ha mo-
strato le sue virtù.1 Nessuna cosa fa maggior danno
al servizio di Dio, quanto di credere a quei di Roma
così facilmente. Questo addormenta i politici, che
sono la maggior parte ; dà animo ai papisti e lo
leva ai buoni. Dio ci aiuti.
Io credo che le mie lettere riescano noiose a V. S.,
non per la lunghezza, ma per 1' aridità ; la quale
nasce e dal mancamento di materia in questo nostro
ozio, e dalla mia naturai sterilità : quale prego V. S.
che scusi, e creda certo che il desiderio di parlar
con esso lei non m' impedirà di mettere fine alle let-
tere che le scrivo con dispiacere.
La risalutano il signor Molino e padre M. Ful-
genzio, e io le bacio la mano, pregando Dio che be-
nedica sempre le sue azioni.
Di Venezia, dì 22 giugno 1611.
CLXXVII. — Al medesimo.2
L' ultima mia fu delli 22 giugno; la quale credo
le giungerà in mano tardi, dovendo fare molte po-
sate innanzi che arrivi costà. Per questo corriere ho
ricevuto duplicato favore da V. S. con due sue, l' una
delli 26 maggio e 1' altra delli 3 giugno; le quali mi
hanno riempito 1' animo d' allegrezza, per la speran-
za che 1' assemblea debba aver buon successo, come
1 Bonifazio Gaetani, romano, avea grado di vescovo,
ed era stato promosso alla porpora fin dal luglio del 1605.
2 Dalla raccolta come sopra, pag. 370.
LETTERE DI FEA PAOLO SARPI. 215
prego la Maestà divina che succeda, tenendo per
fermo che ciò importi alla Religione non meno in
Italia che in Francia.
È venuta nuova qui, che il primo presidente ab-
bia mandato via il padre Goutieri,1 che mi pare-
rebbe un buon principio e fondamento di gran spe-
ranze.
Finalmente tutta la macchina papistica è al pre-
sente sopra i Gesuiti. Viene a Roma il confessore di
Leopoldo, per fare 1' ultimo sforzo delle cose di Ger-
mania. Di là abbiamo continue nuove di confusione,
ma nella maniera che sogliono passar tra' privati.
e non tra' principi ; tutte con consigli medii, che ser-
vono a confondere sempre più. Nissuna cosa di
que' successi m' ha parso considerabile, se non la
resoluzione di quei prelati di contribuire ogni anno
óOO fiorini per fafre tesoro. Invitano a parte anco il
pontefice, il quale però non ha nissuna inclinazione
d' implicarsi in altro che in metter pace. Le città
hanno gran ragione di non restar soddisfatte delli
prencipi collegati con loro, poiché del fatto di Do-
navert,2 che fu principio e causa della collegazione.
non si è trattato niente; e se non averanno qualche
incitamento degli avversari che li faccia riunire,
quella lega farà pochi progressi.3 Non pare che di
1 Così ha la prima stampa -, onde parrebbe nome non
di stampo italiano. Comecchessia, e per la sua desinenza
e per parlarsi (come sembra) di un gesuita, non è da con-
fondersi con quelli di Goathieres o di Goultier, portati
anche allora da illustri uomini della Francia.
- Città della Baviera, di cui parlasi anche alla pag. 94.
3 L' indole politica degli Alemanni ha sino a qui (se
i fatti visibili non e' ingannano) variato assai poco •, e
l1 acuto ingegno del Sarpi troppo bene avea saputo giudi-
carla !
216 LETTERE DI FRA PAOLO SARP1.
Germania si possi aspettar altro al presente, se non
elie li papisti si alienino dal papa.
Quanto s' aspetta a Savoia, certa cosa è eh' egli
farà tutto il possibile per inquietare. Con tutto ciò,
la opinione universale è, che nessuna cosa gli possa
sortire, se non forse qualche impresa furtiva. Da
questo conviene bene che si guardi chi ne ha esempi
passati.
Io son costretto, contro il mio volere, a scrivere
brevi lettere a V. S. per difetto di materia, essendo
l' Italia in un ozio così profondo, che non solo ci
tiene lontani dalle novità, ma anco dalli disegni
e pensieri : di maniera che, anco li scrittori delle
Gazzette non hanno altra materia, se non qualche
conviti o apparati di feste.
La Eepublica segue rincominciato sopra Cene-
da. Il papa sta per ciò molto ben sdegnato. Non si
vede che provvisione sia per fare, ma al certo farà.
Alcuni dei nostri biasimano il nostro tentativo, di-
cendo che se la Spagna adesso assistesse al papa,
non si ha dove aver ricorso ed aiuto. Son certo che
la stessa ragione travaglia il papa, quale vede non
potersi sostenere se non mettendosi sotto Spagna :
cosa che abborrisce. Dubito che non ci portiamo
senza accorgercene in qualche passo pericoloso.
Le dispute successe in Parigi non sono piaciute
a Roma. Biasimano il nunzio. Se fosse messa a
campo quella controversia, temo ecciterebbe una se-
dizione tra li papisti stessi.
Vedendo la divisione che nasce tra Gesuiti e al-
tri papisti per la libertà gallicana, se li Riformati
fomentassero il partito della libertà, il quale seb-
bene non è perfetto è però manco cattivo, forse si
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 217
indebolir ebbono li Gesuiti, che sono li più opposti
alla vera Religione, e s' aprirebbe via a concordare
con li Gallicani. Non ci è impresa maggiore che
levar il credito a' Gesuiti : vinti questi, Roma è
persa, e senza questa la Religione si riforma da se.1
Questo le dico avendo saputo 1' estremo dispiacere
sentito a Roma per la disputa de' Giacobiti, e 1' av-
vertimento dato al nunzio di guardarsi da simili
occorrenze. A pigliar un consiglio, basta saper che
1' avversario lo sfugga, senza che santo Paolo ne
ha dato esempio a....2
Se V. S. si ritrova ancora nello istesso luogo, la
prego far li miei umili baciamani a monsignor Du
Plessis ;3 e facendo qui fine, faccio a V. S. umil re-
verenza, insieme con il signor Molino e il padre
Fulgenzio. Diverse cose avrei da dirle, ma non ar-
disco metter tutto in carta sino a tanto che avrò
nuova che la cifra sia giunta ; e allora con mag-
gior libertà potremo esplicar 1' un 1' altro il nostro
sentimento. Dio la conservi.
Di Venezia, li 5 luglio 1611.
1 Comunque, secondo le opinioni e le passioni diverse,
queste parole sieno per essere interpretate, noi le racco-
mandiamo alla meditazione dei lettori, per ben compren-
dere lo spirito ed il finale intento del Sarpi.
- Lacuna della prima edizione.
3 A cui, dopo 40 giorni, 1' impavido Servita tornava a
scrivere gli arditi concetti che ci sarà dato di scorgere
nella Lettera CLXXXI.
218 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
CLXXVIII. — Al medesimo.1
Questo corriere non mi ha portato lettere di V. S.:
il che le dico solo per avviso. Io parimente ho poca
materia da scrivere, passando le cose qui in Italia
con tanta quiete, che maggiore non si potrebbe pen-
sare ne desiderare. Faccia Dio che sia perpetua,
s'è però a sua gloria e beneficio nostro. Solamente
il duca di Savoia sta guardato, come se fosse tra
nemici. Ha fatto venir 900 Savoiardi in Piemonte,
e posti nelle sue terre 1500 Svizzeri. In Savoia diffi-
cilmente si quieta, o perchè abbia ragione di suspi-
care, o perchè pretenda averla.
Ma le cose di Germania sono bene in molte al-
terazioni ; e sebbene pare che tra fratelli Austriaci
sia per conciliarsi concordia, nondimeno sarà con
diminuzione dell' uno e dell' altro. La morte del duca
di Sassonia2 pare bene che possi aver conseguenze
di comune beneficio : nondimeno 1' evento delle cose
è così incerto, massime in quella regione, la quale
ancora non s' è liberata affatto dell' ozio invecchia-
to, che malamente si può predire cosa alcuna.
Sono già venute nuove qua, che 1' assemblea di
costì abbia avuto fine tranquillo, con soddisfazione di
tutti. Il che dà manifesto segno che Dio riguarda
cotesto regno con occhi di pietà: ma di questo io
aspetto d' intenderne qualche particolare da V. S. Mi
dà un poco di noia che Barberigo partirà presto ;
onde resto in gran pensiero come si continuerà la
1 Edita come sopra, pag. 375.
2 L' elettore e duca Giovarmi Giorgio I, che morì di
soli 45 anni.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 219
nostra comunicazione, la quale non vorrei per molto
che restasse interrotta.
In Roma, il cardinale di Gioiosa è stato infermo
di una diarrea con febbre, che faceva dubitare della
sua vita : al presente si trova senza pericolo. Il papa
negozia con la Repubblica di quello che altre volte
ho scritto a V. S., con tanta destrezza, che non si
potrebbe maggiore; e (quello che non piace al Padre)
con questo avanza; e vi sono persone tanto semplici,
che lo stimano mutato di volontà, e pochi l' inter-
pretano quello che veramente è, un accomodarsi alla
necessità ed un conservarsi l' animo cattivo ; anzi
farlo più intento, con pensieri di vendetta maggioro
all' opportunità. Sento dispiacere che per questa sorte
di accidenti deteriora quel poco di Religione.1
Insomma, si vede per esperienza che non piace
a Dio benedire il suo servizio cominciato per fini
umani con 1' occasione della vanità. Per via di So-
na ho inteso gran cose del procedere de' padri Ge-
suiti nelle Indie, dove s' hanno ridotto a dominare
apertamente : manifesto indizio della intenzione che
hanno di fare lo stesso in Europa, se potranno, lo
non sarò più lungamente tedioso a V. S. con la pre-
sente, ma qui facendo fine, le bacio la mano.
Di Venezia, li 23 luglio 1611.
1 Siccome le cumulate ricchezze, e spesso anche le
repubbliche, si disfanno e rovinano per l' incapacità o mal-
vagità di quelli che le amministrano, così i tesori raccolti
dal sangue dei martiri.... Ma non vogliam dire più oltre. Noi
non faremmo se non ricordare altrui quello eh' egli ha cento
volte pensato, non senza dolore, in sé medesimo.
220 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
CLXXIX. — Al medesimo.1
Per questo corriere ricevo quella di V. S. delli 28
giugno, la quale mi rende dispiacere per 1' avviso
della sua podagra. Mi pare che sia troppo frequente ;
e se bene è purgazione de' mali umori, e per con-
sequente lascia più sane le altre parti, con tutto ciò
io esorto V. S. a darle manco occasione che può di
ritornare. Io non credo ch'Ella commetta altra sorte
di disordini, salvo che eccesso di occupazioni di
mente : da che io desidererei che procurasse d' aste-
nersi.
Ho inteso il line dell' assemblea, così per le let-
tere di V. S., come per altre di Parigi ; e il rimet-
tere della regina al Consiglio panni cosa molto pe-
ricolosa. Dio faccia che quel che seguirà, succeda a
sua gloria. Ma io temo assai ; nondimeno mi ricordo
di quello che disse il savio : In melius adversa, in
deterius optata feruntur.
Li pensieri de' Spagnuoli si scuoprono alla gior-
nata tutt' altri di quelli che avevano vivente il re
Filippo IL Ho veduto una esposizione fatta al re
dal regno d' Aragona sopra l' interdetto di Sara-
gozza, e mi pare molto libera, e mostra eh' essi
anco vadino a via di aver libertà ispaniche, come
in Francia sono le gallicane. Ma importa più che
il re ha fatto il suo terzogenito abbate, e già li ha
dato una abbazia in Portogallo che importa più
di 100 mila ducati. Questo assorbirà col tempo non
solo una gran jDarte delle entrate ecclesiastiche, ma
ancora l' autorità ; e come sarà nella casa regia,
1 Stampata come sopra, pag. 383.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 221
poco dipenderà da Roma ; e stimo questa mutazione
per una cosa di gran conseguenza.
Credo che V. S. averà intesa 1' espulsione delli
Gesuiti dalla città d' Aquisgrana, che potrà esser
esempio ad altre città imperiali ; ma sopra tutto io
stimo il modo.
Qui si tiene per certo che l' imperatore e il fra-
tello s' accorderanno ; ma tutto sarà con diminuzio-
ne. Qui in Italia il duca di Parma ha messo pri-
gione molti de' principali sudditi suoi, senza dubbio
per qualche tradimento: 1 sono alcuni, che dicono per
intelligenza con Spagna contro Torino. Mantova e
Modena faranno assemblea, e esso Torino propone
di andar a Venezia ; ma è uomo tanto chimerico,
che non è buono per far niente, massime qui.
Io sto con molto desiderio della venuta del cor-
riere frequente, per intendere che V. S. sia risanata :
il che io spero, e vorrei che fosse per lungo tempo.
■non piacendomi coteste frequenti recidive.
Del negozio intorno Ceneda vanno le cose ben
quiete con il papa, ma però ben tarde ; e, come
credo, innanzi sarà necessario che si riscaldino e
forse che si affoghino. Ma se Dio non dà buon pro-
gresso alle cose, non si bisogna sperar che le opere
umane possino capitare a nissun buon fine, e mas-
1 Questo imprigionamento segna la scoperta e insieme
il principio della sanguinosa vendetta che Ranuccio Far-
nese, un anno dopo, ebbe presa sopra i nobili parmensi,
e dell' un sesso e dell' altro, che contro a lui avevano con-
giurato. Chi voglia leggerne una succinta ma efficace nar-
razione, la cerchi nella Continuazione del Guicciardini det-
tata da C. Botta (lib. XVI) ; chi bramasse conoscerne i più
minuti particolari, interroghi i documenti, e il racconto
che li precede, messi di recente in pubblico (Parma, 1862)
da Federico Odorici.
222 LETTEEE DI FRA PAOLO SAEPI.
sime essendo dagli uomini intraprese per ogn' altro
che per la gloria di Dio. Non si può se non gettar
il seme in terra, e aspettar da Dio che pulluli e
cresca. Prego la Maestà sua divina, che doni a V. S.
la intiera sanità, la tenga sotto la sua guardia, e
le doni ogni prosperità presente e futura. Alla quale,
per fine di questa, bacio la mano.
Di Venezia, li 2 agosto 1611.
CLXXX. — Al medesimo.1
L' ultima mia fu responsiva a quella di V. S.
delli 28 giugno : la presente accusa la ricevuta del-
l' ultima sua delli 11 luglio, la quale mi dà buona
nuova, avvisando eh' Ella ricuperava la sanità ; e mi
fa star in aspettativa di veder la seguente, dalla
quale io son certo dover intendere che l'avrà acqui-
stata intieramente. Così prego Dio nostro Signore,
che le cloni grazia di poterla godere lunga e felice.
Questo corriere ci ha portato assai buone nuove
da Parigi ; le quali, in tutta somma, sono speranze
che la quiete in Francia continuerà, e che tutti
avranno soddisfazione. Mi dispiace che 1' Anti-Cot-
tone non proseguisca le cose incominciate, perchè
mi pare la maniera sia molto buona per metter
bene in luce le arti de' Gesuiti. Se il timore lo ri-
tiene, potrà forse col tempo prender animo, che mai
sarà tarda un' opera buona. Ma Dio voglia che non
sia guadagnato, come questi gran maestri sanno
fare !
1 Dalla raccolta come sopra, pag. 378.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 223
Ho fatta 1' ambasciata a monsieur Àssellineau ;
qual mi dice d' aver sempre, scritto a V. S., e lo
credo ; ma bisogna che l' inviamento che usa sia
tardo. Io prego V. S. per il recapito della presente.
Se le cose di Germania non ci dassero materia
di ragionamento, resteressimo senza aver che dire ;
e li ragionamenti che sopra ciò si fanno, sono pia-
cevoli, poiché non si tratta di sangue, ma solo di
diete, accordi e poca osservanza di questi. Con tutto
ciò, le cose camminano con lungo tempo, che ma-
raviglia sarà se non avranno qualche sinistro fine.
Il re di Spagna ha fatto il suo terzogenito prete,
e datogli una abbadia. Breves dice, se lo faranno
cardinale, anco Francia vorrà cardinale un fratello
del re di Francia. Questo sarebbe ottimo, che sa-
rebbono tre papi ; ed è concetto da fomentare.1
Di Spagna hanno scacciato 1' auditore del Nun-
zio, dicendo che dava a lui mali consigli. Hanno
comandato poi al Nunzio, che levi l' interdetto di
Sarragoza, ed ha ubbidito. Sono gran punti. Il go-
vernatore di Milano ha fatto intendere a Genova
che si guardino dal duca di Savoia: egli non può
stare, ma sempre inquieta e mette in rovina il suo
1 Molte riflessioni potrebbero farsi intorno a questo co-
stame di creare, per diplomazia, cardinali non solo i con-
giunti dei monarchi, ma eziandio quei prelati che più erano
benevisi alle corti : ma il buon senso stesso dei nostri let-
tori ce ne dispensa. Pochi anni dopo la data di questa
Lettera, era tra le corti di Francia e di Spagna gran rug-
gine, perciocché il papa avea nominato due cardinali spa-
glinoli ed uno solo francese. Bisognava, dunque, tra i preti
cortigiani della Francia, a dispetto di ogui altro riguardo,
trovarne due che fossero egualmente degni del cappello.
Se questo sia il modo di far gì' interessi della Chiesa,
la divina giustizia lo ha già detto a chi vuole intenderlo ;
e il dirà, prima che passi un secolo, più chiaramente.
224 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Stato : non si quieterà fin che non vede guerra.
Bensì teme Spagna, e per tanto non ardisce intra-
prendere cosa alcuna.
E bene certo che Matthias non finge contro l' im-
peratore : però s' intende con Roma e Spagna. Non
manterrà la fede a' Confessionisti, se non quanto
sarà sforzato, con animo d' interpretare, se potrà.
Si regge totalmente col consiglio del vescovo di
Vienna, e non spera esser imperatore se non per
Pioma. Non conviene giudicare che anco Leopoldo
sia favorito da loro, che sono buoni maestri e sanno
trattenere ambiduoi. Spagna pensa di mandar il
secondogenito per educare in Germania, per fare
qualche cosa quando sarà in età. Il papa neglige
ogni cosa.
La prego dare queste nuove a monsieur Du
Plessis. In Roma, essendo fuori della città il car-
dinale di Gioiosa, si salvò nel suo palazzo un po-
ver uomo perseguitato per debiti da duoi sbirri so-
lamente, e fu difeso da alcuni staffieri del cardinale.
Per questo essendo nato rumore, molti gentiluo-
mini francesi si ritirarono là per vedere che cosa
era. Frattanto il papa diede ordine al governatore di
prender tutti quelli che ritrovava nel suddetto pa-
lazzo : il quale andò in persona, con numero grande
di sbirri, che gettata in terra una porta di dietro
del palazzo, entrarono gridando Viva Spagna, non
so per qual pazzia; presero molti gentiluomi che
erano là, in particolare un nipote del cardinale du
Perron; che furono tenuti in prigione quella notte,
ed esaminati, e la mattina liberati, eccetto li colpe-
voli. Il cardinale di Gioiosa, avvisato, entrò in Roma
la mattina, e diede ordine alle cose sue; e senza
LETTERE DI FRA PAOLO SAREI. 225
parlar né al papa né al Borghese,1 se ne tornò fuori.
Adesso si tratta di dar qualche soddisfazione al
cardinale: di che l'ambasciatore di Spagna fa mag-
giore instanza di tutti. Frattanto que' poveri gentil-
uomini, oltre l' esser stati in prigione la notte,
hanno scosse di buone bastonate con li calci degli
archibusi. Ho voluto, non avendo nuova di momen-
to, scriverle queste leggère ; e qui facendo fine, le
bacìo la mano.
Di Venezia, li 1G agosto 1611.
CLXXXI. — A Filippo Du-Plessis Mornay?
Pregiatissimo signor mio. Da quel nobile polacco
che viene di costà, ho saputo qual sia lo stato della
Religione in Francia ; ed egli, alla sua volta, quale
sia qui il nostro. E non solo V ha appreso, ma toc-
cato quasi con mano. Voi sempre, la Dio mercè,
progredite ; e noi facciamo passi retrogradi. Venne
meno il coraggio d'una volta; e nelle buone occa-
sioni ci vediamo talmente abbandonati, che né a
seminare siam atti, ne a coltivar ciò che già erasi
seminato. Allorché la meretrice insultava ai nostri
sfrontatamente, avemmo insieme la strada aperta al
parlare ed all'insegnare: ora costei si è data a far
carezze, e di qui 1' ozio a che i nostri si sono ab-
1 II cardinale Scipione Borghesi, nipote del papa, se-
gretario di stato, e quanto al teinporal governo (secondo il
consueto) vero papa.
- Dalla Corrispondenza ec. citata alla pag. 148 del
tomo I -, e colla osservabile indicazione De padre Paulo.
Vedi anche a pag. 49, 95 e 109 di questo stesso volume.
Sarpi. — II. 13
22G LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
bandonati. Abbiamo anche spesso tentato di provo-
carla; ma fatta più accorta dai passati pericoli, ha
deluso i nostri sforzi, e premendo 1' ira nel petto,
non cessa <T ostentare all' esterno i soliti modi lu-
singhieri. Da ciò la sicurezza dei nostri, il risorto
amore dei piaceri e 1' avversione ad ogni qualsiasi
cambiamento, quand' anche colla certezza del me-
glio. In mezzo a questa poltronesca pace, nessuna
speranza può aversi negli umani consigli; e se al-
cuna ne resta, si è in Dio solamente.1 Ma le di-
vine disposizioni sono arcane per noi ; e chi queste
ignora non dovrebbe in tal fiducia addormentarsi,
aspettando il tempo del suo beneplacito. Sarebbe,
al mio credere, da tentar piuttosto ogni cosa.
Voi altri Alemanni e Francesi continuate gagliar-
damente il lavoro, e noi vi ammiriamo e lodiamo;
ma i vostri sforzi giganteschi e i forti colpi che
scagliate, non molto approdano, come quelli che mi-
rano soltanto ai lembi. Volesse il cielo che poteste
drizzar la mira verso il cuore ! a questa Italia, cioè,
dov' è la fonte e il principio dell' esistenza del papa
e dei Gesuiti. Sarebbe da imitar Scipione che, por-
tando la guerra in Africa, costrinse Annibale ad
uscire dall' Europa. Fintantoché in alcun luogo del-
l' Italia le chiese stesse non si riformino, o che la
guerra non ischiuda le porte alla libertà, le forze
papali rimarranno invulnerate ed intere. Ma come
ciò dico secondo il lume dell'intelligenza umana,
così ben so essere a tal fine necessario il divino
1 Chi, dopo il raffronto di tante altre Lettere, potrà du-
bitare che questa pure non uscisse dalla mente e dal cuore
del Sarpi? Sarebbe, contuttociò, esagerazione e temerità
(per non dir altro) il cavarne le conseguenze che taluno
nei giorni nostri ha voluto inferirne.
LETTERE DI FRA PAOLO gARPI. 227
favore. E vedendoci fra qui destituiti d' ogni mon-
dano soccorso, ogni cosa io rimetto alla sua celeste
Maestà; la quale anche prego di voler sempre as-
sistere e mantener sana e salva la S. V., che tanto
si affatica a prò della Chiesa.
Venezia, 1G agosto 1611.
CLXXX1I. — Al medesimo.1
Siccome io ho dato conto a V. S. delle mie pre-
cedenti, ho ricevuto ai tempi suoi quella dei 28 giu-
gno e dei 15 luglio ; il che le so precisamente dire,
tenendo memoria scritta del dato di ciascuna sua.
Non posso così dirle altrettanto di quelle che scrivo
a lei, per non tener hene partieolar conto. So hen
questo, di non aver tralasciato da qualche tempo
in qua alcun corriere senza scriverle.
Rendo molte grazie a V. S. per gli avvisi che
mi dà del corso e delle buone speranze delle cose
di costì, quale io aiuto con le orazioni appresso Dio.
E sebbene se ne parla qui diversamente, nondimeno
tengo che passino nella maniera eh' Ella scrive. Ab-
biamo in Parigi un ambasciatore che cerca di este-
nuar quanto può, e metter in cattivo credito le cose
de' Riformati, e questo acciocché i buoni qui non
piglino animo ; e aggrandisce le cose de' papisti, cosa
che è di cattivo servizio : ma non si può far altro.
V. S. avrà inteso la creazione degli undici car-
dinali : - nel che la Corte osserva, che sebbene alcune
1 Edita come sopra, pag. 387.
2 La cpiale fu pubblicata a dì 17 d'agosto.
228 LETTERE DI FKA PAOLO SARPI.
volte qualche pontefice lia fatto un cardinale o due
fuori dei tempi del digiuno, nondimeno le promo-
zioni intiere sono sempre state fatte in quelli, se-
guendo lo stile dell' antichità ; eccetto che dal pon-
tefice presente, il quale ha fatto tre promozioni nel
suo pontificato, e tutte fuori delle tempora : dal che
i cortigiani oziosi cavano diversi prognostici.
L' esser promosso al cardinalato il Nuncio di
Spagna,1 e non quello di Francia, che tanto si affa-
tica, non so se lo farà rallentare la sua diligenza,
ovvero aumentare per farsi più degno. Ma il numero
de' cardinali è così grande, che non può sperare
un' altra promozione, al più breve, fra tre anni. I
soggetti promossi (da quel Fiorentino,2 eh' è fatto
ad istanza della regina, in fuori) saranno tutti spa-
glinoli. Per 1' auditore di Camera e per il tesoriere.3
la casa del papa avrà guadagnato 150 mila scudi.
1 prelati veneziani si sono aiutati con presenti, che
sebbene ricevuti e veduti con buon occhio, non hanno
avuto altro in ricompensa che speranza.
La corte romana sente grandissimo dispiacere
per la risoluzione fatta in Spagna, che non siano
pagate ad Italiani le pensioni sopra i benefizi eccle-
siastici poste in capo degli Spagnuoli; e il papa se
n' è doluto con 1' ambasciatore della maestà catto-
lica. Ma gli Spagnuoli non fanno mai cosa per ri-
trattarla. Questo importerà una gran diminuzione
alla corte romana ; per il che si farà tanto più in-
sopportabile agl'Italiani, volendosi rifare sopra li
1 Decio Caraffa, napoletano.
2 Giovanni Bousi.
3 Pietro Paolo Crescenzio romano, e Giacomo Serra
bolognese, compresi in quella promozione.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 220
benefìeii di questa regione di quello che si perde al-
trove. E perchè forse questo particolare non è noto
a V. S., glielo esplicherò. Vi è legge in Spagna, che
non possino avere né benefìeii uè pensione se non
naturali. Soleva il papa sopra i benefìeii di Spagna
metter pensione applicata a qualche spagnuolo resi-
dente in corte, con obbligo a lui di risponderla ad
un italiano.1 Questa sorte di artificio gli Spagnuoli
adesso hanno proibito.
Nel negozio dell' interdetto di Saragozza, dopo
molte trattazioni, il consiglio regio ha risoluto che
lo spoglie del morto arcivescovo saranno ammini-
strate dal magistrato secolare, il quale pagherà i de-
biti e distribuirà il rimanente secondo le leggi di
Aragona, e che l' interdetto sarà levato. L' audi-
tore del Nuncio ha mostrato di opporsi all'esecu-
zione di questo, e per tale causa è stato scacciato
di Spagna. Il Nunzio s' è acquietato, e ha pensato
esser bene di contentarsi di quello ; e non si può far
altrimenti.
Oggi viene nuova di certo luogo preso dal duca
di Savoia, appartenente a' Genovesi ; il che fa qual-
che moto, e il governatore di Milano richiama al-
1 Di questo sotterfugio bruttissimo parlasi ancora in talu-
ne tra le Lettere contenute nel Tomo I. Il sopportarlo che
la Spagna insino allora avea fatto, era uno dei modi di
collegare a sé la corte di Roma, e di pascere in Italia i
seguaci della sua fazione. Onde, a pag. 245-6 del tomo
precitato, può leggersi: «Verissimo che di Spagna si porti
w a Roma danaro in gran copia ec. Ma uè la rimanente
» Italia è priva dei regali di Spagna: presso che tutte le
» città hanno i pensionari di quella corona. » Non si danno,
checché si gridi e si scriva, non si danno tirannie di un
sol uomo-, ma le tirannidi tutte quante dipendono dalle
sètte, delle quali il despota non è che il capo.
230 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
cune genti licenziate da lui. Io non so bene che
cosa sia ne maggior particolare di quello che scri-
vo, ma so bene eh' è cosa di momento e di conse-
guenza.1 Faccia Dio, che ogni cosa succeda a sua
gloria !
Io feci parte a monsieur Assellineau di quanto
V. S. mi scrive nella sua ultima dei 25 luglio; e feci
ancora l' ambasciata al signor Molino, il quale non
desidera altro che farle cosa grata.
Nella cifra io non credo che vi possa esser cosa
che dia difficoltà, se non quando si separasse le di-
zioni che sono congiunte con V apostrofo, le quali
io pongo sempre per una.
Nella causa di Ceneda il papa delude la Repub-
blica con somma arte: non si può prevedere an-
cora se perciò debba seguir rottura. La Repubblica
ha bandito il vicario episcopale di Padova, perchè
teneva per scomunicate alcune monache per essere
ricorse al Principe, essendogli levato un beneficio dal
papa. Alcuni monaci di Padova, avendo molte baro-
nie tutte possedute da loro, avevano formato una
giurisdizione sopra i contadini, la quale gli è stata
levata, con disgusto del papa. Roma sopporta ogni
cosa, ma finalmente converrà ovvero rompersi ov-
vero perder tutto. Il papa ha creduto far dispia-
cere, non facendo cardinale alcun veneto ; ma i buoni
1' hanno per cosa di pubblico servizio.
Sto con molto desiderio di veder l' opera di mon-
sieur Du Plessis,2 particolarmente per le Epistole al
re. Delle cose di Germania abbiamo nuove tanto
1 Intorno al fatto accennato in questo paragrafo, vedasi
la Lettera seguente.
2 Vedasi la nota posta a pag. 148 del Tomo I.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 231
sinistre, che ognuno perde la speranza di veder
altro che confusione. Il che Dio non voglia in quella
regione così nobile e generosa! Però conviene che
ogni uno s'accomodi alla divina volontà, la quale
conduce a buon fine anco i cattivi disegni degli uo-
mini. Io resto pregando la Maestà divina, che doni
a V. S. ogni prosperità, e le bacio la mano.
Di Venezia, li 30 acosto 1611.
CLXXXIII. — Al medesimo.1
Io ho veduto quella di Y. S. a monsieur Asseli-
neau, uè occorreva eh' Ella si scusasse di non avermi
scritto per quest1 ultimo spaccio : perchè, siccome io
ricevo sempre con gran piacere le sue, così desidero
che per scrivermi Ella non si incomodi, e massime
perchè so che non lo tralascerebbe, se non per
gran causa ; ma io resterei soddisfatto anco quando
non fosse per altro che per suo comodo. Lasciamo
da canto le ceremonie, le quali non sono pertinenti
in una sincera amicizia, come tra noi.
Da alcuni giorni in qua, abbiamo nuove assai
importanti in Italia. Li Spagnuoli si sono impadro-
niti d' un luogo de' Genovesi, chiamato Sassello, il
quale è posto alli confini del Monferrato e del Pie-
monte ; sicché non possono soccorrer 1' uno 1' altro.
Avendo li Spagnuoli acquistato il marchesato di
Finale, eh' è posto sopra il mare di Genova, non
potevano però dallo Stato di Milano passare in quel
luogo senza far transito per il genovese. Ora, con
Stampata come sopra, pag. 393.
232 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
T intermedio di Sassello,1 passano dallo Stato di Mi-
lano nel Finale, e per conseguente al mare, sempre
su '1 loro : cosa di molto momento, poiché non ave-
ranno più bisogno di Genovesi per passar le genti
d' arme di Spagna e di Napoli nel ducato di Milano.
Tutti li principi italiani restano poco contenti ; ma
li duchi di Savoia e di Mantova molto ingelositi.
Con tutto ciò, facendo il mio pronostico, tengo che
li Spagnuoli non renderanno il luogo, e che final-
mente ognuno se la porterà in pace.
In Sicilia è occorso, che volendo il viceré punir
un prete non so per che delitto, egli si salvò in
chiesa, e 1' arcivescovo lo difendeva e per esser prete
e per esser in chiesa. Le quali cose non ostanti, il
viceré lo fece levar di chiesa, e impiccare imme-
diate. L' arcivescovo, pronunciò il viceré scomunicato.
e il viceré fece piantar una forca innanzi la porta
del vescovado, con un editto di pena del laccio a
quelli eh' erano di fuora, se entravano, e a quelli di
dentro, se uscivano fuora. Di questo è stato man-
dato corriere espresso a Roma, dove non hanno molto
piacere che si parli di successi di questo genere ;
1 Oggidì grosso borgo degli Stati Sardi, e feudo un
tempo dei Doria. Al cominciare del secondo decennio del
^ee. XVII, aspiravano insieme a possederlo tre limitrofi
potentati; il re di Spagna, il duca di Savoia e la repubblica
di Genova. Quest'ultima avendolo ottenuto, e strettone ancora
il mercato coli' imperatore, che arrogavasi il diritto di ven-
derlo, Carlo Emmauuele avrebbe voluto prevenirla col farlo
invadere da' suoi soldati; ma si trovò invece prevenuto
dagli Spagnuoli, mandativi dal governatore di Milano, e
che poterono rimanervi per ispazio non molto minore d' un
anno. Ciò spiega come nella Lettera precedente potesse
darsi come notizia corrente, che il duca stesso di Savoja
avesse «preso certo luogo appartenente ai Genovesi ec. »
(pag. 229-30.)
LETTERE DI TEA PAOLO SAKPI. 233
atteso che per queste cause di giurisdizione eccle-
siastica pare che in tutti i luoghi nascano contro-
versie, e eli' essi per tutto le perdano.
Se V. S. intenderà che i Siciliani abbiano de-
cretato rappresaglia contra i mercanti veneziani per
causa d' un loro credito vecchio, non 1' abbia per
rosa di conseguenza, perchè non passerà li termini
di negozio.
Intendo che in Francia vi sia passato qualche
disgusto tra il Nunzio e il Parlamento : desidero sa-
pere che cosa sia. Mi vien anco detto che siano stati
fatti diversi libri contra Bellarmino : desidero avere
qualche relazione del contenuto, e se sono opere che
meriti conto vederle. Si è veduto qui alcune cose de-
gl'Inglesi in questa materia, assai buone : non credo
però che i Romani penseranno di fare risposta, ma
lasceranno la cura alli Gesuiti che sono di là dai
monti. Il papa ha dimandato in grazia il vicario di
Padova scacciato ; ma invano.
Già otto giorni, fu imprigionato Castelvetro l dal-
l' Inquisizione. L' ambasciatore d' Inghilterra V ha
1 Vedasi la pag. Ili la nota 2. Mentre però cercavamo
di qualche altra notizia intorno a questo soggetto, ci fé
maraviglia il leggere nella Stor. d' It. del Guicciardini con-
ti;!, dal Botta le seguenti parole: « Lodovico Castelvetro,
n famoso letterato di quei tempi, uomo dottissimo ma di
n spirito acuto e sofistico, era stato carcerato dall' inqui-
n sizione ecclesiastica di Venezia per alcune opinioni so-
» spette, e massime per avere voltato in lingua volgare
n gli scritti di qualche eresiarca di Germania. Gli si fa-
» eeva il processo, portava pericolo, trovandosi in recidiva,
» di mala fine, e forse del fuoco. L' ambasciatore d' In-
n ghilterra il domandò, la repubblica il diede, cavatolo
» di prigione, senza dir niente all' inquisitore né al nuu-
n zio ee. ; » colle quali si mostra di aver confuso l' incar-
cerato del 1611 col famoso ipercritico e creduto traduttore
delle opere di Melantone, morto nel 1571.
234 LETTERE DI FRA. PAOLO SARPI.
domandato ; la Repubblica l' ha donato, avendolo ca-
vato di prigione, senza dir niente ali1 Inquisizione, al
Nunzio né altro ecclesiastico : eh' è passo maggiore
che mai sia fatto ; perchè 1' ufficio sin ora è dipen-
duto da Roma, se bene la Repubblica ha l'assistenza,
e con quella impedito la tirannide. Avergli aperto
la prigione senza dir niente, è cosa grandissima:
ma chi 1' ha fatto, non ha pensato la conseguenza.
Se il papa tacerà, è perduto ; se dirà, ovvero per-
derà tanto più, ovvero si romperà. È negozio mag-
giore che di Ceneda, perchè in questo il papa si
vale col sopportare, e portar tempo in oltre.
Mi è venuto occasione molto propria di parlare
con il successore di Barbarigo; il quale è persona
di molta capacità, e m' ha ricercato d' aver per mio
mezzo comunicazione in Francia nel tempo che sarà
in Torino ; e io li ho fatta menzione del signor De
l' Isle, in maniera tale eh' egli m' ha pregato instan-
tissimamente di volerlo supplicare a riceverlo per
amico, e incominciar corrispondenza seco nel tempo
che sarà in quel luogo, mostrandomi aver appunto
desiderio di persona sensata, che gli sappia giudicare
le cose. Ma appresso di questo, egli avrebbe molto
caro aver una persona che di Parigi lo avvisasse delle
cose occorrenti, acciò le sapesse alli suoi tempi fre-
scamente. Sono andato pensando che per mezzo del
medesimo signor De F Isle vi potesse avere qualcuno
che invìi colà le sue lettere ; perchè, per ogni buon
rispetto, avendo un ambasciatore papista in Francia,
conviene servirsi di quello di Torino per fare qualche
cosa di bene per la Religione : e prego V. S. che di
questo mi dia qualche risposta, avvertendola che mi
sarà grata quella che gli piacerà darmi.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 235
Li dirò anco appresso, per mio interesse, che mi
sento con molto danno privato della comunicazione
di nionsienr l' Escliassier ; il quale io stimo, e dico
liberamente, che dalle sue lettere ho tratto molto
frutto. Io la vorrei tornar in piedi per mezzo di
V. S.; ma la cosa sarebbe lunga se le mie lettere
avessero da capitare prima costì. Se quel gentiluo-
mo eh' è mediatore di far passare lettere tra Lei e
Barbarigo, potesse far insieme passar qualche mia ad
esso signor L' Eschassier, e scambievolmente qualche
sua a me, lo riceverei in molta grazia e beneficio : e
di questo, sì come anco della precedente proposta, ne
aspetterò risposta; che sarà il fine di questa. Con
che le bacio la mano, insieme con il signor Molino
e padre M. Fulgenzio.
Di Venezia, li 13 settembre 1611.
CLXXXIV. — Al medesimo.1
Incomincerò a rispondere a quella di V. S. delli 25
agosto dall' ultima particola, che tocca la continua-
zione della nostra corrispondenza, con dirle che nis-
suna cosa maggiormente desidero : per il che vi ho
pensato assai, e puntualmente ho ricevuto V occa-
sione rappresentatami, della quale ho scritto a V. S.
per il corriere di oggi 15. Attenderò la sua risposta ;
la quale se sarà in approvazione del mio pensiero,
avremo stabilito questo punto per qualche anno, se
non ci nascesse per prudenza divina una maggiore
opportunità : la quale mi pare vedere approssimarsi,
1 Dalla raccolta come sopra, pag. 399.
23G LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
cioè che il signor Barbarigo venga ambasciatore
costì ; * che non tanto per il suddetto rispetto, quanto
per molti altri più importanti mi sarebbe carissimo.
Però non voglio, sotto la speranza del maggior bene,
lasciar il certo, se ben minore.
È molto desiderato qui 1' Anti-Cottone : ognuno
aspetta fatica molto degna, per il gusto che si ha
avuto della prima. Non può esser che il libro di
monsieur Servin non sia cosa utile.2 per li particolari
che V. S. scrive a monsieur Assellineau. Dell' Anti-
Gesuita non abbiamo ancora udito nessuna nuova.
Mi pare che altre volte uscisse un tale di Germania,
ma cosa assai dozzinale. Finalmente, tempo sarebbe
di lasciar le parole e attendere ai fatti, di che però
non veggo l' opportunità ; e le parole sono, come pru-
dentemente dice V. S., le maledicenze nel seminare
del basilisco:3 ma chi non può valersi d' altro è scu-
sato. Non si può scusare il re d' Inghilterra, che si
vale di quest' arma potendo adoperarne delle mi-
gliori, se bene volesse astenersi dalle tagliatiti.4 Una
1 Cioè in Francia, essendo allora il Barbarigo amba-
sciatore a Torino.
8 II Servin fu tra gli amici letterati e corrispondenti
del Sarpi, e ne abbiamo già toccato alle pag. 36 e 68 del
Tomo I, nota 1 e 2. L' opera più recente in qnei giorni
di quel zelantissimo magistrato, che morì ai piedi di Lui-
gi XIII difendendo la causa della libertà, era la nominata
Remons trance (del 26 novembre 1610) contro la dottrina
allora messa in campo dal Bellarmino -, ed anche tra le
sue Arringhe, una ve n'ha contro i Gesuiti, che porta la
data del 1611. Ma vedasi presso al fine della Lette-
ra CLXXXVI.
3 Così ha la prima stampa. Maledicenze starà, forse,
per scongiuri contro la supposta jettatura del supposto ba-
silisco.
'* Conferma dei giudizi altre volte espressi nelle Let-
tere XIX, LXXXI ec.
LETTERE DI PEA PAOLO SARPI. 237
cosa mi ferma 1' animo, che non si può veder il line
del bene, se non nel tempo del divino beneplacito.
Nel negozio di Ceneda fu fatto atto notabilissi-
mo di possessione, che si credeva che il papa con-
trappcsasse con un altro, ovvero rompesse. Nentrtmi
fecit; solo ha messo le ragioni del titolo in negozio.
Itesta vivo il nostro di possessione. Quando vorrà
sopportar ogni cosa, non si può contendere. Del
prigione dell' Inquisizione non dice niente. Ora nuo-
vamente è posto prigione un Teatino per causa di
confessione : anco questo lo tollera ; attende solo a
fare denari per casa sua. Qui, vedendo tanta viltà,
molti buoni dicono che non è bene abbassarlo tan-
to, e restano di fare quello che farebbono, se cre-
dessero che resistesse. Anco la negligenza gli porta
utilità. Spagna ogni giorno gliene fa alcuna ....
Dubito che .... la pazienza loro farà che tutti si
fermeranno.1 Essi così addormentano il mondo.
Intendo che si tratta strettamente matrimonio
tra il principe di Galles e l' infanta di Spagna. Li
Gesuiti hanno fatto allegrezza per le cose di Fran-
cia. Li Spagnuoli hanno messo mano sopra un altro
luogo de' Genovesi. Non crederò mai che da Italia
venga nessun bene, se in Germania non nasce. Lo
cose passate hanno più tosto causato dissoluzione,
che riformazione.
1 Abbiamo soppresso in questo periodo, già viziato di
due lacune anche nella prima edizione, tutte quelle parole
dalle quali ci parve non potersi cavare alcun costrutto. A
soddisfazione, però, dei lettori e a giustificarci del fatto,
lo riportiamo qui fedelmente siccome in quella si legge :
u Spagna ogni giorno gliene fa alcuna cosa *, che final-
» mente derivino con gran fiamma •, dubito che la le * in
» Roma et la patienza loro farà ec. »
238 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Qui io non sarò più lungo, ma per fine di que-
sta, a V. S. bacio la mano. Il padre maestro Ful-
genzio desidera con particolar ansia il libro soprac-
cennato dell' Antigesuita. Per me, son sempre di
quel sentimento : che se non è qualche cosa di rado,1
non mi curo veder nulla, avendo assai libri in Ve-
nezia da studiare, senza farne venire di fuori : pure
dipendo dalli suoi consigli, avvertendo che una sola
copia basterà per tutti insieme ; e qui di nuovo le
bacio le mani.
Di Venezia, li 27 settembre 1611.
CLXXXV. — Al medesimo.2
Per il corriero che partì oggi 15 giorni, scrissi
a V. S., inviando le lettere secondo il solito. Con
quello eh' è ultimamente venuto di Francia, non sono
venute lettere da lei : il che le dico solo per avviso,
non intendendo però eh' Ella mai prenda incomodo
per scrivermi.
Quello che in Italia passa di maggior momento,
è il negozio di Sassello,3 il quale però io predirei
che non fosse per causar novità alcuna : se non fosse
che avendo veduto tutti i gran principii rimaner
senza effetto, vado stimando possibile che qualche
grand' effetto nasca da leggiera causa ; e sì come il
verisimile non si è effettuato, così possa effettuarsi
il non verisimile. Mandarono i Genovesi a far do-
glianza col contestabile, governatore di Milano, per
1 Intendasi : qualche cosa di raro.
2 Edita come sopra, pag. 403.
3 Vedi la nostra nota a pag. 232.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 239
la suddetta causa; dal quale non ebbero buona ri-
sposta. Di che andata la nuova a Genova, vi con-
citò grandissima sollevazione popolare, nella quale
portò molto pericolo la casa dell' ambasciatore spa-
gnuolo Yives ; e sarebbe il pericolo passato a filmi-
che danno, se quella Signoria non gli avesse man-
dato guardia.1 E anco alcuni di quelli che sono in-
teressati con Spagna, parlarono liberamente di voler
preporre la libertà alli rispetti privati. Quella Signo-
ria ha dato ordine di levar 3000 Svizzeri e 3000 Cor-
si ; dicono alcuni per difendersi dal forestiero, altri
per prevenire le sedizioni interne. Questo secondo è
più verisimile, perchè conducendo Svizzeri non pro-
testanti, avranno Spagnuoli.
Non so se debba dire che il matrimonio di Sa-
voia s' intorbidi o no. È andato a Torino un segre-
tario dell' ambasciatore Yives, per dissuaderlo ; per
che fare, ha parlato in maniera, che non è parsa
al duca di Xemours onorevole per sé : per il che un
francese, luogotenente suo, è andato in casa del se-
gretario armato e ben accompagnato, e 1' ha men-
tito e minacciatolo nella vita, se non revocherà le
cose dette. Il segretario s' è lamentato col duca, che
sia violata la ragione delle genti, e ha ricercato di-
chiarazione della sicurtà della persona sua. Il duca
ha offerto di farli dare soddisfazione ; ma non s' ac-
cordano, volendo 1' uno ricever molto e 1' altro dar
poco. Non manca chi crede, e con buone verisimi-
litudini, che Savoia abbia fatto fare.
Delle cose dell' Assemblea non ho ancora con-
tezza; sebbene qui si dicono cose assai, ma tutte a
1 Si vedano gli storici Genovesi e il Botta, Contin. del
Guicciard., lib. XVI.
240 LETTERE DI FRA PAOLO SAREI.
favore de' papisti. La cosa con il papa è messa in
silenzio. Del negozio dell' inquisitore, che gli scrissi,
non ha detto niente. Novamente il Nunzio ha richie-
sto di torturare 1' abbate,1 di cui V. S. sa, quando
Ella era qui, e che fu dato al re, e per quel mezzo
al papa, perchè il giudicio dura ancora; ed è stato
negato.
Le nuove che abbiamo di Germania sono molto
considerabili ; e se succederà che l' imperatore parta
di Boemia, e che pigli al suo servizio quelli che
tratta d' avere, è necessario che si esca dalle paro-
le. In questo paese2 veggo le cose molte confuse, e sti-
mo quasi impossibile di poterle rimediare, stante il
torbido cervello del duca di Savoia, al quale non
mancano giri e raggiri per liberarsi dalle sue pro-
poste ; oltre che la fede in lui è arbitraria e di poco
fondamento, benché in effetto sia gran cattolico e
buon cristiano quanto bisogna.
Io non sarò più lungo per mancamento eli ma-
teria, ma ben resterò sempre con desiderio di aver
il medesimo loco nella grazia di V. S. ; alla quale
con ogni affetto bacio la mano.
Di Venezia, li 11 ottobre 1611.
1 L' abate di Narvesa, conte Brandolino , il quale
co' suoi delitti, che la Repubblica voleva punire, era. già
stato la prima cagione della controversia con Roma e del-
l'Interdetto; e che, nell'accomodamento che fecesi, venne
donato, insieme col canonico Saraceno, al re di Francia,
come in ricompensa della mediazione, per la quale l'Inter-
detto fu tolto.
1 Abbiamo aggiunto la parola : paese.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 241
CLXXXYL — Al medesimo.1
Per questo cornerò ho ricevuto insieme due di
V. S., ima delli 7 e 11 settembre, l'altra clelli 20
del medesimo ; delle quali le rendo molte grazie per
l' instruzione datami delle cose passate, le quali seb-
bene io desidererei migliori, nondimeno poi che ha
piaciuto a Dio così disponerle, mi giova a credere
che saranno inviate a servizio e gloria di sua divina
Maestà, meglio che se fossero incamminate secondo
li desiderii nostri.
La fama sparsa costì delle cose fatte in Bologna,
è tutta falsa, né meno è avvenuto alcun successo
che possi aver dato occasione a quel rumore. Mai le
cose furono più quiete che nel tempo presente. Il
papa non vuole sapere niente di quello che passa :
lascia fare alla Repubblica tutto quello che gli pare ;
sicché li nostri politici, per sua modestia, restano
di fare qualche cosa, ma con certezza che potreb-
bono se volessero.
Per due anni abbiamo avuto in pLoma ambascia-
tore papista. Ultimamente, tornato quello, vi fu
mandato un peggiore. Ora è morto, e la buona for-
tuna o. per parlar propriamente, la volontà di Dio
ha fatto eleggere uno utile. Argomento che la divina
Maestà voglia fare qualche favore, perchè non po-
teva esser un migliore.
Io scrivo a monsieur Du Plessis una cosa di qual-
che momento.2 Desideroso che la lettera gli capiti
1 Stampata come sopra, pag. 407.
2 Sembra alludersi ad altra lettera posteriore alla se-
gnata dei 16 agosto, eh' è l'ultima fra quelle che sono a
noi pervenute.
Sarpi — II. iti
242 LETTERE DI FRA PAOLO SARPL
sicura, e per ogni rispetto di sinistro che potesse oc-
correre alle lettere prima che venissero in mano di
V. S., non ho voluto soprascriverli, se non quanto
basta per intelligenza di lei : la quale prego fare
una coperta alla lettera, e dirgli eh' è direttiva a lui.
Il signor Barbarigo resterà ancora in Torino fina
alle pasque. Quello che possiamo fare della nostra
comunicazione, io lo ho scritto già più di 40 giorni
a V. S., e ne attendo la risposta.
Non so se io possi credere che il grand' imbro-
glio in Germania possi risolversi in niente. Chi con-
siderasse le cose passate, e il grand' amore che por-
tiamo all' ozio, dovrebbe crederlo ; ma le cose cam-
minano così innanzi, che pronosticano mutazione. Li
Genovesi mandarono un ambasciatore in Spagna per
il negozio di Sassello : credo che dalli Spagnuoli
sarà trattenuto sì, che la piazza li resterà in mano,
l'are adesso che li medesimi Spagnuoli voglino
fortificare un luogo alli confini di Asti, chiamato
Cisterna ; cosa che non dovrà piacere al duca di Sa-
voia, né al papa, per esser feudo del vescovato
d' Asti. Materia di vigilia ve n' è molta, ma il le-
targo è troppo profondo.
Qui si dice che il Parlamento di Parigi per ar-
resto1 siccome anco si dice di certa pubblicazione
che ha fatto monsignor Servin, con alcune sue ag-
giunte e interpretazioni contra Bellarmino.
Li rendono molti saluti e baciamani il signor
Molino e padre Fulgenzio ; e io mi rallegro sopra
modo, che, per grazia di Dio, la sanità di V. S. è
tollerabile, restando con speranza che sia ancora per
1 Lacuna dell' antica stampa.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 243
migliorare oltre lo stato presente ; e non potendo
finir di maravigliarmi delli tradimenti di Bellarmino,
finirò di dar noia a V. S., alla quale bacio la mano.
Circa il decreto pronunciato contro il predetto
Bellarmino, qui se ne parla diversamente. Avrei a
caro sapere il contenuto, con tutte le particolarità,
per poterne informare alcuni senatori miei amici,
quali difficilmente possono soffrire la libertà del
parlare di questo uomo, come soggetto nato a por-
tar pregiudizio alla quiete della Cristianità.
Di Venezia, li 25 ottobre 1611.
CLXXXVII. — (7)' incerta direzione).1
Desiderando continuare la comunicazione per let-
tere con V. S., la quale non possiamo trattenere
1 Nella raccolta di Ginevra, dove trovasi a pag. 343,
è posta fra le indirizzate al De l' Isle. Ma questi, secondo
la precedente, pag. 241, aveva ultimamente scritto al Sarpi
a dì 20 di settembre, mentre qui trattasi di replicare ad
una, già molto arretrata e tardata a giungere, dei 29 marzo.
La contraddizione perciò sarebbe flagrante •, senza dire della
poca verisimiglianza cbe il solerte Servita indugiasse que-
sta volta pur tanto a rispondere ad un amico, col quale
era in sì stretta e continua corrispondenza. Né mancano,
quanto alla presente, altri indizi d' interpolazioni, o forse
di confusione di due lettere in una, o di sbaglio nella data
assegnatale ; tra i quali anche il luogo ove trovasi nella
citata raccolta, e per cui potrebbe facilmente riportarsi
al 26 d' aprile Ma le materie in essa trattate, e soprat-
tutto quello che vi si dice del duca di Savoia, ci sembrano
giustamente riferibili, se non al giorno indicato, a questa
metà dell' anno 1611. Credemmo però sufficiente il restrin-
gere i nostri dubbi alla persona del direttario, spettando
il di più a chi, dopo il raccogliere che noi facemmo, sotto-
porrà queste Lettere ad esame ben più sapiente e severo,
ma che le fatiche nostre avranno forse reso più agevole.
