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in 2009 with funding from
University of Toronto
http://www.archive.org/details/letterebenedettoOObatt
SCELTA
DI
CURIOSITÀ LETTERARIE
INEDITE 0 RARE
DAL SEtOlO XIU AL XVII
In Appendice alla Colleziono di Opere inedite n rare
Dispensa XG.
PREZZO L 2, 50
Di questa SCELTA usciranno otto o dieci vo-
lumetti all'anno: la tiratura di essi verrà ese-
guita in numero non maggiore di esemplari
202 : il prezzo sarà uniformato al num. dei
fogli di ciascheduna dispensa , e alla quantità
degli esemplari tirati: sesto, carta e caratteri,
uguali al presente fascicolo.
Gaetano Romagnoli
I NOVELLIERI ITALIANI
INDICATI E DESCRITTI
GIAMBATTISTA PASSANO
Questa importante Bibliografìa è già pubblicala
nell' egual carta , forma e caratteri dei Novellieri
in prosa dello stesso Autore , ed è vendibile presso
il libraio-editore Gaetano Romagnoli.
Se ne sono stampate Copie 250 nel formato di
8." a Lire IO. 56.
Copie 50 nel formato di 4.". a L. 20. 58.
ALCUNE
LETTERE FAMILIARI
DEL SEGOLO XIV
PUBBLICATE l>\
PIETRO DAZZI
BOLOGNA
Presso Gaetano Romagnoli
18GS
Edizione di soli 202 esemplari
ordiii.-itamonto numerati.
N.
IIOI.IKINA. TIPI I-AVA I'. CMIMINAM.
« Allo studio delle origini e
dello avanzamento di una lin-
gua, le sole opere di forma let-
teraria^ anche se antichissime,
non bastano; è mestieri rintrac-
ciare la elocuzione nella sua in-
sjenuità naturale, ricoojherla dai
labbri di que' primi che la pla-
smarono ; poi quasi dai suoi a-
vanzi ricostruire lo idioma , pre-
sentarne l'organismo, come ap-
punto il geologo dalle reliquie
fossili rifabbrica un mondo già
scomparso ai nostri occhi. Onde
in quelle indagini, imporla ogni
fatto ne dia modo a rinvenire la
parola schietta, quale uscì dal
popolo e dagli scrittori non di
professione; che se in quella
schiettezza si addimostra qual-
che volta un po' rozza, nondi-
meno si avvantaggia quasi sem-
pre per brio o per verità sopra
ogni maniera dell' arte. Ed ecco
perchè i quaderni de' conti, i ri-
cordi delle famiglie, gli statuti, i
capitoli delle compagnie, e in-
somma le scritture antiche del
volgar nostro per le quali con
TuUio puossi diro Uà enim tum
loquehantur sono ricercate , no-
tomizzate da chi intende secon-
do ragione gli studi ».
Premessi tali parole alle sei
prime di queste lettere pubbli-
5
cate neir ottobre delT anno scor-
so per nozze di amici a me ca-
rissimi; parole che parmi pos-
sano stare anche qui, sebbene
alcune delle lettere sieno di dotti
scrittori. Infatti anche questi nello
scrivere familiare rifuggono da
ogni arte (non si potrebbe dire-
ciò di molti scrittori de'secoli sus-
seguenti), dicono le cose come
se parlassero, ed anche in essi
come nelle scritture di non ad-
dottrinati , i pensieri e gli affetti
senza inceppamento di sorta si
stampano nelle forme usuah del
dire, così che ci danno limpidis-
simi r indole e l' aspetto della
Hngua.
Nelle sei prime ho corretto
alcun errore cadutomici, e fatto-
mi cortesemente notare; in tutte
ho posto quanto pili cura sape-
vo. Quanto alla grafia, noto che
6
a me piace anche in questo un
metodo ragionevole; e penso che
della parola non sia da attendere
soltanto alla esteriore ma Lene
alla sostanziai forma; di guisa che,
tranne il caso di studii paleogra-
fici, il pubblicare scritture anti-
che a facsimile^ come dicono,
mi pare pedanteria che toglie loro
molti lettori. Quando si tratta di
errori, o almeno di usi errati,
quando T ammodernare non va-
ria nemmeno la pronunzia, io
credo che il si debba; perchè il
materialismo in letteratura non
ha lato di grandezza, come for-
se può aver in qualcuna delle
scienze.
In Firenze 1 Gennaio 1868.
NOTIZIE DEGLI SCRITTORI
DELLE LETTERE
Lemmo Balduccì.
Nacque a Montecatini in Val di
Nievole; venne a Firenze nel 1333;
si ascrisse all'arte del cambio, e
in 30 anni riusci a mettere assie-
me una fortuna vistosa, ed acqui-
stare la cittadinanza fiorentina. Sen-
za figliuoli, nel 1389 fece un testa-
mento col quale distribuiva parte
de' suoi beni a monache e frati, e
parte alla fabbricazione e fonda-
zione d'uno spedale pe' poveri in-
fermi, che si chiamò prima di S.
8
Niccolò e poi di S. Matteo. Un de-
creto del granduca Pietro Leopoldo
mutò quell'ospedale, nel 178i, in
Accademia delle Belle Arti. Il testa-
mento del Balducci è citato dagli
Accademici della Crusca; stampato
negli atti dell' Accademia; pubbli-
calo coi tipi del Magheri nel 1822
da Luigi Rigoli.
Filippo Dell' Antella.
Il Biscioni (Albero di diverse fa-
miglie cod. magi. xxYi. 112) dà no-
tizia di Bartolommeo dell' Antella,
ponendo sotto il 29 luglio 1398 che
egli con Cristcfano Spini, concluse
pace con Bonifacio IX ed i Peru-
gini, ed ottenne che il Comune di
Firenze potesse gravare d'imposta
anche i chierici, per cagione della
guerra allora sostenuta. Le tre let-
tere sono scritte da Padova, dove
si trovava forse per ragioni di com-
merci.
9
Del Bene Dora.
Dora forse accorciativo di Teodo-
ra, fu moglie a Francesco di Iaco-
po del Bene, del quale si veda alla
Nota 20. Non ostante molte ricer-
che, non so dire di che famiglia ella
fosse.
Lanfredino e Domenico Lanfre-
dini.
Dalle lettere qui pubblicate si ri-
leva che Lanfredino nacque tra il
1340 e il 45; che condusse vitami-
sera a Ferrara per assai tempo. Poi
nel 1406 fatto castaido (e ciò so da
altra lettera che ora non pubblico)
dovè passarsela meglio. Scrive ad
Orsino figliuol suo di 14 anni al tem-
po della lettera che qui di Lanfre-
dino è prima, e che viveva in Fi-
renze con Giovanni Lanfredini; il
quale non zio come dubitai nelT av-
vertenza alla l.^ediz. di queste let-
tere, ma dovè, se non sbaglio, es-
sere biscugino di Lanfredino.
Infatti dal Gamurrini [Istoria Ge-
nealogica delle Famiglie nobili To-
scane ed Umbre. T. IV. 273] tolgo
l'albero seguente:
Cecco
Bartolo
Biondo
Sandro Orsino Filippo
Domenico Lanfredino Giovanni.
E da questo anche si prova come
Domenico, di cui è qui la vii let-
tera, fosse cugino a Lanfredino.
Coluccio Salutati.
La fama grandissima di lui mi di-
spensa dal dire come , vissuto 76
anni, dal 1330 al 1406; passata la
prima giovinezza in Bologna per
11
ragion d'impiego del padre, fu poi
segretario di Urbano V; nel 1370
delia repubblica Lucchese, e nel 75
della Fiorentina; ufficio che gli durò
finché visse.
Giorgio Scali.
Di Giorgio Scali, dell'azione im-
portante che ebbe nel Tumulto detto
dei Ciompi, della sua morte al
1381 narra distesamente nelle Isto-
rie Niccolò Machiavelli (Lib. in).
Quindi me ne passo, solo aggiun-
gendo che in una nota di sepolti
in S. Maria Novella, sotto il 17 gen-
naio 1381 (stil. fior.) trovo Doni.
Georgius dom. Franciscl de Scnlis
pop. S. Trinitatis cum coniuge \ De-
lizie degli Erud. Tos. ix. 126]; e
perciò dovè essere decapitato a' 16.
Referisco quel che dice Marchionne
Stefani, narrando nelle sue storie
sotto l'anno 1374 come lo Scali fu
ammonito «Del quale Giorgio nacque
grande ammirazione in tutti li citta-
12
clini, e fu quella cosa che fu principio
flel guastamento del buono e bello
reggimento; imperocché ildetto Gior-
gio di progenie e stirpe guelfissi-
ma fu sempre, e già per li Fio-
rentini e parte guelfa, nelle guerre
de'Fiorentini contro a'Pisani e'Ghi-
bellini fu sempre gran maestro e
confidente a' Guelfi; ma per lo sde-
gno che ricevette contro del con-
sorto che fu ammonito, come adie-
tro è fatto menzione (rubrica 748)
esso Giorgio al partito spariva. Era
uomo di grande ardire, e di sottile
ingenio, e di gran vedere, ed uo-
mo santifico, di che quelli parti-
giani si presero gran sospetto di
lui; e perchè negli uflìci era, te-
meano, s'egli si trova in luogo di
nuocere alla parte, lo farà; e per
ciò l'ammonirono ». [Del. Erud.
Tose. XIV. 146].
Marchionne Stefani.
IVlarchionne di Coppo (Iacopo) Ste-
13
fani è noto per la sua Storia Fio-
rentina, che va dal 136S, quasi con-
tinuazione di quelle dei fratelli Vil-
lani, fino al 1383. Il padre Idelfon-
so che la pubblicò nelle Delizie de-
gli Eruditi Toscani, tra le notizie
premessevi, pone la nascita di Mar-
chionne fra il 1310 e il 1320. Nel
1367 ebbe ufficio presso Giovanna
di Napoli: poi nel 72 si trova dei
Dieci Uomini di libertà per il suo
quartiere di S. Maria Novella; fu
neirsi ambasciatore a Vinceslao;
e nel 1385 morì.
J.ETTERE
ni
BARTOLOMMEO DI FILIPPO
dell' antella
Lanfredino de' Lanfredini in Lendi-
nara a lui proprio (1).
Lanfredino, Bartolomio salute a
Imo piacere. Ricevetti tua lettera a
di 17 di giugno, a la quale io ti ri-
spondo. Sono stato con Lario; Lario
è contento di non mandare niuno
lae, se prima tue no mi scrivi quan-
do tue vogli che mandi. Con questa
condicione, manderà lae il fante o
sia suo messo a torre la sicurtà, co-
me sarà consigliato per consiglio di
savio uomo; e manderalti la carta
ch'ebbe da Lotto, e quivi al pre-
15
sente non ti farà altra fine. (2) Co-
me il fante sarà tornato, faralla lui
proprio a Jacomo, o sia a me rice-
vendo per tuo nome; questo è ra-
sone. Ancora come per V altra let-
tera io li scrissi, egli non vuole
mandare i danari per persona niu-
na a suo rischio, anzi vuole che
lue gli mandi o vegni a torre lue;
e di questo a me pare ch'abbia ra-
sone. Tue dèi fare sia, che quando
lue scrivi che Lario mandi a te a
torre la sicurtà, tue abbi messo suf-
ficiente ch'egli venga a torre i da-
nari, salvo se tue non vi volessi ve-
nire. Sappi ch'egli dice ch'egli ser-
ba i danari oggimai a tua posta, si
che da qui innanzi vanno a te; lue
farai senno a dare spaccio anzi an-
coi eh' a domani. Quanto al fallo
de la rasone di quello che lue scri-
vi che Lario de' avere, egli dice che
tue di' il vero. Egli de' avere da te
lire 300 per Lotto, e el tempo, e la
fattura de le carte, e lire 100 le
(luali ti prestò l'altro di come tue
scrivi, si che sono in tutto lire 422,
soldi 10, e la fattura de le carte;
vorresti tue (3) lire 577, soldi 10, e
aresli lire 1000, salvo che di que-
ste lire 577, soldi 10, li conviene
scontare la fattura de le carte. Sap-
pi che io sono rimaso in concordia
con Lario, quando il fante verrà a
torre la carta, lue non se' tenuto a
farla di più di lire 1150; si che di
questo t'avviso, perché io dissi a
Lario: Lanfredino farà la carta al
modo nostro di noi prestatori, non
al modo di villani, eh' e villani
fanno le carte del doppio; e al mo-
do nostro noi le facciamo pure del
prò e del capitale d'uno anno; e
di questo Lario è contento. Sopra
questo più non ti scrivo, se non
che lue te ne spacci più tosto che
tue puoi. Al fatto che tue mi scri-
vi di danari di Giovanni Angiulieri
non ti dubitare ch'io cercherò i
miei libri e troverò ciò che lìa bi-
17
sogno; di questo non ti dare ma-
linconia. Attendi pure a spacciare
(ìuesto tuo fatto di Lario. Se per me
si può fare o dire cosa alcuna, tue
riiai a scrivere, farolla a mia possa.
Saluta da mia parte e da parte tli
Bonifacio lutti que' nostri amici.
Bartolomio di Filippo da T An-
tella proprio. Di i8 di giugno 1377.
Lanfredino de' Lanfredtni etc.
Lanfredino, Bartolomio da l' An-
iella salute a tuo piacere. Sono
stato con Lario e abbiamo lui e io
salda la tua ragione con lui. Lario
si de' avere prima da le lire ccc
da' XXIII di di novembre in qua,
che farà a' xxiii dì di questo mese
vili mesi; monta il prò di queste
lire GGG lire xxx, e per fattura de
la carta lire ni, sì che sono lire
9
18
GCGXxxui. E ile avere da te lire e
sul tuo pegno; el tempo, che sono
due mesi, monta lire ii soldi x, si
che hai in tutto lire cgggxxxv sol
di x; resti tu avere lire cggcglxiv
soldi x. Vero è a quello che tue mi
scrivi, da' di xxx di novembre in
sino a di I di gennaio saresti in
gannato eh' a uno mese e di vii
Questo inganno non é con Lario
anzi è con Lotto; si che di questo
perchè Lario ha rasone, non n'ho
detto parola. Arai poi a farli a ri-
rifare tue a Lotto questo mese e
sette di.
Siamo rimasi in concordia Lario
e io, ch'egli ti manda lunedi che
viene, sanza fallo, il suo famiglio
a torre questa carta, con quelle si-
curtà che tue gli darai, ed è con-
lento che la si faccia di lire mgl.
Fatto questo, com' el fante suo è
tornato a Padova con questa carta,
di presente mi darà il tuo pegno,
e el resto di danari e la tua carta;
19
si che manda messo solTicienle, per
cui io le gli mandi; e quello mes-
so che mi manderai con tua lette-
ra, quello modo terrò e farò. Pro-
caccierò in questo mezzo che starà
a farsi questa carta, d'avere meza-
nini(4)per lo miglior mercato ch'io
potrò. Dehboti pregare da parte di
Lario, e cosi ti priego anche da la
mia, che tue sia apparecchialo che
come il famiglio suo sarà a Lendi-
nara, tue gli dia spaccio. E sappi
che de' danari eli' ha tenuto a tua
posta morti, non ne vuole niente,
anzi dice che tue facci pure bene,
ch'egli è apparecchiato di servirti;
in brieve, Lario non ti vuole lui
mandare i danari a suo rischio.
Al fatto di Giovanni Angiulieri
so com' io ho a fare. Altro per ora
no li scrivo. Se per me si può fare
cosa alcuna sono apparecchialo a
farla a mia possa. Saluta mille vol-
te la donna tua da parie de la don-
na mia , e se per lei si può cosa
alcuna, è apparecchiata a farla.
20
Mandoli per lo Ciola braccia x di
poltremollo (o) fine; costò soldi x
il braccio. Tue mi scrivi che li com-
peri pignollo (6), e non di' che pi-
gnollo; ho tolto da me questo, per-
ché è più bello. Non ci è per ora
a dire altro. Bonifacio è ilo a Fi-
renze ancoi fa xiii di, che credo
che sarà per tutto questo mese di
qua. S' hai bisogno di cosa alcuna
a Firenze, scrivilo al fondaco di
Franceschino e di Detto di Tano
nel Garbo in Firenze.
Bartolommeo di Filippo da l'An-
tella proprio. Di l(j di luglio 1377.
Lanfredino de' Lanfredini eie.
Lanfredino, Barlolomio salute a
tuo piacere. Tue mi scrivi come tue
m'hai mandato più lettere e più
messi . eh' io ti mandi la fine di La-
21
rio. Sappi eh' io la feci fare incon-
lanente pochi di dietro come l'eb-
bi pagato; e ho fatto fare anche la
line a Lotto di lire trecento, sì che
tue se' finito di tutte lire mgg. Sap-
pi che quando Barloioraio gastaldo
del conte Ricciardo podestà di Pa-
dova foe l'altro di a Padova, io mi
lamentai contro lui, e disseli ch'io
ti volea mandare questa fine. Egli
mi promise come si volesse partire
di Padova egli mei farebbe a sape-
re; ch'io te la volea mandare, si
che il difetto non è stato mio a
mandartela. Ora te la mando per
Bertoldo tuo cusino; costa tutte due
queste fini lire ir, soldi xvr. Ancora
ti mando per Io Bertoldo livre ii di
zucaro il più fine ch'io ho potuto
avere; costò la livra lire i. soldi viii;
si che sono lire ii, soldi xvi; si che
mi resti a dare in tutto lire in, sol-
di XII. È vero eh' io avea de le lue
lire XV per comperarti tagliuole; io
ne diedi lire xiii per compire la
22
somma tli lire gl a lacomo, come
lue mi scrivesti. Al fatto di Giovan-
ni Aiigiulieri non li maravigliare
perchè in no ti mandi, o abbia
mandato come sta il fatto; la ca-
sone è perchè io sono stato tanto
occupato per i fatti miei, eh' io non
ho auto aso (7). Ma per la grazia di
Dio ho tanto fatto eh' io sono ora
in stazone (8); e bolla nelle mani
e appunto oggi, in questo di co-
mincio a vedere la rasone con Be-
nedetto, e Benedetto m'assegna i
pegni e fatti miei nelle mani. Come
arò veduto questo e spacciatomi da
Benedetto, io di presente farò tutto
ciò che sarà di bisogno al fatto di
Giovanni Angiulieri, e di ciò non
dubitare. Sappi ch'io mi tegno i
tuoi fatti, miei. Priegoti se di qua
è cosa ti sia bisogno, a te non sia
fatica a mandarla a torre, ch'io
sono apparecchialo a farlo a ogni
mia possa. Siamo TAdalina e io
molto dolenti de la mahiltia de la
23
tua donna. Dice l" Adalina se ha
cosa alcuna per lei mantlila a tor-
re; è apparecchiala a farlo. Altro
per ora no ti scrivo. Sono sì occu-
pato ora a questi miei fatti, ch'io
non ti posso per ora altro atten-
dere. Saluta la donna tua da parte
de r Adalina e de la mia.
Bartolomeo di Filippo da T An-
iella proprio. Di primo di settem-
bre 1377.
LETTERE
ni
LANFREDINO LANFREDINI
Orsino di Lan frodino in casa di Gio-
vanni Lanf redini nel fondaccio in
Firenze.
Al nome di Dio amen. Falla aMi
10 di giugno 1395, a la Savonarola.
Figliuolo mio, i'iio ricevuto pa-
recchie loe lettere, e a tutte t'ho
risposto; e le dretane li risposi a
di 29 di maggio i395. Ora rice-
vei una toa lettera fatta a di 19 di
maggio 139o, e ben l'ho intesa. E
simile risposi de la sua a Giovan-
ni nostro, alligata la toa con la
soa, e involta la toa in uno foglio
che non era scritto, perchè la toa
2o
era scritta da lult' e dii'i lati. E in
quella ti dico ch'i' ho grande con-
solazione che tu sappi bene V aba-
co; ma tu scrivi forte male, e sem-
pre manca sillibe assai in le toe
lettere, si che mi sarave di grande
piacere che Giovanni ti mandasse
a scrivere almen per un mese, a
ciò tu atTermassi meglio la mano.
r ho inteso che a Firenze s' è per
conciare le prestanze; e sopra ciò
io scrivo a Giovanni, e a Nofrio
de' Rossi, e a Jacopo di Ser Folco.
e a Luca da le Galvane, e a Gio-
vanni Lanfredini in spezialità, per-
ché gli è mio capo e mia guida,
pregandolo che gli piaccia di farmi
conciare eh' io sia tenuto al meno
che si può: pure che al tutto el fac-
cia ch'io ci sia messo per mio ono-
re e stalo, e per li tempi che deb-
bono venire. Si che fa" che tu prie-
ghi Giovanni che aoperi ogni suo
amico ch'io sia concio, e che el
faccia ogni promessa che bisogna
26
per me; però che s'io dovesse ri-
manere in camicia, voglio soste-
nere ogni gravezza che bisogna per
la nostra patria. Si che soliicita-
mente sia con tutti questi a chi iio
scritto; e sollecita che per ogni
modo io sia concio, e ch'io sia a
le prestanze. E dillo a tutti da mia
parte, e piiegali che in questo e'
no m'abbandonino. Tu scrivi in o-
gni toa lettera che la moglie che fu
di mio fratello è rimaritata e ric-
camente, e pure non posso avere
da te il nome del marito, e di che
casa egli è, e dove egli sta in Fi-
renze; si che scrivimi per ordine
chi egli è. A' fatti nostri mi pare
non ne sia fallo nulla, ed hommi
grandissima maraviglia, come Gio-
vanni Tha cosi abbandonati da ch'io
fui a Firenze; che pure el sa che
quanta speranza i' ho si è la sua;
e farebbe gran bene e grande suo
onore a provvedervi.
Io sono alla porta (9) come tu
mi lasciasti, e vivo con grande bri-
27
ga; e pensa e di' a tulli i nostri,
che dov'io potesse scampare mia
vita, per certo i' verrei volentieri a
stare a Firenze tra' miei; e questo
abbi sempre a mente, ch'ogni vol-
ta ch'io potesse avere costà civan-
za niuna, subito sare'mosso a ve-
nire al servizio del nostro Comune.
Noi siamo tutti sani per la grazia
di Dio.
Bellino e Salvadigo vanno a squo-
la; e Bellino va a imparare a scri-
vere per 3 ore del di. Tua madre (10)
ha grande speranza in te, si che
fa' sì che la possa avere buona spe-
ranza con effetto, e raccomandaci
a tutti i nostri parenti e amici. E
fòli assapere che quie ho poca spe-
ranza di meglio dal signore, per-
chè ha troppo a che fare, e per le
novità di Ferrara non son fatto an-
cora più innanzi, e ogni di cerco
di riavere il mio da Lendinara. Non
posso dire ancora come io farò; ma
nonostante questo, priega Giovanni
28
che se in modo alcuno el vedesse
ch'io fosse di bisogno a Firenze
per istare, che lo gli sia a mente.
Tuo fratello Nicolò è forte miglio-
rato de l'andare. Santone è castai-
do d'un gentile e ricco uomo da
Padova, e sta a la villa; e ha una
putta, cioè la sua prima, e ebbene
un'altra e morissi; ora da poco in
qua ha auto un fanciullo maschio,
e sta bene e può vivere e avanzare
assai bene; e non istà al ponte già
fa un anno, anzi sta in villa presso
a Anguillara in sul Padovano. Il
Polesine si tiene a posta di Vini-
ziani, ed evvi podestà e capitani a
lor posta. El vicario è vicario come
l'era, benché quel podestà si cam-
bia; ma egli ha speranza di con-
ciarsi con quello ch'enirerrà per
podestà, ma non lo sa certo.
La Giovanna sta bene ed è grossa
a la gola. Nicolò del Basso si sta
a Ferrara, ed è grande grammatico
a Ferrara, e non è in grazia di que-
29
sto signore. Più volte l' ho scritto
eh' io votai toa madre che tu of-
feresti per lei un candelolto da soi-
di 2 a Madonna Santa Maria de
l'Annunziata, là dov'è cotanta cera;
non so se V hai fatto.
Altro per questa non ho a dire
se non che sempre tu sia ubidien-
te a Giovanni e a tutti i suoi. E
scrivimi spesso come voi state tutti,
e se costà è per essere guerra. Id-
dio li guardi. E scrivimi quanto
starai ancora a l'abaco.
Io padre Lanfredino proprio.
Orsino di Lanfredino Lanfredini ai
fondachi di ritaglio in Calimala
in Firenze.
Al nome di Dio amen. Di Fer-
rara a' di 31 d'agosto 1.397.
30
Ricevei loa lettera a eli 2U d' ago-
sto presente, falla a di 26 del det-
to, la quale ho bene inlesa, e per
questa ti rispondo abbisogni.
Prima t'avviso che la genie del
Duca di Milano, (11) è rotta per tal
modo che infine a 10 anni non a-
vrà tanto esercito, né cosi ordina-
to, e anche forse mai, che Iddio
il confonderà come l' è degno. Ma
sarebbe lungo a scrivere ogni cosa;
ma a dire in elTetto, la gente sua
si fuggi a modo di puttane, e lasciò
paviglioni e trabacche e careaggi
e puttane e ragazzi, e molte bom-
barde, e vettuaglia assai, ed arme
e molte cose senza novero: e fug-
giroDsi solo con quello o arme o
panni che se trovò avere in dosso
e sanza colpo di spada. E in effetto
hanno perduto 3 loro ponti; e più
di 200 nave tra armate e con vel-
luaria, e con slazoni (12) d'ogni
arte ch'era nel campo. De' quali si
truova 57 navili armali che sono
3i
presi con tulio loro fornimento; e
nota che per modo del mondo non
si potreb])e fare conto del grande
danno ch'egli ha ricevuto; e son
presi da duamilia cavagli; e in ef-
fetto tutti quegli che vi sono stati
sono (13) tutti ricchi. E per tanto
lutto questo è stato V altorio di
Dio, prima che tolse loro il senno,
e poi per grande avveggimento (14)
del conte da Carrara più ch'altri,
e poi le galee e i navili armali che
v'erano del franco comune di Vi-
negia. E in brieve in un mese non
si potrebbe scrivere le cose come
andarono prospere, e renditi certo
che tutto vene da Dio. Ora la cosa
sta bene e non ci è più tema di
Mantova, né di nulla , e questo può
essere la sua disfacione. Iddio gli
dia quello che l'ha meritato.
E avvisoti che l'è a Padova mes-
ser Mastino iìgliolo di messer Ber-
nabò, e aspetta gran gente per an-
dargli a dosso da lato di Vicenza,
32
e per tornare in casa sua. E cre-
desi che quello da la Scala farà
anche lui, si che il Duca si può
dire sia nel ballo di roclii (15).
Al fatto di Guido di messer Tom-
maso ringraziatelo quanto voi po-
tete, e priega Giovanni eli' el faccia
per mia parte, e raccomandami a
tutti i nostri parenti e amici.
E abbi per certo che di qua sarà
gran fatti conlra quello da Milano.
Iddio vi guardi tutti. Toa madre è
un poco miorata (16).
Lanfredino proprio, in Ferrara.
Fa' eh' io sappia s'hai avuta que^
sta.
Orsino (li Lanfredino Lanfrcdini ai
fondachi di ritaglio in Caliniala
in Firenze.
Al nome di Dio amen. A di 13
di gennaio 1398, di Ferara.
33
Come per altra li scrissi a di 8
di questo e dappoi, mi sono ricor-
dato ch'io udi'dire che mia madre
stette con mio padre 7 anni, e ebbe
8 figlioli, e pure io fui il primo.
Si che a volere ritrovare la carta
de la dota, a me pare di cercare
di 1339 e 1340 e 1341 e 1342 e
1343 e 1344, e per certo in questi
millesimi la troverete. E avvisoti
eh' io credo che mia madre quan-
d'ella andò a marito, ella usci di
casa di messer Porcello de' Rossi,
però che la madre era serocchia di
messer Porcello, ed ebbe nome mo-
na Lippa, e '1 padre ebbe nome Bar-
tolino da Signa. E s'ella non usci
di casa di messer Porcello, mi ra-
corda che mio avolo, cioè il ditto
Bartolino da Signa, stava in borgo
san Jacopo di sopra dal Senese,
verso san Jacopo, in una casa gran-
de ch'é sopr'Arno appresso un chias-
solino che si va a Arno a lavare
panni. Si che forse fu fatta la car-
3
u
la a Signa, però che'l dillo Bar-
tolino stava molto a Signa più eh' a
Firenze, ed eravi un grande e te-
muto uomo, e avevavi di belli po-
deri, si che cercate bene trovere-
tela; e cosi ti scrissi per un'altra
a di 8 di questo.
Al fatto de la tua venuta, priega
Giovanni ti lasci venire per carna-
sciale, e avvisami quando verrai a
punto per contentare tua madre.
Del pregio ne scrivo a Giovanni. Ho
ricevuti tre ducati e fatto ciò che
bisogni. Mill'anni mi pare tu vegna
a vedere questi tuoi fratelli, eh' è
bella brigala; ma sono molto al di
sotto. Iddio ci aiuti per la sua mi-
sericordia e piata.
Del fatto del podere e d' ogni
cosa lascio a Giovanni l'impaccio;
Idio gli renda buon cambio per noi
di ciò ch'egli ci fa. E potete dire
sempre eh' egli è più vostro padre
che non sono io; si che per l'amor
di Dio fa' sempre a suo senno, che
35
tu hai ragione sempre te e gli al-
tri di pregare Idio per lui. Del
fallo d'uficio per me, né io né
niuno altro per chi aoperasse ma-
donna Taddea, non hanno auto
nulla , si eh' io mi sto cosi in
grande poverlà, e aspello grazia da
Idio. Giovanni da la Sale m' ha
male servito infino a qui, ma pure
mi promette ora. l'ho scritto a Gio-
vanni che legna modo che Diece
gli scriva ancora, e se gli fosse ma-
lagevole, che gli scriva lui per sua
parte e de la casa; e che dica ch'io
non mi tornerei ne la casa, né io
od altri che lui ; prima per la pa-
rentela che é tra la donna sua e
me, e poscia per l'amistà vecchia
eh' è stata sempre tra il ditto Gio-
vanni da la Sale e me. E priega
Giovanni che s'egli scrive a Gio-
vanni da la Sale, che scriva pie-
namente, e che gli si proferi e lui
e la casa, e scriva lettera ben leg-
gibile, e tosto.
36
Di qua si dice che Pisa é ribel-
lata del volere del Duca, e che sono
stati morti assai de' suoi soldati, e
che si crede che siano accordati
col vostro comune di Firenze; e
credesi che per questo sarà più to-
sto pace e con miori patti per la
Lega. Idio ci mandi pace, come per
r altra ho scritta a Giovanni.
Da Vinegia sono andate a Man-
tova cioè a Borgoforte 7 galee e loO
barche; che ciascuna galea ha 4
bombarde grosse, e ciascuna barca
1 bombardella; e da Padova 4 na-
vili grossi, e tra Ferrara e Man-
tova 50 navili grossi.
E tutte queste cose sono mollo
bene armate di gente, e d'ogni co-
sa, e sono tutte a Borgoforte; e
evvi andato tra da Yinegia e da
Padova 800 stili di roveri per fare
il ponte. E ragionasi eh' el duca ha
70 navili e 3 galee, si che innanzi
ch'esca questo mese s' azzufferanno,
0 il ponte si rifarà da Borgoforte.
37
fdio ci dia vettoria per la sua gra-
zia.
Il finocchio attendo perch'è il
tempo da seminarlo; scrivimi di
che tempo si semina costà e come;
e fa' eh' el sia grosso e dolce. Per
questa non t'ho altro a dire. Noi
siamo tutti sani. Idio vi guardi tutti.
Di' a Giovanni che non menzoni
madonna Taddea a nulla per ninno
modo.
Lanfredino proprio. — Io non
posso mai avere novelle da voi, che
in prima non sieno qua di 15 di
innanzi.
LETTERA
DI
DOMENICO LANFREDINI
Lanfredino Orsini de' Lanfredini da
Firenze in Lendinara propia data
0 in Ferrara.
Fratello carissimo. Ricevetti tua
lettera, in effetto contenente come
per altri avevi avuto come mio pa-
dre e madre e fratello s' erano an-
dati a paradiso, e che io era rimaso
ricco, e ch'io era un poltrone ec.
Alla quale rispondo che tanti sono
suti li impacci eh' io ho avuto, come
potrai vedere per le infrascrille ca-
gioni, che io non ho potuto rispon-
dere più tosto. Egli è vera cosa che
dopo la morte de' mie' parenti e fra-
39
tello, il vescovo formò un processo
contro a' beni di Sandro si come
usuraio, e lionne avuto molto im-
paccio; e ancora non sono assoluto
né assolverammi sanza mio gran
danno. E oltre a ciò mi sono usciti
tanti altri creditori a dosso chi con
carte e chi con iscritte, che doman-
dano tanto, che poco sarebbe il ri-
manente, sanza coloro die doman-
dano al vescovado l'usure a San-
dro per adrieto date; di che ho as-
sai che fare pure a difendermi dalle
dette cose; però abbiami per iscu-
sato , per le dette cagioni, s' io non
t'ho prima scritto. E ben che i detti
impacci sieno stati assai e grandi,
quegli della mia sirocchia della
quale mi scrivi, secondo che t'è
suto porto, che poco mi curerei
s' ella capitasse men che bene, sono
stati più e maggiori; però che una
mona Ghinga che fu donna di Fo-
cheggiale (17), insieme con un suo
figliuolo, sotto ombra di parentado,
40
(liedono a vedere alla Druda (18)
che le darebbono per marito il più
ricco cavalieri (19) di Firenze; e che
Sandro l'aveva lasciato trecento fio-
rini nel testamento per dota e non
più; ma che eglino farebbono tanto
che tutto il retaggio verrebbe a lei.
Di che la Druda credette loro e
mossemi lite, e in effetto per paura
di peggio la lasciai andare colli delli
mona Ghinga e Nanni suo figliuolo,
credendo eh' ella stesse alcuno di e
poi si ravvedesse. Ma eglino creden-
dosi guadagnare le feciono prima
rubare la casa, e hannola fatta pia-
lire meco insino a ora; di che mi
sono aiutalo a ragione e non hanno
guadagnalo però nulla meco. E con
lutto che mi abbiano fatte tutte que-
ste cose, volli perdonare alla Druda
con dirle ch'ella tornasse, e che
io mi ingegnerei di trovarle un ma-
rito a suo modo, e che se nolle ba-
stassono quegli trecento che 1' ha
lasciato il padre, che io compierei
41
li quattrocento e cinquecento se bi-
sognasse , pure eh' io P acconciassi
bene; di che non ne volle mai fare
nulla, credendo sempre alle parole
di coloro che la lusingavano per bi-
sogno di trarre da lei e d' avere,
E alla fine veggendo che non hanno
potuto guadagnare nulla, per rima-
nere con onore della impresa, in-
sieme con una mona Nastasia che
fu figliola di Bondo Carlelli, che si
fa nostra cugina, l'hanno maritata,
sanza mia licenza o parola o pur
richiesta, a un Luca delle Calvane ,
assai da poco, che ha cinque fi-
gliuoli della prima donna. Di che
posso dire che tra tutti e tre co-
storo l'abbiano affogata. Sanza ch'el-
la stette a casa quella Monna Na-
stasia non sanza vergogna di noi
e di lei , però che avea un figliuolo,
uomo che come che creda che la
trattasse onestamente, pur non di-
meno il dire delle genti pende più
nel dire male che bene. Di che
42
n" ho avuto grandissimo dolore però
che aspettava di maritarla leco in-
sieme questa quaresima come avevi
iscritto. S'io mi sono male portato
nella infermità defletti Sandro, ma-
dre e Lamberto potete comprendere
ora se è suto vero, però che quello
Nanni che ti scrisse l'ha fatto per
le dette cagioni, e se sarai qua,
come di'; potrai comprendere la ve-
rità. A quello che dice ch'io sono
matto e poltrone, e eh' io non temo
vergogna, rispondo che io non ne
voglio fare altra iscusa se non ch'io
mi maraviglio come a si fatte let-
tere, fatte per inganno e per mali-
zia di colui che non solo me ha
tradito ma eziandio ha voluto e
vuole tradire te, desti fede; però
che credeva che oggimai mi dovessi
cognoscere. Scrisseti ancora il cat-
tivo uomo di Nanni che io era ri-
mase ricco; di questo sarei contento
che fosse vero, però che sarebbe
mio bene, e tu credo che n' aresti
43
contentamento e allegrezza. Ma ac-
ciò che tu sappia la ricchezza che
m'è rimasa, sappia che tra lutto
ciò che si truova de' beni di San-
dro, non si truova, contando la
dota di mia madre, il valere di
mille fiorini; e hassene a cavare la
dote della Druda che nolla ho vo-
luta pagare per le dette cagioni,
ma converrallami pure pagare, però
che l'ha per testamento, la quale
dote è fiorini trecento d'oro. An-
cora se ne avrà a cavare più di du-
gento fiorini eli e vorrà il vescovo,
e coloro che hanno avere delle u-
sure che lasciò Sandro che si rendes-
sono. Si che pensa oggimai quello
che puole essere l'avanzo che mi
rimane. Dissiti di sopra come co-
lui che aveva tradito me doveva
tradire te , e però voglioti scrivere
il come. Mostra che tu gli scrivessi
in una lettera come tu dovevi es-
sere qua questa quaresima, di che
egli andò a uno che ha nome Ban-
44
cozo del Corso, il quale mostra che
l'abbia una carta a dosso pe' fatti
di Giovanni Angelieri, e pattovissi
con lui che s'egli gli voleva dare
il quarto di ciò ch'egli dee avere
da te, ch'egli farebbe che in que-
sta quaresima tu saresti messo in
prigione per la detta carta, se tu ci
venissi, e cosi gli ha promesso di
doverti appostare e fargli sentire
la tua venuta. E però ti priego,
caro mio magiore fratello , che
venga per modo quando vieni in
qua che non possa ricevere impedi-
mento, acciò che il traditore ch'é
nato per disfare casa nostra non ti
possa nuocere; e se me lo farai a
sentire quando sarai per volere ve-
nire, procaccerò con miei amici che
arai un bullettino da' priori si che
potrai venire sicuramente, e allora
ti informerò e consiglieromi teco di
tutte le sopradette cose più piena-
mente; come che se arò agio credo
venire costà da le in sul carnasciale
45
o prima , e troverai in effetto il con-
trario di tutte quelle cose che ti
sono state dette e scritte, e altri
bugiardo e me veritiere. Se per me
si può fare cosa ti sia in piacere
sono sempre apparecchiato.
Data in Firenze a di xxxix. di Gen-
naio [1384] per lo tuo Domenico di
Sandro Lanfredini.
LETTERE (20)
L)l
DORA DEL BENE
Al reverendissimo uomo Francesco
di Iacopo Vicario di Val de Nie-
volc in Poscia.
Messer Giovanni di Messer Ri-
ciartlo mi manda cheggiendo la caria
come furono falli citladini. Credo
ch'ella sia nel forzerello coU'altre
lue carie; mandami a dire se vuo-
gli eh' io mandi la chiave a Firenze
per farne cercare, o che vogli ch'io
faccia. f-.e vigne sono pelale e pa-
late e ora le fo legare a Dicci Chele.
Se tu hai della salvaggina parmi
farai bene a presentare Andrea della
Caterina. Se tu hai delle zane man-
47
dacene parecchie però che n' ab-
biamo gran bisogno. Qua non vien
persona che non mi dica che lu eri
nel letto; parmi che tu sia molto
bene megliorato del dormire. Oggi
questo di fo aconciare le pergole,
ed i ceci farò porre. Gigliotto fu
qui a me , e non volle né bere né
manicare, di che lo pregai assai, [e]
che facesse motto ad Amerigo e che
si tornasse co' lui mentre eh' egli
stesse a Firenze, perchè Amerigo
é solo, e foragli gran piacere. Non
fare dare el latte a' fanciulli nostri
di qui a mezzo maggio, però che
se l'aria non é calda non farebbe
buona operazione. Ramentoti le te-
ghie del ferro che quopra l'una l'al-
tra , che se '1 modo v' è facci eh' io
n' abbia un paio. Ser Bernardo ha
avuto grande male di fianco, e sta
bene; lodato Idio. Idio ti sia guar-
dia sempre.
Fatta in S. Biagio ) ^ ^^^^^
di IV d aprile j
48
Al savio e discreto nomo Francesco
di Iacopo Vicario di Val de Nie-
vote.
Mandatemi a dire quello clie vo-
lete che faccia per questi danari
del Monte, che Marco di Giotto
dice ched é bisogno che vada a Fi-
renze; mandatemelo a dire quello
ched ho a fare. Avemo tre caveret-
li , uno fagiano ; mandamo uno
caveretto a Giovanni: e dite ad An-
tonio ched io ho auti fiorini otto
in oro. Digli che ci mandi del ca-
cio che so ched è in buono istato.
Mandami a dire se compero o san-
gina 0 panico; la sangina s. viii,
el panico s. xii. Rispondimi. Altro
non ti dico. Idio ti guardi. Fatta
a' di xiiii di aprile 1381.
Dora di Francesco d'Iacopo Del
Bene.
49
Al venerabile Francesco di Iacopo
Vicario in Pescia.
Maravigliomì che tu non mi ri-
spondi alla lettera che ti scrissi del
fatto nostro del Monte. A me pare
che Marco di Giotto e questi nostri
amici abiano intendimento a certe
tue iscritture, ed io sono pur di-
sposta a non mostrare ninna tua
iscrittura sanza tua lettera. P ho
venduto le legne minute del bosco
a Bone e ad persona da Campi
sol. Ili e d. 5 la soma. Abiamo fatto
el porcile, ma non vorrei ancora
el porco, però che non so che
dargli.
Ramenloti el panno di fanciulli
pel verno, si che ci possiamo ve-
stire tutti. Dice Ser Bernardo che
Messer Pagolo l'ha molto pregato
che ti scriva che tu gli responda
alle lettere che t' ha mandate. Istia-
rao tutti bene , lodato Idio ; ma
meglio ci parrebbe istare se fus-
4
50
Simo teco. Addio; t'accomando la
Dora tua. Salute mille.
Fatta di xviii
d' aprile all' Avemaria.
Al carissimo uomo Francesco di Ia-
copo Vicario in Pescia.
Domenica sera feci fare a Ser
Bernardo una scritta di patti ch'io
ho col paneraio e col Brea. E l'un
promise la pigione pe l'altro per
termine e tempo di quatro anni.
Guarnieri ha tolto el macello da
Petriuolo e taglia a casa Capo, e
quello che prometterà a Capo per
la pigione, darà a me, e cosi m'ha
promesso. Io guardo di allogare le
canali di Capo per avere cotanto
meno ad avere, perchè mi pare che
l'avanzo li converrà lasciare per
r amor di Dio.
ol
Michel di Cosa e' figliuoli m'hanno
chesto la terra tua che fa Giovan-
nino del Calza e darebborne più xii
staia di grano, levandone gli al-
beri; e forse anche ne darebbon
più. Pare a Ser Bernardo che T al-
legagione sarebbe buona, e si per-
chè sono buoni pagatori, e si per-
chè gli alberi non fruttano la metà
per anno di quello che se ne trova,
ma più.
Io favellai coli' amico del renca-
rare delle terre; dicemi che ci ha
di quelle che vagliono più, ben che
non sa el pregio tuo. Dicemi che
vorrebbe sapere a che pregio sono.
Le vigne si vangano valentemente ,
e fassene buono governo, secondo
che m'è detto. El Fraschiere (21)
ha vedute le canali e dice che l'ac-
concerà in calen di giugno. Dicon-
mi costoro che l'orzo nostro del-
l' orto è '1 più beli' orzo di questo
paese. La Caterina è stata infred-
data, ora è guerila. E Nanni ha la
febre.
52
E' non godo come tu credi. Ben-
ch'io non abbia a combattar co' birri
ma a combattar co' Lagio e col-
r altra brigata. Tu ordisti di molte
tele e ha 'le lasciate a tessere a me.
Emi detto che Andrea vuole la Ca-
terina ora di questo mese. Se ti de-
liberassi di dargliela, vorrebbisi a-
vere pensiere di fornirla. Qui si
dice che costi ha un poco di mor-
talità, di che ti prego per Dio che
vi sapiate guardare. Mona Bartola
nostra ha avuto parecchi di un gran
male, ed è stata a Firenze; ora è
tornata , e sta bene. Idio vi sia
guardia. La Dora tua a Petriolo.
Fatta addi viii di maggio
Dopo vespro sotto la loggia.
Al savio uomo Francesco di Iacopo
Vicario in Peseta.
Le viottole sono vendute e presso
che segate; però che tempo non era
S3
da secar Fieno, io non ho ancora
favellato a Biagio di Lapo , favel-
larogli domani sanza fallo.
Bindo e Amerigo (22) furono a
Prato con Cristofano e con Cintone
e non venderono nulla. L' opere
delle vigne furono a potare et al
palare xxxviii; del vangare non
posso ancora sapere perchè ce n'ha
ancora a vangare dalle sette all'otto.
Favellai con Giovannino del Calza,
dicemi che ti diede Lire lx e che
tu non facesti el pregio del grano,
di che vuol far teco. Ragionagli
della terra; dicemi che non vuole
fare niun patto se non con teco.
El Marzica vorrebbe la terra dalla
strada che sa Piero d'Amadore, dove
si fa el capannetto per por vigna.
Castiga si Borgognone (23) che non
bea el vin pretto, che questi gar-
zoni mi dicono che gli fa gran male.
Tu mi scrivi dell'Antonia (24), ma
io credo che tu n'hai pochi pen-
sieri; e aviemene quello ch'io ne
54
pensai quando andasti; io per me
non ne favellai mai a persona , né
favellarò. La botte grande è levata ,
si che mandami a dire quel che ti
pare da fare, avisami quel che ti
pare che faccia dell' andare da Fi-
renze 0 no; è vero che qui ha molte
faccende e male posso lasciare. Pho
fatto tagliare a queste fanciulle duo
giubbe e non ho di che fornirle;
mandami a dire come faccia.
Giulonecifuistamaniedice eh' ba
venduto un vitello di Giovanni d'A-
gliana, e recòmi x fiorini e lire in
di quattrini. Io trovo delle terre di
Donato di mona Tata fiorini xxv e
non più; si che mandami a dire se
le viio' dare, che costoro ne vo-
gliono resposta. Michelone e' figliuoli
vogliono le terre del Lisca che fa
Giovannino per xvi fiorini più, ta-
gliando l'alberi, e di questo vo-
gliono resposta; mandami a dire
quel che ho a fare , e eh' io non
tenga altrui a parole. Tu mi scrivi
55
che non può' dormire la notte per
pensieri che hai dell'Antonia; ma
a me è detto che tu hai altra com-
pagnia che non ti lascia dormire.
Ma l'Antonia'ìion è quella che ti
toglie el sonno; ma quando non po-
trò più 5 assalirotti che non te n'av-
vedrai , e non verrò se non solo per
garrire. Mandoti delle robiglie (25) e
de' baccelli e della lattuga di Mes-
ser Pagolo perchè tu ti rinfreschi ,
che mi pare che n' abbi bisogno.
Pregoti che gastighi i nostri fan-
ciulli. Idio li sia guardia e tu an-
che ti sappi guardare. Ser Bernar-
do ti manda mille salute.
Fatta addì xix mag- f per la Do-
gio dopo r avemaria j ra tua ni-
nella loggia. V mica.
LETTERA
DI
COLUCCIO SALUTATI
Nobili et prudenti viro Francisco
lacobi Del Bene vicario lion. Val-
lis Nebulae et Arianae , majori
suo karissimo.
Maggiore mio singularissiino,
Per cagione di certo omicidio com-
messo ne la persona di Gaido d'A-
righetto ho sentito che avete soste-
nuto e molestato ne la sua persona
Simo di Simo da Stignano (26) , il
quale reputo mio fratello. Di che
57
mi grava quanto se ne la mia pro-
pia persona V avessi ricevuto. Oltra
ciò per questa medesima cagione
pare abbiate fatto richiedere Nello
di Giovannino mio cognato. E que-
sto pare sia avenuto perchè si
dicevano avere accompagnato quelli
che comise il detto omicidio; come
che ne la verità né mai vi furono,
né alcuno cosa ne seppero, come
sono certo sarete pienamente infor-
mato. E per tanto avendo rispetto a
la loro innocentia, quanto più posso
strectissimamenle vi priego che per
amore e gratia di me vi piaccia be-
nignamente procedere a la libera-
tiene del detto Simo, e provedere
che'l detto Nello per questa cagione
né in persona né in avere sia gra-
vato. Però che certamente cosi porta
la loro inocentia. Piacciavi adunque
in questo facto che ragionevolmente
domando, mostra[re] per effecto quel-
lo che sono credulo potere in voi. E
per li tempi avenire sienvi i detti
58
Simo e Nello come la mia persona
racomandati.
Florentiae xi marlii iv inditio-
ne (27).
Yesler Coluccius Pyerius Cancel-
larius Florentinus.
LETTERA
DI
GIORGIO SCALI
Al suo caro fratello Francesco di
Iacopo Vicario di Val di Nievole
et e.
Fratello carissimo,
Pare che il podestà di Bugiano
perseguiti in ogni modo Nicolao e
Coluccino da Bugiano e uno altro
loro parente, e più volte glie n'ho
scritto e fatto scrivere; niuna gra-
tia, né dovere, né ragione per loro
ho trovato in lui, non so che sia
la cagione, né etiamdio una buona
risposta. Non so per quale mio di-
fetto io abia questa disgrafia con
60
costui, e pure è cosi. Il perchè io
ti prego che essi ti sieno racoinan-
dati, e che per mala informalione
tu no gli iscacci né perseguiti; e
se il podestà o altri dubita di loro,
prendi da loro che sono sofìcienti
si fatta sicurtà che basti, e lasciali
stare a casa loro o in Pescia, come
vedi che sia più tuo onore; io te
gli racomando come miei carissimi
amici. Idio sia teco.
Giorgio degli Scali in Firenze di
XXII di marzo.
LETTERA
DI
LEMMO BALDUCCI
Nobile homo Francesco di Iacopo Del
Bene honorevole vicaro di Valdi-
nievole.