244 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
senza cifra, né intieramente, se ella non è facile ;
per questa causa ho più volte pensato di ampliar
quella che sino al presente è stata tra noi, e mi s' è
attraversato impedimento insuperabile, volendo fare
che possi servire alla lingua francese e italiana. Fi-
nalmente io ho dato nella presente, la quale mando
a V. S., che non ha bisogno eli nessuna attenzione
di mente né inquisizione di caratteri, così per esv
sere scritta come per esser interpretata ; ma il solo
copiare basta. Nello scrivere si cammina per li nu-
meri arabici, e si copia per li numeri romani....
Per il presente corriero ho ricevuto quella di V. S.
delli 29 marzo ; alla quale dirò prima, che quella
del signor Assellineau.... delli 2 febbraio, e per Bar-
barigo 1' altra delli 15, giunsero l tutte due in un
giorno. Come mi persuado eh' Ella averà inteso dalla
mia, della tardanza ad aver risposta Ella non debbe
farsi maraviglia ; perchè quarantadue giorni con-
viene che passino prima che da Parigi a Venezia si
abbia la corrispondente, e per la distanza da Parigi
a costà vi si aggiunge tanto, che in tutto vanno ap-
presso a due mesi.
Io intendo in bene la controversia in dotti 'in a
che si ventila in Francia sopra la vita del re, per-
chè farà conoscere la buona dalla cattiva, e met-
terà anco li principi in pensiero, vedendo che ozio-
samente si tratta della loro pelle. E certo che di
qua è necessario attendere qualche grand' esito, o
per riforma o per tutta disforma del mondo.
Io ho ancora a sapere se la damigella di Comans
1 I segni di lacuna ritraggono dalla prima edizione.
Per più chiarezza, modifichiamo alquanto e suppliamo qui
giunsero, avendo quella soltanto tutti duoi.
LETTERE DI ERA PAOLO SARPI. 245
fu fatta prigioniera per 1! accusazione da lei inten-
tata, o pur se essendo in prigione per altro, sia
passata all' accusa per meritar perdono. Mi farà
grazia sodisfacendo alla mia curiosità.
Al signor Molino ho fatto 1' ambasciata coman-
datami da Y. S. : il quale le rende mille saluti, e
desidera restar perpetuamente nella sua memoria e
grazia, e aver occasione di servirla.
Ben era vero1 che Barbarigo li sarebbe riuscito
caro ; ma le aggiungo che nel parlar di lui non ho
saputo dire tutto quello eh' è, poiché ha tutte le
buone parti degl' Italiani, e nessuno delli difetti di
questa nostra nazione.2 Io prego V. S. che. uscendo
qualche cosa dall' ingegno dell' Anti-Cottone. voglia
mandarne quanto prima un esemplare a Barbarigo
per me.
Qui si maneggia qualche cosa contra i Gesuiti
di conseguenza non leggiera : Dio voglia prestar il
suo divino aiuto alle buone intenzioni.
Per dirli alcuna cosa di nuovo delli disegni del
duca di Savoia, non sappiamo né il futuro né il
presente. Egli non ha più che 7000 soldati per Gi-
nevra sono pochi, per Bernesi meno : quello che di-
segni di fare, non so se lo sappi esso stesso.
In continuazione di quello che contiene 1' esem-
pio della cifra, per non replicarlo, il viceré ha detto
pubblicamente in consiglio, che se li Gesuiti faranno
un' altra azione simile, sarà costretto imitar li Ve-
1 Sarà, forse, da correggersi : certo.
- E chi, per eccesso di patriottismo, vantasi talvolta di
avere in sé le qualità tutte quante, buone e cattive, della
propria nazione. Meglio però sarebbe il meritare la lode
che da due frati italiauissimi (Vedi 1' ultimo paragrafo) ve-
niva già data al buon Barbarigo.
24G LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
neziani ; di che il generale ha sentito dispiacere
grande, e ha scritto una lettera al viceré con molta
sommissione. La corte di Roma ebbe molto disgusto
quando l'editto contra Baronio, di che mandai
a V. S. la copia, fu pubblicato in Sicilia. Di nuovo
ne hanno sentito un maggiore per la pubblicazione
fatta pochi giorni sono in Napoli : aspettano ora
anco la pubblicazione di Milano, la quale, come pre-
veduta, ferirà manco.
Hanno recitato li padri Gesuiti in Koina, nella
loro casa professa, una rappresentazione o commedia
spirituale della conversione del Giappone ; e nella
prima scena, è comparso un gesuita a far una predica
nella piazza con questo soggetto : — Che Dio vo-
lendo rinnuovar il mondo, ha eccitato in questo se-
colo la loro Compagnia, alla quale Sua Maestà dona
tali favori, che nessuna potenza umana può loro
resistere ; — e altri tali concetti. Alla quale fecero ri-
spondere per un giapponese con dire, che non cre-
devano eh' essi fossero mandati da Dio, ma da qual-
che nemico dell' umanità ; eh' erano per metter dis-
sensione civile, per spiar le debolezze del paese ; — e
altri tali concetti. E seguì la commedia con altri
particolari molto notabili, detti dai recitanti, i quali
sono tutti contro loro; né io so indovinare perchè
sia fatta una tal cosa, se non per dir al mondo in
faccia, che sanno di esser scoperti, e che non per
questo stimano alcuno.
Al Padre, nel scrivere la presente, è sopraggiunta
una gran febbre, sì eh' è stato necessitato abbando-
nar l' impresa. E con questo bacia la mano a V. S.
Di Venezia, li 26 ottobre 1611.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 247
CLXXXVHI. — Al signor de V Me Groslot.1
L" ultima mia fu del 25 ottobre, e per questo
spaccio ho ricevuto le due congiunte di V. S. del 1
e del 23 ottobre. Il signor Barbarigo mi scrive di
aver ricevuto la censura della Sorbona, e il libro
■di Servino per inviarmeli ; ma volendoli prima leg-
gere, me li manderà per il seguente dispaccio, di
modo che fra quattro giorni li avrò : e ne ringrazio
V. S., essendo cose che molto desideravo vedere.
Io sento con dispiacere la differenza avvenuta
nell'Assemblea, ma più mi penetra il timore che le
cose non passino più innanzi, perchè li scoperti tra-
ditori non torneranno mai buoni, e la contagione
potrà infettar degli altri. Poca speranza vi è che
possino esser ridotti, perchè la sanità non è conta-
giosa, ma il morbo solo. Nondimeno dobbiamo cre-
dere che Dio non avrebbe permesso questo male, se
non per farlo terminare in bene.
Si trova in questa città Giacomo Badoero. venuto
per andar a Roma, per quello che io credo, assai
incottonato : 2 averà però bisogno di esser savio, ac-
ciò non li avvenga l' incontro occorso a lìeboul.
L' occorenza di Sassello è stata tale, che poteva
svegliar eziandio sordi, ma letargici no. In somma,
qui tutti sono uniti a mantener l'ozio, salvo che il
duca di Savoia; ma ho gran dubbio ch'egli non
l'intenda bene. Li Spagnuoli lo hanno messo in
diffidenza con li figliuoli. Adesso ha posto guardia
1 Edita come sopra, pag. 411.
- Cioè imbevuto delle opinioni e massime insinuate dal
gesuita Cotton. Vedasi al liue di questa stessa Lettera.
248 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
al primo (e questo è certo), altri dicono acciò non
fugga, altri acciò non si faccia cappuccino.1
La cosa successa in Palermo è stata tollerata.
Di quella del vicario Padovano si è parimente ta-
ciuto ; ma fatto fare ufficio al duca di Modena, al
quale non è data soddisfazione.
Di Castelvetro altro non s' è detto, se non ripresa
il Nunzio perchè non abbia protestato. Il papa è
risoluto di vivere allegramente, e attendere a fare
quiete al presente. Il duca di Savoia ha fatto inten-
dere alli Cappuccini, che nel suo Stato non vuole
di loro, se non sudditi naturali suoi. La cosa dispiace,
ma si sopporterà. Trattano li Spagnuoli di fortificar
Cisterna, eh' è un luogo confine tra il ducato di
Milano e il Piemonte; e quello che importa, eh' è
feudo del vescovato di Pavia,2 onde dispiacerà e al
duca e al papa. Questo lo sopporterà, e quello non
può resistere.
Abbiamo la morte della regina di Spagna,3 e av-
viso che la vita del duca di Lerma sia in pericolo;
del quale se la morte succedesse, saria senza nessun
dubbio con gran mutazione dello stato presente, non
però con pericolo di guerra, ma d'un genere di ne-
gozio in un altro.
La nostra cifra sì come è tanto sicura, eh' è im-
possibile levarla, così ha questo difetto, che un mi-
1 Può darsi che la diversa natura di Vittorio Amedeo
da quella di Carlo suo padre, gli destasse talvolta il pen-
siero di ritirarsi dai pubblici affari : contuttociò, il propo-
sito clie qui si accenna, ha sembianza di cicaleggio volgare.
- Nella Lettera CLXXXVI lo avea detto feudo del
vescovo d' Asti.
3 Margherita d'Austria, figlia dell'arciduca di Gratz.
Codest'albero asburghese copriva allora (com'è noto) co'suoi
rami la faccia della terra.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 240
nirao fallo di chi la scrive la rende inintelligibile,
e anco chi la interpreta ha bisogno di star molto
diligente.
Quanto al successore eli Barbarigo. egli non è per
andar a Torino se non dopo pasqua ; onde fino a
questo mentre potremo pensar diverse cose : e chi
sa che forse adesso a Barbarigo non toccasse Francia V
Saranno tre, de'quali egli è uno ; l'altro è amico mio ;
del terzo non avrei confidenza ; i quali hanno d' an-
dar in Francia, Spagna e Inghilterra. Ma la ven-
tura sarà se de' duoi me ne toccherà uno, e il terzo
vada in luogo simile a se. Ma tornando al futuro,
di Savoia non li mancherà persona che li scriva.
come per mestiere, le occorrenze ; ma questi non le
sanno giudicare. Il suo desiderio sarebbe di persona
prudente, che quando vi è cosa degna e non volgare.
li somministrasse quel giudicio che il presente può
far più che F assente. Ma di questo nel tempo in-
termedio averemo occasione di trattare. Io non l' ho
veduto ancora questi due giorni, per fargli relazione
di quello che V. S. mi scrive in questo particolare,
e so li sarà gratissimo.
Io non credo di dover dir altro a V. S., se non
che il gentiluomo polacco che fu qui, e mi vidde
per parte di monsieur Du Plessis,1 avendomi portato
sue lettere, alle quali anco risposi per mezzo di
V. S., mi disse bene che monsieur Du Plessis mi
mandava il libro, ma non sapeva per che via. Io
non ne ho nuova ancora ; ma ne ho ben veduto un
altro, e lodo sopra modo 1' arte e la fatica la quale,
senza dubbio, o da lui o da qualche altro sarà au-
1 Vedi al principio della Lettera CLXXXI.
250 LETTERE DI FEA PAOLO SARPI.
mentata, perchè la materia è tanta, che ha bisogno
<li maggior estensione. E di qui lo giudico, perchè
a me conviene starci molto attento, con tutto che
possedo questa materia, sopraffacendosi le cose l' una
1' altra, essendo (come diciamo noi in termine mari-
naresco) stivate x molto ; onde le persone di medio-
cre o poca intelligenza difficilmente potranno farne
loro profitto. Non ho voluto mancare di dirle que-
sto mio giudicio, perchè del rimanente, quanto alla
verità delle cose e quanto al giudicio dell' autore
in scriverle e applicarle, non vi si può aggiungere
niente.
Le dirò questo per fine. Senza nessun dubbio,
Badoero va a Iloma a fare qualche male ad instanza
de' Gesuiti. E qui, per non abusar più la pazienza di
V. S. in leggere le mie impertinenze, farò fine bacian-
dole la mano, e pregandola, se gli occorrerà scrivere
a monsieur Du Plessis, farli per mio nome riverenza,
dicendogli che di quello che gli scrissi, non gli dirò
più altro fin che da lui non ho risposta. La salu-
tano il signor Molino e il padre Fulgenzio.
Di Venezia, li 8 novembre 1611.
CLXXXIX. — Al medesimo. (?) 2
L' ultima mia fu delli 15 ;3 dopo, ho ricevuto col
presente corriero la gratissima di V. S. delli 27 ot-
1 Gli editori oltremontani avevano qui fatto stìcciate ;
ma il termine marinaresco veneto, ed anche italiano, che
qui vuoisi per similitudine usato, è stivare.
- Edita come sopra, pag 417.
3 Non abbiamo lettere del Sarpi superstiti con simile
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 251
tobre, dalla quale ho inteso molto bene come pas-
sino le cose de' Reformati in Francia. Dobbiamo con-
fidare nella Maestà divina, la quale anco dal male
fa nascere bene.
Le rendo grazie di quello che ha scritto a mon-
sieur l'Echassier, il quale veramente stimo e osservo.
Ho letto con piacere la Rimostranza del signor Ser-
vino,1 la quale giudico degna. Egli ha fatto giudizio
sopra quel libro degno del suo sapere. Ma la Sor-
bona nel censurar quello del signor Du Plessis,
avrebbe potuto mostrar più modestia e più giudizio
di quello che ha fatto.
Non mi maraviglio se diranno che si possa ben
interpetrar quello che è stato scritto per la beatifi-
cazione del padre Ignazio, essendo solito di tutti i pa-
pisti di ammettere ogni eccesso nelle cose approvate
da loro, e dar ogni sinistra interpretazione a quelle
degli altri. Noi lo esperimentiamo in questo, che se
il papa è comparato con gli altri vescovi, non si può
comportare ; questa è una eresia : s' è eguagliato a
Dio, tutto sta bene, e riceve buona interpretazione.
Soleva la Sorbona esser stimata nelli suoi giudicii,
ma da un tempo in qua mi pare che abbia diminuito
assai di reputazione.
Per risposta di quella di V. S, non mi occorre
dirle se non della cifra 2 Vengo alle nuove, che noi
abbiamo di qua considerabili.
È tornata a Napoli parte dell' armata che anelò
data, se vuoisi intendere del novembre ; e per questo e per
altri indizi può dubitarsi che sia diretta ad altri ebe al
Groslot.
1 Vedi la nota 1 a pag. 236.
- Lacuna della prima stampa.
252 LETTERE DI FRA PAOLO SARP1.
in Affrica, assai conquassata, senza sapersi nuove
del rimanente ; eli modo che ha avuto una delle vit-
torie solite. Si è abboccato il duca di Savoia in Susa
con monsignor Lesdiguières ; e quel principe tratta
continuamente con capitani di guerra. Che disegni
egli possa avere, qua non è ancora penetrato, né io
posso pensare altro, salvo che voglia dare qualche
gelosia a Spagna. È andata attorno una certa voce,
che il suo primogenito voglia vestirsi cappuccino.
Io non posso affermare questo per vero ; ma questo
so ben certo, che sua Altezza ha comandato alli
Cappuccini, che nelli luoghi del suo dominio non
tengano frati, se non sudditi suoi naturali. Ha an-
cora quel duca fatto spianare una ròcca nella terra
di Vezza, feudo della chiesa d' Asti ; x né per questo
il pontefice fa quel tanto romore che s'avrebbe po-
tuto credere.
l'anni d'aver scritto a V. S. altre volte, che li
Spaglinoli hanno fatto quattro richieste al papa :
una, che non si metta pensione in capo di Spa-
glinoli per Italiani; la seconda, che le cause anche
in seconda instanza siano giudicate in Spagna ; la
terza, che il re abbia la nominazione di tutti i ve-
scovati delli Stati suoi d' Italia ; e la quarta, che
in luogo delle spoglie di Spagna, si statuisca una
entrata annuale ordinaria, e non si faccia più spo-
glie. Pareva che sopra le tre prime si fosse posto si-
lenzio ; nondimeno tornano in trattazione, e di Spa-
gna s1 aspetta persona espressa che viene per solle-
citar 1' espedizione ; e di Iìoma mandarono in Spagna
il padre Alagona gesuita, per mostrare che le do-
1 Oggi nel mandamento di Cornegliano e nella diocesi
cV Alba.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 253
mande sono contra coscienza. Vedremo quello che
ne succederà.
Un' altra nuova mi viene da Roma, la quale es-
sendo molto considerabile, io la voglio copiare dalla
lettera che ho, di parola in parola, e lasciar che V. S.
ne faccia ella giudicio. Il capitolo è questo : — « L'al-
tro giorno è stato carcerato per il Santo Officio
1' abbate di Bois francese, dell' ordine de' Celestini,
per ordine della regina, per esser quest' uomo sedi-
zioso, e che dopo la morte del re abbia predicato
pubblicamente cose in pregiudizio della Religione ;
e quello che gli ha cagionata questa risoluzione, è
stato per avere sparlato alla gagliarda de' Gesuiti, e
detto publicamente ogni male. E volendo il consi-
glio e la regina farlo carcerare, fu deliberato a non
venir a simile risoluzione dubitando di qualche sol-
levamento, avendo quest'uomo gran seguito; ma con
intenzione di mandarlo a trattar certo negozio per
servizio della regina a Fiorenza: e in questa corte
l'hanno benissimo trappolato, e sì bene, che la pas-
serà male, non avendo alcun appoggio, e malissimo
veduto dall' ambasciatore di Francia ; e gli Gesuiti
faranno ancor loro quanto potranno, acciocché non
abbia più modo di sparlar di loro : perchè, tra le
altre cose, si affatica a più potere a dare ad inten-
dere alli Francesi in Parigi, che detti Gesuiti avevano
cagionata la morte del re; del che persuasi quelli
popoli un giorno, avrebbono potuto fare qualche se-
gnalato risentimento contra eli loro. » — Io prono-
stico che questo pover' uomo debbia correre la for-
tuna di fra Fulgenzio cordeliere,1 e prego Dio che
gli abbia misericordia.
1 Non si avverarono completamente questi sinistri prò-
254 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Non riscrivo a V. S. le cose che conteneva quella
cifra da Lei non intesa, perchè hanno mutato assai
lo stato ; ma quando Y ambasciator nostro avrà in-
cominciato a negoziare in Roma, le scriverò in tali
materie quello che occorrerà. Per ora finirò di abu-
sar più lungamente della pazienza sua, trattenen-
dola in queste leggerezze, ma non di riverirla ; nel
che persevererò sempre. Le rendono molti saluti il
signor Molino e padre Fulgenzio, ed io le bacio la
mano.
Di Venezia, li 22 novembre 1G11.
CXC. — Al medesimo.1
Furono le ultime mie delli 22 novembre, respon-
sive a quelle di V. S. delli 17 ottobre. Per il pre-
sente corriere ho ricevuto quelle delli 11 del passato.
Già diedi conto a V. S. della cattura dell' abate
di Bois, successa in Roma. Debbo dirle di più cosa
che allora non sapeva, che il pover' uomo, forse du-
bitando di quello che gli è avvenuto, non volse par-
tir da Siena, se non avesse prima un salvocondotto
del Pontefice; con quello se ne andò, e si credette
esser sicuro : ma ne è il primo né sarà 1' ultimo che
si fiderà di chi professa non esser obbligato a serbar
fede. La cattura si scusa dalla Corte con dire che
il salvocondotto pontificio non si cura dall' Inquisi-
nostici, a malgrado ancora di quanto narrasi nelle due Let-
tere seguenti. Noi diremo, annotando la Lettera CXCVI,
quello che i posteri hanno potuto saperne, dopoché potè
scernersi tra quella u mistura di pubblico e di occulto, »
che fece velo al giudizio dei contemporanei.
1 Dalla raccolta come sopra, pag. 423.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 255
zione. Fu preso il dì 1, e il 24 fu impiccato pubblica-
mente in Campo di Fiore ; ma la mattina per tempo
fu immediate levato dalla forca, e portato a sep-
pellire, senza che si possa penetrare che cosa signi-
fichi questa mistura di pubblico e di occulto. Certo
è che T ambasciatore del re ha parte in quella morte.
Altro non abbiamo in Italia di nuovo, se non che
il Piemonte è pieno di soldati, ma però con certezza
che in Italia non debba esser nissuna novità, e che
tra tanto quel paese si rovina.
I matrimoni fra Spagna e Francia qui si tengono
per conchiusi ; e se il re d' Inghilterra sente male,
debbe dolersi di sé, che più fa il dottore che il re.
II cardinale di Gioiosa non ha patito infirmità al-
cuna, e attende molto ai diporti. Ha trovato un mon-
ticello poco lontano da Velletri, che vede il mare
e Roma ; lì disegna fabbricare un bel palazzo per
sua abitazione, e chiamarlo monte Gioiosa.
Io sentirò con molto piacere se le cose de' Iìe-
formati in Francia si ridrizzeranno, perchè quello
è quanto di buono ci è nel mondo. Il matrimonio
del re Matthias a quest' ora debbe esser consumato ;
col quale egli si ha perduto il regno de' Romani,
perchè gli Spaglinoli non vogliono che possa avere
figliuoli, acciocché il futuro imperatore possi aver
successore un figlio di Spagna.1 Adesso voltano i loro
favori ad Alberto, e hanno acquistato i tre voti elet-
1 Fra le tirannesche debolezze dell'imperatore Rodolfo,
fa quella di vietare a suo fratello Mattia lo ammogliarsi.
Ma quando questi giunse a rendersi quasi che in tutto in-
dipendente, lasciò libero sfogo al suo cuore, che lo incli-
nava alla sua cugina Anna, figlia di Ferdinando conte del
Tirolo -, dalla quale però, come forse anche allora preve-
devasi, non ebbe figliuoli.
256 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
torali e Sassonia. Non sarà però la cosa senza gran
difficoltà, repngnando l' imperatore e i due altri, e
massime se di Francia sarà fatto qualche ufficio
con Tre veri.
.Ricevei, siccome scrissi a V. S. , la censura della
Sorbona sovra il Misterio del signor Du Plessis, e mi fa
maravigliare per che causa non si pubblichi e stampi
parimente V altra sopra la beatificazione del padre
Ignazio ; se non è perchè hanno maggiore cura del-
l' onore del Dio terrestre, che del celeste.
Non mi maraviglio che 1' ambasciatore di Spa-
gna abbia abbruciato il libro di Bellarmino, essendo
certo che sono risoluti in Spagna di non voler sop-
portar quelle esorbitanze ecclesiastiche. Ho veduto il
libro di monsignor Casaubono,1 alla forma del quale
non manca niente; ma ben vorrei che gì' Inglesi gli
avessero somministrato più materia contro i Gesui-
ti. Mi piace molto che abbia vociferato la verità di
quella mentita eh' era data all' Anti-Cottone per
nome suo; il quale Anti-Cottone potrà molto bene
valersi della morte dell' abate di Bois. Io non vorrei
veder tanto oppugnato Coeffeteau,2 perchè ha alcune
buone proposizioni che non piacciono a Roma ; e più
tosto convenir tutti contro il comune nemico, e poi
le particolari controversie s' accomoderanno facil-
mente, vinto quello.
Io non ho avuto nissuna nuova ne dell' Apologia
di Richelieu né delle lezioni di Cuiacio ; ma prego
1 Del Casaubono, era uscita in queir anno in Londra
i' epistola intitolata : Ad Frontonem Ducceum, in cui com-
battevasi la dottrina dei Gesuiti intorno all' autorità dei re.
1 Frate domenicano, teologo controversista, e che tutta-
via meritò d' essere annoverato tra i più eleganti scrittori
della Francia.
LETTERE DT FRA PAOLO SARPI. 257
V. S. non se ne pigliar pensiero. Mi dispiace bene
sopra modo la disgrazia di Castrino, e vorrei poter
in qualche modo fargli servizio.
Veggo bene, che se la Sorbona e 1' Università non
avranno da contender con altri, si metteranno contra
i Gesuiti. Ma mi rendo certo anco, che si accorde-
ranno tra loro, e la Sorbona cederà sempre che vi
sarà da oppugnar gli Ugonotti ; e mal si può fidare
della contenzione de' duoi, quando hanno un recesso
per far pace.
Ho scritto così inconnessamente, perchè son an-
dato seguendo la lettera di V. S.. avendo poco tempo
oggi, e instando 1' ora di serrar le lettere. Il signor
Molino e il padre Fulgenzio le rendono mille salu-
ti, e io le bacio riverentemente la mano.
Di Venezia, li 6 decembre 1G11.
CXCI. — A Giacomo Leschassier.1
Come sopportai di molto mal animo 1' interru-
zione avvenuta nella nostra corrispondenza, così con
mio sommo contento vidi la lettera di Lei scritta il
dì G di ottobre. Cresciute sono, pur troppo, Signor
mio eccellentissimo, le forze e il coraggio dei nostri
nemici ; talché ci è forza retrocedere con maggior
cautela, e spesso con dissimulazione ; non già di
quella de' Gesuiti, eh' è pura e pretta menzogna,
ma sì dell' altra che consiste nella riservatezza e
nel silenzio. Spero che a cotesto nostro ambascia-
1 Edita in latino, fra le Opere dell'Autore ec, tom. VI,
pag. 97.
Sarfi. — II. 17
258 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
tore si dia ben tosto un successore, e forse la sorte
cadrà sopra un ottimo personaggio, la cui mercè
potremo scriverci con piena sicurezza. Frattanto,
siccom' io ricevo di quando in quando lettere dal
signor De l' Isle, così le avrò più gradite quando mi
vengano in compagnia delle sue : mi duole tutta-
volta che se queste dovranno prima esser mandate
ad Orléans, affinchè qua tornino, e le mie far do-
vranno altrettanto cammino, noi avremo le vivande
a cena già compita. Finche tuttavia non ci sarà
concesso di conseguire ciò che vogliamo, sarà opera
di saggezza il voler ciò che possiamo.
Sono di recente accadute in Roma due morti
assai memorabili. La prima, di Guglielmo ilebaudi,
che dopo avere abiurata la religione riformata, visse
colà in questi ultimi anni. Costui servì la Curia a
dritto ed a torto, nel bene come nel male ; e sicco-
m' era valentissimo nel detrarre all' altrui fama,
così scrisse più cose contro i riformati e in favore
dei romaneschi. Tra le altre, compose un opuscolo
contro il re della Gran Bretagna, intitolandolo :
II Bc e la Legge cV Inghilterra debellati ; ne io mi
ricordo di aver mai veduto nulla di più petulante
di codesto opuscolo. Alla fine, per essersi scoperta
una certa pasquinata contro un uomo di prima
sfera e regio ministro di Francia, a istanza dell' am-
basciatore del re, fu gettato in carcere ; e ricercati
e presi tutti i suoi scritti, se ne trovò tra gli altri
uno contro il pontefice, fatto non col proposito di
divulgarlo, ma per isfogo di male affetto ingegno :
e per tal cagione, il misero venne decapitato.1 L' al-
1 Di questo miserabile, più degno di spregio che di
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 259
tra morte è quella dell' abbate Du Bois ; il quale
com' è a Lei noto, avendo predicato dopo la morte
del re contro i Gesuiti, lasciatosi poi corrompere
dai lor doni, erasi riparato sotto le loro tende. Per
qual cagione e da chi questo sciagurato fosse già
mandato a Firenze, credo che le sia noto. Venne-
gli poscia il capriccio di andare a Roma, né volle
farlo senza munirsi di un salvocondotto ; lo chiese,
di fatto, e fermossi in Siena finché lo avesse rice-
vuto. Con questo, dunque, sottoscritto di mano del
pontefice, entrò in Roma il dì 9 di novembre ; ma
il dì 10 fu gettato in carcere, e il 24 fu pubblica-
mente impiccato in Campo di Fiore. Il perchè la
pubblica fede del pontefice non gli abbia giovato,
si pretende essere la legge stessa della Inquisizione,
dalla quale nessuno può esimersi per qualsivoglia
autorità ; e siccome costui non è il primo che venga
ingannato dalla fede romana, così non sarà né an-
che 1' ultimo.
Voglio svelare all' amico un segreto. I Gesuiti,
accortissimi, prevedono fin d' ora quai danni seguir
possano alla loro società, accadendo la morte del
loro generale. È a tutti noto quali conseguenze
seco porti il cambiamento di chi governa in un re-
gime affatto monarchico e nuovo ; e per ciò stanno
deliberando sul destinare un successore al generale
mannaja, non poteronsi trovar notizie oltre a quelle che
si leggono in queste Lettere. Ma dopo tali racconti (e
s' abbia a mente quello del Borghese, che pare si millan-
tasse d' esser parente un po' troppo stretto del papa), come
potrà più difendersi la decantata clemenza dell'Inquisizione
romana ? come non confermarsi più sempre che 1' orgoglio
sopra ogni cosa rende ferini i cuori degli uomini, e an-
cora (non vogliamo dir maggiormente) quelli dei preti ?
260 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
vivente, il qual successore si rimanga in condizione
di privato, ma pure in guisa che il morto metta
subito in possesso il vivo, come un padre fa del
figliuolo. Guardi mo' se costoro prevedono e sanno
provvedere a ogni cosa !
Non voglio trattenerla più a lungo con queste
mie ciancie. Mi congratulo sommamente eli' Ella sia
stata sempre bene, sempre sana, e prego Iddio che
ciò segua anche per V avvenire ; e che la S. V. con-
tinui ad amare chi tanto, coni' io io, 1' onora e rive-
risce. D' ora innanzi le manderò lettere scritte di
questo carattere, che a V. S. saranno a leggersi più
facili, e a me più sicure a mandarsi.1 Stia sana.
Di Venezia, il 6 dicembre 1611.
CXCII. — Al signor de V Me Groslot?
Questa presente, quantunque dovesse esser lunga
secondo il solito per 1' abbondanza dell' affetto, sarà
breve per carestia di materia e angustia di tempo,
non avendo veduto lettere di V. S. per questo spac-
cio. Ho creduto eh' ella sia andata all' assemblea, sì
come significò per le ultime sue, il che desidero che
riesca a gloria di Dio, e contento dell' animo suo. •
Delle cose di questo paese non le posso dir molto
di nuovo, perchè stanno nelli stessi termini ; se non
che vi è qualche mutazione in Roma, dove due mi-
nistri governavano tutto il pontificato. Questi erano
1 Questo può spiegare eziandio come il Saipi nelle
sue Lettere parli talvolta di se come di terza persona.
- Edita nella Raccolta di Ginevra, a pag. 428.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 261
il cardinale di Nazareth l e il cardinale Lanfranco.2
ambiduoi portati dal pontefice da basso stato a
quel grado ; Lanfranco segretario, e Nazareth data-
rio. Lanfranco è morto, con opinione d' alcuni, che
non per mancamento, ma più tosto per abbondanza
di medicina italiana. Terò Nazareth entrato in dis-
grazia e licenziato, Borghese è fatto segretario del
pontefice. Cosa insolita, e argomento che non vi è
di chi fidarsi.
Gli Spaglinoli continuano le loro opposizioni nella
materia beneficiale, restando molto ambiguo quello
che ne debba seguitare. V. S. avrà inteso la licenza
o espulsione data dal re di Spagna alli ambasciatori
di Savoia, ordinario e straordinario. Questi specula-
tivi di qui non sanno intendere se sia cosa seria o
giocosa.
La settimana passata, monsignor di Leon, amba-
sciatore di cotesta maestà, si presentò al principe, e
ragionò molto appositamente. Io, come nudo della
cognizione di quel personaggio, aspetto di crederne
secondo l' informazione di V. S. ; dalla quale ancora
desidero aver quattro righe da dover riferire al si-
gnor Gussoni, il quale partirà al principio di qua-
dragesima per Torino, acciocché possiamo dar buon
ordine a continuar la nostra comunicazione. E per-
chè la presente è breve, io 1' allungherò con l1 al-
1 Michel Angelo Tonti, da Rimini.
2 Lanfranco Margotti, parmigiano } « di genitori (scrive
n Lorenzo Cardella) così miserabili e oscuri, de' quali, non
» che aversene accertate notizie, se ne ignora per fino il
» nome » Dovè la sua fortuna alla sua straordinaria abi-
lità nell' arte del Segretario, nella quale, a malgrado della
scarsa letteratura, parve non avere chi lo pareggiasse.
Morì nel 1611, di soli cinquantatrè anni.
262 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
legata stampa, che credo le darà un poco di trat-
tenimento; e qui facendo fine, le bacio la mano.
Aspetto le particolarità dell' espulsione degli am-
baciatori del duca di Savoia; e subito che le riceverò,
le farò sapere a V. S. ; e se potrò, gliene manderò
copia intiera, perchè senza dubbio vi saranno ra-
gioni curiose. Quel duca di tempo in tempo riceve
qualche staffilata, e benché sia picciolo di corpo,1 ad
ogni modo ha cuore capace di ricevere il tutto con
gran costanza d1 animo. Temo però che nella fine
darà in qualche scoppio; onde chi ha da fare vi
pensi.
Di Venezia, li 20 decembre 1611.
CXCIII. — Al medesimo.2
Ho appunto giudicato, sì come V. S. mi scrive
per la sua delli 7 del passato, eh1 Ella nel tempo
del dispaccio precedente si trovasse assente : allora
non restai di scriverle, e credo che avrà ricevuto
la mia. Al presente non avendo cosa nuova, questa
mia seguirà solo di passo in passo quella di V. S. ;
la quale m' ha apportato sollevamento grande col
narrarmi la unione delle Chiese, e maggiormente
quando mi dice che non potrà seguire il matri-
1 u Era di corporatura anzi piccola che grande, e al-
« quanto rachitica -, onde fu volgarmente chiamato Carlo
» il gobbo. Gli occhi e la faccia tutta mostravano una vi-
n vacità, una perspicacia d' ingegno, una vastità di mente
» superiore e singolarissima. » Denina. — « Nel suo pic-
» colo e curvo corpo alloggiava un cuor grande, un valore
» non inferiore a quello de' maggiori eroi. » MurtATOiu.
2 Edita come sopra, pag. 431.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 2G3
monio di Spagna senza rompere con Reformati.
Resto ben io ancora alquanto turbato per F amba-
sciatore che va in Olanda ; ma Dio condurrà ogni
cosa a sua gloria, e a quello eh' è meglio per noi,
quantunque per incapacità nostra ci paresse altri-
menti.
La morte del duca d' Orléans sarà, senza dubbio,
fomento alla speranza di qualche inquieto; ma final-
mente, purché piaccia a Dio condur il re nella mag-
giorità, ogni altro male sarà rimediabile. È neces-
sario che il principe di Condé riceva delle repulse,
non comportando lo stato suo che vi sia fine de' suoi
disegni ; e se fosse compiaciuto in quello che diman-
da, dimanderebbe altro ancora. È prudenza, poiché
non si può contentarlo affatto, di porsi più tosto al
primo che al secondo.
Avrà tra quattro giorni li sermoni della beati-
iicazione del padre Ignazio,1 li quali il signor Bar-
barigo ha ritenuto per leggerli. Mi son ricordato di
aver una istoria di quanto passò in simil proposito
in Siviglia: ne ho un esemplare stampato in quella
città : io l' ho fatto copiare, credendo che dovrà esser
di gusto a V. S. ed a qualche altro amico costì. Io
veramente tengo la stampa per cosa carissima, impe-
rocché, se mi fosse narrata una tale azione, non la
crederei.
Ma in proposito de' Santi, al presente abbiamo
novamente Carlo Borromeo, 2 del quale si parla, e
1 La beatificazione avea avuto luogo sino dal 1609,
ma la santificazione non avvenne (come si disse altrove)
se non tredici anni dopo. Sembra che la difficoltà nascesse
dal non potersi provare che il Loyola (di cui non voglionsi
perciò impugnare 1' eroiche gesta) avesse mai fatto miracoli.
- La canonizzazione di S. Carlo Borromeo fu come resa
2G4 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
egli adesso fa tutti i miracoli, sì che i vecchi hanno
perso la piazza. Quanto a quello lucchese, io ho
avuto dubbio che costà la fama passasse tale a pun-
to, come V. S. mi scrive. Ma non è fatto per far
piacere al papa; e di quella morte ne sono stati
autori i politici. Il poveretto è capitato là per impru-
denza, non per 1- Evangelio. Ma sarebbe cosa lunga
il narrarglielo.
Quanto alle cose di qui, il papa non vuole in
modo alcuno controversia, e senza dubbio la Repub-
blica potrebbe fargliene quanto volesse : ma essi,
come le cose passano, quanto più è veduto atto a
sopportare, tanto più dicono che bisogna astenersi,
di modo che e il bene e il male si conviene tornar
in male.
Il Padre è molto insospettito per la venuta di
Badoero, e ci anderà cauto; ma la giornata sco-
prirà. Gli Spagnuoli faranno senza dubbio tutto
quello che vorranno in Italia, camminando con passi
così tardi e così corti ; che se volessero affrettarsi o
allungarsi, sarebbe il nostro bene. Delle cose di Sa-
voia non occorre pensarci niente, perchè sono tutte
necessaria dal voto popolare, perocché il popolo aveva co-
minciato a rendergli una specie di culto insino dal giorno
della sua morte : onde Paolo V, nel 1610, videsi in certa
guisa costretto a confermarlo. Sono a tutti notissime, le
prove di accesa carità date da quel prelato nel tempo che-
Milano fu desolata dalla pestilenza •, ma i cherici e i cle-
ricali non furono né forse sarebbero i più solleciti ad in-
formarci, com' egli, già vestito di porpora e venuto al pos-
sesso della mensa arcivescovile della sua patria, ne divise in
tre parti le rendite, una delle quali destinò ad essere distri-
buita tra i poveri, un' altra ai bisogni della sua chiesa, e
la terza al suo proprio mantenimento •, e che dell' uso che
di questa avea fatto, soleva poi rendere minuto conto nei
sinodi provinciali.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 2G5
chimere; e se ben di Spagna hanno licenziato i suoi
ambasciatovi, per l' affronto fatto in Torino dal
luogotenente di Nemours al segretario spaglinolo,
nondimeno da questo non ne seguirà niente. E ehi
sa che tutte queste cose non siano fatte di commi
concerto ?
Ho veduto la scrittura di monsignor Casaubono,
molto ben ornata ; ma ci desidererei maggior abbon-
danza di soggetto. Non mi resta altra cosa con che
attediare V. S. più lungamente, e dubiterei, quando
altro ci fosse, di mancar della debita discrezione. In
por fine alla presente, le bacio la mano, con il signor
Molino e padre Fulgenzio.
Di Venezia, li 3 gennaio 1G12.
CXCIV. — Al medesimo.1
L' ultima mia fu delli 3 del presente, e per questo
cornerò non ho veduto lettere di V, S. La causa
credo esser venuta dalli tempi sinistri che passano.
Non ho voluto restare, se bene ho angustia di tempo,
di farle riverenza, particolarmente per dirle, che
si mette in ordine la congregazione delli padri Ge-
suiti per la primavera in Roma. Gli astrologi pro-
nosticano sempre male dalle congregazioni delle
stelle malefiche : piaccia a Dio, che è superiore
a stelle ed a cieli, di convertir ogni cosa in bene.
Credo che si faranno valer in Roma contro la Re-
pubblica di Lucca, perchè in quella città sono stati
lasciati eredi di una grossa facoltà da una gentil-
1 Stampata come sopra, pag. 435.
266 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
donna vedova, privati li parenti; e quei magistrati
hanno dichiarato il testamento inofficioso, dove li
Padri hanno perduto la loro pescagione.
Qui è tenuto ancora eh' è stata trattata la loro
causa con la Università di Parigi, e giudicata, se-
condo che si aspettava, a favor dell' Università. Vado
credendo che si stamperanno le arringhe fatte nella
causa, dove intendo che monsignor Servino e l' avvo-
cato dell' Università hanno parlato dottamente e sa-
viamente. Sto con molto desiderio di esserne fatto
partecipe, come di cose che possono servir mirabil-
mente anco a noi.
Ho veduto la censura della Sorbona sopra li tre
Sermoni, la quale non si può se non commendare.
Dio volesse che tutta la dottrina della Sorbona fosse
simile a quella ! Ho veduto insieme un' Apologia che
fa il padre Solier contra quella censura, molto pe-
tulante e veramente da gesuita.1 Forse da queste
contenzioni ne nascerà bene ; che la Sorbona ritiran-
dosi dalla nuova dottrina loro, capiterà in qualche
buone opinioni. Le pretensioni spagnuole in Roma
continuano : non so se si possa sperare che di là
debba succedere qualche bene. Temo grandemente
che questi buoni Padri non diano qualche tracollo
in Francia ; perchè intraprendono troppo ardita-
mente i pregiudizi contro la libertà della Chiesa
gallicana, eh' è un punto mal inteso da' Francesi.
Né so, in vero, come abbino possuto sinora soffrire
1 Francesco Solier, gesuita dei più infaticabili, e autore
di molte opere ; tra le quali una versione in francese di tre
Sermoni spagnuoli intorno alla beatificazione del Loyola.
Questa traduzione fu condannata per quattro proposizioni
concernenti il misticismo, e il Solier volle difendersi da tale
censura nel modo che qui venne qualificato dal Sarpi.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 267
tante ingiurie : ma se una volta vi mettono la mano,
son sicuro che faranno da buon senno. Il tempo ma-
turerà le cose.
Del rimanente, non vi è altra cosa nuova, se non
la continuazione dell' antica mia devozione verso
V. S. ; alla quale, insieme con gli amici, bacio la
mano.
Di Venezia, li 18 gennaro 1G12.
CXCV. — Al medesimo.1
Per lettere scritte da un comune amico a mon-
sieur Assellineau, ho avuto notizia, con mio gran-
dissimo dispiacere, che V. S. si ritrova assalita dalla
sua colica ; e maggior disgusto sentirei, quando con-
siderando che il male già è familiare, non restassi
con speranza eh' Ella sarà per sopportarlo e supe-
rarlo con facilità : sì come prego nostro Signor Id-
dio, che le ne conceda grazia. Io non voglio pregarla
di scrivere in cotesto stato, ma bensì che sia contenta
di far avvisato monsieur Assellineau dell' esser suo,
e della speranza di presta e breve convalescenza.
Non posso dirle cosa rilevante di queste tre re-
gioni, ritrovandosi e noi ed esse in una incredibile
quiete, ovvero negligenza. Solo in questa città si
sono scoperte alcune giovani di molta devozione, in-
tente alli esercizi spirituali che qui si costumano,
e sono insegnati dalli religiosi d' Italia. Queste pa-
tivano estasi, dicevano vedere rivelazioni, ed anco
sudar sangue. Quel che di ciò sia la verità, chi non
1 Dalla raccolta come sopra, pag. 438.
2G8 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
ha veduto alcuna cosa, sì come non ho vedute io,
conviene che lasci il tutto senza affermazione o ne-
gazione.1 Ma cominciandosi qualche moto, e atten-
dendo a quello che avvenne altre volte in Portogallo,
sono state poste in monasteri di ordine del Principe.
Il rumor popolare svanisce, e par che si discopra
qualche artificio umano.
Intendiamo che dall' avvocato dell' Università e
dall'avvocato del re sia stata trattata la causa de'Ge-
suiti, con molto servizio non solo di Francia, ma di
tutta Cristianità. Ho gran desiderio di esser parte-
cipe di quelle arringhe, se però usciranno in luce.
Abbiamo la nuova della morte dell' imperatore,2
la quale non si può dire esser venuta meno impor-
tuna di quello che la vita. Dio faccia che succeda
persona di miglior intenzione e operazione verso la
sua santa Chiesa. Io non sarò più prolisso, così per
mancamento di materia, come per non esser più
lungamente noioso a V. S. ; alla quale prego da Dio
nostro Signore il colmo delle sue sante grazie e la
intiera sanità, e le bacio la mano.
Di Venezia, il 31 gennaio 1612.
1 II buon Sarpi, teineudo forse di scalzare i fondamenti
della retta fede, non osava impugnare nemmeno questi
oggimai troppo goffi e incredibili miracoli.
- Rodolfo II morì a dì 20 di quel mese, e gli succede
nell' impero il fratello Mattias, di cui si parla sì spesso iu
queste Lettere.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 260
CXCVI. — A Giacomo Leschassier.1
Mi fu recapitata la sua lettera delli 10 gennaio,
della nuale nulla potea riuscirmi più caro. Io desi-
derava ardentemente di sapere quale si fosse il de-
creto nella causa de' Gesuiti ; però che vennero qua
portati moltissimi esemplari dell' arresto, e tutti as-
sai diversi ; in questo tuttavia consenzienti, che il
decreto pareva piuttosto interlocutorio, che defini-
tivo. Nò 1' esemplare da Lei mandatoci ha tolta sul
proposito ogni ambiguità, giacché sembra che fino ad
ora rimanga ai Gesuiti il poter chiedere che la cosa
sia rimessa nel primitivo stato. Intorno a che mi
farebbe cosa gratissima col toglier di mezzo tutti i
miei scrupoli. Frattanto, io stimo assai che da ri-
nomatissimi avvocati siasi trattata la causa del re
e della Università con libertà sì grande e con egual
prudenza; e soprattutto approvo che si accusino le
dottrine, e non già le persone. La dottrina è comune
a tutti ; le virtù e i vizii distinguono le seconde.
Rispetto a ciò eli' Ella mi dice, essersi costoro
valsi di quel capitolo del Direttorio degT Inquisi-
tori,2 ove si domanda di far processi secreti senza
farli precedere da alcuna citazione, e che a questi
pur segue la condanna, e 1' esecuzione ne viene oc-
1 Dalle Opere di F. Paolo ec, toni. VI, pag. 93.
2 II breve cenno qui datoci dal Sai-pi non è suffi-
ciente a conoscere con sicurezza se voglia parlarsi del
notissimo Directorium Inquisitorum, compilato dal do-
menicano inquisitore nell' Aragona Xiccola Eymeric ; che,
con larghissimi Commentari d' un Francesco Pegua, fu
sontuosamente stampato in Roma, in cediòus populi romani,
nel 1585. Di cotali brutture dell' umanità noi non siamo
gran fatto curiosi. Chi tale si fosse, potrà cercarne e a
270 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
eultamente commessa ai crocesegnati; io non vedo
che ciò possa imputarsi ai Gesuiti, stantechè que-
sti, né in Ispagna né in Italia, non s'impacciano
della Inquisizione ; e quindi prego la S. V. di vo-
lermi scrivere in qual modo siasi, tra le altre, po-
tuto attaccar loro anche questa. Che poi processi
di tal sorta si fossero fabbricati anche contro di
me, ben io mei sapeva ; e più d' uno n' esiste ; e
per siffatto titolo sostenevasi che i sicarii che mi
aggredirono, lo avevano fatto con ragione. La In-
quisizione ha tuttavia per l'Italia non molti crocese-
gnati; mentre nel regno di Napoli non esiste Inqui-
sizione e nelle città soggette alla Repubblica non
può essa commettere cosa alcuna fuori dell' ordine,
stante l' intervento del magistrato secolare ; attalchè
non le si permette né di tener famigli armati, né di
fare alcuna cattura, se non per decreto di quello.
Non ricordo di aver mai letto la formula del giu-
ramento che prestano i crocesegnati, né le preci che
si spargerebbero da essi fra il popolo nel recarsi
alla guerra ; né mai m' era caduto in mente che co-
storo potessero oggi far uso di cotali preghiere e giu-
ramenti. Ma la S. V. non ha parlato a sordo : or io
mi darò tutto a questo, e m' ingegnerò di scoprirne
1' arcano.
Lessi con attenzione 1' opuscolo che le fu man-
sazietà trastullarsi con gli scritti di un Anonimo (Reper-
torio degli Inquisitori), di un Roias (Singolarità circa la
fede), di un Sousa (Aforismi degli Inquisitori), di un Ma-
sini (Sacro Arsenale del S. Officio), di un Spina (Baloardo
della fede), di un Calderini (Rubriche dell' Inquisizione),
di un Bernardo da Como (Lanterna degli Inquisitori), e
di tanti e tant' altri che non rifuggirono dal tramandare
alla posterità così splendidi monumenti della feroce loro
superstizione.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 271
dato intorno alla potestà ecclesiastica e politica,
insieme col decreto della Sorbona ; e non so del
tutto approvare quella dottrina, la qual mi sem-
bra di poca consistenza e, per dir tutto in una pa-
rola, troppo fredda. Ma perchè racchiude più cose
vere ed utili, io Faccetto come principio di una
trattazione migliore, e spero sarà per accadere che
alla fine la Sorbona metterà capo alla verità
schietta ed intera, che tanto risplende nei codici
Teodosiano e Giustinianeo, e nelle istorie dell' antica
Chiesa, che i ciechi ancora possono vederla. Quando
1' opuscolo sia stato spedito a Roma, non v' ha dub-
bio che non sia per essere condannato; e ciò pure
sarà giovevole, giacché la Sorbona si troverà co-
stretta a difendere 1' opera sua, e a progredire più
innanzi. In nessun altro modo i romaneschi scuo-
tono il mondo dal suo letargo, se non quando vo-
gliono che in ogni cosa e si pensi e si parli a se-
conda del loro arbitrio.
In quanto a me, io vengo chiamato secondo il
costume nel Collegio, ed anche più frequentemente,
abbondando gli affari. Nulla si è fatto e né an-
che pensato intorno a tal cosa, ma soltanto fu
nel Senato discusso il dubbio se il Collegio possa
produrre le secrete cose nel consiglio di quelli che
si chiamano consultori, prima che le si portino al
Senato; ovvero se ciò fosse loro da proibirsi senza
un precedente decreto del Senato : e infine fu deciso
che gli affari secreti vengano da prima riferiti al
Senato, e che per suo decreto solamente, e non per
altro modo, sia lecito portarli al consiglio. Di qui
forse quella voce, di cui mi accenna nella sua let-
tera, circa all' abbate du Bois : intorno al quale le
272 LETTERE DI FRA PAOLO SAEPI.
dirò ingenuamente quant' io ne so. Egli fu impri-
gionato per conto della Inquisizione, ai dieci di no-
vembre, mentre usciva dal palazzo dell' ambascia-
tore fiorentino ; ed essendogli state tolte le regie
lettere e il salvacondotto pontificio, come noi di-
ciamo, senza del quale non volle partirsi da Siena,
a dì 24 di detto mese, sul levar del sole, venne ap-
piccato in Campo di Fiore, e subito dalla forca de-
posto e portato al sepolcro. Così mi fu scritto al-
lora da Roma; se non che, nella settimana seguente,
uscì voce dal palazzo dell' ambasciatore di Francia,
non essere stato 1' abbate che fu impiccato, ma un
altro : * di che tutta Iìoina ne rise, e così mi fu ri-
dendo raccontato per lettera, aggiugnendosi che
T appeso alle forche era di statura e di sembianza
1 Di questo abbate, che più volte avea preso e deposto
gli abiti di monaco Celestino, ecco in compendio quanto
può dai biografi raccogliersi. Uomo d' inquieta e violenta
natura, ma di potente facondia nella predicazione ; sì poco
filosofo, che erasi ridotto alla indigenza per la sua capar-
bietà nel cercare la pietà filosofale-, aveva nell'orazione
funebre di Enrico IV, recitata a Sant'Eustachio, fieramente
inveito contro i Gesuiti, imputando ad essi il seguito as-
sassinio. Dopo i reclami che perciò si fecero, egli die in
pubblico una difesa, che fu stimata peggiore della prima
offesa. Dicesi che la regina, per metterlo in salvo dall' odio
che in Parigi erasi procacciato, immaginasse di mandarlo
a Roma •, e la scelta del luogo parrà a tutti ben singo-
lare, anche per chi voglia credere la Medici aliena da ogni
nefanda macchinazione. 11 Dubois si lasciò trarre nella
rete-, e giunto appena in Roma, vi fu catturato, e chiuso
nel Castello di Sant' Angelo ; d onde, a malgrado delle
premure fattene da tutti quelli che gli erano amici, non
fu mai potuto liberare, finché la morte non pose fine ai
suoi giorni nel 1628. Il che farebbe credere, secondo noi,
ad una certa connivenza tra le corti di Parigi e di Roma;
perchè, senza di ciò, non parrebbe possibile che a quella
non riuscisse in quindici anni, volendolo, di salvare un fran-
cese dagli artigli dell' Inquisizione.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 273
simile all' abbate. Da tale ambiguità incuriosito,
riscrissi, pregando per saperne la verità; e l'amico
mi rispose : questo esser certo, che l' impiccato so-
migliava all' abbate, e che da tutti era stato creduto
lui ; che ciò credevasi ancora, ed anche dai Gesuiti :
che tuttavolta. esitando pur taluno nel ripetere alle
orecchie altrui, e in ispecie di Francesi, la verità del
fatto, per le parole che ne corsero in contrario, esso
amico rimetteva nel mio giudizio se possa mai rite-
nersi che in sì famoso luogo sia stato pubblicamente
ucciso da pubblici ministri un uomo che nessuno
avesse potuto conoscere. Ed io imitando la modera-
zione di lui nel darne sentenza, ne lascio a mia volta
la decisione al senno della S. V. eccellentissima.
La prego, intanto, ad avermi sempre nella sua
memoria, e a continuare la sua consueta benevo-
lenza verso un sincero ammiratore delle sue virtù.
Di Venezia, il 14 febbraio 1612.
CXCVII. — A Giacomo Gillot.1
Il regio ambasciatore, nella sua venuta tra noi,
mi rallegrò grandemente col recarmi le graziosissime
lettere della E. V.. per le quali, saputo lo stato suo,
sentii scemarmi 1' angustia in che mi trovava per
le notizie avute di sua malattia. Subitochè da que-
ste conobbi che ella era pienamente ristabilita, ne
resi infinite grazie al Signore Iddio, e me ne ralle-
grai con la Francia, e con me stesso precipuamente ;
ed ora. mentre penso alla risposta, mi sopravviene
1 Stampata, in latino, come sopra, pag. 17.
Sarfi. — II. 18
274 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Tina seconda consolazione, cioè la sua lettera dei 15
di gennaio. Nulla di più spiacevole poteva, senza
dubbio, accadermi che l' interruzione della nostra
corrispondenza ; perchè, quantunque disegnassi a
tempo e ancora fuor di tempo di ristorarla, tuttavia
non m' occorse mai nessun modo col quale io potessi
promettermi di ciò fare con sicurezza. Nulla osta che
non ci scriviamo le solite lettere e le altre di mèra of-
ficiosità ; ma s' io non posso pienamente trasfondere
F animo mio in quello dell' amico, mi trovo compreso
da somma molestia ; nò posso indurmi a scrivere
q nelle cose comuni ed insulse, senza sentir suscitar-
misi un sentimento d'odio contro 1' umana malignità.