Garisimo mio fratello magiore,
Per Aimerigo vostro vi fue scritto
che io dovea avere dal podestà di
Pescia fiorini otto d'oro di resto di
XX eh' io gli prestai ; e io scrissi
al detto Piero che elio vi dovesse
dare i detti fiorini otto, e voi scri-
veste [aJAimerigo che voi gli avete a-
dimandati e ch'elio avea detto di
darli alla uscita del suo ofizio. Sa-
piate che non fue miga servigio da
62
dimenticare ciie io li prestai fiorini
venti, ed elio disse di darli di fino
a due mesi od otto; è pine di
quatr'anni, e liamene dati in tre
volle fiorini dodici si che io resto a
aver fiorini otto d' oro. Ora io man-
do costà Lorenzo Ranaldini per que-
sta cagione; e scrivo al detto Piero
che se elio non v' hae dati i detti
denari che elio lì debia dare al detto
Lorenzo; e a Lorenzo hoe data la
scritta di mano di Piero, che quan-
do r hae pagato che li debia dare la
scritta. Credo che '1 detto Piero li
darà; e voi n' adoperate quello che
voi potete con vostro honore. Che
s' elio riqusase , di dire io non gli
hoe al presente, che delle sue paghe
si faciano promettere al camar-
lingo; imperò quando il camarlingo
gli avesse promessi saremo dal se-
euro d'averli, e se elio tornasse a
Firenze co' denari sarebe magior
briga averli. Bene che io credo che
sia in buono volere di darli, si che
63
adoperate che Lorenzo sia pagato
e che Piero abia la sua scritta; simi-
le hoe a fare a Volano (28). Di lutto
Lorenzo vi sia racomandato. Sapiate
che Aimerigo hae grande briga di
questi suoi fatti co 'i parenti suoi ,
e no ne puote venire a capo. La
Diamante vi manda mille salute. E
Dora hae voglia che voi compiate to-
ste Tofizio acciocché voi ne vegnale
a Firenze. Noi non facciamo se non
motegiarla e cosi le diamo piacere.
Sequa hoe a fare alquna cosa, scri-
vetemelo, farollo volentieri. Dio vi
guardi. Al vostro piacere
Lo vostro
Lemme Balducci, data in Firenze
a dì VII de aprile.
ss^i^fes-
LETTERE
DI
MARCHIONNE DI COPPO
STEFANI (29)
Francesco di Iacopo Vicario di Val-
dinievole.
lo ricevetti una tua lettera per
la quale io compresi come lo ca-
vallo slava bene, et di tua inten-
zione et proferta ti ringrazio; et
diliberalo m'era di lasciarloti tutto
il tempo dello uficio, e cosi sono s'io
potrò. Et non t' ho prima risposto
però che quando ebbi la lettera
quel di io era eletto andare imba-
sciadore nella Magna allo impera-
dore con Zanobi Brunetti et con Ser
Ristoro da Fighine (30); et si mi
65
sono ingegnato di schernirmi; (31) ora
non posso ciò fare et convienimi
ire. Cerco di fornirmi di cavalli, et
eccene male fornito (32) però che
per la compagnia condotta a Siena
ci sono ricolti; o' io non mi potessi
fornire pigliere' sicurtà di prestare
il cavallo a qualcuno che mi preste-
rebbe un mulo 0 ronzino. Et se a
te venisse in acconcio di fare così,
ancora non trovando altro l' averci
caro, ma non li vorrei sconciare.
Credo anderemo da qui a 8 o a 10
di (33). Qua non ha altro di nuovo.
Scritta in Firenze a di i di giu-
gno.
per Melchionne.
Nobili viro Francisco vicario Vallis
nebulae etc.
Io ebbi questa mactina essendo
nel ledo due lue lettere; et inteso,
5
66
a runa et a l'altra ti rispondo, che
ad me non è nuovo che de' facti
miei faceste sempre e fai e faresti
come de' tuoi, e tanto più quanto
potessi. Io sono più che contento
di ciò che hai facto, però clie ad ra-
gione si r hai bene meritato. I da-
nari se n' hai bisogno ritielH al
tuo piacere, eh' io ho degli altri.
Al facto del ronzino, io non t'avea
richiesto di ronzino se non perchè
tu ritenessi il cavallo per averne
meno a dosso a sectembre ch'io po-
tessi; avendo avuto cotesto grande,
di che lodato Iddio, è spacciato. Qui
se ne aspectano a questi di. S' a-
vessi bisogno d' uno , scrivilo et io
te ne manderò uno, se ti mancasse
cavalli. Ritieni i denari della erba ,
che sai che fu mia intenzione, quan-
do li menasti in mio servigio più
che tuo bisogno. Qua fu uno am-
basciatore dello imperadore, et an-
dò via martedì a Roma colle no-
velle usate di noi ubidire papa Ur-
67
bano (34) , et profere fare quello
ch'el padre (35) fece; e rechiede
alla sua incoronazione etc; e che
dee passare quest' anno.
Data in Firenze di 5 di giugno
[1381] per Melchionne.
ISTOTE
(1) Copinlo, questa e le sei seguenti, dal
codice niagliabechiano, 7. Pai. v., già ap-
partenuto al convento di S. Iacopo di Fi-
renze.
(2) Fine. Quietanza.
(3) Vorresti tue, se tu volessi.
(4) Mezanini. Mezzanino è tessuto di mezza
lana e mezza accia. Manca ai vocabolari.
(5) PoLTREMOLLO. Nome di qualche tes-
suto: forse così dal luogo dove si fabbricava.
Ma qual fosse il luogo non trovo, che i no-
stri antichi di storpiature di nomi non face-
vano a risparmio.
(6) PiGNOLLO. Tessuto chiamato forse così
dall' essere fabbricato a Pignol.
(7) Aso. Agio. I dizionari hanno solamente
Asie.
69
(8) Sono in stazone, sono in casa, o a
bottega; forse sono fermo.
(9) Io sono alla porta, se non s' ha da in-
tendere letteralmente, allora, secondo me, vuol
significare : Essere sempre al principio d' una
cosa. Essersi poco avvantaggiato.
(10) Giovanna di cui dice sotto. La quale
a questo tempo avea 38 anni; e Orsino 14,
come rilevo da' libri del Catasto, i quali sotto
111427 pongono che Giovanna avea anni 70,
e Orsino 46.
(11) Gian Galeazzo. — Parla della guerra
tra il Visconti e la lega de' Veneziani , Fio-
rentini, Lucchesi, Carlo Malatesta, Francesco
da Carrara, Bolognesi, il marchese di Fer-
rara, per la difesa di Mantova. Vedi il Corio,
parte IV delle Storie milanesi. — La batta-
glia fu il 28 agosto 1397. V. Coro Dati. Sto-
ria di Firenze, lib. iv.
(12) Stazoni. Veramente vale Botteghe ; ma
qui può intendersi per Magazzini.
(13) Qui non ha, forse pensatamente, messo
il presi già posto due volle di sopra.
(14) AvvEGGiMENTO. Avvedimento. Manca
ai lessici.
(15) Si che il Duca sia nel ballo de rochi.
Così ha sicurissimamente il codice. Rochi per
scambio del e e del g , comunissimo ai no-
70
stri antichi, potrebbe stare per roghi, ossia
pruni; e allora tutta la frase vale che il Duca
era in si cattivo stato da potersi dire che bal-
lava sulle spine. Ad altri piacerebbe leggere
rocchi, ritenendo che 1' autore traesse ima-
gine dal gioco degli scacchi , dove se il re
trovasi in mezzo alle torri, dette anche roc-
chi, è spacciato. E il senso è lo stesso.
(IG) Migrare e più sotto Miore per Mi-
gliorare, e Migliore, sono del dialetto.
(17) Oiicsliì Ciiiinga fu figliuola di France-
sco Mannovclli. Poclioggialc fu chiamato Fi-
lippo Lanfrcdini, cugino del padre di Dome-
nico.
(18) Druda accorciativo di Aldruda.
(10) Tale e simili uscite duran lult'ora in
Toscana in Val d' Arno di sotto.
(20) Copiate questa e le seguenti dalle
carte appartenute alla famiglia Del Bene ,
esistenti nel R. Archivio di Stato di Firenze.
Indicatemi dal dotto e cortese cav. Gaetano
Milanesi. Di che gli rendo qui pubbliche gra-
zie, come d'altre notizie ed aiuti a me forniti
in proposito. — Tutte scritte nel 1381, sono
dirette a Francesco di Iacopo del Bene , il
quale oltre al vicariato in Val di Nievole
|1381] avea sostenuto innanzi vari iiflici;
nel 1308, nel 73, nel 77 tu de" priori; poi ne so-
71
slennc altri dopo; e nel 1381 (a'30 sett. pone
Ser Naddo nelle Memorie Storiche, T. xviii
delle Delizie degli Er. Tos.) fu ambasciatore al
papa insieme con M. Baldo da Figline. Dalla
quale ambasceria tornato, il 14 marzo 1382
fu confinalo a Fermo; fatto poi ritorno dovè re-
starsi alquanto a Firenze; ma nel 1387 è no-
minato tra quelli cbc non dovevano avere più
niuno ufficio nel Comune. Negli spogli del-
l'Ancisa (GG. 003, nel R. Archivio di Stato)
è messo ambasciatore al papa nel 1382.
(21) Qui e poco sopra il codice ha te ca-
nali, ed anche in altre scritture antiche tal
voce si trova al genere femminile.
(22j Figliuoli di Francesco e di Dora.
(23; Altro figliuolo.
(24) Una delle figliuole.
(25) Rohifjlia , sorta di legume salvatico
simile a' piselli.
(26) Stignano, castello della VaJdinievole ,
ove nel 1330, nacque Coluccio.
(27) L'indizione iv era appunto nel 1381.
(28) Il cod. ha così, e credo per Vollano
castello notissimo in Val di Nievole.
(20) Che queste lettere sono di Marchionne
di Coppo Stefani apparisce manifestamente dal
dirsi qui che andò ambasciatore nella Magna.
liC lettere sono dell' 81; e infatti nella Sto-
72
ria Fiorentina dello Stefani al libro 11, ru-
brica 895 (V. Dcliciae Eruditorum I. xvi.
p. 59) è narrato che nel 1381 Marchionne
fu eletto a queir ufficio.
(30) Nella Storia i nomi de' compagni di
Marchionne sono invece , Ser Niccolò da Ra-
batta, Zanobi Guidetti, e per notaio Ser
Francesco di Ser Landò Fortini.
(31) Schernire per Schermire, scambio ple-
beo che tutt' ora vive.
(32) Fornito. Fornimento; nel vocabolario
non ha esempio del trecento.
(33) Il padre Idelfonso nelle notizie di Mar-
chionne premesse alla Storia dice che gli am-
basciatori partirono a' 26 d'agosto del 1381.
(34) Urbano vi.
(35) Il padre dell' imperator Venceslao, cioè
Carlo IV.
-«sSJfes»^
OIPTJSCOIjI
di prossima pubblicazione
Il Paradiso degli Alberti ritrovi e Ragionamenti del 1389
di Giovanni da Prato. (Voi. 1" Prefaazione ).
Giambullari Bernardo. Dialoghi in rima: rarissimi.
Novelle ( Sessanta ) tratte d' antichi testi.
Ballate edite ed inedite dei secoli XIV, XV, XVI.
Libro di Ballo di Mastro Dom. da Ferrara, testo inedito.
La leggenda di Vergognia in prosa e in verso, col testo
francese a fronte , e la Storia di Giuda Iscariotte ,
lesti inediti del buon secolo.
PERIODICO BIMESTRALE
SCELTA
DI
CURIOSITÀ LETTERARIE
INET3ITE O RARE
DAL. SECOLO XIII AL XVII
in Appendice alla Collezione di Opere inedite o rare.
DISPENSA CXVI.
Prezzo L. 6. 50.
Di questa SCELTA usciranno otto o dieci volu-
metti all'anno: la tiratura di essi verrà eseguita in
numero non maggiore di esemplari 202: il prezzo sarà
uniformato al num. dei fogH di ciascheduna dispensa,
e alla quantità degli esemplari tirati: sesto, carta e
caratteri, uguali al presente fascicolo.
Gaetano Bomagnoli. ,
OPERETTE GIÀ PUBBLICATE.
1. Novelle d' incerti autori L. 3.
2. Lozione o vero Cicalamento di M. Bartolino . ...» 5.
3. Martirio d' una Fanciulla Faentina » 1.
4. Due novelle morali » 1.
5. Vita di messer Francesco Petrarca » 1.
(). Storia d'una Fanciulla tradita da un suo amante . . » 1.
7. Commento di ser Agresto da Ficaruolo ■.....» 5.
8. La Mula, la Chiave e Madrigali » 1.
9. Dodici conti Morali » 4.
10. La Lusignacca , » 2.
11. Dottrina dello Schiato di Bari » 1.
12. Il Passio 0 Vangelo di Nicodemo » 2.
13. Sermone di S. Bernardino da Siena » 1.
14. Storia d'una crudel matrigna . . • » 2.
15. Il Lamento della B. V. Maria e le Allegrezze in rima » 1.
16. Il Libro della vita contemplativa » 1.
17. Brieve Meditazione sui beneficii di Dio ,....» 2.
18. La Vita di Romolo » 2.
19. Il Marchese di Saluzzo e la Griselda x> 2.
20. Novella di Pier Geronimo Gentile Savonese. Vi ù laiito:
Un' avventura amorosa di Ferdinando D' Aragona.
Vi è pure unito:
Le Compagnie de' Battuti in Eoma » 2.
21. Due Epistole d' Ovidio » 2.
22. Novelle di Marco Mantova scrittore del sec XVI . . » 5.
23. Dell' Illustra ot famosa historia di Lancillotto dal Lago » 3.
24. Saggio del Volgarizzamento antico » 2.
25. Novella del Cerbino in ottava rima » 2.
26. Trattatela delle virtù » 2.
27. Negoziazione di Giulio Ottonelli alla Corte di Spagna » 2.
28. Tancredi Principe di Salerno » 2.
29. Le Vite di Numa e T. Ostilio . ■ » 2.
30. La Epistola di S. Iacopo e i capitoli terzo e quarto del
Vangelo di S. Giovanni » 2.
31. Storia di S. Clemente Papa » 3.
32. Il Libro delle Lamentazioni di leremia e il Cantico
de' Cantici di Salamene. . . • » 2.
33. Epistola di Alberto degli Albizzi a Martino V. . . . » 2.
34. I Saltarelli del Bronzino Pittore » 2.
35. Gibello Novella inedita in ottava rima » 3.
36. Commento a una Canzono di Francesco Petrarca . . » 2.
37. Vita e frannnonti di Sall'o da Mitilone » 3.
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ISTI.
Edizione di soli 200 esemplari progressivamente
numerati.
N. 161.
AVVERTIMENTO.
Rivolgendo le nostre cure a que-
sta raccolta delle più antiche lettere
che si conoscano scritte in volgare,
non fu nostro intendimento di offrire
pascolo agli spigolatori di eleganze,
ma di giovare, con la pubblicazione
di documenti antichissimi ed auten-
tici , alle indagini intorno alla storia
della lingua nostra.
Mercè le nostre ricerche , aiu-
tate dall' altrui cortesia , abbiamo
potuto mettere assieme dieci lettere
volgari , tutte del secolo xiii , con
data certa d'anno e talvolta di mese
VI
e di giorno; e da due in fuori, tutte
inedite, i Queste dieci lettere sono re-
liquie di ben cinque carteggi tenuti
in lingua volgare ; il primo, tra uffi-
ciali del comune di Siena, per occa-
sione di condotte e assodamento di
cavalieri; gli altri, tra privati cit-
tadini senesi, per affari mercantili.
Alle dieci lettere del secolo xiii ab-
biamo fatto seguire un'appendice di
altre quattro, che sebbene scritte
nella prima metà del secolo seguente,
appartenendo ad uno dei carteggi an-
zidetti , ci parve di non dovere esclu-
dere ; nonché cinque documenti illu-
strativi, dei secoli xiii e xiv, due
dei quali pure in volgare.
1 Ad una Raccolta di prose e lettere toscane
dei secoli xin e xiv illustrate con note, nella
quale è assai verosimile che fosse compresa
alcuna delle lettere ora da noi pubblicate, la-
vorò, dur>.nte il suo soggiorno in Siena, Teo-
filo Gallaccini (V. Pecci, Vita di Teotilo Gal-
laccini nelle Novelle letterarie, tomo xx, anno
1759, a pag. 117-118). Questa raccolta appa-
recchiata dal Gallaccini rimase inedita.
VII
L' importanza grande che hanno
questi monumenti del volgare no-
stro, così per la loro singolare anti-
chità, come per la forma incorrotta,
in cui ci sono pervenuti nei loro pro-
pri originali (fatta eccezione d' un
solo, tratto da copia recente), c'im-
poneva l'obbligo di pubblicarli con
tanta fedeltà e diligenza, quante oc-
corressero acciocché l'uso della pre-
sente stampa equivalesse per gli stu-
diosi a quello degli originali stessi.
Abbiamo quindi scrupolosamente ri-
prodotto tutto ciò che appartiene
alla pronunzia ^ e alla ortografia; ^ e
soltanto abbiamo sciolto le abbrevia-
zioni , anche quando le trovammo
mancanti del debito segno abbrevia-
tivo, ^ ed emendata qualche grosso-
1 Cos'i abbiamo scritto e rimanente {<^\ rima-
nente) a lluì, co Uovo ec.
2 l'er esempio: fato, disc , UjV anha&ciadori,
giongnesscro.
■' Ungia (abJn-eviato ugia) scrivare (scivarei
avantcli (avatelii ec.
vili
lana svista; i sempre però riferendo
nelle postille a pie di pagina la le-
zione abbreviata od erronea dell'ori-
ginale. Le lacune, cagionate da qual-
che guasto negli autografi, abbiamo
indicate con una serie di punti; le
sostituzioni, talvolta da noi conget-
turate, abbiamo introdotte nel testo,
chiudendole tra parentesi quadre, o
solamente accennate nelle postille.
Essendo poi le scritture che pub-
blichiamo importanti non solo per lo
studio della lingua, ma anche per
quello della storia politica e commer-
ciale ; cosi ancora sotto il doppio a-
spetto filologico e storico furono con-
dotte le annotazioni. Le quali bensì
non voglionsi considerare come un'il-
lustrazione compiuta, ma furono da
noi ordinate o a dichiarare i luoghi
più oscuri, o a richiamare l'atten-
' Vedervi (vederri) foe (toa) per innanzi (per
renezi) ec.
zione dei lettori su quelli che ce ne
parvero più degni. Quanto spetta alla
descrizione delle carte originali e
alla loro provenienza, abbiamo rac-
colto nella Notizia illustrativa che
tiene dietro a questo Avvertimento;
e finalmente abbiamo aggiunto alle
annotazioni un Indice delle parole e
dei modi più notevoli che offrono le
quattordici lettere e le altre due
scritture volgari.
Ci piace infine di rendere noto
che se la nostra raccolta si compone,
per la massima parte, di documenti
tratti da archivi e da collezioni pri-
vate, dobbiamo professarcene debi-
tori ai signori: cavaliere Giulio Bian-
chi Bandinelli , nobile Alessandro
Pucci Sansedoni , conte Bernardo
Tolomei , e cavaliere Giuseppe Porri
di Siena, non che al compianto ca-
valiere Pietro Bigazzi di Firenze , e
a' suoi eredi: i quali tutti, con som-
X
Mia cortesia, ci diedero lacoltii di
studiare a nostro agio e di pubbli-
care i documenti da loro posseduti ,
che fanno ora parte della nostra rac-
colta. Uguali larghezze e non meno
cortesi aiuti avemmo dalla R. So-
printendenza agli Archivi toscani,
per i documenti tratti dagli Archivi
di Stato di Firenze e di Siena.
Siena, nel gennaio del 1871.
oOf«ÌP
mmx ILLUSTRATIVA
DELLE LETTERE E DEI DOCUMENTI
CHE SI PUBBLICANO IN QUESTO VOLUME.
LETTERE VOLGARI
DEL SECOLO XIIL
I. Lettera di Arrigo Accattapane, da
Spoleto, a Ruggero da Bagnuolo, capi-
tano di popolo , in Siena. Scritta dopo il
22 di settembre e anteriormente al 2 d' ot-
tobre 1253.
Carta bambagina, larga centiiii. 21, lun-
ga 11; scritta da due facce. Autografa.
Nel R. Archivio di Stato in Siena. Lettere
al Concistoro , filza i.
II. Lettera di Arrigo Accattapane, da
Perugia, a Ruggero da Bagnuolo, in Siena.
Scritta fra il 2 e il 6 ottobre 1253.
Pergamena, larga centim. 31 da capo e 26
da piede , lunga 34 ; scritta da una sola faccia.
Autografa.
Pubbl. dal Muratori iper comunicazione a-
vutane dal senese Uberto Benvoglienti) nelle
XII
Anliq. Hai., tomo u, dissert. xxxii,col. lO-l'-lS :
e nuovamente dal Cantv , Stor. Univers, (To-
rino, Pomba, 1851. In 8vo), voi. in, pag. 129(>.
Nell'una e nell'altra stampa mancano i nomi
dei cav.alieri.
Neil' Ardi, detto. Pergamene delle Rifor-
magioni, ad annulli.
III. Lettera di Arrigo Accattapane e
Aldobrandino Gonzolino, da Perugia, a
Ruggero da Bagnuolo , in Siena. Scritta
poco dopo il 6 ottobre 1253.
Carta bambagina, larga centim. 21, lun-
ga 11; scritta da una sola faccia, salvo l'in-
dirizzo, che è a tergo. Autografa d'Aldobran-
dino.
Neil' Ardi, detto. Lettere al Concistoro,
filza 1.
IV. Lettera di Aldobrandino Gonzolino
a Ruggero da Bagnuolo, in Siena.
Pergamena, larga centim. 10, lunga 0;
scritta da una sola faccia, con a tergo l'in-
dirizzo. Autografa.
Neil" Ardi, detto. Pergamene delle Rlfor-
magioni , ad annum.
Mancando affatto queste quattro lettere
delle date di tempo, e la prima e la quarta
anche di quelle di luogo, abbiamo dovuto de-
sumerle dal loro contesto o da documenti con-
temporanei. E in primo luogo, ch'esse spettino
tutte all'anno 1253, ce lo dice il nome di Rug-
gero da Bagnuolo, che tenne ufficio di capitano
XIII
del popolo in Siena nel secondo semestre di co-
dest'anno; e, più da vicino, la deliberazione
del Consiglio della Campana di Siena, del
22 di settembre 1253 , per la quale Arrigo Ac-
cattapane e Aldobrandino Gonzolino vengono
eletti sindaci a condurre soldati agli stipendi
del comune di Siena (Documento i). La prece-
denza della lettera, che abbiamo posto per
prima, è determinata da quelle parole d'Ar-
rigo (pag. 4), dove afferma che «le. carte dei
pati no sono anco fatte » : mentre nella ii
ne trasmette il sunto al capitano del po-
polo. Ciò posto, viene da sé che la lettera i
sia scritta da Spoleto , tra il 22 di settembre
e il 2 d'ottobre; giacché, quanto alla data di
luogo, in parte il tenore della lettera stessa
in parte altri documenti sincroni (fra i quali
il nostro Documento ii) dichiarano che Arrigo
di quei giorni trovavasi a Spoleto ; quanto
alla data di tempo, essa non può essere piii re-
cente del 2 di ottobre, perchè in codesto giorno
Arrigo venne in Perugia, come egli stesso ne dà
avviso nella lettera ii. E questa ii è scritta poco
dopo il detto giorno 2 d'ottobre, e certamente
avanti il 6, parlandovisi della presenza del papa
in Assisi (pag. 6) ; mentre attestano gli Annali
del Muratori, che il giorno 6 d'ottobre pp. In-
nocenzo IV lasciò codesta città e prese la via
di Roma. La m lettera crediamo scritta poco
dopo il 6 d'ottobre, considerato che vi si dà
l'annunzio dell'invio a Siena di sessantadue
cavalieri partiti da Cortona (dove li aveva as-
soldati Aldobrandino) il 6 detto ; e quest' annun-
zio dovette essere scritto verisimilmente subito
dopo il ritorno d'.\ldobrandino in Perugia, in
XIV
tempo da potere arrivare in Siena quasi con-
temporaneamente a quei cavalieri. Della let-
tera IV non ci ò riuscito determinare la data
di tempo né di luogo, e nemmeno stabilire se
sia anteriore o posteriore alle tre precedenti.
Vogliamo anche notare che per la consi-
derazione del carattere che è d'una mano nella
1 e nella ii lettera (Arrigo solo) ; e d' altra mano
nella III (Arrigo e Aldobrandino) e nella iv (Al-
dobrandino solo); abbiamo ritenute le due pri-
me per autografe di Arrigo, e le altre due per
autografe di Aldobrandino. Ai lettori nostri sarà
poi facile ricavare la diversità dei due scri-
venti, anche da certe specialità grafiche distin-
tissime e costanti. Cosi Arrigo scrive Rugeri
de Bangnuolo , Peroscia, cavaieri; e Aldobran-
dino , /{uperio dfi BafinioJo, Peroga, chavalieri.
V. Lettera di lacomo, Giovanni, Vin-
centi e altri compagni, da Siena, a lacomo
di Guido Cacciaconti , in Francia. Spedita
il 5 luglio 1260.
Pergamena, larga centim. 29, lunga 4.3; assai
ben conservata; di scrittura minuta ed elegante,
tutta d'una sola mano. A tergo è l'indirizzo, della
mano stessa che ha scritto la lettera, e il con-
trassegno mercantile della compagnia, consi-
stente in una rota di cinque raggi (figura iden-
tica a quella dello stemma degli Ugurgeri , nel
quale bensì sono di piti tre leoni rampanti); e di
mano diversa, due annotazioni di non facile let-
tura per lo svanimento dei caratteri. In una ab-
liiamo letto: «....per lo primo meso de la fiera
del..-ano sesanta^'- e crediamo sia di mano di chi
XV
ricevè la lettera. L'altra annotazione scritta, a
quanto ci è sembrato, nel secolo xiv, è del se-
guente tenore : « Chome chomune di Siena yhua-
)ttó el contado di Cole e di Montepulciano, di
Montealcino , e come Montepulciano fede fe-
ìdehlà di Siena, e come \el conile andò a oste
ad [Ar]ezo » La data 5 luglio 1260, notata so-
pra, indica semplicemente il giorno in cui que-
sta lettera mosse da Siena: dobbiamo aggiun-
gere qui che dal suo tenore apparisce che essa
è stata scritta in piti giorni : ossia, per dirla con
piti precisione, che il paragrafo «Sapi, laco-
rao»ec., apag. 22, è un poscritto, aggiuntovi
forse lo stesso dì 5 luglio, prima di consegnare
la lettera al messo.
Pubbl. dal cav. Pietro Fanfani , neW Ap-
pendice alle Letture di famiglia {Firenze, Stamp.
Galileiana), fascicolo dell'agosto 1S5T; e nuo-
vamente dal signor Gargano Gargaxi , in un
opuscolo, che ha per titolo: Della lingua vol-
gare in Siena nel secolo xm, per una originale
lettera mercnnlile di Vincenti d' Aldobrandino
Vincenti, a' 5 di luglio 1260 spedila iìi Francia-
Discorso con annotazioni di G. Gargaki. (Siena,
Lazzeri, lS6i>. In Svo, di pag. viii-88).
Il documento originale è di proprietà del
signor cavaliere Giulio Bianchi Bandinelli di
Siena.
VI. Lettera di Andrea de'Tolomei, da
Troyes, a Orlando, Pietro, e agli altri
compagni de'Tolomei, in Siena. Spedita
il 4 di settembre 1262.
Pergamena, larga, per quasi' tutta la sua
lunghezza, centim. 37: salvo che negli ultimi
XVI
iliaci versi da piedi, si ristringe da ambo li'
jiarti, in linee rette convergenti, fino a cen-
tiin. 21 ; lunga 66 ; bianca , bella, ma non intera-
mente ben conservata. Ha qualche leggera
macchia, che non fa danno alla scrittura, <■
uno spacco triangolare in principio e nove fori,
ijuasi tutti nelle vecchie piegature, che hanno
portato via parole e frasi, come si ricava dalla
nostra stampa. La lettera è autografa, e di scrit-
tura minutissima. Ad eccezione delle partite del
dare e dell'avere, che sono scritte a due co-
lonne, a fronte l'una dell'altra, nel rimanente
della lettera ogni rigo di scrittura si stende
quanto porta la larghezza della carta. Il testo
della lettera è tutto in una faccia: a tergo
è l'indirizzo, e lo stemma dei Tolomei, con-
trassegno della compagnia.
Nel R. Archivio di Stato in Siena , Perga-
mene provenienti dal convento di S. Francesco
di Siena , ad annum.
VII. Lotterà di Andrea de'Tolomei, da
Troyes, a messer Tolomeo e agli altri com-
pagni de' Tolomei, in Siena. Scritta il 29
novembre 1265.
Pergamena larga centim. 36, lunga 43 ; mac-
chiata leggerinente in piti luoghi; con fori e
strappi piti o meno grandi nelle vecchie pie-
gature , dai quali ha ricevuto detrimento la
scrittura. Nella parte superiore , dal lato de-
stro di chi legge, vedesi riappiccato un pez-
zetto di pergamena, per l'altezza dei primi otto
versi . senza che la scrittura ne sia punto dan-
XVII
neggiata. La lettera è autografa, come la pre-
cedente ; scritta tutta in una faccia, con a ter-
go l'indirizzo e il solito segno mercantile della
compagnia.
Questa pergamena è appartenuta un tempo
air Archivio della Consorteria Piccolomixba ,
di Siena, dov'era inserita, sotto il n. 96, iu
un volume che faceva seguito ai libri (tetti Me-
moriali Ficcolominei : indi ne trasse Uberto
Benvoglienti la copia che si legge a e. 113 del
codice B. VI. IS della Biblioteca comunale se-
nese. Ultimamente la possedeva il signor Pie-
tro BiGAZZi di Firenze: dagli eredi del quale
l'ha ora acquistata la R. Soprintendenza agli
Archivi toscani.
Vili. Lettera di Andrea de'Toloraeì,
da Bar-sur-Aiibe , a raesser Tolomeo e a-
gli altri compagni de'Tolomei, al Castello
della Pieve. Scritta nel marzo del 1269.
L'originale di questa lettera, fino ai tempi
di Giovanni Pecci, erudito senese, s'è con-
servato tra le pergamene del Convento di San
Francesco di Siena. Oggi è perduto; ma n'è
copia di mano del Pecci medesimo, a pag. 79-80
di un volume intitolato: Compendio dei contraili
esistenti nelV Archivio dei FP. Minori Conven-
tuali di S. Francesco di Siena, fallo da me Gio-
vanni Fecci quest' anno 1731; esistente nella li-
breria del R. Archivio di Stato in Siena. Secondo
questa copia è condotta la presente stampa.
Abbiamo assegnato a questa lettera la data del
marzo per la doppia considerazione che la fiera
XVIII
'li liar-siii-Aubf' cominciava a mezza quaresima,
I' ch(> iii'l U'O',) la pas(iua cadeva il 21 di 'marzo.
IX. Lettn-a di Manno e Pane dogli
Squarcialupi, e d'Alighieri loro compa-
gno, da Siena, a Ghozzo e Oddo degli
Squarcialupi, in Francia. Scritta nel 1283.
Documento di due carte barnhagine, larghe
centim. 24, lunghe 31; la prima delle quali è
scritta da due facce, l'altra è all'atto bianca ;
assai guaste dall'umidità. La lettera è tutta
di mano d'Alighieri, che lo dichiara espres-
samente nella sua sottoscrizione, colle parole
0 e perciò v' abo iscrito di mia mano ». (Correg-
giamo qui subito l'erronea lezione, fi abo i-
scrilo, adottata nella stampa di (juesta lettera,
a [lagina 6'.^}.
Di iiroprietà del signor Git^seppe Porri di
Siena. Sta nella filza 1 della sua preziosa Col-
Ifzitme il" Autogr;itì.
X. Lettera di lacomo de'Sansedoni, da
Siena, a Goro e Gonteruccio de'Sansedoni,
in Parigi. Scritta il dì 8 di marzo 1293.
Carta bamljagina, larga rentiin. 2-1, lunga
3?; lacera nelle piegature e macchiata. 11 testo
della lettera è tutto in una faccia. .\. tergo, è
l'indirizzo, collo stemma de'Sansedoni , con-
trassegno della compagnia, appena visibile.
Autografa.
Ni>ir An-hivio di famiglia del sig. .\les-
sANimo l'r((i-S\NsKi>ONi <li Siena.
XIX
APPENDICE.
1. Lettera di Guccio e Francesco de' San-
sedoni, da Parigi, a Goro e Gontieri de' San-
sedoni, in Siena. Spedita il 17 di giugno
1305.
Documento di due carte bambagine ; la pri-
ma deUe quali è larga centim. 23, lunga 32; la
seconda è tagliata nella parte inferiore, e re-
sta lunga 21 centimetri, ma la mutilazione non
ha nociuto all'interezza della lettera. Ha mac-
chie in piti luoghi, senza danno della scrittura;
in altri bensì, questa è affatto estinta per con-
sunzione della carta. La e. 1 retto e tergo, e la
e. 2 retto contengono il testo della lettera: a
e. 2 tergo è l'indirizzo, l'annotazione dell'ar-
rivo in Siena, e il solito segno mercantile. K
scrittura d'una sola mano (fatta eccezione, ben
s'intende, dell'annotazione precitata), minuta,
regolare, ma non sempre corretta.
Neil' Arch. detto.
II. Lettera di Pepo de'Sansedoni, da
Bar-sur-Aube , a messer Goro, Gontieri,
Guccio e agli altri compagni de'Sanse-
doni, in Siena. Scritta il 29 aprile 1311.
Carta bambagina, larga centim. 23, lunga 18:
lacera nelle piegature e macchiata. Il testo
della lettera, di mano di Pepo, è tutto in una fac-
cia. A tergo è il poscritto di Guccio e Gontieri ; i
quali andando in Francia, incontrarono in Susa,
a di 8 di maggio 1311, il Camuso portatore di
questb. lettera; e avendola aperta e letta, v'ag-
XX
giunsero poche parole (scritte, a quanto si de-
sume, (la Gucoio), per darne notizia ai loro com-
pagni rimasti in Siena; e quindi risuggellatala,
la riconsegnarono al inesso. Si noti che que-
sto poscritto s'estende per tutta ìx larghezza
della carta, nell'estremità superiore della me-
desima , per modo che ripiegandola, al modo
solito delle lettere, lo scritto viene nell'inter-
no, rimanendo al di fuori unicamente il primi-
tivo indirizzo fatto da Pepo, e il solito segno
mercantile.
Nell'Arch. detto.
HI. Lettera di Gontieri de'Sansedoni,
di Francia, a messer Goro de'Sansedoni,
in Siena. Scritta il 27 di marzo, senza data
d' anno.
Carta bambagina, larga centim. 24, lunga 2(3;
macchiata in piti luoghi, in altri consunta. È
scritta da tutte e due le facce: e l'indirizzo,
in basso della seconda faccia, è quasi affatto
estinto. La forma della scrittura, grave e ine-
legante, confrontata con altri documenti di data
certa, ci fa ritenere che questa lettera appar-
tenga alla prima metà del secolo xiv.
Neil' Arch. detto.
IV. Lettera di Gonternccio de' Sanse-
doni, da Parigi, a Goro de'Sansedoni, in
Siena. Spedita il 7 di novembre, senza
data d' anno.
Carta bambagina, larga centim 24, lunga 14;
ben conservata, salvo qualche foro di tanna.
11 testo della lettera è tutto in una faccia: a
XXI
tergo, è l'indirizzo. La forma della scrittura^
grossa e tendente all' angoloso, rivela spic-
catamente il secolo XTv.
Neil" Arch. detto.
DOCUMENTI.
I. Deliberazione del Consiglio generale
della Campana di Siena, per la quale Ar-
rigo Accatapane e Aldobrandino C4onzo-
lino vengono eletti sindaci a fare condotte
di soldati per il comune di Siena. Fatta il
22 settembre 1253.
Copia sincrona.
Nel R. .\RCiiivio DI Stato in Siena. I^erga-
mene provenienti dall' Archivio generale dei
Contratti, ad annum.
II. Carta di patti tra Arrigo Accatta-
pane, sindaco del comune di Siena, e due
capitani di compagnie stipendiate. Fatta
in Spoleto, il 27 settembre 1253.
Originale.
Nell'Arch. detto. Serie detta.
III. Lettera di papa Urbano IV alla
regina d' Inghilterra (Eleonora, moglie
d'Enrico III), per raccomandarle alcuni
mercanti senesi guelfi. Data d' Orvieto ,
ni febbraio 1263.
Copia del secolo xviii, di mano di Giovanni
Pecci.
xxu
Nell'Arch. dello. Volume iiilìtolato Compen-
dio de conlratU ec. (cilato nell'illustrazione
della Ietterò, vili), a e. 05-06.
IV. Istanza di Guccio de' Kenaldini ai
Signori Nove goveniatari e difensori di
Siena, per ottenere il risarcimento de'dan-
ni da lui soiTorti in una mischia sostenuta
in servizio ddl comune di Siena. Appro-
vata nel Consiglio generale della Cam-
pana, il 29 ottobre 1298.
Scritta di mano di Duccio d'Arrigo da San-
gimignano, notaro delle Riforinagioni di Siena.
Neir Arch. detto. Deliberazioni del Consiglio
della Caiii|iairi, tomo .51, a e. 74.
V. Privilegio di Carlo I re di Sicilia,
in favore di Pietro Tolomei. Dato dal Cam-
pidoglio, il 29 settembre 1268.
Originale.
Nell'Archivio di famiglia del sig. conte Bbr-
N.VRDO ToLOMKi di Siena. Pergamene: n. 19.
VI. Contratto di società tra Francesco
di Sozzo de'Tolomei. Mannuccio Gregori
e Andrea di Pietro da Melianda.
Pergamena originale, di quelle che chia-
niansi partite per alfabeto. 11 margine supe-
riore e l'inferiore di questa carta sono tagliati
in forma di denti o triangoli; o nel primo sono
tracciate, in forma onciale, le lettere .\ ad I :
XXIII
nel sf conilo le lettore K a T. Ciò serve di con-
ferma e di spiegazione a quanto è scritto nel do-
cumento : che , cioè , di questo contratto furono
fatti originalmente tre autentici, quanti erano
i contraenti, e furono scritti tutti e tre sopra un
sol pezzo di pergamena, o sopra piU pezzi cu-
citi o incollati in modo da forgiarne un solo.
L'esemplare rimastoci è quello che stava nel
mezzo, da cui furono staccati gli altri, inscri-
vendo sulla linea del taglio, per contrassegno
d'autenticità, le sopraccitate lettere dell'alfa-
beto: si desuine poi facilmente ch'esso appar-
tenne ad Andrea da Melianda, dal vedere che è
scritto e sottoscritto dagli altri due contraenti.
Nel R. Archivio centrale di Stato in Fi-
renze. Pergamene di regio acquisto, ad annum.
NOTIZIA DI ALCUNI DOCUMENTI INEDITI
CITATI h\ QUICSTO VOLUMB.
Oltre le cinque lettere Sansedoni , da noi
pubblicate, si conserva pure presso il sig. Ales-
sandro Pucci Sansedoni il frammento d'un' al-
tra lettera di due carte (con tre pagine scritte),
spedita il 15 settembre 1298 da Cardo e Biagio
Sansedoni a Goro Sansedoni e compagni. La
lunghezza delle due carte, integralmente con-
servata, è di centim. 32; ma l'una e l'altra man-
cano, per quanto sono lunghe, della loro metà
esterna, residuandosi a una larghezza, varia-
bile irregolarmente dai IO ai 15 centimetri; di
modo che ò impossibile trarne alcun senso.
Ci siamo perciò astenuti dal pubblicare questo
frammento, ma ce ne siamo valsi per rindlc(!
XXIV
delle parole e del modi notevoli ; distinguendo
le citazioni che si riferiscono al medesimo,
con asterisco, e citandone il verso secondo la
carta originale.
Il testamento di Memiiio di Viviano di Gu-
glielmo, citato nelle Annotazioni, ha la data
del 28 febbraio 1288; ed è tutto volgare, ad ec-
cezione delle formule notarili in principio e in
fine. N'esistono tre copie nel R. Archivio di
Stato in Siena; due delle finali provenienti
dallo Spedale della Scala, la terza dal con-
vento di S. .agostino di Siena.
I Conti di Gentile Ugolini si conservano, in
originale, neir Archivio dell'Opera del Duomo
di Siena; i Conti di Salimbene .\lessi, nell'Ar-
chivio generale dei Contratti di Siena. Per
l'uno e per l'altro, ci siamo valsi delle dili-
gentissime copie di mano dei signori conte Sci-
pione Borghesi e cavaliere Gaetano Milanesi ;
alla cortesia dei quali abbiamo questo e pia al-
tri obblighi. I Conti di Luca Buonsignori ab-
biamo copiati noi stessi dalla pergamena ori-
ginale esistente nel R. Archivio di Stato in
Siena, tra le provenienti dal convento di San
Francesco. Questi Conti mercantili , dei quali
ci siamo più volte valsi nelle Annotazioni, u-
niti ad altri, dello stesso secolo xiii, editi ed
inediti , potranno forse dar materia per un al-
tro volume simile al presente.
LETTERE VOLGARI
SECOLO XIII.
I.
1253
Domino Kugeri de Bangnuolo, ' per la
grazia di Dio e di domino re Currado, ca-
pitano di popolo di Siena e del comune ;
Tuto Arigo Acatapane vi si manda raco-
mandando. Contio sia a voi che Gerardone
e Angnelone di Spoleto che vi recha che-
sta letera; io di loro vi foe - molte grazie,
di molto onore e di molto servizio il quale
elli m' àn ^ fato, per avere i cavaieri di Spo-
leto e de la contrada, che vengono al no-
stro servizio. Sapiate ch'ellino sì vi s'a-
doperaro, in ciò ch'ellino poterò di buono,
perchè noi li avesimo: inperò vo' mando
pregando che vo' s'i ringraziate * se voi
piace.
1 Baniruolo. "- foa. -^ a. ^ riirraziati? .
4
Contio sia a voi che i cavaieri che veii-
iifoiio di Spuhitu sì riono pagati primo moso.
Doi ([nali anno nome sere André e Kadi-
cone soio filio, e Politio di Pahniero, e
Tristanoto, e Tomassone di Simo, o Gio-
vaneto di sere Andrea, e Tomasone di se-
re Andrea, e Simoneto di sere Andrea, e
Francescono di Palmiere: tuti chesti sì
ano due cavalli; però ellino deono venire
con buoni cavalli, e bene annati, sì che
voi deono piacere. Le carte dei pati io no
vi poso mandare perchè no sono anco fate.
Anco sapiate, che vi viene cho lloro
uno fante con uno cavallo, che non è pa-
g-ato; e disc che aveva bono cavallo, ed
era bene armato: perrò sì riceverete, se
voi piacerà: et à nomo Giovaneto.
[Fuori] A domino Rugieri da Ban-
gnuolo, • capitano del popolo di Siena.
IL
[12531
A voi, mesere llugieri de Bangnuolo,
per la grazia di Dio e di domino re Cur-
rado, caiiitano del cumune di Siena; Tutu
1 Haiiijuoli).
Arigo Acatapane vi si manda ' racomaii-
daiido. Contio vo'sia che io sì sono in Pero-
scia, 0 gionsivi 2 giovidi due dio entrante
otobre, con una grande quantitae di ca-
vaieri de la valle di Spuleto e de le con-
trade di lagiuso: e quand'io gionsiin
Peroscia, sì vi trovai Aldobrandino Gon-
zolino. Unde sapiate che io me ne voleva
venire coi detti cavaieri, per chello che io
voleva esere in Siena co lloro innanzi ^
voi, per vedervi, •* e perchè voi intende-
ste i patti che sono dame e da lloro, anzi
eh' ellino si scrivesero : i quali pati apa-
iono per carta per mano di notaio. Unde
vo' facio contio, che i pati sono cotali:
Ch' olino vi deono servire a vostra volon-
tà, di dì e di note, con buoni cavalli idoni
di trenta 1. e di più, e bene armati, come
cavaieri: e anno impromeso s'elli veràneu-
no che no vi piacia, ch'eli vi deano satis-
fare; s e di chello avemo di catauno buone
ricolte; e rendere i denari, co la pena del
dopio. Inperò vo' facio contio che io me ne
sorci volontieri venuto co lloro : m' Aldo-
brandino Gonzolino sì mi disc da vostra
parte clic io no mi partise di Peroscia,
I ma. 2 L'iosivi. ^ iunazi. 4 vcderri. 5 sa-
li taro.
6
anzi vi rinuuicsc, por pagare i cavaiori ili
Peroscia e altri cavaieri de la contrada;
e disemi che a llui conveniva andare a
Cortona, per fare la sicurtà ai cavaieri di
Cortona: und'io, volendo obedire, si ci
sono rimaso. E stando ine, in Peroscia,
il deto giovidì a sera, sì ci gionsero ^ an-
bascidori ^ di Radicofano, c'andavano a
domino papa, a cascione de la preda che
tolta l'avete. Incontenente si feci un ^ mes-
so, e manda'lo ■* la note a Buonifazio ad
Asisi, e manda'lili dicendo, perch'elli ne
fusse più savio e avesevi pensato, che da
fare ne fuse , anzi che Igl' anbasciadori •"'
giongnessero innanzi " domino papa.
Chesti di soto sono i nomi dei cavaieri
che v' ò mandato e che vi mando.
Bartaloto di domino Simone.
Gentilone soio frate.
Lambrutolo d'Iacomo.
Passcuali Giovani.
Girardone di domino Giliberto.
Mercatone di dona Bruna.
Pavolo Masei.
1 i;iosei'0. - abascidoi'i. ■'* u. ' iium-
"landalo. ■> aliasuiadori. '' iiinazi.
Gervaloto suio filio.
Angelo di Vetulutia.
Tomasoiie di Simo.
Lallo di Biascio.
Giovaneto di sere Andrea.
Simone di sere Abadengo.
Tomasio di Tedeo.
Sere Gentile d'Ancaiano.
Andriuolo solo filio.
Albericone di sere Berardo,
lacomo Famegluolo.
lacomo di sere Eugieri.
Gilone di Filipo.
Barba di sere Andrea.
Grigoretto di ser lacomo.
Sere Dono di Simo.
Rubertone solo filio.
Sere Filipo d'Alberico.
Eanuceto di sere Filipo.
Tuti chesti 1 sono di Spoleto. -
Petrone di Chiarignana.
Gualtieri solo fratello
1 che. 2 I nomi dei cavalieri nelV originale
sono sci-itti in quattro colonne; e a pie della pri-
ma, della seconda e della terza, si legge quest'an-
notazione, che abbiamo fedelmente riferita, cia-
scuna volta, al proprio luogo-
Bertolditto di sere Burollo.
Lanciere da Petrolio.
Pilipo di Gionta.
Massalonc d'Angelo.
Paoletto di sere Giovanni,
lacomo Gualtieri.
Lucarone di lacomo.
Arigetto di sor lacomo.
Sere Giovani. '
lacomo della Sculgola.
Tomasone solo filio.
Sere Tomasso Giovani Ranieri.
Grigoreto solo filio.
Sor lacomo di Chiarignana.
Monaldo di sere dirado d'Alici,
lacomo Tomasso di Chiarignana.
Simoneto di Buonavontura.
Mansareto di Monsenese.
Arientono di Buonaguida.
Sor lacomo di Paganello.
Giovanni de la Fonte.
Angeleto di sor lacomo.
Angelo di Giovani.
Giovaneto di Simone.
Ginnta frate suo.
1 Nell'interlinea^ sopra queslu nome e acrillc
HfMialdn.
Lonardone di Giovani.
Lonardone di Giordani.
Tuti clicsti sono di Spuleto.
Bartalone di sere Girardo.
Sere Andrea di Palmiere.
Kadicone soio filio.
Paulino di Palmiere.
Tristaneto Venceguera.
Tomaso d'Ancliaiano.
luliano d' lacomo.
Kenaldo Carbone.
Tomasone di Nanna.
Filipo di sere Renalduciu.
Monaldo Palmiere.
Domino Simone di Simone di Beraldo
Tomaso di Nicola.
Pavoleto di Filipo.
Istorione Giravaldo.
Gulglemeto frate suo.
Manetone di sere Kaneri.
Pavolo Transerigo.
Gilone frate suo.
Pavolo di Eenaldo.
Giovani Buonagionta.
Marcono di Giovani.
Francescone di Palmiere.
Giovancto di Pavolo.
10
Frate Filipo di Giuliana di Beno.
Marcone di Tomasso.
Iscorna domini lacomi di Montcfalco.
Petrucio domini Giovani.
Porcello da Piagenza.
Sere Naldo di Bovaciano.
Cristiano di Bartalo.
Filipo di sere Maseo da Barota.
Tuti chesti sono di Spuleto.
Gileto di sere Maseo da Baroita.
Pavoleto di sere Filipo.
Petrucio di sere Giovani.
Lancetto di Fazio.
Sinibaldo Giovani di Gavelli.
Gilone di Tomasone Lusdunaio.
Simarone di Manovello.
Eenaldeto di sere lacomino di Bonisegna.
Francescone d' Andrea.
Tomaso Mafei.
Renalducio di sere Andrea.
Grimaldo di Manente.
Petrucio d' Alberucio.
Massarone di sere Iscorna.
Nicola d' Atto.
Buonconte di Gualtieri da Maciarino.
Gianni domini Gentili da Montecilli.
Gentile solo fratelo.
11
Domiiiu Alberico da Chiariugiiaua.
Andrione solo nipote.
Angolo di Favolfo.
Andrea di Eenaldo.
Simoneto domini Odo da Castelo do Lago.
Tedeo di Tedeaso.
Gileto di Marione di Mafeo.
Gisalenzo di Pietra.
Giovanneto di Stefano di Giovani.
Petriano di Marentone di Manente.
Penna d'Andrea.
III.
[12531
§. Viro e nobile domino domino Kuge-
rio de Bagnolo, per la grazia di Dio e de
re Churado, chapitano del popolo e del
comune di Siena; Arigo Achatapane e Al-
dobrandino lachomi, sindachi del comune
apo Perogia, ^ vo' si mandano racoman-
dando. E contio vo' sia che Aldobrandino
pagò in ' Cortona Ixij chavalieri, i quali
mosero per venire a Siena lunidì a terza,
sei dì entrante ^ otobre; le nomina dei
quali i' ò iscriti per carta, e per carta la
paga che l'è fata; intra ■* i quali die' avere
1 Pcroija. 2 i. 3 fUrate. * itru.
12
trenta ' (ì sei chavalieri a chavali coverti,
0 li atri sono a un 2 chavallo; e debono
osare armati di tute arme.