Mi fa meraviglia che siasi costà riferito di la-
menti da me fatti pel tradito segreto di alcune mie
lettere ; perocché di tal cosa non ho mai parlato
con anima viva, nò vi fu mai ragione di farlo. Con-
tuttociò, affincir Ella non debba prendere una pa-
gliuca per una trave, spiegherò qui la bisogna
coni' essa ebbe luogo. Quel tale di che ora si tratta,
mi diresse pel primo una officiosissima e umanissima
lettera : continuò poi a scrivermi con assiduità e.
coni' io credo, con grande amore e benevolenza verso
di me. Lo reputai buono e integerrimo uomo : fre-
quentava, in fatti, dì e notte il palazzo dell' amba-
sciatore Foscarini, mi mandava le lettere di Lei e
quelle del signor Leschassier, ch'io amo, onoro e
venero sommamente. Un anno fa mi fu fatto sapere
da un nobile ed ottimo personaggio, che colui aveva
consegnato certe mie lettere al Nunzio pontificio. Io
che non gli avea mai scritto di cose letterarie, ma
soltanto le novità correnti nel paese (né in vermi
tempo quelle che sono commesse alla mia fede, a cui
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 2*5
per cagione alcuna non saprei mancare), rimasi in-
certo se con buona intenzione, o per leggerezza, o
per qualsivoglia altro motivo, egli avesse ciò fatto :
nulladimeno. mi posi in guardia, né mai più gli
scrissi, dopo la mia ultima, quantunque egli poi ciò
facesse più volte colla usata cortesia. Sono tuttora
in sospeso circa il da credersi su tal proposito ; se
non che ho certezza che le lettere furono consegnate.
Ma, checché ne sia, non ne temo alcun male, per-
chè nulla io gli scrissi che non possa dirsi palese-
mente ; se ciò non fosse 1' avere scritto ad un uomo
di religione non romana : la qual cosa in Roma è
tenuta per gran peccato ; ma noi siamo qui sciolti
da tali pastoie. Chiamo Dio in testimonio, eh' io amo
tuttora quell' uomo, e che perciò non venne meno
la mia affezione per lui ; e vorrei potergli esser utile
a scemare il peso delle sue miserie.1 Solamente mi
son proposto di non iscrivergli mai più, finché la cosa
non sia messa in chiaro. Non potei, perciò, se non ri-
dere vedendo la lettera scritta di costì all'amico;
dove si dice che le mie lettere vennero mandate a Ro-
ma, e di là qui rimandate, e che per questo io sono
in disgrazia del Principe : delle quali cose le due ul-
time sono false, né mi è noto se né anche la prima
sia vera. Se non che di tal cosa ho discorso abbastan-
za, e troppo a lungo 1' ho trattenuta con tali scioc-
cherie ; ma 1' ho fatto perchè la voce dell' accaduto
non la inducesse a credere peggior cose sul conto di
quell' uomo ; e mi sarà gratissimo, quando le accada
1 I lettori resteranno, insieme con noi, maravigliati nel
leggere il nome di qnest' uomo, oppresso dalle miserie e
sospetto di aver tradito i doveri dell' amicizia, nella Let-
tera seguente.
276 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
trovare chi abbia di lui concepita una troppo sini-
stra opinione, se vorrà farsi campione della verità.
Ciò che costì si opera contro i Gesuiti, fa ritratto
della libertà, e della ingenuità dei Francesi. In ve-
rità, eh' io non posso nascondere, come finché vivono
tra voi, ci sia da temere : quanto più sono essi ir-
ritati, tanto più divengono velenosi ; ed ecco la ra-
gione per la quale ci sono infesti, e più ci distur-
bano adesso che son lontani, che non facevano
(piando erano presenti. Vi saranno addosso più forte
che mai ; né il poco numero è da disprezzare, peroc-
ché a questo suppliscono colla diligenza e coli' as-
siduità. In Roma è gran delitto non ceder loro in
ogni cosa, non che soltanto l'offenderli. Ne sia te-
stimonio 1' anima dell' abbate Du Bois ; la quale
non ha dubbio che non fosse disgiunta dal corpo,1
quantunque fosse dei familiari del regio ambascia-
tore dimorante presso il pontefice. Io non posso
farne testimonianza di vista, ma sulla fede del pub-
blico e di parecchi amici, mi è dato assicurare che
a dì 24 di novembre fu appeso un certo uomo che
allora tutti dicevano e credevano essere l'abbate Du
Bois ; e s' egli stesso non fu, né alcun romano, né i
medesimi sbirri e ministri della Giustizia sanno chi
mai sia stato. E qui lo punto, per nulla aggiungere
oltre ciò che mi è noto con certezza.
Torno invece ai Gesuiti. Ella m' empì di gioia
dicendomi che stava raccogliendo e pubblicando in
un solo volume tutto che si è fatto intorno ad essi
nel Senato ; né poteva annunziarmi pubblicazione
migliore, ne più gradevole né più degna d' esser letta
1 Vedi la nostra nota a pag. 272.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 277
da tutti quanti. Ben ciò è chiaro e manifesto a cia-
scuno : laonde faccia eh' io non sia privo di un tanto
piacere. Aspetto anche gli atti del Senato, che Y. S.
mi aveva promesso e torna a promettermi.
Dei due Concilii pisani di cui mi accenna, credo
volersi parlar soltanto di quello che fu celebrato un
secolo fa. Del primo, nel quale fu eletto Alessan-
dro V,1 non vidi mai gli atti. Del secondo, una volta
soltanto mi accadde di esaminare alcuni frammenti ;
e stimo che non abbia gran valore, dacché Massi-
miliano Cesare lo ripudiò, e il regno di Francia non
gli mantenne 1' obbedienza, e lo rinnegarono perfino
gli stessi cardinali che n' erano stati autori.2 E seb-
bene la Chiesa non debba governarsi cogli esempi,
ma coi canoni e con le ragioni, né sia prudente il
giudicare le cose dal loro esito ; tuttavia non so per
quale pessima usanza, gli esempi e gli eventi ai ben
fatti Concilii ed alle ragioni vengano preferiti. Ma
siccome desidero ardentemente che V. S. mi mandi
tutte le cose di cui mi parla, così sto in forse circa
il modo del mandarle. Per mezzo dei vostri librai
le non arrivano qua sicuramente ; dirigendo essi le
loro merci a Francfort, dal qual luogo è mestieri,
che, per venire a noi, passino per Trento ; laddove
i romaneschi hanno ministri i quali esaminano colla
massima diligenza i libri indirizzati a Venezia, ed
1 Nel 1409.
2 Parlasi del famoso Concilio di Pisa, celebrato, ad
istnnza del re di Francia, nei tempi in cui la repubblica
fiorentina era governata dal Soderini. Il Machiavelli, poco
zelante dell' ortodossia e poco ancora sollecito delle riforme
(cioè delle ecclesiastiche), ne parla sempre come di una
grande imprudenza, che avrebbe attirato, siccome avvenne,
calamità novelle sull' Italia e sulla sua patria medesima
278 LETTERE DI FRA PAOLO SARri.
esercitano il loro ufficio più sicuramente che nella
stessa città di Roma. Laddove quello eh' io aspetto
non sia voluminoso, meglio sarà il mandarmelo per
la via di Torino, se non compiuto, almeno in più
volte ; o se sarà diretto a Francfort, gioverà non ai
librai, ma bensì consegnarlo a mercanti. Se la S. V.
vuole onorarmi di questo picciol dono letterario, io
le darò il nome del mercaute di Francfort, al quale
dovrebb' essere consegnato il fascicolo da spedirsi.
Perchè colpito da una cotal leggiera debolezza
della mano, per meno affaticarla, e per risparmiare
a Lei la molestia di legger caratteri troppo confusi,
mi sono valso dell' altra eh' Ella vedrà. Resta che
voglia perdonarmi questa prolissa e inetta lettera,
e che secondo 1' usato continui ad amare il suo sin-
cero estimatore. Stia sana.
Di Venezia, li 14 febbraio 1G12.
Se le piacerà di mandarmi qualche cosa pe' li-
brai di Parigi che nella prossima quaresima an-
dranno a Francfort, mi sarà recapitato semprechè
ne sia fatta consegna in detta città a Geremia Bou-
dewin, colla direzione a Carlo Baldassari, della cui
mano è l'appuntino qui accluso.
CXCVI1I. — Al signor De V Me Groslot. x
Sì come sentii sommo dispiacere per la nuova
dell'indisposizione di V. S., così mi son rallegrato
molto vedendo la sua delli 1(5 gennaio ; e particolar-
1 Dalla Raccolta di Ginevra ec, pag. MI.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 279
mente eh1 Ella mi fa menzione &' aver sentito l' indi-
sposizione della gotta, e non mi dice cosa alcuna di
nefritica, die mi dava maggior travaglio. Vedo an-
cora il carattere di questa presente simile agli al-
tri consueti; il che mi dà speranza che la mano ri-
tornerà allo stato di prima, come prego la divina
Maestà, che voglia concedergliene la grazia.
Ricevei al tempo suo quella delli 7 decemhre,
come credo averle significato. La lite dei Gesuiti, e
Varreste pronunciato in quella un mese fa, dà motivo
a ragionar assai, principalmente per due ragioni.
L' una, perchè ne sono venuti diversi esemplari, e
tutti di varie forme; la seconda, perchè pare inter-
locutorio e non definitivo, onde vien dubitato che,
per le solite arti, in fine siano per restar superiori.
La prima difficoltà mi è stata risoluta da V. S., ma
in maniera che mi accresce la seconda; perchè chi ha
potuto far alterare il pronunciato, molto più potrà
far riuscir a suo disegno quello che si doverà pronun-
ciare. Ma sia quello che si voglia, mi par però gran
passo, che si sia apertamente parlato contro di loro, e
che debba uscir in stampa 1' azione ; cosa che tanto
desidero, quanto dubito che per qualche arte non sia
impedita. Ma come e per che causa il principe e li
<lue vescovi siano intervenuti nel giudicio, è cosa
che sommamente desidero sapere, riputando che in
questo particolare sia gran parte del misterio.
La risoluzione di demolir Borgo in Brescia,1 sa-
puta qui già molti giorni, è stimata cosa di gran
conseguenza; e per me, debbo dire che nessuna delle
1 Così per traduzione, non esente da equivoci, del fran-
cese 13onrg-rn-Liresse} città che sino al 1601 aveva appar-
tenuto alla Savoia.
280 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
cose occorrenti nelli governi di Stato presenti mi
par meno intelligibile. E la deposizione di Monsieur
de Sillery1 mostra che le cose non possono restare
nella quiete presente, e mi par gran prudenza de' Re-
fu rinati il lasciare che gli altri comincino la gio-
stra, e restar fuori di interessi ; e differire ancora le
loro risoluzioni, mi pare che sia certificarsi tanto
più di ricever soddisfazione.
Per passare alle cose di qua, è necessario che per
qualche giorno le dim anele di Spagna dormano ; per-
chè essendo morto l' imperatore, il papa e Spagna
hanno interesse di star uniti per li rispetti comuni.
Si vede ben chiaro, che o veramente Matthias sarà
eletto imperatore presto, ovvero si darà in un lungo
e difficile interregno. Ma io credo che succederà il
primo, e tutto per colpa principale d' Inghilterra,
quale è più dottore che re. Io sono ben certificato
che il papa, il quale suole esser assai negligente e
non pigliarsi pensiero di tutto quello che succede di
là da monti, a questo pensa, ed è molto afflitto, e
credo che lo spaventi più la vergogna di perder
una tanta pretensione, che nissun' altra cosa.
La differenza tra Spagna e Savoia, per la quale
il re ha licenziato li ambasciatori del duca, era cre-
duto che si dovesse accomodare dando qualche sod-
disfazione al duca ; ma non pare che la cosa sia
ancora in buon cammino, perchè di ciò non si vede
ancora principio ; anzi, in contrario, nuovamente il
duca ha richiamato li suoi ambasciatori. Con tutto
1 Niccola Brulart de Sillery, cancelliere di Francia e
che aveva goduto la più intima confidenza di Enrico IV,
fu fatto allontanare dagli affari per opera del Concini,
favorito della reggente.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 281
ciò, io credo bene, che questa differenza non parto-
rirà alterazione di cose.
L' abbate di Bois non fu messo in monastero al-
cuno, ma nelle prigioni dell' Inquisizione ; e fu im-
piccato nella maniera che io scrissi a V. S. Tutta
Roma lo sa ; ma la corte dell' ambasciatore di Fran-
cia dice che fu un altro, con riso però di chi lo ode.1
Monsieur Assellineau nv ha mostrato il capitolo
della lettera di V. S., dove narra la cosa di Castrino:
la quale è vera, ma è vecchia di più d' un anno, e
il Padre ne fu avvisato allora, e pertanto cessò di
scriverli. Xon sa però se quelle lettere sono state
mandate in Roma. Questo già non è vero, che di
là siano andate in Venezia, né meno che per ciò
sia avvenuto alcun* male ; né esso Padre crede che
sebbene fossero mandate, potessero partorir niente :
nondimeno, stimando ogni cosa come si conviene.
cessò allora di scrivere, con proposito di non scri-
vere mai più.2 Io son risoluto in me medesimo di
non aver familiarità alcuna con gli ambasciatori di
Francia, per li rispetti saputi da V. S., e per altri.
Rendo molte grazie a Y. S. per la lettera che
mi ha mandato per mostrar al Gussoni. Per quella
strada continueremo la nostra communicazione ; e
quando egli anelerà in Torino, darò ordine che Bar-
barigo li dia istruzione del modo che dovrà tenere.
V. S. lo potrà aver per gentiluomo di bontà e inge-
nuità, non però della capacità di Barbarigo; e com-
municar con esso lui tutte le cose, eccetto di Evan-
gelio, se non in quanto queste fussero congiunte con
1 Ci riportiamo, come altre volte, alla nota posta a
pag. 272.
- Si vedano intorno a ciò le Lettere CXCVII e CXCIX.
282 LETTERE DI FRA PAOLO SARP1.
quelle di stato e di governo. E necessario che Barba-
rigo quest' anno sia destinato costì, ovvero in Spa-
gna. Esso e un gran papista1 avranno l'uno un
luogo e 1' altro 1' altro : senza dubbio, io credo che
Francia toccherà a Barbarigo, perchè egli più lo de-
sidera, e 1' altro più desidera V altro. Ma il futuro è
in mano di Dio.
Io. dopo aver reso molte grazie a V. S., che con
tutta T indisposizione ubbia voluto prender fatica di
scrivermi, e così lungamente, la pregherò sopra tutte
le cose aver cura della sua sanità ; e a me, quando
si trovi o impedita o occupata, differir lo scrivere,
e non allungar mai più di quello che comporta il
suo comodo. E qui facendo line, le bacio la mano.
Ieri morì D. Giovanni Marsilio,2 per quello che
io credo, molto ben conosciuto da V. S., essendo
stato in letto circa dieci giorni con strani accidenti.
1 medici dicono che sia morto di veleno; di che io
non sapendo innanzi, altro non dico per ora. Hanno
bene alcuni preti fatto ufficio con esso lui, che ri-
trattasse le cose scritte ; e egli è sempre restato co-
stante dicendo aver scritto per la verità, e voler
morir con quella fede. Monsieur Assellineau l'ha
molte volte visitato, e potrà scriver più particolari
della sua infermità, perchè io non ho potuto né ho
voluto per vari rispetti ricercarne il fondo. Credo
1 Forse il Badoero, di cui parlasi frequentemente sino
dal di 3 gennaio di quest' anno.
2 Prete napoletano e teologo, che avea scritto, a prò
della Repubblica, dapprima la Risposta ci' un Dottore alla
Lettera d' un amico intorno alle censure : quindi, per apo-
logia di sé stesso, la Difesa di Giovanni Marsilio in fa-
vore della Risposta alle otto proposizioni ec. V. Griselini,
Mem. anedd. ec, pag. G2.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 283
che se non fosse per ragion di stato, si trovereb-
bero diversi che salterebbero, da questo fosso di
Roma, nella cima della Riforma; ma chi teme una
cosa, chi un' altra. Dio però par che goda la più
minima parte de' pensieri umani.1 So eh' Ella mi in-
tende senza passar più oltre. Mi confermo suo, come
fanno ancora gli altri amici.
Di Venezia, il 18 febbraio 1612.
CXC1X. — A Giacomo Leschassier.2
Siccome la sua sollecitudine per me proviene
da squisitissima cortesia, co^ì l'ho pure in conto
di vero benefizio. E acciocché V. S. conosca affatto
le mie condizioni, desidero eh' Ella sappia, esser tali
i costumi del nostro paese, che coloro che si tro-
vano nel grado dov'io ora mi trovo, non possono
perder la grazia di chi governa senza perdere an-
cora la vita. Da tal sorte nessuno potrebbe andar
esente ; ed io sempre opero come si conviene a buono
e ledei suddito, e del rimanente lascio la cura a Dio.
Ma frattanto mi maraviglio coni' abbia potuto spar-
gersi la falsa voce di cui mi parla,3 e che si vogliano
coloro i quali divulgano queste e simili fiabe.
1 Non sembrandoci felice questo modo di esprimersi,
ne daremo la spiegazione : Pare che a Dio si pensi meno
che ad ogni altra cosa.
- Edita in latino, tra le Opere ec., pag. 99. Manca
della data, ma per esservi ripetute le parole stesse della
precedente : « Morì ieri Giovanni Marsilio « (pag. 282),
abbiamo con sicurezza potuto riferirla a quel giorno me-
desimo.
3 Cioè, che il Sarpi fosse decaduto dalla grazia del
284 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Morì ieri Giovanni Marsilio, prete napoletano, il
quale scrisse alcune cose contro l'Interdetto ponti-
ficio. I tre medici che per dieci giorni curarono l'am-
malato, affermano costantemente ch'egli sia morto
di veleno : sin qui nient' altro se ne sa.
Soffro di una leggera debolezza nella mano, co-
me può avvedersi per la forma del carattere; e per-
ciò le ho scritto di pugno altrui, e per la ragione
stessa sarò forse costretto di fare il medesimo qual-
che altra volta: ma credo che sia per essere con
sua minore molestia, per la forma un poco meno
brutta del presente carattere. Stia sana.
18 febbraio 1612.
CC. — Al signor De V Me Grosìot.1
La strettezza del tempo mi costringe usar mag-
gior brevità di quello che vorrei in rispondere a
quella di V. S.; la quale m'ha apportato gran pia-
cere con la nuova della sanità ricuperata, la quale
io spero che piacerà a Dio render durabile, come
lo prego con vivo affetto.
Fu 1' ultima mia delli 14 di questo,2 dove esposi
tutto quello che passava in queste regioni in dis-
corso, perchè infatti qui non abbiamo altro che
una oziosissima pace. Al presente ognuno è volto
principe (governo della repubblica) per le lettere scritte
al Castrino, e mandate prima a Roma, poi, come dicevasi,
rimandate a Venezia.
1 Edita in Ginevra ec , pag. 443.
2 Così ha 1' antica stampa ; ma 1' ultima al De l' Isle,
oss:a la CXCVIII, ha data posteriore di quattro giorni •,
onde pare da correggersi : delli 18.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 285
verso Germania, di dove V universale aspetta qual-
che gran cosa; ma li prudenti non sperano niente
di buono. Vien creduto da chi intende alquanto li
pensieri di quei principi, che il re Matthias debba
esser eletto all' imperio con poca difficoltà, e che
debba riuscire a profitto dell' Evangelio. Ma io ho
veduto così frequentemente i disegni umani aver
fine tutt' altro da quello ove sono stati inviati.
che non ardisco promettermi niente. Aspetterei bene
alcuna cosa buona, quando il re d' Inghilterra avesse
maggior senno ; ma questo ancora, poiché sarebbe
fondamento umano, non lo desidero molto, per ti-
more che non facesse danno in luogo di utilità.
Ben si vede quanto grande sia stato il guadagno di
chi ha macchinato la morte del re Enrico, poiché
nascono al presente tali occasioni, che l'avrebbono
portato sopra la testa de' suoi emuli.1
Per questo corriero io ho ricevuto il Plaidoyer
di Martilliers,8 molto eloquente ed anco sensato ; re-
stando in maraviglia della libertà francese, che in
propria faccia de' Gesuiti, tanto sensitivi, anzi ven-
dicativi, abbia avuto animo di parlar in quella ma-
niera. Aspetto con desiderio di veder anco quello di
Servino, quale mi figuro dover esser ancora pili li-
bero. Certamente, che se li Gesuiti hanno delli fau-
tori costì, hanno anco delle mortificazioni, e non
possono gloriarsi di vittoria.
1 A chi si piace delle isteriche meditazioni ci pare da
raccomandar questo passo, come lampo quasi improvviso e
frutto spontaneo della riflessione di un potentissimo intelletto.
2 Pietro De la Marteliere (comunque qui ed altrove scri-
vasi questo nome) fece non una sola ma più arringhe fo-
rensi in favore dell' Università di Parigi contro i Gesuiti,
che tutte si hanno alla stampa.
286 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Per il corriero passato, monsieur l' Escliassier mi
mandò la scrittura De ecclesiastica et politica po-
testate ; e ni' avvisa per questo spaccio, che per causa
di quella è nata qualche pratica sediziosa, eccitata
da' papisti e repressa dal Parlamento. E certo, per
parlar umanamente, le presenti occasioni pare a me
ricercano, che tralasciati tutti li altri punti, adesso
ognuno attendesse a difendere la libertà de' principi,
e a ridur in ordine la esorbitante potestà romana ;
perchè questa aprirebbe via ad altre verità e leve-
rebbe assai favori a' Gesuiti. Conosco molto bene,
che se la Sorbona s' impegnerà in queste trattazio-
ni, farà il bene suo e della Chiesa, acquisterà ripu-
tazione, passerà a cognizione di maggior cose, e darà
credito alle buone opinioni. Ma è gran cosa che li
Gesuiti abbiano tanta libertà di predicare, che ar-
discano toccare l' autorità del Parlamento, e, quello
eh' è peggio, difendere l'equivocazione in Francia, la
quale ne' tempi passati ha fatto professione di par-
lar di sincerità sopra le altre nazioni.
Mi piace che il Dircctorium sia considerato co-
stì. Vn pezzo è che li Spagnuoli e Italiani sentono la
sua forza.
Mi pare che i Riformati in Francia siano a peg-
gior condizione, che quando avevano un principe per
capo, con tanti capi; li quali temo non li conducano
in controversia e sospetto, e riducano a debolezza.
E prego Dio, che provveda a ciò con la sua santa
grazia. Non mi posso tacere, che mi pare peggiore
stato, che avendo principe.
Quanto al matrimonio del re di Spagna con la
figlia d' Inghilterra, non è da reputarlo così lontano
dall' effettuarsi, attesa 1' arte di Spagna e la sem-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 287
plicità d* Inghilterra. Ma li matrimoni di costì non
sono se non per aver ingresso a ben seminare il
Diacatholieon ; 1 del resto non hanno altro fine.
Io desidero di continovare la communicazione
con V. S. Ho mostrato la sua lettera al signor Gussoni,
e dettogli che alla sua partita scriverò al signor Bar-
barigo, che le communichi la cifra e le dia tutti li
indirizzi per scrivere a V. S. e ricever lettere da
Lei. Io credo eh' Ella averà gusto della sua commu-
nicazione. Gli potrà scrivere liberamente così le cose
occorrenti del mondo, come anco delle esorbitanze
papali : delle altre cose di Religione2 potrà astenersi
di parlare, non perchè sia papista, ma per non es-
ser egli capace.
Vengo alla dimanda di V. S. sopra la papessa
Giovanna ; dove le dirò che siccome io non ho tro-
vato mai fermo argomento per provare che quella
sia una vera istoria, così non ho trovato sode ra-
gioni per mostrar la falsità. Ma parlando con sin-
cerità, inchino piuttosto ad averla per falsa, ma non
per assurda ; poiché in quei tempi successero cose
non meno inconvenienti, che l' esser caduto quel
grado in una donna ; poiché le persecuzioni e an-
nullazioni degli atti de' predecessori fatti dalli suc-
cessori anco in Concilii, non sono cosa minore. E
finalmente, che differenza è dare il governo ad una
1 Le male semenze che si bene avea fatte abbarbicar
nella Spagna la escogitata e inflessibile tirannia di Filip-
po II : papismo, gesuitismo, austriacismo, inquisizione.
- Dia pure, chi vuole, libero sfogo alla propria fanta-
sia nella interpretazione di queste parole. Più di dugento
cinquanta Lettere sono ormai sotto gli occhi del pubblico,
più che sufficienti a far conoscere gì' intimi pensieri d' ogni
uomo, e a contenere ogni ermeneutica nei termini del
retto e del vero.
•288 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
donna, ovvero ad un putto di undici anni, come Be-
nedetto IX ; per lasciar da canto Giovanni XI e Gio-
vanni XII, che passavano di poco quella età ? Quelli
che vogliono far capitale sopra tale istoria, non po-
tranno servirsene ad altro, se non per mostrare
che la successione sia interrotta. Ma per la istoria
di Baronio, tanti sono li intrusi, che la interruzione
della successione non si può negare : e per dirli
in poche parole, questa Giovanna si fa vivere tre
anni, e vi sono delle sedi vacanti di tre anni, che
rileva il medesimo ; onde non vorrei affaticarmi per
provar una cosa che, provata, non mi servirebbe
niente di più.1
Io farò fine alla presente con dire a V. S. una
mia speranza, che in breve debba succedere contro-
versia tra il papa e la Repubblica per causa di na-
vigazione; che succedendo, sarà di conseguenza
grande. Faccia Dio la sua santa volontà ; il quale
prego, che doni a Lei perfetta sanità, e ogni pro-
sperità presente e futura.
Di Venezia, li 28 febbraio 1612.
1 Confessiamo di non aver mai letto parole che meglio
ci persuadessero della vacuità di una tale controversia ; e
ciò dicesi in quanto alle illazioni che i protestanti avreb-
bero voluto cavarne. In ciò che spetta alla critica isterica,
una questione già discussa da Leibnizio (benché quell'opera
non conoscasi, ma non se ne ignorano le conchiusioni) e
maestrevolmente riassunta dal Bianchi-Giovini, non può
più essere, secondo noi, messa in campo.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 289
CCI. — Al medesimo.1
Il corriere di questa settimana non m' ha por-
tato lettere di V. S. ; il che le dico solo per avviso,
non volendo io però eh' Ella prenda mai nessun in-
comodo per scrivere. Siamo al solito sterili di nuo-
ve, e attesi tutti alle cose di Germania : delle quali
altri temono e altri sperano, secondo gli affetti ; e
quelle di Francia ancora somministrano assai materia
a discorsi. Qua in Italia non vi è cosa di momen-
to, non permettendo 1' ozio se non 1' ordinario corso
delle cose. Però dalla scrittura che io le mando qui
inclusa, Ella vedrà che alcune volte li svegliamo dal
letargo. Ne ho mandato anco una copia a monsieur
1' Eschassier, parendomi servizio comune che si di-
vulghi. Vedrà dal tenor di essa, che è pubblica.2 Però,
siccome in più mani che anderà, tanto sarà meglio,
così non avrò caro che si sappia che sia tenuta da
me, acciocché quelle buone persone non concepiscano
maggior odio di quello che hanno.
Quello che io accennai a V. S. dover scoprirsi
tra la Ilepublica e il papa, non ha ancora fatto il
suo lampo : 3 lo farà al sicuro, restando però io, sic-
1 Edita come sopra, pag. 459.
2 Per la ragione appunto dell'esser pubblica, non ci è
dato conoscere di quale fra le scritture del nostro Autore
vogliasi qui parlare. Certo eh' egli si adoperò continua-
mente nelle fatiche di tal sorta a servigio della sua Re-
pubblica -, ma non vedesi di quale tra quelle fatiche fosse
fatta pubblicazione in queir anno.
:i Gli è il fatto stesso accennato sulla fine della Lettera
precedente, cioè le contese risorte per causa di confini
coi Ferraresi ; contesa sulla quale anche il Sarpi dovè
adoperar la sua penna, e che andò a finire in accomo-
damento.
SAr.n — II. 19
290 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
come le scrissi per l' altra, incerto se terminerà in
differenza, ovvero in sospetto, ovvero in niente. Per
la seguente, se sarà fatto lo scoppio, glielo scriverò.
Abbiamo qualche altra cosuccia, nella quale li
nostri papisti ci esercitano, e si va rimediando ; e
quantunque non si faccia tutto quello che si do-
vrebbe, quel tanto che si fa non è sprezzabile. È
occorso in Ravenna, che avendo congregati il car-
dinale Gaetano, legato, li gentiluomini di quella città
ed esortatili a provveder ad una imminente care-
stia, gli rispose uno di casa Rangone, principale di
di quel paese, che essi non sapevano come provve-
dersi, né a loro toccava, ma a lui, che con la con-
cessione delle tratte aveva vuotato il paese di grano
estratto in Italia. (Si chiamano tratte le concessioni
di portar il grano fuori del paese, pagato un tanto
per misura.) Il cardinale diede una mentita al gen-
tiluomo, e il gentiluomo sfoderò il pugnale contro
il cardinale, né successe maggior male, perchè fu
impedito dalli circostanti. Questa sarà una cosa di
dura digestione, e che avrà conseguenza. Vi sono
alcune cosucce, le quali le saranno scritte da mon-
sieur Asselineau, che io non replicherò, per non es-
ser di maggior tedio a V. S.
E partito di qua il signor Gussoni, e Barba-
rigo all' arrivo di quello di Torino sarà di ri-
torno qua, e io credo al mezzo del mese seguente.
Ad esso signor Gussoni io ho dato due lettere,
una direttiva a V. S., la quale egli le manderà
quando sarà giunto ; ed al signor Barbarigo ho
scritto che gli dia1 tutti gl'indirizzi di tener corri-
1 Cioè dia, esso Barbarigo, al Gussoni.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 291
sponclenza con V. S., ed anco la cifra. Se a Lei pia-
cesse di scriverli anco prima di avere lettere da lui.
con occasione di inviarne a me, dicendoli quei par-
ticolari che li paressero degni, io lo riceverei a fa-
vore. E qui facendo fine, le bacio la mano.
Di Venezia, il 7 marzo 1012.
CCII. — AI medesimo.1
Non ho mancato di scrivere a V. S. con tutti li
corrieri che sono partiti questo anno. Può esser che
alcuna volta, per la negligenza di quelli per mano
de' quali le lettere passano, alcuna sia stata ritar-
data: spero che quelle che non sono capitate, capi-
teranno.
11 tumulto nato per il libro di Richerio 2 non
1 Dalla raccolta come sopra, pag. 454.
2 Edmondo Richer, sindaco della facoltà teologica di
Parigi, ed uno dei personaggi che, nelle controversie re-
ligiose di quel tempo, si mostrò più fermo ed animoso,
ed ebbe anche maggiormente a patirne. Ci piace qui ri-
portare ima parte di quanto troviamo scritto da francesi
biografi intorno a quest'uomo: « Si sollevò nel 1611 con-
n tro la tesi di un domenicano, che sosteneva l' infallibilità
n del papa, e la sua superiorità sopra del Concilio. Pub-
n blicò nel medesimo anno un piccolo scritto intitolato
n della Potenza ecclesiastica e politica, per istabilire i
» principii sopra de' quali egli sosteneva esser fondata la
» dottrina della chiesa di Francia e della Sorbona, ap-
» partenenti all' autorità del Concilio generale ed al papa.
n Questo piccolo scritto destò gran rumore, e sollevò con-
n tro di lui il nunzio ed alcuni dottori, che si sforzarono
» di farlo deporre dal sindacato, e di far condannare il
» suo libro dalla facoltà di teologia. Ma il Parlamento
» rimise alla facoltà stessa il deliberare. Contuttociò, il
n cardinale Du Perron, convocati in Parigi otto vescovi
292 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
debbe dispiacere né esser reputato inutile, poiché
senza quello sarebbe stato letto da pochi, e meno
considerato ; ma una contraddizione lo farà esaminar
e pesar con diligenza, e farà fermar li partiti di chi
l'approverà o riproverà quella dottrina; e nissuna
cosa è più utile che il separar li buoni dalli catti-
vi, e far che si conoscano ; e che li buoni non restino
addormentati, e senza conoscer le perverse opinioni
di chi non vuol conoscer alcun Dio in cielo, ma ne
vuol uno in terra, per mezzo del quale possano es-
ser espiati dalle scelleratezze perseverando in quelle.
Le parole nate tra il principe e il cardinale mi
paiono di tanto momento e di tanta conseguenza,
che non volendo star al solo avviso che V. S. mi
dà per questa sua delli 15 (se ben quasi l' istessa
cosa mi vien scritta da monsieur 1' Eschassier), la
prego scrivermi di nuovo quello che in tempo avrà
verificato in questo particolare; perchè, se dovrò cre-
dere che quel principe sia capace di tanto, conce-
pirò maggior speranza, non solo per la Francia, ma
anco per altre regioni.
Sarebbe gran danno che monsignor Servili fosse
ricompensato in altro per levarlo di quel carico :
» della sua diocesi, e 1' arcivescovo di Aix, in sinodo com-
» posto di altri tre, censurarono quel libro ; dopo di che
n seguì pure la condanna fattane in Roma. Sorsero allora
n d' ogni parte gli oppositori che si fecero a confutarlo ; ina
n al Richer venne dalla Corte comando espresso di non
n iscrivere cosa alcuna in sua difesa. Come se ciò non
« bastasse, fu costretto a deporre la sua carica di sindaco ;
n né gli valse il ritirarsi nella solitudine, perchè fu chiuso
» eziandio nelle carceri di San Vittore. Dopo essere stato
n astretto a fare ampie dichiarazioni, se non ritrattazioni,
» della sua dottrina, e mentre attendeva a limare le sue
iì opere, fu colpito dalla morte uell' età d' anni 72. »
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 293
ma vedendo qualche altra azione poco generosa,
conviene temer di tutto. 11 Plaidoyer di Martil-
liers l è una eloquente e soda scrittura, e conclude
molto bene. Avrei voluto che siccome egli ha parlato
solo a fine di difendere 1' Università, e però non ha
passato la materia dell' instruzione della gioventù,
avesse avuto fine più generale ; cioè di mostrare il
danno che il mondo riceve da quella società per
tutte le loro azioni : ma chi sa che un giorno quel
valente gentiluomo non abbia occasione di farlo.2
Già avevo veduta la giustificazione di Solier, con
la censura della Sorbona, e il discorso di quello che
è passato a Troia, con un altro bel successo di To-
losa; e non posso negare a V. S. di esser restato
senza nissuna maraviglia leggendo quello che ha
scritto Solier, perchè avendo veduto altre cose molto
più esorbitanti che ci passano per le mani quoti-
dianamente qui in Italia, non posso se non dire che
quelle non sono considerabili. Mi fa temere qualche
male il vedere che li Riformati siano così mal trat-
tati dalla regina, e tanto più, attesa la differenza
di Boullion e Desdiguières con gli altri. Io prego
Dio, che per sua bontà prevenga la cattiva volontà
degli uomini.
Stupisco come li principi hanno sopportato il
matrimonio trattato senza di loro. Se il re fosse
maggiore, non lo avrebbe fatto da sé ? 3
1 Vedi la nota 2 a pag. 285.
2 Vedi la pag. 285 e nota 2.
3 Lviigi III, che allora non aveva compiti i dodici anni,
si sposò nel 1615 ad Anna dv Austria, infanta di Spagna;
matrimonio, per quanto ce ne ricordi 1' aver letto, abba-
stanza infelice, perchè il re era preso d' amore per altra
donna.
294 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Quanto alla venuta costà del signor Barbarigo,
per la passata ho scritto a V. S. non solo tutto
quello che ne so, ma anco tutto quello che se ne
può sapere da qual si sia. In Spagna ovvero costì
anderà al certo. In fine di questo mese egli tornerà
a casa, e il signor Gussoni, che per 1' avvenire sarà
ambasciatore, andrà a Torino ; per mezzo del quale
continueremo a scrivere secondo il consueto. Per il
seguente corriere credo che avrò da narrare a V. S.
una bella arte di Gesuiti contro la Republica, e
una provvisione pubblica di quella, in maniera che
sarà degua di esser portata anco per esempio ad
altri.
Nascono disgusti tra il papa e la Repubblica per
causa di navigazione, che potrebbe esser di conse-
guenza, se non si rimedia presto. Se qualche cosa
sarà, per la seguente ne darò a V. S. conto ; alla
quale, dopo renderle li saluti a nome del signor Mo-
lino e del padre M. Fulgenzio, le bacio le mani,
pregandola ad aver un poco di più cura della prò*
pria sanità, e ringraziandola delle scritture manda-
temi.
Delle cose di Germania qui vi è grand' incer-
tezza, e la maggior parte pensa che debba nascer
turbazione ; ma io non lo posso credere, e tengo che
Mattias resterà imperatore senza difficoltà. E per
pronosticare ancora più oltre, aggiungo che poco
dopo Alberto sarà fatto re de' Romani, e stabilito
più che mai il dominio spagnuolo in Germania: il
quale chi lo vuole lo merita.
Di Venezia, il dì 13 marzo 1G12.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 295
CCIII. — Al medesimo.1
È partito di qui l' illustrissimo signor Gussoni
per risieder in Torino appresso l' Altezza di Savoia,
come ambasciatore di questa serenissima Repubblica,
conforme a quello che io ho più volte scritto a Y. S.
Io ho desiderio eh' Ella tenga corrispondenza con
esso lui, nella medesima maniera che ha tenuto con
T illustrissimo Barbarigo; et a questo effetto io diedi
a lui la presente, acciò la mandi a V. S. quando
sarà giunto a Torino.
Scrivo medesimamente al signor Barbarigo, che
vogli lasciarli la cifra, acciocché possa anco, occor-
rendo, scrivergli qualche cosa in confidenza; accer-
tandola eh' è di compita realtà ed ingenuità e di
esquisita prudenza, coni' Ella vederà dalle sue lette-
re. La prego non solo di dargli avviso delle cose oc-
correnti, ma aggiungervi anco li prudentissimi suoi
discorsi, acciocché egli penetri l' interno delle cose :
e se quello per mano di chi passeranno le lettere
di V. S. in Parigi, li aggiungesse qualche poco di
polizza, in caso che vi fosse cosa che meritasse esser
avvisata immediate, sì come altre volte le dissi, il
favore sarebbe duplicato. Credo che V. S. riceverà
quella che scriverò martedì per 1' ordinario innanzi
la presente, e però non le dirò altro di nuovo ; se
non che con affetto la prego favorir e me e questo
signore, tenendo con esso lui quella libera comuni-
cazione che suole con me, e con li suoi buoni amici.
E qui facendo fine, le bacio riverentemente la mano.
1 Stampata come sopra, pag. 462.
296 LETTERE DI FRA PAOLO SAEPI.
Poiché questa è di quelle lettere che possono es-
ser viste da tutti, ho voluto darmi soddisfazione di
far a V. S. riverenza con un poco di scrittura di
mia mano, restandole devotissimo servitore.
Di Venezia, li dì 21 marzo 1012.
CCIV. — A Giacomo Leschassier.1
Se i padri Gesuiti vogliono istruire la gioventù
francese anco a vostro dispetto, hanno messo pieto-
samente gli occhi ancora sulla nostra ; e noi, fatti
accorti da voi, e' ingegniamo in ogni modo per
non provar gli effetti di tanta loro grazia. Io credo
che per divino beneplacito sieno seguiti contempo-
raneamente i fatti di costà e quelli di qui ; e ini
piacque inviare alla S. V. un esemplare del nuovo
decreto, insieme con altra del primo, che dalla stessa
lettura rileverà essersi resi di pubblica ragione. Per-
chè non m' odino più che non fanno, vorrei che nes-
suno sapesse che 1' ho mandato io, all' infuori del
signor Gillot, cui prego la S. V. a partecipar la pre-
sente e offrire tanti miei saluti. Vedrà frattanto co-
me essi tendano laccioli alle matrone e zittelle a fine
di raspar quattrini. Ma dirò cosa che dal decreto
non apparisce : portano via più roba da questo do-
minio esuli, di quel che si facessero presenti.
Di Castiglione, ecco come va la faccenda. È un
luogo situato tra Verona e Brescia, appartenente in
realtà alla diocesi di Brescia, ma soggetto al domi-
nio del marchese Gonzaga, fratello a quel giovane
1 Stampata, in latino, tra le Opere ec. del Sarpi, p. 100.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 297
che si domanda comunemente il Beato.1 Ha una
piccola fortezza, e per di più è borgo, ove abitano
un presso a duemila di uomini e donne, coloni quasi
tutti, e più che poveri, miserabili. I Gesuiti, do-
poché furono esiliati dalla Repubblica di Venezia,
rizzarono qui un collegio e pretendono fare scuola
(coin' Ella rileverà dal decreto) non solo a' fanciulli,
ma anco alle giovinette. Ma se anelerà in fumo quel
che raccoglievano dai Bresciani e Veronesi, bisognerà
bene che faccian fagotto o muoiano di fame. Le trap-
pole che ci apprestano in Italia, sono un bel nulla al
paragone di quelle che disegnano in Costantinopoli,
tutto arruffando e sommovendo per concitare i Tur-
chi contro a noi. Io mi lusingo che questi sforzi tor-
neranno a nulla ; ma intanto ninno di loro può sfug-
gire alla divina giustizia, mentre si millantano Cri-
stiani, anzi i soli Cristiani. Non aggiungerò parola;
che se le presenti mie riusciranno noiose, domando
scusa, pregando le SS. VV.2 ad avermi nella usata
loro benevolenza. E bacio a quelle le mani.
27 marzo, 1612.
Il cardinal Gioiosa parte di Iìoma per venir co-
stà, e ne spaccia a motivo fra '1 volgo una chiamata
della regina. Ho per certo esser questa la vera ca-
1 II fratello di San Luigi Gonzaga, che Paolo V aveva
giustamente ascritto fra i Beati, chiamavasi Francesco •,
diverso assai dall' altro suo fratello Rodolfo, uomo iniquis-
simo, a cui era succeduto. Sarebbe curioso un confronto
tra questi sì diversi fratelli : 1' uno tutto del cielo ; 1' altro
tutto delle corti e mondano, pur meritevole che gli fosse
dopo morte innalzata una statua dai vassalli, che molto
lo avevano avversato; l'ultimo, de domo inferi, addirittura.
2 Riferibilmente al Leschassier insieme e al Gillot, ai
quali avea detto dover esser comune questa Lettera.
298 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
gione: che si venga a qualche risoluzione contro il
libro del Sindaco,1 o dal clero o dal senato o da qual-
sivoglia altra autorità. Mirano a ottener questo, per-
chè si paia a Roma che non la pensano a quel modo
tutti i Francesi che godono di legittima autorità e
pubblica rappresentanza. Ciò tengo per indubitato,
e come di tale ne scrivo.
CCV. — Al medesimo.2
Pare ch'abbia adoperato da senno il Richer, che
nel porre a luce le dottrine della Sorbona, non tenne
dietro alle proprie opinioni, ma al sentimento co-
mune. Perocché il diportarsi altrimenti è come fare
un buco nell' acqua, acquistandosi odio. Io ho per
costume, quando debbo dir qualche cosa, di prefig-
germi a fine la verità, e di essa pigliar quella parte
che possa acconciarsi ai tempi. A quel che taccio,
non dico però alcun che in contrario, sicché sempre
aperta resti una via per avanzar di più, e a me
stesso mai non contraddire.3 Allorché vidi l' opu-
scolo del Richer, venni in grande fidanza che voi
altri foste per rivendicarvi in libertà, costituendovi in
esempio a noi ; pur mi pungeva qualche sospetto e,
dirò veramente, angoscia, che vi si preparasse occa-
sione di più duro servaggio. E non ho perduto an-
cora ogni speranza, sebbene sembri che le lettere
1 Edmondo Richer. Vedi la nota 2 a pag. 291.
- Edita come sopra, pag. 101.
3 Buone regole di prudenza, a noi sembra^ semprechè
i tempi non consentano di dir senza danno tutto ciò che
l1 uom pensa in sé stesso.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 299
della S. V. del 15 marzo la escludano affatto, lad-
dove Ella narra che il terrore dello sdegno papale
invade quei medesimi che dovrebbero essere esem-
pio di fermezza. Già suonò la tromba di guerra, e
bisogna oggimai che tutti dicano a qual parte vo-
gliono darsi. Questa è grande intrapresa, e, per dirla
col proverbio usuale: il principio è metà dell'opera.
Ci pervenne la censura dei vescovi stampata
costà, ma in Italia non si pubblicherà. Il papa vuol
1' asse intero intero : a dargli anco undici once, si
guadagna egualmente il titolo d'eretico: per un'on-
cia soltanto ! E però non lascia pubblicare le sen-
tenze e di chi gli nega un' oncia e di chi gli nega
1' asse intero. Ma le sue lettere accennano cosa per
me ignota fin qui ; 1' occasione, cioè, della divulga-
zione del libretto di Richer ; che fu l' avere i Gesuiti
sottoscritto a tali insegnamenti a forma della deli-
berazione del Senato. E a tanto accomodaronsi, co-
me mi par di raccogliere dalle lettere di V. S. La
prego a scrivermi se ciò sia accertato da pubblici
documenti, come anco a informarmi chi possegga
il libello dei Gesuiti.
La ringrazio vivamente dell' aver notato i luoghi
del Direttorio,1 dove si fanno occulti processi e s' ar-
ma lo zelo dei superstiziosi incontro a' buoni. Penso
di leggerne attentamente i nomi, subito che avrò un
po' di riposo, stante che oggi sono oppresso dagli af-
fari ; e se m' occorrerà poi di leggere od osservare
alcun' altra cosa, non mancherò di fargliene parte.
Il 27 marzo, scrissi a V. S. una lettera da co-
municarsi anche al signor Gillot, in cui la raggua-
1 Vedi la pag. 269 e nota 2.
300 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
gliavo della condotta tenuta qui verso i Gesuiti. E
scrissi pure nominativamente al signor Gillot : de-
sidero sapere a mia quiete se egli ricevè le mie
lettere.
Non e' è alcuna novità da raccontarle, tranne
che il cardinale Borromeo, arcivescovo di Milano,1 in-
timò per editto agli abitanti di certi villaggi situati
nella diocesi milanese, ma soggetti alla temporale
giurisdizione di Bergamo, di non dare ospitalità a
Iiezii e Grigioni, e non aver comunione di sorta con
loro. Il che risaputo, i magistrati veneti stabilirono,
per decreto promulgato a voce di banditore, che
ognuno potesse ricoverare quelle genti e trattare con
esse ; e fu stanziata una multa pe' parrochi che af-
figgessero nelle proprie chiese l'editto cardinalizio.
A Roma, poi, il papa pensa dar fuori una legge sulla
residenza dei vescovi. E il cardinal nipote del Bor-
ghesi, creato, or fanno sei mesi, arcivescovo di Bo-
logna, senza pure aver visto quella chiesa, la rinun-
zia,2 assegnando al novello arcivescovo due mila du-
cati, e pigliando per sé tutti i frutti, che passano la
somma di ducati sedicimila. Fra i nostri e quei del
Ferrarese s' accesero gravi litigi per causa dei con-
fini, e d'ambe le parti si fa accolta di soldati; ma
spero che non verrà alcun disastro. Tanti saluti da
mia parte al signor Gillot. E le bacio le mani.
10 aprile. 1612.
Gli Spagnuoli stabilirono che l' infanta sposata
al vostro re rinunzi tutti i dritti di successione al
1 II cardinal Federico, intorno al quale i romanzi di-
cono più del vero, e non sempre né tutto il vero.
2 Vedi la nostra nota a pag. 158.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 301
regno di Spagna ; e poiché le manca V età convenien-
te, supplicano il papa acciocché a questa supplisca
con la sua autorità e ratifichi la renunzia. Ella vegga
se questo chiamasi un dispensare sul gius naturale.
Amerei sapere se il Richer incontri qualche peri-
colo pel suo libretto, e sia protetto dalla curia del
Parlamento. Queir opuscolo è talmente desiderato
da molti, che son forzato a rinnovar la molestia del
chiederle un altro esemplare.
CCVI. — Al signor De V Me Groslot.1
E avvenuto a me l' istesso che a V. S., d' aver
ricevuto tre lettere, tutte in un tempo. Io non ho
mancato di scriverle per ogni corriero, e non sono
per mancare, eccettuati i casi d' impossibilità. E se
bene V. S. sarà assente per la causa che mi elice,
continuerò tuttavia con speranza, che se le lettere
non le perverranno in mano così presto come se
Ella fosse ferma in un luogo, saranno però salve.
La prima sua è delli 15 febbraro, accompagnata
dall' Apologia di Richéome, che mi è stata gratis-
sima pel disegno che ho di servirmene in qualche
nostro affare; e ne rendo a V. S. le debite grazie,
restando però con obbligo di contraccambiar la sua
cortesia in cosa che io possa giudicar doverle es-
ser grata. La seconda sua è delli 29 febbraro, in-
sieme con l'istoria del degnissimo consiglio tenuto
in casa del cardinale, dal quale non si possono
aspettare altri frutti per verificare la scrittura divi-
1 Edita nella raccolta di Ginevra, pag. 464.
302 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
ria, che l' impio si faccia peggiore ec. Io veggo che
il libretto di Richer ha sonato all' arma,1 e che sino
adesso ha svegliato molti che dormivano, e messoli
in difesa; e quantunque non ne seguitasse maggior
bene, quello eh' è successo sin ora è assai. Io però
sto con molta gelosia tra il timore e la speranza,
perchè se il Parlamento sta costante e che non
vien constretto, a nostra memoria non si diede mano
ad impresa di maggior conseguenza.
Delli matrimoni si è parlato assai ; e adesso pare
che le cose di Germania abbiano coperto ogni altra
cosa sotto silenzio; le quali pare che s'imbroglino
grandemente, ed io stupisco intendendo tante novità
senza dirsi che i Gesuiti vi mettino mano. Non è
credibile che in una tanta azione non voglino fare
la parte loro, e il non esser sino al presente no-
mati fa suspizione che siano reservati alla cata-
strofe della favola.
La congiunzione dei due vicari imperiali sarà
molto utile per fare proceder con maturità ; e le tur-
be che nascono in Ungheria, Boemia e Austria, mo-
strano che non sarà così facile continuare la suc-
cessione. Nissuna cosa è più utile, quanto che l' im-
peratore si separi del papa : se bene la verità è, che
il pontefice non ha dato altro all' imperatore, che la
coronazione ; ma però fra le Decretali ha posto, che
ad esso pertenga 1' esame dell' elezione e della per-
sona eletta, e la confermazione ; che l' eletto impe-
ratore gli debba fare giuramento, e che quel giu-
ramento sia di fedeltà. Ha poi statuito che l'am-
1 Da questa frase, eh' era propria delle milizie in tempi
ancora più antichi di quelli del Sarpi, venne il nome fran-
cese di alarme.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 303
ministrazione dell' impero vacante s' appartenga a
lui. Caso che fosse eletto non papista, le preten-
sioni potrebbono esser poste in 1 Ma Dio sopra-
stà a tutte le cose, e sì come vuole esser pregato
con gli afletti umani, così vuole esaudire secondo i
consigli divini.
Ebbi già un' altra delle Lettere apologetiche del
padre Solier. Mi piace averne due, ora che intendo il
tentativo di sopprimerla ; e veramente, se i Gesuiti si
vergognano, gli scuso, perchè ve n' è gran ragione.
Ho veduto l' arringa del rettore dell' Università,
e, conforme al giudicio di V. S., giudicatola bella
di parole e di effetti. Indovino i rispetti pei quali
monsignor Servili differisce di pubblicar la sua, la
quale se verrà tardo, sarà più lungo tempo deside-
rata.
Iìendo molte grazie a V. S. per gli avvisi che
mi dà nell' ultima, la quale è dei 15, e mi conformo
al giudicio suo, che non si può evitare il castigo
meritato. Però i castighi paterni sono anco da desi-
derare, causando in fine correzione : ben debbe dis-
piacer la causa, che sono i nostri mancamenti.
È partito il signor Gussoni, e dopo questa, le
altre verranno a V. S. j>er sua mano. Quando il
signor Barbarigo sarà qui, terremo qualche volta
ragionamento di lei con il padre Fulgenzio e il si-
gnor Molino, che le baciano la mano.
Per la passata le diedi avviso delle cose fatte qui
verso i Gesuiti, che credo non dispiacerà averlo
inteso. Da Roma non vi è cosa di momento, se non
uffici che fa il pontefice acciò la casa d' Austria
1 Lacuna della prima stampa.
304 LETTERE DI FRA. PAOLO SARPI
sia unita, e i Cattolici siano congiunti con loro.
Pensa ancora il papa di far andar alla sua re-
sidenza tutti i vescovi che sono in corte ; per il che,
il cardinale Borghese, che già sei mesi sono ha avuto
l' arcivescovato di Bologna, lo rinuncia : però, al
nuovo arcivescovo darà due mila scudi, e il rima-
nente, che sono 14 mila, resteranno a lui.
Di qua non vi è altro, se non che in alcune
terre di giurisdizione Bergamasche, ma diocesi Mila-
nese, il cardinal Borromeo ha fatto pubblicare un
editto, che nessuno possi aver commercio con Gri-
gioni e Svizzeri, uè possino esser alloggiati da alcuno
passando ; e, in contrario, dai magistrati è stato fatto
in pubblico un proclama condannando l' editto, e
approvando il commercio e 1' ospitalità.
Ai confini di Ferrara, tra il papa e la Repubblica
passano qualche cose nuove, con pericolo di conse-
guenza. Qui è fama che il signor Pascal abbia
detto in Grisoni, che la Repubblica abbia stretta in-
telligenza col papa contro i Reformati, e abbia avuto
mano nella morte del re : che sarebbe un atto di
poca buona persona, e viene di tal parte ch'io quasi
lo credo. Quel libretto De potestate ecclesiastica et
politica,1 è tanto desiderato qua, che io vengo co-
stretto di pregar V. S. per averne un altro esem-
plare ; e se non credessi esser importuno, direi due.
E qui facendo fine, le bacio riverentemente la mano,
pregando Dio che le cloni ogni prosperità.
Di Venezia, il 10 di aprile 1612.
1 Cioè 1' operetta, allora si celebre, del Richer.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 305
CCVH. — Al medesimo.1
Già quindici giorni, ricevei quella di V. S. delli 29
marzo, alla quale fui impedito di rispondere per una
repentina occasione che mi sopravvenne di uscire
di Venezia. Pregai monsieur Assellineau che facesse
mia scusa con V. S. ; il che credo avrà fatto. Con
questo corriere ho ricevuto 1' altra delli 13 aprile.
In quello che tocca li Gesuiti, credo che V. S. sarà
stata a pieno sodisfatta per quello che le mandai
con la mia del fine di marzo. Le dirò di più. che se-
guitano offendendo la Repubblica non solo in predi-
che per Italia, ma. quello che più importa, fanno
uffici sinistri e pericolosi in Costantinopoli.2 e hanno
avuto parte nel tradimento del quale V. S. avrà in-
teso parlare. Il proceder dolcemente in Parigi, senza
uissun dubbio (siccome V. S. prudentemente giudica),
è coperto di qualche cattivo disegno. La causa della
navigazione ha fatto il suo tuono, ma, contra la mia
espettazione. cammina a concordia. Insomma, ambi-
due vogliono quiete.
Vengo alle cose di costì. Del libro di Kicher se
1' appellazione seguirà, sarà un passo di gran con-
siderazione ; ma io dubito che sarà impedita dalla
regina, e che vi si adopereranno Villeroy e Sillery :
1 Dalla raccolta come sopra, pag. 470.
- Sembra allusione ai dissapori che cominciavano a sor-
gere tra Venezia e la Porta per cagione degli Uscocchi,
rimproverando questa alla prima di non fare quant' essa
avrebbe potuto per liberare da quei pirati l'Adriatico.
Non è, poi, difficile che i Gesuiti si studiassero di accre-
scere questa mala disposizione de' Turchi, per isvolgere la
loro attenzione dalla politica austriaca, sola colpevole che
quella calamità e quei misfatti si continuassero.
Sarpi — II. 20
306 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
sarà però assai se Richer difenderà lo scritto suo con-
fermandolo con più lunga trattazione, e rispondendo
alle obbiezioni. Mi dispiace ben sopra modo lo sci-
sma1 che veggo nascere tra i Riformati; e siccome
non è ammessa la trattazione nel sinodo, così mi
pare che si doveva impedir anco ogni altra priva-
ta, e far che Du Moulin non ascoltasse e non rispon-
desse.2 Si assopiscono più facilmente simili conven-
zioni col lasciar parlar una parte sola, che volendola
convincere. Ma io ho estrema curiosità (non credo
però vana) di saper lo stato della controversia.
Mi conviene sentir dispiacere, poiché, per le cose
di Saumur e per queste, li Riformati saranno all'av-
venire poco in concordia.
Mi par un gran tentativo quello di monsignor di
Reffuge3 negli Stati, il quale temo non tiri seco
qualche cattiva conseguenza. Se V. S. intenderà che
riuscita avrà avuto, la prego farmene parte. In fine,
non può continuare l' amicizia tra le due corone,
mentre che li Spagnuoli averanno modo di poter se-
minare il Diacatholicon.
Sento gran piacere che il signor Casaubono scriva
contro Baronio, perchè avrà materia ed occasione
di mostrar il suo sapere, e con utilità universale.
Ho veduto il libretto di Du Val1 contra Richer, cosa
di assai poco peso.
' L' antica ediz. ba : lo schismate.
- Era morto in quei giorni da un pezzo il celebre giu-
reconsulto francese Carlo Du Moulin. Vuoisi, forse, qui al-
ludere a Pietro Du Moulin, famigerato teologo protestan-
te, cbe scrisse molte opere, e dovè egli pure ricoverarsi
dalla Francia nativa ned' lngbilterra.
3 Sospettiamo d' errore corso in rispetto a tal nome,
nella stampa del 1673.
4 Andrea Duval, dottore della facoltà teologica di Pa-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 307
Siamo stati in grand' espettazione delle cose di
Germania: al presente nessun più vi pensa. Si tiene
per fermo che il re Matthias debba succedere eletto
senza difficoltà. Di Germania non si può aspettare
cosa che vaglia, se il freddo naturale della nazione
non è contemperato col calore di altri. Nessun può
se non Inghilterra, il quale non vi può attendere, es-
sendo occupato con Vorstius, l ed in altre cose di
questo genere. Ho veduto una risposta di Casaubono
al cardinale Du Perron, che mi par bella; e se debbo
usar comparazione, la preferisco a quella che scrisse
al gesuita.
Par che si vada risolvendo che il signor Barbarigo
vada in Francia, e non in Spagna. Ma ciò non sarà
se non fra un anno, ed a Spagna si provvederà fra
un mese; onde passato quello, saremo certi. Io qui
finisco, ed a V. S. riverentemente bacio la mano.
Di Venezia, il dì 8 maggio 1612.
CCVIII. — A Giacomo Lcschassier.2
( Grandissima consolazione provai nel ricevere le let-
tere della S. V. in data dei 15 d' aprile, e veder così
rinnovellata la nostra epistolare corrispondenza. An-
che mi allegrai nell'udire che sia stato autorizzato
ligi e autore di un: Elenclius libelli de ecclesiastica et po-
litica pò testate.
1 Celebre teologo protestante nativo di Colonia, il quale
però ebbe oppositori alle sue dottrine anche fra gli stessi
protestanti, a cui quelle parvero macchiate di socinianismo.
Si chiamò Corrado, e non bisogna confonderlo co' suoi due
figli Guglielmo-Enrico ed Elio-Everardo.
2 Stampata, in latino, tra le Opere ec, pag. 102.
308 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
il sindaco a muovere appello, e rispondere agli avver-
sari e dar le prove delle cose proposte nell' opuscolo.
Questo principio mi dà fiducia che molto otterremo
per venire ali1 acquisto della libertà della Chiesa.
Ringrazio la S. V. per la promessa fattami d' inviarmi
gli atti della causa d'appello, qualora si stampino.
Pare che faccia a' cozzi la censura dei vescovi, là
dove riprovando il libretto, afferma volere per in-
tiero salve le franchigie della chiesa Gallicana, e i
diritti del re. E che altro si contiene in queste pa-
role, se non l1 abbandono del principio che si vor-
rebbe salvato? Ma a Roma non fu divulgata nel
pubblico ; perciocché più odiano quella riserva, di
quel che non amino la censura ; e prima che un
mezzo giudizio a proprio favore, avrebbero accettato
un bel niente.
Ringrazio la S. V. per avermi inviato un esem-
plare di quella condanna. E mi riuscì anco gratissima
la narrativa delle geste e della morte di Carlo Ri-
docovio,1 sul quale se ha conoscenza di varie altre
scritture, io pregherei a inviarmele. Fo conto ch'Ella
abbia ricevuto quel che le spedii sullo scorcio di
marzo in proposito de' Gesuiti. Mi dicono che non
si diportano più fra noi sediziosamente come una
volta, e ne ho piacere ; se pure tal moderazione non
sappia di affettata, obbedendo essi sempre in ogni
cosa a una comune intesa. Dai pubblici pergami
d' Italia bandiscon la croce addosso a questo go-
verno, e sebbene esuli e lontani, mettono in opera
tutte le arti per nuocere a parole ed in fatti. E loro
1 Fu qui fedelmente tradotto il testo latino : « De gè-
stis et interi tu Caroli Iìidocovii. »
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 309
proibita, come sa, anche la corrispondenza episto-
lare ; e nondimeno, vanno eccitando subbugli e ri-
mescolano ogni cosa.
Infinite grazie all' eccellentissimo signor De La
Marteliere,1 avvocato della Università, per la bene-
volenza che m'ha dimostrato. Credo che qui dovrebbe
leggersi con moltissima soddisfazione la sua Arringa
latina contro i Gesuiti. Se gli piacerà dedicarla alla
Repubblica, dovrà darsi l'intitolazione in questo te-
nore: Al Serenissimo Duca Leonardo Donato? e al
Senato della Repubblica di Venezia. Credo che darà
in luce una piccola lettera, in cui tratterà profi-
cuamente del signor Fresney e della sua cognazione.3
E sarà di molto decoro, se al Legato regio che stan-
zia qui, piacerà fare offerta del libretto in nome di
lui. Ma checché sia per fare, io consiglio che s'offra
al Principe dopo il primo di luglio, per non avve-
nirci nel tempo istesso che seguirà la mutazione dei
Procuratori del collegio.
Del resto, a me preme moltissimo' di esser amato
dalla S. V. eccellentissima e dal signor Gillot, come
di mostrare ad entrambi coi fatti la mia servitù.
Che osservo e venero ambedue secondo il dovere;
e mi dura continuo nell' animo carissima e deside-
ratissima la memoria della SS. LL., alle quali fo
umile reverenza.
Venezia, 8 marzo 1612.
1 Gli editori veronesi seppero leggere questo nome
meglio che, replicamente, non avean fatto i Ginevrini. Vedi
la nota a pag. 285.
- Sedeva il Donato sino dall' anno 1606, ma venne a
morte in queir anno medesimo. Vedi la Lettera CCXIII.
3 Come allora era 1' uso di tutte le dedicatorie.
310 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
CCIX. — Al signor De V Isle G-roslot.1
Con la mia solita riverenza e contentezza, ho ri-
cevuto quella eli V. S. del primo maggio ; di che le
rendo grazie, e specialmente per la risposta di Ca-
saubono al cardinale, che mi pare opera buona e
bella. Sento ben con dispiacere che le cose di co-
testo regno s' incamminino a qualche confusione, ed
in particolare la dichiarazione del perdono, che mi
pare appunto un' invenzione gesuitica ; e non so in
me medesimo vedere come un tal principio non sia
per aver conseguenza deplorabile, se dalla bontà
divina non vi è posto qualche rimedio singolare e
straordinario. Monsieur 1' Eschassier mi ha mandato
gli atti dell' appellazione di Bicher, e son restato as-
sai maravigliato, parendomi la libertà di Francia
incatenata con vincoli di Spagna.
Qui in Italia non abbiamo cosa nuova. Il papa
cede alla Repubblica in tutto quello dove conosce le
ragioni sue, e questo fa li nostri negligenti, anzi ri-
lassati; eh' è pernicioso per la Repubblica. Si aspetta
in Torino il cavaliere Wotton, ambasciatore della
maestà d' Inghilterra a quell'Altezza, e si preparano
onori grandissimi da farli, il duca è andato sino a
Rivoli per trattenersi liberamente con lui un giorno,
e intendere il sodo di quello che porta. Il suo in-
gresso in Torino sarà con incontro del cardinale2 e
principe, punto molto importante, quanto s' aspetta
al cardinale. Tengono che 1' ambasceria sia per la
trattazione del matrimonio. Io però riputando che
1 Stampata nella raccolta di Ginevra, pag. 474.
2 Maurizio di Savoia, creato cardinale nel 1605.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPL 311
sia concluso col Palatino, vado credendo che il duca
di Savoia, vedendo levato l' equilibrio di Francia e di
Spagna e ambidue poste in una sola bilancia, pensi
di assicurare le cose sue accostandosi a chi lo può
difendere. Se il re d' Inghilterra non fosse dottore, si
potrebbe sperare qualche bene; e sarebbe un gran
principio, perchè Spagna non si può vincere, se non
levato il pretesto di religione ; né questo si leverà,
se non introducendo Riformati in Italia ; l e se il re
sapesse fare, sarebbe facile e in Torino e qui.
La Repubblica negozia lega con Grisoni. Per que-
sta strada si potrebbe fare qualche cosa, se diman-
dassero esercizi di religione in Venezia. Io sono av-
visato per cosa certa, che monsieur Pascal in Grisoni
ha fatto solennissimo giuramento in pubblico, che
non ci è nessuna conclusione eli matrimonio tra
Francia e Spagna. Questo non so come si salverà, né
se li Gesuiti avranno equivocazione per trovarvi ri-
piego.
Non sarò più lungo in questo giorno per difetto
e di materia e eli tempo. Le dirò solamente, che il
signor Barbarigo è ritornato, o si risolve di non vo-
ler Spagna ; onde li toccherà Francia, ma sarà
F anno venturo. Abbiamo fatto più volte discorsi di
lei, ed ultimamente gli ho letto la sua e fatto le sa-
lutazioni; di che egli ne rende grazie e la risaluta
con gli amici.
Di Venezia, li 22 maggio 1612.
1 Lasciam ad altri la cura di assegnare il lor giusto
valore a queste, pur troppo, esplicite parole. Le quali, tut-
tavolta uon suonano, al senso nostro, che il Sarpi volesse
in realtà protestantizzare uè Venezia ne l' Italia.
312 LETTERE DI FEA PAOLO SARPI.
CCX. — Al medesimo.1
Crescono ogni giorno li oblighi miei verso V, S.,
e diminuiscono in me li modi di renderne alcuna
ricompensa. Insieme con le sue delli 17 e 18 maggio
da Lione, ho ricevuto il libro di Cuiacio, insieme con
li altri che si è piaciuto mandarmi. Vorrei saper che
cosa le fusse grato ricever di qua, non perchè io tratti
con lei di ricompensazione, ma solo per dimostrar
che riconosco li favori ricevuti. Le sue lettere con
li libri furono portate dall'estraordinario nostro, il
(piale non passò....2 in Inghilterra, che non era ve-
nuto costì se non per la cosa di Giasoni ; e ha avuto
risposta assai poco pertinente, per la quale ognuno
viene certificato che così non vi è altra mira, salvo
il servizio di Spagna.
Quello che mi fa molto maravigliare in questo
proposito, è che monsignor Pascale abbia fatto so-
lenni e pubblici giuramenti per persuadere a quei
popoli, non esser vero che vi sia alcuna conclusione
di matrimonio tra Francia e Spagna. Con tutte que-
ste difficoltà, nondimeno, spero che non saremo ser-
rati in Italia, sì come vorrebbono quelli che do-
vrebbono più degli altri pretendere l' apertura di
quella porta.
Ho sentito molto dispiacere della maniera tenuta
dal signor dissoni, se bene l' attribuisco più a man-
camento di espressioni di buona volontà, che a di-
fetto di quello. Con tutto ciò, io li toccherò qual-
1 Impressa come sopra, pag. 477.
- È, per via d' asterischi, questo segno di lacuna nella
prima stampa.
LETTERE DI FRA PAOLO SAEPI. 318
che parola, perchè quando la corrispondenza non
fosse in modo conveniente, meglio sarebbe troncar-
la. Con questa occasione li dirò, che li amici di Bar-
barico risolvono che un altro vadi in Spagna ; onde
a lui toccherà Francia, ma questo non sarà se non
F anno seguente.
A Roma hanno imparato che la opposizione e
contenzione non giova loro, ma mette li altri in vi-
gilante difesa; e però, con dissimulata negligenza e
con dimostrazione di creder ogni cosa, inducono ne-
gligenza vera e un sonno profondo. È verissimo
che la tradizione di Badoero ha conseguenze, ma
ancora segrete e grandi. Spero in Dio che questa
-ara stata una alterazione di salute, e il fine sarà
buono.
Mi dà gran gelosia la controversia che vedo na-
scere tra Reformati nelle cose di religione, massime
essendone già nate altre molto pericolose in Olanda.
Piacerà a Dio impedire i cattivi disegni ; che, quanto
a me. tra tutte le imprese spagnuole, questa mi pare
la maggiore, aver potuto dividere li Ugonotti. Ma
perchè bene spesso si vede che Dio rivolta in bene le
cose incommode, e che le desiderate tornano in ma-
le, voglio sperar nella Maestà sua divina, che farà
terminare a buon fine e queste e coteste cose, se
bene al presente noi non sappiamo divinar esito
buono.
In Italia non abbiamo cosa di momento, perchè a
Roma si continua il modo usato. Questo solo è di
considerazione : che dovendosi creare a questa Pen-
tecoste in Roma un generale dell'ordine di San
Domenico e un altro di San Francesco, è stato co-
mandato a Don Francesco di Castro, ambasciatore
314 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
spaglinolo, che si ritrova a Napoli, di andar imme-
diate a Roma, per assistere a quei capitoli e procu-
rare che siano eletti Spaglinoli.
Il cavaliere Wotton si ritrova a Torino amba-
sciatore del re della Gran Brettagna; e se bene si
dice che il suo negoziato non porti altro, salvo che
il dar esclusione al duca del matrimonio della prin-
cipessa, nondimeno molte congetture vi sono che
quel duca, vedendo la stretta unione di Francia e
di Spagna, pensi che sia necessario qualche con-
trappeso. Pensiero che piacesse a Dio entrasse nella
mente di quelli ai quali è più necessario !
Il duca di Parma in questi giorni ha fatto morire
dieci persone.1 fra quali sette sono nobili titolati,
per conspirazione contro la persona sua ; e si tiene
per certo che la confiscazione di tutti li beni loro,
eccetto che delli feudi, sarà applicata alli Gesuiti.
Ma in Palermo a questi buoni Padri è avvenuto un
beli' accidente. S' è morto un gentiluomo ricco, molto
loro divoto, avendo fatto testamento, e instituito un
figliuolo unico suo e li Padri insieme, dando l'esecu-
zione del testamento ad essi, con l'acuità eli divider
l'eredità come fosse piaciuto loro, e dar al figlio
1 Eccone i nomi (e Vedi la nostra nota a pag. 221 ) —
Contessa Barbara Sanseverina, conte Orazio Simonetta suo
marito, marchese Gio Girolamo di Sala figlio di Barbara,
conte Alfonso Sanvitale, marchese Gio. Francesco Sanvita-
le, conte Pio Torelli, conte Gio. Batista Masi, capitano
Bartolommeo Rovezan da Reggio, Oliviero de Olivieri par-
migiano, Onofrio Martani perugino. I tre ultimi vennero im-
piccati : « Dopo questo fatto, un Padre Gesuita fece un ser-
» mone, stando nel palco dove avevano decapitati detti
» Signori, con animare la città ad esser fedele al suo Prin-
n cipe, et non atterrirsi per detto spettacolo, n Tale è la
conclusione di un racconto contemporaneo.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 313
quella parto che li fosse parsa conveniente. Li Pa-
dri hanno diviso il tutto in dieci parti, e datone
una al figliuolo, e nove ritenute per loro. Di que-
sta così grande inegualità il figliuolo si è querelato
al duca di Ossuna viceré, il quale udite le ragioni
da ambe le parti, ha confermato la divisione, ma vol-
tati le termini : che al figliuolo tocchino le nove
parti, e alli Padri una.
Se hen sono incerto, quando la presente debbe
capitare in mano di V. S., non ho però voluto man-
car di questo debito per baciarle la mano ; il che
fanno anco li amici.
Di Venezia, il dì 5 giugno 1612.
CCXI. — A Giacomo Leschassicr.'-
Sono in debito di ringraziarla duplicatamente per
aver ricevuto due lettere della S. V. ; 1' una quin-
dici giorni or fanno, de' 26 aprile, unitamente ai do-
cumenti di appello del Richerio; e l'altra del ij mag-
gio, insieme col libretto a stampa del medesimo. Ho
letto in questo stesso giorno senza difficoltà e con
gran piacere i documenti di appello scritti in lin-
gua francese. Io mi stavo all' oscuro, e non sarei
riuscito a trovare il bandolo delle cose seguite, se
Ella non avesse principiato a decifrarmele col rac-
conto completo del fatto. Or veggo che tutto costà
avete fatto con bollissimo discernimento, che anco
a noi torna in pubblico vantaggio, essendo come
un anticipato possesso di libertà.
1 Edita, in latino, tra le Opere ec, pag 105.
316 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Io credo di averle scritto che la censura dei ve-
scovi non piacque punto a Roma, anzi la ripro-
varono; e che alla Curia garberebbe piuttosto non
si fosse fatto nulla. Perocché hanno moltissimo a
schifo che s'affermi la esistenza per certe chiese
di alcune libertà, o di regii diritti che possano re-
sistere al volere, per non dire al capriccio, del
papa. Se si pubblicheranno la censura e i documenti
d' appello, e sarà conceduto al Richer di provare
le sue opinioni con l' autorità dei dottori, nulla
potrà avvenire di più opportuno alla manifesta-
zione del vero. Non possono mancar dottori, e d' ogni
paese cristiano de' tempi antichi; e quantunque i
Gesuiti riescano a dividere in parti la Sorbona, que-
sto non farà loro buon prò. Dacché ad essi è mestieri
d'aggiramenti e di segrete ritortole per mandare a
fine i propri disegni ; e le loro dottrine, siccome false,
non possono afforzarsi e prosperare se non fra le
tenebre.
Panni difficile a digerire quel ch'Ella mi scrive
sulla dimanda del Nunzio, che tutte le cause de' Ge-
suiti da cotesto Parlamento vengano devolute al
Consiglio del re e affidate alla corte di Ptoano; e,
per ciò che a me spetta, sarei di credere che, per
la età minorenne del re, ciò non possa drittamente
farsi. Trattasi della dignità del Senato, che fu sem-
pre il fondamento dello Stato francese. Se vedessi
anche questa, vivrei in timore che Roma e Toledo
venissero a trapiantarsi nel suolo di Francia. Ho
grande ansietà di vedere e sapere i fatti ulteriori ;
e supplico la S. V. di tenermi via via ragguagliato
d'ogni cosa che avvenga.
Io non comprendo bene la grande importanza
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 317
che costì si annette (secondo che la S. V. ni' assicura)
all' assenso del procuratore del re; perocché, se la
regina condiscende, temo che il rifiuto del consenso
si tragga dietro notevol danno. E più nocerà la
ritrattazione, di quello che già non giovasse il per-
messo. Se verrà mantenuta al signor Richer la-
propria dignità, tutto alla fine tornerà in van-
taggio.
Quello che a voi altri serve d' intoppo, Y arrab-
battarsi cioè del Nunzio e de' Gesuiti, porterebbe in-
vece utilità grandissima alle nostre faccende. Quando
noi lavoriamo, essi subitamente si danno a starsi
con le mani a cintola ; e allora, ecco che ci met-
tiamo a dormicchiar noi. Nei passati negozi capirono
che nulla valevano a ottenere per via di dispute;
perù lasciano il campo, e così snervano la nostra
forza. La gente proba ora s' ingegna acciò sia san-
zionata quella dottrina, da ogni diritto sostenuta,
della necessità di una locale pubblicazione delle
leggi e de' precetti, perchè divengano obbligatorie
in coscienza. Giacché i confessori hanno fin qui in-
culcato, che nessuno può essere scusato dall' obbe-
dire alle pontificie ingiunzioni, quando si sa in qua-
lunque modo che esistano; e questo porta che i
preti abbiano poco bisogno di una apposita promul-
gazione. Ma al difetto rimedia in gran parte la su-
perstizione, in ispecie sotto il pretesto del fóro peni-
tenziale, dove i romaneschi hanno a loro disposizione
le orecchie del popolo, e possono insufflare quel che
lor garba; mentrecchè i fautori di libertà non pos-
sono se non parlare in pubblico, e solo agli obbli-
gati civilmente. Gran segreto è pur questo dello
strapotere papale, che la pubblicazione degli atti
318 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
avvenuta in Roma gravi la coscienza di tutti quelli
a cui vengano per qualsiasi mezzo a notizia.
Non so come Ella dubiti che si possa dare a voi
altri per amministratrice la infanta di Spagna. Si-
curamente che vi si darà, se non ci mettete riparo ;
e sì bene apparecchiata per virtù di suggerimenti,
aderenze e danaro, che in cambio di farsi essa stessa
francese, tramuterà voi stessi in Spagnuoli.
La mia preghiera circa le lettere che inviai al
signor Gillot, non aveva la mira importuna d' invi-
tar quell' egregio, distratto da tanti affari e studi,
a rispondere ; ma di confortar me nella sicurezza che
le avesse ricevute.
È giunta qua la novella che fosse morto un no-
bile di Palermo, devotissimo ai Gesuiti, il quale per
testamento instituì eredi l' unico figlio ed essi Padri ;
commettendone però la esecuzione ai soli Gesuiti, e
ordinando eh' essi spartissero la eredità e dessero al
figlio una porzione di lor piacere, tenendo il resto
per se. I buoni Padri divisero 1' asse in dieci parti,
e, riserbate le nove alla Compagnia, ne assegna-
rono una al figliuolo ; il quale ricorse al viceré duca
di Ossuna, lamentandosi di tanta ingiustizia e chie-
dendo riparazione. Il viceré, ascoltate le ragioni
delle parti, decretò che stesse in piedi la divisione,
ma ne fosse invertito l'ordine; rilasciandosi le nove
porzioni al figlio e l'ima ai Gesuiti.1 Ma in loro prò
si farà a Parma la confisca dei beni (eccettuati i
1 E ripetizione un po' più particolareggiata del fatto
narrato anche nella Lettera precedente. 11 duca d' Ossuna
era, come tutti sanno, un pazzo e un briccone •, e se que-
sta volta gli accadde di raddrizzar la giustizia secondo la
legge naturale, sarà ciò stato per conciliarsi quella popò-
LETTERE DI FBA PAOLO SARPI. 319
feudi) di sette nobili Parmensi, che congiurarono
contro la persona del duca, e perciò furono morti ;
dal che verrà all' Ordine un grande prosperamento.1
Nient' altro di nuovo qui ; tranne che Francesco
conte di Castro, regio ambasciatore delle Spagne a
Iìoma, il quale si tratteneva in Napoli per ristorar
la salute, ebbe intimazione a un tratto di restituirsi
in Roma per assistere ai capitoli dei Francescani e
Domenicani, e curar la elezione, per parte d' ambidue
gli Ordini, di un generale spagnuolo. Il che penso
che avrà certamente effetto. M'accorgo che con que-
ste chiacchiere avrò interrotte più del convenevole le
occupazioni della S. V. eccellentissima : onde io qui
fine, baciandole le mani.
Li 5 giugno 1612.
CCX1L — Ad Isacco Casaubono.2
Ho provato veramente una grande allegrezza nel
sentire che V. S. ha stabilita da un anno la sua
dimora in Inghilterra.3 Io temeva per Lei quando si
fosse trattenuta a respirare l'aere italico, come aveva
larità alla quale, pei- suoi fini, aspirava. Negli addebiti che
furono contro lui presentati alla Corte di Spagna, non
è certamente quello di essere stato avverso ai Gesuiti.
1 Noi non sappiamo le arti che i Gesuiti poterono aver
adoperate per conseguir questo intento •, ma il debito del-
l' imparzialità ci obbliga a dichiarare che non ad essi fu-
rono dati i beni appartenuti agli infelici che il tiranno
avea spenti, ma invece ripartiti in cause varie ed istitu-
zioni di beneficio universale, secondo la formula e le dis-
posizioni di una grida ducale del 20 maggio 1612.
5 Dalle Opere come sopra, pag. 118.
'ò Vedi la nota 1 a pag. 126.
320 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
deliberato. Ho pensato spesso che avrei disturbato i
suoi studi scrivendole ; e però mi sono sempre aste-
nuto, aspettando più opportuna occasione; ma ora
sono costretto a farlo, per ringraziarla delle sue let-
tere del 30 d' aprile. E perdi' Ella non pensi che noi
siamo incuranti di quello che si scrive costà, sappia
la S. V. che lessi le sue Epistole a Frontone e Perro-
ne, e le serbo presso di me.1 Se m' invia un esemplare
di quest' ultima, l' avrò più caro e perchè mi vien da
Lei e perchè ha la sua soscrizione. Quel libretto farà
molto bene a tanti dabben uomini che sbagliano
seuza avvertirlo ; ma il personaggio a cui lo intitola,
sebbene per più titoli rinomato, non ne caverà al-
cun giovamento, non potendosi a forza rimutare
una persuasione.
Ho piacere che la S. V. s'apparecchi a scrivere
contro il Baronio, e la esorto ad andare innanzi,
quantunque non tenga esso per antagonista degno
di Lei. Ho ruminato più volte in me stesso sul per-
chè sia salito in tanta stima presso molti, e senza
alcun merito suo, per non dir colpa; non sapendo
io scorgere in quella sì magnificata opera alcuna
cagione di lode. Non e' è parte che non possa ribat-
tersi, e con le armi stesse che quella ci somministra.
Non e' è storico di grande o piccola levatura, cui
egli non lodi spesso, e più spesso ancora non confuti.
Mi passo delle citazioni false e tirate con gli arga-
ni, delle fastidiosissime lungaggini, de' torti e insulsi
1 Vedasi la nostra nota a pag. 256. Oltre alle soprad-
dette opere, la sacra Congregazione dell' Indice proibì, di
questo autore, epistolas quotquot reperiri potuerunt ; dal
che si vede che il Casaubuono era eretico persino negli
atti più ovvii e più naturali della vita ; e che scrivendo,
per esempio, alla sua serva, avrà sputato eresie !
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 321
giudizi, che niuno sa tollerar nella storia. Fa mo-
stra di un'autorità sfacciata sui lettori, comandando
loro di fermarsi a ogni passo e fuor di tempo. Spiega
i consigli della divina Provvidenza nella distribuzione
dei beni e dispensazione de' mali, a solo comodo del
papato. Del rimanente, vedo che la sorte lo favorisce
e dura ancora a proteggerlo, pigliando V. S. a ri-
batterne le scritture ; poiché sarà tagliata la destra
al grand' Enea. Nondimeno, il suo lavoro sarà senza
dubbio utile all' universale ; ma essendo Ella dispo-
sta a convincerlo di frode e brutto inganno, temo che
non le crederanno i nuovi alla scienza degli uomini.
A me garberebbe piuttosto che lo accusasse di leg-
gerezza e temerità. Io lo conobbi a .Roma, prima
eh' egli pensasse a onori e fosse preso da prurito di
diventare autore, e quando attendeva solo alla tran-
quillità dell' animo e alla purezza della coscienza.
Xon aveva opinioni di sorta in proprio, ma le pi-
gliava a casaccio dai favellanti, come sue lucida-
mente difendendole, fino a che altre non gliene fos-
sero imposte. Se molti savi e dabbene, sorbita la fatai
bevanda, sono presi da un capogiro intellettuale, non
fa caso se un disgraziato, colto a' purpurei lacci,
soggiace al comune malanno. Per me, di malafede
lo terrei puro,1 ma non di spensieratezza e dabbe-
naggine. E tanto dico all' amichevole e oltre i
1 E questo è già, per sé stesso, un grande elogio. Ma
quanto ancora alla parte di letterato, non può al Baro-
nio negarsene né la vocazione, né 1' averla adempita con
abilità e costanza grandissima. Basti il dire che Scaligero
ed il Fleury non omettono occasione, anche dopo aver
confutato gli errori del libro, di render omaggio ai meriti
dell' autore. Forsechè la modestia stessa del filippino da
Cora potè farne parer minore al Servita veneto la intellet-
Sarpi. — II. 21
322 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
termini di una breve lettera; Ella vorrà perdo-
narmi.-1
Di cuore mi congratulo con la S. V. che gode la
benevolenza di re savissimo. In lui stanno riunite
(caso raro) le virtù del principe e del privato. Questo
è l' ideale d' un principe, a cui forse niuno si con-
formò nei secoli trascorsi. Se io potessi meritare la
sua protezione, nulla parrebbemi dover desiderare
di ciò che forma la felicità di un mortale. La pre-
giatissima S. V. non può far cosa più dicevole che
raccomandare i miei studi a tanto sovrano.2 Prego
Dio che conceda a lui e sua figliuolanza lunga e
tuale capacità. Ed anche a Fra Paolo, che navigava, con
animo da scopritore di nuovi mondi, in un mare pieno di
scogli, non dovea sembrar degno di troppa maraviglia, chi,
sempre co' venti in poppa, aveva condotta a porto la na-
vicella non di San Pietro, né quella di Cristoforo Colombo,
ma degli Annali Ecclesiastici.
1 II Casaubono compose e pubblicò poi realmente que-
st' opera, fin d' allora preconizzata, col titolo di Exerci-
tationes in Baronium ; ma, per non aver egli né la scienza
né 1' erudizione chiesastica necessarie a tal' impresa, non
ebbe il suo libro accoglienza se non mediocre, anche fra
gli stessi protestanti.
2 Dopo i pungenti motti lanciati qua e là in queste
Lettere contro il re d' Inghilterra, i detrattori della me-
moria del Sarpi troveranno, pur troppo, onde sfogare la
loro animosità facendo commenti a questo paragrafo. Non
sarebbe, per verità, diffìcile il tesserne in qualche modo
ancora 1' apologia, mostrando come il Servita accarezzasse
in tal modo quel monarca, sì per sentimento di naturale
e necessaria cortesia, come per più disporlo ad aiutare la
causa della libertà, che il coraggioso frate aveva presa a
difendere. Contuttociò, conveniamo noi stessi che quel far
qui di re Giacomo l' ideale d' un 'principe, troppo è con-
trario alle cose altrove dette, e troppo sente 1' adulazione.
Pure, in fondo dell' animo nostro, quanto più ripensiamo
intorno a questo alunuo del chiostro e figlio di un mer-
ciajuolo da San Vito, non possiamo por limite alla mara-
viglia eh' egli cotanto ardisse di pensare e scrivere ed ope-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 323
serena la vita, e a V. S. 1' accrescimento de' suoi
favori. E pregandola a riamarmi dello stesso affetto
eh' io sento per Lei, le bacio le mani.
Venezia, 8 giugno 1612.
CCXIII. — Al signor de V Me Groslot.1
Ho patito questi giorni passati una grave e pe-
ricolosa indisposizione, che mi ha tenuto impedito
non solo il corpo, ma 1' anima ancora dalle ordina-
rie funzioni, e in particolare dallo scrivere a V. S.
già 15 giorni, in risposta dei 16 giugno. Crederò
però, che monsieur Assellineau in quel tempo abbia
fatto una scusa con esso Lei, avendolo io di ciò pre-
gato affettuosamente, restandomi ancora il capo
assai debole ; per il che son costretto esser più
breve di quello che io vorrei e dovrei, e tanto più
quanto vi è materia assai abbondante, così qua
come costì.
Tutte le lettere di V. S. sono sicuramente capi-
tate. Già per altre mie le ho dato conto del reca-
pito delle precedenti: avrà avuto la ricevuta della
sopraddetta dei 16 giugno, e di quest' ultima dei
10 luglio. La quale mi- ha portato molta allegrezza,
così per la dichiarazione del re d'Inghilterra, la
rare, quanto osò pure sino all' ultimo de' suoi giorni, in
quei malaugurati primi decenni del secolo 17°, e sotto la
sospettosa e inesorabile dominazione di Venezia, laddove
non era possibile (si ricordino quelle tanto esplicite parole
della Lettera CXCIX) il « perder la grazia di chi go-
verna, senza perdere ancora la vita. »
1 Stampata in Ginevra ec, a pag. 482.
324 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
quale mi pare cosa di memorabile momento, come
por la speranza che vi è di riconciliar buona intel-
ligenza tra tutti i Reformati ; e quantunque dovesse
riuscir in sola apparenza, sarà nondimeno di gran
frutto e beneficio. Ma mi giova sperare che sarà in
fatti e in esistenza, massime impiegandovisi monsieur
Du Plessis, il quale, e per il zelo e per il valore e
per la destra maniera, spero che sarà infallibilmente
coadiuvato dalla Maestà divina.
Ho veduto la dichiarazione del Sinodo, la quale
mi è parsa non solo generosa, ma ancora alquanto
ardita : ma forse che i negozi presenti ricercano che
si proceda con qualche animosità ; il che non può
esser veduto da chi è lontano, e non sa le circo-
stanze particolari dei negozi, le quali debbono dare
la forma ad ogni risoluzione.
Quanto alle cose di qui, V. S. avrà inteso forse,
innanzi 1' arrivo di questa, la morte del nostro Prin-
cipe.1 se bene matura quanto all' età sua, eh' era
di 77 anni, acerba nondimeno, in quanto questa Ee-
pubblica ha perduto un soggetto di eroica e incom-
parabile virtù. Egli ha lasciato la vita senza dubbio,
perchè la vivacità e la grandezza dell'animo niente
invecchiata ha voluto che il corpo debole la seguisse.
Morì essendo di ritorno dal Collegio 2 una mattina
dove aveva fatto le funzioni sue con la usata co-
stanza. I Gesuiti, i quali fanno più mal qui assenti,
che non farebbono presenti, hanno fatto disseminare
; Leonardo Donato
2 Chiamavasi dai Veneziani Collegio un consiglio com-
posto del doge, de' suoi sei consiglieri, dei tre capi delle
Quarantie, e dei Savi grandi, di terra ferma e di mare.
Vedi Griaunotti, Repubblica de' Veneziani (ediz. del 1850),
tomo II, pag, 92.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 325
molte cose cantra la sua memoria, in conclusione
volendolo dannato all' inferno, sì come è costume
loro di rinchiudervi tutti quelli che non li obbe-
discono e servono. Si è creato il successore l quieta-
mente e senza moto alcuno; persona, se bene di
valore non uguale al morto, uguale però in bontà.
Questa Repubblica è in cattivo stato, perchè i
preti con gli Spagnuoli hanno a poco a poco acqui-
statosi una porta, la quale incomincia ad esser con-
siderabile, e ogni poco che si faccia maggiore, par-
torirà mutazione di stato.2 Hanno fatto maggior male
con queste pratiche, che non avrebbono fatto con
dieci anni di guerra. Non è credibile quanto possi
V arte di Spagna, e il pretesto di religione.
Tra la Repubblica e il papa in apparenza passa
buona intelligenza, ma in esistenza vi è molta ma-
teria di disgusto ; la quale dal papa è conservata e
aumentata con fierissimo animo, e dalla Repub-
blica portata innanzi a beneficio del tempo per le
cause sopraddette.
I Gesuiti in Costantinopoli si adoperano quanto
possono per nuocere alla Repubblica: con tutto ciò,
maggior è il nocumento che portano con le prati-
che tra noi. Molte cose avrei da dirle, ma in una
sola parola concluderò : che se Dio non provvede,
nel quale però voglio sperar assai, in breve la Re-
pubblica sarà Genova.3 Veggo di avere occupato V. S.
1 Marcantonio Memmo.
2 II Sarpi così previde la mutazione che volevasi ope-
rare coli' iniquiasima congiura ordita dagli Spagnuoli e fe-
licemente sventata nel 1619.
3 Così ha la prima stampa, non escluso il carattere cor-
sivo ; e sembra potersi intendere : la repubblica di Venezia
diverrà simile a quella di Genova. Noi però pensiamo che
326 LETTERE DI FRA PAOLO SAEPI.
più del dovere ; farò fine baciandoli la mano insieme
con il signor Molino e padre Fulgenzio.
Di Venezia, il dì 31 luglio 1612.
CCXIV. — Al medesimo.1
Non avendo ricevuto lettere di V. S. dopo quella
delli 10 luglio, mi son persuaso eh' Ella sia ancora
in viaggio, e resto in qualche dubitazione se le mie
le siano pervenute in mano. Con tutto ciò, non posso
intermettere il debito ufficio di scriverle con ogni
corriere, quantunque non abbia soggetto degno; poi-
ché le cose in Italia camminano nei modi consueti.
In Piemonte, quantunque quel duca non possi aver
occasione di dubitare che alcuno sia per offenderlo,
tuttavia attende a. crescere la sua soldatesca con
nuove compagnie ; e quello di Parma ad imprigionare
i suoi cittadini. In Roma si consulta sopra il matrimo-
nio del principe di Galles con una sorella del duca di
Toscana, come se d' Inghilterra fosse concluso ; e per
cosa certa è che di là non vi è risoluzione alcuna.
Non so, che pensare della rottura tra il papa e
la Repubblica. Succederebbe senza dubbio se li Spa-
glinoli la volessero ; ma essi, o perchè non metta lor
conto la guerra in Italia, o per qualche altra cosa,
non vogliono o differiscono. Intanto il papa s1 irrita
più, e la Repubblica si fa meno diligente.
Non so quello che debba pensare del nuovo im-
dovrebbe correggersi Ginevra, e spiegarsi : sola repubblica
sarà, o potrà trovarsi, in Ginevra.
1 Stampata come sopra, pag. 489.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 327
peratore, che disegna di muover la guerra ai Tur-
chi ; impresa ben generosa, ma non più tentata dai
suoi maggiori, che hanno pensato far molto nel di-
fendersi, senza pensar mai ad assaltare. È inter-
pretato da alcuni, che sia pretesto pei1- cavar con-
tribuzioni di Germania.1 Ma dove già una lega è
formata, sarà cosa difficile procedere con arte. In
questo mentre passerà 1' anno presente e futuro, né
mostrerà quello che si tratti adesso tra Francia e
Spagna con le ambascerie colorate de' matrimoni.
E venuto qui nuova, esser stato impetrato dal
Nunzio, con editto regio, che non si stampi in Pa-
rigi cosa alcuna se non sia approvata prima dal
cancelliere. Io ho desiderio d' intenderne la verità.
parendomi cosa di molta conseguenza. Resto pre-
gando Dio per la conservazione di V. S., alla quale
bacio la mano.
Di Venezia, il dì 6 agosto 1G12.
CCXY. • — Al medesimo.2
Non avendo veduto lettere di V. S. questo dispac-
cio, ho creduto eh1 Ella sia in viaggio. Non ho però
voluto intermettere il consueto e debito uso di sa-
lutarla e farle riverenza per ogni corriere ; se bene
non vi sia novità di momento e degna della sua sa-
puta ; poiché in Italia non vi è negozio considera-
bile, salvo che la trattazione di matrimonio che fanno
1 E così fu il vero, non solo allora, ma più altre volte
prima e anche dopo. Ipocrisie politiche, non dissimili da
certe altre che sono in voga nei tempi nostri.
' Edita come sopra, pag. 436.
328 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
il duca di Savoia e quello di Toscana per maritare
questo una sorella e quello una figlia al principe
di Galles.1 Li Toscani, come se il matrimonio fusse
concluso, hanno mandato a dimandarne licenza al
papa ; al che vien dato dalli intendenti due inter-
pretazioni : 1' una, eh' essendo certi di ricever la ne-
gativa d' Inghilterra, voglino per onor loro riceverla
più tosto dal papa, pubblicando che tutto sarebbe
stato concluso se il pontefice avesse assentito ; li al-
tri credono che tenendosi esclusi, voglino escluder
anco il duca di Savoia, ricevendo dal papa una ne-
gativa, acciò serva per esempio a lui per non cam-
minar più innanzi nella trattazione, e necessiti anco
il papa a fare il medesimo con Savoia e star per-
severante. Ma se quel grande e savio re eseguirà
il consiglio dato al figliuolo nel suo Basilicon Do-
ron,2 V uno e 1' altro potranno voltar i loro pensieri
altrove.
Il duca di Parma, se ben ha veduto la morte di
tanti e principali delli suoi incolpati di congiura,
non perciò è restato senza timore, ma tuttavia va
imprigionando altri e empiendo le sue città di per-
sone forestiere : cosa la quale Dio non voglia che
partorisca qualche inconveniente, o rovina della casa
sua o della città.
I Turchi sono in mare verso la Calabria con ar-
mata, e li Spagnuoli parimente al capo di Otranto
con un' altra, sebben inferiore. La mente di questi
1 Di questa pratica di matrimonio, condotta con molta
insistenza dalla corte di Toscana, e che dovè risolversi in
fumo pel dissenso dei cardinali e del papa, può vedersi
l' Istoria del Granducato del Galluzzi, lib VI, cap. 2.
- Ossia, Dono reale ; titolo di una della opere di cui
fu autore il re d' Inghilterra.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 329
sarebbe fare qualche azione per la quale mettessero
alle mani la Repubblica con i Turchi; ma le loro
arti e il fine sono troppo scoperti, né credo che riu-
scirà alcuno di questi disegni.
I disgusti del papa e della Repubblica vanno in-
grossando sempre più, e temo che in fine sia per
venirsi a rottura. I preti hanno scomunicato un ca-
pitano di mare, ma in secreto. Il vescovo di Cesena
è chiamato per averlo detto, e un vice- capitano del
patriarca di Aquileia imprigionato in luogo dove si
tiene esser sovrano : cose che i preti non possono
sopportare. Temo che in fine sarà guerra ; ma come
si farà per aiuto, non essendo re in Francia ? * De-
sidero che V. S. mi dica che cosa si possa sperare.
Intendo che in Parigi è stato imprigionato un
curato, per essergli trovate alcune scritture. Ho gran
curiosità di sapere che scritture erano quelle. Le
cose di Germania, dopo la creazione dell' impera-
dore,2 riposano.
Dio faccia che sia per lungo tempo, sì come anco
prego Dio che conservi la pace in cotesto regno, e
doni a V. S. ogni felicità ; alla quale restando de-
dicato, bacio umilmente la mano.
Di Venezia il dì 14 agosto 1612.
CCXYL — A Giacomo Gillot*
Ricevei le lettere di V. S. de1 16 giugno : non feci
risposta subito, ma ho indugiato fin qui per angu-
1 Non essendovi re, ma regina, per la minorità di Luigi.
2 Mathias era stato proclamato imperatore a dì 13 giugno.
3 Stampata in latino, tra le Opere ec., tom. VI, pag. 19.
330 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
stia di tempo e per sopravvenienza di grave e inco-
moda malattia. Ora, tornato quasi a intera salute,
la ringrazio fin dal principio per avermi tenuto degno
della sua memoria e onorato di lettere, sebben le
costassero la interruzione degli affari e degli studi.
Mi fé maraviglia la proibizione intimata, ad
istanza del Nunzio, per la edizione dei Concilii Pi-
sani, come di una novità pel regno. Hanno fin qui
teso insidie alla vostra libertà coi tranelli de5 Ge-
suiti ; ora, a quanto vedo, F assaltano con forza
aperta ; e me ne duole per voi, temo per noi mede-
simi. Giacché, quando riescano a innestare la no-
vella dottrina allo stesso regno, noi deboli e pochi
esciamo di speranza di poter da soli resistere. Vol-
gono cinquanta anni dacché in Francia niuno vo-
leva sapere di massime siffatte; e ora tanti sono
che le hanno accolte, che a breve andare tutti le
abbracceranno, e segnatamente perchè al picciol po-
polo sembrano vantaggiose. Ogni specie di vizio ci tro-
va patrocinio. Ad esse affidansi gli avari, per fare alla
fianca mercato delle cose spirituali ; i superstiziosi,
per supplire co' baci infervorati sulle immagini al-
l' esercizio di tutte le virtù cristiane ; gli ambiziosi
di bassa lega, che non possono andar a caccia di
nominanza senza delitti, per coprire d'un velo santo
ogni cima di ribalderia. GÌ' indifferenti ci vedono un
palliativo all' accidia spirituale ; e chi non teme Dio.
ha fatto apposta un Iddio visibile per darsi il me-
rito d1 adorarlo sopra gli altri. Da ultimo, non ci ha
spergiuro, non sacrilegio, non parricidio, non ince-
sto, non rapina, non frode o inganno, che non si
possano mascherare come opere meritorie sotto il velo
della dispensa. Qual maraviglia che i più facciano
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 331
buon viso a quel che s' accomoda alle cupidità dei
più V Pure i buoni non devono disperare : fu peste
di tutti i secoli, che per il divino onore e la verità
combattessero i meno. Pur combatterono sempre e
con tutta la lena, e Dio fu propizio a' loro conati. Og-
gidì dobbiamo nutrire le stesse speranze.
Lodo la S. V. che abbia dismesso lo scrivere, e si
dia alla pubblicazione di libri antichi, per far la via
al vero e causare la invidia e le persecuzioni. Io me-
desimo non avrei mai posto mano a scritture, se non
mi ci avesse costretto la necessità. Vedo eh' ogni dì più
infierisce la baldanza de' Gesuiti ; ma non avrei pen-
sato che giungesse al segno di negare apertamente
fiducia al Senato di Parigi, quando ninno mai in
tanti anni ne ha palesato ingiurioso sospetto, e tutto
il mondo ne ha accolto stupefatto i giudizi.
Ho letto attentamente la orazione che pubblica-
rono come proferita al senato da Montolon : 1 lo
stile mi par tutto del Coton, e non si può credere
che il Montolon arringasse sì prolisso. È degna, a
mio credere, che si legga siccome saggio della teme-
rità della Compagnia. Godo di tutto cuore che i ne-
mici non valessero a balzare Richer dal sindacato:
sarebbe invero stata una rovina pe' buoni studi. I
quali bramerei che egli in bene ordinata opera soste-
nesse e patrocinasse ; e ho meco consenzienti tutti
i buoni.
La nostra corrispondenza epistolare si ravviverà
1 La famiglia dei Montholon produsse una lunga serie
di eccellenti giureconsulti. Quello di cui si parla fu Gia-
como di Montholon, avvocato al Parlamento di Parigi, che
in quei giorni aveva scritto un' aringa in favore dei Gesuiti,
ed era figlio del celebre Francesco, che morì essendo guar-
dasigilli della corona.
332 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
pienamente dentro 1' annata, siccome spero ; ma in
questo intervallo non tralascerò d' inviar lettere alla
S. V. anche col mezzo del signor Leschassier, quan-
tunque non con quella libertà che mi prometto di
usare per 1' avvenire. Niente ho ricevuto per ora da
Francfort ; ma non fa caso, avendo io voluto che
nascondessero quel che mandavano sotto i grandi
involucri delle merci, affin di salvarlo dalla sorve-
glianza di quei di Trento. Prego Dio che serbi a
lungo in sanità la molto egregia S. V. ; e le bacio
le mani.
14 agosto, 1612.
CCXVII. — A Giacomo Leschassier.1
Fui confortato da grandissimo diletto leggendo
le lettere della S. V. in data del 12 luglio, per le
quali m' informa che indarno si cercò di dare un
successore a Richer nell' officio del sindacato. Io
penso che qui non si tratti soltanto dell' onore di
quel personaggio, che pur reputo degno di somma
venerazione, ma altresì d' un interesse comune ; poi-
ché, se gli è stata mantenuta la carica, sarà ma-
nifesto a tutti che i buoni approvano la sua dottrina.
Io ho sempre ammirato e avuto in grandissimo onore
la fermezza francese nel difendere la libertà della
Chiesa, ma oggi più che mai, vedendovi incrollabili
di fronte alle contrarietà del cielo e della terra.
Prego Dio che aiuti e coroni di buon successo la
vostra costanza e i vostri sforzi.
1 Edita come sopra, pag. 105.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 33?>
Unitamente alle sue lettere ricevei metà della
difesa del Montolon, composta da'Gesuiti, che ho letto
spesso con nausea e talvolta anche con riso. Se vi
aggiungeranno la quarta parte, che contiene ingiu-
rie verso gli avversari, faranno il loro mestiere. Ma
mi fa caso come quel modo di scrivere sempre dan-
noso, praticato da essi non noccia presso al volgo ;
e debbon essere ben fortunati, se tutto facendo per
finire di screditarsi, pur restano a galla. Questo di
bene avrà portato 1' arringa di Montolon o Cotton.
che nel sermone del signor Servili si trova la soscri-
zione di quelli che dichiarano professare la dottrina
della Sorbona. Ma qui si pare l' equivoco ; inten-
dendo essi per dottori sorbonici quelli che tengono
le massime dei romanisti, e gli altri avendo in
conto di dannati e tolti di carica. Veggo bene la
difficoltà dello scrivere contro i loro insegnamenti ;
poiché confondono la propria causa con quella del
papa, e non nel solo articolo della pontificia auto-
rità, ma pressoché in tutti. Soltanto nel punto de-
gli equivoci pare che facciano finora parte da sé
stessi : ma creda a me, si accorderanno anche in
questo, e presto ; stantechè sieno onnipotenti nella
curia di Roma, e V istesso papa gli tema.
Ho scritto in Sicilia per aver tutta e per disteso
la sentenza del viceré contro i Gesuiti. Appena rice-
vuta, la spedirò a V. S. Credo che già le sarà per-
venuta nuova della morte del capo di questa Re-
pubblica,1 persona d' eroiche virtù. Era già da sei
mesi caduto in una malattia, di cui non mai si
riebbe appieno, e ogni giorno diceva ne sarebbe
1 II Donato. Vedi la Lettera CCXIII, pag. 324 e
nota 1.
334 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
morto presto ; ma sì fresca serbava la mente e vi-
gorosi i sensi, che del continuo attendeva a' pubblici
affari, da parer die godesse sanità perfetta. Essendo
pervenuto, a' 16 di luglio, secondo 1' usato, al Con-
siglio del collegio, dopo aver trattato alla maniera
ordinaria le cose comuni, tornossene alle proprie
stanze e in poche ore passò. I Gesuiti, in ogni luogo
d' Italia, e qui ancora, per mezzo de' loro corifei,
detraggono alla sua memoria, e mettono in vista
tra le altre cose la sua repentina fine, quasi fosse
un gastigo di Dio ; non sapendo che sciagurata è la
morte subitanea quando è improvvisa all' apparec-
chio, non all' aspettazione ; e che nulla è più desi-
derabile a un onesto uomo, che dire addio alla terra
dopo un apparecchio di tutta la vita nella interezza
dei sentimenti e nel? adempimento stesso dei propri
offici. A Roma fecero festa pel decesso di lui, ma
sarà stata invano ; poiché, con loro cocentissima
amarezza, s' accorgeranno che non egli solo era
istrutto delle arti gesuitiche, ma che tutta la più
specchiata nobiltà le conosce. Fin qui hanno guada-
gnato un bel niente, e così spero sarà in avvenire.