E sapiate che vo'mandamo cinque cha-
valieri, e' quali Arigo à fata paga in Pc-
rogia, 3 sicom' oli à iscrito, dei quali ne
sono i due a due chavalli, 0 li atri sono
chon uno; ed à dati a quelino ched ano i
due chavali, iij lire per uno, ed a quelli
chon uno chavallo, xl soldi per uno: i quali
chavalieri mandò * Pelegrino Martino.
[Fitoì'i] Domino Eugieri di Bangnuolo,
por la grazia di Dio, chapitano del popolo
di Siena.
IV.
il253j
§. Nobile prudenti viro, domino Ruge-
rio de Bagnolo, capitanoo del popolo e del
comune di Siena; Aldobrandino, sindaco ^
del comune , vo' si manda racomandando.
V'oco Odo di Kanieri da Fatala e Ventura '"■
di Kamondino da Patalla, che ' debino
servire il comune co quatro chavali, 0
sono buoni; ed avoli iscriti od avòveli
1 tre tu. 2 u. :J Perora. 4 Madu. 5Sidaco.
<• Vetura. "^ ce.
13
mandati por chela ' iscrita eh' A ^ vonu-
tave; ai quali noi ave dati xv 1., tr' am-
boduni, 3 0 altretanto ne detaono avere: ini
perciò ■* lo' lo date.
\Fuori\ §. A domino Rugcrio de Ba-
gnollo.
V.
[1260]
§. In nomine Domini, ame[n. Eespo]n-
sione de lo Iettare di Francia del primo
messo de la fiera di Provino di mag-gio ,
anno mille dugento sesanta. lachomo Gui-
di Chaciaconti; lacomo e Giovanni di ■'
gli altri chonpangni ti salutano. E facènti
asapere che noi avemo bene le Iettare, che
tu ne mandasti per lo messo de la mer-
chantia de la sopradetta fiera di Provino
di maggio del detto [ajnno; e per esse Iet-
tare intendemo bene ciò che tu ne manda-
sti dicendo, e adoparène bene in ciò che
a noi sarà da aoparare chagiuso. Per la
quale chosa ti pregiamo te , che tu istiei
inteso e siei solecido a fare e adoparare be-
ne ciò che tu ài a fare; e spicialemenfteì ,
1 cela. 2 00. ■' abeduni 4 porco. ^' V le.
annolazioni-
14
ti pregamo che tu abi guardia a jnettare e
a prestare cliello che ài intra le mani, e che
ti vera per innanzi, in buoni pagatori e in
sichuri, si perchè noi i posiamo riavere
a tutte lo stagioni che mistiere ne fusse,
e che noi e' rivolcsimo : e di ciò fare chia-
mamo merciede a Dio nostro signiore, che
ti dia grazia di sì farlo, che sia onore de
la tua persona, e la conpangnia se ne ri-
truovi in buono istà. Amen.
Sappi, lacomo, che noi iscrivaremo
bene ciò che noi avaremo a scrivare , ' e
spicialemente chello che tu ne man darai
dicendo per tualettara, sichome de' tuoi
auti e de' tuoi renduti, e le prestanze le
quali tu farai; sichome tu nel mandarai di-
cendo per tua lettara ^ per ciascuna fiera,
chosì per ciascuna fiera li scrivaremo ^ o
metaremo nel nostro libro; li auti poremo
a' tuoi auti, e'renduti peremo a' tuoi aren-
duti, e le prestanze iscrivaremo ^ ale pre-
stanze, sichome avemo chostumato di fare
da chi indietro. Perciò neuno denaio, che
tu richolgi 0 che ti venga a le mani, quan-
1 scivnre. 2 Abbiamo qui espunto un eh,
parola non finita, perclié riconosciuta superflua
dallo slesso scrivente, ma poi, per dimenticanza,
non cassata. •' scivan-iiio. -i iscivaremo.
15
do tu cft l'ai mandato dicendo una volta
per tua Iettava, che tu non cel mandi di-
cendo più; perciò che, sì tosto chome tu ne
l'ai mandato dicendo, chosì tosto i mete-
mo, chelli che tu ne mandi per auti, agli
auti, e'renduti ponemo a'renduti, ^ e le
prestanze a le prestanze ; e chosi facemo
per ciascuna lettara. Perciò, se tu nel
mandasi dicendo per piiì d'una lettara,
vedi che no sarebe buona opera; che per
quante volte tu mei mandasi dicendo , per
tante volte el metaremo ne libro, a chello
modo che noi tenemo. Perciò si te ne guar-
da. E ciò ti dicemo per le tre li. di prove-
sini, che ne sostene Testa Tebaldi e dà
Tederigo Lei; che ne ricevesti trenta «
quatro soldi meno quatro. d., e à'melo
mandato dicendo per parechie Iettare; che,
se no se ne fusimo rachordati avanteli ^
mesi una volta a' tuoi auti , sì si sarebero
messi un' altra. Perciò te ne guarda, di no
mandamelo dicendo per più d'una volta.
• E chome ti mandamo dicendo per l' al-
tra lettera , chosì ti dicemo in chesta che
tu no ti m[arav]igli perchi"' noi abiamo
venduti provesini e vendiamo: chA sapi,
1 roveiKlviti. 2 avuteli.
16
lachomojChL' noi senio ing|ran|(lo dispc-
sa 0 in forando faconda, a cliapfiono de la
guerra che noi avomo chon Fiorenza. E
sapi che a noi pur chonviene ' avere de' de-
nari per dispendare e per tare la guera;
onde noi vedemo che noi no potemo avere
denari da neuna parte che sia meglio per
noi, che a vendare provesini. E se tu voli
diciare che noi togliamo in presta cha-
giuso, non è buono per noi: che sapi eh' e'
denari ci sono valuti, da uno merchatante
ad altro, cinque d. e sei libra, e altri che
no siano merch [atlanti sono valuti diece
d. e dodici in chorsa, et [anc]ho sono in
chello istato: or vedfi ch]e ['np]rontare
avemo noi chagiuso. Perciò no ti spiacia,
perchè noi vendiamo provesini, che noi
amamo meglio di stare in devito in Fran-
cia, che noi non amamo di starene cha-
giuso in devito , ni' di vendare isterlino :
inperciò che vale troppo meglio per noi,
avendoli noi a chello costo i provesini che
tu li ài ogi, che no varebe a vendare lo
sterlino, né a'nprontare chagiuso: perciò
che )ioi tr[a]emo più utulità d'Ingilter-
ra, che noi no faromo di Francia; e a tolarc
1 rhovimii».
17
in presta ogi chagiuso, sarobe più p1 cho-
sto che noi daremo , che no sarebe el prò
che noi n'avesimo in Francia. Perciò ti
piacia ciò che noi faenio, e no te no mara-
vigliare neente. E sapi, lacliomo, che se
nel paese di Francia si guadagnase mel-
glio che no vi si può guadagniare ogi, noi
faremo bene sichorae tu avaresti de' pro-
vesini asai, sì che tu potresti avere bene
chello achontio che tu volessi , e del gua-
dagnio che si facese nel paese avaremo
bene la parte nostra : e di ciò ista' ardita-
mente.
E intendemo da te per la tua lettera,
chome eri istato, sanza Talomeo Pelacha-
ne e chon Talomeo Pelachane. dinanzi ' dal
diano di Sa' Stefano di Tresi, per lo fatto
di Leon so Eodano, e chome favolaste e
ragionaste asai chol pruchuratore del det-
to arcivescovo di Leon so Eodano, e cho
lui no poteste trare né capo né achordo
neuno, che buono fasse per noi; né no' po-
tavate trare , se noi no vi mandasimo let-
tara da chorte di papa sopra a Dui. Unde
sapiate che noi avemo anta tanta briga,
e avemo, a chagione de la guorra e di fare
1 cliiiazì.
18
osto (' cliavalchato , elio noi no v'aviaiiio
ponto intondare per averla * achatata: nu-
do sapi ch(^ , si tosto cliome noi avaremo
ispazio di potervi intendare , ^ noi v' en-
tondaremo, o procliaciaremo sicliorae voi
r avarete la detta lettara sopra a loro.
E ancho intendemo da te per la detta
tua lettara, chonif^ tu e Talomoo Pelaclia-
ne eravate istati a Bonicho Maniardi , e
avàtali detto come voi volavate andare a
Leona, per sapere se voi poteste trare a-
chordo 0 chapo neuno cho lui; e el detto
Bonicho vi rispose e disse, che voi anda-
ste in buonora, che egli no pagarebe de le
spese neuna chosa, se Mino Pieri no li li
mandasse dicendo: che vi disse che Mino
no ne li aveva mandato dicendo neuna
chosa. Unde noi di ciò ne maravigliamo,
chonciò fusse chosa che noi ne fumo in
chonchordia cho Mino Pieri chagiuso, e
Mino ne disse che i mandarebo dicendo
ch'elli ne pagase, per la parte sua, ciò che
ne tochase: e ^ noi no ne poterne per che-
sta lettara * diciarten' altro , perciò che
Mino Pieri ò ne l' oste a Montepulciano,
quando iscrivomo chosta lettera. Per l'al-
1 ;tvc'la. - int^Midarvi. '* u. ■' letta.
19
tr(; Iettare ne saremo elio lui; e s'eli no
li l'avesse mandato dicendo, si diciaremo
che li li mandi dice [n] do, e a te ne divi-
saremo ciò eh' elli ne rispondarà.
E ancho intendemo da te , per una tua
cedola, che noi dovesimo pregare Orlando
Buonsigniore, eh' elli dovesse mandare di-
cendo a' soi chonpangni di chetesto paese,
che quando tu volesi inpronto da' soi chon-
pangni, eh' elino tei facesero, ch(^ potrebe
esare grande prò di noi. Per la quale cho-
sa ti dicemo chosì, che el detto Orrando
Buonsigniore non era a Siena, quando che-
sta lettera si scrisse, i anzi era ne l' oste a
Montepulciano : perciò , quando egli sarà
tornato, sì saremo a llui, e richordarem-
lili; 2 e credemo bene eh' elli ce ne farà a
piacere. Sapi, lachomo , che io Vincenti si
darò sesanta a madonna Pacina, sichome
tu mi mandasti diciendo. E mandati pre-
gando Nicholò di domino Nichela, che se
tu no li ài venduto el suo chrcivaldo ^ de
la biffa, che tu li li faci vendare per lo suo
amore. Egli te l'avarebe mandato dicendo
per sua lettera, s'eli no fusse istato ne
l'oste a Montepulciano; che v'andò anzi
1 scisse. 2 richordai'plili. 3 Così l'Origi-
iinle. V. le annolazioni.
20
clic le IcttiTL' si scrivcsfrc», ' (! lìrcgònf ine
Vincfiiti eli' io tr'l (lo[v]oso iscrivare - in
chesta Icttara.
E anello ti facemo asapere, che noi a-
viamo venduti cento sei li. di provesini a
lachamo Ubertini clianbiatore, a pagare
ne la fiera di San Giovanni, anno sesanta;
e vendemoli a razone di trenta e tre s. la
dozina, e semne ^ pagati. Perciò sì i paga-
rai a Rinbotto Buonaiuti per lui , a sua vo-
lontà; e quando i farai el pagamento, sì
ne fa' fare la scripta * ne libro di Signiori
de' merchatanti , cliome si clmstuma di
fare.
E ancho n'avemo venduti vinti e quatro
li. di provesini ad Achorso Guarguaglia e
a sua chonpangnia, a pagare ne la detta
fiera di San Giovanni, a razone di trenta
e uno la dozina, e semone pagati. Perciò
sì i paga a Grigorio liigoli, a sua volontà,
per la detta fiera; e quando i pagi, sì ne
fa' fare la scripta ■'' ne libro di Signiori
de'mereliatanti eliorae si cliustuma di fare.
D'altra parte ti volemo fare asapere
di clionvenentri di Toscana; cliè sapi, la-
ehomo, |ehel noi sonio ogi in grande di-
1 .sciv(!sero. - isrivaro. ■' seno, -i sciplii.
21
spesa et in g-raiule faconda, a cliagiune de
la guerfra] clie noi aveuio chon Fiorenza, i
E sapi die a noi chostarà asai a la borsa;
ma Fiorenza chonciaremo n[oi] sì, che
giamai no ce ne miraremo drieto, se Dio
di male guardia messer lo re Manfredi, a
chui Idio diavita, amen. Sappi , lacliomo ,
che noi avemo guasto tutto Ciiolle - e Mon-
talcino intorno, e a Monte])ulciano anda-
mo per guastare; unde el Montepulcianeso
vide che noi li eravamo indosso e guasta-
vamlo, 3 inchominciò a tenere mene di
choncia; e bastaro le mene parechie di, e
achordarsi ■* le mene in chesto modo: ch'e-
lino dovevano fare la fedeltà di messer lo
re Manfredi e di Siena; e di giurare la
fedeltà, ciascuno di Montepulciano , per
bocca a uno a uno , da' quatordici anni
insino ^ a'setanta: e di ciò fare, diserò che
ne farebero inprometere al chumune di
Perogia, soto certa pena, che chelo che
ol chomune di Montepulciano n' aveva
inpromesso, che el chomune di Perogia
el farebe avere rato e fermo , soto chela
pena che posta era. E andò la detta
choncia chotanto innanzi, che tuti cheli
1 Foreuza. 2 Cholte. 3 iruastuvalo. 4 a-
chordasi. 5 isino.
ili Muiitepulciaiio giuraro la fedeltà dt-l
detto re, a uno a uno, chome ordinato
era di fare, da'quatordici a'setanta anni;
e bastare a fare le saramenta parechie dì.
E quando ebero facte le saramenta, e noi
ce ne partimo e noi guastarne più e tor-
namone a chasa. E venivanne ^ pur asai
de' Montepulcianesi in Siena, elio loro
merchantie e di grano e di vino, ed al-
tre merchantie s'aforivano da noi a loro; -
e credeva onnie uomo che elino fusero no-
stri amici. E stando noi intorno di quatro
dì; ed elino no ne mandaro dicendo che
noi andasimo a ricevare la promesione,
eh' elino no dovevano fare fare al chomu-
ne di Perogia; e noi faeemo anbasciadore,
e mandamo dicendo eh' elino ne facesero
fare chelo ch'olino n'avevano inpromes-
so. Ed elino risposero ch'erano istati al
chomune di Perogia, e avevanlolo ^ messo
innanzi ; "* ed elino no ne lo volsero fare
neente. ^ Onde noi, odendo chosì, eredemo
esare inganati: dimandamoli istadichi,
perdi' elino atenesero ciò eh' avevano in-
i venivane. 2 L'originale: ed altre mer-
chantie CHK s'aferivano da noi a loro. Quel ch<'
è evidentemente superfluo- 3 avevalolo. •* in-
nazi. j neete.
prumesso; ed olino no ne volsero fare
neente. Noi in cliesto clionosciemo la loro
male incliorata, e eli' elino l'avevano fat-
to por clianpare ^ el guasto eh' eli aveva-
no, - el più bello eh' elino avesero poscia
che Montepulciano fu chastello. Inchon-
tanente si partì el chonte Giordano chon
tuti i chavaieri tedesci e senesi e col ter-
ziero di Cita, e andò là per guastarlo, e
guastalo onnie dì; e tuttavolta ano mena
di chon eia. Che si sarà per innanzi, noi
no sapemo : insino ^ a chi, istà chosì. E sapi
che ne la cita di Siena sono posti otto-
cento chavali por dare morte e distrugi-
mento a Fiorenza. E sapi eh' elino ano si
grande paura di noi e de' nostri chavaieri ,
eh' elino si sconpisciano ^ tutti , e non a-
spetano in neuna parte là 've eglino siano :
che sapi , che quando noi guastarao Cholle,
eglino trasero popolo e chavaieri insino ^
aBarbarino; ma venero a m[alo]ta, che ce
n' eravamo partiti dal guasto ^ e tornati
in Siena d'uno dì. Inchontanente cho noi
el sapemo , traomo tutti , popolo e chava-
ieri, e andavànne a loro, e traemo insino '^
a Pogibonizi. Ine sapemo eh' elino erano
1 cliapai'e. 2 elio 1 aveva. •* isino. 4 sco-
[lisciano. ■"> isino. <• gusto. ' isino.
•24
fug-iti, nd iuidavaiisi ' via: ìuà riinandamu
ol popolo a Siena; e' chavaieri lo'trasero
dietro e aiidavanli - chaciando d' in pogio
in pogio chome gativi; e andaro ardendo e
abrusciando insino ^ apresso a Fiorenza a
quatro miglia. 0 puoi vedere , s' elino ne
dotano e àvonne ■* paura di noi. E sapi che
noi a loro daremo el malano unguanno in
chesto anno, se Dio piace.
Sapi, lachomo, che poscia che chesta
lettera fu iscripta ^ da chi in su, si avemo
novella, chomo Montepulciano e era chon-
cio e aveva fata la fedeltà a messere lo re,
lo re Manfredi, e di Siena; e farà oste e
chavalchata a cui noi voremo , e' nostri
amici terà per amici, e' nemici tara per
nimici. E fato chesto, sì si partì messer
lo chonte Giordano , chon tutta 1' oste
ch'eli aveva a Montepulciano, e sì n'è an-
dato ad Arezo; e credomo ch'eli l' ^ avara
a sua volontà. Or chesto istà chosì insino '
a chi: per innanzi ^ istarà chosì e meglio,
se Dio piace.
§. Monta ^ lunidì. cinque dì intrante lullio.
\ Fuori] §. A lachomo Guidi Chaciachon-
ti , e non altrui detur.
1 andavasi. 2 aiidevali. 3 isino. ■< avoiie.
") iscipta. 6 ili. 7 isino. S innazi. ^ muta.
V. le annotazioiìi.
VI.
[1262]
In nomine Domini, amen. Letera pol-
lo secondo messo de la fiera di san Gio-
vani, in ani sesanta e due: mosse domeni-
cha, quatro di entrante setenbre.
Domino Talomeo e domino Orlando e
domino Petro e gli altri conpagni; An-
drea vo' manda salute. Ed ebi le letare
que mi mandaste per Giani Saracino me-
se de la mer]chantia, e furvi quele di
Mino domini Cristofani e di Guido laclio-
mi domini Renaldi, e quele di Froderigho
Doni, e mandatolo; e quela que mandaste
a me, sì vidi; e sopra ciò que divisò, i-
starò inteso di fare ciò buono ^ [per]
voi. E divisastemi que no faieva mistiere
di fare l'andata qued io feci in Piandola,
di Provino di magio, da che v'era Fro-
derigho. Unde sapiate, qued io il feci per
lo miliore di voi, e perquè mi divisaste
qued io vi dovese and[ar]e; 2 [que]d
io v' andai più volentieri , sì fue per lo fato
di Lesie; che credo, que sed io no vi fuse
1 Sembra da supplire sarà, sia, 0 simili.
- Forse: f la rasoionc
26
aiKlato,iiuii avremu avutolo trociontu l.quo
ne pagliare: anzi l'avarebe avute le coiipa-
gnie di Fiorenza que dieno avere
paro a me que la mia andata fuo utile por
lo fato de la 'nvestita dei pani por Siena o
perLonbardia: perciò quoFrodorigho non
aveva conprato, quand'io vi gionsi, che
pani d'Arazo, a cliasgione eh' aveva avu-
to [n]o potè andare né a Mosteruolo
né a Ipro , e anda' v' io , qued era un poche
tardi, quand'io vi gionsi. E intesi come
la draparia di Provino di magio que fa-
faciemo , era gionta in Pisa e in Siena e
in Gienova sana e sa[lval arebe ' bene :
de la quale chosa fui molto lieto.
Intesi cliome volete qued io iscriva i
denari, qued io abo riciovuti o ricieveso,
0 paghase per la conpagnia dei pani , ch'a-
vete chon Orlando Buonasera e chon U-
gholino [Cili] rò, -chom'abo chomin-
ciato e chome mi divisaste, e spicialemento
di scrivare pur in un ^ luogho ne livro ciò
qued io ricievarò e pagharò por la deta
conpagnia, e '1 somelianto farò de le scrite
que avrò a fa[re cho' nostjri Parmisgiani,
sichome mi divisaste.
1 Forse: o que si veiularebe. 2 forse: '
scriviirò. ■< 11.
27
Intesi chome no vi piacie il dipositu
que vi divisai eh' aveva fato in Saiacliomo
di Provino, perchè diciete que no sono
buone gienti , e che la chorte ' e i Fioren-
tini vi sono molto signiori. Unde sapiate
que per ciò no pare ^ neuna dotanza,
e parmi que sia molto buono diposito;
perciò qued elino ricievono tuto tenpo
l'achomande de li averi dei merchatanti,
e di ciò ano grande guadagnio ; sì eh' ama-
no di guardare e di salvare l' aehomande
que lo' 3 sono fate per mantenere i loro
[i]n istato; e se ciò no faiesero, si lo potre-
bero perdare. E la chosa no v' è in ^ nostro
nome , anzi v' è in quelo dei nostri Parmis-
giani; ed è achorto luogo, di potervi andare
qualota l'uon avese mistiere. E d'altra par-
te, sì ano una chostuma, che mi pare que
ne sia molto •'' [al t]enpo d'ora, cioiè que
chostumano di rendare l'achomande que
ricievono, a cholui que le fa, vel a ehi a-
portale chiavi, o la taglia que ne fuse; la
quale chosa no si potrebe fare buonamente
in ^ neuno tesoro, que no fuse chostumato di
ricievare l'achomande de ra[vere, cliomje
1 chore. 2 Forse: ria avenii'. •! le. l i. s for-
se; utile. '■ i.
28
quelo di Provino: u se nouiiu intogimon-
to voleso esaro fato, si trovarebe in iscrito
(la cuelino ano l'achomanda; e da che no
vi si trovase neuno nomo di Sonese, si no
credo che, per neuno intesgimento que
fato fuse de le chose dei Senesi, elino vo-
lesero ten[ere ciò] qued elino avesero in
guardia in altri nomi. E se volete diro di
fare diposito in alchuna abadia di Cie-
stele, sì no mi pare guari buono afare al
tenpo d'ora; perciò qued elino sono sì te-
morosi de la Chiesa, che no vorebero fare
contra a choscienza di christiani in ^ neuna
mainiera di mondo; e fano ogi dei denari
que dieno dare a noi ed altri , que no ne
voliono paghare neuno denaro per paura
d'esare iscliumunichati , sichome v'ò di-
visato per altra letera. E d' altra parte, no
lasarebero tochare lo diposito que avesero,
se no a chol[ui que '1] faiese; e ogni altro
tesoro di Tresi e di Parisgi lo chosturaano
di fare: ma quelino di Saiachomo i rendo-
no a ch|i] porta le chiavi e le taglie que
ne fusero sopra ciò fate, conchordanti a
quele que l'uomo lo' lasa: e questo fano
per r achomande que ricicvono ogn
■29
*-!iome divisa di sopra. E chusì potete ve-
dere che chiunque ci fuse per voi, potrebe
avere le vostre chose ; che mi pare più si-
churtà, che se avere no le poteste senza
cholui che l' achomandase. E di ciò ra-
sgionarò cho Mino e con Guido : e se ve-
drem[o quel potiamo avere più siclmro te-
soro, sì '1 prendaremo.
Questo è quelo que m' è entrato in que-
sta fiera di San Giovani , sichome divisarà
qui di soto per partite.
In prima, per la mia rasgione, xiij''
Ixviij lib. e X s. e viij d. di prov., que mi
rimasero contianti de la fiera di Provino
di magio pasata.
Item, cvij lib. xxx d. di prov., per mei-
tà di dugiento quatordici 1. e cinque s., que
richolsi chon lachomo Uguicioni dal cha-
pitolo di Lengri.
Item, XX s. di prov., per meità di qua-
ranta, que avemo chol deto lachomo U-
guicioni , da l' abate e convento di Sa' Lo-
nardo di Chorbigni , per chosto , infino a
la fiera di Santaiuolo que viene presente,
di ciento 1. que ci dovieno dare in questa
fiera.
Item, X iiij lib. e x s. di prov. qued ebi
di chosto dei di^nari que mi rimasero chon-
tiaiiti in Provini) di magio 'pasata, sicho-
mo divisa qui di sopra; dei quagli denari
di chosto ebi dodici 1. da la conpagnia dei
pani, que avete con Orlando Buonasera e
clion Ugholino Cili, e cinquanta s. n'ebi
dai nostri Parmisgiani.
Item , per voi , xxv s. di prov. por vinti
s. pari., que richolsi per voi da Paridano
di Guanto, per la vintenuovesma paglia
que vi doveva fare de la soma ^ dei vinti
mar. d'artisgini [que] doveva dare, a pa-
gliare vinti s. pari, per fiera, infìno che fu-
sero pagliati.
Itnm, clxxj lib. e viiij s. di prov., i quali
ricliolsi per [voi da] Ristoro Gionte , quo i
conprò Arigho Guglielmi in Gienova da
Pietro Ugliolini, conpagnio del doto Ri-
storo, per presgio di dugicnto quaranta 1.
e sei d. di gienovini, que ne i die, sicliome
ne divisò per sua letera.
Item, iiij lib. e xviij s. di prov., que ri-
cholsi per voi da Leghacio del Nero, que
i dovavate avere da lui e dal fratelo , per
denari que faieste paghare per loro a chor-
te già buon dì, sicliome mi divisaste.
Item, cccv lib. i' x s. di prov.. per le
:31
due parti di tiuatrocieiitu ciiiquantoto 1. e
cinque s., quo ne rimasero di quatrociento
sesanta e cinque 1. e dodici s. e sete d., que
avemo cho i nostri Parmisgiani, di cin-
quanta e tre cientenaia e vinti e una 1. e
mezo di ciera neta, que vendemo a vintuno
d. libra: iscontiato sete 1. e sete s. e sete d.
que vi dispendemo; dei quali demo ciento
s. per l'entrea di Tresi, e trenta e sei s. pe-
satura, a oto d. lo ciento, e sete s. per la
piscione de la cliasa, là du' noi la tenemo ,
e quatro s. e sete d. a choloro que la por-
taro al peso.
Item, 1. lib. e xij s. iiij d. di prov. per
le due parti di setanta e sei 1. meno dicioto
d., que ne rimasero di setanta e sete 1. e
quatro s., que avemo elio i nostri Parmis-
giani, di seciento quatordici 1. di pepe,
que vendemo neto a quaranta e quatro 1.
la charicha, qued è treciento cinquanta 1. :
iscontiato vinti e cinque s. e sei d. que vi
dispendemo; dei quagli demo vinti s. per
l'entrea di Tresi e quatro s. la pesatura,
a oto d. lo ciento , e dicioto d. per la pis-
gione de la ^ masgione là du' stete , e per
portarlo al peso.
1 del.
Itom, xxiij s. ('■ viij ci. di prov., ppr li-
duo parti di trenta e sete s., que ne rima-
sero di qtiarantoto s., quo avomo cho i no-
stri Parmisgiani , da Sandro Tosclio loro
compagnio; quo i clianparo d'otanta e due
1. tor., que i furo dati i Lonbardia, per
fare le dispose di conduciare la ciera e '1
pepo, que ci mandaro in questa fiera: i-
scontiato imdici s., que domo churatagio
dol doto pepe e de la ciera, dei doti qua-
rantoto s.
Item , vij lib. e x s. di prov. , per tren-
ta e tre s. e quatro d. di sterline que ri-
ciovoti por voi d'Arminucio Armini, que
dise que i doveva dare a la masgione di
lacorao Teci por la pisgione de l'albergho
di Londra di diecio mesi.
Itera , viij e Ixxxv lib. di prov., i quali
sono per treciento mar. di sterline, qued
abo conprati per voi da lachomo Uguicioni
e da i suo' conpagni, per presgio di vinti e
trecionto vinti e cinque 1. di senesi, que no
dovete paghare in Siena a Salenbene Gio-
vani e a sua conpagnia, in i mozo otovro
que viene prosente in d tiare dodici d.
l'uno, a rasgione d'oto 1. meno cinque s.
1 i.
3:^
di senesi il [cliajrcu; ed io il contio cin-
quanta e nuove s. tor. e q 1 deto pa-
gliamento sì ne richoliete una charta qu«
n'àn[o di] mano di Chastelano notaio; e '1
deto iste nvestita, que voliono fare
per voi e per loro i nostri Pannisg[ianiì.
Item, per la rasgione di Fiandola, v <= Ij
lib. di [prov. da Fr] oderigho Doni. Per lui
rie i die G-uido Tosclio di Parma, per qua-
trociento trenta e sei 1. e oto s, e sei d.
pari., que paghò per lui ne la 'nvestita dei
pani di Fiandola, que fecie per voi e per
la sua conpagnia, contiato quatro 1. e sete
s. e sei d. pari, di chanbio.
Item, ccxxxviiij lib. x s. di prov., dal
deto Froderigho. Per lui eie i die Aldo-
brandino Meliorati, per ciento otantoto 1.
e undici s. pari., que i prestò in Arazo,
contiato tre 1. e sedici s. meno tre d. di
chanbio.
Item, cxx lib. di prov., dal deto Fro-
derigo. Per lui eie i die Bartolomeo Vi-
viani Buseti per '
Item, per la deta mia rasgione, ccclxxxx
lib. meno V s. di prov., i quali ricievo in
1 Cosi rimane in Irnnrn il lì incorno noli' ori-
ginale.
n4
presta da domino Mino ' Cristofani do-
mini Talomei, e da lachomo domini Ro-
naldi, que mi sono rimasi di diecoscU'
cieiito novanta 1. mono cinque s., quo ri-
cieveti per loro in questa fiera; e '1 sopra-
più, cioiè tredici ciento 1., sì prestai per
loro e a loro nome , l' undici ciento 1. a la
tavola d'Orlando Buonsigniore, a qua-
ranta s. il ciento, di chic a Santaiuolo: r»
treciento La Tavena domini Luterenghi.
a quaranta e cinque s. il ciento; e de le
dete treciento novanta 1. meno cinque s., sì
lo' daremo treciento novanta e sete 1. e
diecie s. in Santaiuolo presonte.
Item, ci. lib. di prov. , qued ò ricievuti
in presta da Mino domini Cliristofani por
ciento cinquiinta e tre 1.. a Santaiuolo pre-
sente.
Questo »■' quolo que m" è iscito in dota
fiera di San Giovani sicomfe dìivisarà
qui di soto , per partite.
In prima, xjc xxxv lib. e vj s. e ij d.
di prov.. que prestai a l[a conpajgnia dtd
pani que avete chon Orlando Buonasera e
1 Mino (' noxlra sosliluzione. naluralmenle
suygerita dall' esacr lasrinto nell' oiigiiinle uno
ipazio bianco.
35
chou Ugholino Cili; i quali denari sono
per conpimento di vinti e due ciento se-
santa 1. m[eno] due s., que pagai per la
deta conpagnia ne la "nvostita dei pani .
que lo' mandai di questa fiera: contiate di-
cioto s., que pagliai per clinrat[a]gio. o
per carte , que feci dei provesini que con-
prai per loro in questa fiera, que sono
mille vinti e nove 1. e undici s. meno due
d., qued abo conprati per loro in questa
fiera siccome lo' diviso per una letera que
lo' mando con questa: ne la quale letera si
<' iscrito ciò que costa la deta investita. E
novanta e cinque 1. e dodici d. mi rimasero
per la deta conpagnia ne la fiera di Pro-
vino di magio pasato. E chosì sono, qued
abo avuto, de le dete dumilia dugiento se-
santa 1. meno due s. , undici ciento vinti e
({uatro 1. e dodici s. meno due d. E chosì
rimane , que 1' abo prestato undicie cien-
to trenta e quatro 1., ^ e oto s. meno due d.,
sichome divisa di sopra. Dei deti denari
ci darano di chosto quaranta s. del ciento.
di chi a Santaiuolo presente.
Item, XX lib. di prov.. que prestai a Ro-
llino d'Arazo inghilefsle. a sua chorte-
' ,l/(7//''a lìdi' orifiiiiale
:1G
sia, intìnu a la fiera di Saiitainolo presen-
te; ed avellile ' leteracholsuo sugiello,iiel
nome dei nostri Parmisgiani, senza il mio.
E i detti denari i prestai per chasgione
qued eli aitase Guido Toscho nel nostro
fato di Conventri, que v'andò cho lui.
Item. vj lib. e xv s. di prov., i quali io
Andrea ricievo in presta, que li abo dispesi
in " miei fati propi, sicliome apare isrrito
ne lo senpro de le tavole.
Item, viij lib. e viij s. di prov., que pre-
stai a la deta di Sant' Andrea di Schozia,
que i diei ad Arminucio Armini, per tren-
toto s. d' isterlino que vi paghò per nostra
parte, di sete 1. e dodici s. meno due d.
d' isterlino , que vi dispese choi consorti
que v' ano a fare cho noi.
Item , per voi , e s. di prov., per meità
di diecie 1. que pagliai choi nostri Parmis-
giani , per lo fato de la 'nvestita dei pani
[que] faciemo cho loro in Provino di ma-
gio pasato. E le dete diecie 1. inprontò •'
Gnlielmo Zamorei da Vivolo Salvane (Iji
a iVIonpesliere, quando vi fue per condu-
ciare la deta ['nve]stita, e noi i pagamo ai
ronpagni del deto Yivolo in questa fiera.
1 a\Hni». - i. ■' ipi'oiilò.
37
Iti'iii, xiij '• Ixxij lib. e xj s. di prov.,
per le due parti di dumillia ciiiquantuto
1. e sedici s. e sei d., qued abo fato rasgio-
ne choi nostri Parmisgiani, que chosta
la 'nvestita dei pani que avemo fata per
lo tenpo di questa fiera di San Giovani; In
due parti vostre, e '1 terzo loro.
Item, per la rasgione di Fiandola, xxv
lib. e vij s. di prov. a Froderigo Doni, i
quali sono per oto mar. e sete s. e quatro
d. d'isterlino, que i rimasero di quatro-
ciento cinquanta mar. d'isterlino, que ri-
cievete per la mia rasgione in Fiandola da
Benaldo Barboti per lo tempo di Provino
di magio pasato; que i conprai in deto
Provino da Mafeo Ranieri, conpagnio del
deto Kenaldo, sichome vo' divisai perla
letera que vi mandai de la deta fiera; e per
la deta fiera li aveva iscriti a mia arendu-
ta, al deto Froderigho : sì avemo puoi ve-
duto que ne pare il miliore a scrivarla in
questo modo. Anello i rimasero le dete vin-
ti 1 e cinque 1. e sete s. di diecienuove 1. di
pari., que i diei cliontianti in parisgini e in
t'sterlino, sopra ai deti quatrociento cin-
quanta mar.: e se [vi pare! di seri vare questa
:.^8
fat'ic'iiJa ili questo inudu. .sì lo fai te ; e se no.
si la scrivaremo chome vo'divisai d[i sopra.]
Iteni, cclxxxy lib. di prov. al deto Fro-
Uorigho, per Kistoro Gionte, per du-
giento otanta e due 1. meno trenta d. tor..
qne i rimasero di quatrocient[o] per
lui e per sua conpagnia dal veschovo di
Toroana tra due volte, e '1 soprapiù, cioiè
(dento dieci d. pagò per loro a Lonar-
do Giani.
[I]tem, per la detaraia rasgioiie, v '-■■ xlj
lib. di prov., qiie paarh[ò Ug]ho Rugieri,
•lue sono per cinqueciento quaranta 1., que
mi prestò per lui Altimano Eanuci in Pro-
vino di magio pasato, senza cliosto: con-
tiate vinti s. per servisgi , qued io lo' feci
per quela chasgione; i quali servisgi furo
di loro fardeli, qued io lo* mandai intra i
nostri torzegli, e in una ala e mezo di
saia que diei al deto Mano.
Viviani Dietavive ed io sì andamo a
Pontigni, e trovamovi l'abate di Ciestelo
e quelo di Pontigni; e ricordamo lo' il fato
de la muneta que ne dieno dare i deti di
Pontigni e '1 fato di Fontana Giovana. E
quelo di Pontigni dise, que no ci credeva
dovere dare neuno denaro; e che di quelo
39
do la badili no saremo pagliati; e che pro-
chaciarebe chome fusemo pagliati dal con-
to di Naversa; e di ciò dise qued era bene
sichiiro di lui e de le sue rede, per buone
Ictare. E del fato di Fontana Giovana, sf
diserò que no vegiono via que noi potiamo
buonamente esare pagliati, se prima no
v'à acbordo dal signiore di Sori a loro; e
che in ciò pensavano di fare ognie chosa
que potevano , perchè achordo v' avese; ed
uno giorno cho lui denanzi a rey di Fran-
cia per la Sant' Andrea que viene presen-
te , que die giurare il signiore di dire la
verità di quei fati; se altro achordo non
avese intra loro in quelo mezo. A Dio pia-
da que vi sia in ' mainiera que bona sia per
voi. Ed altro no potemo trare di loro, se
no que diserò di rasgionarne al chapitolo
di Ciestele que sarà presente , per vedervi
alchuna via che buona fuse per li mercha-
tanti e per loro.
E sapiate que '1 deto di Pontigni ne
die pur asai buono intendimento di farne
paghare la muneta que ne dieno dare.
E sapiate (lue '1 fatore del conte di Na-
versa sì è istat(j ili questa fiera, é andato
40
«i venuto pur asai volte, e Viviaui ed io li
pariamo asai del dato fato di Ponti^ni.
e '1 suo deto si fue questo: ch'el deto conte
aveva grande volere di paghare noi, e li
altri mer eh atanti, a chi eli die dare, e spi-
cialemente noi, e qua ora no n' aveva buo-
namente podere; e che farebe sì cho l'a-
bate di Pontigni, qued eli ne richordarebe
quelo, que noi ne ne teremo per paghati.
E diène per intendimento, que '1 deto a-
bate n[e] ' que noi ne soferisemo in-
fino a uno cierto dì, e che ne prom[ete]rebo
di paghare senza farci letera; e disene que
ne [potre]be bene asicurare a lui chome
siamo bene pagati di chosto e di chapita-
le. Vuoila Dio que '1 fa ; e quando avare-
mo lisgire di richordarlo al deto a[bate,
sì| lo faremo, sichome ne para que sia
da fare. E '1 deto fa[tore] sì ne dise que ne
farebe iscrivare al deto abate , chome no
dovesemo fare. No sapo se '1 farà o no e s
deto conte non ha fato il grado in questa
fiera a neuno merchfatante] , a chu' eli
die dare, per chasgione de lamunetaquo
facieva fafre , e k\ fata abatare i rey di
Francia; sì que choloro ((ue l'avieno oon-
1 Pretró . fliinanrld o siniili-
41
prata da lui . no i pagaiiu i denari que ne
i dovieiio dare, [perquè no| posono baiare
la muneta chome solièiio : e di ciò à gran-
de d[istreta elj conte ; e anchora per chas-
gione de la molle qued è morta, sì paro
que sia molto manchata la sua richeza.
eh' aveva per liei.
Guido Toscho sì ebe una letera da mis-
sere Aduardo di sichurtà di potere andare
in Inghiltera, ed ebela a pit[izionJe di
malestro Alberto da Parma : e credo que
sia asai suficiente e buona per potervi i-
stare e fare quelo per que v'è andato. Dio.
<iu' è signiore, i ne i consenta bene a fare,
s'a lui piacie. E inostri Senesi, que vi
stavano, ne sono tu ti venuti, e no ve n' osa
istare neuno.
E intesi chome avete ordinato choi no-
stri Parmisgiani que uno di loro ci debia
dimorare asisamente per voi e per loro,
per ricievare o per vendare le merchantie,
que lo' fusero mandate di Lonbardia; e
che un altro di loro ci debia istare a lo
vostre dispese, per andare e per istare a
fare i vostri fati que fusero da fare ; e che
debiano dimorare in ^ loro albergho, senza
noi e senza neuno senese. La qualo. chosa
42
sia in buon" ora: o pare a me ch'avete hcu
fato , e ched era niistien? di fare al tenpo
d' ora. Ed avenio g'ia alos^liato i un alber-
gho per Treseto, e die chostare cinquanta
s., ed évi istato ser Gherardo in questa
fiera.
E intesi chonie volavate, quc se i deti
Parili isgiani volesero fare pani per Santa-
iuolo, qne ne faiesemo elio loro infino in
quindici torsoli, le due parti vostri, e '1 ter-
zo loro : la quale chosa sia in buon' ora. E
ser Gherardo sì à deto di pur volergli fa-
re ; uikV io si abo prochaciato cliome ava-
remo la muneta in Fiandola, sichome di-
visa di sopra. E jter la conpagnia ch'a-
vete chon Orlando e chon Ugholino, no
116 farò neiente, perciò que mi divisaro per
loro letera que no ne dovese fare, perquè si
dotavano del fato di^l ])apa.
Arigho Glinlielmi mi divisò ([ue la so-
pradeta ciera e '1 pepe que avenio in que-
sta fiera sì era per mezo choi deti Par-
inisgiani ; e per la vostra letera mi pare
intendare que ne sono vostro le due parti:
e perciò l'abo iscrite le d[ueì parti a voi,
sichome divisa di sopra: e se altrimenti
fuso, sì mei divisate; que Taraconciarei .
1 ivln-lioto.
4:j
se faiese mistieiv. E i iiustri Piiriiiisgiani
sì ano pagliata la loro parte de la 'nvesti-
ta di questa fiera, ed ùiioci di rimanente
intorno di quaranta 1. : ma no ne farò non-
na iscrita d'entrata, perquè i portarà ser
Gherardo in Piandola ; ed io credo andare
(•ho lui infino a Parisg-i; e se vedrò quc
posa andare in Piandola, sì lo farò, perciò
que no sa iscrivare. E Froderig-ho se ne
vera a Parisgi per lo fato di Tebaldo quo
se ne vole venire ; ed io prochaciarò di ri-
trare alchuno denaro del fato di Lesie, se
potrò; e in ciò ch'io mi potrò guardare,
perquè no paia que ser Gherardo abia a
fare cho noi , sì lo farò. Ma sed io in que-
sto mezo intendese que i Senesi no ci po-
sano istare , sì metarei le vostre chose in
salvo, e veròmene, sichome farano li altri:
che pare a me que ciaschuno se ne volia
venire ; si pare dubioso lo stalo. E '1 deto
Arigho Ghulieluii mi divisò que la deta
ciera fue. al peso di Venesgia, oto milia du-
giento vintuna 1. al peso di Venesgia; que.
sed è vero, sì no torna sì bene chome do-
vrebe, a ciò qued io intendo que le tre 1.
di Venesgia dieno venire due di queste di
Francia, qued è tornata meno asai; e bene
è vero quc ci à persone . que dicono quo
44
dio turiuiro anzi menu fin; più. El ptipn
tornò meglio de la ciera; che ne divisò il
deto Arigho que fue nuoveciento quaranta
1. al peso di Venesgia , ed è tornato se-
ciento quatordici 1., que fala intorno di
tredici 1. a tornare le tre 1. due. E divisomi
il deto Arigho, che la deta ciera e '1 pepe
chostava vj'^lxj 1. e vj s. d'inperiali, sen-
za otanta e due 1. tor. , que chostò puoi
conducitura in questa fiera, cho le dispese
fecie Sandro ; ched ò fato rasgione que so
ne perde intorno di vinti 1. tor.
Del fato eh' avemo a fare cho l' abate
e convento di Sa'Marto di Sasona, non
avemo fato anchora neiente. E credo que
V abate sia a Parisgi ; ed évi andato lacho-
mo Uguicioni per suoi fati, e dise di favo-
lare chol deto abate, e di fare sopra a ciò
quelo bene que fare potese, perquA fusemo
pagliati e messo ^ in buon ponto la deta,
e di terminarla in due anni o in - tre, e d'a-
dosgiarvi infino in seteciento 1. , qued e-
lino dicievano di volere avere. No so cho-
me se n' abia fato.
L'abate di Sa' Martino di Tresi m'ù
d<!to di pagharne ciertamento in Santa-
4r,
iuolo presente lo setanta e sei 1., qned eli
«' 'Isuo convento ci debero dare in Treseto
pasato, e dise di darci il cliosto que sia
convenevole. E prochaciarùli d'avere, se ci
sarò; e se no, sì abo deto al deto abate,
qii' e' dia a ser Gherardo del Medicho ; o
venevi elio medio. E l'abate di Gliinzi à
deto di paghare Yiviani e noi, in Santa-
iuolo deto, la muneta que ci dovieno dare
in questa fiera. San Binignio di Digni no
ci è venuto né mandato per pagliarne i
denari que dieno dare a noi e ai consorti
in questa fiera. E '1 someliante ano fato
quelino di San Piero di Fravagnino, pol-
la chasgione de lu schumunichamento là
du' semo. E l' abadesa del Giardino Nostra
'Dama à fato '1 someliante di cinquanta e
sei 1. que ci dieno dare cbon lachomo Ugui-
cione. E l' abate di Mustiere Randersi n' à
mandato, che per fermo ne pagherà in
Santaiuolo i denari que die dare a noi o
al deto lachomo in Provino di magio pa-
sato. L' abadosa del Monto di Provino dà
chasgione che no ci paghò . por lo fato de
lo schumunichamento: e dicie che male-
stro Mille le vietò che no ci paghase. E
pare que no si truovi veruno, que v(dia
pagare ai Senesi nonno denaro, di quelo
quo diono avere.
46
Sapiate que Tebaldo Altavilo sì ci difl
prestare quatrociento 1. di prov., di suoi
denari propi , qued egli à in Farisgi. E
farenneli dare, ' quando vi saremo ; e por-
tarenli ^ in Fiandola. E dovenneli ^ darò
sete 1. dichieaSantaiuolo; e altra iscrita
no ne fo, perciò que no so se li avaro o no :
ma eli à deto d' averli aparechiati, '' quando
vi saremo; e ohosi n'à divisato. E sed eli
v' avrà denari de la conpagnia que avete
rho lui. sì mi farò dare la vostra parte.
[Ed] eli sì è istato un po'isclionosciente
del fato dei denari que voi i prestate per
la deta conpagnia ; que ve ne dovrobe a-
vere renduti una parte, da qued eli vede
quo no vi si ])uò fare ((uelo per que voi li
li prestaste.
Rapiate que Lonardo Giani sì era apa-
recbiato d' andare in Fiandola, a investire
in draparia. Sì che letera dai suoi con-
pagni, que noi dovese fare: nude san' A
rimaso, e no ne farà neiente, e neuno al-
tro senese que ci sia. Sapiate que si dicie ,
<iue i Gienovesi ci sarano achomiatati per
lo fato di Ghostantinopidi; e falò fare
lo 'nperadero del deto luogho. No se sed <^
I fai-'^nfli. - pnrt;>r/^li. ■' flnvpiicli. ■< apa-
47
v(M'o. 0 no: ma i Gioiiuvesi ci vano; e pare
una grande cosa a le gienti del paese , do
l'andata que fano i Senesi e i Gienovesi:
e credo que ne sieno dolenti pur asai per-
sone di questo paiese , perquè n' avarano
grande dano: ispicialemente le fiere di
Chanpangnia pare que sieno tute perdute ,
a quel a cliasgione. E se '1 papa mandase
chasuso , qu' i Senesi fusero presi in avere
e in persona , sichome si dicie que vuole
fare, si credo que sarà uì3Ìdito il suo man-
dato , per chasgione que ci à ria giente ,
che volentieri dirobarebero altrui ; e da-
rano la chasgione del papa , e farano per
dirobare altrui , se potrano. E ben ci à se-
nesi, que si credono eli' e rey di Navara
noi vorà fare in neuno modo que sia, so
prima no ne dese il termine , che pare
qu' ei sia tenuto di dare a choloro que ven-
ghono a le sue fiere: e la dotanza è si
grande, que no pare que l'uomo a ciò si
debia asichurare , se altra promesione non
avesemo da lui. E prochaciasi d' avere ;
se s' avara, sì ci starano i Senesi; e se no.
;^ì ci s' andarano tuti , ed io cho loro.
La deta di Morbacho de la Magnia si
iinò in seteciento mar. di sterline , a pa-
garne vinti mar. ne la fiera di Bari . se-
48
santa e due, o vinti mar. ne la fiera di
Tresoto, apreso; e in ognie Bari, e in o-
gni Tresetu, vinti mar., intìno qiie sare-
mo paghati. E dei deti mar., doverao ser-
vire trenta e quatro mar. de le primaie tre
paghe, d' ognie pagha il terzo. Ed avenne '
letare nuove oboi loro sugieli , ed àie ser
Buonadota a tenere, e letera di richono-
scienza chol sugielo del diano di Sa' Ste-
fano di Tresi nostro giudicie ; e le letare
vechie sì à a tenere Andrea Ispinegli, per
li Picholnomini. E sapiate que '1 deto ser
Buonadota sì richolse la prima pagha que
si fecie in Bari pasato , ed ano sodisfato
le dispese. E rimanente si ritiene infino a
Treseto presente , perciò que , se la pagha
del deto Treseto no si faiese , qued eli vi
posa dispendare di quela muneta se mi-
stiere fuse.
[A ter(jo\ A domino Talomeo e a do-
mino Orlando e a domino Petro vel ai con-
pagni detur.
49
VII.
|29 iiovf-nihre 1265.]
Ili nomine Domini , amen. Letera per
lo primo messo de la fiera di Treseto , in
anni sesanta e cinque, fata domenicha duo
di isciente novenbre , e die muovare l' al-
tro dì.
Domino Talomeo e gli altri conpagni ,
Andrea vo' saluta. E sapiate que li uo-
mini da Siena, que sono iu questo luoglio ,
ne mandaro in chomune messo al dietro
de la fiera di Santaiuolo pasata , sichome
soliono; und'io vi mandai uno fardelo di
letare per lo Balza churiere da Siena: se
no l'avete avute, sì le procliaciate d'a-
vere. E sapiate qued io ricieveti in deta
fiera di Santaiuolo Isxxxiij lib. di prov.
per Uglio e per Guastela Mafei Baroni,
i quali denari mi dio per loro Crescienzo
Ranieri , e dièmili in questo modo , qued
io li li promisi di rondare a sua volontà ,
se '1 deto Ugho e Guastela ne faieser sì ,
che i conpagni del deto Crescienzo se re-
tenesero apaghati. E la d[et]a facienda no
vi divisai del deto Santaiuolo , perquè l' u-
briai: e puoi qn<MÌ obi date al doto Balza
4
1»^ Intere, que vi iiuuidai per lui, si scrisi
una picliola letera de la dèta facienda, e
fecila dare al deto Balza. No so se V avete
avuta; e perciò se voi de la deta facienda
[non] avete rasionato chol deto Ugho o
Guastela, sì ne rasionate; e que faciano si
elio 1 i conpagni di Crescienzo, qued eli
alna per mandamento di dilivrarmi i deti
denari per loro; e se no, sì me li li conve-
rebe rondare, sed eli i voleso.