Mi dicono che i Gesuiti stampino gli statuti e i
privilegi della Compagnia soltanto al Collegio ro-
mano, e che non ne rilascino gli esemplari che a più
fidati loro consoci. Non mi è riuscito mai di ve-
dere la edizione del 1606, per quanto usassi ogni in-
dustria a procacciarmene una copia. Né mai m' è
accaduto vedere le bolle di Clemente Vili, di cui
Ella mi manda l'intitolazione ; né l'approvazione di
Paolo V dell' istituto e dei privilegi della società.
Tutti questi articoli si trovano più facilmente fuori
d' Italia che in Italia, giacché qui sono costretti a te-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 335
nerli negli offici i ed occulti, sebbene conoscano aper-
tamente la verità. A gran fatica ho trovato il Bol-
lano impresso il 15G8 nel collegio della Compagnia,
insieme colle Costituzioni della medesima: ivi stanno
le concessioni dei pontefici fino a Pio IV. Ho fatto
«accia anche degli esemplari manoscritti di tutte le
bolle di Pio V, dei due Gregorii XIII e XIV a favore
della Società, con certi altri statuti e decreti dei
priori delle congregazioni generali ; ne altro io ten-
go dei loro segretumi. Se bisogna alla S. V. qual-
cheduno dei documenti accennati, non ha da far
altro che comandarmi.
Ricevei per questo corriere due lettere della S. V. ;
de' 18 luglio la prima, col resto dell' arringa in prò
de' Gesuiti e cogli atti pubblicati a favore di Ri-
cher ; e 1' ultima dei 20 dello stesso mese, con gli
atti del Parlamento. Ma più che altro, m' andò a
sangue la narrativa della disputa solita tenersi nel
capitolo generale dei Predicatori : ne avevo qualche
contezza e per udita e per lettere, ma non al tutto
rispondente al compiuto tenore di questo racconto.
Io vorrei che per tutta Italia si divulgasse che
Perron 2 e il Nunzio hanno confessato non essere per
anco definita, ma potersi discutere in senso favore-
vole e contrario, la superiorità del papa e del Con-
cilio. Poiché se tanto s' arrischiasse a dire qualcuno
in Italia fuori del dominio di questa Repubblica, o
verrebbe costretto ad un' abiura come eretico, o ne
1 Allusione al metodo che allora tenevasi, riguardo a
ciò, dal governo veneto, che certo avrà fatto custodire co-
testi libercoli nella Secreta di, Stato.
- Il cardinal Giacomo Da Perron. Vedi il tomo I,
pag. 153 e nota.
336 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
andrebbe bruciato. Il sindaco e gli altri Francesi
presenti alla disputa si portarono con gran fer-
mezza e dignità.
Àvidamente lessi gli atti del Parlamento nella
causa del Piicher, e a questo titolo le rendo infinite
grazie. Compatisca di grazia alla curiosità mia : nulla
più desidero sapere che quanto ha riguardo a una
tal causa. Io penso (e l'ho già significato) che la vo-
stra e dirò pur nostra libertà risiede in ciò, che
quel libercolo viva, e sia manifesto al mondo che sono
cattolici coloro che 1' approvano (quantunque non
manchino i detrattori), e che la pubblica voce si
faccia a sostenerlo.1
È vero quel eh' Ella ha udito circa la pace fra
Persiani e Turchi ; ma intanto il Turco cede ogni do-
minio che 1' avolo conquistò a' Persiani e il Persiano
ricuperò. Non si scoprono sino a qui chiari i disegni
dei Turchi ; ma penso ch'abbiano la mente alle vittorie
dei Polacchi contro a'Paissi, e là intendano le loro
mire. Già si verificano movimenti d'armati nella Tran-
silvania e Valacchia. Noi non abbiamo di che temere,
in quanto che senza d' una flotta navale non possiamo
essere offesi, né a' Turchi riesce procacciarsela a un
tratto. Ci tocca bensì contrastare agli artificii di co-
loro che rimestano ogni cosa col danaro e sotto pre-
testo di religione. Sono gli Spagnuoli con la flotta
presso Otranto, e i Turchi con un' altra sopra i lidi
della Calabria ; la flotta veneziana sta intorno a
Corfù. Gli Spagnuoli ricorrono ad ogni espediente
per far nascere dissensioni tra i Turchi e questa re-
1 Ed ecco, secondo noi, il riformatore cattolico, che
vuole al suo intento valersi anche della riforma protestante,
ma senza uscire dal cattolicismo.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 337
pubblica ; ma le loro arti son note ad entrambi i
paesi e non riusciranno.
Ebbi notizia che un parroco su quel di Parigi fu
incatenato e messo in carcere per esserglisi trovati
in casa scritti contrari all' autorità del papa. Ho
gran desiderio di sapere se questa è la verità. Prego
la S. V. a consegnare al signor Gillot le lettere al-
legate alla presente, e fargli i miei più compiti con-
venevoli. Io non cesso di pregare ogni giorno la sua
divina Maestà, eccellentissimo signor mio, perchè la
tenga in buona salute ; e le bacio le mani.
14 agosto, 1612.
CCXV1II. — Al signor de V Me Grosìot,1
In questi giorni passati, vedendo di non aver
lettere di V. S., ho congetturato quello che io veggo
esser avvenuto infatti; cioè ch'Ella per indisposizione
fosse stata impedita dallo scrivere. Coteste replicate
cosi frequenti di gotta, da quali Ella è assalita, mo-
strano eh' Ella affatica troppo, massime l' animo, il
quale è necessario che riposi, per dare insieme ri-
poso al corpo. Lo sforzo eh' Ella ha fatto di met-
tersi nel negozio, appunto nel tempo quando era
assalita dai dolori violenti, farà ben quello eh' io
temo, ch'Ella ne sentirà qualche effetto: e siccome,
attesa l'importanza degl'affari in che s' è implicata,
non posso se non commendare la sua risoluzione
nell' anteporre la pubblica utilità alle proprie ne-
cessità, così io non vorrei eh' Ella s' accostumasse,
1 Stampata nella raccolta di Ginevra, pag. 492.
Sari-i. — II. 22
338 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
ma che prima governando la sua sanità, piuttosto si
rendesse abile a servir il pubblico più lungamente.
L' opera fatta da lei e dai colleghi è così ono-
revole come potesse succedere, e si vede che Dio
ha benedetta la loro impresa, poiché è succeduta
con tanta prestezza. Io pronostico frutti migliori di
quello che si poteva sperare ; perchè i modi degli
avversari porgeranno occasione di restringersi mag-
giormente in perfetta e real riunione. Io so che il
re di Francia morto ha usato tutto il suo sapere e
arti per seminar diffidenze,1 e credo che da questo
abbiano origine molte delle cose passate tra i Ri-
formati ; e piuttosto mi maraviglio che non siano
state maggiori. Certamente si deve credere che la
riunione successa al presente, sia per volontà divina,
inviata a qualche servizio e gloria sua, come la prego
che sia. Ma la dichiarazione regia che V. S. mi man-
da, mi pare che sia appunto una di quelle medicine
che insieme fanno il male maggiore, e mostrano l' in-
sufficienza del medico. Mi pare un artifizio di scuola
la distinzione di chiamarsi ben servito dall' univer-
sale, e condannare i particolari. Non ho veduto più
usar simili artifizi in Francia ; ma ben si vede che
insieme con l'affezione spagnuola, si apprende anco
il modo di procedere.
Qui in Italia non abbiamo cosa nuova, se non
un gran disgusto e contenzione tra i duchi di Man-
tova e di Parma.2 Se fossero potenti, ovvero se non
1 Ecco una testimonianza che non farebbe molto onore
alla tanto decantata lealtà del grande Enrico di Francia -,
e insieme una prova che nessun reggitore di popoli può
tenersi interamente netto da quelle volpine arti a cui si dà
nome di ragion di stato.
- Per cagione della congiura ordita contro il secondo
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 339
temessero i più potenti, cioè gli Spaglinoli, sarebbero
passati così innanzi, che verrebbero alle armi. Senza
dubbio alcuno, ciò non sarà, perchè per Spagna
non fa aver moto in Italia al presente.
La settimana passata uscì per tutta Roma una
nuova dal palazzo papale, che al pontefice era stata
resa una lettera del duca di Buglione,1 la quale egli
non aveva voluto ricevere per esser di eretico, ma
l'aveva mandata all'Inquisizione; dove fu letta. In
quella si diceva, che nel suo viaggio fatto in Inghil-
terra, aveva scoperto una grandissima inclinazione
di quel re e del regno al ritornare alla religione
romana ; e che, per effettuar con prestezza e facilità
così buona opera, non vi era miglior mezzo, che il
matrimonio del principe di Galles con la sorella del
granduca. Però confortava sua santità ad adope-
rarsi per la effettuazione. Siccome non credo che
l'inclinazione suddetta vi sia, né che il duca di Bu-
glione abbia scritto, così accerto V. S. che per
Roma è stata affermato dai principali ministri pon-
tificii. Che mistero sia qua sotto occulto, non mi
posso per ancora immaginarlo.
In questi giorni passati si è dubitato che potesse
nascere qualche rottura tra questa Repubblica e
l'arciduca Ferdinando di Austria, perchè alcuni suoi
sudditi erano sbarcati nell'isola di Veggia,2 e ave-
vano fatto prigione il conte di queir isola, che si ri-
di essi, come in più d' una delle Lettere precedenti, e che
credevasi promossa dal duca di Mantova.
1 Enrico de la Tour d' Auvergne, duca di Bouillon,
dopo riconciliatosi con la corte, era stato spedito in Inghil-
terra per notificare a quel re il matrimonio di Luigi XIII
colla infanta di Spagna.
2 Così, per pronunzia venezianesca, invece di Veglia.
340 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
trovava sopra un porto per negozi pubblici ; per la
quale ingiuria, erano state mandate quindici galere,
rinforzate con buon numero di soldati, da' quali sbar-
cati s' erano fatti molti atti ostili nei luoghi arcidu-
cali. Adesso viene avviso che il Conte di Veggia è
stato restituito nel medesimo luogo dove fu preso;
per il che ogni cosa s' accomoderà. Tuttavia cresce
la poco buona intelligenza tra la Repubblica e il
papa, ma non produrrà effetti di rottura, perchè
ogni uno ama l'ozio.
L' ambasciatore in Roma scrive al Principe, aver
scoperto che in Roma si tenga stretta trattazione
contro la vita mia.1 Non so ancora niente di parti-
colare; ma sarà quello che piacerà a Dio, senza il
voler del quale i disegni umani riescono vani.
Poiché V. S. è stata in Parigi, io prendo ardire di
pregarla di soddisfare ad una mia curiosità, la quale
volendo io adempire e avendo parlato con diversi, ho
trovato la relazione tanto diversa, quanto il numero
delle persone. Da lei spero d' intendere la verità ;
vale a dire se il re di Francia mostra capacità, per
quanto la età comporta, e se conosce i difetti della
regina.2 Mi maraviglio che non sento più parlar
de' Gesuiti di costì. È possibile che siano quieti? Se
così è, riposano per ingagliardirsi a fare qualche
maggior male. Prego Dio che attraversi i loro cat-
tivi disegni. Al quale anco raccomando V. S., e le
1 È da tenersi conto della notizia data, come direb-
besi, in via diplomatica. E vedasi anche la Lettera che
segue.
2 Questo era assai facile, e presto gli eventi il dimo-
strarono. Quanto all' altra cosa, difficile in ogni tempo ed
a tutti, la storia è là per farne testimonianza.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 341
bacio la mano, salutandola per nome degli amici, il
signor Molino e padre Fulgenzio.
Di Venezia, il dì 11 settembre 1612.
CCXIX. — Al medesimo.1
Scrissi a V. S. sotto il dì 11 di questo. Col pre-
sente ordinario ho ricevuto la sua delli 4 dell' istesso
mese, insieme con la raccolta delli privilegi de' Ge-
suiti, i quali io credo aver manoscritti tutti. Con-
fronterò questo esemplare stampato col mio, e in
caso che avessi alcuna pezza di più, la manderò.
Con queste medesime ho ricevuto la Disputa po-
litica, della quale avendo trascorso alcuni capi, veggo
che l'autore ha di buone opinioni, e lo stimo. Solo
mi pare che quella materia non dovesse esser trat-
tata con così pochi argomenti, ma ricercasse mag-
gior confirmazione e confutazione. Io credo che dagli
altri libri che ha piaciuto al signor Gillot d' inviar-
mi, sarò per cavar profitto ; perchè la negoziazione
del Concilio di Pisa, nei suoi tempi, fu di molto mo-
mento. Io prego V. S. a far i dovuti ringraziamenti
a quel signore, al quale io ho tanti obblighi, che
non potrò corrispondere in minima parte. Aspetto
di vedere la risposta del figlio di Barclaio,2 credendo,
anzi essendo certo, di trovarci dentro di belle ar-
guzie.
Il libro della medesima materia stampato in
Heidelberg, non è comparso in questo paese, ma
1 Edita come sopra, pag. 498.
- Vedi la Lettera seguente ed altre.
342 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
venerdì scriverò a Francoforte, che di là mi sarà
mandato più comodamente. Poiché i Gesuiti s'affa-
ticano operando d'acquistar il dominio di Francia,
anzi di Europa, e che non si vede modo al presente
di far loro opposizione, è bene, almeno con le scritture,
insti tuire la posterità, se in questi nostri sarà per-
duta: la quale però voglio anco sperare che non
averanno forza di opprimere totalmente ; e forse an-
cora piacerà a Dio che questi principii sveglino
quelli a chi appartiene, e che si rimedi anco al male
già fatto. Starò aspettando la relazione che V. S.
mi promette, sopra il libro senza pari, che si tratta
di metter in luce.
Io ho sentito dispiacere così grande dell'incon-
tro avvenuto a Richer, come fosse occorso a me
stesso. Quella privazione del sindicato * non nuoce so-
lamente a lui, ma ancora alla causa. Io ne sono stato
sempre in gran timore, e credo che quel signore
dovrà aver innanzi gli occhi l' esempio dell' abate
di Bois : il che non le dico senza ragione e senza
qualche indizio.
Avevo già inteso la dichiarazione del re della
Gran Brettagna, molto savia e commendata. M' è
piaciuto averla veduta formale, e ringrazio V. S.
così di quella, come dell'altre pezze che li è pia-
ciuto mandarmi.
Di nuovo, un cardinale ha dato avviso all'am-
basciatore della Repubblica in Roma, che è stato
maneggiato una pratica contro la vita del padre
Paolo : cosa che dà qualche disgusto al Senato.
Quanto al negozio di monsieur di Thou, passò
1 Vedi la nota 2 a pag. 291.
LETTERE DI FRA PAOLO SARP[. 343
il successo in questa guisa. Avendo il padre confe-
rito con il signor Nani il suo pensiero inclinato a
mandar le memorie sue a monsieur di Thou, come
cosa anco di onore per la Kepubblica, e dimanda-
togli consiglio, rispose che non era cosa da consi-
gliare, ma da eseguire: fosse dato a lui, che ne
avrebbe fatto l' ufficio. Il padre così fece ; ma poi il
signor Nani, o per dubbio che li venisse in mente,
o perchè la cosa proposta in Collegio, si deliberò
soprassedere ; onde quello non le portò, e il Padre
restò legato eli non poter far altra risoluzione. Ecco
quello eh' è passato. Al presente, desiderando che
monsieur di Thou e il signor de l' Isle siano serviti,
ho pensato un temperamento, il quale credo sarà fa-
cile, e senza che il Padre resti interessato. Era in
questa città, con V ambasciatore d' Inghilterra Wot-
ton, un ministro, persona singolare: egli avendo
letto le suddette cose, pregò il Padre di copia: in
fine si contentò il Padre che le copiasse, non in
italiano, come erano, ma in inglese; e ebbe li suoi
rispetti, perchè pensasse poter far così, e non altri-
niente. Neil1 allegata si scrive ad esso ministro, che
ne faccia parte di tutto a monsieur di Thou. Sarà
facile trovar in che terra egli abiti, informandosi da
Wotton. Credo che monsieur de Thou sarà sodisfatto,
e il Padre senza pericolo: ma la scrittura è lunga
non meno d'un quinterno di carta.1
1 II Griselini parla del Wotton ambasciatore in più
luoghi delle sue Memorie ec, e in ispecie laddove confuta
le menzogne del Burnet e del Walton circa la storia del
Concilio di Trento. Vedasi a pag. 114-15 ec. Contuttociò,
e dopo aver lette quelle parole, vedrà ciascuno quanto il
racconto di questa Lettera importi per le future biografie
dell' immortale Servita.
344 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Le considerazioni che mi fa V. S. intorno i bi-
sogni della Repubblica, sono vere e vedute. La ne-
cessità che vi sarebbe di lega, massime con le Pro-
vincie unite, è notissima : ma io non posso senza
estrema impazienza vedere che, essendo il mondo di-
viso in due parti, la sola Repubblica vuol fare da
sé. Non è la causa il timor di Spagna, ma certo in-
teresse, e poca intelligenza. Chi volesse effettuare
questa buona opera, non bisognerebbe cominciar
da qui, ma dall' introdurre una ambasceria mutua;
che, fatto questo, io averei l' altro come fatto. Ma un
certo sussiego, che non posso dir altro, è causa che
chi dovrebbe parlarne, non ne parla. Il signor Fo-
scarini so che ne ebbe delle proposizioni ; ma do-
vendo andar in Inghilterra, penso che li suoi in-
teressi ricercassero che differisca la trattazione al
ritorno. Fece un errore,1 perchè al presente non è
più atto per ciò. Aspettare che Barbarigo sia in
Francia, è cosa lunga : quello che vi è, non è buono :
io non saprei per ora dove voltarmi. Ma di ciò ne
scriverò più lungamente con l'ordinario seguente,
dopo averci pensato e conferito.
Di nuovo non abbiamo altra cosa, se non che
gii Uscocchi, dopo aver restituito il conte di Veggia,
come credo già averli scritto, per il che si tenevano
le differenze per composte, hanno fatto una incur-
sione sopra lo stato della Repubblica, e menato via
quantità di animali, avendo perciò dato danno di
1 Che il Foscarini fosse di carattere alquanto corrivo,
mal raffrenabile, e però inclinato a commettere errori e
imprudenze, possono essercene indizio anche i consigli che
Fra Paolo si conduce a dargli, quando egli era ambascia-
tore in Francia, nella Lettera XXVII (tom. I, pag. 87).
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 345
forse dieci mila scudi. Onde i nostri hanno fatto
un'altra incursione molto maggiore, e penetrato ne-
gli Stati dell' arciduca per forsi venti miglia, hanno
abbruciato e fatto danno, che si stima ascendere a
non manco di 100 mila scudi ; sebbene non sono ri-
fatti di quel tanto eh' è stato preso a loro. Una parte
e l'altra a tutti i confini sta su le guardie: si stima
però, che le cose si componeranno. Piaccia a Dio che
tutto quello che succede torni a sua gloria. Il quale
prego che doni a V. S. tutte le sue grazie ; e con que-
sto fine, le bacio la mano, desiderando che per nome
mio faccia affettuosissime raccomandazioni a mon-
sieur di Thou e a monsieur 1' Eschassier.
Mando a V. S. la lettera * senza sigillarla, ac-
ciochè veda, se bene non intenderà che cosa gli di-
mandi, che lo dimando però con certezza che la mia
volontà sarà eseguita. Non resterà altro se non
che monsieur di Thou voglia fare quel poco di opera
che occorrerà per mezzo di qualche amico, che credo
sarà intieramene soddisfatto ; e io prego lui, insieme
con V. S., di credere che grandissimi rispetti mi
movino a far camminare il negozio per questa via.
Di Venezia, il dì 25 settembre 1612.
CCXX. — A Giacomo Leschassier.2
Ho appreso con sommo dispiacere il torto fatto
al signor Richer, e più me ne sono condoluto a ve-
dere 1' oltracotanza del procedere ingiurioso, e in
1 Cioè, la lettera pel ministro amico del Wotton.
2 Edita in latino nel tomo VI delle Opere ec, pag. 107.
346 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
quelli stessi che, non solo per giustizia e convenienza,
ma per interesse proprio massimamente, dovevano
pigliarne le parti. Ma forse Iddio ha permesso que-
sto in bene del Richer medesimo, il quale dovrà
consolarsi pensando che ha patito persecuzione per
una pia e giusta causa ; e che, se non in questa,
vivrà in benedizione a tutti nell' età ventura, dovechè
i suoi nemici avranno rimprovero di cortigiana pia-
centeria. Gli basti oggi 1' avere ad encomio de' suoi
sforzi il testimonio della coscienza e dei buoni.
Mi ha fatto meraviglia il nuovo tenore delle let-
tere regie, di cui ho ricevuto un esemplare manda-
tomi da V. S. ; e non ho potuto approvare che sul
principio si rovesciasse F ottimo sistema governativo
tenuto per secoli, con tanta tranquillità e prospe-
ramento. Grande è per fermo ora costì il potere o,
per dir meglio, lo strapotere de' Gesuiti, che pur
forse non arriverà al segno che pensano. Perocché
è forza caugino certamente le cose ; e la virtù fran-
cese, ora ristretta nell' intimo dei cuori e fatta dalle
contraddizioni più vigorosa, per forza di antiperistasi
si verserà, rovesciandoli, sopra tutti gli ostacoli e
metterà riparo anco ai mali avvenire. Il che non solo
spero, ma prego Dio continuamente che avvenga.
Ho letto la dissertazione di Leidressier, e 1' ho
scorsa di nuovo, fuor del mio solito : tanto m' è
parsa cosa bella e perfetta. L' autore, qualunque
siasi, merita l'elogio e l'ammirazione di tutti i buoni.
Alla eleganza del dettato accoppia la sodezza della
dottrina ; tanto che, se non continua ad usare l' in-
gegno in comune benefizio, mancherà a se stesso ed
ai buoni. Oh come agognerei di essere raccomandato
alla benevolenza di tal uomo !
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 347
Ho ricevuto la Raccolta di Sentenze aggiudica*
torie del Barclay ; elegante lavoro, che mostra il vi-
goroso ingegno dell' autore, a me noto anche per
1' altre opere.1 La curia romana non ha avuto per
1' addietro gente a' suoi disegni più contraria dei
Francesi ; e spirandole oggi il vento in poppa, volta
sopra voi tutti gli sforzi, e noi lascia un po' respirare.
Ma combattete da forti, come faceste fin qui, e per
voi e per gli altri; e il vento si volgerà presto da
un' altra parte.
La ringrazio per la narrativa del caso del par-
roco, di cui desideravo essere ragguagliato. A quel
che vedo, cotesta città (per non dir regno), per opera
e brighe gesuitiche, si scinde tutta in due parti ;
cioè gesuitanti e realisti; e io dubito se in ciò mo-
strino accorgimento. Tutti i cattolici staranno pel
pontefice ; e non può essere che, divisi in due parti,
spalleggino soltanto lui. Trapela dalle lettere della
S. V. certo scoramento che in Lei rampolla dalla
considerazione del non potersi sterpar di costà la
dottrina del parricidio. Ma non è a sperare che un
grave morbo si sani così facilmente : bisogna dar
tempo al tempo, come i medici costumano, e aspet-
tare le forze. Fa duopo in questo mentre lavorare
di diversioni e revulsioni : i rimedi gioveranno quan-
d'esso verrà declinando. Dopo tanto strepitare, non
1 Del Barclay giuniore si è toccato ancora nella nota
alla pag. 275 del tomo I, ed altrove. Di coteste opere o
scritture di circostanza, come oggi si chiamano, dovè ac-
cader quello che accadde in ogni tempo ; vale a dire che
la posterità non ne serbi memoria di gran lunga proporzio-
nata al rumore eh' esse levano quando sono divulgate. E
bensì tuttavia ricordatissimo il libro del Barclay padre, in-
titolato De regno et regali potestate.
348 LETTERE DI FRA. PAOLO SARPI.
dirò di cotesto regno, ma di tutta Europa scossasi
al parricidio di Enrico, non fa caso se quelli che ne
furono i primi autori, sin qui non si mettano in quie-
te. Temono per se stessi, ove lascino ai buoni il tempo
di ripigliar cuore. Però si fanno vivi nel mondo e si
arrabattano più che possono ; ma, col divino bene-
placito, mancheranno loro da ultimo le forze, e inol-
tre i buoni s' afforzeranno nella persuasione, che
dinanzi a' mali non bisogna dar addietro, ma fron-
teggiarli direttamente con animo più gagliardo. E la
virtù provocata prevarrà pure una volta : così spero,
così presagisco per 1' avvenire, così prego Dio.
Noi siamo qui in riposo; incerti ove andranno
a parare gli affari della Germania, e sospettosi
perciò dei Turchi. Certo è che è atteso a Costan-
tinopoli, e forse e' è di già, Nassul Bassa, che vo-
levasi ribellato al principe. Ma le vertenze sono
accomodate, avendolo accompagnato un ambascia-
tore di Persia; lo che è certo segno di pace fra
quei sovrani. Il nuovo imperatore della Germa-
nia è per sé desideroso di far guerra a' Turchi,
per mostrarsi in atteggiamento marziale a tutti
i Germani. Ciò sanno non i Germani solo, ma i Tur-
chi pure ; e non so se la cosa potrà aver effetto.
Che le armi turchesche s' abbiano a voltare contro
i Cristiani, è indubitato ; ma non si sa cui incoglierà
tanta sventura. Iddio tutto converta a sua gloria :
cui prego tenga sana lungamente la persona della
S. V. illustrissima e di tutti gli amici. Qualcuno
mi fa sperare che il signor Richer possa essere ri-
stabilito nel suo grado. Checché ne avvenga, prego
d' essere informato di tutto.
settembre, 1612.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 349
CXXI. — Al signor de V Isìe Grosìot.1
L' ultima mia fu delli 25 settembre. Il corriere
che portò quella di V. S. delli 18 settembre, doveva
giungere qui alli 6 ottobre, e per i mali tempi giunse
solo alli 11 e partì il medesimo giorno, senza che
io lo sapessi. Il che fu causa che per quello spaccio
non scrivessi. Mi portò quel corriere la sua delli 11,
col libro dei Concilii pisani; e l'altra delli 14. con
la Pietà2 di Barclay ; e la terza delli 18. Alle prime
non è bisogno d' altra risposta, che della ricevuta :
a questa terza risponderò prima a passo a passo,
per dirle dopo in fine le cose di qua. La causa per-
chè Ella non ha ricevuto la mia delli 11 settembre,
credo essere stata perchè Barbarigo la mandò per
T ordinario di Torino, acciò passasse in Francia con
quel di Roma. Spero che a suo tempo l'avrà ricevuta.
Le dirò, in una sola parola, che, siccome sento
piacere della riunione, così temo che non sia semi-
nata qualche altra materia di discordia, perchè gli
altri sono troppo buoni maestri, e i mondani se-
condo T evangelio sono più avveduti. Né bisogna far
dubbio che Roma. Spagna e Gesuiti mettano tutto
il sapere e tutti gli arti fidi contro i Riformati, cono-
scendo bene che mai avranno tanta opportunità, at-
teso l'aiuto efficace della regina e di Villeroy. i quali
dovendo presto mancare, consigliano V accelerazione.
Questa è una mala cosa che si possino valere
delli propri, poiché dal fatto di Coudray bisogna
credere che molti ne siano.
1 Dalla raccolta di Ginevra, pag. 505.
- Vedi la nota sopra citata, a pag .275, tom. I.
350 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
La negoziazione di Buglione con il re della Gran
Brettagna mostra molta prudenza e bontà di quel re,
e io ci presuppongo anco costanza. Ritrovo sempre
più sensata e fondata 1' operetta di quel Leidressero.
L' autore è uno spirito così atto al pubblico servizio,
che se impiegherà il suo sapere in altro, farà torto
a sé stesso. I Concilii di Pisa sono ben pubblicati,
sebbene l' Italia in questi tempi non li potrà vedere,
attese le proibizioni di Roma. Il libro di Barclay ha
una bella e degna prefazione, la quale piacesse a Dio
che fosse considerata da chi governa Stati ! Il discorso
contro l' Epistola di Casaubono se non ha autore
Fronton,1 ha un altro gesuita, attesa la petulanza e
sfacciatezza che non può alloggiare in altre persone.
Quanto alla materia di lega con gli Stati, ben pen-
sate tutte le cose, sono di parere che non sia da met-
tere in trattazione se prima non è introdotto amba-
sciatore ordinario qui e ivi.
Tra la Repubblica e il papa non può esser peggio
di quello eh' è, dal canto di esso papa; natura la
più maligna e più atroce che fosse mai, la quale
se non fosse raffrenata da pusillanimità e timore di
perdere i piaceri, farebbe qualche gran male: ma
dal canto della Repubblica, non si conosce che quello
di che si vede effetto.
Quanto all' universale, dico quello che altri qui
tra noi vede e prevede. La città di Mulheim mo-
stra dovere esser causa che la tregua si rompa, ov-
vero che gli Spagnuoli perdino tutta la Fiandra.
Ma se la guerra si rinnoverà, considerando che
gli Spagnuoli non sono stati bastanti avendo per
' Vedi la nota 2, pag. 327, tom. I.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 351
loro colonia gli stati di Cleves, mostra che all' av-
venire debbino poter manco che per lo passato ; se
però, quando si verrà ai fatti, non si trovi qualche
discordia seminata tra gli Stati, la quale li renda
impotenti e deboli : di che dubito grandemente, e
prego Dio che non sia. Sono restato tutto pieno di
ammirazione di quello che V. S. mi scrive, essere scac-
ciati gli Spagnuoli da tutte le Molucche,1 perchè di
ciò non abbiamo nessuno avviso, e io desidererei
molto di esserne ben certificato. Le cose che \anno
succedendo alla giornata sopra il fatto di Richer, sa-
rebbe una vittoria di molto gran momento, la quale
siccome desidero, così non ardisco sperare. Ma ben
prego V. S. avvisarmi di tutto quello che succederà.
A quello che V. S. mi dimanda, la morte del
doge Donato, che sia in gloria, non ha fatto nissuna
novità in questo governo, per la perfezione degli
ordini che ha nel maneggiare le cose interiori ; ai
quali se fossero uguali quelli che toccano 1' esterno,
sarebbe il miglior governo del mondo.2 Grande è la
perdita della Repubblica nell' essere privata d'un tal
soggetto, come d' un prudente e savio senatore ; ma
come di Principe, non è assolutamente niente. Que-
sta è buona e debole persona. In cose di Roma
non parlerà, perchè ha figlio prete.3 Credo di aver
1 Sino dal 1607, gì' indigeni di quelle isole, profittando
delle discordie già state pel loro possesso tra Portoghesi e
Spagnuoli, e degli aiuti lor dati dagli Olandesi, cominciato
avevano ad asserire ed attuare anche in parte la loro in-
dipendenza.
- Gli studiosi della storia e della politica italiana non
potranno non far caso di questa tanto esplicita sentenza, e
di giudice sì competente, com' era il nostro Consultore.
3 Si noti da chiunque cerca o desidera la indipendenza
degli Stati.
352 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
detto a V. S. tutto quello che occorreva in ri-
sposta.
Di qua non vi è alcuna cosa di nuovo, se non
che dalla Gazzetta da Roma viene scritto che Des-
diguieres sia stato posto prigione nella Bastiglia.
Il che le scrivo, sebbene so esser falso (certo è che
egli è in Delfinato), ma acciò sappia che avvisi
mandano intorno. Avvisano parimente nella mede-
sima Gazzetta, che monsieur di Rohan si trovi ar-
mato con ottomila persone per voler far novità, e
che si dia titolo di principe di Bearne. Avvisano
appresso, che sia giunto a Roma alcun brevetto di
coteste maestà, con concessione di pensione a diversi
prelati. Quest' ultima credo che sia vera ; le altre le
scrivo solo per avviso.
L' ambasciatore degli Stati in Turchia ha propo-
sto a quel principe di far guerra a Roma, promet-
tendo aiuto di navi. È stato ascoltato, e se a tempo
fosse reiterato, potrebbe effettuarsi. Dispiace qui, te-
mendosi il Turco in Italia. Tra le Repubblica e
1' arciduca è mezza guerra,1 a segno che V amba-
sciatore di Spagna ha mezzo protestato, ma ricevuto
risposta generosa. Sarebbe di conseguenza, se 1' ar-
ciduca avesse....2
Dopo avere scritto sin qui, ho ricevuto quella
di V. S. delli 2 del presente, nella quale avvisan-
domi aver ricevuto le mie delli 28 agosto e 11 set-
tembre, non le resta altro da ricevere se non quella
delli 25, la quale credo a suo tempo avrà ricevuto.
Ma V. S. mi nomina una delli 25 del passato, e
m' avrebbe messo gran suspizione che fosse perduta .
1 Sempre per cagione degli Uscocchi.
2 Lacuna della prima stampa.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 353
se non aggiungesse che con quella era inviata una
scrittura francese contro il signor Casaubono, la
quale è venuta insieme con l'ultima sua delli 18.
La scrittura che mi manda insieme con questa
delli 2, non posso ben giudicarla, non avendola ve-
duta se non superficialmente ; ma ho ben preconcetto
un poco di pensiero, che non sia pari a quella del
Leidressier. Sento dispiacere che abbia mancato la
risoluzione a quel eh' era a favore di Richer. In-
tendendo la indisposizione di V. S., prego Dio che
sia senza febbre ; che essendo così, riuscirà una di-
versione della colica.
Prego parimente la Maestà sua divina, che il
negozio dell'assemblea di Saintonge abbia quell'in-
dirizzo e quell' esito che sia a gloria sua e quiete
del regno. Mi dispiace che la scrittura francese con-
tro Casaubono non porti il nome dell' autore, es-
sendovi, a fol. 39, nella seconda faccia, una dottrina
degna della fede dei Gesuiti, la quale se san Pietro
avesse saputo, poteva inventar modo di negare No-
stro Signore senza peccato. Chi darà occasione a
quegli uomini di scrivere, li farà come la scimmia
quando monta in alto.
Il signor Gussoni mi scrive lodandosi molto pel-
le istruzioni che riceve dalli avvisi di V. S. La
prego continuare, perchè quello eh' è in Francia
mai scrive cosa che sia a favore de' Riformati. E qui
facendo fine, prego Dio nostro Signore d' aver pre-
sto avviso che V. S. abbia ricuperato la sua in-
tiera sanità, e che i negozi che maneggia abbiano
prospero successo.
Di Venezia, il dì 23 ottobre 1612.
Sarpi. — II. 25
354 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
CGXXII. — Al medesimo.1
Poiché il cornerò non è partito il giorno ordi-
nario, ho avuto tempo di legger la cornmentazione
De temporali potestate Papce, avendo considerato
ciascuna delle asserzioni e ragioni dell' autore. Io
le ritrovo tutte molto ben esaminate e sode, e
veramente le più principali che si possono usar
in tal maniera. E siccome io credo che sia un'ope-
ra molto fruttuosa, come per un breviario, a chi
tiene la buona opinione, così dubito che non sia
per far gran frutto in far mutar la falsa. Egli è
tanto conciso, che Tacito vi è per niente. Conviene
che il lettore sia tanto attento a cavar il senso,
che resta stanco per pesar la forza della ragione.
La maniera del dire è tanto arguta, che fa tra-
passar di sotto gli occhi assai cose a chi non
cammina molto lentamente nella lezione. Gli uo-
mini di poco sapere e gì' imbevuti nell' opinione
contraria non ci vederanno la perfezione ed esat-
tezza. L' autore della Concertazione politica, con
tanta materia contenuta in così pochi fogli, avreb-
be fatto un giusto e gran volume. Quella ma-
niera è per insinuarsi nell' animo del lettore, e per-
suaderlo ; questa così concisa serve alla remini-
scenza di chi è persuaso.
Non voglio restar di aggiungere alle cose scritte
un altro avviso di Costantinopoli, eh' è stato menato
a quella Porta prigione, a' 29 agosto, un gran prin-
cipe chiamato Abdar Gian, il quale possedeva un
1 Stampata come sopra, pag. 513.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 355
gran regno nell'Arabia Felice, chiamato Aden, si-
tuato immediate fuori la bocca del Mare Rosso so-
pra l' Oceano ; per il che è fatto una gran giunta al
Turco di paese e ricchezza, per l'esser là l'imperio
principale di queir Arabia. Di nuovo bacio la mano
a V. S., pregandole da Dio Nostro Signore il com-
pimento dei suoi desiderii.
Venezia, il 24 ottobre 1612.
CCXXIII. — Al medesimo.1
L' ultima mia scritta a V. S. fu delli 24 del pas-
sato. Or ora ricevo la sua delli 16 ottobre, alla quale
risponderò a passo a passo, così leggendola ; perchè
non ho più di mezz' ora di tempo alla partita dal
corriere : al rimanente non sarà risposto per que-
sto, ma risponderò lo spaccio seguente.
Io non dubitavo che la fama venuta da Roma
di lettera scritta da monsieur di Buglion non fosse
un artificio ; 2 ma ho voluto scriverlo per non restare
d'avvisarla di tutto quello che va attorno.
L'intestatura del ramo di Po da Tramontana
non ha potuto porger materia a Roma di risenti-
mento, per esser un luogo distante dai confini ec-
clesiastici più di dieci miglia, e lasciando anco tre
altre bocche superiori a quella nello stato della Re-
pubblica; ma che ne debba seguire, e ben presto,
quello che V. S. giudica, sarà senza dubbio. Io non
ho inteso ancora che a Roma si faccia trattato con-
Edita come sopra, pag. 515.
Vedasi la Lettera CCXVIII.
356 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
tro la bigamia,1 ma m'informerò e saprò dirgliene
l'intiero.
Sono restato stupido intendendo il successo del
prigione menato da Verdun; ma non mette conto
a chi può, che si scuopra la verità. Ho sentito
estremo piacere, che monsieur di Thou sia stato sod-
disfatto di quanto ho potuto fare in suo servizio. Mi
rendo certo ch'egli avrà abbondantemente quanto
desidera in quel particolare.
I motivi che passano tra i sudditi dell'arciduca
Ferdinando e di questa Repubblica, continuano an-
cora, piuttosto perchè quel principe non ha tutta la
obbedienza che bisognerebbe nei suoi sudditi, che
per altra causa. Erano venuti ai confini del Friuli
alcuni soldati di quelli già di Passau, in numero di
circa mille, forse con animo di metter terrore : ma
sono fatte dal canto di qua le debite provvisioni, e
i medesimi sudditi arciducali, non potendo soppor-
tarli, s' affaticano per la loro partita. Non posso se
non maravigliarmi della prudenza di chi maneggia
simili affali, e crede con mille persone far quello che
non basterebbono 2000.
Io sento con dispiacere i disgusti che costì sono
dati alli buoni Francesi, e prego Dio che metten-
doci la sua santa mano, vogli ridur il tutto in pace.
L'opera' che si compone mettendo insieme le op-
posizioni fatte ai tentativi romani, sarà molto utile.
La morte di monsignor Bongars,2 che per infiniti
1 Fors' è da intendersi, figuratamente, delle chiese o
mense vescovili.
2 Già maggiordomo di Enrico IV; di religione riforma-
ta; morto, in odore di onestissimo e di molto erudito, fiuo
dal luglio di quell' anno.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 357
rispetti mi è stata acerba, m' aggiunge anco questo
dispiacere, che sia causa di differire l' esecuzione di
tanta utilità. Avendo ricevuto il libro di Barclay
( e ringrazio anco l' autore con una mia lettera), non
fa bisogno che V. S. m' invìi queir altro esemplare ;
ma Ella ne farà quello che le piacerà.
È cosa verissima che i sospetti di qui sono su-
perflui e guastano tutto, e che ogni mancamento
viene da questa parte, in materia di corrispondenza
con li Stati. Io spero pur in fine che si vi troverà
modo, incominciando però da ambasciatore ordina-
rio : di che le scriverò per la seguente più a rango
e con qualche risoluzione, se chi mi promette di
darmela, potrà farlo. Qui si ha da Lione la morte del
principe di Soissons.1 Non posso esser più lungo; ma
qui facendo fine, a Vostra Signoria bacio le mani.
Di Venezia, il dì 20 novembre 1612.
CCXXIV. — Al medesimo.2
Dappoi che la stagione è fatta così umida, questi
corrieri non servano tempi : il che è causa che le
lettere non arrivano nei tempi corrispondenti. Questo
ultimo, giunto ieri, mi ha portato quelle di V. S.
dei 3 ottobre e 1 novembre. In quelle avvisando
Ella di aver ricevuto la mia dei 25 settembre, scorgo
che nessuna è perduta; perchè ai 9 ottobre non
scrissi, non credendo che il corriere partisse, poiché
non era giunto quello che doveva venire da Lione.
1 Vedi la pag. che segue e la nota 1.
- Stampata come sopra, pag. 519.
358 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
Credo che le altre mie saranno venute a' suoi
tempi.
Per la passata scrissi molto in fretta ; oggi potrò
farlo alquanto più sedatamente. Primieramente, ren-
do molte grazie a V. S. degli avvisi datimi nella
precedente, che mi furono gratissimi. Dopo 15 giorni
abbiamo qui la morte del conte di Soissons, la quale
ognuno ha giudicato molto importuna, riputando
che quel principe fosse un freno per ritener che lo
stato non precipitasse.1 Con tutto ciò, non conviene
cader di speranza, ma aspettare soccorso da Dio.
quando totalmente mancano gli umani. Conti non
è uomo. Condè si dice poco capace.2 Veramente è
gran giudi ciò di Dio, che da alcuni anni in qua.
tutte le morti de' principi sono a favore di Spa-
gna, eziandio quelle del loro proprio partito. Si
vedono tutte le cause della fatalità conspirare alla
loro grandezza. Vero è che V ira di Dio appunto
si dimostra potente, quando ogni cosa è in sicuro.
Piaccia alla Maestà divina, che tutto sia in sua
gloria.
Quanto al negozio di lega con li Stati, essendo
qui molto sospetto di Spagna, chi proponesse lega
di diretto, farebbe effetto contrario, perchè si repu-
terebbe dare occasione. So bene che V. S., leggendo.
1 Non diversamente giudicarono della morte di quel
principe (Carlo di Borbone), benché d' intelletto assai me-
diocre, anche i Francesi contemporanei del nostro autore ;
cioè eh' essa fu da tutti deplorata, perchè il rispetto della
sua persona conteneva non pochi, i quali ruppero in ap-
presso a sfrenatissima licenza.
1 Qui, nella prima stampa, seguono, in periodo a par-
te, le parole « Tre punti; » le quali noi abbiamo creduto
opportuno di sopprimere.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 359
dirà che dovrebbe esser tutto altramente, ed io lo
confesso; ma è gran differenza da chi ha visto in
faccia la guerra, a chi è sepolto in ozio. La via è
unica, di introdurre ambasciatore ordinario, scam-
bievole, e poi trattare di commercio; che sarà, per
conseguenza necessaria, espedizione di navi, soldati,
danari e altre corrispondenze : e V. S. tenga per fer-
mo, che sì come par difficile il primo passo, così
fatto, vi sarà più bisogno di briglia, che di sprone.
Quella di V. S. a me diretta m' ha recato una
tristizia grande, dubitando che le cose di cotesto
nobilissimo regno non passassero a qualche disor-
dine. Si è temperato il dispiacere assai, avendo letta
un' altra sua scritta a monsieur Assellineau, dove,
otto dì dopo, dà ferma speranza che si dovesse tro-
var composizione e alle cose comuni e a quelle di
monsieur di Rohan. Così prego la Maestà divina che
succeda secondo il suo santo beneplacito.
Questi giorni passati si è intesa, con dispiacere
comune, la morte del principe di Galles, la quale Dio
non voglia che non profondi nella mestizia il pa-
dre.1 essendo una perdita tanto grande, che non po-
teva avvenirgli maggiore. Saranno levate le prati-
che di matrimonio,2 le quali a me piacevano som-
mamente, quantunque fossero per terminare in fumo ;
perchè servivano grandemente a domesticare, ed
erano con molta diminuzione di reputazione del
papa, che i principi papisti trattassero matrimonio
1 Tutt' altro, però, avvenne, avendo Giacomo vietato
finanche di portare il lutto per cotesto erede della corona.
I più attribuiscono un tal procedere a gelosia che il re
disputatore ed inerte avesse concepita delle energiche qua-
lità di quel suo primogenito.
- Cioè con una principessa savoina o toscana.
360 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
con Riformati. Ma noi siamo pur all' istesso, di ve-
der morti solo a favore di Spagna.
Non vi è cosa di nuovo in Italia, che meriti di
esser avvisata. S'intende che monsignor Richer scriva
in difesa del suo libretto, e che 1' opera sia sotto la
la stampa: cosa che, se fosse vera, mi piacerebbe
molto ; e desidero sapere quello che ne sia, paren-
domi che se in Francia, tra Cattolici, si stampi quella
dottrina, sia aperta un' ampia porta. Non è sempre
da cercare che alla prima si faccia il più perfetto.
E bene alcune volte imitare la natura, la quale in-
comincia dal rozzo, per pulirlo poi.1
Cresce quotidianamente 1' odio del papa contro
la Repubblica : però non se ne può sperar effetto,
per le cause altre volte scritte. Mi par di vedere in
questa nostra regione, sì come alcune volte d' estate,
che le nuvole discendono sino a terra, che pur non
piove : così ora la guerra. La vera causa è, perchè
Spagna vuole prima disponer la materia, facendo
partito in Venezia : al che si cammina a gran passi.
Né vi è rimedio, salvo che con rottura; ma non è
veduto, perchè Dio non apre li occhi: sarà forse
quando piacerà alla Maestà sua. La quale prego
che doni a V. S. ogni sua grazia, e le bacio la
mano, anco per nome del signor Molino e del padre
Fulgenzio. Mi sarà caro sapere se del negozio di mon-
sieur de Thou sarà riuscito cosa alcuna.
Di Venezia, il dì 4 decembre 1612.
1 Questo buon canone gioverebbe di ricordare a certi
impazienti politici del tempo nostro. Se non che, un' ecce-
zione sarebbe da farsi. Cominciare dal rozzo, sta bene •, ma
dal barocco, dal guasto, da quello di cui promettavasi la
fine, oh questa invero è un' altra cosa !
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 361
CCXXV. — Al medesimo.1
Poiché 1' ultima mia ricevuta da V. S. è dei 25
settembre, le resta averne quattro ; elei 4 e 23 otto-
bre, 20 novembre e 4 decembre : ma le sue sono tutte
venute salve. Già le ho dato conto d' aver ricevuto
quelle dei 16 e 31 ottobre. La presente sua è dei 13
novembre, alla quale rispondo, avendo appena avuto
tempo di leggerla : tanto il corriere ha differito la
sua venuta.
Della lega con gli Stati le ho già scritto. Credo
che a quest' ora avrà ricevuta la lettera, né potrei
dirle alcuna cosa di più.
Ho sentito grandissimo piacere che sia stato tro-
vato temperamento per divertire le turbazioni in
cotesto regno; e veramente, giova sperare che si
perfezionerà, e svaniranno tutti li impedimenti che
Satan penserà interponenti. Rendo molte grazie a
V. S. per questa buona nuova datami. Vorrei così
poter, in contraccambio, darne a lei alcuna buona
delle parti di qua; ma non posso dirle se non che
siamo in ozio, secondo il solito.
Abbiamo bene avviso certo, eh' è arrivata in Spa-
gna la flotta dalle Indie occidentali con undici mi-
lioni ; sopra i quali è stato fatto partito con Genovesi
di rimettere quantità grande, che non so precisa-
mente, in Fiandra. Dicono che ciò sia per li paga-
menti delle guarnigioni, ma Dio voglia che altra
ragione non sii coperta sotto ; se bene li avvisi por-
tino quiete, così dal canto dell' arciduca, come delli
1 Impressa come sopra, pag. 524.
362 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
signori Stati. Ma la fabbrica di Mulheim non per-
suade a credere così, né meno le discordie tra Bran-
denbourg e Neubourg, che non possono esser fomen-
tate se non con qualche calore del Diacatholicon ; e
Sassonia è così mal disposto, che facilmente si fa-
rebbe papista. E V. S. non abbia questo per pen-
siero leggiere, perchè ha fondamento: forse non si
eseguirà per timore* dei popoli.
Si aspetta in Roma fra breve tempo il vescovo di
Bamberg, ambasciatore dell' imperatore : il quale
ha già rimesso in quella città 60 mila scudi, oltre
quelli che porta seco ; onde farà una illustre amba-
sceria. Potrà essere che, oltre le cerimonie, sia anco
per trattare alcuna cosa di momento; di che se ne
può trar indizio dal colloquio stretto passato tra l' ar-
ciduca Leopoldo, il duca di Baviera e il conte di Vau-
demont. Certa cosa è, che i principi ecclesiastici di
Germania, conferà il loro solito, attendono a congre-
gar danari in diligenza.
Monsieur Assellineau non ha ricevuta quella di
V. S., per non averlo potuto vedere, ancora dopo che
il plico mi è stato reso. Non si maraviglierà se non
avrà da lui risposta. Io lo farò ben ricercare di
nuovo, ma non so però se avrò fortuna di ritrovarlo.
Farò qui fine, risalutandola per nome dei tre salu-
tati, e baciandole la mano.
Di Venezia, il dì 18 decembre 1612.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 3G3
CCXXVI. — Al medesimo.1
Quantunque sino a quest' ora sia incerto se il
corriere venuto ieri a sera mi porti lettere di V. S.,
nondimeno, per seguir ordine di darle avviso delle
cose che qui passano, prevengo la venuta delle sue,
le quali aspetto con desiderio d' intendere la buona
piega che avranno preso le cose di costì.
Scrissi a V. S. ultimamente sotto il 18 decembre :
d' allora in qua abbiamo avuto assai novità in Ita-
lia. Morì un figliuolo del duca di Mantova, in età
infantile, e il padre ha seguito pochi giorni dopo.-
Itesta di lui una figliuola, la quale potrà esser pie-
tra d'intoppo alle case di Savoia e di Mantova.
Pare che il duca di Savoia pretenda il marchesato
di Monferrato per lei, ad esclusione del fratello del
morto, allegando il costume che quello Stato passi
anco nelle femmine; anzi, entrò nella casa di Man-
tova per la madre dell' avo del morto duca. Dal-
l' altro canto, per i Mantovani si dice, che da Mas-
similiano imperatore fu quel marchesato unito con
lo Stato di Mantova in un solo corpo, onde non
si abbia più da separare, e perciò debbi seguire le
condizioni ancora di quello.3 Se Italia non fosse sotto
il pedante, questa sarebbe un' occasione di alterare
la presente quiete, avendo il duca di Savoia grande
' Edita come sopra, pag. 527.
- Il principe Lodovico e il duca Francesco Gonzaga,
morti ambedue nel mese di dicembre del 1612. Vedi il
Muratori, sotto queir anno.
3 I termini della questione insorta, e le conseguenze
che per allora ne derivarono, sono abbastanza svolte dal-
l' Annalista sopra citato, sotto 1' anno 1613.
364 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
opportunità per la vicinità, e grand' interesse eli tirar
quello stato in casa sua. E già si arma, dicendo ai
Mantovani che lo fa contra Svizzeri, e ai Svizzeri
contra Mantovani. Ma gli Spagnuoli non vorranno
moto, ne meno vorranno accrescimento al duca di
Savoia ; per il che si può credere che le cose sta-
ranno come sono.
E giunto in Roma il vescovo di Bamberg, am-
basciatore al pontefice per Cesare; nobile ambasce-
ria, essendo certo a me, che da imperatore non è
venuto in Italia per ambasciatore alcun principe
Germano. Pretendeva questo signore d' esser onorato
della mano destra da tutti in Italia, e ha ricevuto
gran disgusto perchè gli sia stata negata dal car-
dinale eh' è in Ferrara, e perchè il cardinale eh' è
in Bologna, per fuggire queste controversie, si è mo-
strato indisposto. Ha ancora ricusato di entrar in
Fiorenza, per non aver quel duca consentito di darli
il luogo, come aveva richiesto.1 Ma finalmente, de-
poste tutte quelle pretensioni, è andato a Eoma. e
contentatosi di quanto quella corte costuma di fare,
dove i cardinali non danno luogo a qualsivoglia
sorte di persona. Non si sa ancora, se, oltre i com-
plimenti, abbia qualche negoziato : è ben verisimile
che vi sia. Io sto con grand' espettazione di saper il
modo come averà trattato col pontefice per nome di
Cesare ; se con parola di obbedienza e fedeltà, come
anticamente si soleva ; o di ossequio, come Massi-
miliano II ; o col temperamento medio, preso da Ro-
dolfo.
1 Era quello il secolo, coni' è ben noto, non solo delle
controversie teologiche, ma delle questioni altresì che si
chiamarono di precedenza !
LETTERE DI FEA PAOLO SARPI. 365
Credo che questo imperatore avrà nel principio
del suo governo più travaglio di quello che pare,
poiché abbiamo avviso che li Turchi hanno preso
tre luoghi in Ungaria superiore ; cosa eh' essi non
sogliono fare, se non pacificate in tutto e per tutto
le cose di Levante. Nel rimanente, le differenze tra
questa Repubblica e 1* arciduca Ferdinando per
causa di Uscocchi. sono andate in silenzio, né più
se ne parla. Ma bene tra li ministri d' ambidue li
principi sul luogo si tratta di rimediare alli mali
passati, e più alli futuri. La causa del componi-
mento viene da Spagna, che vuol le cose quiete, e
che riputa complire alli rispetti suoi, che li Stati
d'Italia non maneggino' arme, ma con le arti della
pace, o della disunione fra essi stessi, finalmente si
sottopongano ali" arbitrio del più potente.1
Ho raccontato a V. S. tutto quello che ho di
nuovo : mi resta dirle, essendo il primo giorno del-
l'anno, salute presente e perpetua, sì come faccio:
pregando Dio che la favorisca di tutte le sue gra-
zie, e a me doni di poterla servire come con tutto
1' affetto desidero. E qui facendo fine, le bacio la
mano.
S' avvicina il tempo di destinare ambasciatore
in Francia e Inghilterra. Sto in dubbio, quale di
questi due sarà Barbarigo. Spero nondimeno, che
sarà costì. Egli fa riverenza a V. S.. con il signor
Molino e padre Fulgenzio.
Dopo scritta questa, ho veduto una di V. S.
scritta a monsieur Assellineau, per la quale veggo
1 Abbiamo più volte qualificato per politico egregio il
nostro Fra Paolo ; uè queste parole son tali che della no-
stra opinione debbano farci ricredere.
366 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
che molte mie sono andate in sinistro, ne so a chi
ascriver la causa. Quelle di V. S. però mi sono ca-
pitate sempre. Le quali cose tutte io le scrivo per
avviso, non sapendo giudicare donde venga il man-
camento. Dal signor Guzzoni non può venire, per-
chè vedendolo diligente nel mandar le lettere in qua,
giudico che faccia l' istesso nel mandarle in costà.
Di nuovo le bacio la mano, pregando Dio nostro Si-
gnore, che le doni felicità.
Dopo chiusa questa, io ricevo una di V. S. delli
11 decembre, la quale, senza poter leggere se non
nelle parole chiare, mi costringe a fermarmi qui, e
dirle che mi rimetto a scriverle il giorno seguente.
Di Venezia, il 1 gennaio 1613.
CCXXVII. — Al medesimo.1
Ieri, credendo che il corriere partisse, mandai il
plico mio alla posta, e con un solo polizzino diedi
conto a V. S. d'aver ricevuto la sua delli 11 decem-
bre, senza averla ancora intieramente letta. Il cor-
riere ha differito 1' andata al giorno d' oggi, onde
ho potuto aver spazio di ringraziarla degli avvisi ;
li quali ho anco comunicato al signor Barbarigo, il
quale nel particolare che toccava a lui, cioè, che
V. S. ha ricevuto la sua e farà quello che gli scrive con
le opportunità e comodità che il negozio ricerca, ri-
sponde ringraziandola, e pregandola a non mancare.
Io le dirò questo di nuovo, eh' è cosa risoluta che
egli sarà ambasciatore in Francia ; sì che non vi ha
' Edita come sopra, pag. o32.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 367
da esser alcun dubbio, e sarà costì la primavera.
Di che ho sentito piacere grandissimo per diversi
buoni rispetti. So che V. S. ne sentirà altrettanto;
e io, per non attediarla più lungamente, facendo
fine, le bacio la mano.
Di Venezia, il dì 2 gennaio 1613.
CCXXVIII. — Al medesimo.1
L' ultima di V. S., ricevuta da me 15 giorni ad-
dietro, fu delli 1 1 decembre ; e 1' ultima scritta a lei
fu del 1 del presente. Per questo corriere non ho
lettere, se non una di monsieur V Eschassier. la
quale è delli 19 decembre ; dopo il qual tempo vado
credendo che possa esser occorso qualche novità, al-
meno di mala soddisfazione data dalla regina a' Ri-
formati, che riceverei con sommo dispiacere per le
conseguenze che porterebbe seco. Ben sappiamo che
qualunque cosa procede secondo il divino benepla-
cito, e il nostro meglio : però non si può restar da
desiderare secondo gli affetti umani.
Si ritrova in Roma il vescovo di Bamberg, ani-
hasciatore per Y imperatore; il quale nel venire dis-
seminò eh' era per trattare il pontefice con molta
dignità dell' imperio. Con tutto ciò, non solo non è
stato tra i termini usati da Massimiliano, ma ha ec-
cesso anco quelli di Rodolfo.2 Il suo negoziato pare
che sia per ristringere in fatti la lega ecclesiastica,
e in apparenza mostrare che fosse dissoluta, a fine
1 Stampata come sopra, pag 533.
- Vedi sopra, alla fine della pag. 364.
368 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
di trattar poi nella dieta imperiale, che si dissolva
quella di Hall. Del rimanente, l' Italia non ha altra
cosa nuova, perchè la differenza tra Savoia e Man-
tova si risolverà in trattazione.
Le dirò ben di nuovo dei padri Gesuiti, che il
loro valore s' è mostrato così grande in Costan-
tinopoli, che hanno acquistato il patriarca greco
in tal maniera, che non operava se non agli inte-
ressi loro. Onde la nazione greca, per non veder la
confusione del loro rito, è stata forzata procurare
appresso li Turchi che il patriarca fosse deposto ; e
così dal bascià è stato privato della dignità, e messo
in luogo suo il patriarca d' Alessandria, il quale è
di nazione Candiotto, persona erudita anco in lettere
latine ; onde il tentativo per loro fatto resta inter-
rotto. Adesso trattano con esquisita sollecitudine di
aver dai Turchi il luogo del Santo Sepolcro in Ge-
rusalemme, quale da molto tempo è in mano de' Cor-
delieri : per ottenerlo fanno grossissimi presenti, e
promettono annui pagamenti. Se otterranno il di-
segno, ogni mediocre giudicio può congetturare la
quantità dei danari che caveranno in tutti i regni,
sotto pretesto di mandar quivi; e la comodità che
averanno di formar Ravaillachi, di quelli che capi-
teranno là per devozione, con la occasione di me-
morie, antri, spelonche e altre tali cose, potendo im-
primere in persone stanche dal viaggio e resignate
tutto quello che vorranno, in luoghi dove saranno
persuasi di veder miracoli. E chi sa che non vi sia
anco disegno d' imbarcar qualche principe a lasciar
il suo regno abbandonato ? perchè da Ludovico IX J
1 II santo, che non una sola ma due diverse crociate
LETTERE DI ERA PAOLO SARPI. 369
al XIII, vi è molta similitudine per la nascenza, per
1' educazione e per le altre cose che si possono con-
siderare. Non mi pare che le congetture siano tanto
lontane dal vero : almeno stanno bene fra i termini
del fattibile. Se non che, Dio è di sopra.
Sto con molto desiderio che le cose di costì pi-
glino buona piega, e che passino questi tre mesi per
poterle scrivere più liberamente per Barbarigo. V. S.
è salutata da lui e dagli altri due amici ; e io, per
fine di questa, le bacio la mano.
Di Venezia, il dì 15 di gennaio 1613.
CCXXIX. — A Giacomo Leschassier.1
Grandissima allegrezza mi ha cagionato la lettera
della S. V. de' 19 decembre, provandomi che il buon
nome del Richer non era punto diminuito, e che nella
causa della prebenda il rettore della Università e
gran numero d' insegnanti presero parte. Lessi il
rimanente della Collezione eh' Ella mi ha inviato ; e
condur volle contro i Maomettani -, la prima delle quali
ebbe a costargli la prigionia, e l' altra la vita ; ambedue
calamità e danni senza fine alla Francia e all' Europa. Il
che sia detto senza disconoscere la generosità del senti-
mento che aveva mosso i Cristiani a queir impresa -, la
quale noi vorremmo imitata, con altro scopo e modi affatto
diversi, ancora nei giorni nostri.
1 Edita, in latino, fra le Opere ec, pag. 1.08. Porta,
in detta stampa, la data del 1612; ma nell'ordine è posta
fra quelle del 1613, ed è chiaro per più ragioni come
debba riferirsi a quest' anno. Basterebbe, tra le altre, a
dimostrarlo la menzione che vi si fa dei nuovi libri pub-
blicati dallo Scioppio e dal Becano -, intorno ai quali noi
pure diciamo altrove (pag. 379) ciò che potrà forse ren-
dere un po' più soddisfatta la curiosità dei lettori.
Sarpi — il. 2ì
870 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
la protesta del Iiicher mi è parsa ferma e modesta
insieme, e la lodo senza fine. Ho imito la parte della
(Collezione ultimamente avuta alle altre anteriori, e
di ogni cosa le rendo grazie.
Avevo sentito dire del bruciamento del libro dello
Sdoppio; e non cesso di maravigliarmi che alla bal-
danza di un tanto imbroglione, il re e cotesto re-
gno non provvedano meglio, che con un fuoco di
carta. Yn vermiciattolo, adunque, avrà coraggio di
sbottonare una tanto infame sentenza contro il pa-
dre d' un re vivente e pregiato ? Ma non più. Non
e' è per anche venuto il libro di Becauo; ma l'avremo
senza dubbio. Non spero contuttociò di vederci altro
che le adulazioni del Bellarmino e degli altri piag-
giatori ; ma le promesse dai Gesuiti fatte agli autori
che s' indirizzano per iscritto al papa, non vanno
esenti dai soliti equivoci. Che bisogno v' ha di
scrivere al papa? Ha più potenza il generale dei
Gesuiti sul Beeano e gli altri soci, che cento papi.
Né si dia a credere che il libro venisse fuora senza
il consiglio e comandamento del generale ; niente
si fa o fu fatto da alcuno di loro, che non ottenga
il suffragio di tutti.
A questo proposito, la voglio intrattenere con
'ina storiella, che forse le riuscirà nuova. Sa che
oggimai hanno messo una famiglia di religiosi a
Costantinopoli. A forza di lusinghe e ricompense
'come usano), si guadagnarono il patriarca dei Greci,
affinchè per suo mezzo fossero ad essi affidate tutte
le ingerenze. Per il che tanto sdegno s' accese, non
solo nel clero ma nuche nel popolo, che non potendo
rimediare altrimenti, ricorsero al Pascià, e per via
di donativi ottennero che il patriarca fosse deposto.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 371
Mediante un decreto, il patriarca fu privato della
dignità, e datogli a successore il patriarca di Ales-
sandria, d'origine Candiotto ; uomo istruito anche
nella letteratura latina, e che da giovine aveva ap-
plicato nel ginnasio di Padova alla filosofia e alle
-ane discipline. Questi prosegue con grandissimo zelo
le sacre costumanze dei maggiori ; ma io non oso
affermare eie cosa alcuna possa riuscir difficile ai
Gesuiti. La storiella però qui non finisce. Ora son
tutti intenti ad estorcere ai Turchi la concessione
del luogo del santo Sepolcro di Gerusalemme, che
da 208 anni e più viene amministrato dai Cordiglieri :
e profferiscono di gran regali e promessa di annua
prestazione: il che neanco a' Turchi parrà disprege-
vole. Se l'otterranno, lascio pensare alla S. V. quanto
denaro si caverà d" Europa per inviarsi colà ; quanti
Ravaillac. inoltre, sorgeranno per la opportunità di
spelonche, caverne, divozioncelle e rivelazioni ! A Lei
lascio immaginare il resto dei fervori a cui può
sentirsi tentato chi passa i mari per zelo di religio-
ne. Ma che poi dir dovremo, se più alte fossero le
loro mire? come, a cagion d'esempio, se qualche re
mandisi là ad accender guerre, e intanto resti in
preda all' altrui amhizione il vuoto trono ? Avendoci
re di nome. età. origine e altre qualità simile a Lo-
dovico IX. e alla pari educato, chi potrà crederlo
esposto a simili attentati, farà congetture pur troppo
verisimili di trame insidiose, e del genere eh' io le
diceva.
Desidero sapere qual partito si piglierà rispetto
al libro del Becano. del quale torno a parlarle.
Vorrei che la deliberazione fosse presa piuttosto dal
Senato che dalla Sorbona ; poiché da questo collegio
372 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
niente spero di buono pel suo spirito fazioso. Acco-
glie, certamente, in seno egregi e distintissimi perso-
naggi, fra i quali risplende il Richer; ma le faccende
umane non procedono sì bene, che i migliori formino
il maggior numero. Non voglia Dio che si aggrandi-
sca la fazione dei Gesuiti ; la qua! cosa se io detesto,
ancora la temo. La prego de' miei più ossequiosi
convenevoli al signor Gillot, il quale gradisco sia
messo a parte di queste ritortole gesuitiche. All'uno
ed all' altro, co' rimanenti amici, auguro buona sa-
lute; a' quali mi sarà sempre assai grato il potere
dar segni d' omaggio e di servitù. E bacio alla S. V.
lo mani.
15 gennaio, 1613.
Del resto, eccellentissimo signor mio, conosco as-
sai bene la fermezza gallicana, ne dubito che per
la vostra gagliardia non siate per uscir vincitori
d' ogni prova ; quantunque, per eccesso di zelo, mi
fossi nell' altre mie condotto ad inculcarvi una mag-
giore costanza. Del che, come effetto di buona volon-
tà, prego la S. V. a scusarmi.
Questo è già il terzo esemplare del decreto
de' Dieci contro i Gesuiti, che le rimetto. Il primo
spedii nel mese di giugno, quando uscì fuori; e
certo è che andasse perduto insieme con le lettere.
Mandai il secondo, ma nell' incertezza che costì per-
venisse, innanzi al 19 di decembre; il quale, se
prima del ricevimento delle presenti non le sarà
recapitato, vorrà dire che avrà avuto la stessa fine
dell' altro, insieme colle lettere. Prego Dio che a
questo conceda più felice viaggio. Novamente la ri-
verisco.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPL 373
CCXXX. — Al signor De V Isle Groslot.1
Furono le ultime mie delli 15 ; nelle quali le diedi
conto della ricevuta di quelle di V. S. delli 11 de-
cembre. Ora son debitore di accusare la ricevuta di
quelle del 24 del medesimo mese, e di renderle molte
grazie per le cose comunicatemi.
Sentirei grandissimo piacere quando si potesse
introdur intelligenza tra la Repubblica e li Stati.
Dubito solo che li sospetti di qui e gli interessi d' am-
bidue non impediscano la corrispondenza. Ma di
quello che passa costì sento dispiacere incredibile,
dubitando che finalmente non capiti a rottura. Son
restato con molta apprensione così per il particolare
della lega contra Guise, come per la proposizione
di Buglione. Prego Dio che torni il tutto in bene.
Di quello che seguirà, io riceverò sempre li suoi
avvisi a favore.
Mi scrive il signor Guzzoni con qualche solleci-
tudine, che le lettere li vengono sempre tutte, in-
sieme con quelle dell' ambasciatore di Venezia costì,
ritardate però (di quelle di V. S. parlo) per un mese.
Tutto sia per avviso, e con certificazione che non si
può fidare dall' ambasciatore eh' è costì.
Qui in Italia non abbiamo se non le gran pre-
tensioni del duca di Savoia, non solo del marche-
sato del Monferrato, ma ancora di un milione e 300
mila di contanti, 500 mila di gioie, 200 mila di mo-
bili, e la entrata annua di 100 mila de' beni allo-
diali, con altri miglioramenti, che tutta Mantova non
1 Dalla raccolta di Ginevra ec, pag. 537.
374 LETTERE DI FRA PAOLO SARP1.
basterebbe a tanto pagamento. Fa maravigliare co-
me 1' avo materno pretenda esser tutore di chi ha
due fratelli del padre. Si dà fama che la vedova
duchessa sia gravida; il duca di Savoia la vorrebbe
appresso di sé, e li Spaglinoli, sotto pretesto di man-
tener la pace tra quelle due case, la vorrebbono a
Milano : 1 cosa che ne a Mantova né a Savoia pia-
ce. Non ho dubbio che il fine spagnuolo tende a far
dichiarar il nuovo duca per loro : salto molto arduo.
Si ritrova in Mantova il principe di Savoia,2 essen-
dovi opinione, che possi nascer concordia tra loro,
per non dar ingresso a più potente.
Del negoziato del vescovo di Bamberg in Roma
non si dice niente. Ben è certo eh' egli farà tutta
F invernata in quella città, e dopo anderà a veder
Napoli, per esser di ritorno : il che argomenta eh' egli
abbia negozio di lunga digestione, e forse che s'aspetti
risposta di Spagna. Certa cosa è che l'imperatore
è papista se mai alcuno fu, non per fede, ma perfine
temporale ; eh' è peggio ?
E avviso certo qui, che da' Turchi sia mandato
un Chiaus all' imperatore, e che dopo la partita
di quello di Costantinopoli, siano messe guardie al-
l' ambasciatore cesareo. Quello che il Chiaus porti,
non si sa certo, ma si tiene che sia una assoluta
protestazione che non s' impedisca nelle cose di Tran-
1 Ed ecco la libertà di cui godono i principi ; onde
chi pensa, potrà meno maravigliarsi di quella loro conna-
turata inclinazione a tiranneggiare ed opprimere gli altri.
2 Anche di quest' andata della duchessa Margherita a
Mantova, della finta o supposta sua gravidanza, della con-
tesa tra 1' avo materno e gli zìi paterni per la tutela della
fanciulla Maria, e' informa il Muratori nel luogo citato alla
pag. 363, nota 2.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 375
silvania. Già alcuni mesi si disse che Cesare deside-
rava la guerra cou i Turchi per divertire la civile. Se
ciò vorrà, ne otterrà la grazia. Piaccia a Dio eh' egli
non abbia 1' una e 1' altra, e poco modo di sosten-
tarle, purché li principi confessionisti siano savi e
apprendino pericolo.
Ho inteso per le lettere di monsieur Asselineau.
che di nuovo s' eccita la controversia di fileno.1 Du-
bito che sia per partorir qualche male, e deside-
rerei più tosto che non li fosse risposto, e eh' egli
fosse lasciato dibatter da sé solo, perchè così il
fuoco si estinguerebbe per mancamento di mate-
ria ; perchè venendo alla contenzione, è gran peri-
colo di gran conseguenza. Né si deve aver in consi-
derazione che la cosa in sé poco importi, poiché tutte
le passate differenze sono state di questa natura, le
quali gli uomini hanno aggrandito con V opinione.
Svanisce il calore quando è senza frutto e senza an-
tiperistasi. Similmente, quanto alle cose di Ferrier.2
più tosto desidererei che le chiese cedessero, che far
apertura all' appellazione, come cosa di conseguenza.
Il duca di Savoia tuttavia continua in arme, senza
che il mondo vegga altro frutto se non il consunia-
1 II celebre Daniele Tileno, calvinista e professore di
teologia in Sedan, che aveva avuto controversie assai ru-
morose col ministro Du Moulin, e appresso anche altre col
Cameron; stato in Inghilterra nelle grazie di quel re, poi
dagli Inglesi accusato d' eresia : uomo di grande ingegno
e d' eloquenza, ma nel disputare settariamente accanito, e
che ancora per ciò, secondo il saggio intendere del Sarpi,
aveva fatto e far poteva più male che bene. Morì in Pa-
rigi nel 1633.
2 Geremia Ferrier, uno dei più caldi sostenitori della re-
ligione riformata, ma che forse allora inclinava e poco di
poi si convertì al cattolicismo.
376 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
mento de' suoi Stati. Il re d'Inghilterra l'ha favo-
rito, avendoli dato conto della morte del principe
di Galles, e scritto ancora di ciò una lettera alla
figliuola Maria, che si trattava di maritargli. Onde
spedirà un ambasciatore espresso a quel re non con
molto piacere di Roma, quale non approva simile
comunicazione.
Intendo che in Roma vi è un frate dell' ordine
di Paula, mandato dall' ambasciatore dell' arciduca,
che si ritrova in Inghilterra, il quale negozia molto
secretamente e con li Gesuiti e con altri di corte,
né si penetra il trattato. Ma come è possibile che
nelle negoziazioni grandi che passano costì, essi se
ne stiano quieti? E necessario creder che si riser-
vino a maggior colpo ; che piaccia a Dio prevenire
o divertire : il quale anco prego che doni a V. S.
ogni sua grazia, e le bacio la mano insieme con li
amici.
Di Venezia, il dì 29 gennaio 1613.
CCXXXI. — Al medesimo.1
Questo corriero non m' ha portato lettere di V. S. :
il che le avviso solo acciò che, avendo Ella scritto,
possiamo venir in cognizione di onde il difetto viene ;
non perchè io desideri sue lettere quando Ella sia
occupata in altro affare; che per esser certificato
della continuazione della grazia sua, assai testimonio
me ne rendono le lettere sue scritte con comodità.
Non ho cosa di momento da dirle. Le differenze
Edita come sopra, pag. 542.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 377
di Mantova sono appresso che composte. La duchessa
vedova si ritira in un castello del Mantovano chia-
mato Goito, dove sarà servita da Savoiardi, restando
però il castello guardato da Mantovani. Del rima-
nente, le cose in Italia passano con quiete.
Il vescovo di Bamberg, ambasciatore cesareo a Ro-
ma, ha eseguito la sua legazione quanto alle cose or-
dinarie, e il pontefice ha confermata la elezione del
nuovo imperatore, con parole : Matthiam re geni ro-
memorimi electam in imperatorem confirmamus. E si
è fatto pubblica scrittura così di questo atto, come
di quello che V ambasciatore ha fatto verso il papa.
Ma il rimanente oltre le suddette parole, si tiene
occulto, forse perchè non sia opportuno che da tutti
sia saputo in questo tempo.
Di Levante si ha per certa la partita dell' amba-
sciatore persiano verso il suo signore, accompagnato
da un ministro del Turco, che va per dichiarare le
confini : cosa molto artificiosa, potendo, se li tornerà
a conto, con questo capo romper tutta la trattazio-
ne. Quel principe de' Turchi ha risoluto voltar le sue
armi verso Occidente ; e quantunque le genti mili-
tari che ordinariamente stanno alli confini de' Per-
siani, bastino per la defensiva, ha oltre di ciò man-
dato cinque mila combattenti alle frontiere di Persia
e dieci mila alle frontiere di Media, e ha pubblicato la
sua andata in persona ; con comandamento a tutti li
suoi stipendiati d' esser seguito senza nissuna escusa-
zione. Vuole innanzi la primavera transferirsi in Adria-
nopoli, per far muovere immediate tutta la milizia ;
onde si dubita che. spuntate le prime erbe,1 debbino
1 Considerato come modo di lingua, ci sembra degno
378 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
mettersi in campagna e marciare. Si dubita che
sarà una gran tempesta sopra la Moldavia, Vala-
chia e Transilvania ; e Dio voglia che il rimanente
di Ungaria, che resta a"1 Cristiani, ne sia esente.
Non si sa ancora che preparazione faccia l' im-
peratore per opporsi. E ben comune opinione, che
non li dispiaccia la guerra con Turchi, come un mi-
nor male per divertir la civile di Germania, più abo-
minabile; e per farsi anco rispettare e temere più
dai principi dell' imperio, se sarà armato : che mi
pare appunto la medicina di quello che guarì la
l'ebbre con la morte. Piaccia alla Maestà divina che
il tutto torni in sua gloria e salute delli suoi: la
quale anco prego che doni a V. S. ogni prosperità
presente e perpetua : con che in fine le bacio la mano.
Di Venezia, il dì 22 febbraio 1613.
CCXXXII. — Al medesimo.1
Essendo venuti tanti corrieri senza lettere di V. S..
ho ascritto la causa a quel che più di tutto mi dis-
piace e che ora veggo esser vero, cioè all' infirmità
sua. Dalli tratti della lettera veggo che la mano
non è intieramente sana, e mi dispiace che 1' abbiti
affaticata, essendo questo un differir l'intiera sanità.
Finalmente è necessario cedere alle necessità natura-
li. Non credo che V. S. averà una ricaduta così grave,
come mi scrive essere stata cotesta ultima: con tutto
della nazionalità. E così la frase proverbiale, nel seguente
paragrafo : « Guarir la febbre con la morte. »
' Stampata come sopra, pag. 545.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 379
ciò, la prego a non pigliar incomodo per scrivermi.
massime quando ha bisogno di riposo per l'acqui-
star la sanità.
Tutte le lettere di Y. S. sono state ricevute da me.
essendo questa ultima de' 4 febbraio : V ultima mia
fu della 12 dell' istesso mese, la quale spero che aver;i
ricevuta, sì come anco la precedente delli 29 gennaio.
Ho sentito grandissimo piacere, che siano estinte
le cause di turbazioni, e accomodate le cose de' Ri-
formati e di monsieur de Rohan ; e spero che il tutto
sarà inviato alla gloria di Dio e quiete del regno.
Il signor Barbarigo rende grazie a V. S. per la me-
moria che tiene del negozio raccomandatogli, e la
prega, con buone e opportune occasioni e comode o
Lei, di continuare.
Il libro di Becano1 non è ancora stato veduto
qua. sì come nò meno V Ecdesiasiicus di Sdoppio. -
o perchè non abbiamo creduto che simili argomenti
debbano esser aggraditi in questa città, o per qual-
che altra causa. Ma che libri di tal soggetto possino
1 Questo gesuita nativo del Brabante e professore di
teologia in Vienna, di cui parlasi con insistenza nelle an-
teriori come nelle seguenti Lettere, era stato autore di una
Ri'futatio Apologia? Jacobi regis, e di lina Refutatio Tor-
tura? Torti, pubblicate nel 1610; ed aveva allora data
in luce un' altra confutazione contro Laueellotto Andrews,
col titolo : Controversia anglicana de potestate regis et
pontificia (1612). È questa 1' opera alla quale il Sarpi fa
allusione, e che in lloma stessa fu condannata e messa
all' Indice, come contenente proposizioni false, scandalez-
zanti e sediziose.
- Questo libro del tristissimo Gaspare Scbopp era prin-
cipalmente diretto contro il re d' Inghilterra \ ma 1' autore
vi aveva mescolati oltraggi alla memoria del quarto Enrico
di tanta gravezza, che il parlamento di Parigi nel novem-
bre del 1612, ne fece ardere gli esemplari per mano del
carnefice.
380 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
esser censurati a Roma, V. S. non lo creda mai : *
ne avranno seminato fama costì per divertire qual-
che censura che potesse venir da cotesta parte.
L' Italia in questi giorni non ha prodotto nulla di
nuovo. Le cose di Mantova sono accomodate. La du-
chessa vedova si è ritirata in un castello chiamato
Goito, alli confini del Bresciano, il quale castello
dentro è guardato da' suoi servitori e alle mura dai
Mantovani. Ella ha avuto gran parte nell' accomo-
damento, con aversi dichiarata che non gustava di
andarne a Milano ne appresso al padre.
In Turino è avvenuto un accidente considera-
bile. Il vescovato d' Asti ha alcune terre delle quali
più volte è stata controversia tra il duca e li ec-
clesiastici, pretendendo questi che la sovranità sia
del papa, e il duca, come conte, pretendendo che deb-
bano esser riconosciute da lui. Finalmente, in questi
tempi, essendosi fatta una fortificazione e reparazione,
il Nuncio del pontefice ha fulminato una scomunica
contra il presidente Galeani : però 1' ha pubblicata
solamente in scritto. Li ministri del duca, veduto
questo, hanno fatto una dichiarazione di aver il de-
creto del Nuncio come nullo e ingiusto, comandando
che, senza averli risposto, si proceda all' esazione,
e sono passati anco ad usar queste parole : — che
non solamente il tentativo intrapreso dal Nuncio è
nullo, ma ancora quando venisse dal papa medesi-
mo. — Si aspetterà di vedere, dove terminerà que-
sto principio assai considerabile e che un giorno
sarà fatto dalla Repubblica per Ceneda, massime che
molte turbolenze sono pei confini.
1 Contuttociò, quel libro fu condannato in Roma , come
accennasi ancora in principio della Lettera CCXXXIV.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 381
Un gentiluomo di qualità in Francia, ma gran
ligueur,1 m' ha affermato che il duca di Bouillon
tratta di farsi papista. Io non lo credo ; ma perchè
la persona che lo dice non mentirebbe volontaria-
mente, concludo almeno, che se ne parla o se ne
spera.
Viene un avviso di Dalmazia, che la persona del
principe de' Turchi già sia in Andrianopoli, e che
l'Agà de' Giannizzari, con 25 mila combattenti, sia
avanzato a Filippopoli. Per esser certi di questo, è
necessario aspettare la confermazione. Ma io du-
bito bene che li Turchi saranno in campagna, e
averanno fatto qualche grand' impresa prima che
sieno tenute le diete in Germania. Li Austriaci fanno
le provvisioni che possono, ma non sarà poco se
quelle basteranno per quel rimanente di Ungaria
che loro resta ; che quanto alla Valachia e Transil-
vania. le tengo per espedite.
Prego V. S. far i miei basciamani al signor Gil-
lot, di cui ho ricevuto il pacchetto; e non rispondo
per questo spaccio, per 1' angustia di tempo che il
corriere ci dà. Averò carissimo che li comunichi le
nuove, massime quella di Asti, dicendoli appresso.
che il tempo di comunicare in confidenza sarà
quando Barbarigo sarà costì. E qui facendo fine,
insieme con li amici, bacio la mano di V. S., pre-
gandole da nostro Signore ogni felicità.
Di Venezia, il 26 febbraio 1613.
1 Cioè, partigiano della così detta Lega cattolica.
382 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
CCXXXIII. — Al medesimo.1
Il non aver veduto lettere di V. S. per questo
spaccio, mi fa credere, con molto senso di dispiacere,
di' Ella sia stata riassaltata dalla chiragra : al che
temo eli' Ella presti occasione con voler adoperar
la mano innanzi la sanità interamente ricuperata.
In fine è necessario, volendo servirsi dell' animo, te-
ner cura ancora del corpo.
Io sento gran piacere che da ogni canto s' in-
tenda le cose di Francia essere assai quiete: così
Dio faccia che il bene perseveri. È bene fama che
iu Inghilterra vi siano diversi moti, ma, non so se
per la lontananza o per la segretezza, qui non sono
penetrati ; o forse la causa è perchè ognuno è at-
tento alli moti de' Turchi, e a pensar che rimedi
saranno posti dalla Germania. L' imperatore di-
manda aiuto dal pontefice, ma quanto fa bisogno
egli non può somministrare ; e quello che può, aiu-
terebbe poco l'imperatore, e incomoderebbe lui assai.
Dimanda ancora il re di Polonia denari al medesimo
pontefice, il quale si spaventa intendendo che quel
re abbia sette milioni di debiti.
Vengo accertato che i Turchi favoriscono gran-
demente l'Evangelio in Ungaria; che mi pare gran
maraviglia. Ma Dio si serve d' ogni instrumento a
bene. Il convento tra papisti e nostri per li confini2
è disciolto con arte. Piaccia a Dio che ogni cosa
torni in gloria di sua Maestà ; la quale anco prego
1 Pubblicata come sopra, pag. 550.
3 Coerentemente a quanto erasi detto al fine della
pag. 380 -, cioè : « molte turbolenze sono pei confini. »
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 383
che doni a V. S. ogni prosperità, e le bacio la
mano.
Di Venezia, il 12 marzo 1(313.
CCXXXIV. — A Giacomo Leschassièr.1
Ricevei la lettera della S. V. degli 8 febbraio,
con gli articoli cavati da Azor e Gretzer.2 e la ro-
mana censura del Becano. di cui non era arrivata
a noi contezza alcuna. Mi reca sommo stupore, che
[ter tal causa siensi adunati i cardinali il 3 di gen-
naio ; quando nel!' intramezzo dalla Natività all' Epi-
fania del Signore sogliono interrompere ogni faccen-
da. Non posso indovinare perchè i Gesuiti abbiano
cotanto temuto la censura della Sorbona, e preferito
che il libercolo fosse condannato a Roma. Dio non
voglia che quello che è da stampare, non sia più pe-
stilenziale del riprovato ! Se lasceranno condannare
o colpir di censura i tre tomi di Giovanni Azor. sarà
chiaro allora il perchè abbiamo tanto accanitamente
difeso il Becano. Mi sorprende 1' audacia e l'impru-
denza del Gretzer; ma che v' è da aspettarsi di
buono da chi detrae ai propri benefattori ? Ben è
vero che vogliono esser arbitri d' ogni cosa e co-
mandare a tutti quanti.
Si parla di non so qual recente attentato contro
1 Edita, in latino, nella raccolta delle Opere ec , p. 110.
1 Giovanni Azor, gesuita spagnuolo •, Giacomo Gretser,
suo confratello nativo della Svevia, furono rispettivamente
autori di più opere (il secondo assai più dell' altro), di cui
possono vedersi i titoli presso gli eruditi, ma delle quali
ognuno, anche senza di ciò, indovina i soggetti e lo scopo.
384 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
il re d'Inghilterra; ma la cosa non è bene accertata,
e aggiungono che il papa non l' approvi : al che però
molti non credono. Gli Spagimoli hanno domandato
molte cose attinenti alla collazione dei benefizi sì
nel regno di Napoli e sì nella Spagna, ed ora si sta
deliberando in proposito. Gli Spagnuoli, secondo
loro usanza, non fanno pressa, e per ciò stesso molto
ottengono, guardandosi la Curia dal negare ad essi
alcun che, sul timore che rincarino il fitto. Final-
mente, la Spagna sotto di questo re non si mostra
ligia alla Curia romana, come a tempo del padre.
Vera la nuova che le giunse sulla pace fatta tra il
Turco e il Persiano : bensì i Turchi non si preparano
a guerra marittima, ne allestiscono la flotta se non
come usavano negli altri anni ; e in quello stato non
basterebbe ad intraprese per mare. S' apparecchiano
per altro a una guerra fortissima, e, a quanto dicesi,
contro i Daci, chiamati oggi Transilvani e Moldo-Va-
lacchi. Questi una volta si reggevano con proprie
leggi e signoria, riconoscendo soltanto co' tributi
F alto dominio turchesco; il quale scossero negli
ultimi anni. E però credesi che i Turchi ridurranno
ora que' paesi in provincie, soggettandole a propri
governatori, che chiamano Pascià: il che quando ac-
cada (tolgalo Iddio), s'ingrandirà notevolmente il loro
dominio, con danno presentissimo dell' Ungheria e
della Polonia. Già il sultano stesso partì il primo di
gennaio da Costantinopoli, per toccare con viaggio
continuato Andrinopoli, che è 1' ultima parte occi-
dentale della Tracia. Dicesi che proseguirà ancora il
cammino ; ma certo è che soldati affluiscono da tutte
le parti, e saranno in armi prima che in Germania
si deliberi sul soccorso da darsi a Cesare. Il quale
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 385
chiede al papa una sovvenzione in denari ; ma ne
il papa può darla perchè stretto dal bisogno ; né
vuole, pensandosi che quella causa non valga il
carico d' una spesa.
Credo che la S. V. avrà inteso le risoluzioni del
ministro del duca di Savoia contro la scomunica
minacciata dal Nunzio pontificio al presidente Ga-
leano, con intendimento di mandarla tosto ad effet-
to. Quel che intendano di contrapporre i romane-
schi, non si sa ancora : questo solo è noto, che ne
sanno ne vogliono portare in pace gli atti dei mi-
nistri del Duca. Ma a censure non ricorreranno, per-
chè loro non profittano in nessun luogo. Quantun-
que io pensi che sia giunto costà e la S. V. abbia
veduto qualche esemplare di quel decreto, pure ho
voluto inviarne uno, perch'Elia veda (se a caso non
le è caduto fra mano) quali severi provvedimenti
siensi in proposito adottati.
Ringrazio, infine, distintamente la S. V. eccellen-
tissima per avermi inviato la censura, insieme colle
particelle summentovate ; e la prego a ricordarsi
tuttavolta di me e de' suoi comandi onorarmi. Sup-
plico ancora la Maestà divina, che sempre voglia
custodire la sua sanità ; e le bacio le mani.
12 marzo, 1613.
CCXXXV. - Al medesimo.'
Con vivissimo piacere ho ricevuto le sue lettere
de' 7 febbraio, e mi consolo grandemente nel pensiero
1 Edita come sopra, pag. 111.
Sarpi. — II. 23
386 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
che siasi da voi altri sollevata ima insegna di libertà.
Non posso menar buono che Ella, come asserisce, non
si manifesti fieramente acceso dell' amore di essa.
Che libertà fiaccamente difesa frutta maggior ser-
vaggio ; e sempre dobbiamo aver presente la sen-
tenza di Livio : essere rovinosi i mezzani tempera-
menti, che dei nemici non ti sbarazzano e non ti
procacciano amici.1 Oh Dio volesse che tale osserva-
zione, coni' è conosciuta, così fosse messa in opera
dai nostri! Ma assai difficoltà ci s'oppongono. Tutti
sentono che sarebbe del pubblico interesse che a' prin-
cipi si ritornasse la signoria temporale, e la spirituale
a' vescovi : ma donde a ciò prender le mosse, nessuno
lo sa. Filippo II, re delle Spagne, aveva, fra gli altri,
questo segreto di dominazione : sostenere^ la potestà
papale ; la quale, sebbene tornasse perniciosa e a sé
ed al suo regno, pure portava un vantaggio assai su-
periore a' danni, col servire a tenere impigliati tutti
i principi in rivolte civili. Il re attuale, o chi mo-
dera la pubblica cosa, non sembra che approvi tale
strabocchevole autorità, e ha principiato a diminuirla
in Spagna, e si è provato a fare il medesimo anche nel
regno di Napoli. Ma dopo i moti germanici si sono
dati all' inerzia, abbisognando la Spagna del papa
e de' Gesuiti per mantenere nell' impero la grandezza
di casa d' Austria. I principi italiani, che amano
tutti la pace, sono forzati di adattarsi a' tempi e go-
dere al possibile del presente. Il papa possiede in
Italia una porzione non ispregevole di territorio, e
1 Oh 1' avessero così presente quelli a cui sarebbe de-
bito averla, questa sentenza di Livio, del Machiavelli e
del Sarpi •, questa sentenza appi-ovata dal comun senso e
provata da tutte le storie !
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 387
domina inoltre col triregno tutti gli Stati. I preti
italiani, infatti, sono più ossequenti al papato, che non
i francesi, avendosi da lui solo i benefizi, e (ciò che
più vale) aspettandone di maggiori. Quadra qui il
proverbio : tenere il lupo per gli orecchi ; tornando
in egual modo pericoloso pe' principi in Italia o il
sommettersi al papa o lo scuoterne il giogo. Ma il dis-
corso su tali cose è da rimettere a più opportuna
occasione.
Mi preme grandissimo desiderio di vedere la deli-
berazione fatta dal Senato contro i faziosi che insor-
sero contro il libercolo Della potestà ecclesiastica
e civile ; il quale quando venga difeso dalla pub-
blica autorità (come vedo essersi principiato a fare),
s' avranno gittati nella Francia semi di gran rac-
colta, che gioverà pure a noi. Ho letto con grande
attenzione 1' arringa dell' avvocato della Università,
che ho riscontrato maravigliosa d' eleganza e sodez-
za. Io ne osservo e venero l'autore, che in cosa dub-
bia ha preso il patrocinio del vero con tanta li-
bertà ; ma due cose occorrono per me nuove e di cui
chiedo con grande istanza lo schiarimento. Riguarda
1' una quel Carlo Ridicoli, giacobita di Gand, con-
tro di cui si allegò una decisione del Senato del-
l' aprile 1599. Io sono al buio affatto e sulla cosa
e sul nome della persona.1 Mi farà la S. V. un gran
favore a dirmene in succinto la storia, e riferire il
tenore della sentenza del Senato. L' altra risguarda
un certo abboccamento tenuto, secondo quel che dice
1' avvocato della Università, nella città di Toul ; nel
1 Né la posterità, per quanto a noi sembra, ne seppe
gran fatto.
388 LETTERE DI FEA PAOLO SARPI.
quale si rafforzarono nuovamente i dogmi o le mas-
sime de' Gesuiti. Di ciò non giunse qua novella al-
cuna : amerei conoscere le persone assistenti al col-
loquio e gli argomenti discussi. Aspetto anche con
vivissima brama la orazione del signor Servino,
eh' io m' immagino così ricca di ragioni di dritto,
come piena di dati di fatto. Non posso ristarmi dal
fare scuse per la mia importunità e curiosità, che
mai non cessa dal far domande.
Prego Dio che conduca a buon fine ogn' intra-
presa della S. V. eccellentissima, e la tenga lunga-
mente sana, affinchè possiamo entrambi d'egual
omaggio onorare la divina Maestà. Tanti saluti da
mia parte al signor Gillot. E le bacio le mani.
15 marzo, 1613.
Era già scritta la presente quando ricevei let-
tere della V. S. date li quindici di febbraio ; dalle
quali, e dalle altre inviate al signor Molino, appresi
la sollecitudine che la stringe per le cose mie. E di
ciò me le professo obbligato, e la ringrazio secondo
il potere ; ma se metterò a parte V. S. di tutto che
risguardi quel negozio, niente più mi resterà da ag-
giungere. Le stesse lettere al signor Molino mi pa-
lesarono che egli le parlò ci' una certa mia operic-
ciuola sulla Immanità dei cherici ; e n' ebbi un po'
ad arrossire. Non fu scritta, infatti, per essere divul-
gata,1 ma per dar lume a certuni dei nostri, che bi-
sognava di subito istruire e liberar dalla supersti-
1 Questa operetta trovasi oggi stampata al principio
del voi. V delle Opere del nostro autore (Helmstadt, ossia
Verona, 1761-68), col titolo di Trattato della immunità
delle Chiese.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 389
zione, acciocché non pigliassero deliberazioni dan-
nose agi' interessi della Repubblica. Tacqui però
molti articoli e i più importanti, perchè i deboli in-
gegni non andassero sopraffatti da troppo profondi
insegnamenti ; e neppure evitai le ripetizioni, per
seguir la maniera del nostro discorrere. E debbo
confessare, che mi dette molestia la improvvida edi-
zione che il Molino fece d' un lavoro destinato solo
all' uso dei nostri : ma poiché il fatto non si può
disfare, prego la S. V. a non portar giudizio di me
su quel lavoruccio, che niente stimo. Se non si fos-
sero desti rumori contro il libretto Sulla ecclesia-
stica e civil potestà, pochi 1' avrebbero letto e po-
chissimi giudicato. Ma la guerra svegliata farà pro-
fitto, sì perchè il punto controverso si metterà con
più diligenza ad esame, sì perchè il sindaco e gli
altri della Sorbona saranno forzati a difendere le
proprie sentenze. Giace dimenticata, comunque otti-
ma, una dottrina che non patisce contrasto ; ma vi-
goreggia quando sia assalita o difesa. Pur che stia in
sicuro la vita e libertà del sindaco e il Senato ne pigli
la difesa, spero ogni cosa riesca al meglio ; e, a parlare
schietto, ancorché si avverasse quello che avvenne
nella causa del libro del Bellarmino, meglio piace-
rebbemi che il non far nulla. Importa al vero che si
rivendichi qualche dritto conforme alla libertà, e si
destino dal sonno i buoni e piuttosto si scindano in
partiti i professori di lettere, che vilmente e impru-
dentemente andar dietro ai Gesuiti. Contro i quali
dovemmo anche noi un giorno battagliare, perchè
asserirono che il papa era successore di Cristo ; e
questo sempre e sul serio ripetono, per provare la
necessità del capo visibile della Chiesa ; del quale
390 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
non abbisognerebbe la Chiesa se Cristo potesse eser-
citar quell' officio ; e ciò dicendo, vennero a tali
enormezze, che non si può aggiunger di più. Già un
certo Paolo Comitolo da Perugia,1 loro consocio,
stampò un libro col titolo di Sentenze morali, nel
quale sostiene doversi tenere come un articolo di
fede cattolica e divina, che tutti e singoli i papi
che governarono prò tempore la Chiesa, sieno stati
veri e legittimi. E così sostiene doversi credere con
la stessa fede, che tal è 1' attuale pontefice ; con la
stessa fede credere che è battezzato, ortodosso e
maschio, e ogni punto indispensabile al potere pon-
tificio. E lo prova specialmente con due ragioni: la
prima, perchè se uno dicesse eh' esso non è vero pa-
pa, sarebbe da consegnarsi all'Inquisizione com' ere-
tico : dunque, bisogna crederci come ad articolo di
fede cattolica. La seconda, perchè nessuno è martire
se non muoia per la fede cattolica : ma in Inghilterra
furono uccisi molti per aver confessato che Grego-
rio XIII era vero capo della Chiesa ; dunque V affer-
mar ciò è un articolo di fede cattolica : Queste mas-
sime svolge il Comitolo a dilungo nei capitoli 1, 9, 00
di quel libro. Che aspettarci di più da cotesta ge-
nia ? Siamo al punto d' aver assai più articoli di
fede sul solo papa, che non su tutti i misteri di no-
stra Redenzione.
Ho letto la narrativa delle cose di Troyes, 2 e
1 II Comitolo, amico sviscerato del cardinale Bellar-
mino, aveva due volte scritto (1606-7), per la corte di Ro-
ma, contro la Repubblica di Venezia e nel 1611, pub-
blicò per le stampe in Cremona i suoi Consilia seu Re-
sponso, moralia, ristampati in Lione nel 1619.
- A chi non garbasse questo nostro modo di volgariz-
zare, non avendo potuto trovar notizie del fatto cui accen-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 391
mi fece stomaco il vedere come quella generazione
si prenda giuoco con sì gran tracotanza di tutti
quanti. Anche qua di fresco macchinarono certe tra-
me contro questa Repubblica ; ma io spero di ov-
viarci sì presto, che pel venturo corriere le darò
ragguaglio sì degli artificii e sì dei rimedi: il che
confido debba essere di salutifero esempio anche
agli altri.
Mi accorgo d' aver fatto una giunta più lunga
della stessa lettera ; di che la prego a scusarmi e
a volermi il consueto bene. Mentre, poi, le bacio le
mani, le raccomando di trasmettermi ogni delibera-
zione che sarà presa da cotesto Senato intorno all'opu-
scolo del Sindaco. Di nuovo, salute. Se corsero vive
parole fra il principe di Condò e il cardinale Perron
in ordine al libro del Sindaco, la cosa non si fermerà
lì ; e se il principe si capacita di quella dottrina,
io m' auguro (checché altri opinino in contrario)
che ne verrà bene non solo alla Francia, ma ancora
all' Italia. Il tempo chiarirà quello che tra loro passa ;
e però prego la S. V. a scrivermi se si confermi la
veracità di quel che si va bucinando, e d'altro ancora.
CCXXXVI. — Al medesimo.1
Rendo infinite grazie alla S. V. per la raccolta
inviatami delle dottrine cavate dal libro del Becano.
Io ho messo alla prova tutti i mezzi per avere da
Roma la censura di quell' opera ; ma non vi sono
nasi, poniamo sott' occhio le parole stesse dell' originale \
cioè : Trecensem narrationem legi curii indignatione ec.
1 Stampata come sopra, pag. 113.
392 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
riuscito, quantunque non sia stile che siffatte cose
tengansi occulte. Quel modo di dire che vi si con-
tengono alcune proposizioni false, temerarie, scan-
dalose e 'rispettivamente sediziose, è usitato a Roma ;
e s' aggiunge a bella posta l' avverbio rispettiva-
mente, per ispecificare la differenza tra le voci as-
solute di false, temerarie, scandalose e sediziose.
Però è da far caso che si usurpi dal fòro ecclesia-
stico il giudizio di falsità e ribellione. Del resto, le
undici proposizioni estratte costà dal libro non sono
forse tra quelle che proscrissero a Roma ; e forse il
vostro raccoglitore ne notò altre. L' avverbio rispet-
tivamente fu aggiunto per riguardo a' Francesi : al-
meno così mi vo figurando, sebbene non ricordi di
aver mai veduto usata in tal senso quella voce dai
romaneschi. Ma nel leggere la censura e gli articoli
cavati dall' egregie lettere del generale, non posso
congetturare se la formula emendativa sia stesa o
tuttora da stendersi. Che se fu fatta, perchè non si
mandò in Francia per cessare ogni lamento ? Tant' è,
m' è forza venire alla conclusione, che nulla si tratta
sul serio.
Che, poi, e il capitolo e la università di Tolosa
non potessero più sopportare i Gesuiti, dianzi tanto
amati e, a così dire, adorati, non fa maraviglia : essi
vogliono comandare a tutti, e non la risparmiano nep-
pure agli amici, quando gli hanno tirati a un punto
che più non possano opporre resistenza. Sono dello
stesso parere che la S. V. ; importare, cioè, all' uui-
versale che costoro sieno conosciuti da tutti. E penso
pure che dovranno da tutti conoscersi, come prima
si darà un successore a questo generale. Giacché
tengo per cosa certa da chi è bene informato, che
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 393
esso tratta ogni affare, e mira a tenere occupati
tutti i suoi soggetti in poche intraprese di rilievo ;
vietando, per non attraversarle, che s'immischino in
altre. Eppure F uomo che maneggia tanti affari, non
vale a tener in dovere essi Padri. La V. S. ben co-
nosce quel che di grave vadano macchinando fuori
d' Italia. Agitano in Italia due disegni, dei quali
1' uno sovrasta a Roma e 1' altro a Venezia ; ma i
consigli degli uomini sono per lo più tanto rei,
quanto vani.
Avrò sommo piacere di ricevere tutto che di
stampato o manoscritto sarà composto dal clero e
dalla università di Tolosa contro di loro ; giacché
giova assai a' nostri il conoscere questi e simili al-
tri argomenti. Sono anche bramosissimo di sapere
checche altro sarà per seguire nell' affare del sin-
daco Richer. Intanto prego Dio che conservi alla
S. V. la sanità, e le bacio le mani.
26 marzo, 1613.
CCXXXVII. — Al signor De V Me Groslot.1
L' ultima mia fu delli 12, e per il presente cor-
nerò ho ricevuto quelle di V. S. delli 19 febraro e
delli 4 del presente. Alle quali prima che rispondere,
mi fa necessario dire a V. S., che monsieur Assellineau,
dopo avermi narrato d' aver in una sua avvertito V. S.
di quanta cauzione fosse bisogno nel trattare con
certe persone medie, o piuttosto neutre, per quello
che a me tocca, mi mostrò poi un capitolo di let-
1 Edita nella raccolta di Ginevra ec, pag. 552.
394 LETTERE D[ FRA PAOLO SARPI.
tera, dove Ella fa sopra ciò qualche risentimento ;
nel quale, perchè tra le altre cose gli scrive che co-
munichi ciò meco, son entrato in pensiero che V. S.
possa aver creduto che con mia partecipazione esso
Assellineau abbia fatto seco il suddetto officio ; e
pertanto non ho potuto trattenermi di non fare un
poco d' apologia, perchè troppo mi peserebbe eh' Ella
non fosse certa, la esistimazione mia verso Lei cor-
rispondere al suo valore, prudenza e bontà. Per
tanto, l' accerto in parola di verità, che l' ufficio
non è stato fatto da monsieur Assellineau di mia
saputa ; né, quando 1' avessi presentito, averei in
alcun modo comportato si facesse; né resterò di ag-
giungere, il mio naturale in materia di confidenza
non esser capace di mediocrità, ma di chi non si
fida intieramente esser diffidente del tutto. V. S. mi
è nota intieramente per una pratica di tanti anni,
che il dubitare adesso della sua prudenza e circo-
spezione, questo sarebbe far torto al suo merito e
al mio giudicio. Io credo bene che il motivo di mon-
sieur Assellineau sia originato da buona intenzione :
però cotesta sua azione, come qualche altra ancora,
lo mostrano abbondar superfluamente in cauzione;
ma io anco superfluamente passerei innanzi in que-
sto capo, essendo certo che V. S. con tanto resterà
soddisfattissima.
Ora vengo alle sue. Ho sentito gran piacere che
li negozii siano totalmente accomodati, che non re-
sti timore di altro inconveniente, e che le Chiese
siano soddisfatte.
Quanto alla venuta di Barbarigo costì, prima
io non avevo speranza : nacquero poi certi emergenti
pei quali la tenni certa, come mi raccordo aver scritto
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 395
a V. S. : ora, per nuovi accidenti, mi conviene aver
qualche dubbio. Ma la settimana seguente ci darà
piena risoluzione, che allora si farà la disputazione ;
e se non sarà costì, sarà in Inghilterra. Ben sento
dispiacere, che riuscendo l' evento contro il mio de-
siderio, sarà in persona simile al presente. Tutto è
in mano di Dio.
Nel negozio di Mantova, scrissi a V. S. come la
Duchessa vedova era ritornata in Goito. Ora, sprov-
vistamente, ella si è dichiarata non gravida, e il
cardinale ha assunto il titolo di duca ; e il principe
di Savoia, fatto il viaggio in posta, è giunto per
condurla a Torino ; il che fa maravigliare della su-
bita resoluzione, e restare in ambiguità se sia se-
gno di megliore o di peggiore intelligenza fra quei
principi.
Il vescovo ambasciatore dell' imperatore ha trat-
tato lega contra Confessionisti; ma il tutto è stato
interrotto e sfumato per li motivi dei Turchi, delli
quali non ci è alcun sospetto per Candia, dovendo
esser 1' armata marittima sotto il mediocre, ma la
terrestre sopra il sommo.
Nella novità eccitata da Tileno, mi pare che il
portarci estinzione con silenzio sia tanto necessario,
che doverebbe persuadere, anzi constringere 1' altra
parte a tacere, e non rispondere, se bene egli non
cessasse mai dell' inculcare li suoi tentativi. Final-
mente ogni innovazione muore da se, quando non li
venga dato spirito con la contraddizione.1 Io non
sono pienamente informato dello stato, ma mi pare
d' intendere che sia nel numero di quelle cose
1 Principio generalmente vero per tutte le cose specu-
lative od astruse: non così per le altre.
396 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
che si possono ignorare senza detrimento: più mi
pare che importi quella di Richer, e mi dispiace
che li sia vietata la publicazione della difesa, eh' egli
manda obbliqn amente appoggiata al Concilio di Ba-
silea. In queste nostre parti non può far buon frut-
to, per gli interessi vecchi e duranti, che queste re-
gioni hanno di non ricevere quel Concilio.
Dell' armata marittima di Spagna non si fa gran
capitale qui, per li disegni de' Turchi, come maggior
lume offusca il minore; massime che si tiene per
certo, esser l' Inghilterra sufficiente per difendersi in
quel regno, in Ibernia e nella Virginia. E ben mala
cosa che con la connivenza lascino pigliar piede
a' Gesuiti. L' avviso che mi dà delli tentativi passati,
mi fa concludere qualche imminente mutazione: ben
sarà quando riesca senza intervento di Reformati,
perchè così ciascuno sarà costretto di farne mag-
gior conto.
Io ho veduto con molto piacere 1' editto e il re-
sultante del consiglio, ma più mi piace quello che
V. S. scrive a monsieur Assellineau esser promesso,
e non scritto, se pur la promessa sarà mantenuta.