E al partire de la deta fiera di Santa-
iuolo, sì andai a Parisi, e trova' vi l'abate
di Gianuale, e rasionai cho lui del fato de
le dugie[nt]o sesanta e cinque 1. pari..
qued eli e '1 suo convento ne dieno dare ;
e dise que no eie i poteva ora dare: sì
li li rilasai con trenta altre lire di pa-
risini, que ci dovieno dare sopra guagi,
per la rasione di Parisi, e misivi ^ agie-
vole chosto, e dovenne ^ esare paghati per
lo tenpo di Provino di magio que viene
presente, sicliome vo' divisarò per altra
letera; e credo que ne saremo bene pa-
gliati e finemente.
E sapiate que parlai a uno monacho
que dimora a Parisi, qued è jtarente dei
1 c'IiP. 2 iiiisiM'vì. ■' ilo vene.
51
borghesi di Xoracha. Sì mi «lise que sa-
remo [apaghalti in questa fiera de la fi-
nanza que feci del fato de la muneta, qne
ne dieno dare i deti Borghesi. Und' io cre-
do que per fenno avaremo in questa fiera
r otanta e cinque lire que ci debono dare
per conpimento di ciento lire , que finaro
cho noi di darci, sicliome iv'ò divjisato
per altra letera: e d' altra parte sì ri-
cholsi intorno di cinquanta lire de la ra-
sione di Parisi : e credo que mi vi converà
andare apreso la mosa di queste letare,
per ricievare denari que vi dovemo avere
per la deta rasione, e starovi due d[ì]
E de la deta, que noi e i consorti do-
vemo avere dali toli, sì credo que ne
saremo pagliati in questa ffiera sicliome
v'ò] divisato per altra letera; e de la de-
ta, que noi e i consorti dovemo avere da
Pun tigni, sì credo fque ne daranno] in
questa fiera la prima paglia, sichome de-
bono, cioiè lo terzo di quelo que ci di^no
dare.
E puoi que vi mandai le sopradete le-
tare per lo Balza, sì ricieveti da malestro
Alberto Tornilio Ix 1. di > tor. per d'in-
1 id.
pcriali. qui' iJivisiii a i nostri di Loiibar-
rlia que ne i pagasero per la coiipagnia
quo avemo choi nostri Parniisiani: e cliosì
ci rimase [di eia deta conpagnia in deto
Santaiuolo sesanta lire meno quediono vi
divisai: che vi scrisi que ci dovieno darò
ciento otant[asei lire] e quindici soldi. Sì
ne rabatei le dote sesanta lire, e rimase
que ci dieno dare ciento vinti e sei lire e
quindici soldi di provesini in doto San-
taiuolo.
E'sapiate qued io aveva tre sacha di
lana de la deta compagnia, la quale cho-
stò vintuno soldi la pietra, e ancho sì n'a-
v[eva] Guido Tosclio, per mezo, cinque
sacha, que chostò dieciesete soldi la pietra
in Provino di magio. Und'io mandai la
dota "lana a Ciolona a' nostri amici que eie
la vendosoro: sì la venderò vintuno soldi
la pietra, tanto l'una quanto l' altra. E di
quelo que pr[esta]i avemo avuto la meità
dei denari in questa fiera, e l'altra meitii
dovemo avere in ^ Lagnino presente : e sono
rliome li avesemo ne Fungia. - E per al-
tra letera vo' divisare quelo quo n' aremo ■'
avuto e guadagniato.
Sapiate qued obi una letera di Frodo-
1 i. 2 ugia. ■! urfiiio.
riglio Doni, quo divisò com'era giouto
sano e salvo in ^ Londra, e eli' aveva man-
dato uno messo a Conventri, il quale non
era ancliora tornato ; e credo qua , pw bon-
tià di domino Otobuono cliardinale i deti
di Conventri ne pagharano bene, se Dio
piacie: né più novele no n'ò puoi aMite.
Dioquedè signiore eie ne le mandi buone,
sicbome voi volete; e quando ne saprò più
inanzi, sì vel divisare. E se voi no m' avete
divisato - quanta muneta pagharo i deti di
Conventri de la conpusizione que federo
che noi, si mei divisate, sichome v'abo
iscrito per altra letera.
E rey d' Inghiltera e misser Aduardo
sono tu ti signiori de loro paiese, sicho-
me debono. -^
I conpagni dei filinoli Salenbene , quo
dimorano in Piandola, e dama Isabela
Pilea d' Arazo sì ano a guardare le letare
de la dota que dovemo avere da Sanpiero
di Guanto; de la quale deta dovemo esare
paghati per lo tenpo de la fiera di Santa-
iuolo pasata, e anello no li ano paghati.
1 i. 2 aveto divisauto.
■i Questo paragrafo nell'originale non fa ca-
poverso, ina ('• sepuralo dal precedente per vn
largo spazio.
54
Ed abo divisato ai doti coiipagiii dei fi-
liuoli Salenbene que i prochacino d' a-
vere; e credo que ne farano loro podere,
e credo que ne saremo bene pagliati.
L'abate e convento di Bella Branda,
ordine di Ciestele, n' ù, pagliati quaranta
e cinque 1. di tor., que ne debero dare in
[Santaiuollo; e no eie ne pagliaro chosto
neuno, sichome v'ò divisato ^ per [altra]
letera. E 1' abadia di Sant' Antonio n' à
paghati intorno di quaranta lire ; e credo
que eie ne pagliarano una buona parte in
questa fiera, di queli que dare ci debono.
Sicom[e m]i dise l'abadesa de l' abadia
di Sa' Martino di Tresi, non [potei] osare
pagha[to per] chasione que già buon dì no
ci è suto l'abate, e sarei tosto, sichome
dichono i loro monaci : e prochaciarò di
ritrare di loro quelo que ci dieno dare.
E del fato de la 'n vestita de i pani,
quo Pagnio ed io avemo fata in questa
fiera per la conpagnia que avemo clion
Orlando Buonasera, no vi diviso neiente
per questa letera, perciò que ciò que ave-
mo fato potrete vedere per la letera que
mando a la deta conpagnia.
1 vo divisai'fi.
Guido Toscho di Parma sì à fati pani
di questa fit^ra per la sua conpagnia, e an-
daràsene chon esi: ed ami deto que i fa-
livano intorno di ciento lire e que vole
qued io li li presti : la quale cliosa no vo-
rei que fuse mistiere ; ma se misti ere sarà,
sì credo di prestarlili, perquè mi parebe
una crudilità a no prestarlili: tanta di-
mesticlieza avemo avuta cho la sua con-
pagnia, e avaremo anchora, se Dio piacie.
E se i trovarò a conprare, a pagliare in i
Lonbardia, sì li conprarò cho lui insieme,
più voluntieri qued io no li li prestare). E
la sua investita monta intorno di mille
lire di provesini.
Lo meso de la merchantia non è ancho-
ra venuto. Dio ciel mandi con buone nove-
le, que tropo è stato. E quando ci sarà, sì
vedrò le lotare que ci mandarete per lui,
e sopra ciò que divisarano , istarò inteso
d'adoperare ciò qued io potrò, que buono
sia per voi.
Domino Simone chardinale prochacia
quanto può di fare choliare lo dicino, que
si die paghare per lo fato di re Charlo ; e
credo que ne sarà choltu una grande quan-
tità di chìe a la chaiuhdoro presente, e
56
credo ({Uu '1 doto rey tic farà molti veiida-
re per avere la muneta a Eoma e in ^ Lon-
hardia. E se ciò fuse, si pare qu'e'prove-
sini d[ovJrebero ravilare, e d'altra parte,
le gienti d' esto paiese que venghono in a-
iuto del deto rey, sì credo que sieno ora
in 2 Lonbardia, ed ano grande tesoro di mu-
neta e di chanbiora cho loro; de la quale
credo que vi dispendaran[o] una grande
quantità, sì que tornesi e chanbiora vi do-
vrano esare a grande merchato, sichome
v' abo divisato per altra letera: e se vedete
via di poterne trare utulità, si lo procha-
ciate di fare ora. ^ E diciesi que mol-
ta buona giente di questo paiese si die
anchora crociare, per venire in aiuto del
deto rey: no so sed è vero o no. Dio qued
è.signiore ab[ia] veduto di farne quelo
que '1 miliore sia di noi e di tut ta •*
Avere di peso ci à mala vendita, che
no pare que eie se ne posa vendare ne-
iente , ed àciene asai. E pepo ci vale ....nta
e sei 1. la charicha, e no si può ben ven-
dare. Giongieva, da vinti e due d. in
vintoto , sichom' è buona. Zaferano , ci è
st[at]o ben dimandato, ed èci venduto
1 i. ■- i. 3 Forse, sin d'nia. 4 Forse: <^ fli
tutta la l'i-istiaiiita.
vinti e cinque s. la 1. , e no eie n à neien-
te. Ciera di Yenesia, vint[i] e t[re] d. la
livra. Ciera di Tunisi, vintuno d. e mezo.
Ciera di Romania, vintuno d. e mezo. El
conpagnio de lo Schoto sì ci à molto avere
di peso, e no ne può avere denari; e sta
in 1 mene di mandarlo in Ingliiltera a
vendare.
Isterlino. al chanbio. cinquanta e nuo-
ve s. la marca. Ariento di Friborgho
buono, cinquanta e sete s. e sei d. la mar-
ca. Oro di Teri, dicienuove 1. e diecie s.
la marca. Palinola, sichom'è buona. A-
ghustari , xj s. l' uno. Fiorini valsero in
Santaiuolo oto s. l'uno e uno d. più, per
chasione de la crocieria, e ora no credo
que si potesero vendare più d' oto s. meno
tre d. Mansesi valiono quindicino, cioiè
i quindici mansesi due s. di tornese. Mu-
netameflata, quindicino e mezo.
Se voi non avete pagliato a la moglie
di lachomino del Cbarnaiuolo diecie lire
di senesi minuti, sichome vo' divisai de la
fiera di Santaiuolo pasata , si le k paglia-
te , que sono per tre 1. di provesini que
ricieveti dal deto lacomino ; e scriveteli a
mia avuta per la fiera di Santaiuolo pasa-
58
ta, perciò elio li abo iscriti io per la dota
fiora, 0 ubria'lo a scrivare no la letera
(lue vi mandai del doto Santaiuolo. E so
voi aveste fato dare lo chamelino, quo
vi divisai, a la dota molie di lachomino,
si mei divisate, quo me ne farei pagliare
quelo quo mi divisaste: ed eli ne sta a
speranza quod eia abia avuto lo deto cha-
melino. Perciò, se voi no le l'aveste fato
dare, sì lo faito, so a voi pare, e divisa-
tomi quolo que chostase.
[Fiioril A domino Talomoo sere la-
chorai, vel ai conpagni detur.
Vili.
[1269.1
In nomino Domini, amen. Letera de la
fiera di Bari in anni sesanta e novo.
Domino Talomoo o gl'altri; Andrea sa-
luto. E manda vi por Gianino lo Pichardo,
messo do la parte, uno fardolo di letaro,
per le quagli vi risposi a vostre che m' a-
vavate mandate: se no l'avete avute, si
le prochaciate d' avere.
E Froderigho Doni si i' in Piandola
por fare la 'nvestita dei pani cho volete
iivoro di Provino di magio presento. E i
l'istulcsi aiidaro in Piandola sì por tenpo
59
che i loro pani sono già in Borghonia, e
credo che sarano i Lombardia , anzi che i
nostri si partano di fiera; e cosi potrano
bene fare fiera senza noi , percliè non vi
sarano i nostri pani a la stasione ched è
ordinato intra i nostri da Lonbardia e
loro, sì come voi sapete che federo. Volia
Dio che sia per nostro bene. '
[Fuori] Domino Talomeo ser lacomi
vel ai conpagni detur, 2 al Chastello de
la Pieve.
IX.
[1283.]
§ Ghezo e Oddo ; Manno e •' Alighiero
0 P[a|ne vi salutano. E per lo vostro leta-
re propie intendemo da voi, che infra '' voi
avavate alchuno dibato ; de la quale chosa
1 Questa lettera {come s' è avvertito nella
Prefazione) è tratta da una copia di mano del-
l'erudito senese Giovanni Pecci, il quale a questo
punto nota: « Più a basso appariscono tutte le
• riscossioni, e da chi venqono pagati i denari. »
2 II Pecci legge de Tur: e spiega in altro luo-
go: « di Turnone, vicino al Castello della Pieve» :
ma il riscontro dette altre lettere ci assicura della
giustezza della nostra correzione.
:5 e >.. 4 itVa.
(U)
;i iiui ne 'iicrescie, e non voreiuo, per la
nostra vol[ont]à, che vi fuse; e quelli (li-
bati eli' avete insieme sie vel dicliiaremo
per questa letara : e perciò vi piacia che da
ora 'nanzi , voi siate sì in concordia , che
pine voi non ce [ne] scrivete ; sapendo che,
se ciò non fuse, noi non ve ne scrivareino
mai piue , be e ve ne conveniste voi.
In prima, noi di qua sì semo chosì in
concordia, che, al nomo di Cristo , voi fer-
mate la compagnia in quello modo che noi
vi scrivemo per un' altra letara , la quale
noi vi scrivemo chomunale ad anboduni ^
voi, la quale fue di questo tenore: che i
chapitali de la compagnia fusero tre '"
Ib. de tor. per tuto; de' quali fusero vinti
(.'. sete e e cinquanta Ib. tor. de' filioli
Squarcialupi , e dugiento cinquanta Ib.
tor. d'Oddo. E in questo modo vi divisamo
che voi la me [ti] ate in sodo, se mesa no
l'aveste; salvo che questa rimesa vi fa-
ciemo ora: che là u'dicicva che doveso
durare la compagnia da kal. gienaio anno
cotanto infino kal. gienaio anni cotanti ,
si debia diciare : da kal. giugno ^ anno o-
tanta e tre difino in kal. giugno ■' anno
utanta e [sejto ciò intendiate ^ che
1 ulii.'iluni. i frullio. •' l'h^iio. • inlediute
fil
cresciate il t^mpo do la compagnia da
io infìno ' al giugno; e in somelianto
modo faciate le vostre ragioni per kal. giu-
gno, ^ salvo che sia ne la volontà di Ghezo
l'avègli, s'apaglia pine, o di farle per In
gienaio, o di farlo per lo giugno. ^
E ch'inanzi * a pasqua di quaresima
sie chominciarete a fare la vostra ragione ,
e fata la vostra ragione, sie farete i cera-
grafi ; e se no chapesero in uno ciera-
grafio , sie il fatte in due , ma fatte men-
zione r uno de l' altro. Diciarete : « Noi a-
vemo fato questo, perchè le nostre dete
no chapevano tute ne l' altro. » E uno o i
due che siano i cieragrafi, sienoscriti per
mano di Ghezo, e ritenghali Odo [a] sé;
einsomeliante modo sie facia Oddo i suoi,
iscriti di sua mano, e rechineli Ghezo,
quando elli ne verrà a Siena. E fatte in
ciascheuno cieragrafio pendare i vostri su-
gielli, e onieuno di voi iscriva di sua ma-
no in pie del cieragrafio ;«In •'' testimonan-
zadi questo cieragrafio, io chetale sì ci
fone pendare il mio sugiello. » E l'altro
facia il someliante.
Anco, quando avarete fata la ragione ,
sie scrivete, a pici la posta de' capitali
I iriiio. 2 irui'iio. -i Liumio. I c;inazi. ■' i.
H2
d'oniouno, il suo gmidai^no; e ciò che iiu--
tarà in prima ' chapitali [e| in guadagno.
sie farete somo da piei per tuto ch[ei gu
chetale a' suoi
Ancho, senio chosie in concordia, che
voi faciate promesione infra ' voi, soto cer-
ta pena, che neuno non facia ne reame di
Francia suoi fati propi, tuto il tempo che
duràe questa compagnia.
Ancho, semo cosie in conchordia che
Oddo prometa a Ghezo, se Ghezo vole,
che, compiuto il tempo de la compagnia,
che Odo non avara a fare in quello paese ,
due noi avemo a fare ogi; salvo che Ghezo
prometa a lui di pagharti i denari quon-
tianti di ciò che tue, Oddo, dovessi avere
ne la sopradetta chompagnia, e capitale e
guadagno: ma, se Ghezo se ne vole sofe-
rire di questo chapitolo , sie ne sia libe-
rato r uno e r altro.
Del salario che noi diamo a Oddo, e
anco de la sua asetaria, no ve ne impa-
ciate voi di costà: che noi ce ne acivire-
mo bene noi di qua.
E anco semo in concordia, che quando
Ghezo se ne viene a venire, che s' elli volo
da te. ^ Oddo, charta di riconoscienza
l iiiiiina. - ifra. ■* da t(> <i:i ti-.
(che tue contesi, che tuo ahi cotanto tra h'
mani in dete a ricoliare e in ^ denari quon-
tianti , 2 quanto monta la soma de la com-
pagnia, sie chom' aparrà partitamente per
li vostri cieragrafi.) sì li li fae, e anco
irapromete di raseniarci la ragione e in '
Francia e in ■* Siena.elaunque a noipiacie-
se, e anzi il tempo che die durare la com-
pagnia, e infra '1 tempo , e dipo' '1 tempo,
a tute le volte che noi te ne richieresimo
per nostra letara. La quale riconoscienza
dicha: La quale somma sì è cotanto dei fi-
lioli Squarcialupi e chotanto d' Oddo.
Ora pare a noi che noi v' avemo dichia-
rato onie chosa; e perciò la traete a fine ,
sichome noi vi divisiamo , al nome di Dio ,
e chon guadagno e con alegreza e de le
persone e de l'avere, che Idio ci dia. ^imen.
Fato e meso in sodo questi fati, sì senio
in concordia che tue, Ghezo, sie ne vegni
a Siena, al nome di Dio.
Ed io Alighieri sono in concordia cho
Manno e con Pane, di tutte queste cose,
sicome divisa da chi 'n su = di tuta questa
letara, d'ogne lato; e perciò ci abo iscrito
di mia mano. E perciò sì la fatte nel sn-
' i. 2 (juotianti. -i i. < i. •"' da chi su.
(>4
pradcti) nuxlo, al iiuiiic di Dio e di tuti i
santi, e di g'uadagno e di .salvamento '
di persona e d' avere.
X.
[8 marzo 1293.]
Ghoro e Ghonterucio; lachomo, salute.
Ebi la letera che mi mandaste: intesi ciò
che disse.
E per la deta letera mi mandaste pre-
ghando che a me piaciese che tu ora, a
questa rascione , aveste chapitali ad An-
deli: unde sapiate che io ne voglio quello
che voi; e io ne scrivo a Mino e a Tura
propii il mio volere.
E ancho ne scrivo a loro e a voi e a
Tofo e a Llure e a Ghucio il mio volere,
che io abo di quelli fati e degli altri tuoi
e nostri , per letera chomunale a voi tuti ;
cioè, che a me parrebe il meglio, che i
fatti d'Andeli e di Koeme e gli altri no-
stri, che avemo chon teche da Parisgi,
fussero tuti una chosa chomuna insieme;
e assetarvi suso per tuto chapitali di cia-
schuno, tuti insieme, e fuse uno monte:
che chi à tuto inn' uno - luogho, sì à (tulto
inn'unofuocho.
1 salvaiiieto. 2 L' origiitalc ha qui in iiuiio ,
r •;iil)il(i (ìnpo in "iinnn.
(jr,
E anello vi si niiiictH tnti i iiiifi di-
nari propi, cirio ilebu avoro di chostà.
!■' donavi chontianti in dote, istimato per
quello eh' elle vagliono; perciò che non vo-
ii;\ìo che né io né altri abia neuno suo traf-
ficho propio: si andarano più ritti i fati,
e ciascheuno serra a uno segno, senza di-
visione, e sarà in lume i dei fatti. E perciò
ci pensato, come vo'pare; e scrivetemene
il vostro volere e degli altri. E quando Mi-
no sarà di qua, si assortiremo le parti, sì
chome vedremo che ssi chonvengha. E voi
tuti, in chomune volere indiviso, ci scri-
vete ['1] vostro parere; e che, se v'achor-
date ched e'sia chosì , che v[o'ne] divisate
quello che ciascheuno intende d'avere a
chapitale; e noi poscia gli asetaremo di
qua, sì chome noi vedremo che sia bene e
chonvenevole. E intendete che questo...
(•h...io che, 0 vengha fatta o non vengha
fatta la chomunità dei figliuoli sor lachopi
t'hie n]o[i avelmo iscrita a voi, e voi ne
rispondeste a noi, si voglio, se pare a voi e
agli al[tri dola] nostra chomunità di sopra.
E ancho ontosi che Chopo dei Rossi
vi>" mandoi' a dire che volontieri sarebc
1 iiiiiii,»-.
al nostro scrvizin. e di'cgii à voy-lia di
bene fufe, e che v't' deto ohe s'è provato
bene; per lo quale mi preghavate che io
il metese in sui nostri fati. linde sapiate
die io vorrei suo bene e suo vantagio; ma
voi vedete lo stato dei nostri fati, se
sonno tagliati da menarli a giovano che
non fusse molto aprovato; e s'io il voleso,
forse altri noi vorrebe. E perciò, quanto a
ora, se altro ischiaramento di qua io non
avesse non vel potrei dire: ma ss' egli '"•
di vostro piaciere, e vedete che per li fati
di Parisgi sia buono per noi, che mi pia-
cie che vel raetiate; e quanto che non, so
i nostri d'Andeli n'avessero bisogno, sì
ne potete parlare chon loro, e a me ne pia-
ciarà ciò che ne farano.
E divisaste che avevate messo Ghuc-
cio alla schuola, e che credevate che sa-
rebe bene di lui e di chompagnia. A Dio
piacia che così sia, maio il dubito: per
ciò ch'elli avara più chascione di bazicharo
choi frati. E in su questo ponto guardate,
che sse questo dubio non vi fuse, tropo ne
varrebe di meglio a stare uno tempo a scuo-
la, e poscia faese come fecie Ghonterucio.
La vostra famiglia è sana ed allegra.
<.' IVio In mantcnglia di 1» 'ne in meglio.
Ciaupnlo I' al \'it;'iiuii(' cluni tata sua
famiglia; o a me non no yiuova, ' por ciò
chovistaclion o'raiido isposo o sanzafruto.
Fata lunidì, viij di oiitranto marzo aii-
11(1 Ixxxxiij.
iFì'ori] [A] Qhoro Ghoutiori [l'I
a CTliontoruoio
a Pariso-i.
1 i;llov:i.
APPENDICE.
I.
[Giuguo loOo.]
Messere Ghoro e Ghontieri; Ghuccio o
Fninciescho vi si racomanda e salute, e co
volontae di fare e dire cliosa che vo' piac-
cia. Per questo meso avemo una letara elio
ne mandaste: intendemo cioè che ne divi-
saste.
E per essa letara ne divisaste come vi
pareva il meglio che noi prestasimo i no-
stri denari a longho termine, per chagione
de r aconcio de lamuneta; e diciestene le
ragioni che vi sono. Diciamvi ^ che poscia
che ci ebe parola che la muneta si dovea
rachonciare, sì '1 faciemo; ma ora noi fa-
ciamo, percioe che crede l'uomo che sa-
rae anzi la ciandeloro ch'ella abia muta-
mento, sie ch'ai pine corto termine che
noi potiamo , si prestiamo e' denari che ci
venghono a le mani.
E sapiate eh' e' baroni e' prelati di Fran-
cia sono fermi che la buona muneta sia,
e vogliono eh' ella corra piue tosto, e mol-
to n' ano parlato innanzi - a re. Quello che
si sarae, no potomo sapere: ina per fermo
1 ilii-iavi. - imui/i.
il
siamo ciurti che in ((Uf^sto anno avaromo la
buona muneta; e fatta la pacic di Fiani-
mcnghi, credemo sapere cioè che sarae df
la nmneta.
E sapiate che i figliuoli del conte di
Piandola e gli atri baroni di Piandola so-
no a Parigi, e ongnie dì sono a corte de
re, e neuna altra chosa no si fae ne la
chorte de re, se no di questa pacie; e
sarebo fatta pezo fae e acordata, se no
fnsse ch'e'Fiamraenghi no voglion ' pa-
cie col conte de Analto, e' re no vole pa-
cie, se no fanno pacie col conte d' Analto.
Crede l'uomo pure che pacie sarae: e Dio
eh' è singniore ve la lasi esare, che sia
aono[re ^de] re[ajme. |Eldiciamvi,=^cliesi
tosto come questa pacie saràne fatta, e
reame di Francia no fue m[aiì si buono per
Ighjuadangniare, come sarac ora; e crede
l'uomo che, fatta la pacie, noi avaremo la
buona muneta inmantenente. ■• E diciam-
vi ^ eh' e' merchatanti sono in tante ope-
nioni, che no sano che si debono ; che
chi dicio una e chi dicie un'altra, e cia-
schuno mira l'uno l'altro; e mai no fue
chosa secreta di fatto di muneta racon-
1 vofrlio. - iuiov- "^ <li<-i;tvi. i iniiuitLMiPi-
(p. ■". dii'iavi.
ciare, cuiuo òno questa. Quello clic si sarao.
no potiamo sapere: convionci • istare a la
merciè di Dio.
E divisastene come sete fermi di ven-
dare de le nostri posesioni, e che per ra-
concio di muneta no volavate lasare di no
vendare. Unde eh' a noi ne piacie cioè
che ne piacie a voi; ma se Dio dae che
buona muneta sia e noi fusimo paghati di
buona muneta, noi ci troviamo sic di qua.
che noi potremo tenere Vergielle, e com-
prare le posesioni che noi volesimo; ma
no diciamo noi , che se voi trovate a cimi
vendare la derata uno denaro . parci che
r abiatc a fare , che tutto a tempo trovare-
mo noi a conprare.
E per pine letare n' avete divisato le
grandi dispese di neciesitae 've voi sete
di costà, e come per ongnie modo vi pro-
chaciavate di ristrengniare e di risparmia-
re de le spese, e che per isparmio che
faciavate no vi credavate potere civire de
le nostre rendite di costà. Unde che inso-
ma vi diciamo eh' a noi ne 'ncroscie - e
duolf : 0 diciamvi ^ che a nostro potere noi
1 oovieci. 2 necrescif. 3 diriavi.
71
ci prochaciatuo di fare,imd(; voi e noi siamo
fiioro di questa neciesitae; e se mai gio-
vani uomini che fusero fuore di cliasa sua
prochaciaro di guadangniare e di fare eh" a-
vesero de l'oro, si crediamo che siamo noi
due essi, cioè di chosa che no'sapiamo fa-
ve fatto e faremo per inanzi, ' che voi
né neuno altro nostro amicho eie ne po-
trano biasmare. E, so Dio piacie e la ver-
gine Maria, noi siamo fermi che in questo
verno, vagliala muneta o no, di mandarvi
de' denari di costà, perchè voi no siate in-
tanta neciesitae 've dite d' esere; che ne
pare, per le letare che voi ne mandate, che
la terra no vi deba sostenere, e che voi non
abiate pane che mangiare. Sie che siamo
fermi , quando voi pure volete, di ricogliii-
re e di mandarvi de' denari di costà; aven-
gha se la muneta no si raconeiase - anzi
che noi vi mandasimo de' denari , e noi
v'e'mandasimo, sapete che grande dano
ne rieievaremo, esendo così vili come sono ;
e peroe voi sete savi, vedete quello che abia-
nio a fare ; che cioè che ne divisarete, così
faremo, o di rieogliare o d'imprestare. '^
K dieiamvi * bene, che noi saremo lieti che
voi ancliora questo ainio teneste il devito .
1 inazi. ' racnciasc. 'i iiirestarn. -1 diciavi.
V5
•li costà, yerciui' rlie di qua s'impresta ' a
grandi costi : e g-uadag-iiiereime - grosa-
mente.
E uucho ni! divisaste che no vi pareva
di parlare elio Meo Malefoglia di denari
che noi gli dovemo dare , nel modo che vi
divisamo, per pine ragioni che n' asegnia-
ste. Piaciene cioè che piacie a voi, ma a
Palmiero ne pare che voi n' abiate a par-
lare, se parlato no n'avete.
E ancho ne divisaste come Meo Male-
foglia si ti(!ne male apaghato e contenuto
de le letare che noi ischanbiamo ■' a Giu-
fremo. Sapiate, che poscia che voi ciel di-
visaste, noi no schanbiamo •• neuna le-
tara, e no vide ilsacho. e no farae, se
altro mandamento n'abia •'• da noi; e cosi
il potrete dire a detto Meo.
E ancho ne divisaste come Gino e Nigi
lodaro che Ghame e' nipoti dovesero dare,
de la nostra tera eh' avavamo in " Valdàso,
quatro <^ lire senesi (voremo eh' eglino l' a-
vesero fatto giae cinque anni) ; e come voi
n'avete fatta carta, e che chonviene '^ che
noi ne faciamo altresì carta: sie ch'io
Giiccio Fùe fatta nel modo che ci manda-
1 i|iivsta. ■- j^iiaflaiiiii'M'cni'. -i isciialiiaiiin.
1 'ii-haliiaiiio. :"' iialiiaiii". '■ i. " rlinvii'iic
76
stc, 0 la copia guarclarcmo ; sic che quan-
do si convorao ' clic i*» Fraiiccscho la ta-
cia, sì la faroe.
E voremo che n'aveste divisato a quan-
te istaiole di terra puoe bene esare la torà
che Ghame coie a mità di nostro, e s'egli
à da la via in suso 've noi avemo la tera
dal priore de la chalonacha, 've tue, Pepo .
faciesti arare la via, ch'era in mezo da la
tera del priore a la nostra. E divisateci ,
so voi fate istare due mezaiuoli in charaa-
ra, chome avavate divisato; ch'el sapre-
mo volontieri.
E ancho ne divisaste come Pavolino
piliciaio v' àe paghato le sue parti del tor-
sello , ma no v' àe voluto pagare il dano
del pano, nò ^ del feltro nò de la tella.
Farci eh' elli facia bene , che poscia che
voi r avavate a tenero, chosi dovavate fare
a lui , come i Talomei federo a voi , che
no vi volsero dare il torsello, se voi in pri-
ma no lo' deste quello che dimandaro. Noi
n' avemo parlato a Mino Ugholini che mau-
doe dette cose : dicie di iscrivarne; e per-
cioe gli li dimandate •' tutto il dano che
gli tocha in sua i)arte del pano. Del feltro
' c'ovc'i;u>. - iipI. i «liiiian'Uiri". 1'. le nit-
uulazioni.
L' di' hi tnla Ilo gli dimandate né a Ini uè
agli atri,percioe che eie no senio fatti pa-
ghare di qua. E costò detto feltro quator-
dici s. e sei d. tornesi. la tela quatordici
s. tornesi.
E divisastene come voi avete venduti
i chameloni che noi vi mandamo , e che se
fusero istati di magiore longheza , che gli
avareste meglio venduti. Sapiate , quando
conpramo, sì '1 sapemo; ma se noi ave-
simo trovati de' grandi , pine volontieri gli
avarerao conprati , ma no gli trovamo. E
anchora noi no ve gli mandamo perchi"'
voi i vendeste , ma che se ne vestise ma-
donna Binda e monna Àngniola, altri-
menti no ve gli avaremo mandati ; e some-
gliantemente vi mandamo i pani, perchè
voi ve ne vestiste , voi e quellino di chasa.
Divisatene come avete venduti i i pani e
quanto la chana. Diciamvi - che chi voles(ì
ora conprare uno pano come noi vi
mandamo, costarehe pine di setanta 11».
tornesi, e così sono istati diari in
Provino; e percioe, se no gli avete ven-
duti, sì siate avisati come voi i vendete,
e somegliantemente de gli atri pani.
7.S
1'] ìiucIk» ne ilivisastc (■(ime iiicsscn- lo
]iri()r(! dn lo spodali* di Francia o mastro
(xiufrò Duplosciay pasaro por Siena, e co-
ino faste a loro o Prosetastello e Sclior-
sciostollo, 0 come l'obe molto a grad(».
Undo sapiate che detto priore òne di qna.
e non é anco venuto in Parigi, percioe che
se n' ò ristato a Corbof^-lio a chapitolo, cln-
fanno qnollino do l'ordine; e mastro Gnf-
fn"' òlio co re; sie che infìno a tanto che
chapitolo sia fatto, noi no parlaromo alni.
Aveiiio ])arlato ad ;iìc]inno frate eh' ànc
parlato col jn-ioro, e ano dotto cho detto
|iriori' molto si loda di voi. sie che sì tosto
conio sarae a Parisici, saromo a Ini o par-
larems>'li ' del tuo fatto, in clic modo noi
n'ahiamo a faro; a.vong'ha che ])or quello
elio noi n' avemo ra<^'ioiiato co pino perso-
ne, sic a Francesclii e a Toschani, oTìuk»
por nonna chosa, o noi, per quello che ci
])aro vedere, ef?li ò così. Che sapete, elio
quando noi cierchavamo a corte di questo
fatto, o' non ora persona cho no volese u-
dire nulla; ora. ma^iorinonto sarobe ora, so
chosa aveniso che no fussc |)arlato a non-
no de'maestri (le i-o: nonno in» so ne vnrc-
1)0 faro chapo. K anello poniamo cho ne
1 parlar. "_'li.
vi)
lusso parlato, sì aviaiui) noi sic di buoni
amici, che no ne sarebe piuc. Sie eh' a noi
ci pare vedere tante rag'ioni che la tua
venuta puoe esare senza rischio; che se
tue [nio]li venire, che tue ci vengha
ora a settembre ; e se tue no ti acordi di ve-
nire, fate che [remosa] ongnie chagiono
Pepo ci vengha , percioe che ora in que-
sto verno crederne avere a fare sie che noi
gli daremo uopara. '
E per - pine letare ci avete divisato elio
noi dim.andasimo che ne fussi de le robo
del veschovo d' Alzerà. Sapi che noi no
l'osiamo dimandare, e la chagione si ò
questa, che piue volte n'ào detto :« Dite a
fratelta che ci vengha e vengha dritt'a
me, e io gli faroe tanto che se n' aconto n-
tarae.» Sie che su questo noi no gli osiamo
piue dire; e percioe tue se' savio, fané
come tue credi che si chonvengha.Diciam-
ti 3 bene, che se fusse a noi, noi no lasa-
remo che noi no ci venisimo.
E se no t' acordi di venire , come dotto
avemo, sì fate che detto Pepo ci vengha
ora a settembre, e fate che no falli, o no
v'impaciate ■* di vestillo; e se potosto tro-
' \ipai'a. "- IVr viancd ndl' orifiiìidli'.
■i iliiMatti. 4 vi paoiati».
81)
vare uiii» biioiiu cliavalutto \mv' portanti'
la Itiadorac fnsso forte, sì gli conprati' :
cliA sarao buono a' nostri l'atti.
E sapiato che mastro Giaclios lo Cian-
zellioro no inan(lòo,monze nove di giugnio
305, cinquanta Ib. e quindici s. par. por
rimanento i di sesant' o quatro Ib. par-
elio n' <■' valuta la pronvonda di mossero
Jiindo do r anno trecionto quatro ; e tredici
Ib. 0 cinque s. par. no mandoe a diro che
ispese ; ciò fue sei Ib. par. per la decima .
0 quaranta s. par. por aconciaro vingnie ;
e quatro Ib. o quindici s. par., che si dio-
ro no la chiesa per difalta d' alchuno ser-
vigio do l'oficio; e diocio s. par. si diem
a una festa che fano detti chalonaci di
Laona: e chosì n' avemo fatta quinzanza a
dotto mastro Giache. E quando mossero
Bindo voleso avere i suoi denari, sì fato
che voi gli vendiate a longho termino,
sie che noi il sapiamo inn' onomese dinan-
zi, • sie che gli possiamo avere ricolti
do le nostre dette; che se noi gli tolesi-
mo in presta, tropo ci costarobboro : clu-
valliono ■' la fiora diecio Ib. o dodici il
cionto a lo buoni' conpagnie. *> a pona sr
ne trovano.
' riiiiaiK'li;. - diiiuzi. ■' viilliim.
81
E Sft voi potesto elle noi tf^nesinici iletti
denari iiitliio al verno, alotta no faremo
forza, quando voi i vendeste, che alotta a
tiitesora avaremo denari; e montasi ^ quel-
lo elle die avere detto messere Bindo, no-
vant" e due Ib. e undici s. par. ; cioè qua-
rant' e una Ib. e sedici s. par. de la sua
provenda de l'ano 303, e cinquanta Ib. o
quindici s. par. de la prò venda de l'ano
tre"^ quatro.
E de la briglia de'Malavolti a'T(do-
uiei, molto c'increscie. - cliA ci è, dano n
la nostra intenzione, ^ che ci pare vedere
che converae * che sia parte in Siena: (*
Dio eh' è singniore vi meta pacie.
E divisastene che ora, per kalende ma-
gio, serano mutati i statuti, infra' quali
credavate che ve n' abi uno eh' ène cen-
tra a' grandi da Siena; e credavate che
se si prendese, che sarebe contra di noi.
Voremo che se eie l'aveste potuto divisa-
re, che eie l'aveste divisato: e maravi-
gliamei ■% che s'egli è così contr' a gran-
di , come si prenda.
E ancho ne divisaste come Fecha v' a-
vea dimandato eh' ella si volea amaritare.
1 molasi. 2 oiorpscif!. ■! intezioiic. < cov^rae.
■'• maraviirliaci.
82
e clionit' a Voi iKt parca, sic pcrch'cUa era
i,'i()vana, e l'atra olif sarobo di grande
costo. Sapiatc ch'olla ino lo scrise pozd
fae; o io ne le scrise eh' a me no piacieva;
e ora no i le scrivo , avenglia che no fao
bisongnio, percioe ch'ella m'àe mandato
|ad|ire che atendarae infino a tanto ch'io
sia di costà. E s'ella ve ne parlase piuo,
sì me lo scrivete; che per neuno modo vo-
glio ch'ella s' amariti infino a tanto cho
io sia di costà.
E per Biagio Guidi vi mandamo um»
tesuto fornito d' arionto per madona Bin-
da: se no l'avete avuto, si vel fate dare.
E mandiamvi ^ leghata cho questa
tre carte ; l' una sì è, eh' io Ghucio òne fatta
de la vendita eh' avete fatta a Ghame Ugho-
lini; e le due sono due quitanze, eh' ano
fatta l'una il proclmratore de' frati mi-
nori, e r atra il procuratore de' frati pre-
dichatori, eh' ano quitto Meo Malefoglia
di cinque Ib.tor. ciaschuno, sichome voi
ne divisaste per 1' atro meso.
E sapiato che di qua sono venute Iota-
re, che papa òne; od òne l' arciveschovo
di Bordello: o Dio eh' è singnioro o'iasi o-
1 11'*. - iiiaiiiliavi.
sare sì biiDiiit, che metta piicie tra'' cri-
stiani. Abiamo per fermo, quando papa ène,
che converae - che a forza cora di qua hi
buona muneta; e crandeisporanza n'àiio
i merchatanti.
E Dio v'alegri. Mose di Parigi giuvi-
dì xvij di giugnio 305.
[Fiiori\ Me|ssere G]horo Sansedoni
e Ghontieri suo figliuoh) de' Sansedoni ,
propria.
[U altra mano] [Gionlsero in Siena
menze setto di lulio , ed èci iscrito |e|l
contio di messere Guido de la sua pro-
venda.
IL
[28 aprile 1311.]
Messere Ghoro, Ghontieri, Ghuccio e li
atri; Pepo, salute. Di Bari. Per lo messo
de la merchantia, vi divisai come aveva
latto cho'Malavolti e quello che ne pensa-
va a fare per innanzi. '^ Io mi partii di
Parigi el giuvedì apresso pasqua, per ve-
nire a Bari per la gio[rnaìta eh' aveva
contra a loro, de la presa che aveva fatta
a Langnino, di Ranieri Renaldi. A la det-
84
ta j?ioni;it;i. jirf'iiiloiladitalta contro a lor<j
•li loro acordo ; 0 preso la ditalta, nianda-
ro incontanente ' a Nicholò di Giotti, per-
chè mi pagase - e' denari che dare lo' dove-
va, e de r acordo che fatto avevono, sì come
vi divisai: sì che Acorto venne a Bari. Ve-
nuto a Bari, sì mi fecie charta di dugiento
quaranta Ib. tor. buoni, per lui e per li com-
pangni , a rendare nel pagamento di Bari
prosimo. La carta ricieveti da loro, per
ciò che non avevano e' denari contianti ne
la nera; e a Vitri no voleva andare, per
ciò che no voleva ricevare munete difen-
dute da loro , e portare adosso per lo cha-
mino, per ciò ch'ène grande rischio; e
ancho mi dotava, che quando fusse a Vi-
tri, no mi faciesero troppo istare; e per
altre ragioni che ancora ci òe, mi par' e
parbe fare el milliore. Or sì che quando
Acorto m' ebe fatto detta carta di dettn
dugiento quaranta Ib. tor. buoni , sì ehi
Chatelano compagno de' detti Malavolti,
e li dissi come io voleva essare tutto paga-
to, rimosaognie chagione. La loro risposta
fune, che io infino al pagamento di Bari
no poteva essare pagato; e sopra a ciò mi
progharo che mi dovesse soferire, e senza
1 iiii'nt:uiPti". - paL'iisiM'ii.
8.'.
fallo sarui pagato al pagamento: sì che io.
vedendo che no poteva osare pagato del
tutto , sì m' acordai di soferirmi infino al
pagamento de la detta fiera in questo mo-
do, che giamai a loro no parlarei di questi
fati, se none di dimandare e' nostri dena-
ri; e se in detto pagamento paghato no
fusse , avesero per fermo che da me gia-
mai né termine né dine né ora da me non
avarebero, e che io prochaciarei quello
che a me parese che fusse nostro profitto.
A tanto mi partii de le parole. Or sì che
H me parbe fare bene di quello che òne
fatto, sie perdi' elino no possano dire:
« Tue no ci volesti dare termine pure
(luindici die o tre semane ; che noi t' avare-
mo pagati sanzafaixi prendare : ed av[en]ti
pagato quello che avemo potuto: male si
mostra che voi ci voliate né sercuire né
guardare di così grande pericolo, come
d[i fa] rei metare in pregione, senza mai
iscire. » E veraciemente così sarebe el
vero : la prima volta che saranno presi ,
mai non [i]sciranno di pregione; e no sara-
no giamai pagati choloro che da loro de-
bono avere: tanto debono dare. S[ì chej ,
per nostro profitto piue che per amore di
loro, la giornata misi al pagamento il'i's-
86
sarò pagato: e si come vi scrissi per altri'
lectare, mia intenzione ' ce, rimosa ongnio
chagione, di procliacci[arel d'essare paga-
to da loro sì come detto v' ònc ; e noi da
l[oro ave]mo giao avuto pine di quatro '■
Ib. tor. buoni, in tutor si che noi no siamo
in chosì grande pericholo, come savamo a
Langnino. Do' denari che avaremo, farone
nostro profitto , a mio podere.
Io mi credo partire e partirò, el di '^
che questa lettara fue fatta, per andare a
Senso, per la cagione d'uno piato che
noi v' avemo incontra a Giufrè le Bretone
di Parigi, per cioè che ci è dato uno inte-
rogitoro incontra falsamente: sì che io
volilo sapere che cioè sarao. E poscia me
n'andaroe -^ a Parigi, per fare e' nostri
fatti; e al pagamento tornaroe a Bari, a-
presso a la fatta di questa lettara a quindi-
ci dì, e piue tosto. Idio v'alegri.
Fatta mezedima, xxviij di aprile, oli.
\A tergo, d' altra mano.] Sapiate che
io Ghuccio e Ghontieri uprimo questa le-
tera a Susa, sabato otto di magio, e ri-
mandiamvela •* per lo Chainuso. e risugie-
lamrao adietro.
1 iniezione. -' eli. '■' ;i(liiroe. -1 riniandiii-
vla.
87
E sappiate elio noi croderao andare a
Bari; e se vi trovaremo Pepo, saremo elio
lui insieme; e s'a Dio piacie, prendaremo
il migliore di questi fatti da' Malavolti : e
se no fusse in Bari, sì li scrivaremo che
no vi venglia, per chansare ispese. E, be-
nedetto Idio, ogiemai ne pare cssare a
buono partiti) di loro.
Fatta in Susa, sabbato otto di magio.
E la domenica apresso pasaremo la mon-
tagiiia do la Monsanesfl, chon l'aiuto di Dio.
\Fuori] Messere Ghoro de'Sansedoni
e (jrhontieri suo , propria.
HI.
[27 marzo , senz' anno.]
Messere Ghoro; Ghontieri vi si raco-
manda. Ehi una lettera che mi mandaste
per questo messo: intesi ciò che divisaste.
E per essa lettera divisaste che sete più
contento che la detta de' Malavolti si lassi
aprochaciare, clie aprochaciarlla per lo
modo che scritto v' abo. Piaciemi , poscia
che piacie a voi ; ma io conoscho eh' era il
meglio, e mai altrimenti non avaremo de-
nari; e Veruecio no gli vorcbe trovare
per pigliarlli.
88
E divisaste che setH più contento do
la mia buona volontà che mostro inverso
e' mei fratelli, che no faite de' denari che
abo prochaciati di messere Peri ' Paste.
Sappiate che a me no pare che de la mia
buona volontà voi debiate essaro nuovo,
ma molto vechio, perciò che sempre in
dotto e in fatto sonno istato achoncio di
fare e dire quello che buono fratello die fa-
re por altro: e non abo guardato a cosa
che m'abiano detta o fatta o facciano: e
se io avesse fatto così a loro come anno fat-
to a me, abiate per fermo che de' loro fatti
di qua, e anco del loro fattore, no si tro-
varobe seme. E non è istata una volta,
ma più e più volte, e continuamente sono
a lloro difensione, a mio podere, in ciò che
io posso fare e dire, e mai di dì e di notte
no fino per loro afadijs^harmi in loro achon-
cio, e' miei amici il somegliante; sì che
voi e ellino possono dire chon vero fer-
mamente che io lo' sonno istato e so' drit-
to e verace buono fratello; e se avesse
guardato a le loro uopare, avaroi fatto il
contrario: de la quale chosa snrei molto
> Sopru qiicata iiaivla e una Una.lla (iriz-
80
dioruciato, so fattu l'avesse: e s' a Din
piacie, no farò por innanzi.
Anco divisaste come voi sete aconciu
d'assettare la questione che abo elio' mei
fratelli in modo che sarò contento, e al
più tosto che potrete; e che guardarete
bene la mia ragione. Sappiate che io mi
maraviglio molto perch»^ voi vi metete co-
tanto, e no posso vedere la ragione né
perchè tanto vi debiate mettare: perchè
io non so' contento di tenermi così inpac-
ciato per asai di ragioni che asegniare si
potrebero , e per le ragioni che più volte
v'abo scritte; e abo si chiara ragione,
che nessuno incontra no vi può dire. E
ciò sonno aparechiato di preudarne drit-
to. E mostrate solo le mie Iettare , e egli-
no dichano ciò che vogliono (o vogliano
dinanzi a' savi di ragione o dinanzi a'Mer-
chatanti) ; si che a me pare avere ^ tanta
ragione, e proferendo quello che profa-
ro , che voi e eglino faite quello che vo-
lete, ma no quello che dovete, sì voi di
none ispaciarvi, e eglino del contradire.
E in buona fé, so eglino fussero savi,
con pensando a quello che abo fatto per
loroefo ognie die, e anco al bene e al
errando istato rlv in li mottai'ò tostami'iiti-
00
chou r aiuto di Dio ; eglino e voi no fareste
tutto altro che no ne faite. E siate cicrto,
come de la morte, se io no l' avesse messa
la questione in vostra mano , che mai no
so che ve la mettesse, credendo essare me-
nato come sonno: ma per fermo abiate che.
chosa che vo' prometta, per morire non
andarò ^ mai incontra. E però piaciavi di
spaciarvi; sì farete bene, e di vostro ono-
re; sì che io abia il mio che anno ricolto
di chostà, e che ciaschuno abia sua ragio-
ne. E pregovi che vo' piaccia di fare e d'a-
settare sì e in tale modo questi fatti , che
io no debia essare contento; e che, se io
abo voglio di loro avanzare e fare per
loro e mettarlli in grande istato, che la
volontà mi crescha: e quanto ch'el mio
dritto no fusse mantenuto per loro , e me
lo petizassero, siate cierto, che da me mai
no)i avaranno aiuto né conforto. E poscia,
ciaschuno prochacci e' suoi fatti al meglio
che Dio li darà la grazia; e io li credo fer-
mamente bene prochacciare chon l'aiuto
di Dio; sì che chi m' amara, ne sarà con-
tento. E in buona fé, abiate per fermo che,
se io credesse avere torto contra a lloro.
e fusse più povaro asai che no so', siati'
' ad arò.
91
certo che io vorrei anzi pensare di morire,
che prendare questione chon loro ; ma co-
nosciendo me' che io abo chosì chiaro drit-
to, e dalloro sonno chosì ingiuriato in più
modi, sì vo'dicho che io no sonno troppo
dolente, o conoscho che mala volontà che
anno verso di me lo' lo fa fare. E forse e-
glino mi fanno questo, perciò che si vo-
gliono ristorare de' grandi avantagi che
mi federo a la partigione, e che m'ànno
fatto poscia: e a volere ribefanare ' ognie
cosa, sarebe una longa mena: e però la
lasiamo istare tuttasesa. Preghovi che
vo' piaccia, che se avesse detto cosa che
vo' spiaciesse , che me la perdoniate ; che
così i Idio, che grande choruccio me
lo fa dire, pensando che sempre di bene
fare io abo male merito. Or voi sete molto
savio. Abo per fermo che farete e direte
tutto bene, sì che ciaschuno dovarà essare
contento; e Idio ve ne dia la grazia, sì
come voi volete.
E per più Iettare v' abo scritto che io
voglio sapere il mio contio di ciò che debo
dare e avere in Siena, e quello che avete
per me ricievuto e paghato; e però pia-
' La n i' rofivrlii itii nini innnliid.
L»2
ciavi, elio por questo iiiessn io ralbijail
coiitio: sì farete bene.
E anco v' abo scritto elio io voleva
elle voi (leste le mie scritte a Agnolina.
Sappiate che io voglio che esso scritte
vonghaiio di qua; o però piaciavi di darlo
a Ilei, che me le mandi; o voi me le man-
diate por persona sichura, ma no ne la
scharsella, perciò che costarebero trop-
po. E esse scritte voglio avere apo me per
alchuno mio fatto; e a voi no fanno veru-
no prò, e a me non averlle sarebe danno:
e però piaciavi che, per mio amore, io
Tabia, rimossa ognie chagione.