Ma se la regina dipende da Spagna, V. S. lo potrà
giudicare.
Avevo già ricevuta per altra via la raccolta delle
cose passate nel fatto di Richer, le quali servono
bene per giustificazione della maniera e ordine te-
nuto da lui. Io però sto con molto desiderio che
difenda anco efficacemente la dottrina ; perchè se la
contraria prende piede in Francia, la quale sino al
presente ha fatto opposizione a tutte le dottrine
tiranniche, io averei gran dubbio che potesse esser
con facilità disseminata per tutta 1' Europa.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 397
La poca concordia del papa con la Republica
continua tuttavia, ed è passata in abito : però dal
canto della Republica non vi si pensa, ed è senza
disegno né amaritudine. Ma dall' altro canto, si
vede il mal' animo, quamquam prematur, scoprirsi
con ogni occasione. Di questo fa guadagno Spagna,
così acquistando in Roma, come in Venezia, rispetto
alli papisti, che sono in qualche numero, e per li
sottili maneggi crescono, sì come li contrari sminui-
scono e li medii s' addormentano. Ma nessuna opera
divina s' analizza per mezzi umani. Forse quando
alcuno crederà esser nell' alto della ruota, si ritro-
verà nel basso. Non ho altra cosa di nuovo da dirle.
Di Venezia, il dì 2G marzo 1613.
CCXXXVIII. — Al medesimo}
Ho ricevuto, con aumento d'obligo, la Risposta
sinodale Parisiense, insieme con la lettera di V. S.
delli 8 marzo. Il libro mi è venuto in mano a punto
in questi giorni vacui da negozi, onde ho avuto tempo
di trascorrerlo immediate. Mi pare che, oltre li con-
cetti Sorbonici, vi sia anco dentro la mano di un
buon giurisfonsulto, ed alcuni tratti mi rappresen-
tano monsieur l' Eschassier. Io stimo 1' opera, e veggo
bene che F autore o li autori direbbono più, ma
sono costretti a star dentro i termini. Quella mi-
stura nel governo ecclesiastico di monarchia e ari-
stocrazia, mi pare una composizione di olio e acqua,
che non possono mai mischiarsi insieme. Però in
1 Stampata come sopra, pag. 560.
398 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
questo tempo non è poco che alcuni papisti non
siano affatto gesuiti.
Sento grandissimo piacere che le cose del regno
passino in quiete. Trattanto giungerà la maggiorità
del re, e se qualche mancamento sarà occorso, po-
trà esser resarcito.
Per 1' ultima mia, che fu delli 26 marzo, scrissi
a V. S. il dubbio che io aveva di veder escluso Bar-
barigo di ambasciatore costì. E fatto Pietro Conta-
rmi, nipote del vescovo di Padova, e cugino di quel
eh' è costì. Dalle circostanze V. S. giudicherà il
rimanente : solo io le dirò eh' è da poco. Fra un
mese Barbarigo sarà eletto per Inghilterra. Io sto
con molta perplessità divisando quello che si potrà
fare per continuare la nostra comunicazione, e mi
veggo con poca speranza di trovare buon mezzo
quando Gussoni sarà in fine. Ma forse piacerà a Dio
di provvederci qualche modo.
Non abbiamo in Italia di nuovo, se non che le
cose di Mantova sono accomodate. La duchessa di
Mantova vedova si è dichiarata non gravida e si è
partita, e il cardinale s' ha dato titolo di duca.
Adesso s' attende a trattare il matrimonio tra esso
nuovo duca e essa vedova.1 Il papa lo dispenserà
con 1' esempio, che già è dispensato il re di Polo-
nia. In Roma è successo che quel Marcantonio Ta-
lli, cameriere del papa, con chi desinò il già arci-
diacono di Venezia quel giorno che la notte seguente
1 A questo secondo matrimonio della figliuola era tut-
tavia avverso lo stesso duca di Savoia, che mirava con
quella occasione ad impadronirsi del Monferrato. Vedi Ca-
priata, Istorie de' suoi tempi ec, edizione 1639, tomo I,
pag. 32-33.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 399
morì di uscita di sangue, è stato pigliato in disgra-
zia dal pontefice e scacciato di Roma ; e pare che
vi sia anco qualche disgusto del papa col cardinale
Borghese.
Tutti li pensieri di qui sono volti alle cose dei Tur-
chi, i quali ingrossano maravigliosamente: e, quello
che non è di poca stima, quel principe s' esercita
quotidianamente in arti militari, e mette in eserci-
zio sino li vecchi Bassa in maniera, che accende nella
milizia cuore incredibile alla guerra. Disegnano di
far mossa al taglio delle prime erbe di maggio. Non
si vede che provvisione possa fare l' imperatore.
Gli Ungari protestanti ricusano di voler difen-
dere la Transilvania, come non pertinente a quel
regno : li cattolici si contentano d' intervenire alla
guerra, ma domandano aiuto in danari, ricusando
che in Ungaria entrino forze tedesche ; anzi richie-
dendo che alcune guarnigioni germaniche poste già
per le loro terre dalli passati imperatori, siano le-
vate.
La lega cattolica ha fatto la sua dieta in Fran-
coforte, e tutta si è consumata in contenzione di
Magonza. Treveri e altri vescovi contro il duca di
Baviera, perchè esso, come capo della lega, riceve le
contribuzioni, e con tutto ciò allogia li soldati sopra
li vescovati, e non nel suo. L' ambasciatore spagnuolo
fa gente per la dieta imperiale di Ratisbona ; argo-
mento che pochi principi vi anderanno. Le cose
paiono molto difficili da sviluppare : piaccia alla
Maestà divina che il tutto termini in sua gloria.
Il papa invita con minacce la Repubblica a lega
con V imperatore, e il fine è acciocché, offesi li Tur-
chi, venga necessità di dipendere da Spagna. Li
400 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
buoni vanno mancando, e altri si mostrano ormai
sazi delle controversie. La saluto ec.
Di Venezia, il dì 9 aprile 1613.
CCXXXIX. — Al medesimo.1
Resto con ammirazione, che avendo V. S. rice-
vuto lettere dal signor Gussoni delli 3 marzo, non
abbia ricevuto con quelle le mie delli 26 febbraio :
io però voglio sperare, che, sì come altre volte è av-
venuto, più tosto saranno differite per un' altro spac-
cio, che perdute. Dopo quelle scrissi alli 12 e final-
mente alli 26 marzo, al presente ho ricevuto quella
di V. S. delli 25 del medesimo mese, onde le sue
sono tutte capitate salve. Spero dover avvenir l'istessa
buona fortuna anco alle mie.
Io sento molto piacere che la quiete del regno
perseveri, con speranza che sia per piacere a Dio
nostro Signore di fare che sia continua. Ma tra
tutte le cose che mi rendono stupore, è 1' audacia
de' predicatori comportata, con tutto che sia fresco
1' esempio della lega altre volte nata da simili prin-
cipii. Non è da dubitare che non ricevano fomento
da Roma e Spagna. E se li Gesuiti non fossero oc-
cupati nell' esito delle cose di Ungaria e Polonia,
non credo che quietassero.
Abbiamo qui avviso che l' imperatore è partito
dalla dieta d' Ungaria senza conclusione alcuna, anzi
con risoluzione di quel regno di non voler milizia
forestiera, e che siano già levate le guarnigioni te-
1 Edita come sopra, pag. 564.
LETTERE DI FRA RAOLO SARPI. 401
cìesche esistenti al presente in alcune piazze ; e hanno
pubblicato tener per cosa ferma di non dover aver
guerra da' Turchi. Quello che di ciò debbia essere.
è in mano di Dio. È ben certo che i Turchi accre-
scono sempre maggiormente le loro preparazioni, e
hanno provveduto di ponti per il passaggio del Da-
nubio. Ogni mediocre ingegno, non che l' imperatore
Matthias, esercitato in tanti casi, poteva esser certo
che la depressione del fratello doveva riuscire a mag-
gior bassezza nel successore.
Non posso ritenermi di non sentir piacere che il
duca di Buglione resti in poca stima e dell' una
parte e dell' altra. Sarà esempio a, quelli che, per
avanzare le cose proprie, procurano il deterioramento
delle comuni.1
Io diedi conto a V. S. della causa perchè Bar-
barigo non anelerà costì, ma in Inghilterra, e farà
la via delli Stati. La duchessa vedova di Mantova
è arrivata in Piemonte, e del suo matrimonio col
nuovo duca non si sa perchè si rallentino le trat-
tazioni. Ne per ancora si è fatto nuovo moto nella
causa di Asti. Tutte le cose sono rivolte alla Ger-
mania, alla quale però Roma poco pensa, dicendo
non aver molto che perdere in quel paese.
Qui la maggior parte vive alla spensierata, con
tutto che bisognerebbe aver pensieri più che non si
soleva, per il pericolo che sia serrato il passo de' Gri-
gioni : al che se Dio non provvede, o per quella via
o per altra, quelli che nel tempo del lume non vo-
gliono adoperare gli occhi, nell' oscurità potrebbono
1 Così potessero gli esempi di tal sorta tornar utili in
ogni tempo !
Sarpi. — II. 26
402 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
pentirsi. Io non sarò più lungo, ma risalutando V. S.
per nome delli amici, le bacio la mano.
Di Venezia, il 23 aprile 1613.
CCXL. — Al medesimo.1
Ricevo quella di V. S. dei 9 aprile, avendo scritto
già a Lei sotto il 23 dell' istesso mese.2 Al presente
gli occhi di tutti sono volti verso Piemonte, avendo
il duca di Savoia assaltato il Monferrato, e preso
in quello Alba, Trino e altri luoghetti poco forti.
Gli assalti sono stati sprovvisti, senza che nissuno
vi avesse pur pensiero ; e dice il duca che il motivo
non sia suo, ma del principe suo figliuolo, che te-
nendosi offeso dal Mantovano per averli promesso e
non atteso diverse cose, ha voluto risentirsi con la
guerra.
Per quello che sino al presente appare, gli Spa-
1 È impressa nella raccolta precitata, a pag. 567, dove
porta bensì la data del 1612. Ma in prova che debba ri-
ferirsi all' anno successivo, riportiamo testualmente quello
che il Muratori scrive intorno agli avvenimenti a cui nella
medesima si fa allusione, sotto l'anno 1613: « Il duca,
» principe di grande animo, nulla sbigottito per questo
» (cioè per la protezione assunta a prò de' Gonzaghi dalla
» reggente di Francia), nel dì 20 o 22 di aprile, col prin-
» cipe di Piemonte e col principe Tommaso suoi figli,
» mosse 1' armi sue contro il Monferrato. In poco tempo
n s' impadronì di Trino, e nel dì 25 la città d' Alba dal
» conte Guido di San Giorgio fu non solamente presa, ma
» anche saccheggiata, e il vescovo stesso maltrattato e
» fatto prigione. Così Diano e la terra di Moncalvo ed altri
v luoghi, fuorché Ca3ale, Pontestura, la ròcca d' esso Mon-
» calvo e Nizza della Paglia, vennero in potere del duca. >»
- Data della precedente Lettera. Vedi anche quella
che segue.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 403
gnuoli si oppongono a questi tentativi, avendo anco
ricusato di ricever in deposito i luoghi presi, e di-
cendo apertamente, voler che siano resi al duca di
Mantova. I progressi di Savoia saranno impediti, sì
perchè gli Spagnuoli se gli oppongono con le arme,
come anco perchè la Repubblica viene a quelli in
aggiunta con 300 soldati e condannati. Il mio cre-
dere è che la fatalità d' Italia repugni alla guerra,
e però che fra pochi giorni si debbano vedere que-
ste turbolenze poste in quiete. A Roma non vi si
pensa, e a pena le novità si sanno.1
Questi successi hanno imposto silenzio alle pre-
parazioni de' Turchi, sebbene quelle continuamente
crescano, e in Ungheria il popolo e i mediocri si di-
chiarino apertamente, che non temono di guerra e
che non vogliono coli' armarsi darne occasione. Poi-
ché non vi è altra semenza di turbazione in Fran-
cia, se non quella di Acquamorta, spero che le cose
anderanno quiete.
Il duca di Nivers, che si ritrova in Provenza in
viaggio per Roma, ha mutato animo, mosso dalle
cose di Monferrato, ed è entrato in Casale San Vas,
sola piazza forte in quella regione, per adirarla da
qualche inconveniente ; onde forse potrà differire
qualche giorno il suo ritorno in Francia. Per fine
la saluto.
Di Venezia, alli 7 maggio 1613.
1 Secondo gli affetti diversi, giudicarono gli storici il
silenzio del papa in quella occasione. Altri ne accagionano
il suo amore della quiete e la naturale timidità dell' ani-
mo •, altri il ricordarsi d' essere il padre comune dei fedeli.
Noi ne travediamo invece una causa diversa •, cioè nelle
velleità di riforma disciplinare che eransi allora manifestate
nella corte di Spagna.
404 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
CCXLI. — A Giacomo Leschassier.1
Ricevei le lettere della S. V. dei 3 aprile, insie-
me collo scritto di Tolosa; e la ringrazio vivissima-
mente. Io non posso meravigliarmi abbastanza della
sfacciataggine dei Gesuiti, che vogliono insignorirsi
di tutta la città. Io temo che il Capitolo muti pa-
rere: vedendo infatti che alcuni sono ingannati o
guadagnati da costoro, sospetto possa incontrar lo
stesso anche agli altri.
Ebbi da quel tale, che la S. V. ben conosce, il
Commentario alla Risposta sinodale : 1' ho letto con
grande avidità ed attenzione, e vi ho scorto semi e
frutti di sana dottrina. Se 1' autore si scoprirà, spero
che debba aggiungere altre riflessioni. Ma chi può
raffrenare lo sdegno vedendo che i Gesuiti stam-
pano molte cose sotto finto nome, e poi vogliono
proscritti quei libri che non portano in fronte il nome
dell' autore ? Sarà di pubblico vantaggio se volge-
rannosi a disputa le proposizioni di esso Commen-
tario ; perchè così si confermeranno di più, e verrà in
taglio di formarne altre. Ma tengo con Lei, che il
Nunzio noi permetterà mai ; giacché a Roma si usa
di non dire ciò che condannisi in ciascun libercolo,
ma di sentenziare imperiosamente, perchè tutti si
accomodino alle censure e non cerchino più oltre.
Avrò assai caro di vedere ogni giunta che sia per
farsi dall'autore del Commentario.
Credevo che fossero pervenuti in Francia gli esem-
plari delle trattative fatte a Torino nella causa di
1 Stampata, in latino, tra le Opere ec, pag. 114.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 405
Asti ; giacché ne inviai costà copia ad un amico, la
quale sento con maraviglia che non venne trasmessa
alla S. V. Mando ora un esemplare del Monitorio,
che non fu mai messo a stampa e solo affisso pub-
blicamente in copie manoscritte. Aggiungasi che sa-
ranno cercate la deliberazione e sentenza emesse dai
ministri del duca nella città d' Asti,1 le quali fu-
rono date alle stampe e divulgate, e con gran fatica
ne ho trovato un esemplare ; poiché molti, per favo-
reggiar la curia, s1 arrabattarono a comprarle e na-
sconderle ; e chi le conserva, tienle nei segreti ripo-
stigli. L'esemplare che mando, copiato da altro a
stampa, è completo : il Monitorio è cavato da un ma-
noscritto uscito dalla cancelleria del Nunzio. Ella da
questo vedrà come tutte le sostanze delle chiese va-
dano alla Camera apostolica, e non già, come una
volta, a Cristo o a' Santi tutelari. Su questo andare,
ogni cosa verrà ad accumularsi sopra un solo sog-
getto.
Il signor Molino non ha avuto incomodi di salute,
e né anche è partito dalla città. Non è molto che
inviò alla S. V. il resto d' un certo libriccino, che
crede sarà venuto nelle sue mani. Per tornare all'af-
fare d' Asti, si trattò fra il papa e il duca in or-
dine all' assestamento della questione : il duca pro-
mise di mandare per ciò a Roma un ambasciatore ;
ma finora le son parole. Poco fa ha mosso guerra al
duca di Mantova nel Monferrato, e gli ha pigliato
diversi paesi. Ma avendo in questa intrapresa con-
trari tutti i principi d' Italia e quello pure di Spa-
1 Di queste cose è parlato anche nella Lettera CCXXXII,
pag. 380, ed altrove.
406 LETTERE DI FRA PAOLO SARP1.
gna, penso che cederà ; e per ciò stesso, temo che
rimetta d' animo nella l'accenda Astigiana ; la qual
cosa mi dispiacerebbe. Ma checché avvenga, ne terrò
informata la S. V. Le commetto i miei cordiali sa-
luti pel signor Gillot ; al quale desidero pure sieno
partecipati (se così a Lei piacerà) gli esemplari spe-
diti. Dopo di che, prego Dio, eccellentissimo signore,
che conceda fausto adempimento a tutte le buone
intraprese, e Lei mantenga a lungo in salute. E le
bacio le mani.
7 maggio, 1613.
CCXLII. — Al medesimo.1
Ebbi le lettere della S. V. dei 13 maggio; nella
qual circostanza, atteso la guerra o finta di guerra
principiata in Piemonte, parti di Torino quegli che
favoriva la nostra corrispondenza epistolare, ed io
non risposi, anzi feci forzatamente proposito di so-
prassedere fino a che mi s' aprisse altro sicuro vei-
colo. Oggi ricevo altre lettere de' 6 giugno, e di tutte
la ringrazio di cuore. In queste ultime ricorda i do-
cumenti che mi mandò, e che tutti già ebbi, e mi sono
carissimi. Circa poi quello che la S. V. scrive, avermi,
cioè, il signor Gillot mandato gli atti che si fecero
nelle differenze tra Filippo il Bello e Bonifazio Vili,
sappia che nulla m' è arrivato di tutto questo. E mi
duole la loro perdita, dappoiché il titolo fa fede che
parecchie cose ci fossero degne di essere conosciute.
Dopo quella dei 12 gennaio, niun' altra lettera ho
1 Edita come sopra, in latino, pag. 115.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 407
ricevuta dal signor Gillot. Prego la S. V. ad infor-
mamelo, e a lui tenermi raccomandato con tutto il
cuore.
Quando corre costà la novella che a Eoma fu
colpito di censura un libro, ciò vuol dire che è stato
messo nel catalogo dei proibiti per la lettura ; com' è
accaduto alle opere di Wildrington, Richer e Vigor.1
Imperciocché non danno fuori vera e propria cen-
sura di ciascun libro : quando anzi quel qualunque
giudizio non riescisse d' approvazione piuttosto che
di condanna, com' è incontrato al Becano. Ogni libro
iscritto in quel catalogo s1 ha per riprovato in tutta
F Italia, eccetto il dominio veneto; dove, dopo il 1595,
nessuna opera può reputarsi condannata senza l' as-
senso del Principe.
Non s' è visto qua il libro di Schulcken di Ghel-
dria, eh' Ella rammenta ; né mi fa caso che l' inqui-
sitore di Colonia abbia approvato la dottrina pesti-
fera del medesimo, quando vedo che in essa città si
stampa quello che non osano a Roma. Anche Matteo
Torto 2 fu stampato ivi la prima volta. Ogni giorno,
a quel che veggo, questa gente peggiora; ma più
nuoce in maschera, com' Ella maestrevolmente osser-
va, che scopertamente. Io ho subito ordinato che mi
mandino dalla Germania quel libro ; il quale penso
1 Simone Vigor, nipote dell' arcivescovo di tal nome,
che aveva caldissimamente scritto contro i Calvinisti ed
altri eretici, fu insieme sostenitore acerrimo delle libertà
gallicane i e avendo scritto un* commentario De auctoritate
cuiuslibet concilii generalis supra Paparn (stampato in
Colonia, 1613 , siccome era perciò perseguitato dai curiale-
schi, difendevasi dicendo, che nulla aveva asserito che im-
parato non avesse dalle opere del venerando prelato suo zio.
- Cioè il libro del cardinal Bellarmino contro il re
d' Inghilterra.
•108 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
che i Gesuiti abbiano a bella posta scagliato in
Italia affinchè non si scoprano i tranelli del Bel-
larmino da coloro che ben lo conoscono. Fa stupore
che vadano continuamente in traccia di novelli ar-
tificii, sofismi ed aggiramenti, per attraversare la li-
bertà.
Approvo nuovamente il parere della S. V. che si
debba loro strappare la maschera, acciocché con
T ipocrisia non portino danno : che se ciò si facesse
non solo per rivendicare a' prìncipi la legittima po-
testà, ma anche negli altri rispetti, svelerebbesi aper-
tamente in faccia al mondo quel mercimonio vergo-
gnoso ; e forse si sterperebbero in germe i raggiri,
se il collegio della Sorbona serbasse intatto il suo
decoro. Esso è come una stazione di rifugio ; la quale
se, come brigano, trarranno in loro potere, niente più
rimarrà salvo da cotanta cupidità; perocché hanno
in costume di non far conto alcuno dei privati che
sperano vincere o spaventare per via di contumelie.
Ma di questo parlerò più a lungo, quando sarà rin-
novato tra breve il libero scambio delle nostre let-
tere; perocché questa commetto alla fortuna. Frat-
tanto prego Lei e il signor Gillot a ricordarsi di me;
che, dal canto mio, desidero a entrambi per van-
taggio pubblico buona salute, e i loro consigli e
sforzi raccomando sempre al divino favore. E le ba-
cio le mani.
25 luglio, 1613.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 409
CCXLIII. — Al signor De Visi e Groslot.1
Io ho, dopo la partita di Gussoni, tralasciato di
scrivere a V. S. e agli altri amici, non perchè io
abbia per sospetti diversi modi che sono d' inviare
lettere a loro, ma per non mi assicurare di lasciar
capitare qui lettera direttiva a me in pieghi privati.
È necessario usar circospezione, anco per non pa-
rer di non tener conto degli avvertimenti che ven-
gono dati.2
Di nuovo delle cose del mondo non ho che dirle,
se non che sicuramente le armi che sono in Italia,
inverneranno. Potrebbe essere che si mandassero alle
case loro qualche fanti paesani; ma li cavalli, li
fanti forestieri e li napolitani, si manterranno senza
dubbio.
Li Turchi fanno progressi in Transilvania più
perchè non hanno opposizione, che per aver graii
forze. In Constantinopoli minacciano di far una grossa
armata marittima per la primavera seguente, per
vendicarsi dell' affronto ricevuto per la presa delle
sette galere; e s'affaticano a fare gran preparamenti,
li quali non son fuora di pensiero che non possano
riuscire simili a quelli dell' anno passato.
Scriverà a V. S. monsieur Assellineau quello che
pensiamo mandar fuori intorno li Gesuiti. Io la prego,
' Pubblicata nella raccolta di Ginevra, pag. 569.
- Notabile espressione, e che sembra accennare alla
soverchia meticolosità dei patrizi veneti. Questo antipoli-
tico sentimento fu il primo sintomo della decadenza della
Repubblica, e die fomento alla congiura tramata dagli Spa-
gnuoli -, la congiura accrebbe i timori ; e il timore, divenuto
regola di Stato, troncò a poco a poco i nervi tutti di esso.
410 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
quando avrà occasione, di far intendere a monsieur
L'Eschassier ed a monsieur Gillot, che io vivo con
obbligatissima memoria delle loro grazie, e che tengo
le loro lettere per rispondere quando troverò mate-
ria di comunicazione. E qui facendo fine, a V. S. bacio
la mano, pregando Dio nostro Signore che accu-
muli sopra di Lei tutte le sue grazie.
Di Venezia, il dì 6 novembre 1613.
CCXLIV. — A don Baldassarre di Zuniga. x
Da lettera di don Inigo di Cardenas ho inteso
che il marchese di Brandeburgo, in nome degli Olan-
desi e dei maggiormente interessati, manda amba-
sciatori in Francia a richiedere la regina che non
veglia impedir l' opera del forte di Mulheim ; 2 e dia
loro assistenza contro a chi dell' imperatore avesse
commissione di fare altrimenti. Al che fu risposto,
che la regina sentiva gran dispiacere che si facesse
una tal novità ; e che in nessuna maniera darebbe
l'assistenza che le veniva richiesta: ma piuttosto
1 Pubblicata, in lingua spagnuola, senza nota di gior-
no od anno, ma tra quelle del 1613, nella raccolta di Gi-
nevra ec, pag. 558. La ristampiamo per debito o per iscru-
polo di editore, benché dal canto nostro non sappiamo veder
ragioni per cui questa Lettera potesse venire attribuita a
Fra Paolo, ed anzi molte ci sembrino militare in contrario :
come 1' essere diretta a un diplomatico della nazione spa-
gnuola •, e il tuono officiale e da persona superiore, non
che la insolita lingua, con che vedesi scritta. Fu questo forse
un qualche allegato, che materialmente unito ad altre Let-
tere del nostro, venne come per caso a prender posto tra
le sue proprie.
2 Vedasi la Lettera CCXXV, pag. 361.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 411
passerebbe più oltre, mirando unicamente a ciò che
convenisse di fare per la riputazione di suo figlio.
Del che ho voluto avvertirla affinchè lo abbia
per inteso, e molto anche raccomandarle, come fo, di
voler praticare ogni ufficio che stimerà conveniente,
affinchè dalla parte dell'imperatore si tronchi l'im-
presa, essendo questo il fine che la Francia si pro-
pone ; corrispondendo sopra di ciò con don Inigo di
Cardenas,1 al quale si ordina di fare altrettanto con
Lei; giacché in tal modo meglio potrà conseguirsi
1' effetto desiderato; e in fine, di avvisare minuta-
mente di tutto che sia per seguitare.2
CCXLV. — AÌV Ambasciatore Veneto in Roma?
Per quello che passò ieri ottavo giorno, non le
scrissi cosa alcuna, pensando di mandarlo in lungo.
E già per 1' ultima volta che fu detto l' istesso, Ella
ebbe piena informazione. Viene di nuovo, che ritro-
vandosi in stato di morte, come anco è morto, il
governatore della fortezza di Willemstat, situata fra
Mastrich ed Aquisgrana, che la teneva per nome
del palatino di Neuburg, si sono mosse le genti spa-
glinole e quelle degli Stati in un tempo stesso per
occuparla : quelle degli Stati hanno prevenuto, e si
sono impadronite, e li Spagnuoli ritornati indietro ;
1 II Cardenas era in quei giorni ambasciatore di Spa-
gna alla Corte di Toscana.
- Sono qui nella prima stampa segni indicanti o vo-
lontaria mutilazione o lacuna.
3 Inedita : dagli Archivi di Venezia. Era in quel tempo
ambasciatore a Roma (se male non ci apponiamo) Simeone
Contarmi.
412 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
sicché si va alla caccia di terre, e quelle divengono
di chi primo le occupa, e la guerra si disusa.
L' istesso Neuburgo, che aveva incominciato a ridur
alla cattolica il paese suo patrimoniale, per le con-
traddizione dei fratelli, dei popoli e dei principi con-
finanti, è stato costretto desistere, ed ha licenziati li
Gesuiti ed altri religiosi già introdotti, ritenendo
solo due per la sua persona e della moglie.
Mi duole che 1' E. V. provi le contrarietà che av-
vengono alle persone da bene. Ma si debbe consolare
non chi è premiato, ma chi ha meritato ; che la virtù
sola è maggior ricompensa di se stessa, che quando
se gli aggiunge 1' approvazione di chi non può darne
giudizio per non conoscerla. Resto pregando Dio
che doni ogni prosperità a V. E., alla quale bacio
la mano.
Di Venezia, il dì 8 agosto 1615.
CCXLVI. — A Giacomo Gillot}
Ricevei i gratissimi regali della S. V., che mi
recano infinito obbligo di ringraziamenti ; le sue
Opere voglio dire, che sarebbe stato una colpa te-
ner nascoste.
Dopo premure e travagli grandissimi, ho trovato
le bolle manoscritte dei Gesuiti ; poiché le stampate
guardano gelosamente, concedendo gli esemplari di
esse solo ai più fidati, e non senza chiederne conto.
Non m' era avvenuto mai di vedere gli Atti dei Con-
' Stampata tra le Opere ec, pag. 20. Nel suo testo
latino va priva della data ; ma tutto conduce a crederla
di tempo non molto lontano dalla precedente.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 41 P>
cilii di Pisa, che sarebbe di vantaggio della Chiesa
il meditare e divulgare. Il principio, infatti, che il
papa non può esser giudicato da alcuno, è scaturigine
e fonte di tutti i mali. Mai però non consentiranno
che in Italia si vedano quegli Atti ; e se potessero
ardere quelli di Costanza e Basilea, se ne ingegne-
rebbero ; e lo tenteranno finalmente, e al più presto.
Ho letto con piacere 1' Apoteosi eli Giulio ; e mi
maraviglio come fosse a quel tempo chi tanto sa-
pesse. L' autore arieggia Erasmo,1 od uno più savio
di lui. Io non posso non ammirarlo, amarlo e ve-
nerarlo ; che questa politica dissertazione è lavoro
perfetto, e svela la dottrina dell' autore, la pru-
denza e il giudizio, che è 1' anima della sapienza.
Oh, chiunque sia, eh' egli viva a lungo, e produca a
pubblica utilità frutti d' ingegno e di scienza !
Dalle lettere del Barclay ho rilevato la sua pietà ;
ed è lavoro pieno d' eleganza. Oh ! come bellamente
toccò nella prefazione quanto ci sorpassino gli av-
versari, e come noi siamo da meno di loro. Sul re-
sto, Ella ben sa coni' io la pensi. Noi pigliamo sem-
pre a far guerre difensive, e a dispetto anche di
quelli che soprattutto importerebbe ci sostenessero.
Stupisco come il cancelliere non facesse le voglie del
Nunzio, quando tutto va costì a' versi dei Gesuiti ;
i quali non mi paiono più tanto potenti, dacché
1 Si sa che Erasmo, allora giovane e allevato nella se-
verità religiosa, trovandosi nel 1500 in Bologna e veden-
dovi passare papa Giulio II col profano contegno d' un
condottiero d' eserciti, ne fu altamente scandalezzato, e di
questo suo sentimento lasciò memoria in taluna tra le sue
scritture che sono tra le più satiriche contro gli abusi
della religione in quel secolo. Vedasi il recente opuscolo
di C. Cantù, intitolato : Erasmo e la Riforma in Italia.
414 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
sono costretti dal timore a ritrattare quel che
scrissero sul padre di Barclay. E pur non valgo a
capire la bramosia del figlio a voler casse quelle
parole. Forsechè non tornavano a onore del padre?
Io prima del Barclay scrissi, che sebbene quasi tutti
i principi avessero concesso esenzioni ai cherici, mai
però non si potrebbe trovare eh' essi fossero per al-
cuno liberati, o dimostrare che fosse lor lecito libe-
rarsi dalla suprema e principal potestà. La qual cosa
non imparai da alcuno, ma misi fuora come frutto
delle mie sole osservazioni, senza pur sapere eh' altri
1' avesse detta. Non credei, peraltro, di poter essere
tacciato di novità ; quando e la novella asserzione
è corroborata dalle antiche leggi e dai decreti de'prin-
cipi ; e la contraria opinione, comunque vecchia, fa
ai cozzi con quelle. Non so però intendere perchè
il Barclay aggiunga, non aver io a dovere avvertito
coloro a cui premeva di saper questo. Ma torno al-
l' argomento.
Vedo che i Gesuiti vi assalgono non solo in-
sidiosamente, ma anche con aperta forza. Ho inteso
con grandissimo dispiacere il procedimento che si
è tenuto verso il signor Kicher ; ma penso eh' egli
non debba perciò perdersi d' animo ; in quanto che,
sebbene sia stato oppresso in guise nuove e inaudite
dal partito nemico al vero, i suoi nemici avranno per-
petua infamia dalla vittoria, e 1' aver dovuto soccom-
bere procaccerà ad esso 1' affetto di tutti i buoni. I
consigli non si misurano secondo i successi, ma se-
condo le ragioni ; e quand' egli die fuori il suo opu-
scolo e confessò d' esserne autore, fece cosa che pa-
reva conducente alla pubblica utilità. Se il fatto non
ha risposto a' desiderii, ciò avvenne forse per provvi-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 415
denza divina, affinchè egli, colpito da un privato in-
fortunio, sostenesse con più calore la comune causa.
Il che voglia il Cielo che sia.
I documenti comprovanti la regia autorità sui
pontefici, che la S. V. ha raccolti, riusciranno sopra
ogni altro un lavoro profittevole a tutto il mondo,
procedendosi a questi tempi più per esempi che per
argomentazione. È forza sudar molto in questa mate-
ria, ed altre di tal natura. Poiché il richiamare gli
abusi a' loro principii, vale lo stesso che confutarli.
Non so poi s' io debba rammaricarmi o sentire
allegrezza per aver voi ricettato la Congregazione
dell' Oratorio. Anche le piccole contagioni non sono
da spregiare. Di qui vennero i Baronii, i Bozy e
gli altri, che non riconoscono altro Dio all' infuori
del papa. Non sono però amici dei Gesuiti, ma piut-
tosto rivali.1 Pur finalmente inchino a crede di do-
verne far festa. I morbi non vengono in declina-
zione se prima non toccarono il colmo.
Mi congratulo con la V. S., per il bene dell' uni-
versale, che metta 1' ultima mano alla raccolta de-
sìi Atti del Senato. Ho in animo di communicarle
assai cose in proposito ; ma conto poterlo fare nel
seguente anno, in cui speriamo d' accogliere nel Pie-
gno 1' egregio legato 2 del nostro Principe. Qui nulla
di nuovo, tranne le giornaliere trame de' Gesuiti e
loro compagni curialeschi. Ma non sono faccende da
consegnarsi a lettere : ad essi è permesso dir tutto ;
1 Così era in quei giorni, e più non è, disgraziatamente
(anche per l' ingenua fede), ai dì nostri. Un gran senso, e
terribile a meditarsi, è pure nelle parole con che il Sarpi
conchiude questo memorabile paragrafo.
2 II sempre decantato e sperato ambasciatore Barba-
rigo.
416 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
a noi giova sopra ogni cosa il silenzio. Ma questo
ancora ci farà prò, e mi meraviglio come fino a qui
i loro sforzi sieno andati vuoti d' effetto. Ma quegli
è sicuro cui Dio protegge. E io lo prego continua-
mente perchè doni felice esito a tutti i disegni della
S. V. illustrissima, e le comunichi tutte le ricchezze
della sua grazia, insieme colla buona salute; e porga
a me una volta occasione d' allegrezza nel dimostrar-
le, comecchessia, la mia servitù. E le bacio le mani.
CCXLVII. — Ai medesimo.1
Da lungo tempo desideravo mostrarle, secondo il
solito, con lettere la mia osservanza ; e siccome con-
tro voglia avevo dismesso la corrispondenza, così ho
serbato sempre in cuore la sua venerata memoria.
A tale siam noi, che ci tocca di osservar tutto, di la-
sciarci governare non dalla ragione, ma dai tempi ;
e fare sforzi non perchè niuno parli male di noi, ma
non parli niente affatto. Niente più gioverebbe a me
dell' ozio e dell' accidia, se non aborrissi più che la
morte un vizio siffatto. Ma non sono stretto sempre
e per ogni parte da queste angustie : l' inazione è solo
temporaria. 11 quale incomodo avvenutomi per la
partenza dell' illustrissimo signor Foscarini, dile-
guossi per 1' arrivo costà del signor Gussoni, legato
di questa Repubblica al vostro re. E trovatomi più
libero, mi son fatto cuore a rinfrescare alla S. V.
per le presenti la memoria di me; desideroso che il
nome mio, da pezza ascritto nel novero de' suoi ser-
1 Edita come sopra, in latino, pag. 21.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 417
vitori, per forza di tempo non si cancelli. E a ciò
mira specialmente questa lettera. Ho poi anche in
animo di farle elogi e raccomandazione dell' illu-
strissimo signor Gussoni ; uomo assai sperto delle
politiche faccende, liberale, e che molto si piace
della conversazione degli ottimi e simili alla S. V.
Se a Lei piacerà fagli qualche visita, come vivamente
desidero, prego e domando, troverà gusto nella fa-
miliarità di si nobil uomo, e farà a me sommo pia-
cere. Del resto, io vo pregando Sua Divina Maestà
che custodisca lunghissimamente in sanità la egre-
gia S. V, e a me conceda di profferirle in effetto
l'opera mia disposta a servirla. E le bacio le mani.
Venezia, 11 giugno 1616.
CCXLVIII. — Al medesimo.1
Con vivissima allegrezza ho veduto e letto la let-
tera della S. V., la quale leggendo, pareami godere
della sua presenza; e ho veduto con piacere che
trovasi in perfetta salute, siccome prova la forma-
zione dei caratteri, che arguisce bontà di vista e
salda mano. Voglia Iddio tenerla continuamente
sana, come vivamente prego e sono per pregare con-
tinuamente la Sua Divina Maestà.
Negli scorsi anni, quando la Francia ci si dipin-
geva come titubante, cotesto Senato e la S. V. sin-
golarmente mi stavano davanti agli occhi ; e fa-
cevo voti caldissimi, come al presente, per la tran-
quillità di cotesto regno, ben sapendo che la salute
1 Edita nel suo testo latino, come sopra, pag. 22.
Sarpi. — II. 2"
418 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
d' Italia è come appoggiata sulla vostra.1 Molto sa-
rebbe a dire, e d' importanza, se m' avanzasse tempo,
intorno ai nostri affari ; ma il corriere mette d' in-
tervallo tra 1' arrivo e la partenza un giorno solo.
Sono perciò sforzato a soprassedere.
Ebbi la narrativa dei fatti seguiti in cotesto Se-
nato dopo il decreto dei 28 marzo 1616 ; e la quale
avidissimamente scorrerò, come avrò finito di scrivere
la presente. Frattanto, perdi' Ella sappia che anche
qui succedono inaspettate novità, le mando il consi-
glio d' un prelato, eh' io avevo per ciotto e pio ; ma
sospenderò il giudizio sul conto suo, finché non mi
apparirà chiaro a che tende, e se i tentativi, in cui
dice essersi messo, sono buoni o malvagi.2 A Roma
condannarono subito quel e' ha scritto ed è per
iscrivere, quel che ha stampato od è per istampare,
con la solita clausola di eretico, erroneo, scandaloso
e respettivamente offensivo delle pie orecchie. Ed egli
ha pubblicato questa sua dichiarazione in forma di
Manifesto, come diciamo noi ; e la fece stampare a
Heidelberg. Che gli avvenisse dipoi, non sappiamo.
Faccio fine alla presente, strettovi dalle angu-
stie del tempo ; e non senza pregar Dio che, per pub-
blica utilità, Lei mantenga lungamente in vita.
Venezia, 24 novembre 1616.
1 Cioè, nel fatto della indipendenza religiosa, ossia dal
potere ultra-politico di Roma ; senza la quale, la indipen-
denza politica è affatto impossibile.
- Queste parole sono senza dubbio allusive all' arcive-
scovo di Spalato, Marcantonio De Dominis (di cui vedi la
Lettera seguente)-, ed è notabile questa titubanza del Sarpi
nel giudicare, in sulle prime, le intenzioni di un sì autore-
vole px-omotore della riforma, ma non del pari costante nel
perseverare nella medesima.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 419
CCXL1X. — Al medesimo.1
Ricevei le ultime lettere della S. V. in data dei
3 gennaio e 5 febbraio. In esse mi fu dato vedere
argomenti del suo animo giusto e costante. Giusta-
mente si duole perchè sovrastino due guerre civili
a cotesto regno, dianzi floridissimo. Le macchine
mosse dai malcontenti dell' ordinamento attuale,
spero saranno di corta durata e riusciranno alla ri-
forma del governo ; ma temo di ciò che si macchina
nella regione di Pittau, e mi fa caso che il duca di
Epernon, provato in tante vicende e nell' età in cui
trovasi,2 pigli risoluzioni così avventate e precipitose.
Quella guerra (se Dio non la sperde), sotto pretesto
di religione, scuoterà e leverà di sesto il regno ; e co-
loro che sconsigliatamente la fomentano, non potran-
no, quando che vogliano, scendere a transazioni. Ma
per noi le faccende non vanno già meglio. All'una e
l' altra porta d' Italia 3 siamo circondati da guerre ; e
benché trattisi di pace, è dubbio se questa non sia
per riuscire più funesta d' una guerra.
Di Francia, donde avevamo un tempo in abbon-
danza sussidi alla libertà, ora ci vengono gli stru-
menti del servaggio. Le soldatesche possono venire
1 Edita come sopra, pag. stessa.
2 II duca di Epernon, uno dei più vani e più avventati
fra i gran signori della Francia in quel tempo, era allora
in età di 63 anni. Godè la grazia della reggente, dopo
essere stato in sospetto di complicità coli' assassino di suo
marito. Forse qui alludesi alla risoluzione presa di partirsi
dalla corte per Angoulème, non avendo potuto ottenere dal
re un posto nelle guardie, ch'egli chiedeva per una delle
sue creature.
3 Vale a dire, nel Piemonte e nel Friuli.
420 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
a noi solo per via della Rezia; il qual passaggio è
impedito dai ministri regi, ai quali importa salvarci
e che certamente ci avvantaggerebbero, quando non
avessero sorbito l' aureo Diacattolico. Io però mi
consolo al pensiero che, a prova fatta, le buone
venture sperate si convertono in danno e le male
in felicità; e mi vo rammentando che noi uomini
siamo posti quaggiù, per rilevar dagli eventi la
volontà di Dio e a quella conformare le nostre ope-
razioni. E avverto ancora, che non s' adopera sa-
viamente da coloro che furon causa de' vostri e
de' nostri mali ; che i re maggiorenni non preval-
gono per sapienza, e più pregiano gli schiavi che i
liberi; ne il numero dei dappoco restringono, che
danno fondo a magnifiche ricchezze. Ma rimettiamoci
alla provvidenza di Dio.
Ho notizie dall' amico sull' arcivescovo di Spa-
lato, posteriori alla sua partenza. Conversò con lui
intimamente, e vide alcuni suoi libri da divulgare.
Mi assicurò che sono scritti senz' affettazione, sen-
z' aria di disputa ; astiensi da ogni parola aspra ;
sostien reciso solo le opinioni proprie, e tutto prova
pei documenti dell' antichità. Non ne lodò per altro
la prolissità, eh' è forse soverchia ; né la titubanza
o ansietà d' animo, cui l' autore confessa ingenua-
mente, ed io ammirerei quando fosse vivuto in
Francia, dove a nessuno è vietato lo scambio del
parlare e dell' ascoltare. Ma in luogo dove gli uo-
mini sono privati fin dalla culla della facoltà di pen-
sare, mi fa caso che un Dalmata (gente che più pre-
vale per forza materiale che per ingegno), e allevato
negli ergastoli de' Gesuiti, siasi potuto districar dalle
tenebre. Per riguardo a tali difficoltà, fo giudizio
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 421
della bontà e dottrina di lui; che un altro più as-
soluto non avrei agevolmente saputo pronunziare.1
Conobbi il Barclay per la lettura del Satirico,
e di quel libro scritto a favor del padre, che mi ha
inviato ; ma più mi dette nel genio la sua Apologia.
Lo seppi partito per Roma, e ne ignoro fino ad ora il
motivo : il tempo lo svelerà. Scuso gli altri eruditi che
colà recaronsi ; i quali regalati di promesse magnifi-
che, per P attrattivo della dignità sperata e il soddis-
facimento delle cupidigie, mutarono meno indecoro-
samente bandiera. Ma questi, legato di matrimonio,
non potè agognar nemmeno mezzane fortune: se mirò
a vivere con più di libertà nella fede cattolica, avrà
conseguito l' intento. È voce che abbia scritto un li-
bercolo intitolato : Character Eegis Anglici; ma io
1 Marcantonio De Dominis era nativo di Arbe, e taluni lo
dissero discendente da una famiglia che annoverava tra' suoi
antenati un papa e parecchi illustri prelati. Aveva in realtà
studiato in Loreto, in un collegio presieduto dai Gesuiti -,
quindi nell' Università di Padova. Di spirito inquieto e am-
bizioso, ebbe vita agitatissima e infelice tra i favori me-
desimi delle fortuna, de' quali egli non sapeva contentaroi.
Volle tornare in grembo alla fede ortodossa e non fu cre-
duto •, talché dopo la sua morte in Roma nel 1624, si eser
citarono sul suo cadavere quegli atti di bestiale crudeltà,
che alla sua persona erano riserbati, quand' egli fosse vis-
suto. Nel 1615 erasi da Spalato ritirato in Venezia-, d'onde
passò in Germania, e nell' anno in cui dettavasi questa
Lettera, era certamente in Inghilterra •, dove scrisse e pub-
blicò il libro, allora sì famigerato: De Repuòlica Christiana.
Fu egli, che mentre soggiornava alla corte del Re Giaco-
mo, avendo potuto, non si sa come, procurarsi il manoscritto
della Storia del Concilio di Trento di Fra Paolo, la die
quivi in luce (1619) senza il consenso dell'autore. Peggio
poi, che vi aggiunse una prefazione a suo modo, cioè con-
forme alle nuove dottrine da lui professate -, il che dicono
che al Sarpi recasse moltissimo dispiacere. (Griselini, Mera.
anedd., pag. 115-16.)
422 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
non 1' ho per anche veduto. Io non vorrei che incon-
trasse qualche malanno a un tal uomo, il quale amo
assai ; ma ho paura d' una tragedia. Egli ha ingegno
inclinato al satireggiare, e Roma offre a ciò materia
più larga che altro luogo, perchè là sono moltissimi
che vi danno appicco. Io temo assaissimo per lui, se
non haderà scrupolosamente, giusta l' insegnamento
di Salomone, a non dir male del re, o detrarre anco
nel segreto di sua stanza ai potenti; e non si fig-
gerà in capo che gli uccelli pure e i venti scopri-
ranno i suoi pensieri. L' infelice Guglielmo Reboul.1
empito di promesse per la sua abiura religiosa e il
libro composto contro il gran re dell' Inghilterra,
stava attendendo di grosse ricompense; ed ebbe
tronca la testa il primo di ottobre del 1611, pel gran
delitto d' avere in una cassa uno scritterello contro
i vizi signoreggianti in Roma, che nessuno aveva ve-
duto. Se Barclay scriverà in seguito qualche altra
opera, nulla di grande aspetto da lui; i vecchi
esempi ammonendomi, che i liberi ingegni vendutisi
per cortigianeria alla Curia di Roma, han fatto get-
tito a un tempo e della scienza e della coscienza.2
Vengo al punto fondamentale di questa, e schiet-
tamente dirò della narrativa dei fatti compiutisi
in cotesto Senato, che la S. V. mi ha inviata. Vidi
in essa, per opera della S. V., sostenuta la splen-
dida libertà e dignità di un ordine distintissimo;
1 Vedasi la Lettera CXCI (pag. 258), dove parlasi an-
che più compiutamente di questo fatto medesimo, e il nome
della vittima è scritto : « Guglielmo Rebaudi. »
2 Ciò perchè agli scrittori venduti o, comechessia, non
indipendenti, viene a mancare, se non la scienza propria-
mente detta, certo sempre la ispirazione e la forza degli
argomenti che nasce dalla convinzione.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPL 423
e di questo pure io venero la costanza, ma più
quella di Lei, che non si contentò di arruolarsi tra i
più accesi difensori di libertà, ma volle esserne e ban-
ditore e promulgatore, a costo pure d' incorrere nello
sdegno dei potenti. Io vorrei pregare di tutto cuore
la S. V. a non privarmi degli altri scritti da Lei
ricordati, e eh1 io leggerò e divorerò, se non di se-
guito, in ore per me le più preziose. E per indurla
a farmi su tal punto contento, ne ringrazio la S. V.
non come di cosa promessa, ma ancora adempiuta ;
mentre sto con avidità attendendo il compimento
delle scritture. E mi vergogno di non poter renderle
il contraccambio ; ma la indole sua cortese e inchi-
nevole al beneficio, terrà in luogo delle opere la
volontà mia disposta a servirla. Intanto le auguro
continua sanità ; e la prego ad onorar me, suo devo-
tissimo, della usata benevolenza e favore. E le bacio
le mani.
Venezia, 17 febbraio 1617.
CCL. — Al signor de V Isle Groslot.1
Se io provassi d' esprimere il piacere sentito nel-
1" animo vedendo le lettere di V. S. dei 21 del pas-
sato, resterei molto al disotto del segno. Nei pros-
simi anni intendendo le turbazioni di cotesto nobi-
lissimo regno, ho sempre fatto riflesso alla persona
sua, e compatito agli incomodi e agli affetti d* animo
che la vedevo sostenere. Dopo che, per lettere del
signor ambasciatore Gussoni, intesi eh' Ella si ri-
1 Dalla raccolta di Ginevra ec, pag. 574.
424 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
trovava in Parigi, ma oppressa dalla gotta, sentii
allegrezza mista con dispiacere, intendendo lo stato
buono, ma non con intiera sanità : finalmente, poi-
ché cessano le cause del dispiacere quando li mali
terminano in sanità, vedendo il medesimo carattere
suo solito, e da quello facendo giudicio che la
mano abbia ricuperato le solite forze, ne ho rin-
graziato la Maestà divina, pregandola, come con-
tinuerò di fare in ogni tempo, che mi dia grazia di
conservarla in prosperità e sanità, e di godere della
comunicazione che le piacerà tener meco, sempre
però senza suo incomodo.
Dalle quattro scritture mandatemi, come da
altri avvisi, io ho inteso con troppo dispiacere il
cattivo stato di cotesto reguo, del quale anco noi
partecipiamo assai più di quello che può pensare
chi non si trova alla festa e nella tragedia che pre-
vede V. S. Quando s'abbia da recitare, io dubito
certo, che non siamo per fare la sola parte del
coro ; ma non sono senza speranza che la bontà di-
vina riguardi e queste e coteste miserie con occhio
di pietà. Tuttavia, la disposizione d' ogni sorte e con-
dizione di gente non mi permette di nudrirla nel-
1' animo, se non con molta incertezza.
11 nostro paese si trova tutto circondato da Au-
striaci, eccetto quel solo paese di Valtellina, il quale
è in una immensa spesa. Non si è potuto aprire per
le sinistre opere dei ministri di cotesto re, che fanno
tutto per Spagna co atra i propri interessi. Abbiamo
avuto il cielo contrario, non avendo per tre mesi
spirato vento favorevole, che potesse condurre gente
per mare. La guerra s' è fatta con diversione per
mezzo di Savoia, a cui perciò si contribuisce settan-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 425
tacinque mila ducati al mese i1 ma né lui senza noi,
per mancamento dei danari, né noi per diletto di
gente, possiamo continuare.
I Spagnuoli propongono partiti di pace. V. S. sa
quanto quello 2 sia vantaggioso, e qui debole. Temo
eh' egli non sia vinto dalle promesse, ovvero effetti
insidiosi ; e qui dal troppo desiderio di quiete, o
con qualche arte non sia messa diffidenza, onde sia
ricevuto accordo, quale li prudenti conoscono che,
se bene sarà in apparenza tollerabile, terminerà in
una servitù totale d' Italia. Se l' Inghilterra o la
Germania fossero più vigilanti, e almeno con uffici
tenessero questi due uniti, aiutandoli a difendersi
dalle arti spagnuole, sarebbe opera utile. Ma la fa-
talità di tutta Europa accenna che mentre a parte si
resiste, in fine tutti caderanno in servitù.3
Avremo quest' anno Spagnuoli con armi nel-
1' Adriatico ; il che forse muoverà i Turchi, e non
sarà male, perchè questi sono meno cattivi che Spa-
gnuoli.4 Nelle cose passate sotto la mia veduta, io
non posso dir d' aver mai congetturato l' esito di
alcuna, quale poi ho veduto successa; e avendo os-
servato che le predizioni dei più prudenti non hanno
avuto miglior ventura nel pronosticare, non mi fido
1 A ragione le lettere del Sarpi furono, dal Daru ed
altri, fin qui citate come storici documenti-, sotto il quale
aspetto noi pure non ci terremo dal raccomandarle, in
ispezie per ciò che spetta alle cose veneziane.
- Cioè, il duca di Savoia.
:l L' antica stampa poue : « in servizio, » Altri errori
ci siamo avventurati a correggere in queste carte, che
sono tra le più scorrette \ come dopo cinque righe : « d' aver
inai congiurato ; ec. »
4 In quanto la malignità che corrompe ed opprime, è
peggiore della forza che spoglia ed uccide.
426 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
di poter predire cosa alcuna. Starò con desiderio
di sapere 1' ottima salute di V. S., alla quale per
fine bacio la mano.
Di Venezia, il dì 28 marzo 1617.
CCLI. — Al medesimo.1
Dopo 1' aver dato ricapito ad un' altra mia scritta
a V. S. il giorno d' ieri, mi capita la sua delli 7
marzo, per quale intendo che Lei ha veduto il si-
gnor ambasciatore Gussoni ; e rendendomi certo che
1' uno e 1' altro abbia ricevuta compita soddisfazione,
me ne rallegro. E sebbene quel signore partirà se-
guendo il re, credo però che tra loro sarà posto
appuntamento per communicare insieme per via di
lettere ; come prego V. S. di fare, perchè quella
communicazione sarà un mezzo di mantener la
nostra.
Rendo grazie a V. S. delli avvisi datimi, li quali
ho anco comunicato all' amico comune. Mi duole
estremamente dell' inquietudine di cotesto nobilis-
simo regno ; ma siccome in un corpo umano infer-
mo, quando la natura contrasta col male, si può
restar in speranza (che se succombe, non vi è luogo
salvochè alla disperazione) ; così, poiché il male è
in vigore, il contrasto fattoli dalla persona debbe
darci speranza di buon successo. E così prego la
divina Maestà che succeda.