E divisastemi come a voi pare che io
procacci d'avere il mio da Fantozo corte-
semente, e sopra ciò scriveste una longa
materia. Sappiate che io abo parlato a lini ;
e olii m' à risposto di fare ciò che si convie-
ne : se '1 farà, no so ; ma troppo dura questa
mena. Ma di questo siate cierto , che del
tutto sonno fermo a soferire ciò che fare
mi vorrà, per chansare brigha; e quanto
che olii a la fine no faciesse quello che si
convenisse, farenn? ' quello che sarebe
ila fare, a luogho o t'npo: ma no. che io
diinpiitichimai il di!^nnrc e l'abrohio ohe
alio ricievuto da lini.
E per più Iettare v' abo scritto comp
io voglio che voi mi mandiate Agniolina
e' figliuolli : e però , come scritto ve l' abo,
così ve lo scrivo ora, che a voi piaccia di
mandarmela, rimossa ognie chagione. E
se venire no ci volesse , state cierto che
mai per mia moglie no la teiTò, mai da
me non avarrà veruno bene ; anzi avara
il contrario, a mio podere.
E divisastemi che io conprasse la terra
di monna Margharita , se la potesse avere
per ci 11. sen. Sappiate che per forza d'a-
mici, che mi sono venuti a preghare che
la conpri, sì l'abo conprata centra la mia
volontà, perciò che io non abo i denari
per conprare essa terra né altra; ma po-
scia che fatto ène, chonviene che diciamo
che sia il meglio; e io vo' mando la carta
de la conpra: e però fatene fare quello che
io vo' divisai ^ per la lettara comunale.
E per più Iettare v' abo scritto che a
me parebe che Pepo veni sse di qua per a-
choncio de'lloro fatti; e voi mi scrivete
che no li li volate dire. Farmi che ar-
riato. Ma tant(ì vo'dicho. chf- so iid ci
1 ilivisi.
94
vongliaiiu l'uiK» (li lon», cIh' i ll(H-(» fatti
potreìsoro avere inpedimcnto.
E por più Iettare v' abo scritto come
mio volere ène di prochaciare di avere ii-
lifio ne la corte de ro, e come io n'aveva
Imona risposta da' miei signiori; e ogi
questo di, 0 domane, credo andare a San
Germano a l'Aia, là 've ène el re, e anzi
che mi parta, credo tanto fare che io ava-
ro parte de la mia intenzione; sì che to-
stamente, s' a Dio piacie, n' avarete buoni'
novelle.
E avendo intenzione d'avere uficio in
corte di re, no può essare senza grande
dimora di qua: e poscia che dimorare di
«lua mi chonviene, no voglio istare senza
aver e' figliuoli i, e perdare il mio tenpo.
Sì che io soimo fermo, senza indugio nes-
suno, che se la reina no viene di qua, che
voi, per ognie modo, e rimossa ognie cha-
gione, mi mandiate Agniolina: ma che il
camino sia sichuro. E però, per Dio, faite
che voi me la mandiate , e no lassate per
persona nessuna; che per fermo abiate,
io pur voglio ch'ella ci vengha; e di que-
sta volontà non mi stollarebbe nessuno,
tanto sapesse dire e fare: che ppi' fermo
il» so bene quello che io fo. e sonilo tutto
95
;ipeiisat(i in quf'.st(j fatto: e ciaschuno die
credare che il fatto mi tocha tanto, che
con i^randissima dilibarazione ne scrivo
queRo che voglio che si faccia. Sopra ciò
no vo' scrivo più, perciò che sete molto
savio; che abo per fermo che farete ciò
che sera da fare ; e a Dio piaccia. E Idio
v'alleg-ri, e vo'dia longha vita. Fatta
xxvij di marzo.
iF^i'or'ì] Messere Ghorode'Sansedoni,
propria.
IV.
f7 novembre , senz" anno.]
Ghoro; Ghonteruccio vi si racomanda,
e con volontà di fare cosa che vo' piaccia.
Per pine Iettare m'avete iscritto che se
Miniuccio no volesse venire di costà, che
io il chaciasse, e no li desse denaro ve-
runo: unde che nel modo che me lo divi-
saste, così feci.
E poscia, quando Tobi chacciato,sì
s' acordò di venire di costà, ma ' none per
istare a Siena, ma per dimorare a Fioren-
/,e: sì che parbe a' nostri amici di qua.
che io vel mandasse in Fiorenzo, e ine
!k;
istare o faro 1" artf; de. la lana; o parìip aj^'li
amici rho io li promotosso di farlli dare
a Fiorenze, ciaschuno mese, vinti s. sen.,
faciendo elli bene: e così ffli abo promesso
di fare dare a sua volontà, ciaschuno mese,
vinti s. sene. Credo che abo bene fatto a
ciò eh' olii faccia bene e dicha bene, e ch'elli
no si perda, come aveia cominciato: e.
s'a Dio piacie, elli sarae anco buono uo-
mo. E Idio ne li dia la grazia.
E per ciò vo'pregho che i d[et|ti vinti
s. li f[alciate dare a sua volontà, faciendo
elli bene; e chosì gli abo promesso per
consiglio degli amici; e egli m'à detto
che àne grande voglia di bene fare; e Idio
ve lo persevari. Idio v' alegri.
Mosse di Parigi, vij di novembre.
K sappiate che Guiduccio nostro fante
ne viene chon lui ; e quando sarae di co-
stà, s'i date vinti s. tor.; e io ne gli al)o
dati di qua diecie s. tor.: si che guada-
gniarà per tucto xxx s. tor.
\A terfjo.] A Ghoro Ghontieri, ])ropria.
DOCUMENTI.
I.
In noiniue Domini , amen. Anno eiusdem
Mccliij , indictione xij , die lune , x kalendas
octubris. Appareat evidenter omnibus hanc pa-
irinam inspecturis, quod generale Consilium co-
munis senensis et consiliarii infrascripti , ad
sonum campane, in ecclesia Saucti Christofori,
ut moris est , congregati ; nomine etvice comu-
nis dicti constituerunt, ordinaverunt , creave-
runt et feceruut, Arrigum Accaptapanis et
Ildrebandinum Gonzolinum, cives senenses,
licet absentes , et quemlibet eoruai in solidum,
ipsorum et dicti comunis scindicos et procu-
ratores, ad acquirendum et conducendum et
accipiendum inilites et equites stipendiarios
seu ad soldos prò comuni senensi, quot et
prout eis et cuilibet ipsorum videbitur et pla-
cuerit; et ad promitendum ipsis militibus et
equitibus et cuilibet ipsorum, nomine et vice
comunis senensis; et stipulationes et promis-
siones prò ipso comuni a dictis militibus et
equitibus et quolibet eorum recipiendum: prout
et quiquid ipsis scindicis et cuilibet ipsorum
dieta de causa videbitur promitendum et sti-
jiulandum, nomine comunis dicti, et recipien-
dum prò eo ; et ad obligandum prò dictis et
ea ocasione comune senense et bona ipsius
comunis; et ad cautionem seu cautiones de
predictis omnilìUs t'acieniliuu et recipieiidnni :
100
ft j,'eiH>raliter ad ouiiiia Pt sÌMf,'ula facienila
iperemia et prociiranda, que in predictis et cir-
ca ea viderint ipsi vel alter eoruiii et cogno-
veriiit expedire , et que predicta desiderant
vel aliquod predictorum. Promitentes, nomine
et vice comunis ipsius, se prò dicto comuni
et ipsum comune ratum et firmum habere et
observare, et centra non venire vel facere ,
totum et quiquid per eos et quenilibet ipsorum
Caotum et gestum seu procuratuni fuerit : sub
obligatione bonorum comunis prelati.
Nomina consiliariorum sunt hec {Seguono i
nomi di 63 consiglieri).
Actiun Senis, in dieta ecclesia, coram Ua-
nucio Alberti castaido comunis senensis, et
Ventura de Fongaia eius notarlo, testibus pre-
sentilius.
Ego Bonadota quondam (,'aponeri, notarius,
et nunc comunis senensis scriba, ' predictis
interfui; et ea, ut supra continetur, de man-
dato Consilii et consiliariorum predictorum ,
scripsi et publicavi.
Questa pnrtiliì •^crilia miinrn uell' orifiiiuile.
101
II.
[il settembre 1253.]
In nomine Domini, amen. Anno Domini mil-
lesimo ccliij , tempore domini Innoceutii pape
quarti, indictione xj , et die iiij exeuntis sep-
tembris. Hoc quidem tempore, dominus Rossi-
nus de Machilono , prò se et Filippo tìlio suo,
et omnibus infrascriptis {seguono cinquanta
nomi di cavaUerir. item, dominus Gualterius
domini Beralli de Mariana, prò se et omnibus
infrascriptis, videlicetfsegiMono treìilaseinomidi
cavalieri); qui dominus Rossinus, prò se et pre-
dictis suis, et dominus Gualterius, prò se et suis
predictis, promiserunt et convenerunt domino
Henrico Accaptapane, sindico comunis Sena-
rum, recipienti nomine et vice dicti comunis,
servire ipsi comuni, equis et armis ydoneis,
duobus mensibus, secundum preceptuiu et vo-
luntateui domini Rogerii de Baniolo , capitanei
diete terre, de die, nocte, vel quandocumque
eis et cuilibet predictorum preceptum fuerit
per dictum capitaneum vel suum nuntium , hinc
ad dictos duos menses , coniputatis in ipsis
duobus mensibus viij diebus, scilicet iiij in
eundo et iiij in redeundo. Item, promiserunt,
prò se et predictis, quod si aliquem militem
ipsi vel aliquis predictorum ceperint in aliqua
cavalcata vel qualitercumque , adsignare co-
muni Senarum ; dummodo habeat captor prò
milite, si fuerit de civitate, x lib.; si fuerit
de comitatu , e s.; si fuerit pedes et fuerit de
i-ivitatf. r s.; si fuerit de comitatu, tres
102
lilìr. . et anua ciiuos l't arni'sc. Iteiii, si cepi'-
rint aliquos inilifes vel pedites in exercitu ge-
nerali, (lieto comuni sine pretio dare tenean-
tur; dumniodo equos et arma habeant et ar-
nese. linde dictus dominus Heuricus, sindicus
dicti comunis, vice et nomine dicti coniunis,
et jìro ipso comuni , proniisit et convenit do-
mino Rossino et domino dualtt^rio predictis.
recipientibus prò eis et quolibet predictorum,
dare et solvere eis et cuilibet eorum primo
mense , si habuerit unum equuni vel equam, in-
fra tres dies postquam erunt Senis, viij lib. sen.
parvorum ; si habuerit duos equos, xv lib. P-t
prò secando vero mense , promisit eisdem, prò
eis et predictis recipientibus, facere fieri pa-
cam infra tres primos dies dicti secundi mensis.
dummodo ipsi dent dicto comuni fideiussoriam
cautionem de serviendo ipsi comuni per dictum
mensem ad mandatum dicti capitanei; et si fi-
deiussores dare non possent, paca eorum penes
eorum hosspites deponatur. Item idem sindicus
promisit eisdem facere fieri redditam equo-
rum et equarum, infra viij dies postquam man-
caniati vel mortui fuerint in exercitu cavalcata
seu tracia, secundum extimationem quam fa-
oient extimatores dicti comunis. Qui, prò eis
et sociis eorum, promiserunt esse Senis die
secundo post kalendas octubris, et se factu-
ros et curaturos, quod predicti omnes predicta
omnia observabunt; promictentcs vicissim om-
nia predicta integraliter ohservare , sub obli-
■,'atione bonorum suorum et dicti comunis, et
non venire contra, sub pena dupli prò stipu-
latione promissa: qua soluta vel non, hec carta
tìrma pcrinaneal; quam scribi rotraverunl.
103
Actum Spoleli. cornili iloiiiiiiu Kaviiallo lo-
hannis , Beuetli(;to Martini, Petrucitto domini
lannis, et Massatono domini Sceme, et aliis
testibus rogatis.
Ego Petrus Jaeolji iiotarius predicta omnia
scripsi et publicavi.
III.
|11 fr-bl.raio ISfW.]
Urbanus episcopus, servus servorum Dei,
carissime in Christo filie Regine Anglorum,
salutem et apostolicain benedictionem. Pro fa-
vore inipenso Manfredo, quondam principi Ta-
rantensi, cives Senenses excomi^nicationis sen-
tentiam incurrerunt, in eundem Manfredum et
fautores suos, prò violenta et manifesta oc-
cupatione iurium Imperi! romani et patrimo-
ni beati Petri, per sedem apostolicam pro-
mulgatam. Sed dilecti filii nobiles viri Petrus el
Andreas Christofori, Guillelnms , Meus Kenal-
di, Frederigus et Stricca Renaldi, cives se-
nenses, reprobi sensus dampnata studia Se-
nensiuin predictorum prudentie meditantibus 1
advertentes , sano decreverunt Consilio decli-
nare , ac eidem Ecclesie in ilio constanter ad-
lierere proposito, quo ipsa , prò defensione
libertatis ecclesiastice ac pacifico statu fìde-
lium, pervasoribus illius et huiusmodi perver-
soribus se opponitur. Ipsi enim, prestantes.
de parendo super premissis mandatis ipsius
Ecclesie, iuramenium; ac eligentes inagis a-
i-erbitatem pati exilii, quam dulcedine natalis
soli cum ipsorum reproborum participio deniul-
ceri; civitatem senensem per devotionis ha-
bundantiam reliquerunt, se ad terram Ecclesie
■de. devotorum eius cum suis familiis transfe-
ipiido. Unde nos (jui , more paterno, in reditu
1 Così la copia del Pecci^ ccrtainente corrotla-
Sembra da emendare: prudenti meditatione.
105
rilioruiii quos error a devotione subduxerat spe-
cialius delectamur, aperuiinus eisdem nobili-
I)us tain paterne gratie quam materne niansue-
tudinis amplum sinuin; et ipsos ab huiusmodi
ot universis excoraunicationis et interdicti sen-
tentiis , quas eadem sedes in dictos cives Se-
iienses et eorum terram , propter preniissa et
suam indevotionein , generaliter promulgavit ,
iuxta formam Ecclesie, duxinius misericordi-
ter absolvendos: suscipientes ipsos, cum om-
nibus bouis suis, sub protectione beati Pe-
tri , eiusdeai sedis, et nostra: et admittentes
eos in nostros et eiusdem Sedis filios spetia-
les. Cum igitur dilectos filios Minum Christo-
fori, Frederigum Doni, Andream Christofori .
Tengum Uguccionis et Jacobum Co..., cives se-
nenses, socios nobilium predictorum in Anglia
commorantes, ad eiusdem Ecclesie devotio-
nem redire volentes , ab huiusmodi sententiis ,
iuxta Ecclesie formam, absolvi mandaverimus :
.Serenitatem regiam rogamus et hortamur at-
tente, quatinus habeas 1 socios ipsos, prò
nostra et diete sedis reverentia , propensius
commendatos: prò eis2 ad carissimum in Christo
tìliuni nostrum illustrem regem Anglie viruni
tuuni , quod eos ad contrahendam moram in
terris tuis et procuranda ibidem sua negotia
favore regie liberalitatis admittat : ita quod
propter hoc regalem excellentiam comendare
merito, prò huiusmodi opere mansuetudine, te-
neamur. Dat. apud Urbemveterem, iij idus fe-
liruarii , pontitìcatus nostri anno secundo.
1 11 Pecci: liabetis. - Aurhe qui la copia Fecci
!■ forrotlii: e per restituire il senso, sembra che
si richieda un verbo esprimente preghiera.
I0(i
IV.
[29 settembre 126S.J
Karolus, Dei gratia, rex Sicilie, ducatus
Apulie et principatus Capue , aline Urbis se-
iiator , Andegavie, Province et Folchachierii
Comes, romani Imperli in Tuscia vicarius ge-
neralis.
Per presens scriptum notum facimus uni-
versis, tam presentibus quam futuris, quod nos.
attendentes dampua gravia que nobilis vir Pe-
trus de Tholomeis, civis senensis, prò fide
romane Ecclesie nostrique devotione nominis.
est perpessus ; eiectus a bonis et a patria, di-
ras penas exilii coactus diutius experiri; con-
siderantes quoque grandia et accepta servitia.
que idem Petrus diversis partibus et temporibus
eidem Ecclesie atque nobis studuit exhibere :
castrum Montis Aghutoli de Boscho, Vulterane
fliocesis, nec non omnia castra, villas et loca,
(|ue tempore quondam Frederici Romanorum
imperatoris erant castellanie ipsius Montis
Aghutoli, cum hominibus, vassallis, possessio-
nibus, vineis, terris cultis et incultis , pratis.
nemoribus, pascuis , aquis aquarumque decur-
sibus, aliisque iuribus, iurisditionibus et perti-
nentiis eorumdem ac romani Imperli, eidein Pe-
tro et eius heredibus imperpetuum, auctoritate
nobis ab apostolica sede tradita, damus atque
ooncedimus in feodum nobile ac gentile, de
gratia spetiali , salvis mandato et ordinatione
sancte romane Ecclesie ac iuribus cuiuscum-
que. Ut auteni huiusmodi nostra concessio et
floiialio jilonum l'obor obtineat firmitatis^ \>rc-
107
sens privileyium exiiidc tieri et sigillo iiiaie-
..statis nostre iussimus coiuuniri. Actuin Rome,
in arce Capitolii ; presentibus Gaufrido de Ca-
pella, Gaufrido de Sarzinis, regni Sicilie, et
(iuillehno Estandardo , Province, senescallis,
Roberto de Laveno, iuris professore : anno Do-
mini millesiiuo ducentesimo sexagesimo octavo,
mense septembris, die vicesimo nono eiusdem
niensis ; regnante domino Ivarolo, Dei gratia,
gloriosissimo rege Sicilie , ducatus Apulie et
principatus Capue, Andegavie, Province etFol-
cachieri comite , regni eius anno quarcto feli-
citer, amen.
Datum per manum Roberti de Baro , regni
Sicilie iirothonotarii.
lOS !
Y.
[20 ottobre 129.S.]
Dinanzi a voi, signori Nove ijovernatori n
ilifenditori del chomune e del popolo di Siena,
propone e dice Guccio di inesser Renaldo de'
lienaldini: Che esso Guccio, di choinandamento
de' signori Nove vostri antecessori , andò a la
terra di Segherauolo in servigio di messer lo
papa, e ine in quello luogo stette due mesi
prossimi già passati, clion chavalieri dati e
assegnati a llui per lo cliomuno di Siena; e
al (juale luogo, xxvj di del mese di settembre
passato, fu meschia e battaglia, tra' Proven-
ciali dall'una parte, per loro difetto, e'Toschaui
<Iair altra parte ; per cagione de la quale me-
schia e battaglia, el sopradetto Guccio perde
le chose le quagli spicificaranno di sotto. Unde,
conciò sia cosa che le dette chose abbia per-
dute stando nel servigio del chomuno, secondo
che dett' è; che vo' piaccia di farnel provedere
nel mende e nella stima de le prodette chose.
Le chose sono cheste :
In prima uno chavallo d'arme, di pel nero,
ohon altri segni, el (juale fu slimato por li
^stimatori del chomune di Siena.
.\ncho uno chavallo, di pelo vaio bruno,
rhol pie dietro balzano, e chon peli bianchi
in fronte, el quale fu estimato per li stima-
tori del chomuno; el quale chavallo fu ferito
ne la detta briga, de la (juale f(MMta fu morto.
.'Vncho uno mulo di pelo '. el (piale costò
\iiii fiorini d' oro.
1 I'iiidIo iiniilrlliijilnlr.
109
Anoho Ixx rioriiii d' oro.
Anello una choltre di zendado rosso itrandp.
la quale è slimata xxv Ibr.
Audio iiij paia di lenzuola sottigli, di xxx
braccia di panno ciascheuno paio, istilliate
XX Ibr.
Anche iij paia di lenzuola da iamiirla . i-
stiinate viiij Ibr.
Anello uno paio di panni, tramezzato di ver-
de e di brolo di Dovagio, di suo dosso, isti-
niati xiiij Ibr.
Ancho V tovaglie grandi da mensa, e iiij
tovagluole da sciugare le mani, e due asciu-
gatoi grandi, sottigli ^ istiiiiali in xxij Ibr.
Ancho due fiaschi di stagno e due bocha-
letti d'aqua, istimati in iij fiorini d'oro.
Ancho uno paio di gotfani istimati in x Ibr.
Ancho uno carnieri di chuoio francescho .
stimalo iij Ibr.
Ancho due soprasbrerghe da famigla. sti-
mate vj Ibr.
Ancho iij gonnelle da famigla, istimatt*
vj Ibr.
Ancho una bonetta di chuoio e uno punto,
istimate vj Ibr.
Ancho una materazza e uno chapezzale di
bordo, piene di bambagia, istimate vj Ibr.
Anco una sargia francesca adogata, istima-
ta X Ibr.
Di tutte a le sopradette chose rimanga a la
vostra provisione. Le quagli cose tutte ebbe
el detto Gucoio nel detto oste.
VI.
Il uttol.n- IWl.ì
Al iiouK^ ili Dio H (le l:i Verdini' Maria . rlir-
l'i dia p conceda a l'are ()uello clic sia a loro
lande l e loro salute 2 e nostro onore e gua-
dagnio per V anima e per lo corpo , amen. In
([uesto ceragrafio, e ne' due che sarano levati
da questo, de' quagli avartl el uno Francesco
Sozzi de' Talomei , e 1' atro avara Manuccin
Grighori , e 1' atro Andreia Petri da Meglian-
da; e sarà quello di Francescho escritto per
mano di Manucio e d' Andreia di su detti, e
sugftlato di loro sugelli; e quello eh' avara
Manuccio, sarà escritto di mano di Francescho
e d' Andreia, sugelato di loro sugelli; e cquello
ch'avara Andreia, sarà escritto per mano di
Francesco e di Manucio, sugelato di loro su-
gelli: e volemo e acordiamo, noi Francesco e
Manucio e Andreia sopradetti, al nome di Dio,
tare conpagnia ensienie. E volemo in essa con-
|)agnia ricevare e agiogniare per nostro con-
pagnio Vanuccio Sassi, pegli capitagli e per
lo modo a lui asegniati in questo ceragrafio e
ne" due che da essi saranno levati: cioè ch'el
detto Vanuccio debia avere ratitichatn e fermo
1 lade. 2 saluiie. .1 rispuriniu di postille,
avvertiamo una volta per sempre che questo mo-
do di raddoppiare la 1 è costante nel dorumenlo:
come pure , la mn-ncanza del seijno abbrevinliro
idppresniliinte la n , che per nitro (ililiinmo sem-
prc. dorè occorrerà, soslitnila.
HI
l'io olip 'u essi si conteraiio. dentro ;i uno me-
se, gionto Andreia detto in Parigi, ne reame
ili Francia; e se ciò no facese , volerne e acov-
diaino, eh' el detto Vanuccio sia eschusso e
fuore de la detta conpagnia.
In prima, el sopradetto Francesco e Ma-
nuccio e Andreia, agiogniendovi el detto Va-
nuccio per li modi che di suso è scritto, di
concordia e d'amore, fare la detta conpagnia
insieme d'uno ragionato d'una conpagnia,
ch'era del detto Francesco e Manucio di sue
detti ; e '1 detto ragionato aveva manbrunito
el sopradeto Andreia e Vanucio, e fatti e' fatti
de la detta conpagnia: e trovossi el detto ra-
gionato, cinque miglia seicento ottanta 11. e do-
dici sol. e diece d. tornesi picioli: e nel det-
to ragionato si trovò devito due miglia secen-
to trenta 11. e dodici sol. e due d. tornesi pi-
cioli; resta netto e ragionato tre miglia cin-
quanta 11. tornesi piciogli, de' quagli, al no-
me di Dio, facenio la conpagnia. E in prima
une a' suoi chapitagli el sopradetto Francesco
dicesette centonaia di 11. tor. piciogli; e '1 so-
pradetto Manucio àne a' suoi chapitagli otto-
cento ottanta 11. tor. piciogli; e Andreia di sue
detto àne a' suoi chapitagli quatrocento 11. di
tor. piciogli : e Vanuccio di sue detto ' àne
.•r suoi chapitagli setanta 11. di tornesi picio-
gli, en questo modo: eh' el guadagnio che
la detta conpagnia farà, se Dio piace, o per-
dita, unde Edio ci guardi, si tragha in questo
modo: cioè, eh" el sopradeto Francesco trarà
per quatordici centonaia di 11. tornesi picio-
1 detetto.
112
gli ; I! 1 -iipprailptlo Muiiuoio trarù per sottc-
• ■(Mito 11. lornesi piciojili : e '1 sopradetto Aii-
(Ireia trarù per settecento 11. tor. i)iciofrli; <• 1
soiiradetto Vanuccio trarù per dugento ciii-
unanta 11. tor. piciogli. E comincia la detta con-
pagnia in chalende ottobre anni mille tre-
cento vinti e uno , e die durare enfino a cha-
lende luglio anni mille trecento vinti e sette.
Kl sopradetto ragionato è in Siena, escrito
su 'n uno libro, ed è escritto per mano del deto
Krancescho, e ancora en alchuna cosa escritto
per mano di Manuccio : e el detto ragionato ne
porta asenprato su "n uno ruotolo di chartta
ili pechora, e scritto per mano di Manuccio.
.\ndreia di su detto a Parigi, per escrivalo e
achordàllo su libro clic di là .-inno e" detti An-
ih'oia e Vanucio.
E vnlemo e acnnliaiiio . uni l-"rancesco i'
Mauucio e Andreia, e cosi volemo che afermi
Vanuccio, se a queste chose s" acorda: e si-
no s' acordasse, dimori fermo e rato 1 tra noi.
Francesco e Manucio e Andreia; che neuno di
noi possa trare de la della conpagnia neutm
ilenaro, se no fusse per achordo di tulli, salvo
che possa trare cholui che doverà avere per li
suoi piti di suso detti ? chapitagli, tulle le volle
che volese e la conpagnia ne fusse agiata: e
mentre che stesaro ne la conpagnia, abia di-
ce 11. del cento l'ano: ecetato , eh' el sopra-
detto Manucio ne posa e debia 3 ora annn
nuovo, anni mille trecento vintuno, dugento 1.
i Sdllinlciidi av
113
tor. piciogli ; echi ootitrafacese, chagia in pena
ili cento 11. tor. piciogli per ciaschuna volta, e
in tanta quantità quant' egli traesse ; e la detta
pena sia degli atri conpagni.
Anco, volerne e acordiamo che neuno di noi
sopradetti no posa fare suoi fatti propi, né fare
fare per neuno modo ; né fare , né fare fare con-
pagnia co neuna persona ne reame di Francia,
tanto quanto la coupagnia duri, e che l'uno a
l'atro avara renduto buono e vero chontio di
ciò che gli sarà pervenuto a le mani de' beni
de la deta conpagnia, a pena di dugento lire
tornesi piciogli : e quello cotale (guadjagnio
che quella conpagnia facese e avesse fatto,
sia apropriato a la predetta nostra conpagnia ;
e se perdita v'avesse neuna, si se n'abia el
dano cholui, o vero cholo(ro) che fatta l'ave-
soro ; e nodimeno ristituischa o vero ristitui-
schano , choloro che fata l'avesoro, e'chapi-
tagli che dentro v'avesoro messi.
Anco, volemo e acordiamo che, se alchuno
di noi avese alchuno denaro ne reame di Fran-
cia, o vero che si ricogliesero di sue dette pro-
pie, ch'egli el debia metare ne la conpagnia
predetta; e la conpagnia ne debia provedere,
a ragione di diece 11. il centonaio 1' ano, sì come
di suso é detto.
Anco, ordeniamo e volemo che neuno di noi
no possa ubrighare l'uno l'atro chontra a neuna
persona, per neuno modo, senza volontà di co-
lui che gì' ubrighasse ; e chi centra a ciò fa-
cese, chagia in pena a la conpagnia, chom'egli
©brigasse el conpagnio o vero chonpagni; e no-
dimeno quello cotale devito sia tutto suo, di
quello chotale o vero chetagli che 1' ubrigha-
8
114
gione avese fatta, se cosa fuse che si coiive-
nisaro pagliare.
Anco, ordeniamo e volemo che s'intenda
questa conpagnia sia propia ne reame di Fran-
cia, e none altrui.
Anco, ordeniamo e volemo che, quando e'due
o tre di noi esendo di qua in concordia di man-
dare per conpagno o vero conpagni che ne
venisino a Siena a rendare ragione; che ne
debia o debiano venire, dentro atre mesi fat-
toglili asapere, a pena di cinquecento 11. tor.
piciogli per ciaschuna volta che centra ciò fa-
cese vel facesero; e cotanto, se none avese
vel 1 avesoro chagione legitima, si chome d'in-
fermità o vero di pregione.
Anco, volerne e achordiamo che, s' aparise
contr' a Francesco e a Manuccio neuno devito
per la conpagnia vechia per qualunque modo
fusse , che quello chotale devito sia meso a
loro chontio.
Anco, volemo e acordiamo e asetiamo a
qualunque conpagnio sarà per la conpagnia ne
reame di Francia, posa trare per uno una roba
di sei 11. tor. piciogli, e no piue.
E io Francesco che òne escrito da quie in
suso a ciò m' acordo e consento e giuro? a le
sante guagnieleS di mai a le sopradete cose
andare incontra né fare andare : in lestimo-
nanza di queste cose aservare, io ci metto el
mio sugello.
Fatto el sopradetto ceragralìo giuved\4 pri-
mo d'ottobre, anni mille trecento vintuno; e
di queste cose aservare, aviamo fata charta
1 vele - iruro. 3 guas:nile. •♦ sruvedì.
115
Ijer mano di ser Nicliola di ser Ranuoio Gigli
notaio di Siena.
Io Manuccio di su nomato 6 veduto e letto
il detto cieragraffio, e acordolo e vogliolo, e
giuro a le sante guagniele di none andare in-
contra, ma esso tenere fermamente: in testi-
monanza di ciò , ci metto il mio sugello e que-
sto scritto di mia mano.
(A tergo). CieragrafHo che Francesscho
Sozzi de'Talomei e Manuccio Grighori fecioro.
l'e A)ndrea di Pietro da Meglianda.
NOTE.
1 Pag. 3, V. 3. Rugeri de BafifnoJo. Bolognese.
Fu il primo capitano di popolo, forestiero, nella
città di Siena, e vi tenne tale ufficio nel se-
mestre da luglio a dicembre 1253. Durante la
.sua capitaneria cavalcò pili volte colla gente
<lei Senesi sul territorio fiorentino , e fu una
volta ambasciatore del comune di Siena a
quello di Ravenna. (Malavolti , Istor. di Siena,
Parte 1 , a e. 64. — R. Arch. di Stato in Siena:
Biccherna, Entr. e Uso. del 1253; Pergamene
jiro venienti Ò3.\V Arch. Gen. dei Contratti, 28
giugno , S novembre , 20 novembre 1253.)
2 Pag. 3 , V. 6. luto Arigo Acatapane. Altro-
ve, semplicemente, Arrigo Accattapane. Da
un alberetto comunicatoci dalla gentilezza del
cav. Gaetano Milanesi, e confermato dai do-
cumenti, si ricava che il nostro Arrigo fu fi-
gliuolo d'Accattapane di Rinaldo della famiglia
degli Accattapani, dalla quale derivarono i
Turchi consorti dei Piccolomini. Dai libri della
Biccherna di Siena si ha notizia che fu piU
volte adoperato in uffici pubblici: rettore della
corte dei malefizi {dominiis maleficiorum), nel
1246; cancelliere del comune, nel 50 ; e in que-
120
sto stesso 1253 trovasi deputato , con altri dui'
oittartini, super mittendis lilteris et esplorato-
res et spiones prò comuni senensi; e poi, am-
basciatore ad Arezzo, Cortona, Assisi, e Pe-
rugia. Ignorasi l'anno preciso della sua mor-
te; ma che questa, avvenisse anteriormente al
1282, ne fa fede una pergamena, di codest'an-
no, per la quale Minus quondam Arrighi de
Acatapanis de populo Sancii Desidera vende
varie sue possessioni poste nelle parti di Buon-
convento a Tazio e Mino del fu Ranieri citta-
dini senesi (R. Arch. detto : Pergani. Ardi. Gen-,
anno detto, indizione xi, senza data di giorno.)
Circa r elezione di Arrigo Accattapane e
del suo compagno Aldobrandino Gonzolino in
sindaci a condurre soldati per il comune di
Siena, cf. il Documento I.
3 Pag. 3, v. 7. Che Gerardone e Angnelone di
Spoleto che vi recha chesta lettera. P'orse è da
espungere il secondo che, come ridondante. An-
che scrivendo: eh' è Gerardone-. ■■ che vi recha
ec. , il senso correrebbe: ma ci è sembrata di-
citura troppo moderna: e, nella incertezza,
abbiamo preferito di non mutar nulla.
4 Pag. 3, v. 16. S' i ringraziate- Cioè si li rin-
graziate. L' uso della forma i per li o gli nel
quarro caso plurale del pronome , è frequentis-
simo in queste e in tutte le altre antiche scrit-
ture. A questa elisione poi merita di esser rav-
vicinata l'altra, a pag. .5: m' Aldobrandino
Gonzolino ec.
5 Pag. 4 , V. 2. Sono pagali primo mese. Asso-
lutamente, invece che per il primo mese. K-
sempi di questa maniera ci forniscono Dante,
Inf. xviii: «Di cui suo loco dicerò l'effetto, »
121
i'. gli statuti senesi , pubblicati dal Folidori
(Bologna, Romagnoli, 1863), p. 14: « Qualun-
que traesse fuore o vero sguainasse alcun col-
tello contro alcuna persona iniuriosamente ,
adirato animo ec. »
6 Pag. 4, V. 16. SI riceverete. Cosi la mano
di chi scrisse ; ma certo con- animo di scrive-
re : si 'l riceverete. Sebbene , considerato che
si scrisse , -certo per effetto di pronunzia, i
per il articolo (come per esempio i rectore nel
Breve degli Orafi, pubblicato da G. Milanesi,
tra. i Documenti dell'arte senese; Siena, Porri,
1854-56), si può credere che si pronunziasse e
scrivesse t per il, anche quando è pronome; e
in questo caso è da leggere s' i riceverete.
^ Pag. 5, V. 7. Aldobrandino Gonzolino. In
altri documenti , Aldobrandino Iaconi', o anche
Ildibrandinus lachomi de Spinis, ch'era il suo
vero nome, mentre Gonzolino fu forse un so-
prannome. Dai libri della Biccherna e dai re-
gistri del Consiglio della Campana di Siena,
si ricava che nel 1254 fu uno degli ufficiali dei
castelli; nella celebre guerra del 60, dei Sei
buonuomini sopra le fortificazioni della città,
poi camarlingo dell' esercito a Monteraassi ;
nel 62, ambasciatore a Chiusi e Menzano ; nel
maggio del 74, uno dei sei deputati a far la
nuova lira; e nel luglio dell'anno stesso, ri-
sieduto nel supremo magistrato dei Trentasei.
La pia recente memoria che di lui ci sia oc-
corsa è la seguente , registrata nell' entrata
di Biccherna, del 1296, a e. 11, sotto la data
del 18 luglio: Item, x soldos ab Ildibrandino
Gonzolini, prò condempnatione facta de eo,
tempore domini Orlandini de Canosa potestatis
122
senensis (i'^i^i, yeunaio-giugno;, prò Consilio
(intendi, per non essere intervenuto al Consi-
glio), ut patet in Libro Clavium, folio xxx.
8 Pag. 5, V. 16-23. A dichiarazione dei patti
che solevano concordarsi tra i comuni e i ca-
valieri, vedansi i documenti II e V.
0 Pag. 5, V. 21. Buone ricolte. La parola ri-
coffa, tutta propria del dialetto senese, fu già
ampiaiueiite illustrata, nel suo vario signifi-
cato di mallevadore e di mallevadoria., dal
Gigli {Vocab. Caler.), dal Polidori (Statuti se-
nesi, Spoglio delle voci ec. p. 461-62), e dal
Banchi (Pref. allo Statuto di Molli, p. xvi).
10 Pag. 6, V. 7-9. Anbascidori di Radicofano...-
a domiìio papa. Radicofani era feudo dell'Ab-
bazìa del Montamiata; e per cessione di quei
monaci v'avevano in parte giurisdizione anche
i pontefici. Bensì il comune di Siena, fondan-
dosi sopra un' antica donazione della sesta
parte di quel castello fattagli dal conte Ma-
nente di Pepo (Caleffo Vecchio, a. e. 21; marzo
II38), tentò alcuna volta d' impadronirsene per
forza, come avvenne nel luglio del 1145; quan-
do, portato l'esercito nel piano della Badia,
costrinse 1" abate Ranieri a far giuramento di
concedere ai Senesi il castello di Radicofani
per ricovero delle loro genti, e per far guerra;
e di riconoscere la donazione del conte Ma-
nente {Caleffo Fecc/u'o, a e. 25-25). Questa let-
tera dell' Accattapane ci dà notizia d' una
nuova scorreria fatta dai Senesi sopra il ter-
ritorio di Radicofani nel 1253 (della quale non
fanno menzione le cronache, né altri docu-
menti), e della successiva ambasceria dei Ra-
dicofanesi a papa Innocenzo l'V, che trovavasi
123
allora in Assisi, dove si trutteuiie fino al 6 d" ot-
tobre.
11 Pag. T,v. 11. Buo/lÌ/"((3ÌO. Indubitataiuente,
un ambasciatore del comune di Siena alla corte
dei papa in Assisi; del quale peraltro non ab-
biamo trovato nessuna memoria nei libri pub-
blici.
12 Pag. 11, V. \~. Aldobrandino lachomi. ì.n
stesso che Aldobrandino Gonzolino. Vedi l'an-
notazione 7.
13 Pag. 12, V. 21. Veca. (Cosi deve leggersi
e non v'eco, come erroneamente facemmo im-
primer nel testo, congetturando che stesse per
eccovi). Il Salviati {Avverlim- della lingua so-
pra il Decani.) ne ha un esempio, tolto dalla
Fiorita d'Italia: « E veCCO la notte veniente
uno gli apparve in visione ec. » Se dobbiamo
credere al medesimo Salviati , questo modo di
dire, ora escito d'uso, non lo era peranco ai
tempi suoi: « Vecco e veccolo invece d'ecco e
(l'eccoio si dice tutto giorno nel parlar dome-
stico.» Però, se non vecco, d' ecco e deccolo ci
rammentiamo di avere udito piu volte nel con-
tado senese. Secondo il Salviati, vecco non è
per eccovi; ma la u è una semplice aggiunta
eufonica ; e questa opinione sembra resa assai
verosimile dall' altro modo di pronunziare la
stessa parola decco. Quanto al vec de' Proven-
zali, che gli si potrebbe ravvicinare, è compo-
sto secondo il Diez lElymologisches Wortprbuch
der Romanischen Sprachen; Bonn, 18G9i dal-
l'imperativo ve (vezerì e da ec.
14 Pag. 13, V. 3. Ini perciò. Se la parola ini
non ricorresse due volte negli Statuti Senesi-
pubblicati dal Polidori ("p. ."jC : da ini 'n su;
124
p. 372: da ini i'yiusot; avremmo iuolinato a «-ra-
dere che fosse un trascorso invece di impeì'cio
o inpcrció. Ma, poiché la esistenza della pa-
rola è già provata , e la lezione dell' origi-
nale è certa, non abbiamo voluto t'aro muta-
zioni arbitrarie.
15 Pag. 13. V. 11. Fiera di Provino di maggio.
pjra questa una, delle tante celebrate fiere; di
Sciampagna; le quali, in un antico nis. francese
del secolo xin, descritto da Paulin Paris {Les
Manuscrits franpais de la Bibl. du Roi, tom. iv,
pag. 16) sono designate cosi « Lat'pn?/. Lende-
inainde l'an reneuf (2 gennaio). — Bar. Mardi a-
vant mi ciirèìae.—Provins. La foire de may, mar-
di avant IWssencion. — Troycs. Foire de la !s.
Jean. Du l*"" mardi en 15 jours après la féte. —
Provins- P^oire de S. Aieul. Le jour de la Sainte
Croix, en septenibre. — Troijes. Foire de S. Re-
my. Lendemain do la Toussaint ». Concordano
con questa memoria il Pegolotti, Pratica della
Mercatura (nei tomo iii della Decima del Pa-
gnini) ; e le nostre Lettere, nelle quali le so-
vra espresse fiere, né più né meno, sono ri-
cordate: Lagnino (Lagny), a pag 52, 83, 86;
Bari (Bar-sur-Aube), a pag. i7, 48, 58, 83, 84,
86; Proviìio (Provins) di maggio, a pag. 13, 25,
26, 29, 30, 35-38, 45, 50, 52, 58, 77 ; San Giovanni
di Tresi (Troyes), a pag. 20,25, 29, 34, 37;
Sant'Aiuolo di Provins, a pag. 29, 34-36, 42,
44-46, 49, 50, 52-54, 57; Treseto, a pag. 42, 45,
48, 49. Solo quest'ultima ci ha tenuti per qual-
che tempo sospesi, se si riferisse a luogo di-
verso da Troyes: ma, dopo molte considerazioni,
ri pare di dovere ritenere che con questa spe-
ciale denominazione non altro s'intendesse che
125
hi riera di S. Remigio ; percliè non si trovano
altri luoghi in Sciampagna, a cui tal nome si
l)otrebbe adattare ; e perchè la data della vn
delle nostre lettere scritta dalla fiera di Tre-
seto, nel novembre, conviene alla fiera di S. Re-
migio. Anche ci ha confermati in questa opi-
nione un passo della vi lettera, a pag. 42, dove
Andrea de'Tolomei, che scrive dalla fiera di
San Giovanni di Troj'es, dice di avere allogato
«un albergo per Treseto » (cioè, per la fiera
di Treseto); ed aggiunge: «ed évi stato ser
Gherardo in questa riera (di S. Giovanni)» . Ora
da altri passi della stessalettera, a pag. -43, si ri-
cava che il detto ser Gherardo del Medico , du-
rante la fiera di S. Giovanni, trovavasi inTroyes.
Può anche osservarsi che come delle due fiere
di Provins, una si chiamò dal paese, Provino di
maggio; l'altra semplicemente dal Santo, San-
t' Aiuolo ; cosi è accaduto di queste due di Tro-
yes. Notiamo infine che questa appellazione di
Treseto spetta esclusivamente alla fiera, non
alla città: e in questo senso la ritroviamo nel
Pegolotti,e in altri documenti di mercatura; co-
me p. es. nelle Sette lettere inedite del secolo xiv,
pubbl. dal sig. Pietro Dazzi (Firenze, Sodi, 1S6(5).
a pag 20. Con questo ci pare anche rettificato
quanto afferma intorno alle fiere di Sciampa-
gna il sig. Pietro Berti nell'avvertimento ai
preziosi Documenti sul commercio dei Fioren-
tini in Francia, da lui con somma diligenza
pubblicati nel tomo I del Giorn. Slor. degli
Archivi Toscani. Egli dice le fiere di Troyes
essere tre ; nel gennaio , nel giugno, e nell'ot-
tobre ; forse perchè un documento del settem-
bre 1279 (xv) parla delle jìrnximis fntnris nundi-
126
nis Saìicli Remiga Trecensis: e un alno del leb-
braio 1295 (xviii) , delle ìiuudinis beati Remicii
de Trecis in Campania noviter elapsis; maiali
accenni, assai vaghi, non contradicono punto
a quanto è concordemente affermato di sopra
circa al numero e all'epoca delle fiere di Troyes.
16 Pag. 13, V. 12. lacomo Guidi Chaciaconti.
Le poche notizie , che dai documenti del R.
Archivio senese si ricavano su questo mer-
cante , furono già falte pubbliche dal prece-
dente editore sig. Gargano Gargani, al cui o-
puscolo, pag 50, rimandiamo i lettori.
17 Pag. 13, V. 13. Iacom,o e Giovanni di
La lacerazione della pergamena originale ci
ha tolto qui, per quanto sembra, un paio di
nomi. Ecco quello che ci è riescito di conget-
turarne. Prima di tutto si badi bene che abbia-
mo qui i nomi dei mittenti della lettera. lacomi»
e Giovanni non sono certamente vocativi; chft
la lettera A indirizzata al solo Jachomo Guidi
Chaciaconti, e a lui solo si rivolgono in tutto
il corso della medesima i mittenti, i quali sono
più d' uno, come apparisce dall' esprimersi
essi costantemente in plurale, meno che in due
paragrafi a pag. 10 e 20 , intorno ai quali vedi
l'annotazione 25. La congiunzione e posta tra i
nomi lacomo e Giovanni ci fa credere che il
primo dei due nomi perduti fosse piuttosto
quello del padre di ambedue che non del solo
Giovanni: e se in cosa incertissima è lecito
di avanzare una congettura, diremo che gli
avanzi di due g , che si prolungano nelT orlo
inferiore della lacerazione dopo la parola di.
I! la ristrettezza dello spazio, ci fanno pen-
sare che il primo nome mancante l'osse Gre-
127
(joriOj abbreviato in questo modo: ggrio. Quanto
air altro nome perduto, due considerazioni
concorrono a far credere che fosse quello di
Vincenti. In primo luogo, il modo con il quale
Vincenti nomina sé stesso per ben due volte
nel corso della lettera, ci fa tenere per assai
verisimile che il suo nome fosse esplicita-
mente registrato nel titolo della lettera mede-
sima , e non sottinteso nella espressione col-
lettiva gli altri compagni. In secondo luogo,
questa cosa, già di per sé molto credibile, è
confortata dalla certezza che abbiamo che quasi
nel termine della lacuna era un' i; del che ci
dà indizio una piccola lineetta posta in alto
che ancor si vede nell'orlo lacero della carta:
la quale lineetta ricorre in tutta la carta me-
desima sopra la lettera t, e fa la funzione del
nostro punto. Ci sembra dunque non improba-
bile che, prima di esser lacera, la carta desse
questa lezione: lacomo e Giovanni di {Grego-
rio?, Vincenti e) gli altri chonpagni ec. Della
possibilità che, per quanto sia rimasta la li-
neetta dell'i finale di Vincenti, sia nondimeno
sparito il segno dell' e (7), si persuaderà chi,
avendo come noi minutamente esaminata la
carta, si sarà avveduto che la lacerazione si
estende assai piti lungo la linea della scrittura,
che non al di sopra della medesima.
18 Pag. 13, V. 20. Adoparéne. Cioè adopare-
renne , ne adopreremo. Del futuro contratto di
questo stesso verbo hanno un esempio gli Sta-
tuti senesi f editi dal Polidori, p. 263. « Elli e
quelli che V adoperrà , brigarà o tractarà ec. »
Nelle nostre Lettere abbiamo di questa con-
trazione del futuro, (la cui oriirine fu con molto
12«
arrunip investigata dal Nannucci neW Analisi
rrilica dei verbi italiani, p. 2U sec-^.) altri e-
sempi : (Uchiaremo, p. fX) ; duràc . p. 62 : aparrà,
p. <;?..
li' Pag. 14, V. 14. De' tuoi auti e de' tuoi ren-
duti. Del tuo avere e del tuo dare, di quello
che riscuoti e paghi. Poco sotto arenduii, e
a pag. 37 arenduta; cosicché pare che si di-
cesse arendere come asapere, p. 13 e passim;
amaritare, p. 81; arritenere, (Vita di Cola di
Rie.nze , cap. xi); e simili. Arenduti è anche
ne' Conti di Matlasala , (Arch. stor. ital. App.
T. V. pag. 43: )« XXV denari disposi, che sono
prestati^ e non arenduti.'
20 Pag. 15, V. 14. Provesini. Moneta cosi detta,
.'i quanto sembra, da frodino ossia Provins in
Francia, dove si tenevano grandi mercati. Ve-
dasi il Du Gange.
21 Pag. 15, V. 19. Avanteli. È per avavanteli ;
cioè: che te gli avevamo. Vedi poco sotto,
p. 18, la stessa forma d'imperfetto: « Inten-
ilemo ... chome,... eravate istati a Bonicho Ma-
niardi e avateli ("cioè gli avevate) detto come
voi volavate ec.» Lo scambio della e con Va
è per dialetto; 1' omissione della no è per la
consueta abbreviazione (alla quale nei docu-
menti di questo tempo manca quasi sempre il
segno destinato a rappresentarla), o perchè il
suo suono é, in questo e in simili casi, assai
attenuato no Ila pronunzia: cosi a p. 21 : « Unde
el Montepulcianese vide che noi li eravamo in-
dosso e guastavàlo (per guastavamlo, lo gua-
stavamo) ; e a p. 12: « Ed avéli civemli) iscriti
<" avéveli (avemveli) mandati. — U che non A
punto necessario, e spessissimo i> taciuto, in
simili costrutti.
129
22 Pag. ir), V. 3. Guerra... con Fiorenza. La
celebre guerra che si terminò a Montaperti il 4
settembre 1260, colla sconfìtta dei Fiorentini.
Per illustrazione di questo luogo e degli altri
della presente lettera, che vi si riferiscono,
cf. Paoli Cesare , Battaglia di Montaperti (Sie-
na, Bargellini, 1SG9).
23 Pag. 17, V. 23. Lettere da corte di papa sopra
lui. Solevano i mercanti, per costringere più au-
torevolmente i debitori contumaci al pagamento,
impetrare contro di loro lettere con minacce di
scomunica e di pene temporali dai papi e da-
gl' imperatori. L'archivio privato della famiglia
Tolomei di Siena ne possiede varie. Basterà, ad
esempio, citarne una di pp. Alessandro IV al de-
cano della chiesa di San Stefano e all'ufficiale
della città di Troyes, data da Napoli 1' 11 mag-
gio 125-5 (segnata di n. 10); nella quale il papa
ordina loro che dentro il termine di due mesi
facciano pagare a Rinaldo e Tolomeo di laco-
mo e ai loro compagni, mercanti senesi in
Francia, i crediti che essi avevano contro vari
vescovi^ abbati, conventi, comunità, baroni
ec. : né possano i debitori valersi d' alcun pri-
vilegio canonico o civile ; né allegare , a titolo
d'esenzione, il fatto d'avere erogato quelle
somme in benefizio di chiese: ma incorrano,
se non pagano nel detto termine, la scomuni-
ca e r interdetto.
24 Pag. 19, V. 2. S'i diciaremo. (Nel testo fu
stampato per errore si diciaremo). Intendasi:
sì i diciaremo, s'i gli diremo.
25 Pag. 19, V. 18. Io Vincenti. Questo passo, e
l'altro, anche più esplicito, apag. 20: E prega-
ne me Vincenti, ch'io tei dovese iscrivere in quc-
9
130
sta lettera; hanno fatto ritenere al sig. Gargani,
che Vincenti sia, senz'alcun dubbio, lo scrittore
della presente lettera. Quanto a noi, accettia-
mo la cosa come molto verisimile, vietandoci
peraltro di affermarla come assolutamente cer-
ta il confronto del seguente passo della lettera I
dell' Appendice, scritta da Guccio e Francesco
Sansedoni ai loro comi)agni in Siena (ap. 75-7Gi.
«Conviene che noi ne facciamo altresì carta: sie
ch'io Guccio V òft fatta nel modo che ci man-
daste, e la copia guardaremo; sie che quando
si converae che io Franccscho la faccia, si
la faroe. » Dal quale passo sarebbe ben ditìi-
cile distinguere chi dei due abbia scritta la
lettera, mentre è poi certo che uno solo di loro
l'ha scritta, essendo il documento tutto d'una
mano. Crediamo, conseguentemente, di potere
stabilire, che, quando una lettera mercantile
si scriveva da più compagni, i dettatori erano
vari; e ciascuno di essi entrava a parlare in
persona propria, quando aveva a dire alcuna
cosa che particolarmente gli spettasse.
Intorno alla famiglia e alla persona di que-
sto Vincenti , ci riferiamo al sig. Gargani. che
lo dice figliuolo d'un Aldobrandino di Vincenti,
e progenitore della famiglia di questo nome:
in favore della quale ipotesi (mancante bensì
di prove positive) sta il fatto, e che nei pub-
blici libri, da noi accuratamente esaminati,
non ci è occorso, di quei tempi, verun altro
Vincenti che il soprascritto ; fatta eccezione
d'un Vincenti Dietavive, che comincia ad ap-
parire tra i consiglieri del comune di Siena,
dopo il 1280 (R. Arch. di Stato in Siena : Cons.
della 6'a)»pana.Delib. degli anni 1282,1285, 1285,
12SS). — Notiamo due documenti, piiltljlinati dal
sig. Gargani, a p. 67-G8, dai quali si ricava clie
il Vincenti nostro era tuttora minorenne (cioè,
sotto ai 25 anni) nel 1263: quindi, all'epoca in
cui fu scritta la presente lettera, doveva a-
yerne appena venti; forse anche meno, se si
consideri che trovansi memorie di lui vivente
fino al 1321 (Arch. predetto : Pergam. 30 marzo
1321, proven. dall' Arch. gen. Gargani, op. cit.,
pag. 15, IS). Altro non occorre dire intorno al
medesimo: il quale, (per quanto abbiamo de-
sunto dalle memorie e dai documenti veduti)
fu in tutta la sua vita operoso a trattare gli
affari propri : ma non usc'i mai , per fatti pub-
blici né per iscritture , dalla comune volgarità.
26 Pag. 19, V. 22. Chrcivaldo de la biffa. La
prima parola è senza dubbio scritta erronea-
mente e corrotta; né a noi è riescilo emendarla.
Il Fanfani ragionevolmente congetturò che de-
notasse una sorte di veste. Nei Conti di Mat-
tasala, p. 60, è menzionato un argaldo , che
dagli annotatori è spiegato per argandum, so-
prabitone lungo e largo : ma la differenza tra
argaldo e la parola corrotta della nostra car-
ta è troppa, perchè si possa creder la seconda
una corruzione della prima. Biffa, oltre ad es-
sere aggettivo denotante una gradazione del
color rosso (come con un esempio di Leonardo
da "Vinci provò il Fanfani), è anche sostanti-/
vo : e par che significhi o una certa qualità
di panno o una foggia di veste, come si ritrae
da questo esempio dei conti (inediti) di Luca
Buonsignori: « Due hife di Provino verghate
diano dare xxi Ib. x s. tor. ne la deta fiera ec. »
27 Pag. 20 , V. 9. E aemne pagati. Cos'i abbia-
132
Ilio prnt'urito di scrivere anzichò sen'è, trovan-
fiosi poco sotto e semone pagali; flal che si
deduce che il sene dell'originale è abbrevia-
zione per Senne o semne. Cosi, a p. 21, gua-
slavato per guaslavamlo.
28 Pag. 20, V. 24. Clionvenentri. Casi, fatti,
condizioni; come nelF esempio seguente di
Domenico da Monticchiello {Volgarizzamento
dell' Epistola di Penelope a Ulisse: Firenze,
Nicoolai, 1809; st. xi.k): «Ed io dolente senza
te rimasa. Saper nun posso di tuo convcnente. »
20 Pag. 21, V. 12. Incominciò a tenere mene
di concia. Pratiche d'accordo: cosi slare in
menCj p. 57, stare in trattative. Piii generico
è il significato di mena nelle locuzioni: sare-
te una long a mena , p. 91: troppo dura questa
mena, p. 92.
30 Pag. 23, V. 2. La loro male inchorala. Male
è forma dell'aggettivo, tanto per il genere fem-
minino, come provano 1' esempio presente e il
male offerta del Pucci {Cenlil. xliit. 85.), cita-
to dal Nànnucci (Teorica de'nomi, p. 67) , quanto
per il genere mascolino, come, oltre agli esempi
recati dal Vocabolario, prova il seguente della
lettera in dell'Appendice, p. 91 : « Pensando che
sempre di bene fare io abo male merito.»
31 Pag. 23, v. 4. FA guasto ch'eli avevano.
L' originale : el guasto che l' aveva; parole che
non sappiamo qual senso diano. I.a nostra con-
gettura ci è stata suggerita dalle parole che
seguono : el più grande ch'elino avesero. Però la
considerazione cheeJi per eglino non si trova mai
nel corso di questa lettera, ma invece sempre
elino, ci fa ora credere che questa parola vo-
glia essere analogamente emendata.
1.-)o
OO
32 Pag. 24, V. S. h'nguanno in chesto anno.
Ripetizione usata, a quanto pare, per dar inag-
gioi- forza al discorso ; cos'i oggi in questo die {Yi-
t% di Cola, co.p.32.)Unguanno,osser\ò già il Nau-
nucci, e ognuno può osservarlo a ogni momento
in Toscana, è sempre in uso tra i nostri con-
tadini. Dell" etimologia di questa parola, co-
mune a tutte le lingue romanze , discorsero
il Nannuccl stesso {Analisi criiica dei verbi i-
taliani p. 470, nota 7.) ; e il Diez, (Elymol.
Wórlerbuch der rom. Sprachen , p. 435.)
33 Pag. 24, V. 24. Monta. Questa parola fu
tralasciata nella prima stampa che della pre-
sente lettera procurò il Fanfani ; il Gargani
lesse Scriuta; l'originale ha indubitatamente
Mula. Crediamo che sia un trascorso jiermoida,
ossia movuta; giacché moiUa per }noD«<a par
che si potesse dire tanto bene quanto auto
(passim) per avuto, ponto (p. IS.) per potuto.
Che poi questa parola sia qui assai appropria-
ta, ognuno se ne persuaderà ponendo mente a-
gli esempi seguenti :« .Vosse (la lettera vi.) do-
menica, quatro di entrante setenbre,» p. 25
— « Fata(ìa. lett. vii.) domenicha due di isciente
novembre, e die innovare 1' altro di , » p. 49. —
«Credo que mi vi converà andare apreso la
mosa di queste telare, » p. 51. — « Mose (la
lettera i dell" .appendice) di Parigi, giuvidi, »
p. 83.— « Mosse (la lett. iv dell' App.) di Pa-
rigi, VII di novembre, » p. 96. — Né faccia
meraviglia di trovare il participio passato ad
esprimer cosa che, nel momento in cui si scri-
veva, era ancora per avvenire : par che fosse
proprio dello stile epistolare che lo scrivente ,
nel designare il tempo, si riferisse in certo
134
modo al inoiuento in cui la lettera doveva es-
ser letta. Cosi ^troviamo a p. 86: « Partirò el
dì che questa lettera fue fatta. »
34 Pag. 25, V. 8 Andì-ea. De'Tolomei. Le no-
tizie che dai documenti si ricavano sullo scrit-
tore di questa e delle lettere vii e vin, sono
scarse e di ben poca importanza ; potendosi solo
determinare ch'eirli dimorò per lungo tempo in
Francia e in Inghilterra, come rappresentante
della compagnia che prendeva il nome dalla
sua famiglia. Meglio gioverà dare qui appresso
(vedi a pag. 135) l'Alberetto genealogico dei
Tolomei nominati in queste lettere, quale lo
abbiamo desunto da carte pubbliche e da quelle
private di casa Tolomei, e specialmente dalla
pergamena segnata di numero 9, che contiene
la divisione del palazzo posto nella piazza San
Cristofano. (Notiamo nellWlberetto con carat-
tere maiuscoletto i nomi citati in queste lette-
re ; e disponiamo i nati da un medesimo padre
per alfabeto , non avendo nessun dato sulla lo-
ro precedenza d'età.)
La derivazione comune da Tolomeo della
Piazza è affermata dalla pergam. 5 dell' Archi-
vio Tolomei, anno 1237, dov'è nominato Cri-
stofano di Tolomeo : da un documento del 1220, a
e. 101 del Caleffo Vecchio di Siena, che ha per te-
stimone lacoiiio di Tolomeo; dai conti di Mat-
tasala, pag. 46,52, e altrove ; e da altri docu-
menti. Inoltre, dalla citata pergamena n. 9 si
desume che i prenominati formavano una sola
consorteria, essendo ai medesimi assegnata
una parte per indiviso del palazzo di Piazza
San Cristofano; e l'altra, alla discendenza di
Tavena, di Lotteringo e d'Incontrato.
135
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2
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136
35 Pag. 25, V. 12. Guido Incorni domini llc-
naldi. Su questo Guido non c'è occorso verun
documento: manchiamo perciò d'ogni dato si-
curo, per determinare in che relazione di pa-
rentela fosse cogli altri compagni Tolomei:
solamente, per la considerazione dell'età, ci
pare di dovere escludere ch'egli possa essere
figliuolo d'uno dei due Rinaldi registrati nel-
r Alberetto.
36 Pag. 27, V. 29. Intesi come... sì 'l prcn-
daremo. Per intendere tutto quanto è compreso
in questo paragrafo circa il deposito delle mer-
canzie dei Senesi presso San Giacomo di Pro-
vins, vuoisi ricordare che i Senesi, per effetto
della scomunica incorsa come ghibellini (intor-
no a che, vedi il Documento iii) temevano che
dal papa o dal re di Francia potesse essere po-
sto sequestro sulle loro mercanzie; e per evi-
tarne il danno, le depositavano sotto il nome
dei Parmigiani loro compagni di mercatura. Di
questa guisa, dato che venisse l'ordine di se-
questro , le case che tenevano in deposito le
mercanzie avrebbero dovuto applicarlo a tutte
quelle che figuravano sotto nomi di Senesi;
ma siccome tali nomi non v'apparivano, cos'i
le loro robe rimanevano salve. Per il fatto poi
che la magione di deposito di San Giacomo
di Provins (comportandosi più largamente d'o-
gni altra di Francia) rendeva le mercanzie non
solo a colui che le aveva personalmente con-
segnate, ma a chiunque, in nome del proprie-
tario, presentasse le chiavi o le taglie, deri-
vava un altro benefizio ai Senesi. Imperocché,
mentre le loro mercanzie stavano sicure in
quel deposito raccomandate sotto altri nomi.
137
essi poi, facendosi consegnare dai Parmigiani
Joro compagni , le chiavi e gli opportuni se-
gnali di riconoscimento, potevano, quasi co-
me mandatari dei Parmigiani medesimi, riti-
rare le loro robe ogni qual volta loro piacesse,
37 Pag. 27, V. 8. Tato tenpo. Sempre, in o-
gni tempo, iti provenzale tolz temps. Cosi tro-
viamo in Fra Guittone tutta stagione, simile al
provenzale tota sazos. V. Nannucci , Verbi,
p. 153, nota 3.
38 Pag. 27, v. 16. Ed é achorto luogho. Di
accorto in significato di corto ha esempi il Glos-
sario della nuova Crusca : « la via che loro....
giudicheranno più accorta » — « via più comoda
e piti acco>'ia » — « pel più comodo e più accorto
cammino. » Però nel nostro luogo pare che ac-
corto abbia piuttosto il significato di vicino,
posto a poca distanza; seppure non si ha da
credere che , cosi nell'esempio nostro come in
quelli allegati dalla Crusca, accorto voglia dire
opportuno.
39 Pag. 27, v. 17. Qualota l'uon avesse mi-
Sliere- Forse, facendo conto che la ?/j manchi
per la consueta abbreviazione , è da scrivere
qualota l'uom 7ì' avesse misliere; v. nella pag.
seguente: «concordanti a quelle che l'uomo
lo'lasa» e cosi altre volte. Di questa locuzio-
ne, oggi sparita dalla lingua italiana, ma che
ha sempre riscontro nella francese e nella te-
desca, discorre il Nannucci, Voci e locuzioni
italiane derivate dal provenzale , p. 223.
40 Pag. 2'0, v. 1. Chome divisa di sopra. Qui
e in molti altri luoghi divisare vai quanto ap-
parire, come chiaramente si ricava da questo
esempio tratto dai conti inediti di Luca Buon-
1:38
signori: « Sichome divisarà per qiiesta charta
iscrita disotto e inanzi di mia mano, » Isè di-
versamente è usato il verbo dichiarare nel Bre-
ve degli orali (tra i Docum. dell'arte senese,
editi da G. Milanesi) al cap. 43. « E intendasi
che sia prima stato nell'arte per garzone o per
lavorante almeno sei anni , come disopra di-
chiara. » Non meno singolare è il valore in-
transitivo, con il quale è adoperata il verbo
specificare nel quinto dei Documenti da noi pub-
blicati, pag. 108: « El sopradetto Guccio perde
le cose, le quagli spicificaranno di sotto.»
41 Pag. 29, V. 24. Infino a la fiera di San-
V Aiuolo que viene presente. Correggiamo qui
Sani' Aiuolo , che ci pare lezione piti propria
dell'altra Sanlaiuolo, adottata nel testo: e ba-
sti questa correzione anche per gli altri luo-
ghi dove ricorre lo stesso vocabolo. Il Pago-
lotti chiama questa fiera, Sant' Angelo ; nei do-
cumenti mercantili, pubblicati dal Berti, è detta
Sancii Aygulphi; francese antico, Saint Aieul.
Cr. l'annotazione 15. — Presente vale, qui e in
moltissimi altri luoghi, prossima; cos'i a pag. 55:
« di chie a la cliandeloro presente. » Che viene
presente vale prossima futura, come ne' conti
di Mattasala pag. 71 : « da questo prossimo San-
t" Agnoli che viene, a due anni.»
42 Pag. 30, v. 10. De la somo. Nel testo fa-
cemmo stampare soma; ma somo per soma o
somma, non è errore di ortografia, come a pri-
ma vista si potrebbe credere. Un altro esempio
ne abbiamo a pag. 62: « sie farete somo dapiei ; »
e un terzo ne danno i conti inediti di LucaBuon-
signori: « Somo per tutto el devito che Gino mi
rasegiiò per (juesta sua ragione ec: » sebbene
139
in qutìst' ultimo esempio somo può esser ver
bo.
^3 Pag. 30, V. 11. Artisgini. Du Gange: « Arti-
sienses, Atrebatensis moneta, » moneta delT Ar-
tois.
44 Pag. 31, V. 9. Per l'entrca di Tresi. Il Du
Gange (Gloss. Gali.) tra i varii significati di En-
trée, nota: « intrata, vectigal mercis invectì-
tiae, gallice droit d'entrée; » e in un documento
del 1268 citato dallo stesso Du Gange, sono ram-
mentati uomini « qui colligebant redditus sive
intratas portus dictae civitatis. »
45 Pag. 31, V.9. Trenta e sei soldi pesatura.
Cioè in pagamento dei diritti di peso, per pesa-
tura. V. anche a pag. 32: « iscontiato undici
soldi, qua demo churatagio (cioè per curatag-
gio) del deto pepe e de laciera; » e p. 44:
« senza otanta e due lire tornesi, que chostò
puoi condueitura (cioè di conducitura o, come
oggi si direbbe , di porto) in questa fiera. »
46 Pag. 32, V. 3. J chanparo. Gli camparono,
cioè gli sopravanzarono. Questo medesiiuo uso
del verbo campare si trova nei conti di Matta-
sala, p. 9, 37, 39.
47 Pag. 32, V. 9. Churalarjio. I/analogia che
la parola churatagio ha con inlragium, mone-
tagium e simili, può far credere che anche il
ctirataggio fosse un qualche dazio o gabella. A
pag. 35 si discorre di una investita di paìini e
di 18 soldi pagati per curalagio dei medesimi.
Altra cosa par che sia io. panno curatura ram-
mentata nei conti di Mattasala.
48 Pag. 38, V. 19. In un'ala e mezo di pan-
no. Ala o alla, misura inglese rammentata an-
che da Dante, Inf. xxxi: «E venimmo ad Anteo
140
che bei» citìi\n' alle, Senza la testa, uscia fuor
JoUa grotta. »
49 Fag. 39. V. 3. Conte di Navcrsa. Oddone
(Endes), conte di Nevers. Questa contea eragli
pervenuta per il matrimonio fatto nel 1247 con
Mahaut, II contessa di Nevers, morta poi nel
1262 {Ari de verif. les dates, II, pag. 595.) Della
recente morte della contessasi pa^la piti sotto
in questa stessa lettera, a pag. 41, v. 5.
59 Pag. 39. V. l\. Ano giorno cho lui denunzi
a rey di Francia per la sani' Andrea. Le due
parti dovean comparire dinanzi al re la pros-
sima festa di Sant'Andrea; cf. pag. 83: «Io mi
partii di Parigi.... per venire a Bari per la gior-
nala eh' aveva centra a loro ec. » Giorni di-
cevansi quelli stabiliti perle adunanze dei tri-
bunali e dei parlamenti, e anche le adunanze
stesse (onde l' ital. dieta e il ted. Reichslag):
« dies, consessus iudicum, assisia, » e « dies ha-
ronum, quibus scilicet convenire solebant ad
diiudicandas vassallorum lites, Parlamentum. »
Du Cange. — liei o rey, i)er re, osserva il Nan-
nucci {Teorica dei 7iomi, p. 203) essere stata
voce comune a tutte le lingue romanze.
iii Pag. 40, V. 24. Per chasgione de la munela
che... à fata abaiare i rey di Francia. Abbattere
nel signitìcato di tor via, sopprimere, abolire si
incontra anco in un documento del 1340 pubbli-
cato dal Milanesi [Docutn. dell'arie senese, i,
p. 176): «Maestro .\mbruogo Lorenzetti dipentore
de'dare, a di xii di settembre anni mcccxl, stara
VI di grano ec, Abalula la detta posta, perciò
che si compose cho lui nel dipegniare la cha-
pella del cimitero.» Anche il Du Cange reca
esempi del frane, abalrc per abolire, revocare:
141
«toutes autres inonnoyes.... soiont abbnlnes ■»
in un docum. del 1356: e nel Chron. vernac ms.
S. Magioni Pnrisiensis. «L'an mil deux cent
soissante trois Furent abntus li Mansois. » —
Circa a questo abbattimento di monete, si legge
in Duruy, Hist. de Francc, cap. xxv, che Lui-
gi IX (1226-1270), per facilitare i cambi, ordi-
nò « que la monnaie des quatrevingts seigneurs
qui avaient alors le droit d'en frappar, n'aurait
pas cours hors de leurs terres ; au lieu que celle
de la couronne serait recue par tout le royau-
me. C'était un pas vers l'abolition de la mon-
naie seigneuriale. »
52 Pag. 41, V. 9. missere .-Ic/uardo. Figliuolo
d'Enrico III re d'Inghilterra. Cf. l'annotazio-
ne 61.
53 Pag. 43, V. 20. Si pare dubbioso lo staio.
Tanto pare malsicuro, pieno di rischi il rima-
nere; il prolungarvi il loro stallo o soggiorno.
Che stallo abbia questo signitìcato si ricava
anche dal seguente luogo della Vita di S. Ila-
rione ("Ed. Barbèra, pag. 172): » ma sempre suo
stallo era. in cella o per lo diserto.» E quanto
alla etimologia vedansi il Nannucci, Verbi,
p. 78, nota 3, e il Diez, op. cit., p. 397.
54 Pag. 45, V. 15. Lo schumunicamento la du
semo. Cf. pag. 73: •> le grandi dispese di necie-
sitae 've voi sete.» — Potrebbe credersi che i
Tolomei, costantemente aderenti alle parti della
Chiesa (di che fanno testimonianza i nostri Do-
cumenti ni e iv) non dovessero essere compresi
nella scomunica lanciata contro i seguaci di
Manfredi; ma vi partecipavano in modo gene-
rale come Senesi , salvo ad esserne liberati per
particolari concessioni di pontefici. (Cf. il più
142
volte citato Documento in (> 1" annotazione 23.1
Il danno niag-giore dell'essere scomunicati con-
sisteva, per i mercanti, nella grande difficoltà
di riscuotere i crediti, specialmente dai con-
venti, dalle chiese e dalle abbazie; le quali,
per il pretesto di non incorrere esse pure nella
scomunica, si rifiutavano di pagare ai Senesi
« neuno denaro, di quello que dieno avere.» Zelo
di cristianità che ben s'accordava coll'avari-
zia dei debitori; e il nostro Andrea lo nota,
con eflìcaci parole, a pag. 47. Cf. l'annotazio-
ne che segue.
55 Pag. 47, V. 8-15. Che un decreto del papa
potesse tante volte servire d'occasione ad e-
sercitare ruberie ed estorsioni legali a danno
dei poveri mercanti, se ne ha nella storia del
commercio italiano in Francia un esempio di
pochi anni posteriore. Racconta Gio. Villani
(Cronica, vii, 53), che Filippo III re di Francia
il 24 aprile 1277 fece prendere tutti i prestatori
italiani nel suo reame, e anche de' mercanti
«sotto colore che usura non s'usasse in suo
paese », per il divieto fattone da papa Gregorio X
nel concilio di Lione ; ma veramente lo fece
« per cupidigia di moneta..., perocché li fece fi-
nire per libbre 60m. di parigini, di soldi 10 il
il fiorino d'oro, e poi la maggior parte si ri-
niasono al paese, come di prima, a prestare. »
56 Pag. 49, V. 11. Al dietro. Da ultimo, poi;
come sì rileva dal seguente esempio citato dal
Manuzzi : « s\ è somigliante al nuvolo che fa
sembiante di piovere e al dietro si parte senza
piovere e senza rugiada » {Tratt. T'ir. wer. 3) ;
e anco da quest'altro del Breve dei pittori (tra
i Dncnm. dell'arte senese, editi da! Milanesi)
148
cap. 48. « El decto scrutinio sia tenuto per lo
rectore vecchio, si veramente che lo rectore
vecchio con suoi conseglieri diano in prima lo
loro voci ; acciocché al dietro non potessero
fare rectore al loro senno , perocché per una
voce più o meno, potrebbero fare e disfare chui
ellino volessero. »
57 Pag. 50. V. 18. Sopra gtiagi ; o meglio so-
pr'a guagi. Glie li rilasciò contro pegni. « Gna-
gium-iVes ipsa in pignus data» Du Gange.- Nelle
partite di dare e d'avere degli antichi mercanti
trovasi spesso accennato qual fosse l'oggetto
che serviva di pegno. Non sarà forse sgradito
al lettore se ne raccogliamo qui alcuni dei piti
curiosi esempi, tratti dai conti inediti di mer-
canti senesi da noi piti volte citati. — « Mae-
stro Giovanni di Bendiforte nostro chericho die
dare xxxvj sol. viij den. di ster. Avemne uno
saltero di santo, pegno.» « El guergio mene-
striere de la chiatara die dare viiij mar. viij
s. di ster. meno due d. ; avemone guagio due
schagiali d'ariento e trs anella d'oro. » oSere
Montieri, notaro di Fiorenza, die dare xx s. di
ster.; avemne guagio uno suo romanzo. » (Conti
di Salimbene Alessi). E in questi medesimi conti
e in quelli di Gentile Ugolini troviamo registrati
come pegni «due libri di legge, » « una bibbia, »
« uno napo d'ariento, » « due fermali d'oro.» e e.
58 Pag. 52. V. 14. Chostò vintimo soldi la pie-
tra. Du Gange: «Petra, ponderis species, quod
constat duodecim libris et dimidia.... unde no-
stris Pierre et perée eadem notione. »
50 Pag. 52. V. 24. E sono chome li avesemo
ne l'ungia. Lo scrivente era cosi certo di ri-
scuoter quei denari che già gli pareva d'averli
144
nello mani , nelle unghie. Unr/ia nel nostro te-
sto è certamente plurale e non singolare; giac-
chò anche oggi diciamo cader neW unghie d' al-
cuno, e non già neWuiighia , al singolare. Di
questa forma del plurale simile al singolare,
ora escita d'uso, reca moltissimi esempi il
Nannucci, Teorica dei nomi, p. 305, 312, 757.
60 Pag. 53, V. 5. Olobuono chardinale. Otto-
buono Fiesco dei conti di Lavagna, creato car-
dinale da papa Innocenzo IV, suo zio. Era in
codesto tempo legato pontificio in Inghilterra,
e fu poi papa nel 1276, col nome di .\driano V.
GÌ Pag. 53, V. 15-17. f rey d' Inghilterra....
sichome debono. Si accenna qui alla fine della
grande contesa tra Enrico III re e i baroni d'In-
ghilterra, a capo dei quali s'era posto Simone
di ^lontfort conte di Leicester. La quale con-
tesa, incominciata nel 125S, pareva essere giunta
al suo termine a intero benefizio del conte, col-
la vittoria di Sussex del 14 maggio 1264; dove il
vincitore fece prigioniero per forza d'armi il re,
e per inganno il figliuolo di lui, Eduardo. Ma
questi, dopo poco piU d'un anno, riuscì a fug-
gire ; e messo insieme un forte esercito, e so-
stenuto dal favore del popolo, diede liattaglia al
conte presso Evesham il 4 agosto 12(55; misp in
piena rotta le sue genti, uccidendo lui stesso;
e liberò il padre, restituendolo al trono. (Cf. IIu-
me, Stor. d'Inghilterra, cap. xti.)
62 Pag. 55. v. 23. Domino Simone cardinale.
Simone de Brie, o de Brion, cardinale di Santa
Cecilia, poi papa nel 12S1 col nome di Marti-
no IV. B'u legato della Santa Sede a tratta-
re con Lujgi IX re di Francia e con Carlo
•d'.-\ngiò l'impresa di Sicilia contro re Man-
145
fredi, e a riscuotere la decima imposta in Fran-
cia per aiutare queir impresa. Intorno alla qua-
le imposizione, legfronsi in Saint Priest, {Hist.
de la conquéte deNaples par Charles d' Anjou,
tom. li, p. 110) le seguenti notizie: «Dans un con-
cile tenu à Paris le 26 aoùt 1264, le lendemain de
la Saint-Barthèlemy,... le clergè gallican, jus-
qu'alors peu favorable àl'entreprise de Sicile,
consentit enfin a la levée d'un dècime cu di-
xième pris sur les revenus ecclèsiastiques
pendant trois ans. Charles d'Anjou n'avait point
voulu partir sans avoir obtenu ce secours. Le
pape, prevoyant la resistance des evèques
fran^ais, n'y avait consenti qu'à regret. Pour
les y décider, son legat s'était vu force de re-
courir àia persuasion et à la menace. »
63 Pag. 56, V. 5-7. Le genti d'esto paese... in
Lonbardia. Carlo d'Angiò Irovavasi in Roma fino
dalla pentecoste del 1265 con pochi cavalieri
scelti, coi quali aveva salpato da Marsiglia il
15 di maggio. Vari mesi più tardi lo raggiunse
il suo esercito, prendendo la via delle Alpi, e
traversando il Piemonte, la Lombardia e le Ro-
magne. Secondo i cronisti Malespini (cap. 185)
e Villani (vii, 4) esso si trovò in Roma nel di-
cembre ; secondo il già citato Saint^Priest (ii,
pag. 164), nel settembre. La congettura del no-
stro Andrea, che scrive nel novembre, pare che
dia ragione ai cronisti fiorentini.
64 Pag. 56, V. 14-16. Molta buona gietUe di
questo paiese si die anchora crociare. La cro-
ciata fu bandita contro Manfredi prima da Ur-
bano IV, poi da Clemente iv; il quale, messi
da banda gli affari di Terrasanta che tanto
stavano a cuore del re lAiigi ix , volle aiutare ^
10
146
con o^'tii sforzo 1' impresa ili Sicilia, che Mo-
veva riuscire tanto profittevole agli interessi
materiali della chiesa romana. La lettera dell.i
crociata bandita da (demente, data da Perugia
nel settembre del 12(53, e diretta al cardinale di
Santa Cecilia sopra ricordato (cf. l'annotazio-
ne 62) è pubblicata da Martène e Durand , The-
saur. novus anecdot., ii, pag. 196; e dal Del Giu-
dice, Cod. diplom. di Carlo Primo e Secondo
d' Angiù , tom. i, doc. xvi.
cr. Pag. 57, v. 13. l'alinola. DuCange: » Pa-
leola, auri bractea ; gallico paillctlt: d'or, alias
paillole. » Tra, gli esempi recati dal Du Cange,
fa al caso nostro questo di un documento del
1269: « aurum vel argentum, in massa vel in
paleola, si (juid repertum fuerit. »
C6 Pag. 57, V. 13. Aghustari. Moneta d"oro,
intorno alla quale vedasi il Muratori, Antiquit.
ital. I, 596.
67 Pag. 57, V. 18. Mansesi. Du Cange, Gloss-
fla/J. : «Mansois, monnaie des conites duMans » ;
e vedi anche a Cenomauenses denarii.
cs Pag. 57, V. 19. Munela meflala. La somi-
glianza delle lettere s ed /" nella scrittura di
([uesto documento può far pensare che meflala
sia stato erroneamente scritto invece di me-
slata; nel qual caso per moneta meslata po-
trebbe forse intendersi quella che oggi comu-
nemente dicesi di biglione. D'altra parte, se
la parola meflala è genuina, non sapremmo
spiegarla altrimenti che supponendola compo-
sta dal prefisso francese més- (male) e dal par-
ticipio latino fiata ( cf. * fiata signataque pe-
cunia» ed « aes flatum pecore» di Varrone,
l)resso Oellio, ii. 10.. e J)C re mst- II. 1.); e
147
forse, anche in questo caso, non si ritiuterebbe
al significato di moneta di bassa lega.
69 Pag. 58, v. 20. il/esso de la parte. Cosi ab-
biamo stampato, seguendo la copia fatta dal
Pecci, sebbene questo messo de la parte ci
paresse una novità da destare sospetto. All'in-
contro i messi della mercanzia sono rammen-
tati piti volte cosi in queste lettere come nei
conti mercantili inediti; e non è inverosimile
che il copista pigliasse qui qualche grosso ab-
baglio.
70 Pag. 59, V. 14-15. Ghezzo, Oddo, Manno,
Alighiero., Pane. Tutti della compagnia mer-
cantile degli Squarcialupi : ma Ghezzo, Manno
e P.\NE sono figliuoli di Squarcialupo (R. Arch.
DI STATO IN Siena: Pergam. di S. Francesco,
15 Maggio 1275), mentre Oddo è figliuolo di A-
ringhieri degli Squarcialupi (R. Arch. detto : Li-
bro di contratti di gabelle del 1300, a c.j61). D'.A.-
LiGHiERi poi non ci è occorso verun documento :
riteniamo bensì eh' e' non sia degli Squarcia-
lupi (comecché apparisca loro compagno di
mercatura), per la considerazione che in quanti
contrattici è accadu^ d'esaminare, spettanti
agli Squarcialupi, sul finire del secolo xiii e il
cominciare del xiv, non abbiamo mai trovato
il nome d" Alighieri.
"1 Pag. 59, V. 17. DibatO. Lite, diff'erenza
(déhnt). Dibattito , nel medesimo significato, si
trova usato auclie da Matteo Villani, vii, 57,
X, 26.
72 Pag. 60, V. 21. Questa rimesa vi faciemo.
Rimessa per aggiunta, correzione, o mutazione,
fatta in una scrittura, è anche negli S^ahUi
senesi, editi dal Polidori. p. 115. 19S. Analogo
148
è il significato del verbo rametere, ap.63: «e
anche vi si ramela tuti i miei denari propi » ec.
73 Pag. 61, V. 9. Ceragrafi. Di questi chiro-
grafi, a piti esemplari, offriamo un esempio
nel Documento vi.
7-» Pag. 62, V. 22. Aselaria. Pare che debba
intendersi o del modo con il quale egli aveva
assettato qualche aflTare , o del suo proprio as-
setto, ossia collocamento.
75 Pag. 64, v. 6. Ghoro, GonteruciOj lacho-
mo. Tutti e tre, della famiglia de' Sansedoni :
come pure Bindo , Ciampolo, Francesco, l'altro
Gonteruccio , Gontieri, l'altro Goro, Guccio,
Lore , Mino, Pepo, Tofo e Tura^ nominati in
questa e nelle seguenti quattro lettere dell'Ap-
pendice. Non è senza difficoltà costituirne l'al-
beretto genealogico per la confusione dei no-
mi, troppo frequentemente ripetuti in piti per-
sone della stessa progenie , a poca distanza
d'anni: pure l'abbiamo tentato , con ogni mag-
giore cautela, aiutandoci del raff"ronto di que-
ste nostre lettere coi documenti dell'Archivio
Senese e con le Memorie per l' Albero de.' San-
sedoni, ms. del secolo glassato, gentilmente
comunicatoci dal sig. Alessandro Pucci San-
sedoni. Dalle quali ricerche ci pare di potere
desumere quant' appresso. Goro (al quale sono
dirette la presente lettera e la lelaii dell'Ap-
pendice) è figliuolo di Gontieri, e trovasi annove-
rato tra i consiglieri della Campana negli anni
1282, 86 e 89. Sono suoi figliuoli: Bindo (App.
lett. i) ; Ci.\MP0L0 (nominato in questa lett. x);
Francesco (.\.pp. lett. i); Gontieri (App. lett. i, n\
che forse è lo stesso Gonteruccio di questa let-
tera X); Gfcrio (nominato nella presente let-
U9
tera e nella i e ii delTApp.): Palmiero (App.
lett. I); Pepo (App. lett. i, ii; senza veruna
certezza che sia lo stesso , quello nominato
nella lett. in). MesserGoRO de'Saxsedoni (App.
lett. ni) e inesser Goro Gontieri {App. lett. iv)
sono forse due appellazioni di un solo indivi-
duo; ma, per la considerazione della scrittura
di queste due lettere, che ce le fa credere
scritte verso la metà del secolo xiv, non as-
seriamo che sia lo stesso GoRO di Gontieri so-
praccitato. La diversità di scrittura poi delle
lettere iii e iv delTApp. (1" una e l'altra molto
verisimilniente autografe) ci fa ritenere esse-
re due persone diverse Gonteruccio che ha
scritta la prima, e Gontieri che ha scritta la
seconda delle dette due lettere. Sugli altri no-
mi, nulla di certo.
"6 Pag. 65, V. 10. E quando Mino sarà di
qua. Di qua, di costà trovansi usati tanto a
indicare lo stato in luogo, come il moto per
luogo: «noi ci troviamo sie di qua » p. 73;
«noi siamo fermi di mandarvi de' denari di
costà » p. 74 : « sappiate che io voglio che esse
scritte vengano di qua • p. 92.
77 Pag. 66, V. 6. Voi vedete lo stato dei no-
stri fati, se sonno tagliati da menarli a gio-
vano ec. Abbiamo dubitato se queir a potesse
ritenersi un trascorso per it, ossia un: che
allora il verbo menare manterrebbe assai bene
il suo ovvio significato di trattare. Ma qui può
anche credersi che voglia dire recare in ma-
no, affidare; e in questa supposizione ci sia-
mo fedelmente attenuti all'originale.
78 Pag. 66, v. 14. Quanto che non. Quanto
per quando, osserva il Nannucci (Analisi cri-
150
lica dei verbi italianij i>. 27, nota 1), fu in uso
cosi neir antico spagnuolo (quanl) come nel-
1' antico francese icant, quanl)- Di esempi ita-
liani, il Nannucci'iion ne cita che uno del Bo-
iardo.
79 Pag. 06, V. 21. Ma io il dubito. Testa-
mento in volgare di Memmo Viviani, del 1288
(inedito , nel R. Arch. di Stato in Siena) : « du-
bitando la morte. »
80 Pag. 71, V. Ì2. Aconcio de la munela.ì^ ar-
ra. Giovanni Villani {Cron., vili, 56) che Filip-
po il Bello, re di Francia, per sostenere le
spese della guerra contro i Fiamminghi ribelli
«fece peggiorare e falsificare la sua moneta,
onde traeva grande entrata, perocché ella ven-
ne peggiorando di tempo in tempo, sicché la
recò alla valuta del terzo; onde molto ne fu
abominato e maledetto per tutti i cristiani; e
molti mercatanti e prestatori di nostro paese,
eh' erano con loro moneta in Francia, ne ri-
masono deserti. » Ora per le incominciate pra-
tiche di pace, confidavano i mercanti che ces-
sando, col cessare della guerra, le urgenti
necessità, dell'erario regio, tornerebbe in cor-
so la buona moneta col suo valore effettivo.
81 Pag. 75, v. IG. E no vide il sacho. Di que-
ste parole, o che vi sia incorso qualche errore,
o che contengano qualche modo proverbiale
ora escito d'uso, o che finalmente accennino
a (jualche fatto del quale non si trova altra
menzione in questa lettera, non abbiamo sa-
puto intendere la connessione col rimanente
del periodo.
82 Pag, 79, v. 16. Fratelta. Cos'i chiaramente
l'originale; forse per trascorso invece ùi fra-
151
U'ihì, comò parrebbe che si dovesse leggere.
■■^3 Pag. 81, V. 4. ,-1 tulesora. Ora per ore si
disse anche al plurale ; quindi a tute ore ( a
tutte le ore, a ogni ora), spessora (spesse ore)
spesse fiata (spesse fiate) , prusora {plusora ,
più ore, cioè piti volte); intorno a che vedasi
il Nannucci, Teorica dei nomi, p. 311. Quanto
poi al francese tiites {toutPS), non farà mera-
viglia a chi abbia posto mente alla influenza
che il soggiorno in Francia o le relazioni con
la medesima, esercitavano sul linguaggio dei
nostri mercanti. Cf. abàtare , p. 10 (abattre)
— buonamente, p. 27, 39, 40 (bonnement) — di-
ttato, p. 59 (débat) — detta, \>. S7 e passim (det-
te)— monete difendute ^ p. 48 (défendu, proi-
bito) — entrea, p. 31 (entrée) — guagi, p. 50 (ga-
ges) — guardare, p. 53 (garder , custodire) —
lisgire, p. 40 (loisir) —petizare, p. 90 (da petit ,
impiccolire, diminuire).
84 Pag. 81, V. 16-17. Per kalende magio se-
rano mutati i Statuti. Gli Statuti del comune
di Siena si riformavano e correggevano , per
legge stabilita, ogni anno nel mese di maggio.
La riforma, alla quale si accenna nella pre-
sente lettera, fu deliberata nel Consiglio ge-
nerale della Campana del 10 aprile 1305: Quod
Statutum corrigatur et emendetur per honos ci
sapientes homines eligendos et qui eligantur per
dominos Novem, ita quod errores de ConstituU)
traìiantur, et quod Statutum in minori volu-
minc reducatur. (R. Arcu. di st.vto in Siuna;
Cons. della Camp.., voi. 66, a e. 27-29). Le ad-
dizioni e correzioni , fatte in seguito a tale de-
liberato, si trovano in margine dello Statuto
compilato tra il 1300 e il 1302, segnato antica-
152
mente di n. xviii. Non ci è occorso, iiell' esa-
minarle, alcun provvedimento speciale contro
i grandi ; ma è noto che il magistrato dei Nove,
che teneva allora il governo, lottò sempre, con
vigore e perseveranza, contro i medesimi. Cf.
Malavolti, Istor. di Siena, agli anni 1295 e 1309:
parte i , a e. 5C e 64.
85 Pag. 82, v. 25. Papa éne, ed ètte l'arcive-
schovo di Bordello. Bertrand de Goth dei si-
gnori di Villaudrant, arcivescovo di Bordeaux ;
eletto papa, col nome di Clemente v, pei ma-
neggi dei cardinali di parte francese e di re
Filippo il Bello; in grazia del quale trasferì
la sede della chiesa in Avignone.
86 Pag. 84j V. 24. Ylimosa ogni cagione. Ogni
pretesto, scusa, difficoltà; avendo qui la parola
cagione quello stesso valore che ha talvolta
in latino; come, per citarne un esempio, nei
Carmina priapea (i, v. 4.) : « causasqtie invenit
usque differendi. »
87 Pag. So, V. 12. A tanto mi partii de le pa-
role. Allora (a tanto) posi fine al mio dire. Cosi
Dante. Inf. ix, 48; « e tacque a tanto. » Medesi-
mamente usarono i Provenzali ab tant, cojne
osserva il Nannucci , Voci e locuzioni italiane
derivate dalla lingua provenzale , p. 5S.
88 Pag. 83, V. 16. Tre segnane. Semana e sem-
mana, per settimana _. fu di comune uso tra gli
antichi senesi, come attestano gli esempi che
se ne leggono negli Statuti senesi, editi dal
Polidori, e negli Statuti dello Spedale di Siena,
pubblicati da L. Banchi. Vedasi lo Spoglio
delle voci, in queste due opere.
89 Pag. 85, V. 19. Sercuire. L' originale ha
certamente o sercuire o sercurre. Forse è un
153
trascorso nell' uno e nell' altro caso. Sercuire
potrebb' essere un errore o per seCMn'rR (frane.
secourir) o per soccorrire; sercttrre potrebbe es-
sere errata scrittura per soccorre (infinito).
Corre per correre, socorre per soccorrere disse-
ro i Provenzali (v. Nannucci, Anal. crit- dei
verbi ital.; p. 242) e anche oggi si dice nel con-
tado senese ; come pure dicesi corri e corrìre.
90 Pag. 90, V. 19. Me lo petizassero. Sembra
che voglia dire : me lo impiccolissero., ossia di-
minuissero; giacché petito, per piccolo, trovasi
usato dagli antichi.
91 Pag. 91, V. 11. Ribefanare. Dal contesto
si ricava che questa strana parola ha il signi-
ficato di rivangare, rifrustare. L'etimologia ci
è ignota. Quanto all' altra parola non meno
strana che segue poco dopo, tuttasesa, suppo-
niamo che sia composta nella sua seconda
parte da qualche parola francese, probabil-
mente storpiata; della quale non ci è venuto
fatto di determinare né la natura né il signi-
ficato.
92 Pag. 109, v. 10. «Uno paio di panni, tra-
mezzato di verde e di broio di Dovagio ». Da
questo passo pare che si possa desumere che
broio é un colore : non cosi dalla seguente par-
tita dei Conti di Luca Buonsignori (inediti):
«Uno broio di Provino, die dare xiij Ib., v s.
tor. »; nella quale pare che si designi una qua-
lità di panno o di altra simile mercanzia. Ac-
cettandosi questo secondo significato, il soprac-
citato passo del nostro documento anderebbe
interpunto in questo modo: «Uno paio di panni,
tramezzato di verde, e di broio di Dovagio».
93 Pag. Ili, V. 12. Mambrunito. Crediamo
154
l'Ile sigiiiliclii custodito; per la sua allìiiità con
Mamburnire, che il Uucange spiega: lueriuli
lutores solent.
Nell'annotazione 11 abbiamo detto ignorare
chi sia il Buonifazio menzionato nella lettera ii:
ma da una partita dei libri d'entrata e uscita
del comune di Siena si è poi desunto essere
egli un Buonsi^nori. La riferiamo integralmen-
te: Item MMM lib. den. Gregorio Arrighi, quos
habuit et recepit , ad porlandum eos prò Co-
muni Perusiuni Bonifatio Buonsignoris , prò
solvendis militibus quos conducet in servilium
Comunis (R. Arcii. di Stato in Siena: Bicchcrna,
Spese del settembre 1253, a e. 45 num. ant., e
183 num. mod.) Da altre partite d'uscita dello
stesso mese si ricava che la compagnia Buon-
signori aveva assunto, per il comune di Siena,
l'incarico del pagamento dei soldati in servizio
di ffuerra.
INDICE
DELLE PAROLE E DEI MODI PIÙ NOTEVOLI.
A, per di: «quello che ne pensava a fare per
innanzi. » p. 83. Invece di per: « a quela chas-
gione. » p. 47. Per tra: « a le buone compa-
gnie. » p. 80. Per con:" <c la brigha de Mala-
volti a'Tolomei. » p. 81. Ellissi : « se voi pia-
ce. » p. 3 e pass.
AbXtare , p. 40. Annot. 51.
Abrobio, obbrobrio, p. 93.
ABRUSCI.4.RE, p. 24.
Acatare , p. 18.
AciviRE, p. 62.
Acomanda, p. 27.
Acomandare, p. 29.
Acomi.atare, p. 46.
AcoNCio (sost.), p. 71, 88, 93.
Acontio, acconto, p- 17.
AcoBTO, p. 27. Annot. 38.
Adogata, listata, p. 109.
Adoparare , p. 13.
Adosgiare, aggiungere , p 44.
Afadig.\rsi, p. SS.
Aferire, recare (adferre), p. 22.
Agiata, « tutte le volte che.... la compagnia ne
fusse agiata. » p. 112.
.\giogmare , p. HO.
156
Agustari, p. 57. Annot. 6fì.
Aitare, p. 36.
Ala, p. 88. Annot. 48.
Al dietro, p. 49. Annot 56.
Alogare, p. 42.
ALOTTA, p. 81.
Al tempo d' ora , p. 28.
Altrui, altrove, p. 114.
Amaritare, p. 81.
Ambeduni, Anbeduni, p. 13, 60.
Anbasciadori, Anbascidori, p. 6.
Andata (sost.), p. 25.
Aoparare, p. 13.
A PENA, sotto pena, ^. 113.
Aparati, p. 49.
' Aparegiare, V. 62. (1)
Aparra, p. 63. Annot. 18.
Apensato, p. 95.
Apo, p. 11.
APROCACIARE, p. 87.
Apropiare: «quello guadagnio sia apropiato a.
la predetta nostra compagnia. >> p. 113.
Aprovato, p. 66.
Araconciare, p. 42.
Arditamente , p. 17.
Arenduta, p. 37. Annot. 19.
Arenduti, p. 14. Annot. 19.
Ariento , p. 57.
Arrare, errare, p. 93.
Artlsgini , p. 30. Annot. 43.
Asapere, p. 13.
Asemprato, esemplato, p. 112.
(1) Le parole segnate con qsterisco apparten-
f/onna un frammento inedito. V. la Notizia illu-
strativa, in principio del volume.
157
Aservare, osservare, p. IH.
ASETARIA , p. 63. Annot. 74.
AsicuRARsi, fidarsi, p. 47.
AsiSAME.NTE, conlinuamente j p. 41.
Assettare, Assetare, .\setare , p. 89, G4, 65.
Assortire, p. 65.
A tanto, p. 85. Annot. 87.
Atenere, p. 22.
Atri, alirij p. 12.
AvEXGA, per avvegnaché , p. 74.
Avere, per essere: «intra i quali die avere tren-
ta e sei chavalieri ec. » p. 11. Per avere a
sè , trovarsi coti: «SI ebi Chatelano, com-
pagno de'Malavolti. o p. 84. Forme notevoli:
Abo, p. 2G. A" (à" melo) p. 15. Aviamo, p. 18.
AvEMO, p. 16. Avonne (ne àvono, ne han-
no) p. 24. AvEiA, p. 96. AvATELi (cioè ave-
vategli, gli avevate) p. 18. Avanteli (cioè
avevamteli, te gli avevamo) p. 15. Avarra,
p. 93. Aremo, p. 52. .\varemo, p. li. Avare-
TE , p. 18. AVAREBE, p. 19. AvARESTI , p. 17.
Avesoro, p. 113. ABI, p. 14.
Avere di peso, p. 56, 57.
AuTi , p. 14.
Balzano, p. 108.
Bastare, in signif. di durare, p. 21.
Batare, battere, p. 41.
Bazicare , p. 66.
Bl ADORA, p. 80.
BlASMARE, p. 74.
Biffa , p. 19. Annot. 26.
Bochaletti, p. 119.
BoNTiX, p. .53.
Bonrtta . p. 109.
158
Rriga, p. 108.
Bordo, panno di bordato. \>. \0\).
Broio, p. 109. Annot. 92.
Buonamente , p. 27, 39, 40.
Cagione fin signif. di pretesto, iiiduoio) p. ^l-
Annot. 86.
Cagiuso , p. 16.
Calonaca, p. 76.
Calonaci , p. 80.
Camara , p. 75.
Camelino, ciam1)ellotto . p. .")S.
Cameloni, p. 77.
Cana, canna (misurai ]i. 77.
Canbi.\tore , p. 20.
Canbiora, p. 56.
Candeloro, p. 55; Ciandeloro, ji. 71 , candelora
o candelaia.
Canpare, in signif. di sfìifigire, xchirnre. j>. 23 :
di sopravanzare, i>. 32. .\nnot. 46.
Cansare , p. 87.
Capesero (da capire o capere) p. 61.
Capezale, p. 109.
Capitagli, p. 100.
Capitaneo , p. 12.
Capitolo, in sitrnif. di patio, p. 62: di radunan-
za, p. 78.
Carco, per canea, p- 33.
Carica, p. 31.
Carnieri , p. 109.
Cascione, p. 6. Casgione. p.26. Casione, p. 54.
Casuso , p. 47.
C.\TAUNO, p. 5.
Cavaieri, p. 3.
Cavalcate , p. IS.
159
Cavalli coverti , cavalli prapri dei cavalieri
gravemente armati, p. 12.
Cedola , p. 19.
Centonaio, p. 113. Cextonaia, p. 111. Cientr-
saia, p. 31.
Ceragrafio, chirografo, p. 61.
Ched, p. 12.
Chela, p. 13.
Chello, p. 14. Per chello che, in sitrnif. eli per-
chè, p. 5.
Chesta, chestì ec. p. 3 , 4.
Chetesto, p. 19.
Chi, per qui , p. 14. -
Chi, a chi, in signif. di a' quali, ]>. 40
Chiamare, in signif. di chiedere :« chiamamo
merciede a Dio. » p. 14.
ClANZELLIERE , p. 80.
ClASCHEUXO. p, 6.5.
CioiÉ , p. 57.
ClVIRE , p. 73.