Il duca ha fatto sapere che gli Spagnuoli dicono
d' aver in mano la conclusione con Venezia, ma che
1 Edita come sopra, pag. 582.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 427
più tosto vogliono convenir con lui ed offeriscono
partire il Monferrato. Disse essergli note le arti ;
esorta ad avvertirle ; raccorda il fatto di Santen.1
Il pensiero di Spagna sarebbe accomodare di
presente le differenze, ed attendere a Germania ; ca-
var di mano li luoghi, e farsi ceder da Ferdinando
il contado di Gorizia ; e così serrar per mare e per
terra ogni passo, e restar arbitri d' Italia. Il papa
fa tutto per loro, e se in Spagna non riuscirà l'ac-
cordo, lo vuole in Roma ; conserva 1' odio vecchio,
e si lascia persuadere vantaggi grandi. Li altri
principi italiani, tutti sono servi per timore o per
pensione.
Non crederò che mai si faccia mutazione di
stato se non si fa di religione ; 2 ma, con guerra ad
ambe le porte d' Italia, non si vede che s' incammini
alcuna disposizione a questo, anzi più si stabilisce
la vecchia. Per fine, prego a Vostra Signoria da Dio
Nostro Signore ogni contento.
Di Venezia, il dì 29 marzo 1617.
1 Così ba la prima stampa, ma non senza sospetto
d' errore.
2 Coloro che menarono sì gran rumore per la scoperta
delle lettere del Sarpi al Duplessis (da forse quarant' an-
ni stampate), non avevan di quelle bisogno, potendo ad
essi bastare il far commenti a lor modo sopra queste pa-
role della presente. Delle quali tolga il cielo che noi ten-
tiamo di offuscare in verun modo la sfolgorante chiai-ezza.
Diremo bensì che, dopo il Machiavelli, nessun altro poli-
tico italiano aveva osato di pensare né scrivere su tal
materia in modo sì esplicito -, e che tra i mille ingiuriosi
nomi che furono per ciò dati al segretario fiorentino, non
mai tuttavolta erasi udito quello di traditore.
428 LETTERE DI FRA. PAOLO SARPI.
CCLII. — Al medesimo.1
10 ricevo tutte in un piego due di V. S. delli 14
marzo ed una delli 21 ; seguendo 1' ordine delle quali
dico, prima, intorno il desiderio del signor di Thou,
non esser minore il desiderio mio di' egli sia com-
piaciuto, ed insieme esser anco di opinione che sia
servizio pubblico. Ma siamo in un tempo che non ba-
sta ne il buon fine ne il buon consiglio accompagnato
da esito felice, se insieme non si cammina per quella
via che l' universale vuole. Io pregherò il signor am-
basciatore che s' allarghi quanto più giudicherà pote-
re, e che abbia più risguardo alli altri rispetti che
alli miei. Il far officio con queir altro signore che V.
S. mi nomina, che al presente è qui, non servirebbe,
perchè non fu egli che abbia questa traduzione,2 ma
un suo ministro, che ora non è con lui, al quale
se V. S. tien memoria, io scrissi di questo negozio,
mandandogli la lettera. Ma io credo che, finalmen-
te, si troverà modo che il signor di Thou resterà
contento.
11 consiglio di V. S. di partire da Parigi debbe
esser grandemente commendato da qualunque sa
r ingegno degli Italiani. Sento gran piacere che sia
per ritirarsi a Saumur, così perchè sarà sicura più
che a Orléans, come perchè si ritroverà appresso quel
signore tanto compito. Io la prego con ogni affetto
a fare a sua signoria illustrissima li miei baciamani,
1 Stampata come sopra, pag. 578.
1 Parole, certamente, allusive a quanto leggesi nella
Lettera CCXIX, pag. 343.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 429
e certificarla della riverente stima eh' io faccio del
valore, della bontà e della dottrina sua.
Il signor Desdiguières è ritornato di là da monti
con la sola famiglia ; però lasciando intenzione di do-
ver mandar dell' altra gente. Non ho dubbio che in
quella guerra di Piemonte si è perduta molta gente
francese ; ma è condizione di tutte le guerre : però
tanto se ne fa, e forse più di quanto se ne perde.
Io son restato pieno di maraviglia intendendo che
il conte d' Auvernia 1 abbia promesso d' obbedir al
maresciallo d' Ancre : e vada questo per contrappeso
delle dispute de' nostri capitani italiani, tra' quali
non si può trovar un uomo basso ed inesperto che
voglia obbedire ad un grande e perito ; e questa è
una delle cause che impedisce il far alcun progresso
buono.
Sarebbe ben cieco chi non vedesse il giogo im-
minente sopra il collo d' Italia : ma la fatalità guida
chi vuole, costringe chi ripugna ;2 e con numero di
superstiziosi è un maggiore di viziosi, che amano
meglio servir in ozio, che faticar in libertà. Non
manca anco qualche contaminazione di Diacatholi-
con. Questo terzo è irremediabile ; per il secondo ci
bisognerebbe una buona stoccata che svegliasse ; al
primo non ci è rimedio.
Sono due anni che la guerra è in Piemonte ed
uno in Friuli, e non è fatto minimo colpo contro la
superstizione ; e sebbene sono venuti tremila Olan-
1 II conte d' Avergne fu il generale della cavalleria
francese, venuta o spedita sotto il Lesdiguieres in soc-
corso del duca di Savoia, nella sua guerra contro gli Spa-
gnuoli.
- Massima favorita del nostro autore. Vedasi anche a
pag. 126.
430 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
desi, non si spera, come credeva, che la guerra
fosse mezzo ci' introdur la verità. Veggo che non è.1
Così conviene aspettare il tempo del beneplacito di-
vino ; il quale se non apre qualche mezzo per quale
si dia ingresso a far bene, ogni cosa pare inviata a
stabilire due monarchie, una sopra i corpi e 1' altra
sopra le anime. Il che se debbe succedere a gloria di
Dio, doverà piacerci ; quando no, i consigli umani
non saranno efficaci. Io bacio la mano a V. S., e le
prego da Dio Nostro Signore ogni prosperità.
Di Venezia, il dì 11 aprile 1617.
COLUI. — A Giacomo Gillot?
Quel piacere eh' io aveva provato leggendo la
lettera di V. S., tutto mi fu tolto dalla nuova finale
della morte del signor De Thou; il qual personag-
gio com' ebbi sempre in grandissimo conto per 1' eroi-
che sue virtù, così vivamente mi rammarico che ci
sia a un tratto rapito. Sono già due giorni che
seppi del triste caso ; e non ho ancora potuto levar
T animo da questo pensiero. Ma siccome egli, da
vivo, adempì tutte le parti di specchiatissima per-
sona, così, dopo la sua morte, avrà gloria da Dio e
fama dagli uomini sempiterna ; incorando noi a spen-
dere il resto della vita, più che in vano corrotto,
nel rammentare le sue virtù.
1 Potrebbe inferirsene che la indifferenza in fatto di
religione non è tanto recente, quanto e chi vuole la rin-
novazione del vecchio e chi brama l' introduzione del nuovo
va oggi lamentando.
2 Stampata, in latino, tra le Opere ec, pag. 24.
LETTERE DI FRA PAOLO SAEPI. 431
Quello che costì accadde trenta mesi or fanno,
rispetto al soldato eh' Espernon cavò a forza, spez-
zatene le porte, dalle prigioni pubbliche, è a noi
ben noto ; ma non sappiamo come la faccenda finis-
se. Io mi pensava (come incontra, quando le leggi
tacciono) che il dritto avesse soggiaciuto alla vio-
lenza ; ora, dalla lettura degli Atti del Senato in-
viatimi dalla S. V., rilevo che costà giunse la no-
vella della mala ventura, ma non della riparazione
al torto, che avvenne, con mio piacere, in quell'istesso
tempo. Ammiro la fermezza del Senato nel patroci-
nare la sua dignità, quando la invocazione delle
leggi tornerebbe vana e malsicura.
Niente dico della fortezza e prudenza della S. V. ;
dalle quali mi prometto assai maggiori imprese. Ma
non posso tenermi dal lodare 1' egregio temperamen-
to opinati vo della S. V., pel quale si soddisfece del
pari ed al regio precetto e al decoro del Senato, i
quali pareano insieme pugnanti. L' aver trovato in
sì corrotta stagione tanti che venissero nei concetti
della S. V., non potendo io credere a sì gran purità,
lo attribuisco all'ottima estimazione ch'Ella gode. Io
non lusingo punto, e il più delle volte, come ora, dico
meno di quel che sento ; ma confesserò ingenuamente,
che, siccome ho reso sempre buon testimonio alla
sua virtù e costanza, così tengo che la S. V. im-
prenderà con sommo accorgimento cose maggiori ;
massime oggi che è andata in fuga la tirannia e
rifulsero i raggi della libertà. E tanto osservo ri-
guardando alle condizioni nostre ; perocché abbiamo
bisogno di chi ci vada innanzi ad esempio : quan-
tunque neppure voi altri abbiate ragioni di star
troppo contenti circa questo rispetto.
432 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
L'ambasciatore di Toscana che sta a Roma, di co-
gnome Guicciardini,1 tutti i giorni tratta delle cose
francesi co' Gesuiti. Le conferenze vengono rappor-
tate al papa e al cardinale Borgia; e si mette mano
ad ogni macchina, non importa se congegnata di
molle spirituali, oppur d' oro. Voglia Dio, come spes-
so, disperdere anc' oggi i malvagi divisamenti !
Ma ritorno agli atti del Senato. Io li ho divo-
rati, per pigliarne soltanto la idea generale, e vi ho
scòrto assai cose che mi possono ammaestrare. Io
esaminerò partitamente tutte le diverse maniere di
pratica che si tengono costà, a me ignote, e che a
primo aspetto mi parvero assai degne ci' approvazio-
ne: sono anche persuaso che, a lettura rinnovata, in-
contreranno anche più il mio gradimento. Mi congra-
tulo di cuore, perchè cotesto regno abbia ricuperato
la libertà e sia uscito salvo da gravissimi rischi ; 2 e
anelo di conoscere il nome del personaggio da cui ri-
petesi la prima origine di un partito così assennato
e giovevole. Poiché, parlando di re, io fo grandissi-
mo conto di lui, dacché pure ebbe cuore d' udire la
verità, non facendo alcuna distinzione tra un giovane
e un vecchio. Ora ha mestieri il re dello stesso con-
sigliere, o d' altro, che siccome lo addestrò a far
fronte alla violenza, così gì' insegni a cansare le in-
1 Chiamavasi Piero, e il Litta notò eom' egli, risiedendo
in Roma, « fu obbligato a trattare gli affari del Galileo. »
- Sono note le oscillazioni della politica francese in
quel tempo tra la libertà religiosa e la servitù romanesca,
tra il gallicanismo ed il gesuitismo ; le quali, come sem-
pre, non da zelo di religione movevano, ma servivano a
barcamenarsi tra la fazione cattolica e quella degli Ugo-
notti, di cui la prima era assai più dell'altra pericolosa
alla corona.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPL 433
sidie. Faranno inoltre lor prove, sotto scusa di reli-
gione, e le lustre della pietà e l' ipocrisia, peste di
questo secolo ; dalle quali piaghe nessuno può guar-
darsi, se non gli venga in aiuto la bontà di Dio.
Incerte sono ancora le condizioni delle cose no-
stre. Nel territorio di Cividale del Friuli, dopo l' in-
gresso dei soldati Olandesi, molte fortificazioni fu-
rono prese ai nemici ; 1 talché può sperarsi che que-
sta state sarà guerra in quel paese. Nel Piemonte
gli Spagnoli assediano Vercelli, ma vi è speranza di
difenderla.2 Neil' una parte e nelP altra s' ingaggia
guerra contro di essi a spese della Repubblica ;
quantunque non sia meno da stimarsi il valore e
1' accorgimento del duca di Savoia e de' suoi figli,
stantechè senza quelli non basterebbe il denaro alla
resistenza, come il valore soltanto farebbe difetto.
E caduto il boccone dalle fauci agli Spagnoli, dopo-
ché i Francesi hanno racquistata la libertà ; quan-
docchè, se avessero continuato nel dominio sopra la-
Francia, anche noi alla lunga saremmo rimasti op-
pressi. Spesso, ed anche al presente, sembrava che
dovessero farsi padroni di quel regno ; ma improvvisi
eventi li fecero andar delusi. Tanto permetta sem-
pre il Signore nella sua clemenza ; cui prego che
serbi la S. V. lungamente sana, e nell' amore della
mia persona ; e a me somministri i modi di pale-
1 Intorno all' andamento e ai progressi di questa guerra
si vedano gli storici di Venezia.
- La città di Vercelli, bloccata dagli Spaglinoli sino
dal precedente anno, sosteneva in quei giorni un vero as-
sedio, che dopo una poderosissima difesa dovè terminare
colla capitolazione e la resa dei nostri, seguita ai 25 lu-
glio del 1617. Vedi Muratori, anni 1616 e 1617.
Sarpi. — II. 28
434 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
sarniele non disutile servitore. E fo fine, baciandole
le mani e augurandole il colmo della prosperità.
Venezia, 6 sriusmo 1617.
CCLIV. — Al medesimo. 1
Con grande afflizione ho letto il testamento del
signor de Thou, risvegliandomi ciò la memoria della
perdita eli tant' uomo ; ma mi sono consolato nella
ricordanza delle sue virtù. Ho notato qual pietà e
fiducia già sorreggessero lui vivo. Esso ci sta di-
nanzi come un esempio da imitare. Ma la V. S. deve
oggimai deporre ogni tristezza. Questa io interpreto
che sia pure la volontà dell' estinto : ricordarlo con
allegrezza e mandare ad effetto i suoi propositi.
Circa al mio commentario (come in ogni altra
cosa), io non le posso negar nulla affatto. Sa eh' io
ho questo fare : non profferir mai con una lingua
stessa fuorché le stesse parole. Quello che a Lei non
potessi affidare, neanco alla stessa mia fede com-
metterei (così proteggami Iddio, come son certo di
non usare iperboli) : laonde rimettomi nelle sue ma-
ni, con la stessa fidanza nella S. V. che in me me-
desimo. Scrivo per lo stesso corriere al signor Gus-
soni, legato, perchè le consegni tutta quella scrit-
tura,2 e stia a' suoi ordini nel ripigliarla. Ella potrà
levarne quel che le piace, e giovarsi anche di tutte
' Edita come sopra, pag. 25.
1 È chiaro, al parer nostro, come qui si parli dell' es-
tratto dalle memorie concernenti la vita stessa del Sarpi,
che già erasi lasciato fare in lingua inglese, e così spedito
al Gussoni per dover essere consegnato al De Thou *, il
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 435
le cose, cangiando solo il carattere dello scritto.
Creda la S. V., che nulla mi può comandare, eli' io
non mi renda sollecito di eseguire con sommo pia-
cere e gradimento. Ma di ciò basti ; che lo aggiunger
parole farebbe segno che io credessi parlare con un
estraneo, e non con un altro me stesso.
Quel eh' Ella scrive del P. Coton m' ha recato
stupore ; e credo che la cosa non passi senza un
gran mistero. Prego la S. V. a guardarsi dalle insi-
die, e a giustificazione del mio timore le metterò in-
nanzi un breve racconto. Ho conosciuto a lungo in
Padova e Venezia Giacomo Badoer, addetto fino alla
superstizione alla religione riformata : tornatosi in
Francia si fece dei nostri. Come si fu ricondotto in
Italia, gli domandai per quali ragioni si fosse stac-
cato dal culto nel quale era nato ed allevato. Mi
rispose che il P. Coton, che avea percorso la città di
Meloun o d' Abdera, con validissimi argomenti gli fé
disimparare ed estirpò dall' animo ogni religione e
poi gì' infuse nel vacuo petto la più salutare. E che
non può temersi da un uomo che non teme alcuna
divinità ? La ventura del Concino l e della sua ve-
quale poi morto, sembra che il Gillot ne facesse domanda
per sé medesimo. Rivedasi, in ispecie, la sopracitata Let-
tera CCXIX.
1 Ucciso, mentre voleva difendersi, per non esser fatto
prigione, come il giovane re aveva comandato. La sua ve-
dova fu processata, com' è notissimo, per maliarda e coma
tale fatta morire. Vergogne di Francia prima, vergogne
poi •, né certo onore d' Italia 1' aver potuto arricchirla di
que1 due ambiziosi, mal destri insieme e malvagi. Molti no-
velli particolari intorno a quei fatti e ai viluppi inestrica-
bili della corte parigina in quei giorui, verranno a sapersi
per la pubblicazione, che sappiamo non lontana, delle Let-
tere del nunzio Guido Bentivoglio al cardinal Scipione Bor-
ghese.
436 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
dova mostrano il giuoco delle umane vicende, che
muove i buoni a star lontani dai moltiformi intri-
ghi cortigianeschi.
Desidero vivamente eh' Ella saluti a mio nome
il signor Pietro Puteano,1 il quale conosciuto di fre-
sco, tengo assai in pregio, per essergli stato dal
signor de Thou commessa la cura della biblioteca
e della edizione storica.
Del resto, prego il Signore che cumuli sempre i
suoi favori sulla egregia S. V., e mi abiliti ad esserle
buon servitore. E le bacio le mani.
Venezia, 4 luglio 1617.
CCLV. — Al signor De V Me Groslot?
Nelli molti mesi passati, che io non ho avuto
nuova alcuna di V. S., sono vissuto in molta solle-
citudine che non succedesse cosa contraria alla sa-
nità e prosperità sua. Per le quali ho fatto continua
insistenza con le preghiere appresso la Maestà di-
vina, e con intenso desiderio di aver un giorno buon
avviso dello stato della persona e delle cose sue. Mi
ha, poi, levato gran parte della gelosia una lettera
dell' illustrissimo ambasci ator Gussoni, dove m' av-
visa Lei trovarsi in Parigi, se bene mi fa una dispia-
cevole aggiunta, dicendomi che sia inchiodata dalla
podagra. Io voglio sperare che cotesta indisposizione
1 Pietro Dupuy, amico ed anche parente del De Thou,
che pubhlicò diffatti le sue celebri Istorie tra il 1620 e 1626,
e scrisse ancora Memorie ed istruzioni per giustificare V in-
nocenza di monsignor Francesco Augusto de Thou,.
8 Pubblicata nella raccolta di Ginevra, pag. 571.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 437
terminerà in bene. La prego, intanto, a darmi qual-
che avviso delle cose sue, e della speranza che vi
possa essere di veder migliorarsi le pubbliche, avendo
gran desiderio che la corrispondenza interrotta sia
restituita. Il che desidera anco sommamente mon-
sieur Assellineau, il quale come m' ha comunicato
il dispiacere che sentiva per non intendere nuova
di Lei, così avendogli riferito che si ritrova in Pa-
rigi, ne ha sentito gran piacere, e spera che rimessa
la indisposizione della podagra, gli farà grazia di
qualche lettera.
Xelli tempi passati, per scriver alcuna cosa con
sicurezza, e liberarsi dalla lunghezza che porta la
cifra alfabetaria, io inventai quella traspositiva,
nella quale però erano tre grandi imperfezioni.
L' una, che non liberava dall' alfabetaria, perchè un
solo nome proprio posto in qualunque luogo, o anco
qualche principale, poteva dar indizio del contenu-
to : la seconda, perchè un minimo fallo commesso
in qualunque luogo, faceva rimaner il tutto inintelli-
gibile : e la terza, perchè gli articoli o congiunzioni
potevano generar difficoltà se dovessero restar con-
giunti o separati dal principale. A queste mi pare
aver intieramente rimediato. Alla prima, con divi-
der i nomi propri e importanti in due o più parti,
eziandio se bisognasse a lettera per lettera, in modo
che non vi è alcun bisogno di cifra alfabetaria. Alla
seconda è rimediato con le caselle segnate, sì che
intervenendo un errore, non può intervenir tra 1' una
e 1' altra, e non si comunica a tutta la narrativa ;
onde è facile correggerlo. Alla terza ancora è rime-
diato con separar quel tanto che va in una casella,
con la virgola ; in maniera che in una casella si
438 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
possono metter tre e quattro parole, o anco mezza
sola, che rende inesplicabile totalmente a chi non
ha la contracifra. Ne mando un esempio, acciò,
quando piaccia a V. S. farmi grazia della comuni-
cazione sua, possi valersi di quel modo. Io non
1' userò sin che non abbia avviso da lei della ri-
cevuta.1
Resto continuando le mie preghiere a Dio, che
doni a V. S. ogni prosperità, e a me potere d' im-
piegarmi nella servitù di Lei ; alla quale, per fine
di questa, bacio la mano.
Di Venezia, il 21 dicembre 1617.
COL VI. — Al medesimo}
Nei passati mesi, diversi accidenti sono succeduti,
sopra i quali avrei concepito desiderio di comunicar
alcuna cosa con V. S., quando vi fosse stato mezzo
come far passare le lettere. La partita del signor
ambasciatore Gussoni m' ha attraversato ogni dise-
gno ; e se bene, per mezzo dell' illustrissimo signor
Simon Contarmi, estraordinario ambasciatore, avrei
potuto alcuna volta scrivere ; nondimeno, per non ri-
cevere il disgusto quando alla sua partita di nuovo
m' avesse bisognato cessare, ho eletto attendere se
veniva buona fortuna d' una commodità di poter con-
tinuare. Ha piaciuto alla Maestà divina che F il-
1 Fa proprio compassione il vedere un sapientissimo
vegliardo stillarsi il cervello in coteste inezie da giovani
amanti, per salvare i suoi scritti dallo spionaggio e dalla
feroce rabbia degli ipocriti.
- Stampata come sopra, pag. 585.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 439
lustrissimo Angelo Contarmi sia destinato amba-
sciatore ordinario, dal quale io potrò ricevere la
grazia.
(Questo signore è soggetto di somma lealtà, di
gran prudenza e di eccellente cognizione delle cose
umane. Egli ha gusto degli uomini ; e, quello che so-
pratutto importa, stima la bontà e virtù egualmente
negli uomini di qualsivoglia professione. E mi rendo
sicuro che, se piacerà a V. S. vederlo qualche volta
quando si ritroverà in Parigi, e ritrovandosi assente
tener qualche commercio di lettere con lui. resterà
pienamente soddisfatta, e ritroverà tutta quella cor-
rispondenza che potrà desiderare; e io riceverò sommo
favore, se questo signore, per mezzo di questa mia
lettera, avrà occasione di conoscer V. S. e di esser
conosciuto da lei ; a' quali son sicuro che la scam-
bievole amicizia riuscirà di piacere, e io avrò anco
occasione di scrivere e ricever alle volte lettere da
V. S. Alla quale desiderando da X. S. Iddio ogni
felicità, bacio la mano.
Di Venezia, il dì 24 settembre 1618.
CCLVII. — Al Doge.1
In esecuzione del comandamento di Vostra Sere-
nità, estenderò in questo foglio il ragionamento che
1 Inedita, e tratta dal suo originale, eh' è negli Ar-
chivi di Venezia, colla sottoscrizione della mano mede-
sima del Sarpi. V è pure la riferta, come dicevasi, del Se-
gretario, per indicarne la ricevuta in quel dì stesso 26 no-
vembre 1621 Era doge in quel tempo Antonio Priuli.
Ancora il Grisellini fa brevemente cenno dell'abbocca-
mento avuto da Fra Paolo col primo principe della real
440 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
io ho avuto con l' altezza del serenissimo principe di
Concie, mercoledì prossimo passato, in casa e in
presenza dell' illustrissimo Contarmi, savio di Terra-
ferma, secondo 1' ordine che nell' eccellentissimo Col-
legio mi fu imposto.
In quel giorno, mi ritrovai nella suddetta casa
innanzi che vi giungesse il signor principe, dove ve-
nuto, nell' incontrarlo, stimai che convenisse che io
fossi il primo a parlare ; usai quelle parole di reve-
renza e di complimento che stimai convenire, e da
lui fui corrisposto con molta umanità. E postici a
sedere, colla presenza dell' illustrissimo Contarmi,
disse il signor principe, che aveva avuto curiosità di
vedermi e parlarmi, e che si maravigliava della dif-
ficoltà che aveva incontrato, perchè molti principi
hanno religiosi al suo servizio, e nessuno gli tiene
legati che non possino trattare ; 1 che non voleva dir
altro quanto alla legge della Repubblica che i suoi
ministri non trattino, ma che gli pareva doversi far
anco qualche eccezione. Io gli risposi, che nessuna
cosa più manteneva la legge in vigore, quanto 1' os-
servanza generale senza esentar alcuno ; perchè una
eccezione chiama 1' altra, e finalmente si risolvono
in total abrogazione della legge : 2 che io mi stimava
casa di Francia, riferendolo all' anno 1620 e dicendolo av-
venuto alla presenza di un segretario del senato; due cir-
costanze che sarebbero da emendarsi secondo la nostra
pubblicazione. (Me.m. anedd. ec, pag. 117). Chiunque legge
non potrà non avvedersi della molta bellezza e importanza
di questa relazione o Lettera.
! La maraviglia del Condé era ben giusta. Anche noi
vorremmo ecclesiastici spontaneamente patriotti e sottomessi
alle leggi *, ma non vogliamo uè schiavi né iloti di alcuna
sorta.
- La questione, quando vi fosse stata libertà di agitarla,
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 441
legato perciò ; anzi, che reputavo che mi fosse di
utilità e beneficio, e quando non vi fosse legge che
mi obbligasse, vorrei io obbligar me stesso. Disse il
signor principe qualche parola in comprovazione, e
poi passò a dimandarmi : se era lecito ad un prin-
cipe introdur l' eresia nel suo Stato. Risposi che una
interrogazione così generale ricercava una presta e
risoluta risposta, che ciò non era lecito; ma che il
punto stava in dichiarare che cosa s' intendeva per
eresia, perchè la medesima cosa sarà stimata eresia
da persone cattive che vogliono opprimer altri sotto
pretesto di religione, e da buoni cristiani vien tenuta
per sana dottrina. Soggiunse il signor principe : —
Parliamo, adunque, di quelle che sono eresie già con-
dannate da tutti. Dimando se è lecito ad un prin-
cipe condur tali eretici nello Stato suo. — Risposi che
questo in alcuni casi potrebbe esser male, e in altri
bene : perchè, se un principe ammettesse eretici nello
Stato suo a fine che i propri sudditi fossero conta-
minati, sarebbe un gran male; ma se lo facesse a
fine che quegli eretici fossero instrutti e diventassero
cattolici, sarebbe un gran bene ; e che innumerabili
possono esser le cause cattive e innumerabili le
buone : ma che un principe, il quale non riconosce
superiore se non Dio, non è tenuto a dar conto
delle cause che lo muovono, e ognuno debbe stimare
che siano giuste e ragionevoli ; perchè gli altri che
vogliano condannarlo e farsi giudici, offendono Dio,
usurpandosi quello che sua divina Maestà s' ha riser-
vata, che è 1' esser solo giudice de' principi sovrani.
non cadeva sulle eccezioni (sempre pessime), ma sulla legge
stessa che ha riguardo ai diritti naturali e all' umana di-
gnità.
442 LETTERE DI FRA PAOLO SARP1.
Interrogò il signor principe: se era lecito aver
eretici nelle sue milizie. Risposi che papa Giulio II
aveva squadre di Turchi nell' esercito suo in Roma-
gna ; che papa Paolo IV condusse, a sua difesa in
Roma, alquante compagnie di Grisoni eretici, e di-
ceva che erano tanti angeli mandati da Dio alla sua
difesa ; che abbiamo nella divina Scrittura esempi
di molti santi principi i quali si sono valuti delle
arme degli infedeli ; e esser notabile 1' esempio che
David, con la sua gente, andò in campo degl' in-
fedeli contro i medesimi Israeliti. Disse il signor
principe che questo era il tempo dei profeti ; e io
gli replicai, esser dottrina di san Paolo, che tutto
quello eh' è nella Scrittura divina è ordinato dallo
Spirito Santo per nostra instruzione, acciò, imitando
quelle azioni, siamo certi di non fallare.
Passò il signor principe a ragionamenti dello
stato delle cose presenti ; alle quali io non diedi ri-
sposta alcuna, ma l'illustrissimo Contarmi rispose
ben quanto conveniva. Concluse il signor principe,
che era bene a difendere la propria libertà, ma però
conveniva tener maggior conto della religione, e non
far cosa minima contro la religione per mantener la
libertà. A questo io gli risposi, che non si possono
incontrare e urtarsi se non quei che camminano
per la medesima via ; ma quei che vanno per diverse
strade, non possono né urtarsi ne incomodarsi : che
il regno di Cristo non è di questo mondo, ma in
Cielo, e che però la religione cammina per via ce-
leste e il governo di Stato per via mondana, e però
non può mai incomodar 1' altro ; ma ben vi è un
certo appetito di dominare mascherato di religione,
che cammina per vie mondane, e a quello non con-
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 443
viene aver alcun riguardo, come a cosa non divina
ma fraudolente; e esser gran cosa, che tutta la pre-
dicazione di Cristo Nostro Signore, e di tanti Apo-
stoli, non è versata in altro, se non a dichiarare
le promesse del Testamento Vecchio temporali si
debbono intendere spiritualmente, e non di cose
mondane ; e adesso, tutto il contrario, non si ha altra
mira, se non di tirar al temporale le cose spirituali
da Cristo promesse alla Chiesa.1 Il signor principe
mi parve fermato assai a questo, e passò a dire di-
verse cose delle correnti nel mondo ; e io sempre mi
valsi di questa risposta, che delle cose politiche io
non intendevo, e che superavano la mia portata.
Volse sua Altezza introdur ragionamento delle
differenze passate nell' occasione dell' Interdetto. Io
risposi che erano sopite e scordate ; ed egli replicò
che il tentativo d' ammazzarmi mostrava che non
erano scordate; ed io soggiunsi che quello era scor-
dato più di tutto. E egli m'interpellò, se io amava
quei di Roma, e se credeva esser amato da loro. Ri-
sposi, che dal canto mio non cadeva relazione di
amore, ma che io gli osservavo e riverivo, come con-
viene alla loro grandezza. Qua! pensiero essi aves-
sero di me, io non 1' aveva mai ricercato, bastandomi
assai attender al servizio del mio Principe.
Disse il signor principe, che avrebbe caro che
io li dicessi come intendevo che un principe non
può essere scomunicato, e come si possa difendere
che se il principe fosse indegno, non dovesse esser
1 Ci accadde anche altre volte di riflettere, ma giova di
nuovo interrogare : Ora che direbbe il Sarpi di quanto ac-
cade negli anni di grazia che noi contiamo ; in questo sì
sfolgorante e tanto di sé vano pomeriggio del secolo XI >i ?
444 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
proibito dai sacramenti. Risposi, che scomunicar vuol
dire separar dal consorzio e commercio de' fedeli, e
che non si possono separar quelli che Dio ha con-
giunto ; e però la scomunica non può separar la
moglie dal' marito, perchè Dio li ha congiunti; ne
il figlio dal padre, perchè Dio ha comandato che il
padre sia ubbidito ; né meno il servo dal suo signo-
re, ne il suddito dal principe, perchè 1' obbedienza
di questo è da Dio comandata. Che il punto sta
qui : che con le scomuniche si tratta di assolvere li
sudditi dal debito della fedeltà, e che elei sacramenti
non si ha pensiero alcuno; e che nessun principe,
quando fosse avvertito d' essere indegno, si arroghe-
rebbe di voler, i sacramenti, purché non si trattasse
di sovvertirli lo Stato, e levarli quell' obbedienza
che, essendo comandata da Dio, nessun uomo con
qualsivoglia autorità può levare. Disse il signor prin-
cipe, che così l' intendevano in Francia, e che però
le mie scritture erano state lodate. Gli risposi che
la laude non viene a me, ma alla verità, che è chia-
ra ; e quanto a quelle scritture, che io le stimo de-
boli, e non vorrei manco esser giudicato da quelle.
Mi soggiunse che era un' altra opera intitolata Y Isto-
ria del Concilio di Trento, che si diceva esser mia.
liisposi, che a Roma sapevano molto bene chi era
1' autore ; né volsi uscire di questa risposta. Mi di-
mandò se io avevo scritto altro : risposi non aver
scritto né esser mai per scrivere cosa alcuna, es-
sendo certo che mai quel eh' è scritto è inteso dal
lettore nel senso dell' autore.1
1 Avvertimento agli autori, che molti avevano in sé
certamente sentito, ma che nessuno avea forse con sì for-
mali termini espresso.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 445
Passò poi a dirmi, che io ero religioso, e toccava
a me consigliare V. E. illustrissima di quello eli' era
bene. Io dissi che V. S. non si serviva di me per
consigliare negli affari del governo, perchè non aveva
bisogno di consiglio ; ma solo in qualche causa di
giustizia tra il Principe e li sudditi, ovvero tra li sud-
diti medesimi. E perchè egli si rendeva difficile ad
assentir a questo, io lo supplicai più volte di cre-
derlo. Passarono diverse parole di complimento, ed
essendo il ragionamento durato circa un' ora, il si-
gnor principe si partì.
Questa è la sostanza de' discorsi, che durarono
circa un' ora, e passarono dal canto mio con tutti
li termini di reverenza, e dal canto del principe con
ogni dimostrazione di abbondante umanità ; essen-
domi però restato concetto nell' animo, attese le cose
precedenti, e giunti qualche altri indicii, che quel
signore non mi abbia detto tutto quello che aveva
disegnato dirmi.
Ma piacendo a V. S. intender anco le cose che
passarono precedentemente, aggiungerò che, essendo
arrivato il signor principe in questa città la dome-
nica 13 del mese corrente, il lunedì seguente venne
al monasterio, accompagnato solamente da due dei
suoi, e addimandò di parlarmi. 11 frate che attende
alla porta, avendo così commissione da me sempre
che son ricercato da persone non conosciute, rispo-
se che io non ero in casa. Il giorno seguente, tornò
il signor principe, accompagnato con alquanti e con
due nobili di questa città, ricercò di parlarmi e disse
di essere il principe di Concie. Li fu risposto pari-
mente che io non ero in casa ; ed uno di que' gen-
tiluomini disse, saper molto bene che io vi era, e
446 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
faceva dir di non esservi ; ma che il giorno seguente
dovesse ritrovarmi, perchè il signor principe era per
parlarmi.
Quel giorno seguente, che fu il mercoledì dì 1(3,
venne il signor principe alle diciannove ore, in tem-
po che io ero ancora in palazzo, e si trattenne aspet-
tandomi fino alle ventidue ; ma io, risaputolo, mi
trattenni fuora.1 In queste tre ore che il signor piin-
1 Al Sarpi non era ignota la venuta del Condé a Ve-
nezia, avendo tra gli altri oggetti quello di tentar 1' animo
suo*, e ciò per esserne stato avvertito dall'ambasciatore
veneto in Francia, colla seguente lettera, che ci venne al-
tresì spedita come inedita negli Archivi di Venezia :
u Rev. Signor mio osservand.
» Il Principe di Condé, in un congresso che seco ho
avuto, m' addimandò con grande istanza della persona
di V. S. Rev., mostrando di far molta stima delle virtù di
lei e del suo merito. Poi soggiunse 1' E. S. : — Va iu volta
un certo libro intitolato l' Istoria del Concilio di Trento,
la quale sebbene è stata data in luce dall' arcivescovo di
Spalato, che è in Inghilterra, si dice però esser compoài-
zione del padre maestro Paolo. Questo libro è sotto la cen-
sura della Sorbona, e dicesi che non si approverà. Se ciò
fosse (disse il Principe), saria con un poco di nota al pa-
dre maestro Paolo. — E poi m' addimandò, se di questo
libro io ne avessi saputo cosa alcuna. Risposi di no; ma
ben che potevo affermare all' E. S., che V. S. Rev. non fa
se non cose che possono stare al martello, e che potrebbe
essere tal libro non fosse sua composizione. E qui dissi
della bontà, della modestia e della intelligenza di V. S. Rev.,
ciò che si conviene. Ora, per dire il vero a Lei, questo prin-
cipe fa il difensore del partito cattolico per accomodarsi al
viver presente. Ho voluto avvisarla di questo particolare
per ricever da lei informazione come mi dovrei regolare
nelle risposte in questo proposito. Intanto bacio la mano
a V. S. Rev., e me le raccordo in grazia.
n Di Parigi, a 22 novembre 1619.
» Di V. S. Rev.
« Obb.m0 Servitore.
•' Angelo Coxtarini. »
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 447
ripe restò in monasteri©, ragionò con diversi frati ;
e prima andò in chiesa a vedere la sepoltura di Ri-
naldo Rrederod,1 che morì in Frinii al tempo della
guerra, e disse meravigliarsi che in quella chiesa
si seppellisse eretici, e che quello era eretico. Li ri-
spose il frate, esser costume dei monasteri di Vene-
zia di seppellir li morti condotti alle chiese dai
preti, senza ricercar chi sieno ; e che non poteva cre-
dere che dai preti fosse stato accompagnato alla
sepoltura un morto, se non fosse vissuto cattolico.
Introdusse ancora il signor principe col signor
prior del monasterio ragionamento della persona mia.
Li dimandò se io diceva messa, se la dicevo ogni
giorno e a che ora, e se il popolo sta presente alla
mia messa. Li rispose il priore, che io dicevo messa
la festa, e, spesse altre volte ; che la mia messa era
1' ultima, alla quale stava presente ; il concorso del
popolo esser ordinario nella chiesa. Li dimandò poi,
se. io ero accomodato con Roma; a che il priore ri-
spose di non saper che io avessi avuto altra diffe-
renza se non quella per le scritture occorse nell'oc-
casione dell' Interdetto. Soggiunse il signor principe,
che quelle scritture le aveva vedute, e che in Fran-
cia erano della medesima opinione, e che la Sorbona
di Parigi le approvava. Li dimandò appresso, se in
monisterio io era mal veduto ; se avevo alcun inimi-
co, ovver emulo : al che essendo risposto di no. di-
mandò se io era nemico dei Gesuiti. A questo il
priore passò con termini generali; e per divertirlo
1 Si ha notizia (e di questo probabilmente vuoisi in
tendere) di un Reinardo di Brédérode, olandese, che aveva
messo a stampa uà Giornale dell' ambasciata in Jfoscovia,
relativa affli anni 1615 e 1616.
448 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
da tal ragionamento, entrò in la pace di Francia.
In questo proposito, disse il principe che gli Ugo-
notti erano persone inquiete; che non si contenta-
vano di vivere a loro modo, ma che volevano anco
dominare ; e se si contentassero solo di viver a modo
loro, sarebbero sollevati ; siccome anco in Venezia ci
sono molti che vivono a modo loro. Al tempo delle
ventidue ore, vennero alquanti gentiluomini a levar-
lo, e si partì.
Io ho schivato nelli suddetti tre giorni 1' occa-
sione di parlare con S. A., per non essermi lecito
di farlo senza la pubblica licenza ; x .ed infino ero di
opinione, che da questo non potesse succedere al-
cun buon effetto. Ma avendomi comandato V. S.
che io dovessi fargli riverenza e ricever i suoi co-
mandamenti, in esecuzione di questo, è successo il
ragionamento di che ho fatto di sopra menzione.
26 novembre 1621.
Um."° e Dev.mi Servitore.
Fra Paulo di Venezia.
1 Ed ecco la sostanza della legge che ciò vietava, se-
condo un appunto mandatoci anch' esso come desunto dai
veneti Archivi :
u L' anelerà Parte, che, conforme all' intenzione delle
predette leggi, e acciò che non siano in ciò più ristretti
i Nobili nostri che li altri, debba eziam esser proibito ai
segretari nostri, consultori, dottori e qualunque altre sorte
di ministri, che avessero o potessero avere occasione di
servir o consigliar la Signoria Vostra, lo intervenir, trattar
né servir in alcuna maniera nelle materie o negozi spet-
tanti al Sommo Pontefice o alla Corte di Roma, di quel
modo appunto e con le medesime pene, eh' è proibito ai
Nobili e Senatori nostri papalisti. »
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 449
CCLYIII. — Al Senato Veneto.1
Fra Paolo da Venezia, umilissimo servo di V. E.
illustrissima, avendo notizia che il già cavalier An-
tonio Fosearini nel suo testamento gli abbia lasciato
certo legato, e conoscendo esser in obbligo per co-
scienza e per fedeltà di non aver a fare con chi s' è
reso indegno delle grazie del Principe, né mentre
vive né dopo la morte ; ha stimato dover rifiutare
il legato assolutamente. E pertanto, avendo anco
commissione generale dalla religione sua di dispo-
1 Noi vorremmo, non mica poter sopprimere, ma che
non ci fosse stato trasmesso, cogli altri, anche questo ine-
dito documento, dal quale i malevoli del nostro autore
vorranno alcerto dedurre com' egli, dopo la tragica morte
del buon Fosearini, ripudiasse queir amicizia che in vita
avevagli così altamente professata. Forse, però, ancora gli
esperti delle draconiche leggi della veneta repubblica, e
i biografi stessi di Fra Paolo, troveranno nella necessità
delle cose e dei tempi, nel disinteresse di lui medesimo o
nella dipendenza dai superiori dell' Ordine, una spiega-
zione, una scusa di quanto qui sopra si legge. — Per ciò
che spetta al Fosearini, che se di calunnie o nefandi rag-
giri non fu vittima, tale fu certamente degli scupoli cru-
deli di una aristocrazia, che tanto più di sé diveniva or-
gogliosa, quanto più approssimavasi alla sua decadenza,
ci piace di riportar qui le parole, colle quali lo storico
Nani (uno di quelli che scrissero per ordine pubblico) la-
conicamente ne racconta il supplizio, e contemporanea-
mente 1' emenda che mediante nuovi supplizi si studiò poco
dopo di farne. « Esempio sommamente orrido couta-
n minò la città, perchè si vide Antonio Fosearini, cavaliere
n e senatore, appeso alle forche per calunnia d' aver con
" gli stranieri tenuta corrispondenza secreta. La fraude
» di alcuni scelleratissimi uomini, propostisi prendi, aveva
» congiurato contra la vita dei patrizi più innocenti e co-
si spicui ; perchè, versando il governo in tempo torbido
a tra le memorie delle passate insidie {cioè, della con-
3 giura degli Spagmioli) e i riguardi degli odi presenti,
SiRPl. — li. 29
450 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
nere in tutto quello che al suo nome tocca, rifiuta
il suddetto legato, e ricusa di riceverne in qualsi-
voglia modo beneficio alcuno ; supplicando umilissi-
mamente V. E. illustrissima di comandare, che di
questa ricusazione sua ne sia fatta nota.
1622, addì 28 aprile.
Lettera del superiore del Convento
dei Serviti al Doge.1
Iddio ha chiamato dalle fatiche di questo mondo
al riposo del Paradiso il suo ledei servo, e mio di-
lettissimo, monsignor Paolo ; ed a me che, col prezzo
della mia vita avrei voluto essere a Vostra Serenità
nuncio del suo miglioramento e sanità, conviene es-
serlo della sua morte: morte per me luttuosissima
e colpo il più fiero e grave, che in vita ebbi ancora
» facilmente i soli sospetti si travestivano con le colpe-
» S' introdussero al magistrato secretissimo degl' Inquisi-
» tori di stato, e ripartiti gli orifìzi, altri di accusatori al-
» tri di testimoni, tradivano la giustizia e i giusti. Ma
n durar non potè troppo lungamente questa conventicola
» infame \ perchè, scoperta 1' atrocità del misfatto, furono,
» tra' principali, Girolamo Vano da Salò e Domenico da
« Venezia con giusto supplizio puniti. Il Foscarini, con
» pubblica dichiarazione di sua innocenza, se non resti-
» tuito alla vita, fu almeno alla fama reintegrato, e la di
» lui famiglia al pristino lustro ed a' maggiori gradi dal
» comune compatimento promossa. « Istor. cos. venez.,
lib V, tom. I, pag. 248.
1 Inedita, e novamente tratta dall' Archivio Generale
de' Frari. La data fu forse omessa, insieme colle sottoscri-
zioni dei frati. Quell'astro di tutta beneficenza, e _ eerta-
mente tra i primi di che il cielo d' Italia giammai si ador-
nasse e onorasse, cessò di splendere a dì 14 gennaio
del 1623.
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 451
provato ; ma per lui felicissima, perchè è stata la
corona delle azioni della sua vita. Vivendo, fu sem-
pre a tutti noi ed a tutta la religione de' Servi
un'idea di quelle eccellenti virtù, che possono ador-
nar un' anima cristiana, e renderla grata a Dio ; ed
in morte e' è ammaestramento di costanza e di quel
perfetto rassegnamento in Dio, che debba aver un
vero servo di sua divina Maestà. Le sue ultime
azioni, in numero di molte, ed in vera pietà ammira-
bili, non si ponno esprimere dalla mia lingua, inter-
prete d' un animo confuso dal travaglio ed oppresso
dal dolore. Dirò questo, eh' è morto felicissimo, per-
chè ha ottenuto quello in che erano uniti i suoi de-
siderii, studi, fatiche e pensieri ; cioè morire nel ser-
vizio e per il servizio di Vostra Serenità. E se è vero
quello che comunemente si suol dire, che la morte
smaschera la vita, perchè in tutte le azioni umane,
o per arte o per interesse, vi possa cadere qualche
simulazione o finzione, ma la morte levi tutte le
finzioni e mostri nudamente quale fosse cadauno ;
felicissimo il mio caro Maestro, che con due tratti
soli nella sua morte ha rappresentata l'immagine
della sua vita, ed un perfettissimo ritratto di quella
soda pietà che dallo Spirito Santo viene commen-
data: Honora Deum etPrincipem. Perciocché, quanto
fermamente fosse colla sua mente riposta in Dio,
oltre 1' aver egli consegnato in mano del padre
Priore tuttociò che gli era ad uso concesso, e con gran
devozione ricercati li SS. Sacramenti, la confessione
del suo ordinario padre spirituale, e con somma
umiltà ricevuta la SS. Eucaristia per mano del
suo Priore, con l' intervento di tutto il Capitolo e
1' estrema unzione per mano del suo scrittore padre
452 LETTERE DI FRA PAOLO SARPI.
fra Marco, le sue ultime parole dette a me, dopo
aver cou sommessa voce ed altissima devozione re-
citate sue brevi ed usitate preci ed avermi baciato
ed esortato ad andare a riposare, furono queste :
— Andate a riposare, ed io ritornerò a Dio, onde so-
no venuto ; — e con queste sigillò la sua bocca nel
silenzio eterno. E qua! fosse il suo fervore nel servi-
zio di Vostra Serenità, da questo la comprenda, che
in tutta la infermità una sola parola gli è uscita
di bocca non coerente alle altre, e questa è stata:
— Andiamo a San Marco, che ho un gran negozio
da fare. — Così era intanto al servizio di Vostra Se-
renità, che anco quando il discorso non reggeva più
la lingua, ella per abito contratto trascorreva in
quello. Non debbo tacere anco 1' ultima delle sue
azioni, fatta con V assistenza di tutti li priori, che,
con affettuose orazioni e copiosissime lagrime e non
fìnte, gli assistevano : che, dopo essere stato gran
pezzo colle mani immobili, fatto uno sforzo, se le
incrociò al petto, e fissando gli occhi in un Croci-
fìsso che gli stava dirimpetto, fermò la bocca in atto
ridente, e ribassati gli occhi, rese lo spirito a Dio.
Ho voluto dare questo breve e confuso conto a
Vostra Serenità del fine del suo fedele e leale servo,
con questi pochi particolari successi in presenza di
tanti Padri, stimando mio debito il farlo ; acciò, se
Le piacesse ordinare alcuna cosa intorno al suo fu-
nerale, prima che farle alcun principio, sappiamo la
sua mente, la quale prontamente eseguiremo. Grazie.
Essendosi la Serenità Vostra, con la sua solita
pietà e munificenza, degnata aiutare con l'elemosina
la nostra sacrestia affine che si facesse il funerale
LETTERE DI FRA PAOLO SARPI. 453
al suo servo defunto, non hanno mancato li Padri
tutti unitamente di celebrarlo con quelle dimostra-
zioni di pietà e religione che sono loro state possibili ;
e vi sono con gran prontezza, al semplice invito, in-
tervenute le quattro religioni de' Mendicanti, li Do-
menicani, Francescani, Eremitani e Carmelitani, cia-
scuno in copioso numero, circa ducento religiosi, oltre
quelli delli nostri due monasteri ; con gran concorso di
popolo, con acclamazioni, che erano venuti a vedere
un funerale d' un uomo santo, e del più grande in-
telletto che fosse mai, e con simili ; con tante la-
grime quasi universalmente di tutti, che si può
stimare un impulso divino, che ha voluto cosi dar
principio all' onorare anco il corpo di quell' anima
santa che ha ricevuto in Cielo.1 Le quali cose es-
sendo successe in pompa pubblica e negli occhi di
tanta moltitudine, ad onore di Dio, ed a consolazione
di Vostra Serenità di cui era servo, ho voluto rap-
presentarle; e saranno confirmate anco dall' atte-
stazione di tutti li Padri del nostro monastero con
la sottoscrizione di loro mano propria. — Grazie.
1 Circostanze, sin qui, per quello che da poi sappiasi,
non osservate.
Fine.
INDICE
DELLE LETTERE CONTENUTE IN QUESTO SECONDO VOLUME.
CXIX. — All' ambasciatore Antonio Fuscarini . Pag. I
CXX. — Al signor De l' Islc Groslot 3
CXX1. — A Giacomo Leschassier 5
CXX1I. — Al medesimo 8
CXXJIi. — Al signor De l'Iste Groslot 10
CXX1V. — Al medesimo ..." 14
CXXV. — A Giacomo Leschassier 17
CXXVI. — Ad Antonio Foscarini -21
CXXVII. — Al signor De l'Iste Groslot -li
CXXVI1I. — A Giacomo Leschassier -.26
CXX1X. — A Giacomo Gillot VA
CXX1X. bis — (D' ignota direzione, 36
CXXX. — Al signor De l'Iste Groslot 37
CXXXI. — A Giacomo Leschassier io1
CXXXIL — Al medesimo 42
CXXX11I. — Al signor De l' Iste Groslot . 16
CXXXIY. — A Filippo Duplessis Mornay 49
CXXXV. — Al signor De l' Isle Groslot 51
CXXXYI. — A Giacomo Leschassier 53
CXXXVll. — Al medesimo 66
«XXvVlII. — Al signor De l'Iste Groslot 69
CXXX1X. — Al nominato Rossi 7:2
CXL. — Al signor De l' Isle Groslot ~5
CXLI. — A Giacomo Leschassier 78
CXLII. — Al medesimo . . Ni
456 INDICE.
CXLIII. — Ad Isacco Casaubono Pag. 85
CXLIV. — Al signor De l'Isìe Groslot . ..... ss
CXLV. — Al nominato Rossi (J-
CXLVI. — A Filippo Duplessis Mornay 95
CXLV1I. — Al signor De l' Isle Groslot UT
CXLVIII. — A Giacomo Leschassier 101
CXL1X. — A Filippo Duplessis Mornay 109
CL. — Al nominato Dossi IH
GLI. — Al signor De l' Isle Groslot 114
CLII. — A Giacomo Leschassier 121
GLI1I. — Al medesimo 12-i
GUY. — Al nominato Dossi lo!
CLV. — Al signor De l' Isle Groslot J3T.
CLV1. — A Giacomo Gillot 1 i 1
GLVIL — Al signor De l' Isle Groslot 1 16
GLVI1I. — Al medesimo 15-2
CLIX. — Al medesimo 155
GLX. — Al medesimo 15!»
CLXI. — A Giacomo Leschassier 162
CLXII. — Allo stesso 165
CLX1II. — A Giacomo Gillot 168
GLX1V. — Al signor De l' Isle Groslot ITI
CLXV. — Al medesimo l"«s
GLX VI. — Al nominato Rossi LSD
GLXVI1. — Al signor De l' Isle Groslot 185
CLXVI1I. — A Giacomo Gillot 1*7
GLX1X. — A Giacomo Leschassier 190
GLXX. — Al medesimo 192
GLXX1. — Al signor De l' Isle Groslot 19ì
GLXXII. — Al medesimo 197
GLXXI1I. — Al medesimo 200
CLXX1V. — Al medesimo 205
GLXXV. — Al medesimo .....' 207
CLXXVL — Al medesimo 211
GLXX VII. — Al medesimo 214
CLXXVU1. - Al medesimo 218
GLXXIX. - Al medesimo 220
INDICE. 457
CLXXX. — Al medesimo Pag. 222
CLXXX1. — A Filippo Du-Plessis Mornay 225
CLXXX11. — Al medesimo 227
CLXXXUL — Al medesimo 231
GLXXXIV. — Al medesimo 235
CLXXXV. — Al medesimo 238
CLXXXVI. — Al medesimo 241
CI, XXXVII. — (D' incerta direzione) 243
CLXXXVIII. — Al signor De l'Èie Groslot 247
CLXXX1X. — Al medesimo 250
GXG. — Al medesimo 25 ì
GXCI. — A Giacomo Leschassier 257
GXCII. — Al signor De l' Isle Groslot 26U
GXC11I. — Al medesimo 362
GXC1V. — Al medesimo 265
GXCV. — Al medesimo 267
CXCVI. — A Giacomo Leschassier 26!»
CXCVII. — A Giacomo Gillot 273
GXCVIII. — Al signor De l' Isle Groslot 278
GXCIX. — A Giacomo Leschassier 283
CC. — Al signor De l'Èie Groslot 2<Sì
CCI. — Al medesimo 289
CCII. — Al medesimo 291
CCIII. — Al medesimo 295
CCIV. — A Giacomo Leschassier 296
CCV. — Al medesimo 298
CCVI. — Al signor De l'Èie Groslot 391
CC VII. — Al medesimo 305
CCVI1I. — A Giacomo Leschassier 3U7
CCIX. — Al signor De l'Èie Groslot oli)
CCX. — Al medesimo 312
CCXI. — A Giacomo Leschassier 315
CCXII. — Ad Isacco Casaulono ■ .31'.'
CCXIII. - Al signor De l' Isle Groslot 323
CCXIV. — Al medesimo 3J2U
CCXV. — Al medesimo 327
CCX VI. — A Giacomo Gillot 329
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