CoiERE , cogliere, p. 76.
CdLIARE^ p. 55.
Como , p. 24. .»
Comunità, società viercanlile, p. 0.">.
COMUNO isost.) p. lOS.
CoMUNA [agg. femm.) p. 6i.
Comunale, p. 60.
Concia (sostant.i p. 21.
Conciare, p. 21.
Concio (part.) p. 24.
Con ciò fusse cosa che , p. 18.
CONDUCIARE , p. 32.
CoNDUciTURA, p. 44. .\nnot. 4").
CONPU.SIZIONE , p. 53.
Consorti, compagni di mercatnru. p. 36.
160
CONTIANTI , p. !?9.
CONTIATO , p. 33.
CoNTio (sostant.) p. 83, 91, 92.
CoNTio, cognito, manifesto, p. 3.
CONVENENTRI, p. 21 . Aniiot. 28.
Corsa, p. 16.
Costo, p. 16, 17 ec. Costi, p. 75.
Costuma (sost.) p. 27.
Cortesia: « prestare a cortesia. » p. 35.
Cotagli, p. 113.
Cotanto « anno cotanto. » p. CO.
Grande, p. 83.
Crcivaldo (parola cofrotta) p. 19. Annot. 26.
■ Credenzia: «Ed è mia credenzia che...» v. 1(H),
Crocieria , crociata, p. 57.
Crociarsi , pigliar la croce, p. 50.
CrudilitX , p. 55.
CUELINO , p. 28.
CUMUNE, p. 4.
CuRATAGio, p. 32, Annot. 47.
CURIERE, p. 49.
Custumare, p. 20. •
Da: «In mezo, da la tera del priore a la no-
stra. » p. 76; « i patti che sono da me e da
loro.» p. 5; « da uno merchatante a un al-
tro. » p. 16.
Denaio, p. 14.
Denanzi, p. 39.
Derata, p. 73.
Deto, debitore, p. 39.
Detta, debito, p. 87; debitore, p. SO.
Devito, p. 16.
Di: «di Provino di Mayfgio.» p- 25: «de la fiera
(li SantWiuolo. » p. 49.
IGl
D'i ; « jjià bon d'i » p. 30, 54 ; D'i il'einin. plur.i : « pa-
recchie d'i » p. 21 , 22.
Diano, p. 17.
Dib'ato, p. 59. Annot. 71.
DicHiARKMo, dichiareremo , p. 60. Annot. 18.
D'iciARE, dire, p. 16.
Dicixo, decima, p- 55.
Di costa, di qua (stato in luogo), p. 65, 73;
(moto per luogo), p. 74, 92. Annot. 76.
DiK, giorno, p. 5.
Diece, p. 16.
DiEi, delti, p. 36.
DlFALTA, p. SO.
Difendute (monete) p. 84. .\iniot. SI.
DiFENSIONE, p. 88.
DiFINO, p. 60.
DiLIBARAZIONE , p. 95.
DlLlVRAEE, p. 50.
Dipo': «dipo' "1 tempo » p. 03.
DiPOSiTO, p. 27.
DlROBARE, p. 47.
DiSNORE, p. 93.
DlSPENDARE , p. 10.
DlSPESA , p. 15.
DlSTRETA, p. 41.
DlSTRUGIMENTO , p. 23.
Divisare, p. 29. Annot. 40.
Domino, p. 3, 4, 5, e passim.
DOTANZA , p. 27.
Dotare, p. 24
Dotarsi, p. 42.
Dovere. Forme piti notevoli: die, p. 11; deg-
no, )). 4; DIENO, p. 26; dova vate, p. 30; do-
VlENOj p. 29; DEBER0, p. 45; DOVARA , p. 91;
UHlìIA, ]). 41 ; DEANO, p. 5: DKIHNO. p. 12.
11
162
Urapakia, p. 20. "
Drieto, p. 21.
Dritto: « dritt' a me» p. 79.
Dubitare (una cosa) , p. 00. Annoi. 7'.).
DuK, dove, p. 02.
DUMILLIA, p. 37.
DiRAii. durame, p. 02. Annot. 18.
E, per el, articolo: «e rimanente » p. 48. E", per
fi. i, p. 93. E', per ei, pronome (gli) : «e'rivo-
lesiino » p. 14.
EcETATo, eccettuato, p. 112.
Edio, Iddio, p. 111.
Eli, p. 5, eglino; 'e nello stesso" signif. elli,
p. 3; ELiNO, p. 5; ellino, p. 5.
Elli , per egli , p. .5.
E.N, in, p. 111.
Ensieme, p. 110.
Entendare , p. 18.
Entrante: «entrante otobre » p. 5.
Entrato: «questo è quelo que m'è entrato» p. 29.
Entrèa, p. 31. Annot. 44.
Esare, p. 12. Essere con uno, cioè porsi d'accordo
con uno: «ne saremo cho lui » p. 19. Essere a
uno , cioè recarsi da uno : • quando egli sarà
tornato, sì saremo a Uuit p. 19. Forme no-
tevoli: so" (sono), p. SS; sonno, p. SS; semo,
p. 65; SAVAMO , p. Kì: serr"\ . p. 6."): serei ,
p. 5; suTO, p. .54.
Escusso, p. IH.
ESCRITTO , p. 110.
ESTERLINO, p. 37.
I'\\CENr)A , 1>. \').
1'"ai.a, (da VALLARE?)- "el signiticato di manca.
]i. 14; p F.\Liv\No (ila fallire) , p. 55. nello
stesso signiticato.
Kardelo, p. 49.
Fare « a piacere » p. 19; «un messo » p. 6:
«panni» (nel significato di acquistarli}-, p. 55.
Forme notevoli : facio, p. 5 ; foe , p. 3 ; fatte,
p.3S; FACENTI (ti facciamo), p. 13; faemo, p. 17;
FAiEvA, p. 25; FACEMO (facemmo), p. 15; faie-
.STE , p. 30; FAESE, p. G6 ; faiese, p. 28 ; faie-
SERO, p. 27.
Fatta fsost.) : « apresso a la fatta di questa let-
tera» p. S6.
Fatto, affare, negozio, faccenda, p. 17, 25, 26:
impresa: « lo fato di re Cliarlo » p. 55.
Fattore, agente di beni, p. 39. Nel signif. di uno
che fa, in genere, p. SS.
FedeltX (fare la), p. 21.
Fkemarr «la compagnia» p. 60.
FictLiuolli, p. 93.
FiLio, p. 4.
Finanza, p. 51.
Finare, p. 46.
Finemente, p. .59.
Frate, fratello, p. S.
Fuoco: «Chi à tutto inn'uno luogho, sì à tutto
inn"uno funcho » p. 64.
FuoRR, p. 74.
Gativi, p. 23.
GioviDi, r.iuviDì^ p. 5. S;'..
Giengieva, p. 56.
GlENOVINI, p. 30.
Giornata, p. S3, 85 Annot. 50.
Giovana, p. 82.
Giorno: «aver ^'iorno > {i. 39. .\iiuot. 50.
164
GOFFANI, p. lO'J.
Grado: «fare il grado» p-éO: «avere a grado»
p. 78.
Grande, per grandi: « grande ispese » p. 67.
Grazie: «far grazie» p. 3.
GuAGi , p. 50. Annot. r>7.
GuAGNiELE, vangeli, p. 114.
Guardare, cojtserya?'*;, tenere in custodia, p.53
Guardia, (da ouardiare?): « se Dio di male guar-
dia » p. 21.
1: pronome al terzo caso del sing. (p2t^ a {u(i.
p. 18. Al quarto caso del sing. (il, lo): • s" i
riceverete» p. 1. — Al quarto caso del plur
{gli, li), p. 14.
I, articolo (ih: « i rey di Francia» p. 40.
Idoni, p. 5.
Imperiali, qualità di moneta, p. 44.
In: «infino in quindici torseli » p. 42.
Incuorata, p. 2,'.
* Indivinare, V. 12.
Ine, p. 6.
Inkra: «infra '1 tempo e dipo" 1 tempo» )). 63.
Ini, p. 13. Annot. 14.
Inperadero, p. 46.
Inprontare, p. 16.
Inproxto, p. 19.
Intèndare, in signif. di attendere, \>. 1^.
Intendimento :« dare intendimento» p. 39.
Interogitoro, p. 86.
Intesgimento, integimento, sequestro, p. 2.S.
Inteso :« istare inteso» p. 13.
Intra, p. 11.
Intrante, p. 21.
INVESTIRE ■' in draparia >■ p. 46.
165
Investita, p. 26.
ISCHIARAMENTO, p. 66.
• ISCIECLI.^RE, V. 73.
ISCIENTE, p. 49.
IsciTo: « questo è quelo que m' è iscito » p. 31.
ISC0MUNIC.\TI, p. 2S.
ISCONOSCIENTE, p. 46.
ISCOXTIATO, p. 30.
IscRiTA, sci'itta (sostant.), p. 13.
ISCRIVARE, p. 19.
IspAciARE, tor d' impaccio, p. 89.
IsPARMio, risparmio, p. 73.
' ISPERGIURARE, V. 43.
IstX, stato (sost.), p. 14: istato, p. 16.
ISTADICHI, p. 22.
IsTAiOLE, staia, p. 76.
IST.\RE. Forme notevoli: istiei , p. 13; i.stato ,
p. 17 ; ista', p. 17.
ISTERLINO , p. 16.
Là du', p. 44. — LA u', p. 60.
Lagiuso, p. 5.
Lasare, p. 72.
Launque, p. 63.
Lèctare, p. 85; lettara, p. 14.
Levare «un ceragrafio » p. HO.
Liei, lei, p. 41.
Li li, pergfjje lo: «niandalili» p.6: \>er glie la, [1.63.
LiSGiRE, p. 40. Annoi. S3.
Lo", per loro,]). 13; lo' lo, pev glie lo. ivi: per
glie le, p. 25.
Lullio, p. 24.
LuNiDi, p. 24.
MaF.-STRI DEL RE . p. 78.
166
MaIRSTRO. p. Il; MASTRO, 1'. 7S.
Mainikra, p. SS.
Male, asrirett. femui. invece di mala, \>. :?3;
a^sr. inasc, p. 91. Anuot. 30.
Mai-ota, malora, p. ?3.
Manbrvxito . p. 111. Annot. 93.
Mancare, in signif. «ìi venir meno, diminuire ,
p. 41.
Mandamk.nto, p. 50.
Maxpvrk: in signif. di mandare a dire, far
sapere, p. 45. — In siguif. di comandare, p. i~.
Mandato, comando, p. 47.
Maxsesi, p, 57. Annot. 67.
Masoiosk, p. 31.
Materia, p. 92.
Meflata (monetai, p. 57. .\nnot. tìS.
Mei, p. SS.
MeitX , p. S9.
* Melio, V. 46.
Mbna: cmena di concia • p.S3: «stare in mene >
p. 57: «sarebe una longa mena > p.91: «trop-
po dur.a questa mena» p. 93. .\nnot. S9.
Menare ed esser menato , p. 66 e 90.
Menpo, rifacimento di danni, p. lOS.
Men2b, mese, p". SO.
Mbschia, p. lOS,
Mbtere « in su i nostri fati > p. G6. mbtare ,
in signif. di montare, ammontare, p. (SS. ' Me-
terk bene: « No lo" melerà l>ene » v. 79.
Mezei^ima , p. S6.
Mbzo: < per meao » p. 42 ; « in quelo uiezo • p. 39.
MlLIORE . p. 25.
MlR.\RSI DIETRO, p. 21.
MlSTIERB, p. 14.
MiT\. p 7(ì.
167
Monte*: « Assetuu^i i i capitali > tatti insieme,
e fusse ano monte < p. 64.
MosA, (7 muovere t'sost.), p. 51.
MosTBAKSi: «male si mostra che» ec. p. S5.
MotTTA, p. *4. Anuof. 33.
Ne , a noi, p. 2?.
Xbexte, p. 17; Neiexte, p. 42.
Neuxo, p. 5.
No", per noi, p. 17.
XoMrxA. p. 11.
Obrigabe. obbligare, p. 113.
Odtre, p. ì?.
Ogi, p. 16.
OxiB. p. 63; oxxiB, p. *»: ogxie, p. 39.
OXIECSO, p. 61.
Oxo, uno, p. SO.
Opexiom. p. 7?.
* Obalb, velo, V. 20.
Ordexabb, p. 113.
Otovsb, p. 32.
Paga, in signif. di rata di pagametUo, p. 30.
Paiesb, p. 47.
Paltcola, p. 57. .Aanot. 65.
Parse, parve , p. S5.
Partigiose, p. 91.
Pabtita, p. 29.
P\RnTAME>TE. p. 63.
Pendaks, appendere, p. 61.
Per bocca, a voce, p. 21.
Pebcbè. invece del semplice che: < non ti spiac-
cia perchè noi vendiamo provesini * p. 16.
Perdare , p. 27.
168
Per mkzo , p. i2.
Perqui5 , p. 25.
l'ERòE, invece di perocché , p. ~\-
Perrò, i>. 4.
Persevarare (attivo) : « Idio ve lo persevari »
p. 96.
Pesatura, p. 31. Annot. 45.
Peso, luogo dove si pesa, p. 31.
Per tucto, p. 96. i*er tuto, p. 60.
Petizare, p. 90. Annot. 83 e 90.
Pezo fae , p. 72.
Piato, p. 86.
PlCIOGLI , p. 111.
Pie: « in pie « |). 01. i'IEI'. « a piei » p. 01: da
pici » p. 62.
Pietra, p. 52. Annot. 58.
PlLICIAlO , p. 76.
PlSGlONE, p. 30.
PlTIZIONE, p. 41.
Ponto, punto-, p. 44.
Portante: «uno Ijuono ohavalotto bene por-
tante » ec. p. 80.
Porre: «Sono posti (cioè levati, richiesti per
pubblica difesa) ottocento cavali» p. 23.
Posta , p. 01.
POTEMO , p. 10.
PouTO, p. 18.
POVARO , p. 90.
Pregione, carcere, p. 85; prigionia, p. 114.
Prendere «uno statuto», cioè approvarlo, p.Sl.
Presa, p. 83.
Presgio, p. 30.
Presente, prossimo, p. 34; •< que viene pre-
sente i> p. 2n. Annot. 41.
169
Prf.sta : «ricevere in presta ■> p. 31; «togliere
in presta» p. 16.
Prestanze , p. l-l.
Primaie , p. 48.
Procaciarsi, in signif. di procacciare, dare o-
pera, p. ~3.
Profaro, proferisco, p. 89.
Promesione, p. 47.
Pronvenda, p. SO.
Propia , p. 93.
Provarsi: «s'è provato bene «.cioè ha fatto
buona prova, p. 66.
Provesim, p. 15. Annot. 20.
Punto, p. 109.
Puoi, poi, p. 52.
Pur'.-vsai, p. 34.
Quagli, p. 30; qiai , ivi.
Qualota , p. 27.
Quantitae , p. 5.
Quanto, quando, p. 66; quanto che, quando
che, p. 90.
Qued, p. 25.
QUELINO, p. 12; QUELLINO, p. 77.
Quinzanza, quietanza, p. 80.
Quitto (partic. di quittare), p. 82.
* QuoNQUE : « quonque manda roba in Toscana »
v. 30.
Quontianti , p. 62.
Rabatere , p. 52.
Raconciare, p. 71.
Raconcio (sost.), p. 73.
Racordati, p. 15.
Ragionato , p. Ili .
170
Rameteri;, p. 05.
Rascione, p. 04.
Rasi;niare , p. 63.
Rasionato, p. 50.
Rasgionare, p. 29.
Ravilare , p. .56.
Razone , p. 20.
Rede, p. 39.
Renduti, p. 14.
Responsione, p. 13.
Retenere, p. 49.
Rey, p. 39. Annot. 50.
RiiìEEANARE, p. 91. Aiinot. 91.
RlCHIERERE, p. 63.
Ricor.LiARE, p. 74; Ricoltari: . p. 03.
Ricolta, p. 5. Annot. 9.
RicoNosciENZA (carta di), ]i. 02.
RiMASo, p. 46.
Rimesa, p. 60. Annot. 72.
Ristituire, p. 113.
Ristrengniare, p. 73.
Ritti: «si andranno più ritti i fati • p. 65.
Sai.4, p. 3S.
Sanza, p. 67.
Sapo, p. 40.
Sarame.nta , p. 22.
Sargia, p. 109.
Satisfare, p. 5.
Savi di ragione, p. 89.
Scarsella , p. 92.
Scomunicamento, Scumunicamento , p. 45.
SCONPISCIARSI , p. 23.
ScRiTA, p. 26; SCRITTA, p. 92: scripta, p. 19.
SCRIVARE, p. 14.
171
Se, per ce; «se no se ne t'usiino rachordati» p. 15.
Sed, p. 25.
Semane, p. 85.
Senesi min'uti, moneta spicciola senese, p, 57.
Senpbo, esemplare, p. 36.
Sercuire, p, 85. Annot. 89.
Servisgi, p. 3S.
* Set.\ gel.\ : «sei fardelli di seta gela » v. 55.
■ SicHONDo: « sichondo mio parere» v.9.
Sicurtà: cauzione, p. 6; cosa sicura, p. 29.
SlND.\CO, p. 12; SINDACHI, p. 11.
So, per SOR, sopra, p. 17.
SOFERIRE, p. 92; SOFBRIRSI , p. 84.
Sci, suoi, p. 19; scio, suo, p. 4.
SOLECIDO , p. 13.
SoMO, p. 30, 62. Annot. 42.
SOPRAI'IÙ (il), p. 34.
SOPRASBERGHE , p. 109.
Sostenere, p. 15.
SOTTIGLI, p. 109.
SnCIALEMENTE, p. 13.
Spicificare , p. 108. Annot, 40.
Stagioni: « a tutte le stagioni», i)t ogni tempo,
p. 14.
Stasione, p. 59.
Stalo, p. 42. Annot. 53.
Sterlino, p. 16.
Stollare , p. 94.
• Suo', suoi: « a suo' compagni » v. 53.
Ta : « fratelta » p. 79.
Taglia, p. 27.
Tagliati: « lo stato dei nostri fati , se sonno ta-
gliati da menarli ec. » p. 66.
Tavola, p. 34.
172
Tkmorosi, !>. L's.
Tempo : al tuni'o d' ora, J). 27 ; Turo ticni'o, \i. 27;
TUTTO A TKMPo,p.73; PER TENPo, p.5S. Annot.37.
TuRMiNARB « una deta » , por termine al paga-
mento di un debito, p. 44.
Tkrmine " a) pai^ainento » ]>. X").
Terzikro, p. 23.
Tesoro, banco di deposito, \>. 28.
Te-stimonanza, p. CI.
TÒLARE, p. 16.
TORZEGLI, p. 3S.
Tostamente , p. 89.
TuTESORA , p. SI. Annot. 83.
Tuttasesa , p. 91. Annot. 91.
Ubriare, obliare, p. 49, 58.
Ubrictagione , obbligazione, Y>. 113, 114.
Ubrigare , obbligare, p. 113.
Uomo: «concortiauti a quele que l'uomo lo'lasa»,
cioè che si lasciano loro. « Crede Tuomo»,
si crede, p. 2S, 71. Annot. 39.
Uon: 0 qualota l'uon avesse mistiere », cioè
ogni volta che se ne avesse bisogno, p. 27.
Annot. 39.
Uopare , p. 79.
Unde, p. 5; UNDE cuE, p. 73.
Undicie, p. 35.
Ungia, unghie, p. 52. Annot. 59.
Unguanno, p. 24. Annot. 32.
Uprire , p. 86.
Utulita , p. 16.
Vaio, baio, p. 108.
Veco , ecco, p. 12. .Annot. 13.
Veohio: • esser vecchio di una cosa », in si^nif.
(li saperla da lungo tempo, p. 88.
173
Vèndark , \>. \G.
Vinti, p. 30; vintenuovesma , p. 30.
Vo', voi, p. 3.
Voglio (sost.), voglia, volontà, p. yo.
VoLERR. Forme notevoli: vollio , p. 86; voli,
p. 16; voLEMO, p. 21; volavate, p. IS.
VoLUNTIERI , p. 55.
Zendado, p. 109.
INDICE DEL VOLUME.
Avvertimento Pair. v
Notizia illustrativa delle lettere e dei do-
cumenti che si pubblicano in questo vo-
lume » XI
Lettere volgari del secolo xiii .... » 3
Appendice » 71
Documenti » 99
Annotazioni » 119
Indice delle parole e dei modi più note-
voli » 155
CoR»rzin>-i FU Ackiiuktf.
Pag. 11 V. 25 die'
1 eh' è venuta
IT quatro. d.
2 averla
10 avatali
2 sì diciarenio
18 si darò sesanl
eh' eli avevano
si a verno
Santaìuolo
i Lombardia
lu schumunica-
mento
messo al dietro
de la fiera
starovì
ano paghati
que tropo
Andrea salute
i Lombardia
Prefazione
ci abo iscrito
avesse non vel
potrei
sì gli comprate
a la
die
veco
avemli, avemveli {Aggiungi
in postilia aveli , aveve-
veli , eh' è la vera lezio'
ne dell' originale.)
che venuta v'è
avem {Aggiungi in postilla
ave.)
quatro d.
avella
avatcli (Aggiungi in po-
stilla avatali.)
s'i diciaremo
sì darò sesanta (Aggiungi
in postilla: È forse su-
perfluo notare che qui è
sottinteso lire o gualche
altra specie di montta
allora in corso.)
eh' elino avevano
■jì a VP ni 0
Sant'Aiuolo (Questa stessa
orrecione si faccia n*i-
gli altri luoghi dove ri-
corre la medesima pU'
vola.)
some {Tolgasi la postilla.)
in Lombardia (Aggiungi in
postilla i.)
lo schnmunicamento ( Ag-
giungi in postilla lu.j
messo al dietro, de la fiera
staròvi
ano paghati
què tropo
Andrea, salute
in Lombardia (Aggiungi in
postilla i.)
Notizia illustrativa
v'abo iscrito
avesse, non vel potrei
sì gì' i comprate
ci è dano, a la nostra
nostrj
( È forse da leggersi Edio
[IddioJ, della quale /or*
ma abbiamo un esempio
cerio a ^ag. 111. Valga
questa oss
che per pag, 82
pag. 83 r. 7.)
munetc defen-
munete defendute, da loro
dute da loro
dine
dine
avere 3
avere
a l'Aia
a Laia
dice II.
diece li, (Aggiungi in po-
stilla dice.)
d' ecco
(lecco
Rietìze
Rienzo
Biffa
{AlV esemjyio addotto del
Fan/ani, aggiungasi Val-
tro esempio di Biffo, ag-
gettiro, in significato di
colore rioletto, che si legge
nel Libro dell' Arte del
Cennint , capitoli Lxxiii ,
LXXIV, CXLV.J
Pag. 27 , V,
. 20.
Pag. 27--29.
Altra cosa ]
par
Né altra cosa par che sia
che sia
7(1 (Ih
là du'
Teorica dei
1 uomi
■ Teorica dei nomi
Apropriakb
Apkopeiato
Chi , A CUI
Chi : - a chi .,
38. Rime di Stefano Vai rimatore pratese L. 2. —
39. Capitoli delle monache di Pontetetto presso Lucca . »
40. Il libro della Cucina del sec XIV »
41. Historia della Reina D' Oriente »
42- La Fisiognomia trattatello »
43- Storia della Reina Ester • • .- • • *
44. Sei Odi inedite di Francesco Redi . »
45. La Istoria di Maria per Ravenna »
46. Trattatello della verginità »
47- Lamento di Fiorenza »
48. Un viaggio a Perugia »
49. Il Tesoro canto carnascialesco »
50. Storia di Fra Michele Minorità »
51. Dell' Arte del vetro per musaico »
52-53. Leggende di alcuni Santi e Beati »
54. Regola dei Frati di S. Iacopo »
55. Lettera de' Fraticelli a tutti i cristiani »
56. Giacoppo novella e la Ginevra novella incominciata . »
57. La leggenda di Sant'Albano »
58. Sonetti giocosi . »
59. Fiori di Medicina »
60. Cronachetta di S. Gemignano »
61. Trattato di Virtù morali »
62. Proverbii di messer Antonio Cornazano »
63. Fiore di Filosofi e di molti savi »
64. Il libro dei Sette Savi di Roma »
65. Del libero arbitrio trattato di S. Bernardo . . . . v
66. Delle Azioni e sentenze di Alessandro De" Medici . . >^
67. Prono.stichi d' Ippocrate. Vi è loitto:
Della scelta di curiosità letterarie » 3. .50
68. Lo stimolo d' Amore attribuito a S. Bernardo. Vi è unito :
La Epistola di S. Bernardo e Raimondo >^ 3. —
09. Ricordi sulla vita di messer Francesco Petrarca e di
Madonna Laura »
70. Tractato del Diavolo co' Monaci »
71. Due Novelle »
72. Vbbie Ciancioni e Ciarpe »
73. Specchio dei peccatori attribuito a S. Agostino ...»
74. Consiglio contro a pistolenza »
75-76. Il volgarizzamento delle favole di Galfredo ...»
77. Poesie minori del sec. XIV »
78. Due Sermoni di Santo Efrem e la Laudazione di losef. »
79. Cantare del bel Gherardino »
80. Fioretti del -'una e dell'altra fortuna di Messer Fran-
cesco Petrarca »
81. Cecchi Gio. Maria. Compendio di più ritratti ...»
82. Rime di Bindo Bonichi da Siena edite ed inedite . . » 7. .50
2.
50
3.
2.
50
1.
50
2.
—
2.
—
2.
—
2
—
2.
50
1.
50
6.
—
6
—
10.
50
5.
—
1.
50
3.
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4.
—
o
50
3.
2.
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6.
50
8.
—
3.
—
O.
60
4.
—
6.
—
1.
50
2.
50
3.
50
3.
—
2.
50
o
14.
50
4.
—
o
50
2
—
8.
_
3.
—
83. La Istoria di Ottinollo o Giulia L. 2. 50
84. Pistola di S. Bernardo a' Frati del monto di Dio . . » 1. —
85. Tre Novelle Rarissime del Secolo XIV » 5. —
861 862 87-88. Il Paradiso degli Alberti, ritrovi e ragiona-
menti del 1389 » 40. —
89. Madonna Lionessa, cantare inedito del secolo XIV ag-
giuntovi una Novella del Pecorone. Vi è unito:
Libro degli ordinamenti de la compagnia di S. Maria
del Carmino scritto nel 12-50 » 4. —
90. Alcune lettere famigliari del Sec. XIV » 2. 50
91. Profezia della Guerra di Siena. Vi è unito:
Delle Favole di Galfredo pubblicate da Gaetano Glii-
vizzani. Vi è ^nire unito:
Due Opuscoli Rarissimi del Secolo XVI . ...» 5. 50
92. Lettere di Diomede Borghesi. T7 è unito:
Quattro lettere inedite di Daniello Bartoli . ...» 3. .50
93. Libro di Novelle Antiche » 7. 50
94. Poesie Musicali dei secoli XIV, XV, XVI » 3. —
95. L' Orlandino. Canti due » 1. 50
9t<c). La Contenzione di Mona Costanza e Biagio ...» 1. .50
97. Novellette ed esempi morali Apologhi di S. Bernardino. » 3. .50
98. Un Viaggio di Clarice Orsini ......... 1. —
99. La Leggenda di Vergogna » 7. 50
100. Femia (II) Sentenziato » 7. —
101. Lettere inedite di B. Cavalcanti » 8. 50
102. Libro Segreto di G. Dati » 3. SO
103. Lettere di Bernardo Tasso ' » 7. —
104. Del Tesoro volgarizzato di B. Latini Libro I. ...» 7. —
105. Gidino Trattato dei Ritmi Volgari » 10. 50
li»i). Leggenda di Adamo ed Eva » 1. .50
107. Novellino Provenzale ossia Volgarizzamento delle an-
tiche Vitarelle dei Trovatori » 8. —
108. Lettere di Bernardo Cappello » 4. —
109. Petrarca. Parma liberata. Canzone » 6. 50
110. Epistola di S. Girolamo ad Eustochio » 7. —
IH. Novellette di Curzio Marignolli . .* » 3. 50
112. Il libro di Theodolo o vero la Visione di Tantolo . . » 4. —
113e 114. MandavillaGio. Viaggi, Voi. le II » 14. —
DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE.
Rime di Leonardo Salviati.
Vita di Cosimo de' Medici scritta da G. B. Adriani non mai fin
qui stampata.
La Seconda Spagna e l'acquisto di Ponente.
Scrcambi Giov. Novelle.
O tn
SCELTA
DI
CURIOSITÀ LETTERARIE
INEDITE 0 RARE
DAL SECOLO XIIl AL XVII
in Appeiidicc alla Collezione di Opere inedite o rare
DISPENSA CLXVI
Prezzo L. 2. 50
Di questa SCELTA usciranno otto o dieci volumetti
-all' anno; la tiratura di essi verrà eseguita in numero
non maggiore di esemplari 202 : il prezzo sarà uniformato
al numero dei fogli di ciascheduna dispensa, e alla
quantità degli esemplari tirati : sesto , carta e caratteri,
uguali al presente fascicolo.
Gaetano Romagnoli
LETTERE
ilUllll Ui
lì Al
re.
BENEDETTO VARCHI
P
J
BOLOGNA
■PRESSO GAETANO ROMAGNOLI
1879
Edizione di soli 202 esemplari
per ordine numerati
N. 39
BOLOGNA. TIPI FAVA E CARAGNAM
ALLA. CONTESSA
ANNA STAGGOLl GASTRACANE
DI URBINO
CHE VIRTUOSA COLTA BENEFICA
ONORA LA PATRI. V
ANTICA SEDE DI OGNI ARTE GENTILE
QUESTI RICORDI
DI UNA ILLUSTRE URBINATE
OFFRE
CABLO GARGIOLLI
Un libro curioso e importante
resta ancora da scrivere in Italia:
la storia della nostra letteratura
femminile. E potrebbe riuscir libro
stupendo, a chi sapesse ben farlo,
perchè oltre darci una bella pagi-
na di storia letteraria, né la meno
utile né la meno istruttiva, da
Nina Siciliana a Giannina Milli,
da Caterina da Siena a Caterina
Ferrucci, gioverebbe a colorire un
quadro efficace e gradevole della
nostra civiltà, tanta in ogni tem-
po é stata r azione della donna
6
ne' costumi , negli usi . nelle vi-
cissitudini, nelle credenze, tanti
sono i punti di contatto e di raf-
fronto tra le lettere femminili e la
vita civile e religiosa del popolo,
tra la famiglia, dov' ella è regina
ed educatrice , e gli avvenimenti
più gloriosi e più nefasti della so-
cietà umana. Ma ad un cosi fatto
lavoro ci vuol ingegno e dottrina,
che mancano a me: e se più di
una volta (vedete presunzione!) mi
è venuto il pensiero d' imprendere
un' opera simile , e ho cominciato
pure a raccoglier qualche mate-
riale al bisogno, mi sono guardato
però sempre fin qui dal lasciarmi
vincere da una tentazione, cui for-
se non saprò resistere un giorno,
quando abbia maggior quiete e co-
modo agli studi, non perch' io senta
in me le forze rispondenti all' ar-
gomento, ma perchè un libro fatto
male da me muova altri a far me-
glio. Per oggi non voglio neanche
7
tentarlo: se ne consolino i pochi
e dottissimi lettori di questa Scel-
ta. Mi basta offrir loro un maz-
zetto di lettere inedite, che trovo
tra le mie vecchie ricerche, e che
può giovare a far meglio cono-
scere una poetessa di quel secolo
XVI, che fu sì fertile di rimatrici
lodate.
La mia poetessa è Laura Batti-
ferri: una donna, che ebbe da na-
tura nobile ingegno ed anima de-
licata, e che con lo studio della
filosofia innalzò il culto delle let-
tere , e nel sentimento della re-
ligione purificò la poesia dell' a-
more; sicché fu ammirata da illu-
stri contemporanei , come Bernardo
Tasso, il Varchi, il Domenichi, il
Baldi, l'Allori, il Grazzini, il Bar-
gagli, il Razzi, e specialmente da
quello squisito ingegno di Annibal
Caro, che non solo ebbe per lei
lodi e versi, ma che lei pur pro-
pose a Pietro Bonaventura come
maestra al poetare (1). E di fatti,
se la Battiferra, vissuta in quei
tempi in che la lirica si perdeva
quasi comunemente nella imitazio-
ne petrarchesca, e troppo si com-
piaceva delle eleganze artificiosa-
mente studiate sulle orme di lui
Che Amore, nudo in Grecia e nudo in Roma,
D'un velo candidissimo coperse,
non potè raggiungere tra gli ero-
tici del cinquecento uno de' primi
seggi per quelle qualità, eh' erano
tenute allora, e anche poi, come
principali doti dell'ottimo poeta;
e se anzi in lei pure, come nella
Vittoria Colonna e nella Gaspara
Stampa, e forse più che in loro,
ti si fanno sentire i difetti dell'età
e della scuola; ciò nullameno mi
sembra che, leggendo le rime di
Laura, si incontri di quando in
(1) Lettere di Annibal Caro, voi. II,
p. 193.
quando un qualche tratto di poe-
sia vera per ispontaneità d' affetto
e ingenuità di sentimento, anche
dove la forma non risponda sem-
pre all' intenzione dell' arte. Né vi
può essere poesia vera (predichi
a sua voglia chi vuole) senza un
gran sentimento o un gran pen-
siero, senza che la parola sia fatta
anima nel cuor del poeta, il quale
quando amore sinra, nota, e a quel
modo che detta dentro va signifi-
cando; e quindi era ben difficile
che potesse fiorire questa poesia
tra' petrarchisti del secolo XVI, al-
lora che la imitazione era loro fine
e norma, e teneva luogo della i-
spirazione, dell' affetto, del pen-
siero. Ma Laura aveva in cuor suo
un sentimento profondo di religio-
ne. S' ella fosse nata due secoli
prima, in tempi di fede più viva e
più potente, sarebbe riuscita forse
una delle nostre migliori poetesse;
ma cresciuta ed educata tra le ten-
10
clenze pagane dall'una parte, e gli
ascetismi di riflessione dall' altra,
non ebbe virtù d' elevarsi al diso-
pra de' contemporanei, e mentre ci
duole doverla solo noverare tra le
molte rimatrici del secolo, pure ci
è grato vederla talvolta, special-
mente nella poesia religiosa, stac-
carsi dalle pastoie della imitazio-
ne petrarchesca, sebbene purtroppo
ricada di leggieri in altre pastoie
non meno difettose di quelle.
Laura fu figlia naturale di Gio-
vanni Antonio Battiferri d' Urbi-
no; e nata nel 1523, morì nel no-
vembre del 1589 a Firenze, do-
v' era andata fin dal 17 aprile 1550
moglie a Bartolommeo Ammanati,
scultore e architetto di bella fama
in que' tempi (1). La squisita edu-
cazione ricevuta nella casa pater-
na si andò sempre accrescendo e
perfezionando in lei con lo studio
(1) Cfr. Baldiuucci, Sec. IV, part. II.
11
indefesso , con la compagnia di
quanti erano nomini cólti in Italia,
e particolarmente con la severità
della meditazione, che è principio
di sapienza nelle anime gentili agli
affetti della famiglia, della patria e
della religione. Fra gli amici più
cari e più fedeli di lei e del ma-
rito fu Benedetto Varchi , a cui
ella ricorreva per consigli e per
ammaestramenti , quasi le fosse
maestro ed autore, e che sempre
benevolo a tutti, con lei largheg-
giava di consigli e di ammaestra-
menti. E appunto dal carteggio del
Varchi, che è raccolto manoscritto
nella Biblioteca Palatina di Firen-
ze, ho copiate le sedici lettere ine-
dite della poetessa d' Urbino, delle
quali faccio dono a questa colle-
zione di Curiosità letterarie.
Ancona, 25 marzo 1879.
Carlo Gargiolli.
Sig.or mio osser.mo
Per la vostra, avuta or ora, intendo
che la mia fastidiosa, che sabato passato
vi scrissi, non vi è accapitata nelle mani;
ma forse avrà fatto per espettar quest' al-
tra , che sarà un poco meno dispiacevole,
intendendo per lei il miglioramento del
mio consorte (1), quale con l'aiuto d'Id-
dio sta assai meglio eh' io non mi cre-
devo che dovesse stare, e massime sì pre-
sto. Dio ne dia grazia, che vadi aumen-
tando, secondo il nostro bisogno.
Ho preso infinito contento della vostra
dolce, et al solito cara lettera; e tanto
pili ne prendo, sentendo il vostro ben
essere. Così piaccia alla maestà d' Iddid
di conservarglilo , come io del continuo
di ciò la priego, che poi eh' io ho spesse
14
lettere da voi, cosa certamente a me cara
molto , sappia ancora che stiate sano e
di buona voglia ; il che nei miei strani
accidenti sarà di non picciolo conforto e
piacere.
Il sonetto bellissimo è veramente de' vo-
stri componimenti. L' ho io ricevuto con
quella allegrezza e contento eh' io ho ri-
ceuti tutti gli altri, e terroUo con la me-
desima riverenza eh' eglino son tenuti ;
e quel poco di tempo che potrò rubare
a' miei affanni, lo spenderò tutto intorno
a contemplargli, servendomene per i miei
libri.
E perchè non ho tempo per ora ad
esservi più longa, farò fine, et insieme
col mio consorte, qual vi è svisceratissi-
mo , vi basciarò le mani e di cuore mi
vi raccomandarò
Da Fiorenza, alll 27 di gennaro del 56.
Vostra airezional.ma
Laura B.vttu'Erra degli Am.vnx.vti
(Di fuori). Al Mollo Mag.co S.or mio osser.mo
M. Benedetto Varchi
15
S.or mio osserv.mo
L' altro giorno scrissi a V. S. quanto
mi occorreva , et ora , perch' ella sappia
de r esser mio, le scrivo questi pochi
versi, e desidero grandemente sapere del
suo, e anche se la mia eh' io ho scritto,
e mandata al Crocino (2), le accapitò
alle mani: nella quale ella avrà visto il
raiglioi'amento di mio marito; ancora che
la notte seguente eh' io avevo scritto, e-
gli stesse molto male di Cjuel suo acci-
dente, e tutta questa settimana gli ab-
bia dato un piccolo travaglio. Nondimeno
ieri notte e oggi sta molto meglio ; e, se
Dio vorrà , pensarò pur eh' egli abbia a
guarire del tutto , e tanto piìi che pur
pare che quelli umori siano molto man-
cati. Egli bascia le mani di V. S., e se
gli raccomanda senza fine.
La S.ora Duchissa di Camei'ino (3) è
ancora viva, cosa pili miracolosa e di-
vina che umana: e Dio sa quanto la vi
16
durarà. Vi è del continuo il nostro M,
Francesco Monte Varchi (4); e Dio avesse
voluto eh' egli vi fosse stato chiamato
nel. principio, che forse sarebbe stato si
bene intesa la sua infimi ita, ch'ella non
sarebbe a questo termine tanto perico-
loso come è. Dio faccia quello eh' è più
per lo meglio dell' anima sua, che di tanto
ci abbiamo da contentare.
Mando a V. S. un sonétto eh' io ho
fatto alla Soderina, a ciò la lo veda, e
poi me lo rimandi indietro, per ch'io
conosco eh' egli ha bisogno del suo aiuto,
tanto più eh' egli è stato pai-torito fra
tanti travagli di mente e di corpo, che
ben se gli può dire più tosto sconciatura
che parto, come V. S. dice dei suoi; quali
non meritano che se gli dica se non fi-
gliuoli più presto de' dodici mesi che di
nove, e dalla natura e dall' arte bea fatti
e meglio condizionati , a tale che si ve-
dranno vivere e più chiari e più felice-
mente di quanti oggi ne nascano e siano
per nascere; anzi e '1 suo padre e loro
saranno immortali et eterni (5). Ma ben
mi aveggio che, intrando d'una parola
in un' altra, sono intrata in ragionar di
loro e di V. S. con pericolo più. di sce-
17
marli che di accrescerli nome; e però,
facendo fine e di cuore raccomandando-
mele, pregarò Dio che felice e sana la
conservi.
Da Fiorenza alli X di febraro del LV.
Di V. S.
Affezionatiss.ma
Laura Battiferra degli Amannati
(Di fuori). Al molto Mag.co et Dottiss.o M. Benedetto
Varchio mio S.re esser. mo
HI.
S.or mio osser.mo
Di poi eh' io ebbi scritto a V. S. V al-
tra ch'io le mandai, lessi e rilessi la
sua molte volte, come soglio far sempre,
e ben intesi quanto la mi chiedeva sopra
i sonetti ; ma perch' io ero molto trava-
gliata questa sera , e perchè anco avevo
fretta di scrivere, non considerai se non
18
quel dire di mandare quanti versi V. S.
mi aveva mandati, e n' eljbi invero fa-
stidio. Di poi intesi tutto quello, che
prima non avevo, e copiai su questa carta
ohe or vi mando, non solo quelli che la
bontà et umanità vostra à fatti a me e
in Fiorenza e fuori , ma ancora i primi
versi di quanti me ne truovo in mano
de' vostri , che qui mi deste e dipoi m'a-
vete mandato in molte volte. V. S. mi
perdoni s'io gli ho, non pensando, da-
togli causa di travaglio e fastidio, che
Dio sa quanto me n' è doluto ; e sopra-
modo duolmi , sentendo che vi date af-
fanno che le lettere da Bologna tardano
tanto a venire ( >). Di grazia , non ci pen-
sate, e quando le verranno, saranno le
ben venute, e sempre le giugneranno a
ora. Siamo stati tant'anni su questa pra-
tica di questa lite, che non ne darà noia
starvi ancora un altro poco, tanto pivi ve-
dendo il mondo sì travagliato come ò , e
che v' è da fare per ogni uno nelle cose
di maggior importanza, piii che non si
vorebbe. V. S. può ben aver visto eh' io
da molti dì in qua non gii ho voluto
scriver nulla di ciò: tutto perdi' ella non
si dessi fastidio, sapendo che scriveste
19
al Vice Legato, e che quando Sua Sig.ria
potrà vi maiidarà la risposta.
Quando V. S. scriverà al virtuosissimo
INI. Lelio Bonsi (7), si degnarà raccoman-
darniegli infinitamente, dicendogli che
sino al cuore mi penetrano i suoi dispia-
ceri, e ch'io mi dolgo dei suoi fastidii,
sì per conto suo particolare, come ancora
per V. S., sapendo quanto i suoi aflfimni
gli sono comuni. Ringraziamo Dio, M.
Benedetto mio caro, poi che così siamo
trattati dal mondo, perchè saremo pur
certi d' essere tanto maggiormente amati
da lui. Mi dispiace bene che V. S. dica
che aveva fatto pensiero di non comporre
più verso alcuno, e che la malignità de-
gli uomini e la indegnità mia, eh' a que-
sta do maggior colpa eh' a quelli, ne fos-
.sero cagione che V. S. tema non le Muse
siano in colora e scorrucciate seco. Que-
sto gli assecuro io che non può essere,
ne mai potrebbe, perchè non minor per-
dita farebbeno loro in perder voi , che
voi in perder loro, non avendo chi piìx
oggidì con onorato nome le faccia riso-
nar per tutto: e se non fosse ch'io temo
non entrare a dir di cosa r-he di poi non
sappia trovare via d'uscire, mi estende-
20
rei a dir più oltra. E facendo fine, per-
chè ormai vi avrei da parlare, e non da
scrivere, insieme col mio consorte, qual
si raccomanda et offera, a V. S. basciamo
ambe le mani.
Da Fiorenza , alli 23 di fobraro del 56.
Di V. S.
amor. ma semp.
Laura Battiferra degli Amannati
(lìi fuori). Al mollo Mag.co e Dollissirao
M. Benedetto Varchi mio scmp. Honor.mo
IV.
3folio Mag.co S.or mio osser.mo
Non so da qual banda mi cominciare a
rispondere alle due dolcissime e dottissime
lettere di V. S., né meno con che pa-
role ringraziarla del favore, che per sua
21
sola bontà s'è degnata farmi, dando spi-
rito e vita ai miei versi. Del bello e leg-
giadro sonetto, in risposta del mio, rendo
io a V. S. infinite grazie (8), e degli al-
tri ancora eh' ella mi ha mandato, quali
tengo continuamente avanti agli occhi e
della mente e del corpo, più per spec-
chiarmi nella virtù del suo raro intelletto,
che per leggere le mie lode , che ben
veggio avvanzar di gran lunga ogni mio
merito.
Della indisposizion di V. S. mi dolgo
grandemente , perchè vorrei eh' ella si
preservasse sana, et anco, se si potesse,
immortale , come son certa che sarà la
fama della virtù e del nome vostro.
Pi'ego ancora V. S. che mi eseusi e
perdoni di quel sonetto eh' io le mandai,
che non lo feci né per curiosità, né per
mostrarmi troppo ardita, né anco perchè
non mi fosse noto il belli' animo suo e la
bontà della sua mente; ma, come ben mi
venne fatto, per imparare da lei, e per
esserci tarmi in ciò. La sua degna e di-
vina risposta avevo ben io discorso nella
mia mente, ma ora con mio maggior con-
tento la veggo distesa con belle et ac-
comraodate parole in carta; laonde la mia
22
dimanda più tosto degna di riprension
che di loda, vien escusata in parte. Del
vesto torno di nuovo a pregai-la che mi
perdoni con quella sua naturale bontà,
con la quale mi dà animo ch'io facci, e
securamente mandi ogni mio verso, per
brutto e basso eh' ei sia, al vostro per-
fetto giudizio. Se la malatia del mio con-
sorte, e vostro afFezionatissimo, mi darà
comodità, come ora me la toglie, a hr
qualch' altra cosetta, non restarò inviarla
a V. S., poi eh' io son secura, sua mercè,
non l'infastidire; e non mancarò visi-
tarla con le mie lettere, dandole nuova
di noi, desiderando intenderne delle sue
da lei, però senza incomodarla, che per
care che mi siano le sue lettere, m' è
pei'ò più caro il non le dar fastidio. Dal
virtuosissimo M. Lelio Bonsi ebb' io il
sonetto che S. S. mi scrive, e mi duol
assai non gli potere dar risposta, se non
come ei merita, almeno come io avessi
saputo; ma i respetti che mi bisognano
avere in questo paese, fanno eh' io taccio,
e forse appresso di lui mi acquistarò
nome d' ingrata, che in vero non sono (9).
Se V. S. gli scriverà mi facci grazia
di ringraziarlo e far mia scusa .seco, e
23
pregando Dio che tanto vi dia contento
quanto v' ha dato virtù, faccio fine, e in-
sieme col mio consorte vi bascio le mani.
Da Fiorenza, alli XIIII di novembre dol LVI.
Di V. S.
AlTezionat.ma
Laura. Battiferra degli Ammanati
(Di fuori). AI mollo Mag.co e Dottiss.o
M. Benedetto Varchi mio semp. osscr.mo
V.
Mag.co S.or mio osser.mo
lersera di notte mi fumo appresentate
le lettere dolcissime di V. S., et ora il
contadino è venuto per la risposta. E per
non perdere questa occasione son uscita
del letto, che per far compagnia al mal
degli occhi di mio marito, ne ho uno
molto rosso; ben che non me do molto
24
fastidio, sapendo per altre prove che '1
mio male, sì come in un momento mi
viene, così anche presto si parte.
M. Bartolommeo si raccomanda infini-
tamente a V. S , e sta assai bene, tanto
che da questa settimana in là egli potrà
uscir di casa ; e ringrazia assai la vostra
cortesia, che sì dolcemente et amore-
volmente parla di lui. Io non so come
ormai mi possa rendervi grazia de' favori
che mi fate, poi ch'ogni giorno piìi mi
aggravate di maggior obligo, e non vo-
lete eh' io ne favelli. Non posso enti'ar
per ora a dir quel ch'io vorrei, ma lo
dirò pure un'altra volta, se non per al-
tro per sodisfar me medesima.
Mando a V. S. non so che poche cose,
a ciò la le veda, e poi me le rimandi
indietro; perchè, così come lei ha caro
eh' io tenga le sue cose appresso di me,
che mi ha mandato, così ho caro io che
le mie mi ritornino in mano, facendo
più conto di loro poi, che non facevo
prima. Il sonetto alla Soderina (10), la
quale io amo come voi Dafni e Tirinto,
vi degnarete rivedere: e così l'altro che
pur icrsera feci a un gentiluomo de' no-
stri del paese, che ora si truova con la
25
S.ra Duchessa di Camerino. 11 madriale
lo feci la notte di Natale al presepio.
Non dirò altro per ora per non far
danno al mio occhio, e tardar più que-
sto messo. Bascio le mani di V. S., e di
cuore me le raccomando.
Da Fiorenza, alli 30 di dicembre del 56.
Di V. S.
Affezionai. ma
Laura. Battiferra degli Ammannati
(Di fuori). Al molto Mag.co e Dolt.nio
M. Bcnedello Varchi mio sempre esser. mo
VI.
Mag.co M. Benedetto mio onorat.mo
Vi scrissi a questi giorni una mia, nella
quale vi avisavo del mio ben essere. Di
poi io ebbi una vostra, che mi fu caris-
26
sima , come tutte V altre mi son sempre
state; e tanto più, quanto da molti giorni
in qua me 1' avete fatte desiderare; né
mi posso immaginar la cagione, né credo
già che sia quella che voi nella vostra
ultima m' allegate, cioè che lo facciate
per non mi dar fastidio nel leggerle , e
che '1 carattere sia noioso, soggiugnendo
che a chi è stato ammalato ogni cosa dà
noia; perchè io so che voi questo non
lo credete, se ben lo dite, sapendo che
le mie non vi potrebbono, per brutte e
mal dettate che mai fossero, arrecar noia
e darvi fastidio ; come dunque volete voi
eh' io creda die voi crediate che le vo-
stre, belle e ben composte, lettere mi
possano noiare, né fastidire? Non sapete
voi per voi stesso, e M. Lelio non ni' ha
sentito più volte dire, che io non avevo
altro piacere, né possevo udir cosa che
più mi dilettasse, che o leggere 0 sentire
delle vostre lettere e dei vostri versi, in
quella non bizzarra infìrmità? E ora che
credete voi eh' io faccia, se non leggere,
quel poco eh' io leggo, dei vostri versi
e delle vostre prose ? Che delle vostre
lettere basta eh' io ne legga ogni mese
27
una. Io poco scrivo, e manco leggo, né
posso, ancor eh' io me n' ingegni , scri-
.vere o leggere senza nocumento della mia
vista e danno della mia complessione. E-
spettavo riveder quei duo sonettacci eh' io
vi mandai l'altro giorno, prima ch'io
mandasse questo, fatto duo dì sono, quasi
in cima di iMonte Cecero: ma volendo
ad ogni modo scrivervi ora, nò tardar
pili , lo accompagnarò pur con questa.
Da M. Benvenuto non abbiamo auto quel
sonetto morale che voi scrivete (11): però
mi sarà caro che facciate eh' io 1' abbia.
I sonetti di V. S. mi son stati al solito
e cari e grati , s'i rispetto alla qualitcà
come alla quantità. Cosi piaccia al vir-
tuosissimo e eortesissimo M. Lelio, dal
quale io gii ricevei , mandarmene degli
altri, sì come egli m'ha promesso di fare
ogni volta che gli ne veri'à l'occasione;
così ancora di quelli che '1 suo fertilis-
simo ingegno produrrà. E perchè questa
mia ad ambiduoi per ora sarà comune,
dico che se, come io spesso mi sento zuf-
folar r orecchie , sapessino questi monti
e queste piaggie, per le quali io camino
e spesso ragiono, poi che con altro non
28
posso (lire quel ohe sento, forse non sta-
rebbono sì muti come stanno.
Non so s'avete inteso come il nostro
Ece.nio M.° Francfsco'(12) è stato ma-
lissimo, e quasi per andare all'altra vita:
ma ora per quanto io odo. egli sta me-
glio e fuor di pericolo. Cosi piaccia alla
bontà di Dio lasciamelo ancor godere,
tanto per comune quanto per nostra par-
ticolar comodità, come io del continuo
ne r ho pregato e prego.
M. Bartolommeo sta benissimo et è
tutto riavuto, come ancor io, in questa
sì bella e piacevol villa. Egli se ne viene,
quando ogni sera e quando in terza, e ci
diamo cento piaceri, ora con 1' andar veg-
gendo questi bei luoghi e abitazioni, e
ora in veder ballare queste contadine; di
modo che, se ben penso tornare in Fio-
renza per questo San Giovanni , voglio
ritornarmene a star qui qualche giorno
di pili. Vorrei che mi raccomandaste a
M. Lelio, e che per nome di mio marito
e per me gli rendeste le salute e racco-
mandazioni in mille doppi. Che nostro
Signore conservi e l'uno e l'altro di voi
longo tempo, sì come meritate, e ch'io
desidero. M. Bartolommeo, tutto di V. S.,
29
se le raccomanda senza fine, et io con
tutto '1 cuore.
Da Maiano, alli 9 ili giugno del 57.
Di V. S.
AlTezionalis.ma
Laur.v Battiferra degli Amanxati
(Di fuori). Al molto Mag.co e Dolt.mo
M. Bencdctlu Varchi mio serap. onor.mo
Alla Pieve a San Gavino
VII.
Mag.co M. Benedetto mio onoratia.nio
Oggi, che siamo alli sei del presente,
ho ricevuto con mio grandissimo piacere
e contento le due dolcissime lettere di
V. S., una de' 23 di luglio e l'altra del
primo di questo, insieme con i bellissimi
sonetti al Bona, al signor Torquato Conti,
al S.or Alessandro Lenzi , con quello in
30
lode del vostro Tirinto e i due al ve-
scovo di Fermo, con quelli epitaffi per
la Santa M. della Duchessa di Camerino;
tutte cose bellissime et a me care d'in-
tendere (13). Ringraziai Dio con le mani
gionte, quand' io vidi le vostre lettere, e
certo mi parve sentire aprire il cuore per
mezzo dell'allegrezza: e vedete s'io ho
cagione di voler male a cotesto paese, e
anco, se non vi foste voi, di maledirlo e
augurargli ogni male, poi eh' io sto tanto
a sentir nuova di voi. È ben vero eh' io
ebbi una vostra con quelle di M. Lelio ;
ma quando? non son passati più di XX
giorni ? E per gionta mi scrivevi non vi
sentir molto a vostro modo, del che ne
ho preso non poco fastidio, vedendo. tanti
mali andar a torno, eh' io mi sbigotivo.
Mandai ier mattina a Maiano per uno di
quei contadini, ch'io lo' volevo mandar
a posta a vedervi , e non fu possibile a-
verne nissuno, che tutti sono ammalati ,
di modo eh' io stava mezza disperata.
Mandai a casa vostra, al Crocino (14) e
a molti de' vostri amici; e tutti mi l'i-
spondevano non ne saper nulla. 1 miei
di casa, non ne potevo mandare nessuno,
che tutti son per terra Io sto cosi così,
31
ma con un grande infreddato, che non
mi lascia respirare : non so se sarà altro,
M. Bartolommeo sta bene, e vi rende in
mille migliaia di doppi le salute e racco-
mandazioni , eh' io gli ho fatto per vo-
stra parte; e cosi le rende a M. Lelio;
e tanto farete per me , quando gli scri-
verete. I\I. Bartolommeo et io pensiamo
che sia bene, come dice V. S., d'aspet-
tare che '1 nostro procuratore sia guarito
affatto, e eh' egli sia che dia fine a que-
sta beata lite, ancora che noi, per quanto
mi par ricordare, facemmo nella procu-
ra, che se gli mandò, ch'egli potesse
sostituire. Che i beni del nostro avver-
sario siano venduti , non so ; ma so bene
che erano obligati a me, e ch'egli non
gli poteva vendere, né altri comperare,
come INI. Lelio per le nostre scritture che
son là potrà vedere : e desidero , se pos-
sibil fosse, che mentre egli sta in Bo-
logna se ne vedesse il fine, che poi quasi
perderò ogni speranza, ancor eh' io pensi
che '1 cognato del procuratore non man-
carà farvi ogni diligenzia per amor vo-
stro. E pregarò Dio che metta in cuore
a Monsignore R.rao che passi per Bo-
32
logna, che so non sarebbe pencolo che
la lite andasse più in lungo, come forse
andarà. Faccia mo Dio !
Tornamo un poco alla vostra doglia
di testa, la quale è cagione d' accrescere
la mia, che questa infreddatura mi dà.
Si vorrebbe vedere se la procede dallo
stomaco, e pensar di purgarsi un poco,
e perchè forse là non vi è comodità ,
tornarsene a Fiorenza e non indugiare
alla fiera di Fiesole. Vedete ancora che
lo star tanto a quella freschezza di Fon-
tebaio non vi faccia danno, e cosi il bere
troppo fresco: e insomma guardatevi d'o-
gni cosa che vi possa nocere, e per vo-
stro utile e per altri, e cercar di star
sano e vivere allegramente.
Quanto alla lettera ch'io vi scrissi per
Aldobrando, non posso far che non m' in-
cresca ch'ella sia ita a male, ch'assai
m' importava, quando che per essa vi par-
lavo liberamente, come è mio solito; e
tanto piti eh' io la davo in mano d' uno
che mi pensava la dovesse aver buon ri-
capito ; e tanto più quanto che molto gli
la raccomandai , et egli mostrava aver
caro farmi servigio. Vi scrissi eh' io, non
vi sentendo far parola d'avei'la avuta, mi
33
andavo immaginando la gli fosse caduta.
0 più tosto stata tolta , perch' io m' ac-
corsi che, mentre io la scrivevo, vi era
chi desiderava di lèggerla, come anco la
vostra che voi mi scrivevi per lui; ond' io
gliela porsi in mano, e non mi curai la-
sciar eh' egli la leggesse. Sia che si vo-
glia , che avranno poi veduto ? Io voglio
nondimeno incolpar più tosto la trascu-
raggine di Aldobrando. che voler mal a
persona.
Il Vivaldo (15) venne l'altro giorno a
vedermi, e a dimandarmi s' io sapevo di
voi; e gli dissi ch'io non avevo lettere,
come era vero, molti giorni erano passati.
Pensarò, passati questi pochi di di sol leo-
ne, tornarmene al mio Maiano, dove in fat-
to sto meglio della persona, et anco della
mente, ch'io non faccio a Fiorenza. Non vi
mando per ora quei duo sonetti, l'un mio
e l'altro del frate della Doccia, per non'""
dar fatiga a voi et a me, senza propo-
sito. Basta, ch'io lo mandarò come sa-
remo più sani che non siamo ora. Desi-
dero bene che, come vi torna comodo,
mi rimandiate quei duo eh' io vi ho man-
dato. Altro non dirò per questa , se non
che cerchiate star sano e allegro, e ri-
3
34
guardarvi da' mali in questi tempi peri-
colosi. Me vi raccomando di cuore
Da Fiorenza, alli 6 di agosto del 57.
Di V. S.
Amor. ma
Laura. Battikerra degli Amannati
(Di fuori). Al molto Mag.co e Dottiss.nio
M. Benedetto Varchi mio semp. esser. mo
Alla Pieve a San Gavino.
Vili.
Multo Mag.co S.or mio osser.mo
La lettera di V. S. mi è stata caris-
sima, per il desiderio ch'io avevo d'in-
tendere della vostra giunta in Pisa sani
e salvi. M. Bartolommeo vi l'ingrazia di
quanto ragionaste con M. Luca (16), t^
sa che '1 tutto sarà passato con suo ono-
re, e però ne resta soddisfattissimo. Et
io avrò pacienza, pregando Dio che fac-
35
eia presto passar questo inverno, e mi
andarò trattenendo a Maiano più eh' io
potrò. Venerdì passato vi serissi a lungo,
e mandai la lettera al Croeino, che sa-
bato disse mandarla. Errai la data, che
dovendo dire a' 5, dissi a' 9: me n'ac-
corsi dipoi eh' io ebbi mandata la lettera.
Vorrei che fosse il fine di questo mese,
non il principio, come è. Che M. Barto-
lommeo lavori le sue figure quassù que-
sto verno, è impossibile, non vi si pos-
sendo condurre i marmi: però si farà al
meglio che si potrà.
Abbiamo avuto grandissimo piacere ,
sentendo della lettera eh' avete procurato
per Bologna da l' lU.mo e R.mo Legato,
e credo eh' ella mi abbia da giovar tan-
to, che una volta questa causa tanto giu-
sta averà quel fine che desideramo, e che
di ragione dovrebbe avere: e certo non
si poteva pensar meglio di quello che
pensasti, quando appresentasti quella sup-
plica al Car.le, né più a mia utilità. Sa-
bato di sera mio marito mi portò la vo-
stra, e iermattina volsi scrivere; ma certe
mie amiche vennero quassù, e non ebbi
comodità a scrivere. Ora poi che siamo
tanto innanzi, se non aveste tempo a man-
3r,
darla per il procaccio passato, la man-
ilarete per quest'altro ohe verrà, ohe due
dì prima o poi non importa. Staremo a-
spettando queste lettere, e se '1 procura-
tore non sarà guarito, se ne farà un al-
tro, come voi dite; e se bisognarà man-
dare un sollecitatore, si mandarà, non
essendo da perder tempo ora che vi è
questa lettera, ohe non dubito n'abbia
da giovar molto, e tanto che forse si fi-
nirà questa pratica, che a Dio piaccia.
Qua abbiamo assai bei tempi, assai più
ohe la stagione non comporta; e .se non
fosse che ieri fui impedita, come ho det-
to, M. Bartolommeo e io andavamo a ve-
der il lungo oh' io vi scrissi della Bla da
Prato ; ma vi anderemo la prima festa.
Degli altri poi ve ne avisai quanto me
ne pareva nell' altra mia. Io non dubito
che trovaremo qual cosa innanzi che ven-
ga primavera. Io ebbi da M. Girolamo
Razzi (17) le mele e i maroni, che V. S.
mi mandava, che mi son state care e
dolci: e ve ne ringrazio. Il bellissimo so-
netto mi piace, come generalmente mi
fanno tutti i vostri. La signora Leono-
ra, moglie del Signor Chiappino, mi ha '
mandato a dire che vorrebbe eh' io fa-
37
cesse un sonetto al suo marito (18);- e
perchè l' ho vohita servire , gli ho fatto
questo, non ostante che le mie muse siano
di lor capo, e non vogliono far se non
quello che loro aggrada. Ve lo mando
come bisognoso estremamente del vostro
aiuto, e me vi raccomando con tutto "1
cuore. State sano e felice, che Dio vi con-
servi. M. Bartolomrneo ne si raccomanda
mille e poi mille volte. Salutate il vir-
tuosissimo M. Lelio.
Da Maiano, ulli 9 di.iioveiubi'e ilul 57.
Di V. S.
L.\.L'RA B.VTTIKERRA. DEGLI Am.\N.\.\TI
Ho fatto ancor quest' altro sonetto alla
S.ra Leonora (If). Avevo pensato non vi
voler dare tanta briga a un tempo, e
mandarlo un'altra volta: ma rivedetegli
quando vi torna comodo, e di nuovo mi
raccomando.
(Di fuori). Al moltu iMag.co e DuU.iuk
M. Buiiedutlo Varchi mio ossor.o
38
IX.
S.or mio osser.mo
Risposi alla lettera di V. S., e dolse-
mi, che mi pareva che quanto io vi a-
veva detto del podere, non l' aveste preso
con quella buona mente eh' io avrei vo-
luto. E certo non fa bisogno che a me
o ad altri io cavi del pensiero cosa al-
cuna che contraria sia al credere et al
presuposito vostro, perchè mai v'entrò,
né manco, se Dio vorrà, entrarà mai : ma
il timor nostro è, come vi scrissi e come
già dissi qui a M. Lelio, delle malevoli
lingue del mondo, che pur troppo ardisco-
no dire quel che non è, né possono fare già
come voi dite che sia, ma che si creda
che sia sì bene; cosi non lo facessino.
Ma lasciamo andare da parte questi ra-
gionamenti , eh' io non vorrei però ar-
recar noia a voi in leggergli, come a me
a scrivergli. Dico che non crediamo ve-
der r ora che si trovi quassia una stanza
per voi ; e perchè quelle di Fiesole non
39
ve paiono molto belle, cioè ch'abbino
quella veduta che voi desiderate, siamo
d'intorno al marito della Bia, che mezzo
n' ha dato intenzione della sua, pereh' e-
gli la litiga con lei, e pensa l'abbia ad
esser sua, e credo, se la sarà, egli non
mancarà di darla a noi , che Dio lo ve-
gli , eh' io credo certo ne saresti contento
sì per la bella veduta che ha, come per
non essere né molto vicina, né troppo
lontana di qui. Innanzi che sia prima-
vera non può essere che non ci accomo-
diamo d' una, in luogo che ne piaccia.
\'i sci'issi della spesa che si sarebbe fatta
intorno a quella del Deo, quando vi fo-
ste risoluto a pigliarla.
Vi scrivo oggi , perchè ho le vostre
lettere tardi, e non ho poi tempo a scri-
vervi. Ho avuto questa settimana una let-
tera da M. Bernardino Bazino dalla Corte
del re Filippo, e mi avvisa di certi miei
sonetti, eh' io non so come sono accapi-
tati in quelle bande ; e dice che sono
stati lodati , e mi prega a dir qualche
cosa in lode di quel re o della reina. Io
che non mi conosco tale ch'io possa, o
sappia, sopra tant'alto soggetto sciogliere
pur la lingua, non che cantare, gli ri-
40
spondo con questo sonetto e' ora vi man-
do : e di poi, non so come, ho fatto que-
sti dui che vederete, e vi priego che così
di questi come degli altri eh' io vi man-
do, quando vedete non riuscire a vostro
modo, gli brusciate senza affaticarvegli
sopra, che mi sarà carissimo; perch'io,
per cagione di esercitarmi , sopra a quel
soggetto che mi giugne in pensiero faccio
qualche cosa, e poi con quella confidenza
ch'io ho in voi, ch'ai mondo non po-
trebbe essere né maggiore né più grande,
ve gli mando ; et ho più caro, quand' io
sento che vi siano piaciuti , eh" io non
avrei che tutto il mondo insieme me gli
lodassi. Però come di cose vostre fatene
quel che più vi par di fare. Io ebbi let-
tere dal S.or Chiappino e da M. Sforza,
che dicono il mio sonetto esser molto
piaciuto alla Corte: e questo l'ho voluto
scrivere, perchè tutto è mercè vostra. Non
mi terrei mai eh' io non vi mandassi un
madriale di M. Gioan Batista Strozzi (20),
che fa maravigliare tutta Fiorenza delle
sue bellezze, e beato chi più lo può lo-
dare : si che vedete. Salutate M. Lelio
assai per mio nome, e ringraziatelo del
sonetto bellissimo che mi mandò 1' altro
41
giorno. lersera di notte io ebbi la vostra
lettei'a con il sonetto del Razzi e la ri-
sposta vostra , che mi paiono molti belli
e buoni. E non avendo per ora che dire
altro, me vi raccomando con tutto il
cuore insieme con M. Bartolorameo. Qua
vi è un cattivissimo tempo, e un vento
sì terribile che par che voglia gettar a
terra la casa e gli arbori, di modo eh' io
mi penso tornarmene a Fiorenza piìi pre-
sto eh' io non volevo. State sano.
Ua Maiano, alli XI di dicembre del LVIl.
Di V. S.
.\mor.rna
Laura Battiferr.\ degli Ammannati
(Di l'uori). Al mollo Mag.co e Doti. ino
M. Uenedetto Varchi mio seiiip. osser.mu
42
X.
Mollo Mag.co M. Benedetto mio osser.mn
Giunti hanno fornito di stampare il
mio libro (21): et io pensava che M. Bar-
tolommeo fusse a quest' ora tornato da
Roma, come egli m' aveva scritto, e non
è stato il vero , perch' io desiderava ve-
nire lassù da V. S., e ragionare con esso
lei come avevamo a far quella lettera de-
dicatoria (22). Io n' aveva fatta una boz-
za; ma perchè non ho mai più latte di
simili, non mi è riuscita, perchè avendo
a dire poche parole (che secondo me non
accade che siano molte), vorrei che le fus-
sero più acconcie e belle di quelle eh' io
so dire io: onde vi prego con tutto '1
cuore che, poi che avete fatto tanto, come
è stato quello c'avete fatto sin qui, che
foste contento ancora far questo resto di
formarmi quelle parole, che parrà a voi
che stiano bene. E per dirvi parte di
quella bozza eh' io aveva fatto , io non
entrava in quel gran pelago, che tanti
43
hanno usato e usano tuttodì, di lodar la
Duchessa a cui ha da ire il libro, e scu-
sar me , che troppo che far-e arei ad u-
scirne; e poi il primo e 1' ultimo sonetto,
se ben V. S. si ricorda, son tutti sopra
questa materia fatti, e di questo ragio-
nano (23): ma ringraziava bene la mia
buona fortuna , che m' aveva porto que-
sta occasione di mostrare a S. E. IH. ma
la mìa osservanza e divozione con que-
sto picciolo segno, sacrandole queste mie
poche fatiche, e eh' io di ciò ne teneva
anco obligo grande con quelli, i quali
volendo far stamparle centra mia voglia
erano stati cagione eh' io m' ei^a mossa
a mandarle fuora io , temendo non stor-
piate e con peggior forma eh' elleno
non sono fossero vedute, cosa che da me
giamai era per farsi; e questo voleva io
che servisse per scusa d' averle fatte stam-
pare. Ho voluto accennare a V. S. 1' a-
nimo mio, riportandomi poi tutta tutta
a quanto le parrà meglio, perciò che ella
molto meglio lo sa dormendo eh' io ve-
gliando non lo so, né son mai per sa-
pere. Arò anco caro di sapere come le
pare che stia meglio dire l'intitolazione:
0 Prima Parte delle rime e de' versi di
14
Laura ecc. , o Prima Parie dell' Opi're
Toscne, o Libro, come meglio vi pare,
sendovi e rime e versi mescolati. Né altro
occorrendomi fo fine, a V. S. di tutto
<uore raccomandandomi che nostro Si-
gnore lo doni quanto la desidera.
l»i Fiorenza, al!i 25 di Novembre del LX.
V. S. pigli pure la sua comodità, e non
guardi ch'io abbia detto che il libro sia
formato, perch' io lo farò aspettai'e quanto
la vorrà. E me le raccomando di nuovo.
Di V. S.
Amor. ma
L\URA B.\TriFERR\ DEGLI AMANNATI
M. Giovan Andrea dall'Anguillara è in
Fiorenza, e sì eh" egli vuole venire a tro-
var V. S., credo per mostrarle il suo li-
bro delle Trasformazioni (24).
(Di l'uovi) Al molto Mag.co
M. Benedetto Varchi mio sempre esser. mo
45
XI.
Molto Mag.co S.or mio osser.mo
Mando a \. S. un sonetto, qual ho
fatto per quella S.ra Lucia Bertana (25),
che quello Spina mi ha tanto lodata. Se
vi parrà eh' io glielo mandi , n' aspetto
il suo giudizio , e così s' io debbo dar
r altro a lui , benché già un' altra volta
lo vi mandai e non lo riebbi, forse per
non vi piacere, onde vi ho fatto di poi
non so che: non so se starà meglio o
peggio. Ieri , che fu domenica , vennero
qui in casa M. Pier Vettorio e 1' umani-
sta di Pisa, guidati da M. Baccio Valo-
ri (26); al quale son molto obligato, per-
chè mi fece grandissimo piacere, deside-
rando molto vedere quei duo grandi uo-
mini, i quali io prima non conosceva.
V. S. stia sana e lieta, -che Dio la con-
tenti sempre. M. Bartolomeo se le racco-
manda: et io di buon cuore.
Il Bronzino non può esser capace, per
molto eh' io gli abbia detto la mia oppi-
46
nione , dove si riferisca quella ella del-
l' ultimo verso del primo quadernario nel
mio sonetto al Casale , in morte della
Marchesa di Massa, qual vidde V. S. che
dice:
Casale , oiniè ! clie dite voi di quella
Che '1 mondo tutto in un momento attrista?
Parve ci che iguanto in molli anni s' acquista
Repentina e crudel sgombri con ella !
Onde mi sarà caro udire il parer di V.
S., che so gli crederanno e staranno che-
ti (27). Dio vi doni quanto desiderate!
Di Fiorenza, alti 21 di luglio del 61.
Di V. S.
AlTezionat.ma
La.ur.\ Battiferra. degli Am\nn.\ti
XII.
Molto Mag.co S.or mio
S.or Luca Sorgo in ha mandato l'iu-
L-lusa lettera, acciocch' io in assenza dello
47
Spini, che dice essere ito a Pisa, la mandi
a V. S. e le raccomandi anco il negozio
di questo Valente, che nel vero venendo
egli in questo paese, sarebbe utilità gran-
de, che si uscirebbe pure dalle mani di
questi Giunti. E se V. S. non vede di
far ciò Ella, non so chi vorrà o potrà
mai farlo ; onde ve ne prego anch' io con
questi altri tutti.
Io ebbi, mentre era amalata, un so-
netto della S ra Laura Terracina (28). al
qual feci la risposta; ma non gli lo man-
dai. Ora, perch' ella m' importuna che la
vuole, la mando a V. S. che la vegga: e
molto di tutto cuore me le raccomando ,
e le prego ogni contento. M. Bartolomeo
le bacia le mani, e ringrazia V. S.
Di Firenze, al primo di marzo del (i-2.
Di V. S.
Affezionat.nia
L.\LRA. B.\TTIFERRA DEGLI AmANXATI
48
XIII.
S.or mio osfser.mo
L' altro giorno fu qui il Sor Marco e
mi pregò che, scrivendo a V. S., glielo
raccomandassi assai, del che non ho vo-
luto mancare , e con questa salutarla as-
sai , come io fo. Egli mi portò un so-
netto che favellava di me , e un altro a
me proprio , il quale mi darà che fare per
la difficultà delle sue rime, onde arò poi
bisogno del vostro aiuto. Con seco era
lo Spini, che avendo preso una leprettina
sotto i colli di Fiesole, me la donò, e
disse eh' io mandassi a V. S. questa sua
inclusa, che le mandava non so che epi-
gramma fatto da lui sopra tal soggetto.
Io ho letto due sonetti spirituali. Piacerà
a V. S. rivedergli con suo agio: e come
ella più viene in Firenze, di grazia rubi
tanto tempo ch'io la vegga, che non so
ormai che mi credere; né altro ho che
dirle con questa , se non che M. Barto-
49
lomeo e io ce le raccomandiamo et of-
ferriamo.
Di Firenze, ali! 15 di marzo del 62.
Di V. S.
Affezionai. ma
L.\URA B.VTTIFERRA DEGLI AmANN.\TI
(Di fuori). Al molto Mag.co et Doltiss.o
M. Benedetto Varchi mio osser.mo
XIV.
S.or mio osser.mo
Dissi ben io che farei un sonetto e" a-
rebbe assai bisogno della vostra lima,
come vederete, che vi prego a rivederlo,
come potete prima, poiché '1 S.or Mario
lo chiede ogni dì ; e forse spera di veder
qualcosa di bello, sì che fate voi. Quello
coma non so se vi piacerà né meno nel
modo eh' egli sta ; e quello lìianto., e canto
usato pur nel suo, ma pare a me in altro
significato. Ho veduto i vostri sonetti al
Salviati, e le sue risposte, da lui proprio.
4
50
che è stato qui oggi. Baciovi le mani, e
me vi raccomando insieme con M. Bar-
tolomeo.
Di casa , alli 26 di marzo del 63.
Di V. S.
AlTozionat.ma
Laur.^ B.vttikerra. degli Am\nn.vti
(Di fuori). Al Molto Mag.co
M. Benedetto Varchi, mio sempre esser. mo
XV.
S.or mio osser.mo
Non vorrei, non che pensare, ma né
anche sognare di fare o dire cosa che
n' avesse a dare un menomissimo trava-
glio e disturbo di mente, amandovi e o-
norandovi con tutto il cuore e sopra tutte
le cose, come faccio: e pare che la mia
disgrazia voglia che non dico mai cosa
che non v' abbiate a dolere e ad alterare.
S" io conosco quanto poco io vaglio , e
51
quel eh' io sono, e quello che da me posso
mai essere ; e in parte poi quanto voi va-
lete, quello che voi sete, e che non po-
trete mai. più essere più che vi siate, es-
sendo gionto al colmo di tutte le perfe-
zioni, perchè volete ch'io le dissimuli, o
eh' io le taccia ? Se pur conoscerò farvi
servizio, mi sforzare far 1' uno e 1' altro,
e col dar fede alle parole vostre, in que-
ste come in l'altre cose, persuaderò me
stessa a credere che '1 vostro molto me-
rito sia mio, e '1 mio poco sia vostro. E
intorno a ciò non dirò altro, se non che
mi rimetto al perfetto giudizio vostro,
sì circa al comporre come a fare quan-
to v'aggrada, essendo risoluta che non
possiate errare. E me vi raccomando di
cuore (29).
Di casa, a li 14 di marzo.
Di V. S.
Amor. ma
Laura Battiferra degli Amannati
fDi fuori). Al molto Mag.co
M. Benedetto Varchi
maggiore e patron mio esser. mo
XVI.
S.or mio osser.nio
Perdi' io non vorrei cadere in censura
del Castelvetro, dicendo io in un verso
del primo sonetto alla Duchessa sarag-
gio^ poiché '1 Petrarca non l' ha detto
egli, né altro eh' a me sovvenga, mando
a V. S., a ciò la mi dichi il suo parere;
perchè s' io lo faccio dire sarò^ pare a
me che '1 verso non patisca perciò:
E se mai nulla fui , sarò o sono.
E così verrò a giucare al securo, ancor
oh' io non so se verrebbe ad ora alla
stampa (30). 11 parere di "V. S. mi acque-
tara: al qual mi rimetto, e le bacio le
mani , e me le raccomando.
Di rasa (31).
Di V. S.
Amoros.nia
(In fuori). Al molto Maj^.co S.or mio osser.mo
M. Denedetto Varrlii
>J O T E
(1) U murilo di Laura Baltilcna fu Bartolommuu
Ainniannati, nato in Firenze il dòli, morto nel 1592.
Egli lasciò bella fama di ardii letto e tli scultore per
le opere fatte in Firenze, Padova e Roma; e non
mancò di eleganza nello scrivere, come n'è prova la
Lettera agli Accademici del Disegno (Firenze, Ma-
tini, i68"), citata dall'Accademia della Crusca nel
suo Vocabolario. Il inio ottimo amico cav. Gaetano
Milanesi pubblicò nel 1869 (Firenze, Tipografia Ben-
cini) due lettere inedite di lui, che parlano dei lavori
di scultura eh' egli avea preparati per 1' apparato da
farsi in Siena nella venuta del dura Cosimo de' Me-
dici, e delle storie da porsi nella base di una colonna
di granilo, su cui doveva andare la statua in bronzo
di quel duca.
(2) Maestro Antonio Crocini, intagliatore, a cui il
Varchi scrisse il sonetto: Mentre lungo il Mugnon
d' un verde pioppo ec.
(3) In morte di Caterina Cibo, duchessa di Came-
rino, scrisse Laura quattro sonetti, che son prova del-
54
l'amore con die l'aveva amata in vita; e prova più
sincera ne son le parole di questa lettera.
(4) M.o Francesco Laronii ila Montevarchi, celebre
medico di quell'età, al quale la nostra Laura diresse
il seguente sonetto:
Nuovo Esrulapio, che di Febo al paro
Di virluto ven gite e di splendore,
Poi che di lume, e non men di valore,
Seti; or (qual ci fu già) dotato e chiaro ;
liun deve il ciel , ben dee tenervi caro
Il mondo tutto, poi rh' a quell' onore
Spento, rendete a questo quel vigore,
Che torna, dolce il viver nostro amaro.
Ond' io che dianzi infìno a l'uscio corsi
Di lei, ■che l'erbe e i sughi vostri suole
Temer, quanto altri .i suoi S]iretati morsi,
Alrno Francesco, mio terreno sole,
Quando d' esser per voi viva m'accorsi.
Vi sacrai 1' alma , che v' ammira e' cole.
(5) Due sono i sonetti a Madonna Lucrezia de' Se-
derini tra gli scritti dalla Battiferra, e non so certo
qual sia quello che manda al Varchi con questa let-
tera. Il veder però che l'ha partorito fra tanti tra-
vagli di mente e di corpo mi fa credere possa es-
sere il seguente, che fair in mezzo a certe freddure
petrarchesche d' imitazione cinquecentistica, palesa lo
stato dell' animo:
Di fredda speme b calda tema cinta
In dubbia pace e certa guerra io vivo:
Me stessa a morte loglio, e tt»lta privo
Di vita, a un tempo vincitrice e vinta.
Or mi fermo, or m'arretro, orrisospinla
Cammino inanzi; or lento, or.firtrgitivo
U passo muovo; or quanto in carta scrivo
Dispergo; or vera mi dimostro, or finta.
oo
Piango e rido ; or ni' arrosso, or mi scoloro ;
Or vo cara a me stessa , or vile ; or giaccio
In terra, or sovra '1 ciel poggiando volo.
Talor quel eh' io vorrei disvoglio e scaccio,
Me stessa affliggo e me stessa consolo:
In tale stato ognor vivendo moro.
(0) In questa , come in altre lettere posteriori, si
parla di alcuni alTari domestici di Laura e del marito
di lei, pei quali il buon Varchi volentieri usava della
sua autorità e delle sue molte amicizie, atlìne di gio-
var loro.
(7) Lelio Bensi fu uomo di molte lettere e amicis-
simo di Benoiletto Varchi, con cui ebbe frequente
corrispondenza poetica.
(8) Il sonetto del Varchi, di cui si parla qui, è
forse quel che comincia : Amor per sua bontà i ali
oggi impiume, e che risponde all' altro di Laura :
Varchi, eh' al ciel le gloriose piume
Qual bianco cigno eternamente alzate,
Cinto le tempie delle vostre amate
Prendi , e si care al gran rettor del lume ;
Se chi voi lodar vuole , invan presume
Rendervi conto alla futura etate ;
Se le glorie presenti e le passate
Sono al vostro valor picciol volume;
Io come mai potrò pur col pensiero
L' orme di voi seguir, presso o lontano,
Che 'n terra giaccio augel palustre e reco?
Ben ho provato sopra il corso umano
Ergermi dietro il vostro raggio altero.
Ma tosto Icaro fui tremante e fioco.
(9) Il sonetto di Lelio Bonsi comincia: Quando da
lungo e grave sonno desta, ed è pubblicato nel Pri-
mo libro delle opere toscane di Laura, insieme alla
risposta di lei, che è la seguente:
56
Anima bella, che leggiera e picsU,
Con le piume eh' altere ti denaro
Tuo merlo e altrui valor pregiato e raro,
Ten voli a vera gloria e manifesta ;
Che può la mia , a cui fera e molesta
S' oppon fortuna , si che 'n molto amaro
Cangia '1 suo poco dolce , e Febo avaro
Quanto a te largo i suoi tesor non presta ;
Se non seguir cos'i gravosa e zoppa
La luce tua, che le più chiare stelle
Avanza e dì virtule e di chiarezza?
Né altra strada cerch'io, perchè favelle
Di me la gente in Elicona avvezza.
Scevra da lei eh' a tergo mi galoppa.
(10) Forse parla dell'altro sonetto a Lucrezia de'So-
derini: Così come in un forte animo altero ec.
(11) Credo la nostra Laura voglia parlare del gran
Benvenuto Cellini, e di quel sonetto che a lui indi-
rizzò il Varchi, per consigliarlo a lasciar le basse
cose del mojKio,
E tutta ergere al del la nostra spene.
(12) M.o Francesco da Montevarchi, di che è par-
lato più sopra.
(13) V. tra le Rime di Benedetto Varchi e tra' so-
netti pastorali quelli ricordati qui da Laura Bat-
tiferra.
(14) Maestro Antonio Crocini s. e.
(15) M. Michclangiolo Vivaldi, amico del Varchi,
e poeta di qualche valore.
(16) M. Luca Martini, cui è indirizzato il sonetto:
Deh ! se quel vivo, chiaro sol , che luce
Sì, che non pur lo suo toscan paese
Rischiara e desta a gloriose imprese ,
Ma '1 mondo lutto al primo opr» itonduce;
57
A quella chiara vostra e viva luce,
Che mai non eclissò, largo e cortese
Giunca sempre splendor, che senza offese
Di nebbie o venti altrui sia scorta e duce ;
Lasciate (prego) le pisane sponde.
Luca gentile, e venite ove Fiera
Vostra vi chiama oijnor tanti anni indarno.
Ella vi chiama , ma nessun risponde :
Venite ornai , che qui sarete ancora
Utile e caro al duce d'Arbia e d'Arno.
(17) Girolamo Razzi, uomo di buone lettere, che
ebbe fama specialmente per alcune conmiedie, fu fra-
tello a Don Silvano, uno dei migliori amici del Var-
chi, del quale scrisse la vita.
(18) Si hanno tra le rime della n. Laura tre sonetti
al signor Chiappino Vitelli, capitano valoroso, che co-
minciano :
Se gli antichi scrittori ornar le carte ec.
Non r alta penna e no 'I purgato inchiostro ec.
Chi mi darii di sacra quercia altera ec.
(19) Alla signora Leonora Cibo de' Vitelli , moglie
di Chiappino, son indirizzati varii sonetti della Balti-
ferra. Quello di che si parla nella presente lettera è
ila credere sia il primo :
0 di casta bellezza esempio vero,
E di rara virtude ardente raggio.
Donna , che 'n questo uman cieco viaggio
Ne mostrate del ciel 1' alto sentiero ;
Voi sola il nostro verno ingrato e nero
Cangiate in chiaro e grazioso maggio;
Voi sola , col parlar cortese e saggio,
Hendete umile ogn' aspro ingegno e fero;
Tal eli' in, che vaga son del vostro lume ,
Con r ali del pensier tant' alto ascendo,
Quanto in bianco augel basta a cangiarme.
Indi, fuor d'ogni mio vecchio costume,
Da Voi , dalla stagion novella prendo
Tanto vigor, eh' io sento eterna farme.
Alla medesima Leonora Vitelli dedicò Laura 1' Inìw
di santo Agoilino tradotto in versi sciolti, e l'e-
gloga L'Europa.
(20) Giov. Batta Strozzi, detto il vecchio, che fu
l'autore dell'epigramma, a cui forse vuol alludere
qui la n. Laura, in lode di quella stupenda notte che
Miclielangiolo avea scolpita per le tombe medicee:
La notte che tu vedi in si dolci alti
Dormire, fu da un Angelo scolpita
In questo sasso; e, perchè dorme, ha vita:
Destala , se noi credi , e parteralli.
(•21) Il primo libro dell'opere toscane di M. Laura
Batti ferra deijli Ammannati. In Fireme, appi-esso
i Giunti, MlìLX.
(22) Ecco la dedicatoria, di che si parla, quale leg-
gcsi innanzi al volume stampalo dai Giunti :
All'illustrissima et eccellentissima signora, la S.
Leonora di Tolledo, Duchessa di Firenze et di Siena,
Signora e padrona sua osservandiss.
Io pensava ail ogn' altra cosa piiì , Illuslrissima et
Eccellentissima Signora Duchessa, che a dover fare
in questi tempi alcuno stampare de'componiraenti miei,
ma havendo io da persone degne di fede per cosa
certissima inteso , che alcuni havendone già buona
quantità ragunati, e cercando tuttavia di ragunarne
degli altri, volevano senza non dico licenza, ma sa-
puta mia publicargli , mi conmiossi non poco, e non
sappiendo altro che farmi, mi risolvei per minor male,
con licenza di mio marito, e consiglio di più amici,
di dargli alla stampa io medesima, e indirizzargli al
glorioso nome di V. E. lUustr., non perchè io gli
credessi degni di tanta altezza , ma per moslrarlemi
;' 59
in quel modo, che io pot«va, se non del tutto graia,
almeno rirordevole in parte de' benefizi! , die Ella e
r Illustrissimo sii^nor Duca hanno fatto e fanno tutto
il giorno molti e grandissimi a me e a M. Bartolo-
meo mio marito, il quale non desidera altro insieme
con esso meco, che di potere sì come fedilmente, cosi
degnamente ancora, servirle. Degnisi dunque Vostra
Eccellenza Illustrissima per la natia bontà e infinità
liberalità sua, prendendo in grado 1' osservanza e di-
vozione sua e mia ver lei, accettare queste mie fati-
che, qualunque si siano, e mantenerci nella buona
grazia di lei e dell' Illustrissimo et Eccellentissimo con-
sorte suo, il quale nostro Signor Dio insieme con esso
lei, e con tutta l'Eccellentissima et lUuslrissima Casa
loro conservi lunghissimo tempo sano e felice.
Di V. E. lUustriss.
Humiliss. e divoliss. serva
L\i;r\ Battiferra degli Ahannati.
(23) V. i sonetti, che cominciano:
. • « A voi d(mna roal consacro e. dono ec. »
« Felicissima donna , a mi s' inchina ec. »
(2ì) G.. A. dell'AnguilIara diSulri, celebre per la
sna (raduziono in ottava rima delle Metamorfosi di
Ovidio.
(2.')) Lucia Bertana, letterata modanese, della quale
nel carteggio di B. Varchi si trova una lettera a lui
scritta in questo medesimo anno, che mi piace pub-
blicare come inedita :
Molto Mag.co S.r come maggior fratello oss.mo
Quel lungo desiderio, eh' io ebbi sempre di visitare
et conoscere V. S. con mie. lettere, non l'avendo
mai adempito per diverse cagioni, mentre chQ.mi
pareva quasi una mera prosuntione, senza il mezzo di
alcuna persona, fare un S'mile effetto, ora mi è con-
cesso di poterlo conseguire mediante il mezzo del gén-
60
tiliss.o Mr. GliorarJo Spina , che da coleste bando
viene per sue faccende. Ond' io non lio voluto per-
dere cosi accomodata occasione, ma ho signiGcato a
lui quel puro affetto eh' io porto alla virtù et valor
suo, et a cosi virtuoso testimonio ho dato un mio so-
netto a lei, qual egli si sia, non mi parendo con V. S.
necessarie le scuse, che in ciò li potessi adurre ; eh' io
sono stata ardita, roco augello, presentare i miei canti
a cosi canoro cigno, et questo deverei bene scusare.
Ma io mi sono confidata nella sua gentilezza immen-
sa, che tutto acceltar debba da me cortesemente, scu-
sando la mia ignoranza, et agrmlcndo il mio buono
et sincero animo verso di lei. Ma perchè, dicendo
con più parole quello che meglio di me spiegherà il
detto Mr. Gherardo, io porgerei a V. S. tedio et a
me fastidio, mercè della mia poca sofllcienza , a lui
mi rapporto; et a lei in queste bande, o dove io pos-
sa, mi offero in ogni sua occorrenza, et raccomando
ron il s.r mio consorte.
- Di Modena, alli XX di settembre 1561.
Di V. S. Mag.ca et virtuosa
come sorella amor. ma
Lucia Bertana. -
(26) Pier Vettori (n. 1499, m. 1585) fu uonw dot-
tissimo nelle lettere greche e latine, e giovò nel suo
secolo agli studi classici con 1' erudizione e con la
critica, quanto nessun altro filologo del secolo XVI.
Sarebbe opera degna de' nostri tempi una raccolta
degli scritti di lui.
(27) Intorno a questa quistione ecco una lettera
dottissima del Varchi alla n. Laura, che è necessario
rompimento delle parole di lei :
Mollo Magn. e Virtuosiss. M. Laura
sig. mia osseq.
Io ho ricevuto e letto e consiJeiato questa sera la
61
lettera di V. S., nella quale erano il vostro sonetto
clie comincia :
Casale, oimè, che dite voi di quella,
Che 'I mondo tutto in un momento attrista?
e oltra il sonetto due polizze, la prima delle quali
dice così : Le difficultà soii queste a dichiararlo
come egli fa: una a interpetrare sgombri idest
porti, con ella idest seco, starebbe benissimo, se
non quant' io non trxiovo sgombrare in alam luogo
per portare; l' altra, a pigliare sgombri nel suo
vero significato, «dfsZ ruoti, scacci e mandi ria,
a me par duro questo modo di par-lare. La morte,
che qui è agente, fa la tal cosa con sé stessa, pa-
rola in tutto rana e ociosa. La seconda polizza, la
quale è del medesimo sentimento che la prima , ma
per quanto si può giudicare di diversa persona ri-
cercata del suo parere, è questa ; Dico adunque che
io credo che sia vero che sgombrare tion si truovi
appresso lodato scrittore in significato di portare,
e però concorro nel parere di coloro che lo dan-
nano interpetrandolo in quel primo modo. Non
credo anco che possa stare nel secondo modo, dove
si pone nel suo vero significato di rotare, levare,
0 di mandar ria, per la medesima ragione che in
essa polizia s' adduce. E mi scrivete questa disputa
esser nata sopra i due ultimi vo'si del primo qua-
dernario del sonetto allegato di sopra:
Parv' ei che quanto in molti anni s' acquista
Repentina e crudel sgombri con ella.
E soggiugnete che avendo voi raccontato costi ad
alcuni la disputa, e mostrato le due polizze, siate
stata consigliata o di non rispondere o di rispondere
in baia, perchè in Firenze è noto insino a' facchini
che sgombrare si piglia por portare, e par loro che
quella parola vana e ociosa Castel vetreggi, e anco la
62
seconda no sappia alfjuanto ; e mi ricercale che io vi
debbia dire il parer mio; il che io, se bene sono oc-
cupatissimo in altri e diversissimi studi, non posso né
debbo né voglio non fare.
E prima lodo la dolce natura e. prudenza vostra, la
quale s'è resoluta prima di rispondere, e poi di rispon-
dere umanamente, come al suo e a tutti gli altri gentili
spiriti si conviene ; e se bene pare anche a me che
quella parola vana e ociosa tenga un non so che di M.
Lodovico Castelvetro, tuttavia questo che fa alla dispu-
sputazioiie? Confesso ancora che in Firenze è notissimo
infino a' facchini, anzi a' facchini più che agii altri, che
sono quegli I quali portano le robe che si sgombrano,
che sgombrare vuol dir portare. Ma voi avete a sape-
re che coloro i quali non sono nati in unajingua, o non
r hanno apparala da coloro che nati vi sono, con-
vengono dubitare in moltissime cose, le quali a cui
è la lingua naturale sono più che notissime ; anzi vi
voglio dire più oltra , che quegli stessi che hanno la
lingua naturale dubitano bene spesso, ancora che
siano dottissimi, di cose che a coloro che sono idioti,
sono manifestissime. Cicerone, il più eloquente uomo
che mai fosse e di quella dottrina che sa ognuno,
errò nello scrivere una pistola a Pomponio Attico,
ed ebbe a imparare da un barcaruolo" quello che vo-
lesse significare inhibere remos. Ma che più? Quando
Marco A grippa, avendo fatto eJificare il tempio chia-
mato allora Panteon e oggi S. Maria Ritonda, voleva
fare nel frontespizio l' inscrizione, si ragnnarono tutti
i dotti di Roma ; e perchè egli volendo aggiungere
al nome e cognome suo come era stato tre volte con-
solo, non sepper mai quegli uomini dottissimi risol-
vere Ira loro, se Ialinamente favellando s'aveva a
dire tertio consul, o terlium consul; e per ultimo
rimedio presero di non vi porre ne neh' un modo nò
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neir altro, ma di farvi tre I , ciò è tre uni , affine che
chi legrgeva potesse pronunziare e tertio e terlium ,
secondo che credeva che megho stesse.
Ma per venire a quello che voi mi domandate, l'au-
tore della prima polizza , chiunque egli si sia , con-
fessa che se sgombri s'. interpreta per porti e con
ella idest seco, che cotale locuzione starebbe benis-
simo ogni volta che si trovasse in alcun luogo che
sgombrare volesse dire portare; e 1' autore della se-
conda polizza crede esser vero che sgombrare non
si truovi appresso loilato scrittore in significato di
portare; la qual cosa è tanto lontana d.il vero, per
mio giudizio, quanto le cose che ne sono lontanissi-
me. Non si dice egh a ogii'ora in Firenze : io ho fatto
sgomberare tutte le mie masserizie , ciò è, fatto
portai'e d'una casa in un'altra? Quante volte si
son mandati i bandi che comandano a ogni e qua-
lunque persona che tutte le vettovaglie si sgombrino
ne' luoghi forti, ciò è si portino? E se diceste, e' non
vorranno credere a quello che si favella in Firenze,
allora avreste ragione di rispondere , perchè di que-
sto verbo non è dubbio nessuno in Firenze, e s'usa
indifferentemente cosi da' dotti come da' laici ; e io
vorrei sapere quello che volle significare il Petrar-
ca quando disse, ond' è tratto o imitato il concetto
vostro.
Tolto ha colei che tutto '1 mondo sgombra?
E che volle egli significare altro quando disse:
Ond' io perchè pavento
Adunar sempre quel che un'ora sgombri,
ciò è tolga e porti via? Né mi par vero quel che
dice la prima polizza , e la seconda conferma , ciò è
che '1 vero significato di sgombrare sia votare, scac-
ciare e mandar via; che se '1 vero e '1 propio si-
gnificalo fusse questo, si potrebbe dire: io ho fatto
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sgombrare il pozzo, ciò è volare; tu hai sgombre
le tue botti, ciò è votate, e altre colali locuzioni ri-
tlevoli. / soldati sgomberarono di piazza non vuol
dire votarono la piazza, ma sì bene, partendosi di
piazza la lasciarono vota di loro; ma se dicessi, t
soldati sgombrarono la piazza, direbbe ollimamente
chi dicesse votarono. Che sgombrare non significhi
propiamente scacciare e mandar via, è chiaro per
sé; perchè chi dice il tale ha sgomberato la casa,
non vuol dir levata e cacciata via, ma votata di mas-
serizia ; e chi sgombra il paese, si va con Dio, non
caccia via.
Quanto alla parola vana e oziosa, a me non pare
rosi ; anzi vi sta con leggiadria, come quando il Pe-
trarca disse:
Di me medesmo meco mi vergogno.
E con esempio p ù al proposito disse altrove:
aprir vidi uno spero,
E portarsene seco
La fonie e 'I loco ec.
E il parlar quotidiano non usa quasi mai altramente:
e se bene in quanto al significato è il medesimo a
dire, il tale se ne porta ogni mio bene, e il tale
se ne porta seco ogni mio bene, nondimeno l'ele-
ganze delle lin;.;ue consistono in simili parlari, io ven-
go teco, sa ognuno quello che vuol dire, e che è buon
parlare senza agi^iugncrvi altro; e pur si dice molte
volte, io vengo con teco, centra la locuzione latina.
E m' è paruto strano, per dirvi ogni cosa , che uno
volendo dichiarare il significato vero del verbo sgom-
brare, dica che egli significhi votare, scacciare e
mandar via: «he domine ha da fare votare con i-
scacriare o mandar ria? favellando propiamente.
Dovete dunque sapere, e di qui penso io che sia nato
il costoro errore , che nessun verbo può avere più
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ohe un vero e propio significato, e tulli gli altri che
se gli danno, sono o metaforici o accattali. Ma qui
bisognerebbe entrare in un lungo discorso, il che non
posso fare ora, si per lo essere io stracco, e si per-
chè sono più di tre ore , e io voglio ire a mangiare
un poco per andarmi a riposare.
lo vi manderò domattina questa per Nanni , che
menerà il cavallo a M. Bartolommeo. Raccomanda-
temi a lui, e state amendue sani, che Dio vi prosperi
sempre. Non voglio lasciar di dire che '1 pigliare
sgombri in luogo di si sgombri, non mi piace: e
quel Padre che voi dite eh' è sì dotto, mi pare che
l'intenda benissimo ec.
(28) Di Laura Terracina, rimatrice del tempo della
Battiferra , v. il Tiraboschi, Storia della leti, ital.-,
voi. VII.
(29) Questa e la seguente lettera non si può dire
con sicurezza in qual anno fossero scritte, e perciò
le ho poste in seguito alle altre di data certa. Mi
sembra però che la presente debba ritenersi ira le
prime indirizzate da Laura al Varchi, considerando il
pensiero che la informa.
(30) Nella stampa de' Giunti il verso è quale lo
scrisse Laura , cioè:
« E se mai nulla fui, saraggio o sono. »
(31) Credo che questa lettera sia scritta nel 1560,
quando si preparava la Stampa Giuntina delle Opere
Toscane di L. B.
Pubblicazione recentissima
IL GUICCIARDINI
E DOMENICO D' AMOROTTO
NARRAZIONE STORICA
DI GIOVANNI LIVI
Seconda edizione notabilmente accresciuta,
di pochi esemplari nel formato Le Monnier.
L. 3
IN CORSO DI STAMPA
1. Antonio de Petruciis Conte di Policastro. Sonetti.
2. Saviozzo ed altri. Alcune poesie.
3. Geta e Birria. Novella.
4. Il contrasto del Carnevale con la Quaresima.
5. Folgore da S. Gemignano. Rime..
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